C 3 72*>
DIZIONARIO
DI ERUDIZIONE
STO RICO -ECCLESIASTICA
DA S. PIETRO SINO Al NOSTRI GIORNI
SPECIALMENTE INTORNO
AI PRINCIPALI SANTI, BEATI, MARTIRI, PADRI, AI SOMMI PONTEFICI, CARDINALI
E PIÙ CELEBRI SCRITTORI ECCLESIASTICI, AI VARI! GRADI DELLA GERARCHI \
DELLA CHIESA CATTOLICA, ALLE CITTA. PATRIARCALI, ARCIVESCOVILI E
VESCOVILI, AGLI SCISMI, ALLE ERESIE, AI CONC1LII , ALLE FESTE PIÙ SOLENNI,
AI RITI, ALLE CEREMONIE SACRE, ALLE CAPPELLE PAPALI , CARDINALIZIE F.
PRELATIZIE, AGLI ORDINI RELIGIOSI, MILITARI, EQUESTRI ED OSPITALIERI, NON
CUE ALLA CORTE E CURIA ROMANA ED ALLA FAMIGLIA PONTIFICIA, EC. EC. EC.
COMPILAZIONE
DEL CAVALIERE GAETANO MORONI ROMANO
PRIMO AIUTANTE DI CAMERA DI SUA SANTITÀ
GREGORIO XVI.
AOL. XXXI.
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DIZIONARIO
DI ERUDIZIONE
STORICO -E CC LE SI ASTICA
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GIO
(jUOVANNI (s.), apostolo ed e-
Tnn^elista. tacque a Belsaida nella
Galilea, era figlio di un semplice
pescatore nomato Zebedeo, e di
Snlome, e fratello cadetto di s.
Giacomo detto il Maggiore. Pare
che prima di traini al Salvatore
egli fosse discepolo di s. Giovanni
Battista. Alcuni scrittori lo pren-
dono per quell'altro discepolo col
quale s. Andrea seguitò Gesù Cri-
sto. Egli aveva circa venticinque
anni quando fu chiamato con Gia-
como suo fratello ad essere disce-
polo del Signore, che die loro il
soprannome di Boanerges, che si-
gnifica figli del tuono, indicando
con ciò quella viva fede e quello
zelo ardentissimo con cui avrebbe-
ro annunziato la legge di Dio
senza temere la possanza degli uo-
mini. S. Gioranni fu testimonio
dei principali miracoli del Salva-
tore, e n' ebbe contrassegni parti-
colari d' affetto, per cui nel santo
▼angelo è distinto col titolo di
discepolo diletto del Signore. Ge*ù
GIO
lo scelse con s. Pietro e s. Giaco-
mo per essere testimonio di sua
trasfigurazione sul Tabor, e di
sua agonia nell'orto degli Ulivi ; fu
incaricato con s. Pietro di allesti-
re l' ultima Pasqua, e durante la
cena posò il suo capo sul seno del
Salvatore. Allorché Gesù dichiarò
che uno di quelli che erano a
mensa con lui lo avrebbero tradito,
s. Pietro, secondo s. Girolamo, de-
siderando conoscere chi sarebbe
stato il traditore, si rivolse a Gio-
vanni, cui sapeva avere col Signo-
re una santa familiarità. 11 Signo-
re gli disse essere colui al quale
avrebbe dato un boccone di pane
intinto nel piatto, e questi lispo-
sta non fu intesa che da Giovan-
ni. Leggesi in s. Gio. Crisostomo
eh' egli fa il solo degli apostoli
(In1 non abbandonò Ge>ù durante
la m passione. Parecchi credono
ch'egli fosse quel giovine corni!»
di una tonaca di lino, che se-
guiva C.cmi, e che si salvò qua»i
nudo per uon cadere in mano dflì
6 GIO
soldati. Eia a piedi della croce
quando il Salvatore morendo gli
commise la cura di sua madre ,
dandolo ad essa qual figlio. Ge-
sù non ha sdegnato, come osser-
va san Paolo, di chiamarci suoi
fratelli, e ci ha tutti raccomanda-
ti in questa qualità alla sua bea-
tissima Madre ; ma s. Giovanni è il
primogenito dei suoi figli adottivi.
Egli solo ebbe il privilegio di es-
serne trattato come s' ella fosse sta-
ta sua madre naturale, e di ren-
derle reciprocamente tutti i dove-
ri del più tenero e rispettoso fi-
gliuolo. Questo privilegio fu la ri-
compensa del suo coraggio e del
suo fervore nel servigio del suo
divino Maestro. Secondo s. Giro-
lamo, la sua castità gli procurò
quest' insigne favore : Gesù, egli
dice, commise la cura di una ma-
dre vergine ad un discepolo ver-
gine. S. Ambrogio, s. Gio. Griso-
stomo, s. Epifanio ed altri padri
hanno fatto la stessa osservazione.
Allorché Maria Maddalena e le al-
tre sante donne annunziarono che
non aveano trovato il corpo di
Gesù Cristo nel sepolcro, Giovan-
ni fu il primo a recarvisi. Egli,
illuminato dall'amore, riconobbe
Gesù che gli apparve sotto finto
sembiante sulla riva del lago di
Tiberiade, e lo additò a s. Pietro.
Fu con lo stesso Pietro imprigio-
nato per aver guarito un zoppo
in nome di Gesù Cristo; ma i
magistrati non osando punirli li
posero in libertà, proibendo loro
con minaccie di continuar a pre-
dicare. Siccome s. Giovanni non
tenne in conto tali minaccie, fu
messo in carcere una seconda vol-
ta e battuto con verghe. Accom-
pagnò s. Pietro a Samaria per
comunicare lo Spirito Santo a quel-
GIO
li che il diacono Filippo avea con-
vertiti, e vi annunziò il vangelo.
Intervenne nell'anno 5i al primo
concilio di Gerusalemme, e erede-
si che quivi sia rimasto assai tempo,
allontanandosene però qualche volta
per predicare il vangelo. Dicesi che la
Partia sia stato il teatro principa-
le delle sue apostoliche fatiche. Le
relazioni dei missionari che in que-
sti ultimi tempi si sono recati alle
Indie orientali, contengono che gli
abitanti di Bassora sono persuasi,
giusta un'antica tradizione, che s.
Giovanni abbia piantato la fede
nel loro paese. Fece in seguito
predicazioni in diverse parti del-
l' Asia minore , e vi istituì dei
pastori. Dimorava abitualmente in
Efeso, né si allontanava da quella
città che per visitare le chiese vi-
cine. Sappiamo dal greco Apollonio
ch'egli risuscitò un morto ad Efeso.
S. Epifanio accerta che il santo e-
vangelista venne in Asia per una
disposizione speciale dello Spirito
Santo, a fine di opporsi alle ere-
sie di Ebione e di Cerinto. Nella
seconda persecuzione generale che
si accese nel g5, s. Giovanni fu
preso per ordine del proconsole
d'Asia; e mandato a Roma fu con-
dannalo ad essere tuffato in una
caldaia d'olio bollente , ma ne usci
incolume. Questo miracolo non com-
mosse punto i pagani, i quali lo
attribuirono a magia, e s. Giovan-
ni venne esiliato neh' isola di Pat-
mos. Colà ebbe quelle visioni che
riferisce nell'Apocalisse, opera alle-
gorica nella quale dà consigli alle
chiese d'Asia, predice la grandezza
futura, i progressi del cristianesi-
mo, e le cose che devono succe-
dere nella consumazione de' secoli.
L'anno 97 s. Giovanni ritornò in
Efeso, e prese la cura di quella
GIO
chiesa, giacché s. Timoteo che n'e-
ra vescovo avea ottenuto la palma
del martirio. Egli portava, secon-
da Policrate, una piastra d'oro so-
pra la fronte, ad esempio del som-
mo sacerdote de' giudei , e questa
era come il segno distintivo del
sommo sacerdozio presso i cristia-
ni. Secondo l'opinione più comu-
ne, egli scrisse il suo vangelo quan-
do ritornò dall' isola di Patmos ,
principalmente per confutare gli
errori sparsi da lìbione e Cerinto
contro la divinità di Gesù Cristo,
perciò incomincia dalla generazio-
ne eterna del Verbo creatore del
mondo. Egli si propose ancora di
supplire alle omissioni degli altri
tre evangeli , quindi insiste parti-
colarmente sulle azioni del Salva-
tore, dal principio del suo mini-
stero infino alla morte di s. Gio-
vanni Battista. Lo scrisse in greco,
lingua parlata dai popoli a' quali
lo destinava, ma ne fu fatta quasi
subito una versione in siriaco. Teo-
doreto lo chiama una teologia, che
la mente umana non può affatto
intendere, e che le sarebbe stato
impossibile d' immaginare. Perciò
gli antichi hanno paragonato il
santo evangelista ad un'aquila che
s' innalza nell'aere, e che 1' occhio
dell' uomo non può seguire. Per la
stessa ragione i greci gli hanno
dato il titolo di Teologo per ec-
cellenza. Abbiamo altresì di s. Gio-
vanni tre epistole : la prima è in-
dirizzata a tutti i cristiani, massi-
me a quelli ch'egli avea converti-
ti ; le altre due sono dirette una
ad Eletta, l'altra a Caio: in tutte
e de raccomanda l' adempimento
del precetto della canta. Egli in-
culcava altrui quella carità di cui
ridi sloso avvampava, e per la
quale intraprese lunghi viaggi, sop-
GIO 7
portò tante fatiche, vinse tante dif-
ficoltà, affrontò tanti pericoli. Racco-
mandavala come il grande e prin-
cipale precetto del cristianesimo ; e
quando per l'avanzata sua età non
poteva più fare lunghi discorsi, fa-
ceasi portare alle adunanze de' fe-
deli, e sempre ripetea loro di a-
marsi scambievolmente. S. Giovan-
ni morì in pace ad Efeso, il terzo
anno di Traiano, in età di circa
novantaquattr'anni. Fu seppellito
sopra un monte fuori della città.
Si portava via per divozione la
polvere della sua tomba, la quale
operava miracoli, e si edificò sopra
questa tomba una magnifica chiesa,
che poscia i turchi convertirono in
moschea. I greci celebrano la di lui
festa a' 26 di settembre, ed i lati-
ni a' 27 dicembre. La Chiesa com-
memora inoltre il suo martirio ,
cioè il glorioso trionfo da lui ripor-
tato uscendo miracolosamente in-
colume dall'olio bollente, come si
è detto; e nel luogo dove accadde
questo miracolo, presso la porta det-
ta dai romani Latina, venne eretta
una chiesa sotto i primi imperatori
cristiani , chiamata Chiesa di san
Giovanni avanti Porta Latina
{Vedi). La festa di san Giovan-
ni avanti la porta Latina celebra-
si a' 6 di maggio : è stata , già è
moltissimo tempo, celebrata in mol-
te chiese coli' astinenza dalle opere
servili, ed era una volta di obbli-
go in Inghilterra.
GIOVANM Crisostomo o Cri-
sostomo (s.), celebre dottore della
Chiesa. Nacque in Antiochia verso il
3 i i ; il padre suo, chiamato Secondo,
era generale di cavalleria e coman-
dava in Sina le truppe dell'impero,
e sua madre aomavasi Antusa
Rimasta < *> 1 vedova all'età di ven-
l'annij avendo oltre a Giovanni an-
8 GIO
che una figlia, prese saggia cura
di essi. Giovanni studiò l'eloquen-
za sotto Libanio, uno de' più fa-
mosi oratori di quel tempo, ed in
breve superò il suo maestro; pari
avanzamenti fece nella filosofia sot-
to Andragazio. A vent'anni prati-
cò ai tribunali, e vi disputò anche
con straordinario successo. La sua
nascita illustre e il suo raro ta-
lento avrebbero potuto fargli con-
seguire i primi posti dell'impero;
ma conosciuti i pericoli della vita
mondana , abiurò le vanità del se-
colo, e vestito un abito da peni-
tente, con lunghe veglie e frequenti
digiuni distrusse in sé stesso l'imperio
delle passioni, applicandosi alla me»
ditazione delle divine scritture. S.
Melezio vescovo d'Antiochia, che il
conobbe, lo trasse al servigio del-
la Chiesa, e dopo averlo egli me-
desimo istruito, tenendolo tre anni
nel suo palazzo, Io ordinò lettore.
Sebbene dotato di somma facon-
dia e ricco di preziose cognizioni,
amava la taciturnità; ciò non per-
tanto s' intratteneva volentieri sulle
verità eterne con persone virtuose,
e in particolar modo con Basilio,
uno de'suoi compagni di studio, ed
intimo amico, il quale aveva ab-
bracciato la vita monastica. Una
stretta amicizia legava s. Gio. Gri-
sostomo eziandio con Massimo, che
fu poscia vescovo di Seleucia, e
con Teodoro, che divenne vescovo
di Mopsuesta, anch'essi suoi condi-
scepoli; e fu per ricondurre que-
st'ultimo alla sua vocazione , che
indirizzogli due patetiche esortazio-
ni, nelle quali trovasi, dice Sozo-
meno, un'eloquenza soprannaturale.
I vescovi della provincia, che co-
noscevano il merito di Giovanni e
del suo amico Basilio, adunaronsi
per innalzarli all'episcopato. Il pri-
GIO
mo se ne fuggì, e si tenne nasco-
sto fino a che furono riempite le
sedi vacanti ; il secondo fu fatto
vescovo di Raffanea , e siccome do-
vette la sua nomina ad un pio
stratagemma del suo amico, si la-
gnò con esso per aver verso di lui
così adoperato. S. Gio. Grisostomo
fece la sua apologia, scrivendo l'am-
mirabile trattato del Sacerdozio:
egli non avea allora che ventisei
anni. Nel 3 74 si ritirò presso al-
cuni santi anacoreti che abitavano
sulle montagne vicine ad Antiochia,
e dopo aver passato quatti*' anni
con essi, due altri ne passò in un
antro. L' umidità del luogo e le
austerità che praticava gli cagio-
narono una pericolosa malattia, per
cui nel 38 1 fu costretto ritornare
ad Antiochia per rimettersi in sa-
lute. In quell'anno stesso fu ordi-
nato diacono da s. Melezio; poscia
Flaviano, che a questo succedette
sulla sede di Antiochia, lo innalzò
al sacerdozio nel 386, lo nominò
suo vicario, ed incaricollo di an-
nunziare ai popoli la divina paro-
la. Egli sostenne questo importan-
te uffizio col più grande successo,
ed ebbe sempre per uno de'suoi
più essenziali doveri la cura e l'am-
maestramento de' poveri. Per do-
dici anni fu la mano, V occhio, la
bocca del suo vescovo. Predicava
più volte alla settimana, e sovente
anche parecchie fiate in un gior-
no; la sua eloquenza faceva accor-
rere a' suoi sermoni i giudei, i pa-
gani, gli eretici, che trovavano le
più solide confutazioni de' loro er-
rori; e tale fu il frutto della sua
predicazione, che giunse a far cam-
biar faccia ad Antiochia. Nel se-
condo anno del suo ministero apo-
stolico una forte sedizione scoppiò
ad Antiochia, a cagione di una
GIO
gabella imposta dall' imperatore
Teodosio I. Il popolo nel suo fu-
rore stritolò la statua dell' impera-
tore, de' suoi due figli, e dell'im-
peratrice Flacilla morta poco tem-
po innanzi. I magistrati procedet-
tero colla maggior severità contro
i colpevoli, e già parlavasi di con-
fisca di beni, di abbruciare vivi i
sediziosi, e di smantellare la città;
per cui la costernazione era gene-
rale. Il vescovo Flaviano , benché
in età molto avanzata, tocco dalla
disperazione del suo gregge, si re-
cò a Costantinopoli per implorare
la clemenza dell'imperatore, ed in-
dirizzogli quel celebre discorso, la
cui compilazione vieue principal-
mente attribuita a s. Gio. Griso-
stomo, e che trovasi in gran par-
te nella sua omelia XXI sulla se-
dizione d'Antiochia. Teodosio, com-
mosso fino alle lagrime, rimandò
il vescovo col perdono generale del
suo popolo. Durante l'assenza di
Flaviano, il nostro santo fu inca-
ricato della cura d'istruire il po-
polo, e continuò dopo il di lui ri-
torno le sue fatiche evangeliche
collo stesso zelo e col medesimo
successo: egli era l'ornamento e la
delizia d'Antiochia e di tutto 1' o-
riente, perchè la sua rinomanza s'e-
ra estesa fino ai confini dell'impe-
ro. Rimasta vacante la sede di Co-
stantinopoli nel 397, per la morte
di Nettario, l'imperatore Arcadio
volle innalzarvi s. Gio. Crisosto-
mo; quindi commise al conte d'O-
riente d impossessarsi di esso con
qualche stratagemma. Il conte a-
dunque, col pretesto di visitare in
sua comprimila le tombe de'martiri,
lo trasse fuori della città, e lo mise
in mano don officiale che lo con-
durr a Costantinopoli , tfavfl In
consacrato nel 16 febbraio 3q8, da
GIO 9
Teofilo patriarca di Alessandria.
Incominciò il suo episcopato col re-
golare la sua casa diminuendone
le esorbitanti spese; riformò i co-
stumi del clero, raffrenò l'immode-
sto vestire delle femmine, tolse l'a-
buso de' giuramenti, convertì un
gran numero di pagani e d'ereti-
ci, e ridusse sul buon sentiero mol-
ti indurati peccatori. Fra le vedo-
ve che si consacrarono a Dio sot-
to la sua direzione, contavasi O-
limpiade, Salvina, Procula, Panta-
dia, tutte e quattro distinte per la
loro nascita: l'ultima, vedova di
Timaso primo ministro dell'impe-
ratore , fu fatta diaconessa della
chiesa di Costantinopoli. S' Gio-
vanni Grisostomo, strettamente vi-
vendo, profondeva le sue rendite
a sollievo de' poveri; se Antiochia
avealo veduto spendere per essi
tutto il suo patrimonio, lo vide
Costantinopoli vendere per il me-
desimo oggetto la ricca suppelletti-
le che gli avea lasciato .Nettario ,
ed in una gran carestia anche dei
vasi sacri. Fondò parecchi spedali,
fra cui due per gli stranieri ; e le
sue larghe limosine gli meritarono,
dice Palladio, il soprannome di I:-
lemoainierc. Infiammato da un san-
to zelo per la propagazione del van-
gelo, mandò un vescovo missiona-
rio presso i goti, un altro in mez-
zo agli sciti nomadi , altri ancora
nella Persia e nella Palestina.
Intanto l'imperatore Arcadio la»
sciavasi governare dai suoi favoriti:
l'eunuco Eutropio, successo nella
carica di primo ministro al tradi-
tore Rufino, fu eziandio innalzato
alla dignità dì console; ma il Ilio
orgoglio e la sua ambiaionc ca-
aionarongli la ma perdita, e l'im-
peratrice Eudossia pure ti coutil
fui. II popolo lolleTOtsi cullilo di
io GIO
lui, e l'armata chiedeva la sua mor-
te. Cercò Eutropio un asilo presso
gli altari di cui avea violato tante
volte i privilegi; la chiesa venne
bentosto investita da una banda
di soldati furibondi contro di lui,
e fu d'uopo di tutta 1' eloquenza
del santo arcivescovo perchè quello
sciagurato potesse godere dell' im-
munità del santuario. S. Giovanni
Grisostomo pronunziò in questa
occasione un eloquente discorso sul
falso splendore e sulla nullità delle
grandezze mondane, indi rivoltosi
al popolo, lo esortò a perdonare
al colpevole : il popolo ne fu com-
mosso, e si calmò la sedizione. Eu-
tropio fu rilegato nell'isola di Ci-
pri ; ma il suo avversario Gaina,
che comandava i goti al servizio
dell' imperatore , trovò modo di
fàrnelo richiamare dopo pochi me-
si, e di farlo condannare a per-
dere la testa . Gaina divenuto
potente, ed imbaldanzito per la
debolezza di Arcadio , si fé' a
credere che tutto gli dovesse es-
ser permesso , e osò domandare
una chiesa per gli ariani; ma il
santo arcivescovo, sempre inflessi-
bile quando il richiedea il suo do-
vere, seppe resistergli ; ed allor-
quando questo superbo favorito,
essendosi ribellato al suo signore,
pose l'assedio a Costantinopoli, Gio-
vanni si recò da lui , e parlogli
con tale energia che lo fece ritrarsi
colle sue truppe.
Nel medesimo anno 4°°j i' n0"
stro santo tenne un concilio in
Costantinopoli in cui Antonino ar-
civescovo d' Efeso fu accusato di
simonia e di altri delitti. L'impor-
tanza dell' accusa fece risolvere il
santo di recarsi sul luogo, ad on-
ta del rigore della stagione, e del
cattivo stalo di sua salute, per iu-
GIO
formarsi esattamente dei fatti. Si
tennero molti sinodi sì ad Efeso
che nelle vicine città : e Antonino
convinto di simonia, vi fu deposto,
ed altri vescovi dell' Asia, della
Licia, e della Frigia subirono la
stessa pena. Dopo la festa di Pa-
squa del 40I> s- Giovanni Griso-
stomo ritornò alla sua sede, es-
sendone stato assente cento giorni,
e il dì appresso montò il pulpi-
to per dimostrare quanto fosse lie-
to di rivedere 1' amato suo greg-
ge. Ma la sua letizia venne ben
presto turbata dalla malevolenza
de'suoi nemici, per cui ebbe a sos-
tenere fiere persecuzioni. Severia-
no vescovo di Gabala in Siria ,
al quale era stata affidata la cu-
ra della chiesa di Costantinopoli
durante 1' assenza del santo, osò
dalla cattedra evangelica attaccare
s. Giovanni Grisostomo, e tentò di
sollevare il popolo contro di lui ;
ma venne scacciato come un ca-
lunniatore. Altri due nemici più
pericolosi aveva s. Gio. Grisostomo
nelP imperatrice Eudossia ed in
Teofilo patriarca di Alessandria.
Quest' ultimo avea scacciato dal
deserto di Nitria quattro abbati*
accusati di origenismo, ed essendo
essi stati ricevuti da s. Giovanni
Grisostomo, che ne fece l'apologia,
Teofilo punto ai vivo propose di
vendicarsi. Eudossia dopo la ca-
duta di Eutropio governò dispo-
ticamente l'imperatore e l'impero.
Questa principessa, la quale secon-
do Zosimo, era di una insaziabile
avarizia, avea riempita la corte di
delatori, i quali dopo la morte dei
ricchi impadronivansi dei loro be-
ni a pregiudizio degli eredi. Il san-
to pastore si accorava per tali a-
busi, ed Eudossia risolvette di far-
lo deporre. Perciò ella chiamò
GIO
Teofìlo, che giunto a Costanlino-
li nel mese di giugno del 4°3>
con molti vescovi dell' Egitto, che
erano a lui devoti, tenne il famo-
so conciliabolo detto Sinodo del-
la Quercia. S. Gio. Grisostorno
venne accusato di aver deposto un
diacono che avea percosso un suo
servo ; ordinato dei sacerdoti nel-
la sua cappella domestica ; vendu-
to delle suppellettili appartenenti
alla chiesa, e dissipatene le rendi-
te ; comunicato delle persone, che
non erano digiune ; e deposto dei
vescovi che non erano nella giu-
risdizione della sua provincia. In
queste accuse tutto era frivolo o
falso. 11 santo, che dal suo can-
to aveva radunato quaranta ve-
scovi a Costantinopoli , fu cita-
to a comparire ; ma ricusò di pre-
sentarsi, perchè eransi violate a-
perta mente le leggi volute dai ca-
noni. Ciò nulla meno il raggiro
la vinse, e fu contro di lui pro-
nunziata la sentenza di deposizio-
ne, che venne approvata da Arca-
dio, al quale fu accusato il santo
per giunta d'aver paragonato l'im-
peratrice a Gezabele. Fu segnato
un ordine di esilio, ed il santo ar-
civescovo congedossi dal suo greg-
ge con un discorso il più commo-
vente. Erano già passati tre giorni
dall'ingiusta condanna, ed egli non
era ancora partito, perciocché il
popolo vi si opponeva minacciando
una sedizione. Finalmente senza
che il popolo se ne avvedesse an-
dò egli stesso a mettersi nelle ma-
ni dell' ullìziale incaricato di con-
durlo in Bitinia. Tosto Severiano
montò sulla cattedra per provare
che Giovanni era stato deposto
giustamente ; ma venne interrotto
dai clamori dei cristiani, che ri-
domandavano il loro pastore. Nel-
GIO ii
la notte seguente essendosi fatte
sentire delle scosse di terremoto,
Eudossia pentita per lo spavento
andò subilo da Arcadio per chie-
dergli il richiamo dell'arcivescovo;
locchè ottenuto scrisse subito al
medesimo una lettera piena di sti-
ma e di affetto , invitandolo a ri-
tornare . Quando il popolo ven-
ne a sapere che il suo arcivesco-
vo ritornava, gli andò incontro
con fiaccole accese, lo condusse trion-
fante in città, ed i suoi nemici
fuggirono: il di lui ristabilimento,
secondochè riferisce Sozomeno, fu
ratificato da una adunanza di ses-
santa vescovi. Sventuratamente que-
sta calma non durò molto. Essen-
dosi eretta una statua d' argento
in onore dell'imperatrice davanti la
chiesa di s. Sofìa, se ne celebrò
la dedicazione con giuochi pubbli-
ci, e con istravaganti superstizioni
che disturbavano il divino ofìizio :
s. Giovanni Grisostorno non potè
far a meno di disapprovare quegli
abusi. L'imperatrice se ne tenne ol-
traggiata, i nemici di Giovanni fu-
rono richiamati a Costantinopoli,
ed egli fu nuovamente condannato ,
abbenchè avesse quaranta vescovi
in suo favore. Mandò Arcadio nel
sabbato santo una banda di solda-
ti per scacciare il pastore dalla
sua sede : la chiesa fu profanata e
contaminata di sangue. S. Giovan-
ni Grisostomo ricorse al Pontefice
Innocenzo I, il quale annullò le
procedure fatte contro di lui. O-
norio imperatore d'occidente di-
chiarassi pure iu suo favore, ma
Arcadio subornato ricusò la con-
vocazione del concilio richiesto dal
Pontefice e da Onorio, ed intimo
al santo l'ordine espresso «li andar*
sene ■•! luogo del suo esilio. Egli
trovavasi in chiesa allorché na-
12 GIO
vette quest'ordine, quindi salutati i
vescovi che avea al suo fianco ,
entrò nel battistero per dare un
addio a s. Olimpiade e alle diaco-
nesse che si struggevano in lagri-
me ; poscia usci per una porta se-
greta, temendo che il popolo non
si ammutinasse. Un offìziale noma-
to Lucio il meno a Nicea in Bi-
tinia, ove giunse ai 20 di giugno
del 4°4- Poco tempo dopo la sua
partenza s'appiccò il fuoco alla
chiesa di s. Sofia e al palazzo in
cui adunavasi il senato. Non si
mancò di addossare agli amici
del santo la colpa di quest'incen-
dio, e parecchi di essi furono posti
alla tortura per iscoprire i colpe-
voli. Tigrio sacerdote, dopo essere
stato crudelmente tormentato, fu
mandato in bando ; Eutropio let-
tore di s. Sofia morì in prigione,
in conseguenza degli orribili stra-
zi sofferti. Essi sono amendue no-
minati nel martirologio romano ai
12 di gennaio. Nel mese di luglio
del 4°5 s. Giovannni Grisostomo
fu trasferito a Cucuso, piccola città
d' Armenia nei deserti del monte
Tauro, luogo destinatogli da Eu-
dossia, ove arrivò dopo settanta
giorni di penosissimo cammino sot-
to un cielo cocente, estenuato dal-
la febbre cagionatagli dalle fatiche
del viaggio , dalla brutalità delle
guardie, e dalla privazione quasi
continua del sonno. Il vescovo ed
il popolo di Cucuso rispettosamen-
te 1' accolsero, e parecchi suoi a-
mici vennero da Antiochia e da
Costantinopoli per consolarlo. 11
suo zelo però non rimase ozioso
colà: mandò dei missionari nelle
contrade dei goti , nella Persia, e
nella Fenicia, e nominò Costanzo
prete di Antiochia superiore gene-
rale delle missioni della Fenicia e
GIO
dell' Arabia. Scrisse diecisette let-
tere ad Olimpiade, che sono veri
trattati di morale. Le incursioni
degli isauri che devastavano l'Ar-
menia lo costrinsero a rifugiarsi
nel castello di Arabisso sul monte
Tauro. Ritornato a Cucuso dopo
la ritirata dei barbari , poco vi
stette . I suoi nemici instigarono
l' imperatore ad ordinare che fosse
trasportato a Pitionto sulle rive
del Ponto Eusino vicino alla Col-
chide. Due offiziali incaricati di
condurlo, lo facevano camminare
colla testa nuda, calvo com' era,
ora sotto un sole cocente, ora
sotto la più dirotta pioggia. Le
sue forze erano sfinite quando ar-
rivò a Comana nel Ponto: tutta-
via si volle farlo passar oltre, ma
la sua debolezza divenne sì gran-
de, che fu mestieri ritornare in-
dietro, e fu alloggiato nell'oratorio
di s. Basilisco martire, vicino a
Comana, ove morì il giorno ap-
presso, 14 settembre del 4°7> d°"
pò aver ricevuta la santissima co-
munione. Egli era stato arcivesco-
vo nove anni e sette mesi circa,
ed avea vissuto settantatre anni,
secondo il p. Stilting. I suoi fu-
nerali furono onorati da un con-
corso prodigioso di vergini, di mo-
naci e di persone d' ogni stato,
eh' erano venute dalle piò remo-
te contrade; e il suo corpo fu se-
polto presso quello di s. Basilisco.
A' 27 gennaio del 438 s. Proclo lo
fece trasportare solennemente a
Costantinopoli, ove venne deposto
nella chiesa degli Apostoli in cui
d'ordinario seppellivansi gl'impe-
ratori e gli arcivescovi. In seguito
le di lui reliquie furono traslatate
a Roma, e collocate sotto l'altare
che porta anche il nome di s.
Giovanni Grisostomo, nella cappel-
GIO
la del coro della basilica vaticana.
J latini celebrano la sua festa ai
27 di gennaio, giorno in cui av-
venne in Costantinopoli la trasla-
zione del suo corpo , e i greci
ai i3 di novembre: questi ulti-
mi celebrano ancora la memoria
di lui, di s. Basilio, e di s. Gre-
gorio IN'azianzeno ai 3o di gennaio.
11 Dome di Crisostomo, che signi-
fica Bocca d' oro, fu dato a s.
Giovanni poco tempo dopo la sua
morte, trovandosi negli scritti di
s. Efiem, di Teodoreto e di Cas-
siodoro.
Opere di s. Giovanni Grisostomo.
Giorgio e Niceforo ci assicurano
che s. Gio. Grisostomo aveva com-
posto più di mille libri. JN'oi dare-
mo il catalogo di quelli che ci re-
stano, giusta l'edizione del p. Mont-
faucon, detta dei Benedettini, pub-
blicata a Parigi dal 17 18 al 1738,
in tredici volumi in foglio, in gre-
co ed in latino.
Il tomo I contiene: 1. le due
Esortazioni a Teodoro; 2. i due
libri della Compunzione; 3. i tre
libri della Provvidenza ; 4- ' *-ve 1'*
bri contro i nemici della vita mo-
nastica ; 5. il Paragone d'un re e
d'un monaco; 6. il libro contro gli
ecclesiastici che tengono nelle loro
case in luogo di sorelle delle fem-
mine che diconsi sottointrodotte;
7. che le femmine regolari non de-
vono abitare cogli uomini ; 8. il
trattalo della Virginità ; 9. i due
libri ad una giovane vedova; io.
i sei libri del Sacerdozio ; 1 1. il di-
scorso pronunziato nel giorno di sua
ordinazione; 1?.. cinque omelie sul-
la natura incomprensibile di Dio ;
1 3. sette altre omelie contro gli
anomei ; 1 \. il panegirico ili s. li-
GIO .3
logono; 1 ">. il trattato contro i giu-
dei e i gentili; 16. otto discorsi
contro i giudei; 17. discorso sul-
l'anatema ; 1 8. discorso sopra le
strenne; 19. sette discorsi sopra
Lazzaro. Vi sono ancora in que-
sto tomo alcune opere falsamente
attribuite a s. Gio. Grisostomo, co-
me un settimo libro del Sacerdo-
zio ; una omelia sopra gli scherzi;
un trattato contro i giudei, i gen-
tili e gli eretici, ec.
Il tomo II contiene: 1. vent'u-
na omelia sopra le statue, o sulla
sedizione d'Antiochia; 1. due ca-
techesi , o istruzioni ai catecume-
ni; 3. tre omelie contro il demo-
nio; 4- nove omelie sulla Peniten-
za; 5. un'omelia sulla nascita di
Gesù Cristo; 6. un'altra sul bat-
tesimo di Gesù Cristo; 7. due sul
tradimento di Giuda; 8. le omelie
sopra la Croce e sul buon Ladro-
ne; 9. un'omelia sulla risurrezio-
ne de' morti ; io. una sulla risur-
rezione di Gesù Cristo; II. un'al-
tra sull'Ascensione; 12. due ome-
lie sulla Pentecoste; i3. sette pa-
negirici di s. Paolo; i4- > panegi-
rici dei santi Melezio, Luciano, Ba-
bila, Giuventino e Massimino, Pe-
lagia, Ignazio, Eustazio, Romano,
martiri; dei Maccal>ei, e delle san-
te Berenice, Prosdocia e Donnina ;
i5. l'omelia sui martiri dell'Edit-
to, 16. l'omelia sul tremuoto. Tro-
vansi nel medesimo tomo altre o-
melie che sono evidentemente sup-
poste.
II tomo III può esser diviso in
due parti : la prima contiene tren-
taquattro belle omelie sopra di-
vi-i tc>ti della Scrittura, e sopra
molte virtà cristiane; la seconda
delle altre omelie sopì a diverti ■r-
gomenti, e le lettere del santo I
diciassette che sono dirette a s O-
i4 GIO
limpiade, meritano piuttosto il no-
me di trattati che di lettere; e
quella al monaco Cesario non può
attribuirsi al santo dottore, com-
battendosi in essa l'eutichianismo
che non era ancora noto ai tempi
del Grisostomo.
Il tomo IV contiene: i. sessan-
tasette omelie sulla Genesi ; 2. otto
discorsi sulla Genesi; 3. cinque o-
melie sopra Anna madre di Sa-
muele, e tre sopra Saule e sopra
Davidde: tutte recitate in Antiochia.
II tomo V contiene cinquantot-
to omelie sopra i salmi. 11 Griso-
stomo ne aveva composto certa-
mente un numero maggiore, per-
chè aveva spiegato lutto il Salte-
rio. Nell'appendice di questo tomo
"vi sono delle altre omelie a lui
falsamente attribuite.
11 tomo VI contiene: 1. delle
eccellenti omelie sui sette primi
capitoli d'Isaia; 2. le omelie so-
pra alcuni passi di Geremia, sopra
Daniele, sopra s. Giovanni ec; 3.
due bei discorsi sopra l'oscurità
delle profezie; 4- le omelie sopra
Melchisedecco, contro gli spettacoli,
ed alcuni altri subbietti ; 5. la Si-
nopsi dell'antico Testamento. L'O-
pera imperfetta sopra s. Matteo
non è di s. Gio. Grisostomo, e di
ciò ne convengono tutti i critici :
ella è uscita dalla penna d'un a-
riano {V. le omelie 19, 22, 28 ec),
che insegna ancora coi donatisti
(omelia i3 e 14) che conviene
ribattezzare gli eretici. Quest'auto-
re scriveva verso il cominciare del
settimo secolo, e bisogna che fosse
latino, perchè cita la Scrittura se-
condo la Bibbia latina. La sua o-
pera , divisa in cinquantaquattro
omelie, porta il titolo $ imperfet-
ta, perchè l'ultima omelia non i-
spiega che una parte del cap. 2 5
GIO
di s. Matteo, e nulla ci è nelle pre-
cedenti sui cap. i4, i5, 16, 17,
18 dello stesso evangelista.
Il tomo VII contiene il Com-
mentario sopra s. Matteo , distri-
buito in novanta omelie: l'antica
versione latina ne ha novant' una,
perchè la decimanona v' è divisa
in due. Tutte queste omelie furo-
no predicate in Antiochia, proba-
bilmente nell'anno 3go. Ci ha in
questo commentario, oltre alla spie-
gazione letterale del testo evange-
lico, un compiuto trattato della
morale cristiana.
Il tomo VIII contiene ottant'ol-
to omelie sul vangelo di s. Gio-
vanni. L'edizione latina di Morel
non ne ha che ottantasette, perchè
la prima ne forma la prefazione.
Anche queste furono predicate in
Antiochia, nell'anno 3o,4 : s' aggi-
rano principalmente sopra la con-
sustanzialità del Verbo. Avvi nello
stesso tomo parecchie altre omelie
a torto attribuite a s. Gio. Griso-
stomo.
Il tomo IX contiene: 1. cinquan-
tacinque omelie sugli atti degli a-
postoli, che furono recitate a Co-
stantinopoli nel 4ot '■> 2- trentadue
omelie sull'epistola a' romani, com-
poste in Antiochia , com' è facile
avvedersene dalla Vili e dalla XXX.
Seguono vari scritti attribuiti a s.
Gio. Grisostomo, risguardanti la
penitenza, l'elemosina il digiuno, i
catecumeni, gli eretici, l'Annunzia-
zione della B. Vergine, la remis-
sione de' peccati, la fede, la spe-
ranza e la carità.
Il tomo X contiene: 1. quaran-
taquattro omelie sulla prima epi-
stola a que' di Corinto; 2. altre
trenta sulla seconda; 3. il Com-
mentario sopra l'epistola ai galati ,
il quale non è diviso in omelie.
GIO
Vi sono diverse altre opere in que-
sto tomo erroneamente attribuite
al santo dottore.
Il tomo XI contiene: i. venti-
quattro omelie sull'epistola a quei
d'Efeso, recitate in Antiochia; i.
altre sedici, compreso il prologo,
sull' epistola a quei di Filippi, det-
te a Costantinopoli ; 3. dodici sul-
l'epistola a quei di Colossi, ed al-
tre sedici sulla prima e seconda
a quei di Tessalonica , altresì re-
citate a Costantinopoli; 4- vent'ot-
to sulle due epistole a Timoteo,
che pare sieno state dette in An-
tiochia ; 5. sei sull'epistola a Tito,
e tre su quella a Filemone. Se-
guono poi altri scritti che portano
il nome di s. Gio. Grisostomo.
Il tomo XII contiene: r. tren-
taquattro omelie sull'epistola agli
ebrei, predicate a Costantinopoli ;
2. undici altre omelie predicate
pure a Costantinopoli , e pubbli-
cate per la prima volta dal p.
Montfaucon. Vi sono inoltre quat-
tro omelie attribuite a Severino
di Gabala, e quarant'otto sopra
diverse materie, chiamate anche
egloghe, le quali sono estratti di
scritti di s. Gio. Grisostomo o veri
o supposti. Più una liturgia, che fu
composta dopo la di luì morte ,
come tutte le altre che ne porta-
no il nome ; giacché nessun auto-
re contemporaneo, né quelli che
scrissero la di lui vita, o parlaro-
no delle sue azioni, dissero che a-
vesse egli composta una liturgia.
Vennero altresì aggiunte due ora-
zioni, alcune altre omelie, tre di-
scorsi in onore di s. Stefano, che
non sono certamente scritti da s.
Gio. Grisostomo.
Nel tom. XIII il p. Montfaucon
dà conterza del suo lavoro, poi
ci dà la vita del santo dottore
GIO i5
scritta da Palladio, quindi quella
che ha scritta egli stesso. Segue
la sinopsi delle cose più notevoli.
Poscia vi sono tredici omelie o
discorsi ricavati da un mss. di set-
te e più secoli, e tradotti in lati-
no da Gualtiero Taylor inglese;
ma ad eccezione della prima non
sono né del genio, né dello stile
di s. Gio. Grisostomo. Seguono va-
ri estratti degli scritti del santo
fatti da Fozio, coi giudizi pronun-
ziati sui medesimi e colle testimo-
nianze degli antichi , come Ndo,
Sinesio, s. Cirillo d'Alessandria, s.
Agostino, ec. intorno alla dottrina
e alla pietà di s. Gio. Grisostomo.
Trovasi poscia l' Onomasticon o
Dizionario per la spiegazione dei
vocaboli greci che questo santo usò
in un significato non comune; il
catalogo di tutte le opere stam-
pate col nome di s. Giovanni Gri-
sostomo in questa edizione; final-
mente il dotto editore nota in una
tavola generale ciò che avvi di più
importante in ogni sorte di mate-
rie in ciascun tomo.
Fra tutte le prime traduzioni
latine di s. Gio. Grisostomo non
avvi che quella del p. Fronton le
Due (Parigi 1609-13, 6 voi. in
foglio, gr. e lat. ), che sia esatta.
Il p. Montfaucon l'ha seguita nella
sua edizione, ch'é la più compiuta
di quante ne abbiamo , e non ha
tradotto se non le opere che non
aveva tradotto quel dotto gesuita.
Quelli che possono far a meno del-
l' aiuto d'una traduzione preterisca-
no 1' edizione greca l'atta dal cav.
Enrico Saville ad Etone in Inghil-
terra nel 1G12, in 9 voi. in foglio.
Un'edizione greca fu fatta anche a
Verona nel i52(), in 4 voi. in fo-
glio. Varie opere di s. Gio. Griso*
storno furono tradotte in francese;
i6 GIO
ed in italiano furono tradotti i sei
libri del Sacerdozio, dal p. Scipio-
ne d' Aflitto; i tre libri della Prov-
videnza, da Cristoforo Serarrighi ;
il trattato delle Virginità , da Sil-
vestro Gigli ; alcune omelie ed al-
tre cose. V. Argelati, Bibl. dei vol-
garizzatori italiani.
GIOVANNI Damasceno (s.). Nac-
que sul finire del secolo VII , e
secondo alcuni verso l'anno 676,
in Damasco, città della Siria,, per
cui fu detto Damasceno ; da' sara-
ceni fu altresì appellato Mansur ,
cioè riscattato. Suo padre, cbe seb-
bene cristiano era tenuto in grande
stima dagli stessi saraceni, ed aveva
la carica di segretario o consigliere
di stato, confidò la sua educazione
ad un greco religioso, uomo di rara
virtù e sapere , chiamato Cosimo ,
eh' era stato preso sul mare dai sa-
raceni. Questo religioso formò il suo
allievo nelle scienze e nelle virtù
con tanto successo, che il califfo,
ammirato del merito di Giovanni,
Io fece governatore di Damasco. I
pericoli da' quali Giovanni si vedeva
attorniato, e il riflesso della falsità
dei beni terreni, lo staccarono ben
presto dal mondo, in guisa che di-
spensati i suoi beni ai poveri ed
alle chiese, si ritirò segretamente
nella laura di s. Saba presso Ge-
rusalemme, ove gli tenne dietro
il suo maestro Cosimo, che fu
poscia vescovo di Maiuma in Pa-
lestina. Giovanni santificossi nel suo
ritiro colla pratica di tutte le vir-
tù, e specialmente di una profonda
umiltà e di una cieca obbedienza ,
osservando scrupolosamente gli av-
visi del suo direttore, che aveagli
data per prima regola di sua con-
dotta di non far mai la volontà
propria. Fu innalzato al sacerdozio,
e gli fu permesso d'impiegare i suoi
GIO
talenti in difesa della Chiesa. L'im-
peratore Leone l'Isaurico avea nel
726 pubblicato un editto contro il
culto delle immagini. GÌ' iconoclasti
insuperbiti per la protezione di que-
sto principe , si erano fatti molli
partigiani ; e siccome il guasto della
loro eresia allargavasi ogni dì più,
il sauto , affine di porre argine ai
progressi del male, scrisse i suoi tre
discorsi sopra le immagini. Né si
contentò di scrivere soltanto contro
gì' iconoclasti ; ma percorse tutta la
Palestina per confortare i fedeli
perseguitati da essi. Collo stesso di-
segno si recò a Costantinopoli, sen-
za lasciarsi impaurire dalla potenza
di Costantino Copronirao, il quale
favoreggiava apertamente i nemici
della Chiesa ; e tornato in Palesti-
na, eh' era sotto il dominio del ca-
liffo dei saraceni, continuò a difen-
dere la fede cattolica coi dotti suoi
scritti. Dicesi che l' imperatoi'e Leo-
ne fu talmente irritato del suo zelo,
che ne fece contraffare la scrittura,
e immaginata una falsa lettera in
cui Giovanni gli prometteva di con-
segnargli la città di Damasco , la
rimise al califfo , il quale fece per
ciò tagliare al santo la mano destra ;
ma questo fatto non è certo. S.
Giovanni Damasceno morì verso l'an-
no 754, secondo alcuni, e secondo
altri verso il 780 , neh' età di circa
cento e quattr' anni, com' è notato
ne' leggendari de' greci ; e la sua
festa celebrasi ai 6 di maggio. Nel
duodecimo secolo fu trovata la sua
tomba davanti la facciala della chie-
sa della laura , secondo che narra
Foca nella sua descrizione di Pa-
lestina.
Opere di s. Giovanni Damasceno.
1. Il libro della dialettica.
2. Il libro delle eresie, che è un
GIO
compendio di s. Epifanio. Intor-
no alle altre eresie posteriori a
questo santo, prende ciò che ne
dice dagli scritti di Teodoreto, di
Timoteo da Costantinopoli, ec.
Vi parla peraltro di parecchi ere-
tici di cui nessun altro autore fa
menzione , e vi confuta il mao-
mettismo.
3. I quattro lihri della fede orto-
dossa, i quali sono un corpo di
teologia : il primo tratta di Dio
e de' suoi attributi ; il secondo
della creazione degli angeli, del-
l' uomo , della libertà, della pre-
destinazione; il terzo del mistero
dell'Incarnazione; il quarto dei
Sacramenti, ec.
4- I tre discorsi sulle immagini.
5. 11 libro della sana dottrina , il
quale , propriamente parlando ,
non è che una professione di fede
ragionata.
6. Il libro contro i monofisiti.
7. 11 libro o dialogo contro i ma-
nichei.
8. La disputa contro un saraceno,
f). Gli opuscoli sui dragoni e sui
maliardi , di cui non abbiamo
che un frammento.
10. Il libro della Trinità, il quale
se non è di s. Giovanni Dama-
sceno, è almeno un estratto delle
sue opere.
11. La lettera a Giordauo sul
Trisagio.
12. La lettera sul digiuno della
quaresima.
i3. Il libro degli otto vizi capita-
li: il santo dottore ne contala
otto perché distingueva la vana-
gloria dalla superbia] con gli
antichi autori ascetici.
14. 11 libro della virtù e del vizio.
1 5. 11 trattato della natura oom«
posta, contro gli ai el ili 0 mono-
fisiti ; il trattato delle due >o-
GIO i7
Ionia, contro i monoteliti ; il li-
bro contro i nestoriani : sono
tutte confutazioni degli errori sul
mistero dell'Incarnazione.
1 6. 11 discorso sopra quelli che sono
morti nella fede, il quale nou è
di s. Giovanni Damasceno, come
né anche parecchi altri opuscoli
che si trovano nel toni. II della
nuova edizione delle sue opere.
17. Una Professione di fede, che
alcuni autori non vogliono che
sia del santo ; ed alcune Prose,
Odi ed Inni per diverse feste ,
che non si può assicurare che
sieno tutte di lui.
Nel secondo tomo si trova : 1 . un
commentario sulle epistole di s.
Paolo; 2. i Paralleli, cioè com-
parazioni delle sentenze de' padri
con quelle della Scrittura sopra
un gran numero di Tenta mo-
rali ; 3. parecchie omelie sopra
differenti soggetti.
II p. Le Quien, domenicano, ha
dato una buona edizione greco-la-
tina delle opere di s. Gio. Dama-
sceno, con note e dissertazioni, Pa-
rigi 17 12, due voi. in foglio, la
quale fu riprodotta in Venezia nel
1748 con molti miglioramenti. Lo
stesso p. Le Quien avea promesso
un terzo tomo che avrebbe conte-
nuto molie opere falsamente attri-
buite al santo dottore , nel qual
numero era la storia del santo ro-
mito Barlaamo, e ili Giosalàtte fi-
glio d'un re delle Indie. Nel Calii-
logus mts. Bibliotlucar Bernensisi
aiulore I. R. Sinnc bibliothccario,
stampato nel 17O0, parlasi di un
manoscritto di un Etymologicon di
s. Giovanni Damaseeno , che soin-
miniitra delle correxioni importanti
pei disionari d' Eskhio e di Sui la
<.ln\ \\\| >,, llrur.iM (1 \ 1
lo nel villaggio di Harnham, nella
vol un.
i8 G IO
provincia di Deirois , passò nel
paese di K.ent, ove usò alla scuo-
la di s. Teodoro di Cantorbcry,
e vi studiò lettere ed insieme le
massime di pietà sotto il sauto ab-
bate Adriano. Tornalo in patria
si ritirò nel monistero di Whitby,
dal quale fu tratto per innalzarlo
alla sede vescovile di Hagustad ;
poscia passò a quella d' Yorck. La-
sciò anche questo vescovato per
chiudersi nel monistero di Beverley,
che avea fatto fabbricare, e dal
quale derivò il suo soprannome di
Beverley. Ivi passò il resto de'suoi
giorni negli esercizi della peniten-
za e dell'orazione, terminando feli-
cemente la sua mortale carriera ai
7 di maggio del 721, nel qual gior-
no il martirologio romano fa men-
zione di lui. Questo santo vesco-
vo fu anche onorato del donò dei
miracoli.
GIOVANNI di Biudlingtox (s.).
Nato a Brindlington o Burlington,
porto di mare dell' Yorckshire, stu-
diò ad Oxford, e ritornato in pa-
tria, vi prese l' abito de' canonici
regolari di s. Agostino. Divenne
ben presto modello d'ogni virtù,
e fu successivamente precettore,
limosiniere e priore del suo mo-
nistero. Dopo aver esercitato que-
sta carica per diciassette anni, chiu-
se la sua santa vita a' io ottobre
1376. Nella sua vita scritta dal
Surio, ed in Walsingham leggonsi
molti miracoli operati per sua in-
tercessione.
GIOVANNI Calidita (s.). Figlio
di un ricco signore di Costantino-
poli per nome Eutropio, ma dimo-
rante in Roma ov'egli nacque, ab-
bandonò in età ancor tenera la casa
paterna per andai' a vivere tra gli
acemcti, religiosi che dimoravano
non lungi da Costantinopoli, i qua-
GIO
li erano così chiamati perchè di-
visi in molti cori cantavano gior-
no e notte le laudi del Signore,
significando un tal nome, uomini
che non dormono mai. Giovanni
coperto di poveri cenci tornò in
patria sei anni dopo, e scelse ad
abitazione una casuccia in vicinan-
za o meglio un oscuro angolo della
stessa casa dei suoi genitori e paren-
ti, che senza sapere chi fosse lo man-
tenevano colle loro limosiue. Viven-
do in questo modo santificossi coll'o-
razione continua e colla pratica del-
la mansuetudine, dell'umiltà, della
pazienza e della mortificazione. So-
lo all'estremo del viver suo si die
a conoscere a sua madre. Morì
nel 4^° ? e come avea chiesto fu
sepolto nel suo abituro, dal qua-
le egli avea avuto il nome di Cu-
libila. I suoi parenti fabbricarono
in appresso nella di lui casa pa-
terna e sulla sua tomba, nel rione
di Trastevere a Roma, una chiesa
che porta il suo nome. Appresso a
questa chiesa i religiosi beuefratel-
li fabbricarono il loro ospedale, e
poscia nel 1 640 esseudo caduta la
chiesa la riedificarono, ed allora tro-
varono il di lui corpo; altri dico-
no che si rinvenue prima. Una
marmorea iscrizione che si legge
nell'interno della chiesa attesta che
il sacro corpo si venera sotto l'al-
tare maggiore. Il capo di questo
santo conservasi nella chiesa di s.
Stefano a Besauzoue nella Franca
Contea. Egli è onorato ai i5 gen-
naio.
GIOVANNI da Cahstrano (s.).
Ebbe per padre 1111 genlduomo
d'Angiò eh' crasi stanzialo nel re-
gno di Napoli, e nacque a Capi-
strano nel 1 385. Recatosi a stu-
diare a Perugia , ivi riportò la
laurea dottorale nel diritto civile
CIO 010 19
e canonico, e sposò la figlia d'uno la ed Alfonso di Aragona, rappa-
dei più ragguardevoli della città, cilicò le famiglie degli Oronesi l
JVelle contese insorte nel 1 4 1 3 Lanzicni, pose fine alle contese
tra questa città e Ladislao re di che tenevano in discordia pareo-
Napoli, fu incaricato di negoziare chic città, e calmò più fiate delle
la pace, per cui fece più viaggi, violente sedizioni. Eletto due 'volte a
ma non avendo ottenuto l'effètto vicario generale degli osservanti o
che si aveva dapprima sperato, i francescani riformati d'Italia, eser-
perugini insospettiti che favorisse citò questo impiego per lo spazio di
segretamente il re di Napoli, lo sei anni, e contribuì non poco a
imprigionarono nel castello di Bruf- consolidare la riforma eh' era sta-
fà. Questa circostanza gli fece se- ta stabilita da s. Bernardino da
riamente considerare la instabilità Siena, del quale imitava le virtù
delle cose umane, e siccome avea e la divozione ai santi nomi di
di fresco perduta la moglie, ri- Gesù e di Maria. 11 Papa Euge-
sol vette di consagrarsi alla peni- nio IV lo fece suo nunzio in Si-
tenza ìiell' ordine di s. Francesco, cilia, ed a Carlo VII re di Fran-
ed impaziente d'ogni indugio si eia; lo spedì anche ai duchi di
tagliò i capeUi e fece dare alla Borgogna e di Milano per distac-
sua veste la forma d'un abito re- carli dal concilio di Basilea, e si
ligioso. Ottenuta la libertà, ven- valse di lui nel concilio di Firen-
dette tutti i suoi beni, con cui ze per la conciliazione dei greci
pagò il suo riscatto, distribuendo coi latini. Giovanni da Capistrano
il rimanente ai poveri; poscia en- dopo avere attraversato lo stato
Irò nel convento dei francescani di Venezia, scorse la Carintia ,
del Monte in Perugia: egli era la Carinola, il Tirolo, la Baviera
allora in età di treni' anni. Fu e l'Austria, predicando dovunque-
provato con ogni sorta di umilia- con grandissimo frutto. Pari suc-
zioni e di penitenze, che il suo cesso ebbero le sue apostoliche fa-
fervore superò vittoriosamente. Do- tiche nella Boemia, nella Polonia
pò la sua professione egli si fece e noli' Ungheria ; nella Moravia
una legge di non più fare che un convertì quattromila ussiti. Avendo
pasto il dì: solamente nei lunghi Maometto II preso d' assalto Co-
e penosi viaggi faceva la sera una stantiuopoli nel maggio del i j
leggiera colazione; e visse trenta- il Papa Nicolò V incaricò Gio-
sei anni senza far uso di carne, vanni da Capistrano di esor tare
Il suo sonno non eccedeva le tre i principi cristiani a prendere le
o quattro ore, e questo lo pren- armi contro il comune nemico ;
deva BOpra le nude tavole, inopie" e Calisto 111, che successe a Nico-
gando il restò della notte nella lo V nel i.jn, lo mandò a pre-
preghier* e nella contemplazione, dicare una crociata nell'Alemagna
Egli possedeva lo spirito di coni- e neh' L agheria. La vittoria dai
punuone, e lo inspirava coti le cristiani riportata sopra Maometto
sue prediche mi peccatori più in- 11, per CUI In Costretto di I
limati, aveva allusi un'attitudine vergognosamente l'assedio che
particolare pei estinguere gli odi!, posto » Belgrado, viene dagli
rimise la pace tra la cittì d'Aqui nei utuibuilu uuu meno all'ei
io GIO
valore del principe Uniade , che
allo zelo ed attività di s. Giovan-
ni da Capistrano, ch'era con lui
e che incoraggiva i soldati in mez-
zo ai pericoli, tenendo in mano la
croce, ed esortandoli a vincere o
morire. Tre mesi dopo questo fatto,
Giovanni spirò tranquillamente nel
convento di Villech presso Sirmich,
ai 23 ottobre i/\.56, in età di
settantun anno. Leone X approvò
un officio in suo onore per la
città di Capistrano, e per la dio-
cesi di Sulmona ; Gregorio XV lo
beatificò, Alessandro Vili lo ca-
nonizzò nell'anno i6go, e Benedet-
te XI II pubblicò la bolla di sua
canonizzazione nel 1724. Il suo
corpo trovasi presentemente ad
Elloc, presso Vienna d'Austria, e
la sua festa si celebra il 2 3 otto-
bre, giorno della sua morte.
S. Giovanni da Capistrano com-
pose diverse opere , di cui le
principali sono: i.° un Trattato
dell' autorità del Papa, contro il
concilio di Basilea : 2.0 lo Specchio
de' preti; 3.° un Penitenziale ; 4-°
il Trattalo del giudizio finale ; 5.°
il Trattato dell' Anticristo e della
guerra spirituale ; 6.° alcuni tratta-
ti sopra diversi punti di diritto
civile e canonico. Le sue opere
contro gli ussiti e contro Rockisa-
na capo di questi eretici in Boe-
mia , come pure i suoi libri Del-
la Concezione della santa tergi-
ne, e della Passione di Gesù Cri-
sto, intorno a' quali si può vedere
Benedetto XIV, De canon, sanct.,
non furono mai stampati.
GIOVANNI Climaco (s.). Nacque
verso 1' anno 52 5, e credesi origi-
nario della Palestina. La riputazio-
ne che fino dalla sua gioventù
acquistossi nelle scienze umane gli
fecero dare l'onorevole soprannome
GIO
di Scolastico. Rinunziò al mondo
in età di sedici anni, per dedicarsi
alla vita contemplativa nei deserti
del Sinai, ove si pose sotto la di-
rezione d' un vecchio anacoreta no-
mato Martirio. Dopo quattr' anni di
fervoroso noviziato , in cui s' era
imposto il più rigoroso silenzio, e
la più perfetta obbedienza, pronun-
ziò i voti monastici. Morto Marti-
rio nell' anno 56o, ritirossi nel ro-
mitaggio di Thole, alle falde del
monte Sinai. La sua celletla era
forse cinque miglia lungi dalla chie-
sa, ove si recava tutti i sabbati e
le domeniche per ascoltarvi l'ofli-
zio e comunicarsi co' monaci e co-
gli anacoreti del deserto. Col con-
tinuo esercizio della contemplazione
ei si acquistò una perfetta purezza
di cuore , e collo studio indefesso
dei libri sacri e delle opere dei
santi padri si rese uno dei più sa-
pienti dottori della Chiesa. Tutta-
via egli desiderava celare i suoi rari
talenti e le grazie singolari ond'e-
ra arricchita l'anima sua, per ti-
more di perdervi il prezioso tesoro
dell' umiltà. Scavossi una grotta in
una vicina roccia, per rinchiuder-
visi tratto tratto; e allorché ivi sog-
giornava, abbandonavasi con fervore
più che da uomo a tutti gli eser-
cizi della contemplazione. Ma la
sua santità e la sua dottrina ri-
splendevano senza eh' ei lo volesse,
per modo che molta gente veniva
da tutte parti a consultarlo. Accu-
sato di gittare il tempo in vani
discorsi per mercarsi la stima degli
uomini, condannossi ad un rigoro-
so silenzio, e passò un anno intiero
senza parlare mai con nessuno :
questa prova di modestia die a di-
vedere la falsità dell' accusa , e fu
scongiurato di non tenere più oltre
sepolto il talento che Dio aveagli
GIO
dato, e di non privare del soccorso
di sue cognizioni quelli che a lui
ricorrevano. Poco appresso, cioè ver-
so 1' anno 600, fu eletto abbate del
monte Sinai, e superior generale
di tutti i monaci e di tutti gli ana-
coreti di quella contrada. Pregato
dal beato Giovanni abbate di Rai-
ta, monastero posto vicino al mar
Rosso, di scrivere qualche trattato
per la perfezione dei solitari , egli
compose l'eccellente libro intitolato
Climax , cioè Scala , per cui gli
venne l' appellativo di Climaco.
Questo libro è scritto a foggia di
aforismi o di sentenze che com-
prendono gran sensi in poche pa-
role; lo stile n'è didascalico e con-
ciso. Contiene due parti : la prima
è la Scala santa, composta di tren-
ta gradi , i quali sono altrettante
virtù cristiane e religiose , di cui
egli insegna la pratica per mezzo
ili saggi consigli; la seconda è una
lettera in particolare all'abbate di
Raita, sulle qualità di un superio-
re, e sulla maniera colla quale de-
ve contenersi verso i suoi religiosi.
S. Giovanni Climaco dopo aver go-
vernato quattr* anni con straordi-
naria saggezza il monistero del
monte Sinai, ritornò nella sua pri-
ma solitudine, ove mori ai 3o mar-
zo del 6o5 , in età d' ottant' an-
ni. In tal giorno celebrasi la sua
festa.
GIOVANNI (s.), soprannominato
Colobo o Nano per la piccolezza
di sua statura. Ritirossi con un suo
fratello nel deserto di Sceti, e quivi
sotto la disciplina di un santo ro-
mito, adoperossi di tutta forza a
vincere sé stesso, spezialmente colla
mortificazione e colla umiltà. Or-
dinatogli dal suo direttole di pian-
tare in un terreno arido il basto-
ne che teneva iu mano, e di in-
GIO 2i
naffiarlo tutti i giorni insino a che
producesse frutto, non esitò ad ob-
bedire, tuttoché il fiume a cui do-
vea attignere l' acqua fosse molto
lontano. Narrasi che avendo ciò ese-
guito per tre anni continui, il ba-
stone produsse dei frutti , cui il
vecchio romito portò alla chiesa, e
dispensò ai fratelli, dicendo loro :
« Prendete e mangiate il frutto
dell'obbedienza". Leggesi in Sulpi-
zio Severo, che Postumiano^ il qua-
le era in Egitto nel 4°2> vide que-
st' albero coperto di foglie. Questo
santo divenne celebre fra gli anti-
chi padri dei deserti d' Egitto, per
la sua dolcezza, umiltà e pazienza.
Avvicendava l'esercizio della pre-
ghiera col travaglio delle sue ma-
ni , ed occupavasi a tessere delle
stuoie ; ma il suo spirito era assor-
to nella contemplazione per modo,
che sovente guastava il suo lavoro,
perchè dimenticavasi ciò che faceva.
Quando parlava di Dio, i suoi di-
scorsi erano pieni di fuoco. Converfi
una giovine per nome Paesia , la
quale erasi data alla scorrettezza, e
divenuta fervorosa penitente passò
il rimanente de' suoi anni nelle
austerità, e mori nel deserto. Quan-
do s. Giovanni fu presso a morire,
i suoi discepoli lo pregarono di la-
sciar loro alcune massime proprie
a condurli alla perfezione ; ond'e-
gli disse loro : « Io non ho mai
seguito la mia volontà, né insegnato
agli altri ciò che non ho prima
praticato io stesso ". Spirò verso il
cominciamento del quinto secolo ;
è onorato a' i5 di settembre, e nel
calendario de' cofli è menzionato ai
17 di ottobre.
GIOVANNI della Croce (s.).
Figlio cadetto di Gonzales «li ,*
pes, nacque nel 1 j ji a Fonlibera,
presso Avila, nella Castiga vecchia.
22 CIO
Di venturi anno vestì P abito dei
carmelitani nel convento di Medina
del Campo, avendo scello quest'or-
dine religioso a preferenza di ogni
altro per la gran divozione che aveva
alla santa Vergine. Nessun novizio
mostrò mai maggior sommissione
di lui, maggiore umiltà, fervore, ed
amore alla croce: virtù che in lui
si accrebbero ognor più. Compi il
suo corso teologico a Salamanca
praticando le più austere penitenze,
e in età di venticinque anni fu or-
dinato sacerdote. Allorché s. Tere-
sa, intesa alla riforma del Carme-
lo, fondò il suo primo monistero
di uomini in una povera casa del
villaggio di Durvelle, Giovanni vi
si ritirò, e passarono appena due
mesi che vi si aggiunsero alcuni al-
tri religiosi, che nella prima dome-
nica d'avvento del i568 rinnova-
rono con lui la loro professione.
Tale si fu l'origine dei Carmelita-
ni scalzi [Fedi). L'esempio e le
esortazioni di Giovanni inspirarono
agli altri lo spirito di ritiro, di umil-
tà e di mortificazione. Ardente del
fuoco della divina carità, nulla ago-
gnava maggiormente che di imitare
Gesù sofferente, d'essere a parte
delle sue umiliazioni , di portar la
sua croce, di servire il prossimo
per amore di lui. La sua vita olTre
un continuo avvicendamento di gra-
vi tribolazioni e di favori celesti.
Cooperò con s. Teresa pel buon
successo della riforma, e nel i5y6
fu da lei fatto direttore del con-
vento d' Avila, ove persuase le re-
ligiose a rinunziare a' parlatori! , e
corresse quegli abusi che non sono
compatibili con una vita austera e
penitente. Le sue prediche, piene di
unzione, erano ascoltate con somma
premura, e molte persone che vi-
vevano nel mondo affidarono a lui
GIO
la direzione della loro coscienza.
Gli antichi religiosi dell' ordine, ri-
guardando la riforma come una ri-
bellione, nel loro capitolo tenuto a
Placenzia condannarono Giovanni
della Croce qual profugo ed apo-
stata ; quindi mandarono uffiziali di
giustizia a levarlo dal convento per
trarlo in prigione. Se non che co-
noscendo la venerazione che il po-
polo d" Avila aveva per lui, lo fe-
cero condurre a Toledo , ove fu
chiuso in una oscura celletta, e te-
nuto a pane ed acqua, con pochi
pesciolini soltanto. Dopo nove mesi
riebbe la libertà pel credito di s.
Teresa, e fu fatto anche superiore
del piccolo convento del Calvario
posto nel deserto. Nel i5y9 fondò
quello di Baesa, e due anni appres-
so gli fu affidato il governo del
convento di Granata. Nel i585 fu
eletto vicario generale dell' Andalu-
sia, e primo definitore dell'ordine
nel i588, nel qual tempo fondò il
convento di Segovia. Questi diversi
uffizi non gli fecero mai scemare le
sue austerità, i suoi fervorosi eser-
cizi, il suo amore per l'abiezione, e
l'insaziabile desiderio di patire. IN è
ammiravasi meno in lui l' amore
pel prossimo, massime pei poveri,
per gli ammalati , pei peccatori ;
amava teneramente eziandio i suoi
stessi nemici, e sempre rendeva loro
bene per male. Nondimeno le cat-
tive disposizioni covate contro di
lui, si ridestarono allorché nel ca-
pitolo tenuto a Madrid nel l5gl ,
disse liberamente la sua sentenza
contro gli abusi che si tolleravano
o voleansi introdurre da alcuni ca-
pi dell'ordine; laonde venne spo-
gliato de'suoi impieghi . Ridotto al-
lo stato di semplice religioso, i i-
tirossi nel solingo convento di Pe-
gnuela , posto nelle montagne di
GIO
Sierra-Morena. Giovanili riguardane
do il suo esilio come una felicità,
ne scusava gli autori, e non volle
die i suoi amici informassero il
padre vicario generale del modo in-
giusto col quale era trattato. Alle
accuse che gli venivano intimiate,
null'altro rispose se non che sof-
frirebbe con giubilo qualunque pe-
na, e riponendo in Dio il suo uni-
co conforto, si diede tutto alla au-
sterità e alla contemplazione, e fu
ricompensato coi più segnalati favo-
ri spirituali. Finalmente cadde ma-
lato, né potè a lungo celare il suo
stato, e mancandogli aPegnuela i ne-
cessari soccorsi, il suo provinciale gli
propose di passare a Baesa o ad Ube-
da. L'amore de patimenti gli fece sce-
gliere il convento ili Ubeda, appunto
perchè governato da uno de' suoi
contrari. La fatica del viaggio ac-
crebbe l'enfiagione che avea ad una
gamba, e che fu bentosto accom-
pagnata da ulcere, cosicché si do-
vette ricorrere ad operazioni dolo-
rose, eh' ei sopportò senza mandare
un lamento, come con invitta pa-
zienza soffrirà eziandio i duri trat-
tamenti del priore. Ma venuto al
convento di Ubeda il provinciale, co-
nobbe quanto ingiustamente il nostro
santo fosse stalo perseguitato, e disse
che un tale modello di viriti dorerà
ormai essere conosciuto non solo
d,\ suoi fratelli, ma eziandio da tut-
to il mondo. Allora il priore com-
prese l'indegnità ili sua condotta,
ne chiese perdono al santo, e non
tesso mai di deplorare le sue pas-
sile stranezze. Giovanni sempre lie-
to in mezzo a' suoi dolori, spirò
placidamente a' i \ dicembre i5qi,
in età di f<) anni. Dopo la SU i
morte fu glorificato da Dio con
molli miracoli Benedetto \lll ca-
nonizzollo \\ 27 dicembre 1726, e
GIO 23
la sua festa si pose nel Breviario
romano a' 1 \ novembre. Il suo cor-
po trovasi a Segovia, ed un brac-
cio ed una gamba sono ad Ubeda.
S. Giovanni della Croce aveva com-
poste alcune opere spirituali in lin-
gua spaglinola, che furono tradotte
in italiano, in latino ed in france-
se. Le principali sono : La salita
al Carmelo j La notle oscura del-
l' anima ; La viva fiamma dell'a-
more j L.a cantica del divino amo-
re. Vi si trovano eccellenti massime
ed importanti istruzioni intorno a
tutto ciò che avviene nella vita spi-
rituale fino al più eminente grado
di perfezione. Egli stabilisce delle
regole sicure contro le insidie del
demonio, della carne, del mondo e
dell' amor proprio. I suoi libri so-
no pieni di saviezza e dottrina ce-
leste , come si espresse la sagra
congregazione de'rili; essi sono scrit-
ti con uno stile così sublime ed am-
mirabile, che si giudica ben a ra-
gione aver egli avuta una scienza
infusa.
GIOVANNI Colombi*! (s.). Usci
va \\^\ una delle più antiche lànn-
glje di Siena, e funse la primaria
magistratura del suo paese mollo
onorevolmente, ma con poca reli-
gione. Tatto proposito di mutai
sita, rinunziò la sua canea, dispen-
sò ai poveri una gran pule dei
suoi beni , e diedesi alla più rigo-
rosa penitenza, e all'esercizio delle
opere di misericordia, accogliendo
nella sua casa i poveri e ^li am-
malati, ai quali prodigava le più
tenere cure. Egli aveva un tìglio e
una figlia, ed essendogli morto l'u-
no, e fallisi l'altra religiosa, ven-
dine il resto dei suoi hciii per im-
piegariM il ricavato in opere di
pietà. Sua moglie, eh '. »il ■
tuosa, erasi di già impegn ita al
a4 GIO
pari di lui a passare i suoi giorni
in una perfetta continenza. Molte
persone, tocche dai suoi esempli, si
unirono a lui e si posero sulle sue
orme. Tutti insieme soccorrevano i
malati ed i poveri, li esortavano a
far frutti degni di penitenza, a sof-
ferire volentieri in espiazione dei
loro peccati, e a consagrarsi al ser-
vigio di Dio. Siccome essi aveano
sempre sul labbro il sacro nome di
Gesù, furono appellati Gesuati (Ve-
di). Essendosi di molto accresciuto il
loro numero, Giovanni ne formò una
congregazione che abbracciò la re-
gola di s. Agostino, e prese a pro-
tettore s. Girolamo. Nel 1367 si
recò a Viterbo, ove Urbano V ap-
provò il suo istituto, accordandogli
molti privilegi ; e trentacinque gior-
ni dopo morì, ai 3r di luglio, nel
qual giorno celebrasi la sua festa.
GIOVANNI di Dio (s.). Nacque
nel 1 49^ da poveri genitori a Mon-
te Maggiore in Portogallo. Per vo-
glia di viaggiare abbandonò in te-
nera età la famiglia e la patria ;
ma ben presto, privo d'ogni soc-
corso, fu costretto porsi al servi-
gio di un ricco personaggio in O-
ropesa nella Castiglia, del quale
custodì le mandre. Nel i522 si
arruolò in una compagnia di fan-
ti, e servì nelle guerre che allora
dividevano la Fi-ancia e la Spa-
gna ; militò anche nella guerra che
1' imperatore Carlo V fece contro
i turchi in Ungheria. 11 mal esem-
pio de' suoi compagni corruppe la
sua virtù, e fecegli abbandonare
quasi tutti gli esercizi di pietà.
Ritiratosi dalla milizia, nel i536
passò nell'Andalusia, e si pose al ser-
vigio di una ricca dama in qualità
di pastore. Allora la rimembranza
de' suoi disordini gli svegliò in cuo-
re il più vivo pentimento, e co-
GIO
minciò a consacrare la maggior
parte del giorno e della notte agli
esercizi della preghiera e della
mortificazione. A fine di soddisfa-
re alla divina giustizia pensò re-
carsi in Africa, per quivi procac-
ciare agli schiavi cristiani tutti i
soccorsi che per lui si potessero,
sperando ancora di poter ottenere
in queste contrade la corona del
martirio. Trovandosi a Gibilterra,
s'avvenne in un gentiluomo porto-
ghese, che colla moglie e quattro
figlie veniva condotto in esilio a
Ceuta in Barbaria, e Giovanni per
impulso di carità si offerì di ser-
virlo. Appena arrivati a Ceuta il
gentiluomo cadde malato, e ben
presto trovossi ridotto ad un estre-
mo bisogno. Giovanni dopo aver
venduto il suo piccolo equipaggio
per nutrire i suoi padroni, trava-
gliò ne 'pubblici lavori e nell'arte
del libraio, e li assistette col de-
naro che ne ricavava. Ritorna-
to in Ispagna vendette immagi-
ni e libretti di pietà per gua-
dagnar di che vivere. In Grana-
ta udì l'anno i538 un sermone
del celebre p. Giovanni d' Avila,
e ne restò tanto commosso che
struggendosi in lagrime riempì di
grida e di lamenti la chiesa, e si
mise a correre per le vie gridan-
do, percuotendosi, e strappandosi
i capelli come un forsennato ,
per cui la ciurmaglia credendolo
pazzo Io inseguiva a colpi di ba-
stoni e di pietre ; finche alcune
caritatevoli persone, mosse a pietà
di lui, lo condussero dal venera-
bile Giovanni d' Avila, che conob-
be non esser esso quale appariva,
ne udì la confessione generale, e
diegli salutari ricordi, prometten-
dogli la sua assistenza. Ma ritor-
nando poscia a dar segni di pa?-.
GIO
zia fu rinchiuso nell'ospedale, e si
adoperarono i più violenti rimedi
per guarirlo da questa pretesta
malattia , locchè egli sofferiva per
ispirilo di penitenza in espiazione
de' suoi peccati passati. Giovanni
d'Avila, avvisato del fatto, andò a
visitarlo, e consigliollo a cangiar
pensiero e ad occuparsi di qualche
cosa da cui potesse derivare mag-
gior utile a sé ed al prossimo.
Giovanni si giovò degli ammoni-
menti del suo direttore , tornò
nel suo stato naturale, e si pose
a servire per qualche tempo i ma-
lati dell' ospedale, dal quale uscì
a'21 ottobre i53g. Dopo un pel-
legrinaggio alla Madonna di Gua-
dalupa in Estremadura , ritornato
in Granata cominciò a vender
legne sul mercato, impiegando in
sollievo de'poveri il poco guadagno
che ne ritraeva. Nel i54o prese a
pigione una casa per ricoverarvi i
poveri malati, a' bisogni de' quali
con operosa carità provvedeva. Co-
sì ebbe principio 1' Ordine della
Carità. V. Benefratelli. Gli abi-
tanti di Granata, edificati dello zelo
di Giovanni, gareggiavano nel som-
ministrare soccorsi a questo pio
stabilimento. L'arcivescovo lo pre-
se sotto la sua protezione, e som-
ministrò somme considerabili per
renderlo permanente; il qual e-
sempio eccitò la carità di altre
virtuose persone. Bella prova del-
l'amore che Giovanni avea pe' suoi
poveri malati, fu un giorno in cui
appiccatosi il fuoco al suo ospizio,
esponendo sé stesso al pericolo per
salvarli, li trasporti) l'un dopo l'al-
tro sul dorso frammezzo alle fiam-
me. Né la sua carità reshingevasi
entro i confini del suo spedale, ina si
estendeva a tutti i poveri della pro-
vincia, e a chi somministrava di
GIO *5
che vivere, a chi procacciava lavoro ;
premurosamente provvedeva alle
giovanette che dall'inopia poteano
esser tratte a peccare, e nulla intra-
metteva per ritrarre dalla vita mal-
vagia quelle che vi si erano lasciate
trascinare. A vita sì operosa egli u-
niva rigida penitenza, continua o-
razione e profonda umiltà. Dopo
essersi per dieci anni indefessamen-
te affaticato nel servigio del suo
spedale, cadde infermo; e di que-
sta malattia furono cagione le fa-
tiche che avea fatto all' occasione
di un'inondazione, per trarre dal-
l' acqua molti arnesi pertinenti ai
poveri, e salvare la vita a un uo-
mo che stava per affogarsi. Egli
procurò dapprincipio di non dar
a conoscere la sua malattia, per
non essere obbligato di rallentare
le sue fatiche e le sue austerità;
ma divenne sì pericolosa che non
potè più celarla. Essendosi di ciò
sparsa la voce, una dama virtuo-
sa, nomata Anna Ossorio, venne a
visitarlo, e trovollo coricato co'suoi
abiti , senza altra coperta che una
sudicia casacca: il povero infermo
non avea fatto altro che mettere
in luogo della pietra che ordina-
riamente servitagli di origliere, un
cesto nel quale era uso riporre
le limosine eh' ei raccoglieva fuori
per la città. Gli ammalati e i po-
veri si struggevano in lagrime in-
torno al di lui letto. Anna Ossorio
tocca a questo spettacolo, avver-
tì segretamente 1' arcivescovo dello
stato al quale era ridotto il sau-
to, e colla di lui autorità lo per-
suase di abbandonar lo spedale,
e lo condusse in sua casa perchè1
fosse curato ; ma i rapidi prog
si della sua malattia tolsero <>.;ni
speranza della sua guarigione. Tut-
ta la gente mostravasi costernata
26 G I O
al pericolo in cui si trovava que-
sto uomo di Dio ; tutta la nobil-
tà e i magistrati vennero a visi-
tarlo pregandolo di dare la sua
benedizione alla città, il che fece,
persuaso dall'arcivescovo. Indi si
rivolse colle più patetiche esorta-
zioni a tutti quelli ch'erano pre-
senti , raccomandando ad essi i
suoi poveri e i suoi fratelli che
avevano la cura dello spedale. L'ar-
civescovo celebrò la messa nella
camera di lui, e gli amministrò
gli ultimi sacramenti; e Giovanni
stando in ginocchio davanti all'al-
tare, spirò agli 8 di marzo i55o.
I suoi funerali furono celebrali
con molta solennità dall' arcivesco-
vo, dal clero secolare e regolare
di Granata, dalla corte e dalla no-
biltà; e venne sepolto nella chiesa
de' minimi di s. Francesco di Pao-
la della stessa città. Avendo poscia
Iddio glorificato il suo servo con
molti miracoli, Urbano Vili lo
beatificò nel i63o, e Alessandro
Vili lo canonizzò nel 1690. II
suo corpo fu trasportato nel 1664
nella nuova chiesa de'suoi discepo-
li in Granata medesima dedicata
al santo ; e il giorno della sua mor-
te è consagrato alla celebrazione
della sua festa.
GIOVANNI Dormiente (s.). V.
Dormienti ( i sette ss. ).
GIOVANNI d'Egitto (s.). Nato
nel 3o5 in bassa condizione, ap-
prese il mestiere di falegname, ma
in età di venticinque anni abban-
donò il mondo, e si pose sotto la
direzione di un antico anacoreta,
col quale rimase circa dodici anni.
Morto questo, passò altri quatlr'au-
ni in diversi tnonisteri del vicina-
to; poscia ritirassi soletto sopra un
burrone presso Licopoli, e murò la
porta della sua celletta, non la-
GIO
sciandovi che una finestrella , per
cui poter avere il necessario, e dal-
la quale facea pure delle istruzio-
ni a quelli che venivano a visi-
tarlo. Cinque giorni della settima-
na si tratteneva solo con Dio, ne
si lasciava vedere che il sabba to
e la domenica, e solo dagli uomi-
ni. Non mangiava che una sola
volta il dì, ne mai usava pane, né
cibo cotto. Possedeva il dono della
profezia, e scuopriva a quelli che
il visitavano finanche i loro più
segreti pensieri ; aveva ancora il
dono dei miracoli, e guariva le
malattie coll'olio da lui benedetto,
per cui il suo nome divenne ben
presto famoso. L' imperatore Teo-
dosio I lo consultò sull' esito della
guerra ch'era per rompere al ti-
ranno Massimo, e n'ebbe promessa
di prospero successo, il che avve-
ratosi, fermamente ritenne doversi
le sue vittorie alle orazioni del
santo. E quando Eugenio prese la
porpora in occidente nell'anno 392,
Teodosio mandò al santo eremita
l'eunuco Eutropio, con ordine di
menarglielo a Costantinopoli , o
almeno di consultarlo per sapere
se dovesse muovere contro Euge-
nio , o aspettarlo in oriente. Gio-
vanni, pregato il messo di non ob-
bligarlo ad intraprendere tal viag-
gio, gli disse che l'imperatore vin-
cerebbe, ed aggiunse che morreb-
be in Italia, e che uno de' suoi fi-
gli regnerebbe in occidente : predi-
zione che verificossi interamente. A
Palladio, che fu poscia vescovo di
Elenopoli, e che scrisse la vita del
santo, predisse che sarebbe vesco-
vo, ma che avrebbe a sostene-
re gravi persecuzioni, come avven-
ne. Molti distinti personaggi ed e-
semplari anacoreti ricorrevano a lui
nei loro spirituali e corporali bi-
GIO
sogni ; anche s. Petronio con altri
sci monaci , uno de' quali fu gua-
rito da una terzana che lo tor-
mentava , si recarono a visitarlo ,
e furono trattati colla più cordiale
carità nell'ospizio eh 'erasi eretto vi-
cino alla celletta del santo, ove i
suoi discepoli ricevevano i forestie-
ri. Così visse sino all'eia di no-
vantanni. Nei tre ultimi giorni di
sua vita non volle veder nessuno,
e postosi in ginocchio per orare ,
rese tranquillamente Io spirito nel-
l'anno 3cj4 o 3cp, probabilmente
ai 18 di ottobre, in cui i cofti e gli
egiziani ne celebrano la festa. I
martirologi latini ne fanno men-
zione ai 27 di marzo.
GIOVANNI (s.), detto Y Eterno-
tiniere. Nacque in Amatunta nel-
l' isola di Cipro, di nobile e ricca
famiglia. Fu maritato ed ebbe dei
Gglij morti i quali e rimasto ve-
dovo, si segregò dal mondo, distri-
buì a' poveri i suoi beni, e tutto
si diede agli esercizi della cristia-
na pietà. Rapidamente avanzossi
nella perfezione, e divulgatasi la
(ama della sua eminente santità
venne eletto patriarca di Alessan-
dria l'anno (iott. Arrivato in Ales-
sandria fu suo primo pensiero di
farsi dare una lista esatta dei po-
veri della città, ed ahbenchè fos-
sero in numero di oltre settemila
e cinquecento, s'incaricò di provve-
dere ai loro bisogni. \el giorno di
sua consagrazione pubblicò un
gio ordinamento contro la disu-
guaglianza dei pesi e delle misure
che davan luogo all'oppressione dei
poveri, e proibì ai suoi officiali dì
.k 1 1 ilare alcuna torta di presenti ,
per tema che vi si commettessero
delle ingiustizie. Poscia distribuì ai
mouisterì e agli spedali ottomila
pezze doro, che si trovavano nel
OIO 27
tesoro della sua chiesa. Dava un'u-
dienza pubblica in ogni mercoledì
ed in ogni venerdì, con una bon-
tà straordinaria, e versava conti-
nuamente nel seno de' poveri le
ricche entrate della sua sede, co-
me pure le considerabili somme
che rimetteangli molte doviziose
persone. Un mercante avendo rot-
to il suo naviglio in mare due
volte, a lui si rivolse, ed ebbe tan-
to da poter racconciare i suoi affa-
ri; accadutagli una terza volta si-
imi sciagura , ricorse di nuovo
al suo pastore, che gli fece dona-
re un naviglio appartenente alla
chiesa. La carila del santo pa-
triarca si estese oltre i confini
della sua diocesi, e sovvenne molti
sventurati sudditi dell'impero d'o-
riente ch'eransi riparali in Egitto
dal furor de' persiani. Grandi som-
me di danaro ed abbondanti prov-
vigioni spedì a Gerusalemme sac-
cheggiata dagl' infedeli , e molli
operai egiziani per rifabbricarvi le
chiese; atterrate. Incaricò due. ve-
scovi ed un abbate d'andar iu Per-
sia a riscattarvi i prigionieri. Li
Provvidenza, iu cui confidava, gli
porse sempre i mezzi di supplite
a sì rilevanti spese che superavano
le di lui forze. Quanto a sé vi\e-
va poverissimamente e praticava
tutte le austerità dei solitari. A-
dempiva colla maggior esattei
tutti gli uffizi del suo ministero, e
il suo /elo per conservare intatto
il deposito della fede, eguagliava
il suo amore pei poveri kdop
vasi ;i premunire 1 fedeli contro d
veleno dell' errore, e a ricondurre
all'unità 1 nemici «Iella Chii 5 1 Col-
l'opera di Sofronio e di Giovanni
Mosco purgò li sua diocesi da ogni
straniera dottrina, e convertì molli
<- 1 etici, tra i quali 1 u va ì ini Pai ti
•28 GIO
con Nicela governatore di Alessan-
dria pei* visitare 1' imperatore a
Costantinopoli; ma avvertito in li-
na visione della vicinanza di sua
morie, lo lasciò a B.odi ; quindi
passò in Cipro , e morì qualche
tempo dopo ad Amatunta, verso
il 6rg, in età di sessantaquattro
anni. Jl suo corpo fu in appresso
portato a Costantinopoli, dove fu
conservato per molti anni. L' im-
peratore de' turchi ne fece un do-
no a Mattia Uniade re d' Unjjhe-
ria, cho lo fece riporre nella sua
cappella di Buda. Nel 1 53o fu
trasferito a Toll vicino a Presbur-
go, e nel i632 nella cattedrale
medesima di Presburgo. I greci
l'onorano agli n di novembre,
giorno della sua morte; il marti-
rologio romano ne fa menzione ai
23 di gennaio, in cui si pone la
traslazione delle sue reliquie, e la
sua festa si celebra a'3o dello stes-
so mese.
GIOVANNI Francesco Regis (s.).
Discendente di nobile casato, ebbe
i natali nel villaggio di Fonteco-
perta, diocesi di Narbona, a' 3 r
gennaio i5g7. Studiò a Beziers
sotto i gesuiti, e dimostrò fin dai
suoi prim'anni uno straordinario
fervore negli esercizi di pietà e di
devozione. All'età di diciott'anni
fu colto da una pericolosa malat-
tia, da cui risanato fece gli eser-
cizi spirituali per deliberare intor-
no la scelta di uno stato di vita.
Senti ardentissimo desiderio di fa-
ticare per la salute delle anime
nella compagnia di Gesù, e co-
municollo al suo confessore, che lo
confermò nella sua commendevole
risoluzione. In questo tempo es-
sendo venuto il p. Francesco Sua-
rez, provinciale de' gesuiti, a visi-
tare il collegio di Beziers, Regis
GIO
domandò di poter entrare nella
compagnia, il che accordatogli, si
recò tutto lieto a Tolosa, e vi co-
minciò il suo noviziato agli 8 di-
cembre 1616. Due anni dopo, fat-
ti i suoi voti, fu mandato a Ca-
hors perchè vi terminasse la ret-
torica, e il seguente anno a Tour-
non per farvi il corso di filosofia,
ove meritò per la sua santa con-
dotta d' essere chiamato 1' angelo
del collegio, e diede i primi saggi
del suo zelo nell'evangelico mi-
nistero. Le domeniche e le feste
andava a predicare ne' vicini vil-
laggi, e ragunava i fanciulli con
un campanello, per ispiegar loro i
primi elementi della dottrina cri-
stiana. Imprese a santificare il bor-
go d'Andance, da cui sbandi la
crapula, tolse i giuramenti e l'im-
purità; vi ristabilì l'uso frequente
della comunione, v' istituì la con-
fraternita del ss. Sagramento, e
distese egli stesso le regole di
quella santa pratica, che poi si
sparse per tutto, ma di cui egli de-
v'essere riguardato come istituto-
re. Finito il suo corso di filosofia
nel 1621, gli fu commessa la cu-
ra di recarsi ad insegnare le uma-
ne lettere a Billon, poscia ad Auch,
e finalmente a Puy; nel qual im-
piego non isfuggì fatica per inspi-
rare a' suoi scolari in un colf a -
more allo studio, quello della vir-
tù, edificandoli col proprio esempio.
Poich' ebbe insegnato per ben set-
t'anni 1' umanità, diede mano ai
suoi studi di teologia in Tolosa
nel 1628, in cui fece rapidi avan-
zamenti. Nel i63o fu ordinato sa-
cerdote, ed apparecchiatosi colla
preghiera e colla penitenza alla
offerta del santo sagrifizio, celebrò
la sua prima messa con sì grande
fervore, che quelli che vi assiste-
GIO
vano non poterono lasciare di
piangere con esso lui. ÌN'ello stesso
anno la peste fece sentire i suoi
guasti nella città di Tolosa: Ilegis
riguardando questo flagello come
una occasione che presenta vagli
Iddio di esercitare la sua carità,
ottenne con molte istanze da'suoi
superiori la permissione di dedi-
carsi al servigio degli appestati.
L'anno vegnente fece un terz'anno
di noviziato, come si accostuma-
va presso i gesuiti al compimento
degli studi ; e mentre affa ti cavasi
nel ritiro alla propria santificazio-
ne, fu costretto di recarsi a Fon-
tecoperla per dar sesto ad alcuni
affari della sua famiglia. Quindi fu
mandato al collegio di Pamiers
per occuparvi il posto di un reg-
gente ch'erasi ammalalo. Nel me-
desimo tempo i suoi superiori ,
vedendo in lui una vera vocazio-
ne per la vita apostolica, lo de-
stinarono alle missioni. La ciltà
di Montpellier divenne il primo
teatro del suo zelo: i suoi discor-
si erano pieni di tanta forza ed
unzione , che i più indurati pec-
catori ne uscivano vivamente com-
punti; la sua carità non conosceva
alcun limite, visitava le carceri e
gli spedali, andava d'uscio in uscio
a sollecitare le limosine a prò dei
poveri, de' quali specialmente era
sempre affollato il suo confessiona-
le , e li assisteva in ogni modo
possibile. Di là passò a Sommic-
res, capitale del Lavonage, dove
trovò uni crassa ignoranza, con
tutti i vizi che le tengono dietro :
tolse a distruggerli, ed ebbe la
dolce consola/ i< »iif ili vedere le sue
fatiche coronai.- dal più felice suc-
cesso; il rigore della stagione non
impedivalo ili entrare ne I'
più inaccessibili di tutto il pa
GIO 99
In mezzo a tanti travagli le sue
austerità erano straordinarie : tutto
il suo nutrimento riducevasi in pa-
ne ed acqua , cui aggiungeva tal-
volta alcun po' di latte e qualche
frutto; non lasciava mai il cilicio;
e quel poco di riposo che accorda-
va alla natura, pigliatalo sopra una
panca o sopra il suolo. Nel i633
il vescovo di \ iviers lo chiamò nel-
la sua diocesi, che da cinquantanni
era il centro del calvinismo ed il
teatro delle più crudeli rivoluzioni.
11 p. Regis fece dappertutto delle
missioni che produssero ottimi 1 f-
fetti, e rivolse le sue cure princi-
pali alla riforma de' parrochi. Il
conte De la Mothe-Brion entrò per
lui nella via della penitenza, e col
suo zelo e colle sue limosine con-
tribuì non poco al buon esito del-
le pie imprese del santo missio-
nario. L'anno seguente fu chiamato
dai suoi superiori a Puy ; quivi
scrisse al generale della società, per
essere impiegato nelle missioni del
Canada, e mandato presso gli mo-
ni e gì' irochesi. La risposta fu con-
forme al suo desiderio; ma il conte
De la Mothe insistette sì vivamente
presso il provinciale di foiosa, che
il santo ritornò nella diocesi di \ 1-
viers. Ivi si diede alla conversione
dei calvinisti, e ali istruzione >: _
abitanti della cittadella di Cliev-
lard, eh' erano immersi in una pro-
fonda ignoranza del cristianesimo ;
e molto ebbe a soffrire in qi
paese mezzo selvaggio. Il coni.
la Mothe fondò una missione per-
petua a Cbeylard, cedendo per tem-
pre ai gesuiti un capitale di -
mila Branchi pel mantenimento « l •
due religiosi , e la elsa che BfCI '
in città per servir loro d
Dopo qu> sta missione il p. I
ne fece una a Privas, la quale BOB
3o GIO
ebbe meno felice riuscita. Poscia il
vescovo di Valenza lo chiamò nel-
la sua diocesi, e pregollo di eser-
citare il suo zelo nel borgo di san-
ta Aggreva, posto in mezzo ai mon-
ti, e ripieno di eretici, dove ebbe
occasione di praticare molte eroi-
che virtù. Verso la fine del i635
recossi a Marles nel Vivarese, e
passato l' inverno fece ritorno a
Puy- I quattro ultimi anni della
sua vita furono impiegati a santi-
ficare il Velay. Nelle stagioni estive
faceva le missioni a Puy, e in
quelle d'inverno trascorreva i borghi
e i villaggi delle diocesi di Puy, di
Vienna, di Valenza e di Viviers.
La sua fidanza in Dio rendevalo
intrepido in mezzo ai pericoli : viag-
giava di giorno e di notte, cam-
minava sovente siili' orlo dei pre-
cipizi , valicava monti coperti di
neve, e passava torrenti impetuosi
per giungere ad un povero popolo
che lo stava aspettando. Per la san-
ta sua causa alfi dittava coraggiosa-
mente l' ira e il disprezzo degli uo-
mini perversi, e procurava ogni
mezzo per convertirli. Il martirio
eia l' oggetto de' suoi più ardenti
desideri! ; ma alla fine consunto da
tante fatiche e disagi fino all' ulti-
mo sofferti, logoro da tante auste-
rità praticate, restò vittima del suo
zelo e della sua carità, e morì san-
tamente alla Lousvec, dove avea
cominciato l'ultima sua missione,
verso la mezza notte dell' ultimo dì
dell' anno i 640, avendo quasi qua-
rantaquattr'anni di età. Fu seppel-
lito il 2 gennaio nella chiesa della
Lousvec, e la sua tomba divenne
ben presto ogg<'lto di venerazione
pe molti miracoli con cui piacque
a Dio di glorificare il suo servo.
L'eroismo delle virtù di s. Gio-
vanni Francesco Regis essendo slato
GIO
maturamente esaminato a Roma ,
e giuridicamente comprovata l'au-
tenticità de' miracoli, fu beatificalo
nel 17 16 da Clemente XI; e Cle-
mente XII lo canonizzò nel 1737,
supplicatone da Luigi XV re di
Francia, da Filippo V re di Spa-
gna, e dal clero di Francia. La sua
festa si celebra il giorno 16 di
giugno.
GIOVANNI Gualberto (s.). U-
scito da una nobile e ricca fami-
glia stabilita a Firenze, fu allevato
con molta cura nelle massime di
pietà e nello studio delle umane let-
tere ; ma appena entrò nel mondo
restò affascinato da' suoi piaceri, e
corse dietro alla corruzione del se-
colo. Essendo stalo il suo fratello
Ugo ucciso da un gentiluomo del
paese, egli formò il disegno di ven-
dicarlo colla morte dell' uccisore, e
già scontratosi con esso in una via,
tratta la spada, stava per compiere
la meditata vendetta; quando quel-
l' infelice, geltandosegli a' piedi, col-
le braccia stese in forma di croce,
lo scongiura in nome della passio-
ne di Gesù Cristo, di cui in quel
giorno, eh' era il venerdì santo, ce-
lebra vasi la memoria , di non vo-
lergli torre la vita. Un tal alto ,
tali parole commossero siffattamente
Giovanni, che rientrato in sé stesso,
perdonò al gentiluomo, ed abbrac-
ciatolo in segno di amicizia , seguì
il suo cammino fino alla badia di
s. Minialo, che apparteneva all' or-
dine di s. Benedetto, ove entrato
in chiesa si pose fervorosamente ad
orare. Uscito dalla chiesa, si reca
dall'abbate, gli si getta ai piedi,
e gli chiede l'abito monastico. Do-
po qualche difficoltà pel timore che
aveasi del di lui padre, gli fu per-
messo di osservare in abito da se-
colare gli esercizi della comunità.
GIO
Passali alcuni giorni, egli si tagliò
da sé i capelli , e venissi d' un
abito da monaco che avea tolto a
prestito. Suo padre, avvertito del
fatto, corse irato al convento ; ma
tocco dai motivi che aveano deter-
minato il figlio a ritirarsi dal mon-
do, vi acconsenti e diedegli la sua
benedizione. Il giovane religioso
colla più viva compunzione del
cuore si abbandonò alle più austere
pratiche della penitenza, continuan-
do dì e notte la sua orazione , e
divenne in poco tempo un compiu-
to modello di tutte le virtù, sicché
i religiosi del monistero lo desi-
gnarono a successore del morto ab-
bate. Ma egli rifiutò umilmente tale
dignità, e desiderando di vivere af-
fatto solingo, dopo aver visitato il
romitaggio di Camaldoli, si ritirò
a \allombrosa. Quivi trovò due
romiti, coi quali si unì egli e il
suo compagno; indi tutti insieme
lòrmarono il disegno di fabbricarvi
un piccolo convento, e radunarvi
una comunità sotto la primitiva re-
gola austera di s. Benedetta La
badessa di s. Ilario donò loro il
luogo necessario per la costruzione
della fabbrica; e quando il moni-
stero fu compiuto, il vescovo di
Paderborn, ch'avea seguito l'impe-
ratore Enrico 111 in Italia, venne
a consagrarne la cappella. Il nuovo
ordine ni approvato nel 1070 da
Papa Alessandro II, come anco la
regola che vi si osservava , la quale
ora la medesima di s. Benedetto,
con alcune costituzioni aggiunte da
s. Giovanni Gualberto Egli ne fu
il primo abbate, e coli edificante
suo esemplo condusse l suoi ino-
liaci alla perfezione. Fondò il mo-
iiinUto di s. Salvi, quelli (Itila Aio-
ila, ili l'assi^iiano, di Rozzuolo,
di Monte Salano, e stabilì delle
GIO 3i
riforme m alcuni altri. Oltre ai re-
ligiosi di coro riceveva anche dei
fratelli conversi perché attendessero
alle funzioni esteriori; e si tiene che
questa sia la prima volta che si
trovano per questo modo i mona-
ci divisi in due classi. S. Giovanni
Gualberto si distinse eziandio per
la sua carità verso i poveri, per
assistere i quali spesso vuotava i
serbatoi del suo monistero. Assi-
curasi che in una grave penuria
egli moltiplicò le provvigioni del
monistero di Rozzuolo, ove i po-
veri accorrevano da ogni parte ;
guarì molti malati colle sue ora-
zioni, ed ebbe anche il dono della
profezia. Egli per umiltà non ave-
va voluto ricevere nemmeno gli
ordini minori, tenendosi indegno di
esercitare le mcnoine funzioni della
Chiesa. Il Papa s. Leone IX, tratto
dalla fama della di lui santità, fe-
ce un viaggio a Passignano per ve-
derlo e intertenersi con lui. Stefano
I X detto X , ed Alessandro II ebbero
aneli' essi una particolare venerazio-
ne per la sua persona. Morì a Pas-
signano ai 12 di luglio 1073, in età
di sessantaquattr' anni, e fu cano-
nizzato nel 1 1 93 da Celestino III.
II giorno in cui passò di questa
vita è consagrato alla celebra/ione
della sua festa. V. Yu.LOMi!Ros\\f.
GIOVANNI Cwzio o di Kexti
(s.). Xato circa il i4°3, nel villag-
gio di cui porta il nome, nella dio-
cesi di Cracovia, passò la sua
v'me//a nell'innocenza, e compiuti i
primi studi passò .1 quelli di filosofia
e teologia nell'università di Cracovia,
e divenne dottore e professore Qui-
m insegnò pei più .inni con esito
(èlice, illuminando la mente dei
suoi discepoli eolla sui dodi 111 1 .
formando 1 loro cuori alla piei >
co' suui discuisi e co siiui esempi-
3} GIO
Elevato a! sacerdozio, ebbe il go-
verno della parrocchia d'Ilkusi, in
cui fece risplendere il suo zelo, la
sua prudenza, la sua carità stra-
ordinaria verso i poveri. Alcuni
anni dopo, richiesto dall'università,
riprese il suo offizio di professore
e lasciò la parrocchia ; non trala-
sciò per altro di occuparsi, in tut-
ti i momenti che il suo impiego
gli lasciava liberi, per il bene del
prossimo, soprattutto colla predi-
cazione. Fece il pellegrinaggio di Ge-
rusalemme, ed ardendo del desiderio
di terminare i suoi giorni col mar-
tirio, non temette di predicare ai
turchi Gesù crocefisso. Oltre que-
sto viaggio fece quattro volte quel-
lo di Roma per visitare le tombe
de'santi apostoli, andando a piedi
e portando egli stesso il suo fardel-
lo. Questo santo prete, di cui tut-
ti i giorni furono consagrati alla
virtù, fu veduto più volte privar-
si del suo cibo e delle sue vesti,
per darli a quelli che ne aveano
bisogno; praticava le più austere
mortificazioni , era coperto di un
cilicio, digiunava e si dava fre-
quentemente la disciplina ; tren-
t' anni innanzi la sua morte egli
si astenne interamente dal mangiar
carni. Morì a'24 dicembre i4?3,
nel settantesimo anno di sua età, e
molti miracoli furono operati per
sua intercessione. La sua veste di
porpora, eh' egli aveva portata co-
me dottore, fu conservata religio-
samente, e se ne vestiva il deca-
no della scuola di filosofia il gior-
no ch'entrava in possesso, facendo-
gli giurare d' imitare gli esempi
e le virtù di s. Giovanni Canzio odi
Kenti, come ne indossava la veste. Fu
canonizzato da Papa Clemente XIII,
a' 16 luglio 1767; eia sua memo-
ria è in grande venerazione nella
GIO
Polonia e nella Lituania. Lasciò
alta fama del suo sapere, ma
nessuna delle sue opere giunse fi-
no a noi.
GIOVANNI da Matua (s.). Sor-
ti i natali a Faucon, sulle fron-
tiere della Provenza , da genitori
ragguardevoli per nobiltà e reli-
gione, verso la metà del XII seco-
lo. Egli fu sempre infiammato fin
dalla sua giovinezza del desiderio
di perfezionarsi nella pratica delle
cristiane virtù, ed oltremodo cari-
tatevole verso i poveri. Mentre
studiava ad Aix recavasi ogni ve-
nerdì allo spedale per servire gli
ammalati, e procurar loro lutti
que'soccorsi che poteva. Ritornato
a casa del padre, ottenne il per-
messo di ritirarsi in un picco-
lo romitorio non molto lungi da
Faucon, per darsi interamente a
Dio; ma siccome le frequenti vi-
site de* suoi amici non gli la-
sciavano gustare quella solitudine cui
desiderava, pensò di abbandonare la
cella, e pregò il padre che il man-
dasse a Parigi per istudiarvi teo-
logia. Ivi fu addottorato, e poco
dopo celebrò la sua prima messa.
Nello stesso giorno per celeste in-
spirazione divisò di adoperarsi a
tutto suo potere pel riscatto di
quegli sventurati cristiani che ge-
mevano sotto il duro giogo degli
infedeli, e ritiratosi si dispose col-
la preghiera e colla penitenza a
ricevere i lumi dello Spirito Santo
a tant' uopo necessari. Avendo
egli udito parlare del santo eremi-
ta Felice di Valois ( Vedi) , re-
cossi a lui per pregarlo di rice-
verlo nel suo romitorio ed istruir-
lo sui mezzi della perfezione. Fe-
lice non riguardollo come disce-
polo, ma come un compagno che
Dio gli avea mandato ; ed en-
V
GIO
trambi esercìtaronsi nella pratica
di tutte le virtù. Giovanni comu-
nicò a Felice il suo pensiero di
dedicarsi alla liberazione degli schia-
vi cristiani, e Felice non dubitan-
do punto che un cotale disegno
non provenisse da Dio 3 offerse
lutto se stesso pel prosperevole riu-
scimento. I due santi raddoppiaro-
no le loro mortificazioni e pre-
ghiere, alììne di ottenere da Dio
novelli schiarimenti sulla condotta
che doveano tenere per recare ad
effetto il nobile desiderio inspira-
togli dalla carità. Verso la fine
del 1197 si partirono per Pcoma,
ove il Pontefice Innocenzo III
li accolse favorevolmente, appro-
vò il loro disegno, e ne formò un
nuovo ordine religioso, sotto gli
auspicii della ss. Trinità, di cui Gio-
vanni fu dichiarato primo mini-
stro generale. Ritornati in Fran-
cia, il re Filippo Augusto aggradi
e favoreggiò l'instituzione del loro
ordine nel suo regno. Valcario III,
signore di Chutillon, donò loro un
luogo nelle sue terre per edificar-
vi un convento, e divenuto questo
troppo angusto , diede ad essi
Cerfroid, ove edificarono un mo-
nistero che fu sempre riputato il
centro dell' ordine dei trinitari. S.
Giovanni di Matita recossi a Tu-
nisi l'anno 1202, e liberò cento-
dieci schiavi. Fieduce in Proven-
za ammassò grandissima quantità
di danaro, di che servissi a pro-
curare la libertà ad una molti-
tudine di sventurati oppressi sotto
i furi de' mori di Spagna. Nel
12 io fece un secondo viaggio a
Tunisi, ove i maomettani ^li fece-
ro assai soffrire, irriluti dei 11 ardore
con cui confortava i prigionieri a
sostenere pazientemente i loro mali,
ed a morire anziché rinnegare la
vol, xxxi.
GIO 33
fede. Allorché lo videro entrare in
mare con centoventi schiavi da
lui riscattati, quegli infedeli por-
tarono via il timone del vascello e
lacerarono le vele, affinchè perisse
in mezzo alle onde. Giovanni pie-
no di fiducia in Dio, fatti spiegare
i mantelli de' suoi compagni a mo-
do di vele, si mise ginocchioni sul-
la tolda o tavolato del vascel-
lo a cantar salmi col Crocifis-
so in mano lungo tutto il cammi-
no ; e il vascello in pochi dì ap-
prodò felicemente al porto d' Ostia.
Sentendo il santo venir meno le
sue forze, passò a Pioma, ove vis-
se ancora due anni, pure occupato
neh' esercitare le opere di miseri-
cordia, e nel predicare la peniten-
za. Morì santamente a' 2 1 dicem-
bre del I2i3, e fu seppellito in s.
Tommaso, ove vedesi ancora la sua
tomba; ma il corpo di lui venne
poscia trasportato in Ispagna. 11 Pa-
pa Innocenzo XI, nel 1679, ^ss" 'a
sua festa agli b' febbraio. V. Tri-
nitari.
GIOVACI (s), detto di Mou-
lier. Prete che fioriva nel sesto se-
colo. Sappiamo da s. Gregorio di
Tours, eh' egli era uato nella Gran
Lretagna, e menò vita ritirata a
Chiuon o Caion, città della diocesi
di Tours. Aveva presso la chiesa
una cella ed un oratorio con un
piccolo giardinetto che coltivava
colle sue proprie mani, e in cui
piantò alcuni allori, all'ombra dèi
quali usava sedere per legl
e far orazione. Fu seppellito nel-
la sua solitudine , e più malati
guarirono per di lui intercessio-
ne. E menzionato nel martirolo-
gio romano a' 27 di giugno, e
pure in quelli di Francia e d' In-
ghilterra.
GIOVANNI 1 P\()L<) ( )Ser-
34 CtIO
virono ambedue come officiali nel-
le armate di Giuliano l'Apostata,
e riportarono la palma del marti-
rio in Roma. Essi ottennero una
doppia vittoria, avendo conculcato
gli onori del mondo e trionfato
della crudeltà dei carnefici. Collo-
casi comunemente il loro martirio
nel 362, sotto il prefetto Apronia-
no. Il martirologio romano dice
ch'erano fratelli, e che Giovanni
era prefetto del palazzo, e Paolo
primicerio della vergine Costanza ,
figlia dell'imperatore Costantino.
Nei sacramentari di s. Gelasio e
di san Gregorio , come ancora
nell'antica liturgia gallicana, evvi
una messa propria per questi santi
martiri, i cui nomi sono stati mai
sempre celeberrimi nella Chiesa fi-
no dal quinto secolo, e la loro fe-
sta si celebra a' 26 di giugno.
GIOVANNI di Reomay (s.). Na-
to nella diocesi di Langres, si fe-
ce monaco a Lerino. Essendo poi
stato richiamato dal suo vescovo,
fondò la badia di Reomay in Ror-
gogna, sotto la regola di s. Ma-
cario. Divenne celebre per la sua
santità e i suoi miracoli, e mori
in età di quasi cento e vent'anni,
verso la metà del sesto secolo. E-
gli è uno dei fondatori della vita
monastica in Francia, ed è men-
zionato nel martirologio romano
sotto il giorno 28 di gennaio.
GlOVANiM da s. Facondo di
Suiagun (s.). Nacque a Sahagun
0 s. Fagnndez nel regno di Leo-
ne in Ispagna. I suoi genitori ,
Giovanni Gonzalez da Castrillo, e
Sanca Martinez , erano amendue
ragguardevoli per la loro nascita e
per le loro virtù. Fece i suoi studi
tra' benedettini di s. Fagondez o
Facondo, ed abbracciato lo stato
ecclesiastico, si unì al vescovo di
GIO
Rurgos, che gli diede delle prove
di stima, conferendogli un cano-
nicato della cattedrale: egli posse-
deva ad un tempo tre piccoli be-
nefizi, la cui nomina apparteneva
all'abbate di s. Facondo. La sua
condotta era stata mai sempre ir-
reprensibile, ma volendo perfezio-
narsi vieppiù , rinunziò i suoi be-
nefìzi , non riserbandosi che una
cappella , in cui diceva la messa
ogni dì, predicava sovente, ed i-
struiva nei misteri della fede. Po-
scia domandò al suo vescovo la
permissione di passare a Salaman-
ca, ove attese per quattr'anni allo
studio della teologia, e fu chia-
mato alla direzione delle anime
nella chiesa parrocchiale di s. Se-
bastiano. Dopo aver praticato per
ben nove anni delle grandi auste-
rità, e prodotto dei frutti mera-
vigliosi colle frequenti istruzioni che
vi faceva, deliberò di lasciare in-
tieramente il mondo, e nel 1 4^3
si ritiiò fra gli eremitani di s. A-
gostino in Salamanca, dove a' 28
agosto 1 \6.\ professò i voti solenni.
Avendogli i suoi superiori ordina-
to di esercitarsi nella predicazio-
ne, annunciò la parola di Dio con
zelo straordinario. La sua indole
soave rendevalo più atto d'ogni al-
tro a spegnere i semi della discor-
dia; e per lui videsi cessare quello
spirito di odio e di animosità che
regnava soprattutto tra i nobili in
Salamanca, e che prodticeva tutto
giorno eliciti funesti. Eletto nel r 47 r
priore del convento, condusse santa-
mente i suoi religiosi per la via
dell'esempio , praticando il primo
tuttociò ch'esigeva dagli altri. Pas-
sò di questo secolo agli 1 1 di giu-
gno '479, e molti miracoli, ope-
rati innanzi e dopo la sua morte,
fecero pubblica testimonianza della
GIO
specchialo stia santità. Fu beatifi-
cato da Clemente \!1I nel ilìoi,
e canonizzalo nel if>qo ria Ales-
sandro Vili. Benedetto XIII ordi-
nò elio fòsse inserito il suo officio
nel breviario romano, sotto il gior-
no i?. di giugno.
GIOVANNI (s.), detto il Sileni
zioso. Nato a Psicopoli nell'Alme-
nia nel 4^4» restò assai giovine
orbato rie' genitori, che con gran
«■tira aveanlo cristianamente alleva-
t«> ; e rimasto possessore «li consi-
derabile facoltà, consacrolla ari usi
|iii. Fabbricò a Nicopoli una chie-
sa in onore della B. Vergine, e
un uionislero nel quale, tulio in-
tento alla propria santificazione, si
rinchiuse con dieci persone anima-
te dallo slesso fervore. L'arcivesco-
vo «li Sebaste, conscio delle -virtù
«li Giovanni, Io astrinse a lasciare
la sua solitudine, e malgrado la
sua ripugnanza innalzollo alla sede
episcopale di Colonia in Armenia,
benché non avesse ancora che ven-
totz' anni. Governò la sua diocesi
con molto fruito per Io spazio rli
dieci anni, serbando lo spirito del
sua slato primiero, e continuando
negli stessi esercizi, per quanto gliel
consentivano i doveri del suo mi*
insterò. Poscia rinunziò l'episcopa-
to per andare in Palestina, e riti-
rossi nella laura rli s. Saba, il «pia-
le avendolo accolto senza conoscer-
lo, lo pose ai servigi dell'economo.
Questi lo occupò ad attigner acqua,
e portar pietre agli operai impie-
gati a fabbricare un nuovo spella-
le, e Giovanni obbediva con gì. ru-
de semplicità, conservando un con-
tinuo silenzio. S. Saba, conoscen-
do poscia i rioni straordinari che
trovatami in Ini, volle che'BOfl ti
occupasse elio della contemplazione,
«• permisegli rli andare a vivere in
GIO
una cella separata. Ivi passò tre
anni, stando fino a cinque giorni
per settimana senza prender alcun
cibo, e non uscendone che il sab-
bato e la domenica per assistere
all'uffizio pubblico della chiesa. Fu
poscia fatto economo della laura ,
e per «piatirò anni esercitò quel-
l'uffizio. S. Saba edificalo dalle sue
virtù Io condusse ad Elia patriar-
ca di Gerusalemme, per farlo or-
dinare sacerdote. Allora Giovanni
fu costretto di dichiarare al pa-
triarca ch'egli era e lo
pregò di tenere la cosa in se; laon-
de Elia ricusò di consagrarlo, sen-
za addinne il motivo. S. Saba tor-
nossene molto rammaricato, ti
tnendo ebe Giovanni avesse in pas-
sato commesso qualche delitto; ma
ricorso a Dio, seppe per rivelazio-
ne la cosa, e lagnossi col suo di-
scepolo perchè gliela avea tenuta
occulta. Giovanni vergendosi sco-
perto stava per abbandonare la
laura, ma il «anto abbate ve lo trat-
tenne promettendogli di serbare il
segreto. Giovanni passò i qualtr'an-
ni successivi senza mai parlare con
nessuno, se non con quello chi
portava da mangiare ; ed -svendo
stato s. Saba costretto nel 5o3 ad
allontanarsi dalla laura , a motivo
di una sedizione colà insorta, Gio-
vanni si ritirò in un deserto vici-
no, ove visse sei anni in assoluto
silenzio, né d'altro si nutrì che rli
erbe e «li radici. Richiamato s. Sa-
ba alla laura nel 5 i o, andò subito
a ritrovare Giovanni nella solitudi-
ne, e lo ricondusse nella sua cel-
letla, ove continuò a menare una
vita «la angelo fino al 558, In cui
morì nell età rli cento e «piattr'anni,
■etlantaaei «lei quali ne avea p •
nel deserto. S. Giovanni il Silen-
zioso è onoralo a' i 3 di ni
3G GIO
GIOVANNI («.), martire. V. Ci-
ro (s.).
GIOVANNI ($.), martire. V. An-
tonio, Giovanni ed Eustachio (ss.).
GIOVANNI Nepomuceno ( s. ).
Trasse i natali nella piccola città
di Nepomuck in Boemia, posta al-
cune leghe lungi da Praga , verso
l'anno i33o. 1 suoi virtuosi geni-
tori nulla risparmiarono per dargli
una eccellente educazione , ed egli
al pronto ingegno e alla costante
applicazione accoppiava somma dol-
cezza, pietà e candore. Fu man-
dato alla celebre università di Pra-
ga, ove oltre la filosofìa studiò an-
che teologia e diritto canonico ,
nelle quali facoltà prese il grado
di dottore. Egli avea diretto tutti
ì suoi studi collo scopo di abbrac-
ciare il sacerdozio, e consacrarsi
senza riserva a procurare la glo-
ria di Dio; e raddoppiando il fer-
vore si dispose colla orazione e col
digiuno a ricevere 1' unzione sa-
cerdotale. Tosto il suo vescovo gli
affidò il pergamo della Madonna
di Tein ; e i primi travagli del suo
zelo produssero ammirabili fruiti.
Fatto canonico della cattedrale non
cessò di travagliare per la salute
delle anime. Il giovane imperatore
Venccslao IV udì parlare del me-
rito di questo servo di Dio, e vo-
lendo conoscerlo lo nominò predi-
catore nell'avvento alla 6ua corte.
Giovanni si avvide pur troppo
quanto questa commissione doves-
se essergli ardua e pericolosa, nul-
lameno accettolla , e la sostenne
con applauso del principe e dei
cortigiani; anzi Venceslao se ne
senti tocco per modo, che rallcn-
ne per alcun tempo il corso del-
le sue sregolate passioni, e per dare
al Nepomuceno un attestalo di sti-
ma olFcrsegli la sede vescovile di
GIO
Leilmeritz. Il virtuoso canonico,
che non cercava le dignità e le
grandezze, ricusò il vescovato , e
così pure la cospicua prevostura di
Wischcradt coli' onorevole titolo
di cancelliere ereditario del regno.
Accettò in seguito il posto di li-
mosiniere maggiore dell' impera-
tore ed imperatrice , perchè quel-
l' uffizio gli dava modo di sod-
disfare alla sua tenerezza verso i
poveri, dei quali fu 1' avvocato ed
il padre. La pia imperatrice Gio-
vanna, figlia d'Alberto di Baviera,
scelse Giovanni a direttore della
sua coscienza, ed avea bisogno di
tal guida in mezzo ai gravi ram-
marichi che cagionavale la gelosia
dell'imperatore suo sposo. Ella a-
vanzò sempre più nella perfezione;
ma la di lei pietà non fece che iu-
nasprire la ferocia di Venceslao, il
quale accecato dalla sua malnata
passione, prese in sinistro senso le
più sante azioni della sua sposa, e
concepì il sacrilego disegno di ob-
bligare Giovanni a rivelargli le di
lei confessioni. Il santo rabbrividì
d'orrore alla strana ricerca, e rap-
preseulogli colla più rispettosa ma-
niera, che ciò offendeva del pari la
ragione e la religione. L' imperatore,
che nou avrebbe mai credulo che
nessuno osasse resistere alla sua vo-
lontà, restò fortemente sdegnato
della ripulsa del suo elemosiniere;
tuttavia dissimulò il suo dispetto,
e lo rimandò senz'altro dirgli. Ma
non lardò molto a rinnovale con
minaccie l'assalto, e ritrovando il
santo fermo egualmente a serbare
l' inviolabile sdeuzio , ordinò che
fosse tratto in prigione e barba-
ramente tormentalo. I carnefici lo
stesero su d'una specie di cavalletto,
e gli bruciarono i fianchi e le parti
più delicate del corpo con torcia
GIO
ardenti. In mezzo a questo suppli-
zio, Giovanni non pronunciava che
i sacri nomi di Gesù e di Maria.
Alla fine fu staccato dal cavalletto
ch'era quasi spirante. Il Signore
visitò il suo servo in prigione, e
riempillo delle più dolci consola-
zioni. L'imperatrice venuta a sa-
pere ciò ch'era accaduto, andò a
gittarsi ai piedi dell' imperatore, e
le riuscì di ottenere che il sauto
fosse posto in libertà. Alcun tempo
dopo Giovanni ricomparve ^lla cor-
te, ma ben prevedeva che quella
calma non sarebbe di lunga du-
rata ; quindi si dispose alla morte
consagrandosi intieramente agli e-
sercizi di pietà, e raddoppiando il
suo zelo nella predicazioue. Nell'ul-
timo suo discorso prese per testo
le parole : Ancora qualche incunea-
to, poi non mi vedrete piuj al fi-
ne dello stesso discorso, preso quasi
da Un entusiasmo profetico, pian-
gendo dirottamente, predisse i mali
che doveano presto piombare sul-
la Boemia, e si accommiatò dal
suo uditorio. Poco appresso* men-
tre ritornava verso sera da Bunt-
zel, ov'erasi recato a visitare la
celebre immagine della B. Vergine
eh' è in gran venerazione per tutta
la Boemia, fu veduto dall' impe-
ratore che stava ad una finestra
del suo palazzo. Costui sentì risve-
gliarsi tutto in un colpo il suo
sdegno e la sua sagrilega curiosi-
tà; e fattoselo all'istante condurre
dinanzi , intimogli di svelare la
confessione dell' imperatrice , o di
morire. Il santo , fermo nel suo
proposito, nulla rispose, per cui
\ eoceslao cicco d' ira ordinò che
fosse gettalo nel fiume, lostochè le
tenebre impedissero al popolo di
accorgersene. Giovanni fu precipi-
tato nel Moldava, culi: numi e coi
GIO 37
piedi legati, dal ponte che unisce
la grande alla piccola città di Pra-
ga, a' 16 maggio i3S3, ch'era la
vigilia dell'Ascensione. Appena ri-
mase soffocato dalle onde , il suo
corpo ondeggiante lunghesso il fiu-
me fu circondato da uno splendo-
re che attirò gran folla di spetta-
tori. Allo spuntare del giorno si
svelò l'orrendo mistero, e gli stessi
esecutori tradirono il segreto del
principe. Tutta la città accorse per
vedere il santo corpo ; i canonici
della cattedrale vennero a levarlo
con pompa solenne, e portaronlo
nella vicina chiesa di s. Croce dei
Penitenti , insino a che gli avesse-
ro preparato nella loro chiesa un
sepolcro più degno di lui. Allor-
ché tutto fu pronto, i canonici e
il clero, accompagnati da una iu-
numerabile moltitudine di popolo,
recaronsi in processione alla chiesa
di s. Croce, e trasportarono solen-
nemente il corpo dell'invitto marti-
re alla metropolitana. Durante la
traslazione parecchi malati di morbi
incurabili ricuperarono la sanità, e
simigliatiti miracoli si fecero dipoi
alla sua tomba. Si attribuisce alla
di lui intercessione la compiuta vit-
toria che gì' imperiali , comandati
dal duca di Baviera, riportarono
nel 1620 sotto le mura di Piaga,
e che fece ad essi ricuperare il
regno di Boemia. Da quel tempo
f illustre casa d'Austria ha sempre
avuto una singolare divozione per
s. Giovanni Nepomuceno, protomar-
tire de! sigillo sagramentale della
confessione, e protettole della buo-
na fama. Gl'imperatori Ferdi-
nando Il e Ferdinando III sol-
lecitarono la di lui canonizzazio-
ne, che fu poi ottenuta da Car-
lo VI. A' 1 \ aprile dell'anno 1719
fu aperto il suo sepolcro, e fu Uro-
38 GIO
vato il suo corpo affatto spolpato,
ma le ossa erano ancora intiere e
perfettamente unite, e la lingua
n'era freschissima e ben conserva-
la. Egli era stato onorato in Boe-
mia come martire subito dopo la
sua morte; ma per rendere più
autentico e più generale il suo cul-
to, si domandò la sua canonizza-
zione, e si produssero nuovi mi-
racoli di cui fu provata la verità
giuridicamente a Roma ed a Pra-
ga. Innocenzo XIII confermò il cul-
to che gli si rendeva, con un de-
creto equivalente a un decreto di
beatificazione, e Benedetto XIII
a'19 marzo del 1729 ne celebrò
solennemente nella basilica latera-
nense la sua canonizzazione. Esiste
nella basilica medesima un alta-
re ehe porla il nome di s. Gio-
vanni JN'epomuceno, e che fu de-
dicato dallo stesso Benedetto XIII.
Anche nella chiesa di s. Paolo di
Venezia avvi un altare dedicato a
questo santo martire, e se ne ce-
lebra la fèsta, assegnata a' x6 mag-
gio, con di voto otta vario. Ne am-
pliarono il culto Benedetto XIV
e Clemente XIII, il quale ordinò
nel 1763 che nello stato pontifì-
cio se ne celebrasse l'uffizio a' 1 7
maggio, permettendo poi nel 1766
a'gesuiti, che veuerano questo san-
to per protettore della buona fa-
ma, di conformarsi al clero seco-
lare in tal celebrazione.
GIOVANNI GIUSEPPE della
Croce (san). Nacque da ragguar-
devoli genitori circa l'anno i654
ad Isola, isola dipendente dal regno
di Napoli. Fin dai primi auni abi-
tuossi alla mortificazione e alla pre-
ghiera, e giovane ancora era forni-
to delle più sublimi virtù. Abbrac-
ciò l'ordine di s. Francesco, nella
1 dònna stabilita in Ispagna da s.
GIO
Pietro d'Alcantara, e da poco tem-
po introdotta in Italia ; e nel suo
noviziato si rese ammirabile colla
perfezione della penitenza , della
contemplazione e dell' umiltà. Tre
anni dopo la sua professione fu
mandato dai suoi superiori a fon-
dare in Piemonte il convento di
Alila, che divenne per le sue cure
immagine perfetta di quello che s.
Pietro d' Alcantara, ancor semplice
chierico, avea un tempo fondato a
Pedroso nell' Estremadura. Elevalo
Giovanni, malgrado la sua reniten-
za, alla dignità del sacerdozio, ot-
tenne permesso di edificare, alquan-
to lungi dal convento, e sid pendio
di una montagna assai elevata, un
romitorio, cui fabbricò egli stesso,
portando sopra le proprie spalle, per
terminarlo più prestamente, le le-
gna, le pietre e la calce, e dandosi
tanta pena, che le tracce de suoi
passi erano tinte di sangue. Essen-
do stato pregato da'suoi fratelli di
scrivere alcune regole particolari
per la loro casa, ne fece di così sa-
vie, che furono approvate dalla
santa Sede. Incaricato poscia della
direzione de' novizi, li condusse con
tanta prudenza alla perfezione del
loro stato, che molti di essi acqui-
starono grande riputazione di san-
tità. Allorché giunse , dopo molte
difficoltà , a riunire in provincia
sotto il titolo di s. Pietro d' Alcan-
tara i conventi dell'osservanza d'I-
talia stanziati nel regno di Napoli,
egli ne divenne il primo superio-
re ; ma ebbe a soffrire le più nere
calunnie. Giunto finalmente colla
pazienza a far tacere gli avversa-
ri, diedesi con novello ardore alla
contemplazione, alla penitenza e al-
la più esatta osservanza della re-
golare disciplina. Questo perfetto
religioso, favorito di grazie straor-
GIO
dinarie, del dono di profezia e di
quello de' miracoli, prolungò il cor-
so della sua vita i tifino agli anni
ottanta, e santamente si addormen-
tò nel Signore il 5 marzo del l'joy,
nel convento del monte s. Lucia
nella città di Napoli. Il Papa Pio
VI lo inscrisse nel catalogo dei bea-
ti il giorno i5 maggio del 1789;
e il regnante Pontefice Gregorio
XVI, solennemente canouizzollo ai
26 maggio del i83p.
GIOVANNI BATTISTA della
Concezione (beato). Nacque ad Al-
niodovar del Campo, vicino a Ca-
latrava, li io giugno i56i, da Mar-
co Garzias e da Isabella Lopez, am-
bedue di antica ed illustre famiglia.
Cominciò da fanciullo a praticare
austere penitenze: portava il cili-
cio, davasi ogni giorno la discipli-
na, dormiva sopra un asse con una
pietra per guanciale , e digiunava
<piasi continuamente in pane ed
acqua. Sillatta maniera di vivere gli
produsse una malattia di languore,
da cui perì> si rimise in capo a di\c
anni. Intanto avendo compiuto il
corso di umanità e di filosofìa sotto
la direzione dei carmelitani scalzi,
fu mandato dai suoi genitori al-
l' università di Baeza. Terminali i
suoi studi, fece ritorno in patria e
risolvette di rendersi religioso. Do-
po qualche perplessità nella scelta
dell' ordine , entrò in quello dei
trinitari nel convento di Toledo,
ove passalo con fervore ammirabi-
le l'anno di prova, ricevette il sa-
cerdozio, e fu impiegato dai supe-
riori nella predicazione e nella di-
rezione delle coscienze. Il suo raro
ingegno e la perfezione delle sue
virtù lo resero tosto predicatore là-
inoso e confessore rinomato , ope-
rando numerose conversioni, e cor-
rendo in folla il popolo ai suoi di-
GIO 39
scorsi. Siccome da qualche tempo
erasi introdotta la rilassatezza nella
maggior parte dei conventi dei tri-
nitari, i principali membri dell' or-
dine si radunai 0110 nel i5q£, e
presero risoluzione di fondare due
o tre case in ciascuna provincia ,
nelle quali fosse messa in vigore
1' osservanza delle regole, e fossero
aperte a tutti i religiosi, ma colla
permissione di lasciarle per ritorna-
re nel loro primo convento. Allor-
ché la rifórma fu stabilita, il p. Gio.
Battista fu uno dei primi ad ab-
bracciarla , e venne incaricato di
governare come superiore il nuovo
convento di Val-de-Pegnas. Veden-
do egli che la riforma poco pro-
sperava, e che non si sarebbe ot-
tenuto miglior effetto finché non si
avesse tolta ai religiosi la libertà
di ritornare ai loro antichi conventi,
si recò a Roma nel i5g8, per rap-
presentarlo al Papa Clemente Vili.
Ottenuta da questo Pontefice una
bolla che l'autorizzava a stabilire
una riforma intera nel suo moni-
stero ed in alcuni altri , riformò
otto case : numero che fu poscia
notevolmente accresciuto. Ma per
riuscirvi egli dovette superate gran-
di opposizioni per parte del governo
di Spagna e dei membri dell'ordine,
e soffrire eziandio molte persecu-
zioni ed insulti. 11 b. Giovanni del-
la Concezione è chiamato il fondato-
re dei Trinitari scalzi, perchè una
delle pratiche di mortificazione pre-
scritte dalle regole della riforma era
che i religiosi dovessero camminare
a pie nudi; e menta egualmente
questo titolo per le cine che si
pie>e nel rassodarla. Impiegò il re-
stante della sua vita nel governo
delle case da lui riforniate, e mo-
li a Cordova n'i4 febbraio 16
Fu glorificalo da Dio coU* operasi*»
4o GIO
ne di molti miracoli, e beatificato
da Papa Pio VII ai 29 aprile
1819.
GIOVANNI di Dukla ( beato ).
Nacque in Polonia, nella città di
Dukla, e giovine ancora entrò fra i
minori conventuali. Di poi per con-
siglio di s. Giovanni di Capistrano,
che predicava allora in Polonia, si
unì agli osservanti. Ammira vasi so-
prattutto in lui un vivo amore per
la sua regola, somma premura di
conservare la pace, purezza ed ob-
bedienza perfetta. Le sue prediche
produssero parecchie conversioni di
persone d' alto affare. Divenuto cie-
co qualche tempo prima di morire,
non ristette perciò di esercitare le
funzioni del santo suo ministero
infino alla beata sua morte, che
avvenne a' 29 settembre 1484, nel-
la città di Leopoli. Il Papa Cle-
mente XII approvò il di lui culto,
e concesse ai polacchi, non che agli
abitanti della Lituania, di onorarlo
come uno dei loro patroni. La sua
festa si celebra ai 19 di luglio.
GIOVANNI MarÌnone (beato).
Nacque in Venezia a' i5 dicembre
1490, e dopo aver studiato nell'u-
niversità di Padova, abbracciò Io
stato ecclesiastico, e servi due anni
la patria chiesa di s. Pantaleone.
Quindi accettò il posto di superio-
re dello spedale, dove si riceveva-
no gl'incurabili e gli orfani; e du-
rante la pestilenza che nel i528
desolò Venezia, diede chiare prove
della sua carità. Fu poscia fatto
canonico di s. Marco, ma presto la-
sciò questo benefìcio per entrare
nella congregazione dei chierici re-
golari, nuovamente inslituila in que-
sta città da s. Gaetano Tiene, nel-
la quale fu ricevuto a' 9 dicembre
i5?.8, e fece i suoi voti ai 29
maggio i53u. Egli fu nominalo
GIO
P'ò volte superiore, e fu zelante
religioso ed austero penitente : s.
Andrea Avellino, che si gloriava
di averlo avuto a maestro e diret-
tore nelle vie della pietà , diceva
parlando di lui, eh' era per le sue
parole e per le sue azioni un' im-
magine della santità. In Napoli gli
venne commessa la direzione di
un convento di religiose che gui-
dò alla perfezione , ed istituì un
Monte di pietà che divenne assai
celebre. Ricusò l' arcivescovato di
quella città, a cui il Papa volea
nominarlo, e continuò ad esercita-
re colà il santo suo ministero. Le
sue virtù gli meritarono da Dio
grazie singolari; per cui egli ot-
tenne la guarigione di molti am-
malati, e fu favorito del dono della
profezia. Assistito nell'ultima sua
malattia da s. Andrea Avellino e dal
b. Paolo di Arezzo, morì ai 1 3 di-
cembre i56i. Clemente XIII au-
torizzò il culto del b. Giovanni
Marinone , con decreto degli 1 1
settembre 1762.
GIOVANNI de Paado (b.). Vir-
tuoso francescano della stretta os-
servanza, nato nel regno di Leone
nella Spagna, il quale fu spedito
dalla congregazione di propaganda
a predicare la fede nel regno di
Fez e di Marocco. Il suo zelo per
la conversione degl' infedeli gli con-
citò contro il furore dei maomet-
tani. Sopportò colla più invilla pa-
zienza la prigionia, le battiture ed
altri tormenti , e finalmente con-
sumò il suo sagrifizio col martirio
del fuoco nel iG3i, a' 34 di mag-
gio , sotto il qual giorno Benedet-
to XIV inserì il suo nome nel
martirologio romano, essendo già
stato riconosciuto il suo martirio
da Clemente XI, solennemente bea-
tificato da Benedetto XIII nell auuo
GIO
1728, ed elevato il suo uffizio al
lito doppio per l' ordine france-
scano.
GIOVANNI da Parma (beato).
Nato a Parma dond' ebbe il so-
prannome, dell' illustre famiglia dei
Buratti, fu allevato nella pietà, ed
entrò nell'ordine di s. Francesco.
Venne scelto per insegnare pubbli-
camente la teologia a Bologna, a
Napoli, a Roma, ed ovunque mo-
strassi non meno santo ebe dotto.
Nel 1^4^ intervenne al concilio di
Lione per rappresentare il suo ge-
nerale die non potè recarvisi a ca-
gione di sua vecchiezza, e due an-
ni dopo fu eletto egli stesso supe-
riore generale dell'ordine. Prima
sua cura fu di visitare tutti i con-
venti soggetti alla sua giurisdizione,
e di rimettervi la severa disciplina.
Convocò parecchi capitoli generali,
fra' quali quello di Metz, e contri-
bui con essi possentemente a ri-
chiamare i frati minori alla perfe-
zione del loro istituto. Il Papa In-
nocenzo IV, nel r 1 j.6, lo spedì le-
gato in oriente per trattare il di-
licatissimo affare della riunione dei
greci alla Chiesa romana. Egli si
procacciò talmente la slima ed il
rispetto de' greci, e condusse sì
bene il suo negoziato, che l'impe-
ratore Ducas e il patriarca di Co-
stantinopoli spedirono degli inviati
al Pontefice. Dopo sett'anni ritorni»
dalla stia legazione, e si diede a to-
gliere gli abusi introdotti nel suo
ordine, e moltiplicati durante la sua
assenza. Convocò perciò un capito-
lo generale a Boma, Del ia56;
ma 1 nemici della subordinazione
si sollevarono contro di lui, lo
accusarono di credere alle predi-
zioni dell'abbate Gioachino, che
faceva allora grande rumore, e lo
sforzarono a lasciare 1' ullizio. Sgra-
GIO 41
vato di tanto peso, si ritirò nel
convento di Gracchio, dove menò
per trentanni una vita più ange-
lica che umana. Quindi avendo
inteso che i greci ritornavano ai
loro antichi errori, chiese a Papa
Nicolò IV la permissione di faro
un nuovo viaggio in oriente; ma
cessò di vivere a Camerino nel
1289, in età di ottantanni. Mol-
ti miracoli attestarono la santità
di Giovanni, per cui i camerinesi
gli eressero un marmoreo monu-
mento, e gli renderono pubblico
culto, che fu poscia approvato dal
Pontefice L'io VI, con un decreto
che pubblicò la congregazione dei
riti li 5 agosto 1 78 r .
GIOVANNI di Perugia e PIE-
TR.0 di S.\ssorF.Kr.\To (beati), am-
bedue dell'ordine de' frati minori:
sacerdote il primo, semplice frale
converso il secondo. Furono di quelli
che s. Francesco inviò in [spagna
nel 12 ir) e 1220 per propagare
il suo ordine, e procurare ai po-
poli nuovi mezzi di salute. Essi
avviaronsi a Tutolo, città elei re-
gno di Aragona, e ^corsero il pae-
se spargendovi la divina parola. Il
loro zelo di dilatare la lede li
condusse a Valenza, città allora
occupata dai mori, e nella (piale
regnava Azoto, nemico dichiaralo
de' cristiani. Essi cominciarono an-
nunziare a questo popolo le veri-
tà del vangelo, e mostrare la fal-
sità della dottrina niaouiellau 1 .
ina tosto furono presi ed impri-
gionati per online ilei re, il (pia-
le adoperatosi invano per espugna-
re la loro costanza con lusinghe e
minaccio, li lece decapitare, circa
l'anno 1 i3o. Il Papa Clemente
\l confermò il culto che si rende-
v 1 .1 questi santi martiri : bene-
detto XIV approvi! pel loro "ili-
42 GIO
ne, come pure per la diocesi di
Valenza, in cui soffrirono il mar-
tirio, e per quella di Tutolo, in
cui sono custodite le loro reliquie,
l'officio composto in loro onore;
finalmente Pio VI a' 2 aprile 1783
pubblicò il decreto della loro bea-
tificazione. Se ne celebra la festa
a' 3 di settembre.
GIOVANNI da Pemma-saw-Gio-
vanivi (beato). Nacque nel borgo
di tal nome nella diocesi di Fer-
mo, e fu sino da' più ver d'anni
favorito di grazie straordinarie.
Entrò nell'ordine di s. Francesco,
e ne divenne uno dei sostegni col-
le sue virtù, e zelo per la regola-
rità di esso. Fu mandato in Fran-
cia per fondare dei conventi nella
Provenza e nella Linguadoca , e
per insegnarvi le pratiche dell' i-
stituto. Egli passò ventici nqu'anni
in questo uffizio, poi ad istanza
dei religiosi della provincia della
Marca fu richiamato in Italia.
Questo santo religioso, dopo avere
degnamente occupati diversi posti,
morì nella sua patria, in età di
settant'anni, a' 3 aprile 127 1. Pa-
pa Pio VII confermò il culto che
si rendeva a questo beato, e per-
mise di celebrarne 1' officio. La sua
festa è stabilita a' 5 d'ottobre.
GIOVANNI di Ribera (beato).
Nacque a Siviglia nel mese di mar-
zo del i532. L'illustre suo genito-
re, d. Pietro Para fan di Ribera ,
duca di Alcala, marchese di Ta-
riffa e conte di Meralles, che fu
governatore dell' Andalusia , per
qualche tempo viceré di Catalogna
e poscia di Napoli, pose ogni sol-
lecitudine nell'educazione del lidio.
o
Gli fece cominciare gli studi a Sa-
lamanca, lo mandò a continuarli
a Siviglia, indi lo richiamò a Sa-
lamanca, nella cui celebre univer-
GIO
sita ricevette la laurea dottorale.
D. Giovanni abbracciò lo stato ec-
clesiastico, e a' 7 maggio i55j fu
ordinato sacerdote. L'edificante ma-
niera colla quale esercitò il suo
santo ministero., e la stima gene-
rale che si acquistò, mossero Fi-
lippo li re di Spagna a nominar-
lo alla sede vescovile di Badajoz ;
ma poco dopo egli fu chiamato ad
occupare un posto più eminente. Pri-
ma ch'ei fosse stato consacrato e
che avesse preso possesso della sede
di Badajoz, l'anno 1 568, il titolo del
patriarcato d' Antiochia in parli-
bus venne a vacare, come altresì
l'arcivescovato di Valenza. Lo sta-
to di questa ultima diocesi esige-
va delle cure particolari. I mori,
che avevano per sette secoli signo-
reggiata quasi tutta la Spagna ,
sebbene fossero stati nel i^()i in-
teramente soggiogati da Ferdinan-
do il Cattolico, conservavano tut-
tavia, sotto la fede dei trattati , i
loro costumi e la loro religione ;
essi erano ancora possenti pel lo-
ro numero, per le loro ricchezze,
e andavano sempre crescendo, a
malgrado dell'oppressione. Di que-
sti ve ne aveva soprattutto un
gran numero a Valenza, dove la
mescolanza delle due religioni por-
tava molta rilassatezza fra' cattolici.
Un tale stalo di cose recava in-
quietudine al consiglio di Spaglia ;
le ragioni politiche e religiose fa-
ceano desiderare la conversione dei
mori, e si pensava die la colloca-
zione di Ribera sulla sede di Va-
lenza avrebbe potuto affrettare il
compimento di questo desiderio.
Il Pontefice s. Pio V secondò le
intenzioni del re di Spagna, e men-
tre Filippo II nominava Ribera al-
l' arcivescovato di Valenza, il santo
Padre gli dava il titolo del patriar-
GIO
calo d' Antiochia. La cerimonia
della sua consacrazione si fece l'an-
no i5tìg, e il Papa gli mandò
subito dopo il pallio, con una let-
tera affettuosa. Il santo prelato ap-
pi icossi tosto indefessamente a to-
gliere i disordini della sua diocesi,
e rimettervi i buoni costumi. Mul-
to travagliò per procurare la con-
versione de' mori , ma scarso frut-
to raccolse ; per cui disperando
della buona riuscita , approvò e
persuase l'espulsione totale di que-
gl' infedeli ostinati ed incorreggibi-
li , che venne rigorosamente ese-
guila d'ordine di Filippo III, suc-
ceduto a suo padre Filippo 11
Sili trono di Spagna. Ribera fu in-
vestito da Filippo 111 della digni-
tà di viceré della provincia di Va-
lenza. Fondò nella sua città arci-
vescovile il collegio del Corpus Chri-
sli, lo dotò riccamente, e lo prov-
vide di saggi professori. Egli fa-
voriva tutte le pratiohe di pietà,
spezialmente la divozione al ss.
Sagramento: la sua dolcezza, la
sua umiltà, la sua pazienza, le sue
cure pei poveri, le sue abbondanti
limosino edificavano tulli. Morì
nell'età di ottant'anni, a' 6 gennaio
1611, e fu onorato con magnifici
funerali. Il Papa Pio VI lo bea*
tifico ai 3o agitilo del 1796.
GIOVANNI RATT1STA de Ros-
si ( il ven. ). Nacque a Voltaggio,
nella diocesi di Genova li 22 feb-
braio [698, e fin dalla sua fan-
ciullata mostrò in sé riunite le più
belle prerogative. Lgli aveva dieci
anni, allorché un nobile genovese
chiamalo Scorsa, ch'era venuto col-
la sua .sjMtvi a passare parte della
state a Voltaggio, edificato dalla di*
\o7Ìi)iii! con cui Giovanni era solito
servire alla messa nella chiesa par-
rocchiale di s. Maria, lo domandò
GIO 43
a' suoi genitori per condurlo seco
a Genova; e il padre essendo sialo
accertato che avrebbe ricevuto una
educazione cristiana, acconsentì alla
sua partenza. 11 pio fanciullo pas-
sati eh' ebbe tre anni nella casa dei
suoi protettori, fu chiamato a Ro-
ma da un suo cugino per nome
Lorenzo de Rossi, ch'era canonico
di s. Maria in Cosrnedin, e aveva
saputo il bene che si diceva del suo
giovane parente. Collocato nel col-
legio romano, vi fece grandi pro-
gressi nelle virtù e nelle lettere; ina
mentre occupa va>>i della teologia
scolastica, una infermità che gli
sopravvenne, cagionatagli da sover-
chie austerità , lo costrinse ad ab-
bandonare tale scienza. Intanto de-
siderando di avanzarsi sempre più
nella perfezione, associossi alla con-
gregazione della Scaletta, fondata
in questo collegio, e ne divenne
uno de' più fervorosi. Sempre in-
tento alla propria santificazione ,
procurava eziandio in ogni guisa
possibile quella dei suoi condiscepo-
li, per cui fu chiamato l'apostolo
del collegio romano. Da questo col-
legio passò in quello dei domeni-
cani, per seguirvi la spiegazione che
faceva allora della Somma di san
Tommaso un celebre religioso chia-
mato il p. Gordon : dalla (piale
spieg*zione trasse tanta utilità, che
diede poscia prove del suo sapere
in parecchie circostanze, in cui fu
necessitato farlo palese. In età di
M'dici anni ricevette la tonsura cle-
ricale, e li 8 marzo 1721 pervenne
al sacerdozio. Esercitando con an-
gelico fervore il santo suo ministe-
ro, crebbe di molto il SUO zelo pn
la salute delle- anime; e la fonda-
zione dell' Oipìtio di S. Luigi (ìcu-
Mgti pei- alloggiarvi le povere gio-
vani (he 111 Ruma accanavano il
44 GI°
pane, fu uno dei frutti della sua
carità verso i poveri. Condiscese
con grande fatica ad accettare la coa-
diutoria del canonicato di suo cu-
gino in s. Maria in Cosmedin t alla
morte del quale, nel 1787, ne di-
venne titolare. Egli donò al capi-
tolo una casa che aveagli lasciata
il defunto, e scelse invece per sua
dimora un granaio. La fama della
santità del De Rossi trasse la gente
in folla a questa collegiata , fino
allora quasi deserta, e quando si
persuase di ascoltare le confessioni,
tanta divenne l'affluenza de' peni-
tenti, che per potervi attendere fu
costretto a domandare un breve
per essere dispensato dal coro. La
situazione della chiesa di s. Maria in
Cosmedin, iti un rione lontano dal
centro di Roma, e le gravi infermità
ch'egli aveva contratto in questo luo-
go, lo foizarono a lasciare il suo vi-
cinalo, e ritornò a dimorare alla Tri-
nità dei pellegrini. Egli non tralasciò
tuttavia le sue opere eli carità in que-
sta collegiata; ma la fatica che più
gli andava a grado era il dirigere i
poveri degli spedali e le persone
piìi miserabili del popolo. Quindi
i prigionieri, i giovani detenuti nel-
la casa di correzione di s. Michele,
le femmine di mala vita rinchiuse
nella casa a questa vicina, prova-
rono gli effetti dello zelo del santo
prete. Allorché Benedetto XIV sta-
bilì un catechismo pubblico pei bir-
ri, a preferenza d' ogni altro scelse
il De Rossi. Egli faticava ancora nel-
le missioni, faceva spesso gli esercizi
spirituali d' un anno in più moni-
steri, sia a Roma, sia nelle diocesi
vicine, e continuando nella pratica
di ogni opera buona, chiuse la sua
carriera mortale in età di sessanta-
sei anni, a' 23 maggio 1764. A
spese dell'ospitale della ss. Trinità,
GIO
poiché egli mori allatto povero,
gli furono fatte solennissime esequie,
e fu seppellito nella chiesa dello
stesso spedale. La sua santità par-
ve si certa, che Papa Pio VI per-
mise l'anno 1781 di cominciare il
processo della sua canonizzazione ,
che venne proseguito sotto il pon-
tificato di Pio VII, e da ultimo il
regnante Papa Gregorio XVI con
decreto ne ha approvato le virtù
in grado eroico, per cui si spera
di vederne sollecita la beatifica-
zione.
GIOVANNI Leowudi (il ven. ).
Figlio cadetto di Giovanni Leonar-
di e di Giovanna Lippi , nacque
l'anno [543, nel villaggio di Die-
cimo, così chiamato perchè a dieci
miglia da Lucca. Perfettamente
corrispose alle cure che si presero
i suoi genitori per formarlo alla
virtù; e la sua candidezza d'animo,
e la sua premura di porsi fin dalla
prima giovinezza con divozione spe-
ciale sotto il patrocinio della santa
Vergine, rende credibilissima l' o-
pinione eh' egli abbia sempre con-
servato la battesimale innocenza.
Egli desiderava di abbracciare lo
stalo religioso ; ma per ubbidire il
padre s' iniziò nella professione di
speziale sotto un dabbeo uomo di
Lucca. Quivi il p. Francesco Rer-
nardini, celebre domenicano, lo fe-
ce entrare nella confraternita da
lui istituita, che si chiamava dei
Colombini, perchè i membri di essa
colla purezza della loro vita si sforza-
vano d'imitare la semplicità della
colomba. Essi erano uomini affatto
spirituali , i quali si davano all' o-
razione e alla pratica di diverse
opere di pietà e di penitenza, unen-
dosi tutte le mattine e tutte le sere
in casa di un tessitore chiamato
Forami, il quale viveva celibe nel
GIO
ritiro, unicamente occupato in Dio.
Leonardi visse cos'i fino all'età di
ventisei anni ; allorché perduto il
padre, seguì il consiglio del suo
confessore che confortavalo ad in-
traprendere gli studi, e vi fece rapidi
avanzamenti. Ai 22 dicembre 1572
fu ordinato prete , e ritiratosi in
campagna compì il suo corso di
teologia; poscia fu incaricalo del-
l' assistenza di una chiesa di Lucca.
Eletto capo della confraternita dei
Colombini, a cagione del suo zelo
e della sua abilità, vi facca frequen-
temenle delle conferenze spirituali,
come pure in un oratorio ed in
una chiesa ch'egli officiava. Gua-
dagnatasi colle sue edificanti i-
struzioni la generale ammirazione
e l' approvazione del vescovo , ot-
tenne il possesso di una chiesa chia-
mata la Madonna della Rosa , e
presa a pigione una casa a questa
unita, istituì il primo settembre del
1 574 la congregazione de' Chieri-
ci regolari della Madre di Dio
[Vedi). La città di Lucca non fu
la sola che raccolse i fruiti del suo
zelo: altre parti d'Italia ne pro-
varono i felici effetti. A Pescia egli
fondò una congregazione di vergi-
ni, sotto il titolo stesso della Ala-
tire di Dio , ed un' altra di preti
che si unì poscia ai barnabiti ; ri-
formò la congregazione di Monte
"V ergine, quella di "\ allombrosa, ed
altre case religiose. Fu incaricato
per qualche tempo dell'amministra*
zione spirituale della chiesa di Sie-
na e di quella della diocesi d' A-
versa nel regno di Napoli. Leonardi
si occupava così a tutto suo potere
in procurare la gloria di Dio ; ma
a riuscirvi ebbe d' uopo di tutta la
sua costanza per superale le con-
traddizioni che dovette sopportare.
Finalmente l' iuslituio de' chierici
GIO
4;
della Madre di Dio fu approvato
dalla santa Sede, e ottenne anche
una casa per istabilirsi in Pioma.
S. Filippo Neri servì utilmente
Leonardi in queste difficili circo-
stanze; e il ciotto cardinale Baro»
nio divenne il protettore di questa
novella congregazione. Una malat-
tia contagiosa, la quale nel 1609
lece grandi guasti in Roma, cagionò
molte fatiche al zelante Leonardi,
che si trovava allora colà , e che
divenne l'infermiere di parecchi dei
suoi fratelli ai quali s' era appicca-
to il contagio. Egli stesso fu preso
da una lenta febbre che lo con-
dusse alla tomba ai 9 d' ottobre
dello stesso anno, in età di sessan-
tasei anni. 11 processo per la sua
canonizzazione fu cominciato nel
1G23 e continuato sino al 1707,
nel quale Benedetto XIV pubblicò
il decreto che prova l'eroismo del-
le virtìi di questo servo di Dio. 11
venerabile Giovanni Leonardi è au-
tore di alcune opere di pietà e di
morale.
GIOVANNI I (s. ), Papa LV.
Giovanni, cui alcuni, confondendolo
con Giovanni 111, gli danno il no-
me di Catelino , e che l'Ugurgieri
chiama Bernardino, nacque in Sie-
na, città della Toscana, ed ebbe per
padre Costanzo. Disputandosi sulla
di lui patria, il p. Lgurgieri nelle
sue Pompe senesi Jo disse nativo
di Siena, e nell'appendice die la-
sciò mss. a tale opera confermò la
precedente sua opinione, ed aggiun-
se che fr. Pietro Castrucci fioren-
tino nella sir.i Settimana stanca,
stampata in Todi nel l655, a p.
$53, lo conta parimente per sane-
sc. All'opposto Sigismondo Tizio
nel t. I delle sue Storie inedite, a
p. 1 "•. lo erede nativo di Populo-
nia j città distrutta nella !
46 G I O
scrivendo: «Joanne.s praelerea Pon-
tifex M. ejus nominis primus , et
inarlyr gloriosns, sentcntia cunclo-
j um scribentium Tuscus, et ut opi-
mo quorundam est recentium Po-
puloniensis ". Papa s. Gelasio I lo
creò cardinale prete del titolo dei
ss. Gio. e Paolo in Pammachio ,
quindi a' i3 agoslo del 523 fu
eletto Pontefice. Chiamato in Ra-
venna da Teodorico re ariano, fu
da questi mandato in Costantino-
poli nel 57.5, a richiedere tre cose
all'imperatore Giustino I; cioè, che
gli ariani costretti da Cesare a ri-
cevere la cattolica religione avessero
il permesso di ritornare alla loro
setta; che agli ariani fossero resti-
tuite le chiese loro lolle nell'orien-
te; e che ninno per l'avvenire fosse
costretto ad abiurare l'arianesimo.
Sulla prima richiesta non fece Gio-
vanni I alcun molto all'imperato-
re, ma bensì parlò delle altre due.
e dicesi che le ottenesse, come ri-
porta l'autore dell' Istoria Miserila,
presso il Muratori , Script, rcr.
Italie, toni. I, pag. 2o3. Il Papa
fu costretto da prudenti riflessi a
concedere qualche cosa agli stra-
nieri polenti dominatori , per non
perdere all'alio i suoi, poiché il re
Teodorico avrà stabilito esercitare
coi cattolici d'Italia, quanto Giusti-
no I avesse operato contro gli ariani
nell'oriente: vegga n si il Baronio,
ed il Pagi all'anno 528, n. 8.
Giunto Giovanni I a Corinto col
Cavallo (Vedi), che gli avea im-
prestalo un signore, e che poi nin-
no potè cavalcare, si portò nel 525
a Costantinopoli , ove fu ricevuto
con sommo onore. Dodici miglia
prima delle porte della città fu in-
contralo da tutto il popolo con
cerei, e poi dall'imperatore, che
prostralo sino a terra gli rese qnc-
G I O
gli omaggi che prestalo avrebbe
allo stesso s. Pietro» In Costantino-
poli celebrando Giovanni I nella
cattedrale, il giorno di Pasqua che
cadea a' 3o marzo, la gran messa
in lingua latina col rito romano ,
coronò Giustino 1, essendo il primo
Papa che ornò l' imperatore con le
insegne imperiali. Giustino I con
gran solennità ornò il Pontefice
delle vesti augustali, e ne concesse
I' uso anche ai di lui successori :
Io regalò d'una patena (T'oro or-
nata di gemme del peso di venti
libbre, d'un calice d'oro di cinque
libbre, di cinque vasi d'argento, e
di quindici pallii tessuti in oro, i
quali doni Giovanni I mandò po-
scia in Roma alle patriarcali basi-
liche de' ss. Pietro e Paolo, di s.
Maria Maggiore , e di s. Lorenzo
fuori le mura. Tornato il Ponte-
fice a Ravenna , fu per ordine di
Teodorico messo in disagiata pri-
gione, in cui dopo aver crealo quin-
dici vescovi, fra' quali Lucifero di
Siena, e governato due anni, nove
mesi, e quattordici giorni, consu-
mato dai travagli rese lo spirito
a' 27 maggio del 526. Il suo cor-
po qnattr' anni dopo fu trasportato
in Roma e sepolto nella basilica di
s. Pietro. Vacò la sanla Sede un
mese e ventisette giorni.
GIOVANNI Il(s.), Papa LVIII,
cognominato Mercurio per la sua
eloquenza. Nacque in Roma da Pro*
jello della contrada di Monte Celio,
e fu annoveralo d'alcuni fra i Pon-
tefici della famiglia Conti. Essendo
cardinale prete del (itolo di s. Cle-
mente, fu creato Papa nella chiesa
di s. Pietro in Vincoli a' 3 1 di-
cembre del 532. Dichiarato nemico
della simonia , che in que' tempi
ammorbava le elezioni de' vescovi
e de'Pontefìei, ottenne da Malarico
GIO
re fi' Italia, che questo punisse con
la regia autorità i simoniaci, cui le
pene ecclesiastiche non giungessero
a correggere, ed emanasse analoghe
provvidenze. Approvò Giovanni li
come cattolica la proposizione dei
monaci della Scizia : Uniti de Tri-
ni tale criicifixus est rarney e signi-
ficò ai monaci acemeti che se non
desistevano dal condannarla li se-
parerebbe dalla Chiesa. Veggasi il
Iforis , in P'indie. Muglisi, tom. I,
cap. 3, p. 924, tom. Ili, cap. 1,
p. 882 ; Pelavio, Theol. dogmat.
tom. IV, lib. 4 j caP- 6 e 7 ; e
Lupo, in not. ad cap. io Synodi
V. Leggonsi le lettere di s. Gio-
vanni Il all' imperatore Giustinia-
no I, e al senato di Costantinopoli
su questo punto, nel Labbé, Cone.
tom. IV, col. 1746 e 17D1. Gio-
vanni li in una ordinazione nel di-
cembre creò ventuno vescovi , e
quindici preti. Governò due anni,
quattro mesi, e venlisei giorni. Mo-
rì a 27 maggio del 535, e fu se-
polto nella basilica di s. Pietro.
Vacò la se(]e romana sei giorni.
GIOVANNI 111, Papa LXÌlI. Nac-
que in Roma da Anastasio Cate-
rino nobile romano, come nana
Evagrio nell' Hist. eerl. lib. 5, ca-
pitolo 16, p. 435, e fu creato Pon-
tefice a' 18 luglio del 56o. Rice-
vette l'appellazione di Sagittario
vescovo di Gap, e di Salonio ve-
scovo di Ambrati, deposti dal loro
vescovato dal concilio di Lione II.
Confermò il quinto concilio gene-
rale, di cui fu zelante difensore.
Consacrò la basilica de' ss. XII Apo-
stoli, e V eresse in titolo cardinali-
zio ; e dicesi avere ordinato che
gli usurpaturi de' beni ecclesiastici
fossero tenuti a restituirli in ragio-
ne quadrupla. Nel nono anno del
suo pontificalo ebbe principio il re-
GIO \-
gno de' longobardi in Italia. Tu due
ordinazioni nel dicembre Giovan-
ni III creò sessant'uno vescovi,
treni' otto preti, e tredici diaconi.
Governò dodici anni , undici mesi,
e venlisei giorni. Morì a' i3 luglio
del ">-3, v. fu sepolto nel Valica*
no. La santa Sede vacò dieci me-
si, e venti giorni.
GIOVANNI IV, Papa LXXIV.
Figliuolo di Venanzio Scolare da
Zara o Salona nella Dalmazia ,
diacono cardinale, fu eletto Ponte-
fice a' ^4 dicembre del 6{o. Prima
di consecrarsi, con lettera ai vesco-
vi della Scozia, condannò quelli che
celebravano la Pasqua all'uso degli
ebrei, ed esortò quei fedeli a cau-
telarsi dalla rinascente eresia dei
pelagiani. Condannò in un concilio
V Ertesi (Fedi), e l'errore de'monote-
liti. Dimostrò conforme alla retta fe-
de la dottrina di Onorio I, delle cui
lettele abusavano gli eretici, e lo
purgò dalle calunnie impostegli, con
lettera che si legge presso il Lab-
be', Conni, tom. V, col. 1659, che
spedì a Costantino figlio e succes-
sore di Eraclio, pregandolo di rivo-
care l'Eclesi. Dichiarò che i monaci
potevano amministrare le parroc-
chie che a loro venissero commes-
se. Fece Giovanni IV trasportare
dalla Dalmazia le reliquie de" SS.
Venanzio, Anastasio e Mauro nella
basilica Lateranense. Creò dieciotto
vescovi, un prete, e cinque diaco-
ni. Governò un anno , nove mesi ,
e dieciotto giorni; e morì agli ir
ottobre del 64? , venendo sepolto
nel Vaticano. Vacò la sede un me-
se, e tredici giorni.
GIOVANNI V. PapaLXWIY.
Ebbe per padre Ciriaco d' Antio-
chia, fu arcidiacono cardinale del
Pontefice s. igatone, il quale lo
Mudi al concilio generale \ I qual
48 GIO
uomo di singolare religione e man-
suetudine, erudito in tutte le scienze.
Ritornato da questa legazione nel
683 nel pontificato di s. Leone II,
portò seco le imperiali costituzioni
con le quali l' imperatore Costanti-
no liberò i patrimoni della Chiesa
romana in Sicilia e in Calabria
dai tributi ed altre gravezze da
cui per l' avarizia de' ministri im-
periali venivano oppressi. Conosciu-
tasi in tal favorevole circostanza la
sua rettitudine, abilità e valore
venne impiegalo in altri rilevantis-
simi affari in vantaggio della Chiesa
romana; indi venne eletto Papa a'a3
luglio del 685, e fu il primo conse-
crato senza aspellare l'abusiva con-
ferma della corte imperiale di Co-
stantinopoli. In una ordinazione nel
dicembre creò Giovanni V tredici
vescovi. Governò, quasi sempre in-
fermo, un anno e nove giorni ; e
inori nel primo agosto del 686.
Era di singoiar pietà , prudenza ,
zelo e dottrina. Fu sepolto in s.
Pietro. Vacò la santa Sede due
mesi, e dieciotto giorni.
GIOVANNI VI, Papa LXXXVII.
Greco, figlio di Petronio, fu eletto
Pontefice a' 28 ottobre del 701.
Dopo la sua esaltazione l' impera-
tore Tiberio Apsimaro spedì subito
a Roma l'esarca di Ravenna Teo-
iìlato, per ottenere anche con la
forza l'approvazione d'un adare.
Ma l'esercito italiano con tal energia
si oppose all'esarca, che senza l' in-
terposizione di Giovanni VI i soldati
l'avrebbero ucciso. Nel concilio che
celebrò in Roma nel 708, dichiarò
innocente s. Wilfrido vescovo di
Yorck, il quale essendo stato de-
posto sino dal 692 , appellò alla
Sede apostolica. La sua carità lo
mosse a riscattare tutti gli schiavi
fatti da Gisullo duca di Beueveu*
GIO
to, nelle barbare scorrerie sulle ter-
re romane. Governò tre anni, due
mesi, e dodici giorni, dopo aver in
una ordinazione creati quindici ve-
scovi ti nove preti, e due diaconi.
Mori a' g gennaio del 705 , e fu
sepolto nelle catacombe di s. Se-
bastiano nella via Appia , o piut-
tosto nella basilica di s. Pietro come
scrive Anastasio Bibliotecario. La
s. Sede vacò un mese e venti giorni.
GIOVANNI VII, P. LXXXV1II.
Nacque da Platone Ianidega, greco
secondo alcuni , o meglio nato in
Rossano nella Calabria , chiamata
anticamente Magna Grecia, diacono
cardinale di s. Maria Nuova, e per-
sonaggio eloquente ed assai erudi-
to, fu eletto Pontefice il primo
marzo del 705. Nell'anno 707
Ariberto re de' longobardi gli re-
stituì le Alpi Cozie. Ricusò di ac-
cettare e di esaminare i canoni
del concilio Trullano, che gli spedì
l'imperatore Giustiniano II, al qua-
le temeva dispiacere nel condannar-
li, per lo che venne criticato da
Anastasio Bibliotecario, perchè fra
tali canoni molli ve n'erano ottimi,
come confessa il Lupo, in IVolis et
scholiis ad canone* concila Ind-
ianij laonde doveva approvare quel-
li che ne fossero stati degni, e con
apostolica autorità condannare quel-
li che lo meritavano, per separare
il grano dalla paglia, eoin'esprimesi
1' Anastasio, che col p. Lupo l'ac-
cusa di timidezza. Governò Gio-
vanni VII due anni, sette mesi, e
diecisette giorni. In un' ordinazione
creò quindici vescovi , nove preti
e due diaconi. Morì a' 17 ottobre
del 707, e fu sepolto nel Vaticano
avanti l'altare della Madonna, chia-
malo oggi del Sudario, che da lui
era stato fabbricato. Vacò la sanla
Sede tre mesi.
GIO
GIOVANNI Vili, Papa CX.
Romano, figlio di Guido o Gondo
arcidiacono cardinale di Sergio III,
Tu eletto concordemente Pontefice,
e consacrato a'i4 dicembre del-
l'872. Dicesi avere ordinato che
l' omicida fosse perpetuamente ir-
regolare, ed essendo prete fosse pri-
vo di celebrare. Impose pena di
sacrilegio a chi rubasse dai luoghi
sacri qualunque cosa. Il Baronio
ed altri scrivono che fu il primo a
pubblicare i diritti e le preminen-
ze de' cardinali. Coronò ed unse
imperatore Carlo II il Calvo redi
•Francia neh' 875, col quale si por-
tò in Pavia a celebrare un conci-
lio, e dopo essersi riveduti in
Vercelli, il Papa tornò in R.oma.
]Neir 876 scomunicò Formoso [Ve-
di), che gli successe neh' 891; ed
assalito negli stati della Chiesa dai
saraceni, ^abbandonato dai principi
per la parzialità mostrata per Cur-
io li, fu costretto domandare la
pace da quei barbari coli' annuo
tributo di venticinquemila mancuzi
d'argento, moneta di quel tempo,
ed inoltre fuggire dalla prigione in
cui l'avevano posto Lamberto con-
te di Spoleto, e Adalberto mar-
chese di Toscana da lui condannati
per predatori delle città dello sta-
to pontificio. Quindi dovette pure
uscire da Roma per sottrarsi dalle
insidie di alcuni signori romani, e
portatosi per la seconda volta in
Francia, giunse ad Arles nel dì del-
la Pentecoste dell'877 o 8-8; po-
scia tornò in Roma col conte Bosone,
che avea adottato per figlio, al
modo detto al voi. XXVI, p. 178
e 279 del Dizionario. In Roma
Giovanni X 111 ricevette gli amba-
sciatori dell'imperatore Basilio, il
quale ingannato dall' impostore l'<>
rio, Io avea rimesso nella scile di
VOI *XM
GIO
Costantinopoli (Fedi), pregando il
Papa a confermarne il possesso. A
questo fine con aperto dolo assicu-
rò Giovanni Vili che non solo i
partigiani di Fozio, ma quelli an-
cora del partito d' Ignazio e di
.Aletodio avevano consentilo clic
Fozio fosse restituito alla sua sede.
A tuli rimostranze il Papa si lasciò
sedurre, e senza ricercare altro, eb-
be la debolezza di scrìverle per mez-
zo del cardinal Pietro del titolo di
s. Grisogono , suo legato all'impe-
ratore, a' patriarchi d' oliente, e a
tutti coloro che ricusavano di co-
municare coli' empio Fozio, che con
lui liberamente comunicassero, e lo
restituì alla sede Costantinopolita-
na ; credendo ciò necessario per la
pace della Chiesa, a condizione pe-
rò che Fozio ai legati domandasse
perdono dell'iniqua sua condotta
contra la Chiesa romana.
Questa debolezza d' animo nel
Pontefice fece dire ad alcuni , che
la Chiesa in quel tempo era go-
vernata da una donna , come si
legge nel Lenglet, Princ. della sto-
ria tom. VII, p. Ij e fu una del-
le cause che die origine alla (àvola
di Giovanna papessa (Pedi), il
Baronio rilevò il disdoro die in;
provenne alla santa Sede per la
restituzione di Fozio, e monsignor
de Marca, De concord. sac. et imo
lib. 3, cap. i4, § 4> s'ingegnò di
giustificare Giovanni Vili: questa
controversia venne benissimo trat-
tata dal p. Nardi, l'ite de' Ponte*
fici, tom. II, p. 1 5. Conosciuto-i
da Giovanni Nili il passo falso che
avea fatto, e rientralo in sé stej
proscrive ?\\ atti del conciliabolo
di Fo/10. il (piale corruppe 1 legati
della Chiesa romana, ed iu\iù Ma
lino in Costantinopoli ad annuii. 11 -
lo. Presse in metropoli Oviedo •
I
5o GIO
ronò imperatori olire Carlo II, an-
che Lodovico III , e Carlo III il
Grosso, e donò al duca di Gaeta
Docibile il patrimonio di Traetto
e la città di Fondi, acciocché guer-
reggiasse contro i saraceni. Gover-
nò dieci anni e un giorno, moren-
do a' 1.5 dicembre dell' 882, men-
tre si disponeva a partire per la
Francia per riconciliare i principi
discordi. Fu sepolto nel portico Va-
ticano. Vacò la santa Sede sette
giorni.
GIOVANNI IX, Papa CXIX. Fi-
gliuolo di Rampoaldo da Tivoli ,
Cu monaco benedettino, e poi dia-
cono cardinale. Alla morte del pre-
decessore Teodoro s' intruse Ser-
gio III; ma cacciato questi da Ro-
ma, fu eletto Papa Giovanni a' 1 2
marzo dell'898, e consacrato nel fine
di agosto. Abrogò tutto quello che
era stato fatto principalmente da
Stefano VI detto VII, contro il
Pontefice Formoso , e per cagione
di esso ordiuò nel concilio romano
che nessun vescovo potesse passare
dalla sua chiesa alla cattedra pon-
tificia : legge che ben presto restò
annullata. Dopo di avere in detto
concilio restituito ai primi ordini
quelli che ri erano stati degradati
come ordinati da Formoso, scomu-
nicò i cardinali Sergio, Benedetto,
Martino, Giovanni, Pasquale, ed al-
tro Giovanni, come violatori del
sepolcro e cadavere del medesimo
Formoso. Ratificò l'unzione di Lam-
berto, ed annullò come sorrettizia
quella di Berengario; proibì che nel-
la morte de' vescovi e dei Papi fos-
sero rubati i loro palazzi , ed or-
dinò che per ovviare ai disturbi
che talora seguivano uella consa-
crazione de' Pontefici , si facesse
questa con l'assistenza degli amba-
sciatori imperiali. Dappoiché 1* assi-
GIO
slenza dei commissari o ambascia-
tori imperiali nella cousacrazione
de' Papi essendo caduta in disuso,
ad onta del decreto di Adriano II
che 1' avea proibita, volle ristabi-
lirla, perchè la possente famiglia dei
marchesi di Toscana s' intromette-
va nelle pontificie elezioni, cacciando
il Papa eletto dai suffragi del po-
polo , e sostituendovi altri , come
avea fatto col suddetto Stefano VI
detto VII; cosi Giovanni IX, per
prevenire futuri disordini, emanò
nel concilio il seguente decreto ,
presso il Labbé, Condì, tom. IX,
p. 5o5, can. X. « Siccome la san-
ta Chiesa romana che noi governia-
mo per la grazia di Gesù. Cristo, si
trova esposta ad ogni morte di Pon-
tefice alla violenza ed alle corruzioni
dell' oro, perchè le manca l' assi-
stenza de'commissari imperiali, trop-
po necessari a reprimere i tumulti
e gli scandali delle elezioni , cos\
noi vogliamo che d'ora innanzi il
Pontefice , eletto dai vescovi e da
tutto il clero dietro la domanda
del senato e del popolo romano ,
venga consacrato in presenza dei
commissari imperiali e al cospetto
di tutti i fedeli ". Le riflessioni che
fece il Tommasini su questo de-
creto di Giovanni IX , le ripor-
tammo al volume I, p. 299 del
Dizionario. Vedi Elezione dei
Poxtefici, ove pure si tratta di que-
sto argomento. I principi aleman-
ni dopo la morte di Arnolfo aven-
do eletto il giovane Luigi IV, fi-
glio legittimo di quell' imperatore,
scrissero al Papa una lettera, colla
quale nel tempo stesso che si scu-
savano d'essere stati per prepotenti
ragioni di sana politica costretti ad
agire senza ordine o permissione
del Pontefice , lo pregavano osse-
quiosamente che volesse confermare
GJO
la loro eler.ionc. Nel concilio che
relebrò in Ravenna, ov' erasi riti-
iato per timore dei partigiani di
«Sergio III, ratificò il romano , e
confermò nella dignità imperiale
Lamberto, ivi presente. Giovanni
IX governò due anni e quindici
giorni, e mori a' 26 marzo, ovvero
sul principio di agosto del 900.
Fu sepolto nel Vaticano, e vacò la
s. Sede dieci giorni.
GIOVANNI X, Papa CXXVI. Egli
al dire del Novaes non fu già romano,
né della famiglia Cenci, come da alcu-
ni si scrive., ma di Ravenna, secondo
die lo prova l'Amadesi nella Cro-
lìolaxi drgli arcivescovi di Ravenna
tom. II, p. 80, ed ebbe per padre
Giovanni. Però nelle Memorie sto-
riche intorno la terra di Tossi gua-
no, stampate nel 1840 in Imola
dalla tipografia Renacci, a pag. 9,
10, r5q e seg., coli' autorità di
molti scrittori si vuol provare cbe
Giovanni X sia di Tossignano,
della famiglia Cinci o Cenci ori-
ginaria romana, feudataria co' tito-
li di marchesi o di conti di detta
terra, e nato nella medesima; ag-
giungendosi cbe la famiglia Cenci
furono senatori d'Imola dal 912
ni 1272. La nobilissima famiglia
Cenci-Rolognetti incomincia il suo
albero genealogico con questo Gio-
vanni X. Da vescovo eletto di Bo-
logna, per opera della famosa im-
pudica e polente Teodora che n' e-
ra invaghila, passò all'arcivescovato
di Ra\enna , e quindi col favore
della medesima in que' Iagrimevoli
tempi anche al pontificato li 3o
aprile del 91 4. a^ dire di Luitpran-
do, Histor. lib. 2, cap. i3. Alcuni
riferiscono l' elezione di Giovanni
X all'anno 912, ina il Muraioli,
Annal. d'Italia all'anno 914 e 917,
riporta una bolla, che dimostra es-
GIO Si
sere stala latta nell'anno 9 1 4- Il Ra-
ronio ed il Papebrochio credettero
sulla fede di Luitprando, che que-
sto Pontefice avesse da Teodora un
figlio chiamato Crescenzio , ma il
p. ab. d. Felice Pierini nella storia
De tempio et coenobio ss. Bonif. et
Alexii, mostra non esser ciò vero,
come né anche aver Crescenzio con
sacrilego attentalo fatto morire Re-
nedetto VII, del qual delitto lo vuo-
le reo Ermanno Contratto. Giovan-
ni X coronò nel 916 in impera-
tore Rerengario re d' Italia, il qua-
le dopo la funzione confermò alla
Chiesa romana le restituzioni e do-
nazioni fatte da Pipino, da Carlo
Magno, e da altri imperatori. Col
di lui soccorso, e con quello di Co-
stantino Porfirogenito e di altri
principi, Giovanni X sconfisse in-
teramente i saraceni, che da qua-
rant'anni si erano annidati nel ca-
stello di Garigliano nella Terra di
Lavoro, aggiungendo alcuni scrittori,
ch'egli si mise alla fronte dell'ar-
mata, e vi si portò egualmente da
Papa, che da generale. Spedi un
legato a Compostella per venerare
in suo nome il corpo di s. Giaco-
mo, e dopo aver incontrato in
Mantova Lgo re d'Italia, con lui
si collegò. Secondo i più critici ,
Giovanni X confermò l' arcivesco-
vato di Reims ad Ugone figlio del
conte d' Aquitania , il quale non
avea ancor compito cinque anni di
età, e perciò il Baronie» disse al-
l'anno 92 ~, n. 9, che questo fu il
primo mostro che si vide nella
Chiesa di Dio.
Dopo il governo di quattordici
anni, due mesi e tre giorni, Gio-
vanni X morì. Il progresso fu più
lodevole del principio, giacché ot-
tenuto il pontificato con mezzi pen-
simi , non Io amministrò poi <
52 GIO
male; oo ti 'ebbe a dire il Baronio,
all'anno 9t5, n. 3, che essendovi
entrato come invasore, col soprav-
venuto consenso del clero comin-
ciò ad essere venerato per legittimo
Pontefice. Per opera di Marozzia
moglie di Guido marchese di To-
scana , la quale era subentrata a
dominare Roma dopo sua madre
Teodora, fu Giovanni X messo in
prigione, e soffocato con un guan-
ciale a' 2 luglio del 928, come
scrive Luitprando nel lib. 3, cap.
11, detronizzando in tal guisa l'o-
dio d' una donna , chi aveva in-
tronizzato 1' amore di un' altra, sic-
come osserva il Rossi, Hìst. Raven-
nat. lib. I, pag. 255, adoperando
le parole di Luitprando. Da questi
infelici tempi fino al secolo passato
si propagò per tutti gli scrittori
l' infamia di cinque illustri perso-
naggi accusati di laidissima vita ,
cioè Adalberto II duca di Tosca-
na , le due Teodore madre e fi-
gliuola, e i due Pontefici Sergio III
e Giovanni X ; ma dopo tanti se-
coli si trovò nel 1753 un vendi-
catore della fama di questi, nel p.
d. Fedele Soldani monaco vallom-
brosano, il quale con rara erudi-
zione e sodezza di ragioni si sforza
di purgarli dalle apposte calunnie,
nella Lettera nona verificante la
discendenza de' serenissimi duchi
Estensi, e della real casa di Bruii-
swickj dagli antichi duchi di To-
scana ec, Arezzo iy53. Il Mura-
tori, Annali d' Italia an. 928, di-
fende ancora questo Pontefice, e lo
dipinge con carattere di lodevole
Papa. E nella summentovata sto-
ria di Tossignano, a p. 160 si di-
ce, che il Pontefice fu carcerato ,
e con un guanciale soffocato da
Guido marchese di Toscana, figlio
di Alberto il Ricco, il quale pri-
GIO
ma aveagli fatto trucidare il fra-
tello Pietro detto da Tossignano
perchè ivi stanziava la famiglia.
Giovanni X fu sepolto nella basili-
ca Lateranense. Poco vacò la santa
Sede.
GIOVANNI XI, Papa CXX1X.
L' Anonymus Salemilanus in chr.
cap. i43, e Leone Ostiense in
Chron. Casin. lib. I, cap. 61, nar-
ranno che Giovanni è romano del-
la famiglia Conti, figlio di Alberi-
co console romano , marchese e
conte tusculano, non già di Sergio
HI, e di Marozzia, come alcuni
hanno copiato da una penna sati-
rica, com'è quella di Luitprando,
lib. 3 Hist. cap. 12. V. il Mura-
tori, Annal. d'hai, an. 911, il
quale osserva che ciò ammettendo,
dovrebbe essere stato Giovanni
troppo giovane, mentre che, dopo
la morte di Guido marito di Ma-
rozzia fu essa sposala da Ugo re
d'Italia, ch'erasi ciecamente inva-
ghito della sua bellezza, ciò che
dimostra essere pur ella ancor gio-
vane, e però non in istato di ave-
re un figlio in età abile al pon-
tificato, commesso a Giovanni XI
verso i i5 marzo 93 1, in età se-
condo alcuni di venti anni, al di-
re di altri di venticinque. Tutta-
volta sembra che Ugo non cono-
scesse Marozzia prima del matri-
monio, e che in conseguenza esso lo
abbia fatto per signoreggiare Roma,
essendo noto il disprezzo con cui
il re trattò Alberico II, altro figlio
di Marozzia. Vedendo Romano col-
lega dell'imperatore Costantino VIII,
che Alberico II fratello di Giovanni
XI avea maggior autorità di que-
sti, dappoiché morto il re Ugo si
era usurpato la tirannia di Roma,
cercò di godere di tale superiorità;
quindi con preziosi doni ottenne che
GIO
Alberico II scrivesse a nome del
Papa suo fratello, a Teolilatto fi-
glio di Romano, che questi avea
fello patriarca di Costantinopoli,
Ja concessione a lui e suoi succes-
sori del pallio, senza ricorrere ai
sommi Pontefici, onde i patriarchi
costantinopolitani lo accordarono a
tutti i vescovi greci. La Chiesa tol-
lerò quest'abuso per otto secoli,
finché nel concilio Lateranense con-
cesse ai patriarchi d' oriente, che
dopo aver ricevuto il pallio dal
Papa, lo potessero dare ai loro
suffragane!, previo il giuramento
d'ubbidienza e fedeltà. Giovanni
XI a\endo governato quattro an-
ni e dieci mesi, soggetto ora a
Maro/zia, che alcuni come dicem-
mo suppongono sua madre, ora al
principe suo fratello Alberico II,
che tino dal 933 lo tenne prigio-
ne, in essa miseramente mori cir-
ca il principio del gennaio del 936,
vittima dell'ambizione della ma-
dre e della crudeltà di suo fratel-
lo, e fu sepolto in s. Giovanni in
Laterano. Poco vacò la romana
Sede.
GIOVANNI XII, Papa CXXXIV.
Ottaviano fìllio di Alberico II con-
te tusculano, della famiglia Conti,
della contrada Via Lata, diacono
cardinale romano, pronipote di Ser-
gio III e di Giovanni XI, fu elet-
to, o piuttosto ad insinuazione dei
romani si fece egli Pontefice, do-
po i 20 agosto del 9^6, in età
di sedici o diciotto anni, e prese
il nome tli Giovanni XII : è forse
il primo l'apa che nell'elezione lo
mutasse. Per la disgrazia di quei
tempi infelicissimi, dice il Baronio
all'anno g55s nuin. j, fu stimato
meglio tollerare questo potente in-
vasore, che lacerare la Chiesa con
Va pessimo scisma; e perciò la
GIO 53
Chiesa cattolica lo venerò per Pon-
tefice, considerando minor male di
soffrire un capo, benché mostruo-
so, che infamare con due capi un
corpo solo. Nel 9Ì7 Giovanni XII
con ardore giovanile, più conve-
niente ad un militare, che al Vi-
cario di Cristo, prese al suo soldo
le truppe ausiliari del duca di
Spoleto, ed unitele alle sue, guidolle
in persona contro Pandolfo prin-
cipe di Capua, il quale sostenuto
dall'esercito di Gisolfo principe di
Salerno, non solo resistè a quello
del Papa, ma lo battè fortemente,
e costrinse Giovanni XII a ritirar-
si con disordine e con grave per-
dila nel proprio dominio, e a do-
mandargli proposizioni di pace ,
che Pandolfo gli accordò patteg-
giando con lui amicizia e confe-
derazione.
EssendoGiovanni XII travagliato
da Berengario II, e dal suo figlio
Adalberto, chiamò in Roma il re
di Germania Ottone I, acciò con
un esercito lo liberasse da tale
vessazione. Ottone I si obbligò
prima con giuramento di restituire
alla Chiesa i beni che gli erano
stati tolti, indi scacciò dall' Italia
Berengario II ed Adalberto, e resti-
tuì alla santa Sede il suo. Rico-
noscente Giovanni XII al re, a'i3
febbraio del 962 lo coronò impe-
ratore, essendo Ottone I, dopo Ar-
nolfo, il primo tedesco che fu or-
nato della corona imperiale, e
Giovanni XII il primo Pontefice
che trasferì 1' imperio ai tedeschi.
Non andò guari che Giovanni XII,
avvedutosi che Ottone I aspirava
ni dominio d1 Italia e di Roma,
pacificatosi con Ad. liberto ne segui
le parti contro Ottone I, malgrado
i giuramenti fatti; laonde adiratosi
T imperatore partì alla volta di Ro-
54 oro
ma nel 963 con un esercito che fu
ricevuto dai romani, i quali veden-
do il Papa fuggitivo, giurarono di
non eleggere più Pontefice alcuno
senza l'approvazione dell'imperato-
re. Questi, passati tre giorni, adu-
nò un conciliabolo, in cui Giovan-
ni XII fu accusato di enormi de-
litti, fuorché d'eresia, e fu iniqua-
mente degradato dal pontificato ai
6 novembre dello slesso 963, ed
eletto in sua vece l'antipapa Leo-
ne Vili (Vedi), che in capo a
due mesi fu cacciato dai romani
ripristinando Giovanni XII. Che
questo Papa sia stato per somma
ingiuria deposto, e che questa de-
posizione dal Pontificato non sia
stata di alcun vigore, lo dimo-
strano il Baronio, Annali eccles.
ad an. 963 ; Pietro de Marca, De
concordia sacerdotii et imperii ,
lib. I, cap. 1 1 ; Natale Alessandro,
Misi. eccl. saec. IX et X, dissert.
16 ; 1' abbate Francesco Antonio
Mondelli con particolare dissertazio-
ne ; se possa sostenersi legittima la
deposizione di Giovanni XII fat-
ta in un concilio romano da Ot-
tone 1 il Grande, eh' è la VI del-
la seconda decade par. II, p. 1,
ed altri a' quali è contrario Gio-
vanni Launoy, lib. 4» Epist. ' a(l
Lud. Maresium, t. V, par. 2, n.
27, p. 43o. Co'medesimi pregiu-
dizi del Launoy contro la Chiesa,
Giorgio Cristoforo Neller profes-
sore di canoni nell' accademia di
T reveri, a' 23 maggio 1766 pro-
pose e sostenne pubblicamente que-
sta proposizione : Et Papani acca-
sari posse edam extra casum de-
viationis a jide , docet inler alia
exem pluni Joannis Xll et XXII
(ossia XXIII) depositorum. Non ob-
stante can. 7 , dist. 1 \ , can. 6,
disi. 4°- Comparve tosto una ri-
GIO
sposta alla falsità del Neller, me-
diante la pubblica difesa della sen-
tenza contraria , che fu sostenuta
nel maggio dell' anno medesimo.
Passali appena tre mesi, il Neller
pubblicò e propose in disputa la
sua apologia a'3 settembre, la qua-
le diede occasione al libro intito-
lato : Pythagoras novus excussiis,
sive disceptatio in apologiam
prò s. provincia romana Joan-
neni XII Papam, ut apostalam ,
reprobante, et corani Ottone M. imp.
Leonem Vili canonice eligente
Praeside Georgio Chrislophoro Nel-
ler quam Adeodatus Ens ca-
nonicus Leodiensis.... faciebat, stam-
pato da Candido Blancarte a Liegi
nel 1767, nel quale con iscelta
erudizione si convince l'errore del
Neller.
Rientrato in Roma Giovanni XII,
si vendicò, come si dice, dei due
principali motori della sua deposi-
zione, facendo ad essi tagliar la
lingua, il naso e le dita; ed in
appresso celebrò a' 26 febbraio del
964 "« concilio, in cui condannò
Ottone I, e l'antipapa, come an-
cora i vescovi Sicone di Ostia ,
Benedetto di Porto, e Gregorio di
Albano, per aver ordinato Leone
Vili, ed inoltre privò di ogni gra-
do ed onore gli ordinati dall'anti-
papa, e spogliandoli della sua veste
fece loro scrivere queste parole:
il mio padre nulla aveva, e perciò
nulla poteva conferirmi. Nello stes-
so concilio pubblicò un canone ,
in cui vietò ai laici sotto pena di
scomunica di assistere all' altare ,
e di entrare nel presbiterio quan-
do si celebra la messa. Giovanni
XII dopo il governo di sette anni,
otto mesi, e tredici giorni, mori ai
6 o forse a' i4 '«agg'° del 964.
Luitprando nemico di Giovanni Xll,
GIO
complice degli scismatici, e adulato-
re di Ottone I, nel lib. 6, cap. i r,
appresso Duchesne, toni. Ili , pag.
633, descrive in un modo abbomi-
nevole la morte del Pontefice ; ma
il continuatore di Reginone, beni In-
aridì'esso a lui contrailo, e favo-
revole all'impeiatore, non fa motto
delle orribili circostanze della mor-
te di Giovanni XII, come avverte
13 u Mesnil, Doctr. et disc i pi. eccl.
lib. 43, § 5. Su questo line di
Giovanni XII veggasi Natale Ales-
sandro citato, cap. 1, art. ai, ed
il Baronio ad an. r)63. Tuttavia
gli scrittori i più spassionati non
possono difendere la sua dissolu-
tezza e vita scandalosa, die fu fatto
Papa giovinetto, senza aver lo spi-
rito e la vocazione pel sacerdo-
zio. Fu sepolto nella basilica La-
teranense. Poco vacò la romana
Sede.
GIOVANNI MlI.PapaCWWIf.
Giovanni romano, figlio per legitti-
mo matrimonio di Giovanni, die
pei fu vescovo, da vescovo di Nar-
111 fu eletto Pontefice, e consacrato
il primo ottobie del 965. Incorse
nell'odio della nobiltà romana, per-
chè la trattava con alterigia, e pe-
rò insorto contro di lui un tumulto
spalleggiato da Rofìirdo prefetto di
Roma, fu costretto ritirarsi a Ca-
pii.1 , ove per dieci mesi fu con
Mimmo onore trattato del principe
PaudoMb, alle cui richieste nell'i-
n anno fece metropoli quella
città. Approvò ancora l'erezione
dell rito di Maedel
nel • ih I leguenle nel con-
1 ilio min. uni du In. 11 b ivc-
scov.le Benevento Partendo uno.
ne I alla voli » di Rome per 1 «• - 1 1 -
tuire il Pontefice alla ma sede, ì
1 uni. un impauriti 1 u In iiii.i
1 inni \lll, ma non | »« ■ t • 1 ono evi-
GIO
tare il castigo, che di dodici ne fece
l'imperatore, che dopo avere resti-
tuito alla Chiesa Ravenna, ed altre
terre usurpate dai Berengari, nel
o/>6 rimise il Papa in Roma. Ivi
Giovanni XIII riconoscente coronò
imperatore il di Ini figlio Otlonc II
nel 967. Se Giovanni XIII fu il
primo a battezzare o benedire con
particolare rito e cerimonie le
Campane (fedi), lo dicemmo a
quell'articolo. Convertiti in questo
tempo alla fede i polacchi, il Papa
mandò ad essi per confermarli E-
gidio vescovo tusculano. Governò
questo Pontefice sei anni, undici
mesi e cinque giorni ; mori a 6 set-
tembre del 9"i, e fu sepolto in
s. Paolo fuori le mura di Roma.
Vacò la santa Sede undici «iorni.
GIOVANNI XIV, Papa CXLII.
Pietro di Canevanova vescovo di
Pavia sua patria, diacono cardinale,
ed arcicancelliere dell' imperatore
Ottone II, fu eletto Pontefice do-
po i io di luglio del 984, quindi
in riverenza del principe degli apo-
stoli si cambiò il nome , e prese
quello di Giovanni XIV. Se ag
0 Giovanni XII, o Sergio IV ab-
biano pei primi cambiato il nome,
si vegga l'articolo Nome ni'Pon«
tefici. Dopo il governo di t
otto mesi, Bonifacio \ Il antipapa,
tornato da Costantinopoli, lo cacciò
in una prigione del Castel s. An-
. ove nel gnigno del qtt'ì mu-
li di fame o di veleno, e fu -epolto
nel Vaticana Vaco la nula Side
anaii die 1 n
(.lo\ w\i \\ . Papi « ILI II.
Piglio di Rohei lo, 1 ornano, fu eletto
Pontefice nel dicecabie del o85 1
pili critici non lu oootano pai l
a pel | 1 li mpo > he nani ih 1 -
1 In ni .11 tu . onaaci afe 1, ciò » Ite in
que tempi rendeva pienamente 1
56 G I O
tcfice l' eletto , come vuole Pape-
broehio, in Propylaeo p. 169, o
perchè non fu vero Papa come sti-
mano Antonio e Francesco Pagi ,
Crilic. in Baron. ad an. 986, nu-
mero 4> Breviar. gest. Rom. Pont.
tom. I, p. 468, l'ultimo de' qua-
li dice non poter negarsi che prima
di Giovanni XV, detto XVI, sia
stato eletto Giovanni figliuolo di
Roberto , poiché Mariano Scoto ,
Gotifredo di Viterbo, e i più an-
tichi cataloghi ci dimostrano due
Pontefici , chiamati col nome di
Giovanni, fra Benedetto VII, e Gio-
vanni XV. In fatto la cronaca di
s. Massenzio inserita nel tom. II
della Biblioteca Labbeana , toglie
ogni controversia dicendo, che nel-
1' anno seguente ( 985 ) passarono
all'altro mondo tre Pontefici in
Roma , i quali furono Giovanni
XIV, Bonifacio VII, e Giovanni fi-
glio di Roberto, eletto, morti ve-
ramente tutti e tre in detto anno,
ciò che l'autore di quella cronaca
trovò degno di memoria. Morì dun-
que Giovanni XV nello stesso di-
cembre del 985,, e fu sepolto nel
Vaticano. Poco vacò la Sede ro-
mana.
GIOVANNI XV, detto XVI,
Papa CXLIV. Romano, figlio di
Leone che dopo il matrimonio di-
venne prete, della contrada Galli-
na bianca, essendo sacerdote fu e-
lcllo Pontefice , e consacrato nel
dicembre del 985. Viene chiama-
lo Giovannni XVI da quelli che
pongono il precedente nel novero
de' Papi, onde poi nelle cronologie
nacquero degli equivoci, anche per-
chè il presente Pontefice ne'suoi di-
plomi e bolle s'intitolò Giovanni XV.
travagliato da Crescenzio Numenta-
uo, il quale col titolo di console oc-
cupò Castel s. Angelo, fuggi nel
GIO
la Toscana , e ricorse ad Ottone
III; Io che saputo dai romani che
ne temevano la potenza, subito ri-
chiamarono Giovanni XVI, il qua-
le nondimeno fu odiato dal clero,
principalmente perchè arricchiva
troppo i propri parenti, onde al-
cuni hanno ricavata 1' origine del
nepotismo. Per mezzo di Leone
vescovo di Treveri ottenne la pace
tra Etebredo re d' Inghilterra, e
Riccardo duca di Normandia. Nel
993 canonizzò solennemente nel
concilio Lateranense Udahico ve-
scovo d'Ausburgo, e questa fu la
prima solenne Canonizzazione {Ve-
di). Dicesi aver questo Papa con-
ceduto la città di Ferrara {Vedi)
a Tedaldo bisavolo della gran con-
tessa Matilde. Governò più di
dieci anni ; fu insigne non meno
nella scienza delle lettere , che
delie cose militari e di guerra,
sulle quali compose più libri, co-
me rileva Martino Polono in
Chron. p. 3.(4- Mori d'una feb-
bre gagliarda nel 996, a'3o di a-
prile , come dicono alcuni, e fu
sepolto nel Vaticano, nell'oratorio
di s. Maria. Breve fu la vacanza
della santa Sede.
GIOVANNI XVII, antipapa, Pa-
pa CXLVI. Nacque in Pavia, si
fece monaco cassinese, e vuoisi sia
stato anche abbate di Nonantola,
sebbene altri lo dicono nato in Ros-
sano nella Calabria, di bassa con-
dì/ione, chiamato prima Filagato.
Avea tenuto a battesimo Ottone
III, e Gregorio V, come narra il
Papebrochio in Propylaeo a p.
175, e col nome di Giovanni XVII
s'intruse nella cattedra di s. Pie-
tro verso il principio di maggio
del 997. Della sua orrihile puni-
zione, e mutilazioni onde gli fu-
rono anche cavali gli occhi, e pei >
GIO
che fu noverato tra i Papi, lo
dicemmo ai voi. II, p. 188, e
XVIII, p. 3^7 del Dizionario. Mori
dopo dieci mesi d' antipapato , fu
di corrottissimi costumi, e venne
sepolto in s. Giovanni in Late-
rano.
GIOVANNI XVII, detto XVII I,
Papa CXLVIII. Chiamato prima
comunemente romano della con-
trada Biberatica , ma veramente
di Rapagnano o Ripagnano nella
diocesi di Fermo, della famiglia
Siccone, non Secchi, e non già di
nascita vile come alcuni hanno
detto. Quelli che lo fanno della
illustre famiglia Secchi, dicono di-
scendere dal sangue de' goti, aven-
te per tronco Richmero orna-
to dall' imperatore Severo verso
l'anno 4^° colla dignità di patri-
zio e di vicario ; che propagossi poi
per Milano, Padova, ed altri luo-
ghi d'Italia, celebre nelle lettere
e nelle armi, poi unita in parentela
coi Pasqualighi senatori veneti, on-
de disse Francesco Sforza duca di
Milano nel diploma de' 11 giugno
i485> che la famiglia Secco si do-
vea contare tra le prime d' Italia.
11 conte Orazio Secco di Padova,
paggio dell' imperatrice Leonora re-
gina d' Ungheria, mori glorioso nel-
l'assedio di Vienna d'Austria fatto
dai turchi. Il Cardella nelle Me-
morie storiche de' cardinali tom.
II, par. I, p. 87, dice che Giovan-
ni per gli studi fatti, e pel merito
tlclle sue virtù fu collocato nel
clero romano, e divenuto rispetta-
bile ad ogni condizione di perso-
ne, fu tifato cardinale ila Grego-
rio V del ()!)•>• Le. notizie della
patria e della famiglia vera ci i
questo Papa, le abbi, uno da St.lt-
1111 Borgia pia amplissimo cardinale,
ani questo titolo Monumento di
GIO 57
Giovanni XVI illustralo per Ste-
fano Borgia accademico cortonesc}
Roma 1750. Questo fu il primo
saggio degli studi e vasta erudizione
di quel profondo letterato, ed in
esso ammirasi una maturità ed al-
tezza di cognizioni , certo non da
giovane di meno che quattro lu-
stri. In una pietra palombina ri-
trovata nel marzo del ir5o nella
pieve di s. Maria in Rapagnano o
Ripagnano, castello di Fermo, si
legge un' iscrizione che il Borgia
illustrò col Iodato opuscolo , da
cui si ricava, che Giovanni nacque
da Sicco o Siccone, e da Colomba
in detto luogo, e che passato gio-
vane in Roma vi fu ricevuto da
Petronio console, e in sì fatta gui-
sa si applicò agli studi , che con
plauso universale meritò di essere
Pontefice a' 9 giugno del ioo3,
dopo il dottissimo Silvestro II. Ec-
co 1' identifica iscrizione, cui il Bor-
gia congettura a p. 21, che Enea
Silvio vescovo di Fermo facesse
incidere in memoria di questo
Papa.
Joannes ex Siccon. et Coturno.
in a. rapagnani prop. limi, ortuni
hab. adii. adol. Rom. duci, ci a
Petron. Cos. Doni, recepì, adeo
licter. incub. ut tolo TJrb. ap. pi.
V. id. Jun. A. D. MIIT. fucr.
Pont, creai. Par. t. rexit Eccles.
nani regnat. in Coel. pr. k. N09.
seq. obdorm. in pace.
cioè
Joannes <•.<• Siccone et Colomba
in arce Rapagnani propc tinnurn
orlimi habuit. Adiate aduleseen*
Roman» duetti» et a Petronio cri-
side demi neeplns adeo licteris v>-
cubuii, ut lotol rbis appiausu ipiinto
58 G I O
idus /unii anno Domini MIII
Jìierìt Ponti f ex creatiti, panini la-
nieri rexit Ecclesiam. Nani regna-
timi* in eoe lo pritlie kalendas no-
vembris seejitenlis obdormivit in
pace.
Fu Giovanni XVIII eletto dalla
fazione de' conti ttisculani a' 9 e
consacrato Papa a'i5 giugno ioo3.
Governò cinque mesi e venticinque
giorni. Mori a' 7 dicembre ioo3,
secondo il Pagi, ed a tenore della
riportata iscrizione terminò di vi-
vere a' 3 1 di ottobre, e fu sepolto
al dire del Ciacconio senza addino-
ne documento, nella cbiesa del ino-
n iste PO di s. Saba in Cella nova;
altri dicono più probabilmente con
Giovanni diacono nel libro della
basilica Lateranense, in s. Giovan-
ni in Laterano. Vacò la santa Se-
de tredici giorni.
GIOVANNI XVIII, detto XIX,
Papa CXLIX. Si cbiamò prima
Fagiano o Fasano, romano, della
contrada Porla Malodia, fu eletto
Papa e consacrato a' 26 dicembre
ioo3. Prese il nome di Giovanni
XVIII, come si legge nelle sue bol-
le, su di die è a vedersi il Pagi,
Breviar. geslor. RR. PP. tom. I,
p. 4^6. Confermò l'istituzione del
vescovato di Bainberga. Concesse il
privilegio degli ornamenti pontifi-
cali a Bernone abbate di Riehenow.
Nel suo pontificato si rinnovò la
concordia tra la Cbiesa romana e
la costantinopolitana disunite per
le pretensioni dell'orgoglioso pa-
triarca JYIicbele Cerulario, onde il
nome di questo Papa tu messo da
Sergio patriarca ne' sagri dittici del-
la sua cbiesa. Scrivono alcuni che
verso la line di sua vita rinunziò
il pontificato, per ritirarsi nell'ab-
bazia de' benedettini di s. Paolo di
Roma, dove abbracciò la vita mo-
GIO
nastica, ma non producono monu-
menti che lo comprovino. Governò
cinque anni , altrettanti mesi , ed
alcuni giorni. Morì circa il fine di
maggio del 1009, e fu sepolto nella
basilica Lateranense. Però il p. Gia-
cobbe nella sua Bibl. Pont. p. 336,
dice che fu sepolto nel Vaticano
con un epitaffio in versi , eh' egli
riporta dal Vegio. Breve fu la se-
de vacante.
GIOVANNI XIX, detto XX, Pa-
pa CLII. Chiamato prima Romano,
figlio di Gregorio conte tusculano
della famiglia Conti , e fratello di
Benedetto Vili, da alcuni creduto
senza sufficiente fondamento mona-
co di s. Benedetto nel monistero
di s. Anastasio di Roma; da laico
che era e senza alcun ordine sa-
cro, dopo la morte del fratello (u
eletto Papa dopo i 6 giugno io?. 4,
prendendo il nome di Giovanni
XIX , come si vede sottoscritto in
un diploma riportato dal Mabillon
nel Mas. Ita!, tom. Il , col quale
nel 1026 accordò al vescovo di
Selva Candida la facoltà di cele-
brare in certi giorni nella basilica
Vaticana i divini uffizi, ed in molti
altri suoi diplomi. Non si piegò
alle preghiere e ricchi doni de'co-
stantinopolitani, che lo supplicavano
di concedere , che la loro chiesa
avesse per l' oriente il titolo di
universale, onde si riaccese tra le
due chiese latina e greca l'antica
discordia, come nota il Glabro li-
bro 4> c- h P- 4°5 pi'esso il Du-
chesne, Scriptor. tom. IV. Portan-
dosi in Italia nel 1026 Corrado II
il Salico , il Papa andò ad incon-
trarlo a Como; lo coronò re di
Germania, e poi in Roma con le
insegne imperiali nel 1027. In que-
sta occasione era in Roma in abito
di pellegrino il re Canuto il Gran-
GIO
de d'Inghilterra, e Rodolfo III re
di Borgogna. Il re Canuto, grato
alle distinzioni e benignità usate-
gli dal Pontefice, comandò a' suoi
sudditi di trasmettere a Roma il
Denaro dì s. Pietro [Vedi). Insor-
ta controversia tra i Iimogesi e i
parigini se s. Marziale dovesse chia-
marsi soltanto confessore come con-
tendevano i primi, o apostolo co-
me volevano i secondi, Giovanni XX
con l'autorità della costituzione Ad
Pastoralem, presso il Bull. Rorn.
toni. I, p. 34o, e nella Raccolta
de concilii del Coleti t. XI, col.
5548, decise a favore de' parigini,
ed inoltre fabbricò nella basilica
vaticana un beli' altare al santo.
Nel io32 permise che si dasse il
culto di santo all' istitutore de'ca-
maldolesi s. Romualdo, lo che fu
equivalente a beatificazione. Si por-
tò in Aquileia , e ne consagrò la
chiesa patriarcale. Governò più di
nove anni, e morì nel io33, ve-
nendo sepolto in s. Pietro. La sede
vacante terminò a' <) dicembre, al-
tri dicono agli 8 novembre.
GIOVANNI XX, detto XXI, Pa-
pa CXCV. Pietro o Gio. Pietro
figlio di Giuliano, nato nobilmente
in Lisbona capitale del Portogallo,
sino da fanciullo si portò all' uni-
versità di Parigi ad apprendere le
scienze, nelle quali fece meravigliosi
progressi, come nella filosofia ari-
stotelica , nell' astronomia , e nella
medicina , e lo diede a conoscere
colle opere che pubblicò, delle qua-
li tesse un esatto catalogo Giorgio
Eggs , nel suo Pontificio dotto a
p. 4^° > e nt-'He loro Biblioteche il
Fabricio, ed il p. Lodovico Jacopo
a p. 1 38. Restituitosi alla patria fu
fatto decano e maestro delle scuo-
le di Lisbona , e poi arcidiacono
della chiesa di Braga, di cui in se-
G I O -„)
guito ne fu eletto arcivescovo, quan-
tunque poco atto fosse al governo,
come dice il Cai-delia. Recatosi in
Roma vi acquistò molto credito,
massime nella medicina, onde di-
venne archiatra di Gregorio X. Si
mostrò sempre mecenate ai giova-
netti poveri che si applicavano al-
lo studio, molti de' quali provvide
di benefizi ecclesiastici, ed aiutò
del proprio. Nel dicembre 1273 fu
creato vescovo cardinale di Frascati,
con la quale dignità intervenne al
concilio generale Lionese II, quin-
di fu eletto Papa in Viterbo a' 1 t»
settembre 1 276, e col nome di Gio-
vanni XXI fu coronato a' 20 dal
cardinal Giovanni Orsini diacono
di s. Nicolò in Carcere Tulliano.
In questo medesimo giorno al dire
del Papebrochio , in Propylaco
par. 2, p. 59, n. 1, sospese la co-
stituzione di Gregorio X intorno al
conclave, per ordinarla in diversa
maniera. Indi a' 1 7 ottobre rice-
vette da Carlo I re di Sicilia il
giuramento per questo regno, feudo
della Chiesa romana. Il Papa si
applicò a pacificare Filippo III, con
Alfonso X re di Castiglia ; e pro-
curò ancora che il re di Portogallo
Alfonso III desistesse di opprimere
le chiese del suo regno. Mandò le-
gati a Michele imperatore d' orien-
te , per ratificare l'unione della
chiesa greca colla Ialina, fatta nel
concilio di Lione II; e procurò con
la maggior premura di mantenere
quella parte della Palestina, ch'era
ancora in potere de' cristi. mi.
Governò Giovanni \\l otto nie-
si senza aver creato alcun cardinale,
dappoiché Eraldo ile Lesini, cli<;
secondo il Ciacconio egli creò cardi-
nale, lo fu invece da Nicolò III
certo che se (osse rissuto di piti 1
vrefobe innalzato a tale onore il u.
6o (>ìO
Giovanni da Parma generale dell'or-
dine francescano. Mori a' 16 mag-
gio 1277 m Viterbo, perlina ferita
die sei giorni prima si fece nel ca-
po, nella rovina d'una bella ca-
mera fatta da lui fabbricare presso
il palazzo della città da lui restau-
rato, sebbene, come di robusta com-
plessione, discorrendo co' suoi fami-
gliari si prometteva una lunga vi-
la. Mentre il Pontefice dormiva «u
detta camera repentinamente crollò,
<'d egli rimase oppresso , e quasi
schiacciato tra le travi e i sassi ro-
vinati ; ne fu estratto semivivo, e
dopo selle giorni cessò di vivere.
Alcuni dissero die morì ai i5, al-
ili ai 16, ma nel catalogo de' mor-
ti della cliiesa di Lisbona vi è que-
sta memoria: Aera MCCCXf ,
XVII hai. /unii (cioè a' 16 mag-
gio ), oblìi Papa Joaimcs XX f, qui
dedit capitalo domus suas ad fa-
ciendum anniversarium. Fu sepolto
nella cattedrale di Viterbo. Fu
dotato di singolare erudizione, som-
mamente affabile cogl'inferiori, mas-
simaménte letterati, co' quali fu
grandemente liberale , come notò
Xolora&O da Lucca, Hìst. ceri, li-
bro ?.3, cap. nl\. Molti scrittoli
religiosi lo dipingono con cattivi
colori, e ciò si attribuisce al poco
amore eli' egli ebbe pei monaci e pei
frati, contro de' quali voleva pub-
blicare un decreto, al dire del Mu-
ratori, Annali d'Italia all'anno
1277. Fu nondimeno fautore e
protettore dell' ordine de' minori.
Vacò la santa Sede sei mesi, ed ot-
to o nove giorni.
GIOVANNI XXII, Papa CC1V.
Jacopo o Giacomo d' Euse o Eusa
nacque in Cabors città di Francia
nell' Aquilania, da Arnaldo raccon-
ciatole di panni , o di scarpe al
tljre di s. Antonino, o oste secondo
GIO
il Villani. Il Baluzio però nelle an-
notazioni alle vite de' Pontefici di
Avignone p. 689, lo dice nobile, ed
Alberto d' Argentina autore con-
temporaneo lanciò scritto essere di
antica nobiltà, ed era in grado di
saperlo perchè fu mandato dal ve-
scovo d' Argentina in Avignone a
Benedetto XII successore di questo
Papa; altrettanto sostiene Giuseppe
Cito. Jacopo siccome uomo d' a-
cuto e profondo ingegno, di cuore
magnanimo, di rara prudenza do-
tati;, ed eccellente nelle divine ed
u inaue scienze fu da Roberto re di
Napoli e conte di Provenza fatto
cancelliere, e per opera di lui Bo-
nifacio Vili nel 1299 lo pro-
mosse al vescovato di Frejus; in-
di Clemente V, dopo avere sta-
bilito la residenza pontifìcia in
Francia nella città d' Avignone ,
di questa lo dichiarò vescovo nel
i3io, col quale carattere interven*
ne al concilio generale di Vienna.
A' 2 1 dicembre del i3i2 o 1 3 ] I
Clemente V lo creò cardinale ve-
scovo di Porto, dopo averlo invia-
to al re di Francia per trattare
e conchiudere gravi affari, uno ilei
quali fu la controversia insorta tra
il re e l'arcivescovo di Lione, e
gli altri la conferma della pace
delle Fiandre, la dichiara/ione del-
l'innocenza di Bonifacio Vili, e la
causa de'templari. Dopo lunga se-
de vacante per morte di Clemen-
te V, a' 7 agosto i3i6 fu concor-
demente eletto Papa in Lione, ove
col nome di Giovanni Wll ri fe-
ce coronare a' 5 settembre dal car-
dinal Napoleone Orsini primo del-
l'ordine de'diaconi. Le particolari-
tà del conclave e della sua elezio-
ne si possono leggere nel volume
XXI, p. 223 del Dizionario. Subi-
lo dichiarò che come il picdecesso«
GIO
re risiederebbe in Avignone ( Ve-
di), e nel fine di settembre s' avviò
per tale città e vi giunse a' a ot-
tobre. A quell' articolo abbiamo
detto le principali cose riguardan-
ti questo Pontefice, ed i cardinali
che successivamente creò in sei
promozioni, dicendo il Cardella,
che in esse annoverò al sacro col-
legio trentaquattro cardinali. Tra
questi i seguenti furono suoi pa-
renti : Jacopo de Voye di Cahors
figlio della sorella , che a sé so-
stituì nel vescovato d' Avignone,
morto dopo sei mesi ; Bernardo de
Puyet di Cahors figlio di altra so-
rella, fornito di rare qualità ; Ar-
naldo de Voye fratello del nomi-
nato Jacopo, cui fece vescovo d'A-
vignone; Raimondo Ruffo altro ni-
pote, ed Umberto duPuy di Mont-
pellier suo parente.
Odoardo II re d'Inghilterra spe-
dì un'ambasceria a Giovanni XXII,
assicurandolo della sua ubbidienza,
e pagando alla santa Sede il soli-
to tributo. Similmente Jacopo li
re d'Aragona mandò ambasciatori
ad Avignone per giurare al nuovo
Papa fedeltà, come tributario del-
la Corsica e della Sardegna. E-
gualmente Filippo V re di Fran-
cia dichiarò la sua venerazione al-
la Sede apostolica, onde Giovanni
XXII nel ringraziarlo eli diede di-
verse paterne esortazioni. Essendo
Dionisio re di Portogallo in guer-
ra col suo secondogenito, il Pon-
tefice s' intromise per la concordia.
Avendo il Papa saputo che Ber-
nardo d'Ardigia cantore di Poitiers,
con alcuui altri malvagi aveva-
no cospirato contro la sua vita,
e quella de' cardinali, che tentaro-
no di avvelenare, die a formare il
processo a diversi soggetti, che poi
elevò al cardinalato. Tali eospirato-
GIO 6.
ri vedendo fallito l'iniquo mezzo del
veleno, ricorsero alla magia che
credevano infallibile, formando Ire
piccole figure di cera, somiglianti
al Pontefice, che mettevano den-
tro i cerchi ed anelli, e le passa-
vano coi coltelli, credendo sciocca-
mente che Giovanni XXII riceves-
se questi colpi nella persona. Fu-
rono presto scoperti gli autori dì
si nefande cospirazioni, cioè il suo
medico, il suo barbiere, alcuni pre-
lati della corte, e principalmente
Giraud vescovo di Cahors, il quale
solo fu preso dopo la fuga degli
altri, quindi processato dal cardi-
nal Fredol, il quale con sentenza
de' 4 maSS'° ' 3 i 7 lo fece pub-
blicamente degradare, condannan-
dolo a perpetua prigione . Ma
siccome in questo tempo mori il
cardinal Jacopo de Voye sunno-
minato, per le magie del Giraud,
il cardinal Fredol consegnò questi
al braccio secolare, che lo condan-
nò ad essere decapitato, quindi
abbruciato , dopo di essere stato
condotto al supplizio attaccato al-
la coda di un cavallo.
Sollecito Giovanni XXII al suo
apostolico ministero, con la costitu-
zione Sol oriens, presso il Bull.
Rorn. tom. Ili, par. 1 1 „ pag. i4^>
canonizzò s. Ludovico vescovo di
Tolosa, stato già. suo discepolo, ed
eresse in metropoli la cattedrale di
Tolosa. Nel seguente anno i3i8
elevò al grado metropolitico Sa-
ragozza nella Spagna, facendo al-
trettanto con Sultania; indi con-
fermò con indulgenze la divozione
di salutare con tre Ave Maria la
B. Vergine al tramontar del sole,
al segno del suono della campana,
con la bolla de' i3 ottobre 1 3-1-8;
mentre dipoi a' 7 maggio iù-ì"
concesse dieci giorni d? indulgenza-
ir>. G I O
a chi genuflesso recitasse tre volle
In suddetta salutazione angelica,
ordinando al suo vicario in Roma,
che quivi la comandasse colle me-
desime indulgenze. Fu s. Bona-
ventura, come narra nella sua vi-
ta Enrico Sedulio, cap. r, §3,
che nel capitolo generale de'minori
celebrato in Pisa nel 1263, istituì
che i suoi religiosi al tramontar
del sole esortassero i fedeli col suo-
no della campana a salutare la
ss. Vergine, credendosi ch'essa in
tale ora fosse dal santo angelo
Gabriele salutata. V. P Oldoino
nelle Addit. al Ciacconio tom. II,
p. 4°4> che cita il p. Matracci in
Ponti fìcibus Mariani.'!. Questa di vo-
ta usanza abbracciata dalla chiesa
di Saintes in Francia prima di
questa epoca, fu dipoi nel i346
ndottata nel concilio di Parigi. Il
Lambertini però nel tom. I, Notif.
«2, p. 70, num. 11, racconta che
la divozione della salutazione an-
gelica, che dai fedeli si recita al-
l'aurora, al mezzodì e alla sera, si
dice da alcuni istituita da Urbano
II, almeno per la mattina e la
sera, pel felice esito della crociata,
e per tutto il mondo cattolico, e
ch'essendo durato questo pio isti-
tuto cento trentantov'anni, fu ri-
pristinato da Gregorio IX coll'ag-
giunta della salutazione angelica da
recitarsi nel mezzogiorno. Aggiun-
ge il Lambertini, che altri sono
di sentimento che il segno di mez-
zodì fosse istituito da Lodovico IX
re di Francia, altri lo attribuisco-
no a Calisto III per eccitare i fe-
deli a pregare per l'esercito cri-
stiano che in Ungheria combatte-
va per la fede. Finalmente si sos-
tiene non ritrovarsi di questa trina
angelica salutazione memoria più
antica degli statuti di Francesco
GIO
de Puteo, priore della gran certo-
sa, che visse nel principio del se-
colo XVI. V. Axgelus Domixf, ed
Ave M.aiua.
Dopo che Clemente V stabilì
la pontificia residenza in Francia
nel 1 3o5 , fece trasportare da
Roma nel palazzo vescovile di Car-
pentrasso se non la biblioteca, una
porzione dell' archivio papale, ed
i registri degli ultimi due suoi
predecessori, poscia colle cose pre-
ziose furono alla sua morte por-
titi in Avignone ove venne fis-
sata l'abitazione del Papa. I regi-
stri però de' precedenti Pontefici e
le molle altre carte e diplomi, ed
i libri della biblioteca, che rimasti
erano in Roma, perchè mal sicuri
nella assenza della curia papale, e
nelP universale sconvolgimento del-
la città, vennero insieme al teso-
ro della chiesa romana portati in
Asisi, e depositati parte nella te-
soreria e parte in una camera so-
pra la sacrestia del gran convento
de'frali minori, rei qual convento
sotto Onorio IV furono già depo-
sitate certe gioie. Gli asisinati nel
i320, sotto pretesto di aver biso-
gno di denari per assoldar uomini
contro i perugini, s'impadronirono
del tesoro , in cui oltre le robe
della santa Se<\e erano anche i
deposili di alcuni cardinali. Gio-
vanni XXII scrisse dopo il i3^i
diverse lettere a vari per ricupe-
rarlo, ma non si conosce con qual
successo. Il tolto consisteva in
molte gioie e perle, cose d' oro e
di argento d'ogni genere, mobili
sacri e profani, insigni reliquie,
gran quantità di denari, e molti
libri massime liturgici, per cui il
Pontefice nel 13^6 ordinò un in-
ventario del superstite tesoro, libri
e diplomi restati, le quali cose so-
GIO
lo potè conseguire in parie il suc-
cessore Benedetto XII nel 1339.
Dopo ciò rimasero nel tesoro di
Asisi quasi tutti gli originali, di-
plomi, ed infinite carte, e parec-
chi libri della biblioteca, ridotta
a'quei giorni a ben poca cosa. Ed
anche di tutto questo fu fatto
inventario per ordine di Benedet-
to XII, e trasportato nel pa-
lazzo d'Avignone, grandissima col-
lezione che però non tutta ritornò
a Roma. Di luttociò se ne legge
dettagliata descrizione nelle dotte
Memorie isteriche degli avvilivi
ri ella santa Sede di monsignor
Gaetano Marini, a p. 10 e seg.
Approvò questo Papa l'ordine
militare ed equestre di Cristo {Ve*
di), e per l'amore che portava a-
gli agostiniani [Tedi), assegnò loro
gli uffizi palatini di sagrista , bi-
bliotecario, e confessore pontificio,
il primo de' quali tuttora godono.
Eresse l'abbazia di Monte Cassino
in vescovato ; fece bruciare il Tal-
mud, empio libro degli ebrei, pie-
no di bestemmie contro Gesù Cri-
sto e la divina sua Madre ; ca-
nonizzò da s. Tommaso da Can-
talupo vescovo di Erfort, con la
costituzione Unigenilus Filius, pres-
so il Bull. Rom. t. HI, par. II,
p. 178. Condannò nel i3ai la
dottrina di Giovanni di Poliaco
teologo di Parigi, il quale afferma-
va doversi ripetere al proprio par-
roco la confessione fatta ai religiosi,
onde il teologo esemplarmente si
l'i trattò. Annullò il matrimonio tra
Carlo IV il Bello, e Bianca d'Ar-
ias; si riserbò le elezioni delle
sedi episcopali in molte provinole
d' Italia, abolendo il suffragio del
popolo, e come dicemmo all'arti-
colo Francescano ordine, fece al-
cune dichiarazioni per estinguere
GIO 63
la famosa questione della povertà
di Cristo e degli apostoli, sostenu-
ta dai domenicani e dai france-
scani. Dopo la morte dell'impera-
tore Enrico VII, essendo stati e-
lelli per successori Lodovico di
Baviera, e Federico d'Austria, eb-
bero origine le funeste e gravi
differenze tra Lodovico, ed il Papa
che da lui per disprezzo veniva chia-
mato Giacomo di Cahors o Prete
Janni. Giovanni XXII scomunicò
Lodovico, che prese la difesa de-
gli eretici Fraticelli [Fedi) , fece
eleggere l'antipapa Nicolo V (fe-
di), ed accaddero tutte quelle lagri-
mevoli cose, e lo scisma che de-
scrivemmo ai citati articoli , ed a
quelli di Baviera, e di Germani*.
Con la costituzione Redemplioneni
misit, dei 18 luglio i323, Bull.
Rom. t. Ili, part. II, p. 188, ca-
nonizzò s. Tommaso d' Aquino.
Nel i3s4 approvò l'ordine de'mo-
naci Olivetani, e nel i325 ere^e
il vescovato di Cortona. Fulminò
l'interdetto nella provincia di Mag-
debuigo per 1' uccisione dell'arci-
vescovo ; enei i328appvovò lor-
dine di s. Paolo primo eremita.
Eccitatasi nel 1 33 1 fra' teologi la
questione se le anime purgate da
ogni colpa ed entrate in cielo go-
dessero prima del giorno finale la
vista chiara di Dio, Giovanni XXII
come dottore privato sembrava o-
pinare per la negativa, ma poi
formalmente dichiarò che le ani-
me purgate passavano a godere
chiaramente I essenza divina.
Nel i3Zi risolvette Giovanni
\\1I di passare eolla corte e cu-
ria pontificia a Bologna, ma non
lo effettuò perchè attendeva clic-
Filippo VI re di Francia partisse
alla difesa de' santi luoghi della
Palestina, pel quale argomento il
64 G I O
Papa non risparmiò fatiche, paci-
ficando i principi cristiani , acciò
rivolgessero le loro armi contro i
saraceni di Soria. Nel 1 334 ri-
formò il celebre tribunale degli
Uditori di Rota [Vedi). Dicesi aver
egli pubblicato in favore de' car-
melitani la celebre bolla chiamala
Sabbalina, di cui si tenne propo-
silo nel voi. X, p. 57 del Dizio-
nario; e comandò che la festa
della ss. Trinità si celebrasse so-
lennemente nella domenica dopo
la Pentecoste. Dopo avere questo
Papa sofferto apostolici travagli, pa-
cificato le perturbazioni dell In-
ghilterra, soccorso il re di Maio-
lica contro i saraceni , ricevuto
all'ubbidienza l'antipapa, inviato mis-
sionari a predicar la fede agi' infedeli,
che gravi danni avevano recati al-
la repubblica cristiana, principalmen-
te alla chiesa orientale ; dopo aver
fatto lega contro i turchi co're di
Francia, di Sicilia, di Cipro, d'Ar-
menia, con l'imperatore Andronico
e co' veneziani; e dopo il gover-
no di anni diceiolto , mesi tre e
giorni ventotto, morì per una diar-
rea in Avignone, a' 4 dicembre
i334, alle ore nove della mattina,
con più, di novanta anni di età.
Tale male gli venne pel dolore
che senfi della rivoluzione de' bo-
lognesi contro il suo nipote car-
dinal de Poyet legato, che fu co-
stretto fuggire. Terminò di vivere
dopo avere ascoltato la messa, e
ricevuto la comunione, e raduna-
to avanti a sé i cardinali, a' quali
raccomandò la Chiesa, ed i suoi
parenti, eh' egli non avea molto
arricchiti, e fu sepolto nella catte-
drale. Lasciò il tesoro pontificio
assai ricco, e contò gli anni del
pontificato dalla sua coronazione.
Fu Giovanni XXI 1 di erande co-
GIO
stanza nelle avversità , e di gran
zelo nelle cose della Chiesa; di
vasta scienza, di profondo ingegno,
eccellente nel trattare i più. intri-
gati affari ; eloquente, sobrio, fru-
gale, modesto e giusto: essendo
vivace ancora nella sua età decre-
pita, era facile ad irritarsi, ma la
sua collera durava poco; diceva
messa ogni giorno, ed era fregiato
di altre virtù. Il suo colore fu
pallido, e la sua voce esile ; pic-
colo di statura fu trovata di cin-
que piedi , quando a' g marzo
1759 il suo mausoleo fu traspor-
tato in altro luogo di detta catte-
drale , avendone trovato il corpo
intiero. Vacò la santa Sede quin-
dici giorni.
GIOVANNI XXIII, Papa CCX V
Baldassare Coscia o Cossa, nac-
que in Napoli da Giovanni conte
di Troia signore di Procida, o co-
me altri vogliono di famiglia me-
diocre. Portatosi a Bologna, dedi-
to com'egli era ai piaceri ed ai
divertimenti, non si avanzò molto
nelle scienze, sebbene fosse fatto
dottore dell'uno e dell' altro di-
ritto. Il solo favore di Bonifacio
IX, ch'ebbe la destrezza di pro-
cacciarsi, fu la sua fortuna, dap-
poiché nell'anno 1 3g6 si procurò
l'arcidiaconato di Bologna, indi si
porlo in Roma, e vi ottenne il
posto di cameriere segreto del Papi,
il quale lo promosse a protonota-
rio apostolico, ad uditore di rota,
a vescovo d' Ischia , e poi a' ?. "
gennaio o nel febbraio 1402 lo
creò cardinale diacono, con la
diaconia di s. Eustachio. Dipoi fu
fatto legato della provincia di Bo-
logna, dell'esarcato di Ravenna, e
delle città di Ferrara e di Rimi-
ni, con ordine di far uso di tut-
ta la forza del suo zelo e destrez-
GIO
za per richiamare all' ubbidienza
della santa Sede tutte le città e
tene situate in quelle provincie,
ch'erano state usurpate dall' altrui
violenza e tirannia, singolarmente
di Galeazzo Visconti che avea oc-
cupato Bologna. Le dignità eccle-
siastiche non gli fecero cambiare i
suoi antichi sentimenti, né la sua
condotta fu migliore. I successori
di Bonifacio IX, Innocenzo VII, e
Gregorio XII non ebbero dal car-
dinal Baldassare che motivi di dis-
gusto, e l'ultimo lo richiamò dal-
la legazione , privandolo del car-
dinalato , anzi il Becchetti nel t.
II , pag. 268 della Storia degli
ultimi quattro secoli della Chiesa,
aggiunge che Gregorio XII lo e-
scluse dalla comunione de' fedeli
per avere usurpato il vescovato di
Bologna, la quale città era stata
ridotta da lui in tirannia, e pel-
le glandi malvagità commesse da
lui contro la santa Sede. Narra*
il Sigonio nel libro DeJ vescovi di
Bologna p. ^61, che vendette i
fondi del collegio Gregoriano cui
diede alla fazione degli Scaccardi, e-
mula della Mal traversa, ed oltre a
ciò alienò la pecunia e i mate-
riali apparecchiati per la fab-
brica della basilica di s. Petronio.
Assistè al concilio di Pisa contro
Gregorio XII; ed Alessandro V che
in esso fu eletto gli restituì la di-
gnità cardinalizia e la sua lega-
zione, con l'aggiunta di quella del-
la Marca, e con la presidenza di
alcune altre provincie; avendo col
suo mezzo e con quello di Paolo
Orsini ricuperato la signoria di Ro-
ma, mentre Alessandro V vi si di-
rigeva, a dì lui preghiere si portò
in Bologna. Ivi cadde subilo infer-
mo , e tini di vivere nella notte
de' 4 maggi0 i4io per un cristie-
VO!.. XX"*!.
GIO 65
re attossicato, come dice s. Anto-
nino in Chron. par. Ili, tit. II,
cap. 5,o 3. Secondo i sospetti
del concilio di Costanza contribuì
alla qualità di questa morte di A-
lessandro V lo stesso cardinal Cos-
sa, sebbene non si governava che
per li suoi consigli o piuttosto pei
suoi ordini. Nel terzo giorno di
conclave in cui erano entrati sedici
cardinali, essendone assenti altri set-
te, fu eletto Papa a' 17 maggio,
indi col nome di Giovanni XXI li,
a' 24 dello stesso mese fu ordinato
prete dal cardinal vescovo d'Ostia,
e nel giorno seguente, eh' era do-
menica, fu consacrato nella basilica
di s. Petronio, e quindi coronato
dal cardinal Rinaldo Brancacci. Il
Gobelino, Cosmodr. aetat. 5, cap.
90, scrittore contemporaneo, ed al-
tri, affermano che molti restarono
scandalezzati per questa elezione,
per aver il cardinale vissuto mon-
danamente, onde il citato s. Anto-
nino par. Ili, tit. 22, cap. 6, lo
dipinse uomo grande nelle cose
temporali, per la sua fina politica,
e per essere nato fatto pel mestie-
re delle guerre , avendo , come si
dice, cominciato la sua vita coll'e-
sercitare sul mare la pirateria; ma
da nulla affatto nelle cose spirituali.
ISon è vero ch'egli si dichiarò Pa-
pa da sé stesso, solo brogliò il pon-
tificalo al modo detto nel voi.
XXI, p. 224 del Dizionario. Ve-
di Teodorico di Meni, che in qua-
lità di scrittore delle lettere apo-
stoliche e di abbreviatole accom-
pagnò poi il Papa al concilio, nel-
la Storia dello Scisma d'occidente,
Norimberga 1 53c> ; e nella Vita
di rapa Giovanni XXIII, Franco-
furti ib?o. Aggiungasi, che in an-
tichissimo codice del cardinal
pranica si legge della elezione di
5
GG GIO
Giovanni XXIII: quatti fuisse vi-
llosa fama est.
Intanto continuava il lungo sci-
sma che avuta l'origine nel i3y8,
veniva in Avignone e nella Spa-
gna sostenuto dall' antipapa Be-
ìitdetto XIII [Vedi), mentre ad
un tempo viveva Gregorio XII
( Vedi) , deposto nel concilio di
Pisa, che si trattava da Papa, e
da diversi popoli per tale era
ancora venerato, per cui nel gio-
vedì santo del 1.4 m pubblicò la
consueta bolla in Coena Domi-
ni, e scomunicò BaldassareCossa, e
l'autipapa, con quei cardinali ed altri
che seguivano il loro partito. Essen-
do morto Roberto re de' romani,
Giovanni XXI II spedì i suoi nun-
zi agli elettori dell'impero, affinchè
gli sostituissero Sigismondo di Lu-
xemburgo re d' Ungheria, il qua-
le regno abbandonò 1' ubbidienza
di Gregorio XII, per seguir quel-
la di Giovanni XXIII. Per estin-
guere lo scisma ordinò che nelle
messe solenni dopo V Agnus Dei si
cantasse il salmo Laetalus sum
con alcuni versetti. Trovandosi Gio-
vanni XXIII in pericolo di cader
nelle mani di Ladislao re di Na-
poli che aspirava al dominio del-
l' Italia e di Roma, nel i4ii si
partì da Bologna per difenderla;
e dichiarando che il regno di Na-
poli apparteneva a Lodovico d'An-
giò, con questi si mise in viaggio
per Roma, ove giunse con gran
giubilo de' cittadini agli 1 1 apri-
le, tenendogli la briglia del cavallo
lo stesso Lodovico. Indi il Papa in-
viò questi col generale della Chiesa
contro Ladislao, che fu disfatto a
Roccasecca nella provincia di Ter-
ra di Lavoro, come dicemmo nel
voi. XXVII, a p. 289 del Dizio-
nario. Dipoi a't) dicembre il Papa
GIO
scomunicò Ladislao, lo privò dei
regni di Napoli e Gerusalemme ,
e pubblicò contro di lui la cro-
ciata. Ridotto Ladislao a mal par-
tito, abbandonò Gregorio XII, es-
sendo l'unico principe che l'ubbi-
diva e difendeva, e nel \\ 12 si
sottomise a Giovanni XXIII, col
quale fece a' 1 5 giugno un trattato,
protestando che Lodovico d'Angiò
non avea diritto alla corona di
Napoli. Ma siccome Ladislao non
operava che con l'intendimento di
illudere Giovanni XXIII, rompen-
do la concordia, nel i4«3 con un
esercito occupò Roma, onde Giovan-
ni XXIII fuggì a Siena, a Firenze, a
Bologna, errando per le città lom-
barde.
Il contegno di Ladislao mosse
Giovanni XXII l a rivolgersi a Si-
gismondo re de' romani per mezzo
di due legati, onde questo prin-
cipe vedendosi in gran credito nel-
la Chiesa, ed in tutta 1' Europa,
disse ai cardinali legati, che per
estinguere Io scisma, che tanto
affliggeva la Chiesa universale, era
d'uopo convocare un concilio ge-
nerale. Il Papa ci convenne, e fu
stabilita la città di Costanza per
il luogo del concilio, prometten-
dogli Sigismondo che vi esercite-
rebbe l'autorità suprema, vi avreb-
be gli onori di sommo Pontefice,
e ne potrebbe sortire quando più
gli fosse in grado. Giovanni XXI lì
in questo tempo fece la terza pro-
mozione di cardinali, che in tutto il
pontificato ne creò sedici, fra' quali
Tommaso Brancacci suo nipote, ve-
scovo di Tricarico. Essendo mortoagli
8 agosto 1 .4 1 4- Ladislao, stimolato
Giovanni XXIII dai cardinali e
da Sigismondo ad effettuare la
promessa fatta di celebrare il pro-
mulgato concilio, fu costretto av-
OIO
riarsi a quella città accompagnalo
da gran corteggio, come una vit-
tima ornata pel sacrifizio. Tutto-
ciò che accadde nella celebrazione
del concilio, le accuse fitte contro
Giovanni XXI li, la sua fuga, la
sua deposizione e prigionia, la ri-
nunzia di Gregorio XII, la depo-
sizione di Benedetto XIII dichia-
rato scomunicato, e I' elezione di
Martino V , tutto viene detto al-
l'articolo Costatila [le di), ed agli
altri relativi. Fu dunque Baldas-
sare Cossa deposto dal pontificato
da quelli stessi che lo aveano ri-
conosciuto per Papa, a' 29 maggio
i4-i5, cioè dopo cinque anni e
tredici giorni che l'avea ottenuto.
SVgli veramente avea que' vizi, che
gli si opposero come provati di
una maniera invincibile, ma tanto
più degni di un eterno obblio; la
sua umilia e la sua rassegnazione
nel ricevere la sentenza della sua
deposizione, sarebbero sole capaci
ad espiarli , come rileva il Berca-
stel nella Storia del cristianesimo,
ove lungamente, e con molto cri-
terio descrive la storia di questi
strepitosi avvenimenti.
Il Zaccaria nel suo Anli-lù-bbronio,
t. Il, p. 35a, parlando dei famosi con-
cili! di Costanza e di Basilea, con-
tro le assertive del l'ebbi onio, di-
ce: che il concilio generale in tem-
po di scisma rappresenta la Chie-
sa universale in quelle cose, che
allo sciama si appartengono pei sé
scio; il concilio generale fuori di
questo caso, e quando abbiasi certo
e indubitato Pontefice, non rapare*
senta la (Ini si universale, se non
come unito al Pontefice; e ciò è
tanto mio, che se da questo si
disunisca diviene tosto un concilia-
buio melile migliore del R. immense
o del latrocinio d'Efeso. Quindi il
GIO 67
Zaccaria, quanto a Giovanni XXIII
ritenuto per Papa dubbio, essendo
non sicura la sua legittimità, lut-
tavolta il concilio di Costanza con-
scio della propria limitata autori-
tà, tenne questa condotta per la
deposizione. Dicono pertanto gli
atti » che il re de' romani Sigis-
mondo, i cardinali e i deputati,
e molti ajtri proposero, che il Pa-
pa desse alla sentenza della sua de-
posizione assentimento, promettesse
di ratificarla, e in quanto fosse
mestiere, egli medesimo rinunzias-
se ". In fatti furono deputati cin-
que cardinali che a Giovanni XXIII
si recassero per indurlo ad accet-
tare la condizione. Giovanni XXIII
si arrese, e confermò dipoi egli
stesso la sentenza della sua depo-
sizione ; laonde ne' concordati di
Narbona tra Sigismondo e i legati
del concilio da una parte, e l'ub-
bidienza dell' antipapa Benedetto
XIII dall'altra, piuttosto a volonta-
ria cessione di Giovanni XXIII,
che a sentenza del concUio si ascri-
ve, ch'egli perdesse il pontificato.
Tante cautele del concilio di Co-
stanza ben mostrano, quanto egli
tenesse d' oltrepassare deponendo
Giovanni XXIII la sua autorità.
Inoltre osserva il Zaccaria, che sa-
rebbe ancora a vedere, se questi
decreti sicno stati fatti in tempo
che il concilio fosse ecumenico, e
se da Martino V sieno stati ap-
provati.
Come Baldassare nel 1 4 1 9 scappò
dalla prigione, come si portò a Firen-
ze ai piedi di Martino V da cui fu
creato cardinal vescovo di Fra-
scati, e decano del sacro colli
con distinzione di sedia più emi-
nente, e come ivi morì a' 2?. di-
cembre, non che delle solenni e-
sequie fatte nella cattedrale) e del
68 G IO
sontuoso sepolcro eretto nel tem-
pio di s. Giovanni Battista, tutto
si dice nel voi. XXV, pag. 7 e 32
del Dizionario. Nella carcere di
Monaco, ove stette per cjuasi quat-
tro anni, custodito da alcuni tede-
schi, che non intendevano la lin-
gua di Baldassare, né da questo
erano intesi, compose i seguenti
Tersi , che non mostrano meno il
suo spirito ed il suo gusto per
le lettere, che la sua passione nel
■vedersi per la mutazione di sua
sorte abbandonato e tradito dai
suoi nemici , e rinserrato in una
cercere chi fino allora era stato
temuto da tutto il mondo.
Qui modo summus eram, gau-
dens et nomine Praesul,
Tristis et abjectus nunc mea
fata gemo.
Excelsus solio nuper versabar in
allo,
Cunctaaue gens pedibus oscu-
la prona dabat.
Nunc ego poenarum fundo de-
volvor in imo,
Vultum deformeni quemque
v'idere piget.
Omnibus in terris aurum mihi
sponte ferebant,
Sed nec gaza j'uvat, nec quis
amìcus adest.
Sic varians fortuna vices , ad-
versa secundis
Subdit, et ambìguo nomine lu-
dit atrox.
Vacò la s. Chiesa dalla depo-
sizione di Giovanni XXIII sino
alla elezione di Martino V, due
anni, cinque mesi ed otto giorni.
GIOVANNI, Cardinale. V. s.
Giovassi I, Papa.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni diacono cardinale della regione
GIO
seconda e nona, fiorì nel pontifi-
cato di s. Gelasio I del 492-
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni prete cardinale de' ss. Gervasio
e Protasio del titolo in Vestina ,
ossia s. Vitale, è registrato tra i
cardinali di s. Gregorio I del 5go.
GIOVANNI, Cardinale. Gio-
vanni prete cardinale del titolo di
s. Grisogono in Trastevere, fiorì
sotto s. Gregorio I del 5go.
GIOVANNI, Cardinale. V. Gio-
vassi II, Papa.
GIOVANNI, Cardinale. V. Gio-
vassi IV Papa .
GIOVANNI, Cardinale. V. Gio-
vanni V Papa.
GIOVANNI, Cardinale. Giovanni
prete cardinale del titolo del Mai-
tire di Cristo nella via
Appia, visse sotto s. Gregorio III
del 73 1.
GIOVANNI, Cardinale. Gio-
vanni prete cardinale del titolo
di s. Marcello , trovasi registrato
fra quelli di s. Gregorio III del
73i.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni prete cardinale del titolo dei
ss. martiri Aquila e Prisca, fiorì
nel pontificato di s. Gregorio III
del 73 1.
GIOVANNI , Cardinale. Gio-
vanni cardinale arciprete di s. Su-
sanna, intervenne al concilio roma-
no, celebrato da s. Zaccaria nel
743 o 74I
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni consagrato vescovo di Ferrara
da Adriano I, e da lui e da s. Leone
III decorato di vari privilegi, vieue
dalla più parte degli scrittori annove-
rato nel numero de' cardinali di s.
Leone III del 795. Il Muratori
nel t. Ili delle Ant. ilal. p. 12,
ricorda una bolla del 780 , in
virtti della quale Adriano I elesse
GIO
Giovanni in vescovo di Ferrara;
ma egli crede che tal bolla sia
falsa a cagione della data. Il Gua-
rino afferma di aver veduto una
bolla data in Laterano a'g marzo
772 contenente i mentovati pri-
vilegi.
GIOVANNI , Cardinale. Gio-
vanni vescovo cardinale di Selva
Candida, si crede che nel pontifi-
cato di s. Leone III del 795 e-
sercitasse gli uffizi di bibliotecario
e cancelliere della Chiesa romana.
Egli fu indivisibile compagno di
tal Papa, allorquando nella sua
fuga da Roma si condusse in Ger-
mania, e in Francia da Carlo Ma-
gno. Trovossi presente al concilio
celebrato in Roma nell' 862 da
Eugenio II, e col carattere di le-
gato apostolico si portò dall'impe-
ratore Lodovico I, insieme a Teo-
doro nomenclatore , Sergio duca,
Quirino suddiacono, e Leone mae-
stro delle milizie , per giustificare
il Pontefice dalle calunnie cui e-
ra iniquamente travagliato, come
eseguì con felicissimo successo.
GIOVANNI, Cardinale. V. Gio-
varvi VII Papa.
GIOa^ ANNI, Cardinale. Giovan-
ni vescovo cardinale d'Albano, fiori
in'11'832 sotto Gregorio IV, secondo
I' Assemanni nella serie dei biblio-
tecari di s. Chiesa. Ma il Galletti
dice che il bibliotecario di Gresro-
rio IV fu Leone , e con più ra-
gione. Il Cardella opina che sia
quel Giovanni cardinale che sotto-
scrisse la bolla di Gregorio V, di
uo privilegio pei monaci di Su-
biaco.
GIOVANNI, Cardinale. Giovanni
vescovo di Velletri e cardinale, inter-
venne al concilio celebrato da s. Leo-
ne IV in Roma ncll'853. Il Borgia
dubita del suo cardinalato, ma il
GIO 69
Labbé nel t. IX, p. no de' Con-
cila , tra i vescovi sottoscritti in
detto concilio, pone nel sesto luogo
Giovanni vescovo di Velletri, che
dice Bellitrensis in vece di Veli-
trensis, per errore forse del co-
pista.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni prete cardinale, nell' 853 fu al
concilio di s. Leone IV.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni arcidiacono cardinale della santa
romana Chiesa , sottoscrisse nel-
1' 853 il concilio di s. Leone IV.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni diacono cardinale fu al concilio
celebrato in Roma da s. Leone IV
nell' 853.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni prete cardinale di s. Cecilia, in-
tervenne al sinodo tenuto in Ro-
ma nell' 872 da Giovanni Vili.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni diacono cardinale della santa ro-
mana Chiesa, sottoscrisse il decreto
da Stefano VII emanato contro
Papa Formoso nell' 896.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni diacono cardinale nell' 896 ap-
pose la sua firma al decreto ingiu-
stamente emanato da Stefauo VI
detto VII , contro il Pontefice
Formoso.
GIOVANNI, Cardinale. V. Gio-
varvi Vili Papa.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni prete cardinale del titolo de' ss.
Silvestro e Martino, fiorì sotto A-
gapito II del 9 [6.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni prete cardinale del titolo di s.
Susanna , è registrato tra i cardi-
nali di Agapito II del q^6.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni diacono cardinale venne spedito
da Agapito II del 9 \G col caratte-
re di suo legato all' imperatore Ot-
7o GIO
tone I, per indurlo a liberare la
Chiesa romana insieme col suo
pastore dalle mani de'nemici. Resti-
tuitosi a Roma intervenne al con-
ciliabolo tenuto dall' antipapa Leo-
ne Vili contro il Papa Giovanni
XII , il quale richiamato poi dai
romani abrogò gli atti del conci-
liabolo, e fece mozzare la mano
destra al cardinale, in pena di sua
temerità e ribellione, per aver sot-
toscritto con essa la sua depo-
sizione.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni prete cardinale di s. Croce in
Gerusalemme , è notato fra quelli
di Giovanni XV, e sottoscritto ad
una bolla di Benedetto Vili del
lòil.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni prete cardinale di s. Damaso,
nel 993 sottoscrisse la bolla di
Giovanni XVI, per la canonizza-
zione di s. Uldarico.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni prete cardinale de' ss. Apostoli,
sottoscrisse nel 993 la bolla con la
quale Giovanni XV detto XVI ca-
nonizzò s. Uldarico.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni prete cardinale de' ss. Quattro
Coronati, appose la sua firma alla
bolla di canonizzazione di s. Ulda-
rico, emanata da Giovanni XVI
nel 993.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni prete cardinale del titolo di s.
Clemente, sottoscrisse la bolla con
cui Giovanni XVI nel 993 cano-
nizzò s. Uldarico.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni cardinale diacono ed oblaziona-
rio, si trova sottoscritto alla bolla
di Giovanni XVI del 993, per la
canonizzazione di s. Uldarico , che
fu la prima nella Chiesa.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
do
ni diacono cardinale, sottoscrisse nel
993 la bolla di Giovanni XVI, con
cui canonizzò s. Uldarico.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni vescovo cardinale di Albano, è
registrato tra i cardinali di Gio-
vanni XVI del 985 : fu biblioteca-
rio di s. Chiesa nei pontificati di
Gregorio V, e Silvestro II; e si
trova sottoscritto ad una bolla di
Giovanni XVI , con la quale con-
fermò i privilegi del monistero di
Fulda.
GIOVANNI, Cardinale. V. Gio-
vanni IX Papa.
GIOVANNI, Cardinale. V. Be-
nedetto Vili Papa.
GIOVANNI, Cardinale. V. Gio-
vanni XVII detto XVIII Papa.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni prete cardinale del titolo di s.
Croce in Gerusalemme, viene re-
gistrato tra i cardinali di benedet-
to Vili del 10 12.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni prete cardinale del titolo di s.
Susanna, sottoscrisse nel sinodo ro-
mano di Benedetto Vili del 1012.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni prete cardinale del titolo di s.
Marcello , intervenne al sinodo di
benedetto Vili del 101*2, pel de-
creto a favore di Villelmo abbate
di s. Benigno di Fluttuarla.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni diacono cardinale, intervenne al
sinodo romano di Benedetto \ HI
del 1012.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni del Papa patrizio romano, fu
crealo cardinale diacono da Gio-
vanni XX del 1024, che gli con-
ferì la chiesa di s. Agata per dia-
conia; poi seguì il Pontefice (pian-
do si portò a cons-agrare la chiesa
patriarcale d' Aquilcia. Nel io36
Benedetto IX lo fece vescovo di
GIO
Palesi ri ria, nell'anno seguente inter-
venne al coneilio che questo Papa
celebrò in Laterano, e morì in Ro-
ma d'anni 38, nel io4o. Fu sepolto
nella sua diaconia con lungo epi-
taffio in versi, riportalo dall' Cghclli
nella serie de' vescovi Prenestini.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni prete cardinale del titolo di s.
Marcello, sottoscrisse la bolla che
Giovanni XX nell'anno 1026 spedì
al vescovo di Selva Candida , ed
altra con la quale quel Papa con-
cesse un privilegio alla patriarcale
di Grado.
GIOVANNI, Cardinal**. Giovan-
ni prete cardinale del titolo di s.
Grisogono, nel 1026 sottoscrisse la
bolla di Giovanni XX in favore
del vescovo di Selva Candida , ed
il privilegio da quel Papa accorda-
to alla chiesa di Grado.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni cardinale suddiacono, sottoscrisse
ad un privilegio che Giovanni \\
del 1024 concesse al patriarca di
Grado.
GIOVANNI, Cardinale. Sotto-
scrisse al privilegio della chiesa pa-
triarcale di Grado, accordato da
Giovanni XX del 1024, con que-
sta forinola : Giovanni per grazia
del Signore diacono.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni prete cardinale di s. Calisto in
Trastevere, appose la sua firma ad
1.11 privilegio di Giovanni XX del
1024, in vantaggio della chiesa di
Grado.
GIOVANNI, Cardiale. Giovan-
ni cardinale \ escovo di Porto, vide
f anima di benedetto Vili morto
nel 1024, tormentata nel fuoco del
purgatorio, come narra s. Pier Da-
miano : appose la sua sottoscrizione
■d una bolla ch'emanò il detto
Papa per la chiesa di Firenze
GIO 71
GIOVANNI, Cardinale. Giovali-
m vescovo cardinale di Palestrina,
fiorì nel pontificalo di Benedetto
IX, e nel io44: in quello di san
Leone IX consagrò l' altare di s.
Agata nella diaconia di Roma.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni cardinale nipote di Benedetto IX
del io33, e veseoxo Lavicanense.
GIOVANNI, Cardinale. Tre car-
dinali fiorivano nel pontificato di
Benedetto IX del io33, di questo
nome, dell'ordine de' preti, e tito-
lari di s. Cecilia, di s. Martino, e
di s. Da ma so.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni romano figlio di Lorenzo. V.
Silvestro 111 Antipapa: sembra
che sia il medesimo che il se-
guente.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni romano fu fatto cardinale e
vescovo di Sabina da s. Leone IX
del 1049, in sostituzione di altro
Giovanni che nello scisma di Be-
iiidt ito IX per cinquanta giorni
occupò il palazzo lateranense. In-
tervenne al concilio romano di Ni-
colò II, e di lui si fa menzione nei
monumenti Farfensi. Nel Mabillou
toni. IV, lib. 5f), n. 68, degli Alf
ludi benedettini, si narra che volen-
do il cardinale saccheggiare il mo-
nistero di Farla , si portò con ar-
mata mano alla chiesa di s. An-
gelo in Tancia, dipendente da tal
monastero, e rovesciato l'altare u
prese le sacre reliquie. Ma portan-
dosi alla sua residenza il cielo da
sereno divenne procelloso, onde il
cardinale si ricovrò in luogo detto
l'Aja, ove ad onta della dirotta
pioggia le reliquie restarono asciutti-
Sorpreso il cardinale dd terrore pel
prodigio, nella notte per giudi/io
divino lu colpito d'apoplessia, t
per sempre perde un lato del SUO
7i GIO
corpo, onde pentito del fallo com-
messo, restituì le reliquie alla chie-
sa. Altri dicono che questo Giovan-
ni sia Io stesso che il precedente,
che s'intruse nel pontificato col
nome di Silvestro III. Certo è che
s. Leone IX, alle querele di cin-
quecento monaci di FarFa , confer-
mò i privilegi che il cardinale an-
nientava. Dopo tante strane vicen-
de morì, passati quarantanni di
cardinalato.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni prete cardinale fiorì nel pontifi-
cato di s. Leone IX del 1049, e
fu arciprete della basilica vaticana.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni cardinale vescovo di Tivoli, è
noverato tra i cardinali di Vitto-
re lì del io55, indi sottoscrisse al
concilio Lateranense di Nicolò II.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni prete cardinale fu creato da Ste-
fano X del 1057, nel cui pontifi-
cato morì.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni prete cardinale del titolo di s.
Marco, è registrato tra' cardinali di
s. Leone IX, ed intervenne al con-
cilio nel io5c), celebrato in Late-
rano da Nicolò II.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni vuoisi che sia uno di quei car-
dinali, che Nicolò II creò in Osi-
mo agli 8 marzo 1 o5g.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni prete cardinale di Nicolò II del
io58, intervenne con Alessandro
li alla dedicazione della chiesa di
Monte Cassino.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni cardinale vescovo Tusculano,
creato da Alessandro II del 1061,
fu presente alla consagrazione che
fece il medesimo della basilica di
Monte Cassino; ed egli nello stesso
tempo consagrò un altare della b\
GIO
Vergine, ed una chiesa sotto l'invo-
cazione di s. Martino, in compa-
gnia di sei altri vescovi. Nello sci-
sma dell'antipapa Clemente III si
tenne costantemente unito a s. Gre-
gorio VII, e finì di vivere nel 1088,
o nel pontificato di Pasquale lì.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni cardinale vescovo di Porto, crea-
to da Alessandro II nel 1066, in-
tervenne alla consagrazione della
chiesa di Monte Cassino. Nemico
dell'antipapa Clemente III, ad on-
ta delle minacce dell' imperatole
restò sempre fedele a s. Gregorio
VII, di cui fu uno degli elettoli,
e con grande impegno cooperò in
Terracina all'elezione di Urbano
II, nel cui pontificato pieno di me-
riti morì, dopo aver assistito alla
consagrazione di Lamberto vesco-
vo d'Arras, fatta in Roma nel 1093.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni cardinale prete della basilica dei
ss. XII Apostoli, fu creato da A-
lessandro II dopo il 1066.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni, francese di nazione, monaco e
poi abbate del monistero di Dol
nella Bretagna minore, da s. Gre-
gorio VII del 1073 fu creato car-
dinale prete del titolo de' ss. Sil-
vestro e Martino a' Monti.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni fu creato diacono cardinale, e
poi arcidiacono di s. Chiesa , da
s. Gregorio VII del io-3, che ab-
bandonò per seguir l'antipapa Cle-
mente III.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni monaco e XXII abbate del mo-
nistero di Subiaco dell'ordine di
s. Benedetto, essendo levita del sa-
cro palazzo, fu da s. Gregorio \ 1 1
del 1073 creato diacono cardinale
di s. Maria in Domnica.
GIOVANNI, Cardinale. Giovali-
GIO
ni di Gubbio da Urbano II del 1088
fu creato cardinale prete di s. Ana-
stasia; indi nel iio5 fu deputato
da Pasquale II alla legazione del-
l' Umbria, nel qual tempo d'ordi-
ne e commissione del Papa con-
sagrò vescovo di Gubbio s. Gio-
vanni da Lodi, dopo la cui prezio-
sa morte fu incaricato dalla santa
Sede di scriverne la vita, e di for-
mare processo autentico delle sue
virtù e miracoli, ch'egli fedelmen-
te trasmise a Pasquale II, sotto
del quale morì.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni cardinale diacono creato da Ur-
bano II del 1088 , e forse fu
quello chiamato di s. Maria in
Cosmedin o scuola greca, che con-
fermò con giuramento quanto Pa-
squale II nella sua prigionia ac-
cordò ad Enrico V sulle investi-
ture de' benefìzi ecclesiastici.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni diacono cardinale di s. Adriano,
creato da Urbano I del 1088,
sottoscrisse diverse bolle.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni prete cardinale del titolo di s.
Cecilia, creato da Pasquale II del
i 099, intervenne aiconcilii di Gua-
stalla e di Laterano, fu del nu-
mero degli elettori di Gelasio II,
e di quelli che restali in Roma
acconsentirono a quella seguita in
Cluny di Calisto li : forse visse si-
no al 1 1 28.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni monaco di Monte Cassino, fu
da Pasquale II del 1099 fatto
cardinale prete di s. Eusebio. Si
condusse a Benevento con Calisto
li, e a di lui persuasione il conte
Rainulfo restituì al nominato mo-
nistero i beni che gli avea in-
giustamente involati. Approvò l'e-
lezione di Calisto li fatta in Fran-
GIO 73
eia, concorse a quella di Onorio li,
e morì verso il 1123.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni monaco dell'ordine di s. Bene-
detto, abbate del monistero di s.
Paolo nella via Ostiense, fu da Pa-
squale II del 1099 creato cardi-
nale prete del titolo di s. Maria
in Trastevere, e si trovò ai comizi
per l'elezione di Gelasio II.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni da Pasquale II fu fatto prete
cardinale, indi lo spedì in Francia
legato apostolico col cardinal Be-
nedetto, dove in Valenza del Del-
finato celebrò nel 1100 un sinodo
con ventiquattro padri, nel quale
furono discusse due gravissime cau-
se, una riguardante Ugono abbate
di Flavigny, l'altra Nortgaudo ve-
scovo d'Autun; ed un altro ne ce-
lebrò in Poitiers, al quale inter-
vennero ottanta o centoquaranta
vescovi, di concerto con s. Ivone di
Chartres, ad oggetto di esaminare
e decidere la causa del re Filippo
I , pel suo commercio riprovevole
con Bertrada , avendo ripudiato
Berta sua moglie. Il concilio colpì
il re con sentenza d'anatema.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni cardinale diacono di s. Nicola
in Carcere, nel ri 23 sottoscrisse
la bolla di Calisto II, a favore del
monistero di s. Remigio di Pro-
venza.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni nacque da onesti genitori in
Bologna, abbracciò l'istituto dei
camaldolesi , dove si avanzò tal-
mente nell'esercizio della religio-
sa perfezione, che ne giunse il buon
odore fino in Sardegna, por cui
Costantino re di quell'isola volle che
ivi fossero introdotti per suo mezzo
i camaldolesi. Pasquale II approvò
l'elezione fatta di lui nel 1 1 i \ in
74 01 0
priore generale della sua congre-
gazione, ed Onorio li, secondo alcuni
suo concittadino, nelle tempora del
dicembre i 1 26 lo creò cai dinaie, e «li
conferì il vescovato d' Ostia, ch'egli
teneva prima del pontificato. Il Pa-
pa si prevalse di lui nel governo
della Chiesa, siccome personaggio
di sperimentata prudenza; indi il
cardinale difese a tutto potere In-
nocenzo li contro l'antipapa Ana-
cleto II, dopo avere concorso alla
sua elezione, e averlo conseerato. In-
nocenzo Il ancora se ne servì ne-
gli a Sari più ardui della santa Se-
de, per la quale non risparmiò
rischi ed enormi fatiche , onde
procurargli la pace. Pieno di me-
riti e di gloria mori nel 11 33.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni canonico regolare della congre-
gazione di s. Frediano di Lucca ,
nel giorno delle ceneri 1 i44 IU
da Celestino II creato cardinale
diacono di s. Maria Nuova ; con-
corse alle elezioni di Lucio II,
Eugenio III, ed Anastasio IV, nel
di cui pontificato morì nel 11 53.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni di Napoli nel ii5o fu da Eu-
genio III creato cardinale diacono
de' ss. Sergio e Bacco; concorse
alle elezioni di Anastasio IV, e di
Adriano IV, sotto del «piale ter-
minò di vivere.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni francese, monaco ed abbate be-
nedettino ilei tnonislero di Dol
nella provincia di Bourges, in da Eu-
genio III nel l i5o creato cardina-
le, e se ne mostrò ben degno pel
suo gran senno e valore nel ma-
neggio degli all'ari ecclesiastici, on-
de lasciò alla posterità copiosi mo-
numenti del suo ingegno. Il Pan-
vinio gli attribuisce il titolo dei
ss. Silvestro e Martino ai Monti,
GIO
però gli attuari del Ciacconio ne
dimostrano la falsità.
GIOVANNI , Cardinale. Ca-
varmi fu da Alessandro III del
1 1 5(j creato cardinale prete dei
ss. Giovanni e Paolo, e nel 11 78
sottoscrisse una bolla di tal Papa,
per Oprando abbate del monistero
di s. Simpliciano nella diocesi di
Milano.
GIOVANNI, Cardinale. Gio-
vanni nel marzo del 1 1 78 fu da
Alessandro III creato cardinale dia-
cono di s. Angelo, indi da Lucio
III inviato legato a Costantinopoli
per ridurre alla Chiesa romana gli
scismatici, i quali con percosse ini-
quamente lo cacciarono, onde tor-
nato in Roma morì nel 1182.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni prete cardinale del titolo di s.
Marco alle l'alatine , sottoscrive
molte bolle di Lucio III del 1181.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni lombardo di nazione, vescovo di
Toscanella, nel 1181J fu da Cle-
mente III creato cardinale prete
del titolo di s. Clemente, in tem-
po del quale avendo Celestino 111
decorato Viterbo della cattedra ve-
scovile, l'unì alla chiesa di Tosca-
nella, insieme a L'ieda e Civita-
vecchi;!. Intervenne alla solenne
consagi azione che Celestino 111 le-
ce della chiesa di s. Lorenzo iu
Lucina di Roma. In Viterbo ac-
colse insieme a quattordici cardi-
nali Innocenzo 111, il quale vi con-
sagrò la chiesa di s. Marco, e poi
nel ii«i') trasferì il cardinale al
vescovato di Albano. Neil' ultimo
anno di questo ebbe lite coli abba-
te di Grottal'errata, riguardante i
diritti della chiesa di s. Nicolò di
Nettuno, che il Papa decise in fa-
vore del cardinale. Sembra ch'egli
abbia latta una visita generale di Stta
GIO
diocesi, e che perciò tenesse ordi-
nazione in s. Maria di Nemi di
pertinenza allora de' monaci di s.
Anastasio, come dicemmo parlan-
do di Nemi all' articolo Genzano.
I monaci , per la contrarietà che
mostrarono sempre ai vescovi, cre-
dendo lesi i loro privilegi, caccia-
rono dalla chiesa gli ordinati. Mo-
rì in Roma nel 12 io.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni patrizio salernitano, monaco
cassinese, nella Pentecoste del 1 191
fu da Celestino III creato cardina-
le prete del titolo di s. Stefano a
Monte Celio, indi legato d'Alema-
gna. Dopo la morte del Papa es-
sendo slato eletto suo successore
da dieci cardinali, per soffocare
nel suo nascere uno scisma e di
funeste conseguenze, con eterna
gloria del suo nome cede spon-
taneamente al diritto di elezione, e
guadagnò que' voti a favore del
cardinal Lotario Conti, il quale
restò canonicamente eletto col no-
me d'Innocenzo III. Questi lo de-
corò di onorevoli legazioni, prima
nel regno di Napoli, insieme col
cardinal Gherardo, per invitare i
baroni di quel dominio a desistere
di favorire il tiranno Mareualdo,
ed a mantenersi fedeli a Federico
11, di cui il Papa era tutore. Si
trasferì in seguito con lo stesso ca-
rattere nella Sicilia, per mantene-
re nella debita ubbidienza quel-
1' isola dalla santa Sede data in
investitura a Federico II. In que-
sta legazione per la bravura del
cardinale, il conte di Lameste giu-
stiziere del regno , promise con
pubblico e solenne giuramento di
ubbidire agli ordini della Chiesa
romana. Passò in seguito nella Sco-
zia e nell'Irlanda, ed ivi pure di-
portasi da fedele ministro della
GIO 75*
santa Sede, con l'esercizio delle più
sublimi virtù, e tra le altre di una
eroica astinenza dal vino e dalle
carni, né sembra doversi valutare
la taccia che di avaro gli die Ro-
gerio Ovedeno storico inglese. Men-
tre si trovava in Irlanda Innocen-
zo III gli scrisse diverse lettere, in-
culcandogli di eliminare il detesta-
bile abuso ivi introdottosi, che i
figli e i nipoti succedessero agli
avi ne' benefizi ecclesiastici. Morì
nel 1208 o nel 12 io in Roma,
o verso il 1 2 1 2 secondo il Ciac-
conio.
GIOVANNI, Cardinale. Gio-
vanni suddiacono, notaio aposto-
lico, e pontifìcio cappellano, insi-
gnito del titolo di maestro, nel
marzo o dicembre 120J Innocen-
zo III lo creò cardinale diacono
di s. Maria in Via Lata, e vice-
cancelliere di s. Chiesa. Avendo
Giovanni re d' Inghilterra eccitala
una fiera persecuzione contro gli
ecclesiastici di quel regno, il Pa-
pa per I' esperienza che aveva del-
la fedeltà , saviezza e valore del
cardinale, lo spedì colà per legato,
ove restò per due anni; indi in
coinpaguia del cardinal Pietro si
trasferì nelle Gallie per stabilir
la pace tra i re di Francia e d'In-
ghilterra, ove persuase il primo a
riprendere la ripudiata moglie. Fu
onorato di diverse lettere da In-
nocenzo III, e morì nel 12 io.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni cappellano pontificio ossia udi-
tore di rota, nel marzo o dicem-
bre !2o5 Innocenzo III lo creò car-
dinale diacono J sottoscrisse varie sue
bolle, intervenne all'elezione di O-
norio III, e morì nel 12 17 circa.
GIOVANNI, Cardinale. Giovan-
ni nel 121 1 fu da Innocenzo III
crealo cardinale prete del titolo
76 GIO
di s. Prassede, indi Io deputo giu-
dice in una causa, e poscia Jo
inviò legato in oriente, ove fu
imprigionato dal duca Teodoro
Comneno, ma per la mediazione
di Giovanni vescovo di Crotone
nel 12 17 fu liberato. Intervenne
ai sagri comizi di Onorio III, e
morì verso il 1121.
GIOVANNI m Raousi, teologo
distinto del secolo XV. Entrò da
giovine nell'ordine di s. Domeni-
co; la perizia acquistata nelle lingue
orientali fu per lui un soccorso per
penetrare i sensi più reconditi del-
le divine Scritture , ed arricchirsi
di' quanto gli scrittori greci antichi
e moderni hanno di più raro. Pre-
se la laurea dottorale a Parigi , e
nel 1^.16 fu eletto procuratore ge-
nerale del suo ordine presso la cor-
te di Roma, sotto il Papa Marti-
no V, che lo nominò uno de' suoi
teologi al concilio di Basilea. Fu
pure scelto a presiedervi in luogo
del cardinale Giuliano Cesarmi che
non poteva trovarvisi all'apertura.
Giovanni giunse a Basilea nel 1 4-3 1 ,
e vi perorò con molta forza. In
seguito parlò per otto mattine nel
concilio, per combattere la dottrina
degli ussiti. Fu spedito a Costan-
tinopoli in qualità di legato, all'ine
d' indurre l'imperatore Giovanni
Paleologo ed il patriarca Giuseppe
a mandare deputati a Basilea per
trattarvi la riunione; il che otten-
ne. Ma i greci non avendo fatto
nessun conto di quanto i loro am-
basciatori avevano promesso al
concilio, fu Giovanni inviato nuo-
vamente a Costantinopoli con mol-
ti altri, e dopo molte conferenze
giunse a far sottoscrivere alcuni
articoli. Egli trovavasi ancora a Co-
stantinopoli quando il senato di
Ragusi a' 3o dicembre i/j.35 Io
GIO
propose per un vescovato della
Dalmazia, che non volle accettare.
Ottenuto finalmente quanto bra-
mava dall'imperatore e dal patriar-
ca, tornò a Basilea , dove credesi
che arrivasse coli' ambasciatore del
Paleologo in principio di febbraio
1437. Poco dopo fu deputato pres-
so il Pontefice Eugenio IV in occa-
sione della divisione che manifestossi
nel concilio a' 7 maggio di quel-
l'anno, ed in appresso fu inviato
per la terza volta a Costantinopoli.
Questa nuova negoziazione non sor-
fi un esito felice ; Giovanni si ri-
mise in mare, e arrivò a Venezia
l'8 febbraio 1 438. Dopo tal epo-
ca la storia di questo legato è in-
certa. Alcuni pretendono col padre
Echard, che abbia sempre aderito
al concilio di Basilea, e che dal-
l'antipapa Felice V sia stato fatto
vescovo d' Argo nel Peloponneso,
e quindi cardinale, come scrivem-
mo al volume IV, pag. 171 del
Dizionario. Altri vogliono che ab-
bia abbracciato il partito di Eu-
genio IV, e che questo Pontefice
gli conferisse il vescovato d'Argo
al suo ritorno dal terzo viaggio di
Costantinopoli. Secondo l'opinione
più comune egli visse fino do-
po l'anno 1 44-3- Gli scritti che
di lui ci rimangono sono: i.° Il
lungo discorso da lui recitato nel
concilio di Basilea contro gli errori
degli ussiti , riportato nella storia
di quel concilio, e dal Bzovio nel
toni. XVI degli annali ecclesiasti-
ci. 2.0 Gli atti della sua legazione
a Costantinopoli, che trovatisi fra
quelli del concilio di Basilea , e
quattro lettere sul medesimo sog-
getto, che veggonsi manoscritte nel-
la biblioteca del granduca di Fi-
renze. 3.° Una relazione de' suoi
viaggi in oriente , conservataci da
GIO
Leone Allacci. 4-° Un sermoue in
lode di s. Benedetto, pronunciato a
Roma nel i43o in presenza dei
cardinali. La sua opera sui nomi
indeclinabili ed alcuue espressioni
della Bibbia, che condusse a fine
in Costantinopoli, non si trova.
GIOVANNI (s.) d'Acri. V. Acri.
GIOVANNI BATTISTA e TOM-
MASO (ss.), Ordine equestre. In Ac-
cona, non in Ancona, alcuni zelanti
e pii gentiluomini gli dierono ori-
gine per soccorrere gl'infermi , da
loro caritatevolmente accolti in di-
versi ospedali appositamente eretti,
che poscia furono ridotti in com-
mende a causa delle pingui lascite,
e di molti privilegi conceduti ai
medesimi dai sommi Pontefici, i
quali avendo innalzato i gentiluo-
mini al grado di cavalieri, sotto gli
auspico de' ss. Gio. Battista e Tom-
maso, li obbligarono quindi a fare
la guerra ai masnadieri, per faci-
litare e rendere sicuro 1' accesso dei
pellegrini a Terra Santa , secondo
alcuni autori che scrissero degli or-
dini militari ed equestri. L' ordine
fu chiamato anche di Tolemaide
e d'Acri, nomi co' quali si chiamò
Accona o Accaron. Alessandro IV
approvò l'ordine, e Giovanni XXII
lo confermò sotto la regola di s.
Agostino. Alfonso X il Savio re di
Castiglia, avendo chiamato nel suo
stato molti di questi cavalieri per
guerreggiare contro i mori, li ricolmò
di benefizi, e nel suo testamento
gli lasciò considerabili ricchezze;
ma per le perdite fatte nella Siria,
indebolitosi 1' ordine, venne riunito
al Gerosolimitano, che in molte co-
se ne somigliava l'istituto e lo spi-
rito. Il padre Bonanni, che nel Ca-
talogo degli ordini militari ne ri-
porta a p. L1X la figura, dice che
l' insegua consisteva in una croce
GIO 77
rossa piana, terminata con le punte
a martello, e in mezzo di essa era-
no le immagini de' ss. Gio. Batti-
sta e Tommaso.
GIOVANNI POLI o GIOVAN-
NOPOLI. Borgata o piccola citta
che Giovanni Vili dell' 872 fab-
bricò sulla via Ostiense, per mette-
re al coperto la basilica di s. Pau-
lo dalle incursioni e piraterie dei
saraceni, e dalle vessazioni delle ma-
snade, onde gli diede il suo ponti-
ficio nome. In processo di tempo
andò distrutta, come si disse al
voi. XII, p. 211 del Dizionario.
GIOVENAZZO (Juvenacen). Cit-
tà vescovile del regno delle due
Sicilie, nella provincia di Terra di
Bari, posta su d' una roccia in ri-
va al mare Adriatico , con titolo
di ducato , capoluogo di cantone.
L'origine della città è assai anti-
ca, e si chiamò Natiohim Juvena-
cium: le sue mura, e l'elevato ca-
stello vecchio dimostrano come fos-
se un tempo validamente munita.
Rinchiude oltre la cattedrale, fatta
edificare dall' imperatore Federi-
co I nel 11 83, diverse altre chiese,
vari ospedali, ed istituti di benefi-
cenza per l'educazione, pei fanciulli
esposti, pei mendicanti e vagabon-
di. Contiene circa settemila abitanti,
ed ha il territorio ridondante di
cereali , vino , olio ed amandorle.
Dicesi che sia stata fabbricata sul-
le rovine dell' antica Ignatia, e fu
signoria della nobile famiglia del
Giudice.
La sede vescovile, al dire di Com-
man ville, fu eretta verso l'anno
65 1, sotto la metropoli di Bari,
altri più tardi fanno fondata que-
sta sede , cioè nel decimo o uel
decimoprimo secolo, ed è perciò
che alcuni ne fanno pruno vescovo
Pandouo del q5i, altri Giovanili
78 GIO
del 107 1, il quale intervenne alla
solenne dedicazione che il Papa A-
Jessandro II fece della basilica di Mon-
te Cassino, e governò venticinque an-
ni. Nel 1096 gli successe Pietro che
consacrò la chiesa di s. Eustachio
di Padula nella diocesi; nel 1 1 1 3
Bernerio che ottenne dalla regina
Costanza le decime sulla città , in
suffragio dell' anima del suo defun-
to marito Boeniondo principe di
Antiochia. Orso del 1124 seguen-
do le parti di Anacleto II antipa-
pa ne ottenne un privilegio. Berto
del 1172 sperimentò con la sua
chiesa la munificenza del re Gu-
glielmo. Paolino del 11 84 consacrò
il nuovo battisterio. Pietro nel
1226 eletto dal capitolo, fu con-
fermato da Onorio HI. Leonardo
de Sermineto, monaco di Fossa -
nuova, ben accetto ad Innocenzo IV
per esemplarità di vita e lettera-
tura, nel 12 53 fu promosso a que-
sta chiesa. Salvio eletto dal capito-
lo, fu confermato da Gregorio X
nel 1275. Fr. Giovanni da Traili
de' minori, a'2 maggio 1283 con-
sagrò solennemente la cattedrale.
Fr. Guglielmo inglese de' minori,
nel i32Q ottenne dal re Roberto
la reintegrazione dei diritti spettanti
alla chiesa. Giacomo Morola o Mo-
roni nel i333 divenne vescovo del-
la patria. Bonifacio IX nel 1390
dalla sede di Tropea trasferì a que-
sta Francesco Balmolino ; gli suc-
cesse Grimaldo de Turcoli di Gio-
venazzo. Nel i/±55 Calisto III fece
commendatario di questa chiesa il
cardinal Antonio de la Cerda del
titolo di s. Grisogono. Ebbe a suc-
cessore il vescovo Ettore Galgano
d' Aversa nel 1 4^7 > cne ottenne
dal re Alfonso 1 la conferma di
tutti i privilegi. Nel 1462 Pao-
lo II fece vescovo della patria Ma-
GIO
lino Morola o Moroni. Pietro di
Recanati, vescovo del 1 4-7 ' > otten-
ne dal re Ferdinando un diploma
in favore di Giovenazzo : interven-
ne alla canonizzazione che in Ro-
ma celebrò Innocenzo Vili di s.
Leopoldo IV, marchese d' Austria.
Gli successe nel 1 4f)^ Giustiuo Plan-
ca nobile di Giovenazzo, oriondo
romano. Leone X nel 1 o 1 7 vi co-
stituì perpetuo amministratore il
cardinale Lorenzo Pucci, il quale
rassegnò la sede con diritto del re-
gresso a Giacomo Tramarino di
Giovenazzo, e poi fece altrettanto
con Marcello Planca pure di Gio-
venazzo. Nel 1^28 fu da Clemen-
te VII fatto vescovo Lodovico For-
conio, virtuoso ed egregio aquilano.
Giovanni de Piibera spagnuolo del
1 J49 intervenne al concilio di Tren-
to, il quale trasferì le monache
benedettine nell'interno della città,
presso la chiesa de' ss. Gio. e Pao-
lo, e fu benemerito ed esempi. ne
vescovo. Sebastiano Barnaba eresse
nella cattedrale una cappella al ss.
Crocefisso, ed ottenne da Grego-
rio XIII l'indulgenza perpetua per
quelli che la visitassero.
Lodati vescovi furono Luciani)
de Rossi, e Gio. Antonio Vipera-
Di, Gregorio Santacroce, e Giulio
Masi nobile fiorentino, il quale ab-
bellì la cattedrale, ornò la cappella
del Crocefisso, rinnovò il battiste-
rio, eresse una cappella alla Beata
\ ergine di Loreto, e fuori della
città la chiesi di s. Maria della
Misericordia, chiamò i cappuccini
a stabilirsi in Giovenazzo, e pose
la prima pietra alla loro chiesa di
s. Carlo. Il vescovo Carlo Maranta
napoletano, nobile, dotto ed illu-
stre, celebrò il sinodo, pose la pri-
ma pietra nella chiesa di s. Maria,
e de' ss. Giusto, Carlo e Filippo
GIO
fuori della città, e nel ìG">-j fu
trasferito alla sede di Tropea da
Alessandro VII. Il vescovo Michele
Vaginali rifece l' episcopio , e il
convento de' minori conventuali ;
gli successe nel 1 67 1 Agnello Ai-
feri, come il predecessore de' minori
osservanti: ristorò la cattedrale, fe-
ce altri miglioramenti all'episcopio,
consagrò la chiesa de'cappuccini, sos-
tenne ancor lui grave lite coi cittadi-
ni di Terlizzi,e si esercitò in diverse
pie opere. Nel 1693 Innocenzo XII
nominò vescovo fr. Giacinto Chyur-
lia, di nobilissima ed antichissima
stirpe greca, che in più modi si rese
benemerito di questa chiesa : eresse
per le povere orfane il pio luogo
detto il Monte della Carità, edificò
e consagrò la chiesa di s. Felice,
ingrandì il monastero delle mona-
che benedettine di s. Gio. Batti-
sta, e fece quelle altre commende-
voli cose che si leggono Dell' Italia
sacra dell' Ughelli , tom. VII, p.
770 e seg. La continuazione della
serie de' vescovi si legge nelle an-
nuali Notizie di Roma. Mentre era
vescovo di Gioveuazzo Paolo de
Mercurio di Camerata, fatto vesco-
vo nel 1731 da Clemente XII, il
Pontefice Benedetto XI\ a' 26 no-
vembre 1749 eresse in cattedrale
la chiesa di Tei lizzi [Fedi), e 1' u-
nì a quella di Giovenazzo, ed il
primo vescovo di Giovena770 e
Terlizzi uniti Cu Giuseppe Orlandi
monaco celestino, di Tricase, fatto
dallo stesso Benedetto XIV nel
17I2. Indi di Giovenazzo e Ter-
lizzi ne fu ultimo vescovo Michele
Continisi d' Altaiuura, fallo vescovo
da Pio \ I nel 1 7 7G, dappoiché nel-
la nuova circoscrizione ili diocesi,
ohe Pio VII fece ad istanza del re
Ferdinando I, per l* autorità della
bolla De uiiliori domiiiicae, \ Lai.
GIO 79
pulii 1818, soppresse le sedi di
Giovenazzo e Terlizzi, e le assegnò
alla diocesi di Molfetta [Vedi), di
cui fece vescovo nel 1820 monsi-
gnor Filippo Giudice Caracciolo di
Napoli, che poi il Papa che regna
creò cardinale, avendolo sino dal
1 833 traslato alla sede di Napoli. Il
medesimo regnante Gregorio XVI,
ad istanza dell' odierno monarca
delle due Sicilie Ferdinando II, re-
stituì a Giovenazzo ed a Terlizzi
l' onore di cattedrali vescovili, la-
sciandole unite a Molfetta; e nel
concistoro de' 19 maggio 1837, fe-
ce vescovo di Molfetta, Giovena/zo
e Terlizzi l'attuale monsignor Gio-
vanni Costantini di Cosenza, essen-
do tulte e tre le sedi immediata-
mente soggette alla santa Sede.
La cattedrale di Giovenazzo è
sacra a Dio , sotto l' invocazione
della Assunzione della B. Vergine,
essendo composto il capitolo della
dignità dell' arcidiaconato, di sedici
canonici, compresi il teologo ed il
penitenziere , di venti mansionari,
e di altri preti e chierici addetti al
divino servizio. La cattedrale ha il
batlisterioj e la cura parrocchiale è
affidata all' arciprete. Non avvi al-
tra parrocchia, ma alcuni conven-
ti e monasteri di religiosi d'ambo
i sessi, un conservatorio di donzel-
le , diversi sodalizi , ospedale e
monte di pietà.
GIOVIAMO, Cardinale. Gioca-
no prete cardinale del titolo di S.
Emiliaua, fiorì nel 4g4> nel ponti-
ficato di s. Gelasio I.
GIOVIMANO, Cardinale. Gio-
viniano cardinale prete del titolo
di s. Sabina, intervenne al concilio
romano dell'853, tenuto da s. Leo-
ne IV.
GIOVJNIÀNO, eresiarca del IV
secolo. Passò i primi anni li» le
8o G I P
austerità della vita monastica in un
monastero governato da s. Ambro-
gio, in uno de'sobborghi di Milano,
dal quale uscito, si recò in Roma,
ove cominciò a seminare i suoi er-
rori. Dopo esser caduto nell' em-
pietà lasciò la "vita mortificata , e
si diede allo stravizzo , vantandosi
tuttavia di essere monaco. Predi-
cando egli una dottrina piacevole
ai sensi , ebbe in Roma molti se-
guaci dell' uno e dell' altro sesso.
] suoi errori furono molti : egli di-
ceva che la verginità non era pre-
feribile al matrimonio ; che i bat-
tezzati non potevano più peccare;
che tanto merita chi digiuna, quan-
to chi mangia ringraziando Dio ;
che in cielo tutti hanno premio
eguale , e che tutti i peccati sono
eguali ; che Maria non restò ver-
gine dopo il parto. Quest' ultimo
errore fu tenuto ancora da Incma-
ro, Wicleffo, Pietro Martire, e Mo-
lineo, e con questi anche da Sa-
muele Rasnagio. S. Girolamo e s.
Agostino scrissero contro Giovinia-
no, il quale fu condannato in un
co' suoi seguaci dal Pontefice s. Si-
ricio in un sinodo romano tenuto
nel 390, e poco appresso in un
altro celebrato da s. Ambrogio in
Milano. Finalmente essendo stato
esiliato dall'imperatore Teodosio, e
di poi anche da Onorio in Boas
sulle coste della Dalmazia , morì
miserabilmente fra la crapula e la
lascivia, circa l'anno f\.\i.
GIOVINO (s.). V. Giova (s.).
Gì O VITA (s.). V. Faustino e
GlOYITA (SS.).
G1PSARIA. Sede vescovile del-
la Mauritiana Cesariana, nell'A-
frica occidentale, sotto la metropo-
li di Giulia Cesarea. Germano suo
vescovo intervenne nel 4-H alla
conferenza di Cartagine.
GIR
GIRACLA. Città vescovile di
Sardegna, situala nella parte set-
tentrionale , all' oriente di Sassari.
Giracla o Gisara fu eretta nel se-
colo XII, e nel principio del se-
colo XVI fu unita ad Otana, la
qual sede nel medesimo secolo
venne unita ad Alghero (Vedi).
La chiesa cattedrale era sotto lin-
vocazione di s. Antioco; aveva un
piccolo capitolo composto delle di-
gnità dell' arciprete, del decano, e
di cinque canonici. 11 vescovo or-
dinariamente risiedeva in Arderà,
luogo della diocesi, e ne fu il pri-
mo Pietro del 1 1 1 6, che poi as-
sistette allaconsagrazione della chie-
sa di s. Saturnino, fatta dall'arci-
vescovo di Cagliari, essendo questa
sede allora sulfraganea della me-
tropoli di Sassari. Gli successe
Mariano Thelle, e dopo di lui
sedettero altri quindici vescovi si-
no al i49F> riportati dal Mattei
nella Sardinia sacra a p. 2 1 3 e
seg. Questa chiesa fu conosciuta
con differenti nomi, cioè: Gira-
clensis, Bisargensis, Bisarcluensis,
Guisarchensis , Giphardensis, Gra-
vellensisy e Gisardensis. Al pre-
sente è vescovo d'Alglrero mon-
signor Pietro Raffaele Arduini dei
minori conventuali , già vescovo
di Carra ìli partibus, fatto dal le-
gnante Gregorio XVI nel concisto-
ro de'3o gennaio 1 8 J 3.
GIRAMONA o GIROMUNTA.
Sede vescovile nella Mauritiana Ce-
sariana, nell'Africa occidentale, sot-
to la metropoli di Giulia Cesarea.
Reparato suo vescovo fu alla con-
ferenza di Cartagine del 4^4> <\uuì-
di venne esiliato dal re dei van-
dali Unnerico.
GIRARDO (s.), monaco di Fon-
tenelle. V. Vandregesilo (s.).
G1UARDO, Cardinale. Giraldo
GIR
prete cardinale del titolo in Fa-
sciola, ossia de 'ss. Nereo ed Achil-
leo, è sottoscritto ad una bolla da-
ta in Laterano da Onorio II nel
1129, a favore del monistero di
Vendòme nelle Gallie.
G1RAUD Bernardino, Cardina-
le. Bernardino de' conti Giraud no-
bile romano , nacque in Roma ai
i4 luglio 172 1, e meritò per gli
studi e felice ingegno di essere fatto
a' 26 aprile 1763 da Clemente
XIII uditore di rota, e quindi dal
medesimo promosso alla nunziatu-
ra di Parigi, dichiarandolo nel con-
cistoro de' 6 aprile 1767 arcive-
scovo di Damasco hi partibus. Si
guadagnò la grazia del re Luigi
XV, che con piacere la sera fa-
ceva una partita di giuoco con lui.
Dai numeri 8296 e 83 18 de Dia-
ri di Roma del 1 77 1 si ha come
Clemente XIV con breve speciale
l'autorizzò, come nunzio di Parigi,
di ricevere in suo nome la solenne
professione di madama di Francia
Luisa Maria monaca teresiana scal-
za nel monistero di s. Dionigi, fi-
glia del re, e come il Papa par-
tecipò in concistoro al sacro colle-
gio la seguita solenne professione
nelle mani del nunzio, il quale di-
cesi che in questa funzione fu au-
torizzato vestire gli abiti cardinali-
zi. Quindi lo stesso Clemente XIV
li 17 giugno di detto anno lo creò
cardinale prete, ma riserbandolo in
petto lo pubblicò nel concistoro
de' 19 aprile 1773, per cui si leg-
ge nel numero 8468 del Diario,
che il Papa dichiarò cameriere d'o-
nore il conte Stefano fratello del
cardinale, acciò quale ablegato apo-
stolico gli presentasse in Viterbo
la berretta cardinalizia. Ritornato
in Roma gli conferì per titolo la
chiesa della ss. Trinità al monte
VOL. XXXI.
GIR 8r
Pincio, avendolo fatto arcivescovo
di Ferrara, al modo che dicemmo
al voi. XXIV, p. 184 del Dizio-
nario. Si narra che nel conclave
in cui fu eletto Pio VI Braschi, il
cardinale potè riuscire a fare an-
nullare l'esclusiva che 1' ambascia-
tore di Francia voleva dare al por-
porato Braschi, mostrando una let-
tera autografa del re Luigi XVI,
ove questi dichiarava nulla avere
da dire contro il cardinal Braschi.
Per gratitudine Pio VI accettò la
di lui rinunzia all'arcivescovato di
Ferrara, ed offrendogli quella ca-
rica che più gli piacesse, egli scel-
se quella di pro-uditore, che funse
sino alla morte. La benevolenza di
Pio VI giunse a tal segno, che
spesso lo andava a visitare nel di
lui bel palazzo in Borgo , palazzo
che poi acquistò la nobile famiglia
Torlonia, e ne parleremo a Palaz-
zi di Roma. Quando però Pio VI
nel 1782 si decise di andare a
Vienna, il cardinale vi si oppose,
e tanto si disgustarono eh' egli si
astenne di recarsi alla consueta u-
dienza, mandandovi il proprio udi-
tore Rovarelli che fu poi cardina-
le. Prima che il Pontefice ritor-
nasse in Roma , sorpreso il cardi-
nale da una colica morì d'anni ses-
santuno e circa tre mesi, la notte
venendo il 3 maggio 1782, nel
detto palazzo di sua famiglia. Nel
numero 768 del Diario si raccon-
ta l'ultima sua infermità, e quan-
to andiamo a riportare in succin-
to. Il suo cadavere Cu trasportalo
nella chiesa di s. Maria in Valli-
cella, ove ne' funerali cantò la mes-
sa il cardinal Zelada alla presen-
za di dieciotto cardinali ; indi fu
tumulato avanti la cappella genti-
lizia di sua famiglia, dedicata alla
Venuta dello Spirito Santo Con
r,
82 GIR
sua disposizione testamentaria ordi-
nò la celebrazione di tremila mes-
se in suffragio della propria ani-
ma ; lasciò duecento scudi ai po-
veri della sua parrocchia di s. Gia-
como a Scossacavalli; le sue pia-
nete nobili le donò al titolo ed alla
chiesa che ne contiene il corpo, al-
tri paramenti sacri e calici alla det-
ta parrocchia ; due rispettabili le-
gati ai conti Alessio e Ferdinando
suoi fratelli; la paga in vita a mol-
ti famigliari, oltre la consueta di-
stribuzione di tremila scudi a tutta
la famiglia, ed in luogo del cor-
ruccio e quarantene dispose sei me-
sate a cadauno de' suoi famigliari.
Del resto istituì eredi i poveri, e
per essi il Papa Pio VI, acciò ne
disponesse nel modo che credeva
più conveniente, al quale donò un
quadro di Giulio Romano rappre-
sentante la sacra Famiglia. Nel nu-
mero i324 poi del Diario del
1787 si legge l'iscrizione sepolcra-
le di marmo, decorata di vago or-
nato di fini marmi a più colori ,
posta sulla sua tomba d'ordine di
detto Pontefice, perciò essa termi-
na con queste espressioni: Cui mo-
numentimi faci uni est fussu D. N.
Pii FI Pont. Max. Quem in sub-
sidium eeenorum heredem ex te-
stamento reliquit. Si sa che Pio VI
erogò 1' eredità a vantaggio dilla
fabbrica del Conservatorio Pio,
nella erezione d' una scuola di di-
segno nelle Scuole cristiane a s.
Salvatore in Lauro, ed in altre li-
inosinc. Dal (in qui detto resteran-
no confutate le calunnie sparse
mentre Pio VI era in Vienna, cioè
ch'egli avea trovato presso l'im-
peratore Giuseppe 11 dei rescritti
ilei cardinale , che lo autorizzava
di cose ignorate dal Papa, che pei-
ciò questi divisava piendere forti
GIR
misure, e che il cardinale non era
morto, ma fuggito in Francia, di-
cendosi essersi preso un cadavere
all'ospedale di s. Spirito, ponendo-
gli sul volto la maschera del car-
dinale. Né deve tacersi, che i fra-
telli Giraud, allorché Pio VI armò
contro le armate repubblicane, cor-
risposero all' invito ch'egli fece nel
1796 a' suoi sudditi di aiutarlo,
ed offrirono trenta uomini con ve-
sti, armi e cavalli, esibendosi pronti
a militare eglino slessi come volon-
tari, come si legge nel tom. I, p.
i43 della Relazione dell'avversi-
tà ce. di Pio FI, del eh. monsig.
Baldassarre Questo cardinale fu an-
noverato alle congregazioni conci-
storiale, dell'esame de' vescovi, del
concilio, de' vescovi e regolari, del-
la rev. fabbrica, della visita, e del-
l' indulgenze e sagre reliquie. Fu
protettore dell'ordine gerosolimita-
no, di quello de' monaci girolami-
ni, di quello de' minori osservan-
ti, riformati, e del terz' ordine di
s. Francesco ; dei monistcri di s.
Rosa e delle duchesse di Viterbo,
di s. Chiara di Sezze, della ss. Tri-
nità di Todi, de' ss. Filippo e Gia-
como d'Ischia, e del Divino Amo-
re di Monlefiascone ; del capitolo
e clero di Rimini, del collegio dei
dottori di Viterbo, e delle univer-
sità de' candellottari e cappellata;
delle città di Viterbo, Loreto, Ke-
pi, e di s. Elpidio, del Porto di
l'i 1 ino, di Mont Olmo, Montefio-
re , Barberano, Campi, Capo di
Monte, Lugnano, e Castiglione del-
la Teverina. Dal suddetto conte
Ferdinando fratello del cardinale
nacquero Pietro, Giovanni, Giu-
seppe e Francesco : fra questi si
distinse il conte Giovanni celebre
commediografo romano, la cui bella
biografia scrisse il eh. Luigi Car-
GIR
(Tinnii, e si legge nel giornale di
Roma l' Album nnin. 4?j ^el ' 83c),
col ritratto somigliante del conte,
bene inciso, del quale abbiamo in
sedici tomi le Opere edite ed ine-
dite, Roma 1840 pel Monaldi. V.
il Diario di Roma n.° 4o, del i844-
GIRBA, GERBA,o GIRPA. Vi
furono due città vescovili di que-
sto nome nell'Africa occidentale,
questa e la seguente. Questa Gir-
ila, detta anche Gisipa, nella pro-
vincia proconsolare, sotto la me-
tropoli di Cartagine, ebbe per ve-
scovi : Manilio, che nel 255 fu al
concilio cartaginese, adunato da s.
Cipriano ; Quodvultdeus, che nel
4- 1 1 con altri vescovi cattolici tro-
vossi alla conferenza di Cartagine;
Urbano, che nel 4^° fu rilegato da
Unncrico re de' vandali; e Donalo,
clic sottoscrisse al concilio riunito
nel 52 5 in Cartagine da Bonifacio,
GIRBA o GIRBITA. Sede ve-
scovile della provincia di Tripoli,
nell'Africa occidentale. Furono suoi
vescovi: Proculo, che fu al conci-
lio di Cabarsussa nel 394; Fausto,
che intervenne alla conferenza di
Cartagine, e poi fu esiliato nel 4§4
da Unnerico; e Vincenzo, che nel
5i5 si portò al concilio cartagine-
se, qual rappresentante la provin-
cia Tripolitana.
GIRGENTI (/fgrigentin). Città
eoo resilienza vescovile nel regno
delle due Sicilie, nella provincia
Valle minore di Girgenti, capo-
luogo della medesima, di distretto
e di cantone. È sede di una corte
eliminale, e di un tribunale civile.
Si estende sul pendio d'una mon-
tagna, detta già colle di Minerva,
della (piale dea nella parte più
erta si vedeva un tempio. Con*
Uniscono ai piedi di e>vi i fiumi
Drago e Sambiagio, che uniti si
GIR 83
gittano al mare col nome di Àca-
gras. Occupa l'antica Omphace,
luogo munito ed artificiosamente
edificato da Dedalo cretese per
servire a Cocalo di reggia. Fu poi
fortezza che guardava il sottopo-
sto Agrigento, il quale si compone
ora di un ammasso di ruderi, che
dicesi Girgenti vecchio. La città
presenta una vista amenissima, ma
poco è lodala la sua costruzione,
ed anguste ne sono le vie. Girgen-
ti ha un castello fortificato , ed è
piazza di guerra di terza classe.
Possiede un gran numero di cine-
se, compresa la cattedrale, ed am-
pie e ricche case religiose, con va-
ri stabilimenti benefìci : la catte-
drale fu costrutta nel luogo e coi
rottami dell'antico tempio di Gio-
ve ; è un vasto edilizio, ben illu-
minalo, e di una struttura intera-
mente acustica, per cui ha un no-
tabile e curioso eco. Questo edi-
ti/io, oltre a molti monumenti dei
suoi vescovi , contiene un antico
sarcofago, considerato pei bassori-
lievi di cui è adorno come una
meraviglia dell'arte; esso serve di
fonte battesimale. Ila un'accademia
di studi, con biblioteca, e copioso
gabinetto di medaglie. Il palazzo
municipale è il più distinto tra 1
palazzi. Questa città fa qualche
commercio col mezzo del suo pic-
colo porlo sul Mediterraneo sci-
vaio nel 1782, con molo, e mu-
nito di baloardo ed opportuno fa-
ro; questo porto è il solo della
costa meridionale dell' isola , ma
non può ricevere che piccoli na-
vigli. Presso il lido s' innalza nel
porto il caricatore de' grani, giac-
ché può la città chiamarsi l'empo-
rio di Sicilia per tale negozia/ione.
Il territorio circonvicino è filile e
delizioso. Presso al Drago vi sono
84 GIR
due sorgenti di nafta o petroleo;
a qualche disianza all'est della cit-
tà vi è un'abbondante miniera di
zolfo in attività , e più lunge al
nord si scuopre il vulcano Macca-
luba, le cui eruzioni consistono in
gas idrogeno.
Girgenti vecchio occupa il sito
dell'antica Agrigento: in mezzo alle
maestose rovine di questa vasta e
bella città s' innalzano molti con-
venti ; fra gli avanzi degli antichi
templi si osservano quelli di Gio-
ve Atabirio od Olimpico, di Giunone
Lucina, della Concordia, di Apollo,
di Venere, di Vulcano, di Diana,
di Ercole, di Castore e Polluce,
di Esculapio, di Cerere, e di Pro-
serpina; vi si scoprono ancora di
tratto in tratto dei vasi di gran
bellezza, ed altre importanti anti-
chità. L'imponente aspetto delle
rovine di Girgenti ricordano alla
memoria epoche ed avvenimenti
famosi ; essa si estendeva in dieci
miglia, e comprendeva immensa
popolazione di ottocentomila abi-
tanti, tutti dediti alle arti ed al
lusso, ove capolavori del genio de-
gli antichi decoravano le sue mu-
ra, avendovi Zeusi dipinto Vene-
re, studiando le forme delle più
avvenenti e perfette donzelle di
Agrigento. Meraviglioso prodigio
architettonico fu il tempio di Giove
Olimpico, splendidamente costrui-
to dai siciliani emulatori della Gre-
cia, lungo trecentosessanta piedi ,
largo sessanta, alto sopra terra cen-
toventi. Negli opposti suoi portici
stavano i preziosi bassorilievi , di
cui quello all'oriente mostrava ef-
figiata la battaglia dei giganti, e
quello all' occidente l' eccidio di
Troia ; gli smisurati avanzi di
questo edifizio possono dare idea di
sua sontuosità, e fu chiamato per-
GIR
ciò anche palazzo de' giganti. In
mezzo a tante rovine Agrigento
presenta ancora un tempio intatto
nella forma, già consacrato alla Con-
cordia, di cui sono celebrati i gre-
ci profili, la nobile dorica sempli-
cità, e la conveniente ed elegante giu-
sta distribuzione delle parti. Esso è
lungo centoventidue piedi e largo
cinquantadue, fu convertito in chiesa,
e deve la sua conservazione al corpo
di s. Gregorio che vi si venera. Gir-
genti fu patria d'Empedocle filo-
sofo e poeta, di Carcino poeta tra-
gico, di Acrone capo degli empiri-
ci, di Metello cantore, di Evhemer,
di Fcace architetto, e di altri uo-
mini celebri; ebbe ancora molti
illustri ecclesiastici, fra' quali nomi-
neremo il cardinal Lodovico Co-
nato arcivescovo di Palermo, e pa-
store di altre chiese. Una gran pi-
scina era fuori della città, profonda
venti cubiti, e del circuito di sette
stadi, ove si conservava immensa
quantità di pesce pei pubblici con-
viti : testimonianza del lusso a-
grigentino è pure la grandiosità
dei superstiti sarcofagi e sepolcri.
Narrasi del ricchissimo Gellia agri-
gentino, che manteneva pubblica
tavola da mangiare per qualunque
numero di forestieri che si trovas-
se nella città, i quali dai suoi pag-
gi venivano invitati; esempio che
fu poi da altri seguito ; ed in un
giorno avvenne, che novanta cava-
lieri di Gela arrivati nella cruda
stagione in Agrigento, trovarono
pronte altrettante clamidi e tuni-
che per cambiarsi di vestiario. Lo
smodato lusso aminoli talmente gli
agrigentini, che stretti da duro as-
sedio furono indotti ad ordinare,
che le sentinelle nelle notturne vi-
gilie non potessero avere più d'una
coltre e di due guanciali. Di A-
GIR
grigento ci lasciò una magnifica
descrizione Diodoro Siculo.
Pretendesiche Agrigentoabbia pre-
so il suo nome dal monte Agragas,
nome comune alla montagna ove
fu eretto, ed al fiume che le scorre-
va ai piedi. Furono i cittadini di
Gela che impresero a fabbricarla,
ma la colonia per la sua magnifi-
cenza, e numero degli abitanti, su-
però in breve la madre patria.
Credesi fondata nel primo anno
della cinquantesima olimpiade, cioè
58o anni avanti l'era volgare: Tu-
cidide narra che fu fondata dagli
abitanti di Gela 584 anni avanti
Gesù Cristo. Il suo governo talora
fu democratico, e talora monarchi-
co. Falaride esule della sua patria
Astapilea nell' isola di Creta, fu il
primo ad usurparvi il supremo po-
tere. Incominciò a regnare con la
generosità e colla dolcezza, ma usò
della maggior severità nel reprime-
re le sedizioni. Vi è però dell'esa-
gerato nei racconti delle sue tiran-
nie, anzi si reputa fàvola da molti
critici la formazione di un toro di
bronzo eseguita dallo scultore Pe-
rdio, per dare altrui lenta e tor-
mentosa morte, la quale vi trovò
egli slesso d' ordine di Falaride ,
che sdegnato di tanta atrocità con-
sacrò ad Apollo la macchina orren-
da. Abbiamo centoquarantasei let-
tere di Falaride, che se fossero
autentiche tornerebbero a suo grau-
d' elogio, per la saviezza ed umanità
di sentimenti in esse espressi. Indi
i romani ed i cartaginesi si dispu-
tarono a lungo il dominio di questa
città. A m dea re distrusse Agrigento
circa 4°f» ;,n,n prima dell'era vol-
gare. Dipoi nelle sue vicinanze nel-
l'anno 34o della medesima era, 1
cartaginesi furono sconfitti dai si-
racusani diretti da Timolcouc. Ric-
GI R 85
dificaia fu quindi, e presa dai ro-
mani l'anno 210. Questa città fu
una delle prime in Sicilia ad essere
occupata dai saraceni, allorché fu-
rono costretti a togliersi dall' asse-
dio di Siracusa nell'anno 825 o
828 di nostra era. Tali invasori si
ribellarono poscia nel 935 contro
il loro governatore, persona ingiu-
sta e rapace , per cui il califfo
Fatimata mandò dall' Africa un e-
sercito per castigarli : poterono re-
sistere fino all'anno 94°> essendo
stati soccorsi dai palermitani, an-
ch' essi ribelli ai maomettani. Fu
in tali luttuose circostanze , che
l'antica Agrigento maggiormente
soffrì, e fu saccheggiata. Soltanto
nel 1089 o 1093 fu ricuperata
dai cristiani comandati da Piuggero
duca di Puglia ; divenne quindi
dopo Siracusa una delle città più
considerabili della Sicilia , ebbe i
suoi signori particolari , e seguì la
sorte dell' isola ; soggiacque alla do-
minazione greca, nel 11 54 si sot-
tomise a Palermo, e fece parte del
regno.
La fede cristiana fu propagata in
Girgenti nei primi tempi della
Chiesa, e secondo la tradizione s.
Libertino ordinato da s. Pietro ne
fu il primo vescovo, e soffrì il mar-
tirio sotto gì' imperatori Vespasia-
no e Domiziano j verso l'anno 96
dell' era volgare. Altri dicono con
Commanville fondata la sede nel
quinto secolo , suffraganea di Pa-
lermo, e secondo le notizie greche
di Siracusa : al presente è suffira-
gaueo Girgenti della metropoli di
Monreale. Verso l'anno «)(> n'era
vescovo s. Gregorio, al tempo de-
ci' imperatori Valeriano e Gallieno,
e morì nel 262. Fra i successori
di s. Gregorio noteremo particolar-
mente s. Potamione che fiorì nel
86 GIR
pontificato di s. Agapito I del 535,
e dell' imperatore Giustiniano I.
S. Gregorio II, dell'ordine di san
Basilio, trovossi al concilio di Co-
stantinopoli del 553. 11 Boiler par-
la di s. Gregorio nato nel 55g a
Pretoria presso Agrigento, che nel-
l' età di trent' uno anni fu eletto
■vescovo dì questa chiesa. Essendo
poi stata la città soggetta ai sara-
ceni pel corso di più di un secolo
e mezzo, non vi furono più vesco-
vi dopo l' 8^5 sino al 1093, nel
qua] anno il duca Ruggero chiamò
in Sicilia s. Gerlando suo parente,
per occupare la sede di Girgenti.
Questa scelta venne approvata dal
Pontefice Urbano II, il quale con-
sacrò egli medesimo il nuovo ve-
scovo nel detto anno 1093. Morì
s. Gerlando nel r 1 o4, e si celebra
la sua festa a' 2 5 febbraio, ed ai
20 marzo giorno della sua trasla-
zione alla cattedrale, che fu a lui
dedicata. Gli successe Drogo, secon-
do la predizione del predecessore,
ma visse sei mesi, onde nel 1 io5
fu eletto Guarino, nel rri5 Al-
berto, e nel 11 27 Gualterio. Fra
gli altri vescovi successori nomine-
remo Bartolomeo del 1 172; Rinal-
do Acquaviva del 1244 \ Bertoldo
del i3o3, consacrato in Roma dal
Pontefice Benedetto XI ; Matteo
Orsini romano dell'ordine de' pre-
dicatori, eletto nel \'òirj ; Ottaviano
de Labro nobile palermitano del
i35o; fr. Pietro de Curtibus ca-
talano, degli eremitani di s. Ago-
stino del 1392; Gillòrte Riccobono
palermitano, cubiculario di Bonifa-
cio IX del 1393; fr. Filippo de
Ferrari, carmelitano di Caltaniset-
ta ; fi-. Lorenzo napoletano cisler-
ciense, nel 1422 fatto da Marti-
no V; Bernardo Bosco canonico di
s. Pietro nel i.|3(), che inlerven-
GIR
ne al concilio di Basilea ; il beato
Matteo IH da Cimarra de' minori,
il quale rinunziato il vescovato, mo-
rì santamente a' 7 febbraio 1 45 1 :
dipoi Clemente XIII con decreto
de' 2 1 febbraio 1767 ne approvò
il culto immemorabile. Ne fu suc-
cessore nel i445 fr. Antonio Pon-
ticorona domenicano di Palermo ;
indi nel i45i divenne vescovo fr.
Domenico Xart di Barcellona, mo-
naco cistercense; nel 1 4-7 2. Gio-
vanni III de Cardelli o Coltelli
benedettino; nel 1 479 Giovanni IV
de Castro di nobile famiglia spa-
gnuola di Valenza, eletto da Si-
sto IV, indi da Alessandro VI nel
1496 creato cardinale del titolo
delle ss. Aquila e Prisca, chiamato
il cardinal ti' Agrigento j nel 1 5o6
Giuliano Cibo genovese, fatto da
Giulio II di cui era cubiculario e
consanguineo, intervenne al concilio
generale Lateranense V, e morì
nel i537. Paolo III fece vescovo
d'Agrigento Pietro II Tagliavia, che
Giulio III nel 1 553 creò cardina-
le del titolo di s. Calisto ; Pao-
lo IV vi nominò il cardinal Ridolfo
Pio de' signori di Carpi ; Gregorio
XIII nel 1 574 Cesare Manelli no-
bile di Messina; Gregorio XIV nel
1590 Francesco del Pozzo nobile
messinese; Urbano Vili nel 1624
il cardinal Ottavio Ridolfì fioren-
tino del titolo di s. Agnese, cui die
per successore nel 1627 Francesco
Trahina palermitano, terminando la
serie che si legge nella Sicilia sa-
cra con Lorenzo Gioeni e Cardo-
na nobile di Palermo, fatto vescovo
nel 1730 da Clemente XII. I di
lui successori si leggono nelle an-
nuali Notizie di Roma. Per morte
del vescovo monsignor Ignazio M.011-
temaguo, il regnante Papa (nego-
rio XVI, nel concistoro de' 17 giù-
GIR
gno i844> dichiarò successore il
dottissimo p. Domenico Maria Giu-
seppe Lo- Iacono, preposito generalo
dei teatini , consultore delle sagre
congregazioni de'vescovi e regolari, e
dell'indice, esaminatore del clero
romano e de'vescovi, non che dot-
tore in sacra teologia, della diocesi
dì Girgenli.
La cattedrale è dedicata a Dio in
onore dell'Assunzione della 13. Ver-
gine e di s. Giacomo apostolo. Il ca-
pitolo ha quattro dignità, la prima
<• quella del decano, le altre sono
del cantore, dell'arcidiacono e del
tesoriere ; vi sono ventidue cano-
nici, compresi il teologo ed il pe-
nitenziere, sessanta mansionari, e
diversi preti e chierici addetti al-
l' ufficiatura della cattedrale. In
questa un canonico maestro cap-
pellano esercita le funzioni di par-
roco; avvi un magnifico batlisterìo,
e tra le reliquie ivi si venera con
gran divozione il corpo di s. (Mer-
lando vescovo e patrono di Gir-
genti. L'episcopio ampio e conve-
niente, resta contiguo alla cattedra*
le. Inoltre nella città vi sono altre
Ire parrocchie, munite del sacrò
fonte, una chiesa collegiata, undici
conventi e monisteri di religiosi,
tre monisteri di monache , alcuni
conservatoni, diversi sodalizi, l'o-
spedale, il monte di pietà, il semi-
nario con collegio , ove i giovani
alunni ■>' istruiscono nella teologia,
nel gius canonico, e nell'ecclesiasti-
ca disciplina. Ampia è la diocesi,
contenente molti luoghi , indicati
nella lettera apostolica , Ecclesiat
l hiversalis, emanata dal medesimo
Pontejfit i G > XVI a* i5 mag-
gio dello SteSSO .inno lSj|. COn la
quale nella circostansa che furono
erette nella Sicilia (piatirò nuove
diocesi, con disinemln amenti di al-
G I II 87
tre già esistenti, furono tolte circi
sessantamila anime da questa di
Gii'genti, ascendendo quelle restate
a circa duecento ventimila. Ouni
nuovo vescovo è tassato nei libri
della camera apostolica in fiorini
cinquecento, quorum vero valor
asccndit ad decem mille plus mi-
nus durata monetae neapolitanar.
GIROALDO (s.), abbate d. Fon-
tenelle. f^. Va.vdp.egesilo (s.).
G1ROLAMI Raffaele Cosmo,
Cardinale. Raffaele Cosimo Girola-
mi, patrizio fiorentino, nacque a' ro
settembre 16-0, dedicatosi agli stu-
di fece tali progressi nelle scienze,
che potè a buona ragione il pub-
blico annoverarlo tra i più dotti
ed eccellenti teologi del suo tempo.
Rinunziato il canonicato che go-
deva nella metropolitana di Firenze,
si trasferì a Roma , do\e appena
giunto, il cardinale Renato Impe-
riali lo prese per aiutante di stu-
dio, senza pregiudizio di continuare
a coltivare le scienze, per l' avan-
zamento delle quali istituì nel i6q5
un'accademia nella propria casa,
che veniva frequentata da uomini
eruditi e letterati , e che poi
V autorità ili Clemente XI si pei
petuò, e tuttora per-evera e gran-
demente fiorisce nell'archiginnasio
o università romana sotto il nome
di Accademia teologica, di cui
parlammo al voi. I , p. \~ e (.8
del Dizionario , mentre nel
XVI, p. •,. 8 e »g riportammo al-
tre notizie della medesima , delle
dispute, degli accademici, e delle
sue costituzioni. A questa beneme-
rita ed illustre accademia il Giro-
lami lasciò diecimila scudi, col
frutto ile' quali si dovessero pre-
miare quegli accademici , che
ingegn ■ >• i d"i e te lo 1 ssera me*
ritato. Clemente X.1 lo ammise in
88 GIR
prelatura, indi tra i votanti di se-
gnatura, lo dichiarò segretario della
congregazione delle indulgenze, con-
sultore de' riti e del s. offìzio, ed
esaminatore de' vescovi. Benedetto
XIII dopo averlo consacrato arci-
vescovo di Damiata, nel 1728 lo
promosse alla carica di assessore
del s. offìzio, e dopo dieci anni
Clemente XII lo trasferì a quella
di segretario della congregazione
de' vescovi e regolari. Benedetto
XIV, in ricompensa de' suoi singo-
lari meriti, a'g settembre 1 743 lo
creò cardinale dell'ordine de' preti,
col titolo di s. Marcello, lo fece
prefetto alla detta congregazione dei
vescovi e regolari, e di quella del-
le indulgenze, e prolettore dell'ac-
cademia teologica da lui fondata.
Mori in Roma a' 2 1 febbraio 1 748
d'anni settantotto non compiti,
con riputazione di dotto e di pio,
e fu sepolto nel mezzo della chie-
sa del suo titolo , in una tomba
fregiata con magnifico elogio.
GIROLAMINE o GIROLAMI-
TE, monache. Narra il p. Bonanni
a p. LXV del Catalogo degli or-
dini religiosi, part. II, Delle, vergini
a Dio dedicate, che non è certo
se l'ordine eremitano di s. Girola-
mo fosse da questo santo dottore
istituito, dappoiché siccome egli si
ritirò dal commercio degli uomini
in un luogo presso Betlemme, mol-
ti vollero imitarlo e si chiamarono
eremiti di s. Girolamo, come no-
tò l'Azorio nel libro XIII delle
Istituzioni morali. Fra gli altri
fiorì nella Spagna Pietro Fernan-
dez, il quale abbandonata la regia
corte, insieme cou alcuni compagni
si unì alla celebre congregazione
degli eremiti di s. Girolamo, in
un luogo detto Lupiana, vicino a
Toledo, clic poi da Gregorio XI
GIR
nel 1373 fu approvata e stabili-
ta. Ne fu imitatrice Maria Garzia
Alvarez di Toledo, nobilissima ma-
trona de' duchi d'Alva, la quale
impiegò le sue facoltà nella fab-
brica di un monistero, in cui vi-
vessero monache dell' ordine di s.
Girolamo, e lo dedicò a s. Pao-
la Romana, la quale fu discepola
del santo dottore insieme con al-
tre vergini, come si ha da Palla-
dio nel cap. 125 della sua Istoria.
Clemente XI con decreto del 1 702
permise a tutto l'ordine de'monaci
girolamini di fare I' uffizio e mes-
sa di s. Paola , considerata da al-
cuni scrittori dell'ordine monaca di
questo, ciò che già avea concesso
Sisto V con rito doppio di secon-
da classe ai monaci di Spagna.
Dipoi Innocenzo XIII nel 1723
concesse indulgenza plenaria nella
festa di tale santa, a quelli che
visitassero una chiesa della congre-
gazione di Lombardia nel giorno
della festa, confessati e comunicati,
come si legge nella costituzione
Inj'unctae nobis. Vestirono queste
vergini nel principio una tonaca
bianca, con pazienza grigia di la-
na, e si sottoposero alla direzione
del p. Pietro Fernandez. Poi u-
sarono tonaca bianca, e cappa ne-
ra aperta nella parte anteriore,
senza cappuccio, e con velo nero
sul capo, al modo che si vede nel-
la figura prodotta dal p. Bonan-
ni. V. Girolamini, ordine mona-
stico.
Il p. Annibali nel compendio
della Storia degli ordini religiosi,
nel tom. II, par. II, parlando a p.
32i della congregazione girolarai-
na di Spagna, dice che il moni-
stero di s. Paola, ove entrò Ma-
ria Garzia, già esisteva, e n'era su-
pcriora una sorella quando essa vt
GIR
si ritirò nella sua tenera età, in-
di essendone uscita con Maggiora
Gomez pia vedova, andò per To-
ledo domandando la limosina pei
poveri carcerati , quando il re di
Castiglia Pietro il Crudele, s'inva-
ghì di sua rara bellezza. Allora
Maria fuggì all'eremo di Sisla, ove
era una congregazione di di vote
donne, e quando morì la superio-
ra essendosi disciolta, con quelle
che la componevano si portò a To-
ledo, ove con l'eredità de'genitori
comprò una casa grande, cui fu
dato il nome di s. Paolo, nella
quale vestirono l'abito de'girolamini,
e fecero i voti solenni, finché Maria
in età decrepita ivi morì a' io feb-
braio 1 4^6. Aveva ordinato che
il suo corpo si portasse alla Ma-
donna di Sisla, non essendovi an-
cora nel luogo di s. Paolo la chie-
sa, ma bramando i suoi parenti di
farla seppellire nella cattedrale, al-
la fine fu consegnato ai padri gi-
rolamiui , che lo portarono cou
gran pompa a seppellire nella lo-
ro chiesa di Sisla. Nel i5io que-
ste religiose furono incorporate, con
altri monistcri fondati nella Spa-
gna, all'oidine di s. Girolamo nel
capitolo generale di questo, ed al-
lora fu che stabilirono di fare i
voti solenni, si obbligarono alla
clausura , e lasciato il nome di
beale o divote di s. Paolo di Ma-
ria Gatzia, furono tenute per
vere monache. Adottarono le stes-
se osservanze de' girolamini di Spa-
gna, così da nero cambiarono in co-
lor tanè lo scapolare e la cappa: di-
cesi che fu Leone \ che assegnò loro
le costituzioni de'monaci girolami-
ni di Spagna, in vece di quelle
delle religiose di s. Marta di Cor-
dova, che loro erano state date
.Li Siato IV nei i ì. 7 3. Queste
GIR 89
monache ebbero anche delle obla-
te. Anna di Zuniga, religiosa del
monistero di s. Paolo di Toledo,
descrisse le vite di seltantaquattro
monache morte nel medesimo. Del-
la pia fondatrice scrisse il Siguen-
ca ne\Y Istoria dell'ordine eremita-
no di s. Girolamo, lib. 4, cap. 46.
GIROLAMINI, Ordine monasti-
co. Il b. Tommaso da Siena, det-
to per umiltà o per la picciolez-
za della statura Tommasuccio, pro-
fesso del terz' ordine di s. France-
sco , ebbe molti discepoli i quali
osservando la medesima regola vi-
vevano sotto la di lui disciplina.
Alcuni di questi discepoli, in nu-
mero di sette o otto, abbandonati
diversi eremi nei quali abitavano
sopra una montagna delle Alpi, si
portarono nelle Spagne essendo re
di Castiglia e di Leone Alfonso
XI, padre di Pietro il Crudele che
nel i35o gli successe, e si ritira-
rono in due eremi, uno detto
della Madonna di Villaescua, vi-
cino ad Ovasco, lungo il Buine
Taxunna, e l'altro della Madonna
di Castanal, nelle montagne di To-
ledo. Cominciarono quindi a mol-
tiplicarsi , onde alcuni passarono
nel regno di Valenza presso alla
città di Gandia, ed altri nel re-
gno di Portogallo, tutti col Bue
d'imitare il dottore s. Girolamo
ritirato e penitente, che presele»
per avvocato e protettore. Molte
persone, anche di nascita illustre,
in breve unironsi ad essi, e tra que-
ste anche Pietro Ferdinando o
Fernanda! Pecha di Gualdafàira
o Guadal.ijua , ciambellano del
re d. Pietro, il quale vedendo le
barbarie del suo monarca, perciò
denominato il Crudele, abbandonò
la corte, rinunziò alle vanità del
mondo, e si ritirò Dell' eremo del «
gq G I R
la Madonna di Villaescua , nel
che fu imitalo dal suo fratello d.
Alfonso Pecha, il quale perciò fe-
ce rinunzia del vescovato di Jaen.
Questo Pietro Ferdinando o Fer-
nandez da alcuni si vuole autore
degli eremiti girolamiui di Spagna,
perchè spargendo persone maligne
essere eglino infetti degli errori dei
beguardi, eretici di quel tempo, e
che il loro tenore di vita non era
approvato dalla santa Sede, cam-
biarono la vita solitaria in ceno-
bitica e monastica , e spedirono
in Avignone al Papa Gregorio XI
lo stesso Pietro Ferdinando, con
fi*. Pietro da Roma, uno de' di-
scepoli del I). Tommasuccio, pas-
sato d'Italia nella Spagna , aline
di porsi nelle mani del Poute-
lice.
Giunti in Avignone ove risiede-
va Gregorio XI, ottennero quanto
bramavano, poiché il Papa per
consiglio del cardinal Pietro Cor-
sini, colla bolla Sane petitio, de iS
ottobre 1372 o 1 3y3, confermò
il loro ordine sotto il titolo di s.
Girolamo, ed oltre la regola di s.
Agostino che ad essi prescrisse,
diede loro ancora le costituzioni
che si osservavano nel convento
di s. Maria del Sepolcro, situato
fuori le mura di Firenze, e ch'e-
ra dell'ordine di s. Agostino, del
quale diamo qui un cenno. Barto-
lomeo di Bonone pistoiese, mosso
dal zelo di servire Dio, cominciò
a vivere nei deserti l'anno i3i3,
ed a lui si unirono alcuni divoti
compagni che nel i33j ottennero
da Giovanni di Gaetano Orsini
cardinale legato in Toscana, di
poter vivere sotto la regola di s.
Agostino , e portare quell' ahito
che aveansi formato. Nel i34B si
posero a fabbricare la chiesa che
GIR
comunemente si dice di s. Maria
della Caujpora, o s. Maria di s.
Sepolcro a Colombaia, un miglio
distante dalla porla Romana di
Firenze, con monistero annesso ,
ch'eglino cominciarono ad abitare
li 18 novembre [3 7o. Per quan-
to dunque si narrò, alcuni scritto-
ri de' girolamini di Spagna fecero
autore di essi Pietro Ferdinando,
ciò che come si è detto non è vero,
anzi va notato, che avendo questi
eremiti ottenuta una chiesa dedi-
cata a s. Bartolomeo apostolo, po-
sta nelle viciuauze dell'eremo del-
la Madonna di Villaescua , col
permesso dell'arcivescovo di Toledo,
e del consiglio e consoli di Lu-
piana, andarono al possesso della
medesima, e di tutte le sue en-
trate nel 1370, cioè tre anni pri-
ma che Pietro Ferdinando Pecha
otteuesse da Gregorio XI quanto
si è detto, e fabbricarono intorno
alla chiesa molte celle, nelle quali
dimoravano gli uni dagli altri se-
parali. Il p. Ermenegildo di s.
Paolo, religioso dell' ordine di s.
Girolamo, pretende che l'ordine
sia stato fondato dal santo dotto-
re in Betlemme, che poi non sia
mancato mai nella Chiesa, e che
gli ordini di s. Basilio, di s. A-
gostino, e di s. Benedetto non
sieno che rami del girolamino. Vi
sono inoltre scrittori dello stesso
ordine, i (piali, gli uni asseriscono
che l'ordine girolamino abbia avuto
la sua origine dai profeti, e che poi
lo stabilisse s. Antonio, e dilatas-
se s. Girolamo, stendendosi quindi
per tutto il mondo, ora mantenen-
dosi da sé medesimo, ora mutan-
do nome od uuendosi ad altri,
senza però lasciar mai d'essere l'or-
dine di s. Girolamo. Da ciò infe-
riscono che non solo tutti gli an-
GIR
tichi anacoreti, e tutti i santi fon-
datori degli altri ordini regolari
sieno stati girolaniini insieme coi
loro discepoli, ma vogliono altresì
che girolamini sieno molti santi
che d' altronde non furono re-
golari.
Gli altri storici riconoscono l'o-
rigine dell' ordine girolamino dai
discepoli del b. Tommasuccio da
Siena del terz' ordine di s. Fran-
cesco , che morì in Foligno nel
1377; i quali discepoli passarono
tome si è detto dall' Italia nella
Spagna, e quivi diedero principio
negli eremi alla congregazione gi-
rolamina, che riconosce per suo
primo convento e capo dell' ordi-
ne quello di s. Bartolomeo di Lu-
piana, residenza del generale, per-
chè in questo cominciarono a me-
nare vita cenobitica e monastica
lasciando la solitaria. Quando Gre-
gorio XI diede a questi religiosi
la regola di s. Agostino e le co-
stituzioni del convento degli ago-
stiniani di s. Maria del Sepolcro,
prescrisse loro anche la forma ed
il colore dell' abito, che consisteva
in una tonaca di panno bianco, in
uno scapolare, piccolo cappuccio, e
mantello, tutto di colore naturale
detto tanè, cioè lana naturale sen-
za tinta, e di mediocre prezzo. Di
queste divise volle if medesimo
Papa vestire colle proprie mani
Pietra Ferdinando Pecha, il qua-
le d'allora in poi si fece chiamare
Ferdinando di Guadalajara, ed il
suo compagno Pietro da Roma.
Questi dm; furono anche i primi
che fecero i voti solenni nelle ma-
ni di Gregorio XI, il «piale eresse
le celle poste intorno alla chiesa
di s. Bartolomeo in monislero, di
cui fece priore lo stesso Ferdin ni-
do, colla lacollà di fondarne altri
GIR 9 1
quattro, ed unirli a questo, e di
ammettere alla solenne professione
gli altri eremili della sua congre-
gazione rimasti nella Spagna. Tor-
nò Ferdinando in quel regno in-
sieme al suo compagno Pietro, e
giunto a s. Bartolomeo di Lupia-
na il primo febbraio 1 3 ~4> ^ece ■*■
so delle facoltà ricevute, edificando
ivi un monistero a cui prescrisse
dei regolamenti per mantenervi
l' osservanza, e la fabbrica fu ter-
minata in meno d'un anno, con
abbondanti limosine somministrate
dalla liberalità de' parenti dello
stesso Ferdinando. Rinunziò quin-
di 1' uffizio di priore, e fece eleg-
gere in suo luogo Ferdinando Ya-
nez di Caceras, il quale era il so-
lo sacerdote che allora fosse nel-
l'ordine, perchè Alfonso Pecha, il
quale per imitare il suo fratello
avea rinunziato la sede vescovile
di Jaen, ed erasi unito a lui pri-
ma della conferma dell'ordine, dal-
la Spagna n' era partito in pelle-
grinaggio per Roma , dove cede
tutti i suoi beni al monistero ili
s. Bartolomeo di Lupiana. Dopo
l'elezione del nuovo priore, Ferdi-
nando di Guadalajara fondò altri
monisteri, e li unì secondo la bol-
la del Papa al primo. Intanto sic-
come avanti di abbracciare la vi-
ta cenobitica questi eremiti si c-
rano moltiplicati in maniera, che
alcuni di essi passarono a fondale
un cremo nel regno di Valenza
vicino alla città di Gandia, ed al-
tri nel regno di Portogallo, perciò
avendo udito che quelli rimasti
iu Castiglia avevano abbracciata
la vita cenobitica, ed avevano fon-
dato l'ordine di s. Girolamo, vol-
lero imitarli con viveir ancoi essi
in comunità, e colle medesime os-
servante. I pruni furono quelli
92 GIR
del regno eli Valenza, che dall' e-
remo di Gandia erano stati co-
stretti a passare ad un altro da
< >si fondato in Catalva, e per fare
la detta mutazione ottennero la
licenza nel i3y4 da Gregorio XI,
onde fecero i voli solenni, e pen-
sarono a fondar dei conventi in
quel regno, mentre Ferdinando
Yanez, priore di s. Bartolomeo di
Lupiana, fece acquisto nel i38y
del celebre santuario della Madon-
na di Guadalupe nell'Estremadura.
Quei di Portogallo che abitavano
tiell' eremo di Penalonga, dove li
avea stabiliti un certo F. Vasco
portoghese, uno dei compagni del
li. Tommasuccio, i quali erano
passati dall' Italia nella Spagna,
volendo ancor essi imitare la vita
monastica , ed osservare le regole
degli altri , ricorsero a Bonifacio
IX, che loro accordò quanto do-
mandavano, ed insieme di erigere
I' eremo di Penalonga iu moni-
stero dell'ordine ili s. Girolamo,
e di godere degli stessi privilegi
accordati da Gregorio XI a quel-
li di Castiglia e di Valenza.
Altri eremiti della Catalogna nel
1 3i)3 fecero la stessa risoluzione,
ed ottennero tutto dall'antipapa
Clemente VII, cui allora ubbidiva
erroneamente la Spagna ed altre
nazioni, pel fatale notissimo sci-
ama, e ciò ad istanza di Jolanda
regina d'Aragona che fece loro
fabbricare il monistero di Valla-
toti. Acquistarono dipoi questi re-
ligiosi altri monisteri, e tra questi
ij nello di Majorada, ch'era del ter-
z'ordine di s. Francesco , i di cui
abitatori si portarono da Ferdinan-
do di Gùadalajara, e riceverono
dalle di lui mani l'abito dei giro-
lamini, approvando questo cam-
biamento l altro antipapa Bene-
GIR
«letto XIII. Ferdinando fondò nel
medesimo tempo il monistero di
Talavera, e poscia fatto priore di
quello della Madonna di Sisla, con-
sumato dalle austerità e penitenze,
rinunziò il priorato, e si ritirò nel
monistero di Nostra Signora o Ma-
donna di Guadalupe, io cui morì
nel 1402, con fama di gran san-
tità e virtù, particolarmente d' u-
miltà, per la quale non volle mai
ricevere gli ordini sacri, benché
versatissimo nella lingua latina, e
nelle divine scritture, e quantun-
que ne fosse istantemente pregato.
Qui noteremo che i monaci della
Campora seguendo la regola di s.
Agostino, come gli altri ad esem-
pio loro, non presero subito il no-
me di girolamini, così il cardinal
Doinenichi arcivescovo di Ragusa
a nome del Pontefice Gregorio XII,
con lettera del 1408 comunicò lo-
ro la facoltà di denominarsi giro-
lamini : questo monistero di s. Ma-
ria della Campora, come il più an
lieo, divenne il capo della congre-
gazione italiana, e poi fu unito alla
badia fiorentina de' benedettini con
bolla di Eugenio IV del 1 4^4- H
Novaes, Vite de Pontefici t. IV,
p. 1 99, dice che i girolamini ven-
ticinque anni prima ebbero in Ro-
ma la chiesa e monistero di s. Pie-
tro in Vincoli, che poi passò in
proprietà de' canonici regolari del
ss. Salvatore. Dopo la morte ili
Ferdinando, l'ordine fece ulteriori
progressi, onde nel l4*5 in dal
medesimo celebrato il primo ca-
pitolo generale.
Ogni convento sino a quell'an-
no aveva eletto il suo superiore,
perlocchè le osservanze già comin-
ciavano ad essere diverse nei mo-
nisteri. Per mantenere 1' unifor-
mità ricorsero 1 mouaci all'anti-
GIR
papa Benedetto XIII , ed a Ini
domandarono la facoltà di raduna-
re i capitoli generali, e l'antipapa
con una bolla de' 18 ottobre i4'4
ordinò che tutti i priori e procu-
ratori de' monisteri si adunassero
in avvenire in un luogo atto per
celebrarvi il capitolo generale, ma
che per la prima volta lo tenesse-
ro in quello della Madonna di
Guadalupe, al di cui priore diede
autorità di spedire le lettere con-
vocatone, sotto la presidenza di
due padri certosini, e li esentò nel
tempo stesso dalla giurisdizione dei
vescovi rispettivi. In virtù di que-
sta bolla pertanto tennero il loro
primo capitolo generale nel moni-
stero dalla Madonna di Guadalu-
pe a' 26 luglio 1^1 5; ed elessero
per primo generale il p. Diego di
Alcarona priore di s. Bartolomeo
di Lupiana, e da quel tempo io
poi i priori di questo monistero
sono stati sempre generali, che per
conseguenza vi risiedono, e non
possono allontanarsi più di cinque
leghe, ed il monistero di Guada-
lupe divenne perciò come allro ca-
po dell'ordine. Però il p. Bonan-
ni dice che prima di questo tem-
po l'ordine avea il generale, che
ogni tre anni si eleggeva da otto
definitori scelti dall'ordine. Tenne-
ro poi il secondo capitolo genera-
le nel 14^, il terzo nel i4'9>
ed in seguito lo hanno adunato
sempre ogni tre anni. Dopo la de-
posizione di Benedetto XIII, e la
legittima elezione del Pontefice
Martino V , ottennero da questi
l'approvazione di quanto loro ora
stato accordato dall'antipapa, sic-
come dopo alcuni anni confermò
tutto anche Innocenzo Vili.
Nel i447 appena eletto Nicolò V
designò di unire in un sol corpo
GIR
lutti gli ordini che in quel tempo
prendevano il nome di s. Girola-
mo. Per venire a capo di ciò, proi-
bì ai girolamini di Spagna di con-
vocale il capitolo generale , e co-
mandò loro di portarsi a Roma ,
dov' egli avea intimato il capitolo
pel giorno di Pentecoste del 141^
Tutti i monisteri di quel regno
deputarono dodici religiosi, ai quali
commisero di fare quel tanto clu-
giudicato avrebbero pia spediente,
raccomandando però d' opporsi con
tutte le forze alla divisata unione.
In fatto seppero essi tanto bene
adoperarsi col Papa, che le cose
restarono nello stato in cui erano,
lo che non riuscì a quelli di Por-
togallo, i quali essendosi separati
dagli spaglinoli, col formare una con-
gregazione a parte, dipoi ad istanza
di Filippo II re di Spagna e ci i
Portogallo di nuovo furono uniti
nel 1 5c)5 da Clemente Vili sotto
il governo del medesimo generale.
In detti due regni i girolamini
hanno diversi monisteri , ed alcuni
magnifici e ricchi, ne'quali dispen-
sano copiose limosine ai poveri mas-
sime pellegrini, e in determinati
giorni con maggiore abbondanza :
colle limosine di questi religiosi s.
Giovanni di Dio fondò il suo pri-
mo ospedale. Sono ivi sempre stati
tenuti in sì alta stima, die i ri-
spettivi monarchi hanno loro com-
partito molti privilegi , e diversi
loro religiosi sono stati impiegati a
riformare nelle occorrenze vari or-
dini e monisteri di altri istituti ,
non che ordini militari ed eque-
stri. I loro più celebri conventi o
monisteri nella Spagna furono quel-
lo di s. Bartolomeo di Lupiana ca-
po dell'ordine, quello della Ma-
donna di Guadalupe considerato
pure per tale, quello di s. Lorenzo
94 GIR
dell' Escuriale con la cura della
biblioteca reale, dov'è la sepoltura
dei re di Spagna , e quello di s.
Giusto presso Placencia nelFEstre-
madura, in cui si ritirò il poten-
tissimo imperatore Carlo V, dopo
aver ceduto i numerosi suoi stati,
parte a Ferdinando 1 suo fratello,
parte a Filippo II suo figlio. Robert-
son parlando di questa risoluzione
di Carlo V, dice che in s. Giusto
seppellì nella solitudine e nel si-
lenzio la sua grandezza, la sua am-
bizione, e tulli que' vasti progetti
che per un mezzo secolo empiuto
avevano l'Europa di agitazioni e
di paure; che i suoi divertimenti
si limitavano a passeggiate sopra
un piccolo cavallo, il solo che aves-
se conservato, alla cultura d'un
giardino, ed a lavori di meccanica.
Ivi assisteva due volte al giorno
all'uffizio divino, leggeva libri di
divozione, e particolarmente le ope-
re di s. Agostino e di s. Bernardo,
e praticò nel loro intero rigore
le regole della vita monastica. Nel-
l'eccesso della sua divozione cer-
cando d'inventare alcun atto di pie-
tà, che potesse rendere segnalato
il suo zelo , si fece nella chiesa
di s. Giusto, benché vivente, e di-
steso sulla bara, celebrare i fune-
rali, al modo detto al voi. XXVIII,
p. 32 e 33 del Dizionario, oltre
quanto di lui dissi all'articolo Ger-
mania, ed ivi morì a' 2 i settemhre
i558.
Nei nominati ed altri monisteri
de' girolamini di Spagna fiorirono
molti religiosi illustri per nobiltà
di sangue, per pietà e per dottri-
na, ed alcuni di essi furono pro-
mossi alle dignità ecclesiastiche di
que' regni. Questi religiosi dell' an-
tico loro abito hanno conservato
solamente lu tonaca bianca, poiché
GIR
mutarono il color tanè dello sca-
polare, che ora portano anche più
stretto, in nero, ed hanno aggiunto
al cappuccio una mozzetta nella
parte anteriore tonda , nella poste-
riore appuntata. Quando escono da
casa portano una cappa nera lun-
ga sino a terra ed assai increspata,
e cingono la tonaca con una cin-
tura di cuoio : il p. Bonauni nel
Catalogo degli ordini religiosi par-
te I, cap. CXY1II, ne riporta la
figura ed alcune notizie. Questi re-
ligiosi si levano a mezza notte per
due il mattutino, fanno ogni gior-
no mezz'ora di orazione mentale
avanti il vespero, e mezza dopo la
compieta. Ai digiuni della Chiesa
aggiungono quelli di tutto l'avven-
to, del lunedì e martedì dopo la
quinquagesima, di tutti i venerdì
dell'anno, dei tre giorni delle le-
gazioni, e delle vigilie della Pur't-
fieazione e Natività della B. Ver-
gine, e di s. Girolamo. Nel venerdì
santo digiunano in pane ed acqua,
e nei mercoledì non mangiano mai
carne, neppure fuori di convento.
Adunano il capitolo generale ogni
tre anni, nella terza domenica dopo
Pasqua, in cui il generale ed al-
tri superiori domandano di essere
liberati dal peso del loro uffizio.
Hanno degli oblati , e le monache
Girolamine ( / edi ) con oblate :
gli oblati e le oblate portano una
veste bianca senza scapolare, ed
un mantello di color tanè. Dalla
congregazione girolamina di Spa-
gna ebbe origine quella de' Giro-
lamìni monaci d'Italia (fedi).
Di quest'ordine, oltre gli scrittoli
che parlano degli ordini monastici,
ne trattano l'Azorio, Morali isti-
tuzioni, e Pietro Varga spaglinolo
nella Cronaca dell' ordine.
G I ROL A MINI, Ordine monastico,
GIR
o monaci eremiti girolamini del-
l'osservanza di Lombardia. Auto-
re di questa congregazione d'Italia
fu Lupo di Olmedo, lungo della
diocesi d' Avila nella Spagna, ove
nacque nel i 3^0 : alcuni lo fecero
della famiglia Gonzalez, altri di
quella de' Ferrari di Valenza, ed
altri pretendono ola; fosse fratello
di s. Vincenzo Peneri. Sino da
fanciullo attese a praticare le più
sode virtù, e si applicò alle scien-
ze, per apprendere le quali si por-
tò a Perugia, dove allora lo stu-
dio di queste mirabilmente fioriva.
Strinse quivi amicizia con Oddone
Colonna, che studiava nella stessa
città, il quale divenne poi cardi-
nale, e nel i4'7 Papa col nome
di Martino V. Terminati Lupo
gli studi ritornò alla patria, e da
Ferdinando I re d' Aragona fu
inviato all'antipapa Benedetto XIII,
riconosciuto fatalmente in quel re-
gno come fosse legittimo successo-
re di s. Pietro, non che alla re-
pubblica di Genova , ed a diversi
principi d'Italia. Ritornato a corte,
volle il re innalzarlo alle prime
dignità, ma invece Lupo genero-
samente le ricusò, per ritirarsi nel
nionistero di Guadalupe dell'ordi-
ne de Girolamini di Spagna (Te-
di), e vestirvi come fece 1' abito
de' religiosi girolamini. Ivi uni al-
lo studio delle umane lettere I' o-
razione ed altri esercizi di pietà,
rc'quali s'impiegava continuamen-
te, onde in breve fu giudicalo a-
liile per tutti i gradi dell'ordine,
di quello eziandio di generale a
cui ih eletto nel i j.aa, quantun-
que egli per la sua umiltà facesse
validi resistenza. In questa carica
mostrò il suo zelo per la regolare
osservanza, ed impiegò tutta la sua
autorità per estirpale certi abusi,
G I R o,5
che con pena vedeva introdotti
nell'ordine. Esortava gli assenti con
lettere, ed i presenti con efficaci
esortazioni e con l' esempio alla
pratica delle virtù, ed alla osser-
vanza della regola; voleva bandire
dal refettorio l'uso delle carni, ed
infondere ne'religiosi lo spirito del
ritiro e della solitudine. Preveden-
do però, die avrebbe incontrato
delle contraddizioni rinunziò al ge-
neralato, e si ritirò per qualche
tempo tra' certosini, per formare
sull'esempio di questi l'idea della
riforma dell'ordine suo, che con-
tinuamente meditava. Appena si
assicurò che alcuni religiosi erano
risoluti secondarlo nelle sue sante
intenzioni, che nel *424 s' portò
in Roma a' piedi del Pontefice Mar-
tino V, il quale memore dell'anti-
ca amicizia l'accolse amorevolmen-
te; ed esposegli il disegno concepito
d'istituire un nuovo ordine di mo-
naci sotto il titolo di s. Girolamo,
qualora i girolamini di Spagna
si fossero ostinati in opporsi all'in-
tenzione che aveva di riformarli.
11 Papa chiamò a Roma dalla
Spagna i definitori dell'ordine, e
questi seppero s'i bene rappresen-
targli che sarebbe stato meglio ili
non introdurre novità alcuna, che
Martino V li rimandò in pace ai
loro monisterì. Non volendo poi
che Lupo restasse affitto delus >,
l'autorizzò con una bolla di fon-
dare una congregazione sotto il
titolo di monaci eremiti di s. Gi-
rolamo, nelle montagne di Cagal-
la nella diocesi di Siviglia, lo creò
generale perpetuo di questa con-
gregazione, e gli accordò con altre
bolle la conferma di que-t i
la regola di s. Agostino, e tra idi
altri molti privilegi la comunica-
zione, di quelli degli alili eremiti
96 GIR
girolamini. Lupo tornato in Impa-
glia gittò i fondamenti della sua
congregazione nel monistero di s.
Girolamo dell' Acella sul monte
Cagalla, ed aggiunse alla regola di
s. Agostino altre rigorose costitu-
zioni , cavate in parte da quelle
de' certosini. Ordinò in queste tra
le altre cose, che i religiosi non i-
studiassero nel monistero, ne po-
tessero uscir da questo per anda-
re a studiare nella università, te-
mendo che la scienza li facesse
orgogliosi ; che non fosse lecito
alle donne entrare nelle loro chie-
se, che non mangiassero carne né
facessero uso di panni lini se non
nelle infermità , che digiunassero
dalla festa di s. Girolamo (ino a
Pasqua, e che avendo dato loro il
nome di monaci portassero la co-
colla in coro, e fuori del moni-
stero, simile a quella dei bene-
dettini. Il p. Lupo fondò quindi
altri cinque monisteri sulle nomi-
nate montagne, ed in breve tempo
ebbe molti seguaci della sua di-
sciplina. Ottenne quindi il p. Lu-
po il monistero di Castellazzo lun-
gi un miglio circa da Milano,
fatto già fabbricare da Giovanni
Galeazzo duca di quello stato, per
gli eremiti girolamini di Spagna,
i quali abitandovi sino dal i4oi
domandarono di essere uniti ai
monaci dell' osservanza, come so-
no chiamati dai romani Pontefici
in più bolle. Il p. Lupo essendo-
si portato colà, fece rinnovare a
quegli eremiti la professione, ed
avendogli il duca di Milano offer-
te molte rendite le ricusò, dicen-
do che non si poteva accordare
la povertà col superfluo. Nel bre-
ve corso di trent'anni divenne quel
chiostro un seminario di santi, e
fiori per uomini dotti, fra i qua-
GIR
li Jacopo Occhioni, Modesto Fer-
rari, Costanzo Gazzaniga, Gabrie-
le Monti, Innocenzo da Bergamo,
Isidoro da Milano, Girolamo Va-
gliani, Leone Caccia ec. Quindi
per ordine del p. Antonio di Breb-
bia, superiore del monistero di
Castellazzo, fu convocato nella chie-
sa il capitolo nel ì^.t.5 a' 11 feb-
braio , e tutti fecero la solenne
professione di osservare fedelmen-
te tutte le costituzioni già da Mar-
tino V approvate, e di ubbidire
a tultociò che nelle sue bolle e-
1 a stato in avanti ordinato ai mo-
naci girolamini. Il p. Lupo am-
maestrò i monaci all'orazione, pe-
nitenza, digiuno, trattenendoli in
santi colloqui. Stabilita in tal mo-
do dal p. Lupo una perpetua al-
leanza coi monaci di Castellazzo ,
■vi lasciò al governo il p. Alvaro
spagnuolo, e se ne parti.
Da Milano passò il p. Lupo a Ge-
nova per prendervi il possesso di un
altro monistero, chiamato Quarto
per essere distante quattro miglia
dalla città, nel quale trovavasi un
monistero di girolamini già fonda-
to da d. Alfonso Pecha di Gua-
dalajara. A seconda dell' invito
de' monaci il p. Lupo trattò con
essi il nuovo sistema di vita che
dovevano intraprendere; diede lo-
ro la cocolla, prescrisse le costi-
tuzioni che dovevano osservare, e
ne ricevè solenne promessa di per-
petua osservanza. Poco dopo aven-
dolo chiamato a Roma Martino V, nel
1426 gli diede il monistero e la chiesa
de' santi Alessio e Bonifacio sul mon-
te Aventino, già diaconia cardinalizia,
già de'monaci benedettini, indi de'ca-
nonici regolari premonstratensi, e tal
concessione ebbe luogo nel seguente
modo. Era commendatario di detto
monistero il cardinal Alfonso Ca-
GIR
rillo spagnuolo, mentre i ormonici
pretnonstratensi che allora l'abita-
vano erano ridotti a piccolissimo
numero; come ancora essendo de-
caduti dall'antica disciplina, scema-
vasi l'antico splendore del celebre
monistcro e del contiguo magnifi-
co tempio. Tuttociò dispiacendo
al cardinal Carillo, volle porvi ri-
paro, e siccome era amico del p.
Lupo, lo giudicò attissimo all'uopo.
Il cardinale pertanto ottenne da
Martino V un diploma de' 27 a-
prile 1426, per l'autorità del qua-
le i canonici regolari premonstra-
tensi dovettero cedere il monistero
e la chiesa con tutte le sostanze
che gli appartenevano, al p. Lupo
ed ai suoi religiosi. Questi quanto
più presto poterono si trasferirono
nel luogo, ivi diligentemente osser-
vando le leggi imposte dal p. Lupo.
Inoltre il Papa Martino V conces-
se al p. Lupo altri privilegi con-
giuntamente a quelli che già go-
deva la chiesa de' ss. Alessio e
Bonifacio fino dalla sua fondazione,
e di più nel 1428 gli accordò
tutte le indulgenze già concedute
a tutte le chiese di Roma. Gelo-
sissimo il p. Lupo di mantenere
in questo monistero la solitudine,
fece rigorosissime leggi spettanti
alla chiusura del medesimo, e tra
le altre quella che non potessero
i monaci uscir fuori del chiostro
se non per cagioni rilevantissime.
Per tal modo i monaci girolamini
salirono in Roma in grande esti-
mazione, e servirono di edifica-
zione agli altri.
La chiesa de' ss. Alessio e Boni-
facio sul monte Aventino è pure
una cklle vaiti antiche abbazie pri-
vilegiate di Roma, i cui abbati
sistemano il sommo Pontefice al-
lorché celebrava solennemente, eo-
>OL. XX\I.
GIR 97
me nelle processioni e stazioni ,
chiesa che poi fu fatta titolo car-
dinalizio da Sisto V. V. Ciiif>\
de' ss. Alessio e Bonifacio, al qua!
articolo citammo 1' opera erudi-
tissima del p. abbate d. Felice Ae-
rini, che ne fece l' importante isto-
ria. Questa chiesa col monistero
annesso, secondo i critici, sarebbe
posteriore al secolo quinto, in ori-
gine fu consagrata a s. Bonifacio,
e poscia dedicata ancora a s. A-
lessio , nome col quale oggi è più
nota. Ivi sono le memorie di Ser-
gio vescovo di Damasco che vi fu
sepolto nell'anno 98», il qua-
le dal famoso Crescenzio che do-
minò Roma come tiranno fu pre-
posto al compimento del moniste-
io, depositando il vescovo nella
chiesa l'immagine della Beata Ver-
gine da lui portata da Edessa ;
vi è pure memoria di Crescenzio
nipote del precedente, che arricchì
il cenobio di nuove possidenze, e vi
morì monaco benedettino, tra' quali
noteremo che fiorirono santi ed illustri
religiosi, fra' quali s. Adalberto ve-
scovo di Praga ed apostolo de'l>oemi,
s. Gaudenzio suo fratello, s. Anasta-
sio, e s. Bonifacio apostolo de' rus-
si meridionali, finché Gregorio 1\
die la chiesa ed il monistero ne!
i23i ai nominati premonstratensi.
Nel pontificalo del predecessore Ono-
rio IH ebbe luogo la dedicazione
della chiesa fatta dal Papa, assi-
stito dai cardinali , da Marco -Ni-
colai arcivescovo di \ enezia, .
molli altri vescovi e prelati, il mar-
tedì santo del 121". Tra lo altre
memorie sepolcrali faremo am
menzione di quella di Leone dei
Massimi, morto a' 23 aprile del
1012. sepolcro ch'egli a\ca .1
nato al mio figlie Stefano, ed aNa
sua figlia ;. il deposito del cardinal
9^ G I R
liianfrancesco de' conti Guidi di
Bagno titolate della chiesa, con la
statua scolpita da Domenico Guidi,
che vivendo vi avea fatto degli
abbellimenti alla confessione} di
Giuseppe Brippio poeta latino del
secolo XV, e dello stesso beneme-
rito p. Nerini abbate del mona-
stero, sepolto avanti 1' altare mag-
giore. Neil' annesso monastero il
chiostro è retto da ventotto colon-
ne, cioè dodici di granito bigio,
tre di granito rosso, cinque di
marmo salino, sei di cipollino, una
di marmo bigio, ed una di pavo-
nazzetto. Il monistero fu ampliato
dai monaci nella mela del decorso
secolo, ed essendo stato comprato
nel 1810 da Carlo IV re di Spa-
gna, ne fece una casa di delizia
per la sua amena ed elevata po-
sizione, e poi dopo averla abitata,
munificamente la donò ai monaci al
loro ritorno. L' archivio del moni-
stero de' ss. Alessio e Bonifacio
conteneva molle preziose notizie
tanto riguardanti essa, che la con-
gregazione de' girolamini di Lom-
bardia; ma nelle ultime e note po-
litiche vicende, quando Roma fu
occupata dai napoletani, l'archivio
con altri dieciotto archivi fu por-
tato nel monistero delle Vergini
nella via delle Muralte, e poi ven-
duto come cartaccia ai droghieri
e pizzicagnoli. Tuttora esiste nel
monistero il Bollano girolamino
riunito e disposto dal citato p.
Nerini dottissimo, ma è inedito, e
senza la munificenza del lodato
monarca che acquistò il locale, non
esisterebbe ne biblioteca né altro
che al monistero appartiene.
Inoltre Martino V dispose, per-
chè passasse buona armonia tra
questa congregazione e i girolami-
ni di Spagna, mediante bolla del
G I R
1 4. 1 7 , che il p. Lupo restasse fa-
coltizzato di potere ricevere tutti
que' monaci spagnuoli che avessero
bramato passare nella sua congre-
gazione , con questo però , che i
monaci spagnuoli dovessero por-
tare seco loio i beni, che già ave-
vano dato all' altro istituto. Ordi-
nò altresì il benefico Pontefice, che
i inonisteri degli eremili girolami-
ni, i quali volessero abbracciare le
costituzioni del p. Lupo, potessero
farlo con la licenza de' superiori;
che si ricevessero vicendevolmente,
non meno sani che infermi, nei ri-
spettivi monisteri, come se fossero
stati della medesima congregazio-
ne; e che finalmente vi fosse fra
loro la comunicazione de' suffragi
pei religiosi defunti. In tal modo
Martino V facoltizzò il p. Lupo di
dilatare i confini della sua congre-
gazione, farvi delle aggregazioni,
con illimitato potere di ammini-
strare, visitare, e correggere quanto
al p. Lupo fosse piaciuto e creduto
convenevole, segnatamente per la
congregazione d'Italia, che portasse
il titolo di s. Girolamo, Ballar, et
si prò cunelorum. Sembrando poscia
a lui che la regola di s. Agostino
fosse poco confacente alla professio-
ne monastica, si affaticò per com-
porre una regola nuova, cavata
dagli scritti di s. Girolamo, e pre-
sentatala al Papa nel i4^9» Mar-
tino V l'approvò, e sciolse i reli-
giosi dall' obbligo di osservare la
regola agostiniana. Fatte tutte que-
ste cose, il p. Lupo volle come ge-
nerale recarsi alla visita de' suoi
monisteri di Spagna, e Martino V
gli diede l' autorità di comporre
alcune divisioni insorte tra i ve-
scovi di Castiglia, e lo costituì am-
ministratore dell'arcivescovato di
Siviglia, il quale ria vacante per es-
GIR
scine stato privato d. Diego Maldo-
nato di Annaia, come fautore nel
celebre concilio di Costanza del-
l'antipapa Benedetto XIII. Soddis-
fece il p. Lupo egregiamente all<-
sue incombenze, e mentre dimorava
in Siviglia lece acquisto dell' abba-
zia di s. Isidoro del Campo, lo che
diede motivo ad alcuni di dare al-
la sua congregazione il nome di
s. Isidoro. Passò ancora per ordine
del Papa in Portogallo in qualità
di visitatore della congregazione
de' canonici secolari di s. Gio. E-
vangelista. Indi per amore della
solitudine rinunziò ad Eugenio IV
all' amministrazione della chiesa di
Siviglia , ed avendone reso conto
appena giunto da Roma, si ritirò
nel suo monistero di s. Alessio, do-
ve menando una vita molto au-
stera e santa, ne fu ridotto al fi-
ne da una febbre ardentissitna .
Domandò con somma umiltà i san-
ti sacramenti, e munito di questi
moii a' i3 aprile 1 4^3, in età di
mtatre anni , alla presenza di
tulli i suoi religiosi piangenti, e fu
sepolto nella stessa chiesa nella tri-
buna, con 1' onorevole epigrafe in-
torno alla figura in bassorilievo,
che dice: IIic jacet reverendus in
Xp"o pater frater Luppus de Ol-
meto NA~CION ISPANUS BESUSCITATOR
F.T REFORMATOR AC PRIMUS GENERALI*
l'RAEPOSlTUS ORD1NIS MON ACHORUM HE-
r.F.MiT\r.r\i sc"i Jkronimi prioroue
IH JL'S MONASTERI! QUI OCIIT DIE III
aprilis A. D. mccccxxxhi. Poh?.
Dlfl EUGtHIl PPr. 1111 AttHO TERTIO.
Filippo II re di Spagna nel i >g5
volle che i sette monisteri della
congregazione del p. Lupo di Ol-
medo, esistenti ne' suoi regni , si
unissero a quelli degli eremiti gì»
rolamini, per cui alla congregazio-
ne restarono i soli monisteri d'I-
Gflfc
talia, essendo allora il principale
quello di s. Pietro dello Spedaiet-
to nella diocesi di Lodi, come re-
sidenza del generale, con titolo di
eonle dello Spcdalefto, con l'uso
della mozzelta e della mantellet-
ta come i prelati, e per concessio*-
ne di Paolo V e di Urbano "Nili
anco de' pontificali , col privilegio
di conferire a' suoi religiosi gli or-
dini minori. Per questo monistero
principale e per altri situati in
quelle parti la congregazione xi n
ne chiamata l'ordine de'girolaml
ni di Lombardia. Dopo la morte
del p. Lupo i suoi religiosi lascia-
rono la regola da lui cavata dagli
scritti di s. Girolamo, e tornarono
a quella di s. Agostino che tutto
ra professano i superstiti monaci ,
poiché nel loro calendario rifor-
mato nel capitolo generale del
i6i43 a'28 febbraio si legge: die.
28 fe.bruarii translaiio s. Augusti-
ni episcopi, ac Ecclesiae dottori*,
duplex, sub cujus regula nos quo-
(jue militamus, D. Pier Luigi Gal-
letti abbate cassinense, avendo tro-
vato nella badia del suo ordine in
Firenze, un cronico d'una badia,
poi annessa a quell'altra, e detta
già delle Campora , e parendogli
di aver scoperto da questo la ?é-
ra origine dell'inclito ordine giro-
lamino, lo mandò al cardinal Qu -
lini, il quale in una lettera latini
de' 3 1 maggio I754s e poi con
un'altra italiana de' 1 ì giugno
giunte, indirizzollo collo stesso sen-
timento del p. Galletti, al p. d.
Felice Maria .\erini abbate g<
rale de' monaci girolamini, dir pr<
curò «li abbattere le ragioni del p
(.alletti con la letlcia: Hyeroni-
minnae fantiUàe velerà itionumt n
1,1 ad amplisi. />/> < tiri-
ui.ru iti-. Placentiae 1 - 5 j. Allora
ioo GIR
il p. abbate Gallclli pubblicò la
Lettera intorno la vera e sicura
origine del ven. ordine de pp. gì-
rolamini, Roma i 755, nella quale
egli più fortemente propugna la
sua prima sentenza. V. inoltre il
p. d. Norberto Caymi monaco gi-
volamino, autore della Vita del ven.
Lupo d'Olmedo, ristoratore dell'an-
tico ordine girolamino } e fondato-
re, della congregazione de' monaci
di s. Girolamo detta di Lombar-
dia, ce, stampata in Bologna nel
i 754. In quest' opera giudiziosa
ed erudita vi sono dettagliate no-
tizie su questa congregazione, e si
correggono le altre due vite del
ven. Lupo, dettate negli idiomi ita-
liano e latino dal p. d. Pio Ros*
si. Il p. Annibali nel suo Com-
pendio della storia degli ordini re-
ligiosi, parlando del girolamino nel
tom. II, par. II, a pag. 33o, dice,
ebe il p. Nerini procuratore gene-
rale di questa congregazione ed
abbate del monistero di s. Alessio,
pretese di far vedere nel citato li-
bro ebe il suo ordine fu istituito
da s. Girolamo, che da questo san-
to dottore in poi ha sempre du-
ralo nella Chiesa fino a' tempi no-
stri; ma che il lodato Galletti, poi
vescovo di Cirene, con la nomina-
ta dissertazione, cui non fu rispo-
sto, dimostrò la falsità dell' asser-
zione , e quale fu la vera epoca
della istituzione dell'ordine giro-
lamino nella Chiesa. Benedetto XIV
nel 1755 con la costituzione Ro-
manum, data a' 20 gennaio, Bull.
Magn. tom. XIX, pag. 117, con-
cesse ni detto p. abbate Nerini ge-
nerale della congregazione girola-
inina d'Italia, ed ai successori di
lui, un posto nelle cappelle ponti-
fìcie tra gli altri abbati generali
degli ordini monastici.
GIR
Di questa congregazione di gi-
rolumini non vi sono religiose o
monache, avendo il p. Lupo d' 01-
medo ne' suoi statuti proibito e-
spressamente di riceverne, e sebbe-
ne dopo la di lui morte sieno stati
variati in alcuni punti , come in
quello di non istudiare, in questo
però di non aver monache , sono
stati sempre osservati. Radunano
questi monaci ogni tre anni il lo-
ro capitolo generale, in cui eleg-
gono il generale, i definitori, i vi-
sitatori, e gli abbati de' moniste-
ri. Debbono levarsi a mezza notte
per dire il mattutino; non posso-
no mangiar carne nei monisteri ;
oltre ai giorni prescritti dalla Chie-
sa, sono tenuti a digiunare in al-
tri molti, e dal primo di ottobre
fino a Pasqua non si deve dar lo-
ro pietanza nelle sere di lunedì ,
mercoledì e sabbato, così ordinan-
do le loro costituzioni approvale
da Paolo V nel 161 1. In quanto
all'abito, i sacerdoti hanno una to-
naca bianca legata con cintura di
cuoio, e lo scapolare di color tanè
a cui è attaccalo piccolo cappuc-
cio. In coro e per la città polli-
no cocolla parimente di color tanè,
e quando sono nel monistero usa-
no la sola tonaca e lo scapolare ,
adoperando la berretta quadia [iu-
re di color tanè. I frati conversi
hanno ancor essi la tonaca bianca,
e lo scapolare tanè, ma in vece
della cocolla portano un mantello,
anzi al presente i monaci quando
escono non usano più la cocolla ,
ma una cappa color tanè. I frati
conversi , cioè quelli che danno
irrevocabilmente sé stessi e i loro
beni presenti e futuri, diritti ed
azioni alla congregazione, porta-
no un abito ed un mantello ta-
nè; e gli oblati che vivono nei ino-
GIR.
•mieli usano la veste del medesi-
mo colore, che loro scende fino al
ginocchio, a differenza di quelli che
stanno fuori dei monisteri, i quali
vestono come i secolari. 11 p. Bonan-
ni nella parte I, pag. CXIX del
Catalogo degli ordini religiosi, par-
la di questi monaci, e ne riporta
la figura, citando il cronista del-
l'ordine p. Pietro Varga.
G1ROLAMINI DELLA CONGREGA-
ZIONE del b. Pietro da Pisa, Frati
eremiti dell'ordine di s. Girolamo.
Riconosce la sua origine dal bea-
to Pietro da Pisa, nato in questa
città a' 16 febbraio 1 355 da Pie-
tro Gambacorta, e da una donna
dell' illustre famiglia dei Galandi ,
in tempo che il suo padre domi-
nava Pisa ed altre città della To-
scana. Va però avvertito che il cri-
tico cronista di questa congrega-
zione, dice che Pietro fosse figlio
di Gerardo germano di Pietro Gam-
bacorta, e per conseguenza nipote
di questo Pietro, non costumandosi
in que' tempi ed anche dopo im-
porre il nome del proprio genito-
re ai rispettivi figli. Essendo egli
di tre mesi, i di lui genitori fu-
ìono costretti a fuggire per avver-
sa fortuna dalla patria, e seco por-
tarono il bambino Pietro, che poi
leccio educare nobilmente, anche
negli esercizi cavallereschi, i quali e-
gli apprese molto bene, quantun-
que attendesse più di proposito a
quelli della pietà cristiana, e co-
minciasse a concepire abbonimen-
to per le vanità terrene. Dopo
la morte della madre , e quan-
do la fortuna erasi di nuovo di-
chiarala favorevole per suo pa-
dre, ritornato perciò al possesso di
Pisa, il nostro beato csseudo allo-
ra d'anni venticinque, rinunziò a
tutte le mondane speranze, abbau-
GIR 101
donò la patria, e vestito di poveri
pauni si ritirò in un luogo defer-
to, per menarvi vita austera e pe-
niteule. Non sembra affatto veridi-
co quanto narra il p. Papebrochio,
ch'egli sebbene siasi applicato ben
presto alla pietà, nel 1377, aiu-
tato da Andrea suo fratello cugi-
no, levò a forza la beata Chiara
sua sorella cugina dal monistero
in cui erasi ritirata per servire a
Dio, e che dopo averla tenuta rin-
chiusa per cinque mesi, commosso
dalla di lei costanza nel santo pro-
posito , si determinò d' imitarla :
questa assertiva del Papebrochio e
di pochi altri, non pare verosimi-
le. Certo è che verso il 1375 o
1 377 uscì da Pisa, e dopo di aver
visitato le più celebri solitudini del-
la Toscana e dell' Umbria, e fer-
matosi alquanto in quelle, si riti-
rò finalmente iu quella parte del
monte Cessana detta Montebello,
sei miglia lungi da Urbino, da cui
scendendo per cercare limosina nei
paesi convicini, e con quelle che gli
facevauo coloro che lo visitavano,
n' ebbe in tanta abbondanza, che
gli riuscì di fabbricare nella sua
solitudine una chiesa dedicata alla
ss. Trinità, la quale fu compita
nel 1 38o : altri congetturano che la
chiesuola fu a lui data da Oddone
Colonna vescovo d'Urbino poi Mar-
tino V. Accanto a questa chiesa
fece erigere una casa capace di
molli eremiti, de 'quali poco dopo
dodici si unirono a lui, dappoiché
essendosi manifestala la vita santa
del b. Pietro, molti concorsero per
seco lui unirsi, e tra tanti ne scel-
se dodici: il primo fu Pietro Tucani
di Pisa, che si vuole partito da det-
ta città insieme col beato Pietro,
il secondo il b. Pietro spaglino-
lo, il terzo il b. Angelo di Corsi-
ioa GIR
ca, il quarto Pietro di Antonio
Jacobini Faltibene, il quinto Pie-
tro di Giovanni spagnuolo, il se-
sto Arcangelo di Giovanni Sabba
di Gubbio, il settimo Giovanni di
Albania, l'ottavo il b. Andrea da
Sicilia, il nono Pietro Paolo di
mastro Pietro di Gualdo, il deci-
mo Alessio d'Alessio di Duracchio
in Albania, l'undecimo Paolo da
Como in Lombardia, e il duodeci-
mo il b. Benedetto di Sicilia, sic-
come apparisce da un antico dipin-
to in tavola. Il bealo Pietro Gual-
cerano che si attribuisce a questa
congregazione, visse da eremita nel
monte di s. Berlolo sopra Pesa-
ro con alcuni altri compagni, tut-
ti di ottimi costumi e di santa
vita, e mori nel i4i8, cioè prima
che quel conventino e chiesa di
s. Berlolo venisse in potere della
congregazione pisana, lo che ac-
cadde nel i442> ventiquattro anni
dopo la morte del b. Pietro Gual-
cerano, laonde questi non deve ri-
tenersi girolamino. Non deve an-
noverarsi tra i primi compagni del
b. Pietro da Pisa Bartolomeo Mer-
cati di Cesena, il quale vesti que-
sto abito nel 1 4» 9, vale a dire
trentanove anni dopo l'erezione del-
la congregazione. 11 pio fondatore
per t'uggire ogni occasione di va-
nagloria non volle essere chiamato
Pietro Gambacorta, cognome illu-
stre di sua famiglia , ma Pietro
da Pisa, e diede ai suoi segua-
ci il nome di eremiti di san
Girolamo, elello da lui per pro-
tettore di sua congregazione. Nel
i3q3 a' -xi ottobre essendo stati
assassinati il padre e due fratelli
del beato, da Giacomo Appiani se-
gretario del medesimo padre, il
demonio diede un liero assalto al
servo di Dio, tentandolo di andare
GIR
a vendicare la loro morte. Trion-
fò di questa fiera tentazione pro-
strandosi avanti a Dio, ed adorando
l'ordine della sua provvidenza, e
per confondere di più il tentato-
re, afflisse il suo corpo con orri-
bili austerità, flagellandolo aspra-
mente, e stringendolo con un giac-
co fatto a punte, e con un cili-
cio; raddoppiò i digiuni e le vi-
gilie, adagiandosi quando oppresso
dal sonno, per lo più sopra la nu-
da terra.
Intanto il b. Pietro prescrisse ai
suoi cremiti alcune costituzioni, nelle
quali comandò loro di fare, siccome
egli faceva, quattro quaresime ogni
anno, cioè la comune, l'altra dal lu-
nedì delle rogazioni lino alla Pen-
tecoste, la terza dal primo giorno
di agusto (ino all' Assunta, e la
(piarla dal primo novembre lino a
Natale. Ordinò altresì di flagellar'
SÌ e ili digiunare in tulli i lune-
dì e venerdì dell'anno, e di ag-
giungere al digiuno la disciplina
anche in tutti i giorni di quare-
sima. Proibì di ricevere nell'ordi-
ne quelli che non avessero com-
pito dieciotto anni, e quelli che
passavano i cinquanta. Osservavano
i buoni religiosi tutte queste cose,
con l'esempio del loro comune [la-
dre, che ne faceva altre molte di
piìi, e perseverò in un tenore di
vita asprissima fino alla morte; si
levavano a mezza notte per dire
il mattutino, dopo il quale si fer-
mavano in coro a fare nell'estate
due ore di orazione, e uell' inver-
no tre; cibo ordinario era poco
pane con pochi frutti o erbe cotte.
secondo il piacere del superiore:
dovevano ogni giorno accusarsi nel
refettorio delle loro colpe, e la
povertà si osservava da essi con
tanta esattezza, che tutto avevano
gir
in connine, ed il superiore aveva
il pensiere di dare ad ognuno ciò
che gli abbisognava. Vita cotanto
esemplare acquistò loro stima dai
virtuosi, ed odio dai libertini, che
lacerarono il buon nome di sì san-
ti eremiti, spargendo maliziosamen-
te che ingannavano con la loro
vita i semplici, ch'erano lupi co-
perti con la pelle di agnello per
guadagnarsi il credito del popolo,
ed osarono aggiungere che la loro
vita austera non era per virtù di-
vina, ma per arte magica da essi
praticata. Gl'inquisitori per queste
relazioni false, fecero delle rigoro-
se ricerche, onde questi santi ere-
miti furono costretti ad uscire di
tratto in tratto dalla loro solitudi-
ne per essere esaminati. Allora fu
che il b. Pietro ricorse al Papa
Martino V, il quale informato pie-
namente della santità di lui e dei
suoi discepoli, diede loro una bolla
a' 2 1 giugno I4"2 r) m virtù della
quale furono esentati dalla giuris-
dizione degl'inquisitori, annullando
le scomuniche, e tutti gli atti a-
vanzati contro i religiosi. Superata
questa tempesta, il b. Pietro coi
compagni vennero in seguito in più
alta stima presso i buoni, ed aven-
do già dei conventi in diversi luo-
ghi, ed in Venezia, in questa cit-
tà ne fu esibito altro, cioè l'ospe-
dale di s. Giobbe, fatto fabbrica-
re da Lucia Contarmi, moglie del
nobile uomo Enrico Delfino, il
quale si fece poi discepolo del bea-
to. Questi nel i4^5 si portò in
Roma, ove contrasse amicizia col
b. Nicola di Furca Palena, autore
d'una congregazione del terz'ordi-
ne di s. Francesco, la quale nel
1 44^* fu unita a questa stessa del
b. Pietro, abbracciando i seguaci
l'istituto eremitico, siccome aveva-
GIR io3
no fatto poco prima anche i di-
scepoli del b. Angelo di Corsica,
fondatore di un'altra congregazione
parimenti del terz'ordine di san
Francesco, quattro o cinque con-
venti della quale , per una bolla
di Eugenio IV del i432, furono
dati a quella dello stesso b. Pie-
tro, che in tal guisa andò crescen-
do nel numero de' religiosi e dei
conventi.
Il b. Pietro passò da Roma a
Venezia, quivi chiamato da alcuni
affari della sua congregazione, e qui-
vi morì santamente il primo giu-
gno i435, d'anni ottanta. Cercano i
critici il luogo in cui fu egli se-
polto, e benché la più probabile
opinione sembri quella di chi Io
vuole tumulato nella chiesa di s.
Girolamo con monistero di reli-
giose agostiniane, ciò non ostante
ignorasi il luogo di sua sepoltura,
sebbene il p. Papebrochio affermi
che i funerali gli furono celebrati
in s. Marco. Nel 1601 indarno lo
cercò nel detto monistero delle mo-
nache di s. Girolamo il nunzio di
Venezia Pannocchieschi Delci arci-
vescovo di Pisa; dopo molti an-
ni si rinnovarono le ricerche ad
istanza di Cosimo III granduca di
Toscana , ma non produssero ef-
fetto, e tale fu pure l'esito di quel-
le eseguite nel 17 17. Nel pontifi-
cato di Benedetto XIV, credendo
le monache di avere rinvenuto la
sepoltura del b. Pietro, per mezzo
di monsignor patriarca ottennero
dal Papa il breve, Riceviamo, del
1747, pif?sso >' senatore Flaminio
Coruaro, De eccks. Venet. dee. 1,
pag. i5?., la facoltà di rinnovare
te indagini con l'assistenza del me-
desimo patriarca, e le analoghe
cure del mentovato senatoie, ma
le perquisizioni egualmente riusci-
io4 GIR
rono inutili. Il Papa Clemente VII
fu il primo a chiamare con titolo
di beato Pietro Gambacorta fonda-
tore degli eremiti di s. Girolamo,
indi col medesimo titolo ne autoriz-
zarono il culto i Papi Paolo III, s.
Pio V, Gregorio XIII, e Clemente
Vili, finché i religiosi dell'ordine
supplicarono Alessandro Vili di
concedere loro di celebrare l'ufficio
ecclesiastico in tutto l'ordine, lo
che il Pontefice accordò , avendo
pure sottoscritto il decreto per la
beatificazione, nominando per po-
nente della causa il cardinal Ca-
sanata protettore dell'ordine. Il di
lui immediato successore Innocen-
zo XII a' 9 dicembre i(»g3 con-
fermò il decreto della congregazione
dei riti dei 5 di tal mese, nel quale
si approvava il culto immemorabile
del b. Pietro Gambacorta fondato-
re de' poveri eremiti di s. Girola-
mo in Monlebello presso Urbino.
La vita del b. Pietro sta in latino
ne' Bollaudisli, Acta ss. j'unii tom.
Ili, die 17; la scrisse pure in ita-
liano il gesuita p. Antonio Bonue-
ci, che fu stampata in Roma dal
Salvioni nel 1716. Siccome poi per
la riunione della congregazione del
b. Nicola di Furca Palena ai gi-
rolnmini, questi divennero padroni
in Roma della Chiesa di s. Ono-
frio [Vedi) verso quest'epoca, cosi
a quanto di essa dicemmo a quel-
l'articolo, aggiungeremo le seguenti
notizie.
Nel portico le tre storie a fre-
sco della vita di s. Girolamo, sono
lavori pregevoli del Domenichino,
fatti per ordine del cardinal Giro-
lamo Agucchio mentre era titolare
della chiesa, secondo l'Alveri: sotto
il medesimo portico sostenuto da
colonne antiche evvi la cappellctta
sacra alla Beata Vergine del Rosario,
GIR
la quale oltre all'avere per di fuo-
ri, sopra l'ingresso due sibille del
Baglioni, anche l' interno è ben a-
dorno con marmi, pitture, e qua-
dro del Bassano in cui effigiò la
nascita di Gesù Cristo. L'interio-
re parte della chiesa ha una sola
navata con cinque cappelle, due da
un lato, tre dall'altro, ed il cap-
pellone grande in mezzo, ossia l'al-
tare maggiore. La prima delle cap-
pelle a dritta, entrando, è dedica-
ta a s. Onofrio, ed è tutta abbel-
lita di buone pitture d'antica scuo-
la. Nella seconda, sacra alla Ma-
donna di Loreto, il quadro dell'al-
tare è opera di Annibale Caracci;
la Coronazione fu colorita da un
sue scolare, e le altre pitture l'e-
segui Gio. Battista Ricci da Nova-
Fa. L'altare maggiore dalla cornice
in giù fu dipinto da Baldassare
Peruzzi, e dalla cornice in su da
Bernardino Pinturicchio. Segue la
cappella del ss. Crocefisso. Nella
cappella seguente il quadro del b.
Pietro da Pisa è pittura del cav.
Francesco Trevisani , mentre due
suoi scolari dipinsero i laterali. 11
quadro dell'ultima cappella, rappre-
sentante s. Girolamo, fu colorito da
Pier Leone Ghezzi ; la pittura late-
rale dalla parte del vangelo è di
Pietro Nelli, quella di contro è opera
di Nicolò Ricciolino. La volta della
sagrestia la dipinse Girolamo Pesci,
ed il quadro dipinto sulla tavola
rappresenta s. Girolamo, s. Cate-
rina, s. Sebastiano ed il b. Nico-
la di Furca Palena, opera stimata
di Benigno Vangelini, compita nel
164.8. 11 chiostro del contiguo con-
vento de' girolamini è adorno di
venti colonne di marmo, ed in es-
so si vedono le storie di s. Ono-
frio dipinte a fresco dal cav. d'Ar-
pino, e sono le prime quattro en-
GIR
trancio da mano destra , essendo
state le altre colorite da Sebastia-
no Strada, e da altri pittori. Nel
corridore superiore è una bella Ma-
donna col Bambino dipinta a fre-
sco dal celebre Leonardo da Vinci.
Nella libreria de' religiosi sonovi i
busti del Barclay e del Tasso, se-
polti in chiesa, con alcuni mano-
scritti ed oggetti serviti al secondo,
che quivi mori. La rinomata quer-
cia di Tasso perì a' 22 settembre
1842, e fu celebrata coi versi del
eh. cav. Andrea Belli, i quali insie-
me ad altro, che riguarda il ri-
nomato albero, si leggono a p. 89
e seg. nel libro intitolato Fiori
sparsi , del quale feci affettuosa
menzione al voi. XXIV, pag. 3i5
del Dizionario. Alcune notizie ed
iscrizioni di questa chiesa si leg-
gono a pag. 263 e seg. del Mar-
tinelli , Roma ex ethnica sacra.
Ridolfino Venuti descrive questa
chiesa a pag. 965 della sua Roma
moderna. Il medesimo a p. 1234
parla dell'altra chiesa che i giro-
lamini hanno sul Monte Mario
suburbano di Roma, verso il fi-
ne delle vigne del colle, chiamata
volgarmente s. Onofrio in Cam-
pagna. Essa è dedicata a s. Fran-
cesco d'Asisi, e fu eretta col con-
tiguo convento dall'abbate Barto-
lomeo Neri. Clemente XI a como-
do dei vignaiuoli de'Iuoghi circon-
vicini l'eresse in parrocchia, quale
confermò Leone XII nel riordina-
mento delle parrocchie di Roma ,
ed in cura de' medesimi girolami-
ni. Ha tre altari, ed il principale
è dedicato a s. Francesco, e gli
altri due alla ss. Trinità ed a s.
Sebastiano. Benedetto XIII conta-
giò questa chiesa unitamente all'al-
tare maggiore a' 2 luglio 1728, e
due giorni dopo consngrò gli altri
GIR io5
due altari. Vi si celebra la festa
di s. Francesco a' \ ottobre, e quel-
la di s. Onofrio agli 1 1 giugno.
Fu frequentata di visite da Bene-
detto XIII, che soleva abitare il
vicino convento de' domenicani di
s. Maria a Monte Mario. Il Papa
che regna Gregorio XVI, portan-
dosi su questo delizioso colle, e-
gualmente più volte la visitò.
Dopo la morte del beato fonda-
tore, il primo generale fu il b. Bar-
tolomeo da Cesena sunnominato ,
il quale fondò altri conventi, e nel
suo governo, che durò quindici an-
ni, la memorata congregazione del
b. Nicola di Furca Palena si unì
interamente a questa de' girolami-
ni, a' quali Eugenio IV accordò
molti privilegi colla bolla Provenil
del i437. Questi religiosi ottennero
quindi di ricevere gli ordiui sacri,
e di tenere ogni anno il capitolo
generale, che Nicolò V nel i£53
ordinò che invece si radunasse ogni
tre. Poscia Sisto IV, ed Alessan-
dro VI fecero alcune variazioni in-
torno ai loro capitoli generali. Nel
1 4 14 essendo ancora generale il b.
Bartolomeo da Cesena furono stese
le prime costituzioni dell'ordine, ed
in queste medesime fu moderato
il rigore prescritto dal b. Pietro
da Pisa, e dipoi nel 1 54o furono
esse ridotte in miglior forma dal
p. Bernardo da Verona allora ge-
nerale, ed accettate dal capitolo di
tutto l'ordine tenuto in Rimiri nel
1 "i [a, dopo la protesta di tutti i
capitolari, che non obbligassero ad
alcun peccato mortale, e non si
potessero costringere i professori
dell' istituto a far voti solenni, quali
ancora non facevano. Nel capitolo
generale del l6aa, furono appro-
vate nuove costituzioni, abbracciate
dipoi anche in quello del l63
io6 GIll
pubblicate nell'altro del iG^i. In
un altro del 1 644 furono fatte al-
tre dichiarazioni sopra di queste
costituzioni, e sono quelle che pre-
sentemente si osservano in questa
congregazione, con aver soppresso
tra le altre cose l'astinenza perpe-
tua. Siccome poi i religiosi face-
vano solamente voti semplici, e
potevano disporre anche de' loro
beni, s. Pio V con la costitu-
zione Lubrìcum vitae gewis, de' r 7
novembre i568, ordinò loro di fa-
ve i voti solenni, lasciando in li-
bertà chi non voleva emetterli. In
sequela di questa costituzione, il
cardinal Luigi Cornavo protettore
dell'ordine, si recò al convento di
s. Onofrio di Roma, e vi ricevè
la professione de' religiosi girolami-
ni che vi abitavano, siccome fu
fatto ancora con altri conventi del
medesimo ordine, e questa profes-
sione venne eseguita promettendo
di osservare la regola di s. Ago-
stino data loro dal medesimo s.
Pio V, il quale confermò la con-
gregazione, nel 1567 accordò ai re-
ligiosi i privilegi degli ordini men-
dicanti, e nel 1 S7 1 con la bolla
Religioni* zelus confermò gli altri
che già godevano. Gregorio XII
nel 1 58 1 fece altrettanto, ma Pao-
lo V derogò al privilegio concesso
da Martino V, d'esenzione dalla
giurisdizione degl'inquisitori, a'qua-
li li assoggettò. Alessandro \ lì
avendo soppresso nel 16% l'ordi-
ne de' canonici regolari di s. Spi-
rito, e quello de' crociferi, diede i
conventi e monisteri loro alla con-
gregazione del b. Pietro da Pisa.
Inoltre a questa congregazione si-
no dal 1 53 r erasi unita quella
degli eremiti di s. Girolamo, isti-
tuiti da fr. Bartolomeo di Giaco-
mo Mercati, i quali avevano dei
GIR
conventi nella diocesi di Padova
e di Verona, e quella degli ere-
miti del monte Segestero, fondali
dal b. Lorenzo. Segui l'unione di
questi secondi nel 1579, e facen-
dosi menzione nel martirologio di
iìn s. Alberto da Genova, i reli-
giosi del b. Pietro da Pisa voglio-
no che sia stato della congregazio-
ne di monte Segestero, e che mo-
risse nel i4jo.
Prima delle ultime politiche vi-
cende si divideva questa congre-
gazione in due provincie, cioè di
Ancona e di Treviso, oltre alcuni
conventi nel Tirolo ed in Baviera,
i quali appartenevano a certi ere-
miti, che nel 1695 ad istanza del-
l'imperatore Leopoldo l si uniro-
no a questi d'Italia, e professando
la medesima regola si moltiplica-
rono poscia in que' paesi con os-
servare rigorosa mente le costitu-
zioni dell'ordine, non mangiando
mai carne, incedendo scalzi, vesten-
do panni grossi dello slesso colore
e forma ili quelli del b. Pietro,
portando la barba, ma non molto
lunga. Quoti religiosi girolamim
usano tonaca legata con cintura ili
cuoio, con cappuccio la cui moz-
zetta scende davanti e di dietro
sino alla cintura. In casa portano
berretta quadrata, e quando esco-
no vanno con cappa increspata si-
no al collo, tutto di color tanè,
e cappello nero. Nei venerdì deb
l'anno digiunano. In tutti i giorni
di lunedi, mercoledì e venerdì del-
la quaresima fanno la disciplina,
ed eziandio ne' lunedì, mercoledì e
venerdì dell'avvento, anche se ca-
dono in giorni festivi. Ogni sei
anni giusta i decreti della sa-
gra visita apostolica dell'anno 174*1
e nella terza domenica dopo Pa-
squa radunano il capitolo generale
GIR
in cui eleggono il loro superiore,
ed in ogni triennio il capitolo
provinciale. Morendo il generale,
il provinciale di quella provincia ,
nella quale dimorava il defunto,
prendeva il governo dell'ordine fino
alla elezione del nuovo, che si faceva
in lai caso dai provinciale dell'al-
tra provincia, e dai priori di Ro-
ma, di Pesaio, di "\ enezia, e di
Padova, quando quei conventi esiste-
vano. Il convento di Montebello
era il capo della religione, nella
«piale sono fioriti molti servi di
Dio, alcuni de' quali con titolo di
bealo, e varie persone illustri per
la dottrina e per le dignità eccle-
siastiche. 11 p. Burnirmi nella par-
te I del Catalogo degli ordini re-
ligiosi, a p. CXXI riporta la figu-
ra d'un antico eremita con zocco-
li di legno, e barba lunga, ed a
p. CXX1I produce la figura d'uno
degli odierni religiosi , parlandone
compendiosamente. Da questa con-
gregazione sono usciti diecisetle
beati, tra'quali il beato Pietro fon-
dature, ed il beato Nicola propa-
gatore si veuerano sugli altari, ed
altri trentatre fiorirono in santità
e miracoli. Cinque sono i vescovi
della medesima congregazione. Gli
scrittori poi sono circa trenta, e
su diverse materie, come teologi-
che, scolastiche, polemiche, morali,
isteriche ec. : essi diedero alla luce
vari volumi, altri restarono mano-
scritti. Di questo online oltre gli
storici degli ordini regolari, scris-
sero 1' Azorio nelle Istituzioni mo-
rali, I. i3, cap. II; Roderico nel-
le Quest. Reg. t. \ II, qu. 3, art.
9; Silvestro Maurolico , e Pietro
Bonacciolo nell'opera intitolila : /■'■
remo Pisano. Il padre Giovanni
Battista Gobati ci ha dato il Bui-
larium ordini* s. Hieronynu con-
GIR io-
gregationis b. Petti de Pisis col-
lect. ac notis 1 '/lustra /.,Patavii 1775;
ed il padre Giovanni Battista Sa-
janelli ha formato le Croniche stam-
pate in tre volumi in foglio da
Antonio Zalta in Venezia nel 1708,
intorno al primo volume; il secon-
do volume fu stampato in Pado-
va da Gio. Battista Conzalti 17G0;
ed il terzo dal medesimo stampa-
tore nel i"fìi.
GIRQLAMIM, Eremiti di Fie-
sole. Questa congregazione fu isti-
tuita dal beato Carlo dei conti
Guidi di Monte Granelli di Baeno
nella Romagna toscana, diocesi di
Sar/ana, il quale con Redoue del
medesimo Monte, Gualterio fioren-
tino, ed altri compagni, si ritirò
in luogo solitario nel mezzo dei
monti di Fiesole (Fedi), nell'an-
no 1 3 8 6 ; altri però fanno inco-
minciare la fondazione di qualche
anno avanti sotto la regola del
terzo ordine di s. Francesco, della
quale il b. Carlo era già profes-
so, ovvero al dire di altri sotto
la regola cavala dagli scritti di s.
Girolamo. L' approvò Innocenzo
VII, ma prevenuto dalla morte
non potè emanarne la bolla, la
quale pubblicò il successore Gre-
gorio XII nel 1 ^f 1 ">, Sacra nonnul-
laruiìì, data in Castro Montis Fio-
rum Arimin. dioecesis, 8 id. jul.,
Bull. Rorn. t. Ili, par. II, pag.
4 io. Morì il fondatore in Venezia,
dov'erasi portato per islabilire un
nuovo convento, a'5 settembre 1 \i~,
ed è dagli storici annoverato tra
i beati. Le sue reliquie furono
trasferite nel convento di Fiesole,
ma dopo la soppressione della con-
gregazione il >uo corpo fu porta-
to a Firenze, e riposa venerato
nella chiesa delia compagnia detta
la buca di s. Cimiamo. In segui-
ioS GIR
to Eugenio IV l'approvò, e col
suo consenso la congregazione ab-
bracciò la regola di sant' Agosti-
no, come si legge nella bolla Super
gregem, tlat. Florentiae ,7 cai.
augusti i44'> Bull. Rom. t. Ili,
par. Ili, }>. 33. Il Pontefice volle
che si chiamasse la Congregazione
di s. Girolamo di Fiesole, e di-
chiarò il monistero di Fiesole ca-
po dell'ordine, e residenza del ge-
nerale. In processo di tempo la
congregazione giunse ad avere più
di quaranta conventi in diversi
luoghi d' Italia, tra i quali quello
di Roma de'ss. Vincenzo ed Ana-
stasio a Trevi, con la contigua
chiesa, parrocchia che allora com-
prendeva il palazzo pontificio del
Quirinale, luogo che diede a que-
sti religiosi Paolo V nel 1612.
Vivevano questi eremiti con par-
ticolari costituzioni, e vestivano di
lana color tanè, con cappa incres-
pata intorno al collo, e aperta
nella parte anteriore ; cingevano
cintura di cuoio, andavano scalzi
con zoccoli di legno, l'uso de'qua-
li poi lasciarono. In Milano erano
chiamati frali di s. Anna, dalla
chiesa presso cui abitavano. Ma
essendosi i religiosi raffreddali nello
spirito dell'istituzione, diminuiti di
numero, ed essendosi tra di loro
introdotti molti abusi, il Pontefice
Clemente IX li soppresse con la
bolla Romanus Pontifex, data ai
G dicembre 1668, Bull. Rom. toni.
VI, p. 3o4- Di essi scrisse 1' Azo-
rio nelle Islit. inorai t. I, Iib. i3,
cap. II ; e il p. Bonanni nel Ca-
talogo degli ordini religiosi, pari.
1, p. CXX, ove ne riporta la fi-
gura.
GIROLAMO (s.) della Carità'
di Roma, Areicon fraternità e con-
gregazione in comunità di sacer-
GIR
dati. In quanto alla orciconfratcr-
nita, agli articoli Arcico> fraterni-
tà di s. Girolamo della Carità,
e Carceri di Roma, non che Go-
vernatore di Roma, per ciò che ri-
guarda la visita de' carcerati, ed
altro relativo, abbiamo detto le
cose principali che riguardano sì
celebre e benemerito sodalizio , e
delle molte e varie opere di pie-
tà in cui si esercitano i suoi ag-
gregati, dappoiché essa patrocina
le cause de' poveri pupilli e delle
vedove ne' tribunali; dota zitelle;
distribuisce l'elemosine, massime al-
le donne condannate ; amministra
l'eredità lasciata da Benedetto Gre-
co, al modo che dicemmo al voi.
XXVIII, pag. 21 3 del Dizionario;
dirige il monistero di s. Giacomo
alla Lungara, di cui parlammo ai
voi. I, p. 1 35, e XVII, p. 20 e
35 del Dizionario: ed ha cura del-
le carceri Inuocenziane in via Giu-
lia, che da lei in particolar modo
dipendono, e in quel modo che
descrisse il eh. monsignor Carlo
Luigi Monchi DÌ , appartenente a
questo illustre pio luogo, nella sua
opera intitolata: Degli istillili di
pubblica carità, ec, tom. II, pag.
2^7, cap. XI, ArciconfraternUa
della Canta. A tuttociò si deve
aggiungere ch'essa ha sede nel lo-
cale presso la propria chiesa dedi-
cata a s Girolamo, amministra e
dirige le cose della medesima, do-
ve mantiene la detta congregazio-
ne dei sacerdoti in comunità del-
l'oratorio, che ivi risiede per decoro
del culto divino, adempimento de'pii
legati di messe, ec, e per soddisfare
le altre obbligazioni assunte dai sa-
cerdoti dacché fu cominciato a pro-
seguire quauto s. Filippo Neri isti-
tuì nell'oratorio, per cui essi sacer-
doti sino d'allora assunsero il nome
GIR
di preti dell'oratorio. Come ancora
i medesimi sacerdoti ivi sono per
predicare nella detta chiesa in tutte
Je feste, e per udire assiduamente
le confessioni ed altro, come per
l'assistenza spirituale delle anime ,
segnatamente de' carcerati, sì per
confessarli, che per le prediche e
per gli spirituali esercizi, che loro si
danno due o tre volte la settima-
na, in un all'adempimento delle
sacre cerimonie delle cappelle po-
ste nelle medesime prigioni.
Quando la chiesa di s. Girola-
mo venne in proprietà della con-
gregazione della Carità, furono scel-
ti i migliori sacerdoti che fosse
possibile, tanto per l'uffiziatura, che
per istruire il popolo ne' doveri
cristiani, come perchè venissero nel-
lo spirituale assistiti i carcerati.
Questi sacerdoti o pii operai co-
minciarono subito a conciliarsi la
venerazione di tutti per la loro
santità di vita, zelo per le anime,
dottrina , e vestire conforme , che
meno la barba lunga e il cappello
a barchetta , tuttora si osserva. Il
primo di essi fu Pietro Spatario
di Arezzo, a cui si unirono subito
altri ottimi sacerdoti. Il Piazza nel-
V Eusei'ologio romano, trattato VI,
capo VII, Di s. Girolamo detlo
della Carità a piazza Farnese t
narra che s. Filippo Neri fece par-
te di tal collegio di sacerdoti tren-
talre anni, ed erano con lui altresì
in quel tempo altri preti di se-
gnalata virtù, come il venerabile
servo di Dio Buonsignor Caccia-
guerra sanese, Persiano Rosa, che
con s. Filippo fondò il benemeri-
to e celebratissimo istituto romano
dall' arciconfraternita della ss. Tri-
nità dei Pellegrini, Francesco Mar-
supini , e Pietro Spada ri aretini ,
stati successivamente confessori del
GIR i 09
santo. Qui pure si venera ancora
la stanza dov' egli abitò, e dove
diede principio ai ragionamenti, e
conferenze spirituali. All' articolo
Filippini ( Vedi) , abbiamo detto
quando s. Filippo entrò in questa
casa, siccome ammesso dall' arci-
confraternita fra i sacerdoti , che
ufficiavano la loro contigua chiesa,
ricusando il consueto emolumento,
contento della sola camei-a , e di
potere con gli altri indefessamente
occuparsi al giovamento spirituale
de' prossimi ; che molti uomini per
nascita, per dottrina e per pietà
insigni ne frequentarono l' oratorio
nel 1 558 da lui istituito, ed a sue
spese eretto, il quale il santo volle
che stasse aperto ogni sera , per
quei pii esercizi neh' articolo no-
minali. Ivi s. Filippo diresse le vi-
site degl'infermi negli ospedali, e
delle sette chiese. Dicemmo pure
del modo come il santo con alcu-
ni compagni si portò alla chiesa di
s. Giovanni de' fiorentini per il suo
culto ed uffiziatura, ed ove inco-
minciò il suo convitto con alcune
costituzioni , continuando però ad
abitare nella casa di s. Girolamo ;
e finalmente coni' eresse la congre-
gazione dell' oratorio, e passò a ri-
siedere nella casa di s. Maria in
Vallicella, partendo coi discepoli da
quella di s. Girolamo nel 1 583.
Qualche tempo dopo la partenza
di s. Filippo da questo luogo, la
congregazione ossia arciconfrater-
nita approvò ai preti che vi ri-
masero di proseguire gli esercizi ivi
istituiti dal santo: laonde conti-
nuarono i sacerdoti ad esercitare
quanto avea prescritto s. Filippo
nella sua congregazione , per cui
continuarono a chiamarsi padri, come
tuttora, ad onta delle opposizioni
insorte e giuridicamente dibattute
i io GIR
e superale dai medesimi. Il citalo
Piazza aggiunge che l' arciconfra-
ternita prima agi' individui della
congregazione dei preli e chierici
faceva insegnare le belle lettere, e
la musica , per gli ora tori i sacri e
notturni che dall epoca di s. Filip-
po sino al declinare del decorso se-
colo nelle sere delle feste di precet-
to da Ognissanti alla domenica del-
le Palme avevano luogo nel conti-
guo oratorio, de'quali pure si parlò
all'articolo Filippini. Questo one-
sto e dilettevole trattenimento, es-
sendo diminuite le rendite, ora sol-
tanto con iscelta orchestra ed elet-
ta di professori cantanti, si suole ce-
lebrare la sera della festa dell'Imma-
colata Concezione agli 8 dicembre,
e quello eseguito nel i 8 j 3 era inti-
tolato Giuditta, lavoro poetico del
celebre Jacopo Ferretti, posto in
musica dal valente maestro Pietro
Ravalli; questo argomento allego-
rico alla festività meritò di essere
ripetuto in quella dell'anno 1 844-
I sacerdoti della congregazione
dell'oratorio dì s. Girolamo della
Carità vestono come i filippini del-
la Vallicella, cioè con sottana nera
di lana lunga e aperta nel davan-
ti, fermata con pochi bottoni da
un lato, e da una cintola o fascia
pur di lana nera che tiene chiusa
la sottana : usano collare aperto
davanti, con sopraccollare bianco
e liscio come usano tutti i filippi-
ni tranne quelli della Vallicella che
lo portano pieghettato; il terraiuolo
lo portano lungo come tutti gli
altri, per cui l'abito è tutto filip-
pino. La professione poi ossia le
loro obbligazioni, sono l'attendere
al confessionale, ed anche udire le
confessioni degl' infermi se richie-
sti, fare il discorso tutte le fe-
ste di precetto , come si usa in
GIR
tutte le chiese de' filippini , nel-
le quali si riuniscono in coro a
cantare il vespero e compieta :
nella sola Vallicella si fa il sermo-
ne in tutti i giorni. Né quanto si
è detto resta smentito dal non ave-
re i padri in superiore uno di loro.
come istituì s. Filippo, e tutti i
filippini praticano, come non han-
no l'amministrazione ile' fieni onde
mantenersi, dappoiché 1' arcicon fra-
ternità di s. Girolamo li ritiene
ed amministra, deputando un pre-
lato fra i loro colleglli, che tieni-
le parli di supcriore ; mentre la
congregazione dei sacerdoti, non
avendo superiore elettivo, sempre
ebbe una rispettosa deferenza al
decano, che sta iti luogo di supe-
riore per le cose interne, per cui
nelle annuali Notizie di Roma ,
Dell' articolo Ordini religiosi, alla
categoria delle Congregazioni in
comunità, si legge per seconda e
dopo quella dell' Oratorio di s. l'i-
lippo Neri con superiore, Sacer-
doti dell' oratorio di s. Girolamo
della Carità, /uno. />. Pasquale
Marciala decano, eh* è 1 odierno
Di questo istituto e chiesa ne fu
prelato deputato monsignor Gin.
Angelo Braschi, che divenuto Pon-
tefice col nome di Pio \ 1 , esortò
i deputati dell' arciconfraternita a
stabilire nella casa dei sacerdoti la
tavola comune, per cui allora qual-
cuno si ritirò. In questa congre-
gazione di sacerdoti fiorirono di-
versi uomini illustri per pietà e
per dottrina, fra i quali oltre i no-
minati primi sacerdoti che si ag-
giogarono a Pietro Spatario ed a
s. Filippo Neri, sono a nominarsi:
Teseo Raspa deputato ; Francesco
detto lo Spagnuolo ; Leonardo Vel-
li ini ; il fermano Pensabene Tur-
cheli i poi fondatore della congie-
GIR
gozionc di Fermo; il fiorentino
Vittorio dell' Ancisa fondatore del
monistero delle stabilite in Firenze;
e il piacentino Enrico Pietra fondato-
re della congregazione dei padri del-
la dottrina cristiana. Vanno pure
nominati Giulio Sansedonio di Sie-
na poi vescovo di Grosseto ; Gia-
como Celestino ; Pietro Nicola Leo-
pardi patrizio di Recanati, fonda-
tore del collegio di Gesù a Reca-
nati, morto nel i5o,i; il ven. Gio-
vanni Leonardi, poi fondatore della
congregazione dei chierici regolari
della Madre di Dio; Agostino Ador-
no, uno de' fondatori de' chierici re-
golari minori; Benedetto Buonmat-
tei fiorentino, celebre pei suoi due
libri della lingua toscana ; il dot-
tissimo liturgico Giuseppe Catalano
autore di rinomate ed utili ope*
re; l'eruditissimo vicentino Gio-
vanni Marangoni , che die alle
stampe interessanti opere di sacra
e profana letteratura, fra le quali
la vita del suddetto servo di Dio
Ruonsignore Cacciagliene, e di al-
cuni compagni suoi, e di s. Filippo
in s. Girolamo, Roma 17 12; ove
sono raccolte molte importanti no-
tizie di questa congregazione. Tra
gli altri servi di Dio nomineremo
inoltre Giuseppe Piossi di Castel
Velerc in Calabria; ed Alberto
Cherufìni viterbese, noto per diver-
se operette spirituali, una delle
quali porta per titolo: Del racco-
glimento interiore, Roma 1809. Ap-
partenne pure a questa congrega-
zione Francesco Stracchini vescovo
di Segni, morto nel 1828.
La chiesa e la casa dell' arci-
confraternita di s. Girolamo della
Carità e della congregazione de' sa-
cerdoti dell'oratorio di s. Girolamo
è nei rione Regola vicino al pa-
lazzo Farnese, e dicemmo altrove
GIR m
che vuoisi fabbricala ncll' antica
casa di s. Paola matrona romana,
dove il dottore della Chiesa s. Gi-
rolamo fu alloggiato mentre si
trattenne in Roma, chiamatovi da
s. Damaso 1 Papa che governò
la Chiesa dal 367 al 384- In que-
sto luogo fu eretta una chiesa
in onore del santo dottore, e do-
po essere stata chiesa collegiata,
la ottennero i minori osservanti,
i quali poscia furono traslocali
alla chiesa di san Bartolomeo Del-
l' isola Licaonia, o al dire del Fa-
nucci a quella di s. Pietro in Mon-
torio , indi l' ebbe la congrega-
zione degli aulicorum urbis, se-
condo il Martinelli , finché Cle-
mente VII a' 22 settembre i5i/±
la diede all'arciconfraternita della
Carità, che allora aduna vasi nella
chiesa di s. Andrea in Piscinula
nel none medesimo Regola, la
quale è oggi sagrestia di s. Maria
di Monserrato. V. Notizie sull'ori-
gine, ed istituto della ven. arcicon-
fralemita della Carità in s. Gi-
rolamo, riunite neW occasione del-
la sacra visita ordinata dalla san-
tità di nostro Signore Papa Leo-
ne XII; le Consti luliones archicon-
fraternitatis Charitalis de urbe,
Romae i6o3 ; il breve d' Inno-
cenzo XII de' 18 settembre «694,
Ad pastorale fastigium, col quale
confermò gli statuti., eie costituzioni
da lui approvate, inserite nello stes-
so breve, e pubblicate nel 1694- H
Panciroli ne Tesori nascosti di Ro~
ma, tratta a p. 375 e seg. della chie-
sa ed arciconfraternita eruditamen-
te, e dice che la chiesa era dei
minori osservanti che passarono
a s. Bartolomeo all'Isola, e che fu
data alla congregazione de' nobili
cortigiani eretta poi in arciconfra-
ternita, che la gode tuttora, su di
uà GIR GIR
che può consultarsi la bolla di e.lhnìca sacra, insieme a tre epitaf-
Leone X altrove citata, Illius qui fi in versi di defunti sepolti nella
charilas, de' 27 gennaio dell' an- chiesa. Nella piccola parte che ri-
nò \Sio. Ridolfino Venuti, Roma mane del primo oratorio fondato
moderna p. 566 dice, che la chie- e fabbricato da s. Filippo Neri,
sa fu data nel i535 al sodalizio, sulla porta è scolpita in marmo
che nell'oratorio vi sono i ritratti questa iscrizione: Primum beati
di diversi benefattori, che vi si Plidippi Neri Fiorentini Oratoriutn.
praticano ogni sera diverse opere Anno Domini fllDLP III. Nel 1660
di pietà, e dal giorno d' Ognissanti la chiesa fu riedificata in un alla
sino alla domenica delle Palme, facciata estèrna con architetture di
come in quello di s. Maria in Domenico Castelli. L' altare mag-
Vallicella, in ogni festa avevano fiiore, adorno di belli marmi e
luogo oratorii in musica. Nella chie- metalli dorati, venne eretto con
sa si solennizza la festa di s. Fi- disegno di Carlo Rainaldi, e come
lippo, e l'uffizio è tutto proprio la tacciala, a spese di Fantino
e di rito di prima classe con l'ot- Renzi romano, che quivi appresso
tava, e se ne fa commemorazione ha il deposito con Scipione Renzi,
nei suffragi e nell'orazione A cunctis. coi loro busti di bronzo. Su det-
Quivi è l'oratorio e la sua chie- to altare ammira vasi il celebratis-
sa a parte, dove ogni sera, e le simo quadro a olio del Dominiclii-
feste mattina e sera, si pratica no, rappresentante la comunione di
quanto prescrive s. Filippo, al qual s. Girolamo, il quale fu eseguito
oratorio presiedo uno dei padri in musaico per la basilica Vaticana,
deputato dalla congregazione. I e l'originale forma al presente u-
padri fanno la visita delle sette no de' principali ornamenti della
chiese insieme ai fratelli ascritti contigua galleria de' quadri . La
all'oratorio, i più diligenti de'qua- buona copia di questo prezioso
li ricevono qualche premiazione , dipinto, posta all' antico luogo di
e nelle feste di precetto visitano esso, venne operata nell'anno 1797
qualche spedale massime quello di da Antonio Corsi con maestria. La
s. Spirilo, oltre l' infermeria delle cappella della famiglia Spada, che
carceri nuove. trovasi la prima a destra, entran-
Nell' annesso ospizio conserva- do, è disegno del Borromini : la
si con venerazione la memorata statua giacente in abito senatòrio,
stanza ridotta a cappella , nel- dalla parte stessa, insieme alle al-
la quale egli ebbe spesso lunghe tre scolture sono lavori di Ercole
conferenze col cardinal san Car- Ferrata; quelle incontro sono di
lo Borromeo, con s. Ignazio Loio- Cosimo Fancelli , e gli angeli ge-
la, con s. Camillo de Lellis, e con nullessi che sostengono un panno
s. Felice da Canlalice. Nel 1687 finto venato sono opere di Anto-
la restaurò dalle fondamenta, ed nio Giorgetti. Un illustre individuo
abbellì con pitture il cav. Ascanio di detta famiglia Spada, il cardi-
Pantera di Colle, come si legge nal Alessandro, già deputato del pio
nella iscrizione ivi esistente sulla stabilimento, morendo a' 16 dicem-
poi'ta, e riportala dal Martinelli bre 18 13 gli lasciò per gli atti del
a pag. 112 della sua Roma ex Bartoli un legato di diecimila scudi
GIR
espressamente per la difesa depo-
veri, per cui 1' arciconfìaternita in
questa chiesa gli celebrò solenni
esequie, pontificando la messa il de-
putato monsignor Stefano Seerra
vescovo di Orope. Verso l'altare mag-
giore si vede a mano destra l'altare
del Crocefisso, fatto di buoni marmi.
L' immagine del ss. Crocefisso è
di legno, ed è quella che secondo
l' antica tradizione parlò interior-
mente a s. Filippo, mentre questi
celebrava la messa innanzi alla
medesima. Sul gradino dell'altare
si venera una divota immagine del-
la B. Vergine Addolorata, dipinta
da Francesco Manno. L' altare è
privilegiato in perpetuo.
Nella cappella de'Mariscolti vi-
cina all'altare maggiore, il quadro
sull' altare rappresentante la Beata
Vergine con Gesù, e le altre pit-
ture in cui sono alcuni santi, ven-
nero eseguite da Durante Alberti:
il sepolcro prossimo del conte
Montauli, con una grande cornice
di pietra detta Montauto, è dise-
gno di Pietro Berrettini da Corto-
na. La cappella di s. Filippo al-
l'opposto late, eretta nel 17 io ed
architettata da Filippo Juvara per
ordine dell'avvocato Tommaso An-
tarnori, e della quale sono patroni
i di lui discendenti, è tutta in-
crostata di marmi sopraffini fre-
giati di vari lavori di metalli do-
rali, con istucchi nella volta tut-
ti messi ad oro. Sull'altare poi avvi
Ja maestosa statua del santo, scol-
pita da Pietro Le Gros. 11 qua-
dro di s. Carlo Borromeo nella
seguente cappella è opera di Pie-
tro Barbieri, che colorì anche il
quadro e la volta della sagrestia:
nel quadro rappresentò la Beata
Vergine col Bambino, s. Girolamo,
e s. Filippo; nella volta dipinse
voi. XXXI.
GIR 11 1
una gloria. Neil' ultima cappella
si vede un pregevole quadro che
vuoisi del Muziano, rappresentante
il Salvatore in atto di dare le
chiavi a s. Pietro. Tutta In soffit-
ta è intagliata e dorata. Nell'an-
nesso oratorio, che limane sul la-
to destro della chiesa, il quadro
della Beata Vergine, s. Filippo e
s. Girolamo è del Romanelli. In
questa chiesa vi è 1' indulgenza
plenaria perpetua : la festa di s.
Girolamo si celebra a' 3o di set-
tembre, nel quale giorno ogni quat-
tro auni il senato romano offre a
questa chiesa un calice con pate-
na d' argento, e quattro torce di
cera. Nella medesima festività si
fa dopo la messa pontificale la
processione, in cui si porla il brac-
cio di s. Girolamo, alla quale in-
tervengono moltissime zitelle dal-
1 arciconfìaternita dotate.
GIROLAMO (s.), Gesuati, o chie-
rici apostolici di s. Girolamo. P.
Gesuati.
GIROLAMO (s.), il più sapiente
dottore della Chiesa Ialina, nacque
nella piccola città di Stridone o
Strinomium, vicina ad Aqui'eia, cir-
ca l'anno 33 1. Suo padre chia-
mato Eusebio, uomo ricco, man-
dolio a Roma, ov' ebbe a maestro
il celebre Donato, e fece rapidi
progressi nelle lettere umane e nel-
I' eloquenza; si occupò assiduamente
nella lettura de' grandi classici au-
tori , e raccolse con fatica ed at-
tenzione una scelta biblioteca, co-
piando eziandio molti libri di sua
mano. La sua gioventù non andò
esenle da trascorsi; ma riconobbe
poscia i suoi errori, e ne fece pe-
nitenza. Giunto all'età virile, si po-
se a viaggiare nelle contrade ove
polca perfezionarsi nelle scienti". <
visilò le più celebri scuole delle
8
JCfoemorvfc, ftp.
n4 GIR
Gallie. Si mette il suo arrivo a
Treveri, in compagnia d'un suo
compatriotta e parente per nome
Bonoso, poco dopo l' anno 370.
Quivi prese la risoluzione di vive-
re in perfetta continenza, e comin-
ciò a cangiare i suoi studi. Passa-
to in Aquileia, ov' era vescovo s.
Valeriano, strinse amicizia con pa-
recchi dotti e virtuosi ecclesiastici,
i nomi dei quali trovansi spesso
ne' suoi scritti. Lasciò Aquileia , a
quanto sembra, per recarsi a Stri-
done sua patria, avendo inteso che
sua sorella erasi sviata dal cammi-
no della virtù, in cui egli ebbe la
ventura di rimetterla. Tornò quin-
di a Roma, risoluto di vivere nel
ritiro, e di non occuparsi di altro
chede'suoi studi. Scorgesi dalle sue
lettere al Pontefice s. Damaso I,
eh' egli riconosceva di aver ricevuto
il battesimo in questa città. Tille-
niont è d' avviso che non vi fosse
battezzato se non dopo il suo ri-
torno d' Aquileia , perchè il santo
mette la data della sua conversio-
ne al tempo in cui si trovava nelle
■vicinanze del Reno; ma Martianay
e Fontanini sostengono con mag-
gior verisimiglianza che avesse ri-
cevuto il battesimo a Roma prima
di viaggiare nelle Gallie. Non mol-
to dopo il suo ritorno a Roma
comprese che il soggiorno di que-
sta città non era favorevole alla
risoluzione fatta di vivere in una
perfetta solitudine; quindi deter-
minò di andarsi a seppellire in
qualche assai lontana contrada. Par-
fi con Evagrio prete d' Antiochia ,
accompagnato da Innocenzo, da
Eliodoro e da Ilas, e con essi tra-
versò la Tracia, il Ponto, la Biti-
nia, la Galazia, la Cappadocia e la
Cilicia. Fcrmossi qualche tempo ad
Antiochia per giovarsi delle lezioni
GIR
di Apollinare, che spiegava la Scrit-
tura con molta riputazione, e che
non avea per anco fatto scisma
nella Chiesa. Poscia si ritirò nel
deserto di Calcide che di videa la
Siria dall' Arabia, e che allora era
sotto il dominio de' saraceni. Non
andò guari che la morte gì' involò
Innocenzo ed Ilas ; ed Eliodoro lo
lasciò per tornar in occidente. Tut-
tavia egli stette ancora per quat-
tr' anni in questa solitudine, uni-
camente inteso allo studio ed alle
opere di penitenza. Egli vi ebbe a
soffrire diverse sorta di malattie;
ma le sue pene maggiori gli pro-
venivano dalle tentazioni violente
che sopravvennero ad assalirlo ; e
mentre, come dice egli stesso, co-
perte le squallide membra d' orri-
do sacco, abbronzita la pelle dal
cocente ardore del sole, estenuato
dai digiuni, erasi fatto socio degli
scorpioni e delle fiere per timore
del fuoco eterno, immagina vasi di
essere in mezzo alle danze delle
fanciulle romane, e la sua mente
ardeva d' impuri desideri. S. Giro-
lamo affine di raffrenare più age-
volmente gli sviamenti della sua
immaginazione, alle austerità della
penitenza aggiunse il più laborioso
di tutti gli studi, quello della lin-
gua ebraica , e quind' innanzi si
tenne sempre molto attento a mo-
derare il suo gusto per la lettera-
tura profana. In seguito i differenti
partiti che dividevano la chiesa di
Antiochia, quello di Melezio cioè,
quello di Paolino, e quello di "\ i-
tale, cagionarongli molta inquietu-
tudine, venendo egli incessantemente
spinto a dichiarare qual era il par-
tito che seguiva. Stanco s. Girola-
mo delle loro moleste e ripetute
istanze, e pel cattivo slato di sua
salute, risolse di abbandonare la
GIR
solitudine, e tornarsene in Antio-
chia presso Evagrio; ma prima di
eseguire il suo disegno ne scrisse
replicatamenle al Papa s. Damaso I,
per consultarlo intorno alla disputa
eh' ivi agitavasi sul significato e sul-
1* uso della parola ipostasi, vale a
dire se era da ammettere in Ge-
sù Cristo una sola ipostasi o tre,
colla quale questione ed ambiguità
gli ariani ed i sabelliani cercavano
ili allucinare i fedeli. Benché secon-
do il Butler (giacche nel voi. XIX,
p. 85 del Dizionario dicemmo che
professasse un'ipostasi e tre perso-
ne ) non si abbia la risposta di quel
Papa , è però certo eh' egli rico-
nobbe con tutta la Chiesa d' occi-
dente Paolino per patriarca d'An-
tiochia. Anche s. Girolamo lo ri-
conobbe, e ricevette dalle sue ma-
ni il sacerdozio prima del finire
dell' anno 377, senza però obbligar-
si particolarmente ad alcuna chie-
sa. Poco dopo ritirassi nella Pale-
stina, ne visitò i santi luoghi, e fe-
ce la sua principal dimora a Bet-
lemme. Su di che sono a veder-
si gli articoli Betlemme e Gerusa-
lemme. Intorno all' anno 38o si
portò a Costantinopoli, essendone
vescovo s. Gregorio Nazianzeno, del
quale grand' uomo egli si gloria in
molti de' suoi scritti d'essere stato
discepolo. Il Papa s. Damaso I, che
occupavasi seriamente della estin-
zione dello scisma di Antiochia,
avendo convocato un concilio a
Roma nel 38 1 o 382, s. Girola-
mo vi si recò con s. Epifanio e
Paolino d'Antiochia. Passato l'in-
verno questi due vescovi tornarono
in oriente; ma s. Girolamo fu
trattenuto o richiamato a Roma dal
Papa che lo adoperò nei maggiori
allàri della Chiesa, e lo incorni >cu-
zò qual suo segretario di risponde*
GIR 1 1 5
re alle lettere che gli scrivevano
i vescovi per consultarlo sui con-
cilii e sulle chiese. La nobiltà ed
il clero facevano a* gaia a gio-
varsi de'suoi lumi, onde perfezio-
narsi nella cognizione della Scrit-
tura , e nella pratica delle mas-
sime della pietà. Egli era insieme
il direttore di molte dame romane,
commendevoli per le loro virtù ; in
fra le altre di s. Marcella , di A-
sella sua sorella, di Albina loro
madre, dell'illustre Melania, di
Marcellino, di Felicita, di Lea, di
Fabiola, di Leta, e di Paola colle
sue figlie. Le lettere ch'egli scri-
veva a queste dame e ad altre pie
persone, sono eccellenti trattati sul-
le diverse virtù della vita cristiana.
La generosa libertà con la quale
s. Girolamo avea sovente parlato
contro 1' avarizia, la mollezza, e la
vanità degli abitanti di Roma, gli
aveva suscitato molti nemici, e tra
questi assai ecclesiastici , i quali
eransi appropriali in parte i rim-
proveri del santo dottore. Per or-
dine di s. Damaso I commentò e
tradusse s. Girolamo nel latino i-
dioma la versione de'seltanta ; lo
stesso fece dell'edizione ebraica tras-
portata in latino, e con esatta sol-
lecitudine emendò il testo Ialino
del nuovo Testamento, confron-
tandolo col testo greco. Morto il
Pontefice s. Damaso I, egli si vide
oppresso da mille calunnie : quindi
risolse di ritornarsene in oriente
per cercarvi un pacifico asilo. .Nel-
l'agosto del 385 s'imbarcò con suo
fratello Pauliniano, col prete Vin-
cenzio ed alcuni monaci, e con essi
giunse a Gerusalemme versola metà
dell'inverno, donde nella primevi 1 1
passò in Egitto. Dimorò un mi se
in Alessandria, ove si giovò incito
delle lezioni del celebre D;dimo il
n6 GIR
Cieco ; poscia percorse i principali
monisteri di Egitto, e in fine tor-
nato in Palestina si fermò a Bet-
lemme. S. Paola, che lo aveva se-
guito, gli fece fabbricare un moni-
stero, e pose sotto la sua direzione
quello in cui aveva radunato le
religiose ch'ella governava. Divenu-
to troppo ristretto il monistero che
abitava s. Girolamo, egli mandò
Pauliniano suo fratello in Dalma-
zia a vendere una tenuta che an-
cora ci avea , onde impiegarne il
prezzo ad ampliarlo ; e intorno a
quel tempo fece fabbricare anche
un ospizio pei pellegrini. Il santo
dottore ritirato in una celletta, ve-
stito di ruvidi panni, non cibandosi
che di pane bigio e di poche erbe,
sebbene travagliato da frequenti
malattie non si rimase dallo stu-
diare 1' ebraico, e dall' attende-
re ai suoi commentari sopra la
Scrittura ; ed occupossi eziandio
con zelo indefesso a confutare
tutte l' eresie de' suoi tempi. Ai
continui rammarichi che gli cagio-
navano i pericoli dei fedeli di
oriente, e le perdite che questa
Chiesa avea sofferto per gli scismi
e per l'eresie, venne ad aggiun-
gersi la nuova dei saccheggi che.
le truppe di Alarico avevano por-
tato in occidente. Roma era sta-
ta saccheggiata e quasi rovinala
nell'anno 4IO> e un'orrida care-
stia avea finito di sterminarla :
uomini e donne abbandonarono
la loro patria per sottrarsi alla
morte o alla cattività, e un gran
numero rifuggissi a Betlemme. San
Girolamo nulla risparmiò per nu-
trirli, consolarli, e procacciar lo-
ro un asilo ; ma a grande stento po-
tè egli medesimo sottrarsi al furore
dei barbari, i quali nel 41 * inva-
sero la Palestina. Ebbe altresì a
GIR
soffrire le più crudeli persecuzioni
per parte dei pelagiani. Nel 4' 7
una masnada di scellerati, mandata
da questi eretici, venne ad assalire
i servi di Dio che viveano sotto la
condotta di s. Girolamo. I moni-
steri furono distrutti dalle fiamme,
e i monaci e le vergini costrette
alla fuga ; alcuni furono crudel-
mente battuti ; un diacono venne
trucidato; il santo dottore scampò
ai più. cattivi trattamenti di quei
furibondi, ritirandosi in una forte
torre ; Eustochia e la vergine Pao-
la si salvarono a stento dal fuoco
e dalle armi che le circondavano ,
e le persone che loro appartene-
vano soffrirono ogni sorta di tor-
menti. S. Girolamo non sopravvis-
se lungamente a questa persecu-
zione ; e dopo aver trionfato dei
vizi e delle eresie, dopo aver pas-
sato la sua vita nelle fatiche e
nella penitenza, consunto da lenta
febbre fu disciolto dai legami del
corpo ai 3o settembre 4"20» m el11
di ottantanov' anni , secondo 1' opi-
nione di Martianay approvata dal
p. Stilting. Fu sepolto sotto le ro-
vine del suo monistero a Betlem-
me ; ma il suo corpo fu poi tras-
portato aRoma, ove si conserva tut-
tora nella Chiesa di s. Maria mag-
giore (Fedi). La Chiesa celebrava la
sua festa a' 3o settembre fino dal
tempo di Beda e di Usuardo, co-
me ricavasi da' loro martirologi:
trovavasi altresì notata nei più an-
tichi , e nel Sacramentario di s.
Gregorio. Non puossi negare a s.
Girolamo il merito di una gran
fede congiunta a molte altre virtù
cristiane. Se si lasciò prevenire da
Teofilo d' Alessandria contro s. Gio.
Grisostomo, ciò fu perchè egli era
uomo, e come tale soggetto egli pure
ad essere sorpreso. Se fu odiato du-
GIR
inule la sua vita, Io fu dagli ere-
liei, «lai monaci e dagli ecclesiasti-
ci indisciplinati , i quali non pote-
vano soffrire eh' egli combattesse o
i loro errori o i loro vizi. Fu
egli al contrario amalo ed ammi-
rato dai giusti, i quali onorarono
la sua santità, e videro con gioia
i lavori eh' egli intraprendeva per
l' utilità della Chiesa. È questa
la testimonianza che ne rende Po-
sluiniano, testimonio oculare del-
le opere di virtù di s. Girolamo.
Anche s. Agostino chiamavalo uo-
mo santo ed ammirabile, il di cui
cuore sembra vagli si pieno d'amo-
re e di zelo per la gloria di Gesù
Cristo, die non temè di parago-
narlo a quello di s. Paolo.
Sulla patria di s. Girolamo ab-
biamo: Pietro Stancovich , Della
patria di s. Gì /ola ino, Venezia 1824
pel Picolti; e Giovanni Capor dal-
rnatino, Della patria di s. Girola-
mo, risposta all'opuscolo di Pietro
Stancovich, Roma 1828 pel Bour-
liè. In onore di s. Girolamo e sot-
to il nome di Girolamini [Vedi),
furono istituiti diversi ordini reli-
giosi. Viene creduto da molti scrit-
tori di non
autorità ch'egli
poca ...„.„. ... .D.
fosse stato creato cardinale da san
Damaso I, ovvero in grado corri-
tpondente oggidì alla dignità cardi-
nalizia, e per tale trovasi dipinto
in antiche immagini, e nelle grot-
te vaticane. Scolpito in marmo in
abito di cardinale fino dal i4^°j
come attesti» il Piazza nell' Emero-
Iorio di ìionia a' 3o settembre. Il
(pule aggiunge che dipintesi il spil-
lo dottore eoo vari simboli, tutti
rappresentanti lo di lui segnalate
azioni. Viene dunque effigiato in
atto di penitente per l'austerità del-
la vita a cui si diede mila solitu-
dine; con la candela accanto, per*
GIR 1 1 7
cbè nelle ore notturne rubate al
sonno egli scrisse e dettò immensi
volumi; con l'immagine del Cro-
cefisso e con testa di morto* per-
chè tutto fu occupalo ed intento
nel meditare la passione di Cristo;
con la tromba all'orecchio, per
quelle parole ch'egli lasciò scritte:
Sur gite rnortui, venite ad j udiri uni;
col cappello o porpora cardinalizia,
per aver esercitato in Roma ap-
presso s. Damaso I quello che og-
gidì esercitano i cardinali; col leo-
ne a lato, o perchè abitasse nelle
solitudini della Siria, o perchè
qualcuno di quegli animali gli si
addomesticò , raccontandosi che
mentre il santo leggeva a' suoi di-
scepoli, entrò nella scuola un leone
zoppicante onde tutti fuggirono,
ma il santo avendo accolto senza
timore il leone, questo alzò la zam-
pa addolorata per la puntura di
una spina, per cui il santo lo ri-
sanò, onde l'animale non volle da
lui mai più partirsi ; altri spiega-
no il simbolo del leone, con allu-
sione alla magnanima intrepidezza
di s. Girolamo, con la quale fece
fronte coi ruggiti di sua voce e
zelo apostolico, e con la forza del-
la sua eloquenza e dottrina ai più
ostinati e famosi eretici del suo
tempo; finalmente si rappresenta
con un sasso in mano in alto di per-
cuotersi, per quanto egli scrive di
sua aspra penitenza.
Opere di s. Girolamo.
Nel dare l'elenco delle opere di
s. Girolamo seguiremo l'ordine in
cui son poste nell'edizione falla
dai benedettini.
11 tomo 1 contiene la Biblioteca
sacra, cioè tulli i libri della Seul
, 1 8 GIR GIR
tura, che s. Girolamo tradusse in 5. L' apologia sopra i suoi libri
latino dal greco e dall'ebreo. contro Gioviniano. 6. Il libro con-
II tomo II contiene : i. Il libro tro Vigilanzio. 7. Il dialogo con-
dei nomi ebrei, in cui il santo tro i luciferiani. 8. La lettera
dottore spiega le etimologie dei contro la traduzione di Origene
nomi propri che s'incontrano nel fatta da Rufino, e l'apologia con-
vecchio e nel nuovo Testamento : tro Rufino. 9. I dialoghi contro i
vengono appresso alcuni frammen- pelagiani.
ti greci dello stesso libro tradotti Nel tomo V sono poste le o-
in latino. 2. Il Dizionario dei luo- pere attribuite a s. Girolamo, e
ghi ebrei, o Geografia sacra per una raccolta di documenti risguar-
l'intelligenza della Scrittura. 3. Il danti la storia di questo santo.
libro delle Questioni ebraiche sul- Delle opere di s. Girolamo fu-
la Genesi. 4- Sedici lettere sopra rono fatte molte edizioni. Martia-
alcuni luoghi difficili dell' antico nay , benedettino della congrega-
Testamento. 5. Il commentario sul- zione di s. Mauro, ne pubblicò
l'Ecclesiaste, composto circa fan- una a Parigi dal 1693 al 1704.
no 388. 6. La traduzione delle due in cinque volumi in foglio, che fu
omelie di Origene sul Cantico dei molto lodata. Neil' ultimo volume
Cantici , verso il 383. Seguono pose una vita di s. Girolamo, che
molte opere risguardanti la Scrit- ristampò in francese con aggiunte
tura, attribuite al santo dottore. nel 1706, nella quale difende il
Nel tomo III sono raccolti i santo dottore contro Baillet , che
commentari di s. Girolamo, che parlando di lui adopera espressio-
furono scritti in diversi tempi. ni molto dure, e contro alcuni
Il tomo IV comprende: 1. Il critici, che non hanno abbastanza
commentario sul vangelo di san pesato bene i termini di cui egli
Matteo, verso il 3g8. 2. Molte si serviva. Vallarsi, oratoriano di
lettere in cui il santo dottore spie- Italia, ne fece un' altra a Verona
ga parecchie difficoltà del nuovo nel 1738, in undici volumi in fo-
Testamento. 3. I commentari del- glio, con una vita del santo, e
l'epistole di s. Paolo ai galati, agli con note molto utili: questa edi-
ebrei, a Tito, e a Filemone. La zione fu riprodotta a Venezia nel
seconda parte di questo tomo 1 766, in 24 volumi in piccolo, con
contiene le lettere di s. Girolamo, aggiunte e correzioni dello stesso
che sono divise in molte classi, editore. Il marchese Scipione Maf-
parecchie delle quali sono veri fei ed altri dotti diedero mano in
trattati ; e le opere ascetiche e quest'opera al p. Vallarsi,
polemiche, delle quali indicheremo GIROLAMO EMILIANI o MIA-
soltanto le principali, r. La vita NI (s). Nato in Venezia da nobile
di s. llarione, di s. Paolo eremi- famiglia nel 148 r, si diede dappri-
ta e di s. Malco. 2. Il catalogo ma alle armi, e servì con onore nelle
degli scrittori illustri, scritto nel guerre che la repubblica ebbe a
392, e diviso in 35 capitoli, nel- sostenere in quel tempo ; ma eletto
l'ultimo de' quali parla delle sue governatore di Castelnovo , sulle
opere. 3. Il libro contro Elvidio. frontiere di Treviso , vi fu fatto
4- I due libri contro Gioviniano. prigione e caricato di catene. In tale
GIR
stato pianse sulle sregolatezze della
sua gioventù , e santificò le sue
sofferenze coli' orazione e colla pe-
nitenza. Ricuperata la sua libertà,
si credette tenuto della sua libera-
zione al patrocinio della Madre di
Dio, e giunto a Treviso sospese le
sue cateue ad un altare a lei inti-
tolato. Ritornato a Venezia, si con-
sacrò intieramente alla pratica di
ogni maniera di virtù cristiane , e
fece in particola!- modo risplendere
con larghi soccorsi la sua carità
verso i poveri, in una carestia ac-
compagnata da morbo epidemico ,
che vi menava gran strage. Indi
intenerito dalla sorte dei poveri
fanciulli, cui la morte avea tolto i
loro genitori , li raccolse in una
casa , ed imprese ad alimentarli ,
a inspirare ad essi sentimenti di
virtù, ed insegnar loro la dottrina
cristiana. Simiglianti ricoveri per
gli orfanelli stabilì a Rrescia , a
Bergamo e in altri luoghi , e fon-
dò anche delle case di ritiro per
Je donne ravvedute. Occorrendo
pertanto trovare un luogo, in cui
si potesse informare i membri della
nuova congregazione cogli esercizi
ad essa convenienti, il santo scelse
a tale oggetto Somasca, villaggio
posto tra Bergamo e Milano. Egli
soggiornò lungo tempo nella casa
che quivi si avea procurato , ed è
] icrciò che i suoi discepoli furono
«letti chierici regolari Somaschi
(/ edi), al quale articolo non solo
riporteremo le notizie di sì fiori,
do istituto, ma ancora le altre che
riguardano il santo. In detto vil-
laggio morì il servo di Dio agli 8
di febbraio i5^7 da una malat-
tia contagiosa che aveva contrat-
to servendo i malati. Egli fu so-
lennemente beatificato da Benedet-
to XIV, e canonizzato nel 1767 da
GIR 119
Clemente XIII. Nel 1769 la santa
Sede approvò I' officio in suo ono-
re, e ne permise la recita per ce-
lebrarne ogni anno la festa ai 20
di luglio.
GIROLAMO, Cardinale. Giro-
rolamo canonico regolare lateranen-
se, della congregazione di s. Fre-
diano di Lucca, dove al dire del-
lo Stadel trasse i natali , da Ales-
sandro III nel 11 65 fu creato
diacono cardinale di s. Maria Nuo-
va, e morì verso il 1178.
GIRONA (Gerunden). Città con
residenza vescovile di Spagna nella
Catalogna, si estende sul versatolo
e a' piedi d'una montagna scoscesa,
e la parte bassa è attraversata dal
Ter che riceve 1' Ona : è sede di
un tribunale ecclesiastico, residenza
d' un governatore , e di un com-
missario speciale di polizia. Girona
o Gerona è una città forte in for-
ma di triangolo, con titolo di du-
cato, capoluogo della provincia del
suo nome : i suoi bastioni in buo-
no stato sono protetti da molti
forti , il più importante de' quali,
chiamato Mont-Jouy , occupa la
sommità della montagna Girona.
Quantunque assai ben fabbricata, è
triste e monotona ; le strade sono
strette, pulite e ben lastricate. Fra
le sue tre piazze pubbliche, una è
grandissima. L'edifizio più osser-
vabile si è la cattedrale, la cui fac-
ciata è maestosa, e l' interno ricco
di ornamenti : contiene i sepolcri
di Raimondo Berenger conte di
Tolosa, e della sua sposa. La sua
collegiata è degna di menzione per
la sua bella architettura di stile
gotico, ed in una delle sue cappel-
le si venera il corpo di s. Narciso.
Vi sono delle altre chiese, moniste-
ri e conventi: in quello de' cap-
puccini si ammira un bagno arabo
lao GIR
di elegantissima architettura. Pos-
siede inoltre un collegio con bi-
blioteca, una casa di religiose per
la gratuita educazione delle fan-
ciulle, ed altri benefici ed utili sta-
bilimenti. Il commercio è poco flo-
rido : i dintorni producono princi-
palmente vino, olio e frutta, e so-
novi miniere di piombo e di an-
timonio.
Questa antichissima città men-
zionata da Tolomeo, da Plinio, da
Antonino e da altri, dava un tem-
po il titolo di conti , e poscia di
principi ai figli maggiori dei re di
Aragona. Sostenne fortemente di-
versi assedi; nel i663 il mare-
sciallo di Hocquineour, dopo set-
tanta giorni di attacco fu obbligato
a ritirarsi, e nel 1684 il marescial-
lo di Bellefonds fece altrettanto ;
ma nel 1694 fu presa dai francesi
comandati dal duca maresciallo di
Noailles, e venne restituita agli spa-
gnuoli dopo la pace di Riswich nel
1697. Durante la guerra di suc-
cessione, dopo aver giurato fedeltà
a Filippo V, si arrese nel 1705
all' arciduca Carlo , che riconobbe
per re; e persistendo nella sua ri-
bellione il maresciallo di Noailles ,
prese di assalto la città bassa, il
i5 gennaio 171 1, essendosi già
resa per capitolazione la città alta.
Nel 1809, dopo una lunga ed osti-
nata resistenza, cadde in potere dei
francesi : ad altre deplorabili vi-
cende è andata soggetta Girona per
le politiche vicende, che ancora la-
cerano la Spagna.
Le fede di Gesù Cristo si pre-
tende predicata in Girona fino dal
tempo degli apostoli, ed alcuni di-
cono che s. Massimo ordinalo da
s. Giacomo apostolo ne fu il primo
vescovo, e che s. Anatalone disce-
polo di s. Barnaba è stalo hio sue
GIR
cessore. Secondo la più comune
opinione ne fu primo vescovo san
Narciso. Comraanville dice che la
sede vescovile fu eretta verso l'an-
no 5oo sotto la metropoli di Tar-
ragona , della quale è tuttora suf-
fraganea. Nell'anno 1017 si voleva
dismembrare la diocesi per erigere
un vescovato nel borgo di Besalu,
ma per l' opposizione del vescovo
di Girona non ebbe effetto, perchè
fu soppresso appena stabilito. Leo-
ne X creò il suo cugino Giulio de
Medici cardinale, ed amministrato-
re della chiesa vescovile di Giro-
na, indi nel i5iZ divenne Papa
col nome di Clemente VII. Per
la rinunzia che di questa sede fece
a Pio VII nel 18 19 monsignor
Antonio Alluè, il Papa dichiarò
successore monsignor Giovanni Mi-
chele Perez Gonzalcz, in morte del
quale Leone XII nel concistoro dei
27 giugno 1825 fece vescovo di
Girona monsignor Dionisio Casta-
no-y-Bermudez, nato nella villa ili
Nobes diocesi di Toledo. Al pre-
sente la sede è vacante.
La cattedrale è dedicata a Dio,
sotto r invocazione dell' Assunzione
della Beata Vergine. Il capitolo si
compone di otto dignitari, cioè del-
l'arcidiacono Mayot , che chiamasi
1' arcidiacono di Girona, e che è la
prima dignità, dell' arcidiacono di
Besalu, dell'arcidiacono di Silva,
dell'arcidiacono d' Ampudia , del-
l'abbate di s. Filiu, del decano,
del sagrestano, e del cantore. Vi
sono inoltre trentasei canonici, com-
presa la prebenda del penitenziere,
e centoquaranta beneficiati. Nella
cattedrale vi è il fonte battesimale
con la cura di anime. L' episcopio
è contiguo alla cattedrale, oltre la
quale nella città sonovi altre quat-
tro parrocchie, nove monasteri e
GIR
conventi di religiosi, cinque moni-
steri di monache, il seminario con
gli alunni, diverse confraternite, e
tre ospedali. La diocesi è ampia ,
contenendo trecento cinquanta par-
rocchie. Ogni nuovo vescovo è tas-
sato ne' libri della camera aposto-
lica in fiorini mille e quattrocen-
to, pridetn vero ascendebant ad
ceti tieni sexaginta circiter mi Ma re-
galami de Vcllon, nonmdlis pen-
sionibus gravati, come si legge nel-
1' ultima proposilio concistoriale.
Nella diocesi di Girona tra i
monisteri nullius vi è un moniste-
io regolare di benedettini che si
provvede in concistoro il suo ab-
bate, sotto il titolo di monistero
di s. Stefano di Banola suffraganeo
di Girona : Monaslerii s. Stephani
de Banolas Gerunden dioecesis.
Bannoles o Banolas , Bannoliae 3
Aquae calidae, piccola città di
Spagna nella Catalogna, presso Gi-
rona. Per morte dell'abbate Bene-
detto d' Olmera-y-de Desprat il re
di Spagna Ferdinando VII nominò
suo successore il p. Luigi de Flu-
via-y-de Berart di Barcellona pre-
posto maggiore del monistero dei
monaci benedettini di s. Cucufate,
ed il regnante Pontefice Gregorio
XVI lo preconizzò abbate di san
Stefano , nel concistoro de' 1 7 di-
cembre i832. La chiesa abbaziale
e parrocchiale è dedicata a Dio sot-
to l'invocazione di s. Stefano pro-
tomartire, in cui tra le reliquie si
venera il corpo di s. Martiniano
vescovo e martire. La residenza
dell'abbate è presso tal chiesa.
Ogni nuovo abbate è tassato nei
libri della camera apostolica in fio-
tini s5o, verus antan ilhrum valor
asserititi' iri praesentìarum ascen-
dere ad 13,000 rinitrr rc^alìum
monetile de hclloti noneupatae ,
GIR i2i
secondo il contenuto dell' ultima
proposilio concistoriale. Altri moni-
steri nullius sono quelli della Bea-
ta Vergine de-Amer-y-Rossas del-
l'ordine pure di s. Benedetto; del
ss. Salvatore de Breda del mede-
simo ordine; di s. Pietro di Cam-
porotondo del medesimo; di s. Pie-
tro de Gallicantu seti Gallicantus,
e di s. Pietro di Rodas, egualmente
ambedue benedettini.
Conciliì di Girona,
Il primo fu tenuto l'anno 5 1 7,
sotto il regno di Teodorico. Set-
te vescovi vi fecero dieci cano-
ni , sotto la presidenza del ve-
scovo di Tarragona Giovanni, il
quale avea pregato il Papa s. Or-
misda di scrivere ai vescovi di
Spagna per obbligarli ad osservare
la disciplina. Ciò fu eseguito dal
Pontefice con lettera nella quale
raccomandò loro di osservare i ca-
noni, e di tenere i concilii almeno
una volta 1' anno. Tra gli altri
punti di disciplina vi si ordinarono
due Litanie , la prima il giovedì ,
il venerdì, e il sabato dopo la Pen-
tecoste ; la seconda il primo gio-
vedì di uovembre, e i due giorni
seguenti. R.egia tona. X; Labbé to-
mo IV; Arduino toni. II.
Il secondo si adunò nel 10G8,
e fu presieduto dal cardinal Ugo
di Bianco, legato del Papa Ales-
sandro II, col l'autorità del (piale vi
confermò la tregua di Dio sotto
pena di scomunica contro i tras-
gressori : vi si fecero quattordici
canoni contro gli abusi del tempo.
Raluzio toni. IV, Murciae hispan. .
d'Agnine toni. IV, Coutil, fusa .
Arduino toni. VI.
Il Lcnglet nelle Tavole!!
nologithe riporta due altri concilii,
1*2 GIR
il primo del 1078, di cui tratta
1' Arduino nel tom. VI; per la li-
bertà ecclesiastica il secondo del
1097, del quale parla pure il Labbé
nel tom. X. 11 p. Mansi poi nel
tom. IV, coli. 139 e seg. dell'ap-
pendice, riporta gli statuti di molti
sinodi tenuti in Girona. E incerto
1' anno del primo, riguardante al-
cuni punti di disciplina ecclesiasti-
ca; il secondo sinodo tenuto nel
1261 riguarda i divini oflizi, le
ordinazioni de' sacerdoti, e l'accet-
tazione de' chierici ; proibì ai preti
ed ai beneficiali l'esercizio dell' av-
vocatura, se non gratuitamente pei
parenti e pei poveri; quanto ai mo-
naci e canonici regolari , soltanto
pei loro monisteri. Il terzo sinodo
del 1 267 prese delle precauzioni
contro le indecenze che commet-
tevansi nelle chiese, come le danze
e canzoni disoneste. Il quarto ce-
lebrato nel 1274 vietò ai laici di
seppellire con solennità nei cimite-
ri della chiesa, con pena di seo-
inunica; si promise che i decreti
del concilio di Lerida sarebbero
osservati ; si convenne che i pre-
Iati prendessero vigilante cura della
correzione de' loro dipendenti ; fu-
rono fatti de' regolamenti acciò
nessun beneficiato ignorasse la lin-
gua latina, e si stabilirono diversi
regolamenti per la disciplina ec-
clesiastica, al mantenimento del-
la maggior proprietà delle chie-
se , ai contratti matrimoniali , ai
parrochi, ai monaci, e canonici re-
golari, ed ai parziali loro benefizi
e doveri, non che alle scomuniche
e ad altre cose.
G1RUTARSI o GIRUS TARA-
SI. Sede vescovile della Numidia
iteli' Africa occidentale, sotto la
metropoli di Cirta. Feliciano suo
vescovo, dopo la conferenza di
GIS
Cartagine, nel 4^4> fu esiliato da
Unnerico re de' vandali.
GIS1PA. Sede vescovile della
provincia proconsolare, nell'Africa
occidentale, sotto la metropoli di
Cartagine , e. detta pure Gasapa.
Il vescovo Redento fu al concilio
di Cartagine nel 5a5 sotto Bonifa-
cio; e Melloso sottoscrisse la lettera
de' vescovi della sua provincia al
concilio Lateranense, celebrato dal
Pontefice s. Martino I. Altro ve-
scovo chiamato Gennaro intervenne
alla conferenza di Cartagine.
G1SLENO (s.). Visse per qual-
che tempo da eremita in una fo-
resta dell' Hainaut, sul fiume Hai-
ne , ed essendosi ritirate presso
di lui parecchie persone desidero-
se di condurre vita perfetta, fon-
dò un monistero , che mise sot-
to la regola di s. Basilio o dei
monaci di oriente, ed intitolò del
nome di s. Pietro e di s. Paolo.
Egli governò questo monistero con
somma prudenza e santità per
piìi di trentanni, e morì ai 9 otto-
bre del 681. 11 martirologio ro-
mano ne fa menzione, e dice che
prima era stato vescovo.
GISORS (Giwrtium). Città del-
la Francia nel dipartimento d'Eu-
re, capoluogo di cantone, in una
pianura fertile, divisa in due parti
dall' Epte. Ha la chiesa parrocchia-
le di bella architettura, le cui pi ìi
pregiate opere di scoltura sono di
Giovanni Goujon. 1/ origine risale
al 1097 per un castello edificato
da Guglielmo re d' Inghilterra, che
tra questa e la Francia fu poi
oggetto di discordia. Enrico I re
d' Inghilterra fece di Gisors una
piazza forte, che nelle guerre fu
presa e ripresa. Divenne capitale
del Vexin-Normand, prima con ti-
tolo di contea, poi di ducato. Nel
GIÙ
i e 1 8 dai i4 ai 21 di gennaio vi
fu tenuto un concilio, o meglio
un'assemblea, per la crociata nella
quale il re di Francia Lodovico VI,
e il re di Spagna presero la cro-
ce; Dizionario de condili. Il Papa
Calisto II ed Enrico I re d' In-
ghilterra vi ebbero un abbocca-
mento nel 1120; e Filippo II
Augusto n'ebbe pure uno nel r 188
con Enrico II re d' Inghilterra, al-
la notizia della presa di Gerusa-
lemme fatta da Saladino. Quivi lo
stesso Enrico II rifugiossi nell'an-
no seguente , dopo aver perduto
una battaglia contro Riccardo. Gi-
sors nel secolo decorso venne do-
nato al conte d'Eu, in cambio del
principato di DombeSj riunito alla
corona di Francia.
GITTA o GITTO. Sede vesco-
vile dell' Africa occidentale, forse
nella provincia Tripolitana. 11 suo
vescovo Catulino trovossi alla con-
ferenza di Cartagine del 41 l con
altri vescovi cattolici, e vi riconob-
be l'unità della Chiesa.
GIUBILEO o GIUBBILEO, /«-
hilaeum . E un' indulgenza ple-
naria e straordinaria concessa dal
sommo Pontelice alla Chiesa uni-
versale , o parzialmente a Roma
massime nell'anno santo, o ad al-
tri luoghi e chiese, con piena re-
missione di tutti i peccati a coloro
che degnamente Io acquistano ,
con avere soddisfatto alle opere in-
giunte; giacché il Papa in questo
tempo autorizza i confessori ad
assolvere i casi riservati, a secon-
da delle facoltà compartite nelle
relative bolle. Nelle guerre, epi-
demie, terremoti ed altre disgra-
zie che gravitarono sui popoli, fu-
rono sempre paternamente solle-
citi i romani Pontefici, di eccitare
i fedeli ad implorare il divino a-
GIU ia3
iuto, con l'esercizio di opere pie,
fervorose orazioni , riconciliazioni
con Dio, ed altro; promettendo
ai medesimi fedeli il premio del-
l'assoluzione delle più gravi colpe
anche riservate, 1' indulgenza ple-
naria del giubileo, ed altre ana-
loghe grazie spirituali. Dopo dire-
mo come i giubilei si dividono in
due classi, ordinari e straordinari.
Giubileo è voce ebrea, e significa
remissione, riposo, e tromba : poi-
ché tra gl'israeliti ogni cinquante-
simo anno era tempo di generale
remissione, come si legge al cap.
XXV del Levitico; ond' erano in
quell'anno gli ebrei esenti da ga-
belle , le terre e le case loro ri-
tornavano a' primi padroni, e ri-
cuperavano gli schiavi la libertà.
Era anno di riposo, perciocché
interdetto era di lavorare la terra
o fare altri servili oflìzi in quel
tempo; ed in fine quest'anno era
annunciato a suono di trombe dai
sacerdoti dell' antica legge. Altra
etimologia l'accennammo al voi. Il,
p. 101 del Dizionario j il Sarnel-
ìi ne tratta nel tom. X delle Lett.
eccl. lett. L, num. i3; il p. Me-
nochio nelle sue Sluore al t. I, p.
368, Dell'anno cinquantesimo del
giubileo degli ebrei: e s. Isidoro
vescovo ispalense, nelF Origin. lib.
5, per non dire di altri. II car-
dinal Jacopo Gaetani nel suo trat-
tato Del giubbileo, cap. XV, scris-
se : » Beato quel popolo il (piale
sa che cosa sia il giubbileo, infeli-
ci coloro , che per negligenza o
per inconsiderazione lo abbiano
trascurato con isperanza di perve-
nire ad un altro ". Tr . IifDULGBifZB.
Francesco Antonio Zaccaria nel
suo Trattato dell'anno santo sto-
rico, ceremoniale , morale e pole-
mico, con una pratica istruzione
i&4 GIÙ
per guadagnare il santo giubileo,
ed aggiunte, Roma i8?4, a Pag-
XX riporta il catalogo critico de-
gli autori che degli anni santi in
particolari opere hanno trattato.
Siccome tuttociò che praticava-
61 dagli ebrei non era che l'imma-
gine di quello che dovevano at-
tendere i cristiani dalla legge di
grazia, secondo il cap. X, v. il,
della prima epistola di s. Paolo
ai corinti, è facile cosa lo spiegare
che il giubileo ossia anno giubi-
lare che avevano ogni cinquante-
simo anno gl'israeliti, raffigurare
dovesse la remissione de' peccati,
che Gesù Cristo avea procacciato
«■olio spargere il suo sangue ai
fedeli della nuova alleanza, riconci-
liandoli a Dio, e mettendoli in i-
slato di rientrare al possesso dei
beni spirituali di cui prima si
trovavano privi per lo peccato. I
romani Pontefici quali dispensato-
li de' tesori spirituali della Chiesa
cattolica, consistenti ne' soprabbon-
danti meriti di Gesù Cristo e di
tutti li santi, dispensano per mez-
zo delle loro bolle, costituzioni, bre-
vi ec. di quando in quando parte
di questi tesori, e sono le indul-
genze particolari a quelle persone
che reputano degne; o quando ad
una intera nazione ne dispensano
in maggior copia, si chiamano in-
dulgenze plenarie; o se sono tali
tesori dispensati a benefìcio di
tutta la Chiesa cattolica, si pub-
blica la plenaria indulgenza in
forma di giubileo. Il Muratori
nel t. Ili delle Disscrt. sopra le
antichità italiane, nella dissertazione
LXV 111, Della redenzione depec-
cati per cui molti beni colarono
una. volta ne' sacri luoghi, e del-
l'origine delle siine indulgente, di-
ce che dopo il mille e forse un-
GIL"
che prima cominciarono i sommi
Pontefici, e i vescovi allorché si
faceva la Dedicazione della chie-
sa (Pedi), a rimettere ai popoli
concorrenti una tenue parte delle
loro penitenze. Copiose indulgenze
si distribuirono a chi visitava il tem-
pio di s. Giacomo di Compostella, o
altri luoghi e santuari di gran di-
vozione, o militavano contro i pa-
gani ed eretici, o s' impiegavano
in altre opere singolari di religio-
ne o carità cristiana. Certamente
sul principio non si concedevano
se non indulgenze di pochi gior-
ni ed anni, riserbandosi le plena-
rie alle sole Crociate [Vedi), sic-
come consta da un breve di Ales-
sandro III del 1 1 7 7, col quale e-
gli concesse l'indulgenza di venti
giorni a chiunque visiterà la chie-
sa di s. Maria della Carità in Ve-
nezia ; essa fu perpetua, e perpe-
tue si cominciarono a concedere
altre indulgenze. Si dice inoltre
che Alessandro III accordò alla
chiesa di Compostella un giubi-
leo. 11 Ferrari nella sua Biblioth.
canon., verb. Annus sanctus, ri-
porta le sentenze di molti scritto-
ri, che asseriscono risalire l'origi-
ne dei nostri giubilei dai tempi
degli apostoli ; ed il Petavio nel
suo Radon, dice che i cristiani nei
primordi della Chiesa celebrarono
due giubilei , cioè negli anni
4») e 5o. Altre tradizioni dichia-
rano, che dai primi secoli del
cristianesimo i popoli furono so-
liti ogni cento anni recarsi iu Ro-
ma onde ottenere 1' espiazione dei
loro peccati per mezzo dell'univer-
sale giubileo. Bonifacio Vili per
la tradizione dei precedenti giu-
bilei celebrati in Roma, nel 1 3oo
con la celebre costituzione Anti-
rpiorum per la prima volta pub-
GIÙ
blicò il giubileo romano, conce-
dendo a chiunque visitava le prin-
cipali chiese di Roma la remissio-
ne ed assoluzione di tutte le col-
pe più gravi , anche riservate. A
tale clamorosa notizia e promul-
gazione d'indulgenza si commosse-
ro tutti i regni della cristianità
occidentale, per ottenere la quale
bastava il solo viaggio di Roma,
ed eseguire le opere ingiunte da
quel Pontefice. V. il Vittorelli ,
Istoria dei giubilei pontificii, R.o-
ma i625; ed il Zaccaria, Storia
letteraria t. II, p. 83 e seg. Quar-
ti P. M., Trattato del giubileo ,
Venezia 1698. Olimpio Ricci, Dei
giubilei universali celebrali negli
anni santi, Roma i6y5. Angelo
R.occa, De sacrosanto jubilaeo an-
no 1600 commentarìus . Oper. 1. 1,
p. 197 e seg. Ed il supplemento
del Giornale ecclesiastico di Roma
del 1790, ove essendovi un bel
trattato sulle indulgenze, si spiega
ancora cosa sia giubileo, donde de-
rivi questa parola; del giubileo de-
gli ebrei; perchè si chiami anno
santo; sua origine; sue variazioni;
differenza tra il giubileo e le in-
dulgenze, cioè dei privilegi partico-
lari che sono annessi ai giubilei,
i quali non sono annessi alle in-
dulgenze plenarie. Alcuni peraltro
col Bellarmino non ammettono que-
sta pretesa distinzione, dicendo che
il giubileo e l'indulgenza plenaria
sono lo stesso in quanto all'elfetto,
dicendosi dai Papi in concedere
indulgenze plenarie in forma di
giubileo, ad instar Jubilaci, come
lo chiama Sisto IV nella bolla Que-
madmodum del i4?3, colla quale
sospese le altre indulgenze duran-
te l'anno santo, il quale Alessandro
VI pel primo permise a ciascuno
di lucrarlo nella sua diocesi.
GIÙ 1 x >
Anno santo , giubileo, e cen-
tesimo sono una medesima appel-
lazione di quel tempo favorevole,
che ne concede la remissione dei
peccati, dopo che Bonifacio Vili
ne rinnovò la celebrazione, e con-
fermò la consuetudine centenaria ;
e sebbene Clemente VI ne ridusse
la celebrazione ad ogni cinquanta
anni, Urbano VI lo restrinse a
trentatre anni, e Paolo II sta-
bilì che si rinnovasse ogni venti-
cinque anni, il tempo e 1' indul-
genza si continuò a chiamare giu-
bileo ed anno santo. Fu altissimo
intendimento quello del magna-
nimo Bonifacio Vili di ripristina-
re in Roma, centro della religio-
ne di Gesù Cristo, la celebrazione
dell' anno giubilare , poiché con
una tale istituzione sempre più
strinse i soavi vincoli di carità e
riverenza ubbidienziale che lesrano
alla santa Sede le nazioni cattoli-
che, come a maestra della fede e
capo della religione. Narra il Berni-
ni ne\V Istoria delle eresie p. 699,
che nel pontificato di Paolo V
e nell'anno 1617 Gio. Giorgio du-
ca di Sassonia fece celebrare il
centesimo terminato da'luterani con
un solenne triduo, e coniazione e
spargimento di monete coH'iscrizione:
saeculum lutheranorum, in memoria
della infelice propagazione di quella
setta ; e ad imitazione di tal prin-
cipe anche il conte palatino fece
fare una gran festa in commemo-
razione del fatale calvinismo, con
dispute dogmatiche, e conclusioni
contro la potestà pontificia, regi-
strando in esse le cagioni della lo-
ro alienazione all' ubbidienza del
Papa, e pretesa riforma. I pretesi
riformati celebrarono ancora le al-
tre memorie centenarie della loro
funesta ribellione contro la Chiesa
1^6 GÌ U
romana, festeggiando quelle della
Confessione d'Augusta, della pace
religiosa di Passavia, della furino-
la di concordia della pace di
M mister e di Osnabfuck, ec. V.
Carlo Drelincourt, il quale trat-
ta de'giubilei delle chiese riforma-
te col suo linguaggio di calvinista
nel libro intolalo, Da labile de»
eglises réforrhées avec V examen
du J ubile de Feglise romaine .
Il Beigicr nel Dizionario Elicici.
all'articolo Giubileo dice che questa
pratica della Chiesa romana non
poteva non muovere la bile dei
protestanti; e che in occasione del
giubileo dell' anno santo 1750
uno tra essi compose un libro in
tre volumi per provarne l'abuso: il
Bergier ne dà un sunto, e vitto-
riosamente ne confuta le storielle
e i sarcasmi. Altra confutazione
la presenta la stessa storia di tutti
gli anni santi da noi compendiata al-
l'articolo 4iuio Santo (redi), ove
dicemmo quante immense spese fe-
cero i Papi in tal tempo, e come
i pellegrini d' ogni nazione furono
accolli, albergati, serviti, alimen-
tati ed assistiti , sovente dalle per-
sone più rispettabili.
All'articolo An.vo Santo inoltre si
è parlato non solo della sua origine
e di luttociò che lo riguarda, ma
si fece pure la compendiosa storia
dei XX anni santi celebrati dai
Papi, e quando essi cominciarono
dopo il giubileo celebrato in Ro-
ma, a parteciparlo per tutto l'or-
be cattolico a benefìzio di tutti.
L'estensione del giubileo romano
fu prima negata, come fece Cle-
mente VI con Ugo re di Cipro
ed altri principi , però lo concesse
al capitolo generale che gli ago-
stiniani tennero in Basilea nel i35r.
Buuifacio IX allargò le mani con
GIÙ
tulli i principi che successivamen-
te ne lo chiesero, ed anco nell'an-
no slesso del giubileo. Dopo il
romano fu esteso pure da Nicolò
V, da Sisto IV, da Alessandro VI,
da Clemente VII, da Giulio III
e da Gregorio XIII. Dopo Ales-
sandro VI prevalse proso i Pa-
pi ad esempio di tal predecessore
il generale costume di concedere a
tutto il cristianesimo il giubileo do-
po terminato l'anno santo di Roma.
Oltre la descrizione delle cerimo-
nie che accompagnano la promulga-
zione, l'apertura, la celebrazione e
la chiusura dell'anno santo, riportate
nel citalo articolo, nel voi. Vili,
p. 200 e seg. del Dizionario par-
ticolarmente descrissi le Funzioni
dell'apertura e. chiusura della por-
ta santa, nell'anno santo del giu-
bileo universale. Per questo argo-
mento si possono consultare tutti
gli articoli relativi, e quello di
Porte Sante . Oltre questi giu-
bilei universali ordinari , che i
Pontefici ordinariamente celebrano
ogni venticinque anni in Roma, e
poscia promulgano per tutto il
cristianesimo, i nuovi Pontefici sì
in Roma che per tutto il mondo
cattolico straordinariamente ne pub-
blicano e concedono uno alla loro
esaltazione al pontificato, come pu-
re ne concedono altresì straordina-
riamente pei bisogni della cristia-
nità, sì in Roma che altrove. Pei
giubilei che i medesimi Papi cele-
brano per la loro elezione e per
altre cause in Roma, nel voi. Vili,
p. 210 e seg. del Dizionario ab-
binilo parlato delle Funzioni e
processioni dei giubilei straordinari.
Qui appresso noteremo la maggior
parte dei Pontefici che promulga-
rono siffatti giubilei straordinari.
Sisto V dunque per impellale
GIÙ
ila Dio un felice e salutevole go-
verno della repubblica cristiana,
pubblicò il giubileo con la bolla
Virium, Òqi5 maggio 1 585, Bull.
Boni. t. II, p. 49° del Cherubini,
e const. V, Bull. Boni. t. IV, par.
IV, p. i32 del Cocquelincs. A lu-
crale l'indulgenza, Sisto V si por-
tò processionai mente a' 27 maggio
dalla chiesa d'Araceli fino alla ba-
silica di s. Maria Maggiore.
Paolo V, eletto a' i 6 maggio 1 6o5,
a' 23 giugno pubblicò la bolla
Quod in otnni i-ila, presso il Bull.
t. V, par. Ili, p. 1 38, per ottene-
re dalla divina clemenza uu felice
governo della Chiesa universale.
Altrettanto fece il successore Gre-
gorio XV.
Urbano Vili, eletto nel 1623,
dopo avere concesso il giubileo per
la sua assunzione al trono pontifi-
cio, per Ja pace universale pub-
blicò nel 1628 un giubileo straor-
dinario con le preci della divozio-
ne delle quaranta ore, nelle tre
principali basiliche di Roma, e in
due chiese di qualunque ordine
regolare in tre giorni di due set-
timane, ed egli stesso si portò nel
mese di aprile con di vota nume-
rosa processione alla chiesa di s.
Maria in Trastevere, descritta dal-
l' Oldoino nelle Addiz. al Ciacconio,
t. IV, col. 5o2. Dipoi Urbano Vili
pel felice successo delle armi del-
l' imperatore Ferdinando li, che
guerreggiavano in Germania contro
quelle degli eretici, a' 29 maggio
1 63 1 intimò con la costituzione
Alias, presso il Bull. t. VI, parte
1, p. 267, un giubileo di tre mesi,
che poi prorogò ad altri tre mesi
con la costituzione Alias de' 27
agosto, p. 285; e poscia altro a'i5
dicembre universale , con la co-
stituzione Supplici, p. 21)6, nel
GIÙ 127
quale pel fine medesimo ordinò
tre solenni processioni in Roma,
dalla chiesa di s. Maria dell'Ani-
ma, alle tre basiliche vaticana, la-
teranense, e liberiana, con tre gior-
ni di digiuno, e diverse indulgen-
ze. Innocenzo X pubblicò il giu-
bileo dopo la sua elezione, me-
diante la costituzione Iinmensae.
Alessandro VII, ad esempio del-
l'immediato predecessore Innocenzo
X, dopo essergli succeduto a'7 a-
prile i655, li 14 maggio con la
costituzione Unigenitus, presso il
Bull. t. VI, par. IV, p. 2, pub-
blicò un giubileo universale pei'
un saggio governo. Altro ne pro-
mulgò a' 21 luglio 1 656, con la
costituzione E suprema, loc. cit. p.
127, per implorare il divino soc-
corso nelle necessità di quel tem-
po, come avevano praticato Paolo
V, ed Urbano Vili. Indi con la
costituzione Omnipctens Deus, lo-
co citato par. V, p. 293, intimò
a'26 febbraio i663 altro giubileo
per lo stesso fine. Due altri giu-
bilei pubblicò altresì per avere
propizio il celeste aiuto contro i
turchi, il primo a'2 marzo 1 66 r ,
con la costituzione Ex ano, loc.
cit. p. i3?; l'altro a' 7 marzo
i 664 con la costituzione Quod jatrt,
loc. cit. p. 355. Clemente l\ con
la costituzione Plaeuit, pubblicò il
giubileo nella sua esaltazione.
Clemente X, eletto a' 29 api ile
1 670, per ottenere dalla divini
clemenza un salutare governo, pub-
blicò il giubileo universale straor-
dinario, con la costituzione Cui»
inscrutabilìs, de' 16 giugno. Dipoi
nel 1672 per pacificare i principi
cristiani, e muoverli contro il tur-
co comune nemico, a' 5 novembre
pubblicò un giubileo con la costi-
tuzione Inter grax-issimas.
i28 GIÙ
Innocenzo XI, sapendo che l'e-
sercito ottomano marciava su Vien-
na, ordinò pubbliche preci in Ro-
ma, ed un pienissimo giubileo
pei tutta la Chiesa, mediante la
costituzione In suprema , degli
ii agosto i683, Bull, t. Vili, p.
281.
Alessandro Vili, eletto a' 6 ot-
tobre 1689, per ottenere un pro-
spero governo alla Chiesa, pubblicò
il giubileo straordinario con la co-
stituzione Coelestis, degli 1 1 dicem-
bre, Bull. tom. IX, p. 6.
Innocenzo XII, eletto a' 12 luglio
1691-, con la costituzione Ad Ca-
tholicae, de' 12 novembre, Bull, to-
mo IX, p. i38, pubblicò il giubi-
leo pel l'elice governo del ponti-
ficato.
Clemente XI, creato a' 2 3 no-
vembre 1700, per ottenere da Dio
gli opportuni lumi a ben gover-
nare la Chiesa, inlimò a' 5 febbraio
1701 il giubileo straordinario con
la costituzione In supremo, presso
il Bull. tom. X, par. I, p. li. Per
la fiera guerra che ardeva tra la
Francia, l' impero, e la Spagna per
la successione di questa, ad implo-
rare da Dio tranquillità alla Chie-
sa, e pace tra'principi, pubblicò il
giubileo con la costituzione Ex
eminenti, loc. cit. pag. 164, data
a' 2 dicembre 1705. Per le cala-
mità che affliggevano nel 1709 lo
stato ecclesiastico, a' 4 gennaio con
la bolla Ad augendum, Bull. Maga.
tom. Vili, p. 69, intimò il giubi-
leo, con processioni ed altre opere
pie che prescrisse. Indi nel 1713
per l' epidemia de' bovi che fece
strage nel medesimo stato, pubbli-
cò il giubileo con la costituzione
Inter diulurnas, de' i4 ottobre, loc.
cit. p. 129, con ingiungere diversi
esercizi di pietà, oltre una solcn-
GIU
ne processione cui Clemente XI in*
tervenne coi cardinali. Minacciando
i turchi la repubblica di Venezia,
il Papa intimò un giubileo univer-
sale pel felice successo delle armi
venete; ed altro universale ne pub-
blicò con la costituzione Ubi pri-
mus, de' 3 1 maggio 171 S, Bull.
Rom. tom. XI, par. II, p. 53 ; ed
altro agli 8 ottobre , con la costi-
tuzione Curn nos , presso il Bull.
Magn. tom. Vili, p. 162, con in-
dulgenza plenaria a tutti quelli che
intervenissero alle processioni che
dai vescovi si ordinerebbero per
due giorni nelle loro diocesi, o fa-
cessero altre pie opere da esso
prescritte. Di altre processioni di
penitenza fatte da Clemente XI
ne' giubilei del 17 18 e 17 19, ne
parlammo al citato voi. Vili, p
2 1 1 del Dizionario.
Innocenzo XIII, eletto agli 8
maggio 172 1 , nel primo concisto-
ro pubblicò la costituzione Super-
ni, presso il Bull. Rom. tom. XI,
par. II, p. 21 3, pel giubileo stra-
ordinario per un felice governo.
Benedetto XIII, eletto a'29 mag-
gio 1723, per ottenere dalla di-
vina misericordia un ottimo e fe-
lice governo del suo pontificato, ai
io giugno pubblicò il giubileo u-
ni versale straordinario, col dispo-
sto della costituzione Cum inserii-
tabilis, presso il Bull. Rom. t. XI,
par. II, p. 3 17, intimandolo nel
concistoro de' 12 dello stesso me-
se. La processione però che per
questi giubilei si soleva fare dalla
chiesa di s. Maria degli Angeli, per
la villa di Sisto V a s. Maria
Maggiore, il Papa la fece in vece
dalla chiesa della Minerva del suo
ordine domenicano, a quella di s.
Maria in Vallicella di cui era di-
votissimo per venerarsi in essa san
GIÙ
Filippo Neri. Dipoi per ottenere
colle preghiere de' fedeli il divino
aiuto nelle necessità de'tempi, e la
sospensione de'flagelli da Dio mi-
nacciati, coi terremoti, pioggie di-
rotte ed altri gastighi, Benedetto
XIII emanò la costituzione Cum
fustus, a 2 gennaio 1728, loc. cit.
t. XII, p. 169, con la quale pub-
blicò il giubileo di due settimane
per tutta l'Italia ed isole adiacen-
ti, dovendosi a tale effetto sospen-
dere i pubblici teatri. Afflitta poi
1' Italia , e principalmente Roma,
nel 1730, con un'epidemia di raf-
freddori, il Papa a'20 gennaio, per
ottenerne da Dio il termine, con-
cesse il giubileo di due settimane,
cominciando nella prima domeni-
ca di quaresima, prescrivendo la
santa comunione, e la visita di una
delle tre basiliche, cioè s. Giovan-
ni in Laterano, o s. Pietro, o s.
Maria Maggiore.
Clemente XII, elevato alla cat-
tedra apostolica a' 12 luglio i73o,
per sedervi degnamente a' q set-
tembre emanò la bolla Ibi pii-
mum, presso il Bull. Boni. toni.
XIII, p. 32, con cui pubblicò il
giubileo straordinario. Pei frequen-
ti terremoti con grave danno sen-
titi nel regno di Napoli nel feb-
braio 1 73 1 , il Papa per placare
l' ira divina con le orazioni, pub-
blicò un giubileo in Roma dai 1 5
ai 26 aprile, esortando nello stesso
tempo i fedeli a suffragare le ani-
me di quelli che vi erano periti.
Proseguendo in alcuni luoghi il
terremoto, ed aggiugnendosi l'epi-
demia de'bovi, che dalla Germa-
nia e dalla Svizzera erasi dilata-
ta nello stato veneto, nel Ferrare-
se, e nella Romagna, Clemente \II
dopo aver preso le più opportune
provvidenze si rivolse al divino
voi. XXXI.
GIÙ 129
aiuto, implorandolo col giubileo
che promulgò per 1' Italia a mezzo
della bolla E sublimi, loc. cit. p.
217, a'29 febbraio i~3:>. Nel 1 7 3 4
poi, discacciati gì' imperiali dal re-
gno di Napoli, essi gravitarono sui
domimi della Chiesa, laonde il Pa-
pa, siccome bramoso della pace u-
niversale, con fiducia si rivolse a
Dio, pubblicando un giubileo uni-
versale con la bolla Ecclcsiae, loc.
cit. toni. XIV, p. 9. Nel 1739 ai
7.5 aprile intimò altro giubileo
colla bolla Quam, loc. cit. pag.
367, onde pregare Dio in favore
delle armi imperiali minacciate dai
turchi, cui erasi unito il ribelle
Ragoski principe ungarese.
Benedetto XIV, assunto al pon-
tificato a' 1 7 agosto 1740, nel con-
cistoro degli 1 1 novembre con la
costituzione Laetitiora , presso il
suo Bull. tom. I, p. 1, pubblicò
il giubileo universale per un salu-
tare governo del pontificato, per
cui impose per ottenerlo l'ubbidien-
za interna ed esterna alla bolla
/ nigoutu? contro i giansenisti ,
ed in Roma fece disporre gli abi-
tanti colle missioni nelle chiese;
indi a' 20 dello stesso mese si por-
tò egli stesso in processione dalla
chiesa di s. Maria degli Angeli ,
per la villa di Sisto V poi Ne-
groni, ed ora Massimo, alla basi-
lica di s. Maria Maggiore. Nel
1 744» minacciato lo stato ecclesia-
stico dalla peste, e l' Europa dal-
la guerra, ricorse il Papa al divi-
no patrocinio, intimando un giu-
bileo per l'Italia ed isole adiacen-
ti, con la costituzione in Suprcm,:,
de'20 novembre, presso il Bull., loc.
cit. p. \ [o.
Clemente XIII, creato li \ lu-
glio 1 758, per un provvido governa-
mento, promulgò il giubileo slraor-
9
i3o GIÙ
dinario, con la costituzione Ut prì-
mum, degli 1 1 di detto mese, pres-
so il Guerra, Epitome tom. 1, p.
237. Quindi accompagnato dalla
famiglia pontificia, e dal sacro col-
legio composto di ventisette cardi-
nali, a' 17 novembre il Papa si por-
tò nella chiesa di s. Maria degli An-
geli, ove celebrò messa; indi dalla
villa di Sisto V ricoperta ne'viali di
apposite tende, a piedi si recò sino
a s. Giovanni in Laterano, seguito
da molta prelatura, nobiltà e po-
polo innumerabile, che ivi benedì
col ss. Sagramento precedentemen-
te esposto. Nel 1761 pei bisogni
di s. Chiesa, Clemente XIII pub-
blico in Roma il giubileo di una
settimana, da incominciarsi a' 3o
maggio in cui cadeva la festa di
Pentecoste: prescrisse la visita di
una delle tre basiliche lateranense,
vaticana o liberiana, o l'interven-
to alla processione ch'egli stesso
fece nel dì seguente, malgrado il
freddo e la minacciante pioggia ,
dal Vaticano alla chiesa di s. Spi-
rito, seguito dai cardinali , dalla
prelatura, dalla famiglia e corte
pontificia, e da tutto il clero: per
lucrare l' indulgenze prescrisse an-
cora il digiuno del mercoledì, ve-
nerdì e sabbato, il fare limosina
a' poveri, ed il pregare secondo la
di lui intenzione, ec.
Clemente XIV, eletto a' 19 mag-
gio 1769, nel concistoro degli 1 1
settembre intimò il giubileo straor-
dinario per impetrare da Dio un
felice governamento : ne stabilì la
durata in due settimane con in-
dulgenza pienissima , ingiunse tre
giorni di digiuno, la confessione,
la comunione ed altre pie opere.
Per dargli principio egli stesso ai
17 dello stesso mese si portò alla
chiesa di s. Maria degli Angeli, e
GIÙ
da questa a piedi processionalmen-
te col clero secolare e regolare, ac-
compagnato da ventitré cardinali,
e da tutta la sua famiglia nobile,
e da innumerabile popolo, alla ba-
silica di s. Maria Maggiore. Nel
concistoro poi de' 18 dicembre con-
cesse lo stesso giubileo per tutto
il mondo cattolico, da pubblicarsi
dai rispettivi vescovi di residenza,
e però con la lettera enciclica
Cum a Deo, de' 22 di detto me-
se, presso il Guerra loc. cit. p. 23 1,
diretta ai patriarchi, primati, ar-
civescovi e vescovi di tutta la
Chiesa, secondo il costume de'no-
velli Pontefici, esortò tutti a pre-
gare Dio per la speciale assistenza
di cui aveva bisogno per ben go-
vernare il gregge cattolico. Nello
slesso giorno con la lettera apostoli-
ca Cum attente, diretta ai medesimi
prelati, spiegò le opere ingiunte per
l'acquisto del giubileo nella stessa
forma dell' indulgenza dell' anno
santo. Con breve poi de' 1 6 mar-
zo 177 r, diretto agli arcivescovi
e vescovi dello stato pontificio ,
Clemente XIV concesse un giubi-
leo dal giovedì santo sino alla do-
menica in albis, prescrivendo la
visita d'una chiesa, la confessione,
la comunione, la limosina, ed altre
opere di pietà, per ottenere da Dio
opportuni aiuti nelle attuali cala-
mità della Chiesa.
Pio VI, eletto a' 1 5 febbraio 1 77 5,
per implorare il soccorso del cielo
nel governo del pontificato, sospe-
se i teatri ed altri spettacoli, or-
dinò gli esercizi spirituali di s. I-
gnazio, e le pubbliche preghiere
con un giubileo di otto giorni.
Riconoscendo in seguito il Ponte-
fice come segni manifesti de' divi-
ni gastighi la rivoluzione di Fran-
cia, la guerra ed altri inlortum
GIÙ
che desolavano l'Europa, non ri-
sparmiò esercizi di pietà, processio-
ni di penitenza, missioni, pubbliche
e solenni preghiere con indulgenza
di giubilei. Come ancora fece più
volle esporre le insigni reliquie
che si venerano in Roma. L' im-
mediato suo successole Pio VII,
trovandosi come Pio VI in diverse
gravissime calamità, promulgò giu-
bilei, e per ottenere il divino aiu-
to nel governo della Chiesa uni-
versale li pubblicarono altresì, co-
me si dice alle loro biografie, i
Papi Leone XII, Pio Vili, e Gre-
gorio XVI regnante , il quale ne
promulgò eziandio pei diversi bi-
sogni in cui trovossi la Chiesa, pel
cholera, e per altri avvenimenti
di cui siamo stati testimoni.
Sì è dunque veduto che i giu-
bilei si dividono in due classi or-
dinari e straordinari, sono straor-
dinari quelli che i romani Ponte-
fici sogliono al mondo cristiano
concedere dopo la loro coronazione,
dopo l'anno santo, e anche per
sopravvenute necessità della Chiesa
e dello stato. Gli ordinari si ridu-
cono a tre, cioè a quello diCom-
postella, a quello di Lione, e prin-
cipalmente al romano di cui ab-
biamo particolarmente trattato. In
quanto a quello di Compostella è
noto che quando la festa di s. Gia-
como Maggiore cade in domenica,
a Compostella, ove per antica tra-
dizione riposano le ossa del gran-
de apostolo e protettore della Spa-
gna, vi è giubileo per tutto quel-
l' anno; e questo è propriamente
il giubileo di Compostella. Simile
è l'altro di Lione non molto noto.
Protettore di quella chiesa prima-
ziale è s. Gio. Battista. In quel-
l'anno adunque in cui la festa del
santo Precursore concorre con la
GIÙ i3i
festa del Corpus Domìni, fino dal-
l'anno i43> 1 , per apostolica conces-
sione, celebrasi ivi un giubileo.
Nel 1734 si celebrò per la quarta
volta, onde il celebre p. Domenico
de Colonia pubblicò colle stampe
in Lione, V Instruction sur le j li-
bile de l'egliie primatial de Lyon
à l'occasion du concours de la
Fcte Dieu avec celle de la Nati-
vite de s. Jean Baptiste, qui ar-
ride le 24 fuin de cede année
1734. Ma il romano giubileo, lo
ripeteremo ancora, è il più rispet-
tabile del cristianesimo, per cui
appellasi comunemente anno san-
to, e con ragione: i.° Perchè in
quest'anno la Chiesa invita tutti i
fedeli a procurare con più forte
impegno la loro santificazione col-
le opere di penitenza e di pietà,
onde meglio si dispongano a con-
seguire la plenaria indulgenza del
giubileo. 2.0 Perchè la Chiesa in que-
st'anno apre, e più universalmente,
e più autenticamente, e più abbon-
dantemente il tesoro di cui è deposi-
taria del santo de'santi a perfetta san-
tificazione di tutti quelli che ne vo-
gliono approfittare. Non poteva es-
sere a meno che i protestanti nemici
delle indulgenze, ai giubilei, e mas-
sime al romano specialmente, non
facessero guerra. Molti ne novera
il Lipenio, alcuni il Fabricio nella
Bibliografia antiquaria a p. 444
Tra gli altri vogliono essere ricor-
dati Teodoro Thumm nel trattato
De jubilco antichi istiano, et de in-
dulgentiis, Tubingae 1625. Gio.
Ernesto Schmidel , De jubilaco
romano anni i65o, Amsterdam
1 G54- Giovanni Faes, De jubi-
lco romanorum Pontifìcum, Elm-
stad 16-6.
GIUDA (s.), apostolo, chiamato
anche Taddeo t che in siriaco si-
i32 GIÙ
gnifica lode, confessione j e nel le-
sto greco di s. Matteo distinto col-
t'aggiunto di Lebbeo, che secondo
s. Girolamo indica uomo (V inge-
gno e, d'intelligenza. Egli era fra-
tello di s. Giacomo il Minore , di
s. Simeone vescovo di Gerusalem-
me, e di un Giuseppe, e figlio di
Cleofa e di Maria sorella della 13.
Vergine, quindi cugino germano di
Gesù Cristo; ebbe moglie e figli.
Secondo le costituzioni apostòliche
egli occupa vasi nei lavori della
campagna, prima che Gesù Cristo
lo chiamasse all'apostolato. Il van-
gelo nulla ci dice di lui fino al
luogo dov'è annoverato fra gli a-
postoli, e poscia non ci nana se
non che nell'ultima cena egli chie-
se al Salvatore perchè manifestossi
a' suoi discepoli e non al mondo.
Dopo la discesa dello Spirito Santo
si unì agli altri apostoli per dif-
fondere neir universo la dottrina
del divino maestro. Secondo Nicc-
fero, Isidoro e i martirologi , s.
Giuda predicò nella Giudea , nella
Samaria, neh' ldumea, nella Siria
e nella Mesopotamia. Leggesi iti
s. Paolino, eh' egli piantò la fede
nella Libia. Neil' anno 6?. ritornò
a Gerusalemme, dopo il martirio
di s. Giacomo suo fratello, ed as-
sistette all'elezione dell'altro suo
fratello s. Simeone, cui fu affidato
il governo di quella chiesa. Secon-
do la più comune opinione, l'apo-
stolo s. Giuda morì in Persia per
la fede, ove conseguì il martirio
coll'apostolo s. Simeone. Quelli che
lo fanno morire in pace a Berito,
nella Fenicia, lo confondono con
Taddeo, uno dei settantadue di-
scepoli, che predicò la fede in E-
dessa. Il menologio dell'imperato-
le Basilio, e alcuni scrittori greci
collocano la sua morte ad Ararat
GIÙ
nell'Armenia, che dipendeva allora
dall'impero de' parti, ed era ri-
guardata per conseguenza come
facente parte della Persia; e gli
armeni onorano ancora s. Giuda
e s. Bartolomeo come loro primi
apostoli. Abbiamo di s. Giuda una
epistola, ch'è l'ultima delle sette ca-
noniche, indirizzata a tutte le chie-
se di occidente, ed in ispezieltà ai
giudei convertiti, i quali erano sta-
ti l'oggetto principale delle sue fa-
tiche: egli parla con forza contro
gli eretici, principalmente contro i
simoniaci, i nicolaiti ed i gnostici.
Alcuni hanno dubitato della cano-
nicità di questa epistola; ma la
tradizione della Chiesa cattolica,
che risulta da tante testimonianze
dell'antichità, l'attribuisce a san
Giuda apostolo, e la colloca nel
numero dei libri ispirati. La festa
di s. Giuda si celebra ai 28 d'ot-
tobre, in un a quella di s. Simeo-
ne apostolo, e i corpi d' entrambi
si venerano a Roma, nel proprio
altare nella basilica vaticana, ove
nel quadro è rappresentato quan-
do i santi gettano in faccia agli
stregoni di Persia i serpenti che
con arte magica aveano adunato.
GIUDEA. Regione dell'Asia sul-
le rive del Mediterraneo, fra que-
sto mare a ponente, la Siria al
nord, le montagne che stanno al
di là del Giordano all' oriente, e
l'Arabia al mezzodì. La sua lun-
ghezza presa dalla Siria Antioche-
na sino all'Egitto, era di settanta
leghe, e la larghezza dal -Mediter-
raneo sino alla Arabia Petrea di
trenta leghe. Anticamente fu que-
sta regione chiamata Paese, o Tenui
di Canaan dal nome di Canaam,
figlio di Cam, i discendenti del qua-
le l'occuparono prima di tutti;
poscia Palestina a cagione de' fili-
GIÙ
stei, detti dai greci e dai romani
palesimi, e siccome questi popoli
dimoiavano lungo le coste, così
furono riconosciuti pei primi, ed
il rimanente del paese ne portò il
nome; quindi Terra Promessa in
rispetto alle promesse fatte dal Si-
guore più. volte ai patriarchi Àbra-
mo, Isacco e Giacobbe di darla
alla loro posterità; regno di Giu-
da dal nome della più considera-
bile delle tribù discese da Giacob-
be, che chiamandosi anche Israele
fu pure detta Terra d'Israele, e fi-
nalmente Terra Santa per essere
stata santificata dai misteri del Re-
dentore. E irrigata dal Giordano,
da qualche torrente, e da un gran
numero di ruscelli e fontane ; le
sue più alte montagne sono il Li-
bano e l'Anti-Libano, essendo le
altre più nominate quelle di Ga-
laad , Hermon, Arnon , quelle dei
moabiti, quelle del deserto, il Car-
melo, le montagne d'Efraim e dei
Filistei, il Taborre , il Garizim,
l'Hebal, il Sion, il Moria ec, ol-
tre quelli che il vangelo chiama
Montana Judaeae. Lo storico Gio-
selfo fa una vantaggiosa pittura di
questo fertile paese, ed i viaggia-
tori ce lo rappresentano in diver-
si modi, abbondante di grano, oli-
vi, vino, datteri, mele, balsami e
fruita. Questo paese prima abbon-
dava di tutto, ed offriva ovunque
un terreno ricchissimo, com'è ce-
lebrato dalla sacra Scrittura. I giu-
dei, ebrei, o israeliti lo coltivavano
sino la sommità delle loro mon-
tagne, e la quantità del suo bestia-
me si può giudicare dai molti sa-
grilìzi che tàeevansi ogni giorno ;
ma al presente non si vedono che
vasti deserti e rovine, essendo la
Giudea ridotta ad uno slato assai
deplorabile dopo che soggiacque
GIÙ i33
al dominio degli ottomani . Sot-
to il nome di Giudea o Terra
Santa in generale si comprendeva-
no le dodici tribù dei figli d'Israe-
le: e la Giudea particolare, o re-
gno di Giuda, non avea che quelle
di Giuda e beniamino , dopo la
divisione accaduta sotto Geroboa-
mo sino alla cattività di Babilonia,
colle città di Gerusalemme per ca-
pitale; Betlemme, Ascalona , Azot ,
Joppe, ec. Fu poscia divisa la Giu-
dea in sei parti , cioè in Galilea ,
Samaria, e Giudea propria al di
qua del Giordano verso il Medi-
terraneo ; ed al di là dello stesso
fiume, in Traconite, Iturea o Pe-
lea, ed Idumea. La Giudea, prima
dell' arrivo degli ebrei , era gover-
nata dai re cananei, i quali eser-
citavano nelle proprie città un po-
tere assoluto. Allorché Giosuè ne
fece la conquista, governolla come
luogotenente del Signore, ed ese-
cutore de' suoi comandi, e ad esso
successero gli anziani per circa quia •
dici anni. Dopo una specie d' a-
narchia che durò sette o otto an-
ni fu poscia governata dai giudici
durante 3 i 7 anni, e in fine da va-
ri re, cioè da Saulle e suoi suc-
cessori sino alla cattività di Babi-
lonia per 507 anni.
Dopo la cattività la Giudea ri-
mase soggetta ai re di Persia, poi
ad Alessandro il Grande, e posci 1
ai suoi successori, ora ai re di Si-
na, ora a quelli di Egitto , essen-
dovi però molta diversità nel go-
yerno particolare del sommo sa-
cerdote, ed i capi della famiglia di
David. Durò questo Slato circa 36t»
0 36o anni sino a (inula Macca-
beo, 1 cui successori, ristabiliti gli
alfin della Giudea e la religione,
restarono in possesso della sovrana
autorità sino al regno di Lrude il
i34 GIÙ
Grande, per circa 1 35 anni, quando
egli fu dichiarato re dal senato
romano. 1 suoi stati dopo la sua
morte furono divisi fra i suoi tre
figli, e fu allora che la Giudea fu
ridotta in provincia romana. Dopo
la caduta dell' impero romano, gli
arabi ed i maomettani saraceni se
ne resero padroni nel 636. I cri-
stiani nel 1099 vi fondarono il
regno di Gerusalemme [Vedi), ed
in fine questa contrada contenente
i luoghi santificati da Gesù Cristo,
dalla B. Vergine, e dagli apostoli,
cadde sotto il dominio della Porta
ottomana nel 1 5i 7. Comprende
essa presentemente i paesi di Gaza,
di Elkahil o Ebron , di Elhuds o
Gerusalemme, di Naplusa 1' antica
Sichem, di Hartè , di Nazareth o
Juret-Catfra-Kanna, di Safet, ed in
fine il paese di là dal Giordano.
La Giudea è rappresentata in due
medaglie di Vespasiano; celebre è il
trionfo di Tito per la conquista della
Giudea, ed ancora nel foro roma-
no esiste il suo arco trionfale: la
Giudea similmente è rappresentata
in un' altra medaglia di Nerva ; il
simbolo della Giudea è la palma,
albero che prima vi era assai co-
mune , le cui frutta erano buo-
nissime a mangiarsi, comesi legge
in Pausiana. V. Palestina, Ebrei,
e i relativi articoli. Nel tom. Ili
della Collezione classica dell' avv.
Martinelli si leggono erudite noti-
zie sulla Giudea, sua estensione,
territorio, cosa fosse nell'epoca di
Gesù Cristo e dopo i turchi ; e
della sua descrizione ne' tempi di
Gesù Cristo e dopo i turchi ; e
della sua descrizione ne' tempi di
Ecateo, che rimontano a quelli
dei Maccabei. L'abbate Terzi nel-
la Siria sacra, a pag. 3i5 e
seg. riporta la cronologia storica
GIÙ
de' patriarchi , profeti , giudici , e
regnanti della Siro-Palestina. Qui
riporteremo quella pubblicata dal
eh. Cesare Cantù nella sua ap-
pludita Storia universale , il quale
si protesta che sulla varietà de' si-
stemi intorno alla creazione del-
l'uomo, egli adottò quello dell' Ar-
te di verificare le date.
CRONOLOGIA DEGLI EBREI.
Patriarchi.
Adamo . . creato il 4963 m. il4o33
Set nato il 4834 3934
Enos 4729 3824
Chenan 4^3g 3729
Malaliele 4569 3674
Jared 4^°4 3542
Enoc 4^4a 3978
Matusalem 4277 33o8
Lamech 4°9° 33 1 3
Noè 3908 29 58
Sem 34o8 2808
Diluvio 33o8.
Arpàcsad 33o6 2868
Chenan il giovine . 3 201 28^1
Sale 3 1 7 1 2-38
Heber 3o4i 2637
Paleg 2907 2666
Reù 2777 2538
Sarug 2645 241 5
Nacor a5i5 2367
Terah 2436 2291
Abramo 2366 2 191
Isacco 2266 2086
Giacobbe 2206 2o5g
Levi 2 1 1 7 1980
Cheat 2084 i{P»
Amram 2016 1^79
Mosè 1725 160 5
Uscita d'Egitto i645.
Giosuè governa dal i6o5 al i58o
GIÙ
Caleb ed i vecchi j anarchia
i58o-i562
Prima schiavitù 1062-1 554-
Giudici.
Ottoniele i554 i5 1 4
Seconda schiavitù i5i4-i49^«
Aod e Samgar . . 1^96 i4i6
Terza schiavitù 1 4 1 6- 1 396.
Debora e Barac . . 1396 i356
Quarta schiavitù 1 356- 1 349.
Gedeone *349 '^09
Abimelecco 1^°9 i3o6
Thola i3o6 1283
Jair 1283 1261
Quinta schiavitù 1261-1 243.
Jefte , . • 1243 1237
Abisan 1237 i23o
Ahialon i23o 1220
Abdon 1220 1212
Sesta schiavitù 1 2 1 2- 1 1 72.
Sansone 1 172 1 1S1
Eli 1 i5i 1 1 12
Interregno, 1 1 1 2- 1 092-
Samuele. *°92 1080
Re.
Saulle 1082 io4o
Davide io4o 1001
Isboset pretendente 1040 io33
Salomone 1001 962
Scisma delle dieci tribù, 962.
I. — Re d'Israele.
Geroboamo 1 962 943
Nadab 943 942
Baaza 94^ 919
Eia 919 918
Zamri, otto giorni,
GIÙ i35
Homri 918 907
Acabbo ..../... 907 888
Ocosia 888 887
Gioram 887 876
Jeù 876 848
Gioacas 848 832
Gioas 832 817
Geroboamo II. ... 817 776
Interregno, 776-767.
Zaccaria 767 766
Sellum 766
Manahem 766 754
Faceja 754 753
Faceo 753 726
Osea 726 718
Distruzione del regno dJ Israele da
Salmanasar re d'Assiria 718.
II. — Re di Giuda.
Roboamo 962 946
Abiam 946 g44
Asa 944 9°4
Giosafat 904 880
Joram, dopo regnato 4
anni con suo padre 880 877
Ocosia 877 876
Atalia 876 870
Gioas 870 83 1
Amasia 83 1 8o3
Ozia o Azaria .... 8o3 ^5i
Gionatan 752 737
Acas 737 723
Ezechia 723 694
Manasse 694 640
Aruon 640 639
Giosia 639 608
Gioacas 608
Eliachimo Gioachino 608 597
Gioachino o Gecouia . . . . 597
Sedecia 597 587
Distrutto il regno di Giuda, 587,
da Nabucodònosor IT, re d'Assi-
ria, padrone di Gerusalemme nel
i36 GIÙ
606. La cattività di Babilonia dura
70 anni, 6o6-536.
Profeti ebrei.
Si annoderanno quattro profeti
maggiori:
Isaia v. 8o3 723
Geremia conBarucv. 63q 597
Ezcchiello v. 600
Daniele v. 53o
E dodici profeti minori.
Osea v. 8o3 723
Giona ........... v. 800
Amos v. 780
Michea da Morasti v. 749 679
Joele . v. 700
Naum v. 700
Sofonia v. 63o
Abdia v. 626
o secondo altri .... v. 800
Abacucco v. 608
A ggeo v. 5 1 6
Zaccaria v. 5i6
Malachia v. 5 1 2
Possono eziandìo porsi nel novero
de' profeti ebrei :
Natan v. 1040
Gad v. 1040
Achia v. r)bo
Addo v. 946
Semaja . . .• v. 946
Jehù v. 940
Azaria v. 940
Elia v. 900
Eliseo v. 880
Michea figliuol diJem-
la v. 860
Oded v. 730
llolda profetessa . . . v. 63 ò
Semaja JS1 eelamita . . v. 6-20
llahania v. 620
Esdra v.
GIÙ
Sommi pontefici giudei.
Per testimonianza dello storico
Giuseppe, a' suoi tempi, da mille
anni; trovavasi presso gli ebrei una
non interrotta successione di som-
mi pontefici, eletti di padre in fi-
gliuolo. La lista, per mala ventu-
ra, non ci fu trasmessa colla du-
rata del pontificato di ciascuno dei
sommi pontefici, e le ricerche dei
dotti per supplirvi riuscirono in-
fruttuose. Noi ci restringeremo dun-
que a ricordar i nomi conosciuti,
indicando per alcuni l'epoca appros-
simativa, in cui esercitarono il gran
sacrificio.
Aronne, i644"I6o5; Eleazaro,
Phinees, Abisua, Bocchi, Ozi, Zara-
ja, Marajoth, Amaria, Eli, ii5s;
Achitob, 11 12; Achia, Àbiatar,
Sadoch (regnando Salomone), Achi-
maas, Azaria I , Joachas, Joanib,
Josafat, Giojada I (regnando Joas),
Zaccaria, Sedecia , Azaria II (le-
gnando Osias), Joathan, Uria, ÌNe-
ria,Odea, Selum, Helcia, Azaria III,
Saraja (regnando Sedecia), Jose-
dee, Gesù o Giosuè, v. 536 ; Gioa-
chino, 462; Eliasib,462-44i ; gover-
na Neemia 445-43 3;Giojada II 44 ' "
397; Gionatan 397-35o; Jesù 3()<- :
Jaddo 35o-324; Onia 1 3 2 j-3o3;
Simone I 3o3-284; Eleazaro 28J-
260; Manasse 26o-233; Onia II
233-219; Simone II 219-195;
Onia 111 195-170; Jesù o Jason
172-173.: Menelao, Lisimaco, An-
tioco, re di Sìria, s1 impadronisce
di Gerusalemme, 170; Matalia ,
168-166.
Pontefici e re Maccabei.
Giuda Maccabeo. .166 161
/llcitno 1 63 1 60
Giona ta 161 \\ \
Simone 111. i-i \ i36
GIÙ
Gioanni Ircanol. . . 1 36 107
Aristobolo 1 107 106
Alessandro Junneo .106 79
Alessandra 79 70
Ircauo II 70 4°
Aristobolo II e An-
tigono 70 4°
Re stranieri.
Erode 4° av- C. r d. C.
Archelao, tetrarca 1 d. C. 1 3
Filippo, idem . . 1 34
Liode A n tipa, i-
(lem 1 39
Ponzio Pilato ,
procuratore . . 27 36
Aristobolo III 34
Agrippa 1 39 44
A grippa j uniore . 44 9°
Continuazione de' sommi pontefici
giudei.
Antigono,4o-35;Hananel, 3o-3o;
Jesìi, 3o-23; Simone figliuolo di
Boeth, 2 3-6; Mattia, 6-1 av. G. C.
Joazar verso l'anno 4 dopo G. C. ;
Eleazaro, Jesù, figliuolo di Siali,
A nano, Ismaele, Eleazaro, Simone,
Caifo, Gionala , Teofilo , Simone
Canleras (Claudio regn.), Mattia,
Elionea, Giuseppe, Anania, Ismaele,
Giuseppe, Cabi, Anano v. 6 1 ; Jesù
figliuolo di Damneo; Jesìi figliuolo
di Gamaliele; Mattia, Fanaja.
Gerusalemme presa da Tito, fi-
gliuolo di Vespasiano, mina del
tempio , e dispersione de' giudei,
l anno 70 dopo C.
GIUDICE (del) Guglielmo, Car-
dinale. Guglielmo del Giudice o
de la Juice, francese, nacque pres-
so Roserio nella diocesi ili Limo-
ges da una sorella di Clemente VI.
Siccome celebre e dotto giurceon-
HillOj lo zio a' 20 dicembre i3J2
GIÙ i37
Io creò cardinale diacono di s. Ma-
ria in Cosmedin , arciprete della
basilica vaticana, protettore del-
l' ordine de' minori ; e poi Urba-
no V lo fece dell' ordine de' preti
col titolo di s. Clemente. Fu de-
corato di molte legazioni, la prima
delle quali fu quella di Napoli, in
cui la sua destrezza insieme con
quella del cardinal Guido di Bou-
logne, dopo diversi trattati ricon-
ciliò nel i35o Lodovico I re di
Ungheria, colla regina di Napoli
Giovanna I, con soddisfazione uni-
versale, singolarmente del Papa.
Avendo il cardinale ottenuto da
Clemente VI colla porpora 1' arci-
diaconato della chiesa di Alba in
Ungheria , incontrò non lievi con-
traddizioni con Andrea vescovo di
Alba, e con Tommaso custode di
quella chiesa. Per la qua! cosa In-
nocenzo VI, con sua lettera, lo rac-
comandò a Lodovico I. Dallo stesso
Pontefice nel i3 56 fu mandato
nella Spagna per comporre le di-
scordie tra i re di Castiglia, e di
Aragona , tra' quali stipulò una
tregua, che però venne poco os-
servata. Terminata la tregua, ad
onta delle sollecitudini del cardi-
nal legato, ripresero le armi, e
combatterono con maggior furore.
Fra tante gravi occupazioni si ado-
però per restituire all'antico lustro
e decoro 1' ecclesiastica disciplina ,
non che a sostenere gl'interessi
della religione. Venne incaricato <li
sciogliere dalla scomunica dell' in-
terdetto Pietro il Crudele re d \
ragona, che con pubblico scandalo
aveva ripudiala bianca figlia ili
Pietro dina di bourbon, quindi fat-
ta uccidere, per tenere presso di se
femmine disoneste, purché pentito
de' suoi falli si disponesse al rav-
vedimento ; ma il principe inerii-
i-38 GIÙ
deli anche contro i domestici, usur-
pò sacrilegamente i beni della Chie-
sa, fu disfatto dal fratello Enrico
in guerra, e vi perde miseramente
la vita. Edificò il cardinale un pa-
lazzo in Avignone, nei recinti della
parrocchia di s. Agricola, che di-
poi fu cambiato in monistero di
monache. Concorse col suo suffra-
gio alle elezioni d' Innocenzo VI ,
Urbano V, e Gregorio XI, cui vo-
gliono alcuni che come primo dia-
cono imponesse la tiara nella cat-
tedrale d'Avignone, ma egli in
quell'epoca apparteneva, come di-
cemmo, all' ordine de' preti. Morì
indetta città ai 28 aprile del 1 3y4 >
e trasferito nel monistero di Casa
di Dio, fu sepolto nel coro di quella
chiesa, sotto una semplice lapide,
presso il mausoleo di Clemente VI.
GIUDICE (del) Pietro, Cardi-
nale. Pietro de la Montre o de la
Juice o del Giudice, francese, nato
in Juice, diocesi di Limoges, fra-
tello del cardinal Guglielmo, e cu-
gino di Gregorio XI , professò nel-
l' ordine di s. Benedetto, dove fu
fatto priore del monistero di s.
Liberata nella diocesi d' Agen , e
nel i3/f2 dallo zio Clemente VI,
abbate di Angeliaco e di Grasse
nella Gallia Narbonese. Divenuto
nell'università d'Orleans dottore in
diritto canonico , fu promosso nel
1 344 a' vescovato di Saragozza ,
e dopo due anni trasferito a quel-
lo di Narbona, dove nel 1 35 1 ce-
lebrò un concilio provinciale nella
chiesa di BezierSj e nel i368 in-
tervenne a quello di Lavaur, indi
nel 1 369 si trovò presente alla tras-
lazione del corpo di s. Tommaso
d' Aquino. Nel i3y4 tenne un con-
cilio nella metropolitana di Narbo-
na, mosse una lite nella curia ro-
mana ai suoi vescovi suffragane-!, a
GIÙ
motivo del giuramento di fedeltà
eh' essi ricusavano di prestargli, e
ne riportò favorevole decisione. Gre-
gorio XI lo trasferì alla chiesa di
Rouen, e poi a' 20 dicembre 1 37 5
lo creò cardinale prete del titolo
di s. Clemente. Ma dopo undici
mesi, quando seguiva il Papa nel
viaggio di Roma , fu sorpreso da
malattia, e trasportato a Pisa morì
d'anni cinquantasette nel 1876,
lasciando nel suo testamento cin-
quantamila fiorini , ignorandosi se
ai parenti, famigli, o poveri. Il suo
cadavere fu trasportato in Narbo-
na , e sepolto nella metropolitana
in magnifico avello di marmo bian-
co con la sua statua, fattosi da lui
costruire mentre viveva.
GIUDICE (del) Marino, Cardi-
nale. Marino del Giudice o di Vul-
cano, nato in Amalfi, divenne ca-
nonico della metropolitana , e poi
arcivescovo nel 1 362 per volere di
Innocenzo VI, indi ne fece rinun-
zia a Gregorio XI nel i3y5. Ur-
bano VI gli conferì 1' arcivescovato
di Taranto , coli' amministrazione
della chiesa d' Aversa , quindi lo
spedì nunzio in Ungheria al re
Lodovico I, e nelle tempora del-
l' avvento 1 38 1 lo creò cardinale
prete del titolo di s. Pudenziana ,
camerlengo di s. Chiesa, ed arci-
prete di s. Maria Maggiore. Le
molte legazioni da lui con gran lo-
de sostenute , singolarmente per
mantenere i popoli nell' ubbidienza
al legittimo Pontefice, gli acqui-
starono gran riputazione. Ad onta
però di tanti meriti, carcerato in
Nocera nel regno di Napoli per or-
dine di Urbano VI, come reo di
lesa maestà, fu condannato a mor-
te in Genova nel i385 con altri
cardinali.
GIUDICE (del) Francesco, Cor-
GIÙ
dinaie. Francesco del Gindice dei
duchi di Giovenazzo , principi di
Cellamare, genovese d' origine e
nato in Napoli a' 7 dicembre del
1647 > portatosi a Roma venne
ammesso da Clemente IX tra'pro-
tonotari apostolici, indi destinato
da Clemente X alla vicelegazione
di Bologna, e poi al governo della
città di Fano, e per ultimo dal
medesimo annoverato tra' chierici
di camera. Innocenzo XI gli af-
fidò la presidenza dell' Annona, e
secondo il Novaes lo fece gover-
natore di Roma, ed Alessandro
Vili ad istanza di Carlo li re di
Spagna, del quale la sua famiglia
era benemerita, a'i3 febbraio 1690
lo creò cardinale prete col titolo
di s. Maria del Popolo, a cui ag-
giunse la prefettura della congre-
gazione dell'immunità, ed in se-
guito la carica di segretario del
s. offizio , annoverandolo alle con-
gregazioni del buon governo, dei
vescovi e regolari, del concilio, dei
riti, di propaganda ed altre. Visse
in tanta grazia ed estimazione di
detto re, che lo fece protettore
della corona e ministro degli affa-
ri della monarchia presso la santa
Sede, nel pontificato d' Innocenzo
XII. Questo Papa che, siccome suo
affine, da cardinale gli si era mo-
strato amorevole, a segno di ri-
nunziargli una pingue abbazia, di-
venuto Pontefice, per l'indifferenza
ch'ebbe pei parenti, non gli diede
alcun segno di benevolenza; onde
il cardinale lasciò Roma, si recò
in Ispagna, e fu fatto primo mi-
nistro e supremo inquisitore della
monarchia. Indi fu dichiarato aio
del priucipe d'Asturias, viceré di
Sicilia, e nel 1698 arcivescovo di
Monreale. Giunta in Madrid la
novella sposa di Filippo V, Eli-
GIÙ i3<)
sabetta Farnese, questa procuran-
do l'elevazione dell'abbate poi car-
dinal Alberoni, la fortuna del car-
dinal del Giudice cominciò a de-
clinare all' occaso, e finì poi di
precipitare a cagione di un edit-
to da lui pubblicato, in cui proi-
bivansi alcuni libri, del che la
corte dichiarandosi offesa, il re lo
privò della carica di aio del suo
primogenito, e gli fece intendere
che si contentasse di rinunziare
quella di supremo inquisitore. Al-
lora il cardinale tornò in Italia,
incontrò la grazia dell'imperatore
Carlo VI , come affettuoso della
casa d'Austria, ed olire gl'immen-
si benefizi che da lui ottenne, fu
destinato suo oratore presso la san-
ta Sede, ed incaricato d'affari. Di-
messo il titolo passò ad essere ve-
scovo suburbicario, e poscia anche
di Ostia e Velletri, cui in morte
compartì que'segnalati favori chenon
aveva potuto in vita, attesa la bre-
vità del suo governo. Dappoiché
oltre ad aver lasciato alla catte-
drale di Velletri gran quantità di
sacri arredi, le donò una somma
considerabile in denaro, con la
quale si potesse aggiungere a de-
coro di quella chiesa, quattro sa-
cerdoti per. la quotidiana uffizia-
tura, cou l'obbligo di cantare sul-
l' organo, oltre alcune cappellanie
con l'obbligo della messa: il ri-
manente fu impiegato in ornamen-
to e restaurazione di quel tempio.
Cooperò col suo voto alle esalta-
zioni d' Innocenzo XII, Clemente
XI, Innocenzo XIII, e Benedetto
XIII, morendo in Roma decano
del sacro collegio a' 1 o ottobre
1725, d'anni settantotto. Trasferi-
to a Napoli il cadavere, rimase
sepolto nella chiesa del Carmine
de'suoi ma^tjioi i.
i4o GIÙ
GIUDICE (del) Nicolò, Cardi-
nale. Nicolò del Giudice, nobile
napoletano de' principi di Cella-
mare, duchi di Giovenazzo, nacque
a'iG giugno 1G60. Fino dall'ado-
lescenza il cardinal Francesco Sfor-
za lo chiamò in Roma, sotto la
cui direzione avendo applicato al-
la pietà ed agli studi nel semina-
rio romano, ottenne la laurea di
dottore dell' una e dell' altra legge
nell'università romana. Nel i6o,3
fu ammesso da Innocenzo XII in
prelatura e tra i protonotari apo-
stolici, indi tra' chierici di camera,
colla presidenza delle strade e
della grascia, a cui lo deputò Cle-
mente XI. Questi nel 1716 lo
fece suo maggiordomo, nella quale
carica ebbe un sinistro incontro
col cardinal Allhann, che quan-
tunque virtuoso era caldo; perse-
verò nella medesima sotto Inno-
cenzo XIII, e Benedetto XIII, il
quale agli 11 giugno 1725 lo
creò cardinale diacono di s. Ma-
ria ad Martyres, onde fu il primo
ad avere questa diaconia allora e-
ìetla, e lo ascrisse alle congregazio-
ni del concilio, di propaganda,
della consulta, ed altre. Dopo a-
ver continuato per alcun tempo
eoi titolo di pio-maggiordomo a
presiedere alla famiglia e palazzo
pontifìcio, fu dall'imperatore Carlo
VI nominato protettore degli stali
austriaci presso la santa Sede. Il
genio predominante di questo car-
dinale era di fare acquisto di qua-
dri di eccellente mano, e di gem-
me che per la loro rarità e bel-
lezza avessero il pregio della sin-
golarità e preziosità. Nou mancò
di beneficare altamente i dotti, i
letterati, i commendabili per na-
scita e costumi, con tal munifi-
cenza e liberalità, che talvolta pie*
GIÙ
venne i loro bisogni senza atten-
derne le preghiere, e non facendo
conto del denaro divenne oggetto
di universale ammirazione. Si tro-
vò presente ai comizi per Clemen-
te XII, e Benedetto XIV, e mori
in Pvoma a' 3o gennaio 1 743, in
età di ottantatre anni, ed il suo
cadavere fu trasferito nella chiesa
del Carmine di Napoli, a tenore
della sua testamentaria disposizione.
GIUDICE Caracciolo Filippo,
Cardinale. Filippo Giudice Carac-
ciolo de' principi di Villa, nacque
in Napoli il dì 27 marzo 1783,
da Francesco duca di Gesso e da
Maria d' Artois, ne' quali ad illu-
stre nobiltà si congiunse la cristia-
na pietà. Era ancor fanciullo quan-
do assalito da grave infermità,
per le reliquie di s. Filippo Neri si
riebbe per prodigio, il perchè nel-
l'età di anni dieciselte entrò nella
congregazione de'padri dell'oratorio
del medesimo santo in Napoli, o-
ve fecesi esemplare altrui d' ogni
virtù ; fu preposto al maneggio
degli aliali temporali, coltivando
le sacre scienze , e le opere del
sacerdotale ministero. Nel conci-
storo de' 17 febbraio 1820 Pio
VII Io fece vescovo di Molfetta,
non valutando la sua modesta re-
nitenza. In questo ministero fece
spiccare la vigilanza, la misericor-
dia, il zelo per Io splendore del
culto divino, e la carità pei pove-
ri. 11 regnante Ferdinando II, re-
putandolo degnissimo di governare
la metropolitana chiesa di Napoli,
a questa lo trasferì nel concistoro
de'i5 aprile i833 il Papa che re-
gna Gregorio XVI, indi in quello
dei 2f) luglio lo creò cardinale
dell' ordine de' preti. L' avviso di
questa dignità ed il berrettino ros-
so, il Pontefice gitelo trasmise a
GIÙ
mezzo della guardia nobile Cesa-
re de' marchesi Costo, deputando
alla cousegna della berretta cardi-
nalizia monsignor Lodovico Altie-
ri , la cui imposizione avendola
solennemente fetta il re, tutto de-
scrivemmo nel voi. V, p. 164 e
seg. del Dizionario : il re decorò
la guardia del titolo ed insegne
di cavaliere dell'ordine di France-
sco I. Dipoi portatoci il cardinale
in Roma, ricevette dalle mani del
Papa il cappello e V anello cardi-
nalizio, e la chiesa di s. Agnese
fuori le mura per titolo, annove-
randolo in pari tempo alle congre-
gazioni cardinalizie dei vescovi e
regolari, dei riti, della disciplina
regolare, e dell'indulgenze e sacre
reliquie. Molto il cardinale operò
in bene della sua arcidiocesi, ed
il flagello del morbo cholera gli
porse occasione di dar prove non
ordinarie del grande amore eh' ei
portava al >uo gregge. Negli undi-
ci anni che governò la chiesa di
Napoli, questa in più modi bene-
Lieo con opere memorande : la più
lodata è quella dell 1 restaurazio-
ne e dell' abbellimento della chie-
b 1 cattedrale, ch'egli intraprese con
inimitabile grandezza d'animo, non
perdonando a spesa veruna per
rivestirla ili marmi e di stucchi
colorati, e per richiamare a nu >-
v.i vita le antiche colonne di gì l-
nito e i monumenti sepolcrali, a
cui aveva latto ingiuria un
meo colta, come si pag.
delle Memorie storiche
ilei vescovi ed arcivescovi di Napoli
di d. Lorenzo Loreto. Siffatta o-
pera non pule da lui esser
mineiata e condotta innanzi
non perché viveva modesl
h ùgale in nindi) mirabile. Essa po-
trà ancora ricevere compimenl
Gli 1 , t
l'alto di sui ni l ì 111 1 volontà, crii quale
gli consagrò quanto sarebbe rim •■
di sue sostanze. Morì ti' anni cin-
quantanove, a'?.<) gennaio iN| i, do-
po una lunga e travagliosa ma-
lattia, nel giorno sacro a S. I àan-
cesco di Sales, da lui adottalo per
protettore e modello nel governo
episcopale. Sebbene avesse coman-
dato che ne' suoi funerali in cui
occorrono circa quattromila du-
cati, se ne spendessero trecento,
essi furono celebrati con la con-
sueta magnificenza. 11 di lui cada-
ti
vere fu sepolto nella sepoltura de-
gli arcivescovi, sotto la sagre!
della cattedrale di Napoli. Di lui
abbiamo stampate sei lettere pa-
storali su diversi argomenti, \' Elogio
funebre recitato nella cattedrale,
di Mot 'f<tta in morte del s. P.
Pio ìli. Napoli i8^3. Trattalo
di s. Cecilio Cipriano sulla mor-
talità, volto in italiano da F. C
G. C. Napoli 1837. Osservazioni
pacifiche sopra di un'opera intito-
lata le usure, stampala nell' anno
i83i.R.oma iSìj. Vello scorso an-
no 184+, in Napoli, dai torchi di
Saverio Giordano, si è pubbl
1' Orazione recitata nella chi
metropolitana di Xapoli (del can.
d. Luigi Monforte) per le solenni
esequie del cardinal ar
Filippo Giudice Caracciolo, con
un cenno biografico e con le iscri-
zioni (del can. d. Salvatore Guar-
racino).
GIUDICE o GII DICI. Chi ha
autorità di _ 0 ehi giudi-
ca, fudex, cognit. >i . V 11 è 1.
argomento il parlare delle differen-
ti .,,1 la di giudici, ilei I ao .1
11 rapp ggi ed
,ii loro clienti; ma solo i\uc alcu-
na ei '"I '.aie vii^li antichi umilici
palatini e della romana curia, che
142 GIÙ
figurarono nei primi secoli della
Chiesa. Dei doveri dei giudici eru-
ditamente ne tratta il Martinetti
nel suo Codice d' economia pub-
blica a pag. 355 e seg. Il p. Me-
nochio nelle sue Stuore, nel t. Ili,
p. 4£4i tratta Della perplessità
degli areopagili, e d'alcuni altri
giudici in sentenziare. Innumerabi-
li poi e noti sono i trattatisti di
quanto risguarda i giudici, e pa-
recchi sono gli articoli di questo
Dizionario relativi, come Tribuna-
li di Roma, Congregazioni Cardi-
nalizie , Avvocati, Difensori, Udi-
tori di Rota, ed altri. Pei giudici
in partibus possono vedersi gli ar-
ticoli Commissioni e Delegati. Il
Muratori nelle sue Dissertazioni
discorre delle diverse specie degli
antichi giudici, delle qualità che
anticamente dovevano avere, dei
giudici minori eletti dal popolo e
dalle città , dei giudici palatini e
de'giudici pubblici. Il Bernini, Del
tribunale della rota, a pag. 3,
trattando de'giudici antichi e dei
loro nomi dice, che tali dottori
furono chiamati Seniores, Consilia-
Hi, e Decuriones reipublicae ; e
che negli atti degli apostoli si fa
spesso menzione di questi ecclesia-
stici seniori, come di giudici distin-
ti dagli apostoli, onde eglino rap-
presentavano il tribuuale della giu-
dicatura pontificia, e gli apostoli
le dignità, che da essi poi con al-
tro nome provenne del cardinalato.
11 Galletti, Del primicerio pag.
207, dice che gli scabini, de'quali
parlammo all'articolo Conte (Fedi),
ed altrove, erano giudici minori
della città, i quali si eleggevano
dal popolo, a differènza di que'giu-
dici che si dicevano sacri palalii ,
i quali erano eletti dai soli re o
imperatori, e perciò s' intitolavano
GIÙ
fudices domni regis, et domni Un-
peratoris, e talvolta ancora judices
palatini. Stimò il Du-Cange che
i palatini portassero questo no-
me perchè assistevano ai giudizii
del conte del palazzo; ma assiste-
vano ai loro giudizii anche i
chiamati giudici del re o del-
l'imperatore , che per conseguen-
za non erano differenti dai pala-
tini. Vuoisi che i Pontefici al tem-
po dell'imperatore Giustiniano I,
che fu assunto all'impero nell'an-
no 527, trasportassero le cause del
loro apostolico palazzo nel patriar-
chio lateranense, onde gli uditori
o giudici furono detti judices pa-
latini, e judices de aula latera-
nensis, ed ebbero abitazioni in quel
palazzo, come attesta il Rasponi,
De patriarchio Lateran., in fine.
Questi giudici palatini furono chia-
mati anche giudici ordinarij assi-
stevano ai Pontefici quando cele-
bravano la messa, ed interveniva-
no col clero e col popolo alla lo-
ro elezione; quindi in processo di
tempo le loro cariche furono chia-
mate con altri vocaboli., forman-
dosi di ognuno di loro altrettanti
tribunali.
Anticamente il clero romano che
eleggeva il sommo Pontefice, era
diviso in tre classi, cioè in sacer-
doti, in principali del clero, e nel
restante del medesimo : esso alla
presenza del popolo romano che
vi prestava il consenso senza suf-
fragio, elesse i successori di s. Pie-
tro sino all'undecimo secolo. I prin-
cipali del clero, o primati della
Chiesa romana, erano l'arcidiacono
capo di tutti, i sette giudici pala-
tini, cioè il Primicerio de' notari
ch'era il capo di questa dignità,
il Secondocerio, YArcario o Teso-
riere, il Saccellario, il Protoscri-
GIÙ
nano, il Primario de difensori ed
il Nomenclatore, tutti uffiziali co-
spicui della Chiesa romana che
hanno l'articolo in questo Diziona-
rio.
Riporteremo alcuni fatti, in cui
si conosce la particolare influenza
e potere de'giudici palatini nell'an-
tica curia romana , nelle elezioni
de' Papi, e in altri avvenimenti.
Nell'elezione di Conone Pontefice
del 686 insorsero gli antipapi Pie-
tro e Teodoro, il primo portato
da gran parte del clero, il secon-
do dai giudici e dall'esercito; per
togliere lo scisma fu eletto un ter-
zo che fu Conone. Alla morte di
questi ne' sacri comizi insorsero gli
antipapi Teodoro nominato, e Pa-
squale ; uiuno volendo cedere, i
giudici coi primati della milizia
romana, con una notabile porzio-
ne del clero, si radunarono nel sa-
cro palazzo, e quivi nel 687 ele-
varono al pontificato Sergio I. Nel
1 1 59 fu eletto Alessandro III dai
soli cardinali, per cui alcuni di
questi malcontenti uniti al clero
ed al popolo esaltarono l'antipapa
Vittore IV, che l'imperatore Fede-
rico I sostenne con le armi. Il
Raronio narra che alcuni cardina-
li, il clero, i giudici, gli scrinali,
i senatori ed il popolo romano
condussero l'eletto Vittore IV al
sagro palazzo, acclamando secondo
il consueto : Papa Vittore s. Pie-
tro l'elegge. Nel medesimo modo
Anastasio Bibliotecario riferisce la
elezione dell'antipapa Filippo nel-
l'anno 768.
Nel libro Pollicitus di Benedetto
canonico di s. Pietro, diletto a Gui-
do di Castello cardinale di s. Mar-
co, poi nel Il43 Celestino 11, de-
scrivendosi il modo come il Papa
nel dì del s. Natale portavasi a s.
GIÙ i43
Maria Maggiore, molte cose si leg-
gono sui giudici che facevano parte
della funzione ricoperti di piviali,
incedendo intorno al Papa , e vi-
cino al prefetto di Roma, riceven-
do ciascuno quattro soldi per pres-
biterio. Nella mattina di Pasqua,
giunto il Pontefice nella basilica
lateranense, i giudici lo conduce-
vano nella gran basilica Iconiana,
in quella camera detta triclinio.
Nell'Ordine romano, scritto da Cen-
cio Camerario avanti l'anno 1192,
si legge come il Papa dopo la mes-
sa celebrata in s. Maria Maggiore
tornava coronato al palazzo, sotto
i gradini del portico gli si faceva-
no incontro i giudici e gli avvo-
cati, ciascuno de' quali riceveva il
presbiterio d'un meleguino, e nella
cavalcata i giudici in piviale cir-
condavano il Pontefice. Nel mede-
simo Ordine romano si legge sul-
l'elezione del nuovo Papa, che giun-
to questo alla porta del palazzo
lateranense, i giudici lo prendeva-
no, e conducevanlo fino alla basi-
lica di s. Silvestro, mentre il pre-
te cardinale co' tabellioni e co'me-
desimi giudici facevano le solite
laudi o lodi. Nel dì che il nuovo
Papa si coronava, i giudici, gli
scrinari, e gli avvocati erano vestiti
di piviale; nelle cavalcate i giudi-
ci cavalcavano ornatamente tutti
vestiti , ma non usavano cavalli
coperti. 11 Gattico pubblicando le
cerimonie fatte nel 1046, in bene-
dietionis Clementis II , et in coro-
nalionis Ilennci et Agnetis, dice
che recandosi l'imperatore e l'im-
peratrice a s. Pietro , furono in-
contrati alle fosse di castel s. An-
gelo dal conte del palagio latera-
nense, e da un giudice dativo. Se-
guita la coronazione in s. Pietro ,
il Papa con alcuni ministri ed il
144 giù
primicerio de' giudici condusse l'im-
peratore, ed il secondicero de'giu-
dici l'imperatrice; questa poscia fu
accompagnata alla camera ove avea
da pranzare coi vescovi, dal pri-
nricero e dal secondicero de' giu-
dici. Dell' intervento de' giudici nei
possessi dei sommi Pontefici, e di
altre cose loro riguardanti, ne par-
lammo all'articolo Curia Romana.
Nella celebre concordia eh' ebbe
luogo tra il senato e popolo ro-
mano con Clemente III nel 1187,
col settimo articolo si convenne
che il Papa ne' tempi consueti da-
rebbe ai senatori, giudici, avvocati,
scrivani , ec. , i donativi chiamati
presbiterii. Dei giudici dativi , pa-
latini, romani, istituiti dal prefet-
to di Roma , ne tratta il Nerini
nell'erudita opera De tempio et
coenobio ss. Boti, et Alexiì.
Aggiungeremo alcune erudizioni
generiche sui giudici al servigio
della santa Sede. Marcello II del
ì555 prescrisse la forma e le leg-
gi ai giudici, e ne ordinò a tutti
l'osservanza. Nel i566 s. Pio V
provvide i tribunali di giudici di
conosciuta probità, dichiarando for-
malmente che le cariche non si
dassero se non al merito ed alla
virtù, non già al favore e all'in-
teresse. Gregorio XIII con applau-
so universale ricomprò l'ufììzio del-
l'avvocato fiscale, e tutti i fìscala-
ti della Romagna, venduti dal pre-
decessore s. Pio V pei bisogni del-
la Sede apostolica, restituendo a
tutti il prezzo. Dei fiscali ne trat-
tammo all'articolo Fisco (Are//).
Innocenzo XII con la bolla Ad ra-
diciluSj de' 3i agosto 1692, Bull.
Rom. tom. IX, pag. 364, estinse
diverse straordinarie giudicature,
che fino allora si esercitavano per
privilegio da molti prelati, e rimi-
GIÙ
se tutte le cause ai giudici ordi-
nari, dappoiché i primi prolunga-
vano i giudizii con grave danno
de' litiganti. Indi colla costituzione
Romanus Pontifex, loc. cit. p. 375,
emanata a' 17 settembre, Innocen-
zo XII finì di estinguere tutti i
tribunali e giudici particolari colle
loro non utili facoltà. Per comodo
dei litiganti stabilì nel palazzo del-
la curia Innocenziana i giudici del
tribunale dell'A. C. al modo detto
al voi. XIX, pag. 42 e seg- Col
medesimo zelo confermò Innocen-
zo XII con la costituzione LXXVII
de' 4 dicembre 1693, quelle di
Pio IV, Paolo V ed Innocenzo XI
sopra le sportule de' giudici e dei
tribunali della corte e curia roma-
na. Per comodo de' litiganti avea-
no i Papi permesso, che si giudi-
cassero le cause ecclesiastiche fuo-
ri della curia romana, e però spes-
se volte si commettevano a perso-
ne le quali mancavano o di peri-
zia, o di buona fede : nascevano
questi abusi dal gran numero dei
protonotari non partecipanti , ai
quali, benché non forniti de'requi-
siti opportuni, commettevano delle
cause , come costituiti in dignità
ecclesiastica. Volendo però Rene-
detto XIV ovviare a questo male,
che altri Pontefici, ed il concilio
di Trento aveano procurato toglie-
re, con aver prescritto che ne fos-
sero eletti i giudici ne' sinodi dio-
cesani , o in quelli provinciali; e
riflettendo nello stesso tempo che
questi concilii per diversi impedi-
menti sempre si differiscono , non
celebrandosi i primi com'era or-
dinato ogni anno, né i secondi o-
gni triennio, con la bolla Qiuwn-is,
de' 26 agosto 1 7 4 1 , B*U- Magn.
tom. XVI, pag. 4'> comandò che
i vescovi co'i ispelli vi capitoli elcg-
GIÙ
gesserò questi giudici , quando nei
detti sinodi non potessero destinar-
si. Quindi nell'anno seguente, per
soddisfare alle querele de' vescovi ,
Benedetto XIV con la bolla Ad
inilitantis de' 3o marzo, loc. cit,
pag. 72 , prescrisse quando, ed in
quali casi debbansi da' medesimi
giudici concedere o negare le ap-
pellazioni in dette cause. Inoltre
Benedetto XIV a' 1 5 febbraio 1742
col disposto della costituzione Quan-
tum, presso il suo Bull. tom. I, p.
120, confermò l'abolizione de' tri-
bunali e giudici privali in Roma,
e stabiPi che le cause avanti ai
tribunali de' giudici non decise fra
sei mesi, fossero devolute alle cu-
rie ordinarie. Pio VI prescrisse u-
tili regolamenti pei giudici, e per-
chè amministrassero rettamente e
spedilamente la giustizia, ad esem-
pio di Sisto V, invitò tutti i suoi
sudditi a portare a lui qualunque
reclamo, o alla congregazione a ciò
deputata per l'opportuno rimedio,
accordando le appellazioni dai giu-
dici provinciali, al sacro tribunale
della rota romana, o ad altri giu-
dici da lui prescelti. Utilissime dis-
posizioni pubblicarono sui giudici
i Pontefici Pio VII, Leone XII, e
principalmente il regnante Grego-
rio XVI coi noti codici e regola-
menti, abolendo i giudici partico-
lari o privativi. Su questo punto
si possono leggere la Raccolta del-
le leggi e disposizioni di pidddica
amministrazione, pubblicata nell'o-
dierno pontificato, e la Pratica
della curia romana.
Ecco 1' indicazione del vestiario
de' giudici dello stato pontifìcio ,
secondo le disposizioni del cardinal
segretario per gli affari di stato
interni de' 28 settembre 1 833. Tri-
bunale di appello. Sottana e toga
Si 1 «XI.
GIÙ ifo
con gran coda di palmi tre e mez-
zo mercantili di castorino nero leg-
giero o Casimiro, da usarsi in tutte
le stagioni. Mostre all'intorno, e
bavaro di velluto operato nero.
Manica tonda sino al ginocchio,
ricca di gran pieghe a riprese sul
bracciOj e con guarnizione interna
di velluto operato come le mostre.
Fascia di amuerre nero ben alta ,
con gran cappio, e con grandi fran-
gie di granoni a canutiglia nera.
Berretta ottangolare di velluto ne-
ro, filettato negli angoli di un cor-
donetto di seta nera che li mar-
chi, con fascia nera alta circa quat-
tro dita di velluto operato come le
mostre, e con gran fiocco di seta
nera nel mezzo dei quattro pizzi.
Collare bianco di filoscio ricamato,
o di merletto ad arbitrio, lungo un
palmo circa. Tribunale di prima
istanza. Sottana e toga con gran
coda di palmi tre mercantili di ca-
storino o di Casimiro leggiero nero
ad arbitrio, da usarsi in tutte le
stagioni. Mostre all' intorno, e ba-
varo di velluto semplice nero. Ma-
nica tonda spaziosa, ma che non
giunga al ginocchio , con pieghe
a riprese sul braccio, e con guar-
nizione interna di velluto simile
alle mostre. Fascia di amuerre ne-
ro , con cappio e con frangie di
seta nera. Berretta ottangolare di
castorino o Casimiro nero, filettato
agli angoli con cordoncino di seta
nera che li marchi, con fascia di
velluto nero simile alle mostre del-
la toga, e un fiocco di seta nera
nel mezzo di quattro pizzi. Collare
di batista, kingo circa un palmo,
con guarnizione di merletto o fi-
loscio. Assessori. Lo stesso abito
assegnato ai giudici di prima istan-
za, colla sola differenza che le ma-
niche saranno a bocca di lupo. \ I
10
i46 GIÙ
notato che l'abito de'giudici dei tri-
bunali di prima istanza è comune
ai governatori dello stato pon-
tificio.
GIUDIZ1I DI DIO, Prova o
Purgazioni. Prove che facevansi
altre volte innanzi ai giudici per
conoscere la verità intorno a fatti
nascosti, indagare i delitti o l' in-
nocenza delle persone accusate, col
duello, coli' acqua fredda, col fer-
ro, e col fuoco : probalio, tentameli,
experimentum. Nei tempi antichi
altro non s' intendeva per giudizii
di Dio che alauni esperimenti isti-
tuiti non già dalla Chiesa, ma da-
gli ignoranti troppo creduli, e te-
merari cristiani , con invocare nei
medesimi il divino aiuto, dandosi
a credere che Dio vendicatore del-
le azioni cattive, e difensore del-
l' innocenza, con qualche prodigio
rivelerebbe quelle verità, cui non
poteva naturalmente penetrare e
raggiungere l'industria umana. Fu-
rono tali diverse prove chiamate
giudizio di Dio, perchè a lui si
rimetteva la controversia , e se ne
aspettava col risultato una giusta
sentenza. Questi esperimenti coi
quali uno si purgava dal delitto
di cui credevasi reo, furono ezian-
dio chiamati purgazioni volgari ,
quasi introdotte ed inventate dal
volgo, comechè anche tra gli ec-
clesiastici e monaci fossero in uso,
ed approvate venissero con le loro
benedizioni, che si leggono ne' mes-
sali e rituali antichi : fu loro dato
il nome di purgazioni ogni qual-
volta l'accusato offnvasi di purgare
e rimovere l'apposto delitto con
una di dette prove. Fra queste pe-
rò non deve aver luogo il giura-
mento ad sancta Dei cvangelìa,
antichissima purgazione legittima ,
approvata dai concilii e dai padri ,
GIÙ
ed ancora praticata dal Pontefice
Pelagio 1, il quale divenuto ai fran-
cesi in sospetto di eresia per l' af-
fare dei tre capitoli, si purgò colla
Professione di fede {Fedi), che nel
55j fece al re Childeberto I. Narra
il continuatore del Cronico di Mar-
cellino, che questo Papa Pelagio I
accusato dal popolo romano di fa-
zione contro il predecessore Vigilio,
celebrate con Narsete le Litanie, asce-
so al pulpito nella basilica di s. Pie-
tro, ed avendo sul capo il vangelo, si
purgò con giuramento dall' accusa
datagli, come già aveva fatto Si-
sto 111 nel 4^2, e dopo di lui fe-
ce ancora s. Leone III nell'8oo,
pel qual giuramento cessò subito
il tumulto del clero e popolo ro-
mano. Che il giuramento sul van-
gelo è purgazione canonica , legit-
tima ed antichissima, può vedersi
nelle decretali di Gregorio IX, li-
bro 5, tit. De purgatone canonica.
Né anche tra le purgazioni vol-
gari devono aver luogo i riti usati
in questo giuramento detto pure
sagramento, cioè di giurare davan-
ti ai sepolcri e alle reliquie dei
santi, di che tratta il Ruinart, Act.
MM. in praef § 70, e s. Agostino
nell'epist. 78, num. 3, sopra le
armi benedette dai sacerdoti, mas-
sime dai popoli settentrionali, e di
far giurare col preteso reo altri
per testificare quod ipsi credimi
eum veruni jurasse , com'è scritto
nel C. Quoliens, De purga lione ca-
nonica, detti perciò compurgato-
res, sacramentarii, e conjuratores j
rito usato già da Roftiido arcive-
scovo di Benevento , e dal quale
ebbe origine la forinola furare
quarta rnanu, quinta manu, ec, cioè
purgarsi col giuramento di quattro,
cinque o più persone tutte favore-
voli all' accusato : questo rito ven-
GIÙ
ne usato in Italia anche sotto i re
longobardi , come apparisce dalla
legge 367 del re Rotali, presso il
Muratori, Rerum ital. script, to-
mo I, par. 2. Neppure si deve no-
verare tra questi giudizii, la pur-
gazione per Eucliaristiam, rito an-
tichissimo nella Chiesa , come di-
mostra il p. Cristiano Lupo tom.
IV, p. 23o, con questo modo. Al-
lorché l'accusato intendeva di sgra-
varsi dal sospetto di qualche mis-
fatto, che non si poteva o prova-
re o negare con ragioni manifeste,
era egli condotto avanti all' altare
ed alla ss. Eucaristia, e prima di
ricevere lo stesso corpo del Signo-
re, protestava egli chiaramente l'in-
tenzione sua ad alta voce dicendo:
Corpus Domini sit mihi ad pur-
gationem ho die , oppure in altra
simile forma. Il che fatto, niuno più
gli recava molestia, lasciando la cu-
ra a Dio di punire colui, se fal-
samente avea negato il commesso
delitto , o fintamente promesso
qualche altra cosa. Particolarmen-
te i vescovi ed i preti , imputati
di qualche colpa, costumarono di
celebrare la messa, ed alla comu-
nione di protestarsi innocenti con
invocare Dio vendicatore. La pur-
gazione dunque per Eucharistiam
sotto certe forinole fu costumata
in altri tempi, perchè in essa non
avea luogo la superstizione o ten-
tazione alcuna di Dio, siccome ac-
cadeva ne' giudizii candrntis ferri,
aquae vel pugnar, ricordati negli sta-
tuti beneventani. Di questi adunque
andiamo a parlare brevemente, sic-
come minutamente descritti dal Du
Cange in Closs. ; dal Mintene , De
anliq. Ecrlrs. ritib. tom. Ili , li-
bro III ; da le Broli, Stona 1 ri-
tira, tom. II, lib. VI ; dal Murato-
ri, diss. 38, Anliq. ital. , ed altri,
GIÙ i47
in un co' giudizii panis et casei,
e crucis. Il giudizio panis et casei
consisteva in diverse cerimonie ec-
clesiastiche, messa, comunione ed
orazioni ; porgevasi all'accusato pa-
ne e formaggio benedetti ; se po-
teva mangiarne e trangugiarli era
dichiarato innocente, se no, colpevole ;
le forinole si leggono presso l'Eccardo.
Il giudizio della croce di cui trovasi
menzione nella legge longobardica X
di Carlo Magno, consisteva, come di-
mostrò il Du Cange, che quando due
litiganti eleggevano il j'udirium cru-
cis, si mettevano ritti in piedi avan-
ti la croce in chiesa, colle braccia
stese in forma di croce per un
tempo determinato, finché si reci-
tasse una parte del vangelo, od al-
cuni salmi. Colui il quale durava
più a tenere così in alto le braccia
era vincitore, perdendo chi prima
le abbassava. Alcuni esempi di que-
ste purgazioni o giudizii sono ri-
portati in diversi articoli di questo
Dizionario : qui appresso noteremo
i più celebri.
Il primo chiamasi giudizio can-
denlis ferri ovvero ar denti s, e con-
sisteva nel dare in mano al pre-
teso reo un ferro rovente , che se
nonne risentiva alcun danno, com-
pariva la verità d'una cosa, e l'in-
nocenza sua; ma se per lo contra-
rio si scottava, porgeva indizio cre-
duto certo di avere mentito, e di
essere reo del delitto impostogli.
Gran connessione aveva con questo
giudizio, quello de' nove, o dodn i
vomeri, sopra i quali doveva pas-
sare coi piedi nudi la persona ac-
cusata. Nella vita di s. Cunegon-
da imperatrice, cap. 2, abbiamo,
eh' essendo stata accusata questa
pissima principessa d' infedeli;'» .il-
I' augusto s. Enrico I, suo conaoP-
te, si esibì ella di fa* palese Ki
148 GIÙ
sua innocenza colla pruova del fuo-
co, e però co' piedi nudi senza le-
sione passeggiò sopra dodici ferii
roventi. Di questo gran fatto non .
vi sono testimonianze contempo-
ranee , serve però a dimostrare
che anche i migliori sono sotto-
posti alle calunnie e maldicenze
altrui. Vogliono alcuni, presso Gra-
ziano, 2, quaest. 5, cap. Consulta-
sti, 20, che il Papa Stefano Y
detto VI dell' 885, scrivendo al
vescovo di Magonza Uberto, annul-
lasse la purgazione che si faceva
per mezzo di un ferro infuocato,
o dell' acqua bollente ; ma questo
decreto è assai sospetto ai critici ,
come osserva Van-Espen, Jur. Eccl.
univ. par. 3, tit. 8, § 32. Il se-
condo giudizio, prova, o purgazio-
ne dicesi dell' acqua, senza spiegar-
si se fredda o calda. Quello del-
l' acqua fredda . è mentovato nella
legge LV di Lotario I : il preteso
reo veniva legato con una corda,
e gettato in mezzo all'acqua di un
lago, se vi era, o di altro luogo a
questo fine preparato; se andava
a fondo fino ad un nodo fatto alla
medesima corda, per evitare ogni
pericolo di sommersione; giudica-
vasi innocente, se poi contro il na-
turai corso delle cose l' acqua lo
ributtava, era tenuto per reo, qua-
si che 1' acqua istessa mostrasse or-
rore di riceverlo nel suo seno. Non
cosi dolce era il giudizio aquae
ferventis, detto pure cacabum dalla
caldaia, noto nella legge XX di
Luitprando lib. 5, sotto la forino-
la inanimi in caldana mitterej
imperciocché se l'imputato di qual-
che reità, nel tuffar la mano nella
bollente caldaia si scottava , per
certo tenevasi il di lui misfatto, ed
all' opposto uscendone sano e salvo
la sua innocenza era in sicuro. Di-
GIU
sputano gli eruditi se Eugenio II
Papa dell' 824, istituisse la purga-
zione o prova dell' innocenza per
mezzo dell'acqua fredda, nella qua-
le compariva reo chi vi galleggia-
va dopo l' immersione, ed innocen-
te se andava a fondo. Per la parte
affermativa si dichiara il p. Mabil-
lon nel tom. I, p. 161, Veterani
Analeclorum 3 appoggiato su di un
antico codice Remense del seco-
lo IX. Molto si è scritto su la
sincerità di questa carta impugna-
la da Natale Alessandro, Hist. eccl.
saec. IX, cap. I, che in suo favore
riporta quattro ragioni. 11 p. Fran-
cesco Pagi, nel Breviar. Poni, in
vita Eugenii II, n. i5, è del sen-
timento del Mabillon , e procura
di abbattere le ragioni di Alessan-
dro. Il citato Van Espen, De pur-
gatione vulgari et canonica cap. 4>
§ 16 e 17, nulla risolve, stiman-
do meglio lasciare indecisa la que-
stione, ma conviene che un tal rito
fu per molti secoli fatuiliarissimo ,
come altre purgazioni volgari. A.
vero dire ardua cosa sembra , che
Eugenio II inventasse cotal purga,
e ne ordinasse l'osservanza a tutti
i fedeli.
Un altro giudizio e forse il più
famoso di tutti fu quello di pas-
sare pel fuoco, di cui in occiden-
te non se ne trova esempio prima
del mille, tuttavolta si legge in
Gedreuo, che sotto Anastasio I
imperatore, verso l'anno 5o6, un
vescovo cattolico in oriente esibì
ad un ariano questo partito, ut
per ignem, cuj'us esset fides verter,
probaretur; recusante ariano, or-
todoxus intrans in ignem, illaesu*
exù'it. Dai greci forse gì' italiani
impararono poscia a valersi di tal
prova, principalmente per convin-
cere i vescovi incolpati di simo-
GIÙ
nin. Per questa cagione divenne
rinomato s. Pietro monaco vallom-
brosano, poi creato cardinale e ve-
scovo d' Albano da s. Gregorio
VII, chiamato perciò Igneo. Es-
sendo il vescovo di Firenze Pietro
di Pavia accusato dai monaci del
monistero di s. Gio. Gualberto
di simonia, s. Pietro nel io63
per giustificarlo si espose alla pro-
va del fuoco, in mezzo al quale
passeggiò illeso a pas^o lento, ed
essendogli caduto il fazzoletto tor-
nò indietro a raccoglierlo, e lo
trovò intatto dalle fiamme. Questo
strepitoso fatto viene narrato negli
atti di s. Gio. Gualberto fondato-
re dei vallombrosani, dal Villani,
dal Baronio, dall Ughelli, e da al-
tri. JSon minore fama si acquistò
il giudizio del fuoco, quando Li-
piando prete milanese si espose
al medesimo giudizio nel 1102
per far conoscere elevato simonia-
camenle alla metropolitana di Mi-
lano Grossolano, per cui vestito
degli abiti sacerdotali passò illeso
tra le fiamme. Per dar luogo a
questo giudizio alzavasi una gran
catasta di legna, con lasciarvi nel
mezzo un sentiero largo un brac-
cio, per cui potesse passare un uo-
mo, il quale se sortiva illeso con-
.sidcravasi innocente, e giudicavasi
convinto di reità il suo avversario.
Altro giudizio di Dio fu la mono-
machia, pugna cioè o Duello {Ve-
di). Antichissima è l'origine d» que-
sto privato combattimento , sul
quale, su le armi e cerimonie a-
doperatevi una piena dissertazione
ci diede il Muratori, Antiq. ital.
diss. 39. Se un monaco o una
monaca, ovvero un ecclesiatico o
un vescovo, un conte o altro pri-
vilegiato od impedito per infer-
mità o per età troppo fresca o as-
GIU 149
sai decrepita, veniva sfidato o sfi-
dava al duello, per difesa de' loro
stabili o diritti , od anche era
costretto ad oneri rio, non era in
obbligo di agire di persona, ma
in sua vece mandava a difendere
le ragioni l'avvocato secolare, o sia
Difensore {fedi), o altro combat-
tente, appellato perciò campione
o vicario. Per quali cause si u-
sassero questi spuri giudizii vegga-
si nelle leggi longobardiche, ove
si nota la giunta fatta sul duello,
col titolo : Inlentionts inule per
leges potest haheri pugna. Allorché
dunque non si poteva chiarire o
purgare qualche occulto delitto per
le vie ordinarie della giustizia, con-
certavasi il duello, con ferma per-
suasione, che Dio, siccome protet-
tole della verità e della innocen-
za, concederebbe la •vittoria a chi
se la meritava. Non solo i lon-
gobardi, ma altre nazioni setten-
trionali calate in Italia, in Fran-
cia, ed in Inghilterra ebbero in
uso questo barbarico rito, e seco
lo portarono ovunque e dilatarono,
sino a confermarne per legittimo
il costume con pubblico decreto.
Prima si battevano solamente col-
l'usare per armi lo scudo ed il ba-
stone, poi con armi micidiali; e
a chi anticamente restava vinto nel
conflitto, propter perj'urium, quod
ante poenam cotnmiserat } dextera
manus amputatami-. Tanta fu poi
in quei tempi la sperauza del di-
vino patrocinio in quelle abbomi-
nevoli battaglie private, che chi
era destinato a combattere, impie-
gava tutta la precedente notte
senza dormire, in chiesa al sepol-
cro di qualche santo, per averlo
propizio nel vicino cimento.
Tutti convengono che i romani
Pontefici non approvarono giani-
r?o GIÙ
mai le superstizioni delle purga-
zioni volgari, i cui risulta menti
venivano nelle prove considerati
per giudizii di Dio ; anzi solenne-
mente le riprovarono, come si ha
dal nominato Graziano e dalle
decretali ove leggonsi i divieti di
Celestino III, d' Innocenzo III, e
di Onorio III sul duello, e sul
ferro rovente; e non mancarono
imperatori , i quali riprovarono or
l' una or l' altra di queste prove
volgari , e massimamente quella
della croce. Il Muratori cerca fino
a qual tempo avessero corso que-
sti giudizii, e coli' esempio d' una
carta del ii32 riportata dall' U-
ghelli in Archìep. Barens., conte-
nente i patti stabiliti fra Ruggie-
ro I re di Sicilia e i cittadini di
Bari, nella quale di Ruggiero è
detto : Ferrimi cacabum pugnam
a<juam vobis non judicabit vel ju-
dicari faciet, congettura che fino
a quell'anno non si era ancora
del tutto estinto 1' uso di essi, e
indi conchiude: Veruni par est
credere , non diutius illa stetisse :
illorum cnim exempla saeculo sub-
sequenti (cioè nel XIII) nequa-
quam occurrunt. Gli statuti di
Benevento ne somministrano per
questo secolo un autorevole esem-
pio, approvato da Innocenzo HI,
il quale nel concilio generale di
Laterano IV del i% i5, can. 18,
vietò ai chierici e sacerdoti di u-
sare alcuna benedizione , o altro
rito sacro purgationi aquae fer-
ventis, vel frignine, seu ferri can-
dentis eie. salvia nihiloniinus pro-
hibitionibus de monomachiis , sive
duellis antea promulgalis. In Fran-
cia Luigi il Buono limitò il giu-
dizio di Dio alle sole controversie
ecclesiastiche o religiose , e il di
lui figliuolo Lotario I le abolì iu
GIÙ
qualunque caso. Tuttavolta, come
si è veduto, tali prove furono per
qualche tempo riprodotte, perchè
poche consuetudini in quel tempo
erano universalmente ricevute: in
fatti nel regno di Filippo Augu-
sto, che mori nell'anno 1223, si fa
ancora menzione di alcune delle
nominate prove e purgazioni vol-
gari, sebbene divenute rare. Certo
è che Innocenzo III nel concilio
Lateranense proibì simili giudizii
di Dio, come pur fece Onorio III,
altri Pontefici e concilii , laonde
ne' secoli posteriori si tenne il so-
lo giuramento per legittima e ca-
nonica purgazione, venendo l'ini-
quissimo uso del duello severamen-
te proibito e represso colle leggi
ecclesiastiche e civili. Contro la
prova del ferro e del fuoco, e del-
l'acqua scrisse sino dal IX secolo
Agobardo, dotto arcivescovo di Lio-
ne, le cui opere furono pubblica-
te da Papirio Masson nel 1606,
e poi da Stefano Baluzio nel 1666
in Parigi. Il più volte citato Mu-
ratori nelle sue Dissert. tradotte
in italiano tratta nella 38: DeJ giu-
dizii di Dio, o sia degli speri nienti
usati dagli antichi per indagare i
delitti o l'innocenza delle persone.
GIULIA CESAREA. V. Cesa-
rea, capitale della Mauritiana, ora
Algeri.
GIULIA (s). Era d'una delle
più. illustri famiglie di Cartagine,
ed allorché Genserico nel 4^9 si
insignorì di quella città, fu ven-
duta come schiava a un mercan-
te di Siria nomato Eusebio. Ella
santificò la sua schiavitù colla ras-
segnazione, colla preghiera, e con
ogni maniera di austerità. Le sue
virtù le cattivarono la benevolen-
za del suo padrone, che volle se-
co condurla in un viaggio clic
GIÙ
intraprese alla volta delle Gallie.
Sbarcato egli a Capo Corso, si unì
alla gente del paese che stava ce-
lebrando una festa in onore degl'id-
dii. Giulia si tenne in disparte,
ma non potè trattenersi dal de-
plorare altamente la cecità di quei
pagani. Avvertito di ciò il gover-
natore dell'isola, procurò che Eu-
sebio gliela cedesse ; ma il mer-
cante non ne fu persuaso. Quindi
il governatore per conseguire il
suo intento lo iuvitò a pranzo, e
lo fece ubbriacare. Quando il vi-
de sepolto nel sonno, fece venire
a se Giulia, ed usò lusinghe e mi-
nacele per indurla a sagrifìcare.
Le coraggiose ripulse della santa
vergine eccitarono l'ira del gover-
natore, per cui la fece battere in
faccia e strapparle i capelli, indi
comandò che fosse appesa ad una
forca, e così s. Giulia consumò il suo
martirio. I monaci dell isola di Gor-
gona, eh' è fra la Corsica e Livor-
no, vennero a levare il di lei cor-
po per seppellirlo. Desiderio re di
Lombardia lo fece trasportare a
Brescia nel 763, ove fu venerato
dapprima nella chiesa dell'antico
monistero intitolato dal nome del-
la santa, e poscia fu trasportato
in quella di s. Pietro. Essa è ono-
rata a'23 di maggio.
GIULIANA (s.). Questa santa
vergine fu decapitata sotto l'im-
perio di Galeno Massimiano, do-
po avere sofferto i più crudeli
tormenti. L'antico martirologio mss.
ebe trovasi a Corbia, dice ch'ella
tofierse a Nieomedia ; l'autore del
martirologio attribuito a s. Giro-
lamo, Beila e tutti gli altri mar-
tiroiogisli collocano la sua morie
a 16 di febbraio. E onorata in
modo particolare oe'Paesi Bassi, e
s. Gregorio I il Grande ci fa sapere
GIÙ i5i
che le sue reliquie furono tras-
portate a Roma ; havvene però
una parte a Brusselles, nella chie-
sa della Beata Vergine della Rena.
GIULIANA Falconieri (s). Nac-
que della illustre famiglia fiorenti-
na di tal nome; il di lei padre
Chiarissimo era fratello del beato
Alessio Falconieri, il quale fu eoa
s. Filippo Benizi una delle prime
colonne dell' ordine de'serviti. Ap-
pena cominciò far uso della ra-
gione, sviluppossi in Giuliana l'a-
more alla preghiera e alla mor-
tificazione, in un colle più. belle
virtù. Di sedici auni lasciò il mon-
do e ricevette da s. Filippo Benizi
il velo delle M aniellate [Fedi), le
quali compongono un terzo ordine
dei serviti, e furono istituite per
servire gl'infermi e per esercitare
altre opere di pietà. Quest'ordine
di cui Giuliana fu non solo, come
diremo a quell'articolo, la prima reli-
giosa, ma anche la fondatrice delle
monache, crebbe non poco in picco-
lo spazio di tempo, e la s^ta vide-
si costretta a fare le funzioni di
priora. Il suo fervore e le sue
austerità le meritarono dal cielo
straordinari favori. Morì nel con-
vento di Firenze 1' anno i3|0 o
i34i; fu beatificata da Innocen-
zo XII, ne accrebbe il culto Bene-
detto XIII nel 1729, e Clemente
XII terminò il processo di sua ca-
nonizzazione nel 1737, e solenne-
mente la canonizzò. La di lei fe-
sta si celebra nel giorno di sua
beata morte, ai iq di giugno.
GIULIANI G10. Pietro, Car-
dinale. ^.Giovanni XXI Papa.
GIULIANO (s.), detto \' Ospita-
liere. Viveva iu Egitto, e avendo
sposata una pia donna per nome
Basilissa, si diedero fede reciproca
di vivere iu perpetua continenza.
i5a GIÙ
Essi praticavano gli esercizi della
vita ascetica, e consagravano tutti
i loro redditi a sollievo de'poveri
e de'malati; anzi tramutarono la
loro casa in una specie di ospita-
le, curando ciascuno le persone
del proprio sesso con immensa ca-
rità. Basilissa dopo aspre perse-
cuzioni mori in pace ; Giuliano le
sopravvisse alcuni anni, e ricevet-
te in fine la corona del martirio
con Celso fanciullo, Antonio prete,
Anastasio, e Marcionilla madre di
Celso. Credesi che tutti questi san-
ti patissero a' 6 di gennaio del
3i3 sotto Massimino II. La fe-
sta di s. Giuliano trovasi notata
in molti giorni differenti.
GIULIANO (s.), anacoreta del-
la Mesopo tamia, nato in occidente.
Giovanissimo fu venduto comeschia-
vo in Siria ; per alcuni anni l'im-
pazienza della schiavitù gliene ag-
gravò il peso; ma poi illuminato
dalla fede seppe far tornare i di-
sagi dello suo stato a propria san-
tificazione. Ricuperata la libertà
per la morte del suo padrone,
passò nella Mesopotamia, dove ab-
bracciò la vita solitaria, ed ebbe
il vantaggio di conoscere s. Efrem.
Egli aflievoliva il suo corpo con
grandi austerità, e lavorava conti-
nuamente in far vele da navi; ri-
guardavasi come un colpevole, e
la considerazione del giudizio di
Dio facevagli continuamente ver-
sare lagrime di compunzione. Die-
de sempre fino alla sua morte
ammirabili esempi di umiltà e di
pazienza, in mezzo alle persecu-
zioni che furono contro lui susci-
tate. Leggesi in Sozomeuo che la
sua vita era tanto austera , che
non pareva aver egli corpo , e
s. Efrem, che ne scrisse la vita,
riferisce che fu onorato del dono
GIÙ
dei miracoli. Morì verso 1' anno
370, dopo averne passati venti-
cinque nel suo romitorio. E no-
minato nel martirologio romano
il dì 9 di giugno, ed è anche o-
norato ai 6 di luglio.
GIULIANO (s.), soprannomina-
to Saba , che in siriaco significa
canuto o vecchio, per la sua pru-
denza e saggezza. Dopo aver pas-
sato parecchi anni in una caverna
vicino alla città di Edessa, ritirassi
sul monte Sina nell' Arabia. Egli
aggiungeva al lavoro delle mani
le pratiche più rigorose di peni-
tenza, e l'esercizio continuo della
preghiera e della meditazione. Pre-
disse la morte di Giuliano l'Apo-
stata, e verso l'anno 370 lasciò
la sua solitudine per recarsi ad
Antiochia , onde confondere gli
ariani , che spacciavano aver egli
abbracciata la loro comunione. In
questa città operò molti miracoli,
e poiché ebbe reso un' autentica
testimonianza alla verità, ritornò
nella sua cella } e continuò ad i-
struire i discepoli eh' erano venuti
a porsi sotto la sua guida, e che
edificarono la Chiesa molto tempo
ancora dopo la sua morte. S. Gio.
Crisostomo parlando di lui, dice che
era uomo di prodigi. Il martiro-
logio romano lo nomina ai 14 di
gennaio, e i greci l'onorano ai 18
ed ai 24 d'ottobre.
GIULIANO di Cilicia (s.). Nac-
que ad Anazarbo in Cilicia da
un padre seuatore , studiò sacre
lettere ed entrò nell' ecclesiastico
ministero. Durante la persecuzio-
ne di Diocleziano nel priucipio del
IV secolo, cadde nelle mani di
uno spietato giudice, che per vin-
cere la di lui costanza gli fece
patire lungo martirio. Per un
anno intero lo fece trascinare per
GIÙ
tutte le città della Cilicia, e dopo
i più orribili strazi, essendo ad
Eges, ordinò che fosse gettato nel
mare, cucito in un sacco con degli
scorpioni, dei serpenti, e delle vi-
pere. Il mare restituì ai fedeli il
corpo del santo martire, eh' essi
portarono ad Alessandria, poi in
Antiochia, ove s. Gio. Crisostomo
ne recitò il panegirico sulla di lui
tomba; nel quale dice che per
virtù delle sue reliquie ottenevan-
si molte guarigioni. È onorato
ai i6 di marzo.
GIULIANO (s.), primo vescovo
di Mans, che fiori verso la fine
del terzo secolo, e intorno alla vi-
ta del quale nulla si sa di parti-
colare. 11 di lui culto è ab anti-
co molto celebre in Francia , e
molte chiese furongli dedicate e-
ziandio in Inghilterra sotto i re
normanni. Conservasi il suo capo
nella cattedrale di Mans, essendo
state bruciate dagli ugonotti la
maggior parte delle sue reliquie
nel i562. La sua festa celebrasi
a'27 di gennaio.
GIULIANO (s.). Uscito d' una
delle migliori famiglie di Vienna
nel Dellinato , santificassi nella
professione delle armi. Essendosi
Crispino governatore della provin-
cia, dichiarato contro i cristiani,
Giuliano si ritirò nell'Ai vergila, non
tanto per timor della morte, quan-
to per poter più facilmente render
servigio ai fedeli. Sapendo che i
persecutori lo cercavano, usci dul-
ia casa di una vedova in cui sla-
va nascosto, e diedesi spontaneo
in mano ai soldati incaricali di
prenderlo, che gli mozzarono il
capo presso a Brioude. Ignoratasi
il luogo in cui era stato seppel-
lito, ma Iddio lo scoperse mira-
col osai nenie a s. Germano d' Au-
GIU i53
xerre, allorché passò per Brioude
ritornando d'Arles, circa il 4^';
indi ne fu trasportato il capo a
\ ienna col corpo di s. Ferreolo.
La sua festa è segnata ai 28 di
agosto. S. Gregorio di Tours ri-
ferisce un gran numero di mira-
coli operati per intercessione di
questo martire, e parla di una chie-
sa a lui intitolata a Parigi.
GIULIANO, CRONIONE e BE-
SA (ss.) , martiri d' Alessandria,
sotto 1' imperalor Decio. Era Giu-
liano un vecchio venerando, a
cui i dolori della gotta aveano
tolto il poter camminare e reg-
gersi in piedi. Egli confessò la di-
vinila di Gesù Cristo, come Cro-
nione, uno de'suoi famigliari. Fu-
rono ambedue legati sopra un cam-
mello, e condotti ignominiosamen-
te a sollazzo del popolo per le
contrade d' Alessandria ; poscia
furono crudelmente flagellati , e
gettati nel fuoco. Un soldato per
nome Besa, il quale non aveali
abbandonati per tutto il tempo
che si condussero per la città, ed
aveali anche difesi dadi oltraggi
dell' insolente popolaccio , venne
arrestato come nemico degli dei;
e per la sua fermezza nel confes-
sare la fede fu condannato alla
morte. Questi tre san li sono men-
zionati nel martirologio romano il
dì 27 febbraio.
GIULIANO (s.). Fu educato a
Toledo nella virtù, e in tutte le
scienze ecclesiastiche. Avea latta
la risoluzione di andare con Gu-
dilano suo amico a [tassare il re-
sto dei suoi giorni nella solitudine;
ma il suo vescovo ne lo ritenne,
ed obbligollo a dedicarsi al servi-
gio della Chiesa. Nel 680 venne in-
nalzato alla sede arcivescovile ili
Toledo, e vi fece ròplendere lui-
i54 Giù
te le virlh proprie del suo mini-
stero; fu il padre de' poveri, il so-
stegno de'deboli, il protettore de-
gli afflitti. Presiedette al quattor-
dicesimo concilio di Toledo, e mo-
ri nel 690. La sua festa è stabi-
lita agli 8 di marzo.
GIULIANO (s.) , martire. V.
Montano (s.).
GIULIANO (s), martire. V.
Teodulo (s.).
GIULIANO di s. Agostino (b.).
Nacque in Medinaceli nel regno di
Castiglia, da poveri genitori cbe
lo educarono cristianamente, e lo
posero ad imparare l'arte del sar-
to. Egli era molto divoto^ e per
trovare un asilo più sicuro alla
sua pietà risolse d'entrare nell'or-
dine di s. Francesco. Ricevuto tra
i novizi da'padri scalzi della provin-
cia di s. Giuseppe di Castiglia ,
diedesi con mollo fervore alle pra-
tiche di penitenza; ma riputata
stoltezza la sua condotta, fu co-
stretto a deporre l'abito religioso,
per la qual cosa ritornò alla pri-
miera professione. Il p. Torres mi-
nor osservante, che conobbe la sua
virtù, dopo averlo tenuto seco
qualche tempo, gli ottenne di po-
ter rivestire 1' abito religioso nel
convento della regolare osservanza
della Madonna di Salieda nella
stessa provincia di Castiglia. Quivi
ancora furono giudicate le sue au-
sterità effetto di singolarità indi-
screta e di pazzia, e dovette la-
sciare quel sacro ritiro. Non cam-
biò per ciò il suo santo propo-
nimento, e si costrusse una ca-
panna in un luogo solitario vici-
no al convento , ove passava le
intere giornate e le notti in ora-
zioni e penitenze, né usciva che
per mendicare uno scarso alimen-
to alla porta del monislero, e per
GIÙ
raccogliere ed istruire dei teneri
figliuoli nella dottrina cristiana. E-
sperim entata per tal modo la sua
virtù, fu richiamato nel convento,
e dopo ripetute prove fu ammesso
ai solenni voti della professione
religiosa. Gi aliano si diede allora
con maggiore libertà di spirito
all'esercizio di tutte le virtù cri-
stiane e religiose, e alla pratica
delle più austere penitenze, che
cercava di celare agli occhi de'suoi
confratelli. Sebbene laico e senza
alcuna letteratura , egli predicava
con tanta unzione e dottrina che
destava meraviglia. Colle sue o-
razioni e colla sua vivissima fe-
de ottenne molti miracoli a fa-
vore de'suoi fratelli. Era eziandio
pieno di carità pei bisognosi, e
procurava loro abbondanti limo-
sine da'ricchi, che volentieri ne
davano pel gran concetto che a-
veano di lui : egli stesso faceva
parte con essi del suo cibo, pren-
dendo solo per sé qualche poca
d'erba. Nella sua ultima malattia,
essendogli levato il suo antico a-
bito, si discoperse l'orribile stra-
zio che faceva delle sue carni : u-
na pesantissima catena e ferrei
cerchi cingevano tutto il suo cor-
po, di cui altro non reslava che
ossa scarnate. Mori agli 8 aprile
del 1 606 , e il Pontefice Leone
XII lo annoverò fra' beati ai 23
maggio del 1825.
GIULIANO, Cardinale. Giuliano
prete cardinale si legge sottoscritto
ad una bolla dell' antipapa Leone
Vili del 963.
GIULIANO Flavio Claudio, so-
prannominato 1' Apostata perchè
abiurò il cristianesimo per abbrac-
ciare il paganesimo. Nacque a Co-
stantinopoli a' 6 novembre del 33 1
da Giulio Costanzo, e fu nipote di
GIÙ
Costantino il Granile. La cura del-
la sua educazione fu affidata al fa-
moso Eusebio di Nicomedia; Mar-
donio suo aio procurò d'instiUare
in lui tutte le ottime qualità «Iella
mente e del cuore. Fece rapidi
avanzamenti nelle scienze, entrò
nel clero, ed ebbe anche il grado
di lettore. Indi fece un viario in
DO
Atene, ove s'applicò all'astrologia,
alla magia, e a tutte le vane il-
lusioni del paganesimo. Quivi si
strìnse in particolar amicizia col fi-
losofò Massimo, che fu la principal
i igione della sua rovina. Nel 3 > T»
In dichiarato cesare; ebbe quindi
il comando delle armate nelle Gal-
lie, e ne riportò strepitose vittorie.
Dopo la morte di Costanzo, avve-
nuta ai 3 di novembre del 36 r,
si recò in oriente, ove fu ricono-
sciuto imperatore, come era già
slato in occidente. Rivestito del-
l' autorità sovrana occupossi a cor-
nigere i molti abusi ch'erano sta-
ti introdotti nel governo, represse
il lusso e la mollezza, e riformò
la sua corte ; ma nel medesi-
mo tempo dichiarassi empiamen-
te a favore del paganesimo: ordi-
ni) che si riaprissero i templi ,
ristabilì i Sacrifizi, instituì i ponte-
fici ed i sacerdoti , e fece rivivere
tutta le più superstiziose pratiche
dell'idolatria, compresa la magia
eh' eso iitò egli medesimo. Fece egli
-<> le funzioni di pontefice mas-
simo con tutte le cerimonie pa_; i-
tforzandosi di cancellare in sé
il carattere del battesimo col san-
gue delle vittime. Dichiarò i cri-
stiani incapaci ili avere cariche nel-
lo stnio, proibì loro d'insegnare
e di studiare le belle lettere, li
caricò d'imposte, e avvegnaché ei
professasse la tolleranza, non lasciò
di condannarne parecchi a morte
GIÙ i55
sotto vari pretesti. Anzi gli alti
pubblici contemporanei ci fanno
conoscere un gran numero di cri-
stiani, che i governatori delle di-
verse provincie dell'impero, o per
ordine o colla approvazione di Giu-
liano, perseguitarono crudelmente.
Scrisse contro la religione cristiana,
e favorì le sette che l'alteravano pro-
fessandola ; né di ciò pago, pretese di
provare falsa la profezia di Gesù Cri-
sto sopra il tempio di Gerusalem-
me, facendolo rifabbricare dopo
quasi trecent'anni ch'era stato di-
strutto da Tito. Ma gli operai non
ebbero appena scavate le fonda-
menta, che ne sortirono tanti vor-
tici infuocati, ond'essi rimasero
spenti. Questo fatto è affermato da
tutti gli autori di quel tempo, ed
eziandio da Ammiano Marcellino
eh' era pagano. Si può vedere in-
torno a ciò 1' eccellente dissertazio-
ne di Warburton. Perì misera-
mente Giuliano per un colpo di
freccia ricevuto nella battaglia con-
tro i persiani, a'9.7 giugno del 3'i>.
Narrasi, che empiutasi la mano del
sangue che grondava dalla sua fe-
rita, Io slanciasse contro il cielo
esclamando: Hai iin(o, Galileo!
giacché egli aveva stabilito, allor-
quando avesse finita la guerra di
Persia, di estinguere ad ogni mo-
do il cristianesimo. L'opera ch'egli
scrisse contro il medesimo fu con-
futata da s. Cirillo d'Alessandria:
Giuliano però attacca il giudaismo
piìi direttamente che la religione
cristiana; siigli a la dottrini di
Mosè a line di fu la comparire me-
no uggia <li quella di Platone; m
contro la Stoni sacre le medesime
obbiezioni dei man toniti e dei m 1-
nichei . dcpi une più ebe può gli
scrittori elmi, e per una inconce-
pibile stravagante si sfora di con-
1 56 GIÙ
ciliare il giudaismo col paganesi-
mo; sostiene che gli ebrei ed i
pagani adorano il medesimo Dio,
che hanno essi le medesime ceri-
monie, che Abramo osservò gli au-
gurii, che Mosè conobbe gli Dei
espiatori ed insegnò il politeismo.
Le principali opere di Giuliano che
giunsero fino a noi sono: la Fa-
vola allegorica, una Satira dei
Cesari, il Misopogon , eh' è una
satira degli abitanti d' Antiochia ;
un discorso in onore di Cibe-
le, un altro in onore di Diogene
il Cinico, ed una raccolta di ses-
santatre lettere scritte con nobiltà
e purezza di stile, però deturpata
sovente da stravaganti sofismi. 11
suo editto contro i cristiani può
dirsi in fatti un vero sofisma.
GIULIO ed ARONNE (ss.), mar-
tiri, bretoni d'origine, i quali sof-
fersero sotto il regno di Dioclezia-
no. Il loro martirio avvenne verso
l'anno 287, oppure nel 3o3 o
3o4) a Caerleon sopra 1' Usk, nella
contea di Monmouth. Sappiamo da
Giraldo Cambrense, che antica-
mente si veneravano a Caerleon i
corpi de' due martiri, e che vi era-
no due chiese ad essi dedicale. So-
no onorati il primo giorno di
luglio.
GIULIO (s), martire. Era sol-
dato veterano, e serviva nello stes-
so corpo in cui erano Pasicrate e
Valenzione , i quali poco tempo
prima aveano soiferto il martirio.
Fu accusato dagli stessi suoi offi-
ciali di professare il cristianesimo,
davanti a Massimo governatore della
seconda Mesia ; e perciò fu deca-
pitato a' 27 di maggio, verso 1' an-
no 3o2, a Durosloro sul Danubio.
E menzionato sotto questo giorno
nel martirologio romano.
GIULIO I (s), Papa XXXVI.
GIÙ
Giulio figliuolo di Piustico romano,
contato da alcuni tra' canonici re-
golari, fu dal Papa s. Silvestro I
creato cardinale diacono o prete;
indi a' 26 ottobre dell'anno 336
fu creato Pontefice. Assolvè s. Ata-
nasio d' Alessandria dalle calunnie
degli ariani, nel concilio di Sardi-
ca (Fedi), considerato quale ap-
pendice del Niceno. Diede a' Nola-
rimedi) l'ingerenza di raccogliere
tuttociò che alla santa Sede si ap-
parteneva, e di guardar con dili-
genza gli atti , le donazioni , i le-
gati ec. Stabili questo Pontefice nel
giorno 2D la festività del Natale
(Vedi), ed in tre ordinazioni creò
nove o dieci vescovi, dieciotto o
diecinove preti , quattro o cinque
diaconi. Morì a' 12 aprile del 352,
avendo governato quindici anni,
cinque mesi, e diecisette giorni. Fu
sepolto nel cimiterio di Calepodio
nella via Aurelia, e quindi traspor-
talo nella basilica di s. Maria in
Trastevere da lui rifabbricata. Va-
cò la santa Sede venticinque giorni.
GIULIO II, Papa CCXXVI.
Giuliano della Piovere nacque a' i5
dicembre 1 4-4-^ >n Albizola, terra
presso Savona, nella Liguria, stato
di Genova, da P«affaele della Rove-
re fratello di Sisto IV, e da Teo-
dora Manerola. Mentre lo zio Si-
sto IV era religioso francescano, lo
tenne sempre presso di sé ne' con-
venti dei frati minori ; divenuto
cardinale lo die in educazione a
Nicolò Pandolfini poi cardinale, ed
elevato al pontificato, dal noviziato
de' francescani conventuali di Pe-
rugia, ove stava per «studiare nel-
l' università , lo fece vescovo di
Carpentrasso nel 1 4? 3, quindi ai
i5 dicembre dell'anno stesso lo
creò cardinale dell'ordine de' preti,
e per titolo gli diede il suo antico,
GIÙ
cioè la Chiesa di s. Pietro in Vincoli
(Vedi), da Giuliano beneficata. In-
oltre Sisto IV dichiarò successiva-
mente il nipote arciprete della ba-
silica lateranense, penitenziere mag-
giore, e protettore de' minori. Nel
1476 Io trasferì alla chiesa d'A-
vignone, dichiarata dallo stesso Pa-
pa metropolitana, nella quale il
cardinale fondò un collegio deno-
minato della Rovere; indi gli con-
ferì pure i vescovati di Coutances,
di Mande, di Bologna, di Verdun, di
Losanna secondo i Sammartani. di
Viviers, di Albano, di Sabina , di
Ostia e Velletri nel i4&3, nomi-
nandolo eziandio legato d' Avigno-
ne. Tre volte si portò col carattere
di legato a lalere in Francia al
re Luigi XI ; e poi in Piacenza ,
nella Marca d' Ancona, nella pro-
vincia del Patrimonio, nella Ro-
magua, nel ducato di Spoleto o
Umbria, e nella contea Veoaissina.
Alessandro VI nel i5o2 lo trav-
iato dal vescovato di Bologn
quello di Vercelli. Edificò in Ro-
ma il portico alla Chiesa de' ss.
XII apostoli ( Vedi ), ne abbellì
la basilica, e fabbricò un palazzo
per uso e comodo de 'cardinali ti-
tolari presso la chiesa di s. Pietro
in Vincoli suo titolo, ch'essendo
posseduta dai frati di s. Ambrogio
ad Nemus, egli la ottenne da Inno-
cenzo \lll pei canonici regolari
del SS. Salvatore, passando i frali
alla chiesa e amnisterò di s. Cle-
mente. In Ostia eresse una fortez-
za , che decorò di nobili pittine ,
riportandone il Galletti le iscrizio-
ni. Risarà il castello ih Grottafèr-
rata a difesa di queir antica abba-
zia, e compartì segnalati benefizi
.ni alile 1 lii. te e luoghi piì di
Etoma l 'inchi 1 1 goò lo tio Sisto
1\ , Giuliano fu 1 ome I anima «li
GIÙ 1 >
tutti i consigli ilei Papa. Intervenne
all'elezione d'Innocenzo Nili, il
quale lo onorò di particolare bene-
volenza e considera/ione , lo di-
chiari) legato a Intere, e spedi col
cardinal Giorgio Costa in Xarni a
ricevere il ferro della sai r 1 1 incia,
che divotamente recò in Roma. As-
sistè al conclave in cui uscì eletto
Alessandro VI Borgia, col quale
nel cardinalato aveva avuto pub-
bliche e private inimicizie, per cui
destramente ritirossi in alcuni luo-
ghi d' Italia, indi in Avignone, e
poi in Francia, ove si guadagnò
l'alletto e la stima dei re Cai lo
Vili, e Luigi XII, né per quante
carezze ed esibizioni gli facesse A-
lessandro VI , mai volle ritornare
in Roma, se non che dopo dieci
anni, cioè alla sua morte, avvenuta
nell'agosto i5o3; onde nel conclave
concorse all'elezione di Pio III, che
visse soli ventisei giorni. Qui no-
teremo che narrano gì' istorici ave-
re il cardinale mentre stava in Sa«
vona ricevuto la visita del cardinal
Giovanni de' Medici, e del cav.
Giulio de' Medici, i quali andavano
a visitare in Genova la propria
sorella Maddalena Cibo; e siccome
Giovanni divenne Leone X, e Giu-
lio Clemente VII, si rimarcò poi
questa combinazione. Benché Ales-
sandro VI prima di morire ai
esortalo i cardinali a non ci
Papa il cardinale, come narra lo
Spondano all'anno i5o3, numero
8, e ad onta della potenza del
. mimale d' Amboise che
al triregno, secondo la predizione che
s. I '1 11,. esco di Paola aveva latto
in Francia il cardinal della Rovere,
questi nell'età di Sessanta ami;, nel
pruno giorno di conclave nel quale
erano entrati tirntaeinque o tivn-
t' utto sacri elettori, e pruni clic
1 58 GIÙ
fosse serrato, fu eletto Pontefice
nella notte dell' ultimo di ottobre
venendo il primo novembre i5o3,
nel quale fu confermato co' voti
dello scrutinio , fatto nello stesso
giorno d'Ognissanti. Preso il nome
di Giulio II , fu coronato a' 26
dello stesso mese, e a' 5 dicembre
con solenne cavalcata si recò a
prendere possesso della patriarcale
basilica lateranense. Siccome per-
sonaggio di grande espettazione, il
suo innalzamento a tutti piacque.
Con lettere circolari avvisò su-
bito Giulio II i sovrani della sua
esaltazione al trono pontifìcio, e
dell'animo cb'egli aveva di repri-
mere ed abbattere l' impero degli
ottomani, pel quale fine pregò cal-
damente Ferdinando V ed Isabel-
la monarchi di Spagna, che doves-
sero far la pace col re di Fran-
cia, come seguì nell'anno seguente;
indi a'26 dicembre, come dicemmo
all'articolo Dispense celebri (Vedi),
concesse ad Enrico VIII re d' Inghil-
terra di sposare la cognata Caterina
d'Aragona. Volendo Giulio II purgare
lo stato ecclesiastico dai piccoli ti-
ranni, e ad ogni costo ricuperare
alla Chiesa romana quanto gli era
stato tolto de'suoi dominii, ammo-
nì con somma piacevolezza il doge
di Venezia Loredano a restituirgli
Faenza, Rimini, Ravenna, Cervia,
ed altri luoghi occupati dai veneti.
Tenendo prigione in caste! s. An-
gelo Cesare Borgia, gli intimò che
non sarebbe libero se non resti-
tuendo le città e i luoghi che a-
veagli dato Alessandro VI, ciò che
ottenne al modo detto all'articolo
Borgia (redi), ed agli altri relati-
vi. Richiamò dall'esilio i Colonne-
si, e maritò Lucrezia sua nipote
in casa Colonna (Fedi), con quel-
la dote ivi descritta, mentre in ca-
GIU
sa Orsini maritò Felice sua figlia
avuta in gioventù. Giulio II, ceden-
do alle istanze di Enrico VIII, fe-
ce trasportar le ceneri dello zio
Enrico VI nel sepolcro di West-
minster, ed ordinò il processo per
la di lui canonizzazione, e cano-
nizzò i ss. martiri Giovanni , Be-
nedetto , Matteo , Isaac , Cristino ,
Atanasio, Lorenzo, Regumilio e
compagni, camaldolesi. Nel i5o5
ricevette le ambascerie obbedienzia-
li di Manoello re di Portogallo,
cui concesse quanto domandava, del
re Enrico Vili, e dei veneziani.
Essendo guarito prodigiosamente
Luigi XII re di Francia dopo aver
preso la ss. Eucaristia, con questa
il Papa fece fare solennissime proces-
sioni in quel regno; quindi si ral-
legrò col re di Spagna per le vit-
torie riportate sui saraceni dell'A-
frica, ed a suo vantaggio impose
una decima sul clero. Emanò Giu-
lio II una celebre costituzione con-
tro la simoniaca Elezione del Pon-
tefice (Vedi), ed avendo concepito
con la vasta sua mente la sontuo-
sa e magnifica riedificazione della
Chiesa di s. Pietro in Vaticano
(Vedi), diede ad essa principio, e
con immense spese potè vedere l'e-
difizio assai avanzato, istituendovi
la cappella de'cantori per lui detta
Giulia. Confermò ed arricchì di
privilegi l'ordine de'minimi di san
Francesco di Paola, e nel i5o6
determinatosi Giulio II di togliere
Perugia (Vedi) ai Baglioni, e Bo-
logna (Vedi) ai Bentivoglio, lascian-
do legato in Roma il cardinal ve-
scovo di Frascati, preceduto dalla
ss. Eucaristia ne partì a' 23 ago-
sto, e vi fece ritorno a'27 marzo
dell'anno seguente in trionfo, dopo
avere ricuperato alla santa Sede
quelle signorie.
GIÙ
Nel i5o7 spedì legati all'impe-
ratore Massimiliano I, ed al re di
Francia per pacificare le loro diffe-
renze, e per indurre i principi ad
intraprendere la sacra guerra con-
tro il turco. Nel i5o8 fece rinno-
vare la Moneta pontificia [Fedi),
e dal suo nome i carlini furono
detti giulii. Intanto in Cambray
{Vedi), ebbe luogo la famosa al-
leanza tra il Pontefice, Massimi-
liano I, Luigi XII, e Ferdinando V
contro i veneziani, i quali ritenen-
do sempre le città e luoghi della
Chiesa, eransi impadroniti di Trie-
ste e della contea di Gorizia. Ri-
dotti i veneti alle più grandi an-
gustie per l'interdetto fulminatogli
dal Papa, e per le formidabili for-
ze, che gravitando su loro gli ave-
vano fatto perdere molte città,
sommessamente invocarono il per-
dono da Giulio II, che come pa-
dre comune formalmente li assol-
vette dalle censure, ritirandosi dal-
la lega di Cambray, e ricevendo le
citlà e luoghi di ragione della
Chiesa. I francesi furono di ciò alta-
mente rammaricati, presero le parti
del duca di Ferrara che ricusava re-
stituire a Giulio li le saline di Co-
macchio, e contro di lui rivoltarono
le loro armi. Per meglio attende-
re a quota guerra, il Papa dopo
avere scomunicato i suoi nemici
passò a Bologna, ciò che disappro-
vando alcuni cardinali lini alla
Francia si ribellarono, e nel Con-
ciliabolo di Pisa (fedi), osarono
deporre dal pontilìcato Giulio II.
QlICSti al modo che dicemmo al
voi. X, pag. io, del Dizionario li
depose da tutte le dignità, e pro-
mulgò la celebrazione ilei concilio
generale Laterancnx- V (ledi), ove
ossequiosa concorse tutta la distia-
'•ita, e che terminò il successore
GIÙ 09
Leone X. Non avendo fatto Luigi
XII re di Francia d giuramento
ed omaggio del regno di Napoli,
il Papa ne investì Ferdinando V
re di Spagna, e nel i5ii passò
in Ravenna. Unite le milizie papa-
li alle spagnuole, inutilmente assa-
lirono Ferrara ; Bologna cadde
nelle mani de' francesi , e poco
mancò che non vi restasse prigio-
niero lo stesso Giulio II, che ad-
dolorato della caduta di Bologna,
per segno di mestizia, o per infon-
dere venerazione si lasciò crescere
la barba. Dimenticando il Papa i
pericoli corsi, alla testa delle sue
truppe assediò la Mirandola, e ad
onta della neve, delie fulminanti
artiglierie che gli uccisero a'fianchi
molli suoi domestici, da generale vin-
citore vi entrò per la breccia ; ma Ra-
venna ed altre città furono prese
dai francesi, a costo di gravissime
perdite. Tutte queste guerre sono
descritte agli articoli Ferrara ,
Francia, Venezia, ed altri analoghi.
Pacificò Giulio II le potenti fami-
glie romane de' Colonnesi e degli
Orsini, ed in memoria dell'avveni-
mento fece battere una medaglia
o
monumentale.
Mentre il Papa proseguiva la
celebrazione del concilio generale ,
fece lega coi re d' Inghilterra e di
Spagna, coi veneziani e con Massi-
miliano I contro Luigi XII: patto
che s'intitolò sacra unione; ed ai
pontificii domimi aggiunse per
convenzione di federazione, Mode-
na, Reggio, Parma e Piacenza. Ma
nel giugno i5i2 Giulio 11 comin-
ciò a peggiorare per una diarrea ,
per la quale lungamente languì :
a' 17 agosto aggravò talmente, che
dopo quattro giorni , lu creduto
morto per più ore, onde 1' .d>l>.itc
Pompeo Colonna poi cardinale, iu-
1 6o GÌ U
citò il popolo a ricuperare l'antica
libertà. Ritornato il Papa in sen-
timenti, per mezzo d' una persica
datagli dal medico Scipione Lan-
cellotti, di che il Marini ne' suoi
archiatri tom. I, pag. 292, sembra
dubitarne, chiamò a sé i cardinali
e vietò loro di dare il suffragio a
quelli da lui deposti, e vedendo il
duca d' Urbino Francesco Maria
della Rovere suo nipote pentito
dell'uccisione del cardinal Alidosio,
lo perdonò. Ripigliando il Papa le
sue antiche occupazioni , ma con
debole salute, ricadde infermo, e
nella notte del 20 venendo il 1 1
febbraio i5i3, sulle undici ore, do-
po aver nel giorno precedente ri-
cevuto con segni della maggior pie-
tà i sagramenti, e regolato a san-
gue freddo l'ordine de' suoi mo-
desti funerali , rese il suo spirito
al creatore in età di settanl'anni ,
avendone regnato nove, tre mesi,
e ventun giorno, ne' quali in sei
promozioni creò ventisette cardinali,
compresi diversi suoi parenti, coi
quali fu assai benefico, come dicesi
all'articolo Rovere Famiglia ( Ve-
di). Fu sepolto nella basilica vati-
cana accanto alle ceneri dello zio,
donde fu trasferito nelle sagre grot-
te secondo alcuni, e non nel son-
tuoso mausoleo o cenotafio edifi-
cato per suo ordine, ammirandosi
una sola delle quattro facce in s.
Pietro in Vincoli, del quale, cele-
bre per la meravigliosa statua del
Mosè di Michelangelo Buonarroti ,
ne parlammo ai voi. XII, p. 297,
e XIII, pag. 7 del Dizionario. Il
mausoleo era stato destinalo per
collocarsi sotto la cupola vaticana,
ma avendo spaventato chi doveva
spendere al compimento , per la
vastità dell'impresa, Paolo III sta-
bilì che in forme più ristrette si
GIÙ
collocasse in detta chiesa, e si ap-
poggiasse a quel muro dove in og-
gi si vede. Fu dunque il cadavere
del gran Giulio II tumulato dietro
l'altare della cappella fabbricala da
Sisto IV, ove ora sta quella del
coro presso il monumento di bron-
zo da lui eretto allo zio, il cui
cadavere come il proprio nel i^iy
furono nel sacco di Roma dall' e-
sercito di Carlo V profanati, e spo-
gliali dalla feroce cupidigia de' sol-
dati. Dipoi considerando Urbano
Vili che il monumento era d'im-
pedimento al capitolo nel giorna-
liero esercizio delle sacre funzioni,
lo fece trasportare nella cappella
del ss. Sacramento in un alle ce-
neri di Sisto IV, di Giulio II, e
dei cardinali Galeotto Franciotti
della Rovere, e Fazio Santorio sen-
za veruna iscrizione. Ma d. Pietro
De Tois sagrestano della basilica
compose l'iscrizione che ricordando
i quattro personaggi fu ivi posta
in terra. Appena dunque si legge
per terra, in un angolo quasi a
tulli ignoto, il nome di Giulio II
rinnovatore dell'incomparabile tem-
pio, e del grandioso mausoleo che
ivi si era destinato.
La gloria di Giulio II era giun-
ta al più alto suo punto, ed avea
oltrepassato le sue speranze. Egli
avea riempiuto l'Italia e l'Europa
tutta del tenore del suo nome.
Vide prima di morire a' suoi pie-
di i di lui più potenti nemici. 11
cardinal Filippo di Luxemburgo,
già con lui riconciliato, gli doman-
dò supplichevole la pace per Lui-
gi XII re di Francia, la cui mo-
glie regina Anna, cui il solo no-
me di scisma agitava l'animo suo
religioso, con il duca di Valois e«
rede presuntivo della corona, gli
scrissero con termini pieni di som-
GIÙ
messione. Tuttavolta il lugubre
spettacolo della tomba spandendo i
suoi tetri colori su tutti gli oggetti,
che per lungo tempo lo avevano
agitato, il fece spesso ripetere, nei
suoi ultimi momenti , queste me-
morande e gravi parole. » Fosse
a Dio piaciuto che io non fossi mai
stato Papa, o almeno che io avessi
voltato tutte le forze della Chiesa
contro i nemici della religione ".
Fu Giulio li d'animo invincibile
nelle avversità, implacabile co' ri-
belli, né tollerava di essere oltrag-
giato. Era insieme liberale, corte-
se, fedele nelle sue promesse , be-
nigno, magnifico, costante, ed a-
cerrimo difensore della libertà ec-
clesiastica e della dignità papale.
La sua memoria fu attaccata da
alcuni scrittori, sì per essere stato
contrario a Luigi XII, come per
aver egli con ardore intrapresa più
volte la guerra, animandola colla
sua stessa presenza in guisa , che
diverse volte corse pericolo di re-
starvi prigione. Ma oltre che Giu-
lio II fu dopo morte commendato
altamente nel concilio generale la-
teranense, dell'una e dell' altra ac-
cusa egregiamente lo difendono al-
tri autori più spassionati, dimostran-
dolo doppiamente glorioso, pel sa-
cerdozio santamente esercitato, e
pel principato valorosamente soste-
nuto. L'Italia riguarderà sempre
nel magnanimo Giulio II una delle
principali sue glorie, e ne farà van-
to perenne. Per riguardo alla con-
trarietà di Giulio li al re di Fran-
cia, veggasi il Rinaldi negli strinali
eccl. all'anno i5i3, n. 11 e 12,
dicendo tra le altre cose, che il
Papa, non solo i francesi, ma ezian-
dio i tedeschi e gli spagnuoli vo-
leva cacciare d'Italia, per acqui-
starsi il titolo di liberatore della
vot. *x\i
GIÙ 161
penisola. In quanto alle guerre sos-
tenute da Giulio II, il ven. card.
Bellarmino, De polest. sum. Pont,
in reb. temp. adv. Barclajum, cap.
I 1, dimostra che da lui furono fatte
giustamente, ed egregiamente con-
futa le false accuse degli avver-
sari suoi. Fra questi uno de' più
maledici fu Pietro Soave, nella de-
testabile sua Storia del concilio di
Trento. Inoltre per riguardo ad al-
cune accuse contro Giulio II si può
vedere Angelo anacoreta di Yal-
lombrosa circa l'anno 1 5 1 1 nel suo
Apologedcum prò Julio Papae II
contro, consilium Decii ad S. H. E.
cardinales, senza nota di tempo
né di luogo della stampa. Lo com-
menda parimente Francesco Guic-
ciardini, non ostante l'essere que-
sto un severo censore de' romani
Pontefici, ma non lascia di scrive-
re con alcuni francesi, che Giulio
II per forza di regali giunse al
pontificato, della qual falsissima ac-
cusa lo difende giustamente lo Spon-
dano citato, all'anno i5o3,num. 8:
a tutta sua discolpa basterebbe la
costituzione Cimi tarn divino, che
pubblicò contro la simoniaca ele-
zione del Papa. Scrisse il p. Fo-
resti, jMappam. istor. tom. Ili, pag.
258, essere stato Giulio II un gran
Pontefice dato da Dio, quale ab-
bisognava in tempi tali alla sua
Chiesa; perchè alle volte per ma-
lizia degli uomini è necessario che
il Pontefice, oltre le chiavi delle
indulgenze, usi la spada della po-
tenza. Certo è, che talora il Pa-
pa oltre l' uso della potestà di
sciogliere colle indulgenze od altro,
è necessario che si serva anche
della potestà di legare colle cen-
sure.
In mezzo alle gravi cure del
sacerdozio e dell'impero, della pa-
1 1
ito GIÙ
ce e della guerra, in mezzo a fa-
mose imprese, formidabili e terri-
bili, sempre però indirizzate ad un
fine grande e lodevolissimo, per le
alte ragioni di principe e di Pon-
tefice, Giulio II non dimenticò le
arti e le lettere, anzi apri loro
nell'alma Roma un asilo più splen-
dido e potente che non avevano
latto i suoi predecessori. Fu egli
il primo veramente , che formò
nella sua capitale quel gran seg-
gio delle arti, che ancora florida-
mente vi si mantiene; fu egli che
incominciò il bellissimo ed aureo
secolo, che poi fece così glorioso
il pontificato dell'immediato suc-
cessore Leone X. Il pensiero ar-
duo e vasto di demolire la vecchia
basilica vaticana, e d'innalzare con
tanta maestà e ricchezza la nuova,
fu tutto di Giulio II; egli inco-
minciò l'augusta opera, ne gettò
le fondamenta, e la proseguì con
ardente zelo. Fu Giulio II che ab-
bellì Roma di molte opere di Bra-
mante e di Michelangelo ; che die-
de a Raffaello la commissione di
dipingere le stanze in Vaticano 5
che protesse Baldassare Peruizi ,
Giuliano da s. Gallo, e tanti alili
di non peritura fama. Quanto alle
lettere, benché non fosse egli dot-
tissimo, formò nondimeno nel suo
palazzo una doviziosa biblioteca
particolare, diversa dalla Vaticana:
ebbe carissimi il Bembo, il Casti-
glione, il Flaminio, l'inghirami che
avanti al sagro collegio ne pro-
nunziò l'orazione funebre, ed altri
scienziati, e soleva dire che le let-
tere sono argento agli uomini di
professione, oro ai nobili, diamanti
ai princìpi. Il celebre avv, d. Car-
lo Fea a' nostri giorni pubblicò
l'erudito opuscolo intitolato : No-
tizie intorno Raffaele Sanzio da
GIÙ
Urbino, ed alcune di lui opere,
intorno Bramante Lazzeri, Giulia-
no da s. Gallo, Baldassare Pe-
ruzzi, Michelangelo Buonarroti e.
Pirro Lìgorio come architetti di s.
Pietro in Faticano, per le loro e-
poche principalmente ; e paragone
relativamente dei meriti di Giulio
II, e Leone X sul loro secolo, Ro-
ma 1822. In questo opuscolo nel-
la parte seconda, pag. 44 e seg-
tratta esclusivamente del delicato
e gravissimo argomento, parallelo
di Giulio li con Leone X, dicen-
do che a Giulio II deve Roma la
reintegrazione in gran parte degli
stati temporali della santa Sede, e
che dovrebbe reputarsi terzo suo
fondatore. A lui doversi il mira-
colo delle arti nella basilica vati-
cana, opera com'egli l'appella del
secolo e di tutti i secoli passati ,
presenti e futuri; per lui tanti su-
bliinf geni artistici poterono svi-
luppare felicemente il loro ingegno,
e prodursi con mirabili opere. A
Giulio II doversi il cortile di Bra-
mante in Vaticano, e l'unione del
palazzo pontificio con Belvedere;
i primi elementi del museo, sicco-
me conservatore de' più rari mo-
numenti, con situare in Vaticano
il Laooconte, l'Apollo, il torso di
Ercole, l'Arianna dormente, l' Er-
cole Commodiano, Saliustia in for-
ma di Venere ec. A lui doversi il
condotto sotterraneo che da s. An-
tonino porta l' acqua al giardino
vaticano e al cortile di s. Dama-
so ; chiese, monisteri, palazzi, la
curia e annesse fabbriche a strada
Giulia; questa strada, quella dei
Banchi ed altre ; l'acquedotto del-
l'acqua Vergine restaurato, cloache,
fontane, opere in marmo, in bron-
zo ; la zecca in Banchi ove fu bat-
tuto il giulio e il grosso per la
GIÙ
prima volta. A lui doversi le fab-
briche di s. Pietro in Vincoli, a'ss.
XII Apostoli, a s. Agnese fuori
delle mura, nella s. Casa di Lore-
to, la fortezza di Civitavecchia ed
altre opere pubbliche, tutte o ese-
guite di nuovo con celerità sor-
prendente, o da lui restaurate. Sog-
giunge che in morte lasciò cinque
milioni di ducati d'oro, onde Leo-
ne X potè largheggiare profusa-
mente in munificenze coi letterati
e cogli artisti, continuando le im-
prese del predecessore, come l'edi-
ficio dell'archiginnasio romano in-
cominciato da Alessandro VI. Fi-
nalmente il Fea difende Giulio II
dai sarcasmi dei suoi nemici, ven-
dica molte delle sue opere attri-
buite a Leone X da Roscoe ed al-
tri scrittori, fa il confronto delle
azioni de' due Pontefici , e tutto
con le debite prove, conchiuden-
do che il pontificato di Giulio li
fu la vera epoca del risorgimento
e della grandezza stabile di Roma,
e che il secolo XVI doveva por-
tare il nome di Giulio non di Leo-
ne. Siccome tutti i paragoni e con-
fronti sono per natura loro odio-
si, il eh. Kiccola scrisse contro l'ar-
gomento del Fea la Lettera al si-
gnor avv. Carlo Fea commissario
delle antichità, sul di lui parallelo
di Giulio II con Leone X, Roma
1822. Vacò la santa Sede dieci-
sette giorni. ^
GIULIO III, Papa CCXXXI.
Giovanni Maria Ciocchi, detto co-
munemente del Monte, dalla patria
de' suoi maggiori, chiamata Monte
Sansovino nella diocesi d'Arezzo,
per cui è anche considerato areti-
no. Nacque a' ir) settembre 1 jS~
in Roma, nel rione di Pai ione, pres-
so le case dc'Millini, da Vincenzo
famoso giureconsulto , e avvocato
GIÙ i63
facondo nella curia romana, ove
ancora era stato celebre avvocato
concistoriale suo padre Fabiano
Ciocchi. La madre di Gio. Maria
fu Cristofara Saracini o Saraceni,
dama sanese. Per opera del cardi-
nal Antonio suo zio, in Perugia ed
in Siena dov'ebbe per maestro Lan-
cellotto Politi, detto poi fr. Am-
brogio Caterino domenicano che di
venticinque anni era stato fatto
lettore di quella università, si ap-
plicò allo studio delle leggi e del-
l'eloquenza, nella quale fece tanto
profitto, che quantunque ancor
giovane potè recitare nella quinta
sessione del concilio generale La-
teranense V un' elegante orazione
avanti Giulio II, per cui si guada-
gnò la grazia di tutti i cardinali,
e la protezione del Pontefice. Que-
sti, essendo Giovanni d'anni venti-
tre, nel i5i2 lo fece arcivescovo
di Manfredonia per rinunzia del-
lo zio , che pure dopo ott' anni
con beneplacito di Leone X gli
rassegnò la chiesa di Pavia, che
governò per lo spazio di trenta-
due anni, con singoiar zelo, somma
rettitudine, e soddisfazione genera-
le. Divenne vicelegato di Romagna,
indi di Perugia, e nel pontificato
di Clemente VII due volte gover-
natore di Roma, nell'eccidio della
quale pel famoso sacco, come uno
de'peisonaggi più ragguardevoli, fu
dato in ostaggio a' nemici, salvan-
do la vita per una cappa del cam-
mino, al modo narrato nel volu-
me VII, p. 193 del Dizionario,
ove pur dicemmo della chiesi,
perciò da lui eretta in onoro «li
s. Andrea fuori della porta Fla
minia, o del Popolo. Paolo 111,
die per la virtù e per l'eloquen-
za ili Giovanni lo amava estrema-
mente lino dalla gioventù, lo mau-
164 GIÙ
dò ad incontrare Carlo V in Ter-
ragna, che dopo la vittoria di
Tunisi portavasi in Roma, lo no-
minò vicelegato a Bologna, lo fe-
ce amministratore della chiesa di
Polignano da lui governata per
un anno, indi lo chiamò in Roma
e promosse ad uditore della came-
ra, carica che sostenne con singo-
iar lode, finché a' 22 dicembre
i536 lo creò cardinale prete di s.
Vitale in Vestina, indi di s. Pras-
sede, e nel 1 543 vescovo di Pa-
lestina. Lo stesso Pontefice lo
nominò legato di Bologna e di
Romagna, che avea separate da
Ravenna; ed anche lo fece pre-
siedere in qualità di legato alle
città di Parma e Piacenza, nel
qual tempo ridusse all' ubbidienza
della Sede apostolica la città di
Rimini, e compose le civili discor-
die che ne turbavano la quiete,
fomentate principalmente dalle no-
bili famiglie Gualdi e Tingoli. In-
oltre Paolo III lo deputò legato
apostolico e primo presidente al
concilio di Trento, insieme coi
cardinali Cervini e Polo. In tut-
te queste gravi incumbenze di-
mostrò il cardinal del Monte tan-
ta giustizia, diligenza, fedeltà, ed
accortezza, che per molti anni fu
stimato non esservi il simile nella
corte romana, ove pure riformò col
cardinal Guidiccioni il sacro tri-
bunale della rota.
Per morte di Paolo III entrati
i cardinali in conclave, le cui par-
ticolarità narrammo ai voi. XV,
p. 286, e XXI, p. 241 del Dizio-
nario, dopo aver papeggiato i car-
dinali Polo, Toledo, Cervini, Sal-
viati, e Carpi, fuori d'ogni speran-
za i sacri elettori rivolsero con-
cordi tutti i loro 47 ° 4^ vot'
«ella persona del cardinal del Mon-
GIU
te, al quale erano prima contrari
gl'imperiali i francesi e i farnesiani ;
e per opera principalmente dei cardi-
nali di Guisa, di Ferrara, e Crescen-
zi, conchiusero la di lui elezione ai 7
febbraio, venerdì, a tre ore di not-
te, dell' anno i55o, essendo egli
nell'età d'anni sessantadue. Assun-
se il nome di Giulio III, a' 22
dello stesso febbraio fu coronato
dal cardinal Cibo primo diacono,
ed a' 24 giugno, festa di s. Giovan-
ni, prese solenne possesso nella
basilica Lateranense , e passò a
desinare ed a dormire la notte
in Castel s. Angelo. Nel primo
giorno del pontificato levò la ga-
bella del macinato, e quella sui
contratti, oltre la munifica libera-
lità che usò verso il popolo ro-
mano, e verso i cardinali che lo
avevano esaltalo, come narra il
Rinaldi a detto anno, num. 4;>n*
di nell'anno seguente, per la care-
stia, ordinò che il grano fosse
venduto a prezzo determinato, re-
stando così delusi gli speculatori che
lo avevano riposto, al dire del
Rinaldi num. 7. Fra le prime cure
di Giulio HI diremo ch'egli volle ce-
lebrare Y^nno Santo decimo, pro-
mulgato dal predecessore, prese le a-
naloghe provvidenze, ed aprì la porta
santa a'24 febbraio; ed in esso si
pose in esercizio per la prima
volta la benemerita arcicon frater-
nità della ss. Trinità de'pellegrini.
Indi restituì ad Ottavio Farnese
lo stato di Parma {Vedi), con
la condizione di non ammettervi
esteri presidii, assegnando duemila
scudi al mese, onde potesse meglio
difendersi; e lo confermò vessilli-
fero di s. Chiesa ; restituì alla
grazia della santa Sede Ascanio
Colonna, e Ridolfo Baglioni. Ema-
nò saggie disposizioni sugli eretici
GIÙ
che differivano la loro conversio-
ne, e pel primo fece una generale
proibizione dei libri ereticali. Di
nuovo convocò il concilio genera-
le in Trento, che Paolo III aveva
trasferito a Bologna, cui spedì per
legato il cardinal Crescenzi, e per
nunzi due vescovi, Pighini di Man-
fredonia e Lipoman di Verona ;
ma fu interrotto nel i552, sì per
la guerra di Parma, dichiarata dal
Papa e da Carlo V imperatore
ad Enrico II re di Francia perchè
collegato con Ottavio Farnese, co-
me per quella che i luterani a-
veano in unione di detto re dichia-
rata a Carlo V. In questa circo-
stanza, nella dieta di Passavia, l'im-
peratore fu obbligato alla pace
religiosa, per la quale accordò il
libero esercizio alla pretesa reli-
gione riformata. Giulio III rilegò
a Firenze il cardinale Farnese,
zio del duca di Parma , il cui
stato in un alla Mirandola sog-
giacque al ferro ed al fuoco, or
luna, or l'altra delle parti pre-
valendo, e più spesso i francesi con
perdita delle milizie pontifìcie. I
francesi fecero una diversione in
Piemonte, per cui Ferdinando Gon-
zaga, lasciata l'impresa di Parma
al marchese di Marignano, vi ac-
corse. Il Pontefice di natura beni-
gno, ascoltò le proposizioni di pace
e vi convenne, quando ciò igno-
randosi alla Mirandola , in un' a-
zione vi morì il suo nipote Gio.
Battista Ciocchi. Per questa guer-
ra il Papa si trovò costretto ad
imporre nuovi dazi ai suoi sud-
diti che perciò mormorarono. Sti-
mando Giulio III suo debito prov-
vedere alla •vacillante religione cat-
tolica in Germania, per mezzo di
s. Ignazio Loiola fondò in Roma
il Collegio Cer manico (T'ali), che
GIÙ i65
affidò alla direzione del santo, ed
ai gesuiti da esso istituiti, che il
Papa confermò, e colmò di lodi
e di grazie, concedendo ai mede-
simi gesuiti la penitenzieria di
Loreto. Nel i553 avendo i sane-
si cacciati gli spagnuoli dalla città
e fortezze, si diedero al re di Fran-
cia, onde Carlo V spedì in To-
scana un esercito, che dovendo pas-
sare per lo stato ecclesiastico, i
confini furono guarniti con otto-
mila uomini dal Pontefice, e pas-
sò a Viterbo per conciliare le par-
ti. Non essendogli riuscito, tornò
in Roma, e soccorse contro i sane-
ni il duca di Toscana Cosimo I.
Con bolla vietò Giulio III che
contemporaneamente vi fossero nel
sacro collegio due fratelli cardinali.
Severamente proibì il Talmud, em-
pio libro degli ebrei, contenente cose
indegne, contrarie alle leggi divine
ed alla fede ortodossa, determinan-
do alcune provvidenze sui beni di
quegli ebrei che si convertissero, co-
me per gl'infedeli. Nel i553 con
paterna gioia accolse Simone Sala-
ca monaco basiliano , e patriarca
eletto dell'oriente, spedito in Roma
dai popoli nestoriani per essere dal
Papa confermato e consacrato, co-
me fece, rimandandolo alla patria
colmo di contentezza e di doni ;
ma dipoi nel i555 la morte gli
impedì di ricevere una solenne am-
basceria di Maria regina cattolica
d' Inghilterra, la quale restituiva il
regno all'obbedienza della santa Se-
de, per la quale molto aveva ope-
rato il Pontefice. Riformò la da-
teria apostolica, e con l'aiuto del
cardinal Cervini il sacro collegio,
laonde ordinò che i cardinali non,
potessero governare piìi d' una chie-
sa, e dentro sei mesi rinunziassero
le altre; assolvette Carlo V per le
i66 GIÙ
decime esatte sulla Sicilia, e non
erogate per la guerra d' Africa ;
proibì ai secolari d' intromettersi
nei punti d' eresia ; beatificò il do-
menicano Gondisalvo portoghese ,
ma il Lambertini ciò attribuisce a
Pio IV; canonizzò s. Silvestro mo-
naco basiliano, ed istituì la sede
vescovile di s. Salvatore nel Bra-
sile. Esortò il re di Polonia a re-
primere gli eretici ; sostenne 1' ec-
clesiastica immunità nella Spagna
e nella Corsica ; ristabilì il concor-
dato di Nicolò V co' tedeschi; coin*
pose i tumulti del regno di Napo-
li cagionati dal pretendere il fisco
regio impadronirsi, come nella Spa-
gna, de'beni confiscati agli eretici
dalla inquisizione, con prescrivere
ch'essi si applicassero ai parenti
più prossimi ; e riprese l'ambizione
dei regolari che brigavano per es-
sere esaltati alle mitre. Per riguar-
do alla pace d' Europa più volte
vi esortò Carlo V, ed Eurico II,
offrendosi a mezzo dei nunzi per
mediatore. Per comporre le guerre
de' sanesi inviò legati in Toscana
i cardinali Cornaro e Gaetani. Al-
la medesima pace esortò con som-
ma premura il viceré di Napoli,
del qual regno die poi nel i555
l' investitura a Filippo II, per la
cessione fattane dal di lui padre
Carlo V. Istituì in Roma l' arci-
confraternita del s. Sepolcro , e
scrisse a tutti i principi cattolici,
esortandoli a somministrare limo-
sine per la restaurazione delle chie-
se cristiane nella Soria. Confermò
agli avvocati concistoriali l' antico
privilegio di conferire il grado di
dottore, dal qual collegio erano
usciti l'avo, il padre, e secondo
alcuni egli ancora. Rifece il ponte
palatino, detto Rotto perchè subito
roviuò a cagione della poca solidi -
GIÙ
tà. Edificò fuori della porta Fla-
minia la villa detta la Vigna di
Papa Giulio, di cui parleremo al-
l' articolo Ville di Roma ; e pel
vescovo di Sebaste fece consacrare
la chiesa di s. Maria degli Angeli.
Dopo aver creato in quattro pro-
mozioni venti cardinali, e regnato
cinque anni, un mese e sedici gior-
ni, in età di circa sessant' otto an-
ni rese lo spirito al creatore, sulle
ore io de' a3 marzo i555, e fu
sepolto nelle grotte vaticane , al
modo detto al voi. XII, p. 298
del Dizionario.
Era Giulio III di statura gran-
de, di barba folta e lunga, di oc-
chi vivaci, di naso lungo, e di
sembiante alquanto grave; ma di
animo benigno, generoso, retto, ed
amante della giustizia e della pace,
alle quali virtù univa la dottrina
e l'eloquenza. Fu particolarmente
liberale coi cardinali, in maniera,
come osserva 1' Oldoino in Ciacco-
nio tom. III, p. 7 £6, che se qual-
che giorno passava senza aver fatto
ad essi una grazia singolare, non
poteva prendere sonno nella notte
seguente: non usò minor liberali-
tà co' suoi nemici , come ebbe a
provare il vescovo di Pavia Giro-
lamo Rossi; ed al cardinal Ma-
drucci vescovo di Trento, che men-
tre si celebrava il concilio lo avea
maltrattato, non solo gli fece dare
diecimila scudi che per certe spe-
se non avea potuto ottenere da
Paolo III, ma gliene donò altret-
tanti, come narra il Rinaldi all'an-
no i55o, num. 4- Vogliono alcuni
scrittoli accusarlo che non avesse
corrisposto con Io stesso fervore
negli ultimi anni del suo pontifi-
cato, al zelo che da cardinale ave-
va dimostrato per la conservazione
e dilatazione della fede cattolica ,
G IU
poiché, concessi dicono, tutto si
occupava ne' divertimenti della sua
villa, alla quale spesso si portava
co' cardinali, a passar il tempo in
banchetti ed in allegria, onde tal-
volta rispondeva lepidamente ai
cursori quando gli domandavano
se eravi concistoro, Io che narram-
mo al voi. XV, 199 del Diziona-
rio. I\Ja s' egli nella villa si pren-
deva qualche sollievo, non lasciava
di procurare con impegno la buo-
na amministrazione del suo apo-
stolico ministero. Al dire del p.
Berthier fu Giulio 111 poco rispet-
talo dalla sua corte , perchè non
aveva bastevole gravità nel tratto,
e poco dispiacque la sua morte ai
sudditi, perchè li caricò d' imposi-
zioni. La troppa affezione pei suoi
parenti, e la troppo poca dignità
nella sua condotta, fecero porre in
di»bbio se i difetti superavano in
lui le belle doti di cui era ornato.
Fu per altro, soggiunge lo stesso
p. Berlhier, un Pontefice zelante
per la Chiesa, ed un principe a cui
non mancavano né talenti né vi-
ste. II Bercastel poi lo dà per uno
di que' geni subalterni, che brilla-
no nel secondo rango, e s'eclissano
nel primo ; anima di tempra sana,
ma di corta sfera , nata per ese-
guire, ina non per comandare. Ma
va osservato, che coloro che sono
elevati in dignità, sono soggetti or-
dinariamente a vedersi amplificati
o diminuiti nei difetti e nelle vir-
tù dai sudditi , e particolarmente
dai partigiani o dai nemici.
Diverse cagioni della sua morte
riportano gli scrittori contempora-
nei o piìi vicini a' quei tempi, e
non certamente di poltroneria ed
infingardaggine, come leggesi nello
Sfondano all'anno l555, num. 4,
e nel citato Oldoino a p. 'J^\: la
GIÙ 167
vera causa della morte di Giu-
lio III fu la podagra, cui soprag-
giunse la febbre che in pochi giorni
l'uccise, siccome è descritto nel
diario del MassareHi eh' è nell'ar-
chivio vaticano, arm. LXI, tomo
XCI. 11 Panvinio nella di lui vita
attribuisce la morte al cambiamén-
to della maniera di vivere, al qua-
le imprudentemente lo consigliaro-
no i medici per salvarlo dai dolori
intollerabili della podagra che lo
tormentavano a segno, che in tut-
to l'anno santo i55o non potè
assistere alle sagre funzioni , come
scrisse il Febei , De anno jubilaci
par. II, cap. X, p. 1 73. Dalla po-
dagra fu poscia di frequente tra-
vagliato, massime nell' ultimo anno
di sua vita , che lo molestò dal
maggio al settembre, e poi rinno-
vatasi con la febbre il condusse al
sepolcro. Altri dicono, che veden-
dosi Giulio III continuamente pres-
sato da Baldovino suo fratello a
dargli il ducato di Camerino, e sa-
pendo che i cardinali erano con-
trari, si tìnse malato per non con-
vocare il concistoro, e siccome pri-
ma gli piacevano i cibi grossolani,
come le cipolle grandi di Gaeta,
per far credere il suo mal essere
cominciò ad usar parcamente di ci-
bi delicati, per la qual mutazione
contrasse il male che disprezzato
in principio lo condusse alla tom-
ba. Questo Baldovino a' 25 luglio
i55o ebbe dal duca Cosimo I, con
titolo di marchesato, la nativa tu-
ia di Monte Sansovino, onde per
gratitudine Giulio HI lo soccorse
contro i sanesi, benché gallese 1 -
se la madre. Allora il duca diede
una sua figlia in isposa a Fabiano
del Monte, figlio bastardo di Bal-
dovino, e dal Papa legittimato ai
i3 maggio i5").>. la qual princi-
i68 GIÙ
pessa rimasta vedova passò a secon-
de nozze, con Alfonso duca di Ferra-
ra, come abbiamo dal Ciacconio,
Vit. Pont. tom. Ili, col. 746. Dal
medesimo Baldovino nacque Gio.
Battista del Monte summentovato,
eh' ebbe per moglie Ersilia Corte-
se, figlia naturale di Jacopo Cor-
tese nobile modenese, la quale go-
dè in Roma una grande autorità
in tempo di Giulio III, ed anche
dopo, come lungamente dimostra il
Tiraboschi, scrivendone la vita nel-
la Biblioteca modenese , tom. II ,
p. 167.
Inoltre Giulio III creò cardi-
nali i seguenti suoi parenti. Pel
primo elevò al cardinalato Inno-
cenzo del Monte, di bassa condi-
zione, perchè figlio d'un bombar-
diere della rocca di Forlì al ser-
vizio di Baldovino suddetto, che
n'era veramente il padre, e perciò
dopo la morte dell'unico figlio Gio.
Battista legittimato, ma fece una
cattiva riuscita. Cristoforo del Mon-
te, cugino di Giulio III, che l'a-
dottò nella propria famiglia, e me-
ritamente lo creò cardinale. Fulvio
della Cornia, nobile perugino, figlio
di Giacoma sorella del Papa, il qua-
le lo creò cardinale, eoj egli se ne
mostrò degno. Roberto de' Nobili,
nobile di Monte Pulciano, figlio di
Lodovica sorella del Pontefice, che
lo annoverò al sacro collegio di
cui divenne il principale ornamen-
to, e fu chiamato V Angelo del Si-
gnore. Girolamo Simone fili, nobile
d'Orvieto, figlio di Girolaina so-
rella di Giulio III, che l'innalzò
al cardinalato, in cui visse sessan-
tanni. Questi cinque cardinali furo-
no creati quasi tutti in giovanile età,
ed alle loro biografie se ne ripor-
tano le notizie. Nella chiesa di s.
Pietro Montoiio di Iloma vi è la
GIÙ
cappella della famiglia del Monte,
architettata e dipinta da Giorgio
Vasari, che descrivemmo al voi.
XII, p. 2 34 del Dizionario. Vacò
la santa Sede sedici giorni.
GIULIO, Cardinale. V. s. Giu-
lio 1 Papa.
GIULIO, Cardinale. Giulio fu
da Celestino II nel di delle Ceneri
1 144 creato cardinale prete del
titolo di s. Marcello, indi venne da
Alessandro III nel 1 1 58 trasferito
al vescovato di Palestrina. Adriano
IV lo dichiarò legato apostolico, e
lo spedì con altri due cardinali a
Guglielmo re di Sicilia, per pacifi-
carlo con la santa Sede, ciò che
conchiuse in Benevento, ma fu ori-
gine delle dissensioni tra il Papa
e Federico I imperatore. Il cardi-
nale restò costantemente fedele ad
Alessandro III , il quale lo inviò
con Pietro cardinale di s. Eusta-
chio nell' Ungheria per guadagnare
quella nazione al partito del le-
gittimo Pontefice , come gli riuscì
ottenere colla robustezza di sua
eloquenza , e colla efficacia degli
argomenti e delle ragioni ; dalle
quali mosso quel sovrano, detesta-
to lo scisma dell'antipapa, riconob-
be Alessandro III per vero capo
visibile della Chiesa cattolica. Quan-
do poi il Pontefice fu costretto
fuggire da Roma nel i 161, stabilì
il cardinale suo vicario nell' alma
città, la quale in tempi torbidi e
di fazioni , fu da lui regolata con
tal prudenza e moderazione , che
nella sua morte il popolo romano,
per dare un pubblico attestato del
suo dolore, comparve per tre gior-
ni vestito a lutto. Contribuì col
suo voto alla esaltazione di Lu-
cio II, Eugenio III, Adriano IV ed
Alessandro III; e pieno di meriti
e di gloria cessò di vivere iu Ro-
GIÙ
ma nel i 164, o nel 11 Gì» secondo
alili. Il Labbé nella collezione dei
concilii riporta un concilio celebra-
to da questo cardinale nella città
di Foligno.
GIULIOPOLI, Juliopolìs. Città
vescovile della prima Galazia, nel-
la diocesi di Ponto, sotto la me-
tropoli d' Andra, eretta nel VI se-
colo. Si pone nella Bitinia, e si
chiamò da altri Gordo, Gordiuco-
me, o Juliogordus : Commanville
la denomina Wopolis, o Heliopo-
lis. Il fiume Sangar scorreva anti-
camente sotto le sue mura , ma
l'imperatore Giustiniano fece in-
nalzare un argine che allontanollo
di più di 5oo piedi. La Notizia di
Filippo di Cipro nota che Hielo-
polis e Basilea sono la medesima
sede; e nel diritto greco romano
la seconda è marcata per la XXVIII
metropoli. L' imperatore Costanti-
no Duca gli accordò tale distinzio-
ne, di cui però subito la privò.
Avendo Tarso tenuto le parli di
Giulio Cesare, e poi del nipote Ot-
taviano, fu detta anche Giuliopoli,
come dice il Rinaldi all'an. 58,
n. i4&- Si conoscono undici ve-
scovi che occuparono la sede di
Giuliopoli : il primo fu Filadelfo
che sottoscrisse nel concilio di An-
dra, ed intervenne a quello di Ni-
cea, ed i successori Fileto, JMelifon-
go, Procliano, Pantaleone, Marti-
rio, Giovanni, Costantino , Giorgio
od Ignazio, N., e Teodoro, le no-
tizie de' quali si leggono nell' O-
riens Christ. p. 4"^- Al presente
Giuliopoli, Juliopolitan, è un tito-
lo vescovile in partibus, dell'arci-
vescovato in partibus d' Andra, che
conferisce la santa Sede.
GIUL1TTA («.). Era ricchissima
e soggiornava a Cesarea nella Cap-
padocia. Essendosi richiamata al
GIÙ 169
pretore per avere giustizia contro
un uomo possente che aveala spo-
gliata della maggior parte de' suoi
averi, costui accusolla d'esser cri-
stiana. Il giudice voleva obbligarla
a sagrificare agli idoli, ed a ca-
gione della di lei coraggiosa ripul-
sa, assolse l'usurpatore e condannò
Giulitta al fuoco. Essendo tutto
preparato pel supplizio, ella si po-
se di per sé stessa sulla catasta.
Sembra che fosse soffocata dal fu-
mo, perciocché le fiamme, innal-
zandosi intorno a lei a guisa di
arco, non toccarono punto il suo
corpo, che ne fu ritratto tutto in-
tiero dai cristiani. Ella pati sotto
Diocleziano circa l'anno 3o3, e fu
sepolta nel gran vestibolo della
chiesa di Cesarea. Riferisce s. Ba-
silio, che nel luogo ove fu deposta
si è veduta uscire una sorgente di
acqua limpidissima, mentre tutte
le altre del dintorno erano salma-
sire e malsane, la quale conserva-
va la salute e risanava i malati.
Santa Giulilta è onorata dai greci
e dai latini ai 3o di luglio.
GIULITTA (s.). V. Qu.rico e
Giulitta (ss.).
GIUNTANO ( s. ) . Nacque a
Briou, nel Poitou, da nobili paren-
ti, che Io fecero istruire con cura
nelle virtù e nelle lettere. Rice-
vette la clericale tonsura, e desi-
derando di vivere nella solitudine,
si rinchiuse in una cella che avea-
si costrutta a Chaulnai. Ebbe cor-
rispondenza spirituale con s. Ra-
degouda regina di Francia e reli-
giosa di Poitiers, per cui si man-
davano a vicenda dei doni , i
quali consistevano in istrumenti di
penitenza. Aumentatosi il numero
de'suoi discepoli, imprese di edifi-
care un monastero; ma fu con-
trariato nel suo disegno, ed anche
i7o GIÙ
accusato eli usurpare i possedimenti
del principe. Si recò alla corte per
giustificarsi , e i) re Clotario lo
confermò nel possesso di ciò clic
gli si contrastava, e gli diede inol-
tre la terra di Maire, dove fab-
bricò il suo monastero, uno dei
primi della Francia, nel quale in-
trodusse la regola di s. Benedetto*
Benché abbate, ri tira vasi di quan-
do in quando in una cella appar-
tata, per attendere più tranquilla-
mente alla contemplazione ed eser-
citarsi nelle opere della penitenza.
Accorgendosi che si avvicinava al-
la fine della sua vita, indicò uno
de' suoi più cari discepoli, chia-
mato Auremondo, a suo successo-
re. Morì a' i3 d'agosto del 587,
nel qual giorno celebrasi la sua
festa. Le sue reliquie, trasportate
a Noaille nel nono secolo, furono
nel i56() sotterrate per timore de-
gli ugonotti, e non furono poscia
mai più scoperte.
GIUOCO. Ricreazione, sollazzo,
trattenimento allegro, passatempo,
esercizio per divertirsi e sollevarsi,
ludus. In tal modo si definiscono
i giuochi o divertimenti particola-
ri, mentre sotto il nome di giuo-
chi pubblici si denotavano presso
gli antichi grandi e magnifici spet-
tacoli, nei quali vedevansi d'ordi-
nario molte truppe di combatten-
ti e di lottatori disputarsi il pre-
mio dei diversi esercizi del corpo.
Tutte le nazioni antiche ebbero di
quegli spettacoli pubblici, tanto per
divertirsi o per esercitarsi nell'arte
ginnastica, come per onorare le lo-
ro feste, le loro divinità, la memo-
ria dei loro eroi, qualche avveni-
mento, ec, e perciò in molti rela-
tivi articoli di questo Dizionario
si parla degli spettacoli o giuochi
pubblici, come dei giuochi privati.
GIÙ
Presso i greci i quattro giuochi più
solenni erano gli olimpici, i pitii,
i nemei, e gl'istmici, che celebra -
rotisi in Olimpia, in Delfo, in Ar-
go, ed in Corinto. Noi dobbiamo
le lodi immortali di Pindaro a quei
giuochi, che attraevano un gran-
dissimo concorso di spettatori e di
combattenti o di atleti, e negli o-
li inpici anche di musici, di poeti,
di artisti, di oratori, di storici, ec.
Tra le istituzioni che contribuiro-
no notevolmente a mantenere uu
legame di nazionalità tra le popo-
lazioni della Grecia, cosi varie di
origini, di caratteri , e di politico
ordinamento, debbonsi appunto in
ispecial modo noverare le solenni-
tà, in occasione delle quali riuni-
vansi a certe epoche determinate
tutti gli abitanti del territorio el-
lenico. Fino dai tempi più remoti
ogni città greca celebrava i giuo-
chi de' quali faceva rimontar l'ori-
gine alla divinità. Alcuni di questi
cadevano in epoche, che difficil-
mente potrebbero precisarsi per
cause che non possono che conget-
turarsi, e diventarono vere solen-
nità nazionali comuni a tutte le
città. Non meno famosi di quelli
de' greci furono i giuochi de'ro-
rnani, i quali tenevano fra le co-
se sacre i giuochi pubblici, che
facevano o per placare l' ira degli
dei, o per conciliarsi la loro bene-
volenza, o per la salute del popo-
lo, o per acquistarne la grazia. Si
dividevano tali giuochi in eircensi,
negli spettacoli de' gladiatori, nei
giuochi scenici, e questi poi in sta-
biliti, in votivi, ed in straordinari.
I circensi furono istituiti da Ro-
molo in occasione del ratto delle
sabine, in onore del dioConso, cioè
di Nettuno. Furono per lo più di
sei specie, vale a dire la corsa cou
G I U
carri o cavalli sette volte intorno
al circo, essendo divisi i giuocatori
delle carrette nelle fazioni verde,
rossa', bianca, e cerulea, e per un
tempo ve ne furono aggiunte due
altre, una vestita d'oro, l'altra di
porpora ; la lotta degli atleti, cioè
di quelli che colla forza e colla
velocità combattevano coi pugni o
alla lotta, e si chiamavano anche
ginnici, e nudus perchè combatte-
vano gli atleti nudi , coprendo so-
lo le pudende con brache dette
perizoma; il giuoco di Troia, de-
rivato da Ascauio figlio di Enea,
che consisteva nel correre fanciulli
a cavallo, formati in isquadroni, e
rappresentanti una specie di com-
battimento; la caccia o combat-
timento degli uomini con le fiere,
o pure le fiere fra loro, in onore
di Diana cacciatrice; la battaglia
equestre, o combattimento a piedi
ed a cavallo con l'uccisione di
molti; e la navale, cioè delle bat-
taglie navali con vascelli, che pri-
ma si facevano in circhi pieni di
acqua , poi nelle naumachie. Gli
spettacoli de' gladiatori ordinaria-
mente avevano luogo negli anfi-
teatri in onore dei defunti od al-
tro, ove atrocemente si feri va no od
uccidevano : erane il premio la
palma, o la moneta. I giuochi sce-
nici consistevano nelle commedie,
tragedie, drammi, e cose simili, co-
me satire e commedie ridicole, e
mimi ossia poemi licenziosi e pic-
canti, che si rappresentavano nei
teatri.
Gli altri tre accennati generi di
giuochi erano gli stabiliti o deter-
minati, i votivi, e gli straordinari.
I giuochi stabiliti o detcrminati
furono quelli che si facevano in
onore di qualche deità, ed erano:
i. I mcgalensi, per lo più scenici,
GIÙ 171
e si celebravano nel principio di
aprile in onore della dea Gibele
madre degli elei. i. I cereali, nei
quali le mattone piangevano il
rapimento di Proserpina fatto da
Plutone, e per otto giorni circa si
facevano scaramuccie a cavallo. ?>.
I floreali, che si facevano prima
ai 7.8 di aprile, poi nel principio
di maggio, acciò venissero bene i
fiori, o per onorare la dea Flora,
e si celebravano con ogni sorta di
dissolutezze, moderate però da Ca-
tone il Censore. 4- I marziali coi
giuochi circensi in onore di Mar-
te Ultore, che si celebravano verso la
mela di maggio. 5. I capitolini a
Giove Capitolino, per aver pre-
servato il campidoglio dai galli :
altri giuochi capitolini, sacri pure
a Giove, erano detti agones Capi-
tolini, e furono istituiti da Domi-
ziano, da celebrarsi ogni cinque
anni, ed in questi oltre altri spet-
tacoli , vi erano ancora contese
letterarie e di spirito, conquistan-
dosi a forza di eloquenti compo-
sizioni e di musica il premio che
al vincitore era stato stabilito. 6. I
giuochi romani o giuochi grandi,
i quali si facevano con magni-
ficenza e per onorare le divinità
superiori, dalle none agl'idi di set-
tembre, in onore di Giove, Giu-
none, Minerva, e dei Lari di Ro-
ma, e questi per la salute del
popolo romano. 7. I plebei, i qua-
li si facevano nel circo verso la
metà di ottobre, in memoria del-
la ricuperata libertà, dopo l'espul-
sione dei re. 8. I consuali in o-
nore di Nettuno circa a'20 agosto,
e ciò in memoria del ratto delle
sabine. 9. I compitalizì in onore
degli dei Lari, e della dea Man 1.1,
e si celebravano specialmente dai
servi, io. Gli auguslali ed i pth
i72 GIÙ GIÙ
latini erano in onore di Cesare giorno anniversario di loro nasci-
Augusto, i i. Gli apollinari furo- ta. Vi furono pure i ludi fuvenlu-
no ordinali per conciliare ai ro- lis, istituiti da Salinatore in occa-
ruani la protezione di Apollo , sione d' una desolante peste, che
ond'essere sempre vincitori de'loro fece strage della gioventù, e i giuo-
nemici; sacrificavansi un bove e chi o ludi miscelli, che rappresen-
due capre, e si apparecchiavano tavansi con varie sorta di spelta-
conviti innanzi alla porta delle coli.
case. 12. I secolari, che avevano Biondo da Forfi , tradotto da
luogo ogni cento e dieci anni, per Lucio Fauno , nella sua Roma
la salute e conservazione dell' im- trionfante, parlando de'giuochi dei
pero , i quali essendo imminenti romani, de'loro spettacoli, e pom-
il trombettiere convocava il popolo pe che vi facevano, dice che Ci-
per esserne spettatore; e furono cerone nel primo libro delle leggi
questi celebrati specialmente per dimostra, che non per altro che
tre giorni nel campo Marzio, e per ricreare e tenere in festa
per tre notti continue in onore di il popolo furono i giuochi intro-
Giove, di Giunone, di Apollo, di dotti e ch'erano congiunti con l'o-
Diana, di Latona , delle Parche, nore divino; ed aggiunge che la
delle Lucine, di Cerere, di Pluto- legge prefiggeva quanto si fosse
ne, e di Proserpina, per tutti i dovuto moderare col suono dei
teatri, coi sagrifizi in tutti i tem- pifferi e col canto , perchè Pla-
pli; finalmente il terzo giorno ven- tone voleva che non vi fosse cosa
tisette fanciulli ed altrettante fan- atta a piegar gli animi teneri, quan-
ciulle cantavano versetti nel tem- to la varietà dell'armonia e del can-
pio di Apollo. I giuochi votivi e- to, la cui forza è maravigliosa ad
vano quelli che gl'imperatori pri- eccitare e svegliare i languidi, e
ma di andare alla guerra, facendo rallentare i pronti, movendo gli
voto a qualcbe deità, prometteva- animi secondo la diversità de'con-
no di celebrare quando ne otte- centi. Ascanio Pediano ragiona degli
Dessero la vittoria , come i ludi ornamenti che usarono gli antichi
vicioriae istituiti da Siila, ed i lu- nei loro primi giuochi e feste,
di triumphales ; ed a questi si ag- dicendo che quando si celebrava-
giunsero i quinquennali, decennali, no anticamente i giuochi nel foro,
e vicennali, secondo che regnava- solevano ornar la scena th metta-
no cinque, dieci, o vent'anni. I glie, di statue, e di belle pitture
giuochi straordinari tra i romani in tavole, parte imprestate dagli
furono i funebri, in onore dei mor- amici, altre fatte venire sino dal-
ti, affine di placarne le ombre, e la Grecia , non essendo ancora e-
consistevano in combattimenti dei dificati in Roma i teatri e gli
gladiatori presso il rogo; ed i gio- anfiteatri. Giovenale disse che il
venali, istituiti da Nerone quando popolo romano dominatore del mon-
principiò a spuntargli la barba, do, due sole cose avidamente de-
Vi erano altri giuochi straordina- siderava, pane e feste. Cicerone
ri, come i natalizi, e questi erano anche in un'orazione per L. Mu-
onorati dal magistrato, perchè fatti rena loda assai questi giuochi
rappresentare dagl' imperatori pel pubblici, e dice di quanto grande
GIÙ
sollazzo e piacere fossero al popo-
lo, sebbene in altro luogo noverò
le cause, per le quali si credeva
che tali giuochi non riuscissero
accetti agli dei, né celebrati retta-
meute, come ancora che sarebbero
funesti, ed alla repubblica di fu-
turo danno. Egli spezialmente eb-
be in disprezzo i ludi scenici, ed
i primi cristiani li avevano estre-
mamente in orrore, a causa del-
le empietà che vi si commettevano,
come si legge in Tertulliano, il
quale dice che il teatro era pro-
priamente il tempio di Venere,
cioè una scuola di dissolutezza e
di libertinaggio. Altre feste de'ro-
mani enumerammo all'articolo Fe-
rie, ed in molti articoli di questo
Dizionario, ne'quali si parla ezian-
dio delle feste, giuochi e spettaco-
li più celebri delle primarie na-
zioni, città e luoghi.
Il Muratori nel t. Il, p. i delle
sue Dissert. sopra le antichità i-
taliane, ci dà la XXIX: Degli
spettacoli e giuochi pubblici de'se-
coli di mezzo, della quale daremo
un estratto con diverse aggiunte.
Quali pubblici giuochi e spettaco-
li magnifici si dassero al popolo
d' Italia dopo la declinazione del
romano impero, e prima dell'anno
millesimo di nostra era, poco si
può conoscere, perchè non resta-
no che pochi pezzi della storia di
quei tempi. Oltre di che è pro-
babile che i popoli di allora, al-
levati nella barbarie e nella sem-
plicità, non sapessero e non curas-
sero que' diletti e divertimenti che
i greci ed i romani avevano con
tanta profusione di denaro prati-
cato, e che con tanto studio e
concorso il popolo correva a go-
dere. Va eccettuato Teodorico, in-
clito re dei goti, il quale benché
GIÙ i73
barbaro di nazione pure portava
in cuore un animo romano, e per
quanto potè imitò i costumi roma-
ni : egli die in divertimento al po-
polo ludos circensium, et amphi-
theatrum, ut edam a romani* Tra-
janus, vel Valenlinianus, quorum
tempora sectatus est, appellarctur.
Inoltre Teodorico entrò a guisa di
un trionfatore in Roma, e diede
al popolo un congiario, cioè cen-
tuni vieinti millia modios di grano.
Cassiodoro attesta che Teodorico
gran cura si prese de' giuochi cir-
censi , per dar piacere al popolo
assuefatto a somiglianti spettacoli,
tuttoché egli non li approvasse ,
su di che può vedersi la dissert.
XXIII del medesimo Muratori:
Dei costumi degli italiani, dappoi'
eh!'' cadde in potere de'barbari VI-
talia. Alla riserva de' giuochi mi-
litari, de'quali grandemente si di-
lettava la nazione de' longobardi
dacché s'impadronì della maggior
parte d'Italia, altri non se ne co-
noscono. Però sotto gì' imperatori
franchi vide l' Italia qualche ma-
gnifico spettacolo, ed in Pavia nel-
T877, per le nozze del duca Bo-
sone, con la figlia di Lodovico II,
ebbero luogo splendidi giuochi mi-
litari ; e siccome Teodorico per
tenere in esercizio la gioventù a-
vea istituito finti combattimenti e
battaglie, che riuscivano di gusto-
so spettacolo al popolo, si può
congetturare che altrettanto faces-
sero in Italia i franchi e i longo-
bardi. I pavesi nel principio del
secolo XIV continuavano ancora
ad esercitarsi in sì fitte pugne per
rendersi più abili nelle vere, zuffe
che si chiamarono battaglinole. A-
vevano anche i ravennati antica-
mente un'altra specie di battaglia
civili, ma che talora divennero»
'74-
01 U
spettacoli funesti e crudeli, dappoi-
ché in ogni fèsta fuori della città
una parte del popolo contro 1' al-
tra faceva una finta battaglia, che
poi degenerò in stragi e carnefici-
ne. Forse i greci dominatori pro-
vocarono o al meno tollerarono
ne'ravennati le gare civili per meglio
signoreggiarli , arie poi da altri
con lo stesso scopo praticata in
Italia. In que'bellicosi tempi pro-
babilmente usarono finte battaglie
anco le altre città italiane, per far
imparare al popolo l'arte e le fa-
tiche della vera milizia : presso
Modena, Novara, Milano, Orvieto,
Siena ec. vi furono luoghi per ta-
li esercizi, né deve tacersi che spet-
tacolo favorito de' secoli barbarici
fu il Duello [fedi), ed il Torneo
[Fedi), derivati dalle fìnte batta-
glie, chiamandosi il secondo anche
giostra , che divenne tanto clamo-
rosa e splendida. Altro giuoco mi-
litare praticato dagli italiani fu
quello chiamato bagordare ed ar-
meggiare , e consisteva, che gio-
vani per lo più nobili, a cavallo,
con divisa ed armi eguali magi-
camente guarniti , o facevano mo-
stra per la città fìngendo battaglie
fra loro, o incontrando qualche
principe, lo precedevano poi nel
cammino con fare deile scappa-
te di cavalli , e mostrando di
combattere tra loro con lande e
spade: in tal modo nel ii65 i
romani onorarono Carlo I d'An-
giò, fatto da Clemente IV re di
Sicilia. Tanto si celebrò in Roma
dal popolo romano.
Nel secolo X11I spettacoli d'altra
fatta si celebravano in Padova per
la Pentecoste, e in Treviso, ivi fi-
gurandosi il castello dell' onestà
difeso : spettacolo cui concorsero i
veneziani, i padovani, ed altri con-
GIU
vicini colle loro bandiere. Ma quel-
lo che fra i giuochi degli italiani
fu in maggior credito, e più fami-
gliare, si è il Curiani habere, os-
sia tener corte, e tener corte ban-
dita, delle quali, delle corti plena-
rie e delle corti dì amore, ne
parlammo al volume XVII , pa-
gine 98 e 289 del Dizionario.
Per conto delle corti bandite una
volta celebrate , non si deve
tacere , che vi soleva interveni-
re un' immensa copia di cantam-
banchi, buffoni, ballerini da corda,
musici, souatori, giuocatori, istrio-
ni ed altra simile gente, che coi
loro giuochi e canzoni dì e notte
divertivano grandi e piccoli in
quelle occasioni : essi furono chia-
mati in toscano giullari e giuoco-
lari, e con latino d' allora jocula-
res e joculatores. Questa razza di
fabbricieri di divertimenti non par-
tivano mai senza essere bene re-
galati ; ed era costume che le ve-
sti preziose, generosi cavalli, vasi
d'argento, gioie, ed altre cose do-
nate ai medesimi principi , veni-
vano poi distribuite a costoro, im-
perciocché non solevano in quei
tempi intervenire i gran signori
alle feste suddette , senza offrir
doni ai principi in atto d'amicizia
e d'ossequio. I signori di Manto-
va e di Milano tennero magnifi-
che corti bandite; ed uno dei
principali pregi di esse era con-
siderata la grande abbondanza di
giuocolieri, talché se ne prendeva
nota. Costume ancora ben osser-
vato nei tempi antichi, che non
vi fu quasi alcuna corte di prin-
cipi anche saggi, dove non si
trattenesse ben pagato qualche buf-
fone, e talvolta più d' uno. So-
levano i gran signori ricrearsi dal-
le gravi cure con delle facezie di
G1L
costoro, ed anche di udire qualche
verità ridendo, che niun altro for-
se avrehbe osato di porgere alle
loro orecchie. Rinomati furono i
bulloni degli Estensi signori di
Ferrara; molto se ne dilettò Al-
fonso I re d' Aragona e delle due
Sicilie, il celebre cardinal Scararu-
po Mezzarota, il cardinal Ippolito
de' Medici , e lo slesso Leone X,
massime improvvisatori e poeti. Uo-
mini di cortei ministrieri, quasi
piccoli ministri de'principi, furono
chiamati coloro che coi loro giuochi,
làcezie e lepidezze tenevano allegri
i principi e la nobiltà, abitando
talvolta in corte. In un magnifico
convito dato in Roma dal fanta-
stico tribuno Cola di Rienzo, uno
dei diversi buffoni, vestito di cuo-
io di bue , con le corna in capo,
giuoco e saltò. Né differente fu
il costume de' tedeschi e francesi
di quei tempi. Nel i356 l'impera-
tore Carlo IV tenne una solenne
corte in Metz, cou istrioni e mi-
mi; altre splendide ne tennero i
della Scala signori di Verona, i
Carrara signori di Padova, i Ma-
latesta signori di Rimini, ed altri
molti. Grande pure fu il numero
de'poeti popolari, decantatori del-
le favole romanze, che dalla Fran-
cia furono portati in Italia*, e tut-
ti regalati con vesti nuove ed al-
tro. \ i furono i mimi che impa-
rarono come gli autichi ad imitar
le azioni delle persone plebee o
ridicole, per isvegliare il riso ne-
gli uditoli, formando commedie
con estemporaneo discorso. Ninna
» là vi fu che non avesse saltim-
banchi , cantimbanchi , ciarlata-
ni , oc. , ciurmadori con bussolot-
ti, giuochi spertissimi di mano, in-
viando e sembrando sparire le
cose. 1 giuocolicri condottieri di
GIÙ i - '»
orsi, cui istruiscono a ballare, sono
antichi. I pantomimi, che con ge-
sti rappresentavano qualche azione,
furono chiamati mattaccini. Nel
secolo XV dagl'ingegni italiani si
cominciò a rimettere in piedi l'ar-
te comica e tragica, e poi s' ag-
giunse la musica alla tragedia. Nei
secoli XIII e XIV si trova una
specie di spettacoli chiamati rap-
presentazioni , consistenti nella imi-
tazione di qualche vera o verosi-
mile, e per lo più sacra azione.
Curioso ed indecente era lo spet-
tacolo che in Venezia ebbe prin-
cipio nel 1162, e termine sotto
Andrea Grilti, assunto al dogado
nel i523, dappoiché per avere i
veneti imprigionato Ulderico pa-
triarca d' Aquileia e dodici cano-
nici, nell' ultimo giovedì di carne-
vale si tagliava la testa ad un bue,
figura del patriarca, e a dodici por-
ci, figura de' canonici, mentre il
doge e i senatori assalii vaso ed
abbattevano castelli di legno, in
memoria di quelli debellati ai ma-
gnati del Friuli. Il patriarca d A-
quileia era tenuto a pagar l'annuo
tributo d' un toro, con dodici por-
ci, altrettanti pani e del vino: solo
si conservò, fino alla caduta del-
la repubblica, la decollazione del
toro sulla piazza di san Marco,
il resto della disdicevole funzione
fu abolito. Nella stessa Venezia si-
no al 1 37C) durò il costume, che
dodici donzelle, superbamente ve-
stite, erano Del primo di DB i(
condotte per la città, altra volta
si portavano come in processione
altrettante statue di legno : questa
li sta detta delle Marie è descritta
dal Manzi a p. \ 1 del suo Di-
scorso. * losì per aver i bolognesi
presa a tradimento nel i.'.Si Paca-
ta, e cacciati e tagliati a petti i
176 GIÙ
Lambertncci, istituirono la ridicola
festa della porchetta. Di molte in-
decenti e ridicole feste e spettacoli
che si celebrarono in Italia , in
Francia ed altrove, ne trattammo a-
gli articoli Calende, Befana, Epifa-
nia, Carnevale, Festa, ed altri, come
in quello di Fuoco dicemmo di
quanto tuttora si fa nella cattedra-
le d'Orvieto. Della festa e curioso
spettacolo, che avea luogo nella
chiesa de' ss. XII Apostoli di Ro-
ma, ne facemmo menzione al voi.
XIV, p. 289 del Dizionario.
Fra gli spettacoli de' nostri mag-
giori si deve riferire quello del
corso de' cavalli, tuttavia ritenuto
in Roma, Firenze, Bologna, ed al-
tre città d'Italia. I greci ed i ro-
mani antichi furono amantissimi
de' diversi giuochi di cavalli , ed i
romani soprammodo si dilettarono
delle corse de' cavalli ne' menzio-
nati giuochi circensi ; correndo coi
carri o coi cavalli i cocchieri nel
principio della repubblica erano
uomini ignobili e per lo più ser-
vi ; ma corrotti poi i costumi, non
solo i nobili, ma molti degli stessi
imperatori si misero a correre col-
la carretta ne'circbi. /^.Cavalli;, del-
le carrette se ne parla all' articolo
Carrozze, come dei carri trionfali
e del carroccio. Essendo andato in
disuso il corso de' cavalli, fu dagli
italiani ripristinato, ma solamente
con cavalli sciolti , o pur guidati
da qualche ragazzo, essendo raris-
simo quello delle carrette. Un pre-
mio si destinava a' vincitori, per lo
più consistente in molte braccia di
tela, di seta, o di panno di lana,
di prezzo non volgare ; onde poi
fu chiamato questo giuoco correre
il palio, o correre al palio, che se
il palio non si proponeva, qualche
altro dono si soleva espone. Av-
GIU
vedutamente si assegnò per premio
dei drappi , onde incoraggiare con
onori nazionali le proprie manifat-
ture. Altri premi si proponevano
pei secondi onori, ed erano per Io
più di animali, come di cani da
caccia, di falconi, di astorri , ec. ;
e finalmente di galli o d' altri ani-
mali comuni per gli ultimi che
arrivavano alla meta, i quali era-
no salutati dal popolo astante con
fischi , e voci derisorie e disprez-
zanti.
IS'el secolo XIII trovasi già usata
la corsa de' cavalli , e nell'anno
1256 essendo stata liberata Pado-
va da Eccelino, la repubblica for-
mò il decreto di solennizzarne il
giorno con gran festa e di vota pro-
cessione, e corso di cavalli, pro-
ponendosi per premio duodecim
brachia scharlali } et unus spa-
riverius , cujus pretium non ex-
cedebat summam soldorum sexa-
ginla, et duae chirothecae di ferro.
INel 1279 in Ferrara, nella festa
di s. Giorgio, si correva per tre
premi, il palio, la porchetta, e il
gallo. Dei bolognesi è scritto che
nel 1281 per s. Bartolomeo si cor-
reva al palio con cavalli , essendo
il premio un cavallo ben addobba-
to, uno sparviere, ed una porchet-
ta. Né solamente si correva con
cavalli, ma ancora si usò la corsa
d'uomini, donne, meretrici, asini,
ec. Fu eziandio cosa particolare di
que' tempi, che qualora per qual-
che rotta era costretto il popolo a
rifugiarsi tra le mura della sua
città, il vincitore facea correre il
palio da cavalli sino alle porte di
quella città , e spesso dagli asini
per disprezzo ; quivi inoltre faceva
battere moneta, con altre cose, e
corse d'uomini a piedi, e di don-
ne pubbliche, il tutto per vendei-
GIÙ
ta e scorno de' nemici, prendendo
Mille loro tene ogni sollazzo , ed
esercitandovi atti di potere. Altri
spettacoli si usarono in Firenze ,
Siena , e "\ enezia , cioè il giuoco
del calcio, le regatte, ec. Nel seco-
lo XIV era costume de' romani il
far la caccia de' tori non domati
nell'anfiteatro di Tito, o sia il Co-
losseo [Vedi), al quale articolo si
riportò la famosa e malaugurata gio-
stra del i332. Questa gioslraè pure
descritta dal citato Manzi a p. 7.5,
ed a p. io?, ove produce un do-
cumento. Delle corse de' cavalli e
di altri, delle caccie de'tori, che nei
bassi tempi e ne' tempi successivi si
fecero in Roma, massime nel car-
novale e nel maggio, coi giuochi
di Agone e di Testaccio , se ne
tratta in tutto l'articolo Carneva-
le di Roma. Il Manzi nel suo Di-
scorso eruditamente discorre dei
giuochi di Agone e di Testaccio,
e degli autori che ne fecero la de-
scrizione. Il Crescimbeni nello Sla-
to di s. Maria in Cosmedin, a p.
87 e seg., pure ne ha scritto, ri-
portando la bolla di Martino V,
con la quale fece gonfaloniere del
popolo romano Pietro Astalli, alla
qual carica era unita la presidenza
de' giuochi Testacei o di Testaccio,
e quelli di Agone, sebbene vi assi-
stessero in abito il senatore di Ro-
ma, coi conservatori e col senato.
I Da bella memoria di simili giuo-
chi, forse quelli rappresentati sotto
Paolo III, la possedeva in un qua-
dro la romana famiglia Mignanelli.
In poche parole descrisse questi
giuochi il p. Casimiro da Roma
nelle Aleni, stor. delle < -hit re, a p.
386, dicendo che i giuochi di Te-
staccio erano soliti celebrarsi nella
domenica ultima del carnevale, cioè
nella quinquagesima, in cui si uc-
voi XXXI.
GIÙ 177
cidevano tredici tori ; ed erano pre-
cipitate dal monte Testaccio sei
carrette coperte con palio rosso, ed
entravi un porco vivo, al cui spet-
tacolo concorreva popolo innume-
1 abile, che nel i5^5 fu giudicato
di sessantamila persone. Gli altri
giuochi si celebravano in piazza
Navona nel giovedì grasso, e con-
sistevano in diverse mascherate, una
delle quali, rappresentante un eser-
cito composto delle arti della città,
superò il numero di tremila per-
sone.
Sul carnevale del medio evo in
Roma, da ultimo ci diede un eru-
ditissimo articolo il dotto storico
ed annalista Antonio Coppi, e pub-
blicato ne'fascicoli 3 e 4 dell' an"
no primo del giornale romano II
Saggiatore, di cui daremo un bre-
ve sunto. Osserva il chiaro scritto-
re che quando Roma era ne' suoi
primordi, i nostri maggiori, fruga-
li e tutti alla guerra intenti, for-
mavano il loro prediletto diverti-
mento colle corse dei cavalli e dei
carri, e colle pugne de' gladiatori
e de'pugili. Non eravi da principio
edifìcio alcuno che servisse di como-
do agli spettatori e di ornamento
alla cosa. Fu soltanto dopo un'in-
signe preda fatta sopra i latini ,
che Tarquinio Prisco disegnò il
luogo pel circo dipoi detto Massi-
mo, e con rozzi pali innalzò po-
chi palchi, da cui in luoghi distin-
ti assistessero allo spettacolo i pa-
dri, i cavalieri, la plebe; e per
rendere più sontuosa la festa egli
fece in tali occasioni venire a Ro-
ma cavalli e pugilatori delia sub-
urbana Iti uria. Ai rozzi legni che
da principio formavano lo stecca-
to de luoghi destinati a* pubblici
spettacoli, furono sostituiti edilìzi
tali, che dopo dieciotto secoli di
12
i73 GIÙ
esistenza, ci attestano ancora la so-
lidità ilei l'opera. Sciolto 1' impero,
mancarono a Roma i mezzi per
celebrare spettacoli sontuosi e i
combattimenti delle fiere ; e gli
anfiteatri ed i circhi cominciarono
a rovinare. I duelli ed i tornei
introdotti dai popoli settentrionali
in Italia, furono adottati anche in
Roma, e sostituiti agli spettacoli
de' gladiatori e de'pugilatori ; co-
me alle caccie delle fiere furono
sostituite quelle de'lori, che con
minore dispendio si avevano dalle
suburbicarie campagne. Facevansi
tali giuochi ogni qualvolta lo ri-
chiedesse qualche motivo di pub-
blico giubilo, siccome si celebraro-
no nel i?.65 in Roma all'arrivo
di Carlo d'Angiò conte di Proven-
za, destinato re di Napoli, e descrit-
ti da Saba Malaspina, cogli onori
a lui fatti dal popolo romano, co-
me di sopra notammo. 11 Monal -
deschi ci conservò la memoria del-
la solènnissima caccia di tori fatta
in Roma nel i332, di cui pure
parliamo in questo articolo. L'e-
poca poi in cui i romani de' lem-
pi di mezzo sfoggiarono tutta la
loro magnificenza in simili spetta-
coli, si era quella del carnevale,
dappoiché quanto di sontuoso po-
teva fornire una pompa secolare-
sca, quanto la grandezza e le for-
ze del pubblico erario Dolevano
somministrare, tutto impiegava!
per le feste carnevalesche. 11 circo
Agonale ed il campo di Testaccio
erano i luoghi allora destinati ai
giuochi del carnevale. La più an-
tica memoria relativamente a que-
sto oggetto è un islromento del-
l' insigne archivio di s. Alessio di
Roma, in cui si legge che nel ii56
il dello monte viene chiamato mon-
te thl pallio. Da un breve di Gre-
GIÙ
gorio X del 1271 s>i rileva come
il Papa rimproverò al vicario tem-
porale di Roma, perchè avesse in-
timato a diverse circonvicine città
ut certani comitivam ad urbcni
trasmitterent causa ludi di testaccio
vulgariter nuncupati, qui in dieta
urbe annis singulis exercelur. Altro-
ve dicemmo che alcune comuni di
città e castella mandavano uomini a
Roma per accrescere decoro allo
spettacolo, e contribuire al manteni-
mento della pubblica tranquillità.
Nel celebre codice di Cencio Ca-
merario abbiamo una disposizione
pontificia, in cui è ordinato, che
in die carnis privii circa vesperas
in domo domini Papae dentar
pauperibus sex fìdandi de pane,
uiius bos3 et quinque cassine vini.
In vari archivi di Roma si con-
serva la descrizione del notaio
Nardo Scocciapile, relativa al car-
nevale celebrato nel 1872 con gran
solennità dal potente Malhaleno.
II notaio Nantiporto ci lasciò le
relazioni dei carnevali del i\Ù~) e
1 4^7- I'1 questo secolo e meglio
nel seguente lo spettacolo carneva-
lesco si perfezionò, divenne più di-
gnitoso e meno clamoroso, ed a-
ualogo allo spirilo nazionale ed al-
le ricchezze del popolo.
Di questi giuochi se ne trat-
ti pine negli statuti antichi di
Roma lib. 3, cap. 209 usque ad
219, mai però il dotto Cancellieri
ne pubblicò la descrizione come
promise in diverse sue opere. Ben-
sì nel!' archivio di Campidoglio si
conserva un suo mss. inedito in cui
parla delle feste carnevalesche, ed
a lungo de'giuochi di Agone e ili
Testaccio. Essi dopo il secolo XVI
a poco a poco andarono in disu-
so, restando solo nel primo di
maggio il giuoco della cuccagna
GIL
folto dagli svizzeri, che cosso nel
pentiBcalo di Urbano Vili. La
Cesta della cuccagna si è ripetuta
in Roma in mezzo al Iago di piaz-
za Navona sotto il governo fran-
cese, ed anche dopo. Nel secolo
passato la giostra fu fatta in di-
versi cortili dei palazzi di Roma,
come si legge nei Diari di Roma,
dicendosi il numero 36o5 quella
brillante fatta eseguire nel proprio
dal principe Rospigliosi nel 174°;
il numero |(!)3 quella del 1747
mi cortile di Barberini, con l'e-
sercizio delle quattro teste ed un
torneo a cavallo; il numero 5c)58
racconta come nel settembre 1 7 55,
nel giardino accanto al fonte di
Termini, si die principio alla cac-
cia del toro e della bufala, con
fantocci in bilico artifiziosamentc
guarniti , con cani ammaestrali
per orecchiare i tori, e se ne fe-
cero sei in tale anno; ed il nu-
mero 570 del J780 narra come
in giugno, per la prima volta, nel
palazzo o anfiteatro Correa o sia
nel mausoleo d' Augusto, si per-
mise la giostra del toro e della
bufala, proibita •'nostri giorni da
Pio Vili: del palazzo o anfitea-
tro Correa , ridotto nella forma
che si vede dal marchese Fran-
cesco Saverio Vivaldi Armentieri,
ne parla il Cancellieri nel suo
Menato ■ p. 66. Della denota*
/ione dei pubblici spettacoli di
Roma, siccome n'é presidente mon-
nor Governatore di Roma (le-
di), cosxi se ne parla a quell' arli-
eolo. Gli spagmsoli sono agili e
• libili giostratori dei tori; anche
in altri lunghi tal guglia ai.
SI l'i.
Ili quanto BÌ giuochi privati, di
instati ancora se nt la menzione in
voi luoghi di auesto Dizionario,
GIÙ I-,,
Si dice che durante la guerra di
Troia i greci per minorare la noia
della lentezza con cui procedeva
l'assedio, e per alleviare le loro fa-
tiche , si divertissero con diverse
maniere di giuochi. Ad imitazione
de' greci, i romani ebbero altresì
i loro giuochi. I più conosciuti e-
rano quelli del pari o dimori, dei
trochi, dei ladri o ladroncelli, il
quale ultimo giuoco, secondo alcu-
ni scrittori, si avvicinava al nostro
giuoco degli scacchi, ed esegui vasi
su di una tavola, la di cui super-
fìcie era lavorata a modo di scac-
chiere. A questi si possono aggiun-
gere due giuochi che detti furono
in appresso d'azzardo, cioè quello
degli ossiccUi, e quello dei dadi;
tultavolta si osserva che sino al
fine della repubblica i giuochi che
delti furono poscia di azzardo, era-
no rigorosamente vietati. I germa-
ni, secondo la relazione di Tacito,
abbandonavano alla passione del
giuoco con tale frenesia, che dopo
di avere tutto perduto, arrischia-
vano le persone loro, ossia la loro
libertà in un solo getto di dadi,
e allora il vinto, benché piti gio-
vane e più robusto, si lasciava le-
gare, condurre ove voleva il vin-
citore, e anche vendere agli stra-
nieri. Sant'Ambrogio parlando degli
unni, dice che dopo avere arri-
schiate al giuoco le loro armi e
tutto quello che avevano di più
caro o più prezioso, esponevano
ancora al giuoco la loro vìi 1. « -1
uccidevano per soddisfare il vinci-
tore. DoSSaulx, in un libro intito-
lato: Dilla passione del giuoco à ti
tempi antichi fino ai nostri. 1
alla prima orìgine del giuoco, lo
■egw 1 ostantemente in lutti 1 luo-
ghi, lo sinopie presso i sdì iggi,
come anche nel seno delK u 1
i8o GIÙ
incivilite e corrotte; ma tuttavia
sembra ad esso che mai il giuoco
non fosse così attivo, così funesto,
riè così universalmente esteso, co-
me tra le nazioni odierne. Parlan-
do dei francesi dice, che il giuoco,
accolto da prima dalla nobiltà, fu
introdotto da cortigiani avidi e dis-
occupati fin presso al trono; ch'es-
so quindi sedusse i re franchi e le
loro famiglie; che sotto Francesco
I cominciò il giuoco ad essere in
favore alla corte, e si fortificò sot-
to Enrico II; che l'esempio di En-
rico IV diede sfortunatamente ai
giuocatori un'audacia ed una spe-
cie di considerazione che propaga-
rono quella epidemia fino nel cen-
tro delle provincie; che il cardinal
Mazzarini durante la minorità di
Luigi XIV sembrò accrescere quel
disordine, e che il giuoco e l'in-
trigo trovaronsi finalmente come
naturalizzati alla corte. Allora si
videro i signori francesi più agiati
scorrere l' Italia, la Spagna e l'In-
ghilterra, non già per mostrare ad
esempio dell'antica cavalleria la lo-
ro lealtà ed il loro valore, ma per
esercitarvi il mestiere vilissimo di
giuocatori, e di quelli che nel lin-
guaggio francese detti furono in se-
guito cavalieri d'industria. Indi
il chiaro scrittore inveisce contro
tutte le classi de' cittadini che vo-
gliono giuocare, o tener giuoco
nelle loro case con gravissimo dan-
no della gioventù. Spesso le fami-
glie e gli amici solo si riuniscono
per disputarsi col giuoco il denaro
che ciascuno possiede; e quante fa-
miglie non furono ridotte alla men-
dicità per la fatale passione del
giuoco , come ancora innumerabili
furono gì' individui che si trovaro-
no pel giuoco alla disperazione! In
alcuni luoghi oltre il denaro si
GIÙ
giuocarono i mobili, i terreni, e
ne' feudi quelli pure che li coltiva-
vano ; per cui talora avvenne che
in un solo giorno le famiglie dei
luoghi ove rimaneva qualche ve-
stigio della servitù, passarono sotto
il dominio di sette o otto padroni.
La passione del giuoco è tanto ar-
dente, che qualche volta si perpe-
tuò al di là della tomba, e perciò
si racconta avere un giuocatore mo-
ribondo lasciato la sua pelle per
coprire uno scacchiere, e le sue os-
sa perchè se ne facessero dei dadi.
A voler dire alcuna altra cosa
su qualcuno de' tanti giuochi pri-
vata sull'antico e nobile giuoco
degli scacchi abbiamo la Disserta-
zione del eh. signore d. Benedetto
Rocco napoletano sul giuoco degli
scacchi, ristampata da Francesco
Cancellieri romano con la biblio-
teca ragionata degli scrittori sullo
stesso giuoco, Roma 1817. Si vuole
inventato da Palamede all' assedio
di Troia, quindi usato dai greci, e
poi dai romani. Altri con maggior
probabilità ne fanno inventore un
bramino chiamato Sissa nel prin-
cipio del V secolo, a fine di dare
una lezione ad un principe indiano
chiamato Sirham , eh' era gonfio
del suo potere ; gli dimostrò che
non poteva né attaccare, né difen-
dersi senza l'aiuto de' suoi soldati,
mediante il suo giuoco. Il Sarnelli
nel t. II delle Lett. eccles. p. 5j,
narra come s. Pier Damiani cor-
resse un vescovo che giuocava agli
scacchi. Il cardinal Baronio ripor-
tando all'anno 1061, num. 4[ e
4.2 tal fatto, soggiunge. « E certo
dovrebbono gli ecclesiastici aver
sempre davauti agli occhi della
mente la sentenza dell' Apostolo ,
epist. I, Cor. io, il quale c'inse-
gna, non esser loro lecite le cose
GIÙ
che non edificano il prossimo; se-
condo la qual sentenza s. Bernar-
do dice, che le giochevoli parole
nella hocca de' secolari sono scher-
zi, ma nella hocca de' sacerdoti he-
stemmie ". Il medesimo Sarnelli ,
loco citato, ci dà la lettera XXV :
II giuoco delle carte quanto sia
disdicevole agli ecclesiastici. Narra
che Giustiniano I fu dispiaccntissi-
mo in veder carte da giuoco in
mano degli ecclesiastici, ed in vir-
tù de' sacri canoni, per mezzo di
santissimi vescovi, ne proihì loro il
giuoco. Il concilio Trullano col
can. So impose ai laici la scomu-
nica, ed ai chierici la deposizione
se avessero fatti i giuochi che non
precisa. Il concilio Eliheritano li
proibì ai soli laici , il clero non
dandone argomento. Soggiunge il
Si lineili, che il nome di giuocatore
di carte, al riferir d'Ammiano Mar-
cellino lih. 5, cap. 18, era abbo-
minevole presso i nobili romani :
e che s. Girolamo trattando in
Apoll., degli scrittori ecclesiastici,
riporta che Sinesio per non esse-
re fatto vescovo , disse di essere
inclinato al giuoco. Le carte da
giuoco piìi antiche dovettero essere
disegnate a penna e colorite dagli
a Unni ina tori.
La prima menzione delle carte
da giuoco ora in uso, tuttavolta si
vuole attribuire ai primi del seco-
lo XIV, od inventate nel i33o in
Spagna da Nicolò Pepino, nomina-
te in quel regno naipes dalle ini-
ziali IN. I\, che l'inventore appose
alle carte da Ini fabbricate; corto
è che i giuochi delle carte furono
vietali negli statuti di un ordine
cavalleresco, (ondato nella Spagna
verso il r33? da Alfonso 1\ Il
francese Johanneau assegna a que-
ste carte un'orìgine ancora piq
GIÙ 181
antica, e crede di trovarne l'ap-
io nel Lessico di Papia, scrit-
to nel secolo XI. In Francia le
carte da giuoco erano conosciute
sotto Carlo V, che incominciò a
regnare nel i3G4s ma non dove-
vano essere comuni a cagione della
spesa che dovea produrre la dipin-
tura, giacché l'arte d'incidere sul
legno in Francia era ignorata ; e
nel i3f)o la camera de' conti ap-
provò 1' erogazione d' una somma
considerabile per un giuoco di car-
te portato in Francia , affine di
trattenere il re Carlo VI che sof-
friva accessi di pazzia melanconica.
Narrano i francesi che sotto il regno
seguente di Carlo VII un pittore
della loro nazione, Giacomino Grin-
gonneur, inventò carte da giuoco
particolari alla Francia , e questo
può ammettersi perchè le carte di
quel genere furono per lungo tem-
po in Italia appellate francesi. Gia-
comino ornò le carte con oro e
colori, con parecchi motti onde ri-
creare il menzionato re nella ma-
lattia. Sembra però ch'egli le ab-
bia inventale sotto Carlo V, e diffu-
se maggiormente nel regno di Car-
lo VII, stabilendole meglio. La re-
gina de' fiori chiamavasi argine,
die è l'anagramma di regina, e
questa era Maria d' Angiò, moglie
di Carlo VII; la regina de' quadri
era Agnese Sorel ; quella delle pic-
che, sotto il nome di Pallade , in-
dicava la Pulcella d'Orleans, e la
regina de' cuori rappresentava Isa-
bella di Baviera, *otto il nome di
Giuditta. Il redi picche era Carlo
VII, sotto il nome di Davidde, sì.tc-
cbè quel principe era stato come
Davidde perseguitato dal mio an-
i «piatirò Scudieri " tanti
ciao.. I ggero, Lanccllotto, La II <
ed Ettore ('■alitile, tulli personag-
182 GIÙ
gi storici, i due primi sotto Carlo
Magno , i secondi sotto lo stesso
Carlo VII: essi rappresentavano la
nobiltà, e tutte le altre carte sino
a dieci indicavano i soldati. I co-
lori medesimi delle carte erano
emblemi militari. Il cuore indicava
il valore; le picche e i quadri rap-
presentavano le armi ; i fiori i fo-
raggi necessari in un campo. Cre-
dettero alcuni che l' asse fosse il
simbolo delle finanze che formano
il nerbo della guerra, e certamente
l' asse era una moneta presso i ro-
mani.
La prima menzione poi di carte
da giuoco stampate trovasi in un
decreto pubblicato a Venezia nel-
l'anno I441 j l,e' quale si leg-
ge: o* Che l' arte e il mestiere del-
le carte stampate era caduto in
basso, a motivo della gran quan-
tità di carte da giuoco con figure
dipinte e stampate che venivano di
fuori ". 11 decreto quindi proibiva
per 1' avvenire 1' introduzione di
tali carte in paese. Predicando s.
Bernardino da Siena sulle scale di
s. Petronio in Bologna contro il
giuoco delle carte, mosse il popo-
lo a portargliele tutte, ed egli le
bruciò a' 5 maggio i45>3: da ciò
rilevasi com' erano propagate. Se
lie dolse l'artefice che le formava,
e disse al santo piangendo, che gli
avea tolto il sostentamento alla fa-
miglia, non sapendo far altro che
dipingere le carte. Allora s. Ber-
nardino gli rispose: »Si nescis alimi
piugere, liane imaginem pinge, ncc
te omnìno pi geli t; e formata la fi-
gura del sole co' raggi in una ta-
bella, siccome propagatore della
venerazione al nome di Gesù , vi
pose nel mezzo le note sigle
1ÌIS. L'artefice ne formò subito
pklle simili, e ne vendè in tanta
GIÙ
copia, che ne divenne assai ricco.
Veramente per lungo tempo le car-
te rimasero ciò eh' erano da prin-
cipio, un semplice oggetto di cu-
riosità, un vero balocco da fan-
ciulli; e solo ad un gran pezzo
dopo si videro comparire parecchi
giuochi, fondati sui vari accidenti
di cui sono suscettive, e moltiplica-
te in numero di quaranta di quat-
tro specie, e fra noi dette di cop-
pe, denari, spade, e bastoni, avente
ogni decina il suo re, cavallo, fan-
te, asse, due, tre, quattro, cinque,
sei, e sette. In altri luoghi arriva-
no sino a dieci e sono in tutte
cinquantadue. Il giuoco del picchetto
sembra uno de' primi inventati, e
nel Giornale di Trevoux , e nelle
Ricerche storielle su le carte da
giuoco del Bullet , si pretende di
trovare nella storia di Francia 1' o-
rigine del giuoco di picchetto. Sa-
muel Weller Singer ha pubblicato
uel 1816 in Londra in un libro
rarissimo , perchè stampato con
molte figure, e al numero solo di
i5o esemplari , varie belle figure
sulla origine delle carte da giuoco.
Nel gabinetto delle stampe, unito
alla biblioteca reale di Parigi , si
conservano molte carte antiche del-
la maggior bellezza , alcune delle
quali hanno pure la lunghezza di
sei o sette pollici, e tutte sono con
l' insegna del re Davidde.
Il giuoco in cui si avventura
una somma qualunque di denaro, è
di pura industria, o di puro az-
zardo, ovvero misto , cioè parte
d'industria, e parte d'azzardo. Il
giuoco di pura industria è quello
che dipende unicamente dall'abili-
tà de' giuocatori, come il giuoco
del pallone, o della palla, il giuo-
co del bigliardo, ec. Il giuoco di
puro azzardo e quello che dipeli*
GIÙ
de unicamente o (juasi unicamen-
te dalla fortuna, come il giuoco
de' dadi, e molti giuochi di carte,
ec. il giuoco misto dipende dalla
fortuna e dall'abilità ad un tem-
po, come il picchetto, 1' ombre, i
tarocchi , ec. Alcuni di questi
giuochi non sono cattivi per sé
stessi, perchè siccome una perso-
na può cedere il suo denaro ad
un'altra assolutamente, e senza
condizione , così può» la persona
medesima darlo sotto una condi-
zione, sia che questa condizione
dipenda dall' industria, sia che di-
penda dall'azzardo. Ma il giuoco
di puro azzardo viene proibito ai
laici, e particolarmente agli ee-
clesiastici, tanto dal diritto civile,
quanto dal diritto canonico. Che
i giuochi di risico furono proibì-
ti severamente colle leggi della
Chiesa non solo ai chierici , ma
anco ai fedeli, ciò si conosce dal
canone 42 ° 35 degli apostoli,
e dal canone 79 del concilio di
Elvira tenuto verso I' anno 3oo.
Avvi un titolo speciale nelle Pan-
dette contro i giuochi d' azzardo.
Il IV concilio Lateranense celebra-
to da Innocenzo III, can. i(S, si
esprime in questi termini riguardo
agli ecclesiastici : Clerici ad alea»
vel ta.rillos non ladani, nec lui-
jusmodi ludis inlersint. Il concilio
di Trento ed i concilii provinciali
ripetono la stessa cosa. Scriveva
uno, che avea perduto al giuoco
delle carte : « Tale trovato che
favorisce e incoraggia 1' ozio, è
pernicioso per la civil compagnia;
tristo rimedio contro la noia, ri-
medio peggiore del male medesi-
mo; passione funesta che la ger-
mogbare tulle le altre, rovina la
salute, e inelle a secco la borsa."'
In quanto agli spettacoli, che nel
! i t
linguaggio comune s'intendono lut-
ti i divertimenti che si danno al
pubblico, e piìi particolarmente le
rappresentazioni del Teatro (Fedi),
opere in musica, commedie, trage-
die, balli, ec. , pei disordini ca-
gionali il piìi delle volte da sii
filiti spettacoli li fecero condannale
non solamente dai concilii e dai
padri della Chiesa, ma altresì dai
pagani. Neil' anno 4°° dopo la
fondazione di Roma, i censori a-
vendo proposto al senato di far
costruire un teatro di pietra, Sci-
pione dimostrò che gli spettacoli
avrebbero indubitatamente corrot-
to i romani ; quindi il senato fece
vendere i materiali preparati per
la costruzione del teatro. Ovidio
nella sua famosa apologia diretta
ad Augusto, confessa che i giuo-
chi sono semenze di corruzione,
ed esortò quel principe a soppri-
mere i teatri . Seneca Dell' episi.
\ II, sostiene che non avvi nulla
di piìi contrario ai buoni costu-
mi, quanto l'assistere a qualche
spettacolo. Tacito nel lib. f\, ca[>-
8 de' suoi Annali riferisce le la-
gnanze che facevano i più saggi
tra i romani, quando furono dal-
la Grecia condotti a Roma gì' i-
strioni , dicendo tra le altre cose,
che i buoni costumi lasciali dagli
antenati si sarebbero totalmente
corrotti. Lo slesso Tacito conside-
rava l'avversione dei germani pei
gli spettacoli, come una delle cau-
se della purezza de' loro costumi.
Il celebre Solone, legislatore d' A-
tene, si oppose allo stabilimento dei
teatri, dicendo che Se si fossero tolle-
rali, ben [nesto avrebbero corroili
i costumi, ed infievolito il »igi
delle leggi; e Plutarco attribuì
la corruzione e la rovina di quella
possente repubblica, .dia smai
284 GIÙ
degli ateniesi per gli spettacoli .
A Sparta non erano tollerati. Seb-
bene la sacra Scrittura non proi-
bisca gli spettacoli, implicitamente
sempre li condanna. Essendosi Gia-
sone impossessato della carica di
sommo sacerdote, e volendo inte-
ramente corrompere il popolo e-
breo, non trovò mezzo più effica-
ce per riuscirvi, quanto quello di
stabilire in Gerusalemme gli spet-
tacoli della Grecia, e disgraziata-
mente ottenne il suo intento. Ter-
tulliano condannò gli spettacoli per-
chè fomentano le passioni , sono
contrari ai doni dello Spirito San-
to, incompatibili cogl'impegni con-
tratti col battesimo, e coll'obbligo
che ha ogni cristiano di riferire
a Dio tutte le sue azioni, e di vi-
vere in una disposizione continua
di preghiera, di attenzione, di vi-
gilanza e di penitenza. Le pode-
stà ecclesiastiche e secolari tollera-
no gli spettacoli come tollerano
una infinità di altri mali che non
possono efficacemente impedire. Veg-
gasi il Butler, Vite dei padri, dei
martiri ec. a pag. 46 e seg. delle
sue Feste mobili, sui giuochi e
spettacoli proibiti la domenica, e
durante la quaresima, con le os-
servazioni sopra diversi giuochi
ed antichi spettacoli ; riportando
nell' ottobre a p. 3o6, il passo di
s. Giovanni Grisostomo, quanto
essi sieno pericolosi pei costumi.
Il Pontefice s. Pio V con la
costituzione De salute, del primo
novembre 1^67, Bull. Rom. t. IV,
part. II, p. 402> vietò con som-
mo rigore i pubblici spettacoli, e
giuochi de' tori e di altre bestie
feroci, per cagione delle morti e
dei pericoli ai quali in essi si espo-
nevano i giostratori, ed anche per-
chè contrari alla pietà cristiana,
GIÙ
fulminando la scomunica ai prin-
cipi e magistrati che li permetles -
sero, e a qualunque persona che
si esponesse al pericoloso cimento.
Così pure privò con tal bolla di
sepoltura ecclesiastica chiunque in
detti giuochi restasse morto, e sog-
gettò eziandio alla scomunica gli
ecclesiastici, sì regolari che secolari,
che vi assistessero. Però il successore
Gregorio Xllf, ad istanza di Filippo
II redi Spagna, levò le censure della
bolla perciò che riguardava i lai-
ci ed i militari; ma vietò che ta-
li spettacoli si facessero nei dì fe-
stivi. Lo stesso Gregorio XIII nel-
l'anno i5y3 proibii ridotti de'giuo-
chi, non solo ai plebei ma auche
ai nobili, alcuni de'quali nell'onore
e nella roba gravemente puniti.
Sisto V nel i586 promulgò uu
severo editto contro le fraudi che
si commettevano colle carte da
giuoco e coi dadi , chiamate al-
lora baratteria. Innocenzo XI, e-
letto nel 1676, voleva essere so-
vente informato de' costumi della
nobiltà romana, e proibì i giuochi
illeciti che dicevansi d'invito. In-
nocenzo XII del i6f)i fece casti-
gare varie dame per aver con-
travvenuto alla severa proibizione
che avea fatto de'giuochi d'azzar-
do, e fece dar la corda ad alcuni
birri, che corrotti col denaro non
avevano denunziato i giuocatori
principali da essi scoperti. Clemen-
te XI nel 17 19 ordinò ai vescovi
di non permettere agi' istrioni e
saltimbanchi di giuocar vicino al-
le chiese e monisteri, e nelle feste
durante i divini uffìzi. Benedetto
XIV nel 1742 con la costituzione
Nihil profecto , presso il suo Bull.
t. I, p. 206, proibì gli spettacoli
immodesti, che dai giovani nudi
in diversi luoghi delia Campagna
GIÙ GIÙ i 8 >
romana si facevano con iscandalo di Alessandro, Genial. Dier. I. IH,
ne'giorni festivi. Intorno agli spet- e. 1 1 , che lo stesso Dionigi tiran-
tacoli, come occasione prossima di no di Siracusa soleva divertirsi,
peccalo, abbiamo il trattato latino pilla et follicolo. Questo era uno
stampato in Roma nel iy52, del de'di ver tinnenti prediletti della no-
celebre p. Concilia domenicano, bilia romana, massime nel XVI
trattato che meritò l'approvazione e nel XVII secolo. M. A. Massi -
del medesimo Benedetto XIV, il mi, mentre giuocava a pallone nel
quale nel primo gennaio 1748, cortile di d. Virginio Orsini a Mon-
co n la costituzione Inter caetera, te Giordano, si turbò a vedere il
loco citato t. II, p. 37.5, protestò bargello di Roma, per essere reo di
a tutto il mondo ch'egli tollera avere avvelenato il fratello Luca:
gli spettacoli con sommo ramma- anche Onofrio Santacroce, che avea
lieo, avendo inoltre nelle dotte consigliato il fratello Paolo ad uc-
sue opere ognora combattuto gli cidere la madre, fu appostato dal
spettacoli come occasioni prossime bargello neh' uscire che fece da
di peccare. Pio VI nel 1788 proi- detto cortile ove avea giuocato a
bì qualunque giuoco di azzardo pallone. Ciò accadde sotto Gemell-
ile'luoghi pubblici, per rimovere Vili. Nel 161 1 1' ambasciatore
tutti gì' inconvenienti che ne de- di Spagna per diporto andò a giuo-
rivano. Dipoi nel 1790 con le care alla pilotta nel cortile del
pene più severe, e con la multa cardinal Farnese con un cavaliere
di cinquecento scudi vietò i detti di Malta, avendo l' ambasciatore
giuochi d'azzardo, da' quali spesso guadagnato duecento cinquanta scu-
provenivano V intera rovina delle di d'oro. Nel palazzo Bentivoglio
famiglie, il dissipamento della gio- ora Rospigliosi vi furono forni ili
ventò, le risse, i più enormi de- tre cortili, uno per la cavallerizza,
litti. Le leggi odierne sui giuochi l'altro pel giuoco del pallone, il
proibiti sono note. terzo per quello della pilotta. An-
Si disse giuocare alla Pilotta, il tonio Scaino fece un trattato sul
giuoco che si faceva con una pai- Giuoco della palla , Venezia pel
la mezzana, che si gonfiava come Giolito 1 555. Pollocronio Clivola,
il pallone. Forse la piazza della Vi- Jl giuoco del pallone, Venezia
lotta in Roma alle radici del Qui- l65o. Francesco Saverio Quadrio,
riuale, avrà preso tale denomina- t. citerà intorno alla sferislica 0
zione dal sito ove si giuocava al- sia giuoco della palla degli anti-
la pilotta. Buon., Fior., scrive: noi chi, Milano 1 7 *> 1 - Pierre Jean
lioninio tre ore o quattro alla Burette: Meni, patir sereir à l'hi-
pilotla. Svelonio, e. 83, disse che stoire de la spheristique 011 de hi
Augusto ej crciiatioui s campeslres paumc des anoiens, nel tona. II
equorum, et armorum , statini post delle Mem.de l'.lcad. des Tnscr.
civiltà bella omisil; <t ad pilam 197. Il giuoco dell'oca è quello
primo, follicolitnit/iie transiti. Mi- che si la eoo c\\.\c dadi, sepia una
crab., Satani. I. Il, e. 6, ci atte- tavola dipinta in sessantatre 1 1-
sta, the Caio Cesare Caligola giuo- se, in giro a spirale, come spic-
cava alla palla con L Cecilia ('1.1111 sano Antonio .Mani Biscioni, e
malico. Così rilevasi da Alessandro Ciò. Battista Fagiuoli. Giuseppe
ifh>
GIÙ
Bernei'i descrisse in versi il giuo-
co dell' oca, e quello della canna-
lìendola o altalena, e si leggono
nelle sue poesie stampate dagli
accademici Infecondi di Pioma 1678,
1679.
In quanto al giuoco dell'alta-
lena, cannofiena o cannafiendola,
(Uncino alcune erudizioni. Esso era
praticato in Roma nei sei giorni
delle ferie latine, è consimile alla
fèsta dell' oscilla/ione, istituita in
Atene, secondo Igino, per imitare
d moto del corpo di Etigone mo-
glie d'Icaro ucciso dai pastori in-
ebbriati, messa in furore da Bac-
co irato, ed appesa ad un laccio;
alludendo questa oscilla/ione alla
instabilità della vita umana e del-
la fortuna, che dall'alto al basso,
e dal basso all'alto a vicenda al-
za e deprime i mortali. Narra la
mitologia che Ebaio re di Laeo-
nia padre d'Icaro e di Penelope,
imparò da Bacco l'uso della vite, e
diede a bere il vino a'suoi sudditi,
che restandone inebbriati, e temen-
do in questo stato di essere stati
avvelenati, uccisero Icaro . Com-
messo tal delitto seguì la morte di
Erigone, la quale per compassione
idi tlei trasformarono nel seguo ce-
leste di Vergine. Quindi gli dei
ispirarono alle mogli degli uccisori
d' Icaro implacabile e furioso ri-
sentimento: consultalo dai rei l'o-
racolo, venne ordinato iu espiazio-
ne del delitto 1' istituzione delle
feste d'Icaro, coi giuochi chiamati
da lui icarii, e si celebravano don-
dolandosi sopra una corda attacca-
ta a due alberi in memoria della
violenta morte di Erigono. Da ciò
derivò la festa in onore di Bacco
presso i latini, che avcano per co-
.stume di dondolarsi sopra una cor-
da attaccata a due pini, che iu
GIÙ
progresso di tempo di venne un gin-
nastico esercizio ed un gradilo sol-
lazzo della romana plebe, e degli
abitanti de' luoghi vicini a Roma.
E infatti consiste questo giuoco
prediletto della nominata gente,
nel sospendere per mezzo di quat-
tro funi da un architrave una ta-
vola sulla quale siedono ordinaria-
mente cinque o sei donne, e nel-
l'estremità della tavola due ritte
in piedi sono la causa motrice del-
l'alternato molo, che serve alla di-
scesa ed all' innalzamento della ta-
vola ambulante: mentre succede
l' altalena o cannofiena, le donne
allegramente suonano il tamburel-
lo e cantano e ripetono i ritornel-
li o canzoni con dialetto plebeo e
piacevolissimo, cui fanno eco i cir-
costanti. In altri luoghi l'esercizio
e sollazzo dell'altalena si fa presso
a poco quale qui lo descrivemmo.
Era un tempo V ali alena una mac-
china militare formata d'una trave
alta ficcata in terra ed in cima
bilicata un'altra trave più lunga
per traverso, ed in tal modo com-
messa che un capo si china e l'al-
tro si leva in alto. Da questa mac-
china vuoisi derivata la prima in-
venzione dei telegralì.
Guglielmo Manzi ci hato un e-
1 udito Discorso sopra gli spettaco-
li, le feste, ed il lasso degli italia-
ni nel secolo XIV , con note ed
illustrazioni, Roma 18 r 8. Diverse
erudizioni sugli antichi giuochi -1
leggono nelle opere di Filippo Buo-
narroti sui Vasi antichi di vetro,
e sopra i Medaglioni antichi. Il
Cancellieri nelle sue opere parla
dei giuochi popolari di Roma,
massime in quella intitolala il Mer-
cato, per le strade, nel Tevere,
nel lago a piazza Navona, in di-
versi tempi. Ivi, a p. 17, tra le co-
GIÙ
se curiose riporta l'iscrizione d'un
facchino di detta piazza, sepolto
nella chiesa tli s. Onofrio, ove si
legge: et digitorum dimicatione sin-
gulari. Indi elice che da Nonno
l'anopolita, Dionysiacorum I. 34,
siamo istruiti, che Imeneo figliuo-
lo tli Lacco e di Urania, ed ancor
Cupido figlio di Giove e di Venere,
talvolta si dilettavano giuocare a mo-
ra o morra, che il Dizionario detta
lingua italiana definisce : Mora, si
dice un giuoco noto, che si fa in
due, alzando le dita d'una delle
mani, e cercando d' apponi che
numero siano per alzare tra tutti e
due, onde fare alla mora, in lati-
no mirare digitis. Nel suo opusco-
letto sulle Sette cose fatali di Ro-
ma, il Cancellieri riporta a pag.
68 e g3 questi autori che scrisse-
ro sul giuoco antico della morra.
Jo. Pacichelli, Ludus paris aut
impari» morrac, in Chirolilurgiae,
cap. XII, p. i c)7- Spanhem. ad
Aristoph. Pintura, 8, 818. Mura-
tori t. I Analect. latin. 1 2 \ i , et
interprete* ad Ilorat. 1. a, sat. 3,
v. ifò. A p. 35 il Cancellieri ag-
giunge, che si apprende da s. Giu-
stino martire, nell'epistola a Zena,
che si usava di fare il giuoco di
imo che rappresentasse la persona
d' Oreste, di statura gigantesca, fa-
cendolo camminale sopra de tram-
pani (come vediamo una siffatta
maschera nel carnevale di Roma),
cai una fàccia mostruosa , ed un
ventre pieno di stracci o ili paglia,
(In- andasse gridando a gran voce,
(aule restassero spaventali i fanciul-
li e le persone semplici, e si desse
spasso alle brigate : quindi cita il
p. Menochio, che nelle Stame di-
ce aver irati. ilo de' giocolar! ./<-
■ inlnhi. Nel toni. Ili, p.
il p. Mcuocfaio discolie Di.Ui fu*
GIÙ 187
namlìoliy e d' alcuni altri giocolaci
de tpt, di parla s. Gio. Grisoslomo.
Il Marangoni , Delle cose gentile-
sche, coli' autorità del Baldetli a
p. 38o riporta alcune ci udizioni
sui giuocoli fanciulleschi affissi ai
loro sepolcri.
In Roma nel 17G8 dal Barbiel-
lini fu pubblicato un importante
opuscolo con questo titolo: Trat-
tato de giuochi e de* divertimenti
permessi o proibiti ai cristiani. In
questo libro si dice che gli onesti
divertimenti sono in qualche manie-
ra necessari all' uomo , attesa la
debolezza del suo spirito e del suo
corpo : i santi non gli hanno dis-
approvati, purché vi sia la debita
moderazione. Che i giuochi di pa-
role, e i motti piacevoli inai sono
indegni de' cristiani : i santi mede-
simi se ne sono servili, ma è mol-
to difficile l' usarne bene e discre-
tamente. Indi traila delle specie
degli spettacoli teatrali, come con-
trari alla perfezione cristiana e al-
la purità ile' costumi , onde unani-
me lu il consenso de' più gravi
autori in condannarli. Delle com-
medie piavate de' collegi e moni-
steri. De' balli, delle maschere ed
altri divertimenti carnevaleschi. Dei
giuochi di fortuna detti comune
mente di resto ; dell' invenzione dei
medesimi, e del sentimento unani-
me de' gentili in condannarli, come
pur fecero i santi padri, gravi au-
tori, e le leggi civili e canoniche,
essendone il guadagno illecito. Che
si; i giuochi d'industria e di 1 sei -
eizio sono per sé stessi leciti , si
devono però osservare varie circo-
stanze, che potrebbero renderli in-
convenienti ed dienti. Tratta a\\
coi a «lei ili v ii timenti della pese 1 1
della Cai < ia ( I < >li ). e quali
11 1 1 pi oibita , del giuoco del /
.88 GIÙ
io {Vedì\j della musica e del
canto; delle conversazioni e de'con-
viti ; del lusso e delle spese super-
flue che si fanno pei divertimenti,
con danno grande al pubblico ed
alla religione. Conchiude che l' e-
suberante attacco ai giuochi e di-
vertimenti è cattivo, ed anche tal-
volta peccaminoso, essendo la vita del
cristiano di penitenza e mortifica-
zione. Nell'anno 79 r Alcuino Al-
bino nelT epist. 107 detestava Spe-
ctacula et diabolica figmcnta, con
aggiungere : Nescit homo, qui lu-
stri ones, rnimos , et saltato res in-
troducit in domimi suam , guani
magna eos immundorum sequilur
turba spirituum. Cosi nel concilio
Cabilonense II dell' 8 1 3 è fatta
menzione : Hislrionum sive scur-
raruni _, et turpium seu obsceno-
ruin jocorum. Anco Agobardo ar-
civescovo di Lione nel lib. De di-
spens. , circa l'anno 836 così scri-
ve: Inebriai histriones, mimos, tur-
pissinwsque et vanissimos joculato-
res, quum pauperes Ecclesiae fa-
nte discruciali inle.rcant. Neil' 816
il concilio d' Aquisgrana col cano-
ne 83 ordinò: Quod non opor-
tcal sacerdotes aut clericos quibus-
cumque spectaculis in scoenis, aut
uupliis interesse j sed antequam
Thymelici ( cioè gì' istrioni, musici
0 mimi ) ingrediantur , exurgere
eos Convenìt, atque inde, discedere.
Atfche nel concilio Turonense del-
l'anno 8 1 3, col can. 7 si coman-
da, che i sacerdoti debbano hi-
sirionum turpium et obscenorum in-
solentias jocorum effugere. IlThieis
è autore del Traile des jeux et
des diverlissemenls, stampato a Pa-
rigi.
GIURAMENTO , juramenlum ,
jusjurauduni , sacrameutum. Atto
del giurare o di chiamare Iddio e
GIÙ
i santi o le cose sacre in testimo-
nio per corroborare il proprio det-
to; atto di religione per le cose
che si affermano o si promettono.
Il Bergier così definisce il giura-
mento : giurare è prendere Dio in
testimonio della verità di un di-
scorso, o della sincerità d' una pro-
messa, e fare una imprecazione
contro sé stesso se si mentisce, o
se non si adempie ciò che si ha
promesso : dunque questo è un at-
to di religione, con cui si professa
di temer Dio e la di lui giustizia.
I giuramenti cominciarono, secondo
alcuni autori, a stabilirsi quasi nel-
l' epoca medesima che gli uomini
cominciarono ad ingannare; quin-
di i poeti dissero il giuramento fi-
glio della discordia. Allorché la
fede non si appoggiò più se non
che sopra semplici promesse , non
solamente il giuramento diventò
una specie di caparra delle prote-
ste, ma quella caparra medesima
non presentò un appoggio sufficien-
te alla sincerità , e il giuramento
in appresso fu di necessità accom-
pagnato da certe formule, da cer-
te cerimonie e solennità , che ne
dovevano guarentire l' inviolabilità.
Del giuramento tuttavolta ne ab-
biamo alcuni esempi fra i più sin-
ceri adoratori del vero Dio, e
sino dalla più remota antichità. A-
bramo disse al re di Sodoma: « io
levo per questo la mano innanzi al
Signore, al Dio altissimo, possessore
del cielo e della terra '; e protestò con
giuramento che non accetterà doni
dal medesimo re di Sodoma; ed
avendo Abimelecco esatto da quel
patriarca, che gli giurasse per il
nome di Dio di non fargli alcun
male, Abramo rispose : » io ve lo
giuro", e strinse seco lui alleanza.
Elezier fece giuramento ad Abra-
GIÙ
mo slesso, per il Signore del cielo
e della lena , che nel cercare una
sposa pel figlio Lacco, non sceglie-
rà una cananea. Isacco rinnovò
con giuramento l'alleanza fatta da
suo padre con Abimelecco; e Gia-
cobbe a vicenda giurò con Labano
per il Dio che suo padre temeva.
Il modo usato da Abramo e da
Isacco nel ricevere il giuramento,
consistette nel porre la mano di
chi giurava sotto la loro coscia ;
ad esso furono date varie interpre-
tazioni, che con grande erudizione
sono riportate nelle Stuore del p.
Menochio, p. 426, caP- ^11, Qual
fosse l'origine e la significazione
(V una cerimonia antica che chi
giurava mettesse la mano sotto la
coscia di colui a favore del anale
giurava. Sembra che Dio abbia
approvato 1' uso di giurare, confer-
mando con una specie di giura-
mento le promesse che faceva ad
Àbramo, per cui si legge nella Ge-
nesi e. 22, v. 16: Giurai per me
stesso, dice il Signore, di benedilli
e di moltiplicare la tua posterità.
In Israele questa era la forinola
del giuramento: Viva il Signore,
ovvero, che il Signore mi punisca
se non faccio la tal cosa. Era
proibito agli ebrei di giurare pel
nome degli dei stranieri , e Mosè
disse : Temerete il Signore vostro
Dio, servirete a lui solo, e giure-
rete pel di lui nome. 11 prendere
invano questo santo nome è sper-
giurare, siccome è detto nell' Eso-
do e. 20, v. 7, e nel Levitico e. <),
v. 12. Queste due proibizioni ri-
guardano egualmente i giuramenti
che si facevano alla DI imo/, i dei
giudici per confermare un mutuo
contratto, e quei che si usavano nel
parlare ordinario. Gesù Cristo ne]
vangelo, parlando •> comune istru*
GIÙ 189
zione de' gentili e de' giudei., ag-
giunse una nuova proibizione di
non giuraie senza necessità.
I primi cristiani non poterono
acconsentire di fare il giuramento
militare, e i giuramenti che si eri-
gevano in giustizia , quando s\ fa-
cevano in nome de' falsi dei, o in
presenza de' loro simulacri, questo
sarebbe slato un atto d' idolatria ,
però non ricusarono mai di fare
de' giuramenti, che non sentissero
punto di paganesimo. Dice Tertul-
liano : giuriamo, non pei genii dei
Cesari } ma per la vita , salute o
conservazione dei Cesari, la quale
e più augusta di tutti i genii , es-
sendo questi considerati demouii.
Il p. Mamachi che di ciò parici ,
De' costumi de' primitivi cristiani ,
tom. I, p. 279, co' padri chiama
improprio il dire per dio Bacco,
per Diana, per Giove, dappoiché
i cristiani de' primi tempi stimava-
no di far male adoprando tali pa-
role. Il Rinaldi , danai, cccl. au.
297 , n. 7 , dice che l' imperatore
Massimiano volle costringere i sol-
dati cristiani , di cui nella milizia
sempre ve ne fu gran quantità, a
sacrificare ed a giurare sugli altari
di virilmente combattere co' nemi-
ci , ciò che mai altri avevano esi-
gito da loro, massime il giuramen-
to se non secondo il rito cristiano,
con la forinola riferita da Vegezio,
De re inilit. I. 2 , con queste pa-
role : » Giurano per Cristo Dio, e
per lo Spirito Santo , e per la
maestà dell' imperatore , la «piale
si deve dall' umana generazione
secondo Dio, amare e riverire'.
Soggiunge lo stesso Vegesio : •• \n-
cora giurano 1 soldati, che valoro-
samente formi inno quanto saia
comandato dal! imperatore , che
essi non inai abbandoneranno la
r ()o
GIÙ
milizia, ne ricuseranno di morire per
la romana repubblica'-'. 11 Pagi in
critic. Bamn. ad an. 5Y)5, n. 8,
cap. 9, sulle traccie della legge Vili
del codice Teodosiano dimostra,
essere stato in uso de' cristiani il
giurare per salutem et Victor inni
imperatonim , quantunque in sen-
so assai diverso da quello che fa-
cevano i gentili, siccome prova
r Assemanui, Art. watt, occìdcnt.
tonti. II, pag. 412-
S. Cornelio Papa del 254 dicesi a-
ver ordinato, che niuno domandasse
giuramento dai chierici, se non fosse
in confermazione della fede; che
chiunque giurasse sa rebhe cosa onesta
il farlo digiuno, e che niuno fos-
se costretto a dar giuramento pri-
ma di aver quattordici anni di età.
V. il cap. Honestutn ctiam, 11,
q. 5. Il Pdnaldi all'anno 449> "•
12, osserva ch'era cosa insolita
richiedere il giuramento dai ve-
scovi, narrando che nel sinodo di
Costantinopoli, per ordine dell' im-
peratore, Macedonio tribuno e no-
taro, avendo richiesto ai vescovi
che dovessero giurare intorno alle
cose appartenenti alla causa di
Etiliche, Basilio vescovo di Seleu-
eia ottenne che non fossero a ciò
costretti, dicendo egli non esservi
memoria che si domandasse mai
ai vescovi il sacramento, cioè il
giuramento. All'articolo Giudizii di
Dio, Prova o Purgazioni, dicem-
mo, che il giuramento è l'unica
purgazione canonica ed antichissi-
ma che sia ancora in vigore, ed
ivi riportammo alcuni esempi del
modo come si praticò qual purga-
zione di calunnie apposte. Accusa-
to il Pontefice Alessandro II dal-
l'antipapa Onorio II di simonia,
nel concilio di Mantova dell' anno
10G7 se ne purgò col giuramento,
GIÙ
secondo lo stile di quel tempo-
Racconta il Rinaldi all'anno 5g2,
num. 1 4? che secondo il costume
giunsero a s. Gregorio I diverse
appellazioni, essendo allora in vi-
gore la pratica che il vescovo ac-
cusato alla Sede apostolica, e chia-
mato da essa, se non meritava di
essere condannato, era costretto per
la sua purgazione giurare sopra il
corpo di s. Pietro, come fece Leo-
ne vescovo di Catania. All'anno poi
924, n. 9, narra che avendo El-
fredo congiurato contro Etelstano
re d'Inghilterra, portatosi in Roma
per difendersi col giuramento alla
presenza di Papa Giovanni X, ma
spergiurando avanti l'altare di san
Pietro, cadde subito a terra, e do-
po tre giorni mori nella scuola
degli angli.
La religione fu sempre la base
del giuramento, e allorché essa de-
generò in idolatria, si giurò pei di-
versi idoli. In questo modo gli e-
gizi giuravano pei loro dei Iside
ed Osiride, ed ancora per Anobi,
per il bue Api, per il coccodnllo,
per l'aglio e per il porro o altre
piante, oggetti del loro culto su-
perstizioso. I persiani prendevano
in testimonio il sole; gli sciti giu-
ravano per l'aria e per la scimi-
tarra, che forse riguardavano co-
me principali divinità. In Atene si
giurava il più delle volte per Mi-
nerva, dea tutelare della città; in
Isparta si giurava pei gemelli C 1-
store e Polluce discendenti per par-
te della madre loro dai re del pae-
se; e nella Sicilia giura vasi per Pi o-
serpina. In Roma le vestali giura-
vano per la dea Vesta, alla qui le
erano consagrate ; le donne mari-
tate per Giunone, che presiedeva
alla pace e alla felicità dei matri-
moni; i coltivatori giuravano per
GIÙ
inni', i vendemmiatori pei fiac-
co, i cacciatori per Diana, gli a-
manli per Venere e Cupido suo
figlio. Giuravasi anticamente non
solo per le divinità, ma ancora
per tulio quello die apparteneva
al loro impero o al loro cullo, per
i loro templi, per gli attributi del-
la loro divinità, e per le armi di
cui particolarmente erano munite.
IVelle Salire, ài Giovenale trovasi
un lungo catalogo delle armi degli
dei, per mezzo delle quali le per-
sone accostumate a giurare sfor-
zavansi di aggiungere peso alle lo-
ro asserzioni. » Un uomo, die' egli,
di quel carattere, sprezza e con-
fonde ne' suoi giuramenti i ragsi
o OD
del sole, i fulmini di Giove, la
spada di Marte, le freccie di A-
pollo e quelle di Diana, il triden-
te di Nettuno, l'arco di Ercole
e la lancia di Minerva, e final-
mente tulle le armi che si tro-
vano negli arsenali del cielo, se-
condo i fabbricatori delle favole."
Valkenaer pubblicò nel ij55 un'
opera sui riti osservati dagli anti-
chi ne' giuramenti , massime dagli
elici e dai greci. Narrasi, che
partendo gli antichi franchi per la
guerra, giurassero di non riveder-
si se non dopo avere vìnti i loro
nemici , e si noia che questo giu-
ramento pronunziarono allorché Clo-
doveo I li condusse contro Alari-
io Essi avevano altresì il costu-
me di agitare e di scuotere in
alto le loro spade, allorché impe-
gnavansi con giuramento ad ese-
guire o far eseguire qualche azio-
ne. I li. un hi, dopo aver abbrac-
ciato il cristianesimo , giuravano
d'ordinario in qualche luogo sacro
siili' evangelo, sulla croce e sulle
reliquie de' santi, ad esempio degli
altri cristiani. In quella cerimonia
GII] i q i
stavano genuflessi, alzando e si< n-
dendo la usano per toccare l'aliare,
e gli oggetti che vi si erano col-
locati, come l'evangelo, la croce, le
reliquie e cose simili.
Per legge comune nel prestarsi
il giuramento si toccano i santi
Evangeli (Fedi) , proferendo le
parole: Iddio ini aiuti, e fjuesti
santi evangeli. Si pratica che nel-
l'emettere il giuramento un uomo
deve stare in piedi toccando I' e-
vangelio col pollice e gli altri due
dili della mano destra aperta, e
gli altri due cioè l'anulare e il
mignolo, piegati sulla palma della
mano, e se mancassero detti diti
polla adoperarsi la sinistra. Se è
donna appresserà la sinistra al
petto, e colla destra giurerà. La
mano presso gli antichi era il
simbolo della lede, che solevano
alzare giurando; la mano deve.
essere la destra, la quale non è
solo segno di fede, ma anche di
promessa, ed è segno di ossequio
o di soggezione, e segnatamente
era rapporto ai servi, che se man-
cavano alla fede veniva loro am-
putata la destra. Vedi dir. Luci.
Crell., De j'ure inanimi, et poetiti
in jndicio criminali, imprimi* am-
putalione, Lipsiae 1 704.
11 giuramento che una volta
si prestava dai secolari, era di-
stinto da quello che si preslava
dagli ecclesiastici. Pei laici vari e-
rano i modi di giurare; i sacerdo-
ti s interrogavano per la santa con-
sedazione semplicemente. Oggi si
p« sta dai s icerdoti toc* ato il pet-
to, e dovendosi prestare in cinse
gravi si toccano anche gli evange-
li, dai secolari toccate le Scritture.
Dai vescovi e dai cavalieri si
presi 1 toccando la croi e, « <l in
certi casi, secondo le varie l'unno-
! ( ) >. G i l
le, toccano anche i santi evangeli.
Anticamente, e qualche tempo an-
che dopo s. Agostino, il giuramen-
to si prestava al sepolcro dei san-
ti, e particolarmente sopra il cor-
po dei principi degli apostoli , e
sopra le reliquie dei martiri, di
che eruditamente tratta il p. Rui-
nart. Per cosa di poca conseguen-
za hastava la fnóv. e l'assertiva, e
la fede del giurante, e hastava di
toccare il lem ho della veste, o col
prendere in mano, e rendere o-
stensihile una qualche moneta ove
era impressa la croce o l'immagi-
ne di qualche santo. La congrega-
zione della sacra inquisizione ema-
nò un decreto con l'approvazione
di Leone XII, che gli ebrei in
cause giudiziali, o in contratti
ove interviene il nolaro debbano
prestare il giuramento toccata l'an-
tica sacra Scrittura, e debbano pre-
starlo non nelle loro sinagoghe,
oralorii, o scuole, ma nel tribu-
nale o in altro luogo dal giudice
o dal notaio destinato , ed in
presenza di essi. In quanto al
giuramento di calunnia , di cui
abbiamo tra gli altri Tractalus de
j tiramento caltimniae di Del Re, da
esso una volta si eccettuavano gli
ecclesiastici, che non potevano co-
stringersi a giurare, e volendolo
fare vi occorreva, se erano vescovi,
il permesso del Papa, se altri ec-
clesiastici minori, quello del pro-
prio superiore. Lo che fu stabilito
dall' imperatore Marciano, e con
più legittima autorità decretato da
Lucio III, il quale ordinò che i
chierici dovessero nelle proprie cau-
se giurare di calunnia; indi con-
fermato da Gregorio IX in ordi-
ne ai vescovi , che però furono
autorizzati nelle cause proprie di
giurare, ma nella propria coscienza
GIÙ
e del capitolo, non sugli evangeli,
uè potevano una volta rilasciarlo,
né riceverlo in cose spirituali. In
oggi per altro si ammette secondo
la costituzione di Bonifacio Vili.
Parimenti potrà rilasciarsi dalle
università, collegi, corporazioni ec.
col mezzo de'loro economi, sinda-
ci e procuratori, tutte le volte che
ne abbiano speciale mandato.
Il Rinaldi all'anno <%2, tium.62,
riporta il modo osservato nel giu-
rare nei conci lii, di che parlammo
pure all' articolo Concilio. Narra
che avendo s. Nicolò I scomuni-
cato Giovanni arcivescovo di Ra-
venna, raccolse un sinodo di mol-
ti vescovi, e tre volte fece denun-
ziare a Giovanni che vi si recas-
se a rendere ragione di sé ; e
portatosi al concilio Giovanni, il
Papa lo accolse con misericordia.
« Allora Giovanni, presa la carta
là dove già in tempo della consa-
crazione avea fatto la scrittura del
sacramento della fede con parole
ambigue e confuse , la formò se-
condo la consuetudine de' suoi an-
tecessori. E salito nella casa chia-
mata Leoniana , ove il beatissimo
Pontefice risiedeva co' vescovi e coi
preti, assistendogli molti baroni e
principali, pose l' istessa scrittura
sopra la vivifica croce di Gesù Cri-
sto, e sopra i sacri sandali di lui,
e sì ancora sopra il libro degli
evangeli, e tenendola in mano giu-
rò, udendo una moltitudine innu-
merabile di gente concorsavi , che
egli avrebbe osservato sino all' ul-
timo spirito quanto vi si contene-
va, ed ancora egli stesso la lesse
nel cospetto di tutti , e porsela al
sommo Pontefice ". Nel dì seguen-
te nella basilica Lateranense s. Ni-
colò I con tutti i vescovi e clero
ricevette l'arcivescovo, il quale pur-
GIÙ
gossi dell' eresia di cui era stato
incolpato, ed il Pontefice lo rico-
municò. Nel gran concilio di Costan-
zo, adunato nel i4'4 Per estingue-
re lo scisma, dappoiché ad un tem-
po erano ubbiditi 1' antipapa Bene-
detto XIII, Gregorio XII, e Giovanni
XX11I, questi alla presenza dell' im-
peratore Sigismondo giurò di ri-
nunziare al pontificato, se altret-
tanto facessero Benedetto XIII e
Gregorio XII. Ciò avvenne nella cat-
tedrale, dopo aver celebrato la mes-
sa dello Spirito Santo , e scenden-
do dal trono si pose in ginocchio-
ni avanti l'altare, ed accostando
la mano al petto proferì le paro-
le : Spondeo, vovo, et /uro. Tal-
mente s' intenerì l'imperatore, che
alzatosi dal soglio, e deposta la
corona, si prostrò ai piedi del Pa-
pa, e lo ringraziò della generosa
risoluzione anche per parte del
concilio; ma Giovanni non atten-
dendo poi il giuramento , fu de-
posto. AH' articolo Gregorio XII
si dice com'egli avendo giurato di
non crear cardinali, per nuove
ragioni credette poi di crearli, di-
chiarando con apostolica autorità
non essere tenuto al giuramento.
Alcuni filosofi capricciosi dissero
che i giuramenti sono inutili, che
quegli il quale non teme di men-
tire, non avrà orrore di spergiura-
re. Ciò non è sempre vero : ogni
uomo conosce benissimo che lo
spergiuro è un delitto più grande
della semplice menzogna , poiché
aggiunge l'empietà alla mala fede.
Dice Cicerone , De otjic. 1. 3, e.
3i, « che non vi è vincolo più for-
te del giuramento per impedire a-
gli uomini di mancare alla fede
ed alla parola che diedero; testi-
monio la legge delle dodici tavo-
le, testimonio le sacre formule
voi,, xxn
GIÙ i93
che si usano fra noi per quelli che
fanno il giuramento , testimonio
le alleanze e i trattati in cui ci
leghiamo col giuramento, anco coi
nostri nemici, testimonio finalmen-
te le ricerche de' nostri censori, i
quali non furono giammai più
severi che in ciò che riguardava
il giuramento ». Il giuramento,
disse un sensatissimo scrittore, non
impedisce tutti gli spergiuri, ma
attesta sempre che lo spergiuro è
il maggiore dei delitti. Molti sono
gli esempi degli spergiuri puniti se-
veramente da Dio; gli eretici pri-
scillanisti sostenevano non essere
peccato lo spergiuro. Gli eretici
manichei avevano l'empio costume
di giurare falsamente, per occul-
tare quello che erroneamente cre-
devano. Nel concilio Valentino del-
l'anno 855 fu proibito che fosse-
ro costrette ambedue le parti dei
litiganti a giurare, essendo così ne-
cessario che uno spergiurasse. Il
diritto canonico pronuncia le pene
seguenti contro gli spergiuri. i.°
Colui che spergiura, o che induce
un altro a spergiurare, deve di-
giunare quaranta giorni a pane
ed acqua, fare in seguito sette an-
ni di penitenza, e finalmente non
cessar mai dal farne penitenza pel
rimanente di sua vita. 2.° Lo
spergiuro dev' essere privato dal
giudice, nel paese dove ciò può
aver luogo, dei benefizi eh' egli
possiede, ed essere dichiarato ina-
bile a possederne altri. 3." Lo
spergiuro non è neppur ammesso
dopo la sua penitenza ad essere
testimonio. 4-° Lo spergiuro in-
contra l'infamia quando il suo de-
litto è noto. Nello stile popolare
si chiamano giuramenti non solo
tutte le forinole nelle quali ado-
prasi direttamente o indirettameii:
i3
i94 G,u
te il nome di Dio per conferma-
re ciò che si dice, ma anco le
bestemmie, le imprecazioni che fac-
ciamo contro noi stessi o contro
gli altri , anco le parole brutali
ed ingiuriose al prossimo; tutto-
ciò è evidentemente condannato
dall'evangelo. Gesù Cristo riprova le
imprecazioni fatte contro noi stessi
e contro gli altri. Il rispetto che
dobbiamo a Dio ed al di lui sau-
to nome ci deve impedire d'in-
vocarlo per leggerezza , e tanlo
più per collera e brutalità. L'abi-
tudine del giuramento fra il po-
polo è un avanzo della rozzezza
de' secoli barbari. Le cose che im-
pediscono l'obbligazione del giura-
mento risguardano la materia e
la persona. In materia impossibile,
vana, criminale, il giuramento non
è obbligatorio. Una persona eh' è
vincolata dalla legge, o che non
è libera, non può obbligarsi con
giuramento, e per conseguenza la
mancanza della libertà e il divie-
to delle leggi impediscono l'obbli-
gazione del giuramento. Vi sono
eincpje cose che fanno cessarne
l'obbligazione '• il cambiamento no-
tabile di materia , la remissisone
del giuramento, la commutazione,
l'irritazione e la dispensa. Sui giu-
ramenti quando non obbligano è
a vedersi quanto decretarono i
Pontefici Innocenzo HI, e Boni-
facio Vili ne' capitoli : Cum con-
tingat, de furefur., e ()uann'is} de
pactis in 6.
L' imperatore Lodovico II fu
fatto prigione da Aldegiso princi-
pe di Benevento, e messo poi in
libertà con giurata promessa di
pace, e di non prender vendetta
del gravissimo oltraggio. Andò Lo-
dovico Il in Roma, e ricorse al
Papa Giovanni Vili ; allora questi
GIÙ
adunò un concilio, e maturamen-
te esaminata la cosa, il principe
ottenne di essere sciolto dal giura-
mento per le ragioni riferite da
Reginone abbate di Prum , che
viveva nel fine del secolo IX, ap-
presso Baronio ad an. 873, n. 1,
ed ecco come il cronografo scri-
ve. » Joannes Papa ini pera torem a
juramento, quo se obligarat, au-
ctoritati Dei, et s. Petri absolvit,
afhrmans nihil obesse , quod ad
mortis periculum evadendum coa-
ctus fecerat, nec sacra mentu in esse
dicendum, quod conlra salutem
reip. , quamvis cum multis execra-
tionibus fuerat prolatum ". Altri
esempi di scioglimento di giura-
mento, fatto dai Papi nella pie-
nezza della loro autorità apostoli-
ca, sono i seguenti. S. Gregorio
II (Vedi), non potendo ottene-
re dall' imperatore d' oriente Leo-
ne 1' Isaurico , che cessasse dal
perseguitare crudelmente il culto
delle sacre immagini, e d'invade-
re le terre della Chiesa romana,
nel 730 lo scomunicò, ed assolvè
l'Italia dal giuramento fatto, e dai
tributi, come si ha dal Sigonio,
De regno Italie, lib. 3, ad an.
726, p. 102, e dal Bellarmino,
De Rom. Pont. lib. 5, cap. 6.
Ribellatasi perciò I' Italia , molte
città si eressero in signorie priva-
te, altre si dierono ai longobardi,
ed il ducato romano si sottopose
al Pontefice. AH' articolo Francia
{Vedi) dicemmo come il Pontefice
s. Zaccaria depose il re Childeri-
co III e vi sostituì Pipino, auto-
rizzando i sudditi a riconoscere
il secondo; altri dicono che proi-
bì ad essi d' ubbidire a Childeri -
co IH. Nella famosa questione del-
le investiture ecclesiastiche tra l'im-
peratore Enrico IV, e a. Gregorio
GIÙ
VII (Vedi), avendo questi ado-
perato indarno per circa cinque
anni i mezzi di amantissimo pa-
dre, adunò un concilio nel 1076,
ove scomunicò l'imperatore, lo di-
chiarò decaduto dal reame, e tutti
i sudditi di lui sciolti dal giura-
mento di fedeltà ; ciò che aveano
già fatto agl'imperatori d'oriente
altri Papi , cioè s. Simmaco con
Anastasio I; s. Innocenzo I ad Ar-
cadio, e i ss. Gregorio II , e Gre-
gorio III con Leone 1' Isaurico. Su
questo grave punto va consultato
il Bellarmino , De potest. Sani.
Pont, in rei. temporalib. adv. Gu-
glielrn. Barclajum , cap. 9; Sfon-
drati , in Gallio, ^indicala , dis-
sert. 2, § 2, p. 533 e 4^4 > ^"a*
tale Alessandro, Hist. eccl. saec. 6,
toni. V, cap. 2, art. I, p. 3^2 ; i
Bollandisti , in annoi, ad Ada s.
Greg. die a5 majff p. 616; e Go-
ti, in Vindiciis Gregori VII, col-
loquio XI, v\ 14, p. G3r. Avendo
Boleslao li re di Polonia fatto as-
sassinare s. Stanislao vescovo di
Cracovia, lo stesso s. Gregorio VII
pronunziò il re decaduto dal trono,
liberò dalla fede i sudditi, dichia-
rò incapaci di qualunque officio
ecclesiastico sino alla quarta gene-
razione i discendenti de' complici,
scomunicò l'indegno principe, e
pose l'interdetto al regno. Nel 12 io
Innocenzo III scomunicò 1' impera-
tore Ottone IV per avere usurpato
contro i giuramenti fatti le terre
della Chiesa , e sciolse dal giura-
mento i suoi vassalli , per cui i
prìncipi della Germania elevarono
all' imperio Federico li. Inoltre nel
1212 Innocenzo III scomunico Gio-
vanni re d' Inghilterra, perchè op-
primeva i diritti ecclesiastici , indi
nel I2i3 libeiò i suoi vassalli dal
giuramento di fedeltà , ma eraen-
G1U i95
datosi il re venne assoluto. Nella
biografia di Gregorio IX ( Vedi )
si dice perchè quel Pontefice nel-
l'anno 1239 scomunicò l'imperatore
Federico lì, assolvette i sudditi dal
giuramento, e sottopose all'eccle-
siastico interdetto tutti i luoghi
dove il cesare si fosse recato. An-
che Giovanni XXII nel 1 32 5 assol-
vette i popoli dal giuramento che
avevano fatto a Lodovico il Bava-
io , dopo avere ordinato pubbliche
preci con indulgenza, per l'estin-
zione dello scisma. Giovanni XXIII
nel 141 1 scomunicò Ladislao re di
Napoli e di Gerusalemme, lo pri-
vò di tali regni , sciolse i sudditi
dal giuramento, e pubblicò contro
di lui una crociala. Gregorio XIV
nel 1 5p 1 rinnovò le scomuniche
contro Enrico III re di Na varrà ,
poi re di Francia col nome di En-
rico IV , come calvinista e capo
degli ugonotti ; lo dichiarò perciò
decaduto dalla corona , ed assoluti
i sudditi dal giuramento di fedeltà.
Essendo la Scomunica ( Vedi )
l'arma più formidabile colla quale
gli ecclesiastici difendono l'autori-
tà della Chiesa, e tremendi ne so-
no gli effetti , è noto che implica
la privazione dei diritti civili, e la
degradazione dagli onori posseduti
dal reo. Nel Diclalus Papae ( del
quale parlammo al citato articolo
s. Gregorio VII ) o solenni sen-
tenze, che acquistarono nome e
vigore di leggi" , sono riportate
le seguenti. All' arbitrio e nel-
le mani del Papa stanno le ir-
segue imperiali del romano impero.
È del Papa il giudicare i monar-
chi. Autorizzati dal Papa ponno i
sudditi accusare i sovrani. Il Papa
può sciogliere dal giuramento i
sudditi ih un monarca malvagio.
Paolo V nel i()o(3, con breve dei
i96 GIÙ
11 settembre, proibì ai cattolici di
Inghilterra di prestare al re acatto-
lico Giacomo I, il giuramento che
questo principe aveva prescritto con
f'ormola particolare a' suoi sudditi.
Conteneva quel giuramento il do-
vere riconoscere ognuno qual su-
premo e legittimo re d' Inghilter-
ra lo stesso Giacomo I, per depor-
re il quale non avea autorità alcuna
il romano Pontefice , siccome né
anche di sciogliere per veruna sco-
munica i sudditi inglesi dalla sua
obbedienza, dovendo tutti detestare
come empia ed eretica proposizio-
ne quella, che sostiene aver il Papa
autorità di liberare i sudditi dal-
l' ubbidienza de' principi dal mede-
simo Papa scomunicati, anzi dover
credere, che né il romano Ponte-
fice, né verun altro può aver l'au-
torità di sciogliere gli stessi sudditi
da questa obbedienza. Il cardinal
Bellarmino scrisse una lunga e ro-
busta lettera all' arciprete Giorgio
Blakuelle , nella quale dimostrava
non potersi prestare questo giura-
mento, che l' arciprete credeva le-
cito. A questa lettera rispose il re,
occultando il suo nome col libro :
Triplici nodo, triplex cuneus, o sia
apologia prò j tiramento fidclitatis ;
onde il Bellarmino , lasciando il
nome supposto di Matteo Torti ,
col quale avea fatta la prima ope-
ra, confessò essere l' autore di essa,
e con lunga e fortissima apologia
rispose col suo nome al libro del
re, e alla prefazione monitoria del
medesimo , nella quale impresa fu
seguito da altri scrittori , che non
ebbero minore zelo per la difesa
della religione. Sul famoso giura-
mento civico dell' Esposizione dei
principii della costituzione civile
del clero di Francia, che l'assem-
blea nazionale esigeva dagli eccle-
GIU
siastici, riprovato e condannato da
Pio VI nel 1 79 1 , massime col
breve diretto al cardinal de Brien-
ue poi deposto, cui lo rimproverò
per averlo prestato, se ne tratta
al voi. XXVII, p. 86 e seg. del
Dizionario. Eseguita poi dal diret-
torio francese l'occupazione dello
stato pontificio e di R.oraa nel
1798, con la detronizzazione e pri-
gionia di Pio VI, con diversi pre-
testi, fra' quali quello di non aver
voluto derogare alla condanna del
giuramento, il direttorio die a' suoi
generali ordini pressanti per ob-
bligare i cardinali a giurare, od a
rinunziare alla sublime loro digni-
tà, e di arrestare chi ricusasse ob-
bedire; tranne due che rinunzia-
rono , tutti gli altri preferirono i
patimenti al giuramento. Oltre a
ciò il direttorio incaricò i medesi-
mi generali ed altri suoi rappre-
sentanti di esigere un formale giu-
ramento di odio eterno alla mo-
narchia, ed attaccamento indissolu-
bile alla repubblica francese e sue
costituzioni, da tutti gli ecclesiastici
e da quelli che sotto Pio VI aves-
sero occupato qualche posto distinto.
Mentre nel 1799 Pio VI era
prigioniero nella Certosa di Firen-
ze, ed appena venne in cognizione
che in Roma da qualcuno erasi
prestato alla repubblica francese il
giuramento costituzionale, formal-
mente lo condannò con due brevi,
l'uno in data de' 16, l'altro dei
3o gennaio, che diresse a mon-
signor Francesco Saverio Passe-
ri arcivescovo di Larissa, vicegeren-
te di Roma, ma che per la sua
assenza furono consegnati a mon-
signor Ottavio Boni arcivescovo
di Nazianzo che ne faceva le ve-
ci : questo prelato subito li pub-
blicò con una sua dichiarazione iu-
GIÙ
dirizzata al clero romano, non prez-
zando la propria esposizione ; giac-
ché in essi il Pontefice dichiarava
siffatto giuramento illecito, secondo
la risoluzione della congregazione
cardinalizia da lui a ciò deputata
quando era in Roma , con monsi-
gnor de Pietro per segretario. Ve-
nendo quindi Pio VI io cognizio-
ne che i reggitori della repubblica
aveano chiesto il giuramento ai pro-
fessori del collegio romano e del-
la Sapienza, temendo prevaricazioni
e scandali, volle ripetere ed in-
culcare l'apostolica sua decisione,
mandando a monsignor Coni il
breve, E giunto a nostra notizia^
de' 16 gennaio 1799-
Intauto i francesi intimarono ef-
fettivamente ai professori delle due
università della Sapienza e del col-
legio romano di prestare il giuramen-
to democratico, nella lusinga che do-
po di loro gli altri ecclesiastici avreb-
bero fatto altrettanto. Alcuni del col-
legio romano, ed in maggior numero
quelli della Sapienza, non valutando
le minacce e le promesse, non volle-
ro acconsentire. Provvidamente avea
Pio VI, per ovviare alla salvezza
di tanti ecclesiastici, surrogato uua
altra forinola di giuramento con-
forme agli ordini del governo fran-
cese nella sostanza, ma diverso nel-
le espressioni, che lungi dall' offen-
dere la religione, non compromet-
teva la coscienza di alcuno. La
proposta furinola fu dal governo
rigettata, ed i professori non volen-
do incorrere in dispiacevoli conse-
guenze protestarono di essere pron-
ti ad ubbidire , nascendovi però
ostacolo per parte del pro-vicege-
rente. A questi prontamente scris-
se il prefetto degli studi del colle-
gio, significandogli che a seconda
della nuova pontificii istruzione i
GIÙ i97
professori avevano giurato, aggiun-
gendo incautamente che frattanto
si solleciterebbe la stampa delle ra-
gioni che aveauo mosso i profes-
sori a giurare , le quali in fatti
videro poco dopo la luce. Sventu-
ratamente il prelato Boni fu cir-
condato dai sostenitori del giura-
mento repubblicano, quindi ingan-
nato, per cui mise in giro una di-
chiarazione ch'era contraria alla sua
istruzione precedente, e che fu vera
pietra dello scandalo: essa iucomin-
cia così: Essendomi giunto. Avver-
tito Pio VI del grave danno che da
ciò ne poteva derivare, non volle
tardare un momento a ripararlo. Spe-
dì a'3o gennaio 1799 al preluto Boni
un breve, che comincia colle parole
In mezzo alle cure e alle gravi
tribolazioni, pieno di risentimento
per dimostrargli la sorpresa provata
per la sua ultima dichiarazione, ed in
sentire il contegno de' professori ,
e l'errore in cui erano caduti, dap-
poiché l' istruzione non era una
pontificia decisione corn' essi avea-
no interpretato. Prescrisse il Papa
al prelato di ordinare a' professori,
che in virtù di quella sauta obbe-
dienza eh' essi dovevauo al proprio
vescovo e capo della Chiesa, non
accrescessero lo scandalo dato con
pubblicare le loro pretese giustifi-
cazioni. Tuttavia essendo stato ri-
tardato a notificarsi questo bre-
ve di riprensioni ed ammonizio-
ni , le giustificazioni furono dis-
pensate; ma il prelato Boni, do-
po alquanta perplessità , pubbli-
cò il pontificio breve, annullan-
do formalmente e rivocaudo la
sua seconda dichiarazione o i-
slruzione fatta sul giuramento il-
lecito. Questo atto porta la data
de'a5 febbraio dell'anuo 1799; laon-
de quando i profcssoii del colle-
j98 GIÙ
gio romano ne appresero il con-
tenuto , sbigottiti inviarono uno
di loro alla Certosa per tratta-
re direttamente con Pio VI, me-
diante una supplica nella quale
scusandosi dell'errore commesso,
siccome caduti sulla buona fede
della dichiarazione emessa al pre-
lato, imploravano che gli venissero
prescritti i modi per riparare allo
scandalo. Il Papa nella sua fer-
mezza mai ammise alla sua pre-
senza il deputato, e la risposta che
gli fece dare per monsignor An-
tonio Maria Odescalchi nunzio di
Firenze, fu in tutto conforme alla
pubblica ritrattazione del prestato
giuramento, prescritta nel secondo
breve. Allora sei professori con-
vinti del fallo commesso, poco dopo
emisero la loro solenne ritrattazio-
ne. Alcuni altri poi che aveano
prestato il giuramento con delle
restrizioni, e che poco sembravano
disposti a ritrattarsi, non poterono
resistere alle persuasive del Papa ,
il quale scrisse loro di proprio pu-
gno , facendogli rilevare che la
spiegazione eh' era stata fatta dai
magistrati sul giuramento che esi-
gevano, rendeva inutili tutte le ri-
serve, onde o bisognava ritrattarlo,
o restar separati dalla comunione
de' fedeli. Ancora il Bolgeni, che
siccome diremo difese il giuramen-
to, fece solenne ritrattazione, la qua-
le fu poi divulgata in foglio vo-
lante dalla stamperia Salomoni, e
fu ancora inserita nel numero 20
del Diario di Roma del 1800;
per cui Pio VII perdonò al detto
personaggio lo scandalo dato. Su
questo giuramento repubblicano, e
sulle cose analoghe qui indicate,
con chiarezza e diligenza ne scrisse
pure monsignor lìaldassarri nel to-
mo III, p. up e seg. della Rtia-
GIU
zìone delle avversità e patimenti
di Papa Pio VI.
Nel pontificato di Pio VII l'ar-
gomento dei giuramenti che si vol-
le esigere dagli invasori , divenne
più grave del precedente dopo che
l' imperatore Napoleone avea tolte
all' inerme Pontefice diverse Pro-
vincie de' suoi stati. A tale effetto
Pio VII dal cardinal prò- segretario
di stato Gabrielli, fece comunicare
ai vescovi di tali provincie, nel
maggio 1808, delle istruzioni per
regolare le coscienze sul giuramen-
to di fedeltà, ch'esigeva il governo
intruso. Pio VII dichiarò pertanto
illeciti i giuramenti illimitati , im-
plicando infedeltà e fellonia verso il
legittimo governo; asscnfi però che
fosse dato ne' limiti di obbedienza
passiva, ben inteso che questa di
lui permissione non si potesse giam-
mai interpretare per un'abdicazio-
ne della sovranità temporale. Pre-
scrisse quindi la forinola del giu-
ramento in questi termini. « Io
prometto e giuro di non prender
parte in nessuna cospirazione, com-
plotto o sedizione contro il gover-
no attuale , siccome altresì di es-
sere sommesso ed obbediente io
tullociò che non sarà punto con-
trario alle leggi di Dio e della
Chiesa ". Inoltre il Papa non per-
metteva che si esercitassero , né
si accettassero impieghi da' quali
ne nascesse il riconoscimento del-
la usurpazione , e dichiarò che
coloro che li accettassero incorre-
rebbero nelle censure. Quanto pe-
rò agi' impieghi che non impor-
tavano riconoscimento , acconsen-
tì Pio VII che fossero accettati ,
sempre per altro con dispensa del
vescovo diocesano. In un'altra istru-
zione inculcando la necessità di ri-
fiutare il giuramento, quale si oi-
GIÙ
geva dal governo intru<o, anche
perchè si pretendeva estenderlo al-
le leggi, tra le quali trovavasi com-
preso il codice civile, i decreti, e
le leggi organiche distruttive del
concordato. All'opposto Napoleone
volendo esigere un giuramento pie-
no ed illimitato, minacciò confisca-
zioni di beni, e l'esilio a chi si
ricusava. Durante tale conflitto,
sembrò ad Eugenio viceré d'Ita-
lia, di aver trovato qualche tem-
peramento, perchè quelli richiesti
di giuramento, giurassero secon-
do la forinola del concordato del
26 settembre i8o3. I due cardi-
nali Brancadoro arcivescovo di Fer-
mo, e Giovanni Castiglioni vescovo
di Osimo e di Cingoli , ed alcuni
altri vescovi , inviarono a Roma i
vescovi di Jesi e di Cagli per con-
sultare intorno a ciò il capo della
Chiesa, il quale con una istruzione
de' 3o agosto, sottoscritta dal car-
dinal Pacca pro-segretario di stato,
e indirizzata a detti cardinali e ve-
scovi, partecipò la sua pontificia de-
cisione, che neppure il giuramento
contenuto nel concordato poteva
permettersi per la diversità delle
circostanze, poiché nel i8o3 trat-
tavasi di provincie già passate sotto
il dominio della repubblica italia-
na, ai disordini delle quali volevasi
porre un rimedio ; nel caso pre-
sente poi trattarsi d' un governo
usurpatore che non garantisce, ma
rovi-soia le leggi della Chiesa, ed i
principii della religione cattolica.
L' ira di Napoleone non mancò di
colpire subito i vescovi obbedienti
alla decisione pontificia ; vennero
Strappati dalle loro diocesi il car-
dinal Gabrielli vescovo ili Senigal-
lia, quelli di Ascoli, di Pesaro, di
Fano, e di Montalto Francesco Sa-
verio Castiglioni, che fu poscia
GIÙ ,99
Pio Vili : un breve del Pontefice
de' 9 gennaio 1809 consolò nei
loro patimenti que' gloriosi confes-
sori di Cristo. Veggasi il Pistoiesi ,
nella T'ita di Pio FU, tom. II,
p. 226 e seg.
Dopo 1' imprigionamento di Pio
VII, che seguì nel luglio 1809, e
l' intera occupazione di Roma e
stato pontificio , la domanda dei
giuramenti di fedeltà , che fece il
governo francese, immerse Roma e
le altre città de' due dipartimenti
in nuovi aftànni. La consulta ro-
mana che prevedeva le difficoltà ,
progredì con astuzia ad esigerli.
Essa incominciò dai vesoovi, e qual-
cuno giurò, come fecero quelli di
Perugia, di Segni, e di Anagni,
ma tutti gli altri si rifiutarono.
Furono poscia tentati i canonici di
s. Giovanni e di s. Pietro di Roma;
ma tutti ricusarono, tranne due.
Indi fu intimato il giuramento ai
parrochi, e meno pochissimi, tutti
rifiutarono; gl'infermi furono cac-
ciati in s. Calisto, gli altri depor-
tati. Quando Napoleone seppe tal
sorte di resistenza, secondo la mas-
sima da lui adottata, tutti ad un
colpo soppresse i vescovati e le
parrocchie dei renitenti, e li riunì
ai vescovati e alle parrocchie di
coloro che avevano giurato ; laon-
de ne' soli due dipartimenti di Ro-
ma e del Trasimeno diecisette ve-
scovati andarono miseramente di-
strutti. Allora Pozzo di Borgo
membro della consulta , prese a
giustificare i proibiti giuramenti,
ed a questo proposito andò infil-
zando certi suoi sottili raziocini .
Ma il celebro canonico Muzzarelli
teologo della sacra peniteiuieria .
insigne per pietà e dottrina, dimo-
strò col suo voto, che il giiuumen-
non si poteva ilare. In arrestato)
200 GIÙ
e le sue carte si suggellarono. Uà
consimile trattamento, e pel moti-
vo stesso soffrirono, per non dire
di altri, i prelati Bussi poi cardi-
nale, e della Valle; indi tutti e
tre furono deportati a Civitavecchia,
e gettati in dura prigione. Men-
tre Pio VII nel 1810 era tenu-
to prigione in Savona, ricevette
dai causidici romani alcune inchie-
ste sul giuramento, la cui formola,
che sino dal 1809 esigeva il go-
verno francese , era di questo te-
nore. « Giuro di non dire o pub-
blicare come difensore o consultore
cosa alcuna che sia contraria alle
leggi, ai regolamenti, ai buoni co-
stumi, alla sicurezza dello stato,
alla pubblica tranquillità, e di non
allontanarmi giammai dal rispetto
dovuto ai tribunali ed autorità
pubbliche ". Quindi il Pontefice
sul giuramento emise una ulterio-
re dichiarazione, protestando che
il giuramento di fedeltà , di asso-
luta obbedienza ed indeterminata ,
non poteva prestarsi essendo ille-
cito. Confermò la decisione che
ad istanza dei curiali avea emana-
ta la sacra penitenzieria, e dichia-
rò indispensabile che fosse appo-
sta nella formola del giuramen-
to qualche altra correzione, o li-
mitazione più sostanziale , e che
venisse ammessa da quella stessa
autorità in cui nome si esigeva, per-
mettendo a cagione delle circostan-
ze, che i suoi sudditi potessero as-
sumere quegl' impieghi civili e po-
litici, che potevano esercitarsi senza
giuramento alcuno, o col prestarlo
secondo la formola da lui prescrit-
ta, eccettuati però sempre gì' im-
pieghi di ministro o esecutore nel-
le aziende chiamate del culto o del
demanio , ed eccettuato insieme
pgui altro impiego che non possa
GIÙ
pienamente esercitarsi senza offesa
delle leggi di Dio e della Chiesa.
Dichiarò pure il Papa, che in quan-
to a coloro i quali già avessero
assunti pubblici impieghi , perchè
fosse loro permesso ritenerli, posto
che tali impieghi abbiano le ri-
chieste prerogative, dovrassi di più
esigere la ritrattazione di qualun-
que illecito giuramento prestato, e
la riparazione dello scandalo , da
cui non potevasi dispensare per
qualunque motivo.
Vedendo per tale lettera ponti-
ficia, intralciate le fila ordite da
Pozzo di Borgo, che affaticavasi in
Roma a persuadere i chierici a pre-
star giuramento di fedeltà a Na-
poleone, conobbe il bisogno di ri-
correre a degli ecclesiastici, e se-
gnatamente agli apologisti del giu-
ramento nelle due epoche repubbli-
cana ed imperiale, i quali tosto com-
parvero in quella scena d'orrore. Fra
tanti si distinse, più per timore che
per sua volontà, come dimostrò
nella memorata ritrattazione, l'ab.
Gian Vincenzo Bolgeni, che pub-
blicò un voto a favore del giura-
mento che esigevasi dal governo
francese negli stati romani. Esso
riscaldò la testa di parecchi ; un
folto 'sciame di pareri subentrò, e
la ragione se non fu vinta del tut-
to, restò per un tempo interdetta :
il Pistoiesi ne dà un sunto nel
tona. HI, pag. i3 e seg. Difensore
del giuramento repubblicano fu e-
ziandio l'avv. Giuseppe Mangialor-
di teologo e professore di gius ca-
nonico nell'università della Sapien-
za; ma aucb'esso riprovò quanto
aveva sostenuto. Fra quelli che vi-
rilmente si opposero al giuramen-
to nomineremo Gio. Battista Gen-
tilini, Luigi Maria Bacchetti, Lo-
renzo Iguazio Thjulen, Fraucesco
GIÙ
Gusta, ec. Sono noie le resistenze di
s. Anselmo arcivescovo di Cantor-
bery contro Enrico I re d' Inghil-
terra, nell'assunzione al trono in
luogo di Roberto I duca di Nor-
mandia di lui fratello maggiore;
e note sono le ragioni dal san-
to vescovo scritte ad Ernolfo prio-
re, ed a Gandolfo vescovo Rof-
fense, esortandoli a non lasciarsi se-
durre circa il giuramento, né dal-
le frodi , né dalle promesse, né
dalle minacce. Non ignorasi che tra
le diverse differenze tra Enrico II
re d'Inghilterra, e s. Tommaso di
Cantorbery fuwi anche questa, che
il re esigeva dai vescovi il giura-
mento di fedeltà indefinito, senza
la clausola eh' erasi introdotta sal-
vo l'ordine suo, come si ha da
Guglielmo Neubricense lib. 2, cap.
i5, presso il Baronio ad an. 1 1 63,
num. 9 ; né giova al caso nostro
di allegare le decretali di Nicolò
III, lib. 6, cap. 2, decretai, ti t. II
De jurejurand. Che poi agli ec-
clesiastici, e ciò fa al caso nostro,
sia vietato dalle leggi della Chiesa
il prestare giuramento di fedeltà
ai principi laici, non può dubitar-
sene. Nel concilio generale latera-
nense IV celebrato da Innocenzo
111, cap. 43, De jurejur. can. 3;
viene solamente stabilito. » Nimis
de jurc divino quidam laici usur-
pare conantur, cuoi viros ccclesia-
sticos, nihil temporale ohtinentes
ab eh, ad praestandum sibi fide-
litatis, juramento compellant. Quia
vero sccundum apostolum servus
suo Domino stai, ani aedit, sacri
auctoritatc concilii prohibemus ne
talcs clericis personis saecularibus
pracslarc cogantor hujnsmodi ju-
ramentum ". iNcl concilio di Cler-
monl celebrato centoventi anni
pi ima con 1' miei vento dei vescovi
GIÙ 20»
di quasi tutto l'orbe cattolico, e
presieduto da Urbano II, fu de-
cretato col cap. 17: Ne episcopus
vcl sacerdos alicui laico in mani-
bus ligiam fichli tatc.m faciat. Lo
stesso Urbano II tre anni dopo ne
tenne un altro in Roma nella ba-
silica vaticana, al quale interven-
nero molti parrochi, arcivescovi e
vescovi di diverse parti del mon-
do, e fra le altre cose exeommu-
nicavit edam eos, qui prò eccle-
siasticis ìionoribus laicorum horni-
nes fuint, come riferisce Rogcro de
Hoveden nella prima parte degli
Annal. ad an. 1099, p. 4^7- Iodi
Pasquale II nel concilio lateranen-
se condannò di nuovo gli omaggi
dei chierici, come opposti alle co-
stituzioni e decreti degli antichi
padri : Patrum nostrorum decreta
renovavimus sancientes , et inter-
dicentes ne quisquam omnino cle-
ricus ho/niniu/n faciat laico, come
inoltre significò il medesimo Pon-
tefice al vescovo Anselmo, come
dille lettere di questo rilevasi, epist.
44i lib. 3. Il sinodo Rotomagen-
se, celebrato nel 1096, nel cau. 8
così dispose : Ntdlus prcsbyter tf-
Jìcialur homo laici, quia indignimi
est ut manus Deo eonsecratae < t
per sanctam unctìonem sancii/c-
catae, mittanlur iuler manus non
consecralus. Nel concilio di Poi-
tiers adunato nel 1 100, oltre di
essersi confermato tuttociò che si
eia stabilito nel concilio di Cler-
ruont da Urbano li, come li-
si nel canoue ultimo, espressamen-
te allei masi nel canone 3: Il eie-
ricus nunquam alieni Luco Ito-
miniuiu iihquo modo facete prat -
sumal. Ciò non ostante fu pubbli
Calo uno scritto intitolato: Con-
filiazione di tutte le difise che n
• fatte e si faranno del grò-
202 GIÙ
lamento prescrìtto dal governo
francese ai sudditi pontifìcii.
Quando Napoleone fuggi dal-
l'isola dell'Elba nel i8i5, e ricom-
parve in Francia ove regnò anco-
ra cento giorni, Fouché ministro
della polizia tormentò quel clero,
ordinando preci pel ritorno del-
l'imperatore, ed esigendo giura-
menti di fedeltà. Subito fu dal
clero francese consultato il Ponte-
fice Pio VII, il quale decise che
non si poteva dare il giuramento,
come si raccoglie dalla seguente
risposta, che per di lui ordine il
cardinale Litta partecipò a' 16 mag-
gio. » Riguardo al giuramento,
ammettendo anche la distinzione
di un'obbedienza e fedeltà mera-
mente passive , come polrebbesi
in questo caso fissare e determi-
nare questo limite? come farlo ca-
pire al popolo? come evitare lo
scandalo ? Voi non ignorale che
quando v'era pericolo di scandalo
l'apostolo s. Paolo astenevasi per-
sino dalle cose lecite e permesse:
sì esca scandalizat, non manduce-
tur. Inoltre questo giuramento non
sarebbe nell'attuale circostanza una
vera cooperazione a rassodare una
autorità illegittima? E qui non
parlo né anche della coopcrazione
ad un sistema e ad una nuova
costituzione, che in fondo mira
alla distruzione della religione. Le
stesse ragioni bastano a convin-
cervi, che le preghiere di cui si
tratta, non sono lecite: esse ver-
rebbero fatte nomine Ecclesiae, e
quale assurdità e indecenza insie-
me, di alzare in nome della Chie-
sa delle preghiere per un ogget-
to contrario al tempo stesso alla
religione ed alla giustizia ". Ciò
non ostante Napoleone che vole-
va un'altra volta adoperare la re-
GIU
bigione come istromento per riu-
scire ne' suoi fini, volle che nel
campo detto di maggio, il dì pri-
mo giugno, l'arcivescovo di Boi 11-
ges, facendo la funzione di primo
limosiniere , gli prestasse in ginoc-
chio T evangelo, sul quale prestò
il giuramento di osservare il nuo-
vo atto costituzionale, che in tut-
ta fretta era stato fabbricato da
Beniamino Constant, e dagli altri
politici di quella taglia. Ma quan-
do Pio VII diede tale istruzione
al clero della Francia meridionale,
la fortuna di Napoleone era vici-
na al suo occaso.
Il Bolgia nel t. Ili, p. 257,
delle Memorie isloriche di Bene-
vento, tratta del giuramento dato
dai lettori de'pa tri tuoni della Chie-
sa avanti il corpo di s. Pietro,
con solennità, innanzi di prenderne
il governo. Nel libro poi intitola-
to : Difesa del dominio ttmporale
della Sede apostolica delle due Si-
cilie, riporta le formole di giura-
menti di vassalli e feudatari della
romana Chiesa, le formole di giu-
ramento di protezione e difesa,
come di Ottone 1 a Giovanni VII,
e i giuramenti prestati per l'inve-
stiture delle Sicilie liberamente dai
principi e re ai sommi Pontefici,
massime di Roberto Guiscardo a IN i—
colò II , e del re Carlo 1 d'Angiò
a Clemente IV. Il medesimo Bor-
gia nella Breve istoria del domi-
nio temporale della Sede aposto-
lica, a p. 46 riporta il giuramento
prestato dagl'imperatori di proteg-
gere e difendere la Chiesa roma-
na ; a p. 47 'a forinola del giu-
ramento prestato al Pontefice da
Ottone 1 il Grande; a p. 4*> e
46 cosa importasse il giuramento
di fedeltà, che i romani prestava-
no all'imperatore; a p. 3 18 il giù-
GIÙ
lamento degli stessi romani per l'e-
lezione del nuovo Papa; a p. 179
e 1 83 il giuramento di vassallaggio
e fedeltà alla santa Sede, die do-
vea farsi in persona dai re di Si-
cilia, ed a pag. 1 58 che si pre-
slava da essi ad ogni nuovo Pon-
tefice. Delle quali cose ne trattia-
mo ancor noi ai rispettivi articoli,
come Coronazione degli imperato-
ri, dei re, Sicilia ec. ec. All'arti-
colo Imperatore, riportiamo la for-
niola del giuramento che faceva
nella sua coronazione. Agli arti-
coli Elezione de' Pontefici, Con-
clave, Conclavisti abbiamo detto
del giuramento che fa il nuovo
Papa, i cardinali, i primari mi-
nistri della santa Sede, il mag-
giordomo, il maresciallo del con-
clave ec. e i conclavisti. Agli ar-
ticoli Camerlengo , Cancelliere ,
Governatore, Castellano, Commen-
datore di s. Spirito, Senatore,
Foriere, Maestro di Casa, Se-
natore di Roma, ed a quelli ri-
guardanti vescovi, prelati, ed altri
magistrati si tratta dei giuramen-
ti che prestano pei loro uffìzi e
dignità. Cos'i a diversi articoli si
parla del giuramento che altri 11 f-
fiziali prestano ai dignitari ; ed a
Congregazione del s. Offizio , il
giuramento che emettono coloro
che vi sono addetti. Avanti il pie-
no tribunale della camera aposto-
lica, presieduto dal cardinal carnet"
tengo di s. Chiesa prestano il giu-
ramento i prelati governatore di
l'i orna , uditore generale della ca-
mera, tesoriere generale . uditori
di rota , chierici di camera, av-
vinalo de' poveri, avvocato gene-
rale del fìsco, procuratore genera-
le del fìsco, e commissario genera*
le della camera . A vanii il solo
ardine! camerlengo di s. Chiesa
GIÙ ao3
lo prestano i delegali apostolici
delle provincie, ed i governatori,
come ancora i principi, i marche-
si, ed i conti, ancorché fatti per
breve pontifìcio. Inoltre al detto
camerlengo lo prestano in sede
vacante gì' impiegati, e gli artisti
scelti al servigio del conclave.
GIURISDIZIONE , Jurisdictìo.
Podestà introdotta per pubblica au-
torità , con necessità di rendei e
altrui ragione, e stabilire quello
che conforme all'equità : imperio,
podestà, padronaggio. Giurisdizio-
ne dicesi anche il territorio, città
e luoghi in cui un giudice eser-
cita la sua autorità. Cosi il Dizio-
nario della lingua italiana. Vi
sono due sorte di giurisdizione, la
secolare, che riguarda il civile, e
che appartiene ai principi sovra-
ni ed agli altri laici da loro in-
caricati ; e 1' ecclesiastica, che ri-
guarda Io spirituale, e che appar-
tiene al clero. La giurisdizione ec-
clesiastica si divide in volontaria,
graziosa , e contenziosa. Dice il
Bergier che i pastori della Chie-
sa ricevettero da Dio la podestà
di fare delle leggi appartenenti al
culto divino, ed ai costumi dei
fedeli, e che questi sono obbliga-
ti in coscienza a sotlomettervisi e
conformarvisi ; che la Chiesa in
ogni secolo si servì di questa po-
destà, ed ha stabilito delle pene
contro i refrattari.
GIURISPRUDENZA , Jurispni-
dentia. Scienza legale . La giu-
risprudenza, presso tulli gli anti-
chi era Rerum di\ituirum et lut-
manarum notitia , fusti in/usti-
aue scienlia; 2 Insl. de just, et
jurc. E qui Eineccio in Elein. fiw.
viv. Kb. I, tit. 1, De fast, et fur,
nota che il senso sia, doversi cre-
dere che la giurisprudenza è la
2<4 G 1 u
f/losofia, clic consiste nella scienza
del giusto: Aclcoijue sensus est:
jurisprudentiam esse philosophiam
f/uae in /'usti scientia consistit .
Dalle quali cose discende la defi-
nizione che presso i moderni è co-
munemente adottata, cioè che la
giurisprudenza sia un ahito prati-
co di rettamente interpretare le
leggi, e di giustamente applicarle
a'easi occorrenti. La giurispruden-
za canonica trae la sua origine
dalla creazione del mondo basata
sulle divine leggi, che hanno Iddio
per autore, e queste sono o na-
turali, o soprannaturali , o positive.
V. gli articoli Diritto canonico ,
Decretali, e i tanti relativi articoli
a questo argomento, non che Curia,
romana, Difensori ec , oltre quelli
ivi citati, ne' quali si fa menzione
di molti celebri giureconsulti Pa-
pi e cardinali. Tra i primi prin-
cipalmente vanno altamente enco-
miati Innocenzo IH, Gregorio IX,
Innocenzo IV, Clemente IV, Boni-
facio Vili, Giovanni XXII, Grego-
rio XI, Giulio III, Gregorio XIII,
Clemente Vili, Gregorio XV, e
Benedetto XIV, per non dire di
altri. Tra i secondi poi aggiunge-
remo ai già nominati Nicola de
Bomanis romano, cardinale d'In-
nocenzo III, per la singoiar peri-
zia legale chiamato il maestro; Pie-
tro romano , cardinale di Onorio
III, ch'ebbe riputazione di straor-
dinaria scienza legale ; Enrico Bar-
tolomei di Susa, cardinale di Ur-
bano IV, immortale per la sua
perizia legale, e di grande auto-
i ita nel diritto ecclesiastico; Gio-
vanni le Moine francese, cardina^
le di s. Celestino V, famoso per
profonda scienza legale; Riccardo
Petroni sanese, cardinale di Boni-
facio Vili, Celebre giureconsulto,
GIÙ
e professore di legge; Pietro de
Morlemart francese , cardinale di
Giovanni XXII, sommo professore
di leggi a Tolosa; Stefano de Pois-
sy francese, cardinale di Urbano
V, insigne giurisperito; Pietro Go-
mez de Barros spagnuolo, cardinale
di Gregorio XI, eccellente giure-
consulto; Simeone Brussani mila-
nese, cardinale di Gregorio XI, co-
nosciuto per le sue egregie opere
legali ; Federico Saverdun tedesco,
cardinale di Urbano VI , famoso
nella scienza delle leggi ; Giovanni
Turrecremata spagnuolo, cardinale
di Eugenio IV, esimio giureconsul-
to e teologo profondo ; Cristoforo
della Rovere torinese, cardinale di
Sisto IV, rinomato per s'ingoiar
perizia nella giurisprudenza ; Anto-
nio Ciocchi del Monte aretino, car-
dinale di Giulio II, illustre per la
scienza legale e per la rettitudine
nel giudicare con danno anche dei
suoi avanzamenti ; Angelo Niccolini
fiorentino, cardinale di Pio IV, in-
signe giureconsulto ; Guido Peneri
piemontese, cardinale di Pio IV,
destinato da Gregorio XIII alla
correzione del decreto di Grazia-
no; Filippo Buoncompaguo bolo-
gnese, cardinale di Gregorio XIII,
ornato di singoiar dottrina legale ;
Ippolito de Rossi parmigiano, car-
dinale di Sisto V , dotto teologo
e valente giureconsulto ; Domenico
Toschi di Reggio di Modena, car-
dinale di Clemente Vili , di gran
perizia legale come si ravvisa dalle
sue Conclusioni pratiche j Serafino
Olivier Rezali francese, cardinale di
Clemente Vili, glorioso per la pro-
fonda giurisprudenza, dappoiché nei
quaranta anni in cui fu Uditore
di rota (al quale articolo si ri-
portano altri cardinali celebri giu-
reconsulti ) emanò 1 5oo decisioni ;
GIÙ
Domenico Rnarola genovese, car-
dinale di Clemente Vili, ebbe lo-
de di biavissimo legale; Giambat-
tista Consi fiorentino , cardinale di
Clemente Vili, di straordinaria
dottrina massime nella giurispru-
denza, nella quale era tenuto un
oracolo in Roma ; Francesco Nerli
fiorentino , cardinale di Clemente
IX, dottissimo giureconsulto; e per
non dire di altri molti, lodati nel-
le loro biografie, Filippo Maria Pi-
relli napoletano, cardinale di Cle-
mente XIII, versalissimo nella no-
bile ed utilissima scienza della giu-
risprudenza.
Sempre i Pontefici romani fu-
rono intenti a migliorare la giu-
risprudenza, depurandola dai gra-
vi difetti lasciativi dagli antichi
legislatori, dappoiché presso gli spar-
tani e gli egizi le leggi permette-
vano il furto; altre favorivano la
vendetta e la lascivia, come nella
Scozia ; altre permettevano l'ucci-
sione degli uomini vecchi o im-
perfetti, perchè creduti inutili ; al-
tre davano ai padri diritto della
vita sui figli, ed ai padroni sui
servi; altre il godimento di cose
usurpate, per atti possessori! ; altre
prescrivevano melodi sulle torture
che ripugnano in leggerli, per in-
dovinare se uno diceva la verità o
la bugia; altre obbligavano i ge-
nitori a mantenere come legittimi
i figli adulterini; altre ammette-
vano le usure , senza aggiungere
altre autorizzate aeeueraggini e cru-
deltà. Tali barbarie, assurdi siste-
mi ed imperfezioni legali più non
esistono, per opera principalmente
dello zelo de' Papi, i quali secon-
do i dettami della cristiana reli-
gione, che fu ed è more intetita
a procurare la felicità in questa e
nell'altra vita ai sUui figli, ripara*
GIÙ
rono a tante difettose leggi, e non
dubitarono alzare la loro autore-
vole voce contro i principi, anche
barbari, magistrati e giureconsulti,
per la correzione de' codici della
giurisprudenza. Eugenio III ordi-
nò l'insegnamento del decreto di
Graziano; Clemente III aholi le
leggi favorevoli ai bastardi in pre-
giudizio della prole legittima ; di
quanto fecero Innocenzo III, e Gre-
gorio IX ne parlammo altrove, e
questo ultimo con Clemente IV fu
pure benemerito della giurispru-
denza delle due Sicilie e dell'Un-
gheria. Onorio III ripristinò le
scuole nel palazzo apostolico. In-
nocenzo IV die provvidenza per-
chè in Roma fiorisse lo studio del
diritto civile e canonico con catte-
dre. Ronifacio Vili fondò l'univer-
sità romana, ossia ne aumentò le
cattedre in ogni facoltà. Giovanni
XX.II procurò utili miglioramenti
al codice civile, poi lodati da Mu-
tino V che ne prescrisse l' osser-
vanza, indi perfezionati da Pio IV.
Innocenzo VII, e meglio Eugenio
IV rinnovarono l'università roma-
na, che per l'assenza de Papi d'A-
vignone, e per il lungo scisma en
ridotta a niente, onde il secondo
viene salutato quasi fondatore per
averne anche cretto l'edilizio. Pio
Il contro le usure favori i monti
di pietà e quelli frumentari. Leo-
ne X, oltre l'essere stato magna-
nimo restauratore della nominati
università, il cui incremento e re-
golamento curarono Paolo III, Si-
sto V, e massime Leone XII, in-
veì contro la hai hai ie delle tortu-
re, nel che fu imitato Óa Paolo III
«■ da Pio l\. Di ultimo Pio \ II,
Leone XII, e piò completamente
il regnante Pontefice Gregorio XVI,
furono benemerentissimi della giù-
2oG
Gì U
risprutlenza, eòo utili legislazioni : il
terzo si compiacque di dare nuove
leggi sapientissime in un regola-
mento legislativo e giudiziario per
gli affari civili, e di provvedere al
vuoto della legislazione criminale
con altro regolamento sui delitti e
sulle pene, e dare regole e norme
saggie per verificare i delitti con
un regolamento organico di pro-
cedura criminale. Col formare dun-
que i sommi Pontefici il corpo
rielle leggi del gius canonico, mi-
gliorarono il gius civile, e som-
mi vantaggi recarono alla giuris-
prudenza sì civile che criminale,
anche a mezzo dei rispettabili e
celebri collegi de' prelati uditori di
rota, e degli avvocati concistoriali.
Il famigerato codice di Napoleone
formò le sue ordinazioni ed arti-
coli da Giustiniano, ma col dirit-
to canonico ne emendò i difetti.
Altri copiarono in gran parte le
istituzioni legislative pontificie, e le
produssero come immaginate da lo-
ro, mentre in Roma già contava-
no lustri e secoli.
GIUSEPPE (s), sposo di Ma-
ria Vergine e padre putativo di
Gesù Cristo. Era figlio di Giacob-
be figlio di Matan, e discendeva
per dritta linea dai più gran re di
Giuda, e dai più illustri tra gli
antichi patriarchi. Alcuni autori
hanno detto eh' egli era vedovo
d'una prima moglie, dalla quale
avea avuto molti figliuoli, cioè s.
Giacomo il Minore, e quelli che
nel vangelo sono chiamati fratelli
del Signore; ma s'ingannano : que-
sti fratelli del Signore erano cu-
gini germani di Gesù Cristo, essen-
do nati dal matrimonio di Maria so-
rella cugina della B. Vergine , con
Alfeo, ossia che Alfeo, come ha
pensato qualche autore, fosse la
GIÙ
slessa persona che Cleofa , cui E-
gesippo dice fratello di s. Giusep-
pe; ed erano così chiamati con-
forme l'uso degli ebrei di dare il
nome di fratelli ai più prossimi
parenti. S. Girolamo ci assicura
che san Giuseppe fu sempre ver-
gine. L'evangelio fa con una so-
la parola l'elogio di lui, dicendo
ch'egli era un uomo giusto, poiché
la giustizia comprende tutte le vir-
tù. Egli viveva del lavoro delle
sue mani, e secondo l'opinione più
comune esercitando il mestiere di
falegname. Ignorava s. Giuseppe il
prodigio che lo Spirito Santo ave-
va operato in Maria, allorché s'ac-
corse della di lei gravidanza , né
sapendo a che attribuirla, risolvet-
te di separarsene segretamente, sen-
za accusarla e farla condannare;
ma l' angelo del Signore gli ap-
parve in sogno, e sgombrò dalla
sua mente ogni dubbio e timore,
rivelandogli il mistero dell' Incar-
nazione del Figlio di Dio nel se-
no di Maria. Sei mesi dopo fu ob-
bligato s. Giuseppe di recarsi a
Betlemme colla sua sposa, e vide
colà nascere il Redentore del mon-
do, che allevò come fosse suo fi-
glio. Esso portollo seco a Gerusa-
lemme per offerirlo al Signore, e
quindi lo condusse in Egitto per
sottrarlo al furore d'Erode che vo-
lea dargli la morte. Troviamo nei
padri che all' entrare di Gesù nel-
l'Egitto gli oracoli divennero muti
e le statue dei falsi dei tremaro-
no, anzi furono rovesciate in al-
cuni luoghi, conforme a quel pas-
so d'Isaia : Gl'idoli dell'Egitto crol-
larono davanti al suo cospetto. Do-
po la morte di Erode, Giuseppe ri-
tornò a Nazaret, da dove reca vasi
tutti gli anni a Gerusalemme con
Maria Vergine per celebrarvi la
GIÙ
Pasqua. Kssi \i condussero Gesù
quando fu in età di dodici anni ,
lo smarrirono in Gerusalemme, e
ritrovatolo, lo ricondussero a N.i-
laret Siccome la Scrittura min-
te altro ci elice di s. Giuseppe, è
da credere che fosse morto prima
delle notte di Cana, e avanti il
cumini lamento della missione pub-
Mica del Salvatore. Si argomenta
ebe spiraste nelle braccia di Gesù
e di Malia, e perciò lo s'invoca
per ottenere la grazia di una buo-
na morte. In nessun luogo tro-
vanti reliquie del suo corpo, ma
soltanto alcuni de'suoi arredi, come
il suo anello nuziale che pretende»
estere a Perugia. Alcuni viaggia-
tori dissero essere il suo sepolcro
nella valle di Giosafat.
1 siri e gli altri orientali fanno
la festa di s. Giuseppe ai ?.o di
luglio; ma essa si celebra ai 19 di
marta in tutte le chiese d'occiden-
te: S^to IV nel 1JS1 la dichiarò
• li precetto, per la quale concessio-
ne molto adoperassi Giovanni Ger-
sone 0 Chartier. Altri dicono che
lo stabilimento di questa festa si
deve ad Innocento \ 111 ed al 1 tal.
M.i forse perchè quoto decreto
non veniva osservalo da per tutto,
Innocento MI ih I 169? ordinò, che
cadendo la festa di s. Giuseppe
nel giovedì santo, sebbene l'uffizio
e l.i ne IM di questa santo il..
trasferirti dopo Pasqua, luttavolla
• li' hi. 11 o , he M| (a| giorno sareb-
be) o \ ni, ite le opere sei \ ih, doven-
dosene astenere per riguardo alla
festa «li pn eetto pi 1 sci iste inoli 1 e
■ vescoi 1 « I ri* nel giovi dì tanto fri*
1 10 ccl( In ai e ali une mi ste pi i-
v.ite pei i orni 'lo del popolo, come
li piiiluò in l'ioni.* nil i <>i 1 • , nel
171(1 per dei uto di ( Inni ole \ I.
e nel i-<u m cui Clemente \lll
'.ILI 307
per la stessa ragione lece celebrare
sei inessl- m molle 1 hicse della cit-
ili: queste messe private si dicono
ancora se in detto giorno cadesse
la lesta della ss. annunziata od
altra lista di precetto, come pine
notammo altrove, perché più fa-
cilmente possano i fedeli soddisfare
al precetto di ascoltar la rie
Inoltre Sisto I\ fece pone nel
calendario romano il nome di q
sto santo, e siccome nei breviari
stampati all'epoca di Sisto l\ era
notato col rito semplice , che in
tempo d'Innocenzo \ III fu eleva-
to a rito doppio, Clemente XI ad
istanza della ven. Chiara Cotonivi
terestana ed imitati ice ili s. l, ri-
sa fondatrice de' carmelitani e car-
melitane scalze, nel 71 lo di pro-
pagare maggior Lidio a s. Giusep-
pe, lo elevò ;d ilio doppio di secon-
da classe, e eon decreto del 1714
ne approvò l'uffizio nuovo. Questo
uffizio con le lezioni proprie, anti-
fone, respontori , capitoli ed inni
1 ivati dalla sacra Scrittura, fu com-
posto dallo stesso Clemente XI, il
quale ordinò che si metteste nel
breviario romano nel giorno IO
marzo ; e colla costituzione /./
confòvendam, comandò che lascia-
to I' uffizio comune si celebi
in tutta la ( lm sa ni detto gii
la festa del glorioso patriarca san
Giuseppe, singoiar protettore della
sua famiglia A Ih. un ( oncesse inol-
ile nulli:-' 1 1 / 1 • a quelli che ni ila
chiesa di s. Ignazio di homi in-
tervenissero alla esposizione del •>».
: 111.1 ut" ne' nove giorni pi
denii la festa di s. Giuseppe, onde
ebbe origine 1 introduzione di 1
est n ilio deile Vi < ne ( / < <h l in
uti Benedetto \lll
in I 1 — • ♦ » ii 1 • poi ie il nome di
qui sto santo iori,
2o8 GIÙ
dopo quello di s. Giovanni Balli-
sta ; e benedetto XIV con decreto
de' alo gennaio 1 74 1 elevò dal ri-
Io doppio al doppio di seconda
classe l'uftìcio del Patrocinio di s.
Giuseppe nella terza domenica di
Pasqua. La messa propria di san
Giuseppe per impetrare ad inter-
cessione sua una buona morte^ fu
composta dal beato cardinale Giu-
seppe Maria Tom masi, e ad istan-
za del granduca di Toscana con-
ceduta dalla congregazione de'riti,
fu inserita nel messale romano fra
le votive. Altre concessioni di in-
dulgenze e di aumento di culto in
onore di s. Giuseppe i romani
Pontefici concessero parzialmente
ai regni, e corporazioni pie e reli-
giose d'ambo i sessi, di cui il san-
to è protettore. Pei motivi che di-
cemmo all' articolo Festa {Vedi),
avendo dovuto Pio VI dispensar
dal precetto diverse feste, e fra
esse quella di s. Giuseppe, il suc-
cessore Pio VII con particolare no-
tificazione de' 12 marzo i8o3 la
ritornò a stabilire festa di precetto.
] Papi Gregorio XV e Urbano Vili,
l'uno nel 1621, l'altro nel 164?-, ob-
bligarono a questa festa i fedeli. I
pittori pongono in mano di s. Giu-
seppe una verga fiorita, per signi-
ficare quella eh' egli presentò al
gran sacerdote unitamenlc agli ni-
tri individui della casa di David-
de che potevano pretendere alla
mano di Maria. Di tutte quelle
verghe non fiorì che quella di Giu-
seppe; ed era il segnale con cui
Dio palesava d' ordinario il voler
suo intorno a simili matrimoni di
vergini a lui consagratc; ma ciò
non è che una favola lolla da li-
bri apocrifi, come li chiama s. Gi-
rolamo.
GIUSEPPE d'Aiumatea (s.).
GIÙ
Membro del sinedrio dei giudei, e
discepolo in segreto di Gesù Cri-
sto. Si legge nel vangelo ch'era
uomo giusto, e del numero di quel-
li che aspettavano il regno di Dio.
Egli non era stato consenziente
a quanto i giudei aveano fatto
contro il Salvatore, benché non a-
vesse osato dichiararsi apertamen-
te in suo favore. Dopo che Gesù
Cristo fu spirato, Giuseppe si pre-
sentò coraggiosamente a Pilato, e
domandogliene il corpo per sep-
pellirlo. Avuta la permissione di
levarlo dalla croce, lo ravvolse in
un lenzuolo e lo depose in un se-
polcro, in cui nessuno era stalo
posto. Il culto di questo santo era
un tempo molto celebre in Inghil-
terra, soprattutto a Glastenbury di
cui era patrono. E onorato a' 1 7
di marzo.
GIUSEPPE Barsabas (s.), so-
prannominato il Giusto. Era uno
dei settantadue discepoli di Gesù
Cristo, e fu messo a paro con s.
Mattia, quando gli apostoli vollero
dare un successore nell' apostolato
al traditore Giuda. La sorte cadde
sopra s. Mattia, es. Giuseppe andò a
predicare il vangelo a molte na-
zioni, confermando con molli pro-
digi la dottrina che annunziava.
Racconta Eusebio, sull'autorità di
Papia, il quale avea vissuto cogli
apostoli, che tra gli altri miracoli
che operò, bevelte del veleno sen-
za che gli facesse alcun male. I
martirologi d'Usuardo e di Adone
mettono la sua festa a' 20 di lu-
glio, e narrano ch'egli solili molto
per parte degli ebrei, e che morì
finalmente in Giudea ed ebbe una
fine vittoriosissima.
GIUSEPPE di Palestina (s.),
detto comunemente il Conte Giu-
seppe. Ebreo di nascita, e di una
GIÙ
I Miglia di Tiberiade lunula in
molta considerazione, era nel nu-
mero di quelli che gli ebrei chia-
mavano apostoli. Essendogli Gesù
disio apparso in sogno dicendogli
clie credesse in lui, restò penetrato
da un sentimento di stima per il
cristianesimo. Poscia avendolo gli
ebrei sorpreso che leggeva l'evan-
gelo, lo trassero alla sinagoga per-
cuotendolo aspramente, e avrebbe
solTerto di peggio se il vescovo dei
cristiani noi toglieva loro di mano.
Egli ricevette il battesimo in qucl-
l'occasione, e si recò alla corte del-
l'imperatore Costantino, il quale
gli donò il titolo e il grado di
conte, con assoluto potere di fab-
bricare delle chiese in Palestina
dovunque paresse a lui convenire.
Giuseppe cominciò dal fabbricarne
una a Tiberiadc , ad onta della
opposizione degli ebrei. Protesse
pure i cattolici contro gli ariani ,
ed accolse s. Eusebio di Vercelli,
relegato nel 355 dall' imperatore
Costanzo a Scitopoli, dove il conte
Giuseppe erasi ritirato ; ricoverò
eziandio altri grandi servi di Dìo,
fra' quali s. Epifanio. Egli era al-
lora in età di settant'anni , e si
crede che sia morto poco dopo. Il
suo nome si trova nei martirologi
dei greci e dei latini sotto il giorno
17. di luglio.
GIUSEPPE (s.) , soprannomi-
nato I' Innografo. Nato in Sicilia,
passò in Grecia allorquando quel-
l'isola fu invasa da' barbari d'Afri-
ca. Si rese religioso a Tessalonica
nel monistero del Salvatore, e fu
ordiuato sacerdote; poscia recossi
a Costantinopoli , ove dimoiò fin-
ché Leone 1' Isaurico mosse guer-
ra alle sacre immagini. Postosi in
viaggio per Roma, fu arrestato
fra via da' saraceni, che lo tenne»
voi. xxxt.
GIÙ 209
10 molto tempo a Creta in una
stretta prigione, donde liberatosi
ritornò a Costantinopoli , si pro-
cacciò delle reliquie di molti san-
ti, e ritirassi in Tessaglia, ove fe-
ce edificare una chiesa in un luo-
go solitario. Fu principalmente
questo il luogo in cui compose
degli inni in lode di Dio e dei
suoi santi, molti dc'quali sono sta-
ti adottati dai greci nei loro offi-
zi. Sostenne zelantemente l'onore
delle sacre immagini, e perciò
fu perseguitato dagl'iconoclasti, ed
esiliato nel Chersoncso dall'impe-
ratore Teofdo ; ma essendo slato
poscia richiamato , il patriarca s
Ignazio lo fece guardiano dei sa-
cri vasi della gran chiesa di Co-
stantinopoli. Morì nell'esercizio di
quest'impiego, verso l'anno 883,
ed è nominato il 3 o 4 d'aprile
nei Menologi dei greci.
Vi fu un altro s. Giuseppe, ar-
civescovo di Tessalonica, il quale
pure compose degli inni che can-
tansi negli offizi dei greci, ed è
menzionato nei loro Menci a' i4
di luglio.
GIUSEPPE da Leonessa (s).
Nacque a Leonessa, piccola città
del regno di Napoli, nel i556, e
chiamavasi al secolo Eufranio De-
sideri. Entrò di diciott'anni nell'or-
dine de'cappuccini, avanzossi rapi-
damente nelle scienze e nelle vie
della santità, e fu presto in istato
di esercitare il ministero della pre-
dicazione con abbondante frutto.
L'anno i58y i superiori lo man-
darono in missione a Pera, sob-
borgo di Costantinopoli. Ivi dic-
desi con eroica carità al servizio
ed istruzione degli schiavi cristia-
ni, specialmente durante la >d
d' una orribile pestilenza, di che
restò tocco lui pure, ma risnnò.
■4
2 io GIÙ
Avendo convertilo molti apostati,
uno de' quali era Lascia, i mao-
mettani, furibondi pel profitto del-
le sue predicazioni, lo fecero in-
carcerare per ben due volte, e il
condannarono alla morte. Fu ap-
peso ad una specie di forca per
una mano ed un piede, e così
lasciato più giorni, fino a cbe il
sultano commutò nelT esilio la
sentenza di morte. Il p. Giuseppe
s'imbarcò per l'Italia, smontò in
terra a Venezia, e ritornò al suo
convento dopo 1' assenza di due
anni. Continuò nelle apostoliche
fatiche fino alla sua morte , che
avvenne ai 4 di febbraio 1612.
Il suo nome trovasi in questo
giorno nel martirologio romano.
Fu beatificato da Clemente XII
nel 1737, e canonizzato da Be-
nedetto XIV nel 1746.
GIUSEPPE Calasanzio (s.). Nac-
que a Petratta nel regno d'Ara-
gona, agli 11 settembre i5>G, da
nobili e ricchi genitori che l'edu-
carono cristianamente. Segnalossi
infino dai più verdi anni colla
sua carità e col suo amore all'ora-
zione. Studiò filosofia, giurispruden-
za e teologia, ed abbracciò lo sta-
to ecclesiastico. La nuova Castiglia,
l'Aragona e la Catalogna furono i
teatri delle sue fatiche apostoliche
per lo spazio di otl'anni. Nel 1592
si portò a Roma, ove particolar-
mente si diede all' istruzione dei
fanciulli, spendendo il restante del
suo tempo Dell' orazione, nel visi-
tare e consolare i malati, e nel
sollevare i poveri più abbandona-
ti. Passati vcnt'anni in questi san-
ti esercizi, si fece compagne altre
pie persone, per eseguire la buo-
na opera che la carità aveagli in-
spirato. Nel 161 7 Paolo V li unì
iu corpo di congregazione, e li au-
GIU
torizzò a fare dei voti semplici
d' obbedienza, di castità e di po-
vertà, con facoltà di fare delle co-
stituzioni. Quattr'anni dopo Gre-
gorio XV eresse la loro congrega-
zione in corpo religioso sotto il
nome di Chierici regolari poveri
della Madre di Dio delle scuole
pie, volgarmente detti Scolopi (Fe-
di), al quale articolo riporteremo
altre notizie di questo santo. S.
Giuseppe Calasanzio morì in Roma
a' 25 agosto 1648, in età di no-
vantadue anni. La sua festa ven-
ne posta ai 27 dello stesso mese,
ed ha nel breviario romano un
officio che fu approvato nel 1769.
Benedetto XIV nel 1748 lo beati-
ficò, e Clemente XIII nel 1767
lo canonizzò.
GIUSEPPE DA COPERTI.YO ( S. ).
Nella piccola città di tal nome ,
nella diocesi di Nardo, ai 17 giu-
gno i6o3, da poveri genitori, nac-
que Giuseppe, ch'era di cognome
Uesa. Esercitò per qualche tempo
il mestiere del calzolaio. Di dicias-
selt' anni si presentò per essere ri-
cevuto presso i francescani conven-
tuali ; ma non fu accettato perchè
non avea fatto gli studi. Ottenne
di entrare nei cappuccini in quali-
tà di converso , donde venne ac-
comiatato dopo otto mesi di novi-
ziato, come inetto a corrispondere
alla sua vocazione. Persistette però
nella sua risoluzione, e i minori
conventuali lo accolsero nel loro con-
vento detto della Grotella. Compiuto
con grande fervore il noviziato, fece
i suoi voti , e fu ricevuto come
fratello converso tra gli oblati del
terz' ordine. La sua umiltà ed esat-
tezza nell'adempiere i più bassi oftì-
zi della casa, la sua dolcezza , e il
suo amore alla mortificazione ed
alla penileuza, gli procacciarono
GIÙ
tale venerazione , che nel capitolo
provinciale tenuto in Altamura nel
1625, fu deciso di ammetterlo tra
i religiosi di coro, acciò potesse
prepararsi a ricevere gli ordini sa-
cri. Ordinato sacerdote nel 1628,
celebrò la prima messa ; si tolse
quindi una cella appartata, disagia-
ta ed oscura, e passò cinque anni
senza mangiar pane né bere vino,
cibandosi soltanto di erbe e di frut-
ta secche. Essendo corsa la voce
eh' egli avea de' rapimenti e che
operava miracoli, il popolo gli an-
dava dietro in folla mentre girava
per la provincia di Bari. Un vi-
cario generale ne fu disgustato, e
ne portò i suoi lagni agl'inquisi-
tori di Napoli. Giuseppe vi fu citato
a comparire; ma fu dichiarato in-
nocente, e mandato a Roma al suo
generale, il quale però lo accolse con
durezza, e gli ordinò di ritirarsi nel
convento d' Asisi. Giunse colà nel
1639, e vi rimase tredici anni. Eb-
be in sulle prime a sofferire molte pe-
ne interne ed esterne : il suo superiore
lo trattava aspramente, e fu inoltre
agitato da violentissime tentazioni,
per cui cadde in profonda melanco-
nia. Il suo generale, inteso il di lui sta-
to infelice, lo fece venire a Roma, e
dopo averlo trattenuto tre settima-
ne, lo rimandò ad Asisi. Andando
a Roma il santo sentissi risvegliare
in cuore quelle consolazioni celesti
che gli furono in appresso conce-
dute con maggior abbondanza di
prima. I suoi rapimenti erano fre-
quenti e straordinari : molti ne eb-
be anche in pubblico , dei quali
diverse persone del più alto stato
furono testimoni oculari, e ne con-
fermarono poscia li verità con giura-
mento; l'i a queste persone si conia
Giovanni federico duca di Brunswick
e di Hannover luterano, il quale
GIÙ 211
ne restò sì colpito, che abiurò l'e-
resia e rientrò in grembo alla cat-
tolica Chiesa. La prudenza che mo-
strava Giuseppe nella condotta delle
anime, traeva a lui un gran con-
corso di gente , ed anco di cardi-
nali e di principi ; e i suoi mira-
coli non furono meno strepitosi
degli altri straordinari favori che
ricevette da Dio. Morì in Osimo
a' 18 settembre i663, in età di
sessant' anni. Il suo corpo fu espo-
sto nella chiesa del convento, traen-
dovi tutta la città a vederlo con
divozione, e fu sepolto nella cap-
pella della Concezione. Essendo sta-
to provato 1' eroismo delle sue vir-
tù, e confermata la verità de' suoi
miracoli , egli venne beatificato da
Benedetto XIV nel iy53, e cano-
nizzato da Clemente XIII nel 1767.
Clemente XIV fece poscia mettere
il di lui uffizio nel Breviario ro-
mano, e la sua festa, che prescrisse
di rito doppio, si celebra ai 18
settembre.
GIUSEPPE (s), prete e marti-
re. V. ACEPSIMA (S.).
GIUSEPPE Orioio (b.). Nacque
a Barcellona il 23 novembre i65o ;
non guari .dopo la sua nascita per-
dette il padre, e la madre si ri-
maritò a un certo Domenico Pu-
jolar, il quale si pigliò grandissima
cura della di lui educazione, e lo
fece ammettere fin dall' infanzia
nel numero dei chierici della par-
rocchiale di s. Maria del Mare. In
età di dodici anni restò privo Giu-
seppe anche del virtuoso padrigno;
ma i preti di quella chiesa che
aveano in lui ravvisato una singo-
lare pietà , compirono la sua edu-
cazione. Dopo aver ricevuto il ti-
tolo di dottore Dell' università di
Barcellona, entrò negli ordini «a-
cri , e nel 1676 celebrò la sua
212 GIÙ
prima messa. Egli divenne poscia
precettore dei figli del maestro di
campo Gasneri , e si meritò colle
sue virtù l' ammirazione di quella
famiglia, che lasciò in capo a no-
v'armi pel desiderio di consecrarsi
in modo più speciale alla pratica
della penitenza. Portatosi a Roma in
abito da pellegrino , ricevette da
Papa Innocenzo XI un benefizio
della cappella di s. Leopardo , si-
tuata nella chiesa di s. Maria del
l'ino a Barcellona, e poco tempo
dopo ritornò in patria a prendere
possesso del suo beneficio. Colla
guida degli esercizi spirituali di s.
Ignazio, e delle opere di s. Teresa,
egli intraprese allora una vita di
penitenza e di orazione, nella qua-
le perseverò con fervore ognora
crescente fino a' suoi ultimi istanti.
Per lo spazio di ventisei anui egli
non visse che di pane ed acqua ;
solamente nei giorni festivi vi ag-
giungeva dell' erbe salvatiche crude
o bollite, senza vcrun condimento,
e ottenevasi in qualche occasione
eh' egli mangiasse una piccola por-
zione d" una focaccia cotta sotto la
cenere , e in uso nel paese. Con
pari ardore adopcravasi alla santi-
ficazione del prossimo, ed appli-
cavasi assiduamente ad istruire i
poveri, e a formare alla pratica
delle più alte virtù quelli che
mostravano più felici disposizio-
ni . Ma il santo prete divenne
1' oggetto delle critiche dei suoi
confratelli ; ed il suo vescovo a-
vendo troppo facilmente creduta
1' accusa eh' egli rovinasse la salute
de' suoi penitenti col genere di vi-
ta troppo austera che lor prescri-
veva, gli tolse la facoltà di confes-
sare, facoltà che Oriolo non ricu-
però che dal successore di questo
prelato. Intieramente sommesso al-
GIU
la volontà del Signore ed all' auto-
rità, sopportò egli questa umilia-
zione senza lagnarsi , e continuò a
vivere nella più perfetta maniera , e
a rendere al prossimo tutti i servigi
che dipendevano da lui. Nel 1693
deliberò di andare a predicar nel
Giappone , sperando di incontrarvi
il martino, e partì alla volta di Ro-
ma per ottenerne la permissione
dal Papa e la benedizione aposto-
lica ; ma giunto a Marsiglia cadde
malato, e conobbe che Iddio aveva
su di lui altre intenzioni. Quindi
ritornò a Barcellona , dove rimase
sino al termine della sua vita ,
operandovi molto bene, ed essendo
corrisposto dal cielo con segnalati
favori. Lcggesi nel breve di sua
beatificazione, che egli era sì cele-
bre per ogni sorta di virtù , per
guarigioni miracolose, per la cono-
scenza delle cose nascoste e dei
pensieri segreti , pei suoi miracoli
e per le sue profezie , che se ne
spargeva la fama per tutto. I ma-
lati accorrevano in folla a certe
ore in una chiesa da lui indicata,
e venivano da esso guariti alla
presenza di una immensa moltitu-
dine di persone raccolte. Essendo
stato assalito da una malattia eli ti
giudicò mortale, per meglio nascon-
dere la sua penitenza, lasciò la sua
povera dimora, e andò a chiedere
un letto in una casa di artefici che
conosceva e amava assai per la lo-
ro virtù. Quivi morì santamente
a' 22 marzo 1702, in età di cin-
quantadue anni. I suoi funerali par-
vero un trionfo , per la folla del
popolo che vi si recò : le sue po-
vere vesti, quasi la sola cosa ch'ei
possedesse, furono distribuite e con-
servate con cura. Nel 17^9 s'in-
cominciarono i processi per la sua
canonizzazione; nel 1790 Pio VI
GIÙ
pubblicò un decreto per riconosce-
re 1' eroismo delle sue virtù ; e Pio
VII lo beatificò a' 5 settembre del
180G. I rivoluzionari spaglinoli nel
1821 profanarono la sua tomba,
e dispersero le sue reliquie.
GIUSEPPE (s), Online equestre
del Merito di Toscana. Nel 1790
divenuto imperatore Pietro Leopol-
do granduca di Toscana, gli succes-
se nel gran ducato il suo figlio se-
condogenito Ferdinando HI duca
di YViirtzburgo, il quale fu co-
stretto partire nel 1799 con la
famiglia per Vienna, quando i
francesi gli occuparono lo stato,
ch'essi poi dierono al duca di Par-
ma con titolo di re di Etruria,
indi nel 1807 riunirono al loro
impero. Mentre Ferdinando III
dimorava nel gran ducato di Wurte-
burgo, istituì nel medesimo anno
1807 l'ordine del merito sotto il pa-
trocinio di s. Giuseppe sposo della
Beata Vergine di cui ne portava
il nome, giacché egli si chiamò Fer-
dinando Giovanni Giuseppe. Con
questo ordine cavalleresco il princi-
pe volle premiare que' toscani che
l'avevano seguito nella disgrazia, e
rimunerare que' sudditi che gli
si erano serbati fedeli , e che ne
sospiravano il ritorno. Dopo selle
anni Ferdinando IH polo ricupe-
rare il gran ducato di Toscana ,
ed in esso si restituì nel i8i4;
indi dopo avere il saggio principe
dato riordinamento al suo stato,
pensò tosto a rinnovar I' ordine
equestre di s. Giuseppe a'18 mar-
zo 1817, viglia della festa del
santo, perche' rosse come nella pri-
mitiva istituzione ih premio ai fe-
deli suoi sudditi, e ne lece eum-
pilare gli stalliti. In questi li di*
ot 1 lu- l'ordine Mene conferito
dal granduca di ToSCMUI reguan*
GIU 2i3
te acattolici impiegali, lauto civi-
li che militari ; che non sono ec-
cettuati gli stranieri , laici o eccle-
siastici ; che è specialmente riserva-
to agi' individui che professano la
religione cattolica romana, ma non
è vietato di conferirlo anche agli
eterodossi, sempre che concorrino
in essi dei giusti titoli per ottener-
lo ; che la prima classe ossia quel-
la dei gran croci è bissato che
non possa eccedere il numero di
venli membri ; che la seconda
classe, la quale si compone di
commendatoli , e che conferisce la
nobiltà ereditaria in coloro elic-
vi sono ammessi , è stabilito che
non debba sorpassare il numero
di trenta membri; e che la terza
classe de'semplici cavalieri, e che
dà la nobiltà personale a coloro
che ne vengono fregiali, non pos-
sa superare il numero di sessanta
decorati. L' insegna cavalleresca
consiste in una stella o placca di
argento a sei specchi o raggi, la
(piale da un iato ha nel centro
nello scudo ovale , V effigie di s.
Giuseppe titolare dell' ordine, con
1' epigrafe : Ubique similis, e ne!
rovescio le lettere in cifra, S. J.
F. 1807, che significavano Sane lo
Josepho Fcrdinandus , e l' epoca
dell'istituzione dell'ordine. La stel-
la di decorazione si porla dal
sinistro lato del petto, appesa e
pendente da un nastro di seta
rossa ondata con due linee bian-
che verso V estremità, e con l;Ii
orli pure rossi, nel seguente modi
I gian 1 uh 1 ieoolai 1 la àn n
pi 1 laie COSI u\ui tracolla di G I
[uccia larga, nel resto come il de-
critto nastro, pendente dalla spal-
la di ili alla sinistra con la sii I
la 0 ['lana d' 11 -culo sulla pai U
iinistra del petto; ^h ecclesiastici
ai4 GIÙ GIÙ
appesa al collo pendente sul pet- chi, Giovanni Donati, Gio. Paolo
to con nastro eguale a quello dei Corazzano, Francesco Gentile, e
grancroci secolari, e stella o plac- Agostino Peroni. Innocenzo X nel
ca come sopra nella parte sinistra 1649 approvò questa congregazio-
del petto, la qual placca inoltre ne, la quale fece acquisto della
potranno avere anche nel loro fer- chiesa di san Pantaleo o Panta-
jaiuolo. I commendatori di forma leone nel rione Monti, con moni-
più piccola, e nastro più stretto, stero annesso già de' monaci basi-
cioè largo due pollici, pendente liani , ciò che confermò nel 1669
come sopra, senza placca. I cava- Clemente IX, col breve Expoiii
beri poi usano la così detta pie- nobis : la chiesa era parrocchiale,
cola croce, appesa con nastro più consacrata nell'anno 1 1 13, e filiale
stretto di quello de' commendatori di quella di s. Pietro in Vincoli,
dalla parte sinistra dell' abito , e insieme a quella di s. Andrea di
senza placca o stella, V. il Rcgo- Portogallo ivi vicina ; i monaci e-
lamenlo o siano costituzioni del- rano passati in s. Giovanni in
l'ordine del Merito sotto il titolo Moscatello, ora chiesa di s. Ve-
di s. Giuseppe. Firenze nella slam- nanzio de' camerinesi. Il p. Motta
peria granducale. morì a'22 gennaio 1 658, lascian-
GIUSEPPE (s.), Congregazione do alla congregazione la sua ricca
di sacerdoti. Il p. Paolo Motta biblioteca. Per meglio stabilire la
gentiluomo milanese , ad esempio congregazione furono formate le
di s. Filippo Neri istitutore dei costituzioni da osservarsi con la
Filippini [Vedi), fondò una con- direzione del p. Marco Soccini
gregazione di preti secolari in Ro- sacerdote dell' oratorio di s. Filip-
ma nel 1620, sotto gli auspicii di pò Neri, le quali confermò Inno-
s. Giuseppe, e secondo il p. Bo- cenzo XI nel 1684 col breve
Danni sotto quelli del mistero della Ex injuncto, con quelle ingiunzio-
Purificazione. Fu approvata nell'an- ni che si leggono nel p. Bonanni
no stesso da Paolo V, che gli con- che ce ne dà pure la figura a p.
cesse un oratorio presso la chiesa XI, par. Ili, del Catalogo degli
di s. Lorenzo in Damaso. L'inlen- ordini religiosi. La chiesa di s.
zione del p. Paolo Motta fu di Pantaleo, come la chiama Ridol-
formare degli ecclesiastici, i quali fino Venuti, Roma moderna p.
senza perdere di vista la loro per- 77 , o di s. Pantaleone, come la
fezione, si affaticassero continua- chiamano il Panciroli, Tesori na-
mente sotto la direzione ed ubbi- scosti p. 644» e Martinelli, Roma
dienza del Papa e del suo vi- ex ethnica sacra p. 267, è detta
cario in Roma^ in edificare ed i- ai pantani perchè situata in luo-
struire i popoli senza ritrarne al- go umido e paludoso, essendovi
enn emolumento. I preti di que- statele Carine; de' Monti, per es-
sta congregazione non vivevano sere in tale regione presso la via
dapprima in comune, ma nel 1646 Alessandrina, così detta dal cardi-
sette di essi diedero principio al- nal Bonelli nipote di s. Pio V
la vita comune sotto il patriarca che l'aprì e restaurò; ed in tri-
S. Giuseppe, cioè Pompeo Ange- bus foris, perchè vicina a tale luo-
Jticci, Paolo Mercati, Paolo Roc- go. La chiesa fu edificata in ono-
GIC
re di s. Pantaleone medico di Ni-
comedia, che patì il martirio ai
27 luglio sotto Massimiano, nel
luogo ove era il tempio della dea
Tellure cioè della terra, per to-
gliere la superstizione su di un
pozzo d' acqua die ivi esisteva,
essendo creduta I' acqua vantag-
giosa alle infermità, per cui fu
poi benedetta dell' acqua con le
reliquie del santo, e dispensata al
popolo nella sua festa. Il tempio
1' avea fabbricato Tito Sempronio
nel luogo ov' era il palazzo di
Cassio, e soleva ndunarvisi il se-
nato nelle cose dubbie. Presso
questo sito fu il famoso vico Scel-
lerato, e la chiesa di s. Biagio,
nel cui giardino furono trovate nel
)565 diverse statue, le quali ven-
nero trasportate al palazzo l'arne-
se, come scrive Lucio Fauno. 11
citato Martinelli riporta alcune i-
scrizioni della chiesa di s. Panta-
leone, e di quella di s. Biagio
ch'era della nobile famiglia roma-
na Paparoni, e già esisteva nel
1201.
GIUSEPPE (s.), Religiose spe-
daliere di. Questa congregazione
incominciò con una comunità di
donzelle secolari, stabilite da ma-
damigella de la Ferie, d'una fa-
miglia distinta de la Flèche nel-
1' Anjoa. Essa nel 164?- prese cu-
ra de* poveri dell' ospedale de la
Fléche, con madamigella di liibe-
re, cui subito si associarono delle
compagne, il cui numero presto
SÌ aumentò, onde il vescovo d'An-
gers de Rueil le approvò nel se-
guente anno con alcune costitu-
zioni. A enne stabilito il numero
di trenta fighr spedaliere, e di sei
converse, e che la superiora si e-
legesse in ogni triennio. Le re-
ligiose dopo Ott'anni che sono nel-
G I V 3 1 7
la congregazione fanno i voti sem-
plici di castità, di povertà e di
obbedienza, con obbligo per quar-
to voto d'impiegarsi in servigio dei
poveri, i quali voti rinnovano ogni
anno nella festa dello sposalizio
della lì. Vergine con s. Giuseppe
loro protettore. Le spedaliere si
propagarono in varie provincie
della Francia, e l'anno i65o, nel
Canada, dove si stabilirono in
Montreal, quando ancora non fa-
cevano voti, ma solo obbligavansi
per un determinato spazio di tem-
po di restare nella congregazione.
Le case di Moulins, di Lavai, di
Beaugé, e di Montreal, furono le
prime che nel i663 fecero i voli
solenni , con clausura e la regola
di s. Agostino, per cui Alessandro
VII con breve de' 19 gennaio i6ób
approvò 1' istituto, lo dichiarò o-
spitalario e veramente religioso;
indi altre costituzioni con qualche
mutazione furono compilate nel
1 685 dal vescovo d' Angers. Ol-
tre le suore destinate per il coro,
e le converse, fu concesso a cia-
scuna casa di poter ricevere del-
le sorelle associate, cioè delle li-
glie o vedove, le quali non po-
tendo essere ricevute alla profes-
sione come religiose, desiderassero
nondimeno di passare il restante
de' loro giorni in una delle case
per convivere con le religiose ,
senza essere obbligate all'osservan-
za. Le case ed ospedali di Lavai
e di Beauge furono fondati dalla
principessa di Epinoy Anna di
Melun iK'l l65a, quandi) entrò
nella congregazione Le religiose non
sono tentile the ai digiuni pre-
scritti da Ila ( aiata, < -I ■ tv. itai <
l'uffìzio della Madonna ogni gior-
no, ed a cantare il vespero in tut-
te le feste di prefetto* Dopo ava
cuG GIÙ
pronunziato i voli, le religiose ri-
cevono un anello d' argento, con
intorno incise queste parole : Ge-
sù Maria Giuseppe. L'abito delle
velate consiste in una veste, chiu-
sa davanti con alcuni uncinelli, in
l'orma di sottana alquanto larga,
lermata con una cintura di lana
nera, in un velo parimenti nero,
ed in un soggolo come quello
delle altre religiose. Le converse
vestono nella stessa maniera, ma
invece del velo nero, ne portano
uno bianco.
GIUSEPPE (s.), Figlie secolari
spedaliere di. Furono particolar-
mente istituite pel governo delle
orfane, dalla pia donzella Maria
Delpech de i'Estang in Bordeaux,
la quale avendo raccolte in una
casa alcune figlie orfane, ne prese
cura, e ad essa si unirono altre
donzelle e vedove. Divenuta pic-
cola la casa in proporzione delle
orfane, Maria acquistò tre altre
case e loro donollc a' 17 aprile
|638, con approvazione dell'arci-
vescovo di Bordeaux, il quale c-
resse la casa in società o congre-
gazione di figlie e di vedove sot-
to il titolo di Società delle so-
relle di s. Giuseppe pel gover-
no delle orfane. L' arcivescovo
compose per esse analoghe costi-
tuzioni, le quali furono confermate
dai suoi successori. Lo stabilimen-
to fu autorizzalo nel iG3q dal re
Luigi XIII , e confermalo nel
1673 dal re Luigi XIV. In Ori-
gine le suore non furono che set-
te, ma in seguilo si aumenta-
rono fino a dodici , con sette
converse. Le prime insegnavano
alle orlane a leggere e scrivere, e
le altre lutti i lavori convenienti
>l loro sesso. 11 profitto che ri-
eavavasi da tali lavori sevviva pei
GIÙ
il manteuimento della casa; ed è
per questo medesimo oggetto che
furono in seguito ricevute anche
delle làneiulle in pensione. Il ve-
stito adottato fu nero, s"i per le
suore, che per le converse. La ca-
sa di Bordeaux diede origine ad
altre case in altre città della Fran-
cia, come a Parigi, Rouen, Tolo-
sa, Agen, Limoges, la Ptochelleec,
le quali riconoscevano anch' esse
per loro fondatrice madamigella
Delpech de l'Estang, ma con ditfe-
renli costituzioni date dai rispetti-
vi vescovi.
GIUSEPPE (s.), Sorelle o fi-
gliuole di. Questa congregazione
ebbe origine nella città di Puy nel
Velay, dove fu eretta da Enrico
di Maupas di Tour, vescovo e con-
te di quella città , nel i65o, ad
istanza del p. Gio. Pietro Medail-
le gesuita. Questo santo uomo a-
vendo trovato nel corso di sue mis-
sioni molte vedove e donzelle, che
risolute di non maritarsi desidera-
vano di lasciare il mondo per con-
sacrarsi più liberamente al servi-
gio di Dio e del prossimo, ma che
non potevano entrare in monistero
per mancanza di dote , propose al
detto vescovo d' istituire una con-
gregazione, nella quale quelle don-
zelle e vedove potessero ritirarsi
per trafficare la loro salute, ed at-
tendere a tulli gli esercizi di cui
fossero capaci per vantaggio del
prossimo. Il vescovo di Puy ap-
provò il progetto del p. Giovanni,
e chiamò nella città le donzelle
disposte al ritiro , che in seguito
passarono nell'ospedale delle orla-
ne a tal uopo disposto dal vesco-
vo, il quale loro ne diede il go-
verno, ed a' i5 otlohre iG5o le
pose sotto la protezione di s. Giu-
seppe, ordinaiklo che la congrega-
GIÙ
ziouc ne portasse il nome : pre-
scrisse loro delle regole , non che
l'abito. Le costituzioni furono ap-
provate dal successore, e nel iG6ti
autorizzate con lettere patenti dal
re Luigi XIV, e presto l'istituto
si propagò nella Francia.
GIUSTA e RUFINA (ss). Era-
no due pie donne cristiane di Si-
viglia , che dal loro commercio
traevano di che vivere ed assi-
stere anco i poveri . Avendo ricu-
sato di vendere ai p;igani certe
cose che dovevano servire ai loro
sagrifizi, essi atterrarono la loro bot-
tega, e le menarono al governatore.
Giusta e Rufina confessarono gene-
rosamente Gesù Cristo, laonde fu-
rono distese sul cavalletto e stra-
ziate con unghie di ferro: Giusta
spirò in quel tormento , e Rufina
fu strangolata, indi i loro corpi
furono bruciali. Soffersero nell'an-
no 3o/f, e sono menzionate nel
martirologio romano il giorno 19
di luglio.
GIUSTINA (s.). Figlia di Vita-
liano, persona ragguardevole di Pa-
dova, il quale avendola ottenuta
da Dio in virtù delle preci di s.
Prosdocimo discepolo di s. Pietro,
e primo vescovo di quella città ,
non solamente bramò che tosse
battezzata ed offerta al Signore ,
ma egli stesso e la moglie Perpe-
digua abbracciarono la fède cri-
stiana. Fatta Giustina più grande
e bene istrutta dal santo prelato
nelle verità del vangelo, fece voto
a Dio di conservale immacolato il
giglio della sua verginità. Suscita-
tasi frattanto in Padova una fiera
persecuzione conilo i cristiani (pro-
babilmente quella ordinata da Ne-
rone nell'anno (>\ dell'era volgale,
e non quella rinnovata da Diocle-
ziano e Massimiano nel Joj, come
GIÙ 2.7
riporta il Tillemont), Giustina con-
fessando pubblicamente la fede ili
Gesù Cristo , colse la palma del
martirio. Il suo corpo venne devo-
tamente sepolto fuori della città
per cura del santo vescovo Pro-
sdocimo. Fortunato, ch'era nato nel-
le vicinanze di Padova, e che fu
poscia vescovo di Poitiers nel sesto
secolo, parlò di s. Giustina come
di una delle più illustri vergini
della Chiesa. Verso la metà del
quinto secolo, Opilione prefetto del
pretorio e patrizio, che fu poi con-
sole nel 4^3, fece edificare nella cit-
tà di Padova una chiesa in onore di
s. Giustina. Le sue reliquie, che si
erano nascoste duranti le guerre
di Attila, il quale distrusse anche
Padova, restarono per lungo tem-
po dimenticate , e se ne perdette
perfino la traccia ; finalmente ven-
nero ritrovate per cura del vesco-
vo Gerardo a' 19 marzo del 1 177,
e trasferite nella chiesa a lei de-
dicata. Questa chiesa fu riedificata
nel i5oi, ed è col monistero dei
benedettini a cui appartenne (ora
spedale militare degl'invalidi), uno
dei più begli edilìzi che vi sicno
in questo genere. Quando fu ter-
minalo il nuovo coro, le reliquie
di s. Giustina, ch'erano state col-
locate sotto l'aliar maggiore, furo-
no trasportate nel 1627 con gran-
dissima solennità in una magnifi-
ca volta costruita sotto il medesi-
mo altare. F s. Giustina la patro-
na particolare «li Padova, come fu
protettrice della repubblica ih Ve-
nezia, ove havvi pure una cbii 1
che porta il mio nome (ora casa
d'istruzione militare della marina):
questa chiesa era anticamente col-
legiata, e il senato veneto vi an-
d.iv.i processioualmente ogni anno
nel giorno micio alla santa, eh* è il
2i8 GIÙ
7 d'ottobre, in ringraziamento del-
la vittoria riportata sui turchi nel
golfo di Lepanto. La repubblica
inoltre in segno della sua ricono-
scenza e venerazione fece coniare
delle monete col L' iscrizione : Memor
ero tur, Justina Virgo.
GIUSTINA (s.), martire. V. Ci-
priano (s.), detto il Mago.
GIUSTINIANI Vincenzo, Car-
dinale. Vincenzo Giustiniani patri-
zio genovese, nato nell'isola di Scio,
della quale questa famiglia era si-
gnora, vesti contro la volontà dei
genitori l'abito di s. Domenico, ed
ottenute pei suoi meriti le cariche
più cospicue dell'ordine, mentre
Paolo IV lo avea eletto presidente
del capitolo, nell'età di trent' otto
anni fu proclamato generale del
suo ordine a' 29 maggio i558. In
questa dignità intervenne al con-
cilio di Trento nelle sessioni die
si tennero sotto Pio IV, dove più
volte venne consultato sopra punti
gravissimi dai legati pontificii, die
nelle cose più di/liei li si valsero di
lui, laonde pel suo lino giudizio e
singoiar prudenza si rese beneme-
rito di quell'augusta assemblea. La
città ed il senato di Milano, persua-
si della sua integrità e saviezza, lo
spedirono ambasciatore a Filippo II
re di Spagna per tra it are cose se-
grete e rilevanti ; facendo altrettan-
to s. Pio V, che Io incaricò pel re
d'importantissimi affari, tra i quali
la restituzione al cardinal s. Carlo
Borromeo della giurisdizione sulla
chiesa di Milano, che nella di lui
assenza erasi in parte usurpata dal
tribunale laicale. Mentre il Giusti-
niani portava in Ispagna a compi-
mento le sue commissioni, a' 17
maggio 1570 s. Pio V lo creò car-
dinale dell'ordine de' preti, e po-
scia in titolo gli conferì la chiesa
GIÙ
di s. Nicolò tra le Immagini. Lo
confermò nella carica di generale
sino alla celebrazione del nuovo
capitolo, e lo fece protettore del
suo ordine, e di quello di Vallom-
brosa, deputandolo sopra le congre-
gazioni dell' indice e de' vescovi e
regolari. 11 Giustiniani fondò nella
chiesa di s. Maria sopra Minerva di
Roma una magnifica cappella in o-
nore di s. Vincenzo Ferreri, ed edi-
ficò buona parte di quel convento
de' domenicani, con una biblioteca
per loro uso. Essendo abbate di s.
Siro della città di Genova, col be-
neplacito di Gregorio XIII cede
quella chiesa coll'annesso moniste-
ro ai teatini. Nel grado di gene-
rale de' domenicani rivolse tutte le
sue sollecitudini contro l'eresia, spe-
di gran numero di religiosi nelle
regioni degl' infedeli, nell' Indie o-
rientali ed occidentali, nel Giappo-
ne e nella Cina, e per sua dili-
genza furono stampate in Roma le
opere di s. Tommaso d'Aquino, a
cui égli aggiunse i sermoni dello
stesso angelico dottore sino allora
inediti. I gravi affari in cui fu oc-
cupato nei pontificati di s. Pio V
e Gregorio XIII, non lo resero me-
no vigilante sulla propria condotta,
né meno applicato all'esercizio del-
l'orazione, e alla pratica delle cri-
stiane virtù. Umile, modesto e co-
stantemente religioso, mostrò uno
zelo ardente per la purità della fe-
de e per gì' interessi della religio-
ne, una tenera carità verso i mi-
serabili, ed un amore sincero per
la giustizia, oltre un impegno sin-
golare per coloro che si trovavano
nell'oppressione. Non si può abba-
stanza dire quanto operasse in fa-
vore di Bartolomeo Carranza arci-
vescovo di Toledo, carcerato in
Ispagna per ordine della sacra in-
GIÙ GIÙ 219
quisizione : in Roma Io visitò so- la congregazione per approvar quel-
\ente, e lo consolò nella prigione la de' chierici regolari minori. Da
di castel s. Angelo, lusingandosi di Gregorio XIV, e da Innocenzo IX
averlo poi seco nel convento della fu decorato della legazione della
Minerva. Dopo essere intervenuto Marca e di Ascoli, che governò con
al conclave per 1' elezione di Gre- plauso d' integrità, giustizia, e sod-
gorio XIII, in cui poco gi mancò disfazione di que' popoli ; nel qnal
di essere esaltato al pontificato, tempo condusse a fine la fabbrica
morì in Roma di anni sessanta- del collegio de' gesuiti in Mace-
tre nel 1D82. Il suo cadavere fu Alta. Nel 098 accompagnò Cle-
sepolto al destro lato della cap- mente Vili quando si recò a pren-
pella da lui eretta, nel magnifico dere possesso di Ferrara, dove fu
monumento che gli fabbricarono dichiarato prefetto della congrega-
i fratelli Pietro, Giuseppe e Gre- zione de' vescovi e regolari, ed an-
gorio, con breve iscrizione. Questo noverato in quelle del concilio , e
cardinale nobilitò il sepolcro di s. per la guerra d' Ungheria. Supplì
Domenico in Bologna colla sta- al cardinal Gaetani nel camerlen-
tua di argento, rappresentante quel gato di s. Cbiesa , indi fu fatto
glorioso santo, e lasciò un legato presidente del tribunale della se-
per le spese del capitolo gene- gnatura di giustizia, protettore dei
rale. vallombrosaui , nella riforma dei
GIUSTINIANI Benedetto, Car- quali si valse utilmente del ven.
dinale. Benedetto Giustiniani pa- Giovanni Leonardi fondatole dei
trizio genovese, ma nato in Scio chierici regolari della Madre di
dai signori di quell' isola, di cui è Dio , e ad essi ottenne dal cardi-
fama che la madre, sterile da lun- nal Bartolomeo Cesi, con benepla-
go tempo, 1' ottenesse per un voto cito apostolico, la chiesa di s. Ma-
fatto a Dio, ebbe per zio il cardi- ria in Portico. Favorì l'assoluzione
nal Vincenzo. Dotato di vivo e di Enrico IV re di Francia, del
sottile ingegno, fece nelle universi- qual regno fu vice-protettore. Pao-
tà di Perugia e di Padova mera- lo V gli commise la legazione di
vigliosi progressi nello studio delle Bologna, che esercitò egregiamente
leggi, in cui prese la laurea in per cinque anni, ne' quali ricevette
Genova nel 1577. Gregorio XIII splendidamente settanta gran si-
gli conferì gli stessi benefizi che gnori , ivi pubblicando utili leggi,
possedeva il defunto zio, con molti e zelando il lustro di quella cele-
onorevoli incarichi. Sisto V lo fé- bre università. Difensore dell' lin-
ce tesoriere generale, e poco dopo munita ecclesiastica e della dignità
a' fj dicembre i586 lo creò car- cardinalizia, fu pure religioso ver-
dinale diacono di s. Giorgio in Ve- so Dio, mai tralasciando di cele-
lahro, diaconia che poi cambiò col brare la messa. Liberale e muni-
titolo di s. Prisca, die dopo averlo fico coi famigliari , fu ancbe gene-
abbellito concesse agli agostiniani, roso coi poveri , e singolarmente coi
poscia permutato col vescovato di giovanetti che di proposito appli-
Porto cbe otteoM da Paolo \ nel- caratisi agli studi , onde gommini-'
l'anno i6ao. Indi lo <;tr>M> Si- itrava l"i<> I occorrente per 000*1
sto V lo deputò membra del- piare il corso delle scienze. Divo-
220 GIÙ
lissimo della Beata Vergine, è fa-
ma che in suo onore ogni sabba to
distribuisse a settemila poveri l'e-
lemosina, come chiaramente dico-
no il Marracci ed il Ciacconio ;
ed in morte lasciò le sue facoltà
parte al santuario di Loreto, e
parte all'arciconfraternita della san-
tissima Annunziata di B.oma nella
somma di cinquantamila scudi, per
dotine nella festa della Concezione
alcune zitelle di Loreto ; ma del-
l'asse paterno istituì erede il prin-
cipe di Bassano suo fratello. Inter-
venne all' elezione di sette Papi ,
ma nell' ultimo in cui fu eletto
Gregorio XV, per non essere stato
considerato in conclave , mentre si
lusingava di essere esaltato , sog-
giacque a malattia, e ad una ma-
linconia, che gli troncò i giorni in
Roma a' 27 marzo 1621, d'anni
sessantasette. Fu sepolto nella cap-
pella dello zio in s. Maria sopra
Minerva, con onorevole iscrizione,
altra leggendosene sotto il di lui
marmoreo busto, che la nominata
a rei con fraternità gli eresse nella
medesima chiesa, nella propria cap-
pella della ss. Annunziata. Amato
e stimato dai Papi, gli scrittori ne
fecero i più alti elogi, e nella chiesa
di s. Sebastiano fuori le mura fece
collocare le reliquie di quella chiesa
111 urna di argento. Mentre egli vi-
veva , volendo Clemente Vili ri-
munerare il suo depositario Giu-
seppe Giustiniani parente del car-
dinale , benemerito della camera
apostolica, specialmente per 1' acqui-
sto di Monte s. Giovanni , di cui
parlammo al voi. XXVII, p. 285
del Dizionario , ornò la famiglia
Giustiniani di molli privilegi , che
poi gli furono confermali da Pao-
lo V, Gregorio XV, Urbano Vili,
Innocenzo X, ed Alessandro VII.
GIÙ
GIUSTINIANI Orazio, Cardi-
nale. Orazio Giustiniani patrizio
genovese , nato neh' isola di Scio ,
recatosi ancor fanciullo in Roma ,
entrò d' anni venticinque tra i pre-
ti dell' oratorio di Roma o filippi-
ni , dove menando una vita edifi-
cante ed esemplare, divenne un ze-
lante operaio , predicando con sin-
golare eloquenza e fervore , con
frutto degli ascoltanti : ebbe gran-
de impegno per la canonizzazione
di s. Filippo Neri, ed eresse iti
Carbognano la prima chiesa in di
lui onore. Informato della sua vir-
tù e zelo il cardinal Francesco
Barberini, lo deputò a sopraintende-
re sull'abbazia di Farfa, e nel i632
lo fece custode della biblioteca va-
ticana, dove ebbe tutto l' agio di
raccogliere gli atti, e descrivere la
Storia del concilio fiorentino. Dopo
essere stalo spedito in Ancona per
trattare col pseudo-patriarca di Co-
stantinopoli Atanasio Patelerio, che
pieno di mal talento incamminan-
dosi verso Roma ebbe ordine di
non procedere più oltre, fu ascrit-
to tra i consultori del s. offizio da
Urbano Vili, che nel 1640 lo fe-
ce vescovo di Mon tallo , ove per
l' onore di Dio e salute delle ani-
me faticando, e vivendo come gli
antichi vescovi, acquistossi tale re-
putazione presso i suoi diocesani ,
che gli riuscì di terminare una lun-
ga e disgustosa controversia tra il
vescovo e la città, con I' aiuto del-
la quale potè fondare l' episcopio
per uso de' vescovi. L' inclemenza
dell'aria per la sua salute nociva >
indussero Innocenzo X a trasferir-
lo nel i645 alla sede di Nocera ,
dove oltre 1' avervi introdotto i fì-
lippini , incominciò a spiegare al
popolo la dottrina cristiana , am-
maestrando ni pari tempo cou in-
GIÙ
comparabile dolcezza il clero nel-
I' ecclesiastica liturgia, nella quale
era peritissimo. Il Pontefice pei tan-
to, prima per ricompensare i suoi
meriti, e poi per fare co«a grata ad
Andrea Giustiniani principe di Cas-
sano, che avea sposata la propria
nipote, a' 6 marzo i6{."> lo creò
cardinale prete del titolo di s. Ono-
frio, penitenziere maggiore , e nel
1646 bibliotecario di s. Chiesa, non
che protettore dell' ordine di s. Ba-
silio. Rinunziò al vescovato , e nel
iGj9 volle trovarsi presente al ca-
pitolo generale celebrato dai basi-
liani in Groltaferrata , ad oggetto
di promovere tra essi la regolare
disciplina, i cui decreti nella mag-
gior parte ebbero la sanzione pon-
tifìcia. Per la particola!' divozione
che sempre nutrì per la Beata Ver-
gine, ne recitava ogni giorno il Ro-
sario, visitando la di lei cappella
in s. Maria sopra Minerva, ove di
frequente celebrava. Pieno di com-
passione pei peccatori , accoglieva
alfettuosarnente coloro che a lui
ricorrevano , dando a tutti ed a
qualunque ora graziosa udienza ; e
ai poveri distribuiva abbondanti li-
mosiue. Estese le sue cure all' or-
dinamento della biblioteca vatica-
na al modo che dicemmo all'arti-
colo Bieliotecario di s. Chiesa. Ter-
minò la santa sua vita con pia
morte a' i5 luglio 1G49, m l>l0ma>
in età d'anni settanta, ed ebbe se-
poltura tra' suoi filippini, nella chie-
sa di s. Maria in Vallicella, secon-
do la sua testamentaria deposizio-
ne. Questo dotto cardinale srris^e
vari trattati, che restarono inediti.
GIUSTINIANI (.iacomo, Cardi-
nale. Giacomo Giustiniani della no-
bile famigli 1 |'i incipesca <li G< nova
e Ji Roma, quivi n icque a' aq di-
cembre 1769 dal principe d. I!e
GIÙ 22 r
nedetto, e dalla contessa Cecilia
Maoni inglese. Dopo avere fatto i
suoi studi nel collegio Libano, de-
dicatosi allo stato ecclesiastico, me-
lilo di essere ammesso alla prela-
tura da Pio VI, e quindi da Ini
nominato nel 1794 vicclcgato di
Ravenna, indi nel 1 79" governa Io-
re di Perugia , poscia fu fatto in
Roma presidente della giunta di
stato , se non che occupatisi dai
francesi interamente i domimi del-
la santa Sede, e proclamata la re-
pubblica , soggiacque a quelle vi-
cende cui fui ono bersaglio i mini-
stri pontificii, onde fuggito a Na-
poli ritornò nella condizione seco-
lare, e vi continuò anche dopo re-
iezione di Pio VII, viaggiando in
diverse regioni, ed aumentando in
tal modo le scientifiche sue cogni-
zioni , anche nelle ili verse lingue
orientali ed europee in cui diven-
ve colto, per le quali dappoi spes-
so dottamente conferiva col poli-
glotta vivente l'esimio cardinal Mez-
zofanti. Passali cinque anni di prigio-
nia, Pio \ Il nel maggio 1 8 1 4 fu glo
riosamente restituito alla sua Sede,
quando per la saggia condotta te-
nuta da Giacomo, e pel suo desi-
derio di riprendere le insegne pre-
latizie, e di nuovo dedicarsi al ser-
vigio della santa' Sede, lo nominò
pro-governatore di Roma. Indi aven-
dolo annoverato tra i suoi prelati,
lo incaricò di ricevere in nome
della Sede apostolica la legazione
di Bologna, clic ad e^sa restituiva-
si per decreto del congresso di
Vienna, per cui colla dignità di
delegato pontificio ne riordinò il
governamento, come ne riorganizzò
l'università, con soddisfazione d< 1
Papa e de' bologm -1 Dip 1
diim sacerdote, e nel concistoro dei
\ \ apule 1817 fu dichiarato arci'
222 GID
vescovo di Tiro in partibus, e nun-
zio apostolico di Spagna ; rappre-
sentanza che funse con fortezza di
animo e decoro ecclesiastico. Leo-
ne XII, nel 1826, nel concistoro dei
i3 marzo lo traslatò alla chiesa
vescovile d'Imola, ed in quello dei
2 ottobre lo creò cardinale dell'or-
dine de' preti ; la notizia con il ber-
rettino cardinalizio gliela mandò a
Madrid per la guardia nobile d.
Emmanuele de' principi Ruspoli ,
che dal re fu fatto cavaliere del-
l'ordine della Concezione ; ed alle-
gato per la tradizione della berretta
rossa destinò monsignor Ignazio Ca-
dolini ora cardinale, a quel tempo
uditore della nunziatura. Portatosi
il cardinale in Roma, ricevette da
Leone XII il cappello cardinalizio,
e per titolo la chiesa de' ss. Mar-
cellino e Pietro, annoverandolo alle
congregazioni de' vescovi e regolari,
di propaganda fide, della disciplina
regolare, e della fabbrica di s. Pie-
tro. Poscia si recò in Imola suo
vescovato, e vi restò sino all'anno
iBaq, epoca in cui dovette resti-
tuirsi in Roma pel conclave, in cui
uscì eletto Pio VIII, il quale vi-
vendo venti mesi , nel dicembre
i83o di nuovo il cardinale partì
da Imola pel conclave. Verso il de-
cimoquinto giorno di questo, i voti
eh' egli aveà pel pontificato si au-
mentarono di numero, ad onta che
alcuni facessero osservare di 1 aver
egli numerosa parentela, ed incli-
nare alla severità, come addimostrò
in un editto pubblicato nella sua
diocesi contro i bestemmiatori, oltre
il divieto dell' uso del baldacclMiio
che in una processione adoperava il
popolo, che perciò si ammutinò re-
cando gravi danni all' episcopio ,
onde il cardinale per non compro-
mettere la sua diguità, prudente-
GIU
mente si ritirò in quel frangente.
Per imparzialità istorica dobbiamo
rettificare con uua breve digressio-
ne la taccia che di severo fu data
in tale avvenimento al cardinale. E
pertanto a sapersi che non si può
negare il divieto in Imola del bal-
dacchino, sotto cui si portava in
processione la reliquia della B. Ver-
gine, come anche l'ammutinamento
del popolo che gravissimi danni nel
suo furore recò all'episcopio, e la
prudente ritirata del cardinale per
non compromettere la sua persona
e la sua dignità. Non deve per altro
tacersi che alla proibizione del bal-
dacchino egli non s' indusse che do-
po un ripetuto carteggio del cardi-
nal prefetto della congregazione dei
sacri riti, che gli avea ingiunto di
eliminare l'introdotto abuso, dappoi-
ché la stessa sacra congregazione
con decreti de' 2 3 marzo 1686, e
23 settembre 1820 aveva proibito
1' uso del baldacchino in tali circo-
stanze. Prevalendo 1' elogio che fa-
cevasi delle sue virtù. , sperienza ,
saggezza, e zelo addimostrato nel
disimpegno della nunziatura, si pro-
gredì nelle numerose votazioni, pe-
rò solo si temeva che non fosse gra-
dito alla corte di Spagna, la quale
nel precedente conclave avea inca-
ricato il cardinale Gravina di esclu-
derlo dal pontificato, secondo quan-
to si narra. Intanto la sera de' 6
gennaio 1 83 1 , ventesimo secondo
giorno di conclave, il cardinal Mnr-
co-y-Catalan spagnuolo ricevette
dall'ambasciator di Spagna Labra-
dor l'esclusiva formale di quella
corte pel cardinale Giacomo Giusti-
niani, ch'essendo stato nunzio pres-
so il re Ferdinando VII aveagli
prestato utili servigi nel periodo
delle cortes, ed avea protetto il cle-
ro contro. U ministero, e con ener-
GIÙ
giche note nvea dilèsa l'assoluta
sovranità di detto monarca, il quale
in contrassegno di sua benevolenza
avealo decorato colla gran croce
del real ordine di Carlo IH, ossia
della Concezione , uno dei più di-
stinti del suo reame ; laonde a quel
ministero, tornato in posto, si volle
attribuire questa esclusiva. Quindi
il cardinal Marco vedendo nello
scrutinio della mattina seguente
ventuno voli, cioè sedici di scruti-
nio e cinque di accesso, de' venti-
nove che ne occorrevano per l' e-
lezione, e temendo che questa si
conchiudesse con I' aumento de' vo-
ti , si recò a notificare tale esclu-
sione al di lui nipote cardinale
Odescalchi, al cardinal Pacca de-
cano del sacro collegio, e ad altri
cardinali. Tuttavolta pei surriferiti
riflessi in favore del cardinole non
potendosi alcuni pienamente per-
suadere dell'esclusiva, bramarono
verificarne 1' esistenza, e conoscere
com'era concepita. Allora il car-
dinale Marco produsse un bi-
glietto dell'ambasciatore, con l'an-
tidata de'24 dicembre, del seguen-
te tenore.
»» 11 sottoscritto ambasciatole
»> straordinario e plenipotenziario
» di sua maestà Cattolica presso
>» la santa Sede, riverisce distinta-
» mente sua eminenza, e la pre-
m ga di far presente al sacro col-
« legio riunito in conclave, eh' e-
» gli in nome del suo augusto so-
»> vrano, e d'ordine espresso di
» sua maestà Cattolica , dà l'è-
» sclusione pel soglio pontifìcio al-
» l' emincnlissimo cardinal Giusti-
» niani ".
» Pietro Gomez. Labrador.
Quindi il cardinal decano, aven-
done puma a\ usato il cardinal
GIÙ m3
Giustiniani avanti lo scrutinio an-
timeridiano de' 9 gennaio, nella
cappella degli scintilli lesse il bi-
glietto al sacro collegio. Dopo di
che il cardinal Giustiniani si portò
in mezzo della cappella, e pronun-
ziò questo discorso. >* Se io non
conoscessi per esperienza le corti ,
avrei certo motivo di essere sor-
preso dell'esclusiva pubblicata dal-
leminentissimo decano, giacche ben
lungi dal potermi rimproverare di
aver dato a sua maestà Cattolica
alcun motivo di lagnanza in tem-
po della mia nunziatura, oso glo-
riarmi di aver reso dei segnalati
servigi alla maestà sua nella dif-
ficilissima circostanza in cui si è tro-
vata. Sua maestà medesima ha da-
to prove di conoscerlo onorando-
mi appena restituita all' intero e-
sercizio della sua sovranità della
gran croce della Concezione, ed
essendosi poco prima della mia
partenza impegnata efiicacemente
presso il santo Padre, perchè mi
volesse conferire una dignità nella
chiesa cattedrale di Valenza, lo
conserverò sempre memoria di que-
sti benefizi compartitimi da sua
maestà Cattolica, e nutrirò sempre
per la medesima il più profondo
rispetto, non meno che il più vi-
vo interesse per tuttociò che può
riguardare la prosperità della me-
desima, e della sua augusta Guai-
glia. Aggiungerò inoltre che di tutti
i benefizi concessimi da sua mae-
stà io riguardo, almeno in smanio
all'elleno, per il maggiore ed il
più grato quello ili chiudermi in
oggi l'adito alla Mibiimissima dignità
del pontificata Conoscendo ben 10
le une debolissime forze, non po-
terà prevedere che io dovessi mai
caricarmi ili un peso m grave, pu-
re \cdcndo nei giorni scorsi eoa
??4 C']X]
mia sorpresa che si pensava a me,
l'animo mio è stato penetrato dal-
la più viva amarezza. In oggi mi
trovo liberato da tale angustia ;
sono restituito alla mia tranquilli-
tà, e mi resta la compiacenza che
abbiano potuto gettare lo sguardo
sopra di me alcuni de' mici de-
gnissimi colleghi, che hanno voluto
onorarmi dei loro voti, ed ai quali
professerò sempre la mia più sin-
cera riconoscenza ".
La recita di tal discorso, per In di-
gnità e disinvoltura col quale venne
dello, eccitò nel sagro collegio mag-
giore estimazione per lui; commossi i
cardinali per l'accaduto, molti re-
caronsi in cella del cardinal Giu-
stiniani a secolui condolersi dell'e-
sclusiva, e a congratularsi per la sua
virtù. Questa venne premiata dal
Papa regnante Gregorio XVI, e-
letto nel medesimo conclave a' 2
febbraio, prima nel volerlo presso
di sé nel palazzo apostolico colla
carica palatina di prò- segretario
de' memoriali, e col trattarlo poi
con affetto e distinzione, benefican-
dolo in diversi modi. Indi succes-
sivamente lo fece membro delle con-
gregazioni del s. offizio, dell'im-
munità, della cerimoniale, dell'e-
same de' vescovi in sacri canoni,
degli affari ecclesiastici, esoneran-
dolo dal vescovato d' Imola nel
concistoro de' 17 dicembre i832,
e conferendogli le abbazie nullius
di Farfa e s. Salvatore Maggiore
allora perpetuamente unite. Que-
ste abbazie il cardinale le rinunziò
per l' offesa che riportò nel femo-
re per una caduta cui soggiacque
pochi giorni prima in cui aveva
tulio disposto per recarsi ad ese-
guire la visita pastorale nelle me-
desime abbazie. Inoltre il Papa lo
promosse; nei i83/ialh prefettura
GIÙ
della congregazione dell'indice; nel
1837 all'arcipretura di s. Pietro in
Vaticano, cui è unita la prefettu-
ra della congregazione di sua rev.
fabbrica ; non che alla cospicua
carica di camerlengo di santa ro-
mana Chiesa, essendo ad essa uni-
ta quella di arcicancelliere della
università romana. Nel concistoro
poi de' 22 novembre i83q lo
trasferì neh' ordine de' vescovi, con
la chiesa suburbicaria di Albano.
Leone XII lo avea fatto protetto-
re della confraternita delle sacre
Stimmate di Lugo, e della città
di Cervia ; ed il medesimo Grego-
rio XVI lo fece proiettore dell'or-
dine de' minori conventuali, e del
sacro militale ordine gerosolimita-
no, delle confraternite del ss. Sa-
gramento in s. Eustachio, della
Pietà de' carcerati in s. Gio. della
Pigna, e della Beata Vergine del
Carmine alle tre cannelle di Pio-
ma ; dell' arciconfraternita delle s.
Stimmate di Velletri, della confra-
ternita di s. Giuseppe da Liones-
sa in Otricoli ; delle città d' Imola,
Maidica, Urbania , Nepi, Cori,
Poggio Mirteto, di Trevignano, del-
la cattedrale di Orte, e della chie-
sa parrocchiale di s. Micbele ar-
cangelo di Vallecorsa. Come ca-
merlengo di s. Chiesa fu pure pro-
tettore del conservatorio di s. Eu-
femia, e del monistcro delle cap-
puccine di s. Urbano; ed il prin-
cipe d. Luigi Gio. Andrea Doria
Pamphilj Io elesse in proiettore
della chiesa di s. Agnese in Na-
vona colle sue dipendenze, non
meno che di quella abbaziale di
s. Martino in Montibus nullius
presso Vileibo, ambedue di gius-
patronato della sua nobilissima
rasa, in forza di due bolle d' In-
nocenzo X, una relativa a s A-
GIÙ
gnese, de' 7 febbraio 1 653, l'altra
riguardante a s. Martino, de' i!\
settembre i654- Finalmente il car-
dinale fu eziandio protettore del
collegio inglese; ma nella promo-
zione alla sacra porpora del car-
dinal Carlo Acton, stimò cosa con-
veniente, che a questi come car-
dinale della nazione meglio si
convenisse tale protettoria. Con
questo divisamente la rassegnò al
prefato Pontefice, che ne fece pa-
ghi i desiderii.
Lodato per dottrina ed amore
alle scienze, ai letterati ed artisti,
non che per virtù, mansuetudine,
pietà, carità, soavità di modi, ed
altri singolari pregi, dopo essere
caduto, come dicemmo, battendo
il femore, restò alquanto impedi-
to nel camminare, e soggiacque
quindi a diverse infermità; quando
per breve malattia di acuto reuma
di petto , mori in Roma con tut-
ti i conforti della santa religione,
a' 24 febbraio 1 843, d' anni set-
tantaquattro circa ; avendo pre-
messa nell' atto di ricevere nel
giorno avanti il ss. Viatico, alla
presenza del popolo che lo ac-
compagnava, con parole chiare e
distinte la professione di fede pre-
scritta nel cerimoniale dei vescovi.
La sua perdita fu meritamente
compianta da ogni ordine della
città, non che dalle corporazioni
letterarie ed artistiche, di cui era
non meno autorevole capo, che
amantissimo protettole. Il suo de-
gno collega il dotto cardinal Ja-
copo Monico patriarca di Venezia
ne celebrò il nome col seguente
bellissimo epigramma, che la tipo-
grafìa Emiliana pubblicò con que-
sti medesimi tipi.
Non omnis moreris: duo min-
qiiam obitura supersunt:
VOL. XXXI.
GIÙ ni
Spiritus et Nomen, Justiniase,
munì.
Dopo essere state esposte le
mortali spoglie del cardinal Giu-
stiniani nel suo palazzo, furono
trasportale colla solita pompa fu-
nebre nella chiesa di s. Maria so-
pra Minerva , e nella mattina
seguente alla cappella papale pon-
tificò il cardinal Castracane peni-
tenziere maggiore, e per distinzio-
ne si recò ad assistere 1' esequie il
Pontefice Gregorio XVI, che dopo
la messa fece, secondo il rito, l'as-
soluzione presso il feretro. Il ca-
davere venne poscia tumulato nel-
la stessa chiesa, nella cappella gen-
tilizia, presso il sepolcro de' suoi
illustri maggiori , secondo la sua
testamentaria disposizione, con la
quale dispose pure che un qua-
dro dipinto da Lippo Dalmasio
bolognese, e rappresentante il Re-
dentore che porta la croce, si u-
miliasse in omaggio di gratitudi-
ne al Papa. Inoltre beneficò con
pensioni alcuni de' suoi antichi fa-
migliari, e lasciò la sua scelta bi-
blioteca al suo seminario di Al-
bano, qualora il Pontefice beni-
gnamente gli condonasse un debi-
to di circa dieciottomila scudi che
avea con la camera apostolica, ce-
dendo in pari tempo ad alcune
ragioni eh' egli avea colla medesi-
ma, e fu esaudito. Il suo elogio
riposto nella cassa mortuaria, per
1' eloquenza epigrafica dell' idioma
latino fu stampato in Roma nel
medesimo anno 1 843 dalla tipo-
grafia Salviucci con questo tito-
lo: Elogium Jacobi Justiniani • S.
lì. E Card, cum corpore condi-
timi , auctore Francisco J\L.
bibUothecae f afwanae scriptore Ia-
lino. IVel numero 19 del Diario
i5
2 26 GIÙ
di Roma si legge la descrizione
de'solenni funerali che al cardi-
nale defunto celebrò col pontifi-
cio corpo de' professori ed alunni
1' insigne romana accademia di s.
Luca, come suo benemerito pro-
tettore, con musica dell' egregio
maestro Fontemaggi alla messa
celebrata dal p. abbate d. Vincen-
zo Tizzani, ora degno vescovo di
Terni. Il numero i4 delle Noli-
zie del giorno di Roma, riporta
gli onori funebri decorosamente
resi al cardinale nella chiesa di
s. Maria ad Martyres, dall'insigne
artistica congregazione de' virtuosi
al Pantheon , innanzi alla cap-
pella di s. Giuseppe di cui è pro-
prietaria, siccome suo proteggito-
re benefico : vi assisterono i mem-
bri della corporazione sì di me-
rito che di onore, celebrando la
messa d. Michele Ambrosini cou
musica dell'encomiato Fontemaggi.
Il virtuoso d' onore vescovo di
Terni lodato lesse una dotta ora-
zione funebre, con la quale elo-
quentemente enumerò i singolari
pregi del defunto, e I' altro vir-
tuoso d' onore p. Gio. Battista
Rosani preposilo generale delle scuo-
le pie, al presente vescovo d' Eri-
trea, compose l'aurea iscrizione la-
tina che fu collocata sulla porla
principale del tempio, e prodotta
dalle Notizie. Nel numero i o di
queste, ma del 1 844» s' ripor-
tano le solenni esequie fatte dai
reggitori dell'archiginnasio roma-
no, con conveniente pompa fune-
bre. Monsignor Andrea Maria Fiat-
tini avvocato concistoriale e pro-
motore della fede offrì l' incruento
sagrifìzio, con l'assistenza dei pon-
tificii cappellani cantori, di tutti
i collegi, professori ed allievi del-
l' università , del cardinal Riario
GIÙ
suo successore nell'areicancellierato,
dichiarandone con faconda orazio-
ne le chiare gesta il p. m. Ange-
Io Vincenzo Modena dell' ordine
de'predicatori , pubblico professore
e membro del collegio teologico ;
orazione che sarà resa di pubbli-
ca ragione. Sopra la porta del-
l'ingresso della chiesa, ed ai quat-
tro lati del tumulo, erano cinque
analoghe ed eleganti iscrizioni, ri-
portate pure dalle Notizie, detta-
te dalla celebre penna del prefato
vescovo d'Eritrea presidente del-
l'accademia pontificia de nobili ec-
clesiastici. Dei funerali decretati al
cardinale dalla pontificia accademia
romana di archeologia ne parlam-
mo al voi. XXVIII, pag. 62 del
Dizionario, come dell'applaudito
elogio che vi pronunziò il tesorie-
re della medesima, il conte cav.
Giuseppe Alborghetti, elogio che sa-
rà pubblicato con le stampe.
GIUSTINIANI Alessandro, Car
dinaie. Alessandro Giustiniani nac-
que in Genova da illustre fami-
glia patrizia ai 3 febbraio 1778,
e fino dai primi suoi anni mo-
strò che ad alte cose era destina-
to. Avviato nella carriera degli
studi sotto la direzione dell'esi-
mio letterato e matematico Multe-
do, presto fece conoscere il viva-
ce ingegno, ed il sottile intendi-
mento cui la natura avealo fre-
giato, insieme ad ottimo cuore.
Portatosi in Roma, venne persua-
so da autorevoli personaggi d' in-
traprendere la carriera ecclesiasti-
ca, onde da Pio VII fu ammesso
nel novero de' prelati, quindi no-
minato vicelegato di Bologna, in-
carico che consideratosi da Ales-
sandro troppo arduo al suo pri-
mo esperimento, supplicò ed ot-
tenne di esserne dispensato, ed iu
GIÙ
vece accettò la vice- legazione di
Ferrara, nella quale riuscì sì gra-
dito, che il municipio lo ascrisse
in un alla famiglia alla propria
nobiltà. Da questo luogo poco do-
po nel 1818 fu rimosso, e de-
stinato a Napoli per dare esecu-
zione al concordato conchiuso tra
la santa Sede, ed il re delle due
Sicilie, insieme al cardinale Diego
Innico Caracciolo , deputati ezian-
dio per la nuova circoscrizione del-
le diocesi del regno. Nella insurre-
zione del 1 820 si mostrò saggio e
zelante in far rispettare la santa
Sede, dappoiché essendo morto nel
gennaio il cardinal Caracciolo, e-
gli dovette solo proseguire il no-
minato grave e delicato incarico.
Terminate le cose politiche, e sod-
disfatto il re Ferdinando I del suo
contegno, lo domandò a Pio VII
per nunzio apostolico presso la
reale sua corte, per cui il Papa
a tale geloso uffìzio lo nominò ,
preconizzandolo arcivescovo di Pe-
tra iu partibus, nel concistoro dei
19 aprile 1822. In tal modo fu
ristabilita con reciproca soddisfa-
zione la nunziatura di Napoli, do-
po che da sessanta anni era va-
cante. Sul finire del 1826 Leone
XII lo promosse alla nunziatura di
Lisbona, ciò che ferì profondamen-
te nell' animo il prelato, e doven-
do far violenza a sé stesso con
lasciare incompleto il lavoro per
cui in otto anni tante fatiche a-
vea sostenuto, o fosse il piacere
della promozione troppo vivamen-
te provato , certo è che sentì tal
forte impressione nel suo fisico,
che in quel tempo ebbe i primi
attacchi ili lineila grave infermità
che doveva poscia l ondurlo al se-
polcro. In Portogallo «però di-
verse cose iu vantaggio della so-
GIU 227
cietà e della religione, come coo-
però al ristabilimento de' gesuiti
nel regno. Nel tempo della sua
dimora a Lisbona fu testimonio dei
gravi avvenimenti di quel regno,
dappoiché avendo d. Pietro IV
imperatore del Brasile conceduto
ai portoghesi una carta modella-
ta sulle istituzioni dell'Inghilterra,
rinunziò quindi la corona di Por-
togallo a favore della regina Ma-
ria II da Gloria sua figlia, facen-
do poi reggente 1' infante d. Mi-
chele suo fratello. Questi però nel
maggio 1828 dai tre stati o an-
tiche cortes del regno, fu pro-
clamato re assoluto di Portogallo
col nome di d. Michele I. A.
questo sovrano Alessandro diven-
ne caro, e fu da lui colmato di
onori. Intanto il regnante Pontefi-
ce Gregorio XVI, nel concistoro
de' 3o settembre i83i, lo creò
cardinale dell'ordine de'preti, e ri-
serbandolo in petto, lo pubblicò
in quello de'2 luglio i832: gliene
significò la notizia colla spedizio-
ne del berrettino cardinalizio, a
mezzo della guardia nobile Gio.
Battista Pandolfi , che il re d.
Michele I decorò dell' ordine ca-
valleresco di Cristo; per ablegato
apostolico per la consegna della
berretta rossa venne nominato mon-
signor Minardi di Macerata, udi-
tore della nunziatura. Ma volendo
d. Pietro IV riporre sul trono la
regina sua figlia, mosse con una
flotta contro il re fratello, prese
Oporto, ed a'28 luglio 1 833 en-
trò in Lisbona, laonde nel mag-
gio del seguente anno costrinse il
re fratello a partire per l'Italia.
Mostrandosi il nuovo governo o-
stile con la santa Sede (ora per
allioin reciproca armonia), il car-
dinale ancora abbandonò il Porto-
228 GIÙ
«allo, seguito da molti ecclesiasti-
ci invisi al nuovo ordine di cose,
e malconcio dalla sua infermità
mentale, che anco in detto regno
l' avea molestato, si fermò in Ge-
nova sua patria. Appena si trovò
migliorato recossi a Roma per
umiliarsi al Pontefice, dal quale
ricevette il cappello cardinalizio
nel concistoro de' 18 dicembre
a 834, e per titolo la chiesa di s.
Croce in Gerusalemme, indi fu
annoverato alle congregazioni dei
•vescovi e regolari, della residenza
de' vescovi, dell'immunità, del buon
governo, e dell' economica. Assa-
lito nuovamente dalle sue aliena-
zioni, i parenti lo condussero in
Genova, ove vivendo il resto del-
l'infelice sua vita in ritiratissima
solitudine, deplorato per le sue dis-
grazie, e per le belle qualità di
cui andò adorno, morì agli i i
ottobre 1 843, d' anni circa ses-
santasei. Ai i4 detto furono cele-
brati i di lui solenni funerali nel-
la chiesa di s. Francesco in Alba-
ro, ove celebrò pontificalmente la
messa di requiem il cardinale
'ladini arcivescovo di Genova, as-
sistito dal suo capitolo metropo-
litano : indi il cadavere fu sepolto
nella medesima chiesa.
GIUSTIN1ANOPOLI, Justinia-
liopolis. Sede vescovile della pri-
ma Armenia, nella diocesi di Pon-
to, sotto la metropoli di Sebaste.
Vuoisi situata tra il monte Tau-
ro e l' Eufrate. Si conoscono sei
"vescovi, cioè Giovanni che sotto-
scrisse al decreto sinodale di Gen-
nadio di Costantinopoli contro i
simoniaci; Giorgio I che interven-
ne al quinto concilio generale;
Teodoro che fu al sesto; Giorgio
11 che assistette al concilio di Fo-
y.io ; Sisinnio che approvò il de-
GIU
creto del patriarca Alessio sull'af-
fare dei metroplitaui ; N. che sot-
toscrisse il decreto del patriarca
Xifllino sugli sposalizi. Oriens Chris/.
t. I, p. 436.
Commanville riporta cinque se-
di col nome di Jus/inianopoli , e
sono : Justinianopoli o Oeconomi
sede vescovile della prima provin-
cia della Frigia Capaziana, nell' e-
sarcato d' Asia, sotto la metropoli
di Laodicea, eretta nel secolo IX.
Justinianopoli sede vescovile nella
Pisidia, nell'esarcato d'Asia, sot-
to la metropoli di Antiochia, e-
retta nel IX secolo. Justinianopo-
li sede vescovile della seconda Ga-
lazia, nell'esarcato d'Asia, detta an-
che Spalea, sotto la metropoli di
Pessino, eretta nel secolo IX. Ju-
stinianopoli o Evaria sede vesco-
vile della Fenicia del Libano, nel
patriarcato Antiocheno , sotto la
metropoli di Damasco , eretta nel
V secolo. J ustinianopoli o Coptus
nella seconda Tebaide, nel patriar-
cato di Costantinopoli, eretta nel
V secolo sotto la metropoli di
Tolemaide: si pretende che questo
luogo abbia dato il nome ai
copti.
GIUSTINO (s), celebre filosofo,
martire e apologista della religione
cristiana. Sortì i natali in Neapoli
o Naplusa, chiamata Sichem nella
sacra Scrittura , già capitale della
provincia di Samaria, verso 1' anno
io3. Allevato negli errori e nelle su-
perstizioni dell'idolatria, dopo ave-
re cercato invano nella pagana fi-
losofia la verità per cui egli aveva
un amore ardente, in età di circi
trent' anni abbracciò il cristianesi-
mo, senza abbandonare tuttavia né
T abito, né la professione di filoso-
fo. Dopo la sua conversione recos-
si a Roma, e credesi comunemente
GIÙ
che vi venisse dall' Egitto. Dalla
descrizione eh' ei fa del battesimo,
e da quella moltitudine di popolo
che andava a ricevere le sue istru-
zioni circa il tempo del suo mar-
tirio, alcuni scrittori hanno inferito
essere egli stato prete. Ciò peraltro
non è abbastanza provato, e Ceil-
lier ha arguito dal silenzio degli
antichi su questo proposito , che
Giustino sia sempre stato laico ;
nondimeno siccome è certo eh' egli
predicava, sembra non potersi du-
bitare che non fosse diacono. San
Giustino dimorò buon tempo a
Roma, presso i bagni di Timoteo
sul monte Viminale, ove ammae-
strava quelli che venivano da lui
per consultarlo, o per dedicarsi agli
esercizi della religione cristiana. Si
adoperò alla conversione de' giudei
e dei gentili, per cui compose molti
libri ; difese eziandio la fede contro
le offese dell' eresia , e combattè
Marcione con iscritti da s. Girola-
mo detti eccellenti, i quali andaro-
no smarriti. S. Giustino lasciò Ro-
ma , poich'ebbe composto la sua
prima apologia in favore della re-
ligione cristiana ; e credesi aver egli
esercitato più anni 1' uffizio di evan-
gelista in diverse contrade. Dopo
aver pubblicata la sua seconda apolo-
gia, fu arrestato per ordine di Rustico
prefetto di Roma, insieme con altri
cristiani, e condannato con essi ad
essere frustato e a perdere la testa ;
locchè venne eseguito circa 1' anno
167. S. Giustino è menzionato nel
martirologio d'Usuardo e nel roma-
no sotto il 1 3 di aprile, e i greci l'o-
norano il primo di giugno. Puossi
considerarlo come il primo dei pa-
dri della Chiesa, giacché dopo gli
apostoli e i loro discepoli non ab-
biamo altri autori più antichi di
lui, JNiuuo, a detta di Taziano suo
GIÙ Ile)
discepolo, è più degno d'ammira-
zione : Eusebio, s. Girolamo, s. Epi-
fanio, Teodoreto ed altri ne hanno
pure parlato con elogio. Egli ha
lasciato diverse opere, molte delle
quali non giunsero fino a noi. Quel-
le che ci restano sono: i.° le due
apologie suddette : la prima e la
più importante, cui gli antichi edi-
tori hanno male a proposito posto
e nominato seconda, fu indirizzata
verso l'anno 1 5o all'imperatore
Antonino Pio, ai suoi due figliuoli
adottivi Marco Aurelio e Lucio
Commodo, al senato ed al popolo
romano. In essa rende conto della
dottrina, dei costumi e delle ceri-
monie dei cristiani, per dimostrare
l'ingiustizia delle persecuzioni che
venivano suscitate contro i mede-
simi;, parla altresì della Trinità,
dell' Incarnazione , del battesimo,
dell'Eucaristia, delle prove della re-
ligione, delle adunanze e della san-
tità dei primi fedeli. La seconda,
indirizzata all'imperatore Marco Au-
relio e al senato romano nel 167,
è un lamento per le vessazioni
esercitate contro i cristiani , e so-
uovi descritte le insidie ch'erano
lor tese da un filosofo cinico no-
mato Crescente. i.° Il Dialogo con.
Trifone, nel quale prova con una
infinità di passi dell' antico Testa-
mento, che Gesù Cristo è il Mes-
sia, e risponde alle obbiezioni de-
gli ebrei. 3.° Un frammento, o
tutt' al più la seconda parte di un
trattato intitolato : Della monar-
chia, o dell' unità di Dio. 4-° Due
discorsi , che trovatisi in principio
delle sue opere, indirizzati ai gen-
tili : nel primo, intitolalo Orazione,
ai greci, palesata l'empietà e la
stravaganza degl'idolatri, si propo-
ne di convincerli della verità delle
ragioni che aveanlo indotto ad ab-
iZo GIÙ
bracciare il cristianesimo; nel se-
condo, che porta il titolo di Esor-
tazione ai greci, trovasi la confu-
tazione degli errori dell' idolatria ,
colle prove della vanità dei filosofi
pagani. 5.° La Lettera a Diogne-
te, dotto filosofo gentile, in cui di-
mostra la follia del paganesimo, e
l'imperfezione della legge giudaica ,
dipinge le virtù praticate dai cri-
stiani , e dà una chiara e precisa
spiegazione della divinità di Gesù
Cristo. Sonovi pure altre opere
col nome di s. Giustino , ma che
evidentemente non sono sue. La
migliore edizione è quella di d.
Prudente Marand della congrega-
zione di s. Mauro , pubblicata a
Parigi nel i742> e ristampa a Ve-
nezia nel 1 747-
GIUSTINO ($.). Nato in Auxer-
re, fu allevato nelle massime della
cristiana pietà. Ancor fanciullo ac-
compagnò suo padre ad Amiens ,
il quale ivi recossi per riscattare
suo figlio maggiore che vi era pri-
gioniero. Ciò fatto si affrettarono
di uscire da quella città, ove la
persecuzione contro i cristiani co-
minciava ad essere molto violenta.
Essendo stati riconosciuti, gl'infe-
deli li fecero inseguire ; ma i sol-
dati non li poterono raggiungere
che nel borgo di Louvres presso
Parigi. Giustino si presentò ad es-
si, e fece nascondere suo padre e
suo fratello. I soldati non avendo
potuto sapere da lui il luogo dove
quelli eransi ritirati, gli mozzaron la
testa. Il suo corpo fu seppellito a
Louvres ; ma la cattedrale di Parigi
pretende di possedere le sue reli-
quie. Onorasi il suo capo ad Auxer-
re, fino dal quinto o sesto secolo.
La sua festa è indicata nel martiro-
logio romano il dì primo d'agosto,
come pure in quelli che portano il
GIÙ
nome di s. Girolamo e di Reda ; ma
a Parigi non viene celebrata che agli
8 dello stesso mese.
GIUSTO (s), vescovo di Lione.
Si rese celebre per le sue virtù ,
mentre come diacono era al servi-
gio della chiesa di Vienna nel Del-
fìnato. Fatto vescovo nel 3y4, as-
sistette al concilio di Valenza. Si
consacrò all' istruzione del suo po-
polo , e fu modello di umiltà, di
pazienza , di carità verso i poveri ,
e geloso mantenitore della discipli-
na. Con altri due vescovi delle Gal-
lie si recò al concilio che si tenne
in Aquileia nel 38 1, in cui furono
trattati gli affati intorno agli aria-
ni. S. Ambrogio, che fu l'anima
di quell'adunanza, aveva per Giusto
somma venerazione , come si può
vedere dalle due lettere che gli
scrisse sopra certe questioni relati-
ve alla sacra Scrittura. Ritornando
dal concilio, s. Giusto passò in E-
gitto con un lettore della sua chie-
sa nomato Viatore, e ritirossi senza
farsi conoscere in un monistcro, per
espiare il fallo che credeva di aver
commesso consegnando all'autorità
civile un uomo eh' erasi rifugiato
nella cattedrale, dopo avere in un
eccesso di frenesia uccise molte
persone , il quale restò poi vittima
del popolare furore. Saputosi a
Lione, dopo qualche anno, il luo-
go ove trovavasi il santo vescovo,
fu mandato a piegare che ritor-
nasse al suo gregge ; ma egli non
volle acconsentirvi, e morì in quel-
la solitudine verso l' anno 390. I
lionesi fecero trasportare nella loro
città il corpo di s. Giusto, e la sua
festa si celebra a' 2 di settembre.
Avvi un altro s. Giusto o Giu-
stino, secondo vescovo di Stras-
burgo, morto sul cadere del quar-
to secolo, il quale è onorato nel-
GIÙ
Io stesso giorno, e a cui alcuni
scrittori attribuiscono un commen-
tario sulla Cantica ; ma esso mostra
esser opera di s. Giusto vescovo di
Urgel , che fioriva nel cominciare
del sesto secolo.
Avvi pure un altro s. Giusto pro-
tettore di Trieste, a di cui onore
è dedicala quella chiesa cattedrale.
Questo martire patì nella persecu-
zione di Diocleziano, e fu marti-
rizzato a' 2 novembre sotto il pre-
side Manazio. Il Rinaldi ne' suoi
Annali ecclesiastici, all'anno 3o3,
num. ii3, parla di s. Giusto pre-
te e martire, che soffrì il marti-
rio a Trieste sotto l'imperatore
Diocleziano.
GIUSTO (s.), vescovo di Can-
torbery, romano di nascita. Era un
pio e dotto religioso del monistero
di s. Gregorio , e fu mandato in
Inghilterra nel!' anuo 60 1 , per
essere a parte delle fatiche di san
Agostino apostolo di quella con-
trada . Tre anni dopo il suo ar-
rivo fu consagrato vescovo di Ro-
chester, e nel 624 succedette a s.
Mellito sulla sede di Cantorbery ,
dove mori nel 627 , dopo aver
molto travagliato per sostenere e
diffondere la fede di Gesù Cristo.
Egli è nominato nel martirologio
romano e in quello d' Inghilterra
ai io di novembre, giorno della
su ci morte.
GIUSTO e PASTORE (ss.), fan-
ciulli martiri in Ispagna. Erano
fratelli , e frequentavano le scuole
della città di Aitala di Henares, al-
lorché furono pubblicati nella piaz-
za gli editti degl'imperatori Diocle-
ziano e Massimiano Ercole o Ercu-
leo contro i cristiani. Infiammali da
celeste ardore per la gloria del
nuu lirio , si palesarono per cristia-
ni. 11 governatore Dacia no li lece
GIÙ
a3x
flagellare, e quindi decapitare per
la loro costanza nel confessare la
fede. Ciò accadde nel 3o4 , e il
martirologio romano nota la loro
festa ai 6 di agosto.
GIUSTO, Cardinale. Giusto pre-
te cardinale del titolo de' ss. Nereo
ed Achilleo, fiorì nel pontificato di
s. Gregorio 1 eletto nel 590.
GIUSTO, Cardinale. Giusto da
Imola fu dal Papa Gregorio IV,
iiell' anno 827, creato prete cardi-
nale del titolo di s. Cecilia.
GIUTRAMBACHARIA. Sede ve-
scovile della provincia Cartaginese
proconsolare, nell'Africa occidenta-
le, sotto la metropoli di Cartagine.
Si conoscono due de' suoi vescovi :
Vittore che intervenne nel 4* * coi
cattolici alla conferenza di Cartagi-
ne ; e Benenato , il quale scrisse
nell' anno 646 la lettera al conci-
lio proconsolare, mandata a Paolo
patriarca di Costantinopoli contro
i monoteliti.
GIUVENALE (s.), vescovo di
Narni nell' Umbria. Credesi che ab-
bia occupato la sede vescovile cir-
ca sett' anui, e che sia morto verso
l'atino 377. S. Gregorio Magno gli
dà il tìtolo di martire. La sua fe-
sta si celebra a Narni a' 7 di ago-
sto; ma nel martirologio romano
è nominato ai 3 di maggio.
GlUVEiNTINO e MASSIMINO
(ss.). Erano uffiziali delle guardie
dell'imperatore Giuliano l'Aposta-
ta, e soffersero il martirio per aver
parlato fortemente contro le violen-
ze che si usavano ai cristiani. Do-
po essere stati crudelmente battuti
e tenuti alcuni giorni in prigione
per indurli a ritrattarsi, furono de-
capitali ad Autiochia ai 25 gen-
naio del 362. I cristiani involaro-
no coraggiosameute i loro corpi, e
dopo la morte di Giuliano, accada-
o.3i GLA
ta l' anno seguente , eressero loro
un magnifico sepolcro. S. Gio. Cri-
sostomo recitò il panegirico di que-
sti due martiri nel giorno della
loro festa.
GLANDEVE. Città vescovile di
Provenza nel regno di Francia,
nelle Alpi marittime, sulla riva de-
stra del Varo, assai antica e chia-
mata con molti nomi, Glandeves ,
Glannaliva, Glandeva o Glanata,
Glandativa civitas. In oggi non è
più che una città rovinata, tanto
dalle incursioni de' barbari, quanto
per la caduta di qualche pezzo di
mantagna, o per le escrescenze del
Varo, presso del quale non si ve-
dono ormai che pochi avanzi. Ven-
ne fabbricata nei contorni una pic-
cola città chiamata a cagione di
sua situazione Entrevaux, Internai-
les. Il suo dominio , col titolo di
contea , appartenne all' illustre fa-
miglia dei signori di Glandeve, una
delle principali case di Provenza.
In processo di tempo gli abitanti
si riscattarono pagando una grossa
somma in denaro , per dipeudere
interamente dalla Francia.
Nel quarto secolo ovvero uell'an-
no 4J7s al dire di Commanville,
fu eretta la sede vescovile suffra-
ganea della metropoli di Ambrun.
La chiesa cattedrale dedicata a Dio
in onore di s. Giusto suo patrono,
avea il capitolo composto del pre-
posto , dell'arcidiacono, del sagre-
stano, del capo-scuola e di cinque
canonici. La diocesi conteneva cin-
quantasei parrocchie, di cui molte
erano negli stati del duca di Sa-
voia, e le altre in Provenza. Sem-
bra che il primo suo vescovo sia
stato Fraterno fiorito nel 45' •
Claudio ne occupava la sede nel
54i, e suoi succesori furono Basi-
lio nel 549, Promoto nel 573,
GLA
Agrizio nel 585. La successione dei
vescovi di Glandeve manca fino al
991 in cui fu nominato Wigone I.
L' ultimo vescovo fu Enrico Ha-
chette des Porles , fatto da Cle-
mente XIV nel 1772, dappoiché
la sede vescovile fu soppressa da
Pio VII pel concordato del 1801.
V. Monumenta historiae patriae
edita jussu regis Caroli Alberti ,
tom. IV.
GLASGOW, GLASCOW o GLA-
SCOVIA, G iascua o Glascovium.
Città arcivescovile della Scozia, nel-
la contea di Lanàrk. La principa-
le parte sta in una pianura sulla
riva destra ed alquanto al di so-
pra dell'imboccatura del Clyde;
il restante è in una posizione ele-
vata. Considerabili sobborghi, che
si estendono sulla riva sinistra del
fiume, comunicano con la città,
mediante tre ponti di legno. La
lunghezza e larghezza di Glasgow
è determinata da due strade che
s'incrociano ad angoli retti. Questa
città, una delle più importanti del-
la gran Bretagna, e la più consi-
derabile e bella della Scozia, di cui
fu chiamata il paradiso, rinchiude
molti moderni edilizi , assai ripu-
tati per la elegante loro architet-
tura, oltre un gran numero di al-
tri dedicali alla pubblica utilità.
Tutte le strade sono ben lastricate,
e le più recenti con marciapiedi.
Le case in generale sono alte, e
molte di quelle che stanno verso
il centro della città sono sostenu-
te da arcate che formano dei por-
tici. Si vedono tre pubbliche spa-
ziose ed eleganti piazze, cioè di
s. Andrea, di s. Enoch, e di san
Giorgio, oltre a vari mercati degni
di attenzione. La città è illumina-
ta col gaz sino dal 1817, e prov-
veduta di acqua per una macchi-
GLA
na a vapore che v' innalza quella
del Clyde. Tra i suoi monumenti
si distingue la chiesa di s. Mun-
go, ora cattedrale del vescovo an-
glicano, la quale è formata da due
chiese una sopra l'altra, sormon-
tate da una bella cupola, bellissi-
mo edifizio, e che si può dire il
pezzo di architettura gotica il me-
glio conservato della Scozia; la
magnifica chiesa cattolica eretta
nel i8i5; quella di s. Giorgio, la
cui torre è assai bella, e l'altra
di s. Andrea, che si può dire uno
dei modelli dell'ordine composito
il più perfetto e pregiato della Sco-
zia; il palazzo pubblico, la cui fac-
ciata è ornata di un ordine di
colonne joniche, e che rinchiude
una statua di Pitt in marino bian-
co; il palazzo dell'università, una
parte del quale è antica, l'altra
moderna. Si ammira pure l'obeli-
sco alto di 43 metri, eretto sopra
una gran spianata in onore di Nel-
son, e la statua del generale Moore
scozzese, che morì a la Corogna,
inseguito dall' armata francese. 11
palazzo di giustizia, la prigione ,
l'ospedale dei pazzi, l'edilizio della
posta delle lettere, il collegio, l'os-
servatorio, le caserme, ed i teatri,
edifizi nuovamente costrutti, meri-
tano di essere tutti memorati, co-
me i passeggi lungo il Clyde, che
sono bellissimi. Si stabilì sul fiu-
me un purgo pubblico, stabilimen-
to unico nel suo genere.
Si contano a Glasgow circa cin-
quantatre edifizi pel servigio religio-
so, fra'quali nove chiese parrocchiali,
«piasi tutte di bella architettura ; e
servono ai culti de'cattolici romani,
dei presbiteriani, de' burgheri, de-
gli antiburgheri, dei uicUkIìsIì, dei
glassiti, ec. Gli stabilimenti di ca-
rità ìouo numerosissimi e bene
GLA 233
amministrati; i principali sono, l'o-
spedale generale della città, l'in-
fermeria reale, l'ospedale de' pazzi,
grandioso e bello stabilimento, con
giardini assai vasti onde servire
di passeggio agl'infermi; l'ospeda-
le di liuteheson, quello del com-
mercio, l'ospizio della Maddalena
per le donne penitenti, molte so-
cietà filantropiche, ed associazioni
per le case di ricovero, ec. Di
tutti gli stabilimenti destinati alla
istruzione pubblica , il principale
si è l'università fondata nel i^o
da Guglielmo Turnbull vescovo di
Glasgow, confermata dal Papa Ni-
colò V con bolla dei 7 gennaio
dell'anno 1 4^ 1 , e che ricevet-
te dei gran privilegi da Giaco-
mo II re di Scozia, e dai suoi suc-
cessori. Essa è celebre ed ha pro-
fessori di teologia, storia sacra, lin-
gue orientali, filosofia, logica, ma-
tematiche, lingua greca, umanità,
diritto civile, astronomia pratica,
storia naturale , medicina , anato-
mia, chirurgia, ostetricia, chimica,
e botanica; possiede una bibliote-
ca che riceve un esemplare di tut-
te le opere impresse nella gran
Bretagna, ed un bel museo , che
si vuole uno de' più ricchi di Eu-
ropa, principalmente per munifi-
cenza del dottore Guglielmo Hun-
ter di Londra: il numero degli
studenti è copiosissimo. La istitu-
zione fondata nel 1796 dal pro-
fessore Anderson , e che porta il
suo nome, merita il secondo posto
fra gli stabilimenti che più con-
tribuirono alla prosperità di Glas-
gow ; vi s'insegnano matematiche,
geografia, fisica, chimica applicala
alle arti, meccanica, medicina, e
(àrinana a quelli che non enti. ino
riell' università, non che alle don-
ne. Vi sono inoltre scuole di unii-
234 GL^
nità, fondate nel 1788; tlieciotto
scuole gratuite per quei del paese,
alle quali è unita una pubblica
biblioteca, ed una quantità di al-
tre scuole. Questa città possiede
tre società accademiche, per le
lettere, per le scienze naturaci con
applicazioni alle arti utili, lettera-
ria e commerciale, che si occupa
soprattutto dell'industria. L'arte
della stampa fu portata a Glasgow
nel i63o da Giorgio Anderson, e
fu perfezionata dai Foulis dieci
anni dopo; a questa ultima epoca
Alessandro Wilson professore di
astronomia nella università, intro-
dusse l'arte di fondere i caratte-
ri, che poscia fu portata ad una
sì alta perfezione. Vi sono molte
fabbriche d'industria, la quale vi
è attivissima. Nel 1792 *' intro-
dussero le macchine a vapore nei
filatoi di cotone, e nel 1801 furo-
no esse anche applicate con suc-
cesso ai telai dei tessitori ; questa
riuscita condusse ad adattare il
vapore ai battelli, e questa città
si gloria di aver fatto costruire
nel 1810 il primo di questi bat-
telli che si vide in Europa. La
situazione di Glasgow pel commer-
cio è delle più vantaggiose; col
mezzo del Clyde questa città co-
munica coli' Atlantico, mediante il
canale che congiunge questo fiume
al Forth, manda nel mare del
nord i prodotti di cui è l'elaborato-
rio od il fondaco. L'accrescimento
del commercio di questa città die-
de origine nel 1783 ad una so-
cietà conosciuta sotto il nome di
Camera di commercio e delle ma-
nifatture, che fu eretta in corpo
politico. Glasgow possiede inoltre
una borsa ed Un banco, succursa-
le del banco reale di Scozia, mol-
ti banchi particolari , un banco
GLA
di scoria o di previdenza, stabilito
nel i8i5, compagnie di assicura-
zioni, e ricche case di commercio.
Non vi è città della gran Breta-
gna in cui la popolazione siasi
accresciuta con una più. osserva-
bile rapidità, massime dopo l'in-
troduzione dell' inoculazione del
vaiuolo, per cui rinchiude più di
cento setlantamila abitanti. I suoi
dintorni abbondano di miniere di
carbone terroso, ec. Produsse que-
sta città molti uomini eminenti
nelle scienze, e fra questi Carne-
ron, e Spootiswood.
Glasgow è una delle più anti-
che città della Scozia, e la sua
origine o almeno il suo notabile
accrescimento è generalmente at-
tribuito a s. Renligerno detto s.
Mungo, che vuol dire il bene ci-
malo, il quale dopo essere sluto
consecrato vescovo stabilì la sua
sede in Glasgow verso l'anno 54o:
ne visitò tutta la diocesi a piedi,
converti un gran numero di pa-
gani, combattè il pclagiauismo, e
mandò i suoi discepoli a predi-
care il vangelo al nord della Sco-
zia; morì nel 60 r, fu sepolto nel-
la cattedrale di Glasgow , di cui
egli è il primo patrono, e la sua
tomba fu sempre in somma vene-
razione sino al fatale stabilimento
del calvinismo in Iscozia. Gli suc-
cesse s. Baldredo nel vescovato, che
fondò molli monisteri in Iscozia ,
e morì l'anno 608. Glasgow nel
1046 dal re Malcoluio 111 fu rein-
tegrata della sede vescovile , e
siccome I' arcivescovo di Yorck
pretese che fosse suffraganea della
sua metropolitana , il Pontetìce
Celestino HI la dichiarò esente,
con bolla del 1192. Il W Gu-
glielmo detto il Leone, la eresse
in borgo verso l'anno 1172, e gli
GLA
diede una carta che i suoi suc-
cessori nel regno di Scozia estese-
ro in progresso. Nel i47o il re
Giacomo li accorciò al suo ve-
scovo delle regalie, ed il Papa
Sisto IV nell'anno i47T> ° me"
glio nel i484' l'eresse in me-
tropoli, stabilendo per suffragatici
di Glasgow i vescovi di Witcrn,
di Lismore, e di Sodor. Il re
Giacomo VI nel 161 1 dichiarò
Glasgow borgo reale, e gli diede
una carta estesissima. Carlo I gli
accordò maggiori privilegi nell'an-
no i636, e Croni well di molto
l'abbellì. Dopo la rivoluzione, un
atto del 1690 gli diede il diritto
di scegliere e nominare i propri
magistrati. Nel 1 707, epoca in cui
si operò l'unione legislativa della
Scozia coli' Inghilterra , la città di
Glasgow, segnalossi con una vigo-
rosa resistenza a questo atto po-
litico ; ma fu in fine obbligala di
cedere alla forza. Fu spesso il
teatro della guerra durante le vi-
cende della Scozia , specialmente
nel secolo XVII.
Al presente Glasgow è residen-
za del coadiutore del vicario apo-
stolico del secondo distretto occi-
dentale della Scozia, pei cattolici.
Questo distretto, secondo il Ca-
(holic Directory, contiene oltre le
isole Ebridi, le sette seguenti con-
tee: Argyle, Ayr, Dumbarton, In-
verness , Lanark, Renfrew, VVig-
ton. I cattolici del distretto sono
in numero di circa novantottomi-
la , dimoranti in Glasgow , Pais-
ley città di recente fondazione, Ayr,
Stranraer , Campbeltown , Fort-
William , Lochaber, Glengafry ,
Badeaoob, Inverness. Strathglass,
Kinloid, KuOOÌdart, Sforar, Moidart,
Egg, Canna, List, Barra, e nel-
l'isola Lismore. De' quali cuttoli-
GLI a35
ci cinquantaduemila sono in Glas-
gow. Monsignor Andrea Scott ,
già benemerito e zelante mis-
sionario in questa città, vescovo
Eietriano in parlibus, è l'attuale
vicario apostolico residente in Gree-
nock. Nel 1827, a'g febbraio, era
stato da Leone XII eletto coadiu-
tore monsignor Mac-Donald, a cui
succedette a' 4 8'uono del 1 833,
per volere del regnante Papa Gre-
gorio XVI, monsignor Giovanni
Murdoch, già encomiato missiona-
rio in Glasglow, e lo fece vescovo
di Castabala in parlibus. In que-
sto distretto occidentale era situa-
to il seminario o collegio Lismo-
rense, che prendeva la denomi-
nazione dall' isola di tal nome.
Secondo il Directory i sacerdoti
di questo distretto sono trenta. Il
dero del distretto ed il vicario a-
postolico provvedono alla loro sus-
sistenza colle pie obblazioni de'fe-
deli, ed al vicario apostolico la
congregazione di propaganda fide
passa l' annuo assegno di scudi
duecento, altrettanto somministran-
do al coadiutore. Altre notizie le
riporteremo all'articolo Scozia, par-
lando desuoi vicariati apostolici.
GLICAS Michele, storico greco
di Bisanzio, fiorito nel secolo XII
o XIII. Passò la maggior parte
della sua vita in Sicilia. Ignora-
si quale fosse il suo stato; ma fu
sempre considerato come uno dei
più grandi luminari del suo tem-
po, e scorgesi da una delle sue
lettere che era grammatico, e ver-
sato nella teologia, nella storia ec-
clesiastica e civile, ed in altre
scienze. Ci restano di lui gli An-
nali dalla creazione del mondo
fino alla morte di Alessio Conine-
nn, che avvenne nel 1118; sono
divisi in quattro parti: la pumi
a36 GLO GLO
tratta dei sei giorni della crea- maggiore per distinguerlo dal Glo-
zione, la seconda di ciò che ac- ria Patri (Fedi), dai medesimi gre-
cadde dal principio del mondo fi- ci detto Doxologia minore : il ter-
no a Gesù Cristo ; la terza ter- mine di Doxologia viene formato
mina con Costantino il Grande ; da due vocaboli, Doxan che signi-
la quarta contiene ciò che succe- fica gloria, e logos che vuol dire
dette da questo imperatore fino parlare j quindi Doxologia si può
ad Alessio Comneno . Giovanni prendere per un inno, in cui con
Leunclavio tradusse questi annali parole si esprime la gloria di Dio.
in latino, e v'aggiunse una quin- Dei versi aggiuntivi viene dato To-
ta parte, che va fino alla presa noie a diversi. Alcuni attribuiscono
di Costantinopoli ; e il p. Labbé le parole aggiunte al Gloria in
Ji fece stampare a Parigi in greco excelsis , ec, a s. Telesforo gre-
ed in latino, con note, nel 1660. co, eletto Papa l'anno 1^1; al-
GLI CERIO (s.), vescovo di Con- tri presso il Torres, Instit. sacerd.
serans. Spagnuolo di nascita, e for- p. 94, n. 64, agli Apostoli; altri
se della città di Lerida, passò i con Alcuino , lib. De dw. off. e.
Pirenei, e si pose sotto la guida 4° 5 Remigio lib. I, De celeb. rniss.j
del b. Fausto vescovo di Tarba, Onorio Augustodun., lib. I , De
morto il quale si ritirò presso Gemm. animae, cap. 87 ; ed il
Quinziano che governava la chie- Mauri ni, in Praef. gener. ad s. Hi-
sa di Rodez, e che ordinollo pre- larium , cap. 3, n. ai, ne fanno
te. Innalzato poscia alla sede ve- autore s. Ilario vescovo di Poi-
scovile di Conserans , segnalossi tiers; ed altri i dottori ecclesiastici
colla sua vigilanza, col suo zelo senza nominarli , come si esprime
e colla sua carità. Fu uno dei pa- il concilio Toletano IV, can. 12,
dri del celebre concilio di Agde, il Lambertini, Del sacrifizio della
che si tenne nel 5o6, in cui si messa tom. II, par. 4, sez- I> "•
fecero delle savie regole per ri- 99 , e prima di lui il Bona , Ri-
stabilire la disciplina che si era turg. lib. 2, cap. 4, § 4- Che s.
rilassata per la mescolanza degli Telesforo abbia comandato che que-
eretici. Morì verso V anno 548, st'inno si dicesse nella messa, lo af-
dopo quarantaquattr' anni di epi- fermano i Pontefici s. Damaso I, ed
scopato. La sua festa si celebra Innocenzo III, il Rabano ed altri,
a Conserans a' 27 d'agosto, ed è Si vuole che s. Bonifacio I Papa del
di rito doppio di prima classe. 4^ ordinasse di cantarsi quest'in-
GLOR.IA IN EXCELSIS DEO. no nel giovedì santo, e che dicendosi
Inno angelico perchè lo cantarono nella prima messa di Natale, il no-
gli angeli nella nascita di Gesù Cri- minato s. Telesforo vi aggiunse le
sto in Betlemme, cioè cantarono altre parole, prescrivendo che si
queste prime parole soltanto: Glo- recitasse solo in quella messa, co-
ri* in excelsis Deo , et in terra me all'erma il citato Bona. Tale
pax hominìbus bonae voluntalis 3 disposizione di s. Bonifacio I , si
come narra s. Luca. Viene detto vuole derivata in segno dell' alle-
dai padri greci Doxologia , ossia grezza che si doveva avere nella
parole di gloria , ovvero glorifica- riconciliazione de' pubblici peniteu-
zione. Fu anche dello Doxologia ti, che celebravasi in quel giorno,
GLO
come osserva il Durando Iib. VI,
cap. 75. Il Pontefice s. Simmaco
del 498 ordinò che l' inno si can-
tasse solamente nei giorni di do-
menica, e nelle feste dei santi mar-
tiri, che correvano allora per le più
solenni di tutte, come si ha da Al-
cuino suddetto. Forse allora si di-
cevano soltanto le parole angeliche,
e s. Simmaco ordinò che si dicesse
il rimanente di tutto l'inno. Dice
il Novaes che se il decreto di s.
Simmaco si estendeva a tutti i
preti, s. Gregorio I del 590 lo re-
strinse a' soli vescovi , lasciando ai
preti il poterlo dire e cantare so-
lamente nella Pasqua, come si leg-
ge nel suo Sagr cimentano. Dipoi il
Papa s. Zaccaria con privilegio per-
mise di cantarlo all' abbate di Mon-
te Cassino, dicendosi nel Bull. Cas-
sili, tom. II, const. 7, n. 6 : Hy ni-
nnili quoque Angelicum in donii-
nicis et festivis clieìnis conceclimus
in missarum solemniis dccantan-
clum. Stefano III detto IV ordinò
che ogni domenica si cantasse que-
st' inno dai sette cardinali vescovi
suburbicari, nell' altare papale della
basilica lateranense, come riporta
il Bona, Rer. litur. Iib. 1, cap. 4>
§ 5. Quindi s. Leone IX determinò
che l'inno si cantasse in tutte le mes-
se fuorché nell'avvenlo, nella festa
dei ss. Innocenti, nelle ferie, nelle
vigilie , e dalla settuagesima (ino
alla Pasqua. II Macri nella Notizia
de\'Oc. eccl. dice che si tralascia l'in-
no in segno di mestizia, ma che il
■vescovo di Betlemme abusivamente
lo cantava ogni giorno ed in ogni
messa, anche in quelle de' defunti,
in memoria di essere stato Betlem-
me quel luogo in cui 1' inno ven-
ne per la prima volta cantato da-
gli angeli.
Si dice dunque I inno Gloria in
GLO 237
excelsis Deo ogni volta che nel
mattutino si abbia detto l' inno Te
Deuin, fuorché nella messa della
feria quinta in Coena Domini, e
del sabbato santo, nei quali giorni
si dice,, quantunque nell' uffizio
non si abbia detto il Te Deum.
Avvertono però i liturgici che si
deve osservare per dire l' inno la
regola che la messa corrisponda al-
l'uffizio , in cui siasi detto il Te
Deum j altrimenti se si dicesse la
messa conventuale di quel giorno,
come per esempio della vigilia del-
l' Assunzione, nella quale la messa
corrispondente al giorno è della
vigilia, e non del giorno fra l'ot-
tava di s. Lorenzo, quantunque
corrisponderebbe all' ufìizio , pure
non si dirà il Gloria , perchè in
tal caso la detta messa sarebbe vo-
tiva. Da ciò si rileva, che l'inno
angelico non dicesi nelle messe del-
le vigilie, che occorrono fra un ot-
tava, quantunque nell' uffizio siasi
detto il Te Deum, perchè esse non
concordano coli' uffizio. Inoltre l'in-
no Gloria non si dice nelle messe
votive, neppure nel tempo pasqua-
le , né fra le ottave, se non che
nella messa di santa Maria in Sa-
bato, ossia che si dice nel giorno
di sabbato (prima della bolla ili
s. Pio V dicendosi dai sacerdoti
quest'inno nelle messe di s. Maria,
si diceva in questo modo : Quo-
niam tu solut sanctus Mariani
sanctificans, tu solus Dominus Ma-
riani gubernan<!, tu solus AUissinuu
Mariani coronans , e si ■ggiuoge-
vano altre parole ancora, che imi
sono più in uso), e degli Angeli,
ed anche nella messa votiva solen-
ne che si deve cantare prò re
gravi, o per una pubblica causa;
purché non si ilici ni''- 1 coi p 1
rati paonazzi, e finalmente non m
238 GLO
dice nelle messe de' defunti. Detto
poi nella messa il Kyrie eleison
(Vedi), il sacerdote nel mezzo del-
l'aliare, stendendo le mani, e in-
nalzandole fino agli omeri , colla
stessa voce dice Gloria in excel-
sis ec, quando dice Deo congiun-
ge le mani , e china il capo alla
croce; quando dice Adoramus tej
Gratias agimus tibi ; Jesu Chri-
ste j Suscipe deprecationem no-
strani j e di nuovo Jesu Christe,
sempre china il capo alla croce.
Quando poi dice nel fine Cam San-
ato Spirilu , si segna dalla fronte
al petto, dicendo frattanto, In glo-
ria Dei Patris. Amen. V. Missal.
Barn. par. I , tit. 8, n. 3 e 4> e
par. Il, tit. 4> n- 3 , oltre 1' arti-
colo Messa.
Il citato Macri avverte che nel
santuario di Loreto per privilegio
particolare dicesi il Gloria in tut-
te le messe votive della B. Vergine
in qualunque giorno, come appare
nel sinodo celebrato dal cardinal
Giulio Roma vescovo di Loreto e
Recanati, tit. II, nura. 4- Si lascia
il Gloria in segno di mestizia nel-
le domeniche dell' avvento ( sulla
terza è a vedersi il voi. IX , p.
99 del Dizionario ) , dalla settua-
gesima sino a Pasqua ( pel Gloria
che si canta nel sabbato santo è
a vedersi il detto voi. a p. 7, ol-
tre il precedente a p. 291; ed il
voi. VII, p. 110 e 111), e nella
festa de' ss. Innocenti , cessando in
allora anche 1' Allcluja 3 ed il Te
Deum. Cercano alcuni per quale
ragione nel di degli Innocenti dia
la Chiesa contrassegno di tristezza
anche col colore paonazzo nei pa-
ramenti ; ed il Micrologo e 1' Al-
cuino pretendono che lo faccia per
dinotare, ch'erano eglino dopo il
martirio destinati al limbo ; ma
GLO
questa ragione non persuade, al dire
del medesimo Macri, mentre anche
s. Giovanni Battista era destinato
nello stesso luogo dopo la decolla-
zione ; eppure nel giorno in cui si
celebra la sua morte si dice il Glo-
ria. Migliore però si è la risposta
del Burcardo , il quale scrive che
le riportate dimostrazioni di mesti-
zia dinotano piuttosto il pianto di
Rachele, figura della Chiesa. Que-
sta ragioue fu approvata dall' A-
malario, il quale nel lib. I, cap.
4i, De Eccles. off. , aggiunge che
la Chiesa compatisce le addolorate
madri : Causa earum tristitiae omit-
ti/nus Gloria in excehis Deo , et
Allcluja. Anzi nel cerimoniale mss.
di Benedetto , che nel 1 1 4o era
canonico della basilica vaticana, si
legge come in tal giorno non si
mangiava carne in Roma in segno
di dolore. Perchè la domenica è
dedicata alla risurrezione di Gesù
Cristo si tralasciano i sopraddetti
segni di mestizia, come anche nel-
l' ottava per essere simbolo della
beatitudine, la quale adesso godono
que' santi Inuocenti. Il Sarnelli nel-
le Lett. eccl., lett. VIII, toin. IV,
n. 2, opina che gli apostoli abbiauo
aggiunto il resto delle parole all'inno
angelico, secondo s. Clemente I, lib.
7, Constit. cap. 48 ; ed osserva che
coloro che attribuirono la recita del-
l' inno nella messa a s. Ilario Pa-
pa, deve intendersi di averlo tra-
dotto in latino, come notò il Bo-
vio ad Apost. const. Clan. cap. 4/i
lib. 7. E come inno dell'allegrezza,
e corrispondente al Te Deum, dice
che i ss. Processo e Martiniano nei
tormenti ringraziavano Dio, dicen-
do : Gloria in excelsis Deo; indi
furono martirizzati l' anno 69. S.
Omobono mercante di Cremona, ai
i3 novembre 1 197, dopo di avere
GLO
passata la nolte di Natale nella
chiesa, si ferme) ad assistere alla
messa, ed essendosi prostrato colle
inaui stese in croce al Gloria in
(Xcelsis Deo , senza levarsi all' e-
vangelo, credettero che si fosse ad-
dormentato, ma fu trovato morto.
In detta notte si soleva cantare
quest' inno anche in greco, come si
può vedere nel Giorgi, De liturgia
Roman. Pont'f. tom. II, cap. i3,
p. 83. V. Herardi Reusckii, Hym-
ìium angclicum novi Foederis ex
hisloria rituuni sacrorum illustra-
timi, Helmest. 1739. Binghamum ,
De Ilymno Gloria in excelsis Deo,
tum. VI, p. 365. Sarnelli citato:
Perchè si deve ringraziar Dio del-
la sua gloria , con quelle parole
dell' inno angelico, Gralias agitnus
tibi propler magnani gloriam titani,
toni. IX, p. 126. Dell'uso di can-
tare l' inno angelico, a cui fu so-
stituito l'altro detto ambrosiano
nel secolo IX, trattano il Mayer,
De cxplic. caerem. eecl. p. 11, ed
il Zaccaria in D'ibi. Rit. tom. Il ,
p. II, ove alla p. LXV scri\e:
Solebat praeterea, inaiai May crii* }
Gregorio Turo/unse teste 1. I de
gloria martyrum e. 63, prò gra-
liarum aclione cantari in eventibus
speciali Deo benefìcio ordinai is, o\e
parla del Gloria in excelsis Deo,
ed in prova reca vari esempi del
secolo Vili, che confermano que-
sto uso in simili circostanze. Narra
Anastasio Bibliotecario, che quando
s. Leone III si portò incontro al
re Pipino, nell'appressarsi al mede-
simo intuonò l'inno angelico.
GLORIA, LALS ET IIONOR.
Inno che si canta nella domenica
delle Palme, come dicemmo al voi.
Vili, p. 281 del Dizionario, ove
facemmo parola, come altrove, di
chi lo compose e in quale circo-
GLO 239
stanza. V. il Sarnelli tom. 1\,
lett. XVI: Dell' Inno Gloria, lau* et
honor, che si canta nella domenica
delle Palme.
GLORIA PATRI. Inno di lo-
de chiamato Doxologia minore,
per distinguerlo dall' inno angelico
Gloria in excelsis Deo (Vedi),
detto Doxologia maggiore. L' in-
no Gloria Patri ec. fu stabilito
nella Chiesa per apostolica tradi-
zione, secondo l' insegnamento di
s. Basilio, presso l' annalista Baro-
nio all'anno 325, mini. 173, 17^,
e dal concilio Xiceno furono ag-
giunte le paiole : Sicut erat m
principio, et mine, et semper ec.
per confutare 1' errore degli a-
riani, i quali sostenevano che il
Figliuolo di Dio fosse comin-
ciato nel tempo , non fosse stato
ab aeterno ; dappoiché siccome
costoro corruppero la forma del
battesimo, così adulterarono anche
quest' inno dicendo : Gloria Patii
per Filium in Spirila Saiuto.
Quindi soggiunge il medesimo Ba-
ronio, che il concilio Niceno or-
dinasse l'inno nel fine d'ogni sal-
mo, ma il Macri nella Not. dei
voc. eccl. dice che ciò non è e-
satto, giacché diverse furono le
consuetudini delle chiese , il che
non sarebbe avvenuto se tal con-
cilio generale avesse a tutti pre-
scritto una regola uniforme. Per
questa ed altre ragioni sembra do-
versi considerare apocrifa , come
la pensano i moderni critici, col
Bona, De dnin. psalmod. cap. 1 (>,
duo. 6, la lettera che si erede
scritta da s. Girolamo al Papa s.
Damaso I del 367, nella quale e-
aorta il Pontefice ad introdurre
l'uso di cantare l'inno Gloria Pa-
ri nel line dei salmi , come nel-
l'orientc si cosltunnTa, Il Cassiano,
24o GLO
De noci. orai. mod. lib. 2, cap. 8,
dice di aver trovato tale uso ia
occidente, dicendosi in oriente so-
lamente nel fine dell' antifona ; il
quale uso preso dall' oriente intro-
dusse s. Ambrogio nella sua chie-
sa di Milano, come afferma s. A-
gostino, Confess. lib. 9, cap. 7.
Conchiude il Macri, che il dirsi
dopo ciascun salmo il Gloria Patri
fu proprio della chiesa occidentale,
introdotto da s. Damaso I nel
368, ma non già a similitudine
dell' orientale, dove si cantava do-
po le antifone, o nel fine degli
inni, secondo che si costuma an-
cora nella chiesa greca, ciò che
dichiara pure il Rinaldi all' anno
382, num. 20. Il Novaes nella
di lui vita conviene che l' inno
sia stato in uso ancor nella pri-
mitiva Chiesa , avervi il concilio
Niceno per opporsi agli ariani
aggiunto il Sicut erat ec. ; ma
che il dirlo nel fine de'salmi non
fu stabilmente comandato dalla
Chiesa sì presto, come alcuni si
fanno a credere ; forse non fu
ordinato prima del concilio di
Yaison in Francia, celebrato nel-
l'anno 529, nel quale se ne tro-
■va per la prima volta il decreto:
altrettanto scrisse il Rinaldi all'an-
no 325, num. 173. Su questo
inno può vedersi la XXXI tra le
Esercitazioni del ex gesuita por-
toghese Azevedo , De divino offi-
cio , dove questo punto è molto
bene trattato, come pure da d. Pel-
legrino Roni, nella sua Disserta-
zione sull'inno Gloria Patri et Fi-
Ho et Spiritai Sancto, che è la
VI nella Raccolta di dissert. di
storia eccles. del Zaccaria, tomo
XI, pag. 197. Teodoreto nel cap.
4, lib. 2 , dice che dopo la metà
del quinto secolo Flaviano d' An-
GLO
tiochia . e Diodoro , zelanti laici
cattolici , introdussero la pia u-
sanza di cantare i salmi a due
cori, e finirli colla dossologia Glo-
ria al Padre, al Figliuolo, ed al-
lo Spirito Santo , usanza che si
sparse in appresso in tutte le chie-
se d'oriente e di occidente. Certo
è che la salmodia a due cori
ha una origine più antica ; come
è certo antichissimo l' uso nella
Chiesa di cantare tale inno alla
fine del giorno , massime dopo
1' eresia degli ariani. Il Rinaldi
all'anno 60 dice che il Gloria Pa-
tri si soleva cantare ancora dagli
uomini privatamente. Dipoi san
Gregorio I introdusse nel principio
delle ore canoniche il versetto
Deus in adjutorium, col Gloria
Patri.
INon fu senza mistero l'avere ag-
giunto questo inno ai salmi, per-
chè essendo questi simboli di feli-
cità e di miserie, di fortune e disgra-
zie, di godimenti e di pene, di
povertà e ricchezze, di lodi e di
biasimi, di persecuzioni e d'ogni
stato della vita umana, si volle in-
sinuare a ripeterlo in tutti i mon-
dani accidenti. Parlando s. Agosti-
no neW'epist. 77 di questo inno,
dice che non ha che bramare di
più. giocondo il cuore, non ha che
spiegare di maggior gioia la lin-
gua, non ha che trascrivere di più
amabile la penna, non ha che pen-
sare di più salubre la mente, di
questo glorioso tributo che deve por-
gersi a Dio. Di quanta forza sia
l'inno Gloria Patri si può vedere
da quanto racconta il Macri, il qua-
le dice che nel concilio di Lione,
celebrato nel io55, sotto il Pa-
pa Vittore II, fu prodigiosamente
convinto di simonia un vescovo,
al quale avea comandato Udebran-
GLO
do cardinal legato in Francia, e
poi Pontefice col nome di s. Gre-
gorio VII, che pronunziasse il
Gloria Patri, non trovandosi con-
tro di lui testimoni , per aver
corrotto con denaro gli stessi
accusatori. Il vescovo simoniaco
prontamente nominò le persone
del Padre e del Figliuolo, ma ar-
ri vìi to alle parole Spiritili Sancto,
cominciò a balbettare, e poi gli si
annodò interamente la lingua. Que-
sto prodigio portò tanto terrore
ai simoniaci, che ventisette vesco-
vi, e quarantacinque persone del
clero, contriti confessarono il lo-
ro peccato di simonia, con rinun-
ziare liberamente le prelature e i
benefizi ecclesiastici. Quando que-
sto inno si recita in coro, debbo-
no scuoprire il capo ed inchinar-
lo tutti quelli che ivi sono, e non
levarsi in piedi, come prescrive
il cerimoniale de' vescovi, lib. II, e.
i ; cosa che pure deve farsi per
un uso lodevole , ogni qual volta
salmeggiando si proferiscono le pa-
role: Sit nomea Domini benedi-
ctum ; Sanctum et terribile ; Bene-
diclus nome/i majestalis ; Benedi'
clus Dominus auotidie; Benedica-
miti Patrem et Filami cu/n San-
no Spirine ec. , secondo il Ga-
satilo, sect. io, cap. 2, num. e).
11 vSarnelli nelle Lelt. eccles. tomo
IX, p. 6, nana che un ecclesia-
stico fu punito col purgatorio, per
non aver chinato il capo al Glo-
ria Patri.
Fu sempre nella Chiesa quel
lodevole uso che il predicatore
conchiudesse il sermone in ren-
dimento di grazie invocando la
ss. Trinità (Fedi) con questa o
simili glorificazioni, come osserva
il Rinaldi all'anno 3y i , num. 71
e 72. Si tralascia poi il Gloria
VOL. XXXI.
GLO 2 ir
Patri per decreto del concilio To-
letano IV, in segno di tristezza
ne' responsori della settimana di
Passione , come pure nelF introito
della messa, e nel salmo Lavabo;
ma negli altri salmi non si omet-
te, che nel triduo della settimana
santa. I salmi vogliono dire ope-
razioni , e perciò non desiste la
Chiesa dal recitare l'inno in discor-
so sulla fine di essi se non che in
quei soli tre giorni, per dimostrare
che nella settimana di Passione mac-
chinavano i giudei contro il Re-
dentore colle sole parole e consi-
gli ; ma nel triduo della settima-
na santa, conculcando la sua di-
vina persona, lo malignarono colle
opere , come si può vedere nel
Durando lib. VI, cap. 6. Il mede-
simo concilio di Toledo, col cap.
12 ordinò a tutti gli ecclesiastici
delle Spagne, che nel fine di tut-
ti i salmi, sotto pena di essere
privati della comunione, proferi-
scano le seguenti parole: Gloria
et ìwnor Patri et Filio et Spiri-
titi Sancto in saecida saeculonim.
Amen; le quali parole, come at-
testa lo stesso concilio, sono cava-
te dall' Apocalisse. L' inno Gloria
Patri, si dice frequentemente nel-
l' uffizio alla fine de' salmi, e nei
responsori ; alle volte poi si dice
e alle volte no, secondo la va-
rietà de'tempi, che si possono ve-
dere nel Dict. liturgie, del Colti,
par. II, ti t. Gloria Patri . Vedi
Adam Rechembergius, De Doxo-
logia veterani chrislianorum , Li-
psiae i684- Elia d'Amato, se dal
concilio INiceno o più innanzi ap-
parasse la Chiesa il cantar do-
po i salmi il Gloria Patri? nelle
sue Lettere erudite, Genua 1 7 1 5,
p. 29J, par. 2. Job. Barth. Bernol-
dus , De Doxologia ecclesiastica
1G
»fc GLO
Gloria Patri, Altor. 1727. Joh.
Uenr. a Sedlen, Misceli, t. I, p.
?44. Georgius, De, Ut. Rovi. Pon-
ti/, lib. II, e. 6 e 17. Grancolas,
in Breviario lib. I; Scorlia lib. Ili,
e. 9; Barbosa ; ed Antonio Fouse-
ca , De. basilic. s. Laureata in
Damaso lib. I, e. 34-
GLOSA, Glossa, Commentarius,
Voce greca con la quale viene dila-
niata l' interpretazione del testo ,
perchè come lingua dichiara le co-
se oscure. Una glosa è un com-
mentario fatto per spiegare il te-
sto di un libro. Dice il Macri che
la Glosa ordinaria è stata compo-
sta da Strabone, e l'interlineare
da Anselmo Lugdunense cognomi-
nato Scolastico, che vuol dire dot-
tore. La Glosa della Bibbia, che
pur chiamasi glosa ordinaria, fu
composta da Nicolò Lira in sei vo-
lumi. Le Glose del diritto civile e
canonico sono i commentari che
spiegano l' uno e l' altro diritto.
Glosa dicesi anche Chiosa, in hi ti-
no explanatìo, exposilio, declam-
ilo, dosare, far glosa, explanare,
declarare. Dicesi glosatore o glos-
semaiarius, l'autore che fece delle
glose , ovvero che ha interpretato
qualche libro, explanator, inlerpres.
Questo vocabolo per altro si usa
particolarmente quando si parla de-
gli interpreti della sacra Scrittura,
chiamati in generale i glossatori
della Bibbia. Si dice poi Glossario,
glossarium, il dizionario in cui le
aocì si spiegano con glose, massi-
me i vocaboli oscuri , antiquati ,
barbari o corrotti.
GLOUCESTER, Clanum, Glo-
cestria, Claudia Castra. Città ve-
scovile d' Inghilterra , capoluogo
della contea del suo nome nell'an-
tico regno di Mercia, sta in una
fertile valle della Savcrna, e sulla
GLO
riva sinistra di questo fiume, che
si attraversa sopra di un ponte co-
struitovi sotto Enrico II. È sede di
un vescovo anglicano ; ha tre sob-
borghi, le case sono costruite par-
te in legno e parte ni mattoni. Vi
è una bella cattedrale, di cui si am-
mira la torre, e che rinchiude le
tombe di Odoardo li, e di Ro-
berto figlio maggiore di Guglielmo
il Coìujuislatore, ed una statua in
marmo bianco di Edoardo Jenner,
inventore benemerito della vaccina,
ossia inoculazione del vaiuolo. So-
novi cinque chiese parrocchiali ,
molti luoghi di riunione pei dissi-
denti, una sinagoga, il palazzo pub-
blico , una sala magnifica ove si
tengono le assise e le sessioni per
quartiere della contea e della città;
un teatro, due vasti e comodi mer-
cati, diversi stabilimenti, molti o-
spedali , la prigione della contea, e
1' infermeria di essa. Un acquedot-
to vi conduce le acque necessarie.
La Savcrna facilita molto il com-
mercio della città , eh' è assai im-
portante; altrettanto fanno i due
canali, e la strada di ferro che con-
duce a Cheltenham. Ne' dintorni
avvi una sorgente di acqua mine-
rale; la citlà manda due membri
al parlamento.
Gloucester era una città dei do-
buni, antichi popoli della gran Bre-
tagna. I romani avendone fatto una
stazione ed una colonia le diedero
il nome di Claudia Castra. Rice-
vette il diritto di borgo reale dal
re Giovanni, ed una corporazione
da Enrico III. Nel 1270 Odoardo
I vi tenne un parlamento ove fu-
rono promulgate molte leggi im-
portanti, clip si chiamano ancora
statuti di Gloucester. Riccardo II
vi tenne pure un parlamento, e
Riccardo 111 che portava il titolo
GLO
di duca cìi Gloucester, eslese la
sua giurisdizione sugli hundred a«
diacenli di Dunstone e di King's-
Bartan; ma questi privilegi furo-
no ritirati dopo la restaurazione,
e le sue mura spianate, perchè
avea chiuse le porte a Carlo I.
Questa città conteneva per Io pas-
sato undici chiese, sei delle quali
essendo state demolite durante l'as-
sedio del i643, non furono dopo
mai ristabilite. Enrico III vi fu
coronato, e dal XXIII anno del
regno di Odoardo I godette il di-
ritto di mandare dei membri al
parlamento. Gloucester era un tem-
po riguardata come un hundred
distinto, conservando ancora alcuni
privilegi come contea. Irico re di
IS'orthumbria eresse in Glouce-
ster un ruonistero di donne, ver-
so l'anno 700. Kinehurga, Ead-
burga-Eva, e successivamente le
regine di Merda ne furono le ab-
badesse. Ma avendolo i danesi in-
teramente devastato, non potè re-
stituirsi al suo antico splendore,
se non al tempo di Aldredo arci-
vescovo di York, il quale però in-
vece delle religiose v' istituì de'ca-
nonici regolari di s. Agostino, a-
vendo l'abbazia il titolo di s. Pietro.
Enrico Vili re d'Inghilterra, dopo
di avere abbracciato la pretesa ri-
forma religiosa, l'eresse in vesco-
vato su lira «anco di Cantorberv.
verso l'anno 1 ^4°> e dopo avel-
lano prima appendere alla porta
del monistero il penultimo abbate,
perchè non voleva prestargli il giu-
ramento di supremazia. Odoardo
VI lo voleva riunire, altri dicono
che lo riunì nel i55i, a ^orce-
ster; ma la regina cattolica Maria
ne confermò l'erezione sotto la me-
tropoli di Cantorl'i-iy . Si dice
inoltre ch'Enrico YI1I non istituì
GNA 243
il vescovato di Gloucester, ma piut-
tosto lo ristabilì, essendovi stato il
vescovo anche in tempo degli an-
tichi bretoni. I cattolici di Glou-
cester dipendono dal vicario apo-
stolico del distretto occidentale .
Presso però il Godwin, De Prae-
sulibus, pag. 552, si legge come
monsignor Giacomo Brokes, chia-
mato pure Brooks o Brocus, con-
secrato nell'aprile 1 554, ^u vesco-
vo di Gloucester sotto la regina
Maria, e siccome egli fu subdele-
gato pontificio nella condanna di
Cranmero ed altri nel i55», si
può ragionevolmente concludere,
che l'erezione di quella sede era
stata approvata. Di questa depu-
tazione di Brooks parla pure il
Lingard nella Storia d' Inghilter-
ra, sotto la regina Maria, dell'ediz.
di Parigi voi. Vili, p. 228.
Concilii di Gloucester.
Il primo concilio di Gloucester
fu tenuto l'anno io85 per l'ele-
zione di un vescovo. Augi, tom. I.
Il secondo fu adunato nel 1122
per l' elezione dell' arcivescovo di
Cantorberv. Angl. tom. I.
11 terzo concilio ebbe luogo l'an-
no 1 3 - 8 sopra i costumi. Angl.
tom. III.
GNAFEO o FULLONE P.etro,
eretico cutichiano del secolo Y. Fu
denominato Gnajeo dai greci , e
Fidlone dai latini, per aver eser-
citalo l'arte di tintore di panni.
Professò vita monastica in un mo-
nistero di acemeti ossia vigilanti,
nella Bitinia; ma scopertosi eh' e-
eli ricettava il concilio di Ca
(Ionia, e sosteneva l'eresia di Eo-
liche, In discacciato dal moni stero,
e sospeso dagli offici del sacerdo-
zio. Ritiratosi in Costanlin
»44 GNA
s'insinuò nell'amicizia di Zenone
genero dell' imperatore Leone , e
con lui recossi in Antiochia, ove
subornato il popolo, e calunniato
il santo patriarca Martirio colla
taccia di nestoriano, fu dallo stes-
so Zenone intruso in quella sede.
La prima cosa che fece fu di ag-
giungere al trisagio della messa
Sanctus, Sanctus, Sanctus, le pa-
role qui crucìjìxus es prò nobis ,
affine di dare a credere che nella
persona di Gesù Cristo fosse stata
crocifissa la stessa divinità. L' im-
peratore Leone, condannando l'usur-
pazione del Gnafeo, inviò Martirio
con grande onore alla sua sede ;
ma vedendo questi di non poter
quietare il contrario partito , vi
rinunziò. Allora il Gnafeo occupò
la sede di nuovo, e venne ricono-
sciuto per patriarca d' Antiochia ,
della qual cosa informato l' impe-
ratore, lo relegò in Oasi. Nel 47^
fu rimesso ancora nella sede da
Basilisco che aveva occupato il re-
gno; ma avendo Zenone nell'anno
seguente ricuperato l' imperio , Io
fece deporre in un sinodo di orien-
te. Finalmente neh' anno 4^4 ^u
per la terza volta ristabilito in An-
tiochia, coli' assenso di Acacio pa-
triarca di Costantinopoli , fautore
degli eretici, che prima lo avea
condannato. Il Gnafeo fu condan-
nato formalmente, insieme ad A-
cacio e parecchi altri, nel concilio
romano, tenutosi nel /\85 a moti-
vo della chiesa d' Antiochia , sotto
il Papa s. Felice li detto III, il
quale notificò la sentenza con let-
tera particolare all'imperatore Ze-
none, acciò scacciasse il Gnafeo.
Tuttavia il fulmine della Chiesa
irritò, non convinse l'eretico, il
quale pubblicamente spargendo il
veleno dell'empia dottrina, tra-
GNE
boccò in ogni maggior eccesso. Egli
fu pure condannato come eretico
eutichiano, come apollinarista, sa-
belliano, e teopaschita; e dopo aver
esercitate molte crudeltà ed ingiu-
stizie contro più1 chiese, mori in
Antiochia nel fò$, cioè poco più
di tre anni dalla sua ultima usur-
pazione di quella sede.
GNESNA (Gnesnen). Città già
con residenza arcivescovile nel gran-
ducato di Posnania o Posen nella
Prussia, antichissima e già capita-
le della gran Polonia , ma ora è
totalmente decaduta dal suo splen-
dore. Piuttosto grande, e cinta da
un muro, rinchiude una cattedrale,
ed altre undici chiese cattoliche.
Nel mese di maggio vi si tiene una
fiera considerabile per bestiami e
cavalli. Gnesna, e più anticamente
Litniosaleum , è situata nell'antico
palatinato di Kalish tra Posen e
Thorn nella bassa Polonia, e secon-
do alcuni la prima erettasi in que-
sto regno. Dicesi che ne sia stato
fondatore Lecco I , che vuoisi pri-
mo re de'polacchi, fiorito nel 5or,
e che le abbia dato il nome di
Gnesna o Gnisen per avervi tro-
vato ne' suoi fondamenti un nido
di aquile, perchè in lingua polac-
ca Guest ad significa nido di aqui-
le. E certo eh' egli vi fece la sua
residenza, con molti altri suoi suc-
cessori, divenuta essendo, come si è
detto, la capitale della gran Polo-
nia, ed il luogo della incoronazio-
ne de' suoi re. I cavalieri teutonici
dell' ordine di Prussia la presero
e la saccheggiarono nel 1 33 r , e fu
poi quasi consumata dal fuoco nel
i6i3. Passò nel dominio dei prus-
siani che la conquistarono nel r 793,
sotto il regno di Federico Gugliel-
mo II. Né deve tacerai , che nel
Saggio statistico istorie 0 del ponù^
Gi\E
Jìcio stalo, di Gabriele Calindri, a
pag. i3 si legge, che nel 1 5 1 3 la
provincia di Gnesua si obbligò ad
un tributo annuale alla santa Se-
de nel pontificato di Leone X.
La sua sede vescovile fu eretta
ne' primi secoli della Chiesa, diven-
ne metropoli verso l'anno 967, al-
tri dicono nell'anno 1000, dopo
che l'imperatore Ottone III si recò
a Gnesna. L' erezione fu fatta col
consenso del Pontefice Silvestro li,
ad onta dell'opposizione dell'arci-
vescovo di Magdeburgo. Nei pri-
mi anni del secolo XV .Nicola Tram-
ba suo arcivescovo ottenne che que-
sta sede nel concilio adunato in
Costanza l'anno i4'4> fosse dichia-
rata primate del regno di Polonia.
Furono suoi suffragauei i vescovi
di Cracovia, Posnania, Ploscko, \ la-
dislavia, Culma, Varmia, Lucco-
j-ia, Vilna, Samogizia, Smolensko,
Vratislavia, e Camin, senza nomi-
nare altre sedi unite in processo
di tempo ad alcune delle nomina-
te. Eugenio IV nel 1 4^7 fece arci-
vescovo Vincenzo Dolivac polacco,
illustre per ingegno e dottrina, co-
me dicemmo alla sua biografia, nel
voi. IV, p. 167 del Dizionario : un-
se il re di Polonia Casimiro IV, ed
a' 6 aprile 1 4-44- l'antipapa Felice
V per accattivarsi i polacchi lo
creò pseudo-cardinale, per cui ven-
ne da Eugenio IV deposto dall'ar-
civescovato e da tutti gli onori.
Ma divenuto Pontefice Nicolò V, a
lui ricorse pentito Vincenzo, onde
il nuovo Papa con diploma de' 2
ottobre j 4 Ì7 '° assolvette dalle cen-
sure, lo restituì pienamente alla di-
gnità di arcivescovo, e lo riconob-
be per vero cardinale ili santa ro-
mana Chiesi.. Essendo intervenuto
nel [Si 3 al concilio generale La-
terunense V l'arcivescovo di Gne-
GNE 245
sna Giovanni Latski, fu dal Papa
Leone X dichiarato, in un ai suc-
cessori, legato della santa Sede nel
regno di Polonia. Inoltre l'arcive-
scovo oltre l'esser primate di tut-
to il reame , era altresì reggente
del medesimo dopo la morte del
re. Nella raccolta dell' Epist. di
Clemente XI, nel tom. II, p. 1 33
se ne legge una scritta all' arcive-
scovo di Gnesna sulle pubbliche
necessità del regno di Polonia, e
delle facoltà date al proprio nun-
zio pel sussidio da somministrarsi al
clero; e siccome l'arcivescovo esi-
geva che il nunzio lo visitasse, in
vece il Papa lo invitò a rendere
pel primo al nunzio 1' onore della
visita, e prontamente.
-Alentre n'era arcivescovo Miche-
le Pouiatowski di Posen, che Pio
VI avea traslato da Ploscko nel
178D, si legge nella vita di que-
sto Papa del Novaes, che nel 1789,
ad onta delle premure e proteste
dello stesso Pio VI alla dieta po-
lacca , questa in forza della dimi-
nuzione delle rendite de' vescovi e
del clero di tutto il regno, da tre
milioni di fiorini da paoli due l'uno,
cui ascendevano quelle annue del-
l'arcivescovo di Gnesna, le ridus-
se a soli duecentomila fiorini po-
lacchi. Il Pontefice Pio VII con la
bolla De salute animarum, data ai
26 luglio 1821, elevò al grado ar-
civescovile la sede di Posen ossia
Posnania [fedi), e l'unì aeque
primi palile r alla chiesa arcivesco-
vile di Gnesna, dichiarandone suf-
fraganeo il vescovo di Culma, perchè
quello di Chelma o Belai unite di
rito greco ruteno , con le loro chie-
se erano state dichiarate in tempo
anteriore immediatamente soggette
alla santa Sede per la diversità del
rito, e le alti e ricevettero in progics-
246 GNE
so di tempo altre disposizioni. Nello
stesso tempo Pio VII determinò che
monsignor Timoteo Goszenski, che
nel concistoro de' 27 marzo 1809
avea fatto vescovo di Posnania, fos-
se il primo arcivescovo di Gnesna
e Posnania unite, con due suffra-
gane! fregiali del titolo vescovile
in pardbus. Leone XII, nel conci-
storo de' i5 dicembre 1828 , gli
die in successore monsignor Teofi-
lo de Walichi di Doruchow, alla
cui morte il regnante Gregorio XVI
dichiarò arcivescovo, nel concistoro
de' 28 febbraio 1 83 1 , monsignor
Martino de Dunin, assegnandogli
per suffraganei due vescovi in par-
tibus, uno per la diocesi di Gne-
sna, l'altro per quella di Posnania.
In difesa di questo zelante pastore
il medesimo Gregorio XVI, nel con-
cistoro degli 8 luglio 1839, pro-
nunciò V Allociit'iOj Officii memore*
tuendorum Ecclesiae jurium , con
la quale si lamentò dell'ingiusta
condanna fatta contro l'arcivescovo
Dunin dai giudici laici, a cagione
dei matrimoni misti. Nel voi. XII
degli Annali delle scienze religiose
compilati in Roma dal eh. monsi-
gnore Antonino de Luca, p. q8, si
dice che monsignor Dunin arcive-
scovo di Posen e Gnesna, noto a
tutto il mondo per la sua eroica
costanza nel difendere i diritti del-
la Chiesa cattolica, indirizzò, dopo
che fu restituito all'amore del suo
gregge, una lettera pastorale al suo
clero intorno la questione gravis-
sima de' matrimoni misti , che ivi
viene riportata per intero nel suo
originale idioma latino. L'arcive-
scovo s' intitola legalo nato della
Sede apostolica, incomincia la let-
tera con queste parole: Res quae
circa matrimonium catholicorumcum
acatholicis versalur. con la data Po-
GNE
snaniae ad ecclesiam nostrani me-
tropolitanam die 27 mensis augusti
1840. Questo degnissimo e venera-
bile prelato mori ultimamente; la
sede arcivescovile divenuta vacan-
te, venne amministrata dai due
suffraganei, essendo quello di Gne-
sna monsignor Anselmo Alberto
Brodziszewski di Morowana Gorli-
na arcidiocesi di Posnania, fatto ve-
scovo di Temiscira in partibus , e
deputato in suffraganeo dal Papa
che regna, nel concistoro del pri-
mo marzo 1 84- 1 - Finalmente in
quello de' 20 gennaio i845 il me-
desimo Gregorio XVI dichiarò
arcivescovo di Gnesna e Posnania
unite, monsignor Leone de Przy-
stuski polacco, già canonico e pre-
vosto della chiesa metropolitana di
Gnesna, vicario capitolare, e dot-
tore in ambe le leggi.
La chiesa cattedrale di Gnesna,
di ampia ed elegante struttura, è
dedicata a Dio, ad onore dell'As-
sunzione della B. Vergine, e di
s. Alberto, con fonte battesimale,
e molte reliquie ; la cura parroc-
chiale è esercitata da un sacer-
dote del collegio dei vicari. Il ca-
pitolo si compone della dignità
del preposto e di sei canonici.
L* episcopio era annesso alla cat-
tedrale, ma poi andò in rovina.
Vi sono inoltre nella città altre
quattro chiese parrocchiali , una
delle quali è munita del battiste-
rio. Avvi un convento di religio-
si , un monistero di monache ,
quattro confraternite, un ospedale
ed il seminario. L' arcivescovo fa
l' ordinaria residenza in Posnania
ossia Posen. I frutti della mensa
sono tassati nella camera aposto-
lica a fiorini mille, in praesens
conslituti situi in 12000 thaleris
monetae Borussicae.
G N O
Concila di Gncsna.
Il primo fu tenuto nell' anno
IOOO, ed è chiamato di Polonia,
per l'erezione del vescovato di Gne-
sna in metropoli. Mansi t. I, col.
1 2 1 5 e 1 2 1 6.
Il secondo venne celebrato l'an-
no 1210. Filippo vescovo di Po-
sen, ed il decano di quella chiesa
vi furono scomunicati, s' ignorano
però le particolari notizie di que-
sto concilio. Mansi t. II, col. 8 14-
Il terzo fu riunito nel i4r7>
ed è il primo celebrato nel pon-
tificato di Martino V, che ne ap-
provò i decreti. Keg. tom. XIX ;
Rainaldi.
11 quarto ebbe luogo nel i4s3
contro gli ussiti. Regia t. X.Y1X;
Labbé tom. XII.
Il quinto si adunò nel i547,
per mandare dei deputati al con-
cilio di Trento. Rainaldi.
GNOSI M AGHI, eretici del VII
secolo, i quali si dichiaravano ne-
mici di tutte le cognizioni ricerca-
te dalla religione, come significa il
loro nome. S. Gio. Damasceno, De
hacres. cap. Vili, haeres. 88, scri-
ve che i gnosi machi erano persone
contrarie a tutta la gnosa del
cristianesimo (gl'interpreti di s.
Gio. Damasceno intendono per gnn-
sa la scienza ; sembra però che
abbia un senso più particolare,
il quale significasse nei primi se-
coli della Chiesa presso a po-
co ciò clic noi chiamiamo spiritila'
hià)j che dicevano essere una fa-
tua inutile il cercare le gnose del-
la sacra Scrittura; che Dio niente
altro richiedeva dal cristiano, se
non che le buone opere : che era
perciò molto meglio camminare
cou maggiore semplicità e non in-
G NO
!47
vestigare con tanta cura i dogmi
concernenti la vita gnostica ( chia-
mavasi gnostico un perfetto cristia-
no, un uotno dato alla spirituali-
tà). Della setta dei gnosimachi fa
pine menzione il Barouio agli an-
ni 68, 120, i45.
GNOSSA, GNOSSUS, GNO-
SUS o CNOSUS. Città vescovile,
già capitale dell'isola di Creta,
nella diocesi dell' Illiria orientale,
sotto la metropoli di Gortina , e-
retta nel quinto secolo, secondo
Commanville, che la chiama Gi~
uosa. Si conoscono quattro suoi
vescovi, cioè: Plinito, che s. Gi-
rolamo pone nel numero degli
scrittori ecclesiastici; Zenobio , il
quale assistette e sottoscrisse al
concilio di Efeso; Gennadio_, che
intervenne al concilio di Calcedo-
nia, e sottoscrisse Ja lettera all'im-
peratore Leone; ed Anastasio, che
fu al settimo concilio generale.
Oriens C/irist. tona. II, pag. 264.
Fu il luogo in cui fece la sua re-
sidenza il re Minosse, e siccome
era bagnata dal fiume Caeratus,
così Strabone dice che ne portasse
il nome. Pausiana parla del suo
laberinto, e Polibio delle stragi
sofferte da essa durante la guerra
da lui descritta. Aveva un porto
chiamato Ilcracleuni, da cui era
alquanto distante come mediterra-
nea. E patria di Epimenide, cele-
bre poeta e filosofo.
GNOSTICI. Antichi eretici, fa-
mosi nei primi secoli della reli-
gione cristiana , specialmente in o-
riente, i quali si chiamavano egli-
no stessi con questo nome, che
significa sapiente, illuminato, spiri-
tuale , imperciocché pretendevano
di avere una scienza profonda e
piena di misteri ch'essi soli erano
canati di penetrare e di icopi
248 GNO
S. Agostino dice che hanno preso
il nome di gnostici per vanità
di questa profonda cognizione, per
far formare una grande idea della
loro setta, e per occultarne sotto
la grandiosità del nome la vergo-
gna e l'infamia. Erano i gnostici
dapprincipio puri filosofi, che a-
vevano formata una teologia parti-
colare sulla filosofia di Pitagora,
di Platone e di Aristotile, alla
quale avevano accomodate le loro
interpretazioni della sacra Scrittu-
ra. Perciò nana s. Epifanio, che
adoravano essi le immagini di quei
filosofi, fra cui per maggior vitu-
perio della fede vedevasi quella di
Gesù Cristo. Il nome di gnostici
prendesi talvolta in buona parte
negli antichi scrittori ecclesiastici,
che lo applicavano anzi ai cristia-
ni più perfetti. I falsi gnostici al
contrario avevano abbandonato le
tradizioni apostoliche, ed immagi-
nandosi d'essere più dotti degli a-
postoli medesimi , ne inventarono
di nuove a loro capriccio. Furono
essi divisi in più sette o scuole
con nomi diversi, le quali tutte
però convenivano fra di loro nei
principii generali. I capi o pre-
cursori del gnosticismo furono Si-
mone il Mago, Mena udrò suo di-
scepolo, Cerinto, e Nicolao d'An-
tiochia. Nel secondo secolo i ger-
mi del gnosticismo si sparsero
nella Siria, nell'Egitto, in Italia
e nell' Asia minore, e formarono
numerose sette, le quali vennero
distinte dal nome dei loro par-
ziali fondatori , come Saturnino e
Gardesane in Siria; Cerdone uel-
l' Asia minore ed in Italia ; Basi-
lide, Valentino e Carpocrale nel-
1' Egitto. Le digerenti sette di tali
eretici si possono vedere compen-
diosamente descritte ai loro ii«
GNO
spettivi articoli in questo Diziona-
rio. Portavano i gnostici un picco-
lo anello all' orecchio destro, come
insegna della loro setta, e nell' in-
contrarsi davano segno di essere
gnostici con uno scambievole ti-
tillamento d' unghie nella palma
della mano, stringendosela recipro-
camente. Cose abbominevoli ed e-
secrande leggonsi di costoro, i qua-
li disonoravano talmente il cristia-
nesimo, che i veri cristiani, al di-
re di s. Epifanio, per non avere
comune con essi nemmeno il no-
me, si denominarono allora catto-
lici. Il contagio della gnostica ere-
sia dilatossi così ampiamente pel
mondo, che poche città rimasero
intatte dal suo veleno. S. Evaristo
Papa, che ne fu dolentissimo spet-
tatore, applicò ogni cura per raf-
frenarne la baldanza ; ma essendo
allora l'eresia nel suo furore, tut-
ti attraendo colla dilettazione del
senso , e la prepotenza degl' impe-
ratori gentili reudendo inefficace
l' autorità dei Papi, convenne al
Pontefice contenersi nei limiti del
suo potere. Perciò si contentò di
regolare le chiese con sagge prov-
videnze, rinnovò la condanna già
fulminata da s. Pietro contro i
fornicali , e formò uua nuova co-
stituzione con cui corroborava la
antica, che i matrimoni si cele-
brassero pubblicamente , con 1' as-
sistenza e benedizione del sacer-
dote, dichiarando incestuosi quel-
li contratti senza l'assenso del pa-
dre e della madre.
Chi volesse conoscere a fondo la
falsa dottrina ed empi costumi dei
gnostici legga Eusebio, s. Epifanio,
Teodoreto , s. Gio. Damasceno ,
Tertulliano, s. Clemente Alessan-
drino, Origene, e particolarmeiHo
s. Ireneo, che riferì a lungo 1 io-
GNO
io sentimenti , i quali furono nel
tempo medesimo da lui confutati.
Jùl abbenchè s. Ireneo parli più
di \ aleutino e della sua scuola,
che non degli altri gnostici , tro-
vansi nulladimeno nelle sue opere
i priocipii generali sui quali co-
desti eretici fondavano le loro false
opinioni, ed il metodo clic teneva-
no nelle spiegazioni della sacra
Scrittura. 1 gnostici non appog-
giavano solamente sui vangeli e
sulle epistole di s. Paolo la loro
falsa teologia ; ma anche sulla leg-
ge mosaica e sui prolèti. Siccome
vi sono nei libri dei profeti molte
parabole ed allegorie che possono
essere interpretate diversamente ;
così se ne servivano con destrezza,
come osservò s. Ireneo, alline di
nascondere con maggiore facilità la
dubbiezza delle loro interpretazio-
ni. Dividevano la natura in tre
*oi ta di esseri : cioè in materiale ,
in fisico od animale, ed in pneu-
matico ossia spirituale. Distingue-
vano parimente tre sorta di uomini:
il materiale, l'animale, e lo spiritua-
le. I primi puramente materiali non
erano suscettibili se non delle qualità
passive della natura, ed incapaci di
cognizioni, quindi perivano, secon-
do essi, in corpo ed in anima ; gli
spirituali al contrario, nati tali, oc-
cuparmi della loro destinazione e
della dignità della loro natura , e
trionfavano delle passioni che ti-
ranneggiavano gli altri uomini, ed
erano salvi naturalmente, tenia che
ne perisse alcuno; i fisici final-
menta "d annuali, benché dotati
della lai ulta di ragionate , erano
incapaci d' innalzai -i •<! disopi i del-
le afieuoni e dei gusti sensuali :
formavano «(iloti il muHO li a i due
mecennati ordini, <■ potevano <l »-
pjnrsj o salvaisi giusta le luio calr
GOA 249
ti ve o buone azioni. Facevano 1
gnostici un gran fondamento sul
principio ilei vangelo di s. Giovan-
ni, dove pretendevano trovare una
gran parte delle loro emanazioni ,
perchè egli parla del \ erbo, della
vita e della luce, e di molte altre
osse, che essi spiegavano secondo
le loro idee; cercavano dei mi-
steri dove non ve n' erano ; fìnge-
vano sensi astrusi e profondi nella
sacra Scrittura, e terminavano alla
fio fine con istravagauze , scioc-
chezze, ec. ec.
GOA ( Goan ). Città con resi-
denza arcivescovile dell Asia , nel-
1' Indie orientali di Portogallo, me-
tropoli degli stabilimenti portoghesi
in quelle regioni, sulla costa del
Ifalabar, nel regno di Dekhan o
Decan. Goa è una città dell'lndo-
stan , antica provincia di Beydja-
pour, capoluogo dell'isola del suo
nome e del territorio posto sul
lido occidentale dell Indostan, gia-
ce sulla costa settentrionale dell'i-
sola di Goa , che ha circa nove
leghe di circuito, ed è bagnata al
noni dalla .Mandova o Mandila,
all' est da uno stretto canale , al
sud dall' estuario della Riviera di
Rachol, ed all'ovest dal mare di
Oman. Quest isola, la provincia
di ilardez, Salzete, Dm, Damao,
Timor e .Macao costituiscono mi
governo vici rea le che risiede a
Goa nuova. Goa è composta dil-
la vecchia e dilla nuova città.
La città vecchia situala a tre leghe
dalla imboccatura dilla Mandova è
bene fui liticala e difesa da un La-
te, ma trovasi quasi ild tutto ab-
bandonata dai poi toghesi seool iri ■<
ne deli' insalubrità del clima ,
1 isiedetidovi soltanto V arcives
ed il 1 1» i". L « me - • mal fab-
bricale, tuttavia gli edilìzi pul
»5o GOA
ci, e principalmente le chiese in Goa
nuova ed i conventi mentano essere
ricordati perla loro bella architettu-
ra e ricchezza di addobbi , anzi
molti di questi antichi monumenti
sorpassano tuttociò che fu fattto dagli
europei nelle altre parti delle In-
die. La cattedrale insigne è degna di
una delle principali città dell'Europa.
La chiesa di s. Domenico è ornata
di quadri della scuola italiana ;
quella del collegio di s. Paolo, os-
sia la cattedrale , rinchiude il bel
sepolcro di s. Francesco Saverio
gesuita ; e la chiesa ed il convento
degli agostiniani, situato sopra una
altura, insieme ai nominati forma-
no una massa di edifizi imponente
per la loro magnificenza : questo
ultimo convento contiene una va-
sta biblioteca composta in gran
parte di libri ascetici. Magnifico è
il sepolcro di s. Francesco Saverio,
il quale per ricchezza, per maestà
e per eccellenza di lavoro è uno
de' più gloriosi del cristianesimo, e
vi fu eretto dalla pietà del suo in-
vitto discepolo Marcello Mastrilli. So-
novi pure due superbi ospedali,
l'uno de' quali di ricchezza tale,
che i moltissimi malati raccolti vi
erano tutti servili in argento.
La città nuova, situata all'imboc-
catura dèlia Mandava , è altresì ben
fortificata, e più regolarmente fab-
bricata della vecchia. Era questa la
residenza del viceré, ora del governa-
tore , del consiglio delle Indie, e
delle principali autorità del gover-
no , non che la sede di ima corte
suprema di giustizia. Vi si osserva
il palazzo vicereale, che ha una
cappella sul disegno di san Pie-
tro in Vaticano; quello dell'in-
quisizione, molte belle chiese , ed
un ospedale di marina. L' industria
ed il commercio sono quivi couceu-
GOA
trati ; le distillerie di arack sono
meno numerose dopo quelle stabi-
lite a Batavia : vi sono fabbriche
di seta e di cotone, e degli artefici
di tutti i mestieri. Goa è •vantag-
giosamente situata pel commercio;
l' ingresso de' suoi due buoni por-
ti, 1' uno al nord e l' altro al sud
dell'isola, è difeso dai forti di A-
guada e di Marmagor. Questa cit-
tà è il deposito delle merci che il
Portogallo manda per essere di-
stribuite negli altri stabilimenti del-
l' Indie, in Africa , all' isola di Ti-
mor ed a Macao nella Cina. Pri-
ma dell'applaudita abolizione della
tratta degli schiavi "vi s' importa-
vano moltissimi schiavi del Mo-
zambico. Gli abitanti sono un mi-
scuglio di razze europee , africane
ed asiatiche. In generale si può
dire che Goa nello scorso secolo
fosse la chiave di tutto il com-
mercio delle Indie orientali, la pri-
ma fiera delle Indie, ed una delle
più celebri ed opulenti città del
mondo, ma ora è assai decaduta
dal suo primo stato.
I Chameny, sovrani maomettani
del Dekhan, presero Goa nel «469
sotto il radjak di Bidjanagor , e
divenne parte del loro regno: ai
mori in tal tempo se ne attribui-
sce la edificazione. Il suo governa-
tore Hidacan o Gidalcan se ne di-
chiarò indipendente, ma trovandosi
in campagna nella guerra che avea
co' vicini paesi, il prode e famoso
Alfonso di Albuquerque sorprese la
città e la occupò nell'anno i5o8,
o meglio nel i5io, in nome del
re di Portogallo Emanuello ; sic-
come non vi si potè sostenere,
ritornato all' impresa poco dopo ,
ed essendosene completamente im-
padronito mei i5io, ne aumentò le
fortificazioni, e la fece capitale dei
GOA
possedimenti portoghesi nell'orien-
ti', ed il eentro delle militari ope-
razioni. Pio VI nel 1781 mandò
in dono alla regina di Portogallo
Maria I, buona quantità di caratteri
della celebre tipografia della con-
gregazione di propaganda fide, , ed
abili uomini per la stamperia die
la principessa istituì nel collegio di
Goa, affine d'intraprendere la stam-
pa di opere nell' idioma di queste
remote regioni, nelle quali il dia-
letto più in uso è un miscuglio di
lingue europee con quelle degli abi-
tanti di Kanara e dei maratti ; il
portoghese vi è pure inteso da una
gran parte della popolazione. Gli
inglesi la occuparono per accordo
nel 1808, e la ritennero sino al
1 8 1 4> Sl,l timore che i francesi non
facessero qualche tentativo onde
impadronirsene. Il suo territorio fu
spesso saccheggiato dai maratti, si-
no alla pace conclusa con essi alla
fine del secolo XVII.
La fede fu promulgata nelle In-
die orientali, come diremo a que-
sto articolo, da s. Francesco Sa-
verio gesuita, il cpiale portatosi in
Goa nel 1 rj?., e fattovi altrettan-
to, la stabilì centro delle sue mis-
sioni. In Goa gli fu commessa la
cura del seminario detto ili santa
Fede, il quale era stato fondato
per l'educazione dei giovani india-
ni. Chiamandolo altrove il suo ze-
lo, egli ne affidò il governo ai
membri della compagnia di Gesù,
che erano slati mandali nell'Indie.
I eli ingrandì il seminario, e fece
le regole che ti sì doveano segui*
ir, per educare i giovani nelle let-
tere e nella pietà, Questo semina*
rio prese allora il nome di s. Pao*
l<», ila. la sili ohiasa ch'era inti-
tolila a questo apostolo, per la
qual ragione 1 gesuiti furono clna-
GOA i~i
mali in Goa i padri di s. Pao-
lo. San Francesco Saverio mo-
rì a' a dicembre del 1 r> ÌÌ2, nell'i-
sola ih Sanciano, onde il suo cor-
po temporaneamente fu tumulato
su quella spiaggia, mi nel febbraio
del seguente anno venni; disotterra-
to, quindi portato .1 Malacca, dove
il suo amico Giacomo Pereira gli
fece celebrare sontuosi funerali ; in-
di qualche mese dopo fu trasferito
in Goa, e deposto nella gran cap-
pella della chiesa di s. Paolo, fon-
data i^ià dai gesuiti. CommanviUc
dice che Goa nel 104.0 fu eretta
in vescovato da Paolo III : certo è
che il Pontefice Paolo IV, ad istan-
za di Giovanni III redi Portogallo,
con l'autorità della bolla Etsì san-
Cla,de'4 febbraio IJ r, eresse in
arcivescovato la chiesa di Goa, di
cui divennero sulfraganei i vesco-
vati di Cochin, Meliapor, Malacca.
Macao, e Nagansacchi. Dispose Pao-
lo IV che la cbiesa di Goa fòsse
di nomina del re di Portogallo da
farsi infra annum, passato il quale
il diritto ritornasse alla santa Se-
de. Fu pure stabilito, che il re
dovesse accrescere e mantenere le
chiese, i monisteri, i pii stabili-
menti, i parrochi , i canonici e i
chierici.
Dipoi Alessandro VIII nel 1690
eresse i vescovati di Nankin e Pe-
kino nella Cina, e li fece sulfraganei
di Goa; e siccome sotto Innocenzo
XII che gli succest 1 Ide uno
scisma perchè non si volevano ri-
conoscere i vicari apostoli.! depu-
tati dall 1 1 rata Se le, e i loro 1 1-
diuton datigli per togliere ogni
litigio in caso ohe fossero mancati,
il Papa a' 6 1 isse
un breve all' arci" saoovo <li G 1
il 11 rei ivi 'li Macao e Malac*
I 1 Louuudaiulo loro clic per l av-
2J3 GOA
venire non s'ingerissero nel gover-
no spirituale de' regni di Siam,
Cocincina, Sciampa, Cambogia ed
altri regni e provinole assegnate
ai vicari apostolici, né che ha fu-
turo impedissero sotto qualunque
pretesto l'esercizio di giurisdizione
a' vicari apostolici e loro operai
contro il breve di Clemente X. In
seguito e negli ultimi anni del de-
corso secolo il Papa Pio VI dichiarò
Goa chiesa primaziale delle Indie o-
rientali, che al presente è 1' unica
metropoli di queste. Attualmente sei
sono i suoi vescovi suffraganei, cioè
Nankin, Macao, Malacca, Meliapor,
Pelano, e Cocchio. Ma il Papa che
regna Gregorio XVI, per quei mo-
tivi e circostanze che noteremmo
all'articolo Indie orientali {Vedi),
per la salute spirituale di tanti
popoli, colla bolla Malta praecla-
* rae Romani Ponti ficis, de'24 apri-
le i83S, provvisoriamente sottras-
se dalla giurisdizione dell'arcivesco-
vo di Goa i luoghi delle diocesi
delle Indie orientali suffragarne alla
sua metropolitana, ed invece eres-
se parecchi vicariati apostolici, che
per l'immenso vantaggio che han-
no recalo, ora dal medesimo Pon-
tefice si vanno ad accrescere. Da
questa zelante e necessaria prov-
videnza la chiesa di Goa infelice-
mente ripugnandovi cadde nello
scisma: le trattative però che ul-
timamente s' intrapresero tra la
santa Sede e la regina di Porto-
gallo, essendo ormai giunte al suo
compimento, porranno un termine
a questi mali; mentre il breve da
ultimo scritto dal Pontefice al
nuovo attuale arcivescovo, che no-
mineremo , sarà efficace a fare
rientrare il clero di Goa nel dritto
sentiero.
La cattedrale è dedicata a Dio
GOA
in onore di S.Caterina vergine d'A-
lessandria. Il capitolo si compone di
quattro dignità, la prima delle quali è
il decano, di canonici compreso il
penitenziere, di cappellani, ed altri
preti e chierici pel divino servigio.
Nella cattedrale si venera con gran
divozione il memorato corpo di s.
Francesco Saverio ; vi è il fonte
battesimale, ed un prete eletto dal-
l'arcivescovo n' è il parroco. Ad
essa contiguo vi è l'episcopio, ed
ora viene occupata la sede da mon-
signor Giovanni Giuseppe de Silva
Torres , già monaco benedettino ,
nato in Porto, nominato dalla re-
gnante regina Maria li, e fatto ar-
civescovo dal Papa che regna Gre-
gorio XVI, nel concistoro de' 19
giugno i843. Nella città vi sono
altre sei parrocchie munite di bat-
tisterio, due chiese collegiate, un
monistero di monache, diverse con-
fraternite, il seminario, ed altri pii
luoghi. 11 clero è numerosissimo
nella diocesi, e nel 1808 i preti
cattolici erano duemila. La popo-
lazione della diocesi quasi tutta
cattolica è di novantamila; quella
della città per la maggior parte
cattolica è più di ventimila. L'ar-
civescovo è tassato nei libri della
camera apostolica in fiorini 333,
quorum valor ascendit ad sex mil-
le cruciata lusitanae monetae ab
aerarlo regio perso U'enda, seti ad
bismille et quadraginta sciita ro-
mana.
Concilii di Goa.
Il primo fu celebrato l'anno
1067, e vi presiedette l'arcivesco-
vo di Goa d. Giorgio Temuda. In
esso verniero fatti diversi regola-
menti per la propagazione della
GOA
fede, ed il Pontefice s. Pio V ne
approvò gli atti con breve del pri-
mo gennaio 1570. Questo concilio
fu il primo riunito dai portoghesi
nelle Indie orientali.
Il secondo fu celebrato nel 1375
per fare eseguire i regolamenti del
primo, e per proibire le cerimonie
pagane nei paesi dipendenti dal
Portogallo.
Il terzo concilio venne adunato nel
1 584 o 1 585, nella chiesa cattedrale
di Goa, essendo presieduto da d.
A inccnzo di Fonseca arcivescovo di
Goa e primate dell' Indie orientali,
perchè prima di Pio VI gli arci-
vescovi usavano il titolo di primate
dell' Indie ; l' apertura seguì a' 9
giugno. Mar-Abraham arcivescovo
di Angamale o Cranganor, metro-
polita del Malabar, prelato siriaco,
per opera de' gesuiti abiurò il ne-
storiaoismo, professò le cattoliche
verità, ma nel i5go tornò agli an-
tichi errori. Sousa, Oriente con-
qiiistado,pav. 2. Vuoisi che nell'an-
no 1590 sia stato tenuto altro si-
nodo.
GOAR Giacomo, domenicano, na-
to a Parigi nel 1601. Applicossi
indefessamente alla lettura dei libri
santi e dei padri della Chiesa , e
studiò particolarmente la dottrina
de' greci, i loro riti, la liturgia, e
quanto alla lor credenza, morale e
disciplina può aver relazione. iNel
1 63 1 fu spedito nell'isola di Scio o
Chio, in qualità di missionario e di
priore del convento di s. Sebastiano
di quell'isola, dove passò ott' anni ,
sempre occupato a fortificare i fe-
deli , ad esaminare i sentimenti e
gli usi de' greci , ed a ricondurre
gli scismatici al grembo della Chie-
sa romana. Passato a Roma nel
iG3g, fu fatto priore del convento
dì s. Sisto , e strinse particolare
GOA 2Ì3
amicizia col celebre Leone Allaccio.
Ritornò in Francia nel 1642; ot-
t' anni dopo fa eletto vicario gene-
rale della sua congregazione di 9.
Luigi, e morì nel iò53, ai 23 di
settembre, dopo aver composte di-
verse opere. La più considerevole
è l' Eucologio [Vedi), o rituale dei
greci, stampato a Parigi greco-latino
nel 1647, e ristampalo a Venezia
nel 1730. BenedeltoXIV nel 1 - 5 j
ne fece pubblicare altra edizione
corretta. Diede alla luce altresì le
traduzioni di diversi libri greci della
storia bizantina, cioè : Giorgio Co-
dino, con osservazioni ; la Crono-
grafia di Giorgio Sincello, e quella
di iSiceloro patriarca di Costanti-
nopoli ; Giorgio Cedreno , con no-
te; la Cronografìa di Teofane, con
note , alle quali sono aggiunte le
varianti del p. Combefis ; e le \ ite
degl'imperatori di Leone il Gram-
matico.
GOARE (s.) Uscito da un' illu-
stre famiglia d'Aquitania, abbrac-
ciò lo stato sacerdotale, e travagliò
con tutto lo zelo per la salute del-
le anime. ÌNel 5 1 c> passò in Lama-
gna, e ritirossi in una celletta nel
territorio di Treveri, ove visse pa-
recchi anni negli esercizi dell'ora-
zione e della penitenza. Quindi so-
spinto dal suo amore per Gesìi Cri-
sto, si pose ad annunziare la fede
agli idolatri che abitavano lungo »l
Reno, e convertinne buon numero.
Alcune persone nemiche d'ogni be-
ne gli suscitarono contro una for-
te persecuzione , ma la sua virtù
ne uscì più sfavillante; e Dio stes-
so volle dar maggior lustro alla
santità del suo servo col dono dei
miracoli. Non volle accettare il ve-
scovato di Treveri, che gli fu ol-
fVrio; e morì nel 5 7 :1 . E onora-
to il giorno 6 di luglio.
254 GOB
GOBBANO (s.). Nacque in Ir-
landa, e meritò colle sue virtù di
essere elevato al sacerdozio. Desi-
deroso di consagrarsi più perfetta-
mente al servigio di Dio, passò in
Francia, e dopo aver dimorato
alcun poco a Corbeny e a Laone,
si ritirò nella grande foresta eh' è
presso 1' Oise. Quivi si fabbricò una
cella, poscia coli' aiuto del popolo
eresse una chiesa die fu dedicala
a s. Pietro, ma ebe in seguito as-
sunse il nome del suo fondatore.
11 luogo era stato dato da Clota-
rio 111 , che regnò sopra la Neu-
stria e la Borgogna dal 656 al 670,
e ebe non cessò fin che visse di
onorare il servo di Dio. Alcuni bar-
bari venuti dal nord dell'Alemagna
dando il guasloal paese, mozzarono
la testa a s. Gobbano in odio del suo
stato. Il luogo ove fu martirizzato,
chiamato anticamente il monte del
Romitorio, appellasi oggidì s. Gob-
bano. Il capo del santo vi si cu-
stodisce nella cattedrale, e la sua
festa è segnata ai 20 di giugno.
GOBIWET Carlo, dottore della
Sorbona, nato a s. Quintino nella
Picardia, fu il primo direttore del
collegio di Plessis, dopo la restau-
razione fattane dal cardinale di Ri-
chelieu nel i653. Il suo zelo pel
pubblico bene, il suo amore per la
virtù furono utilissimi a quella ca-
sa che edificò colle parole e col-
l' esempio. Morì ai 9 dicembre 1690,
di settantasett'anni. Questo pio ec-
clesiastico diede alla luce molte o-
pere , che sono state molte volte
stampate , e che meriterebbero di
essere sempre fra le mani di tutta
la gioventù. Le più ragguardevoli
sono: i.° Istruzione della gioventù;
2." Istruzione sulla penitenza e sul-
la santa comunione j 3.° Istruzione
sulta verità del ss. Sacramento;
GOD
4.* Istruzione sulla religione; S.B
Aggiunte all' istruzione delta gio-
ventù , contenente cinque trattati ;
6.° Istruzione sulla maniera di bene
studiare j 7.0 Istruzione cristiana,
per le figlie.
GODEAU Antonio, vescovo di
Grasse e di Vence, nato d'una del-
le primarie famiglie di Dreux. Fu
uno di quelli che diedero occasio-
ne allo stabilimento dell'accademia
francese, radunandosi presso il sig.
Coutart per conferire intorno ai
loro studi, e leggervi i loro com-
ponimenti. Avendo studialo la poe-
sia, la sua inclinazione alla pietà
lo portò a scrivere poesie cristiane,
e cominciò da una parafrasi in ver-
si del cantico Benedicite, che gli
acquistò molta fama. Pieno delle
più pure massime della morale cri-
sliana , le spiegò dal pulpito con
eloquenza. Fu eletto al vescovato
di Grasse nel i636. Tenne diver-
si sinodi , compose una quantità
d'istruzioni pastorali per il suo cle-
ro, e vi ristabilì la disciplina assai
trascurata. Assistette alle assemblee
generali del clero tenute a Parigi
nel 1645 e i655, dove sostenne
fortemente la dignità del vescova-
to e la purezza della morale. Mo-
ri di sessantasett' anni, a Vence, il
21 d'aprile 1672. Fra le molte o-
pere uscite dalla sua penna distin-
guonsi le seguenti: r. Istoria ec-
clesiastica, che contiene i primi
nove secoli; 2. Parafrasi dell'epi-
stola di s. Paolo; 3. Versione spie-
gala del Testamento nuovo j 4- Me-
ditazioni sull' epistola di s. Paolo
agli ebrei j 5. le vite di s. Paolo,
di s. Agostino e di s. Carlo Borro-
meo ; 6. gli elogi de' vescovi che
fiorirono per dottrina e santità in
tutti i secoli della Chiesa; 7. Pit-
ture di penitenza; 8. Omelie per
GOD
tulle le domeniche e feste dell'an-
no; 9. diversi piccoli trattati di
morale, ed altre opere cristiane,
die spirano quanto v'ha di me-
glio ne' padri e nelle Scritture;
jo. discorsi sopra gli ordini sacri;
1 1. istruzioni e ordinanze sinodali;
12. alcuni scritti latini e francesi
contro {'apologia de' casisti del
p. Pirot ; 1 3. Morale cristiana, da
lui composta in occasione della sud-
detta apologia; i4- diverse lettere
e diverse poesie, di cui la principa-
le è una parafrasi sui salmi.
GODEBERTA (s.). Nacque da
ragguardevoli genitori nella diocesi
d'Amiens, e ricevette il sacro velo
dalle mani di s. Eligio vescovo di
Noyon, nel cospetto del re Gola-
rio III. Questo principe le diede
dei beni per fondare una comuni-
tà, ch'ella governò con molta sa-
viezza, partecipando alle sorelle le
istruzioni che riceveva da s. Eligio,
e facendosi loro esempio di fervo-
re e di penitenza. Le sue veglie e
le sue preghiere erano quasi con-
tinue, e la fortezza della sua fede
fu ricompensata da molli miracoli.
Morì verso la fine del secolo \ 11,
o sul principio dell' Vili. Le sue
reliquie vennero trasportate nella
cattedrale di Noyon , ove celebrasi
la sua festa il giorno 1 1 di aprile.
GODESCALCO (s.). Figlio di
Utone principe de' vandali o slavi,
era slato allevato da cristiano in
un monistero di Lumburgo, per
cuia di un vescovo di Gozia no-
mato pur Godescalco; ma aposta-
tò e si congiunse a Gneo ed Ana-
trogo, principi barbari ed idolatri,
per vendicare sopra i sassoni 1' uc-
cisione di suo padre. Vessò lungo
tempo que' popoli , e fece parec-
chie scorrerie nel loro paese; ma
alla fine fu fatto prigione dal loro
GOD a55
duca Bernardo , il quale lo tenne
più anni incarcerato. Ricuperata la
libertà, si ritirò fra'danesi, alla te-
sta di quegli slavi ch'erano restali
attaccati al suo partito; indi a po-
co si convertì. Canuto re di Dani-
marca lo impiegò utilmente nelle
guerre che fece ai norvegi, e nella
spedizione d'Inghilterra. Le glorio-
se sue gesta lo resero sì caro al re,
che gli diede in matrimonio la sua
propria figliuola. Dopo la morte di
Canuto e de' suoi figli, Godescalco
lasciò l'Inghilterra, sottomise tutto
il paese degli slavi , costrinse una
parte dei sassoni ad essergli tribu-
tari, e regnò in pace mólti anni.
Adamo di Breda dice parlando di
lui, che fu il più potente di tutti
i principi eh' ebbero la sovranità
fra gli slavi, e sorpassò i suoi pre-
decessori di prudenza e coraggio ,
come li superò dopo la sua con-
versione per la pietà e per lo zelo
della gloria di Dio. Riempì i suoi
stati di un gran numero di chie-
se, fondò dei monisteri, e vi fece
venire dei missionari che diffusero
la fede presso niobi popoli idolatri
soggetti al suo dominio, che abita-
vano la costa settentrionale dell'A-
lemanna dall'Elba sino a Meeklen-
borgo. Ma quei barbari, per l'osti-
nato loro attaccamento al pagane-
simo, si ribellarono : Godescalco fu
trucidato nella città di Lenzino, ai
7 di giugno del io66_, e nello stes-
so tempo fu ucciso anche il prete
Ebbone. I certosini eli. Brosseiles li
hanno posti ambedue fra i marti-
ri onorati dalla Chiesa sotto tal
giorno, nelle loro aggiunte al mar-
tirologio di Usuardo.
GODESCALCO, soprannomina-
to Fulgenzio, monaco benedettini),
nato in Germania nei primi ibi m«-
cololX; uomo inquieto e turbo-
■?."/:> GOD
lento, e da molti incolpato come
vero predeslinaziano. Fece profes-
sione della vita monastica nell'ab-
bazia di Orbais, diocesi di Soissons,
poscia si recò in Pioma, e senza le-
gittima missione usurpandosi l'of-
ficio di predicare, sparse in mol-
ti luoghi le sue massime , per le
quali fu condannato in Magonza
dall' arcivescovo Rabano in un si-
nodo tenuto nell'848, quindi fu
mandato ad Incmaro arcivescovo
di Reims, suo metropolitano. Que-
sti, insieme con molti altri vescovi,
tornò ad esaminare nell'anno se-
guente la dottrina del monaco d'Or-
bais, in un altro sinodo a Quercy,
in cui non avendo voluto Godescal-
co sottomettersi, fu condannato di
nuovo, deposto dal sacerdozio, co-
stretto ad abbruciare i suoi scritti,
ed incarcerato nell'abbazia di Haut-
villiers nella diocesi di Reims ,
ove avendo ricusato anche in line
di vita di sottoscrivere una forino-
la di fede che Incmaro gli aveva
mandata , morì scomunicato ne4-
1' 870, e non gli fu data sepoltura
ecclesiastica. Godescalco negava la
libertà, e sosteneva che Dio prede-
stina gli uomini alla dannazione;
e che Gesù Cristo non ha voluto
salvare tutti gli uomini , e non è
morto per tutti, ma solamente per
gli eletti.
GODIN o GOCJDIN Guglielmo,
Cardinale. Guglielmo Goudin o
sia Petri nacque in Bajona da o-
nestissima famiglia ; quanto fu de-
forme e spregevole neh' aspetto,
altrettanto riuscì sublime ed ele-
vato neh' ingegno, che seppe con-
giungere a singolare morigera-
tezza. Dopo avere professato nel-
l'ordine de' predicatori , in esso
per molti anni attese con straor-
dinario fervore allo studio delle
GOD
scienze, per cui interpretò con suc-
cesso la Scrittura sacra nell'uni-
versità di Parigi , ed eletto pro-
vinciale di Provenza, e poi di To-
losa, fu da Clemente V promosso
a maestro del sacro palazzo, e
cappellano pontificio, commettendo-
gli insieme a due cardinali I' esame
degli scritti di Pier Giovanni Olivi
frate minore, sulla povertà di Cri-
sto e degli apostoli; quindi a' 21
dicembre 1 3 1 2 o 1 3 1 3 in Avigno-
ne lo creò cardinale prete del ti-
tolo di s. Cecilia, ed allora fu che
Tolomeo da Lucca, parimenti do-
menicano, gli dedicò la sua iSVa-
ria ecclesiastica divisa in XXIV
libri. Nel morire Clemente V, nel
1 3 1 4- > Pei* distinzione gli lasciò
alcuni ornamenti pontificali , che
il cardinale poi nel testamento do-
nò alla chiesa di Bajona. Nel 1 3 1 7
Giovanni XXII, alla cui elezione
avea contribuito, lo fece vescovo
di Sabina, indi lo incaricò delia
legazione di Castiglia, la quale per
la sua prudenza e saviezza, tron-
cate le discordie e guerre civili,
ridusse a perfetta calma. A tale
elletto tenne un' assemblea del
regno in Palencia, in cui fu data
l'amministrazione del reame all'in-
fante Alfonso, esiliali alcuni gran-
di che in tempo della minorità
del re aveano abusato della tu-
tela, e dispoticamente comandava-
no con pregiudizio della corona.
A' 1 agosto i322 adunò un con-
cilio in Vagliadolid, che riuscì ce-
lebrato pei canoni disciplinari, mas-
sime contro i chierici concubinari,
e contro quelli che nella quaresi-
ma si cibassero delle cose vietate.
Nel i3?4 consagrò in A\ignone
fr. Raimondo domenicano in pa-
triarca di Gerusalemme; ed essen-
do stali accusali alcuni ecclesiasti-
GOD
ci francesi di avere con arte ma-
gica cagionata la morte a Carlo
IV re di Francia, Giovanni XXII
gliene commise la causa, insieme
a due altri cardinali. Fondò are-
ligiosi del suo ordine cinque con-
venti, e tre sontuose chiese, cioè
in Avignone, in Tolosa, ed in
Bajona, onde di comun consenso
fu chiamato padre deW ordine dei
predicatori. Dopo aver assistito ai
comizi per Benedetto XII, mori
in Avignone nel 1 336, e trasferi-
to in Tolosa fu sepolto nella chie-
sa del suo ordine, al manco lato
dell' altare maggiore, in un avello
di marmo bianco , con la sua
statua ed il proprio nome. Questo
cardinale lasciò alcune opere, la
più insigne delle quali è un vo-
lume in cui registrò tutti i dirit-
ti, concessioni e privilegi fatti alla
Chiesa romana, e da questa ad
altri.
GODOLEVA o GODELItfA
(s. ). Sorfi cospicui natali nella
diocesi di Terovana, e fu marita-
ta ad un gentiluomo fiammingo
per nome Bertoldo , il quale trat-
tolla assai male. Le di lei virtù
non valsero ad ammollire il cuore
del suo sposo, che sempre più
imperversando contro di lei , la
mise in mano di un suo servo, a
cui commise di oltraggiarla e di
somministrarle appena quanto era
necessario per vivere. Godoleva
sopportò con somma pazienza que-
sta tribolazione, confortandosi col-
1' orazione e colle pratiche della
pietà cristiana; ma finalmente ve-
dendo che non era più sicura
della vita, salvossi presso suo pa-
dre. L'affare fu portato dinanzi al
giudice ecclesiastico che pronun/iò
in favore di Godoleva, alla qua]
sentenza Bertoldo si sottomise te-
voi. xxxi.
GOD 257
mcndo lo sdegno del conte di
Fiandra , e riprese sua moglie
promettendo di trattarla meglio in
avvenire. JVon molto tempo dopo
questa riconciliazione Godoleva fu
strangolata nel suo letto per com-
missione di Bertoldo, mentre esso
aveva impreso di fare un viaggio,
e fu sparsa voce eh' ella era stata
trovata morta di morte subitanea.
Questo fatto avvenne ai G di lu-
glio del 1070, secondo l'opinio-
ne più comune. La santità ed in-
nocenza di Godoleva assicurasi che
fu testimoniata da parecchi mi-
racoli, e la sua festa è riportata
il giorno 6 di luglio.
GODRICO (s.). Nacque a Wal-
pole nella contea di Norfolck, e si
mise a fare il mereiaio. Viaggian-
do in Iscozia per oggetto del suo
commercio , restò commosso nel
vedere la vita esemplare dei mo-
naci di Lindisfarne, e soprattutto
da ciò che udì raccontare delle
azioni meravigliose di san Cud-
berto ; per lo che risolvette di
prendere un nuovo tenore di vita.
Fece un pellegrinaggio a Gerusa-
lemme, poi si recò a Compostella,
e tornato in patria si pose per
castaido presso un ricco signore.
Quivi scoperti molti disordini nei
servi, ne avverfi il padrone, ma
siccome ciò non operò alcun ef-
fetto , abbandonò il suo oflìzio
per non partecipare dei falli degli
altri. Dopo due pellegrinaggi, l'u-
no in Francia , l' altro a Roma,
si recò verso le parti settentriona-
li dell' Inghilterra, ove si unì con
un santo uomo detto Godwino, e
tutti due vissero da anacoreti in
un deserto posto a tramontana di
Carline. Perduto il suo compagno
in capo a due anni, fece un se-
condo pellegrinaggio a Geru*alem-
17
258 GOE
me, poscia ri ti rossi nel deserto di
Finchal o Finkley, e vi praticò
straordinarie austerità. Viveva sot-
to l'ubbidienza del priore di Dur-
ham, e uno di quei monaci ascol-
tava le sue confessioni, gli diceva
la messa, e gli amministrava i
sacramenti in un oratorio vicino
alla sua celletta, ch'era dedicato a
s. Giovanni Battista. Negli ultimi
anni della sua vita s. Godrico fu
tribolato da varie malattie ; ma di-
ce Guglielmo di Newbridge, il qua-
le lo visitò, che quantunque il suo
corpo rassomigliasse ad un cada-
vere, la sua lingua non cessava di
lodare il Signore. Morì a* 2 1 di
maggio 1170, dopo aver passato
sessantatre anni nel deserto. Fu
seppellito nell' oratorio di s. Gio.
Battista, e onorato da molti mi-
racoli.
GOESSEN Giovanni, Cardina-
le. Giovanni Goessen, nobile fiam-
mingo, nacque nel 1610. Per le
sue qualità e cognizioni l'impera-
tore Leopoldo I l'impiegò in gra-
vissime ed importanti ambascerie,
nelle quali dimostrò singoiar for-
tezza, ed uno spirito superiore, con-
giunto a rettitudine non solo nel
maneggio degli affari pubblici, ma
eziandio nell'esercizio di una vera-
ce pietà. Dopo aver dato nel 1664
una rotta all' esercito ottomano
presso s. Gottardo nell' Ungheria,
si senti potentemente ispirato ad
abbracciare la vita clericale,' in
seguito di tale risoluzione l'impe-
ratore lo nominò alla sede di
Gurk , indi Si portò al congresso
di Nimega, ove gli riuscì conchiu.-
dere co' francesi la pace da tutti
desiderata. Per lo che ad istanza
del medesimo imperatore, Innocen-
zo XI a'2 settembre 1686 lo creò
cardinale prete del titolo di s.
GOF
Pietro in Montorio, e fu destinato
oratore cesareo in Roma , dove
morì a' 19 ottobre 1696, in età
di ottantacinque anni, e rimase
sepolto nel mezzo della chiesa dei
cappuccini , sotto adorna lapide
fregiata di magnifica iscrizione .
Intervenne alle elezioni di Alessan-
dro Vili , e d'Innocenzo XII ; e
con testamentaria disposizione, oltre
molti pii legati, lasciò venticinque
mila ducati per (ondare un ospe-
dale nell'Ungheria.
GOFFREDO, Cardinale. Gof-
fredo fu pei suoi meriti da Inno-
cenzo III del 1198 creato prete
cardinale del titolo di s. Prassede,
quindi avendo d' ordine del Pon-
tefice allestita in Venezia una flotta
per la spedizione di Terra Santa,
ne fu dichiarato legato. Trasferi-
tosi in oriente, venne nominato pa-
triarca di Gerusalemme, dignità
che non volle in alcun modo ac-
cettare. Il Papa che ben conosce-
va il merito e la virtù del legato,
gli scrisse lettere efficaci, esortan-
dolo ad assumere il patriarcato
conferitogli, ma egli invece parti
dalla Soria per Costantinopoli con
dispiacere del medesimo Papa , il
quale gli fece gravi doglianze, e
gli comandò di restituirsi pronta-
mente alla sua legazione, tanto più
eh' erasi prevaluto delle armi dei
crociati per favorire 1' imperatore
d'oriente , liberandoli invalidamen-
te dal voto fatto per la sacra guer-
ra : si lagnò pure Innoeenzo III
di avere il cardinale assoluto i ve-
neziani dalle iucorse censure, sen-
za esigere da essi alcurfc soddis-
fazione. Non mancò il legalo di
eseguir immediatamente i pontiGcii
comandi , e restituitosi in Soria
riprese di nuovo l'esercizio di sua
legazione, nella quale cessò di vi-
GOF
vere durante il pontificato di In-
nocenzo III.
GOFFREDO da Tram, Cardi-
nale. Goffredo da Trani uditore
delle contraddette, cappellano pon-
tificio, di grande scienza e di ec-
cellente letteratura, meritò di es-
sere creato cardinal diacono di s.
Adriano da Innocenzo IV, a' 28
maggio 1244- Questo si vuole so-
pra tutti accettissimo al Pontefice,
che seguì in Lione per la cele-
brazione del concilio generale, ed
ove morì nel 1245. Siccome que-
sto insigne cardinale viene confuso
con Castiglione Goffredo Cardina-
le [Vedi), si può consultare il Car-
della nelle Memorie sloriche dei
cardinali, tom. I , par. II, pag.
272, che in favore di Goffredo da
Trani riporta la testimonianza del
p. Sarti, di Bonaguida Aretino, di
Gio. Andrea giureconsulto, e di
Matteo Paris.
GOFFREDO o GOTTIFREDO
d' Alatri, Cardinale. Goffredo o
Gottifredo nacque in Alatri nel
principio del XIII secolo, da no-
bilissima e putente famiglia. Es-
sendo canonico della chiesa catte-
drale di sua patria, fu da Ales-
sandro IV suo affine fatto suddia-
cono apostolico , e poi in premio
di sua profonda dottrina ed eru-
dizione venne da Urbano IV nel
dicembre 1261 creato cardinale
dell'ordine de'diaconi, conferendogli
la chiesa di s. Giorgio in Vela-
bro per diaconia. Questo cardina-
le, oltre all'aver fatto innalzare
nella città di Alatri alcune ma-
gnifiche fabbriche , vi fece riedifi-
care ed abbellire la chiesa di s.
Slefano, che dotò di convenienti
rendile per P erezione di dodici
benefizi. Si rese inoltre celebre
per le varie legazioni clic sosteu-
GOF 259
ne con decoro e vantaggio della
Sede apostolica, ed intervenne al
secondo concilio generale celebra-
to in Lione nel 1274 da Grego-
rio X. Dopo aver contribuito col
suo voto in otto conclavi alle ele-
zioni di Clemente IV , Gregorio
X, Innocenzo V, Adriano V, Gio-
vanni XXI, Nicolò III, Martino
IV, ed Onorio IV, al quale come
primo diacono impose solennemen-
te la tiara nel giorno di sua co-
ronazione, in età decrepita morì
nel 1287 in Roma, di pestilenza,
nella sede vacante dello stesso O-
norio IV , con ventisei anni di
cardinalato.
GOFFREDO, GOFFREDI o
GEOFFROY Giovanni, Cardinale.
Giovanni Goffredi 0 sia Geoffroy
nacque di oscura condizione in
Lusseuil nella Franca Contea, in-
di vestì l'abito monastico dell' or-
dine di s. Benedetto neh" abbazia
di s. Dionigi in Francia, altri di-
cono in Cluny, e fornito d' una
memoria portentosa, distintosi ne-
gli sludi teologici e di diritto ca-
nonico si acquistò fama di eccel-
lente in ambedue le facoltà. Do-
po essere stato abbate di s. Pietro
di Lusseuil, nella quale dignità
vuoisi che intervenisse al concilio
Fiorentino, Nicolò V nel i453 lo
promosse al vescovato d'Arras, po-
scia venne dichiarato da Filippo
il Buono duca di Borgogua suo
ambasciatore in Roma sotto tal
Papa; dipoi il re di Francia Lui-
gi XI con lo stesso carattere lo
destinò con Pio li, il quale aven-
dolo conosciuto per uomo di gran
talento lo mandò nunzio allo stes-
so re, incaricandolo di raccoman-
dargli la religione cattolica , ed
impegnarlo a soccorrere i tripla-
ni coulro i turchi, tu' altra coni-
26o GOF
missione gli affidò assai importan-
te, e fu di dispone quel monar-
ca ad abolire la prammatica san-
zione. In premio di tanti meriti,
Pio II aJ 18 dicembre 1461 lo
creò cardinale prete del titolo dei
ss. Silvestro e Martino a' Monti.
Non appagato il cardinale di ciò,
domandò i vescovati vacanti di
Besanzone e d' Alby, altri invece
di Besanzone dicono Perigueux:
uno solo a sua scelta gli fu ac-
cordato nel 1462, cioè Alby come
il più ricco. L' ambizioso ed indi-
screto cardinale non sembrandogli
ancora di essere abbastanza com-
pensato de' suoi servigi, conservò
un segreto risentimento contro il
Papa, ed in seguito se ne vendi-
cò, attraversandolo in ogni incon-
tro. Nel i4^9 Luigi XI lo spedì
ambasciatore ad Enrico IV re di
Castiglia, e poi in Roma a Paolo
II per trattare e conchiudere gra-
vissimi affari , il più interessante
de'quali era quello di usare la più
fina ed accorta destrezza, per to-
gliere dalla mente del Pontefice
quelle sinistreimpressioni colle qua-
li era stato giustamente prevenu-
to contro Giovanni Balve, che il
re voleva a tutti conti rivestito
della porpora cardinalizia, ciocche
poi ottenne. Trovossi presente alla
coronazione del medesimo monar-
ca, eseguita in Reims dal cardina-
le Giovenale Orsini, e fu condot-
tiero delle sue truppe contro il
conte d' Armagnac, e nell'assedio
di Perpignano giovò col consiglio
e col valore. Fu uno degli elet-
tori di Paolo II, ma non si tro-
vò ai comizi per Sisto IV, non
molto dopo i quali compì il cor-
so de' suoi giorni nel priorato di
liully, nella diocesi di Beziers, nel
1473, ed ivi rimase sepolto. Il
GOM
cardinale Pùpiense parlò di questo
porporato in modo poco vantag-
gioso alla sua riputazione. Il Fleu-
ry nella sua storia lo descrisse as-
sai vano, e di falso discernimento.
GOIZZONE o GOLZONE, Car-
dinale. Goizzone o Golzone fu da
Innocenzo li nel dicembre del 1 1 38
creato cardinale prete del titolo di
s. Cecilia. Sottoscrisse varie sue bol-
le, e di Celestino II e Lucio II , e
morì sotto Eugenio III, dopo esse-
re intervenuto alla elezione de' tre
nominati Pontefici , con circa otto
anni di cardinalato.
GOMEZ Pietro, Cardinale. Pie-
tro Gomez, nobile spagnuolo, nato
in Barros nella diocesi di Toledo,
e perciò appellato il cardinal di
Toledo, insigne per prudenza, pie-
tà e religione, essendo priore del-
la chiesa di Siviglia, meritò di es-
sere nominato nel i3o5 o più tar-
di da Alfonso XI re di Castiglia ,
di cui era intimo amico e consi-
gliere , al vescovato di Cartagena ;
quindi nel venerdì delle quattro
tempora a' 18 dicembre 1327 Gio*
vanni XXII lo creò prete cardina-
le del titolo di s. Prassede, e lega-
to allo stesso re, a fine di pacifi-
carlo con Gio. Emanuello ed altri
signori di sangue reale eh' eransi
ribellati al sovrano, con immenso
pregiudizio della spedizione contro
i mori. Per conciliare al legato
maggior venerazione e autorità gli
trasmise il Ponteficej contro il co-
stume della Chiesa romana , sino
nella Spagna il cappello cardinali-
zio, ma la pace non fu conchiusa.
Benedetto XII gli conferì nel 1 337
l'arcidiaconato di Turolio nella chie-
sa di Saragozza, e nell'anno mede-
simo lo incaricò della secouda le-
gazione al re di Francia , insieme
con Bertrando di Moutefavet car-
GOM
dinaie, pei* indurre quel monarca
a pacificarsi col re d' Inghilterra ;
ma inutilmente, perchè tra loro si
continuò la guerra , anzi in gran
parte si fece col denaro raccolto
dalle decime ecclesiastiche destina-
te pel sussidio di Terra Santa. In-
tervenne all' elezione di Benedetto
XII e di Clemente VI; in tempo
del primo passò al vescovato di
Sabina, e in quello del secondo nel
i348 in Avignone all' eternità , ed
ebbe onorevole tomba nella chiesa
di s. Prassede fuori le mura di det-
ta città da lui fondata , col conti-
guo monistero pur da lui dotato.
GOMEZ Pietro, Cardinale. Pie-
tro Gomez di Barros , nobile spa-
gnuolo di Toledo, nipote del car-
dinale dello stesso nome e cogno-
me, acquistatasi gran fama per l'ec-
cellente sua perizia nelle leggi , fu
fatto canonico di Toledo, e poi ve-
scovo di Siguenza. Ristretto ingiu-
stamente in carcere da Pietro il
Crudele re di Castiglia, perchè qual
novello Battista lo riprendeva non
meno per le detestabili sue crudel-
tà, che per la sfrenata libidine, per
cui ripudiata Bianca sua legittima
moglie, erasi perdutamente abban-
donato agli amori di Maria Padil-
la, ad istanza del pontificio legato
fu quindi restituito in libertà, on-
de ritiratosi in Portogallo ottenne
il vescovato di Coimbra , e dopo
cinque anni quello di Lisbona, poi fu
fatto arcivescovo di Siviglia, e final-
mente da Gregorio XI nel febbraio
o nel maggio i37i fu creato cardi-
nale prete del titolo di s. Prassede.
D'ordine del Papa, e insieme col
cardinal Corsini, compose le gravis-
sime discordie che ardevano tra 1
cavalieri gerosolimitani delle due
lingue d' Italia e di Francia, a mo-
ine ili alcuni pi lutali clic 1 ca\a-
GON *6i
beri di ciascuna di quelle lingue
arrogavano a loro stessi, con som-
ma soddisfazione delle parti, e finii
di vivere in Avignone nel 1 3y4-
Ebbe sepoltura nella chiesa del
monistero di Montefavet dell'ordi-
ne di s. Agostino , e l' Eggs dico
nella cattedrale d'Avignone.
GOMEZ di LUNA Gutero. Gu-
tero Gomez di Luna nacque in Ara-
gona, ma meglio della famiglia Go-
mez di Castiglia, vescovo di Palencia
e caro estremamente ad Enrico II
re di Cartiglia, il quale nel i3;8
per mezzo di ambasciatori avea do-
mandato a Gregorio XI che lo
creasse cardinale, ciò che voleva
effettuare il successore Libano VI,
quando in vece lo nominò cardinale
r antipapa Clemente VII , come
dicemmo al voi. Ili, p. 212 del
Dizionario, in un ad altre notizie
analoghe.
GOMPHI. Sede vescovile della
prima Tessaglia nell' esarcato di
Macedonia , sotto la metropoli di
Larissa, eretta nel VI secolo. L'im-
peratore Giustiniano ne fece una
città inespugnabile , e vari storici
parlano della sua posizione. Eusta-
zio suo vescovo è nominato nella
supplica presentata al concilio ro-
mano sotto Stefano II.
GONDISABOR o GONDISA-
POR. Sede vescovile e metropoli-
tana della provincia del medesimo
nome, nella diocesi di Caldea , eil
una delle principali della provincia
di Arac o Erac , situata al di là
del Tigri in una campagna ferti-
lissima presso Susi. L'Assemani la
chiama metropoli degli elamiti, ed
alcuni la tanno edificata prima del
regno <li Costantino , ^\ < >i misd 1
tìglio «1 Andlciri o Artasersi re di
Persia, e così chiamala dal noni.
di Sapor suo figlio, cui pine nc ne
a62 GON
altribuisce la fabbrica, dopo di a-
ver devastato le terre dell'impero
romano, portando seco immense
ricchezze. Inoltre 1' Assemani dice
che chiamavasi anco Beth-Laphat,
ovvero Lapet , e che i cattolici vi
aveano tenuti molti concilii. Il me-
tropolitano di questa città è il pri-
mo dopo il cattolico di Caldea, al-
la destra del quale siede nelle so-
lennità, siccome pure ha il diritto
ordinario di collocarlo sul suo tro-
no. Fu l' ottavo cattolico Phapha
o Papa ch'eresse questa sede in
metropoli. Si conoscono trentotto
suoi vescovi', di cui Agapito fu il
primo, cui successero Gadiabe, De-
metrio, Paolo, Giovanni I, Mara-
me, Sergio I , Giovanni lì che fu
iàtto cattolico nel 679 ec. , l'ulti-
mo finalmente fu Narsete che oc-
cupava la sede di Gondisabor al-
l'epoca del cattolico Timoteo II ,
verso l'anno i320. Bibl. orient.
tom. I, p. i3, t. II, p. 497-
GONDY Pietro, Cardinale. Pie-
tro di Gondy oriundo fiorentino',
ma nato in Lione dai conti di
Joigny e di Villatrosa, fornito di
eccellente e raro ingegno, applicos-
si agli studi neh' università della
Sorbona, e poi in quella di Tolo-
sa, dove meritò la laurea dottorale
in entrambe le leggi. Abbracciato
che ebbe lo stato ecclesiastico, e de-
dicatosi di proposito agli studi sa-
cri, comparve nella corte di Parigi
un modello ed un esemplare di
tutte le virtù. Divenuto confessore
di Carlo IX, fu da lui provvisto
doviziosamente di prebende e di
ecclesiastici benefizi, e della dignità
di tesoriere della santa cappella di
Parigi , mentre la moglie del re ,
Elisabetta d' Austria , Io fece suo
elemosiniere maggiore e cancellie-
re. Da Pio V fu promosso nel
GON
1 ^68 al vescovato di Langres , e
nel i5yo a quello di Parigi, dove
per lo spazio di vent' otto anni
adempì con tanta sollecitudine e
vigilanza V apostolico ministero ,
che potè servire di norma agli al-
tri prelati. La madre del re , Ca-
terina de Medici, e la regina Eli-
sabetta lo destinarono presidente
del regio consiglio, dov'ebbe tutto
1' agio di far vedere qual fosse la
sua prudenza ed abilità nel tratta-
re gli affari più. ardui e gelosi. Per
due anni col carattere di viceré
perseverò nel governo di Provenza,
a cagione dell' assenza del duca di
Pietz suo fratello, con intera soddis-
fazione di que' popoli ; ed Emù-
co III lo fece protettore dell'or-
dine dello Spirito Santo. Esatto
nel grave obbligo della personale
residenza , e nella celebrazione dei
sinodi e delle episcopali funzioni ,
si mostrò sempre contrario agli
eretici. Impiegava ogni giorno tem-
po notabile nella preghiera, ed os-
servò sino all' ultima vecchiezza il
digiuno ecclesiastico. Per costume
fu rigido e parco, per essere ge-
neroso co' poveri e munifico colle
chiese e coi monisteri , alcuni dei
quali eresse dai fondamenti, altri
splendidamente ne restaurò. Pei
bisogni del regno, sotto Enrico III
ed Enrico IV, essendo state impo-
ste le decime sugli ecclesiastici , il
Gondy perchè non fosse gravata la
sua diocesi e le sue diverse abba-
zie, contribuì del proprio cinquan-
tamila scudi. Nel 1577 presiedè in
Parigi agli stati generali del regno,
ed a quelli che si tennero prima
in Blois nel i588, e poi in Rouen
nel 1^96, dove sostenne con vigo-
re e successo i diritti della santa
Sede e del Papa. Spedito dal re in
ambasciatore a Pio V, ricusò la
GON
porpora da questi offertagli, finché
ad istanza di Enrico III, a' 18 di-
cembre 1087, fu da Sisto V creato
cardinale prete del titolo di s. Sil-
vestro in Capite, ed inviato in Ro-
ma dal re, ebbe in dono dal me-
desimo Pontefice un eccellente qua-
dro del celebre Michelangelo Buo-
narroti, rappresentante Gesù mori-
bondo sulla croce. Enrico IV l'in-
viò a Clemente Vili per l'assolu-
zione degli abiurati errori; ma il
Papa gli fece notificare dal p. A-
lessando Francescani domenicano ,
di non osare d'entrare negli stati
della Chiesa , per aver favorito il
partito di tal re quando era con-
dannato dalla santa Sede. Allora
il cardinale senza perdersi d'animo,
con robusta lettera giustificò la
propria condotta in modo, che pla-
cato l'animo pontificio, potè recarsi
in Roma, ove cooperò alla ricon-
ciliazione del re con la Chiesa.
Neil' orribile assedio di Parigi or-
dinò che venduti gli ori e gli ar-
genti delle chiese, col ricavato si
alimentassero i poveri, e contribuì
del suo i5o,ooo lire turonesi pel-
le spese delle guerre fatte da En-
rico HI ed Enrico IV, non per-
mettendo veruna alienazione dei
beni di chiesa alla propria giuris-
dizione soggetti. Nel l5p4 fu elet-
to provvisore della Sorbona, e nel
medesimo anno a' i4 settembre ri-
cevette con gran solennità nella
cattedrale di Parigi Enrico IV ri-
conciliato colla Chiesa romana. Nel
1606 in Fontainebleau battezzò il
delfino Luigi ^III, cui Paolo V a
mezzo del cardinal Gioioaa lece da
padrino ; indi fu spedito oratore
sii aordinario al duca di Savoia
Carlo Emmanuelc. In tempo «l'I
suo vescovato furono introdotti in
Parigi i monaci fogliatiti eislercien-
GON a63
si, ed i cappuccini; e nel 1 ^98 no-
minò con beneplacito apostolico
coadiutore di detta chiesa il nipote
cardinal Enrico. Le sue virtù, la
sua pazienza, e l'ecclesiastica libertà
con cui esternava il suo sentimento,
lo resero accettissimo a cinque re
di Francia, ed a diversi Pontefici,
come la sua integerrima giustizia.
Aloià in Parigi d' anni ottantaquat-
tro a' 17 febbraio 16 16, e fu se-
polto nella cattedrale dentro la sua
cappella gentilizia, in nobile mauso-
leo di marmo, ornato di quattro co-
lonne, della sua statua e di onorevole
iscrizione. Tra i molti legati che la-
sciò, uno de'più notabili fu di 80,000
lire turonesi per la fabbrica delle chie-
se de'domenicani e de'cappuccini; ed
in favore dell'ospedale de' trecento
poveri ciechi stabili l' annua ren-
dita di duecento mila lire. Beni-
gno, dolce, piacevole, e in pari
tempo fermo e costante, nel dare
udienza fu facile, né mai sgridò
alcuno se non per pubblico zelo ,
per la corona e per la Chiesa : col
capitolo visse sempre in bella ar-
monia.
GONDY Exrjco, Cardinale. En-
rico di Gondy detto di Retz, nac-
que iu Francia da nobilissima fa-
miglia, e fu dotato di sì portentosa
e tenace memoria, che tuttociò che
lesse imparò. Dopo essere stato ca-
nonico di Parigi, fu eletto vescovo
di tal città per rinuuzia fattagli
dal cardinal Pietro suo zio nel
1 )0,6, e ne prese possesso nel i5»)8
con pensione di 2j,ooo lire turo-
nesi in favore del rinunziante, quin-
di v' introdusse un gran numero di
regolari d'ambo i sessi. Ad istanza
del re Luigi XIII, Paolo V a' 26
mano 1618 lo creò cardinale del-
l' ordine de' preti. Essendo uno dei
punii consiglieri del regno e del
264 GON
dipartimento ecclesiastico, si adope-
rò col cardinal Rochefoucault, af-
finchè fossero tolte dalle mani de-
gli ugonotti le città da essi prese
ai cattolici. Nel 1612 si trovò pre-
sente al concilio provinciale tenu-
tosi in Parigi , nel quale rimase
condannato l' infame libro di Ed-
mondo Richerio, ed intervenne pu-
re all' assemblea tenutasi nella me-
desima città dai tre ordini della
Francia nel i6i/\. e 16 i5, insieme
con altri quattro cardinali, sette
arcivescovi, e quarantasette vesco-
vi ; e nel 1 6 1 9 fu decorato delle
insegne di commendatore dell'or-
dine dello Spirito Santo. Con fama
di grande, magnanimo, e facile a
perdonare le offese, mori in Be-
ziers a' 3 agosto 1622, d' anni cir-
ca sessanta, e trasferito il cadavere
a Parigi, fu sepolto nella cattedra-
le, nella cappella di sua famiglia.
I molti libri a lui dedicati lo fanno
bastevolmenle conoscere cospicuo
mecenate de'letterati del suo tempo.
GONDY GlANFRANCESCO PAOLO,
Cardinale. Gianfrancesco Paolo de
Gondy detto comunemente di Retz,
nacque dai conti di Joigny a Mont-
miret nella Bri e, pronipote del car-
dinal Pietro, e nipote del cardinal
Enrico. Fornito dalla natura di
perspicace ed elevato ingegno, ebbe
la sorte di avere a suo precettore
s. Vincenzo de Paoli, e coli' assi-
dua applicazione allo studio della
teologia, della storia ecclesiastica, e
de santi padri divenne uno de' più
eccellenti teologi del suo secolo, ed
in breve tempo imparò perfetta-
mente le lingue ebraica, greca, la-
tina, italiana, spagnuola, tedesca, e
francese, nelle quali tutte parlava
con tale eleganza, come se fossero
state sue lingue native. Né minor
stima si acquistò coli' eloquenza del
GON
pulpito, la quale avea in lui del
meraviglioso. Per queste ed altre
rare prerogative fu dal re di Fran-
cia provvisto di pingui abbazie, e
fatto coadiutore dello zio nel vesco-
vato di Parigi, di cui fu poi il pri-
mo arcivescovo. Destinato all'assem-
blea del clero, fece spiccare i suoi
talenti, singolarmente nell' orazione
recitata alla presenza di quel ri-
spettabilissimo consesso , a cui in-
tervenne lo stesso re, a di cui
istanza Innocenzo X a' 19 febbraio
i652 lo creò cardinale prete del
titolo di s. Maria sopra Minerva.
Le vicende di questo porporato di-
vennero famose, dappoiché quan-
tunque di gran coraggio, di cuore
magnanimo, e di spirito superiore,
fu uomo di carattere inquieto, in-
trigante, per maneggi prodotti dal-
l'ambizione. A ciò si aggiunga l'av-
versione del potente cardinal Maz-
zarini , la prigionia in Vincennes
ed in Nantes, la fuga, e la vita
errante che dovette condurre sotto
Luigi XIV. La forzata sua rinun-
zia all' arcivescovato, la rinconcilia-
zione colla corte, e le altre circo-
stanze più rimarchevoli de' suoi av-
venimenti si possono leggere negli
storici che ne scrissero di proposi-
to a lungo, e singolarmente le me-
morie da lui stesso scritte, ossieno
commentari storici, stampati in
Amsterdam nel 1719 in quattro vo-
lumi ; come ancora si possono con-
sultare le memorie del cardinale
di Retz , che in francese compilò
Joly ; quanto ne disse, sebbene se-
veramente, il Bercastel nell' flint,
de V Eglise tom. XXII, p. 44 c
seg. ; e quanto noi dicemmo al
voi. XXVII, p. 37, 38, 39, 4",
ec. del Dizionario. Ciò che non si
deve lasciare di dire in questo ar-
ticolo si è , che ammaestrato il
GON
cardinale dalla propria sperienza
della caducità delle umane vicende,
stabilì di ritirarsi, di rinunziare la
dignità cardinalizia, e vestire l'a-
bito religioso nel amnisterò di s.
Michele alla Mosa; ma quantun-
que lo domandasse con grandi
istanze, non potè giammai ottener-
lo da Clemente X, onde venduti i
suoi ricchi feudi, pagò gì' immensi
debiti che avea contratto nel tem-
po dell' esilio , che si fecero ascen-
dere a tre milioni di scudi , e si
diede ad una vita quieta e ritirata,
iiell' esercizio della quale morì in
Parigi a' 24 agosto 1679, d'anni
sessantasei non compiti, e ventiset-
te di tempestoso cardinalato ; e fu
sepolto nella sua abbazia di s. Dio-
nigi con magnifico elogio, la qua-
le avea ricevuto dopo la pacifica-
zione colla corte. Intervenne alle
elezioni di Alessandro VII, di Cle-
mente IX, di Clemente X, e d'In-
nocenzo XI, nelle quali mostrò gran
niente. Amico affettuoso, cortese
co' famigliari, generoso co' letterati,
fu costante ed intrepido nelle av-
versità.
GONET Giovanni Battista, teo-
logo domenicano, nativo di Beziers.
Fu addottorato nell' università di
Bordeaux nel 1 640 , e vi professò
teologia con molto onore (ino al
1671, in cui fu eletto provinciale.
Bi prese poi la sua cattedra nel
167.5,0 morì a Beziers nel 1G81.
Le principali sue opere sono: i.°
l)i<serlatio theologica de proba-
bilitate , in qua novorum casui-
sticarum latitate et janseniarum
excasus ex doctrina </. Thomat
corriguntur et confutanlur ; a.° Cly-
peus theoiogiae Thomisticae con-
no, novos c/'us impugnature» ; 3."
Manuale Thomistarum, scu bit vis
theoiogiae cursus.
GON »65
GONFALONE o GONFALONE.
Insegna o bandiera, vexillum, si-
gnuni. Questo vocabolo si applicò
anco a compagnia o moltitudine
che sta o si aduna sotto alcun gon-
falone, Bandiera o Vessillo (Fedi);
quindi chiaraossi in Italia Gonfa-
loniere (Vedi), quello che porta-
va nell'esercito il gonfalone e la
insegna, che malamente nei moder-
ni dizionari, come si legge nel Di-
zionario delle origini, si è creduto
equivalente a quello che oggi chia-
masi Alfiere. Questo trova vasi an-
che nelle nostre milizie antiche, e
non era il gonfaloniere. Gonfalo-
niere fu anche titolo di una di-
gnità che la Chiesa romana conferi-
va a sovrani od a qualche distinto
ed illustre personaggio. VediOos-
FALONIERE DELLA SANTA ROMANA CHIE-
SA. Si legge inoltre nel citato Di-
zionario delle origini, che quello
francese dice, che il gonfalone era
anticamente il nome delle bandie-
re, sotto le quali si riunivano le
truppe e i vassalli convocati per
la difesa delle chiese e de'beni ec-
clesiastici : questo non è punto e-
satto, perchè il titolo di gonfalo-
niere si diede anticamente in Ita-
lia ai comandanti e talvolta ai ca-
pitani generali eletti per la difesa
di una città o di uno stato, e co-
sì si fece in Firenze anziché iu
Boma, dal cui gonfaloniere piglios-
si l'idea della difesa e del sosteni-
mento delle chiese. Certo è che i
vocaboli di Gonfalone e di Gon-
faloniere passarono dall'Italia in
Francia, e non se ne fece uso co-
là se non che molto tempo dopo
gl'italiani. Tuttavolta si dice che in
Francia 1 gonfaloni ciano pori. ili
d'ordinario dagli avvocati o Di-
on (I edi) dello abbazie ( il
citi è un traviamento di quel vo-
366 GON
cabolo e di quella dignità), e al-
trove da signori o personaggi di-
stinti. Si soggiunge ehe in alcuni
stali lo stendardo del regno o del-
la repubblica era altresì appellato
gonfalone. Ma qui pure, avverte
l' italiano Dizionario delle origini,
si cade in errore, perchè più esat-
tamente si sarebbe detto che in
alcuni stati d' Italia lo stendardo
delle repubbliche o delle città chia-
m a vasi gonfalone; e su questo esem-
pio gonfaloni si nominarono anco-
ra le bandiere o gli stendardi delle
Confraternite. {Vedi), o compagnie
che numerosissime sorgere si vide-
ro dopo il secolo XI II.
GONFALONIERE, o GONFA-
LONIERO, signifer. Quegli che
porta nell' esercito il Gonfalone
{Vedi), e l'insegna. Gonfaloniere è
anche titolo di una dignità che
dava ancora la santa Sede a prin-
cipalissimi personaggi, o sovrani,
conferendo pure i Papi l'uffizio di
Gonfaloniere o Primipilo del po-
polo romano. L' etimologia della
parola primipilo o gonfaloniere ci
là comprendere senza altra spiega-
zione donde abbia avuto origine
una tal carica, e quale ne fosse il
principale offizio. Il primipilato, se-
condochè fu istituito dai romani ,
e che altro non era che il primo
fra i centurioni, rigorosamente non
sarebbe la stessa cosa col gonfalo-
nierato introdotto ne' bassi tempi ,
e del quale era propria incomben-
za di portare il principale vessillo
del proprio sovrano o repubblica ,
tanto nelle militari spedizioni, che
nelle pubbliche feste e spettacoli ,
onde chi era di tal dignità rive-
stito chiamossi anche vexillifer .
Trovasi però unito l'uno e l'altro
vocabolo sotto la stessa significazio-
ne , forse perchè il comando mili-
GON
lare del gonfaloniere dopo la ca-
duta dell'imperio sarà stato equi-
valente a quello del primipilo pres-
so gli antichi romani. Gonfalonie-
re si chiamava in Firenze quegli
che nella repubblica aveva il su-
premo magistrato, e si chiama in
molti luoghi il capo de' comuni ;
onde si disse gonfalonerato, gonfilo-
nitrato o gonfalonieratico, la dignità
e grado del gonfaloniere. Secondo
il Borghini il gonfalonierato fu crea-
to parecchi anni dopo il priorato,
e quasi sostituito al medesimo; il
Varchi parla di azioni fatte duran-
te un gonfalonierato asprissimo ed
implacabile contro la possente fa-
miglia de' Medici in Firenze, e il
Salvini dice il gonfalonierato e il
priorato, supreme cariche di due
mesi , acciocché a tutti i cittadini
fosse aperto l'adito alle medesime.
Si dice che la detta famiglia de'Me-
dici che poi divenne sovrana della
Toscana, produsse ventitre gonfalo-
nieri e cento priori circa della re-
pubblica fiorentina. Il Vettori, nel
Fiorino d'oro antico illustrato, a
p. 367, dice che il Vexillfer justi-
tiae, chiamossi il gonfalonierato del-
la giustizia , grado supremo fra le
dignità della repubblica fiorentina,
e che quanto all'onore corrispon-
deva a quel lustro ed a quel po-
sto sublime che tennero i dogi di
Venezia e di Genova. Tale digni-
tà di gonfaloniere fu istituita in
Firenze l'anno 1292, nella persona
di Baldo Ruffoli , che entrò nell'of-
ficio a' 1 5 febbraio, e durò due me-
si , subentrando il nuovo gonfalo-
niere, e i nuovi priori; ma fu poi
variato diverse volte questo ordi-
ne, secondochè richiedevano le oc-
casioni e le contingenze. Solamen-
te Piero di Tommaso di Lorenzo
Soderini fu fatto gonfaloniere a vi-
G0\
ta l'anno i5o2, benché i priori di
dello tempo si mutassero vicende-
volmente. Altri gonfalonieri dura-
rono un anno, altri dopo l'anno
furono raffermati, altri durarono
più e più mesi; ma nel 1527 fu
deliberato dai fiorentini che il gon-
faloniere di giustizia non si eleggesse
né per meno di un anno, né per
più di tre. Spiega mirabilmente la
dignità e l'origine de' gonfalonieri
della repubblica fiorentina Pietro
Lione Casella a p. 1 48 e 1 49 del
suo libro De tuscoruni origine, Co-
tonarti, et repubhca fiorentina. Quel-
li che godevano, o avevano godu-
to l'onore del gonfalonierato o dei
priori, solevano altresì godere alcun
privilegio nella loro repubblica. Si
parla pure dai nostri antichi scrit-
tori della difesa di alcune città sot-
to i loro gonfaloni, e di battaglie
co' gonfaloni spiegati, ed alcuno fa
menzione ancora del gonfalone di
libertà. Vedi gli articoli Gonfalo-
MEHE DELLA SANTA ROMANA CHIESA ,
e Gonfaloniere del senato e po-
polo romano. Con l' autorità del
Muratori, e della sua dotta disser-
tazione XLVI : Dei magistrati del-
le città libere d'Italia, daremo un
cenno di quelli municipali delle
comuni.
Appena varie città d'Italia si mi-
sero in libertà ed assunsero la for-
ma di repubbliche, che d'uopo fu
eleggere magistrati, che accudissero
gli affari politici di pace e di guerra,
che amministrassero giustizia al po-
polo, che contenessero in dovere i
polenti e sediziosi , e colle vicine
città formassero leghe per la comu-
ne salute. Primieramente ad imi-
tazione della repubblica romana fu-
rono creati i consoli, presso i quali
slava la suprema cura del governo,
e molti esempi ve ne sono nel se-
GON
colo X, come in Pioma ed in Ra-
venna. Neil' XI ve ne sono in Fer-
rara ; ma altra cosa furono i con-
soli delle città italiane divenute re-
pubbliche , perchè ad essi veniva
conferita la principale autorità , e
supremo regolamento de' pubblici
allàri, ed elegge.vansi dai tre ordi-
ni del popolo. Nulla però vi è di
certo, di stabile e di uniforme,
mentre ciascuna città si regolava
come giudicava più comodo ed u-
tile al proprio governo, con eleg-
gere chi due, chi quattro, e chi
più consoli. Nel 1124 in Lucca e-
ranvi sessanta consoli. Nel medesi-
mo secolo dodici consoli governa-
vano la città di Bergamo. Nel 1 102
Genova era governata da quattro ,
o pure da sei consoli, e vi furono
con<ule.<; de comuni 3 consules de
placids, consules causarum, consti-
sules justitiae, essendo uffizio loro
decidere le liti, ed amministrare la
giustizia. Dappoiché non un solo
era l'ordine e l'impiego de' conso-
li , perchè agli uni veniva appog-
giato il governo politico, e ad al-
tri, perchè dotti nelle leggi, il ma-
neggio delle cause civili e crimina-
li. I primi sono chiamati consules
majores negli statuti di Pistoia. Nel
1142 sette consoli erano in Mode-
na, ma in essa, come in altre cit-
tà, faceva la prima figura il pro-
prio vescovo, esercitando la princi-
pale autorità , regolando essi non
meno il temporale che lo spiritua-
le, perchè a molti di loro ne'tenv
pi precedenti aveano conceduta
gì' imperatori la dignità di Conti
t/'tib), o sia di governatori delle
città. Ed è perciò che nelle nuove
repubbliche il popolo divise coi \r-
scovi l'autorità, e lasciò loro il pu-
nto luogo ne' consigli e nelle 1 iso-
lazioni ; il che poi col tempo non
268 GON
diuò , avendo i cittadini assunto
tutto il temporale governo. La re-
pubblica di Milano avea nel 1106
i suoi consoli. L'autorità tempora-
le de' vescovi cessò quasi del tutto
dopo che Federico I, entrato in I-
talia, fece cambiar faccia ai pub-
blici affari. Non mancano però e-
sempi che dopo la pace di Costan-
za il governo delle città, per con-
cessione d'imperatori, apparteneva
al vescovo, e che i consoli di quei
luoghi dipendevano dall'autorità di
tali prelati. Passò anche nelle ca-
stella e ville il nome e 1' uffizio di
consoli. In Guastalla vi erano nel
ii 16 col loro consiglio dipendenti
dall' abbate di s. Sisto. Talmente
poi divenne familiare il nome ed
uso de' consoli , che dovunque le
castella , terre e ville godevano il
nome di comune o comunità, ben-
ché sotto il dominio di principi o
ecclesiastici o secolari, i capi di es-
si erano chiamati consoli. Ancora
nella città di Benevento eranvi i
consoli, aboliti da Martino IV per-
chè si usurpavano troppa autorità.
Anche dopo i' introduzione del go-
verno de' podestà continuò la de-
nominazioue de' consoli in alcuni
impieghi minori, ed in molle Uni-
versità artistiche (Pedi), dura tut-
tora.
Per più anni appoggiata fu la
principale autorità e i pubblici af-
fari nelle città libere ai consoli, e
questi presi dal ruolo de' propri
cittadini. Ma prima del ti8o si
cominciò ad introdurre una diffe-
rente maniera di governo; percioc-
ché entrando la discordia facilmen-
te tra' cittadini , molti si disgusta-
rono dell'autorità de' consoli , che
talvolta non andavano d' accordo.
In fatti seguivano tumulti nell'ele-
zione di tali magistrali , aspirando
GON
specialmente i potenti per ottenere
quella preeminenza ed autorità nel-
la loro patria, dal che derivavano
parzialità e prepotenze. Parve dun-
que miglior consiglio il prendere
dalle vicine amiche o collegate città
qualche prudente personaggio da
cui fosse governato il popolo ed
amministrata la giustizia, ed a sif-
fatti rettori fu imposto il nome di
Podestà {Vedi). Andrea Adami nel-
la Storia di Volseno o Bolsena,
parlando nel t. II, p. 88, de' ma-
gistrati civici di essa sua patria ,
dice che tal città da stranieri ma-
gistrati governata, giusta le vicende
de'tempestosi tempi, non lasciò mai
di avere i suoi magistrati domesti-
ci a quei del popolo romano proba-
bilmente somiglianti, narrando co-
me nel decimo secolo Alberico figlio
del marchese Alberto, e di Mario-
zia marchesana della Toscana, scos-
se il dominio temporale de' Papi, e
si fece creare console ; mentre altri
fu eletto prefetto di Roma, e fu
restituito il collegio de' tribuni del-
la plebe chiamali con greco voca-
bolo decarconi ossia decurioni ,
e piò tardi Banderesi (Vedi), così
detti dalle bandiere che usavauo
in guerra, perchè ciascuna decuria
di Roma si distingueva dalla sua
insegna, indi chiamati Capo-Rioni
(Vedi), cessando l'amministrazione
de' duchi e de' maestri della mili-
zia, che introdotti dagli esarchi di
Ravenna, erano stati sotto il gover-
no de' Pontefici per due secoli con-
tinuati. Tal magistrato , soggiunge
l'Adami, resta presentemeute adom-
brato da quello che è supremo
nelle comunità, e dicesi de' Gonfa-
lonieri o Gonfalonieri , con nome
preso ne' seguenti secoli , quando
l'uso de' gonfaloni tanto famosi nel-
le storie fiorentine, si stabili nelle
GOX
principali città dell'Italia, e parti-
colarmente in quelle che sopra di
altre aveano soggette 1' imperio.
Mentre che il primo di questo col-
legio de' gonfalonieri contraddistin-
to viene nelle più ricche insegne
sopra gli altri collegi, ed equivale
al prefetto della città: il Prefetto
di Roma [Fedi) fu nobilissima ed
autorevole dignità , che durò sino
ad Urbano Vili. In Bolsena, dice
l'Adami, dopo il gonfaloniere, civi-
co magistrato, vi sono il primo e
secondo priore, che somigliano al-
la potestà consolare, ed i magistra-
ti subalterni fanno l' uffizio degli
antichi tribuni. Bene è vero , che
non come quei della romana re-
pubblica dalle famiglie plebee si
scelgono , ma dalle patrizie , come
i due priori, e che la elezione si
fa dal pubblico consiglio , col-
l^assistenza del prelato che risiede
in Viterbo ; quaranta capi di fa-
miglia rappresentano la piena co-
munità nel consiglio grande, eh' è
tutto composto di cittadini volse-
nesi. Stima adunque l'erudito Ada-
mi, che questo modo di regolamen-
to politico fosse nella sua patria in-
trodotto circa la metà del X seco-
lo, o dal medesimo Alberico con-
sole di Roma , che avendo stretta
parentela coi marchesi di Toscana,
potè in questa provincia introdur-
re il romano costume, ovvero per
la dominazione che in essa volle
esercitarvi. Né per altra cagione co-
s'i fatto magistrato ivi conservasi, ed
anche per non essere mai stata
Bolsena feudo di alcuno, onde più
in essa che nelle altre le più anti-
che istituzioni si ravvisano.
Giuseppe Colucci nella sua Tre-
ja oggi fllontecckio, parlando dei
magistrati civici di questa città e
del podestà, dice che poscia furo-
GON 269
no istituiti i priori e quindi i gon-
falonieri così detti dalla bandiera
del popolo. Conviene che i primi
ad introdurre il gonfalonierato fu-
rono i fiorentini nel i^g'i, ciò che
fu posto in uso anche in altre cit-
tà d'Italia. Era in Montecchio que-
sto nobile magistrato fino dal i36g,
essendo legato per la s. Chiesa nel-
la Marca il cardinal Anglico che
indirizzò un diploma; Dileclis in
Christo confaloniero, et prioribus po-
pulì terme 3Ionticuli,ec. Del gonfa-
loniere bolognese di giustizia, e dei
gonfalonieri delle arti bolognesi, ne
tratta il eh. Giordani, Della venu-
ta in Bologna di Clemente VII e
Carlo V. Gio. Nicolò Pasquale A-
lidosi ci diede vari opuscoli sui
gonfalonieri di giustizia del popo-
lo e comuni di Bologna, incomin-
ciando dal i32i e sino al i58o,
non che su diversi magistrati ci-
vici della medesima città, come an-
ziani, consoli, riformatori dello sta-
to di libertà, proconsoli e corret-
tori de'notari, tribuni della plebe,
ec, tutti magistrati del comune e
popolo bolognese.
Oltre quanto sulla divisione am-
ministrativa dello stato pontificio
dicemmo all'articolo Delegazioni b
Legazioni apostoliche (Vedi), per-
ciò che riguarda le magistrature
civiche delle comuni aggiungeremo.
Ogni provincia, qualunque denomi-
nazione si abbia , si suddivide iu
distretti, e questi in governi, ognu-
no de' quali si parte in comuni, che
talora hanno soggetti alcuni appo-
diati. Il capo della magistratura
municipale dicesi Gonfaloniere nel-
le città, Priore (Vedi), in tutte le
altre comuni, Sindaco (Vedi), nei
villaggi appodiati. Il gonfaloniere e
assistito da un proporzionato nu-
mero di anziani, ed il priore da
270 GON
due aggiunti. Le deliberazioni si
fanno ne' consigli comunitativi, che
contengono secondo la qualità dei
luoghi da quarantotto a sedici in-
dividui , ed al regnante Pontefice
Gregorio XVI si deve la restaura-
zione de' consigli provinciali con i-
straordinarie facoltà per supplire
alle pubbliche bisogne. Ma sarà
meglio riportare quanto sui gonfa-
lonieri ed altri magistrati munici-
pali si legge nell' Ordinamento am-
ministrativo delle provincie e de' con-
sìgli comunitativi dello stato ponti-
ficio , pubblicato a' 5 luglio 1 83 1
dal cardinal Tommaso Bernetti pro-
segretario di stato per ordine del
Papa lodato.
Titolo II. Disposizioni sull'orga-
nizzazione delle comunità.
»i.I consigli delle comunità aven-
ti diecimila o più abitanti saranno
composti di 48 consiglieri ; in quel-
le dai quattromila ai diecimila di
36 ; dai mille ai quattromila di
^4; sotto i mille di 16.
» 1 3. Il gonfaloniere e gli an-
ziani formano la magistratura del-
la comunità. Questa esercita tutte
le funzioni amministrative o rap-
presentative della medesima. In
quelle di diecimila e più abitanti
la magistratura è composta di no-
ve individui; in quelle della secon-
da classe di sette, della terza di
cinque, della quarta di tre.
« Tutti i membri delle magi-
strature prendono indistintamente
il nome di anziani. Il capo della
magistratura si chiama gonfalonie-
re nelle città , e negli altri luoghi
priore.
« 1 4- Una parte della magistra-
tura si rinnova in ogni biennio, ed
in ogni biennio si rinnova il gon-
faloniere ed il priore. In un ses-
sennio sono così rinnovali tutti gli
GON
anziani, decidendo prima la sorte,
indi il turno per ordine di anzia-
nità in officio.
» Dalle magistrature di nove e
di tre membri uscirà un terzo per
volta : dalle altre usciranno due
membri per volta nei primi due
anni, e nel terzo il restante, e così
di seguito.
» Gì' individui che n'escono so-
no sempre rieleggibili.
*» i5. Si avrà cura che ai po-
sti di gonfaloniere sieno chiamati
gì' individui più specchiati delle fa-
miglie più rispettabili per antichi-
tà e per possidenza. In quanto agli
anziani si cercherà che siano scel-
ti tra le persone di oneste fami-
glie, e che vivano dei loro redditi.
»» 16. In ogni modo nelle ma-
gistrature di prima e seconda clas-
se non potranno entrare più di
due individui non possidenti, nelle
altre non ne potrà entrare più di
uno.
» Per essere eletto gonfaloniere
o anziano è necessario avere l'età
non minore di trent'anni: sono ap-
plicabili alle magistrature tutti i ti-
toli che escludono dai consigli, do-
vendo i consiglieri essere di buoni
costumi, e di commendata condot-
ta politica e civile: non potendo
entrare ne' consigli gì' interdetti, i
possidenti domiciliati fuori di sta-
to, i debitori delle comunità, quel-
li che si trovano in lite con esse,
i suoi impiegati o salariati, e tutti
coloro i quali hanno contratti col-
le medesime o conti da rendere.
» Gli anziani possono essere presi
tanto nel seno del consiglio , che
fuori di esso. Quando vengono
presi fra i consiglieri si rimpiazza
subito il loro posto, onde il con-
siglio sia sempre completo,
li » 17. Al consiglio di ciascuna
CON
comunità apparterrà la nomina di
tutti gì' inservienti, e di tulli i sa-
lariati impiegati in servigio sia
della comunità, sia della popolazio-
ne. Alla fine d'ogni biennio si pro-
cederà nel giorno di santa Lucia,
secondo l'antico uso, alla nuova no-
mina o conferma di lutti ".
In assenza o malattia dei gonfa-
lonieri o priori resta affidato l' e-
sercizio delle loro funzioni al pri-
mo anziano, secondo il disposto di
Leone Xll nel molo-proprio de'21
dicembre 1837, art. 206. Al nuovo
eletto gonfaloniere o priore, mala-
Io , od assente precariamente dal
suo comune , è permesso di pren-
dere possesso del suo officio per
mezzo di procuratore, previo l' in-
tesa del preside della provincia, a
tenore della circolare della segre-
teria di stato, de' 3 settembre 1 83 1 .
Della giurisdizione, prerogative, ed
altro riguardante i gonfalonieri ,
priori, ed altri magistrati comuna-
li, ne tratta la Raccolta delle leg-
gi e disposizioni di pubblica ani'
ministrazione nello slato pontificio.
Diversi poi sono gli articoli di
questo Dizionario che riguardano
tale argomento, come Citta, Com-
muxita, Colonie, Municipio, oltre i
citati di sopra , ed altri ancora.
Del modo come i gonfalonieri o
priori ed altri magistrati civici fan-
no omaggio al Pontefice se onora
di sua presenza i loro luoghi, se
ne parla descrivendo l'accesso dei
Papi nelle città e luoghi anco non
soggetti al loro temporale dominio.
A' luoghi medesimi si dice come
ricevettero e festeggiarono altri so-
vrani. Dei distintivi ed abiti mu-
nicipali o decurionali dei gonfalo-
uieri, anziani, priori e .sindaci dello
stato pontifìcio, se ne tratta piin-
cipalmcule iu diversi articoli delle
CON 27.
rispettive città e luoghi del mede-
simo. Ordinariamente l'abito del
gonfaloniere e degli altri magistra-
ti municipali , consiste in un rul>-
bone di drappo di seta nera, o di
velluto nero, con fascia e fiocchi , e
con berretta per lo più di velluto
nero. L' abito solenne dei "onfalo-
nieri ordinariamente è decorato di
mostre di tela d'oro al bavaro, alle
mostre delle maniche corte, e delle
parti davanti, essendo quelle degli an-
ziani d'argento ; di fascia di seta con
fiocchi d'oro, o di tela d'oro con
fiocchi d'oro nei gonfalonieri, e ne-
gli anziani di seta cun fiocchi di
argento, ovvero di tela d'argento
con fiocchi d' oro : tutti i gonfalo-
nieri e gli anziani usano i collari
o bragiuole con berretta di velluto
con fiocco d' oro ; ed in qualche
luogo il gonfaloniere ha dei dislin
tivi particolari. In altri luoghi, per
concessioni, il magistrato municipale
veste gli abiti del magistrato ro-
mano, di cui parlasi all'articolo
Senato Romano ( Vedi ), ed altri
magistrati portano una collana di
oro con medaglia simile, ec.
GONFALONIERE della sahta
romana Chiesa. Antica e sublime
dignità della santa Sede apostolica,
che i sommi Pontefici conferirono
a sovrani , principi e distintissimi
personaggi benemeriti della mede-
sima, i quali custodivano il gonfa-
lone della romana Chiesa fregi;ilo
delle chiavi incrociate, insegna del-
la Sede apostolica , e talvolta con
l' immagine del principe degli apo-
stoli s. Pietro, Vedi Stendardo ni
s. Pietro, e Vessillo. Al gonfalo-
niere della santa romana Chiesa
erari annesso 1* obbligo di difènder-
la, e tutelare i suoi diritti e ragio-
ni, come gli antichi dignitari di
Roma, o>sia del Patrizio romano
272 CON
(Fedi), conferito da diversi Papi
ad alcuni re di Francia, e come il
Difensore ( Fedi) della stessa ro-
mana Chiesa. Jacopo II re d' Ara-
gona, fiorito nel 1291, tributario
della santa Sede per la Corsica e
per la Sardegna, era pure gonfa-
loniere, ammiraglio, e capitano ge-
nerale della Chiesa romana. Que-
sta dignità esercitò ancora Lodovi-
co I re d' Ungheria, che ascese al
trono Tanno 1 34o , onde il Papa
Urbano V lo chiamò in Italia nel
1370 per opporlo ai fiorentini, ed
a Bernabò Visconti signore di Mi-
lano, che invadevano le terre della
Chiesa. Giovanni Aucuto o Aguto
inglese, fu capitano e gonfaloniere
della Chiesa romana sotto Grego-
rio XI; comandò gl'inglesi e i
bretoni co' quali fece quanto si dis-
se agli articoli Cesena e Forlì ;
mentre a quello di Faenza dicem-
mo come il Papa donò a Giovan-
ni Cotignola cogli altri paesi della
Romagnola in premio di militari
imprese. Lo Scotto nell' Itinerario
d'Italia a p. 241 dice che l'Agu-
to nel 1 37 1 circondò di mura il
castello di Cotignola. Innocenzo VII
nel i4o6 conferì la dignità di gonfa-
loniere e difensore della Chiesa roma*
na a Ladislao re di Napoli. Ma sicco-
me quel principe aspirava al dominio
di Roma, Alessandro V emanò sen-
tenza contro di lui nel 1 409 , e
neh' anno seguente accolse in Pisa
Lodovico d' Angiò, lo riconobbe re
di Sicilia, e lo costituì gonfaloniere
della Chiesa. Martino V dichiarò
gonfaloniere della Chiesa romana
Muzio Attendoli detto Sforza il
Grande. Giordano Colonna fratello
del Papa, per ordine di questi, por-
tò a Sforza in Napoli il diploma e
le insegne di gonfaloniere della
GON
velli, De i>ita Sfortiae tomo XIX,
Rer. Ilal. col. 692 , descrive una
tal funzione. « His peractis secun-
dum Pontifìcis justa Jordanus Sfor-
tiam Romanae Ecclesiae confano-
nerium pronuntiat : Pontificalia ,
quae attulerat, insignia ad eum
defert. Auctus vero ea dignitate
Sfortia , ingenti procerum numero,
et omni denique neapolitana nobili-
tate comitante, splendidissimo ap-
parata per urbem fertur, sublatis
ante se prò more pontificalibus si-
gni januario mense ejus initio an-
ni, qui fuit decimus nonus supra
mille et quadringentos ". Marti-
no V compartì tale dignità allo
Sforza , per averlo liberalo dalle
scorrerie di Braccio da Montone, e
per altri servigi resigli. Eugenio IV
nel i435 creò gonfaloniere di sauta
Chiesa Francesco Sforza figlio del
precedente, e capo dell'esercito del-
la medesima Chiesa, per trattenere
il torrente delle conquiste che avea
fatto nei pontificii dominii , anzi
riconoscendolo marchese della Mar-
ca e dell' Umbria da lui occupate
colle armi di Filippo Maria Visconti
duca di Milano. Nel i442 avendo
Alfonso V re d' Aragona preso
Napoli, e non trovandosi Eugenio
IV in forze tali da poterlo caccia-
re dal regno, né riprendere molte
città dello stato ecclesiastico occu-
pate con frode dallo stesso princi-
pe, procurò di ridurlo colla dol-
cezza, onde lo creò gonfaloniere
della Chiesa. Seguitando egli al-
l' opposto ad invadere altre città
della santa Sede , Eugenio IV gli
levò l' uffizio di gonfaloniere , lo
spogliò dei diritti che come feuda-
tario della Chiesa avea acquistato,
e lo sottomise ad altre pene. Giu-
lio II fece gonfaloniere della Chie-
Chiesa. Ecco come Leodrisio Cri- sa il marchese di Mantova Gonza-
GON
ga , spogliandone Alfonso II duca
di Ferrara. Tutlavolta il successore
Leone X nel idi 3 chiamò in Ro-
ma il duca per portare nella fun-
zione del solenne possesso che prese
della basilica Lateraueuse lo sten-
dardo della Chiesa, come suo gon-
faloniere , dopo avere addestrato il
cavallo che montò il Papa.
GONFALONIERE del senato
e popolo romano. Il titolo ed uf-
fìzio di Gonfaloniere o Confalonie-
re del popolo romano, come di-
cemmo all' articolo Gonfaloniere
{Vedi), vuoisi forse derivato dal
Primipilo , Primipilium, probabil-
mente il primo centurione che
nell'esercito degli antichi romani
era somma dignità, perchè era qua-
si capo di tutti i centurioni, e ca-
pitano di tutta la legione. I capi-
tani e centurioni con ordine dei
consoli si eleggevano dai tribuni,
e portavano per insegna del loro
oflizio un bastone di vite ; i cen-
turioni poi si eleggevano due chia-
mati subcenturione s, e due signi-
feri, uomini vigorosi e di buon
aspetto, come abbiamo dal libro
intitolato: Descrizione de' riti degli
antichi romani. Riondo da For-
lì nella sua Roma trionfante, par-
lando del modo con cui guerreg-
giavano i romani , dice che 1' a-
vanguardia si componeva del fiore
della gioventù , e perciò chiamato
1' esercito de' principi, co'quali an-
dava tutto il resto dell'esercito o
squadrone di trenta manipoli chia-
mati autepilani, perchè venivano
loro dietro altri quindici ordini, i
quali erano ciascuno in tre parti
diviso, e ciascuna parte eia pri-
mipilo chiamata ; erano questi tre
vessilli, ed in ciascuno erano cen-
toltantatre uomini ; col primo ves-
VOL. XXXI
GON i-i
siilo andavano i triajri, eh' erano
soldati veterani _, col secondo i ro-
rarii di minor forza e valore, col
terzo gli accensi, i quali perchè si
sperava poco da loro si locavano
per ultimi. Dopo la caduta del-
l' impero e nei bassi tempi si tro-
va il gonfaloniere del popolo ro-
mano, quasi equivalente al primi-
pilo degli antichi romani. Il Man-
ni nel libro intitolato: Discorso
sopra gli spettacoli, le feste ec.
degV italiani nel secolo XI F, al
§ V delle Illustrazioni riporta
l'ordine e magnificenza dei magi-
strati romani nel tempo che la
corte dei Papi era in Avignone,
ove rimasero dal i3o5 al 1876,
tratto dal Muratori, Antiq. it. med.
aevì, diss. 29, il quale lo pubbli-
cò per una copia avutane da un
codice della biblioteca vaticana, iJ
di cui autore è anonimo, sebbene
dallo stile e dal conlesto compa-
risce di data assai moderna. Ivi
pertanto si legge sul gonfaloniere
del popolo romano, nell'incontrare
i legati apostolici con bellissimo
ordine, e precedenza de'magistrati,
ciò che praticavasi nell'incontrare
gì' imperatori ed altri principi.
» Che dopo il priore de' capo-
rioni , cavalcavano gli oratori dei
principi e delle repubbliche; segui-
vano due paggi del gcnfaloniero,
che tenevano in mezzo quello del
prefetto di Roma, e quelli del gou-
faloniero andavano vestiti con un
berrettino di scarlatto, ed un giub-
bone di raso rosso, con calze una
di scarlatto e l'altra gialla lionata,
che è la livrea del gonfaloniere,
con un saionc crespo scollato, a-
perto dai fianchi, di damasco gial-
lo con fascie guarnite di damasco
rosso con ricami di argento, e le
io'
2?4 G0N
maniche una gialla, e l'altra lio-
nata e gialla. E cavalcavano con
una mezza coperta e pettorale
fatto a pendoni con l'armi di rica-
mo del gonfaloniero di pauno lio-
nato con fascie di velluto giallo
con frangie e fiocchi e passama-
ni di seta rossa e d' argento, con
fornimenti di velluto lionato. Nel-
le feste militari poi portava uno
di essi una mazza ferrata, e la
celata con pennoni in testa del
gonfalouiero, con una banda rossa.
E quando il gonfaloniero non por-
lava egli lo stendardo grande, lo
portava questo paggio, e 1' altro
portava una zagaglia e lo scudo
coli' arme del gonfaloniero, con la
medesima banda e pennoni alla
testa del cavallo. Il paggio del
prefetto di Roma in mezzo dei
paggi del gonfaloniero a cavallo. . .
indi veniva il gonfaloniero del po-
polo romano, e questa dignità sì
in pace come in guerra porta lo
stendardo grande della libertà ro-
mana, il quale era di tabi cremi-
sino con lettere del popolo +f+ S.
P. Q. R. d' oro, con un fregio
attorno di un palmo di ricamo di
oro e di argento con frangie d'o-
ro. E da molte centinaia d'anni
in qua pe' benemeriti della nobi-
lissima famiglia Cesarmi per suc-
cessione ereditaria l'è concessa dal
popolo romano, e da' Pontefici
confermata in sino ad oggi (altro
argomento del credere meno anti-
co il documento, giacché come ve-
dremo vuoisi che Alessandro VI
pel primo fregiasse la famiglia Ce-
sarmi di tale onorificenza). Anda-
va con questo abito. Portava una
berretta alla ducale di tela d'oro,
con un giubbone di raso cremisi-
no con bottoni d' oro, con calze
GON
una di scarlatto, e l'altra rossa e
gialla, con un rubbone coito, lar-
go, tutto chiuso, con mezzi mani-
coni di tela d'oro, foderato di da-
masco cremisino, con una gual-
drappa al cavallo, pettorale, e for-
nimenti di velluto cremisino, ed al
pettorale l'arme sua di ricamo
con frangie e fibbie d' oro. Nelle
feste militari andava il gonfalonie-
ro armato con collare, spallacci e
bracciali d' arme bianca, con un
saione crespo, mezzo di velluto
cremisino, e l'altro mezzo della sua
livrea fatto a fasce di color liona-
to e tela d'oro, e simile le mani-
che di esso, con una catena di
oro al collo, col cavallo bardato,
armato in fronte con pennoni, co-
perto di damasco lionato , tutto
fatto a ricami d' oro e d'argento
coli' arme e frangie d' oro. Segui-
va il prefetto di Roma, a uiauo
dritta del gonfaloniero, ec.
In che propriamente consistesse
l'offizio del gonfaloniero del popo-
lo romano nei primi anni del se-
colo XV, si rileva da una bolla
di Martino V , colla quale per ri-
nunzia dell'Annibaldi conferisce tal
carica a Pietro Astalli, pubblicata
da Gio. Mario Cresci mbeni nel-
l' erudito libro che porta per ti-
tolo : Stato della basilica di s.
Maria in Cosmedin di Roma, p.
87 e seg. La quale per contenere
varie cose quasi affatto uscite dal-
la memoria di Roma qui intera-
mente trascriviamo. La medesima
non solo ci potrà servire di mol-
ta intelligenza per questo punto,
ma ci preparerà anche la strada
per stabilire a un di presso il
tempo preciso, nel quale il gonfa-
lonierato del popolo romano passò
nella casa Cesarmi.
GON
» Martinus episcopus senus
servoruni Dei.
Ad futuram rei memoriam.
» Circumspecta Sedis apostoli-
cae providentia viros generis no-
bilitate, et virtute, ac devotionis
sinceritate praestantes, ut erga ipsam
Sedem, et romanam Ecclesiam ar-
dentiori devotione inflammentur ,
et accumulatione novarum virtù-
tum clariores fiant, singulari pre-
rogativa honoris libenter extollit,
ac amplitudine dignitatis illustrat.
Cum igitur dignitas atque offi-
ci um Primi pili seu generalis ve-
xilliferi romani populi, per libe-
ram resignationem dilecti fil. no-
bilis viri Symeocti de Hanibaldis
domicelli romani in manibus no-
stri sponde factam, et per non
admissam ad praesens vacare di-
gnoscatur ; Nos considerantes di-
gnitatem , ed officium hujusmodi
claris romani civibus in perpetuimi
suarum virtutum testimonium da-
ri consuetam ; atque generositatem
et prosapiam dilecti filii nobilis
viri Petri de Astallis domicelli ro-
mani egregiis virtulibus ac fideli-
tatis, et devotionis fervore illu-
strem, nec non ipsius Petri stre-
nuitatem animo nostro revolventes,
non ad ejusdem Petri, nec suorum
prò co super hoc nobis oblatae
petitionis instantiam , sed motu
proprio, et de mera nostra libe-
rali tate, ex certa scientia, eumdem
Petrum quoad vixerit Primipilum
scic generatoti vexilliferum roma-
ni populi auctoritate apostolica te-
nore prucseutium facimus, consti-
tuimus , ordioaurua paritcr, atque
deputaruus, praefatoque Petra ve-
x illuni hujusmodi victricibus litte-
ris decoratimi, fcreudi, gciendi,
GO> 275
gubernandi, figenti atque extollen-
di in generalibus exercitibus, tam
ìomanae Ecclesiae, quam populi
romani nomine, nec non in spe-
ctaculis, sive ludis Agonis, et die
sabbati , quo taurorum spectacu-
lum, et alia solemnia celebrantur,
et etiam Testaciae spectaculo, ac
in caeteraliis locus tum intra quam
extra Urbem juxta mandatum no-
strum, et successorum nostrorum
romanorum Pontificum canonice
intrantium, ac civium romanorum
in alma Urbe praesidentium , qui
prò tempore erunt plenam harum
serie concedimus facultatem. De-
cernentes dieta auctoritate, ut si
diebus, et temporibus quibus hujus-
modi vexillum deferri oportet, di-
ctum Petrum infirmali contiguerit,
unus ex fratribus suis vexillum prae-
dictum deferre possit, et valeat, et
nihilominus ut onera hujusmodi
dignitatis, et officii idem Petrus fa-
cilius tolerare possit, eidem sala-
rium, et provisionem trium flore-
norum in dieta Urbe currentium
ad lationem XL sol. pr. prò quo-
libet floreno, qualibet die, qua di-
ctum Petrum, vel alterum fratrum,
ut praemittitur vexillum hujusmodi
ferie, sive cum eodem vexillo in
dictis exercitibus, vel alibi residere
contiguerit, nec non provisionem
sex florenorum similium pio tri-
bus diebus Agonis , sabbali, et
Testaciae praedictis singulis annis
sibi de pecuniis camerae dictae
Urbis persolvendorum concedimus
per praesentes. Decernentes insta?
per eadem auctoritate ut praefa-
tus Petrus omnibus honoribus, o-
neribus, commodis, et utilitatibus,
gagiis, gratiis, privilegio, omnibus-
que aliis immunitatibus, et prae-
rogativis ad hujasmodi dìgnitatem,
et oflkium de consuetudine , vel
i76 GON
de iure quomodolibet pertinentibus
uti, ac gaudere possit, et valeat.
Mandantes eadem auctoritate dile-
ctis filiis nobilibus viris senatori
almae Urbis, ac conservatoribu9 ca-
merae dictae Urbis, et caeteris a-
liis oflicialibus, ad quos pertinet,
qui prò tempore erunt, quatenus
dictum Petrum ejus vita durante
ad hujusmodi oflicium, et eju9 e-
sercitium benigne recipiant , et
admittant, ac eidem in iis, quae ad
officium ipsum de consuetudine,
vel de jure pertinent obediri, et
de salario debiti» temporibus re-
sponderi faciant cum effectu. Nos
en m dignitatem, et offici uni prae-
d ctutn in virtutum, fidelitatis et
devotionis dicti Petri testimonium
esse volumus. Insuper quod idem
Petrus antequam hujusmodi offi-
cium exercere incipiat, in mani-
bus nostris, et successorum no-
strorum romanorum Pontificum ca-
nonice intrantium praestet in forma
solitum juramentum. Nulli ergo
omnino hominum liceant liane pa-
ginam nostrae constitutionis, ordi-
nationis, deputationis, concessionis,
decreti, mandati, et voluntatis in-
frigere, vel eis ausu temerario con-
traire. Si qui autem hoc attentare
praesumpserit, indignationem omni-
potentis Dei, et beatorum Petri,
et Pauli apostolorum ejus se no-
verit incursurum. Datum Romae
apud sanctos Apostolos VII idus
martii pontiflcatus nostri auno VII!.'
» Cincius
» Reg. in Cam. Apost.
» Gratis de Mandato SS. D.
N. PP.
» Jo. de JXursia.
GON
Il gonfaloniere Pietro A stalli fa
avo materno di Gabriele Cesarini,
e con questa parentela forse gli
aprì F adito di succedergli nel gon-
falonierato come seguì : egli si ac-
casò con Gulina figlia di Gio. An-
drea Colonna, e di Ambrosina A-
stalli, essendo il primo che fosse
decorato della carica allora assai
ragguardevole di primipilo e gon-
faloniere del popolo romano. Al
dire del Ratti sembra che gliela
conferisse Alessandro VI Borgia ,
stretto parente della romana cospi-
cua famiglia Cesarini , di cui par-
lammo all'articolo Gemano {Ve-
di), sua antica signoria. Soggiunge il
Ratti, che ci conferma in crederlo
quanto racconta il celebre maestro
delle cerimonie pontificie Giovanni
Burcardo all'anno i (q4: cbe « d.
Gabriel Caesarinus confalonerius Ur-
bis dixit nulli locum muiiu esse
ratione officii sui immediate post
conservatores ante alios omnes ba-
rones, quem si vellem, possem as-
signare sibi ; significavi id sancissi-
mo, qui rnilii coramisit, quod eum-
dem locum ipsi coufaloncrio da-
rem, et feci ". Dice inolile il Rat-
ti, che la pretensione del Cesarmi
mostra non essere molto eh' egli
era al possesso di questo ouorifico
posto, altrimenti l'avrebbe allac-
ciata prima, poiché un lungo si-
lenzio poteva essergli di notabile
pregiudizio , equivalendo ad una
spontanea cessione del suo preteso
diritto. Gabriele nel 1 499 > col
consenso di Alessandro VI, rasse-
gnò il gonfalonierato al suo figlio
primogenito Gio. Giorgio , il cui
fratello defunto Gio. Andrea avea
preso in moglie Girolama Borgia,
che l' Infessura chiamò figlia di A-
lessandro VI. Tale dunque è la
vera epoca , secondo Nicola Ratti ,
GON
Della filmi glia Sforza toni. Il, p.
275, del gonfalonierato di casa Ce -
sarini. Tutlavolta leggo nella bella
relazione che il suddetto cerimo-
niere Burcardo fece del possesso
preso da Innocenzo Vili nel 1 4^4»
immediato predecessore di Alessan-
dro VI, e riportata dal Cancellieri
nella Storia de' possessi, che dopo
i capo-rioni, e i cursori coi vessil-
li, e prima degli oratori de' prin-
cipi, incedeva « Gabriel de Caesa-
rinis, confalonerius Urbis, totus in
armis albis cum mantellina , sive
supraveste de taffetà rubeo, equum
bardatum equitans simili veste to-
taliter coopertum , hinc inde litte-
ras habens S. P. Q. R. portans
vexillum magnum armorum populi
romani ; apud se habens quatuor
familiares pedestres, baculos longos
albos deferentes, mantellinis de boc-
cacci no rubeo indutos , simili bus
litlcris in transversum ante et re-
tro ornatis ". Il Ratti pubblicò la
sua Storia nel 1 -94- '"95, ed il
Cancellieri nel 1802. Ed ecco an-
teriore di alcuni anni la dignità
del gonfalonierato nell' illustre cesa
de' Cesari ni. Questa bensì possedet-
te una tal dignità con molti piti
onori e prerogative, che tutti gli
altri che innanzi a lei ne furono
condecorati, giacché non solo 1' eb-
be ereditaria in tutti i suoi pri-
mogeniti, ma le ne furono in vari
tempi accresciuti gli emolumenti,
finché si resero questi un Oggetto
di qualche considerazione. Il primo
de' Papi che accrebbe il provento
del gonfalonierato, oltre quello sta-
bilito nella riportata bolla di Mar-
tino V, fu Alessandro VI, che nel
detto anno 1 499» cue 1° fisso a
favore di G10. Giorgio nella som-
ma che soleva ritrarre ogni anno
per suo emolumento uno de' cau-
GON 277
cellieri del popolo romano, median-
te la bolla Nobilitas generis _, ac
praeclarae domiis tuae opera, data
in Roma apud s. Petrum i499>
IX kal. julii, e riportata dal Piat-
ti a p. 279. In questa Gio. Gior-
gio Cesarini è chiamato domieello
romano ac Primipilo et generalis
Confalonerio Rotti. Populi ( sai. et
aposlolicam ben.) : ed in quanto al-
l'aumento si legge nella bolla: « et
oftìcii praedicti dignitatis exigentiam
tenere, et impensarum onera, que
te maxime, dum ludi Agonis , et
Testaciae celebrantur , commodius
sufferre valeas , de alicujus subven-
tionis auxilio providere volentes ul-
tra consuetum salarium, et emolu-
menta predicta tibi singulis annis
persolvenda ad eam summam, quam
alter ex duobus cancellariis dicti
populi prò tempore existens habere
quomodolibet consueverat , auge-
mus , constituimus, et deputamus ,
ac de pecuniis, quae ad mauus ca-
merariorum dictorum ludorum per-
venire solent , et prò tempore per-
venient, et ubi dictae pecuniae non
sufficerent prò illius complemento,
de pecuniis, ex quibus conservato-
ribus , et aliis officialibus in hujus-
modo casu suppleri, et satisfieri so-
let , etc. ". IVella medesima bolla
si prescrive al gonfaloniere di pre-
stare il giuramento nelle mani del
camerlengo di santa romana Chie-
sa, onde esercitare fedelmente 1' of-
fizio.
L'emolumento del gonfaloniere,
Giulio II nel i5o3 Io estese ad
annui duecento ducati di camera .
Giovanni Giorgio Cesarini morì nel
i532, e gli successe il figlio Giu-
liano che fu il più grand' uomo
della famiglia sua, potente ed arbi-
tro del favore del popolo romano.
In Giuliano e ne' suoi discendenti
278 GON
si perpetuò la carica di gonfalonie-
re del popolo romano, rimasta però
ereditaria nella famiglia. Questa
concessione la fece il Papa Clemen-
te VII a' a3 maggio i53o, col
moto-proprio : Nobìlem familiam
Cesarinam ec, egualmente ripro-
dotto dal Ratti a p. 260. Giuliano
esercitava tale officio già da molti
anni, avendoglielo rassegnato il pa-
dre col beneplacito di Giulio li ,
onde come gonfaloniere del popolo
romano comparve nella pubblica
cavalcata seguita in Bologna per la
coronazione di Carlo V, di che fa-
cemmo menzione nel voi. X , p.
297 del Dizionario j dicendosi nella
relazione di Biagio da Cesena, ce-
rimoniere pontificio , che incedeva
dopo il gonfaloniere di giustizia di
Bologna, corteggiato da dodici staf-
fieri con livree di velluto paonazzo.
La magnificenza con cui adempì
in tutto il tempo di sua vita alle
incombenze e funzioni della carica
di gonfaloniere ha dello straordi-
nario , e principalmente riscosse la
comune ammirazione nei giuochi
di Agone e Testacelo dati nel i545
nel pontificato di Paolo III, gareg-
giando in splendidezza coi medesi-
mi nipoti del Papa i Farnesi e gli
Sforza. I giuochi di Agone e di
Testacelo formarono per molto tem-
po il carnevale di Roma, per cui
ne parlammo agli articoli Carne-
vale di Roma 3 e Giuochi ( Ve-
di ). In questi giuochi il gonfa-
loniere inalberava 1' insegna del
popolo romano sopra un superbo
cavallo , con l' impresa solita dei
romani +j+ S. P. Q. R. , con il
suo troncone della lancia indora-
to. Il Crescimbeni a p. g3 dice
che il preposto di siffatti giuochi
era il gonfaloniere o il senatore di
Roma. In suo favore Paolo III
GON
ampliò l'emolumento del gonfalo-
nierato a trecento scudi di came-
ra, nel i535, XVI kal. septem-
bris; a cinquecento l'accrebbe Giu-
lio III , ed a mille scudi annui
Pio IV, col moto-proprio Cum si-
cut accepimus alias fel. re. Ju-
lius PP. Ili , presso il Piatti a
p. 276.
La memorata decisione fatta da
Papa Alessandro VI in favore del
gonfaloniere Gabriele Gesarini sul-
la precedenza al priore de' Capo-
rioni (Fedi), non bastò per ter-
minare affatto la questione. Il
priore mal sofferendo di dover ce-
dere la mano al gonfaloniere nei
consigli, ai quali spesso si trovava
intervenuto per obbligo di uffizio,
e nelle funzioni pubbliche, altre
volte mise in campo le sue ragio-
ni, che però mai riportarono l'in-
tento, finché Giulio III del i55o,
e Pio IV del i55g con due si-
mili motu-propri, cioè il citato
Cum sicut, stabilirono la preceden-
za del gonfaloniere , imponendo
perpetuo silenzio ai di lui contrad-
ditori, mentre nel possesso da Pio
IV preso nel i56o il gonfaloniere
Giuliano cavalcò alla destra del
priore. Ad onta dell' amplissimo
moto-proprio di Pio IV, il priore
de'capo-rioni non rinunziò alle sue
pretensioni, e perciò diede motivo
che nuove particolari decisioni si
facessero contro di lui, come se-
guì nella sede vacante del i5y2,
per decreto de' 2 3 maggio; dopo
il quale il priore de'capo-rioni si
ridusse al partito di tutti quelli
che non hanno ragione, o man-
cano della forza necessaria per far-
sela valere, cioè d' interporre al-
l' opportunità le sue pubbliche
proteste. Ecco alcuni posteriori e-
sempi della precedenza del gon-
GOBI
faloniere, premettendone una an-
teriore al nominato decreto. Nella
pompa trionfale seguita in Roma
nel 1071, con la quale san Pio V
volle ouorare IMarc'Antonio II Co-
lonna vincitore della battaglia
di Lepanto, si legge che seguiva
i capo-rioni il loro priore ; indi
venti stallieri del gonfaloniere con
alabarde finite tutte di velluto
cremisino con frangie di seta ed
oro, e due appresso lo stendardo
senza alabarde , vestiti tutti di
calze e colletti di panno giallo
con fascie di velluto cremisino con
piume, e cinture del medesimo
colore con spada argentata, e scar-
pe bianche. In mezzo cavalcavano
due paggi superbamente vestiti ;
veniva poi Gio. Giorgio Cesarmi
gonfaloniero del popolo romano
in mezzo de' cancellieri di questo,
({itali erano Marcello del Nero, e
Ortensio Frangipane, sopra bellis-
simo cavallo con lo stendardo del
popolo romano, con girelle di te-
la d' oro, pennaccbiera alla testa
del cavallo vaghissima, e sella di
tela d'oro. Il gonfaloniere era ve-
stito di calze di tela d' oro rica-
mate con trine d'oro, giubbone di
raso cremisino guarnito per tra-
verso con ordine d'oro, goletta e
spalletta, e mezza casacca di tela
d' oro, e cappello guarnito di gio-
ie del valore di tredici mila scudi.
Nel possesso preso nel iSqo da
Gregorio XIV della basilica Late-
rananae, a destra del priore de'ca-
po-rioni cavalcava Giuliano Cesa-
rmi gonfaloniere perpetuo del po-
polo romano, con rubbone senato-
rio di tela d'oro stampato ce. , con
berretta di velluto nero, ricca di
pelle e di grilline ilei valore di
ottomila scudi ; accompagnato da
dodici stallieri e sei p^ggi magni*
GON 279
ficameute vestiti : altrettanto si leg-
ge nel possesso preso da Innocen-
zo IX nel 1591, in quello di
Gregorio XV del 1611, in cui
cavalcò in mezzo al priore de'capo-
rioui, ed al cancelliere del popolo
romano , seguiti dai conservatori
di Roma. Nel possesso che prese
Alessandro VII nel ió55, la fac-
ciata del palazzo Cesarmi, avanti
al quale transitava la cavalcata,
fu apparata di arazzi bellissimi
e panni superbi, con lo stendardo
rosso colle lettere S. P. Q. R. ,
sebbene il gonfaloniere intervenne
alla cavalcata : anco nel possesso
del predecessore Innocenzo X, nel-
la loggia del palazzo fu esposto
il gonfalone del popolo romano.
Che poi i signori Cesarini, come
gonfalonieri del popolo romano, a-
vessero luogo ne' pubblici consigli
col senatore , conservatori ed altri
ufliziali della città, apparisce dai re-
gistri dell'archivio del Campidoglio.
Giuliano Cesarini intervenne ad un
consiglio tenuto li 24 gennaio i553.
Il medesimo è registrato a capo di
altro consiglio insieme con Marc'An-
touio Colonna per trattare dell'im-
posizione di una gabella di due giu-
li sopra la farina, 3 idus jauuarii
i56o, e similmente lo stesso anno
19 kal. febr. collo stesso Colonna
ed altri baroni fu deputato dal po-
polo romano per intercedere da
Pio IV l'abolizione della gabella
suddetta sulla farina. L'anno i56z
a' 22 giugno intervenne ad altro
consiglio, in cui si trattò di un
soccorso di denaro richiesto dal Pa-
na per i bisogni della santa Sede ;
come ancora ad altri posteriormeu-
te tenuti sullo stesso argomento.
Nelle congregazioni fatte nella sedo
vacante di Gregorio XV inlers en-
ne il duca Gio. Giorgio Cesarini il
280 GON
dì 8 luglio 162 3. Questo privilegio
che godevasi dai gonfalonieri Ce-
sarmi per antica consuetudine, fu
confermato da uno speciale decre-
to del senato de' 21 agosto i^gg,
a favore di Giuliano Cesarmi , il
cui originale è nell'archivio del-
la famiglia Sforza ereditiera dei
Cesarmi : premessa la proposizio-
ne fatta dallo scriba senatus. » Ne
pareria, siccome è sempre stato
antico costume, che il sig. gonfa-
loniero di questo popolo, il sig. Giu-
liano Cesarmi, intervenisse con la
precedenza solita del signor priore
de' capo-rioni alle cose pubbliche ,
et intervenisse con noi, et voi altri
signori nelli bisogni et occorrenze
di questa città, e di questo popo-
lo con l'autorità e meriti suoi, ac-
ciò più unitamente s'attenda al
bene pubblico con maggior onore,
et dignità del popolo ". Ne uscì il
decreto j ex senatus consulto viva
voce, ac nemine discrepante, quoti
illusi rissimus d. Confa toner ius Po-
pulì Romani inlerveniat in omni-
bus congregationibus , et consiliis
pZendis cum solita praecedentia mag.
d. prioris capitimi regionum tam
ipsius presentis illustrissimi d. Con-
faloneriij quam edam ipsius ante-
cessorum , qua qui praedicto offi-
cio functi sunt, praecedere consue-
verunt. Presenti a questo decreto
furono i tre conservatori Pirro Ta-
ra, Gio. Battista Cecchini , Pamlì-
lio Pamphilj, il priore de' capo-rio-
ni Giulio Orsini, e otto capo-rioni,
cioè di Colonna Antimo Marche-
sani, di Parione Giacomo Muti, di
Arenula Girolamo MalTei, di Pon-
te Cencio Frangipani, di s. Eusta-
chio Gio. Filippo Serlupi, di Cam-
pitelli Antonio Massimi, di s. An-
gelo Girolamo Pico, e di Ripa Gi-
rolamo Altieri.
GON
In progresso di tempo bisogna
che di nuovo fosse diminuito 1' e-
molumento della carica di gonfa-
loniere del popolo romano, poiché
l'anno 1604 soli scudi settecento si
pagavano dalla reverenda camera
al gonfaloniere del popolo romano,
come si raccoglie da una tabella
stampata in quell'anno medesimo ;
e nel 1686, dopo la morte del-
l'ultimo duca Cesarmi d. Filippo,
essendo stato il medesimo applica-
to alla camera capitolina, si espri-
me consistente in scudi seicento
settantadue. Il chirografo di rifor-
ma fu emanato da Papa Innocen-
zo XI,sotto il dì 23 marzo, e d'allo-
ra non rimase al gonfaloniere che
l' onorifico della sua dignità , e la
regalia del sale, di fruttato di scu-
di quattordici e baiocchi 4° negli
anni che si fabbrica, e metà negli
altri. Anche rapporto alle regalie,
queste in addietro erano state di
un assai più vistoso oggetto, con-
sistendo, secondo che è notato nel-
la meutovata tabella, in para dodi-
ci guanti, cera libbre quaranta, pe-
pe libbre dodici, confetti libbre se-
dici, nocchiata libbre quattro, pa-
ra due fiaschi di vino ; le quali re-
galie pagavansi dal camerlengo del
popolo romano; più para due gal-
line, che si regalavano dal senato-
re di Roma, e più un rubbio di
sale. Il nominato duca d. Filippo
Cesarmi, dopo la morte di Giulia-
no suo fratello succedendo ai di-
ritti della primogenitura, chiese di
essere messo in possesso anche del-
la carica di gonfaloniere del popo-
lo romano, e degli emolumenti an-
nessi alla medesima. Incontrò qual-
che ostacolo nel pontificato di A-
lessandro VII, attesa l'anteriore sua
qualità di chierico, ma intera mente
propizio si mostrò il successore Cle*
GON
nicnle IX , il quale a' si3 maggio
1668 segnò il moto - proprio del
nuovo privilegio diretto per l'ese-
cuzione al prelato Girolamo Ga-
staldi chierico di camera. Essendo
morto d. Filippo nel i685, dai
conservatori di Roma fu conferita
la carica di gonfaloniere del popo-
lo romano al marchese Pompeo
INluti; ma tal concessione durò bre-
ve tempo, perchè nel seguente an-
no Papa Innocenzo XI, secondo una
bolla di Alessandro VII, abolì gli
emolumenti del gonfalonierato, e li
applicò alla camera capitolina in
benefizio del popolo romano, come
di sopra si è accennato, e nel me-
desimo giorno, che fu a' 2 3 mar-
zo, spedì il breve di gonfaloniere
al principe d. Gio. Battista Pam-
pini) prose, natis , et nepotibus, et
descendenlibus in infinito per linea
mascolina. Indi il principe d. Ca-
millo Pamphiij successe al padre
nel 1707 nel gonfalonierato per
rassegna fattagli dal medesimo col
beneplacito di Clemente XI.
Il iVovaes nella vita d'Innocenzo X
Pamphiij, nella nota a, dice che a
questa famiglia diede Innocenzo XI
la carica perpetua di gonfaloniere
del popolo romano; ma venendo
poi ad estinguersi nell'anno 1761,
Clemente XIII Rezzonico nel se-
guente anno la trasferì al suo
nipote d. Luigi Rezzonico , mor-
to il quale, il Pontefice Pio VI
la conferì al di lui fratello d. Ab-
bondio Rezzonico senatore di Ro-
ma. In fatti leggo nelle annuali
Notizie di Roma dal 1763 al 1786
inclusive : Gonfalonine perpetuo
del senato e popolo romani), eccel-
lentissimo signor principe d. Lodo-
vico Rezzonico, cavaliere della sto-
la d'oro e procuratore di s. Mar»
co ; quindi nelle Notizie del l
GON a8i
e successive: eccellentissimo signor
principe d. Abbondio Rezzonico,
nato in Venezia 1 g febbraio IJ&,
gonfaloniere perpetuo del senato e
popolo romano e senatore di Roma.
D. Abbondio morì il primo marzo
18 io, e gli altri senatori non fu-
rono fregiati del gonfalonierato. Os-
servo ancora nelle relazioni delle
funzioni de' possessi da Alessandro
Vili, successore d' Innocenzo XI ,
sino a quella di Clemente XIII in-
clusive, che niuno de' gonfalonieri
Pamphiij intervenne alle cavalcate
e funzioni de' possessi; in quelle di
Clemente XIII , Clemente XIV e
Pio VI, come in altre anteriori e
posteriori, si legge incedere in mez-
zo ai capitani dei Cava (leggieri
(Fedi), il Vessillifero (fedi) per-
petuo di s. Chiesa, carica ragguar-
devole che Urbano Vili conferì al-
la nobile famiglia dei marchesi Na-
ro, ed oggi egualmente ereditaria
si esercita dalla nobile famiglia dei
marchesi Patrizi; però è da avver-
tirsi che nell'istituzione della Guar-
dia nobile pontifìcia (fedi), che è
successa a quella de' cavalleggieri ,
fu stabilito che il Vessillifero pro-
cedesse in mezzo ai capitani della
nuova guardia. 11 Ratti parlando
del gonfalonierato del popolo ro-
mano nella famiglia Slbrza Cesa*
rini, a pag. 19 5 conchiude col di-
re, che terminata la linea masco-
lina dei Pamphiij suddetta, esplo-
sa nei brevi di concessione , si ri-
pristinarono in questa dignità i si-
gnori duchi Sforza Cesarmi, che ne
portano tuttavia il titolo ne' diplo-
mi, e le insegne nella propria ar-
ma gentilizia , e che li sono mo-
strati COSÌ gelosi ih conservarla nel-
la propria famiglia, che nella pub-
blica transazione seguita li 10 set*
lemlue I7OQ tra d. Livia Coirmi
282 . GON
duchessa Sforza, e d. Clelia princi-
pessa di Sminino , tra le cose da
restituire e cedere alla prima, è
espressamente fissato per nono ar-
ticolo, V ufficio di perpetuo confa-
laniere del senato e popolo roma-
no. Laonde anche nell'arma dell'o-
dierno duca d. Lorenzo Sforza Ce-
sarmi , sopra il fondo del manto
ducale campeggiano le bandiere col
S. P. Q. R . in segno del gonfalo-
nierato perpetuo di cui come i suoi
maggiori è insignito.
GONTARDO (s.), monaco di
Fontenelle. V. Vandregesilo (s.).
GONTRANO (s.), re di Borgo-
gna e di Orleans, figlio di Clota-
rio I re di Francia, nato nel 52?,
e coronato nel 56 1. Fu principe
giusto, pacifico, generoso. Se per
elletto della barbarie de' tempi com-
mise alcuni delitti, li cancellò po-
scia colle lagrime della penitenza.
Egli fu forzato di prendere le ar-
mi contro i suoi fratelli e contro
i longobardi ; ma l'uso che fece
delle vittorie provò ch'egli non a-
vea che sentimenti pacifici. Fece
savi regolamenti per reprimere la
sfrenata licenza de' soldati. Puniva
rigorosamente i delitti per amore
della giustizia ; ma perdonava con
facilità i suoi insulti personali, co-
me perdonò ai due assassini che
Fredegonda aveva mandato per
pugnalarlo. Si studiò di rendere fe-
lici i suoi sudditi, attingendo dalla
religione i veri principi! di un buon
governo; onorò i ministri dell'al-
tare; fondò gran numero di chiese
e di monisleri; profuse grandi e*
lemosine nel suo regno, e fece prin-
cipalmente risplendere la sua cari-
tà in tempo di peste e di carestia,
in cui non contento di aver dato
gli ordini più precisi perchè i ma-
lati di nulla mancassero, egli stes-
GON
so colle sue preghiere e co'suoi
digiuni cercava di placare la col-
lera celeste, e d\ e notte si offeri-
va a Dio, come vittima di espia-
zione per ottenere la cessazione di
un flagello che credea scagliato a
punizione de' suoi peccati. Mori ai
28 di marzo del 593, e fu sepolto
nella chiesa di s. Marcello ch'egli
aveva fondata a Chalons sulla Sao-
na. San Gregorio di Tours, che
scrisse la di lui vita, dice d'essere
stato testimonio oculare di parec-
chi miracoli operati per interces-
sione del santo; e il martirologio
romano fa la commemorazione del-
la sua morte. I calvinisti nel seco-
lo XVI profanarono le sacre sue
ossa, e non rimase che il suo cra-
nio rinchiuso in una cassa d'ar-
gento.
GONZAGA Fr ocesco , Cardi-
nale. Francesco Gonzaga de' mar-
chesi di Mantova, dotato di senno
e di prudenza senile, nell'età circa
di venti o ventitre anni fu fatto
amministratore della chiesa di Man-
tova, e mentre procedeva nella u-
niversità di Pisa tutto applicato agli
sludi, a' 18 dicembre 1461 Pio II
Io creò cardinale diacono di santa
Maria Nuova, e poco dopo com-
mendatario della chiesa di s. Aga-
ta. Paolo li lo fece legato di Bo-
logna, e commissario apostolico ne-
gli stati del proprro genitore, con
facoltà di predicare la crociata con-
tro il turco. Avendo caldamente
favorito l'elezione di Sisto IV, di
cui era amico intrinseco, venne dal
medesimo confermato nella legazio-
ne, e fatto nel '47^ amministra-
tore del vescovato di Bologna, ove
fu largo e generoso co'poveri , e
divotissimo verso la Beata Vergine,
di cui fece consagrare la chiesa di
s. Maria del Monte della Guardia,
( . 0 R
dal vescovo di Sarsi na. Nel "48o
assegnò agli eremili di s. Girola-
mo, per decreto pontificio, la va-
cante chiesa di s. Barbaziano. In
Mantova parimenti coll'autorità di
Sisto IV eresse in collegiata la
chiesa del monistcro di s. Andrea,
da lui tenuto in commenda. Fu
pure impiegato nella legazione di
Ferrara, non che per tratture la
pace d'Italia e di Alemanna, e per
muovere i principi dell' impero a
prendere le armi contro il turco.
Finalmente nella robusta età di an-
ni quarantadue, cessò di vivere in
Bologna a' 21 ottohre i4^3 o
i j.84i tra le lagrime del popolo;
trasportato il suo cadavere a Manto-
va, ebbe sepoltura nella chiesa di s.
Francesco, altri dicono nella cat-
tedrale, nella tomba de' suoi mag-
giori. La generosità d'animo, il di-
scernimento e il buon criterio nei
maneggi delle cose, gli acquistaro-
no autorità e riputazione grandis-
sima ; all' incontio la caccia, il
giuoco, le armi ed altri esercizi ca-
vallereschi, a quali era natural-
mente inclinato, gli recarono pres-
so gli storici qualche biasimo. Pe-
rò lo lodano il cardinal Papiense,
Carlo Sigonio, Paolo Cortese, An-
tonio Possevino, Andrea Yitlorelli
ed altri. Da Giovanni Lucido Ca-
lanco si ha YOrat'o in funere car-
ihnalis Gonzagae halita Mantuae,
l 183.
GONZAGA Sigismondo, Cardi-
nale. Sigismondo 1 de'niai-
che.M di Mantova, n rese illustre e
chiara per militari imprese, e poi
odia ecclesiastica disciplina. Impe-
nni he GiuKo II lo elesse nel dì
primo dicembre imi*, cardinale
diacono di s. Mai 1.1 NuOfS . <• per
distiosione eli mandò le in
- -uiluiahzie per Paolo Uomra tuo
GON 283
prelato domestico . Poscia l'alto
teaam* di Mantova, ed auimini-
stratore di A versa secondo alcuni,
illn-tiò tali dignità più coli' illi-
batezza del cuore , che con lo
splendore della nascila, inoltre
Giulio li lo nominò protettore
dell'ordine carmelitano, e con in-
dicibile consolazione lo accolse in
Roma; indi lo dichiarò legato del-
la Marca, dove fece costruire un
magnifico palazzo per uso dei le-
gati, ed altro ne edificò in Man-
tova per abitazione de' vescovi.
Venne trasferito alla legazione di
Bologna, la quale col suo valore
tolse al dominio dei Bentivoglio,
e ridusse all'ubbidienza della Chie-
sa romana. Da Leone X con am-
plissime facoltà fu dichiarato lega-
to a latere di tutto il Mantovano,
dove la sua giustizia, carità e re-
ligione gli accrebbe il credilo, la
stima e la venerazione che già fi
godeva. Intervenne ai conclavi di
Leone X, Adriano \ I, e Clemen-
te VII, il quale a di lui contem-
plazione accordò nel ij?.\ ai
scovi di Mantova il privilegio di
delegare qualunque giudice !
loro piaciuto in seconda, e anche
in terza istanza, tolta ai rei la l a-
collà dell'appellazione. Pieno final-
mente di buone e sante operazio-
ni, lasciati per testamento seimi-
la scudi ad alcuni monisteri biso-
gnosi, e rinunciata la chiesa di
Mantova ad Creole Gonzaga suo
nipote, dove ebbe principio ebbe
termine la sua vita nel 1 ".»"!, e tu
sepolto nella cattedrale con buon
_:io, poi rinnovato dal
i innesco ' ì none
del tlie fece delle Mie os-
ila nuofa 1 li
< .( )N/.\< . \ Bai oli, C intonale.
Ercole Gonzaga deducili di Man-
2 34 GON
tova, fornito di meraviglioso ta-
lento, compì sotto celebri profes-
sori e con ottimo successo il cor-
s> delle scienze in Bologna, indi
colla costumatezza , colla pazienza
ch'ebbe nello studio e nella coltu-
ra delle buone lettere, e delle
scienze più gravi, accrebbe d'assai
lo splendore de' natali, e fu per-
sonaggio degno di eterna memoria.
Nel 1 320 Leone X, nell' età di
quindici anni, Io fece vescovo di
Mantova, nella cui diocesi tolse la
licenza e corruttela de'costumi, e
per la sua esemplarità fu preso a
modello dagli altri vescovi d'Italia.
Quindi per industria d' Isabella
Gonzaga d' Este sua madre, pru-
dentissima tra le donne, al dire
del Bembo, Clemente VII lo creò
cardinale con la diaconia di santa
Maria IN uova, nel concistoro de'3
maggio i5a7 , senza che neppure
l'immaginasse, avendo allora ven-
tidue anni di età. Fu la madre
che per la prima lo salutò cardi-
nale, con di lui sorpresa. Ebbe
il governo della città di Tivoli, fu
decoralo di onorevolissime lega-
zioni, dell' amministrazione della
chiesa di Tarragona, e nel i528
di quella di Fano, poscia nell'an-
no seguente di Soana, la quale
rassegnò al cardinal Farnese, men-
tre 1' altra dopo due anni rasse-
gnò a Pietro Bertano, suo teologo,
domenicano. Nel i53o fu incarica-
to della legazione a Carlo V, che
dopo la sua coronazione eseguita
in Bologna accompagnò sino a Ge-
nova ; indi nel i56i Pio IV lo
lece legato della provincia di Cam-
pagna. Ammirato dai principi e
monarchi, e molto più dai Papi,
come uomo di straordinaria inte-
grità, prudenza e valore, non la-
sciarono di prevalersene negli afia-
GON
ri più delicati e gelosi del pon-
tificato, non avendo giammai in-
trapreso negozio rilevante, senza
sentirne prima il di lui parere.
Nella minorità di Federico Gonza-
ga suo nipote, governò in qualità
di reggente con esimia prudenza,
tranquillità e dolcezza il ducato di
Mantova, la cui città fu da lui ac-
cresciuta ed abbellita con magnifi-
che fabbriche. Pio IV lo nominò
legato a Intere al concilio di Tren-
to nei principii della sua continua-
zione, dove fece ai padri nobilis-
sima allocuzione, e poi con inde-
fesso fervore applicossi a regolare
e dirigere quell'augusta assemblea,
mostrandosi superiore alle difficol-
tà e agli ostacoli che talvolta sem-
bravano insormontabili, col pro-
porre con raffinata prudenza le
materie da discutersi, e collo stu-
diarle per sé stesso con assidua
applicazione, col rinvenire i tem-
peramenti più adattati ed oppor-
tuni, e le più acconce maniere,
onde conciliare nel medesimo sen-
timento coloro che avevano opinio-
ni contrarie e discordanti, invigi-
lando al buon ordine ed alla
concordia de'padri, e coll'essere in
una parola 1' anima di quel sa-
crosanto concilio, fintantoché con-
sumato e rifinito dalle enormi fa-
tiche sostenute a prò e vantaggio
della Chiesa, vi lasciò gloriosamen-
te la vita nel i563, d'anni cin-
quantotto non compiti , con im-
menso cordoglio non meno del
Pontefice, che de' prelati raccolti
in Trento. I cardinali Bembo, O-
sio, e Sadoleto lo chiamarono or-
namento e decoro del sagro col-
legio. Pietoso verso Dio, dolce e
mansueto col prossimo, zelante del-
la cattolica religione, generoso coi
poveri a' quali si calcola aver da'
GON
io cinqnccentomila scudi , olire
venticinquemila che in morie la-
sciò a' suoi famigliari, e trentamila
al monte di pietà di Mantova* a-
li menta rido a sue spese parecchi
giovani di talento in diverse uni-
versità; avendo a tale effetto, pri-
ma de' decreti del tridentino, fon-
dato del proprio in Mantova un
seminario di giovanetti, affinchè
fossero istruiti nelle scienze e nei
costumi. 11 cardinale Pallavicino nel-
la Storia del concilio di Trento
fece il dovuto elogio di questo car-
dinale, il di lui cadavere trasferito
da Trento a Mantova, fu collo-
cato con breve e significante iscri-
zione nella cappella di s. Pietro
entro la tomba de' suoi maggiori.
Trovossi ai conclavi di cinque Pa-
pi, ed in quello in cui fu eletto
Pio IV poco mancò che non fos-
se assunto al trono del Vaticano.
La sua vita fu scritta da Giulio
Castellani detto Y Asciutto, e stam-
pala in Mantova nel i 56 \.
GONZAGA Pirro, Cardinale.
Pirro Gonzaga de' duchi di Man-
tova, cugino del cardinal Ercole,
e fratello di Luigi detto il Tui-
co, il quale dopo aver consolilo
Clemente VII nella sua prigionia
in Castel s. Angelo, lo ridusse sa-
no e salvo in Orvieto. In età gio-
vanile nel 1I27 ottenne il vesco-
vato di Modena, che poi dimise,
indi a'29 novembre di detto anno
il medesimo Clemente VII lo creò
(animale diacono di 8. Agata, chie-
sa che fu da lui con ecclesiastica
magnificenza instaurata. Dipo poco
più d1 un anno, nelle vicinante di
Modena la morte gli tolse la
e la porpora nel 1 S 19 II Novaea
dice, che fii diacono di s. An
m Pescheria.
GOISZA<"i.Y FaufcsscO; Cardi-
GOrt 28;
naie. Francesco Gonzaga deducili
d' Ariano, fratello del cardinale
Gianvrocenzo, e nipote del cardi-
nal Ercole e di Francesco duca di
Mantova, nacque in quota città.
Avendo sino dai pruni anni dati
non dubbi contrassegni di virtù,
di modestia, e d' integrità di co-
slume, ed essendosi distinto nelle
scienze e nello studio della !<__
ottenne dal suo parente Pio 1\
f abbazia dell'Acqua nera, con lu
qualifica di protonotario apostoli-
co, ed a'20 febbraio 1 56 1 fu dal
medesimo creato cardinale diacono
di s. Nicola in Carcere. Passò al-
l'ordine de'preti, ed al titolo di 9.
Lorenzo in Lucina, di cui restau-
rò ed abbellì il palazzo dei car-
dinali titolari contiguo a quella
chiesa. Ebbe nello stesso tempo
la legazione della provincia di
Marittima e Campagna, l'ammi-
nistrazione della metropoli di Co-
senza, e nel i565 il vescovato di
Mantova. Ma in quest' anno mo-
rì in Roma in età di ventino-
ve anni, e dentro il conclave per
l'elezione di s. l'io V, che il car-
dinale avea presagito. Fu sepolto
nel mezzo della chiesa titolare con
magnifico elogio.
GONZAGA Federico, Cardina-
le. Full 1 ii 11 I ronzaga dei dm hi di
Mantova, lece meravigliosi pr< _.
si in Bologna negli Mudi, cui non
andava disgiunta un 1 ria I 1 I <• co-
stante pietà. Imitatore delle virtù
del cardinal I rio zu>. i
in mancanza ÓN 1 padre 1
suo tutore, in di lui grazia e nel-
1' età di Ventitre anni Pio IN I
naia 1 56 I !<> > naie pi » •
te di I titolo di 1 M 11 a Nii. ■.
decorollo di una onorevolissin 1
1 difièrei 1 del « ardi-
ne! Francesco Gonzaga, fu detto il
286 GON
cardinal di Monferrato. Nello stes-
so tempo fu fatto vescovo della
sua patria , quantunque non con-
tasse che ventiquattro anni di età,
chiesa vacata per morte del nomi-
nato zio , sulle cui orme gloriose
indirizzò i suoi passi. Ma dopo due
anni appena di cardinalato , nella
verde età di venticinque anni, una
violenta malattia in un sol giorno
lo rapì al mondo nel i565, con
lutto universale della città di Man-
tova , a cui per le rare virtù ed
egregie doti era divenuto carissi-
mo ; e rimase sepolto nella catte-
drale con breve iscrizione.
GONZAGA Gianvwcenzo, Cardi-
nale. Giauvincenzo Gonzaga, fratel-
lo del cardinal Francesco e nipo-
te del celebre cardinal Ercole, nac-
que a' 6 dicembre i54o in Paler-
mo, dove Ferrante duca di Mblfet-
ta suo padre si trovava viceré di
Sicilia. Si portò in Malta in qua-
lità di cavalier gerosolimitano , e
siccome prode, valoroso e perito
nella scienza militare, fu dichiara-
to generale delle galere dell' ordi-
ne. Richiamato a Mantova dal du-
ca Guglielmo, che nel governo del-
lo stalo volevasi prevalere de' di
lui consigli, ad istanza di esso, Gre-
gorio XI li a' 21 febbraio 1578 lo
creò diacono cardinale di s. Gior-
gio in Velabro , donde passò alla
diaconia di s. Maria in Cosmedin ,
basilica che abbellì ed ornò ma-
gnificamente, e vi fece costruire il
coro per officiarvi in tempo d' in-
verno. Sisto Y lo trasferì all' ordi-
ne de' preti, ed al titolo di s. Ales-
sio, chiesa di cui fu il primo tito-
lare, e ne fu benemerito coi bene-
fizi che le compartì. Inoltre Sisto
V lo incaricò d'ascoltare e provve-
dere alle istanze e querele de' sud-
diti dello stato pontifìcio, che si
GON
stimavano gravati. Dopo l'interven-
to a quattro conclavi, morì in Ro-
ma a' 22 o 24 dicembre 1 5g 1, di
anni cinquantadue non compiti, in
credito di principe assai liberale ,
singolarmente coi domestici , tra i
quali divideva ogni anno somme
considerabili di denaro. Fu sepolto
nella sua chiesa titolare, dove al
manco lato dell'altare maggiore si
vedono le sue insegne espresse in
metallo, e fregiate di onorevole i-
scrizione. Lasciò a quella chiesa pa-
recchi sacri arredi, e tutta l'eccle-
siastica suppellettile.
GONZAGA Scipione, Cardinale.
Scipione Gonzaga, nobile mantova-
no, de'marchesi di Gazzolo e Sab-
bioneta, avendo insieme colla chia-
rezza della prosapia sortito un in-
gegno vivo e penetrante, congiun-
to a tale eleganza e leggiadria di
aspetto, e soavità di costumi, che
rapiva il cuore di chiunque si fa-
ceva a guardarlo, attese di propo-
sito a coltivarlo con assidua appli-
cazione sotto la disciplina del car-
dinal Ercole Gonzaga; cosicché ac-
quistata la perizia delle greche e
latine lettere , della storia e delle
facoltà matematiche e filosofiche
nell'università di Bologna, e poi in
quella di Padova, dove ottenuta la
laurea di dottore istituì l' accade-
mia detta degli Eterei, tutto s'im-
merse nello studio della teologia ,
in cui si acquistò riputazione e fa-
ma, onde i dotti di quel secolo si
fecero pregio di sottoporre al suo
giudizio le opere loro, come Mu-
reto, Guarino, Maffei , Mussato e
Torquato Tasso, il quale non pub-
blicava alcun verso prima di sot-
toporlo al di lui giudizio. Senten-
dosi chiamato sino dalla tenera età
alla vita clericale, si portò in Ro-
ma per prendere gli ordini sacri.
GOH BOB 287
Ivi Pio IV lo lece suo cameriere cardinal Lui^i Valenti Gonz -
tl'uiiorc , e mentre eia in Boom furono pubblicati in lioma colle
pei fare omaggio a Gregorio \ ili stampe del Salo moni nel 1791, con
nuovo Papa, e per ottenere da lui note e dottiflrime aggiunte, e
alcuni favori, massime la nomina di grande interesse pei le storie
del vescovo di Mantova, vi si re- eontempoi ante , essendovi l'elogio
co il duca Guglielmo Gonzaga, del cardinale scritto da Marc' A n*
Frattanto tra lui e Scipione pen- tonio Murato. Godè questo poi po-
deva lite sul possesso di Gazzolo, rato l'amicizia de' ss. Carlo Borro-
mentre all' avvocato del secondo meo, Filippo Neri e Luigi Gonza-
parve opportuno far citare perso- ga, cui molto giovò presso il mu-
nalmente il duca da un cursore, chese d. Ferrante Gonzaga padre
quando incedeva nelle pubbliche del santo, per agevolare all'ani;' li-
strade. Il duca montato in collera co giovane l'ingresso nella com-
per questo affronto, ricorse al Pa- pagnia di Gesù. Di più narra Pao-
pa, onde il cursore fu punito con lo Floreto nella stona degli uumi-
tre tratti di corda. Scipione si u- ni illustri della prosapia Gosfl
miliò al duca, e seco lui si ricon- che il cardinal Montalto dopo la
ciliò, e divenuto Pontelìce Sisto V morte di Urbano \ li studiosi con
Io fece patriarca di Gerusalemme, tutto l'impegno per farlo eleggere
e ad istanza dello stesso duca, ai successore, al che con ogni sforzo
18 dicembre \5Sy Io creò cardi- si oppose Scipione. Giamo N
naie prete del titolo di s. Maria Eritreo di lui ci fece un bell'elo-
del Popolo. Dopo essere interventi- £'0 ; ed il Peti amellara attesta che
to alle elezioni di Urbano VII, In governatore di Monferrato, io
Gregorio XIV, Innocenzo IX e Cle- luo^'o dì Vincenzo duca di Man-
mente Vili, nelle quali non sem- tova.
pie si mostrò col suo voto favore- GONZAGA Feennuumo, Cardi-
•volc a detti Papi; ed attese le gravi naie. Ferdinando . fratello
e continue malattie che lo tram- di Francesco duca di Mantova,
gliavano, morì nel 1 Jq3 in s. Mar- quanto piccolo di statura nltrettan-
tino, feudo di sua famiglia, in età to riuscì grazioso e leggiadro «li
di anni cinquantuno non compiti, aspetto, non che fornito di sottile
e N i\i sepolto nella chiesa di s. e penetrante ingegno, per cui fece
Sebastiano dentro la cappella della non ordinari progressi negli studi
1 ('luce, nella quale si vede la nell'università d'Ingolstadt Ma
statua del cardinale di marmo, tic- penetrazione dell' ingegno non sep-
aella base di magnifica iscri- pe accoppiare quella maturità «li
zione. Lasciò per legato alla chic- prudenza, che fatto ne avrebbe il
sa del suo titolo tutta la supplì- principale «rum 1 di
lettile della propria cappella dome* naturale eondis endente e volubile,
sta 1, il cui raion 1 molte Pan!" V a' i" dicembre 1607 l>
migliaia di scudi. Con somma. > irdinale diacono di s. Maria
1 di lingua latina scrisse qua* in I1 dalla anale
sto cardinale 1 rommentan .i.ll.i j usò B BUI Mai 1 in Por-
tai vita, ohe dall' ex-gesuita don lieo, a cui donò quattro grandi
Giuseppe Mai otti, e per open del candellieri d'argento con la a
236 GON
di nobile lavoro. Se non che mor-
ti quasi ad un tempo il duca suo
padre, il fratello ed il nipote, nel
i6i5 rinunziò il cardinalato allo
stesso Paolo V, e fu obbligato a
passare alle nozze per conservare
la successione alla sua inclita casa.
GONZAGA Vincenzo, Cardina-
le. Vincenzo Gonzaga de' duchi di
Mantova, ad istanza del duca Fer-
dinando suo fratello^ già cardinale,
Paolo V a' 2 dicembre 1 6 1 5 lo
creò cardinale diacono, colla prov-
visione e trasferimento de' benefizi
che godeva il medesimo fratello.
Dopo alcun tempo Vincenzo di
nascosto sposò in forma legittima
Isabella Gonzaga , vedova di Fer-
rante Gonzaga principe di Bozzolo,
donna di pari ingegno e venustà
fornita; laonde fu obbligato a di-
mettere la porpora cardinalizia , e
dopo la morte del fratello ereditò
il ducato di Mantova.
GONZALEZ Giovanni, domeni-
cano spagnuolo, che fiori nel se-
colo XVI 1. Nacque a Leone., fu
professore di teologia nel collegio
di s. Tommaso a Roma , e lasciò
diversi monumenti del suo talento
e della sua dottrina. Le sue lezio-
ni di teologia, da lui dettate negli
anni i635 e i636, furono stam-
pate a Liegi nel 1708 con questo
titolo : Controversine inter defenso-
res libertalis, et praedicatores gra-
tiae, de auxiliis divinae gratìae ,
tarn excitantis quam adjuvantis ,
tam operanti s quam coopcrantis,
tani sufficientis quam efficacis , et
de extremis haereticorum errori-
bus circa eamdem> ec. Queste le-
zioni sono divise in cinque con-
troversie : nella prima l'autore spie-
ga la natura della grazia preve-
niente; nella seconda tratta delle
grazie che i teologi chiamano ec-
GON
citanti ed adi u vanti ; nella terza
parla della grazia operante e della
grazia cooperante; nella quarta dà
la storia di coloro che hanno er-
ralo su questa materia, e riferisce
tutti gli errori dei pelagiani, dei
semipelagiani , dei manichei , dei
luterani e dei calvinisti intorno
alla medesima materia; finalmente
la quinta controversia contiene di-
verse questioni sulla famosa distin-
zione della grazia in efficace e suf-
ficiente.
GONZALEZ Tirso , spagnuolo ,
generale de' gesuiti, morto a Roma
il 24 ottobre 1 jo5. Nel 1670 com-
pose un trattato in cui combatteva
la dottrina del probabilismo, e ne
mostrava la falsità ed il perico-
lo ; ma non gli fu possibile di pub-
blicarlo, perchè la sua compagnia
vi si opponeva costantemente, seb-
bene fosse stato approvato da Papa
Innocenzo XI : solo il potè allor-
quando divenne generale egli stes-
so. Questo trattato fu stampato a
Roma nel 1687 , poscia a Lione
ed altrove, sotto questo titolo : Fun-
damenta theologiae moralis, id est
de recto usu opinionum probabi-
lium, ec. Quest'opera ebbe gran
corso in tutta l'Europa, e fu stam-
pata fino a dodici volte in un an-
no. L' autore dimostra che il pro-
balismo non fu né inventato, ne
sostenuto universalmente dalla sua
società, perciocché i padri Ferdinan-
do Rebelle, Paolo Comitolo ed An-
drea le Blande si dichiarono contra-
ri, avanti che alcun altro l'avesse at-
taccata ; e che fu Michele Salonio
agostiniano che avanzò siffatta dot-
trina pel primo , nel suo trattato
Della giustizia e del diritto, stam-
pato a Venezia nel 1592. Il p.
Gonzalez combatte quindi forte-
mente il probabilismo , senza ob-
OOR
bligare tuttavia nemmeno ì padri
della sua società a pensare come
lui. Egli compose altresì un trat-
tato contro le proposizioni dell' as-
semblea del clero di Francia del
1682.
GOR o GARRA. Sede vescovile
della MauritianaCesariana nell'Afri-
ca occidentale : Vittore suo vescovo
assistette al concilio di Cartagine
convocato da s. Cipriano nell' an-
no 255.
GORDIANO ed EPIMACO (ss),
martiri i quali sono nominati in
tutti i calendari della Chiesa lati-
na dal sesto secolo in poi. Epima-
co patì in Alessandria nel 25o con
un altro cristiano per nome Ales-
sandro, essendo stati ambedue git-
tati in un orribile camerotto, poi
bruciati nella calce viva. S. Gor-
diano fu decapitato a Roma per
la fede nel 362 sotto Giuliano
l'Apostata, e il suo corpo fu se-
polto in una fossa in cui era stato
deposto quello di s. Epimaco quan-
do venne portato da Alessandria a
Roma. Le reliquie di questi due
santi sono presso i benedettini di
Rempten nella diocesi di Augusta,
e sono onorati ai io di maggio.
GORDIANO, Cardinale. Gor-
diano romano, senatore di Roma,
della famiglia nobilissima Anicia ,
si congiunse in matrimonio con s.
Silvia , da cui nacque il Pontefice
s. Gregorio I Magno, eletto nel
590 , e sotto il di lui pontificato
viene registrato tra i cardinali dia-
coni regionari dal Cordella, dal
Ciacconio, e da altri.
CORDI O ( i ). Nato a Cesarea
in Cappadocia , servì nelle armate
dell' impero col grado di centu-
rione; ma allorché Diocleziano mos-
se fiera persecuzione ai cristiani ,
ei si ritrasse in un deserto. Alcun
VOL. XXXI,
GOR 289
tempo dopo abbandonò la solitu-
dine, spinto dal desiderio di spar-
gere il sangue per la fede , e si
presentò ai pagani di Cesarea, che
stavano celebrando i giuochi in
onore di Marte. Riconosciuto per
cristiano fu condotto dal governa-
tore, il quale trovatolo animosa-
mente costante a confessare Gesù
Cristo, Io condannò a perdere la
testa. S. Basilio recitò il suo pa-
negirico a Cesarea nel giorno della
sua festa, eh' è segnata il 3 di gen-
naio. Alcuni scrittori collocano il
martirio di s. Gordio sotto Licinio,
verso l'anno 319.
GORDO. Sede vescovile della
Lidia , nella diocesi d' Asia , sotto
la metropoli di Sardi , eretta nel
quinto secolo, che Tolomeo chiama
Julio-Gordus, situata tra il mon-
te Sipilo , ed il fiume Ermo. Si
conoscono cinque suoi vescovi, cioè :
Giovanni ; Teodoro, che sottoscris-
se la lettera all' imperatore Leone;
Teodoro, che fu al concilio di Co-
stantinopoli, sotto il patriarca Men-
na ; Giorgio, che intervenne al VII
concilio generale ; e Leone , che fu
al concilio di Fozio.
GORDORINIA. Sede vescovile
della provincia di Frigia Salutare,
nella diocesi d' Asia , sotto la me-
tropoli di Sinnada, eretta nel IX
secolo. Ciriaco suo vescovo assistet-
te all' Vili concilio generale.
GORDOSERVI, GORDO-SER-
\US, o GORDIU-COME. Sede
vescovile della seconda Bitinia, nel-
la diocesi dì Ponto, sotto la me-
tropoli di Nicea, eretta nel VI se-
colo. Si dice patria del celebre ca-
po di ladroni Cleono, il (piale aven-
dola aumentata, le diede il nome
di Giuliopoli, in memoria e consi-
derazione di Giulio Cesare. Si 00-
uoscouo tre suoi vescovi, cioè: I .-
'9
29o GOR
doro, che trovossi al VI concilio ge-
nerale; Neofito, che fu al VII; e
Stefano, che assistette all' Vili, ed
a quello di Fozio.
GORGONIO e DOROTEO (ss).
Occupavano i primi posti tra i fa-
migliari dell' imperatore Dioclezia-
no, allorquando Galerio fece ap-
piccare il fuoco al palazzo di Ni-
comedia per rovesciarne la colpa
sopra i cristiani. Gorgonio e Do-
roteo furono catturati con altri uf-
fìziali del palazzo che professavano
il cristianesimo ; e dopo crudeli tor-
ture vennero strangolati e gettati
in mare. Uno di essi per nome
Pietro, ebbe a soffrire ancor più
barbaro trattamento, perciocché fu
sospeso in aria affatto nudo, e stra-
niato co' flagelli, poscia gli versarono
sulle piaghe del sale e dell' aceto ;
e non ismovendosi per anco la sua
costanza, lo stesero sopra una gra-
ticola, e lo fecero arrostire a fuoco
lento. Questi santi martiri patirono
nell' auno 3o4, ed è notata la loro
festa il 9 settembre.
Avvi un altro s. Gorgonio, mar-
tire di Roma, che fu sepolto sulla
via Lavicana , e trasportato nel-
l' abbazia di Gorze in Francia nel
764, per cura di s. Crodeganclo
vescovo di Metz; e che aveva un
offizio in suo onore nel Sacramen-
tario di Gelasio.
GORIZIA (Gorilien). Città con
residenza arcivescovile del regno
illirico, capoluogo di circondario e
di distretto nell'impero austriaco,
e precisamente nella bassa Illiria,
soggetta al governo di Trieste. Si
può dividere in alta e bassa città:
la prima, la più antica perchè edi-
ficata nel i4?3, è situata sopra
un' eminenza, cinta da mura, e di-
fesa da un vecchio castello ; la cit-
tà bassa sta in una ridente pianu-
GOR
ra , contornata di fertili colline ,
presso e sulla riva dell' Isonzo , che
vi si passa sopra un ponte, ed è
molto bene fabbricata, con istrade
spaziose. Possiede oltre la cattedra-
le, sei chiese, dei conventi, il gin-
nasio, l'istituto filosofico, il teatro ;
numerosa è quivi la comunità
israelitica. Negli ultimi tempi fu
occupata tre volte dai francesi. Nei
dintorni si trova il monte santo ,
ed il santuario che vi si venera è
oggetto di un gran pellegrinaggio
di divozione. Il circolo o circonda-
rio di Gorizia comprende , oltre
quasi tutto il territorio che costi-
tuiva in passato le unite contee di
Gorizia e di Gradisca , alcuni di-
stretti della Carniola , ed il terri-
torio già veneto di Monfalcone. Ha
circa centoventiquattro leghe qua-
drate , e si divide in quindici di-
stretti, de' quali i principali sono
Gorizia, Gradisca, e Canale, grosso
borgo a sinistra dell' Isonzo , con-
tenendo circa cento cinquantamila
abitanti. Il paese è in gran parte
montuoso e boschivo , parte in
pianura, o presenta dei colli che
producono molto e squisito vino, ed
i frutti vi sono in abbondanza.
L' antica contea di Gorizia, com-
presa nel Friuli austriaco, ebbe i
suoi conti particolari, de' quali non
è facile determinarne l' origine. Si
crede che per ordine o consenso
dell'imperatore Enrico IV la con-
tea di Gorizia fosse conferita ai conti
del Tirolo, a titolo di parentela. Lo
stipite di questa casa, dal 1090
fino al 1121 fu Goffredo II o il
suo figlio Adalberto. Morto il con-
te Leonardo senza eredi maschi ,
l' imperatore Massimiliano I, in vir-
tù delle antiche trattative, prese
possesso della contea , che già gli
era stata data in ipoteca , e fino
GOR
dal i5oo appartenne alla casa di
Austria. Aveva annessa la dignità
di principato, talché gì' imperatori
assumevano il titolo di conti e
principi di Gorizia. D' allora in poi
la contea di Gorizia con la sua
provincia rimase all' augusta casa
d' Austria , tranne la dominazione
francese dal 1809 al 181 4- Nel
Diario del viaggio fatto a Vienna
dal Pontefice Pio VI nel 1782,
si legge che accompagnato sino ad
Udine ed ai confini dei dominii
veneti dai procuratori della repub-
blica Lodovico Manin, e Pietro
("untarmi, giunse a' 14 marzo in
Gorizia , capitale della bassa Car-
inola, e smontò al palazzo de' conti
Lanlhieri , preparato con munifi-
cenza , onde alloggiarvi la notte .
Fu ricevuto da monsignor Garam-
pi nunzio di Vienna, e dal conte
Conbentzl vice-cancelliere di corte
e di stato, prescelto dall' imperato-
re Giuseppe li a complimentare il
capo della Chiesa nel primo arri-
vo ne' suoi dominii, mediante ana-
loga lettera imperiale. Nel seguente
giorno Pio VI si recò ad ascoltare
la messa nella cattedrale; e poscia
partendo proseguì il viaggio per
Adelsberg, ove ricevette gli omag-
gi di monsignor Francesco Filippo
Inzaghi vescovo di Trieste. Negli
ultimi anni a noi contemporanei
Gorizia fu onorata dalla dimora
che vi fecero il re di Francia Car-
lo X , suo figlio il duca d' Angou-
|( me, detto Luigi XIX , culla del-
fina di lui consorte, figlia illustre
di Luiyi XVI, insieme a madami-
gella Luisa, ed al duca di Bordeaux
Enrico, figli del duca di liei 1 y tì-
glio del re. Ivi moriruno Carla \
e il duca di Angoulcine, e furono
seppelliti nella chiesa de 'frano
ni , presso le tombe degli antichi
GOR 291
conti di Gorizia. Al re non fu eretto
monumento, ma solo una marmo-
rea iscrizione di questo tenore, lei
reposent les restes du tris-haut et
tris - puissanl prince Cìutrles X du
noni roi de France et de Navar-
re, decedè le six novembre 1 836.
Morto il figlio duca d' Angoulème
nel giugno 1 844> ^u sepolto presso
il padre, e gli fu eretta corrispon-
dente iscrizione marmorea.
Benedetto XIV per dar fine al»
le molte controversie eccitate nel
patriarcato d' Aquileia (Vedi), lo
estinse colla bolla Injunct., de' 6
luglio 1 75 1 , ed in suo luogo con
la bolla Sacrosanta , data a' 1 8
aprile 1702, Bull. Bened. XIV,
tomo IV, p. r, eresse due arcive-
scovati, uno in Udine , poi da Pio
VII ridotto a vescovato , l' altro
nella città di Gorizia nella Catnio-
la , dichiarando metropolitana la
chiesa dell'Esaltazione della ss. Cro-
ce, e di s. Vito, prescrivendo con
la medesima bolla tutte le cose
riguardanti la cattedrale, il capito-
lo, la mensa arcivescovile e capi-
tolare , la provvisione degli uffìzi
e de' benefizi. Gli assegnò per suf-
fragane i vescovati di Trento, Trie-
ste , Pedena e Como , che prima
erano soggetti all' estinto patriarca-
to. Istituì la dignità del preposto
coli' annua rendita di mille fiorini,
il decano con ottocento, il primi-
cerio con seicento, e cinque cano-
nici con quattrocento cinquanta
fioriui per cadauno. A tutti con-
cesse 1' uso dell.i cappa mago 1
paonazza con pelli di ermellini , è
rocchetto, Pili dispose che ad 1 1
pitolo m lotterò kj mansionari
le almuzie, e duecento fiuiim per
cadauno, e due cappellani con cen-
tocinquanta per ognuno. Stabilì la
rendita dell' arcivescovo iu seimila
20,2
GOPc
seicento fiorini, e la tassa camerale
di settecento fiorini d' oro. Lasciò
la nomina perpetua dell' arcivesco-
vo agli arciduchi d' Austria , come
ancora a tutti i benefizi , tranne
quelli vacati ne' mesi riservati alla
santa Sede. La tassa per la spedi-
zione delle bolle restò fissata a ven-
tiquattro ducati d'oro di camera,
secondo gli antichi concordati con
la Germania. Nel concistoro de'24
aprile del medesimo anno 1752
Benedetto XIV dichiarò primo ar-
civescovo Carlo Michele di Attembs,
già vescovo in partibus di Perga-
mo e vicario apostolico del pa-
triarcato, nella qual dignità avea
aisieduto in Gorizia al modo che
abbiamo detto al citato articolo
Aquileia. Dopo la sua morte Pio
VI nel concistoro de' 27 giugno
1775 fece arcivescovo di Gorizia
Ridolfo Giuseppe Edling di Gori-
zia, traslatandolo dal titolo vesco-
vile in partibus di Cafarnao, già
suffraganeo di questa arcidiocesi.
Dipoi Pio YI eresse in concattedra-
ìe vescovile Gradisca, come si legge
nelle annuali Notizie di Roma, e
nel concistoro de'i5 dicembre 1788
ne fece vescovo il suddetto Fran-
cesco Filippo Inzaghi, traslatando-
lo da Trieste, e per qualche anno
furono due distinti vescovati, tanto
quello di Gorizia , che quello di
Gradisca, riuniti però nella perso-
na di un solo vescovo ossia arci-
vescovo. Laonde non leggendosi più
nelle mentovate Notizie la serie
degli arcivescovi di Gorizia , solo
venendo registrato Gradisca , o
Gorizia nella Carniola nuovamen-
te eretta in cattedrale da Sua San-
tità Pio VI, si deve intendere co-
me abbiamo spiegato. Questo Papa
inoltre, nel 1 79 1 , colla bolla Quum,
dichiarò che la residenza perma-
GOR
nente dell'arcivescovo dovesse es-
sere sempre in Gorizia, onde Gra-
disca restò chiesa vescovile concatte-
drale senza la residenza vescovile.
Non taceremo che le Notizie di
Roma continuarono a riportare la
sede vescovile di Gradisca o Gori-
zia ; e si continuò ancora sotto il
vescovato dell' Inzaghi, e il ponti-
ficato di Pio VII a nominarsi nel
catalogo de' vescovi , Gorizia o sia.
Gradisca , come sino all'anno 1 844
si legge nelle Notizie di Roma. Suc-
cessore del vescovo Inzaghi, da Pio
VII fu fatto Giuseppe Waland della
diocesi di Lubiana , a' 2 ottobre
1818, il qual prelato fu fatto ar-
civescovo di Gorizia nel i83o da
Pio Vili, nelP ampliare che questi
fece, con venti distretti tolti dalla
chiesa di Trieste, la sede arcive-
scovile, della quale sono al pre-
sente suffragane! i vescovati di Lu-
biana, Trieste e Capo d' Istria uni-
ti , e Parenzo e Pola egualmente
uniti . Il regnante Papa Grego-
rio XVI nel concistoro de' 6 apri-
le i835 fece arcivescovo di Gorizia
1', attuale monsignor Saverio Lu-
schin di Teiuach diocesi di Gurk,
traslatandolo dall'arcivescovato di
Leopoli di rito latino. Benché le
Notizie di Roma sino a detto an-
no lo registrarono quale arcivescovo
di Gorizia ossia Gradisca , Gori-
tien seu Gradiscati j tultavolta
l'arcivescovato di Gorizia non viene
denominato negli elenchi ufficiali
austriaci, sotto il titolo di Gorizia
o sia Gradisca, ma semplicemente
di Gorizia. V. Gradisca.
La cattedrale è dedicata a Dio
sotto l'invocazione de' ss. Ilario ve-
scovo e Taziano martire diacono
d'Aquileia , ed è ampia e di ele-
gante struttura. Il capitolo si com-
pone di tre dignità , cioè del pie-
GOR
posto, del decano e del primicerio;
di quattro semplici canonici , dei
sei beneficiati corali e del sacrista.
.Nelle domeniche ed altre feste in-
tervengono all' ufìiciatura i semina-
risti, con altri preti e chierici. Nel-
la cattedrale vi è il fonte battesi-
male e la cura d' anime, la quale
è disimpegnata da un canonico,
coadiuvato da un vicario del coro.
Diverse insigni reliquie nella me-
desima sono in venerazione. L'epi-
scopio è situato in bella piazza ,
prossimo alla metropolitana , ed è
comodo e decente edifizio. Nella
città, oltre la cattedrale, avvi un'al-
tra chiesa parrocchiale , con due
chiese succursali, e tutte munite di
battisterio. Vi sono tre conventi di
religiosi , ed un monistero di mo-
nache; l'ospedale, la casa de' po-
veri, l'orfanotrofio, diversi sodalizi,
il monte di pietà , ed il centrale
seminario in cui secoudo la pio-
posizione concistoriale vi erano a
detto anno 1 835 ottantacinque a«
lunni che attendevano agli studi
teologici. L'arcidiocesi è vasta, e con-
tiene quarantadue parrocchie. Ogni
nuovo arcivescovo è tassato nei li-
bri della camera apostolica in fio-
rini settecento, ad i 2,000 Jloreno-
rum monetae conventionalis com-
putantur-j nonnullis oneribus gra-
dati.
GORROVEDO Lodovico, Car-
dinale. Lodovico Gorrovedo di
Chalant piemontese, nel 1499 fu
promosso da Alessandro VI al ve-
scovato di s. Giovanni di Moriana,
coli' amministrazione della chiesa
di Hourges, secondo alcuni; poscia
ad istanza di Cai lo V, a' 19 mar-
zo i53o, Clemente VII lo creò car-
dinale prete del titolo di s. Cesa-
rio, ed inoltre il Papa lo fece
legalo a lata e in tutti gli stu-
GOR 293
ti del duca di Savoia. Come o-
ratore di questo duca , prima di
essere cardinale, intervenne al con-
cilio generale lateranense V , e di
lui si fa menzione nella XV sessio-
ne del medesimo. Morì nel suo
vescovato nel 1 536 o i53y, e fu
sepolto nella cappella che avea edi-
ficato nella cattedrale , alla quale
fu posta una breve iscrizione. Que-
sto cardinale fu pure benemerito
dell' insigne collegiata a Pont de
Vaux, dalla sua liberalità fondata.
GORTINA o GORTYNA. Città
vescovile dell' isola di Creta^ ed as-
sai antica. Tolomeo la dice al sud-
ovest di Gnossa ; Omero la cele-
bra circondata da alte e forti mu-
ra; Strabone la colloca novanta
stadi dal mare d'Africa, cioè a di-
re dalla parte del Mediterraneo
che bagnava la porzione meridio-
nale dell' isola, ed era irrigata dal
Lethanis. Gortina, una delle cento
città che altre volte rendevano po-
tente l' isola di Creta , con questa
per un tempo divise l'impero del-
l' isola, prima che i romani se ne
impadronissero, e dopo la decaden-
ea della potente città di Gnossa.
Le sue magnifiche rovine, a poca
distanza dal monte Ida, indicano
la sua antica grandezza. Eravi fra
gli altri un famoso tempio di Dia-
na , ove Annibale nel fortificarvisi
contro i romani, fece credere aver
nascosto i suoi tesori, dopo la scon-
fina di Antioco; ed un laberinto
il quale però differita dal così det-
to di Creta, altro non essendo que-
sto che grandi gallerie sotterranee,
praticate oude estrarre piètre d 1
quelle cave : i saraceni la dirocca-
rono verso l'anno 82 3. Al presen-
te questa città è allatto in rovina,
e non si può chiamare che uhm -
i-abile borgo , il quale si nomina
?.94 G0R
Agios-Déka. Non molto lontano
dalle rovine di Gortina è il villag-
gio Alone, poi chiamato Villaggio
dei dieci santi , dacché altrettanti
illustri cristiani nativi dell' isola sof-
frirono glorioso martirio nella per-
secuzione di Decio ; eccone i nomi :
Teodulo, Saturnino, Eupone, Ge-
lasio, Euniciano, Zetico, Cleomeno,
Agatope, Basilide ed Evaristo. I
greci ed i latini ne celebrano la
festa a' 23 dicembre. Da alcuni
avanzi di edifizio presso le rovine
della metropolitana , si rilevano
quelli d' una chiesa di buona ar-
chitettura, già dell'ordine gerosoli-
mitano.
Gortina fu metropoli dell'isola
di Creta, nell'esarcato di Macedo-
nia, eretta nel primo secolo , ma
nel XII trasferita a Candia (Vedi),
in un ai dodici suoi vescovi suffra-
ganei, che nominammo a quell'ar-
ticolo. Si conoscono ventisette ve-
scovi di Gortina , di cui il primo
fu Tito, discepolo di s. Paolo: fra
i di lui successori sono a nominar-
si Mirone che fu martire sotto l'im-
peratore Decio; Martire che tro-
vossi al conciliabolo di Efeso , e
sottoscrisse al concilio di Calcedonia,
e la lettera all' imperatore Leone ;
Basilio I che fu al sesto concilio
generale , e sottoscrisse ai canoni
del Trullo; Cirillo che pati il mar-
tirio sotto i saraceni allorché s' im-
padronirono dell' isola ; 1' ultimo
vescovo di Gortina fu Costanzo, il
quale ne occupava la sede nel 1 72 1 .
Al presente Gortina, Gortynen, è
un titolo vescovile in pariibus, sot-
to l'arcivescovato pure in partibus
di Candia, che conferisce il sommo
Pontefice. Ne furono ultimi nomi-
nati monsignor Francesco Saverio
Ziglenichi , e l' attuale monsignor
Vincenzo Velardita di Piazza, che
GOT
fu dichiarato vescovo dal regnante
Gregorio XVI, nel concistoro de' 2 3
giugno i834, ed insieme ausiliare
del vescovo di sua patria.
GOT (de) Berardo, Cardinale.
Berardo de Got nacque nel ca-
stello di Villandraut nella diocesi
di Bordeaux, dichiarandolo il Papa
Nicolò IV arcivescovo di Lione nel-
anno 1289. Indi nel settembre del
1 294 fu da s. Celestino V creato
cardinale vescovo di Albano, e le-
gato in Francia al re Filippo IV
il Bello, insieme col cardinal Si-
mone di Beaulieu vescovo subur-
bicario di Palestrina, ad oggetto di
comporre le controversie suscitate
tra lui e l' Inghilterra. Mori nelle
Gallie dopo tre anni di cardinalato
nel 1297, senza aver la consola-
zione di vedere innalzato al ponti-
ficato il proprio fratello Clemen-
te V , benché non fregiato della
porpora cardinalizia.
GOT (de) Raimondo, Cardinale.
Raimondo de Got, francese, nacque
in Villandraut nella diocesi di Bor-
deaux , fu dallo zio Clemente V
a' i5 dicembre i3o5 creato car-
dinale diacono di s. Maria Nuova,
indi delegato insieme con altri car-
dinali per coronare Enrico VII col-
le insegne imperiali in Roma , ed
assolvere i fiorentini dall' ecclesiasti-
co interdetto , su di che non con-
viene il Baluzio. Mori in Avignone
nel i3io, altri protraggono il suo
termine ad altri anni, e fu sepol-
to nella chiesa di san Stefano di
Agenno.
GOTARDO (s.), vescovo di Hil-
desheira. Nacque in Baviera , e do-
po aver fatto progressi nelle scien-
ze e nelle virtù, si consacrò a Dio
nella solitudine a cui era inclinato.
Egli fu dapprima priore, poi ab-
bate del monistero d' Altaich , in
GOT
cui mantenne la più edificante re-
golarità. Fu scelto per istabilire la
riforma nella badia di Hersfeld in
Assia, di Tergensee nella diocesi
di Frisinga, e di Chremsmunster
nella diocesi di Passavia. Essendo
rimasta vacante la sede episcopale
d' Hildesheim nel 1201, venne elet-
to ad occuparla; ma fu d'uopo
che l' imperatore s. Enrico facesse-
gli una specie di violenza perchè
accettasse. Governò la sua chiesa
con sommo zelo, e fu sempre at-
tento di provvedere ai bisogni sì
corporali che spirituali dei poveri.
-Morì ai 4 di maggio io38, e fu
canonizzato da Innocenzo II nel
ii3i. Lasciò molte lettere, pub-
blicate da Pez nel suo Codex di-
plomatico - historico - epistolario , le
quali spirano la più tenera e soda
pietà. Molte chiese di Germania gli
furono intitolate, e vi sono ancora
dei luoghi che portano il suo no-
me. La sua festa è segnata ai 4
maggio.
GOTI o GOTHI. Popoli, secon-
do alcuni, originari delL' isola Gott-
land , come sembra indicare il
loro nome ; secondo altri , antichi
popoli della Germania , abitanti
lungo la Vistola , sino alla sua
imboccatura nel Baltico; altri li
fanno derivare dalla Scandinavia ,
ossia Svezia attuale , e per questo
i re di Svezia portano ancora il
titolo di re de' goti; e finalmente
nella contrastata loro origine , da
molti fu creduto non un popolo
solo, ma una confederazione di na-
zioni diverse, unite sotto le mede-
sime insegne, da cui derivò un no-
me stesso. In fatti come mai una
sola nazione selvaggia, mancante tli
ngoi coltura e della maggior parte
de' comodi della vita, avrebbe po-
tuto crescere tanto rapidamente
GOT a95
nella sua popolazione da diventare
in brevissimo tempo sì numerosa ?
11 Muratori osserva, che i goti usa-
vano la capigliatura lunga, i mu-
stacchi, e nudi ivano la barba. Fu-
rono assai spesso chiamati Sciti ,
dai romani , perchè abitavano la
piccola Scizia j Sarmati , per le
loro relazioni coi sarmati meridio-
nali; Geti, per la loro somiglianza
del nome, ed anche Gepidi e Da-
ni. Approfittando spesso della de-
bolezza degl'imperatori guerreggia-
rono lungo tempo contro i romani
in tutta la parte sud-est dell'Eu-
ropa , e si sparsero al di là del
Danubio. Malgrado le loro enormi
perdite trovarono sempre il mezzo
di ripararle. Uniti ad altri barba-
ri passarono anche nell' Asia , ed
infestarono per lungo tempo le rive
del Ponto Eussino. I loro vascelli
coprivano pure l'Arcipelago, ed il
monte Haemus servì loro per qual-
che tempo di ritirata, onde rimet-
tersi dalle sofferte sconfìtte. Non è
però fuori di ragione il comprendere
sotto il nome di goti tutti quei bar-
bari che i romani ebbero a combat-
tere a questa parte. Allorché dopo le
ultime vittorie dell'imperatore Clau-
dio, che assunse perciò il nome di
Gotico , furono forzati a chiedere
la pace , ed acconsentirono a sta-
bilirsi sulle terre dai romani ab-
bandonate ; questi si vantarono di
aver distrutta un' armata di tre-
centoventimila goti, e di aver loro
prese numerosissime flotte col cola-
re a fondo duemila navi. Ne re-
starono però ancora stabiliti nell 1
Mesia, mentre altri si sparsero a
saccheggiare la Tracia, che furono
poscia da altri ancora WtOGÌali.
Sotto l'impero d'Aureliano i goti
si gettarono sulla Paanonia, aai
battutivi ripassarono il Danubio, e
296 GOT
chiesero la pace. 1 successivi im-
peratori li contennero sempre colla
forza 'Ielle armi. Sotto Costantino
continuarono a passare il Danubio,
e a fare grandi incursioni nella
Tracia, nell' Illiria, e nella Panno-
nia, sino a che sconfitti da Costan-
tino restarono tranquilli nei loro
primi limiti.
Ignorandosene il preciso tempo,
è però certo che questa nazione
si divise in due, e che separate
per la loro posizione europea, ri-
cevettero la denominazione di goti
orientali od ostrogoti, e goti occi-
dentali o visigoti, detti ancora ve-
stogoli. I primi abitavano le parti
più orientali verso il Ponto Eus-
sino sino al fiume Tyras, e gli
altri dimoravano verso l'occidente
sino al fiume Tibisco. Questa di-
visione diede origine a due nazio-
ni molto distinte, ch'ebbero ciascu-
na il suo re. Gli ostrogoti furono
governati dai principi della reale
casa degli Amales, derivante da
Amale antico re della nazione, ed
i visigoti da quelli della real fa-
miglia dei Balthes, così detta dal-
la parola balth che significa ardi-
re, arditezza, come si ha da Gior-
nande storico della loro nazione,
De rebus Get. e. 29. Gli ostrogo-
ti, ora vincitori, ora vinti, erano
sparsi nelle parti orientali dell'Eu-
ropa , allorché alla metà del IV
secolo gli unni attraversando l'A-
sia, dalle frontiere della Cina piom-
barono su di essi, e li respinsero
verso 1' occidente. Chiesero allora
all' imperatore Valente la permis-
sione di stabilirsi nelle terre del-
l'impero, al che aderendo, cedette
loro la Tracia, l'anno 377 dell'e-
ra nostra, dopo averla eglino sot-
to Decio saccheggiata unitamente
alla Mesia; e dopo aver desolato al
GOT
tempo di Gallieno la Grecia, la
Macedonia e l' Asia, ed in tempi
diversi rovinate colle loro scorre-
rie molte provincie dell'impero ro-
mano, e dopo essersi resi formida-
bili a segno, che Procopio non si
servì che delle loro forze, onde
tentar diuiuscire nell'impresa d'in-
vadere l' impero nel 365. Stabili-
tisi quindi, come si vede , nella
Tracia, onde poi vendicarsi della
pessima condotta degli uffiziali del-
l' impero a loro riguardo, presero
le armi, ed una tale disposizione
fu considerata come ingratitudine
e tradimento. Valente marciò con-
tro di essi, ma fu ucciso nella bat-
taglia data loro nel 378. I goti
però non seppero trar profitto di
un tale vantaggio, mentre assedia-
te avendo molte città o piazze del-
la Tracia, e fra le altre Costanti-
nopoli, fallix*ono in ogni loro im-
presa , contentandosi di replicare
incursioni, col favore delle quali si
sparsero saccheggiando, sino alle
Alpi Giulie. Teodosio, mandatovi
contro dall' imperatore Graziano,
ottenne de'successi così sorprenden-
ti, che meritò di essere associato
all' impero. In fine li sforzò a
deporre le armi, ed a sottomet-
tersi tranquillamente. Bene usando
quel grand' uomo della vittoria,
fece loro distribuire de' viveri, ed
anche delle terre in qualche pro-
vincia dell'impero. Questo popolo
per lungo tempo feroce, e sempre
pronto a volare alle armi, dopo
la morte del suo rispettabile vin-
citore, vergognossi di obbedire ai
suoi figli Arcadie ed Onorio, de-
diti alla mollezza, e quindi si e-
lesse a re Alarico della famiglia
de' Balthes, mentre un altro parti-
to che si crede dei vandali, scelse
per suo re Radagasio. Uuiti si a-
GOT
vanzarono sulle terre dell'impero;
Radagasio entrò il primo in Italia,
e vi fu battuto, preso ed ucciso
da Stilicone generale di Onorio.
Alarico accorse allora per vendi-
carlo, sottomise l'Italia nel 4°9> e
nel pontificato di s. Atanasio I
strinse Roma d'assedio, e dopo
lunga resistenza degli assediati ,
l'ebbe alla fine in potere, avendola
sorpresa per tradimento. Entrarono
i goti a' 24 agosto del 409 in Ro-
ma per la porta Salaria, la sac-
cheggiarono ed incendiarono, e se-
co condussero prigioniera Placidia
sorella di Onorio. Morto nell'anno
seguente a Cosenza Alarico, Ataul-
fo o Adolfo succedette al gover-
no de' goti, sposò Placidia, fece
alleanza coi romani, e passò quin-
di in Italia. I goti comandati da
lui presero allora il nome di vi-
sigoti.
Sino da quell'epoca la Lingua-
doca, la prima Aquitania , e Gal-
lia ÌNarbonese, la Provenza, il Ros-
siglione, e la Catalogna iucomin-
ciarono ad assumere il nome di
Golhia, Golia, o Gozia, e gli a-
bitanti o piuttosto i loro conqui-
statori, come si disse, quello di
visigoti. Però gli ostrogoti, ch'era-
no rimasti nella Tracia, presero
le armi contro l' imperatore Zeno-
ne, il quale con destrezza li con-
sigliò a passare in Italia, dicendo-
gli che sarebbe loro più glorioso
il distruggere la potenza di un ti-
ranno, ed assicurarsene il pacifico
possesso. Teodorico li governava
allora, ed Odoacre re degli Eruli
(Fedi), padrone dell'Italia, sosten-
ne contro esso in Ravenna un me-
morabile assedio di tre anni, alla
fine del quale essendosi reso a
Teodorico, questi lo fece morire
poco dopo. A Quest'epoca aunuuto
GOT 297
incornicia il regno de' goti in Ita-
lia, che secondo la piìi comune o-
pinione ebbe principio nel 49^, e
terminò nel 553 : ecco la serie dei
re ostrogoti in Italia.
Teodorico 49^ 526
Atalarico 526 534
Teodato 534 536
Vitige 536 detron.54o m. 543
Ildebaldo 54o 54 1
Erarico ... 54 1 . • •
Totila 5|i 55*
Teja 552 553
Teodorico assunse il titolo di re
dei goti e d' Italia ; Roma fu sot-
toposta al suo impero entrandovi
solennemente 1' anno 5oo, incon-
trato dal Papa s. Simmaco e dal
popolo con grande onore. Dipoi
fissò la sua sede prima in Raven-
na e poscia in Pavia; estese il suo
impero sino sulla R/ietia, e sulla
porzione meridionale della Francia,
lasciando per suo successore Ata-
larico fanciullo, figlio di sua so-
rella Amalasunta. Questa princi-
pessa dopo aver governato saggia-
mente per otto anni, durante la
vita del figlio, divise il trono con
Teodato, mostro d'ingratitudine
che la fece morire in Bolsena
(Pedi). Giustiniano I, geloso di ri-
conquistare l'Italia, protestò contro
la morte di Amalasunta, e dichia-
rò di volerla vendicare. Inviò il
celebre Belisario contro i goti :
nel 536 s'incamminò verso Roma,
le cui porte subito gli aprirono i
romani, e discacciandone i goti, c-
gli vi entrò a' io dicembre nel
pontificato di s. Silverio, per I 1
porta Asinana, mentre i goti usci-
vano per la porta Flaminia «Juan-
dò Belisario ultimava in fretti il
restauro delle mura, Vii dei
29B GOT
goti marciò su Roma nel 537,
tagliò i suoi acquedotti, ma dopo
un assedio d'un anno e nove gior-
ni fu obbligato a levarlo, narran-
done la storia Procopio di Cesa-
rea, uffiziale nell' armata di Beli-
sario, nei suoi libri sulla Guerra
gotica. Mai stanchi i goti di por-
re a sacco e strage 1' Italia, Totila
loro re entrò in Toscana, s' impa-
dronì in parte del ducato di Na-
poli, indi portossi ad assediare Ro-
ma, e per la porta Asiuaria vi en-
trò a' 17 gennaio 546, la saccheg-
giò, uccise molti abitanti, e parte
coi senatori condusse seco nella Lu-
cania. Allora Belisario occupò di
nuovo la città, quando pentiti i
goti di averla lasciata, tornarono
di nuovo ad assediarla nel 54g>
e vi entrarono per la porta O-
stiense. Giustiniano I richiamò Be-
lisario ed in sua vece spedì contro
i goti Narsete ; questi battè com-
pletamente nell'Umbria i goti, do-
ve Totila restò ucciso, indi prese
Roma capitolando coi goti. Dipoi
Narsete vinse ancora Teja ultimo
re dei goti, e con esso ebbe fine
il loro regno in Italia. V. Roma,
ed Italia.
I visigoti, come abbiamo detto,
si avevano formato uno stato pos-
sente nella Gallia e nella Spagna.
Verso l'anno 412 Ataulfo re de' vi-
sigoti condusse la sua armata nel-
le Gallie, ed avendo passato il Ro-
dano, stabilitosi nella prima Nar-
bonese, regnarono in seguito a To-
losa i suoi successori. Da Enrico
soltanto però incomincia il regno
de' visigoti in questo paese. Quel
principe dopo grandi conquiste sui
romani nel 4?2> morì nel 4^4- A.-
larico suo successore fu ucciso in
Francia alla battaglia di Vouglé
nel 507 , vinta dal re de' franchi
GOT
Clodoveo T. Genserico proclamato
da un partito di goti, fu cacciato
in Africa nel 509. Teodorico re
degli ostrogoti regnò anche sui vi-
sigoti dal 5 1 1 , e morì nel 526.
Dopo di esso si assegna dagli sto-
rici il regno di Amalarico. Theu-
dia fu il primo a stabilire la sede
del suo impero nella Spagna^ e fu
pubblicamente assassinato a Barcel-
lona. Si sa che per vendicare l' in-
sulto fatto a suo figlio dal re Ro-
drigo, il conte Giuliano governato-
re di Ceuta chiamò i mori di
Africa nella Spagna, che vi giun-
sero con flotte considerabili, e scon-
fissero Rodrigo nel 712. Tali fu-
rono ad un dipresso le grandi ri-
voluzioni sostenute dai goti, sia col
loro primo nome di goti, che sot-
to quello di ostrogoti, e di visigo-
ti. Di questi se ne tratta ai rispet-
tivi articoli. Gli autori principali
che fecero menzione di questi po-
poli, sono Procopio, Giornande o
Jornandes, Cassiodoro, Olao Ma-
gno, Baronio, Cluverio, Sanson, e
moltissimi altri.
Quanto alla conversione de' goti
al cristianesimo, pare che i primi
lumi dell' evangelio li ricevessero
verso la metà del terzo secolo, nel
tempo che occupavano tutti i pae-
si situati al mezzodì del Danubio,
la Tracia e la Macedonia. Alcuni
sacerdoti ed altri cristiani , che i
goti nella Galazia e nella Cappa-
docia avevano fatto prigionieri, fe-
cero loro conoscere la religione di
Gesù Cristo. Il culto degli idoli
de' goti non era punto diverso da
quello de'danesi, svezzesi e norvegi,
popoli che secondo alcuni traevano
tutti la stessa origine. Le guari-
gioni che videro farsi dai detti sa-
cerdoti sopra i loro malati, richia-
marono l'attenzione de' goti sopra
GOT
la nuova dottrina che veniva loro
predicata, e molti domandarono il
battesimo. S. Basilio, rp. 338, p.33o,
dice che la sementa dell' evangelio
fu portata fra i goti della Cappa -
docia dal b. Eutichio , uomo di e-
minente virtù , il quale col potere
e coi doni dello Spirito Santo toc-
cò i cuori di queste barbare genti.
I goti in principio furono attacca-
tissimi al vangelo, e molti soffriro-
no il martirio per sostenere la ve-
rità della religione cristiana. Uno
dei loro vescovi per nome Teofi-
Jo , che alcuni dicono vescovo di
Gozia, assistette al concilio di Ni-
cea l'anno 325, e ne sottoscrisse
gli atti. Ulfila suo successore restò
ancora attaccato per qualche tem-
po alla fede cattolica ; fece un al-
fabeto pei goti, insegnò loro a scri-
vere, e tradusse per essi la Bibbia
in lingua gotica. Ma nel 367 Ul-
fila per fare la corte all'imperato-
re Valente, protettore degli ereti-
ci ariani, si lasciò sedurre nel con-
cilio di Costantinopoli da Eudossio
ed Acacio , abiurò la fede cattoli-
ca, ed abbracciò l'arianesimo, che
sparse fra i goti. Questo cambia-
mento però non si fece che a po-
co a poco : molti cattolici infatti
perseverarono nella fede di Nicea,
e soffrirono per essa il martirio.
S. Cirillo di Gerusalemme annove-
rava l'anno 343, Cai. 16, n. 22, i
sarmati ed i goti fra' cristiani che
avevano i vescovi, i preti, i mo-
naci, le vergini ed i martiri che
sono sempre stati onorati di un
pubblico culto nella chiesa greca e
latina Pelagio 11 romano, monaco
benedettino, figlio di Yinigildo go-
to, fu eletto Papa a' 3o novembre
578.
Il Rodotà, Dell'origine del rito
greca in Italia, tom. I, p. 88, di-
GOT 2gq
ce che i goti, sebbene ariani, non
presero alcuna parte nel regola-
mento delle cose ecclesiastiche , e
lasciarono vivere gli italiani nelle
proprie leggi. Quando i goti fece-
ro un' irruzione in Italia, passaro-
no le Alpi, si stabilirono nel4'«
nella Gallia Narbonese, e in Ispa-
gna vi portarono l'arianesimo, ed
il genio persecutore contro i cat-
tolici che fu la caratteristica degli
ariani. Questo popolo in allora a-
veva sicuramente una liturgia, ed
è probabile che fosse quella della
chiesa di Costantinopoli, a cagione
delle relazioni che i goti avevano
sempre conservato con quella chie-
sa; laonde si presume che conti-
nuarono essi a seguirla, tanto nel-
la Gallia Narbonese , quanto nella
Spagna, fino verso l'anno 589, e-
poca in cui rinunciarono essi al-
l' arianesimo, e ritornarono nel
grembo della Chiesa cattolica pel-
le cure del loro re Recaredo, e di
s. Leandro vescovo di Siviglia. E
fu non molto dopo quell'epoca «he
s. Leandro e s. Isidoro suo fratello
e successore occuparonsi del mes-
sale e del breviario per le chiese
di Spagna. Nell'anno 633 un con-
cilio di Toledo ordinò che am-
bedue fossero conformemente se-
guiti nella Spagna e nella Gallia
Narbonese. Nell'ottavo secolo que-
sto messale e questo breviario go-
tici furono chiamati DMMarabid. Il
p. Lebrun ha osservato che il BMt>
■ale gotico gallicano pubblicato dal
I li inasen e dal p. Mabilloo,
td uso dei goti dalla Gallia Nar>
bonese , e non gii» di quelli della
-■'1 1 : io 1 - 1 ( ra egli in
oso pnuia del alato OOOCÌlio To-
Ict.iiin. e credati che appartenga alla
fine del XII Nella »il » di
Alt u uidid |[ m legge . eh' ei 1 io
3oo GOT
uso nelle chiese di Spagna l' uffi-
cio divino, che, avendo l'origine dai
goti, gotico si appellava, e che seb-
bene composto da uomini santi, era
contaminato di gravi errori ; laon-
de il Papa lo vietò nel 1068, e fe-
ce introdurre nella Spagna il rito
de' divini uffizi della Chiesa roma-
na. Ciò meglio ottenne il successo-
re 6. Gregorio VII, restando solo
in sei parrocchie di Toledo per
memoria dell'antichità. Invasa la
Spagna dagli arabi saraceni, i cri-
stiani furono chiamati mistarabi ,
ed il rito musarabo o mozzara-
bico.
In processo di tempo si disse go-
tico quello che apparteneva ai go-
ti, massime una specie di scrittu-
ra, una sorta di architettura , ed
una legge. La scrittura gotica di-
cesi da alcuni scrittori non diffe-
rente sostanzialmente dalla romana,
ma guasta da molti angoli e da
molte tortuosità, principalmente in
principio ed in fine di alcune let-
tere prolungate. Goffredo da Viter-
bo pretende che siffatti caratteri
sieno stati inventati nel quarto se-
colo dal suddetto vescovo goto Ul-
fila , il quale se ne servì per tra-
durre nella sua lingua una parte
delle divine scritture. Veramente
l' ignoranza de' tempi fece sovente
appellare gotici i caratteri di altri
secoli e di altre nazioni, che nella
forma si scostavano dai romani , e
quindi nacque una confusione che
si propagò anche tra gli scrittori
bibliografi che trattarono di ma-
noscritti sino ai tempi nostri. Il
Buonarroti nelle sue Osservazioni
sui vasi antichi di vetro, a p. 1 1 o
parla dei goti antichi che scrive-
vano a rovescio di quello che fac-
ciamo noi, cioè dalla mano destra
verso la sinistra, ed aggiunge che
GOT
molte nazioni costumarono scrive-
re in tal guisa, come i caldei, gli
ebrei, i fenici, gli arabi, gli egizi,
gli etruschi ed i greci. Su questo
punto del carattere gotico si pos-
sono consultare gli articoli Bolla,
Dateria, Diploma, ed il Garampi
nelle sue Memorie ecclesiastiche ,
dissert. XI, sopra l'età de' caratte-
ri detti volgarmente gotici, prove-
nuti dall'alterazione della forma
delle lettere antiche romane, e ge-
neralmente stabilironsi dopo il XII
e XIII secolo, seguitando sino alla
metà del XV , in cui insieme col
gusto si ritornò a ripigliare, mas-
sime in Italia, l'antica forma del-
le lettere romane, già per l'addie-
tro abbandonata. Nelle opere del
Mabillon , dell' Eineccio , dell'ab-
bate Sotwicense, e di altri si vede
la forma di questi caratteri. Tro-
vansi usati tali caratteri anche in
monumenti del XIII secolo, ma
più universalmente in tutto il XIV
fino alla metà del XV, senza pe-
rò che la buona e pulita forma
degli antichi caratteri romani re-
stasse affatto perduta. Il Garampi
parla pure delle epigrafi in carat-
teri gotici scolpite nelle monete. AI
presente sono in voga le lettere go-
tiche, per le iniziali, per titoli ed
altro.
L'architettura gotica propriamen-
te detta, è stata con precisione de-
scritta da alcuni eruditi, benché da
molti autori de' passati secoli goti-
co si appellasse ciò che non era in
origine greco o romano. Quanto
all' architettura di stile e gusto go-
tico, anch'essa attualmente in mo-
da, noteremo che si sono in segui-
to distinte due architetture dette
gotiche, cioè l'antica e la moderna
con varie suddivisioni. Si dice che
1' antica architettura gotica sia quel-
GOT
la che i goti portarono seco loro
dal settentrione nel quinto secolo,
ciò che non può rigorosamente
ammettersi; dappoiché alcuni scrit-
tori opinano che que' popoli bar-
bari e selvaggi, e stupidi nello stu-
dio delle lettere , non portassero
seco loro alcuna delle arti belle ,
e neppure quella di costruire gli
edifizi. Si aggiunge che gli edilizi
costruiti nel gusto gotico antico,
erano rozzi, massicci e pesanti. Le
opere dell'architettura gotica mo-
derna sono più delicate, più svel-
te, più leggiere, e lavorate con un
ardimento che sorprende. Si distin-
sero le architetture gotiche in fio-
rite, in greche ed in tedesche, e
piuttosto che di gotica architettu-
ra gli edifizi fabbricati di questa
forma pare che possino derivare
dalla saracena, o meglio dalla nor-
manna architettura, come la pen-
sano alcuni intendenti. Del gotico
stile nelle arti, a' 1 2 marzo 1843
monsignor Carlo Gazola chiarissi-
mo letterato, scrisse una sensata
ed erudita lettera, all' altro chia-
rissimo letterato il principe d. Pie-
tro Odescalchi presidente dell'ac-
cademia archeologica di Roma.
Dichiarandosi il prelato contrario
a sì fatto stile in confronto di
quello nobile del Vignola, del Pal-
ladio, del Fontana, e di quella il-
lustre schiera d' ingegni che li pre-
cedettero o successero, encomiò il
professore Betti segretario perpetuo
della pontificia accademia romana
di s. Luca, per avere in una so-
lenne adunanza della medesima a
buon diritto fulminato parole di
maledizione contro lo stile gotico,
come pi 1 1 0 che fa parte di
coloro che 000 gloria sostengono
i classici studi in Italia. Qui «t 1
bella lettera fu inserita nell' Al-
GOT 3oi
bum di Roma, distribuzione 3 e 1.
Gotica finalmente fu detta la legge
stabilita dai visigoti, compilata sotto
Evarico pei goti, mentre il figlio A-
larico ordinò che si facesse per uso
de' suoi sudditi romani un com-
pendio del codice Teodosiano. La
legge gotica fu ancora corretta ed
aumentata, almeno nella Spagna,
mescolata con la legge romana. Pi-
gliandosi in complesso la legge go-
tica , viene lodata sopra quelle di
tutti gli altri barbari.
GOTOFREDO (s.) , vescovo di
Amiens. tacque nel territorio di
Soissons da una famiglia illustre e
virtuosa. Falco suo padre, rimasto
vedovo, prese l'abito monastico, ed
egli fu posto sotto la disciplina di
Gotofredo abbate di Monte s. Quiu-
tino, che lo aveva tenuto al sacro
fonte. La sua carità e la sua de-
vozione si palesarono fin da' suoi
più teneri anni ; crebbero con lui
le più belle virtù, e bene avanzos-
si nelle scienze ecclesiastiche. Giun-
to all'età di venticinque anni, fu
ordinato prete, e non andò guari
che gli fu affidato il reggimento
della badia di ÌNogent nella Sciam-
pagna , la quale sotto la sua con-
dotta divenne celebre per regola-
rità. Nel 1 io3 fu eletto vescovo di
Amiens, dignità che accettò con ri-
pugnanza a cagione della sua glan-
de umiltà, ma che esercitò da fe-
ro discepolo di Gesù Cristo. Ogni
giorno lavava i piedi a tredici po-
veri, e li serviva a tavola. Repres-
se vigorosamente gli abusi nel cle-
ro, e stabilì la riforma ini moni-
stero di s. Veleria lui lebbre
lenta lo arrestò in un vi iggio che
re alla volta di Reinis, per con-
ferire col suo metropolitano topra
materie importanti ; e mori agli S
di novembre nella badia di s. Criapj-
3oa GOT
no a Soissons , dove fu sepolto.
Egli è onorato nel detto giorno
nel martirologio romano.
GOTTI Vincenzo Lodovico, Car-
dinale. Vincenzo Lodovico Gotti
nacque da civili parenti iu Bolo-
gna a' 5 settembre 1664, per pa-
dre ebbe Giacomo , e per madre
Chiara Capardi. Tratto dall' esem-
pio de' suoi virtuosi genitori , fu
docile, modesto, e pio in guisa che
nel 1680 vestì l'abito di s. Do-
menico nel convento di sua patria.
Negli studi fece progressi così ra-
pidi, che i suoi superiori credette-
ro bene di mandarlo a studiare
teologia nel celebre convento di s.
Stefano di Salamanca nella Spa-
gna, dove la penetrazione ed ec-
cellenza del suo ingegno , gli me-
ritò 1' attenzione de' suoi precettori,
i quali lo scelsero a sostenere in
quella università l' atto grande di
tutta la teologia, incumbenza più
da professore che da studente , e
vi riuscì felicemente e con applau-
so ; quindi gli offrirono la cattedra
di quella provincia, ad oggetto di
avere tra loro un uomo il quale
grandi cose di sé prometteva pe'suoi
talenti, incarico però che fu da lui
modestamente ricusato. Tornato in
Italia , successivamente occupò i
primi posti dell'ordine, e vi si fe-
ce amare e rispettare. Clemente XI
lo destinò inquisitore generale di
Milano. Avrebbe egli voluto sot-
trarsi a questo grave ed inaspet-
tato impiego , per non lasciare i
suoi amati studi , e la quiete del
suo ritiro, ma gli convenne ubbi-
dire. In questo tempo scrisse la sua
opera De vera Christi Ecclesia ,
contro l'eretico Picennino ministro
calvinista nella Svizzera , che fu
stampata a Roma nel 1719,8 Mi-
lano nel 1734, ed in Bologna nel
GOT
1748. Vacata frattanto nell' uni-
versità di Bologna la cattedra di
teologia, fu a lui conferita, ed in
essa insegnò parecchi anni con gran-
de applauso del pubblico. Avendo
nel 17 17 ottenuto di poter rinun-
ziare l'inquisitorato, ottenne poscia
nella medesima università la cat-
tedra di teologia polemica ossia di
controversie, vacata per morte del
celebre p. Bacchini abbate cassine-
se . Essendo divenuto provinciale
del suo ordine , da questo nel ca-
pitolo generale del 1725 fu accla-
mato capo di tutto l' ordine , ma
egli rifiutandosi con fermezza , i
correligiosi furono costretti nomina-
re altro soggetto. Benedetto XIII,
già del medesimo ordine del Got-
ti, e suo amico , per la stima che
ne faceva, prima lo promosse a
patriarca titolare di Gerusalemme,
onde nel 1728 fu consagrato dal
cardinal Boncompagno arcivescovo
di Bologna, indi a' 3o aprile del
medesimo anno lo creò prete car-
dinale assente, e poi gli conferì in
titolo la chiesa di s. Pancrazio ,
donde poi lo passò a quella di s.
Sisto già sua titolare. Udita la
propria esaltazione, ripugnante vole-
va abbandonarsi alla fuga, ciò che
gli venne impedito, ed in seguito
fu ascritto a diverse congregazioni
cardinalizie. Va qui notato che il
cardinale ricevette l' avviso del car-
dinalato nella villa di Ronzano sub-
urbana di Bologna , allora pro-
prietà dei domenicani , cioè nel
luogo stesso ove ricevette altrettan-
to Benedetto XIII, già fr. Vincenzo
Maria Orsini domenicano, quando
gli fu notificato che Clemente X
nel 1672 lo avea creato cardinale.
Continuò nella dignità a menare
vita sobria ed austera , regolata
dalla religiosa perfezione. Celebra-
GOT
va quotidianamente la messa , se
non era impedito da interini tà, con-
fessandosi per lo meno tre volte
la settimana. La sua umiltà era
sincera , e talmente profonda , che
più d' una volta protestò che vo-
lentieri sarebbe ritornato alla quie-
te dell' antica sua cella. Non eravi
persona, per quanto fosse meschina,
eh' egli cou tutta facilità non am-
mettesse all' udienza , accogliendo
tutti con gran benignità, ascoltan-
doli con pazienza , e licenziandoli
con umanissimi modi, né vi fu mai
alcuno che da lui venisse male ac-
colto ; siccome padrone di sé stes-
so non si vide giammai impazien-
te , sdegnato od inquieto. Assiduo
nell'applicazione allo studio, in pri-
valo vestì sempre l'abito domeni-
cano , per cui sembrava un sem-
plice frate : aveva alto rispetto e
venerazione pel generale del suo
ordine; e se alcuno parlava delle
sue opere, l'invitava a tacere, -o
destramente interrompendolo ad al-
tro volgeva il ragionamento. Coi
famigliari tenne contegno da pa-
dre , guardandosi bene di riuscir
loro grave o molesto. La sua men-
sa era semplice e frugale, e quale
la prescrisse il concilio di Trento
a' cardinali e vescovi. 11 suo amore
pei poveri ebbe del singolare pel-
le copiose limosine che faceva an-
che quando avea scarse rendile pel
suo mantenimento. Oltre la citata
opera contro il Picennino , altre
molte ne scrisse, ed anche contro
gli atei, gì' idolatri, i giudei, i mao-
mettani, nelle quali segue il metodo
degli scolastici, e la dottrina tomi-
stica. Abbiamo perciò di lui, Tfieo-
logia scolastico- dogmatica } ec. ; Col-
loquia theologico- polemica _, ce ; De
tligenda in ter dissidente; christia-
nos scntcìuia. Mentre si occupava
GOT 3o3
a Roma di un commentario sulla
Genesi, ed era arrivato sino al
capitolo XXV, morì a' Ì7 settem-
bre 1742, d'anni settantotto, e fu
sepolto nella sua chiesa titolare di
s. Sisto, con semplice iscrizione,
che vivente da sé compose. I Pon-
tefici Clemente XI, Benedetto XII 1,
Clemente XII, e Benedetto XI \,
l'ebbero in glande stima, e dei
due ultimi concorse all'elezione;
anzi prolungandosi il conclave per
quella di Benedetto XI V Lain-
bertini , questi disse ai cardinali
che se volevano far Papa un san-
to e un dotto scegliessero il Gotti ,
ed ebbe perciò molti voli. Ama-
rono pure questo degno cardinale
A illorio Amadeo II, e Carlo Fm-
manuele re di Sardegna, e Maria
Clementina Sobieski regina d' In-
ghilterra , consultandolo in parec-
chie circostanze. Il p. Ricchiui scris-
se un bel commentario latino sul-
la vita di questo cardinale, De \-i-
ta el studiis, ec, che si leg^e nel
tom. XXVIII degli Opuscoli Calo-
geriani p. 353, e quindi fu tradotto
in italiano ed inserito nella par. IV
delle file degli arcadi Mastri: il
Guarnacci riporta 1' elenco delle sue
opere, nel t. II, p. 35o. Fu il
cardinal Gotti personaggio ornato
di tutte le cristiane virtù, ardentis-
sinio dello zelo dell' onore di Dio,
e della nostra santa religione, co-
me chiaramente lo dimostrò COU
l'uso che fece de' suoi talenti, im-
piegandoli nella difesa delle catto-
liche verità , e da una profonda
riverenza , che sempre ebbe per
quanto vi ha di sacro , unita ad
una tenera divozione ftttO la l'è i-
ta Vergine.
GO LT1FHEDO, Cardinale. Cot-
titi filo fu (la Innocenzo li ilei
ii3o creato prete cardinale del
3x>4 G0T
titolo di s. Giustina , ma non es-
sendovi mai stato titolo di questa
santa, probabilmente dovrà dire in
Vestina. Seguì questo cardinale per
alcun tempo il partito dell'antipa-
pa Anacleto II, ma ravvedutosi poi
del suo fallo, ritornò all'ubbidien-
za d' Innocenzo II, nel cui pontifi-
cato mori.
GOTTIFREDO d'Alatri, Car-
dinale. V. Goffredo.
GOTTOLANO ( b. ) Raimondo
Alberto, Cardinale. Raimondo Al-
berto Gottolano, nobile spagnuolo
de' conti di Rossiglione, nacque in
Barcellona per intercessione della
Beata Vergine , a cui dalla pietà
de' genitori fu offerto. Sino dai
primi anni diede saggio di consu-
mata virtù, indi fece mirabili pro-
gressi nelle scienze, ed ottenuta la
laurea in gius canonico , ricusò con
raro esempio splendide nozze pro-
postegli dai genitori. Si fece in ve-
ce religioso nell'ordine di s. Maria
della Mercede , dove in progresso
fu eletto ministro generale del me-
desimo , e governò per un decen-
nio. Per ben quattro -volte intra-
prese lungbi e disastrosi viaggi ,
ne' quali secondo il suo istituto ri-
scattò più di seicento schiavi, e
nella città di Granata convertì e
battezzò, non senza rischio della
sua vita, un moro filosofo insigne
e celebre astronomo. Nel tempo
in cui a cagione del suo officio
dovè trattenersi tra' saraceni diede
tal saggio di prudenza e di reli-
gione, che da que' barbari stessi
venne riguardato con ammirazione,
e trattato con sommo riguardo.
Ad istanza di Giacomo II re di
Aragona difese valorosamente nel
concistoro generale di Vienna la
memoria di Bonifacio Vili, e fu
spedito da quel principe ambascia-
GOT
tore al Papa ed al re di Napoli
Roberto, per sedare le discordie
insorte contro Federico re di Sici-
lia, a cagione di questo regno. In-
contrò Raimondo la grazia del
Pontefice, che gli accordò la bolla
per 1' erezione dì Saragozza in me-
tropoli. Restituitosi a Barcellona
dopo la sua legazione, trovò mor-
to Arnaldo di Rossiniol ultimo ge-
nerale de' cavalieri secolari dell' or-
dine della Mercede : tenutosi per-
tanto il capitolo in Valenza nel
1 3 17, coli' intervento di centono-
vanta elettori, centoquattordici fu-
rono favorevoli a Raimondo , che
come priore del convento di Bar-
cellona era presidente dell'adunan-
za. Giovanni XXII approvò tale
elezione , dichiarando di niun va-
lore quella di Berengario Hostale-
sio cavaliere laico, fatta da settanta
cavalieri secolari , che ritirati si
erano dal capitolo di Valenza, co-
me quella eh' era contraria alla
bolla di Clemente V , in vigore
della quale doveva eleggersi un
generale ecclesiastico. Dai re di
Francia ed Aragona venne eletto
giudice compromissario nelle diffe-
renze insorte tra di loro intorno ai
diritti sopra la città di Montpel-
lier, come fu mediatore per la pa-
ce tra' pisani ed aragonesi. Mosso
il Pontefice Giovanni XXII dalla
fama di tanto uomo, a' 20 dicem-
bre 1 33 1 Io creò cardinale, onore
che poco godè, mentre consumato
dalle fatiche e dalle austerità , e
aggravato dagli anni , morì della
preziosa morte de' giusti poco dopo
in Valenza, chiaro per virtù e mi-
racoli, che gli ottennero dagli scrit-
tori del suo ordine il titolo di
beato; e fu sepolto in una tomba
particolare e distinta, nella chiesa
di s. Maria del Poggio, non molto
GOU
distante da quella città , secondo
la sua testamentaria disposione, af-
fine di non essere lontano neppure
col corpo dalla B. Vergine, di cui
in vita era stato grandemente di-
voto. Scrissero di questo insigne
cardinale Silvestro Marulo nel Ma-
re oceano di tutte le religioni, Ste-
fano Coraera nella Vita del Li l>.
Maria Soccos, e Gian Jacopo \ i
nel suo f iridano } oltre i citati
scrittori.
GOLFFIER di BOISSY Adria-
no, Cardinale. Adriano Gouflier di
Boissy, francese, de'signori di Bon-
nivet, essendo fratello del maggior-
domo della famiglia reale, fu ar-
ricchito di molte e pingui abba-
zie, quindi nel i5io da Giulio
II venne fatto vescovo di Coutan-
ces , e quantunque fosse di po-
chissima letteratura , alle istanze
del re Francesco I praticate nel
congresso di Bologna con Leone
X, questi a' 14 dicembre 1 5 1 5 lo
creò prete cardinale del titolo di
Marcellino e Pietro, e legato a la-
tere in Francia, dove con soddi-
sfazione della santa Sede trattò
molti affari di rilevanza ; indi nel
i5ig lo stesso Leone X lo tra-
sferì alla metropolitana di Alby.
Mori nel i52 3 in Villedieu nella
diocesi di Tours , e fu sepol-
to nella chiesa dell' abbazia di
Bourgueil, a tenore della sua te-
stamentaria disposizione. Secondo il
Contelorio l'epoca della morte ven-
ne procrastinata almeno al 1
Riccardo Fiddes, teologo inglese
ed elegante scrittore, pubblicò la
vita di questo cardinale, e lo
so fece il Cavendisli. Il Marlene
a p. 1270 della raccolta degli an-
tichi monumenti , ha pubblicato
molte lettere scritte da multo OW-
dinaie.
voi. \\\\
GOV
GOVERNATORE, Gubcrnator,
rector, praeses, praefèclus, satrapi*
Quello che governa . e -.i dice piti
comunemente di chi custodisce
uomini o città. Cosi il Dizione
dilla lingua italiana, che aggiun-
gè: Governatore, ulliziale generale
posto dal principe al supremo co-
mando di una piazza di guerra.
In alcuni stati v' hanno anche i
governatori militari delle provinole.
e sono ufìiziali generali, che hanno
l'autorità sopra le truppe in 1
Provincie acquartierate. Governo si
dice anche per l'uflizio del gol
natore, come podesteria ed altri
simili uffici. ~Se\\' Onomasticum ro-
mannm del Felici , governatore ,
reggitore, e rettore, quegli che go-
verna o regge. Agli articoli Conte,
Duca, Marchese, Podestà', Preto-
re, ed altri, si tratta dell' 01 . _
e di quanto riguarda gli antichi
governatori di stati, provincie, cit-
tà e luoghi. Nello stato pontificio
i governatori sono: nelle legazioni
i cardinali legati, nelle delegazioni
i prelati delegati , e nelle città ed
altri luoghi i governatori pro-
priamente detti , al mudo che si
dichiarò all'ai ticolo Delegazioni r
Legazioni apostoliche, e pei «per-
ititi Feudi, a questi) articolo.
I patrimoni dell 1 >mti -
erano governati ed amministrati
nel XI secolo da un distinto am-
ministratore col nome di difenso-
re o rettore, che sole\ uno
de' primari 1 A Ih l I
romana. Incominciando il dominio
tcmpor.de di quatta e dei sommi
Poutclici ferao I anno -3o ad
pontificato di 1 '
['Anastasio e Pietra de M
servano che da I l ■ -
letto nel 77 1 1 Pontefici mi unen-
te eseicilaruuo m Konia la [
in
3o6 GOV
amministrazione nelle cose civili,
se qualche volta non erano impe-
diti dal furore delle ribellioni .
Quindi governarono le provincie
e le città per legati, rettori, vi-
cari e governatori. Dipoi Gregorio
X nel 1274, tra le leggi che e-
manò pel tempo della sede va-
cante, prescrisse che il governo
temporale di Roma, e di tutto lo
stato ecclesiastico si attribuisse al
sacro collegio de' cardinali dalla
morte del Papa sino alla elezione
del nuovo, e che dai medesimi
cardinali si confermassero i mini-
stri, governatori ec. , la quale au-
torità fu poscia limitata dai Pon-
tefici Pio IV, e Clemente XII. fi-
letto nel i4^4 Paolo II, proibì
rigorosamente ai legali, rettori, go-
vernatori e giudici delle provincie
e città della Chiesa di ricevere
donativi, onde meglio ed impar-
zialmente potessero amministrare
la giustizia; e fu il primo che
consegnò il governo delle fortezze
a prelati e a degni ecclesiastici, af-
finchè in ogni evento fossero più
fedeli. Appena nel i555 divenne
Pontefice Paolo IV , che in alcu-
ne provincie rimosse i cardinali
legati, ed in vece sostituì dei pre-
lati per governatori, con la qual
provvidenza alleggerì lo stato papa-
le da molti pesi ed assegni mag-
giori.
Il Lunadoro nella Relazione
della corte di Roma, ristampata
a Bracciano nel 1646, a p. 384
e seg. riporta la nota di tutti i
governi , podestà , e commissarii,
che dalla sacra congregazione di
consulta veunero concessi per pa-
tenti, ed a tempo, ed erano. Go-
verni del Ferrarese. Argenta, A-
riano, Bagnacavallo, Cento, Codi-
goro, Comacchio gov. , Comacchio
GOV
podestà, Cotignola, Crespino, Lugo,
Massa-Lombarda, Melara, Pieve di
Cento , s. Agata e Conselice ,
Trecento. Governi della Marca.
Amandola, Appigliano, Apiro, Bei-
forte, Cingoli, Morrò di Valle, O-
simo, Penna, Recanati, s. Elpidio,
Castel Fidardo, Caldarola, Cori-
naldo, Monte Alboddo, Montec-
chio, Monte Santo, Monte Novo,
Monte Vecchio, Monte Cassiano,
Monte Filottrano, Monte dell'Olmo,
Monte Marciano , Monte Fano,
Monte Giorgio, Monte Granaro,
Monte Lupone , Monte Melone,
Monte s. Martino , Monte s. Pie-
tro, Sarnano , San Ginnesio , San
Giusto, Serra de' Conti, Serra s.
Quirico, Staffalo, Tolentino, Urbi-
saglia , Nova Contrada. Governi
del presidiato di Montalto. Casti-
gnano, Fora, Monte Alto podestà,
Monte Rubbiano, Monteiìore, Mon-
te Elparo, Monte Gallo, Monte
Monaco, Monte Fortino, Monte
Roffoue, Offìda, Patrignano, Por-
cina, Ripa Transone, Rosella, Sali-
ta Vittoria. Governi del Patrimo-
nio. Acquapendente, Alciano, Ba-
gnorea, Bassano, Bieda, Bolsena,
Celleno, Civita Castellana, Corne-
to, Orte, Lugnano, Monte Fiascone,
Mugliano, Nepi, Orvieto podestà
per breve, s. Lorenzo, Su tri, To-
scanella, Trevinano, Vetralla. Go-
verni della provincia dell' Umbria.
Amelia, Arquata, Bastia, Bevagna,
Citerua, Città di Castello podestà,
Città della Pieve, Cerreto, Foli-
gno podestà, Gualdo, Labro, Mas-
sa, Monte Castello, Monte Falco,
Monte Leone, Nocera, Piede Lu-
co, Sasso Ferrato, Spoleto pode-
stà, Spello, Todi capo di giusti-
zia, Todi giudicato, Trevi, Visso,
Valsopina. Governi della Sabina.
Aspra, Calvi, Ciciguano, Cottane!-*
GOV
lo, Fianello, Labro, Monto Aso-
la , Monte Bono , Monte Leone,
Monte s. Giovanni, Otricoli, Roc-
cliette , Stroncone , Seandriglia ,
Tarano. Governi della Campagna
Marittima. Anagni, A latri, Rauco,
Benevento vescovo temporale, Ce-
prano, Filettino, Fiorentino, Fro-
sinone podestà, Fumone, Guarci-
no, Piperno, Ponte Corvo, Soz-
ze, Terracina, Torrice, e Veroli.
Governi nella provincia di Roma-
gna. Borghi, Castel JVovo, Castel
Rio, Cervia, Cesena podestà, Ci-
vitella , Coriano , Forlimpopoli ,
Gambettola , Linora , Lontano ,
Meldola, Mondaino, Monte Cugu-
ruzzo, Pian di Mileto, Polenta, Ro-
ndo, Ranchio, Roversano, Sant'Ar-
cangelo, San Mauro, Sarsina, Scor-
ticata, Savignano , Solarolo, Ver-
ruccliio.
Come ognuno vede non sono
compresi nei governi riportati a
detta epoca dal Lunadoro, i go-
verni dei feudi, ch'erano moltissi-
mi, e cessarono tranne nove nel
pontificato di Pio VII l'anno 1816,
i governi della legazione di Bolo-
gna, quelli governati dai legati e
prelati governatori; anzi è da av-
vertirsi che alcuni governi ripor-
tati dal Lunadoro, dipoi diven-
nero prelatizi, come si potrà vo-
lici e nel citato articolo Delega zio*
ni, ove si riporta lo stato dei go-
verni, cioè degli antichi governi, e
degli odierni col novero dei le-
gali e delegati, e quello dei di-
stretti con tutti i rispettivi gover-
ni secolari, e loro nomino 11 l'a-
risi nel toni. IV. p. 1 r> delle sue
TstnakuHij riporta la forinola del-
le nomino dei governatori 0 pie-
tori. Benedetto \l\ con la costi-
tuzione Ad popuhrum, data il pia-
mo aprile i-p. Bull. Maga, tom.
GOV 3o7
XVI, p. 280, volendo provvedere
al caso in cui i governatori dello
stato ecclesiastico morissero nell'e-
sercizio dei loro governi, stabili
che ai governatori prelati succe-
dessero per la loro morte i luo-
gotenenti, colla giurisdizione e co-
gli emolumenti del defunto, fino
all'elezione del nuovo; che al gover-
natore por breve, o per patente
succedessero interinalmente i pro-
curatori fiscali ; e che nelle lega-
zioni di Romagna e di Ferrara,
se il governatore non fosse prelato,
il cardinal legato vi sostituisse un
deputato ; nelle legazioni poi di Bolo-
gna e di Libino, vi facessero la de-
putazione quelli che hanno diritto di
eleggere i governatori. Nel ponti-
ficato di Clemente XIII essendo
insorta controversia sulla giurisdi-
zione ecclesiastica e laicale, tra i
governatori ed i vescovi, come di-
cemmo all'articolo Immunità eccle-
siastica (redi), pubblicò il Papa la
costituzione Praestat, con le nor-
me relative. In quanto agli an-
tichi governatori, podestà e magi-
strati governativi delle città 1
luoghi dello stato pontifìcio , ih
molti se ne parla a' loro articoli.
Nella Raccolta dille leggi e di-
sposizioni di pubblica amministra-
zione dello stalo pontificio -1 !
gono le istruzioni, regole, compe-
tenze, attribuzioni anche in male-
ria giudiziaria, autorità, giurisdi-
zione, facoltà, ed anche dipenden-
za dai superiori maggiori, dei -
mi 11 itori delle cittì e luoghi «lei
«Inumili della santa Sedi- , «dire
«pianto riguarda la deputazione
dei supplenti «le governatori. Sul-
l'abito poi dei governatori àt
pontificio, estendi n-
le a quello «lei giudici dei tribu-
nali di [Minia istai
3o8 GOV
stato pontificio , lo descrivemmo
all'articolo Giudice [Vedi).
Roma è governala dal Prelato
Governatore di Roma [Vedi) , il
quale nella dignità, giurisdizione e
prerogative è successo all' antico
Prefetto di Roma. Romolo primo
re di Roma elesse uno che sopra-
intendesse ai negozi urbani , e lo
chiamò prefetto della città. Questa
prefettura dopo lungo tempo giun-
se a tanto grado d'autorità, parti-
colarmente sotto i Cesari , che il
prefetto giudicava di qualunque de-
litto, e di qualunque condizione di
persone; e quando i Cesari erano
assenti dalla città, il prefetto come
un altro Cesare imperava , e sta-
tuiva e deliberava di tutti gli af-
fari della città , nel modo che il
prefetto comandava la guardia del-
l' imperatore , e ne' tempi de' me-
desimi Cesari sopraintendeva alla
disciplina militare, la cui autorità
fu poi ridotta a giudicare le cau-
se forensi; e quando incominciò a
perdere l'antico imperio e dominio,
perdette ancora il primiero nome.
Sotto i Pontefici nel secolo XII il
prefetto di Roma riacquistò non po-
ca dell'antica autorità , che conti-
nuò ad esercitare nel secolo XIII
ed anche nel seguente ; ma aven-
do i Pontefici ripristinato la loro
residenza in Roma , crearono un
nuovo magistrato in aiuto del car-
dinal camerlengo di s. Chiesa, cioè
il prelato governatore dell'alma cit-
tà, onde il prefetto di Roma rima-
se una carica di onore, e per ul-
timo Urbano Vili la conferì al ni-
pote d. Taddeo Barberini. Divenu-
ta la Città Leonina, detta volgar-
mente Borgo, l'abitazione ordinaria
de' Papi, siccome dimoranti nel pa-
lazzo vaticano, Giulio 111 con bre-
ve de' 22 febbraio i55o istituì il
GOV
Governatore di Borgo, con ampia
autorità civile e criminale fino a
sentenziare a morte, laonde la ca-
rica fu conferita per lo più ai lo-
ro nipoti , fratelli e parenti. Il ci-
tato Lunadoro parla a p. 81 del
governatore di Borgo, e dice che
era dichiarato dal Pontefice per bre-
ve , con duemila scudi l' anno di
provvisione; che questo governato-
re avea tribunale, con palazzo e
carcere nello stesso Borgo, ove ri-
siedevano un giudice , un fiscale ,
un capo notaro con parecchi scri-
vani , bargello con quindici birri ,
oltre gli alabardieri ; che ammini?
strava la giustizia per tutti i bor-
ghi della Città Leonina, e regione
della Lungara sino a porta Setti-
gnana, e che ogni settimana aveva
udienza dal Papa ,. dandogli conto
degli affari del suo tribunale. L'A-
mydeno, De pietate romana, a p.
221, cap. XI, discorre, De guber-
natore Urbis Leoninae , dicendo :
» Urbs Leonina vulgo nuncupata
Burgo , de qua hactenus saepius
meutionem fecimus ut est Tiberis
amne a reliqua urbe divisa, ita
proprium et separatum habet re-
ctorem amplissimus est magistra-
ta, et qui Pontificis consanguineis
ut plurimum solet deferri omnem
ili ic exercet jurisdictionem, ne cium
civili judicio sed criminali , habet-
que idem jus gladii in hac urbe,
ac in reliqua illius gubernator et
deputamus ad id judices, carceres,
satellites, actuarius, scribas". I go-
vernatori di Borgo talvolta erano
Generale di s. Chiesa, o Castellano
di Castel s. Angelo [Vedi): Fran-
cesco Borghese fu capitano genera-
le della guardia del Papa Paolo V
suo fratello, e governatore di Bor-
go. Ma di poi Clemente IX, consi-
derando le gravi dissensioni che
GOV
nascevano tra il tribunale del go-
mmatore di Borgo ed altri tribu-
nali di Roma per motivi giurisdi-
zionali, abofi il governatorato di
Borgo, ed attribuì la sua autorità
al prelato governatore di Pioma,
come vice-governatore di Borgo ,
col disposto della bolla In hoc pri-
mo , emanata il primo settembre
iG67,Bull. Rom. t. VI, par. VI, p.
184. Del governatore di Borgo se
ne tratta ancora in vari luoghi del
Dizionario, come ai voi. VI, p.à53,
1\, p. 268, e XIII, p. 0.5^.
Clemente IX nella detta disposi-
zione ordinò che in tempo della
sede vacante, siccome il conclave
si formava nel palazzo vaticano ,
la giurisdizione civile e criminale
dell' antico governatore di Borgo si
devolvesse al prelato governatore
del conclave. La custodia del con-
clave ebbe origine dopo che Gre-
gorio X sul regolamento di esso
stabilì un custode, che si chiamò
maresciallo del conclave, cospicuo
ulti/io che per molti secoli esercitò
la famiglia Savelli, dalla quale pas-
sò ai Chigi. Ciò non ostante si
trovano memorati altri custodi o
governatori de' conclavi, come ri-
portammo all'articolo Conclave ed
altrove. In quello per l'elezione di
Martino IV nel 1281, fu custode
Riccardo Annibaldi; m quello di
Benedetta \ll nel 1 334, fecero la
guardia il conte Monasi siniscalco
del re di Napoli, ed il conte Noail-
Ics maresciallo della corte roma-
na e governatore della contea \ c-
oaissina ; in quello di Urbano \ I
nel 1 37S , |a custodia fu data ti
modi» detto al \nl \l 1 1 , p. | ". 1
del Ihzumiii io-, in quello di alea*
sandro \ nel 1 (09, la custodia fu
affidata a Nalac i> Naillac mi
ni ie-tn) di Rodi , in quel] • <h
GOV 3og
Martino V nel 1 4 * 7 ne furono
guardiani l'imperatore Sigismondo,
Lodovico della Palò vescovo di s.
Giovanni di Moriana, e il gran
maestro di Rodi suddetto con altri
ventiquattro signori ; in quello di
ISicolò V nel i44?> lo dicemmo al
voi. XV , p. 282 ; in quello per
l'elezione d'Innocenzo Vili nel 1 4^4
i cardinali elessero per capitanodella
porta del palazzo vaticano il vesco-
vo di Cervia Achille Marescotti bo-
lognese ; in quello di Adriano VI
nel i52 2, fu eletto per governato-
re del palazzo apostolico il vescovo
di Spoleto Francesco Eroli di
Sfarai, con un capitano per aiuto;
in quello di Clemente VII nell'an-
no i523, n'ebbe la custodia il
gran maestro gerosolimitano Vil-
liers; in quello per Paolo III nel
i534, il sacro collegio elesse go-
vernatore del palazzo vaticano, ove
al solito si celebrò il conclave, coi
militi per la custodia , il vescovo
Teidonense Uberto Gambara poi
cardinale. Dipoi in quello di Giu-
lio III nel i55o, la custodia del
Vaticano e del conclave fu affidata
a Nicolò Orsini ; in quello di II n -
cello II e ili Paolo IV nel i555,
dai cardinali fu eletto governatore
del conclave 1 arcivescovo Annibale
Bozzoli poi cardinali', secondo il No-
waes. \vX. letti caeretn. del p, (lat-
tico si dice che per morte ili Pao-
lo IV nel 1 "» m) ni latto governa-
tore di Borgo il ve>covo di Terra*
dna, ch'era allora Ottavi
vera milanese; che per morte di
Pio IV nel 1 565 fi] LètlO - v.i-
ii itora di 1 I vescovo d' (aio-
là Francesco Adorno ì\a Città di I
stello; per quella di Gregorio \III
nel 1 >8 5 fu elette» Kovei oatoi <■ di
raor Lorenso Gbislic
n clic giuro
3 f o G O V
Nei conclavi per le elezioni di
Urbano VII e di Gregorio XIV
nell' anno i5o,o , fu governatore
Ottavio Bandini presidente della
Marca, col titolo di prefetto del con-
clave e della Città Leonina, indi
cardinale; in quelli d' Innocenzo
IX nel i5c)i, e di Clemente Vili
nel 1592, fu governatore monsi-
gnor Alfonso Visconti milanese ve-
scovo di Cervia , destinato nunzio
nella Spagna, poi cardinale : nel
Gattico il Visconti è chiamato le-
gatili Burgì, che fu eletto per se-
creti suffragi, e che giurò nelle ma-
ni del cardinal decano, come giu-
rarono monsignor arcivescovo di
Avignone vice-camerlengo, Dandi-
ni protónotario, e Bandini referen-
dario; in quello di Leone XI nel
i6o5, fu governatore monsignor O-
razio Spinola arcivescovo di Geno-
va, poi cardinale; in quello di Pao-
lo V nel i6o5, restò eletto gover-
natore monsignor Alessando Burgi
vescovo di Borgo s. Sepolcro ; in
quello di Gregorio XV divenne go-
vernatore monsignor Varese; in quel-
lo di Alessandro VII nel i655, fu
eletto governatore del conclave Gio.
Battista Brescia; in quello di Cle-
mente IX nel 1667, fu governato-
re monsignor Girolamo Casanata
segretario di propaganda, poi car-
dinale; in quello di Clemente X
nel 1670, fu prescelto a guberna-
tor Burgi et conclavis monsignor
Camillo Massimi patriarca di Ge-
rusalemme, poi cardinale ; in quel-
lo d'Innocenzo XI nel 1676, mon-
signor Domenico Maria Corsi chie-
rico di camera, venne fatto gover-
natore, poi cardinale: in quello di
Alessandro Vili nel 1689, fu fatto
governatore monsignor Girolamo
Cusani, zio del principe d. Livio
Odescalchi, ch'era nipote del Papa
GOV
defunto, essendo preferito colla plu-
ralità de' voti nella congregazione
de' cardinali a monsignor Lorenzo
Corsini, poi cardinale e Pontefice
Clemente XII; in quello d'Inno-
cenzo XII nel 1691 , venne eletto
governatore monsignor Paravicini
chierico di camera ; in quello d'In-
nocenzo XIII nel 1721 , fu gover-
natore monsignor Bartolomeo Ru-
spoli protónotario, poi cardinale;
iu quello di Benedetto XIII nel
1724» f" eletto governatore mon-
signor Maffeo Farsetti protónota-
rio apostolico veneziano, che ne' vo-
ti restò superiore a monsignor Ca-
soni proposto a tale uffizio; ed in
quello di Clemente XII nel 1730,
fu prescelto a governatore di Bor-
go e del conclave monsignor Gio.
Battista Alberti cremonese arcive-
scovo di Palmira. Ma Clemente XII
nel 1732 destinò in perpetuo go-
vernatore del conclave il prelato
Maggiordomo [Vedi), al quale ar-
ticolo parleremo di quelli che ne
disimpegnarono I' onorevole incari-
co, assoggettando anche in tempo
di conclave e sede vacante la giu-
risdizione della Città Leonina o Bor-
go, a monsignor governatore di Ro-
ma. Perciò primo maggiordomo go-
vernatore di conclave fu monsignor
Girolamo Colonna; e primo gover-
natore di Roma, che come vice-go-
vernatore di Borgo esercitò su que-
sto la giurisdizione in sede vacan-
te, fu monsignor Bondelmonte, cioè
nel 1740 in morte dello stesso Cle-
mente XII.
Il prelato governatore del con-
clave e di Borgo si eleggeva per
voti segreti dai cardinali, nella pri-
ma congregazione generale temila
in sede vacante, e di questo go-
vernatore ne parla il p. Gallico,
Ada caerem. p. 317. Pio IV nel
GOV
i "ili 2, con la bolla In eligendo,
dichiarò l'incarico del governatore
del conclave, e Clemente XII con
la bolla jiposlolalus , assegnò
mille scudi al mese al maggior-
domo governatore, con l'obbligo
d'imbandire ogni giorno la mensa
ai prelati ed altri custodi delle
ruote del Conclave {Vedi) de'qua-
li a quell'articolo si tratta. Ivi si
dice pure, che il governatore del
conclave e di Borgo, in seguo di
giurisdizione, faceva alzare in sede
vacante sulla piazza vaticana una
trave colla corda e le forche ; do-
ve nel Vaticano avea l'abitazione,
guardata dai propri alabardieri
con casacche paonazze; del giura-
mento che il maggiordomo go-
vernatore fa ai cardinali; del-
la chiusura che egli fa del con-
clave, e dell'apertura delle ruote,
OOV 3n
Je cui ci todisce; delle me-
daglie che la coniare, con le (piali
si ammettono le persone al concla-
ve, privilegio che godono anche al-
tri, incidendosi in esse: Pai. .1
sioli< i Praefecàu et conclavi» Cu-
bcrnator. Si dice ancora come il
maggiordomo governatore incontra
gli ambasciatori che si recano al
conclave ; e che appena eletto il
nuovo Papa, dopo l'apertura del
conclave, i primi a venerarlo fra
gli esterni sono il governatore del
conclave, ed il Maresciallo del con-
clave. In altri luoghi si è detto co-
me al governatore di Borgo e del
conclave , ne' funerali novendiali
che si celebrano nella basilica vati-
cana, in cappella siedeva alla testa
della prelatura, e per distinzione
alla distribuzione della cera riceve i
una torcia.
fim: del volume trigesimoprimo.
L 0 b U / o
/
BX 841 .M67 1840
SriCR
Norcini , Gaetano.
1802-1883.
Dizionario di erudizione
storico-ecclesiastica
AFK-9455 (awsk)