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Full text of "Della vita e delle opere di Francesco Torti di Bevagna"

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DELIA VITA E DELLE OPERE 



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CON UNA LEHERA 

DI LUiai MORANDI 




Bevagna 



TIPOGRAFIA PROPBBZIANA 
1886 



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DELIA VITA E DELLE OPERE 



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FRANCESCO TORTI 



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CON UNA LBTTERA 

DI LUiai MORANDi 




Bevagna 



TIPOGRAFIA PROPBBZIANA 
1886 



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LETTERA DI LUIGI MORANDI 



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Caro Trabalza, 



Meritava il nostro Torti una mono- 
grafia come questa che voi presentate al 
pubblico, e alia quale avete voluto che 
io, con poche pagine di proemio, focessi 
da padrino? 

Credo che chiunque la legga, rispon- 
derSi, senza esitare, di si; e. qui sta il 
pregio fondamentale del vostro lavoro; 
giacche il piu grave difetto della critica 
modema 6 il perdersi troppo spesso dietro 
a scrittori e a fatti di nessuna importanza, 
o d'ingrandir quelli che ne hanno poca. 

Dal vostro lavoro , la figura del Torti, 
non priva d' importanza per s6 e per le 
altre che le danno e ne ricevono lume, 
viene fuori qual era realmente, modesta 
si, ma simpatica; e gli storici della no- 
stra letteratura potranno d' ora in poi 
tener con to di lui, senza cadere in errori 
e senza troppa &itica. 






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Questa monografia 6 dunque (per dirlo 
con un' immagine frusta, ma che fa bene 
al caso) una nuova pietra per V edifizio , 
che si va ricostruendo , della nostiu storia 
letteraria. E poiche voi siete di quelli che 
hanno ancora in capo il vecchio pregiudi- 
zio di non trascurare la forma, questo vo- 
lumetto pu6 anqhe riuscire una lettura 
piacevole per qualunque colta persona. 

Ogni spirito colto trova di certo buon 
pascolo nella succosa e garbata esposizione 
della vita e delle opere del piccolo Rous- 
seau bevanate; come trova buon pascolo 
anche in molti particolari curiosi e im- 
Dortanti. 

E appunto sopra alcuni di questi, io 
voglio fermarmi un poco. 

Le ingenue parole da voi citate (pag. 
12), con cui il Clavari ci riferisce le con- 
versazioni letterarie del Torti col Monti, 
sono un piccolo sprazzo di luce sulF in- 
determinatezza e la superficiality della cri- 
tica d' allora, e sopra i primi incerti 
assg|;ggi che s' andavan facendo delle letr- 
terature straniere. E un altro sprazzo, ma 
di luce sinistra, quel pas30 di lettera di 
Griambattista Niccolini al Torti (pag. 30), 
dove si duole che la letteratura fosse di- 
ventata una specie di massoneria, e per 
non essere ingiuriati, bisognasse pensarla 



IX 



come i Verier abzli. Accanto per6 a questo 
puzzo di combriccola e di setta, il quale 
ammorba tuttora tanta parte del J a nostra 
vita sociale, letteraria e politica, che bel- 
r ondata d' aria libera e pura esce da quel- 
r altra lettera dello stesso Niccolini alio 
stesso Torti (pag. 97), dove, a proposito delle 
questioni di lingua, il valentuomo esclama- 
va : « Venga il giorno che il nome di mila- 
nese e di fiorentino si confondano in quello 
d' italiano ! » Cosi, e giustamente lo nota- 
te voi pure, anche le dispute filologiche 
avevano scatti di patriottismo. Ma erava- 
mo nel 1821 ! 

Quel modello' di parroco, immaginatO 
dal Torti nella Corrispondenza di Monte- 
verde^ e che vide per la restaurazione del 
1815 ritomar conventi i due opifici indu- 
striali fondati da lui, mentre da un lato 
e il rovescio di don Abbondio, dall' altro, 
per il suo spirito filantropico illuminate e 
operative, stende la mano a Scipione de' 
Ricci, che per codesto medesimo spirito 
dovette rinunziare al vescovato nel 1791, 
e vide distrutta la sua Accademia Eccle- 
siastica di Pistoia , dove i giovani chierici, 
sotto la forma di divertimento, erano al- 
lettati « alio studio e alia pratica del- 
r agricoltura. » E come il dotto e pio 
vescovo ebbe degni seguaci ne' parroci 



X 



Paoletti, Landeschi, Ricci, Malenotti e 
nell' abate Lambruschini , i quali tutti 
contribuirono non poco a far della To- 
scana una delle regioni meglio coltivate 
d' Italia ; * cosi dal buon parroco di Mon- 
te verde discende forse , nell a stessa nostra 
Umbria, quel sacerdote Giambattista Ri- 
gucci, che proprio negli ultimi moment! 
del pontificato di Gregorio XVI, fond6 in 
Citt^ di Castello una Society di Mutua 
Beneficenza tra gli artigiani, la quale servi 
poi d' esempio a molte altre e dura fio- 
rente tuttoi*a , benedicendo la memoria del 
suo fondatore. ^ Sicche il giorno in cui 
la Storia avr^ compito il mutamento di 
metodo e di vedute al quale lentamente 
s' avvia , e invece di dedicare le maggiori 
sue cure alio sbudellarsi che il genere 
umano da Caino in poi e andato facendo , 
le dedicher^ di preferenza a tante altre 
cose non me no importanti e di certo piu 
belle, cio6 alio svolgersi e al progredire 
delle idee buone e delle opere civili, in 
modo da riuscire un' ampia dimostrazione 



* Cfr. Jacopo BicCHiERAi, Sui pregi deW Agricoltura, 
Lettera inedita del vescovo Scipione de' Ricci, pulMicata 
per le nozze Martini-Malenchmi. Firenze-Eoma, Tip. Ben- 
cini, 1886, 

2 Cfr. DoTT. P. Tommasini-Mattiucci, La Sodetd di 
Mutua Beneficenza in Cittd di CasteUo e il suo fondatore. 
CitlA di CasteUo, Tip. Lapi, 1896. 



della verity che il mondo non fe un passo 
nella via del bene, se a un' idea storta 
nelle menti dei piu non se ne sostituisce 
una diritta; quel giorno la Corrispondenza 
di Monteverde, an che per altri simili ri- 
spetti, sarSi per lo storico un documento 
non privo di valore, 

Vedete pero , caro Trabalza , come o- 
gni medaglia abbia il suo rovescio anche 
pel nostro Torti, autore appunto della Ft- 
losofia delle Medaglie, intesa in questo 
senso. Un capitolo della futura Storia 
com' io la vagheggio , dovr^ parlare dei 
miglioramenti che la civilt^ ha portato 
anche nelle acque potabili, e della lotta 
che la scienza ha dovuto e deve sostenere, 
anche su questo punto, contro il pregiu- 
dizio. Or bene, mentre Bevagna, per il 
suo recente acquedotto , sar^ nominata o 
sottintesa con lode in codesto capitolo, 
sottinteso o nominate vi sar^ anche il 
Torti, pur troppo per6 non con lode, bensi 
come prova della potenza del pregiudizio, 
che s' era perfino annidato in una mente 
eletta come la sua ; giacch6 , a quanto voi 
narrate (pag. 38), pare ch' egli fosse solito 
dire che da settant' anni" beveva 1' acqua 
del suo pozzo e se n' era trovato sempre 
bene: argomento che si ripete spesso an- 
che oggi , e che mi ramimenta un altro 






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vecchio cocciuto, il quale non voile mai 
far accomodare le scale di casa, ripide da 
dar le vertigini, perche, diceva, erano 
state sempre a quel modo; e un giorno 
le iTizzolo , e si ruppe V osso del collo. 

Ma che bella lode pel Torti (siamo 
sempre ne' particolari curiosi e importanti) 
appariscono oggi i vituperi di cui lo co- 
priva nella Voce delta Ragione Monaldo 
Leopardi, chiamandolo ^^2:2:0, hriccone, ca- 
naglia, ciarlatano^ eccetera, eccetera, e au- 
gurandogli cristianamente mille proster- 
nazioni alia porta di San PietvOy mille 
capestri intorno at cotto, mille colpi di 
verga sugli omeri demidati; e tutta questa 
grazia di Dio, perche nella Corrispondenza 
di Monteverde^ il Leopardi aveva tra le altre 
cose scoperto che il povero Torti spasima- 
va per V indipendenza italiana (pag. 155 
e 158). Piu bella ancora apparirebbe code- 
sta lode, se per nostra mala ventura il 
Regno d' Italia , co' suoi errori , non a- 
vesse fatto intiepidire pei^no questo sacro 
sentimento dell' indipendenza, che ri seal- 
da va anche gli animi di tanti sinceri cat- 
toiici, non idrofobi come il conte Mo- 
naldo. * 



^ A proposito del conte Monaldo, poicli^ 1' allusione, 
chiara per vol, pu6 uou riuscir chiara a tutti i lettori, 



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L' acuta definizione che nelle Letters 
Romans dava il Torti della Roma d' un 
secolo fa, chiamandola Un immsnso ra- 
duno di frivolszze s di jnaramglis (pag. 
211), mentre da un lato e anch' essa uno 
de' tanti particolari che fermano V atten- 
zione del lettore, e desta il desiderio che 
vol ci aveste detto qualche cosa di piu 
intorno a quelle Lsttsrs inedite ; dall' altro 
offre a me V occasione di lodarvi senza 
restrizioni, per quel che dite intorno ai 
criteri linguistici del Torti e al suo bat- 
tagliare contro i puristi. 

Vedete, inlatti, quanto guadagnerebbe 
la citata definizione, se dicesse: Un' im- 
msnsa raccolta di maraviglie s di frivo- 
lszze. Perche radunOy essendo un doppione 
dialettale, riesce ostico ai piu, e col far 
pensare a se, distrae, sia pure per un at- 
timo, r attenzione del lettore dall' idea 
principale, che e nell' antitesi ; — e perche, 



avreste fatto bene a notare a pag. 161 che, quando il 
Torti gli rispondeva ciarlatani esser colore che vendono 
a' poveri gonzi la zucca cotta per balsamo, due volte il 
mese a haiocchi quitidici per barattolo, con queste ultime 
parole allude va alia Voce della Iiagio?ie, di cui appunto 
uscivano due fascicoli ogni mese, a quindici baiocchi 
V uno. E giacche ci siamo, voglio anche avvertirvi che 
nella bella lettera di Enrico Mayer sulla Corrispondenza 
di Monteverde, Ik dove dice (pag. 148): « io al contrario che 
stuzzicarla un po' pii, » deve dire: « io al contrario nan 
voglio che stuzzicarla un po' piti. » 



XIV 



dei due termini di questa, le frivolezze 
essendo il men noto e quello che si pu6 
dir trovato dall' autore, se si mette per 
ultimo, raccoglie sopra di se tutta 1' at- 
tenzione, e quindi produce tutto V effetto 
che deve produrre. 

Due gravi pecche, dunque, una di 
lingua, r altra di stile, in sole otto pa- 
role, le quali per6 racchiudono un pensiero 
acuto e abbastanza originale, e insieme 
r onesto desiderio di veder migliorate le 
cose di questo povero mondo. Ecco tutto 
il Torti, come tanti altri scrittori, spe- 
cialmente de' suoi contemporanei. 

In fatto di lingua e di stile, egli era 
in pratica, come in teorica, uno scapi- 
gliato; onde voi avete mille ragioni di 
dire che il suo antipurismo noceva in certi 
casi forse piu del purismo. Ci6 ch' egli 
vide , e ci6 che non vide , nella questione 
della lingua, si compendia nell' audace 
ma in gran parte giusta affermazione, che 
r Italia mancasse di buona prosa leggibile; 
e nell' altra , che il modello dovesse essere 
(Dio ce ne scampi e liberi!) la prosa del 
Beccaria. Tra scapigliati e pedanti , venne 
fiiori il Manzoni col suo esempio e con la 
sua teorica, oramai vittoriosa. E voi, caro 
Trabalza, lumeggiate assai bene la parte 



XV 



che in questa grossa questione ebbe il Tor- 
ti, e il giusto posto che in essa gli spetta. 
Dove invece io non posso consentire 
con voi, e nel troppo bene che dite di me, 
a proposito della stessa questione e a pro- 
posito d' altro. Se I'avessi saputo, non v'a- 
vrei promesso di scrivere questa lettera. Mi 
consola per6 il pensare, che tanto non man- 
cher^ chi dica male e di me e di voi. 



Roma, 11 novembre 1896. 



LUIGI MORANDI. 



FRANCESCO TORTI 



1-Tkabausa, Francesco Torti. 



ALLA 



VENERATA MEMORIA 



DI 



MIO PADRE 









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U ItaUa, che deve il suo risorgimento morale, 
civile, politico alia nuova letteratura risorta col 
Parini e coU' Alfieri, pur nell'angustie dell' eta pre- 
sente, va ricercando con intellefcto d' amore e di 
gratitudine la vita di quegli scrittori che, sebbene 
non siansi levati alto quanto i Gt-randi e non ab- 
bian prodotto frutti di molto valore, contribuirono 
tuttavia al progresso della coltura e della civilta : 
e ogni giorno per opera di una grossa e valorosa 
schiera di studiosi risorgono tanti nomi ignorati, 
e s' accresce il patrimonio della nostra letteratura. 
E bello, e doveroso, e patriottico adunque che si 
continui questa ricerca dei dimenticati, specialmente 
da quelli che, pur coltivando le lettere, non pos- 
sono, per aver corte le ali, arrivare all' eccelse cime 
dell' arte. Percio nu sozu> assunto anch' io il doke 



— 6 — 

carico di far rivivere uno scrittore che amo forte- 
mente V Italia, e V ho fatto con tanto maggior pia- 
cere, in quanto che egli e un mio concittadino. 

Non era ancor molto lontano lo scoppio della 
grande Rivoluzione, quando il Parini, porgendo in 
se stesso e ne' suoi scritti V immagine dell' uomo 
che mancava all' Italia, awiava le lettere e la so- 
cieta a un nuovo cammino ; e, quando tra noi 
echeggio, suscitato dai Francesi, il grido di liberta, 
gli spiriti, educati gia dall' Alfieri, erano ben pre- 
parati a spezzar le vecchie catene della schiavitu. 
Cosi al nostro rinnovamento poetico e morale s' ac- 
coppio il civile e il politico, che, suscitate prima 
da Ugo Foscolo, che dalF Alfieri aveva ereditata 
la fiamma viva dell' amor patrio, e poi dal Maz- 
zini, che dai campi sereni dell' arte aveva traspor- 
tato 1' ideale nuovo tra il popolo, raccolte piu tardi 
in un fascio da Camillo Cavour, le giovani forze fu- 
rono finalmente guidate da Vittorio Emanuele e 
da Garibaldi alia rivendicazione d' Italia. 

In questo splendido periodo visse il nostro 
scrittore : egli vide la luce nell' anno stesso che il 
Mattino del Parini ; egli segui lo svolgersi della 
Bivoluzione francese ; vide sorgere e tramontare 
1' astro napoleonico ; sent! tutto 1' orrore della po- 
litica reazionaria della Santa Alleanza ; udi i canti. 
de' primi poeti della, rivoluzione ; anch' egli si ado- 
pro ad abbattere la teocrazia romana ; prese parte 
vivissima afle controversie che s' agitarono intorno 
alia Hngua italiana e a quelle tra classici e roman- 
tici; e mori appunto quando Alessandro Manzoni 



— 7 — 
finiva di risciacquar in Amo i suoi cenci, e quando 
le persecuzioni e le vittime de' tiranni, la parola 
segreta e gli scritti de' generosi accendevano gli 
animi alle future guerre dell' indipendenza italiana. 
REiccontare adunque la vita di uno scrittore 
che visse in mezzo a tanti avvenimenti politici e 
letterari, forse non sara del tutto inutile: come pure 
non sara opera vana esaminar gli scritti di lui, che 
godettero tanto favore presso i suoi contemporanei, 
e ai quali un po' hanno attinto anche i modemi ; 
e, se non riusciremo che ad annoiare i lettori be- 
nevoli, diremo col Manzoni che non 1' abbiam fatto 
apposta ^. 




1 Un giovine e gUt insigne maestro, Francibsco Flamini, ritiene 
che « se da un lato non si pu6 revocare in dubbio 1' utility dello 
studio de* minori riguardati nel loro complesso > , dall' altro « il con- 
sacrare uno studio a ciascun poetastro o prosator dozzinale, e il 
produme per le stampe 1* intera mercanzia letteraria, e un abusare 
dell' altrui pazienza e, spesso, un recar vasi a Samo e nottole ad 
Atene. Sol quando — oosi continua — un po' al disopra di questi 
gciaurati che mat non fur vivi ci avvenga d' imbatterci in taluno, il 
quale, pur non essendo riuscito ad attingere i fastigi dell' arte, pre- 
senti nondimeno ancor oggi una sua propria e caratteristica figura, 
a lui volgeremo la nostra speciale attenzione, per 1' immagine, se 
non altro, ch' ei ci porge assai piena, dei modi e caratteri della let- 
teratura del suo tempo*. V. la sua bellissima prolusione, letta ill6 
gennaio 96 nella R. Universitii di Padova, /^a Poesia italiana del 
Cinquecento e V insegnamento scientiftco deUa LettertUura naaionale ; Ve- 
roua-Fadova, Druckor, 1896; pagg. 12-18. 



CAPITOLO I. 



La vita e il carattere ^. 



Francesco Torti nacque in Bevagna, citta del- 
r Umbria, il 30 settembre 1763, da Giacinto e Te- 
resa Rubini. II padre fu ottimo giureconsulto, 
fece parte del primo ordine municipale, sostenne 
le luogotenenze di Perugia e di Viterbo, e fii 
eletto Presidente della Rota di Genova il giorno 
stesso che gli nasceva il primogenito Francesco, 
dopo tre anni di vita coniugale. La madre discen- 
deva da famiglia patrizia di Camerino. Francesco 



1 Eccone le fonti scritte : 

1. Autobioffrafla. — Vedi piii innanzi : Cap. V, Op. minori % JH. 

2. Sqpra Francesco TortC— mancato at vivi — il 2 febbraio 1842 — Pdb- 

role — del Dott. A.[go8tino] M.[att6li] — suo conctUadino. 

3. Per la morte — di Francegco Torti — cittadino bevanate — letterato 

/Uo9ofo — uomo fUantropo — Funebre orazione — letta il di de' «o- 
lenni funerali — 29 aprile 1842 — da Cablo Clavari — Prof, di 
umane lettere ; Todi, Rafiaello Soalabrini. — Clavari, Cenno bio- 
graflco intomo F. Torti, in Giornale Scientifico-Letterario di Peru- 
gia; 2.0 trimestre 1842. 

4. Ricordi deUa Vita e deUe Opere di G. Battigta Niccolini raccoUi da 

A. Vankucoi; Le Mounier. Nota alia lett. 41. 
6. Della Vita e deUe Opere di Francesco Torti — Discorso storico-critico 

di Oesare Baqnotti ; Perugia, Boncompagni e C.i 1871. 

N. B. La biografia del Torti, che 6 nell' Fncidopedia del Boc- 

CABDo, d tolta quasi di saua planta da questo Discorso. 
6. Le opere del Torti medesimo. — Mi son servito pel, come di font^ 

orale, di quei poohi compaeaani ohA lo conobbero. 



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— 10 — 
ebbe un fratello, che gK premori fanciuUo, e una 
sorella, che neppur lei visse a lungo. Perduto il 
padre da giovinetto, crebbe sotto le cure della 
madre, che non poteva essere piu affettuosa e piu 
sapiente educatrice : da lei principalmente tolse la 
gravita del carattere e V odio contro il lusso. 

Fin dall' infanzia il Torti mostro ingegno sve- 
gliato e vivo amore alio studio. Era avidissimo di 
leggere, tantoche all' eta di undici anni fa visto 
impallidire e farsi magro per la passione con cui 
s' era dato alia lettura del romanzo — Paris e 
Vienna — , avuto da un compagno di scuola: an- 
cor fanciullo, si diede da se a studiare la lingua 
francese per leggere le opere del Voltaire e del 
Racine, tanto lodate e ammirate da' suoi maestri 
di scuola. 

Quando gli nacque il fratello, non bastando 
piu le scuole di Bevagna, fu inviato verso il 1780 
a proseguir gli studi all' Universita di Camerino, 
dove allora V ab. Pannelli, ex-gesuita ascolano, pro- 
fessava le belle lettere, V ab. Ludenna, ex-gesuita 
spagnolo, la filosofia e le matematiche, e Luigi Spa- 
rapani di Camerino il diritto pubblico. De' tre, il 
Ludenna inspiro nel giovine Torti un ardore vi- 
vissimo per la metafisica, che gli duro tutta la vita. 
Quali fossero le sue abitudini a Camerino, non 
sappiamo, ma e da credere che lo studio fosse la 
sua principale occupazione, e che la sua natura 
malinconica lo tenesse lontano dagli allegri trastulli 
della gioventu universitaria. Infatti le lettere che 
scriveva al padre non parlano che di studi : in una 



— 11 — 

gli diceva con grande compiacenza che alcuni let- 
terati famosi nella repubblica letteraria, tra gli altri 
r ab. Colomes, si eran degnati di fargli degli elogi 
per qualche verso da lui composto, e che i suoi 
maestri gli assicuravano ch' egli aveva « delle qua- 
Kta molto dispositive per la filosofia e le matema- 
tiche » . ^ Attese in questo tempo a comporre un 
poemetto, intitolato Ei'odiade, che pubblico all' eta 
di vent' anni. 

Da Camerino passo, nel dicembre del 1783, a 
Roma per coltivare gh studi legali e sperimentarsi 
nel foro, e fu ammesso per particolare raccomanda- 
zione nello studio dell' aw. Bartolucci, uno de' piu 
famosi della curia romana. Ma i codici e la carta 
bollata poco dilettavano Y animo suo : cosicche fu 
assai breve il tempo che passo nello studio del Bar- 
tolucci. Le belle lettere, la poesia, le accademie, i 
monumenti occuparono tutta la sua vita. In que- 
sto tempo e in questo ambiente egh s' incontro, 
oltre che con altri letterati, come Gianni e Zac- 
chiroli ^, con Vincenzo Monti, il quale fu tanta 
parte della sua esistenza. Poiche, amatolo ne' gio- 
vanili entusiasmi, nell' amor delle lettere, combat- 
tutolo neir eta matura in difesa della hngua e di 



1 Amaduzzi L., Spigolature leiterarie inedite; Savignano, Tipo- 
grafia Pilopatridi ; pag. 33. ( lett. al padre, 9 aprile 1781 ). 

2 V. il recente soritto di M. MENomNi, intitolato — Monti, Shfr^ 
Ick e Zacchiroli — pubblicato nella Niiova Antolologia — Fasc. XIV. 
15 Inglio 1885. — Questo articolo conferma e illustra molte delle 
cose che qui appresso e altrove diciamo a proposlto delle relazioni 
tra il Monti e il Torti e di un giudizio di questo sn quel bel tipo 
che fa il Sherlok. 



— 12 ~ 
Dante, doveva il Torti, ancor sul letto di morte, 
serbame il tristo ricordo e rimpiangerne la vilipesa 
amicizia. E fu calda amicizia quella che il Monti 
e il Torti strinsero in Roma, cementata dalla reci- 
proca stima e dalla stessa sete di gloria. Torti fu 
subito colpito dal genio poetico del Monti, e que- 
sto dall' ingegno critico dell' amico : i loro colloqui 
versavan per lo piu su argomenti letterari, e Carlo 
Qavari ci dice che discorrevano « dell' eloquenza 
ateniese, dell' energia romana, dell' eloquenza sva- 
riata de' francesi, dello stile melanconico degl'in- 
glesi, de' profondi e sentimentali germani, e ,delle 
ricchezze infinite del Parnaso italiano » . ^ Non 
solo, ma disegnavano, ci fa sapere il medico Mat- 
toli ^, di riformare la letteratura italiana, e « Monti 
s' approprio la poesia , e Torti la prosa » ■. ^ Ma 
pare che 1' impresa, almeno da parte del nostro, 
andasse fallita ! 

Lo studio delle lettere pero non li teneva Ion- 
tani dalla societa. II Monti, che, per il suo ufficio 
di segretario del duca Braschi e nella sua quahta 
di abate, si trovava allora in mezzo al « bel mondo » , 
conduceva il giovine amico ai teatri, alle feste di 
ballo e alle serate magnifiche delle illustri case di 
Roma: e il Torti, anch' egh abate, che non era 



1 Oraa. funebre cit. 

2 Quest' aomo, illustre seguace di Hahnemann, che congLunse 
la valentla nell' arte medlca a una grande nobiltk di sentire e a un 
vivo amor patrio, e che rese segnalati servlgi a Bevagna durante 
r infezioni ooleriche del 55 e del 66, aspetta ancora chi lo richiami 
dair oblio e 1' additi a esemplo di civili virtu. 

8 Parole cit. 



--. 18 — 

poi iin bigotto, vi si lasciava condurre molto vo 
lentieri, se dobbiam credere al racconto ch' egli fa 
de' suoi svaglii nelle Lettere Romane, ^ Le serate di 
casa Acciaioli, dove ascolto una volta la famosa im- 
provvisatrice Fortunata Fantastici, quelle stupende 
di casa Flaviani, ch' ei chiama il tempio della se- 
duzione, quelle del march. Tagnoni, in cui sfolgo- 
reggiavan di bellezza la principessa Giustiniani, la 
duchessa Braschi e altre illustri dame dell' aristo- 
crazia romana, gli eran restate per un bel pezzo 
nella memoria, e lui, negli ozi del suo paesello, ne 
scriveva con affetto i ricordi. Forse dal racconto 
ch' egli da Roma faceva di questi divertimenti alia 
madre, pote questa savia donna una volta dubitare 
della buona condotta del suo Checchino, se gl' im- 
pediva di cambiar casa per timore ch' e' volesse 
andar ad abitare dov' era « gioventu di donne » . 
Ma eran timori senza fondamento ; che il giovine 
molto seriamente s' aflfrettava a risponderle che di 
cambiamenti non se ne parlasse piu. QuelF amore 
del risparmio poi che traspira dalle sue lettere alia 
madre, ''^ e pel quale gli sembravano uno sproposito 
dieci « pavoH » il mese, che un parrucchiere gh 
domandava per pettinarlo, « senza neppur rimettere 
cipria e manteca » , e troppi due « baiocchi » per 
r imbiancatura d' una camicia, ci dimostra com' ei 
non fosse dawero inolinato a menar quella vita, 



1 Pagine inedite che io ho avuto la fortuna di trovare tra le 
carte del Torti, e a proposito delle quali vedi piu innanzi: Cap. VI, 3. 

2 Amaduzzi, Op. cit. 



— 14 — 

parte elegante parte dissoluta, che richiede fasto 
e denari. 

Dopo tre anni, per easi domestici, specie per 
la morte del fratello, il Torti dovette rimpatriare, 
e fa grande il dispiacere di distaccarsi dal Monti. 
Se non che la lontananza non divise i loro cuori, 
che anzi « una corrispondenza di lettere alimen- 
tava di tempo in tempo la stretta amicizia » . ^ E 
le lettere, come i coUoqui di Roma, parlavan di 
cose letterarie: il Monti gli mandava di volta in 
volta i frutti del suo ingegno, e il Torti li gustava 
con soavita, e ne riferiva poi le dolci impres- 
sioni air amico poeta. 

Diamo un' occhiata a queste lettere : cio im- 
porta per due motivi: primo, perche contengono 
giudizi e notizie deir autore stesso sopra le sue poe- 
sie ; secondo, perche esse ci devon dire quale stretto 
vincolo d' amicizia legasse al Torti il Monti che, 
trentacinque anni dopo, scriveva al Betti di non 
esser mai stato amico a quel « pazzo » . ^ 

Le prime lettere appartengono ai primi mesi 
del 1786, e le ultime al 96 : dodici anni di corri- 
spondenza ! Incomincia il Monti col mandare alP a- 
mico di Bevagna V Aristodemo, e, dopo quel che 
gUene scriveva il Torti, gh dice ch' egli e uno de' po- 
chi , che si siano internati nel suo sentimento : 
poco curarsi delle critiche de' letterati : « tutto 
giorno - aggiunge con queir arguzia che gli era 



1 Autobiografia cit. 

2 V. piii innanzi in questo stesao cap. 



— 15 — 

familiare - si fa la critica dell* uomo, e Dio, che 
n' e r autore, non ha mai badato, ne mai ha cor- 
retta quest' opera » . ^ Qli manda poi il Manfredi : 
non accetta le lodi che V amico gli fa : ancor non 
le merita : le meritera col Gracco, « terza tragedia 
di Tin terzo genere » . « L' ab. Pessuti - gli scrive - 
mi ha fatto legger ier V altro il giudizio ch' egh 
ne dara nelle sue Effmieridi, ^ e, quando sara stam- 
pato, vedrete che ambedue vi siete combinati per- 
fettamente nelle opinioni. » ^ D venerdi santo re- 
cita i quattro sonetti su Giuda, e li manda subito 
al Torti, ^ che, a dir vero, pur ammirando gli squi- 
siti versi dell' amico, lo rimprovera dolcemente, per- 
che la sua immaginazione e sempre truce e rabbiosa. 
Sfido io, tre tragedie e quattro sonetti su Giuda! 
Onde il Monti, « per rifargli la bocca », gli spe- 
disce « una canzonetta tutta dolce e di zucchero, 
che e uno scherzo di morale epicurea »: — 

Finch6 Vetk m' in vita , 
Cerchiamo di goder; 
L' aprile del piacer 
Passa e non toma. — 

e gli da schiarimento che V « Omero vivente » , con 
cui ha impegnato una terribile guerra letteraria, e 
« un certo » Mazza di Parma, di cui si ride e va 
cantando : tra male gatte era venuto il sorco, ^ 



1-3-4 V. le lettere in data 9 marzo 1787, 16 febbr. 1788, 29 marzo 
88 nell' Epistolario del Monti ; Milano, Resnati e Bernardoni, 1842. 

2 Anche a proposito di questo giomale vedi il citato art. del 
MjEKonrai. 

5 Y. neU' Epigt. cit. la lett. 12 aprile 1888. Questa lettera fa 



/ 



-16- \ 

Tutti questi doni del Monti eran resi piu pre- 
ziosi da espressioni di calda amicizia, di stima e 
di lode. Uno stampator di Venezia e il Bodoni di 
Parma chiedono al Monti un esame critico del Man- 
fredi per premetterlo all' edizione della tragedia ? 
Ed egli, per mandar loro una « cosetta spiritosa » 
e che gli « procuri credito » , si rivolge alia penna 
dell' amico di Bevagna. Nel noioso soggiorno dei 
Bagni di Nocera, dove s' e recato col suo padrone, 
si lamenta, un po' per il caldo, un po' per le ci- 
cale, che sono « gli arcadi di quei monti » , di non 
poter scrivere nulla di bono : nonostante, per con- 
tentar V amico che gli chiede de' versi, gli manda 
tre sonetti scritti sul vero, in cui ha voluto « pe- 
trarcheggiare » un po' a modo suo. « Non rispondo 
alia questione, se piu mi piaccia V Aristodemo o il 
Manfredi, perche sono due tragedie di natura di- 

versa Vi so dire per altro che le no- 

stre maniere di pensare, la vostra e la mia, con- 
suonano tra di loro .... Volete finalmente il mio 
paxere ? Lodatemi nelF Aristodemo, ma cercatemi 
nel Manfredi, » ^ « lo credo - gli dice in un' al- 
tra lettera - che, se non vi risolvete di venire a 
strapazzarmi in persona, nulla per ora otterrete 



nella Favilla di Perugia ( A. Xn. 1888. fasc. V - VI ) pubblicata e data 

erroneamente per inedita, insieme a dne altre veramente inedite, dal 

Bagnotti, a cui le aveva comunicate A. Rossi. 

1 V. la lett. n dell' Antipurismo del Torti ; Foligno, Tomassini, 

18S9. — I tre sonetti che il Monti invi6 al Torti son quelli che co- 

minciano : 

« Passa 11 terz' anno, Amor, ch' io mi lamento > 

« Ben di tragiche forme pellegrine » 

c Sdegno poBsente Iddio, delle tremende » 



— 17 — 

con tutte le vostre dolci e melate preghiere. Da- 
temi questa consolazione, e conducetemi con voi 
r ombra di Properzio, che saluterete da parte mia, 
se mai V incontrate qualche sera vagabonda fra co- 
deste boscaglie, quando il sole tramonta. » ^ 

Poi gli annunzia che ha messo a dormire il 
C. Gracco^ per lavorare intorno a una Comediu^ di 
cui pero non gh vuol dire il soggetto : si contenti 
per ora di sapere che e « la pittura di dieci o do- 
dici parte galantuomini e parte bricconi vissuti al 
tempo d^ Augusto e trasmigrati in altrettanti corpi 
modemi per virtu d' una poetica metempsicosi. » ^^ 

Siamo arrivati air anno 1793, anno in cui il 
Monti imprende a scrivere la Basvilliana, Qui ci 
sia concesso di fermarci un po' piu lungamente che 



1 V. lett. in deU' Antipurisino cit. — L' Urbini , che vorrebbe 
trovar anche nel Monti un alleato nel rivendicare alia siia Spello 
1' onore d' aver dato i natali a Properzio, vede in queste parole « una 
leggiera punta d'itonia*; a noi non pare: ci paion bene ironiche 
le sue, con le quail accenna all' « arcigna ombra di Francesco Torti 

che ammica dal sipario del nuovo teatro [ di Beva- 

gna ] » . Im Patria di Properzio ; Torino, Loescher, 1888 ; pagg. 77 e 142. 

2 Lett. V, Antip. cit. — E curioso il modo col quale il Monti 
parla di quelli che avean fatto de' sospetti di satira su questa Com- 
media : « Satira al govemo — dice — satira ai pocti, satira ai santi, 
e satira al diavolo che gl' incomi e se li porti a casa sua » ! 

Andbea Maffei, nella sua bella prefazione — Intorno la Vita e 
le Opere di F. Monti — alle opere del Monti edite dal Le Monnier, 
congettura che questa commedia « non mai venuta in luce sia il so- 
netto al padre Quirino rifatto sopra una tela piu vasta ( pag. XVII). » 
Nella steasa prefazione il Maffei parla con onore del Torti, c il cui 
senno e gusto aveva [ il Monti ] sempre tenuto in gran conto » . Ma 
il Maffei stesso, che riferisce qualche particolare del carteggio tra 
il Monti e il Torti, che « andava maravigliato e rapito » do' canti 
che 1' amico gl' inviava della Basvilliana, e riporta tutta una pa- 

2-Trabalza, Francesco Torti. 




'%y 



— 18 — 

non abbiam fatto per 1' innanzi : ce ne da motive 
il brano della lettera famosa che il Mqnti scrisse 
al Betti, in cui tra le altre insolenze si diceva : 
« Conobbi gia in Roma questo pazzo air occasione 
della Basvilliana, suUa quale egli m'adulo con 
certi suoi scritti , 35 anni fa » . ^ AU' occasione 
della Basvilliana ? Ma se dieci anni innanzi an- 
davano a sentire insieme — c'era anche Tamico 
Gianni — la Fantastici in casa Acciaioli e alle 
feste di ballo ? ! 

Com^ era solito di fare, il Monti, mentre ve- 
niva componendo la cantica sul Basville, ne in- 
viava al Torti i canti, anche prima che fossero 
pubblicati : e il Torti, come per 1' innanzi, gliene 
scriveva le sue impressioni. Mi place riportar per 
intero la lettera dell' 8 giugno 93. « Caro amico, 
voi pagherete cara la vostra curiosita. Eccovi un 
piego, che rovinera la vostra economia. Sono i 
primi due canti sopra Basville, intorno ai quali 
sono tentato di creder vero il vostro giudizio. Ma 
voglio tuttavia tenere in briglia V amor proprio, 



gina di oritica del Torti, mi sembra che sarebbe stato piti giusto, se 
avesse almen ricordato quanto ingrato si fosse mostrato in s^guito 
il Monti con chi fu uno de' suoi piti fedeli amici e « ottimo consi- 
gliere » ( come dice il CANTfj : Monti e V etdu che fu sua, pag. 274 ; 
Treves, 1879) ne' primi passi della sua carriera letteraria. £ male 
che per iscusare il colpevole, non si renda ragione, celando la ve- 
rity de' fatti all' offeso ! Che i cenci abbiano ad andar sempre aU' a- 
ria? Tuttavia il MafFei 6 stato piii prudente di Achille Monti, a 
proposito del quale vedi piti innanzi : Cap. V, § 11, dove si trover & 
modo di rispondere anche a quello che quasi di sotterfugio va di- 
cendo qua e Ik contro il Torti un altro apologista del Monti, il Vic- 
chi, ne' suoi estratti di un libro intitolato Vincenzo Monti ecc. 
1 V. piu innanzi in questo cap. 



^"^^^ 



— 19 — 
che, a dirla in confidenza, resiste a tutte le lodi, 
fuorche alle vostre. Crediatelo, e crediate ancora che 
siete r unico a cui io ho inandato questi canti, 
perche reputo che assai pochi sien degni di leg- 
gerli, e pochissimi di riceverli in dono dal vostro 
Monti, che vi abbraccia ed aspetta il vostro se- 
cond© parere. » ^ 

Pare che il Torti provasse un po' di disgusto 
per le parole antiquate del Trecento resuscitate dal 
Monti ne' suoi canti, perche questo V assicura che 
« guarira presto della malattia di stomaco » , di 
cui anch' egli ha moltissimo patito. E poi gh 
manda il terzo canto, che sara trovato « molto 
piu ben complesso e nudrito degli altri fratelli » ; '^ 
finalmente il quarto, intorno al quale dice : « Se 
gli altri vi hanno scosso si forte, che farete alia 
lettura di questo? Torti mio, se 1' amor proprio 
non m' inganna, egh e il piu bello di tutti. » ^ 

Intanto 1' edizioni falsificate si moltiplicano, e 
il Monti, per non veder V opera sua lordata dai 
ridicoli commenti delle stampe d' Assisi e di Ma- 
cerata , e costretto ad aggiungere alcune Note 
a' suoi canti, delle quali parte saran sue, e parte 
di altre mani valenti. « Potessi stampare anche il 
vostro giudizio - scrive al Torti - senza cadere in un 
eccesso di vanita ! Ma, se voi voleste dare una mag- 
gior estensione ai vostri pensieri in modo di libere 
riflessioni, non con altri parlando che col pubblico. 



l-a-3 V. le lett. Vl-Vn-Vm, neU' Antip. cit. — Non si trascuri 
V importaiusa di quest e letter e. 




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— 20 — 

io sarei superbo di premetterle alle Note, e la mia 
obbligazione sarebbe pur molta. Pensateci e scrive- 
teini. Addio. » ^ II Torti ci penso, e rimase incerto 
qualche tempo prima di arrendersi a istanze cosi 
lusinghiere, che non si poteva persuadere come mai 
r autore della Bctsvilliana credesse trovare in un 
giovine oscuro di provincia un valente illustratore 
della sua cantica, e volesse farlo, per dir cosi, il 
« piedistallo della sua gloria » . ^ Ma quando vide 
stampato nel primo foglio delle Note, che il Monti 
gli veniva inviando a mano a mano, come aveva 
fatto pe' canti, un brano delle sue lettere ^ sopra 
la Basvilliana e il suo nome esposto al pubblico, 
dovette vincere le sue ripugnanze e assumere V in- 
carico di una specie di « saggio critico » , che in- 
titolo Osservazioni alia Basvilliana. Per far questo 
gli bisognavano le lettere gia spedite al Monti sul- 
r argomento ; ma questi gli risponde : « Non ispe- 
rate che vi mandi le vostre lettere : io ne conservo 
con gelosia V originale, e piuttosto ve le faro tra- 
scrivere. » * E seguita a mandargli i fogh delle Note, 



1 V. le lett. Vl-Vn-Vm, neU' Antip. cit. 

2 [F. Torti], Dante Rivendicato, Lettera al 8ig, Cav, Monti; Fo- 
ligno, Tomassini, 1825; pagg. 4-15. 

3 Vedilo piu innanzi. Cap. V, §. II. 

4 V. le lettere XI, XH, XIV -XVH- XVIII -XIX, XIV del- 
I' Antip. cit. Nel P.S. di quest' ultima si legge pure : « Vi avverto 
che, occorrendo, potete contare suUa protezioue del duca Braschi, 
quanto Io stesso suo Segretario, e niente meno. Non viene ordinario 
ch' egli non mi domandi : — Torti ha scritto? — Ed a proposito 
dell' istesso duca nella XVIII si legge : « II mio padrone .... que- 
st' oggi a tavola mi ripeteva queste parole : — Bisogna assoluta- 
mente pensare a far del bene a questo bell' ingegno : ditemi, che 
si potrebbe fare? — ^. 



— 21 — 
dove ha pettinato il « petulante » ab. Bettinelli, 
e dove pettinera V ab. Tamburini, che in una nota 
all' edizione di Pavia « V aveva incolpato di calun- 
nia rapporto ai Giansenisti » . ^ I primi tre articoli 
delle sue Osservazioni il Torti glieli spedi a Roma, 
uno alia volta, prima della fin d' ottobre ; il quarto 
e il quinto con la promessa di un settimo a no- 
vembre. ^ Come il Monti li accogliesse si puo ar- 
gomentare dai seguenti brani delle sue lettere : 

« Non posso saziarmi di leggere e rileggere 
il primo articolo delle vostre aristoteliche osserva- 
zioni. Sto quasi sul punto di progettarvi il cambio 
delle nostre fatichey pigliandomi io la gloria delle 
osservazimiij e voi queUa della cantica. Non vi adulo: 
non si puo scrivere ne con piu forza, ne con piu 
precisione, ne con piu senno. Quanti V ban letto 
( e son molti, perche vi so dire che qui v' ha molti 
che vi stimano ) tanti ne sono rimasti incantati. 
Perlocche sollecitate il vostro lavoro, che essendo 
in compagnia voleremo amendue piu allegri e sicuri 
nella carriera della gloria » ^ 

« II secondo articolo e un capo d' opera . . . 
voi sarete un giorno il massimo de' critici . . . Se 
considero poi che nel farvi artefice della vostra 
fama lo divenite ancor della mia, io ne provo una 

compiacenza che mi mena al delirio S' e- 

gli e vero che « le anime di Dante e dell' autor 



1 V. la lett. XIV dolV Antip. cit. 

2^ V. le lett. XVII, XVIH, deU' Antip, cit. 



i i' - 



-- 22 - 

del Basville sono andate d' accordo in tutte le loro 
parti », tenete per fermo che la vostra entra per 
terza . . . . e compisce il mistero d' una triade let- 
teraria in un' aniina sola . . . . » ^ 

« II terzo articolo delle vostre osservazioni e 
fratello degli altri. Niuno ha mai parlato di Dante 
cosi degnamente ... A saziare il mio amor pro- 
prio mi basta quell' « Eliseo awiluppato nel man- 
tello del suo maestro » , mantello che non darei per 
tutte le porpore delF universo ...... ^ 

« Cerco parole per dirvi 1' impressione che mi 
han fatto il quarto ed il quinto vostro articolo, e 
non le trovo ...... ^ 

S' aflfretto quindi il Monti a far pratiche per 
farli stampare a proprie spese dal Bodoni, ma 
le riuscirono a voto. Allora li mando a Milano, 
« d' onde V anno dopo a Bevagna, in una copia, 
all' autore, il quale aveva mostrato desiderio di ri- 
toccarli » . ^ Ma, invece della Hma, li attendevano 
le fiamme. Le vicende d' Europa rovesciarono il 
piano del Monti : la Eivoluzione francese avanzava 
il suo passo trionfante, e il povero poeta doyette 
mettere a dormire la sua cantica, e poi, « perse- 
guitato dai Giansenisti di tutto il mondo » , come 
dice egli stesso al Torti -, scappare da Roma, strin- 



1 V. la lett. XIX deU' Antip. cit. 

2-3 V. 1g lett. antec. cit. 

4 A. Bossi — Notizia ddle Opere di Francesco Torti da BevagnUf 
coiupilata in occasione della festa, che il Liceo Mariotti di Perugia 
celebra ad onor suo — il 14 xuarzo 1870 — Perugia, Boncompagni e 
C.i) 1870; pag. 4. 



I • 1 ' 



— 23 — 

gersi a una nuova bandiera e scomunicare il suo 
poema, gridando : 

Pecc6 la lingna, ma fu casto il core ! 

Allora il Torti vide quel che gli restava a fare, e 
abbrucio, per un sentimento di nobile sdegno, le 
Osservazioni, salvando pero tutto quelle che non 
era di Basville, ma di Dante, e che costitui il 
germe del Prospetto del Pamaso Italiano. ^ 

II volubile Monti dimentico V amico, che aveva 
conosciuto a Roma, e che aveva si mirabilmente 
iUustrata la sua cantica ; e lo dimentico, quasi a 
scongiurare tutto cio che gU ricordasse il pericolo 
corso a Roma per essa cantica. Anima buona e ge- 
nerosa, ammiratore e amico riamato del Monti, il 
Torti fii addolorato assai di questo abbandono, ma 
pur se ne stette silenzioso, e cerco conforto al do- 
lore nello studio, mettendosi a scrivere V opera di 
sopra ricordata. E passarono moltissimi anni prima 
che il Monti e il Torti si ritrovassero ; ma 
Hei mihi, qualis erat ! quantum mutatus ab illo ! 

La prima parte del Prospetto vide la luce nel 1806, 
la seconda e la terza nel 1812. In questo tempo 
era appunto sorta quella schiera di letterati, che 
ftiron detti puristi, capitanati dal padre Cesari, i 
quah mal sopportavano che la lingua itahana, u- 
scendo dalle classiche tradizioni del Trecento, ac- 
cogliesse in se tutti quei vocaboli e quelle frasi 
straniere, che il turbine della Eivoluzione ci aveva 
portato. Tutti sanno con quanto ardore difendes- 



1 JMmt« Btvendicaio, loo. oit. 



— 24 -. 

sero i pnristi le loro teorie : onde non e a dirsi 
quante ire eccitasse V opera del Torti, che, libera 
per il contenuto, era scritta in una forma tut- 
t' altro ohe consona co' loro principi. II Torti al- 
lora, non meno caldo difensore delle sue idee in 
punto di lingua, si diede a scrivere un libro, che 
intitolo II Purismo nemico del gusto e che pub- 
blico nel 1818. Figuratevi come V accogUesse quella 
brava gente ! II Giomale Arcadieo , che sorgeva 
pochi mesi dopo a Roma, il Premarti di Bologna 
nelle sue Considerazioni sulla lingtta , il Giomale 
Enciclopedico di Napoli e altri, si awentarono rab- 
biosamente contro il Torti, ma piu di tutti il 
Giornale Arcadieo^ che lo chiamo un « tristo ita- 
liano » . ^ II Torti non era persona da pigliarsi in 
santa pace questo bel complimento, e sdegnosa- 
mente rispose nel 1819 con un altro scritto — 
Risposta ai Puristi — , il quale suscito grande 
rumore a Roma, e di cui il Belli stesso parlo in 
casa sua ai suoi amici. ^ 

Si ricordo poi d' aver conosciuto a Firenze 
nel 1813 un certo NiccoUni, e sapendo quanto va- 
lesse e che cosa pensasse de' puristi, benche ac- 
cademico della Crusca, si rivolse a lui per farsi 
render ragione dai giornali di Toscana,- e perche 



1 Giornale Arcadieo, Tomo n, aprile - ma^io - giugno, 1819. 

2 Gherghi Rinaldo, Letters inedite d' uomini iUustri conservate 
nella Bibl. Com. di Spoleto ; Tipo-Lit. Nuova Umbria, 1888. V. lett. al 
Fontana. c Ho saputo per azzardo dal Sig. Presenzini che un Romano, 
il Sig. Belli, ha parlato lungamente in sua casa della maniera con 
cui k stato ricevuto in generale il mio ultimo opuscolo in Roma, e 
come ne pensano in particolare i Puristi del Giornaie Areadicio* » 



i la sua Rwpoxta agli amici, giac- 

iiristi si eran chiuai in un pro- 

le osftvan piu parlame ne pr6 ne 

!Sto tempo risale 1' amicizia del 

jii, il quale non rinnego mai, come 

suoi sentimenti, e amo e atimo il 

lanronte. II Niccolini s' affretto a 

irti, schemendo il Giamale Arca- 

tto la dettatura della Pedanteria » 

uzzi impalliditi tra la polvere e 

i^ uaiiiic-i luunfldo U Hbro e il santo proponi- 

mento di percoterli ; dicendo che cosi la pensar 

vano anche i suoi amici, e mandandogli infine il 

suo JHscorso sulla lingua in segno d' amicizia. ^ 

n Torti si riconforto ; ma codesti puriati gli 
urfcavano i nervi ; le omelie del Pertieari lo an- 
noiavano, e piu gli applausi de' proseliti, che que- 
.sti s' era fatti « ne' suoi viaggi in eompagnia della 
bella e semiletterata consorte figliola del gran 
suocero » . * La pazienza gli acappo, quando lease 
nella Proposta queate parole del Pertieari : — Fug- 

giamo i vizi del .Tasso e del Metastasio 

vero e che il Tasso ed U Metastasio peccano al- 
cuna volta neUa cosa dello atile — ; e 



1.2 V. li 


a lett 24 1820 e 25 aati 


t. dirette 


dftl Torti al NiGco- 


lini, e la lett. 


. 41 in Ricordi i 


aoc. di A. Vabbucci. 


- .n Vanmicci- 


coal ecrive il 


Kagnotti, op. c 


lit. pag. 22 


- qnan 


tnnqne BccademicD 


delln Crusca. 


t, stato il prim 


o n rivend: 


icaie il a. 


]me det Torti dal- 




Lii i pedanti spi 






icUtoperBempre. . 


e IF. T< 


iHTil, Annedoto UOemrio di 


' un Epigramimi per la moH« <j{ 


0. FerHcan | fltumpato alia 


mttcohia) 


ISM. V. 


pid avanti: Capi- 


tolo V, I. IV. 











!va chieder ragione al Perfcicari di una 

sopraffina in faccia al pubblico, il po- 
wi mori ! Allora il Torti, seccato del 
10, mise in berneaco il auo nialumore 
rammatico epitaffio, che diceva cosi : 

6 qui Perticari, uom che in parole 

se pu6 valer uom senza, sal». 
iteria su 1' uriia sua si duole, 
iapera trovar altro cotale ; 
jflft, che odia ognor crusche e frulloni, 

vada all' Eliso de' . . . minchioni ! i 
lando in una lettera phvata ad un 
lurista di lesi, Carlo Mancini, soltanto 
amico fu imprudente, e d' imprudenza 
aza 1' epigranuna giunse fino a Pesaro. 
o Betti, — racconta il Torti mede- 
more deUa mia Risposta ai Puriati . . , 
ntieri il momento deUa vendetta, e per 
contro I' odio del Cav. Monti, ebbe la 
ignita, di spedirgli 1' epigramma, men- 
(iangeva ancora sulle ceneri del suo 
. » ^ II colpo non ando fallito. H Monti 
elante delatore cosi : 

« Milano, 6 Maggio 1824. 
i e un tristo e il suo epigramma grida 

tu, Betti mio, mi fai oltraggio se ti dai 
le io conceda a costm la mia amicizia, 
Roma trentacinque anni fa questo pazzo 
e della BascUliana, sulla quale egli rai 
erti suoi scritti. Uscito io poscia di 



1 



797, non ebbi piii con esso la minima 
nto ch' io il tenea gia per morto : ed 
vivo per maledirlo, Se 1' incredible 
.za mi fosse stata avvisata quindici 
i, mi sarebbe nata bella occasione di 
) nell' ultimo volume della Praposta 
presso, e che tra pochi giomi sara pub- 
3 fara a tubto il mondo teatimonianza 
iio verso il noatro Griulio : e non temo 
issato i conflni del vero, percbe la sua 
[■ tutta Italia e adorata, e convien esser 
I ribaldo per olfcraggiarla. Vedrai il 
j;o che precede il volume ; anzi piu che 
mma di novo genere, partito in cinque 
atti : u terzo de' quali e tutto in bocca di Dante, 
di G. Guinicelli e di Giulio. Oh ! come bene mi 
sarebbe quivi caduto in acconcio il carminare al 
matto di Bevagna la lana ! Ma per Dio ! se 1' oc- 
casione e passata, non e passata la voglia . , , » . ^ 
Questo linguaggio non fara certamente ma- 
raviglia a chi pensi alle numerose polemiche del 
Monti col Db Coureil, col Gianni, col Salfi, col 
Bettinelli, coll' Acerbi, col Niccolini, col Foscolo e 
tanti altri, ai suoi fiirori, alle sue intemperanze ; 
ma feranno senza dubbio maraviglia le bugie con- 
tenute in questa lettera. Come si fa a dire che 
teneva per morto il Torti, che nel 1806 e 1812, 
nel 1818, nel 1819 pubbUco tre opere, di cui par- 
laron tutti quel giornah letterari che andavano 



— 3S~ 
per le mani del Monti, alcuni de^ quali anzi erano 
ispirati dal Monti stesso ? Noi abbiam seguito inol- 
tre, anche ne' particolari, il carteggio del Monti 
col Torti, pieno dell' espressioni piu calde d'ami- 
cizia e di stima, e, benche con dolore, non pos- 
siamo non riconoscere che il Monti fti di una vo- 
lubilita strana , talvolta , come in questo caso, 
colpevole e vergognosa. ^ 

II Torti intanto aspettava che il Monti met- 
tesse in pratica la sua voglia di « pettinare il 
matto di Bevagna » ; ma, vedendo che non ne fa- 
ceva nulla, si fece avanti lui. E gH diresse per le 
stampe una lettera intitolata Dante RivendicatOj di 
oltre dugento pagine, franca, dotta e tanto urbana, 
quanto era stata insolente la lettera del Monti, 
facendo in essa la storia delle antiche loro rela- 
zioni d' amicizia, e confatando V affermazione del 
Monti, espressa in un volume della Proposttty esser 
la Dimna Commedia •un poema didascalico ; e vi 
aggiunse un saporito poscritto per detronizzare la 
« divinita » del Perticari, ch' egli per irrisione 
chiama « il piccolo Giulio » . « Niente v' ha — 
dice a ragione il Ragnotti nel citato opuscolo — 
fra le opere del Torti, che superi di bellezza que- 
sta lettera ! » Col Dante univa un' altra ben lunga 
epistola al march. Colelli, col titolo — Delle af- 
finitd poetiche fra U genio di Ossian e il genio di 
Monti — ^y con la quale nega che la poesia ossia- 



1 V. piti innanzi, Cap. V, §. II. 

2 n valente oritico Emilio Bbbtana, nel fare in Giornale &tO' 



iammare e dilettare i 

[uante bellezze poetic". 

Bardo deUa Selva Neva. 

Dante Rivendicato levo 
nunore in Italia e ftiori ^ ; e, per tacer d' altri, il 
Niccolini s' affrettava a scrivere all' amico Torti 
che godeva « che in tanta vilta letteraria si tro- 



rico delta l^tt. Ital. ( Anno XIU, 76-7! ) la reeensiona del libra dk V. 
Alguakhi, Un fllomfo dtOe I,etUre (Helchior Cesarotti ), acceDilAudo 
mcideutalmente al Dante e a qnesta letters, ^che iLvrebhe potnto 
snggerire all' A. 1' idea di aggiangere al sao gii> lango capitnlo aulla 
poeaLa oasLaneaca nn ptiragrafo uod solo carioBo, mft utile aulla vsi- 
ria fortuna di Oeaian > , dice cod molta aelea \tk poche cos«. nm tatCe 
giustissime. sul coDto del noHtro Torti, alia uui operoeitA letteraria 
noD nega importanza : di che Tivameute ci rallrKriomo. eaaeodo il 
Bertana gindioe eaani competent*. Avvertiamo qni, per iacurioo del 
Bertanii at«aao, che in quella reeensiona fu ripetntameote atampato 
per errore tipografioo Tosti ioveoe di Torti. 

1 Ne parlij favorevolmeote il Oiontale di IHaa, ottobro 1836, 
r Aatologia lU Firemt, deoembre 1825, cha, dicendo • d" ottimo criterio 
e di Don TOlgare erodiaione . il Torti, lo eBOrtava a cessar le diseor- 
dle (come ae le aveaae snacitate luil), gli Anonimi FasMini nelle 
Tre LeUere ol Sig. P. Giordani (Milano, Pirotta IHifl ; Aocona, Sar- 
tori 1828), dove alia pannltima pagina si leRge ; • dove andrfi la glo- 
ria del Fertioari? andate, se vi piece, dal libraio Laderchi, 

e vedete e'egti abbia piii vendibiie alcun eaemplare di certu lellf-ra, 
ginmpata ultimamente in Foligno ! • L' attoecarono invece il Gior- 
nale Arcadio. luglio UQ5, Variety, in oui ai leggono qooate lepidariB = 

< Ticacceremo nel siio padnle la aozza ranocchia, clie, Don 

cuntenta di correre con ana paglia per ]uncia in petto ai leoni, osa 
anoora aaltare auUa nostcft mensa e di iproKniB i nostri cibi pld 
eari . ; la Hihti'teca Ilaliana, mario ISOi, olie urbanamento diceva ^ 
<9ebbeno di recente nbbia cacciato fnor del faugo la teata an tale, 
che 1' eaaergli yillaoo sarebbe gran oorteaia, non vogliamo che ool 
cao nome egli noa imbrattt la nostra acrittnre, ma ai che dimenti* 
CBto bL dijjtmjfipL nolla ciecn, sua vita > i e la Nevuf. Enryclopfdlqiie 
di Farigi, a&osto 1828, in cui leggesi :  Soas pr^taxte de difeodre le 
UantB, Ib nouvel avocat da grand poeto se lone lai-mSme et cit* avee 
empbaae sea pmdnctions litt^raires, et rappelle lea ^logee qa' tl a 
rsfna da aas oritiqaea et da sea amis, de M. Biagioli sartoat. • 



is'' »r ^^ 



— 80 — 

vasse un ardito amico del vero, e che per amor 
di esso non temeva inimicizie famose » , chiamando 
pieno d' ingratitudine il silenzio del Monti rispetto 
al Prospetto del Pamaso italiano^ « V opera meglio 
pensata che abbia V Italia » in fatto di critica. 
Quanto al Perticari, il medesimo Niccolini gli di- 
ceva di aver le medesime idee ; « ma guai^'a me, — 
confessava candidamente — se V Acerbi e il Monti, 
che han fatto pace, sapessero che io non credo alia 
divinita del Perticari, che non sono un buon sud- 
dito di S. M. Vincenzo Monti ! io non avrei mai 
pace, e le cose mie, per dirla con una rozza frase 
del Trecento, sarebbero considerate molto meno 
che stereo » . ^ In un' altra lettera Io ragguaglia 
che del Dante doveva parlare il Lampredi, che 
'V aveva in gran conto, nell' Antologia, ma che, es- 
sendo dovuto partire, ne avrebbe scritto il Mon- 
tani. ^ E finalmente gli comunica che V articolo 
sarebbe state breve, perche V Antologia non era 
altro che « un giornale lombardo stampato in To- 
scana » , perche « la letteratura era divenuta una 
specie di massoneria », e, per non aver delle in- 
giurie, bisognava pensarla come i « Venerabili » . ^ 
A questa lettera accompagnava in dono le tra- 
gedie pubblicate fin allora, a piu saldo vincolo 
d' amicizia. 

Le guerricciole grammaticali erano ormai fi- 
nite per il Torti ; ma altre lotte piu terribili 
r attendevano su altro terrene : i nemici dovevan 



1-2-3 Btcordi cit, 58, 59 e GO. 



31 — 
maldo Leopardi e il go- 

anima nobile, ed era sensi- 
;Ll' umanita, Voltosi intomo 
miseria, costumi eorrotti, il 
1, e in ispeeie il mal domi- 
ma : voile allora richiamare 

pura, e 1 si propose - come 
di spargere ( nel modo che 
Iiime sulle false dottrine del 
no » . ^ Pubblico allora la Cor- 
ie, ch' egli aveva eondotto a 
nga convalescenza, seguita 
no avanti, per la quale Sr 
a vita. ^ La Voce delta Ea- 
imente retrivo pubblioato a 
li Mbnaldo Leopardi, " as- 

eho del Torli face il Vannacci ne' cit. 

S Clavnri, Glornale Scient/ffai - I^tterario di Perugia. - Cenno 
tnogntfico intorno n F. Torti ; 2.o trimestre ISti. 

3 In UQ opuscolo della Voce ddla Bngione, eaist«nte nella Bi- 
blioteca Comimale di Bevagoa ( che fa gift del Torti e da Ini laaointii 
m eredit& inaieme oo' saoi beoi »1 Oomaua ), io bo trovata, se^ttln- 

diretta al Torti ; < Chiarmo sig. — Di I>oreto, 4 Xlire 1804 — Mi prendo 
la libertf. d' IndiriiairlB il prcaente fasolo, di cni fart, quell' uso the 
piii le aggrada, esseiidovi qui per isbaglio un duplicitto; e ci6 anl 
dabbio che conosca 1' »rt, che In riguarda. Lo aarvirft per ridero ud 
pooo ne' momenti di riorsaziooo, o aoppia intanto che n' i nutore 
us certn conte Xiaaljfa leopardi di Reennati, iiomo conoaciatiiximo 
per le sue liillcoleise. Sono cou molta stima — Devmo servo obbmo -• . 
La lirma I, cancoUfttft dal flrmofolio Torti, n* il Prof. Monaci, da me 
pregftto. ha potuto decifrarla. perohfi, nanndo il reagente, vengoD via 
tuU' e due gl' incliiostri. 




— 82 -. 

sail ferocissimamente il Torti calunniandolo. ^ Egli 
allora, afferrata la penna, ribatte eloquentemente 
tutte le accuse in un nuovo libro, che intitolo A'po- 
logia delta Corrispondenza, Ma per i maneggi del 
retrivo conte di Recanati la S. Congregazione mise 
air indice la Corrispondenza e r Apologia. ^ 

Codeste pero son condanne gloriose che ono- 
rano, iion infamano : e non e vero che si ritrat- 
tasse « per sottrarsi alle persecuzioni » , come dice 
il Vannucci ; ^ ne « per sottrarsi alle minacce non 
mai cessate del governo pontificio » , come afferma 
il Eagnotti ; ^ ne « di sua volonta sul letto di 
morte » , come ci vorrebbe ingenuamente far cre- 
dere il Clavari. ^ La cosa sta cosi. lo sono stato 
alia S. Congregazione dell' Indice, e ho avuto in 
mano V indice delle opere proscritte ; vi ho letto 
infatti le due condanne del Torti ; ma le parole 
— aitctor tavdabiliter se svbiecit ac opvs reproha- 
vit — , che si soglion mettere accanto alia con- 
danna, quando uno siasi ritrattato, non ci sono. 
Questo fatto e notevole assai, perche in cose di 
tanta importanza — per la chiesa, si capisce — 
una svista, una dimenticanza e puerile supporla. 
Dunque non si ritratto ? Un momento. Eitomai 
dopo otto giorni al Palazzo della Cancelleria pa- 
pale, e, dopo aver risposto a qualche domanda sul 



1 Per maggiori particolaritk vedi piu innanzi : Cap. IV, n. 

2 Decreti 29 gennaio 1^5 e 7 geimaio 1836. 

3 Loc. oit. 

4 Op. cit. 

5 Oros* oit. 



^88 — 

mio conto e suUo scopo della mia ricerca, ebbi in 
mano il foglio in cni si legge questa sequen25a : ^ 

« In nome di Dio, amen. 

lo sottoscritto, autore di un' opera intitolata 
Corrispondenza di Monteverde o Lettere Morali ecc, 
opera che non ha in se stessa altro scopo se non 
che la censura de' costumi del secolo e del lusso 
ridotto in sistema politico, considerando che la let- 
tura di quest' opera e stata interdetta dalla S. Con- 
gregazione dell' Indice di Roma, senza che mi sia 
stato possibile conoscere dove si trovi opposizione 
o contrasto in cio che contiene il mio libro e cio 
che insegna la divina rivelazione, la morale evan- 
gelica e la disciplina dogmatica della Chiesa, pure, 
per dare una solenne testimonianza della venera- 
zione e rispetto che io professo ai decreti della 
prefota S. Congregazione, dichiaro di riprovare e 
condannare colla maggiore sincerita del cuore cio 
che ha riprovato e condannato lo stesso S. Tribu- 
nale nella prefata Corrispondenza, 

Colla stessa sottomissione e rispetto intendo 
ancora di sottomettermi alia riprovazione e con- 
danna che il S. Tribunale ha pronunciato sull' altro 
opuscolo intitolato, Apologia della Corrispondenza , 
opuscolo che egualmente mi appartiene. 

E saro inoltre sommamente grato, se questo 



/• 



1 All' Indice non me la vollero far trascrivere, ma ci fii con- 
servata dal Clavari, dall' opera del quale la tolgo. Cosi della lettera 
che 1' accompagnava non posso riportar qui che poche frasi, quelle 
cio^ che piu mi fecero im.pressione. 

3-TsABAiiZA, Francetco TorU. 









— 34 — 

genoino e spontaneo atto di sommissione sara da 
tutti riguardato come una nuova prova del mio 
inviolabile attaccamento alia S; B»eligione cattolica, 
in grembo della quale per divina grazia sono nato 
e neUa quale spero e protesto di voler morire. 

Bevagna, 16 gennaio 1842. 

Francesco Torti » 

E potetti leggere anche la lettera con cui il 
Pro-Vicario del S. Uffizio di Bevagna accompa- 
gnava la ritrattazione del Torti, e mi ricordo che 
c' eran queste frasi : « . . . T infermo e sempre in 

uno stato deplorevole godo d' aver con- 

tribuito a quest' opera 1' infermo gradira 

sapere se la sua volonta e stata accetta 

una copia della presente e stata depositata in que- 
sto Tribunale del S. Uffizio ....»; e nel Post- 
scriptum : « L' infermo ha usato la parola disdplina 
e non dogma, come dovrebbe dirsi ; ma cio dipende 
dalla sua mancanza di cognizioni teologiche ». E 
il 3 marzo il padre Degola, segretario dell' Indice, 
rispondeva al Pro-Vicario che la ritrattazione era 
stata « accetta, gradita e commendata dalla S. Con- 
gregazione e dal Pontefice. » ^ Bisogna ora conside- 
rare che il Torti moriva il 2 febbraio 1842, cioe 
17 giorni dopo la ritrattazione, all' eta di quasi 
ottant' anni : percio le minacce e le persecuzioni, 
di cui parlano il Eagnotti e il -Vannucci, sono 
inammissibili. Bisogna considerare che per confes- 



1 Clavari, op. cit. 



Ik 



contrilmi all' opera 
trmo si trovava in 
bisogna considerare 

_, ^ ^___naio 11 Torti non ci 

miae che la firma ( 1' ho visto co' miei occhi ! ), e 
anehe questa fe cosi vaeillante — per dirla con 
Cicerone — che fa. vedere in che stato ai trovasse 
il povero vecchio. E in che consiste il contributo 
del Pro-Vicario ? perchfe in uno acritto di una par 
gina e mezzo, dove tutto il linguaggio sa di prete 
lontano un miglio, si e notato che si doveva dir 
dogma e non disciplina dogmatical Interrogati su 
questo fatto i miei compaesani, che conobbero il 
Torti, tutti concordi mi hanno risposto che gli si 
appressarono al letto di morte alcuni ecclesiaatici 
con una carta in mano e che, dopo alcune parole 
di loro, il povero vecchio esclaroasae : — Ebbene, 
giacche la voglitmo, firmero ! - — Che bella sponta- 
neita, eh ? 

E torniamo al 1832, Appena pnbblicata la 
Corrispandema, V ardito acrittore fii chiamato a 
far parte del Comitato supremo di Bologna, co- 
stituitosi dopo il moto inaurrezionale, ^ ma egU 
rifiuto, perche si voile sempre tener lontano dagli 
estremi, e piu perche non approve mai i moti ri- 
voluzionari, come non ai aacrisse mai ad alcuna 
setta politica. 

Pubblico poco tempo dopo, in un opuscoletto, 
la Storia di un epigramma, di cui abbiam parlato, 

1 [ToBTi], Jpologia deUa Corritpondertta; pag. 97. 



— 36 — 

per difendersi pubblicamente dalle ignominie della 
lettera del Monti al Betti, che aveva avuta la 
sfacciataggine di pubbUcarla. II Giornale Area- 
dico, ^ con la soKta urbanita, lo assali chiaman- 
dolo V infamia di Betfogna ; ed egli per tutta ri- 
sposta ristampo la storia deir epigramma con molte 
note, dove metteva a niido la falsita del giornalista. 

Terminate le lotte co' pedanti della lingua, e 
quelle piu pericolose co' pedanti del pensiero, il 
vecchio ormai piu che settantenne cerca riposo e 
conforto nella filosofia : medita suUe passioni degli 
uomini, sui loro tristi efFetti, e pubbKca la prima 
serie di un^ opera grandiosa — La filosofia delle 
Medaglie —, che rimase incompiuta. ^ 

Ecco i filologi tedeschi venir a turbargli la 
pace coir affermare che Properzio non e nato a 
Bevagna ; e allora il Torti, affezionato come niun 
altro mai alia sua citta natale, si mette a svol- 
gere Servio e Silio Italico e Plinio, e sostiene che 
tra le citta delF Umbria, che si contendon T onore 
d' aver dato i nataU a Properzio, Bevagna e quella 
a cui spetta la vittoria. Anche la Patria di Pro- 
perzio trovo sleali awersari, ma ne trovo pure 
de' leaU, come il Pennacchi ^ di Perugia, al quale 
il Torti non pote rispondere. 

Alia tarda eta di 77 anni, pieno ancor di se 
stesso, con un intelletto ancor fresco e robusto, 



1 Tomo LXIV, pag. 157, 1835. Vedi piii innanzi : Cap. V, § IV. 

2 Per r accoglienzii clio ebT)e vedi piii innanzi : Cap. V, § V. 

3 Alcune riflesaioni suUa patria di Properzio ecc; Imola, Qra- 
leati, 1843. 



— 87 ^ 

intraprende un'altra opera colossale — Le Sibille 
Storia romantica deW Universo — , al cui com- 
pimento diceva occorrergli altri dodici anni. 

Ma la morte lo rapi il 2 febbraio 1842, quasi 
ottuagenario ! ^ 

II Torti fu alto della persona, magro, miope, 
di debole muscolatura : il portamento lento e 
compassato, si da giovine che da vecchio : 1' a- 
spetto malinconico e severo : di maniere sem- 
pUci e dignitose : un neo suUo zigoma destro dava 
un' espressione caratteristica al suo volto. Due suoi 
concittadini ( che poi ne furono condannati ) gli 
troncarono, dopo morto, la testa, per esaminarne 
il cranio, che trovarono, massime nella regione oc- 
cipitale, sviluppatissimo. A proposito del qual fatto 
si racconta clie un valentuomo di Bevagna, un 
po' codino e rivale del Torti, capitato nella Far- 
macia Santi, essendosi messo poco pietosamente a 
tagliare i panni addosso al povero morto, la cui 
testa tagliata stava nascosta in una vetrina della 
farxnacia stessa, gli amici presero argutamente ad 
ammonirlo, dicendogli, senza che lui ne capisse 
nulla : « sta' zitto^ che ti sente ! » Era di tempe- 
ramento nervoso-bilioso ( sia detto con buona pace 



1 n Clavari ( Orae. cit. ) descrive i solenni funerali che gli fu- 
ron fatti a Bevagna, nella Chiesa di S. Francesco, ai quali presero 
parte il Capitolo e tutti i Magistrati, con molto concorso di forestieri. 
Foligno mando i filarmonici. Belle iscrizioni furono appese dentro 
e fuori della Chiesa, dove, dopo il Vangelo, fu letta dal Clavari 
stesso la funebre orazione. — Le notizie che seguono son tolte dal 
Clavari, dal MattOli, piii volte citati, da carte trovate da me nel- 
1' Archivio dell' Orfanotroflo Torti ; aloune poi sono attinte alia t^a- 
dizione e a fonti orali non sospette. 










^«,' 



— 88 — 

del Mantegazza ), che esaltavalo stimolando la sua 
tarda natura : nel conversare parlava di tutto e 
da tutti si faceva capire su qualunque argomento. 
II discorso era lento e misurato : attaccato stret- 
tamente al suo metodo di vita, non usciva mai 
dalle sue abitudini : dava quattro ore alio studio, 
e altre piu alia meditazione, perche, essendo miope, 
il legger troppo gli costava fatica, mentre gli dava 
conforto il lungo meditare. Tutti i pomeriggi fa- 
ceva la sua passeggiata fino al Ponte Novo sul 
Topino ; la mattina andava a prendere il suo caflFe, 
e non sdegnava scambiar qualche parola co' buoni 
paesani ; come spesso si metteva a discorrere, in 
certi stambugi degni proprio di un filosofo, con 
le tessitrici, di cui cercava scrutare i sentimenti e 
le passioni. Vestiva negligentemente e mangiava 
frugalissimamente : ^ andando a passeggio per le 
strade, era attorniato dai fanciulli poveri, ch' egli 
accarezzava e a' quali regalava de^ quattrinelli : e 
mentre U accarezzava, dice il Clavari, egU pensava 
che essi un giorno V avrebbero benedetto, perche 
avrebbe lasciato tutto il suo patrimonio per V isti- 
tuzione di un orfanotrofio. Era solito ripeter sem- 
pre una frase del Barthelemy : — lo non vado in 
carrozza per timore d^ incontrare i miei simili piu 
meritevoli e piu bisognosi di me. — Era molto 



1 Narrasi che avendo an giorno avuto in dono dalla signora Pier- 
marini, di cui parlasi in una delle seguenti note, alcuni fiaschi di 
acqua del Tettuccio, egli li rimandasse alia donatrice sorivendole 
ch« erano 70 anni da che beveva 1' acqua del suo pozzo e che se 
n' era trovato sempre bene. 



'*y 



■J 



*i  



— 89 — 

caritatevole : ^ vendeva i prodotti de' suoi terreni 

a prezzi minori degli altri, e non a scopo di lucro, 

ma per sollevar la miseria: i domestici avevan 

r ordine d' infonnarlo ogni giorno degF infermi 

bisognosi, a' quali dava larghi sussidi. Raccontami 

mia madre che un giorno mio nonno materno 

mando a chieder V elemosina al Torti, e che aven- 

dogli questo risposto si presentasse da se, lui, spi- 

rito bizzarro, gV invio questi versi : 

La carit4 occulta 
6 quella che place a Dio ; 
caro sor Checco mio, 
abbi di me piet4. 

E il sor Checco pietosamente gli mando un sacco 

di grano, ma a patto che non facesse 

piu versi ! ^ 



1 Si notl che 11 Mattdli dice : — La sua caritjt non fu attiva 
mentre visse — ; e il Clavari : — la sua caritjt fu attiva mentre 
visse — ; 11 Matt6li : — non ebbe amici d' espansione e di confi- 
denza — ; e il Clavari: — ebbe amici d' espansione e di confi- 
denza — ; e simili contrasti si trovano ne' due dotti. Si vede che il 
Clavari, che fu compagno del Torti negli ultimi dieci anni di sua 
vita, non pep6 concittadino, vuol confutar il Matt6li con le sue 
stesse parole. Ma quando, per provar che il Torti ebbe molti amici, 
cita i nomi del Vermiglioli, del Rosi, fondatore del Convitto di 
SpeUo, del Mauri, del Muzzarelli, del Lanci, del Colelli e di altri 
moltissimi, non ottiene 1' intento, perch^ questi non sono gli amici 
del cuore di cui parla il Matt6li. 

2 Bi questo aneddoto si d& un'altra versione, ma non sostan- 
zialmente diversa da questa. A chi mi domandasse se questi aned- 
doti, che riferisco intorno la vita del Torti, son tutti veri, rispondo 
ci6 che al De Castro il Bertoldi a proposito di quelli raccolti dal 
Beina e dal Cantu intorno la vita del Parini : < Certo se non sono, 
1' averli un qualcuno del tempo inventati e attribuiti al Parini, 
mostra ch^ egli era tal tempra d' uomo e d' artista ( se questa se- 
conda parola al Torti n<jn conviene, non 6 colpa mia), che, date 
quelle tali circostanze, avrebbe fatto cosi e non altro. E 1' aneddoto, 
couaiderato sotto quest' ftspotto, ^ storia. » Y. in GiornaU JStor, deUa 



— 40-« 

Spesso discorreva snl modo di render felici i 
popoli, e in tali discorsi si commoveva fino alle 
lacrime. Un giorno fu visto nella via toglier di 
mano a un carbonaio un pezzo di pan nero, col 
quale il pover^ omo si levava la fame, e metter- 
selo a mangiare per veder s' era roba da cristiani ! 
Egli era sempre al corrente di tutto quelle che 
aeceideva in paese, tantoche, avendo chiesto un 
giorno a un suo amico, il chirurgo NobiH , che 
era andato a visitarlo , che novita ci fossero, e 
avendo avuto in risposta che non ce n^ eran punte, 
tiro giu una filastrocca di notiziole a mortificar il 
dabben uomo, che per la sua professione era sem- 
pre in giro per il paese e pure cosi al buio di 
novita. 

Non amo viaggiare : delle grandi citta non 
vide che Roma, Firenze e Bologna ; ma, dice bene 
il medico Mattoli, egli era per istinto il cittadino 
del globo. Ebbe molti amici nel campo delle let- 
tere e molti estimatori : ma amici cosi detti del 
cuore non li ebbe neppur da giovine. ^ Non si am- 
moglio : se per esser in gioventu avverso al ma- 
trimonio, ^ o per non aver trovato una compagna 



Lett, ital., 1891, vol. XVn, pag. 400 e segg. la recensione che il Ber- 
toldl fa di due edlzioni pariniane, eruditisslma e imparzialiflsinaa, 
due quality che molto di rado e rarlssimamente unite si trovano in 
simili lavori, che vorrebbero esser piii letti, e in cui, come negli 
scritti proemiali di cui parla il Morandi ( Le Correzioni at Promeaai 
Sposi ecc; Parma, Battei, 1879; pag. 301) ci sono de* « bocconi cosi 
ghiotti, che avrebbero dovuto assuefare a questo cibo il palato del 
pubblico » ; e ghiottissimo ^ questo del Berl^ldi. 

1 V. nota la, pag. precedente. 

2 Diciamo « in gioventii » , e lo rileviamo dAl fKmeito ohe qui 



r^ 



— 41 — 

degna di se, o per essersi voluto dedicate comple- 
tamente agK studi, come mi par probabile, non 
abbiam prove per asserire. La sua famiglia ftiron 
gli scrittori, co' quali visse per tutta la vita. 
• Benche filosofo credeva ai presentimenti ed alle 
apparizioni. NegH ultimi suoi anni narrava di ve- 
dere ne' primi suoi sonni un gio^dnotto decoroso, 
che da certa distanza, a mano a mano cbe a lui 
si approssimava, andava nel tempo stesso invec- 
chiando, finche, brutto e ributtevole, il destava 
tremitnte. Era questa V immagine della vita ? Era 
il timor della vecchiezza, che da gran tempo sco- 
raggiato ei vedeva awicinarsi, per il grande at- 
taccamento che portava all' esistenza ? » ^ Ebbe 
vivacissima V immaginazione, e gli parve una volta 
d' esser nato poeta : allora scrisse il poemetto' ri- 
cordato ; ma, faUitagli la prova, giuro di non far 
piu versi. Se non che gli anni lo fecero dimentico 
del giuramento, ch6 tra le sue carte io ho trovato 
sonetti, stomelK, epigrammi, sciolti, terzine, ottave, 
capitoli : di che pero non pubblico che qualche 
sonetto d' occasione. ^ « Specchio del? animo e del- 



appresso riportiamo ; non negli anni maturi, perohd nella Corrispon- 
denza mostrasl fieramente awerso al celibato, mentre esalta il santo 
vincolo del matrimonio. — Pare che il Torti avesse delle deferenze 
per nna certa signora Diodata, di cui raccontasi che, ogniqualvolta 
si recava da lui , domandava al padre : — Son bella, papA ? se no, non 
esco ! — Fu amicissimo auche della Piermarini di Foligno, con la quale 
ebbe una viva corrispondenza epistolare intorno ad argomenti lette- 
rari, e che gli fece da infermiera in una lunga malattia, per la 
quale corse pericolo della vita. 

1 MATTdLi, op. cit. 

!ii Herila menakme queato riatampato dal Bosai, op. oit.: 




— 42 — 
r intelligenza dell' uomo sono i suoi scritti. E da- 
gli scritti del nostro appar manifesta V indole della 
sua mente e del suo cuore. Ebbe V una pronta al 
concepire, larga al comprendere, tenace nel ritenere, 
acuta nell' osservare, nel riflettere profonda, diritta 
nel ragionare : ebbe V altro sempre uperto ai piu 
nobili e delicati affetti. Ne lo sdegno, ond' era tal- 
volta fieramente agitato, moveva da basse cagioni, 
ma dalla necessita di vendicare il proprio onore 
calunniato da' nemici, o la liberty delle lettere mi- 
nacciata da' pedanti, o i diritti dell' uomo concul- 
cati da' violenti. » ^ E qui e proprio il caso di ri- 






Vender la libertate e senza orrore 

pronuuclar sopra 1' ara il grande acceuto , 
scritto per sempre in ciel dal giuramento , 
che detta il pito e poche volte il cnore ; 

comprar co' doni un simulato amore 

in cor di donna appena nato e s^ento , 
e a troppo fragil nave esposta al vento 
fidar B^ stesso e 11 mal sicuro onore ; 

muta la mensa aver, discorde il letto , 
del di nuziale maledir la stella, 
finger la pace e aver la guerra in petto ; 

morte invocare alfin, di tante pene 

termine solo ecco le infauste anella 

onde tesse Imeneo le sue catene ! 

Fra gli stornelli h da ricordarsi questo, pubblicato pure dal Rossi : 

Fior di cipresso : 
veste la bella mia di bianco e rosso , 
e lascia il verde a chi le vien da presso! 

Ed ecco 1' epigranuna, che fa il paio all' altro gik riferito, dal Torti 
composto all' annnnzio che si raccoglieva denaro per innalzar nn 
xnonumento al Perticari : 

Ben giusto, o Italia, ^ al merto il tuo compasso : 
gran tomba a Giulio, al gran Torquato un sasso! 

1 Ragnotti, op. cit.; pag. 8. — A proposito della tenacitJk della 
sua memoria si raoconta che, quando si faoeva leggere qualche 



L\' 



\. 



— 43 — 

petere cio che ha detto il Morandi a proposito de- 
gli scritti polemici del Bonazzi. « Egli mena senza 
pieta la sferza del ridicolo, e poiche ha quasi sem- 
pre ragione da vendere, Dio gK benedica le mani 
e la lingua ! Ohe noi, grazie al cielo, non siamo 
di queUi i quali odiano tanto la maldicenza, da 
giunger persino ^^ a odiar meno chi fa le cattive 
azioni, che chi ne dice male „. » ^ 

Nella lunghissima vita che meno ritirato nel 
suo paesello native, ^ non fece atto che non fosse 



opera, se sentiva on pensiero che fosse di uu altro antore, interrom- 
peva la lettnra, ordinava che si togliesse dagli scafiGeili della sua bi- 
blioteca il libro da cni credeva tratto quel pensiero, faceva gpiar- 
dare a una data pagina, e trovava sempre la conferma delle sue 
supposizioni. 

1 Frefazione al Gustavo Modena e I' Arte sua di L. Bonazzi ; 
Lapi, 84 ; pag. XVI. 

2 Pochi anni dopo 11 suo ritomo da Boma, cio^ quando era an- 
cor giovine, scrisse al Monti che gli trovasse un impiego a Roma. 
Da che movesse questo suo desiderio non so ; certo h che a Roma 
non and6, perchS il Monti gli rispose cosi : c . . . Non so se il me- 
stiere di segretario, che di tutti i mestieri & il piti doloroso, o quello 
di gentiluomo, che h il piu vergognoso, vi possa aggradire. Se il prime, 
una buona occasione vi sarebbe pronta, sebbene io poco ne profitte- 
rei, perch^ sareste in breve costretto a passare in Sicilia. Se poi il 
secondo, io m' adoprerd e£Q.cacemente per contentarvi. In tutte le 
maniere ch' io x)otessi avervi in Roma compagno de' miei studi, sa- 
rei contento. Venite almeno ad abbracciarmi una volta 1' anno, giac- 
ch^ non poss' io far questo con voi. Io non ho che un solo letto, 
come Anacreonte. Ma egli ne serbava la metk per la bella liberty, 
ed io la serbo per la bella amicizia. » ( Figuratevi se il Torti era 
uomo da accettar simili impleghi ! ) — V. il prezioso volume Lettere 
inedite e sparse di V. Monti, raccolte, ordinate e illustrate da A. Bbr- 
TOLDi e G. Mazzatinti ; Roux, 1894 ; pagg. 192-93 ; dove han visto la 
prima volta la luce parecchie lettere del Monti al Torti; un brano^ 
lasciato inedito dal Resnatl, ^ nel secondo volume dell' istessa opera^ 
si ammirevole per accuratezza di ricerche e, chi ben guardi, per fi- 
nezza di crituca, che ^ gl^ stampato e uscirk certamente prima di 
questo mio lavoro. 






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— 44 — 

di uomo probo e di onesto cittadino. Fu religioso, 
e della religione professo tutti gli atti esterni ; ta- 
cerlo, come altri fece per paura di danneggiar la 
gloria di lui^ e far onta alia verita e alia giusti- 
zia : r aver egli scritto la Corrispondenza non vuol 
dire che fosse ateo o irriverente verso la Chiesa : 
credette, come credettero il Manzoni e tanti grandi, 
e non fii cieca fede ; e se io ho dimostrato ch' egli 
non si ritratto spontaneamente, non ho voluto con 
cio significar che fosse nemico della religione. Tut- 
t' altro : egli non si ritratto^ perche era convinto 
della nobile causa, in difesa della quale aveva 
messo a rischio la sua liberta, e perche era al- 
trettanto convinto di non aver offesa la fede. E 
cosi, chi, per ottener degli applausi dal volgo pro- 
fano, lo disse socialista, mostro di non aver letto 
una pagina di lui. Egli amo V umanita, e a que- 
st' amore accoppio V odio contro colore ch' eran 
causa dell' infelicita de' popoli : V odio V espresse 
con le opere, V amdre con la carita : lascio al Co- 
mune di Bevagna tutto il suo non piccolo patrimonio 
per Y istituzione di un orfanotrofio, e per le scuole 
la sua biblioteca. Tutta V Umbria meno vanto di 
lui : moltissime Accademie si gloriarono di averlo 
socio : la Cisminia, colonia arcadica di Ronciglione, 
che gli confer! il nome di Cleante, e per emblema 
« una conchiglia, simbolo d' anima nobile e vir- 
tuosa » (1787); V Accademia degli Aborigeni di 
Roma, che lo chiamo Antagora Eodio (1787); 
quella de' Forti (1786); quella degli Ottusi di Spo- 
leto (1820); la Fulginia (1810); la Properziana del 



ft.-.- 



^45 ^ 

Subasio (1826) ; la Velina , colonia arcadica di 
Rieti (1822); queUa degP Insensati, che gli dette 
il nome di Elevato, e per emblema « un' aquila 
che si perde fra le nuvole » ( 1817 ) ; la Societa 
georgica di Montecchio ( 1784 ) ; quella di Treia 
(1803); e finalmente V Arcadia, che gli dette il 
nome di Eraste Meonio (1812). ^ E quando il Gior- 
nale Arcadico lo chiamo V infamia di Bevagna, la 
Magistratura municipale di questa citta e il Se- 
natus PopultJbsque Carriers protestarono pubblica- 
mente contro la goffa appellazione , e inviarono 
alio scrittore integerrimo un attestftto di altis- 
sima stima. ^ 

La sua vita si puo dire che passasse intera- 
mente tra i libri ; ma lo studio non gli fece di- 
menticare i doveri di cittadino : accetto ed esercito 
con zelo le cariche di consigliere e console muni- 
cipale ; fu direttore delle pubbliche scuole, e in que- 
sta carica conobbe un' altra gloria deir Umbria, 
Luigi Bonazzi di Perugia, che in Bevagna professo 
per qualche tempo umanita e rettorica. E U gio- 
vine Bonazzi, quando lasciava le rive del CHtunno, 
era contento nell' animo suo di aver con se un 
attestato del vecchio e famoso letterato, che aveva 
riconosciuto « ne' suoi talenti una felice disposi- 
zione alia coltura delle belle lettere, ottimi principi 
estetici e cognizione de' classic!. » ^ II Bonazzi ebbe 



1 I diplomi esistono tutti nell' Archivio Tortiano. 

2 Che trovasi anch' esso nell' Arch. cit. 

3 MS. eslstente nell' Arch. cit. 



'^ 



jituna di trovare un Luigi Morandi, che, con 
I di scolaro e d' amieo, ne facesse conoscere 
Italiani la vita awenturosa e il valore e le 
e ; ^ ma pare che un fato crudele peai sul 
e di Francesco Torti, al quale forse 1' oblio 
Bbbe meglio di queate mie povere e diaadome 
le. Tuttavia speriamo che il tempo sia galan- 
10, che la patria non sia ingrata verao questo 
degno figlio, e si esaudisca il voto, che un 
adorato maeatro, Adamo Rossi, esprimeva nel 
), « che s' ineida sul aepolcro dell' onorando 
tore 1' epigrafe — Gloria dell' Umbria — . » ^ 













1 Op. oit. 










2 Op. cit. 


-Vivoi 
on qneat. 


Torti, i conoittaaiEi Itecern 


Locidere 


u«me 






- COBCITTADIBO DI PbOPEB 


HO - Leitskato 






ENE u, Tero il Bello - E 










-OKI... - r« COSTKASSBONO 1. 




La Pa- 


MDCCCXXXVI. 








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ueUa Chiesa di 6. FranoMca nna 


lapide 


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epigrafe 








La Societ 


Operaia 


- DI Beyaoka - BEL XV Maboio MDCCCLXX  














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La Patria 


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Dttont' an 


at lovorando, wnando e beneflcando 







CAPITOLO n. 



II Prospetto del Parnaso Italiano. 



I. 



Abbiamo gia avuto occasione di accennare 
qual fosse il germe di quest' opera, che il Nicco- 
lini disse « la megUo pensata che avesse V Italia » 
in fatto di critica. L' analisi di essa ci deve ora 
dire se il Niccolini giudico rettamente, che, a dir 
il vero, non possiamo a priori star paghi al suo 
giudizio, quando consideriamo che, in quei tempi, 
i letterati, nello scambiarsi le loro opere, si cre- 
devano in dovere di dime mirabilia e si sbraccia- 
vano a lodarsi vicendevohnente. 

II titolo, modellato su altri dello stesso stampo, 
come i Raggttagli di Parnaso del Boccalini^ risponde 
pienamente al contenuto del? opera, la quale non 
e una storia letteraria, bensi un prospetto, un qua- 
dro, in cui sono abbozzate, coi colori della critica, 
le figure de' principali poeti italiani. In essa in- 
vano si cercherebbe V erudizione, che ii' e a bella 
posta bandita, e neppure vi si puo seguire lo svol- 
gimento della letteratura nazionale. L' autore vuol 



— 48 — 
occuparsi solo de' grandi poeti e delle lore mag- 
giori opere. 

La prima parte, die vide la luce nel 1806, si 
occupa di Dante, del Petrarca, deir Ariosto e del 
Tasso, proprio de' maggiori, i quali, amati tutti 
dal popolo e ammirati, furono lungamente campo 
di aspre lotte a' grammatici e a' critici. E il Torti 
ne parla, a mio vedere, con un tono un po' pre- 
suntuoso, come di chi voglia metter le cose a po- 
sto e pronunciar V ultima parola su questioni cosi 
gravi. Infatti awerte Al lettore , non senza un 
po' di spavalderia, di aver messo da parte il Lan- 
dino, il Vellutello, il Gesualdo, il Mazzoni, il For- 
nari, il Pellegrini, il Salviati, il Crescimbeni, il 
Quadrio, il Tiraboschi, « nel cui immense pelago 
di commenti, di storie, d' erudizione ammassata e 
di contese grammaticaK c' e da smarrirsi » , e di- 
chiara di aver avuto a base della sua critica il 
sentimento e il gusto della nazione, noncbe il giu- 
dizio degli stranieri. Ma c' e poco da credergli, 
perche, se il Prospetto rispecchia in gran parte il 
gusto del tempo, poco risente di codesto giudizio : 
ed e bene, perche, ad esempio, se il Torti avesse 
tenuto conto di quelle del Voltaire su Dante, non 
avrebbe del sommo poeta parlato con tanta ve- 
nerazione: tutti sanno che a proposito di poeti, e 
specialmente di Dante e di Shakespeare, il Vol- 
taire ne sballo di quelle che, come giocosamente 
dice il Morandi, non hanno ne babbo ne mamma. 
Ricordo che il Gringuene non ci aveva ancor dato 
la sua bella Histoire de la LUterature italienne. 






I 



— 49 — 
La prima parte delF Introduzione svolge il con- 
cetto dell' epigrafe, che si legge nel frontespizio 
dell' opera, — - pauci quos aequus amavit lupiter — . 
Nella seconda si scaglia contro il Bettinelli, che 
con le sue Letters Virgiliane aveva insultato al- 
r onore di Dante, e contro V inglese Sherlok, che 
nel Consiglio ad un giovine poeta aveva cercato di 
scemare il merito dell' Ariosto, dando giustamente 
la berta a tntti e due con franchezza veramente 
barettiana. 



II. 



II Prospetto si apre con Dante. Ma prima di 
esaminare il profilo che ne fa il nostro, giova ri- 
chiamare con brevissimo cenno la varia fortuna di 
« quest' astro fdlgidissimo, il cui tramonto segno 
ad un tempo quello delle lettere e delle arti, men- 
tre il sorriso della sua luce parve sempre foriero 
d' un nuovo piu splendente giorno. » ^ 

Gia conosciuta agli amici e diflfusa, almeno in 
parte, e « cantata tra il popolo, mentre il Poeta 
era in vita, la Commedia suscito un grande com- 
movimento di ammirazione, quando 1' Alighieri 
ebbe levata la mano dagli ultimi versi del Para- 
diso, ed, alia morte di lui, 1' Italia appari come 



1 CsBBUTi, Prefazione alle Visioni di A. Varano; Torino, Sale- 
siana, 1886. 

4-Tbabat4ZA, Francesco l^yrti. 



s:-^i 



— 50 — 

colpita di pubblico danno. » ^ Fu istituita la cat- 
tedra dantesca, su cui primo sedette il Boccaccio : 
i codici si moltiplicarono in brevissimo tempo, e, 
« cosa singolare, — dice il Carducci — ^ ve ne sono 
scritti anche da carcerati » : sorsero ben presto bio- 
grafi e commentatori. Ma V ammirazione non fii 
senza contrasti, ne mancarono gV invidi, ^ come ne 
da prova Cecco d' Ascoli : molte famiglie, cbe non 
videro ricordati nella cantica, magari condannati 
all' inferno, i loro avi, e altre invece, cbe vi fu- 
rono vituperate, se V ebbero a male. Ne la Chiesa 
si mostro benevola alia Commedia^ essa che fece 
bruciare il De Monarchia ; e i « frati del Trecento 
da quel motteggi e sarcasmi danteschi stizziti lo 
accusarono per eretico air Inquisitore. » * L' Uma- 
nesimo poi con quel suo disprezzo del volgare, se 
non fece dimenticar Dante, ne affievoli di certo 
r ammirazione e lo studio. E nel Cinquecento vero 
culto per Dante non ci fa. Lo lodo il Varchi, ma 
senza trovarne il peirche ; il Bembo paragono il 
divino poema ad « uno spazioso campo di grano, 
che sia tutto di avene e logli e di erbe sterili e 
dannose mescolato » ; lo assali il Bulgarini con la 
poetica del tempo, e non pochi, nel sec. XVI e 
XVn, « lo considerarono come un genio branco- 
lante fra le tenebre del medio-evo e come natu- 



1-2-4 Carducci, Studt letterari; Livomo, Vigo, 1874. — n Para- 
diso non era pubblicato alia morte di Dante. V. GASPARY-ZmoA- 
RELiii, Storia delta Lett. Ital.: Torino, Loesoher, 1887 ; vol. I, pag. 258. 

3 Dalla bella difesa del Carducci (op. cit.) il Petrarca esce del 
numero di costoro, in cui pur 1' avevano messo il Foscolo e il Cantti! 






— 51 — 

ralmente sviato dalla rozzezza e barbaric del- 
r eta. » ^ Si puo dire che solo il Galilei, in quel 
tempo, studiasse e onorasse altamente Dante. Nel 
secolo XVm, in quel rigenerarsi della societa e 
della letteratura, mentre la filosofia combatteva il 
passato nelle sue idee e nelle sue istituzioni, la 
critica, fatta ribelle, si scaglio contro la vecchia 
letteratura, spezzando audacemente i suoi idoli, 
abbattendo grammatica e rettorica, arcadia e acca- 
demia ; ma nella sua foga contro le superstizioni 
letterarie varco i limiti e attacco anche il sacro 
poema : ^ quindi, accanto al Caffe, alia Frusta Let- 
teraria , air Osservatore , avemmo quelle ribalde 
Lettere Virgiliane , che in Francia suscitarono 
gr insensati applausi del Voltaire. Ma V Italia, al 
sentir insultar il suo maggior poeta, non tacque, 
e per mezzo di Gaspare Gozzi fece quella strenua 
Difesa di Dante, cbe il Settembrini chiamo giu- 
stamente una vittoria nazionale. II Bettinelli fu 
interamente sconfitto, e il Voltaire poi dovette a 
suo tempo fare i conti col Baretti, che nel Di- 
scorso pubbHcato in francese gli dette il resto del 
carlino promessogli gia nella Frusta, ^ II Gozzi 
adunque vittoriosamente ribatte quasi punto per 
punto le strane accuse del Bettinelli ; ma non si 
deve credere che sia tutto qui il merito suo ; a lui 



1 GAiiASSixr, Prefazione alia Difesa di Dante del Gozzi; Mo- 
dena, 1893. 

2 Db Sanctis F., Storia della Letteratura Italiana; Napoli, Mo- 
rano, 1873; cap. ultimo. 

3 MoRANDi L., Voltaire contro Shakespeare eoc; Cittk di Castello, 
Lftpi, 1884. 



& 



— 62 — 

spetta un inerito ben piu elevato, quelle cioe di 
aver gettalo i primi fondamenti dell' unico vero 
metodo di interpretare Dante con Dante. Alia re- 
staurazione del culto deir Alighieri in questo tempo 
r arte si accordo con la critica, seppur la critica 
non inspiro questa volta V arte stessa, e nel 1789 
avemmo quel prezioso e non abbastanza ammirato 
poema che son le Visioni del Varano, in cui, nono- 
stante il frequente parlar teologico e la spezzatura 
spesso disarmonica del verso, i misteri della fede, 
r ira divina, gli orrori dell' inferno , la letizia del 
cielo, sono descritti con vigore e sublimita veramente 
danteschi. Le Visioni contribuirono efficacemente a 
rivolgere gli animi verso V Alighieri, e parve alfine 
che nel Monti rivivesse il sommo poeta. Ma se il 
Monti non fa Dante, la BasviUiana e pero senza dub- 
bio la piu splendida imitazione dantesca. Con la Ba- 
smlliana nacque appunto, come abbiam visto, la 
critica del nostro Torti, il quale, seguendo e per- 
fezionando, primo tra i critici, il metodo iniziato 
dal Gozzi, e ispirato anclie dal canto stesso del 
Monti, ci dette quel bel profilo di Dante, che tanto 
ammirarono i dantofili d' allora, e che adesso cer- 
cheremo di brevemente ritrarre. 



III. 



Accennato alle vicende fortunose della vita di 
Dante, derisa la critica insana delle Lett^e Virgi- 
liane, il nostro, senza far la storia della Ooinmedia, 
senza fame una breve esposizione, ne delinea su- 



a • — -— - 



— 53 — 

bito a grandi tratti i principali caratteri : primo 
de' quali e V origiaalita. Svolto questo punto con 
una dotta analisi, die sarebbe ftior di luogo rias- 
sumere qui, dichiara la natura di ciascuna cantica, 
osservando come il patetico e il drammatico abbon- 
dino nell' Inferno e vadano via via scemando nel- 
r altre due cantiche, finchfe poi nel Paradiso tutto 
si perde cio che la natura dell' uomo ha di umano ; 
ov' e pero un compenso nelle splendide descrizioni 
del beato soggiomo. Altro carattere del poema e 
la nobile arditezza con cui sono posti in luce i 
vizi derivanti dall' ambizione poUtica e le colpe 
de' grandi, siano Papi o Imperatori. Parla poi de- 
gl' innumerevoli episodi, che ci mostrano in tutta 
la sua luce la vita sociale e domestica del tempo, 
tacendo vedere come sulla vasta tela del poema, 
dove campeggia la nobile figura del Poeta, venga 
a rappresentarsi in tutte le sue manifestazioni la 
storia del secolo con una varieta mirabile di co- 
lon. Dimostra poi come Dante, spezzate le tradi- 
zioni pagane dell' arte, osservi e colga la natura 
nel suo vero aspetto: quindi non piu Febo, non 
piu cavalli ne carro per dipingere la sera, ma 1' af- 
fetto intimo del nocchiero, che ripensa alia patria 
dalla quale s' e diviso, e il suono dell' ave maria, 
che punge d' amore il cuore dell' esule. Per rispetto 
all' elocuzione e alio stile, anche qui il nostro vede 
un carattere spiccatissimo d' originalita : la lingua 
rozza de' Gruittoni, de' Buonagiunta ecc. doveva 
ricevere dalla mano maestra di Dante grazia ed 
energia, lo stile doveva acquistar eleganza e fer- 




— B4 — 

mezza. Conclude esser Dante il padre de' poeti e 
degli artisti italiani : « Michelangelo e pure un al- 
lievo della sua scuola : per lui la lettura della Com- 
media_eYBi, cio che per Apelle la lettura d' Omero. » 
Tale il profilo che di Dante fa il nostro. Cer- 
tamente, se esso si considera rispetto alia critica 
moderna, ci appar ben povera e imperfetta cosa: 
ed e naturale, perche in quel primo fiorir degli 
studi danteschi, il nostro, nel far V analisi della 
Commedia, non poteva esser sorretto e guidato che 
dal semplice buon senso e buon gusto: sarebbe 
quindi troppo facile, dopo gl' infiniti e svariatis- 
simi studi, di cui h stato oggetto il sacro poema, 
notare cio che il critico non ha detto o non ha 
detto bene. Per esempio, non e esatto dire che 
Dante, nel modo di concepir la natura, si distacca 
dalle tradizioni dell' arte pagana, perche nell' an- 
tichita non tutto fu mitologia, e non mancarono 
poeti che la natura ritraessero nella sua realta. 
Con tutta la sua mitologia, per esempio, Catullo 
e poeta verb, che s' ispira alia natura e nel quale 
r arte e in perfettissima armonia col sentimento : 
cosi nell' istesse EglogTve di Virgiho tu senti potente 
il linguaggio della passione, e trovi sempre vero 
e profondo il sentimento della natura. -^ E di que^ 
sti appunti se ne potrebbero far parecchi al nostro; 
ma noi, per vedere il suo merito, dobbiamo para- 
gonarlo con quelli che per V innanzi avevano ra- 
gionato di Dante. E vedremo ch' e suo merito so- 



1 OccioNi, Storia deUa Lett, Lot,; Faravia, 1883. 



— 55 — 
prattutto r aver osservato la Divina Commedia 
sotto r aspetto piu vero, quelle deU' originalita, cio 
che non s^ era mai fatto ; di aver visto con occhio 
profondo e raccolto in bella sintesi i pregi essen- 
ziali di quella ; di aver ben compreso e dimostrato 
com' essa sia a un tempo lo specchio della vita 
interna del divino poeta, la storia morale e civile 
del suo secolo, e la pin maravigliosa enciclopedia 
del medio-evo. Percio si comprende come, per tacer 
del Niccolini, il capitolo del Prospetto che si rife-, 
risce a Dante facesse cosi buona impressione sui 
dantofili di allora, come il Cancellieri, ^ il Poz- 
zetti, ^ il Colelli ^ e specialmente sul piu illustre 
di tutti, il Biagioli, il quale disse : « Chi mi per- 
donerebbe e come potrei io stesso perdonarmelo, 
se non facessi cenno dell' opera intitolata Prospetto 
del Pamaso italiano da Dante sino a Tasso, del 
Signor Torti di Bevagna, nella quale egli parla 
del nostro Autore in modo che non mi pare aver 
mai veduto chi meglio di lui fissato abbia lo sguardo 
in quell' oceano di luce ? » * E si noti che il Bia- 
gioli poteva aflPermar cio nel 1820, e cioe quat- 
tordici anni dopo la pubbKcazione della prima 
parte del Prospetto. 



1 Comento aUa Divina Commedia; prima edizione romana del 
De Bomanis. 

2 SuW oriffinalitd del poema di Dante — Bagionamento — ; Fi- 
renze, 1810. 

3 Ittnstrazioni a Dante. 

4 Comento alia Divina Commedia — Frefazione, pag, 12. — ; Mi- 
lano, Silvestri, 1820. 



wm^^ 



^B6 — 



IV. 



« II nostro secolo, — scrive il Oarduoci — fra 
fastidito e stizzito del culto professato al Petrarca 
dagli antecedenti, e trascorso nell' eccesso opposto, 
o almeno ha voluto esercitare su 1 nobile poeta 
un sindacato ne decente ne giusto. » ^ Di questo 
fastidio e di questa stizza partecipa anche il Torti : 
tutto il suo capitolo sul Petrarca ne risente ; anche 
rintonazione del discorso e di stizza. Sentitelo. 
« Tanti onori, tanta gloria ed oggi tanta freddezza ! 
Quest* uomo, il quale metteva ne' suoi versi tanta 
purita di sentimenti e tanto entusiasmo di virtu, 
quest' uomo che riempiva il mondo de' suoi sospiri 
e dell' eccesso della sua fiamma per Laura, come 
unica ed esclusiva, questo preteso martire sublime 
deir amor platonico aveva il coraggio di tenere 
nel tempo medesimo deUe segrete corrispondenze 
con un' altra donna d' Avignone, vivente Laura, 
nella stessa citta e quasi sotto i suoi occhi, 1' one- 
sto finitto delle quali furono un figKo natogli nel 
1337 ed una figlia nel 1343 ! » E finche si Kmita 
a fare di queste esservazioni, il Torti non merita 
censure: anzi notiamo con compiacenza come un 
valentissimo critico moderno, il Villari, abbia ri- 
petuto quasi con 1' istesse parole 1' istesse cose : 
« Questo canonico che annunzia il suo amore ai 
quattro venti, che per ogni sospiro pubblica un 



1 Op. clt.; pag. 321. 



— 57 — 

sonetto, che fa sapere a tutti com' egli sia dispe- 
rato per la sua Laura, che non lo guarda, e in- 
tanto fa all' amore con un' altra donna, per cui 
non scrive sonetti, ma da cui ha del figli, a chi 
fara credere che la sua passione sia nel fatto qual 
egli la descrive, eterna, purissima e sola domina. 
trice del suo pensiero ? » ^ Ma il Torti usa troppo 
rigore nel giudicare il Canzoniere, e, quando non 
ne aa dimostrar che i difetti, manifesta troppo 
all' evidenza ch' egli ha in mira di abbattere 1' i- 
dolo per secondar il gusto del secolo illuminato 
che, ristucco delle scipitaggini arcadiche e della 
vuota rettorica, continuava a gridare « cose e non 
parole », grido suscitato gia dagli scrittori del 
Caffe, e nella letteratura come nella societa vagheg- 
giava una nuova Italia. Infatti, mentre la lirica 
amorosa del Petrarca non ha per il Torti impor- 
tanza che per qualche bel sonetto, le sue canzoni 
civili sono al contrario innalzate alle stelle. Cosi 
il critico si trasforma nel patriotta, e non puo gu- 
star piu quel patetico calmo, sereno, soave, diffuso 
egualmente nella poesia del Petrarca, e, rivolto lo 
sguardo ad altri ideali, non puo riposar 1' occhio 
nel piu splendido lavoro analitico che abbia la let- 
teratura italiana, nel quale la realfca appare sul- 
r orizzonte chiara e schietta, senza nebbie, senza 
simboli, ne astrattezze teologiche o scolastiche, e 
purissimo e profondo e il sentimento delle belle 



1 MadUamUi e i auoi tempi ; Firenze, Le Moxmier, 1877-8fi ; pAg, 97. 



■y^yi^A 



— 58 — 
forme, della bella donna, della bella natura. ^ Ma 
nel secolo della filosofia, in quel rovinio di cre- 
denze e d' istituzioni, in quei bollori della rivolu- 
zione, in quell' agitarsi irrequieto delle nazioni, era 
fiior di posto la musa del Petrarca. E p^nsare che 
quest' artista squisitissimo era stato il primo ad 
uscire dal medio-evo e ad aprire nuovi orizzonti 
alia nuova generazione, era stato — per dirla col 
Carducci — V antesignano dell' umanesimo, quegli 
che aveva dato la partita vinta alia lingua to- 
scana, e con grande vantaggio della civilta, il legi- 
slatore dell' ingegno e dell' arte in tutta 1' Europa ! ^ 



V. 



- Per non saltar bruscamente dal Petrarca all' A- 
riosto, il nostro critico e costretto a parlare de' Quat- 
trocentisti — cosi li cbiama — , e, seguendo il mal 
vezzo e il falso criterio di molti storici della lettera- 
tura di non dare alcuna importanza al Quattrocento 
che n' ha invece grandissima, se ne cava con poche 



1 Carducci, loo. cit. — De Sanctis, op. cit. 

2 Contro le affermazioni del Yillari, del Carducci e speclal- 
mente del Bartoll ( se non anche del Geiger, come congettura il Co- 
tronei ), che avevan gindicato il Petrarca come ilprtmo twmo de' tempi 
nuovi, si 6 levato ultimamente lo Zumbini {Studi sul Petrarca; Fi- 
jrenze, Le Monnier, 1895 ), che ritiene errore < trovare 1' twmo nuovo 
Ik dove invece era da sentire V uomo quale da secoli vive e passa 
Bulla terra, e di scambiare un precursore per un medievale in ri- 
tardo. > V. in proposito una recensione del libro dello Zumbini, 
fatta in Giornale StoHco della LeU. Ital. (A. XIV, 79, pagg. 131-136) 
da Bruno Cotroni:i, che ha cercato dimostrar^ come il disaccordo aia 
men forte di quel che possa sembrare. U Cotronei del resto k col 
Bartoll, suo d anche nostro oompianto e yenerato maestro. 



___,. 



— 59 — 

parole, che sonano troppo fiero disprezzo per i poeti 
di quel secolo. « C!osi la storia della letteratura, la 
storia cioe de' mutamenti e degK awenimenti del- 
r arte, mutamenti ed awenimenti che, procedendo 
dalle facolta intellettuali e morali dell' uomo, hanno 
uno svolgimento tutto graduale e coordinato, si 
cambia per molti in una storia di miracoli. » ^ E il 
disprezzo giunge fino a confonder nelle barbarie e 
nel veccbiume il Poliziano, la cui lirica e un mi- 
racolo di freschezza, di grazia, di affetto, tanto piu 
vicina alia deHcatezza di Catullo, quanto piu si 
allontana dalla ruvidezza di Lorenzo e dall' artifi- 
cio de' petrarchisti. Ma che cosa non puo il pre- 
concetto ne' giudizi ? Ed e da immagrnarsi, dopo 
r eccessivo rigore con cui il Torti giudico il Pe- 
trarca, come trattasse i lirici del Cinquecento, la 
cui importanza del resto'e anche oggi con poco 
criterio scemata da molti critici. Contro i quali 
pronunzio delle belle e severe parole il nostro mae- 
stro Angelo De Gubernatis, in una delle sue le- 
zioni di letteratura all' Universita di Roma, di- 
mostrando come la maggior parte de' lirici del 
Cinquecento, se banno indossato ai loro componi- 
menti veste petrarchesca, banno pero sentimenti 
propri e delicati, cbe meriterebbero un' analisi piu 
attenta e libera di preconcetti: non per nulla il 
Cinquecento e detto il secolo d' oro della nostra 
letteratura. 

II Torti dice poi due parole sull' origine del- 



1 Cabducci, op, oit.; pag. 66. 



sj- 



— 60 — 

r epica romanzesca e delle fonti, a cui attinsero i 
nostri poeti ; ma quel che poteva dire e piu facile 
immaginarlo che riassumerlo, quando si pensi che 
in questa arruffata materia, che ha trovato final- 
mente il suo storico piu esatto e V illustratore piu 
geniale nel Eaina, venti o trent^ anni fa, per non 
andar piu indietro, si vedeva ancora buio pesto. 
Si comprende poi di leggeri come dia poca impor- 
tanza al Pulci e al Boiardo : il primo de' quali e 
poeta vero, popolare: che quel guazzabuglio di rap- 
sodie cavalleresche rispecchia non solo V anima 
e i sentimenti del poeta^ ma anche quelli del po- 
polo italiano, « non credente e non ateo, cristiano 
ed epicureo : che si burla degli eroi e de' giganti, 
ma li cerca e se ne compiace, piange e ride. » ^ 
E pure il Boiardo, il cavaliere della poesia itahana, 
e uno de' grandi poeti, fe'il rinnovatore deUa mate- 
ria cayalleresca, per quanto il principio cavaliere- 
SCO fosse gia spento in quell^ eta delle compagnie 
di Ventura, degli assassini e degli awelenamenti. 



VI. 



II Monti e stato il primo nel secolo nostro, che, 
col celebrarne 1' elocuzione squisita, richiamasse 
gr Italiani all^ ammirazione e alio studio delP Ario- 
sto. ^ II Torti se n' era gia occupato prima di que- 
sto risveglio , e , credo , non indegnamente per 
r eta sua. 



1-2 Cabddgci, op. olt. 



— 61 — 

Se volessi seguire da cima a fondo V analisi 
ch' egli fa dell' Orlando Furioso, uscirei certamente 
dai limiti assegnati al presente lavoro : mi re- 
stringero pertanto a notame i punti capital!, che 
hanno avuto la conferma della critica modema. 

E prima di tutto : — qual fa lo scopo deU' A- 
riosto nello scrivere il suo poema ? — II Torti ri- 
sponde e dimostra che fa quello di dilettare. E 
infatti « V Ariosto — dice il Carducci — non ebbe 
secondi fini: egli intese di fare un romanzo da 
dilettare e maravigliare la generazione fra cui vi- 
veva. » ^ Anche il De Sanctis e in fondo dell' i- 
stesso parere ; ^ ma egualmente non la pensa il 
Settembrini, il quale vuole che V Orlando Furioso 
contenga un alto concetto, una profonda verita 
ideale, che sia cioe il poema della Cristianita. ^ Se 
non che, per persuadersi che il Settembrini ha 
torto, basta considerare che la societa del Cinque- 
cento era senza patria, senza morale, senza reli- 
gione, senza amore e senza onore, e che percio in 
una societa siflPatta un poema della Cristianita era 
impossibile: solo dopo il movimento e rinnova- 
mento religioso fu possibile un poema cristiano: 
e anche il Tasso, se ben guardiamo, non riusci a 
darci un poema seriamente cristiano, perche serio 
non era stato il movimento religioso, perche la 
Eiforma fii piu efFetto d' interessi e fini politici 



1 Cakducci, op. cit. 

2 Op. cit. 

3 Storia della Lett, Ital. 




che di profonda convinzione. Nel 
resto agl' Italian! che 1' arte, e 1' i 
poeta che fece quello che oggi si 
per r arte. « La su quella fronte 
banctis — vive cio che ^ ancor 
1 Artista ! » ^ 

Ne un fine politico — come 
can altro — pote aver in mira 1' 
si badi, non si vuol dire che 1' A 
un buon eittadino e non pensasse 
era tutt' altro uomo che il Macth 
zionale — dice bene il Carducci 
qualche grido di dolore mandate 
tesi » : ^ come tra parenfcesi borbott 
suo malumore contro il Cardinal 
fare il cortigiano e non osando ni 
catena. 

— Perche scelse un soggetto 
Kisponde il Torti : —  perche era 
al popolo e il pin comodo. — « 
aveva empito della sua fama e de 
gli ultimi anni del aecolo decimoi 
specialmente la corte e la citta d 
genere : 1' Ariosto, che 1' aveva fi 
animirato, mafcuro lo continue : ei 
Ferrara eon i suoi antichissimi ; 
omai la citta epica e romanzesca 



'* t 



— 63 -- 

poi r Ariosto non credeva ai suoi cavalieri ; egli 
col suo bonsenso doveva sentire troppo bene che 
la cavalleria non poteva dar vita a un poema, es- 
sendo gia morta: nondimeno mostrerebbe di non 
conoscer V uomo ne il tempo cbi affermasse cbe 
egK intese, come fece poi il Cervantes, di paro- 
diare i poemi cavallerescbi. « EgU invento per 
amore del? invenzione, tutto inteso a svolgere di- 
lettosamente la sua facolta creativa e a riprodurre 
moltiplicata la sua Keta e serena fantasia per mille 
aspetti e in mille forme che empiessero a lui di 
sorrisi gV intervalli della vita e di luce e di canto 
all' Italia gV intermezzi del triste dramma storico 
cbe precipitava alia catastrofe. » ^ 

II nostro tocca poi deir unita del poema e di- 
mostra come V Ariosto non si assoggetto ne po- 
teva assoggettarsi alle regole dell' unita. « Lo spi- 
rito di cavalleria, — osserva giustamente — non 
mai disgiunto da quello dell' indipendenza, trasci- 
nava i cavalieri da un' impresa ad un' altra e li 
rendeva incapaci di restare lungamente sotto gli 
stessi ordini e gli stessi stendardi .... Inoltre il 
cavaliere e 1' eroe erano reputati tanto piu grandi 
e magnanimi, quanto piu agivano soli ed isolati 
nell' intraprendere e terminare le strepitose avven- 
ture. » Noto con piacere che il De Sanctis ha e- 
spresso la stessa idea, e riporto le sue parole per 
far vedere che il nostro critico aveva spesso delle 
larghe e profonde vedute, e che, pur senza il fon- 



1 Casducci, op. cit. 



1 



nto' d' un retto criterio seientifico, riusciva col 
[ice bonsenso a cogliere non <Ji rado nel vero. 
easenza del mondo cavalleresco e appunto la 
I iniziativa dell' individuo, la mancanza di 
a, di ordine, di persistenza in mi' azione u- 
e principale, 91 che !e azioni si chiamano av- 
ire e i cavalieri si dicono erranti ; staccarai 
entro, andar vagando e cercar awenture k lo 
iO di un mondo che ripugna cosi all' unita 

alia disciplina. » ' « Ma cio non vuol dire 
rosegue il Torti — che un filo nascosto ed 
rcettibile non leghi insieme ed unisca le di- 

parti della gran jnacchina e le rapporti ad 
jntro comune. Talvolta voi credereste di per- 
il vista un personaggio ehe, trascinato da un 
tto straniero, sembra easer fiiori della sfera 
aovimento generale. All' iniprowiao la scena 
Qbiata, un' infidente, un colpo inaapettato lo 
ilza nel vortice pin vivo dell' azione, e ai rico- 
: che egli non apparteneva tanto da vicino 
itereaae principale, quanto allorche sembrava 
ae piu che mai allontanato. » E il De Sanctis 
o — piu magistrahnente, si capiace — con 
.' altre parole: <■ Al di aopra di quest' anarchia 
lereaca c' k tino spirito sereno ed armonioo 
iene in mano le fila e le ordisce sapientemente 
atuzzicare la euriosita e non affaticare 1' at- 
one, cansare in tanta varieta e spontaneita 
'venimenti il cumulo e 1' imbroglio, ricondurti 

Op. oit. 




nimenti che credevi da 
gior apparenza del di- 
e sorridente in mezzo 
lenti cozzanti. » ^ 
ione del poema, e dmio- 
ccio aia portentoso nel- 
de'personaggi, e fa ve- 
la profonda conoscenza 

dpll' interesse grandis- 
i senza far venir mai il 
discorrere della forma, 
facolta pittrice dell' A- 
alezza del suo stile, sul 
Finiace non senza do- 
iduto nel numero deile 

violato la morale ; e 
ii esser indi pendente 
re (in retto sf ntimento 



preteso difetto, anche 
e notare oome neU' Or- 
KX'hi morti resuscitati, 
icominciate e non piu 
.ndo che 1' Ariosto non 

quella personalita ar- 
;li avrebbe impedito di 
Kiaito loro. ^ Ma « 1' A- 



riosto, — dice il Ce 
le statue bibliche, «: 
tiplicava le sue fam 
amori per versar loi 
divina arte plastica 
egli si corapiace di " 
fantastico da se erea 
di re e di guerrieri 
nani e di mostri e i 
E che ci perde 1' arl 
canto resuscita in u 
la lente per vedere 
dell' Orktndo e sem^ 
Ferrara in pianelle, 
de' suoi eroi, tutto 
mente quel che la f 
pensando a quel risi 
sotto il pafcetico e il 
poema, non sarebbe 
1' Ariosto stesso si a 
auscitati, e, burlato 
burlare e far ridere 
E una congettura c 

Delia -violaziont 
a fiirne piato, ch^ e 
dell' Arioato, e del ( 

In complesso il 
r Orlando; ma non 
del poema, e non a' 

I Op. oit. 



il sorriao italiano, 
, b il precursore 
i rivela la piena 
i un mondo adulto 
ofondo sentimento 
ne della perpetua 
« per la sua ec- 
inito deir immagi- 
lo sigiiificato della 
a nella storia dello 



acommcia con un 
volo poetico, nel quale I' autore finge che uno spi- 
rito celeste sia sceso in terra a far dono agl' Ita- 
liani della Gerusalemme Liberata, dono che suscito 
r ammirazione dell' Europa nonostante le critiche 
del Boileau ^ e di altri, che furono poi confiitati 
dal Marmontel, dal Mercier e dal Voltaire. E ri- 
porta un brano di quest' ultimo, che pone il Tasso 
sopra Omero. ^ Deplora poi la giieira accanita 
mossa daU' Accademia della Crusca * al Tasso, met^ 



clinqoaot du Taaao i> tOQt I'or de Virgile. 

3 Easai aiir la l>o^»ie m<m- 

i n D-Ovimo hB rPOBUtemflDtc dimostrdtji cho tuUi i compo- 
Qenti (cinque o sei qnnnti erauo) dell' Aooodemia. enon il boIo ShI- 
vlati, ebbero parte nelU gueira contro il TasBO. Vedi ! Di un' anlica 
teatimoniania circa la controveriria detla Crufca col Tasto: Napoli, Re- 
gia Univetait& ; 1604. 



tendo in ridicolo la IHfesa c 
Pellegrino e ribattendo le ci 
quale aveva chiamata 1' ope 
setta piccola, povera e sproj 
lunga e bassa oltre ogai co 
nevol misura, oltraccio murat 
tosto rabberciata. » ' 

La Gerusalemme Libera 
tico, un poema che « preser 
quadro una vasta e sublime 
andamento, precisa nel auo ii 
suo colorifco, ' compita ed an 
un poema d' unita, di moral, 
fetto, » un poema insomma 
tembrini — » il meglio arch: 
demi, come il palazzo classic! 
lazzo Strozzi o palazzo Pitt 
grande, simmetrieo, armonicc 
piuto. » ^ Segue il Torti fa« 
poema e dimostrando come, d 
mida e dalle passioni degli 
pimento dell' impresa, 1' intt 
menti e la fantasia cospiri c 
dell' opera. Parla poi del mj 
facendo vedere come la sel 
d' Armida, il concilio delle 
« agli occhi della filosoiia » 
assurde fantasticherie, posse 






sono nel Tasso, splendide concezioni artistiche nel 

campo della poesia; e poteva aggiungere che nel 

poeina del Tasso gV incantesimi ci stanno bene, 

perche e Cristiani e Saracini avevan fede iji esse, 

e un po' anehe il poeta, e volere o non volere 

sono ancora nelle tradizioni popolari. Parla poi 

de' personaggi e, rispondendo non so a quali cri- 

tici, dice che Einaldo, semplice cavaliere, non ec- 

clissa Goflfredo : « Rinaldo sara, se si vuole, U 

braocio forte — dice — ; . ma Goffredo e V anima 

e la forza motrice della vittoria de' crociati ; Ri- 

naldo e senza dubbio uno de' piu brillanti pianeti 

della milizia cristiana, ma Goflfredo n' e il centro 

luminoso che, a guisa del sole, regola nel loro 

corso tutti gli astri subalterni. » E viene alio stile 

che dimostra, contro il parere de' critici d' allora, 

originalissimo, come quello che « riunisce tutti i 

caratteri e tutti i generi dell' eloquenza poetica, 

temperati e mescolati insieme in si giusta armo- 

nia, onde risulta chiaro, dolce, armonioso, nobile. » 

II Tasso — pel nostro, come per tutti, — e poeta 

di sentimento, quanto mai si puo essere : « nes- 

suno, meno il Metastasio, ha posseduto un' anima 

piu dolce, piu patetica e piu sensibile della sua. 

n suo poema forma la delizia di tutti i cuori gen- 

tili che s' appassionano, s' infiammano, s' inebbriano 

in quel torrente di poesia animata e sentimentale. 

Non riconoscete voi la delicata emozione del suo 

carattere fino dalle prime ottave ? . . . » Vuol di- 

fendere poi il Tasso di certi difetti imputatigli dai 

critici, e sostiene non esser vero che un lusso d' in- 



— 70 - 

• gegno ricopra il colorito sei 
sei"Viindo eh© eerte analogic, ' 
serabra rafireddino il sentin 
1' ingegno del poeta propenso 
nostro termina come si von 
cio^ con la vita del Tasso c 
mente ( per qiianto lo conci 
lora ) ^ narrata. Ma in ques 
la sua brava ragione : la sv 
nua difesa : onde gli parve 
rorar la causa de! povero 1 
quant' ei fosse vissuto infelii 
Leggendo questo capitoI 
sente subito che il Torti ne 
un po' d' esagerazione ; cosi 
sottoscrivere il giudizio del 
Tasso sopra Omero ; ^ ma il 
le sue ragioni. Non si era ant 
r eco delle acerbe critiche m 
quecento, e il Torti voUe fa 
della gloria del poeta : e pei 
pergliene buon grado. Pare 
vicine censure del Conciliator 
vuole scusar il Tasso di quei 
i critici hanno avvertito, sba. 



1 Non lio biaogno di ricordur qu 
Vita di Torqiiato Tasso; Torino, Loeacli 

2 II Tnaao, uell' Europa, specialm 
letto de' nostri mAggLori poeti, Vednsi 
Bcrisa? il MoNTEavuiEi: : • Le Tnaae eat 
plus ingSnieun, de plus formia snr Ta 
tre podta Italian nit juosia 6iA I • Ena 



— 71 — 

si puo negare che ci siano nella GeriLsalemme certi 
giuochi di parole, certi paralellismi, che danno nel 
raffinato e nel concettoso ; ma a questi e ad altri 
difetti « farono largo compenso rarmonia stupenda 
di tutto il lavoro, V elevato senso morale e religioso 
che ne traspira, il decoro e la maesta delle singole 
parti, e quella serie di quadri svariatissimi, uno 
piu bello ed attraeate del? altro » , ^ onde si puo 
dir con' Orazio: « non ego paucis oflFendar macu- 
lis. » Del resto non si puo negare che quasi tutte 
le osservazioni del Torti colgano nel segno : alcune 
poi sono veramente profonde, come quando parla 
del sentimento che e diflfuso nel poema : nel che 
si trova d' accordo col De Sanctis, il quale ha mo- 
strato come esso sentimento idillico ed elegiaco in- 
sieme ci faccia piu addentro sentire il dolore delle 
sorti umane, e con Giulio Monti, il quale osserva 
che « il sentimento, ond' e diffusa la Gervsalemme, 
non viene dalle cose, viene dall' anima flebile del 
poeta, che vive delle piu tenere e dolci illusioni. » ^ 
Difetto quasi unico e grave del nostro critico 
e quello di fermarsi a considerare soltanto, per dir 
cosi, r architettura del poema, le quahta esteriori, 
e non indagarne lo spirito che lo informa, di giu- 
dicarlo indipendentemente dal tempo e dalla so- 
cieta in cui venne alia luce, di non metterlo in 
relazione cioe col suo clima storico, come si di- 
rebbe oggi, spropositando. 



1 FoRNACiARi, Quadro storico ecc; Firenze, Sansoni, 1885; pag. 258. 

2 La poesia del dolore; Modena, Sarasino, 18B3. 



— 72 

La Geittmlemme venn 
eui alia letfceratura non en 
campo della critiea, in cui i 
mano ferrea dell' Inquisizic 
privi di una patrla, non si 
tro che <Ji arte poetica, di 
tica : ecco la principal rag 
tate contro il Tasso. 

« L' Eiu'opa latina pi 
accettar con fervore il rinn 
la Chiesa tento opporre ne 
riforma protestante ; tutta 
tiva minacciata la sua ci' 
mano: auonava ancora dal 
battaglia di Lepanto, 1' ul 
cristiana, della quale tanta 
liani, 1' ultimo cozzo glorio! 
riente. » ^ Ecco perche pai 
eroico e religiose, ecco pen 
ma in tutta 1' Europa il p 
questo poema pote essere j 
la figura piu seria e gentile 
cristiano del nostro Rinast 

L' Italia era scrva e c 
mento elegiaeo del poema. 

La societa divisa, conn 
correnti : il rinnovamento > 
o paganesimo: ecco la dnj 



tra il sensualismo 
e 1' arte. 

si pente del seii- 

i] popolo invece 

non aveva piii re- 

, Armida, Erminia, 

I vanno ancor sulla 

irano codeste splen- 

iBza poetica della 

!, ma 1' amore. To- 

avrete la Germa- 

> piii legge. 

D. fe un mondo este- 

i dell' Ariosto, ma 

■oico 6 un mondo 

elegiaeo-idillko? 

c' era allora, ossia, 

. poe3ia, beiiai alia 

do di Copemico e 

Trento e il trattato 

non rimaneva che 

Italia, rinnovellera 

t disaoluzione e tra- 

di element! diversi, 

^lolitica e religiosa, 

chi ha un cuore sensibile, ue' anima delicata, grida, 

piange e finisce coll' impazzlre. Ecco la malattia 

del Tasso. « II grido molle e straziante della ele- 

gia, che pur fra gh accordi della tromba epica gli 

prorompe dal cuore mesto e voluttuoso, lo annun- 

zia 11 primo de' poeti modemi. II Tasso ha la ma- 



— 74 — 
ia dell' eta di transizione, dello Chateaubriand, 
BjTOn, del Leopardi. » ^ 

Ora, questo difetto che abbiam notato nella 
ica del nostro Torti, muove appunto daUa man- 
za di quel metodo storico, col quale soltauto si 
I avere un' analisi vera e completa dell' opere 
rte, e pel quale la critica ha fatto oggi pro- 
asi veramente sorprendenti. 

Ma il metodo storico non e cosa del 1806. 

vm. 



1 



* parte del Prospetto, venuta in luce 
erne con la terza nel 1812, tratta del Secenti- 
I ; la terza va dalla fondaaione dell' Arcadia al 
ini, al Savioh, al Minzoni. Con 1' istesso metodo 
ito per la prima parte, io potrei continuare a 
le mie deboli osservazioni su quest' altre due, 
ho lette 6 studiate con amore eguaJmente vivo: 
io vedo con paura il mio lavoruccio acquistar la 
e d'un libro, e percio credo piu opportune, dopo 
r veduto come fosse stato actolto il Prospetto, 
5ar a un altro argomento : tanto piu che il re- 
ato delle mie osservazioni sarebbe pur quelle di 
jr affermare che il Torti, in mezzo a non pochi 
iri, ebbe apesso vedute larghe e profonde, e che 
lui la critica e la storia letteraria fecero un no- 
jlissimo progresso. 
elo lasciai correre qnesto libro — dice I'Autore 



■^ 



~ 75 — 

stesso — senza procurargli uel mondo letterario ne 
accoglienze ne protezioni : detestando il giro im- 
postore con cui oggi si brigano le reputazioni lette- 
rarie, non volli raccomandarlo che al solito merito 
del semplice buon senso e dell' ingenuo sentimento 
col quale e scritto, le sole qualita forse che vi si fanno 
sentire. » ^ Ma V accoglienza che ebbe in Italia e 
fiiori il Prospetto, dimostra all'evidenza quanto ap- 
parisse nuova quest' opera e qual fosse il suo valore. 
Oltre ai gia ricordati, ^ tra i quali primeggia 
r autorevolissimo Biagioli, che ne aveva parlato in 
Francia, in Inghilterra la citava un certo Pe- 
troni ; ^ la lodava Ferdinando Arrivabene ne' suoi 
Amort di Dante e Beatrice ; * Tiberio Ripamonti 
inviava « ad praestantissimum Italici Parnasi Pro- 
spectus auctorem » un' epistola gratulatoria e tre 
paraeneticae ; ^ il Colelli nel rispondere al Torti 
nella Piccola Biblioteca ^ sulla questione ossiane- 
sea, di cui avremo ad occuparci, tornava a met- 
ter in rilievo i pregi del Prospetto ; gli editori 
della Divina Commedia secondo il codice Bartoli- 



1 Queste parole sono in una prefazione manoscritta, esistente 
neU' Arch, cit., preparata per una terza edizione del Prospetto. 

2 Una lunga e favorevole recensione fa fatta da A. A. R. in 
Giornale Pisano, fase. nov.-dic. 1807, n. 21, parte III, tomo Vn. 

3 Me ne h sfuggita V indicazione bibliograiica, che trovai, se 
non erro, in un numero della vecchia Antologia del Vieusseux. 

4 Mantova, Caramenti, 1824. — Questo libro fu molto lodato 
neUa Rivista dantesca ( redatta per lo piti dal Tommaseo ) dell' .4^1- 
tologia cit., agosto, 1^6. 

6 Loreto, Maghelli e Gioatra, 1829. — Avverto che cito questi 
libri come semplici testimonianze dell' accoglienza avuta dal Pro- 
spetto. 

6 Periodico che usciva in Foligno ; agosto, 1824. V. anche Co- 
LBLLi, 8uU' oriffinalitd del poema di Dante; Firenze, 1810. 



niaiio ^ riproducevano I' intero c 
spetto sopra Dante, e I' Antologia 
r aimuncio di quest' edizioiie con 
role : « . . . . al proemio succed 
Dante dell' Autore del Prospetto 
Itano, il quale, qualunque sia il 
risti posson portare del suo stile 
ai principi della filosofia del gust' 
luogo fra gli acritti critic! de' qu 
poema dell' Alighieri » ; ^ Pasqus 
1828 ristsimpava tutta 1' opera a 
aggiunte daU' Autore, e il Giom 
Pisa " ae faceva una dotta e im 
Leoni di Parma invio al Torti c 
quantunque inedite, non riport 
mente scritte, lua dalle quali a 
giudizio del Biagioli si fosse fa 
quest' opera del nostro si ritenes 
« il lavoro piu beUo e piu largo 
inoltre vi si dice che del Prospet 
lato nel nuovo periodico del Pas 
mente se ne era gia parlato an 



tutta sicurezza che 
al vero e non adu- 
■eva che il Prospetto 
?he avesse 1' Italia • 
iu troviamo giusto 
leriamo in che stato 
I letteraria al tempo 
ace. Avevamo avuto 
i avevan fatto opera 
}1 Quadrio, i primi 
a : ma tutti sanno 

1' erudizione, raris- 
3a. Bisogna conside- 
a quel che ne ab- 

concetfco che della 
ere ai primi di (jue- 
jassato, quando du- 

arcadiche e gli echi 
; « si aborrivano le 
Tustava la nervosa 
:ava il Casti. » ^ Ep- 
zioni si tenne quasi 
Onde non si do- 
' che altri scrittori 

e 1' abbiano avuto 
lono de' barbarismi, 
I questi difetti, pur 
;ontenuto aia buono. 

Fiienze, Barbijra , 16TO; 




& dime 
riteri, q 
truttiO ! 
, il qua 
Letteratu 



ba — ), 
., la di< 
non pai 
, chi ar 
Eirne coi 

? Chi € 
li a giu 
. « amid 

Monti ! 
'orti, gii 
le che s 
. e per 
allora d 
mclusioi 
da lasci: 
5er un i 
'ar la s1 
la Lettt 

onorev 

forse c 



uestione della lingua 
ettft, ma che in fondo 
limostrano e il lungo 
i idee del Manzoni, e 
uce una grammatica 
idee s' ispira : e non 
Grammatica del Mo- 
lato pratico, e que- 
, non chiuda la se- 
ran paghi tutti quelli 
itra babilonia lingui- 
Itanza di questa lieta 
opportune ritomare 

i pince di ItucUr aciittooggi 
;orto oritioo della Suova An- 



a codesta controver 
simi che vi presero 
oltreche io credo, o 
che la seeolare quest 
di gate fratricide, ii 
rispetti fa onore all 
che rimanga diment 
vette pur easa prod 
fece andar in collen 
del centro e del me 
tro lato riscosse le 
cie del Lampredi e 
lievo la qual opera. 
punto egli trovasse 
nella lizza. 

SuUo scorcio d 
deUe quali qui nor 
gua si era talment" 
ria una riforma pe 
zionale : un impetc 
viva e comune c' ei 
valentuomini che, p 
tra di loro, il Cesi 
r uno n6 r altro of 



1 F. D' OviDio, Le a 
della tingiin; Kapoll, Mora 

a Sangio lapra ta ling 
stampato pid volte col titu 
cata tdla lingua italiana. — 



— 81 — 

da potersi seguire e imitare ; e il male continuava. 
Onde r Accademia di Milano, con generoso pensiero, 
propose di : « Determinare lo stato presente della 
lingua italiana e specialmente toscana, indicare le 
cause Che portar la possono verso la sua decadenza 
•ed i mezzi acconci per impedirla. » Al quale pro- 
gramma rispose il Padre Cesari con la famosa 
Dissertazione, coronata dalP Accademia stessa il 14 
dicembre 1809. Ma, se egli e la sua scuola fecero 
del bene, promovendo lo studio degli antichi e ri- 
chiamando gli scrittori a una maggior purezza di 
lingua e correttezza di stile, d' altra parte, affer- 
mando che il solo Trecento era la fonte della 
buona lingua e che la conteneva tutta quanta, e 
disdegnando altresi il toscano moderno, perche de- 
turpato di gallicismi, evidentemente dimostravano 
di non intendere che cosa sia una Hngua, e con- 
aigliavano un rimedio che, se non era peggiore 
del male, di certo non lo estirpava. A cio s' ag- 
giunga che la loro maniera di scrivere non era 
tale da poter allettar gli scrittori di. largo ingegno 
e gli uomini di scienza. Sorsero quindi gli avver- 
sari, e primi e piu fieri il Perticari e il Monti. A 
proposito de^ quali peraltro va notato che, se il 
Monti incorporo nella sua Proposta gli scritti del 
Perticari, non devesi credere che fossero d' accordo 
in tutto intorno alia questione : tutt' e due s' ac- 
cordarono nel seguir V uso de' letterati di tutta 
Italia e de' secoh posteriori al Trecento, ma, quanto 
al toscano moderno, per esempio, il Monti fa piu 

6-Tbabai4Za, Francesco TorH. 



— 82 — 
franco del Perticari nel riconoscerne le eccellenti 
qualita : V aver ribadito gli errori danteschi e tris- 
siniani sul volgare illustre del sec. XIII, 1' aver 
conftisa la questione della lingua con quella del- 
r origine de' parlari neolatini, V aver alterato gli 
esempi per provar che in Italia si parlava come 
in Toscana, sono tutti errori e malizie die spet- 
tano soltanto al Perticari. La Proposta^ volere o 
non volere, fu un bel saggio della nuova prosa, 
ma non risolvette la questione, e la lotta conti- 
nuo : chi fa per il Cesari, chi per il Perticari, chi 
tenne una via di mezzo, chi combatte V uno e V al- 
tro. Tennero una via di mezzo il Lampredi, il 
Oapponi, il Niccolini, il Rosini, il Tommaseo, il 
Giusti, ^ che formano la moderna scuola toscana : 
i quali, ammettendo 1' origine fiorentina della lin- 
gua e persuasi di questa grande verita, che le lin- 
gue sono in continuo moto, stabilirono doversi 
rinfrescar V uso scritto con 1' uso vivo de' meglio 
parlanti in Toscana, preparando cosi il terreno 
alia teoria vittoriosa del Manzoni. Combatterono 
r uno e r altro gli antipuristi, tra' quali fu il piu 
accanito il nostro Torti. Questa scuola e necessa- 
rio distinguerla bene dalle altre tre, cesariana, 
perticariana, toscana, e non metterla in un fascio 
con una di quest' ultime due: perche la pertica- 



1 Tra gli scritti di qnesti ne ricordo qui tre soli, perch^ piii 
rari : Risposta del prof. Giovanni Rosin i ad utia lettera del cav, V. 
Monti Bulla lingua italiana con alcuni versi dedicati al medesimo; Pisa, 
Capurro, 1818 ; Lettere di Ukbano Lampkedi saW opera del cav, V. Monti 
intitolata : Proposta ecc; Milano, Silvestri, 1820; Nuove lettere auUa 
lingua italiana di G. Bosini ; Firenze, 1^0. 



I ' 
I. 



— 83 — 

liana e in fondo purista come la cesariana, con 
questa capital differenza, che il Cesari voleva at- 
tenersi scrupolosamente al Trecento, e il Perticari 
concedeva di uniformarsi anche agli scrittori po- 
steriori, ma rimanendo sempre nella babele del- 
r nso scritto : la toscana poi all' uso de' libri sur- 
rogo r uso vivo, a tutti i dialetti il toscano ; 
invece gli antipuristi stettero per V uso degli scrit- 
tori di tutte le regioni, rinfrescato dall' uso vivo 
non esclusivamente toscano, ma di tutta Italia. La 
differenza, come si vede, e profonda e va notata. 
Ad essa mi pare abbia accennato unico il Mo- 
randi, e lo desumo da questo suo periodo : — Noi 
avemmo da un lato il Padre Cesari^ il quale, ri- 
facendo suo il concetto del Bembo o del Salviati 
e de' primi accademici della Crusca, predica che 
bisogna ritomare al Trecento, e dall' altra gli an- 
tipuristi che gli danno la berta. — ^ Senza dubbio 
il dotto scrittore non vuol qui alludere con la 
parola « antipuristi » ne ai perticariani, ne ai to- 
scani, ai quali quel titolo rigorosamente non s' at- 
tagha. Ho detto unico il Morandi, perche il D' 0- 
vidio, che ha recentemente e magistralmente rifatto 
un po' d' esposizione storica della questione, non 
parla mai di antipuristi, salvo che non voglia al- 
ludere a loro, quando dice :«.... da poche ec- 
cezioni in fuori, i letterati erano o cesariani o per- 



iicariani. » ^ 



1 L. Morandi, Le Correzioni ai Promeaai Sposi e V unitd della 
'ngua: Parma, Battei, 1879; 3* edlz.; pag. 137. 

2 Op. cit., pag. 218. — Ne se ne parla in L. Luzzatto, Pro e 



I 



— 84 — 

Le idee linguistiche del Torti sono consegnate 
nell^ Antipurismo, E questo il titolo d' una raecolta 
di vari opuscoli pubblicati, come abbiam visto, a 
intervalli, e riuniti qui per affinita d^ argomento 
e per comunanza di scopo, che e di combattere il 
purismo, sia quelle del Cesari, sia quelle del Monti 
e del Perticari. Gli opuscoli sono : 

1. II Purismo nemico del gusto; Perugia, Ba- 

duel, 1818. 

2. Risposta ai Puristi ; Firenze, Piatti, 1819. 

3. Dante Rivendicato, Lettera al Cav, Monti ; Fo- 

ligno, Tomassini, 1826. 

4. Le bellezze poeticfie di Ossian imitate dal 

Cav. Monti, Lettera a Scipione ColeUi; [1820]. ^ 
Chiudono la raecolta venti lettere del Monti 
al nostro, delle quali gia abbiamo avuto occasione 
di occuparci. 

Daro di ciascuno un brevissimo riassunto, de- 
teriAinandone V importanza, riserbandomi di e- 
sporre in modo sintetico la teoria linguistica del 
nostro alia fine del terzo, essendo il quarto affine 
d' argomento, ma non direttamente connesso con 
la questione della lingua. 

II. 

Eifacciamoci adunque dal primo. L' A. distin- 
gue un purismo antico da un purismo modemo : 
puristi antichi sarebbero il Bembo e tutti gli al- 



cantro Firenze; Verona-Padova, Drucker, 18^; che ^, credo, il piii 
recente Saggio storico 8uUa polemica della lingua. 

1 Pubblicata la prima volta in nii giornale italiano ( credo, la 
Piccola BMioteca di Foligno). V.' Rossi, op. cit.; pag. 7. 



1 *"»f ■■- 



— 85 — 

tii grammatici del Cinquecento, i qua]i volevano 
che la lingua si chiamasse toscana e non italiana. 
Mena sferzate contro gli Accademici della Crusca 
per la guerra spietata mossa alia Gerusalemme e 
per il gretto criterio con cui compilarono il Vo- 
cabolario ( § I ). Dimostra come, decaduta la Cru- 
sca e ristabilitasi la pace nelle lettere, sorgessero 
de' geni, -come il Beccaria, il Filangieri, il Verri, 
che produssero modelli di prosa ( § 11 ). Fatta di- 
stinzione tra prosa e poesia, afferma che 1' Italia 
manca interamente di quella ( § III ). II qual di- 
fetto risale al principio della nostra letteratura, 
quando la prosa, specie col Boccaccio, si voile fare, 
contro r indole della lingua itaHana, imitatrice 
della latina. I poeti pero ebbero miglior gusto 
usando una forma plana: e tra i prosatori sono 
da distinguere e lodare il Machiavelli, il Sarpi e 
il Segneri ( § IV ). La prosa vagheggiata dai pu- 
risti manca di naturalezza, e, a dimostrare la ve- 
rita di quest' asserzione, prende in esame il De- 
camerone, analizzandone quel brani in cui il discorso 
e intralciato e artifizioso ( § V ); manca d' espres- 
sione, e la pietra di paragone e sempre il Boccac- 
cio ( § VI )5 manca d' armonia, e lo dimostra pure 
con le novelle ( § VII ). La prosa vagheggiata dai 
puristi e sempre stata condannata in tutti i se- 
coli della letteratura ( § VIII ). E necessaria quindi 
una prosa, e la predilezione dell' Italia e per quella 
del Beccaria ( § IX ). Parlato poi de' pretesi fran- 
cesismi di Vittorio Alfieri e del diritto che ha 
3iascuno scrittore di coniar jjuovi vocaboli ( § X ), 



t. 
I. 



• » V--7 



— 86 — 

conclude doversi, per arricchire e perfezionare la 
lingua, coltivar le arti, le scienze e la filosofia ; 
dover essere scrupolosi osservatori delF uso vivo, do- 
versi insegnar le leggi della grammatica ; ma esse 
non siano minute, superstiziose, inquiete come 
vuole il purismo ; si abbia un vocabolario consi- 
gliere, non tiranno, e contenga i tesori veri, non 
gr ideali e fittizi della favella ( § XI ). 

Come appare da questo breve riassunto, gran 
parte delle idee del Purismo appartengono al Ce- 
sarotti, e T A. stesso lo confessa candidamente al 

Niccolini in una lettera del 1820 : « Le 

quattro questioni ch' Ella si propone a discutere, 
sono egualmente d' una grande importanza, ma io 
non saprei abbastanza ringraziarla dell' tdtima di 
esse, il resultato della quale forma appunto la base 
del mio sistema piu favorito in punto di lingua, 
sistema da me sviluppato in un opuscolo di 200 
pagine intitolato il Purisms ecc. Le prime idee 
di questo sistema sono di Cesarotti, ma egli ha 
trattato V argomento con una certa timida riserva, 
che rese arditi gli avversari ed ha contribuito al 
risorgirdento del fanatismo purista . . . . » ^ • 

II rimprovero mosso ai puristi del Cinque- 
cento, i quali volevan che la lingua si chiamasse 
toscana o fiorentina, e giustissimo, perche, quando 
un dialetto si solleva a dignita letteraria, perde il 
nome della sua regione, per assumer quelle della 
nazione che V ha adottato. Altrettanto giusto e il 



1 Vannuoci, op. cit., pagg. 4fi8-64. 



— 87 — 

rimprovero fatto alia Crusca di aver compilato il 
Vocabolario con gretti criteri, di aver mosso guerra 
al Tasso ^ e di aver inceppato il pensiero. Sennate 
le osservazioni sulla prosa del Bandiera e de' pu- 
risti in genere ; ma non possiamo far buon viso 
alia sua proposta di prender a modelli di prosa 
gli scritti de' gallicizzanti del secolo scorso. E ftior 
di dubbio, come ha dimostrato luminosamente il 
Bonghi nelle Lettere Critiche, che V imitazione 
de' Latini, incominciata col Boccaccio, e stato il 
primo malanno della nostra prosa ; ma tra questo 
fatto e quella proposta ci corre un abisso. Con ot- 
timo discernimento il nostro separa dagli altri pro- 
satori il Machiavelli, a proposito del quale il Bon- 
ghi stesso dice : « Del Machiavelli io credo che 
si possa dire come qualcheduno ha detto di Dante : ^ 
se uno sente di preferire la prosa di altri nostri 
antichi scrittori a quella del Machiavelli, ha un 
criterio certo per giudicare se medesimo un uomo 
mediocre, di gusto non sano e d' animo piccino. 
Difatti, per parlare solo del Machiavelli, chi di 
quei nostri scrittori congiunge come lui con tanta 
varieta di cose tanta schiettezza e sicurezza d' e- 
spressione? Chi sprezza quanto lui gli omamenti 
posticci e ridondanti ? Chi, afFerrato il suo soggetto, 
lo segue, lo penetra con maggior certezza ed a- 
cume ? Chi si diparte meno dall' uso e sente meno 



1 V. la uota 4 a pag. 67. 

2 E come, press' a poco, Quintiliano — aggiungo io — aveva 
gill detto di Cicerone : « lUe se profeciase aciat, cut Cicero vcUde pUi' 
cebit • . Inst, orat,, X. 




di lui il biaogno di sforza 
per darle vigore? » ^ E i] 
sito del Machiavelli, dice : 
e iermo nella sua semplic 
mente al suo scope : prese 
dine con cni si offre alio 
pensiero per seiTore alia f 
gravita dell a politica al 
di UBa rettorica pedantesc 
noti che 1' uno e 1' altro i 
Machiavelli, il quale non 
codesti pregi, ai quaU essi 
rie Florentine, per esempic 
denza a « latineggiare nell 
e troppo apesso a eostituir 
dividuale » , oon 1' altra c 
uniformarsi piu costantem 
alia GTammatica toscana " 
stessa pagiaa par di vede: 
del Segneri il Bonghi di< 
semplicita deUo stile e di 
naturalezza ; e il Torti :  
neir uso di certe frasi, di 
crate dalla data d' un 9ec( 
neUa giustezza delle idee, 
gionamenti. » Quanto al 



LtDTB, nn'ItAlLa, HirUnmuitb. 

2 UoEAHDi, AHt<il<igia di Frote 
1 ; prefusione. 



r non dire ehe non 
Lza del Decamerone ; 
iella prosa botcacte- 
/icinissimo al veto. 
Trecento, — dice ii 
ini di due scuole di- 
i e semplicita, 1' altra 
n Boccaccio sarebbe 

iffermata dal Torti k 
prosa. Oggi non pos- 
.nzoni, il cm esempio 
sire la loro benefica 
a nostra letteratara ; 
 alto. E si noti ch' e- 
Qto un anno prima, 
condo il Cugnoni, — 
e il Leopardi diae- 
;o, in cui, tra le altra 
are « la totale man- 
ana. " ^ Se non che, 
apponeva il Torti, 
:«me modello de' pro- 
, nostri scrittori dello 
Qcesi di lingua e di 
.igliori del Giordani 



iicat^ ia G. Cuqbohi ; Hulla, 
ohe oito. ai pu6 vedere (ui- 
I. del MoBAHDi; CitUtdlCa- 




It.-:' 






— 90 — 
e del Cesari e compagnia, giacche trattano sog- 
getti piu gravi meglio di quelle che costoro trat- 
tino soggetti nulli o mediocri » , ^ ma la loro prosa 
non e certamente quella che e richiesta dal pen- 
siero italiano moderno. 

B/iassumendo, diremo che c' e nel nostro una 
certa larghezza di criteri da non disprezzarsi, e 
qua e la qualche osservazione acuta; ma nel com- 
plesso, s^ egli ha buon gioco contro i puristi, non 
ci oflfre pero ne una teoria ne un esempio che noi 
possiamo accettare e seguire. Si capisce poi come 
nel primo ventennio di questo secolo, tra questi 
due generi di prosa, quelle de' puristi e quello de- 
gli infrancesati, per la ragione poc' anzi addotta 
del Bonghi, si potesse preferire il secondo; ma 
farsene ammiratori e seguaci significa non posse- 
dere un gusto sano : onde, sotto questo aspetto, po- 
teva aver ragione Giacomo Leopardi, quando al 
Kbraio Stella, che gli chiedeva se avesse letto il 
Dante Rivendicato del Torti, rispondeva cosi : « II 
Dante Rivendicato qui non e comparso. Conosco 
pero r Autore per altre sue operette dello stesso 
genere. E un uomo d' ingegno sufficiente, ma di 
nessun giisto^ e che, per esser sempre vissuto in 
citta piccole, non conosce punto il genio di questo 
secolo, ne lo stato attuale della letteratura ita- 
liana. » ^ Ma nel resto, se il Leopardi avesse aspet- 
tato qualche altr' anno e avesse letta la Corrispon^ 



1 BoNOHi, op. cit.; pag. 77. 

2 Epistolario; Le Monnier; vol. I, 226. — La lettcra ha la data 
del 21 ottobrd 1825. 



-0 Torti, non avretbe, 
ion conosceva iL gemo 

tanto che il conte 
^ta Sede, e nempi 
deUa Bagione, per far 
, dentro cui il genio 
e minaccioso. Quanto 
ntura italiana, da che 
,Dza del Torti? Dal 

secolo decimonono ? 
, il Ceaari, e dove si 
egli stesso voleva 
.ncanza di una vera 



i abbiam parlafco fin 
II Oiornale Arcadico, 

che fii il piii fiero, 
:a di un De' Crollis, 
■vuto in pregio 1' o- 
■mi non avevano ni 
irebbe la vena del suo 
modi di dire dagli 
;noranza e stata sem- 
ae perseguitano la ve- 
a lingua. Ma, oltre a 
irsi contumelie, mo^e 



delle accuse, afFermandc 
sumeva ehe non fosser 
grammatica, che credei 
modi stranieri, abband 
nostra Ungaa e variar 
e applico infine a lui : 
si doleva degl' Italiani 
stamente vituperavanc 
r altrui 6 particolanaei 

II Torti, che, a cod* 
eontumelie di pedanti, 
pieta a menar la aferzi 
sta at Puristi, che dov 
pHce « scaramuccia » 
fatta aitrove in piena 

Comincia col nota 
quah sostenevano che 
« perche noi — dicevai 
agU artisti ed agli aoi 
vocaboH, quando rispoi 
ad idee nuove. » Sta h 
concedete di dire mocu 
irwcukde il buon senso 
privi; e in questo e ir 
sempre puristi. Dopo s 
dice che i puristi con 
con la grammatica. E 
«C'e 1 



— ' ha detto il Bonghi — ; 
qutste: negando 1' idioti- 
isi di una lingua, pallida, 
Quantx) al neologismo, il 
le a dirlo, le idee del Ce- 
nge, ripetendo una frase 
imento universale innaiza 
eratura. » ^ Mette in ridi- 
ilista e sferza, facendo par- 
eaari. ^ Chiude la Rtsposta 
'ante — A perpetuate in- 
erpetrata dal Giorrude Ar- 
press' a poco — con essa 
gia quelli che deturpano 
li forestieri, ma coloro che 
algare, che sara sole novo, 
aale e il latino: tanto e 
rtuah h essa stessa un bar- 

rittehe coo la beUa prathzione del 

•e: < Eppnre 1' imiverBnl coDseuti- 
■a di che voi [Cesari] {oapo-puci- 



QO dsUn Rispoet,i del Torti, dalle 
;in3« dBl CeSiirotti per dar addoBso 
facta gia da O. Mazzoni, olie scrisse : 
l1 Ceaarotti b da vedere trattBto Bft- 
del Torti, Foligno, 1829; in iapecie 
II' PuriaU, quBDto uUa liogaa ; g per 
ecc, • Tra Itbri e cnrU, Studi letle- 
ig, 167. NeUe quali parole peraltco, 
veroKia lienevolenza par il Torti, i 



^^^^k^'-^"- 






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^ ( 



— 94 — 
barismo coniato sul perpetuelle. ^ E aveva ragione 
da vendere. 

In quest* opuscolo la polemica e piu acre e 
piu distruttrice ; ma nel complesso dobbiam per 
esso far V istessa conclusione che abbiam fatto pel 
primo: abbatte, non edifica. I puristi pero tacquero: 
e in Firenze il libretto del Torti fa accolto bene- 
volmente. ^ Sul qual proposito riporto qui due let- 
tere, che al nostro scrisse il Niccolini : e le riporto 
con piacere perche gettano luce su quelle contese 
grammaticali , che s* agitarono cosi acremente 
ne' primi decenni del nostro secolo, e ci rivelano 
anche V animo e la passione de' combattenti. 

Eccole : ^ 

Firenze, . . settembre 1820. 

Chiar.'^o Signore, 

Ei fu detto d' Omero che la Musa dettava ed egli 
scriveva : io credo che de' compilatori del GiorncUe Ar- 
Cddico possa dirsi con piti ragione : la Pedanteria borbotta, 
ed essi scarabocchiano quei loro articoli, che saranno tutti 
fiori di lingua, ma io non tentai mai di leggerne alcuno 
che io non facessi sei sbadigli almeno alle prime sei ri- 



1 D. Alighieri, Convito; Barbera, 1857; tratt. I, cap. Xm. 

2 Ecco due altre testimonialize, oltre alle molte gi^ citate nel 
cap. I, dell' accoglLenza che ebbero gli scritti del Torti sulla lingua: 
Pacchiani, Ijettera critica ; Firenze, 1818; Jjettera di Ot. S. ad un suo 
amico di Milano intorno all' articolo della Bihlioteca Italiana sull' a- 
duuanza solenne dell' Accademia della Crusca ; Firenze, Leonardo 
Ciardetti, 1828. — Nella Comunale di Bevagna poi ho trovato, stam- 
pata su foglio volante, una favorevolissima recensione dell' Antipu^ 
rismo del 1829 ; ma non ho potuto rltrovar nfe il periodico da cui 
dev' esser stata estratta, n6 1' autore. 

6 A. Vaknucci, Ricordi cit.; vol. I, 41 e 45. 



.-r*-: 



— 95 — 

ghe. Cio nonostante, m' 6 nota V inimicizia di quel mes- 
seri in frac per tutto quelle che pute di filosofia ; ed essi, 
capitanati dal Perticari, hanno chiamato vane idee meta- 
fisicJie le teoriche della lingua fondate sull'eterne leggi 
del nostro intelletto, e delle quali io feci tesoro in un mio 
opuscolo, desumendole dalle opere immortali del Condil- 
lac e del Tracy. A queste goffaggini si risponde con un 
sorriso; ma giaccli6 i prelodati, oltre il non intenderyi, vi 
calunniano, la pazienza scappa e bisogna rispondere. Tale 
6 il caso di V. S.: quindi io lodo il parti to che Ella ha preso 
di mostrar loro con sana logica, ch' essi non hanno logica. 
Nel leggere il suo libro mi si 6 aifacciata questa 
considerazione : le opere immortali del Beccaria e del Fi- 
langieri furono tradotte e commentate dai piu gran let- 
terati oltramontani : in tanta luce di dottrina, in tanta 
importanza di vicende politiche, qual iilosofo degneri di 
uno sguardo quelP opere vuote di raziocinio e misere per 
r argomento, che in tante dispute grammatical si stam- 
pano ogni giomo fra noi? E se di una nazione si deve 
far giudizio dalle cose delle quali ella si occupa, che si 
dir^, perdio, della nostra ? Or non 6 egli il colmo della 
sfacciataggine chiamar cattivo italiano chi fa guerra a 
questi studi meschini per i quali intisichisce V ingegno, 
e grida: congiungete al linguaggio la filosofia, ricordatevi 
che le favelle seguono i progressi della ragione? Si cer- 
tamente : conviene essere un Ottentoto per proferire tanta 
bestemmia. Anzi bisogna dire che i puristi, tentando per 
quanto 6 in loro, di condannare ad una perpetua infanzia 
la nostra ragione, essi sono i pessimi degli Italiani. Tale 
6 pure r avviso de' miei amici, i quali lodano il suo libro 
e il suo santo proponimento di percotere questi gram- 
maticuzzi impalliditi fra la polvere e le tarme e che vanno 
per la contentezza in deliquio, quando loro avviene di 
trovare una laude del B. lacopone, una ricetta di S. Zuc- 
chero ecc. Che Dio mandi il malanno a questi spazzatu- 
rai della letteratura. Mi raccomando alia sua discretezza, 
perche tocca anche a- me di menare il frullone, come Ac- 





CEtdemico della Crusca ; ma p 

burattsre la mia ragione aon 

lo sono con pienezza c 



Fi: 
Chiar."'° Signore, 

9oD grato alle lodt e [ 
i compiaciuto di litre del mii 
queste miaere guerre gramm 
che si occupano degli studi < 
menti. Ma convengo con lei 
acrEiDiio inteso, giacch^, biso. 
nuria di cognizioni filosofich( 
dagli acritti de' giumenti d' ^ 
contro la sua opera. Non ho 
mia . accademicEi cicalata che 
cevti buffoni cod cappeUoni h 
quali si son fatti il segno de 
sentito nominar Locke ecc. ] 
intenditore q^uel poco che ho 

Non voglio disputar sul 
chiamisi pure italiano, ' ma ii 
glio 81 parla, dare insomma 
lingua; come hanno pur fatto 
glesi. Altrimenti, se la lingua 
ne' libri, non pu6 nh variar 
mi sembra d' aver provato in i 

Vengo a quella parte di 
Ella candidamente mi confes; 



1 n Torti, che Don ndalu ma 

blicftta pare dal V*»scc<;i, op. at. 
lui, perohA perslsteva a negare U a 



lie mie opposizioni alia 

n nome, dir6 ch' io soiio 
rato 6 coii«se di quello 
Accademia della Cnisca. 
Galileo, un Redi eoc. A 
> di aver varcato quei li- 
iteraria : sed homo mivi, 
no, quando gli altri si 
romagnoli ecc, quando 
che dai Milanesi si fa 

ia vilissime cagioni, da 
abili clie noii soiio i pre- 
iddebitano quel bravi ita- 
arare straniero chiunque 
., certamente che a me 
egenere Firenze che sul- 
rno che il nome di mila- 
uo in quello d' italiano ! 
o di rinnovare queste di- 
convertire gl'Italiani in 
rimette in fiore certi ma- 
daiiti, ci volge coU' eseui- 
le, mentrc e pur tanto il 
osti'e ad alte idee, a ge- 
iri un grand' uomo, nia 
^a «n giomo dirA, le abie- 
per certo non sari 1' ul- 
aeco adoprata nella .sua 
te, io la ricambiassi con 
aitrettanca. ») accerti cne taro u.«o del suo consiglio, c mi 
OBterrd da queste battaglie grammaticali, le quali fanno 
su chiunque 1' effetto che produce, secondo Omero, la 
schiftvitu, tolgono la meti dell' anima. E siccome sento 



— 98 — 

umilmente di me, m' accorgo che non ho da buttar via. 
lo sono pieno di stima e di riconoscenza. 

G. B. NICCOLINI 

Quanto sarebbe bene che la gioventu italiana, 
invece di sciuparsi 1' intelletto e guastarsi il cuore 
cogF immorali romanzi d' oltr' Alpe, tornasse a que- 
ste pagine, dove anche la graminatica ha slanci 
di patriottismo, tornasse agli epistolari de^ nostri 
grandi scrittori civili, per attingervi V amore di 
tutto cio che e buono, e soprattutto la fierezza 
del carattere, oggi specialmente che V Italia ha 
tanto bisogno di spiriti forti e onesti ! 



IV. 



E veniamo al Dante Rivendicato, ch' e P opu- 
scolo piu importante della raccolta. A intender 
bene il significato e V importanza di questo scritto, 
bisogna tener presente alia mente la bugiarda let- 
tera del Monti al Betti, di cui abbiam parlata piu 
innanzi, e quel Dramma di nuovo genere partito 
in cinque atti, che precede il terzo volume deUa 
Proposta : quella fu il movente, questo costitui la 
materia della lunga lettera al Monti^ che V A. in- 
titolo : Dante Rivendicato, 

II Betti non pubbhco che dieci anni dopo la 
lettera del Monti, ^ ma si diede la maligna cura 
di divulgarla subito tra i letterati, finche giunse 
nelle mani del Torti, che 1' ebbe da mons. Mauri, 



1 L* abbiam riportata a pagg. 26-27. 



^99 - 

amico suo. Ma V ebbe a patto di non pigliarne 
nota e di non fame parola : percio nel Dante Ri- 
vendicato non si trova alcuna allnsione diretta alle 
ingiurie del Monti. E giacche questo aveva detto 
che in quel Dialogo avrebbe potuto pettinare il 
matto di Bevagna, forsennato e ribaldo per aver 
oltraggiato la memoria del Perticari, il Torti forma 
appunto codesto Dialogo oggetto della sua critica, 
e ne trae occasione a pettinare il suocero e il ge- 
nero, il suocero nella lettera, il genero nel po- 
scritto ; perche « lo scopo — come dice V A. stesso 
nella prefazione all' Antipurismo — non era solo 
di confutare la strana opinione del Cav. Monti 
sul vero carattere del poema di Dante, ch' egli 
pretende didascalico, ma di richiamare ancora ad 
esame le sue idee sulla lingua tendenti ad incep- 
pare il genio dell' eloquenza appena nascente in 
Italia, e denunciare al buon senso della nazione il 
pedantismo letter ario del conte Perticari. » 

Due parole anzitutto sul pregio letterario del 
Dante Rivendicato, La prima dote che risalta al- 
r animo del lettore, e la squisita urbanita, si am- 
mirevole e rara negli scritti di natura polemic a : 
tanto piu ammirevole in questo, perche V A. era 
stato offeso nella parte piu viva del cuore da un 
amico, che gli era stato un tempo si largo di af- 
fetto e di lode. « Noi ci siamo conosciuti, signer Ca- 
valiere, — cosi incomincia la lettera, — da lungo 
tempo, e non e senza rincrescimento ch' io debba 
era ridestarvene la memoria. Noi abbiamo amato 
insieme le lettere, la potsia, i poeti, soprattutto i 



— 100 
grandi poeti : noi abbiamo 
le bellezze di quest' arte d 
derata nella sua origine, e 
menti del gusto italiano n 
cinque secoli : e queste int 
formato per qualche tempi 
gomento d' un' animata co 
veva delle lunghe lettere, i 
tfistarmi con una specie ( 
amieizia, affinche io ve ne 
ghe ancora. » Quanta delii 
e quant' amarezza insiem,< 
r istesso tono k conservato 
lettera: mai una frase eh 
chiusa non e meno dignit 
dio. « Ho parlato delle nos 
che con un Unguaggio tul 
oggi di averle aifatto dini' 
lermi in segreto della pen 
zia, ma io avrei creduto c 
mostrato indiiferente a qu 
Questa lettera ahneno vi i 
1' importanza ch' io pongo 
zione, o ahneno il pubblic 
aveva alcun titolo di aver] 
questa lettera, voi chieden 
niicizia vilipesa puo giusti 
diatriba letteraria. Pemiet 
1' importanza della causa J 
chi puo trattarla con freddi 
namente presso tutti i bu 



 io chiamo per giu- 
)r Cavaliere, che posso 
ola: leggete. Io sento 
troppo buone ragioni, 
pill nulla. Sono col piu 
to questo sara lingua 

se si vuole, ma e il 
UO90 e nobile, e eapres- 
lenti, che fanno uno 

di lingua, dai quali 
^urie false e bugiarde 

'.ioendicato e la strin- 
lotto il ragionamento. 
Coai quel genio divino 
ta ha lasciato cadere 
) e il suo alloro, quel 
BasoiUiana, non e dun- 
^roposta. bruciate i 
iruciate le pagine della 
scartipo : queste due 
iters insieme, e voi vi 
simo. » 

I sicurezza, c he il Nieco- 
indo gli seriveva che il 
a logica cosi incalzante 
ranco e disinvolto, che, 
ere veramente nel nu- 
torto alia ragione. » ' 

7-8. — Doir ftoooglieniift avnta 



— 102 — 

Inoltre, in questa lettera domina un brio, una 
vivacita tale, una tale lucidita di pensiero e scor- 
revolezza di forma, che la lettura ne riesce piace- 
vole, e si va avanti da cima a fondo, senza mai 
stancarsi, proprio come se fosse un romanzo. E 
questo lo scritto del Torti che ci rende maggior- 
mente simpatica la sua figura, perche in esso egli 
ci ha rivelati gli affetti intimi dell' anima sua. lo 
voglio un gran bene a questo scritto . . . . ; ma 
affrettiamoci a esaminarne il contenuto, che la via 
lunga ne sospinge, 

E composto di tre parti distinte : la prima, 
che potrebbe chiamarsi V esordio, contiene il rac- 
conto delle antiche relazioni d' amicizia tra V A. 
e il Monti, relazioni che noi gia conosciamo ; uella 
seconda, che e, per dir cosi, il grosso della lettera, 
si ragiona di Dante ; con la terza, che 1' A. stesso 
chiama poscritto, e discusso il merito del Perticari 
e toccata la questione della lingua italiana. Sorvo- 
lando sulla prima parte, veniamo subito alia seconda. 

La Proposta del Monti e, come tutti sanno, 
una guerra spietata contro la Crusca e il puri- 
smo del padre Cesari, e nel tempo stesso una con- 
tinua fierissima satira ; ^ la quale spicca maggior- 



1 Tanto fiera, che il povero prete < s' accord talxnente deU' es- 
ser preso quasi a giuoco, che ebbe a soffrime gpravissime affezioni 
nervose ipocondriache, contro cui unico rimedio fa 1' oppio. E nella 
sua Candida ardentissima fede, desiderd e prego che Pio VH lo li- 
berasse con un miracolo di questo gran male : se non che il Papa, 
che prendeva a sdegno chi gli parlasse di miracoli, gli rispose non 
senza malizia cfie il ctelo era alto. > V. il bellissimo (importa dirlo ? ) 
studio del Bkrtoldi in Nuova Antologia, vol. LVI, serie III, fasc. 15- 
1-95, intitolato L' Amicizia di I'ietro Giordani con Antomo Oetari, 



ti > 



— 108 — 
mente nel Dramma, che precede il terzo volume. 
Apollo, annoiato di tante lagnanze de' poeti mal- 
menati dai pedanti e dalla Crusca, bandisce un 
comizio, e spedisce Mercurio a convocar tutti gli 
alunni delle Muse, affinche vengano ad esporre le 
proprie ragioni davanti al Tribunale della Critica, 
che sdegna di sedere nei locali della Crusca e pone 
sede nella casa del Poliziano. I poeti infatti ven- 
gono : Dante arriva al terz* atto, accompagnato 
dal Guinicelli e dal Perticari, V amico e il « riven- 
dicatore » . Domanda notizie del suo poema, e si 
maraviglia che il frullone Y abbia cosi malmenato. 
Espone quindi la sua teoria sulla lingua, dolente 
che, nonostante 1' apologia del Perticari, non la si 
voglia accettare. Questo gli domanda che cosa ab- 
bia voluto dire con quel verso: 

lo bello stile clie m' ha iatto onore, 
6 Dante, incaricato il Guinicelli di dar questa spie- 
gazione, se ne va a far un giro per la sua Firenze. 
Cosi, nella scena II delF atto III, troviamo il Gui- 
nicelli e il Perticari che ragionano del « bello 
stile » . II Guinicelli dice ( per conto del Monti, si 
capisce ! ) che per « bello stile » Dante ha voluto 
inteuder 1' arte di vestir poeticamente i concetti, 
e che quest' arte si rivela maggiormente nel suo 
poema, che e di natura « didascalico » . 

Ora, da queste afFermazioni trae il Torti ar- 
gomento per esporre di che natura sia il poema 
di Dante, e che si debba intendere per « bello 

stile » . 

Bicordiamo anzitutto che il nostro aveva gia 



— 104 — 

parlato di Dante nel Prospetto : qui non fa che 
riaffermare il gia detto, con un' esposizione piu 
analitica del poema dantesco, che compara coi 
poemi deir antichita classica e con quelli delle mo- 
derne letterature. Lo Zumbini raccomanda calda- 
mente ( e oggi la cosa, non che raccomandata, e 
imposta dalF indirizzo nuovo della critica ) ^ di far 
uso della comparazione nella critica de^ monumenti 
letterari, osservando che gia il Foscolo aveva ac- 
cennato all' importanza di essa. Ora vediamo che 
il Torti pratico, e non senza coscienza, quest' uso. 
Ed e questo un altro pregio del Dante Rivendicato. 
Per il Torti la Divina Commedia e un poema 
epico : e non poteva essere altrimenti. Egli non 
guardo il poema da tutti i lati: anzi, non voile guar- 
darlo che da un lato solo : per lui V allegoria e come 
se non ci fosse, per lui tutta quella scienza, quella teo- 
logia e quasi zero, per lui la visione, il simbolismo 
son lettera morta : egli vede nella Dimna Comme- 
dia una storia nazionale assorta alle forme piu e- 
levate della poesia: e cosi concepito il poema, 
doveva necessariamente chiamarlo epico. Natural- 
mente, oggi che niente si trascura ne si deve tra- 
scurare in Dante, la Commedia si riguarda, per il 
suo carattere, come un poema universale e, per il 
suo intendimento, come la rappresentazione di un 
concetto morale-religioso sotto la forma allegorica 
di una visione dell' altro mondo e con uno scopo 
didascaUco. E il Torti sbagliava, ma a bella posta 



1 FL.AM1NI, prolus. cit. 



06 — 

lando egli la prima volta 
nel 1793 ), era ritomato 
r opera prineipalmente del 
I non e da credere che il 
avo e generale, qnal puo 
tro critico, per awresceme 
a Commedia in quel lato 
[a vera poesia dantesca, 
bellezze. E colse nel segno, 
i trovan posto tutti gli ele- 
.ell' epoca, la scienza, la re- 
ria della sua nazione e la 
I ed estema. Cosi il poema 
>mpiuto del suo tempo , . , 
anche di leggeri che non 
> in queata vasta cornice, 
. Dante era uno spirito 
nella sua opera si mesco- 
essi suoi piii intimi, il suo 

suo fervore religiose, 1' o- 
.membranze della p atria, 

il' piu delicato de' suoi 
Beatrice, il quale, oscurato 
i non inaridl mai nell' a- 
a e produceva 1' apoteosi 

il eenso letterale vince il 
ione immediata riceve il 
iente molto al di la di 
lere allegoric-amente. » ' E 

ia d^la LeUeratitra lUUiana; Iioe- 



— 106 — 
il Torti illustro appunto codesto senso letterale, 
codesta rappresentazione immediata : e percio chia- 
mava epico il poema dantesco, come epici sono, nel- 
r istesso senso, i poemi del Camoens, del Milton, 
del Klopsthok, a proposito de' quali scrisse delle 
pagine, per il suo tempo, veramente ammirevoli. 
Dopo quel che s' e detto, si comprende che cosa 
egli pensasse di ciascuna cantica. « L' inferno pre- 
cede di bellezza le altre due cantiche, perche piu 
passionato e drammatico .... II principio di 
Dante era che il suo poema dovesse acquistare in 
sublimita quanto piu s' innalzava alle cose celesti : 
e noi vediamo nel suo Purgatorio riverberata la 
luce del beato soggiorno del Paradiso : ci si vede 
lo splendore e ci si sente V inefFabile melodia de- 
gli angeli : ci sono de' quadri magnifici . . . ma 
in questa folia di anime tormentate il poeta non 
ci of5fre nulla di appassionato che faccia battere il 
cuore di chi legge . . . . L' apparizione dell' Apo- 
calisse ha senza dubbio del mirabile : ma il primo 
effetto di simili quadri emblematici e d' imporre 
silenzio alle passioni, eccitando invece la sola me- 
raviglia, il piu sterile sentimento fra tutte le affe- 
zioni dell' anima. Nel Paradiso tutto sparisce cio 
che la natura dell' uomo ha d' umano, di sensi- 
bile .... tutto e giuoco di splendori dentro splen- 
dori, di volti radianti, di pupille sfolgoranti., di 
riso e di luce, di fulgidi emblemi, di danze, di 
canti, di movimenti e di voci in concerto che in- 
trecciano ed esprimono tutt' insieme la perenne 
armonia e il perpetuo gaudio del Paradiso. Ma la 



-Jip.. 



— 107 — 

parte patetica e drammatica dell^ epopea, che sola 
puo alimentare il nostro interesse, essendo piu 
limitata in questa cantica che in quella del Pur- 
gatorio, io non esito a dire che la prima rimane 
inferiore alia seconda, come questa alia cantica 
dell' Inferno. » 

E a proposito di questo giudizio, pur di stan- 
car la pazienza de' lettori colle citazioni, riferisco 
le segueuti parole del Gas'pary, che interamente lo 
confermano: « II Fauriel, cinquant' anni fa, chia- 
mava questa preferenza generale un vecchio pre- 
giudizio che sarebbe tempo di smettere. — Senza 
dubbio, egli dice, Tlnfemo contiene grandi bel- 
lezze : ma le maggiori sono incontestabilmente nelle 
altre due. — (*) Se non che da aUora il pubblico 
non ha voluto dar ragione a (Jnesto giudizio del 
critico illustre, ed ha fatto bene. » ^ E le ragioni 
che adduce il Gaspary, s' accordano quasi intera- 
mente con quelle del nostro. Fatto notevole co- 
desto, non e chi nol veda, come belle son senza 
dubbio quelle parole del Torti, che abbiam rife- 
rite : parole che potrebbero anche servir di rim- 
provero a noi, che, non so con quanto amor pa- 
trio, battiam le mani agli studi de' dotti stranieri, 
non di certo disprezzabili, sulle cose nostre, e di- 
mentichiamo troppo facilmente i nostri strittori, 
che, con meno pompa e piu alia bona, dissero molte 
e belle verita, molto tempo prima di loro. Al qual 



(*) Dante et lea origines de la langue et de la litt6rature ita- 
lienne, I, 31; Paris, 1854 (Lezioni tenute il 1833 e 34). 
1 0p» oit. i&. 



w.' 



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r*.'-i 



-If'- 



5-V- 



— 108 — 

proposito parla eloquentemente quel magistrale e 
attraentissimo studio del Morandi, intorno al Bar 
retti, che tutti conoscono. Scaricatomi di questo 
peso che avevo sul petto, tomo a bomba. 

^ E non mi so persuadere come mai il Monti 
chiamasse didascalico il poema di Dante. Lo scopo 
e certamente didascalico, perche Dante miro a ri- 
movere gli uomini dallo stato di miseria, per me- 
narli alia felicita ; ma' cosi non V intendeva il 
Monti, il quale riteneva didascalico il poema dan- 
tesco, perche in bello stile insegnava le astrazioni 
della scienza, oppure descriveva poeticamente fe- 
nomeni naturali. Prese evidentemente una canto- 
nata, mentre si accosto piu al vero il Torti, che, 
considerandone soltanto la rappresentazione imme- 
diata, lo chiamo epico. 

Passiamo ora a quello che il Monti chiamo 
« nodo gordiano » , cioe a vedere che cosa Dante 
abbia inteso di dire per « bello stile » . Anche qui 
il Torti, con una di quelle sue vedute larghe, che 
spesso abbiamo ammirato, ha presentito la teoria 
moderna. Lascio da parte le dotte osservazioni che 
fa su quelli che il Monti chiama « artifici di poe- 
sia bellissimi ed evidentissimi », e che invece, se- 
condo il Torti, appartengono non a Dante, ma aUa 
filosofia del secolo : per citare un solo esempio, il 
« cader della pietra » e tolto da quel passo d' Al- 
berto Magno, che dice : « hoc enim vocatur casus 
lapidis, eo quod lapis et quodlibet simpliciter grave 
cadit inferius perpendiculariter. » Lascio da parte 
quelle note, con le quali il nostro dimostra che certi 



^y^^ 



-^ 109 -^ 

brani della Proposta s' assomigliano un po' troppo 
ad altri del suo Prospetto e di certe sue lettere di 
un tempo: si tratterebbe di piecoli plagi del Monti. 
Quanto alio stile, adunque, il Torti afFerma che 
« lo bello stile » , in ogni caso, va riferito, non gia 
alia Commediaj bensi alia lirica dantesca ante- 
riore. Inoltre dice : « Forseche Dante aveva tra- 
sportato nella lingua volgare le stesse forme, le 
stesse frasi, lo stesso tuono, lo stesso colorito del 
suo maestro, come qualche secolo dopo fecero Fra- 
castoro, Sannazzaro, Vida ne' loro versi latini ? 
II genio diverso delle due lingue e piu ancora 
quello de' due poeti vi avrebbero ripugnato asso- 
lutamente . . . Dante aveva veduto nello stile 
de' poeti dell' eta sua una certa superfluita, una 
certa ridondanza, una cert' aria di famigliarita, che 
era il carattere della poesia provenzale da esso imi- 
tata ne' suoi primi anni, e che era allora V unico 
modello della nostra. "Egli trovo in Virgilio un 
modello piu sicuro e piu degno del linguaggio 
delle Muse, e diede al suo stile una fermezza, un' e- 
levazione, di cui non eravi esempio tra i contem- 
poranei. » Si guardi or a se il Comparetti, con piu 
maestria e finezza di critica, non dica in fondo le 
stesse cose : « Se la Vivina Commedia non ofFre 
opera d' imitazione artistica dalP antico , molto 
meno ne offrono le poesie anteriori, alle qnali pur 
soltanto debbono riferirsi quelle parole [ tu se co- 
lui ecc. ], essendo appunto per quelle poesie che 
Dante aveva gia acquistato celebrita prima di com- 
porre V opera sua maggiore .... N(m hisogna in- 





-':: 



— 110 — 

tendere grossamente ch' egli abbia voluto poetare se- 
condo lo stampo virgiliano, cosa che sarebbe falsa 
.... La poesia dantesca e grande poesia di ri- 
flessione individuale, che si slancia recisamente e 
s' innalza al di sopra della poesia popolare e con- 
venzionale : e poesia classica, non per imitazione 
de' elassici, ma perche arriva a quel grado di no- 
bilta artistica che costituisce la classicita. Tale e 
lo bello stile di Dante, e s^ intende che Virgilio, il 
piu grande poeta classico allora conosciuto, fosse 
U piu grande esempio a lui noto delV arte poetica 
cost concepita, » ^ 

E chi intese grossamente fu appunto ( pare 
strano ) il piu illustre imitatore del divino poeta, 
il Monti, il quale affermo che « lo bello stile » di 
Dante significa « V arte di vestire poeticamente i 
concetti » , ^ e che, per di piu, Dante 1' aveva tolto 
dalle Georgiche di Vergilio. La spiegazione del no- 
stro poi, oltreche e la vera,' acquista maggior im- 
portanza dal f atto , che' e anche la prima che 
siasi data intorno air argomento di cui si parla : 
il Monti stesso, quando parlo del bello stile di 
Dante, disse che questo era « campo di critica an- 
cora non tocco. » ^ 

Ed eccoci al poscritto. L' A. rimprovera al 
Monti di aver preso parte attiva nelle contese 
grammatical!, di aver acceso coUa Proposta una 
guerra inestinguibile tra Toscani e Lombardi, di 



1 CoMPABETTi, Virgilio net medio Evo; Livomo, Vigo, 1872; vol. I, 
pag. 276. 

2-3 Proposta cit., loo. oit. 



/^ - 



— Ill — 

aver vilipeso il linguaggio della Toscana, il piu 
bello di tutta Italia, di aver prima accettato il 
neologismo e di averlo poi rifiutato, di non aver 
riconosciuto 1' efficacia dell^ uso vivo, di aver fatto 
consistere le sue « aggiunte » in poche parolette 
della vecchia lingua del Cinquecento, cadute dalla 
tramoggia della Crusca, di aver dato quindi un 
novo sistema di pedanteria. Ora della Proposta si 
da un giudizio meno severo. « Nello stile, — dice 
il D' Ovidio — salvo poche forme che sanno d' an- 
tiquato e d' artificiale, la Proposta fu un bellissimo 
saggio deUa nuova prqsa, e nella sostanza, se non 
e scevra d'errori, risolve con retto giudizio molte 
questioni spicciole, lessicali, grammaticali, ermeneu- 
tiche, critiche, e nella stessa parte teorica ha prin- 
cipi'che il Manzoni avrebbe potuto or sottoscri- 
vere senz^ altro, or accogliere con riserve, le quali 
nell' intimo pensiero e nelle apphcazioni erano dal 
divino romagnolo sottintese. » ^ Ma e vero altresi 
che, per il suo contenuto, la P7*oposta e un vero 
« guazzabuglio » , come V ha battezzata il Mo- 
randi. ^ 

Viene poi la volta del « divino romagnolo » , 
che il Torti pettina in modo veramente spietato. 

II Monti aveva proposto per unico modello 
de' prosatori italiani il Perticari, afFermando che, 
come Dante tra i poeti va solo per la sua via, 
cosi n Perticari, per la sua, va solo tra i prosa- 

1 D' Ovidio, op. cit.; pagg. 215-216. 

2 Prefazione alle Ijettere Critiche del Bonghi ; Napoli , Mo- 
rano, 1884. 







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— 113 — 
tori. ^ II Torti quindi prende in esame le opere del 
Perticari, ^ e ne dimostra i difetti di lingua, di 
forma e di stile. Ma non e sempre esatto e giusto nel 
fare i rimproveri, perche, per citare un solo esem- 
pio, che ha di cattivo la parola cansare^ usata dal 
Perticari, la quale il Torti chiama ironicamente «de- 
Uzioso e saporito vocabolo ? » Ma, a dare una com- 
pleta idea della severa critica del nostro, mi giova 
riportar cjon le postille, con cui egli lo riporta, un 
brano del Perticari, « in cui questi sembra aver 
dipinto involontariamente se stesso e il vuoto delle 
sue idee. » « Imperciocche mirabilmente contrario 
al semplice ci sembra quel dire cosi raro e forbito 
( raro, doe ftwri delV uso, forbito, doe pedantesco ) 
che ad ogni linea e quasi ad ogni voce ti fa pen- 
sare alia cura posta intorno ai nomi e alle grazie 
loro ( le grazie de' nomi! ), Ne tu seguiti piu le 
idee (che non vi sono ), ma le sole parole ( seppure 
savanna intelligibili), e non dimentichi mai V autore 
per r opera (anchf egli dimentica volentieri V uno e 
r altraj; perche F autore pensa piu a se stesso che 
a quella (e non mai al sagrifkato lettore die do- 
vrebhe essere il prima de' vostri pensieri): e vedi 
un genere di parlare fatto e non nato (di qual 
padre sard figlio questo genere di parlare fatto e 
non natof) ordinate a pompa e diletto (de' pe- 
danti soltanto ) : e non a tua persuasione (die po- 
trebbe mai perstiadere un parlare fatto e non nato, 



1 Proposta cLt.; vol. Ill, parte 11, pag. XCIX. 

2 Deglt scrittori del Trecento e de' loro imitatori ; DeHV Amor pa- 
trio di Dante e d(^ stto Volgare Moquio, in Proposta cit. 



fatto ? ^ e te He sdegni 
ria il libro e ridere in 

Bva trovare il Torti un 
esso in burletta, come 
). Altrove aggiunge : 
locuzione e stile di uii 
»re, periodi senz' armo- 
ite di animato, la Ud- 
Eza della morte. • Co- 
tato il ringhiosissimo 

>e ie conclusioni de'duc 
sembro, an po' troppo 
vittoriosamente, come 
nti ^ e come fece poi 
', se avevano malconcio 
ti a piantare nn ves- 
coglitssero i carapioni 
modo pero I'attacco 
vano, perche contribiii, 
occhi agl' Italian!, ai 
to credere che Dante 
',ut, non nel lingnaggio 
lustri preee qua e la 



— 114 — 



V. 



E ora, per mantener la promessa, cerchiamo di 
ridurre a unita le idee qua e la sparse neir Antipu- 
rismOj che si riferiscono direttamente alia questione 
della lingua italiana, ritornando cosi donde siamo 
partiti. 

La lingua nostra si deve chiamare italianae 
non toscana : e, si badi, non gia per V opinione 
dantesea, poi trissiniana e perticariana, secondo la 
quale V italiano non e che una cema o ripulitura 
di tutti i dialetti d' Italia, ma perche un dialetto, 
quando diventa lingua letteraria ( e nel caso nostro 
fu il toscano che acquisto dignita letteraria ) , 
perde il no'me regionale e assume quello della na- 
zione intera che Y adotta. 

Le lingue, secondo insegnan la storia e la 
scienza del linguaggio, sono in continuo moto, cioe 
non sono, ma divengono, come si direbbe oggi ; 
quindi V uso dev' essere il supremo legislatore della 
favella : gli scrittori antichi, siano trecentisti siano 
cinquecentisti, hanno in tanto autorita in quanta 
i vocaboli da loro usati, la sintassi da essi seguita, 
trovano corrispondenza nei vocaboli e nella sintassi 
deir uso moderno. 

Le lingue, seguendo il pensiero, hanno diritto 
di acquistar nuovi vocaboli, quando sorgono idee 
nuove : e i vocaboli si possono pigliare da qualun- 
que fonte. II vocabolario deve contenere i tesori 
veri della lingua, cioe i vocaboli che tuttora vanno 



s — 

) dev' easere il consigliere 
mno. E la grammatica 
e generale, ma partiro- 
larga, conforme sempre 
it' uso dov' ha sede ? La 
[la e certamente la mi- 
. sostener 1' onore della 
o di esBer prima emen- 
province d' Italia non 
vicinarsi all' elegante fa- 
par la naturalmeitte in 
Igrado 1' indidia per invi- 
Dunque ? Al dunque il 
cedette al suo spirito 
'.he accogliere la conclu- 
ii doveva suggerire dopo 
se, e nego a Firenze la 
fatto di lingua, perche 
a ne morta puo easere 
» E non s' avvide che, 
itipurismo ntx'eva, forse 
causa oh' egli aveva con 

aver dimostrato la man- 
italiana, per aver accen- 
difetto, per aver ricono- 

lioe il Torti, con preoisione def^a 



— U6 — 
sciuto la toscanita e aver voluto nel tempo stesso 
che la lingua si chiamasse italiana, per aver pro- 
pugnato validamente V impero delF uso vivo popo- 
lare, per aver mostrato il desiderio di un vocabo- 
lario pratieo, precorre in certo modo il Manzoni, 
' dall^ altro lato, negando a Firenze la facolta di dar 
tutta la lingua all' Italia, precorre piuttosto TA- 
scoli. 

Se non che gli manco il concetto e il gusto di 
un' italianita viva e comune, e, tutto immerso nella 
letteratura francese e caldissimo per i nostri infran- 
cesati economisti, adotto una forma di scrivere, che 
era agU antipodi di quella che si andava cercando, 
quella stessa forma che cesariani, perticariani, to- 
scani, concordementee giustamente tutti aborrivano. 
Fu appunto questa la ragione per cui le sue teorie, 
in fondo buone, non trovarono una benevola gene- 
rale aocoglienza. ^ Ma V idee, quando son buone, 
fanno sempre del bene, e presto o tardi finiscono 
col trionfare. E del bene ne fecero le idee del Torti : 



1 E curioso e non senza inteifesse il sentire come il Torti se ne 
lamentasse con un suo amico di Spoleto, il Fontana; e sfogasse 

un po' della sua bile contro i puristi : « lo non ricevo da 

Roma che delle notizie vaghe e confuse, e sembra che la mia Ri~ 
aposta at Puristi non abbia prodotta quella sensazione che vi eccito 
1' opuscolo del Purismo ch* io pubblicai 1' annq scorso. In Firenze si 
dorme profondamente nell' inerzia letteraria, poco si legge e pochis- 
simo si scrive. In Bologna si grida alia bestemmia contro chiunque 
non adora 11 Casa e 11 Boccaccio. Di Kapoli, citt^ la piii lontana, 
non ho veduto che un giomale dello scorso mese di decembre (era 
1' Enciclopedico ), che fa eco all' Arcadico di Boma. Veggo che i lette- 
rati di professione hanno dapertutto piegato 11 collo sotto il giogo 
del pedantismo ; ma 11 Pubblioo Italiano 6 egli schiavo al pari di 
esse?» Ohbbghi, LeUei'e oit., loc. cit. 



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— 117 — 

esse valsero, se non altro, a porre un fireno all' esa- 
gerazioni de' puristi e a preparare il terreno alia 
riforma manzoniana: onde credo che, anche in questo 
rispetto, sia ingiusto V oblio in cui il Torti e stato 
lasciato. 

A titolo di cronaca ricordo che deiTAntipurir 
smo fii fatta, nel 1838, credo all' insaputa del Torti, 
una ristampa dal Giambone a Napoli, proprio sotto 
il naso del Puoti: e m' immagino che V eresie del 
Torti avranno fatto rizzar i capelli in testa all' ot- 
timo marchese ! 



VI. 



II quarto opuscolo e uno scrittarello degnissimo 
di stare tra il Dante Rivendicato e le venti lettere 
del Monti, che chiudono la raccolta. 

In una Letteifa FUohgica a Luigi Muzzi, il mar- 
chese Colelli, facendo onorata menzione del Pro- 
spetto del Pamaso Italiano, non si era mostrato be- 
nevolo alia poesia ossianesca. Ora il Torti, che, 
awicinandola al genio orientale de' profeti della Pa^ 
lestina, ^ 1' aveva lodata, si credette in dovere d' in- 
viare al Colelli una risposta « ad hominem » , ^ per 
dimostrare che Ossian e capace di commovere e su- 



1 Con le testimonialize e le autoritlb del Goethe, del Cesarotti, 
del Cerati, del Mattei, del Blair, 11 Torti ammetteva 1' affinity tra 
la poesia bardita e la biblica. 

2 Quando fa pubblicata la prima volta in un giomale italiano, 
aveva il titolo : Delle beUesize poetiche di Ossian imitate dal Cav. Monti ; 
nel Dante Rivendicato e nell' Antipuriamo ha quest' altro : DeUe af- 
finity poetiche tra il genio di Ossian e U genio di Monti. Stava meglio 
11 prixno. 



• 
I 

?1 



— 118 — 
blimare gli anirai, che «era stato ammirato ed imi- 
tato anche dalP Apollo vivente, cioe dal Monti, e che 
percio era poeta degnissimo di tutto il rispetto. » ^ 
E nel tentar codesta dimostrazione, il Torti 
non si perde in astrazioni vaghe, ma si fonda so- 
prattutto sui fatti: accertato per via di compara- 
zione che.tanto i poeti stranieri che gl'italiani 
hanno subito T influenza della poesia bardita, ne 
deduce che essa e capace di produrre quegli eifetti 
che il Colelh le negava. La cosa, come si vede, e 
molto semphce. « Quando comparvero le poesie di 
Ossian, — dice il nostro — tutte le colte nazioni 
fecero a gara di possederne una traduzione, e la loro 
lettura divenne una sorpresa e una dehzia per 
tutta r Europa. » II Blair, raccolti i poemi di Ossian, 
li illustro come Addison aveva fatto del poema di 
Milton : noto de' punti di analogia tra Ossian e 0- 
mero, e de' rapporti intimi tra lo ^ile del celtico can- 
tore e quello delle poesie bibliche. La poesia tedesca si 
rianimo d' un fuoco che prima non aveVa. Al qual 
proposito noto, tra parentesi, che lo Zumbini ha 
fatto distinzione di poesia bardita nella letteratura 
tedesca : una forma di poesia bardita e quella del 
Klopsthock, « r opera del quale e cosa assai di- 
versa dai canti di Ossian, quand' anche abbia po- 
tuto avere in quelli la prima ispirazione, » ^ V al- 
tra e de' bardi minori, il Denis e il Kretschmann 



1 Bertana in Giornale Storico della Letteratura Jtaliana ; anno 
Xni, fasc. 76-77. 

2 3. ZpMBiNi, SuUe poesie di V. Monti, Studi; Firenze, Le Mon- 
nier, 1886. II Dardo detta Selva Nera; pag. 127. 



• 1X9 — 

nponimenti de' quali, « sotto 
rassomigliano graudemente 
i avevano dato I' impulso e 
i efietti su tutta la poesia 

ri di Oasian, prosegue i! no- 
ogni altro il rinomato signer 
nale della Germania, che in 
A^erther giunse a dire : « Os- 
:o nel mio cuore. » E qui ben 
inando : « Questo signer Goe- 
) un giorno alia storia della 
iignor Ugo Foseolo deve alio 
celebrita del suo OrtU. " Ora 
o degli Sciolti al Ghigi e dei 
onti, ha detto: « Vera troppo 
l1 Goethe aggregate agli Ar- 
Dma, pare che lasciasse all' I- 
o romanticismo ossianico. E 
rtis, col quale e per il quale 
a letteratura dell' amore. b 2 
il Torti, fii tradotto e pro- 
ncia un grande poeta, « mal- 
lazione che ama 1' ordine e 
i' voli della fantasia. » E ag- 
ironia degna del Baretti : 




— 130 — 

« II signor di Voltaire non e devoto, egli e vero, 
dcUe poesio di Ossian : ma quest* twmo non 6 de- 
voto neppure delle poesie di Giobbe e degli altri 
profefci, ch' egli chiama ampoUosi e senza gusto : 
quindi il suo gludizio non e di alcuna conseguenza 
per noi. » 

Viene poi air Italia e al Monti, del quale par- 
ticolarmente si doveva occupare. Nota che, non pur 
nel Bardo delta Selca Neva, ma anclie nello poesie 
giovanili, il Monti imito Ossian, affermando ( e, 
dice benissimo il Bertana, « forse era in grado d'af- 
fermarlo anclie perche fu uno de' piu assidui ed in- 
timi corrispondenti del Monti » ^ ) che « lo ^pirito 
di Monti simpatizzo assai per tempo col genio poe- 
tico dell' antica Scozia. » « Chi e che non vede, — 
dice — per un esempio, tutto il colorito d* Ossian 
nel segueate squarcio de' versi sciolti indirizzati al 
Principe Ghigi ? 

Alta 6 le notte ed in profonda calma 
Dorme il mondo sepolto, e insiem con esso 
Par la procella del mio cor sopita. 
lo balzo fuori delle plume e guardo 
A traverso le nubi che del vento 
Squarcia e sospinge I'iracondo sofiio, 
Veggo del ciel per gl' interrotti campi 
Qua e la deserte scintillar le sfcelle. 
Oil, vaglie stelle ! e vol cadre te adunque 
E verri tempo che da voi V Eterno 
E-itiri il guardo e tanti soli estingua? 
E tu pur anco coUMnfranto carro 
Kovesciato cadrai, tardo Boote, 
Tu degli artici lumi il piii gentile ? » 

1 Oiorttale Horieo, vol. olt., loc. cit. 



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— 121 — 

Lo Zumbini ha press' a poco ripetuto, por- 
tando in conferma ( vedi caso ! ) V istesso brano di 
versi , cio che il Torti aveva detto. « L' altra 
cosa che intendevo notare, — egli dice — e che 
ne* predetti componimenti / SciolH al Ghigi e Pen- 
sieri d' amove J si avverte V ossianismo Don pur 
nelle nuove sembianze assunte in Germania, ma 
forse eziandio nella forma originaria che il nostro 
poeta dovette attingere dagli stessl poemi di Os- 
sdan, e ne fa fede tra gli altri questo che e de' luo- 
ghi piu belli: 

Alta S la notte ed in profonda calma 

ecc. fino a 
Tu degli artici lumi il piiCi gentile ? » * 

II nostro prende poi in esame il Bardo delta 
SelvaNera,e^ con ottimo discemimento, ne paragona 
alcuni luoghi con altri di Ossian;ma la compara- 
zlone non dura troppo a lungo: e non poteva esser al- 
trimenti, perche nel Bardo del Monti non si avverte 
soltanto r ossianismo nella forma originaria, ma 
anche quello delle nuove forme assunte in Ger- 
mania. Non solo: con gli elementi estetici della 
poesia bardita sono contemperati quelli propri di 
Shakespear^ e del Gray ; inoltre a quelli e a que- 
sti il Monti dette, secondo il solito, nuovi atteg- 
giamenti : tantoche il Bardo si puo chiamare una 
terza forma di poesia bardita, piu vicina a quella 
del Klopsthock che non a quella di Ossian. Si 
comprende quindi come il Torti, ignaro di queste 



1 Op. cit., pag. 118. 



— 122 — 

trasformazioni delF ossianismo, si trovasse un po' a 
disagio nel rilevare « le bellezze poetiche di Os- 
sian imitate dal Monti » . Non solo, ma, anche nel 
rilevar quelle poche, io non esito a dire col Ber- 
t^na che egli esagero. 

II Torti, come il Monti, credette con tutta 
sincerita che la poesia bardita offrisse maggiori 
agevolezze che le altre solite forme d' arte ; ma 
pare che tutt' e due si siano ingannati. Sullo scor- 
cio del passato secolo e sui primi del nostro, fu- 
rono tra noi imitate tre nuove forme straniere, il 
romanzo sentimentale^ V elegia notturna e la poe- 
sia bardita. « La prima ebbe mediocre fortuna col- 
r Ortis, la seconda riusci impareggiabile ne' Se- 
polcriy alia terza poi tocco il peggior destino, non 
ostante V alto ingegno di chi voile adottarla. » ^ E 
che la poesia bardita fosse poco opportuna in Ita- 
lia ha, a mio parere, mplto bene dimostrato lo 
Zumbini. Gia il Foscolo aveva deplorato che Os- 
sian fosse uscito dalle sue montagne ; « ma egli 
— dice bene lo Zanella — temeva il pericolo di 
una cieca imitazione. » '^ Pero, nel gridar la croce 
addosso alia poesia ossianesca, che mi par sia stata 
e sia ancora il bersaglio in cui ognuno crede di 
poter gratuitamente tirar la sua freccia, non bi- 
sogna esagerare, perche, se da una parte non pos- 
siamb disconoscere la poca opportunita di essa in 
Italia, come nuovo genere di letteratura, dair altra 



1 Zumbini, op. cit., pag. 134. * 

2 Zanella, Delia Letteratura Italiana nM' ultimo secolo; Cittk 
di GasteUo, Lai.pl, 1887 ; pagg^. 94-93. 



.7-5 



— 12a — 

non possiamo neanche disconcscere clie qualehe 
vantaggio deve pur aver arrecato alle nostre let- 
ters. « L' Europa, sazia di classicismi, accolse con 
plauso questi canti che respirano il profumo d' una 
natura incolta, ma vergine, e piu si confanno al- 
r indole pensosa ed irrequieta delle nuove genera- 
zioni. V ha di piu. Ossian ha richiamato i mo- 
derni alio studio d' altri costumi che i greci e i 
romani : puo dirsi che abbia aperto la porta alio 
studio de' tempi di mezzo. E spesso monotono e 
spesso noioso, ma non si puo negare che non ab- 
bia messo la letteratura d' Europa per nuovo cam- 
mino. » ^ E questo era su per giu quello che il 
Torti, nemico giurato delle arcadicherie, del puri- 
smo e di ogn' altra pedanteria, voile dimostrare al 
Colelli. Ma questo non si persuase, e risposegli con 
una lunghissima lettera, che si chiude cosi: « Ed 
Ella, che ha pronunciato un giudizio cosi sensato 
sopra i nostri classici, vorra disertare dalla loro 
bandiera, che ha cosi ben difeso finora, per arruo- 
larsi sotto quella d' un novatore qual e Ossian, 
nemico di quelle tinte vivaci che la sola Mitolo- 
gia puo somministrare e che mirabilmente ha som- 
ministrato ad Omero e a Virgilio ? lo pel bene 
dell' umane lettere mi lusingo di no, e pieno di 
questa speranza e del piu sincero affetto, chiudo 
la presente lettera. Stia sano. » ^ 

Se le melate preghiere del Colelli abbiano 



1 V. nota 2 a pag. 122. 

2 Art. estr. daUa Piccola Biblioteca, che si pubblicava period i- 
oaxnente in Foligno,- agosto, 1824. 




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— 124 — 

vinto il tenero ammiratore di Ossian e del Cesa- 
rotti, non so : quel eh' e certo e ( ne lo noto senza 
compiacimento ) che, in questa, direi quasi, rifiori- 
tura di studi ossianici, ^ la lettera del Torti non 
ritorna alia luce del tutto priva d' interesse : tan- 
toche il Bertana, nel far la recensione di un ot- 
timo libro deir Alemanni sul Cesarotti, dice che 
essa lettera « avrebbe potuto suggerire air A. V i- 
dea d' aggiungere al suo gi^ lungo e diligente ca- 
pitolo sulla poesia ossianesca un paragrafo non solo 
curioso, ma utile sulla varia fortuna di Ossian in 
Italia. » ^ 



VII. 



Non ho dimenticato che V Antipurismo si chiude 
colle venti lettere del Monti al Torti, ma intomo ad 
esse ci siam fermati fin troppo altrove, ne spende- 
remo altre parole qui, nemmen per notare che anche 
con le loro piccole mende dovute alia fretta e, di- 
ciamolo pure, air intimita dell' amicizia, confer- 
mano che il Monti, « soprattutto negli ultimi anni, 
fu anche nella corrispondenza famigliare prosatore 
de' piu corretti, spontanei ed eificaci di che possa 
vantarsi il secolo che muore. » ^ Solo ci piace ri- 
cordare, a titolo di cronaca, che, qualche anno dopo 



1 KotoYole queUo di Michels Schbbillo, O^tian — C<mf«Tenza — ; 
Mllano, Vallardi, 1895. 

2 Oiornale storico cit., loc. cit. Y. anohe Mazzoni, op. cit.,loc. cit. 
8 Pag. XYII della prefazione alio Lettere inedite e sparse di V. 

Monti raccoite ordinate e iUastrate da A. Bektoldi e G. Mazzatinti; 
&OUX, 18M. 



ibblicate, essendo venuti 
:za di cui non c' fe mai 
Q erano autentiche, egli 
ale, perche ognuno po- 
li autograft nell' Uiiiver- 
ttora si trovano. 




r" 



o amico (li S] 
ono im esemj 
ie, il Torti c 
altre volte ho 
'he meritano 
»gi solo cret 
ire che, nel 
ae in due coi 
i « Hbercoli » 
lalche valore, 



I, aecoudn 210 (all 

della dtrrinpondfi 

pfrdf cnntro il j/inriuilf l.i Vnc drlla Ragione «ei fofcin 

vacii nifaef (FkIco), 1895 <Blla macchiu). 

8 GiiBBQHi R., Ij'ttere 
Bibl. Com. di Spoleto; Tip.-I 
tro Foataua. 



— 128 — 

una soverchia importanza a questo « libro » , che 
ora passeremo a esaminare ; peraltro non si puo 
negare che qualcosa di vero ci sia in quelle sue 
franche parole. E il vero e'che, quanto al Pro^^e^o^ 
egli col suo bonsenso doveva ben capire cbe, no- 
nostante la nuova edizione fattane dal Pagni a 
Firenze nel 1828, era un libro gia vecchio, e, 
quanto all' Antipurismo, sentiva del pari esser or- 
mai tempo che g? Italiani la facessero finita con 
quelle battaglie grammaticali, che, per ripetere 
una bella frase del Niccolini, « fanno su chiunque 
r effetto che produce, secondo Omero, la schiavitu, 
tolgono la meta dell' anima. » ^ Nel 1832 la rivo- 
luzione gia aveva fatto la sua prima tappa, e ad 
ogni buon italiano spettava, non che seguirne, ac- 
celerarne il passo trionfante ; il Torti non tardo 
a conoscere qual era il suo dovere, e « si propose 
di spargere — ripeto col Vannucci — ( nel modo 
che allora poteasi ) qualche lume suUe false dottrine 
del governo teocratico romano. » ^ Al proponi- 
mento corrisposero i fatti, e in tal modo, che da 
quel fiero sostenitore della teocrazia che fu il conte 
Monaldo Leopardi, gli venne proposto nientemeno 
che il capestro. ^ Ma che il libro sia riuscito, come 
par r avesse V autor suo battezzato, un opus ma" 
gnum, questo resta a vedere. 

Apparve nel 1832, ma dovette esser compo- 



1 Vannucci, Ricordi della vita e deUe opere di G, B. Niccolini; 
Firenze, Le Monnier, 1866; vol. I, pag. 466. 

2 Op. cit., vol. I, pag. 456. 

3 La Voce deUa Bagione; Fesaro; fasc. 15 nov. 1884-16 febbr. 1836. 



"*■» 



— 129 — 
sto e terminato almeno tre anni prima, come si 
puo vedere da una memoria del 20 dicembre 1829, 
che ho trovata tra le carte del Torti, e dalla quale 
si vede anche quante cautele dovesse adoperare, 
per sfiiggire alia forca, un povero scrittore che a- 
masse V Italia : « E ben doloroso per V uomo che 
scrive, di non osar di svelare certi abusi, senza 
perdere V amicizia e V opinione d' una classe d' uo- 
mini, che influiscono potentemente sulla tranquil- 
lita €f sull^ onore del cittadino. Ecco per esso la 
necessita di nascondersi e di ricorrere agli stam- 
patori stranieri. Ma, quand' anche una data opera 
fosse stampata a Losanna o a Parigi, una qualche 
ricerca fatta sul luogo stesso della stampa baste- 
rebbe a riconoscere la provenienza del ms. e quindi 
la persona dello scrittore. Rimane adunque di pro- 
curarsi una stampa anonima con la data d' Italia 
o di Cosmopoli. » ^ Si trovo finalmente V editore, 
che fu il Nistri di Pisa, il quale peraltro si guardo 
bene di stampare il suo nome sul frontespizio. 

Qual accoglienza incontrasse questo nuovo li- 
bro del Torti, non e facile determinare, perche, 
tranne la Voce della Ragione, che, fiutatovi subito 
il bieco intendimento di abbattere il governo pon- 
tificio, gli scaglio contro i suoi strali velenosi e 
purtroppo potentissimi, tutti i giornali ch' erano 
allora piu in voga, non esclusi quelh che delle 
opere anteriori del Torti avevano, chi in bene chi 













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■■'1 



1 Archivio tortiano in Bevagna, busta I. 
9-TaABATJiA, Francesco Torti, 



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• ^- 



— 130 — 

in male, ma distesamente parlato, tacquero : e non 
e senza significato il notare che un' imparziale re- 
censione di Enrico Mayer, il buon amico del G-iu- 
sti, non trovasse ospitalita in alcuno. ^ Del qual 
silenzio, peraltro, non e troppo difficile indicar le 
ragioni, pensando all' intendimento dell' opera e 
alia reazione che, specie dopo i moti del 31, si era 
cosi ferocemente scatenata sull' Italia : come, d' al- 
tra parte, non potremmo da esso argomentare che 
r opera passasse inosservata: che anzi fii letta, e 
non senza interesse, nelle famighe e ne' ritrovi ; 
di che fan fede e la lettera del Mayer stesso alP A., 
che qui appresso pubblichiamo, e il fatto K3he la 
Corrispondenza fu argomento di alcune conversa- 
zioni letterarie tra il Eagnotti e il Thouar, e tra 
questo e quel robustissimo ingegno che fii il to- 
scano Francesco Forti. "^ Ne, perche sia spuria, ha 
minor importanza la ristampa che dell' opera fu 
subito fatta a Lugano. ^ 

n. 

II Eagnotti, 1' unico che fin qui abbia dedi- 
cato un breve studio al Torti e alle opere di lui, 
chiamo la Corrispondenza un romanzo filosofico 



1 « Se [ la recensione ] non venisse accettata, — scrive al Torti 
il Mayer, in una lettera che riportiamo piu innanzi — potrebbe anche 
stamparsi separatamente . . . . » Come infatti awenne. 

2 Delia vita e delle opere di Francesco Torti, Discorso storico-critico 
di C. Ragnotti ; Perugia, Boncompagni e C.i, 1871 ; pag. 23. 

3 A. Rossi, Notizia delle Opere di Francesco Torti ecc; Perugia, 
Boncompagni e C.i, 1870; pag. 12; [Torti], Apologia; pag. 22; lettera 
del Torti al Bartoli, riportata al §. VI di questo cap. 



- 181 — 

3e' pochi studioai, che hanno 
:uparsi incidentalmente del 
I a verificar se quell' afferma- 
lubblico poi, quello natural- 
) autore ha lasciato ricordo 
ome al solito, alle prime im- 
;nato neppure di contradire 

che, se ha il merito di avere, 
aiamato il Torti dall' oblio, 
lello di averlo sempre giudi- 
iparzialita e al lume d' una 
dicata. Non solo : ma a quel- 

accompagno un' altra, non 

codeato romanzo fosse ben 
ro e che la Corrispondenza, 
manzo, ma, anche se si po- 
, sarebbe un romanzo fallito. 
a una volta quanto sia dan- 

d' uno scrittore la "critica 
poggiata 9u preconcetti. Al 
i par fiior di luogo il ricor- 
ie accolta la Col-onna Xnfame 
lur se portasse in fronte il 
)n conosciuto per altre pin 
li opere, sarebbe bastata da 
i la cjjmpose. » ' Avendo de- 
' aspettazione del pubblico, 
cenno che il Manzoni aveva 




— lS2f — 

fatto « ad un altro libro » ^ in cui avrebbe trat- 
tato de' process! contro gli untori, s' aspettava in 
essa un nuovo romanzo, fa giudicata « come un 
romanzo mancato. » ^ 

II libro del Torti h un guazzabuglio sui gene- 
ris, e si potrebbe, sotto questo rispetto, paragon are 
alia Colonna Infame, se i diversi elementi, ond' essa 
e costituita, non solo non formassero tutt' un or- 
ganismo ben complesso e armonico, ma non bril- 
lassero anche di tutte le piu spiccate caratteristi- 
che del Manzoni storico, psicologo, artista, filosofo 
e persino giureconsulto. II libro del Torti, dicevo, 
e un esame delle contradizioni tra la legislazioUe 
degli stati europei in genere e in ispecie deUo stato 
pontificio e le massime deUa morale evangeUca e 
etnica, a cui s' innesta uno studio psicologico sui 
tristi effetti che quelle contradizioni esercitano 
suUa felicita umana, con V intento morale di ri- 
chiamare gli uomini a una vita piu pura e con 
lo scopo politico di abbattere il governo teocratico, 
nemico di ogni progresso. Naturalmente, essendo 
il Ubro dedicato non gia alle classi colte, ma al 
popolo, diremo, minuto, era opportuno che V au- 
tore gli desse V apparenza di romanzo, perche que- 
sta forma meglio si prestava ad ottenere un mag- 
gior numero di lettori e a far intendere certe 
verita, che, altrimenti foggiate, non sarebbero state 
intese. Un intreccio quindi c' e, ma esso non e 



1 A. Manzoni, I Promessi Sposi; ediz. a cura di A Cerqnetti ; 
Milano, Hoepli, 1896 ; cap. XXXn, pag. 480. 

2 y. la nota a pag. 181. 



— 188 — 

un elemento sufficiente per ascriver tra i romanzi 
qnesto libro, che appartiene ad altro genere lette- 
rario, se e pur possibile attribuire a un determi- 
nato genere letterario un miscuglio siffatto. 

Riassumo qui codesto intreccio, perche ci ser- 
vira a fare un po' di confronto tra alcuni perso- 
naggi della Corrispondenza e altri de' Promessi 
Sposi, tra i quali c' e manifesta analogia : il che, 
oltre all' esser cosa nuova e non toccata da alcuno, 
deve aver maggior importanza che non le que- 
stion! morali e pojitiche, in un lavoro .come questo 
d' indole puramente letteraria. Inoltre, mi par debba 
aver qualche interesse e destare una certa curio- 
sita, il vedere qual impressione suscitasse il poem a 
manzoniano, che pur ne suscito cosi varie e diverse, 
sul Torti, che, tra i letterati umbri di quel tempo, 
e una figura veramente insigne : tanto piu se si 
pensi alia scarsita delle prove che possiamo anno- 
yerare rispetto all' accoglienza che in quella regione 
ebbero i Promessi Sposi, 



ni. 



Centre delF azione e Monteverde, ( V autore 
non ci dice proprio in che regione si trovasse, ma 
si capisce che doveva esser nel beato regno del 
papa ) un' amena borgata, che s' era messa suUa 
strada del progresso, ma che rimase a mezza via, 
per effetto della restaurazione del 1816. Infatti i 
due stabilimenti industriali ( se parlo di restaura- 
zioni, di stabilimenti, di fidecommissi e di altre 







'?-' 



— 184 — 
cose non troppo romantiche, la colpa non e mia ) 
impiantati, figuratevi un po', dal curato stesso del 
paese, dovettero ritornar conventi. com' eran prima, 
con gran dispiacere, non solo del buon prete, ma 
di tutti gli abitanti, tranne un certo conte Giam- 
pietro Lupi, un fior di codino, a cui sapeva male 
di non potere far monaca la figliuola Matilde, e che 
per vendicarsi di Don Sisto ( il curato ), reo di 
aver procurato piu il bene de' suoi parrocchiani 
che quello di lui, informo il vescovo die questo 
s' era appropriato un quadro prezioso appartenente 
a uno de' due monasteri. Ma la ciambella non gli 
riusci col buco, perche Matilde, che vi era stata 
gia educanda e sapeva la storia del quadro, pote 
liberar Don Sisto dall' accusa di ladro. Quel che 
le toccasse per quest' atto di generosita, ve lo la- 
scio immaginare : prigione, pane e acqua, una rin- 
ghiosa serva e V idea terribile del voto, a cui non 
avrebbe mai potuto sottrarsi. Dalla prigione di 
costei r autore ci conduce in casa Roselli : il mo- 
tivo non e ben chiaro, ma occorre aver pazienza. 
Codesta casa ha avuto parecchie visite di Dio : 
morto il primogenito, morto il padre, cadute in 
miseria la madre e le due figliuole per la legge del 
fidecommisso, che faceva erede del patrimonio un 
tal cavalier Lauri, parente alia lontana. II quale 
pero, generosamente, per mezzo di Don Sisto, offre 
la mano di sposo alia maggiore delle figUuole, di 
nome Marianna. Se non che a codesto matrimo- 
nio si oppongono il conte Mario, figliuolo di quel 
tal Giampietro, e una cameriera di Giulia Merli| 






— 185 — 
Giacinta Betti. Costei, raccolta orfana dalla pieta 
della sua signora, anziche come cameriera, e te- 
nuta in con to di figlia, e, come tale, e signoril- 
mente educata. La sua bellezza, la sua grazia, o 
piuttosto civetteria, attraggono V animo di Seve- 
rino, figlio della padrona, che, invaghitosene perdu- 
tamente, nonostante le proteste di tutta la famiglia, 
la vuol condurre in isposa. E la passione lo me- 
nerebbe al duro pcLSso, se non venisse a sapere che 
sul seno di lei e stato gia colto il fiore della ver- 
ginita. Eppure, il buon Severino, non che male- 
dirla, la compiange e, per mezzo del curato ( che 
si prestava un po' a tutto pel bene del prossimo ), 
le manda de' soccorsi nella capanna d' un carbo- 
naio, dov' ella s' era ritirata a sciogliere il grembo 
del suo peso. Don Sisto, a cui non dovette far 
poca maraviglia il saper quelle buone notizie sul 
conto di Giacinta, che pochi giomi avanti gU a- 
veva mostrato desiderio di farsi monaca per fdg- 
gire le tentazioni del mondo, s' avvio, nonostante, 
verso la dimora della romantica cameriera. Ma non 
voglio descrivervi la tempesta d' improperi ch' ella 
gli riverso sul capo, mentre cercava di parlarle il 
linguaggio della virtu : vi basti dire che dovette 
scappare come un can frustato. Ne fu solo lui il ber- 
saglio delle perfidie di lei, ma anche quel buon 
cavalier Lauri, ch' ella, consigliata dal suo sedut- 
tore, il conte Mario, a cui non era riuscito il tiro 
di collocarla nel convento della zia badessa, accuso, 
presso il vicario, di deflorazione. Severino, ch' era 
le mille miglia lontano dal supporre che il sedut- 



* ' ', 




tore fosse stato il contino, a tal notizia si da alia 
disperazione : ingannato da Giacinta, offeso ( come 
credeva ltd ) dall' amico Lauri, odiato dalla ma- 
dre e dalla sorella, decide di ritirarsi dal mondo 
e d' andare a vivere i suoi giorni nel convento 
della Trappa. Ma il buon parroco, sempre pel bene 
del prossimo, lo fa innamorar di Matilde, dalla 
quale voleva liberarsi, perche ella gli scriveva 
delle lettere da innamorata. Se non che Matilde 
non vuol saper di raarito, ella si contenta d' a- 
mar lui. Chi sta invece * sulle smanie d' ammo- 
gliarsi, e il Lauri, che espone formale querela con- 
tro la calunniatrice. Ed ecco il vicario a metter 
nell' imbarazzo il povero don Sisto col chiedergli 
una lettera di Matilde, con la quate questa V av- 
vertiva delle trame che il contino ordiva per col- 
locar Giacinta in convento. Ma il povero curato 
non la voleva mostrar codesta lettera, che conte- 
neva una specie di dichiarazione amorosa di Ma- 
tilde verso di lui. Gio eccita le ire di Marianna e 
del Lauri. II pover' uomo non sa a che santo vo- 
tarsi. Finalmente, dopo mille ripulse, ottiene che 
Matilde rifaccia la lettera, togliendone V espres- 
sioni d' amore. Cosi venivano a essere sventate le 
insidie del contino e della cameriera : ma, prima 
che arrivasse la mano della giustizia, arrivo la 
mano di Dio. Montata a cavallo per seguir Y a- 
mante in una partita di caccia, nel traversare un 
torrente, cadde ed ebbe tempo appena d' andar a 
morire incasa. In tal modo il Lauri pote sposar 
Marianna, Severino Matilde, il contino, sei!%re con 



187 — 

so, Camilla Merii, sorella di 
ittmnati fiiron felici, meno 
e, per fuggire Matilde, parti 
la fede cristiana, abbando- 
everde, dove tanto aveva 



\ie non ^nza fatica abbiam 
mezzo a un mare maguo 
iali d' ogni specie, dove non 
lessione degli avvenimenti, 
troppo tempo 1' A. abban- 
, per confiitar Malthus o 
eocrazia. II ehe mi pare ar- 
3 peso a dimostrar che 1' A. 
di far un vero e proprio 
i egli stesso ci goda a per- 
lersonaggi, facendo chiara- 
loro poco nulla gl' im- 
1' assoluta mancanza dell' e- 
(Ua parte inventiva, che aoli 
e alimentame 1' in- 



tggi ci sono nella Corrispon- 
entarceli in un mode piut- 
qualche scopo deve pur 
noi volgeremo loro la no- 
piu che, come dicevo po- 






"^i 



— 138 — 
c' anzi, alcuni di essi hanno una certa aiialogia 
con altri de' Promessi Sposi, 

II piu importante fe senza dubbio il curato di 
Monteverde, V antitesi perfetta di Don Abbondio. 
Questo e un prete corto, pusillanime ed egoista, 
tanto che non si fa scrupolo di mancare ai doveri 
piu sacri che il sue ministero gV impone, pur di 
evitar guai e vivere in pace : don Sisto, invece, e 
un prete istruito, un vero filosofo, che medita sulle 
passioni e cerca di trarne ammaestramenti utili 
per se e per le sue anime, coraggioso nel resistere 
a qualunque abuso, a qualsiasi prepotenza si di 
borghesi che di ecclesiastici, franco nell' operare il 
bene, anche a costo di mettersi in aperta contra- 
dizione coi principi della sua casta e di mostrarsi 
francamente liberale, sempre pronto a sacrificar il 
proprio interesse al bene del prossimo e al rispetto 
della moralita ; e noi 1' abbiamo visto, non senza 
compiangerlo e ammirarlo, abbandonare il suo paese 
nativo per fuggire una giovine invaghita di lui e 
andare a predicar la fede cristiana nella Cina. ^ 

Ne' Promessi Sposi abbiamo un cardinale, per 
cui, come per fra Cristoforo e il padre Felice, la re- 
ligione e carita, amore, coraggio e sacrificio, e che 
rimprovera a don Abbondio di non aver resistito 
alle minacce di un prepotente, di noji avere spinto 
il coraggio del dovere fino ad affrontar la morte: 
neUa Corrispondenza un vicario, che, prestando cieca 



1 Dell' istesso stampo di don Sisto 6 un altro prete, il priore 
di S. Gallo, che non entra nell' azione, ma e uno de' oorrispondenti 
di don Sisto, il quale con lui si sfoga, oonfidandogli pensieri e segreti. 



I patrizio codino, arriva 
m Sisto, a fargli amari 
ggio tutto diverao da 
erlo nell' imbarazzo, per 
B disonorata. 
:sita d' intendimenti tra 
[anzoni, come ebbe gia 
la ritratto con perfetta 
LOrahuente basse della 
3rtinaj:e ambizione, coUe 
a cedere spesso alle in- 
1 a transigere cosi, per 
I dignita e i suoi do- 
■he vedere, come ha av- 
sntrasto tra la Chiesa 
ale risorge ogni tanto 
e la Chiesa qual e di- 
ella sua degenerazione 
:e ha voluto metter in 
^clesiastici alti e, in ge- 
tico, fautore di vizi, a- 
ella giustizia, e il basso 
rdore per il bene del 
pensiero e nell' azione, 
iominio della teocrazia. 
joni troviamo un prin- 

tnaiai SpoH in Domeniiyi LeUera- 



— 140 — 
cipe che, per conservare intatte le sostanze della 
famiglia, si rende il tiranno de^ suoi figli, desti- 
nando loro la condizione di vita ancor prima che 
escano dal ventre m§iterno : nella Corrispondenza 
abbiamo il conte Lupi che fa altrettanto, con que- 
sta diflFerenza che, mentre il gentiluomo milanese 
non ha altro difetto che di esaere schiavo delle 
false idee dominanti, il conte Lupi e un codino 
della piu bell^ acqua, un caldissimo fautore della 
teocrazia e un briccone co' fiocchi. E mentre il 
Manzoni biasima V istituzione del fidecommisso, 
cosi di passata, con una di quelle sue frasi ironi- 
che che concludono piu di una dissertazione, ^ il 
Torti ne parla a lungo con tono di giurista e di 
filosofo e con parole veramente di fiioco, additando 
alia nostra commiserazione un' intera famiglia, vit- 
tima di quella barbara usanza, mantenuta dal go- 
verno teocratico. Come si vede, batte sempre sul- 
V istesso chiodo. 

La Matilde della Corrispondenza arieggia la 
Gertrude manzoniana : anch' essa, come Gertrude, 
e awiata per forza alia vita monastica; per lei, 
come per Gertrude, le arti subdole de' parenti e 
gF intrighi delle monache, tendenti a farle pren- 
dere il velo ; anche neir animo di lei spuntano 
sentimenti del tutto opposti a quella che dovreb- 
b' esser la sua vocazione. La scena della prigionia. 



1 « . , . aveva destinati al chiostro tutti i cadetti deU' uno e 
dell' altro sesso, per lasoiare intatta la sostanza al primogenito, de- 
stinato a oonservar la famiglia, a procrear cio^ de' figliuoli per ior- 
mentarsi a tornientarlt nell' iateasa maniera. » Manzoni, I Promeasi Spoai; 
ediz. cit., pag. 132. 



HI — 

.tilde per avere sventati i 
in tutto confonne, anche 

che, a proposito di Ger- 
ive. Pero, mentre Gertrude, 
isciva e delinquente, quanto 
la sua passionaccia e nel- 

Matilde, che pote sottrarsi 
xasformasdone del convento 
,to di Monteverde, ma non 
arlo aperfcamente, anzi ai 
i quei sentimenti che per 
a. Scopo del Manzoni, nel 
fu, come dice il D' Ovidio, ^ 
a del lettore sui conventi 

immunita, come, nel rap- 
a liberta peraone e corpo- 
liro a schernire i loro di- 

Torti, invece, ebbe di mira 
ipo diffuso monachismo, che 
oralita, non senza far ve- 
Bgenerato dalle sue sante 
Dverno de' papi, Lo strale 
esso bersaglio, 
le altro riscontro, ma que- 
iti, mi bastano per affer- 
7h.e il Torti fa del Man- 
imitazione a roveseio. Egli 
lanzoniano, e ne model la 
B sempre con diverso in- 
re in parole il suo penaiero, 



— « 

parrebbe quasi che dicess 
al Manzoni : " perche no 
perche non hai mirato al 
io ? » Una pretesa ben cu 
in ogni modo merita d' 
molti 6 svariati fenomeni 
rigine 1' immortals poemt 
rire, molto inferiore all' a 
di gusto, per dirla col L; 
lodato dagli altri, cioe da 
commenta, con una punt 
proibito dalle chiercute z 
con felice espressione ace 
perto delle piii strane ins 
melie piu basse dai classi 
cb' e pin strano, franteao 
da uomini valentissimi, i 
mose controversie cbe a' 
canimento ne' primi vent 
vevano almeno il dovere i 
il filosofo sovrano » ^ con 
contro ai quali si levaroi 
tacer d' altri, il Morandi, 
pianto Sailer. 

II Torti nella Gorris 
dice, le apparenze, e si c 



poc' anzi, di contrapporre ai manzoniani, cara 

tutti- diversi ; ma piii tardi, cioe verso il 1& 
42 ( gli anni appunto che coincidono, e nt 
senza significato il ricordarlo, con la seconda 
zione de' Promessi Sposi), fatto forse piu a: 
dalle insulsaggini e contumelie di quei signo 
cordati "piu sn, oso anche lui ( e lo dico a su 
sdoro ), come vedremo a suo luogo, ^ chiamar j 
le piu splendide creature, che, dopo Dante, s 
state create da fantasia italiana. 



Un altro libro, da cui il Torti tolse con 
intendimento, non solo la forma, ma anehe 
parte della materia, fu la Nux>va Elmsa del I 
Sean, pel quale il Torti ebbe quasi un culto, 
toche lo studiava, lo traduceva ^ con quell' ai 
e quella venerazione, con cui il Machiavelli 
diava e commentava lo atorico piu grande 
romanita. E non senza ragione : oh^ il Torti 
a comune col Rousseau un odio vivissimo ct 
le ricchezze e il lusso, un' amarezza profonds 
i costumi depravati, un culto religioaissimo 
natura semplice e pura. Cosi dal Rousseau t 
il nostro 1' Ispirazione a dipingere, con molta c 

1 Cap. VI, dove si psrla del ms. tortiaoo ts sibiUi o tin 
imnUca deU' Uaioereo. 

2 Tra gli scrittL inediti del Torti lio trovato un groaai 
demo oontflaento 1r traduzione italLana dimolte lettere della 
iHoua. — Arch, cit., boata I. 



bivita, la vita guasta e corrotta della societa no- 
stra^ specie dello stato pontificio, contrapponendola 
a quella dolce e serena e innocente, che si puo 
menare in seno alia natura. Quei Frammenti del 
Nuovo Eden, ( che Y A. finge avanzi d^ un' opera 
giovanile e che innesta al racconto ) « di quel pa^ 
radiso terrestre che il buon parroco ci mostra ir- 
rigate dai quattro purissimi fonti dell^ amor coniu- 
gale, deir amor patemo, deir amor del proprio 
suolo e deir amor della patria » , ^ sonoy in parte, 
la riproduzione di quelle lettere passionate che 
r infelice Saint-Preux scriveva a milord Edoardo 
suUa vita domestica dei signori di Wolmar, una 
vera vita di paradise, piena di pace e d' armonia. 
Cosi, molte delle teoriche, che il Torti difende, sia 
in politica sia in morale, appartengono al Rous- 
seau. II che per 6 non vuol dire che il Torti abbia 
saccheggiato il Rousseau, per farsi bello del sol di 
Itiglio: gli e che quelle dottrine, con le quali il 
filosofo di Ginevra aveva depurate la societa fran- 
cese, servivano ora mirabilmente al Torti per ftd- 
minar tra noi quelle sconcezze e quegli scandoli 
sociali, che la mordace e nobile musa del Parini 
non aveva ancor del tutto spazzato via : e se c' era 
uno stato in Italia, dove maggiormente fosse ne- 
cessaria quest' opera rigeneratrice, era precisamente 
lo stato pontificio. Basta, per convincersene, leg- 
gere i sonetti del Belli, dove « il lusso smodato 
della corte ; i privilegi, gli abusi, 1' ignoranza di 



1 Mayeb, Lettera cU Parroco di ***, che qui appreASo rlportiamo. 



I 



K^ 



quell' immoralissimo govemo ; i birri, le 
censura, il servidorame, 1' intolleranza j 
religiosa, il concubinato di tanta parte c 
la feroce perseciizione coutro ogni libera i 
borrimento d' ogni cosa nuova, benche u 
gionevole, » ^ sono ritratti finisaimamente 
la loro storica realta. 

Cerfeo, il merito principale, e direi 
nico, di qnesto libro del Torti e nell' intei 
di giovare alia cauaa della liberta, ni' 
il quale imicameiite si puo asaegnare a » i 
fettosa ma santa letteratura patriottica, 
rava ad aprirci le porte della nostra Caj 
che, in quanto e lavoro d' invenzione, non 
alcuno di quei pregi essenziali, ond' e cost 
pera d' arte ; e quanto alia parte filosofica e | 
se e informato ad alti concetti morali e bri 
di una cotal facondia non eomune, non 
confini dell' eta trascorsa, n6 ha scintilla { 
nuova. 

Peraltro, se non possiam consentire 
gnotti, il quale avrebbe voluto, d' accord 
scano Forti, che si ripubblicasse, eosi q 
Corrispondenza di Monteverde, non poasia 
ch' essa, quando venne alia luce, del bene 
e a miaurarne tutto il valore, bisogna 
col pensiero al 1832, quando « regnava 



1-2 MoR*KDi, rrefaiiorut fti Sonet 

li Caatello, La,pi, 168&«9; vol. I, pa 

lO/TBtBAbu, FrancMCo TOrti. 



'* 






— 146 — 

XVI, instancabile persecutore dei patriotti del 
1831, e tenace mantenitore degli abusi del pa- 
pale reggimento, massime di quelli con tanta fd- 
ria rinnovati dal pontificate di Annibale della 
Grenga. » ^ 

Se poi consideriamo le misere condizioni in- 
tellettuali dell' Umbria, nella qual regione ebbe 
maggior diffiisione V opera del Torti e nella quale 
egli godeva maggiore autorita che altrove, e pen- 
siamo alia scarsita di forti ingegni, in cui si tro- 
vava allora questa bella provincia d' Italia, non 
possiam fare a meno di benedire al modesto scrit- 
tore bevanate, che, vara avis, rivolse tutto Y animo 
suo, mettendo a rischio la vita, a illuminar le rozze 
menti e ad infonder negli spiriti, infiacchiti dal 
giogo della teocrazia, nuovo vigore e sentiment! 
puri e generosi. Ne va taciuto che Pietro Thenar, 
r illustre educatore del popolo, e V insigne giuri- 
sta Francesco Forti ^ giudicarono la Oorrispondenza 
libro altamente morale e educative. ^ Al qual giu- 
dizio merita di essere accompagnato quelle di un 
altro valentuomo, Enrico Mayer, che cosi ne parlo : 

Lettera al Parroco di . . . , 

Buone nuove, mio earo Parroco ! c' 6 finalmente un 
libro per voi ! — Mi facevate torto nelP ultima vostra 
rimproverandomi che io mi fossi dimenticato di voi. Lo 



1-3 B.AONOTTI, op. cit.; pagg. 17-18. 

2 « Giovane d' altissima monte » lo chiama il Oiiisti in una 
lettera al Manzoni ( Lettere scelt^e, postulate dal Rioutini ; Firenze, 
Le Monnier, 1894 ; pag. 213 ); mori a trent' anni ! 



147 — 

tempo da che mi pregaste die, 
;he opera che facesse al caso 
iata. Ma qual colpa ci ho io se 
fte tftlment« Hmitato e preci* 
aordinario, per non dire unico ? 
e li provvede ; libri di storia e 
cieo-za; di politics, non ve ne 

stanco; di romanzi, li dareste 
! v' ho da mandate ? i Qualche 

morale, che sia atto ft promuo- 
a noi, ma che non sia tradu- 
be usi diversi dai nostri ; qual- 
she nella mia Parrocchia potesf e 
imaestrar me medesimo, ma per 
ifltto a qualche buon posaidente 
iche a que' Signori che vengono 
. Ecco 11 vo!itTO programma, e 
Boddisfarcisi cosi facilmenle. — 
■eri parrebhe che sono io che 
oni di tfll genere, che vengono 
hbe che ogni stampatore ne «- 

torch io, e che basterebbe gi- 
ipirvene in mezz' ora una cansa. 
le bene che state in campagna, 

giornali; perch6 altrimenti sa- 
iscorso da che non hstino avuto 
aso vostro; saprente che questa 
tutti i buoni, che nissun brnvo 
opere quali appunto voi le de- 

oggi tregua ai lamenti ! buone 
i nuove ! c' e un libro per vol, 
1 rimettera fra pi-chi giomi in 

nuirvi il piacere, ma per anti- 
juesto libro. Esso ha per titolo : 
itevenk, o Leftere moralt Hidla 
yli oatacoU die es^a iiuMtitra 



— 148 — 

neUe contradissioni fra la poLiUca e la morale : 2 vol. in 
8^ 1832. 

L' Autore non si 6 nominato, ma a quattr' occhi vi 
dir6 chi sia ; intanto riconoscerete che ^ un bravo uomo, 
e un eccellente scrittore. In altre opere ha gik dato prova 
di quanto vaglia, e questa gli tornera. ancora a maggior 
lode d' ogni altra e coroner^ nobilmente la sua onorata 
vecchiezza. — « Ma dunque, direte voi, questa ^ una cor- 
rispondenza falsa, 6 un romanzo in lettere, 6 un ...» 
— Calmatevi e aspettate. L' Autore non ha fatto altro 
che riordinare e dare alle stampe la corrispondenza di 
un bravo Parroco, vostro pari ; del Parroco di Monte- 
verde. — E vero che Monteverde 6 un nome supposto ; 
6 vero che supposti sono pure i nomi di quelli che scri- 
vono al Parpoco, e ai quali egli risponde. — Ma qui fini- 
sce ogni finzione ; tutto il resto 6 veritA. — Voi, leggendo 
il libro, crederete che Monteverde sia la stessa vostra 
Parrocchia, e che ogni lettera diretta al vostro CoUega 
porti per epigrafe : « Mutato nomi?ie, de te fabula narra- 
tur. » E cosi potessero molti farsi una tale illusione ! — 
Voi riconoscerete fra i vostri villeggianti un Conte Ma- 
rio, un Marchese Olivieri, un Cav. Lauri, un Severino 
Merli ; spero che vi ritroverete pur anco una Marianna 
Koselli, ma non so s'io debba desiderarvi una Matilda 
Lupi, e Dio tenga lontano dai vostri contorni una Gia- 
cinta Betti. — Ma vedo che cominciate a entrare in cu- 
riosity ; ma non crediate ch' io voglia appagarla. Questo 
lo ha da fare il libro ; io al contrario che stuzzicarla un 
po' piii. 

La corrispondenza di Monteverde presenta un qua- 
dro di tempi vicini ai nostri. Da un passo del 2.^ volume 
vi accorgerete che fu scritta nel 1815, e riconoscerete che 
molte circostanze non riguardano felicemente la nostra 
Toscana, e debbonsi riferire a luoghi ove durano ancora 
i piu mostruosi abusi di barbare legislaziom. E per6 meno 
vi toccheranno le pitture de' terribili sconcerti prodotti 
nelle famiglie dai Fidecommissi, e da alcune leggi credute 



B, e che sono invece una 
umatezzn, perchfe pongono 
trice il pugnale della ca- 
;i r onore, e la pace del- 
proteggeremo il tuo atten- 
applicabili ai vo^tri luoghi 
riustizia, &a il &lso zelo 
voti pronunziat) dal labro, 
I di luoghi popotati dall'in- 
nvertire in ricoyeri d'ozio. 
Qoi. — Ma per noi e per 
nana felicitft che occupano 
li ; per noi e per tutti sono 
n, di quel Paradiso terre- 
istra irrigate dai quattro 
■gale, deir amor paterno, 
Sell' amor della patria. Per 
aertazioiii sulle ricchezze, 
iulle contradizioni fra le 
la e della pubblica morale. 
)bia da dare in tutto ra- 
;he quei puDti in cui la 
non potevano dal nostro 
to morale. — • Ma dunque 
topia, h un nuovo sistema 
le go' lumi del secolo, e 
;i moderni ! » — Qui avete 
m Parroco non risparmia 
Verri, Filangieri, Malthus, 
U cita tutti al suo tribuuale, 
tricordia. — • Ma dunque 
luovo ; io gii vi ho detto 
■agione. Non appro verete 
leggermente azzardata, in 
eir ateo Bentham se non 
'era filosofia » . Neppur tro- 
contro il Malthus della 



grfkvc>sa tassFi d 

cuore tali opinio: 
b dettata daU' an 
pur doTuti i suo 
ftitazione del Ma 

cheaze, e contro 
un tale abiiso, k 
Stati-Uniti di ^n 
politici. — 

Che strano 1 
esclamare ; e me 



vi giungerfi, nelle 
lito, subito all' Ii 
vi spaventano ; i 

— • La modema 
pro.fperitd degli i 
pre qualche dritti 
non ci reggete n 
dalla prima pagi 
dete in mano all 
Quando poi 1' avi 
dice, che h compi 
lettera. Vi trovei 

continuare Voi s 

— Intanto tenet 



P. S. Rileggendo il voatro programma, pii mi per- 
siiado che il iibro che vi mando feri al case vontro. — 
• Libro di buona morale.: tale k in grado eminent^. 
 Libro che possa promuovere il buon coatume fra noi »: 



i spai'ga come lo me- 
inissima, e scritta in 
e pii6 dirsi ci6 che 
Koi^Ili:  L' onore, la 
'ito, it cuore non po- 
ItA e delicatezza. • — 

tmmaestrameiito ; ma, 
Doo di Monteverde uq 
ogni sitiiazione della 
(le egli presti a cia^ 
ndo per tutti queJIi 
ile della Provvidenza. 
^rofitto ai possidenti 
re, e a quanti piu po- 
isso, perchS non pu6 
sidenti godranno dop- 



nella viUeggiatura; e 
con Toi in qualche 
ISO della society, e al 
dice il nostro buon 
i secoli, e di tutti i 
a verity la hub. forza, 

di *** V A. i' invio 
leste poche righe: • 



ler il prezioso dono 
iamiglia, e la pre- 



— 162 — 

cedente lettera le mostrera s' io 1' abbia gustato o 
no. Io vorrei in ogni modo ooncorrere a dare a 
quest' opera tutta la pubblicita che merita, e pero, 
s' Ella me Io concede, io preghero il Parroco, a 
cui scrivo, di far inserire la mia lettera in qual- 
che giornale. Se non venisse accettata, potrebbe 
anche stamparsi separatamente e darsi a quelle 
persone, dalle quali sarebbe desiderabile che si 
acquistasse V opera. Ella mi consigli, e creda ai 
sentimenti di alta stima, che nutre per lei senza 
conoscerla 

IL SUO 0BBLIG.™° SEBVO 

E. MAYEE 

La lettera in discorso, non essendo stata ac5- 
cettata, come si disse, da alcun giornale, fu stam- 
pata separatamente in foglio volante: ma si sa 
qual sia la sorte di questi fogli volanti : oggi puo 
quasi passar per inedita, e percio ho voluto riportarla 
qui insieme con V altre parole del Mayer, che, in- 
dubbiamente, non videro mai la luce: ed ho vo- 
luto riportarla, anche -perchfe svela e confiita alcuni 
errori del Torti, completando cosi V idea che io 
avevo dato della Corrispondenza, 



VI. 



Passiamo ora a dir qualcosa dell' Apologia. 

Se non conoscessimo la bieca e supina intolle- 
ranza de' passati governi della nostra penisola con- 
tro ogni cosa utile e buona, noi ci dovremmo ma- 
ravigliare che in Toscana, prima ancora che nello 



tra — 

la Toscana a cui apparten- 
ipposta, quei tre valentuo- 
■) al libro del Torti un com 
pondenza venisse dalla po- 
, non poca, pero, dovette co- 
!iill' animo del nostro scrit- 
nell' opera sua tutto quelle 
:>i oggi, a una tale uotizia, 
dice, dalle nuvole. Sentite 
m auo amico, ^ e che cosa 
ilia causa di quel prowe- 
ivo oggetto eccita adesso il ' 
piu il mio turbamento. Fin 
'enne scritto dal sig. Pom- 
e alio studio di Pisa, che 
' Verde era stata projbita 

Toscana. lo gli risposi che 
ale inteso, un equivoco, un 

di jeri egH mi confemia il 
ize, che sembrano eacludere 
ihe io ne resto sbalordito, 

lo spirito, ne la ragione, 
jllla che ha delle relazioni 
lomazia, potra conoacere fa- 



di BeTagna. Lanreatosi n Hsa, fl»ii 
per ben cinqaant' anni, fa medico 
mdoBi pat i auoi merlti pereonali e 
entela oontft il Be d'Olanda, Loigi, 
issi. Ritornata, neU'eth di "n aaui. 
B, U 25 lettambTe 1882, qnaai noTVi- 



— 154 — 

cilmente V occulta origine d' un trattamento si vio- 
lento, e dove? ... in Toscana. 

« lo mi perdo in congetture, ma taluna di esse 
non mi sembra disprezzabile. In meno di sei mesi 
si e fatta una ristampa della Corrispondenza coUa 
data di Lugano 1832 ; ma gli esperti in tipografia 
credono di riconoscervi i tipi di Firenze. Eavvici- 
nando le cose, non sarebbe inverosimile che una. cab- 
bala libraja avesse brigato in Polizia e ne avesse 
sospesa una proibizione della prima stampa delF O- 
pera, per facilitare Y esito della seconda, che non puo 
sostenerne il confronto. La scoperta di questa ma- 
novra potrebbe aprire la strada a far ricredere il 
governo, e togliere un interdetto che rovina il mio 
interesse, mentre la mia bell a edizione non mi costa 
niente meno, tutto compreso, di cento luigi. 

« Spero nella bonta del suo cuore ch^ Ella si 
dara qualclie premura per essermi di giovamento. 
A tale effetto prendo di piu la liberta d' inviarle 
sotto-fascia un piccolo manifesto contro 1' edizione 
bastarda di Lttgano^ che forse gode d' una liberta 
troppo fiinesta alia mia incomparabilmente mi- 
gliore. Possa il publico disingannarsi ! Tentiamolo 
almeno con un reclamOy che qualche librajo po- 
trebbe afiiggere nella sua bottega. . . . » ^ 

Codesto reclamo produsse in verita un bell' ef- 
fetto, che valse, se non altro, a porre un freno 
alia fantasia del nostro autore, sul quale si river- 



1 Questa lettera ( che ha la data del 22 gingno 1833 ) mi fa 
gentilmente favorita, insieme con molte altre che il Torti iuvi6 al 
suo amico, dalla famiglia BartoUi ohe qui pubblioamente riagrazio. 



?omplimenti di Mo- 
(luelli della S. Gon- 

maggior maraviglia 
10 aecennato. E di- 
refiitabili, che il Leo- 
pretti conservator!: la 
mura della citta nar 
a F assolutismo piu 
e che nell' animo suo 
izione, ha nella sua 
spreasioni di grande 
adnnque che, contro 
)pugnavano idee cosi 
tici tanto dai suoi di- 
tutta r amara ferocia 
sciagurato giornale, 
igione umana, aveva 
■lla Ragione, sciorino 
sgarbata, dove il po- 

spammante per I'in- 
'Mario, per un rivolur 
se niente fosse, che 

1 di S. Pietro, mille 
! colpi di verga sugli 
tati a dare una brava 
ore. II papa, che era 
L memoria, fa meno 
parte i ragli di quella 

Letteratura Ualiana; Torino, 



— 156 — . 

Voce, si contento di far mettere alF indice la Cor- 
rispondenza del Torti. II quale si vide allora nella 
necessita di difendersi. « La mia Corrispondenza — 
dice al medesimo amico — ha sofferto nel nostro 
stato le piu grandi ingiustizie. Una Sagra Con- 
gregazione V ha proibita colle censure : un igno 
rante Giomalista, acclamato dal fanatismo, ne ha 
fatta la satira piu calunniosa, e la piu assurda. 
lo ho sentito il bisogno di difendermi e mi sono 
difeso, » ^ 



VII. 



Far r analisi delF operetta mi sembra perfetta- 
mente inutile, perche in essa nulla v'e che non sia gia 
stato trattato nella Corrispondenza: il matrimonio, 
le quattro affezioni naturali, il patto sociale, ilfi- 
decommisso, i conventi, i codici ecclesiastici, Mai- 
thus, lo Spedalieri, Obbes, tutto ritorna in campo : 
il fine solo e diverso. II Leopardi, ora falsando ora 
esagerando, come fanno tutti quelli che prendono 
a difendere le cause spallate, i sentimenti e i giu- 
dizi del Torti, non aveva visto altro in quel li- 
bro che fini politici, che sentimenti rivoluzionari : 
il Torti, ribattendo in sette articoli ( quanti erano 
stati, dal 16 novembre 1834 al 15 febbraio 1836, 
quelli della Voce delta Ragione ), ad una ad una, 
le accuse dell' avversario, dimostra d' avere infor- 
mato tutta V opera sua a un fine essenzialmente 



1 Autograft cit. a pag. 151, nota 1. 



IB a^rmazioni, da, in 
ii sunto della Corri- 
ser felici, si rimovino 
la feiicjta, riformiamo 
■ale ; depuriamo i co- 
sue devastazioni ; alia 
rtinaggio le sue spinte 
ineoutinenza non sia 
issa in ferri dall' altra ; 
.ritaggi, si restringa il 
)0 i mezzi di su8si- 
ire, intelligibili a tutti; 
Lrbitrio e la parzialita ; 
I il favore del publico 
ifFezioni della natura 
onorate dalla opinione 
iza non usurp! il ri- 
le in una parola spa^ 
;ieta civile le contra- 
rale. » Ma, per quanto 
di apparir piuttosto 
uzionario, ognun vede 
in fondoj vadano a pa- 
i, espressi in un tempo 
si portava il cappello 
iva r intenzione di un 

nte intendevamo no- 

latura polemico, si e 

le ancbe. oggi ce ne 

vogliam dire, I'elo- 



— 158 — 

quenza. Dalla quale possiamo argomentare che il 
Torti era nato per la polemica : in tutti i suoi 
scritti, specie antipuristi, c' e quell' indipendenza 
di pensiero, quella franchezza nel censurare, che 
spiace a chi si sente dalla parte del torto, secondo 
r adagio: obsequium amicos^ Veritas odium parit; 
ed infatti il Torti, per questa franchezza, non sem- 
pre scompagnata da una certa acredine, s' attiro 
molti nemici. E con 1' eloquenza, sorretta sempre 
da una stringente dialettica, vanno spesso con- 
giunti una cosi fine ironia e un cosi pungente 
sarcasmo, che V avversario ne resta col danno e 
coUe beffe. Vediamone qualche prova: il che ci 
servira anche per mostrar di che genere fossero 
gli attacchi del Leopardi. « Signer del Giornale, 
— dice nell' Introduzione — voi siete gentiluomo 
e cristiano, o tale almeno ostentate di essere. Rap- 
porto al primo di questi caratteri, voi dovete dun- 
que conoscere cosa sia la gentilezza, V educazione, 
la civilta, la deoenza. Rapporto al secondo, voi si- 
curamente amate e praticate la carita, la giustizia, 
la mansuetudine, che il Vangelo comanda, ed avete 
in orrore la calunnia, la malignita, la ingiustizia, 
che il Vangelo riprova. Come dunque io leggo 
ne' vostri Articoli della ragione le indecenti e basse 
parole di canaglia, di pazzo, di spropositato ^ di 
hricconey di bestiale^ di hugiardo, di ciarlatano^ ed al- 
tre simili di cui e in possesso la polemica delle 
bettole e delle taverne ? » 

V e un passo, nel capitolo primo, in cui, evi- 
dentemente, accenna al poco afFetto che uutriva il 



issiino Grie 
rinteresse 

che vol d 
i al vivo 1 
palpiti del 
ire di qutilc 

noil so cl 

profonda <] 
' mondo ha 
m avete s 

i moment 
i, e neppurt 
sstri stessi 
piii meno 
iurezza o 1 
iia impiega 
ulla vi com 
) atesso Va 

tenera pai 
to e dolent 
Bmarrita, : 
■invenuta, 
tccia per 1 
liro franca 



av\'ero la  
ai urar ruon qui la cexara guaesfio, se il 

Monaldo amasse o no il figliuolo Giacomi 
permetto pero di osservare che codtsto lingn 
del Torti, per quanto possa contenere la sua 
di fieie, dimoatra ehe, ueD' opinione pubblic; 



— lee- 
s' era fatta strada, in certo modo, la convinzione 
che il conte non nutrisse per il figlio quel senti- 
menti di pietoso affetto, ai quali questi aveva di- 
ritto, se non altro, e per V alto ingegno e per la 
grande infelicita sua. ^ 

Vi son de' momenti, in cui lo sdegno del Torti 
assume un carattere cosi grave e, direi quasi, su- 
blime, che se ne riceve una profonda impressione. 
« Indietro, — dice — signor del gioma^le, indietro dal 
sacro tempio della ragione che voi profanate » — 
« Quando la vosti^ testa vacilla e si confonde tra 
la parola canaglia o altra parola piii proporzimiata, 
allontanate da voi il calamaio, chindete i libri e 
guardatevi soprattutto dal parlar di codici, di con- 
fische, di carnefici, di mannaie. » E mi par che 
gli desse un buon consiglio. 

Non e faor di luogo notare anche con qual 
sorta d' argomenti il conte Monaldo pretendeva 
confutare il Torti. Questi sostiene, e mi par con 
tutta ragione, che le leggi devono essere scritte in 
italiano e non in latino, perche il popolo non le 
capisce : e il conte esce in questa bella trovata : 
« Se r ignorante che non sa leggere, non puo vedere 
ne' codici e negli editti il testo della legge, si la- 



1 La questione 6 magistralmente e con la massima imparzia- 
lit^ trattata nel bel volume gi& cit. del Finzi, alle cui oonclusloni 
aderi pienamente un autorevolissimo giudice, il D' Ancona ( Ras»e~ 
gna Bibtiograflca, III, 11-12 ), che erasi giA occupato di essa questione 
in un articolo, intitolato La faviiglia di G. Leopardi, pubblicato nella 
Nuova Antologia del 15 ott. 78. Se ne occupo anche il Piergili in que- 
sto stesBo giomale (15 febbr. 82, H conte M. Leopardi). 



— 162 — 

d' un Vicario. II Leopardi scrive : « Voi dipingete 
un uomo con li corni per dare ad intendere che 
tutti gli uomini hanno li corni. » « No, — ri- 
sponde il Torti — sarebbe assai piu facile di far 
eonoscere al pubblico che esistono in realta degli 
uomini con due lunglie oreccMe per cimiero, espo- 
nendo alia vista V effigie di un dottore selvatico 
per r enormi ragliate della sua voce . . . . Se le 
tigri e i leopardi potessero ragionare suUa sorte 
degli uomini, lo farebbero in una maniera piu de- 
g«La della brutalita del loro cuore e del loro in- 
telletto. » 

La volgarita scende, a volte, troppo in basso 
nella Voce : « Noi credevamo di esser fattura, im- 
magine e figliuoli di Dio, e la filosofia del secolo 
illuminajbo ci avvisa che siamo solamente pifali » ; 
e cio, perche il Torti aveva detto che « V uomo, 
figlio della terra, ha un diritto di legittima sul- 
r eredita della sua gran madre. » Ma il Torti ri- 
sponde per le rime : « Per verita questa filosofia 
non avrebbe il piu gran torto, se tutti gli uomini 
avessero la disgrazia di somigliarvi. » Finalmente, 
per uscir di quest' aria poco pura, al Torti, che 
sosteneva la collegiahta de' giudici, il conte con- 
siglia : « Se avete qualche causa, raccomandatela 
fervorosamente a Dio ; del resto non vi (?urate. » 
« Faro cio senza dubbio — risponde — ; ma sap- 
piate che il mio avversario non manc^hera di fare 
altrettanto. Ora credete voi che il regolatore del 
tutto voglia operare un prodigio nella testa del 
giudice? » 



— 168 — 

lo mi sono trattenuto anche troppo su que- 
sta polemica, ma il lettore non puo avere ancora 
un' idea esatta dell' insipienza , della volgaiita , 
de' sentimenti retrivi dello scrittore della Voce^ e, 
dair altro lato, deir eloquente coraggio e del no- 
bUe sdegno, con cui il Torti combatteva la sua e 
la santa caUsa della moralita e della giustizia, ch' e 
quanto dire, della liberta della patria. 

vni. 

Vediamo ora che cosa ricavasse il nostro scrit- 
tore dalla "Sua difesa. Diamo volentieri la parola a 
lui stesso, che alF amico Bartoli cosi scriveva : « II 
primo eccellente frutto di quest' opuscolo e stata 
la soppressione della sciagurata Voce della Ragione 
per ordine della Suprema Segr.* di Stato. Ma in 
seguito sono state ascoltate le tiranniche leggi del- 
r etichetta ; e siccome V opuscolo e Y Apologia di 
un^ opera interdetta, cosi anch' essa e stata posta 
neir Lidice come la sua principale. L' ordine della 
soppressione del Giornale ebbe luogo ai 10 Decem- 
bre ; la metamorfosi delF Apologia ai 7 Gennaio. » ^ 



1 n Torti sL fece bello del sol di luglio, poich^ la causa della 
soppressione della Voce fii tutta diversa. J\ Leopardi, con i suoi li- 
ber! modi, era venuto in xiggia anche ai pezzi grossi del Vaticano, 
specie al tesoriere mons. Tosti e al potentissimo cameriere Grtietano 
Moroni, i quali tesero il laccio al troppo fiero conte, che non tardo 
a restarvi preso. Discutendosi la celebre causa, De legitinia vel il- 
legitima flUatione, tra due valenti avvocati di Boma, il conte, che 
era solito ficcare il naso dapertutto, entro, senza esserci chiamato, 
nella qnestione, sostenendo 1' illegittimit& con gli argomenti che gli 
erau tanto famigliari : c Come si crede — disse — che Cristo 6 J&glio 



— 164 — 

E non la proscrizione soltanto, che per molte 
opere e titolo di merito, ma, quel ch' e peggio, 
tocco a questo, come agli altri libri del Torti, un 
oblio immeritato. Ed io credo sia un gran male, 
dimenticar certi scrittori che dettero tutto il loro 
ingegno alia patria, sol perche non usarono una 
lingua pura, uno stile elegante, e non raggiunsero 
i fastigi deir arte. Ammiriamo 1' arte, perche non 
c^ e nessuna condizione di tempi, dove V uomo 
possa credere inutile esprimere nettamente i pro- 
pri pensieri e crescerne efficacia con opportuni 
ornamenti ; ma codesta ammirazione non deve ren- 
derci ingrati verso chi porto il 'contributo, qua- 
lunque esso fosse, della propria intelligenza all' au- 
mento della coltura e al progresso della civilta. 
Inoltre , se han conseguito la • lor parte d' im- 
mortalita certi scrittori di non largo ingegno, per 



di Dio, solo perche 1' han detto Giuseppe e Maria, cosi si deve cre- 
dere ai due coniugi che hanno ripudiato il fi<?lio adulterino, il quale 
oggi chiede d' esser legittimato. » L' empia frase suscito in corte 
grave scandolo, ma, per questa volta, il Qonte rimedio tutto con una 
ritrattazione. Contrario ai governi elettivi, arrivo fino a dire che 
anche queUo del Papa, essendo elettivo, non era un buon governc : era 
grossa, ma anche questa volta con una ritrattazione smorzo 1' ira 
vaticana. Avendo per6 fatto pubblico un dlalogo intervenuto tra il 
Papa e la duchessa di Berry, alia quale il sommo padre avrebbe 
raccomandato il Deutz, abile agente carlista, aggiungendovi questo 
salato commento : « Se fosse vero che 8. S. avesse parlato di Deutz 
con tanto vantaggio, questa sarebbe una dimostrazione di piu cho i 
Papi hanno 1' infallibility degli errori, ma non 1' hanno nella con- 
versazione privata per non esser ingannati dai bricconi ^; 1' iracondo 
Oregorio se I'ebbe tanto a male, che, dando finalmente soddisfazione 
a que' due alti dignitari. decret6 la soppressione del giornale, che, 
per salvar le apparenze, si disse provocata da un articolo del Leo- 
pardi sulla scuola di La Mennais. Cfr. G. Piergili, // ConU MonaJdo 
Leopardi, in Ntiova Antologia, vol. cit. 



di lingua su 
igli ingiusto 
}rdo certi al- 
io e che trat- 
ntendimenti, 
J ii stile ?» 
inquantoche 
la religione, 
ieo niai teo- 
1 di sangue : 
adiare i suoi 
[iiieu, il Que- 

trasse, tem- 
n politica, in 
nando Itoyer 
G. B. Say e 
n parte con- 
i piu aiidaci 
ui animirati 

i quali delle 
) a distrug- 



' »; 



Ope re minor i 

I. 
L' Erodiade. 

A vent' anni, quando il cuore e piii a 
seiitimeuti generosi e gentili, quando il p 
vola piu lieve ne' liberi campi della fantas 
non si sente poeta ? E poeta si senti, a ven 
anche il Torti, ehe fervida ebbe 1' immagii 
e r animo gentile ! Ma i suoi versi, a A\i 
di quelli dell' altro Torti, che il Manzoni 
talo, chiamandoli, non aenza arguzia, pocl 
lenti, * moriron sul nascere. Meno male 
st«sso li scomunico, bruciando ogni esemp 
suo popmetto ( intitolato Erodiade ) ehe g 
tasse tra le mani ; e par che gliene capita 
molti, ^ perche lo ho durato fatica ad aver 

Nonostante la scomunica che I'A. gli 
nol ce ne occuperemo brevemente lo stesao, 

1 1 Promeaai Sp'i'i ; a cum di A. Cecinetti ; Milftn. 
Itsa; pag. 435. 

2 Mi dlcono ulie li ricompnuae al preuo di nn pBp« 



-f' - r;-r.i 



— 168 — ' 

si devon sempre rintracciare i primi passi di chi 
abbia percorso un lungo cammino ; e poi, perche 
in esso ritroviamo i caratteri della poesia del tempo. 

Grii va innanzi un Discorso sopra i versi 
scioUi, che per me ha maggiore importanza che non 
il poemetto stesso. 

Correvano i bei tempi de' Verd sciolti di tre 
eccellenti autori e del « padre incorrotto di corrotti 
figli »; il verso sciolto era divenuto il grave og- 
getto, intorno a cui s' accapigliavan tra loro i let- 
terati ; su V orditu7*a degli sciolti corse, tra il Pa- 
rini e il Frugoni, un carteggio, il quale « eerto e 
a dolere che andasse smarrito » ; ^ e il Delia Torre 
Rezzonico, « editore delle opere del Frugoni e piu 
frugoniano di lui, » ^ ne fece una vera e propria 
apologia. ^ II Torti, che, fin da giovine, mostro di 
voler pensare con la propria testa, da la berta 
tanto ai « fanatici » che agl' « intoUeranti » del 
verso sciolto, e dichiara di volerne fare,' non la 
critica ne la difesa, ma la storia. ^ 



1 V. la bella recensione che il Bbrtoldi fa d' un libro del suo 
illustre maestro ( G. Carducci, Storia del « Giorno » di G, PaHiii ; Bo- 
logna, Zaniclielli, 1892 ) in Giorn. stor. della lett. ital.; vol. XXI, 
fasc. 61 ; pag. 121. 

2 Zaneltja, Della lett. ital. ?iell' ultimo sec; Citt^ di Castello, 
Lapi, 1887 ; pag. 118. 

3 Cabducci, Prefazione ai Lirici del sec. XVIII; Firenze, Bar- 
bara, 1871. 

4 E curioso vedere come, in due parole, si sbrighi dell' origine 
della rima, e a che punto stessero, suUo scorcio del secolo jMisaato, 
le nostre conoscenze intorno ai primordi della poesia italiana. « I 
NormannL la recarono in Sicilia, i Siciliani in Italia (!): bench^ Ti- 
raboschi e Muratori pretendano non fosse sconosciuta agli antichi ; 
i quali pero, afferma Algarotti, 1' adoperarono nelle canzoni della 
plebe, negl' inni di Friapo, ne* saturuiui ecc. Orazio favorisoe qud> 



toria, che comincia 
izione. 

«iolti, dice, e Fran- 
i versi del cosi detto 
il t^sto del Crescim- 
gutamente « tradii- 
tradizione ^ ( ita- 
II Cantico del .Sofc, 



I ftnoora 


vogluu staliihra 




acgomeDti nnoi 




scr.tto (Jto Hr 


uirDi;S> 


edi«., pagg. 221 


.ecbecos 


ititui, direi quasi 


(/-a poaia ticltiana wtt 


ro le cono 


liuioQi del quale 


De Lolu 


8. n MouBci hi 



teneo eenovese. che - alia 

„.... , . letterarift eontribuirono iu 

maggion o minor mieura, oltre Bologna, e, sia pure suboidioal^i- 
Dieute, la Sicilia, nitre regioni d'ltalia, che per vie pid u menodi- 
rette ebbero pure a Beatire I'influsso -vivifloatore della corte va- 
gante di FederLgO' S«coniIo il Cesareo invece, Bologoa, B&rebbe stata 

liaua, i cixi rtLppreaentanti avrebbero dl 1^ riportato il segreto della 

Ungnti poetioft > | Gfoi-n. aUn: della leU. itot.: a. XIV, ftiBC. TB, 

pigg. lia-131; iwensione). Cfr. anche, dell'autorevole Toemac«, La 
KHoUl poetica tic. in n. Ant., 15-llJM e 1-12-W, e Atlorno ntla tcuola etc.: 
ibid.. !-&«(, e dello Zesatti, La Koola poetica nic. del aei:. XIII. pro- 
laiione euo,; HeBSiun, D'Amico, 1S94 , e Ancoi-a dfUa ecuola tic: 
ibid., ISBo. 





Aooenna po 


i ai tr 


ovatori 


. oBonrati 


i da Dante e dal Petraroa • , 




ui il nastTO as 


segna 


un pos 


to pib ele> 


■atoche 


aDaBti 


3 stesao. Qne- 




prefereuza. se 


coudo 


alonni, 


fu oauBH 


. che (1 


Tort; 


bruciasse il 


pw 


imetto, perch* 


Deli' 


rotpetUi 






11 bene del Petrarca : 






■se. lo 


bruoiO 


Alia comparsa dc 


die poea 






oni vide non poter s. 




e il parag 






op.cit.). Per 


me 




, agli, 


iini nji 


agli altci 


: lo bru 


oiO, pel 


'ch^ oapl ohe 



M (ie'i>r>in< MC«Jf ; CittA di Ca«t«Uo, Lapi, 18%. 



— 170 — 

e stato argomento grave di studio a vari e va- 
lenti critici e romanisti, quali il D' Ancona, il Mo- 
naci, il Teza, il Mestica , il Bartoli , V Hase , il 
Bohmer e il Gaspary. Si e disputato se esso sia 
opera genuina di S. Francesco, non solo, ma se 
sia scritto in francese o in volgare, se in prosa o 
in versi. Mi limitero (e potrei fame anche a meno ) 
a riferir qui le conclusioni di un valente studioso, 
il Delia Giovanna, che si e recentemente, e con 
competenza di scienziato, occupato a fondo della 
questione : « . . . . Si sa che S. Francesco ha com- 
posto una lauda delle creature, come pure ne ha 
composto una intorno alia virtu ed altre a Maria; 
se poi la lauda delle creature fosse dettata in vol- 
gare : se in versi o in prosa assonanzata, non si 
sa; si ha quindi ragione di dubitare che il can- 
tico volgare attribuito a S. Francesco non sia ve- 
ramente opera sua . . . . » ^ E il Torti credeva 
ingenuamente che del verso sciolto fosse babbo 
S. Francesco. 

E certo pero che la sua origine e antica e 
risale al sec. XIII, in cui appare in Mare Ar^so^ 
poemetto lirico di 300 endecasillabi, attribuito a 
Brunette Latini. Ma « questo esempio — dice il 
Casini — rimase sconosciuto ai nostri cinquecen- 
tisti, poiche il Mare Air^f9{>so fa recentemente sco- 
perto e pubblicato dal prof. Grion. » ^ Da S. Fran- 



1 8. Francesco d' Assist giullare e le * Laudes creaturarum » ; 
in Giorn. stor. della Lett, ital.; vol. XXV, fasc. 73, pag. 89. 

2 Notizia delle fonne metriche italiane; Firezuse, SanBoni, 188A. 



— 171 — 

cesco, infatti, il Torti paasa a parlare del Trissii 
di cui da rni sano giudizio, afiermando che 
« non fece ae non che versi senza rima » . E 
fatto, pel soggetto e pel modo con cui e innea 
la storia alia favola, per 1' imitazione servile c 
mero e per il suo verso, che e, « come tutt< 
stile, freddo, diaannonico, languido, proliaso 
r Italia Uberata dai GoH e im parto assai infe 
Parla poi dell' Alamanni, del Caro, ^ de' quali j 
giudica bene, del Frugoni, che loda troppo ( & 
del tempo ! ), benche lo riconosca « prolisso ne 
riodi, verbose nelle frasi e uniforme nelle finzioi 
e finalmente viene a discorrere dell' autore di 
opus perfecfum, e, per quel che feceva la pia 
molto giudizioaamente. Lo moatrino le aue par 
» La grand' arte di dipinger tutto, fino a pre 
tare al tatto gli oggetti deacritti, e quella 
grande di sublimare qualunque piccolezza, di < 
alle cose piu vili un aapetto il piu nobUe: t 
la forza dell' espressione, la collocazione delle 
role, r arte di epitetare,. insomma acriver si 1 
da non poter acriver meglio, tutto queato a' 
mira nel Mattino, portato a un grado si •■ 



■r.deaalett.ital.:TiTi 



cinta, di F. ^quaqlia, uelln, qualeai dim 
£neidt fliii fltftto piti fwnmiraiB di que 
'. n IV iibro deW Eneide Bco.; Empoli, T: 



" 



— 172 — 

quanto la perfezione. » Quando il Torti scriveva 
cosi, « non si gustava ancora — 1' ha detto il Car- 
ducci — la nervosa eleganza del Parini, » ^ e si 
applaudiva, invece, alle scipitaggini arcadiche ; e 
percio ho detto che questo Discorso ha per me 
maggiore importanza che non il poemetto : V am- 
mirazione pel Parini e buon segno in un giovine 
di vent' anni, che vive in tempi di gusto corrotto. 
II nostro giudica finalmente se stesso, e anche 
questo fa con giustezza e spirito, mettendo fuori 
una profezia, che si e poi avverata. II suo Di- 
scorso termina infatti cosi : « Per essere cattivo 
poeta, basta d' esser mediocre. A questa riflessione, 
mi cade la penna di mano, ne oso levar gli occhi 
a rlguardare il destino dell' Erodiade. » 

Do qui un breve sunto di codesto poemetto: 
se non ne val la pena, chiedo scusa al benevolo 
lettore. 

Erodiade, V eroina, e figlia di Berenice e di 
Aristobulo, uno de' nove figli di Erode il Grande : 
sposo in prime nozze Erqde-FiUppo, altro figlio di 
Erode il Grande, suo zio, cui ripudio per darsi a 
Erode- Antipa ( questi Erodi in Giudea sono una 
processione come gli Schlegel in Germania, eh, 
on. Morandi ? ^ ), altro suo zio. ^ 

Nel primo canto la troviamo nel momento in 
cui passa a queste incestuose seconde nozze. S. Gio- 
vanni esce dal deserto e si presenta a rimprove- 



1 TArici del sec. XVIII cit.; prefazione, pag. LXVIII. 

2 Morandi, Ricerche sul Baretti cit.; pag. 89. 

3 Pridbaux, Storia degli M>rei. 




uo truce desi- 
) ( Canto II ). 
Sriovanni, fre- 
voce del Pre- 
igliiera a Dio, 
I ). La quale, 
1 sogno dalla 
ipo ) la, testa 
1 sogno possa 
r la Dea Vo- 
;to da Erode 
:o IV ). Men- 
i, che gli reca 
le 6 Zerobaal 
isposta a fitr 
•ei'ano al tem- 
mo d' Erode , 
a€0 in («rte 
■gal coppia si 
lell' Avemo a 
d' Erodiade 
toloso annnn- 
3, desidera al- 
)bandonato in 
tti e tre dal 



— 174 — 

tempio; Zerobaal le precorre, per informare il re 
della venuta di Salome. La quale, infatti, appare 
nella sala regale in mezzo a una schiera di danza- 
trici e sonatrici, destando grande commovimento di 
ammirazione ( Canto VIII ). Le danze s' intrec- 
ciano, ed Erode, rapito dalla leggiadria di Salome, 
le offre, abbracciandola, la regal corona. EUa ri- 
fiuta, per non spogliarne la madre, ma domanda 
la testa del Battista. II re, eccitato anche dal fa- 
riseo, le presenta la spada, che essa prende e da 
a Zerobaal ( Canto IX ). Questo scende nella pri- 
gione e tronca la testa al Preoursore, la quale vien 
portata sur un piatto da Salome a Erodiade. La 
barbara regina vuol, con uno spillo toltosi dalle 
trecce, punzecchiar la lingua ; ma la mano le 
trema: tutti inorriditi fuggono a tal vista: Sa- 
lome si copre gli occhi, e il re tiranno 

corre a celarsi altrove, e invan vorrebbe 

fuggir gli attesi meritati colpi 

dei fulmini del cielo e della terra ( Canto X ). 

L' azione, come si vede e semplicissima, an- 
che troppo semplice per un poema : meglio si sa- 
rebbe prestata per una tragedia : e infatti, tra i 
drammi del PelUco, ne troviamo uno, che s' inti- 
tola appunto : E)'odiade. 

Ma cosi, qual e, la tela del poemetto non e 
ordita male : v' ha armonia tra le parti, gli epi- 
sodi vengono a proposito a interrompere la mono- 
tonia del racconto : non manca qualche bella de- 
scrizione, come quella del tempio e della danza : 
anche per quel che riguarda la tecnica del verso, 



- 175 — 

laestria, benche, per otte 
to sciupio d' aggettivi 

declamatorio ; i personi 
mtiche, ma senfcono e 
la modema, per cui n 

Quel che pero rende i 
31 e quello strano miser 
le ci rivela 1' artiflzio e 
i, il soggetto steaso non 

1' autore. « Ne Pindaro 

U Carducci — erano fi 

mmoreggiava per 1' ar 
\e firancese. Vi sono elem 
Qi, e' e 1' imitazione vi 
iforzo d' imitare il Pa 
lificazioni di concetti astr 
aturale : e tutta questa i 
n balia della sonora c 
issono St contemperare i 
^i vuole una mano maei 
quella del Monti : e ai 

1 element© imitato da ; 
poesia altissima, pure, 

. e riuscita, come n' e pi 
Vera. Figuriamoci quel 
■e il giovine Torti, che, 
I poemetto per esercizio 
^nell' intento ( ricoixiisi 
■colaro de' gesuiti I ), ch' 



— 176 — 

cosi coniune ai lirici del sec. XVIII , di cantar 
cioe soggetti biblici e cristiani, rivestendoli di 
forme classiche, per derivar lodi al governo del 
papa : ^ i quali caratteri li ritroviamo anche nelle 
prime liriche di Vincenzo Monti, che non sono 
certamente le sue migliori cose. ^ E che a quel- 
r intento mirasse anche il Torti, me lo dimo- 
stra un brano di lettera, ch' egli scrisse da Came- 
rino al padre, press' a poco al tempo in cui compose 
1' Erodiade : « Annuccia ( ch' era la sorella ) mi 
richiese un sonetto per il viaggio del Papa. lo le 
risposi che al ritorno di S. S. si potra fare qual- 
che cosa. Tutti i sonetti usciti per questa occassione 
non hanno di particolare che il soggetto. Bramo 
vivamente di vedere il suo . . . » "^ Anche il pa- 
dre del Torti ci si metteva, ed era un avv^ocato ! 
Dopo quel che s'e detto, non staremo a fare i 
piagnoni, se il nostro dette alle fiamme la sua E- 
rodiadey obbedendo cosi alia legge IV delle XII Ta- 
vole : — Pater insignem ad deformitatem ptierum 
cito necato ! — 



1-2 ZuMHixi, Studi sidle poeaie di V. Monti; Firenze, Le Mon- 
uicr, 188o; cap.: Liriche. 

;i Amaduzzi, op. cit.; pag. 32. 



ie allii Bmcilliana 



H del Monti. 



queste OssereazUmi criti 
r la stampa, e come poi 
oco : una di esse pero ci e 
ice ragione che il Monti 
I Xoie alia sua cantica E 

puo dare un' idea di quel 

specie di saggio cntko 
josta, e anche una delle 
che ha attirato 1' atten- 
lllustre eritico ha dimo- 

e nel sop rannatu rale, il 
:hi element! estetici dal 
: anzi, la finzione della 
I Messia e nn episodio, 
1' anima di tntto il poema. 
ella Mortr, son dette que- 
strerai [ a Giuda ] il Re- 

aangue dalla crore, poi 
1 Beatitudine, e in ultimo 

E, nella Basriliiana, al- 
sapplizio la vista orrenda 
he poi Giuda finisca nel- 
ivece alle glorie del Para- 
a: la finzione e, la stessa. 



— 178 - 

« Cosi, — dice lo Zumbini — se nel Messia quella 
finzione fa parte del piu notevole episodic, nella 
Bdsvilliana e come Y anima di tutto il lavoro. Che 
il Monti dovesse giudicare alP istesso modo, s' infe- 
risce da cio che tra le annotazioni alia cantica, 
fatte o appro vate da lui medesimo, c' e la seguente : 
« Questo spirituale gastigo fonnera la base di 
tutta la cantica, ed aprira al Poeta una facile via 
onde derivare nel suo lavoro tutti i piu grandi 
avvenimenti della Rivoluzione francese. Sopra di 
che ci sia permesso di riportare un paragrafo di 
lettera, che all' autore della cantica scrive V egregio 
Signor Francesco Torti, giovane di fervidi talenti 
e di profondissimo sentimento. Non oseremo pero 
decidere se la sua penna sia stata mossa dalla 
sola amicizia o dall' amicizia insieme e dalla ra- 
gione. » ^ Qui lo Zumbini riporta soltanto una 
parte del paragrafo di lettera di cui parla il Monti : 
noi crediamo bene riportarlo per intero. Eccolo : 
« In verita il vostro espediente e ammirabile. Col- 
legando all' uni verso fisico il mondo invisibile della 
Religione, voi siete padrone di far pendere la bi- 
lancia dalla parte che piu vi aggrada. La Reli- 
gione ha in mano la chiave di tutti i successi, ed 
essa gU spiega alF uomo in una maniera sempre 
capace di sbalordirlo. lo non cessero mai di ripe- 
tere su questo punto i vostri vantaggi sopra Dante 
medesimo. Piu volte ho riflottuto con delizia sulla 
differenza delle sue e vostre idee, anche quando 



1 Zumbini, Stadi cit.; pagg. 13-14. 



re — 

rembrava dovesse awm 
voi aaspgnate a BasviUe 
rabilmente nuova e s« 
} spirit© non sono di un 
la sostanza lisica the a 
ill' ente spiritnale. Egh e 
'iva delta siia sensibihta 
a, i suoi rimorsi formano 
/eramente in preda all an 
iange sopra i mali de suoi 
li, de' suoi fratelli, ohime ' 
to e comnjosso da un gt 
ile di tormenti ? E pero 
e toceante 1' idea d' un tal 

te, — aggiunge lo Zum 
ardente ammirazione gio 
Dsigne poeta. Tiittavia il 
le cose : nel non intendere 
bili gastighi inventati d i 
orta qui, nel ererler nuo\ a 
L del Klopstofk. - ^ 
errori presi dal Torti non 
a cattiva sort.e toccata a 
li. Le quali, come questa 
ebbero avuto certamente 
juell' ardente ammirazione 
tico; ma, siecome il Monti 



jr f • a 



r ' 



t^ 



— 180 — 

le aveva accolte tanto benevolmente, da interes- 
sarsi persino della stampa di esse, anzi, lui stesso 
aveva con insistenza pregato il Torti a farle, cosi 
esse avrebbero gettato, se ce ne fosse stato biso- 
gno, molta luce, non pur sul testo, ma anche sul 
modo con cui il Monti veniva componendo la sua 
cantica. Ne parlo a caso : in una letter a ( che mi 
spiace di non riportar per intero ), il Monti diceva 
cosi al Torti: «... L' altra censura della nube 
oscura e nera e giustissima, e debbo candid amente 
confessarvi che la fretta, e, piucche la fretta, la 
difficolta della rima mi vi costrinse; e sebbene a 
prima vista paia facile cosa V emendarlo, se voi vi 
porrete all' impresa, ritenendo tutti gli altri pen- 
sieri fuori che quello che abbiam detto della nube 
e dell' inosservato che e posto per servir di pun- 
tello all' altro, forse non troverete di che conten- 
tarvi. Anche le altre abbondano d' ingegno, senza 
mancare di sensatezza . . . . » ^ Dalle quali pa- 
role ci e lecito anche arguire che, dietro i sugge- 
rimenti del Torti, qualcosa pote il Monti mutare 
nella sua cantica: e non sarebbe questa la prima 
volta che la critica abbia contribuito alia perfe- 
zione di un' opera d' arte. 

Che poi il Torti non fosse arrivato a com- 
prendere che 1' idea del purgatorio basvilliano non 
fosse nuova, ma tolta dal Klopstock, non deve re- 
car maraviglia a chi consideri che il nostro non 
aveva ancora avuto conoscenza delle letterature 



1 Bertoi^di e Mazzatinti, Lettere inedite ecc; vol. I, pagg. 210-211. 






— 181 — 

straniere, della quale dette poi saggio, come ab- 
biam notato, e nella lettera al Colelli e nel Dante 
Rivendicato: e percio ehiamava, a ragione, nuova, 
rispetto a Dante, 1' idea del purgatorio basvilliano. 
E s' egli si era persuaso che gli elementi estetici 
della Basmlliana erano stati tolti dalla Divina Com^ 
mediay e, attratto dalla grande delicatezza e fles- 
suosita della mu^a montiana e dall' elegantissima 
forma del poema, aveva affermato che essi ave- 
vano avuto un atteggiamento nuovo e piu arti- 
stico, non era andato, sotto un certo rispetto, poco 
lontano dal vero. ^ Infatti, « una delle maggiori lodi 
del Monti e V aver recato con essi [ i poemi la 
Basvillmna e La hellezza delV universo ] una forma 
poetica nuova, la quale, benche luvorata precipita- 
mente su qiiella di Dante, pure e ricca di vaghezze 
proprie e di sembianze tutte sue, e ricca piu spe- 
cialmente di onde armoniose e talvolta gagliarde, 
raccolte, e vibrate, come nella Divina Commedia, 
ma piu spesso flessuose e delicate come nelle stanze 
del Poliziano; » ^ com' e un' altra lode del Monti 
« r abilita somma con cui sa far sue le bellezze 
di antichi classici, specie di Virgilio, » ^ non solo, 
ma e quelle di Milton e di Ossian e del Klopstock 



1 E bello, del resto, notar come il Monti confessasse al Torti 
di non sentirsi « assolutamente forte abbastanza per accettare la su- 
periority di sentimento che troppo largamente > lui gli regalava so- 
pra Dante medesimo. « Questa idea moderatela — gli dice — e, se 
non altro, attribuite 1' effetto della mia Cantica ad una maggior 
grazia e disinvoltura di verso, piuttosto che ad una maggior ener- 
gia di p3kssiohi. V. Bsktoldi e Mazzatikti, op. cit.; pag. 211. 

2-8 ZuMRiNi, op. oit.; pagg. 41-42. 



■y-'iS *'■■ 



V -• 



— 182 — 

e di altri. Sotto il quale rispetto e bene indovinata 
la frase del Torti : il Monti e V ape d' oro del Par- 
naso » , ^ frase che dovrebbe far fortuna : e che, 
d' altra parte, ci diinostra che, se il Torti esagero, 
seppe tuttavia comprendere il earattere generale 
deir ingegno poetico del Monti. Bisogna notar poi 
che il Monti pubblico quella nota a insaputa del 
nostro, e che, in una lettera famrliare, il critico po- 
teva ben esser di maniche larghe all' amico au- 
tore della Basvilliana, E V ammirazione del nostro 
pel suo amico poeta era tanto piu ardente, quanto 
piu aspre eran le censure e le accuse che al Monti 
si movevano per la sua cantica. Che cosi fosse, ce 
lo dice Achille Monti, nipote del poeta : « Pure, 
per questo nuovo lavoro, in mezzo alle alte lodi 
che d' ogni parte levavansi, ebbe il Monti a pa- 
tire alquante non lievi amarezze : e benche molto 
si confortasse per V opera di Francesco Torti, va- 
lente suo amico (prego il lettore di notar bene 
queste tre parole ), che con un bel ( si noti anco 
questa ) comento, di mano in mano che venivano 
in luce quei canti, aveva preso ad illustrarlo ed 
esaltarlo meritamente, pure dove vedersi scagliar 
addosso uno de' piu celebri poeti del tempo, Sa- 
verio Bettinelli ...... ^ 

E qui mi duole entrare in una discussione, 
dalla quale volentieri vorrei astenermi, se non mi 



1 Trovasi nella lettera al Colelli, Le Bellezze poeticJie di Oaaian 
imitate dal cav. Monti. 

2 A. Monti, Ricerche stoHche e letterarie 8u Vincenzo Monti; 
Boma, Barbara, 1873; pagg. 879-80. 



188 — 

bagli preai dall' istesso A- 
lelle relazioni tra il cantor 
e quali e necessario stabi- 
srita. 

senta un' osservazione. Che 
alo i letterati s' accapiglias- 
di loro, quando non si esal- 
aroehe lodi, e cosa ehe si 
che oggi, col pretesto di 
;taiio in luce, esagerate o 
rsonali, che, spiegate altri- 
iu rispetti, onore aH'inge- 
le maraviglia e addolora, 
o nuovo armeggio, i no- 
' aiitorita d' nn gran nome, 
contro chi, per una deplo- 
giustizia, giace tuttora di- 
;he ammazzare uu uomo 




I Semmoli ^ fii fiero avver- 
scrisse un opuscolo intito- 
ier sercire alia Vita di Vin- 
tanto scandolo, come ben 
Societa Colombaria nell' a- 
829 dal socio denominato 
■lemorie, alia pagina 26, si 
E rispetto alia Bascil- 
verita, non e fuori di pro- 



i PngDi, V. Mkl£i, iJisiai 
tuliani ecc.; MUiino, Piiol 
una, Sommtim^f 1889 ; pi 



— 184 — 

posito il sapere che il Torti di Bevagna, uomo 
dottissimo, autore del Parnaso italiano, persona 
dotata di una logica acuta e del piu retto giudi- 
zio, reco al Monti grande aiuto nello scrivere que- 
sto pcema, del quale non vi fu verso, non vi fu 
idea che sottoposta non fosse air esame ed al cri- 
terio di lui. » ^ 

Naturalmente lo strenuo apologista del cantor 
di Basville, non che nipote, non poteva passar 
sotto silenzio questa falsa affermazione, e nel suo 
libro, al capitolo : GU spropositi e le calunnie di 
F. Semmoli, dice : « II Torti di Bevagna, uomo 
in cui alia vivezza deir ingegno ed alF acume cri- 
tico mal corrispose la bonta del gusto, fece, e vero, 
il comento ( ora non e piu un bel comento, come 
ha detto sopra ) al poema del Basville; ma se guar- 
date alle parole di Lieto^ giudichereste che egli non 
r avesse comentato, ma scritto o almeno rifatto : 
mentre invece il Torti lo riceveva da Eoma canto 
per canto, quando era gia composto e limato, e 
in parte anche stampato, ed egli altro non faceva 
che esaltarlo (ora non dice piu meritamefnte ) sino 
a fame una vera apoteosi ( Lett, del Monti al Torti, 
13-11-1793; cfr. anche tutte le lett. scritte dal Monti 



1 Perche non sorga il dubbio che il Torti avesse avuto qualche 
parte in tali aflfermaziojii del Pagni, riferisco nn brano di lettera, 
scritta, il £9 giugno 1830, dal Torti medesimo all' amico Bartoli, di 
cni b' 6 parlato: « Mi e pervenuto esattamente il piccolo aAgglo auUa 
Vita del Cav. Monti. Trovandomi io inaspcttataniente onorato di di- 
stinta mcuzione alia pag. 26, mi 6 indispcnsabile di pregnrla a no- 
tificarmi il nome e la dimora dell' Autore, che si annancia col nome 
accadcmico di Lieto, onde io possa fargli giungere i miei rlDg^raxia- 
meutl. — Autograft cit. 



186 — 

\rismo. — Nota di A. Monti.) 
le qnalcosa di piu, come 
ue illustrazioni, senza por 
i d' uno iota : che anzi, il 
va le sue note al poema e 

riceveva ) per correggere 
ito, 86 in qualche cosa non 
a anche troppo ! ). » Qui ci 
ma vogliam venire al sodo : 
chille Monti lo doveva sa- 
nella storia dell' epigramma 
iri, a proposito di quelle 
indidainent« detto : • Tutto 
non sussiste. Le beUe idee 
erano sieuramente auoi, ma 
tgionassi e ne facessi cono- 

E avrei voluto che queste 
iiderato un altro apologista 
il quale, quendo gli fece 
»mpiacenza espressioni ^ e 
no alia Basvilliana, aggiun- 
i rapidamente sulla bocca 
le furon confermati da altri 
accenno alle Osservazioni, 
ismo col quale il Monti 



VonH, le Ultere e la pditUa in ttatui 
uaLgnaiK., Morondi, 1879-1887; voll. i. 
toiftro inHftnil al conte di Wilzeoh, 
x\a scmpre di cudere e non end* 
aabito flalln Imccn dl tutti gli ItO' 
Id. > Op. Git.; vol. 1761-03, pagg. 12&'1S6. 
US-lBOj vol. ITSl-KfiO, pngg. 8e&«H. 



.*--^ 



m 



— 186 — 
le aveva accolte e la smania con cui aveva cer- 
cato di pubblicarle, quelle osservazioni che lo Zum- 
bini, giustamente e serenamente, disse dettate dal- 
r ardente ammirazione giovanile verso un nuovo 
insigne poeta, non si perito di chiamarle con di- 
sprezzo adulazioni eccessive e dar del pedan'te al 
Torti, 1 che ebbe per norma di tutta la sua vita 
il grido: guerra ai pedanti! 

E andiamo innanzi. 

« Che se, — con tin ua Achille Monti — come 
accenna Lieto^ il Monti disprezzo in appresso il 
Torti, la colpa fu tutta di costui, perche non con- 
tento nel suo Antipurismo d' insultar mattamente 
ai migliori scrittori italiani del Trecento e del Cin- 
quecento, non si vergogno di maledire alia me- 
moria ed alia tomba del Perticari con scritti vil- 
lani e con un laido epigramma, che Vincenzo a 
ragione giudico cosa da fovea : e questo parmi anzi 
novello argomento della bonta deir animo del no- 
stro poeta, il quale forte si commoveva all' oltrag- 
gio che altri recava alia sacra memoria del figlio 
deir amor suo, che con tanto valore aveva accre- 
sciuto il patrimonio della patria letteratura, e certo 
il levarsi con derisioni a volerlo offuscare non era 
opera cittadina ne doverosa ( V. Ragnottt, op. 
cit.; e anche V Antipurismo del Torti ingiuriosissimo 
al Perticari. — Nota di A. Monti. ) » ^ 

Piu cose false in si poche righe Achille Monti 
non poteva accumulare. Notiamo intanto, tra pa- 



1 



1 Op. cit., vol. 1791-^, loc. cit. 

2 Op. cit., loc. cit. 



'•^rismo, si commette 

0, perche gli opuscoli 

raccolti dal Torti e ristampati sotto queato titolo 

videro la luce nel 1829, mentre la lettera famosa 

del Monti al Betti e del 1824. 

Cagioni, dunque, per le quali il Monti tolse 
al Torti la sua amicizia, che una volta aveva tanto 
gelosamente custodita, furono, secondo I'apologista, 
quesbe tre : i matti insulti ai poeti del Trecento e 
del Cinqnecento, gli scritti villani e 1' epigranima 
laido contro il Perticari. 

Ricordiamo anzitutto, un'altra volta, che la 
lettera del Monti ha la data del 6 niaggio 1824. 
Ora, degli opuscoli che compongono V Antipurinmo, 
due sono anteriori a questa data, e cioe il Puri- 
smo nemico del gtisto del 1818 e la Risposta ai Pu- 
rwti del 1819 ; il terzo e posteriore, tanto poate- 
riore, che ebbe appunto origine da quella lettera ; 
il quarto non fa al caao nostro, trattandosi in esao 
la queatione osaianesca, e non dico che in codesto 
scritterello il Torti dispensa a piene mani le lodi 
all' autore del Bardo della Selva Nera. Orbene, la- 
aciando atare il terzo e il quarto, i primi due non 
potevan suscitare il disprezzo del Monti verso il 
Torti, e la ragione ce la dira I'istesso apologista. 
II quale, a proposito della Proposta, dice : « . . , 
deUa quale opera pregevoHssima, per cui egli fe- 
ces! alia nazione nostra benemerito e grato, e con 
la quale rese all' idioma ed alia nazione il piu se- 
gnalato servizio di che sia capace nn cittadino fi- 
losofo ( e qui cita ; Tobti, Pisposta ai Puristi, § VII }, 



— 188 — 

quanto obbligo gli si debba, chiunque ha fior d' in- 
telletto potra agevolmente giudicare . . . . » ^ E 
il § VII della citata Risposta del Torti, alia pag. 
249, ha: « Ma il Cav. Monti, d' un genio assai 
superiore per nou lasciarsi imporre dal pedanti- 
8mo del giomo, egU che rende air idioma ed alia 
nazione U piu segnalato sermzio di che sia capace 
un dttadino filosofo . . . . » Queste a casa mia le 
son lodi : o da quando in qua il prodigar delle 
lodi air ingegno ha costituito una colpa ? ^ 

Quanto ai matti insulti ai migliori classic! 
del Trecento e del Cinquecento, noto primiera- 
mente che quelli del Torti son giudizi critici ( che 
insultatore sarebbe il Bonghi, a cui il Giordani 
riesce una melassa ! ^ ), e che, se fossero realmente 
insulti, un matto insultatore sarebbe pure il Monti 
di quel trecentisti. non sa 1' apologista che il Monti 
sferzava il padre Cesari, che spasimava ( come 
dice il jy Ovidio * ) per gli scrittori del Trecento? 
non ha letto le pagine della Proposta, in cui si 
parla del Boccaccio ? E poi, che ci viene a discor- 



1 Op. cit.; pag. 86. 

2 Per chi mi doiriandasse il mofcivo per il quale il Torti nel 
1818 e 19 lod6 la Proposta del Monti, e la censnro invece nel 1821, 
riferisco una preziosa noticina che trovasi a pag. 30 dell' Antip.: < II 
primo volume di quest' opera [ la Praposta ] del Cav. Monti indnsse 
SuUe prime in errore 1' A. dell' Anttp. Egli non si avvide che il 
Cav. Monti, mostrando di schiacciare il purismo del Veronese, o il 
trecentismo, voleva sostituirvi con egual tirannia il purismo del cin- 
quecento, escludendo dal Vocabolario tutti i nuovi vocaboli consa- 
crati dall' uso, e dall' esempio d' illustri scrittori. » 

3 Letts re critiche cit. 

4k Le C'orrezioni cit.; pag. 213. 



or Achille, mentre • ogni 
brezzo alle basse ingiurie 
e ai titoli di bacchettoni 
sni, mandria di ciucbi ed 
alava a I'hi non pensasse 
Vooabolario un " vilissimo, 
imo ammasso di lingua sco- 
?, cio ch' e piu ridicolo, ii 
;o cinque anni a manifestaro 
•ti, egli che, pronto alia col- 
*ccitabilit» nen-osa, dopo le 
a subito tutta la bonta del- 
icibile calorc <3' alfetto ? Sen- 
^nza tra la lettera al Betti 
dove diceva 1' epigramma 
a da forca e il Torti un 
ipredi dell' 11 agosto 1825: 
trato ieri 11 paragrafo della 
3;uarda. lo non ho mai dato 
3 di lagnarsi di me; bensi 
altamente di lagnarmi di 
per tutto alcuni infami suoi 
', voglio dir Pertifari. Del 
lulla di cio ch' egli abbia 
i qualunque sia 1' offesa, io 
.' adirarmene che senza nep- 
jerdono. * ^ 







— 190 — 

Torniamo al signor Achille. « Non si vergo- 
gno di maledire alia memoria ed alia tomba del 
Perticari con scritti villani » 

Rispondiamo anzitutto che gli scritti villani 
non esistono: dissi gia che Turbanita e uno dei pregi 
del Dante Rirendicato : ^ ma, se esistessero, non po- 
trebbero essere che il poscritto dei medesimo Dante 
Rivendicato, poiche li soltanto il Torti parla del 
Perticari. Ma quest^ opuscolo, ripetiamolo , e po- 
steriore alia lettera del Monti. Dunque ? Dunque, se- 
condo r apologista ( visum teneatis^ amid? ), il Torti 
fu costretto dal Monti a pagare il fio anticipata- 
mente di una colpa posteriore che mai non commiseHf 

Unica causa, dunque, del disprezzo del Monti 



stra qual fosse 1' animo del Monti ; pero non posso fare a meno di 
notare ohe il Monti dette al Torti motivo di lagnarsi di lui, cal- 
pestando troppo crndamente un' amicizia di dieci anni, viva e sin- 
cera, dimenticandolo con deplorevole ingratitudine ( com' ebbe a 
notar lo stesso Niccolini ), chiamandolo tristo, pazzo e adulatore; 
che non fu il Torti a mandar in giro per tntto 1' epigramma contro 
il divino Giulio, ma i fanatici e troppo zelanti amici del Monti e 
del Perticari, che vollero cogliere una buona occasione, per rifarsi 
degli attacchi del Torti ; che il Monti sapeva benissimo del Dante Ri- 
vendicato, com' fe provato da queste parole da me trovate in una pre- 
fazione manoscritta per una terza edizione del Dante : « Un degno 
personaggio s' incarioo di presentarlo al Monti. II Monti lo vide, lo 
conobbe, e non pot6 confutarlo, e mori tre anni dopo senza replicare 
una sillaba >; che il Torti, in fine, non aveva bisogjno di perdono, per- 
ch§, come s' 6 visto, nessuna offesa contiene il Dante contro il Monti. 
1 Sono notevoli, tra gli elogi che il Torti ricevette da tutte le 
parti per codesta lettera, quelli del Vermiglioli, autoritft. degna di 
tutta la fiducia (V. Ijettere ad illusfri pern pint, edite, per nozze An- 
sidei-Bandini Piccolomini, da A. Rossi; Perugia, Bon comjjagni, [1880]; 
cfr. la lettera responsiva del Torti ad una del Vermiglioli del 12 
ott. 1825); mentre il Vicchi dice che nel Dante il Torti non e piu 
1' adulatore smodato di una volta, ma il critico e oppositore studiato, 
acerrimo e insistente ( Op. cit.; vol. 1791-93, pag. 190 ). Che difFerenza 
tra i giudici sereni e ^li apologisti ! 



_ 191 _ 

rramma. Povero Torti ! rici 

.gramma, per il quale ft 

fovea, pazzo, infamia di i 

el ^ 

cori: uom che in parole 

r altro cotale ; 

a ognor crusche frulloni, 

Eliso de' .... mincliioni ! 
i bonsenso, puo giudicare 
ma laido, che maledice i 
1 di unuomo! L' epigram 

bensi il letterato, lo scritt 
3 meglio il pedante, per 

concetto il Perticari. Cei 

non e un elogio : tutti gli i 
I essere impiccati sccondo 
ino, compreso il Ma<;hiav( 
nte, sii cui forse modellt 

ori Pier Soderini, 

ill' Inferoo alia boccha ; 

le Inferno! anima hciocchn, 

) fra gli altri bambini!' 

i r epigramma del nostro ] 

giuriosa del Monti, se pno j 



lari Del Oinrn. areadieo [ tomo LXIV, pftg. 
1 vita e gli scritti m N. Xochiaivlli: To 
• I ghitibiaai, loritti per letteia dal Mm 



• c 



— 192 — 

stificare il suo disprezzo verso il Torti, che aveva 
deriso il merito letterario di un altro, sia pur ge- 
nero di lui. Ma non e tutto. Achille Monti dovrebbe 
sapere che il Torti, quando senti che gli amici del 
Perticari avevano, con maligne intenzioni, propa- 
lato essi V epigram ma, tento di sofiPocar 1' inevitabile 
scoppio d^ ire e di indecorose contese, scrivendo, con 
lodevole bugia, a due amici di Camerino, ^ ch' egli 
non s'era neppur sognato di comporre quell' epi- 
gramma, e che n' era invece autore un burlone di 
Todi : il che mi par debba luminosamente provare 
che il Torti non avea dato alcun significato men 
che onesto a quello scherzo, e che i disonesti eran 
coloro che, per basse vendette, lo avevan denunziato 
al Monti, in un momento di vivo e giusto dolore. 
Dovrebbe quindi fare a meno V apologista di usar 
la parola vergogna dccanto al nome di Francesco 
Torti, tempra d' uomo rara e nobilissimo carattere. 
Taccio poi dell' olimpico disprezzo di un certo pro- 
fessore, che in una nota a un discorso da lui pro- 
nunciato intorno al Perticari, disse : « Chi non lo 
perdono neppur morto, fu un tale F. Torti; » ^ 
taccio, perclie, quando, in pieno secolo decimonono, 
si ha la malinconia di chiamare il Perticari il re- 



velli a Pier Soderini in Ragasa, posson darci argomento a glndicare 
dell' autenticit^ di quell' epigramma, che non ha certo, come osservu 
il Cantu {Storia degli Italiani, vol. Ill, pag. 83), il pregio dell' ori- 
ginality. — L' epigramma cit. 6 in un ms. della Nazionale di Fi- 
renze, segnato VII. 9. 271. 

1 Luigi Pizzicanti e Michele Giorgi. — V. Giorn, arcadico; 
tomo LXIV, pag. 157. 

2 G. S. ScipioNi, G. Perticari letterato e cittadino ; TAenzA, Cont'i^ 
1888; pagg. 9, 24, 41, 



■• *f 



^ 193 -^ 

stauratore delle httere e il vero fondatore della fi- 
loloffia moderna, ^ mi par che non si possa aver 
voce in capitolo. 

Come fa poi V apologista a conciliare queste 
frasi del Monti: « Conobbi gia a Roma questo 
pazzo all' occasione della BasviUiana^ suUa quale 
egli mi adulo con certi suoi scritti » , con quest' altre 
sue : « . . . .benche molto si confortasse [ il Monti ] 
per r opera di F. Torti di Bevagna, valente amico 
suo, che con un bel comento, di mano in mano che 
venivano in luce quel canti, aveva preso ad illu- 
strarlo ed esaltarlo meritamente » ? « lo mi conforto 
moltissimo nelle vostre lettere e ne fo conserva, 
perche godo d' aver spesso sotto gli occhi la rimen- 
branza di un' amicizia, di cui fo conto e di cui 
saro sempre geloso. » ^ Cosi seriveva il Monti al 
Torti il 4 ottobre 1786, e davvero fii geloso di 
queir amicizia, per la quale serbava la meta del 
suo letto ! 

Ora, che dire dell' autore delle Riceixhe stori- 
che e letterarie, che rimprovera al Cantu di falsi- 
ficare la storia ? Quello che ne disse il Carducci, 
e cioe che, in questo suo libro, scrisse « cose de- 
gne e indegne di lui » ; ^ e quelle che si riferiscono 
al Torti, sono indubbiamente tra quest' ultime. 



1 V. la nota 2 a pag. 192. 

2 Bektoldi e Mazzatinti, op. cit.; vol. 1, pag. 148. 

3 liozzetti critici e dUcorsi Utterari; Livorno, Vigo, 1876 ; cfr. il 
cap: Per una nuova Pdizionc. delle poesie del Monti. — II prof. Monaci 
ml disse un giorno che A. Monti era una cara e degna persona, ma 
che, a toccargli lo zio Vincenzo, diventava una iena. — E non ando 

13-TsABAiiZA, Francesco Torti, 



lo finisco facei 
e severe parole del 
lui finiva la difes 
sL'arte faceva pei 
miracolo di comunu 
a cio che sotto alti 
bello. E cio basta 
dalla sua gloria, di 
 che si derivi nuov 
avvereari, che cio^ 
mento dell' invidia 
che la storia impai 
solo spiegare in rai 
ziandio degno di ri 



" E una raeni' 
dal Torti intorno il 
che aveva di visa to 
illuntri italiani viven 
quel benemerito pr< 
cura di D. Diamillo 



Monti contra 1' AlfierLf — 

Roma, Sommitrnga, 1883; ] 

I Op' oil'; poff- ultin 



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— 1^ — 

rimenti aZto macchia, in 12,^ di pagine 18, ricca 
di note in risposta a chi V aveva chiamato V infa- 
mia di Bevagna, ^ ed ora tutto scandalizzato per 
la pubblicazione dello scherzo sulla tomba del Per- 
ticari, s* ingegnava sostenere il giudizio del filo- 
logo pesarese intorno alio stile del Metastasio e 
del Tasso. 

« II Liceo di Perugia respinge di tutta forza 
la riferita appellazione, goffamente modellata su 
quella che Dante regala al Minotauro, e faeendosi 
interprete de' sentimenti di tutta la Provincia, le 
contrappone, con voto che s' incida sul sepolcro 
dell' onorando scrittore, questa di Gloria del* 
l' Umbria. » 

V. 
La Filosofia delle Medaglie. ^ 

« Le medaglie prese ad illustrare dal Torti sono 
foggiate un po' diversamente da quelle che si ve- 
dono raccolte ne' musei. Hanno si come le altre 
il diritto e il rovescio ; ma le parole diritto e ro- 
vescio qui hanno il significato morale volgarmente 
ad esse attribuito, onde nel medagliere tortiano, 
sopra cui e scritto V emistichio di Ovidio — And- 
piti mirandibs imagine *-^ la leggenda del diritto 
tutto il bene, quella del rovescio compendia tutto 



1 Era stato, come s' e visto, il Montanari ( La Ricreaziotie cit. ), 
che rmcar6 la dose chiamando il Torti solenne furfante ( Giorn. ar- 

cad. cit.). 

2 n titolo completo 6 : Filosofia delle Medaglie de' grandi uomini 
d' ogni secolo che piu interessano la storia, la letteratura, e la filosofia. 






197 — 
il male del personaggio che ue forma il subbietto. 
Le ragioni delle due diverse leggende aono eapo- 
ste in due distinti articoli, ai quali tien dietro un 
terzo, dove sotto la rubrica Fihsbfia, V autore in- 
veBtiga le cause della notata mistura di bene e di 
male nei medesimo individuo. 

« Egli conCesse 1' onore di questi studi ad A- 
lessandro, ad Achille, ad Aristotile, ad Alfieri, ad 
Abelardo, ad Annibale, ad Aruet di Volt^r, ad 
Annaboleca, ad Anneo Seneca, ed agli Antichi e 
Modemi : la qual decade, come apparisce dall' an- 
nuncio di Prima Serie e da un brano di lettera 
diretta in proposito al Cav. Vermiglioli, doveva 
esser seguita da taut' altre, forse quante aono le 
lettere dell' alfabeto. Ma tra i manoscritti dell' il- 
lustre defonto non 8i e rinvenuto che il diritto di 
queUa di Bayle. » 

Codesta operetta fii todatissima dal Roaini, che, 
come rilevo da una lettera ch' egli scrisse all' a- 
mico Torti, ne avrebbe parlato nel primo numero 
d' un nuovo giomale letterario " che si meditava 
in Pisa » : nella atessa lettera il Eosini gli diceva 
che presto avrebbe scritto il saggio suUa Vita Ci- 
vile del Galila, che i' Istituto di Francia aveva 
dato commissione a due membri di fare un rapporto 
suUa sua Storia della PUtura Italiana, e si lagnava 
di non aver ricevuto pel suo discorso sul Galilei 
neppure un ringraziamento da nessuna parte. ' 
Povero Rosini.' 

1 Arch, tortiano in BeTHgna; busM ni-Xin, Oorritpoadetaa 



Ne parlo il perio 
ArH e Letteratura — di 
8torico-morale ben oonc 
spirito e con molta ed 

Merita di esser qa. 
che ne scrisse 1' autorei 
FarfaUa di Bologna. 

» Albssakuro, invitto 
atorici e ptwti ti cliiamano 
beneflco monarca; dopo cli 
omaggio e ti'ibuti ; dopo c 
e commerci ; dopo che 1' oi 
gliuolo di Giove, sicche po 
fra gli uomini! .... Ales 
che dopo venti e piii aecol 
che ponesse a paragone i i 
rovesciasse la medeglia di 
strasse alle genti metio che 
aavi, ma I'iugegno ai-dimej 
sofii sulle tue gesta famost 
cordialmente che mai non 
e la mollezza inalzati al pi 

t AcniLLB, eroe d^la g 
trando in te stesso, e medi 
rie che pt-oiIezzK mojpianiint 
d" onde ) oggi ohe 1' Autore 
nifeste alia tei-ra universa 
gevano in te. e molti anco 

' Aribtotile, maestro  
Pamano Ifediano, che anali 
padre di (/paudi errori ; eci 
merito che ha errato, ma che 



1 M." T%, tamo XXXI, 11 muK 1359, e 



m quegli scogli 
ufragare di leggeri. 
tore di tremende cose, eaempio 
1' uomo 1' efficace proposito di 

tutt' aitro da quel che si era; 

( e non b il solo ) che ti vuole 

altri seguaci di Melpomene 
fiungere al perfetto dell' arte, 
i sapienza in aecoli bui di 
nosoere pel tuo ingegno come 
vita scientifica meravigJiosa 
lanto la tua vita di sciagure 
, starei per dire ad ognuno, 
itato al moodo come tu fosti: 
it tiio secolo, digojwrnio doRe 

OLt£]R, Anna Bolbna, Amnbo 
[, Toi pure siete esposti in 

col proprio diritto e col pro- 
lapitani, da un giovanetto ab- 
ispidi detla flosofla ; coronati 
m dal diadema reate, poipu- 
itibolo infame ; grandi mae- 
Hranni; modeUi inimperabili 
et^mi di tutti i secoli. 
ondo, 'nb dal vile adulfttore 

vizi, nh dal satirico velenoso 
ogni cosa die addenta. Forse 

adatta cornice, perchi non 
te ai tempi in cui vtveste, 
ligioni che vi furon propria ; 
 cbe produceate sul vosfcro se- 
I vi trovate a fronte dell' u- 
sogni sociali, e se non siete 
ite tali per6 da illuminare e 
. petchA i vostri mali vengon 



— 200 — 

sentiti (la tutti, ed un male sentito 6 gik un gran passo 
verso il bene. » * 

VI. 
La Patria di Propei^zio. 

Due noti versi dicono come Sette siano le citta 
che si contendevano V onore d' aver dato i natali a 
Omero: con le varianti poi le citti vengono a esser 
quattordici. Per Properzio la cosa non va molto di- 
versamente : ma, se per Omero la questione puo 
dirsi ormai risoluta, essa e ancor svb iudice per 
rUmbro Callimaco, che fii. vivo e verde e tutto 
d'un pezzo. 

lo non tentero nemmeno, non dico di risol- 
verla, di sfiorarla appena, perche uscirei dai limiti 
assegnati al presente lavoro. Diro soltanto, e bre- 
vemente, come e per qual via parve al Torti di 
averla risoluta, e accennero alia polemica, conti- 
nuata fino ai nostri giorni, alia quale fu scintilla 
il suo libro. 

« II nostro Poeta — dice il Torti — non ha 
mai dichiarato apeftamente il luogo deUa sua pa- 
tria: quindi si presentano tre quesiti important!: 

1. Quali erano le qualita caratteristiche che 
distinguevano eminentemente V antica patria di 
Properzio ; 

2. Quali erano le segrete ragioni che lo co- 
stringevano a nascondere il luogo della sua patria ; 

B. Trovate queste qualita caratteristiche e que- 



1 Auuo 1839, n. 11. 



i eitta dell' Umbria tleve 
applicazione. - 

probleiJii, sparira ogni 
jatria di Properzio. 
.0, — riassumo la dimo- 

testimonianza del poeta 
jmpre, ne delineo pero 
' estensione di territorio, 
nota per importeinza 
perzio fu la sola tra le 
la guerra civile tra An- 
^asse per il primo e in- 
li Perugia : onde dovette 
ietta di Ottaviano, che 
i veterani. Ma tutti gli 
10 la pill ampla testi- 

militare, territoriale e 
a, oggi Bevagna, men- 
all' Umbria convengono 
a ci dice che 1' unica 
nania ; quindi Bevagna 
ii aver dato i natali a 

sto nuovo libro, che, a 
iari, « eostituisee la piu 
a di Bevagna, » ^ riven- 
I quel vanto che 1' era 
di risolver la questione, 
larentemente la piu vit- 

',' Toiiuu, Lobacbei, Ul&Ui pay. llS. 



— 202 — 
toriosa, non poteva non suscitar V opposizione e 
le censure degli studiosi. Senza dubbio, gli argo- 
menti d' indole ideologica hanno un grandissimo 
peso in certi problemi ; ma, quando si tratta d' in- 
terpretare i testi, e la filologia quella che prima 
deve scendere in campo, e seconda, trattandosi qui 
di questione essenzialmente geografica, la topogra- 
fia. Ora il Torti, pur dando prova di una vasta 
coltura filologica nel desumere dagli scrittori le 
prove delle qualita caratteristiche, con cui il Poeta 
designava la sua patria, mise da parte e filologia 
e topografia, di cui doveva valersi per determinare 
la vera lezione di alcuni luoghi di Properzio o 
oscuri o corrotti, dai quali dipende in massima 
parte la risoluzione della questione, e cosi la sua 
dimostrazione fa monca. Sorse quindi il Pennac- 
chi, Rettore dell' Universita di Perugia, a impu- 
gnare le conclusioni del Torti, sostenendo esser 
Properzio nato a Bettona ; ^ ma il Bevanate non 
pote rispondere, perche mori prima di conoscere 
le oseervazioni del dotto di Bettona. 

In questi ultimi anni, il dott. Griulio Urbini, 
riprese la questione e rivendico alia sua Spello 
Properzio. - Pero, se Y egregio professore dette 
prova di una soda erudizione e di una seria pre- 
parazione scientifica e merito V approvazione di 
Gaetano Trezza, pure non ottenne la palma della 



1 Alcune riflessioni suUa patria di Properzio ecc; Imola, Ga- 
leati, 1848. 

2 La vita, i tempi e l' elegie di Seato Properzio; Foligno, Campi- 
teUi, 1888; vol. I. 



( — 

contrastata dal mio ve- 
Epaminonda Mattoli di 
Urbini con im opuscolo 
Froperzio e il Torti ri- 
lodi tli Augusto Eomizi, 
r fiiori le sue Proper- 
, come al Torti, la morte 

toccato sempUcemente 
a, quale s' ^ dibattuta 
si 1' espressione, de' cam- 



11' Uriiini sn Propariio foaiw 1' sr- 
nttata all' Istituto di Stiidi Sa- 
tro di Intino il compianto Trezza, 
ato scolara e alia, oui memoria 
■li ftltri aoritti pcopetsiani del 
implifloaEioni di quello, de'qnttli 

stabile ^ la conclusione alia quale 
■ezna cimase perausso dell» di- 
ilo, 1' Ocoioui, perattra, tqio com- 

lettere, nltai patiia, c moltissiml' 



Assiaaao, o lapellata, o 
i' ^, un poetn elcf^nte o gentile, 
1 quale neaaun dissenso scienti- 
Bnerci cnncordi ; a^ 1' oaourit4 del 
nl Hanzoui d^ammirar gronde- 
' altimo poeta di eai qael Oraude 
tto dl motte „ ( C. F.beis. La 
Jpllini, ISSB; pag. 12). — V. per 
t:Hf La I'atria di J'rii^nBio,i^iiit, 



— 904 -^ 

panili : che, se volessi riassumere tutti gli studi 
[)roperziani, specie de' Tedesch^, dovrei far per lo 
ineno un libro. Anche tra i critici della Germa- 
nia c' e un disaccordo generale, non pur sulla le- 
zione del testo ( nessun autore antico ci e giunto 
c'osi malmenato come Properzio ), ma anche sulla 
patria deU' elegiaco umbro. Che la cosa sia cosi, 
s' intende da queste parole, con cui il Baeherens 
chiude i Prolegomena alia sua splendida edizione 
critica del 1880, che gli costo dodici anni di fa- 
tica, e che e senza dubbio la migliore : « Et haec 
(juidem hactenus: quamvis enim quae restat gra- 
I'ium quaestionum ad Propertium pertinentium mulr 
fltudo quasi invitet ad cursum institutum perse- 
(pendum, nos tamen nunc vela contrahimus, li- 
toreque optato potiti ancoram iacimus. » ^ 

Cosi la questione aspetta ancora un critico di 
bona volonta e alieno da qualunque passione di 
campanile; ma tutto fa sperare che anche i figli 
de' nostri figli non saran privati del gradito piacere 
(li accapigliarsi un po* anche loro intorno a que- 
st' osso. E se ci si provi un Tedesco, venga nel- 
r Umbria verde, venga alle rive del placido Cli- 
tunno, e si faccia un' idea csatta de' luoghi, senza 
di che non si puo risolvere il problema : e, se par- 
tira con le mani vote, com' e probabile, avra al- 
nieno respirato un' aura di quella dolce e vitale poe- 
sia, che mosse il canto di Virgilio e di Enotrio 
E/omano. 



1 Lipsia, Teubner, 1860. 



k 



gia troppi i auoi 
icritti inediti : noi li 
andoci su qualcuno 
portanza, ma anche 
imo sotto due cate- 
eremo dai primi. 
bico, il Torti non fii 
ibblicati o no, ai ri- 
ico. Abbiamo gia e- 
i (]uaiido egli stesso 
J il suo sonetto sul 

6 inferiore a tanti 
rifordo che piaceva 
.ale t-e lo commento 
mo anche qualehe 
, segnalati pure dal 
al Torti stesso pub- 

per una vestizione 



;r.v 



— 206 — 

monacale. Riferisco il primo, che ha qualche bel- 
lezza : 

Glitumnus . . . praesens uumen, atque etiam fatidicum. 

Plinio, Ep. 8, lib. 8. 

Dall'urna cristallina il capo eretto 
coronato da Flora e da Vertunno, 
sorger dall' onda io veggo in sino al petto 
1' antico placidissimo Clitunno ; 

e serenando il nebuloso aspetto 

come vapor che s' apre al sol d' autunno, 
tutto si bea nel prode giovinetto, 
onor di Temi e di Minerva alunno. ^ 

E a Lei, '^ piu bella della bella Dea, 

rivolto esclama : « Cintia mia novella, 
chi mi dk il canto die Proper zio avea ? 

Sorga intanto da voi, alme preclare, 

prole al padre simil, di te piili bella ! » 
Disse, e col lieto augurio ei corre al mare. 

Molti i versi inediti: ma pochissimi buoni. 
Tutti appartengono all' eta giovanile dell' autore : 
prova sicura n' e la calligrafia : inoltre la sostanza 
e la forma lo dimostrano chiaramente. Abbiamo 
tre sonetti, uno intitolato: Alessandro aUu tomba 
di Achilley un altro: Estate, il terzo: Occasione 
prossima ( un po' lascivetto ), tutti inferiori alia 
mediocrita. I^e terzine Corrispondenza non hanno 
die quattro o cinque versi buoni, in cui si descrive 
un bacio donato dall' innamorata all' amante. II 
oapitolo sulla Passione di Nostra Signore, le ottave 
suUa Strage degV Innocentiyle terzine del Sctfito Xa- 
tale, il sonetto sulla SpiHtualitd deW anima, rive- 



1 Alessandro Spetia, avvocato e amante delle lettere. 

2 La (M^lta Caterina Giorgi, patrizla di Bevagna. 



I I 

IC 



bac 

)St 

sta sofieta uaoiva dalle scuole de' U-esuiti. » 
un certo calore e sono meno artificiose '. 
MaUnconia e 1' elegia II figlio inconsolabi 
morte delta madre: meacliina imitazione ] 
la poesia /« tre parti della iwUe. La ti 
di alcune eJegie di Properzio in versi scii 
mostra che il Torti sapeva leggere I' urn 
limaco, ma non ha alcuna Ijeliezza prop] 
forma ne di stile; quelle sc-iolto poi sen 
prontato a quell' onda frugoniana, die p 
fatto caaa nell' orecchio del Dostro scoiarel 
stonatura con quel patetico calmo e tranq 
I' elegiaco latino. Migliori tra tutti sono j 
che narrano \m Hngno. Tale era pure 1' a 
Rosai, che, tenerissirao della purezza e 
ganza, non era di facile contentatura. Li 

1 Lirifidel «c. XVIIl; Fireaie, BariiirB, 1671; pa^ 



perch^ il lettore si 
criterio del valore 
del nostro Torti, 

Men gia soliiigo per le verdi aponde 

del placido Clituimo, ed il mio ypirto 

tuttc era Jmmeriio Qella calda idea 

del cantore di Clntia. Era la uotte, 

e la lima, gin in alto spaziando, 

spai'gea un sorriso di modeata luce 

sullo stanoo uiiiverso. Alzai la fronts, 

e contemplando il be I pianeta, il terso 

lucido volto, la tranquilla marcia 

e il silenzio maestoso in cui sublime 

trapassava le stelle : • O bella, — io dissi — 

regioa della notte, o tu che porti 

di Cintia il nome, il memorando nome, 

che di Propei-zio negliaccesi carmi 

tante volte e si tenero risnona: 

tu, che, neir oia de' notturni aHanni 

dell'errante Poeta e lainentoso, 

mandavi un raggio a sahitar gli allori 

della sua fronte, ab, se laKsii, bell' astro, 

S6 per cotewta via di stella in stella 

il niio spirito incontri, ah, tu gli rendi 

un saluto per rae ! Digli qual dolce 

fremito mi colpisce, ailorch^ sento 

concittadin chiaaiarlo, e quanto foco 

r impeto de' suoi carmi in me risveglia: 

digli che in g^iembo alia sua patria un stuolo 

d'eletti vati col siio nome in fi'onte 

ulida il tempo e la morti>. e in mez^o ad esai 

il simulacro di Properzio iiraggia 

1' oiiorate fatirlie, e dal siio nlloro 

parte la fiamma degli ascrei talenti, 

e digli ancor . . . . ' Ma, nientre alia i-aggiante 

diva il mio labro isocipiagea le voci, 



mteo in gift spiccarsi 
*ul!' estremo raggio 
! ombre amorose, 
e i nembi d' Inistorre 
I Tedean strisoiarsi 
spente amiche 
V deila tempesta. 
ventilommi in fronte 
[. Donna vid' io 
: Candida veste, 
Jo bradcio ofiriva 
za, ed il suo volto 
sti ^'iocea 

li. Dal luanco lato 
flainmeggiava in viso 
o, avvolto il erine 
. : gli oechi io vidi, 
lutiiijiaemo e foco 
. Pendeagli a lato 
si Tedea fra 1' ombre 
iraanti corde. 
si mi disse — e vedi in q 
tale. Ospite etereo 

malferma musa 

7. Vaone alio stuolo 

lel audor dirceo, 

mie oreccbie f: il nuon< 
ion oblio ni fato 

di livore 
fdpggiante t'ronda, 

cliiome. E tu, se vuoi 
Ko, ama il mio plettro, 
ni ed odi attento 
le strappomnii amore, 



^ 



— 210 — 

e mi valsero alflo tauta me 

Tacque con un sospir 1' 0ml 

e shI volto di Cintia io vidi 

un sorriso brillar : quindi 1' 

intrecciaron gli aguardi, e ii 

spezzossi il raggio, a' invola 

la luna era tranquilla, ed ic 

foBco, deserto e colle chiom< 

Bpawe e stillanti di notturn 

Ho detto i migliori, ma 

siano un gran che: mi duole 

dire del mio Torti queUo che 

il Manzoni, ma la colpa non 

II. 
Passiamo' alle prose : tra 
esser ricordate le Letters Ron 
certa importanza storioa. Son 
cordi della vita nienata alia 
bidi anni, in cui infiiriava ii 
zione. Molte parlano de' mc 
grandezza romana e dell' enti 
nell' animo del visitatore, alt 
di accademie, altre di altri j 
complesso una lettura pia(e\ 

1 A oodesti pasafttampi si rifariso 
speH, ohe il Torti iuvlnvH, dn Romn nil 
render COQto deir ultimo centesimo. Ec 
Aliberii, baj. 90 — jiec teatro Voile, 15 - 

al gioco a atrnevale e » Natala. 60 — ( 
e mftnteca, B — per onlliiniiiro a polveri 
e gelati, 35 — io due volte giooati al li 
cento 9cudi il sig. Domenico Mntteimc^ 
Atoh. tort., lett. alia madra. 



■neriterebtDe di esser pub- 

L e chiamata nn « im- 
menao raduao di tnvolezze e di maraviglie », e si 
nota che, tra dugentomila abitanti, la maggior 
parte sono nemici naturali del forestiero. 

Merita speciale menzione un aneddoto. La si- 
gnora Fortunata Fantastici era veniita in Roma 
a improvvisare. Allora vi era anche Gianni a 
Roma, ma per la prima sera si tenne in disparte 
e cavaUerescametite rifiuto di misurarsi con la gen- 
til forestiera. Incominciato, come dire? il tratte- 
nimento, si venne alia proposta de' temi da svol- 
gere, II cardinal Flangini ( i cardinali d' allora 
erano piu bontemponi d' adesso ) le dette a trat^ 
tar© La Francesea da Eimml. Si suseito un grande 
mormorio nel pubblico, e il Monti, ad alta voce, 
gjido : 

Iia bocca mi bacid tut to tremante. 
E 1' improTvisatrice fece una sonora risata. 

Una lettera parla dell' Alfieri. Ne riferisco 
qualche brano : « La Congiura de' Pazzi e pensata 
coll' anima fiera, profonda di Machiavello e scritta 
colla semplice, energica, libera sublimita di Ta- 
cito .... Egli non ha voluto ne adulare de' preti, 
nk farsi applaudire dalle dame .... Alfieri sara 
letto con entusiasmo in Inghilterra, e forse fra 
qualche altr' anno anche in .... » E notevole 
poi il rimprovero che 1' A. fa all' Alfieri di aver 
seguito le inconcludenti wnitd dramniatiche. 

1 Oh, io odio i Frances! — e detto in un' al- 



tra — con tutto il mi 
rigi di sei teatri, e noi 
di uno ( si era chiuso 
voglion tagliar le bra* 

Altrove e chiamato cattivo nn nomo ehe fa 
1' apologia della Rivoluzione francese. 

In un' altra si legge : * II nostro Gianni ha 
terminato assai male: dicono t'lie sia stato arre- 
stato ai confini della Toscana, » 

Qdeate lettere, in complesso, riapeccMano 1' al- 
legria e la spensieratezza in cui si viveva a Roma, 
raentre a Parigi il sangue scorreva per le vie. 

Ma verrahno anche per Eoma i giorni lut- 
tuoai ! 

III. 

Altro scritto e una lettera all' ab. Lanci, della 
quale cosi parla il Rossi : « Le lodi onde il no- 
minato abate celebro ^ il cavallo di Gwbbe a aca- 
pito di quanti altri cavalli lurono mai descritti in 
versi 6 in prosa, mossero lo sdegnoso Bevanate a 
indirizzargli sotto il di 20 ottobre 1834 la pre- 
sente lettera, dove a riscontro del biblico pone i 
destrier! del Tasso, di Omero nella traduzione del 

1 In queiri>[H^rii, credo, a cui auceona il Giordani in una let- 

^iomo da Bolognn; parte per Pisa e LiTorao. Noa bt, piii tempo di 
stHinpare qui [ in Firenza | la sua opeis, che i aau, apieeaiione di 
vari Inoghi del testRmento vecchio, divers* dalt' opinion coroone, 
e dedotta dalle lingne oTleutali . . . . > BuBTaLOi, Vinlt Mtere Ine- 
diUi di P. Oiordaai, con ut diecorto ; Reggta netl' Emilia, StAb. Tip.-lit. 
dpgU Artisiaaelli, 1S96 (per nosze Ventari-Stani&m ); pag. 31. 



tostra quanto questi 
istezza, evidenza ed 

amo sott'occhio, gra- 
linistrazione dell'Or- 
gli scritti del Torti, 
T preparato per la 
LQai vi fu messo. « ^ 
enidito Boss! sfiiggl 
Torti, pubblkato dal 
'M-letterarw ^ di Pe- 
puscolo, dove si dice : 
bblicarla [ la lettera 
che il aignor L.[anci] 
3to da una celebre 
elicatezza se ne a- 



interesBe alcune note 
nn foglietto volante, 
netto del Gianni su 
qui nella sua prima 



orti la domenica delle 
iiiuo, iilartanna Massirai Cei^i 
, fioma, 1792. 



AllorchS Giuda di fur 

Piomb6 dal ramo, rap 

II tutelar suo demons 

Battendo 1' all fiimiga 

£ per le funi ohe poi 

Gii nel bollor delle !• 

Appena con le forti u 

Ch' arser le canii e si 

E giunto nell' ignivon; 

Lo stesso orribil Sata 

L' aocigliata spiaoar fi 

Poi fra le braccia inci 

E oon la bocca itisan^ 

Gli rese 11 bacio oh' a 

II Torti nota che « do] 

( su Giuda, s' intende ) quest! 

dici goffi versi. Nessuuo pu' 

nierati. » Fa poi un parage 

G-ianni e quelle del Monti, 

dente che, in quel tempo, i 

vano la palma nel mondo le 

non aueora il Mouti era sa 

blica, a quel grado di eca 

ben presto con la BizsmUiai 

V. 

II manoscritto piu imj 
SthiUs o I'^oria romantica 
Itossi scrisse poche righe & 



na esse ci bastano 
5Ta capito un' a^ca 
ti, o ne aveva ca- 

^.._ .__j_^_. __ .. .J . condo caso, perch^ 

il Rossi non era uoiuo da prender lucciole per 
lanteme. Ma allora vorrei domandare : perche na- 
sconder le cose? Egli dice: * A fine di prendere 
una chiara idea di questo lavoro che ilTorti in- 
traprese nella grave eta di 77 anni, ed in che si 
occupo eziandio infer mo della malattia che lo 
trasse al sepolcro, giova riferire il paragrafo fi- 
nale del primo preambolo, dove si parla de' Lthri 
sibtllini: 

« Qiiesti libri scomparsi dalla terra, o dicasi 
meglio, gl'infelici avanzi di questi libri, che jeri 
non esistevano, eecoli oggi ehe risorgono per nn 
protligio delle tenebre in cui erano sepolti. Quale 
stravaganza ! esclaraera taluno : si pretende forse 
ingannare il mondo? lo non so nulla; ma ©ceo 
de' frammenti di un libro sibillino. Cio per6 che 
io so bene si e, e tutti ne convengono, che il 
piccolo scritt-o rontiene niolto di vero autenticato 
dalle storie pia rispettabili : rhi osera affermare 
che tuttrO il resto non aia vero egualmente? Aspet- 
tiamo gli eventi futuri. Molte di queste rivelazioni 
concemono il passato ; molte riguardano 1' avvenire. 
Sj qneste vanno ad avverarsi, chi potra tacciar lo 
seritto sibillino di apocrifo o impostore? La sibilla 
vede una gran potenza del Nord ingigantirsi ter- 
ribilmente suir indolente Universo; all'opposto essa 
vede la caduta irreparabile della piu gran potenza 



— 216 - 

marittima del globo, e spez 
sforo, Chi decldera della veri 
predizione? II solo tempo. • 

Or a, chi non vede chi 
solite finzioni, che il Moran 
glia di metier tra i ferri  
vuol dare a intendere di av 
tafaccio la storia che vuol 
poi perche il Torti abbia st 
libri sdnlUni, e non uno di 
vecchi romanzieri. Intanto 
lettore: con le parole riferii 
fatta un' idea chiara del la\ 
gnava riferire, non questo, 
bolo, che il Torti stesso chi 
tanza : se non che c' era il gu 
delle cose un po' scottanti, i 
di metter fnori nel giomo i 
rugia celebrava una festa ii 
bevanate. lo dunque lo ri: 
zarlo ; e un po' lungo, ma i 
questo sara 1' ultimo brano 

" Preambolo di prima 
veggo tutte lo imperfezioni 
grazia e senza energia nelk 
ben lungi nella sua esecuzic 



— 217 — 

;tto. Ma il 3U0 peccato capitale 
)0 appena la centesima parte del- 
) che rimane a percorrere. Senza 
< non si dara la pena di leg- 
se lo leggera: e nullameno io lo 



iparlo dopo cio che bo premesso? 
He sense alia mia temeiita: ma 
M)Ia che equivale a mille. 
levolo, se ne incontro aleuno, 
)1 sepolcro gia suona alle spalle 
eta, Non potrei fare n^ di piii 
Bttare alle fiamme il manoscritto. 
veduto tutte le atravaganze, 
secolo, ma del mio tempo, giae- 
:or giovane, e puo un giomo 
; a plena gola che il moderno 
le piu bellft e piii istnittiva 1' au- 

atoria. Ingoiamo il paradosso 
ite. Ma io domando : percM ( ec- 
%el prexentare all' Italia wn h-aito 
■se del 1600, si mettono in acena 
! soprattutto due rozzi «pim, che 
'■ e che nessuno ha inferesse di ve- 
i e figure futU dipinfi grafica- 
•jemale delta acuola di Vandichf 
'olete, Romantici, il vostro me- 
ledio-evo sara aempre la meaza- 
ie e dell' ignoranza. Meglio di 
Dante e Petrarca, che ne attra- 

buio: 






■■'J 



— 218 — 

serva Italia, di dolore ostello, 

Nave senza nocchiero in gran tempesta, 

Non donna di provincia, ma bordello! 

Ecco i bei secoli che voi vorreste sostituire ai se- 
coli di lumi, della politezza sociale, e dicasi ancora 
delle strade di ferro. 

« Se volete gettar de' fiori sul campo della 
storia, scegliete prima un soggetto nobile, grande, 
interessante, e fatene sortire una lettura che possa 
fissare gli sguardi della ragione e del gusto. Ma 
voi gridate : jioi vogliamo de' libri che siano letti 
dalle nostre donne. Zelo superfluo ed oltraggioso! 
Come ignorate che le nostre Italiane leggono con 
la maggipr avidita non diro solamente Ezio^ Te- 
mistocle, Attilw Regoh, ma Virginia, ma Sofonisha, 
ma Timoleone e Bruto? Teraereste voi mai di es- 
ser piu sublimi d' Alfieri e piu estetici di Metastasio? 

« lo ho sparso di romanticismo la storia dell' u- 
niverso. Se le nostre donne non mi leggono, la 
colpa non e del soggetto, ma tutta mia. L' impresa 
h gigantesca ed io soccomberei sotto il suo peso. 
Quindi io non presento qui che un abbozzo. E 
desso buono, detestabile ? Ohime ! io non lo sapro 
mai. I miei giorni sono abbreviati, e chi me ne 
dara contezza al di la del sepolcro? » ^ 



1 c I frammenti di questa storia arcana del povero Torti messl 
insieme, e sul letto dellfi luorte preparati p^r la stampa, sono 31 , ed 
hanno per argomento: I priiui tempi del mondo. — La prima Si- 
billa. — Nembrod. — La Torre di Bal)ele. — Nembrod seduce il 
mondo noetico. — Combattimento fra Assur e Nembrod. — Trionfo 
di Nem.brod. — Ripugnanza della Sibilla. — Preludj dell* Ateismo. 
— Pericoli della Sibilla e sua fuga. — Nuovo spirito infuso nella Si- 
billa dalla Benedisione di No^. — Asilo della Sibilla. — Confoslone 



ioni per affennare se il Torti 
1 seconda edizione de' Promessi 
, intomo a essi quel grosso- 
Lbbiam visto nel brano npor 
reva gia intrapresa 1' opera sua 
iminciavano a venir fuori le di 
romanzo. Ma comunque '<ia 
idizio, che il Rossi ebbe paura 
dec'oro dell' onorando scnttcie 
1 legittima conseguenza d un 
fatto generale, che il Morandi ha apiegato da par 
8U0 ^ ), per noi e aempre importante. In primo 
luogo, esso, rincarando la dose, fa eco a quelle pa- 
role che scriveva al libraio Stella il Leopardi in- 
tomo al romanzo del Manzoni : « le persone di 
guato lo trovano molto inferiors all' aspettativa ; 
gli altri generalmente lo lodano » ; ^ in secondo 
luogo, ci dimostra con quanta ostinazione, neU' Um- 
bria, ai seguitasse a gridar la croce addosso ai 
Promessi Sposi, se, quattordici anni dopo la prima 
edizione, un letterato poteva impuneinente cbia- 
mar goffe le inunortali e divine figure del poema 

delLe liugue. — DiaperBioDe del genere umaoo. — Priacipj di BftbL- 
lonift. — Nemlirod padre di Nino. — Invaeione di Niniva. — Dritto 
infernale ddla gnerca. — Prioin legge della Natuia, la eonserva- 
lione dalla vita. - II pop«lo di Ninive evaonft la oittd. - Nembrod 
proolmna In cittft ool oome di Ninive in onore di Nino auo flglio. — 
Bitiro della SibiUa e suoi Umpi profeticl. — Antro delU Sibilla. 
— Invenzione della sorittun. — Alfabeto deUa Sibilla. — Eepetieaza 
deir Invenzione. _ Fasto delle Nasioni. — Bivolmcioni iDceaunti 
snllft terra. — Origine dell' idolatria. — Impero Aaaito. — Belo.  



Roaei 



■; P»K- 



15. 



, Ho detto J 
Torti godette, al tempo 
torita, tanto presso il p 
cdlte : ed cgli Eon avre 
sua buona riputazioiie, 
i piu, rispetto al Mauzoi 

Un' altra cosa, oltr 
rtssa notare nel preaml 
stalHIate ai Boinantioi. 

II Torti fu romantic 
ntppur lui. Se per roni 
sclusivamente 1' aboIizi( 
forme dell' arte, egli fti 
ticismo s' intendesse din 
1' antichita classica, egli 
njanticismo non esclude 
fu romantico fino alle ] 
si ribellft al giogo de' p 
anche nell' elocuzioue, t 
di lui. Nondimeno egli 
che? Per la ragione chi 
spira il romantit'ismo, e 
ranza. Lasciate il me< 
RomaiitiiL'i il Torti, rice 
e saro romantico anch' 
Sparge di romaniicisrno 1 
il romanticismo non e i 



1 Ricordisi quel the a' k di 
oTti feet! dsL Miiusoni nelln 
il germe della inBulsaggini i 



il Torti : esso ebbe un ideale hitto 
ale, non gia il meschino ufGcio 
>ri sulla storia. « Fate di piacere 

investigate 1' animo di lui, pa- 
i, non di vento: » cosi parlava 
ponendo quasi il programma della 

La quale necessariamente doveva 
lio-evo, trarre I' ispirazione all' i- 
he corrispondeva in politica alia 
voluta dal Grioberti, mentre i Clas- 
ano il conteniito dell' arte loro al 
le gli porgeva I'immagine della 
na, latina, predicata dal Mazzini. 
isico, non romantico, vagava nel- 
gendo i suoi fiori romantioi sulla 
i sull' impero assiro, e facendo ve- 
ntri le Sibille, non faceva che ri- 
re una frase de! CoTmlmtore^ ca- 

senza nemmeno quello splendore 
il pregio essenziale dell' arte clas- 
le s' e detto del Torti, conferma 

che ha notato il De-Sanctis, che 

contendere, fra tanfce esagerazioni 
©sp, si venne in tale mnfusione 
ggi Bteaso non si sa coaa era il 

in che si distingueva sostanzial- 

nn giudizio sicuro ed esatto sur 
liuta, interrotta anzi, si puo dire, 

:. ital.; Napoli, Horono, ISIB; vol. II, p&g. «S. 



alle prime pagine, potra se 
ma da quel poco che n' al 
b' e detto circa gl' intendim 
dedurre ch' egli, pur accart 
un conc«tto grandioso, era 
romauzo storico ha, come  
come si finira col rieonosce 
verso, una storia romantics 
surdita. E poi si fa presto 
ria al mondo noetico, alia 
alia dispersion del genere  
problemi che oggi, e chi s 
cora, sono e saranno pe' d( 
circolo. 

Ma, in ogni modo, q 
Torti fa sempre testimonia 
estesa dottrina e della grai 
ingegno. 



JLUSIONE. 



!) G-iusto Lipsio aentenzio : 
itur famani; e disse una ve- 
lest' ultimi e, indubbiamente, 
01 che abbiam conosciuto la 
itteraria, parra strano questo 
come tutti i fatti, ha la sua 
■agioni. 

usti, tutta la nostra lefctera- 

ia una guerra spietata con- 

straniero. Dalla tragedia al 

icro, non c' e un' unica forma 

■te, che non sia valsa, in 

.e, ad abbattere U vecchio 

icD. Ma, quando all' urto de- 

lel 48 e 49, altemativamente 

ci dettero speranze, timori e disinganni, sfumarono 

i nobili ideali che avevano infiammato e Classici 

e Romantici, allora tutta quella letteratura, che a- 

veva potentemente servito ad aprir le menti, ad 

acfendere gli animi, a a-uotere il popolo, dovett« 

inesorabilmente mettersi da parte, e ai dovette ri- 

correre ad altri mezzi, se si voile raggiungere la 

sospirata Uberta. Conseguita poi I' unita della pa- 

tria, avviata la societa a un nuovo cammino, venuti 

fuori nuovi bisogni, quelle forme del pensiero, quel- 



— 224 — ' 

r arte, quella letteratura, non potevano piu inte- 
ressar la nazione : cosi si spiega come, di tanti 
scrittori, solo il Leopardi e il Manzoni siano ri- 
masti veramente popolari ; perche essi non subor- 
dinarono ne sacrificarono V arte al fine politico, ^ 
ma la mantennero al di sopra di ogni altro fine, 
che non fosse V espressione spontanea, universale 
della natura, e, come diceva il buon parroco Lo- 
renzo Sterne, « dei sentimenti che da lei sola ger- 
mogliano. » ^ 

Alia comune sorte dovette soggiacere anche 
il nostro Torti, il quale, contribuendo a ridestar, 
come critico, il culto di Dante, predicando, come 
studioso della lingua, che alia forma bisognava 
unir la sostanza e che i libri dovevan contenere 
idee e non parole, condannando, come moralista, 
la corruzione e le nequizie del governo de' Papi, 
si deve considerare scrittore altamente civile, e 
m^rita di appartenere *alla schiera gloriosa di 
que' letterati, che fiirono i primi fattori del nostro 
risorgimento. 

Inoltre, sebbene propugnasse le sue idee con 
molta disinvoltura e con una facondia non comune, 



1 Non sia detto per irriyerenza verso gli altrl scrittori, che 
dell' arte si valsero per gettare i primi fondamenti del noatro edi- 
ado nazionale. « Qual titolo di gloria infatti, anche per uno scrit- 
tore, pu6 esser maggiore di quello d' aver potentemente contribuito 
a redimer la patria? Una spada che, uccidendo il nemico, si spezci 
nella ferita, non vale, mi pare, meno di quella che resta, anunirata, 
in an' armeria. > Moranoi, in Afitologia della nostra critica ecc; ediz. 
cit.; pag. 721, nota 1. 

2. V. G. Barzkllotti, La Ijetteratura e la Rivoluzione in Italia 
avanti e dopo il 1848 e 49 'm Moramoi, Antologia cit.; pag. 721 e segg. 




— 225 — 

pure, non avendo saputo ( e n' abbiam visto il 
perche ) congiungere all' assennatezza e alia no- 
bilta loro una forma schiettamente italiana, venne 
a scemar da se stesso il pregio alle opere sue, che, 
del resto, per la sostanza, non sono inferiori a 
molte altre, che sono entrate nel patrimonio della 
nostra letteratura. Ne va dimenticato che V acre- 
dine, ond' egli, per un eccessivo calore d' affetto, 
combatteva, solo, in un angolo di provincia, il pu- 
rismo, la pedanteria e V immoralita, dovette non 
poco nuocere alia sua riputazione, in un tempo 
in cui i letterati ( i maggiori esclusi ), congiunti 
in consorterie, dispensavano , dai loro giornali, 
gloria e infamia ad amici piccini, a potenti av- 
versari. 

Anche la divisione politica d' Italia, che, ren- 
dendo straniere 1' una air altra le province e iso- 
landone gl' ingegni, impediva la diffusione delle 
opere loro, spiega, ma fino a un certo punto, la 
poca fama che gode oggi il Torti; perche io non 
so chi piu di lui, quando non si tratti de' sommi, 
abbia fatto, a tempo suo, parlar di se: il Monti, 
il Niccolini, i due Leopardi, il Biagioli, il Mayer, 
il Vermiglioli, il Thouar, il Forti, Salvator Muzzi, 
il Vannucci, la Revue Encyclop^diqtie di Parigi, 
la Biblioteca Italiatia di Milano, la Farfalla di Bo- 
logna, r Antohgia di Firenze, il Giornale di Pisa, 
r Arcadico di Roma, 1' Encidopedico di Napoli, per 
citar solamente gli uomini piu noti e le piu ac- 
creditate riviste, si occuparono di lui. Che piu ? 

15-Tbabalza, Francesco Torti, 






i.^\»' 



«r 



— 226 — 

Di tutti questi scrittori e giornali, chi lo lodo, chi 
lo, combatte ; ma quasi tutti fdron concordi nel 
riconoscerne Tingegno robusto, la logica severa e 
r acume critico. 

E critico fa essenzialmente V ingegno del 
Torti. La sua attivita letteraria si svolse per lo 
piu nel campo della critica : di artistico, nulla Ba 
propriamente prodotto, che tutti i suoi componi- 
menti poetici non sono che un mero esercizio ret- 
torico di scolaro: benche innamorato della meta- 
fisica, pure non ci dette opera veramente filosofica. 
E ben determine la natura dell' ingegno di lui il 
Monti, che, nella sua ardente ammirazione verso 
il giovine che dava tanto belle speranze di sfe, e 
nel calor dell' affetto verso V amico entusiasta del 
suo maggior lavoro, arrivo fino a dirgli: « Voi 
sarete un giorno il massimo de^ critici . . . . » ^ 

II ProspettOj V Antipurismo e la Corrispondema 
sono le opere di lui che esercitarono, secondo il 
loro valore, maggiore efficacia che le altre, tanto 
suUa letteratura che suUa societa. Per quanto quelia 
del Prospetto sia una critica tutta subiettiva, pure 
essa segna un progresso nella storia letteraria : di 
cio fa fede la generale benevola accoglienza che 
il libro ebbe in tutta Italia. I lavori linguistici, 
benche privi di base scientifica, difetto comune a 
tutti i filologi del primo ventennio del nostro se- 
colo, giovarono, come abbiam visto, a temperare 
r asagerazioni de' puristi e a preparare il terreno 



1 Antipuriamo cit.; pag. 496. 




— 227 — 

alia riforma manzoniana. La Corrispondenza poi, 
per lo scopo a cui mira, si riconnette con le altre 
opere propriamente civili, che contribuirono al 
trionfo della liberta. 

Pero bisogna guardarsi bene dal magnificare 
il merito letterario di Francesco Torti, perche, in- 
vece di giovare, si nocerebbe alia sua fama. E- 
gli non fa certamente un ingegno di prim' ordine, 
ne miro a raggiungere i fastigi deir arte : fu un 
uomo dotto, appassionato del bello e, giusto giu- 
dice di se stesso, si contento di propagare mode- 
stamente il sapere, di far conoscere le ricchezze 
della patria letteratura, di toglier via tanti pre- 
giudizi che abbassano la natura umana, di rinno- 
vare V uomo, per renderlo degno della patria : e 
a questi scopi dedico tutto se stesso, la mente, il 
cuore, gli averi, informando agP ideali che propu- 
gnava, tutta la sua vita. In che sta appunto il 
merito grandissimo del Torti: nella perfetta ar- 
monia, cioe, tra lo scrittore e V uomo : cosa desi- 
deratissima, quando non bastava predicare al po- 
polo, ma era necessario mostrarglisi modello di virtu. 
Ed egli, amico ardente del vero, virtuoso fino alio 
scrupolo, di carattere ferreo, tutto dimentico di se 
per pensare a chi soffre, propugnatore convinto e 
eloquente di idee generose, egli e appunto di quegli 
uomini che bisognavano all' Italia serva e divisa. E 
se come il Manzoni, non si mescolo nel tumulto deUa 
vita pubblica e non prese parte attiva alia rivo- 
luzione, non scrisse mai pero una parola, non fece 
mai un atto, che ne arrestasse il trionfo. Non 



^*ii 



cerco fama, e fii tanto mo 
metter mai il suo nome S' 
pere sue, fidente solo nel t: 
predicava. 

La storia, dunque, noi 
mettere una grande ingiust 
I'oblio, il nome di Frances 






I. 



OPEEE DEL TOETl. 



* ^: 






A) Edite: 

1. La Erodiade con un LHscorso preliminare ; Assisi, 

Sgariglia, 1784; — 8,« pag. 72. 

2. Prospbtto del Parnaso Italiano; Milano, De Stafa- 

nis, 1806; p. I; — 8,<* pag. 216. 

id,; Perugia, Costantini, Santucci e C.*; 1812; — 8,^ p. 11^ 
pag. 248, p. Ill, pag. 258. 

id. con fwte aggiunte dell' Autore; Firenze, Pagni, 1828; 
voll. 3. 

3. Il PuRISMO NEMICO del gusto O CoNSIDERAZIONI SULLA 

Prosa italiana ; Perugia, Baduel, 1818 ; — 8,^ pag. 190. 

4. RisPOSTA Ai PuRiSTi; Firenze, Piatti, 1819; — 8,^ pag. 76. 

5. Le Bellezze Poetiche di Ossian imitate dal 

Cav. Monti, Lettera al sig, Marchese Scipione ColeUi; 
pubblicata, la prima volta, prima del 1821, in un gior- 
nale italiano {Piccola Biblioteca di Foligno?). 

id. (pag. bO) col titolo mutato di Le AffinitA poetiche 

FRA IL GrENIO DI OSSIAN B IL GrENIO DI MONTI in 

6. Dante Riven Die ato, Lettera al sig. Cav. Monti; Foli- 

gno, Tomassini, 1825; — 8,*^ pag. 162. 

— Antipurismo con una Prefazione storica e un Avver- 
timento, contenente le opere segnate ai numeri 3, 4, 
5 e 6; Foligno, Tomassini, 1829; — 12,« pag. 506. 

id.; Napoli, Giambone, 1886. 

7. Autobiografia per cura di D. Diamillo Mttllerin Nuova 

Biblioteca Fopolare; Torino, vol. 85. 

8. CORRISPONDBNZA DI MONTEVERDE O LbtTBRE MoRALI 



— 230 — 

SULLA FELICITA DBLL' UOMO B 8UGLI OSTACOLI CHB 
ESSA INCONTRA NBLLE CONTRADIZIONI FRA LA POLITIQA 

B LA morale; (alia macchia) 1832; p. I, pag. 328, 
p. II, pag. 270. 
id,; Lugano, 1832. ( Spuria ) 

9. Anbddoto lbttbrario di UN Epigramma per la mortb 

Di GiULio Perticari; (alia macchia) 1834. 

id, con note aggiunte; (alia macchia) 1835; — 12,° pag. 18. 

10. Apologia dblla Corrispondenza di Montbybrdb; 

(alia macchia) 1835; — 12,« pag. 196. 

11. FiLOSOPIA DBLLE Med AGUE dei grandi uomini d' o- 

GNi SECOLo; Parma, Rossetti, 1888; serie I, — 8,° 
pag. 240. 

12. La Patria di S. A. Properzio nbll'antica Mbva- 

nia; Loreto, Rossi, 1839; — 8,° pag. 116. 

— Sonetti : Sul matrimonio — Per vestizione monaccde — 

Per sponsali* — Epigrammi : Sulla toniba di G, Per- 
ticari — Per il monumento a G, Perticari. — Stor- 
nello : Fior di cipresso ecc. 

B) Inedite: 

a) Versi: 

Sonetti : Alessandro alia tomba di AchiUe — Estate 

— Occasione prossima — Dubbi suUa spiritualitd dell* a- 
nima. — Terzine : Corrispondenza — Santo Natale. — 
Ottave : Malinconia — Strage degV Innocenti, — Oapitolo: 
Passione di Nostro Signore, — Elegia: II figlio inconso- 
labile per la morte deUa madre, — Cantica : Le tre parti 
deUa fwtte, — Sciolti: Alcune elegie di Properzio — So- 
gno. (Tutti degli anni giovanili) — Epigrafi: A Carlo 
Speranza — A Giacomo Tomassini, — 

b) Prose: 

1. Osservazioni sopra un sonetto deW ah, Gianni [1788]. 

2. Alcune nflessioni stdle cosiddette profezie di Bartolomeo 

da Saliczzo, m. 1605 [?]. 



— 231 — 

3. Biflessioni sopra V dogio di Pietro Corndio [ ? ]. 

4. LeUere Bomam [1792-96]. 

5. Osservaziom critiche aUa BasvUlianay 1793 (bruciate 

daU' A. ). 

6. QuaclieHf Dramma in un atto solo, serio e sentimen- 

tale, 1822. 

7. Traduzione di alcune letter e della Nuova Eloisa [1826-28]. 

8. Lettera siU cavaUo di Giobbe aU' ab. Land, 1834. 

9. Bayle, medaglia XI ( non terminata ) [1839]. 

10. Le SibiUe o Storia Bomantica dell' Universo; ms. in 

foglio di pag. 107 [1840-42]. 

II. 
iX)CUMENTI DELL' ARCHIVIO TORTIANO. 

Scritti inediti e carte diverse ( Bnsta I ). — Minuta- 
rio di lettere del Torti a: F. Arrivabene, V. Bini, Teofilo 
Betti, Cancellieri, Lanci, Muzzarelli, Niccolini, Vermiglioli, 
Viviani, Colelli, Griacomo Ferretti, Mauri, Leoni, Mayer, 
Clementina Mongardi, Bosa Taddei, Mustoxidi, Kosini, 
Anna, Domenico, Flavia, Giacinto e Teresa Bubini (Bu- 
sta II). — Lettere al Torti dei sunnominati, del Monti 
e di moltissimi altri ( Buste III-XII ). — Appunti biblio- 
grafici e Diplomi di varie accademie (Busta XIII). — 
Scritture riguardanti la famiglia ( Busta XIV ). — Copie 
di poesie d' autori del sec. XVIII ( Busta XV ). — 

III. 

OPERE E RIVISTE 
NELLE QUALI SI PARLA DEL TORTI. 

1. Amaduzzi, Spigolature letter arie inedite; Savignano, 

Filopatridi, 1893. 

2. Anonimi Faentini, Tre lettere al sig. P. Giordani; Mi- 

lano, Pirotta, 1827. 








3 



:;^Avv!} 



3. Antoloffin di FireDze, decemb 

4. Ai/folo:/ia di Fireiize, luglio 1 

5. [Arsivaiibke], An/ori di Da) 

Caramenti, 1824. 
(i. BnatTOLUi e Mazzatisti, Lh 
V. A/o«(i', raccolte, ordinate 
1894-96; voll. 2. 

7. BiAGiOLi, Prefazione alia Di 

Silvestri, 1820. 

8. Biblioteca Italiana (La) di M 

9. Bibliotera (La Pirrola) di : 

Art. di S. COLELLI. 

10. Bibliotheea Mamoiiiana; Cii 
parte UI. 

11. BocCARDO, Enciclopedia. 

12. Cakcellieri, Comento alia 1 

rotnana del De Bomanis. 

13. CantC, Monti e I' etd cite fu i 

14. CantO, Pi'efaeuint alia Star. 

rino, 1860. 

15. Carducci, CanU e Poemi d\ 

bfira, 1862. 

16. Clavari, Per la morte di F. Torti; Todi, Scalabrini, 1842. 

17. Coi.BLI/I, lUvniTazioni alia Divina Comrnettia. 

18. Farfalla (La) di Bologna, 1889, n." 11. — Art. di Sai^ 

VATOR MUZZl. 

19. Favilla (La) di Perugia, anno XII, faso. V-VI. — 
Art. di C. Bagnotti. 

20. GfAROLi.o, Piccola F.neidopnHa Hoepli; Milano, Hoe- 
pli, 1895. 

21. GnEFGHi, Ijettere inedite il' uomini Hhigtri; Spoleto, 

Tip. A'uotfl Umbria, 1888. 

22. GiornaU Ari-adico di Eoma, tomo II, aprile-maggio- 
giugno 1819. — Art. di D£' CnoLXJti. 




— 238 — 

23. Giornale Arcadtco di Eoma, luglio 1825. — Art. di M. A. 

24. Gionwle Arcailir^ di Roma, tomo LXIV, 1835. — 

Art. di I. MONTANARI. 

25. Gioimale E7iciclopedico di Napoli, anno XIII, n.^ 11. 

2t). Giorndle Letterario di Pisa, nov.-dic. 1807. — Art. di 
A. A. R. 

27. Gioniale Letterario di Pisa, ottobre 1825. 

28. Gioimale Letterario di Pisa, sett.-ott. 1828. 

29. Giornale Scientifico4etterario di Perugia, 2^ trimestre 

1842. — Art. di C. Clavari. 

30. Giornale storico delta lett, ital. di Torino, anno XIII, 
fasc. 70-77. — Art. di E. Bbrtana. 

31. Lbopardi, Epistolario; Firenze, Le Monnier, 1856; vol.1. 

32. [Maffbi a.], Prefazio7ie alle Opere di V. Monti; 

ed. Le Monnier. 

33. M.[att6li] A.[gostino], Sopra F. Torti, Parole; 1842. 

34. Mattoli E., La Patria di Properzio e il Torti Ri- 

vendicato; Citt& di Castello, Lapi, 1888. 

35. Mayer, Lettera at Parroco di ***; a pag. 146 e segg. 

di questo lavoro. 

36. Mazzatinti, Inventari de' mss, detle bibl. d^ Italia ; 
Forli, Bordandini, 1890; vol. I. 

37. Mazzoni Gt., Tra libri e carte, Studiletterari; Roma, 

Pasqualucci, 1887. 

38. Mblzi, Dizionario di opere afionime ecc. ; Milano, 

Pirola, 1848. 

39. Monti A., Ricerche storiche e letterarie su V. Monti; 

Roma, Barbara, 1873. 

40. Monti V., Epistolario; Milano, Resnati e Bernar- 

doni, 1842. 

41. Pacchiani, Lettera critica alV Autore del " Purmno „; 
Firenze, 1818. 

42. Pbnnacchi, Alcune riflejuioni nulla patria di Proper- 



:j^ 







— 234 — 

zio in risposta ad un opuscolo [del Torti] pubblicato 
a Loreto; Imola, Galeati, 1843. — Estr. dal giomale 
Utile dvlci di Imola, XX. 

43. PozzBTTi, Still' originalitd del poema di Dante; Fi- 
renze, 1810. 

44. Premarti, Cormderazioni milla lingtui in risposta al 

Purismo nemico del gusto; Roma, De' Romanis, 1819. 

45. Raonotti, Delia Vita e delle Opere di F. Torti, Di- 

scorso storico-critico ; Perugia, Boncompagni, 1871. 
Estr. da La FaviUa di Perugia, anno III, fasc. 2 e 3. 

46. Revue EncyclopMiqus di Parigi, agosto 1826. 

47. Eicreazione {La) di Bologna, anno II, n.^ 23, 4 giu- 
gno 1835. — Art. di I. Montanari. 

48. RiPAMONTi, Epistola gratulatoria e tre paraeneticae 
[al Torti]; Loreto, Maghelli e Giostra, 1829. 

49. Rossi A., Notizia delle Opere di F. Torti; Perugia, 
Boncompagni, 1870. 

60. Rossi A., Lettere ad iUu^stri perugini {"pernozze); Pe- 
rugia, Boncompagni, 1880. 

61. S. C, Lettera ad un amico di Milano; Firenze, Ciar- 

detti, 1828. 

52. SciPiONi, G. Perticari letterato e cittadino; Faenza, 
Conti, 1888. 

53. Semmoli F. [Grioyanni Pagni], Memorie storiche per 
servire aUa vifa di V. Monti; Firenze, 1829. 

54. Teatri, arti e letteratura di Bologna, n.® 262, febbraio 
1829. — Art. del Mastrofini. 

56. Teatri, arti e letteratura di Bologna, n.*^ 785, marzo 
1839. — Art. di C. F. 

66. Urbini, La vita, i tempi e V elegie di S, Properzio] Fo- 

ligno, Campitelli, 1883. 

67. Urbini, La Patria di Properzio, Stiidi e poIemicJie-^ To- 
rino, Loescher, 1889. 

58. Vannucci, Bicardi deUa vita e deUe opere di G. B. Nic- 
colini] Firenze, Le Monnier, 1866. 



.If': 






— 235 — 

59. VicCHi, Le letters e lapoliUca in Italia] Faenza, Conti; 
Fusignano, Morandi, 1879^. 

60. ViviANi, La divina Commedia secondo il cod. barto- 
liniano; Udiue, Mattiuzzi, 1826. 

61. Voce deUa Bagione (La) di Pesaro, nov.-febbr. 1834-35. 
— Art. di M. Lbopardi. 

62. ZuMBiNi, SuUe poesie liriche di V. Monti, Studi; Fi- 
renze, Le Monnier, 1886. 



 - >» ' 



-Sf 



.i 



LETTERA III Luilil MORANDl 

Dbdica 

Inthoduzionb 

Capitolo I. Ia vita e il carattere .... 
Capitolo II. 1\ Prospetto del Parnaso Itfdiaiw 

Capitolo III. L' AnUpunsmo 

Capitolo IV. La Gorrispondeiiea di Monte- 
verde e 1' Apotogm .... 

Capitolo V. Opere minori 

Capitolo VI. Scritti inediti 

CONCLUSIONB 

BiBLIOORAFIA 



EEEATA-CORRIGE 



Pag. 13 
. 17 

25 
81, 
82 
• 50, 
56, 
75, 



77 



88, 
106, 

110, 

120, 

127, 

163 

165, 

167, 

169, 

171 
182 
185, 



(nota 1), rig. 2, inveoe di Ca^, VI, 3, leggi : Cap. VI, § n, 
(nota 1), rig. 1 e 6: V. leU. Ill, correggi: V. la UU. Ill; — 

ammicaf correggi : ammicca. 
(nota 3) e 26 (nota 1-2), invece di Annedoto, correggi : Aneddoto. 
rig. 17, invece di Modena, leggi: Pesaro. 
(nota 1), invece di Cap. IV, II, leggi : Cap, IV, % VI e segg. 
rig. 17, invece di ne, correggi: ne. 
rig. 21, invece di esservazioni, correggi: osaervazioni. 
rig. 4 e nota 6: solito, leggi: solo; — SulV originaZitd> del 
poema di Dante; Firenze, 1810, leggi: ^uatrazioni a Dante 
cit. a pag. 56. 
(nota 1), d4 (nota 1) e 119 (nota 2), invece di Barbera, cor- 
reggi : Barbera. 
rig. 17, invece di ed, oorr^gi: e. 
rig. 5; 118, 24; 121, 18, invece di Klopsthok e Klopsthock, 

correggi: Klopgtock, 
rig. 18 e20: F«wgrtKo, correggi : Virgilio; — cftc', correggi: ch'. 
rig. 19, invece di le, correggi: la. 
al titolo del capitolo s' aggiunga 11 panto (.). 
(nota), ultima riga, invece di famigliari, correggi : famUiaH. 
rig. 16, invece di Conatan, correggi: Coatant. 
al titolo del capitolo s' agginnga 11 punto (.). 
rig. 7 e 21 (nota) : tradizione, correggi : traduzione; — n. Ant., 

correggi: N. Ant. 
(nota 2), invece di Fornacciari, correggi: Fornaciari. 
(nota 2), rig. 2, invece di Roma, leggi : Firenze. 
rig. 24, leva la virgola (,) dopo quando. 



t 



DEL MEDESIMO AI7T0RE: 

( IN OOBSO DI STAMPA ) 

LE RIME 

DI 

FRANCESCO COPPETTA 

EDIZ[ONE CR[T[0\ CON NOTE • 

E 

PEOEMIO 



( DA PUBBLICARSI IL !.'> GENNAIO »97 ) 

TEMI DI COMPONIMENTO 

TRATTI DA 

/ PROM E SSI SPOSI 

CON UN' APPENDICE C0NTENEN1» 

LE SIMILITUDINI MANZONIANE 

PEE USO 

DELLE SCUOLE D' ITALIANO 

( UNA LI&A ) 



Bivolgersi con cartolina-vaglia ai principali librai, o 
dgli editor! Crescimbeni e Granieri in Bevagna (XJmbria). 



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