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D.gi.zedDvGot>gIc
DELLE
RIVOLUZIONI
D- ITALIA
LIBRI VENTICIHQDE
DI
CARLO DENINA
YOLOME PRIMO
VENEZIA
4 »PE»S DEL no^uo DI UBU ILt'lVOUD
MDCCClTl
IIEU.JI TIPOCUFU Si àLTfSOrDU
D.,t,;.d-,:G00^1C
0. Google
AL LETTORE
GLI EDITORI VENETI
I j opera presente è una di quelle che la
Italia e le straniere Nazioni accolsero con
applauso , e che si merita un posto tra i
classici nostri lavori. Ne furono qua e 14
replicate le stampe, e a vero dire chiun-
que voglia pascersi della fruttuosa lettu-
ra di un libro in cu! la storica esattezza ,
1» preziosa imparzialità, la sodezza del
ragionare, e la robustezza della locuzio-
ne rilucano in grado eminente, della iSto-
ria delle Rifoluzioni d Italia di Carlo
Denina fòrmeri sempre la sua delizia . -
Tra le tante triviali ristampe Venete,
per lo più per sola venale speculazione
ovGooglc
eseguite, occorreva che una finalmen-
te se ne vedesse, la quale se non per
lusso tipografico, almeno per tipogra-
fica decenza, e per iscrupolosità di cor-
rezione meritasse di essere bene accol-
ta; e tale confidiamo che sarà trova-
ta la presente, la quale venne fedel-
mente modellata sulla prima edizione
Torinese in forma di quarto, conser-
vata essendosi anche la non ovvia or-
tografia che piacque all'autore di voler
in essa adottare.
Venne qnesta Storia dal Denina trat*
tata in XXIV Libri, incominciando da'
piii rimoti tempi, e trascorrendo sino alla
celebre Pace di Utrecht. A questo punto
egli levò la mano dal lavoro, ma do-
po parecchi anni, eccitato essendo a dar-
ne una Continuazione, pubblicò nn nuo-
vo libro, intitolato Italia Moderna, il
quale venne comunemente aggiunto ai
precedenti, chiamandolo Libro XXV. La
Storia d'Italia è condotta in quest'Appen-
dice dall'anno 171 5 sino all'anno 1793,
ovGooglc
ma convien osservare che gli nomini di
ottime lettere riconobbero questa tan-
to al di sotto in pregio all'antecedente,
che occasionò sin' anche dicerìe poco fa-
vorevoli alla riputazione letteraria del-
lo scrittore . In effetto nell' Italia Mo-
derna, ossia nel Libro XXy, in vano
si cerca quell' aggiustatezza di pensie-
ri, quella importanza di osservazioni,
quella nettezza di dizione che spicca-
no nelle Rivoluzioni. Siccome però non
lascia tuttavia di appartenere anche que-
st' Appendice al nome illustre che com-
pilò la prima grand' opera , e siccome non
può negarsi che non dia un Quadro ric-
co di belle tinte, dicevoli a far conoscere
lo stato delje Arti, delle Scienze, delle
Lettere e del Carattere de' nòstri mo-
derni Italiani, cosi ci parve opportuno
consiglio di non lasciare in dimentican-
za quest' ultima parte . Cinque soli lu-
stri tuttavia mancherebbero onde porta-
re sino a' nostri giorni la Storia delle Ri-
voluzioni d Italia , e questi cinque lustri
ovGooglc
darebbero argomento assai fertile ad una
penna investigatrice della ragion delle co-
se. Quest'è quanto noi avreinmq deside-
rato di poter presentare a' nostri Lettori,
iqa né avendo creduto ben fatto di pro-
fittare di chi si offerse spontaneo a dar
mano a tal' opera , né avendo ottenuto
cbe la volesse imprendere chi avrebbe
meritata la. nostra piena fiducia t riserbe-
remo a migliore occasione si fatta ultio
ma Appendice,
ovGo'oglc
PREFAZIONE
Jua Storia generale d* Italia * anoorcfaè il Biondo
e il Sigonio con varie opere ne avessero aperta
la strada, appena in due secoli dì tanta cultura
di lettere era stata trattata da un Girolamo Brìa-
ni (i), e da qualche altro ancor più ignoto scrit-
tore (2) ; quando verso la metà del presente se-
colo nuovo lume e più certa guida ne porse il
celebre Muratori . Ma io non so se di tanto ca-
pitale siasi fatto finora quell' uso che s* intendeva
da dii cel lasciò; perciocché egli è manifesto che
(1) Istoria ^Italia dalla venuta ^ Annibale fiiuf al-
T anno di Cristo 15^17. Venezia i€34-
(aj Fra Umberto Locato PiaceDlido dell'Ordine de'Pre-
dìcalorì , veicovo di Bagoarea , compTese 1' iiloria generale
d'Italia dalla venuta d'Enea fino al i5^5, «otto Jl titolo
i' Italia travagliata f in na •volume in 4- Venezia 1776.
ov Google
la Raccolta (i),, le Dissertazioni, e gli AnnaU del
Muratori sono come foodameotl e materia appa-
recchiata per altri lavori.
La felice riuscita del Compendio cronologico
della storia di Francia fece nascere, come si è
Veduto succedere in lanti altri generi dì libri, utì
simile compendio della storia di altre prorincie,
ed ultimamente dell' Italia . Vero è che il signor
di Saint-Marc autore di quest'opera usò it titolo
di compendio in senso più largo (2) . Peroccliè «
Aove il presidente d' Hainaut comprese in un to-
mo solo tutta la, storia di Francia, il compendio
cronologico della, s^rla, d'Italia riuscirà per lo
meno a dieci o- dodici. volumi d'ugual mole; e'
jion h niente più brevQ del Sigonìo e c^el Mura-
.tori, de' quali ti sÌ trovan trasdotti i passi interi,
e talvolta anche luqgbi (5). Non è .dubito che
quando il signor di Saint-Marc, non avesse fatto
altro che tradur Muratori , egli fece opera utile
(i) Rerum flalìcaram Scrtptores eie. ■ ■ . -
(a) Il primo volume ili quetlo compendio ( Abregé,
chronologitfue de thisioire generale À! Italie in 8. } coni-
ptende dall' anno 476 doll'era Volgare sino all'Hoc- Il qnar-
t«, bb'è l'nhimo'jdi qaeUi.chctano finoia-usciti in luce«
CDBaiQcia, dal 1076, e finisce al ki^"}- - ■ : ..- - ,
(3) La méme raison m' a fait iraduire . . . ,des mot'
eeaux méme un peu- longs de Sigonius, et de Muratori.
Freface p. xviii. . . .
=dDvGooglc
Ili
alta sua nazione che nòo aveva ancora nella pro-
pria: lìngua l'equivalente; e voglio credere che
per qualche riguardo possa anche esser utile agi* I-
talianì. Ad ògbi modo, se gli annali d'Italia,
tuttoché pieni di tante cose importanti , e . scritti
con franchezza e ishtarezza poco ordinaria di sti-
le , riescono bene spesso molesti e stanchevoU ,
per dover passare di tratto in tratto da Milano a
Napoli, da Firenze a Venezia, in affari diversi e
disparati; che sarà d* un compendio cronologico.
Opera di sua natura più arida e più secca che
non sono gli annali, e per l'ordinario di poco
profitto a chi non à preso notizia delle stesse co-
se dà altra sorta di libri storicif Quindi sarà for-
se a molti ràduto In pensiero che si potesse trat«
tare la storia d'Italia beltà maniera che fecero il
padre Orleans, l'abate Vertot, e~ des Fontaines
quella d'altre nazioni; e il titolo di Rivoluzioni
che pòrta in fronte quest'opera, farà credere di
le^ert, che noi ci siuao. proposti d'imitare que-
sti autori. 'Ma le rivduziobi, per cagion d'esem-
pio, d' Iiighilterra , e dì Spagna, e di Polonia,
da che quelle provincie vennero di molti stati a
formare un sol reame , non sono altro che la
storia del governo interno, mostr^n^o conu) J'au.-
torìtà sovrana s'andasse o restn'gnendo o 'dilatando,
0. Google
e come per la morte d'un re, per l'oppres^
sione o l'estensione d'una casa regnante , ne sa-
lisse un'altra sul trono. Fero la serie stessa degli
.avvenimenti serve di guida a chi li racconta; o
l'unità della materia rende meno difficile il darle
forma. Ma in Italia, poiché per la declinazione
del secondo imperio occidentale si fu divisa, in
diverse nazioni, le rivoluzioni del regno di Napo-
li non ebber che fare col governo Veneto; né le
.civili discordie de' Fiorentini e de'Sanesi, o le
sollevazioni de' baroni della Romagna e della Mar-
•ca fecero cambiar aspetto alle cose di Milano, di
'Monferrato e di Piemonte , dove i visconti, i
■marehesi di Monferrato, i conti e i duchi di Sa-
voia regnavano senza contraddizione e sospetto,
allorché più bollivano in Toscana le fazioni po-
polaresche, e il. papa non trovava in tutto lo sta-
to suo sede sicura. Per. la qual cosa, a fine di
ridurre a certa unità, e disporre con qualche or-
dine cose che a primo aspetto parevano à dis-
punte , fu necessario di seguitare altro metodo
da quello che si é usato. finora da ohi trattò le
■rivoluzioni d'altre Provincie.
Quanto alla notizia . de' fatti che formano,
■fK cosi dire, la base di questi libri, non è biso-
,goo eh' io dica di quale aiuto mi sieno state le
Diqitized ..'Google
V
opere del gran Muratori * spezialmente 1* tosigae
raccolta degli ScriUori delle cose d'Italia: percioc-
ché il Sigonio , il BaroDÌo , il Rainaldi , il Tille-
mont ed il Pagi poteaa pure io gran parte sup-
plire al bisogno, dove ci fossero mancati gli an-
nali dMtalia ; ma non sarebbesi potuto senza in-
credibile stento e dispendio aver alle mani tante
cronache non ancora per innanzi stampate, e tan-
ti libri divenuti rari ,-.se mediante P industria del
biliotecario Modenese non gli avessimo ora io à.
acconcia maniera raccolti insieme. Con tutto que-
sto , per una parte notabile della presente nòstra
opera, o ci mancò affatto, o non ci bastò Paiuto
dì questo ^ celebre e sì commendevole autore ;
e propriamraite ci siamo preraluti dell'erudite suo
fatiche per Io spazio di que' mille anni , di cui
la storia è compresa ne' venticinque o ventotto
volumi della suddetta raccolta , voglio dire dal
principio del sesto sino alla fine del decimoquiato
secolo dell'era Cristiana. Prima e dopo di qoeste
due epoche, parte ci fu necessario, parte ci parve
utile di ricorrere ad altri fonti, e cercare altre guide.
In un sì lungo corso di storia, di nazione
per tanti rispetti si illustre,' avrei certo potuto
parlare d'infinite cose, e far menzione d'innume-
revoli autori die trattarono chi una, chi un'altra
0. Google
'delle maferie che qtù da noi o frattansi dì prcK
posito, o si toccano di passaggio: e già m'itn-
magioo di sentir domandaFe passo passo; [lerchè
■tiott abbia io rilevata questa o quell'alba {Hirti-
tiotarità , s non abbia citata il tale, o U tal 9ltro
scrittore. Ma a quale immensa e confusa mole
'fearèbbesi allora condotta un'opera «b' esser vo-
leva ' e breve nell' esteasione , e facile e piana
nell'orditura? Non dissento pertanto* phe s'at-
tribuisca 0 al caso , o ad ignoranza e prevenzio-
ntr kntà, «be fta tanti autori che poteanq nomi^
narsi e lodarsi , io abbia nominato piuttosto ^i
Uiiì, ebe gli altri; purchi frattanto sia noto al
'Ietterei che nelle cose essenziali al mio proposito
So mi sono -costantemente attenuto a^ scrittori
piii autorevoli e più ' riputati , e per la.fHÙ parte
ooVitempotanei (i).' il, carattere e la naUira dì
quest'opera non richiedeva punto ohe io mi con-
sumassi a ricercare archivi per produrre nuOvì
dormienti e diplomi , bastandomi abbondante-
Itlèt^ quanto i finora aseito alla luce» Nondimp-
-no io più d'rm luogo mi tornò bene valermi di
notizie acquistate per altra via, che per quella
di libri stamimti . In generale però b piuttostq
(l) Vedi la nou che «egue a pag. IPft
0. Google
vn
Telata ' prefmre il comodo e T utilità: altrui ad
ogni proprio vanto Al erudizioae ricercata e rara-.
Quindi b che per le costì ^e sono state da mol-
-ti riferite e scritte, non sf^meote ò citato., ia
nìargine (!)< ^^ taJofa ò lodate nel coBtesto o
netie note gli autori, da* quali si potrà più faciU
mente e eoa più profitto prender cogniziqpe (ii
ciò cbe il mio disegno non permetteva ài tratta-
re più disfesameote.
Non ardisco per tutto questo' .di presagir-e
-sino a qua! segao potranno riuscir utili al pulì'
hlico questi Hbri ; né TogKo tampoco prescrìverà
' le disposizioni che io desidero nel leggitore . Dir6
solo , essere stato. 1^ intento mio <A' essi servissero
' e d' introduzioDB e di chiosa alla storia generale
d* Italia , . taotocbè ne jvhdessero lo stadio più
interessante e più facile premettendovisi » e eoa
qualche ùtil (ìflesiioiie ne rinaovassero la memo-
ria legg^doii dopo.
FcBce me , le per cagione dì questi libri si
potrà dire che siccome sotto il regno dì Cablo
En^oAKUELE questo, avventuroso, stato potè vaatace
(i) Le citazioni ohe ttayano in invgine nelt' eiiiziofie
in 4- di Torino, ioaoii traiporiate a pie 4i pagina in que-
Ita ristampa Veneta, cosi comportando la forma della pTe~
lente ooatta edirioiie> Nota degii editori f^atuii.
ovGooglc
vftl
in fanti generi d* erudizione e di scienza uomìnf
lodafissimi ìd tutta Europa, così per favore di lui
(poiché 80 bene di quanto £il suo provvido e be^
neBco genio io sia tenuto) riBorisse ancora l'utì-^
le amenità della storia, e non s'abbia in questo
genere ad aspettare ogni cosa da straniere con-
trade.
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INDICE
DB LlKU E CAPI CHE a CONTENGCmO
IH QULSTO VOLUMK
LIBRO PRIMO
L Crrandezza, e decadenza degli
ànitchi Tosàanij Elmschi^ o
Tirreni . Pag.
>:
n. Qiud mutazione recasse àW Ila-
Uà r invasione de* Galli circa
gii anni di Roma trecento cin-
quanta.
5
IH. In quante nazioni restasse diptsa
V Italia antica , così detta pro-
priamente >• e quali ne fossero
le forze .
II
IV. Economia, e commerziodegUm-
tichi Italiani.
>9
V. Ricchezze naUtraU deW Italia.
34
VL Delle arti eh' erano in uso ap-
presso gl'Itali aniicJii.
43
VU. Sludi, e religione.
5o
VUI. Leggi civili: Jorma di governo:
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idea gettetah ' disSe rivoluzioni
interne , a euij'uron soggette ìe
repubbliche (all'antica haìia. Pag. 6(
|X. mpoluziorti per cause esteme:
diritto pubblico : cagioni, ^def-
Jèiti delle guerre : equilibrio éhe
si mantenne lungo tempo Jrc^
popoli Italiani . 74
LIBRO SECONDO
Capo. L Riflessioni generali sapra le cau-
se delUt grandezza Romana . 95
" II. Della guerra tra i Romani « i
Sanniti, e di alcune particolarità
che V accompagnarono . \1Q_
III. Progressi de* Romani, e rivolu-
zione dette cose d' Malia dopo
la guerra Sannitica. 126
IV. Staio politico rf' Italia, dopoché
;fu soggiogata da* Romani. 184
V. Tiegoziazioni, guerra e vicende,
per le guati i popoli s'' acquista-
rono la cittadinanza Romana. i3g
VI. Conseguenze che nacquero dalPes-
sersì uniti ih uno stesso corpo
0. Google
2?
f pon gii stessi di'
ritti, tutti i popoli e tutte le città
d'Italia. Pag. iSo
LIBRO TER Z O
C^fQ . t. Delgovemo d'Italia sotto i pri-
mi cesari. 167
n. Nuovi magispati proposti da A-
driano a reggere V Italia': lodi
d'Antonino Pio} e bontà no-
cefok dì Mar(^ Aurplia. 172
m. Come il vero dispotismo siasi
stabiliio a' tempi di Commo-
. . do* con detrimento grandissimo
dell'imperio. 179
IV. Cesdii^ion^diCaraCidladigran-
. de .pregiudizio aìP Italia : al-
tra legge non mep. notabile di
Gallieno-: governo slraordint^
rio d Italia sotto Aureliano. 186
V. Divisione e rivoluzioni deWim-
perio, e primo sensibile scadi-
mento dello stato ff Italia a*
tempi dì Diocleziano. 194
. Vi. Delle mutazioni che cagionò
=dDvGooglc
iti
ùir Italia 7* imperadot' Costan-
tino. Pag. 210
Vii. involuzioni àeWimperìO sotto i
, successori delTìmperadore Co-
stantìrtò.' 2i8
VIU. mfltssioni sopra le cause del~
Vinvasiorte àe'barbati. 21^
K. Rivoluzioni deW imperio (t Oc-
cidente^ ed effètti che da. esse
nacquero per lo stalo d'Italia. a38
X. Principiì del regno et Orwrio ;
e primi attentati de^ barbari
sopra l'Italia. 248
LIBRO QUARTO.
Capo I. ttiiraitó delle cose d'Italia ver-
so la fine del quarto secolo :
agricoltura^ commerzio, arti, e
studi. 264
li. Continuazione delia stessa ma-
teria: forze militari; polizìa;
religione. 267
HI. involuzioni nella corte (T Ono-
rio.- progressi de* barbari; e
primo sacco di Roma. ' 279
0. Google
IV. yimiaggi detta sovranUà legìtti-
ma : successori <f Onorio ; e
rijlessiord sopra la successio-
ne ed amministrazione delle
ìmperadrici Placidia , e Pid-
cheria. Pag. 288
V. Guerre civili, ed anarchìa d'I-
talia dalla morie di talenti-
niano terzo fino alla deposi-
zione et Augustolo nel quat-
trocento settanta sei. 3o3
VI. Staio d'J^mjpa nella distruzio'
ne dell'imperio occidentale^ 3i4
ovGooglc
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NOTA
Buona parte delle citazioni stavanadaprincipio nel intt-
toosciitta per sicurtà e ÌDtliriiio nostro proprio; poi riflet-
tendo che nel modo in cai si avevano a stampare , non po-
tevano riuscire d' incomodo alcuno ai leggitori, ma bensì a
molti di qualche uso , si stimò bene lasciarle , ancorché poi-
sano in qualche Iuo);0 psi'er meno necessarie .
Si sono citati gli autori per l'ordinario GoU'indicazionc
de' libri, e capi o paragrafi, secondo la division ftiìi con-
sueta e comune . Quelli che il troveranno citali a nameru
di pagine, sono: Tito Livio stampato da Sebastiano Gri-
fio i5j8', Strabone dell'edizione fatta dal Casaabouo nel, 1587.
Di Polibio si citano i capi seconda l'edizione di Lipsia
Greco-Latina in tre Volumi in 8. ì'}0^, benché in alcuni
luoghi sieno trascorse le citazioni delle pagine d' un'edizio-
ne del Grifio. Per gli scrittori della storia augusta ci siamo
kervitì dell'edizione dello Sciorevelto fattainLeiden nel i68t.
Della storia di Francia del p. Daniel si cita l'edizione ia
tre tomi iu foglio, 1713.
Se d'altri libri aoiìchi e moderni si sono pur talvolta
citate le pagine, se ne troverà nelle stesse postille margina-
li [ij indicata l'edizione, salvo di quelli che finora noa
^ono stati stampali piò che una volta, come la raccolta del
Muratoti, notata con queste parole R. /., o Ber. Iiaì. Al
qua) proposito avvertiamo altresì^ che sotto nome dipogt'na
si debba anche intcodcr colonna per qnc' primi tomi delta
suddetta raccolta, e per tutti gli altri libri che ànoo le fac
ciate divise io due colonne-
Nelle cose precedenti V era volgare o Cristiana, abbiamo
gìiidicato bastante segnare l'epoche cosi digrosso, Senza te-
ner conto di due o tre anni che vi possano essere di diva-
rio fra le diverse cronAiogìe . Dal principio dell' era volgare
in appresso abbiamo generalmente seguitato la cronologia
dell'annalista Italiano*
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DELLE
RIVOLUZIONI
DÌ' ITALIA
LIBRO PRIMO.
CAPO. PRIMO
Gnmdezza , e decadenza degU antichi Toscani y
Etnischi y o Tirreni.
Xja storia delle nazioni cbe abitarono aiktìca-
mente questo tratto di paese, ebe dato da due
mari si stende dalle Alpi sino allo stretto di Si-
cilia , ed ebbe poi col tempo il nome d* Italia ,
noD può rìpi^iarsi da più fdti prìactpi! , che dal
tempi Romani ; e quello ancora , che possiamo
raccogliere dagli aotiali di Roma riguardo allo
stato universale della provincia, è tuttavìa scar-
sissimo ' ed oscuro , perciocché ì primi Romani
tanto furoD lungi dal ricercar curiosamente le
cose altrui , che pochissimo pensiero si presero di
tener conto de* fatti loro propri . Né dalle storie
Greche possiam ricavare maggiori lumi e notizie ,
To^no I. -I
0. Google
2 Delle Rivoluzioni d* Italia
atteso che gli autori di quelle non iama pasP-
lato delle cose d'Italia, fuorché di alcuor cit*
tà marittime vicine alla Sicilia; e i più antichi
fraessi non precedettero di molti secoli Polibio
che ancor abbiamo, né Fabio Pittore* primo an-
nalista di Roma, le cu! mpinon'e furono ne' libri
dì Dinnigi d' Alicarnasso e di Tito Livio traspor-
tate. Noi la';ciaiiw ppifrdibuon grado a pili eru-
diti e più curiosi indagalnri di storie antiche il
ragionare quali- foiisero'i primi abitatori d'Italia;
giacché quafurque siasi il più antico autore che
di lor parlò, visse cèrtamente da nove o dieci
secoli dopo loro, a ntìO potè lasciarci altro che
incerte e deboli congetture. Quello che in tanta
lontananza di tempi , in tanta scarsezza e cofiftt-
sion di memorie, e io tanta mescolanza di favo-
le può tuttavia affermarsi sicuramente del più an-
tico «tato d' Itali«, ai k cW ella fu in grandissir
Jiia parte occupata e «iguoceggiata dai popoli Tirr
leni, chiamati con: più noto nome Etruechi o Tot
scani . £ comech^ non pp^iamo dire duocle que^
Iti popoli traessero U prima origine, w da'viò*
pi lidi della Grecia, 0. iromediataments da* paesi
(irientali , certo i pur nondimeno , che questa nsi
»one si stese largamente per tutta Italia, e reih
de il suo nome famoso per lutto il mond» fintìr
co, al par de' Gt^f» (i). U tempo detia maggior
fi) Chiv. Iial. ant — Maff. Os». Iclt t. 4. -r- Maizoc-
clil Disscrt. liipia l'origine de* Tiireni. •> Saggi di Cor-
tona t. a.
0. Google
Libro I. Cavo I. : a
graadfzìEa lena ^ diffidle a deternùnare; Biase
pùnto merìtuiQ viguwdo le opÌDÌoni de* cronologi
in tempi così rìmoti^ abbiamo da credere ch'es-
« passassero io Italia drca direct' anni dopo la
guerra di; Troia, e pii^ dì dilato avanti la foo-
dazioae di Roma • Ma assai più certo k che ,i
Toseaaì , i quali , regoandD in Roma ^i ultimi
re, già stavaa sull* orlo delta decadenza , aveano
soumessa al dominio loro la più felice metà dì
tutto il paese Italiano . Percioediè , oltre l* Eteu-
ria propria che si estendeva tra V Apeuiitio > il
mare Timno, il fiume Maci-a, ed il Terere;
passato r Apeooioo , s^.eraoo allargati fin presso
«II* Adige nel paetd de' Veneti, ed aveano occu-
pata |a Campania, ciie fa dagli antichi stimato
paese felicissimo eopra ogn* altro. Pare cbe ì To-
aeani , o Tirreni oominoiassero a decadere dal»
I* antico stato e potere , da che cessando di gO"
vecAarsi setto un sol otpo, come si reggeran da
prima, si divitercf in piìi dinastie ^ o repubbliche
indipendenti T usa dall'altra (i). Dall'altro can-
to caduti noli' oaia e nel lusso per la fertilità del
paese , per la prosperila delle prime imprese ,
del commercio, e delle arti eh' eseroitartmo , tro-^
varonsi aUa fine esposti a quelle vicende e rovi-r'
ne , a eui soggiacciono tutte le cose umane . Gran
cose véramente appresso gli antichi scrittori e La-*
tini e Greci lediamo del lusso dei Tirreni, e
COStrab. 1. S, p. >5a.
0. Google
4 Delle RivoLtrzion u* Italia
de* vizi , che rade volte ne van diagiuati , libìdini,
golosità^ mollezze d'ogni genere, superstizioni,
incantesimi , venefìzi . Ma non è però aerto so
tutte queste cose si debbano rapportare a quel
tempo ch'esn erano emoora signori di ben mez-
za'Italiai ovvero a' quello in cui già si trovavan
respinti dentro ai termini dell'Etrurìa propria i
percioochè non solo Diodoro ed Ateneo, ma ao-
oora Platone e Teofrasto, ohe del lusso de' To-
scani sparlarono assai fortemente , scrìveano io
tempo che già questi avean ceduto ai Galli
ed ai Sanniti forse i due terzi idei lor dominio.
Del resto , non ohe sia per recar maraviglia oh«
il lusso, la mollezza, il fasto duri tuttavia in.una
nazione decaduta dall'antica potenza^ e rìputaxio'
ne, ma egli si vide assai comunemente suocedere
il somigliante dì molte città e pòpoli , 1 quali in
vece di scemare accrebbero il fasto dopo estero
caduti di stato, e passali sotto il dominio tfca^
siero. L'ambizione, e tutti quegli umori cho
qualche volta trovalo sfogo nelle cose dì gov»-
no, sì rivolgono poi unicamente alle arti de' pìa-
cerì, e ad ima certa ambizìon privata e (delica-
tezza. domestìoa , quanto la naturai fecondità del
paese il può comportai^ . Ma con tutti ì vizi che
oscurarono le virtìi degli antichi Toscani, pur
fanno assai chiara testimonianza le memorie de-
gli antichi tempi , eh' essi furono de*, primi .a di-'
rozzare la selvatichezza di queste provincie. fj
già avea l' Italia deposti in gran parte i costumi
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LiBBo I. Capo I. 5
lKiii>aTl e ferini de' primi tempi, allorché essa fu
dalla barbarie di straoierì popoli Duovameate agi-
tata e sconToIla-
CAPO n.
Qaal mutazione recasse ail' Italia V ùwasione
de^ Galli circa gli anni di Roma trecento cin-
quMUta.
ilira usanza delle anticliìssiine genti, che quan- ^-^^ '^"''
do troTavau nelle città o ne' borghi loro talmen-
te accresciuto it numero delle persone , che ' il
teTntoria non bastasse a nodrirle, allora manda'
Tasi una parte della g^orentù a procaodarsi ven-
tura ia qualunque paese si fosse loro parato in-
nanzi, dove o coli' armi in mano potessero occu-
par terreno, o dagli antichi abitatori men nume-
rosi fossero amicfaeTolmente ri^oevutj , e messi a
parte del territorio capace di sosteoere maggior
numero di coloni . Si fatta usanza fit per lùolte
età cagione all' Italia di grandi e quasi continua
rivoluzioni , fin a tanto che , perfezionatasi la col-
tivazione, le terre poterono somministrare nuig-
^r copia dì viveri;, e pel commerzio e le arti
ette s' introdussero a poco a poco , sj furono mol-
tiplicati i mezzi di sostentarsi,- e le società civili
cresciute e stabilite, preso più aflett» al suol
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6 DEtLE RivomzMKi d'Itaiu
natio , abbandonarono il costume antico di tramitt
giare cosi leggermente (i). Nel tempo stesso I«
guerre , cui niuna civiltà di costumi poli mai le*
var via del mondo , e cbe piuttosto nascono na-
turalmente daita frequenza delle ciiià e società
ordinate, servirono in parte a snemar di tanto. in
tant'i , ed esaurire la soverchia popolazione ; e
cesK^ anche per questo io motti lunghi iJ bisogno
di mandar fuori numerose turbe alla ventura . Ma
le regioni più occidentali , come ermo . le Gallie
rJKpetto all' Italia , essendosi più tardi popolate ,
ritennero anche più tardi quella sfessa barbarie
di cui riJalia sì era io buona parte, purgata:
laonde durava in quelle nazioni, anche due miU
le anni dopo il diluvio universale, jl costume di
egMvar per via d* emigrazione le città della so-
verchia moltitudine» a cui 1* ignoranza delle arti
e della politica non potea provvedere oè- tratte-
nimento , oè cibo . JSarraao adunque le antiche
«toiie (2), poco discordanti su qurato punto, tìif
Ambigato re de' Celti, trovando i suoi popoli di
soverchio moliiplic^ti , pensò di sgrajarne il pae-
se, niandandone parecchie migl'aìa a procaocian-
ti altrove istanza e pastura ; ■ e che una parie di
questa gente sotto la condotta di Belloveso patmò
-in Italia , e caccio i Toiicam, o quali altri si foa-
iScro i vecchi abitanti dei paesi do\'e sorsero. poi
cui temj-o le città di' Milano, Pavik, fiaocnza.,
/t) THoB. Hiiiic. 1. I , e. 3.
(iJ Liy. 1. 5. -r ^lut ia Camill.
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Libro I. Capo li. 7
Qtttaoni. Gfì^sti primi venuti, trovania dnk^e «
oopioso pascolo in queste contrade', vi traascro aU
Ui lor paesaói . Racoontast ancora che Amate ,
1X00 de* principalt della nazion Toscana, per sue
private brighe e gelosie invitasse con doni e prò*
messe qae* b-irbarì a paiisar io Italia . Se questo
h, molto antico sarebbe il primo argomento del*
la fatai condizione d* Italia , di dover per le sue
intestine discordie essere tante volte oocupata «
Mgnoreggiata da genti Oltramoataoe . Ma a dir
vero , una sola cosa è certissima fra tutte queste,
per Don dir, tradizioni delta venuta dei OalU Cel-
ti in Italia; ed b cbe circa gli anni trecento cin-
quanta della fbndazion di Roma, e quattrocento ^ . i^^r
avanti l'era volgare ( Air, del m. 8600. ) i Galli, ^y» ^ra
occupata gii una buona parta del paese vicino al ^^ ;-, ,:<
Po , si avaniarono netl* Etruria o Toscana propHa
fino alle maremme di Siena, àov' era la famosa
ao tempo ed or piccola t deserta città di Chìus^
e preaero ancora ed abbruciArouo Roma. Ma o
essi non *i curarono dì nuove oonquistc; da eb*,
essendosi mossi dal natio nido per fi^re 1* mtv*
zia e la hit», ebber trovato eiò cbe desiderava-
no lungo il corso del Po; o Veramente, per di-
fendere le occupate proviacie * le caso loro dal-*
Tarmi Venete, dovettero lasciar il pensiero di
estendersi piìt largamente nella bassa Italia ; 0 In
qtmltmque modo la toxi» ferocia loro-fii sàpera-
ta dalla maggior accortezza degl* Italiani, i quali»
desti e ammaestrati dalle prime perdite ioopioate»
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B Delle RivM,eziom d'Italia
provvidero poi bastevolmènte al propria stató
per I* avveDÌre . Nieatedjmeiio il cambiamento
che riovasion di que* popoli Transalpini reco al-
le cose d'Italia, fìi grandissimo fìior dì dubbio.,
S'impadronirono in primo luogo della migliore e
più felice' parte di questa provincia ; e separan-
done quasi Finterà metà da' tutto il corpo, le
fecero totalmente cambiar leggi, e costumi, e
nome . Gli uni si stabilirono intorno al Po , allaT-
igandosi nulladimeno per tutto quel paese che for-
ma il ducato di Milano; e questi ^ prendendo for-
se il nome da' popoli che so^ogarono , si cbia'
marono Insubri. Quelli cfae più c^tre s'avanzaro-
no, doT'e ora sono Bergaimo e Brescia, ritennero
il patrio lor nome dì Cenomaoi . I Ben s' annida-
rono più vicini all' Etrurìa, dove or sono Mode-
na, Reggio, e Bologna che prese Ìl nome da lo-
ro . Gli ultimi che ci' vennero , che furono ì Se-
noni, si andarono stendendo verso l'Umbria fio
presso Rimini'. Coà tutto quest' ampio tratto di .
paese , che dopo la decadenza del Romano impe-
rio fu detto Lombardia, e che da' Galli stessi, che
r occuparcmo ,' prese it nome di Gallia Cisalpina,
si trovò diviso dal f^to d' Italia ; laddove per' tre
secoli interi quella che tenne il nome d'Italia,
terminavasi all'Arno Vicino a Fisa, e al Rubicon
ne tra 'Rimim e Ravenna.
Vero: h che tra questi termini e le Alpi re-
starono' tuttavia alcune nazioni , che o per natia
ferocia e per T asprezza de' luoghi che abitavano.
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LiÈRO I. Capo II. 9
o per la prudenza « l'arte militare die pro&ssa-
TQDo, o non faroDO assaltate , o non poterono es-
sens superate dai Galli . Tra queste furono i Lir
gurì , sotto it qnal ooiDe converrà comprendere
gli anlicbì abitatori del Piemonte; ì Salassi, «he
teoevano la valle d'Aosta e qaeUo dui or chia-
masi Caoavese, dove fu pò! da*- Romani, che a
grande stento li domaxono, edifisata Ifrea; e fi-
nalmente i Veneti* posti tra T Adige e il fondo
dell' Adriatico , paese che fin dalle rimoté età par-
ve essere destinato ad aver sorte diversa dalle al-
tre provinde d'Italia e del mondo (i)!. Né fu di
minor momento alle cose d' Italia ( oltre quello
d' averne dismembrate le migliori proviacie ) un
altro efietto che nacque dall* essersi annidate dea*
tro a' confiiii suoi quelle allor sì ferod ed inquie-
te, oazioni-di Transalpiai. Impercio<»:hè le repub-
bliche o i tiranni d* Italia , in cui rade volte
mancavano i semi di gelosìe e. di disooniic, eb-
bero la vicinanza de* Galli 1 ogiloi- pronti o per
denaro o per naturai leggerezza a prender V armi
e seguitare chi li chiamava , come un' oppoHum-
tà dì turbar le cose degli emoli e de* vicini.
Una generazione di Galli eravi spezialmente, chia-
mati Cesati o diremo noi stipendiar!, i quali,
per certa ior feroce vaghezza d' acquistar gloria ,
facean proprio mestiere d* andare al soldo di chi
che si fosse, ed in ogni occasione la facevano da
(0 Slrab. 1. 4, p. 1^0-41.
0. Google
lo Decls. BivoLOZion d*Itaua
eaporal! e da brari (i): degna gente d'assomi-
gliani , non ào s* io deiiba dire a que* paladiai
che mill'anpi dopo diedero tanta materia ai ro-
inatiri , ovvero a ffieìh oompagnie d* avrenturie-
ri che nri decimoquarto e nel deeimoqwnto se*
eolo dell* era Cristiana pigliavSDo stipendio or qak
or IJt dagli stati d* Italia . Del resto , tutto qnel
tratto di paese che rìteonr il pome d* Italia e
ohe pub ohiamarsi Itale antica « dui-ò tuttavia dì»
viso io motti ttatì diversi , non allrinif otÌ eh' egU
sì fosse ' avanti l' mvasione de* Galli . E comerhè
altro quasi non sappiamo di quegli slati , fìmrufaè
ei& solamente che riguarda le aolicbità di Boma,
t che ricaviamo dagli scrìltort delle cose Boma^
ne; egli è nóndioieno bm certo ehe cent'anni
avanti > e poco men che' altri cent* anni dopo
Alessandro , fiorivano in Italia molte narìosi ed
infinite repuhMiche indipendenti , le più dello
quali potean dare più nieteria dì Mnrìe . che per
avventura noa fece Roma fino al tempo della
giuerra Oarlaginese : e non h dubbio che molte ne
sareblìero state assai famose nella memoria de' pò*
sieri,, se avessero trovato un Tucidide, un Srno>
foiUe, o UD Pausanìa, che avesse sctitlo di loro.
fi) Poljb. 1, 3 , e. sa.
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lAtìHo I. Capo ffl. ut
C A P O HI
J/t ^uarOe mizhnì nstaasé £vlsa i' Italia atrtt^-
ca, eoH detta propiiameìtìe ; e ^mU ne fosatro
h foni.
Q™
Quantunque todiose nefcano d'onKoarìo le im»
merazioni e le rasRegoe , non poiao perb pass»
queito luof^osrnz'additara, aliaeno «osi alla sfiig-'
gita , le nozioDÌ ItaKaoe cbe fuori della Gallia Gìt-
aiptna fiorivano a' tempi di Ruma deotio i ter-
mini, dell'antica ItiJia testé accennati. Rimetterti
del resto ì L^ìtwi che fosier vaghi 'ài più esat^
to ragguaglio, o a Strahone , « a CluTerìo, o «
qaalohe altro secktore d^aatica • geografia (i^.
(t) fta ir libri pnbMtmt finan fpoìtM Mp(>nRioeb«
tiene inedite aaove uxervaùouf tofità (|umu mÉttria^^ ol-
ire l' Italia attica del Cluverio, o il OoiTfpendio che ne
fece Giovanni Bunonc, poMono vnlerst i Paralleli geoera-
fici del'UncEip ^Append- ad t> 3. )i la Gea^afia antivt
del Cellario al cap» nono del libra aecuudo; il ragiona^
mento del' MarTei sopra gl'Itali primitivi,' sUrtipalo' alla fi-
ne iléll^ >aa Storia d'p'omatica , tao quel di pìb^cbe ui
lasciò nel quatto, oiiiuto e seil* ismo delle OsservaiioiU
letterarie; le Ricerche sopra V origine e l'antica istoria
dei vari popoli dell' Italia , del Freret ( Mémor, de C Aco'
dem, dei inscrip'. et beli. leti. t. i8. }• Gioverà altresì
vedere le Origini Italiche di monsignor Maiio Uuaraucci,
stampate ulti inamente in Lacca in due lonii infogliu , aa-
coi<;hè le opiiilotw di lui non nieiio per concordar facil-
mente col parere d'altri eruditi: ma come tu » fatte cose
è lecito ad ogniiao sentire e cougetluraro a mo tal<nla>
ovGooglc
J:» DéXLE RjVOLyzioNl d' ItALlA
l Toscani, ancorché avessero perduti gli sfa**
ti che prima tenevano dì qua dell' Apennino «
erano tuttavia per que' tempi nazione grande e
potente , possedendo , oltre alle città che ancot
{onnano.il granducato di Toscana, buona parte
ancora di ciò che oggi si comprende nel donuBÌó
Ecclesiastico , come il patrimonio di san Pietro ,
le Provincie d'Orvieto e ài Perugia. K non sola-
mente tutta insieme la nazione Etnisca suprravd
di gran lunga Io stato de' Romani , ma poco meo
che ciascuna delle dodici. dinastie, in cui era divi-
sa, potea gareggiar con Rmiui . Vei o Veiento,
allcox^è , dopo quel lungbisnmo e famoso asse'
dio , fu alla fine espugnata dai Romani , era ri-
gualcata o(KDe città d' uomini e di forze uguale
a Roma (i): eppur Veiento noa dovea superare y
o certo non superava di molto Cortona, Phu^v
Viktezzo, Volterra, e Chiusi.
Un altro bucm tratto d' Italia, non mferiore
alla Toscana propria, era abitato dagK Umbrr,
nazione che fu per lungo tempo emola de' Tosca-
ni : e eomechè non contasse allora città cosà' gran-
di e popolose , quali erano le Toscane , ve ne
aveà pur tuttavia dì molte ed assai raggnardevo-
K, come Sanrina, Urbino, Camerino, Gubbio,
Spoleti, FoligDOf Todi, Terni, Narni , ed Otricoli,
coli d^bi amo aBlI&dimeao sapet knaa grado a cbi ci pò-
ne tlavanti, o ajiche ne addila soltanto i niaDuiiieDlì,Gb«
fanno il loggelto di laii ricerche e coogelture.
(i) Plut. la Camill.
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Dbro I. Capo 10. - »3
slcnne- delle quali rheugono aneora gli antichi
nomi (i).
Vicini all' Umbrìa erano i Sabiói , abitatori
d' un paese meno grande e meoo fertile , ma per
virtÌL e fone ancora per numero d' uomini noi»
inferiore; i quali acoome si mantenDero sempre
liberi dalla dfnntnazion de* Tosoaoi e deg^ Um-
bri, con federo lungameate ohe iàre a* Romani.
Peroecbb quella gente sfas si crede ewer v«niitm>
eoa Tito Tazio adooirsi dopo nxJte battaglie in'
un sol corpo' eoi piùai Romani, non poteaenie-i
re più che ima piocdissima parte della oazion
Di quella proTÌncia oba fa poi tutta coin-^
ptesa ool nome di-Laaio, e ohe or chiamasi cam-'.
pagna di Roma, una piooola porzione tt-a ooen-
pata dai Romani anche dopo ranno quattroiìen-"^
tesimo dxAla. lor fondazione . Csnciotsiadhè , <^tre
i Latini propri, o Eia gli abilatcni del I^azio an-
tico, di cui 'Al pasta lo itàto diAoma, sussisteva-
no qiiBttro potenti e fìnooi popoli. Equi, Volsci,
Erniei, ed Ausoni.; ciascuno da' qu^i oredevasi
di andar del pari. e .stai«;a frtwteddla repubbli-
ca Romana fino' quasi' ai tea^i della guerra dì
Pirro. . .
In quel lungo trotto. d'IitaKa ohe or chiama-
si regno ,di Napoli , molti erano gli stati e liberi,
e potenti. Vi -erano i Marsi, rVestini, i Peligni,
(i) Stnb. I. 5, p. i5*.
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i4- Delle BivotuzioHip* Italia
i MarrueÌDÌ, i Ferentanij e i Sanniti « oba ft-
bìtavano quello cbe ora chiamasi Abtu2zo, o
parte d«IIa Puglia. GlUrpiai , i Oaunit j Mesea-
^, i Pcììoezi , i SaWntini soggioraavaDo dov*i or«
k terradlBari, d'Otranto, e la Battiltcata-- <juÌD-
dì «cendendo verso la moderna Calabria , v'ei^a&o
i Lucasi, i Bruci, i Fìcentinìt i xjuali tuttt o$-<
CUfiATaDo altrettanto e più di paese, che:<)ualm«
^no ù voglia de' quattro popoli dej DomeXatioo;
Q mohi di loro poscedevand, piìi terreno, «bsDfW-
vaia tutto insieme, il Lazia adfa sua maggior cstea"
«otte. I Campani poi, chic teneviui) h miglior
parte di quella provincia cbe, per 1* eccellente iu&
fertilità' V ottenne il «locae di terra di Lavoro,
dov' era ed è tuttavia NapoU,:dov' k U jiuova a
dpve fu già ta famosa antica Capoa4 foswdevaao
un molto ragguardevole stato. A^'iu^anni a tut-
te queste nazioni o repubbliche molte ciUà ma-
xittiraa le quali ikeerano «tati separati da* popoli
del continente , come Tare&to , Tulio o Sibari , '
fr^lea , leggio , e Crotone ; le quali tutte così
non erano dì forzq inferiori alle città marittime
dell'Asia Mincure e della Grecia, nome quelle del
continente potevano gareggiare con le più ùaao»
repubbliche del Peloponneso e dell' Acaia.
la fatti, di quelle ionnmerabUì repubbliche
qbn rìempievan V Italia . niuna «a di sì poco sta-,
to, cbe non potesse mandar in campo da dieci
o quindici mila uomini armati, o almeno col van-
taggio delle muraglie e del sito difendersi da
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Loro I. CavoUL i5
podenin esmàti di Mtalìfoiì" Afolte poi n^'eratio,
ohe di tre in tre lustri ne-nundafan» foorì qua-
ranta e oinqnaota iniiat eomr fecero «erameDttt
più fiate i Volici, i Iiatioi, e i S«oaki>. B w voi
vogliamo teaer dietra «Ile pvti'iipUrìti chd ei In*
sdarono gli antielii geografi • ^riei (t)v troTÌ«-
mtk die ì Crotmiatì annarooo cento e tnnUt nùr
la uomini / e i Sibariti trecento niUt pbe \ Ta-
rentini m^adarono f>ttaDta miht fanti coli otto mi-
la eavaUi d* aiuto ai Sonoit!^ e cbe » Tap^woii»
per mesco de* loro ambasoiaderì al n Fin» di po-
ter metter iHHeine sotto al suo comando treoent»
e veni! mila cavalli e fanti, di Liicànì. Mnsapi»
« ài qualobe parte del Suinio (2) . Vogliamo «ti
buon grado supporre ebe in tali racconti o vi sie-
no scorsi sbagli ed ' esagevaiiioai ftotevoU, 0 vera-
aienfe cbe cotesti fatti arvenissero in tempo che
Sibari e Crotone e Tarento, o qualche tiranno^
ebe regnasse in qadle città, avessero a lor divo-
sioDe altre terre o nazioni, e che le truppe arma-
te da* popoli soggetti: e confederati si denominas-
sero dalla città prìacipale e dominante. Ma per
grande ebe si faocia la diffalta , noi non posiamo
tuttavia, Senza rivocar in dubbio ciò cbe Ì più
riputati scrittori delle storie antiche, ci anno la*
sciato , e senza abbandonarci al piii intollerabi-
le pirronismo , non possiamo , dico , negare che
(t) $trAb. ]. .6, p. 180-81. — DioH. Sieul.
(i) PluL ia Pyrrlio. — FrcinsLfcniuiSuppl.Uv.dec.a,
I. a, e. 12. .'■•,:■
0. Google
i6 Delle Rivoluzioni o* Italia
moltissime nazioni Italiane, bmchè ristrette in bre-
vi confini, pur fossero nientedimeno potentissime e
di grande stato. Un celebre serittor moderno (r);
il quale si mostrò tanto incGnato a credere , e si
^diò di mostrare non essere stato ' il mondo an-
tico sii pieno idi abitanti , siccome stimasi volgar-
mente (2) , si ride costretto dì fare in quel suo
discorso quasi una continua eccezicMie riguardo al-
V Italia , ìa quale egli consente ohe ne' primi tem-<
pi della Bomana repubblica ' dovesse ecs««*popo-
ladssima sopra tutte le antiche provincie . Una
pniova pivssoohè evidente ( per lasciar da un la-
to tatti gli'altri indizi ed argomenti partioolarì ")
possiam trarla dalla rass^na'che fecero i Boma-'
ni dèlie truppe lor proprie e de' confederati Ita-
liani, in occasione cbe sì temeva - d' una miova
irruzione di barbari Transalpini . Leggest quesE»
rassegna distesamente, in Folibio' (3) * -scrìttoro dì
queir autorità che tutti sanno; e fti' riferita anco-
ra da Fabio Pittore , che a' tempi di panile im-
prese sostenne ndla repubblirà le prime earìefae
(i) DavM Haute Diiconn sur le nombrt àés lubiuia
panni qaelques anciennes DatioDs. Disc, polilicj. t. i,
(3) M. Wallace nel suo Saggio sopra la differenza dc£
numero degli abitanti ne* tempi antichi e moderai , «ostie''
ne MO più giustezza e più foodamentg l'opiaioQ.e coptra-
ria a quella del sig. Hunie: dico con più giustezza , per-
che quaniuuqtie il sig> Hume traiti co» mólta erudieione
il suo argomealo , e non senza riUeuioai vei'issiine , cnn-
foade tuttavia i tempi, mal dUtiuguendo, eìempiEiazia ,
il SI colo di Pirro da «jucl di Cetaic .
(5) Polyb. I. 2, e. 34. . .
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Libro I. Capo DI. ^ 17"
eo^ civili* che militari (i). ,Noì troviamo dun»
que , che , suU' avviso della venuta de' Galli , ; i
Sabini e i Toscani armarono settanta mila fanti ,
e quattro mila cavalli ; ^i Umbri , e certi popoli
( Sarcemtea ) abitatori deir^Apennino di quella
banda, vénti -mila; i Romani venti milA fanti, e
mille cinquecento cavalli; i Latini trrntadue mila
tra cavalli e fanti; ì Sanniti, comechè usciti pur
allora da quella rovinosa guerra Romana » in cui .
perdettero per Io meno da cento mila uomini , in
più battaglie , pur mandarono sotto il comando
de' Bomani settanta mila fanti, e sette mila ca-
valli; i Ia{Hgi e i Messapi cinquanta mila d* in-
fanteria , e sedici mila di cavalleria ; i Lucani tren-
ta mila fanti , e tre mila cavalli ; e tra Marsi ,
Marrucini, Ferentani e Vestini, ventiquattro mila
tra fanti e cavalli : cosicché nella somma totale sì
trova che da. una minor parte d'Italia, che noQ
comprendono ora lo stato del Papa e il regno di
Napoli, si armarono allora di primo tratto più di
settecento mila uomini (z); numero senza dubbio
maggiore di quanto ne possono metter insieme duo
delle più grandi e più fiorite monarchie d' Euro-
pa. E se noi riSettiamo che le guerre Galliche e
Cartaginesi, nelle quali troviamo che si armarono
tante migliaia d* uomini , avvennero in tempo che
non solo ì Sanniti , ma tutti gli altri popoli Ita-
liani erano pei disastri delle guerre eh* ebbero a,
Tomo I. 2
(i) Ewtrop. ). 5, C.-5.
(?J Polyb. 1. cil.
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i8 Delle Eivolvzioki d'Itaua
sostenere da Roma, fortemente caduti da qaeì
cb' erano ceDt'aDoi Addietro; dovremo quindi ar-
gomentare che a* tempi di Pirro tatti i «uddptti
popoli potessero annare uo molto maggior nume'
ro di gmte, che non fecero nel caao. riferitoci da
Polibio (i). Del resto, egli. è ben certo die que-
gli stessi popoli, i quali maodarano quella gente
come per suwidìo e per taglia a* loro alleata •
avrebbero posto in arme -agevolmente tre o : quat-
tro v<^te altrettanta moltitudine d* uomini, la qua-
lunque occasione di guerre e di pecicoti loro pro-
pri a particolari. Vera cosa È che se nella piiesQD-
te coodizion de'goverai e secondo i, costun^ no-
stri, non può ubo stato, senza particolarisatma ec-
cellenza d* ami&istcaaione o senza propria rori-
na; sostener maggior numero di soldati» che in
(i) Tito Livio in parecchi laogìii della tCTEa deca ri-
feriice espiesumeate , che i ftomani dopo le «confitte di
Trebbia, e di Tratìmena e Cinne, rimettevano it> campo
or diciotlo , e or pìin di venti iegioni i summa trium et vi-
ginii legionum eo anno (558) effectaest. Lìv. I. aS ; cbe
vaol dire- cento e più imla oominì/ e queiti «celli da una
piccoliMÌma parte d'Italia, giacché è bea noto che le frap-
pe ausiliarie, compagne ed amiche del nome Latino, non
entravano nelle legioni . Tfel tempo »Xtua «i fa menzione di
trentacinqne milaCampani, dr sedici mila Locresi, di qua-
, si alirelUoti Lacani , e cojì di Bru^t e di SalentÌDi, i
quali faceano loro spediKÌoni gli unì contro gli altri indi-
pendentemente da' Romani.^ da' quali O si erano ribellati,
o etano stati abbandonati . Dopo la guerra di ADDÌbaic,
tnttì quegli eserciti cbe conquistarono la Grecia, la Mace-
donia, e st gran pane dell'Asia, erano pur composti dì
soli o di quasi soli Italiani ; e se facciam ragione alla qua-
lità delle potenjEe che ti ebbero a combatterà ^ non poli-
Vano non essere 'Usai nntner^ti «
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tiBìlo 1 Capo AL ig
ragione d*aQo pw eétto; poterànn in quegli ao-'
tìchì tempi e ìd qua* piccoli stetì arolare senza fa-
tica otto e dieci per c^ cento. Ma noa h per-
ciò men niamfestD che una città o un tenitwio,
per mandar m campo da quindici o venti mila
armati , dovea contare da dugento mila teste di
Aio distretto < E poiché tanti erano i popoU e la
repubUiche in halia , a*' quali le venti migliaia di
ftritiatì erano piccolo «fono, parta tuttavìa cosa
ìncredilHle che Tltalia potelee com^endere e no-
drìre cotanta moltitadine di penone ; Per intende-
re adunque, donde potesse e prodursi e sostener-
n co^ numerosa |»opolaiione ^ non ostante le guer*
^e e gli altri flagelli a cui fo il mondo sempre
Soggetto* uopo è dimostra» quali fossero i costu-
ini e le atti che aìW fiotÌTano, e le qualità del
paese che ai abitava.
CAPO IV.
■ Èeemm^t e eommenio^degU antichi JtaSani.
iNon è credibile che il clima e la naturai qua-
lità del tarctto Italiano siensi cambiati da quel
eh* erano anticamente ^ piuttosto potrebbe sppporsi
che il clima mtglicHrasse ; e che divenisse general-
tnente più temperato e più mite per le molte fo-
reste che si SODO disfatte non tanto entro l'Ita-
lia , quanto ne* paesi vioiiu deUe OaUie • delia
=dDvGooglc "
&0 Delle VirvotxziGm d* Itaiu:
<5«rinania , le quali antioamente contrìbirivanp a mi'^
dere più fredda l'aria, e però meno fertili le ter-
re d'Italia. Tutto il peggio che potrebbe esserle
accaduto, riguarderebbe forse qualche proviacia
del regno di Napoli , dove V eruzioni del Vesuvio
avendo più volte coperto di sue ceneri le contrar
de vicine, poterrao corromperne la pristina fecon-
dità . Ed in vero , non so se il territorio di Capoa
e di Napoli corrisponda presentemente a quella
tanto celebrata dagli antichi scrittori Campania fe-
lice. Ma generalmente non poliamo supporre che
la qualità del terreno e del nostro cli^a sia, per
cagion fìsica o superiore infiuenia, diversa da quel-
lo che si fòsse una volta. N& tampoco le terre
Q* Italia possono stimarsi oggidì deserte ed incolte; e
tuttavia bastando ella appena a sostenere forse la
Ventesima parte, per non dire la oioquantesiiuA ,
secondo il coniputo che ne fecero alcuni , della
popolazione che trovavasi due o tre secoli avanti
r era Cristiana , parrà cosa incredibile com* ella
potesse contener nel seno e sostentar tante genti .
Gioverebbe forse a i:enderc) persuasi di questo fat-
to il ridurci a mente l' antico stato della Palestina
a* tempi di Saulle e di Davidde (i);o veramente
il supporre i cantoni più popolati e più colti degli
Svizzeri, uniti in uno stesso corpo di provincia eoo
qualche parte della Lombwdia , Perocché , assOf
flìandosi V industria e il vigor degli unì con Ut
[i] Vìauj Moenr* de» (itb^Ijks, Cb, \-
=dDvGooglc
liBftO ì. Capo IV. ' a«
feflUìtà dell'altra, ne lisi^terebbe un* immagine dj
ciò ch'era l'Italia a que' tempi che discorriamo;
ma immagine anoor tanto mÙDore.del vero, quan-
to ì <!oslumi degli Svizzeri 'odierni sono nella, sem^
plicità di molto inferiori agi* Itali antichi. Non i
dunque da dubitare che. la aeinplicità. de* costu-
mi t una vìtK faticherole' e procacciante • e la ro-
btistekza che' quindi nasce naturalmente, erano
al tempo stesso cagione della crescente popolazione,
e solvente delle facoltà necesiarie per sostenwla.
Che tutti generalmente i popoli d* Italia . fos-
sero^ qtiasi per propria e indispensabile, professio*
ne, dati così all' i^rìa(Jtura, come alle .armi, non
è cosa da porre in dubbio.' Il fnittJ che ne na-
sceva, tanto era più abbondante., quanto tBa%^
jgìore era l*operB che vi s'impilava. Ed è por-
caio da saptf^ primieramente, che buona; parte
delle genti Italiane ( estendendo questa diaomioa-
zione fino ai temiini propri e naturali d'Italia,
che sono le Alpi) abitavimoi a casali e borghi.
Tale era l'uso dei Sabini^ de' Latini, dei Vestini,
e di altri popoli Sanniti; tale quello dei Liguri;
falé spezialmente' Tuso de' Galli Cisalpini , ì quali
tuttoché possedessero così felice parte d'Italia^
qual'è la Lombardia, non atramente non si pre-
-der pensiero di fabbricarsi e di abitar, gjcanài cit-
tà, ma appena si fabbricavano case, albergando
pure in bassi e vili abituri e strette capanne (i)<
[i] De Sai. Uy. i. i, p. 197. ^ De £«f. S(rab.l.5,
0. Google
fts ^ Delle RivoL«2iaw t>* Itaua
la questo modo dod ci. potendo essere alcuna nor
tabilc disuguaglianza di beni, oga*uomo e daseu-r
DA famiglia coftivara la sua porzion di tnreiio in
sul hiogo stesso del suo albergo , e però più age-
•rolmente e con più frutto. Né per fiàr deÙe strad*
o fabbricar case si occupava altro ^>azio o dì f^npo
odi luc^o«diquel che bastasse per capirvi eofro,
e per condurvi o piccola carretta , o bestiami d*
■Otta; e da ogni palmo di terreno si traeva profitto,
Le donne che sono nei nostro vivere cittadinesco o dì
carico, o di piccolo s nìnn sollievo, siccome quel-
le che si adoperano per la più parte nelle^^ti dj
puro lusso e distnittÌTa« orano allora di. miglior
uso die non sono le stesse femmine villanesche
'd*c^idì, e dì aiuto alla coltivazione, e di oppor-
tuno sdilievo per tutti gli uffizi domestÌQÌ; poten-
dosi in pochi momenti condurre daU'albeigo al
campo, e dalle pentole o dal telaio al rastrello o
sdla grigia pascolante. U vero è che nelle prò-
-^ncié di am[He e futili pianuxs, dove non era
«eccssaria sì grande industria a. farle fruttare, le
iòttà grandi si trovavano pia frequenti , perchè gU
uomini non forzati dalla neeessità a sudar del con-
tinuo si^e sterili glebe, s'indncevano natiualmea-
it a congregarsi insieme,. per godervi più agi e
ffHi loaRerì*. OItnechè i la fertilità del paese esseor
ite' per se stessa unita ooU'aere più mite, e clima
•^iù' -tepido e moUe* gli uomini vi sono ancora
p. i58. •— De Samnit, Idem p. 167. — De Z^gur. Idem
!>. iSi. — De Gait. Foladi, U 3 ,c 29. .
ovGooglc
Libro I. Capo IV. »3
naturalmenfe piii iadioati all'ozio^ ed alla vita
eifemminata e voluttuosa. Cotali erano i popoli
Campaai. Ma rEtrurìa e l'Umbria, paesi meuQ
caldi della Campania, e meno freddi e più ferlir
li del paese Latìoo , Sabino e Sannitico» ritener
vano in parte il naturale d^li uni e degli altri.
E siccome alcuni de' popoli Umbri e- Toscani a?
bitAvano ancor essi a bollate, co^ vi arcano
nondimeno grandi e frequenti città. Né già per
questo celle fertili provìiicie dell'Etrurìa si tra*
scuvava ragricoltura; ma quella nazione fa ezian-
dio celebre negli aotiahi tempi por questo riguaiw
do, è appena pare che ne cedesse il Tanto a' Sa?-
hìoi , coltivatori seni:* alcun dubbio celebratissì-
mt (t). Del rimanente, il viver di quelle' che à
cbìamavan citta, dico ancora delle più popolose
e principali , non età così opposto alta vita rust^
ea, come a' tempi nostri. Elle erano piuttosto si-
mili a* nostri villaggi ( eccettuata la dÌ0erenza d«l
numerò degli abitanti ) , dove si confonde il ru-
Blieo col civile ; e i terrazzani , uscendo a' lor vi-
cini campi , ne rimenàvano la sera entro al re-
cinto della casa il lor bestiame, e le biade, e i
ftutti raccolti . Il che era a que' popoli tanto più
necessario, perchè essendo quasi del continuo im-
pacciati in qualche guerra co' vicini, troppo im- -
portava loto il ritirare dentro alle mura della ter-
rà e biade « bestiami. Le case essendovi per >>
Ji] Virg. Georgio. I. a. io. fin.
=dDvGooglc
i4 Delle Rivoluzioni d' ItALiA
più umili ed anguste, e con regolate da aHro dì-
■^ segno, che dalla sola necessità di albergarvi^ non
si tralasciava di coltivare ogni piccolo, spano di
terra cliè - fc^e vacuo . Donde ancor ne oasceva
che talvolta una città assediata poteva sostentar»
non pur colle biade già raccoUe , e col frutto
ìilelle pecore e d* altri animali , ma con quel-
lo ancor che si raccoglieva dal . seminate che
ifacevasi entro alle mura ; e durar cosi i luoghi
toiesi, e gli anni interi (i). Kè di poco rilievo
era nelle stesse città V opera delle donne , le
quali facendo domesticamente gran parte di que-
gli ufBzi che sogliono ora farsi dagli uomini, .
rendevano ' molto maggiore il numero delle per^-
sona che potevano attendere alta milizia, ed al-
le faccende esterne della colUvazione e del com-
Snerzio . L* arte della lana , che pur dovea allora
supplire a tre o quattro delle arti che oggidì oc-
cupano tanto numero d* uomini, come fanno tut-
ti ì lavori delle sete, dei lini , e de* cotoni, era
allóra un affar domestico non meno delle femmi-
ne plebee , che dejle nobili matrone; costume che
si mantenne in Italia assai tardi, poiché sappia-
mo che Cesare Augusto usava di non vestir al-
tre robe, che quelle che gli lavoravano in casa
[>] Lefg«ti tìtt Annibile, itando all'asKilio di CtiÌ<
lino bella Campunia, ebbe una volta a maravigliarti dod
poco, vedendo (;eiile die teminava rape e legumi lungo
le mura, non diffidando di averieoe a cibare^ dove il ne-
nico Gootinuaue l' aucdio . Liv. t. iS<
=dDvGooglc
tiBRO I. Capo IV» afi
le isorelle e U mo^ie (i). la Roma medesima-
meate fino. alPanno cinquecentesimo ottantesimo, dv>.' ~
quando già ella era senza controversia la niag-
gione e la più agiata delle città Italiane* non vi
era ancor chi iàcease proprio mestìer di fornai^
o panattiere ; perocché queste opere si facevano
dalle donne, come si. usa ancor ne* nostri TÌUa{£)
oggidì. Non! è difficile a computare quante cen-
tioaia d* uomini robusti s* impic^bino in somi^ian»
ti iaccende. nelle càtth capitali dell'età nostra, che
ctntino tre o quattro cento mila abitanti, com^
contarla per lo meno Roma in quel tempo; e se
d aggiungono e i cuochi » e i tavernieri, mestiere
popò noto alla più. parte degli auticbi, e tutta
quella moltitudine d* oziosi, famigli . che occupan
le sale de' gran signori, questo sol bastei;^bbr
a fare .unWmata poderosa, o a popolare e~ cpU
tirare un 'va9to contado . Copiosa materia dì 'Ar
gionare ci ei farebbe avanti , se prefìdeisipio a
^mostrare e 1* ioduatria ed infinita fatica con cui
ù traeva dal seno delle terr^, anche più. ingrate
e più sterili, notabii cc^ia di vettovaglie; e la
qualità de* cibi che. si usavano; e la modestia e
semplicità del trattare, cbe lasciavano adoperare
la masuma parte delle persone alle utili opere
dell' agricoltura. Negli abitanti delle pianure, per-
chè il terreno fosse naturalmente fecondo , non
«i rallentava la diUgieiiza del ooltivare; oè i
CO Suet. in Ocgn. .f. .jS. ,
0. Google
ss Delle RirOLUzioNi DMtALU
monttnewhi e gli^pioi-fralasciaTano la colfura dd-
I«lòcrocchd, per quanto sterili fessero ed ii^atii-
sìme. I Sibariti, per es«mpio, col vantaggio eh*
Mppeiti'ti'U» da* dae fiumi Ctatì e Sibarì ch«
bagnftraBd il lor oontadò , venoero a fasta opib-
lHù^i «fae poi la vita lur deliziosa passò in jpco*
Vttbid (i). E quel ohe p^Hrebbe incredibile cosa
a* iio^i tempi, vollero piuttosto dìviderfe con £>*
Kfltieti cui chiamarODO a parte 4eIIo stato loto t
«he laseiafe in abbandono le teire , o et^tirbrl»
Ms& di groffio cotne si fa ordinariamez^ da obi
né possiede ^afflpie tenute: talmente t*avea per
fettatt ìa que* tempi , che la riecfatiEea e la pot-
tenra d' uoó étSAo consfotessero nel moltb numero
éegU abitanti. I Liguri dall'altro «aoto non di>-
Speravano de* fatti loro « né abbandoaarono il suol
natio per MdHc ti cereare altra statua : ma so^
steDt&^abo te vita e la libertà insietne, ai»ndo •
lappando aspto terreno jO piuttosto tagliando e
stritolando sassi, per cavarne pur qualche frutto
ad onta qvan della aatora (a) . Il vero i the per
ider^ar fiumi, per rendere in qualche modo fer-
tili I nudi abò^i molt' opera richiedesi: ma la
|>opolazione numerosa supplisce agevolm<»iEe ad
<^ni cosa; e l'opera e la fatica devon contarsi
|ier nulla , dove qualche frutto ne s^ua. La qu8r
Kfà del govenio pcAitìoo non penaetteva gran Cit-
iso , bhe gli uomini di quache «£Gu« teneisexo
(i; Diod. Sicn). I. isv
W P««id. »f ud Strab. 1. 4.
0. Google
lEBbo I. Capò IV. 27
graù &B)Ì£^B pet fai io imbasciata per fatto e
per pompa. La grandetta, e roitore^ e il cre-
dito oonsirtevano pure mi trovar siUla piazza mol-
ti cittadini che ti fftoewero cerchio d* intorno,
negli Mputtim ti dessero le f oe! ,0 ti si ^ racco- '
maztdafisero' per averìe esri col tuo favOM. Fieni
SÒDO i libri di queste voci t che &e' vetusti tempC
la vita rurale non, toglieva nobiltà e gentilezza ,
e molte pruove abUamo per mostrare ohe fra
gì* Itali e fì-a' Oreoi il nobile , il grande , il ma-
gistrato, siccome al par dell* uomo privato e plo-
beo attendeva alla coltirazìone de' suoi campì-,
«odi vìveasi assai codtQtlemente di cilù semplici fe
grossi. GJi ambasciatori che andavano da unare^
pubblica air altra f benché pur s'eleggessero de*
pfibcipdi delle città, non ispendeVano pel viatico
ioro piik che non ftodano a* nostri di i più id-
£fflì bo^faesi deputati dal lor comune . Né i ca^-
pitafii si nodrivsiio negli accampamenti in più
ddfcata guisa, che gli ultimi fanti . Chi è mai
là ignorante , che non abbia piìt d*una volta o
Ietto o sentito che gli ambasciatori d'ub gran re
fìireno a vintale e offrir doni e tesori, &d tin ge-
iaerale de* Ronòani , mentre ^ si stava traoquilr
UmMte cBocendo 0 cenaado rape al suo picciolo
"focolare? Ma fì-a tanti scrittori e storici e politi-
ci, che questo fatto o citarono o riicrìroiio, non
*> «e alcuno abbia mai fatte le più rilevanti o*-
serrazioai che da questi e somiglianti tratti di
0. Google
antica stona si dovrebboao rìcavqi-e (t) . Ca^ni«
il vecdbio yenne lodato singolarmente., pnobèet<«
srado put uomo di tanto affare io una repubt^i*
ca già signora dell* Africa e dell* Eurc^, a ~,sch
inigUanza dì Curio e dì Falmzìo si b^vagliaaw
del pari e mangiassi! , ad. un. mederimo desca .00*
suoi* servi . Poteva egli veramente recare mafavì*
glia, a* Romani del tempo di Siila, di Cesare >e
^^Aagfifito, già altamente immersi .nelle d^lica^
tezze e nel lusso; ma Catone, nato ed alle'rato
in TuscoIq, potè ritener gran ^parte de'.costoim
eh' erano poco prima comuni a tutti i pc^oli'dd
La^io e .Sabini:, giacché: è ben cecto.die.il Iubw
s'introduce prima nella città capitale, ohe. neH*
Provincie. . . ; :<•■'-'■ ■
Or, non è dubbio che così &tti costami n<Hl
solamente agevolavano ì mezsi d^ susastedea
alla numerosa popolasione , ma ancora servivano
ad afscraseerla in ìnEnito; perciocché in. quel tener
(1) Fra tutte le geaerazioDi d'erbe e di frolli, -Ì« r»-
|>e, oltre all'ottima salubrità, sono la più facile e più si-
cura ricolta^ e di più agevole conseTvaìioDe, cotturd e Gon-
(limento, di tutte le ptoduziooi della' terra; come qtnt-
' le cbe si seminano sotto gli alberi , e ncgl' intervalli del-
le viti^ e dentro ogni JiiccOl bnco pieno di terra, cbe sia
«er le mitraglie e per le rocche. Or^ aiceome è indioibHe
la quantità di tal cibo, che la diligeq» degli nomini t>n&
Scavare da' piti sterili e più ineschini paesi, così è leggier
cosa r argo meo tare quanto agevolmente possa sita iCfn tarsi aa
gran popolo, dove ancbe i più riguardevoli cittadini tt
conteotauo di rape e dì legumi, dalla coltura o dall'amor
de' quali già presero il «opraonoine i Fabi^ i Pitoni, e i
Lentttli.
0. Google
Mb&o I. CAtO IV. ÌQ
di vita che si è mostrato qui sopra, non thè
fosse frequente, ma non era quasi possibile il ce-
libato ; e la stessa vita dtira e faticante rendeva
ù le donne, che gli uomini più generatici: tal-
ché alla fine il numero de* TÌTeoti avrebbe pur
dovuto in molti luoghi soverchiare la quantità del-
le v^tovaglie che ciascuna nazione potea ricavare
dal proprio territorio o contado, non ostante qual-
sivoglia parsimonia, ed ogni maggior ' industria
che s'impiegasse nel coltivarlo. Ma egli- è qui da
osservare che siccome i popoH de* paesi montuo-
si'mDldplicaao più facilmente, .ed anno tuttavia
pN la natura del -luògo minor copia delle cose
Beoei^arie alla vita; così ì paesi feh'ci di- belle
pianure dove possono di I^^eri i viveri soprab'
bendare, e le città marittime e mercantili , non
solamtnte moltiplicano inteniamenfe assai meno#
ma seeniano e mancano insenùbilmente,' se non
sono di' DOteHì^ awratorì rìferniti . L* abbondanza
vi produce subitamente l'ozio, il lusso e là mor>
i>idezza , cose non manco contrarìe alla mohipli-
cazion della spezie,, che alla virtù e alla bravura.
Ma una mente superiore provvide sì , cbe 1* una
all'altra cosa fosse util compenso, e che un .ap-
parente disordine rimediasse all' altro, Concioésia-
che , senza contare qudle traspiantagìooi e quasi
innestamenti di popoli , che procedono dai vari
tocoes^ì delle guerre, e dalle vidssitudini de* go*
verni e de' r^i ; la naturale pove'ttà de' paesi
alpestri stimola i ^ loro abitanti lempte creweatì
ovGooglc
.^ Delle Bivp&va?oHi dMtaìia
ad aodarn.eoll'iiidMctria « col treitaglio pnJeaC'*
ciando ventura dove ahbondang I0 rìochejfze. «
dove la moUezza de* popseditori di quelle non
pu^ far dì meno die lasciar la strad/a aperta A
imora fortume. I Volaci pertanto, j Latini* j I*»
gurì , molti della nasion Sannitica e della 'SosoOf
na, dove la qualitii del paese DOQ.poteajimgere
copia proporzionata di viveri al numero degli ^i*
tanti * col tralHoQ « colla mercatura cemaTano
tiiatnpo e fortuna nella Campania, onMi'Dtnuia*
a in al^ felici e doviziose contrade .
Nelle storia politiche non accade onUaaHflk
mente che si ragioni di mercatanti^ Nondìmeiw
«ssai spessi luo^ s'incontrano di anticU «tocùa»
dove si i^ menzione di mercatenti Italiani ^ «hi
lontani dalle lor patrie bada?ano « diversi negQ>r
ti. Né solunento colqro che facevano proptio
mestier di mercanzie, e i vitaudieri^ « i provvedi^
tori delle armate« con» ancw si. usa ; ma i sol-
dati stessi attendevano a lor trafBci ne* paen do^
ve la congiuntura delle bierre li conduceva. Va.
singoiar luogo di Tito Xivio gioverà rapportare a
jquesto proposito , La guardia de' Romani, die' r*
^, che sì trovava in Anjnira ( o Tecraoina,
città de' Volsci ) , per la negligenza de* widati t
quali andavano vagando e ricettando generalraen*
te i mercatanti Volsci , vi capitò male , essendo
repentinamente tradite le guardie delle porte ^ Ma
il numero de* soldati che vi perì , non fu pe-
rb grande, pu^hè, eccettuati, gì' infumi > tutt»
0. Google
: ttBRo h Cam IVi 3t
fiBdàrano negotiaDdo pel contado e pev le otta vi-
cùos'a guisa di saceomaniri (i). Ma quello- eh* ^
più notabile, i il Veder 'ch& i Romani, i quali
appena dopo quatfroccnt' anni eonuneiarono a
possedor Jnoghi marittimi d^ Lazio, fia dall'an-
no-dugentestmo quatanteumo quarto evesAero por*
ti aperti e £iiidadit nell' Africa i Peroiocchi, fi«
dal primo consolato dì Giunto Bruto e Yal^o
Fubblicda si era 'fatto un teattato eolia repubUi*
ea di Cartagine a vantaggio dei Romani, e de*lor
collegati di Ardea , d'Ancio > di Lanrento, di Cìn
ee i di Temuina , e di altn popoli Latini ; a{6n-
thò potessero n^oriar nell* Africa inununi da
jogni gabeUa e dazio ^ toltone la mercede del a»-
gpetaró e del banditcar' della piaraa (2). Il qual
trattato, jrìimovato e confermato di poi nel «pib*
salato di Valerio Corro e Pc^iHo Lenat» , è di
vero un trt^po rigoaidcTole-monumtnto, sia per
fks conoscere oorae in ^quei tempi, stimati barba-
ri e rozzi , il governo steuo si adopnsase pure a
pvomoTov il commeraio; «a per unatestimonian-
ca si manifesta , che aacora ì Romani di cui pa*
reva essere «ola arte la - guexra , erano apfJieatf
al commerzio Iransmarino (3) . Dal ohe si può
, . (1) L..5 , p. ,4iS edit. Crjpb. ùxarian in jnodum
omnes per agros, vicinasque urles negotiabantur .
■■ (2) Poijb.r: 5, p.194. . '
t;.\ (3) pa «pffto. con^^iq^ -dell' Afnf:a. li pai cotBfnn-
dere come i Romaiii , anche ne' tempi di loro maggiof
poveriir,' potessero aver sedie d'avorio cotanto nominata
fin-da' pTùBi -Hc»U dilU iWmani atprtt*.
ovGooglc
Sa Delle PivoLifziom d'Italia
ai^meatare quanto vasto foste il trE^co dellfr
città che-aTeano nome d* essere mercantili, coni»
Anao, Cuma, Turìo* Eradea, Tarento, Adria,
ed Ancona.
Io so bene* che molti vi saranno * i quali
soliti d'inoalzar al cielo il secai nosti'o pei som-
mìssimi comodi eh* essi presumono esserci stati
arrecati dalla navigazione moderoamente pecfe*
lionata , si taioveranno a riso al sentir pur solo
ragionare del commerzio degl'Itali antichi, i qua-
li non che agguagliassero il trai6co che fassi og*
gidì dagli Olandesi , dagl' Inglesi , e da altre na*
noni navigatrici d'Europa, forse non pareggia*
vano' il commerzio che facevasi nel deeimotetzo-
e decimoquarto secolo da' Veneziani,' Genavesi,
e Pisani. Ma da codesti lodatori così solenni del*
r odierno commerzio cenherei io volentieri, qual
sia quei cotanto vantaggio ohe da questo immen*
so commerzio raccolgono le nazioni Europee dei>
l'età nostraf Non altro, a mio credere,. che. quel-
Io di aver moltiplicati i nostri bisogni , ed ir*
ritata la nostra ingordigia ; di levar dall'aratro ,
dai pascoli e dalle nozze, e mettere in balìa de'
venti' tante migliaia d'uomini, per portarci alla
line in EurofMi ( tacendo le troppo note e mor-
tifere infermità che ne nacquero ) alcune merci
e derrate, senza' le quali non ebbero! nostri mag-
giori per tanti secoli né meno cara, né meno
iunga la vita ...
Ma coinuiu^e su questo particolafie «tltrì
ovGooglc
Libro I. Capo IV. 33
l'ÌDtSDda. cecta cosa è cbe se le nasìoni deirantin
oa Italia non praticavaao qnel vasto conunerzio, che
fecero Ìd altri tempi altre genti, fioriva tutbtvi»
presso loro il commerzio quanto era opportuno
perchè ogni parte di lei potesse procacciarsi non
pure il necessario ,' ma T utile e il delizioso, se-
condo le facoltà di ciascuno^ (i). .Dai porti del
mar Tirreno , cbe a proporzion delle navi cbe al-
lora usavansi, erano moltissimi e grandi, traffica-
vasi' spezialmente nella Sicilia e nella 5ard^;na,
araendue fertilissime e popolose avanticbè le guer*
re tra' Cartaginesi e Romani le devastassfiro ; .a
nelle, piagge deU'Afdca. e dell' Egitto , donde pò-
teasi ritcarrfnunento agevolmente, ed altri, capi
di hmkì, qualunque volta o per colpa degli uo-
mini « o .per naturai, vicissitudine degli elementi
mancaBsero i viveri «die città^laliane .^.Rispetto a
quella parte d' Italia eh' è posta sopra V Ad^iati^
no, sappiamo particolarmente da Polibio (2),. che
molto tra6Scavasi 00' bubari dell' Illirico , i quali
Tomo I. ò
(1) Non per altra ragione, ored'to, d divenuto il coni-
memo r oggetto 4^lle opra di chi goyeriu > se nou perchè ,
avvezzati noi alle derrate irnnsmarine, ed essendo assai dif-
fìcile che chiunque pub farlo noa ne voglia usare o per
■oddiafare «'suoi Mnei o per grandigia o per Ilaria, e cbje
i tnercatanii o pae*ani o forestieri non ceicliino per cupi-
dità di guadagno d' inlroUurlu per qualche via; conviene
p»r^ , che ogni stato provvegga queste coje ia tal modo,
fftw questi traf&ci e queste provvisioni si facciano con mag-
gior piofìtlo e con minore dispendio della nazione ■
(a) Polyb. apud Suab. 1.5, p. 148. — Id. Strab. J. 5,
P' I48-49- ., ; , . ...
ovGooglc
34 Delle Bitolu^ioni d'Italia
ancora a tempo di Augusto graa merca,tQ foceTa.'
no in Adria, cooducendoTt chi schiavi, beatiatoi
e pelli, chi vino , cito e merci mariDe. '_
C A P 0 V.
Ricchezze natwaU deW Italia ^ -
(Ad ogni modo , poco bisogno avea V Italia di
tX)>mmerzio straniero in quell' età, raccogliendo
«ntrò il suo proprio seno tutta quello asaol)ltamea^
te , che potea rìoercarst non per nodrire i suoi por
ppa solamente, ma per appag^ure esiandio la mor*-
'bidezza, e soddisfare al. lusso de'griuadi. Il grano
'TÌ abbondava si làttamente, che, non ostapte la
ànoltitudine - degli abitanti incomparabitmeatc «ipet-
riore a quella de' secoli posteriori , ne sommiólstr^r
iva nienteditnenD alle straniere nazioni, «iocome
attesta chiaramente Cornelio Tacito (z)* bi.&tti:,
poche volte s! legge che ì Romani , comecfaè per
r ialèUcità del contado ^ e pel grandimmo nume-
to de' cittadini , e spesso per la oaparbÌCTÌa della
plebe mancassero di grano , oeabbìano pr:pcaccia-.
*to fuori d'Italia ; e se si' ebbe rìeono ai Sicilia-
ni, ciò fu peichè la gelosìa o l'odio di alcun!
popoli d'Italia verso di Hotna ricusava di permel>-
terne l'estrazione, come fecero i Sanniti a tempo
(i) ADnal. 1. la. Oìim ex Ilah'ae regtpnihui Ungiti'
<juas in provincia* eòmmeatus ponabant .
=dDvGooglc
LiBHp I Capp V. 3S
bke tèaeratw. Cane (i)l Ma il più delle volte st
traeva iì graao dalle terre della Toicana o del-
V Umbria , benché esse fosvero don 'meno abbon-'
daati d* uomtttì , che di biade . Vero è , che non
essendo alloca in que&te regioai introdotta la me-
liga, potea mancare un molto opportuno compen-
so al fallir della prima ricolta. de' ^am. Ma nel-
le pianure d' Italia , innaoqu^e .allora opporluna-
mente per la molta industria e per 1* opera che
v'impiegavano gli ragricoUcwìi il miglio, che ib
grande copia si raccòglieva in:pììt luoghi (2), sup-
pKw'Bl difetto delle zdtre biade,, ad era chiama-
to perciò ,da Strabone prontissimo .riputi alla fa-
me- (3). U vino e^ft abbondiate per tutte le par-
tì d'Italia, ancom dopoché T agricoltura vi iu
scaduta per le spopolamento .dèlie aat;apagBe (4) i
Sé ad (nwscsre a dismtsmn H popolo di Ronaa aj
.e«Fcò vino di Coo e:diChiO( non fu giàpervezr
Mo e per -gola de' ricchi « ma per necessità dell^
m<dtitudÌDe e per «omodo del oommerzio . Per-
ciocché le terre vioiue a Boma più non potendo
in quel tempo prodùrpe quanto si cercava per ab-
beverare e le num^erode famiglie de' ricchi che I^
teneraoo, e l' immeoia. plebe della città 1 stimar
vasi pili opportuno e più agevole il condurne per
man dalle isole dall' ArtìipeJftgo , che £ar!o venirf
- -/liXiv.,]. 4, p. 7"-
(a) Polyb. !. a, p. ,,7.
■ (5) Siràb. l. 5, p. i5i.
(4; Varrò de Re l'uatica ]. 3. ipraefat.
ovGooglc
56 Delle Rivoluzioni d'Italia
da lontane contrade d* Italia . Egli è però da os-:
servare che a' tempi di Augusto le tavole de' gran-
di e dilicati sìgDorìnbn vaataTanoaltri-Tiai, che
Italiani. Conciossiachè Orazio, quel beviter iaei-
gne , commensale d'un gran ministro famoso pel
suo vivere delizioso, non parla giammai^ di tìdì
forestieri, e ne celebra da dièci o dodici sorte del
solo Lazio o sia campagna di Roma, e di alcune
contrade del regno di Napoli , paesi oggidì non
ponto reigguardevoli per conto di vini. Et^enon
avrebb' egli potuto dire de' vini Toscani, che fu-
rono ancor per lunghissimo tempo appresso in gran
|>regio ; o di quelli della Liguria , o vogUam dire
del Monferrato, contado d'Asti e di Langhe , cfae
non cedono sicuramente ai più lodati vini della
IToscana? A' tempi di Plinio, vale a' dire di Tito
é di Traiano, oeppur alla corte d^l'imperadorì,
né per ragione di sanitÀ né per gola , niuno si era
ancora studiato d' usare e lodare altri vini , che
quelli d'Italia; comechè niuna parte del mondo
fosse stretiiiera per loro , e potessero riguardare co-'
me di proprio' fondo tutto ciò che nasceva in'qua-
lunque parte dell'Asia, dell'Africa, e delle più
rimote Provincie d'Europa non meno, che dell'I-
talia . Lo stesso Plinio suppone come cosaeviden-
te, che se nell'Assiria fossero stati anticamente
«oDosciuti i vini d'Italia, sarebbero stati stimati co-
me i migliori e i piìi nobili alle mense .dei re (i)^.
(i) Plin. 1. ti, e. 6.
0. Google
/ tiiÌBRD .1. Capo V, ■ ■ €7
& genèrìdiiieote , qualor ai parlaste di vino stra'
nnro , la maggior lode che s' usasse dargli , a{
era' di ' agguagliarlo ai vlai d* Italia (t) . Era
però ques^ta insigne lode riservata alla dilicatez^
za. d^i ultiau secoli e dell' età nostra , cbe gii,
eseeodò l'Italia feUa in gran patte tributaria dì
potenze e più' aocora di artisti straoierì» s'andas*
seco anche prooacoiaitdo 1 vini di Francia, dì Spaf
gna , e d' oltremare .• "
. .^Deir abbondanza degli altri viveri non c*à
d' uopo di far paròla . La sola catbe de* porta cbe
pei campi e per le stive pascevansi della Gallia
Cisalpina , quaudo Elppena tomiuciava a spiegare
aotto il giogo de* Romani , lai'gameate b»tava a
sostentare grandissimi eserciti e popolo inqumera«
Inle , La qual coéa, pbrcbè non facesse dubitar à
tAluoo , cbe fòsse anzi indiztO; dell' essere questi
fKResì spopolati ed '{□colti ( contro ciò cbe poco dì
tópiu abbiam preso a mostrare), ci vien purezi>
ferita 'dallq stMso Polibio ia "quello stesso luo^
dov* egli scrìise cose maravigliose della moltitudi'-
pe degli abitatori, e -dell* incredibile abbondanza
di frumepto, d'orzo, di miglio, e di vàio (3).
Di buoi e di pecore fanno spessissimo menzione le
storie, di qualunque parte d'Itulia'si tratti :-e fu
anche opinione presso gli antichi, che daU'aver'
-molti buoi prendesse l' Italia il suo nome (3) . Ma
(1) Sirab. 1. 4, et alibi. — Athaen. 1. i , o. a3, a<;
aS. — ■ Man. J. tff.
(njyoìyh. lib. 3, p. i6, 17. ^ '
(5-) I buoi ' pL^'99» i Greci chìamavansi ••ta-Wi-. Siasi
=dDvGooglc
BÒ Delle ^vóLVuom d'Italia '
rispetto à* bestiami d' ogni genere , di cui le fta^
liche contiade tanto abbondavano , debbonsi Gon-
fiare specialmente le pelli e le lane , dì cui 1* uso
era allora di gi-an lunga maggiore che non è og-
^dì ^i). Perciocché non usandosi né lino uè se*
ta nel vestire, né tela per le trabacche de' solda-
ti (2), bisognava cbe le pelH e la lana supplisse-
ro a tutto questo: talt^bé una stessa cosa non puo-
fo malagevole, com*è il pascere e guardar le gi^-
ge , serviva a tutti i principali bisogni del vivere
tornano ; cioè a fecondar i campi , a provveder sem-
plici e salubri cibi, come stmo tutti i frutti degli
animali , a coprir ne' campi le 'armate , e a ' for-
aire il vestimento di ogn*uomo. Lascerò a* leggi-
tori più esperti il calcolare quanto di terreno s' im-
pieghi per le seminagioni de' lini e per la pianta-
gione ^e'niori, e quanta opera si conmmi perla
fabbrica delle sete; e quindi determinare quanto
di vantaggio e di comodo avessero quegli antichi
sopra il vivere ed il vestire de' nostri tempi .
' Ma una cosa principalmente debbesi su que-
sto proposito rilevare, ed é'cbe'in tanto uso di
lane, di cui si vestiva universalmente, e senta
fore comunque ti voglia vana e falta l' etimologia : la sola
opinione cbe la produsse, può farci pruoYa die non solo
Ib L«mbardia di cui niuno è che dabili, ma ancora la
biaia Iialta dove i Greci aveano certo maggior commenio ,
dovea essere aaticamente assai copiosa di liaoi , a ptefe*
^ùota degli aldi paeii conosciuti da' Greci .
(1} Ani. Gali. 1. 11., e. 1. — Varr. de Re nut. 1. a,
e. I. >— Colnmel. I. 6. in prooem.
(a) Pompcui. Fest. apud Cluv. 1. 1 , e. i , p. 3.
0. Google
Ubro I. Capo V. 39
cKstÌBztcnie di grado, e di «esso tutta- la nazione Ita-
liana, Don :ii parlava quatioliè punto di lane di
^gn& e di Larante , né por la morbidezza né
pri i»lorb , Le fìunose lane' di Mileto ai contarono
da. Plinio (t) nel terzo grado dì eocelicuia, e pos-
poste perciò a due generi di lave dMtalia,.fra le
quali quella dell' Apulia era la più «limata lana e
la più bdata: e la poipora di Tiro cainiacÌ6 aì
(empi -di- Cesare per vezzù , o per pompa e sfo^
gio di dii amara le cose nuove ed . il ^ran lus-
so (2); laddove iìoo .allora ,. e tuttavia per lungo
tsmpo d(^, ia porpora di Tarento fi) in gran-
dissimo, pregio e calebrità. E non solamente le la-*
ne dell' Italia meridionale, che sono ancora in-qu(d-
ebe conto ne' laniGzi moderni, ma di varie sorta
ne lodano gli antichi scantfoti , di pafsi che or' si
eomprendono nella Lombardia . Quelle di Pado-
va , che si contavano di qualità mezzana fra le
altre più morbide e più. sottili di queste- Provin-
cie, servivano acche a* tempi di Ài^sto a tene-
re preziosi ta[^cti,. e a far tabarri, e ^arnacM
che (3). E siccome le lane de' paesi vicini, al Po
erauo sopta^ tutte le altre d'Europa pregiate per
la splendida bianchezza , così famosissime erano
quelle di PcJcnza vicino al Tanaro per l'eccellen-
te nero naturale. Né mancherebbono sì fatte lane
(1) Plin. I. 8, e. 48-
(a) Quid placet ergo?
Lana Tarcntino violas imitata venenn . Horat. /. 3 ,
». I. Veggasl anoora Plinio 1. ai , e. 6 t 8- ^
(3) Stiab. 1. 5, p. i5o.5i. — P4iii. J. 8, «^ 48.
0. Google
40 Delle RjVolozioni D'ItALU
ne* tempi nostrì , -se vi si adoperasse fat steaà.
cura' che praticavasì da quegli antichi : laddovié
già da molti secoli si è abbandonata un'opera di
tURto momento alla più rosea parte del genere
umano . E obi non riderebbe oggidì come dì un* in-^
signe stravaganza , all' udire che alcuno mandasse
a pascolo le sue pecore copèrte e vestite di pelli,
perchè' non s' innasprisse la morbidezEa o scon-
(àaràe il naturai color della lana, concie usavasiia
italia daiTarenttni, e dagli Attici nella Grècia (i)?
Ben so che quando i Romani ebbero conquistate
le Spagne; e che incominciarono a usarsi qurile
lane, esse furono trovate più morbide e molli, e
perciò anteposte da molti a quelle d* Italia > Ma
non si cerca or qui da noi di sapere se gritaltS"
ni avessero per appunto tutte le cose della mede-
sima qualità che le avevano altre nazioni; ma di
stabilire'che aveano ad ogni modo l'equivalente.
Cosi, se la lana Italica era meno molle che la
Spagnuola , ma più durevole e di miglior uso ,
questo non era altro che un vanta|$io per la uà*
zione (2) . '
In comparazione de' buoi e delle pecore, di
0) Horat. 1. a, od. 6. — Colam. 1. 7 , e. 4. — Martial.
Epigr. I. 14.^^ Varr. de Re rustica K 2, e. a. Similiier
faciendum in ovibus peliilis , tjuae ptopter lanae lonita-
teht pellihus integuntur , ne lana ìnquineiur.
;af Notò Varfone , che quantunque fossero in uto ap-
presso alcuni Romani le lauc Spagouole, gl'intendenti di
cose dotnesticlie preferivaoo tuttavia, come più durevole,
la lana PugJiete . Ve Liag. Lat. i.
ov Google
-Dbho I. Capo V. 4t
molto minore utilità al loatentanieiito degji oo^
miorsoDo i 'oavallì ; e forae sono dì tutti ìgli asÌM
ntaii domestid i più distrattÌTÌ, e^ a- parlar gitt*
stamente , i meno tuscesBarì . Ma oltre ai comodi
^le pel trafBco sé ne possono trarre , è' suppotCo
il ciMtDine, più antico d* ogni mtfnoria* di eeF>
TÌrsene per le guerre ^ ^lOKono contarsi i candii
eotoe un notabile avere in ùiut proTÌnciaf penihè
dov'esn non sono, aopo i pocaoDàsrli om j£»t
pendio di altri beni . Or , questo dispendi» non
era necessario alfat aàiione Italiana de' tempi an-
tìcfaì^i.trovHndoscDe in parecchi luoghi d'Itaha dì
molto egregi, ed in gran numero ^ l cavalli Vfr*
Iteti erano appresw i Greci e atte oorti dei re ^
Sicilia.' in gran pregiò (i)'; e nt^ Puglia > paese
nel mto. abbondantissimo d' altri bestieuni , vi era-
no le razEe de* cavalli immerosÌKsime . Una squa»
dra di Cavtagìuesì mandati mia volta da Anniba-
le a far bottino nel pEicni degli Apuli ', ne menb
via sì gran numero di poledrì , che Annibale, fat-
tane scelta dì quattro mila^ diedegli a* suoi ca-
ralierì perchè gli addestrassero (2). '
Ma lunga opera e noiósa sarebbe per avven-
tura r andar così distiolamente annoverando di
capo in capo tutti i generi deVbeni o reali, o
per comune estimazione supposti tali, 'che com'
prendeva l' Italia avantichè coli* apparente gran-
dezza che acquistò in appresso, divenisse di vero
(i) Sirab. !. 5, p. 147.
h) Liv. dee, 3 , !. 4, e. a«.
0. Google
4* Delle RivouJzioni d' Italia
povera e vile > C&rto h che oltre alle suddetta
ebse vi eranto ;iii 'ItaHa cave di marmi d' ogni gcM
sere, e mimere- di quacti metalli à possano. dei
jiderare per le opportuoità del viver dom«fltico n
del pabblico -eommerzio . Nob i &cile il cop^t^
tarare quanta fòsse la sbtnma dell'oro conialo,
elle correva per. le citUi kalicfae (i) . E se •vo-'
gliama supporre' d^i atiri popoli- ciò ohe l^geii
de^ Romani, 'potmno dire ohe Doa fosso, ia Italia
fi^quenCe Tubo di batter monete d* oro,. ma ben-r
^•vi avessero còno qudle d' oltrèmars . Per al-
tro le ftotie éì spesso parlano d'armi e di arma-
ture d* oro 'o^ dorate:, e di vasi offerti egU dei,
éfae non possiam dubitare esservi stata notabil
copia d' oro presso que' popoli . Sappiamo in fat-
ti, che molto se ne traeva dalle miniere massi-
mamente del Vercellese (2),, e tango il corso del-
la DoT^ Baltea (3) . Ancor non mancano prezio-
si avanzi di quelle miniere una volta con tanta
diligenza coltivate , prima* che i Romani , abban-
donati i beni interni e propri d' Italia , volgessero
r opera de' loro schiavi alle miniere Galliche ed
i^tane. Ed oltre alle lor mine proprie, sapevano
fi) Oupaj Diuerl. am l'etat de la monnoieBomaioQ.
M«pi- dea .inccrìpt. et beli, lette, t. a4-
(a) Riferisce Plioio, essersi fatto da\ senato di Roma
on decreto, per cui si proibiva l'impiegar pi& che cinque
mila uomiai a lavorar nelle miniere del Vercellese* £.35,
e. 4- Veggasi il Maffei oell' Epistola dedicatoria dell' /K9*
ria diplomatica,
(3) St/«b. \. 4, p. i4oi e 1. 5^,p. i5«., .
0. Google
LiBBO L Capo V. , 4%
molfò bette gli aocorti JkaKani far eolare in Itali»
ì' preziosi metalli dàlie montagne de-' barfani vi-*
croi, come' a,* tempi ài Polibio ai fiece dell* dea
abbondante che si eru seóperta preno.Aqnileia e
ael Nbrico (i). Ma egli i piuttosto da vedere
qua! V90 facessero glMtaliani delle rìcciiezie' dia
la qualità. del paese porgerà loco. Peraianefaè né
)* oro né V argento nascosti nel' seno della terrs
sono di alcuna utilità , se taon sono daWartedm
gli ìiomitM lavorati e puliti ; aè la tetra* «OMcciiiè
naturalmente ferace, potrebbe mai tanta oose pro-
durre « beneficio degli uomini, <e l'opera urna*
na colla diligente coltura non 1* aintava .
DeÙe arti ch'erano in usù t^ìpnsso gi' Itali .
rnitìcìù.
Xj Oleine stesso della materia ci gnida «ponta-
ceamente a spiegate quali arti fossero iu uso ap>-
presw gr Itali antidn , ohre a quelle che appar-
tenevano al governo familiare « che si sono accen-
nate. Un notabile ordinamento di Numa Pompi-
lio, che riferisce JHutarco (a), può darci a cono-
scere quali fossero le arti più comuni nella sem-
plicità di qut^ tempi , Perocché quello che si ^ce
(i) Polyh. apud Sfrab. I. 4, p. i^.
(9) PUt. in R««>'C' iS.
0. Google
44 Delle. "RivoLÙkiONi Ti*TtAtu
de' Ramaiù, deesi panmente l'ntMidefo fle' (w-
' poli Sabini e Latini i dai costumi de' qtialì noD'
potevaidiscoÈdare iJUaviò legislatore .-Noma dOit-
que', ìàveédo stimattf utile provveditAento il dÌ7Ì-^
dere -le . arti , afììnchè ' T aoimosità nanonalè ah»
durava tra i -primi Romabi raccolti da vari pòpo-
li; si'sc»infoiasse io una non inutile garA tra gli
artrfcL di vario, genere j ridussa tutte ^ te -arti H
queste novei cioè dì troii^etti , ore6ci', Ikbbri,
tintori ,: calzolai, cuoiai, metallieri, e vìKelWj'a
nell* ultima .compreee tutti gli altri artefici di mi*'
HOT conto :e 'minor num«Yi. Rispetto a ckiep» o
sa della ^arti suddette , egli h raasifesto eh' .esse
sono comuDÌ e necessarie in ogni ancorché picco-' '
lo. e rozzo popolo v Neppur de' tronibettieri , osuó-
fcatori di pifferi e flauti mi maraviglio che fosse-
io allóra in gran nomero',- perciocché, ehre~ al-*
1* opera che prestavano àx capitani nelle guerre e
ai magistrati delle città, facendo ufBzio di messi
e banditori , servivano nelle feste alle danze e a
simili tripudi, a* quali i popoli, quaal.0 più' sono
semplid , tanto più' sono inclinati . Ma egli è ben
notevole cosa Tavec creata un'arte propria e-di-
stiata degli orafi, cinquecent* anni ftvantichè i
Romani battessero monete- d' oro'. 'E veramente,
anche ne' paesi più poveri e di minor lus«o i ]a'->
vori in oro erano frequenti , almeno per ornamen-
to delie donne , per vasi sacri e corone da offeri-
re agii dei , come la più antica stona Romana ci
addita in più' luoghi. Mai lavori dell' oco sì
0. Google
Libro I. Capo VI. 45
usavano ancor dagli uomÌDÌ ,' e da* popoli i più iè"
i:oci e meno inciviliti , aiccome dimostra manife*
stamente la storia. E forse anche i Latini, e ì
JRomani ancor frugali e non rìocìii usavano di am
le- armature loto e i ferramenti de* lor cavalli ,
fr^iati e carichi d'oro (i). Questo facevasi da-
gli uni per vezzo e per grandigia, come può cre-
dersi de' Sanniti; altri, come i Galli { it &ceva-
no ncHi più per pompa » che per un certo loro
principio di economia e d' avarizia . Perocché i
Galli vivendo non solamente vita semplice, ina
spesso anche non Besi in luogo eerto, riducevano
tutti gli avanzi e beni loro in bestiami ed in oca
effettivo, come in cose agevoli a trasportarsi . Pe-
rò non credevano forse di far migliore e più- si-
curo impiego dell' oro che ritraevano dalla milizia
e dai sovrabbondanti frutti delle lor terre, che
di riporlo nelle arn» e negli amesi che aveana
indosso (2). E quel Lucio Valerio che persuase
V abrogazione della !*gge Oppia , per cui si vie-
tavano alle donne gli ornamenti d* oro e la por?
pora, osservò giustamente, che l'usar l' OTo ne^
gli abbigliamenti era' piuttosto un risparmio e un
vantaggio del pubblico, che dispendioso costume.
Erano adunque in que* tempi i lavorìi dell* oro
fuso Q battuto mollo comuni non solamente neUe
fi) Liv. 1. 33. Plurìmum ai-gentum erat ia
e^uorum .
\2} Poljb. 1. a. — Liv. 1. 34.
0. Google
46 Delle 'ftiv^o^fONi d'Italia
città rìcchb e fastose e (Ute al' lusso , eocne CeI"
poa, Turio, TateotOf e molte delle città Etnische ;
ma atfcora ' io tutte le nazìooi pieno agi&te e id«t
no colte d* Italia, ' Né era nianco comuBe' V mtjf
dèll« sottili % dilicate fiate , e de* rìcami , e delle
iotessiture d*oro di ogni 'geaere . Perocché, udii
Bolamente si usava la pptpora da tutti ì Aagistra-r
ti d' Italifi e dalle donne , tad ì Galli e Ì Sanaiti
usavano anche alla guerra i loro saìoAi screziati
0 listati d*oro. Ma non è [ierciò da credere che
tutte le nazioni Italiche fossero egualmente appUt
cate a queste sorti dì toanifatture : ed è assai ve-»
risiniile che i Toscani n' esercitassero la ttiaggior
parte* ^nche per usa d' altri popoli abitatori d'Ita-
lia; e che molti fosspi-o gli artefici di quella na-
tEÌQije qua e là sparsi per vari patìsi, o che vi fos-
ser chiamati da*capi delle repubbliche e da* gran-
di * o che v! andassero spontaneamehte a procac-
ciarsi occaslon di guadagno dalla rozzezza e cu-
riosità altrui. Certamente scrive Polibio (l), eh»
gran numero di. Toscani dimorava ùa ì Galli > a
sia eh' è' vi fossfer rimasti dopo che quelle provin-
cie furono tolte da que'. barbari alla nazìod To-
scana , o che Vi atidasgier di poi ; ed e forse da
credere che que^i esercitassero ira i barbari . Cis-
alpini diverse arti di ricami e d' intagli , e vi
' fabbricassero arme , saloni , e collane d' oro , a
d'oro guemite, che, come si è detto, molto
(i) Polyb. 1. a.
0. Google
.. Z,iBRO L Gafo VI. , 47.
»* inaiano- da* . Galli , applicati dì; loc fiofemoao
BolBniente all^ agricoltura ed alla gnerta. Ma dì
qual nazioà che si. fossero i pifi eccdJeoti artefi-
ci d'Italia* certo è che oltre alle ftctic suddette vi
fiorivano ancora le più nobili, e quelle principale
na«nte,'clie arti del disegno si appellano. Niùno
ignora che' tra. gli ordim dell* architettura il più
antico ritiene -ancora oggidì ,il nocae di. Toscano .
perocché era in uso . appresso quegli stesiì fitniichi
« Xoficaoi, che avanti le conquiste di. Roma, era-
no si famosi . e pfr tutta l'Italia^ e per tutXg
V antico . mondo.. La semplicità e solidità . dell^
fiibbricbe d* ordina Toscftflo furono, e sono ancQC
t>g£ii la ^aravigliade'canoscitori, dopo il raffina?
mento che le arti Greche intandussero in Italia
sotto! Cesari, e dopo tutte le vantate scoperte
de' moderni artisti. Le mura delcamf^dogUo fabr
i)ricats da Camillo di pietre quadre per opera
certamente d' architetti Toscani, stimsTansi c^wra
di gran pregio anche a* tempi di Augusto in queir
la magnificenza della città (1) . Le fogne .0 cloa-
che che un de' Tarquini venuto di Toscana vi co-
stnitse , sono in que* pochi avanzi^ cfae durano tutr
tavia dopo più di due mila e dugent' anni . I trat-
ti della via Appia che ancor, si batte* opera piutr
tosto , incomprensibile che imitabile , lastricata
a* tempi della guerra Sanaitica da trecent* anni
avanti il regno di Augusto; le mura di maravi-
gliosa sodezza dell' antica Fiesole , che ancor sì
(i) Liv. 1. 6. iait.
0. Google
'4& D^LLE BiTOLUZIONI D* ItALIA
vedono; ed altri sì fatti insigni avanzi dsUe anti-
che fabbriche costrutte prima che il genio Greco
prevalesse in Italia, fanno cbiarissima pruova del*
r alto grado dì eccellenza, a cui la loascbùa ar-
chitettura degli antichi Italiani era pervenuta i
Della scultura e della pittura, arti ambeifau
che per lo più camminan del pari coli ''architet-
tura, non parlerò io, né mi dilungherò punto, a
citare i preziosi monumenti dì bassi rilievi e di
pitture, che ancor si veggono in Cortona parti-
colarmente ed in parecchi luoghi , e di cui si pu2>
prender cognizione da* famosi antiquari Gori a
MaHei . Molti degli scrittori che vissero a tempo '
di Cesare, parlano di statue e di pittura antiche
di dueo tre teo^, che in più luoghi d'Italia
ancor si vedevano . La storia Romana, lasciando-
ne a parte ì tempi o mescolati o sospetti di &-
Tole , parla , benché nel vero come di cosa rara t
di statue equestri innalzate ai due consoli cba
soggiogarono Ìl Lazio , Ed é cosa assai nota , che
anche ì più notùli fra i patrizi Romani professa-
vano la pittura.' Un ramo di casa Fabi ebbe ìl
soprannome di pittori da un Caio Fabio che di-
pingeva templi e delubri nell'anno quattrocente-
simo cinquantesimo, cioè in tempo che i Romani
non potev£tno essere più colti degli altri popoli
d* Italia (i). A* tempi di Annibale un Tito Sem-
pronio Gracco fece dipingere nel tempio deUa
(i) Liv. I. 8.
0. Google
LiBftò J. Capo VI. ' 49
Liberia una nuova singolar foggia di convito, che
ì suoi soldati ebbero da' Beneventani (i) . H qual
fatto non sarebbesl potuto tentare senza molta in*
f elligenza del disegno , qaanta almeno ne avessero
nel risorgimento delle arti ì primi scolari del Ci-
mabue . Che w nella toscana e nel centro d* Ita-
lia queste tali arti non eran ■ neglette , ctì può
dubitare eh* esse fossero di gran lunga in mag-
gior uso e frequenza nella Campania , e nelle cit-
tà marittime di tutto quel Iato d' Italia che avea
ù -strétto commeriio colia Sicilia e colla Grecia ?
Noi sappiamo particolarmente , che in Tarento vi
era un comodissimo porto artìBziale e cittadellai
teatro e ginnasio bellissimi , e capi d* opera di
eccellenti scultori , e colossi , dopo quello di Ro-
di , maravigliosi , di cui si vedono stupendi avan-
zi nel campidoglio di Roma , dove uno di que'co- ~
lossi era slato trasportato e- dedicalo da Fabio
Massimo ; ed anche nsl tempo che più fiorivano
in Roma le arti del disegno, -servi d'ornamento
alla curia Giulia quella famosa statua rappresen-
tante la Vittoria, trasportata pur Èia 'farento anr
tieamente (2) . ■ -
Tonio I. 4 - '
Ci) Liv. 1. a4, e. i6. '
' (3) Dìon. CaM. 1. Si, p. :6'oS., edu. Itavill- Tarento
olim Romam adoecta. — Liv- i. 37. Ingens argenti vis
facii , signatique auri LXXXtlI milita pondo , signa , la-
iulas<fue , prope ut Sj-racusarum ornamenta ^aequM'ent . .
0. Google
5o Delle RivoLtfziONi &' Italia
e * P O VIJ.
Siutiif e religione . .
Oomigliaote vantaggio traevano dncor4 le città
-Italiche deUa niagos Orecia , rispetto sile lettere
ed agli studi, dalla ricinanz^ e da^ «omm^zio
de'Greoi. FotevaDo esse partecipare) come Skce-
vaoo.èffeftìvanientei di tutto cib die la felicità
de' Greci ìitg^oi ave^ prodotto, e tuttavia pio-
. .■ ifi^n:^, jduoeva ia quei medesiaio spazio di tempo che
'ii----.( noi qui, discomaifto , cioè del quarto e quinto se-
Vt.C colo di Roma, trecent' ansi t^tca avanti Tera
Cristiana. In Cuma , in Elea.ip Locri^ iti Cro-
- 4one, inTurio, io Tairento, e in molte altre cit-
iìi della Campania . de* Lucaci , de' Snizi , e
de' Messapi « usandosi nel tempo stessa j dialetti
d'Italia e la lingua ^Greca* come, si usa a' tempi
nostri la lingua Tedesca e la Franoese l'n molti
-paesi degli Svizzeri e dell* Àlemagna ; sicoltÌTa-'
' rono gli studi non meno che si fapesse nella Si-
cilia , dov' è certo che a' tempi di Dionisio e di
Gerone fiorirono famosi poeti , e filosofi , e stori-
ci, e retori. E T antica Italia non che andasse
- del pari con la Grecia; per alcuni rispetti la su-
però. Pitagoi-a^ fondator della ietta Italica che
porta meritamente sopra le discipline dell'antica
filosofia il primo pregio, precedette di beo cento
ovGoogFc
e pìii anni F età di Socrate, il guade oracolo
é^a. Greca stqiìeaza; e poche scuole de* Grei^
fUcaoR p09flooo andar a fronte dì questa setta, o
per soHdilà di dottrina, q p&e nobiltà di seguir-
ci (r) . RìsUonana aocoi; altamente ì nomi di
OceRo Lucano, di Filolao Crofoniate « di Timeo
Locresa , di Parmetiidé , di S^one , dì JU>oEiita ,
non nten rìnom&ti da' moderni trattatoi-i di filo-
sofia; che dallo stesso Fiatone V il quale dalle vo- .
' ci e dagli scrìtti df q&asti Itab'ani apprese buona
parte delle sue dottrine (2) ^ Ma né i filosofi dì
questa ^ettSt né ì(-(m^>o loro Pitagora non furono
già, coinè il piti de' Greci, ozjosi vagionatorì djl \
sottigliezze, ma operatori zelanti d*(^re virtuo-
se, e promotori del pubblico bene. Pitagora si
travag^ò grandemente e ndle guerre , e nel cìtìI
' goretnodi Crotone'; e f suoi discepoli furono an-
cor essi per la'piJi parte oemipati nelle: più rile-
Vanti caricfae càascuoo della sua repubblica, e
molti ne iurooo gli ordinatori , come Carenda le-
g^slator di Reggio, di Catana, di Turio ; e Za-
leuco , da cui i I^icresi ricetettero eccellenti leg-
gi e statuti (3) . Da questa cura ohe si presero
qne* filosofi di riformare i. costumi e dar Icggì
agli stati , Tké napque che molte piccole città e
[1] Aug. de Ordine )■ a, e. ao, a. 53, 54> et Be-
trtel. e. 5 , II. 3.
[a] }. Lipg, Praep. ' ad Stoicam pbìloj. 1. i / di». 4-
Warb. . .
Pi bfód. Sieiil. l. in. . .
,; Google
52 Delle Ritoluzioni d' Iìaua
di sterile contado, cotiie' Elea patria di Pivinéiii^
de e di Zenone, [fel'sróoo di cfai le- resse potea-^
tio gareggiare Con' na^iom naturahneote più' rk:-
che e più grandi. E forse che la grandezza acni
salì la città di Tarento , procèdette dai prudenti
ordinamenti- che ■ •vi stabili il Pitagorico Archita' ,
il quale presedette sett'anni a quella città e re-
pubblica popolare (i) ; mentre che Platone Ate^
niese, suo - eguale e suo amico , andava inutilmen-
te predicando a* principi ed a* tiranni: la sua me-
iàfisica ■ e Id stia morale . Né , a parer imo , alcu-
iia delle 'Gréòhe' nazioni ebbe mai tanto dà poter-*
sì vantare 'de* sXiói savi , come dovette far Tebe ' di
tisìde TaCentioo (2) , il quale, fooruscito della
sua -patria, divenne maèstro d'Epaminonda, il più
commendévole di quanti furono famosi eroi della
Grecia (3) . E certo che , se la riuscita de' gran-
di uomini dee attribuirsi alla qualità ■à^V. educa*
zìone loro , noi possiamo sicuramente anteporre
questo nostro filosofo Italiano, a Socrate, a- Plato-
ne, ad' Aristotile, maestri d'Alcibiade, di Dioni-
sio, e d* Alessandro Magno (4) .
Non mi farò io già a disputare dì qual pae-
se fosse nativo ed originario' Pitagora, e se tanta
sapienza sia direttamente nata in Italia, 0 venuta
<i) Laert 1. 8.
(aj JEl. var. HiM. 5,17.
(3) Cic. de Officiis 1. I., e. 44.
(4) Quod Platonis discipuU fuerint t^annici . Atfaaen.
1. II.
0. Google
LfBfto l Capo VII; 53
àsi più rìmote contrade . Kasi egU - pur di Satuo ,
o di Rupella, o! di. Torio, o di Metaponto^, o di
t>otoDe , che 'cab. poco -rìleva al nostro preseqte
ragionamoito . Nfe sarà però meno certo, che^ in
Italia si amassera e si coltivassero gli studi della
filosofia' non meno ardeatonente j che nella Cre-
da; né quel chiaro lume di uipan sapere sareb-
besi co^ lungamente , com' egli fece , fermato in
Italia (t), né avrebbe sortito sì fiorita e sì nume-
rosa scuola di tante nazioni Italiche, . se già -non
ci fossero stati negli animi Italiani principi! ■ più
che niediocri , e un affetto doiniotaiité di quello
stadio. Del resto, appena è^I^ito dubitare cha
Pitagora' (ancorché. DOD fosse Toscano, com'egli
età probabilmente) non sìa, stato istrutto deU'Ej'
tnoca dottrina,- di cui non. vi é antico . scrittiore
die- non ragioni (a).. E T antica opioio.ne, sebbea
falsa e rigettata, che.Numa Pompilio Sabino, re
di' Roma, fosse' stato discepolo di Pitagora;,) non
ebbe altra' origine , che la confumiità chetrova-
vantra la dottrina Fìtt^rioa e la filosofia prati-
ca de* Sebiai . .Perciocché , quantunque gli - studi
e Je scienze 'fiorissero con più chiara fama nella
magna Grecia per la vicinanza e pel. commerzio
degli: altri Greoi , non é però' da credere che fos^
ser negletti dagli altri popoli Italici . Noi avrem-
mo di questo più : chiare pruove- se la lingua
(i) Laerl. 1. 8, e' i, n. i5. . , .^ : ;
(a) S^i (li Cortoua t. 6, 'p. di.^- Coccliì, Vitto
Pitag. — Maffei Osjerv.-fcui t-'^4.
0. Google
84 Delle Rivoluzioot d' ItAijÀ!
Bomatìa , per la superiorità che ottenne quel pt^laV
non avesse oscdrato e spento in breve tempo tut^
ti i dialetti delle TÌcìoe nazioni, e spezialmente U
lingua Strusca ch'era come la lingua letteraria di
tutta Italia , e la quale ancora; nel quinto secolii
della Bomauà repùbUica s* insegnava in Roma
ste»» a* fanòiulli (1), come si costumò, poi ne?
posterióri tempi d* imègnervi la Greca., Net qual
proposito non è da tacere eHere stata usanza de-
gli antìcbi Italiani, almeno in parecchie < città j di
tiver pubblicàe scuòle e luoghi pubblici per istnii*
ire i fanciulli , assai somiglianti a* nostri ooUegii -.
In Falen'a n'erano parecchi, ordinati enandio ee-
condo le diverse eondizios!- de' giovani; e la- per-
6dia d'uno di que* recenti diede oooaaione agli
Atenei di farne menzione, siccome per qu^h#
altro accidente parlò Tito Livio di pubbliche «cuò-
le d'altre città (3). E quello ch'i non bimo dc-
gtio di esser notato ne' costumi d* allora, non so-
lamente a' fanciulli , ma alle figliuole de' citiadi*
ni di mezeano stato s'insegnavano pur neUe pub-
bliche scuole le lettere. K inRoriia.cbe per biol-
ti eecoli ebbe quasi per sDo carattere partieokra
in disprezzo gli studi , v' erano anche per le fan-
ciulle scuole pubbliche di lettere (e la faoKsa' Vir-
ginia fìi quivi rapita (3) per ordine del decemviro
Appio Claudio), nelle quali, oltre alja lingua
[1] Liv. 1. 9, p/ 768. ed. Grrpli.
[a] ìàtM L 6, p. 53i..^
\Ji] Dioi)>>. Balie. I. ti , e. &.
0. Google
.. .. Libro 1. Capo VH, S5
fitmsea, e^ insegnavano probaliUmente i pviacipii
d^a sMrale -e delU religione , o vogliam die? del-
ia nàtologia e delta favola .
' Ma né Ja squisita letteroti^a d^e città Gre-
che « delle Toscane ^ nh. la -severa edncazion de*
Sabini e Me' Latini, non andarono esenti da quel-
la superstìzit^e che £ece una parte deirqntioa
fiioio^s . I popoH dsQa magna Grecia .poteano asf
«ai di Iftggerì aver così la loro religione , come gU
altri: studi i som^lianti e comuni bogli altii Gre-
ci ; è gli Etrusobi , come nftzìooe .più IqtterEita.e
{iniJCoUa'^a tutte le altre ItaUcbe (;};J^ sape-
-ravBtio' ancora jn ogni genere di :44pers|izio(ie * p
-^udo però riguardati non in Ualift solamente,
■ma pet tatto aftrore fino a' tempi jdi PUtooe,,
coiae solenni •I^idatori e xùaeetà iu ^ivJ'^tà^ Mol-
-fi ;A-ano^ gì' imptvtori di . quella naaione, che .g^-
TavRUo le città Italiane, facendo mt^tiep propno
d' insegnar le ptatiofae di rdigione, e spacciaqdp-
si come indorini ; giaochè. queMù era -Ìl pcÌDoip^l
vanto de'saoardoti fitruschi, dì presagir 1* avveni-
re (2>). Ciò non ostante, aoa so)am<(ute.gli.^^-
cht Italiani non-fniono io questa patte pulito peg-
giori di quatsiroglia altra na«Ìo<ie,:chp, dalla Qiu-
daì<A in fuori, fko-isse avanti la r^nuta del difjn
Maestro; ma ancora ; se noi vogliamo a tniona
ragion giudicarne, 'poesiam . dire . che T idolatria
4^' ItaK antichi , o ahusno d' una buona parte
[i] Maffei Osserv. leti. I. 4, I. i, parL i, num. 17.
fa] Cic. de Divin. !. 4. ,
ovGooglc
i6G Delle Rivoluzioni d^^Italja
■di essi , fu meno irragioneToie^ciM quella.^ mol-
te altre naziooi dell* più celebri Ita- le.<anticbQ>
Il ch« non intendo io già di provare eoa ? iQ«t(ei-
re ,' per esempio , in paragone i priocipii ài teli-
giope - di Pitagora e di Timeo coli le dti^ttriiie
d' altre scuole di Greci filosofi , o ' le - cerimonie
Elrusche con quelle degli Assiri o-^cte'Feaici,-. da
cui non è opinione improbabile che traessero i'o^
rigine . - Queste discussioni/ «ono troppo ardue , e
di non general conseguenza. L'autorità di un, sol
'Gireco, ed alcune nozioni generali dell' antica sto-
ria d'Italia, basteranno al noslró propio«to. Dio-
nigi d'Alicainasso, benché tutto inteso a mostra-
re che i Romani aveano tratto l' origine é le in-
dlituzioni da gente Greoa, quasi che nulla di gran •
de e di buono non potesse venire d' altre nazio-
ni; si trovò nondimeno costretto di lasaar in que-
sta parie tutta la lode all'Italia, mostrando come
la religion de' Romani , e per più ragione de' po-
poli del Lazio e de' Sabini , andasse esente dagli
scandalosi racconti e dalle ridicole cerimonie du
<>reci (i). E veramente, se Porfirio e Giuliano
che sì forte sì travagliarono per dar qualche: obe-
sto significato a tutte quelle «conce ed indegne
favole di cui fu piena la tet^gia de' gentili , aves-
sero avuto soltanto a 6f>ìegar l'antica religione de-
gl'Italiani, non sarebbe stato loro mestieri di tanto
sottilizzare per dar qualche aspetto dì ragionevolezza
(tj Dionys. Balie, i. i , e. 3.
ovGooglc
' Libro I. Capo VII. S7
a "titlella sapeRtiiioDe . Perciocché , cfaian^e- vo-
glia diso^rrere i soli nomi degF iddii ItaliaDÌ,-co^
noscerà di leggeri, die altro non erano che vir-
fù V o cose a virtù somiglianti ed iaducenti a
virtù; o chiarì effetti, 0 dotiì, o .ùiodificazioiu
della divinità.
Trovansi nelle storie Romane vari nomi ag-
giunti a quello dì Giove che veniva riguardato co-
me sommo e prìncipal diot edorchiamavasi Gio-
,ve liberatore, or Giove salvatore* statore, Sut-
trio, secondo ohe pareva a quelle aoce(ìate mentì
di aver ricevuto o dì poter ricevere da lui que<
sto o quel benefizio . E Io stesso fócevasi rispetto
a Giunone che come dea sovrana ed universale
itdoravasi' o col sopraanome di Lucina , pronuba ,
sospita 0' salvatrice ; o di Moneta 0 siaconsjgh'e-
ta . V ahra moltitudine delle divinità cui pur in
quegli antichi secoli s'ergevano templi, come fé-
cesi alla pudicizia, alla gioventù, ^la virtù, al-
la pietà, 'filla mente', all'onore>-^alU concordia,
alla speranza, alla vittoria, egli è da per sé ma-
nifesta cosa per qaaL fine fosse preposta-, all'ado-'
razion delle genti . E se noi , uell' oscurità degli
antichi dialetti d'Italia, andremo curiosamente ri-
(^rcando i significati primitivi di molte voci Lati-
ne , potremo per avventura couosoere la ragione del
culto che si prestava a parecchie divinila . La
dea Terra 0 Teliate, la tanto famosa Vesta che
non dovea nel linguaggio del Lazio antico »guiiìcare
0. Google
66 Delle Bitolu^ion? d' VrJitu
altro' «he fatrra (i), non- solo si venerava ccnnQ
lat^ producìtrice di tutte le cose Dcceasarie .^la
vifA ntturna* ma serviva parimente ad eccitare. gli
Upntini ; ànahe per motivo di reUgicoe , alla pqf?
tiraìiòoe de' campi. Celebre è. altresì nella priina
età , e molto raccoroaDdala a* popoli liatini e Sa,-
bini , la dea Matula, che niol dice alba o.auro-
m ; df^iirità non per altro fine immaginata * ch<)
per afiiftiare i pòpoli atta^ vigilanza , « a mettersi
alle'opfere di buon mattino. In fatti colevano «
taón che le altre còse ,- le adunanze del popolo •
la rassegna de' soldati farsi avanti il ievar del so-
le; e il 'dittatore , magistrafo. di tanta importanza
hppresso i Kotnftni , solevasi creare avanti gioi;r
nò Qz) . Numa Pompilio , quel grande conosciti»
de' «ostami umftni , e che possiamo riguardare qual
Èompiuto modello della sapienia Latina e' Sabipa,
nbn meBO> ohe Romana; proponeva come princi-
pali Oggetti dell'osservanza de' popoli il dio Ter-
mino e la dea Fede. Il che tendeva, come com-
prende agevolmente ciascuno, al fine d'avvezzai
le genti a non invadere Je terre de* vicini , e a
mantener la fede in ogni genere di contralti . Per
, questo, non solamente si adorava quel dio Terr
mino, ma si erano a certi giorni dell'anno instt-
tutte alcune iette ohe cbiamavansi perciò terminali ,
[i] Slat vi terra saa; vi stando, Vesu vocatur, Ovid,
■tast.,1. 6, V. 500.
- [a] J/iv. 1. 5, p. 775.
0. Google
• tlflftò 1.CAM Vff. %
nelle qùal! i tÌÈÌnl adulati Ita su* ctm&n • preaM
4** segni dmsorJi 6é* lòf podéri, vi facevano ofier*
Ife e sacrifizi; ed amìòbefoImeBte banchettando «
ciakcxmo nefliV stesso ternpo fiÈOROBCwa i termim
del carnet K se in tàota lontamiiM di tempa ei
&sse' lécito portata giudifeìj» belle ewe che appena
possono trattarsi per congetture, ardirei dire ohe
gli antichi legislatóri Ilalìaùi [HTATidero ancora wm
religiose insfituziofai a molte opportunità del rive*
re timano, dovunque non credettiera che' nfeit-so»
Io ùtnano rispetto 'oI*ai)etto del comun b«ie,iifr
^ualavoglia TÌgor di leggi potesse bastare . Certa4
hienté fu opinione di molti, òhe «piel' saeto fìio>
co con tanta solennità custodito da vn^'ni a ciò
destinate, altro non' fosse nella prinùem sue insti*
tuzione', che un necessario ordinam^to da' legi»*
latori immaginato affinchè le genti che Tivevann
o a borgate , b in uìnili casette dispeiw , ave»»*
ro un luogo pubblibo dffm si guardasse a como^
do di tutta la città utt èiemetito sì necessario pet
tanti bisogni della vita umana , e che io qodle
rimofe età non età né facile ce comune T uso
d'estraire, come fàcolaifi noi, dafle pietre (i),.
Or , per quest* c^>eTa di guardare il fuoco ei nun-
(enèvano a spese del comune i]uattro o sei femmine
dì varia età, perchè VaiUtàsswo viceodevolmeatet
[i] Dionys- Halic. 1. a, e. 8. fresia eroi focus urbis
puhlicits; unde Cicero in secando da Legibus: Virgines
F'esiales custodiant {gnem foci puhli'cl sempitemaitt . —
Findati Scholiaiiet io Rem. vd. x.
0. Google
)
6ò Delle Rivoluzioni d' Italia
ed apprendessero le Hne dalt'raltre il modo ,e 1* e-*
conomia dì manteoetlD continuo , e dispensarlo se^
condo' il bist^no (i). E perchè le cuce domesti-
che e il natui-ale afietto alla prole ed al marito ,
o la coDvei'sazion degli amanti, non le distraesse
dair opera, furono forse per questo col rispetto
della religione,. e -con severissime pene stabilite
contra ogni lor fallo, obbligate ad un* invìolabil
verginità , finché duravano in quell' uffizio . Ma
nei tempo stesso con ogni maggior dimostrazione
d*' onore, secondo la coudizione de* tempi, furono
in vari modi privilegiate , af6ochè quel si strstto
ritiro 'fòsse loro più sopportabile. Né i priaoipali '
cittadini rìousaxono di sacrificare a un tal genere
di vita,- ed a perìcolo ancor d* un* infame e cru-
dél morte; le Ich: figliuole, per contribuire ad uno
•tabilimeato ù necessario . Ben so che queste so-
lennità e questi riti passarono poi coll'azular del
tempo in abusi e in- superstizioni, le quali il vol-
ga seguitava per usanza e per sciocchezza-, e le
persone più iliuminate, quando, non se ne faces--
aero befte, lodavano e vantxvsaio per un certo ri-
spetto d* antichità , e . per non discreditare negli
am'mi volgari gli ordini stabiliti, e le usanze a
iHione o ree, che sotto titolo di religione serviva-
no a tener sommessa Ja moltitudine . Ma egU non
ne segue però, che nel principio loro non fosser
.[>] Lafilcaa. Moen» <1es Ì9|iavag«s 'Àmeric^iiis '
i6o.
0. Google
Iìbro.I.' Capo VII. 6t
£ sotaraoì^tìvaméato a 'procurare il bencomuna
dèlia società e^ ciascun particolare > >
Leg-gi eiv^h' /orma di governo : idea gemrah die*-
le rivoluzioni interne; a eia jfuron so^tùe-Ja
' TepubMiche ^f antica Italia.
A'^ueste taK cose per avrentura "^ non pongono
meiate coloro, cbe trattan di barbara e poco uma-
na la legislazione e Xa polìtia degli anUcbi lt&-.
Baai : Per darci di questo una pniova, ' citano
per esempio , che le leggi delle dodici tavola , 'i.
cui frammenti possono servir come saggio del-t»-'
vii diritto che allor valeva, assegnavano pei: ter-'
mine di prescrizione due anni- per' i beni- ióaino--
bili , ■ e un anno sdo per le cose mobili '. ' Ma quan-
do i padroni delle terre costamavano di visitare
in compagnia degli amici e de* vicini i limiti.
de' lor poderi , è fadl ' cosa comprendere quanto
sarebbe stato vano e ridicolo V assegnare lo spa-
no di vent* anni alla prescrizione . % nella me-
diocrissima quantità delle masserìzie che poteano
averle genti Latine di queir età, appena era pos-
sibile che taluno dinrniticasse nelle mani altrui
le cose sue per un anno intero , Il perchè, quan-
tunljué io non ■ voglia metter in dubbio che in
incHEte^cose non .siasi opportunamente anuno^itO'
=dDvGooglc
^a YÌELte BlVOLt^IONI^ D* h'ALU
i' aspvexza dd. gioa antiqd , -noa {tosto pèth ^V&i-
mulare che ^>e8ao si aoau»«Da dibarbuie( e d'iau-i
maniik quella grossd semplicità e quella ductezu
di leggi, che tahx^ aiODor side^i^raad «'gior-
ni nostri*. Bisognerebbe Don aver mai' amia né
Ijtr, Etè. conoscenza akuaa di litiganti.,- -pe^ppter
« buona «quità oelebratie e vaatam quella . preci-
sione di Uggii che. da' -Romani giùreconsultj do^
la decadènza della , repubblica fu introdotta , e
da* più recenti interpreti e legislatori tuttavia a»-
•erttigliata e-er^sciuta^ Egli k dunque veco che ie
wpubbliohe' Italiane di quella, rìmpta, età non eb-
faem grossi volumi ^ uè luoga sede di ordìoaimea-
ti ptt limitare i diritti d'ogni particolu^f ma si
itudiArono d'andar incontra ^le frodi e all'iu-
ginstii^ia cdil* osservanza di alcuna leggi capitali,
é tioH* insinuare , mediaste' la religione, r^equJtà!
•'la buona fede; E ben ili dagli .antichi indaga*
tori ^ queste cose osserrato,. che le migliori re-
' pubbliche non fìiron già -quelle ch'ebbero una
molto abttil precisior^e di -leggi, riguardo inassi-
tuamdite a' contratti.. Zaleuco> secondo che leg-
giamo appresso Strabene, ■« nelle leggi che die-
» de a'Locresi, prescrisse veramente -le pene a
V ciascun delitto , toglieuda a* giudici la libertà
a- d' imporle ad arbitrio , come si qsava per' V in-
>> ' nanzì da quelle genti j ma intorno a^ cootrattis
>>; rendè le costituzioni 'piii- semplici. Quelli di^
B Turìd essendosi poi studiati d* andar dietro e
« spiegalo molto sottilmeutp ogni punto di ragione^
ovòooglc
'* za, e i* ia^of^à t Dialo stato. IwOl ne ^gn-
mtìj' feg^otei Berocatò .da huotto^.ie^i s^W
^ gpTCroad -noia già quelli jobe -nogliiiDQ: jp ietS|9
V ^enrap la àtradd.'ftd agni oalttsiiia.o .»o^«hjl^
*> ria; nul'ipdli chi) insittoDD, soprd leg^ mqi-
^ ptic^neote otdniirt» perciòidisse Flatooe. icliie
K dovè abbondali :le ^eggi , si : ttfovana antnr mot'
» •te'-liti, « i Qoatuqu vi' nml «attiri; 6^94^
-»'^ eÓiiM doglioDO «Bser più ipes«B leinalattio-i-4o'
A ve con molti -óiedici t (i) . Ma dioa« puf «op
■pace 'e dd Aoatroi get^afa e di Fiatone) ohe: st
ie mdf d >I(^ iun jreBdono più ohe lie.ppcbfr. jM
uotnim virtuosi f i nzi degli uonuoi readopa.a
4aDgo andare le ìnolté. leggi hecesaarìei maanuna^
biente nette òaziaai chti otnrasBOfdi fortvOQ^ 0 di
«tato ; e il progresae medeaìmo delle nctà 4ei^
è talvolta cacone di duqvI trava^ a}lA Wnetk.
Perà Don è tanto da trìasismre la *Qttil predai^'
ne dctie leggi t perdiè essa « trovi d' ordinario
congìuntsi con molti vizi; .quanto. è da dolore la
condizioo delle c(»e umane* per cui rari, eomo
que' beni cbe non portino seco di iteoettità qual-
che, incomoda .
Ma due particolai-i ragioni « a vero dice , rcit*
devino allora meno necessaria l' ecatta piecifiion
delle l^gi . h' una o-a , come sì h detto , perchè
certe pratiche di culto n;ligioso«upplivaDo in gran
[i] Stiab. 1. fi, p. i7g.
=dDvGooglc
64 Deu-k RiTOLOterom nTTAiiÀ
parte alla le^slanoc* éBcIie per le cose civiti ^
r ahra , perchè- oriundo gli s'tali così distìnti, eba
per rispetto «IIV ammiaistrazion civile non pur
ogni nanone,. aia quasi ogni boi^o e casate em
f ndipe^lvnt» , e govemaTEiei da sé stesso, a eh*
•ptytaaao eervire i loro statuti, se per ogni pìcco-
la affare dovea&i trafficar concittadini d^altrere*
pubbliche ; e però soggetti ad altri statuti ? E se
ji oornuU' diritto delle gentil o sia l'equità na«
turale e la buona fede, non bastava a r^;oIarD«
il eommersio , vana- fatica sarebberei perciò pres*
i principati e i magistrati a volerlo fere con leg^
gj 8<»ritte. Seguita vasi pertanto nel più delle eose
queir equità ingenita negli animi umani, o va*
gliam dire la ragiou comune ; non già quella de-
scrìtta in libri , quale intendiamo noi oggi ne' fi-am^
meati delle leggi Remane e negli editd di Giu«
stìoiaoo (i), ma quella ricevuta per rauuentimeI^•
to dette nazioni , e che perciò fu da' giureconsulti
chiamata ^5 ^en/iz«n. Appresso i moderni giuristi
intendesi per tHrùto ekUs gvnti quella sorta di
leggi , di riguardi, o di r^ole, che, quasi peo
tacito consenso, osservano, gli stati e le società
civili , sieno principati o repubbliche , usando q
contrattando fì-a loro (2), Ma gli antichi, meno
sottili in ^6nire e distinguere , chiamarono pari-
mente dmtto t&Ue gerUi così quello che usavano
ì pftriicolari nella più parte de' lor contratti,
(r) L. g.-£r. de Jusc. , et Jtire; et Insi. 1. 1 , l. 9.
(_a) Paifendorf 1. a, e. 3 , §• a5, ^ .... ; ,-.'
ovGooglc
, Lreao I. Capo V»!.- ^ 65-
qome quello ciie si osserraFa tra ima repubblioa
« r altra ; perocché *:pFDv«iuva dallo stesso princi-
pio < e posava sopra b 'steso : fbndfimeQto , cioè
sopra un tacito «onsenso de* popoK . Nói vedre-
mo qui apptrtssa, ; che 'cotesto- tal diritto' delle
geotbi o diritto; pubbIÌco>Qhe altri 'VogKa nomi-
oarló, non solamente non'era- neHa sua sostanza
seonosoiuto> ia Italia, ma eao'vi emtmmnaeìneh-
te in gpande oeèfvaiùa . ' 1- ■
^sn furono' iir. una -coes^gencEalmenfe difet-
tMfB' le aotiche. naaioni' nelle i loro coGtituzIoni; e
questa «A r incoltezza :d^asosi<anità', .e per coa-
seguenea V instabilità del gDvehio , la quale fu in
tatte o quasi tutte lis cépubbitche d'Italia perpe-
tua cagione d' infiniti scompigli .■ Non dico gjà ,
che s' igoorassei^o allora i diritti della sovranità;
perchè troppi sono gli osempi- che ci possono con-
vincere che qurile genti c6no«oei'aDo chiaratiieiits
, qual fos86 e quuito T«KHÓbile la pubblica 'auto-
rìtà: nut-Ktveiite akrdife cader poteva in dubbio
chi si. fosse il sovraDO^ In niun luogo? d' Itamar,
per quanto- appaia, si trovata stabilita la monar-
chia a^cduta ed ereditaria I cbncios«aobè'per moi-<
ti -esempi sia manifesto che ì ré :o 'si creavano
per favor deHa moltitudine, o se ne cercava ai-
miHH> il consenso ; e -gli stessi' re consul^vano il
popolo negli sETari {hu rilevanti - & più risohiosi .
E siccome il goremo de* grandi era piuttosto una
0 fraudolenta o violenta usurpazione , che vera e^
propria aristocrazia stabilita da leggi , o fermata
Tomo I. 5
=d.vGooglc
66 Deixe Rivoluzioni d'Italia
. sopra uà luogo e .non conteso poBsesso ; così ^ep^
pure il governo popolare dou fìi mai 91 libero, e
sì durevole, che Uon «trovMse mescolato dall' au-
torità d* un capo supremo, o d'un senato: tal-*
che quasi sempre si troTarouo i governi misti .
Nondimeno è facile Posservare che l'uno de' tre
generi di governo s' andava 6ull' abbassatneRto
deli* altro innalzando ; e ctic tutte o pressoché
tutte ad un tempo le repubbliche Italiane per gli
Etessi gradi passarono dall'una alt' altra forma di
reggimeiito, e che ot vi prevaleva il governo mo-
narchico, ora r autorità de' nobili, crepella del-
la- moltitudine .
Ooncordaoo in questo particolare tutte le me-
morie che ci son rimaste degli antichi popoli
d'Italia, cioè ch'essi fosscTo'^da. principi^j govee-
nati dai re: e tale fu certamente Ja.più 'anticci
forma di governo in tutte. 'le nazioni del mondo «
da qualunque priticipio se te prenda 1^ origine .~.I ,
Toscani ebbero i re; gli ebbero i Sabìiw, e.ipQ-
poli del Lazio . E siccome ogni città e dasouU
hco-go formava un governo separato . ed indipeQ-'
dente , così non poteana essere questi re di gran-
de stato . Ma spesso avveniva che molti stati . ob-
' bedivano a un re medesimo ; perocché colui che
aveva la signoria di una città o d' ud popc^,
procurava di farsi eleggere capo del governo, e
signore d'altri popoli e d'altre città. Cosi fece
per avventura quel Porsena che la storia ci rap-
ipresenta coki? se assai potente , e che Dionigi
=dDvGooglc
tiSRo I. Capo VIIT. Gf
etiìàma re de' Toscani , probabilmente perché egU
era seguitato da molte nazióni Toscane , ' benché
da principio non fosse altra cbe re di Chiusi .
Così ire dì Roma si andarono in vari modi gua-
dagnando il comando di città Latine > \e quali
Aondtmenp due seòolì appresso si riputarono an-
cor ìodipeddenti dallo stato di R<Hna. Tolunttio
ré di Veienta ebbe la signorìa di FJdena, città
libera ed affatto indipendente 'da' Veientani ; in
quello stesso mudo die i Visconti signori di Mi-
lano, Canniccio signor di Lucca i Cane e Mastio
della Scala signori di Veroba ( e ooù tanti altri
principi e tiranni de* bassi secoli avanti l'esalta-
mento di Carlo V ^; si andavano procacciaoda
la sovranità di molte città o repubbliche che nul-
la aveanò di, comune né con Milano, né con Luc-
ca, né con Verona; Questi regni erano o templi-^
cernente elettivi , o almeno ricercavasi l' espresso
consentimento del pubblico , qualunque volta un
parente succedesse all' altro , Né al popolo gene-
rdmente dispiaceva il governo regio ; ma i gran-
di e ì nobili, comtf quelli ch'erano pjii esposti
alle v<^lie del principe e nelle persone e nelle
robe loro , cercarono d*' ingenerar nella plebe
l'odio del nome reale, e di eccitarle il desiderio
deil^ libertà ; Lmiagavansì i grandi non solamen-
te di poter vivere- con più sieuFerea ■ e piìi licen-
za , fna eziandio con più autorità di comando a
pia potenza, abolito cbe fosse il principato, il
quale. spesso cadeva in mano d'uomini iiUon ed
0. Google
68 Delle RjvoLuziom d'Ita Lia
avventurieri, qual fu in Roma Tarquinio, e in
Cuma Aristodemo . Da qual nazione e da quel
città nascesse Ìl principio dì queste rivoluzioni ,
non è facile determinarlo. Ma correndo il. terzo
secolo deir era Romana , V un popolo seguendo
r esempio dell'altro, quale per un' opportunità ^
qual per un* altra, o cacciarono' violeatemeinte.,
o cessarono di eleggere nuovi re; e tutta' l'I ta-i
Ka, quasi levando segnai comune, si vide mutar
forma di reggimento . L' odio del nome reale , ed
un certo entusiasmo di libertà occuparono , così
universalmente e con tal forza le genti Italiane. ì
che, se alcuna città voile o continuare o ripigliar
talvolta r u»o di crearsi un re , essa n' era perciò
mostrata a dito, e svillaneggiata dalle altre, e
ne' maggiori bisogni abbandonata. I Veientani,
o per tedio delle brighe ed ambizioni che nasce-
vano dal crearsi ogn* anno nuovi magistrati , o
per meglio provvedersi nella guerra che lor so-
prastava de' Romani , crearono nuovamente un
re (i) . Per la qual cosa incorsero talmente Del-
l'odio e nel disprezzo degli, altri popoli della To-
scana, che contro ogni regola di politica, ed an^.
lihe contro l' obbligo e lo stile ordinario di soc-
corrersi r un l'altro tra' popoli d' una stessa na-
zione , furono lasciati soli a sostener l' ostinata
guerra che li condusse a rovina . Eppure -un se-
eoh) avanti fra quelle stesee nazioni regnava^
(I) Uv. I. S. e. I.
0. Google
■timo I. Capo Vili. 6g
Porseoà cou grande seguito di popoli j e ìd grao-
de stima . Fu anche notato ' negli annali di Ra-
ma, che i confederati del nome Latino , i quali
pure aveano un tempo riconosciuti per loro si.-
gnori e duci i re di Roma, furono per rinunzia-
re 'all' amicizia de* Romani aUorcfaè li videro ca*
duti sotto la tirannide de' decemviri , mostrando
di Doiì voler essere confederati d' una città che
non fosse libera. In somma, dal principio del
quarto secolo della storia Romana poche volte, e
quasi non mai si fa menzione di ' re in niuno sta-
to d' Italia. E se appresso qualche nazione soleva
crearsi il re tu occasione di guerre (i), come
-facerasi da' Lucani , questo nome importava nul-
-la di più che quello dì dittature o capitan gener-
rale che creavasì nelle altre repubbliche. TtUta
la somma dell'autorità o ammiqistrazìone de'.pub^
blici affari passò allora- alla nobiltà o sia al senar
to; e quello che prima era l'ordine mezzano tra
i re ed i popoli , diveraie capo sapremo , del go-
verno . E benché i maggiori magistrati - si eleg-
gessero dalle voci e dagli-- squittìni dei popolo,
■nondimanco tutti gli onori e tutta la podestà del
governo riducavansi a* grandi , siccome quelli che
aveano facilmente in mano loro la voce' attiva,
e che soli avevano la -'passiva;, perchè niuno djel-
la [^be ardiva di pretèndere alle oariohe civili ,
-o Toilitari . Ed è troppo evidente che in qualsivoglia
<0 Slrtb. I.. 6, p. 1-^5.
ovGooglc
•;b DellB RlVOtUZIOKl D' IlTALlA
genere di comuDÌlà iì rìcco ed il nobile tendom)
quasi di lor natura a sovercbiare il povero ed-H
plebeù . SflDzachè , il più degli affari rilevanti deU
le guerre e delie paci trattandosi per lo più dftl
corpo del senato, composto esseoiialibeate di pa-
trìeì e di nobili, anche per questo riguardo U
costituzione delle repubblicbe inclinava assai pia
all' aristocrazia , che al governo popolare . Del r«-
i;to, niuna dtf& era ù meschina e si mal ordinar-
tà , che non avesse un consiglio pubblico , vaW
a dire un senato. Parla Tito, Livio del senatq
non pur di Napoli, di Capoa, e di Cudù; onn
di Nola; di; Pipemo, di Tuscolo, di Tivoli, di
Veiento , e d' akrì sì fóttameate , qhe assai ohia-
•ro apparisce essere stato generalissimo in tutte le
repubbliche un ordine distinto dalla plebe, che
riteneva in sua mano la somma dèi gomrao . Ma
la plebe , ostinatasi una volta a sollecitaiione
^é* nobili nell'odio della tirannide, non «bbe
lungo andare ad aprir gli occhi sopra la condi-
zioa sua propria, e conoscere che non si era fat-
to altro che cambiar uno in più padioni . Si vol-
itò pertanto con ogni sforzo^ à procurarsi di fatto
'St possesso di quella libertà, che fin allora. le sì
' .era fatta assaporare in parole dati* ordine de' pa-
'trizi'edal senato. £ poiobè'Ia moltitudine ebbe
cominciato a far pniova delle sue forze, fu d'uo-
po'cederle, benché a poco a pòco, F autorità
sovrana; e toccò la volta anche a* nobili d' esse-
" re^ malmetaatì e tiranneggiali dalla [debe. Osservò
0. Google
Libro I. Capo VIU. ' 71
Tito Livio , che circa i <empi delle ^erre Carta>-
ginesi, per- una quasi eomune malattia eparsa per
le repubbliche Italiane, la plebe si eia voltata 4
perseguitare la nobiltà; e pacecchi esempi oe ad-
duce nella terza .deca delle sue stane, Nondimer
no l'ordine dei grandi ootiserrò pur sempre mot-
ta parte della potenza. Peroioccò^ la natura del
'governo popolate essendo per. sé varia, ed inpo-
etante , ed aoohe incapace di condursi da per, sé
stessa ; il senato o la nobiltà , come quella che
opera, con più maturati consìgli e eoo interessi
-più uniti , potè quasi sempre contrappesare il par-
tito della plebe, e ad ora ad oc superarla- Di
qui nasceva che tutte generalmwte le città era-
-qo sottoposte a rivoluzioni continue di governo,
e rue volte; si godeva quella, perfetta .egualità
eh* è il fine dèglì stati liberi; ^zna g il favor 4el
Ipopolo, o la necessità del senato rivolgeva lapria-
dpal autorità a qoalcheduno , il quale , . o fosse
Don~titolo-o:8Bnza -titolo di magistrato supremo,
riguardavasi tuttavia come capo del govecuo- Co-
sì troviamo passo passo un iVIanilio capo de', («a-
'tioi ; ■ un Accio Tullia principal de' Volspi; .un
Erennio ' Ponzio de' Sajiniti ; un Calavio capo
de* Campani ; un Valerio , un Camillo , ut} Fabio
princqjaii de* Romani. E, a dir vero, non,.8«p-
eesse mai nulla né di buono né. di rìlevan^te ne-
gli stati liberi né dentro né fuori., salvo io quel
tempo che un sol cittadino teneva i voleri del
pubblico ja -uia balìji , Cot^st» atttp.rità. qua^i
ovGooglc
lirÌDcipale e sovrana in una nazione passava assai
flesso di padre in tìglio , siccome tra^ Sanniti nel-
la-fòmiglia Fonzia, e ira i Campani io quella
de' Calavi , che furono capi del governo per mol-
te generazioni . Ma egli è vero altresì , che spes-
so il rimedio si convertiva in veleno ; e quello
stesso credito e potere clie pur un tempo servi-
vano di vincolo a tenere uniti gli ordini dello sta-
lo, diventavano poco dopo titolo e bandiera di
divisioni, di partiti, e di tumulti. Poche volte i
'figliuoli d*im gran pei^onaggio potevano trovar
così favorevoli i voti, per continuare col consen-
timento del comune nell' autorità de* lor padri;
e , come spesso succedette , ne diventavano per lo
più indegni, appunto perchè il padre l'avea go-
duta , cioè perchè la presunzione e 1* orgoglio'»
che di leggeri s' insinualno ne* figh'uoli de' grandi
e fortunati, sono un ostacolo a quelle arti che
seziono conciliare la slima e l'affetto della gen-
ie . Non pertanto , volendo ì figliuoli d' un gran
cittadino succedere negli onori de' padri e degli
avi y é il più delle volte contro 1* ordine delle
l^gi; siccome per rispetto delle ricchezze e del-
la potenza già stabilita in casa loro non manca-
vano i partigiani, così non poteano a meno di
b'òvar emoli e contraddittori : laonde . riso^evano
sotto altri nomi le stesse discordie, e più arrab-
biate di prima ; percioochè Je dissensióni tra po-
polo e plebe non sono di buona pezza così osti-
nate e furiose, come quelle che tutta il pubblicp
0. Google
tiBRO I. Capo VIU. <)»
<:foiitepisee eootro una persona prepotente ,- o ch«
^ poFt£uio vicendevolmeote tra loro le famiglie e
ì capi dì fazione, the aspirano alla maggioraaza^
E chi non sa di quanto pregiudizio sieno state
alla repubblica di Cartagine le pretensioDÌ de' ni-
poti d' Amilcare Barca , e le troppo ostinate op-
posizioni d* Annone e de' suoi? Tutta la namon
Toscana fu in tumulto ed in arme , e condotta
pressoché alla total perdita della liberà, p« ì»
civili discordie degli Aretini, i quali cominciaro-
no a voler con l'armi cacciar di città la fami-
glia Licioia troppo potente , «d avvezza certamen-
te a goder il primato nella-suà patria; e fu d'uo-_
pò che un console Romano vi andasse come mo-
dìatore, per riconciliare coi Ucini la plebe d'Arèz*
Ko (i): rimedi per rordioario poco salutari alle
repubbliche . À questi scompiigli erano soletta
particolarmente le città ^audi e di fertile terri-
torio , o quelle che per la vioioanza del mare por
tevano colla mercatura più fàcilmente arricchire ■
Per questa troviamo che molte città della Gam-
paeia e dell' Etruria , e le città marittime ^ della
magna Grecia , furono più sottoposte alle tiraiv^
nidi e alle -rivoluzioui di govèrno; e passarono
spesso anche spontaneamente sotto- al dominio de-*
gli stranieri , mal potendo 'Coavenir fra loro del
modo di governarsi. L'abuso delle I7ccjie2ze, tì
V invidia che di là nasceva, erano cagione uirdìnaria
■ (i) Livi 1. IO. init. ■ja4-a9. ,.;...: .i
0. Google
f4 Dbllb .BITW.UZI01ÌI p'Itaua
di que^ mali. Laddove per io emitrarìo i Volr
sci, tutti i popoli Latioì, i Mirai, e generalmen-r
te i Sanniti. e ì Liguri, per quanto possiamp in*
teadere d^ poche memorie che ci ^rono coa-
gorate della, storia loro , fiirocq men soggetti al-
le- tirannidi e alle risoluzioni di goremo, e mol-
to più hiDgamente mantenaefo lo stato loro h'be*
ro ed; indipendente, perchè la qualità del paese
perluetteva assai meno V ineguaglianza delle for-
tune f sdito «coglio, - dove vanno a rompere gU
«lati Uberi , ; ;
CAPO IX-,
SwtAizioni per. cause egttme: dirìuo pid>bUcoi
- cagioni , ed effetti delle guerre ; eqiulìbrio che n
■- . mantenne iungo Umpo fr^ popoli Italiani.
J.VJU non, sempre le rìroluzioni di quelle. vepUh-
bliche iiascerano dagt* interni umori di esse ; e
fpeeso altresì procedevano da forza esterna , ' e dal-
le, vicissitudini delle giierre. Per le .quali cose in
più modi potea succedere mutaziop .di governo »
ed esaltazione o abbassamento di questo o di quel-
lo stato. II. che in breve da quanto ora diremo
li farà chiaro .
La distinzione di repubbliche belligeranti « e
di quelle che chìamansi commerzìaoti, non fu Eli-
trimentì in uso fca gì' Italiani antichi. Il commerziq
0. Google
tiiuto I. Capo IX, ^5
e 'le arti Borivano beasi io qua! più-, io qual
taèno dèlie città d' Italia; ma tutte aveaoo U
guerra per mestier necessario . Q vero è ebe Id
eittà più TÌccbe e più meroantili* siccome qudUe
ch'erano più dedite alla delicatézza* o alle arti
ed al negozio ^ e che aveano maggioc &à^ d' a»<
soldare uomini stranieri, armaTaDo meno ebe Jion
facevan le altre', di propria' gioventù. Ma non ne
trovo alcuna i neppur la deliziosa Capoa, né 3
ricco Tùrio , né il pecunioso e mercantil TsXen-
to , che facesse guerra con soli soldati stranie-
ri (i). Poche volte parimente si trova che le na-
zioni Italiane dessero il comando dell' armi loro a
capitani stranieri, eccettuandone in questa parte
i soli Tare'ntini con grande biasimo di ehi o sta-
bili per legge , o introdusse i^ primo ootest* usan-
za . Perciocché , noh eh' essi ingrandissero- per
questa via lo stato loro, ma non poterono nep-
pur conservare né più lunga né più illesa la pro-
pria libertà: Ìl che purè era il solo fine, per esi
s'erano indotti ad eleggere un capitano straniero,
non si fidando de' propri 'cittadini. Prima di Pir-
ro , già avèano in due diverse occasioDi chiamato
al loro servizio Gleonimo Spartano, e Alessandro
re d*Epiro. Quest* ultimo spezialmente, assai più
inteso a' £ir grande sé stesso , che a secondar i
disegni de* Tarentioi , non lasciò per altro di por-
tare grandissimo cambiamento, come poi fece
[1] Strab 1. 5.
0. Google
^6 Delle Ritoluìiòni d' IÌ'alu
Krfo ,■ in uba gran parte d' Italia . E non ir in
questo propasito da tacerai che tutte le rivolurio-
nì degli stati dì quella parte d'Italia che ora à
n reame di Napoli, procedevano bene spesso da-
gli avvenimepti dèlia Grertia e della Sicilia. Ditì-
nigi. tiranno di Siracusa s* immaginò una volta di
farsi uno stato in Italia j il qual pensiero 'come-'
che gli andasse fallito , gli. riuscì nondimeno in
ini principio di porre in' (discordia e in disordine
molte repubbliche, e più dì tutte i Briizì e i Lu>
cani , che. da quél tempo in poi furono divisi in
due nazioni , laddove prima ne formavano uria
sola (i)' Del resto, il più delle nazioni abitatrì^
ci d' Italia talmente erano armigere' di loro insti-
tuzione,'che le maggiori cure deMegialatorì pare-
vano rivolte agli ordini della milizia . Né sola-
mente ogni comunità in' particolare-avevasuoi or-»
dini e statuti per imprendere e sostener gueiTB
con armi proprie , ' ma esse erano ancora con per-
petua lega unite insieme le une colle, altre della
stessa nazione, a> comune difesa e vantaggio. Già
abbiamo accennato. altrove, che ogni nazione era
divisa in più popoli o comunità , le quali si reg"
gevano cdn proprie leggi e senza dipendere Tana
dall' altra.. In cento luoghi delle antichità Italiane
si fa menzione delle dodici dinastie de' Tosca-
ni (z) . I Bruzi erano ancor essi divisi in dodici
[i] Strab. I. 6, p. 76. — Diod. Sical. I..i4-.
[1] Liv. 1. a5/ iait.
ovGooglc
Dbro I. Capo ÌX. 77
o pìit repubbliche, e così a Lucani e i Saonir
ti (j). I Volsà e gli altri popoli del Lazio si go-
veraavano ciaficuno nella ima città e nel suo can-
tone, senza riconoscere per 1' amministrazìon cÌ^
vile alcun supremo e general magistrato o parla-r
mento . Nondimeno per gli atlari di maggior rir
lievo sì congregavano i deputati di ciascun popo-
lo , per consigliànn in comune sopra cib che - uti-
le fosse della nazione. Teoevaosi queste, diete ge-
nerali o regolamenti, a certi tempi o secóndo cbe
ebiedeva il bisogno, in alcuni d^ più comodi. e
più, illustri templi che fossero nel paese. Rinoma-
tissimi spezialmente, sono il tempio della deaVoJt;
torna per! le diete della naziòn Toscana (z.) , e la
sacra selva Ferentina, dove. parimente. »'adun&var
no a general conoilio i popoli .Latini (3) '. . Termi-r
navansi in queste assemblee le contése e le.-difie-
reoze che potevano sorgere tra l' uno e T altro po-
-polo, e si cercava di levar le cagioni delle guer-
re intestine , e regcdavansi forae le cose necessarie
pel mubio'commerzio:d' una città o d'un popolo
coli* altro . Ma vi à trattava sopra tutto della guer-
ra e della pace, e. di tutto ciò cfae riguardava le
potenze straniere. I deputati di ciascuna contradit
pigliavano quél miglior partito che loro pareva »
iatoroo die riolueste che si facevano., o di man-
dar socoorsi alle Eepubblicfae estranee* ó dì prendei;
[1] Liv. 1. loj p. 157; et 1. 2, p, 60.
["j] DioDjs. Halle. — Liv. passim in 'dee. i-
l^J Ur,. 1. 7 , p. 6m. ~ Cluvoc. ì. i, p. 9i4>.
0. Google
^8 Delle Eivoluzioniìd' Italia
l*atmì per k difes delle città loro namoBi-'
li. Se le guerre sHmavansì di minor momento, tf
rìgaardantr solamente il vantaiggiD di qu^dobe cit«
tao' cantone, s'univano solo gì* interessati ; é
speesq lasciavasi il pensier della guerra '.a chi' la
voleva: perocché non era disdetto; ad alcunit co?
munita il far guerra di proprio parere; ed U prg'*
gio che le avvenisse a. non dotlsigliargi prima cori
le idtre, era l'andarne priva degli altrui «oooorsi.-
Mai «e l'intereraé o il pericolo era comune di tut-*
ta'Ia' nazione, dì comune eònséntinténto altresì la
guerra si. risolveva, e le amicizie e' confedérazào^
ai straniere si catic|iindeVano . Un* immagine df
tal govHnO' vedesi a' nostri tempi ne' circoli de^
TAlemagita, nelle, pravincie unite d'Olanda,' 6>
negli Svizzeri i Ed io non so come alcuni moder*
ni Ipolitici abbiano potuto scrkere che fossero an-'
tièamente sconosciute le repubbliche ./«Jlma&wj
Dalla detenninazioni di questn diete nazionali « e
dalla scelta che pur facevasi del capitano da tut-J
ti-, o da quella sola parte de* popoli che av«I ri-»
soluta la guerra, nasceva il prìooipìo delle muta^
zioni di stato . Frìtnieraiiiente , 1' autorità ^rinci-'
pale di tutte le città o' borgata di quella na«ÌoDe
riducendosì appresso colui oh' era dichiacaito capo -
dell'impresa, anche la patria' di lui, o veramen-
te quella città che contavasi come cagìod' della^
guerra, diventava quasi capitale della nazione; e
la riputazione e. l' autorità di quella si andavano
aocreseando f secondo che procedeva l'iaoontiodata
0. Google
LtBHO L.Capo XKr. .7(1
f;uerra . E pei: poco ohe il oapitano avanzasse
molle , prime sue imprese, egli aodava poi tìo pi4
liagliardamente aumentando 1* autmtà sua e AA-
la sua città > I Or, gli eiTetti della riputazione; eh»
nelle operazioni acquistàvasi , erand questi , ehe
■gli stati o neutri o indecisi o anche neraioi^ 6
£* ioducevano spontaneamente i o eraa costretti a
far lega col vindtore capo deJla guerra, e però a
concorrere colle forze. loro a nuove imprese» « a
farlo tuttavia più potente e più grande^ Questo st
osserva spezialmente nella storia dei re di Roma:.
Tarquinia pTÌmo* per -cagion d' esempio « fatto re
é duce di Homa.e quindi de* popoli Latini , moar
te guerra a' Toscani » i quali battuti n^le prìm«
^olmate 1 dcconsentìrong d'unirsi a lui e seguif&r-
ìo conie ioi' capo ■. Con. 1* aggiunta degli aiuti To*
scani assaltò i Sabini , e li oosttinse ad entrtr neU
la stessa . lega : tanto che quel re che pur ent in
tUiifìa nn aì'veDturiere, per questo modo venne ad
aver di grandissima lunga ma^iore state, ohe non
ne ebbe la repubblica Romana trecentVanni dopo
lui . Ciò lioa ostante la 'geandezza e lasupwiorì*
tà. che una repubblica acquistava so|mi le altre
per, la w'rfù e prudenza del suo re o capitano,
erant) piuttosto transitorie , che at^U. E se par-
liamo de'goQerali Greci che ci venderò chiamati
daVT^reotioì, benché avessero seguito dì molti
popoli» tutta l'autorità loro era posta, per così
dire, npUa riputazione giornaliera dell'armi. NÀ
la grandsnut de' duci ojuioDali dion. s'avanzava né
ovGooglc
8o , Delle Rivoluzióni d* h'ALiA
lì QonfennaTa giammai imito , che potesse durar
iungamente; come quella cbe non essendo di pro-
pria rapane aè ereditarìa nk successila, passava
ad un'ahra perscma e ad un^altra città.' L'am-
-binone^ de'partieolarì, e la gdosia che nodrìvano
ie «ittà' d- una stewa nazione le une verso le al-
tre, nòD consentivano che i principati e gì* impe-
ri si perpetuassero ne in una stessa ' fami^ia , nh
in una medesima città. Quindi nasceva che fra i
popoli d* una stessa nazione, come leggicimo' spe-
zifdmeote de' Toscani , or uno , or altro avea la
riputazione di principale; e védevansi or abbassa-
re, or crescere vicendevolmente. Ne in tatita vi-
cinanza e piociolezza di stati differenti , m^sima-
mente reggendosi a popolo , era possibile che man*
cassero a qualunque ora motivi di turbamenti e
di gueire. 'Oltre a quelle più consuete cagioni eb«
anno gli «tati confinanti dì venir in discordia , co-
me predar i conGni gli uni degli altri, ricoverar
. banditi, e gl'infiniti rimproveri di violate giuris-
dizioni; moke altre ne nascevano dal continuo
commNzio' cbe aveao fra loro per le fiere e le
feste che talvolta erano comuni non' pur tra* po-
poli dello stesso nome, come Toscani o Umbri q
Sanniti, ma ancora fra le nazioni divèrse. I La-
tini e i Sabini, per cagion d' esempio, aveanoco-
- mune fra loro il tempio della dea Feronia^ fre-
quentato dalle due narioni non meno per motivo
di-reb'gione, che di oommerzìo : A questi, 'per
eon dire » santuari d' idolatria accbrreyABO ia gran
0. Google
LifiRo I. Capo IX. . «t
numera e le femmÌDe per certo lor divoto cosfu»
me , o per curiosità ; e gK uomini per loro traf-
fici, o per far mostra d'armi e di arnesi (r).
tf gelosie e le gar« de* giovani , le villanie , gì* ra-
anlti ed i contrasti, che appena sì poseono im-
pedire in cnKÌ fatti concorsi. di persone che vanno
a prender sollazzo , e ad innebbriarsi alle feste eti
alle solennità, levano spesso il rumore in una ter-
ra , ed interessando i patrìotti dell* una parte è
dell'altra, mettevano le repubbliche- ìa isoompi-
glio ed in armi. E talvolta i magistrati ambizio^
si Q i particolari maloontenti, che bramavano no-
vità , davano le mosse a -simili tumulti , spargen-
do sospetti e gelosie per le adunanze del mobrl
volgo (2) . A leggere nelle storie- di que' tempi;
come -tante Dazioni e città distanti tra loro lo spa-
zio di poche miglia , erano tutte con l' armi in
mano le une contra le altre « potrebbe alcuno dar-
si a credere che iH>n potesse esser altro che info-*
Ucissima la ctwdizioa di tjue' tempi . Né voglian»
dire che tutl» le person» d* età militare prendes-
sero di buon pado le armi alle chiamate de* ma^
gislrati ;- e che peir ispiccar dalle case e dai eam-
pi loro gH uomini anche bene affetti alla' pa-
trìa, noti Insognassero talvolta ordini efficacissimi-.
Tomo 1, 6
[i]*»Ìonys._HaIÌc. I. 3,C. 8. .
[a] Tal' origine ebbe la famosa guerra de' Volici > di
coi fa capo Moriio Corialano« fuoruscito di ftoma. Liv.
i. a But. in CùrioL , .
0. Google
$9 DE14£ RlV{S.UZIOHIDMTALri
awalcrrati accora da rì^>eHo di rdigiòne . E aof
troviamo farsi penàb menzione di ìeg^ sacrate di
jpopoli Toscani , Catioi* e Sanniti ia oooasinne di
gravi guerre e perJcoloae (i) . Ma per intende»
fino a qual segno ed in qual senio le guerre stra*
liiere* « le tiene dvifi dtieordie, e le rivoluzione
|3f^ Atati alle quali foggiacevan que'popoK* ab^'
biano da confarn fra i mali; basogoa coasigliam
con la 6IoMfia esploratrìce dell* animo e degli af*
fetti Hi9JV>i • Presentemente le molte arti, e ì»
soiente , 9 ii commerzio dÌTeouta n fadle e si
tegol«e Sea. tutte le nazioni del mcmdo, e tante
altre oagtopi s'uniscono msieme a iomird di mez'
fi QfijMrttim per fiiggir l' inerzia e k noia , dv'
par quasi nna mscavigUa come vi sien. persone al
moDcU) , le quali non ttovÌDCh trattemmmta'. £ «e
pon altro, quello spirito di tranquillità e di som-
missione 4 di pane , che la religioa nostra ci deb- .
be inspirare ; e jlU eserdzi di pietà « e le occupa-
noni iifteUcttuali ch'ala propone, possono xendinr*
ci non che tollerabili * ma anche preziosi ■ tutti
que^' intervallr di tempo cbe rimangono vacm
dalle funzioni vcBSsarie della vita omana e gìtì-'
•le. Ciò non oifairie molta parte de^uonnni po->
trebbe con miglior animo sopportare ogni trava«
.glio e correre ogni perioolo, che sostener il tedio
"d'una Tifa soverchiamente ^anquilla ed unifor-
me. E donde procede quel gènio dì inal^cenzar
[1] Liv. 1. 4, p. 348i et 1. 9. p. 774/
0. Google
'LifiEo I. Gapo'DL £3
cosi comaae anche ira le persone meno viziose;
e quel costume si antico ed universale d' interro»-
garsi l'un l'altro: che e* è ^nnoito? se non che
da una certa morale necessità di trovar materia
di trattenimento, t dar qualche pascolo ai nostri
pensieri , a cui aiuna umana filosofia pul> tnetter
freno P Bisognava pur dunque , cfae quelle onticfatf
|)opolazioBÌ qualche via trovassero di fuggir Tin»-
zione e la noia. II naturale instinto dell' uomo so
ciate invitava gli uomini della stessa contrada a
ragunarsi fi:a loro ; e la pisrte cfae ognuno aveva
o pretendeva d* af» nel governo i gliene dava il
pretesto e V ocoasione . Per questo riguardo tro-
viamo cfae nelle ciuà Italiane cosi de* primi tenN
pi di Boma^ come ne' mezEùii secoli, abitando
pur ^ UDmiui stréttÌBHftiàmente ed a mal agio in
^'valo , amavano le pìanze e le logge e i pub-
blici edifizi per far raguaate • Or , chi può mai
limmagìaarsi oome coteate adunan» di persone fé-
nMìi e baldanaote e Jibere per la natura del go-
verno» potessero passarsi sen» far il sindacato
de* comandanti « senza sparlar de* popoli vicini ,
senza un desiderio òóntinuo di novità, e senza
progetti infittiti di riforma dì stato odi guerre (i)?
[i] L* not» per te tlorib d'ogni tempv, Ae tuu! co-
loro cbe ^DDo voluto introdaire nelle città libere o prin-
cipato .o tiraniiide, anno procurato di divertire la plebe
con gli tpeitacelif e la nofiiltb cab le Heiie « con le'cott*
parM e col fatto , e tnlti generalmenie « colla miieria o
col lusso; affiatile i trangli e le occopaiioDi domeslicbe
poco spazio laniaiHTO d' ÌBip«cÌKrsi delle ce«e pubbliche .
0. Google
84 Delle RivoluzÌoni d' Italia
La gelniiia D.tturale , e quel genio feroce di liber*
tà , e la cupidità drlfa preda animaTano del con*
tiuuo alle imprese Tua popolo contra T altro; e
gli uomini s' erau talmente assuefatti alle fatiche
ed ai pericoli della guerra , che lo stimolo della
gloria e la cupidità del bottiiio superavano ogn' al-
tra considerazione: non •■altrimenti che si faccia-
no i giuocalori , i quali trovano sempre un vìtq
jMac^re nel giuoco ( tuttoché rovinoso di sua na-
tura ) perrbè o vi sono allettati dalle passate vin-
cile, o animali e caldi dalla speranza dì rifarsi
un tratto . Tanto minor maraviglia ci dee 'parere,
che fossero date alla guerra , come a mezzo ne-
cessario per sostenersi i quelle nazioni le quali o
abitavano sterile ed infelice terreno, come una
parte de'Volsci, e de* Latini, e de* Liguri ; ®
ohe pel sciverchio numero delle persone mal pò-
teano nelle angustie del proprio cfHtfado campar ■
la vita. Famosa e veramente moho notabile i la
nsposlB che fece Brenno agli amb^ciatori di Rov
ma , i quali domandavangll qual torto avesse là
nazioD de' Galli ricevuto da* Cbiusiài , perchè egK
si fosse mosso a molestarli con aspra guerra .
it Questa ingiuria, ditseBrenno, oi fanno i Chiiir
» sinì, che putendo eglino abitare ogni poco di
« territorìu 0 di paese, t'animo loro idi volerai
Ed è non mtao evidenle che la itaiu condìuone- de' teoa*
pi e ile'cotlum! Maticbi , lanUDi egaaloente dal iauo e
dalla luiuria, reodeva via più ineviubili k pubbliche di* -
sirazioui, e'k agitaiioni di stato.
0. Google
• ItBso I. Capo K. ' 85
» o(!cupar pure ansai; ed a noi fores«eri . : che
• siamo molli più e poverissimi , dod ne vogliono
» ftp parte alcuna. Io quello medesimo modo,
» o Romani , fecero anche ingiuria a voi prima
» gli Albani, i Fideoati , e gli Ardeati; ed ora
« la città di Veiento, i Capenali, e molli popoli
. de' Falisci e de' Volsci , contro i quali voi mo-
» vele le TOslie genti : e s' eglino non vi fanno
» parie delle cose loro, ve li fate servi , li. ro-
• vinate, e spianate le città loro; e ciò non vi
» pare che sia cosa ingiusta né fitor di ragione ,
» ma imitate U legge amica, la qual vuole ohe
» le cose de' minori sempre si dieno a' maggio-
s ri, incominciaodo da Dio, e finendo sino alle
» bestie le quali anno ancor esse questo inetìnto
n di natura, che i possenti abbiano molto più
» che i deboli • (■) . Se queste partioolariH che
ni vengono da Livio e più distintamente da Plu-
tarco riferite, aveano «mdamenfo nelle antiche
memorie o di Roma, o della Toscana; bastetefr-
he por questo a darci argomento che il diritto
pubblico degli antichi Italiani sentisse del barba-
ro e del ferino . Ma dove mai furono al mondo
le nazioni si incivilite e sì moderate, fra le qoaK
la più potente d'uomini, d'armi, o di denari
non presumesse di dar legge agii stati più piccoli
e Dien potenti? Que' nostri antidiì operavano con
più sempliciti , e quindi ancora con più feroci
. [ii.r'u. io.Cwiilv. .
ovGooglc
86 Delle Rivca-uziONi d* Italia
manieré e più sohietta baldanza. E come non ti
Tei^ogaavano di far tiuuiifpstq !a cagione che
griddnccTa alle armi, cosi noq «i astenevano dal-'
le bravate, e dal vantar la forza e il valore. E
eh) potrebbe, a parlare «eoondo i primitivi det-
tami della natura, condannar un popolo pìea dr
coraggio « di fcn^e, che voglia, anziché morìrsì
di fame, costringere ^tre dìizìobì a fargli parte
del soverchio cit' esse ^nno? non essendo ciò altra
cosa, che ricorrere a quell'equità naturale, l2|
qnal consente che si reputi (^ni cosa comuno
nell'evidente ed assoluta necessità. Ma, a vero
dire, troppo è difficile ^he gli uomini stieno con-
tenti a giusti teimini ; e per^ te liti , e le guerre^
e ogni genere di dispute 9 à\ contese, di rado
vanno esenti dalle ing;iurie e dai torti .
Per tutto questo non abbiamo da credere ohe
senta riguardo alenino a quella comune l^ge
ch'essi ancom, al par di noi, ohiamftvaio ra^
gion delle genti, ad ogni caprìccio di comaDdan*
te , o impeto di popolo sì venisse <x)sì subitamen-
te ali* arini ed alle offese ; né che si IrìdasraaST
ser d'usare gli opportuni tneszì per levar via le
cagioQÌ delle guerre. Quegli stessi Galli, a' quali
la storia mette- in boo(:ci ooei fiere massime e sì
pòco civili y Don per altra ragione sì mossero
•' danni di Roma, se non per Io sd^no cbepre*
tero al veder gì' inviati di Braia , contro il di-
ritto delle ambascerìe , vestir armi , ed entrare in
ballaglla nell'esercito de* lor' nemiiiij a tuttavia
0. Google
uno 1. uipo IX. 07
don veniMR) alle ostilità prima d* aver fatte ìatan-
M alla repubblica di Roma, perchfe i violai
della rafpnn delle genti fosaer puniti . E que* tali
ordini feeialt che si praticavano io ocoasione dì
minaonare e d'intimar la guerra^ o di stipatar
paci , cnnFederazioni-o (I(>dÌxÌonì , donde hitta la
posterità prew motivo d' innalzu« al ciftlo I* equi-
tà de' Romani, erano certamente cx)mum ad al*
tri stati Italiani (i); e i Romani furono forsv
i]uelli che gli usavano men francamente. Onde
fij detto in più d*ua lut^ dagli scrittori mede-
simi delle cose di Roma , che se i Romani aves-
sero dal cantn loro mantenuta queUa fede che
pur dagli altri esigevano, la ^gnoria d*[talà non
sarebbe toccata a loro.
GÌ* instrumenti a atti pubbh'ci di paci , d'al-
leanze e dì vanteggi , dob si compcmevano ve-
ramente con espressioni rìoeneate e troppo sottil-
mente pesate, ma con semplid e sdiiette parole;
e in luogo di pergamene e d' archiri , s* iotaglià-
Ttmo in tavole, in ban e in oolcmne di l^oo,
di pietra o di metallo ; cbe restavano dposte alla
vista d*'ogmino in loogbi pubUiei, e per la più
parte be' tenìpU (a). E a dir vero, appéna, ti
trova esempio che per sofistiche interpretazioni dì
patti stabiliti una vdta, si rompesse ' l' accordo
ira due nazioni . Né «wtumsvasi in quell'età di
{i} Dion^i. Balie. I. i, e. 8. t- Ut. K 8 in fin.
lì] Dioo;i. HaUc 1. a, 3, et 4. — Poljt). 1. 5,
e. 36.
0. Google
88 Delle RivolMioni D'ItALiA
mandar le ambasciate con. tanta solennità, e oon-
queir apparato che s* usa di fare oggidì; ma an*
davano per le oo^rrenze emettenti gli ambascia-r
tori da un popolo air altro in poco più spazìO: di
tempo ,' cbe non sì madderebbe ora un corriere .-
Per altra parte, le corrispondenze cbe s'intratte--
nevano fra i parenti di nazioni diflerenti, o i
mercanti che per loro interessi soggiornavano qua
e là in diversi stati (i), servivano alle volte^in
que' governi liberi e per lo più popolari , a far
quegli ufììzi cbe oggi fanno i ministri stranieri
residenti alle corti de' princìpi.
Ma finalmente, siccome non v'h dubbio che
bene spesso riuscissero vani , o ancora .si trasea-
rassero gli spedienti opportuni che il genio allor
domioànle potea suggerire , per mantener la pace
e gli accordi; non dobbiamo credere che le guer-
re , ad ogni modo assai frequenti tra i popoli
dell* Italia, fossero anticamente ( voglio dire men-
tre duraron fra loro una certa eguaglianza di sta-
to,, e quegli antichi costumi che già si- sonoia
parte spiegati altrove ) si rovinose e crudeli , co-
me poi diventarono quando Taquila Romana- si
diede ad insanguinare più aspramente 1* artiglio,
e a volersi divorar ogni cosa. Dionigi d'Alicar-
nasso, guida principalissima di chiunque tratti
delle antichità -Italiane , può darci materia d' ar-
gomentare quali fossero le guerre che soleau farsi
[i] Liv. a , 4/ «' C-
0. Google
Libro I. Capo K. 89
in Italia . » La gue^'a , die* egli , che nacque
» ira que' popoli (Latiifl), durò cint^ue aoDi.in-
M teFÌ,.e fu come una guerra civile -e,^ fatt4 al-
s i* usanza antica ; perciocché niuna delle loro
V città fu espugnata ,. né ajbbattuta, né ridotta, ia
D aervitùf ne oppressa da .alcun* altra intpllera-
» bile calamità, ma saltando gli uni sul territo^.
» rio degli altri in ani maturarsi, del grano, e
« saccbeggÌBudo il paese, rìducevano. le ge«t!. a
» casa, e scambiavano i prigioni « (i). lofìoiti
luoghi dello stesso Dionigi , e di Livio , e di Plu-
tarco, presso i quali, nel raccontar che fecero' le
guerre de* prìmi Romani , - leggesì passo passo ,
chi; la gu»-ra sì ridusse a modo di -latrocinio; ci
possono conFermare ia questo pensiero, cioè, che
le guerre si facessero bensì tra Pus popolo e l'al-
tro con ferocia e cou certa rustica e villaoa bra-
vura , ma senza crudeltà e però senza, molta di-
4truzion dì persone. Un general de* Romaoi, esor-
tando i suoi soldati a menar le spade addosso ai
Galli , riguardati come nemici strani e barbari
rispetto alle altre nazioni Italtaoe , andava d(cen<
do; « che state voi, o soldati, a fare? Qui non
» M combatte con i, Latini o Sabìm* i quali, do-
ti pò la vittoria, da inimici voi ve gU abbiate a
R far compagni. Noi abbiamo prese le armi con-
» tro fiere selvatiche: qui bisogiia avere del san-
* gue loro , o darne del vostro » : (a) - Parol?,, a
[I] Dionys. Halic. I. 3 , e. 8.
■ [3] Liv. 1. 7. p. 599.
0. Google
90 Delle Riydìv^oni s* Italia
mio credere , tfoppo notaMlE per ' farei argomen-
tare che dovp pur fòssero fra gì' Italiani ostìoàto
le guerre e sanguinose, gli fletti distruttivi di
quelle si termioavaso ne' fatti d'armi, e nel prì->
mo^ furor ddla pugna ; e 1* intentò de* combat'
tenti era di vincere, « non di>litigg«e ì lor nc'
mici ■
Se la condizione degli scbiavi fosse sfata ne^
più antichi tempi qoal fa dappoi sotto gl'impe-
radori Eomaui e poco avanti , e qual* è ancora
o^idì ne* governi dispotici dell* Oriente e del"
r Africa , troppo pW/e e depkvahile sarebbe sta-
ta il destino delle genti Italiane , ciascuna delle:
quali avendo il nemico: pressoché alle porte d(
casa, e trovandosi così spessd alla schermaglia Itf
nne colle altre, ognuno era oootinuaDiente in pe-
rìcolo d* essere fatto schiavo da' nemici delta suaì
patria. Ma, oltreché sarebbe diffioit cosa a per-'
suadersi che potessero essere in gran numero i
servi in mezzo a nazioni per la pìik parte labo-
riose e frugali , « lontane dal làsto e dal lusso ;
non oi mancano ragioni di credere ohe i più de* '
servi fossero di nazioni straniere e barbare, o al-
meno che il lor numero s'accrescesse piuttosto
per r intema moltiplicazione da' maritaggi degli
schiavi stessi , che per le catture di nuovi uomi-
ni* che si facessero n^e guene tra vicini e vi-
dni. Dall'altro canto, è cosa assai maojfesta che
la schiavitù domestica era allora troppo diversa
da quella che s' ebbe dipoi a patire ^1 superbo
0. Google
Libro I. Capo IX. 91
fastidio degli ultimi Romani , i quali dopo che «
vìder giuDtt a .qtìell' alta seguo di potebza, cheli
fece riguardar còme nati al ccnnando del mon-
do, s'avvezzarono sin dall'inezia a trattare gli
schiavi eh» loro veoiano da straBÌere cazìoai , non
altrimeotì che si farebbe drj^i auinaU di sperì*
inferiore all' umana ; e con ogai genere di cm^
deità gli stradavano veramenta a guisa dì pecore
e di giumniti. Ma gli antichi usavano co* serri
poco meco che con gli uontioi loro eguaU (i),'
in tptel modo che ancor feono og^àì le persona
Tur^i co* loro (:^)eraì, o le buone e cacìtatevoH
gentìldonoe con )e fiintesche. Se cib non fosse sta-
to,, chi potrebbe non biasimar altamente Tiira*
manità de^' primi legiìdaton Bomaai, j quali pern
mettevano a' padri di vendere i loro 6glìuoIÌ una
alla terza volta? O che bisogno vi poteva esser»
di far leggi cosi, precìse ni questo particolare , se
rare vdte fosso avvenuto il caso pbe i padri si
recasero a questo termine di dare altrui in ser-
vitù la lue prc^e? Conviene però credere che fra
gU antichi Italiani la so^ìtìi pon fosse altrimenti
[i] a Inquel tempo s'uiav* grande umanìU verso i
■ «ivi pe' «ervigi che facivaooj vivemìo ioiieme co' lor
padroni , £ la maggior |)cfM ch« ai dava « uà servo cUs
peccasse , era ([oeita , che se gli attaccava al collo quel
legno de) carro, dove i* bppicca il timone, ed era n>e-
' naia aitoilw coa>eu«, aiscbi luuo il vicinalo lo vede-
va ; e poi fatto ciò , etfeiido egli riputato infedele da
quei di casa e da' viciai , era chiamalo forcifero , ' per-
> ci«Mtiò 4|««1 Wgao 4i cfaiaaw forca a . /Vm.- ir Coriol.
0. Google
92 Delle. Rivoluzioni d'Italia
un pregiudizio reale e fisico deìrumanhà.noDpiiìi'
ébe siasi a' tempi nostri l'uso di tener famigli j
e che per questo solo verso si riputasse uotajbjle
incomodo V esser serro , perchè il naturai senti-
mento dell' uomo preferisce la libertà e l'indìpen-
denza domestica a qualunque. sì voglia più do)ce
e. mansueta servitù .
■ Sìmil ragione Eacciam degli altri danni che
potcan nascere dal genio guerriero di quegli an-
tichi. Siccome il menar preda era il più ordina-'
no e ii più ■ prossimo fine che-.aspettavasi dalle
|[uerre , ognuno de* popoli belligeranti avea in-
teresse ^di non devastare di troppo le campagne
de'vtcini, e non disturbarne, la coltura, perchè
spei-ava di prpQttar egli stesso della ricolta . Che-
se le vittorie erano segnalate, e i vinti costretti
a ricever la pace a condizioni gravose, il popolo'
vincitore migliorava Io stato suo privato e dome-
stico d'una porzion del contado, ohe si fa^liera
a* vinti . A dir vero, questo costume di castigar
i vinti togliendo loro una parte del contado, do-*-
vea cagionare tali turbamenti e ecompiglt, che
io duro fatica a comprendere con qual modo si
procedesse nelle città che »i trovavano cosi puni-
te, per render eguale con proporzion. geometrìe^
a tutto il corpo della r^nbUica la perdita che"
*ì leceva d'una parte del territorio (i). Mai for-
se ohe a que' tempi che que^o ooslume durava/
. (0 Di radv acodeva ràe. tra .le.dn repuldilkhtf »
ovGpógle
Libro I. Capo IX. gS
la frequenza del male vi fece ritrovar gli oppor-
tuni compeiui ; o veramente dobbiamo dire che
a queste condizioni di perd«% il contado si veDÌs-
se di rado, e che assai piìi leggeri fossero ordì-
nariamente gli effeUi di quelle guerre. Bastava ìl
più delle volte al vincitore di . far accorto con
qualche 'spezie di -vinania il vinto nemico delta sua
maggioranza . La più usitata vet^gna che i vinti
avessero a sopportare ,' era d' esser fatti passar sot*
to il giogo mezzi nudi , e così scornati e vftu-
perati tornarsi senz* armi e senza bagaglio a ca-
sa loro . Erano le Italiane nazioni così vaghe
ed appaflsionate dì ' fòr ' quest* onta dascuna alle
sue- rivali, che si trascuravano per questo i più
essenziali vantaggi delle vittorie. £ noi vedremo
nel seguente libro , come r Sanniti rovinarono sé
stessi e ritah'a, per non aver voluto privarsi di
questo così vano, ma, seconda TuDwr di' que'
tempii fa gioioso spettacolo.
Io vo tanto p4Ù volentieri rilevando così fat-
te particolarità,! per quanto la scarsità delle an-t
. tiche memorie e ìl metodo propostomi pcuAono
che ai movean guerra, dod {otte pawalo per l' in-
nanzi <)ua]che accordo, o qualche iraitato di pace o ài
Ic^sr. PeFcìi i neoiici iu gnerra chìamavangi defectores ,
cioè mancatori o ribelli nel aeDt*> che Jeggiama ia Flora
1. 1 . rebellavere saepe Sardi. Ora, di questa presuQ£ÌoiiQ
d'infedeltà e ài ribellione sempra i' vincitori davaa carico
a' viali; s £<mI; wd pWea non avYeniia che gli itewi vintr
qon facessero tornar lui capa a, coloro ch« si (Upponeva-
no gli autori della ribelfiona, i Iridi elTctti dell'infelice
Sagrr». , .
D.q,t,zed.vG00glc
§4 Delle RitoLoaaom d'Italia
comporCarlo , perché nel firogmuo della prrseii-
te opera ci accàdèrà d* osservare ud^ immagin*
còmiglraDtissinia di qUnte stesse! cose , allorché «
dopo il Itingo giro dì quiodici secoli da' teni'
pi che or discorriaffiOt per mttto d' tofioìte livo*
luzioni d* imperi « e iovflsioiii di geoti straniere ,
e stràgli e saccheggiameiitì, e rovine indicìbi-
li, ritornò in Italia quello stesso tenor dì costu-
mi che già vi regnata prima che la fortuna
de* ^Romani facesse mutar Ciccia a sì gran par-
te del mondo'* Ora,' questa tal ferocità di costu- '
mi, la rozza e vilkoa bravura che anitnava cia^
scun de' poix)Ii Italiani a voler soprastare , p al-*
meno non cedere a^ sboi vicini, fu forse la pri-
ma e più general cagione dell^ uguaglianza efao
di fatto pur m ntantenno fra lora. Verameate
niun tiranno* né alcuna nariooe vi era alquanto^
più riputata e più potente, che non presumesse
e non si provasse d'asac^iettare le circostanti'
|!taziani, e non s* augurasse l'imperio d' Italia.
Ma niuna pàrhnenti ve n'era sì trascurata e mi-
sera, che non attendesse a fare che i troppo po-
tenti vicini non s' aggrandissero di vantaggio . E
qualunque volta non vi sìa differenza grandissi-
|na di forze, la stessa ostinata voglia di non ce-i
dere è fortissimo scudo per la dilèsa , siccome
r ardente e ferma voglia di vincere è validissima
iDes2o per ingrandire, E quegli «tati che con6-
nando con più potenti non si tenean sicuri colle
forze proprie , cercavano con alleanze di geoti
0. Google
LtBBO t Capo IX. g5
pili lontane e monoo sospette;, di fan! forti. Cosi
i Tiburtini che Tolevano sostener la riputazione
dello stato loro fra le altre irepttbblicbe del La-
aie, erano in lega perpetua eoa le Dfinetiìd) qua
dell* Apennino, o Togliun dire co* Galli. C04Ì
gli Arpinatì inai potendo aoQordani co* SapniU
Ticini , e temendo la soverdiìt potepza dì questi,
^* accostarono ai Romani ; e lo stesso fecero alca-
Ili popoli BfUzi , per far dispetto a* Salentini lor
confinanti . Trovasi <^ ì tiranni della ^ilìa quasi
sempre furono iàvorevoli a* Romani 1 allorcbi il
dominio di questi non 8*erB ancor esteso fiiorì
de*, confini ^1 Ilario ; tornando ia accooióo cosi
d^i .uni coma degli altri aver pronta la via di
divertir le fone de* Campani , de' Lucani , de*
Bruzif de' TarentÌDÌi e .dello repubUlche della
magna Grecia, t^qt qwtl volta accadene d'ftvec
guerra con loro . Vera cosa è ohe assai spesso il
sovercbio odio cbe I*un vicino all'altro portava «
li condusse a partiti vie peggiori , che ih» sarebr
be stato un tristo accordo fra loro. Ad (^ni mo^
do, pria che giugnesse quell'ultima spinta cbe
rovesciò totalmente gli, antichi stati d'Italia, Ja
bilancia o per un v«w o per l'altro si tenne
pare assai lungo tempo in tospeso; conciofosse'
cosacfaè s'andassero di quiuido in quando rag-*
gpai^iaqdo le partite, a misura cbe da una par-
te o dall' altra cresceva il peso . E benché non
tutte le repubbliche potessero pareggiarsi fra loro.
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96 Delle ^iyM-ozioni d'Italu
e sempre ve ne -fiuse qualoutla 'predomiozwfè
( giacché era pressoché impnssibile cbetufte stes-
sero io egual ^rado di forae co' loro Tìcitai ì^.
nondimeno, quando l'unioB delle- forze éi mbifi
rendeva troppo poteate-uac statof gii altri che
ne temevano, riroltdVaiio -ancor es»i le forze' e 1«
riputazione in altra paFte, cf^icohé- HvgiOaKlà chfe
non potea sostenersi^ jfra- bwlti' se^Jaratamente, i^
manlvnfs.se almeno &a ckM aazioni efae fossero
come le principali di- due partiti. Chfr se iltimot
di tirarsi addosso -una subita guerra icon forze "tff^
uguali., ' riteneva- alwne repubbliohe.xkl pretader*
apertamente p^rfito.,' non 's' ignoravano uè ertraù
scuravànch aUH Jtpedirati . Era ^aesHat «m -massi^
ma di dirìHo piA^bd>f;oeotrHÌQnaeDtoriceTulftt^fiè
«ìuelle repubbliche fra ' le ' quàiti' -pMsava ' aecdrdtt
o di piK%'« if-amislÀ'ì'rMtn màiidaueto^tpei^- pab^
blioa aotoritii^geots ÌM'iOiiito di diìanque' >^e^
se- gUCTTp òi- aloBj» '4i •etm, ÌÌA-:qv«gti. pabì nbrl-
vietevapo-,ptìPèy, oh& ■ qjiaiunqoe. paitioofeitf pó^
tMSe ,an*iB4 a^^ftìo- 'taljanto.: aii gus^ugaar-'toiàt} l
o f^fiffm■i»fl\ode"»s^ìpolattDzk aiegtt' eMféill W-aU
tre ;epu|^liahe ^t)'-^»- h rfamj» :à'| i«d«ffjtoapè
oberi(^gi^Lgt^fi|«riV)f £olienà(iaMéi (oalA-^gió^ '^
nè^ò:,é lV^t^^ra>^a^iat>diq-eiidÌb' )st')pisÀdì»^di-~
chitfa^v*>iS(igHer«K4l ^iù-.^tpntwv J* «»t>9tldn&
di^(^^>tein^v4i>ì:r4d9iaBftiiBeo.tD:y 3lt«> Lifid
■ .*;: W-^ r;-''.- ^' rlì b ^>yci i!.. . r- ■"■:.
...in I.- -vv,.r.-ì j ■ -. ::■-. ■■;■ : '.■-^ - -
0. Google
IJBRO I. Capo K. 97
Bft dà io' pnVoehi luogfii ragguaglio ài processi e
d* iiH^iiisiziom cbe ai lècfro dai Romani per so-
migtianti Mspetti, cioè a Edc d* accrrtarsi se Ì
loldati die avean portate I* armi cootro dì toro ,
FavewHo fatto per pubUioa, o solamente per
privata autorità. Alle neutralità ed alle mediazio-
ni rìcorrevaei non di rado : né cib solamente per
desiderio di goder pace in casa sua, o procurar-
la altrui ; ma ancora per attendere l' esito de'fat- .
ti d' altri f e con fresche e nuove fòrze mettere
osta«)lo al rincitore cbe Tolesse portar più avan-
ti le sue conquiste. Finalmeote* ninno de* sottili
avvedimenti che o per ambizione , o per giusto
riguardo dia propria sicurezza pone in opera la
moderna polìtica , era ignoto ed inusitato appres-
so le aaticbe repibbliohe d'Italia. Ma la diffe-
retua era questa , cfae essendosi negli ultimi se-
coli piì^ ristretto il governo eziandio nelle re-
fMibbliebe d» portan nome di democratiche, gli
affari si trattano con più occulte pratìebe, e per-
ciò aneora con più lentezza; laddove negli anti-
chi tempi ohe discorriamo , essendo U govena
più Ivgo e più aperto , sì operava con maggior
fBpeto e più iraacbeiza. Or, comunque ci6 sìa,
le COS0 de^ Italiani procedettno pure sì fatta-
mmt», cbe U più piute di loro maotennero lo
stato e ta libertà 1 senza sbe per lo spazio dì
quasi tre secoli interi » dalla decadenza de' To-
scant per V tavaùone de' Galli «ino agli anni
quattrocento cinquanta delli fondazion di Roma,
Toma J. 7
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f)5 Delle tlivoLOzioia t>* Itaua
sccadesse in qu«sfa provincia al<maa rabtaiaiKM
notabile , o graqde ppo£[uÌ4ta , pbp . alferffsw qnd
certo equilibrio di potenza, cbe ri si mantenevat
se non che parca pnre, cfer ìSaDOÌti foseero per
'alzarsi di troppo 90[hb i popoli circonTÌciiii, e iDiV
pacàaastro 4i sQtfinmHitein «ui& gmssa ..,|MUA», filr
meno deiraotìca Italift^ , .,.
■■ .» ■- '.■ ; :q .
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LIBRO SECO N D O. '■
Roììuàia-. • ■ ' ■■
Ualle cose cbe « aon ragi'oaate nel precedeate
libro, nasce satozalmeate nell'aoimo de* leggito-
ri 1* ansietà d' iatendcrs le cagioni , perchè fra
^adle tante repubbiiclic che fiorirono in Italmael
lempo stesso che fioma, quest* oltima cbe por
hiDgo spazio non fii certo delle priacipali, «a
poi tanto cresciate, a segno di «oTerchiare non
por gli altri stati d'Itali^, ma d'inghiottire nella
vastità sua tatti i reami del iBoado . Ed in verOf
BÌaao k degli aittìohi scrittori ddla lU^ana sto*
ria, al quale in qnald^ Ist^o delle opere sua
■OQ paresse ^neocssario H riflettere alte cagrom
de* maravigHosi pnigrensf di quella repuUrfiea. E
fra ^i autori moderai ckc sulle meoiorie dì qn»*
^ antichi ritrattarono gli stessi fatti, qunls tm-
Tsremo noi, di^ non abbia qualche parte rieo^
piato di dì) che leggeN in tal proposito iti Poli-
ino, in Sallustio, m Livio, in Tacito, «dinPla-
taroo -y o cèe non v* jibbia aggitmta dà proprio «7-
Tedimc'nts qualche riBesso? Due opere singolar-
nteals abbiano di due £unoi» scriìtOfi,.^ qiMH
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I Off Deu-b ' RiTcA^ZKua u* Itaiia
fu oggetto pfoptio r esaminar queste eauKi'iat
oè il segcetano Fiorestind , nel libro àe'. snoi'iài^
seatà flOf>ra la prima deca di Tito Livio, ni- M
Moofesquieu aelle sue: coosidnaiiciiì BcpM ie «a*-
ginn dèlia grandezza e decadenza de* Rtoumì;
uè 1* UB^ né r Altro, per qwA shà n me f«fe«
di «luestì autori oda rilevarono la vera origine
della grandezza Eonuma, ÀI aegretaria Jioreiid-
no venne bensì fatto dì censurare il modemesot*
to titola {li lodar lUbtico -j. e come.paalioo alt*6gli
4M de* gOveriH dell' età sua, jasl'Bob s^appòie
ia più d*un luogo: ma l'^stoto .esagàce «orittfr>
M» 9 non ebbe nptuie i>aMaiiiti, namni «i oat^,
^^Awegtim c^ÌB' tttKv <l&j.ailtà i d'Italia r«ranb
jpratioak) le Atevw^poM, eke in Ben»; ioads- ri-
jnane ,4ft«tt«via ìodAciMi poetai ^iuttnto i Bon»
ai,;cihA i^kmt), elico 4e*4Hipolfìd*haIia, W(m»<vÌB^
jiuti a. .<pcJia ^Mi4mB. SrtMoB<«qiDeu! dir-pw-
se in pieciol tìbni «trive ■Msgi.sot^ m 'nde «iutì>*
JU e -JBteresSAQti:^ pas«ò tv^ppaAeegtrBiBiité laMo*-
TÌft de' primi seooti eh pfiniB'ùMiquùte .^ ill»-
.«!«« « iiKofie. pecl> ikIIo- stsBso idi&Mia drii Fio*-
-«dat)iii9 :. perche egli oqo> è puiMó diFfial* a ka*-
4D»gìifbn»b cc4tw i Rqnaam, :£Mtt ipadrfHÙ d'JbiIiav
■mpetàemto U at<te orioni ;^ ma f>N quali, «io es»
a wno. diivenutìj pnacipali< dTMIiav-'di qu^«
■oBQ|i^J>OTÌà^il J(fo«te8qai<^^U , .rivy^io tfocndo^e
^ftel ;«i;o' tnuuei. ed ambiguo <tàio4ae fé*- ^in-
no iri^po/ffKiii^taeatér-^^ énocn ùwìosòbò
jdo^tpnègitfdizìo esGencìaìIe'i conuuis ncói 8oh> al
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LiBnoJl. Capo Ir loi
|fI«d)ÌMeUi t&Jfl Montfliqoieii ^ ma ad altri an-
■4liraif icbe de' fatti ài Roma àtmo scritto, si è pui;
Quésto , di, f«-esupf offe eh* ella sia pervenuta a
«paeUa t^ta graodezaain vigore de* saw fboda-
moatalMostittdi V B - pM: tetA aaoi ordiai propii
e,{nrticcdari; laddove egli À^ assai maoifesto ch'el-
la , non «bb* aiuta. 'ONgÌMria iatìksiioBeit uè at-
óm ncdiafr>siia 'pròprio e partieolate,' che )a do-
Tcssero ododUETs a iupecar gU stati d'Italia. la
fatti , dì la dinùens' tra il senato e la pletie ;
-nò l'essersi toovata rautorìtà civile unita a) co-
manda jBÌlitare;'Boa l'amcìr della patoìa, sé de-
«idoriàidi ^orìa . Eoelto straordinarie , cias fesse
a', «apìtau 41 stimolo alte graodi imprese , e
i*s soldftfi pcar jecondwli; ni rispetto «ngolare o
«antità alouoadi réU^Be^ obe coBteDesse nella
-dirogóeiie 4b*' magistndi e de' grandi la dit^titu-
jdiiie, « l'acoendMie d'utile entusiasmo aettebat-
laglie: ninna, dico, di ^iéste case fit eòa pKM
prik de' Homani, cbe non sì tròvaase ancora in
altri popoli d* Italia.' Né tampoeo st debba dii«
«he fòsse pftipria polillca'de* dbtnajii ìt costume
.d'abbattete le. città viate, e di mandawi eol^
Itie, ed aeco^ere nel ftapncf seno i pop(^ 90g'
giogati. Cbi i ^he *cà sappia ewers stato à 9m~
ticor sì universale e' à ctnaube 3 eoetume ài
mandar colotùe, che Roma stessa,, secondo l'opi-
spione più ricevuta-» i^ovtbe a quastD- il suo «a-
abimento? E quaJ fa mai quel popob eosì inna-
^« bemga<>, ohe potendo distruggere le-.'cit^
ovGooglc
io± Delle -BtVóUtzìoni d'Italia
emole, masaìntérhente vicine, noti lo facete-;- ò
quel pipjpcipe e governatore di sfeto n male ac-
corto, cbo non procurasse d'aoorescere io iilternS
eufs forze, invitandovi gli stranieri co* privilegi, eoli
ié comodità del' tavère ,' e con' le. occasioni di uri»
gliorar fortuna (i)P Vera cosa ècbeirrìgor^tcUa
disciplina Valse assaissimo àll'ingràn^oiédto^ di
qudla i«pubbtica , Ma donde naeque ella Ina]
questa' dnctplina? £ quando,' e dove rappresero
i Romeni f Kon s*è già egli veduto -che uod-ì
sòl) Rumami ma tutti i popoli del Xaziot ht^ ^
Sanniti,- i gàbini, i Toscani à^tu :pres96<^bè; gif
stessi ordìm per le «ose di |;ilerra; chfi tutti erA-
:$o^|M>poU armigm) e che da p«r ftitta Vl^voà
vialidis«iini ordinaménti {'èr fiv. Ift -scelta («)? I*
so béné'che gli 'Scrittoi. BomMif-ttovàodoM «6*
stretti «, 'bdftr? b milìtw ditn'plùìa di 'aìcuBj>
[r].'!^' ritrosia e la boria dì oon accomsdate la ciu
Ufllàaòia òfi' Moderi clié Veii^oùo'a '«Tibilirsf ÌD daii n<M
Hì9f noù è.texìfiitiiHo ehorn ca^iv Mir^ùao-mcnireCbtf
tiarao io hMio nato e df jpQcp ponift, ma. bensì, dopo clis
la gloria Tì^cqainàia ci k tkaifiM'm 'pTe^vAxìooe' t di
fRad: «quMtQi^ncor non accade -ffturcbe'DQllé re^tabBli-^
cbe detAocralkbe jjCpuie, Atfii»^ perche n^ pfiiocigalo ^ e^
nef f;overd6 de' nobili giova niaj' sem'pie cte il nntèero'
d«' tudditi' liberi 'si vol^iSlicbi-^^ 1 ieiw^ 'nti}ihn<r i^
«nliWio fii^5x>ll",ajnlff^dpi ^earp» 'l»^W>^n«..di ^i|f ^
«rAteott. Ora, egli è da avvè^lire c^e i più Databili ac*
crt-Kimeotì che ti fecero in Som» coD aggregarci ì vinti
erAt*.MWWWÌ»'*»cM*l^'fl w"* i* goY«|io -fegjii, f de'
M./VLiJit i. Ur p. 34èv'-r- V'id* wp. J.. i, e. S.
ovGoOgIc
^po4iitir vioioÌB loro emolì, Anno cercatq fli ri-
«dtar^ xjnella i^« a'tVimain« quasiché gli 'altri
popcdi- ntflle g»eFM cb' ebbero, k sQs(eD«re .o oo--
ibe Ji«iibid-'i>''CDme'.cc^écleratt de*''KomaDÌ, ap»
pn<DtìeSB«C''da questi le^' leggi della milìzia. Ma
«^i>è<'fàcile 'jl rieoneecere là vaoità e ftlsità di
tale ' OMUantnia. K siccome non sì può in ,iiiua
modi} prcten<}eK chb'i'Latitù ponto 'ìmperaiBera
ia!' Romani i cosìèooia ipanifìriaariiente dicbia-
t&ta- perhsBtìnjomaDia degli' stessi Romanii^- eh' es-^
fi iàt>I>roMiw. dfil Saimiti partiodiarniente , e dà al-<
ttì^ p«^i. t'erte tletlàgaerra (i.).. Del resto, è
éb'^aài genfe* si ,pab J^ger peggio-, p&e iun iwr-.
6Ì«« ti tasei'batteF^ « 9baragliar«ìpce"far ijiota'e
dfepefto) si -SCIO ^neralq ;> ebe.le gaernigitinirsr
Rveltitib a mahoiiiettav osdlÉaeaté -je^- b'trà' ami-
d»f.«'pa^Bcbe^. alla evj'^ré'a etano {lostè; -fr
tanli altri ammutinamenti d'eserciti, e ribellioDi
dì colonie, di cui sono pieni |^Ì annali di. Roma?
Elftàe-TQJte.ebbMOrl.lVàBwnì'ftisir.gwWra .iq Jt»-.
Iia-,''thfe'iKftJ^'|tn>'«<«sWoa !fronfe';(*.etcÌtf * ca-'
pitapia?. ^órò' ibfqHo):^ i. 'Che >e',nBg^' ylij7^i>'ecór^
Kv • allDrchè là reftubblica ■portfc le anni ^facfé
dje''"CQnfiol d* It'ali^,',!., *;l>,!]er9 la ^aat^^fésca,. meglio,'
iiscipliriata ebe-i .re dair.^fli»^ Ot le: altre p(»teli>t-
ze d*'BuròJ)a é detf Afncal ■qàgtop •tie' furbnb ^
Samnitiius sumpserunt ; et-...qiu)d ubiìjua apud ióeftifi
ani 'llosufs itìoittlarh pi^f^irtn»-,' ittnt' sup»mà inutiV'domt
exetjitebanltir . Caciar ap. Sallult. in Catil. ->. ''
ovGooglc
1^4 Delle RivoLVZHn^i d* frAUA
T:irì"e mtìkì disastri '^'ebbero -Ilfi^hieofé '« m-
sfraer' tifile guerre ItaKcbe, Helle -qnati feeeto, e^
dir vero, un (uiign« ma atlUssitao tiroeittie .' Cef
tstnente , tutto quello-, cbe t/ttmatì aver foivisi»-
ìt più fbrte viDcoto è la baiae dd militar eomaB-
do appre!«ò i- Romani, oaoqufr nioD'^tit' dal étto
' e' dalle oboasioDÌ che moHi »éb(Aì d<^ la food»':
ziofle di Roma si pr68éntarbtid(i), ma -quasi dal-
hi -bestialità e dall* am&izknw di alconi capitani i
talchi tam abbiamo piuttosto a m&rsvjf^inci éfa«
appresso quel popolo ei'fermas»tre così tardi leleigr
gi del comBEtdo'O della subordinafeioa milìlaTe, eh*
à^buirgli xxime singotar lode d'aver ps^ Voiut»
thè I toldafl e gli uffizicdi inferiori òbb^iesero
ia' comandatiti (>) . Noi sappiamo iBfdtosiinaqrae»-
1e, che quelte Ytiassiena fiuta, fkà «aonbrai alta.-
toente non manco -da' poeti c6iè da' politici (3)>
CH non riseattar i Mudati prìgictm , -«omiacib a ri-
ceversi e |H-atÌc«nÌ coMe re^la fijDdaiHental di
gbverno; aUorobi ^a era dpcisa la ét^rtorità
de'Romaoi sopra ^ altri r.'ptTpoli d'Ifialie^ Cfie
'se rìgtiaHiamtJ le'eos» citili e i costumi interni ^
XH^iTediamo la- plebe eìi ooòtumace- e ri belle v cho
per &r dispetto ai grandi « mette a pericolo di
norie di faiuei abbaudoifando la coltura de'campij
CO Vide inK e. a.
i;i) Livio nel ]. 5, oarrand» lagnem JiVeiento-^ di"
-^-f ttitif edictum, ns.quiì miussti ntgnaret ; . chi; fu dopo
gli «Doi trecento cinquanta 4r<Ua Ipiiaatione di Ilo^ft.
■ ■[5> Iloral. I. 3 , -od. '5, —, J^v. J. a , «. 60.
ovGooglc
tifino Q. Cak) I. io5
la. nobiltà dìriegoo», prepotente» e crudelmen-
te usuriera,; T onesta e , la . pudicizia , cbe che
sì . decjlOti , tk mal osserratc dall' mio e dall' altro,
«esso,, cbe ppcbi aI^^ si contano, poche ne' mi-
gliori secoli, io cui ài quattro o, sei sacerdptessr
Vestali, non ostante I4 sevefitì proposta, del. ca*
stiga, alcuna non ne fosse convìnta di stupro;,
le jn^trone sì mal soddis^tte de' lor- mariti » site
gli s<a-ittoH .Rpmani non taciterò aver esse un»
yblta epiBpirato insieme d' aweleurli tatti qnan*
ti; le I«ggi aipobe.iHii gravi e più utili non. pri-
laa. p(^e,. nfkft -vii^l^te o. delusa; e i riap^ti e
§l' interest privati pervertile e sturbare I9. i;ose
dctl-d^bblicor i^ fQ^HH! * . oomecbè ip non negibi
iQoUe. cose essem slate d&.co>ViaeDd<uw afipreew
gli antichi Romtini, ardilo tùentrdÌQi«fW!. aHì»'
mn boifie ctf» oert^, ^be >e , ^MMJfOi^pt dall' un
deMati.Ie i^ge i^ a'iwbevMi^ ^^f/fSf^rìascifntt
dagli sludi acolaatiei e gi^yaiUIi, ««Jroi^rrfnw
le storie loro con _^|}elje di altri popbli e d*jJfre
attà,jsapemo appieno ccnvifiti .^ 4ì% ^.Biom^
ni, dì<%i ancora de* p^tai secoli, w» £Lu«no. né
più.vittù né msBO, difstti t ^b® neBevatltfp,r»iail^
blicbe o Grecbe,Efl Italicbe; antjcbe 4 Q in, ^ueUe
cbe ricorsero in. Italia^ dopQ. Gwle M^ai^Ot, p n^
gli Svizzeri, o in altre nazioni d* Europa cbe
M tessero un tempo o si tcggo^ - i^p|Oca ^ eo-
-tnun*. ..; . " c.-.r ■ ,1 .. :,,:
Converrà pertanto rJpìtóiiire rfà afM pl*r te!?Ì
e più particolari prjncipiiV.oingìne 4^1a,gi^B}lezza
0. Google
to6 Delle .ftrvJùtezidirtiy'JTAiJA ,
Rooiana^ e ^-rìoetcfflr 'J^.^agròin' pei' età
refnibiUìea, ;ÌVb, tento ^pià atoticfae » '^pHi 'pofeiAt
é fxìtt ffle^id Mdi&ate 'nanòaì d'fìalìa; lAtéties^
se sola 0 'prìocìpato,- e quiddi"' ^ancora st^Sesse'
n 8U(>:d6mÌDÌo st^rd tàfila' parte dftl ìnotiilo / %o-'
fila à*.'tempi ^ Rohiolo ( o ibase Rinvia' é'fffr-
fiomiiTata da luì , o egli stesso prèndere il D&mé
deUania patfirf, come è 'più probabile) ^tìon'po-^,
ti: esser altro ohe nn ignobile borgo del àdiUaèo
di Alba. Ma RomcJo d'aoinio grande-, o per ìa^-
dola .natia* 0 per aver veduta e "prèso ep^hiiìohé'
Òii moItflpaeHì leoe"p<ÌDnem 'di forfìlMirst vìÀb «Ìf^'
fetp^eBsiero' cBe àncfaè aè'VtìJon' pìùt:*ezrf'U*Pri#>
faoiliriente Dell' atììmo :a'dhiu'dQT.ie supera fsì/'affrr
di ferada-e di spiritffj ÌÌMéna a''^'"hrSf^'^
spedito rpaiTe. natiiraltùente ^ftìfr quésto 'di'dfcfcia*
l<ai8Ì "ckptT de'-. làorpscitì't' de' faÌHfÌ,:''<ftì^*f&a|i-
contenti delle terre vicine; il irtim^ró 'tìg' 'ijuatìt'
d^le repubbliebe e nei ^oWrni -ìiiistì () '^flilVéltà
grtrtdisMttio. sporse "^' t-gfi' prese 'la' cooè^eitirìl-
di qufik^e'guéiTft «tumùltò' òMl*' dFgìi ASàoii'
e the it partito inferiore tt iìhtóXmfTckiWkUati^
dblo i Tlncitor'i ) si ritirafiSe èOftd la condotta di'
Bómotonèl borgo cte'o già tìbiaiiiavasf, 'ti dopy-
sl'òfa^uQÒ Roma . Cottlunqbe m , ' nitlflb neppiiré'
degli -serittori Bomaaf testìò mai in dùbbio" ihè'i"
princfpii di qtielti' r^tibblifih sìeno' starti 'tìttlerftr;
igniìbiti, e, se debbo dìHò, ignominiosi '.-'K'dòvé-'-
a noi fossero pervenute le storie delle cose di Ro-
ma , già scritte dagli esteri ne*^ -paesi ' non- itkov
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;i 'tlBR0B.:C**0fr.. '■ 'l 107
•PfSfMi *' ^mapi (i), noi.- troreretamo flS8«9
pqggioti cote «u (}fit^ste pioposho. Ma quello .clnf
dM<i' A B.oói(Ho e é* suoi mccésiorì 'V-ttftpottuni*'
t&cK eresoere efiahdib «enra tDadiinghi^ e^^iow
lenti , ifì] pf>r avventerà la sìtnarioBè dd" peese.'
^f^a^asi EoDia in mezzo a" Ibscarii, a^Sàbiufi'
(fd,;iV£atìà)f gli uni Hcrhfj magnifici^, «'già "in'
grati parte -éorTOttì- dal lasso; e ^i albi o powri-
per-qatura* OTillani e rigidi per 'instìlÌtto."l ró*
dì< p9ma pceWR) tanto' deBe arti è &Ì aoìàiara-
de' ^^imaBì<f ^oaata pòtea permettere la quatità'
dello «tafoJg.roj e quanto, iiastara da'" allettar la
tWfwità p«p0larq d^'.SafaÌDÌ e..4;*d[j*im j'^erifeiiH.
Ww^'-dèl^atvMt^sritè^ qtieati ultimi ^anto tteoat^
p«BÌv:« per ^a,AlÌ«parpe,j |)rtiol:. ia quella guirv-
sa 4Ì|hi MAomatto' itaati -tet^U '<dDfiK>,'<e' iai £«>
lecH» U p^agtiiu., oopipQsè.quel sUo nuovo «o-.
dicft:^! ftUì&awrja dìlpplttÀe^j dai-Tarìe. dotlriae-
di Qr^'aai ierètwi', «lì /Giudei , é Ai ^agatd é
fatifiTm^ia^j cbfi .^tpsse- trp^jar . seguaci ia< iutr
tf.i^t^j^ ^i^fiTse" astte;.' Per; qifedto- fin da' pri-
n^i./^W* :«ì (wfebijaT'MP. ifl rRomst .giuocbi e. «prt-..
ta^olkcbe qMei ts inrìtarooo' da' TtneaBÌ; eàé-
Osservàzionp divulgata,;^! tutti gli > scritfon dat*':
l9.£OM>^oinatw>^he le iosfgne de* magutafitti^
e le;i«er^6iite dèUa, rMigioDe, e gfì edjfìzi pub-
blipì; nqq Bfepiza <Ki9gpì|icanga fHbhrìcatì,.!.eonrat
nella .roKzezvs: di qse* ;e<api, «i'ftceEo cotì àttfr;
(ij^ Dii^)t BiHiq. in pro«e«i« ÀvItsiÉtt.
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(0& DbLLE .{tlvciurziiiNt '&* tlAUA
de'TosRWii. Fé* qóali Hiezzi verse! te fwrsfieà*
vulgBir ncdto lefìfìanàv • gi»ii ^iiuBkf«oj4*«<»aIdf #
di ^«le-trtnwvc-altottiMi dalle borgata! <d(i'<[jB^
tinì-étde' Sabiri» dovè i^^ imyficqìaìtxM ^^
eitti , i? per ~U «aveiilà' ' dc^ ''b(MtBiiÀ'<- wkyaas^
^^De'.'ccae ^j;^ dr mdo-e-)^ nitM:fcJne.(K)i^ A*
gufiti «*AggiugiierMO: txAtì: ooiatù^ Ai -.otn h -«gti
qtk.'ied io ;ogiiÌ;pjicseDp?^rè!:.ina»> pÌReicJa^. H A»» ^
meOa-i i if^vaìiìD. xata taaixni^'O ■eve&eenfé dttàr.
eoncerKiDa a cercar veatur». -Anf^' l«^ ^tti^lrè^
KCcbec! [>o<t|»ilàdi&* paesi 'vicòaiy o d»l Lt^'i})
ti' tf 4tliMi«tà Ir» i ^msoi e t La6»i i:'->i'.«BMdVTuer^ aw
bando per etti si la»iava Ja j^r|iì(rio .^c^'lp '^«^^c ,^'i9"l4
itacione accassCq' péj\' altn ti ritornaraen'b qlla jniKa., -o>
atttni.bi^ le*- nflriti,- « «là 4«tle'<lo«°t^'ZibtftÌc tctie in paw
nuj««r^.si Ifoy^aniy ^«Hl^la »(> 8f!W»»-.P "»«*.. »9; ^ *!?•*
ntuna ch'eleggesse di topnare alla patria, e tuUcr, fuorché'
ètte iòle' ddh' RnnaDe accasate DelK éttA Latìiie ^ ktd^n^
do i .làficttF, m ne tbrAatoRo a -RotDÌi« U «he'di€^ « «^
dera, dipe to storico, quacio il soggiorno dì fiomft ^erai.
^a(o aile donne. Eraoo'in Roma per àVv^titura più tn^
ifatai^'^ìe testai e /piìi^*ptuaÉiaii j.e gli .«ernia» .♦»■ eratt»-
forse piii galaDtì ,. e pei'ciJt aile femmine più' graditi ^- Or,,
Ouellif stésse cause cBe r«nde»arto- H sù^iorno dì Roma'
rato^'^V ^«laM , dcsveano' iovitam gif' «dmM d-''aila- cn'''
ta- età e A' tin certo geiM«, ed essere «orgepli di^p^al^
EÌcne . . fy accorilo « di comiiae; tpe^ tra i Rimani e i La'
tiif^'*ra:'cauvMimo d*" Miln^càrfe' na -feiMpiu- 'ìh'6ìaD»^
Sfivì^ T^iHio»' secondo;, ch^ .|»n;s Titq Wì(V t-ft k '^''^-t*
eia arlL' e C911 iaaaDitD fece à clie questo tempio^ f 9 tse'
fibbrldàto piòrtòsio' in- U'dtnà , che ifi àlcdlf attl-o^'in'o^o''
iW'Lai^' ll'.y^lg*»' s(ij)eTsti»cmj-pi'«B(JeT>'^WÌi vani pror-
nostici del t4ituro j ma quello ch'era ceito e preseole van-
eggio per B«ma , rra' la frcq.uGnaa di vati* gentj. flhe ^c
Iti iamoN UBtuar) vi ticatanò. , ■>-■■<
ovGooglo
V r. tAso II) Cavo.!. :' - ! t«9
4#i. To3«tiiMi.a de*'Sabinìij<.^><jtedi ai fetOTSMé»*
9 (qten^tlitef selle cin^ dtsdMidm:ila''jii(rtiC'edii-
Wttf9 • del «^gìarnf) , « fra^fintfabo' fioMte*
aF^»«o%ff»olieMl aeH«-nlaeva.viHà, dov*mip
a9 wcme,d^«aMm àéoolte di Uioa gradir» eAw»
tf» agK 'onori . mtma igoaira ci» t TarqiiItH i 90-
i«i d6 gctwdiMimt jrftotaggt alla stata dt'BomA,
«Biftietoàft^ai'arquiiifoxnttà della ToAjsoa; «ttno.
ttifcU^ri^itt che l'orgi^iota nofaìltii del puae is»
«eT»'£ loro. £ là iàniif^ CSsiidìa per f/sn (^
vili latoiè il paese de' Sabiai , e vease a stabilir-
à a Roma ^ «eguitatii (a <]uel che si racpqtda ")
^ pi^'dii^ciiiqaevBla tra parenti , ramià* «elienf*
M-^^iJt. Tiwte 'qtìtelie tdàfc , e thoho (riù-fe itfeérìe,
g.' Tq^ti^ Je seoiiKiie «opra i TÌcioi.. dalle, quali
iMi''pcipola«cto>f act«IlÀ 'di tétitarìeri « di ribaldi
e.^^^^iti mal' «i potèa. eoufenefé, non pot^ooQ
S» «L^moàoa.irììé «BoìMrff eootrcP'i Rooiain l'^odkf
rf hi]ÌHÌ(^jli( 'di oghi'pan^';i,'S(a queslfe IniiftuuT
ai» pi'ii^oatD .^4»v ad aeeie^ien! quello statio, olia
ad afcbattét-lo ; perpccÈè 'là ftiòftaiidibefin da-pritì-
dpioctowU^ ativec^ani all'ansi, e «tar allaguar-,
dWp-tì>sèt; ;■' V- -■ ' •■ .■- ■■- ; ■ ■ ■■■■;-■ ■ -^
JSc^i ,v' è dìibfeio^ -e^ se aleuoo ài)' popoli con-
fisanti f o ^escBbi o tjattùlo S^mi; sì fatte moa-"
sò<;BiiJpii, Hom» eon ,tutie 1é forze unite 4^113 «a-
zifloe ^ qu«il«i 4^ttètai*bbe È Wa ia< Inemsf tao ^
\t) IiJT. 1. I. — PUt. io 'Suk. ■
ovGooglc
«Uitote e dispensa .Ma: comii aì^ncn* d* «db'
«àrioicke.gG oomiDÌ notfii maitv<Mo j^aiì finti»
^ei poripoH e iaaài atout, {teticiJ» t« isgìune r^lt
Ì8fiese«he i Romafli ^évas* Vnoiaiv un nutì*
leraaoile anni io manO'ad inhriobétf quelli :clw
I9 àaatÌT&ito;-eirade volte qiiirifar'eìHi'ebfemdBa^
SK^giata^i poteva soBevare: due^o tra-^alMei'itb tktì
piìt.'idJEómte.-quaiitiloqu» della sdtMB Mieìsw;-Ailà
gU Aretìsi « ì Volatcrraitì., ptìr esempio ,^0»» ai
pcvaieyaBo f^v^ briga de' Veìot«fÌ> -fiiin^rH^
di Piperà»/» d' ADBgB^g'impMciavkio 4mi(^
degli Annoti p de' Tiuoab»^ ^qiaààfìi^^md
fiwNmeatB . per - la vicinata del ' perioslo ^ >r j bevane
so"f>en'^ fiparo' al terreirtfr.^'cl*«Av»ifaktet»»
•etato e fncno,- ooQ ìótooo-ii «enppvBdd dwwi«*
viiartire fffae i primi ppsii rioletUi cba ilèMFo< i- ft*«
mani, e le prftae g^rre cfa' ebbom aiHHtoiKr^
oontro «fu cercava di vendìcnsì) DÌére> itttf aico-
KEQt- pra»cnte'<^e.Ìa nsoeanfà '(!li'i£»mf& «' mi^
cpee^oranD per Io pi6 ntioTO «tion^ a c^4é
viqlefaza a àuoiEa rapine ^ìtotto spezie dì v^dieàr
set ttcB» -delle ricemte «Site > Dal tfae^scé^à ùiic
pngÉessicmd- iofÌBJta di 'pié8JQli-acqutMiV''fieDfaèea»
« diVeiràsm potenti da pt»Mrbe ifor d»? i&a^Wj
E-'se tolTOhapartivaita Tf^ da' icetittci' , iresti
tali dmv BOP ^toeraDo zittio £hS' irfiXsr- la ktré
feiDdftt^ e stÌBiniaf'gli a maggiori sforzi' [mr^nstò*
tarai <iCQa. ptii' .feKci jnprcse - delle- -patùtte? 'petéité i
Io' ftob'C!fedo:|K'ter dare- piò |^iBla> ìdf^ad^^Ià'sOF^
le ch'-el^ la città ^^-JB^ijim, 'CÌie iGàr^fatrsgoDè
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.V. /.. Libko.il Ctf ti ti.,'j Jii
dti£>^ cbe Tediamo. tutto ^nu> «fEtenire tra j
iDsgoriaDtì, fm* quali colora che cominciaroiio 4al
«Smte, àiventiao col, tempo necfaùsimi ftr .qùer
■|«j stessa ragione', fffirdiè |ioco'.o; uulb .^ueano di
e^it^e] laddore moltf de*JÌoclrìrìdaeoDiiaLtiiaii>-
te^a^wi sitesBpi pércioedii i primi -.forzati, ut'lak
pcipQÌpii :A.cam^an d'àndattiSa. C' éi .Tifpsraùff f •
4i''JnacijB ÌQ- maan a. mrttei;- «profitto ognipicoo^
lo Mxaavì t pw molto «ke .abUano .aoricc^U)^ %
teag^o tuttavìa. 1! abito defla fcàgalifà di - lisparf
n^^.^ e di n9D,diiptezÈare:<le oscauomicbe alfa
JAdustpta; ,Ioro si preseniano di.ikr ^guadagni. Qùr
iff.» TedopoJe famiglie atrarÌocb)>e.t fina a tan*
to «bè.Jo.MisADCcbefDli facollà .Doa potendo a
iqtPti d' impili» ì coatumi e iniuparbire i pòsx
s«94mH.« ttitìoade a poco a ppoo'e^ii petùo» nd-
]a.]DÌiHtBa. . ■ e ■■ ■■■' *'■ ' ' ' ■■
-.... Jtver(t.feclici^nè ì RomAoi laadaroaiD. di {>n>>>
Vig»r» gli aiuti, altrui, oè i toc TÌciai , pii; quan*
^ 'm^i^ pml/BBCto fl„Roin^ , patcrona '«dimeni
4{tUa«oc4t»itivd^ oollegar» con esso lot». I/pb*
j^ deJ.nQfoelLftt^iio divisi ,. come $Ì-i din»Mra>>
tp.> ìA. i^'ti^t]^ pcincipalì càzioaì, Vol«à, £gtii|
£f Aki^ a t^i.do j-itcìMef)» oDiDR propri» iil^o*
In»,^ X4Uni I guerreggiando» peTpetaàménte isà
1^ , '^*asdftvàDo,;di^inftiio in- ipaaov se iioii dì-
•te^en^o e corauni^do, ^r^amcote dbbattaodd
ÌD tnpdPr choniuno di loro potè mai acquistara
«ta^LipjtptA^tfto flo^gtoraotsa sop^a .dfglìr-akri-.
^(%^arji che 0 ;ipootaiwaineQte o, titati pier'tivrzi
ovGooglc
ria Deujì RrFouraiom d'Italia
doreano avH parte io quelle guerre, due vui-
taggi vi troraroao eoneiderabilì , nascenti dalle e»-
gtoni medesime che pareano a prìma vista recar
loro dei pregiudfzib . Occupando etsi una parte del
Lazb, avrebbero dovuto, ptx ragion del hingo,
euere guardati come membri e consorti della na-
none e dello stato geoerale de' Latini ; no. o per
la novità e r ignomìnia dell' origin lo», o per lo
VK^enze che usarono ne' loro prìn<npii,' assai chia-
ro risulta dai loro annali, cfa* egK erano odiali;
disprezzati , e rifiutati dal comune consorzio d^H
alfH popoli. Talché, sebbene in processo di tem*
pò, per le pruove ohe fecero con felice 8Ucoe»>
ao , per orgoglio e per interesse ricusassero d' u-
guagltarsi cogli altri; iu sul principio noadimMo«
piattosto per- necessità che per voglia cbe ne aves-
sero , dovettero Jar capo e corpo da tè soli . t«ad-
dova gli altri popoli eomponeifti una gronde e nu*
Sierosa Dazìoue, potevano far Causa comune di
tutti, o almeno di molti ioiìeme. Vera cosa è cbb
fia queste vtirìe rei>ubblicbe d* noa cola nazione
«ano inevitabili le ji^osìe; e due' impedimenti
^Ddì nascevano ali* ingrandimento, ed aile cm^
quiste: l'uno, per la difficoltà^ d' intraprendere di
eoDuiQc ccwsentimento e co» eguali sfbrzf le guer-
re, e d* eleggere fra tante' distinte oiimuoità. un
«d capo cfae le amminiitrasse ; l' altro , per non
eatw pottìbile di spwtire g!i acqubtt cfae m fa«er
vane^ la modo da soddisfare proporstoBatameote
a -tut^ i . membri della^ eon&dH^zione '. Dal, cbe
ovGooglc
' Libro U. Gap* 1. ii3
WR^e oascera ehe pooo stìfftolo i più de' cbllfr-
ptì pofeaoo svere aefitnar selle fazioni di qkftl-
triie rìh'evo. In fatti, poco pHea importare allo
ìtatd gAHtale'tle'TcMeàiH' o degK UmbH V acqlii-
•to'd'ud boi^ o di un «astrito; ^owDdòsi pafTir
fra 4ie>ci o dodici Tepnbb^be, a daictioa d«^
^jotkU' piccala parte ne pote^ toccar in sorte, e
f^r^ pìecefisdma'pQtwne tt^partiliolari', fiFa*<]uà'
ti 'dovw<Rtu-MiddivIdeM'. fé ecco 'dood* ^berò 1
Bomatti*<«fngDlar' TàiTtaggio Sopra tutte h repub-
bfislie'OdfifitKUiti'^'Vfeiae. Frimieraineiite, ven-
ae-^uaii «empMi Ittr fstto d'aver il gorèmo- delle
gmm ch*~esn fkeevano te compagHi» d* altri -pò»-
poli e ptmiifèì quanttiiKpie i Latìar avénèto' ìoeMo^
» fooigbi'maggiw wufaero'^di' persdotf , che- rida
anno iteHa citt^' e tnd tèFTÌtorio i£ Efoma-, a che
p««afb foMe'pìà fittile » levar ibldatì i»A Ì lAìS*
BJ p efato #a'ìtomanI ; era nondnAesd più agerdìé
a qit«Bti uMdil '1* aftfnae' ifeomAiido, peKhè Rich
Ma" era:wr»ff dubbJo'^'ebffianftà'niaggforè <Air non
tbMé oiesoMo de* pòpoli o- tacili o'EAiìcff^ dalla
patta ' de' ^nftli'tennlirooRKnàriainébte MUoiftam;
Qaàii altro Moto'; ogni <pìofe^(r idlàrgatAento di tei>
i4totTO -ar«>4ì '^ailde'vitfevo : e to nelia- òonC^a'
ziiMe>«:«Kti9fcn! dBtI#'feTfe''éfae' ù' tD^ievaoa si
Tàiti ^ iHHi'tMti i oftiadin «nvano uà dgude e'-pn»
pbnsoBato '^uada^ò ì'tn- prcnttavaiio adògni tao^'
dn t gMiri^, eì nobili» tf qatfli -che areanó fò
tttXo ftfr umim; fi éte bastava per atiimai^U,
e stitoc^ai^i alle imprese . -Vkt nixt ' perdei!^ il
Tomo I. 8
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ii4 Delle Rivoluzioot it* Italia
vantaggio che nasceva da questo interesw ooù con»
centrato ed unito , e perohè il ■ popolo Romano
non si diramasse in piti stati , come le più dello
nazioni Italiane aveano fatto ; sì trovò semfsv fìa'
capi del governo chi bastò ad impedire che n
mandassero colonie sì numerose e ra^^rderolì,
che avessero pereto da partecipar del comanda '<
Questo punto di politica fu spezialmente e con
sommo calore discusso nel senato e appresso il
popolo, allorché, prelo Veiento dopo quei lungo
e memorabile assedio , proponevano alcuni , che
si dovesse colà mandare una parte del senato: e
del popolo, che vi rapfveseatasse parte della re^
pubblica ([); la qaal cosa quando fosse aweni»*
ta , sarebbe stata, se. non la rovina di Roma, cer-
to UB impedimento insuperabile alla futura grao^
dezza.
A questo vant^^^ un' altra cosa s'aggiu»t
se, la quale, bencbè pur sembrasse render Iaconi
dizioDe di Roma mollo inferiore' a {vessocfaè tutr
te le altre città d'Italia, in forse la veta ed uni^
eà cagione della sua immensa fortima. 11 ntocha
i' primi Rcmiaoi presero ad aiàtare, fu, a dir ve*
ro , il meno atto che potesse eleggersi per ^bbri^*
carvi* una grande e ben (ffdinata e fotte città;
pociocchè non era né un piano da cingenì di
fòssi e di mura, ne un peggio elevato e monito
dalla natura , talché potesse da poca gente guardai»
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tiDRO li. Capo I. \ili
ir.àtféaéertà . Erano sette od otto uraìU colli uno-
vi(SQD all' altro ia juodd , che ciascuno di essi iioa
era ne di bastante spazio per una popojazion au-
taaoaa.^ nh fatale a -difeddere da coloro massima-i
ineote , che -ne occupaitsero un altro . Miioirgli e
viagerli tutti di prìmo' tratto sarebbe stata opera
piuttosto matta t che praticabile, mentre che ap-
pena milioni. di persone poteano occupare così am-
pia sito. E benché si tacesse: del moute Capito-
lino , o sia del campidoglio , una .specie dì castsl-<
lo o cittadella,: con tatto questo fu cosa subita-
tneote manifesta non .meno al popolo cbe al se^
aato, ohe ;non poteva esser difeso dagli assalti
de* finnici da> muraglie e rìpari , ma dai petti
de* dltadini; e però ad -ogni moviinento di guer^
ra si mandavano tosto eserciti in campo v e siau-
dava ad incontrare il nemico prima cbe s' avvi-*
einaasealle porte. La plebe . codarda era per que-
sto sempre stiou^ta a lasciare quella città , e oc-
aipame qualche altra. piìi sicura e munita. Né vi
volean meno ohe il credito e ^autorità del' gran-
de ed. immortai Camillo- per .ritenerla da;qaella
furia, dopo cbe:Rodia era stata presa e- poi a
gran pena- riscossa dalle mani de' Galli ., M^ i
principi 'dello stato, -conosciuto il. vero interesse,
e riflolutì di non abbandonare la primìeca . sedq
della repubblica, si applicartmo a tener il nemico
kmtano.il più ehe si potsa dalla città « ed- aliar-
garne per questo i confini (i) *
{!> Liv. 1. 5, e. 5i,
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tiS Dellk RivoLtrziONi D*>rAwA
Manifesta cosa è che un'armata (spezìalmen*
fé quali erano quelle delle piccole nazioni , 'coa»
poste dalla moltitudine de' cittadini ) qualmiqiM
volta sa d'avertile spalle un ricovero sicuro odi
scoscesa montagna, o di dttà ben munita , al pri-
mo tuHs'amento cbe nasea nelle battaglie, si ^à
più di leggeri alla fuga; ma al contrario la ne-
cessità costringe ad una ferma ed ostinata i«8t>
utenza quegli eserdti che o piccolo o DÌunrifugio
anno a -sperare , cedendo il campo al nemico . V-e-
ramentej per qud che io etimo, fu questa la più
giusta o&wi'vaEÌoae ohe. il famóso . commentatore
della prima deca di Tito Livio abbia fatto in lo-
de della politica de* Romani; oioè l'arer essi [xro-
curafa) che le truppe loto fossero spezialmaatr ec-
cellenti Bel combattere a campo aperto: pnvbè le
-b^aglie campali scmo a preferenza d'-ogn' altra
operazione di guerra, le più decisive '.'Dobbiamo
avvertir nondimeaó , che nello «tcssot oaso erano
.. le armate Romane, e generalmeoCe ' tutti *ipapdi
che abitavano a borgate, come i.lLàtimxs i-San-
niti , i -quali forse per questa furono - getieralmen-
te n^oiori in guerra agii alta"! Itàliam . Betidiò
essendo ■ così gli uni cbe gli attri Aurati « fer trìu-f
■ cea n faaloavdi del petto loro, o almeno colta fa-?
■ tfea continua e coli' industria , furoóo nella liafta.*
.glie campali più dèstri e valenti '(>); e- Forse a
• pcefeceoza degli altri invalse 'fra lci« il' costumo
{i).Qua pugnandi arta (in aciem) Bomanus excel-
lat . Liv. 1. 5. - ' . -Il
=dDvGooglc
tJBRO ìli Capo I. * '7 .
Si ^rtf^csre, ogni volta che 9^ accampavano , gli
^lo^iameDti , eh' erano , per coù dire , quasi mo-
bili cittadelle nelle frontiere . Ma i Romani , co*
ffie quelli il cui Btato era P ultimo ed il più nuo-
vo,, ebbero l'opportunità di profittare dell* csem-
fso altrui 1 e fermar presso loro eoa più vigore le
atili pratiche che apprendevan dagli altri. Perciò
avvalorarono ancora coi pi^egiudizì della volgare
tUperstisione ciò che la necessità dovea natural-
mente prescrivere cerne legge prioelpal del gover-
no , L' opinione che a bello studia si sparse n^
jnpcio , che il dio Termino di Rotta non s'arre-
trava mai , giovò ancora maravigliosamente ad in-
wra^axt ■ soldati ni^ disastri delle guerre y per
non essere ridotti a qualche paee disonorata e
«vantaggiosa . Bra facile il prevedere ehe uaacit-
itk makmento munita, e in niim modo atta a sostc'
'ntxe assedio ancbe per difetto di acqua v era iena' al-
■ '^aao Kampa perdita per ogni pìecolo segno che
ri desse' A debolena;^ £d' ecco la vera orìgine del
genio conqtàatailore de* .Roncai, e della fiirxnezm
loro nelle sciagure . Non v' h dubbio che il Buon
'««to'- delle prime '-ìmpnise dovea gonfiar df sua na^
tafa il cuor de' Romani , popolo rorzo ed idiota ;
e rendJerlo ostinato e fermo neffe guerre seguenti .
Cessando poi la necessità di eonqnistarr ed alkri-
■gare ì confini' per mofivoi di propria sicureiiar
succedette l'am&izioae de' grandi e de*^ nagistca-
. li , i qnaK o per cupidità d* arricchirsi di spoglie
nem>!che^ o ^er eguagliatagli uni la.gloda- degH
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1 1 8 Delle Rivoluzioni d* Italia
altri , indussero il comune a nuove imprese ; e Us
sostennero gagliardamente o per una certa ferocia''
divenuta abituale ne' petti umani per lungo uso ,
o per vergogna di non mostram inferiori agli al-
tri. Questa fu dunque in poche parole là storia
de' Romani, e non altra (i). Essi fiirono da pria-,
tipio guerrieri e conquistatori per necessità; poi
maOtennero quello stesso genio e non so qual' fé-'
roc6 virtù per abito, e qufisi per forza della pri-t
ma impressione. Finalmente i vizi de' particolìai ,
ì* ambizione , l' avarizia e l' invidia , fecero negli
ultimi tempi lo stesso effetto che le virtù do' pri-
mi; finattantocbè , per necessaria rivoluzione del-'
le cose umane, (o stato dì Roma rovinò per H
peso della sua stessa grandezza.
Ad ogni modo, prima cbe i Romani ginignes^
sero a dar il tracollo, non dico alle potenze del-
l'Africa e della Macedonia e delPAsia, il che,
conquistata l'Italia, non fu malagevole, ma sola-
mente appiccolì stati Italiani; cinque interi secoli
durarono dì fatica e di stento . E quantilnque gran
(i;^ db che dice Montesquieu nel e. 18 delle Coasi'
derazioni sopra la grandessa e decadenza de' Romaiii, è
Ì>er ;ivTent|ira più vago e (pecioso, che giusto e sodUisfa-
tente . * Ecco, die' egli, in breye la storia de' Romani ; es-
« ^ vinMro tulli j popoli médianie le Uro massime, tD»
■ quando furono giunti a: questo segno, la repubblica do^
4 potè suasisiere, e fu fona mutar le massime j e le uovel-
« le massime contrarie alle pritne fecero rovinar la tara
* grandezza))-. Ma quali fossero queste massime, e quando
e dmt le avessero i Romani , non mi parve abbastanza
spiegìito dal celebre presidente.
0. Google
Libro II. Capo I. jig
parte de* progressi di Roma s' attribuisca o alla
oondizion del paese, od alla necessità, madre del-
l' iodustria e del valore ; convienci. tuttavia con-
fessare che moltissima ancor vi cootrìbuì la for-
tuna , o per dir meglio la disposizione d^lla su-
perna provvidenza , a cui piace , secondo gli arca-*
ni suoi fìni , d' abbassare le maggiori altezze , e
d'innalzare ciò che alla terrena vista sembra il
più vile ed abbietto. Cèrtamente già erano passa»
ti più di quattrocent* anni dalla fondazione di Bo-
ma, o, diciamo,' dal tempo io cui comunemente
■i stìnra ch'ella avesse il suo principio, quando i
Romani non che aspirassero all'imperio del raoD->
do o dell'Italia , ma non poteano ancor presumer-
si i principali della nazion Latina ; e il proprio
domìnio loro non «'estendeva per avventura fino
a Marino, né dal canto della Toscana fino a Vi-.
terbct ('!)■ Ma un avvenimento che di sua natu^
ra potea. parer troppo alieno dalle cose di-Roma.,.
cominciò fuor d'ogniespet^azione ad aprire a! Ro-
mani la strada a più vasti e più ragguardevoli
acquisti .
(i> Qacstq si raccoglie manifestamente dal 7 j 3 e g
libro (li Tito, Livio, dove fra gli altri fatti aacor sì. rao-
coQta che ilopo l'aDDo quattroceotesìmo Ai Roma i Latini
tencvao I^r -diete deaerali aell% sacca seiTaFercnciDa, dov'è
ora , per 4juel cbe sk, crede 4. M^ìno. . CLuver. p. giS. £ j
Toscani parimeote continuavaao i lor parlamenti al tem-
pia di Volturaa, che certamente non poteva essere assai
(liicosto dal luogo dov'è ora Viteibo; giaecHè Voltoroa lì
trovava di mezzo tra Botsena , Cere ^ Tarcjuinioy Falcria,
8 Veiento , fdem p. 564-
0. Google
lizo Delle Rivoluziomi d* Italia
e A P O II.
Vèlia 'guerra tra t Romani e i Samtìdi e diaUnme
•partìcalarùà che V accompe^narono ,
X SidicÌDÌ , pìcciola Dazioae del paese Ausonio
posta di mezzo tra il Lazio , il Sannio e la GaiU'
pania , furono , per non si sa qual cagione , a»>
sputati da* Sanniti; è non si credendo sufficienti a
fat difesa , richièseco il favor de* Campani , e
rottennero. 1 Sanniti, usati per altro ^ come mcnw
taoesclii e- alle fatiche iodiiriti, a disprezzare i
pianigiani; e sdegnati novellamente a veder cfae
ì Campani prendessero contro loro le partàde'Si^-
diciDÌ , abbracciarono di buona voglia que^a con-
giuntura ( AH. AV. <S. G. 340, DI ROMA 41O ) per
Tolgeni dirittamente nel fertile e ricco paese d^
la Campania , i cui pc^i molli ed effeminati (i),
e quasi per proprio e particolH fato destinati a
vivere sotto dominio straniero, non ebbero eorag-
^0 di far fronte alla feroce e bellicosa nazione ,
ma subitamente si rivolsero per aiuto alle repub-
bliclie dét Lazio vicino, dalle quali sole poteano
aspettare d' esser di&si . In quel tempo' i popoli
"flel tairio abbattuti per varie sfconfitte date lor
da' Romani, mal poteano intrafK'endere ADvell»
'' [1] ftraB. ■ ' , * - ■'. " ^ .
0. Google
I Iabbo il. Capo 8. 121
guerra contro ì SaoDÌti: però i Campani matr-
dacono ambaseiatorì a Roma per ofteaer socxarso
sotto titolo d'alleanza, ma con segreta facoltà dì
fare maf!;gi(»-ì offerte , dove le prime domanda
fossero rigettate . Erano i Romani allora . in lega
e in amìeizia co' Sanniti ; laonde o per affetto dì
giustizia e di fede, o perche aressero avuto al-
ata indìzio delle segrete eommissionì degl' inviati
di Capoa t o che , per soL'to vezzo dì chi si senta
ricercare d' alcnna cosa , volessero mostraiM rì-
bosi e restii pee ottenerne maggiori vantaggi;
negarono di potersi collegare contro i Sanniti,
«tante la lega e l'amiaizia contratte con questi.
AUora gli ambasciatori » sKoodo la facoità che
pur aveano dal lor comnner misero il popolo
Campano in balia e sotto il dominio di Romaj
4Ìcfodo che se non voleano di&ndere i Campani
come amia ed alleati, li difendessero per 1* av-
venir come sudditi e cosa propria : rìtuedio , a
dir vero, assai violento, e d&ttato piuttosto da
tfjieUa. labbia e da t^eU' odio che ordioariavìente/
nodriscoa fra ìoro .due' vicine e rivali nazioni rcbe
.da saggia .e- «cons^Uat^ poHtf'cav Peroeehè; i|t qu»I
modo. i. Campani aqaà liberavamo d^la; viotei^-
:za de* Sanniti, e ù tiravano addosso- daUVahFB
parte up pa4'^one .ebeaon era p«T,[tfotpggerl|i gra-
tuitamente; éoftiocfaè (})^lvnqufl pìùcf^vo ^OR-
do ea* Sanniti noq ^arettbe. «tato, ^,' C?tq>p^f)i Pf$-
gior partito T ohe' il fWsi così spaeeiatamente sog-
getti d'un* altra nazione. Ma boi)i,„^u,, quello
0. Google
i23 Delle Rivoluzioni d'. Italia
l'oHimo, né per avventura il primo esempio di pre-
eipitosi e dannosi consigli , a -cui ]e città libere
si conducoDÒ allorché sono in^prìte dalie ostili^
tà , ed actxcate. dall' odio fanatico contro i Tici-
ni. Ma i Romani, osserTantìssìmi della fede quan-
do niuno o piocol vantaggio v'entrava di mezzo',
non erano per farsi coscienza di romper la pat^
tuita lega co' Sanniti per acquìatare sì bella con-
trada, che per poco valeva quanto essi aveaii
potuto rodere dalla Toscana e dal Lazio in quat*
tfQ secoli interi . Ed ecco venir -fieramente all'ar*
mi due popoli bellicosi, e forse . ambiziosi del pa-
ri. Non era dubito che qualunque di essi fosse
uscito -vincitore di quella guerra, dovesse poi da-
re il tracollo a tutti gli altri stati d* Italia. Dur& là
guerra ben settautre anni continui con brevissimi
ìuterv^i di tregua, e con sucoessi sì vari da una
parte e dall' altra , che quantunque alla (ine ì
Sanniti neno rimasti vinti e distrutti , fiirono pu-
re assai vicini ad abbattere per lungo tempo la
potenza di Boma. Ma quel certo partilo di mez-'
zo che mattamente elessero alle forche di Gau-
dio, di rimandar a casa libere e salve, ma pie'
ne di sdégno' e d'ignominia le Romane- legioni,
in vece o di farle passare a fil di spada , o dì
lasciarle andar senza far loro né danno ne ver-
gogna alcuna , come il savio Erennio Ponzio coa-^
sigliava di fare': questo fii un fàfal colpo che »
Sanniti menarono non meno al rimataente' de-
gli itati Italiani , che -allo stato topo proprio ^ e
0. Google
• . Libro ÌL Capo li. i23
diedero campo a'.Bomani dì rderarsi esaIirea'so->
vrana potenza fra tutte le uazioni d*italia, quando
erano suIP òrto dell* eetrema rovina . U peso della
guerra Samiitioa, gravissimo per sé stesso e sa-^
periore- per avventura alle forze di Roma, -anda-'
va accompagnato da altri travagli dì non mioor
carico . Molti de* popoli confederati , percbb fe-
mevano d* essere avviluppati nella rovina dì Bo-
ma , dove i Sanniti , come sembrava probabile ,
fossero vincitori; o perchè temessero cfae i Roma-
ni , vincendo cogli altrui aiuti quetU im[H%9a ,
acquistassero troppa riputazione fra gì' Italiani ,
s'aliontanaroDo dall' amicizia e lega cìie av^no
con essi . I Latini spezialmente , cbe ' già coQ oc-
chio invidioso riguardavano Roma, divenuta qua-
si città principale e poco raen obe aignora as-
soluta del loF pane, credettero esser questa op-
portunissima congiuntura o d'umiliare i Romani,
D d'esser fatti partecipi degli onori di quella re-
pubblica t e però rauidaròno a Roma i lor depu-
tati a domandar al senato , che in avvenire uno
de* oonsdi e* eleggesse dalla nazione latina . Ma
gli accorti padri- già erano pienamente persuasi
del vantaggio ohe risultava dall* indivisibilità dello
stato; e le fresche vittorie' riportate sopra gli Er-
oici aveanò ingenerato negli animi Romani tanttf
di presunzione, eh* essi non erano per lasciar-
si porre in mano la le^e da quelli cui s' erano
avvezzi a guardare come inferiori . Fu dunque
eoa indignazione e eoa dispeUo udita la^domanda
0. Google
f J4 Delle RivoLuzitoni d' h-AtiA
dft' LatÌBÌ (0 ; e Roma ebbe o il coraggio *
l'audacia di subir «la ad un temp*? «tesso dop-
pia guerra eonffo ^ue popoH, fimo di forze laag^
giori alle sue , e V altro senza dubbio Ai Soft»
eguali . Ma chi no» sa di quaota iBdiutria e di
^uabti [Mt>digiosi effetti sieno cagione le difficoW
là , le stretteziee , i più ardui perieolr , e oa fe-
roce orgoglio irritato ed offeso? Due o tre aoci-
^eoti. diedero il maggior rilievo nel prtnei^. di
qur»t^ guerra al partito de' Etomam . .Toecb il
cqmafido delle, armi Romase oostro t Lefttni a
1j)SatKx> MbdIio (2) f i] qoale con dispietAto figonr
fee^. battere e denollai-e vb suo figlitiokt virtuoso-
« dabbene, cbe ticato da forza e necessita qua»
incolpabile , avea , oentpo gli ordini del padre r
combattuto e vinto hd caposquadra de' nemik»
(,AN. DI RC»HA 430( )« Foebi anjù depoveasrado'
dittator contro i Sanciti Papirio- Cursoie,' iK)iDe>
fìero ed imperioso , ^ >^a nene -ara&szisM» «fa»
ioesMabile , a ^n peea . scampò- daMe Te^ie «■
, dalla raansaia il valoroso Qiuniio Fabio sao mae-
stro della oavalWìa o sia luQgoteBent« gcBoaFey
.perchè in asseasa d'esso Papirio cvinbatti fuor
,deir ordine vicevuto^ e riportò non dispregerei
.vittoria sopra i bcrucì ^ Non è eredibife qiuuiti»
opportunamente questi due esempi piuttosto con^
mendevoli per le coBseguease t ohe lodevoli pes
[i] LIw. T. 7, pi mg.
[3] tdenit {• ^r P- *'3'
0. Google
Libro n. Capo li. laS
-^ ifteeaì', servissero ar^f^fiAare la militar dìsoi''
pliiia in orcaeìoM'ilì gilwre^ aziardcMe e sì de-
amv* per le eos« -di Roifta-. Nel tem^ fite»sQ
i^ltcfezva iudomita e la smisurata ambizione d'uà
Appio Clmdto j^ AN. DI ROMA 440. ), ebe puv
parava volesse seoBvolgere tutd gli on^ai delltf
Atta, ae aecs^ih&o le forze iateroe mcJto apro-
-pDBÌto i aìlaTcàA le-^ueire suddette , sebben pn^
^HtTe -e vittorìcwe, l'esaurìvatio largamente . Co-
ntai , fatto vecchio e poc» atto alle cose di' guer-
ci ^ uè per tutto questo volendo cedere agK altri
'4i finoBiaiiza e <di cretto', si diede eoa tatita
tapacbierìa a Tcder esercitare le cariche civili e
nferm»è ogni cesa , clie non curando I* ìavidia
« l'odio-de^ suoi eguali, della, nobiltà « del" s»-
nàtof riempiè la curia d'uomini' di vii nazione;
il che dando speranza a'foFestìerì ed alla plebe ài
'potnrn nobilitare, e a* serri 'd' entrare una volta
a parte ancor ddgoveriio, rendè opportunamente
k «fttadinanza più nmuMroia e più anknata ed
attiva' (t) . 11 vanti^gìo' che ci trasse da questa
gFande ed in casa Claudia inaudita popolarità
td'-Appio censore, fu il compimento di dae ata-
fenéi dbegu che diedero come principio alla
l^andezza ÈBctHQparabil^ ddta città di RtJma ;
£1] Appìus Cfau4iv >a ceitsura Uieni;efis .^mi^.,in
senatum fegit : Herculis sacerdote! pretto còrrupit , ut sa*
era Herculea aervos piAUcos edocerent > • . • viam usquo
Brundusiupt lapide sirmif . . . Anienfm atfuam-ia urlent
indaxit , Censaram solus omni ouina»eniùo oiliaaitt Sext.
&ur. de Vir. illustr. e 34- V. « Liv. I. 9, e. ag.
ovGooglc
f.2fi Delle ^RIVOLUZIONI' D*lTALrA
voglio dire un acquedotto maravìglìbso, e là famc^
^ sfradlache ancor porta il ttome del suo auto-
re. Le quali opere, siccome nella memoria de*
posteri rèiidettew) chiaro il nome d* Appio Clau-
dio' 9opT$. tutti i capitani che a quel tempo' sos-
tenoerci le guerre del Lazio e dei Saunio, cosi
Boii è- dubbio che furono di gran vanfaggio at
quella città nella sua prima, possiaimo dire ,- ado-
lescenza', rendendovi il ' commerzio più -agevole ,
ed il vivere men penoso. ' •
GAP» III.
■Progróisi de* Romani; & rivoluzione delle cast'
■d'- Italia dopo la guerra -S»ninlicà,
ijli acquisti o piuttosto la riputazione che sf
guadagnarono i Romani nelle pfU-ti onestali d1ta->
Ka, e l'arte militare che guerreggiando co* Sai>'
Biti s'acquiataroB molto ma^iore che per Vaà-
diètro, lì rendettero vie più potenti a' resistere,
e quindi ancova a porre ìl giogo agli Umbri,
a* Toscani, ed a' Galli Cisalpini. E tal èra l'ar-'
TÌamento preso , che i Romani , pochi anni dopa
d'aver-eomiftciato a portar le armi fuori del La-
zio, parevano assai vicmi a rendersi tutta l'Italia
obbediente è. soggetta; quando un nuovo movi<u
mento 'nato oell' e»trerartà della magna Grecia ,'
li ricondusse, ìii gravissimo rischio miGlie della
0. Google
, LntLO n. Capo HI. ■ : la?
atiticò loro stato. ^enpgueiT*e9ollevazìomde^Qi
nitii e poi de' Lucani e d* altri popoli di quelle
contrade coatro i Romaai, que* di Tarento, città,
rìocbissirQa io queU*8tà e di gran nome , non
s'erano dichiarati per 'alcuna delle due parti; e
benché fossero stati per avventura de* principali
motori di qudle conspiraziooi , aveano tut^ivia
mostrato di mantener pace e neutralità verso le
due Dazioni belligeraoti, standosi oziosi ad A^et-
lare in mezzo alle feste ed ai piaceri da qual
parte piegasse la sorte . Ma quando essi pe' pro-
gressi delle armi Romane sopra i Sanniti comin-
ciarono a temere dello stato lor proprio, e di do-
ver poi essere alla diserezione de* vincitori, allora
mandarono ambasciatori all'uno e all'altro popo-
lo, per vedere di rimenargli alla pace; né s' a»*
tennero dal minacciare i Romani di nuova guer-
ra , qu^do essi nop voleasem ritirarsi dal . paese
altrui. Ma i Romapi. che. già cominciavaDu ad
abbzusare fortemente e a sottomettersi i valorosi
e feroci Sanniti, si fecero per poco beffe de' Ta* -
leotini più doviziosi che prodi ; Frattanto, ecci-
tatosi in Tarento per opera d* uà yit Fi|ocore un
popolar tumulto, furono prima prese e a£fqadatQ
certe navi, Romane,; che in Rofua si sospettasse os-
tilità alcuoa di quelUii parte* Di poi gì* iwultj cbq
sfacciatamente e a furor di popolo si fecero. a* le?
gati Romani ,. mandati per domandar ragione deir
le cose successe . to|«^o -via. ogni pecsiero dì riu-
nione e di pace.; Per condottiero, di qijirsta guerra
0. Google
isS Dei^le Riv(h.uzioni d* Italia
fu da* Tarentinì , aeboDdo V usanza loro id* as-
soldar cEqiitani stranieri, fetto venir il re. Pirro^
il quale , signore di poco stato, già «a «otito ^
cercar pascolo ali* ambizione sua « all' avido suo
genio di far imprese , negli affari e ui^i stajd
altrui . Non si era forse veduta in Italia più chia-
ra pruova di quanto possa 1' autorità e la riputa-
zione d* un solo capo nelle cose spezialmente di
guerra, e quanto abbia di vantaggio il governo
monarcfaico sopra d*ognÌ altra forma di reggia
mento. Perciocché, quantunque Pirro senz'alena,
diritto di vera sovranità si travagliasse in quella,
guerra , von essendo altro cbe un solcato di for*
tuna e mereenarìo capitano d'una repubblica^
diventò in pòco di temj>o terribile e peri<><^os»
nemico d'uno stato già fatto asaat grande, e per
antichità e pw fresche vittorie egrègìaamte, a»*
sodato. Sotto il comando di quel re s^ unirono^.
oltre ì Tarentinì, i Lucani, i Bruzie 1 Sanniti «
i quali comechè abbattuti e scemi per tante scon-
fìtte, furono di piìl terrore a' Romani sotto il
comando di Pirro, che int^i e liberi non eraiija
stati negli anni addietro . Ma sleeome i Sanniti e
quegli altri popoli mostrarono tanta prcnilezza a.
sollevarsi , e odio sì pertinace- contro dì Roma ;
noù i Romàni, insuperbiti naturalmente dalle pas*.
sate vittorie, non furono meo costanti e f»mi a
volersene consfervare il frutto, E peucbè coDosce»-
vano troppo bene quanto facilmente un tale av-.
versano , qual era Finro y sarebbe . f revaUo a.
0. Google
"■ Litoo li. Capo' ni. 129
eònqaistare in lor vece l'Itaìfa per ogni poco che
gli sì fosse eeduto , s* ostlDarono fortemente a □od
TDler'attetvl«re*ad alcùiD Accordo, se Pirro oon
{sgombrava affatto d'Italia, o noti ripassava oltre
mare.'
Vkce che la divina pfb'i^'deD^a,' la quale pec
fimté e sì varie ed incomprensibili vie coodace
ogni cosa a* suoi fini, concèdesse a Roma 'due
grandi uomini ,' quaii in così scabrose congiun<^
ture si richiedevano , perché l' astuzia di Pirro
non acquistasse coli' oro e co* doni ' quello che
non V otteneva col ferro e colle alrmi. Certo è
^e la rigida e fi'ugale * onestà di Fabrizio' e di
Olino Dentato fu la salute di Roma , e scampò
ritidia, che non cadesse sotto il giogo d^un re
straniera. Ma quello che non h meoo degno di
maravigKaE , à è pure òhe l'esempio loro abbia
avuto sì pochi imitatori., e la frugalità Romana
abbia avuto fine giustamente a 'quel tèmpo; e
che r antico abitn di modestia per cinquecent*an-
ni contratto, non potesse lungamente ritardar
Y abuso dalle ricchezze^ da. che esse per la presa
di-Tarento, coinìneiarono ad entrare incorna. Non
erano peròanoorà i Roman! usciti d'Italia» né
avean fatta prùova alcuna nelle cose di' mu-e,
salvo che corseggiando a guisa di 'pirati , come fa-:.
ceono 'in que' tempi tante ' altre repubbliche e
Itjrfiaiie B Greche'. Ma ùnà 'congiiintura di po-
co diversa ndla sua sostanza . dal caso poco . so-
pra riferito de' Càpoani', aperse à Romani nuovo
Tomo 1. g-
=dDvGooglc
i3o Delle RivoixjiioNt d'Italia
cammino a divenir grandi, e valse a ralfennaeeltf
pta^o d' Italia con forze di mare, e- eoa V agptm-
ta di. quasi nuovi granai ad assicuraile- l*«bboa-
danza de' viveri'.-
Certi soldati Campam', famosf nelle storie St<
ciliane e di Boma aotto^ nom? di Mamertini , era^
no stati mandati di presidio in Messtwa oiroff
que*' medesimi tempi che si diede'' fine in Italia
alla guerra di Pirro. Costoro- y sedotti" dalla cupi-
dità df, godersi a guisa di tiranni le rìcc6ezze er
le donne' e la gioventù di Messala, coospirarono'
msieme tutti d'accordo, e' ammazzati' f capf del
governo ier r principali della' catta,', sr diedero* a*
manometterlo' come per forza' d' anni' espugnaU,-
' pigliaiidoEr.Ie facoltà r e parte* d^' persone ucci-
dendo ,- e- parte abusandone comunque loro' venis-
se a grado (i).. Ma- stretti' d' assedio' daf re ale-
rone,, principe potentissimo fra- tutti gli stati del-
la Sicilia . èia' erancr vicini a portarla' pena- d* litr
tradimento' veramente atrodsiimov allorehi dopo*
varie- deliberazioni se più convenisse, xieonere al-
la merpedc (b:''CarlagiiiesÌ ,. o deV Romasìv per
sottrarsi alla vendétta di Geroney eFesEero'idtìma-
menfe- di' mandare- ambasciatoti a' Bòmk'* loffe-r
rendo- di dare in poter de'' Romani la md occa*^
pata M(9»sana ,, dov' essr volessero :,averK per rac-.-
comandati'. I. Bomani eheaveanopochi- anni bvsdw-
ti severamente' pusiti i lor' propri; »Idati: per*
0. Google
■' Libro E Capo IIL ' i3i
Akmfgliànte attentato cóntro i cit&idùii di R^gio ,
parti tìou tsdegaaronor per- quella volta' dì farsi
protettori d*'uD braoeo' di masnadieri iaiqui , es^
sendo' loro' proposta- sì' liarga mercede , qual' era
di nDe^r. piede neHa Sicilia, e d'impedir i mag-
giori pn^reBsi della potenza! Cartaginese . Costò
Teramente qnesùr fatto< dì molto sangue a* Roma-
ili ;: perclocdii di là ebbe origine Pinimiazia ir-
teconciliabile' che' si presero contro i Cartaginesi .
La- prima- guerra Panica fu' i* immediata conse-
garaza dell'aver i B'omani presoparte' nella cau-
sa de' Mamertini;: ma il frutto che dopo molti
anni ne ricolsetò r Romani', fu l' essersi fatti po-
tenti, e' poco'- meir cbe signori di ^ue rieche -e
liertìli isole :, Sicilia r Sardegna,' le quali allora
^er Fa. prima: voIt% comineiàrono' a' riguardinosi co-
eoe memlin -dell* Itdià .
" ; ''Ciò' non pertanto' gran' parte' delle' contrade'
Italiane' or erano- ancora affatto esenti dal domini»
ftoBiaoo,' o' Tcnmienfe- setta nòme'di soci ed ami-
ci vi stavano- pur dfsposfe, a 'sollevarsi e' scuotere
41' gii^o^ y quando si pinzasse loro &vorevole con-
^antura.. Ma la: riputazione che' s' acqufstarono i
Romani nelle guiérre lontane e pnvissitne' che
contro' ^i Africani: avéano' sostenuto- e portato a
&e -oocr ^anta^io , itenne ior tTmore' ed in sog-
geziime i popoli- vicini , i .quali peTciÒ' dovettero
i^uardan ì Romani y so nbn come loro' padrom' ,
almeno' come amici superiori , e seguitargli e' se-
condali nelle' loro spedizioni coma prittcipali . Uu
0. Google
i3z Delle Rivolcziióot d'Ptalia
nuovo movnnento di Galli TraBsdpixii e di la-
guri, cbe uDJfi inaeme B*appareodiiavauo d'in-
vadere l'Italia, determinò vie maggiormente eo-
testa autorità che i Romaui già ei eratio in {lat-
te guadagnata sopra . g^i altri popoli d' Italia ■; sot-
to il quat nome dMtalia non ci esca di meofe
che tntèndevasl dlora la metà appena dtiìe pro-
vibcie ' che vi si comprèndono adesso . Essenda
adunque i pòpoli Italici la più parte usati dì ri-
guardare i Galli come nemici comuni delta ' na-
zione , essi ebbero minor ritegno -^ a «uire le loro
forze cori quelle de' Romàni ■ e seguitarne le in-
segne, e con questo quasi pubblico' itto' dichia-
rarsi seguaci e dipèndenti di-Roma. In pochi an-
ni la guerra Oalliea che pur nelle prime' mosse
parve terribile è perigliosa , fa condotta felicemeo.-
te a fine; L'accrescimento di stato' che Roma ce
acquisii, non fu ne grande, né importante; e
l'oro èhe dalle spoglie ostili sì trasse', g^à. si sa^
pea per pruova, che non era quello che <doTe$9e
Vender lo stato sua maggiore degH adtrì. Ma' fìi
bensì circostanza -assai notabile di quella spedi-
zione la rassegna che si'fece d^le genti che s* air
maroao, e la cognizione che di là presero i Ro-
mani dello stato e delle ibrze loro: perciocché
quella tu T occasione, in cui gli stati d* Italia col*
legati o sudditi di Roma arrotarono que' secento
e più mila uomini di cui si è parlato nel primo
libro . E nondimeno contro forze sì maravigliose
ne più udite in Italia da quel tempo' in pòi, osò
ovGooglc
tiBRO a Capo la. iSS
Annibale portar la guerra, con avendo seco (dì-
damo almeno dof^) la^ discesa delle Alpi ) non
più dì ventimila armati . Vero è che )a venuta
d'Ànnibak fece, ribellar qnasi tuKÌ i Galli (i),
de' qu$Ii non solo ,i Tratualpi&i, ma quelli d' Ita-
lia ancora, e gì* Insubri spezialmente si congiun-
sero alle truppe Cartaginesi ; e dopo i famosi fòt>
ti di Trebbia e ài Trasimeno e dì Canne, per
cui parve che. Eoma dovesse, da subita tovina es-
sere .oppressa, i Sanniti, i Campimi, i Lucani,
ì Bruci,,- e, in una parola, grandissima pcale
jde' confederati o sui^ditì de* Komani , si yollaro-
110 ^la divozione de' Cartaginesi. E i Capoani
xpezìaltnente pà aveana eonce{Hto gerenza di dor
.ver DOS pwe agguagliarev ma superare i Roma-
M , e polb jfor» delle armi Aincane rimuwr si-
giion d' Italia, partito cfae si fosse Annibale- Ma
cessalo . il primo iavcur di fortuna , che fece bilan-
«tar qualche tempo tuttA Italia tra Annibale e
fioma, k .fermezza ,o . il destino de* Romani non
K^ameide U Hber^ da , quel nemico ebc fu co-
stretta a ritornarsene- ia Africa, ma. li rendè più
«he non fossero stati per ^i anni addwtio, pa^
drom «usoluti d' Ualìa .
(i) Polyhi I. ar, p. w;.
D.q,t,zed.vG00glc
-3 34 Delle ' Rivoujzìòm d' Italia
Stato ppUiiòp j^ italiat dopo ahe fix Jo^ie^gaU
ida' Romani.
iVlanoD tutte le naEltaii Italiane passate wtta
il dominid di Homa , vi stavano in «guai grado
di dipendenza . Alcune govemavansi secoodo le
proprie e anticbe lor le^ (i) . Altre , «onte lè
(.■olonie, gsavano leggi miste ^ oawrvando in pac'
te le l^gi « 1 privilegi ^ cioè il gius privato y
de' Romaai; « parte ritenendo ^lle le^ 'è dei
costumi propri , con qu^H stessi -ordiiii che si te^
nevano ineotre ancor erano aflalto libere ^2) : e
queste chiamav^ansi po' lo più municipi, da che
le città che afeano titolo Ai <xAome:, «rano m
fotti' composte d* .antichi' abitatori , e di nuovi co-
loni coiu^tti da Roma. Ma così i municipi <^
le colonie .erano governati , quanto alla civile Am-
ministrazione , da' propri magistrati eletti da loto
stessi , jo da ^ pubblico .consiglio «he senato •owf ■
vero collegio di decurioni- «hiansfavasi . D* una
terza .e peggior ^condizione erano alcune città « o
perchè, ^sse medesime non potendo per le gare
e invidie ^omestìufae governarsi da loro , aveano
(i) A. Geli. 1. 16, e- i3.
(3) SigoD. de Jure Ita). 1. 3 , e. 7. — Croche de Co- -
mit. fiom. |. a. — Maffei Veroia: ilttiur; I. 5. -
0. Google
;: EiBRO U. Capo IV, . i3S
^ontaDeamente domandato a Roma leggi e ma-
gistrati che le reggessero,' come fece Capoa la
prima di tutte; o veramente perchè furono dalle
CMidizìoni ddla pace che dopo le ribelliooi rìo&
Tetterò da' Romani , costrette a perdere ogni lo-
ro diritto , e ridotte , in gm'sa di provincia sog-
getta , sotto il governo d' un magistrato che lor
ù mandava da Roma.* e queste si chiamavano
^efetture ;. IVIa o poca o molta che fosse la dif^
ferenza ita il gius civile -o privato de' jraunicipì ;■
«felle colonie, * delle prefetture; in questo però
la condizione loro «ra jjonforme , che doveaao co-t
Ù ■ nel «omune ^che ii«l particolare dipendere
da* Romani' per infiniti rigtiardi . t-Asdo da' partd
■eh* essi dovessero «ommìiustrare alle armate Bo^
mane ;òerto mimerò di soldati a piedi e a «araU
ìa'; sfornirle isecoadoje «ccasiboi di vivtn r'e^i
denari, !« d'altre cose bisc^eroK perule guerre j
^wsendo., questo il minor carico {qiiaodo con «'ecv
toeda adU proponzione)' che ogbi sovrano poasa
imporre .&* ivatsatli. Xasoerò ancor di ceroarese'
<obre a :quesite si fossero imposte'J^ra altra gaEiel-
]e, e. pubbliche gravezze di qualsivoglia genere i
Dah btàìsìi «he in jnille -maDÌerè doMeattm oasi
Ift cpQulnità^ tdtane cissQuniUaliaao < jn^p^rfeicokc-
m.staniì sQfgelfitra'-icitUttìci Boi)ltam,'i quatisor;
li.easefldo. ai .pantei delia /tevvaùìtitj' f>{)teaQÒ'-in.-
niille modi intei«ssare e travagliare i soggetti ,
proteggendo e favoreggiando ^li i«ii , ' fraVaglflat^
do e perseguitando gli alft-i -» >CotaÌ -dip^idenaa
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i36 DELit fiivdLuzioia d* Italia
d&Tea^' ritHcirctimlò .piò.: rìncveecevoìe e più; gnt'
ve agV'tialiaai, quanto, che il govehao'di Rom»
(liventaBdo ogni giorbo più popolare > ogni vii
plebeo avea giusta ragioBe di stimarsi dà più' cfae
^atsivaglia più riputalo patrizio delle altre città «
sia perete* avendo voce attiva e defioidra ne^
V elezione e nella l.egÌ6la2Ìone , concorreva aloiO'.
no jndirettatnente a tutte le (tepoaizioin rìlevaiit»
e della pace e della guerra; sta perchè essCBdoet
a poco a-póco accomunate alla plebe tutte le d^.
gnità della repubblica, ogn' uomo della £eeoia del
popolo, un pòco ardito e brigante ,:.petea per
gualcite coDgiuDtura usmr fuori tribuno ,: pretore^
ceoKolo e generale di armi, e aree in mano fà-
coltà di far bene e male al par d' mi gran re. Per
la ^al cosa è facile a compreodwr quanto fosse
grande il desiderio cke aveano gì' Italiani- dì parte-
''eipare d'unrvantaggiecosiragguardevole, quaJertt
d'essere aegual diritto aggregati a quella città.
Di passo iq passo che I-' imperio s' andava aUar»
gaodo, il desiderio della cittadinanza si faeero
maggiore; e, per dir vero, cresceva ancor la- ra^
'^ne che aveano ì popoli Italiani di domandarla
e prettoderla (-»). Tutte le conquiste ohe fece
Roma fuori d' l^ia * le fece in gran^parte col brac-
cio de- collegati ItaKani , gli aiuti de' quali faceva-
no più che la metà delle armate Romane. Ma
(i) Pefehant cttim eam eìvitaiem , cujus impevimu
'armt's' iiiebamar ctc. Dtiplfci munere se mititum , equitunt'
que fungi eie. Veli. Patere. I. a.
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Libro H. Capo IV. 187
dall'altro canto j più 8*a^raDdÌva lo ifato Si Ro-
ma, e più dÌTentarano qae* cittadini dìsdegooM
ed altari , .e però. meno facili ad associani al co-
mando coloro <che riguardaraDO come serri e mg-*
getti. E perdiè non erano igeati né il desiderio
uh le ragi(Hii che aveano gH alleati Italiani, i
grandi di Roma, a* quali maggiorm«ite pmaea-
di non s' accrescere i competitori alle dignità , e
ài non dare alla tribanizia prepotenza mag^òr pe-
so coli' a^'unta di nuova tm'ba nel foro , - anda^
Tono con ogni studio procacciando di tener loi»-
tane le catta Ualiche eziandio dal pen«ero e dal-
la speranza di poter essere agguagliate a* Roma-
ni (i). Vero b cbe in -rari modi poteva otlenei^
ù o a buon diritto « o per inganno la cittadinan-
za. H^lolte persone-, per-cagioo d'esràipio, si da-
vano Tolontarìamoite io servitìi d*un cittadina
fiomano, per cni, secondo la promessa che sèv
n* esigeva s' ottenesse di poi insieme colla libertà
anche la cittadinanza; .da che. i servi <af&ancfaiti
divenivano issofatto oittaditd. Altri stando aìcua
tempo in Roma, col mentir nascita e nome, o
con altre frodi sì' foeeano mettere a-registro nel-
le rassegne che.&cevàoM^* censori .E perchè ì
cittadini d' alcune dttà più privilegiate, com*eran
quelle del Lazio' (2) , potetmo passar facilmente
[i] Liv. I. a3, e. 3».
[aj II gius Latino si famosD nel scUÌmo e ottavo seco-
lo di Koma, erji , pec dirlo in. breve , uu . dtrillo di f^iUa-
diuanza di secondo giada, ^ (j^uasi mcMBao. tr» i .sudditi iJi
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][38 Delle .SivoLiiKioNi c'iItalu
alla eìttadltDEwza dj Roma , molta gente d* altre
città Italiche por tpeato £ee vi trasbiigraiono . l
quali lutti ragpri, oltreché ximipievstBo i tribu-
nali-di Roma d'infiniti proceasi, per vedete .se
questo .tale.oquell' altre Asse cittadino di Roma
.( eraesdo talvolta addìvoiuto «he si condanaò
d' amistà cittadìoania chi pk aveva frttenuto
non òhe la «ivilità Romana, ma 11 conaolato, co-
me Perpenoa ) , mettevano gran coofusioiie « dU
sordine -per tutta Italia « « riduoevano a più inco-
moda e peggior condizione i municipi . Percioc-
ché , oltre al disttirbo «he . nasceva per l' ammi-
nistrazione della giustizia , dagli ordini della qua-
le mcdti .ffi sottraevano eoa allegare privilegi di c^-.
vilità fiomana * m ^^opolavano generalmente io
terre per la dipartita di coloro che s' avviavano
altrove a fine di farsi ascrivere passo passo nel nu-
mero de* eittadìoi Romani; e diveniva- perciò al-
le comunità municipali vie più malagevole ti sos-^
tenere i pubblici .carichi. I Sanniti *■ i Teligni
mandarono una volta ambasmatorì a querelarsi
appresso il Senato della foga di loro gente, mo-
strando particolarmente , come n^la sòia Fregel-
le, città Ijatina, pe'cut privilegi, come s'è det-
to , sì poteva più agevolmeitte jsaìire alla cittadì-'
ttànza di Jtoma , erano andate a |ar soggiorno bea
quattromila famiglie del 3fuuiio. Uè il senato,
benché continuamente stimolato» travagliato per
Baal» «d {. cittadini . Vegguì il S^n. de Jwe Italica-, e
Gruch. de Comit. Roman. 1. i.
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/ laflio B. €apo tv. ■ iBg
'questo disordqiè .dalle querele de' municipi , -e cha
{wr altra parte mal potea -comportare che il di-
ntto di cittadinanza. 'diventasse ccwì .comune pec
Cali abusi ^ imki potè peto farvi. riparo che fossa
buono . Uttiauunente la 'distnardia etema tra ìa,
plebe , -o per om^Iìo dire tra i tribuni e il senato
Romano, cbe già tante rivoluzioni area -cauBato
nelle viscere della repubblica « diede aoohe Voti-
gine ad una general rivoluzione ja tutto io stato
,d' Italia ,
If^oziazionì , guerre ,- « vicende^ per Je -quali i
popoli s' .aetfuistarono Ja cittadinanza Jtomana.
Viaio Gracco fra le altre nuove <cose che ad imi-,
taziop di Tiberio ■ suo fratello tentò .di fare mei
suo sedizioso ;tribuDato,.UDa fu di dare alle Ita-
liche nazioni, «d estendere quasi £no alle Alpi la
cittadinanza Bomans .(ij. JVIa oppresso dalla fa- .
zione de' patria, «ome j;ran parte de' ^uoi disc-,
gai , così .ancor questo and^ vuoto per .quella vol-
ta . JVUreo pruso ^ fattosi «leggere tribuaQ della
plebe per «pstegno <e difesa à^ grandi ^ contro,
de* quali il coospie FÌJj^0. ^tutto popolare .Eera-
mente javeiv^ ., pensò di .Ibi-f ifio^^ |1 suo partito »
' [■] Dahat civitatem omnlhus ìtalicis; extendèbat eam
pene usque ad Atpes. Véli. li'a.-
ovG.ooglc
i4o Delle -feiVotiffiiewr»*ttALiA
enipietido ìa piazza di noova turba ; ed- ofl&rw
perciò a*^ popoli -del Lazro e di tutta' haiia il gìiw
àe* Quiriti , cdii la facoltà di -dar le voci negli
iquittitii 0 comizi . Virerà allora un potente ff»-
Kario del paese de' Marsi, chiamato Popedio Si-
loncCi)» il quale dr' principale com' egli erar drf-
la sua Daziotie, divtsntie in breve aorbe- capiy di
tutti gli altri popoK cbe pretendevaBo la eiWHt^'
Romana. Costui, porlandori a Roma eoa gran»
Seguito d'uomini occultamente armati, fu da vo»
nobile Romano , Gneo Domizìo , incentrato per
Tracio, e domandato dov« s' at^tiasse eoo tant»
gente? Ne andiamo a Roma, rispose Popedio,
ctóawiati da* tribuni, a prende» la cittadinanra:,
lAHora Domiiìo con amieberoli persuasÌMip pre«p
a mostrargli cóme fosse migliop partito ■ aspettar»
- dalla liberalità e indulgenza del senato quello cha
per modi' sedìiTosi e violenti il tribunt) gli' prof-
feriva, e cheo forse sàrebbesi tentatb ' invano, o'
nort sarebbe possedtrto con 'sicurezza. Mosso "Pìt-'
pedio dà queste parole , con fultà la sua brigata
se ne' tdmò a casa', lasìogaadosi cbeìl senato fb«^
«e veramente per darà pensieror di «oddisfòre aX
toc desiderio. Morì; frattanto il tinbuno Marco-
Druso per le insidie de' suoi nemibi j e gl'Italiani
s'avvidero bea presta, come' toroavan fàWaci'tnt--
te le speranze onde s' erano fin allora pasciatf ,
Perciocché', non solamente non sr veniva ali* effetto'
(0 FrelieBj. L yr, e. 3o, 3i.
=dDvGooglc
Imap fi.. Caco V. - i4j
dwderatQ , :ina tutto ki . tpcboleoze «nd* epst in
4|uel tempo pHi che mai.pel . passato agitata la
città di Roma, . tutte tiravano a. £tr «oneicere
qu«oto i,IÌom&ai. fossero alksi. dal Toler cDncede>
re aUe. g«Bti Italiclu; le loTO'4<HnaDde. Un Quid»
ti» V«r)o., vomo del lìmaneate da jiuUa* ma. éi-
tàttx- wa attivo * propose e vìnse una logge, a
teotH- della quaJe doveese farsi processo addosso a
coloro ehe avean promesso la civilità a* popoli
ooUeg«ti (i) . lastigatori e pcomotorì di quella leg^
gè furono i cAT^lìeri Romwi, a fioe di travi^ac
i patrizi e i prìncipaU delta c>^, quasiché pec
Ii»o .codseatimento . Dniso avesse cocirnowi i po^
f^i a. ctrcAE la cittadinanza . Tanto era hingi dal
«ec9 sì £atto earìeo V ohe anzi . Drufio era Tenuto
a sdegno ediu difgrazia de* ^andi per questo
«Vito, per arer dado speranza agritaUaQi.d'essec
&MÌ cittadim . NuUadiioeito la. le^e di Vario ( es-
tendasi pur alk>ra ]' autorità -^dinaria ridotta in
mano de* cavalieri ) portò secso T esigilo e T- e^ei>
minio de' più riputati e più onesti cittadini, ^a
cui 6i «onta il <taDto «noraio MelelloPio; eriem-
pie .Roma di scompirgli e d'afTumi -(a) . Alla fi-
lie iu condannato aaebe T autore stewo -di -quella
(0 Freheos. I, 3i, 07, 3S-
(3) Cicerone ne' suoi tre libri de Oratore ci. fairipilt
looghj mfeniione ài ^u«9t« cmc; e pa& boMrù in iijpezisi
cb* ,il cpitiitg 4;at»re yi»Kt> Cumìo ^ di cui lo ^1«md Cìce,-
rone fece uel teizo de' (addetti libri l' oraKion funebre,
mori quasi violeniemente in quel toibido codkUio di Mar-
cio Filippo . .,.,..
0. Google
X4> Delle ItivoiiuziONi: d^Italia
leg^e^t in our nim maficavano^ ài^menii per' far»-
lo' giudioare itr qualche- modo* apTrJuppato' nelle-
farigbe' occorreDii ^ 'e promotore occulto- delle' pt&i-
tffBSÌìmr ^e*'pQpoIì>.. 'Ma -gì- Italiani V inferociti vJe^
mà^ormeaté al- vedere come' ì iU^maiir,. pi>en-
dandotà: quasi 'ai giuoco- ler loro- incbieste ,■ ile'- fà>
wsser materifC di oontese' cittadniescfi'e ^ pers^iv
iando e- traragfieindo coir le proscrizioni: 9' kogli
esigli chiunque' fosse- pur' solamente- sospette di fa--
*tìrirli ;■ deliberarono? di far' prub^a se^ per' minaci
ce' .e a Jòr2a' aperta- jpofessero piegar ralteretea' A'
rorgc^lib de* lor padi-oni' (i): Fecero'idanqiie' le-
gai:f[ra loro-,, e fissando in Corfinìo Ta '.sede- dtllb-
«tato comune de^'confedìitati,- diedero^ X- efoellà-
dUÀ! nuova nome- d' Italica',' come: m dire' capi^le-
de* popoli Italici . Crezu-Ona ad emulazione' di R'o^
ma' due- consoli",^ elessero- fra^ i fàit notàbili di! It^.
ro cinquecento- senatori,' e fecero^ parecchi prèf^
ri ,, i quali' futono' parte- mandali al goremo- di'
{rane- ciltàv parte- feritati in Cbrfinìo» a- render rat-
fpone nelle occorrenze' de'' pafetìcolari-i. Fwncipìo
-della guerra- fu la: strage chC' si fece' in Ascoli di^
'tutti quanti; vi si trovarono- cittadini Homam-,. e-
del proamsDle' Quinto' Sentilio^,.' il quale',, senia
rifletfcbs- che- le- minacce er le bravate' contiii^qnd^
K. che- già anno' da- sé' cacciato- ogni t^^mtire e ijì-
spetto- verso' 1 comandanti,, «ano- vane,, o nucevolì
I a chi le- usa;: in' ■vece' di calmarK. cott'
(1) FrelienK. e. ^S-, i4,-4^.
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Lima H., Ciro V. . «43
aiodi doléì-e mansueti, ioaipii ed aeÒMe gli ammi
àe* sonerati con a^re' TÌpTeiuioni ei strapazzi . .Al-
lora si vide riUdidr diTiea.tutta' in due repubBli-
che, Tenire- ali* anni ed aUeoffesenoniler la pos^
(essFqne ài un contad» a d'una .piccola, pravm*
eia, ma. per. r intera dòmiota di TÉnà grandissima
parte del moDdiT^ Perocché mmii dabfcao- che a»
h: confederaziòncdegl' Italici fosiev preraluta tH»
forz^ de'^ Honiaiù.r:queglrDO- rtcaùi aTrebbero ;->pre*
tesa di irifaraare lo- stato a- lar modo , comff si far
Bolle cìtìL' guerre ;: edavrebbanrceroato o ^i tra»
lerir la sedei in Corfiaio , o cacciando via. gK an^-
fichi cfttadÌMy alraoDO i prìndpali». in4}adroniisi.
di Roma e- di tutto V imperio- di: quella . Né caM
téhhff stata opera: malagevole if oosùÌDgerer. eollk
forza le Provincie' straniere* soggette! ar Bopiàm
S pas^r ~soft6- 1^ '6%Doria de*, Matsi. e- de-'^Sane
xitif capii della: fazibae Qalioa ;' conciOBsiacbè' le
.tfessc forze con' le. quali- essf avi^booo' superati' i
Komanf ,, acoresciute- ancora dàlia: mag^gK»» «epe»
4ietuHì, '.e dalla' ripu^zkine' che di' «la^n'àtarx pcnr-
feiseocril rinuiiPer- superìtwe' di un- {XitentissìRio
patito e^.d'iina' osliiiata- ed' aspra gneiTa-, sarblv-
hcrtr. state' più che bastanti a~ tener 'gli'aitk'j popei-
Ir D^'iobbecHenza,' Mot seblitene JeTorts' della .te-
ga^ pansisero da' principio' Maggiont che 'non'<'(|fuel^
U dr Boma, pei numero; e- per la ferocia di '*}«*'
popoli non ancor antmsllitì. dalie- ricchezze e dàl»^
la potènza, come i' Romani ; egli avvenne pure in
qu^ta orribil guerra cjÀ che succ^ij^t^^n-itiitte le
=dDvGooglc
/
i44 Delle Ritoi^zioni o'Ìtallì
rìfaellionì e guerre cmli , pelle quali a luogo a»-
dare . prevale quel partito che à la presunzion dei
diritto ia Taror suo, e che sì trova ia- ptxstaiBo,
della pubblica e sovrana autorità ; potendo per in-*
fiditi accidenti e ia mille maniere ristorare te hw
fcrae, e dividere e mdebolire quelle de^casgiuiSi
ti. 1 Latini e i Toscaui ebbero in questa rivolun
■ioae la miglior sorte. I primi, siccome quelli cfa«
. già avevano particolari privilegi, « godevaBOipec
eoù dire, a metà la cittadioaoza Romana, noa-
credettero utìl coniiglio d'avventuru* il certo cbe
areano, per 1* incerto che si cercava; e i Tosca-
ni , oltre air esser più molli e pacìBct di lor tta-^
tura, tcovavami ancora lontani dal grosso e dal
forte della lega, da cui erano separati da tutto il.
Lazio che vi era di mezzo. Frattanto né a* Lati-
ni, oè a^ Toscani, né agli Umbri, quantunque
esternamente si restassero a divozion di Roma, o,
almeno in. neutralità, opn dispiacque però la ac4-.
lepaziooe degli altri popoli ; perchè la causa che
ì coll^ati trattavano con pericolo praprio, era
tuttavia cotpune a tutte le altre nozioai .Italiche .
Era facile il prevedere che per poco che i Roma-
ni fossero stati travagliati e stretti da quella guer-
ra, essi avrebbero dovuto allargar la mano verso
coloro cbe ancor non avessero prese le armi. Co-
sì andò il fatto per appunto. Lucio Cesare, con-,
solo Bomano, rotto in battaglia, e vedmdo come
d'ogni parte i ribelli prendevan vantaggio, diede
una legge, p«t cui si concedevano alle città non
=dDvGooglc
' CiBHo n. Capo V. 145
illKlIatè ì diritti detta civiltà Kbmaiia. Questa
te^e» t^trecfeè rinforzò di molto il partito de' Ro-
mani per raggiunta che vi si fece di molte gen-
ti le qudi abbracciarono poi còpie proprio il par-
tito di qatAìa repubblica, fu pncora un valido sper .
diente' per adescar uàa* parte' de', apllevati ad af-
frettarsi di trattare privatamente di pace coi Bo-
mani , con la speranza d' essere ricevuti nelK* stes-
Eò grado de' Latini e de' Toscani, E nel vero, da
quel tempo in poi la lega' Italica si andò scepa^n-
do' di giorno fn giorno; perchè ciascuno de' popo-
li manicò a parte suoi ambasciatori per trattare
delle condÌEioui della resa . Agli amatori dell* an-
tioa storia d'halia, di pocbì altri libri debbe rin-
crescer'la perdita, quanto dell' ottava decaddi Ti-
to Livio, in cui narratidosi partitamente tutte If
gaenv e le n^oziazitmi de' popbti Italiani , non v!
potevano non essere espressi disti uUimente i costu-
mi , le forze , e la forma del governo di que'. po-
poli ■ '
Oi-, beQcbè Rama* dopo tanti danni e tac|te
sconfitte ricevute , sia scampata dal pericoli^ ài}
qaella guerra , dovette - essa . nientedimeno ^ conce-
dere a'-malcontedti tutto ciò che domandavano
avanti il principio della ribellione (i) : e finaV
mente -, ■ V anno secentesimo sessantesimo quinto do-
po la sua fondazione,, per decreta del senato ^
■■■ Totno f. 'IO
O; Veli, Patere. 1. a , p. 'iS,
0. Google
14& Delle Rivoluzioni d'Italia
concedette la cittadinanza Romana a tutti i fM»
pdi d' Italia , che avessero posate le armi . Ma
d* altro canto , il danno che tutta Italia ebbe a
patire da quella ribellione, fu oltre ogni. credere
grande ed irreparabile, avendo la guerra consu-
mato il fior della gioventìi Italiana , di coi si tien
per certo che trecento mila teste perissero. E le
drcostanze de' tempi in cui seguirono te negozia^
sioni Ira i popoli Italiei e Roma , rendettero vie
più funeste quelle rivoluzioni ; avendo, per così
dire, raddoppiato il prezzo che costò alle città
c(Jlegate il privilegio d' essere-' aggregate alla car
pitale. Nello stesso frangmte della guerra Italtoa
covavasi dentro alle vìscere di Roma un peggior
male . Mario e Siila , il partito del popolo e del
senato-, tiravano dirittamente a sconvolgere adat-
to quella repubblica , in ctìi fino a quel tempo i
cattivi umori erano stati da* pcnsieò-i di nemioì
estemi ritenuti in qualche calma ancor dopo -le
sedizioni de' Gracchi . Vennesi finalmente à guer-
ra manifesta; e le forze della repubblica divise
in due parti si consumavano fniseramente . Ne* van-
taggi ' eh* ebbe in sulle prime il ièi-oce Mario » fa-
moso capo del partito plebeo , il senato fu costret-
to, per rinforzar la sua parte, d'trfferire, come
testé dicemmo , la cittadinanza ad una parte al-
meno de' sudditi e compagni Italiani , ed attende-
re tuttavia a disarmare i più audaei ed ostinati
con qualche tollerabile condizione. ^ Siila che in
quel tempo si trovava in Oriente a fax k gaeira
ovGoo^lc
Libro H. Capo V* x^y.
di re Mi^date, avea^ prima di lasciar 1* Italia*
talmeDte abbattuti i suoi awarsari , ebe appena
restava uo mediocre esercito a Cinaa ; e Mario ao-
davateae tQÌsero e tapino , ceroaodo pure dove
ascondere e scampar la vjta , finché gli renne fat-
to d'essere ricevuto da Cisna, e messo' a putc
delle Mie forze. In questo meZRo, intendendo Ma*
rio, (^e i popoli Sanniti ( oompreodiamo sotto
^esto nome tutti que'popcJi che si trovavano in
quella' sollevazione, e di cui i Sanniti siriguurda-
vSDó tsome principali) eriuio poco paghi delle oon*
dizioni phe il senato loro ofTerìva ; per ridui^U
air obbedienaa ed alla pace, mandò a soUeoitar?
gli- e mostrar loro , che quando si fossero uniti
sMo , essi avrebbero per mezso suo ottenuto oom*
pinfamento' quanto bramavano.. Venueii- con poca
difficoltà alla oondusione ; e Mario , fattosi fort4
6olI*'aiUto de* malcontenti Italiani-, non. ebbe a
penar molto per entrare iaRonia, e -manoaietter«
h a vt^ia eoa. Ebbero senza dubbio ad avpp par-
te -nella cnudeltà di Mario tiitte le altre oittàlta^
K<^ che s'erano mo8tcste->ben afiètte alla fazlo-r
Qe d^ti ottiqiati,* ma i Sanniti non aiularonolun'-
ganKfite lieti sotto la «gnorìa e la protecione df
Mario da loro assistita e servito . Tornato SiUa vinr
citor dell* Oriente con numeroso e ben affezionar
to eséréito , abbatta facHmeate ed esterminò afo
fatto il partita -di IS^o, ed in mezso alleviolen*
^ ch'esercitò sopra i Bomani propri, non trdla-
kcSb di 'ftue aspra e cradel v«delta de' {wpoU
0. Google
148 Delle Ritoluzicwi d' Italia
Halicì che avevano dato aiuto a* suoi emoli per
risalire. Udo de' più roemorabili. esempi di crudel-
tà cbe si raccontino di quella tirannica dittatura*
fu Tessersi per comando di Siila in una mattina
trucidati in sulla piaraa d< Roma ottomila tra
Marzi e Sanniti ; non altrimenti che ee per ordì'^
naria esecuzion di giustizia fossero mandati a mor-
te sette od otto assassini . Cosi , qual più e qual
meoe , ma pressoché tutti i municipi d* Italia e
le colonie ebbero per le vicende di quella civil
guerra a portar danni ^aviesìim . Ma aUa fine*
Bini ostante i £en ordini cbe diede Salla per pri'-
Tiar i Sanniti ddla cìttadinania , tutte le nazióni
Italiane, poste -alcune leggwieslme dìitinrioni, iìi»
roBO messe inposseaso de'medesinàprivìlegi, per^
ehè gli ordini di Siila non teonera in qaasta pas-
1e neppur quanto durò la sua dittatura.
Vero è che non comprendendosi allora sotto
il nome d' Italia quelle provinde che ora ehiamià'- '
zno col- nome generale di Lombardia, la. migliar
parte di questa provincia era tuttavia csdiitta dai
diritti della. capitale; comechi non troppftisi <)0n-
Tengano fra loro gì* indagatali di qqe^e oose a
determinare in che condizioni stessero allrav que-
sti paesi sotto il . dominio . di Roma.. Ma. circa
vent'anni dopo Siila, trovandosi al governo delle
Gallie di qua e di là dell' A^ = Giulio Cesare ,
questi andò lusingando i Cisalpini , ed animando*
gli a chiedere la cittadinanza al par degli altri
Italiani . Cesare tendeva in questo moda per do[^ÌQ
0. Google
titìfeO W. Capo V. 149
e&mtnino al suo interesse particolare ; prima , per-
chè eoo' le novella pretansìoni de* Galli accresce-
Ta in Roma le sedizioni e i disordini , in mezzo
a'quali voleva «ali» alla sovrana potenza; quindi
ancora, moBt\-ando3Ì protettore e bmevolo a que-
sti popoli , sì andava procacciando maggiori forze
per rovinare i suoi emoli . Possiamo credere di
leggeri, che sotto Cesare abbiano molti in pztrti-
colftre, e molte comunità coù della Gatlia, come
della Venezia coaseguìti i privilegi Romani ; ma
la brevità dei suo dominio non lascifa forse dar
perfezione alla cosa . Pochi anni dopo , allorché
per la morte di quest* ultimo dittatore V autorità
sovrana passò in mano de* trìtunnri , -o,. per die
meglio t d* Ottaviano Cesare e di Aforc* Atitoiuo ,
tutti i popoli posti di qua dell'Alpi di buon gra-
do de* comandanti ottennero pienamente. illoro de-
siderio . I trìumvirì , per 1' evidenza del pencolo ,
e per la fresca ricordanza di colui: che aveva lo-
ro fatta la strada ali* imperio , «on vollero avere
in tanta vicinanza dì Roma un governatore o vi-
ceconsalo con mìhtar comando , come usavdsi nel-
le Provincie; e stimarono vantaggioso partito d! ag-
gregare all'antico corpo d'Italia cib che lasnatum
avea ordinato come nido d'una stessa nazione,
» Quando dell'Alpi schermo
» Pose fra noi, e gli Alemanni, e i Galli.
0. Google
i5o Delle' RrvotuziOKi d*Itàlia
C A P 0 VI.
'Conseguente che nacquero ^^ essersi it^ti in
uno stesse corpo di juizione, e con gii atessi
dirìttiy iutd ì papoU e tutte le città tinàia.
JN el vantaggio che ottennero le città ItaUche »
essendo messe à parte dei diritti e de* privilegi
che seco portava la cittadinanza di Roma, essa
dovettero naturalmente tenersi per coatanlitnme;
ed è verisimile che dovesse paro- cosa assai ^a-
ve a' vecchi cnttadini 1' essere stali eòslrettà a di-
ividere in tanti con^fiagnì quello che a loro soli *.
come cosa propria \ s* apparteneva .' Certp è che
il passai dallo stato di sudditi a quello di con-
sorti del comando per 1* una parte , e per 1^ altra
accomunar con dodici d* aggiunta ciò eh* (ira pri-
ma di soli quattro o sei , non può farsi seasa es-
cessivo gaudio degli uni,' e grava Tammarieo. de-
gli altri. Gò non ostante, qualorasi- ptmga-ognì
cosa in considerazione , troverasai sicuramente ,
che siccome 1' esser aperte in Boraa le vie d^Ii
onori agl'Italiani giovò incredibilmente' prima ad
ampliar quello stato, e a ritenerlo' poi nella de-
cadenza; coù la rovina d*Italia ebbe cominda-
menfo da quel tempo stesso , in cui parve eh* el-
la dovesse ascendere al più alto segno di gloria
e di potenza. Né già questo si à da intendere
ovGoòglc
/ luIBBO II. Capo VI, i5i
per la roviaa che meDarono per taote contrade
d'Italia prima le guerre sociali , poi quella di Mo-
dena e di Perugia : perocché coteste calamità, an-
corché'grandissime , avixbbero avuto riparo; e in.
due generazioni di pace sarebb^sì largamente am-
pliata ie raddoppiata la popolazione , e in pochi
anni restituito in fiore le campagne ed i borghi .
Ma la rovina d' Jtah'a procedette da un male in-
temo e contiauo, tutto che più lento che non
soDo.i mali della guerra, non però meu perni-
EÙxo ; e cij> fu il cambiajneato de' costumi e del-
1.' esset- pcditico delle città Itidiche . Ma perchè il
dir cÌk sotto Cesare e «otto i primi imperadorì
1* Italia ,. indipendentemente dalle guerre eh', ebbe
a patire , andasse in covina , potrebbe per avven-
tura semlvar a molti un solenne paradosso; fìa
necessario ripigliare il discorso da più aito prin-
cipio .
' Ncìn sì tosto le vittorie drìle guerre Sanniti-
che e Cartaginesi ebbero assicurato a Roma pri*
nm il'principata d'Italiat e poi, una maggioranza
- non dabbia sopra tutte le potenze del mondo ,
. aoche i cìUadini pi^ticolar) , .qual per un modo
e qual per ud altro , ebbero opportunità d' arric-
chire.- Le ricchezze dovettero di necessità sbandir
'da -Boma quelle virtù che 1', antica povertà vi
aveva introdotte e mautenute alpun ternpo . Fra
-gli altri vizi che seco.menarono le ricchezze, uno
•sì fu la dilicatezna , l'amor dell'ozio e de' pìa-
^ceri, il rallwtaptento delta militar disciplina, la
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i§i Dille Rivoluzioni d' Itaua
quale ancóra i più Dobili e riputati cìttadt'nì par^
vero abbandonare . Al riparo d'un disordine ooù
rilevante, il quale avrebbe fora» ancor potuto ri*'
menar al basso la potenza Romana (prima ch'es-
sa diventasse tale , che per vizi grauctiseimì e per-
niziosissimi non potette , salvDchè in lunghissimo
tempo ,■ essere' dietrotta ) , vennero opportunamen-
te nuovi uomini da* municipi e dalle colonie no-'
Tcllamente ascritte alla cittadinanza, ai qualr, per
poter salire in credito ed agli onori, & neceasa^-
TÌB quella stessa industria, quel travaglio che avea.
ne* passati tempi accresciuto lo sfato de* Rfima-
ui. Falso ed incredibile sarebbe il dire che dopO'
essersi introdotte in Roma le ricchezze, e con>
queste il lusso é la morbidézza, niumi delle an-
tiche famiglie Romane avesse &tte opere illustri
ed oDoratei e giovato coli' ingegno e coli* arte al-
la repubblica ed all'imperio. Ma verissimo è al*
tresì, che i forestieri, cioè gl'Italiani (mentre
che fuor d'Italia di rado e difBcilmente si con-
cedette la cittadinanza ) i quali o avanti la guer-
ra sociale , o dopo furono reódutì capaci delle di-
gnità e degli uffizi di Roma, valsero grandini-
niamentè a ravvivare le virtù de'- Romani , e li
ritennero da quella più rapida e più , grave deca-
denza , in cui sarebbero rovinati senza lo stimolo
di nuovi' emoli . Scipione Africano , nome sì ce-
lebre nella stoiria Roifìana, avea coli' indulgenza
e mollezza talmente lasciato indebolir )' eserci-
to che comandava nelle Spagne , che i Romani
0. Google
Libro- II; CaSo VI. i53
{snebberò di le^erì potuto petdereU vantiig^ cha
avevano acquistato sopnà ì Cartaginesi , e però
aneora l' imperio del moifdo . Ma la gelosìa che
tisreglìò opportunamente nell'aoimo di qud caf
pitaao il credito che il primo Catone ^i andava
acquistando colla aeverìtà de* suoi costami i iìi
Tfdidissnno stimolo per muoverlo al rittabilimento
della disciplina . Senzacbè , troppo è noto per tut-
te le metnorie delle cose Romane , quanto di b»*
ne facesse a quella repubUioa che g^ avea co-
minciato a piegar fortemente alla corruttela» la
sefvera virtù di questo stesso Catone , gran ca>
pitano, grande oratore e gran filosofo, ed ag-
giugniamoci ancora gran politico e grand* eco-
nomo . Di queste tante 6 sì varie, doti unite
insieme in un medesimo soggetto già pac«ra
obe r indole Romana fosse c^^wiAÌ incapace : ma
Catone nato e cresciuto in Tuscolo , lontano dàl-
ia dilicatezza della capitale, venne in Roma for-
nito di maschia virtù , e con quel naturai deai-
derio che seco porta chiunque escb dal patrio ni-
do per entrare in più gran .mondo . I IU>oam non
aveano ancora tanto dimenticato i loro. primi oo-
stumi , cb' essi potessero disapprovare qtielU virtù
che una volta pareva essere slata lor propria . Per
la qual cosa Catone non tardò guari ad aprirsi la
strada alle cariche ed ai primi onori , e con prò-'
fittevde emulazione eccitare gli altri a seguitar-
lo . Che se il concorso de* provinciali d* Italia fu
solamente utile in sul primo nascere del luaio di
ovGooglc
454 DELLB^RirtjfcOzioin p' Itaua
Roma, eOB-^fiitono t^ più necessari coU* onto
del tempo-, allorchit oltre ai vin de* prìacipali»
anche la plelifc rs* era incattivita nell* o2Ìo * . nella
brìgho; del foro, e neg^ spettaeoU e n^e feste e
sa' pi^blici banchetti, ebe i grandi solevan da-
r^ in varie occasioni . Per la qual cosa , . tutta U
soldatesca ohe si potea scegliere da quell* immen-
sa moltitudine di plebe urbana, fu poca cosa e
di 'poco:rìIieTo. Quindi il nerbò ddle legioni che
prima componevansi dalla eittà e^ dal contado
lUttnano, fu. formato di soldati Mar», Apuli,
Vestini , Lucani , i quali tutti tanto erano dì
fatto migliori soldati, quanto una volta erano
stati più' ferooi «tenibili nemia di Roma. À*
cittadini ricebi e di^ sangue illusi^, o fossero p»-
triri o plebei {poiché ancora l'ordine plebeo non
Moludera nobiltà, essendo sì frequenti n^Ii ulti-
mi tempi della repubblica le distinzioni di nobili
pabixi, e nobili plebei ) , non fu difScile il man-
tenersi in possesso della maggior parte delie di-
gnità così militari, che civili; e molti, vi si acqui-
fltaron gcaa nome . Siila , Pompeo , e Cesare era-
no pur nativi, ed originari di Roma; ma. nel t^tn-
po stesso fiorirono altri capitani dì non . Romane
famiglie, i quali dagli ultimi gradi della milizia
ergendosi a* primi uf6zi ed al comando generale,
sostennero per difesa e ÌDgrandimento di quella
repubblica gravissime guerre., e furono ancor ca-
gione del progresso che fecero nella mili^fi e Sil-
■la, e- Cesare, .e tutti i grandi capitani .di quella
ovGooglc
età. 'Mario e Ssrtorio, dae cfaiarisstini geoerali,
«d utilisaiin! finebi 1* ambizione loro pro^a e la
gek»ìa altniìnoD gli ebber «ospinti alla ribeOio-
ne ed alle anni civili , anaendoe furono nati di
^lictM^ città Italiche, le quali aveano di poco
lempo ottenuti i privilegi della- cittadinaflza . ■ Or
A V tuo ■ die r altro dovettero allft maschia eda-
cazìone eh* ebbe» nelle lor terre , qnella fero-
tia, quel rigore <^* dÌMiplina che U rcildfe cortei-
tori ddla Romana milizia, e maestri de* più no-
bili e più gentili ufBziali , che sotto il comando
ài loro appresero a diVenfat prodi e sagaci . AI
tempo di Cicerone già sf contarano parecchi al-
tri iaiigoi' generali delle armi Romane-, verniti
eoù di TÌle come d'illustre nazioni» di' municipi
e dalle colonie: E Cicerone egli stesso puh ■ darei
col suo iSMmpio nobile praova che non solo ne}'
le cose di guerra, ma in tutte h altre arti della
pace noTolli- cittadini 'lùrono di grandissimo' van-
taggio a quella repubblica . E se , per ìion ritor-
laie tm* altra volta in queste riflessioni, noi dis-
erriamo cdl pensilo gli annali di' Roma dòpo
ohe in lei ebbe fine' il governo repubbKcano, tal-
mente troveremo gli uomini nuovi,' usciti da ogni
eittà e borgo d'Itab'a, ttavagliarsi utilmente nel-
le eose dell* imperio , cb* èssi sostennero qtiasi eo-
li la disciplina mìKtare, la dignità del senato, lo
•plendore e la coltura delle lettere; rinnovarono
e restituirono, per quanto fu possibile, l'antica
modwtìa e gravità di costumi: mentre i discendenti
ovGooglc
iB& DèLLB RlVOLtlKlOill D'ItAUA
delle antidhe e più nobili famiglie di Ron!»
njaicivapo neghittosi nell'Odio, ai coDqpffiaTaiMr
nelte- dissolutcitze; e e' avvilivano, bcuttameaté ncl'^
le più sordide adulaziooi verso de' cesari. Mece^
nate Toscano, Marcello Eprìo di Capoa, Vibior
Grispo di Vercelli, Ti-asea Peto Padovaao, Caa->
8Ì0 Severo e PMnponio secondo Veronesi, :CcéÌilft
di Vicenza , ebbero nel primo secolo dei Rotoano
imperio pochi eguati nel senato e. Degli, swroìti
jra. le più cospicue e numerose famìglie di Ro^
ma. Ed oltre questi e parecchi altrì de* quali
diffìcil opera sarebbe di riotraceiare 1* erigine ^
Vespasiano che fa poi sì utile prìncipe a rìfw'
mare e nstabilir l' imperiò, dai vizi de' primi fie^
sarìi e d^e guerre d'Ottone e di Vitellio ai gua-
tto ed afflitto, era nato in un piceol villaggio
presso a Rieti (i). JE'ra tanti scrittoci Latini, per
oui Roma, e il secolo di Cesare e di Traiano
vanno gloriosi, appena due o tre nacquero ia
Homa. Ne alcuno è mezzcmameate' venato nella
letteratura Latina , il quale non sappia che En-
nio, Virgilio, Orazio, Catullo, Ovidio, Tito Li-
vio, Cornelio Nipote, Velleìo Patercolo, e i due
Plini, comechè tutti nati in Italia, non hirooo
perb Romani d'origine o di naraone. Vera cosa
è che r opera e 1* industria loro era assai lardar
mente ricompensata dagli onori e dalle rtcch^ezc
ch'essi ne ricevevano.- però oon dovea riguarda»
[i] Saei. in V«ip. e. a.
0. Google
IJBRO IL Capo VI. iB^,
pn pìccol vantaggio queUo Aéle cìttk Italiche»
ohe- i suoi figli avessero il òammiiiQ aperto alle
oarìche di Roma , le quali raper^vano dì poten-
sa e di grado i più gran prìncipi .delle altre oa*
zioDÌ . Ma per un pooo di boria; e di fvaao -ohe
le città esempigrazia deirStruna, i< borghi àé.
Lazio:, del Sannio, o de' Bruzì potevi godersi,
d'avere un de' lor terraEzanì pretore, consolo io
Roma* governatore d'.una provincia* ominiaCro
d' un impéDadore ; essi n' ebbero ben tosto a pa-
tire la «elitudine e la distruzione totale dì loro
steasr.' QueUa fadtità che g^' &afoDÌ> d'ogni cotv-
trada avevano d'avanzarsi e trovar, fbrhuiia iaRo-
ma*. vi tirava ogni uomo; il rict», perohè col
mec^ dflUe rìcclieize «ì lusingava . d* aprirsi pili
fiicilmeiite la strada a miglior farfuna; il pevere
e popolare, per la- speranza di far i guadagno, «
di trovar più .facile e più oopiosa. pescagione in
un gran mare, qual era RiiDia,'dQW i soli rifiuti
e lo acialaequamentD de' faeolioii -potevan fare
lo scaflDpo.«idar pascolo a molta gente. Ne di
tante perspne óix lasciando il patrio nido se ne
veoivaDo.a Roma, erano però incute quelle ohe
dopp d'aver minorato destino ae ne ritornassero
tliV antica pailria, e vi portassero iloro averi , .e
ristorassero in questo modo quel paese o d' abir
latm , 0 di beni . . Noi vediuoo per; la contìnua
«specienza, quanto cari sieno :que' prorindalì , ■ i
quali dopo d' essersi avanzati nelle cariche , nelle
^rti e nel commerzio, e d'caserù perciò arriccbiU
0. Google
i5& IDelle RiVoiuzioKi V Walia
nella capitale, s'iaducauo poi di duoto a risia-»
bilir k famigb'a nella primiaa ì<x patria: oh».
anzi vediamo regnare un pregiudìzio molto strano.
e: pernizioso , ohe, quando alcun signore -o citta-i
aino 0 borghese abbia certe entrate alquanto su-*'
periorì a cUb che basta ' per vivere agiatamente'
nelle città pt?ovinciali o in contado, diSBcnlmeiite'
xesiste alia tentazione d'andarsene a vivere nella-
città- prìncipai dello stato. Il meglio cbe si cre-
deano di poter fare per la loro terra ' natia , : à
era di tirar pure dia capitale i compatriotti ;
proteggergli ed avanzargli amigUov fortuna!; «
&taltnente d'acquistarvi nuove campagne,' « <d*es*
teiìdére, qlianto più potevano, i lor poded. La
quAli cose non che giovine al comune di qQsl
pae^e,' ma :tendono del pari a rovinarlo, sia per
gliabitantt ch6 se ne tolgono a dkittura, qualar
ra colla speranza di nuova protezione soOo allet^
tati e tirati alle grandi città ; sia perche Tacqui-^
sto delle terre che le famiglie traspiantate altrove
vi vanno facendo , non può non tc^liere a pooo
a poOo il mezzo di sussistere ai restanti bcH'ghesiì
i quali o per fòrza o di buon grado sr spogliane
de' loro campi , e quindi sì volgono altrove a «jet»*
car ventura con le arti spesso ' poco ofaeste ^ é
quasi sempre inutili del lusso cittadinesco.
Il vero è che' i gran poderi già aveàno dato
incominciamento alla rovina d* Italia , avanti che
i mumcipi e le colonie italiche vedessero i lorcit*
tadini , mtialzati alle grandi cariche, ed arricdliiti
ovGoogJc
Limo H. Capo VL 1^5
begli uffizi di Eonia e nella córte Segl* imp(^•
radon, allargare nel paese natio ì campi eredita-'
ri, ed acquistar nuove ville. Cosi, tosto come^
fi orna andò dilatando i- ccHifini sopra le rovine
delle altre repubblicbe deH' Italia , non cessarono;
mai t potenti eittadiai, né lor mancaroiio i modi
d* occupare le terre de* popoli o Vinti, o per ali-
ixo titolo venuti sotto il dominio Romano. La
legge Licinia^ e quant* altre ne furono pubblica-
te e stabilite per lirattare la quantità de* poderi
che ciascun cittadino potea possedere , deluse con'
arti e con raggiri da principio , iurono posda col
tempo disprezzate e violate apertamente. E tutti
gli- apparati , e tanti rumori tribuneschi per dirif
der le terre alla plebe, riuscirono a nulla da bel
[Hincipio, o r effetto non fa dicevole. Caio Grao^
co lasciò scritto che lo stimolo più forte che mos*
se Tiberio suo fratello a fare la l^e agraria t
fu questo , che uell* andare a Numanaia , passan-
do per la Toscana , vide il paese privo d' uomini
liberi, e io questo cambio pieno. di schiavi, cioè
di servi lavoratori dhe a profitto de* patrizi e de-
gli altri ticchi coltivavano bene o male qu^
terre (i). Ora, se attempi di Gracco, allorcbi
si suppone la città di Roma essersi trovata nel
vigor deirinstiluzione, e ancor 'non oofrotta, già
s* erano tanto negletti gK ordini cke regolavaB9
fi] Plm; in Giacchii.'
ovGooglc
i6a DellH: RiVQLtizce^ D* Italia
le pouessiÒDt de' c^^aMnì; eht crediunsfìi, cha
si &cesse, poiché rhuù a' ricòbi di superar g}i
sfòrzi gr'andiuinu chef fecMO 1. Gracchi per mp-
dKara la kno cu[»dità , e pcrichè la tìriMMude di
SiUfc aìÀisSiè totalmeote Je ragioni de' porerì , e
iovese» per sempre quella poc4 e^a^avza di
fìtto e di diritto, che avéa potuto durar fio al-
lora? Comiociarono i favoriti di questo dittatm»
tiranno a invader con vari artifizi e con aperte
violenze le possessioni che lòr vennero a grado»
cacciandone i lor proprietari qua e là per ì rau-
nioipì e le colonie d' Italia . Chiunque è passato
p«I solito corso de' collegi , può ricordarsi c^
rdtDoca caso d« due Bosci, V uno assassinafo, e
r altro accusato di parricìdio, non d' altronidA
nacque , ohe dalla sc^entta cupidità d* un fa-
vorito, di Siila, che vc^va occupare i poderi d'un
hor^ejK d' Amena . Di mano in mono ogni cit-
tadino potente) Q le «eature de' triumviri e poi
d'Augusto e quindi de' seguenti cesari, non fu-
rono in questa -pwto più modesti che fossero sta-
ti i Sillani. Cosiocfaè,. tra per quelli che sponta-
neamente si venivano a. Roma a vivere de' dona-
tivi e . nell* oaio , - o a. brigare par ottener cariche;
e quelli che pier prepoteflza « violeoza: altrui eran
cacciati , grandissima parte di que' paesi che ^ii-
gent'aoni addietro sostenevano si numerose pò-
pùlazioni , e mettevano in campo potenti esèrciti ,
erano divenuti, secondo l'espressione del geografo,
ovGóogle
LiBBO li. Capo Vr. i6i
poderi dì particolari (i) . Celebre ir dì vero tropi-
po rimardiéròle è un r^sto dì Tito Livio , il qua-
le parlando del paese de' Volsoi, donde uscivano
sì Dumerose armate ■, argomento indubitato detla
popolazione grandissima di quelle contrade, ci fa
sapere che a suo -tempo, tolti ^li schiavi de' Ro-
mani, e pochi soldati che vi si tenevano, era ri-
dotto a solitudine (2) . Quello che del paese
de* Volse! e degli .E)qui disse per incidente, era
parimente awenuro alta più parte del Sannio^
della, Lucania, e de* Bruzi, come sì può leggere
espressamente presso Strabene contemporaneo di
Tito Livio (3) . Io so bene che al sentir ragiona-
re di tante colonie che Siila,' e Augusto speziai"'
niente vi mandarono , orederanAo alcuni , che tan-
to gran numero di soldati , a cui furono assegna-'
ti terreni e dato stabilimento tn diverse regioaf
d* Italia , dovesse ripopolare il paese che pe* mo-
tivi suddetti si era andato diswtando. Ma se noi
riguardiamo e al modo che usavasi nel ' condui;
le colonie, e il fine a cui esse riuscivano per' la
più parte , noi ' troveremo che tutti que* nomi di
colonie , di cui fu piena l' Italia nell* ottavo se-
Golo di Roma, valsero in fatti assai meno che
Hon si crede comunemente » a ristorare lo stato
Tomo ì. it
(1) Té-a fii» •*a\/x»M, *Ì> ^ ni(t»i, %rit*ti fiMrC* • SUah,
1. 5,p. iSg.
(») Liv: 1. 6, p. 507.
{3^ Sirab. 1. 5, et 6. passìtn.
0. Google
,i6a Delle RrvotuzioNi d'Italia
à* Italia . Egli è però in primo luogo da avverti-
re, coree spesso si dava titolo e diritto di coto'
sie a molte città , dove però non sì mandavano
uh soldati licenziati , ne altro genere di nuovi
abitatori (i). Perocché molte città municipali»
per adulazione verso i principi , o per vaghezza
di meglio assomigliarsi alla capitale, brigavano
d' esser fatte colonie , ancorcbè da principio si
stimasse molto migliore la condizione de* munitù-
pi (2). Quanto poi alle colonie di plebe Boma-
iia, egli è noto che anche ne' tempi della repub-
blica, benché il basso popolo mostrasse si caldo
desiderio per le leggi agrarie , pochi tuttavia era-
no quelli che, vinto il partito, volessero dar il
nome nelle colonie, e lasciar i tumulti del foro
e i piaceri delia città, per sequestrarsi ne' con-
tadi a lavorare; e se pur v* addavano , non indu-
giavano un pezzo a ritornarsene' a Roma, ceden-
do per ogai vii prezzo la lor porzione: di maniei-
ra che coteste divisioni dì terre, promosse con
tanto calore da' magistrati popolari , tendevano
non a rimenare l'eguaglianza, ma ad accrescere
r ineguaglianza de* beni, e a levarne da uu ric-
co cittadino per farne un altro ancor più ricco .
Peggio ancora ne avveniva deQe colonie milit£uriy
le quali furono condotte veramente in gran nu-
mero nel secolo di Siila e di Cesare per tutta
CU A. GelT. !. 16. e. iS.
(a) Tacit. Add. 1. ij. e. 37. — Uaffei Verona illnstr.
1. 5.
0. Google
• XiMo n. Capo VI. i63
Italia. PrimieraÓKiite » per fare gli assegnamenti
a', vecchi soldati che si coaducevaDo in colonia >
toglieTansi le terre non già ai ricchi patrìzi di
Roma, come sì pretendeva di fare con le. leg-
^ agrarie ; ma ai proprietari de* municipi , cb«
vi abitavano, e le coltivavano coir opera, pro-
pria : il che non poteva farsi s^za grave detri*
mento delle comunità ItaHcfae, né senza infinita
desolazione de* particolarì , come testìmoqia quel
Melibeo Virgiliano . Poi, i soldati che v'eranman^
dati, dopo d' aver ttranueggiati e manomessi i pae-
laai , e col viver largo e licenzioso dato fóndo a
quanto aveano di mobili e di contanti , non tar-
davano guari a. scialacquarsi il prezzo delle los
porzioni di terreno , per ritornare a nuova milizia
e a nuove armi civili , come nuova sQrgente di for-
tuna . Così la iecero per la più parte ì coloni di
Siila, da cui prese animo iCatilina a formar que'
suoi vasti disegni che son sì conti (i)< Né sotto
i cesari s' accrebbe gran &tto negli animi della
soldatesca la vo^ia di passar dall' armi . alta yan-
ga, e d# quel vivsr libero e dissoluto che dal
principio delle guerre Astaticbe. e civili. »' era in-
trodotto ne* soldati , rìiurnare alla semplicità e, al-
la dnrezza dplla TÌta . rustica . Però: è credibile
eh' essi cereaisevo di convertire in cfintantì il più
f'i) Pleri^ue Sjilani milites. Utrgius suo uri, rapina-
iian et viaoriae veieris memof-es , iellum civile exopta-
htmC... Ex Sjdianis jx/oofs f^ ijuitts libiAo aiijtte luxuiia
nìkil reliqiù fettrat . SalllitL io Gatil. i
0. Google
i64 Delle Bivoloziom d'Italia
che potevano delle terre loro assegnate per ricooi-
pensa . Véggatiì da 4^uesto lungo dì Tacito , cbe
cosa fossero fé cotoDÌe sotto gì' irapeiadori del pri-
mo secolo, (c-ln Italia F'zzurlo, terra antica, fu
» fatta colonia, e prese da Nerone il nome. A
i> Taranto e Anzio furono assegnati ,vecchi solda-
» ti; ma non però le popolarono;. torBandosimol»
» ti nelle provinole dove avevano-milit^tn . Altri
t> non usati a* maritaggi né ad alle?ar figliuoli ,
» taitciavano senza posteri le case orbe . Perchè non.
» si eonducevano, come una volta, legioni intere
» ooD tribuni e centurioni, e co'soldati di ciascun
^ tardine, affìnchè coir unione e coli' amore faces-
» sero còme una pepubblica; ma andandovi a pÌo-
» cole truppe senza conoscersi e .senz'. amarsi., e
■ » quasi d'un altro mondo raccolti, facevano piut-
»: tosto numero, ohe coloni^ » (i). Ora-, se i
soldati- licenziati non si contentavano di starsi in
Taranto -ed in Anzio, ch'erano a quel-tempo del-
Je più fiorite e delizióse città d' Italia (z) , com' era
mai possitule che le colonie pigliassero radice ne'
borghi desolati 6-deserti , e nelle campagne più
bisognevoli d'essere ripopolate? Per la qua|. co-
sa le terre che. dou rimasero, del tutto daserte ,
«i riuDijroDO in .vastissime tenute di poderi, che i
xÌC(ìM acquistavzmo di .mano ia mano-, e che fa-
cevano, secondo il solito costume, coltivare dagli
sfcbiavi ; disordine oltre ogni cr^sdere di^ruUivoi per
' '{i^ Xacil. Ano. 1. 14, «..37,
ij; Strafa. I. 6, p. 175 j et J. 5, p. i«i.
0. Google
LrBRO U. Capo Vt. i65
due effetti ioevitabiU: uno, la diminuzioue nota-
bile del frutto della terra, la quale spartita ìd
piccole porzioni, e coltivata da' proprietari e da'
borghesi , rende senza controversia maggior copia
di frutti ; V altro , la disper«one della più utile
spetie del genere .umano , quali sqbo i rustici H-
berì f « i boi^esi d' nmil fortuna . Quindi osser'
Tò Plinio, correndo ancora il primo secolo dell' im-
perio Romano, che i vasti poderi avevano rovina-
ta l'Itaca. Ma noi siamo talmente usati dì riguar-
dai:' come fortunata e fiorita ogni nazione cbe di
molte Provincie formi un sol regno, massimanien-
te se per nabirfil situazione e per le fòrze sns pro-
prie possa riputarsi sicura dalle incursioni di ;geii-«
ti straniere, e abbia dentro il suo ^éno e per la
fatalità del conunerzio possa procacciarsi ogni co-
sa necessaria al vivere amano; che quanto ablna-*
mo fin qui detto non varrebbe giammai a persua-
dere la più parte de* leggitori , che sotto Ce!>are e
sotto Angusto l'Italia fosse ÌD misero stato e in
decadenza. Veramente la fecondità dell' Kgitfo e
di tante provincie dell' Afn'ca vicine al mare , del-
le isole ^ Sicilia e Sardegna , poteva supplire al
^fetto delle campagne dMtalia o abbandonate, o
mal coltivate, ti cambiate a bello studio itt par^
ehi , in foreste , in deliziosi e dispendiosi giardi-
ni. Le scelte di soldati, che si facevano per tut-
te te Provincie y adfempìeraifo la mancanza de* sol-
dati Italiani , di cui ^ fuori deBe coorti prefonri
.coannciò ad essere scarsissimo Ìl numero . ancbe
0. Google
i66 Delle Rivoluzioni d* Italia
sotto i primi imperadorì . E gli scfaiavi che in gran
numero si fìonducevano da' paesi barbati , e che , .
o si riteoesdero io Roma o sì mandassero alla cu-
ra delle campagne, ottenevano la libertà, com-
pensavano in qualche parte lo scemamento gran-
dissimo della popolazione, che 1* abuso inesplica-
bile del celibato vi cagionava, abbiasi dunque a
queste cose , e al volgar pregiudizio qualche ri-
guardo ;- e differendo ad altro tempo il rappresen-
tare come in un solo quadro git effetti che , poi
divennero sensìbili, e le conseguenze perajzìose
de* vizi morali e politici che abbiamo accennato ,
chiamisi frattanto fortunata I* Italia, mentre ch'el-
la fì] la sede ed il centro di quel vastissimo im-
perio, il quale, sebbene a tempo d'Augusto già
si Vedeva rovinar per il peso della sua stessa mo-
le , fìi pure per la medesima sua grandezza luti^
gamente sicuro.
ovGooglc
167
LIBRO TERZO.
CAPO PRIMO
Del governo et Italia sotto i primi cesari .
Vjhiunque è persuaso di questa massima, cbe le
i-epubblicIìÈ democratiche con possono sussistere
se non che fra brevi Utntti di dotiunio, ed in un
num»o non troppo grande di cittadioi, potrà fa-
cilmente icnmagihare qual esser dovesse lo stato
politico d' Italia , e V amministrazione delle cose
di Roma, allorehè tutte le città e tutti t borghi
divennero quasi membri à* una sola città , e cbe.
molti railiom di persone avean diritto di trovarsi
agli squittinì per creare magistrati * ordinar leg-
gi. Ma poco spazio ebbero a durare Jn quello sla-
to le cose di Roma ; e certo non potean durar
lungamente . La guerra servile sotto la condotta
di Spartaco, che succedette quasi immediatamen-
te alla signoria di Siila , e cbe travagliò 1' Italia
con più terribile sbattimento, cbe non potea fare
l'irregolarità e la confusione del governo (i), non
lasciò badare alla riforma dello stato. Poco dopo,
la coDspirazione che fecero tra di loro Crasso,
Cesare e Pompeo , pose in mano a tre soli tutta
(1) Pene non levius hellunt in ea ^Italiajf tjuam An-
nibal moverai. Eatr. 1. 6, e. 7.
0. Google
t68 Delle Rivoluzioni d' Itaìia
}a "podifi^tà che dovea e$sev divisa in iafinifo gH-
mero di cittadini. Né pnma sì ruppe per la mor-
te di Craiiso quel triumvirato, che la gelosàa nata
ira Cesare e Pompeo , e poi la guerra aperta che
si frcero , rendette necessariamente il governo ir-
regolare e coDiligo; e la brevità della dittatura di
Giufio Cesare non lasciò compierei disegni ch'egli
forse aveva , d' ordinar la repùbblica in qualche
forma^ehe stesse bene.. La morte di luì rimen&
le amii civili , e lo scompìglio getm'ale dì tutta
Italia per le guerre dì A'Iodeaa, di Perugia e di
Sicilia, senza cootarvi quelle, che si fecero coutro -
Bruto e Cassio da Marc' Antonio e Cesare Otta-
viano . Ma restato , quest' ultimo arbitro d'ogni co-
sa, se non ebbe ingegno ik Ièliee, e mente gran»
de ed attività pari a quella di Giulio Cesare suo
■zìo m&tenio e padre per adozione , 1* esempio dì
lui che sì recò quasi a coscienza e religione dì
seguitare , la cognizione che forse ebbe de* suoi
disegni, e finalmente la lunghezza del suo prin-
cipato , gli diedero comodo ed opportunità di ri-
iormare lo stato in quella maniera che la vastità
Atà dt^ninio ricbie{kva, e che la fresca memoria
dellaliberlà potea sopportare. Seocbè dall' un
capito il governo d' Augusto e de' successori potesse
chiamarsi dispotico, -giacché avendosi riservato il
comando ddi' armi per tutto T imperio e nella ca-
pitale,- potevano sempre violentare a lor grado tut-i
ti gli ordini dello stalo j, nondimeno (piescincten-
do ora dall'abuso che ieceroi cesari dell* aatorità ■
0. Google
LìBRO in. Capo h 169
imperatoria, e da* duetti che sogliono trascorrere
netr esecuzione di qualsivoglia meglio ordinato sistC'
lAa) certa cosa h che dt sua natura il governo ordina-
te da Augusto fu di forma mista ^ o vogliam dire mo-
narchia temperata coli' autorità d'un senato, 0
colla libertà e podestà ' popolare . Però gritaliani, '
non solamente pe' diritti acquistati stante ancor
la repubblica in piedi , poteano al pari de' Ro-
man! propri e naturali ottener qualsivoglia uffizio
e dignità; ma per un bello e memorabif ripiego
che immaginò Augusto, potevano dì casa joro
dar le voci per l'elezioni de' magistrati, che si
facevano in Roma . Il ritrovamento fu questo, ch^
circa quel giorno determinato in cui si dovfeano
ten(^ nella capitale t comizi , si <»)ngregas3a-o ì
decurioni delle altre città , e raccolte le voci , si
mandassero a Roma suggellale, per ccmferiHe co'suf-
fragi del popolo Romano (i).U qaaì ordinamen-
to, l'unico veramente, a parer mio « chs si, po-
tesse inventare per lasciar senza confusione e scu-
sa tumulto qualche ombra di sovranità alle -città
Italiche, non ebbe però durevole effetto,, o-. fu
abolito probabilmente nella stessa cong^untutfi bh*
abotiti furono i comizi di Roma . Ben è mar4ri-
gtia die d' una cosa che pur ci dee parere pi ri-
levante , appena si trovi ricordo in due sole righe
[ij Excogitato genere suffragiorum , <juap de magi-
Stratibu! urbicis Aecurìones colonici in sua auisque colonia
ferie nt , et sub d-em corti itioium oitsignata liomàtn -mii-
terent. Suet. Ui Octav. e. ^ù.
=dDvGooglc
170 Delle IUvoi.wzioni d* Italia
d^Svetonlo ; e che Tacilo , Del raccmilare conia
Tiberio traE^rì dal campo Marzio al senato ' l' e-
lezione de' consoli (i), iioii faccia menzione al-
cuna di cotesti squittinì municipali . Né più du-
revole effètto ebbe un' altra opCTazione dello sles-
so Augusto riguardante Tltalia, percoiegli di-
vise tutto il paese io undici regioni . Plinio che
TÌfNisce sì distintamente questa divisione; credei-'
te anch' egli, che piuttosto la facesse per tomo-*
do suo proprio e singolare, che per regola' stabi-:
le di governo (2).
Tutto ciò dunque, che possiamo dire del
governo d'Italia in quel che riguarda Io stato
particolare di ciascuna città e terra ( percloechè
nella somma delle cose essa dipendeva senza dub-^
bio, come tutto il rimanente dell* imperio , dalla
volontà degl' imperadori ), si è che tutte aveand
1* interna funministrazione e il governo di se sles-
se, creandosi ognuna dal corpo suo -i magistrati
per giudicar le cause , e per regolare la polizia ,~
e per levar qualunque sorte di contribuzioni o di
carichi che o per bisogno del paese, o per servi-
zio del prìncipe potessero occorrere . II vero è che
dalle sentenze e dagli ordini de' giudici ed altri '
magistrati municipali eravi spesso ricorso a' con-
soli , a' pretori , ed ai prefetti della città di Ro-
ma j e certi processi più segnalati solevano anche
[1} Tacit. Anna!, t.
[a] Flin. i. 3. e. 5.
0. Google
Libro III. Capo V 171
(U priina iastaoia tratEarsì nel senato Romano 6no
da* tempi della repubblica (i). Ma l'andar dal-
l' oscurità de* moaumenti ricavando minutamente
à fatto case, lunga opera sarebbe e poco 'confe-
rente al nostro instituto:
Le guerre civili ( era volo. ah. 68. ) che
eeguìroao in Italia tra i pretendenti all'imperio
dopo la deposizione e la morte di Nerone, ulti--
mo idtperadore del sangue Cesareo , non poterono
fat a meno di turbar grandemeate ogni ordine
di governo, mentre che devastarono tante fertili'
campagne , e rovinarono tante grandi e nobili cit-
tà. Ma riuscito alla Sae superiore Ìl partito di'
Vespasiano, fra ì molti beni che recò questo
prìncipe all' imperio afflitto , uno fu sicuramente
£ ristabilir anche ne* municipi T antico gover-
no ; e non ai trova che né i suoi figliuoli , né
alcun altro de' sudeessori 6ao dopo la morte del
gran Traiancf, alcuna cosa di rilievo vi rinno-
vassero..
[1] Haffei Verona iUostr. 1. 5.
0. Google
i7a Delle Rìvoluzioni d'Italia
CAPO II.
jifuovì magistrati preposti da Adriano a Ttggere.
V tii^a: lodi d* ^intonino Pio, e botUà noot'
vaie di Mòre' Aurtlìo . '■ -
Jrofrebbesi forse credere che l'jHnbiaione dì A-.
driano, e la vagbezza eh' egli ebbe di eensuiare'
gli. aodaioetiti, de' suoi pFedeoessovt , .e speziaV
meate di Traiano, Io stimolassero a eunve rìfbc-.
me; ma per «juanto grandi fc)S6epo i difetti cher
oscurarono le molte viitù di questo pnncipe, tut-r
to.n complesso delle sue am'oni ci fa stcuri cbtr
non gli mancara né scienza, dì gOTecoo, né abioe.
di giustizia . In q.ue' suoi lunghi e quasi continui
viaggi cbe fece per le provincia dell'imperio, ri-
formò Adriano vari -abusi introdotti nel go^i^erno
di esse, e nuovi ordini vi pose, Benché per di^
fetta di- storie Aon ci «eno note le . particolarità'
di tali riformazioni. Né fìarono più esatti gli sto»
rici a daitn ragguaglio di ciò che fece Adrl^to'
rispetto all'Italia.. Solamente sappiamo cb*^ egR»
già fatto imperadore, esercitò' in parecchie città
Italiane ufHzi e cariche particotfuri . Fu capo del
goverjH) in Napoli, pretore rielFEtruriav dittato-
re, consolo, edile in motte città del Lazio. Da
questa sua o vanità, o popolarità che si fosse,
l'effetto nacque tuttavotta buonissimo. Egti -ebbe
0. Google
UbRo UI. Capo IL 1^3
eoa maggior opportunità d' essere informato dello
etato di qua' paesi; e di ià s'itidusse a destinare
nuovi magistrati pel governo loro. Creò dunque
Adriano ( an. i35. ), cerne giudici supmni per
PkaKa, quattro senatori slati consoli , stabilimeii-
to a prima vista per ih stésso notabile, cheSpar-
ziano accenna tuttavia assai leggermente , e quasi
di passaggio (i). Ben è da «upporsi che 1* auto-
rità di questi giudici o eorreltori- d'Italia' abbia
diminuita la, libf^rtà del proprio governo, -cfae ave-
vamo goduto te città per Io passato; ma Adriano,
g-raodé coooicitor delle cose, avea forse osservato
ohe la pia pai'te de' papolr, MJtto questo spezio-
soaome-.di lìbero governo, erano coatiauament9
travagliati dalle ' discordie, e tiranne^iati datlal
prepotenza di. pochi grandi . Per questo 'cercò egJi
di fargli in apparenza meno liberi, ma più tran-
quilli e liguri. La. qualità delle persone alle qua-
li Adriano affidò questa novella carica , dee farci
credere eh' egli cercò io fatti il vantaggio della
Dazione. Uno de' giudici 6uddettì fu Tito 'Anto-
nino , cbe fu poi suo successore nell' imperio , e
meritò per la bontà sua singolare il- soprancoma
dr Pio . £d appunto la scelta che Adriano fece
c]e' successori, bastò a dimostrare quanto selo egli
avesse del pubblico bene, » dovette- cancellare
dall'animo degt' Italiani ogn' impressione oattìva
alle- vi avesse fatta il misto carattere di' «piasto
[■] Spart. ÌB kdr. e. ai. — Salm. <t Casaub. ia
lUltiiB. -, • ■ ■■■' - ■" ■
=dDvGooglc
174 Delle Rivoluzioni d'Italia
ùnperadore. Morto Elio Vero ( an. i38. ), ctó
aveva Adriano poco. prima adottato e creato oé-
sare (titolo ette cominciò pur allora a significare
it successoT pnsantivo dfll' imperio ), adottò e
dichiarò sao snocessore AnfooinO', e volle cfacr
(Questi sì adottasse nel tempo stesso Marc' Aure^
Mo e Lucio Vero figliuolo di Elio cesare soprad-
detto.. Per tutte le Provincie deirimperio cammi-'
aavano sotto Antoniao le cose con tanto ordine*
e tanta calma, obe mancò fino agli scrittori ma-'
teria di scrivere: pruova singolarissima di un go-
verno moderato ed uniforme (i). Ma-ntalia-eb-'
be a godere: tanto maggiore eliciti ^ qnaafa elkr
era più vicina al suo .principe^ il quale appena
Vscì di Roma, non cbe si partisse d'Italia in tut-
to il corso del suo. regno , a fine di rl^armiare af-
fi] Giallo Capitolino che ci lasciS la vita éì questo
impera dorè , benché parli Inngamente Mìe sue tìnìl, noit
racconU alcun fallo particolsre , d«l ano regno . Sifilino i
abbreviatore della «loria di Dione Casno^ lospelli» che ia
qóesia parie fosse tronco o mancante il suo antore > per-
diè vi trova gì leggermente loccao il i«gD« di AntotijnO'
Pio. I motlerni 'com[Hiatorì della storia augusta replicwo-
lib la stessa querela, che il regiio d'Autooino si degvo di
noria aia stata si scarsamente' illirslrato dagli anikbi «crii*
tori . KU io non trovo ragione di credere che maacniero
gli storici al régno di Aoiopiao', o che siensi smarrite più
ohe degR: altri le mentorie del suo regno. Il vero è bene;
a, parer mio, che .non avendo Avnio gnerre,. come Tito^,
né fatto stravagante u ingiustizie, come Nerone e Car^cal^
la ed Eliogabalo ; né essendo segirìle mntationi di gover-"
no, o tivoluiiooi , » pubblici disastri , tntlo ciò che si
ebbe a dire del regno d'un sì buon nriuctpe, si rìdmM
ad un semplice elogio, o- sia ragguaglio delle ine virtù,
e delle mamme che tenne nell' amminisiraiion dello Maio.
0. Google
. :. tiBRQ fll Capo n. .; : . 175
salditi le spes» iDevitabfli é sempre grondi , eh»
cagionano i viaggi del priocipe « per quanto mo-r
(Jesto egli sia. La prosperità dell' «tmi di' Traia-' .
DO, e l'altività d'Adriano nel reg^menta ioterno-
pareva cbe avessero, disposte « preparate le icosc'
percbè si godesse il frutto compiHto «otto Aato-^
nioo; perocché qod ebbe né guem di -iìiori da
«osteqere, né mutazioni da fare 'deatro allo stato^
Ebbe egli a vegliar solamente per mantenere gir
ordini stabitilì, e vr ' riuscì certo rairab'lmcnte j
Kel provvedere a* bisogni dello slato , e render
cagione a chiunque la domandasse, fu< à: esalto
e si attento, die ne Su proverbialo da' cortigia-
ni C')* '- quali, per vantaggiarsi, colf: oppressione
degrinfei^iori, avrebbero voluto nel principe mx--
nor diligeoea nel governare:. Del resto ,- fu cle-
mentissimo (2) . Impedì le ribellioni allora sì fre-
quenti; e spense le congiure senza versar. sanga&i
La religion Cristiana si professò e praticò' sicura^
mente (3); pbrchè il savio principe « ancorché
gentile, conobbe e Id ra^onevolezza del Cristiane^
simo, e la necessità che vi era di lasciar ad
ognuna libera la scelta della religione. Protesse:
le lettere 3»iza fasto e senza gelosìa ; e fiorirono
al ^o. tempo le scienze più utili alla società, la
SIosoBa e la giurisprudenza . Promosse anche mol-
to r agrioiltura , arte sópra tutte le altre nobile
[ij TSf f«xf «Xej'/af ■ JuUaii. in Caes.
' [a] JdI. Capìiol. io AuioD. e. 6.
., [5] Orsi Sior. Ecd. t. a, 1. .3 , e. 5i- ci «q.
0. Google
176 Delle Rivoluzioni d'Italia
«d importante, cui egli amava stDgolarmente,es-
aendovisi esercitato io tutta la vita sua, e nel
tempo massimameate ohe fu de* quattro giudici
d'Italia. Né sì sa che fatto imperadore egli uscis-
se di Roma per altro motivo , che di visitare le
9Ue campagne . Con questi e simili modi impedì
la peggior corruzione de* ooolumi pubblici che il
lusso» figlio deir abbondanza . aveva intrr.dotti :
al ohe giovò ancora non poco quel!* amor di S(4ii-
plioita, chf avea mostrato Atlrìano, In E<nnma ,
per quanto si scorrano le memorie de* tempi ,
non si può trovare che l'Italia, da ohe fu' uni^
in un solo imperio , godesse' giammai più quie-
to e felice stato , che sotto il regno di Aatonino
Pio .
Marc* Aurelio ebbe tutte q in gran parte le
virtù di Antonino, ed alcuna ne - aggiunse , che
rendè lui più glorioso , e il suo regno più cele-
bre. Alla bontà, alla giustizia, 0 ali* amor de*
sudditi UDÌ il valore e Tette della guerra, che
dimostrò .nelle sconfitte che diede a* Mareomanl
che già parevano minacciare l*Ita]Ìa, e. nella spe-
dizione contro i Quadi, particolarmente celebrata
dagli scrittori cosi cristiani , come gentili , per la
miracolosa pioggia che ottenne dal .cielo . Nondi-
meno da questo imperadore , filosofo sì giusto, sì
umano e sì virtuoso, modello poco meo che per-
fetto di buon governo, nacque il principio delia
rovina d'Italia, né senza colpa di lui: tanto è dif-
fìcile a litrovarsi l'uomo, e molto più il principe
ovGooglc
Libro HI. Capo H. 177
pòfettissìmo (i). Ud atto d* indiscreta bontà'
portolk) ad associarsi neÌI' imperio con eguale air-
torìtà Lucio EUo Vero, suo fratello adottivo; a
acDza. essere richiesto o stimolato ( per quanta
appare ) dal fratello stesso o da altri, diede il
primo esempio alla dìtrisione della dignità impe-.
mie , esempio dì funesta conseguenza a* succes-
sori . Quindi , per levare dall' occhio de* Roipa-
m lo scandalo che dajva loro il vìvere dissoluta
del fratello, pensò- di mandarla alla guerra de*
Baiti : altro fallo peggior del primo . Non sola-
mente la persona di- Lucio Vero fu inutile a quel-
rirapresa, ma. vi fu di ritardo e d'impedimen-
to; ed il suo ritorno in Italia calamitoso. Menò,
seco dal}* Oriente ( an, iti6. ) una pestilenza or-
ribile, che tolse dal mondo grandissima parte
de* cittadini Romani e degli agricc^tori Italiani :
disastro che safdbbcSji evitai* certamente , se la
lentezza della sua naaroia che ad ogai passo ' vo-
leva spettacoli e sollazzi., e la sua dimora sover-
chia in Onéoto non avessero ritardato la spedizione
«d il ritorno. £ senza quell* imitile moltitudine dì
Tomo' 2. 12
[i] GiulÌBDO neHa sua ingegnota « mordace satira so-
pra i cesari, onorsado sopra lutti Marc' Aarelu filosofo,
a coi Giuliano stesso prelendeva probabilmeiite di essete
àtsomigliato, cercò con le pìii plausibili ragioni di scusar-
ne le' azioni cbe aveaao iocontralo maggior biasima, come
£u^'av|ir tollerati ì disordini dellu moglie > « d'aversi la-
scialo Bucceuore un così mal avvialo uomo^ qua! e^a<:olK-
nl«d«•
0. Google
178 Delle Rivoluzioni d'Italia
gente cbe si trasse dietro , il contajgiosa moriia
avrebbe fatto meno stcage. Per tutti i aeooli|!)r»f
cedenti , e per dodici secoli appi'esso non 91 trm.^
va. memoria dì mortalità alcuna che abbia à^
strutto così gran numero di gente in Italia, ooms
questa fece. Ma un'altra peste ancor più noce»
vole all'imperio accompagnò Vero augusto dal-
l'Oriente ^ Ne' ciitque anni che ti ti. trattenne'',
aveva egli fatta ku^a dimora spezialmente^ ia
Antiochia capitale- dell' Asia , e seggki pidncipa-
Itssimo del lusso e della mollezza Asiema. Antio-
chia si rendè famosa per questo riguardo in tut-
ta- la Storta antica fin dal tenipo' de'fwiBti suc-
-cesscffì di AleMandrcr Magno. Il oarattere^di qua'
^èittadini che ci ritrasse Giuliana, augosto du-
geat'anni dopo, quando già la zel^ion CrìstiaBa
vi avea faui progiussi grandissimi r può darci «d
inteoders qua! fosse quella dtlà al tempo di Lui-
eio Vero. Or, questa prìncipff penato ftxteniienCe
di sux natura ai piaceri ed ai vizi, s'abbandonb
eoa la sua Aorte in Antiochia ad ogni geserv d»
corruttèle» e tovuò a Roma- peg^'ore che maìcan
■infinito corteggio di commedianti, -di buCRim»
■d* eunuchi* di fémmine lascive, di .ragazii iofa-
nif, e di.ogm-SQTtff d'artefici di piaceri,. U. buon
AJaroòn dolente di veder costumi cosi defórmi
da' .sugi,, ebbe di'tapto la; forfutu^ p^opina^r cbe
rimafle lìbero da 4ui collega -oh» ù aveva per trop-
ijrt.igf^pdp impru^aozij a?s(Mu>ta nel trpflp^. ;3^V
;«è' Id, 'mocte dì Verot nèla diligenza 4^ :
0. Google
Ijbro lU. Cai^o il 179
itoti tolse- già ebe il' mal Mine, «paiM una voltai
B ^ larga inaDo , non g«nogliauB col tempo , t
tmtì crescesse fino « spegnere $utto ciò che restai
tw di 4»t]0D0 nel teiTèoo It^aoo. >
■K. . Q j^ p 0 IH.
■Come (t -vem éiìspófism& stasi slàbiUto a* ietìtfx
' di Vómmodà, tón Seùìmenìa grandissimo 4et-
~- Pìinpcrìó. '■ :■■■■■..
■vjommodo fi^liaolo* siitìcessoró di Marc'Aùrc-
Ho'portò sul trono tutti i vizi del rio , « nruna
■Affettò ddlè paterne virtù ; La vita di questo \ta-
liperadérè, cbe non sembtà jireifentariiltro c6e un
^liipìesaa dt crtìdelfà' e 3i libidini móstfUos*, 4
«nóito fltìtabilepef le thuta^ioni impòrtaoiissime
i4f gévernò « ffi ciu Al cagione' . Niuno ignora quan-
•to^ gtandé fosse in Roma bncbe sotto i prknì ee-
*iri^la^'poféni& dfe*' ttoldatl pretoriani , àob' deUe
-gtiardù del cdfpò dell'imperadortì, mas^amfs-
to dà-cheEtio-SeiaDa, fèrorito di - Tiberio , ave-
va ÌUnìfe-ifl un sot qu&rtiere d alIoggiameotO' tut-
ti^ te -cMfipàgBÌe -che prima sfataistt itì quartieit
•^tiuff . H «afiilatm di' questa guardie t chiamato
pftfétfó del pretella, antwrcliè fosse il primo luo-
"gétetieotiJ 'dell' ìiApiftadore- quando qaésfo andava
alla guerra ^ non area per&- ^anda in Roma altra
•autoiì'tàrv ftwréhi qu^Itr-che g& vmft'a^U'eSMr
=dDvGooglc
i8o Delle Rtvqluzioni d'Ptalia
capo d* un corpo di jnilizie molto potente , e daf-
r accesso frequente appresso al priiiQ|pé . Cornino*
do accrebbe fuor -di- misura il pevere di -questa
carica, aggiugnendo al militar comando un'auto*.
rità civile poco dissìmile da quella che sogUona
avere nelle modeiiue muuarcbàe i gran cancelKffli
o i ministri di slato . Perenne , uno de' due pre-
fetti sotto -Commodo \( ah- i85. ), Accortosi per
tempo quiuato il suo signore fosse alieno dall'ap-
plicazione al governo , e inclinato a* piaceri del-
le femmine , ed agli esercizi corporali : di lottare
e combattere con gladiatori e con fiere, trasse a
sé solo tutta intera l'autorità sovrana; e caccia-
to via il collega Paterno con segrete calunnie, «
sotto «pezie d' «aorarlo della dignità senatoria, à
studiò vìe maggiormente d'invischiar Caounodo
nelle sue lascivie , e nella vita scioperata e hsìx-
taIe...Egli frattanto a none del prin&ipe rioeyeva
le Appellazioni „ depideva le,titi , segnava i ie>7
scritti , e conferiva le 'carìebe d* ogni .qualità (i)'«
Allora la prefettura pretoriana comiociò a coox-
|»-endere, come di propria ragione* tutta l'ajnr
minìstrazioAe dell' imperio così civile che milita-
re, come il gfan visUato appresso gì' imperadori
Ottomani . Vero è ohe in capo a tre anni Peren-
ne fu deposto led estinto, e tuttbil favore del
principe ili rivòlto a Oleandro suo canjetiere, ne»
mico ocQUIto ed etQcJo ài Penezine. Pavye «iw
[i]'A£l. iimapTÌi: in Comtitodo e. 5^ et iéì[>
0. Google
Ijbro ni. C&po m. r6i
pier qiialche tempo restasse sospesa 1* autorità del
ppefetto-del pretorio. Era Gleatidro di vile origi-
ae,' e schiavo affraot^ito.,' che col secondare e
Iimngàre vilmente le passioni del prìncipe , sa ne
avea guadagnato- il favore. La prefetiur» del pre-
torio era uffizio, troppo' onorevole, e il tentar
d' accularlo di primo trfltto non pareva sicuro.
Fensb- {jertanto- di affidarlo a persone vili e dap
poca, Q per diminuire la dignità e lo splendore-
^..quel posto , b per BÌdnrre il principe sella ne--
oessità dì nonùnr Jui , come uaìca pet^on» fede*
le edabile^o; tanto impiego. In fatti oon queste
arti' vi salì', .dopo< ìurervi. ìnnalzàtii parecchi ohe
ferooo lasciati p«F:.poclii gionli, e talvòlta per
poclicoce.. Neppur. Cleandro- stesso lopganteote
vi stette; ptroeohirGoramod», impaurito da* tu<r
multi popdari, fitieostrétto di foito lu^ìdereit e
BÌ«no ^ffirrìvj> sotto lui a possedere la (irefettura
per tre ■ anni . Ma- non per questo à moderò il
potere di quciP uffizio ; peroccbc^ gPin^igfai' e le
cabale' del paJaxzo ( o\ diremo bene del ^miglio
di Commodo, dov'egli se tìt stava nnoliiuso'
efr'suoi eunuchi, e con* teeoento concubioe },- -le-
farìgbevdico, degli euauehi- e- de-' famrltì ,>)cli0
ad9peravQn9Ì -per deporre o ammsaxaf» i\ 9iainistro ,
sol iàcéano- per'xiftmn^ iì gpvtraQ, ^a-per in-
nalzare- qualche novella creatura: hh Coramodo
.ebbe mai t&dtò di' ^rfea di ripigliasi la -mar af-
fidata autorità,- e badare a^i affarì..'
NDti.è f$iQÌle lo spiegare a qpal tfeeetiiy di^
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ifia Delle BivottjzioNi D* Italia
dispotismo questo novello magistrato ( eh' ebbe l'u
sul principio qualche utilità per la virtù di' Papi-
uiano e di Giulio Paolo, che rotlenner de' pri-
mi) riducesse il governo, J prefetti del pretorio,
divenuti soli e sovrani mìnistrì . dell* autivifà im-
peratoria , cercarono d' estenderla oltre . misura ,
ed impiegarono per questo tutte le spttìgUe^ze delr
la giurisprudenza f ph« da' tempi. di.CQranctcìdo q
almen di Severo fii posta io lor;: manq.(^)^' Io
non sarei lontano dal credere eh* «fói . .ceroassero
di stabilirvi questa masuma* TÌc8.TUla f.aQeh9t ^r
gidì presso'i-Tdrchi, cbe ilprìncipa »a.,j]oni.pur
capo delta repubblica, ma dispòlo assoluto .dell»
fortune de' particolari (2).. Questa .era: una.^vi^
molto compendiosa perchè i ' favoriti . disila coirtei
gli amici e le creature del 'ministro.,, e parttcolas-
mente gli uffizioli pretoriani occupauero ogp.i,cQ-
f& che loro venisse a greulo , senz* andar pec citf
cuito , e intentar delitti di lesa maostà. solito
mezzo in quella tirannìa d* invadere.! bspìde^ ric-
chi, « d) spogliare i nemici < Talmeqtfi si avvez-
zarono essi a queste massime, -che anche gliuo^
mini riputati più santi e più dabbene non si tro-
varono alieni da queste tali usurpaóonc. Claudio,
secondo di qnesto nome, che fu annoverato con-
cordemente fra' buoni imperadorì, si godeva il
[i] y. Goltofcej, Qp^rìi minora (^ L^gd. Batav,,i755 J,
jisfert. 1. ■■■■:-.•
[a] Vlpianns, lea de majéstate prìiici|tii KomànPIt^i-
bat solata ■ ■ . . 1 <-
0. Google
■ IJBRO in Capo HL i83
«fetaggib d^ana. femmitia meischÌDelIa , che, essea-
4o ancora nfBziale di Gallieno, aveva occupato;
e fìi stimata azione ^i singolar bontà , che , sali^
tò Eul froDo. \ó abbia restituito all'anlica e le*
g^ttima posseditrice (i). Se questi abusi si estet>-
devaòb per tutte le proviucie dell'imperio-, non
v' à dubbio 'che non inquietassero particolarmente
i paesi più espostf air ingordigia de* pretoriani «
degli' uffiziaii di corte. . .
* tHè qui Rtette solamente il danno -che recìi
all' IblTià il governo dì Commodb » e la prepoten- '
za de' suoi- favoriti e de* capitani delle goardié..
Oleandro, ammalò dal vile e malvagio genio del-
la sua origine , si diede a tutto pevere ad -arvilic
il senato che aveva fino allor eostcnutp il decora
del nome RomàEio (2) . Perseguitò, spense a di-
spèrse i più gravi e più oDoratì ornatori ; aatEiisse
per denaro e per capriccio oonuni viKssimi -e di
stirpe servile nm solamente nel sciato, ma aa«'
cfce neirordìne delle case patrieie, contaminando
con nuovi -ed inauditi mo^ 'la^ nobiltà (3)» So-
migliante maneggio SieeTO d' ogni altra cosa::
■ [1] fonar.^i^t. Till^m.! - ;
[:*] Lampr. e. 6.
(3] • HqH er» cosa nuerfa e di arupirsene; iJìcé €a-
»' MubftQQ, ^0 al TLCQveuero ir lenalo pertone ^i botsa.fl
> vii oondìzione > ma bensì una novità inaudita fu che
» colati persone s'annoverassero fra' patrizi, poiché erasi
■ fin d' allora costumato ài scegliere il fiore dells nobilià
« per .p^ppltmentp delle famiglie patrìiie che t'itliagaf
Ctuaui. not. im Lamprld. p. a-]4-
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i84 DEtLB Rivoluzioni n' Italia
Tendeva ì decreti e le sentenze anomedel pritict'-'
fie, i governi delle provincie , e tutte le ma^o*-
ri cariche dello stato;- e fu il primo, e forse il
solo che in un anno creasse ventìcinque consoli'.
Questo avviUmeote delfe dignità civili, e delibo»-
dine senatorio e patririo accrebbe vie più V ardi-
re e la licenza della soldatesca , e fu cagione im
-gran parte delle rivoluzioni che seguitarono ^
Elvio Pertinace , primo successore di Qjib-
modo, che mostrava di voler ristabilire l'onor
del senato e di Roma, fu ammazzato da* soldar-
ti, r quali per piti' vei^t^a- del nome Romano
Tendettero F imperio a Didio GiuKano, e glielo
-tolsero 'dopo due taiesi'. Settimio Severo-, tutto-
ché principe- nel ' rÌBÉtanente di molta virtù-, fìi
nandimeoo tutto intento ad- umiliare il senato-,
» fosse per mostrar gratitudine verso Commodo',
o per qualche -suo sdegno e dispetto particolare-.
Macrìno ed EHegabalo non imitarono' d^le quali-
tà-di Severo altro ohe l'odio contro it senato.
Succedendo Alessandro Severo , Ottino imperado-
rc-^ a epe' tve vili tiranni, rìmenò all'imperio
tranquillità e calma* . Ma. mentre eh* egli pensò di
tisforare la dignità e l' antico splendor del senatOy
gli. nocque per imprudenza . l^er legge d^Augusto
e- per uso inveterato r prefetti del -pretoria si eleg-
gevano non più clie dall'ordine de' cavalieri. Au-
gusto avea stimato oosa riscbiosci che- ad un> uf«
fìzio di tanl^ riUevo si aggiugnesse l'autorità se^
natoria . Ma Alessandro Sevwo trovasda o^ legge
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LiBRa m. Capo Vi. iS5
o uiaaza noreDameDte stabilita , che i pn^tti del
pECtorio decidessero sovran^unente d' ogni genere
di causa , stimb sconvenevole che i patrìzi fossero-
gnidicati da persone d* ocdine inferiore , è diede
legge perchè in avvenire i prefetti fossero senato-
ri (i).' Migliore spediente sarebbe statO' T esenta-
re i senatori dalla giurìsdizion pretoriana, e lar
sciar solo il senato giudice de' suoi membri ; lad-
dove dando nuovo lus^ e peso al potere già esu-
berante de* prefetti del pretorio, due egualmente
perniziosi e^tti ne nacquero. Quegli uifiiìali a
prefetti guanto più partecipavano dell'autorità so-
vrana 4 tante più in quegl* iniqui tempi erano ten-
tati di salire al primo grado, coli* a^rettar la mor-
te dell'imperadore. Dall'altro canto, Ìl senato già
tante volte afflitto ed esteniiato dalle brutalità di
alcuni cesarì',. trovoeà dovellamente abbandonato
alla' dÌKresiene d' un solo ministro che mille sti-
moli e mille pretesti potta av^rc dt- malmeBar lo .
Vero è che non si mutò per questo io stato uni-
versale delle cose , nà. il guvMoot deUei provincia
Italiane.. Ma 1' essere in. tanti modi' perorata la
cohdiaone del senato conferme ed accrebbe taj-
nente l'audacia de'itorpi Bulitari,'cbe l'elezione
degt' Jmper»tdori divenne, loro propna, e l'appro-
vazión del senato twnlù per poeo o.per nulla; -il
«he fu colpo iàtale all'^iijiperio , e rovina d'Ita-
lia.. Quindi nacquetog^rreoivìli.senza fine. IHiuno
(1} Tillein. ari. 13. . . ...
0. Google
i86 Delle EliTOLDZiONi d* Italia
degli CKicìti non volle essere inferiore agli ali
tri; e (qualunque volta manob l'imperadore prìnja
d'aver fatto prestar > giuramento al successore,
ciascun' armata eleggeva un augusto. L'abuso an-
dò taat' oltre , ebe- in meno d* un secolo, tra Set-
timio Severo e Gallieno, ittfcmo creati da venti
imperadori .
C A P G IV.
ConstUuziòne di Caracolla M grande pre^u^ia
aiV Italia : altra legge non pien natala^ di Gal*
- lUnò:- goì>errt& straordinaria ^ Xlàlìa soiio Au^
-•Teiiaii», -. . 1 .
ijipca que^i stesiti tempi che V autorità esube-
rStòtfrdei prefetti del pretorio fece -quasi cambiac
natQFtt al governo Romano, fu ancora per no aU
tro veMoi peggiorata in generale la condizione
d*Italia^. Da un fratiunento d' Ulpiaoo , riferito
nel digesto, si fa palese obe -per légge d* Antoni-
no tutti i sodditr del dominio Romano furono faC*
ti oittadini di Boma^i]). Non mancano scrìttm
ohe attrìbuisoono questa constituzione ad Antoni-
no Fio; ed altri con più fondamento ne fanno
autore Marc* Aurelio il 61osofo . Ma oggimal non
si dubita essere uscita quella legge sotto il regno
(i) In orbe Romano qui sunt , cives Romani facli suiti,
Digeit. 1 l'i, ff. de (tatù nomÌD.
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.Libro HI. Capo TV. 1:87.
d*Antomao Caracalla. Già si è da do! notato ài
sopra , come e par quali n'ietti dopo Jà morte dìi
Cesare siasi data a tutta la Gallia Cisalpine* o
w^liam dir Lombardia , la cittsdìnaoza Romana :■■
D* allora in poi Augusto ^i mostrò sempre assai
pareo o jteatìo a pfivilegiare i pronot^Ei (ì); né
oppiamo che i niocessori suoi per lungo tempo-
abbiano usato in questo sorercliia larghezza , ec-
cettuatone Claudio t principe d' insigne indolenza
e dabbenaggine (z) . Adriano , nel visitar in per-
soti^ .ogc^ pai^ dell* imperio, ebbe senza dubbio)
ooeasÌD0e'0.stiiiiaIo di. Concedere la cittadinanza
di. Roma a molti particolari e a mi^ città fuo-
ri d* Italia : e Maro* Aurelio suo nipote per ado-
zione lo imitò forse in questa parte ne'viaggi cbe
fece 0 per visitar paesi , o per motivo di guer-
re (3), Ma Caracalla o per accattarsi T affetto-
delie province, da che ri avea colle sue crudeltà^
guadatalo 1' odio di Roma ; O' per .rifar ì* erario.
ewmto con l' ereà'ti e xsoi legati che da.* soli cit-
tadini poteaa venire si. principe, estese a tutto
r lÉiperio indistintamente il diritto della cittadi-
nanza , Or cbi <ibe si fosse e 1* autore dì quella-
Ugge, e il motivo ohe lo indusse a daHa, ^H è-.
tuttavia certissimo obe il vantaggio cbe far ess»
. (j) CMtalem . Bon^maitt parcitstma dedit-, -Susi, in
Ocuv. e. 4»-
■ U) V. Dion. Ca». i. 5.Ì. ' ^ '
(V Sext Anrel. de CMurib. e. i^..
ovGooglc •
r8S' Delle: Rivoluzioni d' Italia
ottennero le provincie , scemò notabilmeaté le pre^
rogative d' Italia , la quale non formando che pic-
cola parte di lutto lo stato Romafio ,> dovea con-.'
seguentemente non' restare agrit&liaai più ohe ima'
piccola parte nelle cariche e nel governo _(An. azSv)
Id' 'fatti , si potrà osservare nel seguito della sto-
ria augusta, che, dagli Antonini in poi .ira tut-
ti quelli' che salirono al trono , appeaAt se ne cob^
taoo due o- tre naturali d'Italia. Vero-è che- 1? ef-
fetto perniziosmimo della consititiizicnie di €aia'<
cfdla ùì accelerato da un colpo' non men fatale'
che vi menò Gallieno ( àn. 261 , b seg.) . Co^
jiteii famoso per viltà e dapix>cagg)ne sopra quàn-'
ti portarono corona impraialè , di poco fallH che
non recasse al nulla^ I* Imperio Romano . ' 0
gifwno s' udKt' r avviso della perdita di qualche
protincia : ora una xibellion^ dell*'E^tto;v era'
KAsia. e la Dacia- devastate dagli Sciti; ora ud'
nuovo augusto xegnante nelle GalHe . A queste
novelle replicava Gallieno: e ehei* ISoB- si potrà-,
viv-ere e non si potrà regnacie senza i nitrì del*-
l*'Asia, senea i lini' d' !EgÌtto , e senza le saie d' Ar-
ras ? Sentimenti lodevoli senza-dubbio,quahdo fos-
sero procedati dalla severità d'un Ve^>asiano , o-
dalla saviezea di -im Maro* Aurelio:^ .' Se Gallieno
avesse operato conformemente a cotesta modera-
zione'ohe ìntendeTa mostrare , si 'avrebbe fhtta' al-
lora una- divisione d'imperio più utile e' più dli-
^volo di (^lla ohe fecero, dipoi Diocleziano' e
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Tabro hi. Capo IV. 189
'Costeatino (i ) . Ma Iddio cbe dispooeva le cose
àlL*" esaltazione della religion Cristiana; avea ordi-
nato altramente. Gallieno cfae -per l'autorìtà sua
più legittima e principafe doveva dar iegge agK
altrì, «ra il più disprezzevole di tatti; « fra* tan-
ti ttraani che ei levarono satto il suo regno, non
ne fu uno . se la storia Ài Trebelk'o non mente .*
fìhe> non saporasBé Gallieno ijell' abilità di regna-
re . In fatti , XjalUeno di tante proviode che com-
ponevano r insperio , non potè aemtDe&o «ostener
r Italia , cui laseiò prima esposta alle inoorsiom
de' barbari , poi occupace in gran parte ^a Au-.
■eolo governator dell' Illirico, il quale» pceso, co^.
me {ti ahri , titolo d' augusto , passò le Alpi , 4
pose fiua sede impOTÌale io Milano . Il mezzo con-
cui s'avvisò Gallieno di repriBaere queste 'solleva^
zioni , non val»e punto ad assicurargli il. tiiono, e
fu cagione aUMtalia di Volgimenti . più rovinosi .
Egli è da notare che la più parte di questi
capitam era^o senatori Boi^ni. Questo sistema dì
XO 'OJenato e^MUimto, il prima aell'Orieoie « l' al-
tro nelle Gallie cìceruù come . e<>vraDÌ ed aiigiuti, -poievMOQ
coi tao temente difendere le ptovincie Romane^ 1' udo da*
Oeiiuani j l' altra da' Parli; ed allargarne ancora ì coofini .
Amendue »veaiio fìgliiieli.da luciar sue e esso ci , i t[uati,
uccpme poteasì sperare c^e avrebbono sostenuta la lo£o jiar-
tè delf Imperio , cosi non era da temere eh* essi fossero per
turbar .l' Ilalu. Percioocbè non aveado l' iiutotitù d'Odeitti-
to e. di Posiumio, avuto prìuclpio iu Roma « i><è per con-
uaio del senato, GatHeno e il s^o figliuol Satonino avreb-
bero eòa ti cu rezza ritenute quelle provìncie nMdeiime, che
poi furono assegnate a Costante -
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I9<3 Delle BivolbzjOni.p' Italia
dare U icQDiaado a penoae d'ordiae ^«bdtoria erA
divenuto tanto più óecassario, da clw le I^Ìqdì
s'eraao riempite di soldati stranieri e b&fban ,-. ff
da obe i nativi Rpmani ed i Latini, antico D«r|jq^
di quelle ansate eooquistatrìci . » erano iticodar-i
diti qeir abbondcto» e nei' mìo. Fer maateawet
^att^otu ^negli éteiratì l'autorità del Bom«. l^om&^^.
no, ^vanat le.' cariche principali a' eeoatori a'a^
yatrixi. Vd>Q è cbe fino dal tempo -di Giuli» Ce-f
9am «i asimettevanD alle d^nità e'.nercetMftf ì
fb^ieetieri al futri de'ntiuri^ cittadini e de' mihih
ìi. Ma gli jtrapiéri ricévuti in qaell* prcUoe codce*
pivati(> f! BQ^rlvapo poi per la sede coarone di
tao^ statovi» stHBOf affetto de'<primi. Per -tema
che questa affettQ si raffreddasse' col tempo ^ Tro^
ìaoa e Msxtì AukUo avisamr ordinato cbeciascuo
senatore dovesse , avere sue possestroni denteo al*
UIUiIÌfi(: (»dinatnsiito , conKcliè:'per quf^Iie altro
xispetto non troppo lodevole r utitis^mo ooodim»'
PQ ,per . questa-' rj^tone, cioè 'per ritenere dalle cop>-
giura e dalle rìvofte i senatori che andavano al
comando d^e provincie e.de^ tiierciti, i; per-
ebè'CMendo aleuti dì kro- per qMalàvogItacaSo'
innalzata alla dignità imperiate, avesse quasi un
Biqtiyof;d',int^6S5B.(Jomestìce( ,d''aBiace' e.difende-
re 'ritalia., e risedem . * Iqtontò M perìzia dèl-«
Ift.fioàcjii.; guerra, che m tenea viva neirordinef
[>9erìzlo, rìniedìava' in parte^ al difètto della ple-
be in/ìngardita ndl^.ozio della città. Fina.a,tanv
to. che ,t , senalori si mantennero jnellecarichai
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. Ijbro HI. Cjuv IV. ■ 191
della milizia, si potevano ai biiogna preoder Io
arftif; perchè d'ogni sorte ^'uòmini si possono
ftv- buoni eseroìtiv- dove non manchino > i capita^
ni. N«* primi anni di Q&Ilieuo^ alltwchb questo
iA]pei^oPe s'era portato nedie Gi^'e a repriòiere
qUE^die ribdlidne-, graà molb'ftidiae di barbar»
s'ardozb ««reo Jtalta per la vìa. d' Àqulleia . Al
primo terrore oli*ecoitò in :Roma questo^ avviso,-
it «aator non [R)tendo altrimenti fomirn , armò
gli sc)»av«^>e min» in piedi un eserdflo da far
fronte a^ nemici v qualora si fossero innoItratÌT^-
sola città. Ma Ift «ciocca polifiba di G^lieno
tolstt anche questa via di scampò a* Rtimdni.'Vie^
tò egli pdr h^ge' espressa* die -in avVenìve^ biub
seoatorr potesse aver comando di esèròiti. i se-
natori, bencfaè ricevesMro questo come sfregio ed
jo^QTÌa, 9 se D« ' ranmgrìcBSsei'a da- principio f
pure TÌ's'aocODCÌaa*ono assai di leggieri in ap-
preiso; e contentandosi deUe carìcb* 'civili, faa*
darono a goderti quietamente le smisurate loro
ribòbezze , colle quali, tolti vìa gli stimoli' della
^oria e dell'ambizione," potevano agevtJnìente
sbddisiara ogni altra passione (1). Crebbe pcù col
I. : ■ i . ■ ' ■
(1] E cosa incetta/ éìce Aurelio Villore> se il aenalo
p^ pigrizia, o ptr tim^orp, a per ^fsiderla di fuggir bri>
ghe e diiicofdie^ s'abbia lanciato andar di maDo t' aoton"
Af che ripigliar polca sotto Tacito, di crear il principe,
e di coptaudare gli eKrcilt. EefOcchè. dim^titicata la leg-
ge di Gallieno, poteyanii (ipao'rpre gli ordini , della i?i'lì-
lia , con rèsiituit le cariche militari a' Knatori. Le. legioni
lo avrebbero allora accODieqtito, e l'ita peri o in quel modo
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102 DELt.E BlVOLUZlONT D* Il'ALlA
tempo r ìnfiogardaggine de' seoafòrì;~e daUa non
curimza delle milHarì Tennero essi a trascurare
anche le cariche civili, « per esentarsene, molti
dì loro uscivano d'Italia, e s'andavano nascon-
• deodo nelle campagne -della Dalmazia, della Ma-
cedom'a, e della Tracia (i), Coà finì d'eatin-.
guersi ne* petti Italiani ogni valcve, tii si tro\'&
neUe seguenti congiunture chi potesse far resisten-
za a qualsivc^ia anche leggero assalto de* nemi-
ci; e gli ufBziali e ì «onumdanti delle armate
Romane, stranieri e barbari, come si è detto,
innalzati poi all' imperio , poco curando e dì &o-<
ma e 'd'Italia di cui non «raoo £gli, cominciaro-
no a travagliarla e draoneggiarla aspranteate* e
fiir dimora in altre provineie. Non fu perb laca*
data d'Italia sì subita; perchè alcuni 4e' vecchi
ufGziali che si ritcovarono nelle armate di Gallie-
no, e'che gli succedettero nel]' imperio , ripMao-
de^ quanto fu possibile, a* passati mali, sosten-
nrao lo «tato di {loma , benché vacillante : ed era
forse da specar molto , se la vita loro &sse stata
più lunga. Ma Aureliano e Probo regnarono por
chi anni, Tacito e Claudio pochi mesi. Vero è
che Aureliano fu di genio rigido e feroce; ma
iKiD farebbe venuto in nane Si solcati idi fortuna . Ma
mentre che i grandi ài Roma ti compiaceano ndl'oKìo, e
temevano di tnelteie in pericolo le ricchezze che antcpe-
Devaue a tult' altri rispetti, spianarono la. strada ad uomi-
ni militari e quasi barbari di dominafe sopra Inio e i loro
poiterì. Aurei, Vici, de Caesaribus ».-«5g. '
(0 God. Theodos. I. 6, i. 4, J. *i.
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Libro HI. Capo IV. 198
ài meiio non ci volea in quello sfato ài cose: é
per iofìaiti esempi si può dimostrare cheoves*eb-
be a dar negli estremi, più giovò al comune la
soverchia durezza, che la' troppa clemeuza e fa-
cilità. Ad ogni modo il régno d'Aiu^Iiano, co-
mechè di cinque soli anni , fu de* più gloriosi e
fortunati , non già, perchè abbia allargato gli' an-
tichi confini deir imperio, come Tito e' Traiano,
ma perchè egli colla sua virtù ed attività distrus-
se tutte le reliquie de* tiranni che si erano solle-
vati sotto Gallieno, e rìcompose la repubblica la-
cera e dissipata ; e '
» Se gli altri l'aiutar giovane e forte,
» Questi in vecchiezza la scampò, da morte.
Ampliò la città di Roma, la fortificò di nuove
mura di cui ancora oggidì si vedono avanzi ma-
ravigliosi , e ristorò la popolazióne per mólte par-
ti d* Italia con la moltitudine . di persone anche
ragguardevoli , che dalle ' Gallie e dall' Oriente
condusse in trionfo, fì'a le quali si conia la fa-
miglia dì Zenobia celebre regina de' Palmiréni , e
vedova d'Odenato augusto. Il vivido zelo eh* eb-
be Aureliano di riformare i corrotti costunù, e
ristabilire il governo e la giustizia, lo indusse a
creare un nuovo magistrato straordinario con am-
plissima giurisdizione sopra tutta Italia (an. 274.).
Eleue persoaa attissima a tale uffìiio . Queeti fu
Tetrico, seoator Romano,' il quale creato imp»-
radore nelle Gallie contro sua voglia, avea. go-
vernato alcuni anni con grande prudenza e virtù
Tomo l i3 .
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194 Delle Rivoluzioni n' Italia
le Provincie che V obbedivano , (ìncbè vìato pef
forza , o lasciatosi vincere da Aureliano , fìi da
lui menato in trionfo. Ma cessato quello stimolo
di boria o di collera, Aureliano che conosceva la
virtù di Tetrico, lo ebbe poi sempre per fami-
liare e molto caro (i). A costui dunque cranini-
se il governo d' Italia col titolo di correttore ,
riunendo in lui solo , e forse con qualche ag^'un-
fa» quella stessa autorità cbe in quattro partì di-
stinte aveano i giudici consolari stabiliti da Adria-
no (2). Questo nuovo magistrato, il quale, se sì
riguarda la qualità della persona cbe prima 1! ot-
tenne, e di quella che Io instituì, dee credersi
cbe fosse utile a questa provincia, durb fino
a' tempi di Costantino or eoa maggiore , or con
minore autorità e potere, secondo le circostanza
e il vario favore de' principi .
CAPO V.
'Dwistone e rivoluzioni dell' imperiai « prono itrt-
sibUe scadimento dello staio d'Italia a' tempi di
ZHodeziimo .
JVla le cose d'Itab'a erano condotte a tale che
io- niuna maniera potcano ricomporsi durevolmen-
te. Quegli stessi ordini, che pur da un cantti
[1] Treb. Poìì. in (riginta Tyrano.
[3] y. Paacicol, in Dotit. ùap. oceidwU. e 49.
ovGoaglc
, Libro III Capo V. . it,5
jiàPeano i più Decessari a sostener la grati Mole ma-
□ifejtameate cascante « dall' altro Iato né rendera-
no la rovina più vastA è^ irreparabile < Morto
Caro che tornava vittorioso ' dedla Persia* ed uc-
ciso poco dopo Numeriano cesate suo Bgliuolo ,
prese 1* imperio DiocleziaQo ( an. ^84. ) * uomo
dì vilissìma prìgide, ma d^ accortezza e capaciti
incomparabile a governarci L* essersi «gli avanza-
to alle dignità per la via dell' armi ^ ci dee per-,
suadere che la bravura militare non gli mancò .
Nondiinetici Lattanzio * scrittore infoi'matiBsimo di
queste cose (t), ci assieurà eh* egli era di natu-
ra timidissimo. Ora, da queste contrarietà ap-
parenti convìen raccogliere che ì* ambizione sua,
e la necessità di farsi per aè medesimo la sua
fbrtilha « lo rendevano coraggiosd e bi'avo in tem-
po che militò sotto il comaOdo altrui. Ma ap-
pena ottenne il titolo di augusto « che o nacque «
o ritornò in luì la naturale timidità. Se rimase
solo jmperadore dei tre o quattro suoi coDCorren<'
ti, fii effetto dell'astuzia e della fortuna sua» noa
[1] iiMtinvo iDiegnara pubblicatficnle rettorie* In Ni*
GOmtidia nel tempo appunto, che vi riwdia Diocletìaba
COD la sua corte. Noa v' i dùbbio eh' egli e come uotna
di lettere, e come Cristiabo potè aver molti amici fra j
minìairi e familiari dell'imperadore ^ e malti più ve ne pOli
conoicere dopo 1' abdicasioae e la morte di Ini, allorché,
regSatido Costantino, si potè Senza rischia professare lare-
ligiod Ctiiliana^ Nel libt-o da m«rtihas Persecutorutn tro-
viamo motte particolarità del regno e del Carattere di Dio»'
desiano ) <t ignorate > 0 scatnbiate^ o taciute .dagli altri
scrittori. Perì) tnlti coloro che cciaipilarono la storia di
? netti tempi prima die ìl ^alttiia pubblicasre. .iJ ' suddetto
ibro di Lattanzio , lona dilèttosi e mancanti -
0. Google
ty6 Delle RiTOLuzioiH D*rTALU ,
del valore . Perocché pglì lasciò battere e coi]su->
niarsi fra loro Valente, e Carino; e spento il
primo, fece per segreto trattato, cioè per ttadi-
meoto, levar di vita il secondo. A^ssìcuratasi in
questo modo la corona imperiale, certo è che
Diocleziano difese poi sempre I* imperio da* ne-
mici esteri, e represse i vassalli ribelli col hrao
cio altrui , né più espose la sua persona ai peri-
coli delle battaglie. Passò egli bene spesso d*uaa in
altra provincia, secondo che giudicava esser bisogno;
ma lasciò menar la spada a* suoi 6di, e comandò
gli eserciti dal gabinetto. A considerare il carattere
e le azioni di questo imperadore, non i faci! co-
sa il giudicare gè la nuòva divisione eh* egli fece
'delle Provincie Romane, dalla quale procedettero
le rìvoluziooi delP imperio, e la declinazione é la
caduta d' Italia , debba attribuirsi alla timidità sua
natia, alla necessità dello stato* o ad un taro e
singolare efretto di amicizia. 11 più verisimile, à
parer mio, si è che queste tre cagioni sìensi uni-
te insieme, e lo abbiano unitamente inclinato al
partito memorabile ed inaudito che prese , d* as-
sociarsi un compagno nella dignità sovrana • • H
bisogno di custodire j con6ni dell'imperio da'
Persi , da' Germani , e da* Sciti , che non oessa-
.vano mai di assalirlo j le tante ribellioni de' ca-
pitani, che si eran vedute ne* tempi addietro, fe-
cero conoscere a Diocleziano , che ormai era una
presunzione folle il' credere che un imperadore
potesse viver sicuro, non potendo uè regnar senza
0. Google
Libro IH. Capo V; 197
eserciti, oh comandarli tutti in persona < Dall'al-
tra parte , posto ciò che s* è. detto del suo natu-
rai pauroso , voleva evitar a tutto potere le im-
prese, pericolose; e l'esempio di Valerìano augu-
sto, fatto prigione da* Persi, e ridotto da loro ad
una servitù vilissima e tormentosa, gì! dava spa-
vento. Pensò egli dunque, che miglior consiglio
fosse cercarsi un collega, con cui potesse divider
sicuramente 1* onore dell* imperio , ed a cui ad-
dossare il carico di sostenerlo* In tal pensiero, la
stretta amicizia eh* egli areva con .Massimiano ,
e la pratica della sua br4vura non lo lasciaro-
no esitar nella scelta. Lo creò dunque cesare
( AH. 286. ) , e poco stante Io dichiarò augusto
e suo compagno nell' imperio . Ngn era questa già
cosa nuova, ohe un imperadore si assumesse un
collega: Nerva, e Marc' Aurelio lo avevano fatt9
molto prima. Ma fu cosa ben^ nuova il divider
re, come fece Diocleziano, le proviooie. dell'im-
perio,'assegnando l'It^ia, l'Atrioa, le Spagne, le
Gallio, e tutta la parte occidentale dall'imperio,
a Massimiano Ercuh'o; e ritenendo per sé' l'Orien-
te, cioè l'Egitto, tutta l'Asia Bomana, e riUirioo
che comprendeva le Pannonie, la, Macedonia, ta
Grecia, e la Tracia, Trovossi allora per la prima
volta l'Italia separata dal corpo intero , dì, quel
vasto imperio, e per conseguenza oonunoiJ? a. ri-
maner priva delle ricchezze; che soleanp venirle
dall' Egitto e dall' Asia . Diocleziano, intento ad in-
grandire eoa nuovi edilìzi Nicomedia ed Antiochia,
=dDvGooglc
198 Delle Rivoluzioni d'Italia
non si prendeva pensiero ne d'Italia, uè di Ro-
nia; e Massimiano, Decapato a gueiT^;giar con-
tro i Germani, fatta area Treviri quasi sede del
suo dominio. Del resto, l'Italia, tuttoché lontana
dall' occhio de* principi, non aveva cambiato fór-
ma di governo da quello ch'era stato introdotto
da Adriano, salvocbè,' all'esempio d'Aureliano,
vi restò un giudice generale con titolo di corret-
tore ,
Stettero le pow d'Italia e dell'imperio in
questo sfato, fino a tanto che Diocleziano potè
manleuer la pace ed Parti , Degli affari delle
Gallie dove insorgevano euove guerre ogni ài ,
'non si dava pensiero, sicuro delP attività àeì fe-
-del Massimiano , Ma turbatesi le cose d' Oriente,
'Piocleziauo ohe s* era fermo nell' animo eli r^na-
<^rie alla Persiana , lontanQ dalle battaglie , in me^
"zo alte adorazioni de* cortigiaqi e de* popoli ; ed
-occuparsi a beli' agio in f^'e- e rifar terme , par*
lazzf ^ teatri, deliberò di rifornirsi dì novelli cam-
pioni per resistere a' nemipi dj fuori e tener sem-
pre ìu fr^QO gì* interni, Egli venne ìn Italia, 'e
'fattovi v^nir da Treviri Massimiano, si concertb
ftà loro in ^Milano di crear cesari due de* più
riputati capitani, giacché l' uno oon aveva fig^uo-
li, e l'altro ne £^vea un soto cattivo e da po-
%o . Si costrip^eto ì nuovi cesari , ohe furono Oh
jrt^zq Cloro e Galerio, a ripudiare le loro mo-
gli, e menarsi uno la figliuola di Diocleziano,
V altro dì MKBsimieBo , pwchè iòsecto con doppiq
0. Google
Libro HL Capo V. agg
-■rìiieolo di gratitudiae e di parentela obbligati ai
due auguiti ; Si divise con questo l' imperio in
quattro parti ( an. 293. ) . Diocleziano ebbe per
sé la Siria , e l' Egitto ; Galeno , tutto l' Ulirìco ;
Costanzo, le Gallio, le Spagne, la gran Breta-
gna ; e Massimiano ritenne V Italia cun le Ìsole
adiacenti , e 1* Africa . Da questo punto cominciò
Tìe maggionoente a declinare lo stato d*llalia,
la quale , dopo aver per molti secoli inghiottito
le ricchezze di tante provinrae , e goduto intema-
ménte nna pace lunga e appena talvolta interrot-
'ta da qualche breve moto d'armi civili, fu per
-più secoli avvenire spogliata e smunta dagli stea- '
'si cesari, e da lunghe e varie guerre travagliata
'é deserta-. In vece d* una aorte essendone ora
quattiro , e volendo ciascuno de' cesari agguagli»'
Te gli altri nel iàtto , uopo era che ogni quarta
parte del dominio Rconano somministrasse al man-
'tenimento loto quanto soleva per 1* addietro con-
'tribuir tutto insieme . AI che si à da aggtugnere
che pur allora era cresciuta il fasto de' cesari per
i' esempio massimamente di Diocleziano , il qu^de
superò tutti i principi precedenti nella vanità de-
gli abiti, del corti^gio, e àel trono. Massimiano
che b' era piuttosto aweiao a seguitar le vanità
e le sciocchezze di Diocleiiano , che le virtù dì
lui (t),: cominciò «imporre nuovi tributi agl'Ita-
liani, i quali non aveano fin allora avuto altro
[i] Atir. Ticioc d« OaMfrib. e. Sp, p. 411,
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'200 Delle Rivoluzioni ù*Italia
carico, clie il sostentammto Atile guardie.' Qqc'
ste- gravezze diventarono tanto più iatoHerabilt
■agritàliani, perocché, ohre all' esser privati nel
tempo stesso delle solite contribuzioni che vi ve-
nivano di fuori, erano pit>babilniente dalla nuova
moltitudine di milìzie molestati , e & disturbata
più che mai la coltivazione delle ' campagne . E
siccome l'Italia, perdute le sue prerogative, in-
corse nel destino comune delle altre provincie ;
così Roma nel tempo stesso parve che cessasse
d'essere la capitale non che dell' imperio, ma
■anche dell'Italia stessa, perchè Massimiano tenne
la sua sede in Milano. Non ostante questa diri-
sion dell'imperio e la pluralità de' prìncipi, le
cose in generale procedettero alcun tempo felice-
mente, finché riusci a Diocleziano di mantenersi
come anima e capo di tutti . Penàocchè egli col-
la sua accortezza, e coU'autoHtà che avea sapu-
to rìteiìere sopra i tre colleghi, aveva con esem-
pio inaudito tenuto fermo ed unito' un vastissimo
sfatò governato da quattro capi . Ma o fosse vo-
ler di Dio castigar l'empietà e l'Orgoglio dì Dio-
cleziano persecutor acerbissimo della religione Cri-
stiana, o che, secondo il corso ordinario ddlle
cose del mondo , rarissimo sia od impossibile che
r umana prudenza , siasi pur provata e grande
quantunque si voglia , non venga meno ; 1' astu-
zia e la fermezza di Diocleziano non potè evita-
re la sorte tròppo comune nel mondo e nelle cor-
ti , di vederlo spiantato da una delle sue creature .
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Libro UT. Capì) V. 201
Galerio cetàn mandato contro i Persiani , se
- ne tornò dalla prims spedizione vinto' e disfatto
• con grande perdita. Venntò a sousarn con Dio-
cleziano, fìi da costai accolto con gk-andiissimo
disprezzo; perchè T o^glibso impefìidore se k>
lasciò correre a piedi uolla porpora ìndosto un
tratto di parecchie migUa diètro al carro. Era
Galerio feroce , intollerante , e di smisurata am-
bizione i ned è però da diilutare eh* egU msditat-
se 6n da quel punto di liberarsi da quella umi-
Jiante soggezione, e che ì suoi amici e cortigia-
oi , per lusmgarlo e mitigare h sua amarezza ,
non ve lo stimojassero in m(Jti.modi. Ma prìna
di tei^tar novità, convepiva cancellar la macchia
ricevuta con qualche opeA gloriosa ■ Dissimulò
dunque Galerio il suo sdegno , e datosi tqsto. a
rifar 1' eeeroito, marciò da capo oontro i Persia-
ni, e tornò vittorioso da quell'impresa. Xio rice-
vette allor Diocleziano con grandi dimos^ttziwi
dì affezione e d'onore; ma i &vori anche grao-
dissinù difficilmente fanno. dimenticar I9 ingiurie,
quando una volta s'ostinò l'animo alla vendet-
ta . Gonfio per le sue .vittorie Galerio cesare * e
piti dalle adulazioni de* suoi cortigiani , coipinraÒ
a trattar Diocleziano da vecchiardo impoftente ed
astuto , che voleva solo godere il frutto de' peri-
coli altrui , 'aeoz* arrischiarvi la «i)a persona . Con
tali stimoli e lusinghe Galerio andava formando
nuovi disegni, ch'erano per Io meno d'essere
ovGooglc
■joa Delm RiToLuzioM »* Italia
solo ìlpacb-one di bitto T imperio (i). TojtbegH
da priaa. con si^eHmentì aimehevoli in appa-
miza di muoTcre^ DiodeaaDO a rìnundargli la
corona . Dalle penuasìoiiì passe alle mioaoae ; e
pereiiè e^i area sotto il suo comando un* arma-
la nM^to maggtoTs che non avessero i due vecchi
>imp«rad(»i, o i capitani a loro fedeli, d*uopo fa
-ehe I^ooleztano cedesse al più forte. Frogettossi
-«Hora par la prima vtJta di crear (}uattro io^w-
-radorì assohiti . P^reioccbè Diocleziano , se^Ando
-Galeno stanco ed infastidito del titolo di cesare^
•fl detta o poca o molta d^endenza che questo
ililolo importava, propose ohe si creassero quat-
tro imperadori , cioè a dire che si dichiarassMV
'augusti i due cesari Galen'o e Costanzo. Ma Gfr-
4erio , risoluto di non volere uè superiori né ooI«-
l«ghi i due vecchi , rigetth il partito , e Dioder
-aiano fìi forzato a deporre la porpora , Notidimer
«o per coprire in qualche modo 1* enorme ingra*
"tìtudine dell* uno , e la debolezza dell' altro , fu
preso accordo dì fingere «he I^ocleziano volesse
di proprio movimento lasciar le cure del trono a
«agione dell' età avanzata , e di tue infermità .
fa questo tenore si pariò in pubblico neU' attp
dell'abdicazione; cosi si scrisse negli editti e nelr
le pubbliche lettere d' avviso , che si ihandarono
llttorno . Dal ^ nacque V opinione' del yolgo ,
l"] liaotatil. ubi sui»-». ■ '
0. Google
HOBO JH Capò Y, .m3
'possafa per via della storia aocbe a* posteri, c^e
Diooleliaao spoiitaaeanietite laecib l'imperio, per
JudarseiH! a coltivar i suoi orti in Salona . Muii-
miano Eroulio che regaara ìd Italia, uomo più
fHoce e meno disBÌmnlaate , diede facilmente a
conoscere cl^e non deponeva dì buon • gr:^ H
ooroDa : ma la fama si sparse, che vi era neon-
-sitato da Piookteiaoo , il quale, come padre e be-
neiàttore comune di tutti , si premmeva tuttavia
arbitro de' lor voleri . Nel tempo stesso obe riaun-
«iavano Diocleziano e Màssfmiaao, e dichiaravao-
'«i' ati^iosti Galerio ^ Costumo Cloro, doveansi
«reare due novelli pesar], per seguitar l'usato stile.
Crearonsi questi ad arbitrio di Galeno (an, 3o&.).
£)iocIeziano , costretto a- cedergli nelle prime
dommde, dovette acconsentire poi a tutto &b
the piacque all' ingrato genere > l^on s' ebbe duiù-
que riguardo ni a Costantino , né ad' alcuno
eie' parenti o deg$ amici e servitoti de* vecchi
principi, Furono tratti fuori con grbnde itupor
deHa gente due scadati di fertona , bevitcni e- bru-
cali j Severo « Massimino, l'autorità e il braccio
de' quali conSdavasi Galerio d' impiegar senza.so-
spetto ad ogni suo volere. Massimioo fu lasciato
alla cura dell'Oriente-; a Severo fii dato il go-
Temb^ deir Itdia e dell' Africa , con le ìsole dd
Mediterraneo , Se ^tto a im cesare sì stolido ed
inumano ebbe V Italia per tre anni a sostener ca-
richi ed ingiustizie più gravi che non s* erano
provati sotto Massimiana * possiamo fone dire cho
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ifto4 Dell^ RiTOLczTom d'Italia
Iti modérazioDe ed il buon aaimo di Costadm na
fnron cagione (t). Conteato egli oramai di pof«
goverDare a suo senno le Gallie e le altre provn><
eie dell* Occidente ì che con autontà subordinata;
« con titolo di cesare avea governate negli andì
addietEo , naunzib al dominio d* Italia e dell* Afri-
ca t lasciando che .Severo le nggéiae a sua vogfia ,
e se la intendesse con Galeno , dal odi favore ri-
DODOsceva la sua dignità.
Cose maravigfiose rìferisòe la storia del i^egno
^Costanzo, e. della felicità che godettero a sua
tempo le proVincie a lui obbedienti . La fama cha
«e ne sparae di qua dell'Alpi, e la tirannide di
Severo cesare, mossero molti degli Italiani a ri*
fuggiarsi nelle Qallie . Però l' Italia a cu! veniva
già da qualche tempo tnanoando Ìl concorso ed
il sussidio delle Provincie straniere, cominciò ora
a decadwe in peggiòr. guisa , perchè gli antichi
aiutatori l'abbandonavano, e ne trasportavano il
più che potevano de* beni loro .
I Romani oppressi. dalle instJite gravezze ohe
imponeva Severo, e i soldati o Italiani di nazio-
ne, o stati lungamente in ItaUa comedi presidio.
[t] Secondo l'ordine introdotto da DìacleiìsDO di dì^
vidcre l'imperio in dae parti principali» Occideote ed
Oriente, l'Italia apparteneva all' imperio occidentale, a do-
vea dipendete da CostanKo; e Severo ereato cesare, o vo-
gHam dire dichiarato figliuolo e anccMSore dell' imperaJot
d'Occidente, dovea nel governo della provìncia aiKgiHU*
gli obbedire a Cottanzo , siccome MauimÌDO cesare nel-
r Oriente dipendeva da Galerìo angnito ■
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Libro IlL Capo V. io5
mal fioddisfatt! di lui, perchè dairozio e dalle
delizie di Roma, a cui ai ^anoavveizi, gli stra-
scbava nell' Africa ; iovitarono alla porpora Mag-
seodo, figliuolo di Massimiano, che scioperato sfo-
gava ignobilmente isuoi vizi ìa una villa loDta-
sa da Roma sei miglia. Quasiché <]uesto nuovo
mostro non bastasse ad aoeresceire la miseria d' Ita-
lia, vi s'aggiunse il vecchio MasBimiano , il qua*
}e essendo a gran dispetto di.sceso dal trono , non
aspettava fdtro dal suo ritiro di Lucania , che oc-
oasifAie favorevole per risalirvi . Invitatovi adun-
que dal novello aiigusto suo figliuolo , volò a Ro-
ana subitamente . Si vide allora 1* imperio Romano
occupata da sei imperadori ( AV. 3i3. ),' non già
usurpatori manifesti , quali erano ì tiranni a* tem-
pi di Gallieno, ma tutti^ sei- avendo o certo, o
probaisile diritto alla dignità che occupavano (i)e
insegne pruova di «spanto vaglia un solo esempio a
produrre rivoluzioDÌ grandissime ne* govertat. Appe^
sa efanoscorsi vent'anai, da che Diocleziano avea
dato il f^imo esempio di divisione nell' assumersi
(i] Galerio k isnera per rìanntia dìDiaclcuMt». Se-
vero e Massìmino, eiiendo stati in quella medesima abdi-
casioD di Diocleziano creati cesari , presero poi, l'uno per
drdltM dì Galerio , l'altro ipottUneameate a titolo di sua
Waianit^ I il nome d' augusto • Costaniiop fu da) padr«
morendo, e da' soldati di lui dicbiarato e ricoaosciuto per
tutto l'Occidente Transalpino. Massenzio fu eletto in Ro-
Wk da' pretoriani , riguardati quasiché Ugitlimi.. elettori del
-principe; e Massioaiaup , «Itrc agli antichi, ditìlti a' quali
KUfi^ ripiiiisiato |wr fona, v' ola assunto come collega del
fuo figliuolo .
ovGooglc
ibé Delle BivoLuzionì d* ItauA
per éompagno Mdssiibiaoo ; ed ora d^cuoò de* prhi->-'
dpi si stimava in ragione ^, drearai coUegbi A-
sua 'atielta , ed ogai capitano Vii qualclie riputa^'
zioDe òredeva di meritar dal Sud signore Ja por-'
pera imperiale t Ma iquello che dee parere aium^
ra pia strano , ta è che di gaestì sei imperadorì<
non ve n era pur uno ch^ fosse né Ramano, nh
Italiano; è sì poco si facea contò ó d'Italia o di
bomà^ cbé Galeno, il ina^'ore ed il prindipal^
di tutti gli augusti già detti « aveà fatto fjensis*
i-o, sbrigato che si fosK de* concònvnti ^ di fras-
})ortare la sedti dell^ irtipèrio nella I)a<»'a dond' ^U>
era natird « e df chiamarlo ioipèrio Dacto ih vece-
di Booiano' (i) ; Né in trent* àniii di {>rìno)pato
Entrò inai in Roma ^ ed una sola volta si avvici-
nò per assediai^a , 6 fotse per distrùggèrià i Dei'
testd,.^ facile ririìmaginarie quali movimetìti ca-
giariassé all' imfierio questa meltiplidtà di sovra-
ni. Ma r Italia fu teatro priitcìpale delle guerre
che né seguirotìo, è sentì più' particolarmente le
cakiBità che la tirannide e la discordia prodi»-"
8e ; Severo ^ iritesa l' esaltazione di Massenzio , si "
Aiossé ad assediarlo itì Roma . I soldati eh* «gli
condusse dall' Africa, predarono lutto 11 pàésé dó-
ve passarono - Questi stessi soldati , allettati dalle
«peram»' che Massenzio lor diede di tenerli nelle
(0 Galeriuij ut aotnen imperaioris accepentt , hotimf
se Romani uominis erat pro^isus j cu/us titulum immutai;
ri volebat , ut non Bomanunt itnperium , led Daciaan co-
gnonunaretur , Ltct. e 97.
0. Google
LiSBo in. Capo V. ao^
delixìe di Bosna* abbaDdoDarono Severo i il <]uaIo.
loaÌDgato e tradito d« Mas^aiiano , mori poco
dopo ia Bavenaa* Galeno creò augusto in luogo
di lui Caio LìcioiOt 6 Venne incontanente egli
stesso. daU*IItirico. per effettuare 1* impresa mal
prìndinata àal suo collega ; e fa quella la prima
volta e U sola che ai avvicina alla capitale del-
l' ìmpierio t ìàa vedendosi CorTer riachio d* essere ;
ancor esso « abbandonato da* suoi come Severo,,
costretto a ritirare, lasciò dare a qpel che gli ri'
maoeva delle sue truppe, orrendo guasto a^ un
lungo tratto di paese Italiano . Cosi « tiranneggia-
ta.Boma da Massenzio) l'Italia p^edat% prima
d^la paHe del Medìterra^ da Severo , e poi ver-
, so V Adriatico dA Galerio , «m nd tetnpo stessa :
smuQtd dall* esazioni dì lyUu^iaaìano « spezialmeor
te neir Insubria t dov* egli «ve^ tenuto la sede pan-:
cìpale del suo domtiùo avanti l' abdicàiìone-,- O:
dove egli era più facilmente obbedito e temuto.
Il vero è che poco dopo ti mori Galraio bdi' ì]r.
lirico; e Ucinia «fatto da. Itlì augusto ^ Ìas<;iato,
come successore,^ distratto e molestato dalla parte.
d'Oriente da Massimì^o suo emtJo, bulla potè,
intraprendere riguacdo all' Italia; e Massimiano
Erculio sì parti , per andar -qua e là . cercando
stromenti alla sua ambizione ^ Ma l'Italia rimasta,
sotto il domìnio del solo Massenzio , non ebbe
per questo miglior destino. Com* egli non avea né
talento per governare, né l'amore nel' obbediti-.
BL de' popoli f pose tutta la fiducia .neU'afiezioMr
0. Google
3jo8 Delle Rivoldzioni d'Italia
e nel Dumero d«' soldati , per sottmere i quali
impoverì coir esazioni i tuoi sudditi , ed atfatòò
le città e le proTÌncie , per assicurare a* medemni
r abbondanza de' TÌverì . Oltn alle gravezi». iu-
sopportabili che pose a Boma ed in Italia , la li-
cenza sfrenata che lasciava alla soldatesca per rì-
tenersela benevola , l' esempio die ognuno -pren-
deva degli andamenti del [wiiieàpe, mottiplieava-
mf i tiranni, quanti eran gli uffizialì o pMsiaiB
dire i soldati .
In questo tempo regnava Costantino con som-
ma rìputazioDe e gloria nelle Oallie , e io tutte le
(ftovincia che aveano obbedito a Costanzo suo pa-
dre, morto pooo innanzi ^he Massenzio preodess»
la porpora in Roma . Costanfa'no o {nù ambizioso
del padre, o più {«etoso afle calamità d'Italia,
rassettate le cose (teli* imperio co' Franchi, evita-*
te ed alla fine vendicate' le malvage trame del
suocero Massimiano , dùcese in It^ia per- liberar- -
la dalla tirannide di Massenzio; e presa Susa ,
chiave dell' Italia , poi Torino e Vercelli , si avan-
aiì piuttosto trionfando , che combattendo , verso
Roma : spedizione celebre io tutte le storie per
gli aiuti miraixilosi eh* ebbe da Dio la pietà di
Costantino, e per essere stata l'epoca insigne del-
l' esaltazione del Cristianesimo . Massenzio , perse-
cutor de' Cristiani , vinto più volte dalla virtù de'
nemici fatti anche più forti dal favor del cielo,
ebbe fine degno del viver suo. Allora cominciò a
rasfurare Tafiitta Italia , perchè le vìttqrìe di
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Libro flJ. Capo V. - seg
OottaaEìao, non che *bco arrecEusero'i soliti frutti
dclU guerre civili , menarono anzi perfetta calma ;
e con ce»ar dell'armi ogni cura fu volta alla cle-
menza t ed all' (ndìaamento di utili leggi è del
buon governo . La guerra che poco dopo s* acce-
se tra Licinio e Meusimìno , non alienò Costanti-
no àaì pacifico governo degli stati suoi; e le dis-
sensioni che poi nacquero tra Costantino stesso e
Licinio , rimasti soli imperadorì di tutte le pro-
vinme Romane, dissensioni che poi liuscirooo in
guerra aperta e in rovina total di Licinio, non
disturbarono lo stato d* Italia. Tanto maggiore fò-
Iteità si aveva da aspettare ia questa provincia,
j^loRhi , debellati in vari modi cinque o sei coo-
ooiTmti , Costantino fu rioonosotuto da tutto il
mondo unioo imperadore; se la superstizion gen-
tilesca che regnava tuttfvvia in gRjtn |>arte della
nobiltà e del .pi^b Romano, o qual altro sìfosi-
se il motivo, non avene rivolti altrove i disegni
di quel oionarca.
Tom. 2,
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vto Delik RivoLuzioKi e* Ita UÀ
e A P o VI.
DtUe mutazioni che cagionò aJT ItaUa
l' Imperador Costantino .
juoàmo scrìttor pagano, e GiuHatio apostata , a
dopo loro Montesquieu « Voltaire (i), intenti a
copiar degli anticbi tutto db che pub screditare
la religion Cristiana, anno fatto TestmiaD^ ìor
potere per dipingere con neri colori V imperador
Costantino , che dalla miglior parta de^ altri sto-
rioi Tien . ceIebra;(o con tante lodi , -e por comenso
di tanti secoli cognominato il grtuide. In due co-
se principalmente portò biasimo questo tmpwado-
re : runa , d'aver abbandonato Roma* antica la-
de di sì gloriosa repubblica; l'atra, d*aveT inde-
bolito i* imperio colla division che ne fece . Stra-
aa cosa parrebbe e poco credibile a vtAgc dire- .che
questi fatti con sieno stati di pregiudizio all^ co-
se d* Italia . Ma dove si riguardi e k. condizion
di que* tempi , e le vere o ahneno le probabili
cause onde procedettero questi avvenimenti nella
storia famosi , troveremo forse , ohe né Costantino
V* ebbe colpa, né Tltalia ne pati quel grave dan-
no che comunemente si stima : o diremo veramen-
te, che Roma potea aver ragione di dolersi che
[■] Zo(. HÌ5t. 1. — Jul. de Csesar. — Monteiq. Consid.
lur la granileur «t decad. det Rom. e. 17 , 16. — Voltaire
OEuvr. t. 5.
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liBRO ni. Capo VI. xit
Costantino non le facesse tutto quel maggior be-
ne che potea sperare dal suo valore, non già
d* inglu^ieia , o torto manifesto cfa' ella liceresso
da lui.
Da t>en cinqnant* anni e più s' erano avvezzi
gì' imperadorì a non guardar Roma come sede ne-
dessarìa del lor dontinio- (i), L* opinione che i i
primi cesari tennero sì ostinatamente, ohb, fer-
mandosi in 'Soma , -H ritenesse in stcìiro la digni'
tà im^ei<ìale, qualunque si fosse lo soompigUo del-*
le ptovinme, »'era talmente abbandonata, oIib di
dieci-ó quindici degli ultimi -imperadorì' o tiran-
ftf che regnarono - avanti Costantino, ecsettuàto
Massenzio, ttìunof^ce uè lungo, né oidÌDarìo sog*
giorno in Roma . 'Stranieri e barbari dì ' naiàone «
non guardavabo né Roma nfe Ibdia con oochio par-
Halé e'colla tetisréKza degH'antichi; '>e se pure i
bfeògnt' dello stato cercavano la~ presenza de^i'au-^
gusti iti ItÉlIia, fu facile che agli occhi non pre^
Venuti dall'^àmoF della patria ' la Lombandia sem-
brasse -irtigliot paese ,'<4e la Romagna . Pia: «Itra
^àrtè , non cb« fosse cosa in Roma, che smollo
potesse allettare i prìncipi a risedervi, anaiàLfa-
'Sbx iàtòlleranté della oolnltà , Ift lìcusa dèlta ^bp-
tiéi, là eattmtà degli uni e dógH altri; erano ^tì-
moIì^ftMiteittii ad abbsnddoftvla . Le pemfae di
nà^ità è Qualità ragguardevole ( quisUe almeno i;
fi) Abbiaiiio da Erodian» t. 4 e. 3, che Gela volea
iialiilire io ■AIeM»[idrìa'd"Egilt(i UaWo reggilo/ kiJciando ■
Caracalla U domicilio di Roma.
0. Google
212 Delle Rivoluzioni d' Italia
eh' erano avvezzate alle crudeltò ed al sospettoso
aoimo dì taoti tiranni ) hod poteaoo far a nteoa.
di sprezzare cotesti imperadorì tratti dalla vanga.
e dall'ovile, e venuti dalla Dalmazia, dalla, Da-
aia, e dalle ultime Brelagoe . Amtniano Maroel-
lioo che vivea in Roma ne* primi anni dì Teodo-
sio, ci rende autwevole^ testimonianza ohe «weh»
al suo tempo, cioè un intero secolo dopo eh' èli' «-a
stata abbandonata da'priooipi, gli orgoglìpsi Ro«
mani disprezzavano 6eramente- tutto ciò eh* era
nato fuor delle mu» (i). Pensi Ìl lettore , qua-
le dovette^ essere la superbia e presunzione, loro ,
prima che la lontananza de* prìncipi * e T esalta-
mento d^ una rivale avessero umiliata e depressa
l'antica. Roma. Il popolo e la plebe avvezzi a
{tascersi e a sollazzarsi delle grandeize e degli spet-
tacoli degrìroperadori precedenti, mal sof^xirtava.-
Bo la meschinità' ed il risparmio dì questi ultimi ,
i quali , oltre al ritirar la mano dal donale , avea-
no già jocominciato a imporre cavezze alla cita-
ta , esente per 1- addietro da ogni tributo, . Dio-
cleaìano, principe rispettato e temuto, pestatosi a
Rmna neir anno trecentesimo terzo, dopo felice-
tnente terminata la guerra Persiana,, fu talmente-
crfifeso dalle satire e da* OKttteggi de'Romani , che
dispettosamente se ne partì sulla fin di dicembre ,
MDza vder puc aspettare le caliende di gennaio,
giorno in «uì doveva entrar cpnsolo la nona
(i) Kile esse qtud^ui4 «wm pomoerium nascitur , «<■•
'ftimtint .. Marceli! !• 1^4*
ovCioo^lc.
' LiBfto in. CArt) VL 2i3
Wtà (t). Ma k cattività de'Romaiii si mostrò Ter-
so Cdstaoti'no tanto più acre e maligaa 4 quanto
che egli pressando il primo fra* cesarìlaràìgioo
Cristiana, era più coatrarìo alle voglie e dèi se-
nato e del popolo, itnmersi ancora in gran parta
nella superstìzion gentilesca. Venuto ^ii a Roma
nell'anno ventesimo del suo r^gao (an. 326.")ì
per celebrarvi secando il costume le feste che per
^esto chiamavansi vicennali « fu don modi atraor-'
didari villaneggiato da' Romani . Non maDcavana
a questo t quantunque gran priodpe , difetti no^
tabili, cbe potevano dar nrateria^ di motteggi e di
satire all'ardito volgo. £ in chi non troverebbe. un
-popoJD di natura beffardo e maligno da motteggiBcet.
Ma hi sua professione di Gristì^o « e l' aver egli
abolite le profane cerimonie che sì. fecevano nella
tolennità videmialì, irritava più che mai la taià*
vagita della plebe , e lo eeio superstizioso de* se*
ilatorì . Indispettitosi Costantino per questa ingra-
tituditte , fede pensiero d' abbandonar Róma pec
sempre . S' aggiunse a questo un altro stimolo p«s
awedtura non meno potente ; Era l' imperadoto
avido smisaratameste di gloria { affetto ohe saxé
vblte si bi£isima ne' prìncipi , ancorché spesso de:<
generi in viziosa ambitione . Quest' avidità di glo-
ria, unita al genio inclinato a fabi^ware, deter*
dtinb Costantino a edificare una nuova oittà che
potesse di grandezza' gareggiare con Roma. Hrito
(tj Cum libercaiem popult Romani ferre non. pòlo rat ,
impatìens et aeger animi prorapit ex urie . Laot. e. ij.'
oJ Google
3i4 Delle, fov<n.tTzican jd'Italu
oppoctnnisuinò di Bisanzio , un atfetto pattièor
lare a quel luogo dov'egli avea superato il suo
flmolo Lieinio , non ne lasciò dubbiosa la scelta *
Costantino trasse alla nuova città Qon favorì
e pnrìlegi quanto piìi potè maggior numero d'uo-
mini. Le frandiigie cbe diede a'. mercatanti «tIÌt
Tolaero la niaggìor patte del commozio da quel-*
la parte. Statue, colonne, oeo e metalli furono
in gr&n copia toUi da Roma, e portati a Costane
tinopdi ; e tutti quanti si poteroi» trovare pec
1* imperio artefici , tutti colà si condussero.. Dir»
che qnnti tali ordini non scemassero la popdla-
sàotie'.e le. ricchezze d' Italia , parrebbe, uno «tra-r
Do àbsUDto. od im paradosso. Ma per qualche mi-
gliaio d* uomini che per seguitare le veglie del
prineipe , e per Ja speranza di più comodo stato
passb in Tracia , Costantino non potea dìiertar«
né Italia ne -Roma più che s' avesse :^atto Diocle-
nano quando volle aggrandir Antiochia e . Nicp:
media . La perdita d* una parte dì tanti : marmi
ond' era. Bop» sì piem , potea in quel teppo sti-
marsi assai Ie|;geE cosa. Maggior danno perBoma
in questo cambiamento della sede imperiale fu ptf
aweatora. la diminuqone del denaro, il quale s«r
{luto sempre la persona del principe . Ma e^i «
da'riflettwe che lungo tempo avanti la corte im-
periale era divenuta ambulante { il che doye%, es-
sere di maggior pregiudizio a" Romani , che non
sia r edificar nuova sede e nuova capital^ . E
'd^ altra parte, le ricchezze dè'.particolan erano
0. Google
Libro HI. Capo VI
anoor A copiose in Roma, ed il fasto alamegtli-
ficenza del senato e de* magistrati , e le spese che
il fitco 0 la camera contiatiava dì farvi « erano
tuttavia li grandi, che la residenza della corte
non era punto neoessarìa per sostenerri la circo*
lazion del denaro, e il sostentamento del popolo
minuto . Vero è che un danno per «è stesso gran-
itissima recb a Roma la passione eh' ebbe Costan-
tino di far grande e fiorita e abbcmdante la sua
metropoli. Si è da noi accennato di sopra, ch«
la città di Roma s' alimentava - quasi in tutto di
grano che conduceraii dalP Africa e dall' Egitto fino
da^ ultimi tempi della repubblica (i), vale a
dire dopo che si fu introdotto fra* Romani V uso
de' parchi e de' giardini . Costantino ordinò cKe
tà fornisse Róma del granò dall'Africa, e desti*
nb alla nuova città quél dell* Egitto, Così dì due
granai un solo ne rimase a' Romani^ e diventa
maggiore il pencolo d' es8«-é traTagliati dalla fa-
ine . Ma questo che parea sì pregiudiziale idi* I-
talia, potea riuscirle utilissimo,, se il maggior pe<-
ricolo della mancanza del grano avesse stimolato
i Romani :a cercarlo dai campi Vicini^ e se fosse
stato possibile di spingere l'-ozioaa plebe dì' Roma
à popolar le oàmpagne dMfalià già fatte scarsis-
sime d' agrìcoltOFÌ . Veramente Costantino^ diede
alcune leggi per favorire la coltivazione (2);'mfc
! . CO Tftcit. J, la.
\flj L. ^i et ì , e. de ^grìcolis; 1. 3, e. de "Ferfisj
!< if e. de '«miti Agr6' deteno ...
0. Google
2i6 DellS BivòLUziÒMi D* Italia
cbi non sa «juanto più agevole sia tirar in poclìì
mesi le migliaia d* uomini a viver nelle ^an^i
'cìtth, che ridurne in molti anni un picdol ntime-
To alla campagna? Tuttavia se questo prìncipe
avesse impiegato a rìformare e migliorar l'Italia
queir attività ,' quella diligenBa, e qiiel denaro»
cbe profuse nelP edificar Bisanzio , grondi cose era*-
no da sperare . Ma il genio troppo morbido di
Costantino, poco atto a promorere la TÌta rustica
è laboriosa , 'Cd 'avidisumo com* egli era di ^oria
è di rìnomanea , stimava essere più spedito mez*-
so , per acquistala , erger dalle fondamedta una
'gran metropoli ,~ cbe render quetlebe tratto di cam^
f>agna più fertile) e ristorare « -ripopolare qual*
che città desolata dalle guerre passate . E il di»-
)>etto concepito cóntro i Romani (o infìcunmava à
Òeprimetli : nel che sùebbe forse da dire cbe in
i^uesta parte mancassero al gran Costantino le mas-
sime della morale Cristiana t Ma finalmente « po«
■tao la volontà o la neoessità che avesse egli' di
dividere 1* imperio , non solamente la -novella me-
tropoli oetta sulle rovine di Bisanzio non dovea
racor danno all' Italia , ma comodo .* pércioccbè
per mutuo sostegno de* due imperi in niun* altra
città deH* Egitto , deir Asia , o della Grecia pote-
va cbn> più opportunità dell'Italia posarsi la «ede
it^' imperio d' Oriente .
Già era per moltissime pruove manifesto cbe
un sol oopo non bastava a reggete À vasta e mal
composta moiiarcbia . Gli esempi dell* iafedeltà
0. Google
tiMLo in. Capo VI. fii?
de^gèiieràli e de' gov«natoTÌ delle (tfovincìe s'è*
taao veduti co^ frequenti , che . Diocleziaiio ,
come si è detto dì sopra , avea stimato neoes-
sdrio divider 1* imperio fra quattro prìncipi *
V attività di Costantino » la rìpuitazione dbie in
tante guerre si area acquistata, potè Ifiner fer«
tfio tid Unito l' impwio ne* poòfai anni di* ebbe a
regnar solo dopo la rovina di Licinio . .Sarebbe
stata cedtà in lui f iù che patema il crederà ch«
eUcnno de' suoi quattro figliuoli fosse atto a so-
«tener tanto peso > . E quando pura questo fosse
stato possibile , in 'ohe modo provvedere di stato
gli altri fratelli, quando ad un salo si lasciasse
r imperio ? Se il prìmogenìto , il quale certamen-
te doveasi in questo caso preferire, fótte stata
superiore agH albi di mdti «unì, o di valore , a
d' esperienza e di riputazione , .ottimo consìglio
poteva rinscire il fame un solo imperadore, a
tener gli altri bel grado di cesaxi dipendenti daj
primo: ma la debolezza del primogeorto dava *
pensare U contrario . Oltreditihè, qualunque de*frif
telU fosse sQprawivùto al tnaggiore il quale avés-i
sfl tjuciato prole t le guerre òivili corì frequenti
nelle mioorì età, eakadio celle monarobìe eredi^
tane le meglio ordinate , erano asscdutaoìènte ine-
vitabili in quel tempo, quando le suceeuioni po^
tean dirsi arbitrarie e casuali . Che te i fratelfi
arano ^pcx viver ooneordi fra lorO' e (ton^ sincera
ftateUanza, inolio ^il- e per ciatcun. di lora •
0. Google
^ 1 6 DELUt RnroLtJzictfii d* ItAim
per tutti r arere i governi dUtiad; e Tind^iev'
deau dovea renderli più fentoquilli' ti siouri. S«
poi ^loda e diacordie e cupidità di regnare do^
v«ni; nascer fra loro , mioor male era che ritro-
pàssero gli stati divisi dal padre, che venir sqbi-;
to alle ribelb'oni ed all' armi, allorché oiasctHia
pretendesse 'parte ( com* era verisimile -)' del re|^
paterno. Queste furono KDza dubbio le ragioni
ehe mossero Costantiao alla dirìsion ddl' ioape^
rio; e forse aon si poteva in miglior «redo prov-
vedere alla sicurezza dette provincie RiMQUuie «. '
< ' Rimbtzwm delT m^erio sotto i successori ^
deW imperadore Costantàib .. -
JVLs i Sf^iaak di CostaotÌDo e^editaytmo egual-
mfmte IVunbmonQ e la mollezza del padre, e
tiiinio di loro ne imìtb il valore : Cosa in vera
degna dì riflessione, che fra* tanti priooipi ohe
tennero 1* imperio Romano,' pochissimi abbiano
avuti figliuoli da lasciar successori, e niuno ne
abbia lasciati simili nelle virtù e nella capacità
di regnare. Solo Tito si mostrò degno di succe-
i^re. ad tnnio. Ma oltre ch'egli non ebbe forse
tempo da spiegar pienamente il suo carattere, si
À da por mente che Tito nacque e cret^ essendo
0. Google
■ LifiRo DL Capo VIL aig
il padre in minor icn-funa , e pcri> neUa con*-
dizione cC «operarsi egli stesso per 1' avaiizanieD-
to àèiìz- femi^'a . Ma DomiziàDo fravatoal gtora>-
ne satto il padre regntmte, i' aasomigliò- mcdto
bene a Caligdb ed a Nerone, audrki ambidueìu
case regoatriei,. benché saliti ali* imperio per odo»
ùove. G0mmodo Bgliuolo del biion Marc^Aure»
lio, e Caracallai del Tsloroso Settimio Severo , fti"
rono crudeli ed . in3ensati tiranni . Sa i fi^aoli di
Gontantino, di Valentiniano, e di Teodosio, de* qua-
li ci -accfiderà di' ragionare in apf^esso, ihmi si
rendettero famosi per crudeltà e per libidini , co-
me i sopraddetti k. fu questo T effetto della reli-
l^one Cristiana cbe professarono . Ma egli è boi
certo cbe non ebbero aeppur essi le anitra qualità
reali de* genitori: il cui esempio, siceome smentì
altamente t* assioma Jbrtes creantw fordbus (i),
eosì ièce vedere non essersi detto fuor dì ragio-
ne, ebe non 49 ben ^mandareclu Don^eppcob-
bedire- Perocché futtil cc^ro cbe sostennero e^sel*
leraiTQiDO )Oen quakjbe riputaisone l'imperio, tutti
«ebbero fi^a. dipen^nza , e si-devarono aà trek
119 pef :V£tri. gradj.. M4 comecbè degenerasse mol*
to ne* figliuoli diCostantìn» le Tirtìl del padre.,
(1) Sentimento d'Oraiio e di Pinda»,, diyenato •!(-
ftetm i' poeti luogo -comHDe da piaggiare ì nobili. Pid
^iri^moente' P*i»ò D»ptf;,:doirc «riiie).' ■
B Kare volte risorge per li lami ' , i
» li' mnana probìtate: e questo vuole
• Quei che la dà, perchi da lui ù chiami.
0. Google
44» Ì)EtLk tllVOLtlZIONI b*lÌALtA
non k però vero ciò che suol dirsi' coiiiutteAelit^f
che te discordie di costoro abbiano rotinato 1* im*
peno, o che IMtafa'à abbia avuto a sófteilc mol-*
ta da questa dÌTàsbne; Il vero è bece^ che poca
stante dalla mbrte del padre ^ Costantino primo-
geoito rimase estinto o dalla forza superiMe^ o
dalle inndie d^ fratello Costante > Ma appena la
discordia loro potè aver tìome di guerra crvite r
perocché Costante si trovò signore di tutto 1* im-
perio occidentale e dell* Illirico , prima che si sa^
pe^ pure» che fosse per nascer guerra tra ì due
fratelli . Ccèì stette l'Italia da quattordici anni
sotto Costante senz* alcun movimento né di guer-
re straniere, né di tumulto interno} efìi mirabii
cosa ^ che tra luì s Costanzo che renava in Orien-^
te , massime non essendo d%n* istessa credenza ,'
metitre ruOoeta buon cattolico i l*àUty) Ariano
dtchiaràtissimo , tuttavia ncm sìa itìsotta contesa
alcuna per dividere gli stati del motto fratello;
La qual cosa avrebbe turbato specialmente le ce^
se d' Italia i come quella che si trovava di me»Ed^
a due imperi ; Le guerre eh* ebbeto a fare o so-'
stenere i due imperadori , si contennero néll* estra^
mità delle Gallie, o ne^eolifioi del regbo dì Perù
sia ; né gU evenimenti di quelle poteano gran fat-
to ioquietar gl'Italiani. A questo partito ben po-
teasì tollerare la lontananza del prìncipe, giac-
ché Costante in quattordici anni che tenne l'im-
perio d'Italia, passò appena alcuni mesi di qua
dell'Alpi. Ma que* midi che poteansì temere dalle
0. Google
LiSRO III; Capo VIL tu
<^scQi'die de* due fratelli , furono p(» cagionati '
daUa perfidia d^ uà ufBziale . : ;
- , MagpcfiKio , capitaqo d* una o due compa»
gtùe DfUe guardie di Costante, preval
V ioawerteoza dì lui, e dell'affetto che s'aver
guadagnato di molti ufBziali jqfetiorì , prese ndU ^
Gallie la porpora imperiale , e tolse la vita ni suo -, ■*>i^^^ ^^' ^U
signore. La ribellione, di costui, e qudla di Ve- - '^''^^«•n
tranione che nel tempo stesso si feoe da* suoisoU
dati chiamare augusto nell* Illirico., cagionò per
farere tempo in Italia piuttosto anarchìa od inter-
regno,' che rivoluzione o «ntntanone di stato . Era
troppo manifesta r usijrpazìone de' due tiranni,, i. ,
« troppo chiaro il diritto di Costanzo alla suocesr J»»-?-- "^^ '
ai(H)e del fratello morto senza prole: ma il tetto- *- *'"***''^
re dell'armi di Magnenzìo vicino non Ia£cit) .lun-
gamente esitar gì' Italiani ; e , il senato dì Rohm
ricevette ben tosto le immagini sue, e Io rìco*.
npbfae sovrano. Ma non tanto nocque all'Italia
la tirannide. di costui ^ quanto la ribellione cU lui
nocf]ue a tutto l' imperia, per le forze «he si
consumarono internamente nelle guerre civili, e
pel vantaggio che ne trassero i nemici esterm*
Magnénzio non tenne lungamente il dominio d'Ita-
lia ^ e non yl fu in persona fuorché di pass^^o,
allorché andò coli' esercito contro Costanzo nella
Faiinoni^ , e quando battuto e,disfattQ .se ,ne tor*
nò precipitosamente, nelle Gallie. Ma Costanzo»
ispogliatp prima con arie e pon fi-ode Vetranio-
ne; vinto, indebolito ed alla fine evinto Mageensio, \
ovGoogle
2sa ÌDelLg HiVoLuzioift d* Italia
b dopo lui Silvalito che ìndarilò avèar' telato .
di succedergli Deirusurpkzìode' tf nella tiratiDÌdé ^
rniDÌ sotto di'sètuttr^ stati paterni. Così l'Ita-
lia,' tornata novellaatente ad esser centto' di tà va«
eto dominio ,' èra per godere sicura , tranquilla*
td anche abbonderole e felice pace; se non chs
]a debolezza di Costanzo tolse ria in buoéa par^
te ì vantaggi che si potevano aspétfor d&l suo
KgDo, e dalle massime dì govèrno obe sì statuiti
»ódo sótto lui. Era la poìitica di'Costaiizo effetto
probabitmehte dèli* educazione cfa* egH aveva avu-^
to dal padre, a cm fb caro ed afférfonato sopra
ttÌKi i fi-atelli (r) . Lodevole fu siogolvmeate ni^
la regola ch'egli teaoe di separare le cariche <^
vili dalle militari. Notabile ordinamento ■fu «o-
ptattutto r essersi allora iadeb(^ita 1* autorità
de* prefetti del- pretorio (z) , i qùalt «pt^iatl
: (1} Àmm. MiieelL 1. ai. ciré. -Sil
(3} . 11 padiglione del generale appiesso i Romani c^ta-
ibaVasi (in da' primi tempi della repubblica il pcetofio j
ptroeàbè anobe i conioli naui, quando erano ine anaiy
cbiamavan^i pretori i colui cbe avea l' iaspe^ooe sn questo
padiglione generalitio o pretorio, ch'era come ua mag-
giordomo o mastro di Casa del capitano generale f chiniu*
va»' {itefétto del pretorio. Ognuti sa come ed in che mo-
do ai Èoitumasse dare a' generali il titoìo d' imperatiori .
Hegli ultimi tempi della repubblice^'qaaado i vapitMii-Bo*
mani s'agguagliataDo ai più gran re, il j>adiglióDa l*t*
era cuitodit<> e frequentato come sarebbe ora un palano
reale. La guardia e la direziotie di quella' divenne n^zi*
non dispregevole . Angusto che si fé' capo della repnbhli*
cacol titolo d'imperadore o capitan .generale) tenne an-
che in ftoma parte delle distinzioai da generala , e speùal-
ùeale bUhm eompagnle'di loldali che faccMo la gnardu
0. Google
Ìjbro io. Capo Vlt - »23
bigatto d'ogni podestà mHttare, riteonero splamon*
fo gtumdìzion civifó, ed upa certa autontà eco*
qomìca. Cosi, quella caiìca la quale era stata da
[«ima putameote militare, e poi per luogo tei%
pò militare e civile, alla fine rìmase purament*
chile^ e dove pHma il nuaiero de'ptefet^ età,
JadeGtiitQ, -O; ciascun di loro, quando eraita più»
AVea 1* autorità in solido sopra tutti ^ stati de^
suo priocip^f invalse e' si stabili sotto Costanzo
V uso di crearne quattro con giurìsdinone tetrito»
fiale sopra le pretincie assonale loro. Uno ejbbo
r Egitto con l'Asia Roman»; il secondo Ia-Tra«
da, la Greeia, e tutto rillirieo; ii terzo ob*
be l'IftJia eon le isole adiacenti, e l'Aftic»|
il quarto tutte le provhioie Transalpine,- eioà
ìe Gallio )' la Spagna ^ la. Bretagna . Tutti i g&i
Te^atori , presidenti , giodioi , maglstiati - dell*
proviocìe) obbedivano al prefetto del pretorio,
secondo lo spartìmenlo suddetta -(j). Aveva es-
so ancora l*ammÌnistrajnon ^premtt di tutti ì
tributi, e di tutte P entrate ^el piùcipe. SoIjh
metite 'ÌI cablando de41e tnlppe non dipendeva
aìt*(M> palsBio. e alla lUft ■penofa, e cl^U
ni, e tt capitana toro prefeUa del pretorio. Seiana ch'eb-
be queita Cilici sotlo Tiberio, e che macchinava graodi
eoie, par aver luue ([aeate cotnpa^ie a ccitiiti più.pt9D*
ta ad ogni ino cenno , persicate all' imperadore di fabbri*
car loro un alloggiamento, dove poteuero alloggiare tutta
ialieme . QoMto mi parve neceaiario avvertire per naaggios
cbiweaza. delle coK che si ioa dette dell'autorità e polen*
%i. de' prefetti, del pretorio .
• {O'V. Cad-.Juttin. i. I, lit. a6, 37,} 1. la, ti^4•■•
ovGoOgIc
224 Dei4£ Bivoi.vz!ONi dMtalia
da lui ; e questo sìAq poteva impedirlo dalle ri-
volte y e dall' usurpare V autorità sovrana . £d i -
generali tauto della oavalleria che della fanterìa
goveraavano le loco legioni, senza rìcevere co-
mandameato da* prefetti pretorìani. Dovean bon-
à dipendere da' prefetti riguardo agli stipendi ;
il clia era un gran freno a' generali, per^Jià non
potessero macchinar novità e sollevare le truppe ;
perdpcchè , tolti loro di mano Y entrata e gli era-*
ri delle provincia, non aveano sì facile il t^eszQ
ài guadagnarsi i soldati ; e ad altri che a' soldati
non aveano autorità di comandare. L'esempio dj
tutte le monarchie Eiu'ppee, nelle quali si sono
ricevuti costantemente gli st^i ordini di governa
ohe tenne Costanzo , e che introdusse fprs'.^ il
primo nel Romano imperio , oi dee convincerà
dell'utilità di un .tal sistema. E non è mpno. cer-
to che 4él Costanzo in pQi la vita degl'imperio^
ri fa più sicura . Che se queati nuovi ordin^nei^
ti non trattennero, Qepp.ur. vivendo Cost^zo, la
declinazioD dell'imperio, la debolezza propna del
suo governo., o la disgrafìa di non aver figliuoli,
ne luron cagione. Nato egli d'ingegno' mediocre»
ed imbeyuto per tempo de* costumi orientali , -'iti
schiavo perpetuamente de' suoi eunuchi «, Le prì^
me azioni del suo regno iurono uu saggio . dell»
sue, massime di dispotismo, se pur è vero che df
suo ordine particolarmente furono ammazzati, tpt-
ti ì parenti da' quali temeva o disturbo , o sce^a-
m^nto. ^ dopiinio . Gli eiiiuic¥ .« . fili ^tri vìU
=dDvGoogtc
tiSRO lU. Capo VII. àzi
aioj cortìgiao! Io preaccuparono in favor degli
Ariani , o sìa che fossero dall' astuzia e da* doai
de' vescovi, capi del partito, sedotti; o sia che
credessero d* assicurar meglio l'autontà propria,
imbarazzando il principe nelle dispute della reli-
gione , .e disti^eodolo dagli .aflarì^ del governo .
Così doppio danno rieevè la repubblica dal vio-
lento favore ebe Costanzo' prestò a quella setta.
Le violeiize che si fecero a- vescovi congregati in
Milano, in Bimim , in $Ìrm^*o; T esilio di papa
Liberio e di tant'altrr santi vescovi , mesoolarono
dì molto amaro la dolcezza dì quella pace ohe
ioti» il regno dì Gistanzo avrebber goduto l'Ita-
Ua e le altre pruvìncie che sì trovavano lontane
dai n^ovimeoti delle guerre straniere. Ma l'altro
forse' ancor più notabile danno che il furor del-
l'Ariafia eresia recò allo stato politico dell'impC'
rio sotto Costanzo, 'fìi questo, ohe 1' i,mperadore
intricatosi sempre più nelle controversie ecclesia-
stiche, nelle quali ambiva di farla da arbitrio,
lasciava alla discrezione d'indegni ministri le cU-
re'del principato. Costoro poco solleciti de'.pro-
gFfssi dfllfe aì-mi Romane , e de' casi futuri , purr
cbè cbnsArvassero l' autorità presente eh' essi raet-
de^'nti «ercitavano , tutti erano ' intenti a spaura^
re il loro signore sopta ogni menomisaima ombra
ili ribellióne . Pa queste sue gelosìe e sospetti
continui procedetterp non mmio lè ingiustizie e ié
orudebà e le misure maJamente preae per reprì-
mere gli ammutinamenti , che la pooa fortuna
Tomo I. i5
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226 Delle Rivoluzioni d' Italia
eh' egli ebbe a provare nelle guerre straniere. So-
stenne l'imperio orientale debolmente; e il più
delle volte tornò vinto dalle imprese contro de*
Persi, massimamente allorché v'abdava in perso-
na. Quindi con più vergogna eziandìo, e con peg-
gior conseguenza: per gli affari d'Italia venne a
mostrare la su^' debolezza a' Franchi, ed a' Ger-
mani : perciocché non volendo^ lasciar a Magoen-
zio, come costui chiedeva per grazia,- il governa
pacifico delle Gallie ,' e noir soffreodoglr 1* animo
«no timido e sospettoso o dt marciar egli stessa
a combatterlo' r o di mandarvi un generale con
forze ed autorità sufBcienti a compire l'impresa}
s'avvisò di muovere i re (erbari ooirinviti e con
doni a far guerra al* suo' rivale, e portar Tarmi
Delle Provincie Romane.' Politica' veramente' degna
di que* codardi ed invidiosi eunuchi che to' ood-i
«igliavana, e lo reggevano' a' lor talento^
Estinta Magnenrio,^ continnarontf i Franchi <r
i Germani ad infestar le Gallie per quella stessa
vìa che Costanzo* avea loro- spianata . Costretto ì
dopo* molti anni, di mandarvi Giuliano ,. quell'u*
nico de'^suoi parenti che avea lasciato in vita»
diede a que*" popoli novelle' pruove delK iofingjur-
dsggine «uà, e delle infermità dell'imperio^ Non
solamente noir diede a Giuliano cesare,: pe*"
«uoi sospetti^ esercito e soccorsi bastevoli -x rista-
bilir r onore del ttome Romano appressa quella
nazioni, ma aggiunsegli ministri ed uffiziali e conir
pagnì che lo traversassero , e ritardassero ì sun
=dDvGoo^lc
Libro HI. Capo VII. '227
progressi ; e volle sotto fiofo pretesto rìtorgli an-
cora que' pochi soldati che gli avea dati . Quan>-
tacque a ragione sia restata infame appresso i
Cristiani la memoria di Giuliano pcF la sacrilega
sua apostasia , pure , se la storia non fu in quel-
ita patte di troppo alterata dogli scrittori gentili^
si dee credere ch'egli avrebbe bravamente reprcE*
si i neiiiici deH*imperio nell'Occidente e nel Nord,
se' Costanzo, dopo averlo innalzato alla dignità di
cesare , non Io avesse ofFeso co* suoi raggiri . Ad
^nj modo convien pur dire che GÌDÌtano, con
ttitto che vantasse tanto dr probità e di filosofìa^
non ebbe virtìi eguale a quella di- Germanico , H
quale frovandosì appresso Tiberio in simil grado
di parentela e dignità, e -travagliato per simil ge-
losìa dalla corte r pure st mantenne) cosCante nel-
1* obbedienra e nella fedeltà verso un principe
meno legittimo^' meno f^solutOr e da cui era sta-
to molto meiio ■beiirfoato . Tanto è vero che d' un
apei^-idolftfra è peggiore un CristìaDo ipocrita,
qual §a Giuliano.^ Sollevossi dunque costui; «Co-.
stahzo'non ttovb' altro mezzo d* opporsi alcugino
sao'«mdIo; i;lie indur nuovamente con- denari i
re Franchia Muovergli guerra. Intanto Giuliano
istesso che -gli avea alcun tempo -tenuti in freno,
dv là'St mosse^ per portar l*armi contro il sud si-
gnore e ^uo' ctfgiob. Così s'addava agevolando ' la
▼itt'^qu^^polid* occupare le pibvìncie Rotuar,
ne , e d' avvignarsi àlP Italia . i. '■ ' ■■
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■228 Delle RivoLuzrom d^WaiiA
Giuliano rendè il suo breve regno memorabile
pel genio pedantesco che pprtò sul trono , attor-
niandolo di sozzi e pri^untuosi sofisti , per V apo-
stasia della religion Cristiana, e per T entusiasmo
ridicolo oltre i^ni credere nella professione che
fece d* idolatrìa . Ma la superstizione sua iii più
funesta a lui stesso ed al Rcanano imperio, che al
Cristianesimo , La persecuzione che mosse contro
i Cristiani , ultimo sforzo del furore pagano , non
che distru^esse la fede 1(m*o, 1* accrebbe e la raf-
fermò , Ma la temerità con cui portola guerra con-
tro de' Persi, stimolato più dalla vanità de* suoi
fallaci auguri!, che da motivi di ragipnevole pOf
litica , cagionò gran perdita di provincìe ali* im-
perio ; perchè , morto egli nell* intrapresa spedi-
zione, dovette il suo snccessore con ignominiosa,
ma necessaria pace riscattar 1' eserotto Roniano
dair estremo perìcolo di perire; cosicché cotesto
sì celebrato spirito dì Giuliano, attivo ed intra-
prendente , altro effetto non produsse allo stato
de' Romani , che indebolirlo dai due lati-privci^
pali , prima coli* abbandonar le Gallie , esposte
già alle incursioni degli Alemanni, per portar le
armi ribelli contro Costanzo ; poi colla ■ gufìra
sconsigliata e irovinosa che Diosse a' Persi . Alt' l-
talia 'si può dir che Giuliano non facesse di pre-
sente' né ben, né male: privò venunrate del go*
verno di ess^ Tauro prefetto dsl "pretorio, wfio
giusto e discreto; e vi pose in sua vpce M^mertloo,
0. Google
Liuto DI.' Gafo vii. 229
più celebra del primo nella repubblica delle l«t>
tere-, e nelle qualità politiche probabilmente non
ìafefì'ore .
Il buon animo di Oioviniano che successe a
Oiuliano , non ebbe spazio di far gran bene . Ma
lè cose che sotto il regno de' due fratelli Valen-
tiaiano e Valente s^uirooo tanto nelle provìncie
delP imperio d'Occidente, quanto in qQelle d'O-
riente , beQcbfe non offendessero né motestaasero
immediatamente I* Italia j sono pur nondimeno da
osservarsi come cause assai' prossime de' grandi rì-
Tolgìmedtì cbe poco dopo ne veoDwo ; però 6a
necessapìo ripigliarle dal locoprìncìpio, e spieg»'-
le' alquanto distesamente.
CAPO VJII,
• Rimessioni soprtt le cause deWimuMsiortff
ék* barbari.
V7raa ragione abbiamo di maravignard» per^e
ì Itomani cbe cinque secoli ormai contarano di
latita grandezza » non abbiano mai potuto aasieu-
rarsi dal canto de' Germani ; anzi che alla 6ae
F Italia stessa, centro e sede di sì vasto imperio,
abbia doTUto esser [H«da di quelle nazioni , eia-
«cuna delle quali, non facendo esse né wi regao
solo , né una repubblica sok , era di sì poco sta-
to , cbe ogni, angt^ della Gallia n' era più largo
0. Google
23o Dell» Rivoluzioni d'Italia
e più ricco. Se l'imperio Romano avea da temer
di guerre funeste e di rovina , pareva che i soU
' Persiani Tossero nemici formidabili : e nondimeno
r imperio d'Orientie si sostenne ancor per molti
secoli a fronte della Persia, monardiìa i^astissima ,
stabile ed agguerrita ; quando già avea l* Occ)^
dente subito il gipgo de' popoli Settentrionali ,
usciti come da anguste tane, uomini vili, e sen-
za ordipe di pilizie e senza disciplina. Ma i Ro-
mani si erano molto ben assuefatti a rispettare e
temere ì Persiau! ; e questo timore fu per molti
secoli lo scampo dell' imperio d* Orienlp . S* im-
prendevano centra i Persiani speSse guerre con
grandi' apparecchi , e si trattava di pace e di tre*-
gua con non minore apparato e diligenza , perche
non is^egoavann di mandare e ricevere ambasce-
rìe, e di venire ^a trattati pom^ tra eguali , Non
si ammetteva tàmpoca pibche la ragic»i- di sta-^
to , o r Usanza inveterata , o il diritto delle genti
chiede o permette , cioè di jnantenersì con doni e
con promesse e con lusinghe potenti partigiani ap-
presso l'emofe potenze; e riuscì talvolta a* Roma-
ni di tirar dalla loro alìpuni principi dèi san^e
Tersjano: tio^ quali mezzi si pianteqnero le dije po^
tenze' óra in pace v ora in guerra , ^enza distnig-
gersì, come fanno oggidì {e potenze emole del^-
r Europa. Ma i Ronjani non- seppero tenere gli
stessi modi con le nazioni settentrionali. )e quali
essi diaprezzavano come povere ed ignobili , e per
le strettezze del paese che abitavano, le stimavano
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Libro DI. Capo VIH. 23 i
S |>ocheTorze. Io somma* i Bomani già una voU
ta sì astuti negoziatori e politici, quasi avesser*^
ultimamente scordato i piìi perìgliósi avversari es-
wr quelli che non anno che perdere , sì . poo9
conto faceaoo di que* popoli , che ofTeodendoglì
jpesso fìior di proposito, non degnavano di venir
con loro a que^ maneggi di pace , d* amicizia * «
di lega, che riescono pei; l' ordinario vantaggiosi
ili più potente .
Chiara pruova di questo ci porge la storì^
delle ultime azioni, dì Valentiniano il vecchio (i).
Intento questo imperadore a munir con castelli e
ibrtezze i limiti settentrionali dell* imperio , uno
de'.suoi ufGzìaU avea intrapreso a fabbricarne di
là del Danubio nel territorio de* Quadi , Questi
ne fecero doglianze appresso V imperadore, il qua*
le i^i^dicando . non meo nece^sarìo di non disgu-
stare i vicini f che fortificar le frontiere, cornan-
do che sì cessasse dall* opera , Ma il suo ufGzial^
Marcelliano , fatto rivocar il decreta , continuava
pure ad innalzar la foi^ezz^ a dispetto 4«' Quadi.
Andò Gabinio re loro, 14 persona, a trattar ppji
Marcelliano di questo fatto; ma rutlìziale Boma-
^o Vagendo d' arrendersi alle preghiere d^l r« bar-
baro , lo ritenne la sera seco con diqiostrazioni di
amicizia-, e l'^pcise. Un cpsi pero tradimento fece
prender rar(ni a^Quadi, i qiiali pljiam£^ti i Sarmf^tì ia
aiuto, eotcaroDD nelle provincie BenMUie deirillirÌQ?!
Ci),imm. Marce". I, 5o. , _;,
0. Google
a3a Delle ^ivoLvzsom d'Italia
e \i menaioDo grande . rovina . Accorse Valenti*
vìiaho il più presto che potè sbrigarsi dalfé altre
guerre della Gallìa ; e dopo qaakhe fatto d'ar*
me faronevole a'Romanl , i Qaadi gli mandarono
ambascialorì per acquietarlo , mostrando coma
*|ueMa guèrra noe s'era mossa per oousentimento
della nazione. Cominciò Valentiniauo con fiera
collera a gridar contro .costoro , e rìmproTeroiiì
d'ingratitudine. Narrano le stori?, che Valenti*
BÌano Tedendogi davanti quegli arnhasciatorì bar-
bari d'abito, di statura asai umili é mescbiiif,
à lamentava pure, che sì viti uomini gli foeset
inàbdati ambasciatori (i). Essendogli risposfo che
costoro erano de' più nobili e de' più cbspicuì d^-*
la natone,' indispettito allora Vie lAaggiormente',
proruppe co' suoi m dolor(He querele, percbè un
ìnpecador 'Romàno avesse a trattare con sì fatta
gente : e- fu tanto il suo corrnccró iir questa co
cbsione, che uscitogli il sangue dai petto, perde
jn poche ore la Vita; e' mancò in lui un gran ri'
paro- air insolenza degli Alemanni, che già forte-
mente cominciato afeàna a minacciare le G^Ke.
Ma comechè' tatti ì popob boreali abbiane
avuta parte nella generale invasione dell* imperio
Romano « che segui net quinto secolo , conTfend
osservar sondimene, che la prima e Is pù grave
rovina da cui fu sobbissata l'Itedia, mosse benà
dì verso il Settentrione, ma dalte regioni orientali,
(i) Ann). Al«rceU. loc. eh, — Zoi. 1. 4; e* >7•
ovGoOglc
Libro ID. Ca»o VI0. ~ a38
e , cosa dd non intendersi senza maraviglia , da-
gti ultilÀi confìoi dell* imperio Persiano , e dalla
China . Quella parte d' £uropa , cfae giace tra 1
due grandi e famosi fiumi , Danubio e Tanai , cfaa
or comprende una parte della Russia, della Polo«
uia, dell'Ungheria, e della Turchìa Europea, e»
miocìd ad esser tentata dalle armi Romane, quan-
do già era venuto il termine della loro grandez-
za. I popoli che abitavano' quelle contrade, divi* ,
fl'ft-a loro sotto varie denominazióni, erano con
nomi più generali conosciuti , e diiamati Sciti Ea^
ropei, l'artari , Sarinati. Dico Sciti Europei , per-
ire la Seizia, eome oggi£ la Russia e la Turw
cfaìa, s* estendeva egualmente neirAsia, che nel-
1* Europa . Fra qtiesti popoli quelli soli ohe si tro-
Tarqno piìi vicini al Danubio , o sia ì Dacì , fn-
fono soggiogati e ridotti in provincia da Traiano ,
sotto il quale si può dire che abbiano avuto ter-
nufle le conqirìste de' Romani (i). Gli altri pia
lontani dal Danubio e piìi vicini al Tanai, come
gli Alani, ebbero' bensì sotto gli Antonini qual-
che sconfìtta , e furono-^ rispinti dai confini del-
1* imperio : ma tutte le più felici ^edizioni che si
poterono fare da quella parte , si terminarono in
trattati o di tregua, o di pace e d'amierzia; né
mai que* popoli si contarono come sudditi del do-
minio Rumano. Quando poi le Jbrze dell'imperio
Tillem. HUt. do emper. (om. a.- Domiiiea ari. ai;
Trajaa art. i6 et j^.
sv Google
à34 Deu£ fiivoLuaioNi s^ Italia
comÌDCi'aTano a decimare , tutto il maggiore sfor-
so che si fece rispetto a quelle naziom, fu di rì-
tenerle di là del Danubio, e con castelli e presi*
di impedire che uon ^^avanzassero nell* Illirico •
nella Tracia . Aureliano , prìocipe non mica àsap'
poco uè trascurato delle cose dell' impii^rìo, tras*
portb di cjuà dal Danubio tutti ì sudditi Romani
della provincia Dacia ; e facendo termine dell' it»-
perìo quel fiume , laacìò V antica Dacia io poter
d'altri popoli di que'cootorai, obe- si' cfajamaroa
Goti, o sia cb'ieBsi fossero gli stessi obe dagli an-
tichi chiamaronsi Geti e da' Romani anch' essi tal-
volta Dact, o cbe vi fossero venuti da più occi-^
dentali e boreali regioni della Germania. A' t«iH
pi dì Valentiniaoo primo e di Valente tenera' Il
governo di questi Goti Atanarioo , il quale , lascia-
tosi allettar nel partito di que} Procopio che si sollevò
sotto Valente e cercò di levargli V imperio, si tirò aà-
dosso le armi imperiali, vinto ? distrutto che- fu Pro-
eopio. Perciopch^ Vateote che volle pr^uder vendetta
de' Goti che aveano dato aiuto a* suoi nemici <
fece per tre anni continui ostinata guerra a queU
la n&zione * e li ridusse 6nalmente a chieder pie«
tà e pace (i). Quand'ecco, mentre cbe i Goti
si stavan pacifici ne* prescritti termipi. e che
r imperlo si credeva sicuro da quella parie , com*
p^rir come da un nuovo ed ignoto mondo . una
strana nazione , per cui e i Goti e i Romani
(i) Àmm. Morteli. 1. aj.
0. Google
riBRO m. Capo VOt. . sSS
dovettero peoeare ad altri spedienti e a duotÌ trat-
tati. Gli Uaat ohe potrebbonn egualmente chiar
mare Sciti o Tartari, p che. abìtavatio Ja prima
regione dell'Asia, dov^essa per < via del Tanai t
divisa dair Europa , fumao, più ancora che gli
Sciti Europei , sconosciuti a* Romani » . FicoìoUi
p parte del Tanaì;, dioe Strahonct ci è nota, a
» cagione del freddo e degl' incomodi dì quel
» pae«e , che i naturali virenti di eami « di ÌAt*
31 le possono sopportare , e i forestieri non powx ^
u no . Del Ji-esto. onesti Tartari , lontani 4al iraf-
».ficare fiou altre nazioni, per numero e per ro*
» bustezza potenti, chiusero ogni strada dì terra
» praticabili , e ogoi parte navigabile idei fiu-?
9- me» (i). Tolomeo un secolo dopo Strabono
scrisse parimente, tch« gran paMe della Scizia era
sconosciuta. Ed è cosa veramente d^a dì nHH
ravigUa come Flioio il giovane, uomo dì tanta
sapere e sii curioso di cose nuove, allor ch'era
governatore della Bitinia «opra il mar Nero, e
eh* ebbe porrispondenza col re del Bosforo «onfi-»
naote con gli Unni , non «ìasi iogegoato dì pren-t
dere cognizione dì quelle genti (2). Ora> questi
(-1) Strab, 1. Il , p. 340.
(a) Per quel cbe ti conobbe io ptoc«Mb di laiii|io t
cotesti Dudì divenuti (V famosi per la detolanone che
recarono all'ltatìa e a tante provincic dell'imperio, occu-
pavano quflU parte delta Buisie Aaiaticha , cbe cbiamait
Aitracan, tra il fiume ^^'k** il tnonte Caucuo, e il Don,
dello Tanai anttcanienle. jE perii trovandoli vicÌDÌallo da-
to de' Pcrtiani, urebbonii potate procacciar- diTtttioni
0. Google
-/■
liX Delle Rivoluzigm n* Italia
UsDÌ , nazione 'incolta e barbara , osata a viver
«SDza ^bili'albeT^bi in campagna aperta , scor-
tetido epredabdo e combattendo per tutto, pira»
saifODo , Bon si sa. pei- qnal caso ut copie , ia pa-
lude^^^ifeotìde , e il Hum^Tinuii obe ib es«a sboc-
«& (i) . TroTarODiti di < priina gtunfìì nel paese
4egK Alani; ma o questi gaf^liaidt e fercMì Tr-
^MMaoglr aMalitcwi , o Vepam«i^'il pwse'Ioro
■toàtuoso esedvaggìo non presentò' cosa-oh^ .at-
iettale. 4a cupwàità degli Dnoi., -i qiidti ikrsìò
spingendosi oltre, Tennero addosso a qiie* Goti
«beabitaToiK) verso il Danubio. I Goti spare»-
laitt 'dalla Bubha-^teursiohe dì co» stratta gente e
^ stra«n)kMna ■%ura, se vero è ciò cfad ne xtu>
cantano gir anttefai storrci (a)* si gettaron fag-
gcndo alte'ÌTvo del^ Datnubio, supplicando d'esse^
j«: accolti nelle terre de' Romani, per non restar
predai e vittima de' nnovì assalitori . Portato V avi-
viso di sì gran novità all' imperador Valente , le
dispute e le consultazioni furono molte e vbrìe >
per ile^erminare guai fosse il partito da prende^
ré'.rìipetto a questi Goti. Intraprender guerra con
kvo era, edsa -pericolosa, di nrun frutto, ed infi-
nita ; perchè vinta una nazione , per esempio dì
Sciti, s' incontravan quegli Unni stessi. jjjte- gli
avean cacciati : perocché quelle stt-afcrocchevoU
d'.armi di gran rilievo per la difew e per maggioie it>-
grau^ineato ancora dell' imperio Bomaa* . ,
(i) Amtn. Marceli. 1. 3i.
(a> Zoa. 1. 4; .e- 30. — Amm. Marcel^ aJ>^ top. .
£iBRO:nL GasòTIU/ ;k37
IMfidezióDi dì barberi settcQtrìonali rovinarano per
lo jDv^ricItio ecflvcere le une aopra le. altte . Àc-
co^ìu^ e cooteaerìi^nel seoo delle provùicie, •
destòiar: uno terr« da coUivar^ « >a guUa dì coIch
aie, «ra .ìau>resa dod meno malégevole, speciale
-mante {)er iVitifBcoltà fSi trovfur : ministri: e go»
-Tcrnfttori abili 'fs non avarì , che li eonteneBSsra
-ne* t«*mini prescritti. It meno rischioso partilo
era senza dubbio spai^ere i novèlli avrantorì in
più luoghi, e fì-anunischiaHi nelle armate , e cwp-
care di renderna una parte quasi 8ud<Uti i)atur<iU
dell' imi^no; alleMar gli altri ocJJa ^leraua;;^
videi^li e indebolirli con susàtar gdoùs tra lo-
ro, e armar quelle nazioni le une contm la al-
tre , Uo tale spediente veniva anche sòftenuto da
un* altra necessità : perocché icarse^iando le ap-
mate Romane di soldati , e crescendo: le guer»;
poteìuo questi, barbari parere i benvenuti, da
che s' offerivano di militare a mo^co ^'pendio .
Qualunque di questi o d* altri risguàrdi movetie
i' imperador Valente , u coocUiue nel aao £qiu»>
:glÌo dì ricevere ì Goti con eerti patti ecoodizio-
BÌ (i). Ma i ministri ed uffìzidi suoi esogUiroDO
ù mais dal cauto loso le condiaioni aoiHtrdale-,
cbe'si.^Mi dall'avarizia de*. Romani spogliati e
ridotd a solmna- miseria» e quasiché a* termini di
morirsi di fame, di amici ch'erano, divennero
in breve nemici* e nemici tanto più ^da temersi,
rO V, Jisinan^. derdiM Gelici* e. 36.
/
DiqitizeaovGoOglc
s38 Delle BrvoLuzìoNr d* Italia
quanto oh* esri si trovaianu armati nelle nscerfr
dell* impcTÌty. Valente cbé sulla fidada di: queftd
lòrettierì avea trascurate r smitniite e scoofeutate
le mih'zia Remane , venuto, a gaerra con questi
Goti , Ti perde 1* ecercito e la Tita ; e lasciòf l' im-
periu d* Oriènte n^ peggiore scxanfiglio' che ìòsm
Rholmipni deir Imperia éTOtxiden^^ éS- tffetli^
che da esse neequera per lo statò ^ ItaUa ,
VTodera; eì6- nwr pertantff rifalla piena e" perfet-
ta pace sotto il nome dì Valentinidno'secondoi'
faDBHiIIov ma per autorità ed arbitnc di Grazia-
no angusto, suo maggior fratello. QUest'alfimo
già enr stato parecchi ami avanti creato^ ttugusttf'
e oollegft del padre ; e alla morte di qùtsto , di"
fatto. 'c di ragione a lui «ricadera l'imperio d'Ita-
lia e di-tutto rOccideofe, Ma gli ufBzialt dì Va-
leutimano', e pift di tutti Merobaude, trovatido6i
coù:'!*' esercito in Sabaris', assai lontaoi da Tne-
veri dove s'era f^fiiiato ' Graziano augusto, tc-
mettcfo che quaTenbo non voleste ocoupat l'im-
perio j e perciò s' affrettarono di ■ prodamare im-J
peradore il fanciullo Flavio Valenlitiiano , secon-
do di questo nome, il quale aveva insieme' a sua
madre seguitato il padre fino ad Acinco nella
0. Google
Ijbro SL Capo.EC 339
Phnnoaia . Omnaiio che fu il f/tìma tra gì* impe-
radoTÌ, in cui la relìgìon CrÌEtiana conservaiDe'so-
<|i e visibili gli effetti suol« approvò senza trop-^
pò indugio 1* elezione , aacorché fatta lenza suo
consenso'; eà ebbe sempre in luogo di caro £glia
il giovinetto fratello',' col qude 0 inoontanenta
dopo che V ebbe rìcotfosciuta per collega , o qual-^
che atrao appresso divise fé proviocie occidentali :
per la qual divisione restb' a -Valentiniano 1* im-
perio d* Italia^ In questo mezzo vacò I*iiAp«ÌD
d* Oriente per ìtt morte infelice dì Valènte ,dis-
fatto T come abbiamo accennato « e «w vivo' pres-
so Andrìnopoli da* Goti , i quali di poi , senza
trovare ostacolo , scorsero e predarono insieme
con altre nazioni barbare là ^acia, Ila Macedo-
nia, la Grecia, con tutta quella parte del domi-
nio Romàntf (an. 375. )jk Graziano in cut rìo»^
deva il dirìtttf e Fobbl^ di provvedere alto sta-
to d^l* imperio y dove Valente non avea lascilo
alcun successore y non credette poter me!g|tó lì-
ccHuporre le cose d' Oriente , che coH* asscmiersi -
per collega Teodono di virtù conosciuta, e d'età
fresca e vigorosa. NonZosimo stdamente. nìa'Si'
neno ancora Dti bellissimo trattato di pol&ica che
Ktìtse e indirizzò all'imperadore Arcadie, ripre-
se non oscuramente la condotta dì Teodosio in
questo particolare, d'aver col troppo fiivorire e
stipendiar barbari tolte di mano all' imperio l'ar-
mi e le forzo proprie. Parrà strana cosa ad alcuno,
=dDvGoo^lc
240 De[.le RiYouraoM d*^ Italia
cbe in un. punto ù poco dui^Hiso-di politica
potesse il grao Teodosio commettere errore ài
rilevante , di disarmar quasi af&tto gH antiolii , •
afEdare a' erbari le forze e la difesa dell* impe-
rio ,- fbrmaodo gli eserciti di loro soli , e dando-
Oe a persone della «lessa oazione . il comando .
A9a da che Valente area dato ricetto nelle terre
^elP impecio a quelle nazioni, non restava né a
Teodosio , né a Graziano altro partito, cbe cer-
care di conciliarle ed affesionarle , all' imperio -.
Per discacciarle o distruggerle sarebbe stato biso-
gno d' altri buoni eserciti di mih'zie Romane . Ma
non che &sse possibile di m«tt«r insieme troppe
Romane bastanti a rispignere tante migliaia 4' uo*
mini gagliardi ed agguerriti, massimamente quai»*
do sì fosser ridotti alla disperaoza , era anche dif-
ficile per, ^i altri bisogni dell' imperio di trove^
nelle provincie Romane mediocri eserciti; e q^e-'
gli che vi si potevan raccogliere, non avrebbero
servito np più fedelmente n<è per minore stipen-
dio, che. i barbati: sa!vo che convenne ridurr*
in tributo reale V obbligo efae aveano le comumV
tk di somministrare e mantener certo numero
. d' iiomioi negli eserciti. D'altra parte, è bea
certo: che i Goti, e gli Alani, e tutti quegli o
Alemanni o Sciti cbe vennero allo stipendio de-
gVìmperadori, er9no migUorì soldati, ohe imo
pofeano tessere i Romani a quel tempo general-
mente ammolliti e corrotti ; e per T aspetto esteriore
ovGooglc
' Lima ni. Capo IX. T t4t
delle persone poteano trovar parzialità d'affet-
to De' priacipi (i)> Vera cosa è che per noa
dar troppo potere a cotesti straDieri*; sarebbe con-
venuto ò frammesoalarli con nazionali -, o lasciar-
ne il prioGÌpal comando a* Romani . Il che sareb-
be stato conn'gKo utilissimo, ■dovaci prìncipi non
avessero avuto a diffidar maggiormente de* gene-
rali Romaai , che de* barbari. Questi aitimi, sup-<
ponendosi sempre- incapaci d* oocupar in penona
propria la dignità imperiai*; aveano »n motivo
di meno a rivoltaci e tradir S principe. E chi
pub gcordarsi che tutte le rivoluzioni dell' impe^
rio per ^ù di tre secoli addietro j- erano per la
più parte procedute dall' infedeltà ' de* capiUmi
^e pur non erano stranieri P In. sonàma , il tem-
po fatale della cadutaci sì vasto' imperio s'av'
vicinava; e oontro-le disposizioni di AiftA'iorprov-
videnza niun riparo valea . Un loFo spedtente tiel>^
P ordine delle cose poteva essere -A ritardar la ro-
vina, ed è quello sti^o che -fece, che 'sostenne
e che aggrandì gl'imperi in qualsivoglia età e
nazione;' ed era quèrto, che il principe banian-<
dasse Parmi in persona'. Percib' Téodosio'che in
lotte le guerre ohe nacquen») amante il auo im-
perio, e seppe e v(dle govéraarle per sé stesso*
non solo potè -meglio' <^:iriua altt*o scegliersi va-
liti capitani , nta fi raairteone ancora fedeli e
Tomo i. . ' , i6: '
(■) kmm. Harcell. I. 27. et Si.
0. Google
242 Delle Rivoluzioni d* Italia
divoti. Egli ebbe noodimnio a wperare difRcòl-t
là grandUsime, e tutta la. sua destrrnra gli fè*^
bisogno per contentare e tener io freno quella
Bioltitudtae di straDi'eri; e per aoddisfare a que-
sti, e noa isconteotare i Romani * 0Ì fa d'nc^
moltiplicar le cariche militari , ed aggravar per
questo con nuove imposizioni le sue provincie (i}.
Graziano attese ancor egli a' guadagnarsi V animo
degli Alani che in gran numero doveaoo cwero
al uio servino, e gli adoperò utilmente nelle
guerre che fece contro i Germani . Ma o e^
non £eppe cori bene , come il eoll^ , c<HvIursi
Terso gli antichi sudditi ; o veramente ia malva-i
gita d* alcuni pochi o d* un «olo rendè funesta «
rovinosa quella gelosia contro de* forestieri r CUi
vedevano ri bene eecohi dall* imperadore .
Bfogno Màssimo trovavasi, non si sa bene*
sé esule o ufBziale nella Bretagna,: allorché Gra-
ziano per la mtnle di Valente e U necessità àgh
lo stato elesse per suo collega Teodorio , di cui '
Massimo sì vantava d* essere paesano, e di me^
rito non inferiore . Invìdia .ed ambizione lo sti-
molarono alla ribellione ed alla vendetta ; e col
finneotare i cattivi umori ohe scoperse ne' sold»*
ti Roman», li fece scoppiare in aperta ribellione,
IFcciso in questo amiiintinameoto il buon Grazi»*
Bo, Massimo ottenne ( ah. 383. ) molto agevola
nlen^ il titolo di augusto, e l'imperio delle
(i) y. Zo*. 1. 4 , e. Se. et Mq.
0. Google
Ubso IH. Capo IX. t43
Oallifl , e coDs^uentemente delle Spagne e d«IIft
!&«tagua, le quali provincie soleraao senza «on-
irasto obbedire a coloro che iinperarano nellf
GaUie. Valentioiano , debole fanciullo» non ob^
potesse vendicar l' ucciso fratello , e rìtorre air
r usurpatore le mal occupate provinoie, ebbe per
gran mercè di rìconoicerlo per collega (i); «
Teodosio f:he aveva troppo che fare io Oriente ,
approvò, o ne fece almeno le viste* l' esaltamene
to di Massimo: e benché le tre corti di questi
priocipi fossero piene di sospetti , perchè Valen-
liniaoo e Teodosio temevano del continuo qual-
che nuovo attentato del tiranno , e quesU non
poteva mai lUsiogacai che ì due |HÌmi Io nguap-
dassero dì buon animò com' egOale; pur nondi-
meno si passarono alcuni aDui in mandarsi am>-
bavperìe reci[HX)che ora uffiziose,. ora mioaoeero-
li , secosdonbè si temeva, o si' prendeva tigor»
4à una parte e dall' altra; Fu saot* Amtwogio ve-
scovo di Mtiano più volte adoperato in' queste le*
galloni ; primo esempio della _parte che poì eb-
bero i vescovi a* tempi seguenti ^nel Aianeggìo del-
le cose politiche , massime nelL' Occidente . Giifr*
stioa augusta^ .madre del giovane Valei^nUnio-,
governò a nome del figUuolOi tr«nqu!ll«naènte
Vkdia, non ostante che inibevuta degli Àriam
errori abbia dato qualche travaglio a* v^kovì catk
talici . Ma alla fine una donna iofuperta « e uà
fi) Tillent. Mem. de rempereorTalentioien IL — Ma-
rat. Du. 383 et Kq[. ' ' ' .'
0. Google
244 Delue Rivoluzioni d'ItalU
debole fanciullo piccol riparo poteaao fòre. ad un
astuto ed agguerrito tiranno . Giustina augusta
vedendo la superiorità del Demioo, si fuggì ed
figliuolo; e r Italia rimase soggetta a Magno Mas-
simo. Ma egli non ebbe a godersi lungamente di
tal oonciuista , perchè Teodosio gli venne Con-
tro; e TÌnlo ed ucciso l'usurpatore, ritornò Tltar
lia sotto il governo del giovane Valentiniano . .Ma
nondimeno due pernlziosissimi efTetti procedettera
dalla ribellione di Massimo . Uno fu V essersi per
cagion sua o mantenuto , o ravrivatp nelle Gal-
H« un certo genio d'indipendenza per un'usan-
za inveterata da più secoli di crearvi degli au-
gusti: drcostanza singolarmente notevole per ri-
guardo alle rivoluzioni dell* imperio occidentale e
dell' Italia , la quale dovette da questo tempo ser-
vir di frontiera a sé stessa , ed abbandonata qua-
si a sé sola difendersi colle proprie fbr2e che cer-
to non eran grandi , e però prender legge da
<^unque l' approssimava . Àbbiam notato altro-
ve (i) , che regnando Gallieno , Fostumio si era-
£itto ittiperador delle Gallio , e che le governò
saviamente. Successegli Saturnino suo figlio» e
poi Tetrico. Questi fu vinto da Aureliano, il
quale col' terror del suo nome contenne, le Gallip
soggette a sé solo . Ma , pochi anni dopo , Caro
diede il governo delle Gallio a Carino cesare suo
figliuola. IM questo in poi non paesacono. mai
(t) Y. mp. 1.3,c. 4. ," .
0. Google
Libro IH. Capo EX. 245
iiioUi anni seoz* aver quella provincia ud impera-
dpre proprio ; e Treviri divenne sede e capitale
d* imperio, più che non fosse Roma in quel tem-
po. Diocleziano vì mandò il suo collega Erculio
nella prima divisione. Poi v'andòGwtanzo Cloro,
a. cui succedette Costantino il grande, il quale,
beocfiè per alcuni anni tenesse l'imperio riunito,
lasciò tuttavia il ooRtando delle Gallie a Crispo
suo primogenito, mentre Io ebbe in grazia. Mor-
to il gran Costfuttino, le Gallie tornarono sotto un
imperadore proprio, che fu Costantino il giovane.
Costante che ucciso il fratello, rinoì le Gallie al-
la sua parte d' imperio , non durò a lungo ; pe-
rocché Magnenzio si rivoltò , e si sostenne impera-
<lor delle Gallie contro Costanzo angusto . Estinto
Magnenzio, si sollevò Silvano; ed appenii TimpCr
rador Costanzo ebbe debellato questo tiranno , che
Giuliano , andatovi come luogotenente di Costan-
zo, fu in captf a non molti mesi ureato augusto
per via d' anunutìnamento . Questa continua suc-
cessione di principi e di tiranni nelle Gallie para-
va che si fosse terminata sotto Valentìniano , i!
^ale eoi vigore del suo governo impedì non mt^
ao le ribellicmi de* sudditi, che TinrctsioD de* ne-
mici ì n'ccbè lasciò molto ben fermo 1* imperio a*
•noi %liuoli . Ma la sollevazione di Massimo su-
scitò ndle Gallie gli spiriti assopiti dell* indipen-
denza ; e le circostanze de* tempi che seguitarono
l'usurpazione di lui, diedero per avventura la pri-
ma otigine alla mooarcEìa Frances* , e -alla
0. Google
34^ DELtE BlVOLlTZIOMF D* ItALM
separaKione totale dellMtaKa dalle altre parti già
compotieoti rimprtio occidmtale; In fattidaqu»-
8tò tempo in poi appena bÌ trova che le GalJie^ief
nò state anche per breve spazio obbedienti agl'iniì-
peradorì regnanti in Itaiia^ Ma T altro non m»*
no grave danno che cagionò allo stato d'Italia
1* usurpazione di Massimo, fu eh* egli espose più
che non erano state per I* addietro , le provincrè
Romane agli assalti degli Alemanni . Massimo',
ancorché desse principio alla sub M^tevazione con
mostrar di proteggere e favorire i spldati Romani
, vale a dire i nati sudditi dell' imperio; fermata
eh' ebbe coli* assenso o ferrato o grazioso de' idue
legittitaii imperadori Tuturpata- signoria, badò an^
cor egli a cercarsi nuovi sostegni, comprando Ta-
micizia e l'alleanza degli Alemanni. Con la fidu-
cia di tale aiuto trattò egli sempre superbamente
e come inferiore ValentinianOf mipacciandogli ad
bgn'ora di mandatali addosso in Italia un'armata
di barbari (i), de* quali area sicuramente un gran
enumero anche belle sue legioni. Queste cose crel>-
bero animo e baldanza a quelle nazioDÌj le qua-
li, conosciuti i disordini che travaglìavan l*im>-
perìo, poterono ai^omentar fàcilmeote che lasoi^
te de* cesari stava a loro discrezione. Intanto ì
Goti, gli Alani, i Franohi, e gli altri barbari ri»
ceVuti ài soldo non meno degl' ìmpuradorc , che
^i) Quum rraHsrhenaaot milhai minìteris Itàliàe',
0. Google
' ' LiBBo UI. Capo IX, ^7
Ab* tiranni , formavano la maggior parte delle for-
ze loro; e fra gli ufBziali di Teodosio » come già
abbiamo detto, e del giovane Valentinìano ì pia
riputati erano barbari. Né il credito 6 il poter lo-
to si contemie solamente nelle armate , ma passò
prestò nelle città e nella stessa Roma dov'erano d
eorfeggiati e rispettati e temuti . Costoro , coma
ognuno può Immaginar di leggeri, favorivano* io-
vitavano, protèggevano; e conosciate Ift forze pro-
prie e là debolezza de'Romaoi, si fecero dispoti*
ei dell* imperio * poco si curando del titolo d* iiA"
peradorì. ÀrbogAste, Franco, di nazione, generale
cU Valentinìaoo , teneva questo principe come suo
pupillo, per non dir come schiavo; e in fìne .lo
fece uccidere, perchè vqleva oomaòdare. Arboga-
ate che tutto' poteva in Occidente , diede il titolo
e la corona iniperìale ad Eugenio, uomo di let-
tere e suo- raccomandato, ma ritenne tutto il ci-
mando e tutta I* autorità del governo in sua ma>-
no. Non so se nella storia aatioa ù tròn più a-
perto vestigio del governo dei re di Francia! del*
la prima scbiatta, e de* oalifB Saradnì, a' quali
t iqaggtordomi e ì sóldani lasciavano le insegao .è
"il titolo di sovranità , esercitandone' essi èffettivct-
mente. tutti gli uffìid. E noi vedremo per un té-
■colo quasi intero troppo bene «egintato un tal e-
«empio. Vero à che Arbogaste ed ^ngenn fUrO^
-no vinti e spenti dalle armi di Teodosio, il qua-
le V aacorcliè avesu gli eseccitì> « la corte pieni di
barbari , potè col suo senno e «oUa np}itWO(i Aél
0. Google
246 Delle Rivoluzioni d* Italu
tao nome manteDersi obbediente - ed ossequiósa
ogDuno, e tutto l'imperlo sottoHiesso ed unito..
Ma Onorio che per diritto delle concfuiste del pa-.
'dre soccedette a Valenttniano secondo nell'irape-
rìo d* Occidente * e parttcolarmeote dell' Italia
(mentre Arcadìo, Taltro mi^gior fratello, nma*
se alla morte di Teodosio imperador dell* Orien-
te ) , non eredita delle virtù paterne altro cbe
r amore alla religione ; e quanto fu pio e zelan-
te cattolico , altrettanto fu debde ed inetto- p«i>-
cipe.
CAPO X.
Prìncipu del regno if Onorio ; e primi attertìatà
àe* barbari sopra l'Italia.
C^uando Tediamo cdd guai ièrmezza si adoperas-
se Onorio a distruggere in Roma gli ultimi avan-
zi dell'idolatrìa, e reprìmere per tutto il suo do- .
minio l'insolenza degli eretici e de' pagani, appe-
na possiamo credere eh* egli avesse tratto dalla oft>
tura quel eavattere d'imbecillità, che fu il carat-
tere proprio del suo governo . Vtt questo sarebbe
• forse da presupporre che saot* Ambrogio , e ^\
altri i quali ebbero cura d* instruire il giovane ìra-
peradore nella reHgion Cristiana, il fecero con
piiro zek) ed affetto; e cbe, avendo trovate bu»-
ne disposiziom e buon terreno , il frutto vi cor-
rispose |)ienamente . liiddove coloro che futono
0. Google
tiBBO ni. Capo X 949
lasciati da Teodosio alla cura del pn'ocipe negli
affari di stato , credettero d* assicurartii meglio per
l' avveoire 1* autorità che godevano , e quella mag-
^ore a cui aspiravano, audrendo nel debde aui-
rno del }or signore la timidità e TÌDdoIenza. Per
altra parte , egli è assai probabile che i maestri e
i consiglieri d' Onorio , coaoKÌuta la »oa ioclioa-
zione alla pietà, per mantenersi la grazia del loc
«igaore, sì mostrassero anch'essi molto affezionar
ti alla religione; e per questo la più parte degli
editti o rescrìtti che sotto Onorio uscirono contro
i pagani e gli eretici, procedessero, come tutti
gli altri ordiaameati politici , dall' attività e dal-
Va,cGqptezm de' ministri, anziché da vigor partico-
lare del prìncipe nelle cose di retinone . Comun-
que ciò fosse , non è però meDo certo che Onorio
fu perpetuamente giuoco e ludìbrio de'suoi servi-
tori ; ma noa metro debole in lasciarsi governar
da loro , Sflcbè si mantenevano nel favore , che
sconsigliato e precipitoso a rovinargli , aUorohi
uoa vdlia avea cominciato aprir le orecchie alle
accuse o calunnie degl* invidiosi . Alle quali cose
qualora io rivolgo il pensiero « stimo esser vanìd-
sima e fuor dì proposito quella questione che so-
gliono muovere certi scrittori delle cose politici^,
4e più giovi alio statQ 1* avere il principe buono,
■o il ministro . Perocché non è possibile che sotto un
debole o un cattivo principe «a o si. manlepga in
■«r^ito un buon ministro . L' esempio del ij^rdìual
{Ucbelieu che seppe conservarsi Tautorìtà., eser^'ì
ov Google
&5o Delle Bi^olùzion/ d'Itaua
utilmente il suo re qxutoi a suo dwptftto, h fonie l'unico
io tutta la stona del mondo. Stìllcoofr troravasi ap*
presso d* Onorio nellostesso grado dìBichelieu appFe;tJ-
<o di Lodorico XIII ; ed è certb, ch'egli resse l' im-
perio d'Occidente non da Diinistro, ma da sovranot
Fosse virtù sincera, fosse nobile affetto di gloriai
che lo animasse, o un ambitioso desiderio di «a-
perare nell'amor de* sudditi e nell'estimazione del'
le due corti l' emolo Ruffrno, creatura ancor esso
di Teodosio , e ministro di stato appresso Aircadio
io Oriente ; StiUcone govemb con tanta destrezza
e con tal vigore gU affari di guerra e di pace ,
che dee- eccitarsi fra i grand' uomini dell' atitichì»
tà. NTuno de* più famosi monarchi» o de* più ce-
lebri favoriti ricevette mai da' sudditi o da'clien*-
ti tante Iodi, quante n' ebbe Stilitnse da Claudia^
no che visse a suo tempo; e ciò che più impor-
ta , ninno forse n' ebbe mai né di più sode , nh
di più ragionevoli e più meritate. Impei-occhèt
quantunque le cose si trovino magniScate ed esa-
gerate dalla copiosa e felicissima vena del poeta;
pure non sono lodi comuni o iperboli di oaprio»-
ciò, ma appoggiate sopra azioni vere e notorie
dell' eroe . Una sola cosa rimane dubbiosa intorno
al carattere di Stiticoaei oioÀ la sincerità delle sua
intenzioni, e la sua'fedeltà. Rimase questo comA
{»roblema nella memoria' de' posteri ; e non ci ab- I
biamo molto più dì ragione a credere ch'egli ab-
bia volpto usurpare la corona al suo principe, o
eh' egli sia stato sacrificato ingiustamente alla
0. Google
Libro IH. Capo X. -aSk
-geloiiìa ed alle (ìalunnie d* Olìmpio suo eio^lo « e
lioi 'suo succnsore nel mtBÌsteco e nel favore d* O-
-nono. Ad ogni modd, il meno equìvoco si fu for-
se, ch'ali abbia tentato di stabilir il suo figliuo-
lo Eucberid sul trono di Gjstanlinopoli aliti mor^
te d'Arcadio. Ma finalmente egli era Vandalo, 6
per ogni piccola ombra cfae dessero i suoi anda-
menti ed i stKti trattati con gli altri barbari, non
fo difBeile a' suoi rivali il persuadere ad Onorio i
eh*^K maocbinasse di tradirlo. Fu dunque ucci^
so quei gran ministro e grim eaprtauo; enfila suft
caduta diede l'ultimo crollo Pimperio d'Occiden*
te. Ma se nella morte diStilicone* Onorio e TI'
talia perdettero il solo braccio cbe ancor restava
■ ritardarne la rovina, egli non è meno certo che
alcuni anni prìmaStiticonemedesimoavea perdu-
to DeHa morte di sant'Ambrogio runico sostegno
d^a sua virtù, e il più sicuro compagno nel con-
•Iglio e nella conBdeoza dèli* imperador'e. Era pas^
iato da principio qualche disparere tra Stilicone,
ed Ambrogio ; ma Stilicone , conosciuta V onestà
e l' abilità del santo vescovo nelle cose di gover*-
no, ne concepì gr«idissiffla stima e venerarione:
Dal che nacque probabilmente, che i primi aUnS
del suo ministero iìirono meno' soggetti a rimjuo'
Veri, e a sinistre interpretazioni (ì).
Ma che cbe si debba credere alla fine delle
buone o delle ree iotenàÒDÌ di Stilìcone , Il tatto
(i) V. Tauli». io Ambtoiit viu e. ^4 et 45. -
=dDvGooglc
262 Delle RivotoztONi J>' Jtalis
è pur certissimo, che meotre egli ebbe "il coman-
do delle armi Romane, T Italia scampò due Tolte
dai pericolo gratidiusimo in cni si trovava; di' ca-
der sotto i barbari . Le storie di questi tempi so-
no sì mancanti e couftise , che appena dì grosso
si può trar contezza de* fatti più principali . Ciò
non ostante tutti gli scrittori e prolasi e sacri ci
fanno unanime testimonianza di du« memorande
sconfitte cbe Stilicene diede ad Alarico e a B»-
dagasio, il primo general de' Goti, l'altro dfcgli
Unni o sieno Sciti. Questi due capitani assaltaro-
no d'accordo l'Italia verso l'anno quattFocentesi-
^mo; e di tanto spavento riempierono l'atiìmo de^
grita^asi, che Onorio già si era partito di Ba>
Tcnna , risoluto di passare le Alpi , e ricoveràra
nelle Gallie : se non che , scongiurato e persuaso
da Stìlicone, si fermò in Asti con animo ancora
' di lasciarsi assediar da' nemici io quella città na-
turalmente copiosa di viveri, ed in quel tempo
fuor di dubbio assai bene fortificala dall'arte. Ma
la famosa vittoria ch'ebbero i Romani salte rive
del Tanaro presso a Foenza , liberò Onorio di
quella paura; perchè Alarico, usdto d'Italia, dod
vi pose più i piedi fino alta morte di Stilicene .
Radagasio cbe due anni dopo, rifattosi pro-
babilmente di nuòve genti « mosse» verso Roma
con potentissima armata, fu ancor egli vinto sot-
to Firenze: poi rifuggitosi sopra il vicino monte
di Fiesole > perde miseramente sé stesso con tutti
i suoi . Il vantaggio che da questa vittoria trassero
=dDvGoo§lc
Libro ID. Capo X. i53
! RoDiani , parea che potesse ristorare in parte;
r Italia del danno tuttavia notabile che queste ul-
time guerre le cagionarono, benché abbiano avu-
to favorevole il fine . Si fecero a Fiesole i prigio-
ni in tanta copia , ebe si vendevano via a guisa
di pecore per pochi danari ; Ìl che non era pio-
ciot comodo ndla scarsità così di sèrvi, cfae d*uo-
mini liberi , ìn cui si trovava T Italia . Ma in bre-
ve tempo videsi tornar vano sì fatto vantaggio ^
perocché una fierisaima epidemia, provenuta per
avventura dalla fame patita dai barbari m«itee
fìirono assediati sul monte, ritolse a' compratori
quel nuovo acquisto di servi: e l'ora estrema cfae
Dio avea prefisso alla grandezza Eomana, già era
neina.
0. Google
254
LIBRO QUARTO.. .
CAPO PRIMO,
SìtraUo delle cose d'Italia verso ìajìne del quar-
to secolo : agricoliura , commercio, arti^ e
. sludi .
JNoi .abtoamo da dieci o dodici ':sttdC>U qq^ bene
assuefatto ranimo a queita idea* <^é ì Coti, gli
Eruli« i Vandali, i Longobardi abbiano rovinata
ed ioselvaticbita' r Itala ,~ obe senza pur rifletterà
essere noi stessi discesi per avventura da qu^^le tOLf
zioni, appena possiamo immaginarsi cb* esse ab"
bìano potuto recar ombra di bene a' paesi cbe
conquistarono . Né già può negarsi obe in quel
primo sconvolgimento di cose , quando fu distrut-
to e affitto spento 1* imperio d' Occidente Io;
scompiglio e la desolazione non eieno stati gran«
' dissimi . Ma se daremo uno sguardo allo sfat-
to in cui era l'Italia quando i Goti ci ven-
nero e presero Roma la. prima volta* Terremo.
forse a conoscere cbe le genti cbe sono vivute iir
Italia dopocbè i barbari v'ebbero stabilito il lo--^
ro domìnio , non aveano grande ragione di deplo-
rare le passate rivoluzioni.
L' Italia ne' due primi secoli del Romano im-
perio , divenuta giardino di Roma, s* andava
0. Google
Libro IV. Capo t 265.
consumando nelle sue delizie. Il primo e più note*
Tole danno , e quello da cui tutti gli altri deriva-
rono, hi l'esser ristretta e poco meno che spenta
la sorgente della popolazione. La più parte s'era-
no avvezzi a riguardare come grave giogo il ma-
trimonio; e per quante leggi ai fossero fatte con-
ti^p ^i scapoli o iO' favor de* mariti, non s'era
potuto levar via it molto maggiore allettamento
d' un licenzioso celibato : ed era divenuta tanta la
scarsezza di prol« , die a' tempi di Costantino.
L* Aver un- figliuolo solo portava seco grandi privir
1^* (i). S'introdusse questo abuso da prima ne*,
^ndi e nel popol grasso , e finalmente passò in
tatti gli ordini di persone non pur di Boma, ma.
$; tutte te contrade Italiane. Le più vicine a Ro-
ma , frequentate per. camion di diporto dai citta-
dini deliziosi, come quelle della Campania, furo-
no più presto infeste dallb oorruzìon de* costumi ,
che i-egnava nella capitale . Le altre più discoste ,
oome sono queste postre della LombariUa , riten-
nero .per alcun tempo e conservarono l'antica mo-
destia, e parsimonia, e semplicità (2); ma alla
fiiie corsero la sorte delle altre , massimamente
da che la residenza d^l* imperadori in Milano , in
Pavia, in Verona, in Ravenna condusse. m questi
paesi gli stessi disordini, che in Roma e nelle vi-
cinanze di essa (3). Gli spettacoli, le feste, l
-. [i]- V..HeÌaecc. idi. Pap. P«pp. .■
[a] Win. l. I. ep. i4.
15J V. Olyoipiod. sp. Phot. cttd. 80. .
0. Google
256 Delle Rivolvzioki d* Italia
sollazzi che seguitavano la residenza della corte ;
i donativi , le larghezze che facevano i grandi ia
occasione spezialmente di prender possesso di qual-
che dignità, quando ia pòchi giorni si gettavano
molti milioni ; le vettovaglie che non meno da*
buoni , che da* cattivi imperadorì faeeansi distrì-
buìre o gratuitamente , o per vilissimo danaro al-
la plebe (i) ; tutto questo nudrira maravigliosa-.
mente gli abusi , e diremo quqsi le malattìe po-
litiche dello stato, che il trassero lentamente al-
l' ultimo distruggimento . Pochi erano coloro che
volessero prendere il carico della moglie e de' fi-
gliuoli, potendo an~darsene a Roma, e camparvi.
senza briga e travaglio fra i piaceri de* teatri e
del circo . Mancata poi o dimiouita in Roma la
larghezza de' principi , dopoch' essi ebbero ferma-
to altrove il loro soggiorno, la pietà Cristiana so-
stenne, benché con miglior fine, l'ozio medesi-
mo . La Chiesa , arricchita per le donazioni di
molti cittadini divenuti Cristiani, sòccorrea con
larghe limosine ali* indigenza de'meschinelti. Ma
questa pietà verso ì poveri , e spezialmente versò
gt' iofermì, fu oagione che molti ribaldi e sciope-
rati corressero in Roma per abusare di questa pia
liberalità , e fuggir fatica (2) . Così per vari mo-
di 3' andava ritraendo la gente dalle opere ni-
stiohe (3) , e s' abbandonavano i borghi , ì villaggi
[1] V. Cod. Thèod. I. 14, tu. i4, »5, 17, 19 etc
[3] V. Cod. Theod. de Meodìc. aoa iuvalidU.
[3} Ambr. de Oilfic. 1. a / e. i6-
0. Google
Libro IV. Capò t 267
f U'piccbls città, cbe woo ordiaariamente la di-
fesa e il sosterò delle città graadi e degt' impe-
ri . Le cotoaie Doa volta sc^te. di riatorar la popOf
ladope delle terre dat guénesco furor desolate ,
gii abbiamo veduto che anche nel primo secalo
dell'imperio riuscivaao^ P°co. profitto a ripopo-
lar la campagne die il ìatso e Parti cittadioescfatt
pnk ancor delle guerre distroggeraDo del continuo;
t bel ^fzo'e qiiarto secolo n'era passetta io disu-
so fi^o l'ombra e l'idea. Siccome pochissimi à
eoataraóo ì soMati nativi Italiani , cosi pochi si
curavano d'avere per ricompensa campagne in I-
(alia, fatta ultimaDitnte, come le altre provincie,
■oggetta ai tributi ed alle gunre , ed esposta da
iDDgbissimo tempo alta cupidità de* favoriti e de*
nifàistfi, le osàrpazioaì de* quali aveaao renduta
troppa incerta 0 mutabile la propn'età de* beni.
Cosìcchi, sé manc& a* terràzsaoì ed a' rustici na-
turali 1* animo 0 la fibertà di ooUìvare i prc^ri
eampi , niolto minore allettaibeoto àveauo a ciò
fare i scadati invecchiati ndla licenza e nelle ra-
pine (i). Tutto il terreno coltivabile dovette a-
dunque essere posseduto da pochi ricchi , e spe-
zialmente (^'senatori Romani, massimamente da
che sì era stabilito una volta, che ciascun di la-
ro dovere a^er beni stabili in Italia. Costoro fa-
ceano lavorar le terra dai loro lofaiavi . Ma ancor
Tomo L 17
<i) V. Colt I. I. de AgcQ (luerlo.'
=dDvGooglc
z6B DeiìB RivQLuziòiii dMtalu
questa forte di lavoratori vnine manfìando, dopot
che le proTÌacie orìentalr e le GaUie comÌDcianH-
tio a ctesxe a ncoBoscers i loro impcradori o ti-r
ranni paFffoolari . Quet poco numero di F»%iosÌ
die fóciCTan nelle guerre di Persia e di Gflrnuh
nia , poche volt? passava in Italia, Oltncbi, nua
tanto si cercanano' da. lootaiiff provimtte' serri rux-
itici ed uoiDÌoi indurati alla gleba ed al travaglio »
na di qaellì c&r servivano ai piaceri ddla lits
0or{Hda r al Iqsw ^ ^^ ^f'' ^^ °<*°^ ^'^ punb»
dimómito in Romar snoorcbi' qu^la. eiitji ttvMse
•oeasato d*'euer sc^^omo ordinario' degl'imperador
ri e della corte. C^ni damxr ' oi«acuDode''gin»4'
dì generalmente arria creduto di'saeqrar la nascite
e ir grado r ae, uaenado in pubblica , aoK aiAraeA
dietro una ivsg^ ed ìnoomoda Mbiem dì cputtra
ty cinque cento paggi e «erviftwf (i). ;
A misura cb« si &rona dìl^oatìi a aptioti i
iTOtieì naturali, v cbe mancò' o ratfenrione o E»
possibilità de* ricchi altadint a hr ooltivur le tenr
rr» alcuni; de' più;. savi tmpeiadorf '»i preaero eail
medramt la cara i£ fisforarìff di nuovi cultori *^
AureHano avee fatte pensiero di mandar «obiai»
di seUavi barbara in certe ter»' defU Toaaan» •
della Liguria ^ o sia delle Langber ma ìa. brevifi
ad suo regna r o il cnimgjio de" sisot mimsfrr ^
ioikeKo l'esecTHione di un^ tal disegno. Kè.sapfàa»^
mo che per più d'un weoIodt^Aurdiano alcun
(ìj Amm. MarceH. 1. i4< .
ovGoo^lc
Libro IV. Capo-' L sSg
altro de' CMarì teotasia d*efFètfiiarfOf &)dhè Va-
lentioiaDo primo - nel trecenti settanta imadi' •
poppare e coItiTare i paesi vitn'oi al Po alemn
barturi fatti prì^oai nefla guerra della Gennaniai
Bachi anni dopo Q Ah. 377. y , Fiigerìdo general
Ai Grauaoo lece passar dall' IHirìoo nel contado
eh* è tra Parma , Modena e R^gio, qualche nu^
nero dì prìgiomen Goti , Vani , AlanDÌ , e- Tat'«
fili . Ma oltre che <|ueBto non potè essere' gran
eoDipeaso a fanfff contrade aUiandoiiate^ gli stet*
ti dìmràiai dì pcìma poterono iacilmeiite' ed in
breve tempo render inutili questi stabtlimeittr. Cer*
fo è pure , che* verso la fine del rs^oo di Teodo-
sio tutta quella parte di Lombardia , eh' è tra Mi-
lano e Bologna T paese ù: grasso e si fertire, gìa^-
eea quasi- deserta ed incolta. Eia Campania^ det-
ta come per eccelfema ferra di lavoro net regno
di NapoH, che, dalla LomErar^M in fuorir h sen-
za dubito de'piir felici terreni A^ltiàitir era cói>
dotta a tale, che Onorio' dovette in un sol privi*
1^*0 esentar dalle assiso o faglio piic di cinque^
cento mila giornate di terreno divenuto inutile ed
infecondo ^r). Alcnne altre feggi detltf stesso im-
peradore ci possono far eonrpren^re che le altre
«ontradff d'altana gi& eran mofto bene praRtrate,
e qtiasi deserte r prima che l'esito del &ftenK
^ODtf le tenyertwse (2}^
0. Google
x6o Delle Rstoluzioni d* Italia
" ' I.à popolazioae della città oonispondeà c«r-
tamcBte alb stato ddle vioine icampa^e. Sappia-
tao ÌQ fatti éa. sant* Ambrogio (i), che Piacen-
za, Parma, Modena , Reggio, Bologna, città per
1* addietro sì nobili e ei fiorite, eistno miseri avan-
ri ai eoo tempo, e cadaveri cU catta. Se Milano
eiBaveuia, ultimamente divenute sedi degl* impé-
radori ^ d! Occidente , . crebbero in questi tempi
d* abitatori, eom'è da crcdefe; égli è altresì .cér-
tHwimo che' vi s' indussero in buona parte gli stes-
si', abusi che già erano luEoma, e che. di lorsjt:
fura, non che potessero fctr riparo , acoelerarono Ja
T&*ÌRi. à* Italia ■ Roma f'erameDte si mantenne tut-
tavia popolosa e grande , anche dti che gì* impe-
radorf V ebbero abbandonata . Ma che potea ser-
vire^ a «Quella tìittà, e alla diFesa dMtalia un mi.
serabile avanzo di uolultà neghittosa e eattiva ;
una- vile moltitu^ne dì s4rvi iuibelli e' viziosi,
d^tìoati a far vano e ridicolo corteggio a* padro-
ni , di buffoni , di commedianti , di . baUerinì ,
d' eunuchi ,* e finalmente una turba di villani co-
dardi , che venivano a mangiarsi il pane del fisco,
a passar le giornate oziose , a dormir anche le
(i) De Bononiensi venìens urbe a tergo Gatemam ,
iosdtn Sononiam , Mutinam , Rhegiom dereliiufueias i in
aexiera erat Brixillums a fronte occurréhat Placentta , ve'
lèrem nobilitatem ipso adkuc nomine stfnans: ad laevam
Apsnnini inculta miseratus , et fionetttinimeram ^uemdar»
fVpulonim castella considerabas ^ aOfue »Jfèctu relegehas
dolenti . Tot igiiur semirutarutn urbium cadavera , terra-
rumqoB sub eodem .canspecta exposita funera ... >. ih per-
petutiat proUmia ac diruta.. Amb.'tp. >3i)} i^ìÌr 6t i c, 3.
ov Google
XiBio IV. Capo L a6(
notti su p«* teatri e sei circo (i) ? Per altra parte ,
la sorercbia popolazione di Roma, che fu la' prì-
' ma cagione per coi a' abbandonarono le altre con-
trade d* Italia , nocqne |io( particolarmente alla cit-
tà «tessa, per il perEcolo continuo d'essere trava*
gliata dalla fame . Perciocché non raccoglieodori
dalle TÌcine campf^iK il neoesaario grano- pernu-
drire quel popdo immenso, conr^rnva condurlo
da rimole provincie con ìn&oito impaccio, e tti6-
tavia con gravissimo rtscbio ohe mancasse a tem-<
po^ Nel trecento e normrtasette avendo GildtHie^
tiranno dell* Africa, mipedito ti tiS^cnto del sO'
lito grano di quella provincia , fu d* w^ , per
isfamar fioma ,^ cercar grano dalle GaiUe ; o ^Itf
^M^ne (2). Ed ogn* altro ministro, che &ti4ioo~
ne , appena avrebbe in tal contingente scatztpato
Roma da quella calamità. Quindi è £unl cosa il
' conoscere che tutto il commerzio d* Halia èra me-
ramente passivo è rovinoso ;. pereiocchè dov«ansi
eerear di fuori m>ti meno le cose più necessarie ak
soateatameofo della vita , ohe quelle che servivano
atta morbidom. ed «1 lusso ^3): a noa appacisce
(i) Amm. Marc. 1. t(.
(a) V. CUad. in Eulrop. I. i, f. 4oi : et de I^ndìb.
Sliiic. 1. »f ▼. ^4 et teq.; et 1: 5 , T. 91.
1. (3) Le pelli, i tknppi piìi finir gli aromi di cui ùfk-
«era grancfiwo , »■ marmi per le fabbriche, le pietre pre-
■ioie', ed ianmiiaerevoli altre cose portavansi a Romk noa
•olMiieiiBe dAll'e . piì» rkaote prevìAoie delt'iiftperi» « "ma
•BModÌB da' paeri, bob M^eM» a' ftowaoi y com' erano le
Peri» e le Indie . Le bestie' feroci che dovMn jerrit« tgti
0. Google
262 Delia RrvoLufion o'itaua
pOatOy che 9*e&ttaeaae d*ltaIia«IcUngeBeredi.iiuK
DÌfatlure> che pateese fare il compenso di ciò che
mancava, Cmicchè, mettendo ioiNsne andie k
eontribuziopi (die già da buon tsmpo m palavano
a' barbari t per le quali bì accano Btraordioarùf
esazioni in Boom etesu , «1* Italia, avrebbe dovuto
in breve tenapo essere esaiist» di denaro ; te non
che per aweatHra 1* entrate che nnilti de* grandi
di Roma godevano in altre provìncie , poterono
supplire io parte al difetto delle, ooaei d'Italia. Ma
qae<tt sopventmenti remwro nenoanehfc in que-
sti ultimi teiqpi' che precedettero Tinrasione de*
Goti ; perchè già essendo caduta in poter de* baiy
bari' Ja nuiggior parte delle abnrfiroyiiioie dell* imt
perio ooddeotale* prima, che fo^e affatto spento
H nome Romano in Italia , uoa potevano i citton
dini di Roma rioerere i frutti delle- posaefleiW
m già fatte alttiji.
Del retto * le arti che avrebbero pettuto tica-
re a Roma Toro forestiero, vi erano affatto trar
•Mirafe, e leadate . &t è maraviglia ohe in qnd-
Feccetsiro hisso che in Roma noit ^itcemò pui^
nel diminuir dì potenza, le stesse arti. 6glie io-
simile e nutrici del lusso , non sieusi mantenute ,
Nife la passione incredibile, per gli spettacoli e p^
teatri potè sostenere l' architettura p- la aoultunt»
ebene costituiscono la partf. pincipalissìma^ Q
mttMftli, ri tncvH dall' Africa o«ii inar«dibìl di^eaiiìa.
Vegga*! il codica Tea^MÌano, Ckadiano^td altri •critlari
ài filai t^po.
0. Google
Lifito IV. Cawo I. ' 1^
genio n*eia n fattamente perito, che ti faceaper
tutta r Italia grand' eatermiaio dette opsre più pre«
genAi degU. antichi maestri. Per ogni vano ca-
priccio, o per qnaluoque hinagao di materiale da.
Uibrìoare , « rovcseiaraao possa passo i mauto-
kit e s'abbatteraoo archi e colonne {i). Io Ro-
ma stessa, volendo il «nato innalza» a GostaDti<4
■D un arco trioftfalc, nA ai trovando artefici nepn
pm mediacR , «l disfeee> uno degli archi di Tiaìa*)
aof e 4Ì pniato que* marmi scolpiti , i quali pec
una -tal quale specie di parodìa si fecero «ervire ad
onorar Costantino. Que* pochi -che furono «colpiti
di fHvsMite, tanto son g(^', ■oha bea ci fanno ve^
dere come la barjbvie amea preceduta di luog«
Biant) r i&nsioae -die poi seguì da' Goti « de' Vaa-
4aK. £ M'gtÀ «raoo quelle arti a «ì fatti tecmi-i
ni totfo CotfMBtiaor t &oils arfoventaiv tn t^a-
le peggioramento doreano esser «adute nel prìnd-
pio d»l quinto Moolo, La poesìa eziandio dram-
Mattea , prinetpio ed anima d^li spettacoli tea-
Indi, già crfe assai prima della sculturae dell' ar-
éfaitUttura , decaduta in Bona , Fencioeohii fin da-
tempi d'Augusto il comun genio 8*em oomiooia-
to 8 mostrar pòco sensibile alle bellezze e all'ar-
tifizio di^ eompoeizioni poetiche; • s'andò sem-
pre maggiormente ìocllaando alle pompe e allo
etrepili) dell' apparato , a* giuochi de^ accoltellanti
(i) V. Cai. JnRìD. I. «3 et mq. de Sipul. violato; et
Cod. Tbflod. I. 0, tit. 17, ). 3.
0. Google
S64- DeLIX RlTfÀ^UONI S*ItALU
e de' loftatorì, a Rcmibattimeiiti dì &ete, e «or-
se di cavalli (i) .
- Né si oolHvaTaao in ItaUa ■con migKctr genia
altri generi di letteratuia ; ed a|^fi«n& per tatto il
quarto secolo » trorerà lucano autore più chff
mediocre. Gli astrologhi e i diuiHulori, che soìt-
to nome di filosofi e matemàtici spaceJavaiio b-
maraviglie fra gì' ignorand , eraso Yteraneote m
gran nomerò. Ma quando aant* postino, nato od
allevato in Africa , venne ad insegnar in Itali»
V eloquenza latina , e si cosdtuse un Bacato dal-
le Gallie per reaitare a Teodosio un pan^rico
Dtl senato di Roma , certo non vì doreano esBere>
troppo frequenti i letterati . Le «omoie lodr onde gli
stesM scrittori Cristiani esaltarono l'doquema dÌ>SiW<
maco (z) orator pagano , e ohe in naigUòrì tempi iiob
potrebbe stimarsi più che mediocre, danno a coftoaciò-
rè quali dissero gli altri retcm in Rome . E tuttavìa
la tanta antorità e lor rmomiuiza d'-nn' ùrìptilato
senatore Don bastaruio a fare che le orazÌQBÌ'da
lui pubUìcate fossero lette e gradite (^) : talmieii-
te a V eloqunua sua sì tcaib debc^ , a il gusto
(i) .... media intef carmina poieunl
4^ut arnaHfOut pngihs; hit nam plahéàila,gaUdbt ^
feram eguitis quoque jam migravit ab aure volupta%
Omnis ad incefeas ocul»s et gaudfa vana ,'
Horat. t, 3', ep. I, V. iBSr
(v) Quo nane nemo disertior exuliat , fremir, intonai,
vMismm eloqtat tuntet. V. Prndenl. ip Sytttn. 1.» prmefM.
&\. Posi Mttarcis calia «FotioauiH moatùm . Sjmafc.
ep. ag, 1. 4^ et ep. 68, 1. 8.
0. Google
I - Lano IV. <:«0b 1 s€$
•n K^nrio iM*k^&>rì' CUandiano elMaCrebio,,
tra ^i s<;rìttor! p^ani ^ qaéii' età, nacquerd uqo
ifl Greeia, 1* altro itf Egitto ; e di poco furono
delatori ali* Italia ée' lor progreaai. Icberio che
a qu«' iteibpi medeiiini faoea ù grandfi lo itr^pi-
to ftet la Hia eloqueazb e dottrina « era eato net-
la Siria, ed area poi studiato ItiDgaineate in 6r«r
da. pritna di veoire a Bomat dove tuttavìa ebbe
ira*, retori e letterati il pijoio vanto (s) . E
fi-a* tanti sorìttmii aocleaiasticì che finrìrooo io
quel secolo, a{q>cM potè V Italia ouonursi del no-
me d*" Ambrogio 4 il quale, benefaè nato Delle
Gallie, venne assai' giovane in Roma, e. vÌ;SO>
stenne preseocbi solo non meno il dectwo dell* w-
oleaiastioB, cbe della oìvil ger^-ehk,'e della httr-
twaria repubblica .- Lo stu^ che ' mantennest in
BooA eoa quakhe lustro, fu quello della giurie-
prudenza , per riatto, del quale, e per un cer-
ta non irragionevole pregiu^zio cbe la Usgua la-
tìaa, quando non fdsse obe per k pranvnna»
s'apprendesse nibbio in Roma cfap {dttove, du-
rava anche sei fine del quarto soeoto il cosbiaw
di mandarvi a studiare da lontane provincie ì
giotaai. Ma i piìt dt loro sotto pretesto -di stodi
renvano a perderu nelle dìuoluteiie; e fu d'uo-
po talvolta di porre ordini severìsrimi , per
ft) Stapnttfs ^Hod ex Ìomine-fyro daaù ptii^Graa-
eoe facuiidiae , post in Latina etiam dector mirabilis ex-
titisset. Augusi. Conf. 1. 4, e. .j4>
ovGooglc
a6S DelU BivoLuzion n* Italia
rìmandari^i ai lor paesi (i). Dd resto^ non à ti»»
va che gì' impenulorì favorìssero gli studi pi4 ia
Bon», ohe in altre città deU*i»pori«. I notali e
i ricchi, i quali non abbisognavano d* aiuti estrin*
6eci , ni d* eAlrì stimoli ofa« della gloria > erana
tanto alieni dagli studi, che appena cbi più si
pregiava di vago ed ornato spiri^ leggeva qual-
che Hbrìeoiuolo galante, o qualche satira (>)• E
nccorae non prendevan diletto di dottrine , né dt
letterari esercizi, ooà non era da spiare che I
letterati trovassero appo loro protezione e favore.
£ sarebbe forse quell' età rimasta priva del su-
biime ed ingegnoso poeta Claudiano, senza un
semibu-baro Mecenate . I grandi e i potenti Ro-
mani , « gli ' stessi magistrati della città troppo
•ran lontani dal)* imitare neppur in questa parte
la grandezza e la muiiificenut di Sttlicone '-. Rao-
conta Ammian Marcellino , testimonio in questa
cote senta ecceaione autorevoliseimo , ch'essendo-
si a* suoi giorni per tema di carestìa scacciati da
Roma i foresti»},' furono precipitati via senza
respiro alouni pochi uomini ^ lettere , e vi ri^
nasero, senza pur essere interpellate, tre mila
ballerine , altrettante o più cantatrìcì co* loro
maestri , ed un grandissimo numei-o <d* altre per-
MJK eh* erano o finsero a tempo d* essere al
[i] T. Cod. Theod. de Stadiit nfi'iuiq. Ilomie I: ti,
ti.
[a] Amm. UarcelL 1. a8. '
0. Google
taso IV. Capo L; . ' 067
MgDÌto delle commedijuiti (:). FarticiJarità iav»-
ro botrrolissima , e Ae sola {wtrsbbe farci argo
neotare quali eoatomi pulsici ngnaHero ìnRóì-
ma vergo il quattrocento ^ se lo. stesso seritton
Doo ce U vappresentassa molto apertamelite ifl
|HÙ pagkte del deoimoquarto e TantotteNmo libro »
CùKtìnmziem dtUa stesta materia: ^fiìttemOBàrti
poiixÈai i^ione.
lo taota solitadins doli* camp«|;iae e délfe ctttè
priocqiaUi ed ia eoa! ertrema mt^zta- della c»^
pitale, noa è da ocrcwe quali fbswro in Italia le
forze nilitan. Appena da lutto l'Hc(>mo poteri
natteni imieme qualche «rmata mèdiixnre ; è già
da cinquant* aittu si ficea la guerra eòa soldati
stHOiierì e barbari ^ Fino dal tempo- di Tirodono;
il quale puj> qua» coDtairi \* uHìh» de* capitani
Rcmaait gì* imperad(»i o non trovavano itt fatti ,-
vfifmx noa credevano di poter 'trovare £rft' lorci
- ' {■] fottréntò ad td intti'gnitatis èst ventian , ut qaum
jreregrint ab formidatam haud ita (Utdian aUma/uomm
inopiam pellereniur ai urbe praecipites, sectatoribus di-
sciptinMvm Uberalium impendio paucìs sine respiranon»
ujla extrusis , tenerentwr mimarum aneclae veri , tfuivé-
id iimultWuttt ad tempus; et triamiUia saltatricwn , ne
interpellata quidem , cum choris totidemque remanserunl
magìttris. Amm. Marceli, i. \\.-
0. Google
. a68 DeUiè B]V0Lu2ic»ri un'Italia
uidditi, persone abili a condurre eserciti f e q«»
Iwque volta Su d' uopo resistere a* nemici àtà^
r. imperio, o frenare le ammutinate provioeie, à
cominettea 1* impresa a eapitaor Vaildali,^ Got»,
. o Franchi . Ma se inriaaio F halia in particoUr
re r fino daiki metà del terzo seeolo don sslamen-
te non sì trova menzione di generali Italiani ,' ma
non so nemmen.o se nelle; memorie di bea .due
secoli si parli di qualche uf6ziale subalterno di
quanta nazHtiBe t o aasora di sen^lic» soIdMi : H
popofo minuto delle grandi e WQche città ( ^li
erano Roma, e Milano, e Verona ne' tempi clt*
disc<HTÌamo "X iu sempre riputato ùtetfo alla: guer-
ra ..La' nobiltà , nata natti»lmentB aUe euiche
i&i^ri, s* era perduta nella morbidezza e nel-<
Tozio, spezialmente d^io ti regao di' Gtrilieno*
L' iudo^za o piuttosto P iaiensalezza dé^ aenato^
rì era giunta a tal segno , iclie non solamela Boa
peosavanfr .a trattar V tmm essi stes» ìa difesa
dello stato» m* sopfxwtavany assai di mal animo»
che si an9lBSisero> r servi loror e lappìama da
£(imma«) (j)^ coma la euria e la dtlà furra»
pienedi qu^ele e. di scotapigli, allorehi Oo«»i^»
pel vicino pericolo di ved« l'Italia e Roma a»*
saltate ed, invase- dai barbari. . cerei» di rinforzare
orai nuovo ruolo di servi le armate Romane . I
senatori vennero à questo partito, dì esibire aU
r imperadore certa quantità d* oa> , perchè egli-
(i) Symm. I. 8, ep. 65. . - ■
0. Google
Libro IV. Cai»o H.- 169.
nvoejtsse qndl' ordmej quasiché dovesse ]oro gio-
Tsre assai d' aver grande e fastosa funiglìa , qoan-
'do la patria e le case loro fossero preda de' ne-
mle! . i villaggi, ^-i Itorghi alpestri, e i nistiei ca-
sali, 4^de (Procedono non meno ì comodi del
vìver ctirile , ci» il vigore ed il nervo della oai-^
liztB, erano, come abfaìaiR detto, spogliati d' abi-
tatori'. Appena da qualche angolo delle Alpi sf
traevano alcasi soldati; e non era piceòla hriga'
P impedirne la diserzione (f ) . Una oottle iofin-
gardia , dinnota abituale , avea ingombrato l' aci-
no a tutti gli wdinì di persone : o* fu allora sin**
golttnnmte notata n^l' Italiani questa vile ed in-'
««Kirta poltroneria , di tconcarsi le dita per Ì8fug>>
gir la miUria (2). E "molti soelsoro anzi dì vive-
le inutili ed oziosi, « perir forse anooì- della fil-
ine , che pruder V arvii in- difesa dello stato xo-
mune e del priitcipe . Se uoDlim si tiova^ano tat--
tavia abili all'armi, impiegavasi le lor ferocia
axm in opere di guerra, ma ad infestar nella pie^'
sa pace il paese; ad i meno violenti erano vitti-'
me delle violenze altrui . Assattavansi moki nètle'
eHtii di nottetempo, e di giorno i vìag^atòrìe i
TflfciDiper te stfade'e per 4e campagne, non tffl»>i
to'per 'Ucoidet|;U 0 spogliarli d'oro ohe non aveà-'
no, ma ^r serrarli vìvi ne* sotterranei od ini
[1] Cod'.Theod. et Juttio.,de Pewrtoribns,
[a] iVec eorum [Galiorutn ] aliquando tfuisauam , ut
in Italia, munus JUartium pertimescens , poliicem sibi
praescidit . Amm. Marceli. 1. i5.
0. Google
270 Delle Rivoluzióni bMtalu
altio luogo duoài e ganrdafi, onde adopi^K ni»
girar mutiDÌ, ed in aftri sMmgliaiiti etwcm f»»-
non e. servili, a guisa di' schiaTi ed ia nteztó.
a* giumenti . Vecobio disordine era pur questo ,;
cbe oonùnoiò sentirsi fioo da' tempi di-Augiuto
9 <S Tiberio. CHtre alle pubbliche prìgiom oistm-'
•ervatftrìi, aveano anche ì ricebi loro «gaittoE o
carceri particolari , dove »Ì cintodivano f^ scUa^
vi oocopati in Tari laronr-qmvi dentro VandO"
vaso spont{uieani0ii(e a nascondere ntoltt Ai qmì-
U dio f enieraniv d* e«ere ariDlati nelle' nrilTzic ; «
bene spcua ancora vi si naccbiodgiano persone
libere, eh? ì psdrimi rapivano qua e là por tnev'
xo- de' Imkt nomini ^vi , ed a qneato> fwe ewr-
ckatF . Per corriere qasrii abou Adnanc» avHC
posto divieto cfao nma p«rtèx>Iare- potesse aver
di eoCtste caiueri (i) ; ma , aboliti gli erj^ofi ^
non maneaniDo all'astute pnpofenia le via di
oootìnuare Io ttteiso dnordine adaDOtr degi' inaia*
ti viUani e d'altra nunntic gentef. cbe per Imo
traffici aodavam attm». La cearskà degli mAìih-
•n Sa VBÌ quarto- fteicolo di mt^'ore rtiraoio a ca^
teste WoTenze ^ percioccbè n>fc«ansi ad «gai mo-
do dnttner gli edifixi ed r laboratoriì, «eavar ìv
minìeiv, e sorcbiar i paxdSm , A qcRsto cbe per*
10 più eoDD TÌoIniza de' grandi e de'rioebir e<
ihs non itirona fra le* ultime cauae cbe ditmanì-
rpno la popotazione d' Italia , s'aggiuguwK- im
{1] V. Salatala ti Cuaiib. in Spati, de vita HatTrìan.
0. Google
• tiBRO nr. Capo E ' 474
«hro gtmw d' asHmioamenli , dw , <pMi pn^
rapfresaglia, prMìca.'nln da* fovert coatro de* rio-
clii . Tra t fereitifrì e i aiendìeì ohe ne* perìcoU
di carestìa ià caccinran di Romaf i più debdì e
più onesti. TI pannilo b««v sposaff, e i |H& «dìt
ti «più. ^validi, dandott alrnbarD ed awunDare
le gmti. per la strade , iofestavano le TÌcsaanao
di Hqow, unìao rifugio alkm della mauaatepo-
p^tMote « dd coRfBicrzÌ9 d'Italia. Non manca-
Tana a:,i|ueMt predatarì nccmri nette case de* ono-
tadi« che ae la lUteBderan con loco, 0^ ecam-
pamno daib pone«»iam del ^ìseo. Fara che »
pastori .. il eia aumeiO' è per la aatun del paew
aisai più grande ^e cfuello degli agricoltori, sca
idaneote dessero ricetto ai ladrom , ma fcauro
essi medesimi i più fcrod e più «ionri a &r la-
draaeen (0* (">ne qnoUi ohe pia agewbaeattt
tfovarano tiascoad^Ii, e dbe lenxa distrarsi gtu»
fttto dal preprioi mestiere di goardar le gregge,
potofoso sraligiar per le ttnàa i paoaf^eri . Gip*
to.è obe questa serto di peraoae ofae pk solerla
no e at^ionsi tnftsna a* nostri temf» ettaro 00^
BM la più ioaocienfo e k più quieta parte del
gMKro.nmainr, eraaa in qud surola setagtotato i
pi^'ori dJttbfffaalori della quieto altrai . Ned i
mend oerto che la mclfifadine e 1* anfiee di co*
testi ladri, quali. cfa* essi si fossero, recava tale
ifaiVfirto..cl)Bia^P«te i ^ripotati 0 inùpofratì
(0 y. Gvtk. inCoiL Tbtod. 1. 3o4 3i. .
=dDvGooglc
>73' Deus Rivgluzìoih ft' Italta
KiiBtorì oravano uxnr di Roma |^F>ettdaMfine:at>
le lor ville (i) . Vera eosa h , che coatto a u/ae»
sti e !!pmigliaiitì disordiai non taccrvaii lel^ì^),^
Ma e ohi uqd sa ^asto à«Do diiScàli -cèa- tutto
le buone le^ a aradicani gli abMi Dna vdta &h>
hudotti e radicati; e molto più in cpu^a- Mita
mutabilità di governo , ohe la deboleqia de'fMÌB«x
dpi e le oabale eterne di quella ood» intrattMaa^
vane? Poe». giovava che la vita d«' -ptiod^tt' fes-
se direnata più nóttta, & perbi stffA più- iMln»
li e più durevoli; po-cioot^ h'vobbiKtà^idel fa-'
vo» Imv rendeva tuttavìa incostaafte l'^anunbmttVì
zioa dello «tato. Per moHo ebe à finse moéna-
ta e quaii anniclnlata Pautontàditpotica delpw*
fette del pt-etorìo, ti dispotismo del goverito, Mm*'
pte aane^so di sua natura al favor del principe^
si manteond sMto altri D0ti)i d'uffizi;, e ciascuno'
de* favoriti lasdava oorrvreri vecchi abusi j e sa
afitotisxava de* naovi , Kocmdo die gkidieava e^,
s^ÌMite a* sUoi> interessi. Possiam diriiftaacar
metifei éhe tutto -qoei ^nde volume di nacrittl
e'd*edKti, c^ dirimane diqùe'tempi ttrtto it
tìtolo di codice Teodosiano, servi pii^ttotto aflia-
slruire i posteri de' vizi d'allora, che a ooctvg.
gerii di presente. E forte ohe buona parte di tali
leggi furono date fuori dati* ipocrisìa di ^ue^'-iM^
nìitri , per imporre al principe ed ai popoli , pet
tender lacci agi' incauti ,1 e'^r ogn* altro fine elte
<») C^mm. ep. m, 1. x^ap. Gotb.
(t) Cod. Tbeod. 1. g, tii. ag, I, »} et L 7, lift. 18.
0. Google
• trsHo IV. Capo B, 273
il pu^yk» bene (i). Gli andamenti della corte
troppo erano- contrari al tener delle leggi che sì
vedeMP tralto tratto. uecir. fuori. Chi crederebbe
mai , che Costantino il grande fosse stato cosi in<-
dulgente. a tollerar le vessazioni e soperchierì»
de* luoi ministri e' governatori delle provinde.,
I^gendo quella -stia sì magaifica legge de officio
Twdoris prqvmoiae , dov' egli minaccia si rigorosa
e spedita, ^ustizia contro i cattivi magistrati , ■
prcHOstta si facile udieoa:^ alle querele de' suddi'
ti t Sotto nome d' Àrcadio uscì una legge gravis-
sime contro coloro che cercassero le cariche per
,via di doni , ael tempo stesso oh' E^utropio primo
mioistro di quella corte , autore probabilmente
della detta legge , vendeva poco mea che all' ior
caato i governi delle provinoie , gli ufBai dell»
corte, e le grazie del princiji^. I^o» pier- questo
ni^berò io , che parecchie deile- con^itunonl che
si pubblicarono a! tempi clie 01^ trattiamo, non.
nitmo nate da vero zelo e da buona affezione ;
ma quella stessa dabbeiiaggioe c^e lasciava txea-
gredire le veoehie leggi , facea-spre^ar nello fttes3f>
Tomo 1. 18
(1} Pfitco iilorico'di quelli tempi riferiica uà ragia-
pwqento fhe k/io ìul teone uà uomo , il quale eisen4a
Italo pr«8o dagli Unni, s'era accostumato a vìver fra loro,
autepoiiendo' la società de! barbari a quelh dei. Romani j
t 4ìce^ iu lOD^ma, che Is leggi Komaac qrfiDo ecccUpoti,~
ma quelli clte le dòvcano far osservate, facean tutt' altro
che il lor dovere . TUiem. t. 6 , art. i de l' emp. 3%^*
.(fof.://, ,...■■ .:■■.■'
=dDvGooglc
S74 Dellb finroLiTzioMiD* Italia
biodo aocbe le tmove. E giàftì éMò asuj -Tot*
te , cbe la moltitodne di- DAove I^gi è - inanif»'
ito segno ^ govMUD ilebt^e; Ne fa chiara pnu>^
va il rrgno d'Onorio, ^ cui si trova ua'slugt^
ornerò di c^afitituzioni tiél oodiee sopraddetto.
<Chi non 'diìvbbe obè lin con -diiig»<e legatone
'dovesse render' sfouri e- felibi -i suoi pafK^if Chi
^on gindieberebbe fdrtuoatà 1* It^a dondt^ti'wm
'^rtì mai , ^uaiito fìi luogo il suo r^nof Ma U
storiaf hgrìtne^cic del quinto secolo tropjf» alto
•ci grida itì contrario. . , . ,
Non dobbiam però credere cbe le eose^rOk
'cedessnv n^lle ^tre prorinoìe d^'<imperio cotf
'pift órdine e più yigord. II ritratto' due ci feett
'Salriànò delle cose' d(dl*'AfHca>e delle Spagne- «
'delle Gatlie', le onuitHii di Ubanìo e le c^ere di
'Sineslo, le omdTi» dì Grìaostemo ed ^tri ragguan
'gli dell* imperio d' Create f ci [Versuadona bastaxv-
'tementè, che i vm regnavano fierementc! perti^-
fo. Maritatia era fuor di dubbio di tanto peg-
gior condizione d'ogai altra ptoTìncia, quanto
'che essft era qiielld sola che, non potea sussistere
pei- sè stessa, noo-aveddo ne uomirri che -la di-
feddessero , né vettovaglie sufficienti , a nudrirla i
e la comizione generale de* costumi era ^tanto
'maggiore , quanto che tutti i vizi che accompa-
gnano il luKOy. erano più aJtiuq^n^. -radicati, e
più sparsi nella città e nella provincia capitale
deli' imperio , die altrove,, .
iSftana ooia dovrà parere a taluno, come Ja
0. Google
' fiiMlo IV. Capo'B. J75
Migion Gristfaha ohe ri largamente «'i'» ptopa^
jita nel tjiiàrl» secolo dell'imperio, non »ale>M
s «orreggere (fie' disòrdini, o "ImeDO non impe-
disée il peggiotanleirto ili uno «tato già cod flo-
rido e così robusto. Veramml» non tralasciarono
I pagani qhestd^ pretesto della rovina di Roma ,
per inTeiré contro del Cri»tian««imo ; qoasicb»
l'ablandwio degli antichi liti no fcsw cagione.
Aassi è noto ohe la grtiri' opera AUa alla, #
Blofi Siritla da «ani' Agostino per ribattere qup-
rte accuse. E che aon ai i- detto • scritto nelr
Peti' nostra inlorm) agK iBetti ohe opera la re-
ligione bella Tcpubblioaf Ma noi • Ijon abbiaBi?
tiiaggiòr molìVb di dire che le massima e ,Io .spi-
Tito della reKgion Cristian* abbiano indeboUU jo-
(ieramente la pdténla Romana i di quel.che avesr
Sè*o' quegPidolalri Si querelarsi ohe l'^abbaodono
delle antibbe cerimonie avesse :pri«ato Roma del
favor degK dei. E poiché Gesii Cristo oi a di-
chiarato cosi esptksmmente ,• nO" essere;il suo re-
gno di quésto mondo i-s! pub dir sicuramente,
■cheitt riguafdò allo: Italo politioo, la religion
Criirtiaiià' non dovea d! su» natura, (tórtarvi ttnj-
teiibde' veruna; e cIm, non dovendosi oonfonde-
fé'le Vinir Oristian» con i« politiche,, non dee
■iiÌ!'iaTfJ!he paret maravigli» che neUo storie, del
'moMo s' iicontrino principi deboli • poBo atti al
góverio) e tnttiivia'rdigiosisiimi.Cho te si àda
ricorrere alla religione a fine di . render ragip-
iie aaia Totìna' « RooM , • haslenk . dite con
ovGoogIc
i'j6 Delle Rivoluzioni D'ItALU
sant' A{;ostmo /che siccome i primi Romani ect^
no merilato da Dìo la. prosperità delle > ariiri e-I^
tanta gi-aadezza per }e virtù maiali icfaé 'pi^esAb
loro sì praticavano ,' -CPU 1ó stesso .ordine 'di'^FOt^^
videnza io querà aitimi .seoòU dovwsse ifblicita? ti
imprese de* barbari , fra -i -qualf sivradeano o più
Tirtù o meno vi^iy ^ilie fca;^ ioRottiairì . fAà: uÓQ
è qui iuogo d' iorestigare p» quati aioaoi ■ giflrit*
^t Idi^io abbia peUQCsao PestàroliAio dì RolUa , 0
U desolazione di ,cq4 Ta^i.imperìb^/^^ortìb&'il
j^iimero.de'(jiwi, fedeli ^mai tasto nidf^)>tieato
Bel moptlR ,(!),•. Consien piatto^ : al <:^og$*^"^
iqjj^tì; lif?" -V ooeffDtax brevemente» qaJd' fotte '«fc
iora I9 statq^ell^ religione- i» Italia ^ affiochì
S* jnte^d^. apche jpef i questa parta , iqoal ■■ t&aWAf*^
flfi vi recassero^Ie invasioni de' i)»ri)«rì. ■ '-'
|n Bonaa buona .part» della iinoitiltà ei^*rf^-poi
polo durava o&tinataiQente, nsll' idolatrìa. LaàìòU
titudioe de' ricchi templi; la fi^qùrtiza éJa pr*'
iBi^ione d^Ii spettacoli, ohe faceano ona ^^6
della rdJgion pagana; il {«giudizio ftltamente ni^
djcata, «he.Jbi proftszioneide'suoi d«i aveisé'p«*<^
tmnttp a Roina i'ipipeuo del nMMrcb^ f^odfo'etì
^ dispKZ^o cijie da luogo tempo nOdrìVAbài ^Vèrdo
i;^ud^,^i^'Tqt^alj| av«a.iawrttt prindip^ la- ^relP-
jBÌpR.rCristìajaaj in, fioe/la santità del ^aJ^éìd-trtìp^
pò, cQntra.^ .all'oscenità ;edi 9M '^Màr d*-Bti
popo^^. coy^ottis^mq dàlia ipoteiiia', "^iir. orib'i
(1) y. S4IV. de gitbcmatioae.'péi ti; &.<i>7 ^iéì
0. Google
> ■ lasttoiiV.' Capo U. 277
SeìV aUbobdaoza , datl^eKinpio de* passati princi-
pi : tatto qatsio mantttiKTa néll* antica rrligiotae
la ffiaggror 'piatte de'' Romani , e spezialmente
dfe'gràhdi^i). Hella Toscana si trovavano ancor
ift ■gc6n nuBonro 6 in molta npatazictae gli ani-
iprci> « 'durava pec consegamka ìu buona parte
di'';qM'' popbti'l' antica snperstRdane. hi 'Milano
e''BélIe vicme città di XoiAbardìa,'' oltre ^li avan-
u tuttana ' notàbili' del 'geìB^'Iesimo , 1' eresìa
d* A^iq-radicafafit altameDfe sottoCofitankove so-
«tènuta' aaohc a* tempìdi sant'Ambrogio dall' im-
péradnc« Gittstitta; ' apm forse' non hieno òeguaci^
obe la dottrina cottela. Né mànbavadO' iii It»^
Ha altre sorti 'd* ei<esìe ; e l'astrologia , arte non
mfeno otìntraria aHa: buttna filt^fia , che alla Te''
rà fede, regioava assai -comunemente pèt ! tutto
r imfiede / ' Anoiie queglinb iteikì elie facevano
professione di cattolici, non ne praticavano p!fi>
come ce* primi. due secoli , gl'insegBamenti.Che
se nella pace che godè la Chièsa sotto i due Pi-
li^ , 1 Cristiani s' erano tanto rimessi dal pri-
jniero fervt^re; e l'avarizia, la frode, Finconti-
n^zai , 1$ vif^enza già tanto di forza aveano gua-
dagnato nel WBo d^la Chiesa : quanto più sparsi
e più coiautai doveano essere i viri tra | fedeli ;
alloncfaè la seligione Cristiana era evenuta la re-
ligiiH] dominante , é non puro con sicurtà, ma
con isperanza dì temporali vantaggi si professava
fO V. Oypt. de lapsii. ''■■-.' ■ ' "' '''
ovGòoglc
178 Delle RivoiuzTom d'Italia
la fede dì Cristo P Allora rimescolatasi la 4atitttàii
della religione con le paMicmi ÙMparabiU dal*
V umanità , e a cui soggiace per V ordinario il:
più gran numero de' TÌvédti , ti venne asni >fre-
quentementrf a professare Ia'f«de di Cristo, .q
praticar costumi pagani . Ma pochi eremo per av-
ventura quelli che non conoscessero il vants^ìa
della religione Cristiaaat e die fowero alieni da{
seguitarae Ja dottrina così ^pectilativainente « pélr
le pratiche esteriorì. jE pocfci eranD «albvsì 'C0>^
loro che abbracciando la rcKgione , -. ya}fs|ser
ro 'distaccarsi dalla vita voluttuosa e fp(^4Mi
a cui quasi tutto Titapfrid <s^«ra ffà da 1>^QI|
. tempo abbaadopato , e rStalia- 9 Homa ««gfr
lamiente, dove' la ^espa chiesa . di s^a. !Pietn9
«l-a fatta piuttosto pala di festini, f^ie «aia d'^or^
ttione (i): afe lo jelo de- poittfSoi arot StD^t^
A«l trecento novaBtawujw! potuta 1)0tte^^&^ A
^BQ.diSOEdJDe.
(i)Ang. pp. U^ ci. ».
=dDvGoogIc
pBRO ly, Capo II. 279
: C -fi., p o in.
Jiùfobaiiw neUa, cctrl^ à* Oifar^t: progressi
■ ■■d^- barlumi e fùriff fOCCQ, di Roma.
••X'^ «ea dunque |p,»^to d'Italia yecfp,i|,,pnticl-
T^' dsl quinto < 3a^c4o doir ,pra Cristifiqa, fiiraa
^o^t cbe j , barbici vi .comiqciasqero a f^rmu
^^ie^, e ( devasCaria . Ma dalU^, nie^ d^l rfgao
^OAorio^qa. alili depaij^nf di Ai^ustolo, al-
Jotphè » speut» affatto il B9nje;4e^'inipericj ocà-
d^HCloi ^be>pinii0ipic} il regno I^fbanco,'Ie ,c(|-
«g;4*Itfd#a kapitasmo t>epe assai, d'av^vanta^o,
ITceiio 'Sttlicone , ^CHijiipio governò, p l' imperadQ'
rt', « le miserabiir rpUqwiei dell* impecip , pccidea-
ìr1b;i 9o fqaae fierlo^ cpni'è (wMaviadubbjpsp^^l^e
Stilicone avesse macchinato in fatti coq^ l^^ita
del suo signor^ e contro lo stato, appena trove'
]>emmo noi che i-iprendere nel carattere e nella
condotta d' Olimpio . Egli diede pruove molto se-
gnalate della sua religione; né si può addur cosa
eh' egli facesse contro 1* onestà e contro il dove*
re . Ma per quanto sieno e lodabili , e necessarie
la. probità e la iRioaa intenzione dì uà ministro ,
non bastano però sole alla sicurezza né di lui stes-
so, ne del prìncipe, né dello stato. L'abilità e
la bontà sua , ed il -suo credito , per grande che
8Ìa , pon possono mai conciliarci nella corte Ifi
0. Google
aStf Delle RivotuziòNi D*'lTALrA
slima si uDÌversale, die non trovi embli e eonttact*
ditorì. E quando <iuia volta s'è fìttilo pniova chs
le persone più caxe-e più sollevate' nel favtir dei
pt^ncipe possono cadere e perderai, allora 'si priH
cfpita ' assolutamiBiJte nella confìisioBe e neU'anatf
chìa . Se Stilioone clie per tanti titoli dovèa pre^
sumersi etereo nel sno posto , era stato abbattuto
* spento; uè Olimpio, ne Gìotìo obe lo s^àntiye
gli «ùccedette , vi potean durar lungameófe.' CHiai^
pio, senza perdere per avrentura il-ikTor dd^ilnC'*
t>eradore, perde DÌentedimeno la dignità e l^«iio4
te \ e io processo dì tempo anc^ela'vitft.>~l fattii*
gliari della corte e spesiftlmente ■ gli - eunacbi t i
^uati forse odiavano più le virtù- cbe i diftitfi
d'Olimpio, fecero «1 gran romóre appresso d*0*
norio per le sventure dello stato ^ attribuite aecoa*
^o il solito al mài govouo del favorito , - tibe O-
korio , debole e sbalordito , - fìi coc^retto di man*
darlo in «sllio, eìonalzàr' Giovk> al ìcuoi Jtaogoi
Or, ineet» oostdto l'an dopo 1* alti» nell* oH^
3^ giiaìi oiattibeHaiio diqMHieTano oon 'poter aasot-
lotti' dtdleocae'd' Onorio', Alu-ìco, entrato iàll»
lia!V;&oea-tremàre il sezató:di Boma etacoete di
{ttaffioD^,'^ con autorità quasi aisdcta' e sovrana
pcitffai dar fcgge all'imperio . ■ -y ■
■■■■■■ 'r/Xrovav»si ^Alarico saHe' coite d«Aa "DalpMuiB
^<ÀK^r49ii.)^ aìlófcbg intese Ja caduta ài StiHon-
se,; e' C03i09(^ido.b&n«, c|te, "mancabioostdi, pie-
..ciQlo'bstBOolo 'puteVa'-'incontrare ai- feib'a, si avso-
Itò.yfjrso JRoBuiv^la tjvaSei strétta di ;^nie anedio'.
0. Google
tiBflb IV, Capo in. iài
ìà forzata d'accettare le otodiaùoDÌ che- piacque
«1 general barbaro d* imporre , le quali non fìiro-
Àtj perà troppo ìntollarab^ì per quella prima voi-'
ta . Ma Onorio che non potea né fare né patire
ebe aftri facesse quello chb lo stato ddle cose chis<«
deva, addò frapponendo dubbi e dilazioni a con-,
ferbiar la pace* per cui il secato di Roma avea
ibàndàti ambasciatori a Ravenna . Alarico offeso
da qùest* inopportuni ritardi dell^ imperadoce « ei
voltò £ nuovo contro Roma , e per «cmdietoQe dtìl-
h, paée che lece comperar la seconda volta 9ls^ -
nato , volle che si eleggesse un ^tro augusto ia
Idogo d'Onorio. Fu pertanto creato iibperadore
Attalo , prefetto della città . U pritadpal capo di
quell'accordo si fu che Alarico dovesse essere gch
nterale del nuovo augusto. Questo «-a, dopo U-oa-
go d' Arbogàsto e d^ Eugenio , ÌI secondi^ ntft U
]più singolare esempio del vet^c^noso scberto cb«
i barbari si facevano deHa dignità ìmpetìatei Ifét
ièmpì segufmti 8Ì videro fìvquentcHnmté uffina}i-'ffi~-~
eatte e generali d* srniate di^iocre adi iiiEbÌtria> ÌH*
' m della' fortana e'ijena vita del ^rineipé^Mttqae'
sta itt allora cosa atsai nuova-, - dke- iinr oxpitaoi
«tranieco si dicesse ministrò e stipendidriit 'd*o9i
imperadore ch'egli slesso area' posttrifutipoflo,"»
otafr-pofea dqjorro ad ogo*orai" coinB'rJijcie vera-
^oentis più Tolte-, {^.'{tatn fràttarate s( ttovavK'iìk
^rau'tutbarione s rivofginrento , boBtretfta di -pfei*-
der partito, e Schiararsi per 1' uno d' per l'àttTO
de* ditt jmperadorì dm teneva n^ «eilo.' JMEa 11
D.q,t,zed.vG00glc
a^; Delle: Rivoloziowi ;»' Italia
tètrore delle armi de* Goti . non. permise lungo 9pa5 '
zip ài le^po a deliberare , Peroqphè AUrìco, fecp^
n'ooDosceFe ed obbedir jl «uo ^Àttalo Ba -qu^ì ^xf^
U pwte di {l(|reiuia , dove stara tcemaate I^ co^<^
t9.d* Onorio; ed appena Bologna fra ie-cjttj^.T^^,
gV4rd«rolj potè maitt^oersi fedele al legittimo ini'
pcradqre. In tutti questi frangenti il gettai Gi>t
t» ipQsU'ìr ^Bora tapto rispetto al npme iUimano.»
«he., «pi «upistfi 4' Onorio fossero stati meno ùut
prudeetif • Attalo più awe^Mto p.più.coi^p^eA?
te ,.BarebM> fone. p^uto sottq il nome d'uno di
Wo listabili^e alquanto le coie d' Italia e deir Oc?
«idente..lVla,&ÌQVÌp icompigliò tutte le gufine disr
posiaeni cbe avea , Al^tìoo di lemre Qaorìp , ,9
lidnsat il fiuo.pviocipe quasi a ,unj|li,^e[ato parti-
to p di. fuggir d'Italia), 9, d'esser relegato e mu-
^tO'da Àtbtlo sQO a^v^rs^f io ,, Questi dall'alte^
«auto f. die dorea rìciOQoscere' e. speraj; tqt^ ^da
Alarico e4a*Goti, .pre^ «osik a.spropo^to. a ifio-
«bar loro la «uà diffidenza,, che ,roTJAb affatto Ip
noscaie. U Italia aellp stato 19 cu^ era cidpt^
flonpotea sussistere senza J' Africa;,, ed qgni an-
-«nrol^ pìccolo. DFoIgiioepto di quella proyi^cj^ i^-
-naociava Eoma di fame. Era. però cec^^^o die
Aitalo ed Alarìcq « &tti, padrt^ di f{(;ana e d'I-
^'t^ia.,, si- ^i^jojg^ssero ipconfapQnte . a oQ^gpistar
J^:Africa,.<HÙ goKa'oava allora Eracli^qo cmtp a
ztomei-d* Onorio, Ma Attalo, ostinatosi mattamj^-
teia :non,Vol)er affidare quell' impri^ a' qapitani Gp-
'ti *. esiiw^ «onsigUava AlfiùciO} vi oiandb Costantino j,
0. Google
' ■ •im.o-w-.Cfi.vo m,' jiBL
tt queìé ' ^sf^to .r e preso da Éracliatio , làscij^
Roma travagliata dalla &me . Queste bestia-
lità d^^^ttalo fu la salute d'paorior perucchè A'
Uirìbo,- «donatosi del suo iiovello imperadore , Ja
3{iìjglib' della porpora, 0 prese da CBpo a trattar di
pace B tT alleanza cqo la «orte di RaTeona. Mat
I* énormie itnpradeDaa de'mioistrì d'Ooorìo, e 1<(
Tiiano invisibile di supetior provvidema rìspinsera
Ancora vuorameptb'qq^vIeMe imperadorein nao*
vè'Atoordfè con Alarico j e non poti rioÓTtare 41
iflonrioio d'Italia, fioche non fa tutta calpesta e
vantata* « il ctipo ^i'eua 'non ebbe sofferta quri-
1*'ombil saécó; e'dlspierao inBuito namero di cit*
fa^'ói -per tutte te piii rìraote provÌBci&delinciiido^
AlarìcQ, rotta og^ii 'pratica d'ftooordo cx«0<:
iiorìò ('AN:'409.)t tiè si ciArando pùpte di quel»
S'efiìmetìco impenidore cb^. a guisa di persona^-
^o da scena, mostrava fuori e- poiouideTa a-'«n
talento , tornò peie h tpr^ voltn ad as»diar--H(i"
ma ; ed entrato «dentro TÌncitore « le -lasciò dat*
un orrido ncco alle su'p genti * 1? quali, canclis
d'immenso bot^ó) >e- ne ptrtiinoo -deipe ^iciat-
tb |[toni!i 9 jMrtattmo orretido guaito ;aile «ootni-
)3e dHntòmo. Xa piìt patt» di cokHTQ «tba ccrioB-
ro dì questi awenimeqtit i^au» taostrafto dtitia-
tsvi^sm iCfae- Alarico,' dopo esser» ÌR)|>aiGb-apiita-4ti
ÌEtòma , non vi sia' fumato , ina^uMunet^ aibék-
éa fotze bastanti da po(ervi«i mantenete oonlaa^
sfòrzi di qualunque de* due ìmperadorl, Occaio'e
CTeodosicr, avesse tentato^ ri[^liflEla^-fi oMdatscJi)
ovGoo^lc
zèjjr Delm RfVottraioKi 6' fi-AtlÀ
^a .'Ma' ì^cHi-àHtìt» jrtn^ettito "h ràgioòe 'i»^;
altro maiHfesfà , oh' ebbe Atft^i^oo ^ wnt adgguir-,
dar luDganieófe idBsma ; La't^ttà era;''glài tratiii-^
^'afa dalla penuria Òt^vv^éti, ptmtt'clie i'Gtitj;
V* éntrBiàséio . he vitine cOtapiipst, M tfaedit^ 60*-%
fa di TettoTàg^ié pate&aO'Sotenmistesre in i^iudla
^tatò cfae i Goti le rittbvarM»), «mo'.irtatadJhlo^
to^ durante l*àss^Q e prima, trappo ìdiligeaten
ihétité spogliate è -rase . li^'AFrica tottarìa .fedoh)
dd Onorio non era per ùiaodare Is :niite ipnìTvi^
sìoDi, dove Alaii&ò fòsse il padronsi* ^ffisogiia?»
dùriqùe dt necessità ,bh* egli se n'^fodiisé/d/pit'^
scere le sue geiA) ne* campi detla^cBia a. ideUft
Sardegna; atribedue isole abbondaDtì.di igraQO';;Q
di là -gassasse -alla 'cónq'iUGta dell' Afìiioa».. che si
rìputh^^ in qùé* tèmpi la più ricea pron'aóia.di^
tutto 1* imperio. T^f eraaò'sanEadabbiokftHteti^
2ÌoDÌ del bàrbaro; Aia lédidche «i era serrìto.^
hii a' castigare ì Roma^ìi Io féftnb MpentitfflBteB*'
te ih ttie^zo al còrso , cbtaniafldòlo a fenkc: rari
grono ddte opere sue (■t)\ ' i ■. . " ' .'
H sacco che i Gbf! diédo^oa EkRiia, fecsper
^Tretitura nel materiale a quella città minor ddn^
tìò'^di queHo ch'ella ebbe a soffrire a' limpidi
Cesare' e di Nerone, una volta per fuoco' casuale'*
l'altra per capriccio t*ufeile del priiicìpe . iifcBr*-
I^t che v'entrarono con Alarico, ■ intenti »: fi»
bottinò e saziare le lor voglie presenti , non ebbero
■'rO'SaÌT.d« g«b. Dei I; 7- . . . i . i : . .
ovGooglc
tpaficK: K.ùe degli' edìGu '^laad^ cotìo^ in udi^
cit& bIk .ofBUjìava .forse cibquapta miglia di .«jiv
cdko', ed. in cui ogni casa poteva ccuitarsi aomif.
iiiì*^tietm- città: (i:).. Ma-'tfì}n è > però meno ycro
<^ Iff slarto d.' JtaKa aMia da quell'ioyasioiiq. pa^
tita-duuio -gcandisaimQ.ed iojB^mabìle. Siperdetr
te 'altbra gran .quaotitÀ: d* qfO; « d* amento j e di
eùàe 'piìaiiòn c^ o si .«marrironct in quelb.ecom^
loglio. j.o'fìtroiicH da' 6({tì yinottori o, f}a',,^qffi^
^S8*^^> portato iuon. d'Italia, a parte ancor aep-
p^i^o^ 89cando iI::P0s(Cime;baTbaf9» nella tOD^
■d( Ataiioo^ '£'tuMQcllè:I*oco 0 Vasgenlq, a paj;-
IttP giuitamenie , non bknft t .beta, .e le; ai^taax^
i«ali d'tm p£idse,^a^Q9 peiìi in qi^l tenfpamezr-
» Bccessc^ agì' ItaliaDf ppr procacgiaj^ù, i ,beai efj-
fótivi , che sqio ì vti!ei'i« dì «ui essi m^ncai^^^.
Ei-nebtfe si^tojse.alla<;)it(àca)>itaIe-it;f^^zzp,,,{^
■tim direv del bÌsagQe7<de , !« «^f^pag^e .Ticjn^^
devastate 'iit^ HcfS9 tteiiq» > dlivei^^^a : vieppiù'
jiirpoteDtÉ a «oqiHiiniìitrarlo- H9- Min ,a ^i^tv»
perde r Italia un infinito ^nnpf^ d' .Honùq pji^a
aocìsi, parte ^mqo^tt^ TÌ(t da'^iemipì., ,e p^r^ ao--
dàtò'qoà; e ìk tapinaqdQ ù Iwlfme r^PPtra^ :, ^q.
•fibt i>ae»'ir.cIie,;Aopn4o (ibiCoiKU^na^&.iq rus(i,d^
■gli aatiohi tempi » fapejui^^^oa pi^cvjl^.pafte; de^l-'
■le :£Lceltà!;d»' paitic^laiì e ideila: {^QJL^z^nep con»
iviói diiìe ohe una mpUitudine. .graoflissìaui^ ^ AQ
■->'';:■ \;" ■ ■■ . :■■■'. -i. ..1 .-...c'o-;: ., . '■■ ,*
(1) £« uròs unadomu}-. mille ùrbes coniiìiet una ui-ts .
Olympiodor, apud Fhotium. V. VopUc. ìn Aureliana, et
^a^tolom. Madia nii)fi <1« ai&biu Vr^iìA ^l-;;;C•..4<t(tBq•
=dDvGoOglc
i8S- DELLE'IUVOLtJaiONi D'fTALa
Sìèno andati ài iegbitb àé' barbari j giaicetèi int4
Vìaino che fcett qtìBraiirtaimla fbggìrooo' da' le«
flàdrònj^ e c(»3érd'alÌe'baBdiérd d'Ahu-icd'mtìbtf
prima' delU ^resà ^'di"Boma-^ E Donditnpaoi mtat-t
fio' ó òinqa* anni dopò i! «bcd patitb, t^utHà g:ratt<f
de città si troTb iidil scJamfiBttf ridtorata dì' fab^
Ittjclteì' ma florida e ripópidata pHtehe fissista*
tà pél- gli dtibì àd^etrd; ntccliè Ib d'''tKipcf rad^
éoppfan la i^aÉifità del grano, <ée à nome d^'
I*imp«addré st distrifciiivtf ài popòlt* (t) t Vero 5
el^e Se noi 'ngtiàrdiàmo aUà càgioàé che TmeaU
ìa VióinÀ' toimiA popoUtióné ^ ii^ troveremo '«sMr
te statò (]Ueitoi ìiod gtà Vantaggio, Ina nliova ca^
famitft d' Italia .' pèròtdcchè trovatìdosi d^i bbt^d
di lei è le campagnd titne spogliato o' divenuti*
sterili per le passate iticursioni j e scarso più di#
prima il numera de' laVc^Mort , tutta làvgeiite i!Ìk
correa d Roma pef* satollarsi delU ifettcxt^lie-efav
. la cMdieittt imperiala vi faoefi cofidurre ddll* Afn-
òa e dalle 'ìsofe dd MeditnraDèO'v Dalla ràSsegnìi
ctielil prefetltf della città faceat fare eli codesti
nuovi concorrenti « si trovò che fino à quattordiei-
tnila al giorno ri capitavano (2) . Cod per tin cip-
cuito di mali inevitabili per ogni ferso si peggii>'
rava lo stato d* Italia : p«roccbè le campagne de-
vastate sforzarono gli abitatori di cercar lor avan-
za nell* ozio di Botna ; e la desertione de* coloni
tendeva sempre più sterili le campagne , Due o
(0 0$. 1. 7 , e. 4o.
0. Google
tiBRO IV. Capo Uf. afif;
kté leggìCO cbQ-diedéOooritfrptf. etentar dai tn^
t»utt 'la Toscana ,: I3 Campania, il Ficeao, cioè
Inàroat dVAocooa « il Ssonto , la Puglia , là Cala-*
bria , 1* Abruzzo , é la Eiucania , fanno testimo^
fiiaoHt'froppp autorévole dello stato miaerabìlé a,
cui eriifiO ridotte, quelle pronacie.
: U eoÌQ.'hents (^w potè trar .l' Italia, e Koqu,
XfleclàlmeittO^ dalle ricevute qalaaiità sotto Alar^
c6 ; fu per ^'gual'do 4ÌIa tcIigioBe. Il liipctto, ciui
i; Goti' Qiostrar&ao pdC' la «antità dellft cibi^nri»
ÌÀ- màggìfit fuHadel s«xMf dovette hlgeoerare in
tnelte penQBe tnàggioFe afiletto, che primatioit
wrfVBiK»! al Crietiattesiimrf- e l^ossem.da'b^rban
preddtdrì abbattuti e spogliati de'ricclii nmttwntì
lin- budti tium^rd dì simulacri che pei pubblici Ino»-
gbj della citià seittfaoo ad; iotraùecete làsupaB»..
«licione del: vo^ idiota* nmacb d^indi a.iftA
lnoIt<>ogn'dTaB2t>. ch'idolatrìa' e di . |»giàn«rimo *
€^ì U Violenaa e knpscttà de'baibarìiecequeb-
to -ohe gli ordini di tanti imper^dorì non «Teano
^tuto ottenne pei' il co^ d* uil Mcolo inteeoi ,
(i) Cod. theotl. i. it, tit. a8, Ì..^M i»
0. Google
s86 Delle ^ivoLifzteea n* ItaUì(
CAPO IV. (0 .
yaniaggi della sovmmtà legittima: succMtorid'O-*
noria ; « riftessioai sopra la auccessionfi xd aam
«miistrazwne ^Ue imperadrìci Plaoìdia » e Pid^
cheria .
i/arrà oosa sfrana per una parte a r^ettMb olis
un prìndpe c&e iòne non poisedeva ud palmo dì
ferra , potesse ridurre in oosi fatte angustie i figlhio-
li e succeasori di Teodosio : ma consideraQdo daU
1* altro canto , che Alarico , quel ohe » fosse na*
suoi prineipu, era pure in forza d*armi iocon^>a-
rabiloienté supeHore ad' Onorio, da che Je Gallio
e le Spagne parte «ansi ribellate per opera-diCo-
atantino e Gerunno tiranni, parte andora occupa-
te da* barbarì ; è maggior mat-aviglia come-Oooriq
con tante nazioni, e con l'imp^dmaa' e perfidia
de* suoi ministri', abbia potato scampa» da quel-
l'immenso naufra^, e morir dopo ^oltì ancrii eoa
la ooroha ferma sul capo, Ria uno stato bene star
bilito ed antico è appunto' come un vecchio edi-
6zio , a distruggere ÌI quale tanto d' opera si ri-
chiede a proporzione, quanto se ne pose ad innal-
zarlo ; e quantunque sia sdrucito e fesso e lottu ,
[i] Tatto cii elle in qnetto capo ed «Itrov* diciniMi
del governo delle donne > non dee pregindicare atta stima
che meritarono le vtrtìi morali e politiche di molte illnstri
principesse , di cui aqcora nella ntoderna storia li veggono
esempi.
0. Google
A . . Ubao- IV. Oupo IV- : 189
e minacd rovioa da tatte -patti ,- noadimeiio , per
ridurlo al niente, raderlo al suolo, e fabbricarvi
di sopra un* altra mole , vi vuole ancora assai .di
tempo e di fatica. Però l' imperio Italiano che da
DiooleKÌaDo in poi s'andò dd oonUiiuo visibilinen-
te distn^eodo e rovinando, prima che fooc^ dal-
la forza de* barbari del tutto anoieDlato, passò al-
teetiaqto quasi di tempo, che. ne corse da A"^'
sto &10 aU' elezioiw dì Diocleziatio . Ma l'Italia non,
ebbe altro frutto daUft lentezza' della sua rovina^
di ^el che. abbia un robusto malato da una lun-
ga agonra . Berciocchè , dove le Spagne , per eson*
pio, cadute quasi di primo tratto sotto il dommio
de* barbavi , ocHBÌQciarona pitUtosto a goder quie-
te e ristotR>.3<4to i nuovi signori; T Italia, dalla
pi-ima invasione di Radagasio eA'^'^ì'^* ebbe pei;
«ttaat-ianpi a patir mali- itiiìoiti, prima che dopo
«arie- vicende; sì fosse stabilito-, il regno de* Goti . _ .
: Frattanto .dopo ia<iQOEte di Alarico ritomò in
l»Mre tutta 1^ Italia sotto il dominio. 4* Oaorìoj
beachi egli corse.- peiicob d* esserne ^Kigliatu da
, queJIo stesso , per cui - qpera L^^avea ricuperata daj^
le mani d*.Àttalo e d'Alane» . Appena era mor-
to-Alarico, che il.conte-^acliaoa che ayea dife-
«q l'Africa -con tanta lode dt fedeltà, e che per
ricompensa era stato creato console da. Onorio,
djadò voce di yder venirsene qpu^ magnifico ap-
parato a. prender ii possessr» delie sue cariche in
Koraa,<avea alleato i^FU'.gcan floUa'almeno di
ceicento navi, e facea vela verso Italia con afiimo
Tomo L 19.
ovGooglc
290 Delle Rivoluziomi d' Italia
d* ìasignorìrai di Roma. Questo atlenteto diede A
conoscere ch^Eracliano nel difender l'Africa era
statò meno animato da zelo di fedellà verso il
suo priocipe , che dall' ambizione e dall' invidia «
cioè per non dover riconoscer Aitalo già suo egua-
le o un suo emolo per superiore . Per un somi-
gliante effetto Eracliano fu' rispinto dalla spiaggia
id' Italia per opera di Macrìno prefetto della città ;
il quale, secondo che la storia cel rappresenta,
non era molto migliore ni più fedel suddito d* E-
racljano , ma aveva almeno tanto d'ambizione.,
che bastava perchè egli non volesse essere persona
dipendente da lui . Cosi ciò che non faceva per
sostegno d* Onorio la virtù de' suoi uffiziali , T ot-
tenne egli dagli stessi loro cattivi umori . E certo
non apparì mai più visibilmente nella serie delle
eutiche storie, quanto di forza abbia per sh stes-
sa l'autorità legittima e indubitata a sostenersi
contro gli sforzi delle ribellioni, ed eziandìo con-
tro gli assalti de' nemici stranieri : perdoccfaè O-
norio , dopo tanti sollevamenti e tante «porse d' iu-
numerabili truppe di barbari , morì pacificamente
sul trono ; e se non potè conservarsi tutto intero
r imperio ricevuto dal padre', il che era. quasi cfae
-impossibile in quelle circostanze di tempi, ne rì-
lenne però buona parte, la quale ancora dopo lui
passò in mano de' suoi congiunti, e di chi egli
stesso s^avea riconosciuto per successore.
Flacidia , sorella d' Onorio , contribuì moltisi-
Simo alla salvezza del fratello . Costei venuta , non
0. Google
LiBfto IV. Cak> IV. agf
Si sa ben «ionie', ià mani d' Alarico , rimase do-
t>o la morte di questo barbaro ia potestà d' Àtaul-
Fo.suo cegnato e successore del camaodo de' Go-
ti . CrèdesI che Alarico gliet* avesse desinata per
moglie; e certameote Ataulfo se ne nxostrò sem-
pre vagfaiasitno, e la sposò pijr alla fiae. È fàci-
le iDunaginare che questa principessa trattata mol-
lo oiiorevolmenfe ed amata dà Ataulfo, abbia pò*
tute ìmiùaargH seutìmeott di pace e d* amidzia
verso d* Onorio ; e che a persuasìoae di lei s* iu-
ducesse 3 bàrbaro a sgombrar d'Italia, com'egli
fece veramente . Perciocché, avanti che molti me-
si passassero dalla morta dì Alarico , Ataulfo si
frbvb nelle Gatlle coti seco Placidìa ed Aitalo a
(Ùsputàr il comaódd di quelle ' provincìe con Giu-
stino, ed alfrì tiranni e rt; bÉu:bari che vi domi-
naVano. Il flirore dell'armi allora passb tutM di
là delle Alpi ; e Onorio ebbe a godersi tranquil-
lamente l'Italia af&'tta per altro, e sommamente
estenuata dalle passate invasioni. 11 vero h che M
Onorio ritenne fuori d* Italia e dell' Afuca qual-
che Ombra dMmperìo, e se dopo essersene dipar-
titi ì Goti con Àtaiilfd , nluno né ribrile né bar*
bà^pbie piede in Ralla UvendoegU, dovette sa-
perne grado alla virtù di Costanzo suo capitano»
4iudrftD nélta sua giovinoza n^ti eseroiti dì Teo-
dosio, e salito pet vari gradi al generalato r N«^
podiì anni tìh'èglì Ct^iuindò te armi Romane , e
nel brevissimo spazio che stette sul trono , si fé*
manifesto che' 1* imperio , benché stuttiito e lac^o^
0. Google
agi Delix Rivoluzioni d* ItAuA
potea pur trattener lungamente Ja sua rorioa^.
se gì' imperadorì noo aveseero' abbandonato il. go-
Terno delle armi loro a uffìzlali stranieri , e più
encora se all'esempio di Traiano; Aureliano, Co-
stantino e Teodosio , le avessero trattate eetì me-
desimi /Il desiderio grandissimo che aveano così
Aiaulfo come il general Costanzo ,di sposare Pia-,
oidia , sia per le doti' personali di lei* sia p^ va-
lersi delle ragioni ch'ella aveva air imperio come
sorella ' uoioa d* Onorio , il quale ooq era [wr la-
sciar figliuoli successori , valse . per avventura di
maggiore stimolo a Costanzo di servir valorosa-
mente e con fede il suo principe, e ad Àtaulfo.
di .non. danneggiare, anzi pure d'àdoprarsi ancor
esso alla. difesa dell* imperadore . Fu scritto (i)
che Ataulfo, avendo da prima fatto disegno da
barbaro e nemico,' com'egli era, di voler distrug-
gere afFalto l'imperio Romano, s stabilire sulle
*ue rovine quello de' Goti ; e - conoscendo di poi
per pruova, che i suoi barbari erano intoUeraoti
di freno, e iocapad di sostenere ogni buon ordi-
ne di governo e per la natia loro ferocia , e per
la gelosìa e i differenti umori che agitavano ì ca-
pi, d'eoti: avea seco deliberato di farsi protettor
|le'.Rom4ni., e probabilmeote di por la corona
imperiale wl capo ^lla prole eh' qgli sperava dal
Buv piatrimoolo con Flacidia . la. f^tti , .poco ri-
guardando alle, voglie. di Costanzo, ed alle istanze
. ^,. :p) JiUfia. Ueu. de l'ciDf. Honor. un. 53.
ovGoòglc
LiBfto' IV; Capo IV. ' 293
tl*'OtìùTfo che non'MBsata di aolkratarb a ri-
màndargU ìa. sorella ^ egli la sposò , e n* ebbe fi^
glìaoli. Ma la motte immstura di lui (ak. 421.)
fèndè Tao! questi disegni; e Placidia riraarìtataai
òMo stesso Costanzo , tutte le Ibrce dell' imperiai
insieme^ eoi diritto idla sueceswone ti trovarono
unite nella persona ^ lui.Non mancb chi scri-
vesse che (htorìo non ricolmò di buon* grado il
suo generale e suo cognato-Costanzo ^ di tabtì ono*
ri e di tanta autorità, ^ ma ch'egli irfeoepeF.ne^
cessità e per tema . Certo che Onprio non aveva
allóra hbiglìor braccio per sostenére 'la vacillante
corona', né avrebbe avuto nemico pKt formidabi*
le di' Costanzo quando l'avesse aHe&afo da sé con
riousargli qualunque eosa . Comunque si fosse-»
{Costanzo oltre d'aver per moglie ;là sordlIe> e in
iWano l*<anhi e Pautorìtàd^'ìmperadore, ottetK
ne ancora il titolo d'augusto: e già pareva che
dovesse in hri e; ne* suoi posteri fermarsi e rìst»-
bilirsi l'imperto se no'a di tutto l'Ocddento , al-
meno d'Italia, non optante che Teodosio ricusas-
se ^approvare la siìà esal^ioae . Già ^li avea
dMt Pkididia avuto una -figlia che si chiamò Ooo-
na , e un figliuol masdhio chtf fii Valentinìaim
tertò';. Ma egli morì un anno dopo il' suo innal-
canieiifo alla dignità imperiale; e i dissapcnri «he
vact^no tra Plàcidia ed Onorio , disturbaroiio
non poco codesti buoni ìncominciamenti'.
Dopo la morte di Costanzo , Plàcidia vedova
di questo secondo maritò rimase in tanto favore
0. Google
S94 Delle .RrrotoziOHi . d* Italia
appresso Onorio , e m tanta iamigliarìtà 0 -qodG-
dfoza, ebe diede alla maligaità de' ci»tìgìani q^alr
che materia dì maldiceanà . Le disseosicKii utoet-
biuime cbe seguitaroao tra lor diie , diedero poi
qualche ragione di sospettare che V afTezioDe d* O-
. norio verso Plaoidias'asBom^lia«epiutto8to4d 004
mal ofldioata patsiooe, che a pura 9 fratellevvlfl
aniìcizia (i).'Perciocofaè un amore onosto e ìoVt
preDsibile nao sarebbe« 'mai eambiato ìq tant* o^
ed aperta atmieicia tra due A «fretti congiunti di
eangue , Qurate discordie passaroBOta^fc* oltre'* ohei
Pkeidia non sotamente abbandonò k conte « l'I*
talia (ah. 423. ), ma si ritirò approsso Teodosio
nio ntpdte col suo figliuolo. Ilche^ fuori di i)jEi*er
{pìdeote. necessità ( sarebbe parso un proceder con-
teario ad ogni, ragion politica ; perocché ell^ ao-
davaia. metter sé . alessa e il .%liu(^ in ipano
d'un ftio concorrente all'imperio. E già Teodpr
•io , ' rWutaodo d'apfHovare l'elerione dì CpstaiiT
sot^avea dato a vedere eh* ^li pretendeva dì suo^
oedere' ad Onorio negli stati d' Occidente . ,Wratr
lantoils laatananEa di Flacidia e d^gjovaaeVar
jtotinìano dall*' Italia non era meno pericolosa eo
«B t-'di. quel cbe fosse il trovarsi le loro p^naav
VX balìa d' uo' competitore , V esito il fece tantor
otoi vedere^ Fe^comecbè ti oaao riparasse in parte
•al-^diaordinato, itoto d'Italia, n*ebhe tuttora a p^p
:tir gra/wdABiio..
ovGooglc
lifiRo IV. Capo IV. 'agS
Appena si era partita- d'Italia e ritirata aGo*
staótinopoli Placìdia co'sum figliuoli, che Ooorìa
ihaDCÒ' di vita . O la dignità imperiale era già tan-
to ÌD dis{»>egio appreso i «apitanì , che più non
si eurarono d* ottenerla ; 9 veramente dìudo era
fra i generali d'Oocndeote, che alla morte d' O-
norio avesse tanta riputazione appresso il senato e
gli 'altri ordini doltd stato , che osasse cercarla ,
tutfocliè la lontananza de* leghtimì successori d'O-t
nono, e le travagliose circostanze dell' imperìo
d* Oriente^ ne porgessero 1* occasione assai txnnoda .
Ma nn uffizJale di toga , un curif^e fece quella
die' non si «iuraron di fare,' o -noà ardirono gli
i^ziati della milizia. Giovaani, capo de'segreta-
rì, o gran «aaeelliere 0 ma^iordomo che fosse,
assicuratosi sepza dubbio dèli* animo de' capitani
e ài Giustino ch'era il principale, prese in Roma
la 'porpora e si fece riconoscere ìmperadore. , o
s'avventurò eziandio di mandare ambasciatoti' a
Teodosio seòpndo, perchè volesse approvare la sua
elezione , e ricoooseerlo per coUega. Ma Teodosi»
òhe ^imavasi arbitro ddl* imperio il* Occidènte ,
sia per la consnetudine già da più d' un secolo
ricevuta , che quando uno degV ioaperadori mcrb-
va prima 'd' essersi dichiarata o ' fatto] riconoscere
il successóre!, l' inrperio si -presuni^^ oonsoUdato
in tì&pò a'qudlor cb& si trovava regnante;; siaiper-
chè, come nipote de'- fratelli e pnxaogttàtxt ,.i^
riguardava per vero erede e successore d* Onorio ,
riprovò 1* elezióne , e spedì . subito in II6U& due
0. Google
igiS DelU RtYotvzìom d'Iialia
subì generaU, Ardabnro ed. Aspare, padre e' fi-"
g^uotb, pef condurci con buone truppe Ilacìdia
eVa!entÌDÌario, a cui egli area dato il titolo <fi
Cesare , riserraodogli ad altro tempo A tìtolo e
r autorità sovrana d' imperàdore : Ebbero i^ due
generali assai diversa fortuna in qudla spedizione;
ma I' esito fu qoesto nientedimeno , cbe Oiovann!
fti sopraffetto in Ravenna (an. 426.), e tutte lé
oìmire' che' avea prese in Ravenna per sua sicu^
rezza, furono -vane, coMcchè egli'fù spento dopo
tm anno o poco più di signorìa. Ma comechè pic"
ciol tempo durane l'iisurpazione di Giovanni,- le
con^gueoK cbe di là nacquero per lo stato d* Ita-
lia, friròno tuttavìa irreparabili. Se -Flacìdia alla
tnorte d'Onorio sì fosse trovala, come prima,
dispotica della corte , Valentiniaoo suo figliuolo sa-
rebbe stato senza contrasto alcuno, eziandìo dalla
corte di Teodosio, ricevuto ìnconfonente per sue-
cessore dello zio sotto la reggenza di Flacidia stes-
sa. Ma essendosi ìn quel frangente di cose trova-
.tà 'lontana' da Ravenna e da Roma, metropoli del-
l*'ItaHà in quel tempo,' non solamente sfornita af-
"fatto d' eserciti , ma avendo ancora la persona sua
e de'jìgUuoIi in poter di colui che avea per Io
meno' egual diritto alta successione d'Onorio, fu
primieramente necessario venir a trattati svantag-
giosi con Teodosio, per ottenere da lui il titolo
' cesaréb , e forze bastanti da entrar in Italia con-
tro ih macchine dell'usurpatore. L'esito però del-
l' accordo che fece Placidia con Teodosio , fu questo,
ovCioogIc
Libro IV. Ca^o IV. 397
Èlle ValentinìaDo,' giimio a' ibatura età» spov
serebbe Eudossia figlia di Teodosio, e cinlerebbe
al luO' cugino e. suocero tutto riHirìco occideata-.
le, cfae faceva Aon piccola parte dello stato di O-
norìo . Questo promise Plaoidia a nome del figlìuou
lo, il quale atempo debito effettua la promessa,
Cosi Teodmio prese per si una parte deUMmperio
d'Occidente, e l'altra diede a Valeatiniano qua-
si per dote d' Eudouia . Lo smembramento del*
r Illirico ch'era per sé stesso perdita molto nguar'
derole, era in quello stato di cose, danno di gran
lunga gravissimo: perocché, noti restando all'im-
perador d* Occidente che piccola parte delle Gal'
lie e- delle Spagne, ed essendo vicina a perder»
la provìncia dell' Africa , riducevasi quest' imperio
all'Italia sola in quel tnis^ro stato ^ veduto abr
bìónna disopra; . . ^
Ed oltre a questo, rusurpaTÌon di 6ìcFvaa>
zti , cagionata senza dubbio dalla ' loidananza d«'
principi , diede principio., alla potenza d'Aezio che
dovea riuscire più funesta ali* imperio d* Italia , ed
.accrebbe l' ardire degli Unni . gik tròppo cresciuti
di forze e dì baldanza . Giovanni , inteso ' il rifiu-
to che gli fece Teodosio di riconoscerlo come .col-
lega , oh trovandosi forze bastanti da resistergli
quando esso mandasse annate in Italia a spogHac-
lo della dignità imperiale , .inviò^ubittimeate..Àe-
zio a cercar 1* alleanza e i' aiuto degli Unni ch'era-
no nella Pannoniat i quali subito si nios^rovv^cso
Italia COR animo di sostener T'UsucpalOT^ . co^t^. ^i
ovGooglc
39& Delle Rivoutzk»» i>*Italu
ifoni dell' irapeiador d'Ocicitfe. Ma ptrtmcfaég^
Cimi ^ugaessero io Aquileù, s*eUia arnsoi^e Gio*
. vanni era preso e morto . Aseìo Toltosi agerofaneDCa
al partito del nuovo oeeare VnhntinaanQ e diPla4
ctdia, periìHue gUUmii a rìtomarsiaditietro. .Era
Ac»o di grande ed elevato aniioo* e già noia
«* ftomaoi per la destrezza e il vslor ano ; e Gio'
vanni die aiibisogoara di viziali e ifiìmttiì pee
swfeegBo deir usurpata ugnala « favea creato ma
laaggiovdfHno . Il doppiò successo eh' egli ebba
nelk sua ambasciata appresso gU Uani* prima
oott* avergli indotti nel partito del tinomo, e: poi
o^^amrU rìjnaodsti via quando già stavano per
metter piede in- Italia, gli accrebbe riputaziona
ed autorità . . Gnadagnossi egli ntA tempa stessa
1* affetto e la stima dcf^l Unni ; né Placidia po^
tea lare a meno d* onorarlo con le principali ca«
ricbe dell'imperio. Così divenne per doppio ri-
spetto noB solo 41 oampione e il prot^ttor princt'
psJe del giovan» iH:in<lipe e della r^geote, iaft
arbitro dello «tato . Quando Aezio non avesse dor*
lito daU» nascita un naturate ambÌKÌoeo, cbe ntt.
ffàmente va disgiunto 4k qfaeir intimo swso de)
^uroprìo v^ore , i uioQessi paissati e il grado a cui
»*n-a elevato, gli avrebber tuttaràt ripleoo Tani-
•aso d'ambizione « d'orgoglio, Però no« contenr
'tordi mere il -primo .nel favor della corte, voUe
•esaerrf. s^lot o esserne piuttosto il padrone. Cor
ittita i Aua .gdosìft fu il' ultima rovina della: già
itropp» AfOitta ed abbattuta Italia , óon -tanta per
0. Google
le aeM^iridne «Iie m menti Attila false tìknoìata
ed aiutato da Aezio, quanto per I» perdita dia
ci fece dell' Africa,- sema la quale ' non poteva
lUtaliasuasisiere in alcun modo; Era goveraat<(
m quel tempo l'Africa dal'fàraoto oohte BfHÌfft-
BÌo, uemo ài valor miStart non pUnta iaferiov»
«d Aenoi e di ptobità e^ fìsde '«éma dublno A
hit superiore p c^ quale , non meno che da
egn* idtni penena , Aovai rìconoseer FlaoidÌA U .
oadutai di Giovastrì) x 1* esaltamentcr «uo a ddt
^liaolò', avendo Ìo» «nnservaCa qu^*^ importaa-
Usima pnovÌKiav mal^db le v&etie e le tnU
IMoce -del< tiraiino. Aezio eolla ma^'or pinfi^
.dd- monda costrinse Booì&eio a rìbellarst « 'i&
okàmar nell' Africa i Vandali per saa difesa , <
quali i postovi dentro una <^olta' ¥ artigliò, voA
■fidò a loDgo vite se ne fecero it^rainnité pà-
clnioi .' -"
- Ne^orribilr danni ch'ebbe a patir ritali*
Bel qtmto tecolo,, non fu leggera óagiotie la'fi«^
tmial moUeiBa, e ramlùnone le la rafefaift àea-
aeeca . Da > qnattftp secoti e più ,' dia iRemaaiiS
eontffrano da die Augusto avea abilito in Roma
la monarcfaìa, e ndU sutJeedeione di tanti imp^
T«dori satiti pei tanti diversi modi ani trono , non
-s* era ancor veduto ì' imperio ctadetf - atiolutame»-
te e manìfintamente in mano ^ .femoMne» «otte
dalla morte di Teodosio in poi. Q^iKo-ciò die
Livia ed Agrippina ebbero ad ÌBfitùr dì ootdvcfe
neUftnioceMioD dell' impanò t i% r-adi»i<»}p di
=dDvGooglc
8o« Dell^ Rirai.feidKi 0* Ii^uA
TibeHò e di Nerone ^ ì quali- voameate nofi Si^^
déro felice [prflBagia di ' db 'cbe pctfeva 'aspettanti
dalla succewidD proccurata per doaaeachi' rdggirif
Ma* ad ogni modo^ co8Ì~ allora come taapprea'-r
sò-futta l'autorità . dhe le imperadrìci poterono
«fFogarsi ne)l*'ammÌDÌ9tra^on ddlo' stato, fu ìih
diretta 0 quasi domeitioa : laddove Eodosna , mo-
glie d* Aroadio, cotnincib a &rla da ngina oal^
niello da reggente; poiFulcherìa con éBcti^iio in-*
solito , come quella che non era moglie , tak so-
rella dell* ìmperadore , fu ricooostàuta da tutto
1* Oriente per imp««drìce, e cominoibt cosne.^
{iroprìa ragione e di fatto, ftgoinxnar' ogni cosa^
findiè EudoHÌai d^ta prima Afenaide , che Pul-
cheria stessa area scelta per moglie al giovana
Teodosio » s' ifnpaeciò ancor essa nel goremo . Sa
Fuloberia, rt^Iatrioe dell'imperio ne' primi a
iiegli Intimi anni del fratello, e poi erede aneot
deU*ittiperìo di Uii, fu ca^ne all'Orìedie dt
«tolti rantaggi, come donaa dVinoomparabile «
rara virtù; non è maraviglia : ma T imperio d'ita^
Ita sentì effetti totalmente contrari, dalle .donne
f^ pretesero d* aver diritto alla corona imperi^*
le ed al governo. Tuttoché a Fhtcidia non man-
casse né' ingegno né ' esperienza,: massimamente
appresso le vicende oh' ella <»>rse ■ dopo il. primo
saeeb di Roma , non potè per tutto questo cao-
ciar'via il naturale di donna e di madre , IeHE)Ua-
-)i. per r ordinano sono molto ben soddisfatte dat
1^ educazione' ohe .d^no a' fanciulli, quando lì
0. Google
' Lib'kdIV. Capo IVi ! 3oi
wdóno viri e stfni «'gagliardi . ^a io. fatti wllif
sue care fftnmiaili >e xxMa. tenera edveaùone gn»-
ath- là fattamento l'animo di . Valeatimaiio suo &-,
gtìo , cfa* egli .ehbo pnrttosto la vihà e i via d* uil
servifov di palano, 'cfae Ja virtù e la magoam-
mità d'.un prinoipe. L* efiemmÌDatesia m^, »
F incontìneoza' ohe n^ & -figlia', fu r.orìgine di M&<
ti i mali ofas ^Btì l' Italia :e sotto il suo regno,
e dofK> Im. . i '
- D? altra ' parte i P esempio- di Falcberìay di
Pladdia , ed ancor -d* Eudossia risvegliò assai pre*
sCo:iietì* animo .d*ODorìa/ sorella di Valentinìano)
ia To^ia di partecipare' ancfa^essa deU'iinipario.
E perchè V^entinlano e Pladdia, lungi dal con-
discendere ails; sfie voglie ÌQ.qoestB cosa, cerca-
rooo di farla oonsiecrar 'vergine; - oostei innlb At-
tila re degli Unni alle sue nozze', e diede a quel-
1* amb^ìoso barbaro un nuovo pr«t«sia 'M- oaktce
ìa Italia (an. 462.}. Io fatti 'egli- soleva addur
per ragione della guerra che' moveva all' imperio
d'Occidente, i diritti neevuti dalle promesscc
dalle ricbiéste d* OnOria . Ninno ■■ ignora eoBie e
per qual motivo il iìiror d' Attila , ohe avea me-
nato orribil rovina<-per tante provinoiev e distrut-
te tante città d^* uno e dell' altro imperio , ri»-
pàrniiò nientedimeno la città di Roma-, che pur
era V oggetto primario delle sue biamiBJMa JMfc-
-toéhè Roma scampasse ■ al bra daB*eocidÌ0 che
quel rabbioso re minacoiava', l' Italia 'patì -litftji-
vìa graudissimo danno da quell' invasione.. .QttiUi
0. Google
Su' ■ Delle RivoLUzioin d* itìiUÀ
iùtM ia CADÌbardìa. fb crndeliiietite inésia a tet^
ra « fuoco; e gK abitatori* quali ticcUi, quali
iattì prigiotii, quali datisi ià f^ga, HetcMàùo ti-
fa^ dove la fbcfanà to p^-etèatavH ^ tia sttlp^uda
ed iataortal Venezia ebbe iti questo fràdgfedfe il
fuo frÌDoifnd dà alcuùti genti dì quf»Hd ieontfade»
ebe seampahmò dalle spade degfi Uanìi '« scel-
«SFo fet' loro' rìcdrehi dciinè deserte « quasi inàc'^
«Mnbili isòlette nel fondo dell* Adriatico < Se ri-
cètto si dì^i^oso 0^ infecondo parve alle ìibigot-
tite genti Italiane asilo ben avventuroso, àaisca'
no pub itutaaginar facitmetate « quanto gnia nu-
mero d* Italiani aninuo provveduto alla salvezza
loto ìli quel generale spavento, fuggebdosi in,
Grechi, e pef tutto I* Oriènte, e per molto isole
Aét MediMrratwo. Cosi dì p«^o in pèggio s'an-
davano spopolando le città,- e inselvatichivano le
campagne d* halia . Né la morte che s^nì poca
dopo* d'Attila, e le discordie de' suoi iìgliucrft
ohe aamèntarono tantosto la potenza formidabile
d^i Unni , giovarono puntò a recar sdlievo àI->
K ftalìat 'ma cKedero piuttosto principio ad altri
niali; Valetitiniana *, come si vide libero dàlia
paitfa d«gU Unni, non potè più sostenere la gp-
loMa già da lungo spano concepita verso d'Aezio;
e eoUa più detesfabife azione che mai cadesse in
meato d*un monarca legittimo, 1* uccìse di pro-
pàa irixnOf e tolse a sé il miglior braccio.' Uili
così indegno attentato rendè 1* imperadore sì odio*
so , eh* «gli ne dovette pender fra non motti me«
0. Google
LiBao IV. Cabo IV. 3dS-
)a Tita . Uassuno , capo degli ucd»rì , «poib^
Eudossia TedoTadi Valentìiiiaiio ; credendosi d' ai-'
sicursrsi in questo modo. la coronai Ma £adaB8Ì«
corauposo molto tnale ali* affetto cbe volle mo^
atrarle il nuovo Inarìto; e non potando xxpfnmet*
Io ahxamentor dùamb dall*A(rica^Genscrieo io
de* Vandali^ il quale venuto sabHamcnte io Ita--
lia, « presa e saccfa^gìata Boma onibftMcter
fornì d' abbattere t desolare quelle 'coitnida
eh* erano scampate dalla &ri» e ^d«|k rapaoMi
degli Unni. ■ i
"Guerre cw2ij ed attorci^ àP JUaUa AUla motìsM
f^alentùmno teràìjmo aUa ^ponzìOM dP ^/^t*
gustalo nel qiuàlfocentò Htlanta^,
Cjrli effetti pesami della debolezza d* ODorio«
della r^genza Cemminile* e della viltà ignomi^
siosB di Valentiniaiia, non si - provarono ie- non
in parte durando il lor regno. H cambiamento
più notabile che D* ebbe a sentite k> staito d'I'
taliàt si manifestò dopo la morte di V<ileatìnia«
nò (t). Non sqlameBte l'impnio «ra lacero •
dismembrato, ma V s^tar^k imperiale^ si tiovi
talménte avvilita nell'Occidente, ohe quantunque
0. Google
3o4 DeII,E RlTOLUZICWI D' iTAtlA
■Mtnii: inttalzati sul trono calorosi personali l*iia
d(^ . l' altro, niuno di Iona potè ricuperarne Y ono-
re e la forza. I generali che per la più parto
«mno barbari ,. tali^&te 8* erano avvezzi a voler
domiome , che per hìuo conto potevaoo tenerù
io dovere da^li augusti, poiché essi sedi sosfeene-
vano col bracdo e oo' maneggi loco P impeciò.
La naturai presunzione dì chi si trova ^vato al-
le gcandi cariche, dovea facilmente stimolargli a
- goderne le più reali prerogative . Due cose fuf'O-i
no però degne d'osservazione nella condotta <^e
tennero in qae&tì. tempi sì i Romani , come i
barbari. -Una, che^ i Romani :( intendiamo per
Romaoi tutti quelli ch'erano nati sudditi e rìco-
noscevago l'autorità dell'imperio, e spezialmente
gì' Italiani, mentEechè da Valentinìano in poi
r in^ìerio fa. ridotto quasi alla sc^ Italia ^) ve-
dendo che non sì poteva far senza ì capitani bar-
bari, non siensi ridotti a riceverli per sovrani:
r altra, che cotesti capitani con tanto seguito
de' suoi, e con tanti Romani che faoean .loro
corte, non abbiano immaginato qualche spedien-
te, cioè qualche spezioso titolo ( da che ai è tan-
te volte provato che U moltitudine si ferma ài
nomi), per cui potisseiV' ritenere in loro nome
r autorità sovrana indipendente, senza dover in-
BRlzare e dèpoEte ogni giórno nuovi ' fantasmi
dMmperadori. Or, mentre i Romani. non potea*
Ao'ceggersi da loro, negli stranieri ottenere T^as-
solnto dominio né «Ifu*. so^tUit lo siftto .d'Atalia
0. Cookie
' Libro IV. Capo V. ' .3o5
eomitióìtia dedinare in vera an^vchìai o ioterre-
-goo o ^speilH(Hi di goveroo, che vogliamo cbia^
.maelo.
Massimo cfae ucciso Vateatinìaoo, gli'succe^
dette ( AN. 455. ), non regnò se non pochi tne^
-«1% e fa toUo di vita sedi^osamente tre giorni
.-prima die Genserico, chiamatovi daEudossia sua
«p^sa, entrasse in. Roma a aaccheggiarla. Avito
già uffiziale di Massimo e non inabile capitano-,
prese la porpora dopo lui a sollioitazione dì Teo-
dorico, re de' Goti , e non senza suo aiuto . Ma
un imperadore che dovea riconoscere le sue di-
gnità diiHa protezione d' un re straniero > non èra
per inconlirare appresso i suoi moHo grande ripu-
tazione; e non andò a Imigo che .un capitano gli
tolse lo scettro, per- fargli prendere il pastorale.
Questi fa Bicimero.Svevo o Goto o di (juàraltr£L
si fosse genarazione di barbari « uomo ài nobile:
parentado, e df valore e d* aocortezziEt non infe-
riore alla nascita . Tottavìa non sì sa eh* egli dès-
te praovB della sua virtù avanti l'impresa di Car-
sica i dove mandato general dell'armata imperia-
la da Avito , ne discacciò f Vandali che se n* era-
v> fatti, padroni. L'esito della prima impresa gli
accrebbe talmente 1* orgoglio, cui già i vai!itaggt
della sua origine e la presunzione deDa propria
capacità. gP inspiravano', che non potè piò rico-
uoscere alcun superiore; e come la f>er6dra e I4
frode agguagliavano in lui le altre sue doti * - s!
, died« tantosto a {procacciar la rovina del imo
Tomo I, 20
0. Google
So6 Delle Rivoluzioni d'Italia
benefattore e suo priacipe. Cacciato 3al trono Avi»
to ( AN. 467.), Ricimero vi fece salire MaggioK
rane, il quale non meritò forse altro biaumo,
che quello d' aver conspirato con xjaesto barbaro;
del resto ,~^ egli era fornito di tante virtùeditcM»'
to senno nelle cose di stato, che pareva deitÌD»'
to da Dio a ristorar 1* impeno d'Occideuts gA.
quasi ridotta al nulla, e rimenar Roma alla pri-
miera grandezza. Ma il ralòr taor e Iarìnoinaa»>
za che s'^acquistò in due o tre anni di goveniov
accelerarono- il suo €ne. Ricimero- scorgendo. che
sotto un tal imperadore l'opera sua non era per
contarsi moltissiinoy prese consiglio- di deporlo^: «
portò sul trona un Severo, il quale tì stette quan»-
fo tempo piacque al barbara di ksoiarlo^ UJti^
mamente Bicimno' Tolle far pruoTtt se potesse
goTernarl* Italia a suo modo, senza crearn. pì^
avanti xm imperadore. Malgrado- tao^ nÌuao:ar#
diva in Bom^ ptgliaìivi il titolo d^augosto; uè
tampoco* era da aspieftare cbe veoisur vis o da
qualche contrada delle Gallie che ancor restasie
a* Romani « a da: qualunque ahra parte Ad moo*
da un nuovo fmpcKtdòrd a: prender il', ctmiand»
d* Italia r mentre! Rìcimera la teneKquuf l'a sua
mana. I/imperadortieoace^Tonerìco Tede'Vaiu-
dair neir Àfrica aveano- amendue Sxzer su£6oruiti
da occupre e dar legge airitalia, ae non che r^
guardi più rHevanti gli strìgnevana da altre par-
ti. Così TÌdest dopa moltissimi secoli qn 'mio<'
TO interregno in Italia, 0 qua» JBiit ^a» dt
ovGoogIc
tfaflo ly. Capo V. Soy
«epobblioa, dì cui ai fag^a come capo eprotettor
Bieimero. NoD 8o se fosse questa un'affettazione
del generale, o se veramMte c'ih fece egli natu-
ralmente, perchè T balia si riguardasse in quel
fieriodo (U .tempo come uno stato indipendente.;
aia egli è .pur ceKo che ne' trattati che si fece-
to. allora con i prìacipi e generali forestieri, ai
parlava a nume non de* Romani o dell'imperio,
ma: sì à uomedegl' Italiani (i). Pare che Rìci-
meriB , , ftni^e regcaudo Severo, abbia cominciato
a trattar le cose sotto questo nome degl* Italiani ,
Probabilmente voleva egli .aqdar avvezzando gli
animi ad uh nuovo genere di dominazione , dellìf
quale foswegli stesso il disposiCore < Ma Ricitoero
non potè^ sosfecer lungamente .quella forma, di do^
minio, e s'avvide in meo dì duei anni * che gli
(R-a più sgevoi cosa disporre, a svta. voglia d'uq
«mpentdore, che «feir«nperio^ Costretto adunque
di creatae. uno, ricorse a.hextbfi aaga^tif in Orienr
te, perchè^i o*eJieggwses una de* 9UoÌ (a). Io
questo modo .fion si privava di qffeUa ticoooMeii-
ea che sperava dal nuovo eletto, il quaje almeno
iodirettamente dovea ripatarsegli teiiuto: per la di-
gmtà; è si conciliava l'amidzia deir iipperador
Greco f. a cui cornowlteva un n&io ^ onorevola
" è sì<gnuÌQ60'
.. (ij Priic. «ia tegat. in Corp. Hiil^ Bywntinic; et «p.
Tìttem.i: 6, p. 33i. ' ,.
(9] y. TiUeinr, iitt.ntpra,, .. ■/
D.q,t,zqfiOvGOOglC
3o8 Delle Rrvotuziom d'Italia
' Fu dunque creato- imperador d' It^ia 'Ante^
mio ( AN. 467. ), H quale, olfre i diritti che pò*
teva avere alla dignità imperiale come il più stret-
to congiunto di MareiaBo antecessor di Leone,
«vea tutte le altre più insigni, qnatità, le quali
possono rendere un uomo degnissimo d* imperio .
Unirà egli al valor militare somma pnideozae
cognizione del governo civile e delle cose di pa*-
ce, ed era graodlesimo amatore ddla giustizia,
e pieno di sìncero' affetto del comun bene. Cmi-
dnsse ancor seco dall'Oriente uomini virtuosi in
gran numero; il cbe io Roma, donde -per tanCe
calamità s' era partito il fior della nobiltà e. tut-
to il meglio delle £imigtie popolane, non era <xh
sa df picciol conto. Nuovo e ^<hoso spettacolo
fu agi* Italiani l'arrivo, d' un tanto principe con
una fiorita armata ed una oorte sceltissima . £
s' avea grande speranza eh* egli fosse, per restituir
re l'antico lustro all'imperio d' Occidente. Qucr
/sta speranea era ancor forti6cata dalle nozze che
in Italia celebrò il novello- augusto colla figliaci
del patrizio Bìcimero: perocché questo. parentado
diede motivo di credere che il nuovo imperado*
re e il troppo potente patrizio avrebbero gover-
.inato ogni cosa concord«meate, -S'aggruose, .anco-
ra f)]i' esaltamento d'Antemia una càrcostaoza.di
grande utilità allo stato d'Italia. Marcellino « -già
general de' Romani , dopo yarie guerre e vicende
-ribellatosi da chi imperava in Italia, s'era ioar
padronito della Dalmazia, dove r^oei&do a sxa.
ov Google
tiÈBa IV. Capo V. Sog
*o^iay non dava leggere inquieti^ioi alla vicina
It^ia . Leone - augusto , ■ nel destinare Anteniio
air imperio d* Italia , . persuase BlarceltÌDO a sog-
{^ttarsegli, ed accomp&gfiarlo eziandio nella sua
TCTiuta, e assisterlo con le sue ibrze. Così Tinir
perio d'Italia appoggiato a tre capi della tempra
cfa' erano Antemio , Ricimero e Marcellino , e
protetto dair imperador Greco, pareva cAk dod
avesse a temer molto del re Genserìca, tnttoebè
re dell* AfHca e poco meno che signor, del Me-
dtterraneo, mentre i Romani .erano malamenta
forniti nella marina.
Ma Riermero voleva por essere il priacipa>
le; e per quelle stesse ragioni ch'ebbe Tttaliadì
chiamarsi contenta del nnovo. prineipe , V ambir
sioso e inttdlerante patrizio si pentì molto presto
-d* averne promossa 1* elezione . E già à noto, quan*
to sieno ' deboti ì legami del * sangue a contener
}' ambizione d^ grandi . Ricimero^ vedendo eor
me scemasse il suo credrto sotto un principe eh*
-poteva Tegnat da sé solo^ e non potendo soppor-
tare d'essere né terzo ne secondo in une stato
4ov*egIi già da lungo tempo pretendeva d'esera
il primo, diedesi per a^o e per ìnvi<^*aa turbe»
le cose d'accordo eo» Ganserìco nenuco eapìtalff
del nome RoBiano . La r^utazion« dell' iniperap-
]^,.^tenaio^ superiore di gran lunga . aeU* auto-
crìtica buffli.- nufnero di quelli ohe k> aveano pce^
ceduto , fu in questo frangente di maggior dai>-
tfa> che di vantaggio alJl'Iti^avPerciocohè^ dove
ov'Google
3io Delle Rivoluzioni d'Italia
i passati imperatori o deboli o screditati O: iuig;tv
sitati dalla potepza di Bicìmero , erano stati dei-
'posti senza ostacolo né dìfHcoItà , e si inutp fó
lutato senza travaglio de* sudditi; -fli contrario, fij
d' uopo venire a guprra aperta per detronizzare
Antemio , il quale avea suoi partigiani e suoi di-
fensori contro gli attentati del generale ,
'Rióimero, jabbandopata Homa e [Ravenna, 4
ritirò in Milano, forse perchè in «jUelle coo^a-
de, e generalmente in tntt? In I^mbardìa egli
aveva rnaggtor numero di seguaci : e già er^
apertamente divisa V Italia non pure in due par-
liti, ma quasi in due imperi distinti . Alcuni
fle' più ragguardevoli signori della I^igeris , ve-
dendo imminente alla rnisera Italia una crude)
guerra , portatisi a trovar Bicimero in MiUoo , a
mani giunte e jgipoccbionì il suppHoarqno cb? vo*
lesse pacificarsi coIP imperadore .' I^ioirnero sì la-
sciò piegare alle inchieste loro a fòsse sinceramene
'te, à per fiùzione; e fu cercato subitamente U
(nodo d* indurre Antemio a restituirgli sua gra-'
ria . Era vescovo di Pavia' Epifanio , uomq per
saviezza è santità in quel tempo assai famoso (i) ^
Gii stessi deputali dejla Uguria si portarono dal
iaoto vescovo pef questo fatto, il quale preson
di buon anitno queir incarioo , ed andato a tfti-
var r infperàdore, brevemente ìt riconciliò eoa
fticiméro. Ma o la pace non fu sincera , o se fu
[r] Eoaod.'ìn vita Epipb.
0. Google
tiBRO IV. Capo V. 3m
tale, noD Auto a. lungo. La stona non ci porge
alcun foDdameoto d* accusare Anfpmio né di per-
fidia, oè d'animo simulato o cattivo; laddove si
pUDir^iooeroImmte sospeitiii-e della fede di Ri-
cimeco. 'Tuttavìa conviea pur dire ch'essi avea-
oo amendue gravùsÌDii inotìt'i di prender guardia
di sé; e certa non era possibile che in quelle
circostanze di tempi passasse tra lor due verace
amicizia . Gli esempi di Srilicone e d' Aeaio , sta-
ti 1' UDO e l'altro nello stesso grado di potenza e
di credito appreno d'Onorio e Valentiniano, s
che finirono amendue di mala morte , Tudo per
debolezza , V altro per la perfìdia del suo signore;
«rano ancora assai retxnti e famosi. Ed oltre a
questi, un altro esempio succeduto a que*dì me*
desimi in Oriente nella rovina d* Àspare patrizia
A g^eraldi Ceone, eome Ricimero era d'Ante'
mio, non potea non riempire di paura e di so-
spetto gli animi dt àasoano . VéQaesi pertanto,
dopo varie o brevi o fallaci ricoociliaiioo) , a
guen-a maoista,- nella Eguale non solamente 1«
Provincie d* Italia si trovaroa divise le une dal
partito di Rioimero, le altre dell' imperadore, n^a
Roma stessa fu il teatro di quella oìvil guerra.
Ricimero v^ assediò' dentro l' imperadore; e dppo
averla espugnata colla fame e col fctrp, dovette
tìncor combattere contro il partito coirtrapio, fin*
chef, vinto ed annegato nel Tevere Antemio, ad
abbattuti i suoi seguaci, Ricimero vi fece pro-
clamare augusto Olibiio ( M. 472. ). t^e già
=dDvGooglc
3ia» Delle Rivoluzióni c'Itaua
pretendeva a quella dignità allorchi vi fh dera-f
to Antemio. Olibrio, oltreché egli «a della ^ìs
illustre e più ricca famigHa che fosse in Roma
da più secoli ( cioè di casa Anìcia "), era con-
giunto ancora d' affinità con l' impertiddr Vaien»
tiniano tevzo di cui area sposato la figUnda , « ,
cognato d*l''lnerìco figliuolo del re Genserìoo; ed
epa altamente proietto da questo re (i) . Con
lutto questo alla morte di Severo fu posposto ad
Antemio per V inimicizia che passava tra U: cor-
te di Costantinopoli, e Genserico. Vi salì nondi-
meno senza contrasto dopo la rovina d' Antèmìò,
ma per restarci cbsìf pochi mesi, come H fH'ede''
ceasore v' era jstato pochi anni . Ricimcpo essendo
morto poco dopo Antemio, e poco aranti cho
merìsse Olibrio, questo- inperadoM' ebbe campo
di creare uà nuovo generale e patrìzio, cioè un
nuovo padrone a sé ed all' Italia. Questi fii Gòn-
debaldo prìncipe de' Sorgognoni* nipote di Rioi-
mero . Il nuovo generale fece prender la porpora
ad un Glicerìo , uomo vile non meso per nascita,
che per costami.. Ma T imperadovd* Oriente, ^s*
approvando 1* elezioin di Glieerio , mandò- coli ti-
tolo d'augusto Giulio Nipote, il quale non ebbe
a penar molto per superar V emolo , cui fotto to-
sare, è conseerar vescovo , mandò, come in ban-
do-, a reggenr la chiesa di Salona nella Dalmazia.
Giiulio Nipote ( se diamo credenza a quanto ne
(i) Tinem. p. 5781
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Libro IV. Capo V. 3i3-
Knve SidoDio (i) che il doTea;coiioseere, e dmi
era d> carattere a voler mentire, comechi sover-
ofaiamente £tc!)e ed abbondaste negli elogi de* saoi
amici) fu delle migliori teste che meritassero di
portar corona , ma di quelli veramente , ohe giiuir
sero ,troppo tardi all' imperio , quando agi* impe-
radori più. non restava altro che il nome e la in-
segne, e queste ancora stavano io mano de' caf*
pitoni.
Giulio Nipote creò suo generale Oreste ; e se
si avea riguardo. alle passate azioni di costai, an-
che in questa parte l' imperadore diede pruova
ddr eccellati doti eh* egli avea per regnare . 'Ma
Oreste , divenuto pel favor di Nipote la seconda
persona dello stalo, fu anch* egli , come tant* al-
tri , precipitato dair ambizione e della voglia im-
portuna di voler essere il primo . Voltò dunque
contro r imperadore quelle armi e quell* autorità
che aveva da luì ricevuto, e diede 'la porporae
il titolo imperiale al figliuolo Romolo, che per
la tenera età» o per ludibrio fu poi chiamato
Augustolo t Cotesti procedimenti non poteano pia-
cere allcf corte di Costantinopoli, di ci4i era crea*
tura Giulio Nipote : ma prima die alcuna cosa si
moTesse da quella parte' contro l'usurpatore, i
Goti e gli altri barbari, de' quali era grande il
. numero in Italia , si sollevarono ad tostigazìon
d' Odoacre , che colla deposizione d-' Augustolo ,
(i) ApoJI- Sidon. 1. B, ep. 7.
ovGooglc
3i4 Delle RiVolotioni O'Italu
è cùllà morte d* Oreste (an. 476. ) levò via final-
TOcnte quell'ombra che ancor reslava dell' fmpe-
rio Romano' nell' Occidente, e rece dell* Italia
qnello che delle altre provincie avean- fatto altri
barbari . La qual cosà gioverà ^mostrare sùcctD'^
tameDte , afBnchè meglio comprendasi ' per qtiali
Almòli e con qual (tdocja Odoacre, e dopo luì
Teodoiico abbiano impreso a stabilire» io ' Ita^Bi
un nuovo regno , - ■
CAPO vr.
Sfato (f europa neSa riistmzìon àélP impeiio
pcciàentalg,
XJi tutte le partì che componevano laveàta mo-
le della Romàna grandezza , ■ quelle che' nella
divisione de' due imperi formarono l'orientale,
restavano ancora pella fine del quinto secolo' uni-
te in un corpo solo , tuttoché malamente go*
vernate e debolmente difese per le ribellioni in-
testine che agitarono del continuò la corte di
Gostantinopoli . E quantunque gli Ostrogoti' Ver-
so 1* Illirico, e dal canto dell'Africa i Vandali
non cessassero d* infestar colle scorrerìe le pro-
vincia del Greco imperio , ebber tuttavìa nel tem- -
pò stesso lungo riposo e sicuro dal canto de* Per-
siani , i quali se lo avessero assaltato gagliar-
damente in questi tempi , come tentarono di
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Libro IV. Capo VI. BiS
fare altre volte , sarebbesi di leggeri distrutto
td estinto àfiàtto il nonie Romaao in Levante ,
ccttne si fece Jn Ponete, Ma egli h da credere
che la stessa debolezza lassai visibile dell'impe-
rio Romano gli fosse, riguardo a* Pei'S(Jinif dì
difesa e di sicupezza. Percioccfaè questi, allor
che conobbero di -non avere più cbe temep
da* Romani, noQ « presero più tìitre pensiero
d* infestare 1* inìperio , come quelli che avevano
di che vivere e regnare nelP abbondanza nel pro-
prio stato. Ma al tutto diversa iij la sorte del-
ie altre provipcie Romane verso V Occidente;
perocché le nazioni confinanti con esse, di nut-
P altro abbondanti che di persone, erano stimola-
te piuttosto dalla fame, e dal naturale vigoroso,
faticante e inquieto, anuchè dall'ambizione o da
altri motivi politici, alle conquiste, Però. le Gal-
lio che comprendevano allora una parte della Ger-
maìiia (r) , trovandosi esposte alle iticursioni de'
barbari , furono ai»:he le prime a mutar signorìa ;
e forse che avvezzate da lungo tetppo a' suoi pro-
pri o imperadori o tiranni , non passarono di mal
grado sotto il domìnio de* principi stranieri. [Bor-
gognoni occviparono con la Savoia molte città del-
la Gallia Celtica, che poi da loro* fu detta Bor-
gogna . } Goti che per essersi fermati nelle parti
occidentali, cfaiamaronsi Visigoti, ridussero all'ob-
bedienza loro le Provincie della GaltiaNarbonese,
[i] V. Tillem. I. 6 tiL de Valeutinien EU, de MajoK^
*t de S^VQi«<
^dov.Googlc
3i6 Delire RivotozrONi d'Italm
poste versò il Mediterraneo ed i. PireHei; «già af
tempo che Augustolo fu depost», centavano dus
e tFe successioni di principi , vabrosi ed acooFti , ■■
ehe aveano arzi dato terrore , che prestata ol^-
dienza, agli uhìm! iraperadori. Un'altra parte del-
le Gallie uè difesa dai Romani, né invasa ascora
dà maggior forza cU stranieri, fii opportuno- rice-
verò d'alcune migliaia di fuggitivi Bretoni < i qaa*
li lasciando la patria loro preda degli Aggio- Sas-
soni , passato lo stretto , si rivolsero a cercare tA-
tre sedi di- qua del mare ^ Così, affìncliè' niuna'
parte dell'imperio andasse esente da quel genera-
le scompìglio e sconvolgimento di sazìoni e di re-
gni , mentre la Bretagna che già era stata abbair-
doaata da Onorio e da Valentiniane terzo ^ rice-
veva il giogo de'Sassoui e degli Angli, parte del-
le^ sue genti veoiiero a stabilire un dUov» princi-
pato, e dare il nome di Bretagna alle caritrad*
marittime della GalUa Lionese. Le Spagne furoD«
nel tempo stesso o poeo prima eceapate da varie
generazioni di barbari Svevi, Alani « Vandali, »
spezialmente dai Goti o vogliam dire Visigoti r i
quali sotto il governo d* Evarùjo formavano- nb
vasto regno , avenda unite in un corpo sole vari»
provineie delle GalIie e deUe Spagne^ Nelle qua-
li Provincie se qualche città, ,o- guatehé potente
v'gpoEe riteneva .ancora il nome Rontano, piutto*
sto il taceano per aver questo pretesto di non ob'
bedir ad alcuno, che per vero desiderio d'esser
l^ttavìa sudditi dell*^ imperio . Ma le conquiste che
ovGooglc
Libro IV. Capo VI.' ■ 817
eoatmnaroDo di'faif^ i re Goti aeUe Spagne , e ì
rapidi progressi del re Clodoveo , spensero poco
dopo ancor questi nomi . {legnava nell'Africa si-
©uraraente Genserico re de' Vandali , il quale en-
trato?! a' tempi de! famoso conte Bonifazio e di
Flaeìdia augusta, vi sì era talmente stabilito, che
piuttosto dava a temere a due impeiì , eh' egli
temesse d' essere disturbato da loro; e già regnan-
do aoeota' Maggiorano ed Antemìo, niuno dubi-
tava -■ eh' ^li fòsse per lasciai^e paci6eo successore
del regdo-^^suo figliuolo Uonerìeo .X* Italia Eola
di tutte le piovintue dell' imperio occidentale rite-
neva ancora un'ombra d'imperio e nome Roma-
no . Né deesi tacere che la cònservalzione -dì que-
sta provincia costò agi' imperadori d' Occidente là
|!«rdita d* una buona parte dell* altre . Feroioccbè
vedeodo calar d' ogni parte armate di barbari ,
alle qnaii le forze present» dello stato non basta-
▼ano A far resistenza y credettero utile partito per
Irào stessi d'allontanare in qualunque modo po-
tessero dal centro dell'imperio quell'inondazione
di gente s^pbniera, e rivolgerla e divertirla nelle
terre 'delle Gallie, della Spagna e dell* Illirico «
dove non tardarono guarì a stabilirsi principati as-
soluti, tiscendo ancora, di que'Iimiti cbe si erano
loro, assegnati da prima . Ad ogni modo riusci pu-
re per alcuni anni agi' imperadori di conservarsi
con sì tatti spetUenti la sovranità di tiTtta V Italia ,
Bella quide, comechè vi si trovassero numerose"
geoerazioni dì barbari ohe già da un intero secolo
ovGooglc
3i8 . Deixe Rivoluzioni dMtalJA
si .erano sparsi per lutto, noQ vi aveaao per&,
come altrove, dominii stabiliti», ma vi stawaoo co-
me valsili ed aUeati deil' imperio. Ma l'ewrapint
di -qve'tanti nnovi ? barbari principati stabiliti
neir Africa , nelle. Spa:gne, oelle Gallie, e ia va-
rie provìpcie ancora dell' Illirico , doveMio pata-
ralpienf e. muovere qlcuno. de' capitani barbaj-ì a
tentar (o sfesEo sopra l' Italia , in .cui spia si era
ancor inaotenuto if nome. ed un'immagine ed poi*
bra vana dell'imperio Romano, da; cfae .lutto il
[imaiTeate era stato smembrato e fatta. preda di
prìncipi sb^DÌeri ^ Né solamente il c^o delle altrcr
pruvincig dovea . essere d' iqcitamento ad alcun ,bart
baro d'aiSBoggettar l'Italia, dai cbe l'autorità tfe-i
gli augusti già ^ra scaduta ia sommo disprezzo;
ma gli era anche facile rargOTnentareobe a cbinn-t
qtie de' capitani fosse veoutu fatto d'occuparne^ la
signorìa, non area da temer molto d'esserne di-
scacciato dagli altri poteotafì che allora regnava-»
no , perocché ciascuno .di essi dovea badare a con* .
servarsi e stabiliisi i suoi stati . . Del resto , aoa
era per& nrìgHore la. condizione d'Kalia, che deW
le altre proviu^ie anuoverate: qui sopra.; anzii'stt
Salviano non esa^rb- di soverchio le cose, -«'■pe^
pattivo animo non menti (_ cosa da noa.enppnc^
in così religioso scrittore), p^^or era la condi-!
zioo de* paesi ancxtr soggetti all' iu^erio, che de^
gli altri.;. ecploro che viveano^ sotto il domioia
de' Goti , dì non altro temeaoo maggiocmeote ^
che di ritornare in potestà ^a'RoQiaiu* ft vedendo;
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tiBRo IV. Capo VI. 3ig
» piuttosto sotto dome di st^iàtitìi TÌvere U>-
B beri fra^ barharì , cbr sotto falsa apparenza e
9 nome vano di libertà vivere schiavi in effef»
n to » (i). Or, ee Fltalia a frovavd nel regno
d'Oaorìo condotta id qnèUo stata che abbiamo
spiegato dì sopra r 'gli ^ £tcìle argomentare in
quanto peggior coDCdinoDe ella tósse cadnta dr'
óinquant^ anni che pas5^ii6 'dalla motto dì Stili*
cono finora quella del generaTeC&Vsfe, e alla de*
poÓKóne dì Romolo Angustia sao figliucJo .
Le rivoluzioni delta corte e la debolezza ad
mimsfero^ còsi frequenti dnpo la metà def regno
d'ODotio, già' aveano cominciato a rovesciar for-
temente l'amtarinisIrazioDe della gìuatHia e tutti
gli ordini'dì governo» dìmodoché'Doneradaaspetp-
tctrsì da' qùé* suoi favoriti di pocBÌ mesi alcuncr
stabile provvedi'meiata ìo vantaggjcr del pubUico;;
[ij SfalunI emnt su6 specie captivìtaiU vivera liSeri^
tjuam sub specft liberi^is esse captivi. Salv< ). 5.
I fibn' dì Salviano de gubernaiionè Dei ilalc^uartsiìnò
all' ottavo sono pieni «li umili tratti che diDTdilranoi elMr«
Unta peggiore Ja conditone de^Eomant [soito il qaal no-
ne iuleiideT^si fotti i sadditi dell' inrperio ] r che de' po-
poli già panali sotto il dominio dè'b3rb»ri. Nihil korum
est.f^ud Vpadfdos , nihil Jtùrum apud Gothos . Tarn ^on*
se enìm esi , tU Saec inter Gothos bartari loUerem , ut ne
Romani ifuidem , qui inKr eos vivant , isia patianiar.Iia-
fae unvm ilUaBamt^qffupi òmmym votun èst , neuftq^ant
eos necesse sii in jus transire Bomanorum . Una et con-
semiens illic Romanne plebis oraiio f ut liceat eis vitam
ifuam agujit, agere ctim barharis.... Iiaipie non Solum
tranffyger^ a^ eis ad noi frairfìi npstri, Qi^nino nplunt ,
sed ut oH eos confugiant , nos relinquunt. L'. 5. Et I- &
quid simile apud baiharos etc.7
=dDvGodglc
3ao Delle Rivoluzioni d' Itaua
ma gli scellerati e ì prepotenti trovarono sempiie
iti quello scompiglio di cose l' impunità delle loro
ngiustizie e violenze . Crebbero questi disordini
assai di vantaggio sotto la debole reggenza di Fla-
ddia , e sotto Valentiniano : peroccliè cosi l' una,
come l'altro, non che fossero sufficienti a frena-
re la prepotenza de' ministri e degli ufHzìali , gli
aizzavano eziandìo a farsi guerra e ad usar vio-
lenze , perchè si distru^essero e si consumassero
tra loro (i) . I^a qual cosa comechè forse potes-
se giovare alla sicurezza de' prìncipi , non si potea
però fare senza rovina de'popoli e distru^imento
delle Provincie, Ma se questi disordini furon4> gra-
vissimi nel regno dell' effemminato e debole Va-
lentiniano , furono fuor di dubbio assai più incom-
portabili dopo la morte di lui, allorché la brevi-
tà de' regni, e l'incertezza dì chi si fosse il vero
imperadore, rendevano ì presidenti delle Provin-
cie , e tutti coloro che si trovavano in possesso di
qualche carica o militare o civile, altrettanti pic-
coli tiranni ciascuno nel suo distretto; i quali non
solamente non aveano cura veruna ' tjelle leggi ,
ma incoraggiavano i ribaldi ad ogni sorla di cat*
tività e violenza, purché ne dividessero il frutto
cop.esso loro (2). E come se Tavarizia, la perfi-
dia (9 V insolenza de' mioistvi e de* capitani fossero
(t) Hirc<y'l; cbron. ap.Tillem.M^fla.'de )'«mp,V(rfffat:
HI Ht. IO.
ra) Cod. Theod. noTell. til. 7.
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' ■ " Libro IV. Capo VI. Sa r
ài poc& forza a raviisare le contraile d' Italia , la
natura sfessa e le condizioni dell'imperio doveva-
no necessariamente desolare i sudditi , e la mise-
ria de' sudditi costringeTa nuovamente a più rodi-
nosi andamenti gì' imperadori ; cosicché dalla per-
dita delle facoltà si cadeva , eziandìo sotto i mi-
gliori imperadori , quali furono per esempio Mag-
giorano ed Antemio, in una spezie di cìvìl se^^'i-
tù. ; ciò che sarebbe il peggior effetto d'ogni in-
tollerabfle tirannìa.
Imponevansi le gravezze al corpo della città j
ed'éra uffizio e carico de' decurioni ( che forma-
vano la curia o sia il corpo d'essa città, e. chia-
mavansi corporati) di distribuire i pubblici pesi
ripartitamente ^pra tutti i particolari . Per que-
sto rispetto i decyriom o corporati potevano, rac-
coglier qualche vantaggio dall' uffizio loro . Ma
siccome tutta la somma dell* imposizione s' esige-
va per parte del fisoo dal corpo della città , per-
ciò la scarsità del denaro, la miseria e l'impo-
tenza de' particolari di soddisfai*^ agrimposti,, cu-
strignevano i corporati a pagare del proprio; il
che tornava ìn danno e rovina ciò che prima era
utile privilegio . E/) epediente che solo restava e
ù comuni, cioè ai corpi dena_città, per soddisfa-
re alle imposte de' principi , e ai particolari pec
pagar ciascuno la lor porzione, era di ricorrere
aU« pr^^taoze d^glt usurai ; spediente ohe siccome
è sempre indizio de* passati danni, così è cagione
Tomo I. 21
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321 Deixp Rivw-usiONi d'Ita lu
di peggior miseria per l' avrenire (i). Dunque
air estorsioni de' magisirati e de' grandi s'aggiun-
sero noipellamente quelle degli usurai, la potenza
de' quali fu tale e tanta in questo secolo, cbe Si-
donio Apollinare ebbe a chiamarci i soli padro-
ni del Bomano imperio. Per un così fatto alletta>-
menfo t cherici cbe avevano qualche capital di
denaro , si diedero ancor essi al mestiero di pre-
statori . Ed allora per la prima volta il pontefice
san Leone Magno fu costretto di vietare a* cheri-
ci Italiani le usure; divieto nvovo in Italia, per-
chè nuovo era almeno in questa provincia l' abu-
so (?). Le necrasi^, le angustie del}*«rarip, e la
gravezza delle imposizioni da cui nascevaso que-
ste miserie de* particolari , furono cagione d' albi
[i] Da lomigliante cagiono, cioè d[ pielUr denaro a~
preetanea per lottenere i pubblici carichi , §ih erano proce-
dute ne' tempi della gran decza Roma Da le calamità di mol-
le Provincie. Nelle lettere di Cicerone le ne trova un esem-
pio veramente poco onorevole alla moderazion de* Romani,
e alJs morale pratica degli atorici . L' Italia fu per due p
tre iecnli in giao parte esente da questo male , mentre cbe
l'oro straniero colava in Roma copiosamente, e le derrate
che li traevano dalle prnvincie, uscivano dal fondo pro-
prio o de' senatori, o del 6sco . Ma qaando, cessali i Ifi-
bati delle provincie , si fu ancora coniumato il denaro
d'Italia a stipendiare i re barbari, la scarsità del denaro ,
e la necessità ogni volta maggiore ch'ebbero gì' imperadori
d'impor iribnti , ebbero al line ridotti gf Italiani a tallì
quegli estremi, a coi riduconsi d'ordinario gì' indebitati e
i mal avviati mercanti, d'accelerarsi li rovina con vie pie
svantaggiosi contralti.
[3j S. Leon. Mago. ep. 5, e. 4 et 5. — V. Qnesn.
not. in eand. n. 7.
ovGooglc
tiÈRo IV. Capo VI. SaS
-IniTaglt , e poco meno ebe della perdita della ci-
Tjl libertà. E^a più parte de' corporati avrebbno
duaqoe desiderato di sottrarsi ad un carico dive-
nuto Doa nwno odioso « che ^speadioso ì ma le
leggi sempre atteoti&aime in ciò che riguardava
1* utilità deSa camera imperiale , obbligayano mal-
grado loro fattele persone uà poco agiate a ri-
manere Baite al corpo della- lor città ; e si pose-
ro ordini strettissimi (i), perchè niuno potesse o
eoi cambiare stanza r o coli* entrar nel clero e
ne'. monasteri y liberarsi da quell' odioso impegno
di corporati o dì oirìali . Ad ogni modo » la con-
ditone degli a)tri non era punto migliore. I graih-
i& o per I(H« KetiH-a , o per av^u-izia indispettiti
delle TÌolenze ebo ricevevano dagli uffiziati del
fisco , si riToItavano poi a travagliare e ttraoneg-
giare gì* inferiori ; ond' è che buona parte di qver
sti cercarono di rinuiizìare ai coraot^ del viver ci-
vile , e ritirarsi a menar vita selvaggia in qualche
angolo della campagna (a). L* ìmperador Maggio^
ranO', per impedire T abbandono delle città, or-
dioò ebe ia ciascuna di esse g' eleggesse qualcbs
persona ragguardev«ile ,. che difendesse il popolo
minuto dalle ingiurie de'più potenti . ìi pici sicu-
ro effetto che dovette operar quella novella carica,
si fu di chiudere alle persona travagliale e ves-
sato ¥ unifco scampo che lor rinamva,, dì &ggip
Cu €oJ. Tlieod. novdt. ì. 4. «t. t.
(là.) Ibiàam vit. g;
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324 Delle Rivoluzioni d' ItALiA
nelle solitadiiii e ne' deserti . Le quali cose a
ciii ben le riguarda fanno indubitata ptuova che
i sudditi dell'imperio cosi in Italia, come inquè*
pocbi avanzi di pTovincie che ancor restavano ob-
bedienti , erano ridottila schiavitù peggior di quA-
la che » avesse a temere dalla dominazione de*
barbari; ed ogn* altro stato poteva parere scampo
e salute agli affitti e desolati popoli di questa prò-
vit)GÌa . Vera cosa % che a quest'ióterni disordini
dello stato d'Italia, che l'aDdavano più che len-
tamente struggendo e ' consumando , già s'erano
aggiunti gli esterni e crudeli colpi' menati da for-
sa sfaraniera , che finirono d' eiaunme il sangue ,
è' dì prostrarla senza riparo . Le invasioni de* Go-
ti; il sacce di Roma sotto Alarico; T irruzione
ancor più violenta degli Unni sotto Attila; il «e<
eoiido sacco che diedero aRoma, e lediseeseche
ì Vandali faceano continuamente a> guisa dì cor-
sari per tutte le spiagge d'Italia ; le ocorrerìe de*
Borgognoni e degli Alani, stabiliti nella Savoia e
Bella Gallia Viennese ; quelle dei barbari della
Dalmazia , e delle genti del conte MarceUino (i)
che vi si avea formato uno stato od una tiranni-
de : tutte queste cose aveaao spogliato d* oro , e
d'argento, e di eib ohe vi sì trovava di prezio-
so, e di bestiame, e di biade le contrade d'Italia.
Ala quello che fu forse maggior danno , tolsero '
un numero infinito d'uomini d'ogni condizione,
(i> Phot. e. a^a*
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Libro IV, Capo VI- SaS
parte uccisi * parte menati schiavi ; molti codsu-
laati dalla miseria per essere state loro predate le
case e le città, e molti cindatì raminghi a cercar
nido e ricovero ia altre provincie , fra ì quali ì
più pripcipali ed agiati , come la famiglia d* OU-
Ih'Ìo , 8* andarODO a stanziare in Costantinopoli. La
rabbia degli elementi , tutta la natura parve che
ancor essa coospirasse in questo tempo colle cau-
se morati e. politiche alla distruztou dell'Italia:
perocché , le ioondazìoni de' fiami a cui la pover-
tà de' comuni non potea far riparo, T eruzione del
Vesuvio che per incredibile spazio versò le arden-
ti sue ceneri , e la pestilenza che a* tempi d'An-
temio tolse e spense una moltitudine infinita d!
persone; per tutte queste cose unite insieme è dif-
ficile rimmaginare in che modo, e in qual' altra
peggiore e più universale calamità potessero mai
cadere le provincie d' Italia .
Fine del Prìma polume.
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ovGoo^lc
DELLE
RIVOLUZIONI
D' ITALIA
LIBRI TENTICINQÙG
DI
C A R L O D E N I N A
VOLUME SECONDO
VENEZIA
TlFOeKAFlA DI ALTISOPOLI
MDCCCXVI
ovGoògle
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tu
INDICE
t)fe* Libri e Capi che si coNTBweoHO
In quésto secondo volume ì
LIBRO QUINTO.
Capo h Elevailom di Odoacre, pròno
/ondaùjre del regnò Italico. Pag. ti
n. Di alcune tivoluzioni del borico
riguardane lo stato d'Italia. m
in. Principii di Tecdorico il Grandi :
sua mossa contro d' Odoacre t
vicenda e fine di quella guerra. j5
tv. Origine deUa podestà e del domi-
nio temporale degli eodesiastici . s5
Vi Stalo d* Italia sotto Teodorico t
grandezza di questo re 3ri
VIj Comparazione di Teodarìco Cogli
altri potentati del tempo suo. 43
Vn. Principio delia decadenza del re-
gno de* Goti. 47
Via< Di Atatarico, e di Teodato. 6a
D.q,t,z«i.vGooglc
Capo L Cogitimi d' Orkrtte e dsìh. carte
àì.Cosiajttihopoìi nel tempo che
V It^Ju riunita a giutl* impe-
rÌ0ip ■ • ì ■ • 1 58
U. Cagioni e princìpii 4bllà guerra
contro . i . Goti . „ 65
BL prima §pedixiose di Bdisario in
Italia: sue qualità ed imprese j e
. ìratlati co* Gt>ti -e oo' FrmcM . 68
- IVj Creazione di Totiia iate\de'^Go-
. . 'ti: viaiKde- <&' BelfAuio afta cor-
te di CostantìnopoU^.. e sua secon-
da '^editione in Italia: 79
[V. Sìpe^iUane delV eunuco N^sete;e
fa» della guerra Gotica . 88
yi. Eletti che questa guerra recò al-
l' Italia . 100
LIBRO SETTIMO.
Capo - U Pi/te di Nars«^: 07%n« db'Zon-
gohardì che a quel tempo assalto-
fon r Italia . 107
II. Venuta de' JJongobarM in It^ia :
Jàiti ^ Alboino , e di Clefi : va-
riazion di governo dopo loro. iiS
in. Di Autori terzo re ìjongobardo ,
e suoi succtesori fmo a Rotori. 222
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IV. Dèi K de* Langéhardi e re d'I-
talia, (£ stirpe JBavara . j25
V. B^ IldibmnÀi ; e dogli idtrì r«
Ziongobardifiho a Desiderio 148
■ \l.*D9l gwemo poUtico dc^ Longo^
bt^rdi ; e deW origme de* feudi in
Italia. ' ^ 1S2
VII. Staio d' Italia setto i LongoboT'
di: l^gi e-poUzia ^tfneUa na-
Vni. Dei pTVgnssi delta rèUghne fra
■ i Ikmgohardi ; € di akitni avanzi
deUa ittro mtìca barbarie e super-
. \ ■ ttbisriè . ■• ^ 177
IX. Stato ikUe pfovincie f Italia y ri-
':'■' meste- soggètte' tdPòtrperiò Greco-
BoTTum& in letttpò ée* Longobùr-
di. V . ^ ^ ■ 188
LIBRO OTTAVO.
Capo I. Considerazioni generali intomo al-
■' ' fonSne A' sudcessioiK néWimpe-
■ ■ '■ rio di Boma, t ne' regni- barba-
rici^ ■" '* igS
fi. USiioluziani della carie db Fran-
ca, per cut U fam^Uà de^ Car-
■ • ti' sM^std trono . ao4
iU. Stdtevazòmt in Italia ^c&dtit l* ^
peraddré ^Ofiente. ito
0. Google
P'twieia.: sfonfifJAe Hi» di De-
t ; ■.: :' .Jìiderio re xle' ijaii^t^rfH. ': T »14
V* JRegW rff Vaeh..M^m in /te-
iia , e di Pipino sn^\<fyf8à : va-
ni sfora rfe' Longobardijier ricu-
perare lo stato . S2fl
VI. Rinnovellamenlo deìVimperio d'Oc-
cidente : ragione di questo fatto;
e quali mutaiionì cagionasse al-
lo stato d' Italia . s33
VII. DegU ultimi anni di Cariò Ma-
gno ; ptincipii di decadenza del rt-
gno Francese in Italia sotto il
gavóne JBemardò HI. m, e sot-
to Lodovico il Pio ùnperadore . 14%
Vili. t?Ì Lottarlo I. iinperadore e re
^Italia: fari successi delia sua
ribellione contro il padre: vicen-
de del monaco f^alà princìpat
ministro di stato per le dose d*/-
taliat t4^
IX. Di Lodovico II. imperadore é re
<f 'Italia : rit'olgimenti che ai suo
tempo avvennew in alcune Pro-
vincie.
X. Interessi e negoziati di vari prin-
cipi per la successione di Lodo-
vico IL 371
XI. Di Carlo il Calvo t CaHomannot
ovGooglc,
^57
*ll
'»^'Carh il' grffssà uHkno ré d'I-
• -'i' talìa S gUet iegtisggfo . 278
Xn. Cagioni della Heeadénzà de'Carlo-
^ fingi i smó'd'tuUHi aòtio-U hr
=dDvGooglc
ovGooglc
DELLE
RIVOLUZIONI
D' ITALIA
LIBRO QUINTO.
CAPO PRIMO
Bìevazione di Odoacre, primo fondatore
del regno Ifaiico.
-Cjn eMebre ed ingegnoso scrìltore osservb giu-
stamente * che i barbari, dopo arer dato il gua-
sto a tutte le provincie dell' imperìo Romano , al>
loTchè ^iù non vi trovaron di che far preda, vi
presero stanza e si diedero a coltivarle; il che
arverosei alla fine anche riguardo air K^ia . Glt
Grilli , i Rugi , i TurcilÌDgi , ed altri barbari dì
varie generazioni , che quivi erano al soldo de^
gì* ìmperadori , vedendo che non solamente man-
cava l' oro e 1* argento da soddisfarli , ma si tro-
TAvano spesso ridotti a grave disagio di vettova-
glie' divenute scarse e care per lo scadimento della
Tomo II. I
0. Google
2 Delle Rivoluzioni n' Italia
• I coIlivazioHe , furono costretti df prenda* •ter»
' partito , che doó s*'era fatto per l'iniiaDzi > Pai-
'i sato era il tempo di scorrere le provÌDcie , come
I aveatio fatto i VaodaK e gU Uqdì e molte schie-
, re di Gbtlt è.d'hcdare dal^iino àiraltro cauto
ì cogliendo ir fiore d** ogni, uosa- che vi si trovasse».
Tutte le altre provincìe o'ccideìifali già rase e de-
*^^ «(^astate dalle iutaiionl precedènti » erano anche
signoreggiate e possedute da altri rè e dazioni
barbare e belKcose ^ contro' le quali -avrebbe do-
vuto, fare aspra e difBciI guerra chi fosse stato
desideroso di stabilirsi 'm q_u^'' pqesi .. Per la qual
cosa ledenti straniere che mìlifavano in Italia»
stimavano più: agevole e più; aicoro conug.Ko' I*' in-
gegnarsi di conseguire- q^iivi ciò- che non, poteva-
no , senza incorrere in> maggiori rìschi e travagli,
cercar altrove; cioà copia di viveri ^ e terre sta-
bili, donde cavarne . Eatrarcmo in pensieiU'di pròv-
ivedere al proprio sostenfamento<» eoa pigUarsi i&
proprietà delle terre d*' Italia qudla- pasto che si
credesse bastevole ^ \c00xautnt9 per lorb ^ e'' fe-
cero di queota; cosa forté^ istaDza> aA Oneat» pa>
Crizio,, che. a nome del %UuoJo Romolo Augusto*
lo reggeva V Italia ^ ultimo avanza dell* jmpem
occidentale^.
Er^no in. gran parte i teixenr^Italìp» sieco-
me si è mostrata nel libro pseae^eUti ^ lascìEiti io-
oolti o leggpruunte coltivaci ^a.** ppseessorì . Nien-
tediinena eX per riavidia.; eh^ i ^outoii, cioÒ
=d.vGooglc
Dbro V, Capo I. 3
I^Mtaliaoi, portavano agli straDierl già di sover-
chio iDsolenti pel credito che aveano nella milizia ,
sì per non privarsi al tutto di quel poco frutto -
che dalle campagoe aache neglette e deserte po-
nevano ricavare « non erano per indursi agevol-
mente a cederq: ai bachaci ìk porzion delle terre
che- preteaderapo. Oreste cbe^ non voleva o non
ardiva di levar per forza, i poderi ggU antichi -
sudditi . e- che- nelle- strettezze in cui s* era rìdotf
fé r erarip ifiipaiale',, Don' poteva entrar? ezian-
dia nella spesa- gicandusima di pagarne it prezzo ,
ìson credeva né taropoca utìi consiglio d'accre-
scerft ancora:. eoa T' assegnamento di beni stabili
[a potenza già troppfr grande ài quelle- g,eDti . Nel
calda di questa- q,ueEele Odoacre^ diede voce . che
i^ualbra' toccasse- a lui la stesso', potere- e- grado
d' autorità ^ ohe teneva Oreste ,. avrebbe soddìs-
£alj^ alla domanda^4eIle soldatesefae* ^ Non è pos-
sibile nelle varie ed ambìgue' memorie-che ci fu-
vono tfEunandlate dagli antichi ». V affevmare' asso-
(utamente né- dì qual nazione ib«se Odoacre, né
in qual ^ado si trovasse di dignità . e d* ufBzio
ayanti questo, franante-,, ire cui fattosi capo di
* barbari ammu^nati ^ mosse le armi contro di
Oreste e d' Augustolo - Adriano" Vàlwio ,, TiHe-
ipont f e Muratori « tre insigni ctutipT della storia
di questi- tempi ,. non: seppia che- conchiuder di
certo intorno- alle varie- cose , e non perii copio-
se , che- di hit scrissepo- Ennodio , 1%oEÓBe , Gior-
dano, Procopio-,, tidbro ,. Gregorio Turonese » e
0. Google
4 De«.b Ritoluzioot b^ Italia
ISlalco storico (i^. Pare nondimeDo H più pro{>v
bile ch'egli fosse capitano, e de* primari ufHziap
li delle guardie d'AugustoIo. Ma quali che sEg
fossero la sua patria , la sua origine , ed i primi
impieghi , certo k heoe , che Odoacre era uomo
di gran valore e dì grande aoipio, quantunque
gli acrittori che poi fiorirono sotto il re Teodori-
co suo emc^o e capital aemieò^ abbiano mostra-
to di credere diversamente . Del resto ', o sia che
Odoacre abbia mosso guerra contro Oreste ed Au-
gustolo con le sole mifizie barbare che sotto nor
me d{ ausiliarie eraao in It^a , ^o eh* egli eondu-
ce&se dalia Germania e d'altronde nuove fbrz^,
come pure scrìvono alcuni ; Oreste , non creden-
do di potergli resistere in campo ^erto, sì chiu-
se in Pavia, cìtlà assai forte e che d* ora innan-
zi si troverà spesso noDun&ta come ca|ritale de|
regno Italico . Odoacre 1' assedb , la prese per ^r-
za , la diede al sacco, e al fuoco; ed avuto nelle
mani Oreste , gli tolse la vMa . Quindi s' inviò a
Bavenna dove Augustolo era stato fasciato dal
Jiadre , ed entratovi senza fatica, spoglib fi' gio*
vane imperadore de^e insegne imperiali ; ed aven-
do rispetto aU' età sua , il mandò nel castelto det-
to di Liiculano presso Napoli (2), dove il la*
sciò vivere in larga e4 onorata prigione 004
ilìiYalet. Rerum Fnncicar. lab. 4- **^ Tillem.. lom.
lÌt,.d'OiloacTc, '^^■Jlt P*g- 4^4- ~~ Murat. vt. ^JG.
(3) Ex Tilleai. de Taleat. III. art. i4, p>g. 217.
0; Google
Libro V. Capo I. 5
assegnattieato di seimila soldi o- ììhhve d'oro (i).
Odoacre rimase seoza contrasto padrcoe d'Italia;
.rd animato' daH' esempio d' altri -suei pari che
s' erano stabiliti con titolo di reneU* Àfrica » nelle
Gallie^ neUa Spagpa, non si curò né di prendere
(t) Ù S^alatoTÌ' qui e in in6iiili laog&r de'jnoi jtn-
Hali spiega la voce solidos, Kriveodo soldi d scuti £ orni
« neHa' Oìssertatione vigeiim a ottava delle sne Anficiiià
d'Italia mutira eoo bnone ragÌQDÌ , che il toldo aureo
d«' tempi Gotici e Loagobandici-dovesie valere una mezza
d'abbia di Fraacia dì quelle dì Luigi XrV: ed' ia credo
asMÌ probabile un lai ragguagKo- ik egli è certo nienie-
diiueno^ che MHo g|v ultimi imperadori d' Occidente, cor-
l'eVa Rn soldo d' oto di molto maggior Valuta, e dhe era
una peiaa effettiva d' oro' coniato ,' e non nonela- ideale,
teggeai in na editto di Maggiorano', &henÌuD esattore deb-
ita ricusare, sotto pretesto di non esser legittimo, il soldo
ài giilsto peso, eccettaato il soldo Gallico, 1' dro del' qua-»
le è lassato a minM> pretino !■ praet^erea judlas solidam- in-
tegri pondexis calumnioso adprùbailonis obterttu reeuset
pxrabloì" , excepto' eO (^,4llicO , cujus aarùm minarti aesti-
tttatione taxaiur . Cod. Tìfcodos. Leg. novell, Majorahi
lib. \, tit. I. Poco piiran di questa legge Valsntiniana
èia avea ordinato cbe i soldi aurei lisciti dalle zeccUe dì
Teodosio H. 8 d' altri- augusti suoi pfarenti , itoti' potnscro
ne u sarsi , e che ninno dovesse' valatarsi a mUior pretto^
elle dì settemila nuriim;: ne antfuam .infra seplem miUia
mimmOium solidus- di'sirakaTar . Pfoveit.. lib. r , ift. «5. E
in nn'altM legge {.Uh. cod., (iV. ^4 > volendo Io slesso
ìmperador Valentiniano III fissar il pre'zao de' Viveri che, si
potesse esigere' da' soldati rielle' loro marbie', onjlnfe che
^i: ogni soldo (!■' Italia ( ad- singulot solidos halicos ) A
dovessero dare ^arania moggia di graao , oduecento se-
Stari di vino, o du^centoseltanta libbre di carne. I^o» tro-
ir6 elle né Buddeo , né Montesqmea, né tariti altri ch«
tuilavia o; di pcaposilo o incidcutcroentc parlarono delie
Valute, de*^ pesi e delle misure Roinatte, abbiano fatto quel-
V-Mtb afte si poteYa- dì- testi- cosi- specifici per tpattwc' di
Queste Biatsfi*.'
0. Google
6 Delle Rivoluzioni d* Italia
né di dare ad nitrì il titolo d* imperadore , tai
tenne il nome di re^ solito darsi a' barbari . Non
si può tuttavia accertare se Odoacre si facesse'
chiamar ro d' Italia e di Roma . Pare piuttosto ,
.die per non offendere con nomi inutili gli animi
degl'Italiani, e mantenersi se non benevoli, al-
meno indifferenti i Greci augusti , si contentasse
del titolo di patrizio, che tanto montava come a
dir vicario e luogotenente dell* imperadore . Que-
sto titolo di patrizio 1' ebbe Di^oacre per due ina-
niere , cioè da Giulio Nipote prìnuerameate , poi
da Zegone imperador d'Oriente. Ma egli è qui
da sapere, acciocché meglio s'intenda per quai
maneggi s' andò Odoacre confermando nel domi-
nio sovrano d' Italia dopo la deposizione d* Augu-:
stolo , che pirca quel tempo slesso che avvcnno
questa mutazione di stato in Italia, I* ìniperadoc
Zenons sopraffatto <da una congiura dì suoi pa-
renti che pisiicarono di dar V imperb h Basilisco ì
avea dovuto fuggir di Costantinopoli , e ritirarsi
neirisauria; poi coli* aiuto de' barbari* di alcu-
ni sudditi che gli restaron fedeli, avea ricupera-
to lo stato. In questo mezzo, quel GÌùHo Nipote
che £Ìà vedemmo cacciato di Roma e d* Italia
per opera d'Oreste patrizio, riteneva tuttavia le
insegne e il titolo d' imperadore, e qualche reli-
quia di dominio, spezialmente nella Dalmazia t
dove ritiraìtosi stava aspettando se via alcuna
s'aprisse da rimontare sul trono.- Pereto,. udi>
ta la rovina dì Oreste e le vittòrie d* Odoacre,
0. Google
Libro V. Capo [. 7
autn^ ■ racetHuatidarst a costui, ofFerendogU U
dignità ài patrizio f e pr^aodolo a voler 'impìc'
gare le anni «uè vincitrici per riporlo nello stato
di prima ■. Nel tempo stesso o poco dopo avendo
inteso il ritornò di Zenone in Costantinopoli , man-
dò anche a lui ambasciadori sotto «pezie di con-
gratulazione, ma in effetto per tentare «e per la
somiglianza di lor fortuna potesse indurlo a dar-
gli gagliardo aiuto per nmettersì ancor egli 'nel-
P imperio d^It^'a. Odoacre informato à témptì
delP oggetto di queir ambasciata , prese il partito
che meglio n 'Conveniva a^ suoi afTari presenti ,
per non aver a contrastare contro le forze d* Orien-
te, mentre -cbe appena avea potuto pigliar pos-
sessione del conquistalo regno . ObbKgò dunque
il senato di Roma a' mandare anch^e^o amba-
seiadori a Costantinopoli per rappresentare a quej<«
r imperadore , come non era bisogno oggiraai ;
che si cFeassnro due angusti , potendosi reggere
Sotto nome dt Zenone le [»ovincìe che ancor re-
stavano dell' impeno occidentale; che Odoacre
avrebbe potuto con soddisfanonA de' Romani so-
stenere il governo ; « che perciò pregayano Zéné-
m a volérlo onorare della dignità di patrìzio ;
l?nitunente a questi legati che andavano a nome
del Mnato Bomano , Odoacre ne maodb altri A
iiorae suo, che doveano portar comUMSMom e «tei-
mando non differenti dà quelle de' Romani (i)-.
. [i] Jlalcli. io Excerp. de Legak Hìitor. ByEant. pB{.
ovGooglc
9 DeXLE BlVOlUZlOMl D*lTALrA
ZenOneV o, qualuBqua si fosse il muistra ìAe- n
noma di Ini diede rieepìte « qudle attibaseiaté',
soddisfa agK un, •enu troppo 8C9Btentat« , gli
oltri ;- né perà »i prese realmente impaccio delle
coae d*Ualia, perchè egli areva assai che iàra
per sb stesse sopra uà bullo ancor Taeilla&te pet
le scosse della passata oeadpiratiQiie . -Furon» n-
mandati .BOB- busse pan^, sectmdocbe s'usa- di
&re agli sventurati, gU ambaMìadorì di Nipote»
promessagli largamente beuevol^exa e pretezioiik'.
I Romani ebbero p«r' nspesta' pim[H«vePÌ e rìcbiar
mi, perche avessero cacciàite quell* imperadore
che dalla corte di Costantniopeli era stato loro
destinato , ciò) Giulio Nipote; e furono però^esoB-
tati di ritornare all' ebbediesia^ lui r énoevet^
10 di ni^ovo'per pr-uicipe. Ma Odoacre che pifc
dì CUpote e del senato BeinaDO dovea per la sua
potenxa trovar eorfesia e riguardi presso Zenoae',
ottenne ìb fettt quelli» ehe desiderava .' Fu a . lui
neposto che dov*egU non avesse già' rìocyata da
Nipote suo legittimo sovrana il pafiiiiato ,. ^i sì
concederebbe di buon grado da Zenone; « frab-
tanto gli fìi> quasi riconfsrmatoy perebi nell* indi-
IWH) della lettera- fu cUamato Odoaece patrìzio .
mk si trdaseiè d* esortalo pen^à vdesse ìb; con^
I(tfmi4à dell' uffizio «della d%ni^ ricevuta tv
jnetter» Giulia Nipote nell'itnptì'io-'di Bomav «
^dot>e^are in setvùiio di Uu T ^mù suo e la sue
genti.. Odoaera, contento di non: aver per allora
da kiBtiener goeira; nh spetta, ounicisia dal canto
=dDvGooglc
/-. Ubro V. , Capo L .<- ^
'^ .Zenone frADàb^ come .po8«Ì4ro-i«unagJMai:e, pa-
st^eado-di ^wlche speranza 1' «tib^ndonato Nipo-
te^ ma n^D furona appena .partati' {te anni ^ cfae
Sjipote fu mortp in Dalmazia, dagli emissari di
qwl .Glicf!rio ch'egli stesso avea cacciato. dal tFo»
|u> imperiale, e fatto coneecrar vescovo di SaTo-
na^.^lora |a> cotte dà Cqgt^ntioc^oli sgravata .<C
qVQ' j:i^¥ii;di che o .1* equità- o. k.. ciwMiieaBa
V obbligava d' avere .almeno in parole, ed'. in. f^-
xpi^ità aU^ persona di quell* imperadore suo erea-
tQ.» '■ e parente . di Venoa augusta , confermò di
numo il patriziato, ad Odoacre> « cuosentì anco-
Ka., ulte fosse ticeoosciulo padrone nella Proven-
za , la quale pare es3ei;3l mantenuta fino , a . qnel
lampo neUVobbedienxa di Nipote. Vero i che
.Qdoacre fcQo dooo dì queDa proviiicia al re
do' Vìsigpti Evarìoo 4 SuqcQ,. eli» regnava sopra
aitile Gallicbe pcovincie, e che .importava al.ro
id* Italia r aver amico . Foco prima già aveva
Cdpacrb contratta lega ed amistà con Gen»tfÌQp
.Vandalo r potentisHmo le dell' iLfrica, dal <]ua)e
avea coi carico di qjialche tributo .e dì lasciar
jWmìdio.di' Vandali in qnalche forte^a», ottenuto
il dominio della Sicilia. Così parei^a che il nuo-
vo re .d* balia fosse pressoché sicuro dagli assalti
fU £iie^, pprchè , tolti.! potente . suddetti , Ze-
jBone , Eurico e Genserico , m/m. v^era altro prin-
ipipe^ che po^sse con fòrze eguali muovergli guer-:
ra . Frattanto egli attendeva ad ordinar le co-
se di dentro. Scrive Frocopìo , che Odo^cre ,
0. Google
lo Delle RivoLUzrONr d'Italia
secondo le'prornesse latfe ìn sul principio delfa
ribellione, distribuì a^ barbiari cbe Io avean segui-
to, il terzo delie terre d* ItaHa (i). La "qual co-
sa gli acquietb senza fallo l'odio degli antichi pa-
droni, a* quali 'non par punto che Odoacre pa«
gasse il prezzo di ciò che lor sì toglieva, M»
gP Italiani già troppo deboli a resistere alla fero-
cia de' barbari agguerriti , mollo meno fnrono in
istato d'impedire il dispotismo del viocitore, da
che egli s'ebbe più fermamente che mai conoii
liato r affetto de* suol coli* assegnamento di beni
stabili, per la conservazione de' quali diventarono
ancora interessati «dia difesa del prìncipe . Del re*
sto, tuttoché dolesse non poco di presente afpar-
ticolarì il vedersi spogliare de' lor poderi , era non-
dimeno per 1* universalità della provincia utilissi-
mo e necessario partito quel che prese il re bar-
baro. Nell'essere incollo ed ozioso in che giace-
vano ■ tanti ten-eni , comecbè rincrescer ne doves-
se l'abbandonargli affatto a chi gli aveva, biso-
gnava sicuramente un provvedimento vigoroso e
gagUardo, senza il quale non sarebbe potuta ri*
sorgere la' coltura e la popolazione . Ne era diver-
so, né meno incomodo V. a^avar di nuovi impo-
sti i padroni, per fornir l'erario pubblico della
somma necessaria a fine di pagar il prezKo di
quelle terre . Perocché , come avrebbe potute
Odoacre pigliare altronde il danaro per si immensa
(0 Procop. d« Bell» Goth. lib. i, cap. l.
0. Google
Ltbro V. Capo 1. 1 1
compra? Al solo Licurgo, se fe vero ciò che si
l'acconta , -questa sìr^olarlode fu riserbata , d' arer
fndotto gli Spartani a ricevere di buon grado ùntf
riforma generale dello stalo , e ia riduzione de' be-
ni ad una generale uguaglianza . Da ijuesto esem-
pio in fuori, 'non so dove si traverà nelle «Iorio,
che sìa riuscito ad alcun riordinatore o fondator
di nuovo «tato il poter senza modi aspri e vio-
lenti arrivare al ■ suo fine . Tanto meno sembra
da riprendere , a parlare secondo l'umana politi-
ca, Odoacre, che poteva trattar da conquistatore
gì* Italiani . E coihechè sotto il regno di Teodori-
co affettassero ì suoi d'oscurare più che potevasi
le azioni ed il carattere di Odòacre , possìam tut-
tavia tener per fermo che Teodorico trasse dal-
l' ordinamento e dalle azioni di Odoacre lo stes-
so vantaggio e forse maggióre che non ebbe Ol-
faviano dalla dittatura di Giulio Cesare, che gU
spianò la strada alla monarchia.
e A P o n. .
Di alcune rìvoluziom del Nerico r^aràantt
Io stato (Tltalia.
dtabilite lé cose di dentro all'Italia (dove, ec-
cettuata la novità dì veder capo del governo e
signor sovrano un re, ogni cosa fu per altro o
lasciata o rimessa sééondo il tenore delle stesse
=dD;Googlc
13 DèU£' B1VOLU2IOKI. V^^ltAÉiX
leggi Romane,» cogli stessi nomi de* mi^trati w
a colto steesor uffizio dU pcima), Odoacrtf & Sa,
cercato^ o si mosse spontaoeaaieBte a^ igUar pav-
te nelle cose del Norica e de' fìugi. Cotesta im-
presa di Odoacre per le cose del NofÌco, donde
ì prosperi successi doveuio p^r altro afisicurar vie:
DUgMo lo stato d'Italia-, ed- aociwseere la graa-
dezza , la riputaKÌone e le forae del re, non se-,
lamente fu l' ultima' ,- ma forse fit quella ohe ae-
celerò grandeiaeDle la sua. oaduta e Ia' desolazio-
ne del suo regDo . Perì) è necessano di fótroe men"
zione, aneoTchè assai difettose e scane notizie- «e
ne aieao state, trasmesse, sparse, pia ttotto incideor
temeote nella ^ìta di qualche santo ntonaii^o- (^)>t
che riferite dì proposita da^i scvitton di oose n-
vili o, di guerre-.'
Era re de'Rugi.,. nazioa Oermaoica, ab Fé-
bfm V detto altrimenti' anche Ì'»va, e Fetètteó. Co-
stui o per voglia ed ambizione sua propria ^ 0
tì-attovt dal genio della nazione 6era «d intimi-
tà , travf^liò con, guerre e con iscorrerìÌB lunga-
mente i popoH del Norieo ^ ì qmdi per mettere
qualche riparo ai ler mali,, chiamarono in aiuto
il re' d* Atalia. Vi andò Odoacre kt prima voka in
persona , e sconffsse i Bugi , accise Fava lor re ,
ed obbligò Federico di Iui figliuolo a- saFvar»' «^
la fuga* Ma, tornato il vincitcwe in- UaUa ^ Fede-
rico tornò nel suo paese a ngnoceggiare- come il
(1^ Eogip- io Tita ■. Severi i^ad Bollanti. 8. jtn.
=dDvGooglc
Libro V. Capo H. «3
paSre, Cift* inteso da Oiteacre , tnandb con buoJ
ewrcìto an sud fratello Aonutfo , il quale utr"*!-
tra vojta eòstrfàse Federico a lasciar il pae^, o
ritSparsi a tioTa deHa ■ Mèsia presso il gran Teo-
dorico, a cui «ra coDgiairto in qilalche grado di'
panenWla (i). Per questa vittoria benché potesse'
credersi che le cOstf dolessero essere in tutto quìe-
tftte da quella parte, Odoaere, piir non aver d!
Qaovo a pfgtiarst pensiero deHe cose de' Rugi ,'
prese questo partito di trasportar io Italia gli an-
tichi abrtatori del Noricd , e lasciar quel paese
vuoto jiHa piena disposizione de* Bugi . Que* del
Nórièo furono Ketissimt di to^iers! nnà volta alla
viclnqnka di' gente GOii raoTesta, e da cu! noh {spe-
ravano mai d'essere lasèlat! in pace, per molte
volte che U battesse il re d* Italia lor pròteftOFe,
I Bugi che daHa «conStta rìceruta ebbero quasE
Io stesso frutto .ehQ avrebbero avuto dalla vittoria;
cioè d'occupare le terre altrui', doveanò averne
anzi obbligo , "che malevogKénza verso Odoaere ;
e l'Italia n'ebbe vantaggio' non mltiore,' per una
grandissima moltitudine di persie che vennero
con loro robe e bestiamt ad abitarla: la qual mol-
titudine a^unta ad pn numero ioEnito di schia-
vi che ntrasse Odoaere daHa «sa prteià spedizio-
ne io quel paese, e che tradusse ìn Italia, era il
più opportuno sollievo ohe queste nostre oontrade
tanto sfornite d* abitatori potessero desiderare .
fi) V. Ennod. io lib. dìcto Theodorici reg. pag: agS-
0. Google
14 .Selle. Bivolijziom b* Italia
Odoacre con autnent^c ùf .tal'modailouatemde*
sudditi V pcìmo e costante prinpi^a di grandézza
per t regnanti» pareva che^ fosse- per gpdecsl più
sicuro e più quieta cUa mai >l.«K?rcgpo,- JVIa gli
effetti che segtiicoDo, furona tro,ppo diversi ,da
(]uelli che si potevana r^ònevotinente' appettare,
GL' Ifaliaol già pieni di mal upioie verso O-
doacre pec la puma: diviBÌone. de*be;iì^ e' pel suo
goveroo- certamente più. v^vast^diqueUo.cfae con
eran» soliti dt.pcovare: dagr^iupci^^^FJ^i riceyetle-
to per avventura» nuova $dnii?lo' a. . desiderar mu-:
fazione di stat(^ per qu.^ta seo^ivìa: distrì^imoiie
di tenieni ohe ecmveiuie: fare, a . qve* del Horico,
i quali ù vtfut^to ad aggregare agli altii barbari
che- occupavano- e ^pote^a.yaao' PltaUa- Pen:i{>
non è- dubbio^ eh' eapi sojlpqit^ero' paj:^colann^D7
(te rìinperador Zeoooc;, cW li temesse;. ^all'op-
pressione di qufiSti barbjyril. )S?1, tejflpo- -ste^o. Fe^
dorico- ed. altri Rugi> igalcoiri^ti so}IécitavaDq Teo-
dorico a far di loro wadettacofiCeaOdofi^BK;, chf
gli avea: mal conci nel; Norica XO* ■ ...
- ( 1 ) DaUfr po«far «4w e confuM' «bir di . questa - gaem
iti Horico e de'Ragi ci fnron lasciate .. sembra potersi rac-
cogliere che fosse ira' Bugi stessi guerra civile, e che Odoa-
cre, il quilo forte ei«. «iella medeiìiba Mnaoe , Matimbst»
|)c^ sastanera una tieijt fi|ZÌ(»DÌ caDlrasUpU, e che io gra-
»a de' suoi proteitt si nvviBnue anche di evactrare il Cion-
co. Eugip, ap. BoUand, 8 Jan. pag.^g^ — TiUemont art. j
« »;•■ ..■.■.-..
0. Google
Libro V, Capo IIL «$
C A P O m.
frìtHsìpit liì TtodoHc» il Grande : 9Na mossa
^ntro d* Odpaat : . vicende e fine di quella
guerra* . . - ..
jyia; 9 dir veFOr itlfri magg^wi ìnleressi e;motÌ>
vi più efBcaù c&e non e^ano o le dogUanze de-
^rjlalfaiii b la vendetta de*KugÌ, condussero alla
vol^ d'Iialia il gcftoTeodovico- Ripigliamone pei'h
tanto bcerenwQte r.origine, la vita ^ e le nazioni
da* loro principii , gjaccliè non è dubbia efae le
prime sue ini|»ese servirono a far^i strada al con-
quisto d'Italia» dove pochi re , pochi iniperadori
fccer comparsa egoale a lui. Discenda» Teodpri-»
co per lunga serie' di ben dieci generazioni da Axìr
gis f, cogpominato AmaJo y che fu una di que' fa-
mosi eroi de^Goti, chiamati dalla nazione o/ui
o semidei» e da. cui prese il soprannoine d^Amt^
]a la famiglia di Teodonco, il quale era altresì
^chiamato V Amalo per distiogoerlo da altri pria-
i^pi Goti del suo tempo, che pur aveano Io stes-
so nome di TeodorJco (i). Suo padre Teodemi-
ro, re o giudice di una parte de' Goti che s'era-
tH> stabiliti' nella Fannonia , lo mandò in età assai
tenera' a Costantinopoli appresso a Leone , come
[i] Jornandes, sive Jordau. de Rcbui Gct. cap. 14.
D.q,t,zed.vG00glc
1 6 Deuìè Rìtòluztohi i»' Itaua
statico della pace allora fennafa tra* Romani e i Go>
ti (i). Così ai vantaggi ddla' nasbita , edalle do-
ti DÉUuralt potè il giovane Teodorìco ag|;iugiiere
altre qualità che non avrebbe forse pcrtutovacquii-
«tare restaDdo fra* suoi (i) .■ La necessità in eui
ii trovava dì procedere con rispetto e eoa |fuàcdia
per essere in casa « nelle force Strili « gli fece
prender conoscenza delle persone e dcjgli affetti
umani , e lo avvezzb per tempo à moderar Is na-
tia fierezza, lo «dégno e l'impazienza. Rimanda-
to poi Ubero a casa dopo dieci anai ( an. 47 1 }
dallo stesso Leone aagiisto , che cercava di farsi
vie più benevolo tanto il figlio* che il padre, dath-
do all' ubo la libertà, all'altro la consolazione di
Heuperare un à: caro pegno'; se ne venne Teodo^
rlco nella Pannonia , dove Teodemira era pur al-
lora ritornato vittorioso degli Svevi e degli Ale-
manni. Né stette molto a dar pruovo del suo va-
lore nelle opere di gaerra j perchè in assenza o
Senza saputa del padre mise insieme buona mano
d* amici e di vasìtalli di casa sua , e eoo tale èser-
feiEo marciò eoofro Bebedo re de'Sarmati, méntre
[i] JorDande), sive Jordan, de Bebm GeU cip. 5a.
[a] Diodoro Siciliano e Gìumìdo haao oucttMo che
fra le cvgiont della grandetu di Filippo fendaiure della
monarchia de' Macedoni, fu Teucre egli stato in gioventù
lungo tempo come ostaggio in Tebe, dove per la cono-
•ceoza d' Dpaoiiuonda e di Pelopida e d' altri Greci capi*
tant e politici apprese l'arte di governare, con cui inoalii
là piccola per l' avanti ed igaobii nazione de' Macedoni so*
pra lutti gli stati della Grecia e dell' Alia • Justin. lib. 6 in
jine ; et lib. 7, cap, 5. — Diodor. liè. 16, pag, ^«7 <V'
Boti. lom. 6, pag. 'i5.
0. Google
Ijbxo V. Cupo UL r. 17
costui n*E(iidaTa fcfo e' niperbo per .una nttoria
riportetft sqpra un mercito di Romani -(i). Così
GWMuuto di forze , d' esperìeaza , di riputazione,
sUooedette al padre nel' prlacipato , e rendi egual-
mmte ue(ì«ss«ria ohe cara l'amicizia sua a Zeoo-
ne* il quale aotto nome e colle ragiooi del figHuo-»
lo era, succeduto BeH'imperìo d'Oriente a Leone,
detto ÌL Grande , l' anno spesso che morì Teode-
miro (ak. 475)'. Questo nuovo imperadore^coQ-
fermb troppo volentieri col figliuolo la confedera'^
ziooe cbe s*era poco prima rinnovata col padre;
e non and6 molto cfae ne provò con sommo van-
taggio gli. efietti : il che fu nella ribellione di Sa-
siHsco.. Zenone ,- scampato anche per l'aiuto di
TeodoricD da quella burrasca , Io accrebbe graor
demente di ricchezze e d- onori , lo creò patrìzio
generale dell* armi , e lo adottò per figliuolo, se-
condo>.iI rito di que' tempi (2).. Ma Zenone, in-
co^qtùsimo e sospettoso ¥«"80 tutti coloro cha
aveva ingranditi, e sempre agitalo da pensiinri di
ribellioni o^vere o temute, non tardò lungamen-
te ad inimicarsi l' Amalo , cui ' perfidcuneote atM
baqdonò senza soccorso e con false g&ide alla mer-
cede d'un altro re Goto, cioè Teodorico il Losco ,;
che in quel tempo facen ^erra all' imperio •.
L'Amalo uscito felicemente da quel; pericolo per
Tomo II va
[i] Jorn. cap. 55.
{.a] Ualcb. de Legat. pag. BÌ et Kq. ip. Tillem. tom. 5 ,
tit, de Zgdod , «Tt.-i3-i3>
ovGooglc
i . ■
iB DeiìÉ flrtétowqjrt ^'Italia
!a geiwrbsftà dd tao oakiODftl*, •'pri«^f6 «rfla
càrica dì generale', ebbe |*r «léutìi aBrf! aipefta
nimicizia colf' imperadort , é andò èsIìtméDie {■*
fesfancio or fa Tracia ^ tir' la Ma«dbiiit ; fiftcM
dopo vari fatti d'armi e vttti trattati fìifléMÒ boI*
ia dignità di prima, e fatto %éatnAe delle'mitìi
^le di corte» e éreàto consólo nel 4^;' *eni tì
nuovo ' àtiimente rìmperadorc ofell4 guewa ci^,
vile contro dMllo. Ma offeso lin' alfra +oltÀ dati
la doppiezza e perfidia lolita dì Zenone, raBtìio
quella corte e si ritirò a Nova, capitale dell* ter-
re che possèdea nella Ména: qiliodi nel 486 av«n^
do rionovata la guerra contro Zenone , ' torob n
saccbeggiar la Tracia fino alle' poi^e di Costanti-'
nopoli, dove Zenone quasi stretto d*àssedro e pìen
di paura fece propOTre a Teodorico qu^ló che al-
tre volte gli avea negato, essendone da luirit^tfr*
sto . Sette anni" prlriia , che fu nel 4^5 • Tebdo^
rico s'offerse a ZenoBe dì venir lo Italia, e,;caoJ
eiandone Oddaere , di riporre sul trono Giulio Ni''
potè che ancor vived: alla quale offerta non volJ
le corrispondere I* imperadòre , o perchè non VO-
IwBé lasciar Teodorieo il Losco senza rivale o^a
«putazione che godeva allóra m Orienta, o per
altra ragione ch'egli avesse (0- Ma' ultimamen-'
te vedendo Zenone, che, abbattuti gli altri capi-:
tani, di ninno più gU restava a temere, che di
questo stesso Teodorico , s* avvisò dì levarsel
[ì] Malch. pag; 84 ap. TiIIeiB. vt- iS, 34-
0. Google
., Libro . V. Capo UL rg
d'afìonio ooa rlyplgf r^o.alle cose d'Italia , dov« qua-
loDfjue fosse l* «cito della guerra tra* Goti ed U
pe Odoaore , altro clie vantalo e stcureua noa
era per riaverne 1* imperio Greco - Imperciopchè
se Teodorieo era U perdente »,gU si toglievano co-
si le 'ktm e la nputazione di nuocere io : altre
porti; e se tiusctra vittorioso colla roTÌna d'Oi-
doacre^ dovea mdto jttene cbiamani contento del
dAmiiHo- d^ balia , fi degli acquisti che verso Oc-
cidente e^i potea &re *: s,eDW turbar le cose d* P-
rtente. ^Eradorico < benché non ignorasse Tiatenr
zione di anione , pure accettò animosamente il
partito, e s'accinse all' impresa . Non si può trop-
po aoeqrtare se 1* accordo che sì fece allora tra
Zenone e Teodorìco , portasse .che 'questi * con-
qatstando 1* Italia, la ritenesse e lasciassela a'sutu
À'aecndeati come stato proprio, dd ereditario , o ed
più aoa qualche dipendenza dagl* imperacbori ; o
meramente con patto espresso * che dopo la mor-
te-di Teodorìco. doress^ riunirai all' imperio , co*
«e, di poi pretesero i Gceci (i) . Certa cosa è che
i Goti si valsero in questa implosa del nome Ro-
mano , :e che Teodorico si comportò da princìpio
come capitano e luogotenente di Zenone, il qua-*
le {Basendo solo riconosciuto imperadore in tutto il
dominio Romano ,,^i presumeva tuttavia aver di-
ritto sopra ritalia. Ma non à latao certo dall'altro
canto, qual che si. fosse l'intenzione o espressa o
[j] ProB> df 9eU. Goth. |ib. s. cap. 0.
0. Google
%o Djslle RiTOLuzioin d* Italia
tacita della Corte Bisaotiiia ,' ohe . Tcodocico kcé.
fermo disegbo di ftMinaru delle provinete . Itatiam
ODO Slato proprio ed indipendente, e .d'assìeurar-
ne a* suoi la MiocessiotK . Una moltitudine ìoqu^
merabile, fatto di diverse gcpti un sol popolo, ù
mise ÌB cammino a seguitar la fortuna drl prinoi-
pe Goto cfae la invitò . Né solanieDte traevaoo.iii
Italia uomini atti alle armi > e quelle persone che
potevano servire alP esercito ; ma à veuiKff te ^Ur
ne co* bambini in collo, e grandittimo muBMo.di
fanciulli e di femmine d' ogni. età, Icoi loro be-
stiami ed arnesi e tutto quanto aveano' di. mol»^
le al mondo. Furono per questo effetto' fabbrìott-
ti carri a guisa di case; e si adattarono sopra ruo-
te mulini, e tutti gli altri instrumenti e. maccbi-
ne che per la necessità della vita potevuio abbì-
-aogaare. La qual dosa tuttoché dovesse cagtonare
inBoito disagio e notabile rìtardanza allaigueiva,
nutasimamente essendosi ùtrapreso sì lungo viag-
gio nel cuor dell* inverno , era senz* alcun . fallo
mezzo utilissimo' a Teodonco d' asnourani in pi»-
cesso dì tempo il fermo possesso delle sue óon'
quìste . Superata- dunque l'asprezza .de* monti -Ira
il rigore del gelo e l'impaccio d'attissime -noTÌ>
-varcati Burnì difGcilissimi, noti e fugati ì Gepidi
«he si levarono in armi per xxiatrutar' 1' aodi^
'de'Ootì, già tutta 1* immeiua- torba s'.ffmcinBva
>^allMtalifl. NèOdoacie si aUva- neghittoso a Kotìt
le novelle di lor venuta ; ma armatosi gagliarda-
mente alla éiitast^ si 'few iocMh» -a Sepdorìco''
0. Google
tiBRo V. Capo DL ar
&o alle ultime -spiagge deH* Adriatico (i) . Fu
detto, ancorché con esagerazione da panegirista «
eh*-egU avea 'più re nel suo esercito , cbe non so-
glia aver soldati un genei;a]e; e che, quati sctio-
titor del mondo , avea mosso cootro di Téodorico
le ùaiverse nazioni. Certo par bene, cheOdoacre
dovesse aver maggiori forze di quelle cbeoimdus-
se r assalitore ; pur nondimeno , o perchè Teodo-
ric& fesse meglio obbedito da* suoi che non era
Odoeere p« la.oonfìisione ebe cagitma la tsolti-
tudine' massimamente de* comandanti , o perchè i
Goti '(imbattessero con [hù bravura , Odoacre fu
disfatto nel primo incontro al fiume Zonzo presso
Àquileia . Raccolte e' riordinate, le sue genti prea*
so a Verona dove s' accampò , ebbe quivi a toc-
care una seconda sconfìtta; e tra per queste rot-
tef ,e ia diaerzione dì Tdà, uno de* suoi più vec-
chi generaH, pareva già ridotto airestcemo: oor
de non potendo più fìir fronte in campf^oa aper-
ta , 8* era ristretto in Ravenna . Ma la gueri« non
ebbe sk^ presto 6ne > come mostrarono le prime
^oni; e la parte di Teoderico non fu esente da
travagli e da pericolose vicende. U general. Tufa
ch'era passato nel partito de' Goti, non trovtuido
il suo servigio bastevolmente rimunerato da Teo-
dotieo ,' come fu. sempre difficile di^ conteiUa v, e
■&iù cotesti capitani dà veirtura,< passò di nuovo
lAf «bbedienn d' Odoane » e menò sepo nofabìl
:4i>finiiod._» Jib. di«l0 I^odprv wgc, pag. 5oi-a- .
0. Google
22 Delle RivoIuzIoni d* Itaua
baada dì gente, dì cui TeodOTÌco gli '(iv«& dato;
il comando. Nello stesso tempo quel Federico,,
principe Rogo , eh' «a stato sì caldo -a . sollecitAi
ì Goti a portar la guwra in Italia, poco soddisfat-
to di Teodorìco , o allettato da . piìt motangfosB
condiziooi che gli offerisse, il oeniico, passò'aBcor
egli dalla parte di Odoacre , dove por .^tro' bob
istette molto a romperla cogli altri- jcapi - di quei
partito. Ma intanto il re Goto phe ^'à era« fat<
to padrone di quasi tutta l'Italia .'ftcenato ed al^<
battuto per queste rivolte^ fu costretto aclùud^-
si in Pavia, bitta particolarmente inoliofita'a lui
per la -memoria de* mali sofiecti da Odoacw neUa
disfatta d'Oreste. Era quella città , heijohi auai
forte io quel teippo^ poq perjl) mo|to^i«|ule ; on-
de fu d' uopo fabbricar 'nuove ' c^e ed innalzar le
antiche, perchè vi potesse capir ^ófa genti: e i
vecchi abitanti coi barbari vi stettero ' eosìt stivati
41 meglio che fu possibile, Uà tal partito doveva
.parer- azu-dfso a priina vista , pel peri<s>lo ragt-
-ni restissimo di ptirir della fame ^alora vi- foiae-
To ««sediatì , com^ era ragiònevglnMsotf^ 44 aspi^t-
-t&m . Ma Tecfdorico q. per sentin>eat(> d'mnaiutà
'non voHe abbandonare al furoV de*- nemici quella
genie inerlue che s'era fìdàtajn lui, é pierder:CO-
cù''l'affetto;e la-confìdanM'ide' popeH.chs troppo
gì' importava di.coocilim-si; o véramiilttv^fglJoòo-
fuìò moltissimo nel. aocQorso de* Viùgoti * spoi an-
tichi nazionali , che dalle Gallìe aspettava ^ che
ia-'fdttl gioDsero 'wcoi^' peE.teoipo. Tra pWqueato
ovGoo^lc
' Libro V. Capo ^. i3
aiuto de* Visigoti, e per lo scompiglio e lacoufu-
siòDè -eh* entrò improrTÌsamente neli* esèrcito d'O-
doBore,' 7eodorioo riprese assai tosto il vantaggio
di prima, e non' solamente si fu liberato dall'as-
sedio, ma rispinti ì nemici e 'divenuto quasi im'-
màntinente assedìatore , bloccò Qdoaere nella cit*
tà di Ravenna . Il vero è 'che Odoaere potea star
ehiuso in qtiella città a fiiiglior condizione , che
non avrebbe potuto far kingamonte in Pavia Teo-
dorico; perchè <di Ravenna restava ad ogni even-
to-sicuro scampo per mare, ed era per la stessa
via 'molto facile il rifornirsi d'uomini e di vetto-
vaglie, per aspettar le nuove vicwide di quella
guerra . Con tutto questo , mancata forse agli as-
sediati la sperane d' aiuti stranieri , e della pro-
tezic»ie che Odoaere non tralasciò di' cercare in
questo frangente dall' imperador Zenone ; riè cre-
•d^bdo di trovar fuòri "di' Ravenna e d'Italia sede
«itìif*, sì venàe a trattar d'accordo cogli aKedian-
ti . l^ accordo si fece veramente , ma le coadmo-
ni particolari di qud trattato ci sono ignote . Se
'non che la storiarne accenna confnsam'ente ^ ohe
Teodorico acconsentì cH conservar la vita, ài suo
emolò , e di lasciargli qualche parte ancor dello
'&tato d' Italia . Ma troppo è raro che tali promes-
4e sienb sincere, e che le paci che si fanno dòpo
odio inveterato e nimìcizia esercitata oon grati fu-
ro je , sieo dtfrevoli e sicore. Ora, qualunque ios-
'se il p'riiAo dei 'due'recbe 4ent6 d'andar ^ebntro
ij- patti, l'esito fu pur tale, che in .capo alpochi
0. Google
3j4 Dejxe RiyOLuziONi ij" Itaua
.giorni dalla tesÉi di Raveooa Teodoi't£& ' toke di
4)'ropria tnaao la yila ad Odoacre,. nella 'Sui mor-
,te ebbe fine ua'avpra e rabbiosa guerra' di quat-
.tro a^D) coDtiDàt, iS che fu. oagioBe alltltalis
d* iafiahi; ma]! ; pereti le città', « i borghi, e le
joampagqe^ oocupatealternatÌTanHHite orai^l* uno,
ora dall'atro partito, erano egHalmeote sposile
e devastate da amendue. E come se i danoi-di
questa intestina e. possiam &'re civile, guerra fos-
sero leggier cosa air afflitta Italia, vi s' giunte
un terzo nemico a desolarla con più furore . I
Borgognoni o Burgundi; ohe sotto il re Gonde-
baldo tenevano la Savoia e la moderna Boi^ogoa
con- altre provinole delle Gallie, vedendo J due
re pretendenti del regno d'Italia forte oòcupati a
combatter fra loro, passate le Alpi, vennero non
solo a dare il guasto alla Liguria, ma. predando
tohe e bestiatm quanto poterono trovare , ne me-
])aronD anche schiavi molte migliaia d* uomini ;
talché le campagne 1 che per gli ordinamenti di
C^lc^aere aveano cominciato a rifiorire , ancora p«c
queste incursioni' de? Burgundi ricaddero nella pri-
mieta solitudine ed ìncoltura , e minacciarono a
cjoloro che scampavano dalle mani de* predatori,
gran caro dì viveri e gran famer. A tutti questi
mali un sol conforto ^iveano d* ordinario i miseri
jho^G ,. ed era la carità ed il sc^ecìto zelode* re-
«covi e de*" sacerdoti . E certo, «.mai i ministri
della ^ligione giovaroqb agH uomini anche per
le . cose . temporali , io. que»ti tempi furtmo e| ,
0. Google
. treno V. Capo IH. aS
Iraragliafo mondo ^'ovevòlì&simi . Stimo io qui
pertanto soD. disconveoirsi a questo luògo il dìmo-
èttare succintameote , come in cotesti tempi che
ora discorriamo y aresttr prìad|Ho quelle signorie
ecclesiasticlie, le .quali poi ebbero grandissima par-
te nelle rÌToluzioni cbe avvnmero in Italia eà al-
tri regni dell* Occidente ne' sectJj suss^uetrtì. La
quel c^sa o non intesa , o fìi per malignità, dis-
simulata dalla più parte degli autori die di qne»
atì domini temporali della Chiesa anno scritto .
C A P 0 IV.
t- Orbate tklta podestà e ad dominh tcmporaU
degii ecclesiattici.
xje calaraiìà grandissime che totte le provìncia
occidentali sostennero dalla malvagità^ de' ministri.
imperiali, e dalla forza de' barbari i quali si soor-
gevano manifestamente guidati dal voler sopecio-
re del. cielo f ayean rivolti molti mortali al pen*
siero di religione, ^i uni per trovar, come ri
suole , coosolaztone nelle - miserie presenti ^ e g^
altri per riconoscimento delle prosperità. I Goti»
i -Vandali o gli altri barbari , ancorché o cooveiv
.titj -di poco, tempo al Cristianesimo, o infetti del-'
jjliiiaoa eresia, e, molti di: loro tuttavia immer-
si nella superstizion pagana, riconoscevano la fe-
lipità dell'armi loro dal iàvoce de! ciel<p. £8Ìccoine
=aovGooglc
«6 Delle Rivoluzioni d'Itali^
pio volle ool braccio di queste nazioni flagellare]
Romani (i), così non è faos di ragione il crede^
xé che rìnuiniirar Tolegse la religicmé loto t tutto-
ché diCettos9 ed erronea, con temporali vantaggi:
La virtù, e la santità de* vescovi , che in q«wto se-
tolo fu in molte provinde singolare e maFavì^io^
«a; (regolando Iddio ogni cosa con modi vari ed
incomprensibili), giovò anche assaissimo ad in-
generate negli uomini barbari rìverenEa' e vmera-
zìaoB al nome Cristiano ed alla legge evangelica.
G)sì il primo visibile effetto che produsse in Ita-
lia r invasione e poi la signoria de' barbari, fu
r estìnguimento totale dell'idolatria. E dove sotto
i Romani augusti, eziandio fatti Cristiani, appena
si ardiva nel senato professar il vangelo , sotto un
re barbaro divenne nel senato medesimo delitto
. capitale il solo sospetto d* idolatria (2) . Ma i tra-
vagKftti sudditi dell' imperio trovarono vantaggio
temporale nel rispetto che i loro vincitori ebbero
alla religione : perciocché nel sommo disprezzo che
fecevano i w barbari degl' imperadori e .de^bro
ufEziali , dovette la carità de' sacri ministri , a fine
di provvedere a' bisc^ temporali de' loro popoli,
. impacciarsi grandemente nelle cose dì stato .
Anche sotto Enrico, re Goto, che tenea par-
te delle Spagne e delle Gallie, i vescovi non so-
lamente furono spesso impiegati in varie amba-
-, «cècie per trattar paci e legfaetÈa'Goti^i Romani,
(0 Salv. Je Gnber. — Àugust. d« Civ. Dfii.
(3) Boeth.' Itb. òo CoDiol. Thiloi.
0. Google
' - Libro Vi Capo IV. ay
ma Inailo ònKaariàmente èfaiamatì in fufte le aa->
sem%lee<c^ ìli tenevano i& ^eAe 'proTÌDciie per
regolare i pubblici affari (r) . Ma Tltalia 'eb-
be speBÌalmeote à seiìtìFe i salutévoli effetlt del-
la parte, cbe si «dovettero pigliare i vescovi dbU
le tnnpoFali -fauceodèl Nófo è per tutta la stCM
rk ', come t' ìtitet^HMizioDé. del muto poatefite
Leotìe I; scampzfssft la eitf à di Boiba dalle ^dé
Tovfnatricì degli Unni . Qoesftj stesso pontefice ali-
teone dal' Vafidak» Kyehserìco , che nel setìofldft
»aceo di Rbtnà fes^rò éoìiséiH'afé le pel^otìe e -le
case de* <iÌtt»tÌDÌ ; it cbe A àderàpi in quanto fu
potìibile in cosi fatti casi'. "^E partitt cbe si fiJtó-
ho i nemici , bob altri tneglib thb -san Leone si
fidóperb a ristorare ì danni del patite sacdfa^gid,
Bfel tempo stesso '^k dn *ltrò santo Téscovo Éi
Cartagine v?sa indicìbile' canta 'èÓDfin>lai^ -è %oiMe-
iiev^ grandissimo numero di Romaài cràdotti' pirf-
■gitìbi ià Cartagine, parte de' quali riscattai ■ poi
in appresso ritornarono ad àbftare la perduta? pA-
■trìa (2). Fdofai aurni dopo pqfecdhi vescovi dJBa
l^mbardia, comesant'Epìfòmo di PanV, Lb-
, renzo' dì Milnò,- Vittor di Torino, fecero ift vaft-
fag^ìo£ queste Provincie tutta quanto^ pótvebbe
tìoncique. portantur . jipol. L 6. ep. Ù ad Basii- . ..• • per
■■ VOI legatione* meaiit . v obi» prinium , quimqaam prìncipe
abMDle, non lolnm traciaia rKScrautnr.. verum ;tiain tran
fclanda commlcitiiitur . Ihid. episC. 6 aà Graecunt,.
(3) V. Orsi, et Tili. Biili'eccWi.' ' ' ■
0. Google
%ó Delle ^watvzvssi n' ItalU
TreTÌrì (i) . E nella stòria della chiesa dì Reinu
si trova frequente menziotie ài colali fortezze che
i vescovi del quinto e sesto secolo edificaroiio a
difesa de* lor diodbsani . Òr, come questa è a
mio credere la prima e più antica origine de* do-
mini territoriali degli ecclesiastici , così 1 àUtorì*
tà che la condizione de' tempi ed il pi'oprio lo-
ro zelo diede a' vescovi nel pubblico codsiglio del-
le città e nelle corti de* rei diede principio a
quella possanza ch'essi ottennero poi grandissinia
in tutti ì regni dell' Occidenfe, particolarmente
dell'ItaHa^ E bel seguente capitolo si farà inen-
zinne «une i vescovi di Pavia* dì Milano é di
Torino ebbero moltd parte a rimettere in ìstato
le cose d'Italia dopo la rovinA d*Odoaare e la
vittoria de' Goti ,
fi) BaeC vtr apostolicui Nicatiol arva |>«ragraw«
Condidit optatum pastor ovile gregi ■
Tnrribai indtixit terdeais undique collant;
PraebBÌt liìc iabricaoi) quo ncmut ante f(rìt>
yenant, Fortunat. da Cast, leali Ifìcet. Uh. 5 carm. io-
Vid. Crinofh. Browtr in notis pag. 8i.
0. Google
' ■ ' tJBRo V. Capo V^ ' 3r
■' ■ ' C i f ò ■■ .'V.^ ■ - .' ■ ■
'Staio ^ fialùi sot/e\Tko(ÌoTÌcó: grandezza
JVlóI^'MTitniri di quelli cbe fraltdrdno la storia
éi 'CeOd<irifìo, intaal^drond' 6fao' al cnélo la mode'
raiìone'di'rui in'cib.'cbfe potendo per ragion di
con<!iuista reggere secondo le l^gf di sua nazione
le pròTÌflcìe Italiane, volle anzi assoggettarsi alle
leggi .romane , lasciando' i Vioti nello statò diprì-
Dia ; laddove ' t re EVabcbi ridussero ' quasi alla
condizion di servi i popoli deKe GalHe. Ma sen-
za panto s«jeniar della lode di questo re che so-
lamente da* barbari ingAgni potè meritarsi il no-
me di barbaro, non è però dà tacere cbe ì mo-
di cb* ei tenne nel suo governo ^ furono efletfi
non tanto della naturai sua clemenza, quanto
della sua politica e della sua accortezza* o forse
ancbe della necessità cbe ve lo astrinse . Cbe i
Franchi trattassero alquanto più aspramente le
Provincie cbe conquistarono nelle Galb'e , che to-
gliessera a' vinti i due terzi de' beni , ohe in ve-
ce delio leggi Rottane il re Clodoveo pubblicasse
un «uo codice di leggi. divenuto famoeo ne* poste-
riori tMDpi per un soia brevissimo articola fra
più di settanta che ne comprendeva, non ci dovrà
parere strano , se noi riflettiamo che Qodoveo
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3s Delle RiTolvziqni. o* Italu
assaltb le GaUie come nemico dichiarato del nomo
Romano , e rìsohito di iDvcaciar lo- stato delle
Provincie dov* egli portava l' armi , e dì signoreg-
giarle a MIO arbitrio (t) . Ma Teodorìco. vt>on
elisegli entrasse armato in Italia, per distruggere
gli ordini dell* imperio * ci venne al contrario cO'
me liberator de*Bomam, autorizzando 1* impresa
col nome d'nn imperadore d< cui ri dichiarava
vassallo. U perabè non sarebbe stato prudente
conyi^io , eh* egli contro la data^ fede togliesse
agi* Italiani quelle I^ggi e quella fordia. di gover-
no, a cui erano- per tanti secoli, assuefatti* e che
Odoaore «tesso non avea abolite '■ . Ned era si
grande il. numera de* suoi Goti, 'almeno dopo i
disastri della passata gueiTa,..che per; ricetto to-
ro portasse il pregio di sciinvólgere tutto il siste-t
ma d'un paese grandissimo .' ]?er idtra sparto aóa.
erano. i Goti, di lor natura né inumani ed. incivi-
li , né avversi alle massime del governo iKonutnc^^
(i) n Mopteaqaieti n«( ÌA. i9, cap^ 3 ,* e> 'piii spnìaT-
mente nel Uh. ìQ,cap. a3, i{ tf^lp Spirilodellé Itssii^
rìgelU aaimosainfole come ckinREv^o il .liiteiDa dell'abate.
DuboB, il quale in un'opera volaniinaia sopra lo stabili-
menta della nqnart^ia Fnncéic pretentle mùiintt blie i
primi te CraDcbi foueio noa loltnienit ÌKvUaiii d*^ pepali
(Ielle Gallte a lor difesa,, ma autoriszali esisudia dagllim-,
pcradori Romani , da cui lappone leuza il fondamento bii-
tlemle» che i principi Franchi foMero creati loro Ja«go>
renenli or con titolo di consoli , ur di proconsoli, e sem-
pre con grado di lor capitani. Veggasi ancbra su questo
punto d' istoria Francese nn opuscitfo di i^ilpniua A.
Orig.Franf or. .Daniel f^rèface, à V llist. de France,..
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Libro V. Capo V. 33
aaxi egK è ofàmone di Grozio (i) e d'altri, che
il nome di Goti fosse dato a questa nazione ncm
per ra^oni del paese, ma per riguardo alla ci-
vilità de* lor costumi. £ si Teodorioo, che gli
altri Goti eh' erano vivuti ne' paesi Romani, po-
teano veromenie aver concepiito odio e sdegno
contro la malvagità de' Greci mioistri ed ufììzia-
li degl' imperadorì , ma non già disprezzo delle
leggi né degli oidini dì. governo . Il miglior par-
tito che potesse dunque prendere il nuovo padro-
ne , era quello di obbligare i vinti a osservare le
proprie leggi , ed avvezzare gli stranieri ad assog-
gettarvisi. In fatti Teodorico dimostrò sempre di
voler governare l' Italia non da. straniero ne da
conquistatave, ma come capo della repubblica in
quella guisa che avea fatto Augusto nel dar prin-
cipio alla sua' 'monarchia . Ed eccettuati alouui
statuti particolari per le controversie emergenti tra
Goti e Goti, còsi i vinti che i vincitori goderono
«otto di lui egual (dritto. Vera cosa è che te co-
me barbaro e come conquistatore Taodorico non
roreseiò Io stato generale d' Italia e la condizione
àia* vinti , ^li fu molto vicino a rovinarne una
porto come vincitore di guerra civile , appunto in
quel modo che lo «tesso Augusto avea fatto do-
po U floonfitta de' oongiurati e la rovina di An-
tonio. .
Tono U. 3
'*
[i] OtMii Pr«k^ Biit. Groihor.
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34 Dellx. BnroLunoHi i>*ìItaua
Buona parie 'de' Lngorì arean^ segEtitftto:.jt
fiartito dì 'Odoaore « o pttr^^ si cred«sse|K) -objblì-
-gati a sostener qoellQ cbe avcfrano- iica|KiS|cài|i|o
sovrano oon promessa d* obbediensa- e diiede^o
-perchè pendeote ,1* esita della guerra avasasro rstf*
canato. Odoaore il più ùxte, e -perb.più'naiFo par-
tito da seguitare .Per Io cfae Teodorico^ rimasto
vincitore, fu., per ;veiidicani de* leguaià .della: ^
uon >oontraria , .con Sa^ di. loro, ^ua^ .una gen^
ral pTotcrizione , ipogli^ndaU di: imn-r j;iinoiiex^
ii perpetuamente da ogn^. sorta d'uOSzi, ^w .cer-
to modo privandoli deUa libertà .ci^ile^, ta cpial
jjosa >^ando jì fosse eseguita, inen potea<Jaf:di
.meno c^a. mettere, in grandissimo scompiglio -tool-
te città. Coloro che ne temevano,' mpeaen iliiuqn
vetoovo . di . Favia, Epifanio a portarci . .al^ ..cRrt^ ,
a fine .di. placar Teodorico e nuuacerla .da, c^
.{tensierq. .V* and&flpifanio. , e.^enaodoa pBii;com-
'paguo di quella .cantatevda ^basciata aan-Lo-
refuco di 3Mlilano, seppe, così bemj.fait «an«ici9Ce
i disordini che sarebbcra.nati da. i|aeI]a.:.>pi)08aEÌ-
2Ìone, -cbe ìlre,. perdonando; all!.univerÀIe, li
contentò per sua sicurezza di dar ban^odalkt ^
tfiff a. quelli solamente, ahi;, sbafino mostrati più
«aldi e più-.ostÌDati .a.&xgU eontroj ■ : ■•.^
-Né qui ^ stette; il T^ta^p db» 1* qpeca.^i
- qijèl valoroso pastoce fruttò allota » :quesfat :pa3-
Ttnd(^..ll recbe conosceva 1* abilità, di': ^lifi^HO ,
fi il ^re^to ,(jie la svitità ,fj^. captyliaE^, ì^ yolle
impiagare ip un* aìtU'.«Dibasce9a,^,lli<ouicQitt «ca
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tr^o y. Capo- V. 85
tji niqesar a* patri tetti quegli si^Bnturali Liguri
efae i Scyrgognooì aveacò fatti ptigiopi e condotti
oTtre 1* Alpi nell^ ìdQurBÌone che fecero diirandoi
la guerra . Accetti? Epifapìo questo itfcarìco' assai
Velf!fltierì/sra per obbedire al re, sia perchè ^ra
Ut) nsgpzio convsoeTolissima al suo carattere ; ^
per riuscire vie meglio ia quelP joipresai toHo
aver p6r compagaO'Vìttor dì Torino, uno de*pi£|
t^^^ardévoli prelati di qqeir età . H successo dd-
Taaibastììata dtlqùetti do?' vescovi fu ch'eu) ot-
téùùtfra gratujtamepte la liberti di seimila pTjgio-
ni Italiani , oltre il gran numero dì; quelli cui
tise$tl^ronÉ> ool danaro c&e loro diede il re Tep-
"fltìridOf cché àteiioe nedie e pie persoqe della
'Ste^ OàUiA v*a|^uil^rD per istimolo di carità,
e ^p^ dare ài dna vescovi Italiani tjlttrto segno
déllaf «tìrtJa 6 dell' apttjr loro. Bfe E[iift(nÌ'* dopo
'^'wj^r-fìmttaixf iootì gran moltitudine di penoio
-afte'lot pattié, ftr poi è^i 8*é^ il tìstoratore
aÉBH'** fòrtiUia. etìrme'era stató mftdiat»rè defl^
;H^^arata Hbe^; à^operftndilisf'coti: Ietterà prrt-
i90<éBti«, perdio fossero ataeora reUituiti ne- ló-
-TÓ -flveri'-. ■■ . ■ ' ; \-^ .-. >
1 Questa premura oV ebbe TeodoflcòidìJ rwetrl-
tar i pr||ionf, *f la fatóKtà con Otti sMndUsa^tan.
ìoi^a. Tes'titillìfK ni&r lóto l«bH qaatitó^ 9 rimetter»
seilai'pritBwte'fwtBttft qaeRi cy*raiio^ rfàti nioi
' fttMnkv fétìe condscfcrjf éht ^à principàl- cunt d«l
Ttf/ dà rfie sr fii stabilito sul tròno, era di tipó-
polate*e <Mltivar P ttalia^ Nan Bcottleota» i/Vecoiu
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36 Delle Rivoluzioni d* Italia
abitatori , e destinar a' suoi Goti competente
porzione delle terre ch'egli aveva conquistate col
braccio loro , non era cosa di leggièr momeato .
Ma Teodorico conoscendo ottimamente, (ìhetióB
^'à le immense tenute di poderi', ma la ooltiva-
zione di quelli arricchiscono le provfAcie*e i par-
ticolari,' e li mettono in istatodiftrhir l'tìario
del principe; venne perciò al t^ìo oecessal'ioi,
ch'era di togliere a^Mtaliam' un -terao' deHe ktfr
terre per darle ai Goti. Questa c^Trsioiie di ^l>«5
'dolse senza dubbio ai padroni i a' quali' nbn ' p>fr
punto cbe fosse pagato dal tie^'o''fi9co>il pr^o
de' beni che si toglievano. lUb. oltreobi' dosea-
no darsi pace, pensando 'ch^éssì'-eitiaò'''tuttavia
trattati più umaDainente' assai, che ^aon-haaao
dai Franchi t popoli delle Gatlie, a^ quali s*>ént
lasciato solamente ii terzo delie terre', e «he» do;
vettef 0 essere io gran' numero ridotti ìiellà ne'ce»*
sita di diventar come schiavi di' gleba èm nhó»
fori ; .^ti è da ci^ere che Teodortoo si 'Stadiasc
se di far la distribuzione m tal -modo >- eh'éHa
fiisse ool mh»»' disturbo possibii» de' proprietari-,
e che la dìsciezioue nelP eseguire rendesse 'meno
grave il -pulito, arduo per sé' stesso è ptaksolo*-
SO,f'di lerat aigli uai per dareag)! altri (i)-- £rioir
arò'in qtusta-oesft moItissimo.Ja eiiuidiuoBe>titessà
'deHe guMTe cb' e^Ì avea .TÌotb . - Già; fo '■ pór<nM
«tostralo più sopra, ohe' Odoacite^ -idistatto? ci]
(0 V. Groiii Pfolegom. ad Hitt. Gothor. — E»prit de»
lioiiUb. a8, cap.'S ,e( i«qf ■■' ... '-*.i .
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. . LiDRO Y. Capo V. S7
)i6mw On:ste , e deposto Àugustolo , avea distri'-
buito ai 'Rugi, Eruli' ed altri suoi seguaci il terzo
delle terre dMtalia. Sicurameate il più di cote-^
sti barbari da lui , beaeBcati preser le armi in fa-
vor 8UD contro Teodorico; ed è assai verisimile
ehq molti di loro o periti uella guerra, o puoiti
e banditi dal viocitOFe, lasciassero vacanti le ter-
re, ofae ptMsedeyano . Tracotestc poi'ziaDÌ e quel-
Ift cke Teodorico stimò bene levare ad alcuni Ita-
liani deVpiù fni'vidi partigiani del suoavversariot
jp^i .«bbe per avventura poco meno che il baste-
Tol« -da «ootentare i suoi Goti, senza dover per
questo 'stnliOTer molti pacifici proprietari dalle lo*
xo T^o^fesàoDÌ per là destinata distribuzione. Co-^
;unM^e> sia ,rabbiamo; argomento .di. giudicare che
gl^.Ha]iaxu7«f tennero, ben jn-estD-per contenti del-
le ionov^ifmi o:graadi o piccole chefece in sul
pw^cckr .delle terre. il jguovo re; e che 1' effler
éveÌM età Qdtì.Ieican^agne- non, solamente non
£ti' ifOpove né di rammarico ' ^è di 'disturbo : agU
atldchi' f^ùtatori, ma fu, direi quasi , un: vìi^c»
J« ^'Opncordia tré le due nazioni per F aiuto vi-
o«devgl».':'qhe.riseyBvano g^* nni dagli altri tanto
rigsondo, alla, eoltivteioof , quanto al commereic^,
aniókatùr/ prlndtjiajissima 4ell' ■ agpcoltura (i.)«
L'aototC' d^'^vesti -oidjiii vanta^iosl- noi} mena
aifiiincipe (^' aifBoggetlàr cr^'anpesset^ stato
j^itwffiov 'bba Jb'^ib' primo precetto 4el foretorìo
IO Caiiiod. Vdrior. lib. ajitpìtfc ■igji .. t
ovGooglc
36 Delle ^Rivoluzioni d'Italia
d* Italia sotto T'eodorlt» . Degno h A* dsèer^ «[tif
rapportato uc tratto di lettera che a qae^6 ÌJi*
berio scrisse Etinodlb diacono e poi teseòTO di
Pana, uomo di somniil credito in (]uesti tèmpli
H Appena con V enormi spese del pubblico iH pft>-
n cacciàra per T addiètro dì ^hè pascer l"ftatla'i
» allorcbè. tiìttó ad lin batto le de^ - spUfVbA
» d' essere ristorata , e la ponesti ih istàte & ^fc*
» gar tributi. Noi per la- tua' dthmiiìisti'&iéSDiié
n cominciamo dì btion grado a inandaM àlT'Artf-
» rio ab che òon ijostrb ramlnai^cd' «rapite '-'sf^
M liti di riceverle , ÌV tiió ministèro' fit fcfcrtpi*
» cagione dell* abbondanza'. Il bielo sfeèòt^^ ì ttìiÀ
» venerabili disegni; perciocché' fu ìp«r p&bMIcb
» bene fosti o autore ò' diigfibràtote aélTedttale
» del principe. TU stt^eriote ad bgnf altetea, fti
» " fosti il primo a far iti modo (ihelè (hi^é dfel
» re, senza spogliare' é'i'oviDat i ^articoldri-, -iS-
w vesserò Bell'abbondanza. Vaie, ttòpo'Dlo,* si
n dee riconoscere che sotto un potj^^mò ift fla
A o|^i parte vittorioso principe; senza pffrib^
;» ni ansietà confessìam d* esse* ricéM . Ghe flW)
»■ dell' aver tu arricchito con lal-gtt fflatribuS*»»
» di pòde'ri quelle inniimerabili Schière 'dì'Grftì,
» senza cfae se ne accorgessero i Romani? Peroc*
» cAè f vincitori noo' cercarotio daTa^taggib, né
» danno' altìono sentirono i tintt (!)-.■ ■ ■■'> ^
Vagliamo pur credere eh* Eiùtodit),, 11 "^^^o
[i] Ennod. lib. 9^ cpìft x3.
ovGoo^lc
timo V; Capo -V. 3®
mostca di aver avuto ubbligo particolare een Lf-
bqna e col re steseo', o per moTimeoto dì grad-
tudio», o. per voglia di lusingare an potente siasi
lasciato :fraspoi;tare oltre i precisi termini della
.ve^tà. Ma confrontando ciò eh.' egli qui scrìve,
fqQe altre memorie «he fibbiamo de* fatti dì Teo^
4onoo,. par«-cfae' poco se ne abbia a detrarre (i).
AIa;Ja «omnift deUe Ipd^ cbe per mi^ riguardi
jà meritò r Teodorico, : consisteva certamente eel-
if gorgia, «qelt^. che «olea far de* ministri. Era
jq^esta sua, lodo effettq lìigran parte dell* ingegno
suo^nvo.t 9 .probabìlmeata dì quella cognìzioiie
{4éi^ cose del moni:^, cVegK [vese alla corte £
Oasf;aptjnopoli ^ dQpe r come forestiero, ed Smpar-'
,sÌ4W, potè sentir pev molti anni ciò. cbe il pe-
rita 5; ia- qpbiHa così in pubtjico come in priva-
'.to dio^a de* nvlnìstrì e degli ufIiziaU di t^m. gè-
.nere-c d*ogpì;cpnd»ioiìe. £' ^ostinata guerìra
;jcfa*^i JeoB e sostane ne* primi , anni deKa stia
r.se^uta ià- Italia, .diedri! ancora opportunità di
.t)oatostxxs i caratteri- Q gli umori di molte perso-
'ae tan^djel suo^ dhe del contrario 'partito;. Ma
-epmo'-paco giova i).. conoscere le cose dove non ^
^ |& 'finsie^za « il mgor dell' esecuzione , Teódpric»
' i'\ QuelFa che a uome deHa iietso.n »criv«C^odo-
to i certe coraaiik^ d'alalia, si conforma per a[^uiilo
,.;euljnigai^c<> ,earaflRre che ci (lipÌDie"£anDdÌt> di «jiiet
' ga^iùò :' sensimus auctas illati^net ì • tos ad4iif tributa
neteitis .... atet Jtscus crescerei , et privata utHitas damnA
0. Google
4^ DeLL£ tWoLtlZfom d' h-ALIA
^'o per praoTa'c fer senao .iatitiìo i 'per così Idìrth
^ cOQOBcava superiore a tuttf «obn» cui «gli pò*-
feste Jttipisgam! al su^mio suo e- dello ^stMo^ 'è
che' sapeva comatidar Je armi in persoaa (i4cti«
fa sempre ì& potémA pia solida di qtiàUivogUa
monarca) ,. non temea putlfo oè H sorerebio^re»
dito, nò 1* firtùdp^suoi -ufBzìall e lainistrij e
Bimfr potè Bttuoverkt .da!vale*»i-'di queUi ciie-co>^
sosceva aMi alle -faccende eos^ civili «Ite ' luilìtarì .
Or, tra' per il valore' ed II «éaao. proprìeV 'e per
H mioMferó di ben scelte persone v TeodorìcoBOd
solamente cóonocìb a ristorar l'Italia da' gran
danni obe e la gnérra ultima di Odóecre, e le
panate rivoluzìoBT, e i sacclieggi-TÌ !ateailo por-^
tato,, ma rìalsò • eziandio a tjnita grandezza e
splendore il suo r^oo, oh' egli aèguagliìv se forse
non superò la • gloria . de* primi ■ cesari e de*' più"
lodati'. Gli ordini del ^ovetno non p«r .riafabHtti
e rinnovati , malmessi furono ( tàb- che ptu^fm^
porta ) ki esecueione . Non solamente Korbai e
Ravenna , ma 'graodissima parte delle altre 'città
Ifalicbe si fiderò ristorate e d* edifìzi,-edi.murBi
£ «perchè nulla mancasse del primiero Justro, an>
ehe gli ai-redi imperiali stati' trasportati e Cosfan-
tinopoli gli furono con nuova giunta di gloria e
di splendore rimandati dall' ìmperador Zenone.
Risorsero sotto kii con nuova magnificenza gli ^let-
tacdi' anfìteatrali- e del circo; il che, -McoDde la
pregiudicata opinione 'del volgo , contavasi fra i
precipui segni della felicità' e della grandma del
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Lìtìao V. Capo V. 4t
(lÓbbUco stato . Ma quelle cosf che ne . fermano
sicuFameote la gran^zza e la forza, fìirooo.aotto
il grande Teodorìco rimeaate in Italia, ega^ar-
.(damente esercitate: 1' agricoltura « U coiur^rno ,>
e le arti ^ La prima spezialmente diede ben tosto
lepruove del suo risolvimento. Fercioccbè dove ,
^tte le città sce^e d* abitatori , solevasi negli
anni addietro sostener disagio di, viveri , con pro-
cacciar d' anno, ùa anso di là de* man e de' incui-
tì, il oeoeesarip gr^no; regnando Teodorìco, non
Bo1aiuente..non fu bisogno di. cercar biade' strs^
niere , ma l gr^oai dell* Italia bastarono ancora a
piKscer ^li; farciti del re, cbe guerreggiavano nel-
le proyiopie.loittaae. II che avvenne speKÌ£dmen-
te nel 5o8.>a tempo cbe ardeva nelle Gallie la,
guerra tra. i Franchi .a gli Ostrogoti padropi de^
ls-pnHfen(Ea,^{.) , I^a Sicilia, riunita ancM 9o^<
OdoQfffe al r^qo d'Italia;, e «he .fu. sempccitiK
[ui(^ta.,coinp aia. propria i e -granaio, d^lla. pa^f e
meridionale dì :;questa prov'ocia.^ flpmministrava
pr.obabUipi5pte,i viveri A Roma, e.aUei città disi-
la Campania, è, delle altre Provincie ohe foi^ana
oggidì il regno;.di Napoli,, dovunque, i .propri lor
t9rrit<}FÌ noti . ne. «omministrassero a ^ufficùenza i
!IUIfi;^qpeste , parti più fertili della Lìgurja, oo-.
melolonte, Monferrato e Milanese», e. pari-,
mtaio ^]Ia..Vene)ita, e del Piceno, oggidì • mar-,
ca^. d* Apc«°9 « fifcoup |:^i, Qi-diiii .e .dettinati
(0 Ca^ador, lil». 3, «pi»l.,44. ,■■...
ovGooglc
4* Delle Bir^MztoHt- tà^ ÌAàua
pabUioi .grabaì- io fboUe oittty OMÌoflii' ttumoiBd^
f)ei' quilsmif^ ftcdideute ^ grtQo* in utia .|»r()^
vìncia V li- -triducexè dall*alira il bisogocrola-t
OissiodcAfo 4' [ìMfeflto dftt pretorile etmo de*-prì»-
à'pkH'iiiiDÌstiì dd i'egooi éhe tanta «nrtf. i^bb«
péróbè ^00» avesse fziuDdio abbtHideTOte : it -.vir
♦ere, ttotr-dh» -ii neCes«i-iò ('per .la i)i2al rftttf
don ttt)Vo ttii , quanto fa longii JI régoà .dìTecK
doriiìb, òhe si cercassero gnloi dàll* Africa-^ come
iT (afa tSòstuaiàtd (t) pei? tasti tfefiqli ) , 'kce^ par-
riittente Gl'air Milano eie provincie' deUa Vtfw»>
'iia de' liranai che opportunàrneate V er^io. stft-
fcìGtt ita 7orioQa e in Pavia . Né «olameoto ù nù-
'^tò alIoKA lo stato d* Italia per le forze ititene
-<fhe la sayiexza de' goverdatiti T*acci!efibe; (a^]^
-dia~in due Ib^o^ avrantaggib la fua condizions .*
■{leif r «ggÌQ«ta. che «i tfece al suo «tato di ^cuùc-
;n^MxmÌDoìe; b perchè la rìputazìot^ d^suo ce
..nótk solamét^ impedì la ^ipazìofle delle'proprie
-riocèeaze, AiA n» potè attnmre etian^o da', fore-
stieri, e! verkmeate da due o tre secoli addif^
Aina regnante d'Italia avea goduto maggior pò-
tettzà e dominib. Pettioocltì^i quantunque dt^
Diocleziano che, come abbiamo a suo Inogo no'
dbldtcr,- eòkniscib a divider T imperio ^ trasfus^r
sua sede luori d* Italia * 1* imperio Romano sia
stato tre 0 quattro volte riunito di nuovo sotto
un sol principe ; 0 questi r^ni furoa brefissinii t
* ■ ■ ^i)-Ca8floic(or.V'arÌ6r. lib. 1, ipht. b H Si"' i- ' " ■•
0. Google
^■■- tiBRò V. Capo V. 48
$ma fi* fa I*lttkliar la sede ed 9- ceutto . Costane
fkfd , CàtìBtixo-, Giulltti» , Teodosio o non si fer^
fiiatljaè, 0 ce^mieBtie dòn feneto lango aoggioiv
i^aèMdidffiriò' Hi Itaffà; e ttibhti degl'imperaJ^
Ètri' d^Occtdgbte, eccetto' Valentiaiana I. ( 2
tjliale aal'O^ "sttrtM -quasi sempre udì' estremiti
ddte Gt3Ue }, «bb« ^ ttintijo' stato i come Te»
lidt^è^. F^rteioeck^ egli , divenuto 6hd fii sovrana
acMttfotd d^^ialià 6 di MdiKa dopala morte d* Ock»)^
<Itf«,'^ìiì-ÌD'i'ft^e ó66àsÌoid ed ì» vari mòdi- la
D&lma2ia i il Ndrìct> « biiona parte,' u pure eoa
4blibt&Hìò) dir ftitta la moderna Ungheria , tutta
Éècóta 6 gi-àfl parte- della SVetia &m le due Bé^
^6;-hi Provenza e altre cbnfrftde della Pallia èop
Ib migliorì' e maggiori provìncid delle Spagne. Né
ptt tatto quésto trasportò mai fi>w1 d* ItiAa lÀ
^& del sUtf ' regm ; anzi &pp«na , da i^% 'si f^
^stièurafo'sUl'tt'tTtió'V'si distòlse dal governo* tidlé
tìnse eiviii put 'guéi1»0ggÌBF6 in atee (rttìvincte,
«atto' tie' imijeltJe àtìimoso «a anrfgftro' flatarài-
iOJéhtè: ■•■-'*■ ' ■' "■ ■ ■• -—■ .-■ ■■ .;-■■';
< j i.-.-:- I ...ji ,ji'., p. .-© n yj[,.; . .,..
..! -.;-.. ;..i "'■ 'del tempo sìUf. ' ■ •' •' '■
iVia per mc^lÀo idtQndtire qual. fosse lapplitica
4iTeodDfioo-, céfivwflà dattf Ano iigttaKdoaHb stato
0. Google
44 t)ÉLiM hev&Lmom dTItaìu
ìfl eui ìs! troT^cra Pfiiuo(Kk «I"suD^i<tAnp<9irSerp
oiooolièi aitci D^aneggi) ultià'ìootttigU fac^ano tià*
nE)g99,a lini 1, che noo occornesaM-agl'ìnipaBiidaifi
Romani, ri quali. etmano un, a scornar; le. ooébco»
me padi'oai- del ìbod^oj.o ^nattar, k ffiiù périé
de* nemiei come ri&elU. Laddove aVteiopi.'d£
tTeodonco .r Eucopai e >Uttto l%iKdicio-.Cc»t1ÙMBtb
pta divùo ia va» Ji^anii indipeodeéti e pòdertHiit
e biaogoa^a tmt^r la guerra e la,. pace<i s-ptm^
der. c»scanQ per, la sioarez^a del prolMéib .staio,
poco dÌTt)i»e vie da quelle-cbe t^engotio i po^iH
tati deV nostri leiqpi.. Kagg«va,rÌB]pciÌaor»Dtala
Anastasio, augusto , .pHp<^^ in vero non Iroppif
animoso uè giwtriero , «aa, signore nondìmened-uq
id(nnÌDÌo va«ti«eimo (i); 9 qualuqquit wita aimsd
trovato un, nticiistro fedde, cheìo aeprive.n^'Sim
iiDprese>{< avrebbe dAjc^ ass^ì che fare a* suoi »?
chn'. 'Ma in fatti non. cbe- potesse recar, gray^dt-e
storbo agli aHarì d* Italia , ^ì, ebte .«ziandio it
più del tfmpo in gran mercede ctie Taodoiifid
non s* impacciasse ne' fatti suoi; e oomecbi io»
Volta mandasse contro all'Italia, tutto il fruttò
della spedizione fM d'a^rer, pnedfito Taranto e i
lidi vicini piuttosto a modo di corsari , ohe di
giiMrieri. I4ell' Africa regnavano; i Vaodali *vH^
iì re Trasamondo , già terzo sucoessor del famoso
Genserico foodatoro dt quello stato . Oltre alli^
tofAte ed ampie e feconde provineie d«EQ' Africa ^
. [i] ììOfm- lom. 5 de Anau. Ub.iek >'33. — Ditafel pi(h'4^
0. Google
poisedera ' anoop IWsambtidó lat Sardegna ' « là
Corsica, dì riiodo'tìfce niun àltw pfòdihii'avveb-'
be aviitO'b{^rtuoitàd^!Bquietarntalm; mapas-
sò'anooira' fìtti questi due ré ibftmt e sincera atni^
cizia, percbfc, 'comfe aa?ì ch'erano amendue, re'
devaDo- guanto* importasse loro di' teD^ti uniti ,-
doretido > tutti ctoe' «gualmentè' &tar in guardia
contro Fampeno GmcO bhé'mitava di mal occhio
»on"tneDOÌ 'Vandali ■ielt^'Afritìa, che i Goti in
Italia. ]^t(e''Spa^)i9V'ebe-anite alla Ftovenza e
fc qualche idtEfk^kwnoD- delle GalHe formavano un
«ólo rtaW Mttd i ^^ti , 6n' a tanto che ri re-»
gab Alarico ,bod taavéb 'savio i;bm|uÌ8tat«'e che
prode capitano, Téodoricò fti riguardato come
PamicO' ed alleato prinéip^e' e necessario' di quel
»-oohtw>. i' pr^re*ì' dì Glodoveo. Poi' quando i
per un fervor -mal' cbncetlo de' nioì^ 'siedati 'Ala^
rieo costretto di vehine a una" battàglia sVantag*^
Ijios»,' fu morto ÌQ-<]UelIa, Téòdorico si godfeiael-'
te' «tato de' VtsÌgoti''Una *era sovranità , sotto noJ
me però di tutore e protettoi' del fanciullo "Ama-^
fan-icd che successe ad Alarico. In un' altra parte
delle Osdlie ^egoafanù iSoi^ognoni, i quali aven-
do nnito -abusile 'Provincie che poi ebbero nomò
di Borgogna e Del6tf«to, anche la Savoia e- par^r
te ancor dell'Elvezia , tenevano stafo di troppo
grande ' ìinpottaBza alla miglior parte àtA regnò
Qot^. Qoadebaldo re loro, che vìsse he? tèmpi
■di Teodorico , non cedeva gran fatto uh per va-
lose, , tè' pei: «ooattcaaa )■ BÒ pec antbizSone' ad
0. Google
|6 Dms Kivottntiom DMtAtiA
Ciktno de* principi sUoi coetanei ; e oon 1^ perdo-
nò panto a queste proviocie,. allorché .vide > 4u9
tx)iicoiTentì al re^o, d'Italia ,(xciipat! a gnerr^g*
giar fra di ,loro , Ma quando sì ifovaxono. da. una
parte le forze d* Italia fertUamente rìordiaate , 4
cbe dall'altro cacto le rapide conquiste, de* ^ntn,4
clii daVaqo assai che) temere agli stati circou^cj.T
ni , Goqdeijaldq ebbe per nepessario j^tiitp 4!
procacciarsi 1* alleanza de) ce.dUtalia^ ,0 alpieno
di non mupver le afilli di questa parte . Ma só-
pra 'tutti i principi che fiorirono durando il regno
di Teodoqcp , il piti .celeljre e glorioso jiella me-'
morìa de' posteri, ed i! piv terribile mentre cl^a
TÌs^e * fu CIodoveQ fondatore^ 4«Ua monàrcllia
É'ranccse. Questo pHncipe, scoDGfto Sìagrio gè-;
aerale den^nnperjo , e spenti affatto gl^. pltimf
ivanzi del nome domano nelle GalUe , .dipdie »
^ovat» ancor di vent'amii, alti principìi ad 'uq'
CmoTO regno t di -cui fece, allora città capitale et.
ffde Sòissons. Quindi con nuove vittorie'. allarg?!
(ion rapidità degna d* ifii Alessandro e d* Un Céf
lare il suo domìnio' e pel cuor delle Gallfe, 4'
Òsi canto della G^rmoni^ fin oltre ì\ Reqo . Vir-
tuoso e lodevole per molti riguardi >. nodrira.jion-t
dimeno , un* avidità indicibile d* ingrandirsi , , .per
cui non ebbe rispetto pè atte divine ;i)èLal^e urna-,
né leggi , né , 8* astenne d4 bruttane crudamente
le m^ d&l 'sangue de* più congiunti per arric-
cbirai di Ioro_ spoglie vcd.assìfjur^rsi uQr^qo, più
libero e piti assoluto . Pagano » qual egli er4
ovGoo^lc
He-* ^prif^ , aBDÌ del ,9110 r^gjtjp , ;9 t^ttfX.^'^
(avesse ctatp firiac^io alla sit% poteo^a ,d^,,ii^FPÙ^
dichiàratissimo de' Romani. (1)^ (jpi^.tiilto .gpestq
ebbe tanto o di fortuna. o di ^np,.cl^9 1^ «fes^
{a" Òistiapa. religione e r^iutori^ del. Ao;q;i«i^
impepD-seryifoiib non poco ^a sua ,gnitide7iEaf
P^Eciocchè divjsmito Cristiano per.opefp. .^i. (J^-
^^^, ' i^.^ '^P?^ .44 '
QpP§ u fpi^ il a<Jp j^
cosa ( ! de* veacpvi j
de^ P potavano tfopp<|
sostfiD t Aff B.o^ogn^
tiiy A à valse, non po=
C9.,ad agevolargli Tacquistp di iQoJte città.' ^^
^mpo stesso ,1* astuto e debole Àn^^io Ìiiif>er^-^
dor d' Oriente», per divertir h forze jiel i;^ d*^^
Ka., ^ui.iglì odiava grandemente, e l5(!n»fT^;K;iRBRt,
^ c^. ^ai?i aipico il ™ Franpeg? , e gli.fl?^^^ ^
insegoe o 4* consolo o di j)atrÌRÌQ,jaggiqgnp|jd(^
apGpra il titolo d* augusto. In questo jBjp^o .C^.
^ove?:, ,rÌcoBos<;|uto e qu^Ì,a40t^^to, conte ^faff^
pò e collega ^ell' imperatore , si potè.g^adagpaj^
vie meglio la stima de* Galli cbe ancot si yB^af^
van Romani, Ma l'accortezza dì Teoderico seppe
proGttar troppo bene dell* ambizione e delle felici,
imprese di Clodoveo. Perciocché ardendo questi
a un gran desiderio di occupare il i<egno de*
[i]'^. E»init Att Loii Jib. Jo, Cip. 93, a4.
=dDvGooglc
'4^ DsUiB Rivoluzioni dMtaua
Borgoga<Uii, cerc&perquesfefiettoedottenneT'at''
leanza degli Ostrogoti. Teodorico, che per altro
era lontano dal voler aiutare un potentissimo re
ad accrescere verso Italia '.1 suo dominio , seppe
sì ben Tare* che t^n una mediocre somma sì
colse il prìncipal frutto delle vittorie eh* ebbe Clo-
doreo nella Borgogna, unendo allo stato d'Italia
buon tratto de* paesi transalpini che le armi Fran-
che aveano' occupato . Di poi con una sola scon-
fitta che diede a Clodovep presso Arles, sotto ti-
tolo di vendicar le ofiese fatte a* Visigoti e la
morte del re Àlvico , s* impadronì effettivamente
di tutti gli stati del morto. re. Con tutto questo,
avvicinandosi Teodorico già molto bene alla vec-
chlezza, laddove Clodoveo passava appena lame-
tà del corso umano , non potea non concepire
grandissima gelosia e paura di questo re, giovane
belllcoto e savio e riputato , -se la morto immata-
n di oostui non Io avesse liberato da un vicino
così formidabile,; eoaicohè per un rispetto o per
r altro. Teodorìco ritenne finché viste una iserta
mag^oranza di credito e di potenza eopra tutti i
prìncipi, quantunque grandi e potenti, dell'età
0. Google
làBBo. V. Capo VII. . 49
CAPO VII. , .
Priao^io della- decadenza del regno (k' Goti. .
Or, ijorremo noi dire pef tutto qupsfo, che il
caràtteri! dì Teodoricp fosse perfetto; che un bar-
baro , un Ariano fòsse senzji .difetti ; che il gor
verno d* tn. ùc^sor di Simmacp e di Boezio an-
dasse eeeBte.di.'biaKJmo ^ d'ogni macchia; che
un re stranieto soddisfacesse appieno aVRomani,
lisati per tanto tèmpo di riguardarsi ^oipe signo-
ri del mondo ? Siauramente quel gran r^ non po-
tè'sfuggire ila disavventura che toccò a tanti «''''^*
grandi. prjncipi, d'a^ver talvolta mafTàgi comiglie-
rt'e tristi cortìglfitiid* attorno,, è secondare, più
che dòn sarebheglì bifp^natd , ^ fìUrpi suggeri-
menti. Ma, a voler, dire, 11 verói qu^lo che ca-
gionb, sebbeq '&rsé . non^ inrmedrààiniténtc , la ro-
vinft d'una monarcHl^. fdic^9kentQ,foiiddta« ed
oscuri) forte, la gloria- 9, la rinomanza del r« Teo-
dorico, fu il ilon aver egli avuto figliuoli ma-
wfai, e la pn'dita immatura del genero che s' ave-
va eletto da lasdar successore.
La .vecohi^zz» poco ineiio cba wba di Teo-
9orìco, da, che non gUreitava ohe una figliuola
cop nipoti ancor bambini , suscitò , cosi ia Boma
come per tutto, il mcoido i soliti pensieri s discor-
si intorno ai successori ed alle rivt^uaioDi ohcf la
Temo II. 4
ov Google
5© Dells Rrrotuziò^i d' Italu
mancanza d'uà re poteotiMÌmo di nuovo potea
cagionare. Non può dtibìUrgi che fra i grandi di
Roma qualche susurro non si movesse adi rimet-
tersi in libertà, o almeno di crear come prima un
imperadore * e sottrarsi dalla signoria de' b£u:barì .
Governava già allora le cose di Oriente T accorto
ed ambizioso Giustiniano sotto- il-nomeddTficchio
Giustino , a cui non era dubbio eh* egli voleK*
succedere . 11 qual Giustiniano già -lÌTol^ndo va-
sti progetti neir animo i potè di leggeri esser ecK
tralo in occulti trattati con qualche Bomatio\ di
TÌanire sotto al 'suo imperio anche Tltalia aUt' mo»
te di' Teodorieo , dopo cui era focile il prevedeiè
che la minorità d* un euovo rC) é la legg/stam
d*una femmina avrebbono lasciato adito A uac^
chinatioBÌ . Ora , eome queste cose doreano toast
idi latto verisNtne,- così t servitoci -di TTeadimè*
non èessaroBo di rappresentarle magg^oci^ db pcm
che il timer prefirio' faceva- j^be- nsi^giori - se I»
immaginassero essi più di queHo che era» ^1P™*
Ghè..voleweK>'^«'Wsi -di-questo^ pfttosto'per rovi-
nare i più ac(9>ei£tati senatori , Id rip«taaotte èif
quali oscurava il loro nome , e s'oppo&eva sfies»
«e alle loro voglie avare ediniqoe. D* qsetta aa»
«a ebbe origbe la caduta di Boerie, » K«dÌ6
^* eccitò e(»iti!t] di si Teoihtiào &a ì'ROmani,
« il desjderio-che di là nacque di sottiarai al d»
mitfio GoHt»}. Boezio ehe id fùù riaeòntri,. a spct>-
rialoMnte per la proteiìone e la difesa che prese
d'Albino, uoffli> ^^mde e dabbene » perseguitato ,
0. Google
Limo V. Capo Vir. fik
com'egli sfemo racconta (i); dai cagnotti dei-
la corte', s*aTea. tirato addosso Io sdegno e l'odio
dt'COttoro, fa per loro operaeione accusato egli
Messo f che avvsse scritto lettere contro il-gorer-
so ; » pensato a ritornai Roma >Q libertà. In una
eltusa sì lubrica >e delicata ì 'più de* senatori , per
BOB ne comparir coÉt>plici, voltarono le' spalle a!
loro ocRega'; talché Su prima bandito, por carce-
nlo » ' e ttltiraBineate^ toftò di Vita qiiel ebiaro lu-
me de^Ia sspieiitea' RemaoB. L' ingiusta 'morte dt
BoeBÌO'in Tece' ^i 'calmare |jt erndeltà e i sospietti
del re, la fette, come il più' d^lle volle snecede »
iatperversar naggiormeote ; e sparso otta ioitii Ai
■at^ue innocente ; fu come da furie vendicata
ipirasatoa mioris- scellentà,' cpasi per rìparaf ìe
p»nte. Ber toma' efte Shninaco , suocero i^ Bue-
aÌD-«sebatei« ■Dciif' e^ dfgraifde' affare e di
nraamo cre«£tQ'fra ÌBinnam., aoficei«ftssei3i veti-
dicar la^ irftx^ del genero-, utfdse poeo appresso
TOcfae< liM . ■ - ■
Permiimoiaté dbvettgro queste tÌMamieber opw*
raiaifMii al)e1l!a^ dà Teodorico T ammo di tutti i
buoni , S' a^'obstf a reoderhy Ti» pift-odioso ap-
fVMBO i cfitfoIìoT, cfuali erano a quel tèmpo- gene»-
ralmentfr gFItaliani , cn motir» di relìgioB» . A-
vèva - rimperàdor '^'Otieate pubMicate'gag^iar-
*e leggi cétìtrt) gli Ariani - l'itodòrictì^; 0" perchè
it-mcfVeie& sua pròpviò aieló 'fti faxav-d^ìÌA v^ì^oOff
0. Google
5a Delle Rivotuziow p' Italia
che professava « o die ne fosse. soUeoitattf.fja*
suoi Goti tutti Arìaui , s* Adpperò prima eoa -Vari
modi a fìae d' indurre. Giustino augusto e Giusti-
Diano a non molestare gli Ariani Ìoc sudditi ^ meor
tre i cattolici godeapo perfetta libertà e pace ia
tutto il dominio de* Qoti . Qr , non avendo il iv
ottenuto su questo particolare la soddisfazione cb«
desiderava dalla corte di Costtaotinop^li, jsi rivolse
alla fine ancor egli a usar crudeltà contro i catt
tolioi. Veramente era troppa n^tMral insa ohe^n
re qual Teodorico non pptesse djstifBular t'ingi^
ria che gli pareva di, ricevere dall' ìmpenadore, e
che. si movesse. a usar. verso. i cattpUci suoi sog';
getti, quel trattamene raedesimp che rice,iHivanQ
da Giiistl^ coloro phe professavamo i;eligioiie ^
.versa dalla don^ìnantè. Ma nqn- per, qiutstp jk^jtfh
Y9 imp^irsi che in Italia o in ..Eom^ ,gli . zdaittì
QE^toliof piendesseni gcauijifiavr^sioBe qp^tro Xeck. -
dorico e i suoi GoIÌt .■:-■:. . i : ]:
. .., .e-, A ? o ' yia,:, ....,.: .
jyiprì in questo .mezzo il v?c£;!tio 'rp^ a, yui ,for^
se il rincorso 4' aver^ uccisi c^ue _ if i^liU^si sen^i^ri j
e ^.s^jèfe A'essw^v^uto, in^piiiii, i^e^.jgyi^R,,^:
^qonf',,vàtbréyiò la,, vita. ,1^ savl^z^.,^ Aipa^
li(suiitìi'..che. gpwrjiò i|„r^np a noi^ ^^jM'^
0. Google
t'iBRÓ V. Capo Vili. 53
Àlataricó, ritenne pet alcuni anni Ogni cosa in buon
oKtìne' e lo statò in riputazione* mentre ella s*in-
gegnara d* allevar il fanciullo non da barbaro ;
ma da Romano,, facendolo diligentemente instrui'
re nelle lettere Latine e Greche.' Ma al genio
de* Goti, di cui era piena la corte del re, non si
confàceva punto 1* educazion letteraria ". Non era-
no al certo dimentichi quanto la loro stessa na-
zione senz' alcuno ' studio di belle lettere avesse su-
perato nelle opere dì goerra e di governo i Gre-
ci ed ì Romani ifi queireta. Teodorico, ■ ancor-
ché avesse mostrato assai stima e riguardo verso
le 'persone letterate ne* paesi conquistati i avea nbn-
dimeiTo proibito a' suoi Goti lo studio. Ben è fa-
etìc il pOTsuaderir che quel gran re stimasse prfa
siouro mezzo, per mantenere la grandezza deMa'
sòa nazione, roccupargfi'Dnicamenté negli raerci-
zi militari, pèrcbè la'dofcezza de^fi studi leHeta-'
ri non ne ammollisse il valore*. Ma forse che so*
pra tutt' altre ragioni prevalse nell'animo de' Go-
ti ad ingenerar loro odio agli ^di' V esempio che
avean presente di Teodato figliuolo' d* una sorella
di Teodorico; esempio certamente 'attissimo ad ab-*
bassar la superbia <K chiunque si credesse miglio-
re dfegll altri per aver fmpregati i giorni e gli air-'
et iregK sludi d*'ilmane lettere e delia più nobile
ffló^bfia;- Teódato, ' cui' là storia tì rappresenta'
istmtto ntìilè 'belle let'fere , ' e nella filosofia df l'b-
fcmte Versatisiima , cii> non ostante' era si' drfppocd
e cat^o, ebc tion eh'' ?gK àvessa-'pùf'Vòhibrà
ovGooglc
54 Delle Rivoluzioni d* Italia
delle virtù dello zio, ma avrebbe niperatb tn^
viltà, neiravarìzia e perfidia <^ peggior rìbAldo
di feccia plebea. Per queste e gomigliftoti ra|^c«Ì
i principati della nazione o iifertuaeero o cforzaro-
no Amaiasunfa a levar d'intorno al gioViaetto re
que* suoi precettori ; e scegliere per gli eserciti
dell'armi e del comando compagDÌA più «onve-
niente. U pessimo «ucce»8o ch'ebbe il coitM'gKo
de' Goti ti voler rimuovere da|^t studi Atjdàrtco i
paragonato eòi cattìf E frutti cfae produsse l' era-
dizioDe di Teodato, e colle grandi cose chfi fecii
il non dotto Teodorìco, basterebbe solo » indiAre
nell'animo nostro un vero pirronismo fatt^oe tU4
l'Btib'tà«d inutilità delle seienu i qoalora sì tnt^
lasciasse una considerazioiie che mi p$r Aeeei*
saria.
Iti una narioae o povera o razzar, dóve sono
più fiwquenti le guerre e le occasìom di darar fa-
tiche e darsi agU esereid del co^o, e più rurì'i
perìcoli di corrompersi ne* piaceri. e aal^'^b'zie,-
pub ben essere che acche i fij^iooU de'graDdi
passano passare la giovìnezzft e fiuscir uomini di
qualche conto senza lettere e team «tudi, coni-*
pensandosi il difetto delle n'ozioni che s' ae^istarl
no dalla lettura, oon quelle che la pratica delle
cose c'insegna* fida nelle città grandi e doviaiose
un giovane ^ gtìm assenta e di grande' stato eòt*
re «nnifesto perìcolo d* immergeni nelle semiafi*
tà e ne* disordini , allorché^,' passate aleune ore
d'esisrctzio co^ortde di schenoa, di giostra è di
ovGooglc
. Eifiao, V. Ca»o VOt 65
danM/t non cerca dì fissarsi ia «uj libri ^ o dj ri-
volgere aliaeao una parte .del suo pensiero iq co-
H soientiSche; ed arti liberali. Pi fatta Àtalanco »
lasciato libero, e tciolto io cQmpagaia de' suoi et
guali , iu 'bsDì pceato dirotto ai disordioi della go-
la e dell^ lascim : iielle quali cose trovò tanto più
iàcile la rovina, percbò esaeodo re ebbe mepo o<i
itffooli a11« sfogo d^Ue «ue.giovaDÌli passioni q
dt^tuoi capriooi. Se, i' avo di lui. avea potuto sen-
sa. studio di Iettai:» p^riieiiirB a sì alto 'grado di
saaaa.e.di vìrtit> cagiqa. ne fu TavAr e»ao pa^sa-i
ti i fwimi aopi in dura e pericolon milizia, «
Wavet fiittp ia età perde luogo soggiorniA in Cq->
staatinopoU t dopa potè^ s^vùrgliin luogo di Ist-.
tura e dì libri il ulo vedere. ed udirà, ciò cke «i
faceva e di(ìcvja io quelle taute cabale di corte e
moluziom di governo-. Era-ben altra co» lo sta-
tt.oAaggn «ooD. Tanirao .ÌDt«sQ. a .pno4curJff4
pretUto* e «tudiar io cau. d! akd' U via di salire
ia- fÙEtuiHi:, che i^ovair in cqi^pFQpBÌa.l4gni&dez->.
M ^ì "«tabilila , iQorpe, la. trovò: At^ioo . Ora^
il - c3ttivt*3ÌiiiQ awiaiQWto 'cliB> prese.quetto.regio-
vÌQntto.,';ft il nallentawi. cbe. fecei» per. necessita
gli ordia^ de\ ■govetnq , non sodamente ipdebotivA
JMteVD^niepte lc'&t«e d^l regno, ma. d«vitaiK(»4
taAggiofie .«tÌDKhli^ a M^HiAtiuiano augusto.» fìir Ì*iu->
pce«ai*-«. cui l' u39J)i4op@ .aua ^- da. per .xè ìa
ohtMUsajia^ éì i^per^r «jf imperio fioòxana Via
Miia .. E4:ioli«e -a «io,, ^atalasuatai vcdlepdpsi d«»
0. Google
S6 DeUB •RwOLÒ'ZiONI bMtalia
anni di sua' reggenza ,' e scorgendo aliewrtD',' da
sfe ir favore de* Goti ', oomlnciò - a "trattar éi raiv
rìspohdenza colla c^te d* Oriente j' mosbttodò'spo-
ranzaa'Gìus^iaae, gìk succeduto nd.tconoa
Giustino, di Voler essergli devota fid 'ot^ligata-.
.Teodato dall'altro canto, dhe perla diqieróttr's»-
Itite d* Atalarico si fedea vÌcÌBÒ>Adeiserecbiatnar
to al rc^no come solo mascliio del sangue degli
Amali , non ommetteva di farsi benevolo INmpe-
radore ; e trattò eziandio , prima di salire al tro-
no , di dargli in mano per tradimento la Tosca-
na, dov'eglt era per sue ricchezze assai potente.
Così andavano le cose de' Goti vie più dedioan-
do di giorno in giorno , allorché , morto Atàlari-
co dopo otto anni di regno , Amalasaota o da in-
giusto consiglio indotta , o costretta da necessità ,
non essendo costume appresso j Goti , che 1* au-
torità e il nome sovrano ripassasse in capo d'una
femmina, assodò àt trono il saddetto' Teodato;
esigendo però co' maggiori giuramenti del mondo
promis^one espressa', cb'ei dovesse contentarsi del
titolo e. dell' onor del diadema, e Iitsciare a lei
1* eserdzio libero della sovranità , di cui alla moiv
te del f^uolo sì trovava in possesso . Ma tanto
fu langi Teodato di mantener la promessa alla sua
benefattrice, ohe , lasciatasi dietro alle spalle ogm
san^ di r^gicoie e dì fede, non solo tìrossì Tas-
solnto comando, ma tolse «Ila regina con la eo-
rena la vita: perchè in lui, come por troppo sucw
cede io alcuni, ebbe più fcwza l'abito di perfidia
=dDvGooglc
LifiBo V. Capo VIIL 67
ft d*aTaTÌ2Ìa longameots contratto, e la memo-
ria ddle offese una volta ricevute , che il ri-.
guardo iti fìnscet' b<9Qefi2io , L* infamia d! così ma-
nifesto spettoro e d* icgratitudine coù detestabile
rendè 'Teodato odioso a tutti i sudditi, e diede a
GiastìDÌiuio l'ultiim) invito ^d* invader l'Italia, col
pretesto di vendicar la morte della r^'oa.
0. Google
u
' LI B RO SÉ^TO. '
CAPO ?RiMo: ■ ■ '
Costumi ^Oriejtìe e della certe di Cóstan&topo^
li nel tempo che P Italia Jìt riunita a gapW im^
perio.
ir et le cos^ cbe ci £uemo ora a:tr^buv« bea si
renderà manifesto che la famosa impresa cui £toe
Giustioiano per la ricupo-azione d* Italia, porti «
questo nobile paese maggior detnm£ato,.(^:noa
fecero nel precedoote secob quegli stessi berbarTf
dalla dominazione de' quali, ctmie da lusopportaM
bile ed esecranda tiranaide , pretesero :Ì Otvoì di
liberarla. Non sarà però opera inutile, prima c^
Tenghiamo a raccontar le vicende e l' esito di ijuel^
la guerra, premettere quasi un breve ritràtto deU
W case d* Oriente e de* costumi di quella nazio-i
]», sotto la quale tornò l'Italia colla distmzioi»
del regno Gotico.
L'imperio d'Oriente non contava più didne
secoli al tempo che lo reggeva Giustiniano: e
s'egli avesse avuto somigliante principio a quello
dell'antica Roma, avrebbe dovuto trovarsi ^Iora.>
nel suo vigore. Ma quell'imperio nato net fasto,
D.q,t,zed.vG00glc
■ . ■ LiBBO VI. Capo I. $g
nella moUezza; sótto il reggimento d'eunuchi, di
femmiue , di bacbarì venturieri ; e In mezzo a na-
zioni per doppiezza e. r^ìa, fede . passate in pro-
verbio (i), non fece altro per duecent* anni , che
crescete in corruzione . La ' mollezza , P infiogac-
daggioe , e lo epjcito , sedizioso « fazionarìo - che
Dell' autica Roma andò crescendo grado a grado a
misura <^elU potenza e del lusso pbe s*. introduce-
va,) ebbe nel|a nuova Bomp «lUo principio nel oaL-*
score, della città; e tutti i vìzi morali' e {wlitiià
che abbiamo osservato in Italia ed in Roma alIor-<
che r imperio d* Occidente era presso alla sua fine *
tutti si trovarono nello ^tesco grado io Costantinon
poli fia d^ suo principio, perchitrovanwo le stes-
te xause. Circo e. teatro, distribuzioni di denari d
di Fiveri V tutte cose ohe invitano e favoriscono
Ycaiae to spìrito dì fazione nella, plebe* furond
iotco^oitte in Costantinopoli dallo stesso fondatot
Costantino'; e il popolo dr qudla città ebbe tuttd
ad un. tratto non blamente la.pcJtroneria della fde-
be Bomana^ inacquasi ancora io ìspicito .aedì^oso
e dispotico de' pretoriani . E se l' ippodromo dove
1 tuimilti erano così frequenti, e dove l'autorità
imperatoria j^mtamente sì disprezzava, fu luogot
più funesto che non gli ìdloggìamecili' nùlìtaii di
Boma ; ìs nobiltà , il senato i e la. coite nata e
(lì Graéca CJes, rifrlf ÈWds «-*. t'olir- idest: Gr«-
d« nequaqnam novit fìdem. Eurip. in tpigh. Tour. — Hòc
Hue nomiuc ea nati» ptitìnic audiit.olijn . 2IJ(mut..Jdag.
0. Google
6o Delle Rivolohoni d'-Italia
crespiuta sotto un governo dispotico* "ed orìenble,
ebbe per prima impressione e per carattero origina-
no- grìQtriehi, la cabala e radulazìone: e itgran
numero de' capitani barbari, Unni, Goti , laaari ,
che ^ncgl'imperadori Greci cominciaronp sì p^r fem-
po a tenere a lor 9oldo , rendè nel ■ minisfero e
nelta corte di Costantinopoli I» doj^iezza , la men-
zogna -e la perfidia quasi necessarie per i fwspet-
ti continni che ora i principi e i lor miaistrì
aveano de' generali, ora ì gelieralf de' loro pa-
dron-i .' E il sittema militare di quell' imperio' non
sotamente influirà di molto nel carattere della
corte , ma generalmente sopra gì* interessi d' ogni
particolBre; perchfe essendo invatso V uso nef-
l'Orienfce fra » TÌUani di- regalar largamente fc»-
pitani pep essere protetti da- loro, oftre cbe i «if-
lani diventaTano fosolenthsimi contro i padroni
delle terre, s' accresceva la pi-epotenzaì la vio-
lenza e ringiuatìm de' militari. Ma- due coso
fanno, per così dire, ri carattere distintivo- del-
l' imperio Bìzairtinoj' cbe sono fa poteora sorrana
cbe sempre v' esercitarono le imperadricf , el* en-
tusiasmo deKa -religiqne , o sia lo spirito dell'" ere-
sia, ein vi à sparse &a dal principio della sua
fondazione (i). - .
Per non so quale fatai capriccio gPimpera-
dori d'Oriente s'iovogliarono quasi tutti di farla
da teologi ed arbitri nefle controversie di religione j
(i) \. Sines. de Regno — Libati. Orat. i.
0. Google
^tiBBo 'VI. CawdI. ' 61
c0»lcilfè la storia ieccleriasticff dal quarto 'seò<j-
ìa in poi^ è talmente iotrecaafa con. la storia
politica -di Coìctantìitopoli , che per essefre' ìafor-
mato delie PÌeende di quella corte basta aver let-
Ib la storiia de* condii e delle . ereeie . E senza
Snàar più oltre ricercando di queste case, una
sola riàefsione fotrà , a mio credei» , dafc! a co-
noscere qua!, divario passasse tra lo spirito del
Cristi&besTino de' Greci, « quello d'Italia e d'Oc-
c^deate;,Cd è citò tutti -jr .veecori e pontefici di
merito singolare, cbe vissero in ffalia p nelle Cal-
ile, furono non solamente venerati come padri e
inaestri delle cose: di religione, ma riguardati co*
me oracoli eziandio neHe bisogne e ìiegli affari
dì stato cori da* Bomani, che da* barbari beo-
chè erelfei , E se alcuno di qile* vescovi pcciden7
tj^'di .graa nojtne, come Eusebio di Vercelli,
Ilario di Fottìers; e talvolta lo stesso Ambrogio,
ebbero e patire trav^^U e guai,* cÌ6 avvenne ap«
plinto pa- malvagità de* Greci augusti '■ che m
quel tempo domìnavan l' Italia e, le GalUe; Ma
in Oriente tutti i più dòtti e^ più zelanti paistori,
Atanagio, Gregorio Nazianzeno, Giovanni Griso-
atomo, CirHIo, passarono amaramente ì loro aor
ni in tristi vicende, deposti dalle ler- sedi,' perse-
gurtatr,' esiliati-, e-in varie mam'^re trayagliati da
persone-'cbe tutte profe'ssayan . per altro; nome 0
fede Cristiana .
Veramente la più parte di quest» brigte
provenivano, dall' ambjzìon - deJIe '. donne ài corte.^
ov Google
sì . Delle Rivoluzioni d* Italia
e delle auguste prìncipalmeate.'ie quali pìh a¥p^
de del eomaddo per questa régiòDC appunto , per-
ctè noù ignoraoD che la pfOTTÌdenzà e la ragio-
ne della natuira e delle genti Te' voglJòn soggette^
facili a sedurre dalle in*mere Itlsiiigh^olr j edàl-
r aria e dall' apparenza dipiéti, faróBó per 1* ordi-
nario lo strumento di cu» si valsero i novatori pe*
rinforzare > dar rilicTo agli crròn fc alle br fano-
ni. Le storie del regno diCostanzo,' d'Artiadió, è
dì Teodosio n. faoDÒ chiara 'testimonianza delle
parte ch'ebbero iù tutti gli affart dello statò &
della Cliìesa'Ie imperadrìci di GastMttoopd)! -. Ma
il Vero carattere di (Mrepofenza donnesca ■ spìecS'
fn partìéolàr iDantera ' nel regno di GitisfiniaiioL
Perocché le due donne che regolarono sole ogni
cosa, non ebbero la potente Iona-- stabilita né so-
pra'alcun "ditìtto di nascita ( come Plactdia ^
Puloberìa), né sopra la stupidità de* mariti; ma
sopra tutto cr^ eie costituisce il primo' esferr éì
molte femmine : bellezza , lusiade, menzogne*
gdkmteritf; 'E'perb tanto -fu più rovinosa la kor
potenza, quanto pie di raggiri e di fròdi e d*"!»-
giastiaie doveltero nsaee per- rìtunfe ne^ k>r ài^
segni. '
Vivendo aneora Giustino ai^usto ed Eafe*-
nta-^ua moglie, chiamata pimaXupicìna, Giu-
stiniano di Ira nipote, che come paceùte favorito
e successor presuntivo amministrava V imperio,"
s wa invaghito d* una cort^iana insigne , chia-
mata <T«}dotst, la quale ■ uscita di vii nazioney
=dDvGooglc
liaftO Vt CAPal. - • 63
corrte quella che fii figlhidft d'uaAeaeiognar^-
no. degli otsì ohe serrivano ag)Ì spettacoli deV*
l'anGteab'ò per la fazion Prasiaat era prima sta-
ta serrente- d* una ma. maggior sorella * e poi
tioBunediapte t>uJ9a e donna di mondo nel tempo
ste^:, Pare nondimeoo, .eh* ella abbandonasse
non solameatQ il teatro^ ma. ogni altra galante^
Ha, da ciie s'ebbe assicurato l'amore di GÌ«iti-
niano. Morta la vecchia iniperadrioe Eufemia, la
quale Bachi vi»e avea costantemente impeéito
le nozze de' due Amante, . Teodora fioelmente*
dichiarata sposa dell' imperadore ed augusta , .fu
padrona . deir animo del marito, e dell'' impC"
rio (i>. Dalla storia segreta di Procopio risulta
(i) Conié-IJc leggi dello (Uio Tietatan» a' jMiirUi il
pigliar per moglie ^o^ eoHÌRÌana, Giustinimo «w« inti-
cipataiuente rivocato quella leBge per potere sposar la sua
amica ( ^necàoi .' pag, 4*-)- L'autor che citiaino, c'iiif«>r«
iaa anche altroTC (jMt- 65 ),: che GiB»U«lajio leges Jixit
et refixit ad ogni variar dì capriccio od ialerefie, di Ini
o di Teodora o de! ino' famoso conriglìere Triboniano }
cosa che molti «ilici gÌur<ci>DiuU> nofc ia»clfcr<ni6 di. rile-
vare. floB vogliamo diwiraiilare peii^ cbe la storia stgiTe-
ta da cui )i ricavati te cose suddeite e il ritratto cbe qni
abbiaoaa aUMniato della corte di-GìnstioidDO , ti cxed* d4
aleani apocrifa e falsamente attribuita a Procopio ■ Ma
chiunque siasi 1' autore di quella storia descritta veramen-
te con istile alquanto avvelenato e satirico, Boa è p«ri>
posiibite di rivocarla in dubbio nella sna toilanza • Giovafi-.
ni Eicheiio, per rigettare i'aulorili di questa storia segre-
tk, mise insieme nna farragine di lestìmoDi' d' autwi tìvU'
ti tolto Gibstiniano a poco dopo, e cbe- icf isserò il cqn-
tfarió dlcii che si legge nella storia segreta. Ma e facii
cosa il comprendere che quegli scrittori credessero oltret-
UiBta tttil partito lodar Teodora e GìuiuoiMlor -^uao'A
=dDvGooglc
$4 Delle Bitoluziow D*h'AUA
ineDte^iueDo , che Giustiidaiio e (teodora aveaiio
ingegno ed accòrtexza fiqiuiiiia , e che mao^g^-
rotu> 'Con soinpia concerìa tra lofo - tutti ,gli . e£-
fari ^11* impedo ; con questo divario,, che Teo-
dora ci poteva più del manto , Or , ocnne esn
erano aneodue da inopinata fortuna poirfatj . a «
alto AtatPi do^e «od eia passibile disfìig^ riot
ridia e Io sconteptainento d' ÌQ&pjite gexioiw che
sì pputaTaqo.-aisai più nerìterqli .^ ^^Ua.scanr
deifSBt.i soipetd,* I? ^f^^fitae, e la p^^otfif^
ne de' grandi e .de' .potenti, «Ffiiio, inevitabili.
Sen^acfaèjri disegpi e le .voglie di, Git^stiniano
erano amqoi lupenorì alla. gcapi^ezj^r del suo-s^*
to, e^ il fastp.di !!I^e()doira ., maggiore q»^ì, divari-
lo che si convenisse a gran reioa. Qin;idi naicfr-
va r.avai^zia d^Hl^uoo.e. dell* altra, ,.p^ supplirà
alle spfse ohe i. yast^ edaiabìzig8Ì.-d^agiiiipgbÌ9t-
tis90.ao necessariamebte ; ed infiniti raggiri, frodi
e ingiustizie si p^p^Tj^/jp .opera,,, pef..tf;%sr&-9i ca-
sa loro il den^ e la soetania .de' su^ditì^ (j).
OjT, questi, dunqqg^ fiironq l prjiKjipi, ^t^p ,gV SS'
diai de* i}uali s- intrapeese: di eapoiar. i-Goti d'Ita^
lia^.c jriynirl^ ^U*Ìp)p?rio, :'i . , . ., , ... .;
tarebhè stato pericoloso llSirnétìiaìe/'aiicprchè veroJ*iixeit
Uftlvivèépo «Mi e i-IpTo parerli. ' ' i- ..'■-' "^
0. Google
tiBRO Vf. Capo H. '■ iSS
C A P O «.
Ca^m e prìncipU déBa guèrra contro i Goti^
Oe alla storia segreta prediamo fède, il primo
ed aache ragionevol pretesto eh' ebbe Giustinia-
no dì muover guerra in Italia, nacque pure dal-
ia maTragia gelosia dell* imperadrice Teodora .
Amalaìiuata, da die ■rìde che l'autorità sua era
caduta, è che Teodato' chiamato da lei a parte
del regno , in luogo di cooteptareì degli onori e
del tìtolo, voleva' piir comandare ìneffetto, avea
fatto pensiero di ritirarsi a Costantinopoli per vU-
TfeWf; benché in privata fortuna ^ con quegli ono-
ri e *iue' comodi' che per "mezzo d'occulti trat-
tati l'impefadoreie dava a sperare .' Ma" Teodo-
tSi fatta di questi disegni consapevole,' temiindù
che' lina regina' di sangue chiarissimo, di bellez- '
n e d'iog^no'e di senno egrrfgìàitìerife fornifa,
gl'unta che foMe aHa corte, potesse senza troppa
difficoltà guadagnarsi o l'affètto o*la; sliiha del-
l'imperadore , ed alienario da' sé ( oom6 queHa
che non potea lusingarst d'andar per nascita e
per virtù del pari colla regina de' Goti); sì stu-
diò di romper colla sua perfìdia un di«^ao, H
quale per poco avrebbe diminuiti i mali che poi
«bbe a patir l'Italia nel cambiar signoria. loque-.
sti frangenti adunque Teodora persuade Giusti-
iffano, che si dovesse mandare alla regina come
Tomo IL 5
ov Google
.66 Delle Bivolisioni d'ItalU
ambascBadore un uomo, quasr. per onorarla e- traf-'
lar con lei e con Teodato delle cose va-tenti , A
qnesta imbasceria ft. per suggerimento d'aurata
destinato Pietro (i), al quale ella diede in spra^
ma questa commissione dì stimolar Teodato a- le-
Tar via del mondo AtnafuUBta., pHma ph' ella
partisse d^ Italia .ppr.Teaìre- a.'Co»taQtÌAoppli. Goa
quali ragioni, il ministra di Teodora abbia indot-
to il r^ Goto a quel parricidio , serìtae Fropppip
di non sapere (t) ; ma l' effetto eegiH .pijre _6fr
■condo il desiderio dell' imperadrice ►: Of ìfi ^CPH^
di Co3tcUitincy)òli« preso', argomento dalla .nioptje
d'AmalosuDtlE* com^iciò subito, ft imqAaùar i]Ì
T^n(let<a il re TeodAto., il quale al s<rfQ nome di
guerra tremava tutto . Colla speranza ,di librar»
éa questQ pericolo^ dicliiarò ali* ambc^seìador Gre-
co,, che p^ compiacere all' ittfperadoRe av^b^si
icoDtentato di rìtcnerttfl regno d'Italia Qomfi s^9
vassallo _^ Temendo .tuttavia , «he a questi patti
Giustiniano noa s'acquetasse,, ritornò, indict*^
ramba$ciadore,. annaso dMatendere da l^i^ ee.^-
U corte i^p^riale .crebbero state' Acoett^.ìeL sue*
proferte.- Piacevole .cpUoquia $i h quello, c&c in
^qesi' iwopito tsi rapporta ProcQpie.tJa^.'Iìwditf*
e Pietro. ^Perciopc^è ;staiido pura il re Goto «
jnqsirAre-cIio: dopo-Ie «^oodiziptii di pBcv\ ahe gU
!90'ei4va,, rini|)eraàone not^ arreljbe 'avuto ragj»>
jo^ di muovergli ^«rra ^ r^^plicò. PÌet«> ) ». Tu cb«
ft) Procop. Hìstor. are. pag. 78 et teq;.-
(3) De BeJl. Goth. lib. j , c«p. 5, A.
0. Google
Dbro vi. Capo H. 67
« Bei fiibsoFo hS ài studiato Platone , ben fai di
» tkcaxtì a coscienza e avere scrupolo d* ammaz-
» zar coliti goecre gli uomini, bèncliè tanti ne
» sien nel raoddo; ma Giustiniano che vuol far-
ri la da magnaoiffio impcràdor'e, non à cosa che
» .lo ritenga dal ripigliarsi coli* armi le provincie
» che per' antfcii ragione ali*' imperio' appartengo-
Ji riti » . ^qnt* é : fl titnido é vii "feodato fece
pFomessa, giurata' a Piètra,- cte', dove le proposta
non* soSdiifadessero , " egli avrebbe, mediarité un
certo assegnamento , lasciato il regno . S' obbligò
Pietro cori giuramento di non manifestare ali* im-
peradore questa" seconda inteùriftrié , salvo che
r Ostinato rifiato del prìnla patto vél Costringesse ;
ed in quel caso' portava àncbe ' séco' ima lettera
dl'Teodàfo' medésimo' dirètta é£ Giustiniano in
confermazlgne di qùantd egfì àverf Aà pTofefire .
ri Se ncm si' pu& aver regno, scriveva 'il re Gbtò,
■* senza gueh'ày lo rinunzio 'ài bUori gf^do .irt-
» l'uno ed all'altra. Non feggti' per' qual ragì^-
» ne' IO debba pèrdere là dófciizza della qinef«
rf per la' gloria peiieòldsa; e" penosi ;dì régriaffe.
n Rlrchè io' abbia tanti poderi , cfce itìi : fruttili*
jtf iiiilledùbcelùto libbre^ d* oro , ftiàndai Jiur siltìtto
« (iereòne ftelte cui mani icf riponga " i* impalo
* dfe' Goti e dell'Italia » (i)- Créderà." chi vpo-
le* èbe quid ' Pietro' sollécftator <fi parricidio ab-
bia-mahfenùto là promessa giurata ait^sòdatodi
(i) Procop.iifc; ( «p; «.- ■ —
0. Google
68 Delle Rivoluzioni d'Italia
non Sscoprire le seconde proposìzioBÌ , salvo "dopo
rifiutata la prima . Fatto «ta. che a Giustiniano
fu rimessa la lettera di Teodato, e offertagli ÌA
cessione eh* egli prometteva fare del regno d' Ita-*
lia. Ma Teodato unì alla viltà sua la solita -fiep-
fidià e l' impiudenza . Alta nuova che poco dopo
ricevette , d* una leggiere sconfitta che 1' esercitò
imperiale avea toceo óèllàiDalmizSa, levatosi -ia
' superbia, ai fece brffe .de' ttiinistri che già -l'ìnw
pgraddre avea mandato in 4ta)Ìft perchè ii à^k
coropimento a> trattato, -^ - . -
Prima spe^zìone £ BeKsarh in hàUa: sue qualbà
'- ed imprtsé; e trattati co' GoH e co^'-Ihineki; |
Ma già era in Sicilia ìì famoso duce ■ BeHsari(>,
il quale passando io Itafia, se non riceveva', se-
tòindò l'ordine datogli da Giustiniano 'che 'il co^
stituiva suo general luogotenente, la cessione ' pn>
tnessa del regno , era per occuparlo con' ìa forza
tìeiP armi ; Il carattere di Belisario è ' quello cfeb
Viacon^a M spesso nelle vite degK uomini iltó-
stri; vòglfo dire un compósto dì grandi Virtù *
tì^'gtandì" vizi, come colui cfre fa nn grflndrefrtife
Th^feccla'al liondoi e dentro alle nhirà dèlia prS-
"pria casa nn uomìcciuolo iriescfainissimo e ridico-
Ì6i Gran capìtaào;^ di' mente sopta ogirf dttìlerÈ
=dDvGoo^lc
Libro VI. Capo Ut 69
feconda dì partiti e di spedìenti fu e^li certamen*
te:' fcd ancorché piacesse ad alcuno diffólcaro
gualche cosa da ciò che delle sue spedizioni scii-
ve Procopio ia tre distinte storie della guerra
Persiana , della Vandalica, e della Gotica, essen-
do per altro state scritte in tempo da non poter
variare la sostanza de*, fatti t forza è credere
eli* eg)i superasse ne4I'.arfe militare tutti i capii^
ni che avesse avuta i'imperìo per molti secoli.
JMa questa gran duce , soggìogator de* Vairdali e
de* Goti, e vincitor de* Fersiaiv, fu perpetua-
mente vile schiavo d* una sua moglie avara e li-
oenzìosa, la quale, per più ignomima di quel-
r imperio , non solamente con sue donnesche lu-
singhe -e malizie gOTcroi -dispoticamente tutto
V ipterno e il domestico dì Belisario , ma per
r amicizia che' Aatomna ( che tale era il nome
di quella donna ^ seppe mantenersi con l'irape'^
FadriGC, esempio Tarissimo e stupendo d' amicizia
.ferma e durevole, e di somma cenBdenza tra dw
Aonne, potè «sei l' arbitra deUft fortuna di suo
ynarito ..
Belisario tornato era di fresi^ dall' impresa
.^cll* Africa felicemente mandata a. fiofr, a.v«ido
eopqmstato ed unito ^ dominio del^ ^0 «gnpre
fi gran provincia , forche . Gisstuiiano lo destt*
-BÌi a^i affari d* Kalca ,. lisolutp di riunire al soo
iiupcEio aocQi; quesCa regno o per.trattato., a per
fopza.^a{>e[ta. imtonina sua mt^ie» che coleva
leguìJiailo ia tuttl.ì suoÌ.,vÌE^gr o ,pei:. ttmat cho
0. Google
70 Deixb Rivoluzioni d' Italia
lungi dalle V)plustpg;h|e jl'appassioiiato marito 004-.
aprisse gli pcchf e le iweiase'dì nianp, o ptì» i-
strarriccbir th e il sua male am^to Teo^oeio; i(
quale' teputo io età giovamleal sagrq fon<« da
lei e da Belisario,' era cresciuto ip'vasa kiro« fe
divenuto col tempo' «rrastànte di «gm «««a»
drudo della padronar; ^fu poi- ci^ne fji. tutti i
falli di B^issfio^ e4 ebbe non 'poca pàtte<-ì)El
peggìpràriecose- d'Italia,' '" ■ • ■ -■ . . ,
Focbi' hiesi dofio la morte d'-AtealaÀmti
("AN. 535) già !S'* tfóTavà in Sicilia Bélisariov
doT*e^H diede principio- al còosijàf» coóTerlfoglì
d? Gf^stìpfanq senza cajlega. Passattf'iD' Ra^ ìt(
quel fìangepte medesimo cbe Teodato pe* la tbt*
ta dell* eseirito Greco nella Dalmazia- >avea rrtraiw
tati i patti già còDcbiust colla do^ di Gostatit]«
napoli j'preée' Napoli non sepka' ' stento ; la< qittdjl
presa in rendè memorabile pere^sHe glic^sediaiH
ti~ eiitrati nella: città -per -qtiella' stèssi) aequ^dóttot
per^ cOì ■mille'- anirt dopp- eptràropo. i Soldati del
re^Àffcmo. '<5u«ta- prima 'injpreea- ebe fece iu
Italia Belì^rìp', 'come iu cagtppe -ini^«4iiata della
depósiziprip e' dpllà morte di -Tpijdato, .tdla cui
trascui^g^ «ttribufvìmo- i Goti la perdita df
Kapòli; pósi 'fu ancor principiò della caduta ^
iJÈnJé di gudfii pàzltìné, - ' "'^- ■' ■■■■- ;'- "jj
'■"^ 'Non^ pwè-leggère^ seirea-'affappreJi bomax^
to o dieci mila uopiioi , cbe appena tanti ne
aj«a.SteIia»rie Bot*0oih%iQv.cfti9aBdp»..,fls«*ed|p8e'
ro e mettessero guerm'gìoni in 'tante «j>ttàr'\<*
0. Google
1 XmBo. VL Capo IIL 71
«eorrssftiD con^ padcooi e trioDfanti quasi tutt^i
Itdlkt , dove una volta qn^nque si fosse piìi me-
cKocre cantone n^ett^va' i^ campo venti o trenta
mila aratati . Venamcnte non maocavaDo qua e
ìà. per i tutte le . citÈà. - ^^liane molte persone .mal
■oddiafatte de* Goti oonj9odan.tJ-* c^e ^ credeva-
Qo scigcQROieBtfl di, ricorgere a migUore stato mn-'
tbodo. ngaorìq. , e ,perb ùclìniiTaDa a ritoroai; sot-
to il dominio di chi portara H. oome d'impera-
^ritetiiiliU)<.-^^ottrechè sÌ8a:p^pr}ioi;a, quan-'
tfti bìfi dipopO" rilievo il fa.voF dell» raoltitudiaa
ditaroHlfa-vi cpi¶^ioDe degli- ^ercitf ordinati,-
gì* Uadiani uwi et}beTa -lungo andaj-e ad accpi^er-,
si' quanto foBSQ p^^oce iir dominio de' Greci,,
che qusUo.d^i Goti,;; e che -Je .ganti le quaJt por-,.
taTaEi.0 rai^mì' B no nie- dell' impeiradoret {eraqo-di
più barbari 0 Btrani .paesi-, che-, Jspjj .fipssero.ia
origìoe glj stMw Goti.^ Per Ia..quaÌ .-cosa' dórette.
Qsud pr»to «^s^Sire e falle^|tarsi:-queU*j[|cIii}azii>r
■e e' favore che |Bost;racoaa :da • principio agU
ftvasjiainwti de}l^-armi imperiali.. -Ciò non.ostaQ-:
te -noq dir^.gjà , -pfas wj piccolo -,esef\:ìtq di Giu^
stisiano^ jsa quasi cti& il «eguito. q la potenza
à'' una fa»ii^a'bast6 solo a, royesoiare. lo. ,atàta
àgjt giaft Teptìppcol; (i.),, Certs» è-ic^". le;, trup-
pe che mandò Giusttniaiio ip Italia» npq.njontj^-
ftiVKMan ^Vmtwit^' uomini., 'e ';per ^ .fHi del
0. Google
7» Delle Rivox-uzioni n'Ir ali a
tempo che darò la guerra , non passarono i dt'fr-
cimtta , raccolti di sì diverse genti, Orecr, Triu
ci , hauri , Abini , Uoni , iMaurì , « pertìo de' Per-
Mani ; comandati da capitani di nazione, di lin-
gua, e più ancora d'interesse diversi. e diseordi '
^ loro, e ^asi sempre dìsobbedienti « restii
agli ordini del duce supronor laddove i Gol*,
nazione flior dì dubbio valorosa e guerriera» che
da ben iSo anni avea dato tanto terrore ai Re-
taani * e acquistatasi nelte triippe nuperiali ripu-
tazione sì singdaie , contavano ancora sul pria-i
cipio di questa guerra fino a cinquantamila ar-
mati di loro gente. - Convien dire che qiialche
inusitato o terrore od avvilimento per oceaka ea-
gioBe avesse occupato allora gli animi 'de' 6oti ,
£ Ppocopio spettatore e scrittOTB di questa guer-
ra , brache' non troppo solito a dftfsi vanto di
. veligiesità , ^e questo- pensiero , ebe le imprese
non procedono e non si cooduetHio a fine iièpeK
generosità o moltitudine d' uomini , aè per fcraa
d'ammo-; ma essere un nume (^e piega e guida
a' suoi destinati £m h mesti loro (i). Non era
per altro jsh di bravura, ne dipradenaa Sbraito
Vìttge eh' era stat« eletto re de' Goti alla depo*
«izioue di tFeodatò , e che per m^lio asMcurarsi
.^ello Ec()ttro avea costretta- la nipote del gran.
Tcodorica a sposarlo. Cercb Vitige suhitsuneote
di liberarsi da ogni cura d'altre guerre} e^ di
(ij Procoji. Kb. a, «ap..3E^
ovGooglc
. lAso VI. Capo IH- 7*
«luinrsi ODCwa d' aiuti esteroi còl cedere «i re
f l'anchi * per farsegli amici , le pronncie cfae gli
Ostrogoti poseedevano nelle Gallie ; il che già
area deliberato e preso a trattare Teodato suo
antecessore (i). Ma né Vitìge ebbe T aiuto che
sperava da' Fraachi , uè; con le forse cfae area
in Italia, potè ÌDipe(Sre j pfogreasi deglWmpeóa-
K. Belisario entrato in fìotna vi « forti6cè, e si
difese dagli assalti che gli diedero i aeaioi per
ricuperar -^lella caf»tale. Quindi aTanzatosi versa
l'oEmilia e la Liguria , prese , beochè poi per cst-
ttvjtà de* suoi luogoteoentì sì perdesse di nuovo ,
la città di Milano; e costrettoli re Vitìge achiiv-
dersi in Ravenna , ve lo assediò , e l' indulse , a
peosaM alla resa.
Ma mentee il gsaieral Greco a di^tto d*ÌQ-
fìntti ostacoli e dell' indolenza dell' imperadore
suo paò-one avanzava sua impresa coptco j Oo-
ti, poca mancò che «n fenio .potentato ooa. ne
cogliesse o tutto, o la massima' parte dfel frutto.
iVolgendo il quarto anno da che JBeltsario av^ft
jtpprodafo alla Tiriera dÌI4apioIÌi l'Italia, pel cui
r^no si guerreggiava tra' Greci e ìGoti» fu vjpi-
ua a divenir la poeda de' Fwachr^ Teodeborto
le dell' Austrawa in quel tempo v..jigeMati gì' in-
viti tanto di Gìustiniaiio creile' Goti* da.aui'Ael
prindpio della guerra era state icbiadiiató io .cou-
federanooe, avea in oi»ic&jì»ian« /atto. p(0iw«s4
(1) Casiìod. lib. io^(epiil..^5S .■ ■' .. - .'. '^:.
ovGooglc
^- Delle RiTOtUzrMi ip' ktkUA
di atani .neutrale . Nondimeno , tedttti ^i avaiN^
zameàti de' cesariAoi , o. tetnendo; per vejitHra,
òhe Giustiniano, debellati j Goti e'^'nacqqistàiA
rit^ia, aon g' inrojgUafse dì cercar ts&od^ . df^i
stati delle GalHe; o , perchè roleese . meqtiìe ^U
altri 8Ì consumaroóo , .^t^Iorarlle cose. d'Italia «
oomìacib a masdar : sotto nome de' Borgognoni
dieoiniila de' suoi ipr aiqto de* Goti i « la v0Qut«t
di questa ^ente fu io fatU di ooa piccob impw-^
eie aU'ìmfnvsa de' Grecia Cin»; uà «iiaoi dopo^'
vedendo te fòrze degU uni e d^ altvi graiide^
ment0< esaiisfe c(| indébdJte, Teodeberto .«i rìsc^-
Tè, aoQ ottante la giorala neutralità., di itasajtarj
Vilaiàa t scdtomettferla al auq . dominio . Credette-.
ro i Goti io sul principio , che t francbi .cÌ'T»t<.
lÙRsero come amici, in.- loro aiuto; ^e perdntfache.
gì' impedissero .nel passaggio, ma gli sioei^fittart)!
lietamente, finclù .comint^'arono essi- ì primi, -tìk.
provar la loro ne|nica: bacbari», albrcbè iuràno.
penetrati nel cuore dcUa Liguria. fin presso Mila- ^
no • Payi^. Cosà i fraiicbi diedn^t;^ dua'SDonHtfe
a' Goitì ed ai Greó), prìqift che .ai (.sapesse bene,
a- che fine fossero «alati in Italia. Ma il reFran*
cese non ebbe altro frutto di ^uell* ìmpeesa , che .
P'Onta d' uqif temeraria ed ingiusta ìny^ionei a.
della perdita .dei due.leczi. delia sua' osta nume-»:
Toaa.; Pe^CiQcobè non trorando- altro. .da' sodeoEar.
te st^e genti, chebuoi ed acqua .(talmente, «raij
acche la miglior contrada d'Italia ridotta a soli-
tudine); e per le acque che -beyeaaott.non&yefido
ovGooglc
. -L^BRO VI. Capo HI, ^
fpnea ^ ' digerir fé qualità del cibo, uDa'aì 6e-i
f& dUsi&Ateàa. atéapob V annata de' Fraacbi , inde»
beliti é;£&Cclii per alte?) parte dalla qualità della'
stagiono e dèi clima ptù eaildo de} loro p»se ì
phé vi perivano nùier^tnente , perchè ìi caldo: a
il difetto 'ds* t^ireri, :o£^!on del nua'boi, -ne toi-
l^evaìXi aDcora: il rimediti ('i) . Partito cogli at^an*
fi del sud afflitto esercito- Teoàiehetìii , p^co stetw
tero i Otiti « per vari fo^nosi accidenti , e pep
ÌBdustria di B«^99no a mancar di viveri aoch^ es<
^t ; : sicché 'P<3op pareva che potesser durare ; con-
Itro i Ro^P^i fli^: qualcosa iotend«pdo i-re FraD-*
ettsi-, cioè Teodeberto si^ddetto e i suoi fratelli i
maodaroBo ambasciadori a Vitige per, «firirgli
proQtd socoorso, dove i-Goti voles^r ' dÌTÌ(]ére> ii
dwi^ino d' Italia :coii esSQ loro . Bel»ario che fù-
di questa cosa! avviato', mandò altresì snoi atu
nx&tàkì T& Vitvge a 6tie di limuoveFlo da ogni.
peoÀeit) di &r: leghe eòa altra gente ^ e Sat ' in*
teodniea 'In! ed. a'-ca{n de* Goti; ; che qualora
deUberasieK^-dì cedere parte de- paesi Italiani ebo
aveao tenuto iqaaozi., fi più sicord partito , per
loto exa.di trattai-e accordi con Gii»tinianp . Pre-
Tab» pel connglip de* Goti la propoerta- di BeU*
ario , js: licenziati i l'rancbi, fu cpnchiaso di'
mandar incontanente amba^iadori - a Co^st^tino- •
poli per trattar, della pace. CoBCiniiavasì in. que^
sto ms9Eo r astemia di Batenna dove' i Goti &- erano
(i) Ptowp, lil». a^^oap.- »A '. ■-: ' f « ■<
0. Google
7& Delle BivoLDziosi d'Itilm
ridotti col meglio delle lor foi'ze,,Buperiori tetf-
xa Gomparazioae a. quelle de' Greci * aspettane
dcf te determinazioni della corte di Costantinopo»
U . (funsero in fatti gP iaviati dell* impefadore;
OQn lettere, per cui egli lasciava Tarbitrìe a;' suoi
capitani ed agenti di part^ il demÌDra d' Italia
co* Gotr, e di por 6ne alla guerra.' Belisario cui
forse i porffuneDti d'Antoaina sua moglie ebe
»* impattava sovranamente to tutto- il goterso
della guerra, rendevano sempre più-odioso, iróvìn
tutti i capitani inferiori incHnatìssimi al. partiU»
della pace , ì quali , obbligati % ciò da Belisasia
medesimo y diedero il parer loro per iscritto , in
eui anche dicbiararono cbe l'annata eesariani^
BOB bastava, assolutameiite a.£ar fronte a' Goti (.i) ,
Ciò' Boa ostante vinse la fermezza ed il maneggio,
di Belisario , il quale avepdo per segrete pràticb«
|à.tta appiccar fuoco a' magazzini di Raveanà ,
stimolò maggiormente i Goti alla resa ^ E &i allo-^
ra, che le donne de' Goti^ vedendo sì scarsa e
si misera V aroiata de* Greci f dissero gran vil->
lADÌa a' loro uomini ehe s* erano dati per vieti*
XJfi fatto si rilevante d'entrar niocitore nella- ca-
pitale del. regno d' Italia , é di ricever prigione il
tfl Vitige epH forze. si disuguali, giovò pmttosta:^
iBelisario pf r coDciliargli la stima de' nemici , che
pcc quietar i sospetti, la gelosia, V odia de' suoi»
Non . potevano: i suoi malaroU inetta wpetto
(i) Pc«co|i. iil>. a, <|ap. 7 ; «t puiin alibi/ . ,
0. Google
Libro VJ. Capo Ilt 7?
«elf* annoio dell' imperatore ,éhe Belisario ée la ]'□•'
-tèndesse co* Goti e vendesse loro gl'interessi dei
«uò signofe , esseado manifesto che fuor dell* al-
trui espettazioné egli avanzava fortemente l' ifti-
presa . Cetcai'ono perciò dì far credere a Giusti-
alaflo , che l' iutraprendente capitano macchinasse
dì rivoltare all'esaltamento suo proprio gli acqui'
sti , ed oecupàre per «è ÌI regno d'Italia. Cotesto
spspetto potè tanto ' più facilmente annidarsi neì-
r animo delj* impemdore , perchè egli stesso ebbe
di questo qualche timore avanti la spedizione del-
la^ "sua armata in Italia; e perì) Belisario era sta-
tò nel frangente di sua partenza obbligato a giu-i
l'are che egli , vivendo Giustiniano , non avrebbe'
tóai preso titolo né d* imperadore * né di re d' I-
talia . Se non vogliamo negar fede a Prooopio ,
dobbiamo credere che il suo eroe sia stato fedeltà
(die fatte promesse, e che quantunque soUecitaló
fòrtemente' a volersi prendere la corona e la por-
pora dai Gioti medesimi che si offerivano dì rico-
noscerlo ed obbedirlo cbme laro sovrano , obbe-
disse francamente agli ordini della corte che 16
richiamava in Oriente. Il motivo che addusse la
éorte per rimuovere Belisario dagli affari d' Italia^
fu il bisogno che v'era dell'opera sua per la
guerra Persiana , al governo delta quale egli fu
di fatto mandato incontanente • Non dobbiam ta-
cere che là guerra allor mossa dal re di Persia
contro r imperio era stata cagionata per opera e
per raggira de* 'Goti, t quali ftierò in questa
ovCooglc
(!onghintùra quello appunto che cento e dtì^«
Cent' aDDÌ prima avfebbono' dovuto far i fiomaDÌ
per sicurezza dèlio etato loro, se dicessero avuto «
come ahbìà.aio' osservato altrove ,' sufficiente co"
gbizìDue della Scizia ò Tiu-taria ^ìatica''. Aveva^
no i Goti, mentre che" correvano' slla^'agliati * bat-
tuti dall'armi cesaree, riltìvato ne' loro consigli»
che gì' impfera'dorì Romani d' Oriràte non s'erano
lAai mossi a: disturbare gli stati de* barbari tik in
Italia, né' in altra parte deH*OiccIdeilttfj salvocfe*
quandtf essi erano in pace' coi re' tji Persia (i)',
Mossi d^ questo^ riflesso V i fine di ^avars^a^S'at-'
to o di flCeàiar il peso che orattiai stava .^* op4
)>rjmerli , della guèrra , mandarono .sfgi'efAÙènM
dtatì ecelesiastìci , probabtfm^tè Ariani , unirete
b un Vescovo ,'con lettere al re Perd^^b- a -^ni
d' iiida]>Io ' a rompere la p^oe con ì Ito^tiibiì % 14%
in fòtti rìuiscì: lor vano* iT di^gnffr pa%faèv tjuaa*
do meno se nff temeva, le pvòvfticie -Rcmahefiti
ronq ostilmente invase « cfevastate- dall' arali 'feirr
sian0'. ■-.;.: '■■.
(■i) Procop. libi a, oap. ^a.
0. Google
liBAo. vi GafO W. 79
Vreazime M Totìla in te df^Gctii vieemkdiSfi
. i&^TZQ aìla corte <à' C^tai^ap<Mi è suasecon^
■da spe^zùm in Italia, .
j\l«ot¥« hf oM» ae^Orecì'dopo la pattenxi Ai
BtMfeado {Uidaf £Mio ricadendo pei U dappocaggioa
od; avadraà d«' miflastri che fecero vie jnaggioiw
meDt« <ioaascet^,aigyiiàS&D.if com'essiv per uscìt
rè d'uH le^QF lactfìo, sperano messi tra ceppi e
jU-a -catena coll^.aver toIuW riniavare il nomg
d'ImperÌQj'i Goti che già peC qaesta stessa mala
condotta dn* loro avversari aveaco comidciato s
riacquisfór credito e favore, WcJto più gagliarda?
taente rkots^o qaaiiào, pec U pn^'ooia di Viti-r
gcr e per la morte violenta d' Idebaldo , il qual^
al rifiuto di Belisario gli cta succeduto per .opeca
male di poi ricompensata del generale Uraìa , fu
innalzato al regno il gran Totila . Lo storico Pro-
copia partigiano de' Greci , che scrisse dopo Ut
morte dì lui o dopo la distrazione de* Goti, e
che peonò non potea avere stimolo alcuno di lo-
darlo più del giusto e del vero, parla in più luo-
ghi della sua storia delle aziorti di questo re bar-
baro in tal maniera, che appena fra gli antichi
eroi che ci presenta l^.jitoria.Greca e la Etofimna ,
=dDvGooglc
$4 Delle Rivoluzioni d'Italia
troveremo alcuno da anteporgli (i). Egli s^pr
pe si bene accoppiare il vigore e la fermezza del
governo con 1* umanità e la clemenza, la destrez-
za e l'attività d'un ministro, e t'affetto d'un
prìaape amorevole, che « difficile non arder di
sdegno quando à ledono certi scrittori Ì4veire
contro quella nazione, e chiamar Totila un bar-
baro ed un tiranno . La cura che in tanta agita-
zione di guerra e «coavolgimento di governo egli
ebbe di animar gli agricoltori alle opere i:u^.
cbe .(z) ; 1* ordine poeto loro - per i tributi da pa-
gar al principe , e per dare la dof uta parte jje?
frutti a' padroni delle tene; h lettere cbcseritse
a' Romani prima di slritig^re . d' assedio , la . città ,
ci fanno vedere eh' egli intendeva egregiamente U
ragion di stato e il diritto delle, genti. La cariT
tatevtde economia che dopo la pr^sa ^i Napoli
lìsb a quegli affamati ed indeboliti cittadini, per-
che non .6* afTogas^ro. nell'abbondanza d.^' cibi;
e la modestia che mostrò nella sua persona e fe^
ee osservare a' suoi' in (^tii.occaaio^ dì città-
espugnate e d'acquietate vittorie, messe io conr
fronto della crudeltà p delle estpriiioni insopporr
tabili praticate dai Greci . yerso quelle città ch^
sos^enaan luoghi assedi pec aqaor. dell' imp^rìg,
dimostrarono assai, chiarameote, che se il destip^
d' Italia fosse statp We * cfaq TotìIa succodes*?
immediatameutp. .a T^odori^ca. o aU^ reggenza
[i] Procop. lib. 5, cap. a et se^.
£aj Idem lìb. 5, cap. i3k ■ . . t
ovGooglc
Libro VI. CAlki IV. : 8|
i^ Àinalasuiifa ^ egli ^vi^bbe fèrtnato a s^oo lo stato
di quesHa provintna , clie B gran tòrto sì sarebbero
gì* Itelraoi ìdvògliati di- niutar si^oria. Ma t' Ìm>
perscrutabile voler del delo portò al regno d'Ita-
lia un fai uomo perchè la virtù sua non ad altra
xrviiae che a ma^or rovina di quéste contrade,
pe' nuovi sforzi che ebbero a Btre i suoi nemici
a ricuperar le oontjuiste già' fatte una volta . Or
Totila tra per suo valore ,- e per trascuraggìne de-
gli uffiziali di cesare andò sì fattamente rilevando
la p^te de* Goti , che alla fine la oorte di Co-
«tantÌDopob* si rìsolvette di' rimandar a questa guer-
ra BeHsarìo, il quale, rìòhìaniato circa questi tem-
pi dalla guerra Persiana', e caduto in disgrazia
degli augusti, li marciva in no vile e disonorato
ozio, méntre 1* Italia, con tanta stia lode riunita
all' ìcapeno, cadeva di bel nuovo in man de'ne-^
mici. L'istorìa acereta ne fa fede che gli sbagli
in cui cadde Belisario nella seconda guerra Per-
siana , non avantaodo sua impresa un dove pa-
reva che le circostanze presenti Ib invitassero ,
procedettero dal turbaménto e dalle vàrie a^'ia-
siòoi in cui r animo di lui fii gettato per l' arri-r-
vo improvviso d* Aotoaina sua moglie . fa quale
easendo pet altro sc^ta di svitar . il marito ia
tutte le SUOI spedisìoai, se n'era questa Volta
litnasta in' Costairtinopoti per* n'acquistar forse
un suo pfffdtito amatite; poi per notizia ch'ella
ebbe di ciò che il mftri^ e figliuol soo m^cfìhi-
naranp ooqtro di. lei assente , volò al òatnp» ìb
Tarn. IL 6
D.q«,zeaovGOOglC
8b Delue RiTDLOZiOOT d' Italia
diligenza nel teOipo appunta clu Bditario ù .ti'
trovava nel più arduo fraogei^ di quella ^otìt-
ra . Certa cosa è ch^ egK cadde allora ;dB oiu^
sovrana riputazione in cui era stata prima ap-,
presso la gente , e che - o per sospetti. <^e n«
concepisse 1* imperadore , o per neta volcutà di
Teodora augusta che' prèndesse a far. veedetta
di Antonina, fu riofaiamaba a Costantinopoli, pri-
mato dei generalato, spigato di bnDDa,:parte.<Lei
suoi tesori, e rìdMto a menar, con» già abbìam
Idetto, una vita umile e difooorila:, Mi ti feroce
d* augusta ohe tutto poterà, e die profinsavaiK»»-
tee oBbliganoDÌ'ad Antoiiioa{>erDUÌd<^trezKt ■•'«Ka
vendibata d*un <uo- Remico «diatèsimo,^ sollevò di
nuovo al pristino gvado i'afffitta ed abbottato 3er
liaarìd, allorché' {dti che^raai dìq>erava deUe cose
sue' e de^ sua vjta. U che avvenne nel modoise^
giiente- Erasl egli portjtfo noa mattiad, secondo il
isuo costume, a visitar cesare e ^'imptradric* ,.c
non solamente non ebbe argomento alcQnO: di:b^
^èVoleUza e' di stima , ma egU ebbe ancora a sof-
i^rìr' qualche affronto 'da' seiTÌtiiri.TÌIissiial « xìba^
Idi ; n che fu da lui prèso per indizio cseirtissimp
.deàa sai. disgtana estrama, i&cui caca a{:^rnso i
padroni . Eltlroa» a casa verscv sera piono db ^^
to sbigottimento , ^le-. tratto! tctito .$»> riw^tc^vji in-
dietro e qua e là Tiguaédbva!, ebisd»- sf «Viewer ajU
le spalle i ministri- dells'tccxte inandati^ ad '^ocj-
derlo . Così entrato io camera ed abbandonatosi
•opra il letto, passò 'In^'ittezzo .^';trì6tì- pei^«ieri la
0. Google
Libro VI. Capo IV. 63
tK^e'con dlìoottrazìoDi di paura e di viltà ind^-
gilianiui d' ud tanto gnerfiero . ÀatoiuBa io qj^el
inezao, nome tgoara, a&tto di quello ch'era per.
«cf^in , mdava presso alla caniberft àxi manto
«pUMggiaddo , e dava ad intendere che per effet-
to d'iddìgestioDe non potesse quella: notte fiposa-
i<è. Quand'ecoo vmic di palazzo i^i iQessaggio,
il quale, traversato L' atrio e. le. sal^, ,^ì. fé* 8E;ntir
w ali* uscio stesso 'della lOMXtera di Belisario, e dis-
se cb» veaìne mandato .dall' imperadcicei . Come
questo udì Bdiurio» qua» dfi un upovo pacossìs^9
dì> paum sopcaffatto , rìoadde boopoti» sul letto,,
còme còsa destinataa stoaire. Q^ia^L-a^, ebe t^^
le era irnome der messaggero , gli pr&aentò la Jet^
tera di augusta^ che diceva, in: sopinja queste par
téiè: «Tu s», amico^ cii> che ci #i,f§tto; xp^
•» io-'Cbb MAIO alla tua mogUci 80BjtpMt9<eQt« tenu-
'■» ta, 'Vàglio pt» cagioQ.sua'iper^^tii ,pgai>cnsa»
^ ^e faU a ilei. & grazia deHarUta vìt^. In lei fl*ora
V iiinaniA fonderai: le spu^L^e; e delja.tviia ^l^ez-
•* ta-, 4 'detta- tua ifbrtuaft;, ma sappjL G)ftt qon,i
•n SsAti kà da-daimi a eoDpsa«^« ijiial. tii ^.vie^
» "di' fei-«' (i). Come Bdisairip eblm lc% jf»?ste
còse, nenipot^pec la subita. 3ili*^reMa **]^*''^°'"
trai di «è, :i|ia prostratosi ÌfflmaQtia<i*f^ ayanti di
AtftoAiii&i o le. gmoochia afofetacp^Oflole» ^l'"°o
e- l'aki* la'ede baoiandole, it*«1tr«i ancor erapre-
«éiite ìt mcBio d' angusta.^ per ^,., pressamente
■• (tyPioscrp^lUK. aie. posi tnjLj _. ^ .,^. ,; ^^ .
0. Google
B4 DsLLfi Rivoluzioni b* ItALiA
pruova della sua obbedienza e cobrerstoaet etóa.»
maya, la moglie autrice della sua salute, e prole*
stava di volerle essere per V avvenire dob |hv a-
mico, ma serro fedele (i). QuÌAdì rìebbQ'-uoa
parte de* suoi tesori cbe deUe apogììe dì. Gìlimore-
e di Vitfge avea anim«»atì , e che forse' erano
stati la cagioQ pHncipale della sua caduta t perja
cupidìtà che ne avevano GiustioiaDO e Teodora.
Conferitagli poi nuovamente la dignità' C'iil.gia^
di generale, si venne in delibeiaiiotie/ £ -.rfinafi-
darlo alla guerra Persiana . Ma Aatoiuna prete-
stando altamente di non voler più ri«)ddp qu^'pae-
9Ì doT*elbi'era stata sl''ÌDÌ<]uanieQte oltragglfita,
si dichiarò Belisario grande scudiere dejl* iiQpera-
dore (forse <^e Ìl titolo di patiizit», oheavea
prima, s*erft dato ad un altro )'^ e fu la. secon-
da vdta- mandato io Italia (a) . Gotto. vocS', e
Bon-senn ragione, che l'imperadore es^^sse per
patto dèlli riconotliasione ' di Betisarìo ,. «1»;.^ egli
doiresae 'a! .epesd sue proprie fav- la guerra contro i
-Goti. Certo è bene, eh* ^i vi.v<xioe nudisuma-
^□te fornito d' armi e di geute; il che si attii-
^"^ éRneràlmeóte da tutti ali* avariiìa di Giusti-
niano^tiJè; -spese ohe portava seco la guerra P^r
siaaa chp pì^.^ premeva, ed al farneti0o«b'egli
ebbe, di fabbriuré e di spendere ae'toatfi e mlr
le i^usichq, ed i^^^i|i. passatempi. .1» scrittof?
che. gni seguitiamo , o., sug^Isoe u&a rìBessìou»
(iyProcop. Hitt. «re. (loit ìWi. ' . . *
' in) Hom ptfi 6 ti ^, : - ■ ■• . ! f 1 1
0. Google
Libro VI. Capo IV. 85
otte Dm Vàolù trasandare. « La forfuDa; disse,
»' talmeote abbàddonb Beliìtario in questa seconda
■» spedJzMne Italica, che, sebbene egli per la mag-
»■ gktr cognieioDe del paese govei-oasse ogni cosa
» con più seDUo, che notr avea fatto la prima
«^ vol6i i ogni cosa gli andava a rovescio ; laddo-
■v-vt per l'ìanftozì i partiti più temerari gli era-
»' Ào- sempre' riusciti felicemente o . Se , prescin-
-dttfldo ptireddle superiori cagioni della prowiden-
iì(t"c^e il Tttlgo^f^oradte ed aoche gli scrittori si
SOrio: ab antico aTrezzatì a chiamar fortuna , to-
)esiiteq> Hoerear una morale ed iosieme naturai
èàgtolie perchè' le òperazioBÌ anche più maturate
tucoedesJsefo meno prospere . al oapitano imperiale
-in questo rinBorellatnento delta- guerra Ottica;
iSHymtemato essei.e' stata questa, oiofe che T avvi-
limento e il'dìscFedito io'Cuiera caduto nt^' in teiv
"Palle 'Còrso tra Tuaa e I* altra spedizione, aveoi-
Hti lAtaralmente renduto - tìmido e dubbioso 'Ki^-
>nkiKi di quelPePoe. Or, uiutiO' che abbia cogoi-
"none^'delte toaé mondane , dubiterà cite gli azx^
liosi ©'fervidi quelli «iene per lo più; che effeÉ-
tùaito le- grandi c^e ; laddove gì' indugìatorv ed i
freddP {tppfena vagfioao a guardar il',già fatto . E
da ■ nfìnice ' praove che si sono .di "ci6 vedute,
liteqdfc'Jl'iBnlo io ogiiì:patìe-di«olgftto p^crt^efbio,
%h« 'la foMuna atluta gli. aùdaei. 1Ì vew è cbe^Be^
tittSt^ò fil dal'suo'.prfeeipe'^esaimamente seaondii*
to in questa impresa ; e tutti i s^issidi eh' ^U po-
tè impetrare da Costantioopoli ^ sant^bero: af^ena
0. Google
8^ Delle Rivolitzicmii &*1taua
di qualche rilievo per guardare ifaa {òrteEraj, jiln
'che J'Itafìa intera « 1* tsòlie' che le appàrtamgctiai.
Chi potrebbe leggere soizasti^reo difetto, -rie
per assediar tanti luoghi fbrti eh» ancor eran* io
Itah'a in poter de* Goti, e per soweBÌrne -tanti al-
tri che si tenevano pef 'F imperio ; ci speitìma uà
rinforzo or di trecento', om di ottanta soMatt; «
che quasi per un sommo sforzo pur sì mawìasse
una volta' un esercito di mille 'atitnati^i)P Berciò
Belisario tra per quella sua o lentezza o< disgrana
6bé portò seco nel sno ritomo alla guerre baKcs,
éT indolenza e la meschinità incredibile, contali
.'fii fornito da besarè d'uomini' e di denari., |iogd
più altro 'potè fare , che ora andarsi or feggìvecdi
lido In' lido, "é guardar le contieni ddmareJraiio
e Siciliano . Dae cose ftce egli nulla^meio rèhe
linìte insieme furono forse cagione ohe la'patena
de* Goti non si raffermasse, e U' fegno J<Ho.^neu
risorgesse itìteramfente in ItaKa'*' ■ :■^• ':r
Benché Belisario non giungesse' a iempa-di
soccorrer Ronia, cooperò for^ pfà ohe »e«una ad
frapèdiì-e che Totìlaì preia eh* e&be queHa' città.
non la 'smantellasse e disertasse' affiato, oom*^egli
crasi protestato di voler fare, àlkiitifaò veiin^ il
diacono Pelagio a trattar con lui, prfma dw la
■prendesse' (2). Belisario adunque, liiaddatìgti am-
"■bàscfa'doVi e lettere t>er quèst'efletlo, glffèeenm-
fàr pensiero . SJéssagfi sotto gU occhi Mdi^ifttà
(1) Proc<jp,..i^e,Bell..Gotb. lib. 5, wp.aj., . ,
(a) Idem Jib. 3,'cap. 16, aaV ■ • ■ '•
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Libro VI. Capo IV. 87
venenibile di quell* antica città , la cui rovina ca-
-gioDerefobe eterna infamia al suo. distruggitore,
conchiude ocm questo argomento . a Se tu sarai
a Tinottore di questa guerra, col distrugger Roma
» [MvteTtti la perdita d'una città non d'altri, ma
» taaa ;- laddove ,- craservaadola t decrescerai il prez-
■w:n) deUa tna TÌEtoria col possesso della prindpal -
v portai delle ;tue conquistB. Cbe se poi la fortu-
>'n:sà tis^ii: oontracia. nestando Koma in [uedi
:»-|«r<lua mercè < potcu obbligo e grazia incon-
.»;ÌKtti]e:dall*imperador&; dpve iche ise t^ lasfua-
»^ nani , itoii ti rinwmbb^ luogoi da speirav ele-
vi amenza 'r. 'n^tper queste ragiam cb'^li,^ssa
fiotè: penare f 6 per la n^turalfl siiEt uioaiaità- sf
rtaolvè. l^otila di non fttteriare le mura:dt.,RDaia.
XSa il segidto- di quella. guerra diede ipne & lui
.ntotÌTO .41 tftontìxfi di sua clemeava^ e occaisiope
«'suoi. Goti 0 ad altri Jucbari confederati di. bia-
simarlo ; poiché pooo dopo ..veutje fat^. a Belis4-
«o- di: ripigliar Ia<;ittà, e di forbificarnsi di buo-
'namaoKia. Oc.ia questo frattempo che ì Qreci
l'itènoefo R(»da , Totila mandò ambocciadoti ai fc
'de'Kfaachi.pw tcattare di-.sttiqgere parentado e
piìt ferma l^a pon essi; I9 qua) cosa. quando si
Josae- conchiusa, pos ogni: piocol soccorso che il
~«eid»*6eti ne avesse ricevuto, poco gli restava. a
TtoBiere dell' armi Romane . Ma. i 'Ffanchi rispose-
■tO fieramente., che non eca, degno d^ unirsi col
sangue loro chi avendo ìn poter suo la capital
dell' imperio , non seppe conserVurspla .
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8ft Delle RiV(0tw:5iow d? Italia
Q A P O ; V., i/!- ;:■ ■■■ •!■ ,
Spéàhionc dell' eunuco Nam^^ *>^J^ ' '
. dotia gdcrrtf Gotica-.' ■■■.:•
JPartì frattanto Bc^mhq 4*J^a; e bencbèla
parte de* Bomani ¥Ì restasse assai idebole, -i Goti
vi erano aatior essi t^uenté abbattuti: s. scemati
di oumero,' cfae poeo arcano da: fasafidare dtile
cose 1<^ . Giiutiniano , . bendtè' più ' volte J&ccMfe
ti ri&cesse' disegni per. omd'uc pace aìi'soo fine
l'impivsa d'Italia, ed «ra vi destinase< un geni-
tale , ed oca un altro ; itt maggior parte de' aixai
penùerì era tuttavia distratta daile'ótràdelfetgijè^'-
va F^siana:» e più ancova.dalle dittpetetsologinhe
allora vertenti. Finalmeota i un ciambiBrlaDOt:^ (m
uffisiat di palazzo, luì eunuco 'diede a vedere abe
siooome le più gloriosa «aoni de' priocipii.^pioóe-
dono talvolfai dalia passione, o- dall' ^fistio jipacii-
oolare a qualche lor fevodto , òon-.è-gran to^h-
ca del pubblico quando ewi ànnod' iiilontQi:a -$è
pei servigi -domestici persone di gtan' onorere d^al*
tà- pensieri Narsete, entrato c<^U altri ètmoBhsiiBel
«wvigio -della «orte , diveond in bnlrv teéapo oa-
mtriefe <i Aolto domestico di -Giustiniano. QaÌBdi
~ n&* familiari e quotidiaoi ragionàmeiHi -. cAbs fditao
i padroni non di rado i alla preÈeoDai de*. loc'TSNr-
vUpri ifitonio 9^i>'ftSafi aoooixanti > .diede .per
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I
. Libro VI. Capo IV. 89
avventura alcun saggio del talento che avea per le
cose di guerra e di gùverao^ e fii perciò manda-
to in Italia con qualche reggimento di soldati bar-
bari. Le maniere ofa'ei tenne verso Belisario cO'
mandante supremo di' qu^la spedizione, possono
farci sospettare o eh* egli javesse segreta facoltà di
operar a suo modo e di contrariare ancora gli an-
dtitoAiti del generale , o vèraitaente che il favore
toh*. egli .sapead'^ aver alla corte, Io £tcesse ardi-
rlo « iicuro.ne)<disobbiadir«. Certo è che per gli
«btacoli. che |>OBe alle imprese dì Belisario , Nar'-
«ete.-noQ p«rdè punto :ìL favore di Oìdstiuiano .
.',n RtcbìamatoiBeliGario daHe oc^ d* Italia pet la
«acfisnda; voba, e disturbati o svaniti i progetti' di
..mandarn Gennapo nipote dell'ìmperadore j e poi
-Giovanni figltudo di' Vitaliano, Tin^radore 0
.^^Rtàneamcs^ o tinatovì dalle solite atti 'èor%Ìa-
'«escbe^eoteaociò, massimamente dopo la lìidtte
->dt ^EWdora, a -entvam' in deUberazioDe dì' thaadfù'-
<rì.>reua>KO Naraete; comfe quegli ' che st pfCMi-
imeBa- già pratico degli aSsn d'Italia per' etmérì
-stato gik innatm, e che-doveite dalle sue '^nme
pEDOTB'iarsi vie maggÌM-meate ; conoscfeos; d'ingé-
gnb non ordù^rio. Ma Narsete 0' per ^naturale
'snà^andeiEza d* animo ,' o per la ccA'ttizttct - raie
avea dell' affetto del suo àgaore, protestò aniriio-
BamcDte di non voler» addossar qutfir impresa, se
mon CTS' cónirenienti^metite fornito ^i truppef e> di
denari, e d-'ogni cosa- i^poituna a bondurk a'fine
qin ^cnria<tua e 4slsuo p»naJ[ie. ORenù^pèttaato
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9© bELLE RiTOtùzioNr tf Italia
da Giustiniano tutto cì& eh' egl^ volle ; e «celi
to il fiore delle milìzie itnperìàK, collo peawu
noni che credette opportune , egli si trasse a! suo
seguito buon numero di persone làié voleatiert
vennero a ftir corte ad un favorito ■ dd ppinripe ,
e apprendere sotto lui l'arte di 'gneifregglaftvi ■■
H ragguaglio òhe ci lasciarono cfi qiidla ape*
dizione due scrittori contemporanei , Pn>oopÌtt ed
Àgatia, pah farci deddère" fraftèametite; ohe'Éopi
«e da molti secoli niuna guèrrat ita ftaHa em iMàtft
governata con più armonia, né Etlcuiì generai pifi
sliiiiato, più riverito ed obbedito'; argomtoto ini
dubitabile ti deir abilità singòlarissiaia & C(MieiIiar-
si PaSetto e la stima de' subalterni , o delsoiiHdd
credito ch'egli aveva alla corte, sicché non' soia*
mente niunto osasse dì contrappors^Ii , mH tattì
facessero a gara per secondarlo . Se qualche 1t»>
liano motteggiatore si ritrovata ancora tanto jtó'
dioso delle passate cose, che ripetesse ad onta 3&
Narsete i tratti piccanti e^àtirici che contro d* Eu-
tropio àvéà lanciati Caudianò , fb fn pochi mesi
costretto, cangiando stile, di portare a! cielo con
somme Iodi la' saviezza, làdesterità, larirtùgrAn-
dissiraa dì quest* eunuco . 1 nemici stessi, ìtjualf
dia principio appena sì poteSn tenere^l farsi bef-
fe d'un eunuco guerriero, come • d*tin niiòVo mo-
stro, "ne fecero subitamente pnlova àlor- danno."
Perocché vìnto e disfatto Totìta, eypotìo appresi»
anche Teia che gli era succeduto, non restava al-
*ro duce fra loro da: fìtrne coato-, tolto- Aligèrno
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-% tJBRO VI. Capò V. ' gt
c1i6 area ridotte e tutte le ricdiezze, e tutte qua^
il le forze de* Ooti nella forte città di Cuma i ,
Ma beo d f u da travagliare astai per sottrar
le protincie ttaliabe dallfl servitù d* una geqera-
tnotie barban'cai'cbe dì poco fòlli a non impa-
droiiirsene interamente , alloraliè il regno de* Go^
li fu ndotto air estremo .- Converrà peto rì^gb'at
queste co80|daMor pri/icipìo, e mostrare in qua-
le itato, fossero allora le cose de' Franchi, e comme-
ntino entranero nn* altra volta ia grande spenuza
d* impadronirsi d' Italia . Il Muratori , i cui rao-
t^bti ci studiamo di non ripetere ma 'd'accennar-
gli; essendo gli annali dì questo inììgne lume 4el-
ì» 9k>t<ia d' Italia oggi sì divolgati , toccò assai leg-
germente l' orìgine di questa guerra , e dovendo
l^uitar rordìnede'tempi.ci diede troppo disgiun-
ta e -dispensa notizia de* grandi progressi e de* di*
segni. assai maggiori de*, re Francesi che vìssero
»* tempi 'di Giustiniano.
TeodeberEo , figliuol , di quel Teodorioo o Tien-
ri primogenito bencbè illegittimo di Godoveo , che
«Tea con altri tre figliuoli di questo famoso re di-
viso ilmiovo stato de* Franchi fondato sulle rovi-
ne delle Galiie, non solamente succedette alla por-
zione del regno posseduta dal padre ctmtro gli at-;
dentati de' duo zii patemi dotano e Childeberto ,
ohe ancor viveano (i); ma fu per l'autorità e il
vcdor suo.il più rìputato e fik potente tra i re
■ ■ - (■») DunW Hitc de Frange tom.; i , p»t,. 88.
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gx BELtB RiTOLUzioKi D^ ItaliA
Fraoctti : Oltre la ^pat'te obe gli toccè del' Fegtf^
dì Bologna, che-fu dall'armi loro oofte iosienn.
interaineate distrutto, avea ancor 'fatto segoalate
conquiste nella Germania . L' ìmperador- Giusti-
fiiaoo e i re Goti cercavano a gara l'amicìzia di
Teodeberto, il qu^e lusÌDgando oc Vimo or t'al-
4ro oolb parole, cercava io fatti 'd'iagrabdir- sii
stesso sulk depressione degli uni e degli altri. GiJi;
abbiamo veduto eh* egli mandò «na volta nn kìb-
fono di diecimila uomini a'.Goti al)b»RutÌ', ,dàtv
do voce, per inganaar la cotte "di Cosfanlinapoli',.
che questi erano Borgognoni Volontari o Teoturi&-
rì ^ e che ci tornò un' altra volta egli stesso cOa
«tmata numerosi^stma, cbepee cattiva influenza
del climai e- per disagio di cibi vì péri in gran-.pàN
te. Non per questo depose I' animo sBoatnbtziot
«d efwoce, ma attese ad accrescere «idi nno'™
poesìa e di nuove prerogative il suo regno; e fu
il prìma tra, tutte le potenze che si elÈrrawraowv
pra le jorine di Roma, che battesse eotto it prò- ,
pfìo jxnne monete d' oro o per c(ntiessi<aie gra*
tui(a.>o per connivenza e diseimulaaoae d^'iin-
peradore, 4a cui' ancora ottenne espressa- conlèr'
mazione e diremo f|uasi investitura delle - pf^vlzK
de cb*e930£ isuoi maggiori areano usurpateci
r In^criò (i) , ... ;
' Né contento a questi termini , p^ioc«faè Gw^
stioiano metteva fra' suoi titnli quelle» dì Fr&netÒo:Ì
(i) ftoftifi Iil;.'3.,«»p,.a5.-'D«t)idul».H4yp*ig4i7i>
0. Google
^^uaafcoj Uingobaidico' (i) , mense una. gran-
de ao)IevaKÌQtw ihc i bafrbarì cfae si erano sta-
^jlUi Dell' lUirróo't e fu pKs»Q a portmc la gnecra
«ontCò {Ul^imperadorefìn wtto lemora diCostan-
tinofiòUv Nel primo fervore di questo. audace. d^
.4eg&0' Taedeberto finì là vita , e. lasciò .p^;.suc-
<t!e9sWfi un suo figliuolo Teòdebaldo, giovaae. di
,cù^a sfrdioi aD«i>'di:graeile temperatura, ed'iib-
gegQP i(pti piiii «he jaftcdiocre . Vero b che la aa^
^ia pr0i'rideD;ea del padre colla scelta dì ministra
^.uflìiiali 'abilisaimi avea opportunamente. nmedia<-
-to .allavdetoleiEa e idi' imesperieoza del giovam
l!e-(i). , .
r A questo Teodebaldo , siccome a colui eh*
£"9 gli .dtd t» de' Fratachi aveva i stioi stati più
propinqui all'Italia, riconwffo i Goti, per «iuta,
{tUorchè per la morte dì Totila e di IL^eia. à> vi-*-
déro animati a mal fCmlo de* iatti loro. Vmi*
basciata: tuttavia non andò a: nome^ofe^ per.delii-
berazione ^ tutta la nazioua, ma solameiile di
questi ohe aiutavano tra le Alpi «d. il- Po. .Gli
alici che si trovavano più lut^i dall' Al[Hf. aania*'
rooo, meglio d* attendere qual avviamento |vei^
desser le oose de' Greci, e qual esito avesse l'as'^
stdio di Cuma; o veramente temettel» »- coli' invìi»
tare i Franchi, di tirarsi in casaun ngmicod'ag^
giunta ai Greci-Rod9anÌ. Furono intanto ncevutì
e sentiti gli- aOtbasóiadori. mandati a ^Eeodebaldo,
tO Agiih. lib. 5.
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94. DeìM &VOLiri^iM «Atalia
i qiufli'rìa somme oeròftraao:di :peiniade|^.arfj^l^
re ed al suo consiglio, che quando ìGpti.^ossat)-
iaterameota debdUti e distratti, aoche.kh ^tato
de* FiaDclu.'tuMi «arebbe lìcuro dalle .^ratep^nì.
deliMmpeiadore ; cbe pvtò egU era coaa dicc^x^^
ne utilità < dell' una e dell'altra nazione,, oiie i
Franchi maiàattaco in Italia in difesa de' Q^^t
Fu tispo^ « nome del reTeode^do., cheì'Atà
e la.feDoe sua sanità, e lo stati» del regno nq^
{gli pennetteràno' di entrar per sUoxa a pdft^àfì*.
perìcoli altrui (i) , Ma Leutarì e ButselliDo^ Alor^
aianni di nezione>e duci peimarì delle -^uf^e. di
Teodebaldo, nel dar commiato agli amba&piadtHÌi
li coniovtarQiio.iai non perdersi d'animoi, ,pQrchèf
non «tante il dissentimento del re, eseisartUi^o
ah propria- autorità venuti :colt .potuit«:. Metoito^^
soceorrere i Goti. Con molta . probabili^ ' ctA«(!^
un ó^bre «oriStore delle stwie Fifancesi: (2),i|ch9
TOtèsta discoidasxa. tua la 'risalta, dei rfe .«de'duf
fratelli capitani, non fu akrache un arti&ào <h>o-
^oertalo; e serpe pei: appanta.a.coi^erQiai;. ciòiclfc
scuse Frooòplo, ix^ chi in tuttó le w&tni cpn-
farse che ièoem i Fcandii in: questa giXerEa« mai
.non ebbero po' imira di prestar sertìgio nèt^'OiO-
•mani uè aV Goti, ma lo scopo, loro era, ^^oipiee
«tato d'i impadronirsi d'Italia, e di laseì^i: penùò
indebolire i due partiti:, .affinchè, abbattuto 4U>p,
fatuàcas poi imuovcr guerea ali* abto; dfi toro tleesì »
fi) Agath. lib. I.
(3) Daaì«|l.But>:d« Fcufi* too». i., fig..i»5.'.
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j > Dbro vi. Capo V. " ^$.
e seni già come amici fr colEegatì de* Ronumiro
de* Goti (r). ■
Certamente senza procedere, ad una dìserzi(H-
ne e rìbellioae manifesta, del che dod apparisce
pur il minimo sospetto per tatto il tenore di que*
sto racconto, Leulari è Eucéllioo non pbteano
menar io Italia, senza il consentimento del lorsì-
gnore, un'armata sì numerosa;, com* esà fecero
sùbitamente dopo la partita' degli «nbasoiadori
Goti. Vennero ifanque vàxte fratelli in Italia se-
guitati da eettantamila: combattenti. Colla laeiKtà
che frovàroDo dalla parte de* Goti , non ebbero
a -penar molto per oocniKU'e quante. [»a2Mi credet-
tero es^re di lor convemenza aelk Venezia e
betta Liguna, dall'alpi Retìohe ^no-al mar To'
scaiJo '. Restava perciò V- Italia quasi divisa fra tre
tiazioni che aveano domini y e tenevano forterae
in diirecse provincia t Goti, Greci-Romani, «Frati>-
cfai . Ma i Goti vi cano dopo la Confitta i£ Teia
Uoik più in istato di reggersi da loro soli ( èaenEa
4i Vantaggiò del posto i<wti«imo , <piai ara Coma,
'dóve s'èrano ritirati 'cot m^lio de' loro stmisn!,
-già sa'i^bbero in breve rimasi affatto^ ttpeoti. 11 re-
sto della naKiosie disperso in -vari luoghi d'Italia-,
xon tema' nerameno il partito comune ; ma '-o sin-
lùMAnetife o À'mulatamente £tltvi ^ aocostàrouo a*
'Rdtnanri' altri se la ititendevan co' Franchi. Qua-
esti ùlrimi-, benehà^noù avesKro per av&entura maggioc
=dDvGooglc
^ DELib Rnr<n.unoia d*Ìtalia
numero di fortezie , die qnrila tibe li trae»
VADO a nome dell'imperio, pare perdià aveano
maggior moltitudine di gente ormata, ofae non ne
avesse Naieete, MumTano pni arditamente pet
tutto.
Frattanto T esito deBa guMm pareva ^Kpendò-
re dalla retistenza ddle due dttà Coma eEiuecn;
r una tenuta dai Goti, Paltra da' Fraocbi; ed
ambedue assediate e combiriCutB opìtaanmcnltc dm
Nanete . L* asse^ e la prem di Looca eDocìH»-
rona al geoeral Greco riputaiioae grandminia non
meno d' umanità e dì denwDxa, che di vafore e
di senno; e fu principio della «uperìorìtà ch'^^
acquistò in appresso sopra la parte de' Frsndii ,
e dell* intera ricuperazione d' Italia. Non . era oi^
mai ad alcuno cosa dubbia edoscora, cbaiFran-
cbì , od tentar cbe facevano di cacciar d* Italia ì
Romeni « avessero in animo di sottomettMsi um
pure gli antichi Italiani, ma i &>ti medesimi,
in cui favore e soccorso Bngevano.eàsei- venuti (i).
Però Àligemo che tuttavia si. teneva forte m Co-
ma, pensò di volersi liberare a lin tratto e dai
disastri d'un lungo assedio, e dai perìcoli, con
dar sé e i suoi e le iosepie reali e tutte le cose
àg' Goti a Narsete, e farsi come suddito Vero e
naturale del Romano imperio . Frese dunque a
mostrare agli aitai oapi del suo partito , che s' egli
era destino che andasse a terra il regno degli
li] kgtOi. Tih. i^pig. 587.
=dDvGooglc
l,iBlK) Vi Capo Vi ' , §f
Ostrogoti, liptù «aorevok era ebe-ritaKii tornasse
«' «Hoi antìcJiì' patlroni * «be io pét»' di' ohra geo*
tot Iptbmtat) e- pnsuen -i pi-incipali Goti del suo
dia^nOv -ÀjiseHio fece inteBdere' agfi aHèdianti ,'
cii'egli vedeva conferir cou Narsete; e prese mo-
de e Mmpo epportao» dì portarsi a 'Classe, for-
teiza TJeiiut e quasi oìttaddla - di . flbveima , ' do-
i^«ra il Greco duce: al quaie 'cÓBIe AlJgtrno fu
avanti, cD^ gli pw9«nl!ò eufaitainetrte ' le chyin
dL'Ciuna, « « proteslb- pronto ad-'Ogni suo' co-
maqKUaieato . lDooiifati«it« fa introdotto , presìdio
Bdoiuio ili Guraa, e cooségaate àNoMete le spo-
gHfr reali con tutto il fesoro che i'Goti aveano
riédveralo ia -quelki rorea ; e Nonetc io couirac-'
cambio proDiise e manteoDe ogai più- 'favorevole
tuttameato ad Aligemo e'aT Goti «h& passarono
s»tto.idlft3ua«bbedfeDiia. N<ui molto dòpo iFran-
efai saUa Hduoift di rìmnorer daJI* 'assedio di Ctinta
i Kotaaoi , ed occiipare-, sótto ' ptretesto di soccor-
rMe i Goti ,> quelle città fatta quasi sede del re-
gno , s* «rado inaohrati iper qiìella parte . Ma in-;
t«60 il camtnamente che d* era siegufto , dissero le
nnggiori villanie del mondo ad'Allgerno, ctiia-
maodolo disertore e traditore della nazìooe .
Era -piaciuto a Narsete, che Aligerno ,~ tor-
Daodo iD Cuma e manifestando l'accordo fatttj
eo* Romani, dall' alto della rocca si facesse vede^
dft <3«loro ohe di là soUo passavano', e si levasse
così ogni pensiero a' nemicH di creare un nuovo'
re, essendo ogni ornamento della dignità velluto
Tomo il. 7
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c,8 Delle Rivoluzioni d' Italia
in man de' Romani . Stettero i Fran«h[ noodf-
meno ancor fermi nella deliberazioite di coatiouar
l'impresa guerra contro Narsete; ma parte vìpti
e disfatti , sebben in numero assai maggiore ; pai^
te consumati dalle malattie in pena , come ere*
dette Agatta, iiella sacrilega rapacità ed empietti
loro y per cui spogliarono e profanarono tanti luo-
ghi sacri per tutto dove passarono , furono aJla
£ne forzati di lasciar a' Romani intero e libera,
per quanto era in Ich'o, il dominio d'Itali?' O)-
Solo restava nua fazione di settemila. Goti* i qua-
li essendo prima stati uniti co' Franchi , e ve'
deodosi ora abbandonati alla mercede de' vioci-
tori« per tema di non dover trovar grazia* n get-
tarono in ConsB sotto la guida di Ragaart, Utii.-
turg^ od Unno ch'egli fosse. Quest' uoiro aadae«
^ di spiriti superiori alla nascita , benché di . na^
zione assai vile , sperava forse di salire a qualche
stato; e se il colpo che perfidamente macchinò
( AN. ^95 ) , non gli andava fallito , poteva oa-
gionare nuovi rivolgimenti nelle cose d^lfaUa .
Ben conoscendo quel barbato» quanto gU fosse
difficile di sostenersi a forza aperta contrt» la p<i>-
tenza e la riputazione già nfolto cresciuta di Nar-
sete, volle provar sua sorte* se potesse od ottene-
re da lui qmlche utile ed onorata oondizioae
quando si arreodesse , o vanificarsi per via di
tradimento (a). Chiedette perciò di abboccarsi eoo
[1] igétfa. )ib. 1 de Bel). Golh.
]i] Idem. tit|. a io £d.
0. Google
tiBRo Vi. Capo V. 99
Narsete* ,e fu rìceTUto. il luc^o destinato al ccd-
loquio dovette , per quanto appausce , troTacsi ia
campo aperto. Quivi poiché ebbero alquanto ra-
gionato insieme , vedendo Narsete V alterezza e la
presunzione con cui Ragnar! parlava della resa*
lo licenziò ; e probabilmente il barbaro non si cu-
rava della concIilsioDe , e disd^oava ogni partito
men che largo ed onorato , Partissi Bagnari da
Narsete, come s^ egli andasse al suocaminino alla
volta di Consa.- ed ecco che repentinamente vol-
tatosi addietro ( come avean per costume di far
nelle battaglie gli Senti, e gli antichi Parti che
da loro discesero ) , lanciò un darda per. colpire
Narsete ; ma il colpo andò a vuoto . Le guardie
di Narsete , veduta la perfidia di Ragnari , e il pc
ricalo che corse H lor capitano , non ìstettero a
badar più avanti ; e dirizi»te te loro armi verso
del barbaro ^ lo stesero a terra . Morto ctMtuì ,
Taudada ed il coraggio del quale avea solo so-
ttenuto la resistenza di quella fazione, i Goti trat-
tarono subitamente la resa ; e Narsete concedette
loro senza difHcoItà alcuna la vita . Bensì per i-
«pegoere aOatto (^ni semenza di guerra volle che
que' settemila Goti tutti passassero a Costaotmo-
poli, non s'assicurando abbastansa, ohe tanti uo-
mini lesati alle armi potessero stare in un paese
signoreggiato per tanti anni dalla loro- nazione-,
senza pericolo d'essere stimolati un'altra volta a
sollevarsi. Con ebbe fine il famoso .regno de' Go-
ti , che essendo fiorito molti anni , andò- . poi per
0. Google
ìoo Delle EIivoluzioni d' Italia
noD miudre spazio di tempo ora crolUado , ora
rialEaDdosi , fincbè fii dalla rirtù di Cfanete atti-
rato affatto fd estinto.
JSiffeiU che questa gmrra recò all' Italia .
JNon mi farò io a rìfletlcFe quello cfae il gtdit-
de annalista Italiano in molti luoghi del terzo to-
no onervò intorno al carattere di questo regno
barbaraco, vituperato soTerobiameote da molti per
un volgar pregiudizio nato dall^ ignoranza delle
buone storie, da altri per un ootal aifetto al no-
me Romano « e da altri mossi Snalmente da nn
lodevole rigpetto di nligìone, per essere stati i
Goti generalmente eretici Ariani. Ma qualunque
cosa debbasi dire degli Oatrogoti che dominarono
r Italia nella, prima metà del sesto secolo , certo
i che peggio ne avvenne a questa provincia pel
riacquisto cfae ne impresero e che ne fecero i
Greci . E posiiam air fermamente, che niuna in*
vasìone di gante straniem , eccettuati ibrse gli Un»
ni, non Ssce mai maggior danno, che questa
piccda banda di truppe imperiali^ le quali ci ven-
nero col nome di liberatrici > I Goti e i Longobar-
di, come vedremo fra poco, esswido venuti in
Italia con animo di occuparla e stabilirvi dimo-
ra , condussero seco mogli ^ figliuoli , servì ^ ed
=dDvGooglc
Libro VI. Capo VI. loi
ttnbeirfi e roba quanta essi avevano; per le qua-
h cose compensaruDo m parte il guasto e la re-
vina. che meoarono' a) primo arrivo. I Cimbri
stessi, che di tanto terrore empierono> T antica
Roma , vinti alla fine e disfatti da Caio Mario ,
cogli avanzi che rimasero dalle soonfiMe ricevu-
te! ristorarODO pur tuttavia iu qualcbe parte la
stragi die avevano fatto- da prima . Alcum- bor-
^in ancor sono tra i coniìat del Veronese , . tiel
Vicentiuo e Trentino , dove ai parla il proprio ed
antioo idioma Teutonico-, e , che più è , il dia.'
, tetto Sasmnico in corrotto (t) : pruova assai ehia-
ra, cbe cotesto generanoni discesero da certe co-
lonie di Ted'esobi , chiamati Cimbri , che dopo la
•addetta memorabile sconfìtta ottennero di i»m-
par la vita sa quelle montagne-^
Ma la spedinone de' Greci contro de*^ Goti
mivma. sperie d* utilità potè cagionare ali* Italia ,
e fece tutti r dannr cbe può fare uà' invasic» di
■etnici. Sr sturbarono primieramente i Goti-, le
famiglie de' quali stabilite pec varie contrade
avrebbon- potuto ripopohir l'Italia, e feria per
avventura risorgere aM' antico valore'. Né i &re^
•i, ve^ti in piccol munero a guisa di passeg-
gierì e Mccomaani , erano per lasciare né figliuo-
li v n&. facmglie in oompeaso di qoelle generano*
■i che . dis^iiggevano . Per ^ra parte lo scarsa
delle truppa imperiali non tolse già>
i;t> .MUTai Venwr ilttuM. Ulk S io^ fin;-
0. Google
loi Delle RiroLuzioNi d'Italia
eh' esse non devastassero l'ItaKacome avretibe
fatto un* armata grandissima d* ioTasorì . Le uc*
cisioni che seguirono nelle battaglie, non erano
al certo di gran conseguenza; ma come quella
guerra si fece per via d' asso^ oontinui che ora
i Greci , e tantosto i Goti , e poi di nuovo i pri-*
mi ponevano alle città ed ai castelli occupati dal*
le parti contrarie, malagevole cosa sarebbe a nu-
merare le migliaia di persone che perirono di fa->
me e di disagio e di pestilenza per innesta cagio*
ne. La guemigione che trovarari nelle piazze as-
sediate, intesa solo a proccnrare per-si gli ali»
menti onde fare il più che n potesse lunga dìfe*
sa , laaciava tutta la moltitudine n^a miseria; •
il san^e e ia vita d^P Italiemi così d^l* una par-
te che dtUl* altra oontavasi per nulla. Nfegli abìt
taf òri delle campagne erano però esenti da que-
ste calamità, e liberi dal pericolo di morir della
fame. Greci e- Goti scorrendo a piccoli batta*-
l^ioni tutta r Italia , s' ingegnavano per lo più di
raccogliere quanto poteaw) di viveri, per esserne
provveduti selle città dove «i acquartieravano, o
dove aspettavano d'essere assediati; e perchè i
Bemici, venendo appresso» non trovassero donde
sodrirsi. Nel letnpo stesso distocbavan fòrtemen-
te la coltivazipne; e tm per le biade ohe si con-
suiaavano a bdlo studio, e. quelle che^ s'impedi-
va di seminare , spesso ed in più luoghi nasceva
orribii fame, la quale passando il più delle volte
in malore epidemico ed in pestilenza, cagioiiava
0. Google
Dbro vi. Capo VI. io3
fierìssine mortalità (i) • Ned era punto mino-
ro il- guasto obe aveva a patir l' Italia rispetto
air aro e. a tutti -gli altri generi di ricchezze, che
dopo le passate rovine vi rimanevano . Appena
le scorrerie rovinòee degli Unni e de* Vandali
set quinto secolo possono paragooarn colle indi-
chili "ruberie ch'ebbe 1' Italia a soffrire sotta
l'imperio di Giustiniano da* capitani Greci, i
^uali 'in diciatto armi che durò quella guerra,
con insaziabil cupidità e con inesprimibile dili-
genza andarono ammassando ori , argenti , pietre^
Tasi , statue , e quanto di spiccio e di prezioso si
ritrovava . E coUiechè al servizio de* loro principi
Cd al successo dell' impresa fossero poco attenti è
molto discordanti fra loro, par nondimeno, che
io vna cosà fteessero molto bene a gara , a cfaì
ftìù è più tosto arricchisse delle spoglie della mi-
sera Italia; né più gli amici, che gl'Inimici era-
no risparmiati . Il numero de* condottieri che fu^
rQDo mandati con Belisario nella sua primiera
spedirioilé, ià grande fuor d' dgni propbr2ione
rigu»do alla poca quantità de* soldati ; ed ésd
per In più si diportavano come generali indipén-
éetti da Belisario, appunto per poter far quella
Ébè spéràvàùo dover loro apportare maggior preJ
da e guadagno . Belisario, come ricchissimo è
gtaàdè eh' egli èra di casa sùà, e per Hsfietti)
(i) V. Procop. de Bell. Goth. lib.
ilibr.- ■ .
ovGooglc
ic4 Delm BivoLuzroNi s'Itauji
delia sua dignità, doveva iii|;oiarsi «tnbocdlkeToI^
ineDte e a dinoisQra più degli aUri , e lasciafe
ancora , cbe Antonina sua oieglie , Teodosio ainan*.
te di lei e suo maggiordomo, e Udigere genera
d' Antonina , con tutte Je altre creature di quel-
la famiglia, pigliassero e diTorastere a tutta for-
za; e perà mal poteva impedire le raberie degU
altri uffiziati . Frocopio che pur.dovea , scrìvendo
questa storia, aver riguardo » -molti cbe aneoE
vireano e si trovavano in poeti, mal potè pallia-
le e mascherare la loro cupidità d' aFriecbire, la
^uale più d^ una £ata fa cagione ebe le opera-
zioni della guerra andaasero^alla peggio per l' im-
pevadore , ma però sempre con maggia rovina
delle città e de' popoli Italiani abbandonati sca-
sa soccorso r e caduti e ricaduti o in mano de* ne*
mici, o nella fame (i). Or questa fu la famosa
liberarione d'Italia, la quale c^ebrando i poeti,
portarono in cieJo il nome di Belisario e di Gio-
stiniaDO.
Vera cosa è ebe. sotto Natsete, il (^lale sen-
X* alcun titolo particolare né di proconsolo uè
a* esarcò uè di presidente rimase al governo d-'Itar*
Jb'a» questa provincia hi alquanto ristorata dalle
passate rovi^e» non solamrate per Iftcuxach' eg^
n prese di rìnnovac d*cdifizì le ciUà state distrut-
te,, e peE i| buoa ordine. (^ gì etndib di mante*
nervi ; ma ancora perchè' essendo totdmeotB
' (i) Procop. lib. a , cap. 6, io, ij , 181, *q^ »l^
0. Google
Libro Vi. Cavo Vf. loS
cenate le gqerre, poti' non meno ne'villa^ cbe>
tuMe grandi città rifarsi pur na poco d'abitatori^
per tft : moHipKcazione che vi recu-ono eoa ^
anticht TÌUam scampati da t^mte etragt, come ^
av^RÌ aneora della nazion de* Goti» di evi non>
k da dubitare ohe gran numero rimanesse tatt£t-
ria in Italia dopofl fine di qtteHa ganra. Per-
ciocché , quantunque meltissimr fbssèrtr penti in
varie &2!odì, e Narsete «vose mandato prigione
a Costantioepoti l' uhimo squadrone che »*^arrete
a Consa, e molti finalmente debba snpporsr cho
densi ritH-ati ne* pae» de' Franehi e degH Ale-
manni ed altrore ^ per tema di n(Hi pcpfer viver
«curi sotto il donuDÌo de' vincitori; eerto- è non^
dimeno» «he kifitnte famiglie disperse qua e là
per varie contrade d'ItaTia, vi rimasero tuttavia
jdopo il fine detta guarà, e molti passarono alla
.divozione e all'obbedienza de* Romani fiso -dal
tempo della prima spedizione di Belisarìa (i). E
da tatto ìk racconto d'Agatia risalta manifesta-
noente, che da quegli m fuori, che persisterono
armati fino all' estremo, tutta ti resto deHa na-
aione non fu più oltre inquietato da Narsete, ma
lasciato a modo degli altri naturali d'Italia viver-
si paci6cament« . E sebbene, come Ibrse è da
credere, o per Irgittime vie o per prepotenza
ile' ministri cesarei fossero privati di parte di que-
gli averi che sotto i re Goti aveatio o usurpati
(i). ProGop. vlib. i, «p. a8.
=dDvGooglc
io6 Deus RìroLVttotti d* Italia
od acquistati * ciò' non togKeva il vantaggio dte
tìcetea. Tltalia dalle persone loro ; aarì quantcf
più vi restavano poveri, tanto maggiore stimola
aveano dì starsene nelle campagne a meoar vita
«empìiee e laborìdsa, e però piii utile in genera-
le ^la popolazione. Né e»i eraiio alieni da un
simil genwe di vita, giaoohfe mdti ve n* ebbero
nel mag^or lustro e nel Bore del régno loro, cbs
non itdegoarono d* aodanette ad abitare nclP AIj
pi . Ma questo paoìfioo e tranquillo stato In òuì
si mantenne 1' I^i& sotto il reggimento di Nar-
sete, non durb più che sedici anni, dopo i qaaK
questa lempn trav^liata provìncia ricadde id
peggiori mali * che prima »
0. Google
I07
LIBRO SETTIMO,
CAPO PRIMO.
jF¥w di Naeete: orione de* Longobai^ che a
qutt tempo assi^aron t Italia,
Jf iaobè TÌsBe GlnttÌDÌafio, per molte pmotré eh* egU
i^bia dato ne' eaoì ultimi aooi di debole e vacU-
knte cervello, luciò tuttavia al governo d'Italia
quello stesso cbe t* aveva col suo valor conquista-
ta , Morto queir ìmperadore ' quattordici anni dopo
il famoso conquisto , Narsete , qual che si fossa
il motivo, perdette o fu viciao a perdere col fa-
vor della corte ancor la sua digaità e il suo co-
mando. Sofia augusta e moglie dì Giustino IL che
si lasciava da lei a guisa di fanciullo governare e
guidare , non avea V istessa affezione verso un
vecchio eunuco , che Giustiniano avea, verso un
antico suo ed amorevole familiare . Questa diffe-
renza bastava sola perchè alcuno degt' inimici di
Narsete» che non gli poteano mancare fira gli
stessi Italiani, e spezialmente fra i grandi che mal
soffrivano d* esser, tenuti a freno, tentasse di sop-
piatto, o con occulte calunnie o lettere anonime
ovGooglc
■%oS Delie Rivoluzioni d'Itau»
di mettere neUa disgrazia della tmoTa eorte wè
antico favorrto. Seazacliè rimperadrice , poTOoe,.
smibiziosa «d avida di signoreggiare , dove» di
per sé stessa l'oolinar molfo a^ innalzue ai pria»
cipali ufBzi e go>^erm L suoi amici e ì suoi divo-
ti ;. percliè l* essere stato nel favore e nella Gonfia
deoza d'un principe è talvoftar un potente Kotìro>
d'essere escluso dalla grazia del successore, come
un cdebre e valeste mìaiAttò del presente' secolo:
à confessato (r):. Ma s» 1-' «ubuoq Narstte f<»8e »
no- richiamato dal suo governo in seguito a tutto
questo , e se egli irritato per questa novità del suo-
OBOI" vilipeso- invitasse i Loz^obardì m Ftatia per
fcH- sue vendette contro l'oragliela Sofia, nimu»
è' finora , che abbia fu^inent» sufficiente per ao-.
ccrtarlo (2),. Fatto-, sta che- circa due aom da eba
CiustiniaBo: finì di vivere , mori aocora- Narsete
^Av^S&jy^ £ some la vir(ì> e- la- riputazione' di
lui era il sola pEppugoacolo ebe' guardasse- PkaJìa
daUa cupidità de' barbari efa& l'adoechiaveuio, co-
si 1^ sua morte cisvegliò^ in questy qaeHo stessa
pensiero di. occuparla , qual nuova, e osai difésa
predai siccome già la morte di Te»derica avta>
(i)-n marchew di Torty-
(3) Io aoa trovo miggiore probabijilìi Beir«pÌAÌqus
de* iuaderni storici che tratlan di favola e à' ioipoitora
l'àDlica tradìziaue d' an molto piccante uscito di bacca
air inperadrict cootro Narfete^ e dell« Uappo bene tce«'.
modale voglie dell'eunuco; che uella relaziosc più comu-
ne e più volgala di coloro che ricopiarono leoz altra di-'
Mmioa le parole di Paolo diicouo.
ovGboglc
LiB&o yfl. Capo I. log
•cagiooaUi agi' impecadori fiomant la -voglia di na-
9Ìrta all' imperio . Ma dove che' ^* imperiali an--
daróno per iBoIti anni «correndo e uggendo per
l'Italia, e «olamente dopo lunga guerra riuecì lo-
co di ri|Mgliame il domìaio che poi appena rìtea-
nero f)oehi sani ; i Longobardi non naoiti inesì do-
po morto JSarsete , gettatisi ìu questa bella parte
d'Italia^ che da loro prese poi it nome di Lom-
bat-dia, la ritolseró prestatfieDte all' imperio; e -
non elle ne ttìiseio soaceiati dai Greeì, che anzt
tanto s' allargarono ia proeewo di temira dopo le-
pritne «oiiquiste , che appena laGciarono agl'ìnipe-
radori iiMccolissima parte della bassa Italia.
I Longobardi , nazion senea dubbio Germaai-
ca, useiroao aaeor essi, se crediamo ad alcuni
autori , dalla SeandinaTia , come i Vandali e i Go-
ti- V è aocor chi pretende che fossero una stes-
sa sazioDe coi Goti, e che non per altro prendes-
sero nome diverso dal resto della nazicne, se non'
per cagione dèlia barba ohe per calche lor nuo-
vo caprìocio s' invaghirono di portar lunga , dove'
che gli altri la si tagliavano . E forse molte furo-
no nella Germania quelle nazioni che per uno stes-
so motivo ebbero lo stesso nome. Comunque sia,
quelle genti di cui noi qui prendiaiuo a parlare ,
già erano ne* primi anni dell' imperio di Gìusti-
i^iano state nella Panoonia ( ak. 517 )« dove le
avea poco prima condotte ( non sì sa d* onde )
Audoino, che fu il nono o il decimo re di quella
0. Google
I IO Delle Rivouixiom d* Italia
nazione (i). Prima & Tenue nella Patmonia,
esse aveano avuto hutganunte a contendere co^i
Bruii probabilmente nella. Moravia ; e non furono
senza rivali uella nuova stanza che si certaro'
Bo (2) . Perocché venute in dissensione coi &«[»•
di , tutti popoli della stessa orìgine de* Longobar-
di* cercarono le une e gli altri o d'accreMcre le
proprie forze cogli aiuti dell' imperadore, o alme-
no di dar peso e riputaziime al loro partito col
vantarne TamiciEia e la lega . Mandarono per que-
sto ambasciadorì a Costantinopoli ; ma Giustinia-
no che non potea avere in ciò altro interesse,
che di umiliare amendue le nazioni , e invìsehiar-
lé ed accenderle ancor davvantaggio nelle lor ge-
losie , or si mostrava inchinevole egli uni , or man-
dava aiuto agli ahrì . In coleste guerre de' Gepi-'
di cominciò il famoso Alboino a dar pniove del
suo valore. "E perehi quello che di lui raccooUt
lo storico Longobardo (3) , serve a far conoscere
non solamente il propno - carattere di questo re ,
Boa il costume della nazione in generale , credo
qui opportuno di nferirlo .
In una delle prime battaglie che diedero' r
liongohardi a'GejHdi, come nemici, la quale du-
rò bène a lungo prima che sì vedesse vantaggio
[1] Paul. diac. lih. a, cap. a», a5. — Procop. !ib. 5/
cap, 55 — Rer. Ital. tom. », pag. 4i8.
[3] Ber. lui. iib. 1 , cap. i^.
[3] Paul. diac. Iib. 1 ^ cap. a^-
D.q,t,ZBaovGOOglC
{jBBa VH. C*H> I. ut
4]enD0 uè dall*uaa uè dall'altra parte* s'ineo»-.
UsaXQD.0 per ranUira ì GgL'uoli dei due re* Alboi*
DO Bgtiuol d'AudoìDo, e Torismoado di TorÌ-<-
aendo re de'Gepìdi. Venoaro ì due giovani guer-
rieri a fiingolar pugna tra laro, e Tan»nioiido vi
tiraaBe morto. Per la (]iial cosa afflitti e 8ooiicei>
tati .i Gepidi voltaron le spalle, lasciando la viti
tdda a' Longobardi. Questi, ritornati così vioeito-
ri e trionfanti alle lor sedi y dooiaiidaroDo al pa-
dra t obe in premio di sì beUa vittoria riccTessQ
per r arvenire alla sua mensa il figliqolo » afSnr
cbìs egli fosse suo compagno ne* conviti , coma
ne' pericoli egli era. «Voi sapete, rispose Audoi-
n no , che io non potrei far questo senza violare
M. i costumi della nostra nazione, secondo i quali
u , non è permesso ohe ij £gIiuolo del re pranzi
3* col padre , s' egli prima non prende le armi di
». un re d* altra nazione «. Udita questa rispo«ta
del padre , Alboino pr^e seco quaranta giovani
•olamente , e se ne andò a trovare il re de* Ge-
pidi Torisendo , al quale manifestò immantinente
la cagione della sua venuta . Torisendo lo accolse
cortesemente, ed invitatolo a mangiar seco sei
fé' sedere a destra nel luogo stesso che scJea sede-
re r ucciso Torismondo . Or mentre così mangia-
vano , il buon Torisendo , rivolgendo seco chi fos-
se prima solito di sedergli accanto, e chi ora vi
sedesse in sua vece , cioè in vece del figlio 1* uc-
cisore di lui, cominciò a mandar fuori atti sospi-
ri, uè più potendosi ratteoere proruppe in questo ,
0. Google
fxa Delle Ritoluzioni s*Italu
teaero lamento . « Questo Iu(^ mi è caro ed^anutfo,
» ma colui che ora vi siede, mi è troppo doloroso
■ oggetto a vedere a. Ki queste parole di Toritendo
«timolato OH altro suo Bglio, che [wobabilmeote fu
Cuuemondo , comÌDciò con motti piccanti a cercar
ocoanoHe di veoir alle mani co* Longobardi. Usa-
vano questi di cìnger la parte iaferìor delle gam-
be con certi hoiracchini o fascette biaoclie . Dì
qui prese a farai beSe de*Longobardi l' ardito Cu-
Betnondo, e disse; «Con quelle vostre gaoibo fo-
» sciate voi mi parete certe cavalle che oi sono ;
» ma ben vi dico io, che le c^aUe a cui con
» coleste gambe somigliate , le soa cavalle da po-
li co « . Allora un Longobardo brevemente rispo-
ae: « Vieni in campo, e colà dove sono sparse
» le ossa del tuo fratello, come d' un vii giumen-
w to in mezzo ai prati, tu potrai certo provaro
» come queste che Ui chiami cavalle, sappian me-
■ aar di calci « . Non poterono i G^idi soctener
l'onta a sentirsi rinfacciar le passate sconfitte , e
presi da fiera collera passarono alle vitlaote ed al-
le iDgiurie scoperte. Così gli uni e gli altri dispo-
sti a combattere, tutti mettono mano alle spade <
Ma il ce alzandosi frettolosamente dalla tavola , e
gettandosi di mezzo , con. preghi e con minacce
contenne gli animi agitati , mostrando cbe non po-
teva essere grata a Dio la vittoria quando altri
decideva il nemico jn casa sua. Così dalle ingiu-
rie e da* contrasti tornarono alla tavola, e lieta-
mente fioirono il convito. Quindi To^isendo tolse
0. Google
Libro VII. Capo I. ii3
le armi del morto figliuolo e le diede ad' Alboi-
no, il quale, preso commiato e tornato al padre,
fu di poi ammésso alla sua tavola . Ma non per
quMto ebbero fine le guerre tra quelle genti; per-
ciocché, morto Toriseodo , Cunemondo che gli suc-
cèdette nel regno , tornò alle armi . Frattanto la
fama che del valor d* Alboino , il quale quasi Aà
UD tempo stesso che Cunemondo, mortogli il pa-
dre , fu eletto re , à sparse per tutto , avea mos-
so Clotario re de' Franchi a dargli la sua figlia
Clotsuiuda per móglie . Né contento di questo pa-
rentado, il re Alboino strinse lega perpetua con
certi Unni che dal nome d'un loro re presero^
quello di Avari , i quali ' doveano abitar qual-
che paese non molto lontano da quello de* Gepi-
di . Mediante questa nuova lega Alboino non tar-
dò molto a debellare affatto i Gepidi ; ed uccito
il suo emolo Cunemondo, fece incassar in argen-
to il cranio di lui^ e per certo costume comune
a quelP età se ne servì poi come di coppa ne' suoi
banchetti . La preda che dalle spoglie de' Gepidi
ritrassero, fu grandissima; e lo storico dice che i
Longobardi per lo bottino diventaron ricchissimi.
Il paese per altro , che abitavano , non era trop-
po felice; e però ci convien supporre che le rie
chesze de' Gepidi fossero loro provenute dai sac-
cheggi che diedero alle terre dell' imperio , e cTài
regali che tuttavia ricevevano tante nazlool bar-
bare dall' iraperadore . Fra le spoglie de' Gepidi
non di picco! moménto erano i prigioni dell' uno
Tomo n, 8
ovGooglc
j 1 4 Delle Rivoluzioni d' Italia
e dell'altro sesso , che fecero . i^ viocitori , Tra ì
quali prigioni fu ancora la : figliuola dello stesso
re , per nome Rosmonda . V averle ucciso il pa-
dre e distrutta la famiglia ed il regno non inpe-
di Alboino dal. cercar le nozze di questa princi-
.pessa prigioniera, da clie -egli- er^ rimasto vedo-
vo della prima moglie Clotsuinda (i). Se .motivo
politico 4 o stimolo d'amore l'abbia indotto a que-
sto matrimonio,- non ai può afierinare ; maqua-
Junque: si fbsse de* due, egli dopo avere sposato
Rosmonda, dovea. averle più rispetto ^hs non -fe-
ce , o non dimenticarsi quale donna ella si fosse ,
.icbe quel famoso re avrebbe avuto un fine. più coa-
■facme a' suoi felici prìncipit . Io tanta agli Unni o
Avari ch'erano slati cooperatori delle sue vittorie ,
.Alboino cedette^ come per porzione delle spoglie ne-
miche,. una parte della Faononia; e se la passarooo
assai concordemente, insieme le. due nazioni, tut-
toché in un paese poco atto a somministrare ai
due popoli dì che vivere agiatamente . Riaccende-
vasi in questo mezzo la guerra d' Italia tra* Greci
,eÌ<9o(i. Ciustiniaao augusto iion indegno di cfaia-
. mar io £uuto le armi de' Longobardi , che risuo-
navano allora con tanto grido per tutto (2)^. Al-
boino mandò pertanto ai comandamenti di Nai-
Bete buon numero di cotnbattenti < Narsete, come
$ì fu serv.ito di loro nel maggior biso^poo, chic fa
.h disfatta <di Totila , Ji riijiandò «atidn di dpni
[ij Paul. dine. lik. i, ca'p. ì-j. ' ■ • ' ' "^
. [a} V.Moiat. si»..fi5a. ,' - " 1!--
0. Google
' ■ Ubro VII. apol. nS
ài lor paese il più presto die potè , perchè dì
troppo seaDdalo e di tròppa briga eran cagione
■ a' fatti suol . Costoro che avean provàrto quanto
" i' Italia isupwasse m bellezza ed in bontà la Fan-
■nonìa che abitavano, con loro racconti, e eoa
'Sfarne anche maggióri del vero le ' maraviglie ac-
' ceserò facilmente fra i naijonali un vivo desiderio
t(i possedére qiiésto paese, Ma o l' altissima stima
■ è il timore che avevano -dì Narsete, o- un giusto
'rispetto deH' alleanza- contratta coti Giustiniano li
"Titebne da £ir novità. Ma intesa appena che eb-
■ béro » là taorte n tó disgrazia di STdrsete, ch*es-
«'presefle Tfjosse per passare- iit Italia ; e forse
' dbe- già anticipatamente s* erano a[JpatecchÌati ■ a
■ -quésto, riguardando o àft* età'-avaniafa del valen-
fe eonuéo,' b- à- quella di^Giustìniano, alla morte
"■■derqualè- era facile il presentire chb sarebbesi mu-
tato goyetiio per tìittol* imperio".
-■■■■■ " ■ ■ - '0 A- ■!• 'O- SU -
■ Tenuta' d^ Èmgobàràiin Itaiia: fatti à^ Alboi-
no \ e ^ ■ Clé/i : ^ vanazion di '■gofèYna dojya
"' -^ /ot»/. ■ ■•■ ■' ■■"■ - ■■■ ■ ' ■■•
■\jH\ tJnni'-o Avariche tma pale soltanto teij«-
•vano deìfa Panntìma f occupata da lóro; pet r«([-
leanza fatta co' Longobardi;, furopo alla ; partenza
di questi ultimi fatti padroni -del rimaucnte .
0. Google
ii6 DsLtÈ RiVoLUKioNi D* Italia
Fromisero beoo di render questa nuova porzione a*
Longobardi , dove che fallisse ai loro amici il con-
quÌDto deM' Italia; ma il caso sarebbe stato nofa-
faite e raro , e sovranamente onorifico alla ragion
delle genti che regnava fra que' barbari , se fosse
accaduto che i Longobardi n'spinti o rìmuidati
per qualunque modo dairitalia , lavessero ricerca-
to di nuovo le primiere lor sedi, e gli Unni si
fossero senza contrasto ristretti negli antichi ter-
mini delle lor possessioni o del loro dominio. Ad
ogni modo i Longobardi si partirono di là con
animo e con fermissima fidanza di stabilire lor
soggiorno in Italia ; e però trassero seco e mogli
« figliuoli e -bestiami, e quanto di mobile aveano
al mondo (i). E il re Alboino non contento delle
sue genti , o non s*^ assicurando abbastanza di
poter con quelle abbattere ogni ostacolo che potesse
nascere al suo disegno , raccolse d* altre nazioni
Germaniche il maggior numero che gli fu possi-
bile; e. con questa innumerevole e mista moltìtu-
dioe di genti passò le Alpi ^ e si gettò di primo
tratto nella Venezia, laqual provincia fìl tutta,
da Padova e Monselice in fuori , con poco osta-
colo occupata dai nuovi assalitori . E perchè ella
sì potpsse più agevolmente conservare contro gli
sforzi de' Greci, piacque ad Alboino di lasciarvi
Un duca con una parte delle famiglie nobili e
dell* armata . Alboino diede quel governo ad un
(i) Paul. diac. lib. -a , ftp.- -j.
0. Google
liBHO VII. Capo H. 117
suo nipote chiamato Gisolfo (i) : e questo fu il
primo slato di natura quasi feudale, che i I^U'
gobardi ordinaBsero in Italia . Io m' indurrei facil'
mente a credere che Alboino non meno per for-
za e per necessità, che per utilità della guerra
abbia lasciato Gisolfo nella Venezia con titolo e
autorità quasi prìnapale . Ma Gisolfo che essendo
forse stato' in Italia a militar con Narsete , era
mformàto delle cose di questa provincia, e del
governo che vi si era introdotto, volle, senza a-
spettar più oltre i dubbi successi di quella spedi*
zione , cominciare ad assicurarsene il prima frut»
to . Perciocché , comunque fossero poi proceduto
le cose della sua nazione, egli facendosi fotta
nelle terre che benché con titolo subordinato oc-
cupava , non sarebbe.stftto così di leggeri discacciata
da ^i che n tosse . Frattanto Alboino continuò
sue imprese felicemente, e preso Milano , fu con
le cerimonie militari usate da' barbari Creato re
d'Italia nel 569, benché egli non fosse anoor pOf
drone oè di Roma né di Ravenna né di Pavia ,
eh' erano le tre capitali del regno Italico . Pavia
costò al nuovo re tre anni d'assedio, nel quaj
tempo, per non occupare tutte le sue forze per
una sola città, mandò di qua e di là parte dell»
sue genti ad impossessarsi di altre terre , dovun*
que ostacolo non s'incontrasse. L'acquisto di
Pavia, che Alboino pare che abbia riguardato
[i] P«iil. diac. lib. a, cap. 9. .
=dDvGooglc
ii8 Delle Rivoluzioni D*ItALiA
come r epoca ed il priiicipiu della sua monarcliia ^ '
fu altresì il fìae delle sue .coaquisfè e de* suoi
giorni. Conciossiachè nel solenne .convito eh* egli
fece in Verona , quasi, per solennizzare vittoria
così rilevante , avendo per quella sua famosa cop-
pa formata del cranio di Cunemondo altamente
offeso l'animo di Bosmonda 'sua móglie, fti per
coDspirazione di lei. pochi mesi dopo ammazzato*
Elmechilde che ne fu V uccisore , e la regina ve-
dova che Juì prese per suo nuovo marito , tenta?
roDO in vano di occupare il regno; e conosciuto
Tumore e l'odio che I Exingobardi' avean conce-
pito contro di loro per la morte d' un re carissimo
alla nazione^ si fuggirono a Ravenna, Quivi, se-
. pondo che leggesi in tante storie,, V ésarco Longi*-
no eh? di- buon grado gli accolse , fece tosto pen-
, siero dj prendersi per moglie Ja- stéssa Ròsmonda;
. t tra per le ragioni 9 le aderenze che con tal
maritaggio acquistava, e l'autorità che per T uf-
fizio suo già aveva nelle terre ancor soggette' al-
l' imperio , grandemente si confidava di farsi pa-
drone di tutta balia . Ma mentre Bosmonda sol-
lecitata dall' esarco volle levar di vita Elmèchild^,
.fti. ancor essa sforzata a bersi dello stesso velerio,
.-con cui djede la- morte a lui. In quésto mezzo i
Longobac<3i nella dieta generale che per quest* af-
fetto tennero 'in Pavia , elessero a re Clefi o vo-
,, gliam Clirlo Qefoue, il quale in tro.alini cfce du-
rò il suo regno , si fece conoscere non meno su-
perbo e crudèle verso i suoi , che valoroso é feroce
0. Google
. LiBBo VU. Capo II. 119
contro i BomaDÌ , a danno de' ., quali ampliò aa-
ocra il domiDÌo de' Longobardi . Uccìso costui per
,oagÌQa della sua libìdine, oè avendo. lasciati fi-
gliuoli- atti per 1' età ancoc tenera a succedergli
nel governo, i grandi dèlia nazione credettero la
congiuntura troppo favorevole per dare maggior
rilievo all'autorità ed alla potenza lor propria, é
cambiar il governa monarchico nell' aristocratico ,
ó almeno nel misto /.Egli è posa affal'to incerta
se. quando i nob'ili Longobardi s'accordaron fra
loro di non eleggere un successore a Clefi, aves-
sero in animo di non crearne più alcuno' in av-
venire, o solamente di continuar 1* interregno fin*
che .i figliuoli di Clefi fosser' cresciuti in età, 0
che i voti degli elettóri si trovassero più concor-
di nella scelta di-qudlclié personaggio capace di
governar la nazione con soddisfazion de* soggetti.
■Ma comunque si fosse. Io stesso interregno ed Ìl
-solo indugio dell*' elezione ci può mostrare che la
successione al regno non era ereditaria, ma il
dipendente dai suffragi de' principali.
Or se i capi prìmm della nazione , come é-
rfuio i duchi, già stabiliti m Friuli e Spoleto , ' e
in alcune altre delle principali città , avessero po-
tuto dividersi lo stato fra loro soli , ben e da cre-
dere che non avrebbero ceri::ati altri consorti nel-
la signoria: ma non [potendo per avventura' ciò
ottenere per le pretensioni dì molti altri grandi,
^|u forza di divìdere in maggior ' numero di co-
^mandantì il donjiniaj e fu preio partito ffi (^éate ,
0. Google
I20 DELtB RVOLUZIOMI D'ITaLiA
obf e a quelli che già erano stati ordinati , trent* al>
tri duchi in varie teire : cosicché se ne orearona
in tutto trentasei , fra i quali fu dìriso il comao'
do che prima era stato in un solo (i) . I popoli
d'Italia già soggic^ti e ridotti in «ervitù, non
poteau far motto a qw»ta novità che piaceva
d'introdurre alla nazion dominante; « la gente
minuta o vogliam dire la plebe Longobarda , par^
le sconcertata ancot essa pei tinumid andamenti-
di Clefi , parte delusa dalle parche de* grandi che-
davan voce di voler solamente farla da reggenti
del regno, (girante la minorità del- figliuolo del
morto re , non sappiamo che abbia fatto rumor»
al nuovo governo de' trentasei duchi. Intendimen-
to di questi novelli signori fu senza dubbio d' am-
ministrar la repubblica de' Longobardi di comu-
ne aocotdo, e di difenderla da qualunque assalto
stranilo con la union delle forze dì tutti i du-
cali . Ma poscia, siccome suole naturalmente av'-
yenire in somiglianti casi, ciascuno badò iu fatti
ad ingrandire il suo distretto proprio , ed arric-
chire la sua casa, col muover guerre particolari
D ciascuno da sé, o talvolta unendosi insieme due
o tre di que* duchi che aveano interesse comune
in. qualche impresa: e però si rivolsero gli uni ad
infestar le terre e i sudditi de* Romani dal canto
di Ravenpa , gli altri verso le Alpi a far la guerra
a' Francesi .Giteste spedizioni particolari ebbero in
(1} Paul, dite, lib. 3, cap. Sa.
0. Google
ti&Bo VU. Capo U. tzt
Vàrie oc6asiom vati successi; ma nella somma dello.
cose questa di?Ì3Ìone di sovraoità fu non meno pre^
giudiziale alla grandezza de' Longobardi , che allo
stato universale delle proviocie Italiane , almeno
di quelle che non ierano soggette alla nazion Lon-
gobarda (i) . I dudii non avendo forze bastanti
a conquistar nuovi e graudi domini, &cevaaa<
piuttosto la guerra a guisa di pirati, assassinando.
Ù più cbe poteano de* sudditi in^eiiiali, ucciden-
do spezialmente o togliendo ì ricchi, e predando
le campagne , e «aceheg^audo le case . GÌ* impe-^
r-adori Greci e gli esarchi , tuttoché non soliti ad-
tssere molto- teneri e sensitivi alle calamità d* Ita-r
Uà , sopportavano tuttavia queste ruberie e queste^
uccisioni che commettevano i Longobardi, assai
malamente ; perchè alla £ne tanto meno restara
loro a pigliare, se già i sudditi erano spogliati e
tosati da*.lor nemici. Con tutto questo tale era
la debolezza dell' imperio, che né potea difender
le terre che ancor restavano ali* obbedienza di lui , .
né molto meno ricuperare le già perdute. L'uni-
co spediente che ponessero in opera gì' imperadò-
ri, era di metter discordie fra i ducei, e tirac
alcuno dalla lor parte (2) ; d* invitare e sollecitar
con ambasciate e eoa regali i princìpi Franchi , la '
potenza de* quali era allora in grande ' estìmazio.
ne , e far eh' essi movessero guerra a* Longobardi ,
(1) V. P«al. diac. lib. a, cap. 3a,- «t lib. 3, cap.
(a) Idtm lib. 5, cap. jy.
0. Google
1-22 Delle Rivoluzioni d' Italu
e li discaccìasser d'Italia (i^. E verameote Chil-
deberto re de* Franchi, mosso dal denaro e dalle
promesse di Maurizio, e non diffidando d*UQÌr
frattanto una parte d'Italia al suo domioìò , s'ap-
parecchiò di passare le Alpi .'0 timore di "questa
guerra , e gì' interni lamenti del popolo Longo-
bardo e de' sudditi Italiani a' quali il governo d?
tanti piccoli e sempre avidi tiranni riusciva grave
, e molesto , e finalmente il sospetto che all' esèm-
pio di Drottulfo, uno de' loro duchi che avea
tradito la nazione ed era passato - alla' divoziod
dell' imperadòre (2) , altri facessero il somiglian-
te ; obbligarono a [>rocedere , dopo un'interregno
di dieci anni, £ill* elezione d' un nuora re.
Di autori terzo re ' Ijongobardo, à suoi successati
fino a Roiarì. ' ''
'■ ■ • I - .. ' . .s
Il vantaggiò della nascita , e gì' indizi che da-
va di sennò e di valore, inclinarono fàcilmente
le voci degli elettori io favor d*AàtaH figliuofo
di Clefi ( AN. 584. ) Questi rfie fu il terrò re
d' Italia della stirpe de' Longobardi , per Jfr tìe-
sé phè fece nel breve spazio di sei anni, mer^ò
bene d'entrar nel numero de' re più gloriosi.
(1) Greg. Tur. ap.Dan. Hj'sl, deFrancetom. l,pag.a5o.
(3} Wul. diac. lib. 3, cap. .16., .igb: .,.1 \ > '
0. Google
tÌBHo Vn. Capo m: ' i'25
Primieramente rialzò II decoro e la maestà' det
teoDO , che dall' usurpazione de* duchi pareva
dover ridursi a puro nome o al mero uffizio
di capitan generale ; e mentre che coh somma'
fermezza perseguitò i duchi ribelli, è tenne in'
obbedienza tutti quelli che n* erano - vacillanti ,"
s' oppose gagliardamente agli assalti replicati che
ì re de' Franchi , sollecitati dall' imperador Mau-
rizio, diedero al suo regno: e confermate le co-
se da quella parte or con trattati, ora eòo le
sconBtte che diede agli assalitori , ampliò dal can-
to opposto il dominio de' Longobardi con notabi;
li acquisti. Perchè penetrato "destramente ne* pae-
si inediterranei , con leisciarsi addietro Havennai
Koma, e le terre che o per naturai sito o per
grosso presidio che vi fosse a guardarle , poteva-
•no trattenerlo , 9' avanzò lino alle spiagge del
mar Ionio , aperse la ' strada a* suoi successori
d'ampliar quegli acquisti con 1*^ espugnazione del-
le terre dell' esarcato di Ravenna e ducato di Ro-
ma , e diede o il primo principio , o veramente
con nuovi ordini raffermò ed incorporò agli altri
stati della sua nazione il. ducato di Benevento ,
che divenne ne' tempi seguenli così famoso , e
fu cagione di tante contese (i). Teodelìndà fi-
gliuola di Garibaldo duca ài Baviera, che Aufa-
ri si avea presa per moglie in un modo che tién
[1] Giann. Stor. cW. .del BegDO il) Nap. lib. 4« cap.
a, *— Cam. Peltegr, Hìslor. piiucip. LoDgobard.
ovGooglc
ja4 Delle Rivoluzioni d*Italu
àtA galante e del romanzesco, s'acquistò talmett-''
te l'afTetto e la Btima de' Loógobardi, che essi,
morto il marito, la riconobbero come reggente e
arbitra del regno, e lasciarono all'arbitrio suo la
scelta d'un nuovo re e di un secondo marito (i).
Ella che fin dal tempo in cui si trattava delle
sue prime nozze con Àutarì , aveva conosciut»
Agilulfo mandato dal suo re ambaiciadore io Ba-
viera , uomo in cui alle qualità dell' animo si uni-
vano quelle del corpo ( non mai' di poco rilievo
nel determinar il giudizio delle donne ), ed era
allora duca di Torino, a lui subitamente rivolse
l'animo; e fattolo venir a Lumello, residenza
allora della corte reale, il dichiarò re de' Longo-
bardi, e ne fu , alcuni mesi dopo ( an. 589 ) ,
dalla dieta generale degli altri duchi confermata
F elezione. Agilulfo oltre alla novella sua dignità
doTOtte riconoscere dalla sua bene&ttrice e sua
donna ì sentimenti eh' egli ebbe ^ più che niun
altro de* suoi predecessori, in materia di religio-
ne: e dalle favorevoli indioazioni che i due re-
gnanti mostrarono verso la religione cattolica^
nacque all' Italia questo vantaggio , che di quindi
in poi si cominciò ad . iotrodun-e in questa pro-
vincia- l' uniformità e la purità ancora della reli-.
gione . La santità e la dottrina di Gregoria Ma-^
gno, che reggeva con infinita lode la chiesa di
Roma a' tempi del re Agilulfo , fu in gran parte
[1] Paul. <li«c, lib. 3 , cap. ^.
ido^Googlc
LifiRO VII. Capo HI. laS
cagione della pietà di Teodelinda e della conv«r->
ubne del stio manto.' Foche sono le contrade sel-
la LAmbacdia . dove o non si mostrino ancora ,
o non ai' sentano citar momimenti della pietà d^
l'uno e dell' altro di questi due. Ma AgHulfo
con' troppo utile e memorabile esempio fece an-
cor vedere che la pietà de* sovrani non indebo-
lisce e non isnerra il vigor del goveNio ; peroc-
cbè in mezzo ai discorsi e alle pratiche di rrii-
gione, che occupavano non poca parte de* gior-
ni suoi , represse 1* ardir de* Franchi che tuttavia
di tempo in tempo scendevano ad infestare 1* Ita-
lia (i) . Stabilì pace onorata e ferma con buone
ed onorevoli condizioni cogli Avari che molesta-
vano l'Istria pel mal governo del duca di Friu-
li ; accrebbe il suo reame con 1* espugnazione di
Padova e d'altre terre che ancor si tenevano -per
r imperio; e col timor che diede dell'armi eae
agli esarofai de' Rtmiani, gì* indusse a pagargli ,
sotto spezie e titolo di regalo, un tributo di do-
dioimila libbre o scudi d* oro (a) . Tenne a fre-
no i suoi duchi, ì quali per V autorità eh' eser-
citavano ne' lor governi , assai facilmente ricusa-
vano di vivere obbedienti e subordinati, al capo
eovranò della nazione (3) ; e per gì' intervalli, pa-
ifflfici che procurò al «uo regno, diede comodo e
[i] V. Murat. an. £i3.
[a] Paul, diac. lib. 4t cap. 33et 43— Fret}e£. cap. 69.
(3) Apud. Marat. aa.'635. . .
0. Google
iké t)Et£E Rivoluzioni ©''Italia
tiggiuose stimolo a*^ao! nidditt' di à6<kÈst '8pà->
gliaodo la oatia-barbafie, e d' imberrai. ' di . co-
£tumi''p!ù dolci e ciVih'; Alla qual cosa gk>TÌ»as-
saxttiino la cdtifideasachegrìtaliaai prqsetodeMQ^
«igaòrì, dacbeii videro o abbrSÉciBx<e -od awi-
«ÌDarBi ad ima stessa credenza. Ma per 4eetitu)
«ssai frequente delle còse umane,- il figliud' di Agi-
lulfo, betichè cattolico, iton- ebbe virtù simite al
padre* o ebbe il vdler del cielo mea* favòtevole
alIesUé imprese. ìu dieci aoni di regno noti la-
nciò Adaloaldo monuniento almioo che gli acqui-
stasse apptesso i ' postela' rìoomaozat Solamente
■sappiamo- che o per suggestioni -maligne d' alcuni
emiasarì déH^ésarco RaTCnnafe, da.cuiimprudei>
^emècfe si lasciò sedurre , o per 6sica ed iocci-
fabile frenesia dhe gli sconvdse l'uso della ra-
'gitaoi ^ce uccider parecchi nobili' lUii^obardi
«be non avevan delitto; e che aJ fine, rfbellatiai
gli altri pia potenh*, fìi ammazeato (AN, 62» ),
« datogli siideessore un altro ihica di Torino per
tiome Arioàldo; capo pròbabilmeule 'de* thalcon-
ttnti per motivo ài paterne inimicirie, essendo
«tato il'patfre d' Arioàldo da quello di Adaloaldo
punito dì mwte. Gontuttociò, tìts lasaa^aKta ad
trono fu poco legittima,. fi sì tenne tuttavìa non
•eifta lode dì moderazione.'' Ma là potenza troj>-
po grande e le cabale eterne de* due frMetli du-
chi -del Friuli intorbidarono non leggérriiente il
suo regno,' -ed i sospetti maìizfdsaniéàte insinua-
tigli r che Guadeberga sua- moglie ' mantenessi?
0. Google
Ciecutti r&fUeggi' ci^ques^iiif^eUed Inquieti' va«T
'Aftllìiigli nNQ&^rp'i^iuiOi^fL 'A :tarba.>:« T interno idei-
la fìuàfglia e 1^ quicitfi domestica • Era Gundeber-
'[gEt( per-qitaittf) narrar istoriai in!io(;eiite -(ji quel-
le,. piiRticbe; ma per. altro assai prof^ia a dar
ijS()8p^o^Ì ^,, colpe sDrelIaidel re Àdalpaldo, q
4)erò di : :{Wnigh'a inemicA da lungo ten^ ^Ut
'pae^ di luj I Ma c^la fine .1* inqoeenza. della regi-
xta-si.fsee maniieAfa, e xitora^ta daioartore al trio-
do .furìferrata: a provar d^ chi meoo dovfa raag-
■giofi ttaFagli . Zntftnto Arìoaldo , non vjdJendQ uè
^omproi^ttere.iiè .consumar le Bue forze per ^b-
'hftttefea .duchi rd^ Friuli, gupd^nò uà ministro
-«esaceo che- gli uc&idess^ a .tradimento;. Costi!»
j|uestaiqos^ 9Ì\Té de' Longobardi; la:ces»one d*.ua
Jnbuto che, gli. si .pagava,, eome^ ^bbiam ^ft^»
tdagli «satìchi di , Rafienoa \ TuttaypUa Àfioi^d^
jimn ant^ò Jungò tempp lieto :daU*9»térmiqio:4^
que' Suojn^ntici:,,- essendo; morto , ^(«tff- (gli nm
■9niiQ,dQpo. AUpra.si TÌ4e di bel pw<>vo arbitra
xlel regnd I^oqgobardo una ^.Tedoya. Ida ^nde*
.belga. fu mf;no feh'ce nella scetlta del apcont^o.m^
Rito, di ìquel ph' er^, stata XeocJeKnda; o el|a non
ebbe eguale arvenenza. «d: accortezza, per. cposeir-
varsi .l'affetto di Botari, ^ .f::ui. diede : oolla sufi
XnAoo anche. lo sgettrq. Rotari ebbe i vizi e 1«
virtù che sVinootitEanO' bene 'spesso in quelH che
k Sitoria del mpndo chiama. gran leste e. gran
principi. Poco ecrupoIoGO.in fotlo. di femmine, n
tolse per sue .concubine quante, ne gli piacquérojw
0. Google
J28 Delle Rivoluzioni d* Ìtalu
Ristìlut» e fiero a reprttinere la prepotenza e Ta
inaccbinazioni de' grandi , ne uccìse un gran nu-
mero con più biasimo'di crudeltà i cbe lòde ài
giustizia . Ma nel tempo stesso prode e intrapren-
dente neHe cose di guerra, assaltò più volte i
Romani , e tolse loro molte terre nella Liguria
spezialmente . E desideroso di mantenere 1* egua-
lità e la giustizia ne' popoli, fii il primo fra i
principi Longobardi , che desse leggi scritte a* suoi
popoli, i quali 'fin aìhrk s'èrano gorertidti se-
guendo semplicemente le manze de* loro maggio-
ri. Il qual sistema di governo, poco poco che la
nazione inclini alla conuzione , porta seco gravis-
«mi inetwvenienti'. Pwtìocchèj dòveapptfiia con
leggi chiare e -fisse e dimostrabilf si 'possono gl'ina
ferìori difeud«re>ed- asneurare {IslleWolenze de^po-
fenti e de* riccbf, come si itc^bìsè'^fiir ragtené
agP inferiori dóve non vi «Àendo altra regola
che 1* usanza, basterebbe che Un ' gHinde &ceSse
due' volte la stessa ingiustizia, 'p*r prtìendere-dS
farìa senza ciHitroversia nell* avvenire? Questo jèr^
adunque fl'disoi^'ne a ciu il re- Rotati cercò di
portar rimedio , dichiarando egli stesso n^' esoi^
dio^del suo editto o~ sia nuova compilazione di-
leggi, c4i* egli s*«ar mosso a Tat^a pei continm
travasi' de* poveri, e per le soverchie 'gravezze
che s! ponevano da* più potenti contro i più de-
boli.'E'perb questo nuovo ordinamento 'di leg^'
forma senza dubbiò nel!' interiore e cfvil govemft
del regnv d' Italia uu' epoca notabHe. ' '
0. Google
Ubko Vii. Capo IU. i 29
Rotati «bbè per successore il suo figliuola
ciie tegiA brevissimo tempo ; né aUra notizia a
Bei perrarae delle sue azioni ,%, non eh' egli per
la sua ÌDContinenza si fec:e ucddere da un.mar.t-
to Mll'onor deHa Aua doofia oficso e vituperato
dalui..^
^M n da' LMtffthoT^ ed' Italia ^M stirpe
\joDyimx <màm ofa« 1* ioetHttiixiiza e la nuctd-.
là <fi RodoaJdo a di Kotari avessero altrettanto .
seoBteatata la Buion Loi^obarda, quanto Vaae-
stk « la pietà .di IReodelinda se ne ave& guada-
gnato r animo. Morto pertanto Bodoaldo» ì oo-
bìK Lo&gobaidi che forse Aon si .poteano aeoor-
dore DcU* elezione d' alcun di loro« si eonvenae-
ro { AN. 653 ) d* eleggersi a ze AritMrto nipote.
della zegina Teedelìoda , il cui padre. Guadebat-
éo Bavaro di nascita ara già stato pel Jwor del-
la soreUa o da Autaci o da Agibilfo fatto duca
dì Asti. Ni Ariberto smeatì T aspettaiione degli
elettori; e goverab eoa njoderasioaB * e tenie -m
catena il sup cegoo per molti anni. Ma Bertui^
do suo~6gUw}lo, cui Arìbtfrto laenò in compa-
gnia di Godeberto. ««^e del r^gno , ebbe a sop-
portar varie e strana vicende,, di fortuna», oenie
^ Timo II. 9
0. Google
i3o Delle Rivoluzioni d' Italia
<]ue]Io che poco staote dalla morte del padre fa'
caacialo' dal regao, ed andò per Io mondo mUe>.
ramente tapino , prima, di risalire e' ristabilirsi sujt
trono .
La troppo scarsa e- meichiiiay perchè sem-
plice e «lacera storia che ci lasciò dei fatti dn*,
Longobardi Paolo Vaniefrido, più conosciuto coT
nome di Paolo diacono, ci- dà: luoga d'argomen-
tare che se le- cose di quella nazione ci fossero'
state descritte con più ditigeqza:.' noi avremmo
per avventura upo de*" più. eccaUeott tratti di sto-
ria, che nel giro di tanti secoli e in tanta md-
tipKcità di nazioni e ,di regni sì possano- ritrova-
re. PiKciocchè vi' le^gg^ma acoesBate così som*-
marràmente st carÌQs« vicende e ù diversi ìntti*
ghi, e azioni di lor Astuta sì; rilevanti v fa -gì»'
vit che se: noi ne potes^nao< «corgerp il filo- e in-
tender Ip prime' capponi , appeilK troveremmo' al-
trove più tUile-e più istruttiva parte di storia tnt
vile, barrai dunque, il Viorae&ido ,: .che il bum
Aiiberto , mormda , .divise il sue regna tciBt* satài
figUupU Sertprido r God^beilo ,. 6tova M credei-
r» ohe ima Bvverchja tenezean- verso il «eoQndcf
genito .Godeberto' porfasseil re- padr&v con esem.-
pio' maudito in tutta' la storia ^d^ re Longobaff*
4 , A' divisione- del dominÌQ tra' due fì-atelli.^ di-
.v^fian«: che se non! portò .soeo, la: dissipazione dal
.r«gn0> come' io^ altri tempi e in altre- ^enti. . s* e
;veduto più volte, iii ad ogni; modo la' rovina: iH
•quel figliuolo eh* egli volle contro la ragion di
0. Google
'- Dbbo VH. Capo IV. ' i3i
^ato vaotaggiaré, e mandò l'altro luogo tempo
èsule e ramingò fuori del reguo .' 0^ Godeberto ,-
come aMai spesso i figliuolr più diletti e più fa-
Torìti dai genitori sono più' ribaldi e più' pr^un-
taosi f hoD' contento' & uvet ctf tenuto parte del re-
gno cliewon'gK dorea toctìire , cercò' ancora di
^oglrare^il ni^^tttr- jratello dell' i^a parte; e
per -tal- fine' pteratf dt ribortere tf GrimoaWo dtìca
di' Benerenta, (lerotó tjuesti' cow le forze* del suo .
educato , che già doreano^ éssw grandi a quel tem-
poi l' aiutasse' al tacciw di ^to il ftàtdi -indgr
gìore. Macoli st^lse -à' mà&mfente il tnìtiistro 4
questo trattato,- (fte'rf ft-asse ii casa in weed'un
idleato tìn micidiale. L* ambasciadore che' Gode- .
berto' mandò £f BeDev%nto , fii Garibaldo duca (fi
Tbririo, la, perfidia iflei quale, «eWogliàm prestar
pièna fede à' Eaceonto del V-anréfrìdò',- 8Ì«3ome
non è' da scusarsi' ia' aIci]n"modb , coù non' posr
siam' sapere quàf motìro' aveise di tanta- malevo"
giienza verso il suo' re , né quaf vantaggio' potes-
se egli 'sperare dal cambiar ' aorrano ; ^actbè <b
Een dertò che niuno,' per malvagio che- sìa,' noù
^ muove all^ ree opere- senza qaalche' stiihblò di
sdégno e' dì' Téadeftà," o^ speranza di proprib Ut^
Ktà . Orcdtfestar Garibatdo afadato a nome del re
Godeberto' sr Irattér col duca' dì 'Benevenifo i m
vece di eseguire i com^danìentitlel^ suo^ signore',
prése; anri a pfersuaderlo a caxnnardM regno l'uno
e* l* altro' fratello.-' ne gli potean rnancate ragioni
apparenti per far credere che una tale impresa
0. Google
i3a Delle Rivoluzioni d'Itama
potesse preoder aspetto d* onestà e di cotnuae
vantaggio e de' [xmgobardi e- degli altri .sudditi,
f quali ' per 1 r ambizione e la discordia de' due
■ fraCelii pervenuti al tremo de' Longobardi da .stra-
niera caxiooe , 9Ì vedean .vicini a (tatira i daow.
sempre gravi ed iorvitabili:d'uiia. guerra civile,
hi somma Grimoaldo vmne aHa volta di.FavJa;
• l'astuto Garibaldo con falsi rapporti .taoto isep-
pe operare, che ripieni di «ospetti l'uà verso
V altro, Gntaoaldo appena inoootfttto e ueevqfi»-
dal re Godetwrtn, i' uorase, e feee a^ere^ pQr.
me forse per le fuggestioni del ^djtwe er^éev^,
egli Steno, she tìodeber,to Voliessie .ucetder lui^ A
ebe peroib- foBBe stato ; costretto pei- propna.'S^ai?'
«èzxa di (V0veBÌrla..Bertarid9, iatesi i movimene,
ti, lum ebbe animo d'aspettare l'flrrivp, di ;G^ir»
moddo, dk dì .òr dìfew; ma: lasciata cMcb^ ht
moglie ril/ffigliiiob,' si,fuggì:.dt:MJWao»..«: mm
^«ade: dìEpiua si-noaverìt .ndl' Unghena. ^ai,^!?
Àfnrìi> antiohi: oonfederati «d ^amtci -dd npadroi
sao. Intuito Grimoaldo i il cpiakiV ffiortoiilirs di
Fsvia'i lavea ipre» iawQttiDeat*. il: titalo dli i^»
non ebbe :^a'dii»ii fatica ad impédronif») d^glÀ
stati de^'duB 'fratsUn^ -e Mntft ostacoto^^fu; da ti)t«
tr^rioooosduto «djobfaedito qualfo deMjofigobdtr,
di e d* Italia, Con somma equità e virtù . si . die-
^:a goPeraaM.ttQ .T^xi.-^ingTustaRieatiK: oeoupa-'
tov'e l' aecnid)^ anoQc ^rsmderacnte «ipre-.le ro-t
vine de' Greci. I pericoli e le vicende cjie
questo re avea passato dai pi'ìmi .aDoi.} ddla^sua
ovGooglc
Libro VK. Capo IV. . i33
^oV&nvzia , T avean fatto' capace di molte cose .
£ra «tato GrimoaM» ancor faDcìulIo latto schiavo
dagli Avari mfiieme co'-suol fratelli ^ tutti figlinoli
di GiauHo duca del Friuli, per V insana libidina
di Romilda sua madre, cbe moafuoratasi del ca-
eaoo è sia re' di que*tnrbarr, grande e bello del-
la pei^ona , gli' diede io potere ( Aw. 6sz y la at-
ta di PriuK , capitate di quet ducato. Scannpato
poi tìoD marariglioflo ardimente' da quella scbia-
Titiìi con ^doaIdo'«uo frateUo', vissero amendue
alcun fenipa bc^ tpriie già donitnate dil padre i
e altHnaraente passate- strttn il governo di' Grasol-
fo Kb paterno (i}.Ma i grattdt edaniraod gìo»
vani non' potendo sosteBsre di vÌTtre- qiiaB' sud*
dici' ìb un paese dove TnsEt volta arem tegù3tt9-ìk
padre i ooctiftamenl» quiadf partiti , » o?>aiidaro^
a» da Aredii' duca ^ fìeitevento, chteia st&t»
laro' aio, e che probabilmente' pel favor dì Oir
salfe aveva ottenuto' quel^ ducato- erediti ^ ac-
colse e li tenne come fìgliaotì', e^gfi ebbe dk pa»
Pun dopo V altro per succcssotì.- perckè^ merto'
kztr & creato duca'RodDaldo» e mancato- anetv
questo- dopo' sei anni, gli succedette' HmioopfraH
ielJo- GtimoaMo dì cui parHamo. Or», cotftùi nef
gsAire al regna cede al soa i^'u<^ il ducato Be^
■eveotano.
In questoTOezzD £o»taitté imptra(kr:d'Ocietati^
apaE soddìt^tq del^ x^giorno di GostjuitinopoU y
li) Paul, àìac- libi {.', eap. fjv-'
0. Google
i34 Delle RivoiunoNi d' ItALiA
dove parerà che ì luoghi istem gli riniàeaias>et«
le crudeltà e i siiot parricìdi; e bramerò per av*
ventura d* aggiungere qualclie nuovo fionquisto si
tuo regno, naVigb oon.grande appORrecchìo e'gcan-
de seguito in Italia O)- Q^i^i 'iii>m>DaQdo9Ì
che per le fresche liyoluribni le fotte de* Longoc
bardi si trovassero secnnpoBte ied vinfèrnae, e Ber
nevento spezialmenfì), per «Kem va giovane du^
ca, iiaD'tToppo'ftH'nito di gente' d'A'tnì, pensè
di coraincia)* dàtraisei^o di questa fuazza più $
iiiun*^altra importante per la sicurexza 4elle lem
che in quella parte ancor si tceMv^no per l'inw
perio, come Napoli» Amalfi, Otranto, GaHìpoIi ,
Gaeta , Bari , Brindi» , Taranto, e tutto dò eh*
terra d* Quanto ed ulterior Calabria jiel regno di
Napoli dg^ si chiama. Certasieste fonerà il du-
ca Romoaldo gran fatto {nwvedttlo per resistete
alle forze dì tasto ^ffiaHtote, perchè una .parte
de* m^Itòri' soida^ di quel ducato, ' ch6 aveirao
servito Grìmualdo ' nella spedisioB. di Paria, s'eran
colà fennati a gèdeici gli Kmari e- gli a^ in eiii
a nuovo Te gli area posti • Sostenne bondihienò
il megKó che potè '1* assedb della sua città, «
frattanto nmadò- un suo fedol balìe, per nome
lesualdo, a sollecita il padre >di pMsto socc(»so,
il quale con somma diligetna Tnoveado tvetr
SD Benevento, ritnamlb il messo-dei £glitioIo a
vébame i* avviso, perchè ^teiM saldo tadUa d^oa (i).
[<1 V. Muratoti an. 66a-63. '
[a] Paul. diac. Itb. 5 , <»p. j'ei-SL-
0. Google
. LiSRo VII. Capo IV. i35
FooQ tnabot^ clie la sventura del buon lesuaMo ,
caduto' in- man de* nomici, non rendesse troppo
tardo'ed JaoipfKirtuna il soccorso .clie si avvicina-
va-. Ma la fortezza ìnoonxparahUe del fedel servo
.che con certilsiibo perieoTo della sua vita trovò
inodeld' informar gli assediati dell' .arrido del ra,
fece' scioglieif l'assedio; e Costante non solamen-
te) non ricuperò all'imperio le città occupate da'
Jiiongobardi, ma diede' lord oocasione e. stimolo
'd'nceuparné ancor molte altre; .tanto -.die in bre-
ve Dog rioKtte a- Greci altra parte d'Italia, che
il ducato di Napoli, il quale si sostenne piuttosto
pee la gelosia e 1' odio che i Napolitani -concepi-
Xtao ooBtro quelli di Benevento , che 'per suffi-
^cnfe^ gtiernigione che vi mandassero gì' impe-
radort^
•-•< 1^ Mentre tfiv^^ «ose faceva iik Itafia ìl valo^
•voso, ffia'tuifarJa usurpAtor GrimoaMo , JBertari-
lào 'Lqgittitno .re se' ne stava trcfid^a ed incerto' air
■kEEtercè- degli Unìn» apprèsso i ^juali fi'er^ ri-
jfuggiatò.'Oone Questa ^rtonne >a notizia diGri-
mpstilov'il qualb iUon petea £u! a-sueoo «t^e atitr
•solléoito sopra gH andamenti d* iw <così iktto pne-
itendeoto jal .regbc^, mandò suoi amhasciadou con
.(^rte grandissinie di regaìi-ali-cacu^ degli Ua-
-ni, sei gli'^avanelie' tnani ;qttd re £ig^Ì;?o> Mt^
.>^lr cadano, anconAò barbai 4d idolatra, ebt^
.iaùto^ì rispetto alla santità del ^tamento, che
ricusò un .pieno moggio di scudi d'oro^ ( sicoo-
me Bertarìdo stesso 'dicliia'ò.poi moM antu'dopo
0. Google
ì?6 DelÌiE Rivoluzioni d'Itaux
al celebre ereiTeseovo di lorcsan ViUrìào), potr.
tosto che mancare aUà promessa fatta al- buq
Ospite di non darlo inpelc^ dei sua tùraimo^i)^
Tuttavia perchè gli Uddì non volean brì^e co:*
Longobardi , fu ^ta licenza a Bcrtaride d' aodas
d<0Te gJi piacesse , parcfaè usci«Be dal lor. paese ,
i^llore BMTtarido terese un partito geiMrcso;. e dft
ìaiagnaoino venato destro i coi^oi .d* Italia «in»
a Lodi, feee sapere per un suo fbéel fìttwUai» a
€n'inea)do , cfae egU , cosfidatosi nella- fama cIm
per tutto córreva della boutà sua^ avea j^Bsato
di venirsi porre nelle sue maiii, e aspettare dal-
\a discrezioBe di Ini stesso il suo 'destioo . Udì
Grisioaldo eon itusvdibil piacere ^|itest' imbaiotar
te, e fece rispondere a Berta^ido , eh' agii' era
non solammte per lasdarlo viver ùcuro, ma.ibf-
BH-lo ancor largfOiteBte da menar vita convenien-
te alta' sua nas^nta. Né fìuvoo i ^tti diyeisi dal*
le ppomesse;: pnoiocckè assolandogli alb^o ^
gDorile e famiglia e provvisioni d' ogni sMrte.^pB-
«eva ebe Sertarido ^ dallo scetfro in himi , u<m
avesse cbe desideiaìr di vantaggio . Mat le troppe
Uete accoglieoze' cbe molti de' Longobasd» fecive
al priocipe restituito alla patria, ìe- gelosie ^
statOr acutissimi sproni a chi regna mwsìmameDr
te con noa giusto titolo, rìsoselo in nuovi ib-
«^b e io nuovi travaglt BertaEÌdo..ffer6.GcBBoa]r
dO', lasciate dal!' un de' lati le su» psomesM^
■ do Eddios Sleph. in Vita »: Witfr. ap. Wafiill.' AnnaL
BeD«d» tom. if. par. v, pag, fisi»
0. Google
' XiBRo VH. CtìtolV- i»7
TÌsokè di tor^i la vitali e già awea ordjaato ij
eome ed il quando', e sarebbesi la oosa effettua-
ta , se Moo era la pietosa artuwa dì un suo gyar-r
daroWere che sotto abito d'un vii servo, e cj^ri^
co di grosie robe lo condusse fuori del palazzo"
*)Ve>già erain» poste k guardie, e qm'ndi cala-r
telo coti: Hoa-fime giit daHq.iaura della citlày Io
Mi«b:as8e alle . insidie idell* usuepalore. Bertarido
con akjniH femigli ebe, nelkì stesso modo idi li^
eraao idiìceei per via -di funi da Pavia, tforatì
alcwQ caraHi oW per, le cajnpagpe-.peacavituiù
ncm hjDgi dalle Biwra , fuggi Ju Asti ,dpy« fu rjr
cerato ed aiutata da' sutìiaipibi e partigJ4pi, p
di là pwsaadQ a Tqtìdo, in pochi gioiti «kìò»
}B Fxancia senza trovare QS^acolo; (an^6(j4. )^.
Grimoaldct', àntesa la sua &iga ed ìl-BiDdo;con eur
l'aveva cttgvil^r non solapaeate dgj» s' a£tìrò.QOn-
teo colfwo che r avevano, idutato, ^. SuggfKe-^ m^
èi premiò, li «ereò nl suo .servàio^..^ gM ebbe
poi 00100 servì fedeli e vatieati;f; «ra^ku^ dì. Ipni
cbe nmtii^ desiderio d'awdar (poi s^p, pn^w p»-
Aooe, fu da Grimoalda stesso jnsodato, s &i>-
mto di quante abbisognava ai. su» viiiggiof. Tan.
ta viilii fina eotesta, chiamata da» alcuni bafbfl-
nr , nefaniìa Dazione , si . tl>pvava attcw» i? un
lirwmo, Frattanto Bertarìd» poetatosi ad- iiQpIp-
xw fassisteoz^'.di Clotarìo 111. re di Parigi e del-
la BoiigogJKi, lo in^se^ a yeiuc inU^ia^em
buon eseecilo oontFO il re Grimoaldo , il quale ,
beocbè di forze d'ai'"!» ^A. supec^or^ al ,re
ovGooglc
l3B Delu Bxvowxicaa^tì'trtìJA
Ftaaco, «upertore d' astuzia, « d'esperìeDza, ì»,
sconfisse e sbaragliò presso ìk città 4' Asti, e il,
rimandò .a casa con pochi- avanzi della sua wn^ar
fa . Ma noo -cessò tuttavia Grimoaldo dì guardarbi;
bene da altre sorprese die ipotessero ca|;ioaargU
le cabale e i moTimeoti di Bertarido ; e quasi
ehe per tener le sue fctt*^ proote d^la parte*
de' Francesi , «orse rischio di lasciar ìa preda de-i
g^i Unni una parte almeno del suo reame, «
mettere io fluoro divisioni e nuovi «sompigU Tlta"
lia. Perchè non volendo mapciar in persona a.
reprimere la soUevazion di Lupo duca di-i^^Iù
ohe lasciato da lui suo luogotenente in Pavia nel
tempo della guerra di Benevento, area teutaio
d* usurpargli Ja corona , avea invitati gli Haai a
&r la guerra a iquel ribdle « torbido 4uca« M^
vinto « punito Lupo , gli Unni trovaado. ami
buona pastura io Italia, mostravano di jaoa - va-
lersi tornare pella Panqouia ; se tum obfs' Au-qoo
in^Wffiti da UB ^tìBzio militare di Gniooaldtf
che fiol riveatire tn varie gtuse gli stesti Mldati:*
e farli oomparir più volte davanti agJi stessi am-
basoiadori del jiacano , gp Indusse a partii»! p»
timore di non esserne ■& forza disoaceìatt , In-^ue-
sto mezzo Clofario HI. iti de'* Franchi^ 'quel pro>
tettpre che abbiamo detto, di Bertaridoi-mantiòi
0 Dagoì>erto II. che gli succedete , cacei^b dal
regno dal -suo maggiordomo (^rimocddo cfaero^r
mincip dei primi in iqutU'ufHzio a fatai so^^tti
i re stessi e governar ogni cosa a suo seancf»
0. Google
- laMo "Vn. Capò IV. iBg
(Vtveva esule in In^Uerra. Ristàlnlito dopo alcuni
addì sul trono , il rb de' Loti^i^ardf mandò a
CDi^atularsi; e come intentissimo elie egli età
«d «spiccar gli andamenti di Bertarido , diede foN
se .segnate commissioni a' «uoi inviati su questo
f>artiéoIare..'Bertarìdo che ne temerà; «egretamen-'
te «' avviò verso r Inglriiterra ,' dove «redeva di
trovare pni ùeurtà . In questo- fi-angente venne a
morte il re Grimoaldo; e si credè cbe Iddio, il
quale voleva dopo otto o nove anni di tcavaglioso
esilio {«stituire a' jLoogc^rd{ il legittfmo e pio
principe, gUene ^uiésse per mirac^osa ed ignota
voce giunger l'avviso, quando ^K «lava in sul
partire dalle costiet^ di Francia . Tornato perà
indietro alla volta d'Ifalìa-, e mandati i »ioì ad
esplorare la verità delle cose, e come gli animi
fossero disposti* si trovò in fatti , che Grimftaldo
era motto, e che quantunque ^li avesse lasciato
due figliuoli, de' quali il primo renava tuttavia
in BefwvtiQto, ed il secondo era stato dichiarato
da' suoi favorevoli, alla morte del padre, succes-
sore ne! regno; nulladpmeno i voti comuni sima-
nifèslavano inclinati a ricewr?Bertarido., il quale
perciò venivo a Pavia, « deposto dopo due mesi
di regno il giovane Garibaldo, in breve rimontò
sul trono; e ricuperata la moglie e il figliuob*
ebe durante il tempo del suo esilio erano stati dal
duca Romoiddo tenuti come privai io- Beneven-
to,'ijovernò con somma lode di pietà e di giusti-
zia e di bontà il suo reame. Otto anni dopo' il
0. Google
I<44 DelC£ RiyOlUZlONI D^ [tACIA
SUO pistabitimeBto- ( xs. 678 ) , pet a^curar vftr
meglio al suo figtìuoT Cimiberta, già d'aBniniff
iarp , la suceessioae, i\ fece dichiarar naocJIegiii
net regno; gioysae d'^iodole 80a meo generosa^
«be pia . ^Nè poro fii affatto- immune da* turauht
dyiU H regno di Bertnidof perchè Aladn o .é:k<^
ebisov duca dì Trenti, gonGo di presuaztone per
qualche vittoria ripepteta de' Baràri confinaotii
col aito ducato-, si- ribellò:^' eoo- »e , Vinìo ede^
saato dal Talore di Bertvido,' £0^ BDodimaio per
r affetto «he Ctìniberta^ po'rtaìra', i«stitaito al'
ano ducato ;- ma- non meoe iogtato amico, che
ttiddito infìnlete, abusò- empiamente deU'amon-
di Cuaiborto', U pnehi restato solo al governo
d»po la morjte di fitrtarido', appesa scamp^dallé'
imidie e- si- difese' .dalla forila aperta deHo sper^
gh»o^^acbi.r che si àoatence fdriatame>te- in
dotere meatffe visse Bertaiido, dalla cui. eaperten»
za m virtù guerriera eglv aveva dt che tem^e ;:
watt quando per la* merle del padre e^i- ebfie a
far: oej %1ìiu]}ot.s» riseaidb' più che mai nd de*
sidario di salire; ed trooo r e ài aacoiarat chi-I' oo-
Gupwa- . Melfi a- {»rte del sua diserò alcuai
Longobardi-, e. &a gli> ajtci' prineipftlDieBfe dae
potenti di Brescia, Aldon* e Grausone fìatdlr,
prese .oadip* co» loro d? eótrare io Pavia io tempo
clief il re fosse Haafh per^^ofae occor>eiiR& d pas«
saterapp , ao&ipar il pakxo reale , aBsicurarsldoI-
h parte, della dttà ,. e fac, gridane lui: atessa-iw
per la ter*», , Nodi era 3; popoIo'Moamenle^ ioidìnato
0. Google
liBBo Vn. ■Capo IV; 141
a qiKHtta ' ddvUà , ' perbliè Jìi pietà e la bc*.fk
di'Cantbefto, » k meifforia del padre lo Teti^t«i^
t9»o a tutti 'Card, é a'' oheriei spezialoiente . Ma-
domiHitie ndettr aUa forza armata, e AÌÌ& eaga-
^^i)/ de* coAgimatì ; cosicobè essendo il tireano'
temuto ed obbedito , il buoo Cuniberto ebbe a«-
ffii «Ik fitre a aalvaraì . Fa jaf sedute del re una'
piceola isola dai lago di CoBio , <!fae veauta a'
gran fatica in potere de' Lbngcabardi -b^I regna'
■di Àutarì , si teneva- &a le migliori fortene del-
ti CcfOfi^rdia; perciocché avanti i^invenzioDe del ^'
Fartiglferia, « dopo che si fu' -perduto irt- gi^n-
porbe l'usa deHeaniiche maoehiBe' militari dar
eaecrarlootano sassi e saettoni,: un castello. ciotisc
dall' aóqua, coinè i' isola d'C^la e di Ciomo, era*
pkaza importante. Uà tal F«tacÌiHiè che cornati-'
dava nella detta isola di Como atlorchè ìk Lam-
bat^ fn occupata da' JLoagobacdi , noa sdlamea^
te vi « maateuQe per '«enti aoni^vieuro , 'malgra-
do tdntc forze de' barbaci «he.. d(»inT«£Waa' per
tutto i^ nà' vi av&va-aduB:^ intniensff' ricchezze*
le quali vennero iiUa fine con l'isola stessa In po-
tei» de* Longobardi .: e fu «ssa eotto il lor 3regrf»>
nido famoso di' tnusatori , : i quali nelle 'léggi Cion^
góbarde' sono, chiamati maèiitri ^eti'' isola -Cornaci-^
□a. Or in- quest'isola si rifiuggiò Cuniberto, e di
lyàvi aspett&va Resito -dell* usurpazion d'Àlachi».
so . Costui V .detosi incoataneate a mar' di sua fer-^
za, e far tesori dell'oro altrui, non tardò guari
a voltar 1* avido sguardo aite ricchezze- de' suoi
0. Google
r4a: Dellb Hivcav^ioni n'ItAtiA'
principali parti^'auf ^Idotitfe Gnk«s«De. (bfa-<e9«-
me e difficile ebe iì buon «enntf » laj cautela nou
abbondooinO' qualche' «dita* i -tirasuf ,--'pA" alean<;
parole flette di boiBca:> ad ÀWcbi ' in freWDZ»
d'un suo paggio' figliuolo d' AldoBe''(i) r -i due
fratelli ^ inteeo il pericold bho lor ispmst&v», ' r
ravveduti dell* eitore- comniflsso tal voler' ' dinlbr
^ngnovia,. s' aj^pareeclMaKilio a' cdrfeggrfla^ silbiia-
mente ^Scaatouttisi i! pi^ desMinscfts: efab' per
Idr si potè, dal ti^aqoa, otifconsiglM^Oiioadinri^
re a diporto fuor di Pavja, n p€>ttaefyhfi< Aavecti-
fi a trovare' ndr isola di Gota» il M-Caubttto,.
acuì <^iesto prima, pendono delie oDse:~i!oi]^ip'lui
£^6' p«]r Io {«Bsato:, gli moBftiHKiO' Aa- «egiato-v
com'esu erano risolati di riparami- freso -perr
tanto seco' lui aceordo intomo- a ci«icfaé ÌMtoode-
van- di fAre, om istetIero> guarì «fasi ia^ «wnta
del tiranno il' rìctntduMerd-iii FànJtt, dova- dal po-
polo con- somn»' allegnuBta fti ricevuto^ Alacri
Gom'egU ebbe: di aio nov^^a r sdegnato fiarameuj-
te cuitfrir Àldone e Grauso&e ,vandò <}uà e lÀper
le città Lombarde a eoHevift- le gen<à>, e fi»-tifìcar
te il più che poteva il stio- partito (; ai*. 690 )'.
Molti' dalla saa presene r dalle- sue' promesfee-se^
dotti Io segaitarMo, altri stettero' saldi- nell'ob-
bedienza' di Cuniberto;'.' ed <aUa' fine còirvemre cbe
un aspro combattinHWtò io em' Alaohr restò per-
dente, termimsse qudlà dvìl guerra. E sptDto'A
[1] Paul. diK. lib. S, cap. 39»
0. Google
ImRo Vlt Capo IV^ 145
tìrauiio ,■ &)rì per alcuni anni la ^Aev ed il buon
ordine , 0 spezialmente ì& religione che* Cuniberto'
■ promosse' sempre don' gcaaàe télo . La xobrte di
quetto re diede principio a nuove^goerre dviJj per
la successone al l'egiio ^ perchè avendo lasciato
on solo 0gliuol gioTanetto pen nome I»iutberto^
Kagimberto duca di Torino ,■ cugino di Cuniber-
to, si levò , e vinto ia uà fatto d'^arme il tutore'
del giovanetto re, occupò^ il régno' cbé di là se
pochi me»! Iitscì&r ntorendo ,. 4d^ sua figliuolo' Ari-
Berto II. {i) , Non era iperb ancora né- prigione
né mwfo il re legittimo , n^ disperato' il suo' par*
ti6>; perocché molti duchi di vùie oittà lo s^v^-
tarónv, e he presero la difesa: ms venate le due
parti ad una seconda giornata y Àribertone ripor-
tò la vittoria , ed ebbe nelle mani il suo' conborf
rente r e ruccise. Sé la morte di £itutberto> non
fosse stata opera d*'Àriberto,. e se la fellonia oil
delitto- della rìbefìlone non lo avesseprivato d'ogni
diritto , Àrìberto stiesso diventava il Vfqro> ed uni-
00 Mede' del regno per ragfone del sangue. Eea
egli nipóte- di quel Godeberto^ lasciato ereded' una
parte det regno da' Àrìberto T. ; e però r stando la
division fatta dal bisavolo, t^H avrebbe avuto lo
«tesso diritto al regno ' di Pavia ,. come Uutberto
«r quetb di Milano ; e' morendo costui senza] pro-
le, riuniva tutto il disitto della sucoesBÌone nella
«uà persona. Vero è ohe la legge salica non
(1) Paul. diac. lib. 6,. cap. iS et ttq.
ovGooglc
i44 Delle BiWM.uzioin d' Itaua
»* osservaTa, fuorché peracoidra'tp; eson pareva cfae
la corona, riacquistata con tanto 'stento da Berta-
rido, doveste dividersi .«^p^i- «cedi, di Godeberto
sito minor fratello, iatlo. ce quasi coatro Je le^4^
« tieiineo' dicluarato éxA primogenito. Comunque
aia, se Ariberto non avea vagioa «ufficiente -a
succeder nel vegno, egli ^ìfctuie t0a/rifi re dì
fMto. Rimaso^ti «ncom due cottooFrept^, daab-
batEere. Uno fa Botart dwa, di Bergamo, <^e
avendo seguite le fatti di Liittl^erto , morto co-
stui , ooDtiouò nrik guerra , « pr^e il titolo di
re. Vista e fàUo prìgiooo da Àriberto IL, fini
per ardine del vinci^re 1^ TÌta. L'alta che aa-
eor Ptst&Ta , era Ànsprando , . aio , ministro , e ge-
nerale di Liutbeito . Costui , vinto in quel secon-
do fatto d' arme, fveso e ferito il gloTane re, si
ritivò nell' isola di Como ( xs. SjS ) . Ma poco
dopo temendo boq. potérsi difendere dalle forze
del re-Arìberto che con grande amianiento s* ap-
parecchiava ad espugnar queir isola, ebbe éiscot
"mexzo di fuggir in Baviera, lasciandd )a fan^lia
alla disoreziooB del. moi nemico ohe . cojla morta
de* iìgUuoli^ivce. aspra e ccudel veadetia del pa-
dre . Un solo, di questi figlii^oH o per conniveivza
o per Doncairanza del .vincitore scanipb da mor-
te, e si condusse ancor esso in Baviera: conforto
non ^iceolo all'afllitto padre, e restauratore de-
stillato dal eido della sua gran famiglia e delie-
gnu de' Longobardi . Sette anni stettero in Bavie-
ra Ansprando e il suo flg]iu(^ ad aspettar che
ovGooglc
Limo vn. Capo IV. 14S
sì offerisse loro congiuntura favorevole dì rientrar
ia Italia e discacciar dal regno Arìberto li. , o al-
meno di succedergli se per qualche accidente n«
fosse da altri scacciato , o morisse . Finalmente
arendo "ottenuto competente esercito di Bavaresi ,
8e ne vennero alla testa dì essi per a«altarlo; «
benché vinti in una formai battaglia, o ^meno
uscitine con successo eguale , ottennero tuttavia da
un notabile fallo del re tutto il vant^g-io che
avrebber potuto aspettare dalla vittoria, ed anche
maggiore . Perchè essendosi Aribèrto dopo la pri-
ma battaglia ritiralo a Pavia , diede motivo a* Ba-
varesi dì vantarsi come superiori ; e pel dispetto
che di ciò ebbero i suoi E^ogobardi , oad^e egli
io tanto disprezzo appo loro , che tutti concor-
demente risdlvettero d' abbandonarlo , e di portare
Ansprando sòl trono. Sbigottito a questo avviso
Aribèrto, non ebbe animo dì aspettare il suo ri-
vale ; ma preso il più che potè de* suoi, tesori ,
»' avviò subitamente e di soppiatto fuor di Pavia-,
■per cicoverarai in Francia: ma nel passare il Te-
eino vi rimase annegato, imbarazzato ( dice lo
storico ) ed oppresso dall'oro che aveva seco (i).
il che , se è vero , può darci ad intendere quan-
to egli mancasse d' eimici e di servitori nella sua
caduta , o quanto egli fòsse difBdeote ed avaro se
non volle commettere alla cura altrui il trasporto
Tomo II. IO
(1) Paul. dine. lib. 6, up. 35.
0. Google
14S Delle Rivoluzioni d'Ixaua
di ciò cbe stimò bene di raccogliere per la sua
fuga . Salito Ansprando sul trono de* Longobardi ,
mercede dovuta -all^ fedeltà da lui servata al pu^
pillo suo principe mentre vìsse, non ebbe quasi
altro spazio di . vita , cbe per assicurare ìL re^o
a rLiutprando suo figliuolo che pocbi mesi dopo
gli succedette . Lìutprando che avea sperimentata
1* mia e V altra fortuna , e cbe compagno . delle
paterne vicende, aveva in casa altrui imparato a
^Doscere il mondo , portò sul trono quelle virtù
fbe mapcano d' ordinario a chiunque abbia pa^
eati i verdi anni in- un aono costante di coibodi
e di prosperità : per la qua! cosa potè non sola-^
molte mantenersi fermo nel regno in tempi dif?
£cili e liurrasposi per lo spazio restante della sua
vita, cioè di ben trentadue anni; ma. accrebbp
4o stato con. le conquiste, nobilitollo con nuovi
litoti , e l' incivilì e V ornò con buone leggi 0
oostumi. . . ;
'._■ •■ . I. duchi di Spoipti e. quelli di Benevento già
inelto ingranditi per le terre tolte dai loro ante-
cessori al Greco imperio , echet speiialmente do-
po., le uUinte vìvoIukìodì e -guerre, civili ^a* co»-
^rrenti al regno Longobardico, già -erano ..poco.
Usati di riconoscere- alcun superiore ; avjebbeni
scorsa per poco ogni dipendenza, e ridotto al
nienle.l'.autonlà regia, se la €erme«za e diciamo
.^ncora l' ambizione di Liutprando non -gli avesse
^^uti'ìn freno. Dall' iiltro canto i Ffani^fai che
4a lui^o tenjpo av?ano cumtociata a guardar cctit
0. Google
^ liBiio VII; Capo IV. $47
tìcchio' cupido il- paese ItaliaDo, non avrebbero
mancato dl'^adagaar terréno ne' paesi sabalpini ,
se i! te distratto verso Spoleti ed oltre il Tevere,
avesse lasciata mal custodita questa parte del do*
miniò Longobardo, dove non erano potenti duchi
a far difesa . S* aggìugnevano alla cupidità de*
Franchi gli stimoli de'Romam pontefici, i quali,
per le ragioni che altrove diremo , non cessavano
d'àtììmat le iìoteniìe'oltranìoQt:uie contro i domi-
nanti d'Italia. Lo stesso facevano medesimamen*
te gì' imperadori d* Oriente , i quali inferiori dì
lunga mano alla forza che sarebbe stata neéeisa*
rfa pef resistere a* Longobardi che gibrnalmentd
si andavano- dilatando nelle provlncie the ót for-
mano ri regno di Nafìofi; e' che furon le ultime
à dìatnembrarsr dal Greco imperio ,' ricorrevano
afacor essi all'aiuto de' Francesi pei: fat guerra ia
halia: quasiché i re'de*' Franchi ci loro mag^
giordomì fossero poi per restituire a queU' impeg-
no ciò ch'essi avessero- con lor* pmctìlo * fatica
titdto dalle mani de' Longobardi . Contro* tutte
quéste' ■maceh'inazfonì non . solamente stette' saldd
r accorto ed animoso Liutprando; ma raddoppiach-
5o ancata l'attività', ed estendendo i disegni è le
ìaìtb a ^toporziori degli sfbrzi'che Vedeft fare al-
i^ altre potènze per traversarlo', ànd^ seix^re ere*
8'ceiidò 'e dr' riputazione e di «titto; Vera cbsa è
ch'^ Tà fiitìi^ratd Voglia eh' Egli iiìdsti* d' inSran-
9ìt' il' suo' r^no ; berichtì, vivendo lui , se le ad-
créscessé' la ^ettó ; dee cdhta^ tia le (djndlp^
0. Google
148 Delo: RirotutiONi d' Italia
cagìoDi della rovina de' suo! siiccesscHÌ ; perehè a
tempo MIO cominciò a ordirsi tra Roma e Ftaiit
eia quella gran tela che riuscì poi fatale al re-
gno de* Longobardi , come appresso faremo men-
: D* Bdebrando ^ e degli altri re Ltfftgobar^
fino a Desiano.
Lascìb Liutprando un nipote chianiato Ildebran-
do, il quale enendo stato quatto) anni avanti,aar
sociato' al trono , gli succedette immediatamente .
ma non ebbe a durarvi lungo tempo. In capo a
pochi mesi dalla morte dello zio « Hdebrando fa
da* Longobardi deposto, «d eletto in suo luogo
Bachi ( AN. 744 ) . uomo amàntissioio non mieno
^la giustizia-^ drila pace, che della religione.
Ques^ carattere lo fece amare così da' suoi, «o^
«diti che dagli stranieri , e molto valse a ritardare
i colpi già imminenti a quella nazioiìe . I papi
che godevano nelle corti di Francia .e di Costan-
tinopoli grande autorità io quel tempo, parte per
desiderio proprio , e parte per compiacere all' im'
^radot«, ordinarono è madtesnero una tregua di
vènt' anni 'tua' Loi^obardi , Romani e Greci ; ed
impedirono che i Franchi non movessero dì qua
'dei' Alpi. Coà lo cose d'ItaKa in geoMitle «
0; Google
tiéRO Vn. Capo V. 149
passarono, regnando Bachi , assai quietamente, an-
corché non senza sospetti . Troriatno che questo
re , per ovviare alle conspirazioDÌ e alle cabala
chft gualche suddito torbido C' malcontento potes-
se ordire o con duchi Longobardi sospetti al re ì
o con altri prìncipi* vietò per legge espressa, che
niuDO potesse mandar^ messaggi "a Roma , Raven-
na., Spoleti e Benevento; né in Francia, in Ba-
viera, Alemagna, Grecia e Navarra (i): legge
quanto savia e giusta nella letgion di stato, altret-
tanto nuova e singolare , a cui non so se mai per
V avanti fosse uscita la somigliante dalla cancella-
ria di niun prìncipe né di repubblica. Ma il pio
entusiasmo che regnava allor nelle cinti -d'abbrac-
ciare la vita monastica , mosse anche il re Ha*
chi (come in Francia avean fatto pwe ' di qua'
tempi Unaldo e Carlomanno) a depor la porpo-
ra C AK. 749 ) ; e preso per mano del pontefica
l'abito d! san Benedetto, entrò nel celebre mona*
stero di Montecasslno , il quale fondato dal mede*
simo patriarca, e saccheggiato e preasodiè deier-
fatò dopo la sua morte da' Longobardi , fii poi
attempi' di Eju^rando da un c^vota e facoltoso
Bresciano (Petronacio) ristabilito, e ora dal re «
fatto monaco , grandemente arriot^to e nohifi^
tato. . ,
L'ambizioBe e il genio oonquiBtatore^'' Asfol»-
^£0,: hatello e successore di' Baòbi ael Tegpiòi de*
. . U) I«9- S^cbi -c*f. 5,' et filUii lih. 5> th/afi, Itf;. ^
0. Google
iSo Delle Ritoluzioni B*ItALiA
LoDgobardì , fu aUrettantò proprio ad accelerare
lo scoppio deJla gran macchina cbe già aVeao
cominciato a fabbricar contro i Longobardi le vici-
ne potenze , quanto la modestia di Bachi area
giovato a calmarne ed assopirne l'invidia. AstoU
fo ali* autorità regale norellamentc ottenuta unì
le forze proprie de^ì stati che già prima tenera',
e fatto capo sovrano defla nazione, e possedèddÀ
tre diversi stati, in meijo à* quali si trovava H
ducato Romano , cedette fkcilttiente alla tentazid-
jie di voler pigliare' nocor quella proviarìa cbe
troppo quadrava a* suoi fatti; onde^ potea poi sen-
ta ostacolo impadronirsi di quél pocoche ancor
restava in Italia al Greco imperìo. Cinse egli pei>
taóto' Roma di stretto' assedio ; e il papà Stefanc)
p. che troppo bene sapeva come Astolfo fosire pò-
co ailetto al cberìcato e alla chiesa, non Sstette a
badare al successo; ma portatosi in Francia, au-
'tórizzh' 'quivi con la cerimonia della cotonarfWfe
là famosa e memorabile traslazione della digailà
reale dalla- casa Merovingia in quella di Pipino o
sia de* Carolingbi , e in guiderdone di taiilo^ fil-
vore 'assicuri» alla sua chiesa uQ potènte protettb-
rè'che la portò nelle cose temporali^ à quelPàpi-
'ce' di grandezza, ohe' a suo luogo direnio. Intan-
to mori in mezzo alle sue ardite ìotrapre«e SI' re
•Àsblfof An. 756); e la !'nàzion ton|;òbàrd* e
:ll* Italia fu 'ài nuovo' vicfiia: a dividersi in dò* par-t
''liti, ed èssere travagliata" da cml guetVa. Perchè
' essendo stato da una j^arte d»* grandi 'etelto -a»
0. Google
Ijbro VJL Capo V. .. iSi,
Desi4en'o , Bachi che noa ramava) o che forse
prevedeva il suo regno dover esser- funesto alla'
nQEione , 0 fioalmeiite perchè -entrato ne^ chiostri
pec qualche rispetta non puramente Cristiano , fa
nuovamente dal genio di comandare stimolato %
tornar nel secolo; i^ somma, deposta la oocoll^
e rivestita la clamide , si feee vedere alla testa dì
un esercito per contendere col nuovo eletto )a co-
i-ona reale. Ma. il ponteSce Stefano li., bencfa^
avesse da sperare assai dal governo d' un princi^
pe quale si era mostrato Bachi pey lo pa^to*
nientedimeno credè fiù sano, comizio e più coi^-
veuiente al suo uffizio- esortarlo a rientrare pel'sup
monastero. » -siccome fece. Desiderio assicurato co-
^^ul'tronn, parve pagare assai male i servigich^
^i fece il pontefice , liberandolo senza suo ne pf^
ricolo ne. danno d§ un concorrente • Xa sfocia del
lungo -e tort)id? «gpo di Desiiìerio , ultimo dell^ '
nazion Longobarda, si irova talmente intrecciata
■«on quella 'de' francesi ©he succedettero a' Longo-
bardi nel' r^po d* Italia,- e coi maneggi de* papi
che a ciò li condussero , che io stimo soverchio
.disfarne qui parole, doven(^Q nel ^^guente Ijbro
ripigliare da'^suoi prinqipii l'origine di si notabi-
Ì0< rivoluzione .Ma prima di passare .a questq non
,5i«ia,ajriJ^9.c^e,IiihrÌQp,p^p ^ s'S^I^ ' ^^^H*^*
.,a;ncprida mestrue ,qual fosse il governo de'Loa-
■*fthfrdi.:CÌìe^..dominarono, per'più ^d' u« Secolo, tap-
r'j(a,|ifrtq..,d-'J^ÌÌftj quali i iorp cflsCumi., iquali.le
jj-Jcf o .^ ,e ^ là j^i^ncp e, l'*?/®.^'»? .^'^*',^^9?"
0. Google
fi 52 DELtE RlVOLOZIOm D'h-ALtA
degli antichi Italiani Botto il governo di <jtttt^
stranieri : e finalmente, poiché egli è certo oIk i
Longobardi ncm possedettero mai tutta intera Yh
talia, bendiè assai piccola parte ne lascìajseTO
esente dal lor dominio , converrà anche veders
qual fosse lo 'statò di quelle provincie ohe rima-
sero obbedienti al Greco imperio.'
' C A P O VI.
ThI governo politico de* Longobardi; e deWorigim
de* Jeudi in Italia .
Jl governo de* Longobardi fu monarchico ed ari-
stocratico ; differente percib dalle antiche nazioni
Greche ed Italiche, fra le quali benché alcun
tempo durasse il governo misto, era piuttosto ma^
"giare il poter del popolo, che non de' nobili. Or
egli è manifesto che dove il regno sìa elettivo , il
"governo è necessariamente misto, e però tempe-
rato da queir ordine in cui potere sta reiezione.
Ma la differenza , grandissima a parer mio , che
si potrà osservare tra la qualità del governo de*
Longobardi, e quello di tutte l'altre nazioni non
meno moderne che antiche , nacque pwte da* co-
stumi nativi ed originari della naeione , comuni
per altro ad altri popoli della Germania; parte
dalla situazione politica dell'Italia che conquista-
Toiio. Certo è in primo luogo, che: fra lenasiom
ovGoóglc
L tìBHo Vn. Capo Vi. iSa
iettenttionali la nobiltà del. sangue fa Senlpre ia
grande istìma : effetto sebza dubbio o del clima ,
e dell* antica barbarie ; perocché d vede che le
prerogative della nobiltà si andarono di mano in
mano dimÌDuendo , a misura che le nasioni s'in-
civilirono. Ora ì Longobardi che vennero in Italia
eon Alboino « benché Io abbiano rìconosoiuto co-
me Capo principale e chiamato re, non erano pe-
rò tutti egualmente soggetti t che i più nobili fra
di loro non avessero molti plebei «shiavi o quasi
jBchiavi, che da essi immediatamente dipendeva?-
no . E siccome le nazioni barbare di que* tempi
altro mestiere non professavano che quel delle ar-
mi, ì nobili spezialmente; così dovean distinguer'
H prindpaimente fra loro dal solo maggiore o mi-
nor grado che fenevano nella mih'zia^ e dalle pruo-
ve ohe davano di valore. Questi nobili adunque,
cobdottieri qual di maggiore > qual di minor nu-
mero d'uomini armati e d'altra moltitudine, i^-
lorchè ebbero invaso un buon tratto -di proviocie
Italiane, pensarono a trovare, ciascuno per sé e
per le sue genti, una sede stabile dove posarsf.
Già ,. come abbiane detto , tutti erao venuti con
animo di stabilirsi in Italia. La necessità dd co^
mune era ancor conforme a questa volontà de' par-
ticolari ; perchè non potendo tutti sussistere nel
distretto d' una sola città , e bisognando per gli
acqm'sti già fatti collocar presidi in .vari luoghi
con un capitano cbe li comandasse , parve miglioi;
, partito di spartire così tutta- la massa delle nazioni
ovGooglc
(% DeLI^ RirOLUZIOKI D* ÌTÀUA
ìa altrettante quasi colonie , quante erano le pro^
viocie coaqulstate . Quel Gisolfo che sì fece r ap'
penei, entrato in Italia, crear governatore del Friu-
li,, ed erasi in quella contrada felicemente stabi-
lito (i) , diede senza fallo esempio e stimolo agli
altri primati di far lo stesso di mano in mano che
si acquistava terreno . Il sistema che introdusse
Eiongioo succeduto a Narsete nel governo d,' Italia
eOD titolo d' esarco , diede ancor occasione à que-
sta divisione di governi , che fecero i Longobar^
di . Perciocché [«ongino , aboliti i nomi e gli uf-
£zi di correttori , di consolari e di presidi , clu
s'erano dagl* imperadori molti secoli prima' stato-
liti , e continuati ezian^o sotto i re Goti , maa-
dò in ciascuna città alquanto ragguardevole un
comandante oin titolo di duce. Nel ohe però egli
pon introdusse nell' imperio nuovi nomi ; ma ,
com* h la sorte di tutti i tìtoli d' onore d' andar
sepipre degenerando ,, coltitolp solito darsi ne' tem-
pi- addietro ai comandanti d' eserciti e ai rettori
di V4ste Provincie , volle onorare ì governatori
d* una 9ola città e d' un piocol distretto . Altro
non ci volea » perchè i nobili Longobardi sì con-
eigliaesero di sottentrar nelle città conquistate cdi-
]o. st«so titolo e con pari autorità ai duchi che
prima stavano, a nome dell' imperlo; e il re vi u
acconciò di leggeri , parte per non poter tropjìo
contrapporsi al volere de' grandi, parte perchè
(i) Paul. diac. lib. 6, ■cap. ir- " ' !
0. Google
. liiBRD VU: Capo VI, - (55
drèdeva esser cosa' confacentc al comun vantaggia
della nazione ed alla sicurezza del nuovo regno.
Da questo stabilimento de' duchi Longobardi
sudai ripetere la prima orìgine de' feudi . Certo h
Botidimeiui presso tutti i più eruditi e atorìci e
giureconsulti , che lungo tempo dopò Desiderio ^
ultimo re Lombardo , ebbe il suo vero e proprio ;
prÌEKipio il -gius feudale da una legge che diede
in Roncaglia Corrado il Salico néLio26 (i) . Ma
perchè anche prima di questa ^egge di Corrado
erano- in Italia consuetndiili » e si praticavano le
stiesse' cose -che fhrirao pòi ordinate per leggi scrit-
te (2); possiamo con buon fondamento ripigliar^»
dà' pia alti ■ principii l' origine de' governi feudali,
Lasciando da parte l'erudite ed inutili congettura
dì coloro che s* ingegnarono di derivare anche
dà' tempi Romani una Igiusta immagine di questi
governi ereditari, ci faremo a riflettere come spe-
tialmente sottd i Longobardi avessero il vero prin-
cìpio ) cosa , a parer mio , non troppo ben ru0-
vatà e spiegata dal famoso autore della storia N^-
politatìa (3), né dall' immortai Muratori (4)-
' Altro in sii! principio non fupono i duchi
Longobardi, che governatori, anche amovibili do-
vè piacesse al 're . Né in ci6 era differente il
'gòverpo "de' Longobardi da quel de' Franchi ,
(') Sigon. àA ann. lolS.
(9) De Feud. lib. i , tiL i ^ S- a-
(3) Lib. 4, cap. »,§■ 3.
- C4if Di»m. li. ABtìfl[. mefl. aevi. ■...■;■.
0. Google
iStf OELife'RivoLtjziótii d'Italia
apptesso i quali ebbe quasi la stessa orìgine tjià in'
Italia il governo feudale ^ e in tempi non difie*
renti . Ma coloro che ottenneiti que' gov^ni ,
eonducendo'seco la funiglia, gli amici oi clienti^
feceto della città che presero a governare, quasi
proprìa patria { e non solamente proccurarono di
mantenervisi stabilmente, ma di assicurare anco-
ra a* figliuoli la stessa óarica , e a* lor seguacH Io
stesso nido. I!4è il re poteva facilmente negate il
suo consentimento , perchè alla fine esten^do -la più
parte de* duchi nello stesso caao , 1-' accordo loro
avrebbe potuto sforzate il re stesso a consentirvi.
• Ma r autorità dei duchi, dopo eh' ebbe- appena
avuto il suo principio dai re nei tre aoni d* AU
boìno e nei diciotto mesi di Glefi« i'ac(^*ebbe e
si fece poi forte da per sé stessa nell' intenregno
Si -dieci anni , che segnitb alla morte di Clefi .
Nel qual intervallo non è punto da dubitare che
ciascun 6uca attendesse vie più sicuramente a
perpetuare' nella sua famiglia il ducato , e che
vicendevolmente gli unì e gli altri-, e tutti, una-
nimemente in questo particolare s' adoperasaero .
All'opposto, allorché furono di nuovo eletti i re,
'questi fecero continuameate ogni sfbrzo non Wr
lo per abbassara l'autorità che ì duchi sperane
arrogata » ma proccurarono ancora d* esfioguerf
i ducati a misura che si vedevano vacanti, o dì
trasferire i duehi da un governo alPaltrù, lé di
scemarne il più che po'ttfvano i privilegi^ e imr
pedite che non direotasse^ «reditari . Il che
=dDvGooglc
Libro VII. Capo VI. tS?
Venoe lòv ^tto leggermente ìo' mi^tì luoghi della,
Lombardia propria, perchè i docht si trovama
più deboli e più vicini ' al oentio del regao , e,
però più facili a reprimere, qualunque volta ten-
tassero cow nuove . E forse per questa stessa fa-
cilità di ritener questi duchi nel!' ohbedieiwa, i
re furono meno restii a permettere la successione
di padre in figlio, « d*un fratello ali* altro,, se-
condo il profffio sistema de* feudi. Ma ne* tre.
prinéipali ducati di Friuli, di Spoleti, di, Bene-
vento , che per essere confinanti de' paesi nemici
poterono per la virtù di chi li possedeva andarsi
sulle rovine altrui aceresuendo, e formare domi-
ni considerabili , non solamente mal poterono, es-
sere dominati dai re, ma essi poteton ; quasi col-
le proprie forze competere con la potenza àa^
stessi re , i quali se talvcdta ebbw que* duchi c^
sequiosi e divoti, fu piuttosto per cagioni acci-
dentali ,' come di parentela e d* amicizia partico"
lare, o per comune .interesse e: bisogna di re^ste-
re ad un nemico straniero ; che p«c ordinaria ob^
bedìenza che profeseawero ai re.
Noi Tediamo nelle storie de* passati secoli,
che qualunque volta Timperadore o pec aggiunr
ta straordinaria dì potenza e di dato., o per es-
tere di grande am'mo e intraprendente , volle
tialKare l'ìititorìtà del' sue g^o, i più de* prin;|-
«ipi dell* Alemagna . furon costretti di ricever la
ie^e da lui, » seooodarlo nella sua ambiz^on;
0. Google
i58 Delle RitoluzióHi z>* Italia
• aellfl SBe imprese ( come sovente aoc^cle &|^' ia*
fenoli (ti doTBÌe malgrado loro- aver' parte velie
guerre da' maggiori potentati}; laddove se Tìm-
peradore sì trovò o debaie natHralménte , oà ab*
battuto da. estere potenze y i pn<ieipi;dell* imperlò
appAba mostrarano dì rìoonOBOnv ud superiore .
Non altrimenti vediamo nella storia de' Longo-
bardi , cbe ì prodi «d animosi re Liutprando: ed
Astolfo trattasono i àdeatì di Spoleti e di Bene-
vento cmne paeti soggetti (i)[ dove che il buon
ttaohi mostrò di gtiardarli aonu provincie straniè-
re, e t|uui emole ed initmche. E vediamo pari-
ramte, cJxs i ducbi di Spoleti e di Benevesto,
(forche non ebbero che temere dal re Desiderio,
passarono alla divozione ds* Francesi ^ e si fecet^
quasi vasulli d«] n Pipino (ar. ^8') .
OtegìA k certo ohe Tautorità del re, salvo ■
cbé con feraa d* arttù o per spreti - mani^gi vi
s' impegORsse , poto o niund parte aveva iuH* ele-
ziont de* tre duchi suddetti, -dopoché que* du-
cati -sifureno'fàtti grandi; penkiobè, mancato il '
dùca', o sùcoedeva colui 4^* era stato destinato e
promesso dal predecessore,' còme si vede ^uCce-'
dntQ ordinariamente in Benevento ; o > occopavasi ■
da* più potenti à forza aperta e con guerre
principahatur . Aódieas abba* iu vita*. W«lb«r<-«pi'-Ai»i'<j
0. Google
, X^bftò Va. Capo M.-:. 2 tSg-:
(stviiii pMne accadde Ufj FciuU idk inDife.deI'dd-*
c9i Astolfo {ah. 6oi ):;.o m procederà per m.di
giusta' elezione, non dal re, ma da' baroni e dai
grandi nella dieta generale del- ducatd medesiiaot
cfttne, fecero gli SpoJetioi (an^ 7S7). Queste, co-
se anno dato argomento b qualche <crit(ar«
dVasserire che ì suddétti ducati di Bumventa e
di.SpoIeti fossero: allatto indipendenti dal: re^o .
Ma »iccgme a. troppo debole fondamenta s'^ap*
poggia tale opinione, così a noi pace altre^ ohe
ÌL Giaonone siipponga troppo facilmente, cfad il
dueato di BensvenEo dipendesse assolutamente dal
f^gno di Lombardia; scrìvendo e^li, senza addur
pmiòya-o tesfìmonianKa d* antico scrìttore., che Is
lepidi Eotari . fossetto pubblicate in Seneventoi
Ben è da credere che per . somiglianza ' di costn*
mi, e per Pidentilà de* bisogoi civili esse s' in"
trbduce^eto, o presta o tardi ìq' tutte le proTÌDoie
signoreggiate' da* Longobardi . Ma non si- pm> pec- -
ciò dirb né eh* esse leggi fossero pubblicate' im-
trrtdratamente nel ducato di Benevento, né. che-
que* duchi fossero chiamati alla dieta ta cui ai
fecerO' (i) • Né tampoco tpi par da concedersi .
settEa eccezione quello che Ugone &roEÌò (2) e -
(0 Legf;esi nei proemi del primo, tecondo e terto
libro dì Lìutprando, ch'egli tenne consiglio cum judicibus
noàrir de parttbu? Aastriae « S^ustrla^', necnort et de
Tascìa^ finihus ; e «oh si f* menzione di Benevento che
pur nod «ra 'compreso ndl' Austria e NetillTÌa> cioè patte
orientale ed occideotale dplla Lombardia .
{%) Grot. iti Prolegom. td iiistor. Gotk:
ovGooglc
i6a Delle Rivoluziohi b'Etauà
dopo lui il suddetto Giannone (i) anno wserrva^
io, che la podestà legislatnce foste posta ne^sof--
fragi de* duchi e altri baroni del tegoo . PctcÌoo-
che uè anche in questo particolare camminaron
le cose d*UQo stesso tenore sotto tutti i re,
fra* quali alcuni furono più dispotici , ed altri
meno ; e lasciarono qual più e qual meno d* au-
torità ai nobili ed a' magistrati, secondo la si-
tuazione politica degli affari, e i vari rispetti e
fini che dovettero avere ciascun di loro . Cosi
Botari non fa menzione nel proemio delle suo
leggi d' aver cercato né il consiglio ni 1* assisten-
za, 'e molto meno il coosenso de* duchi. Gri- -
i&oaldo ali' opposto , chét come usurpatore « avea
da mfflieggiarsi il favore de* grandi dichiarù sd
principio del suo breve editto d' averlo fatto per
cuggerioieDto de* giudici, e di consenso . di tutti.
Liutproado parlò in diveni de' suoi prologhi
d'aver cercato il parer de* giudici, e d'aver
pubblicate le leggi -coli' inteFvmtò loro e di tutto
il. popolo (2) ; ma non se'ns pub infelice ch*'^U
vi cercasse il loro voto e ooisentlmento . Kadii
rmedeeimainente ìndulg«ite e bonario . parla . ndle
sua l^ggi quasiohè a tfome conMwe; ma AstoUó,
ttiQorcfaè dica d'aver convooitto dieta o parla-
mento, e d* aver ricercato 11 pttrtf de* giudici
pei- aggiugnere alcune nuove I^i alle , gii &tte
[1] Giana. lib. 4^ cap* 6.
[3] Ouuto popuh assittentoi
0. Google
Limo W. Capo VI i6t
da* predecessori, dichUtra tuttavia d'avere stabi-
lito ciò che a lui pareva bene (i). Donde si pii&
concbiudere che generalmente ì duchi e gli altri
signori del regno fossero piuttosto consiglieri del
re , che partecipi della podestà legislativa.
'SUUo d^ ludia sotto i Ijongóbardi: leggi e polizìa
di quella nazione.
jyLa comunque ciòsia, giacohè le lèggi de' Lon<
gobardi scamparono sì felicemente dalle iagiurie
del tempo distruggitore, gioverà trovarne in' que-
sti nòstri libri alcun* idea; Ìl che servirà nel teni>*
-pò stesso a fatci argomentare qu&li fossero i co^
-stumi di quella nazione^ e lo stato d'Italia sotto
il suo dominio . Prima di tutto pei'ò ci convec-
Tebbe saper distinguere qiial divario di condizio-
ne passasse tra la naEiòn dominante e i popoli
naturali d'Italia, sudditi usa -volta dell* imperio
Romano . Certo non sarà difficile il persuaderà
che la condizione degli ultimi fosse inferiore ai
nuovi padroni . Né leggier motivo abbiamo di
■peosare che gl'Italiani abbiano dovuto sostener
Tomo IL tt
[i] <^iae excellentiae nostrae fasta comparuerant ,
Aistulf. ia Proleg. — Quod nostra txcelleruia inslilaii,
Liutpr. lib. 5^ cap- i. ' ' '
ovGooglc
t6a Delle Rivoluzioni d* hAttA
gravi danni sotto la signorìa de' Longobardi * prì-
ma dal suppor cosa che appena puote esser dub-
bia , ciofe che fosse d' uopo cedere ui conquista-
tori DotabiI porzion di terreni; poi dall' intendere
ciò cbe r istorìco Valpefrìdo ne attcsta, che i
sudditi furono obbligati a pagar al prìncipe il
161*20 delle annue rendite dì ciascbeduno. Ma noi
abbiamo già altrove avvertito cbe piccol danno o
fone vantaggio dee riputarsi d* una nazione a cdi
manca un numera competente di lavoratori , il
cedere ad altri una parte delle sue terre . Nfe il
carico che s* in^pose della iena parte dell* entra-
te ( cessando perb ogni altra gramezza ) , dovrà
parere- cosa strana ed intollerabile a- chiunque
sappia per quanti canali vadano i denari de' par-
ticolari al pubbKco erario , o a chi sì ricorda del-
ie esazioni acerbissime che a* tempi - e di Lattan-
zio e di Salviano si facevano in tutte le provio-
oie dell' imperio dagli agenti del principe . Del
resto, molte partìoc^arìtà della storìa e delle leg-
gi Longobarde ci fan palese che fra le massime
fondamentali di lor polìtica , una si fu d* accre-
scere il più che poteano la popolazione de* paesi
che dominavano. Agilulfo , saUto sul trono, die*
de principio al sua regno dal riscattare ì prigÌo>
ni che- i Franchi aveaoo fatto in, Italia in varie
scorrerie sotto il governo de* duchi e sotto il re-
gno di Autari (i). Accoglievano e con privilegi
(i) Paul. JUc. lib. 4, csp. i. -
0. Google
' CrsUo Vn. Capo" VF. iG3
^viterano gli stranieri a vanirsi stabilire» tasctàa^
Adii fócìImeiiM vivere àoa quelle leggi che pih
gradissero, iovtf non piacfesàe loro di vìgere «e-
botìio la fegge de* Longobardi , la quale per aK
tro' s' iótendeva esser legge propria degli s^anierf
cbe Ténivanò ad albergare uel regno: d* Italia (i).
{Regnando Grimbaldo nel ducafb di Benevento ,
diedero albergo e terreno a buon numero dì Bul-
gari partiti, noti si sa perchè, dal lor paese vfcì-
(10' al Danubio sbtfo la gurda dì AUero. Supino,
fioiano ,' ed Isserbia furono con altre tenre di
que* contorni ripopolate da quellb gente (2) , sìc-
cohre nella Lombardia molte teWe furono rifor-
nite d'abitatori da vairife bande di nazioni Ger-
mahicbe che Alboino cotodUsse, Gepìdì, Bulga-
ri ; Sarmati, Pan non?, 'Svavi ò Svevi, e Norici :
ed anèora sonavi terre che dàll*tine e dall'altre
di queste genti presero it nome. Non era per^
minore la cura che presero i prìncipi Longobafr"-
di i che le' pèrsone divenute una volKi lóro sud*
dite non se ne parfissèro ^3) ;' e- siccóme invita^
vano con premi le genti a itar fra loro , cosi ftoft
pene uè iftipedìvàn la diserrioise » .-Se alòùn'uo^
» mo libero, disse Rotari , vorrà andare in qual*
» che luogo, siagli permesso fra i confini del nò»-
* stro regno di 'passar colla sua famiglia dove
'«■"vorrà,' 'si "^veràhientfe però, 'ch'egli ne abbia
[t] Roih. leg. 3go.
P] Mu„i. ad an. 503. ■ ■ ■ ■ ' t'J
ovGoogtc
xG4 Delle BiroLvnom tf Italu
» prima licenza dal' re. £ se alcun duoa- o sUlrà
» persooa libera gli avrà dato qualche cosà, ed
» egli non voglia restar con lui uè col suo nv-
M de , tornino le cose al donatore o all' erede di
y> lui (1)0. Altre leggi che troviamo dellb stes-
so re , ed un' altra poco diversa di Liutpran-
do (2) , nelle quali s' ordina sì rigidamente a' ma-
gistrati d* arreslare i lù||;itìvi , ci potrebbero far
credeie che s* usasse in questa parte rigor sover-
chio con troppo scapito della civil libertà; se-uon
ohe dobbiamo ragionevolmente supporre che il
fuggirsi le persone dal paese dove aveano alber-
go e famiglia, non fosse mai senza frode, o al-
meno senza sospetto d* ingiustizia e ribalderìa.
Ad ogni modo questo vantaggio ebbero pure tut-
ti i sudditi de'. Longobardi di vivere ciascuno se-
condo la legge della sua nazione, o abbracciar
quella de' padroni se lor gradiva . ' E quello che
in questo genere assai più rileva, si è che le leg-
gi, qualunque si fossero, si facevano osservar
multo bene, e s' amministrava con esattezza e eoo
vigor la giustizia ; nel ohe consiste veramente tut-
to il fine principale d'ogni civil sooietà. I giudi-
ci aveano non solamente preciso obbligo' di pu-
, mre i contravventori delle leggi , ma essi ci avea-
no - ancora per savia disposizione' de* legislatori
propria e particolar interesse . di farlo : (ìercioccbè,
(1) Roth. teg. 269, 70, 73; el in Cod. liCfr LoBgoh.
)ìb. I , cap. I , lit. a6.
(3) Ì4utpr. lib. 3, cap. 4.
0. Google
LiBfto VH. Capo VH. ié5
' tolti alcani delitti più atroci, tutte le pene che
la legge imponera , consistevano in composizioai
pecuniarie, dì cui una parte toccava alia perso-
na lesa dal delinquebte , e V altra talvolta al giu-
dice stesso , e per T ordinario al re . Non era pe-
rò facil cosa che il giudice o per pigrizia trascu-
rasse dì cercare i rei, o per doni e per regali
chiudesse gli occbi e dissimulasse; perchè né la
parte interessata l' avrebbe permesso , né impor-
tava grau fatto a* colpevoli di guadagnarsi eoa
denari il magistrato , allorché con denaro si ter-
minava più sicuramente il ^róòesso . Oltreché ia
molti caà se gli uffiziali dì giustizia non usava-*
no la dovuta diligenza a render giustizia , dovea-
no dopo un cwto brevissimo fermine soddisfar del
suo alle persone interessate (i); stimolo grandis-^
/simo a fargli attenti nel loro uffìzio . E pet
que' casi che convefiìva ragguagliar la corte de* di*
sordini succeduti, il pagamento della pena che
dovea per legge toccar al magistrato « cedevasi ài
particolare che lo avesse prevenuto nel darne av-
viso (3). Né per tutto questo apparisce che ci
giudici o gli uffiziali regi costumassero ■ dì trava-
gliar con iniqui processi le persone o a iìne di
proprio guadagno, 0 per vantaggiar la regia ca*
mera; né meno, che pev secondar l'invidia d
r odio de*'particolari rendessero in^ste sentènze ;
(0 Lintpr. lib. 6 , csp. 97. - -
(3j Idem lib. 6, caju. 6./ alibi lib. i., liu 3S> lef *■'
0. Google
i66 Deiab Rivoluzioni d'Italia'
Don si trovando sopra di ciò legge aldusai éovp
che questa veoalità o parzialità degli amauoistrat-
tori della giustizia s'acceunò così spesso nel oo-
dice delle leggi HnmaDe . Fare bensì , che il pi:Ì^-
cipe non dissentisse che quando non si trattava
r interesse o il danno d' una ten» persoiuri glji
uffìziali della corte e i rettori delle città,, o queV
li che per qualunque rispetto avessero in corte rir
putazione e favore, ricevessero qualche regalo d«
chi sperava col mezzo loro qualche grazia- dallft
corte , purché si facesse con partecipazione dal
re, e con buona fede e lealtà (i). Del resto,
ogni giudice minore o di prìma istanza - ( queUi
che in lingua Loagobarda chiamavan» - scfildasi^
dovea nello, spazio di quattro giorni terminar ogaì
causa, e { giudici maggiori a cui s' andava ìli
seconda iitfaoza, non più che in sei gìtvni; e ^se
il caso fosse anche dal giudice superiore trovato
idubbio e- scabroso, doveano in capo -a dodici gicn-
Ili {nandarsi ambe le p«1i innanzi al re (s) .. Tut-^
to r indugio che si permetteva, qualar si tratt«|Si
se di possesso di beni , o di pnsscrìzione «' ^on
s' estendeva più oltre che al tempo necessario per
far venire da una ali* altra provinoia* i testimoni
che sì trovassero assenti;, e questo termine non
d^* arbitrio dd giudice, ma dalla legge era -pr^
scf-it^oj né Diai poteva perà ritardare per molte
[■} Leg. Longobar. lib. a, til. 17 s 36,
[a] Liutpr. lib. 4, leg. 6; et aUbi — X-eg. 'Elovgftb.
lib. », ùui\,
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Libro VH. Capo VU. 167
•ettimane la decisione ^i qualunque si fosse più
{;rave e più intricato processo. Questa così spedi-
tiva giustizia noD era già eSetto di barbarie e dì
gòverao dispotico, come quello che aocor dura
fra t Turchi ; ma conseguenza ragionevolUsima
degli altri ordini di giustizia . Non usavasi oè era
leoito appresso ì Eiongobardi servirsi d'avfrocati 9
di proccuratori ; ed era dalla legge espressajneoto
punito chiunque si fosse presentato dinanzi al giu-
dice a trattar cause d' altri , salrocbè facesse cer-
ta pruora ohe colui del quale si agitava la cau-
sa, fosse assolutamente Inabile a comparir in giu-
dìzio, e dir sue ragioni (i). Tale fu ancora nel-
la sua prima vigorosa iosdtuzione la r^ola del
famoso areopago d' Atene . Intesero certamente i
legislatori Longobardi, come già fu dagli antichi
savi osservato , che ognuAo è abbastanza eloquen-
te in ciò che sa, e ebe perciò non à bisogao
deli' altrui aiuto per dir sua ragione (a) . Ohre-
chè , trattatsdosi per lo più nelle liti o di verìfi-
care un fatto , o giustìàeuoe 1* intenzione « cre-
devano essere di gran lunga più iàoile il cavar
la verità della cosa dalla bocca stessa deMitigan-
ti , che permettere che la malizia e 1* astuzia d' un
terzo venisse ad intbrogliarè ed inorpellar le pose
con ^sottigliezze . Per altra parte ogni ragion vuole
(1) Leg. Rach. cap. 5; el io ÉJ. Gold.; ètLiodedrog.
lib. I , lit. 5a , leg. I.
(3] Omftes in e'o (jiiod' sciunt , sotti tsse élo^uentes i
■ Èie. de Orai. '
ovGooglc
xSQ DEtiE BiVtauIziONi d'Ptalia
che ferìficatou il fatto , o chiarita T mteazionó
del facitore, sia il |^udice boIo interprete detl^
legge, e non abbia da aspettare cbe l' avvocato o
il causidico gliene suggerisca T. applicazione» Per
questo 6ne le formole dell' intentar le liti erano
ù semplici e sì spicce e sì chiare, che non ce-
devano a quella sì giustamente lodata forma del
IHucedere, che regna tuttavia in alcuni tribunali
dell* età nostra (i) . Ma in una cosa spezialmen-
te il sisteoaa de' Longobardi superò, non che al-
tri « la giurìsprudenza Romana ; ed è questo ,
che siccome gli antichi legislatori e giuristi Ro-
mani aveano ridetto ogni delitto ed ogni lite a
certi capì e titoli, fuori de' quali non si dava
nò accusa né pena , egli potea molto bene awem'r
re che un* iogiustizia manifestissima non fosse
.vendicata, né ristorato il danno altrui : e solamen-
te .dopo lunghissimo tempo fu dato fuori Ìl fàmo-'
so editto de dola malo, per' cui si potè: poi prò-
cedere contro ogni genere di &ode .'e d* ingiusti-
zia. 1 Longobardi fececo tutto il contratio^e sen-
za dubbio assai meglio : perciocché senza stare ai.
(') Portiamo questa, per modo d' eiempio, delle
tiiolte che li trovano inserite fra le leggi di liinrprando.
«Pietio, ti chiama Hnrtìnaf perchè tu a. tqrio tieoi uà
> podere posto nel tal luogo . V. Quel podere è mio prò-
» prio per successione di mio padre . M. Tu noà gli de-
» vi succedere , perchè sei nato di serva . P> E^ veto , ma
> la fece lìbera y come porta l'editto; e U prese a ' mo-
• glie. ProTt che cori è, o perda. tàtUpr. Uh. 6; cap.
• 53. ' /^
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'-; LiBSo VII. Capo VU. - 169
feomi e alle parole, tiravano dirittamente àìmpe-
- dir la frode e V ingiustizia nelle cause civili , a
bastigare più il cattivo animo , che l' azione este-
riore nelle cose criminali . Il perchè in (^oi gene-
re di querele, rifatto che fosse, per quanto pote-
Tasi e la ragion chiedeva, il danno del panticc^-.
Te, s'obbligava l'accusato a giurare di non aver
Idrato per odio e per astio (i). Finaltneoto proc-
curavasì con grande studio di levar via le radk»
e i semi degli odi e delle nimicìzie tra i pertico-t
lari, fra' quali fosce corsa offesa o seguito qualun-
que contrasto. A questo 6ne avean disposto le
leggi , che in tutti i delitti che si punivano cooi
pene pecuniarie (e rarissime erano le al tre pene) «^
sempre toccasse la metà o più alla persooa off&<
sa, acciooehè il comodo ohe ricevea nella compo-t
sizion del delitto , fosse come un compenso del
danno dell* iogìuria patita ,. e nello atasso tempai
le si potesse come impor l'obbligo di perdonare:,
al reo . Quindi è che in più luoghi degli editti .
Lungobardict leggiamo queste memori^nli piurole: :
»- La qaal cosa cosi ci parve d' cnrdinare , a fine
» di levar gli odi , e pacificare le inimicizie o (a).
Né minor cura si presero i principi Longobardi
di mantener la pace e- la fratellanza, e di conser-
var anche il decoro e i patrimoni ddle famiglie :
e non che le lor leggi s'assomigliassero, jn ciù ^
(,\\ Jutvt guod, non ilio animo fparit .
(a) Roih. lag. y^Z. — Litiipr. lib. i. , càp.7. — XmM.
lib. ^ , cap. g. jtd toUendam faydam .
sdovGooglc
Xjo Delle RivoLuzroNi dMtalu
che riguarda la patrìa podestà, alla dEire^z^ delle
dodici tavole, per cui era lecito ai padci idi ven^
den e TÌreadere, e ancora uccidere i.l(?rofigltpa-
Ji ; non permottepaoo che senza evidente motivo
fosse un fratello sopra T altro vantaggiato nell' e*
Fedita, affinchè qualche, naturai incKnAzione o par?
zialità d* affetto paterno verso qualcuno de' figliuo-
li, o gli artifizi, d' upa seconda moglie natural-
meate intenta a . migliorare la condizione de' suoi
sopra quella de'iìgliastrì, non fossero poi dopo la
morte del padre motivo, di dissapori e d* invidi^
tra' iratelli . £ tante cose 'intorno .alle doqaiioni si
preKtÌTeano così fra congiunti e fra mariti e mo-
gli , come fra estranei , che appare manifestamen-
te essere stata intenzione di que' prudenti legisla-
t«tti d* impedire, tutte, quelle azioni, di cui PqI
lempo l*uomo potesse faoilmentp pentirsi. Bispet*
,to.alle donne, delie .-quali si forma una. parte co-
.à notabile della, società e del virere umano ^ dat
costumi delle quali spesso dipende il buorK>.o cat-
tivo essere delle nazioni, parrebbe quasi, . cbe i
Longobardi avessero ricopiato F antica severità del-
le leggi Romane.; se non che , per .tutta il fenor
d' esse leggi,, per le notizie che abbiam da Taci-
to de* loro primitivi costumi, pel vocabolo barba-
ro, e non latino, che s'usò da loro perpetuamen-
te in parlando della tutela e del governo delle
donne, si vede chiaro , eh' èssi le avevano porta-
te in Italia , e non apprese sicuramente da* Ro-
mani giureconsulti, i quali, a tempo massimamente
0. Google
- Libro VD. Cam VII» ! 171
a 'GiuttìBÌati0 , areana alIargtUa ' di^ HioUo U
ctmdiztoott -e U libertà doDoesoa (i): Or egU
è certo che presso i Ixingobardi ile donne erano
semf»re sotto tutela , cioè del padre ó de! suo più
Ticino- parente , e finalmente del marito ; né po^
te'vano senza il consentimento dol lor curat(»« dis^
porre delle cose loro (3). Questa dipendenza delr
le' dònne , ' usata ~ oertamente anche da' Romeuii
ne* tempi migliori, era presso i Longobardi' di
graodissimo momeotó a mantenne la pubblica
onestà; cosa di non'picool riguardo In ogni bea
ordinata repubblica. FercioccfaS non solamente',
tolta lóro la facoltà di poter donare , si toglieva
à* ribaldi uno atitnolo di corteggiarle é dj Iusìeh
garle ; ed es^c aveano meno - occasrotii - di capitar
male e d' abbandonarsi alle lascivie ;' ma per altri
motivi ohe allevano i lor curatori di vegghìifr so-
pra le medesime, e di perseguitar giutidicdmenta
•gn' insulto' e disonore che lor si facesse , si po-
BeVa un gran frenò alla dissolufezea • fijcpottte ia
•gai sorte di delitti, come già abbianlo detto,
una parte della pena ohe s'imponeva, toccava ai
'particolari Interessati ; così ai curaton delle fem-
iftine si dovea la soddisfhÉione pecuniaria df qual-
aròg^ia onta ed insulto o diaobwe òhe lor si fa-
«esse . Il che rendeva senza dubbio assai guardinghi
' [1] Heìnecc. Execcit. a5 de Uaiìl. Usar, mi., et curàt
Uzor. cap. i , 3.
[3] Both. leg. 305. ' '
0. Google
t7* DelÌE RlVOLUZK3l>II li'ItAUA-
Éoloró 'Che si trovassero nell' opportunità d* a-*
Ver cbe fart con le medesime . E nel vero , pei
quanto ci sia lecito d'argomentare dalla storia q
dal codice delle lor I^gi, possiamo dir- franca*
mente, <jhe in niuna nazione fu mai in fatto di
femmine meno corruttela, che fra i liOOgobardì ;
ancoròhè, per necessaria conseguenza di certe lo»
ro Btrane e singolari usanze , tanto gli'uomini cfae
Ift' donne Longobarde dovessero avere incitamento
maggiore die in «Itrì tempi e in altri paesi j ad
invogliarsi d* altre persone che de' loro consorti .
Agli occhi delle iemmine certamente poco le^'a«
- dra %ura dovean presentare que' loro uomini con
qu&lle barbe lunghe e quelle ciocche di capegU
avviluppate intorno alia fronte , e colla parte pò-
stetiot della ^ta pelata e rasa (i); e dall' akro
lato h stesse donne alle quali * nell* andar a ma-
rito, si tagliavano i capelli, come ancor oestuma-
Do le Giudee t dovean parer meno vaghe e mena
ambili , che le donzelle nubili e le mogli de^' I-
tàliani o le schiave. Ma finalmente come la cosa
età reciprpca , ne veniva in conseguenza che taa-
to gli uomini quanto le donne maritate, essendo
pooo acconci agl'intrighi ed agl'innamoramenti
esteriori , e gli uni e le altre ritenuti dal vigor
della Jegge e del general costume delia nazione y
che puniva siccome falli gravissimi certi afiti eh»
a* nostri tempi si guarderebbono come scherzi e
[i] Paal. di«c
0. Google
ttBRO VII; Capo VH. 173
Sisofdini inevitabili , e da dissimular»! assoluta-
mente; V union coniugale diventava più stabile e
più ferma . e quindi ancor la fecondità de' mari-
taggi e l' accrescimento ' della popolazione inoom-
parabilmente maggiore che non suol essere nelle
nazioni più colte e più incivilite, dov'egli è noto
che la galanteria de' coniugati è non piccolo osta-
colo alla moltiplicazione . In fiitti non solamente
non apparisce nelle memorie del regno Longobardo
vestìgio alcuno di queL vituperevole celibato ohs
durò in tutte le grandi città dell' imperio Roma-
no almeno per quattro secoli; ma egli vi si par-
la così spesso di molti fratelli, di figliuoli , nipo-
ti e cugini, che non possiamo a meno di credei
re che i Longobardi anche in Italia sieno stati
molto generativi ; come sono le nazioni settentrio-
nali per r ordinario . Né solamente colla frequen->
za e colla stabilità de' loro matrimoni la nazioa
dominante accrebbe in Italia la popolazione , ma
vi rimènb, a dir 'vero, l'antfca' semplicità e roz-
zezza dì costumi , la quale sebben parta aeco suoi
gravi difetti, è tuttavia utilissima per molti ri-
guardi p e segnatamente per l' accrescimento della
popolazione . Perciocché tra per le passate rovina
e per 4a nuova signoria di gente straniera perdu-
ti o posti in disuso gli strumenti del lusso e de-.
glt'aDtiehi vizi^' anche gl'Italiani incominciarono,
a menar vita semibarbara ; e datisi alle arti ru-
stiche e grossolane, divennero ancoc essi più uti-
li al mantenimento della stirpe umana . j
0. Google
ti74 t)EtLÉ RivÓLOziòm d'Italia
De' servi il numero para cBe fosse 'sotto ì
Iióngóbardl assai graode ; non già eh* esa né fa-»
cessero grandi accatti da' paesi stranieri , ^oihe
tuttavia si faceva in alcune città Italiane apoot
soggette ai Greco imperio (i); né meaoj chq
dalle guerre che atlòr facevano , potessero ritrarns
copia : ma piuttòsto perchè essendo ì servì tratta-
ti da*^lor padroni assai umanamente, é lion sólo
lasciati , tea anche fatti maritare , molti pìicavano
per sé stessi . ta. metà o pocq meno delle leggi dì
Rolari riguardano gli schiavi; 6 si parla per tut^
to il modo da non lasciarci luogo dì dubitare cbtf
fossero ammogliati comuneitienté , e che avessero
lor pécblio particolare . Una di queste leggi , peC
eiii' s* obbliga a indennizzar con tre soldi d'oro il
padrone chi con percosse avrà fatto Elhortire una
serva (2), può darci ad intenderò' qual fosse il
prezzo' comune d' un servo alla siia nascita, e mo-
strarci, riejlo stesso tempo, che i padroni guarda*
vano come proprio Vantàggio la fecondità dellfl
serve , del pati iehe quefla degli animali doméstì-
ci . Perciocché' m altra legge s* impcmé !a mede-
sima pena a chi avesse fatto abortire xinà giUr
menta. Strano ed ingiurioso alT umanità potr^Jr
be parer questo paratelto, vedendosi agguagliar il
parto umano a quelfo d'Un cavatlò . ' Ma ' s$ nói
osserviamo come spesso ancora a* nòstri tempi st
[1] Tn vita s. Greg. Mago!,, .
[a] Leg. 339; alibi Itb. 1 , cBp. 9o', leg. tS.
ovGooglc
LiBHtì Vn. Capo VIL 17!»
prelerisea la cura 4* un animai domestico o dilet-
tevole ad lio famiglio e talora ad uà congiunto,
non avremo da maravigliarci che in quelP età «
In quella nazione, appresso la quale il diritto delle
genti e la ragion civile con tanta ingiuria déiru-
manità permettevano la sobiantù , si trattasèero i
servi nel computo degli altri animali, destinati al-
la comodità del vivere umrào,^ e che eostì^sco-
uo il patritnonio e la ricchezza d* ogni partieor
lare.
In altra parte di qtiesti libri ci tornerà forw
in pi;opòsito d'esaminare qual comodo o quandi'*
vagio maggiore di noi avessero gli ' antichi nella
vita civile' , mentre, la schiavitù domestica ffx in
uso. Basterà qui frattzinto osservate che la poli-
zia de* Longobardi fu anche in questa parte, co-
me in parecchie altre , as^i più umana t:he non
fu quella de' Romani., fra' quali é la legge* per-
metteva ai padroni, e Fuso quotidiano oònfcrnia-
va la facoltà di stratiàr 'coti ogni genere di tor-
menti , e d' uccidere anche per .puro capriccio i
lor servi . Costume SÌ* inumano ed empio non pa-
re che regnasse mai fra ì Longobardi, tra* quali
appena apparisce che s'usasse cU uccidere i servi
fuggiaschi e ladri, usando verso dì questi quell'u-
manità che praticàvasi ancora riguardo alle per-
sone libere cadute in colpa. Conciossìachè quan-
to erano i Longobardi feroci e precipitosi a spar-
ger sangue nette risse , altrettanto eran lontani dal
IHinir con morte, e tanto meno dal tormentar^ i
ovGooglc
iy9 Dellc Vivtjsjtmom d*Itjuja
delinquenti . E nei casi di delitti pìk gevrì eltii
fossero stimati degni di morte > consegnavaosi ia
balìa di colui ch'era stato ofieso, o de* suoi p»>
retiti ed «redi , affinchè ne faceaserò il. voler lof
ro . Né trovo ai^omcDto di credere che da* parti-
colari s' usassero in tali casi Stattameati tn^p^
ìnumaDi ed atroci.
Queste cose qualora io va odi' ^imo rivol-
gendo , e ricordomi dall' altro lato , quanta igno-
ranza di lettere regnasse fra ì Longobardi in Itar
lia, non so se sia piuttosto da faisi b^ de* Gre-
ci soBsti che con tanto £isto portarono al <»eIo
TutiUtà degli studi letteràri per riformar I costu-
mi e sostenere gli stati , o sdegnarsi altamente oon-
tro quegli scrittori che con tanfo dispreizo. ^pQtfa-
vtmcK de'.LoBgobardi , quasiché per aver b:aaairav
io .di lag^e Omero, Virgilio, Cicermefl VlatO'
ne, avessero rimenato in Italia l'antico caos. La-
scio però giudicare a chi à cognizione d' antiche
storie» se. i popoli della Siria, per esempio, del-
l' Egitto , o della Grecia sotto i successori del gran-
de. Alessandro, io tanta cultura e splendore di
studi e di .belle arti, ueno. stati ^ù felici che non
fii l'Italia sotto i Longobardi ; e se que' Tolomei »
que'Seleuoi furono miglipri o capitani o pplitid
d'Agilulfo, -di Liutpraiido, e direi -quasi di quid'
eivogtia altro dei. re Longobardi . Io per me.sicco
me tengo per co^ '.certissima che gli studi paesa-
no recare ed. abbiano in vari tempi, e per vari
rispetti ceciati grftndissifpi vantaci aj gemere umant^
0. Google
Dbro vii. Capo VE 177
00^ bon sono meno persuaso che il naturai in-
gegoo dell'uomo posta per sua propria perspi-
«toia , e coli' aiuto della sola pratica delle cose ,
e coli' etainina del cuore umano giungere a quel
grado dì senno e d'accortezza, a cui altri appena
■rrira con lunga lettura di libri (1) .
CAPO VHI,
Dà progressi tìelU reU^one fra i Longobardi ; «
éi akuni avanzi della loro antiea barbarie e su-
perstktone .
Aà ogni modo^dobbiamo ancfae avvertire che il
«dina temperato d' Italia , e. quel resto dì civiltà
che malgrado tanti replicati - disastri vi sì era ancor
Tomo 12, 12 . .
(t) E che altro lotio nella loro orrgioe gli icn'tli de*
Wfiuntl , se Don k il fratto- di ciò cbe (i pHJ> fate cogU
sforai del. naturale ingegno e della ragione? Verità tanto
piL incontrattabilc , quanto è certissima che il mondo ri
nunttnae gthn terupa moki libri, o che le migliori ope^
re c^e ancor leggiamo, furono compgite o senta aiuto di
libri, o con pochissimi. Quauio poi alla regola delle azÌo-
ni e alla scienza morale, per cui solo riguardo sono dft
■coa)(BeDdare grandemente gli studi, dove que&li ci condu-
cauo a dirigerla e migliorarla nella pratica; noi troviamo
ne' costumi de' Longobardi, espressi prima da Tacito nel
ritratto che fece in cornane delle genti Germanictie, e poi
nelle leggi scritte da seicento anni dopo Tacito, tanta ret-
tiiudiae e giustizia, che ogni più esalto studio d' nmiD«
.filMofia di poco potrd>be ridargli a migUpr aegoo .
0. Google
176 Delle HivoLi^oni D'itALiA
conservato, e xpezialmente la religicui Cristiatm
-che i Longobardi abbracóarono, abbiano avuto
.non poca parte a moderare la natia loro ferocità.
Quando Alboino. si mosee al conquisto d* Italia, i
Longobardi erano parts imbevuti dell'Ariana ece-
«ia ^ come i Goti ; parte avviluppati ancottk nefle
tenebre dell* idolatria ; e non so come Frocopio si
curioso e sì dotto storico facesse dire a certi io'
Tìati' Longobardi alla presenza dì Giustiniano-,
eh* essi waa cattolici. AI più al più potrebbe sufv-
porsi che alcuui de' principali della, nasione. già
avessero nti tempo che st mandò quel!' imbasda-
ta, abbracdato il cattolicismo . Ma beocbèi Lon-
gobardi nel venite in Italia fossero, o «retici o pa-
gani f essi coir andar del tempo aprìron gli occfai
al lume.della vecità; e eoa la liberalità loro n-
peurarono largamente così i danni e In rovina tibe
ne' primi anni del lor dominio pra-G^rono alle diie-
se ed a' monasteri , come la rapacità' e la arudd-
-tà ohe. otmtro tanti cattolici , sudditi ancor deirimr
perio» esercitarono» per cui ncMi senza qualche ra-:
gione furono chiamati gente nefandissima dai pon-
tefice san Gregorio. La dotb'ioa ^ e ,la riputauo-
ne di santità e di virtù singolare, che questo in-
Gomparatule pontefice: s* aveva acquistato, pec T u-
niverso mondo , e- particolarmente in Italia , febbe
per avventura la principal parte nella conversion
di quella' nazione < Quindi la. confidenKa cui pose
nel santo pontefice, la regina Teodelinda, che dal
patEÌo- paese av^ea portai buoni e.rettì. aentimeati
=d.vGooglc
• Dtóo VE Capò VI0. 179
di religioae, valse a cooferoiarla ina^E;Ìonnente
nella fede cattolica ; e V aseendeate cb'ella ebbe
sopra i suoi due mariti , e spezialmente Agilulfo ,
vaiie sommamente ad impirar uell* animo di quei
re la purità della ates^ia fede ; ed all' esempio de*
Ee|;aanti tennero laeilineate dietro la nobiltà e la
moltitadine . Sotto Adaloaldo Ggltiiolo di Agilul-
fo , battezzato nel seno della chiesa caCtolica»
crebbero vie più i semi della buona dottrina. A-
rioaldo e Rotar!,- amendiie Ariani ^ che gli -suo
cedettero,, condussero nnoTamente sul trono d'I-
talia l*Arisneniiip<: ma ntono di loro perseguitò
né traragliò i seguaci del miglior partito; aaai vo-
lendo essi aver vescovi di-lor setta, permettevano
che i cattolici avessero parimente un vescovo catt-
tiJico f sicché per alcun tempo quasi in- ogni cit»
tà sedeano due vescovi . Finalmente essendosi da^
f^i ultimi dodici o quindici re pr^ìfessata costante*
mente la religion cattolica , tutta . la nazione fu
convertita e unita fermamente nella stessa fedo
eon la chiesa Romana; l Longobardi di Beneren>4
to più 'Ostinati de^i altri nelle pratiche gentilescha
che ritenevano tuttavia dopo aver ricetuto il bat*
tcsimo, e che per essere più lontani e meno ri-^
conosveeti dell'autorità dei re, profittavano me^*
no del loro esempio me' progressi delk religione,
ebbero par dfv&ia mercè un'occauone pniprìa e.
particolare d'Usare' dalle lor ^ tenebre ; ed il ve.
scovo san Barbato fu quegli cbe li condusse tut-
ti unanimemente alla 'fede Cristiana, regnando in
0. Google
]8o De^le Rivoluzioni d'Italu
Lombardia Gritnoaldo, e nel ducato di Beneven-
to Homoaldo'suo figliuolo. Ciò fu allorcbè P im-
perador Costantino, detto Costante, assediò Bene-
vento ; ed il vescoTO san Barbato predisse a* Lon-
gobardi , che Iddio gli avrebbe liberati dal pen->
colo di quella guerra , dove eh' essi ai risoIvess.e-
ro d'abbracciare la religion cattolica (i). Or tra
per una via e per P altra talmente la religion cat-
tolica divenne appresso i Longobardi la dominan-
te, che i successori loro se ne fecero quasi prin^
cipal vanto, e il re Liutprando e Ariulfo fa-a i
loro tìtoli mettevano quello di cattolico^ e bmcbè
Y uno e l'altro sieno stati nelle cose temporali ia
gravi discordie co' papi, mostrarono tuttavia tanto
rispetto alla cbiesa Romana in tutte le loro co-
stituzioni , che Liutprando non dissimulò di aver
fatte alcune cose a persuasione «del papa di Ro-
» ma capo dell; chiesa universale di tutto il mon-
» do u (2). Dagli stesH libri delle costituzioni del
suddetto Liutprando, e da alcuni fatti ohe ci à-
conservato la scarsa storia di que* tempi , possiam
rilevare che i re Longobardi in tempi così sterili
d'ogni sorta di studi sapeano assai giostemente
conciliare le parti della civile autorità con i do-
veri della religione . I molti esèmpi di generosa e
sincera pietà, che diedero uomini e donne Lon-
. gobarde d' ogni età e d' ogni comBzione , ei : fipe-
zialmente di stirpe reale, esempi maggiori di quelli
' (i) Mnrat. «n. 668. — Giani), liii. 4, cap. 8, ' ' '
-<3) L(ui. Leg. lib. 5; cap. 4.
ovGodglc
Libro VU. Capo Vin. i8t
cbe tutta la storia augusta e Bizantina può ofie'-
. rirci in tre interi secoli nella successione di tanti
imperadori dal gran Costantino fino a Giustino 11. ,
sotto del quale occuparono i Longobardi l' Italia)
poti-ebbono darci luogo d' esaminare se più facil-
mente germoglino e miglior' frutto producano i
setni della dottrina evangelica negli animi natu-
ralmente idioti , feroci e franchi '; o nelle genti
più colte, incivilite e raFBnate dalle arti liberali
e dagli studi d'umana letteratiu-a (i).
' Non si vuoi però dissimulare che in compen-
so dì quella semplicità e fi-anchezza , e di quel
maschio vigore che introdussero ne' costumi d' !■»
talia , essi vi trassero alcuni abusi e pregiudizi lop
propri, de* quali dopo tanti sècoli non potè ancor
questa provincia essere affatto' libera ,' siccome non
ne sono neppure ancor liberi fanti altri paesi
d'Europa» dove" le stesse barbare usanze furono
introdotte da altre nazioni uscite, come i Lo&go-
bardi, dalla Germania. Ma sopra tutt* altre cose
ciò che ne' posterioià secoli più illuminati oscurò
grandemente la memoria e il nome de'Longobardi ,
fu quella ferocia precipitosa che tratto tratto li
portata a risse sanguinose, e la strana supersti-
zione che li faceva cercare i giudizi di Dio net
- . {t}.Si poi oìtcrvare dal conrremo della leggi di' So'i
tiri e diXiutpraiido, come dall' iacivilirche fecero iLon*
gobardi dopo luogo soggiorno in Italia> insieme alla bar-^
barie che depotertf, nacquero 'C crebbero apprejso loro al-
enai altri vÌM che prima non coooseqvanoj e a cui ftl
d'uopo metter ireao eoa auovc leggi.
0. Google
iSi Delle Rivoluzióni d'Italia
sangue umann; dico I* uso così frequente appresso
loro, e si furmalaieole o ' a|ìprovato o tollerato
dall'autorità delle leggi, di teraiiaar ogni più leg-
gera crmlroTersia per via di duelli . Del qual co-
stume gioverà qui additar brevemente la' prima
origine, e le cagióni per cui fi ostinatamente si
mantenne fra i Longobardi (i). Tutte le antrche
naziuni settentrionali clie non coltivando altro me-
stiero che quél della guerra , altra occupazione
non aveano che la pastura de* bestiami e un sem-
plicissimo apparecofaio, di còse domestiche, l'uno
C r altro de* quali Impieghi lasciavasi alle dmue
e alla parte più vile della nazione ; dovean passa*
te gran parte del tempo nell* oziò, ne* conviti
ne* Scalamenti . E siccome non riponevano in al-
tro cbe nell' esertàzio dell'armi, e nella rpbustèz-
la e destrezza del corpo la superiorità del merito
per ogni leggier eoótrasto che nel mutuo conver-
sar loro insorgesse ( e nasceano certamente assai
spesso ) , davasi incontanente di mano all' armi
che perpetuamente si portavano a Iato, e col
(i) Intamo all'origme de'duellif < alle iCa^iqni cheli
wanteonero,' noi toccfaiamo loltaoto quella patte che pab
servire (ler reiicler ragione del goveroo e de'' costami hon-
gobafdict in {Mtticolare . £ quiti)<lq:il dt*eg|M della, pie*
M'Ite opera ci peripeltetstj di ragioDarpe più laDgameotej
non potremmo o aggiugnervi, o dipaitTrci da cib cbt no
ccrjue il padre Oerdit Dell'eccellente e in auo geneie com^
pifo libro cbe i per titolo Traile des CoB^ats lingw
liers.
0. Google
Libro VU. Capo Vlfl. 1^3
sangue o colla morte dell* avversario si facevan
ragione . Laddove è ben certo che se avessero avur
to più arti da coltivare , avrebbero avuto meno
ozio; conoiossiacbè per le cognizioni cbe dal veder
varie cose e dalla lettura s'acquistano , s'apre alla
vanità ed all' oi^ogliu umano cammino di mostrar-
si superior 1* uno all' altro , senza correre all' ar-
dì . Or da questa ferocia , e dall' orgoglio , e dal
non saper come soddisfarlo altrimenti , nacque da
prìqcàpio 1* usanza noti ancor abolita de' combatti'-
menti singolari . L* idea difettosa e falsa che avea<'
no della religione , contribuì grandemente a man-
tenere ed accrescere quest* abuso. Certo è, pec
quante memorie abbiamo de' passati tempi* che
niuna nazione iu mai, che in un modo o in un
altro non s'immaginasse potersi indovinar "l'avve-
nire. I Germani, di cui erano connazionali i Lon-
gobardi , siccome non avean oognìzione di stelle
e di segni celesti» eh' è tra tutti i generi d'indo-
vipamenti (quantunque vano e fallace) 'il più.
antico e si può dir il più nobile ; cosi non cono-
scevaa neppure quegli altri sanguinolenti augurìi,
e la pazza superstizione d' altre più di loro inci-
vilite nazioni , di voler leggere nelle vìscere de*
morti animali i decreti del cielo. Iloro iodovina^
-menti non erano né arcani , nh diffìcili a inten-
dere; gettar sopti, iar .correr cavalli scelli, .è pir
gliar presagio delle cose che s'avean da intrapren-
dere * dall' osservai-efiei questo o quello gìupgesse
0. Google
^84 DbU,E JEUVOLpZiONI d' ItALU
il primo al to-mine .che prefiggevasi (i);- Ma fra
le -altre maniere di presagire usarano questa par-
tieol^rmetite , allorché nell* incominciar qualche
;gi)erra dejidNavano.s^re.qual esito dovesse avere.
f rendeaco qualche servo o 'prigione di quella na-
zione copi cui dovevano gueri'eggiare , e scelto ud
altro guerriero della lor propria nazione , li face-
,van combattere a singoiar battaglia tra loro due,
e pensavano d'aver certo argomento della fufum
attoria, qualora vincesse il combattitore lor pae-
sano , credendo' che Dio dichiarasse nel successo
di quella pugna , qnal delle due genti avesse -la
Tsgion della sua. Questo costume che già rqgna*
va in bro a* tempi di Traiano , allorché Tarato
fece il famoso ritratto . che ancor abbiamo delle
cose di Germania, potè passar facilmente dalle
cause pubbliche a quelle de^ particolari , qualora
accadeva contesa fra loro, in cui non si potesse
subito e chiaramente mostr£u:e per niuna delle
parti la verità e la ragione . Portarono i Longo-
bardi questa usanza in Italia , e la mantennero
per lungo tempo à fattamente , che ' in ogni ge-
nere di lite pili spesH) si passava alla deciMooB
per via di campioni , che oggi non si farebbe per
via di giuramento . Quindi è che tratto tratto tro-
viamo nelle leggi dì Rotari queste o simili, esprec-
sioni : « E se potrà provar ciò che vncAe, dovrà
(i) Tacìc. de Mar. Getmao. pag. 6q5.
ov Google
-ttBRo VD. Capò VUI. i8!Ì
'* 0 potrà .puigam e difendere «ùa causa per pu-
M gnam, per ceriamen^ per campiotiem «. Il po-
polo era 'sì ostinato in questa superstizione di cre-
dere che Iddio manifestesse da quat delle parti
stesse il vero ed ÌI giusto, mediante il successo di
questi duelli, che i più ripiltati e i più potenti
l<»o principi mm ebbero animo - di proibirli, né
speranza d' essere in questo obbediti . Una delle
cagioni che a mio credere ritenne sì fortemente f
Longobardi in questi barbari costumi , fu quella
stessa che maQtenne fra i Romani e fra' Greci U
)>a9sioae de' ginoclfi anfiteatràli e - ciccensi . L* in-
cUiUEÌone; ingenita, e forse un vero e proprio b!-^
sogno o morale o fisico che anno gli uomini d*es<
sere internamente commossi ed agitati da qualche
gagliarda affezione (i), area prodotta in tutte le
grandi città del Romano imperio e ultimamnite
in Costantinopoli quella passione furiosa ora per
le battaglie degli accoltellatóri o quella delle be-
stie feroci, or per le corse de* cavalli e de* carri;
la quale ultima sp^ie di spettacolo, percbè fór---'
se non era di sua nat^a così atta a commuorerA
ed agitar le viscere degli spettatori, come gli
altri giuochi «aagtlìnari de* gladiatori , degli orsi
e de' leoni, vi s' aggiunse lo spirito dì fazione',
che s'jntrodusM nei circo, impegnandosi la mol-
titudine parte pei corridori della livrea 'vérde,
parte per que' della rossa ( fazioni (2) che tanto
(O'V.Dnbo* RéfleiioQ» tur la Poei. et la Peint. tom. t.
(j) Veneli e Priuini .
D.(it,zeaovGoOglc
186 D£t£E Risoluzioni d* Italia
•trrpito fecero io CoBlaatinopoli ^ .* il- che serviva
«d aoimare e interessara «d agitare in mai3Ìere
ìndìcibiU il pnpnk) spettatore . I Longobardi che
per V ignoranza delle belle arti non aveano tea-
tri, e efae non aveano cognizione né prendevaa
diletto delle opere d'arehitettura, non s'applica-
lioBi .nemmeno ne* primi tempi del lor soggiorno
in Italia ai giuochi del circo e dell' anfiteatro .
Questo sollazzo aveano solo di veder le pugne
de' campioni, ì quali davano appunto a' riguar-
danti io stesso ed anobe maggior diletto , che fa-
cevano anticamente i gladiatori . Dico diletto an-
che maggiore , perchè dove il piacere e il passa-
tempo che aveano i Rcunani e i Gred da' com-
battimenti de' gladiatori, si terminava colla vit-
toria dell' UBO e la aiorte dell* altro ; le pugne
de' campioni , oltre al diletto d' una certa ansie-
tà presente nell' attendere quol dei due riusasse
saperior», davano poi ancora aUa gente assai be-
ne di che ' parlare - intomo alla causa dì coloro ,
a nome de' quali a' era fatta' la pugna, cioè a
dire della ragione e del torta dall''una parte e
dall'altra : e questo piacere tanto era più vìvo e
potente , quanto 1' affare di cui si trattava , era
di fiii momeoto ; come fu il duello famoso tra il
campione eletto dalla regina Cundeberga , e il suo
calunniatore Adalolfo . Dal tenore di molte leggi,
e dalla storia Longobarda si può argomentare che
ù^tre alle persone libere. e nobili che spesso nelle
loro controversia venivano a- duello fra loro stesse.
ov Google
i' 'LWroi VH, Capo VBb ' S87
^I 'fbf6evo molti ohe 'iàcemno àrtd e' mestiere
dJ'qbMto'; e cba t grandi né avesero^-fi-a* lovm
fteiri e lifcefti , sicconie gli aatjcbi aTeàno gU:acr
tokfltect) 0 gladiatori di cbndìzioii Bcrvilé. Eoo»
"pertanto donde nasceva V ogtinazione della pih
putte 'in questa superstizione, e in cotesto' gfQÌ»
empio e barbarico . La passione, ti piacene e Viior
teresse proprio faceva cbtuder gli orecchi e gli oc-
chi alla verìtà:"'^ il popolo kixè- trovava diletto
Beli* uso stabilito ab antico, non volea farsi capa-
be deìla ragione per cui doveva abolire questo ùiir
lituthe, tuttoché' per Inoltissimi esem(» si Tosse
chiarito che molti erano stati convinti per colpe-
'voli, i quali per il giudizio delle pugne singolari
s*eran provati innocenti; 'e così molti scoperti iq-
hòcenti, che in vlrtb chil duello erano stati giu-
dicati rei, siccome in un suo editto ci attesta il
gran ' Liutprando (i).
l' grandi e potenti potevano ttdvolta per iinar
liiolto diversa malizia mostrarsi impanati in &-<
vòr dell^antico abuso; perciocché avendoetà ilct-'
le loro famiglie di cotesti sohermitori o tìampio-'
ni', avevano così un facile ' spediente di sostener
cause inìque, quando essi col pericolo d'ui* dis-^
graziato famiglio pofeaiio riuscire ne* lor disegni.
(i^ Quid incerti ìumus de judiclo Dei, et niuttos au-i
mvlnms p^r pugiiam ring injuflA causut suam causiim peri
dere . Sed propter consuetudìnem genus nostrae I^ngo-
bardicae legem impiam vetare non possumus. Lib. 6, leg.
6S,' et Ub.' j.. Gap. jo, ìeg.a.l'. .") -/
0. Google
FinalmentB è d> notare che Tubo de' cauf^imi
non fu né più crudele m sé. stesso, n& più dà*
Stxuttìvo della s|nzie timana di 'quel ohs- fosM
presto i Greci e gì* Italiani antichi V taaum
ée* gladiatori che così per tnutùllo s*ueeideTaD0
non pera negfi an6teatrì , ras. ne' quotidiani t^n^
viti ^0* ricclii pactìeolari ^i) ,
Q A. T O IX.
Sfato
to .dUfe ffroi)me^ if /is/ù; rimaste sogge&p idf
imperio .Gre&h'iRomtn» in tattpo d£ La^xH
irdi à- ■ . ■ ... ...
X^ ptvvincifl cbe rìmaRer «^^ette aU'impnm-
Gceea» aDaoEcH-.esenti probatbillpenta dal super-
stùioso furor de* duelli, e d'aloune aHre ba^*
riohe usanze che ì popoli settentrionali «i pocta-
TotiQ, xiffn erano per tutto questo i«i più feHc»
stato flbe.la.IiombatcKa , né pei vantai e como-
di del virer civile, uè per cuhuca d'arti e di
latore , , né per bootà di goveroo e rispetta di rcr,
ligjon?. L'idea che Paolo diacono in quel fawp~.~
8o.,te^o del terzo libro ci à voluto lasóar della,
sicurezza e tranquilUtà che godevano in que' se-
coli gl'Itah'ani sudditi de* Longobardi, bastereb-
be a farcì credere che giamniai niun^ , prp^viiicia
(i) V. LIpj. Satur. lib. i.
0. Google
' LiBBO VH. Capo IX. dfig
ta pù felio6 e tranquilla , non c^e avessero ad
invidiale le proviocie rimaste' Middìte dell' impe^
lia Greco 6 vt^liam dirlo Romano s . Questa ert
» certo cosa maraTÌgliosa , die' egli , sotto il re>-
» gno de* Longobardi; cbé non si usava riolen'
» za, non sì tetidevano ìnsidiB. Nìoao era, che
» angariasse , né spogliasse altrì ÌDgiustamente •
» .Non v' erano furti, non ladronecci .- ognuno an-
V dava doTiinque piacéragli sicuro e senza tlmo-
» re » (i). Il cardinal Baronie, mosso spezial-
mente dall' autorità dì san Gregorio Magnò , eoa'
traddice a questo magni6co elogio che fa Vame-
frido de' suoi Longobardi : e come ad autore par-
ziale, acconsentiamo di leggeri, che qualche co-
sa se ne detragga. Ma ad ogni modo abbiamo a
tener per certo cbe le terre de' Longobardi era-
no pili ricche e di denaro e d'ogni altra cosa al
vivere umano appartenente . I Longobardi nstt
pagando né tributo né regalo aloaoo a potenze'
straniere , eccettuato un mediocre donativo die
per pochissimi anni fecero a* Franchi, neltempo
spezialmente cbe fa il regno d* Italia vacante ,
consumavano in casa propria tutte le pubblìcbe
e le private rendite delle loro terre : dove che
gK esatchi e g1i altri uffiziali Greci pagarono
(i) Erat sane hoc mirabile in regno Longohardorum -.
nulla erat violentia , ' miUaè struehanlur in'sidtae . Nemù
alitjuem injuste an^ariabat, nemo spoliahat . Aon eraiu
funa, non latrocinia. Unusquisijue , Quo libebat » , securus
sine timore pergebat . ■ '':''"
0. Google
1^0 Db^vb RivOLutTOiai)* Italia
quasi contmuahiente no tributo a' Longobardi per
aver [iace con loro; e dì tutto quello che' «otto
Dome dì pubblici imposti esigevano da popoli, a
fwr privata piffepotetóia succhiavano o rapivano al-
la Chiesa, aUe comunità od a* particolari ; doveaq
ntóndarnc parttf ajla camera imperiale, parte alls
lor proprie case , ài parenti , agli amici , ed
a' protettori . La qua! cosa non poteva far sitvsf
ahe'impoverir sempre di vantaggiò le terre sog*'
getle a quell* imperio . ' ,
Né possiam già supporfeche per TÌa di qual-
che commeraio éì agguagliassero le ricchewé del-
l'une e' deH' altre province , e òhe le arti che ii
ooltivavàtt da' Greci e fittile terre de' Roraam
C giacché Greci e Bomani fignificavano lo stesso
ÌB que' tempi ) , traessero il denaro àa* paesi
de'- Lotìgòbardi , dóve le arti erano cótatJto cadu-
te . Ma i Longobanii occupando le più fertili par-
ti dell'Italia, non aveao bisogno di procacciar al-' -
•tronde le cose necessarie alla -vita; e la rozzézza
«che aippoDÌamo né* lor costumi, toglieva anche
Joro il bisogno' dì procacciar da straniere èonlrà-
dé 0 derrate o manifatture di puro lusso. Per la
qua! cosa, potendo consunlare in lor uso lutti gli
abbtmdanti- prodotti delle lor terre e i frutti de' lo-
ro bestiami, dovea in tutta l'estensione di lot'
dominio esservi facile il mezzo dì sussistere e dì
inolliplicare ; nei che consiste la principal cagio-
ne efficiente della naturale e civile felicità. E re* ■
stava tfncor di vantaggio il denaro e l' oru elettivo -
0. Google
. tiBRo Vii. Capo IX : iQt
che proTeoiva da alcuae spesie sovrabbondaDtì «
e dalle coqtribuziopi che spesso traevano da* lo-
ro vicini . . . .
Del jeepto^ ancorché non sia da negarsi cha
nei suddetti paesi soggetti air imperio sì conser-
vasse qualche maggior vestigio della letteratura »
e in Koma spezialmente, dove lo studio cosi del-
le leggi Romane come della sacra scrìttur;a f
de* santi padri per le. diligenze de* soroipi ponteo
fìci durò io qualche vigore anche per tutto il se-
colo settimo; abbiamo non pertanto fprti argomen-
ti di credere cfae in po<^iissimo numero «i con-
tassero le persone erudite, e che chiunque, sapes-
se di grammatica latina , di s^ra scrittura * ed
avesse qualche cognizione di santi padri, poteva
passare per un valente. e bravissimo l^^terato, pnit
lettera che scrisse papa Agatone a* tio fìiatelli au-
gusti in occasione che s* apriva in Costantinopolji
il sestp concih'o ecumenico, ne pub far fede cha
pochi erano anche nelle chiese vicin? a Bon^a ed
in Ropa stessa gli ecclesiastici di qualche sapere.
Ma la miglior pruova che abbiamo dello scadi-
mento delie lettere nelle città Italiane del domi-
nio Greco, si è .la meraviglia che fece T esarco
di Ravenna per avervi trovato un uomo, che sapeva
tradurre dal Greco in Latino i dispacci che gli ve-
nivano dalla corte, e servirgli di segretario (i)>
[i] Agpell. io Vita pentif. Baven. par. a in Viu •.
.Xheod. cap. a. — Rer. It. lom. ii.
Fiueni di. ^ui npporUrs colle parok OrigÌHli d«ll*
D.q,t,zed.vG00glc
tg» Delle Bivoluzioni s* Italia
Frofessavasi p«r altro generalmeote in ^HJf»
pcovincie la relìgion CristianB e cattolica, aneor-
cbè partecipas&ero moltissimo dello spinto acAi^
co ed inquieto cshe reguara nella carte dì Costao-'
tioopoli , da cui dipeoderaao . E beachè nella
^ottrìoa e nelle pratiche esterìorì di retigione d
, conformessero assai' bene alla cfaitsa Bobkum*
malgrado le spesse eresie che infettarono la c^>
tale dell* inipsrio ; mentedimeDo i oo8tumi<li qudb
storico Bavennale qnesta particolaiità , che Krv« a faroi
couoscere che anche in Grècia non erano frequenti i let-
terali e le penone di qmlche talento. Contifit eo tempo^
re , quod notarius praedicti exarchi ( Tkeodori J divinm
JMsu morluus est : prò tjuo lamentahatur patriciut non so-
iuin prò morte Jeut , sed plus ^wd non kàbehat titMìem
yirum sapiemissimum , qui potuisset epislolas imperialMM
componere , vel ceteras scrìpiuras chartuUs quas necesse
vrat in palatio perfccere . £bm autem Me suis iritfitia*H
^Mfrn ìndicasset , dixerunt ad illum : muUmm ékiJdtttt^em
dominus noster ex hoc habeat causa , Est bic adolesctns
unus Johimnicius nomine, scriba peritissimas ..'. ^o SO»
dito oerho quod. dicthaiar , exhilaratus praet3gpit tuM tt*
nire. Et stetit ante eum , despexitque eum'im corda suo ^
eo quod brevis erat forma et indecorus aspectu .... jus-
tttque deforriepisMàmm ifiMte ad se da imptrat9r* vtHm
rat Graece scripta, dixi\que ei ,patnciuse legej <lbf. ÀUf
prostratus ante pe.des ejus , stirrexit , explicuitque , et alt :
jìiies , domitìe mU , m Graece l^am iti eximittt Mt , ' ià*
per Latina verba? Quia Gr/ieo^. et Latine pubatur ». 4C
Lalinam ut Graecam tenehat . Tunc admiratus patricius
^a cum maioriius et coeiu popoli , jussii deferri praec^
ptum Latinis litterìs examium , et prae^piear «Ti dixitt
tolte hoc praeceptum in mona tua , et tege idem Graecit
varbis : accipiens vero ille , iegit Grasce per totum .... Post
tertiam vero aanitm imperator Gonstanttnopt^taiius jussii
axardri episioiam ad hunc pairicUim , «>rtrtn*»(iim IhM
mhta ad me vinim ilium qui latés eompbittTOitef aOat ìli
mf misifti , et carmina _firigit , AfiftH;'W)i'»ii3f. -'*
=dDvGooglc
. Lrsao VIL Cabo IX. i 1,9%
otat^de EÌsifMHidavasa malamente' aUa. fède che
pcofe»6avasr . 1 vescovi di Kaveaaa, .cfa« dell'ìm-
p«radore ValentiiuaDO lU. etano stati onor^ e di-*
Wmti con-molt) privilegi, si levarono, ad 'mutar'
tiooe de' pEUnarchì di Costantinopoli a contrasta-^
N il prioiato al poateSce Romano, da cui dovètUt
dipeodece pur tanti titoli (i); e. le raalvage bri-
1^ , e gli scismi di quegli arcivescovi noB fanna
jMCOola parte nella storia ecolesiasti'ca di que* k^
coli . II clero inferiore imitò facilmente l'auibi-
zion de' prelati e la loro alterezza; e il popolo
cogli ammutinamenti e eoa sanguinoù tumulti
diede a conoscere chiaramente, che le città sggx
gette al dominio Grò» non «raoo più saviamWf^
te. ne più dolcemente governate che i paei>i sii
gnoreg^'ati da' Longobaf^ , né aveano a prefe*
rensa dt questi quelb spirito di docilità e di sont-*
missione , che la religion Cristiana ci raccoman*
da « c'impone. Gli attentati saerileghi dell' esar-
co che col consenso d'Eraclio augusto spogliò de'
sacri arredi la basìlica Edtexaneme ( ah. 665 ) ; la
tiranniche ruberie dell' ìmperador Costante , pec
sui molti Pugliesi , Calabresi e Siciliani elessero
d' andarsene ad abitare fra* Saraceni , anziché
soggiacere a uu tal principe; lestr^ enormi ch«
Tomo U. i3
[li De Rub. liistor, Kav«pai li!>. a> cap- 97 * 98 ia
collccua. Biuuaa. toni. 7^. peu*. i, pjg- ^, qj- ffinc du-
!fit srtum iniolent altertatift , • ■ ttìm^OMt poiuìjìct a^u^-
ri temere pastutmtiuift .
0. Google
.194 Delle RivoiAmoni b*b-ALtA
fecero ì Greci in Ravenoa ( an. 709 ) , sbperand
ogni aspro trattamento che da* dircbi e re Loc-
gobardi abbiano mai patita o i sudditi o le cbìe-
se poste nel loro dominio t tìJchè non fu mara-
viglia se stanchi alla fine i pontefici Bomani del-
Timpotente governo de' Greci augusti * si ^oìseta
altrove a cercar, prottaione . ■
D.q,t,zeaovGqOglc
ilBRÒ OTTAVO,
dAPÓ PRIMO.-
Considgrazìoni generali intorno ali* ordine dì sucr
tesaùmè nelV inipenà di Ramai e ne' regni baf^-
harìcii
Xjubrico passò e malagevole di storia ci presentei
la 6ae del secolo ottavo i che sarà là pcibcipal
materia di questo libro io cui abbiamo a tratta-
ré d^ una famosa rivoluzione là tutto lo stato d' Oc-
ideate i che traslazione dell' iolperio Romano si
suoi chiamare . Prima però d* entrare nelle parti-
colarità di questo liotabite avvenimento j e dell'e-
levazione di Pipino e di Carlo Magnò al regnò di
Fràaciìl e $ quello de^ Longobardi , clie il rinno*
tellamentd dell'Imperiò occidentale precedette i sa-
rai necessario dì farci mdietro pei' alquanto di spa-^
zio a considerare ne* suoi prìncipi! la natura tan-
ta deiriniperiò Romano ^ quanto degli stati chò
dalla rovina di quello si sod formati ; 6 distingue-
re diligentemente gli Ordini oggidì stabiliti ifelld
successione de' regni j da quelli che s' osservarono
per iiloItÌ9sÌDli secoli in tutta l'£ucòpa lido d quel
0. Google
»g6 Delle Rivoluzioni dMtAi.ia'
tempo che pei progressi delle seieaze e della ra-
gione umana, anche la ragion degli stati divenoa
più chiara , più stabile e più sicura , Vincenzo
Gravina , non meno celebre letterato -che dotto
giureconsulto (i), e T erudito marchese Maffei per
iofìnìti luoghi della storia augusta e degli scritto-
ri che vissero sotto, i.cesarr (s)^ aSermano co-
stanleoienfe , che lo stato di Roma non cessò oè
sotto Augusto né dopo di lui d'essere in fatti ve-
ra e propria repubblica, come nell'uso del favel-
lar si chiamava, talché repubblica e iiQperioilo-
mano significassero la stessa cosa, né altro fosse
r imperadore ehe il .principal dello stato . N'>n è
Seppur Dwjessario al mio intento I* attenerci si
strettamente alt' opinione, quantunque si voglia;
ben fondata , di questi due 8cri<tDri e d* Ugone
Gl'ozio che in tal sentenza li precedette (3) . Va-
glio supporre soiMnenle ciò ohe niuno mediocre--
mepte istrutto nella Romana storia può ignorare,
essft:e stato 1* imperio de' Romani, da Cesare in
pois, un mjsta di monarchia, di dispotismo milir
tare f e (ìi repubblica ; e che la dignità imperatori
ria sì riguardasse or come elettiva e rilevante dal-'
r autoplà àsl comune , or come eroditaria e'
dipendente dalla disposizione del possessore a |gui-
e^d:'(ui bene. 0 d'un -patrimonio privato. Perciocché^
(i) Pe Iflip- Rom-lib. •iogul. .. ' .
(a) Verona illustr. lib.'g, pag.470 elteq.', edit. Ver«lt7
in 6.
(3) De Jwe.)>«JU ac pa«it Ub. a, c^p.; 11.^ OQin: .9<- ;
0. Google
/ tlBItoVinvCAPOl. X^f
tjUalilbq'ue ìmperadóre ebbe figliuoli o- fratelli, o
se per difetto di questi volle eleggersi per sucoes*
snre un altro parente od un estraDeo,- egli il fé-*
ce ptessochè senza difBcoItà né ostacolò, eome fa-,
^rfebbe qualsivoglia uomo del volgo a disporre del-.
le robe sue (i) .' Ma egli è da notar bene , che,
qualunque associazione e dichiarazione di socces-
sore si facesse dall' imperadore , pretodea fòrza e
stabilità dal consentimento del senato , e spezial-
mente delle miUzie. Quando poi per improvvisa
o violenta morte vacava l' imperio , ben è mani-
festo dal seguito di tre secoli interi di storia au-
gusta, che per Io più colui t-iosciva di fatto im-
peradore, che piaceva alle guardie chiamate pfe*'
toriane , il cui conselitimento stimatasi ancor più-
necessario d' ogni altra ' cosa nella dcstirfàzioae che
gì' imperadori regnanti facevano d'un successóre.
Essendo questo il corpo armato dì truppe più proB«
siiho alla persona dell* imperadore , e peri^ il pri-*
mo consapevole della sua morte , non è maravi-'
glia che s* arrogasse sopra gli altri fl diritto del-
Prelezione: perchè , còme corpo unite ed armato ,~
era più forte' della moltitudine del popolò disar-"
mata , e del senato } e come 'residente ordinaria-^
mente nella città capitale, pìtreva avere maggio»-
dìritto che g!i' altri 'corpi dì soldatésche' sparsi p6i<-
le Provincie , e per lo più ai confini dell' impe-
cio.,Oltpéfliclijè,,.. essendo i pretoriani natiti qUasì
(i) V. Tàcit. AÌiOal,'lit.'6,-cdp. -iS in fio., ' ''
0. Google
jgR Delle Rivotxrarów p* Itaha
tutti d* Italia , ed aventi' perciò in ispézial gKid<»'<
il diritto di cittadioaaza, laddove gli eserciti pm*
TÌocìali erano in gran parte di straniere pToviiicie-
e di barbari ; pareva che io particolar liiodo a 1<>-
To ancora s* appartenesse l' elezione degl* impèri
dori. Quelle memorande paròle (i)cbe disse Trafa'
no nell' atto di dar la spada a SUburano , cre^-j
(o da lui prefetto del pretonti, pòtrebboho anco»
^a citarsi come autentica dichiarazione dhe ì pfe-.
toriani fossero non . solamente gli elettori del prin^
^ipe, ma giùdici della sua condotta ed arbitri
della sua sorte,
Ma poD h già da dire per tutto quésto , cho
,ìl senato ed il popolo niuna parte avessero nelF e->
lezione de' princìpi , Il vero ^ bene , che il popo-^
loi l^encbè, cessate da Tiberio in poi le' pubbhV
.phe. adunanze , pifi non av^se itnmedtata in^etì-
^a nel govev'no, non potea perb dirsi spogliato af-
. fatto d'^ogni sovranità, S^noi riguardiamo bene
,^ queir ysanza phe tutti i principi mantennero e
, che passò ancora tu Costantinopoli , di diatfibuire
gratuitamente vettovagli? alla plebe a spese del
fisco, altro pon era in efletto, che quella porzio-
ne d' entrate pubbHohd che pagavano le serv? pror
''vincie', dì cui Sembra quasi, <cbe' il popola sìopi
'-■l^iantènuto -in possesso ^ J^.se'talvoltat ^i trovò'jier
'' ' ' t>l 7^'^' *!tw»:già4iuw* od mtf/ìime'ìtum mei étìnwiit'
tOf ti.recte tigami sinaiifer , in me magh', Sext- Aiir.
Victor de Caesaribug cap. i3, pagi 3aQ. — V. etiaiq I^tÌK*
JA Paaeg. nnin. 67) et ìììoa, Casi. lib. '6S. ' ;
0. Google
Libro vni. Capo I. 199
accidente 0 pe* {«atri di Et^qma o nel cfrco fii Co-
stantioppoli coijgregato, ia occasione che qualche
ajlare.fo9se pendente, non lasciava di richiamare
ed esercitai: tuttavia il suo diritto (i). Della qual
cQsa, a dir v«ro., assai più rari si vedono gli e-
sempt Dell' antica Boma , che in Costantinopoli dò-<
Te. il popolo , non m^no che gli eserciti , avea
parte nell* elevazioni e nelle deposizioni degli aù-^
gusti. Ma in Roma si può dire che il popolo eser-
citasse r autorità: per mezza de* suoi magistrati d
rappceseqtaoti (2), I tribuni phe.contjnuarono an-
cor lungo tempo sotto gt' iniperadori , benché non
avessero ne[^ur un' ombra di quell* autorità che
ebbero avanti Augusto, avendo tuttavia voce nel
senato^ formarono unitamente, agli, altri membri
di queir assemblea quasiché il gran consigliò del-
lo stato, e della, repubblica. Or: come ilsenatoera'
in certo modo compagno e consorte degl* impera-;
dopi, cosi ftvea. anche gran .parte nell'eleziotii 3e*
medesimi . Gronovio per avventura più graròrùa-
tÌ9o. e oritjco , che giurista o polìtico , per ribat-
tfire.. r opinione dì Grazio, e dimostrare che le so-
le milizie avessero diritto all'elezione del prìncipe,
(1) Multa tìt plufes per àiés in ihealro l^auliit e/(^d-
■ f^tti au^tn i^litum , adverofs ^impfr^offim ^ TacJl. |ib.6,
. cap.,j3, ■,,.... ''■■■■.
' ' (3} E che altra ragibné morbra i 'primi tamii a.-vWer
eMcre investiti dell' ai) tori tk tribualzia die riguardavano qua-
, fijjba^ .di lor potenza, ed associarvi i lìf^tiaoli che sì de-
,^tiaavaiip aucc^ssofi^ 4è non |)èlr^hiè ttin^TAiMi in ^Irtù di
'.g^el titolò ^i iratportare delle lor penotle la podiuà >:|0-
Traoa del "popolo? . ., ' , " " ' > -
0. Google
a«0 Deus ■■Br?oLuzio»i;.t>'j3TfALiA
preteodk che 'i decr^ è le conFerme ddl W'
nato, ed jl coAseottmento clie testknamaTa ilpo'
pdo -col -ricevere le imniBgiiri, fossero ibrmalttà
.Taoe e di niun rìliero ; e che dì ftitto rara, volte
«dod mai s'amsoliiò il senato di rifiutar ud pria-'
cipe- eletto da* pretoriani o dalle iegiooi -: e sccr--
reodo-ad uno ad uno gli esempi che paiooo sbt-
i>itire rAutotità del senato e del popolo, ci vuol
mostrare che anche inque'casi le miline ti èb-
-Iwro la priccipal parte. Ma sia egli pur vero cbe^
il' senato ed il popolo soverchiati il più delle vc^-
*e, e sempre tetnendo d* essere mahomiessì da* sol-
idali e dalle forze presenti di un usurpatore, non
ardissero d' opporsi alle voglie loro ; ' le dicìhìarà-
«IÓdì e le proteste che fecero specialmente Albino: ,
Jifàcrioo, TiKito, Probo, e fra gli aitimi Mag-
giorano, bastano tuttavia a provare che. gli stessi
ìtbperadòri riconoGcevano anche dal senato e dal
popolo la loro dignità, e che il senato ed il po-
polo non »* era mài . dispogliato del suo diritto nel-
U dreauqt» degli augusti (i). Però aetiza andar
dietro a tutte te particolarità che si potrebbbno
«lavate BU questo proposito , mi basterà il con-
chiudere quello eh* è difficile di porre in dubbio
' [i] Capilol. In Albin. tap. i5, p»g. jJÒS- — Wem in
Mflcp. cip. 6, pag. 435. — VopiK. in ^oÌo cap." /).,
j;ag. 939. r- Idem in Probo cap, 11 , pag, g34- ~^ Sup-
plem. CoJi Tbeoflos. lib. 4, lit. 3 edil. Lug. Balav. Oh
peut tòujòurt inferir de là , ijae Iti empet^itrs eux mé^*is
reconnoissenc tpte le jienple liomain ne s' èiolt /joiitt d»-
pónillé du droit de se donner un maitre . Barbejrac* in
Not. ad Grot. pag. j{4' Joco cit.
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..:: tiÈBo VID. Capò I. aw
-« :iiegarev'cioc.che la legittimità de'pribcìpi coif
sittera ueH'a^iettazioiie' del puèblico, il quale di-
dbiarava il suo. consentìmenlo col ricevere le sta*
tue o i ritratti che del nuoro eletto si mandava-
na in -diverse parti dd dominio Rorbanò, e spe-
zialmente io Roma' se V el^iotte si faceva altro-
ve ; - e cbe per queste coa'sentimeDto a aocettazio^
cedei pubbHcO'diveiirva' Tero imptradore colui
che' da pnma era-murpatore e tnanno . •'
•\. ' Fra le nazicHi' barbare cfae j;ràa parte o pioA-
' tosto pre^ócbè tutto l'imperio occidentale occòì-
parono ^ U diritto de' principi' non era di natura
ìGtiverea da quello degrìmperadorì, ancorcbi -tuia
i Galli, non gì* Italiani , noe gli ^gnuoli ^ ma
i Goti, i Longobardi , i trancili, per quello ote
diritto:dì conquista si chiama, . e',-per dirinegfòtV
pear' ragion dell^ esser più Jbrti, fosMro-quettiiobp
facevano e disfacevano i re.. Del- resto, cbe^jcfaè
s* ìmniagini il volgo della legge salica cbc i E^^Uf'
«hi introdussero nelle. Gallie, le cotona. di qu^
sii, -sicconK quella ^de* Goti' e ^' Loi^abardi M
Italia, •■BOD fu- punto più ^«ditarja dia quelfet
deli' imperio fiomano . Quanto a'Ooti,£ Loi^o^
bardi ^ la cosa è da^i aBneti' di quellp gntti .«*
sai manifesta. E se noi dalla storia di qup^te due
■Inazioni f o da ciò cbe Tacito ci lasciò' so^bto:<dtjf
costumi della Gerihania donde r Francesi ì^rtiVo»-
.na , vogliamo argomentare qual >fosse ìLfieotimea^
"to ^enèràl?"deilà narionè, e le fàggi ' lóro inlotnò
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3P2 Delle BiroLuzioifi d* Italu:
alla siiccessioDe e aU'.auti;ijntàre|^,at)cW appresa
so i Fraocbi.; vero ^ legittimo prìncipe diveniva;
oqIul ch'era capace di goTernarli, e che, c^ma
tale era riconosciuto dalla nazione , e d^ consetu
timento di lei o portato o confermato sul fcono ,
Né pf r altra ragione diventò, il reguo de^. Franchi
quasi che ereditario nella prima stltpe de' Mero^
\ringl, se non perchè i primi, re di quella sohiat-i
ta lasciarono figliuoli non degeneranti e- per lort»
btiona ventura in età ili poter governarle , q assÌ7
atiti da persone potenti e accorte che avcano prò*
prio interesse a lasciar .quasi crescere. questa sup-
posBione* che il regno del padre toccasse al fi-
gh'uolp. Né mai accadde fì-a.loro congiuntura ia
eui si dovesse, dare esempio, contrario, come fra
i Longobardi' e fra i Goti: perciocché ad .uo
prinoipe riputato, e, temuto non.riesce difficile Tin-
stallar nel governo de^suoi stati . o figliuoli o altri
eongiunti. o chìuaque gti.sia a gradone fomirli.di
tali fòrz«:, -che alla sua morte pomnò i destina-
ti, da. lui ponservarsi il. regno, f eco. non. dobbiam
già apporre che tra i Franchi spezialmente ( giac-
che di questi ci conduce a trattare la fu-eeente ma-
teria), sì osservasse una i^rta regola -nella succes-
sicele dei. re , .ancorché fossero della. .stessa, faipi-
glia. I ftadri dividevano, come lor piaceva,, tra ì
.figliuoli la monarchia. I fratelli, 8em|u:e. con Var-
mi in.mano .gli .uni cnntco gji altri, si.toglìevcu^o
gli stati ; e lo stesso facevasì tra zii e nipoti , cugini
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v* tìs^o Vnr. Capo Ì. *S»
(f'cugitìì (i). E' fiochi non riuscì à'tfiaggtordwnt
d* occupare V autorità sovranéi cb* esercitavano di'
ftftì, non ebbero altro ' riguardò né di primogfe-
Arfura ; bè di maggioranza e di i^rcAsihiifà nel
IrieHer «ùl trono qn vano fantasma di re , ' sot
di* egli fosse del sangue diniidovco, per adattar-'
si', Rnchè non riuscì loro di spiccar il ■peiiso 'pìU
avaati, all'idea altatfiente impressa ocglf animi
della nazione, di non doversi riconoscere altri re
che i discesi da' CIodoTeo ; in qtfella maniera che
i Turchi anche a qUestì ultimi tempi, purché veg-
gaU sul tiS>aò qualcuno della fòmigUa Ottomana,
non sood poi troppo sciilpòTost nella scelta d* un
gran sìgoore ." Ma se i proliipóti di Clodoveo , al-
lorché' degenerati dalla vrrlù de'maggiori si rìdus-.
séro a vivere neghittosi hell'oscurità e bella mor-
bidézza del lor palazzo , e riauueiaronn ad ogflt
(iura di leggere ì popoli, avesscfo Io stesso diritto
al regito, che' aveano avuto gh* avi fbro, stante
"ii costume e' la legge benché "fton iscritta dì qtìel-
'la nazione; egli i argomento d'altre penne j cbe
della mia. A- rtié però basterà avfer 'queite catta
toccate leggermeBte, a fine d'avvertire i nostri
leggitori t eh* eisi 'non debbòn'? misurare le ' rivo^
Itiziorii' degli antichi regni 'colle tnassime- del nld-
detnd jus pubblico, e che ci conviene «onmettA'e
che gli antìc&ì ebbero idee diverse dalle boìtr^'m
■questo getìere, o U massima parte de* prìncipi
- ^(1 Vie. Daiiel HUt. de Frsnce pag. 55, 55, 58,
=d.vGooglc
to4 Del^e RivonratoNi d'Italia
furono usarpatorì. FeroiocchèMi«)la;<eried! moHk*,
siini secoli non «blamente in Europa da Cenare.
fino a Carlo Magno, ma per tntte le oacioni de(->^
l'uflirerso e in tutti i tempi appena si trovereb-
bero tre o quattro AUccesHoni continue, le quatì,-
secondo le regole di successione tifae ora si c^ser-
Tano, non fossero iri-egolari e pet conseguenza il-*-
I^iltime, ingiuste e tiranniche.
involuzioni della corte di Francia t ver' cui
'-■'' la famiglia d^ Cadi sali sid trono.
JN el principio deirottdvo secolo la carica di ma^.
giordomo già era in tal considerazione ' e di tale'
autorità , elle i figliuoli de' più potenti del regno.
Vennero a guèrre tìlvilì per occuparla, non altri-
menti òhe se si trattasse dèlia corona stessa e del
possesso del regno . E dove che queU'uflìzjo si
conferiva per T innanzi a nominasione de' siguo-
rii confermata poi dal re, Pipino il Grosso', bi-
savolo di Carlo Magno, tentò., a .for^a^ aperta, di,
renderla ereditaria nella sua famiglia';' tanto 'fcbtfi
TÌ^o a morte si destinò per sucqessQre un D.ij)0-,i
tìito, chiamato Teodaldo , «icor -fanoiulliK E Gar^,-
lo Martello dovette in quella congiunJt,ura.so.ccpmr,,
bere all« fc^ze mj^giori di Flettmda. sua mairi* t
gna , avola e tutrice di ; ^eod^dd ,. ^Etll» ..ftOaFe '
0. Google
■ : EiBRO: VHI. Capo il ■■: ; >a&
'ancora fti fatto. prigione (i). Ma fuggitosi poco
'dopo i' e rilevato il'suo partito, si rafferhiò ai {àt>-.
tamente io quel poeto , otte per Tertticioqué anù
*coatÌDi)ì fu non solamente io Francia, ma dalle
nazioni straniere riguardato come signore sorrano.
'di quella moDarcbia, beocbè non ne portasse il'
nome . Le sue vittorie g|i acquistarono p« tutta
Europa tanta riputazione, che i- più potenti prin^
cipi ambirono la sua amicizia . E il re Liutpran-
do particolarmeote, per farselo vie più benevolo ii
«' adottò , secondo il costume di que* tempi , un
dì hai figliuolo che fu Pipino (a). MA nel tempo
stesso i Romani pontefici Gregorio il. e UI. che
temevano e detestavano i Longobardi , ed erano
molto ben lassi dall'impotente governo de' Greci»
si rivolsero ancor essi a cercai 1* amicim e la
prolezione di Carlo, il quale per una segnalata
sconfitta che diede nel ySi tC Saraceni ,- pareva,
meritarsi spezialmente il. vanto: di difensore^ delia-
religione. Nel 741 Gregorio Ul.; di cotiseatimet^to:
[1] Anna). Metens. ad ann- 714 ^^ leq. ap. Daniel BisU
de FraDce pag. 349-
- r[a] La cerimoDu di queste onorarie adozioDÌ «n tH"
le, che l'adoitante tagliava al figliuolo adollivo i capegfi
in somigliante guisa a quella che ancor usano 1 chetìcì , e
p«r un effetto a«a InoKo dtversot peichs non altro impor-
tava questa nlo d'adozione) se tiou che 1' adoLttalo. s'ici-.
tèndeva professare particolar divozione e riverenza ai paSre
novello'. Da. questa tonsata che il gioTaòe Pipine ticcvefu-
dal re Longobardo-, credopo alcuni che passasse poi in cq-
«turne ile' re CarolìugLi il portar la capiglialuru, tagliata ia
fMUia' rotonda, .qnatf si' 'voggobo ubile antiche immagini
cfa,s. li -.co^Lierv^rona di' qn^iie . . . . j ' .,.■-. f ;i
0. Google
iio6 t)ti£E RivofitBttJN^VJrAtU
<ijc* prìocipaU cittadiqi t mafidb io FnaefaiQna nicJtiJ
.««lenne ambascerìa diretta noti pk 4 iCbildenoc'
ine ad alcuno de\dUoeodeiiti diGlodoireò.,chieipah
tava il flOfné di n. ma bemìa Carlo i ohe legger'
.Va ^i fatto la moDarcbiar; e4 Cfiii i^^ioiic tik^
■che si creda-, benché noi, dicA àperiameote la ste-
lla , cbe lo' scopò di quell* imbasciata 6iil,4at0
d'impegnare il reggente 6. frenar. ]#i pi0)teiwà.d9*
t«agobardi. pénchè non oecupasser» Ramali, P^Hc'
.^eodoai idj rioonoaoere lui per signare qooìMoIq.^i
,D«o$c4o «dì patrizio « in v«cò deU' ÌQipt;radp^ ^
jCo9taDtinopoÌi i Ma la mòrte dt Carid» «. dpl;(ii^
-pa Gregwia^ e di teone jMniricO iràpur^s^^-f
<)M re tiiutprando cfa« rjegsò. quasi nel.tempp «t4%-
À> o coti pooo . ivte«TsU0 dall' iui<ìiaU*^trQij' db-
sturbò e sospesa 1* «Beenz^ne , di &ly ptid «9a. Itf
tKciprpciie, legìuinnì ' dbe si mandaMutf daÀjnngjtf
Francia, é di Fcwcis io RomA^ erlper dwfftr
éura concert^ e oonoìuuBo v GaiIoaiaaacJL ft l^U
■H^ t siiccsdntt A Calia Martellò nel gov^nò di>r
gli «tati Francesi ebbero, beiicbà unaainiì fraJfut'
dué, alqiianto che fare fi ca^ bro pet'as^óiiraT-
ù'Iapoten^ già fatta eriedilaria nella. Ififoiiàmìr'
glia 4 la qual potenza si tiunì fra pochi «loaJ iielf
^,iP«rsQna del solo Pipino, per.la rtovnzi'adiCafìr
loiaatino ckt si fé' monaco^ il-ponteGcs Zaccark
(l>O)':aItr0 eaatov vedendo salito .sul ..frona. det
Longobardi Raobi , priocipt» anat ^jeUgiosp o inr
clijti^tÌ96ÌiD0 alla pace ; é intero 4 iàpeire qualip
avviamanfc! preddesse il gioTana Costentiwoj* atti»
ovGooglc
. tfjjfto vai. Capo tì. ' ' W;
i^t sopreDDOBoe' il Cofuroaìmo , non rtnacivara
«krihieiiti 'ie fVenlure per tirar Jl*bn»i Fraotxst
jn ItaHa. M« scarne ù iii ititéso <^(t: CkisiaotiiK)
-OoBtkoaTa atXM^Bxnente ad imperversare ' coatto
.1» «acre iittnagioi , è abé bti rimanentti età a»-
'saì fieggior principe ì che Ben fosse efiftto Leòiie
4uo padre ,* C' in Italia al ^pio^ e paoifioo Bachi
cke taacvt egli siireadè tnonacd, 'era ^ttooeduto
il fratèllo Aatolfo i gaerric»] arido di sraofii
..jKjqtfistì, e pHi ambizioso ed ìoquteto diLìùtpraxf-
'<lo : dotnÌQcib papa Stefoio II, luooetluto a Zac-
caria i a rinnovare i man^gi ■nfrodotfi da' suoi
>^redee<Msori «olJa corte di i'ran^av -oìoè «oa i^
-pino ckò n'era 1*' anima .6 il bracao, é«he avtk,
sboi fini propri 6 partìcolari a* venderà 4ieoeVafe
it sommo poateBce . Ma perctó 1* ambizione mai
fioiì pub à vaniti tornine' stu^ eoóteiita , Piplnd
Aotà pago di> possedere in efifetto tutta 1* autoritlh!
sovrana t volte otteo^m ànobe tì tìtolo di ré i H
legare alld posterità -ii ClodoveO^ ^ubU' ornila dì
toiaestÀ ch« ancora godeva « Non etd' però £osa
tlKito inutile é vana Pinsmnere va tìtolo che già
pareva «pogliate d' ogni 'so^nzar percioocbè M
ttlcono si fosse Giovato di ^ue* priilciid Merovingi
eke solo per motitra «raa ' sotiti di porsi sul trono,
M'qoale o per vigcR-e d* animo proprioi o per
iguggerimenti de* malevoli ed invidiosi del mag-
gioi-doRMj- avesse à ardito dì depoire il ministro,
.«'tentato di ripigliarsi il governo, 9 almeno pre-
^ italo U no WHiie 4 i]Uàlch« partito Confrwio al
0. Google
io8 Deixe Rivoluzioni d' Italfa
reggente; avrebbon Pipreo. e i «noi disoewietrtf
incoBtrate gravi contrarietà alla grandezza loro,
perchè il nome d* un re (ascendente dalla schiat-
ta di Clodoveo avrebbe - aenza dubbio sollevata
iwa pai-te ^troeno de'popoti. Per li qua! cosa ,
oltre al maggior lustro della dignità che, Pipino
lafggmgaeva alla sua persona ed alla faetigtia-col
precidere la corena reale , aggiugneva ancora
maggior sicurezza all' autorità, che di fatti' già
possedeva. Ma con tutte le forae dello stato',
ehe Pipino avea nelle mani , e coBa riputazione
acquistata da Cario Martello alta sua famiglia ,
non era fero ù leggiere impresa d'occupar qu^-
ÌQ che parca sì vano ed inutile oraatueato d*uB
diadema e d*un nome. Non ostante il disòrdine
• le ingiustizie che s'erano da tanto tempo pra-
ticate meii» sucoessinne de* re Fraoeesi , restava
tuttavia fissa nelt* animo della nazione questa
massÌDia, che ì soli discendenti ; del fondatwe di
questa monarohia fossero capaci di seder sui tro-
'bo , e portar la- corona e il nome di rè . Conve-
niva'pertanto a Pipino trovar efficace spediente
per levar via quest' opinione , e preparare gii
animi della nazione al cambianento . Una con-
suetudine osservata quasi religiosamente per tan-
to spazio di tempo pareva che con autorità, ao^
cara dei ministri deUa religione si dovesse to-
gliere ; né mai altrimenti il nuovo re ai sarebho
creduto fermo sul trono cbc yoleva occupar».
Vivea a quel tempo il sooto vernava di MagMaa
ovGoò^lc
. , Libro Vili. CaJk) II. . aog
BoQÌfano. Voltossi dunque Pipino, a cotiduE
quesV uomo appostolico ne' suoi disegni , si^cura
che, persuaso una volta il vescovo Sonifazio,
avrebbe agetrolmente ti-ovata l'approvazione del
Romano . pontefice , che k Franoia riguardava
oostantemeote come capo supremo della religione.
Le opere leligiose e pie e cui Pipino sì moetrava
icdinato , la libeealità die o usò di buon animo
o affetlò d'usare verso- la, Chiesa, Io zelo che
mostrò per la riforma della disciplina ecolesiastì-
ca, riparando aacora ai disordini seguiti sotto
Carlo Martelk» che avea dati molti benefizi a* suoi
soldati; tutte queste cose lo facevano molto rao*
-comandato alla pietà dell'appostolo della Germa-
ma. Ne lasciò. aerta T accorto principe di esage-
rare la viltà e la dappocaggine 'della stirpe allora
regnante , e di lar comprendale a tutti colora
che doveano aver parte- nella disegnata rivoluzio-
ne, .ohb .qualunque nolane avessero al trono x
posteri di Clodoveo, il bena dèlia' adizione dovea
tuttavia prepoudeiare, e cbe niun popolo potea
mai pre^uiliersi d' aver -rinunziato al suo diritto
prinoi pai istmo e si^riore ad - ogn^ altro , eh* è
quello d' essere: governato , e difeso ; che perciò
un principe che Jiou .reggeva e non era. atto a
ECggere il suo stato , s' intendeva issoBktto soadu-r
to dal wio -diritto, e il popolo libero dall' obbli-,
gazitìoe d'obbKlJrlo i e dal giuramento dato. di
fedeltà. Un partioobr ,riguajdu poteva valer mol-
to n«iranimo.d*Ufl. santo ecKleaiastico, ed era la
Tomo 11. 14
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210 Delle Rivoluzioni d'Italia
Ticinaoza de* Saraceni già padroni di quasi tutta
la Spagna ; i quali , quando la Francia non fosse
stata governata da prìncipi prodi ed attivi, avreb-
bero con grandissimo danno della religione po-
tuto invadere le Gallie . In somma il vescovo
san Sonifazio, persuaso fortemente, che fosse
.vantaggio dello stato e della Chiesa U trasferì^
nella famiglia di Pipino . la corona ,. ne persuase
ancora con sue lettere il pontefice Zaccaria , il
quale essendo consultato intorno all' equità e le-
gittimità del fatto , diede tanto più facilmente
risposta conforme al desiderio di chi la -chiedeva,
quanto maggior bisogno avea ddì^ protezione di
quel: principe valoroso e potente per gli afiari
della chiesa di Roma, e d'Italia.
SoUevazìoni in Italia contro V imp/avtdore
d* Oriente .
XJe pMsperìtà 0 le conquiste de* Lopgobardi ,.
sotto il regno spezialmente di Liutpondo e di
Astolfo , diedero a temere che quidla nazione
fo^ per diventar fra poco dominatrìce assoluta
di> tutta Italia. Quindi comiaciarono gt* Italiani a
cercar modo non solo di por convenienti termini
al domìm'o de* Longobardi , ma di spegnerne af-
làtto, se si potesse, la sigaoria. Autori principali
0. Google
tfijao VAI. Capo IH- an
di tanta rivoluzione furoaoi per consèatimea-
tD di tutti gli scrittori, i Bomaoi pontefici: e
non già , per quanto i successi mostrarono , a
fine di restituire agl'imperadori di CostaDtinopolI
il dominio d* Italia, come s' era fatto a* tempi di
Giustiniano colla rovina de* Goti ; ma per darlo
a nuovi signori, e parte per ingrandire con tem-
porali domini la stessa chièsa Romana . , Maravi-
gUa dovrà recare a* lettori , che il popolo Roma-
no e i ponteGci, che già doveano esser avvezzi ed
indurati al governo di barbari e d' eretici ^ quali
erano i Goti , e con inGnita pazienza aveano
sopportato i mali trattamenti e la dominazione
sempre ' vaii&bile e sempre umiliant& della corte
di Costantinopoli , abbiano poi mostrata tanta
avversione a* ILongobardi già fatti cattolici, e che
pel soggiorno di quasi duecent'anui poteano ri-
putarsi naturali di Italia, più che stranieri. Ma
le cose del mondo e Io slato ddt'imptìrio Roma-
no avean bene mutato faccia e natura . Da Giu-
stiniano in poi , e , in' una parola , da che ogni
cosa andava a ruba ed in rovina , parve a' Ro-,
mani di ricuperare, quanto la condizjon de'tem-'
pi e Ih debolezza loro il comportava, le antiohe
ragioni, e se non di signoreggiare il mondo, dì-
provvederé almeno allo stato proprio, alla prò-*
pria libertà e sicurezza.' Certo è dhe i Longotrar^'
di don'avèano diritto di sorte alcnna sopra Roma;'
e gl'impecadòri Greci ofaé v'erano stali finalloraf
riconoscìnti come signori , tanto erano' Idntani dal
0. Google
2i3 Delle Rivoluzioni d'Italia
poter difeadere e guardare quella città dagli as-^
salti de' Longobardi , che i luogotenenti od esar-
cbi imperiali più qod aveano potuto sostener
Ravenna,. loro residenza ordinaria, e città natu-
ralmente forte e poco accessìbile. Restava dun-
que uno di questi due partiti da elefggersi da'Ro-
roani : o di passar sotto il giogo d' invasori in-
giusti, o usando del naturai diritto che così ogni
società, come ogni uomo in particolare tiene daU
la natura ne' casi estremi , ripigliarsi il dominio
di sé medisimi . Già da ben tre secoli i cittadini
o gli abitatori di Roma erano usati di riguardare
il lor vescovo non solo come pastore nelle cose
spirituali, ma padre e protettore nel temporale,
e fiero principale della città,- massimamente da
che l'autorità degli esarchi era caduta. Vera
cosa è, e ninno degli storici la mette in dubbio ,
che i papi si mantennero fedeli alla corte di Co-
stantinopoli , e fattisi quasi di lei ministri, s'ado-
perarono in più maniere per conservar Roma a
queir imperio ; ma Baalmente nacque anche ad
es^i il pensiero di tirare a se il vero e reale do-
minio di quella città e d'altre terre ciroonvicine:
e r empietà tirannica di Leone Isaurìco e di Co-
Jtaiitino suo figliuolo ne porse loro spezioso titolo
,C favorevole congiuntura (i). Non fu Leone fra
■gì' imperadori d' Oriente il primo fautore e prò-
luotor d^ei^esia ; anzi appeba alcuni, da Costantino
(i) V.FIeuryHiit.eccl.lib.35, num. la.fet 35; ellib.^i.
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LisHo Vm. Capo HI." 2f3
in poi, se ne contano, che non sieno slati infet-
ti di qualche errore : ma ì predecessori di Leone,
benché ora involti nell' Arlanismo , or sedotti
da' Nestorìani , dagli Eutichiatli , da* Monotelifi ,
dagl'Incorruttibili, incontrarono piuttosto la dìs-
approvationé de' vescovi e de' dottori e de' mo-
naci seguaci' della dottrina cattolica, che l'odid
e l'indignazione della moltitudine, la quale,
trattandosi di materie pilramente speculative ed
astruse, appena poteva penetrare' che il principe
avesse opinioni diverse dai' pastori j e nelle città
d'altana lontane dalle sedizioni di Costantinopoli
e da' conciliaboli dell'Oriente, e poco informate
delle opinioni che regnavano in quella corte in*
torno alta religione, si obbediva collo stesso ani»
mo'un imperador moootelita, the un cattolico >
Ma Leone che per un falso zelo di voler purga-
re la religione da quelle che a lui parevano reli'*
quie d'idolatria, fece pubblicar nelle òìttà d'Ita-
lia, soggette al suo imperio, un fulminante editto,
a' tenor del quale si ddtevàno abbattere , cancel-
lare ed abolire tutte le immagini scolpite o di-
pinte del'salvatore , della vergine sua madre, e
di tutti i' cittadini del cielo; oifese io còsa troppo
sensibile la pietà del popolo Cristiano che di là.
cominciò a riguardarlo come 'sacrilego tiranno, ta
cercar di sottrarsi al suo dominio. ì pastori delle
éhitesè d' Italia e il pontéfice Romano , avendo
dovuto per proprio uffizio mostrare contro l'edit-
to imperiale, che la Tenerarione delle immagini
0. Google
ii4 Delle Rivoluzioni d'Italu
Don era uè contraria alla religione né ioutile a
sodrìre la pietà de' fedeli , non poterono far di
menò che favorire iodirettamente cotesta solleva-
zinoe de' popoli . Per altra parte togliendosi dal-
l'obbedienza deir impèrio Greco, eravi da teme
re la potenza de' Longobardi , verso de' quali du'
rara tuttavìa nel ducato Romano , neli' esarcato
dì Ravenna, e nella Pentapoli, oggi marca d'ÀH'^
bona , un odio divenuto abituale per te coutinue
scorrerie e saccbeggiamentì ed insulti <^e aveano
per più d*uQ secolo sofferti da loro, ie per l'av-
. versione e antipatia cbe naturalmente si nutre e
cova tra due nazioni b vicine é soggette a domi-
pi diversi. G>aveniva pertanto ricorrere ad uaA
tèrza persona che proteggesse ed a^icuraase la
libertà e l' indipendenza a cui i Romani aspira-
vano , e che potesse frenare da un canto i Lon-
gobardi , e imporre dall' altro agi' imperadori di
.Costantinopoli.
c A P o, IV.
'iTràitad ira U papa e i re ài Frtmcia : scotifijta
e Jiné di Desiderio re <fc' Longobardi .
■Jf regno de' Franchi o Francesi , come d' or in-
HÀibzi li chiameremo, ofieriva per appunto ciò
'tibe-abbisc^nava alle bovità-cbe io Uatia ni nsac-
ébinavano. La religione cattolica, la quale con
ovGoo^lc
Vin. Capo IV. 2i5
title le dissolutezze della morale , cbe pur trop-
po grandi regaavarto quasi generalmente in tutte
le Provincie della Francia , «rasi fin dai primi
anni della monarchia costantemente professata
sotto ì successori di Clodoveo, darà onesto titolo
ai pontefici Bomaoi , già dichiarati capi anche
del civil governo di quella città , di portar le
loro querele al trono di Francia; e ì popoli del-
la Romagna , che non aveano , per quanto fu
lungo il regno de'Lungobardi , ricevuto uè danno
uè □tua né insulto alcuno da' Francesi, non po-
teano aver ripugnanza oè di far l^a » né dì
passare eziandio sotto il Ice dominio . Vero è
cbe i Francesi erano a questi tempi degenerati
grandemente dalle virtù de* primi fondatori di u
nobile monarchia . Perciocché Clotario 1I< e IH..,
Dagoberto I. e IL, e gli ultimi Tierrì e^Childe-
ncbi non aveanq di regio altro che; il nome, s
le private delizie che si godeano • da neghittosi
ne* loro palazzi . Ma in vece de' pronipoti di
Clodoveo, già frasi » grande stalo elevata una
famiglia che emulava assai bene il valore e la
politica dei-- primi fondateri di quella monarchia;
la qual ^miglia , <^po aTe,re sotto ^Ib'o titolo ,
ma con assduto arbitrio governato ogni cosa per
molti anni , avea novellamente , come s* h mo-
strato di sopra, colla totcde • deposizione degli an-
tichi reali occupato Ìl trono, e preso nome dire.
Pipino , .autore di. co^ famosa rivoluzione, era
non solamelite jaella Francia divenuto, principe
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Ìtf6 DfittE RlVÒLUlfòNI^B'ErAUA
soprano, e come taìe obbedito- e' tettiwfaJ; ma
per la TÌhomai»a ddU ma vìrtìi era . salito in
'taofa riputazione appresso g^i esteri , che sf^lsci-
talo nei -tempo stisso^^ con lettere e- coti amba-
sciate-dal pontefice! Rortwrao.i daU'imperactojtp di
,Go5fanlÌDopotì, e dal re de' Loogc>bardt« era Tat-
to arbitro delle tre màcoli, potenze dellei . Cri-
stianilè, che si coDta«sero allora dppo.. la FraDoia.
'Narrano gli annali d'Italia e le. storie di Franc»^
assai distesamente, come questo noTeUo ^ ^'e . de* '
Fraocesi a petizione di papa. Stefano IH. soeQdes-
se due volte in Italia con potente eSKcìto , e
irioti i Longobardi , rìtogliesse loro e donasse al-
la chiesa Romana ciò cbe questi - ascdn tolto
all'imperio (r). Ma la morte di Pipino, e. la di-
jcision che si fece del regno tra' due fratelli Car-
lo e Cariomanno, diede qualche ocoa$iooe. al.re
Longobardo di ristorac alquanto : lo stata iudebo-
lito e ' cadente, e diede altrettanto timore a
Paolo I. pontefice di vedersi togliere i frutti di
fonti . man^gi e di tante cure de' suoi antecesso-
ri. Feroiòcchè non avendo ancora i Francesi por
lutò stabilir l'autorità loro negli stati appena
acquistati, per (^ni poco di vantaggio e di rip»*
fazione che il re Desiderio ricuperasse , si sarebbe
facilménte rimesso in possesso . di.^ quanto avea
ceduto negli ultimi frangenti.
(i) Muratori tn. 754 e Mg.— V. Daniel Hittoir» de Fno-
ce A SD. ^Sa. id an. ;68.
0. Google
.■.. LiBKo VIU. Ciro IV. 117
^- : O :tlbn erano i due novelU re per anco am-
fenogliatì , © piuttosto rper un abuso che appresso
i reoli di Francia delle due prime schiatte fa
•trojipo frequente , non si slimava arduo aSare il
ripudiar una moglie per menarne un'altra. Larer
gina Berta, desiderosa di maritare col re Adelgi-
«o, figliuolo e collega di Desiderio, Gisila sua .fi-
glinola , passando per qualche o motivo o prete-
sto in Italia, s'abboccò con Desiderio ; e per ft-
dlitare le nozze della figliuola, ed assicurare al
genero l' amiciiia ddla casa di. Francia , propore
ad vn tempo stesso il matritnonio di Gialla con
Addgiso, e quello di Carlo e di Cadomanno con
due figliuole del re Desiderio .Come il pOBtefi^
Stefano ni. adi questi trattati. che per la vogliji
grandissima che aveeno i re Longobardi dì tal
parentado, e per l'autorità che la regioa, Bc?lB
" potea avere appresso :ìj suoi figli, noa cPani.psF
trovar • gtande> ostacolo : aH' adempiraeiitoi cosi ceiv
co con -ogni suo sforzo di disturbargli, e scrisse
a' due re una lettera gagliardissima da non. pntprr
si leggere senza stupore, per le strane cose .eh' egli
dice in Wasimo de' Longobardi (i). Ma non ostaur
«e i confrari avvisi del fervido ed animo*) papa,
il je Cado che poi chiameremo Carlo Magno , «por
«ò la figliuola di Desiderio; e so le cose ajesseto
potuto durare dentro al torminedi quegli accorr
di che si fecero allora, né il papa né gli altri
(0 Cod. Caro), ep; 45) alibi 49.
DotizedovGooglc
iiQ; Dei.1^. BivoLuzioifi d' Itaua
potentati à* Italia aveaa da pelarsi dell' all«saza cito
si »tFÌosfl tra i re .Franchi edi Loagobardi; conr
«ossiachè la regina promotriqe di quel parentado,
iodusse anche Desiderio a soddisfare al pontefice,
con cedergli alcune terre che si pretendevano ap-
partenere alla Chiesa , Ma Carlo non .andò . moN
to , ohe notato della sua moglie Lombarda, o
pentito di averla menata ilIegittimìuneDte» s* egli
è pur vero che V abbia presa , vivente ancora
uni altra sua moglie, si risolvè di rimandarTa^
Frattanto la morte subila e repentina del fratello
gli diede comodo d* impadronirsi di tutta la mo-
nàrcbia Francese .* perciocché , com' è il costume
de' conquistatori , poco scrupolosi osservatori della
ragion delle genti e della giustizia, Carlo senza
riguardo alcuno al diritto che aveano i figliuoli
del mort» fratello di succedergli nello stato , ri-
dusse ogni cosa sotto di sé,; e la vedova Gilbep-
ga , già ' moglie - di Carlomanno , si riputò a scia-
fila ventura di ritirarsi co* suoi figliuoh'ni appresso
il re de' Longobardi suo padre, per tema che
qualche peggìor infortunio non accadesse a* due
pupilli . Desiderio tuttavia diede ricetto di buon
grado agli esuli principi , ■. sperando di poter a no-
me di costoro' sdlevar un forte partito contro.il
loro zio , e dargli almeno tanto che fare a ca»
sua * che lasciasse in pace i Longobardi . Feqe
anche cercar papa Adriano che succedette in quel-
lo stesso tempo a Stefano, perchè consecrasse i
due reali fanciulli jn te de' Franchi ; già ben
0. Google
i . "tìÉho VIA. Capò IV.- ^' a*tf
pel^tìàsó aoéor égli , quanto valesse appresso i popò-*
U' H saperti ohe il Romano pontéfice nconoscesstt
«colle cèriihonìe della sacra unzione dichiarasse tìt
questo ò quello legittimò té . Ma Adriano notf
età per triun modo disposto ad ÌDÌmicàrai il re Cara
io per cóinpiacere al re Longobardo, e prendere
flior di tempo il- parÉilo più debole. Tra perqaft-
stì' dispareri, e la brama che per altro aveva na-
tìiralmente d* ingrafftìre il su» regno. Desidèrio
non Solamente non restituì le terre già pn'mà oc-^
eupaic alla Chiesa, per cui dolevasi Adriano per-'
petuamente nelle sue lèttere al rediT'ranci& (i);'
ma vie più itìfellomito contro del papa , s' avanzò
con forte esercito fin presso Roma, empiendo
d' incendi e di rovine Sinigaglia , Urbino , Gub-
bio , con altro terre della Marca e dell' EtruriS
Romàna. Il' re Carlo, scòrgesdo inutile ogni altro
spediente che da lui e dal papa' s' tìdoperasse per
vìncere 1* ostinazione del re ILongobardo , finalmed'-
te messo insieme un esercito poderoso , s* avviò
iverso ItiUia per costritìgerlo colla forza a soddisfe-
re al papa, e certo non senza ' speranza di occu-
pargli il regno, se la sorte dell'armi 16 fa^òrìs^e.
Ma Desiderio non era né meno ardente, né me-
no accorto di Carlo ; e se tión che mal si puote
contrastar col destino , egli fa quella volta vicino
& cavar U voglia a' Francesi di fargli guerra'.
■ " (0 Cod. Carolin. ep. 46 e( seq.
ovGooglc
Certo fe, né gli scrittori' SVaacesi lo cotifraddìco*
no (i), che Carlo Magno avendo trovato aHe Al-
la^ per dove si lusingava di calar in Italia, i'àac
xe Longobardi id igtato di contrastargli il passo
6' respingerlo , andava meditando di tornar indie-
tro dÌ8onoi(atamente,o di venire a qualche ragio-
nevole accordo co' nemici; il' che sarebbe bastato
a rilevar grandemente la riputazione di questi prin-
cipi* e levar, forse senea riparo, al re Carlo Ìl
titola di Magno, che poi ottenne . Ma il Bne fa-
tate della dominazione Longobardica era venuto.
Ecco una notte Tarmata di Desiderio soprappresa
da inopinato spavento, dì cui mai più' non » po-^
ih acoprir l'origine o la cagione, se pur non fa
tradimento ordito prima' da' capitani stessi Longo-
bardi: e senza' ascoltare né i rimprovei'i nfe le pre-
ghiere de' comandanti , tutti si diedero precipito-
samente a fuggire ; e i due rè , tirati come per
forza dalle loro truppe , mài non ristettero , fin-
ché ai fiiron racchiusi nelle due più forti città del
ixgBD , Verona e Pavia . I Francesi , trovatisi col-'
la vittoria in mano senza tirar pure la spada, 'se-
guitarono animosamente il nemico che fuggiva . e
vennero ad assediare i due re, Adelgiso in Vero-
na, e Desiderio in Pavia. Non ci dice la storia,'
come né quando si arrendesse Adelgiso', se prima
del^padre, o nel tempo stesso; bensì sappiamo
(■} V. Daniel Hi», de France pag. 44^'
0. Google
Dbro Vni. Capo IV. " ass
che Desiderio tenne fermo io Pavia per molti
mesi, e che il re Carlo per non istare indarno
sotto a Pavia consumando il tempo eoo le sue
forze , andò impadronetidosi delle altre città cht
non- poteano far difesa , e si portò iosino a Roma
per adorare i santi appostoli , ed abboccarsi col
papa . Se non fu per allora coronato re d' Italia,
fu almeno riconosciuto dalla massima parte della
città e ptorincie ; e, come già arbitro del regno,
dispose d'alcuni ducati dipendenti daUa corona,
e rinnovò le donazioni già fatte alla Chiesa da Pi-
pino suo padre: ciò fu dell* esarcato di Ravenna:
principalmente , e di alcune altre terre che non
è facile il determinare . Tornato poi verso Pavia ;
ebbe senza troppo indugio a sua discrezione il re
e. la città, e terminò così pienamente la sua spe-
dizione , e pose fine al regno Longobardico che
avea durato poco meno che duecent' anni . Dew-
derio condotto prigione in Francia , finì, per quel
che fu scrìtto, santamente 1 suoi giorni in un hkm
nastero. Adelgiso, trovato il modo di salvarsi a
Costantinopoli , servi per alcun tempo di stimolo
ad alcuni signori Italiani di tentar novità , come
■ vedreiiio , -
0. Google
Db^j! RnAoUtTZtomi/'lTAtiA
Bagno di Cario Magno iu HaUa, e fU-Pipivo. am
-jigUo: vani sforzi de' Longotxffdi perrùu^Kranti
lo stato.
JNìusa mutazion di stato costò mai ^iritalia ma-
no di laiigue e meao travagli di questa che seguì
sotto Carlo Magno, ne mai in minoF tempo pas-
sò- il dominio di lei da una ad altra nazione . Il
Muratori (an. 744 ) andò argomentando da cert»
sue carte» e spezialmente da un luogo ootevelv;
dell' anonimo Salernitano , le cagioni d' una. si so^
bita rovina del re Desiderio, le quali si riduaoBo.'
in lunnma a queate , eh' egli fosse abbandonato e
tradito da moHi deVsuoi , e che cotesta diviùona
d*.aninii fra* sudditi del re Ibsse nata da' maneggi
di papa Adriano, e dall' abate Anselmo di Nonan-
tola* tiORibardo accreditato fra* suoi, e nemico di -
Desiderio fìn dal tempo che Bachi aspìiÀ a rimon-
tai sul trono. Comunque sia, il.re Cario vineito-
re» senza punto alterare il sistema del governo nìf
abolirvi le l^gi stabilite ,> prese egli il titolo di-re
de' Longobardi , che aggiunse a quello che già por-
tava t di re de* Franchi ; cosicché le cose d' Italia
procedettero da quinci avanti non altrimenti che
se , morto Desiderio , si fosse portato sul trono un -
successore della stessa nazione. Meg^ di offii^ altra
=dDvGooglc
ir rtìBRo VIU. CAfro.y. a*a
brìncìpe 0 Italiano o Lombardo profittò dì qu^
sto TÌTolgimeato il' papa a U'-' Chiesa , largamente
edi in più modi beneficata dal vincitore. Ma né
per ftrttoii qaesto .twMie il re Carlo il éqobo doniir
rf&'seDWi (jnalche soletto ^ uè H papa potè go-
der tranquilIamcQte de'favori da lui ottenuti. Per
Una parte non mancava materia di credere che
molti de' duchi d' Italia ( o fossero di quelli che
aveima'CODspitato pef' la rovnUi' di DeridenDj e
non 9Ì trovaran perb , come sempre succede id ta-
li-contiagesze , t^istevolmente riconoecititi ed'iil>!-
granditi dsà Francese ; o di quelli t^e non parte*
cìpi de' passati concenti , si .eoggettarono per ne*
cessità al vincitore) tenessero pratiche con Adel* -
giso , aspettando che questo re sbandito eon qual-
che aiuto deirimperador di Gostaatinc^li , e ccA-
le:- inteHigenze de* sodi antichi fedeli facesse qual-
che azzardosa discesa in Italia. U che per aftrd
non ebbe mai effetto alcuno; e Adelgiso dovette
finir i suoi giorni in Grecia coL vano tìtolo di pa-
trìzio, che gli diede per consolarlo l'impetadore.
Quanto al papa, egli trovò forti contradditori al
possesso -delle città donate alla Chiesa , dal canto
degli «xàvescovi di Ravenna, i quali, ptx tutto
quel tempo che Tltaha si governò a nome de* re
Francesi', vi fecero assai notabile e singdar com-
parsa ...
Note è per la storia ecclesiastica, che i re-
«covi dì. Ravenna, anche dal tempo cbe.qnella
città fu resideiua ocdioarìa degli esarchi imperiali i
0. Google
»34 Delle Rivoluzioni dMtaua
eeroavaao di sottrarsi olla dipeoileBza de* ft>»
mani pootefici per quello stetao' falso tàolo ,
per cui i patriarchi di CostaotìnopeH CBKwnHM
più d'usa Toha di far« rioonodcen per prtiiar-
olii della chiesa uaìversde , per aver la m49
' della città capitale dell'imperio. SappìaniD;altit«-
Ui che il principale e pììi; ^dubitata: «dottuai»
di cui Pipino e Cadki Ma§aó fecero restio alba
Chiesa, si fu delle, città oanpraa iwjl<«sac(^tft
di RaTeana . Peroioccbè^^ueya. provincia eMe«i»
stata per via' di , firtto. tetta a* Greci, e-wAM
giusto titolo ooBBpatB 'da'Laogoèndi; pctacaia
aerto modo ntpppwi uè desìi vois joi.ilegUatoir
fi i Fraadesi -ql» Bo« daran dei:]»iopriDt i"- die-,
derp dOd meno >TÌtegiw «tìa 'Chinfet ;. perahè non:
A fatta dootxndBi'i'aeanMiaMno.tnttaraAf'ilir^ga»-
Italico oh* votevafa fun-sè-^..^ atm ^panévanò -icM*
tanto di fari «orto W-akmoai obn< -danl* euéroats;
a dii.lor pìacet^a;^ iÀÌ>battnto':perta«tatilidDiAiBnti
de' £tot)gobapdK o «toLGau: siiti temp» stteaò^. o^nii
spauuA agi' imperodori-Giecà: ^ ritmarsi-. ìb>
ItaUa,' gli-«nBTeK»tÌ!<dt.BaveitBa. Van^anma'in*
gegnando di 'ae-ooppiafe' Mia sfariCualè 'ine^v autp-
rjià la aoTruiiià iteviponaìe. di- quelle /teiÙTadciv
4 farla da ardvncoTÌ inreme « -da Mwwhi.' Se
nella. storiai' A^DeU»i&asegaanov"»hc jyciifBS«.-U'
vite di quegH arciTescoTi fino bl >.to»po<<GAi* ei'
vÌMei dMrfu «rea l'S^o, man maooalsà quasi
ioief^ntentc' 'quella di:Lstai*^aucBCsscv«> di'Sergù) *.
aH4vi;«iiutiOipt!9bdniÌDeate.|mi dìM^tB ragguaglia
0. Google
Libro VIU. Capo V. aaS^
idi queste brig^. Ad ogni modo inteodiamo dal*
le ktfere di papa Adrìaco L , che il radd^Uo
Wnrescovo Leone s* adoperò in tutte tnaniere
per -vfet parte nelle spoglie de' Greci e de* Lon-
gobwdi , e N portò anche in Francia dal ré
Cavlo per questo fine. Troppo è credibile che
questo sagace ed amjnaoso prelato s' ing^oasM
di far intendere a Cark>, che avrebbe egualnien-
te potuto aervire- a onor ^ Bto e de* santi appo*
stoU la lib^nUtà che fesse piaciuto al re di fare
aUa obieka di Ravenna, come a qu^a di Roma;
die già non Dumoavano a* RoDuuii pontefici u-
bertosi patrimoni in più parti d* Italia e di Si-
oilia, si per mantenere ool neceraarìo spleudore i
«ori templi, che per sovvenne a* bisogni de* po^
Twi ( fioaimente , che seua profonder tutto ad
una sola cliieea , svebbe stato basterole dono al
pontefice qualora i re T^^euaro <cedere Ìl ducbto
Romano oon qualche parte della Toscana, ovve-
ro la Fentapoli , cioè la marca d* Ancona , senza
du ai Gmm smacco a Ravenna , la quale , corto*
mata per più secoli di riguardarsi come la tede
degl' ioiperadori e poi da' loro luogotenenti gène-
re, si vedesse ora dìvestiu provincia soggetta à
Roma, dove prima si mandavano' da RavNina i
(bici o governatori subordinati all' etaxco .' Se
Carlo naa concedette interamente all' arcivtòcovó
le sue ,dìmande<, non dissentì però v non' d*'op-
j}Ose come avrebbe potuto fare ^ e come il papa
desiderava e pcegafu. E forse ohe la po^tiett
Tomo Ily i5
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^zG Delle Rivoluzioni d'Italia
de' fraocesi , per tenere il papa in rispetto , e
per tema clie col farlo troppo grande di tempo-^
ra] domioio potesse col tempo salir sulla cattedra
qualcuno, il quale scordevole de* passati benefizi
s'accordasse co' nemici della Francia oon. perìcolo
dì farle perdere il regno d*Italia; senza ritrattare
e ripigliar per sé ci& che avea protestato e pro'
jnesso di dare alla Chiesa, non di^eDtjsse perciò,
che l'arcivescovo di Ravenna dividesse col pon-
tefice Romano la giurisdizion .temporale , e la-
sciasse durar per sua propria sicurezza quella. ge^
Ipsia fra gU unì e |;li altri, per. averli .' tutti più
dipendenti e fedeli. Ma q\ialunqu0. si £d8s^ l'ani-
mo dì Carlo , certo è almeno, ,che «otto il suo
jegno e sedendo in. Roma Adciano.L', l'arcive-
scovo d^ Ravenna, cui il papa sqlea chiamar, ne-
fandissimo, si tenne soggetta qon pur.Bavennà,
ma Fàénz^, Forlimpopoli, Forlì, Ce!jena,XQaÌà(>
chio, Imola, Bologna, con alt^e^terrp; e, cerc^
aiicsota di levare al papa, la mafca d!, Anct^g.
chiamata allora .Pentapoli.(i)V Viera .ijbsi fe Vbf?
à, lungo andare i' amjiìzionf degli .arcivesc{>vi> Ra-r
vennati e de' cittadini c\\p la foméqtavajip,; i-estò
ìbrtemenfe delusa ; ^ tutti gli sforzi che fecprb
per innalzarsi o. sopra Rpma ó al par ài Ul t j^à
àl^'Ò non servirono che ad Impoverire ed umiliar
d'avvantaggio quella chiesa e qi^Lla , città. .-'Cr^
parte de. tesori si. profuse in più ocoasiónij afi^e
(i)'AdrÌ»r. io Cod. Carolìn. cp. 53, 54; et ap. Cenni ÌK
Mouuin. dominai, pontific 5t,.S3. ... -^ , .
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' tiBHo Vili. Capo V. ii'J
tìi 'jgùaJagnarsì TI favor de* Francesi (r). Le cose
pin" prezióse che 'nella città si trovavano , furono
jiortate via dai re , allorcbè invitati per boria da-
'gli arcivéscovi, a passare jieJlà città ^ di, mano in
mano T andavano, spogliando de' suoi ornamenti,
per adornarne o' Acqulsgrana > a altro loro luogo
di Francia o di.Lamagna.
' ' Òr mentre il re' Carlo ajadava temperando gli
effetti delta sua lìbéraÙità verso gli ecclesiastici
con méttere qualche contrappeso a chi poteva
pigliare troppa superiorità nelle cote d'Italia , Cf
gir proyvidc'anch'e ■per altiQ modo . afìa conserva-
zione dì sì beir acquisto , e alla soddisfazione de*
nuovi sudditi in .tempo di sua lobtEtnanza ; giac-
che la vaètTtà de* suoi 'domini j e la fer'pcla de'
confinanti lo chiamava ' ora ' alle rive ctel-^énp
tonìro ì SasBiitu che gif diedero per irent', anni
continui 'maféna' di guèrra", br" contri ì Ou'ascp-
tii, "or contro' i Saracini 'dì ^à de* Pirenei', ^u
bostume dèi re Francesi' con solamente dì dichia-
rat colteghl del'regnò^i figliuoli (costunie ancora
praticato' dàgl'imperadori, che assóaaronsi ' i'fi"-
gliuoli aiicor bambini. ali* imperio),, ma di asse^
gnar ' loro una parte degTi stati , perchè la govèr^
dà Wrani anche in vita del paàr^,|
usanza 'che porlo seco bea pretto la. rovina "de?
Carolingi ,' benché' in 'sul' principio non paresse
altro' che utile per avvezzare ' i gloTani prìncipi
(i) V. Murai* id tu. 7ft5j"elilitn - ' ' '■
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^28 Delle Rivoluzioni d' Italia
all'arte di governare, e i popoli alT obbedienza
di chi dovea cui tempo succeder nel regno. Però
Carlo Magno, passati appena sei anni da che
egli s^era impadronito d'Italia, dovendo da lei
partirsi per tornare alla guardia d^K''antioM
stati , e per conquistarne altri nuovi ; dichiarò e
fece riconoscere per te d* Italia Pipino si»- se-
condogenito, fanciulletto di non' pUt che quattro
anni. Sotto un tal re ben è manifesto', che gli
iafiari dello stato doreano ' pretider regola e movi-
mento dalle lettere di Carlo ì da' goTematotfv e
da' balli lasciati o mandati- da lui : Non pertanto
,)a presenza di un principe proprio, beDchi' fan-
ciullo,' giovara assaissitno, massimamente ila uh
nuovo stato, qua! tra pé*FraDceii il r^od d'I-
talia, a mantenere la moltitudine nella drWzfo-
>ie; ed erb non debol Htegoo a chiunque fosse
stato tentato' d'ustìrpare-il titolo di re;- f>atianÌo
ipoMegno ed organo prindpale delle xdse d^Ita&a
' p^re .ohe fosse lo stesso pontefice Adriano' Ì.'i di
'cui leggiamo parecchie iettcrb -sopra diversi aifii-
rì temporali di provìncia noti comprese ùelte do-
nazione fatta alla Chiesa (i). Oltre -ai Tipetti
. delPaottca corrispondènza e dei mirtu! tiffiil ^s-
'Wti fra loro, il re Carlo Magno aveà a&corft uó'a
'>;^t]ne particolare di confidarsi Iklpaf^ pet Is
' coi^e'd' Iiatìa nella lontuiànzA fiia^ e béfift' pueiì-
litii'^ 'Pipino'; .•..■■' .i ■
. ti),V..,Cod. Carelin. ep. ;4 , 88. — Murai! «ciVn-jSif,
■pag. i4€. — Eginùrt aiind Ùanicì pag>'465 et'»:^, '^''
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Libro vili. Cai'ò V; aàg
^Effitava nel cuor dell' Italia uà potente capo
falla parte Lombarda, ed era questo Arìgiso duca
di' Benevento. Costui non solamente nella caduta
elei re Desiderio non volle sottomettersi al vincì-
.tnr Francese , ma prese anzi motivo di sottrarsi
da ogni dipendenza che potessero pretendere i re
à* Italia sopra Io ^afò Beneventano, e in vece
del tifolo di duca, che dinotava subordinazione,
prese .quello di prìncipe, come sovrano ed indir
pendente; e fattosi dal suo vescovo ungere ed
ìDcDronare, portò poi scettro e diadema alla rea-
le.t £ nel vero' poco gli mancava per farsi stimar
uguale al re di Lombardia , da che egli possedè^
va iquaqi .tutte le provincie che or formano il
reame di Napoli ^ e per conseguente una porzioa
j^ItaU^ pteo inferiore a. quella che obbediva dì^
.Rettamente. ai re de* Lombardi. Or Car1[o llilagny,
per effJor^vee traversar ^.an^amenti , d*A^]gi'■
■td«>a9n poteva;, troTiu* persona più , accioncia die
tAdrianq, nemico > a spada/tratta de* Longobardi «
« {ìartlgiano. , dichiaratissima della dominazion
IVaD0è8e.>..Viei;a.è che Adriano colle poche forza
ddi^vòidomisio mal poteva resistere ai LongOr-
.I}dF4Ì 'di Bén«ve^»^nè i duchi vassali dt^ r«
,4*/t9M& ei-aoQ j^enipre: x>btfedtcnti ;^gU, ordini ^e ^ai
tuggpriméntii df 1: fervid9..,e .Attento -pontefice { t^-
.r^bè,. q^ieUo cVe^lì fe^..per l'iorfinario^ eradi
^Ileoitar' con sue lettere e co^'suoì^mfSSMgg,! C^-
Ip Magno,' perchè colla forza invincibile delle
sùfc" S):mì ,* venisse" in 'persona a iloi)iai;'.'ii'fi(!ro
=dDvGooglc
;t3e Delìe Rivòli/ziohi D'ItALU
AHgiso , ddioso anche particolarmeiUs al ^fuuf^fi-
ce perchè non cessava d'occupar qualche term
che o era, o si preteodeva appdrtnMataid iut
Pietro, Né vane furono le istanze. < del .santo. ptk-
dre ; perocché Carlo Magno, calato inrJtalùj,
non ebbe a stentar molto per ridane .aHii--«tifi
obbedienza Arigito, il quale intìmontD att'avvl»
che Carlo veniva a lui » cercb subito ^ dì' calas*-
I6, e promessogli un tributo annuo di ìsettcBiilft
ioidi d'oro, e datici 'ptt istattcfaì ì duo filitiwlj,
de* quali poi ilaolo primogenito Grimoftld» futile
■Carlo ritenuto 'e menato viat sqampò il perio>jU>
dì maggior roTtna ; Non è ben corto »■ -non
astante 'la fede data e il timore di -ca^outtr il
malanno al figliuolo che era in poter di-€atiUik,
il duca Arigisòlasciass* dì : tener cocrispondenfee
e maneggi bon Adelgìsù già re, v coi -Greidt, ipRr
alihAttere la potenza ée^'FpaatnA insidiai -e.ve<
'rfituirpi il regno de' Longobardi (.ly. Cedameato
li papa ne sfavar fa gran timore, e neiintnttiaya
cbn sue ' lettere il re cli.&andà (2) , Ma «he
«he' si fosse ^e* dimgRÌ ' e dalle jnuicdbHia«icMii di
'ArÌgi»o , ' egli mori a^o 'stesso. anno .in ictii .a^era
giui'ata obbedienza 'at reXkrlo!;' FuVl^ sua^otor^e
iàfirrtfata pt^F>bAbilmei)té -dal^^ doioee.^deUQ ' sa»
'W^tut^; percidcdiè, oitre all')BBeri\d<»mtO'>^-
' ^ie^arsì va^alfo éopo avèr:f;QBtata.:e, (inuitata
PÌUdrpendéQzat si^id« aneha pord 4^4Hf) cqri
(0 Cod. Carolin. ep. 59, et apnd"Cenni $f. ' ' ' '*' ''
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Libro V//I. Capo V. aSi
-figliuoli , i' ano mortogli ìa questi frangentì, l*al-
tro tuttavia rifcouto statico in Francia. Da que-
'Bt* ultima disgrazia in fuori, era stato An'giso un
-principe glorioso , e nella storia Napolitaoa ancor
di gran nome , per avere con buoni ordini , eoa
'magoifìci « Ticchi odifìzi.: e pon nuovi titoli di
*sóvpaìi?tà governata ed illustrato una. .sì' nobii
parte d'Italia. Ma la, disgrazia. d'Arigiso, e la
^perdita ':che di Uà fecero i B?Df!!veotaDÌ > fii ripa-
nata in gran parte -d^l ^generoso ^ìino di Carlo
~ifóagno. Non -ebbe egli per questa' vfilta- riguardo
aite cpdirairio. persuanooit .d*rA-drìanD papà che
bobsigliaralo' a ritenersi ptesso di 4c Grimoaldo ,
fìgKuolo riiwasto unico. 4' Af igiso,, ■ e «irbolire od
•fbdeboHr ODO: dividerei tea' pib tjoQti ;qMel ras^
ducato ,i - daUa- vioininizi^^ ei pdtea^ .'del ^uaìe
avrebbe «empire avuto. Ift'Qfai^sa ^ttfnfuia,; dì-,c^e
-f emere. ■ Non ostante. queqi^ JcSpugiuii^p dettfi^ia,
TòHé* Oirfo riitabiiir to^. itaiì^ p^terpi ;JI: gwsaue
©rìnK«ildoi( AN.'788kì),. -il: quqle.con/^.soHitìta
venei^azion^ cho-s'iagè^ di nio«t,E^(Q; a( s,uo^.pa-
^rónei 'ttdn- era, ki dir neroi. i^meirifeTole ; ^i
'quella' fortuna : Ma qoantupque ilt FsCarlp ablva
-àvuCb ■»!&' primr aaài. giusta. ..ragione 4i ,chia;[f^m
•pago di'quMtb rsuo creato,,, il quale, o(trO|l|e;aI-
'%e Àondtzicori' che fedélmente oe^ers^ , dì. ipitg^r
't^batOj^di radecsi Ja, bacbA, e di .voittii-e.. ^a
''F^abo^sé^> fede ; aubora valida.. r^sÌBtenza.a;' (>p(^
che minaaci^vaDo, di far una discesa in Italia
-;C0D^-: buone ■ armate, a: .cUpsq de'. JFr^ntasi :
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*3a Dbm-e .RrvoufijiqNfjiìMTAUA
ciò aon pertanto il successo fece poi conoscere
che Carla Magno sollevò^. nel]a jiersona dì questo
Grimoaldo duca un potente emolo al suo figlio
Bipino . £r^p d'ctà^.fjqasi eguali il priodpe .di
jBeneyepto. ,B jl rj? d'It*ilia, e-p^M"^ iuiciie,4a,:%cre-
dere che l'uno non cedesse gran .fatto all'altro
di valore, di magnanimità; e a quel di più che
avea Pipino, d'autorità, di seguito e di consi-
glieri, .cqme re e figliuolo di iiQ gran monarca
che .rì^pieva il mondo del nome suo , siippliii(^
Grjinoaldo eoo quell'. accortezza :che le passate
iVig.ende gli arean fatto;. acquistare: dovechè Fi-
dino, era fìo dalle fasce allevato n^lla prosperità.
NAcquft dupque grande gpra fra questi , due gio-
.K:af:;i^ prodi principi, mentre l'uno non .pQte«
spfferir^alcur-* egualq, e. .l' altiro notiVQleajrico^
noscere alcuo superiore: p^> la qual. co&a ebf^
iVIt^lia ^ essere , spettatrice , c^ - guerre- piuttos^^
ipteres^nti per l'aspetta^ion . del &ucoe^, che
rovinose ^i popoli. cke 1? aostennerQ . .U :Vero. ^^
cbe.i-suc^cessi dì quc^e guerre nop.ci son. punt^
Iloti f9rti<;»9^'mente:.iioi salpiamo soltafdo., , c^e
Pipino, per. qu^uiti sforzi, abbia fatta .-9. fin^ di:
i^^lringer» QEy]:\o^do-.a fargli om^ig^^.npp po-
tè mai yenirne.a capo, Se .noq ifhg vuul ,m,Q^
ìjnnjatu^a .tolse a' Longobardi e. a|,;B^eiH^tj^Ì
^op sppimp loro .rararaàripo un principe, ch^ da,-.
vgi^.|i-altF.'»peran2e di s^a virtù;, e, qn^l ,,cbc ft.-
I^g^o^; alla morte di, lui .^venne dÌp\To,-tepz^.
jli^i^. intervallo I4 ^eeadepza di quella.. stato. ..,-.
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Libro Vili. Capo VI sSa
CAPO VI.
Rùmopellamento AeW imperio tT Occidmte : mgio-
ne di questo faiio f e quali mutazioni cagionai'
se aUo staio d'Italia .
JVl eatre coti* armi ili mano s* ingegdav&no I due
gióvani eroi o di accrescere lo stato , o di asnou-
rani I* iodipendeaza, covavasi Ìd altra parte Del-
le menti d' uomini più di toga e di stola, che di
spada , ' un piti notabile avvenimento e di maggie»
rìlievo ; e il papa con mere cerimonie ed' onora-
te aecoglténke guadagnò per sé e i successòri sàóì
[HÙ d* aaforità » che non poterono far altri boa. ar-
mate schiere. ^ Questo arreùimento fit lA cfeazio?
ne d* un imperador d' Occidente , dignità' òtte d^
ben trecent'anni era passata in disuso, e pddd
meno che in totale obblio . A questa- mfemotablle
novità diedero in parte moh'vo quegli stesat riguar-
di che già avean ridotto i pontefici a ribattere agli
aiuti Francesi per librarsi dalle molestie e dal-
P't^presstoDe de' Longobardi ." Ma l' ultima .spttifA
procedette 'da. circostanza particolari ,' che qui lire-'
VemMtG esporVenJo- Irene; già- moglie àì't^ii^
IV.', TresSe alcun; tempo l'imperio d'Oriente coflie'
futriee e pof come compagna del suo Bglììiól' Co-
stantino : ultimamente Tenuta con lui a nimicizia-
tcoperta , Io depose , e gli fece cavar gli occhi^ e"
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iS4 DeL&G RlVOLUZlbKI D*ÌI!ALU
morto pel dolore il ciatlivo e maUreitfaìo mipera-'
dorè, e«sa prese a t^aar da sé sola .' Tbovandei^
si perb una femmina sola «ul trono imperiali! ^ òo-
sa affatto nuova ed inaudita , potea non senza rah
gione pvesfunefèi l'imperio vacantr. -E se in Co-
stantinopoli , nuora Roma -, par jk> {imor delle for-
ze presenti non sì ardiva procedere ell'elesione
d'un principe non v* era né legge he cwnsuetui^
ne che -obbligasse Ruma antica 'a. sfarsene- neghit-
tósa e ibdolenfe nell* iùiftfchid . Ciò àoi^ pevlant»
8Ìi a' Romani sarebbe forse caduto mai In pèasie>-
ro dinaseumere il perduto diritto di crearti Vitti*-
peiadore',' uè' Cariò Magno , ancorché -pieno 'di
^rìs sopra' tutti ' gf imperadori che da ■ Teodosio
in poi fÓ8S«' saliti «ul' trono ide'cèsari", e potente
di «blti it doppio' più die- non fossero': da buda
tempo i Greci augusti , non avKbbe ardito- di as-
sumer quel titolo ^. anziché', ^n ostante la 'viltà'e
la deb^eiiza degliultimi imperadori di Gostariti-
sOpólì, rta ancor, jft -dignità -imperatoriaied ii'sor
me Romano «b'tssi portavanoi tuttavia, in tzde
velnerazibne', che- Carlo Aesso, benché' dopò la
acooBtta de' Ijongobàrdi più padrone- di- Rema ohe
i Greci augusti in Bìaftuzio ,' non isdègcaVà ^ìkó-
mendarri col solo titolo dr paiano ;> titdu 'ofaei'a
quel tempo non altro importava che vloa'rio e lui^
góteàente imperiale4 Macorme d*^ ordinario raddàr
viene che le angustie assoUjglìatìo 16 vamA um^
làe^ e suggeriscono !spediea]tti'>e disegni'a ciii nò?
«i «aiiebbotittesoj(lti-imentìj,cDsì varamente in att^e
ovGooglc
,1 Libro iViH. Capo VL »3S
«Tirava^' tei^db (arsecUHooii aal vslètìte pob^
^i£ee^ Leon X^j bonéepì i^aìto e nuovo ^BSièr^
«U- portare alle cote di Oceideiite buotiì splendo^
MDi-.scerescBre alla digmtàpapald Un niurro Siritv
te, euri ttmpì stesso óiostrfft-si ia 'maravigth^
oianiera riconoscente ad' «m stio' beBefdttoFe . Era
-JLwDe ili. lucceduto a papa 'Adriano (11. ; e le tuo(i-
*a «ìrtù di lui conosciuto dal clèro « fìat popolo
ftamano' non lasei'aranó sella sua eleziode mate-
ria, d* indogio e di kisga* dtliberazioae ; ' Ma neHà
(■ràtioa idei governo troppo è facile di sconte'ntard
■fiorai e d'eccitapRi nemici, -cjuailunqufe «istéraà ta
|MgU.:ai'teguin( . Pasquale e CiUìipoló , L'uno prit-
imicMiià'e!!' altro sogreslano dt^la chiesa Rotóaóa
e D^pate:d*Adriallol'I. ,'TiBati anleadue al comanì-
do < sotto il psatìfìcato pMcedentOj mais! potevoiM
■«Bconciare soU» il-auvro governo., ed! malvada
li. vedetti' costretti dì /ar ior copie -ad un nuovo
frìnoipe e a traòre Qt^ature , dove' pWitm 'erano
•lati oorteggiatì e vènevai^ c(«iie padroai . Volle^
yb.dunque praoder veaàe\t3L del pontefiee^ cl^ all'
tre ing^rie mon faeea- lorot ohe quella <dt non la*^
soiai^ieignòr^giare e ifarse tirannpggiaM a'iortwi
hmlin G4ìii^f£zi co^icuì che teoeano, il eeguttd
jdie Qoloró ohe aveano altre'<volte beneficati:, t^ag^
giabtai d^«l<niiri malcontenti , di cui kionVè-mat
tàiao liiMneimoin: nna governo , rendevan facib
i^adenqiiiiHDto ddP«&)pia moIu2Ìóne'. Con tfO<>
pvdi irasoQQti'e calunne andarono dvGbmando H
Mpbr padre» e.pre|MUSMido la gentv M tiàota-ok^
0. Google
^3(S t)EttÈ RtVÒLtliiiÒNr D'ItALtA
medifavauo/ Poi in tempo di pubblica plt)ces9nM
fattolo assaltare da' loto uomini* érmatì; éononrp-
bllìsìrapatei lo riiiséró prigione nel raoHaster» di
fianf Erasmo (an, 799). Se di- peggio noft gK
accadde in quella azione, fu -o miracolo , ore»-
pebtiiio ribrezzo cbe prese i malfattori ìa ^^)el
jiunfo, o destrezza iua propria oetreTÌtei?e i eoU
pi malmeDati . Ma I* intento de* coòf^urati énl pe^
cèrto, che gli fossero cavati gli occhi-. Frattaata
f^a per IMaterposiKiòne d'alcuni mìniìttri di Gaiio
ò (fi'Pipiao, e pel pronto arrivo di Guinigiso ^diì^
éa di Spòleti, cbe accone subito al primo AjaitM
fé, il pontefice fa tosto liberato' dalle maiù à^
siioi nemici , e poco dopo se n* andb in Francia a
ìàvltatoTi da Carlo Magno , o dopt> àrerhe egU
stesso ricercato il gradimento e la liceneai Jb eam*
hia egli vi fa condotto con Bothmo eerteg^O'dalL
Ib stesso re d'Italia Ftpindi e ricevuto god «guai
|iòmpa dal re Carlo . Fermosn sAcaa t«»po' in
quella corte; ni però <n dice la storia , che -coA
vi si trattasse partieolarm^rte . Quindi fo^on bsH
la e nobile compagnia di prdati e di eonCt nCDO^
dòtto a Roma , e ad onta de* suoi avversari tipcU
sto sulla santa sede. F'cce Conoscere anche col :8fi^ '
esempio ci^ che per infinite altre stòrie è mai^
fetta, cioè che le calamita de* grinsdi 'tiomiai bck
nò d'ordinario compensate da gloriosi- e spl«ftdiéì
fóccesii.' - '^,
L'anno seguente al raooontato caso di pa^
teonst che. fu l' ottoceittesima ^U' era volare ^
0. Google
, LiBao VUI. Capo VL. ^Bj
VvaScAf^ M nGarto anch'esso a Roma, fece buo-
j^v neereba.de.* congiurati , e- naovo .esame delle
accuse 4ate:at{iOBtefìce (i) .Fonigli udì, e oonr
lèrnaò 1* ÌDDocenza dell' altro., noD vi ai essendo
tcorato obi poteste dar praore de' delitti apposti
al pontefice'} il .quale al postutto invitato a jen-
dep eagioDB a s^ stesso , giurò d* esserne innocen-
te. Or era d' uopo che un sì. segnalato favore che
Leon Uh avea riceruto da Carlo Magno , non fosr
ee laEciato seasa qualche uotabìl seguo -di gratitur
ditiB. oa era il buon pootefioe di tal cacattere,
ohe volesse con dispogliar ia sue chiesa i-egalfir
^de* sacri tesori il suo. difensore e il suo patrono;,
nè'Carlo era di iì vile anino » che potesse gradj-
t» tal ricompensa. Ad un remagudUimQ e aman?
tè. di gl(H:ia .si couveniva qualche- attestato d'onor
iìB straopdipario . .Eld ecco in ,qual' ocoasione, seguì
la memoranda rìnuQvaiÙQni^ dell* imperiai djignitjf
in Occidente. Foct?^ stante dal giudizio rcfae si.for
ee con soleanità grandissima della causa de' «od.t
furati e del papa, vepnc^Jl ffioroo del santo jiar
taIe,-ìo Qui. tutta-la «orte del re ipueme>oon in*
finita moltitudiD»'dìEU)[nayoi interveanero alla «op-
hmae messa- oh^ caotjp ha ^eiso papa uella basili-
ca,. VMipapii.; ja qtnl messa; terminata,; iu.qaello.
ohe ogai.uotpo: fttava per unir di chiesa^ ilpapa
l«t[)<re4entb ^ re -eoo uaa ^lendidae rìnc^ ooro-
na, e mettendogliela sul capo, intonò hi-ivot^.^
0. Google
«^ DEltE RiVÓLtteldOT b' frAlU
AncM acoIamui<WB .- o 'eario pSiìlliti) ìagtéHìi
bBotm* à ih» gmnib t pdcifitd in^Kmhm-,
mia-, ». vtOaia : la. qual' acolatnftrioné' ripètuta con
«tomo giubilo àa tatto: il clero, dalli : nòbiftii
•-dil')po{x)lo 'ch^era'in t^iaui ,■ per ■ ctftDpimeiMó'
dclh funiiìiiie il pouteSoèuDle «<n olia unto il
Diunrd :elettD^ ed ilsuo'figljo'fìjpino ofae-'si-fro^a»
va'ipnseote.! ".■ "i- i ■■ , , . r¥-r, 'I
. fer raolta'ehc i. Greci abhiaflò''(>^eaitnifi<gf
questa fàUo,'« (|iialtnic}ue sieno sopra' oiè f-pérè^'
lì de' .moderili' stonci ^ certo è HeodimniO'i «e^
guMiama. ogni cosa *)n occhio 'Bioccroy òhe It^
pena «Icudo ide' piisati- cesari ^iHi^ctib pife ^gttfr*"
ato. titola la corona imperiale, se pel- ■artcBIBrii'
«u Togliam credere ob« mtiggiop dirilb) akesset»'
creare un prjocipe un braucO' di-soldati'ti' d?'H4'
baldi( poBu qiKso^tiiccedevai di fetto/' ehé^WiM-
^ ordini uidti itasiema d'tHt» èittèf èsjtitafe^^ieS"
* dea' impeijo; mo meao obo 'si fete CteS*-»'
tì»polf; Ma ilfiitlo «tappar esèljliohl-awe^spà»
«o.per mia .tumiliaBria Mctóntóiiane dr guMiliV'
di' .addati, o di :po(iolaiioio, c(4i,odfaed»hi|ifeiaSS'^
re, cbe « dar* ,a.<*i fci«*l«ioi lietóilàsii^»'
rivai òonveni™ poi aHa-ini^ioi'i parte' détlc iftWA '
piegar a. collo foraataMeat» «MtoJlavWgW ài eM"
po<».|>cinM «a àomo IJrjvato e'raddSlb j'Bk'ft-'
ooroaaaoBC di CnrlolMagM '«ié già» efU'tóori''
di^Bonia.* di tolte. fc.;|pro»ioele' ebtf'foHIi&ii''-
ne' tempi addietro l'imperlo d'Oècidnltl!,-iiiod"il '
fece altro che dar U non* .„ ibi g» t«Bà la
ovGoogIc
;, ;,. tiBpo Vfltt. C*ro Vii 1 aSg
st^to ptfieifia 4^- Homa, ,4abe^ C^rlo «ibbmivduta
prende^ i^ tìtoli^ j^.^lJA mò^. 1% ijualÀ^pcrtiu
gic^ (liL.C(^Qa)8ta.,^^ebbejpptuit9i ridUcre 'in pio*
Via«#rSe/poi^Cat,IQ&]{)gaO::a|Hbia <deadeiatolcpi(H
sto,,|^£Up.tìt^h e tratt^tpneanticìpidanoiiletcdl
papf^,)^-^ pr^^ti diiBoma^ 0 datovi abnBiia
r assenso; la Tarìetà de* racconti che ae^.itvoHa
^iit^ti '<^VlaipÌ4i;Ia.dpbI»fo. Certo fc faene^. oho
9^-,fatt9 4t9Q n {^piQiMk e che jcpwteb.oAUs opere ^
chp4J| n^y/^, tijEpIp.,KW gU Jii dÌ80ftBft.< fiottìi
e^'aodib di .CQoyfiUd^i; quinta «m di^tà, e adlo
st^o te^po di iiuAV;l*»niQ.,eiraltilDnBpeiw mai
le jQf^e ohe rìcOKò^^ella yedoTa<iinpwàdiiot)'Ii«^
ta^y. . ]^a,. i jgra^di eli. &)Btaétiaopfdi iafarmcrti di
qU^to, tr^t^it^^-e ;noO;;V9lflQdoi diitolltltit sudditi «^
co^tiglafii d'uniiòrpptìeKj «.d'^Uii fnnaase^ tfJtt*
to rpbJpiedienza.AC) henei fli pcatàtDDO.stil^hnbii^
Niceroro i.. Verone :(}}^ ÌL wiqwf, «ilgiistD., it ip^
sospetti. j^terqi di-,£KÌqni contoasié, ; e per la '^e^'
bolez^a 4e^;«u0:st3ttoii4-,«9niparamaaei della pMH'
d^zza.^i. (^lo M^iKjj i^be pqr ^ran'iiutb^ di
stfim, ip pace^on lyi « ,ct4eteriauiatido i^dafÀtì ^'
r «ap & l'Hltcp impefiÌ9k.:rì«»io9e^r l'eletto inip«^
tador d'OcciiJesite ptìc ^Piwilega' Pe» la cpiial «fr
sa se' alqua dubjii^ -fqsK potuto: EÙgia^eK 'ioCoftu»
alla legittiiuità dell* elezione di Carlo Magno, que-
sto dùbbio per la oonf^rmaziojie del Greco impe-
ra^ofc fu tqlttj via»
.1 Ma .alta fine qual oolnhiatoùBto teeb ftl
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%j^ DuLE RivoufZfONi d' Italu
gomno d'Italia e ddle dtre pioràoie 1* adonta
d* un mIo titolo al potH* reale die già avea Car-
la BieutaoMiite ? Meatre dorarono i ra d' Italia
Mìa. «cbìMft Candina , Teramente |»08uano i£re ■
«bet'haKa poco dvrario ebbe a provare, obe vi
£mm o do r imperiai dtgiriti ; m rm che arendo
Cario Magno costituita questa corno bmis pémù'
pale fì-a ^ altri titoli eh* egli avea di ùrraiùtà,
e die lasrib a* snoi * ot^ui che per d)spe«inoBe d«i
padre N trovava vestito del titolo d' impemdcxv;
«t presumeva aver maggioranza d* aotoricà stupra
gli altri eredi deHa monarchia Franeeae e del re-
gno d* Italia (i). Ma in processo di tempo, al-
lorché venne a mancare la successione de* Carli,
• cbd il regno d'Italia uscì' dì mano a* FraBceri;
• molto plh da che mancarono affatto { re d"!-
talia, coloro che furono creati impavdori, per
pfcooli ohe avessero gli siati propri ed ereditari,'
pretewro ed eaercntarono , quando poterono , uoft
certa superiorità Boprà i principati e le repubbli-
che che si ahdaroa formando daHo smainbnuxien-
to del r^o de* Longobardi , o dell* imperio Ro-
majio: cosicché per lo spailo di molti secoli ap-
presso poche riv^uAcmi avventiero in Italia, a cui
il nome d'inìperio ncm desse occauìoiìe o prete-
sto , come a suo luogo faresbo menziode .
(i) V. Mant. «d aoD. 8i].
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LiBBO Vffl. Cap9 vii, s^
CAPO VII. . . , . '
Ve^ ultìmi armi di Cario Magno: ^prbicìpiì^
deMàema <iel rggno Francese in IlaiJa sotto -ti
giovane Bernardo IH. re, e soUa Hodofico Pi&
. ]j7ifieraik3re. ■ - , . . . i ■ .
JL^ prosperità di Carlo M4gao .conunciarono dqV
suoi, ultimi anni ad essere mescolate ,di moUe ar
mare^ze. I. progie»8Ì de'Daiusi, chiamati, allorn^
comtitiemeDte Noi-maoDÌ, cioè uomipi^del sftt^D-
trione , non sensa fatica contenuti *t aegOQ dai lui
8'tesso , gli davano forte tipipre che col .tewipqi
avtfferp & fe^ar grave., disturbo e ti^av^gUo a'sijoi
aucpesson. In f»tti ooì.vediretaoi quella oaaio{ie non
solamente ipfestar la Fi'anoja e, ridurre qupliregovi,
air estremo » ^i^Venire eziandio dalle ultime spiagrj
gè delr Oceano occidentale a fondare un nobil r,ea'
me nei confini d' Italia . A questi timori di maji
estnngfpi e rimoti ^* a|;giuasero i disgusti presenti
per. gli scandali di sua famiglia, e. per la perdita
de' figliuoli primo e secondogenito: sltoile infortu-
nio avendo angora in questo al primo augusto e
foodatore del Romano ii^erio. Di queste sv:entU7
re domestiche ebbe singolarmente a partecipare lo
stato d^ Italia . Dei tre figliuoli legittimi , e già'
fatti d'età matura ed abile al governo, morirono
i due maggiori , Carlo destinato re della . Francia
Tomo TI. i6
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342 Delle Bivoluzioni d'Ixaua
orientale* e Piptao redt Jtalia; e preyenoero Vana
Si tre, r altro di Quattro Anni la morte del par
'dre . Era giunto Fìjpìiìp 'vi alK età ^i treotàqvaUro
Bofii, quando morte iEbportuna Io toUe(AN.6io}
ini genitore ed al r^oo» ìq tempo appOato', che
pel vìgpt dégU anni, e per la praticnt già a.c(^t»,4
«tata e del oìtìI govetoo, e del mestiere dell'armi
era ftitto capace dì fegoaf con van'ta^o de'sudf
diti , e laude suft .. Kon solamente in Italia egH
ftVea avuto a far guert-à pHma coi Benevéntanf ^
è pòi co' VeDeriani' (tratto rafooio e nòli Ti^n sn
> ctiró della stòria Veneta); m& si t^ra anche àdór
fetAto nelle cose di Gerilaaóìà, dovè abilara col-
}e foi^e del st]d regno a decoddar le imprese cid
padre.' Lascib egli im suo figliuolo dì tenera etk
per flomie Bernardo, cui CarloHagooglidie^per
toccessoM; e 1* Italia dal governò d^^ùó' prtnoi^
'à*irk perfetta ed esercitato al cotuando , ' tassb
nUovameute 'sotto 1* attutiinùtrazione d*uD faiiciul-
h ; Questo danno' fu tuttavia per afcùn tèmpo
menò seiRìbilè per la ftaTÌez2a'e' per' V esperienza
d'iW tjttìm^o miaiatfo cbè fu Adélarjo jibàte di
Cort)eìa ,' già' aio é priricTpal corisiglièro del mor^
io ~re, persona non isieiiò celebre' tiegH annali^
ecclesiastici e mòtiasrici , che nella stona dei re
^''FràDcia e d'Italia; perché, olire ài merito wó,
egli era aflehe' nipote di Carlo Martellò, è perii
cùgitìo di'Cdrlo Magno. ArévaAdelardai per com-
pagno nel ttiioistero un suo fratello per nome Vaia,
uomo secolare, ìai di lealtà non meno esperìm^ntata.
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"' tiBtio Vm. Capò Vlt 448
KessWQ questi due fratelli it regno d* Italia e la
fadciullezza dal té Bernardo ■ nt* due o tré aom,
bh' ebbe MaOot di vita il già vecchio inipecadore;
Aia mòrto Carlo , è succedutogli t»^ neirimperìct
tome nel t^gno di {'ràdcìa Lòdovicd coguoniiuato
il Fio, 6 H fionarìot titilco superstite de* fratelli,
|)oco, stettero à fatsi sentire gli effetti del nuoro
goyenu) » e Bernardo ebbe tentostd A óodosoere
come fbss6 diverso l'affettd d' un àvolo ridotto
6uàsi air orbita « dd iquel d* uno zio che' ^veya fi'
gliiiott. t cortigiani i invidiosi forstj del credito de
due fratelli Adèlardo e.Vala-j insinuarcelo.. al nuor
Voinlperadore, doti eiser cosà pei^ lui aicura. cl^4
due uoniTui di nascita si chiara e di tautat IripùtaT
iióai fossero lasciati amministratori , d^ un ai bei
regnd', qual ftrà 1* Italia, sotto nome d*.uii, re fan^
òjullo . Mo^ CI Volle molto perchè Lodovico -Qata
(jbtt qualità propne à lasciarsi àggicaré da^ suof
éortigìani « rìchianiasse d^ Italia e cacciasse, ancha
iri esilio 1 duci bravi ministri, alla caduta de* .qua-
li poco stette à. ièoei' dietro la rovina del.re Bei*
nardo < Ma benché Loddvitid trattassd {juésto xé it^a
nipóte con poco più dì rigore é^ di dcudeltà 1 ,clm
non SL sarebbe dovutd aspettar da titt ^rénto ..d
da un principe cbe pottb ùotxM di Pio; bisogn»
dodfèssar nondìmend, ch'egli merità>:]'il parte;|cl
«degno dell' imptiradoi* per tsser-capq à* una rw,
belllobe , là quale siocoma si trasse dietro incoa"
tanetite mutà2ion di go^ertiQ id Italia « òost fu for^e
^ìiì tèmpo ocdaeione delle turbolenze che nacquero
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a44 Delle Rivoluzioni d'Itàlu
nella famiglia di Lodovico , e della rOTÌna totaro
della potenza de* Carolingi . Prendiamo pertanto là
cosa succintamente dal suo principio . Lodovico au-
gusto, appena passati tre anni da che ^i era re-
stato solo sul trono di Francia e dell* ilnperìo ,
l'olle, ad imitazione di quanto avea fatto verso dì
lui lìles^o Carlo Magno , associarsi uno de' figliuo-
li nella dignità imperiale, tuttoché avesse non già
gli stessi motivi ch'ebbe Ìl suo padre, ma piut-
tosto flirti ragioni a fare il contrario. Aveva egli,
oltre al nipote Bernardo che rappresentava h per-
sona di Pipino fratel primogenito di Lodovico, tra
iìgliunli, già tutti, o almeno i due primi, usciti
di fanciullezza: di modo che qualunque dì loro
avesse prescelto per farsene un collega nell'impe-
rio,, non poteva ciò farsi senza. disgustare gK' al-
tri due fratelli , e con questi il nipote (i)- Ciò
non ostante in una dieta di baroni ne ' prese pri-
ma il parere, « dichiarò augusto il -figliuolo mag-
giore , chiamato Lottano. Avvegnaché questa mag-
gioranza di grado d* un de' fratelli poco piacesse
agli altri due, ella dispiacque forse d' avVàntaggio
a Bernardo, al quale, come re d'Italia,' pareva
che più si convenisse il titolo d' imperador Roma-
410 (2). Avea questo principe fin da' primi anm
dopo la morte di Carlo dati segni di pocadivo-
?ioue al re di Francia suo zìo, pretendendo fórse
" '■ [i] 06 hoc fratret inài^iiatì funf-.<Tegaat affatiti. 817:'
^3] y. £l«DÌeI Hill, de Frloge pag. Sd^i et «eq, '' !'t .
0. Google
I
. tifeio vm. CAPd vn. ' £45
lai voler governare I* Italia da vero sovrano ed in-
dipendente ; laddove, regnando Carlo, tanto egli
quanto il suo padrePìpìno la reggeano, non ostan-
te il titolo di re, quasiché da semplici governa-
tori. Ma la differenza era. manifesta tra 1* obbe-
dienza dovuta al padre ed all'avolo, e quella cW
potoa pretendere uno zio , in tempo- che i regni
s' usavan dividere tra' fratelli . Or vedendo il re
d'Italia, che Lodovica destinava ad altri l'impe-
riai dignità con suo pregiu<ìizio, non si stette a
covar ■oziosamente nel «eno il suo8dtìgno(i). Sa-
pjBvasi alla sua corte, che molti de' signori. e de'
prelati Francesi si' trovavano mal soddisfatti di Loi
dovico, sotto cui si vedeano scaduti da quella ri-
putazione che avean goduto sotto Carlo" Magno,
Si può anche credere che questi malcontenti, fra
ì quali il prineipafe era Teodolfo vescovo d' Or-
leans, sollecitassero Bernardo a farsi capo del lóir
partito-, e muover l'armi contro la Francia. Ma
Lodovico, e i suoi favoriti che aveano eguale in-
teresse, al suo in questa congiuntura, non tarda-
rono guari d* aver notizia della conspirazione ; é
prima, che. il re d' Italia fosse abbastanza fatto for^
te. per resistere alla potenza dello zio, fu cosfret"
to.tji. darsi per vinto, e di venire ai piedi dell' ibi't
peradore a chieder mercè . Così la raccontano glì
storici ì'canceai ; ma la cronaca d':^adrea prete,
che aliar vivea ,. ci porge argomento di crederà
.[1] Uemoria del Governo di Milano d«l conte Giorgio
GiDJiai loui. I, lib. %f pag. to| g.
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S4Q Delie RivoLuziom B'ItiuA:
ebe Bernardo fu trailo io Francia dalle false proo
mente di pace e dì buon accordo, che gli fece
1* imperadrìce Ertnengarda , la quale eoo insìgno
perfidia Io trasse al laeck> perpoferé colla rórlott
'di luì 'pròocurar Riag^ìore slato alla- sua peole .
Venuto adunque m Fraocta il re Beivarda* ^yri^
eevuioTÌ con molta fierezza da' Lodorica che ri
lasciava guidar dalla moglie , fu subitamente co-
stretto a nominar tutti coloro che aveano avuto
parte neNa soa rìbelltooe ; Poi fattogli tlprocesio
in tìo^ a!!^emblea di baroni^ fa (strana ràcaÌKon
re ) condannato ^ pèrder 1^ testa come, reo di iel^
Iònia.' L^fniperadore,' perfài^K grazia, drdlnb'c^
Iti vecÈ di tagltarglt la testa, fosse solgmeate ' «e-
eecato, ìmitàodi) in ab la'barbara pòl)titta'>jdelfci
corte dt Costantìpbpolt, dove da più d*'UD'«a<x4o
èra invàlio il costume ^abbacìn^tfè gt* tmperado*
ri 'deposti e gli aitri -prìgioniert . Ma 1* or^'oe di
privar' degli occtiì l'infelice prindpe eTu- eteguiio
(yn sì poca piacèToIezzav che in ineao di tre
èìòrqi' nie perde la ritct . Così LodoTÌeo rioiÀ Del-
la sua persóna il regno dMtalia, e si trafvÀ''s%DO-
re eli rulli gli stati posseduti 'da Garid Magna suo
padre '.' FWice fui, gè dopo avere- con ' tantòt sens-
riià punita là ribellione, non' fbss^ sconaiglièUa-
meote caduto negli 'èirtrèmi afiattq contrari ,; ^e
h rendettero. poi dolènte e'tniserQ per tuno^n*
manente sp&eio (tei river «uo I - •■ ■' * ■> ~ j---:
0. Google
. imn VHL Capo Vili, t 847
■ , ..,;, e, A. P O. vili. , _ ^
iJO/XDtttno i. impenàor»- e ro,'^.IUiUa;vari sucr
> -43aai tUtiaanafi^eUiiWit conerà il p(i^-: ^-kvrt
- ' A dsl imnac» ■■ J^aìa pfim^^- miiìiso^ ^U stai»
f- p€f h coiS<D-£ Jtaliai
L.p.ooQ'S^nte dalla . aorte di j^raardq, IMmpo-
/md(»r,.£4^Qvico, .già pùnairiinastpi vedQvo ^ fu
■jter.OojUfglio de'sucà iadottQ {t menac altra sppsa,
la qUàI iu GÌMdÌtt« figliuola 4* n^^r Q"&I^ nobilìs-
-sim» fiaTapeiB..E forse per ieror alla, ouoya veg^
«fia lar presenza: d'.UQ %li^9, e; perchè Lottano
4hhii fq««f ifit^blig^to a fj^r 8M9 ^oirte ad uqa matri-
.gDa«,'il)^tB«id^~^t.gpTCnio delle. pfovÌQoif! ()Ì ^uà'
de£i' AJpi, aggiugocDdogU -al. titolo ..cl]e.,gi^ pqr-
tatya4'iffipe!i;ad(jj"re,, queHo di re. d' I**^'* v Ff^^
.'tanto ^eooì de,* partigiani del je. Ser^ardo^ ch'.^
MHu». fit^tir f elogiti in varie ist^e 0, ia Qioiiasterì,
•fatóDe:- piai favore di qualche, ocpulto. congiiirato
i. sofiapftto «UUfi. rovii^ (»mune , o da .qiivJfuique
- jd^ ;ù .fìMftft :ÌDYÌd>i;^ della, /a3don4oinÌDaiitfi,.ri^
-sUaiB^ti «Ila cprte^i). {nsiijua^ c»Btoco destra-
rtmeotfl^fttpasle^ di A4^*c^ » - tsinH dbeco.e prp-
diiJaoi)ipt4»ila;Hi^''m(^eatìa e.s^iiUa^ vita cb^ mf'
nava nel monaateEQ , ch/^ ,ìl, trpppf) .ntutabite
[1] Ballibert. ia Viu Walae, — EgiaarL ia Annal.—
V. Daniel «no. 811 , pag. 579.
0. Google
348 DEttt RivoLtiziONt p'Itàua
imperadore lo richiamò -flllft corte, eabbaqdOQato
ph'i che mai a' consigliai lui, restituì I^uiagraa^
quasi' a tutti coloro che prima n'^anc) 4?c04Mti^
Me qui ei stette la boatà di Lodovico,' m^ ccw?
va* azjooe più , conTeuieote ad uo novizio rel|gip,-
•o, che ad un reggitor di popoU » i in aOraerosft
adunanza di baroni e prelati del. suo reggo,, qqq
pubblica confessione accusò se stesso di ciò eh* em
seguito nella causa del re Bernardo , come di up' ior
giustizia enorme e scandalosa, ancorché eglinoA
Bvessie fatto altro che eseguire, con dimiffuiinento
di pena' la sentenza portata da* giudi^ legittima^
mente deputati a quel processo. Or unatto.^'ur
mittà così irregolare dovette screditar- fortemente
il governo , e levar via dai sudditi quell'apiQÌQDé
troppo necessaria per la pubblica tranquillità , «he
il govemp agisca sempre con buon fondamcQtp.-
Comunque sia, l'itna e l'altra corto di Lodovico
e di Lottano si trovò governata dall'arbitrio di due
fratelli monad, Adelardo e Vaia, l'uno divenuto
ccmsigliere ìntimo e ministro ^i Lodovioo , l'altro
mandato iquovamente con Lottano inItalia(AN.8a2)^
dove già avea sotto Bernardo con grandiesim* au-
torità amministeato ogni cosa. Noi poesiamo forse.
attribuire al consiglio di cotesto monaco che sicu-
ramente fu de' grand' uomini di quel, secolo (an-
corché non vada esente da rimprovero' ogni: siùt
azione ) , tutto ciò che si fece di buono tanto nel
governo civile ed epclesiastico , quanto nel ristora-
mento degli studi nel regno d' Itali» pei ht spaaio
ovGooglc
:... liàlo Vm. CapòVDI • 049
|8( é^a «ette' «UDÌ d^ feifipo che Lof tario ne pie*
Sé ir amminfstrHzione fino alte turbazioni grandis-t
sitiie'cbtfsilfcvaronoper tuttorimperio □eIl'83o(i)t
Ma U uuoTa regina e iniperadrice Giuditta «nda-^
-Ki.,pi«parando materia a novità non più udita-j
l.a bellezza di lei e Ja^Tivaoìtà del suoiog^oo U
fendeHefo subìtanrenteatb^'à 'de*' voleri di' iuò
Biarrto , il quale per le Bt^gesttosf di GKiditEa ikté
voleva > come donna di gr^ade ' aniBH> , «imAM(ti<^
strAr rimperìo, cominciò a peirtirai' d'aver oedut
to troppo precipitosamente al figiiutdo' l staoi ■■sta*»
ti . Ma questo rinorescimecto fu assai più fortti (
tiUorcbè la novella sposa gli . ebbe partorito uà'
quarta fì^ìuol mascbio , a cUi fu datoiil noiAe dr€àv«
io ; e ohe direnne poi- famoso neHa rtoria di Fraiic̣l
ffitto nome di Carlo il Calvo. Troppo era naturate
che dcpo la nascita di' questo figlÌDalo UBStiésse ai
genitori il pensiero di provvederlo dì stàttf';' 'èet
uopoera per cons^uente di scorèiar le porzìorf
già' destinate , e quasi già date in mano ai ti-e
fratelli maggiori f o acquistEtre Un nuovo regno
al principe Carlo . Questo secondo spédtente tton
era. né conforme allo spirito dolce e pacifico del-
l' iniperadore , né facile a- tentarsi- senza l' i'nter-'
Tento. degli altri figliuoli che già arcano' in raa^
no: le forze Tuno d'Italia, 1' altro della Germa-
nia Foancese , 1' ultimo di bea mézxa In IVanóìa'
Gallica-cbe portava nome di regno d' Aquitania'.
[U V. ap. MaMll. taec. 4 Benedici. Vit. ,W«Jae, «v«
Àt3e»if ab. Coi;Ì)«)eD9. pag. 3^8-9 ed; VeQ,
ovGoogle
lS« Deixe Bn^uziom p' Italia
Sì (r»tt^ adunque d^ qn puovo paPteggiivneiitQ <)(
«ttrti , per dividere in iqoattro ^ttfi la nyfssa, doU
ifr stato cyeraù da {wima p4itÌto ìr.Up^ I tre
ììfateHi' «li non potea pÌBo«« (presto proftettq^
«ema trofei oontpUmentì feoeso accorto V inpt^
néix9 e la sua corte, ck* em non erano per. acr
««WDtìic à nuQira divisioiie di rrgoi. (l): tavtf
ohe da una oosa aU' altra n ve^ao a, dis^owine
apei4ft tra padre e BgliiniU «en inBuìto scandale
V degli ucmini t^ aUora ¥Ì7e£tiio , e de* posteri
a cui la storia lasciè xo&tasza delle p«r6die e de^-
gli spergiuri cba furoB commessi ia quelle o^tì-
Date contese, e dell'abuso che f«(»ro taoti ve>-
«GDvi e taoti monaci dell'autorità e. del credito
lato, per sostenere una manifesta ribellione,.. ^-
po principale ^i que'ribcHi fa Lotlarìe.rfd' Ata-
lia, ooffle quE^li cii'cra e più degli .«Itri iote^M*
iato- tf non lasciarti scemar la paile che a UM
leccava della suocession patema., e ohe .oelll ain-
.bizirae e nella, cupidità di oan)andare..fiuperavaii
fratelli nainori . Ma toccarono anche a Ini i prinù
cattivi frutti eh* essi ebbero a laoco^liere .^1 lo-
ro ammutinaménto 1 £ la caduta di totta^iq pro-
cedette da que'oMsa stein ohe aveva scelti |>er
fermarsi più sicuramente sul trono. Aveva egli
■tentato d* indun» il buon Lodovico, a ^ risanar
totalmente all' imperio, e gli alTe%ma9^t<hd^ at-
torno due monaci che credere d'aw'^a^agnati»
(■) Vita liodovici Pii. -> Eginar. in AniuL ap. Daniel
ovGooglc
ti- fiìieHK'. pfet^soadcifto a pnndw T abito teU'-
^róso'. Mft irc/vaàào i monaoi il «ecdii'o te.poooi
ìdiiposto àd'tibbraec^ fuetto pairUto, 1- un d'est
«> p«rfionie t^omb^o^ intrapreaet un < maiipggw»
ìdakb diVeno da quello che Lottano tuptUava,
Fercfocdièo' mosso Terameiria a oompassiesa d^
CìnfelK* re, 0 sperando di riceva da lui magr
gior ricompensa che bob avrebbe avuto servHulo
liottario, seppe sì bene adoperare, che neoneilia?-
fi-fd padre i àaé midon figliuoli, Kpinfi eLodor
Vièò (tì' Baviera, 'U partito d«l vecchio impe^ador
ita'tonìfr n forte; che egli j:rùtabi)it(> nel trono,
poti' floche punire tutti i còlpevdi doUa- ribelUcv
tie. Pu però Lottarlo privato' del tifala d*im|>era-
dore', egli fu solamente' lasciato il regno d'Italia,
a condieiobe QDOòra ^ ébsooo dovesse far cosa di
moment^ sènza là am» prinui paxteoipe U padr^;,
tacendo qud Agno ntiovQinehte accetto ^la oa<
iona F^anoése (i); ondedbè tocnofiaen^ in Loa»-
bardia più coafinio e woroato del mal successo ,
chéipentito della sua impresa. Come ^tt fisco
appresso n sollevasse di auevo; comti d* accordo
eòi diiè lì-atelli, facesse rìbelkc tutto lo stato al
suo padre; come, fatto prigiotm, il facesse oon-
'd&oaatt da -un oòncilìabola di vescovi ad una pe-
^ÉiieoM't^Otìioa per vane imputanooì di delitti,
6 'il riducesse a viver da penìteate in un nioca-
'|tè»i di S^issons-j 'fd costreUo dal .» dì Baviera
(■) NiUi. lib, I ap. Daniel pag', 611.
ov Google
(t5| DEtLE Rivoluzioni o' WAtiA
SUO' fratello, il traesse di'qudla religiota prigìébef
e finalmente dopo, varie vicende , [ìrevaleDdò il
partito del padre; Lottarlo fosse uà' altea volta
rimaDdato pieno di - coofuàoiie ai ^uo governo
^'Italia: iitm è cosa che si apparten^ al sog;get-r
to di questi libri . Se non che gioverà riflettere
che in que' cinque anni che Lottarlo si trovò oun
tanto calore invischiato nelle civili guerre di Fran-'
eia. le cose di queste ptovincie non poteron pfo^
cedere altro che male per le mutazioni frequenti
de' governanti , pei diversi umori ed interessi chn
avevano i conti e i duchi, e per una specie d'a*
garOhta che nasceva necessariamente dal sentirsi
che ora Lodovico .Fio ^ ora Lottarlo preyabvano ;
ed, ora a nome del primo, oca a nome dell'altro
u r^geva T imperio, e correvan gli ordini e le
spediiipni . U celebre monaco Vaia , già nomina'^
(o .di t sopra , il quale avrebbe potato fer mena
male che qualsivoglia altro de'miniatri e .favoriti
del re, fu egli pure dalle aoHecitazioni der^suo
signore, o da falsi pregiudizi di zelo tirato a par-
te negl' ignominiosi maneggi delle gu«;re civili*
e passò il più del tèmpo in Francia in tutt* altro
opere che di solitario, finché eueor esso'^ tornata
in ,Italia, fu da Lottano fatto abate di s. Colom-
i^ano in Bobbio (i).. Ma né Lottano stette Inn-
gamenle . quieto al governo del suo r^^no-, ni
V^Ia nel suo. monastero. L'imperadrìce Giudittài
(0 MabijI. Anaal. Bebediu. -" t '
0. Google
/iiIJB^ó Vm. Capo Vili. à58
«tata par ^addietro nemioa capitaliesima ediEof:-
tariò e di Vaia, si mosse ultimameote a cercar
con «omino studio l'aiiiicizia dell'uno e dell'ahjro*
.Vedendo .ella il marito oggimai vicino alla fine-,
e temendo tuttavia', che i due figliastri o d' ac-
cordo uniti, o ancbe separatamente, come: pia
maturi d'età e perciò con maggior seguito Al
partigiani, non cacciassero il figliudl suo Catto il
Cairo (tei regno di Aquifania che gli era stalo
- assegnato, qiiando; questo giovane principe rima-
nesse aenia l'aiuto d'uno de'due, s'avvisò savia-
mente, benché poi l'effetto seguisse contrari, di
riciroeiliarsi con IjOttario , e cOÌ vantaggi eh* ella
potea proccurargli vivente il marito , guadagnar»
sene l' amicizia e la protezione per l' avvenire . Il
vantaggio essenziale che Giuditta potea portare a
Lattario, era dì rimeftterlo pienamente fièlla gra-
zia del paà'e,.e con ciò fargli restituir buòna
parte ddle provincie e il titolo d'imperadorei
ond' egli era stato privato per le sue ribellioni .
Ella avea per questo fare , il maggior destro del
mondo, perchè Eiodovico non meno tenero del
priuoìpei Cario ,. ohe ne fosse la madre , già era
molto bene di ctmcerto con lei in questo negoìiia ;
anzi egli stesso si fece mediatore per riooDoiliare
ooU'imperadrice. l'abate Vaia, stimato unico strc
mento valevole a trattar poi gl'interessi comuni
di GiudittB,:0 8Ìa.deI i-e Cario e di Lottaria(i).
(i) Pasch. Bath. ìd Vita Walac ap. Mabill. ubi sup.; et
panie! paj. Wg. ^ . .-;. . ; ;: j ■[
0. Google
iè4 tìstu tiFiftfLvtnm h^ìfAUÀ.
"Mi finma ch« é 'buon termìae -it cftoHwcMBtttf
questi trattati) Vaia aloidi tottarJo; «ItiV «ll'inc
fiacdd ctie g^ di^e tioa tnàUttk ^ràggiilati^x
in ifiieiti fraogenti,' andata ant^t-a frappottetidtf
HuOTÌ ostàcoli alla siii Hoo&ctliaitidDei ptt-ìà^o»'
tenie ch'egli faeerd ia Italia « indarno òuMiima''
tbente dtAla Chieiat e iit odio -di tutti (!<rf<Atxchtf
ATcaDo btìk pasBaté diaootdie dato -qdalcbé iegaa'
di rispetto b all' jm[>èrador Lodovi()ò sqo-padMt
a e^a hiatrigaa CiudittAi k ctualfi in tempo fi^
H partito de' ribèlli '^rcTaleVa, «ira stata i^^ta
in uii monastero a Tortona ^ Ma •qdeiHi iiB^afciiM'
sima impèradricé non toglieva pevh gli ùcefai'<^U
li mira «be sì ^a prefissa j 0 éoitó it tnafiéggìd'
d' Una niiovà ainicli«vo]e diviaioBe di séati da Saità
col re d'Itfdiài ibdii«sa ad ^i biodo il hiaHto
ad aeerescere, «orae fìscet la- pòritond ài |»in*iù^
Carlo i Questa co«a eccitò » fratelli di bet iUMò:
alla gùetra* Ma Lottarìo- patte àbbattatd dalt^
, forze del padre i parte «ddòIciCo dagli >^ì62li^dì -
Giuditta t acconsi^ ■ ella dìsptmzioiW' fatta in '^ '
tor di Cftrloi ed ottenne aoebd !># ià' itotatril»
^ggtoltta al sud dotbiòioi Né >(«* qiiesto rimase
quieto il buon todovico i ooàdatmato dal Uùa
destino a passar la vita con Vami intoatio cofl-
tre il propria «àngnei todofrico , altro fi^gliùtìfo '
deirimperàdore* già fatto re di Baviertìt rìptìtón^
do»i pregiudioato da <jueit*uÌtÌtoo epartimento dé^
gli stati patemi t mosse nuova guerra a suo padre,
il quale parte per Vecchieaiza, parta fa 'questa
=dDvGoogIc
: tiBso vai. Cam vnt |?ì
nuova rit»lUo»e d'uà figliauio , e fa t«*agB
detti ttard» ?■ Mìa guowaj si tarai io un'isola
ticinp h Magoni*, allorohÌ! già avendo bpitretto
kHa iiSrala il figliuol ribelle, stav». per dat nu<H
»i oriiOaBeoti per li sicUteiia del predilettoci,
lo » dell' impetadribe, « lasolatt morendo, m pa^
Da' la «la. famigli». Hncipe per pietà é p«, de^
liolBaà egualmente famo») e' pe^ ricopiarne il
«aeatteré.chetólle Spegare in poobé patol» Un».
Slotico Francese, fu principe Stlimot pnixé ttopf
pa bui*o, oattiró pjiticot imperadot medioésist
«itóo, beucbt Tirtttoso (i).. .:
. 'Ma: per là morte di Lodovico ìiou céMàionoJ»
disoonii* della famiglia teale; e anòorchi tutti •
tre, i fcatelli àvesseto qualità dà tegnaré, miglilirii
forsèi thB aoU ne: aveste il padre loh)i noti mi",
fiorii pet inltb questo lo (tata de'FraUoewi .i*
quel d'Italia cbeavea it ttiettà Union» con jB
afiarl di BwUoi»; L'Ambinone e a gonio àvidi»,
ed inquieto di tottario, cagiona principale delle
calanuta accadute sotto Lodovico, riaccese ancOr
t-à'dopo la sua morte lo stesso fuoco deUe gUetrg:
civili.. I «noi disegni fcrano.fi Vasti, che tiravano
per pocp ad occupare tuttì gli stati dell* Uno e
dell'altro fratello,, mostrando perb sempre ora di
Volei^ difendere il ,re d' Aquitània dalla cupidità.,
del re di Baviera , ora di far, a qUest' ultimo queU
la. ragione cbe non gli.aveà fatto il padre troppo
(0 .pan»! fag.. 646.
0,'Googlc
a 56 Delle Rivoluzioni d* Itaua
iodÌDato alle Toglie della seconda moglie . Ma il
re Lodovico e il re Cario che d'cw innanzi chiame-
remo Cario il Calvo, si furono senza lungo indu-
gio avvedati delle- ree intenzioni del maggior fra*
fello ; ed unite le forze loro * come uniti etano
gl'interessi, stancarono gì fattamente il lor nemi-
co, ohe Lottano, o di buco grado o per forza, do-
vette dopo tre anni dì civil guerra, ridursi a.
trattar sinceramente di pace ( an. 844 ) , affinchè
così gli uni come gli altri potessero rivolgere' le
forze che ancor avanzavano alle intestioe batta-
glie contro i nemici esteriori, i Norraanoi da
uu canto , ì Saraceni dall' altro , che ogni dì fii-
eevano maggiori danni alle provincìe soggette a*
Francesi .
Neil' anno stesso ehé questa pace fu stabilitft
fra i tre fratelli, Lottario augusto, ancorché md-
to non gli rimanesse a travagliani nelle cose d'ol-
tre monti, e potesse di l^geri venir in Italia a
provvedere alle cose di qua, stimò meglio di
mandarci il figliuolo ohe portava il nome dell'ava
e dello zio , <aoh Lodovico, seconda di questo no*
me fra gl'ìmperadorì.
0. Google
Libro Vili. Capo IX. aS?,
.CAPO IX.
J)i X^ovico IL imperadore e le d' ItaUa : rivol-
. gementi che al suo tempo avvennero in alcune
Provincie.
XJeochè dopo aver mandato in Italia e fatto co-
ronar re Lodovico suo primogenito, EiOttario<ai>-
-gutto sia vivuto ^cora. undici anni, egli non
sembra però , che s' impacciasse gran iàtto nelle
cose Italiane f se non forse quanto gli pareva ne-
cessario per aiutare con suoi consigli ed avvisi -il
6gliuoIo. Né alla morte del padre cambiò egli di
italo e di, fortuna: perchè avendo due altri fra-
telli , air uno che fu Lottarlo , fu lasciata quella
parte di Francia, che poi si chiamò dal nome di
lui Lottaringhia o sia Lorena ; e V altro iti fatto
re di Provenza . A Lodovico U. rimase il solo re-
-gno d* Italia col titolo d' imperadore . Ma l'Italia
a' ebbe almeno questo vantaggio , ohe il suo gOf
verno fu per allora fatto indipendente da ogn'in*-
iluenza di dominio estero, talché pei vent'anni
«he visse Lodovico IL dopo la morte del padre,
-«gli fii il primo e il vero ai'bitru e di ragione e
di fatto di. tutte le terre d'Italia. Arbitro, dico;
perché quantunque egli e per la grandezza del
suo regno che abbracciava tutta la Lombardia, e
per l'autorità sovrana che come re ed imperadore
Tomo IL 17;
=dDvGooglc
a58 Deiìe Rivoluzioni b'IjAtiA
vi aveva sopra i duchi che governavano pa-
recchie terre, potesse da? legge a tutti gli altri
principi ; non è già da credere eh' ei fosse sìgno-
1-e assoluto d'Italia come era stato Teódorico, né
ancora come furono tra > Longobardi Liutpraodo
e Astolfo . Ad ogni taodo uon si fece nfe si trat-
tò cosa in Italia, ch'egli non v'avesse la princi-
pal parte.
Conrerrà qui accennare nd più breve modo
che ci 6a possibile , le cose di Benevento , nelle
quali ebbe EiOdovico II. ad impacciarsi ora con
lòde e vantaggio, ora con disonore e con danno <
Ed ancorché i rivolgimenti che allor avvennero in
quelle contrade, debbano a molti parer per av-
ventura poco interessanti , non è per' ciò inùtile
di volgervi V occhio di quando in quando , per
osservare per quali gradi e vicende quella sì no-
tabil parte d'Italia venisse a formare un sol rea-
me nel modo che viene presentemente . Oltre che
non si potrebbe dar giusta e compiuta idea del
regno di Exidovico , senza qualche ritratto delle
cose di Benevento. Che se alcuno de' nostri' let-
tori desiderasse più distinto ragguaglio di quelle
rivolùiioni di Benevento, Salerno e Capòe sotto
i principi Longobardi, potrà consultare Camillo
P^egrino (i), insigne rischiaratore di quelle sto-
rie. N& mancano altri moderni ed atea! nòti au-
tori, che più copiosamente ne scrissero.
(i^ Slampato prima io Napoli nel ifij3 , e poi dal Mu*
ratoti nel tom. tt. Iter. llal.
0. Google
tiBRo vai. Capo IX. ìSg
ÀI valoroso Adelchi ( di cui abbiam ragionato
^ol sopra) fondatore del principato Beneveataoo,
èra succeduto il Bgliuot Grimoaldo, il quale es-
sendo morto senza lasciar di sé prole maschile,
ebbe per successore un altro Gritnoaldo, chiama-
to per soprannome Storesaiz (i) . Spento costtii
pfer congiura de* suoi conti e castaidi , gli succe-
dettero nel principato Sicone capo de* congiuratu
uomo torbido ed ambizioso; e poiSicardo di lui
figliuolo, assai peggiore del padre ne' vizi, e noa
■feguale nella bravura; La crudeltà e l'avarizia dì
Sicardo condussero a tanta disperazione i Bene*
Ventani, che ti tolsero dal mondo dopo non molti
abni di principato. Fu eletto in luogo di lui Radel-
cfaisio gran tesoriere dello sfata, il quale per bon-
tà, per senno e per valore avrebbe dì leggeri po-
tuto risforare quel principato. dalla passata tiran*
side scompigliato ed afflitto. Ma la troppa libei*-
tà e r indipendenza a cui s'andavano avvezzando
non meno i conti o governatori , che ì popoli ^
rendè il regno di Badelchisio troppo travaglioso.
ed infelice, e di trista ricordanza a* suoi .posteri .
Era Capoa , fra le città soggette al dominio de'
Longobardi Beneventani , quella per avventura *
che più delle altre aspirava all' indipendenza ,
forse all' esempio di Napoli i d' Amalfi e di Gae-
ta, le quali, per essere dipendenti da' Greci im-
peradorì troppo lontani e poco potenti a sostener
- (i) Storia del Regno di Napoli lìb. 6, cap. 6, 7.
ov Google
s6o DtLLE Rivoluzioni d'Itaua
le rose d* Italia, rallentavan facilmente il freno
alle città llaliche ctie si tenf>ano a lor diTOzione,
e che goffo oome dell' imperio orientale si r^-
gpvaoo a forma à' imperfetta repubblica . Capo
del governo era io Capoa il conte Landolfo, il
quale o per vecchia inimicizia che avesse eoa
Radetchisio , o perchè avesse ancor egli sperato
^i salire al principato allorché fu morto Sicardo,
o finalmente per qualche altro più recente moti-
vo di sdegno e mutui sospetti , nodriva pessimo
voglie verso di Radelcbisio . Pertanto , non sola"
inentp fomentò ne' Capoanì il desiderio dell'indi-
pendenza , ma fece occultamente sollecitare in
Benevento, in Salerno, e per molte partì del
principato tutti coloro che si potean presumere
mal soddisfatti di Radelohìsio , e strìnse lega coi
I^apotitani già troppo pieni di rabbia contro quel-
li di Benevento , da cui spesso avean ricevuti dan-
ni e molestie , Ma Landolfo o non volle o non
potè ottenere da' sollevati d'esser creato prinoipe
di Cappa, essendosi giudicato opportuno, per dar
più riputazione al partito, d'inàalzar a quel gra-
do Siconolfo fratello del morto Sicardo , e che
per ragion di sangue potea presupporsi chiamalo
alla corona per legge o per costume, e rendere
per questo solo riguardo l' elezione di Badelchisib
vacillante e dubbiosa. Era stato Siconolfo, re-
gnando il fratello, cacciato in prìgione; donde
trovato modo di scapolarsi , e statosene lungo
tempo nascosto appresso d' un suff cognato" conte
0. Google
tifeno Vin. Capo IX. ìét
fli Consa, (juindi finalmente s'era rìdovérafo in
Taranto, come terra con soggetta al domiaio dò'
Longobardi . Da Taranto fu per sollecitazioae
d'un certo Danserio nuovamenle bandito per or-
dine di Badelcbisio. Ghiaoiato a Salerno, vi fu
■da'Salernitalii, da'Capoani, e da alcuni Benevep-
tani partecipi della ribellione, creato prìncipe.
.U suo partito si fece in poco di tempo sì forte ,
ohe Radeichisio vide levarsi dalla sua obbedienza
una grandissima parte delle terre soggette al suo
principato . Quindi , acceso d' indicibile sdegno
Contro ì ribèlli , né perb vedendosi forte abba-
■s^oìta da poterli reprimere, venne ultimamente a
pigliare di <]ue' partiti che solo nel fervor della
-collera e nel desiderio esuberante di far vendetta
possono parer buoni. Già erano j alcuni anni ad-
dietro, pacati dall' Afriòa nella Sicilia i e dalla
Sidilia ne' littorali d'Italia i Saraceni, conquista-
tori rapidissimi in quell'età; e s'erano stabiliti in
Taranto; A questi barbari ebbe dunque ricorso
Badelcbisio , i quali troppo volentieri , invitati e
non invitati, mettevano piede ne* paesi altrui; e
però Cominciarono a far costar caro a Siconolfo
r aiuto che gli portavano , occupandogli subita-
mente Bari con altre terre importanti del suo da>
minio . Il vero è che con T aggiunta dell' armi
loro Radeichisio divenne superiore di forze a Sf->
conólfo. Ma questi non volle cedere per tutta
questo, anzi all'esempio del suo nemico si, rivol-
$e -anch' esso con pernioioio consiglio a cprout-^-
0. Google
jt6z Dbixe fliTOLuzioHi d'Italu
' aiuti de' Saracrsi e de* Mori dalla Spagna e dal-
'l' Africa. Venne pertanto un nuovo sciame di
crudeli e rapaci barbari} e i due partiti che con
pari aiuti di Saraceni si fecero aspra e rabbiosa
guerra, non altro fruito colsero, che quello di
vedere i lor paesi saccheggiati e distrutti , e tut-
.fa Italia, la quale, fuori di queste guerre de!Be-
neTeniani, godeva pace sicurissima, esposta ed
aperta alle rapine di crudel gente che non era
>per lasciarsi ritor di mano s leggermente la pre-
da a cui era stata invitata . Coovenne .fiualtnente ,
«he il -re Lodovico II. venisse alla volta di Sene-
Tento per metter argine alle rovine che vi menft-
vano i Saraceni, e fermar qualche accordo tra ì
due prineipi contendenti . Vinti e sconfìtti i Sa"
raceni dal valore di Lodovico, Radelchisio e 8i-
conolfo ebbero tuttavìa iu luogo di gran favore
di dividersi fra loro le terre componeoti già il
dur-ato di Benevento, ritenendo l'upo il titolo di
principe Beoevenlatto, e l'ahro pigliando il nome
dalla cHtà di Salerno, città principale tra quella
di cui SicoQuIfo' erasi impadronito, Coù cadde e
si ridusse a piceni dominio quel grande e fortissi-
mo principato di Benevento, ohe per circa due
«ecoli avea potuto gareggiar quasi di potenza co-
gli stéssi re di Lombardia: oon solamente, per la
divisinne che se ne fece, e |>er .«ssere stato, da
lunghe guerre intestine esausto di genti e dt so-
stanze, e scemata ' ancora per le terre: (diQ nMta-
ìopo io potere de'Svaceni; ma Lasche. petiAè ì
0. Google
' Libro VIU. Capo IX. i63
nuovi priaoipi di Benevento e di Salerno , ìn ve-
•ee di padroDÌ assoluti che prima erano (ad ecce-
zione d'un tributo non grave, che s'eroao obbli-
gati di pagare agi' in:>peradori e re d'Italia sue-
cessori di Carlo Magno ) , divennero in quello
scambio meri feudatari di Lodovico , quasi per
guiderdone dell' averti sottratti dal giogo dè'Sara-
ceni . '
Andossi poi vie maggiormenfa debilitando }o
stato de' Longobardi Beneveolani , per un nuovo
smembrunento che vi si fece qualche anno dopo
la pace e la divisimie stabilitavi da Lodovico .
Landolfo castaido di Capo», /fighuolo e successo-
re di quel primo Landolfo che fu autor prio<ù-
"pale di tante calamità, togliendosi dall'obbedien-
za del principe di Salerno , nello stato del quale
si comprendeva Capoa , volle ancor esco fa^si
prìncipe e signore indipendente, rispetto ' almeno
a Benevento e Salerno, ergendo dalle rovine del
ducato Beneventano un -ferro principato che da
■C^poa {u-ese il nome . S' accrebbe veramente in
questa congiuntura l'autorità dell' impcradore; .e
sarebbe forse da dire ohe per questo rispetto Jd
'stato d' Italia non patisse nell' universalità gran
detrimento per la caduta del principato Beneven-
tano, èssendosi que' paesi in certo modo riuniti
sotto, una sola monarchia. Ma né i Beneventani
si mantennero lungamente soggetti e fedeli ai re
Francesi; e coU' essere poco- dopo mancata la fa-
miglia de* Carolingi , lo smembramento di quel
0. Google
r64 Deue Rivoluzioni d' Italia
Tosto prìacipato , il quale restando unito Kné^é
potuto sostenere in qualche riputazioiK le coae
d'Italia, si trasse ^etro altre calznmtà,- e ridw-
se in estremo scompiglio quelle provincie. Frat-
tentoi Saraceni, debellati e rispiiiti più volte
dalle armi di Lodovico, rìoDovàrano nulladimeuo
«d ora ad ora la guerra ; tanto più t^e le gelo-
sie cKe nodrivan fra loro i principi di Benevesto
e di Saléròo, Ì c&ùtì. o prìncipi di Capoa, e ì
duchi di Napoli , davano opportunità a que* bar-
bari di perpetuar lor dimora in ^ue' paesi , e le
scorrerie che or qua or là facevamo per tutta
l'Italia orientale: ondechè per avere qualche tre-
gua da levo , . bisognava col pagamento, d' annui
tributi contentarne l* avarìzia. Veramente le altre
contrade d'Italia dal Tevere alle Alpi godevano
in questo tempo tranquilla pace. Ma gli affari di
Benevento , e le spedizioni che si fecero contro t
Saraceni da I^odovìco U. imperadore, non lascia-
ron però di mettere in gru movimento il re^io
di L«nbardia ; e gli evenimenti di quello furono
Ticini a cagionare rivolgimenti grandissìoii per
tutta Italia.
Due anni o poco più dopo la pace ohe nell' 648
erasi conchìusa tra Radelchisio e Siconolfo, e la
divisione fatta del dominio Beneventano fra loro
due, morirono ambi qpegti principi, ed ebbero
per' successori uno Badelgario , , e T altro Sicone .
Ma né Radelgarìo tenne lungamente il principato
di Benevento, né Sicone quel di Salerno. Questi
0. Google
■' ' tiBRo Vin, CAta VK. 465
fedsen^ succeduto al padre ìd età fuciuUesca ,
Sa 'da Àdemarìo, 6gIiuol.d^ suo tutore, tolto col
velerà dal mondo ; e Radelgario esaendo morto »
laseib al fratello Adelgi'so il principato di Beoe-
veato. Era Àdelgiso fornito di quello virtù che
rendono non meno i princìpi ,' ' che gli uomini
privati cari alla gente , dolcezza e cortesia . Ma
^li non ebbe sagacità sufficiente a ravvisare i
buoni dai cattivi cousiglien e falsi amici. Gli as-
falti contìnui de* Saraceni, e la necessità in cui
et trovara di dover dipendere da* Francesi di cui
era come vassallo , lo condussero spesso a cattl-^
vissimi labirinti ed intrigbi . Era ben . certo che
uè le sue foi^e, né quelle de* Saleraifaai aoa;
eran bastanti a reprimere i Saraceni . Gli- ^e&A
imperadori d' Oriente non avean potuto difendert
dall' armi di qUe* barbarica Calabria 6 laFuglia.
Furono pertanto gli uni e gli altri costrettt'iS
«ollecitare con ambastàate e con regedi l' impcm-
dor Lodovico , che utìendo le forze della Ltìn-
bardia con quelle de' Longobardi BenevMTtEmi ,
tentasse di cacciar d'Italia qu^l'* infedeli (i);
Risolutosi l'imperadore di far quell'impresa, pose
io grande movimento e in non minore aspetta-
none tutta ritatla^ Né il successo fu contrarìft
alle speranze , ancorché non' tutti gt' inooatrì' gtt
toi-naasero favorevoli^ Strìnse di forte assedio-Ja
città di Bari« divenuta da molti anni città prìndpale
(i) ADODym. Salato, cap. 87, 6S> ap. Mutat. ton^ 3,
pag». 2. &«r. I(d.--
0. Google
^66 Delle Bitolvzioki d* Italia
e la mèglio munita de* nemid ; ed ancorché Ba-
silio imperador d* Orìrate rìcbiamasstf imimrtaiia-
mente 1* armata che io gran numero di Bavi avea
mandata a qu^a guerra in àìtito de* Francesi ,
venne quell' importante piazza in poter di Lodo-
vico , ' e con lei il capo della nazione , chiamato
o per notae proprio o per titolo dì digbilà, sau-
dano , La guerra pareva quasi che finita ; e por-
tatoli Lodovibo air assedio di Taranto, sfava per
discMciare affatto i barbari d* Italia , ed aggiu-
ignendo al suo regno ed al suo imperio nuove
Provincie , ridur quasi sotto un sol capo I* Italia
intera (r). Ma la sciocca perfidia di Adelgìso
disturbò' sì belt* opera, a cui per altro h credibi-
le che gli andamenti della moglie , del conte e
de' soldati di Lodovico, e le suggestioni del Gre-
co imperadore e del saudano de* Sarnìeni dessero
incitamento '.
Avea Lodovico augusto da quel primo tempo
che fu chiamato a comporre le dissensioni tra
Ràdelgiso e Siconolfo, e molto' più dopo ch'ebbe
dichiarata' là guerra a* Saraceni , lungamente At-
to soggiorno in Benevento ed in altre città di
quel ducato . Egli avea ancor seco Engelberga
ìmperadrice sua moglie, donna fuor di misura
fastosa ed altera , la qual sola bastava co' modi
suoi a far perder quanto la bontà del marito
potesse guadagnarsi di benevolenza e di rispetto
(0 Ercliemp.cap. 53,34. — AnoDyin.S*lera.cap. io8-^
0. Google
Libro VHI. Capo IX. raGy
-dàttó'peraoiie a lui soggette. La corfe e Teser-
iko 'Fiaocese cbe seguitavan gii augusti (i).,
-pieni di boria e di presumibile , com' h costume
-della nazioti dominante ne* paesi strauìeri; e gonfi
-ancora pei prosperi successi deli' armi loro, per
cui conoscevano o si presumevano d* essere stati
scampo e salute de' Beneventani, usaTano, com*è
da Credere , assai largamente e , le donne e gH
averi de* Beneventani , a' quali pur tutto queste
«ose erano gravissime a comportare.
Più drogai altro Adelgiso con pessimo ani-
tBo sofferiva di far sì cattiva comparsa .in casa
sua in confronto d' una corte imperiale , e di ve-
dersi per soprappiù i suoi fedeli malmenati e sprez-
zati dall' albagia de' Francesi , senza pur poterse-
He dolere , non cbe rimediarvi . Il saudano Sara-
ceno a cui Lodovico , richiedendolo Adelgiso , avea
lasciata la vita, come uomo sagace e capacissimo
d'ogni intrigo s'adoperò anch' egli a tutto potere
per metter sospetti e gelosie tra'Francesi e*Bene-
ventani , stimando questo !* unico mezzo di risto-
rar Io stato abbattuto della sua gente . A questi
naturali e spontanei sospetti di Adelgiso» ed aljl)
malÌKÌose suggestioni del Saraceno altri non meno
éfìGcaci stimoli v' aggiunse Basilio imperador d'O-
riente . Non possiamo chiaramente ricavar dalla
storia t donde, avesse principio l' inijnicizia che sì
vide scoppiar tra' due imperadori» i quali pec
(i) ÀDOD^ni. Salem, cap. log,.
0. Google
>68 Delle Rivolu2ioni d'ItalM
nitro s* erano , come abbiam detto , collegati ìtsiè-^
.qie a danno de' Saraceni > Ma forse che la mal-
vagità degli ufBziali che furono mandati a cotnatir
dar r armata Greca sotto Bari, corrotti per av-
ventura da' Saraceni , guastarono con false infor-
mazioni r tinione de* due augusti , e riempierooo
di mal talento P animo di Basilio. Certo che qpe-
sto imperadore, dopo aver richiamata la flotta di
Bari^ scrisse ancora una lunga - lettera pietia di
querele a Lodovico * nella quale fra le altre cose
mostrava particolarmente di non poter soffrir»
eh* .egli si chiamasse imperador Romano, e porr
tasse quel titolo ohe i Greci solevan dare, ai lo^
re. Però avrebbe voluto con ridicola e vana ag»
giunta d' un barbarismo accrescere il Gre0o idio*
ma , per dare all' imperador d' Oriente un titolo
diverso dal suo (i). Nei supplementi d'una ero*
naca Salernitana (z) ci fu conservata la lunga ri-*
sposta che si fece da Lodovico a ciascuno de'ca*
pi della lettera di Basilio . Ma boq par punto «
(i) £' manifesto che ta voce (ìreca jSuvtXf'w corrispon'
ié p«t appunto alla Latina rex . Ma perchè gì imperatori
a Costautinopoli costamavaiio di cbiamariii fiarfXì't •
riraxfa'-itfis . ^^ • primi re barbari che «iguoreggiarooo la
lalia e in Occidente) conte Ìd paese LdliUO, si cbìaniara'
no con voce Latina reges; Ì Greci pet una ridicola I«t <rà«
aita non potevano soffrire che scrivendosi in Greco si dea*
Me a' principi d' Occidenìe il nome di S"Aiv(ì '»> prtUt-
sera d'aggingilere alla lor lingua queato nnovo TOGabol«
ftti'vf • ^''^ Anonym. Salemlt. cap. ioa.-
(a) Id PaialipoiÉu Ànonym. Salcroit. ap. HarM. Ew-
lial. tom. a. . ■ . ■ ^
0. Google
tiBRo Vlir. Capo IX. 269
che questi deponesse l' odio che contro l' impera-
dor Francese avea concepito; e risoluto di fare
ogni sforzo per rovinarlo, sollecitava Adelgiso al
tradimento. O tale fosse in fatti la verità, oppu-
re inrenzion tnalignà de' Greci , Basilio fece in-
tendere al duca di Benevento , che Engelberga
col suo marito avean presa risoluzione di levar-
gli lo stato, e cacciarlo in perpetuo esilio (i) .
Adelgiso credette o finse di credere questa no-
vella, e si dispose a prevenire i disegni de'Fran-
cesi . Fece prima ribellar gran parte delle cit-
tà del suo ducato , quelle dell' Abruzzo e della
provinola che ora chiamasi Basilicata, le quali,
levato il tumulto, gridarono per sovrano Timpe-
rador Greco , e si tolsero dalla divozion de' Fran-
cesi , Adelgiso vedendo che Lodovico s' avviava
animosamente a reprimere le città ribellate, e che
mostrava di voler cominciare a trattar come tale
Benevento , s' in6nse di non aver avuto parte nel-
la ribellione , e tornò leggermente io grazia del-
l' imperadore . Entrato poi in un' altra malizia , o
con aperti ragionamenti o con mezzi indiretti con-
dusse Lodovico a questo partito di disperdere iti
diversi luoghi le sue truppe , e parte ancora di li-
cenziarne. Quindi rimase Lodovico e la sua corto
con assai poca guardia in Benevento; ed ecbo A-
delgiso assaltar il palazzo dove V imperadore eoa
(1) V. Aonal. Bert. cap. 37 et seq. - Daniel' Hist. de
Franct tom. 1 in fol. , pBg. 785. - Murai, ad aiiw 8^ 1» '
0. Google
X^O ì)EttE RlVtìLUZIONt ìì*tfAÌlA
l'augusta e con la figliuola albergava. Fece sub!-
lo gagliarda difesa il prode Lodovico colla poca
famiglia che aveva séco; ma vedendo non poter-
si tenere il palazzo , si rìruggi in una torre di efh
80, dov'egli potea difendersi per alcun tempo..
Passati tré giorni, Adelgiso temendo che ^U'av.-
viso dì quel pericolo le truppe Francési sparse ^«r
xaric terre'^ non accorressero a Iiberar,e il lor prin-
cipe , fatte attorniar le torri di varie materie com,-
bustjliili, fece intendere all' imperadore , cb*egli
sarebbe arso vivo quandi} non s'arrendesse. Sì
Venne alla capitolazione, e il duca si contentò .^
tìiandar libero T irapei'adore., purché egli giurasse
di non mai più in avvenire metter piede in Bene-
vento, né di far vendetta alcuna di .quello ch'era
accaduto. Lodovico che pUr voleva uscire di quel-
rimpaccio, promise* c'oq molti giuramenti quanto
volle AdeTgiso ; ma fu appena libero ,. che crucr .
ciaf» fiet-amente e pien di rabbia s'avviò verso
Roma, e fece precorrere nei tempo stesso suot mes-
saggi' al papa , pregandolo che gli venisse all' in-*
contro per assolverlo il piìi presto che fosse, pos-
«ibile dal giuramento fatto di non vendicarsi * In-
tanto la novella di quell' accidente sparsasi pe*
tutto il mondo» ed acóresciuta dall'immaginazio-
ne altrui; come sempre addiviene .in talt contin- ,
genti , diede assai che dire ad ognuno ; ed i più
credettero e spacciarono che Lodovico era stato
morto in Benevento. I Saraceni dall'Africa e da
Palermo non tardarono a iar nuora ; discese in
0. Google
tiBRo Vài. Capo IX. , zft
italia; e il re dì Francia Carlo il Calvo, e Lodovi-
co dì Germania gì misero róno e l'altro con se-
guito dì truppe in cammino , per entrare in pos-
sessione del regno d'Italia, giacché Lodovico noa
avea figliuoli tnaschi. Questi movrmenti de' due re
dì Francia e di Germania, amendue zii paterni
di Lodovico, diedero chiaramente à conoscere a
lui ed a sua mefite, ch'essi si presumevano I'uoq
e T altro eredi del lor nipote. L* imperadrice En-
gelberga era certa di render profittevole a sé ed
al marito questa speranza de* due zii; e venuta ia
persona ne* confini d' Italia , ed invitati i due r^
a venirla a trovare uno inTrento^ l'altro alla bar
dia di san MoHzio vicino a Genova , trattò sepa^ .
ratamente con l'uno e con l'altro delta successioa
del marito , ed io ìscambio della speranza che dier -
de al re della Germajiia di volersi essa adoperare
in favor di lui per farlo succedere nell'imperio*
t)el regno d'Italia, fece cedere al suo marito una ,
parte della Lorena, di cut alla morte di Lottarlo
i due re di Germania e di Francia nella lonta-
nanza dell' ìiBperadore s'erano impadroniti con po<-
ca ragione. Carlo il Calvo o sapendo osospettaa»
do della promessa fatta al re della Germania « non
si lasciò dar parola dall' astuta imperadrìce , . ma
piantandola bruscamente , cercò di provvedersi aU
trave migliori aiuti per salire all' imperio , quan-
do la morte di Lodovico il lasciasse vacante.
0. Google
17* Delle Rivoluzioni d' {tallì
e A F 0 X.
Interessi e negozùtii di vari prìncipi per bt
successione ài Lodovico II.
V eramente la debole sanità di Lodovico augusto
dava a credere ch'egli, bencliè più giovane, fo»>
M per finir di vivere avanti i suoi »i; cosicché
la materia più ordinaria de* consigli e de'ragiooa-
menti e de* secreti commerzì tra le enti non pùE
di Francia o di Germania, e de* prìncipi d'Italia
così secolari ch« eooletiastici , ma dell* imperadoc
di GostantinopoU , «-a il trattar della successione
■1 regno d' Italia ed ali' imperio . Ciascuno avea
intnesse immediato in questi affari : Carlo il Cal-
vo e Lodovico pel diritto che aveano , e il desi'
derio non mioorc! di ereditare gli stati ; gì* Italia-
si per la mira e V intenzione comuni , che aveanp
di farsi un re che poco gì' incomodasse ne* foro
governi divenuti oramai veri dominii, se pur non
riusciva ad alcun di loro d'occupare il regno per
sé stesso. Basilio imperador d'Oriente avrebbe al
cerio bramato che la signoria d* Italia fòsse cadur
ta io mano di chi l' aiutasse a difendersi da' Sa-
raoeoi e da qualunque altro nemico , e che non
fosse VQglìoso per avventura d' occupargli le città
che ^li rimanevano nc*IittoraIi d'Italia. Per que-
sto egli inchinava fortemente a Lodovico il Ger-
mapico^ il quale e per la vicinanza degli stfiti, e
0. Google
Libro VIU. Capo X. a?3
per aver nemici comuni da combattere da quella
parte , coro' eraco gli SclavoDÌ , poteva essergli un
utile alleato ed amico ; e per essere riputato dì
carattere più onesto e più sincero del suo fratel-
lo Carlo il Calvo , dovea essere amico più stabile
B più sicuro. L* imperadrice Engelberga che area
grande interesse e gran potere nella scelta che si
trattava d'un sucoestore al suo maritò, area puf
l'occhio rivolto al re di Germania. Dovendo ri-
maner vedova con una figliuola , avrebbe voluto
che il nuovo ìmperadore le fosse benevolo , va.
auohfl obbligai» « ricooosoente , affinchè col favo-
re di lui potesse vivere oon decoro , senza timor,
dell'odiò e delle cabale de* nemici eh' ella sapea
faenissimo d' aver in gran numero ' nella corte ate»-
sa del suo manto e fra i ^chi d'Italia, ì quaK
aveano dovuto - dipentter da lei , e> sopportarne
l'orgoglio e la fierezza, regnando il marito stie'>.
Perciò la riputazione di lealtà e di bontà, che H
re di Germania s' era acqm'stata , e la conosceu-
za particolare ch'ella stessa; donna acQtissima e
penetrante , ne avea , ' la rendevano rì^olutissìma
d' adoperarsi con tutto lo studio in favor di lui .
Ma Adriano ti. che in questo potea assaissimo,
era tutto impegnato per Carlo il Calvo. Avea
questo pontefice in una sua lettera secreta (i)pro-
me^o chiaramente a qud re , che s* egli fosse
Tomo IL i8 *
(0 Hadr. .11. ep. 34 ap. Labb. tom. 3 CoocUìor. -
Horit. aon. 871^ ■ ■■
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274 Delle, Rjvoluìsioki, d' Italia
sopravvÌTUto alt' impqrador Lodovico, per niun teso*
ro del mondo non avrebbe ne promossa né appro-
,Tata r elezione di iliua altro , salvo di lui : che
tale era eziandio 1* intenzione del clero , del popo-
lo, e della nobiltà di Roma e del moùdo {|i). U
favore smisurato cbe mostrò ai Francesi Giovadr
ut VIIL successor d' Adriano II. fece conoscere
eh' esso npn avea esagerato nel dire, phe il clero
Romano , nel. quale Giovanni , come arcidiacono ,
era certamente de* principali , desiderava .1* esalta-*
.mento -dì Carlo il Calvo . Ben è probabile che i
Romani , per que|r antica venerazione a|Ia discea-
'.den^ di Pipino e di Qirlo Magno , inclinassero
maggiormente al re di Francia Carlo ii Calvo,
che rappreseotaya più direttamente t| successore
■.di qujp' grandi bepefattofi. della Chicca e dì Ro-
ma; ma più verisimile h ancora, che Ì suddetti
pontelìci fossero portati a preferire la persona di
Carlo il Calvo per questo appunto , perchè vede-
vano la fazione del re di Baviera moltO:potentp ,
Quando questo re fosse salito al trono imperiale
e al regno d' Italia ». poco obbligo potea averne al
ponte6ce, attribuendone piuttosto l'elezione ai ma-
neggi d'Engelberg^;. laddove ai contrario Carlo il
Calvo avrebbe quasi interammte ricpnosciula la
Buov^ sua dignità d^l favore del papa . Otreché
potava il santo padre sperar? che un re di Fran-
cia unendo il regno d'Itatiaa* saoi'stati transalpini^
(3) Ciobtliias totius urbis et orbis . .-.
0. Google
LtBBO Vili. Capo X. ^yS
■ l'osse {ler cooteatarEÌ più facHineiite del domi-
nio di l^opibardia , senza troppo impacciarsi nel
govehao di Roma e dplie terre cedute al papa
da' passati mon^rphi . ' ÀU* opposto un' re di Ger-
mania,* cHe stendeva il suo dominio nella Panno-
nia e fino ài lidi, dell' Adriatico, avrebbe di leg-
geri potutp ingelosire il papa per rispetto' all' e-
sarcato di Ravenna è della Pentapoli, o sia mar-
ca d' Ancona j sopra le quali prOvincie non gli
^arebberp mancati pretesti d' esercitar sua giurisdi-
zione, E ,ld corrispondenza del re Germanico col-
1* impèrador d' Oriente sempre mai affètto ai pon«
telici Bojnani ^ recava mi nuovo motivo di timo-
te e di sospetto ;
In questi . pensieri sì trapassaronp ben quattro
anni, durante il ^ual tettipo che fu dall' 871 fi-
no all' 874, Lodovico augusto i ancorché di sani-
tà debole e scadente , sostetlnè quasi guerra con-
tinua contro i Saraceni òhe Senza far grandi con-
quiste infestavano colle scorrerie tutte le provincié
che "ora formano il regno di Napoli e la campa-
gna di Roma . Né gli ^ava minor travaglio il prin-
cipe di Benevento , Cioè qUelld stesso Adelgiso chd
lo aVea con sì enornlè insulto ingiuriato , come
abbiam detto , e a cui fu spesso costretto di petv
donare e restituire la sua grazia , afHnchè non si
desse in braccio all' impèrador Greco,' di cui mi-
nacciava di farsi ' vassallo .
Per quanto gli davao tregua gli affari di quel-
la parte , 1* imperaUoc Lodovico venivasene a
0. Google
276 Delle Rivoluzioni d* Italia
Roma ed in Lombardia per trattare ora co! papa «
or co* baroni del suo regno , delle cose emergenti *
e spezialmente dèlia successione de' suoi stati. Va
solenne abboccamento si fece nelP 874 presso a
Verona , dove si trovarono insieme col suddetto
imperador Lodovico U. , il pontefice Giovanai, e
Lodovico di Germania. Far cosa degna dì mara-
vigb'a che con tanti maneggi e con tanto potete
cbe avea Engelberga nella deliberazion del mari'-
lo , non siasi né concfaiuso né forse ' progettato j
per quel cbe apparisce , l' adozione d* UB de' fi-
gliuoli del re di Germania, e il matrimom'o oon
Ermengarda figb'uola dell' imperadore , d' età no.^
bile , a fine d' assicurare uno stato a quella pri»-
cipessa , e contentar Lodovico , per cui nastrava
tanto di travagliarsi T imperadrice . Ma coriie è
costume ancor de' veccbi e d* ogni iùfermiccio' ,
Lodovico non si credea sì vicino alla Morte, eh' e*
gli dovesse tanto affrettarsi a stabilir ' le cose per
la successione; e i cortigiani nemioi d'augusta non
mancavano al certo di lusingarlo con isperanza dì
lunga' vita , a fine d'impedire ógni determinazio^
ile conforme alle voglie e al vantaggio di lei .
Venne fi^ltanto a' morte P imperadore, e fo tol-
to all' Italia il miglior principe che l*àvesse fin al-
lo? governata j da che ella era caduta in mano degli
stranicH . A|)pena trovarono ^ì stórid cosa da ri-
prendere nelle sue azioni e ne' su'oi costumi ; 'e
fceflchè dispiacesse a molti di veder- sotto il suo
regno tanto sovranamente domipar la sua "moglie.
=dDvGooglc
. LitìBo Vin. Capo X. "277
ttoh àppatlsce per tutto questo, clip l'autorità eh' u-
sercìib Eagelberga , abbia cagionato né ioglustizijt
ilei eÌTÌI governo , uè dato occasione a guerre te^
merarìe e rovinose ^ Parrebbe piuttosto da crede-
re che lo spirito alto e i modi imperiosi d* Engel-
berga fossato ottimo compenso al naturai dolce e
mansueto del suo marito per sostenere la maestà
del trono e il vigor del governo . E que' cortigia-
ni e qué* duchi che le porfaron tant'odio, e che
cercarono di farla ripudiare, forse che non d'al-
tronde eran mossi, che dalla voglia di governare
in cambio di lei- il buon prìncipe. Il che non sa-
rebbe stato altro che peggio alle cose d' Italia :
(jozuàossiachè alla fine niim consigliere avrebbe
avuto gr interessi tanto uniti col sovrano , come
erano quelli della moglie e del marito non intor-
bidati da varietà di prole, da che nonaveano che
una sola figliuola comune k II perchè , dalle cose
di. Benevento io fuori , nelle quali per altro non
.si travagliò senza lode questo imperadore, tutto il
rimanente d'Italia dal Tevere all'Alpi procedette
assai prosperamente nei venti e più anni del suo
regno, contandoli dalla morte di Lottarlo suo pa^
dre. E certo niuna parte d'Europa godè ìa quel
tempo maggior quiete. Alla felicità del suo regno
pare che mancasse prole maschile • per difetto del*
la quale visse i isuoì ultimi anni in. qualche: agi-*
tazìone per l'incertezza del successore, e pel pe'
rìcolo delle guerre intestine assai difficili ad evitarsi
io tali casi. Ma dagli esempi non solo di U>doTÌcai
=dDvGooglc
jyS Delle Rivoluzioni d'Italia
il Pio, ma dei due re Carlo il Cairo e Lodovica
il Germaoico , amendire travagliati , come per far
tal iufeziune di quella famiglia, dalle ribellioni
cbotinue de* lor figliuoli , possiamo argomentare
cbe r imperador Lodovico li. re d* Italia sia slato
anzi avventuroso ,' che infelice nell'iofieooDditàdel
suo matrimonio: salvo che per favore speciale di
STiperior provvidenza egli ne Eivesse avuto UD solo
docile e sommesso, vivente lui,' ed abile al' go*
Terno al 'tempo della sua morte.
pi Carlo il Caho, Carlonìatitio , e Carlo il tìnfSStt
ultimo te d^ Italia dì quél legnaggio,
\ )l(re alla siòurezzi) del favor pontificio e delU
fazione de' oemici di Engelbergà , Carlo il Calvo
si provvide in altra non meno efficace maniera
per poter occupare il regno Italitio' e l' imperiale
dignità. Teneva egli ogni cos» io ponto per pas-
sar l' A'p" al primo avviso óbe ricevesse ddla Mor-
te di Lodovico 11.; e le corrispondenze che aveva
alla corte di lui, gli rendevan facile l' aver que-
sta niivella speditamente. In fatti oom'egli l'.eb- _
be, cosi fu subilo entrato in Italia s^[uit&tp da*
puoi vassalli e da buon numerò di gente, armata.
Ma nepptìr Lodovico di tieriliania si stavaj su que-
sti ii-aDgentì dormendoceli suofiglìu^l^MUtleimannQ
0. Google
, LiBHO Vili. Capo XI. 27J
s'avanzò verso la Lombardia con non minor dili-
genza- cbe vi discendesse il re Cai'lo, e con forze
anohe superiori. Non si venne per tutto questo a
giopoata , perchè 1' accortezza di Carlo scausò Jl
pericelp del combattere , mettendo in campo trat-
tati d'accomodamento, nella qual' arte egli era
senza fallo superiore al giovane Carlomanno. Co-
me passassero le faccende in questo abboccamen-
to de' due concorrenti, non è ben chiaro; per-
ciocché due scrittori di que* tempi, l'uno Tedesco
r altro Francese , che ce ne lasciaron memoria ,
narrano la cosa a onore e vantaggio ciascuno del-
la sua nazione. Ma ia somma del fatto fu que-
sta , che Carlomanno 0 accecato dalle promesse
che il re Carlo gli fece di farlo diventar solo pa-
drone della Germania ad esclusion de' fratelli , o
come sìa ingannato da quel re, se ne tornò ver-
so casa;' e Carle facendo anche esso serqbiante
■d'andarsene, diede cosi una volta colle sue trup-
pe:, e mentre che aspettava di saper dal papa,
wa quale animo fosse per riceverlo, riprese il cam-
mino d' Italia ,' e non ristette finché giunto in bo-
ntà fu di buon grado coronato dal papa Giovan-
ni Vin. , e proclamato imperadore , titolo che al-
lora importava la -signoria d'Italia. Nel tornarse-
' ne da Roma' in Francia convocò in Pavia una
dieta generale di prelati e d' altri signori del re-
gno , (k* quali fu nuovamente eletto p riconosciu-
to <c comeloro protettore, signore e difensore; e
4> gli fu promessa obbedienza in tutto quello cbe
0. Google
28e Delle Rivoluzioni^ pi IfALU
V fosse per ordinare a vdotoggù .della. Cbma 0
« salute di loro »tes^i « (i): espresueoi troppo
misurate, e che faaiio chìarameate. vedile chsgìà
i prelati e i conti che a quella dieta interritatie-
ro, cominciavano a riguardare )a dignità del}* im-
peradore più. con parole e c^rimuni^, che con ve*
race. voglia d' obbedirla in effetto . Certameote
Tacijuisto che fece Carlo il Calvo e del re^w
d'Italia e. del diadeina imperiale, servì piattosjto
idi fregio, e di lustro agli ultimi due anni '^l «u»
regno, che di notabile, acpreaciii^ento alla sua. po-
tenza. Lodovico re. di Germania, e . Carlomanoo
suo figlio ^i voltarono l*arm.i incontro; ed Najao
per. contrastargli non meno la sovranità d* Italia*
elle il possesso di quella parte della Lorena cb' en
{li occupava j se non cl^e la morte, tpl^ lui dal
mondo. prima che altri gli togliesse gli stali h. Gli
efietti più reali che il suo esaltajoaento e la gara
quindi insorta tra lui e Carlomanpo produase , fu-
rono questi due , cipè di dar nuovo poUo. aUa pò-
.tenza de' papi , e largo xampo . a qifattro duchi
d'Italia, di farsi più grandi e più indipendenti che
mai per r addietro, Lamberto di Spojleti, Beren*^
garip del Friuli , Bosone di Provenza e di LovOf
bardia,.e Àreberto dì Toscana, i quali sotto no-
me o di Carlo il Calvo o di Carlomanno .«igno-
reggiarono ciascun di loro un buon ttiatto d'Italia,
e pochi anni dopo aspirarono ; eglino mede^'oiì
[i] Tom. S. Condì. Gallic>. ap. Duiel Bitloiro de
Frwce pag. -j^. .
0. Google
ti^Ro Vlfl. Capò XI. a8t
tiU*ilnperìo, come' vedremo nel libro segiiente. Il
f>apa , oltre ali* aver ottenuto dalla rìconosceoza dt
Carlo il CaWo che gli era molto obbligato per la
nuova sua dignità, guanto volle per rispetto al
sito domìnio di Roma così nel civile che nell'ec-
.clesiastico (i), si valse ancora del favore di quel
re per abbassare la potenza de* vescovi Francesi,
divenuti sotto gli ultimi regni non meno irrive-
renti al pontefice, che ribelli ai loro re. GiovAn-
nì Vili, mandò al ritorno di Carlo in Francia due
legati , uno de* quali era suo nipote . Convocato
«n concilio a PontJgone (2), il re ohe avea pur
veglia d* umiliare que' vescovi per pili riguardi ,
lasciò operare e dispor d'ogni cosa aì legati con
tuta maggioranza , che da quel primo tempo in
poi t p6r quanto a me sembra « i legati pontificii
e ì cardinali eominciarona di fatto a soverchiar
l'autorità vescovile . Il mezzo più efficace che fìi
immaginato per sottomettere i vescovi della Fràn>
da , parte de* quali avean mostrato favore al par-
tito del re di Germania nell' ultima concorrenza
all'imperio, fu d* umiliar sopra tutti il celebre
Incmaro arcivescovo di Reims , come il più fer-
mo , il più dotto , e il più riputato di tutti ; e
qoelto che con più ardore s'era opposto fin allo-
ra-alle voglie del papa. Sommesso ed umiliato co-
stui , ' certo ben era cbe niun altro avrebbe levato
testa . Né bastavano al papa cpiest* importanti
[1] Eulrop. praesb. Longob. apnd Daniel pag. ^g{,
[2] Act. Concil.. Pooiig. tttin. 3. Concil. Gill.
0. Google
jBi Delle Rivoluzioni «' Italia ■
terrigi eb*^H ebbe daC^o.il Calvo, siiacreatii».
Maggior peosiero davano a Giovanni nei tempo
stesso i movimenti de' Saraceni , ì quali , se .non
èrano oppressi da fòrze' nipetiorl a quelle .del pa-
pa o de' duchi di Benevento,: di cui anche peral-
tro poco bi fidavano i papi , avrebbet con troppa
facilità icfeslatt i contorni dì Soma e la etessa
città . Sollecitò pertiuito sì . forte 1* imperadoie ,
cbe lo mosse a ripassare io Italia a far guerra .a
que' barbari. Non. so qual vantaggio recasse .al
nome Cristiano ed allo stato della cbiess 4i Ro-
ma questa: spedizione di Carlo il Calvo ; ma . le
cònsegUHize the poi ne avvenuto, furono affat-
to nuove- ed inaspettate.-
' E^a morto due anni avaqti , cioè poco dopa
l'elezione di Carlo il Calva eiir.im|Ki3o*. Lodovi-
co re di Germania; e i buch tre figliuoli, divisisi
pacificamente gli stftti fra loro., stettero., fuori
dei costume dr quella stirpe, molto bett uuiti :
unione perb assai necessaria, affinchè non rima-
nessero' r uno e poi l' altro oppressi e . spogliati
dallo 2Ìo. Deliberarono eziandio di: levargli il do-
minio dMtah'a; 'e Carlomanne. cbe aveva, e mag-
-gior. diritto e^maggior comodo di tentar quest' inn
presa , come primogenito e re della vicina Bavie-
ra ,'calb in Italia con buono esmsito, e la sua
X'enuta s'abbattè a quel tempo. per appunto^ cbe
Carlo il Calvo avea passate le Alpi, ed invano
aspettava io Tortona 1' arrivo di quattro suoi
principali vassalli 4 Quivi ebbe' la. nuova che .
0. Google
'LiBBo Vffi. Capo XLr., j83
Catlbmanntr s*approg8Ìmava; e nel tempo 'stei^
fii rapportato pbt véatura a quest'ultimo , che l' ìiht
peradòre' trovatasi iu Lombardia aotì forte anna-
ta . Presero V uno dell' altro tale- epavento , chi9
iàineDdue volfàron le spalle , e si fuggirono nello
stesso tempo l'utiò verso Francia , l'altro verso
Balera . Somigliaote destino ebbero ancora in
questa congiuntura , che fii : d* aminalarsi grave-
mente l' uno e r altro ad uà tempo , . Carlo mon
nel passar il Moocenìsio , benché non per forza
del male, ma pet veleno datogli da un' suo me-
dicò Giudeo chiamato Sedeoia . Ed è maraviglia
che niuDo abbia lasciato scritto per iihe motivo
ed a sommossa di chi quel medico , ancorché
Giudeo , volesse levar la vita al suo rigore , a
icui era carissimo . La Francia e 1* imperio perde
in lui Un principe che non altro -avéa di grande,
che r aiubizione ì ed'il suo regaoDÒn è-jlotatHle
per altit) che ^er la potenza- che s' arrogaFOBo, a
cagione della sua debolezza, i duchi e i conti, 1
quali poi rendettero i lor governi ereditari; e per
aver trasferito net papa gran parte dì quella smi-
surata autorità che i vescovi della Frància si era-
no arrogata n^ dominio temporale del regno an-
che ^ulla persona stessa del principe . Carloman-
no' migliore dì lui scampò per allora dalla mor-
te , ma non ricuperò mai più intera sanità . Man-
cato lo zio , egli fu senza troppa difficollà rico-
nosciuto re d' Italia . I due anni che tenne il re-
gno, furono impiegati ad assicurami la sucoeesionQ
0. Google
i,B4 DEcti: .hivtoAmmi:^'' Ivauà
al fratello Carletfo o;,Carlo il GfqbmI: <ìoiiMp Ut
pretennoD) ■ di - Lodovk»» il Salbo» «ueQedi^ in.
ques^ aieixp a G«do il Calvp^ sqo pa^ nel i»-
goa di >f rancia.- ;
Cfclp it Orosao iii. dunque nell'^9; ccesAo re
d'Italia, in luogo di ^ Carlòniaano . Ala il; p^gao
suo , iìhe .^pareva pur dettinato a consolidare la
mon<|rctita FraoceSR, e ristabilir nella sua gran-^
dezKal- impecio d*Oceid«Dte, valse S0I9 » recar-
vi 1* ultinta roTida * e , a ridur particolarmente
,r balia, a totale aaaTi:kia. Paco atto per sé stesso
al govenQo , lasciò ttltta 1* autorità sua in mano
di Liiitaj;dQ vescaro di Vercdli , il quale per
questo ^0. eccepivo favore e potere incorse neU
i'odijDiDon meno de* principi Lombardi, cbp de'
Francesi, e Tedeschi . Tuttavia minore sarebbe
stato. il male, se dopo ^ver elevato a tanta au-
torità questo vescovo , fps^ stato almeno fermo
nel sostenerlo . Ma. secondo la- ifatuca de'prìnoipi
deboli « altrettanto facili ad abbandonare che a -
sollevai;? l Dunisitri favoriti, Carlo il Grosso si
lasciò dar a credere che tra la imporadrìce Bic-
carda sua moglie, e il vescovo di Vercelli pas-
sasse amicizia e famigliarità poco onesta . Mosso
da questi rapporti , senza dar luogo a discolpa ,
scapciò dalla, corte e privò d' ogni jifiìzio Untar-
dp , <e vituperò in pieno consiglio T imperadrìce »
Ift quale benché facesse solei^ni pn^ove della^ sua
innocenza , si ritirò nondimeno a vivere in un
monastero . Per questi scofisigliati trasputi di
0. Google
' Libro Vffli Capo X!.- aÒS
sciocca gelosia i progressi che lascib fare con
somma vei^gnà ' a* Normàtmi- sotto Parigi , fiiii^
rono di screditar Carlo il Grosso, e lascfaròno
r imperio io peggior confusione ; perete V autiiri-
tà che prima a nomie ■di Tni' s' esercitava dàt ve-
scovo Liutardo e da 'Rìcòarda augusta, !fu s[)arti-
tàniente , secondo che tSiascunoi potè più', usur-
pata da molti barotii, -al quàtì' la debole satittà'
ognor più cagionevole dell' impetadore' accresceva
r ardire è 1* iridipendénaa . Ridotto a qaesto 'sta-
to,' cercò d' assicdì-ar la successióde 'aJ' da'"8uo
figliuòlo^ naturale per nome Bernardo. Ma pèt lo
disprezzo e 1* avvilimento estremo' in cut' era cftr
dulo questo imperadore', tanta èra-" lontano ' dà
poter assicurare la successione Sd uo stìo bastar-
do, oh' egli stesso fu sbalzato affatto dal trono;
e ridotto a meudiòarsì il Vitto nel brèVè spailo
che sopravvisse *1là sua deposizione. '■ 'i "" '
Venuto eraTultimtf periodo di grandezza, che
' Hdio avea prescrìtto al legnaggio dì Carlo- Ma-
gno," legnaggio ■ non meQO'illustre per là Virtù
de' primi , che famoso per la viltà e dappooaggl-
ne, e per le discordie domestiche degli ultimi'.
Questa famiglia che Dell^856 contava sei re vi^
venti nel tempo stesso, già forniti' di prole 6 hi
età da spei'arla -aneor natiM'oEa', priuia però'cfae
finisse 'il nono' secolo, cioè in meno di quaracft'au-
ni, si vide ridotta a poco meno che' ad un" Solo
rampollo ( Carlo il Semplice ) che fu dà' baroni
del regno stimato inetto al' trono y e jaer due vol-
te escluso dallar successione.
0. Google
S86 DELtB RivcfLUZlosh D* Italia
Cagioni deBa decadenza de' Carlovingit siaid
d^ Italia soSò il lor refftìOi
X ÌBO da* prìtai anni di LodoTÌno era stata qù6- '
sta rovina del regno di Car|o Magno presagita ,
benché ìuudo potesse prevedere che ÌA domina?
zione e il lignaggio de' Carli fosse per maocaFe
aiiàtto in sì btéve tempo . Là prima e priocipat
Casose di qiiestd decadenza, che facilmente s'ap*
presenta ad ogni rateadente lettore , fii senza
dubbio I^ usanza di dividere gli stijiti tra* fratelli,
e investire i figliuoli -della sovrana autorità ^ vi-
vendo il padre. Ma a questo abuso j donde poi
nacquero tante guerre intestine fra i posteri ^
Carlo Magno , appena vi era allora chi àttendes-
80, come' a cosa stitnata necessaria ed inevitabi-
Je . Vaia, già tante volte da noi nominato di so^
pra i essendogli domandato il parer, suo intorno
agli emergenti -dello «tato in una dieta cher si
tenlie per Lodovico augusto nelP 629 * compose
sabito è presentò a quel reale consiglio uno scrìt-
to , in òui esponea schiettametlte , quali ' fossero i
disordini che portavano seco le rovine dell' itnper
rio' Francese ; e propóse i rimedi che stimava op-
portuni per farvi riparo (i) ^ Queste eause dello
(1) Ratbert. ìn Vita Waiae lib. a, capi a, 3, 4. a^.
MabiìloB nec. 4. Benedict. -. ■'
0. Google
-. Libro VIU. Capo.XIÌ. aSj
Itcàditilento della moaarcfala si riducono a questi
due capi; cioè obe i aherìci e ì monaci aveano
troppa parte tielP amministrazione delle cose po-
litiche, e ì lai^i troppo s'impacoiaTWo n«Ue cau-
se ecclesiastiche; che i laici aveano donato trop-
po alla Chiesa , e gli ecclesiastici non contrìbui-
vaQO quanto sarebbe stata conveniente ai bisogni
del principe < L'erudito lettore stimerà epa. ra-
gione, esser queste le sdite querele già tante
Volte é in tanti secoli ripetute ; ma attempi di
Vala:questi abusi veputi ajl* estremo riguardava-
no, non solapiente la disciplina ecclesiastica., Ima
direttamente ancora la somma dell'imperio , e la
|jace de' popoli*
. I vescovi delle GaUie, cbei come abbiamo- in
altro luogQ avvertito j anch? sotto i primi re Vir
sigoti e MerovÌQghi aveano grandis^ma parte nel
governo politico di quella provincia ( maggione
autorità di gran lunga si acquistarono sotto i re
della seconda schiatta. E i vescovi della Lopihar'
dia che fu soggetta allo stesso domiqioi entraro-
no anch' fissi nelle pretensioni e ne' privilegi ^*
V£«CiOvi oltramontani, e divennero sotto Ì re Fran-
cesi più potenti che prima uelle cose temporali <
Sebza contar 1' autorità che godevano i vescovi
nel governo particolare delle loro città* la patte
eh' essi aveano nell' amministrazion generale de'
regDi^ d'Italia , Francia e Germania, rendeva per
riguardo di lor soli il governo de'Carlovingi piut-
tosto una difettosa e sregolata aristocrazia , che
0. Google
l9è IteLLE BlTOLDZIONI d' 1tAI.IA
vera e propria mootrehia'. 1 àacìn « gli ahrì ba-
rooi laici entravano anch'em woza dubbio e net-
le deliberazioni delle cote dì «tato , e nette e)^
noot od anebe nelle iBaugurarioni dei re . Ma
prevalevano d'ordinario gli eccleiiastiot, parte per
1* antoi-ità particolare ohe il carattere di miaistri
di Dio aggiungeva , e per essere uniti in una «tea-
■a causa col pontefice , e quan partecipanti di
qu^a pote«là che , qualunque ■■ fosse la Ir^^
mità di queir atlo , avea aulorìeeata l' occapaaiob
ne d<4 Irono ne* Carlovingi , e avea portato in
casa loro l' imperiai dignità ; parte ancora per le
ricchezze che possedevano I vescovi e i monaci ,
naggiorì in generale che quelle deMaitii* per le
«terminate donaeioni ohe andavano sempre faoen- ■
do alle chiese ed a' monasteri i re'Fraaeesi . Tut-
ta l'istoria di qù^ regno basta a oonvinoern*
'che I* atitorìtà dì que* principi sì trovò perpetua-
mente affidata alla discrezione di vescovi , i qua-
li sì credettero d* ess«- in dovere dì deporre e
rialzare al trono i re di Frauda , non attrioMoti
(^e facessero de'vesoovi o de*[H«lì i ooocilì pro-
'vinciali del quinto e sesto «eocrfo . Da questa esor-
bitante autorità degli ecclesiastìei sopra i lor prin-
cipi temporali nacquero quasi tutte le scandiilose
guerre civili de* nipoti di CaHo , la decadenza dì
quella famiglia , Io smembramento del vasto im-
perio fondato da Pipino e da Carlo ; e quindi
poi ebbero origine gì' tnoumerevolt principati e
■atali libart , fra cui sì trovò divìsa V Europa nel
secolo susseguente.
0. Google
I . tlBpO Vin. CAPO..XU.. 2%
. Hon era possibile cjbe « {«rsuasi. una vo^a i
' vescovi. d'eaaet essi gU .arbitri d^la corona, e
giudici a nome di Dio della .condotta del re,, una
parte alméno di loro non trovassero qualche mo-
tivo di riprenderlo, di punirlo, ed alcuna. volta
di deporlo o di sostituire uo. altro della fanuglia\
giacchi, in generale il diritto della, famiglia, .al
'trono non pare obe si mettesse in dubbio. Somf'
gitanti motivi di. scontentamento nascei^no iafiìif
mente verso del nuoyo pciacìpe; e coD.egaal fa-
dlità sì deponeva quest'altro per ricbitunare al
■trono il: primiero, o invitarvi un terzo. j[. principi
Bte»si della fatniglia r«gfHuite fomentavano ed ac-
'«reacevano questa aw^ìmento dell* autorità xqale
• per propria ambizione, per le ^re e le, gelosie
.n frequenti tra ì congiunti ì sperando sempre
-d' avanzarsi , e di salire gU uni ^op» le rovine
.degli altri, ì lìgliuoH colla caduta .del . padre , .e
r un fratello colla depressione, dell* .altro . Per
questi atti di giurisdizione, che aodavauo i ve-
. scovi esercitando , egli è evidente che olt,m un
certo dirit^ di preacrizìpne e di poise&o, elessi
acquistavano per fare. altrettanto in avvenire, ot-
. tenevano sempre da .colui eh,' era eletto re, qual-
che nuovo e particolar vantaggio in favor loro .
'Oltreché in tutto il corso dei suo governo. ciascu-
no de* re preccurava , con altri nuovi privilegi e
' d(«iazioDÌ:in favor della Chiesa, di conservarsi il
piii che poteva la benevolenza e la stima delPor-
dine clericale. Così andava sempre a ^an passo
Tomo /i, 19
ovGooglc
, ìQo Delle Rivoluzioni d' Italia
peggiorando la coadtzìoD del sovrano: impércioci^
-cbè, oltre una tal quale, direm così, amovibili''
• tà del suo grado, i redditi e le forze della coro-
na diminuÌTano ancor fieramente per la sottraziou
deHributi, cbe oaséeTa dall' immiinitit delle terre
che si cedevano à* vescovi ed a*monaci , ì giiafi
' non par punto , che sentissero dì buòna voglia
richiedersi di sussidi nelle necessità dello stato (i);
e il parlar d* esigerli forzatamente sarebbe stato
capital delitto. Frattanto i baroni laici 'che in
tutte queste rivoluzioni non trascuravano neppnr
essi d' accrescete ancor di potenza , di riputaz/O'
ne e di stato, andavano prendendo àrdiire di scqo-
tersi dall'obbedienza del capo', ed acquistarooo
■forze bastanti per sostenere rindipeodenza, meott«
il re divenne vie piili impotente à tenérgli in dovere .
Ciò non ostantiè prima cbe mancassero ì po-
steri maschi del legnaggio di Carlo atti a trattar
lo scettro, gli e0ettì più .essenziali e più gravi dì
tutte queste vicende della famiglia rejgoanfe fu-
rono poco Sensibili 0 paissaggeri rispetto all'Italia,
la quale si pub dtre che sotto il regnò de* Carli
godesse assai prospero e tranquillo stato in com-
parazione de* mali che avea sofferto tteglì scorsi
(i) L'abate Vaia che propAie di eercare qaalchti ape-
^ieole perchè il clero spontaneainente sì tasiaiK,-e desti-
Ti««e una parte delle sue enlralc al aeiviiio del ptincipe,
iu<.orie fieramente netl'adio de' tuoi collcghi : ijuaerendus
. est modus et orda cum suittma ■ i-erereniia et religitine
Hkristianiiatit < lUtbert. ]ftC> .di' de Vita Walae fag- 4()^<
edit. Veuct. -,
,; Google
Libro Vin. CIapo XII- 29Ì
Sècoli , é de* peggiori rÌTolgiineati che s'eguìtàroa
di poi < -Se noi eccettuiamo le proriocie orientali
d' èssa , che per la malvagità di alcuni duchi di
Kaiwiì , di Salerno e di Benevento furono sotto-
poate a varie travaglióse vicende, tutta quella
parte che costituiva propriamente il regno d* Ita-
lia i e ge&eralthente tutto ciò che s* estende dal
Tevere all' Alpi , dalk caduta di Desiderio fido
al regno di Carlo il Grosso godè quasi pace per-
petua è sicura non meno dagli assalti di nemici
stranieri i che dai movimenti di guerre intestine.
t regni di Ftancià e di Baviera dà un canto, é
gli stati medesimi che i Greci e i .Longobardi
tenevano dovè ora 4 il regno dì Niipoli , serviro-
no dall' altro lato ài regno Italico di ripari e di
mura contro lei scorrerìe de' Normandi i degli
Sclavoni é de' Saràcìeni ^ che infestarono e deva-
starono nel secolo nono tante contrade Europee *
tn Italia né Pipino né Lodovico ctie assai lunga-
tnente vi lagnarono , né txyttAtìó augusto non fu-
t'onó éobdotti à queliti igdominiose umiliazioni
th* ebbero a sostenere in Francia parecchi di
q'ue're . Forse che l'autorità superiore è sovrana
ch'esercitavano i pontefici Bomàni sopra gli altri
tescovi italiani 4 è il bisogna del braccio reale,
ch'ebbero ì papi stessi per eonténere eltrì nemK
ci della santa sede^ -é pet respitigere i Saraceni
tante volte minacoianti Roma, li ritenne gli luii
« gli alfri da quégli eccessi che si videro in Frafl-
<eia. Me in tante Volte-chc i uifioti di Carlo Piagno
0. Google
igs Delle BivoLuzrom d'ItAlu
portarono le armi gli uni contro degli altri ,' mai
non toccò all'Italia d*esser teatro di quelle' guer-
re . Le vessaEJoni ioterne per la poteuza de* si-
gnori non pare nemmeno che fossero maggióri di
quelle che seguono quasi ineritabilmeute nelle
grandi moaarcbie anche bene ordióate . I duchi
di Spoleti e del Friuli , i marchesi di -Toscana ,
ohe possedevano come ereditari i lor ducati o
governi, aveano proprio interesse a farvi osservar
la giustizia per mantener popolate le loro terre,
e il più che si poteva agiati e facoltosi i lor sud-
diti . Le città che ora si comprendono nel ducati
di Milano, nel dominio Veneto di terra ferma,
nel Piemonte e Monferrato , essendo immediata-
mente governate dal re e da* vescovi e da* mona*
ci , doveano esser meno soggette che gì! altri po-
poli alle violenze ed alle rapine . Dico eh* erano
governate in parta da* vescovi , » perchè questi
aveano nel temporale ciascuno nella stia diocesi,
e gli abati nelle terre del monastero , ' autorità
grandissima e signorile; sì ancora' perchè ì re
della seconda schiatta di Frauda costumavano di
destinare- in lor vece al governo del regno vésco-
vi ed abati , di cui si valevano ancora essendo
presenti . come di principali segretari e consiglie-
ri . Ebbero gran nome Angitberto abate di Cen-
tola sotto Cark) Magno; Adalardo abate di Cor-
beìa , e Vaia suo fratello parimente monaco , già
sì spesso nominato da noi in questo libro , sotto
LodoriCQ l. , e ^ot^Q i it Bnnwrdo e Lóttarìo ; 9
0. Google
Libro VUI. Capò M. agS
tutti e tre furono in vari tempi principali miai**
stri del i-egno , e ia lontananza de* principi, qua-
si vicari 1 I visitatori o sindicatori straordinari ,
che con titoli d'inviati o messi regii si mandava-
no a tener corte qua e là per varie parti d' Ita«
lia, dove occorreva o qualche lite di maggior ri-
lievo da terminare, o qualche querela contro la
negligenza de' giudici ordinari , erano cherici o
vescovi f>er la più parte. Ne mai il re si move-
va per andar a tener corte , ed aprire que' pub-
-blici giudizi che ma//i o placiti si chiamavano <
senza menar: seco o invitarvi scelto numero, di
vescovi e d'abati, insieme a* conti e ai duchi e
marchesi che ìa questi giudizi assistevano . o cor<>
teggiavano il re . E ne* giudizi solenni e pubtJici
de' conti ed altti governatori di provincie, che si
facevano a somiglianza di quelli dei re, interve-
nivano spessa anche i .vescovi e i prèti della con-
trada.'(i). Io so bene, iche- quel, tauto' impaccio
che -si prendeeano i véscovi e le persone ecclesia-
stiche e religiose nel governo temporale degli-ata-*
ti,^ portò seco grandi abusi nella disciplina eccle'
«astica e monacale ; ma considerando- ora sola^'
mente quello che ne nasceva a benefìzio de-* pò»
poh, dobbiam confessare che l'autorità che sì
dava ai vescovi nel civile, fu di grande momen-^
to a mantenere la giustìzia , e a frenare le usur-^'
pazioQÌ e le -violenze de' laici. L'integrità notoria;
(i) Murat. Aatiq. lui. diswr. 3i.
0. Google
594 Delle Rivoluziont d* Italu
d' Adalardo e di Vaia , per cagion d' lesemplo , 9
tutta la storia Italiana e Francese del dodo kcot
Io ne fa pruora phé i vescovi quasi Epmpre s' a-
doperarono in' prò della' giustizia e in rantaggi?
de* poveri^ La colpa fu e il danno parimente de*
prìncipi , se essi lasciarono tanto crescere in pre*
giudizio dell* autorìtft reale quella de' veecoTÌ , la
quale quanto potea esser ptile a pontentre i sud-
diti e rendergli ancor fortunati , altrettanto fu
biarimerole e pemidos^ allorché essi pretesero di
trattare i regnanti come ^i farebbe dVun novizio
religioso, o d'un pubblico' penitente . Pel reato,
nemmeno 1^ disciplina clericale 0 monastica noq
fu in Italia sotto ì re Francesi in quella conjìi-
sìone e quella decadenza, iq eui A venne ne''se-
guenti secoli * e che già si vide ntAH Gallift'; e
appuntò percfaè ì vescovi non ijscivaoQ cotanto
da* limiti della lor professione , come jècero in
Francia (i) . Gli scandali pia|^ori e in questo
particolfu'e , 9 generalmente ìD: tutto il goTemo
civile , ^ vMero in quelle dttà Italiche , le qeudi
o dipendevano dai Greci, come Napoli,' d per Ie(
vicinanza de* Saraceni a ^i si fecero tributarie^
9ome Qapoa 9 S^Ierpo, poco faceaq contò dB'pa-;
pi, e pocQ rispetto mostravano ai re. Ma. o^I^
{Romagna, nella Toscaqa,^ in tutta la I^mbar-
idia , sia che i vescovi s* ele^igessero dal pr<^Q
clero e popolo » sia che fossero nominati dal nt
(i) Yid. Mabillon Praefat. in Meca1.4' Bepedìct. ^-Sf
Bum- 94-
ovGoogIc
; UtìBP Vili. Capo 331- i^^-
(npl chf n"n pare che ȓ osservasse regola ferm*
ed invariabilfi), ossi erano dal rispetto di Roma
tenuti, a. sfgnu . £ l'ispezione e la cngpizIoD del-
la lorO' elezione , cbo i papi o furon costretti o
stimarono bene di lasciar agi* imperadori e . re
d'Italia, giovò grandemente ad impedire che non
fosse la cattedra dì s. Pietro occupata ed invasa
per cabale e per prepotenze . E di vero , benchS
non tutte le azioni de* papi del secolo nono sieno
da canonizzare, tuttavia i più di loro furono uo-
mini di gran mente e ài buona vita , e per que*
tempi iornili di lettere e di sapere.
.1 monaci , benché arrtochiti grandemente daU
' le pie liberalità de* re I^ongubardt e Francesi, rìr
tennero noodimenq in cj^ualcbe tollerabii vigore la
disciplina: e non apparis(;e punto, che gl'Italia-
ni abbiano avutQ che dire de' costumi moDa^tici;
anzi P uso che durò sotto \ re Francesi , di pi-
gliar l'abito' religioso nell'estreme giornate deUn
TÌta^ , . dimostra bastevolmente , che i monaci non
avean molto perduto dell'antica x*iputazÌotie di
santità . L* abuso iniquissimo che già s' era Fen-
duto tanto comune in Francia, di dare in com-
menda a persone laiche ed anche ammogliate
ramotipistrazione de' monasteri , passio in Itdia
alquanto più t&rdi, e non ebbe, tempo d'introduc
que* disordini e quella corraftela » ^ quello scon-
■ volgimento e, disprezzo delle regole del viver mo-
- Bastico, ghe di sua natura dovea portare la fre-
quenza della commende. Fare che tottario sopra
0. Google
agì* DiiLtfi RlVOtUglONf D' ITAUA
ruttigli altri che regoarooo in. Italia dà CaHtf
AfagDo io poi , abbia abusato d* ogni sorta- dt
beni ecclesiastici , e ne abbia ptfrticolarmieDte fat*
to traffico e ]nercataii2ia <;o*- oaoaaci , dai - quali
si fé* pagare in lìbera elezione che- desiderarvio |-
de*Ioro abati., Ma noa andò già ,fd tutte esente-
r Italia da quella mostruosa usanKt- di vedere ve-
scovi ed abati mooacì vestir corazza , e coudurre
squadre amiate ne* campi dì battaglia per ràgio*-
ne di' eerte signorìe temporali annesse ai reddit»
'de*.lor monasteri. Il celebre bando dì Lodovico U,
per la spedizione dì Benevento comanda agli aba^
ti e alle bades^ di mandar loro • uomini , e m
.TesoaFÌ non meno cbe agli altri signori d'andar-
vi in persona (i) . Vero è che- si trattava d' una
spedizione contro de' Saraceni pagani : del rima-
jiente , non apparisce che fosse ancor in Italia
molto distesa né autwizzata cotesta usanza; per-
ciocché uno scrittore alquanto posteriore a Carlo
il Grosso , avendo dovuto raccontar dì onti pre^
lati che si trovarono iu una battaglia fra le squa-
dre di Berengario, si ritenne dal dirne il nome
per non disonorarli (2), ritegno che sarebbe sla-
to vano e ridicolo, se l'uso di portar l'armi fos-
se stato comune negli ecclesiastici . Ma come-
cbè meritassero biasimo i oberici e i moaacì icbe
con sì manifesta contraddizione alte regole della
(i) Ber. Iialicur. lom. a , pag. aOy.
('i) De Laiidib. Hiicugarii apud Muratori Iter. Ita), lo. 3 ,
pag. 593-94.
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tamo Vin. Capo DC. ' igf
ptofessìoti loro poitavano spada e vestivagp corazza,
in vtiO& dì pastorale e di cocolla ; era per altro
degDÌssiiiid di lode it sistema tenuto dai re d* I-.
isMa. di far le guerre con fojtze proprie , arman-
do vassalli e sudditi , ciascun secondo il grado
die tenera ndlla mocardiiB . Quando altro non
fòsse stato y almen questo di bene rìecvette 1* Ita-
lia-dalia signoria de* Longobardi , poi de'Fcaoce-
si; di riassumere l'uso delle armi, che sotto il
governo degl' imperadori Romani s* era quasi del
.tutto abbandonato, da che si cominciaFona ad
assoldare Goti e Vandali ed Unni. E quantunque
per ìe necessarie vicende dell* arno , e per fallo
e trascuraggine manifesta de'eonrandanti non ve-
nisse sempre fatto agl'Italiani di potnsi schermir
dagli assalti stranieri , come dagli Ungheri ncm si
difesero sotto il regnò di Berengario ; pur non^-
meno vedremo nel processo di questi libri-, ébe
r Italia si mantenne libera e potente finché durò
fra gì* Italiani 1* uso di portar ' 1* armi , che sem-
bra abbiano ripigliato pEurtioolannente sotto i re
Fraacesi . Non solamente il regno d'Italia' ebbe
sotto i Francesi a difendersi e ristorarsi con mi'
lizìe sue proprie, senza condurre eserciti forestìe--
ri ([); ma più volte ì re d'ItaUa mandarono di
loro truppe in guerre lontane e straniere . Percioc-
ché Carlo Magno condusse reggimenti Lombardi
contro i Saraceni di Spagna; e nella spedizione
contro i Sassoni ed Avari a' tempi di Lodovico il
(0 Murat ad aan. 378 et 785. i
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99^ Delì^ RrvòLUiEfoNi b^ Italu
Ffo mardiyrono aacbe i re d' Italia ton buono
frappe di loro sudditi . Or quali forze poterselo
quésti re metter ia campo si può ia parte argo-
metJtare dalla guerra cirile tra Lottarlo augusto
e suo nipote' Pipino contro .Carlo il Cairo e Lp-
doTÌco il Germaoico , e particolarimezite dalla fi;-
mosa battaglia di Fontane * nella quale • secondo
ebe scrìve affermatÌTamenta uno. storico «ontem-
^oraàeo , - perrroao dalla parte di Lottano que^-
^aótàmila uomini' (i) . Due cose, sono qui .da
Botare : una , che noa tutte le genti di lattario
perirono in quella giornata , come ognun pM&
supporre ; 1* altra i~ cbe quell* esercito senza dub-
bio numéipsisrimo dovea esser composto in gran
parte d'uòmini Lombardi. La lunga pace, o al-
meno là lontananza delle guerre che poteano in-
teressare la Lombardia, diede grande opportiwilà
all' accrescimento della popcrfazione , alia qgale
non era di grande impediiiiento il fìomc che fepe
per questo tempo I* ordine monastico , perciocrJij!}
r più di coloro eh' entravano iie' monasteri ,. già
aveano avuto mc^lie e ^iuoli, e s' ayvioinavano
alla Tcccbiezza. D'altra patte ìt disuso totale in
cui era allora quel celibato de* laici ù feeque^le
tra noi e tra i Komani de* tempi corrotti, reodea
di poco pregiudiziale alla popolazione una medio-
cre moltitudine dì cheriei e di monaci . Quagto
alla scelta delle milizie, leguivasi tuttavia lo stile
(0 Agoeltr ìb' Vita G«org. EpÌRop. &er. lulic. toni, ly
par. t, pag. i85.
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/! itiBRo Vltt Cipó SXi, t «59
risatò' 'da' Longobardi. \Jp e^Uo diXodovicp U.,
iMatidìfto fuori da lui in occa^ìoae delle sqe im-
|ireSe tibntro j Saraoepi , e uil altro di Carlo il
Crosso de!r8&4, possono darp a chi il cercii^sp
assai-distioto ragguaglio degli ordini militari cha
s*o^^v&vano io Italia a qqel tempo (i). .
'Ma ben maggior maraviglia ci dovrà parere ,
che 1* Italia non solamente altoni abbia dovuto ri-
donoscfere da* barbati boreali il rinnovamento del-
la milizia, ma abbia da loro dovuto apprend^ra
ht quello stesso tempo te sciente più nec^s^arie;
0 che bisogsf^e dagli ultimi confini d' Ocqid^nte
e' del' Nord far venire in Italia i maestri ad inse-, -
gnàrci , nwi che altro, la lingua Latina. Carlo
Magno nel 781 avea preposto alle scuoi© dMtali^
è di FraBcia due monaci Irlandesi . Molti gnui
dopo , essendosi trattato in un concilio Bomano
sotto Eugenio II. delta rarità' de' maestri che si ve-
deva in Itah'a, e ordinato di provvedere a questo
difetto, fu neU'827 fetto venire di Scozia un mo-
liamo per pome DuQgalo, famoso in quell'età pel
^o capere . - Ebbe costui a teiere in particolare
la studio di Pavia, ma fu neUo stesso tempo au-
tore e quasi fondatore delle altre scuole d' Ivrea ,
di Torino , di -Fermò, di Verona , di Vicenza, di
6ividal del Friuli; alle quali dovevano concorrer©
ripartitameoie gli scalari da tutte le altre città^
del regno Italico , siccome ordinò Lottano in un
(t) Ap. GammUl. PcllegtiD. , et Marat, tura. a. Rei- luK
=d.vGooglc
ao<* X)BtXÌ BiTdLVaiOlH D' IfALU
Slip fatno^ capittjarei (i). II crebre patriarca,
d* Aquileia Paolino , sopranoominato il Grammi'
tico , «ra stato da) medesimo Carlo fatto venir ia
ItaKadairÀiutna* paese uscito .pur allora, dalla
harbarie. In i|o trattato particolare su questa .ma->
teria (s) noi crediamo di avw bastantemente pie-
gato com'egli avvenga molto naturalmeate ,, che
il genio delle lettere vada così circuendo per va-
rie'contrade; e come d'ordinario ancor suooeda.
«^'•fige fioriscano egregiamente ae]Ie provitioief
allorché già sono comÌQ(»ate a decadere sella ca-
pitale . NoO- è però maraviglia se gli studi o^
dal tempo di^ti Aotopini erano decaduti in Ro-
ma;, coukindarono a fiorir nell'Africa, poi nella
Spagne e nelle Qallie, dove, a pocc) a pos» s'era'
no sparale le lettene daBoma e dall'Italia,, centro,
allora di quell'immenso imperio. Fioalmente dal-
la Gallia dove, nel q[uijDto « qel principio dd se-
sto secolo erano in vigore gli studi non meno prò-,
fani che saori , si diffusero n aj propagaicono nel*,
le isole BritanDÌcl»e e nella Germania i dove Bel
principio dell' ottayo secolo^ allorché a^mma ra-'.
rità s*eran ridotti gli uamini letterati per tutto
1* imperio d' Occidente * si renderono chiari, p^r,
dottrina molti monaci specialmente (3). Con^fo»^
sia^hè in quello stesso periodo di tempo ohe sì
coltivarono gli studi , dominavci anche il genio ,
(i) loter Leg. LoDgab. ap. Murai. Ker. ttàl. tom. 3.
' '(o) DiKono tofn le Viceoile della Letteratura ;
(3J Vid. MabilloD Fraefal. in Mecal> 3. B«ae4icl. £, ^
ovGoo^lc
CiBRo Vltt. Capo Xn. dot
ptwo aratiti rato nell'Occidente, della, vita mo-
nastica .'■■':
Ma non è da dii^ per questo , che (ussero
in Italia passati in totale £suK> gli studi umani 'e
divini. Certo è ohe- in Roma per lacurade'pon*
tefici , de* monaci e de* cherici si ritenne qualche
letteratura, e la liagua Latina nott vi rimase af-
fatto spenta ,' almeno nelle scritture. Il tenofó del
decreto sopraccennato d'Eugenio H. o del Consilio
Romano dell' 826 intorno al difetto d6* maestri
che' sì osservava in più luoghi, pi\h farcì argo-
mentare che in quella immortai città non vi ibs'
se tale inopia di chi fnsegnàsse almeno a' giovani
cherici la grammatica, sotto il qual vocabolo in*-
teodevaosì allora le uinaoe lettere , o sia la ÌHtiit-
ra de' poeti e retori e" d'altri autori antichi, a
ddta sacra serittura- medesimamente. '
Nella stessa ppoporeioné delle lettere essendo
scadute le arti ,~ fuori dt quelle più' grossolane e
più necessarie al" vivere uinano, non troviam me-
moria di aloun arte o manifattura , salvo ohd
d'un beilo e famoso musaico che ei orede fatto
fare da Leon HI. in - santa Susanna , e di certe
campane che OrsoFarticipazio doge di Venezia
mandè in dono all' imperadore Michele UI. . Gior-
gio prete VenezUtDo avendo portato di Costanti-
nopoli r invenzione degli organi , non pare che
quell'arte si coltivasse con successo in Italia ; giac-
ché troviamo qbe. Giovanni Vili, jichìòse il yewqvQ
ov Google
Òtìà ì)AiX 'Rivouhtàm o* ItalìA
di FmiAga d*un organo per la sua chiesa dìAd^
ma, e d'uoa persona atta a sonarlo :
ti commercio parca ged^almente essersi tU
stretto tra poclie terre vicine d'una stessa ^nntia-
cìa, ooDcorFenti le une al 'menìato' dell'altrèj'cd-
Ine fu sempre necessario costume dì tutte le ùa'
2Ìoni anche pi£i rozze e |)i& incolte . Pochi eratid
quelli I per quel òhe né parli la storia Italiana ,
che fiieessero allora professione d* un traffibo al''
iqttuito più grande e più esteso. I Giudei dispen-
si per Io motado ^ esclusi dà ogni uf6zi6 civile , e
tirdioarìansente anche dall* agricoltiirct pe^ doìi a7W
beni stabili propri j alienissimi per altro canto dal
tnestier delle armi, furoikt costretti d inipiegar tut-
ta Tiddilstria o fieli' esercizio della scienza 6sica ^
0 nelk mercatura : pero furono in tutti i secoli
ed in tutti i paesi del mondo rìgtiardati come ì
più intraprendenti è t più àvvedutT mercatanti j é
tali erano essi in Italia anchti sotto il regno de*
Francesi (i)j Ma fra le nazióni naturali d'ftàb'a
ì Veneziani furono nod pure i principali i mi. ifia.-
81 i soli oh* esercitassero fin dal nono seciolb un va-
sto éommerzio . Venezia £ra 1^ emporio iioQ me^
no d'Italia, che deità Grecia è de' paesi confinaa"
ti con r Adriatico ; Lo scrittor Tedesco « autore
degli annali chiamati Fuldesi^ ile lasdÒ ^uaH per
[i] Agaell. in ViU pootit'. Itavènn. aff. Uurat. Iter.
Itali tomi I « pag. i6> , disi. }« in Anti^. med. «evi •
0. Google
tiBRo vm. mvóf^ 3«3
incidenza un bel testimonio (i); ft-p^u Spesso si
parla nelle altre memorie di que* tempi di mMx^-
tanti Veneziani, òhe d'Italiani genercjtliente. Gli
Amalfitani posti Begli ultimi confini ^ Italia , e
soggetti, benché t;on.poca dipendenza « all'impe-"
rio Greco, esercitarono anch'essi sotto ì re Fran-
cesi la mercatura .* ma il commerzio loro fiorì spe-r
zialmente nel seguente secolo decimo . E i Pisani
e ì Genovesi , che poi tanfo grido ebbero per tut-
ti i porti del Mèdi terraneo « e gareggiarono dicrer
dito e dì potenza cogli stessi Veneziani « hon pri-
bia del S600I0 Tindecimo cominciarono ad acqui--
Itar nome.
i^'ine Het seconda ppluiw.
(t) Ai aDD. 86e.
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