DIZIONARIO
DI EBUDIZIONE
STORICO-ECCLESIASTICA
DA S. PIETRO SINO Al NOSTRI GIORNI
SPECIALMENTE INTORNO
ÀI PRINCIPALI SAHTI, BEATI, MARTIRI, PADRI, AI SOMMI PONTEFICI, CARDINALI
E PIÙ CELEBRI SCRITTORI ECCLESIASTICI, AI VARII GRADI DELLA GERARCHIA
DELLA CHIESA CATTOLICA , ALLE CITTA PATRIARCALI , ARCIVESCOVILI E
VESCOVILI, AGLI SCISMI, ALLE ERESIE, AI CONCILII , ALLE FESTE PIÒ SOLENNI^
AI RITI, ALLE CEREMONIE SACRE, ALLE CAPPELLE PAPALI , CARDINALIZIE E
PRELATIZIE, AGLI ORDINI RELIGIOSI, MILITARI, EQUESTRI ED OSPITALIERI, NOI»
CHE ALLA CORTE E CURIA ROMANA ED ALLA FAMIGLIA PONTIFICIA, EC. EC. ECi
COMPILAZIONE
DEL CAVALIERE GAETANO MOROJNI ROMANO
SECONDO AIUTANTE DI CAMERA
DI SUA SANTITÀ PIO IX.
VOL XLIV. .
IN VENEZIA
DALLA TIPOGRAFIA EMILIANA
MD CGCXL VU.
•V A » »
DIZIONARIO
DI EBUDIZIOKE
STORICO-ECCLESIASTICA
m
MAU
M-
[AUfìlZIO e LAZZARO (ss.).
Ordine militare ed equestre, e sa-
cra religione. La primaria istituzio-
ne deli' ordine di s. Maurizio si
deve ad Amedeo Vili prima duca
di Savoia, il quale dopo essere sta-
to l'ammirazione di Europa per
giustizia e prudenza, infastidilo delle
cose mondane, e conosciute da lui
come ombra che passa e fumo che
svanisce tutte le grandezze umane,
rinunziò il governo de' suoi stati al
primogenito eoo titolo di luogote-
nente, e si ritirò a' i6 ottobre, o
a'7 novembre i434 nel romitaggio
di Ripaglia, presso Thonon ed il
lago di Ginevra, riservando a sé ed
ai consiglieri che seco condusse nel-
l'eremo, la soluzione delle più gra-
vi questioni di slato, tutti come lui
vedovi ed avanzati negli anni. Ivi
il duca appresso il monastero era-
si fatto edificare tante case, quanti
ei*ano i consiglieri, ove ciascuno vi-
veva in comode stanze co' suoi fa-
migli ; ed olire la chiesa dei mo-
MAU
nastero avea il duca nel suo palaz-
zo una cappella ed una libreria.
In questa solitudine, con sette si-
gnori primari, meglio altri dicono
cinque gentiluomini e consiglieri di
sua corte, istituì l'ordine dei romiti
di s. Maurizio, in onore del marti-
re di tal nome, protettore della na-
zione savoiarda, capitano e capo
della legione tebana, anch'essa mar-
tirizzata nel 286 presso Agauno e
Teruade sotto Massimiano, a 20
leghe circa dal lago di Ginevra, ed
a 6 o 7 dalla punta del lago Le-
mauo tra il Vallese, la Savoia ed
il cantone di Berna. Tuttora il
santo è in gran venerazione nel
Vallese, e da lui Ternade prese il
nome di s. Maurizio, in onore del
quale il re di Borgogna s. Sigis-
mondo eresse chiesa e monastero,
ove riposarono le reliquie di s.
Maurizio sino al iSgo, in cui la
pietà di Carlo Emmanuele duca di
Savoia ottenne la metà del sacro
corpo, insieme colla spada del san-
6 M A U
to, e le alloga con gran pompa
nella calledinle di Tonno, e ciò
per aver riportalo nel di della fe-
sta del santo, vittoria contro i berne-
si e ginevrini, fedi l'articolo Mau-
rizio (s.); Baldesano, L,a sacra
istoria di s. Maurizio della legione
Tebea e de' suoi valorosi campio-
ni, Torino i6o4; ed il p. d. Giu-
seppe de r Isle abbate benedettino
di s. Leopoldo di Nancy, nella sua
Difesa della verità del martirio del-
la legione Tebea, altrimenti di s.
Maurizio e compagni, Nancy 1741-
Gli istorici vogliono che l' abi-
to adottalo da Amedeo Vili fos-
se una specie di saione con suo
cappuccio color di cenere, aven-
te le maniche larghissime di cam-
mellotto rosso, ed una cintura di
oro, e sopravi un mantello colia
croce da un lato di taffetà bianco,
ornata di pometti alle estremità,
dicendo altri che egli sottopose l'or-
dine alla regola di s. Agostino.
Secondo altre notizie l' abito del
duca e de' cavalieri era di panno
grigio di Malines o di Rohan, e
cosi pure il cappuccio ; aveano
mantelli dello stesso colore, con
pellicce di martora zibellina il du-
ca, e con pellicce nere della Roma-
gna i cavalieri. Portavano lunghi
capelli e lunga barba, un basto-
iie ricurvo in mano, ed una croce
(d'oro appesa al collo, ed era la cro-
ce trifogliata di s. Maurizio. Del
resto facevano vita romita, ed ogni
giorno davano ricovero ed elemosi-
na a tredici poveri. Il duca ebbe
per fine nel!' istituire l' ordine dei
romiti di s. Maurizio, di scegliere
tra i ministri più consumati nei
maneggi di stato, che niuno impe-
dimento ritenesse nel secoloj una
Religiosa milizia, che mentre servi-
'fti a pio nella soliludipe, servisse
MAU
al principe, non con opere di P!<er-
cizio attivo, ma coi consigli di sua
matura esperienza. Alcurn anni do-
po i padri del conciliabolo di Ba-
silea, contro Eugenio IV, a' 5 no-
vembre i439> ^val\\ dalla fama di
sue virtù e di sua gran mente, e-
lessero antipapa Amedeo Vili, che
accettando per obbedienza prese il
nome di Felice F {Vedi), quando
ripugnante diede il suo assenso in
Ripaglia a' aS dicembre, indi si
portò a Thonon capitale del Chia-
blese. Dipoi conosciuto l'errore, ve-
dendosi da pochi riconosciuto, e per
amor della pace della Chiesa, ri-
nunziò a' 9 aprile i449 l' antipon-
tificato, e Nicolò V in premio ap-
provò le cose da lui fatte, e lo di-
chiarò cardinal vescovo e decano del
sacro collegio, e legato a late.re con
diverse distinte prerogative. Mori
santamente a' 7 gennaio i45i, nel
convento de' domenicani in Gine-
vra, e fu sepolto in mezzo al coro
di Ripaglia, da dove fu trasferito
nella cattedrale di Losanna, sebbe-
ne alcuni scrissero a Torino, ove
realmente più tardi venne trasporta-
\.o, essendo collocate le sue ossa nella
cappella del ss. Sudario, 'in cui la
munificenza del re Carlo Alberto
gli ha eretto un magnifico monu-
mento. La sua tomba di Ripaglia
venne distrutta dai bernesi iu una
invasione del Chiablese : ivi è fa-
ma che Dio illustrasse il sepolcro
con molti miracoli.
Il p. Bouatini nel Catalogo degli
ordini militari p. 78, nel riportare la
figura del cavaliere de'ss. Maurizio e
Lazzaro, narra che alcuni fanno in-
cominciar l'ordine dopo che Amedeo
Vili rinunziò all'antiponlificato, e si
ritirò nel monastero di s. Maurizio
sul Rodano nel borgo di Agauno,
con diversi nobih . Si vuole inoltre,
MAU
che questo ordine altro propriamente
non fosse, che una compagnia di
laici investiti di certi privilegi ed
onori, ed obbligati a certi doveri
comuni, piuttosto che una specie di
milizia da combattere contro gl'in-
fedeli; e siccome Amedeo Vili ab-
bandonò la solitudine divenuto Fe-
lice V, lo seguirono i cavalieri di
8. Maurizio, uè pare che la mili-
zia si continuasse, per cui viene
riguardato come vero istitutore del-
l'ordine di s. Maurizio, Emma-
nuele Filiberto duca di Savoia, il
tjuale volle fondarlo o ripristinarlo
affine di esercitare 1' ospitalità, di
purgare i mari dai pirati, combatte-
re gl'infedeli, e di opporlo eziandio
ai luterani e calvinisti, che a' suoi
tempi minacciavano di trarre in
pericolo le cose della fede cattolica
in Italia, con altre leggi e con altro
fine, ed ancora per avere una mi-
lizia nobile, onorata ed eletta, che
non solo per obbligo di suddita, ma
per voto di religione gli fosse di-
vola, ed a cui potesse distribuire
ricompense, senza troppa spesa del-
l'erario. Gregorio XIII a preghie-
ra di monsignor Vincenzo Parpaglia
abbate di- Solutore e ambasciatore
in Roma di tal duca, confermò l'or-
dine de' cavalieri di s. Maurizio,
colla bolla Christiani populi, de' i6
settembre «572, Bull. Rom. t. IV,
par. Ili, p. 2 36, nella quale non
fece parola del suo primitivo fon-
datore per essere stato antipapa,
bensì lo dichiarò nuovamente isti-
tuito, forse già interamente estinto,
come a detto anno osserva lo Spon-
dan(», o che l'ordine ideato da A-
medeo Vili fosse solo a favore dei
selle cortigiani che lo avevano se-
guilo in Ripaglia, o a! piìi per la
sola Savoia, e non per tutte le na-
zioni, come lo permise Gregorio
MAU 7
XIIT, ma colla condizione che la
sede principale fosse nel dominio di
Savoia, con facoltà di ammettervi i
nobili o per preclara virtù famosi in
qualsivoglia parte del mondo, e di
fondar priorati e commende.
Passati due mesi, il duca Emma-
nuele Filiberto supplicò il medesimo
Pontefice ad unire all' ordine di s,
Maurizio quello gerosolimitano ed
equestre di s. Lazzaro [Vedi), ciò
che effettuò Gregorio XUI col con-
senso del gran maestro di s. Lazzaro
Giannotto Castiglioni, dopo la morte
del quale, colla bolla Pro commissa,
de'i3 novembre i572,loc. cit. p. 289,
stabilì l'ordine militare e religioso,
dichiarando il duca di Savoia ed i
suoi successori perpetui gran maestri
dei due ordini e cavalieri riuniti. Tra
le condizioni prescritte nella conces-
sione di Gregorio XIII al nuovo
ordine, vi furono quelle di osserva-
re la regola di s. Benedetto della
congregazione Cislerciense [Vedi);
che il duca assegnasse all'ordine
un fondo di quindicimila scudi di
rendita sopra i suoi dominii; di com-
battere i nemici della Stàe aposto-
lica, e di tener pronte due galere
ad ogni richiesta dei Papi ; ma do-
po la riunione dell'ordine, a peti-
zione fu posto invece sotto la re-
gola di fi. Agostino [Vedi), ch'era
piu'e quella sotto cui viveano i ca-
valieri romiti di Amedeo Vili. Nel
seguente gennaio Gregorio XI II
mandò con un l>i'eve de' i5 gen-
naio a portar l' abito e la croce
dell'ordine riunito de' ss. Maurizio
e Lazzaro al gran maestro Emma-
nuele Filiberto, il nipote di s. Pio
V, Michele Bonelli, stabilendo che
il primo titolo fosse milizia di s.
Maurizio, e che si dasse il primo
luogo nella croce a quella verde di
s. Lazzaro biforcata, servendo di
B MAU
niggio la bianca e trifogliata di s,
Maurizio, quali secondo l'arte do-
veano avere contraria disposizione.
Commise al duca e gran maestri
successori portarne le insegne, ed ai
cavalieri ai quali giudicheranno di-
spensarla a lode di Dio, a propaga-
zione della fede cattolica, e ad esal-
tazione della santa Sede. L'ordine
di s. Lazzaro istituito al tempo di
Benedetto IX o almeno a quello
della prima crociata in Gerusalem-
me, fuori di quella città ebbe chie-
sa ed ospedale de' lebbrosi (di sif-
fatti ospedali parlammo all' artico-
lo Lazzaretto ), poi i cavalieri
combattevano ad un tempo i sara-
ceni, ed assistevano i lebbrosi ; ed
ebbero cappellani, frati servienti, e
laici a guisa di terziari. Si propa-
gò l'ordine in Francia, Inghilterra,
Sicilia, ed altri luoghi, per tutto pro-
letto e beneficato dai sovrani, in pre-
mio de'pietosi ospizi, lazzaretti e leb-
broserie da esso istituite, oltre i dona-
tivi e privilegi ch'ebbe sin dall'ori-
gine dai re di Gerusalemme e princi-
pi di Palestina e Siria per le sue be-
nemerenze, avendo la regina Meli-
senda fondato un monastero di mona-
che in Betania, patria di s. Lazzaro
risuscitato, patrono di questi religio-
si e militari, benché altri crederono
fosse sfato quel Lazzaro mendico e
pieno di piaghe, che aspettava inu-
tilmente la limosina alla porla del
ricco Epulone, e che fu dopo morto
portato nel seno di Abramo. Tra gli
altri privilegi fu attribuito all'ordi-
ne quello di occupar i beni de'leb-
brosi, che non rattenuto fra' limili
ragionevoli, fu principal causa del-
le tempeste su.scitate confro all' or-
dine, ed in fine del suo decadi-
mento , poiché i cavalieri appena
adocchiavano un uomo ricco con
qualche macchia o pustola sul viso,
MAU
lo giudicavano infetto di lebbra,
o transigevano con esso per annuo
censo perpetuo; ciò produsse cla-
mori, risse e scandali.
All'ordine di s.Lazzaroconfermaro-
no le donazioni e privilegi, e ne con-
cessero molti con indulgenze, immu-
nità ed esenzioni chericali, siccome
considerato per vera religione, i Pon-
tefici Benedetto IX, Urbano 11, Pa-
squale 1 1, Gregorio I X, A lessandro 1 V,
e massime Clemente IV, che comandò
fossero consegnati ai cavalieri tutti
i lebbrosi coi loro beni. Di poi
Giovanni XXII nel i3i8 esentò
l'ordine dalla giurisdizione de' ve-
scovi, dichiarandolo soggetto imme-
diatamente alla santa Sede, ciò che
confermò Nicolò V ed altri Papi.
Sisto IV riunì l'ordine al Geroso-
limitano (f^edi), lo che meglio fece
Innocenzo Vili ; ma i cavalieri ri-
pugnando all' unione, dopo il con-
cilio di Trento ottennero da Pio
IV la separazione. Egli ne fu be-
neficentissimo restauratore, e di-
chiarò che lo scopo dell' ordine di
s. Lazzaro era servire i lebbrosi e
combattere gì' infedeli e gli eretici.
Tanto fu largo nelle amplissime
grazie che gli accordò, che s. Pio
V ne temperò e restrinse i limiti,
dichiarando che i cavalieri erano
tenuti a combattere qualunque ne-
rnico o ribelle della santa Sede o-
gni qual volta ne fosse ricercato :
r elezione del gran maestro venne
confermata a' cavalieri sotto la ri-
serva dell' approvazione pontificia,
colla condizione che l' ordine aves-
se sede fissa, e vi risiedesse il gran
maestro, che essendo allora Gian-
notto Castiglionij questi mutò la
croce verde piena di s. Lazzaro
in croce biforcata a otto punte deilq
stesso colore, e statuì che ninno
potesse portar la croce nuova a
M A U M A U 9
mano manca, meno che non prò- <line i benefizi di ventisei cliiese po-
vasse quattro quarti di nobiltà, ste in Piemonte, in Savoia e nella
Quindi a' i3 gennaio iSyi tal contea di Nizza, erigendoli in com-
gran maestro, vedendo che l'ordine mende. Dopo che Emmanuele Fi-
asca bisogno di potente mano per liberto avea ottenuto la riunione
sostenerlo, si portò in Vercelli e dell' ordine di s. Lazzaro a quella
ne fece spontanea rinuncia al duca di s. Maurizio, fece aprire qualche
Emmanuele Filiberto, e poco dopo trattativa col gran maestro Salviati,
ivi mori ; laonde 1' unione con gran maestro dell'ordine di s. Laz-
quello di s. Maurizio, trattata con s. zaro in Francia, onde s'inducesse
Pio V, l'effettuò come abbiamo detto a fargliene la cessione ; ciò non eb-
Gregorio XIII, il quale dichiarò che be ellètto, e poi il gran maestro di
l'unione s'intenda egualmente dalle Francia, Filiberto di Nerestang o
due parli principali, facoltizzando Nerretano, ottenne in Roma da
il gran maestro Emmanuele Fili- Paolo V una riforma dell'ordine
berto a pigliar pos.sesso di tutto ciò con nuove insegne, nuovo titolo està-
che apparteneva all'ordine di s. luto, riunendolo in vece a quello di
Lazzaro, tranne le chiese unil«i ad s. Maria del Carmine. Di tutto par-
altre, ed i beni esistenti nella Spa- lairimo a Carmelo e al citato ar-
gna ; e che 1' ordine come milita- ticolo s. Lazzaro. Veggasi Sibert,
re ed ospitaliere, avesse l' obbligo Histoire des ordre.t rnyaux hospila-
di ricoverare e curare i lebbrosi. lìers mililaires de Notre-Dame du
Il duca dopo la riunione de'due Mont-Carmel, et s, Lazare de /e-
ordini, tenne in Nizza un capitolo di vusalem, Paris 1772.
lutti i cavalieri de' ss. Mainizio e Nel 1619 CarloEmmanuele I du-
Lazzaro, fondò per essi due case ca di Savoia, secondo gran maestro
conventuali con ospedali, una in Nizza dell'ordine^ volendo che la croce di
pel servizio di maie, l'altra in To- s. Maurizio prevalesse a quella di s.
rino pel servizio di terra, per Io che Lazzaro, e riducendola a minor di-
divennero le case principali del- mensione, stabilì che la croce di
l'ordine, con l'osservanza della vita decorazione da portarsi dai cavalle»
comune, e diede loro la detta regola ri fosse bianca, avente all' estremi-
monastica. In osservanza di questa, tà alcuni pometti, con liste agli
i cavalieri de' ss. Maurizio e Laz/a- orli di color verde, per alludere
ro, secondo il decretato da Grego- così all' oi dine annesso di s. Lazza-
rio XIll, sono obbligali ai voti di ro ; la croce allora si portava in
povertà, obbedienza e castità coniu- seta, cucita sopra l'abito, ma col
gale; inoltre devono combattere per tempo si usò portarla solamente a
la fede cattolica, quando il bisogno smalto su oro. I cavalieri però non
lo richiedesse, e non possono preu- si diedero troppo pensiero di ese-
dere che una moglie e vergine. Cle- guire tale decreto, per cui la du-
mente Vili nel iGo3 concesse a chessa Cristina di Francia, vedova
questi cavalieri nuovamente la fa- di Vittorio Amedeo I, e tutrice di
colta di possedere benefizi ecclesia- Car)o Emmanuele li suo figliOj
stici, ed anche pensioni tratte dai be- noii solo li costrinse ad uniformar-
nefizi, sino alla somma di scudi (jiiat- visi, ma comandò ancora, che la
trocento ; indi nel iGo4 «ini ali'ur- q'Qcp fosse qnifortne di una certa
IO ]\T A U
assegnala grandezza, proibendo ai
ciiierioi e cappellani religiosi del-
l'ordine il portarla d'oro snjaltato
in bianco, come la usavano i cava-
lieri laici, volendo che l'avessero
di lana bianca e verde, cucita sui
loro mantelli, e non in petto, ove so-
levano tenerla questi ultimi, pendente
da uìì nastro di seta verde, a riserva
de' preti che fossero cavalieri di giu-
stizia. Aveva Carlo Emmanuele 1 e-
rctto in Thonon la santa casa di
Wostra Signora di Compassione, che
fu insieme collegio e missione, per-
chè i sacerdoti ammaestrassero la
gioventù nella pietà e negli studi,
e combattessero le false dottrine
de'settari; indi ne alììdò la direzio-
ne ai cavalieri de' ss. Maurizio e
Lazzaro, entrando ciò nel fine della
sacra milizia : questo istituto ebbe
a prefetti s. Francesco di Sales
ed il celebre cardinal Gerdil. Dipoi
alla santa casa di Thonon la du-
chessa reggente Maria Giovanna
Battista, vi apri un rifugio ai con-
vcrtiti delle valli di Lucerna e di
Angrogna , e deputò a vegliarvi il
grande ospitaliere ed il grande
conservatore dell'ordine. Nel 1729
il re Vittorio Amedeo li concesse
a questo la basilica di s. Paolo
in Torino , degna dello splendore
della sacra milizia; la qual basili-
ca magistrale, ricca già di colonne
di marmo e pitture, fu da ultimo
decorata di nobile facciata in pie-
tra, non che restaurata la sua cu-
pola ardita e svelta.
Nel riunire Gregorio XIII i due
ordini de' ss. Maurizio e Lazzaro,
gli confermò la facoltà da Pio IV
concessa al secondo, cioè di conver-
tire in commenda i benefizi sem-
plici e di giuspatronalo nel Piemon-
te ; ma riuscendo malagevole que-
sta conversione , per la difllcoltà
MAU
di rintracciare i diritti di ciascun
benefizio , Benedetto XIV mosso
dalle istanze del re di Sardegna,
duca di Savoia Carlo Emmanue-
le HI, colla costituzione Fructuosa
inilitarium, de' 1 3 agosto 1 744 >
presso il Bull. Maga. l. XVI, p.
218, permise clie dal nunzio della
santa Sede in Torino, insieme con
quell'arcivescovo e col vescovo nel-
la cui diocesi esiste il beneficio,
senza ricorrere a Roma si esami-
nassero i diritti di quelli che si
dovevano convertire in commende.
Piacque molto al re questa conces-
sione, e per dimostrare eziandio la
gratitudine e la stima che avea
per Benedetto XIV , sul fine del
1757 conferì la croce de' ss. Mau-
rizio e Lazzaro a d. Giovanni Lam-
beitini pi-onipote del Papa, con una
commenda esistente in Civitaveq-
chia, della quale inoltre accordò il
padronato alla casa Lambertini,
creando d. Giovanni grancroce del-
l'ordine e perpetuo gran priore di
esso in Roma, con pensione annua
di scudi duemila dal tesoro del-
l'ordine, e con croce di brillanti
del valore di scudi seimila. Quin-
di il re pregò- Benedetto XIV a
dare l'abito e la croce dell'ordine
al pronipote, ciò che eseguì solenne-
mente nel dì dell'Epifania, con quelle
cerimonie che si leggono nel n. " 632 i
del Diario di Roma 1758. Nel
I7?8 fu ceduto all'ordine dal re-
gio demanio e dalla mensa vesco-
vile d'Iglesias, l'utile dominio della
penisola di s. Antioco, allora incol-
ta e deserta ; onde per le cure dei
cavalieri sursero i villaggi di s. An-
tioco e di Calasetta, e la fornì di
abitatori, che giung(mo a piìi di
3ooo, e di messi, non che di par-
rocchie. Tornandosi a parlare di
lebbrosi, il re \'itlorio Amedeo HI
MAU
nel 1773 colle rendite della prevo-
sluia del gran s. Bernardo, fece
aprire un nuovo ospedale in Ao-
sta, collocandovi lebbrosi ed altri
intermi di morbo appiccaticcio. Di-
poi il re Vittorio Amedeo III per
mezzo del suo ministro in Roma
conte di Valperga, rimise a monsi-
gnor Braschi poi cardinale, nipote
di Pio VI, l'abito e lii croce del-
l'ordine in brillanti, con commenda
di scudi 2200. Il Papa fece la
ftmzione dell'imposizione dell'abi-
to e croce alla presenza de' cardi-
nali palatini e nazionali, del mini-
stro e de'cavalieri dell'ordine, come
riportano i numeri i o54 e io58
del Diario di Roma di detto an-
no. Nel voi. VI del Dizionario a
p. 99 facemmo menzione del con-
ferimento del medesimo ordine fat-
to da Pio VI all'altro ni[)ote d.
Luigi. Il re di Sardegna Vittorio
Emmanuele nel i8oq concesse al-
l'ordine Mauriziano la chiesa di s.
Croce di Cagliari, già della com-
pagnia di Gesù, dichiarandola ba-
silica magistrale. Dopo l'occupazio-
ne francese l'ordine dei ss. Maurizio
e Lazzaro fu couìpreso nel naufra-
gio di tutte le antiche istituzioni ;
ma nell'isola di Sardegna ove la
monarchia Sabauda erasi riparata,
l'ordine continuò a fiorire senza in-
terruzione. Dopo la lestaurazioiie,
il re Vittorio Emmanuele promul-
gò le leggi e gli statuti dell'ordine
prima inediti e sparsi, e li divise
in tre libri. Quattro sono al pre-
sente gli ospedali dell'ordine: lo spe-
dale maggiore di Torino, degno di
quella capitale, di Aosta, di Valen-
za e di Lanzo.
Ad aggiungere novello fregio a que-
sto nobilissimo ed illustre ordine e
per le lettere patenti del regnante re
Carlo Alberto, de'9 dicembre i83i,
MAU M
fu diviso in tre classi, onde l'ordi-
ne attualmente si compone di ca-
valieri, di commendatori e di gran
croci. I cavalieri sono divisi in ca-
valieri di giustizia ed in cavalieri
di grazia ; il numero de'commen-
datori è fissato a 5o , quello dei
gran croci a So, non compresi i
principi ed i cavalieri dell'ordine
dell'Annunziata. JN'on entrano ezian-
dio a far parte del numero dei
cavalieri gran croce e de' commen-
datori fissato, i personaggi stranieri
che venissero onorati di tali inse-
gne, né gli ecclesiastici che otten-
gono tal nobile fregio. I commen-
datori portano la croce al collo*
quando hanno la piccola divisa,
dall'occhiello dell'abito si distinguo-
no per la croce sormontata da co-
rona reale. I cavalieri gran croce
portano la decorazione sormontata
da una corona e pendente da una
fascia o ciarpa ad armacollo : gli
ecclesiastici ed i magistrati quando
sono in toga la portano appesa al
collo da ciarpa di eguale larghezza;
portano inoltre gli uni e gli altri
dal lato sinistro del petto una stel-
la a raggi d'argento colla croce in
mezzo. Nel i838 fu permesso ai
cavalieri gran croce di portare,
quando sono in forma privata ,
una catenella a piccole piastre qua-
drate alternale d'oro colla cifra di
S. M. , e di smalto verde, colla
piccola croce coronata pendente dal-
la medesima, oltre alla tracolla sul-
la sottoveste già permessa nel i832.
A tutte queste magnanime provvi-
denze del pio regnante gran mae-
stro e re Carlo Alberto, aggiunge-
remo le seguenti, perchè lungo sa-
rebbe il dire di tutte.
Nel 1837 per splendore dell'ordi-
ne stabilì un abito uniforme di fog-
gia militare per gli ascritti alla mili-
IO. MAU
zia equestre. Il colore è verde scuro
colle ripiegature bianche e con ri-
cami d' oro, e maggiori l'icaoii ai
cavalieri gran croce. Non tutti pe-
rò i decorati possono usare questa
divisa, occorrendo speciale auto-
rizzazione sovrana. Le due prime
classi sono ammesse a corte. La
terza de'semplici cavalieri, ch'è in-
determinata, vi è ammessa quando
il decorato ottiene il privilegio del-
l'abito uniforme, ovvero è in ca-
rica eguale a quella di senatore o
d'intendente generale, od è avvoca-
to patrimoniale generale o con-
trollore generale dell'ordine, o socio
della reale accademia delle scienze.
Sono pure ammessi a corte gli ec-
clesiastici cavalieri dell'ordine prov-
veduti d' abbazie di regia nomina.
Finalmente a'2 maggio i838 il re
adattò le distinzioni del manto del-
l'urdine alla nuova sua divisione
delle medesime tre classi. Secondo
quel provvedimento, il manto del
gran maestro è di velluto cremesi-
nOj colla ripiegatura di listone di
argento ricamata a oro; quello dei
principi reali di raso, colla ripie-
gatura di listone di argento e con
minore ricamo; gli altri sono di
taffettà colle ripiegature e con al-
cune graduate differenze: tutti u-
sano berrette di velluto nero con
penne bianco-verdi, le quali non
le portano i cavalieri. I grandi del-
l'ortline furono ridotti a cinque,
essendosi soppresse le cariche di
grande ammiraglio e di gran ma-
resciallo ; laonde le primarie digni-
tà dell'ordine sono il gran priore,
il grande ospitaliere, il gran con-
servatore, il gran cancelliere, ed il
gran tesoriere. Il regno relativamen-»
te all'ordine è diviso in nove pro-
vincie. Le annue pensioni stabilite
per l'ordine ascciidouo a 200,000
MAU
lire. L' obbligo dei voti e della
professione solenne è pei soli ca-
valieri di giustizia , o per quei di
grazia che conseguissero pensioni
o commende dell' ordine. Allorchà
un cavaliere viene ricevuto nell'or-
dine, nell'atto di fare la sua pro-
fessione, deve promettere fedeltà ai
duchi di Savoia re di Sardegna,
generali gran maestri, d' indossar
l'abito e portare la croce, d'inter-
venire ad ogni capitolo che si ce-
lebrasse, di recitare ogni giorno il
salterio davidico abbreviato, in ono-
re di Gesù Cristo, della Beata Ver-
gine e de'ss. Maurizio e Lazzaro;
digiunare nei venerdì o sabbati del-
l'anno, mantenere la castità coniu-
gale, usar carità e ospitalità coi po-
veri, specialmente lebbrosi, se ve ne
sono, ed osservare gli statuti dell'or-
dine, soprattutto non distraendo i
beni delle commende, non dando-
li a fìtto lungo o in enfìteusì, sen-
za il consenso del gran maestro.
La funzione di dar 1' abito e la
croce della sacra religione de' ss.
Maurizio e Lazzaro, si fa da uno
de'gran croci del medesimo ordine,
o da altri delegati dal re gran mae-
stro generale della religione , nella
forma seguente, quale si legge nel
Ceremonìale da osservarsi nel dar
Valilo e croce della sacra religione
e ordine militare de'ss. Maurizio e
Lazzaro, che si conferirà dai gran
croce o delegati da sua Maestà il
re di Sardegna ec. gran maestro
generale dell'ordine. Torino 1814.
11 posteriore cerimoniale di poco è
diverso.
Il promotore vestito del manto
dell' ordine, preceduto dal maestro
di cerimonie, che sarà un prete or-
nato di cotta, condurrà seco dalla
sagrestia il postulante avanti all' al-
l' altaje a cui dovrassi celebrare la
MAU
snnta messa. Quivi ambedue, cioè il
promotore e il postulante, s^ ingi-
nocchieranno sopra i cuscini a tal
fine preparati, e il maestro di ce-
rimonie inginocchierassi ai balaustri.
Uscirà poi vestito di piviale, ed ac-
compagnato da due chierici il sa-
cerdote destinato a celebrare, e si
inginocchierà sul primo gradino del-
l' altare, e alquanto indietro sul pia-
no i due chierici. Indi il delegato
a dare l' abito, servito dall' usciere
della sacra religione, si condurrà al
luogo preparato con sedia, genu-
flessorio, strato, tappeti e cuscino.
E postisi tutti in ginocchio, into-
nerà il celebrante l' inno 'Veni crea-
tor SpiriUis, che sarà cantato dal
coro, ovvero dal clero assistente.
Terminato 1' inno, dirà il celebran-
te r analogo versetto ed orazione.
Poscia salito suIT altare sederà al
lato dell' evangelo sopra una sedia
colle braccia, e uno de' chierici gli
presenterà il messale, mentre il ce-
rimoniere porgerà al postulante il
rituale, e questi accompagnato dal
piomotore farà avanti al celebran-
te la professione di fede secondo le
bolle pontifìcie. Fatta la professio-
ne di fede e giurato sugli evangeli
il postulante, passerà il celebrante
sull'altare: il promotore col postu-
lante rimasto genuflesso nello stesso
luogo, prenderà dal fianco di lui
la spada (la quale deve avere la
guardia dorata), e tratta dal fodero,
la terrà colla mano destra elevata.
Nello stesso tempo 1' usciere porge-
rà al postulante una torcia di cera
bianca accesa, in cui sarà una mo-
neta d' 010 ; e il postulante la ter-
rà nella mano destra alzata per
tutto il tempo della benedizione
della spada, che si farà dal cele-
brante recitando i versetti; Adjii-
torium, e l'orazione Exaiidi quaesii-
M A U ! 3
vius. Terminata la benedizione, il
celebrante aspergendo l'acqua be-
nedetta, dirà la preghiera Benedi-
cliis Dominili coi versetti, e l'ora-
zione Domine Sancte. Poscia l'u-
sciere prendeiù dal [ìostiilante la
torcia, e la porterà dietro l'altare,
quindi presenterà al promotore un
bacino, sopra cui questi poserà la
spada riposta nel fodero, e 1' uscie-
re tutto collocherà sopra una tavo-
la. Frattanto il celebrante benediià
il manto, che sarà su 11' altare, di-
cendo i versetti: Oste.nde. nobis, e le
orazioni Suppliciler, Caput e Crea-
tor. Dopo la benedizione del manto
il cerimoniere lo leverà dall'altare
e riporrà sul bacino che l'usciere
riporterà sulla tavola. Indi il ceri-
moniere condurrà il promotore e
postulante avanti l'altare, e fatto
inchino all' altare e al delegato, si
inginocchieranno. Il celebrante de-
posto il piviale si veste degli abiti
sacri per la messa : terminala 1' c-
pistola e il graduale si rivolgerà
verso il delegato, avanti al quale
sedente con capo coperto, s' ingi-
nocchieranno il promotore e il po-
stulante. Il promotore prega il de-
legato ad ascrivere il postulante fra
i cavalieri militi ospitalieri della
sacra religione, pel vivo desiderio
che ha di entrarvi. Il delegato loda
l'intenzione del postulante quando
sia veramente per servigio della fède
cattolica e benefìzio de' poveri, e gli
fa diverse interrogazioni, e non es-
sendovi dalle lisposle nulla in con-
trario alle bolle pontificie e statuti
dell'ordine, con formola il delegato
avvisa il postulante dei tre voti, cui
acconsente il postulante. Il delega-
to percuoterà tre volte colla spada
la spalla sinistra del postulante ge-
nuflesso (acciò così si umillino pel
suo valore i nemici della kàe e del-
•^
1 4 M A U
la Chiesa), ed il promotore gli ac-
comoderà gli speroni dorati alle cal-
cagna (acciò lo spingano a cristia-
ne ed onorate imprese, dovendo
sprezzare T oro per impiegarlo pei
poveri), nel quale atto il delegato
pronunzia analoga formola, ed altra
quando il promotore gli porrà alla
cinta la spada, quale arma di giu-
stizia e di valore, ed alzatosi il po-
stulante la riceve nuda dal dele-
gato, e così la tiene mentre si leg-
ge r evangelo, comunicandosi a suo
tempo. Dopo la messa, il postu-
lante giura sui vangeli l'osservanza
de' voti, ed il delegato con apposite
parole gli pone il manto ( abito di
onore e di religione, figurandosi
nella croce quella in cui morì Cri-
sto, posta sul color bianco, accom-
pagnata dall'altra verde sull'abito
regolare rosso, simboli di fede sin-
cera, e ferma speranza di conseguir
1' eterna gloria, dovendo versar il
Siingiie ad onore di Dio ; antica-
mente era di zendado incarnalo,
ma Carlo Emmanuele I lo cambiò
in seta cremisina) decorato della
croce dell' ordine, oltre altra che
gli appende al petto. Dopo di che
il celebrante in piviale intuona il
Te Deum, terminato il quale recita
l'orazione Respice (il coro l'anti-
fona Suscepinius, ed il salmo Ala-
gnus Dominus), il versetto Kyrie
eleiwa coi seguenti , le orazioni
Deus qui j'ustiflcas , Omnipolcns
stiìtpiierne, e Suscipiat, aspergendo
d'acqua santa il cavaliere. Ciò ter-
minato, il delegato abbraccia e dà
il bacio di pace al nuovo cavalie-
re, e questi fa altrettanto col pro-
motore . Il suddetto p. Bonamii
dice che i cavalieri nelle funzioni
solenni usano cocolla rossa foderata
di biancOj che al collo viene stretta
da due lunghissimi cordoni di .seta
M A U
verde e bianca con fiocchi. Sopra
il petto è la croce bianca, a cui
annessa vi è l'altra verde propria
dell'ordine di sr Lazzaro: ciò cor-
risponde all' odierno manto.
MACHO (s.), abbate. Suo padre
Equizio lo pose sotto la condotta
di s. Benedetto nel Sii, perchè
appiendesse le massime della pietà
cristiana, come solevano fare molli
gentiluomini. Mauro che non avea
che dodici anni al suo entrare in
monastero, sorpassò in poco tempo
tutti i suoi coetanei nella esattezza
ad adempiere i suoi doveri, facen-
dosi ammirare per umiltà e sem-
plicità di cuore, che Dio compensò
col dono dei miracoli. S. Gregorio
riferisce che s. Benedetto lo fece
suo coadiutore nel governo del mo-
nastero di Subiaco, e se lo fece
venir presso quando si fu ritiralo
a Montecassino. Recatosi Mauro in
Francia nel 543, vi fondò col soc-
corso delle pie liberalità del re Teo-
deberlo la celebre abbazia di Glan-
feuil nell' Angiò, la quale si chiama
oggidì s. Mauro sulla Loira. Nella
sua vecchiezza ne lasciò il goveina,
affidandolo nel 58 1 a un suo di-
scepolo per nome Bertulfo, e si an-
dò a chiudere in una angusta so-
litudine per prepararsi alla morte.
Quando .si senti vicino all' ultima
ora volle esser portato alla chiesa,
ove ricevette la santa Eucaristia, «
coricatosi sul suo cilicio rese placi-
damente lo spirito ai i5 gennaio
del 584- Fu sepolto presso r aliare
della chiesa di s. Martino. Nel nono
secolo, per timore delle sconeiit^
dei normanni, le reliquie di s. Mau-
ro furono trasportate presso i be-
nedettini di s. Pietro ai Fossati, e
di là nel lySo alla badia di s.
Germano dei Prati ; ma un braccio
del santo era stato dato alla badia
M A U
di Montecassino. S. Mauro è ono-
rato il i5 di gennaio, e il suo no-
me si legge nelle antiche litanie
tiancesi composte da Alcuino, e nei
martirologi di Floro, di Usuardo ec.
Egli era singolarmente onorato in
Inghilterra sotto i re normanni. Al-
cuni moderni critici pretesero che
s. Mauro abbate in Angiò non fosse
lo stesso che s. Mauro discepolo di
s. Benedetto; ma il Ruinart li ha
confutali nella sua apologia della
missione di s. Mauro.
MAURO (s.). Congregazione del-
l'ordine di s. Benedetto. Ebbe per
madre quella di s. Vannes, che a-
•vea dato principio alla sua riforma
nella Lorena, verso la fine del se-
colo XVI nel 1597. Giovanni Ri-
naldo abbate di s. Agostino di Li-
moges si portò nel 161 3 a chie-
dere alcuni religiosi di s. Vannes,
coir aiuto de' quali gittò i primi
fondamenti della congregazione di
s. Mauro, per ivi seguire lo spirito
della primitiva regola di s. Bene-
detto. Molti monasteri entrarono in
questo disegno, e Gregorio XV ad
istanza del re Luigi XI V^ l'approvò
culla sua X costituzione, Sacri npo-
stolalus, presso il BuU. Rem. t. V,
par. IVj p. 343. Il successore Ur-
bano Vili informato dello zelo, del-
la pietà e concordia de' monaci mau-
lini, ne confermò la congregazione
nel 1627, e le accordò nuovi pri-
vilegi. Molti vescovi, abbati e reli-
giosi in progresso di tempo vollero
assoggettare i loro monasteri alla
savia direzione e condotta di que-
sta congregazione : nondimeno la ri-
forma non fu accettata da tutti i
Benedettini {redi). La congregazione
maurina non entrò che nei mona-
steri eh' erano rimasti sotto la re-
gola di s. Benedetto, senza essere
unitt ia corpo, e che facevaDo volo
M A U lì
di permanenza; quindi essa non en-
trò in quelli di Clugny e di Ci-
stello. Tuttavolta la congregazione
de' maurini si moltiplicò lon suc-
cesso sorprendente, e soprai tutto si
rese celebre pel gran numero d'uo*
mini dotti che produsse. D. Ugo
Menardo fu il primo che incomin-
ciò a far rivivere in questa congre-
gazione gli studi, che in altri tempi
aveano reso cotanto famosi i bene-
dettini nelle lettere. D. Luca d'A-
chery di s. Quintino in Picardia
ne seguì le tracce. Altri benemerili
dotti sono d. Claudio di Chante-
lou, d. Francesco Delfau, d. Tom-
maso Blampin, d. Pietro Coustant,
d. Giovanni Garet, d. Nicola le
Nourry, d. Giovanni Mabiilon ce-
lebralissimo, d. Giacomo di Eriche,
d. Bernardo de Montfaucon, d. Ed-
mondo Marlene, d. Antonio Beau-
gendre, ed altri molti celebri pei
loro scritti e per la loro pietà. I
maurini, di cui sono rinomatissime
ed immortali le opere e le edizio-
ni, massime di molti ss. padri illu-
strate, erano governali da un su-
periore generale che risiedeva in s.
Germano dei Prati, da assistenti e
da visitatori, e tenevano il loro capi-
tolo generale ogni tre anni a Mar-
moutier. Siccome i monaci profes-
savano particolarmente le belle let-
tere, avevano in ciascuna provincia
de' seminari o collegi per educarvi
la gioventù. La congregazione si
compose di 192 case, i55 abba-
zie, 34 priorati conventuali, con
tre altri monasteri , dividendosi in
sei Provincie. Il generale era or-
dinariamente eletto a vita, ma al-
cuni venivano dimessi dalla cari-
ca per la loro età avanzata e
dietro loro richiesta. La congrega-
zione ebbe fine nella rivoluzione di
Francia ai declinar del secolo passalo.
1 6 m A u
MAURO, Cardinale. Mauro prete
cardinale del titolo delle ss. Aquila
e Prisca, fiorì nel pontificalo di
s. Gregorio I, del 5go.
MAURO, Cardinale. Mauro d'A-
melia, vescovo di sua patria, nel
dicembre 1207 fu da Innocenzo III
creato cardinale prete. Spedito in
Germania legnto, ne adempì lode-
volmente l'uffizio, e morì dopo il
suo ritorno nel laaS circa. 11 Papa
gli scrisse una lettera, che venne
inserita nel corpo del diritto cano-
nico.
MAURONZIO (s.), abbate. Il
più vecchio dei figli del b. Adal-
baudo e di s. Rictruda, nacque nel
634. Passò alcuni anni alla corte
del re Clodoveo II e di s. Batilde,
e vi sostenne onorevoli impieghi.
Egli era signore di Douai, e diven-
ne ricchissimo dopo la morte di suo
padre. Tornato in Fiandra, stava
per conchiudere il suo matrimonio,
quando tocco dai discorsi di s. A-
mando vescovo di Mastricht, risol-
vette di consacrarsi intieramente al
servigio di Dio, e si ritirò nel mo-
nastero di Marchiennes fondato da
sua madre. S. Amando gli conferì
la tonsura clericale, e pochi anni
dopo fu fatto diacono e priore di
Hamay o Hamaige, eh' era sulla
Scarpa, mezza lega lungi da Mar-
chiennes. Fabbricò il monastero di
Breuil nella sua terra di Merville
nella diocesi di Terouane, e fu in-
caricato di governarlo. Colà egli
accolse s. Amato di Sens, il quale
per false denunzie era stalo caccia-
to dalla sua sede dal re Teodorico
HI . Mauronzio molto approfittò
della convivenza con questo santo
vescovo, al quale cedette la sua ba-
dia, per vivere sollo la direzione
di lui; però dopo la morte di esso,
nel 690, fu costretto riprendere il
MAU
suo posto. Morì poi a Marchiennes
il 5 maggio del 706, in età di
seltanladue anni. Il suo nome è po-
sto a questo giorno nei martirolo-
gi del Belgio. Nel nono secolo fu
trasportato il suo corpo da Breuil
a Douai, dove conservasi nella chie-
sa di s. Amato.
MAUR.Y Giovanni SrpREDo ,
Cardinale. Giovanni Sifredo nac-
que in Vaureas nel contado Ve-
naisslno, d' una famiglia povera ed
oscura, suddita della santa Sede.
Fece i primi suoi sludi nel suo
paese, e li terminò nel seminario
di s. Carlo d' Avignone, poi in
quello di santa Guardia nella stes-
sa città. Ardore nell'applicazione,
una memoria felice, uno spirito vi-
vace, molta franchezza, e molto de-
siderio di farsi conoscere, lo resero
distinto fin dalla prima età. Si re-
cò per tempo a Parigi dove si fe-
ce ammirare pei suoi talenti orato-
rii, e colla protezione di que' filoso-
fi che allora aveano tanta influen-
za in quel regno, ottenne qualche
provvisione ecclesiastica, e predicò
anche alla corte; già aveva pub-
blicato diversi opuscoli, panegirici
ed elogi, fra'quali uno di Fenelon,
per cui un parente di questi, ve-
scovo di Lombez, lo fece suo gran
vicai'io e canonico della cattedrale.
Ritornato a Parigi, il suo amico
Boismont gli rassegnò il priorato
di Lions di circa 20,000 lire, e
frequentando le principali società
prese attiva parte alle discussioni
politiche, e fu il consigliere del mi-
nistro Lamoignon. Come priore di
Lions fu eletto nel 1789 tra i de-
putali ecclesiastici agli stati generali,
e cambiali questi in assemblea na-
zionale, vi sostenne con non volga-
re eloquenza, con gran coraggio, e
non senza pericolo di essere vitliraa
MAU
del furore popolare, i sacri diriUl
dell' altare e del trono, difendendo
principalmente quelli della Chiesa,
e la sovranità del Papa su Avigno-
ne e contado Venaissino, pubbli-
cando nel 1791 l'opuscolo: So\>ram-
tà del Papa sulla città di Avignone
e contado Fenaissino. La ringhiera
dell'assemblea costituente fu vera-
mente il teatro della aua gloria ; vi
sostenne con onore la lotta contro
gli oratori del lato sinistro, e par-
ticolarmente contro Mirabeau suo
compatriotta ed avversario, siccome
dolalo di molte cognizioni, di san-
gue freddo, chiaro nelle idee, cor-
retto nello stile, eccellente in occul-
tar ciò che non sapeva : due pisto-
le che sempre portava indosso lo
liberarono d'essere appeso alla lan-
terna. Uscito di Francia, fu da per
tutto meritamente accolto nel mo-
do il più lusinghiero. Chiamato a
Roma da Pio VI fu fatto arcivesco-
vo di Nicea in parlibus il primo
marzo 1 792, ed inviato nunzio
straordinario alla dieta elettorale
di Francfort dopo la morte di
Leopoldo li, ma non vi fece buo-
na figura diplomatica, e si trovò
all'elezione di Francesco II. Tutta-
volta il Papa non cessò di colmar-
lo de' suoi favori, e nel concistoro
de' 2 1 febbraio 1 794 lo creò car-
dinale prete, e vescovo di Monte-
fiascone e Corneto, conferendogli
per titolo la chiesa della ss. Trini-
tà al Monte Pincio ; ascrivendolo
alle congregazioni de' vescovi e re-
golari, della disciplina, della fabbri-
ca, della visita apostolica, dichiaran-
dolo altresì protettore di Vitorchia-
T)o. Questa promozione irritò il go-
verno francese, e non piacque al po-
polo romano, che in una satira lo
qualificò volpe raminga e mal sicu-
ra. Fu per alcuni anni ardente fa»-
VOL. xtiv.
MAU ?7
torc della causa degli esuli principi
Borboni, e nell'occupazione di Ro-
ma fatta dai francesi, ne fuggì il
risentimento, prima in Siena, poi
in Venezia travestito da vetturino.
Passato in Russia, quando le vitto-
ria degli eserciti russi in Italia eb-
bero mutato faccia alle cose, parti
da Pietroburgo e si congiunse ai
suoi colleghi pel conclave che si
aprì nel dicembre 1799 per mor-
te di Pio VI, e fu il solo cardinal
francese che vi entrasse. Eletto Pio
VII lo seguì in R.oma, e Luigi
XVIII allora ritirato a Mittau lo
nominò suo ambasciatore presso la
santa Sede; ma declamò sempre
contro il governo dell' usurpazione
e contro ogni idea di riconciliazio-
ne tra Pio VII e Bonaparte. Biasi-
mò altamente la condotta del Papa
colla repubblica francese, e censura
aspramente in tutti i suoi discorsi
il concordato del i 80 i. Sospirando
il cardinale il gran teatro di Pa-
rigi, allorché intese proclamato Na-
poleone imperatore de' francesi ,,
gli scrisse una lettera piena di adu-
lazione, riconoscendolo per suo so-
vrano, e poi gli chiese il permesso
di tornare in Francia. Ottenutolo
abbandonò la sua vescovile residen-
za di Monte Fiascone, e corse ad
intrigare a Parigi nel i8o6- Fu
bene accollo da Napoleone, non già
che ne facesse stima e se ne fidas-
se ; ma perchè bene capì che nella
esecuzione de' suoi progetti sulla di-
sciplina della Chiesa poteva esser-
gli utile , come quello che sarebbe
stato sempre a lui ligio, ed obbe-
diente a tutti i suoi cenni ed ordini j
né avrebbe scrupoleggiato nell' ese-
guirli; ma a Parigi fu riguardato di
mal occhio il passo fatto , ben-
ché Napoleone lo riconoscesse per
cardinal francese, e lo dichiarasse
1 8 ]\r A u
primo elemosiniere di Girolamo
suo fratello re di Westfalia. Rapito
da Roma Pio VII, proscritti, esiliati
e carcerati la maggior parte del
sacro collegio e della prelatura ,
cjuando Napoleone protese di sop-
primere alcune sedi vescovili dello
stato pontificio da lui occupato, e
liunirle alle vicine diocesi, il cardi-
nal s'intruse nel governo di quel-
le eh' erano limitrofe alla sua dio-
cesi di Monte Fiascone. Quindi dis-
gustato il cardinal Fesch col nipo-
te Napoleone, quando saviamente a
tenore de' sacri canoni ricusò 1' ar-
ci vescovato di Parigij il cardinal
Maury a cui poi venne offerto ai
j4 ottobre i8io (nel quale anno
pubblicò il suo ^^ggìo xuir elo-
quenza del pulpito, ed una nuova
edizione de* suoi Discorsi scelti),
non ebbe ribrezzo di accettnrio, di
farsi nominar vicario capitolare, e
di governare quel!' arcidiocesi, non
dando ascolto alle ammonizioni e
agli ordini da Pio VII manifestati-
gli in un breve in data di Savona.
Allorché si trasferirono in Parigi
per comando di Napoleone molti ve-
scovi dell'impero francese e del regno
italico, e si unirono in assemblea
impropriamente detta concilio na-
zionale, il cardinale si mostrò arden-
te e fanatico fautore e sostenitore di
tutte le pretensioni dell'imperatore,
con molto scandalo de' buoni, e con
nausea d'altri vescovi anch'essi
cortigiani, ma non egualmente te-
merari ed arroganti. Non volendo
IMo VII più ammettere le nomine
dell' imperatore per le chiese di
Francia ed Italia, Napoleone per
consiglio del cardinale fece insi-
nuare ai capitoli delle cattedrali
vacanti di eleggere per vicari capi-
tolari i soggetti slessi da esso no-
minati alle sedi vescovili, come fu
M A V
quasi generalmente esegnilo con fu-
neste conseguenze; onde Pio VII
scrisse da Savona tre brevi al car-
dinale, un breve al vicario di Parigi
Astros, ec. riprovando l'avvenuto.
Quando poi Pio VII, ingannato e
sedotto dagli altrui non buoni sug-
gerimenti, sottoscrisse gli articoli
dell'assurdo concordato di Foiitai-
nebleau a' 25 gennaio i8i3, e tut-
ti i buoni ne gemevano , il cardi-
nale in una sua notificazione (Man-
dcment) ne fece stomachevoli e ma-
ligni elogi; quando finalmente l'ot-
timo Pontefice rientrato in sé stes-
so revocò ed annullò quell'atto che
sarebbe stato tanto funesto alla Chie-
sa, il cardinale corse a Fontainebleau
per persuadere il Papa a mantenere
e far eseguire gli articoli di quel con-
cordato; ed avuta udienza gli par-
lò con tanta temerità ed insolenza,
che il paziente e mausueto Pio VII
alzossi dalla sua sedia, e quantun-
que debole per la sofferta infermi-
tà, presolo per il braccio lo trasci-
nò fino alla porta della camera, e
dispettosamente gli chiuse in faccia
la porta. Frattanto il suo conte-
gno a Parigi, e le bizzarrie del suo
carattere gli alienarono il clero e
lo esposero alle risa del mondo.
Mentre sperava di raccogliere da
Napoleone il frutto delle sue azio-
ni scandalose e di tante adulazioni
e bassezze, cadde quel monarca che
credeva sua protettore, ed egli di-
venne l'oggetto della disistima e
del disprezzo di tutti i partiti. Av-
venuto il iitorno di Luigi XVIII
sul trono, non polendo il cardinale
conservare un titolo che possedeva
per violenza, il capitolo di Parigi
Io spogliò de' suoi poteri, ed ebbe
ordine di sgombrare l'arcivescova-
to, lo che esegui a' 1 8 maggio 1 8 1 4,
ed inutilmente tentò giustificarsi eoa
ima Memoria. Allora il cardinale
si avviò lentamente alla volta d'I-
lalia e di Roma, ove appena giun-
to, Pio VII gli tolse r amministra-
zione del vescovato di Monte Fia-
scone, e nominò amministratore
monsignor Gazola poi cardinale,
l'oco tempo dopo l' arrivo in Ro-
ma del cardinale , gli fu intima-
to per ordine del Papa, che non
osasse presentarsi alla sua udienza,
e non intervenisse ai concistori e
alle cappelle, e neppure alle congre-
gazioni delle quali era membi'o, ed
in qualsiasi radunanza di cardinali.
Desiderarono allora le persone ze-
lanti per l'osservanza della disciplina
ecclesiastica, che non si lasciasse im-
punita la temeraria e scismatica
ctmdotta del cardinale, e che si
«lasse un esempio di severo casti-
go anche su personaggio eminente,
per terrore degl'uiferiori ecclesiasti-
ci, e per far conoscere al mondo
cattolico qual monizione avrebbero
meritata quei vescovi e sacerdoti
che si resero ne' paesi esteri e spe-
cialmente in Francia rei di scisma-
tica intrusione, e che non poteva-
no punirsi pei tanti ostacoli che si
frappongono alla legittima giurisdi-
zione pontificia. Pervenuto questo
desiderio de' buoni all' orecchio di
Pio VII, lo trovò giusto, e diede
ordine al cardinal Pacca ( il quale
ciò narra nella sua Relazione del
viaggio di Pio VII a Genova, in-
.'-ieme a molte notizie sul cardina-
le ) di raccogliere tutte le carte ri-
guardanti il cardinale, per sotto-
porlo a formale processo. Visse in-
tanto il cardinale nell'oscurità, fin-
ché allontanatosi il Papa a' 11
marzo i8i5 da Roma, nel passag-
gio delle truppe napoletane, e giun-
ta la notizia che IN'apoleone era ri-
salito sul trono, cominciò ad alzar
M A U 19
la voce, ed a manifestare sentimenti
di avversione per la persona di
Pio VII e per Roma, ed impru-
dentemente fece conoscere il pro-
getto di tornare in Francia. Fu al-
lora che la giunta di stato diresse un
dispaccio al cardinal Pacca ch'era pas-
.sato in Genova col Pontefice, in cui
dando esatto rapporto delle intenzioni
e condotta del cardinal Maury, fece
saviamente riflettere quanti mali
avrebbe egli potuto fare a Parigi,
e propose d' impedirne la partenza
con rinchiuderlo per maggior sicu-
rezza in Castel s. Angelo. Il cardi-
nal Pacca lesse il dispaccio a Pio
VII, che approvò il divisamento
della giunta, e solo ad istanza del
cardinale permise che se vi fosst^
modo di tenerlo con sicura custo-
dia, si evitasse lo strepito e il ci^
ca leggio che il pubblico farebbe a!
sentire la reclusione d' un cardina-
le in fortezza. La giunta però credè
di seguire il suo opinamento, lo
fece arrestare e trasportare subito
in Castel s. Angelo. Ritornato Pio
VII in Roma, dopo due mesi e
sedici giorni di assenza, commise
al cardinal Pacca di cercar docu-
menti e notizie sul processo del
famoso cardinale Coscia , avendo
dichiarato i prelati Caprano poi
cardinale, ed Invernizzi, che si po-
teva procedere senza alcuno scru-
polo ad un formale processo ; quin-
di con segreto nominò una con-
gregazione di cardinali, e per se-
gretario monsignor Belli arcivescovo
di Nazianzo, molto versato nei sacri
canoni. Mentre si stava trattando
l'esecuzione de' pontificii ordini, toi'-
nò da Vienna il cardinal Consalvi,
e non solo la causa non si prose-
guì, ma liberato dalla prigionia di
Castel s. Angelo il cardinale, si am-
mise poco dopo alle sacre funzioni,
20 MAU MAÙ
ai concistori, e ad ogni altra rap- Jone l'ìngressso i due ol)eliscl)i chef
presentanza cardinalizia. Final men- ora sono al Quirinale ed a s. Ma-
te, assalito da violento scorbuto, ria Maggiore. Avanti al mausoleo
mori in Roma d'anni 71 la notte era la fiimosa meridiana o orologio
del IO venendo l'ii maggio 1817; solare che Io stesso Augusto fece
si celebrarono i suoi funerali nella costruire dal celebre matematico
chiesa di s. Maria in Vallicella, Lucio Manilio, ed a cui serviva di
coli' assistenza de' cardinali, ed ivi gnomone l'obelisco di Monte Cito-
rimase sepolto. rio restaurato da Pio VI. Nel IX
MAUSOLEO, Mausoleuin. Mac- secolo era già in totale decadenza,
china o edifizio sepolcrale innalzato e nel XII servì di rifugio ai Co-
glia memoria di qualche illustre torma, per cui ne parlammo a quel-
defunto. Questo nome deriva da l'articolo. Il popolo li cacciò da
Mausolo re della Caria, cui Artemisia esso, attribuendogli la disfatta soF-
sua moglie, nell^anno 353 prima ferta sotto il Tuscolo, onde Pan-
di Cristo, eresse magnifico sepolcro dolfo Savelli lo rovinò. Nel secolo
a sfogo del suo dolore ed amore, XVI lo possederono i Soderini ;
e per conservare alla posterità u- più tardi la famiglia Correa che
na solenne ricordanza di sua per- lo ridusse ad anfiteatro per spet-
dita : ne fu architetto il celebre Sco- tacoli, giuochi, giostre, feste iiot-
pa, e fu ritenuto per una delle turne con fuochi d'artifizio, spet-
sette meraviglie del mondo, per cui tacoli di equitazione e feste di ballo.
da allora in poi tutti i sepolcri Passò poi in proprietà dei Vivaldi-
che si eressero a uomini illustri Arraentieri, e ne parlammo in altit
si chiamarono mausolei. Inoltre tal luoghi, come ne' voi. XXf, p. 38,
regina celebrando i funerali al suo e XXXI, p. 179 del Dizionario.
diletto marito convocò nella sua città Quanto al mausoleo di Adriano,
5 più valenti oratori della Grecia a questi l' eresse per suo magnifico
dirne le lodi intorno al sepolcro . sepolcro nella parte opposta del
V'intervennero Teopompo, Teodette, Tevere, e vi furono indi ancora
IVasicrate o Naucrite o Lacrite, ed tumulati Antonino Pio, Marco Au-
Isocrate, che vi gareggiarono con relio. Commodo, Settimio Severo,
l'arte elocutoria. 11 sepolcro di Mau- Settimio Gela e Caracalla. Rovina-
solo fu detto anche avello mera- to nelle vicende de' tempi, fu cliia-
■viglioso, e presso di esso morì l'en- mato Castel s. Angelo [f^edi).
comiata consorte, dopo aver bevu- MAU VEO(s.), vescovo di Bayeux.
to le ceneri dell'amato marito. Al- Uscito di nobile e cristiana fami-
tri celebri mausolei dell'antichità glia di Bayeux, si esercitò di buona
furono il mausoleo di Augusto, ed ora alla preghiera e alla morti-
li mausoleo di Adriano , ambedue ftcazione, e si formò la più cara
in Roma. Il primo fu edificato dnl- delizia nel soccorrere i poveri. Fab-
l'imperator Augusto nel mezzo del bricatosi un romitaggio, in cui vi-
Campo Marzio presso la riva del veva con tre solitari ch'eransi posti
Tevere, superbo monumento per sotto la sua disciplina, non si tace-
servire di sepolcro a se stesso ed va vedere in pubblico, se non per
alla sua famiglia. Nella sommità praticare opere di misericorilia. I
fu posta la di lui statua, ornan- tiuoi miracoli e la sua santità lo
MAY
fecero porre sulla sede episcopale
di Bayeux, verso l' anno 459 ; la
(|iiaie sua nuova dignità gii diede
occasione di praticare novelle virtù.
Morì verso l' anno 4^o> e fu sep-
pellito nella chiesa di s. Esuperio,
ove conservansi tuttora' le sue re-
liquie. E onorato a' 29 di maggio.
MAIT^DORF SlNDAGERO o Sye-
DERo Cardinale. V . Clemente II,
Papa,
MAYNAS o CHACHAPOYAS
( de Maynas , de Cìiacapoyas ).
Città con residenza vescovile della
America meridionale nel basso Pe-
rù. La provincia di Maynas o Mai-
iias è un paese della Colombia o
Nuova Granala, irrigato dal Tun-
guragua e dall'Ucayale, che si riu-
niscono onde formare l'Amazzone.
Gli abitanti poco numerosi sono
tjuasi tutti indiani dimoranti in a-
perle capanne, con pochi utensili
per l'agricoltura, armati di lancia,
archi e freccie per la càccia, ami
per la pesca, con tende e canopi. Il
luogo principale è la città di La-
guna o s. Antonio di Laguna presso
la riva destra della Huallaga, sulla
riva di una laguna malsana, dalla
quale prese il nome. Un tempo fu
la residenza di un superiore d' una
delle principali missioni spagnuole,
ed ora è poco consideiabile. Altri
geografi dicono che il capoluogo di
JNIaynas è s. Francesco de Borja,
sulla riva sinistra del Pastaza, un
poco al di sotto al confluente col
Santiago: prima del i534 era si-
tuala sulla riva sinistra del fiume
delle Amazzoni, i cui abitanti sono
tutti indiani. Pio MI l'eresse in
sede vescovile e la sua chiesa in
cattedrale. Nel concistoro dei 27
giugno i8o5 dichiarò suo primo
vescovo fr. Ippolito Antonio San-
chez Rangel y-Fayas miuore os-
MAY ni
servante di s. Francesco, nato nella
villa de los-Santos del priorato di
s. Giacomo di Spada nullius dioe-
cesis.
Dopo lunga sede vacante Gre-
gorio XVI nel concistoro de' 17
settembre i838 fece vescovo mon-
signor Giuseppe Maria de Arsiaga,
nato in s. Michele di Pierra dio-
cesi di Truxillo, già vicario capi-
tolare della medesima chiesa, con
facoltà di trasportare la sede ve-
scovile in Chacbapoyas a forma
del decreto concistoriale de' 1 5 ago-
sto i835. Dalla proposizione con-
cistoriale si rileva che nella chiesa
principale e parrocchiale non vi
era capitolo, solo l'uffiziavano i mi-
nori osservanti di s. Francesco mis-
sionari, risiedendo il vescovo ed il
capitolo in Xeveros in cui erasi
eretta la cattedrale : la diocesi era
ampia e contenente diversi luoghi
e convento per i detti missionari.
Ogni nuovo vescovo è tassato nei
libri della camera apostolica in fio-
rini 33, ascendenti ne' frutti della
mensa a 40°® monete di quelle
parli. Il medesimo Papa Gregorio
XVI, essendo ancora vescovo il pre-
fato prelato, colla bolla Ex subli-
mi Pelri specula, quarto nonas j u-
lii 1843, dismembrò dalla diocesi
di Truxillo le due provincie Pala
e Chacbapoyas, e le incorporò alla
diocesi e città di Maynas, e quindi
nel tempo istesso soppresse la cat-
tedralilà di Maynas che ridusse a
semplice parrocchia, e trasportò la
sede vescovile nella città di Cha-
cbapoyas, ed alla chiesa di s. Gio-
vanni Battista la cattedrale, ren-
dendola suSi'aganea dell'arcivescovo
di Lima come lo era Maynas, do-
l'endosi intitolare il vescovo di Cha-
cbapoyas e Maynas. La città di
Chacbapoyas, chiamata ancora s.
22 MAZ
Juan de la Fronlera, è capoluogo
della provincia del suo nome. Mal-
grado la sua vantaggiosa posizione,
essa è piccola e poco popolata, e
fu fondata nel i536: il paese è
però assai fertile di grani, frutti,
Cotone, tabacco, zuccaro e cacao,
e vi si trova pure una miniera
d'oro in lavoro.
MAYULAoMAXULA. Sede ve-
scovile della provincia di Cartagi-
ne proconsolare, nell'Africa occi-
dentale, sotto la metropoli di Car-
tagine. AI presente Mayula, Maxu-
len, è un titolo vescovile in parti-
bus, sotto la metropoli pure in
parlibus di Cartagine . Gregorio
XVI fece vescovo di Maxula mon-
signor Giacomo Leonardo Pero-
chean, alunno del seminario delle
missioni straniere in Parigi e coa-
diutore al vicario apostolico di Sut-
fjhuen nella Cina; divenne effettivo
nel 1837 e lo è tuttora.
MA ZIO Raffaele, Cardinale.
Raffaele Mazio nacque in Roma da
onesti genitori a' 24 ottobre 1 765,
la cui onoratissima famiglia fìno dal
secolo XVII avea dato ragguarde-
voli ministri al governo pontifìcio
nel sacro monte di pietà, passando
in essa fìndal 1749 sotto Benedetto
XIV l' importante carica di sopra-
intendente generale della zecca pon-
tificia nella persona di Giacomo
Mazio, padre del cardinale, eserci-
tata con gran fedeltà da lui per
anni quarantacinque, e poscia da
Francesco Mazio suo figlio, ed ora
con egual lode dal primogenito di
questo Giuseppe Mazio suo coadiu-
tore con futura successione. Il fra-
tello suo è Paolo Mazio, distinto
letterato e autore di diverse ope-
re, di alcune delle quali ne fanno
lodevole menzione gli Annali ddle
91'icnze religiose. Raffaele sortì dal-
MAZ
la natura indole virtuosa, dedita
alla pietà, felice e penetrante in-
gegno, statura vantaggiosa, avve-
nenza di volto, in cui traspii ava il
candore de' suoi costumi, grazia in-
sieme a gravità di modi. Fino da
giovanetto mostrò inclinazione allo
stato ecclesiastico, al quale Dio chia-
ramente chiamavalo, e ben presto
abbracciollo. Attese con alacrità al-
lo studio delle lettere umane, nelle
quali ebbe principalmente a istitu-
tore il celebre ex gesuita ab. Giu-
seppe Mazzolari, conosciuto col no-
me di Mariano Purtenio, non che
da un altro non men valente ex
gesuita l' ab. Francesco Saverio
Rezza, e mercè di continuo eserci-
zio sotto tali maestri, si rese peri-
tissimo nello scrivere latino con fu'
cilità ed eleganza. Fece nel colle-
gio romano regolarmente il corso
delle scienze, massime sacre, nelle
cui discipline divenne dotto, e par-
ticolarmente nel gius pontificio e
nella teologia, nella quale tanto ala-
cremente si approfondì, che nell'a-
gosto 1785 ne sostenne pubblica
disputa nella chiesa di s. Ignazio,
sotto la presidenza del p. Agostino
Arbusti minor conventuale, profes-
sore di dommalica. Pertanto coi
tipi romani del Salomoni si pub-
blicò l'opuscolo : Argiimenta ex
iheologia qiiae honori Gullielmi
Pallottae cardinalis amplissimi ad
dispulandum propnsuit Raphael Ma-
tius, facta euilibet post terlinni con-
tradicendi jacidlaie. 1 punti furono:
ex tractatu de locis theologicis j de
tri ni tate j de incarnatione j de auxi-
liis divinae gratiae : tutti discussi
mirabilmente, onde chiaramente die
a conoscere quanto sarebbe riusci-
to utile alla Chiesa. Il perchè Pio
VI lo fece maestro delle cerimonie
puutincie, ufficio che pei diversi anni
MAZ
«sercitò diligentemente (precisamen-
te lo nominò dopo Zucche e For*
nici, che divennero l'uno prefello,
l'altro secondo cerimoniere), e cano-
nico della basilica di s. Maria in Tras-
tevere. Pio VII lo fece segretario
della congregazione cerimoniale nel
1801; indi per la reputazione che
godeva di acuto ingegno e profonda-
mente dotto, lo volle addetto col-
la qualificH di suo cameriere d'o-
nore, alla legazione a lettere (ne
parlammo al volume XXXVII, p.
285 del Dizionario ed altrove )
che presieduta dal cardinal Capra-
ra, inviò in Francia per l'esecuzio-
ne del concordato nel 1801 e nuo-
va circoscrizione di diocesi; nel qual
grave uffizio diede saggio di matu-
ro consiglio, destrezza e perizia de-
gli affari ecclesiastici. Dipoi qual
procuratore del cardinal Belloy ar-
civescovo di Parigi (già vescovo di
Marsiglia, al quale articolo di lui
n)eglio parlammo che alla sua bio-
grafìa) titolare di $. Giovanni a
porta Latina, fece restaurarlo ed
abbellirlo, presiedendo all'esecuzio-
ne di tutti i lavori, terminati i
quali per memoria collocò analoga
iscrizione marmorea ad onore del
cardinale (si legge nel uum. 38 del
Diario lU Roma del 1809, p. i4),
in un al ritratto del medesimo, ac-
canto la porta della sagrestia. Al
tempo delle nuove calamità della
Chiesa, e quando Pio VII nel lu-
glio 1809 fu espulso dal suo so-
glio, per la fedeltà e costanza ver-
so la santa Sede ancor egli fu tras-
portato in esilio, prima a Piacen-
za, poi a Bologna, quindi chiuso nel
castello di Cento, ove si fece am-
mii'are per fortezza di animo. Re-
stituitosi Pio VII a Roma, e li-
beralo dalla prigionia anche il pre-
lato, dopo avere riveduto la sua fu-
MAZ
23
miglia, meritò di essere preso a
compagno dal gran cardinale Con-
salvi (lo rammentammo alla sua
biografìa), nelle alte ed importanti
negoziazioni, per le quali con im-
menso vantaggio della religione cat-
tolica e dei dominii pontifìcii, si
recò alle corti di Parigi ( Vedi
Fbancia), di Londra (Vedi) e di
Vienna, ove intervenne al famige-
rato congresso de' sovrani europei,
in cui furono regolati i destini di
Europa, e reintegrata la santa Se-
de di molte sue proviocie, come
narrammo all'articolo Germania, in
un agli affari religiosi che vi furono
trattati. Da Vienna monsignor Ma-
zio fu spedito a dare al Pontefice la
prima grata novella della restituzione
delle dette provincie alla Sede apo-
stolica. Tornato cos\ in Roma assai
benemerito e accetto a Pio VII, que-
sti lo nominò tosto suo prelato do-
mestico, lo trasferì al canonicato del-
la basilica Liberiana, e lo fece se-
gretario delle lettere latine, siccome
dotto, eloquente ed elegante scrit-
tore della lingua del Lazio, ed in-
numerabili furono quindi le lette-
re pontificie che scrisse in un' epo-
ca in cui le relazioni della Sede a-
postolica eransi indicibilmente accre-
sciute, pel riordinamento generale
delle cose ecclesiastiche, e per la
venerazione che ovunque avea de-
stato il glorioso Pontefice. Corren-
do l'anno 1817, nella cappella pon-
tificia pronunziò l'orazione funebre
per la defunta regina di Portogal-
lo Maria, che meri tossi il plauso
degli illustri ascoltanti e la stam-
pa. Dovette quindi successivamente
occuparsi negli affari ecclesiastici di
Baviera, di Prussia, di Piemonte,
di Savoia, di Annover e di Lucca,
come specialmente da Pio VII in-
caricato a trattare co' plenipoleu-
H MAZ
zitui di que' principi per stringere
concordati o convenzioni, come di
hitli esegui , e venne dal Papa
nel 1818 piomosso in segretario
della congregazione concistoriale e
del sacro collegio, e nel 1819 tras-
locato a canonico nella basilica va-
ticana. Indi a poco fu dal Ponte-
fice inviato col cardinal Spina al
congresso di Lubiana e poi a quel-
lo di Verona, ne' quali laboriosa-
mente si occupò negli affari che vi
si discussero. Appartenne altresì
come prelato al tribunale della sa-
cra penitenzieria, ove esercitò l'uf-
fìzio particolare di correttore. Fu
segretario dell' insigne accademia
teologica istituita nell'archiginnasio
romano, incarico solito sempre con-
ferirsi a un distinto e dotto prela-
to, ai quale egli tanto piìi studiosa-
mente soddisfece, perchè avea lunga-
mente in gioventìi fì-equentati gli e-
sercizi teologici di quell'istituto come
membro di esso, anzi ne avea pur
anche scritta con elegante latinità una
storia, la quale andò poi smarrita
nelle vicende de' tempi. Nella sede
vacante del iBaS, qual segretario
del sacro collegio, egregiamente fun-
se l'uffizio di segretario di stato ed
entrò in conclave. L'eletto Leone
XII nel seguente anno l'elevò alla
cospicua carica di assessore della
congregazione della romana inqui-
sizione. Frattanto il suo corpo lo-
goro dalle fatiche, s'infermò di
inolto, la memoria s'illanguidì, e
difficile si rese la loquela. Final-
mente il Pontefice Fio Vili, volen-
do splendidamente rimeritare tante
virtù e fatiche, nel concistoro dei
i5 marzo i83o lo creò cardinale
dell'ordine de' preti, con quell'elo-
gio espresso nell' allocuzione ripor-
tata dal num. 24 del Diario di
iiorncf. JN(; lodò i lunghi servigi, i
MAZ
gravissimi incarichi sostenuti, l'acuf
tezza d'ingegno, la molteplicità del-
la scienza, l'aggiustatezza e la dili-
genza nel disbrigo degli affari. Po-
scia nel concistoro de' 5 luglio gli
assegnò per titolo la sua antica
chiesa di s. Maria in Trastevere,
annoverandolo alle congregazioni
della concistoriale, del concilio, dei
riti, e degli affari ecclesiastici straor-
dinari, come riporta il num. 54 di
detto Diario. Alla morte del Papa
intervenne al conclave i83o-i83i
in cui fu eletto Gregorio XVI, e
siccome mal andato in salute, il
sacro collegio oltre il suo degno
nipote Giacomo Mazio, gli conces-
se iu secondo conclavista d. Antonio
Bambozzi, al presente avvocato fisca-
le del s. oftizio, e cameriere di ono-
i-e fatto dal nominato Pontefice. La
penosissima malattia epilettica, che
da tanto tempo lo affliggeva, soste-
nula sempre con cristiana rassegna-
zione, dopo aver egli ricevuto tutti i
sacri conforti della Chiesa, terminò
colla morte a' 4 febbraio 1882, d'an-
ni sessantasette non compiti. Il cada-
vere ebbe solenni funerali nella basi-
lica di s. Maria in Trastevere, in cui
celebrò la messa il pio cardinal Ode-
scalchi poi gesuita, ed ivi fu tu-
niulato, come si ha dai numeri 1 i
e 1 2 del Diario di Roma di tale
anno. Sulla tomba il fratello Fran-
cesco, ed i nipoti Salvatore e Gia-
como gli eressero una marmorea
iscrizione con giusto elogio, il quj^-
le si legge nell'opuscolo: ELogium
Raphaelis Malii S. R. E. presb.
cardiiialis plumbeo tubo incLusuni
tt cum torpore conditum, Romiie
i832 ex typographaeo Salviucciano,
Di tutto n'è autore il dotto nipo-
te del defunto, chiaro per opere
pubblicate (oltre quelle di cui triit-
tunu i suddetti Annali delle icieuze
MAZ
religiose ), per l'aDiorevole e inde-
fessa assistenza prestata ad un tan-
to zio, ed ancora per l'edificante
rinunzia che fece a Gregorio XVI
che io ausava, di percorrere kirni-
nosa carriera ecclesiastica, per ef-
fettuare la vocazione di entrare nel-
la compagnia di Gesù, solo ritar-
data dall'encoiniala assistenza, ove
col nome di p. Giacomo JMazio è
professore di diritto canonico nel
collegio romano. La morte dell'am-
piissiaio cardinale (u da tutti pian-
ta, per le splendide sue virtù, per
la somma religione ed attaccamen-
to alla santa Sti\Q, per la cognizio-
ne e sperienza de' suoi affari, per
gì' innocenti suoi costumi e tem-
peranza, per la particolar divozio-
ne alla Beata Vergine, onde fu ri-
spettato da tutti. Amato dai Pon-
tefici, Gregorio XVI gliene die ge-
nerose riprove anche dopo la di lui
morie.
MAZZA D'ARGENTO, Clavas
argenteas. Insegna d' onore, di au-
torità e giurisdizione, i cui por*
latori si dissero clavigeri, claviseri,
clavari, e mazzerii. Essa piecede
nelle solennità i capitoli di alcune
chiese principali o insigni, le ma-
gistrature municipali, e lino ai primi
anni del secolo corrente precedeva i
cardinali. Tuttora la mazza di ar-
gento in alcune funzioni si usa dai
Cursori Apostolici [Fedi) e sempre
dai Mazzieri del Papa [Fedi). La
mazza di argento ordinariamente è
lunga circa più di tre palmi; è più
o meno ricca di fregi ed ornamenti
in rilievo, la cui forma proporziona-
tamente grossa nella testa o som-
mità, termina coll'estremità alquan-
to sottile pel maneggio della me-
desima. Le mazze delle chiese e
delle magistrature sulla lesta hanno
ìiCuipiti i rispettivi sternali, e qual-
MAZ 23
cuna l'arma di chi la concesse ;
quelle de' cursori e mazzieri pon-
tificii, lo stemma di quel Papa che
nominò cursore o mazziere il pro-
prietario delia mazza. Anche i cur-
sori del cardinal Ficario di Rorna^
hanno l' uso della mazza di argen-
to. Talora si chiamarono mazze al-
cuni hastoni corti o lunghi, bacu-
/«y, ricoperti di velluto o seta ros>a
con la sommità di metallo doralo
o di argento, poitati dai chierici o
laici mazzieri delle chiese ( un e-
sempio si può vedere nel voi. IX,
p. 68 del Dizionario) o da altri;
la Bacchella fu detta mazza sottile,
e fu segno di prerogativa, come di
dignità lo sono i bastoni chiamali
Bacolo e Ferula, come si può ve-
dere ai loro articoli. 11 Macri, verbo
Dicaiiiiuin, dice così chiamarsi la
mazza di argento, la quale antica-
mente portavano innanzi alcuni uf-
fiziali delia corte imperiale; ed al
verbo Macerius afferma essere un
ulHziale palatino od un soldato, il
quale accompagnava il Papa nelle
cavalcate, conducendo il freno del
suo cavallo, ed essere oggi chiamati
mazzieri. Anticamente quello che
presiedeva alle fabbriche imperiali,
precedeva V imperatore con una
verga d'oro in mano; e quelli i
quali erano c\\\Amdi\\ praeposili fa-
miliaruni avevano 1' uso di portare
le verghe, quos insignes faciunt vir-
gae de jc Iris aplalae : cosi in Fran-
cia ed altrove, coloro che presie-
devano al palazzo reale portavano
il bastone o la verga. Presso gli
antichi romani i fasci di verghe
erano insegna de'magistrati, che si
portavano avanti di loro dai littori,
cioè dodici avanti ai consoli, e sei
avanti i proconsoli ed i pretoii :
tali fasci si formavano di veryli'i
prese dall' arbore betula originaria
26 M A Z
della Gallia: in essi sopravanzava
la scure. Plutarco scrisse denotare
i fasci legati, che l'ira de' magi-
strati non dovesse essere precipitosa
nel condannare ai supplizi, laonde
i fasci non doveansi sciogliere sen-
za giusta causa, ed almeno ciò fa-
cendosi il magistrato avesse tempo
di porsi in tranquillità; e siccome
i fasci erano composti di verghe e
di scure, le prime servissero a pu-
nire i correggibili, le seconde gli
incorreggibili. Il Muratori, Antichità
ital. t. Il, p. ayg, parla dell' ori-
gine della mazza o clava, bastone
nodoso, od anche martello di ferro
o di legno con chiodi acuti per of-
fendere il nemico. Osserva il p.
Menochio , parlando della mazza
de' cardinali, Sluore t. IH, p- io4,
ed il Sarnelli, che lo segui discor-
rendo sullo stesso argomento, Leti,
eccl. tom. IX, pag. 19, che for-
se la mazza cardinalizia che pre-
cedeva i cardinali, servì in ori-
gine per rimuovere al loro passag-
gio la folla del popolo con qualche
bastone, a similitudine di quanto i
littori facevano coi fasci, il quale
bastone in progresso di tempo ve-
nendo ornato, ne derivò la mazza
convertita nobilmente in argento, e
in segno di podestà; e che i car-
dinali, quali principi della Chiesa,
trasmutarono i fasci in mazze di
argento, dovendo essere propensi
pili alla clemenza che al rigore.
Del significato e simbolo delle maz-
ze cardinalizie ne parla pure il
Piazza a p. 5 della sua Gerarchia.
Dice inoltre il Macri, che tra i gre-
ci fuvvi un ministro detto Masti-
gophorus, il quale con una frusta
limoveva la calca del popolo nelle
feste pubbliche.
Il p. Bonanni, Gerarchia eccle-
siastica, capo CXIII, Della mazza
MAZ
solita portarsi avanti i cardinali,
riferisce che il portarsi la verga o
mazza avanti le persone costituite
in dignità, fu costume antico, come
notò il p. Lodovico Cresolio nel suo
Mistagogo lib. 1, sect. i, e ciò si
costumava per segno di dignità, e
quasi come scettro reale in segno
di podestà. Tale uso fu praticato
anticamente anche nelle funzioni
solenni, precedendo il sommo Pon-
tefice ed i cardinali, mediante per-
sone munite di bastoni per rimo-
vere la turba, ed anche in segno
di giurisdizione, come al suo tempo
praticavasi nelle cavalcate e fun-
zioni solenni, nelle quali si vede-
vano avanti i cardinali i loro pala-
frenieri con aste in mani, non che
portandosi alle cappelle ed ai con-
cistori. Su di che ecco quanto scris-
se il Ciampini, P^et. nionìni. p. 179.
« In Urbis solemnioribus equitali-
bus, quibus Pontifex cardinalesque
interveniunt, eminentissimorura pe-
dissequi bini aequo ordine singulos
cardinales doiuinos suos phaleratae
inulae insidentes praecedunt, bacu-
losque praeseferunt septem circiter
palinos oblongos, qui simplici qui-
tlem slructura sunt, auro tamen
obducti ac prope fastigium stem-
mate domìni gentililio insigniti .
Ejusdem formae baculis utuntur
praedicti parafraenarii apostolica se-
de vacante, dum cardinales conclave
ingressi sunt (ne parlammo all'ar-
ticolo Dapiferi, Vedi ), duo etenira
ex eorum pedissequis prandii coe-
riaque temporibus, cum baculis ob-
sonia comilantur ad rotas, per quas
deferentur ad dominos: baculi vero
i'sti colore a superioribus discrepant,
nam cardinalis qui pileum cardina-
litium accepit a Ponlifìce proxime
defuncto tunc baculos parafraena-
riorunj violaceo colore notai, in
MAZ
liiclus at'giimentuin, et raoeroris de
amisso palle concepii ; color enim
violaceus lugnbrìs noia est, prae-
soilina apiid reges, qiiibus caidina-
les aeqiiipai-aiiliir : caidinalis vero,
qui ex alio praedecessore Poutifice
cardinalis crealus est, baculus pa-
rafiaenariorum suorum viridi colo-
re obducit, in siguum etiarn luclus,
al non tatù gravis; viridis qnippe
color quodammodo intaustus est.
Ibi te a cyparissi viriditale desiunpto
symbolo, quo fnnebris iiolae arbo-
rea) eficcere piacila poelarum. I3a-
culi aulem isti ad illos referri de-
belli, quibus iitebanliir antiqui mi-
nistri, qui multitudinem afflueutem
arcebantj cuni viam per (juani Pon-
lifcx cardinalesque incederent faci-
lem Jalamque praeberenl , nec a
plebe lutnulluanle, ac gregatim in-
discrete accurrente transitus arcla-
retur ". Anche il p. Bonanni opina
the da tale uso possa essere deri-
vala la mazza solila portarsi avanti
ai cardinali, con ornare i suddetti
bastoni in forma di mazza, non tan-
to per iim<)\ere la turba del po-
polo, che in delle circostanze suol
concorrere, quanto per indicate la
dignità cardinalizia di quello, cui
precedeva tale insegna, mentre della
sidjlimità del cardinalato ne tenem-
mo proposilo all'articolo Cardina-
le. Descrivemmo tali bastoni, ed il
luogo dove nelle cavalcale incede-
vano i palafrenieri lo dicemmo an-,
Cora nel voi. X, p. 3oi del Dizio-
nario in ambedue le colonne.
Anticamente si portava la mazza
dai cardinali nelle loro legazioni,
essendo sempre stala la verga sim-
bolo di podestà, anche sovrana e
principesca; per cui il Ciampini,
nel cap. i5 in conferma si espresse
così. « Baculum semper regiae pò-
leslalis insigne fuisse, uti et sce-
MAZ - 27
plrum, si Pachimerae credimus, a-
deo ut eliam antiquilus solemni
ejus Iraditione regium jus, et sum-
ma authoiilas confeirelur ". Anto-
nio Scappo, Dt birreto ruheo, p. 3g,
dice che la mazza la possono usare
anche i cardinali regolari come in-
signia dignitatis praetminentia signi-
ficantia. Si portava questa insegna
da un aiutante di camera sopra il
braccio sinistro, qualunque velia si
adoperava dai cardinali la Cappa
[l^'edi); ma nel venerdì santo in se-
gno di duolo si portava a rovescio.
Si usava ancora quando i cardinali
recavansi al palazzo pontifìcio per i;i
predica, e sempre sino al luogo ove
assumevano le cappe, e nel palazzo
sino alla sala del Papa. 11 p. Bo-
nanni slima che probabilmente l' o-
rigine si debba ripetere dal pontifi-
calo di Paolo II del i464> quando
in tale anno assegnò ai cardinali
il panno rosso, gito efjiios, vcl nui-
los slernerent diiin equitaiU. Che la
mazza di argento era già in stabile
uso a'iempi di s. Pio V del i566,
lo abbiamo dalla sua vita, dove si
leg"e che avendo crealo cardinali
Sanlorio, Matfeij Peretli, Aldobian-
dini. Bianchi ed Acquaviva, li di-
stinse con diversi doni, fra i quali
ognuno ebbe una mazza d'argento,
quattro portiere, ed i finimenti ros-
si e paonazzi per le mule. Il p.
Bonanni riporta la fjgura di uu
aiutante di camera che colla mano
destra tiene la mazza d' argento la-
vorata sul braccio sinistro: egli è
vestito di nero con collare di mer-
letto, e scarpe con fìbbie ; l'abilo è
di città, come quello de' gentiluomi-
ni de' cardinali, in tutto tranne \;\.
spada. A p. 44"^- narra il p. Bonanni,
che incombeva al caudatario pre-
parare la mazza «piando occorreva.
Il Sestini parlando nel suo JÌJac-
48 M A Z
Siro di camera al cap. XXX delle
vihile de' cardinali, viene commen-
tato dall' Amali, il quale è di pa-
rere, che i cardinali in abito col
rocchetto scoperto non doveano usar
la mazza, e produce la testimo-
nianza del cerimoniere de Grassis.
Questi narra, che venuto in Pvoma
nei i5o9 ii cardinal Genoma nense,
visUavit sacruin collegi uin, e che
visitando aliquaiido deposuil cap-
fjatnj ma soggiunge , che quolie.s
Ulti deponehat cappavi, e restava il
rocchetto scoperto, toies mazzerius
e/us maliain deponebat, perchè la
mazza va unita non col rocchetto,
ma colla cappa ; e perchè il cardi-
nale tpiaudo è in cappa dicilur esse
in habilti regio, però gli si aggiunse
allora la mazza, acciò abbia il re
il suo scettro innanzi. Quando un
cardinale è in cappa preceduto dalla
mazza, tutti i gentiluomini e fami-
gliari che vanno innanzi, devono
andare col capo scoperto, il che non
sono tenuti fare quando il cardi-
nale è in rocchetto scoperto. Così
r Amati ; il Sestini poi dichiara che
la mazza di argento per riguardo
ai cardinali, non tanto è insegna
di dignità, quanto di preeminenza
e podestà. Il Lonigo delle Presti
purpuree, pag. 34, parlando della
mazza, tdìermando che sen^pre si do-
veva portare avanti al cardinale in
cappa, è di parere che non si dovesse
usare nei mattutini delle tenebre,
non facendosi in essi precedere il
Papa dalla croce. Avverte, che nelle
cavalcate, quando un cardinale solo,
o i cardinali collegialmente cavalca^
vano, absente Ponti/ice, si portava-
no le mazze elevale; presente il Papa
si tenevano abbassate. Ed inoltre,
che solevano i cardinali, quando
cavalcando si recavano colla mazza
iilzalu u nelle cUie&(ì o uui uulazzu
MAZ
apostolico, al loro ingresso calare
le mazze, né mai vi entravano con
esse per riverenza a Dio e al Papa.
Quanto al portare ia mazza a ro-
vescio anche nel venerdì santo, si
legge nel Lunadoro, edizione del
1646 posteriore al Lonigo, che ne
vigeva r uso. Anche per la morte
del Papa si solevano portare le
mazze ealate.
1 cardinali si facevano precedere
colla mazza d'argento anche nelle
solenni cavalcate, colle quali i Papi
si recavano alle cappelle dell' An-
nunziata, di s. Filippo, della Nati-
vità, di s. Garlo, e pel solenne pos-
sesso. La prima memoria che di
ciò si legge nella descrizione de' pos-
sessi, è del iSgo per quello di Gre-
gorio XIV, in cui si dice che dopo
i cavalleggieri, tuin valisarii et dein-
de clavigeri de' cardinali, cavalca-
vano: dodici cursori intorno al Papa
ainbulabant, clavani argenleani su-
per humeruni dexleruni tenentesj e
vicino al capitano degli svizzeri cam-
minavano i mazzieri. Nel possesso del
i5()i d'Innocenzo IX, per evitare
le dispute di precedenze , in prin-
cipio cavalcò il baronaggio romano:
sequebanlur valisarii cardinalium,
et apud eos clavigeri eorunidem,
claves non ertela s, sed dernissaSy
super equi ephippia portanles. In
quello di Clemente Vili del 1592,
dopo i cavalleggieri procedevano i
valigieri de' cardinali, i valigieri con
le mazze piegate sopra l' arcione,
ed i gentiluomini. In quello di Leo-
ne XI venivano in prima i guar-
daroba e mazzieri de' cardinali ,
tutti a cavallo con l' insegue di quel-
li, che cavalcavano con mazze di
argento, ed ascendevano ad ottanta.
Nel possesso di Paolo V seguivano
i cavalleggieri le valigie de' cardi-
nali, dipoi i mazzieri de' medesimi
M A Z
colle mazze abbassate, e posale sul-
J'. arcione del cavallo: intorno al
Papa procedevano lateralmente sei
coppie di cursori apostolici con ve-
sti paonazze e mazze d' argento sul-
le spalle. In quello di Gregorio XV,
valisarii cardinalium cum valì-
sih rubris pontifìcaUbus : mazze-
ra Clini tnozziis dimissif; ante ipsos.
In quello d'Innocenzo X,- valisarii
cum valisiis rubeis, claviseri cum
clavis dimis.sis dd. cardinalium
equilantes per ordineni : avanti la
lettiga pontificia, cursores Papae
cum clavis. In altra relazione si
legge : Hos cardinalium vesti arii
in equis sequebantur, quorum col-
la bulgis , phrj-gio opere , auro ,
argenloque elaboratis contraslave-
rant, tri ginta numero; tonsores (or-
dinariamente incombeva all'aiutan-
te di camera barbiere del cardinale
il portare la mazza ) totideni mi'
mero, qui clavas argenteas, miro
opere, artificioque perfectas, quas
suis dominis praeferunt, quuni sa-
cellum pontificium , vel consistorium
publice inlrant, vel aliuni aliqueni
in locum veniunt, ante pectus, de-
missas, equorumque Collis innixas
habebant. Nel possesso di Alessan-
dro VII del i655 : sequebantur
cardinalium hyppoperarii, ferentes
hulgas coccineas , phrygia acu auro
intertextas. Snccedebant clavarii ar-
genteas clavas eximio artis lenoci-
nio laboratas, bracteis aureis per-
liias, et cujusque cardinalis stem-
mntibus interstinctas , scilicet ani-
plissimae potesiatis insignia in sum-
mo ephìppiorum apice oslentantes .
In quello di Clemente IX, presso i
cavalleggieri venivano i valigieri
de' cardinali con superbissime vali-
gie ricamale d'oro di scarlatto, col-
le armi e imprese di essi, prece-
dendo per ordine del grado dei
M A Z 79
loro padroni. Indi i mazzieri dei
suddetti con mazze massiccie di ar-
gento dorato in varie e bellissime
forme: i dodici cursori con vesti
paonazze lunge, mazze di argento
e berrette in mano, incedevano
presso il Papa. Sempre e in tulli
i successivi possessi, incliisivamenle
a quello preso da Pio Vi nel 177^,
si legge che dopo i cavalleggieri,
il foriere e cavallerizzo del Papa,
cavalcavano a due a due i valigieii
o guardaroba de' cardinali con su-
perbe valigie di scarlatto rosso ri-
camate d'oro e d' argetilo, colle
loro armi, impiese e stemmi gen-
tilizi , procedendo secondo l'anzia-
nità de' loro padroni, incomincian-
do dai più antichi; col qual ordi-
ne cavalcavano appresso gli aiutan-
ti di camera mazzieri de' cardinali,
con mazze massiccie di aigenlo do-
rato di varie e nobilissime forme,
vagamente e diversamente figurate
ed istoriate con preziosi rilievi, or-
namenti e fregi, piegale sopra il
pomo dell' arcione della sella ; se-
guiti dai gentiluomini de' cardinali
riccamente vestili. I valigeri poi dei
cardinali, senza i mazzieri, inter-
venivano pure ad allie cavalcate,
come in quella del cappello cardi-
nalizio, ed in altre, come diciamo
a' loro luoghi.
Nel numero 4?^^^ ^'^l Diario di
Roma del 1748, si ha che il car-
dinal Nereo Corsini, nipote di Cle-
mente XII, fece lavorare una maz-
za cardinalizia d' argento dorato
con lapislazzoli ed altre pietre pre-
ziose, del peso di circa novantacin-
qne libbre, e la donò al cardinnl
duca di Yorck figlio di Giacomo
III, nell'anno precedente creato car-
dinale da Benedetto XIV. Nel nu-
mero 7704 del Diario 1766, si leg-
ge che il cardinal Giamballisla
3o INI A Z
RoverO arcivescovo di Torino, mo-
rendo lasciò la sua mazza cardina-
lizia a Carlo Emnianuele Ili re di
Sardegna, la collana dell' ordine
dell'Annunziata in brillanti al real
duca di Savoia, ed ai camerieri tut-
ta la guardaroba . Quanto alle
mazze delle chiese e delle m unici -
])alità, in diversi luoghi ne parlia-
mo, e solo qui accenneremo, che
Sisto V concesse alla basilica late-
laueuse quattro mazze d' argento,
al modo detto al voi. Xll, p. Sy
dei Dizionario. Abbiamo dal Theuli,
Teatro islorico di Velletri p. 25 1,
che la magistratura di quella città
ha l'uso della mazza cardinalizia,
che porta nelle solennità \\ maestro
di casa de' priori. Pio VI col bre-
ve Paterna, presso il Bull. Roni.
Continitatio t. IX, p. 34, del primo
giugno 1791 , concesse la mazza di
argento al magistrato d' Asisi. Ri-
poita il numero 4 ^^' Diario di
Roma 181 5, che Pio VII con bre-
ve dei 28 dicembre i8i4 concesse
al magistrato d' Anagni 1' uso- del-
l' ombrellino e del mazziere con
inazza d' argento, mentre esercita
le pubbliche funzioni.
MAZZARA o MARSALA [Maz-
zarien). Città con residenza vesco-
vile nel regno delle due Sicilie, nel-
la provincia di Valle minore di
Trapani, capoluogo di distretto e
di cantone, situata in una pianura
sulla riva sinistra ed all'imbocca-
tura del Salemi nel Mediterraneo,
25 miglia distante da Trapani e
82 da Girgenti. E jiosta sopra una
specie di penisola formata nell' e-
slremità dal Lilibeo, oggi Capo Bo-
to, la quale injpropriamente dicesi
promontorio, essendo piana ed uni-
ta la superficie di essa. La valle di
Mazzara, una delle tre antiche di-
visioni della Sicilia,, di cui compien-
MAZ
dova la parte occidentale, trasse il
nome da questa città : formò le
Provincie di Trapani e di Girgenti,
gran porzione di quella di Paler-
mo, e parte dell'altra di Caltani-
setta. Mazzara o Mazara o Marsa-
la, Mazanum o Mazaruni, è piazza
di guerra di quarta classe, e vedesi
cinta di buone mura, con una cit-
tadella forte, munita di quattro ba-
stioni : il suo circuito si estende qua-
si ad una lega. Bello è il suo aspetto,
dacché alle ampie strade corrispon-
dono adeqnatamente i pubblici e
privati edifizi; e soprattutto nelle
chiese sfoggia la splendidezza, e par-
ticolarmente merita menzione la
piazza del duomo. La sua cattedrale
è rimarchevole ed osservabile per
la sua cupola, per le molte vetu-
ste iscrizioni, e per tre antichi maun
solei. Vi sono in città diverse chiese,
conventi, un ospedale, e stabilimenti
benefìci. Il porto è grande e buo-
no, ma la rada non è difesa. Tra i
suoi prodotti è celebre il vino che
produce , dal suo nome chiamato
Mazzara, e più comunemente Mar-
sala, di cui se ne fa copiosissimo
smercio, per 1' uso di esso tanto di-
ramato : gl'inglesi lungo la riva del
mare di tale eccellente vino hanno
formato un ricco stabilimento, ove
lo depurano con poco spirilo. Fu
in questa città che • gli arabi pro-
venienti da Rhairvar nell' 826 o
827 sbarcarono per la prima volta
in Sicilia, e dopo la conquista di
Palermo stabilirono un dominio
che durò quasi tre secoli, finché
il normanno Ruggero conte di Ca-
labria e di Sicilia li cacciò dalla
Sicilia verso il loyS. Allora la cit-
tà fu munita di mura e difesa con
rocca. Quindi nel logS fu eretta
la cattedrale da Ruggero, nella qua-
le a lui i tnazzuresi innalzarono per
M A Z
gratitudine una statua di marmo,
anche per avere prescelto la città
a sua sovrana residenza. Mazzara
in seguito divenne marchesato. Dei
suoi uomini illustri il Pirro ne
tratta a pag. gc)4 e seg., incomin-
ciando dal p. Gio. Matteo gesuita
martirizzato nei Giappone nel i633;
t' da Enrico siciliano patriarca di
Antiochia, fatto cardinale del tito-
lo di s. Teodoro da Pasquale II.
In vicinanza si trovano gli ayanzi
dell' antica città di Lilìbeo, che i
cartaginesi fondarono, dopo che
Dionisio atterrò la preesistente Mo-
zia : Vedi Lilibea. L'antico porto
si vede attualmente riempito, e ma!
atto a ricever le navi : i romani
vi mantennero un questore, che si
disse Lilibetano, per la parte occi-
dentale della Sicilia. Quando i sa-
raceni distrussero Lilibeo impresero
a edificare Marsala, cui succedette
anco nella sede vescovile. Vi si veg-
gono il celebre pozzo e la grotta
della sibilla. Finissimo è il mar-
mo bianco che si trae dui suoi din-
torni : vi sono pure le saline ed
acque sulfuree, e conta più di
2 1,000 abitanti.
La sede vescovile in luogo di
quella antica di Lilibea o Lilibeo,
fu eretta nel secolo XI, ed il pri-
mo vescovo conosciuto è Stefano
de Fer o Ferro di Rouen, parente
del conte Ruggero che lo nominò, ed
Urbano li lo confermò e consagrò
suffraganeo di Palermo, come è
tuttora questa sede. Stefano viveva
nel logSj come rilevasi da Rocco
l'irroj Siciliae sacrae t. II, p. 9^45
Mazareiisis ecclesiae notiliae. Nel
1093 già esistevano le monache
benedettine di s. Michele, così nel
1 lOf i basilianì de' ss. Nicola e
Giovanni ; inoltre i basiliani ebbero
k celebre abbazia di s. Maria de
]M .\ 7. 3 r
Alto. Il secondo vescovo fu JJberto
o Oberlo del 11 44» ^ c"' ^^"88"^"
ro re di Sicilia confermò le dona-
zioni fatte a questa chiesa dal conte
di Calabria e Sicilia suo padre, in
un alle decime sul poi to e tonna-
ria. Gli successe Tustino o Trista-
no di Lilibeo del 1 iSy , che fu
carissimo e famigliare al re Gu-
glielmo li, ed intervenne alla co-
ronazione della regina Giovanna
sua moglie nel 1177, decorando
l'ambone della cattedrale con otto
colonne. Ne furono successori, nel
1182 Matteo, nel 1199 Trojano,
nel 1220 Giovanni I, Benvenuto l
del 1246, Luca del 1260, fr. Ni-
cola cistcrciense del 1268, Benve-
nuto Il del 1270, Giovanni II del
1274, Guglielmo del 1288, Gio-
HI Fulutum o Fulcum del i3oo,
Goffredo de Roncioni pisano del
i3o5, che consagrò la chiesa di
s. Maria Alcamitana de'domenicani;
fr. Pellegrino de Pactis > nobile
messinese e domenicano, che otten-
ne fossero devolute al vescovo le
cause degli ebrei di sua diocesi nel
i3i8, e battezzando nella cattedra-
le Ruggiero figlio di Federico II
e di Eleonora, ebbe dal re diversi
privilegi. Nel i327 divenne vesco-
vo fr. Pietro Rogano . domenicano
di Girgenti , cui successero: nel
i33r fr. Ferrario A bel lo dome-
nicano della Puglia, trasferito nel
i334 a Baicellona; nel i335 fr.
Ugo traslato da Trieste, che ap-
provò l'erezione dell'ospedale di s.
Caterina; Bernardo del i 34 3; Gu-
glielmo Il Monstrius, trasferito a
Messina; nel i353 fr. Gregorio;
nel 1362 Francesco I di Catania;
nel 1 363 fr. Ruggiero di Piazza
francescano, e nel 1370 già esiste-
vano i carmelitani: nel i375 fr.
Ffancesco li domenicano, confer-
32 MAZ
malo da Urbano VI; nel i Bg i
Francesco MI Vitale nobile paler-
mitano, nel quale anno ebbero ori-
gine gli eremitani rli s. Agostino
di s. Mfiria di Belvedere, e s. Gior-
gio, mentre nel i Sg^ le monache
di s. Chiara; nel ì^ì5 fr. Gio-
vanni IV Rosa de' minori, chiaro
in dottrina; nel i449 Nicolò V
fece vescovo il • celebre cardinal
Bessarione, designato dal re Alfon-
so. Gli successe nel i465 Giovan-
ni V Borghi siciliano, già dottore
in medicina; nel i468 fr. Paolo
Visconti o Bisconti palermitano ,
dell'ordine del Carmine, già confes-
sore di Nicolò V e di Paolo II, eru-
dito, eloquente, autore di varie ope-
re, poi trasferito a Palermo; nel
1470 Giovanni VI di Monteaper-
to, nobile e chiaro in ogni genere
di qualità, d'antica famiglia di Gir-
genti, sotto del quale nel 1476 s'
stabilirono i minori osservanti in
s. Maria di Gesù; riparò la catte-
drale, formò uria scelta biblioteca,
donò alla sua chiesa ricche suppel-
lettili, e pieno di virtù morì nel
i485, venendo sepolto in catte-
drale nella cappella di s. Maria del
Soccorso, da lui nobilmente orna-
ta ; Innocenzo Vili fece quindi
amministratore Giovanni VII Ca-
striota nobile napoletano, e nel 1496
furono introdotti gli agostiniani di
s. Maria del Soccorso; nel 1 5o4
Tenne destinato vescovo Giovanni
VIII Villamarino, di nobile stirpe,
^ma fu per la giovanile età, come
il precedente, fatto amministratore
da Giulio II nel 1^)04, ed a suo
tempo nel i5i5 ebbe principio il
convento del Rosario pei religiosi
domenicani. Gli successero nel iS'ìS
Giovanni IX d'Aragona, della no-
bile famiglia Noto napoletana ; nel
1 528 Agostino di Francesco nol>i-
M A Z
le napoletano; nel i^i"] Girolamo
1 di Francesco palermitano; nel
1 53 I Giovanni X Omodei nobile
palermitano de'baroni di Vallelon-
ga, di candidi costumi, parco nel
vivere, largo co'poveri e benefico
della cattedrale cui donò preziosi
arredi; nel i543 Girolamo II de
Terminis, nobilissimo palermitano,
con ritenzione del canonicato e de-
canato di quella cattedrale : in
morte fu sepolto in quella di Maz-
zara, nella cappella del ss. Croce-
fisso da lui ornata ; beneficò i po'
veri, l'ospedale, la cattedrale, e nel
casale Bissir riedificò il palazzo
de'vescovi, facendovi dipingere gli
stemmi de'suoi predecessori.
Pio IV elevò a questa sede Gia-
como Lomellini del Campo nobile
di Rodi, benemerita canonico del-
la cattedrale, eletto nel 1 562; Gio-
vanni XI Beltrano de Guevara no-
bile spagnuolo, per la promozione
del precedente alla sede di Paler-
mo nel 1572, fu nominato, ma in-
vece fu trasferito alla sede di Vi-
cenza, per cui nel i573 Antonia
Lombardo mazzarese ed arciprete
patrio occupò la sede di Mazza ra ;
nel 1575 celebrò il sinodo, ove fe-
ce descrivere tuttociò che riguar-
dava questa diocesi, abbellì la cat-
tedrale in più modi e colle pittu-
re dell'antico e nuovo Testamen-
to, e fu benemerito ancora col
monte di pietà e colla confraterni-
ta ed ospedale di s. Egidio. Tras-
ferito a Girgenli, nel i57g gli fu
sostituito Bernardo li Gasco di
Toledo, che nell'anno seguente e-
dificò il seminario, e presso la cat-
tedrale neir antico monastero di
s. Chiara costruì l'episcopio, essen-
do l'antico da essa distante e di-
ruto, e nell'aula maggiore vi fece
rappresentare gli stemmi, nomi e
MAZ
cognomi de' suoi predecessori; arric-
chì la catledrale di vasi d'argeiilo
e sagre Testi, e l'immagine antica
del Crocefisso la pose in luogo mi-
gliore alla venerazione de'fedeli; ri-
parò la torre campanaria, ed eres-
se una marmorea iscrizione sotto
la statua di Ruggiero per la villo-
ria riportata contro i saraceni, e
qual fondatore della cattedrale: nel
1 58o avea introdotto presso Maz-
zara in s. Martino i religiosi cap-
puccini. Luciano de Rossi di Patti
gli successe nel i58g degnamente
per le splendide doti di cui era
fornito, per aver frenato la licenza
de' chierici, difesa l'immunità ec-
clesiastica, perfezionato l'edifizio del
seminario con aumenti, ponendovi
pel [)rimo gli alunni ; alla catte-
drale donò molti sacri ornamenti,
trasferì in luogo migliore l' am-
bone, fece il fonte battesimale,
compi la cupola e l'organo inco-
minciati dal vescovo Tustino; ed il
sepolcro de' vescovi, che slava pres-
so l'altare di s. Agata, lo trasferì
presso la porta principale della cat-
tedrale. Presso r antico episcopio
costruì il luogo di s. Agata per le
povere donzelle , e rifece quello
dell'ospedale. Divenne vescovo nel
i6o4 Giovanni XII Ganti spa-
gnuolo traslato da Gaeta, e sotto
di lui incominciò la congregazione
de' filippini in s. Carlo; gli suc-
cesse nel i6o5 Marco La Cava pa-
lermitano lilibetano che fu con-
sagrato da Paolo V: benemerito
vescovo, ingrandì ed ornò l'episco-
pio, alla cattedrale fece doni e l'ab-
bellì colla spesa di sedicimila scu-
di ; celebrò il sinodo nel 1620 e
nel 1623, aumentò la mensa ca-
pitolare, e lasciò la sua eredità ai
poveri e luoghi pii. Nel i63i fu
■vescovo Francesco IV Sanchez de
vor xiiv.
M A Z 33
Villanova nobile spagnuolo, traslìe-
rito dall'arcivescovato di Taranto,
ritenendo il nome di arcivescovo :
sedò l'insurrezione del popolo con-
tro i civici magistrati, aumentò le
rendite del monte di pietà e
dell' ospedale , e pieno di meriti
fu trasferito al vescovato di Ca-
narie nel i635. Il cardinal Ciò.
Domenico Spinola fu nominalo nel
iGSy, che nobilitò l'episcopio, nel
1640 celebrò il sinodo diocesano,
fece splendidi doni alla sua chiesa, e
morendo nel 1646 in Mazzara, fu
sepolto in cattedrale nella cappel-
la di s. Gaetano. Con esso il Pir-
ro termina la serie de'vescovi di
Mazzara : i seguenti si leggono in
quella delle annuali Notizie di Ro-
ma. 1695 Bartolomeo Castelli tea-
tino di Palermo; 1731 fr. Ales-
sandro Caputo carmelitano di Ca-
tania, traslato da Tegaste in par-
tibiis ; 174^ Giuseppe Stella pa-
lermitano; 1759 Girolamo Paler-
mo teatino siracusano; 1766 Mi-
chele Scavo palermitano; i 772 Ugo-
ne Pape di Palermo; 1792 Ora-
zio della Torre palermitano; 1816
Emmanuele Custo palermitano. Gre-
gorio XVI nel concistoro de' 1 7
dicembre 1 832 dichiarò vescovo
fr. Luigi Scalabrini di Trapani,
priore generale de' carmelitani ; e
per sua morte in quello dei 20
gennaio i845 l'odierno monsignor
Antonio Salomone d'Avellino, già
in patria canonico teologo delia
cattedrale, nel seminario professore
di eloquenza e di teologia mora-
le e dogmatica, parroco, deputato
ecclesiastico, esaminatore pro-sino-
dale, ispettore delle pubbliche scuo-
le e convisitatore della diocesi, per
cui dal Pontefice ricevette partico-
lari dimostrazioni di distinta sti-
ma. Inoltre Gregorio XVI eresse
3
34 MAZ
in sede vescovile Trapani [l'tdi),
smembrandola da Mazzara cui ap-
parteneva.
Lfl cattedrale è dedicata alla
Trasfigurazione del Nostro Signore
Gesù Cristo, ha il fonte battesi-
male, con la cura amministrata da
due canonici, essendovi in venera-
zione le reliquie di s. Crescenzia,
e de' ss. Vito e Modesto, patroni
della città. Il capitolo si compone
di quattro dignità, cioè del canto-
re, ch'è la prima, dell'arcidiacono,
del decano e del tesoriere, di ven-
ti canonici, comprese le prebende
del teologo e del penitenziere, e di
altri preti e chierici addetti al ser-
vigio divino. In città avvi pure
un'altra chiesa parrocchiale, muni-
ta del battisterio, vi sono quattro
conventi di religiosi, tre monasteri
di monache, due conservatorii, al-
cune confraternite, ospedale e se-
minario. La diocesi è ampia, per-
chè contiene diverse città e luoghi.
Ogni nuovo vescovo è tassato nei
libri della camera apostolica in fio-
rini 200, corrispondenti alle ren-
dite della mensa, che ascendono a
seimila scudi, col peso di perpetua
pensione di scudi milleottocento a
iàvore del capitolo della patriar-
cale basilica di s. Maria Maggiore
di Roma.
MAZZA RINI Giulio, Cardinale.
Giulio Mazzarini nacque in Roma,
secondo le lettere di cittadinanza
a lui rilasciate, o secondo altri in
Piscina nell'Abruzzo, ove un suo
zio godeva un pingue benefizio; di
famiglia nobile secondo alcuni, e di
bassa nascita al dire di altri. Dopo
aver fatti con successo i primi suoi
Studi in Roma, si trasferì in Ixpa-
gna con Girolamo Colonna poi
cardinale, dove nell'accademia d'Al-
calà diedesi allo studio della giù-
MAZ
lisprudenza^ e fu pure allievo dei
gesuiti. Ritornato a Roma per di-
fendere il genitore imputato a tor-
to di omicidio, mentre il contesta-
bile Colonna per ordine pontificio
faceva reclute di soldati per la
Valtellina, Giulio ottenne il posto
di udiziale d'una compagnia di fan-
ti, e in tale occasione strinse ami-
cizia con Francesco Sacchetti com-
missario dell'esercito papale, il qua-
le nella sua assenza da Milano lo
sostituì in suo luogo nel governo
di quella città, presso di cui si
rese valentissimo nella politica, e
nella- cognizione degli affari e de-
gli interessi de'principi, essendo pro-
priamente nato per 1' arringo di-
plomatico. Avendo Urbano Vili
destinato legato a Intere il cardinal
Antonio Barberini suo nipote per
trattare la pace co'principi d'Italia
per la successione dei ducati diMan-
tova e Monferrato, si portò subito
a Bologna dal cardinale , e quindi
a Roma per informare il Pontefi-
ce intorno ai mezzi più acconci per
riuscire felicemente in quel rilevan-
te affare, e ciò fece con tal chia-
rezza e precisione, che si credette ne-
cessaria la di lui persona per con-
chiudere un negozio tanto grave
e delicato. In quest'occasione do-
vendo trattare con parecchi perso-
naggi , col re di Francia Luigi
XIII e col celebre cardinal Riche-
lieu suo primo ministro, ebbe lar-
go campo di far conoscere l'abili-
tà veramente singolare che avea nel
maneggiare i negozi i più ardui
ed intrigati. In tale circostanza
l'altezza del suo spirito, la profon-
dità di sua prudenza, l'amenità di
sua destrezza, la robusta sua elo-
quenza, talmente campeggiarono ,
che potè nel i63i farsi mediatore
della pace d'Italia in Cherasco, do-
M A Z M A Z 3fì
no la quale restituitosi in Roma isbalzarnelo , quantunque indarno,
fu provveduto di un canonicato essendo sommamente caro ed ac-
iiella basilica Latcranense , e ain- celto non meno alla regina che al
messo nella corte del cardinal Bar- re Luigi XIV. Nulladimeno di sua
bcrini vice-cancelliere, colla carica propria volontà, per dare alcuna
di vice somroista, e fatto uditore soddisfazione, per breve tratto di
della legazione d'Avignone, poscia tempo, cedendo al furore contro
nunzio straordinario al re di Fran- di lui suscitatosi, divise le attribu-
cia. Due anni si trattenne in Pari- zioni della carica, e portossi inoltre
gi, nel qual tempo si guadagnò la fuori di Francia, nel quale inter-
grazia non meno del cardinal Ri- vallo di tempo più volle fu sen
clielieu, che del sovrano, il quale teuziato a morte, e promesso pub-
non isdegnò di onorare di sua vi- blico premio a chi lo avesse ucci-
sila il nunzio infermo, mentre il so , e la magnifica biblioteca da
cardinale si tratteneva con lui in se- lui formata venne esposta all' in-
greti colloqui, prolungali talvolta ad canto. Non essendo ancora passa-
otto intere ore. Non avendo intanto lo un anno da tante vicende, ve-
il Papa potuto ottenere per mez- nendo nel i655 richiamato, tornò
zo del Mazzarini ciò che desiderava, più possente in corte, e con mag-
io richiamò dalla nunziatura, e de- gior auge riassunse 1' interrotto
slinatolo nel i634 vicelegato di ministero; finche stabilita la pace
Avignone, dopo sei mesi l'obbligò fra la Francia e gli spagnuo-
a tornare in Roma, donde dal re li , ed uniti i due sovrani a
di Francia .venne chiamato alla mezzo di un matrimonio, si ap-
sua corte, ed in seguito, ad istanza prossimo al termine de' suoi gior-
del medesimo, Urbano Vili nel ni. Trovandosi vicino alla mor-
luglio o dicembre i64« lo creò te, contribuì del suo duecentomila
cardinale prete. Morto poco dopo scudi per la guerra che Alessandro
il cardinale di Richelieu, fu sosti- VII apparecchiava contro il turco,
tuilo in luogo di lui nella carica e fondò in Parigi una magnifica
di primo ministro, nominato al ve- biblioteca a vantaggio del pubblico,
scovato di Metz, arricchito di mol- Resfainò in Roma dai fondamenti
te e pingui abbazie, ed eletto da la chiesa de' ss. Vincenzo ed Ana-
Luigi XIII compare nel battesimo slasio a Trevi, un tempo sua par-
dei delfino, che fu poi Luigi XIV, rocchia ; fece acquisto di un son-
e per testamento regio dichiarato tuoso palazzo sul Quirinale , per
aiutante e consigliere della tutrice settantamila scudi, e maritò le sue
regina. Quali e quanto grandi co- nipoti Mancini in famiglie princi-
se egli facesse in quel carico sono pesche. Finalmente nel 1661 a' 9
a tutti palesi, e le principali no- marzo, in età di 59 anni non com-
tammo all'articolo Francia ed al- pitij e 20 di cardinalato, dopo a-
trove. Non fu egli né poteva esse- ver amministrato per lo spazio di
re al coperto dell' invidia , come 19 anni la monarchia francese, com-
quello che per essere forestiero, pi gloriosamente nel ritiro della
\eniva con mal occhio riguardato casa reale del Bosco di Vincennes
in così alto grado di potenza, né il corso di sua vita mortale, ma in
lasciato fu di tentare ogni via per odio alla nazione francese, quanlun-
36 MAZ
que niuno più di lui l'avesse be-
iiificala, lasciando il regno in seno
ad una tranquilla ed opulenta pa-
ce, depressi gli ugonotti, purgati i
mali umori de' grandi, accresciufi
e dilatati i confini della monarchia.
Non mancò il re durante la ma-
lattia di onorarlo di sue visite, a cui
il cardinale consegnò entro uno
scrigno preziose gioie per memoria
ed importanti scritture per gover-
no ; supplicandolo a volersi degna-
re di ricevere in dono tutti i suoi
beni, che ricavati dal regio patri-
monio voleva che vi ritornassero ;
ma la generosità del re non vi ac-
consentì, lasciando in libertà il car-
dinale di disporne liberamente. Ri-
flettendo in quell' estremo passo,
che la passione avealo portato fuo-
ri de' sensi sul rispetto dovuto ad
Alessandro VII, dovendo risponde-
re ad una richiesta fattagli dal nun-
zio per soccorso della guerra di
Candia, volle egli stesso scrivere al
Papa, con quell' ossequio e vene-
razione che si deve al capo visibile
della Chiesa cattolica. Il cadavere
ebbe sepoltura nella chiesa del col-
legio detto Mazzarino, o sia delle
quattro nazioni, da lui fondato in
Parigi. L' Oldoino lo dice uomo
ammirabile per la grandezza d'ani-
mo, per munificenza, per impertur-
babilità e fermezza nelle avversità
come nella gloria, di carattere dol-
ce ed affabile, di finissima politica
e destrezza felice nel maneggio dei
più ardui affari, onde prende posto
tra i più famosi ministri diploma-
tici. Si calcola che la sua eredi-
tà ascendesse a trentasei milioni di
franchi, che altri chiamano scudi.
La vita di questo celebre personag-
gio, oltre quanto diremo all'artico-
lo BicHELiEU, fu scritta in latino da
JVicolò Charpy di s. Croce, e stam-
MAZ
pata in Parigi nel i658; in fran-
cese dall'avv. Aubeiy, che la pub-
blicò in Rotterdam nel 169^; e
dal conte Galeazzo Gualdo Priora-
to, che la divulgò in Amsterdam
nel 167 1, dopo essere stata slatn-
pata in Colonia nel 1669, la qua-
le fu tradotta in italiano, e pub-
blicata in Venezia nel 1678 e nel
1713. La scrisse ancora in italia-
no Alfonso Paioli, e fu impressa in
Venezia e Bologna nel 1675. Nel-
la biblioteca Angelica di Roma,
nelle miscellanee si trova una rac-
colta di memorie per scrivere la
vita di questo sommo ministro.
MA ZZA RI NI Michele, Cardinale.
Michele Mazzarini romano, fratello
precedente, vestì l'abito di s. Do-
menico in Roma nel convento di
s. Maria sopra Minerva d'anni i5.-
Compiti con successo i suoi studi
in Bologna, insegnò nelle cattedre
del suo ordine. Nicolò Ridolfi ge-
nerale de' domenicani gli addossò
una delicata commissione in Vene-
zia, che tratta da lui a buon fine,
gli meritò le lodi del proprio su-
periore, indi fu fatto provinciale
prima della provincia di Puglia, poi
della Romana. Urbano Vili nel-
l'ottobre 1642 lo stabilì vicario ge-
nerale dell' ordine, ed in un capi-
tolo generale tenutosi a Genova, a
cui egli presiedè, fu eletto a riem-
pire il posto di Ridolfi. Se non che
mostratisi alla sua elezione contra-
ri gli spagnuoli, i fiamminghi ed
i tedeschi, i quali elessero contem-
poraneamente il p. Tommaso di
Roccamara aragonese, distinto non
meno per la nascita, che per me-
riti, credè bene il Mazzarini di ri-
nunziare al suo diritto, a fine di ri-
parare ad uno scisma che stava
per formarsi. Allora Uibano Vili
lo dichiarò maestro del sacro pa-
MAZ MAZ 3f
lazzo apostolico, ed ebbe fine In qnali sono regolati dai maestri del-
conlrovtTSÌa> Innocenzo X nel i64> 'e ceremonie pontificie, esercitan-
■ per nooiina del re di Francia Io do quegli uffizi cbe notammo in
promosse all'arcivescovato d' Aix , diversi articoli, massime a Cappel-
iK'l quale passali due anni tornò in le Pontificie , ove principalmen-
Tioma, per trattare in apparenza te dicerpmo, che due di essi stan-
alcuni all'ari a nome del re presso no presso l'ingresso della quadra-
hì santa Sede, ma in sostanza per- tura de'banchi o presbiterio della
cbè non confacendosi egli ai costu- stessa cappella, alla custodia della
mi ed alle maniere de'lrancesi, ren- porla di noce della cancellata, che
tU'vasi loro pesante ed- iusolhibile. chitidono durante i discorsi che
Finalmente ad istanza de' re di ivi si pronunziano, non lasciando-
Francia e di Polonia, a' 7 ottobre ^'i entrare alcuno (prima tanto
j647 Innocenzo X lo creò cardi- (juesfa porta, quanto quella dei-
naie prete del titolo di s. Cecilia, la camera de' paramenti essendo
Fatto in appresso viceré di Cata- chiuse, i mazzieri aprivano intiera-
logna, non incontrò la soddisfazio- mente la prima pei cardinali , la
ne del popolo, né quella de' gran- seconda solo per metà ai car-
di, sebbene senza sufficiente motivo, dinali ed ambasciatori, ma tut-
poichè il Fontana scrive che con- ta ai parenti e .nipoti del Pa-
dottosi in Barcellona governò quei pa), sempre colle mazze di ar-
jmpoli con religiosa pietà e molta genio alzate e inalberate sulla spal-
cortesia, distribuendo largamente la destra e sostenute • colla mano
lin)osine, e guadagnatosi il loro a- dritta, e quando le portano calate
more, pel clima fu costretto recarsi le pongono sotto il braccio sinistro,
in Parigi, e col regio favore in Rp- tranne il tempo che trascorre dalla
ina , col carattere di ambasciato- leposizione del sepolcro nel giovedì
re. Ivi morì nella robusta età di santo, al Gloria in excelsis Deo
43 anni nel 1648, e fu sepolto con nel sabbato santo (in cui accom-
nobile epitaffio nella chiesa di s. pagnano il diacono che canta Lu-
Maria sopra Minerva, a cui lasciò nien Chrisd'j, e quello della morte
a titolo di legato un anello del va- del Pontefice, sue funzioni, cioè tras-
loie di scudi tremila . Ebbe lode porto del cadavere in s. Pietro,
di giusto, moderato, di carattere dopo la prima congregazione gene-
dolce, amico sincero e generoso ; raie, e novendiali funerali, ne' cui
p(MÒ non avea ne le doli, né i difet- ultimi tre giorni accompagnano la
ti del fralello. II rigido Amidenio croce e i cardinali che fanno le
maltrattò la memoria di questo solenni assoluzioni, portando in ta-
cardinale, come di aìtii. li ciicostanze le mazze a rovescio
MAZZIERI DEL PAPA, 3Jaz- in segno di duolo. Nel giorno del-
zerii Papae, Servientes anuorum. l'entrata in conclave, cioè la raat-
Anticbissimi famigliari pontificii, che tina, assistono alla messa dello Spi-,
compongono un collegio composto rito Santo, ed il giorno dell' in-
di serventi e soprannumeri, i quali gresso in numero di quattro assisto-
intervengono alle funzioni che ce- no il sacro collegio. Nel voi. Vili,
lebra ed assiste il Papa, ed il sa- p. 187 del Dizionario si disse co-
cro collegio in sede vacante, nelle me accompagnano i cadaveri dei
38 M A Z
Papi dal Quirinale al Valicano.
Ora è andato in disuso che i maz-
zieri nella morte dei Pontefici in-
«iussino vesti lugubri ; non ostante
a titolo di scorruccìo e lutto han-
no per compenso scudi 221 e bai.
6t>, valore di canne 70 di panno
nero di terza qualità. Accompagna-
ne il Papa nel possesso, e quando
procede in sedia gestatoria lateral-
mente Ira le guardie nobili e gli
svizzeri in due ale, nelle processio-
ni principalmente per l'apertura
dell' anno santo, della canonizza-
zione, e in quella del Corpus Do-
mini si solenne che dell'ottava; non
che in numero di quattro quan-
do nel venerdì santo (talvolta in-
tervennero pure ne' venerdì di mar-
zo per lo stesso oggetto ) si reca
a venerare le reliquie maggiori nel-
la basilica vaticana; quando fa l'as-
soluzione ne' funerali de' cardinali,
e nelle altre circostanze notate ai
loro luoghi, essendo anche a loro
alfidata la custodia del Papa. Sos-
tengono le aste del pontificio Btil-
(lacchino (F^edi), nelle processioni
e benedizioni, per consegnarle e poi
riceverle dai rispettivi personaggi
che le devono portare, e supplendo
alla mancanza di essi. Tutti i maz-
zieri, dopo i maestri ostiari, e pre-
ceduti dal loro decano, per anzia-
nità si recano al trono per riceve-
re dal Papa le candele, le ceneri,
le palme e gli Agnus Dei bene-
detti, quindi si schierano nel lato
destro del medesimo, mentre tali
cose si ricevono dai forestieri : nel
■venerdì santo vanno all'adorazione
della croce . Accompagnano dalla
credenza ai gradini del soglio i
personaggi che portano a lavare le
inani al Pontefice, ed il sagrista
nelle sue funzioni di cappella, assi-
sletjdo perciò alle rispettive credeu-
MAZ
ze; quelli che nella sua coiona-
zione e possesso si recano a reci-
tare le laudi; il suddiacono apo-
stolico quando si reca a prende-
re gli Agnus Dei benedetti; quelli
che presentano i pallii per la be-
nedizione; i deputati che nelle ca-
nonizzazioni fanno le obblazioni ; il
chierico di camera collo stocco e
berrettone benedetti, che sostiene
il mazziere in suo aiuto a cor-
nu epistolae dell'altare; i cardinali
ne' concistori pubblici, quando si
portano a prendere i nuovi colle-
ghi per ricevere il cappello; ed il
sacro collegio pel canto del Te
Deuni^ custodendo 1' ingresso del
quadrato dell'aula concistoriale, lo
che pur fanno ne' concistori semi-
pubblici per la dichiarazione dei
santi nuovi. Intervengono alla con-
sagrazione de' vescovi; li precedo-
no nella processione che si fa per
la chiesa e alla lavanda , genu-
flessi gli presentano lo asciugama-
ni, per cui hanno alcune candele,
e bai. 37 f;2; ed in sede vacante
alla processione del Corpus Domi-
ni della basilica vaticana , avanti
ed intorno al ss. Sagramento.
Sino agli ultimi tempi, un mazzie-
re, accompagnato da un palafreniere
pontifìcio, presentava in un bacile
d'argento al cardinale che avea
cantato la messa in cappella, la
torta o pizza fatta nella cucina
della foresteria pontificia, dicendo-
gli ; Nostro Signore manda a vo-
stra eminenza la solita colazione,
prò tnissa bene cantata, e riceveva-
no uno scudo d'oro (e due se era
messa novella, come quando un car-
dinal diacono cantava la prima vol-
ta l'evangelio) dal maestro di casa ;
queste torte non si presentavano ai
patriarchi, arcivescovi e vescovi che
aveauo celebrato nella medesima
MAZ
cappella. Quando il Papa celebra-
va «olenneinente, presentavano due
torte, uuu ai cardìnule assistente,
l'altra al cardinal che cantava l'evan-
gelio, dicendo nel presentarle, che
Nostro Signore mandava loro la so-
lila colazione per l'assistenza fattagli
nella messa o per aver cantato l'e-
vangelio. Intervenivano a tutte le
pontificie cavalcate solenni, e due
o quattro di essi cavalcavano in
quelle colle quali i cardinali anda-
v.ino a prendere il cappello rosso,
couie intervenivano alle cavalcale
dei cardinali cui spetta questa di-
stinzione, ricevendo dagli eredi due
ducati d'oro con due candele d'una
libbra di cera; ed a quelle pei so-
vrani e sovrane che muoiono in
Boma, come per ultimo fecero nel
1819; anzi cavalcarono pure nei
funerali de'piincipi (nn esempio si
può vedere nel principe Savelli am-
basciatore imperiale e maresciallo
del conclave, riportato nel volume
XXVIII, p. 62 del Dizionario). In-
oitre avevano luogo nelle cavalca-
te, e poscia ai concistori pel rice-
vimento de' sovrani, principi e am-
basciatori di obbedienza ( ne' quali
avevano una regalia); ed allorché
il Mag^tordomo, da cui dipendo-
no, incontrava gli ambasciatori, due
mazzieri lo accompagnavano; tutto-
ra lo accompagnano nella visita che
fa pei luoghi ove passa la proces-
sione del Corpus Domini, nel dì
precedente. In occasione che i Pa-
pi pranzaiono in pubblico, con car-
dinali, principi reali, ed ambascia-
tori, due mazzieri colla mazza in
ispalla accompagnavano lo scalco,
ed altrettanti il coppiere pontificio;
questo accompagno avea pur luo-
go pei nove giorni delti nuziali,
dopo l'elezione del nuovo Papa, la
qtiale appena seguila, i mazzieri re-
MAZ 39
oavansi alla porta principale del con-
clave, quindi quattro di essi col
loro siniscatea trovavansi in anti-
camera per accompagnare all'ora
del pranzo lo scalco e il coppiere
coi servizi alla mensa del Papa, e
restavano sino all'ultima lavanda
delle mani. Prima assistevano alle
porte della camera de' paramenti,
de'concistori segreti, e (tuttora uno
assiste per quelli in cui si creano
cardinali ), delle congregazioni della
segnatura di grazia, e dell'udien-
za pubblica: però assistono tuttora
alia camera de' paramenti dove si
veste pontificalmente il Papa.
L'abito antico dei mazzieri ponti-
fìcii, ecco come lo descrive \\ p. Bo-
nanni, nella sua Gerarchia a p. 4^<>»
producendone la figura. » Sopra il
consueto abito nero portano un gia-
co (arme da dosso fatta di maglia
di ferro o di fil d'ottone concate-
nale insieme : così il Diz. della
lingua itai, in latino lorica, ihorax
e niaculis ferreis ) di maglia di
ferro sopi'a il petto ( e perciò det-
to anche tramaglio, specie di rete),
e poi soprappongono una soprana
lunga sino al ginocchio di panno
paonazzo con trine di velluto nero
guarnito a due fascie con trina di
seta attorno, e in mano tengono
una mazza di argento lunga tre
palmi circa: anticamente la detta
mazza era di ferro [clava, cucu-
ma), e cingevano uno slortino (pic-
cola scimitarra o squarcina), che
ora non usano ( pubblicò 1' opera
nel 1720)". Si deve notare, che
in detta figura non si vede il gia-
co, bensì il sotto abito néro, cioè
corpetto, gonnella corta, calzoni, cal-
ze, scarpe con fibbie, e collare di
tela bianca increspato. Noteremo
che i tempi in cui i sergenti d'ar-
me detti manieri portavano lo
4o MAZ
stortine ed il tramaglio di ferro
al petto erano i seguenti. Per l'ac-
compagno dello stocco e berretto-
ne, nelle cavalcate del Papa e per
suo servigio, per l'assistenza alle
lavande delle mani del Pontefice,
per le funzioni del giovedì sauto
mattina, nella mattina del sabbato
santo, in quella di Pasqua, del
Corpus Domini, quando il Papa
celebrava messa pontificalmente, per
le canonizzazioni, quando il Papa
mangiava in pubblico, e quando
apriva e serrava la porta santa. Il
Cancellieri, Storia de' possessi pag.
142, parlando de* mazzieri, dice che
» ora (stampò il libro nel 1802)
vanno vestiti in abito e in giaco
ossia collare di maglia di ferro so-
pra il petto, con soprana lunga fi-
no al ginocchio di panno paonaz-
zo, e con trine di velluto nero
guarnito a due fascie con trina
di seta attorno, e colle mazze di
argento in mano lunghe tre pal-
mi, collo slemma del Pontefice ".
Ecco come si descrive l'abito nel
libro delle costituzioni del collegio.
'» Cappotto di panno cremesino pao-
nazzo sino al ginocchio, con mani-
che da pendere larghe due terzi
di palmo, e lunghe al par del me-
desimo, listato di velluto nero guar-
nito a due fascie con trina di seta
attorno, e mostie davanti di raso
nero ed al bavaro ; con mazza di
argento, con tramaglio di ferro al
petto, e stortino da portarsi al fian-
co ".
L'odierno abito è quello ripro-
dotto dall' inesalto e poco criti-
co Falaschi, che si può dire ri-
stampò il Bonanni collo stesso ti-
tolo di Gerarchia eccL, a p. i47-
Consiste dunque l'abito de' mazzie-
ri, in sott'abito e vestilo nero con
fibbie alle scarpe; collare con nier-
MAZ
letto, spada al fianco con guardia
o elsa d'acciaro, e soprana paonaz-
za ( poco più lunga delle boeniie
degli scopatori secreti descritte nel
voi. XXIII, p. 120 del Dizionario),
con finte maniche pendenti, di saia
o panno trinata come sopra, con
mazza d'argento lavorata di ornali,
e nella sommità lo stemma del
Pontefice che li nominò a mezzo
di monsignor maggiordomo, o sot-
to il quale acquistarono dalla date-
ria o dal proprietario il vacabile
del mazzierato. A tempo di Sisto
V, i mazzierati vacabili erano ven-
ticinque. Il Lunadoro, edizione del
1646, Relazione della carie di Ro-
ma p. 16 e 392, dice che allora
i mazzieri erano dodici, offici ve-
nali che si pagavano ciascuno scti-
di seicento circa, e frullavano cin-
quanta scudi all'anno; e che dal
palazzo apostolico aveano la parte,
e giuli trenlaquattro il mese per
uno. Ne' iHioli palatini da Giulio III
fino a noi, che leggemmo, e diversi
ne riportammo all'articolo Famiglia
PoiTTiFiciA, trovasi che i mazzieri
aveano la parte di pane , vino e
altro, non che la detta somma per
companatico. Al presente i mazzie-
ri ne' ruoli palatini, e sotto la ca-
tegoria di offiziali di dateria, col-
la qualifica di mazzieri di guar-
dia, haimo mensili scudi selle e
bai. 42- Nella categoria poi del ve-
stiario, si dice: al collegio de' maz-
zieri si passano ogni anno per com-
penso di vestiario, per il servigio
che prestano nelle cappelle, scudi
trecentododici da dividersi tra gli
esercenti. Nella distribuzione annua-
le e pel possesso, delle medaglie di
argento, il maggiordomo dà una
medaglia a ciascuno de' mazzieri ef-
fettivi e soprannumerari ; anzi pel
possesso i mazzieri ricevono dal
MAZ
paln/.io apostolico o dal lesorieie
a titolo di vestiario un compenso
per rinnovarlo ; e nell'ultimo pre-
so dal Papa regnante nel novem-
bre 1846 il collettore del collegio
el>be da monsignor tesoriere scudi
duecentodieci ad effetto di ripnr-
tirli ai quindici mazzieri effettivi
ed esercenti in ragione di scudi
quattordici per cadauno accordali
dal Pontefice. Wèlla creazione dei
cardinali nuovi hanno scudi 27 e
bai. 25; ne' loro funerali dieci lib-
bre di cera, e i35 in quelli dei
Papi. Inoltre il sacro collegio dei
cardinali ogni anno per Natale dà
ili mazzieri scudi 26, i quali nel-
l'ultima canonizzazione n'ebbero 5o.
Il citato p. Bonanni cap. CXIV,
Della mazza e ofjìzio de! mazzieri
l>Gnlificii, dice quanto riportiamo.
Tia quelli che formano la corte
pontificia sonovi i mazzieri, l'ori-
gine de' quali, come si ha dalle
memorie conservate nel loro ar-
chivio, è riconosciuta nel tempo di
Costantino imperatore, il quale asse-
gnò una squadra di venticinque uo-
mini armati al Papa s. Silvestro I,
acciocché sempre s'impiegassero nel-
la custodia di esso, e fossero indi-
zio della dignità pontificia. Si con-
ferma tale concessione dal Bulen-
gero nel lib. i, cap. 16, De vesti-
bus Ponli/icis, ove riferisce la do-
nazione di quel pio imperatore,
e con queste parole : Conferenles
edam iwperìalia sceplra sunul, et
cuncta signa, atnue baniia, et di-
versa ornamenta imperialia. Tia
gli ornamenti imperiali fu sempre
lo scettro, o verga o Mazza ( P'e-
di), che solevasi portare dai mini-
stri imperiali e regi, (jualunque vol-
ta in pubblico precedevano al lo-
ro soviano. Riferisce Plutarco, che
Romolo primo re e fondatore di
IVI A Z 4 «
Uoma, ad imitazione de' re elru-
i>chì aveva dodici ministri, i quali
armati di bastoni lo precedevano
in abito talare. Così da Giulio Ce-
sare dittatore, sino a Costantino,
fu mantenuta tale usanza, e da
Costantino, secondo la comune opi-
nione, furono assegnati venticinque
uouìini a s. Silvestro 1 e suoi suc-
cessori, acciò precedendo ai me-
desimi, non solamente servissero
di difesa delle loro sacre persone,
ma fossero indicativi della digni-
tà pontificia , che sino n quel
tempo era stata vilipesa, segno al-
le persecuzioni e non venerata co-
me si doveva. Soggiunge il p. Bo-
nanni, essere questa 1' origine dei
mazzieri pontificii, e in conseguen-
za è uno de' più antichi uffici del
palazzo apostolico, come lo persua-
de l'antica e costante tradizione, e
le memorie che si conservano nel
suddetto archivio. Sono (allora cioè)
in numero di ventiquattro, e nelle
bolle pontificie vengono distinti col
nome di collegio de' mazzieri. Nel
cerimoniale di Cristoforo Marcello
(ossia del Patrizi) dedicato a Leo-
ne X, si chiamano servientes ar-
vioriim. Prima del i432 (anzi nel
1437) ebbe questo collegio alcuni
statuti, che in tale anno confermò
in Bologna Bugenio IV, e poiché
col decorso del tempo si variaiono,
furono stabilite alcune l'egole nel
1617 a' 12 gennaio avanti l'udito-
re (Ercole Vaccario) del cardinale
Pietro Aldobrandini camerlengo di
s. Chiesa, che ora si osservano nel-
le funzioni nelle quali intervengo-
no. (Noteremo che nell'archivio del
collegio si custodisce il libro delle
costituzioni confermate nel 1677
sotto Innocenzo XI, scritto in per-
gamena con lo slemma del colle-
gio, consistente in una targa soste-
42 M A Z
iiiiin da un'aquila coionata, aven-
te in ciunpo d'argento, legale con
nastro rosso ed incrociate, una maz-
za ed una sciabola: il libro porla
questo titolo: Conxtìluzioni della
compagina de sergenti d'arme det-
ti mazzieri del palazzo apostolico,
confermate l'anno 1677). ^^^ i365
essendo in Avignone Urbano V,
nata controversia tra i uiazzieri ed
i custodi della porta ferrea ( dei
quali parliamo all'articolo Maestbi
osTiARi) circa il portare le armi,
come insegna deil'offizio loro, il
J'apa con bolla de' 27 maggio de-
terminò che i mazzieri nell'attuale
servizio del Papa e della sede va-
cante del sacro collegio, fossero te-
nuli portare mazze o clave di qual-
sivoglia forma e lunghezza, ma non
essendo in attualità di servigio non
j)<)lessero portarle, imponendo pene
ni trasgressori; e che i portinari
minori della porta ferrea in servi-
gio e nelle cavalcate, procedendo
però a piedi, portassero la mazza
in mano o asta di legno, nel cui
capo fosse il ferro tondo e non
quadrato o dentato, e nel piede
del bastone una verghelta di ar-
gento di tre dita, siccome in capo
vicino al ferro un' altra verghelta
simile, e che la detta verga o ba-
stone non passasse la* lunghezza di
due palmi, e che non fosse abbel-
lita di pitture o altro ornamento,
eccetto che nel fondo, ove dovesse-
ro essere le armi della Chiesa o del
Papa. Della diversità della mazza
de' Cursori apostolici [Fedi) , da
quella de'mazzieri, e stabilita dallo
stesso Urbano V, lo dicemmo a
quell'articolo.
11 p. Mabillon, Musei italici t. Il,
p. 280, riportando l'ordine romano
XIV, e parlando della coronazione
del Papa, dice deil'offizio de' raaz-
MAZ
zieri. » Servientes albi erunt pa-
rati ad dextrandum equum, et ad
portandum soleclum et calcaria,
capellum et cappam contra aquam
ne pluat, et mitrate. Item servientes
nigri poitabunt capellatn , capitia,
faldistoria, scabella et alia consue-
ta, (|uando dominus Papa vadit
cantare in solemnibus festis. Item
micam de Iribus panibus. lieta
quatuor incisoria de pane in una
tobalea prò manibus lavandis. Item
de aqua frigida et calida prò ma-
nibus lavandis. Item portabunt in
ecclesia locum ubi se debet induere
et locum post altare, ubi debet se-
dere: et fajdistoriura erit paratura
ante altare, in quo incumbat cum
fiet litania. Item in ecclesia para-
bitur locus ad sedendum ubi fiet
presbyteriuinj et ubi erit faldisto-
ri um ad sedendum. Item subdia-
coni domini Papae, tam capellani,
quam alii, sint induli tunicellis, et
serviant et cantent laudescum prio-
re diaconorum cardinalium, et fa-
ciant servitia, quae erunt eis in-
juncta; et habeant equos, et ve-
nianl eques cum processione cum
Papa; et unus eorum sit paratus
ad portandum crucem, alius ad fa-
ciendum liìaniam, et lertius ad
serviendum de tobalea, et diaconus
qui cantavit epistolam, in processio-
ne portabit librum evangeliornm,
et prior eorum portabit palliuui
super altare tempore debito ". Di
questi ufìizi, come abbiamo dello
di sopra, sono restati solo l'assi-
stenza della lavanda delle mani del
Papa, e queila del canto delle lau-
di. Il medesimo p. Mabillon nel-
r ordme romano XV, parlando a
pag. 476 della processione delle
palme, dei servientes armorum, si
legge. >' Deinde movetur processio,
et graditur, et primo servientes aV'
MAZ
morum cum virgis suis anle sub-
cliuconum bajulantein criicem " .
Donde si rileva il loro accompa-
gnamento nelle processioni: in det-
ti ordini del cardinal Jacopo Gae-
ta ni e di Pietro Amelio, si ricor-
dano le verghe o mazze che por-
tavano. Il p. Gattico, y4cla caerem,
t. I, p. 167, riportando il cerimo-
niale de' Papi quando uscivano o
entravano nelle città, dice che do-
po i palafrenieri del Papa, proce-
tleva umis strvientes armoruni cum
iimbraculo, et habel duos, vcl tres
jiivanles eum j indi veniva il sud-
diacono colla croce, mentre ciirso-
res dthent stare juxta equum Pa-
pae.
Il Garampi, Osservazioni delle
monete pontifìcie, riportando a p.
i5 dell'appendice un documento
del iSaS, in cui Bernardo ser-
^•iente armorimi fece da testimonio,
illustra tale uffizio con osservare
che due furono nel secolo XIll le
ipecie de' famigliari domestici del
l'apa, delti con generale vocabolo
servìentes; perchè altri di essi era-
no detti albi e altri ni^ri, foise
dalla varietà delle divise che por-
tavano. A tutti fu ingiunto nel
1275, ul habeant arma et super
insìgnia partila ad honorem et ser-
i'itiuni domini Papae : lib. instr.
r.assi not. Cam. apost. p. 75. Nei
ruoli di Clemente V (in quello
del 1277 di iNicolò III che ripro-
ducemmo al citalo articolo Fjìmi-
GLIA Pontificia, sono registrati di-
versi chiamati marestalla alba e
marestalla nigra ) del 1 809, leg-
gonsi servientes armati , de' quali
(iregorio XI ne tenne fino a cin«
quanta; ma Eugenio IV nel i439
Il fissò al solo numei'o di venti,
come si ha dal Regesto di Nico-
lo V di lui successore. Da una
M A Z 43
bolla di Urbano V del i365, ri-
leva il Garampi ch'essi erano detti
anche mazerii, perchè portavano
una clava o mazza con vari anelli,
diversa però da quella degli ostia-
ri e dei portieri. Aggiunge anch'e-
gli, che Eugenio IV nel i436 con-
fermò gli statuti servìenlium armo-
rum, i quali dovevanoy<3ce/'e guar-
diam et sodare dominuni Papam
ah ostia camerae paramenti liscine
ad capellam, ubi audii missani in
canili j e ciascuno di essi doveva
avere mazam suam propriam. 11
cerimoniere Paride de Grassis li
chiamò promiscuamente Mazzieri
o Lictores , scrivendo che prima
di Sisto IV del 1472, assistevano
alla cappella pontificia armati di
corazza e di gorgiera (armatura
che arma la gola), ma che poi in-
liod ussero di portare per lo più lu
sola mazza ch'era d'argento, come
si legge in un mss. Vaticano.
Negli Aichialri pontip'cii dei Ma-
rini, ripiodncendosi un documento
del 1278 de' famigliari di Nicolò
HI, t. II, p. 7 e i4, sono enu-
merati 0mnìbus servientibiis albis
et nigris, i quali nel ruolo erana
da cinquanta. Altre notizie di loro
ci dà nel toro. Ij p. 87, nel descri-
vere quelle di Robino de Singallo
che fu serviente d'armi, barbiere e
chirurgo di Urbano V, e fu con
lui nel maggio, giugno , luglio e
agosto 1870 in Montefiascone e
Corneto: stette anche col successo-
re Gregm'io XI, che nel 1874 gli
fece curare un cavaliere ferito.
Scrive pure il Marini, che assai
antico è l'uffizio de' servienti o ser-
genti d'armi nelT aula pontificia,
detti alcuna volta semplicemente
servienti, servienti de'Papi, servien-
ti apostolici, e dai colori della so-
pravveste chiamati servienti Man-
44 M A z
fili e servienli neri. Furono ora
più, ora meno, secondo il piacere
(Ie'!\'ipi; ma moltiplicatisi di trop-
po durante lo scisma che afflisse
la Chiesa dal 1378 al i4'7> a se-
gno che Eugenio IV ne trovò più
di quaranta, questi ne fissò, come
si è detto, il numero a venti, e la
determinazione sua venendo tras-
gredita, dovette Pio II rinnovarla
nei 1458. Eletti che erano, dava-
no per ordine dello stesso Huge-
nio IV, una marca d'oro per la
cappella, ed un pranzo ai sodali
(forse ai compagni come pratica-
vano i maestri osliari). Sisto IV
perchè avessero dove trovarsi in-
S'iemej e trattar de' loro bisogni,
gli cedette l'antica chiesa di s. Gre-
gorio de Coruna, posta sulla piar-
v.a di s. Pietro, ridotta allora a do-
ver essere stalla e barberia; ed
Innoceii7.o Vili essendosela intesa
col celebre Ardicino della Porta
vescovo Aleriense (che nel i4^9
creò cardiuide), confermò tal con-
cessione ai 4 8'"§"° i4^S- Ales-
sandro VI però al primo di aprile
1495 restituì la chiesa all'abbate
di s. Saba, al quale apparteneva,
e ne espulse i servienti. Il Torri-
gio, Grolle vaticane p. 188 e seg.,
ci dà le notizie di tale chiesa. Pa-
pa s. Gregorio I fece nella piazza
Vaticana ai gradi della basilica con-
giunta, un oratorio o chiesa che
da lui prese il nome, con la scuo-
la de'cantori, che però tale luogo
fu quindi chiaMialo s. Gregorio de
Cortina, cioè della piazza. Sotto
Benedetto III, venuti molti da In-
ghillerra a Roma, vi oflVirono una
favola di argento. Stefano VI nel-
l'oriìlorio benedì molla acqua, ac-
ciò l'osse sparsa pei campi e vigne
di Iloma, afìiiichè Dio togliesse da
esii una quasi infinita copia di io-
M A Z
custe, che (acevauo danno incredi-
bile, e donò un libro spirituale per
ciascuno della scuola. Ai sacerdoti
di questa chiesa ed ospedale di s.
Gregorio si davano sei soldi pel
tiuibolo che si usava da essi nel-
r incensare il Pontefice (uso che
descrivemmo all'articolo Incensie-
re),, il quale nel giorno di s. Mar-
co venendo dal Laterano si lava-
va i piedi, per entrare con gran
divozione nella basilica. Tale chiesa
fu disfatta a' tempi di Pio IV, per
ampliare la piazza. Il Du Gange
ed il Carpentier hanno scritto as-
sai cose intorno ai servienti d'armi
della casa di Francia, ma ninna
di que' della corte pontificia. Il ce-
lebre orafo e bizzarro Benvenuto
Cellini fu di questo collegio, po-
stovi ai i4 aprile i53i, ma ap-
pena vi si trattenne per due an-
ni , che rinunziò il grado agli 8
gennaio i533 a Pietro Cornaro di
Venezia.
Nelle cavalcate colle quali i Pa-
pi sino al termine del secolo pas-
sato si recavano alle cappelle del-
l'Annunziata, di s. Fdippo, della
Natività e di s. Carlo, i mazzieri
in numero di sei a cavallo vigila-
vano al buon regolamento della
cavalcata colle mazze d'argento, ed
alcuni incedevano lateralmente al
Pontefice, altri presso il crocifero.
Ecco poi il modo come interven-
nero alle cavalcate de' possessi dei
Papi, che ricaviamo dalle relazioni
di essi raccolte dal Cancellieri. In
quello del 1590 di Gregorio XIV
camminavano intorno il capitano de-
gli sy'izzer'i clavigeri Sanctilatis siiae,
jìalLiis violaceis brevibus i/iduli, et
ad collimi loricati, pedes hinc iri'
da iiicedehanl clavas argenteas su-
per humeriitn dexleruni sustinen-
tes s seguiti dal generale di s. Ghie-
MAZ
sa. In quello del iSqi d'Innocen-
zo IX, dopo gli ambasciatoli, hinc
inde cquitahant a laleribus odo
clavigeri Pajìùe ad colluin loricati
cuin ca paltò violaceo, clavas argew
teas erectas dcfercnles, et inter eos
duo magistri caerenionìaruni, indi
la croce ponlificia. Nel i6o5 pel pos-
sesso di Leone XI, appresso il go-
vernatore, i niazz.ieii, poscia il croci-
fero. In (juello del 162 i di Gregorio
XV, appresso al capitano degli sviz-
zeri, mazzeriì Papae disciirrenles,
et lances spezzatae ante et retro,
ut equilatio procederet. In quello
del 1644 d'Innocenzo X,ai Iati ed
innanzi la sua lettiga equilahant
clavigeri Sanclilatis suae ciini eo-
rum ruhonihus, et gramaliis clavas
erectas deferenles. In altra relazio-
ne si legge che seguivano gli avvo-
cati concistoriali altri pontificis da-
vatores, hos arge/iteae clavae, sed
piirae, ac violacea amicula ador-
nabant. In quello del i655 d' A-
lessandro VII, avanti ai cerimonie-
ri equitabanl XII clavatores pon-
tificiiy punicea veste oblonga, tae-
nia holoserica nigri coloris prae-
texta, torquibus anulalis siiperbieii-
tes , clavas erectas circuwfeie-
bant. Nel possesso del 1667 di Cle-
mente IX, dopo il baronaggio se-
guivano due mazzieri con ricche
mazze d'argento, e casacconi pao-
nazzi con liste di velluto, e colla-
rine di maglia, indi gli abbreviato-
ri. In quello del 1670 di Clemen-
te X, ai lati dei ceremonieri equi-
tanles clavigeri Papae iriduti rub-
bonis, et gramaliis, eorum clavas
erectas deferenles, e vicino al Papa,
ambulabant cursores Papae cuni
sopranis violaceis sub genu, haben-
tes prae wanibus eorum clavas ar-
gentcas. In quello del 1676 per
Innocenzo XI, dopo i camerieri se-
MAZ 45
greti coi cappelli del Pontefice, in-
cedevano due mazzieri con ricche
mazze d'argento, e casacconi pao-
nazzi con liste di velluto, e colla-
rine di maglia cui succedevano gli
abbreviatori; altri mazzieri seguiva-
no il magistrato romano. In quello
del 1689 d'Alessandro Vili, appres-
so gli ambasciatori, i mazzieri col-
le mazze alzale, ed i nuushi delle
cerimonie, circondando la lettiga
pontifìcia dodici cursori. In quello
del 1691 per Innocenzo XII, ap-
presso al governatore i roazzieii
con mazze alzate ed i cerimonieri,
procedendo i dodici curv^ri intorno
la lettiga con vesti paonazze, maz-
ze d'argento e berrette in mano.
Nel 1701 pel possesso di Clemen-
te XI, ai lati del suo cavallo cam-
minavano i mazzieri e i cursori. In
quello del 1721 per Innocenzo
XIII, circondavano la sua lettiga
i mazzieri divisi in due aie coi
loro rubboni, tra maglie e mazze.
Nel 1724 P"' Benedetto XIII, pre-
cedevano il suo cavallo tutti i maz-
zieri e cursori con rubboni e maai-
ze in ispalla, come rilevasi dal dia-
rista Cecconi, perchè il Cancellieri
non ripoi.tò l'ordine della cavalca-
la, come non la riprodusse in quel-
lo di Clemente XII, e Benedetto
XIV, in cui in due ale a cavallo
lateralmente alla lettiga ove ince-
dettero i due Papi, cavalcavano i
mazzieri pontificii come riportano i
Diari di Roma. Nel possesso del
1758 di Clemente XIII, fiancheg-
giavano a piedi il di lui cavallo i
mazzieri, sei de' quali cavalcarono
per invigilare al buon ordine della
cavalcata, per la quale continua-
mente scorrevano. In quello del
I 769 per Clemente XIV, si prati-
cò altrettanto, così pel possesso del
1775 di Pio VI. Non intervenne-
4G M A Z
ì'o alla cavalcala per quello di I^io
VII, il quale pel primo andò in
carrozza, e fu imitato dai succes-
sori. Avendo il regnante Pio IX
preso il possesso in carrozza, ma
con quella cavalcata ch'ebbe luogo
per Pio VII, i mazzieri invece di
andare a cavallo, in numero di due
incederono a piedi a guardia della
croce papale; gli altri mazzieri si
trovarono alla basilica lateranense
per l'assistenza consueta. A tutto
il pontificato di Pio VI, pel bal-
dacchino che i Papi dojiano a quel
capitolo, ricevettero i mazzieri un
regalo dal PouteOce, forse per cu-
stodirlo, e impedire che i romani
se Io appropriassero, come antica-
tuente costumavano.
Dall'anno 1617 l'elezione degli
ufFiziali del collegio de'mazzieri pon-
tificii e apostolici, si fa ogn'anno
nella congregazione di gennaio, e
nel convenLo dì s. Agostino sino dal
1607, godendo il collegio nella con-
tigua chiesa sepoltura gentilizia,
presso l'altare di s. Nicola da To-
lentino, ove nell'anniversario de' fe-
deli defunti entro l'ottava si cele-
bra una messa cantata pei mazzie-
ri morti, assistendovi il collegio, ed
altrettanto ogni volta che un maz-
ziere muore. Talora alcuno lasciò
funerali con l'assistenza del colle-
gio e dispensa di cera. La messa
anniversaria si canta con catafalco
e con r intervento de' mazzieri in
sott' abito nero, con ferraiuolone di
seta nera, solilo collare con mer-
letto, e spada. Quanto alla sepoltu-
ra del collegio, essa e ornata di
impelliccialure di marmi di varie
specie con l'arma del collegio pa-
rimenti di marmi, e con l'iscrizio-
ne latina, che io italiano dice co-
sì. D. O. M. R. Acciò non man-
casse sepolcro agli emeriti iuservieri'
MAZ
ti delle armi del sacro palazzo a-
poslolico chiamati mazzieri, vera-
mente commilitoni in giaco, lorica
e clava, il loro insigne collegio,
tanto a quelli defunti nel proprio
ofllcio, quanto a quelli una volta
iscritti nell'albo sotlo Innocenzo XI
Pontefice ottimo massimo, qui ebbe
cura di costruirlo l'anno di salute
1677. Sino ai nostri giorni gli of-
ziali annuali erano: il siniscalco, il
tesoriere, il collettore ed i sindaci,
il siniscalco che nel collegio tene-
va il primo luogo, cui doveano i
mazzieri obbedire nelle funzioni oc-
correnti come capo, veniva eletto
per bussolo, nel quale si ponevano
i mazzieri servanti, tranne il teso-
riere e il collettore finché erano
in offizio, votando pel primo il de-
cano. L'eletto giurava esercitare la
carica osservando gli statuti e le co-
stituzioni, di tenere fedelmente la
custodia del sommo Pontefice, e
servire la Sede apostolica nelle fun-
zioni ove doveano sorvegliare i maz-
zieri di guardia per l'esatto servi-
gio, dal quale dispensava per giu-
ste cause, tranne per le funzioni
della Purificazione, AnnunziatEi, do-
menica delle palme, giovedì santo,
Pasqua, Corpus Domini, mattina
di Natale, coronazione e cavalcala
del possesso del nuovo Papa, distri-
buzione degli Agnus Dei, e cano-
nizzazioni de' santi. Venivano eisen-
tali gl'infermi e qualcuno per gra-
ve causa, sotto pena d'uno scudo
d'oro da spartirsi metà al siniscal-
co, metà in messe da celebrarsi in
s. Agostino nella delta cappella :
uno scudo al mese pagavano gli as-
senti e lo godevano gli esercenti.
Il tesoriere riscuole gli assegni e le
propine, tranne le tasse da spedir-
si dalle chiese e monasteri, quali
si esigono dal coUeltore in cancel-
MAZ
leria pei minuti servigi, che si divi-
dono pei- Natale e s. Giovanni Bat-
tista: prima il collegio sino dal
1664 possedeva cinque luoghi di
monte, in compenso di una casa che
avca nella piazza di s. Pietro, for-
se presso la chiesa di s. Gregorio
in Cortina, e demolita per l'abbel-
limento della piazza e colonnato
fatto da Alessandro VII. Il collet-
tore assiste in cancelleria al banco
de' cubiculari e scudieri per le lasse
delle chiese de' vescovati e mona-
steri. I sindaci doveano rivedere i
conti degli uffiziali, e rimarcare le
negligenza de' serventi, potendo es-
si coi decano multare e correggere
chi avesse commesso qualche man-
camento: ogni anno avevano una
libbra di pepe. 1 detti quattro of-
fìziali poi, delle due vitelle monga-
ne e campareccia che donava il
Papa per Natale e Pasqua, aveano
nella divisione parte doppia. Anti-
camente chi per morte di altro
mazziere otteneva {uffizio dalla da-
teria, dovea pagare al collegio i
seguenti emolumenti. Cento ducali
di camera per la marca d'oro (e-
gual marca pagavano al loro col-
legio i maestri ostiari, prò libera-
litatc et jocalibus ) ; venticincjue
scudi d'oro di stampe per l'ammis-
sione; scudi undici e bai. 20 per
la colazione, bai. 5o pel registro
della supplica, bai. 3o per inlimar
la congregazione pel possesso. Chi
comprava l'o/lìzio per rassegna pa-
gava detti emolumenti , fuori che
la marca d'oro , e veniva subito
ammesso agli emolumenti, mentre
l'altro novizio dovea percepirli do-
po quattro mesi. Ogni novizio ve-
niva dal siniscalco condotto innan-
zi al decano, che gli presentava la
mazza alla spalla destra, leggendo
genuflesso il giuraaieulo di osser-
M\7 4"
vare le costituzioni del colli^gio e
servire fedelmente il Papa e la
santa Sede. 11 noviziato terminava
passati tre anni, venendo assegnato
dalle costituzioni un pane di zuc-
caro agl'infermi, cui devono por-
tarlo il tesoriere e il collettore.
Dell'archivio, le costituzioni pre-
scrivono conservatore il tesoriere,
in un ai paramenti di damasco
nero trinati d'oro per le messe di
requiem, con l'impresa della Sede
apostolica, il ritratto d'Eugenio IV
con due mazzieri genuflessi rice-
vendo gli statuti confermati, ed altro.
Tutto ricavammo dalle costituzioni
del collegio, che tuttora si osserva-
no, meno le seguenti variazioni.
Nel 1677 il collegio si compo-
neva di venticinque mazzieri com-
presi il decano e il tesoriere , i maz-
zieri serventi ed i mazzieri novi-
zi, e come meglio diremo, al pre-
sente sono ventidue, e pel siniscal-
co il collegio percepisce annui scudi
dodici, che a quello stabilì la da-
teria. Nel i835 ebbe principio la
ammissione de' soprannumeri per
parte della dateria apostolica ; oggi
tali nomine spettano al maggior-
domalo per disposizione di Papa
Gregorio XVf. L'unico superstite
mazziere vacabilisla era Benedetto
Ghilardi, che disirapegnava le in-
combenze di decano, di cassiere,
di collettore e di siniscalco del col-
legio, in forza di disposizione ema-
nata nel marzo 18 18 da monsi-
gnor Frosini maggiordomo ; il qua-
le neir occasione eh' ebbe di rifor-
mare in queir epoca il ruolo dei
mazzieri, volle usare a quelli vaca-
bilisti una particolare deterenra con-
cedendo loro il privilegio di occu-
pare gli offici suddetti. Sebbene tale
misura non fosse vei-amenle con-
sentanea ai voleri di Pio VII, che
48
M AZ
ordinò fossero nuovaraeiite ammes-
si ne' rispettivi impieghi e diritti
lutti i mazzieri decaduti da questi
per avere nell'invasione del governo
francese rpalizzato l' importare dei
loro vacabili; e sebbene silfatta mi-
sura derogasse il più sostanziale de-
gli statuti die il collegio deve scru-
polosamente osservare, nondimeno
tacque nel riflesso che la misura co-
me precaria finiva naturalmente. 11
caso si verificò nel superstite Ghi-
iarili^ che divenne impotente per
privazione di vista di esercitar le
sue incombenze, né potè farsi rap-
presentare dall'altro mazziere vaca-
bilista Gio. Antonio Blasij perchè
posto in riposo fin dal i83g per
avanzata età (morì nel i844)- Pt:'"-
tanto, essendo soli in attività di
servizio i mazzieri non vacabilisti,
e desiderando essi di far rivivere
le regole statutarie, a' 2 aprile i843
nella loro residenza del convento
degli agostiniani si riunirono in con-
gregazione, e presero i seguenti
provvedimenti. i.° Il Ghilardi fu
messo in riposo, cogli emolumenti
per uno speciale riguardo. 2." Giu-
seppe ile Antonis come più anzia-
no del collegio venne nominato
decano e capo della prima sezione.
3.° Mariano Petrilli come benemeri-
to fu dichiarato segretario. 4-° Ca-
millo Janni ebbe l'incarico di cas-
siere. 5." Benedetto Virili fu nomi-
nato collettore. 6.° Antonio Cassetta
sì confermò capo della seconda se-
zione. 7-° Il siniscalco sarà nomina-
to ogni bimestre, e continuerà ad
essere ispettore delle guardie. Il
decano assoggettò a monsignor Ale-
rame Pallavicino ma-igiordomo i
memorati provvedimenti, ed il pre-
lato con dispaccio de'6 giugno i843
approvò la risoluzione del collegio,
confermò la nomina a"li uftizi re-
M A Z
sisi vacatili pe! riposo accordato al
(iliilardi, e specificatamente ripetè
i nomi e le cariche d'ognuno, in-
caricando il novello decano di co-
municare al collegio la disposizione,
ad effetto che avesse piena osser-
vanza pel buon andamento del col-
legio medesimo. Questo dun<|ue ora
si compone, olire de' mentovali uf-
fiziali e loro comproi, di due se-
zioni per ordine d'anzianità, ognu-
na composta di otto mazzieri e ili
sei soprannumeri, laonde in tutto so-
no ventidue. Nel num. 34 del Dia-
rio di Roma 1847 si narra la mor-
te del decano de Antonis; tumulato
nel suddetto sepolcro, e le esequie
solenni che il collegio gU celebrò
nella chiesa di s. Agostino.
MAZZOCCHI Alessio Simmaco.
Antiquario dotto e laborioso, nac-
que nel 1684 <'i s. Maria, borgo
distante due miglia da Cosma, di
cui le rovine che poi furono argo-
mento di sue ricerche, fornirono
giuochi all'infantile sua età. Dive-
nuto di i5 anni nello studio abile
quanto i suoi maestri, si recò a
Napoli ove apprese dalla attenta
lettura di Cicerone il genio dell'an-
tichità, che divenne la sua passio-
ne dominante. Imparò l'ebraico qua-
si senza maestro, e si rese fami-
gliare le lingue greca e latina. Nel
1709 fu insignito degli ordini sa-
cri, ed in Napoli fu eletto professo-
re di greco e di ebraico nel se-
minario grande, e fatto teologo si
die allo studio della Scrittura, già
divenuto canonico di Cosma e poi
decano. Il re lo fermò nella catte-
drale con una cattedra di teologia,
ma non gli riuscì che accettasse
r arcivescovato di Lanciano. Le
scoperte di Ercolano gli sommini-
strò ampiamente i mezzi di soddis-
fare il suo desiderio crescente di
ME A
hliuini, e bcmliè S carattere tiati-
quillo, sostenne calde discussioni con
diversi antiquari, fra' quali Quirini
ed Assemani ; mentre la bontà e
integrità de' suoi cosluini lo re-
se caro a tutti, mori a Napoli nel
1771 d'anni 87, pianto dai poveri
che avea soccorso , cui lasciò le
sue masserizie. Tra le numerose
sue opere rammenteremo, i." In
vetus inarmoreum s. Neapolilanae
ecclcsine Knlendarium comnienta-
riiwty Neapoli 1774- 2." Dissevlalio
historìca de cathedra lis ecclesiae
Neapolilanae viiibux, l'jSi. 3.* De
sanctorwn Neapolilanae ecclesiae
episcoponun culla dissertatio, ìj53.
4.° Aclorum Bononiensìuni s. Ja-
nuarii et ss. viartyruni vincidiae
repetilae, ìj5g. 5.' O pascola ora-
toria, epistolaCf carmina et diatri-
bae de antiqidtate, 1775. Si ha pu-
re di lui una buona edizione, con
nuove etimologie tratte dalle lin-
gue orientali, àtW Etyinolo^icon lin-
giiae latinae di Vossio, Napoli
1762.
MEATH {Miden). Vescovato di
Irlanda con residenza vescovile, nel-
la provincia di Leinster, che pren-
de il nome da due coatee, una
orientale, l'altra occidentale, Media,
o Midia. La contea orientale, Mealh
o Easl Mealh, è una delle più fer-
tili d'Irlanda, con pascoli eccellenti
e numerosi. Si scava a Waller-
stown una miniera di rame di buo-
nissima qualità, ed in altri luoghi
una cava di pietra calcarea e del-
l' argilla da stoviglie. Vi è una no-
biltà numerosa ed- opulenta: la con-
tea si divide in dodici baronie, a-
venle Trim per capoluogo, città e
baronia sulla sponda sinistra della
Boyne. Vi si fanno notare le car*
ceri e le caserme. Fu un tempo
circondola di mura e difesa da un
VOt XLIV.
MÉA
4t*
castello munito; e tra gli avanzi
di parecchi stabilimenti religiosi che
ivi si vedono, avvi l'abbazia tiin-
data da s. Patrizio. Il parlamento
d'Irlanda si è tenuto in questa città
In diverse epoche, ed essa vi man-
dava due membri. Trim, Trinium,
fu già sede vescovile eretta nel V
secolo sufiraganea di Armagh, e vi
si trasferì nel 1206 il vescovo di
Clonard. La contea occideutalej
Mealh o TVest Mealh, confinante
coir orientale, è bagnata da molti
laghi, e le sue paludi rendono i-
netto alla coltivazione parte del suo
territorio, compensando la torba
che somministra in abbondan7.a.
Quantunque i pascoli occupino la
maggior parte della superficie del
paese, vi si raccoglie bastante grano
pel consumo. Ha per capoluogo
Mullingar, si divide in dodici baro-
nie, ed invia tre membri al par-^
lamento. Mullingar oMullinger, ba-
ronia di Moyashel e Margherader-
don, è bene fabbricala e mollo po-
polata. Vi si vedono gran caserme
di cavalleria ; fa un commercia
considerabile e vi si tengono quat-
tro annue fiere: prima dell'unione
mandava due membri al parlamen-
to. In essa fa residenza il vescovo
di Mealh. Prima risiedette a Clo-
nard, a Trim, a Novan, e più di
tutto ad Ardbraccan.
La sede vescovile fu istituita ver-
so l'anno 4^5 da s. Patrizio apo-
stolo d'Irlanda, e fatta sutfraganea
dell'arcivescovo di Armagh : succes-
sivamente dice Commanville che
furono riunite al vescovato di Mealh
diverse piccole sedi vescovili della
provincia, come Donsaglin, Densa'
glinunii e Slan, Slania, nel V se-
colo; Riloom o Cluaim, Cloniae-
noisa^ nel VI secolo ;• Domleag,
Dtdcea, nel VI secolo; Realis, Ce-
4
5o M E A
natici, nel Yll secolo; Arilbraccnn,
Avdhrncum,rìe\ y\\ secolo. Manca
jl capitolo ed il decano; evvi il vi-
cario generale, l'arcidiacono ed un
notare apostolico, oltre sei vicari
foranei, più di i3o sacerdoti, e 68
parrochi che quasi tulli hanno preti
assistenti. Le parrocchie che nel
1790 erano 1 35, ulliuiameute era-
no ristrette a 68 : il numero del-
le chiese parrocchiali e delle cap-
pelle ascende a i3o. 11 seminario
esiste in Novan, baronia di Meath
orientale : vi si mantengono circa
C)4 alunni diocesani, e molti estra-
nei. Vi apprendano le lingue gre-
ca e latina, arilmetica, matemati-
ca, etica, ec. Gli alunni migliori si
spediscono al collegio nazionale di
Maynooth per apprendere hi teolo-
gia, la disciplina, le virtù ecclesia-
.«liche. Oltre i superiori vegliano in
questo seminario quattro ecclesia-
stici per la regolarità degli studi.
Nella diocesi vi sono molte scuole
cattoliche, un monastero di mona-
che soggette al vescovo, tre case
religiose abitate dai gesuiti , dai
carmelitani e dai francescani ; le
confraternite della dottrina cristia-
na, e del ss. Cuor di Gesù. In
questa diocesi fu pubblicato il de-
creto del concilio di Trento De re-
form. m<z/rmi. a' 2 dicembre «827,
come si rileva da una lettera del-
l'arcivescovo di Dublino. I proven-
ti parrocchiali e le oblazioni de'fe-
deli mantengono il clero ; vi si ten-
ne un sinodo diocesano ultimamen-
te. Quattro volte 1' anno vi si ten-
gono le conferenze de' casi di co-
scienza ; ogni festa viene istruito il
popolo ; il clero secolare e regolare
è eccellente e zelante. I cattolici
della diocesi superano i 33o,ooo.
Ecco i vescovi di Meath riportati
nelle annuali Nolizif- di Roma, se-
MEA
condo l'epoca in cui furono dichia-
rati dai Papi. Patrizio Giuseppe
Plunkett della medesima diocesi, fat-
to da Pio VI nel mese di genna-
io 1779. Leone Xll a' i4 agosto
1824 nooiinò coadiutore con futu-
ra successione Roberto Logan, e
vescovo in partihns di Tremito, di-
venuto effettivo nel 1827. Pio VITI
a' 20 luglio i83o gli die in suc-
cessore monsignor Giovanni Cant--
wel,che tuttora governa la diocesi.
MEAUX (Melden). Città con re-
sidenza vescovile in Francia, nel di-
partimento di Senna e Marna , ca-
poluogo di circondario e di canto-
ne, distante meno di dodici leghe
da Parigi, del cui territorio fece an-
ticamente parte, sulla Marna che la
divide in due parti ineguali, di cui
la più importante occupa la riva
destra, e presso il canale delTOurcq.
È sede d'un tribunale di prima i-
stanza e di uno di commercio ;
evvi la conservazione delle ipoteche,
la direzione delle contribuzioni in-
dirette, l'ispezione alle foreste, la
società libera di agricoltura, scienze
ed arti. E assai ben fabbricata, ma
male distribuita ; rinchiude una
gran piazza pubblica detta il Mer-
cato, e dei passeggi assai ameni lun-
go la Marna, e sugli antichi ba-
stioni, che si piantarono d' alberi.
La cattedrale è un bell'ediflzio go-
tico fondato nel secolo XI dal ve-
scovo Gontiero I : vi si ammira il
suo magnifico coro ; contiene la
statua in marmo bianco ed il se-
polcro del celebre Bossucl [Vedi)
che fu uno de' suoi vescovi. Il pa-
lazzo di giustizia fabbricato dai con-
ti di Sciampagna, che spesso vi ri-
siedevano, non ha niente di osser-
vabile. La città ha una chiesa ri-
formata, una società hiblica prote-
stante, due ospizi, un teatroj una
bililioteca pubblica «li circa i i ,000
volumi, un'altra del vescovato, una
colle/ione di oggetti di storia natu-
rale, ed una bella caserma di caval-
leria. Commercia in diverse cose,
e sotto il ponte di pietra, vecchio
e mal costrutto, vi sono molti mu-
lini, non passandovi alcun battello
per essere troppo violenta la cadu-
ta d'acqua; la navigazione si fa pel
canale Cornillon scavato da Teo-
baldo VI, sulla riva sinistra, al sud
della città presso il mercato. È pa-
tria di diversi uomini illustri, come
di Delanouc autore drammatico, di
Filippo Fiorenzo de Puisieux av-
vocato, e di J. Amyot. A poca di-
stanza di Meaux vedesi la roccia di
Crecy, che contiene grotte e cu-
riose petrifìcazioni.
Questa antichissima città fu chia-
mala da'Iatini Meldorum urbs, Mei'
lìoe, Meledix. Meldis e Jatinuni Mel-
riarurn. Sotto i romani fece in o-
rigioe parte della Belgica, e fu po-
scia compresa nella Gallia Lionese.
Verso la metà del IV secolo lasciò il
uome di Jalinuni, per prendere quel-
lo del suo popolo, i meldi, che conser-
vò sino al IX secolo. Era assai im-
portante sotto la prima stirpe dei
re di Francia; Chilperico vi fece
rinchiudere la regina Brunechilde e
le sue figlie. I normanni la sac-
cheggiarono e bruciarono nel IX!
secolo. Nel II 46 fu onorata dalla
presenza del Papa Eugenio III che
vi giunse a' 26 giugno. Ebbe i
suoi conti particolari, e passò poscia
sotto il dominio di quelli di Sciam-
pagna, sino all'anno i-ì84, in cui
fu riunita alla corona di Francia
pel matrfmonio di Filippo IV il
Bello con Giovanna di Navarra con-
tessa di Sciampagna. Questa città
molto soflri in diverse occasioni. Fi|
l'ulliuia città della Marna che ri-
MEA. 5i
mase al parlilo di Carlo VII. Gli
inglesi l'assediarono al principio del
i4'2i j e dopo una difesa di tre
mesi obbligarono gli abitanti a ce-
derla il 9 maggio, conservandola
sino al 1436. Fu la prima città del
regno in cui i protestanti incomin-
ciassero a predicare pubblicamente,
e la prima pur anco che rinunzian*
do al partito della lega, si sotto-
mise ad Enrico IV. Era la capita-
le della Brie-Champenoise.
La sede vescovile fu eretta nei
primi tempi della Chiesa, e nel III
secolo o verso il 280, suifraganea
dell'arcivescovo di Sens; ma quan-
do Gregorio XV elevò Parigi nel
1622 a metropolitana, gli assog-
gettò il vescovo di Meaux che gli
è tuttora sufFraganeo . Il Chenu,
Archjep, et episc. Gailiae p. 2 35,
riferisce che il primo vescovo fu
s. Dionisio Areopagita che vi predicò
la fede, quindi primo vescovo di
Parigi : gli successe s. Santino che
morì nel 1 1 8. Questo s. Santino^
secondo altri, fu il primo vescot
vo ( il Butler dice che s. Dionisio
di Parigi colla sua predicazione
rischiarò Meaux dei primi raggi
della fede circa l'anno 25o, ed ebr
be a primo pastore s. Santino, for-
se pure di Verdun, che vivea nel
quarto secolo), cui successe s. Anto-
nio o Antonino. XI vescovo fu s*
Bigomero o Rusomero; XV Pro-
misco, il cui successore Medonio o
Medoveco sottoscrisse al quinto con-
cilio d' Orleans nel 549, e fu uno
de' giudici che condannarono Saf-
faraco vescovo di Parigi, sentenza
confermata nel 552 dal concilio di
quella città. Vualperto fratello di
s. Farone [Fedi) fiori verso il 612
e nel 620 gli successe s. Farono
(altri dicono invece che . nel 626
succede a Gondoaklo), il quale iva.
52 ME A
i luoghi piì che fondò vi fu l'abba-
zia del suo nome, situata in uno
de' sobborghi, e divenne considera-
bile e soggetta alla congregazione
dì s. Mauro : noteierno che a Meaux
eranvi due altre abbazie, cioè quel-
la della Madonna di Chàge, appar-
tenente ai canonici regolari di s.
Genoveffa, e quella della Madonna
del Mercato appartenente alle reli-
giose del medesimo ordine. Nel
672 o 686, a s. Farone successe s.
Jldeverto da lui allevato. Fra i ve-
scovi degni di special ricordo no-
mineremo 8. Palasio, che morì nel-
lo stesso giorno di sua elezione, e
fu invece nominato s. Ebrigisilo.
Galterio I nel lo^g intervenne al-
la consecrazione del re Filippo f.
Gaufrido con dispensa d'Innocenzo
III rinunziò il vescovato, e nel
III 3 si fece religioso nell'abbazia
di s. Vittore. Nel 1245 Odone
cardinal Tusculano e legato aposto-
lico per la chiesa di Meaux, com-
pilò sei statuti relativi alla disciplina
ecclesiastica. Celestino V nel 1294
creò cardinale Giovanni le Moine,
o Monaco vescovo di Meaux, ma i
Sammartani negano che sia stato
pastore di questa chiesa. Giovanni
Lullier pubblicò delle ordinanze si-
nodali nel 1493. 11 cardinal Gu-
glielmo Brìssonet fu fatto vescovo
nel i5i6: il Cardella dice che que-
sto cardinale celebrando pontifical-
mente la messa fu assistito dai ve-
scovi di s. Malo e di Meaux suoi
figli. Luigi Pinelle nel i53i fece
utili regolamenti pei parrochi. Gio-
vanni di Vieuxpont, XCHI vescovo,
nel 16 14 intervenne in Parigi al-
l'assemblea generale del regno. Nel
1654 il vescovo Domenico Seguier
pubblicò alcune salutari ordinanze.
Nel 1681 divenne vescovo il cele-
bre Jacopo Benigao Bossuet che mo-
MEA
n nel 1704. Clemente XI gli "die
in successore Enrico de' conti di
Tinard dì Bisxy^ che nel 1 7 i 5 creò
cardinale, il quale nel 1724 riunì i
decreti sinodali de'suoi predecessori,
e sono riportati nella Storia di
Meaux, composta da d. Toussaint
Du Plessis. Antonio Renato di Fon-
tanelle, nominato nel 1737, mori
nel 1759. Suoi successori furo-
no: 1759 Gio. Lodovico de la
Marthonnie de Caussade di Peri-
gueux traslato da Poitiers. 1779
Lodovico Apollinare de Polignac
parigino. i8o5 Pietro Paolo de
Faudas. 1819 Gio. Giuseppe Ma-
ria Vittorio de Cosnac nato in Cos-
nac. i83o monsignor Romano Fe-
derico Gallard d'Artenay diocesi
d'Orleans, che Gregorio XVI nei
concistoro de' 2 i febU-aio 1839 di-
chiarò arcivescovo d' Anazarbo iit
partibus e coadiutore dell'arcive-
scovo di Reims; e nel medesimo fe-
ce vescovo di Meaux 1' odierno
monsignor Augusto AUou di Meaux,
già vicario generale della diocesi, e
superiore d'uno de'seminaii di essa.
La cattedrale di gotica e gian-
diosa struttura, è sotto 1' invocazio-
ne di s. Stefano protomartire, con
fonte battesimale, avendo un vica-
rio per parroco. II capitolo si com-
pone di otto canonici, fra i quali
il decano ed il penitenziere, oltre
altri canonici onorari, ed i pueri
de choro ossiano chierichetti. Prima
esso componevasi di sei dignità, di
trenta canonici e di otto semipre-
bendati che aveano il rango di ca-
nonici. Presso la cattedrale è l'epi-
scopio, ampio e decente. Nella cit-
tà vi sono due altre chiese parroc-
chiali col battisterio, due monaste-
ri di religiose, una casa de* fratelli
delle scuole cristiane, un ospedale,
tre seminari, e nel grande vi si eoa-
ME A
tengrìuo circa 5o alunni, e loo ne-
gli altri. La diocesi comprende il
dipartimento di Senna e Marna, e
si estende per 22 miglia circa in
lunghezza, ed 8 in larghezza. In
passato era divisa in due arcidia-
conati, con 2/^0 parrocchie, goden-
do il vescovo 22,000 lire di rendi-
ta. Ora essendo diminuite, ne' regi-
stri della camera apostolica è tassa-
to in fiorini 87 o.
Conci Ih di Meaux.
Il primo fu tenuto nell' 845 per
ordine del re Carlo il Calvo, e vi
si fecero cinquantasei canoni sulla
disciplina ecclesiastica, oltre quelli
raccolti dai concilii precedenti, per
ricnediare alle doglianze su diversi
abusi, ma il re non li confermò.
V intervennero i vescovi delle tre
Provincie di Sens, Reims e Bourges.
Kegia t. XXI; Labbé t. VII; Ar-
duino t. VI; Diz. dei cono.
Il secondo nel 961 o 962, in
cui fu ordinato Vigfrido vescovo di
Verdun, benché vivo Berengario, e
fu altresì provveduto Reims del pa-
store. Regia t. XXV; Labbé l. IX;
Arduino t. VI,
Il terzo venne adunato nel 1080,
in cui si ordinò Arnoldo vescovo
di Soissons. Regia t. XXVI; Labbé
t. X; Arduino t. VI.
Il quarto nel 1082 per l'ordi-
nazione di Roberto vescovo di Meaux,
ma Richerio arcivescovo di Sens
co' sutfraganei lo scomunicarono per-
chè ordinato da Ugo legato e arci-
vescovo di Lione, senza il loro con-
senso ; in vece elessero Gualtiero II.
Il p. Mansi di questo e del prece-
dente concilio ne fa uno, e lo dice
celebrato nel io8i. Siipplem. t. II,
p. 53 ; Diz. de' conc.
Il quinto del i2o3 o 1204 per
MEC 53
trattar la pace tra il re d' Inghil-
terra e quello di Francia per la
contea di Poitiers, che il primo di-
ceva usuipata dal secondo. I vesco-
vi di Francia, perchè l' abbate di
Casamare non procedesse alla pace
come legato, appellarono ad Inno-
cenzo III. Lal3bé t. XI; Arduino
t. VI; Diz. de' conc.
Il sesto nel 102 3 tenuto dal car-
dinal Brìssonnet contro Lutero .
Spendano, Annali.
MECHITARISTI. Congregazione
monastica di benedettini antoniani
armeni. Ne fu benemerito fondatore
Mechilar figlio di Pietro che nacque
in Sebaste, città dell'Armenia mi-
nore nel i674> o meglio nel 1676.
Fino dalla puerizia bramoso della
vita religiosa, s' impiegò nello stu-
dio de' libri sacri, imitando i reli-
giosi più osservanti ne' suoi costumi,
ed appena compiti i quindici anni,
prese l' abito in un monastero, se-
condo l'uso degli armeni, impie-
gandosi nell'acquisto delle scienze
per abilitarsi a promovere la (tà&
cattolica, che appresa dai suoi no-
bili genitori conservava nel cuore,
ed aumentata colla lettura de'santi
padri desiderava di propagare. Né
tardò a mettere in esecuzione questo
pio pensiero, insegnando in molti
luoghi la fede cattolica, al quale ef-
fetto dopo quattro anni, portatosi alla
città di Aleppo, ebbe la sorte d' in-
contrare alcuni missionari della com-
pagnia di Gesù, cioè i pp. Antonio
Beauvollier, e Giovanni Verzeau su-
periore generale in Siria, i quali gu-
stando i suoi sentimenti cattolici,
lo accompagnarono colle loro let-
tere in Roma, dopo ch'egli fe-
ce avanti di loro la professio-
ne di fede , quindi incam minossi
a Roma. Nel viaggio però, per una
iufermità sopraggiuutagli, fu costret •
.^4 M E e
io trattenersi alquanto in Cipro, e
poi ricorrere al benefìzio dell' aria
nativa. Rilorualo alla patria, pro-
mosse con molto finito la fede cat-
tolica, e prese il sacerdozio dal ve-
scovo cattolico di Adana nel 1696.
Acceso di ardentissirao zelo d' il-
luminare nella fede e nelle scien-
ze la sua nazione, e vedendo esse-
re molta la messe, ammaestrò alcu-
ni cattolici, affinchè con lui coope-
rassero a mieterla. Fi'attanto venuto
in cognizione che la congregazione
di propaganda fide aveva mandato
a Costantinopoli per missionario a-
poslolico l'armeno Cacciadur Ara-
chiel dottore, subito andò a tro-
varlo per comunicare con esso il
suo disegno, benché il viaggio fos-
.ie di molte giornate. Nelle confe-
renze che ebbe con esso, si esibì
per discepolo con tutti i suoi com-
pagni, pregandolo a farsi capo di
questi operai apostolici colla vita
monastica. 11 dottore Cacciadur ap-
provò bensì questa idea, ma ricu-
sò di farsi capo e di coadiuvarli:
unitosi nuUadiraeno con lui nel
predicare la fede cattolica in Co-
stantinopoli , fecero non poco pro-
gresso. Quindi il p. Mechitar non
volendo trascurare la coltura dei
suoi discepoli, si portò nella città
di Erzerum con intenzione di fon-
darvi un monastero, a fine di al-
levare molti predicatori della fede
cattolica. Questo però non potè riu-
scirgli, perchè essendo vietato dai
regi decreti, si esponeva evidente-
mente ad essere tradito dagli scisma-
tici. Gli riuscì solo di essere creato
■vartabied, cioè dottore, ricevendo
il sommo bastone dal vescovo di
Erzerum, il quale era decorato di
questa dignità, che porta seco l'as-
soluta podestà di predicare e co-
muuicare ad altri la medesima di-
MEC
gnità di vartabied i e trattenendo-
si colà due anni, predicò pubbli-
camente in Erzerunj e luoghi vici-
ni la fede cattolica con molto frut-
to. Ritornando poscia a Costanti-
nopoli, inviò alcuni de' suoi com-
pagni a predicare in diveise città
dell'Asia minore; ed il p. Mechi-
tar unito d'alletto e d' impiego col
suddetto missionario apostolico Cac-
ciadur, ebbe campo di illuminare
innumerabili persone, predicando da
per tutto liberamente, coadiuvato
dal missionario divenuto in allo-
ra considerevole presso il patriarca
Costantinopolitano degli armeni, il
quale avea abbracciato il cattoli-
cismo.
Passati alcuni anni e seguita la
mutazione del patriarca favorevole
ai cattolici, si trovò il p. Mechitar
in mezzo alle persecuzioni degli scis-
matici, i quali maccliinavanu di tra-
dirlo, perchè si tratteneva co' suoi
compagni in un ospizio comune u
guisa di monastero, per cui risol-
vette di trasferirsi sotto il dominio
veneto nella Morea per fabbricarvi
un monastero adattato al suo in-
tento. Giunti nella IMorea nell' an-
no 1 702, la repubblica di Venezia
benignamente li accolse, conceden-
do loro nella città di Modone sito per
la fabbrica del monastero, che pre-
se il nome di s. Antonio, e rendi-
le per mantenere i religiosi. Pri-
ma però di mettere mano alla fab-
brica, il p. Mechitar mandò a Ro-
ma al Papa Clemente XI due suoi
sacerdoti, per portargli la professio-
ne di tede fatta da tutti^ per mo-
strare la loro buona intenzione, e
supplicare la santa Sede del suo be-
neplacito; non volendo innovare co-
sa alcuna prima di ricevere l'ordi-
ne della congregazione di propagan-
ga fide. Intanto il p. abbate Mcchi-
MEC
lar, senza fare coslituzìoni particola-
ri per la sua nascenle adunanza,
sullo il patrocinai di s. Antonio
uljl;ale, per cui furono delti gli in-
dividui di es&Si monaci di s. Anto-
nio, la governava secondo l' antico
stile de'religiosi armeni, uniti in pa-
ce col vincolo della carità, insegna-
va ai novizi tanto le scienze, gli stu-
di biblici, teologici e filologici inde-
fessamente, quanto i buoni costumi;
ed i più provetti e capaci inviava
a predicare, secondo 1' uso comune
de' vartabied degli armeni, non pe-
rò mai col titolo di missione. Udi-
to poscia clie Clemente XI aveva
lodata la buona intenzione di lui e
de' suoi, venne fabbricato il mona-
stero con chiesa (la prima pietra
di essa la gettò Angelo Emo prov-
veditore generale delle armi venete
in Morea), non senza grosso dispen-
dio per la sontuosità dell' edifizio,
e vi si collocarono degli armeni
desiderosi di convivere seco loro ;
ed avendo comandato la congrega-
zione di propaganda di formare le
costituzioni, subito si compilarono e
spetlironsi a Roma. La còngregazio>
ne di propaganda le corresse e coa-
lermò con decreto de'a marzo 1 7 i i,
ordinando che venisse scelta una
delle tre regole stabilite dai sagri
canoni ; in seguilo di che il p. ab-
bate Mechitar ed i suoi fecero nuo-
vamente la professione nel 17 15
avanti fr. Angelo Maria Carlini do-
menicano, arcivescovo di Corinto
ed amministratore del regno di
Peloponneso, eleggendosi la regola
tli s. Benedetto, con ritenere 1' an-
tico nome di monaci di s. Antonio
abbate, indi denominali anloniani
benedettini, ed armeni mechiLirisU
o inikitaristi, dal nome della nazio-
ne e del fondatore. Per la com-
meudabile condotta, zelo del cullo
MEC 5*
divino, insegnamenti scientifici dei
mechitaristi, il detto arcivescovo li
riguardò con paterna predilezione,
e li raccomandò ad Alvise Moceni-
go provveditore generale di mare
in Levante, che prese a proteg-
gerli. Accesi i monaci sempre più
del vivo desiderio di attendere alla
predicazione della fede cattolica tra
gli armeni, secondo il quarto loro
volo, si dierono a faticare, girando per
molti luoghi. A voler nominare i pri-
mi frutti dati dalla congregazione
mechitaristìca alla fede cattolica ,
qui appresso li accenneremo, il tutto
provandosi con documenti riporta-
ti nell'opuscolo stampato in Roma
nel 17 18 (che sebbene raro pos-
seggo) e indirizzalo ai cardinali del-
la sacra congregazione di propagan-
da fide, dai monaci armeni di s.
Antonio abbate fondali in Modone
e residenti in Venezia, con som-
mario degli attestati.
Primieramente il p. Mechitar per
lo spazio di dieci anni predicò per-
sonalmente fra gli armeni la fede
cattolica in moltissimi luoghi, e do-
po fallo passaggio a Modone, es-
sendo egli occupato in istruire i
suoi religiosi, dal 1702 sino al
1716 mandò sempre predicatori a-
gli armeni. Essi con indefessa fati-
ca in molte città promossero la fe-
de cattolica piantatavi già dal p.
Mechitar, il quale ridusse nel seno
di Sduta Chiesa migliaia d'uomini,
tra' quali molti sacerdoti, dottori e
vescovi restarono illuminali colla
fede cattolica. In Costantinopoli,
sebbene vi fossero prima pochi cat-
tolici, nulladimeno il numero creb-
be notabilmente per opera del p. ab-
bate collegato al Cacciadur missio-
narioj e successivamente dopo la sua
partenza sempre più piomosse per
mezzo de' suoi leligiosi iu quella
se ME e
ciltà la fede cattolica. Nelle ciltà di
Smirne, d' Aleppo, d' Erzerum, di
Diarbekir, d' Adt'ianopoli e di Mer-
din, dove si trovavario parimenti
pochi cattolici, per opera del p.
abb.ite e de' suoi monaci grande-
mente si moltiplicarono ; ma in Se-
baste, in Tocliat, in Amasea, in
Marsuan, in Ancira, in Bursia, io
Salonicchi, in Antepo, in Passen il
p. Mephitar ed i predicatori inviati
da lui diedero il principio alla pro-
pagazione della fede cattolica, e la
coltivarono incessantemente. Alcune
di dette città vantano tuttora dove
più, dove meno cattolici ; ed in
Trebisondg, gran villaggio di Seba-
ste, tutto il popolo divenne catto-
lico. Da ciò si può congetturare
quante angustie, travagli e perse-
puzioni sostennero i meohitaristi, e
pome spesso ad essi convenne fuggire
da un luogo all'altro per evitare il
cerio pericolo di vita. Mentre il p.
Mechilar stava per mandare a pre-
dicare dodici religiosi, che avevano
pompilo dodici anni di studio, per
lasciare il luogo nel monastero di
Modone ad altri novizi , la Mo-
rta statp pili volte il teatro di san-
guinosi combattimenti, venne di
nuovo occupata nel lyiS dai tur-
chi, per cui i mechitaristi col p>
Mechilar vedendosi perseguitati in
quell'asilo dagli stessi nemici da'quali
erano fuggiti, dovettero abbando-
nar monastero e rendite, e rifu-
giarsi ip Venezia con gran dis-
agio spogliati di tiitlp. In Vene-
zia furono i mechitaristi più vol-
te raccomandali dallg congrega-
zione di propaganda a monsignor
patriarca, e nel 1717 agli 8 set-
tembre ottennero dal senato in per-
petua proprietà l'isola di s. Lazza-
ro, che nel i 180 donala da Uber-
tp abbate benedettino a certo Lione
MEC
P;>()lini, prestò ricovero dapprima ài
lebbrosi, indi ai poveri mendicaiilì
della città, finche^ si eresse l'ospc'
dale dei mendicanti. Oggidì il no-
me dell'isola è conosciuto nel mon-
do dotto dell' Europa, ed è reso
celebre per tulio 1' oriente nel quale
mantiene vivo e puro lo zelo di
cristianità, coadiuvandone poderosa-
mente r incivilimento.
Divenuto il p. Mechilar posses-
sore dell'isola, della chiesa, delle
celle, del giardino e delle cadenti
mura del suo chiostro, sebbene in
principio costretto a vivere co'suol
della pura elemosina delle messe
che celebravano, pure si diede su-
bito a fondare il suo monastero, il
quale mercè le infaticabili cure di
lui e de' suoi successori, sotto il
favore delle due supreme autorità
dello stato e della Chiesa, e colle
generose largizioni de' nazionali be-
nefattori, andò crescendo ognor più
di numero e di riputazione, finché
giunse allo stato di floridezza che
presentemente si ammira, deponen-
do il luogo l'antico squallore. Ar-
chitetto del restauro dell' antica
chiesa, divisa in tre navi , come
dell'edificazione del monastero, fu
lo slesso p. Mechilar, sotto la dir
rezione dell' architetto Francesco
Chezia. L'architettura è semplice,
simmetrica ed elegante. Jlipartì il
monastero in due piani, assegnan-
do il campo di mezzo a' monaci
dottori, che per tal guisa restava-
no disgiunti cosi dai novizi, come
dai provetti e applicali a più gra-
vi studi. Un?i sala assai vasta fu
assegnata per refettorio, ed altra
egualmente grande gì di sopra ven-
ne destinala per libreria. Non fu
neppure trascurata la coltura del
terreno, utile a più riguardi e so-
prattutto qI necessario divagapaepto,
M E e M E C 57
tò a quel salubre esercizio che na- Venezia dovevano essere assistiti
«ce da una moderata fatica. Il p. da un monaco di detto monastero
Mechilar fu uno di quegli uomini di s. Lazzaro. Le costituzioni e la
rari, che bastano ad illustrare una regole dei mechitaristi furono sot-
intera nazione; di gran mente, di toposte all'esame della congregazio-
gran cuore fornito, si meritò la sti- ne di propaganda fide, nel pontifi-
nta e gli encomi dei due sunno- cato dei veneto Clemente XIII, e
minali celebri governatori veneti nell'adunanza generale del 20 ago-
delia Morea, e fu ringraziato da sto lySg fu deputata una congre-
Benedetto XIV per la pubblicazio- gazione particolare de'cardinali Spi-
ne da Ini fatta della versione della nelli prefetto. Galli ponente e Tam-
Bihbia in armeno, adorna di figu- burini, il quale morendo nel i76r,
re, e per le missioni da lui con gli fu surrogato il cardinal Ganganel-
tanto frutto istituite e dirette : van- li (poi nel 1769 Clemente XIV). Gli
no pure ricordati tra i lavori del alti originali di questa congregazio-
p. Mechitar, la spiegazione dell'e- ne particolare non furono nìai con-
▼angelio di s. Matteo, opera vasta, segnati all'archivio di propaganda,
molto erudita, per la cui edizione ma soltanto a'7 agosto 1773 furo-
fece egli fondere espressamente per no ricuperate molte carte relati^ve
la tipografia da lui stabilita in s. alle congregazioni tenute^ ed aii-
Lazzaro nuovi caratteri ; e l'ampio che i decreti, ma non autentici. Il
Focabolario della lingua armena, p. Gio. Battista d'Anania procuratore
la prima volta composto e pub- generale de'mechitaristi, con lettera
blicalo da lui, dappoiché sino dal diretta a monsignor segretario, scrit-
«uo tempo ebbero origine nella ti- ta in Venezia a' 19 maggio 1772,
poi^iitfia le stampe con caratteri ar- domandò il libro delle costituzioni
meni da lui acquistati in Amsler- col suo decreto, il quale gli fu
dam. Dopo una vita di settanta- mandalo con lettera dello slesso
qualtr'anni, piena di travagli e di prelato de'27 giugno, nei termini
meriti, spirò in s. Lazzaro della seguenti. » In vista della sua dei
morte de'giusti il di 27 aprile i749i 9 '"^ggio scaduto, trasmetto a V. P.
ed una lapide posta nel santuario per la posta il tomo richiestomi
della chiesa, e fregiata di un ma- delle costituzioni di codesto mona-
gnifico elogio in armeno, ne accen- stero. Sarà però necessario che V.
na la tomba. Per cura de'suoi P. come procuratore del medesimo
degni e atfettuosìssimi figli si sta ne faccia fare una copia bene col-
ora formando un processo per la lazionata col suo originale, e poi
causa della sua canonizzazione, co- me la mandi da riporsi in questo
me si legge nella nota 8, una del- archivio della sacra congregazione,
le erudite e importanti del Di- ove desiderano i cardinali che ve
Storso, opuscolo di cui poi parie- ne sin un esemplare". Benché il p.
remo. procuratore rispondesse che tutto
Il primo successore del p. Me- avrebbe eseguito, in archivio non
chitar fu il p. Stefano Melconiau esiste, forse smarrito nei noti tras-
di Costantinopoli, creato abbate gè- porti degli archivi da Roma a Pa-
nerale nel i 7 5o, e morto nel 1800. rigi, e viceversa.
Fino dal 174» > fedeli armeni di Eletto Pio VII in Venezia nel
58 MEC
1800, a' 21 marzo fu solennemen-
te coronato in s. Giorgio, e nel
pontificale che celebrò fecero da
diacono e suddiacono greci, i pp.
Stefano Astelich e Gio. Battista
Ancher, come riporta il Cancellieri
nella Storia de possessi a p. 43^ J
ed il numero 26 del Diario di Ro-
ma. Nella Fila di Pio VII del
eh. Pistoiesi, a p. 83, si dice che il
Papa ne' primi di maggio onorò di
sua presenza il monastero di s.
Lazzaro, ammise al bacio del piede
i monaci uiechitaristi , presentati
dal cardinal Borgia loro protettore,
in cui esposero ima memoria o i-
scrizìone celebrante 1' avvenimento,
e composta dal p. Stefano Aconzio
Kliver della diocesi di Transilvania,
nuovo loro abbate generale perpe-
tuo, quale produsse a p. 254; «^"2'
a p. 180 narra che fu riportata
Dell' interessantissimo libro in istam-
pa die il medesimo presentò a Pio
Vir, e intitolalo: Ecclesiae ArinC'
nae, ejiisdemque doctoriim de s. ro-
maiiae sedis àucloritate, degne s.
Pelri apostoloriini principis, ejusque
succtssoruin rorn. Pontif. primate
testimonia selectae. Da un documen-
to dell'archivio della congrcgazio-
?ie concistoj'iale, ho rilevato che Pio
VII nel concistoro de' 28 maggio
i8o4 (di che se ne fa testimonian-
za nel numero 43, p- 1 8 del Dia-
rio di Roma), conferì il titolo e la
dignità di arcivescovo in partibus
di Siunia o Siunik neli' Armenia
uìaggiore, al detto p. abbate gene-
rale Ruver e suoi successori, onde
ordinare nel l'ito armeno i giovani
dimoranti nel monastero di s. Laz-
zaro di Venezia. Il prelato fece a
monsignor uditore dei Papa la pro-
fessione di fede, prescritta agli orien-
tali da Urbano Vili, quindi assun»
se la fascia di seta paonazza con
MEC
fiocchi, ed al cappello pose il fiocco
vescovile di seta verde, e nelle ore
pomeridiane visitò cogli altri no-
velli vescovi la basilica vaticana,
giusta il costume. Dipoi con di-
spensa pontificia, fu in Roma dal
cardinal Leonardo Antonelli peni-
tenziere maggiore e protettore del-
la nazione armena (già prefetto di
propaganda), consagrato a' 3 giu-
gno con rito latino nella chiesa a
Monte Citorio della congregazione
della missione, benché non pubbli-
ca, anche in ciò supplendo l' indulto
apostolico, Io che riporta con altre
erudizioni anche il Cancellieri nel
suo Mercato p. i43. Questo pre-
lato fu il secondo de' degni succes-
sori dell' illustre e benemerito fon-
datore di sua congregazione. Per
sua morte fu eletto nel 1824 ab-
bate generale della congregazione
niechitaristica, il p. Suchias Sotnal
di Costantinopoli, che nel 1800
avea pronunziato i sacri voti nel
monastero di s. Lazzaro, e che Leo-
ne Xll elevò all'arcivescovato di Siu-
nia con breve pontificio : egli ne
ricevette la consagrazione in Vene-
zia nella basilica di s. Marco dal
patriarca monsignor Gio. Ladislao
Pyrker, a'2 r maggio 1826. Scrisse
r applaudita opera : Quadro della
storia letteraria dell'Armenia ; ere-
de dello spirito del p. Mechilar,
ricopiò in sé le sue virtù, sempre oc-
cupossi pel bene del monastero e
della nazione, usò sempre soavi e
dignitose maniere, onde si guada-
gnò r affetto e la riverenza di tut-
ti, e logoro dagli studi, dalle fatiche,
e da una lenta e dolorosa infer-
mità, morì nel febbraio 1846. Il
capitolo della (Jongregeizione nello
stesso anno, dopo aver eletto in vi-
cario generale il chiarissimo p. d.
Gio. Battista Aucher, gli diede iu
MEC MEC 59
degno successore l' odierno abbate deve aggiungere che la congrega-
A^encrale dell' ordine, monsignor zione de' niechitarisli di Venezia ha
Triorgio Hurmuz, che il cardinal .due grandi stabilimenti di educa -
Fransoni prefetto di propaganda ai zione sotto la sua direzione. Il pri-
21 agosto nella chiesa della ss, mo per legato- di Samuele Moorat
Trinità de' Monti consagrò in arci- armeno, morto nelle Indie orientali,
vescovo di Siunia, come si ha dal si fondò dapprima a Padova nel
numero 69 del Diario di Roma, i834, nia poi per circostanze locali
avendo emanato il breve per l' ar- venne chiuso circa tre anni addie-
civescovato il regnante Pio IX in tro, indi Irasfeiito a Parigi nel 1 84S
dello mese, pel consueto mezzo del- in maggio, con quattro padri e Iren-
la congregazione di propaganday?V/p. lasci giovani. ]1 secondo, legato tìt
Già sino dagli ii maggio i838 Edoardo RnlFaele armeno, morto in
Gregorio XVJ, estimatore delle vir- Londra, si fondò a Venezia ove
tii del p. Ignazio Papasian di (lo- tuttora esiste. Qui noteremo, che
slantinopoli , procuratore genera- avendo Gregorio XVI concesso alla
le in Pioma dell' oidine , lo di- Uiizione armeno-cattolica la chiesa
chiaro arcivescovo di Taron in par- in Roma di s. Biagio con c^pizio
//^M,y, e residente in Roma pei pon- nazionale, con l' amministrazione e
tifjcali e per le sacre ordinazioni direzione al vescovo armeno ordi-
in rito armeno, che tuttora esegui- nnnle prò tempore, ed avendo mon-
sce. Il medesimo Pontefice, essendo signor Papasian, stante la sua a-
procuratore generale de' mechitari- vanzata età, fatto sentire di non po-
sti l'attuale egregio padre Edoardo tervi più accudire, Gregorio XVI lo
Hurmuz, fratello del lodalo abbate esonerò dalie incombenze inerenti,
generale, accordò a lui ed ai suoi e l' affidò intanto al detto p. E-
successori un posto nella cappella doardo Hurmuz, per l'oigano della
pontificia (come accennammo nel congiegazione di propaganda fide.
voi. Vili, p. 218 del Dizionario) Il di lui fratello monsignor abbate
fra i procuratori generali degli or- gineiale nel 1H46 ricevette da Lui-
dini religiosi. Questo procuratore gi Filippo re de' francesi la deco-
generale risiede in Roma nell' o- rnzione della legione d'onore, e dal
spizio della congregazione con qiial- sultano Abdul-MedidKlian l'ordine
che altro religioso, posto presso la ottomano del Nisciani- Iftichar, di-
chiesa e monastero delle carmeli- uiostrazione che probabilmente deri-
fane di s. Giuseppe a capo le case va dall'utilità del monastero de'me-
( del quale si parlò al voi. X, p. chilaristi di Venezia, nel propagare
48 del Dizionario), acquistato nel i lumi e le scienze fra gli armeni
pontificato di Pio VII. Nel ponti- d'oriente, per lo slabiliuiento dei
ficaio poi di Gregorio XVI ed ai vari collegi, e per essersi i mechi-
21 dicembre i835 in Costantino- tarisli senza interruzione per un se-
poli fujcon universale acclamazione colo e mezzo conservata la suddi-
eletlo in prefello o capo civile della latiza ottomana nel loro stabilimen-i^
nazione armeno-cattolica, il lispel- lo di Venezia ; sudditanza che nelle
labile p. Carlo Esajan mechitarista guerre napoleoniche preservò d mo-
di Venezia con gran lustro della naslero di s. Lazzaro dalla ntisura
iua conjjieguzioue. A tanti pregi si geueiale dellt soppressioni , quale
6o MEC
•la bili mento estero ed ospite. L' iti-
rlinnzìone poi dell' odierno sultano
air istruzione pubblica deve consi-,
dorarsi come un effetto della sa-
lutare influenza di -vari suoi mini-
stri, ed in ispecie di Rescid pascià,
che nelle loro ambascerie presso le
•principali corti d'Europa, compresa
quella di Gregorio XVI, hanno po-
tuto convincersi dell' assoluta neces-
sità di coltivare e migliorare gli
studi, per lo passato oauiuamen-
te negletti in Turchia.
I monaci raechitaristi, oltre le
sacre funzioni che fanno regolar-
meiile secondo il rito nazionale nella
loro chiesa di s. Lazzaro con som-
ma edificazione di quanti vi assi-
stono, pei' la sontuosità del vestia-
rio , pel numero de' celebranti e
cantori , uffiziano anche un'altra
chiesa lor propria, in città, intitola-
ta della Croce; sostengono con vero
zelo la spirituale direzione di quan-
ti arrivano e si fermano per ri-
guardi sanitari nel lazzaretto ma-
ritlimo, situato in una delle isole
venete ; e siccome oltre la lingua
armena ed italiana , conoscano or-
dinariamente anche la turca, l'in-
glese, la francese e la tedesca, co-
sì occorrendo ascoltano le confessio-
ni degli stranieri cattolici, che non
parlano che l'una o l'altra di que-
ste lingue : anzi trattando pii» vol-
te con persone o famiglie acattoli-
che, e dando loro le opportune i-
slruzioni, le convinsero de'loro er-
rori, e le trassero a conoscere ed
abbracciare la verità della fede cat-
tolica, rendendosi in tal modo i
mechitaristi eziandio benemeriti del-
la veneta chiesa. Avendo poi la
congregazione per precipuo scopo
d' illuminare colle missioni i popoli
sepolti neir errore, così senza par-
lare delle sue stazioni di Costanti-
MEC
nopoli, di Russia e di altri luoghi,
ricorderemo quelle di Belgrado, di
Temeswar, di Bursa e Neoplanta
principale residenza de' missionari,
dove si trova una chiesa armena
dedicata a s. Gregorio Illuminatore,
con cuia d* anime, ed il parroco
mechitarista coopera con quello la-
tino, e come tale dipende dall'ar-
civescovo di Colocza. Altra volta i
raechitaristi eressero ospizi e chie-
se in Elisabettopoli, a Petervara-
dino, in Crimea, ed altrove. Tante
benemerenze religiose e letterarie,
il tratto de' niechitarisli sempre in-
genuo, tranquillo e dolce, li fece
meritevolmente chiamare per anto-
nomasia i gesuili dell' oriente s i me-
chitaristi portano la barba lunga e
vestono doppia tonaca con mantel-
lo e cappuccio di lana nera, con
cappello ecclesiastico, nella forma
che li produsse il Capparroni, che
ne riportò la figura nella Raccolta
degli ordini religiosi.
La prima condizione richiesta
per essere ammesso nell'ordine, è
quella di essere armeno, essendo
principale mira dell' istituto quella
d' illuminare e d' istruire i propri
connazionali, E siccome a far che
meglio i suoi membri si penetrino
del suo spirito e dello scopo delle
sue istituzioni, si preferiscono i gio-
vani allevati nelle proprie case, sen-
za la menoma distinzione tra ricco
e povero, così come tali giovani
abbiano dati saggi di capacità e di
bella disposizione, vestono l' abito
monastico, abitano l'accennata par-
te separata del chiostro, detta il no-
viziato, e vengono diretti nello stu-
dio da abili maestri, corrisponden-
ti ai nostri maestri di grammatica
e di rettorica. Terminati gli studi,
se sono dotati di fisico e d'intelli-
genza sufficiente, ed atti sieno 9
MEC
«opportare le ratiohe della vita del
ciotto, odel missionario, è loro per-
messo di entrare nella congrega-
zione. L'ammissione è devoluta al
maggior numero de' membri del-
l'ordine, e dove l'ottengano i no-
vizi passano nella scuola delta pro-
fessorato, dove si dedicano agli stu-
di teologici e filosofici, unitamente
a quelli de' padri. Compiuto quel
nuovo corso ricevono il sacerdozio,
e vengono assegnale loro le stanze
destinate pei dottori. Se ne sono
degni, e se lodevolmente ne sosten-
gono gli esami, ricevono il titolo
di vartabied, e secondo la vocazio-
ne o le disposizioni sono inviati alle
missioni d' oriente, ovvero riman-
gono al monastero di s. Lazzaro
per attendere ai lavori letterari.
Tali lavori si possono dividere in
due classi , la prima comprende
quelli dell'educazione spirituale e
morale, ovvero diretti all' istruzione
della giovenlìi ; la seconda quelli
che hanno un carattere veramente
scienti lì co. Tre volte al giorno si u-
niscono i monaci nella chiesa di s.
Lazzaro, afiine di recitare i divini
uffizi: nelle osservanze delle feste
e digiuni si conformano alia chiesa
romana, ma osservano il rito ar-
meno, e consagrano in azimo.
Prosperando la congregazione, con
pie elargizioni fece abbellire la chiesa
di s. Lazzaro, che crebbe maestosa
di cinque altari di marmo, e di al-
cuni quadri, uno de' quali della
Beata Vergine, lavoro di Giovanni
Emir, è tratto dall' originale di Sas-
soferralo. Vi si aggiunse una ele-
gantissima sacrestia, cui crescono ri-
salto gli apparati sacerdotali di ma-
gnificenza orientale e meravigliosa.
Nell'atrio della chiesa vedonsi ad-
dossati alla muraglia due bellissimi
monumenti , l'uno di aulico, l'ullru
MEC 6i
di moderno siile. L' antico man-
ca di data, ma offi-e una iscrizione
latina a caratteri gotici ; il nuovo
eif'tio dal cav. Alessandro Raplifiel
armeno, assai benemerito di questa
congiegazione, porta nel mezzo il
suo stemma ed il suo nome im-
presso in armene note. La sacra
torre campanaria, le cui fondamen-
ta furono gittate dal p. Mechilar,
venne a compimento sotto il di lui
immediato successore l'abbate Stefa-
no Melconian, dietro un disegno
fallo da uno dei monaci a cui
piacque dare alla cima le forme o-
rienlali. Il refettorio è di una poli-
tezza che innamora, quantun(|ue non
sia che la ripetizione di quella che
regna in ogni altro luogo meno
cospicuo, come io slesso ammii-ai
coi propri occhi ; e sta di fronte
all'ingresso di esso una gran tela
rappresentante la cena del Reden-
tore, opera di Pietro Novelli vene-
ziano. La libreria poi è un vero
gioiello, non tanto per la magnifi-
cenza degli scaffali, quanto per la
copia e sceltezza delle opere che
contiene. Veggonsi nella volta tre
quadri del veneto Francesco Zugno.
Ivi serbasi un'antichissima mura-
mia, dono del connazionale Bogo.s
Jusuff, primo ministro del viceré
d' Egitto, e vuoisi che conti tre-
mila anni d'età. Rimpetto alla li-
brerìa vi è una stanza che per la
sceltezza de'codici armeni, per quel-
la di alcune macchine addette agli
esperimenti della fisica, e per al-
cune produzioni relative alla storia
naturale merita di osservarsi. V'è
pur anche in essa un libro sul quale
tutti quelli che visitano l' isola iscri-
vono il proprio nome, e già vi si
leggono quelli de' personaggi r più
illustri in Europa, avendo onorato
il mollasti IO nel 1841 di sua pie-
Ck
:\i E e
senza il re legnante di Baviera Lo-
dovico, che nella sua commozione
espresse i suoi scntimenli di stima
e di soddisfazione in versi poetici.
La bellezza e precisione della tipo-
grafia, riluce particolarmente nella
stamperia di s. Lazzaro, e non solo
si solleva sopra le altre armene di
Costantinopoli, di Smirne, di Ma-
dras, di Vienna, di Pietroburgo, di
Londra, di Parigi, ma distinguesi
eziandio Ira le prime tipografie o-
rientali di Europa. Trasfuso come
in retaggio Io spirito del fondatore,
i mechitiu'isti progredirono ogni d'i
più negli studi, e zelantissimi, sino
a poter per tal via inoltrare alla
loro nazione vari utili libri, di par-
te de' quali sono eglino stessi gli
autori, e di parte sono gì' interpreti.
Di sì stupendo progresso fa fede la
copia delle opere che di là vider la
luce. Oltre le grammatiche e i dizio-
nari di varie lingue, stamparono (per
ciu'a del p. Gio. Battista Aucher) la
cronaca di Eusebio da Cesarea in tre
lingue, armena, greca e latina, opera
di cui era perduto il greco origina-
le r ne rinvennero essi la versione iute-,
ra anticamente fatta in armeno, e la
recarono in latino aggiungendovi
i frammenti greci a gran prò del-
la letteratura, ed utile al ristabili-
mento del testo dell'autore. Così
fecero (per studio del lodato reli-
gioso) de'tre sermoni di Filone e-
breo inediti, e salvati in antica ver-
sione in armeno, e dei paralipome-
ni dello stesso scrittore, non che
delle omelie di Severiano da Emnia
vescovo di Cabal, opere di cui pa-
rimenti erano perduti i greci ori-
ginali, e delle quali furono le ver-
sioni in armeno. Piaccolsero pu-
re non pochi altri manoscritti ar-
meni, de' quali va fornita la loro
biblioteca, e a quando a quando
MEC
ne stampano alcuni , raffrontando
gli esemplari; mentre il p. Ciam-
cian ci diede la storia universale
dell'Armenia, ed il p. Ingigian le
antichità delU Armenia e la sua
Geografia, per non dire di altri. La
corrispondenza letteraria de'mechi-
taristi si estende fino ai più remo-
ti paesi, e i libri da loro stampa-
ti trovano il più facile smercio.
Da questi non solo riceve gran lu-
me la nazione armena, ma la con-
gregazione stessa mechitaristica ne
ritrae tali frutti, che uniti a quel-
li delle sue rendile, trovasi in gra-
do di ricevere gratuitamente alla
educazione i poveri giovani arme-
ni. Due belli articoli sull'isola di
s. Lazzaro e sui mechitaristi si leg-
gono neir Album, giornale lettera-
rio romano t. Ili, p. 225, e tom.
Vili, p. 4or, colla veduta dell'iso-
la, ed il ritratto del p. Mechitar.
11 Pontefice Gregorio XVI, che
da monaco, da abbate e da cardi-
nale sempre teneramente amò e
grandemente stimò la congregazione
mechitaristica, prima del declinar
dell'anno i845 volle dargliene uni
ulteriore solenne testimonianza a
perpetua memoria di sua benevo-
lenza, coir inviargli un nobilissimo
donativo, cioè la stessa sua venera-
ta effigie. Consistè il dono in un
monumento di marmo bianco, che
lo rappresenta vestito degli abiti
pontificali, e in triregno, nell'atto
di compartire l'apostolica benedizio-
ne; lavoro finitissimo, squisito e
diligente del commendatore Giusep-
pe de Fabris esimio scultore, che
l'umiliò al Papa in omaggio di gra-
to animo nel i833. 11 monumento
è sostenuto da girevole dado di
marmo di Carrara , le quattro
fronti del quale sono decorate di
bassi- rilievi simbolici in marmo
ME e
giallo incassati, indicanti le epoche
principali , le gesta più gloriose ,
e le primarie virtù del gran Pon-
tefice. Tutto posa su quadrango-
lare pilastro o stilobate, screziato
di cipollino bigio e verde. Som-
mamente riconoscenti i mechilaristi
per tratto sì amorevole e magna-
nimo, dopo aver rassegnato al mu-
nifico padre e costante protetto-
re , solenne rendimento di gra-
zie, vollero collocare il monumen-
to nella biblioteca del monastero
di san Lazzaro, e celebrarne con
decorosa pompa l'inaugurazione ai
2 febbraio 1846, fausto anniversa-
rio dell'esaltazione alla cattedra di
s. Pietro dell' augusto donatore. In
SI lieta occasione la quiete studiosa
della religiosa famiglia fu interrot-
ta dalla magnifica e festevole so-
lennità, alla quale intervennero le
principali autorità civili e militari,
quelle ecclesiastiche , i cepi degli
ordini religiosi , ed altri distinti
personaggi, tra' quali sua altezza
reale il duca di Bordeaux Enrico di
Borbone, e sua eccellenza il brtli
fr. Gio. Antonio Carpellari della
Colomba gran priore dell' ordine
gerosolimitano nel regno lombardo-
Teneto , e nipote del Pontefice.
L'angelico e da txitti benedetto
cardinal Jacopo Monico patriarca
di Venezia lesse con grave facon-
dia e maestria analogo discorso,
che siccome veridico, dotto, af-
fettuoso, eloquente ed erudito, non
poterono gli uditori frenare la
commozione e l'entusiasmo dell'ani-
mo, con aumento di ammirazione e
•venerazione verso il Pontefice, e di
profonda estimazione pel por[)nrato,
■vero ornamento del sacro collegio.
Questi illustrò con encomi il dono
del santo Padre, rilevò i pregi ar-
tistici del monumento, spiegandone
MEC 6'.
eziandio le allegorìe de'bassi -rilievi;
a cagione dell'argomento si diffuse
ed enumerò i tanti copiosi fasti del
memorabile e glorioso pontificato,
le private e domestiche virtù d«I
Pontefice, e persino la principale ca-
latteristica dicsso, che all'umiltà del
monaco ognora congiunse la forza e
la grandezza d'animo che gì' ispirò
la sublimità del supremo suo gra-
do, inchinandosi riverenti alla sua
pontificia maestà i più potenti mo-
narchi ; finalmente onorò di giu-
sto, dettagliato e splendido elogio
i monaci mechitaristi, dichiarando-
ne le principali benemerenze con
paterna effusione d'animo, rimar-
candone la singoiar pietà, la dili-
gente disciplina, e la [ìrofond» sa-
pienza con la quale pubblicando
opere voluminose di sacra e pro-
fana erudizione, e che col trasmet-
terle di qua e di là, donde il sol
nasce, fin dove tramonta, si forma
una specie di nodo, che il saper
dell'oriente con quello dell'occiden-
te unisce e siringe in fraterna al-
leanza; né tacque i rilevanti ser-
vici resi dai mechitaristi alla chiesa
veneta in varie guisCj accrescendo-
ne il decoro colla loro esemplaris-
sima vita e squisita gentilezza. Do-
po l'applaudilo discorso, fu ese-
guita da scelta orchestra ed esperti
cantori, una cantata commemoran-
te il fausto avvenimento al so-
glio pontifìcio di Gregorio XVI ,
offerta ai religiosi dal cav. Andrea
Battaglia console pontificio in Ve-
nezia, fatta compoire già e mette-
re in musica dal suo egregio geni-
tore cav. Giuseppe, anch'esso stato
console pontificio. Mentre eccheg-
giavano i musicali concerti, venne-
ro largamente profusi lauti rinfre-
schi, e terminata la bellissima can-
tata, l'adunanza si sciolse .al suono
04 MEC
dell'inno nazionale austriaco. Inol-
tre i pp. mechilaristi dispensarono
elegante opuscolo impresso co' loro
nitidi ti[)i, descrivente il monumen-
to che ertigiarono con litografìa del
veneto jutista Melchiorre Fontana,
ed intitolato: Cenni intorno al tuo-
lìumento che si degnò la Santità
(li N. S. Gregorio XFI di gra-
ziosamente trasmettere in pegno pre-
zioso e distinto della sua ninni/ì-
cenza e della paterna sua amo-
revolezza alla congregazione dei
monaci mechitaristi di s. Lazzaro
in Fenezia. Quindi gh stessi religio-
si, e colla lodata litografìa, dispen-
saiono altro elegante opuscolo con
importanti note, e l'iscrizione mar-
morea situata in silo cospicuo del
n)onastero a perenne memoria di
un tanto Pontefice, che porta per
titolo: Per V inaugurazione del mo-
numento pontifìcio nel monastero
di s. Lazzaro il dì 2 febbraio 1846,
discorso del cardinal patriarca di
Fenezia. Ivi dalla tipografìa arme-
na di s. Lazzaro 1846.
Altra congregazione mechitaristi-
Ga, derivata dalla sullodata è quel-
la de' mechitaristi Triestini, o di
Fienna, così detta perchè i loro
fondatori separandosi dai monaste-
ro di Venezia, prima si ritirarono
a Trieste e poscia si stabilirono a
Vienna, di che andiamo a darne
cenno. Prima noteremo, che nel
1747 non si trovavano in Vienna
che venti armeni uniti in matri-
monio per lo piìx con donne tede-
sche* vi erano tre preti di quel ri-
to, ma incapaci al ministero per la
loro ignoranza ; chiesero un mo-
naco mechilarista di Venezia, e fu
concesso a loro spese. Altro mona-
co vi fu deputalo della stessa con-
gregazione, sotto la dipendenza del
nunzio apostolico di Vienna. Verso il
MEC
'774 '' P- Diodato Bahighian col
suo compagno p. Minassi separaro-
no dalla congregazione di s. Lazzaro
in seguito di alcune controversie
interne, e furono i fondatori dei
mechitaristi di Trieste, unitamente
a quelli che già quivi dimoravano.
Il primo loro superiore fu il p.
Antonio Uzcardas ; ma il p. Babì-
ghian insignito della dignità arci-
vescovile di Cesarea in parlibus nel
1800 da Pio VII, fu il primo lo-
ro abbate. Nel 1779 ' mechitaristi
costituenti una sola congregazione
avevano due soli monasteri, uno in
Venezia, 1' altro in Trieste detto
dei ss. Martiri, e per riconciliarsi vol-
lero celebrare un capitolo. La con-
gregazione di propaganda nel 1780
concesse licenza di convocare il ca-
pitolo in s. Lazzaro, sotto la presi-
denza del nunzio di Venezia Ra-
nuzzi, con patto di non pubblicar-
ne i decreti senza l' approvazione
della stessa cardinalizia congregazio-
ne; ma la cosa non avendo avuto
effetto, si venne ad una totale sepa-
razione dei monaci di Venezia da
quelli di Trieste. JVel 18 io Trie-
ste passata sotto il dominio france-
se, la congregazione mechitaristica
spogliata di tutto^ fu costretta ri-
fugiarsi a Vienna, ed ebbe ricove-
ro nel convento de'cappuccini vuo-
to di religiosi. INelle sue angustie
fu aiutata dal nunzio di Vienii»
Severoli, il quale volendo la con-
servazione della congregazione, prO'
pose ed ottenne di darle in atn-
minislrazione la villa di Dublany
spellante al collegio di Leopoli
( f^e/^/'), perchè vi formasse de' mis-
sionari armeni sotto la dipendenza
e fino a quando cos'i volesse la
congregazione di propaganda. In-
tanto i monaci fabbricarono i»
Vienna il monastero con magnìfica
MEC
chiesa e stamperia. Il monastero
contiene molti monaci, e molti di
essi si trovano alle missioni di Bu-
kovina, e di Elisabettopoli, di Co-
stan, di Mokilow, di Costantiuopo-
li, di Armenia e Mesopotamia, re-
stando un solo monaco in Trieste.
Munifico verso questa congregazione
fu l' imperatore Francesco I, che
ie assegnò una pensione. Al pre-
sente n'è abbate monsignor Arista-
ce Azaria arcivescovo armeno di
Cesarea, che succedendo nel iS^S
al suo predecessore, molto più dì
lui la fa grandemente fiorire. Nel
primo volume degli Annali delle
scienze religiose, p. i4i e seg., è
riportato il prospetto pubblicato
dalla congregazione de'mechitaristi
di Vienna, dell' unione per la pro-
pagazione de' buoni libri cattolici
nella Germania, dovendosi i mss.
de' temi proposti rimettersi alla li-
breria della congregazione. Questa
conservando e seguendo la regola
del p. abbate Mechitar, riscuote la
ammirazione di tutti, massime dei
nazionali, siccome benemerita di es-
si e della Chiesa, fiorendo ne' suoi
individui distinti soggetti.
MECHOACAN {Mecoacan). Cit-
tà con residenza vescovile dell'Ame-
rica settentrionale, nella provincia
di Mechoacan, stato della repubbli-
ca del Messico, o sia Vagliadolid,
Valladolid. Mechoacanum , capo-
luogo dello stato di Mechoacan, il
quale appartiene interamente al ba-
cino del grande oceano equinoziale,
ed in cui gli animali domestici del-
l'Europa si sono moltiplicati in
modo particolare , abbonda di mi-
niere e di pesce eccellente, ed era
un regno indiano allorché gli spa-
gnuoli giunsero al Messico. Cristoval,
uno de' generali che comandavano
sotto Cortez, ne fece la conquista
»of. HIV.
MEC 65
nel i524- La città fu edificata dagli
spagnuoli, e divenne sede dell'inten-
denza del suo nome. Trovasi in
mezzo alla bella valle d'Olid che
due fiumi irrigano: è fabbricata ir-
regolarmente, ma ha diversi nota-
bili edifizi; ed un beli' acquedotto
costruito a spese del vescovo Fray
Antonio de s. Miguel, somministra
alla città acqua potabile. Meritano
particolar menzione la cattedrale e
il seminario. Il clima è sommamen-
te mite e piacevole, sommando gli
abitanti a circa 23,000. Questa
città è patria di d. Agostino Itur-
bide, stato proclamato imperatore
del Messico nel 1822, e moschet-
tato nel 1824.
La sede vescovile fu eretta da
Paolo III nel i536, ad istanza del-
l' imperatore Carlo V, e fatta suf-
fraganea dell' arcivescovo di Messi-
co, come lo è tuttora. Nel iSSy
ne fu eletto primo vescovo Vasco
de Quiroga consigliere del Messico,
la cui memoria è in grandissima
venerazione nel Perù, in cui niuuo
più di lui contribuì all'avanzamen-
to della religione; fondò conventi,
eresse chiese cattedrali, apri scuo-
le e seminari, celebrò concilii, fece
imprimere utili libri, e stabilì tra
i vescovi di America l' uso di vi-
sitare le diocesi; morì da tutti com-
pianto nel i565. Suoi successori
furono, Antonio Morales ; Giovan-
ni Medina agostiniano, gran teolo-
go, dal 1572 al i588; Alfonso di
Guarà domenicano, morto nel 1597;
Domenico d' Ulloa domenicano, vi-
cario generale della provincia di Ca-
stiglia, morto nel i6oo; Andrea
d'Ubilla, dello slesso ordine, morì
prima di prender possesso del ve-
scovato; Giovanni Fernandez Ro-
scilly decano della chiesa di Carta-
gena, morto nel 1606; Baldassare
5
66 MEG
di Cuvanuvias ngostìniano, morto
nel 1622; Alfonso Heiiriquez del-
l' ordine della Mercede, morto nel
1628 ; Francesco di Ribera, del
medesimo ordine, morto nel iGSy;
Maria Ramìrez francescano, com-
missario generale delie Indie, tra-
sferito dalla chiesa di Cliiapa nel
i63g. Nelle annuali Notizie di Ro-
ma sono riportati i seguenti ve-
scovi. 1741 Francesco Paolo de
Matos-y-Coronado, traslato da Ju-
catan; l'j^S Martino d' Elizacoc-
chea della diocesi di Pamplona, tra-
sferito da Durango; l'jS'j Anselmo
^anchez de Tagle della diocesi di
lUugos, Iraslato da Durango; '773
Lodovico Ferdinando de Hoyos,
della diocesi d' Oviedo, dopo la
morte del quale avendo Pio VI
istituito nuovi vescovati nella re-
gione, smembrò il territorio di que-
sta diocesi; 1777 Gio, Ignazio de
la Rocha, della diocesi di Cadice;
1783 Antonio di s. Michele giro-
lamino, della diocesi di Santander,
trasferito da Comayagua ; 1 8o5
Marco Moriana e Zafrilla , delia
diocesi di Cuenca. Dopo notabile
sede vacante, Gregorio XVI nel
concistoro de' 28 febbraio i83i, vi
trasferì 1' attuale monsignor Gio.
Gaetano Giuseppe Maria Gomez
Portugal della stessa diocesi di Me-
clioacan, già vescovo di Claudiopo-
li in parlibus.
La cattedrale è dedicata al ss.
Salvatore, con fonte battesimale e
cura d'anime, con proprio parroco.
Il capitolo si compone di cinque
dignità, essendone la prima il de-
cano, di nove canonici comprese le
prebende del teologo e del peniten-
ziere, sei de' quali integri, ed al-
trettanti con la metà della preben-
da, oltre altri preti e chierici in-
servienti ai divino servigio. Il pa-
MED
lazzo vescovile ben costrutto ed or-
nato è aderente alla cattedrale. Ol-
tre di questa vi sono altre chiese
parrocchiali, monasteri e conventi,
seminario, ospedale e diverse con-
fraternite. Ampia è la diocesi con-
tenente più luoghi, con circa quat-
trocento chiese parrocchiali. Ogni
novello vescovo ne' libri della ca-
mera apostolica è tassato in fiori-
ni 33, corrispondenti alle rendite
della mensa che si calcolano a cin-
quanta mila peliarum, moneta di
quelle parti.
MEDAGLIA, Numnms. Specie di
moneta antica : oggi però medaglia
per moneta non è più in uso, fuor-
ché delle antiche monete greche e
romane, e anche d'altre nazioni,
di qualsivoglia metallo e grandezza,
numisma. Medaglia diciamo anche
oggi alle impronte o imprese di
uomini illustri, o di santi, fatte in
oro, in argento, in bronzo, o in
altro metallo, di forma simile alle
monete e di diverse grandezze. I
francesi chiamano indistintamente
medaglia qualunque pezzo di me-
tallo battuto a un conio, abbia esso
o no avuto corso in alcun tempo
come Moneta [Vedi). Tutte le me-
daglie dividonsi in due classi gene-
rali, cioè antiche e moderne: anti-
che diconsi tutte quelle che sono
state battute fino alla metà del se-
colo IH, o anche fino al IX seco-
lo dell' era volgare, giacché gli an-
tiquari non sembrano di accordo
su questo particolare ; moderne di-
consi quelle che sono state battu-
te dopo il ^15. Tra le medaglie
antiche distinguonsi le greche e le
romane. Le greche sono le prime
e le più antiche, perchè anco a-,
vanti la fondazione di Roma i re
e le città greche coniavano bellis-
sime monete, di un lavoro così per-
MED
fello, clie anche nello slato piti flo-
rido della repubblica e dell' impero
voraano esse non fuiono agguaglia-
te. Le medaglie romane sono o
consolari o imperiali ; le consolari
sono quelle battute sotto i consoli,
e che diconsi comuneracnle di fa-
miglia; le imperiali sono quelle
che battute furono sotto gì' impe-
ratori. Soltanto all'epoca' del rina-
scimento delle lettere e delle bel-
le arti si cominciò a pigliare in
Europa il gusto per le mediiglie
antiche, e venne in favore il loro
.studio. Il Petrarca fece grandissima
ricerca delle medaglie, e formata-
ne una serie la giudicò degna di
offerirla all'imperatore Carlo IV,
come presente proporzionato a gran
principe. Nel secolo seguente Alfon-
so re di Napoli e d'Aragona riunì
una serie di medaglie assai consi-
derabile per queir età. Forse ad e-
sempio di quel njonarca, Antonio o
meglio Pietro Barbo cardinale di
s. Marco, poi Paolo II, riunì in Ro-
ma con generosa sollecitudine una
copiosa collezione, e formò un ga-
binetto di medaglie imperiali, nel
discernere le quali tanta perizia
avea acquistato, che appena vedute,
sapeva dir subilo di qual impera-
tore o imperatrice esse fossero. Lo
avea preceduto il Bembo, ad esem-
pio forse del quale i veneziani sino
da quel tempo si erano dati a rac-
cogliere con sollecitudine medaglie
ed altri oggetti d' antichità e belle
arti. Cosimo de Medici cominciò
verso queir epoca in Firenze quella
inimensa raccolta di mss., di statue,
di bassirilievi, di marn)i, di cam-
mei e di pietre incise, e cosi pure
di medaglie antiche, che fu conti-
imata da Pietro de Medici suo fi-
glio e da Lorenzo suo nipote. In
Francia Budeo dicesi essere stalo
MED G7
il primo, che nato col gusto del-
l'antichità, formasse una piccola
raccolta di medaglie d' oro e d'ar-
gento, anche avanti eli' egli comin-
ciasse a scrivere sull'asse e sulle
monete degli antichi. Egli fu imi-
tato da Giovanni Grollier, da Gu-
glielmo Duchoul, da Vaillant, da
Choisy, da Myonnet, ed altri, ai
quali va debitrice di molte belle
notizie ed anche di alcuni buoni
metodi la scienza numismatica. Le
medaglie moderne sono state fab-
bricate in Europa, dopo che spen-
to vi fu il dominio de' goti, e che
cominciarono a coltivarsi, benché
ancora bambine, le arti della scol-
tura e della incisione. Da che il
gusto di raccogliere medaglie ed
altri monumenti dell'antichità si è
sparso neir Europa, ed è diventato
per alcune persone una specie di
passione, si suscitarono alcuni im-
postori ed alcuni falsari, i quali
seppero approfittare della credulità
de' raccoglitori. Cavino detto il Pa-
dovano, ed il Parmigiano, non che
altri, si resero famosi per contraf-
fazioni, che il Sestini nei vari suoi
scritti ha insegnato come cono-
scerle. Delle medaglie, loro uso, e
più celebri raccolte, parliamo iu
molti luoghi del Dizionario, come
del loro collocamento ne' fondamen-
ti di cospicui ediflzi.
La numismatica è la scienza del-
le n>edaglie antiche, e realmente po-
trebbe ancora dirsi delle moderne,
giacché queste formano argomento
di diversi libri e trattati. Il voca-
bolo di numismatica deriva dal no-
me tanto greco, quanto latino di
moneta e di medaglia, e parlando
a tutto rigore, quella scienza ha per
oggetto lo studio delle monete, e di
quelle principalmente che sono sta-
te battute dagli auticlii greci e ro-
68 MED
mani. Questa scienza o questa ar-
te, come alcuni la nominano, va
debitrice de' suoi primi sviluppa-
nienti a Nonnio, Hulsio, Occone,
Ilemmelario, ed agli italiani Eriz-
zo, Strada, Vico, Parata, ec. La
scienza ottenne perfezionamento da
Mezzabarba che illustrò le medaglie
pubblicate da Occone, che furono
riprodotte in Milano dalla società
Palatina; da Patino, Vaillanl, Mo-
re), Arduino, Spanemio, Bellori, Fi-
lippo Buonarroti, Begero, Haym,
de Boze, Eckhel ed altri, i quali
portarono nella spiegazione delle me-
daglie tutta l'erudizione ed esattez-
za che può desiderarsi. V. Patin,
Introduclion à la connaissaiice des
médailles, Padoue 1691. Thesaurus
nuntisnialum anliquor. musaci Alau-
/'ocem, Venetiis i683. Imperaloruni
romanoruni numismata , Argenti-
nae 1671. Inip. roni. numismata
ex aere, Argentorati 1671. A. A-
gostini, Dialoghi intorno alle me-
daglie, iscrizioni, ed altre anti-
chità, illustrati con disegni di mol-
te medaglie ed altre figure, Ro-
ma 1625. Sebastiano Erizzo, Di-
scorso sopra le medaglie antiche,
Venezia i55g. Ricaud de Tiregale,
Médailles sur les principaux évé-
nemens de l'empire de Russie, Post-
data 1772. La scienza delle me-
daglie antiche e moderne con nuo-
ve scoperte, Venezia 1727. Fran-
cese' Antonio Zaccaria , Istituzio-
ni antiquario-numismatiche , ossia
introduzione allo studio delle an-
tiche medaglie , Venezia 1793.
Vincenzo JVatale Scotti, Della rari-
tà delle medaglie antiche di tutte le
jorme e di tutti i metalli, divise in
tre classi, Firenze 1809. Ottavio
Liguoro, Ristretto isterico ec. di
Romaj medaglie, gemme, intagli ec,
Roma 1753. Familiae romanae
MED
quae reperiuntur in antiquis numis-
matibus ab Urbe condita ad tem-
pora divi Augusti ex bibliotheca
Fulvi Ursiniec, Romae 1577. Fi-
lippo Buonarroti, Osservazioni i-
sloriche sopra alcuni medaglioni an-
tichi, Roma 1698. Francesco Fico-
roni, Explication historique des mé-
dailles relatives à l'hisloire des Pro-
vinces- Unies, A msterdam 1736. Broc-
chieri, Sopra alcune medaglie conso-
lari, Bologna 1 762. /piombi antichi,
ove a p. 77 tratta delle piccole meda-
glie di piombo. Della moneta che ver-
so il i25o fu battuta in Firenze, de-
nominata medaglia, ne parla il Vet-
tori nel Fiorino d'oro p. 199. Del-
l'opera che sulle medaglie antiche
pubblicò il cardinal Bernardino Maf-
fei, ne parlammo alla sua biografia.
Le medaglie antiche erano già mol-
to ricercate a' tempi de' romani im-
peratori. Le medaglie come le mo-
nete sono i pili certi monumenti
della storia. L'uso principale di que-
sti monumenti è quello di comprova-
re i fatti storici e di perpetuarne la
memoria; e benché l' invenzione della
stampa possa con grande vantaggio
supplire a que' documenti, si conia-
no tuttavia e si battono medaglie
nella fiducia, che esse sopravvive-
ranno a tutti gli altri documenti i-
storici. La numismatica, come tutte
le altre scienze, acquistò col pro-
gresso del tempo una lingua e al-
cuni termini suoi particolari, dei
quali si sono anche formati elenchi
e vocabolari. Ad accennarne i prin-
cipali, il campo della medaglia è
il fondo destinato a ricevere il tipo
e le epigrafi o le iscrizioni ; le figu-
re incise chiaraansi il corpo della
medagliaj diconsi monogrammi le
lettere intrecciate che indicano cer-
te epoche o nomi di città o di per-
sone. Nimbi si appellano i cerchi,
MED
talvolta radiati che sovente si os-
servèino sulle medaglie del basso
impero ; pantee si nominano le te-
ste che portano i simboli di alcune
divinità; cos'i il parazonio è una
specie di pugnale e di spada, che
vedesi in mano o al fianco di di-
verse figure, o anche talvolta iso-
l;ito. Vedi Medagiie BE^EDETTE e
Medaglie Pontificie.
MEDAGLIE Benedette. Trattan-
do il Sarnelli nel t, VI delle Lett.
tccl. p. i4, leti. VF, delle meda-
glie, le chiama appendici delle Co'
rane e Kosarii [Vedi), ed impron-
ta d' ogni metallo, che si fa con
imprese e ritratti di principi , o
de' santi, o della Beata Vergine,
o di Gesù Cristo, ec. in forma di
monete. Le medaglie colle effigie
sacre de' santi, del Redentore e del-
la divina sua Madre, non che i
Crocefissi si sogliono benedire con
indulgenza dai Pontefici, e da quelli
cui essi dieiono facoltà. Diversi Pa-
pi concessero indulgenze a quelle
corone, croci e medaglie che aves-
sero toccato i luoghi santi di Ge-
rusalenime , e la santa casa di Lo-
reto, come dicemmo a quegli arti-
coli, od altri santuari e reliquie, i
quali divozionali benedetti o che
abbiano toccalo .santuari e reli-
quie non si possono vendere, com-
mutare o prestare. Nel voi. XVII,
pag. 198 e 199 del Dizionario
parlammo dell'antichissimo rito di
benedirsi e donarsi dai Papi cose
sagre di oro, argento o altro me-
tallo, come nei bassi tempi |.e Chia-
vi [P'edi), colla limatura delle Ca-
tene di s. Pietro [Vedi), notando che
prima del secolo XVI non si soleva-
no applicare indulgenze alle meda-
glie benedette; laonde concessero i
Pontefici {'Indulgenza [Vedi) alle
medaglie ed altre cose cui avessero
MED 69
compartito la Benedizione [Vedi),
considerando che 1' uso di tali co-
se sagre eccitano nei fedeli cristia-
ni la fede e gli atti di adorazione
verso Dio, e di venerazione verso
la Beata Vergine ed i santi. Va
avvertito che i Papi esclusero dalla
benedizione e indulgenze le croci, cro-
cefissi, statuette o medaglie di ferro,
di stagno, di piombo, o di altra ma-
teria facile a rompersi o consumar-
si ; ordinando che le immagini im-
presse sieno de' santi già canoniz-
7ati, o di altri registrati nel mar-
tirologio romano. Narra il citato
Sarnelli che nel pontificato d' Inno-
cenzo in, eletto nel 11 98, i pelle-
grini che venivano a Roma ad Li-
mina ApostGloriiiii, aveano per co-
stume di riportarne le immagini e
figurine de' ss. Pietro e Paolo, che
si ponevano con aumento di divo-
zione indosso, per segno e testi-
monio del compiuto viaggio ; e che
era tanto grande la quantità che
se ne vendeva , e tale la buona
entrata che se ne ricavava, che tal
Papa ne applicò la privativa ai ca-
nonici della basilica vaticana , co-
me si legge nella sua epist. 533
del primo libro, di stampare cioè
.soltanto medaglie di piombo e sta-
gno colla effigie de' ss. Apostoli.
L'anonimo delle Osservazioni sul-
l'origine del commercio della mone-
ta, riporta altrettanto a p. 09,
notando che il Garampi di.s.se er-
roneamente ignorare se tali meda-
glie di divozione fossero medaglie,
avendolo detto chiaramente Inno-
cenzo III. A tempo del medesimo
Papa si lavoravano alcune meda-
glie di stagno colia figura del Vol-
to Santo e le chiavi di s. Pietro
incrociate, le quali si vendevano da
certi artefici, chiamati vendentcs
P'eronicas. Anche queste medaglie
70 MED
«Uìi pellegrini si attaccavano al cap-
p<lio o alle vesti in contrassegno
(Il aver visitalo i sagri lin)ini_, ed il
provento, provenlibus signorum, fu
dallo slesso Innocenzo III assegnato
ai canonici di s. Pietro per le di-
stribuzioni quotidiane. Aggiunge il
nominato anonimo, che Gregorio
IX confermando ai canonici la stessa
privativa, dice nella bolla a s. Pie-
tro : veddilus et provcnlus de signis
plttrnheis^ sive stagnei's, liiam et eoa-
/jostoli lui Palili iinagints praefc'
nniihiis.
Racconta Famiano Strada , De
hello Belgio, lib. 5, decad. i, che
l'uso delle medaglie benedette co-
minciò in Fiandra nel i566, quan-
do susci taronsi congiure e solleva-
zioni in quelle parti contro il tri-
bunale della sacra inquisizione, poi-
ché gli eretici congiurati si posero
pendente dal collo una medaglia,
in cui da una parte si vedeva l'ef-
fìgie del loro monarca Filippo II
re di Spagna, col motto francese
Fideles au roij dall'altra parte si
vedeva una bisaccia abbracciata da
due mani insieme collegate con
queste parole: Jusqiic à la besace ,
cioè, usque ad manticam, per al-
ludere al soprannome di geusi o
glieusi, cioè mendici, imposto a
tali eretici calvinisti. Allora il du-
ca Arescotto fece fare una medaglia
di argento, con l'effìgie della Bea-
ta Vergine col Bambino in braccio,
la quale medaglia attaccò al cor-
done del cappello. Imitarono mol-
ti nobili questa pia e generosa a- .
•/ione per opporsi ai geusi , anzi
tulli i veri cattolici, abbracciarono
nella Fiandra tale istituto, Io che
inleso da s. Pio V, per accrescere
la divozionede' cattolici, bened'i quel-
li' medaglie concedendo indulgenza
a chi le portava indosso. Sicché
MED
molli cattolici in alUe parli pro-
curarono di ottenere simili meda-
glie benedette, le quali il Papa
concesse in grandissicna copia, per
cui d'allora in poi i di lui succes-
sori continuarono a concedere que-
ste medaglie benedette, che si fe-
cero poi anche coli' effigie di di-
versi santi ; e molti delle provincia
settentrionali si posero al collo
corone e rosari con medaglie della
Madonna, per mostrare d' essere
cattolici , come riferisce il p. Riba-
dineira nella vita di s. Giovanni a-
postolo. L' Oldoino ancora nelle
Addizioni al Ciaeconio t. Ili, p-
1006, rilevò che s. Pio V affine
di promuovere nei fiamminghi la
santa religione, fu il primo Papa
che cominciò a benedir medaglie,
concedendo indulgenze a chi le por-
tava. Al luogo succitato narram-
mo come Sisto V benedi eoa in-
dulgenza le medaglie d'oro, gran-
di (|uanto un giulio, dentro un cer-
chio parimenti d'oro, che rinven-
ne nei fondamenti dell'antico edi-
fìzio della Scala santa presso la
basilica lateranense, dell' impera-
tore Tiberio Costantino e di al-
tri, nelle quali si vedevano cinque
gradini sulla di cui cima era po-
sata la santa Croce, coli' epigra-
fe VICTORIA AVGG. A, e SOltO gli
scalini CON. ob. , e nel rovescio una
figura col paludamento imperiale,
eolla leggenda intorno dnr. tib.
CONSTANT, p. PAT. Sisto V rega-
lò tali medaglie a' sovrani, principi
e cardinali, obbligandoli a lasciarle
morendo ad una chiesa a loro be-
neplacito, con indulgenza plenaria
a delle chiese nelle due annue
feste della ss. Croce, come rilevasi
dalla bolla presso il Bull. Roni. t.
IV, p. 38o. il p. Richa, Notizie /-
storiche t. I, p. 1 16, parlando
MED
(lolla chiesa di s. Croce di Firen-
ze, non solo spiega le iscrizioni di
tali medaglie, ma dice che una di
esse avendola Sisto V donata a Gio-
vanni Niccolini, figlio del cardinal
Angelo, senatore e ambasciatore
del granduca di Toscana , questi
morendo la lasciò alla nominata
chiesa, facendone la consegna entro
un vasetto d' argento il marchese
Francesco di lui figlio ed erede.
Il Piazza nel suo Menologio roma-
no p. i5o, dice che nella chiesa
(li s. Ivo (di cui si pai lo nel voi.
XXVI, p. 2 20 del Dizionario) nelle
due feste della ss. Croce vi è l'in-
dulgenza plenaria concessa da Sisto
V, e che nelle medesime si espo-
nevano due delle mentovale nitida-
glie d'oro. Il Torrigio naW Histor.
narrai, dell'arde, del ss. Corpo di
Cristo, scrive a p. 4' e 4^ , che
Clemente Vili nel i6oo concesse
molte indulgenze alle medaglie e
corone benedette da lui , non solo
ai confrati, ma alle compagnie ag-
gregate, e ciò ad imilazione di Si-
sto V che nel i586 benedì allo
slesso sodalizio diverse corone , fa-
cendone fede il suo cappellano se-
greto Gio. Antonio Piccioni . Il
Grassi nelle jìfeni. star, di Mon-
teregale, o Mondovi, dice che una
di tali medaglie la possiede (juclla
cattedrale.
In più luoghi del Dizionario
facciamo memoria di corone con
medaglie, o di medaglie benedet-
te donate dai Papi a sovrani, am-
basciatori , personaggi e forestie-
ri. Clemente XI, oltre (pianto di-
cemmo nel volume XV, pag. 1 26, a
chi comunicava nelle basiliche late-
ranense e vaticana, dava p«r mezzo
dell'elemosiniere una medaglia da
lui benedetta; e nella sua biografia
ricordammo che facendo altrettanto
MED 7»
nella chiesa di Castel Gandolfo »
ciascuno che riceveva da lui la ss.
Eucaristia aveva una medaglia di
argento con indulgenza plenaria in
articolo di morte. Narra il Cecco-
ni nel suo Diario, che visitando
Clemente XI l'ospedale di s. Spi-
rito, diede agl'infermi medaglie di
argento colla sua benedizione ; e
portandosi all' ospizio dell'arcicon-
fraternita della santissima Trinità,
lavò i piedi e servì a tavola dodi-
ci pellegrini, e donò loro medaglie
di argento con indulgenze. Altri
Papi prima e dopo di lui fecero
altrettanto, massime negli anni san-
ti, distribuendo medaglie benedette,
o per mezzo del prelato Elemosi-
niere, a quei tredici sacerdoti che
tenevano a mensa nel palazzo apo-
stolico, come per ultimo fece Leo-
ne XII. Nei pontificato di Grego-
rio XVI si propagò prodigiosamen-
te la medaglia dell' immacolata
Concezione detta comunemente mi-
racolosa, pei portenti che Dio ope-
rò in virtù di questa divozione,
per cui detto Pontefice concesse
particolari indulgenze, quali si leg-
gono neWelenco sotto di lui pub-
blicato più volte; immenso poi ed
incalcolabile fu il numero che di
tali medaglie benedì, e di quelle
benedette dai facoltizzati da lui. La
medaglia rappresenta la Beata Ver-
gine raggiante colle braccia calate
e le mani aperte splendenti di rag-
gi, calpestando il serpente sopra il
globo: le forma corona l'epigrafe:
O Maria concepita senza peccalo
pregate per noi che ricorriamo a,
voi. Nel rovescio della medaglia
miracolosa evvi il nome di Maria
in cifra sovrastato dalla croce, con
S(Uto i cuori di Gesù e di Maria,
il primo coronato di spine, il se-
condo trafitto da una spada: do-
72 MED
dici stelle e raggi di luce circondano
il santo nome. Il glorioso Gregorio
XVI, divoliisiixio della medaglia, ne
teneva l' immagine in litografia a
capo del suo letto, e ad essa rivolti
i suoi occhi spirò nel bacio del Signo-
re e soavemente la sua candida ani-
ma. Il primo a far conoscere in Ro-
ma la medaglia miracolosa fu il
cardinal Luigi Lambruschini ( che
nel 1843 pubblicò in Roma la sua
Dissertazione polemica sull' imma-
colato concepimento di Maria, ri-
stampata in Venezia con due edizio-
ni, e tradotta in più lingue), il quale
fu sollecito di farne venire da Pari-
gi buon numero, all'oggetto di rende-
re anche nel centro del cattolicismo
tal nuovo omaggio a Maria col
mezzo di queste medaglie, che con
tanta pietà e divozione furono pure
accolte in Francia, in molte parti
dell' Europa, nelle Americhe, e ben-
anche in molte parti dell' oriente.
Altro propagatore della divozione
fu il cardinale Agostino Rivarola,
che con zelo le diffuse in Roma,
nello stato ecclesiastico, nel Geno-
vesato ed altrove. Parecchi libri
furono pubblicati sulla medaglia
miracolosa: ne' citeremo uno. No-
tizie storiche sull' origine e gli ef-
fetti della nuova medaglia coniata
in onore dell' Immacolata Conce-
zione della ss. P^ergine, e general-
mente conosciuta sotto la denomi-
nazione di medaglia miracolosa,
coli' aggiunta di alcune recentissime
guarigioni e grazie raccolte dalla
moderna edizione dell' abbate fran-
cese Le Guillou, con una novena,
e diverse preghiere recate in italia-
no, con dei cenni sull' origine e ap-
plicazione dell' indulgenze. Venezia
i836 pel Picotti. Nel voi. XXI
p. 26 del Dizionario facemmo men-
zione della prodigiosa coaversione
MED
dell'ebreo Ratisbonne, per virtù del-
la medaglia miracolosa, ed all' ar-
ticolo Minimi, parlando della lo-
ro chiesa di sant' Andrea delle
Fratte, si è detto che ivi ricevè il
miracolo per 1' apparizione della
Madonna quale si rappresenta nella
medaglia, onde vi è stata collocata
un' egual immagine in gran vene-
razione per le grazie che dispensa
a chi ricorre al suo possente patro-
cinio.
Gregorio XVI soleva benedire le
medaglie d' argento dette della La-
vanda ( Vedi il voi. Vili, p. 299
del Dizionario) perchè rappresenta-
no quella fatta dal Redentore a
s. Pietro, e quelle colle immagini
de' cinque santi da lui canonizzati;
non però quelle che avevano sol-
tanto la sua effigie. Tali medaglie
dispensava ai forestieri, e partico-
larmente agli alunni de' diversi col-
legi di Roma prima che ritornassero
alle loro patrie, o che andassero alle
missioni , unendovi talvolta croce-
fissi e corone con medaglie pur
da lui benedette. Tra le medaglie
divozionali fatte coniare da Gre-
gorio XVI, faremo menzione di tre
grandi. La prima in onore del san-
to del nome che avea assunto e del
fondatore di sua congregazione, rap-
presenta il Papa s. Gregorio I Magno
colla tiara, in atto di scrivere ispi-
rato dallo Spirito Santo in forma
di colomba, avente intorno la leg-
genda : S. Gregorio Magno Pont.
Max. Humilis Successor. Nel ro-
vescio s. Romualdo in atto di spie-
gare ai discepoli la visione in cui
vide i suoi monaci ascendere al cielo
vestiti di bianco, coli' epigrafe: S.
Romualdo Abbati Devotus Filius
Gregorius XVI. La seconda in o-
nore di s. Benedetto e di s. Mauro
(nome che il Papa prese allorché
MED
entrò tra i camaldolesi, ed abbin-
ino molte medaglie pontificie allu-
sive al nome che avevano i Papi
prima della loro esaltazione); da
un lato vi è l' effigie del primo ,
colle parole in giro : S. Benediclo
Coenohitar. Per. Occid. Parenti j
dall' altro quella del secondo che
trae dalle acque s. Placido, colla
iscrizione attorno: iS". Mauro Jbb.
Gregorius XFI Antea Mauriis Ahb.
Camald. Ambedue incise da Giu-
seppe Cerbara per cura dell' ospizio
apostolico, cioè la prima nel i83i,
l'altra nel i834- La terza meda-
glia è quella colle immagini de' ss.
Pietro e Paolo contemplando lo
Spirito Santo, perciò coli' epigrafe:
Spi ri t US S. Deus Mise re re Nobisj
ed in giro Principes Jpostolorum.
IVel rovescio si vede in alto la Bea-
ta Vergine col divin Figlio nel ge-
sto di benedire, e lateralmente s.
Gregorio I e s. Romualdo, con il
vaoiio: Auxilìum Christianorum Ora
Pro Nobis, mentre dalla parte di
ognuno vi sono le iscrizioni: iS". Gre-
gorius Pont. Max., S. Komualdus
Abbas : ne fu incisore Nicola Cer-
bara. Inoltre ne fu coniata una
piccola con s. Pietro colle chiavi,
e nel rovescio i ss. Gregorio 1 e
Romualdo; ed altra roll'immagine
della Beata Vergine, dell'IIamerani,
e nel rovescio quella del Papa in
piviale, anno IX. Il Chiapponi, Acta
canoniz. ss. Pii V, Andreae, Felicis
et Calharinae, a p. 244 l'iporta la
formola delle indulgenze che con-
cesse alle medaglie, immagini e
croci che benedì in occasione di tal
canonizzazione Clemente XI. Da ul-
timo dalla tipografìa di Monte Cas-
sino nel 1844 si pubblicò: Origine
e mirabili effetti della croce o me-
daglia di s. Benedetto, esposti da
d. Francesco Leopoldo ZeUi-Jaco-
MED 73
buzj cassine.se, ec. In questo libro
si rianima la divozione per la detta
croce o medaglia, e si ricorda con
quanta venerazione debba tenersi
dai fedeli il prezio.so segno di nostra
salvezza. Delle medaglie colle imma-
gini de' santi o della Beata Vergi-
ne, o del Redentore, insegne di al-
cuni ordini cavallereschi o capitoli
di chiese, ne facciamo menzione ai
loro articoli. Nel t. XII del Bull.
Boni. Coni. p. 35 si legge la co-
stituzione In summo, di Pio VII,
con cui concesse vai'ie distinzioni
al capitolo di Loreto, e la meda-
glia ai beneficiati ; mentre a pag.
82 vi è l'analogo breve, Exponi
nobis.
MEDAGLIE Pontificie. Nella
Zecca pontificia {Vedi), si con-
servano 639 conii di medaglie pon-
tificie a tutto il pontificato di Gre-
gorio XVI, oltre quello che dovea
servire per la medaglia la quale
dovea dispensarsi per la festa dei
principi degli apostoli, e che non
fu coniata a cagione della pianta
morte di quel gran Papa, per cui
ì conii delle sue medaglie sono 4^
esistenti nella detta zecca, altri co-
nii essendo presso particolari in-
cisori e l'ospizio apostolico di s.
Michele. La serie de' numismi della
zecca papale di Roma comincia
dall' elezione di Martino V avve-
nuta nel \l\.v'j : noteremo col Can-
cellieri, Storia de possessi p. 49^»
che prima di tal Papa i suoi pre-
decessori non avevano 1' uso di bat-
tere medaglie. Qual poi ne sia il
pregio sì pe' copiosi monumenti che
offre di sagra e profana erudizione,
sì per la maestria ed eleganza del
lavoro d'incisione, è cosa abbastan-
za nota agli eruditi, perchè noa
faccia d'uopo di molte parole a di-
mostrarlo. Basta a questo effetto
74 M 1" n
pprconeie gli applauditi trattati
che ne pubblicarono i tre seguenti
autori. Claudio Molinet, Historìa
siim. Pondf. a Martino V ad Iii-
iiocentmm XI usque, per eorum nu-
mi smala ah anno i4'7 ^d annum
1678, Lutetiae 1679. Filippo Bonan-
ni gesuita, Numisniala Pontif Rota,
qnae a tempore Martini V usque
ad annum \ 699 vcl aulhoritate
pnhlica, vel privato genio in lu-
ceni prodiere, expticata, ac niulti-
plici erudilione sacra et prophana
illustrata, Ilomae 1699. Nuniisma-
ta suni. Pont, templi Vaticani fa-
bricani indicanti a , Pioraae 1696,
1700, 17 15. Filippo Venuti, Nu-
inismata Rom. Pont, praestantiora
a Martino V ad Bvnedictum PP.
XIV, Romae i744- ^ <juali scrit-
tori ad ogni tratto fanno delle me-
daglie pontificie i più distinti en-
comi, e traggono da esse lumi per
sempre più rischiarare la pontificia
storia degli ultimi quattro secoli ;
vero è però, che principalmente
sotto i più antichi Pontefici non
sempre è possibile il determinare
r autore di ciascuna medaglia. Ma
gì' intendenti di numismatica ben
sanno, che sotto Martino V incise
con lode i pontificii numismi Vit-
tore Pisano o Pisanello ; che da
Eugenio IV a Pio li si segnalò in
tal genere Andrea Cremonese ; che
il pontificato di Sisto IV ebbe un
"valente artefice in Vittore Camelio;
che sotto Leone X, Adriano VI,
Clemente VII, Paolo III, molti nu-
Hìismi furono opera dell' immortale
Raffaele da Urbino, di Giulio Ro-
ruaiio, del celebre Benvenuto Cel-
lìni e di altri sommi, di cui andò
oltremodo feconda quella età si pro-
pizia alle lettere e alle arti belle.
Fiorirono quindi da Giulio HI a
Gregorio XI li i padovani Giovaa-
MED
ni Cavino e Alessandro Bassi.ini, e
i I iiioiiiiili Parmensi; né minor loiii;
meritarono da Sisto V ad Aless.in-
dro VII, Giorgio Ravennate, Gio.
Antonio Moro, Gaspare Molo, e so-
pra di ogni altro il tanto ammira-
to Connanno. Vennero dipoi Fer-
dinimdo di s. Urbano, ed i celebri
Hamerani, tanto benemeriti di que-
st' arte, dai quali la camera apo-
stolica a' 27 giugno 1796 acquistò
la maggior parte della serie de'co-
nii che possiede. Sulla qual cosa è
a vedersi il Venuti nella predizione
all'opera citata, in cui novera molti
altri antichi artefici di pontificie me-
daglie, che per amore di brevità
qui si tralasciano. Né poi 1' età pre-
sente può dirsi in tale arte inferiore
alle trascorse, poiché ad ognuno è
palese a qual grado di perfezione
sieno giunti in essa gl'incisori ca-
merali, T. Mercandetti, Giuseppe e
Nicola Cerbara fratelli, cav. Giro-
lamo Giruinetti e Pietro suo figlio.
Da antichissimo tempo i Ponte-
fici sogliono coniare medaglie mo-
numentali principalmente per la ca-
nonizzazione de' santi, celebrazione
dell' anno santo, pel giubileo uni-
versale, per l'apertura e chiusura
delle porte sante, per la lavanda
de' piedi che fanno nel giovedì san-
to, e pel possesso. Le coniarono per
rimarcare le epoche e circostanze
di loro esaltazione al pontificato, an-
che in onore del santo che ricor-
reva in quel giorno, non che della
coronazione. Quindi se ne coniaro-
no per r erezione, restauri ed ab-
bellimenti di edifizi, massime sacri,
come chiese e cappelle, fortezze ,
porti, monumenti pubblici anco se-
polcrali, col disegno di essi, pro-
spetti e spaccati; per fortificazioni
fatte a' luoghi di difesa, nuove stra-
de o ristoramcuti uotubili delle au-
MED
tiche, ed erezioni di utili e hentfici
stahiliuienti ; per consagi azioni di
cliicse, altari e battisteri, processio-
ni ed altre solennità ; per condan-
ne di errori, estirpazioni o estin-
zioni di eresie, e conversioni cla-
morose ; per spedizioni militari ma-
rittime e terrestri in difesa o van-
taggio del cristianesimo; per con-
clusioni di alleanze, concordati e
paci memorabili ( Giulio li col
motto Pax Romana celebrò la pa-
cificazione delle famiglie Colonna
ed Orsini); celebri trattati, impe-
gno e mediazione onde pacifica-
re i principi cristiani guerreggian-
li ; per viaggi intrapresi a van-
taggio della religione e de* suddi-
ti ; per aver tutelato la sicurezza
pubblica e V abbondanza ; per ces-
sa/ione di pestilenze; per aver di-
minuito gabelle, accordata prote-
zione alle arti e alle lettere ed ai
cultori di esse, pubblicato leggi ci-
vili, amministrative e criminali, e
persino per aver assistito ai capi-
toli generali d'ordini religiosi. Ne
furono ancora coniate con allusioni
alle individuali virtù , cure , doti
e qualità de' Papi, come la pietà
e lo zelo, la sapienza, la giustizia
o la vigilanza, la clemenza, la be-
nignità e affabilità, la generosità,
munificenza e carità, la costanza
negli avvenimenti gravi ec. Tali me-
daglie sempre sono coli' effigie del
l*ontefice, loro nome, analoghe e
bellissime epigrafi latine, e l'anno
del pontificalo, coronati di triregno,
alcuni in mitra, massime le meda-
glie per l'anno santo, col camauro,
col berrettino, col capo nudo, in pi-
viale o manto, iu mozzelta e stola,
(]ualche volta in alto di benedire,
ed ordinariamente in semibusto, e
lui altra in figura intera ed anche
scdeati in trono. Nel rovescio delle
MED 'j%
medaglie pontificie si vedono rap-
presentate in figure o con sindjoli
le cose indicate, qualche volta fu
impresso Io stemma gentilizio, con
diverse allegorie ed insegne, padi-
glioni, chiavi, calici, triregni ec.
Molte medaglie hanno incise le fi-
gure del Padre Eterno, di Gesù
Cristo, dello Spirito Santo, di Gesù
crocefisso o portante la croce, sa-
lutifero segno in altre ripetuto;
quelle della Beala Vergine anche
col divin Figlio in braccio, di s.'
Pietro colle chiavi e dì s. Paolo
colla spada, insieme e separati, del
Redentore che dà le chiavi al pri-
mo, il quale si rappresenta pure
nella navicella cogli altri apostoli;
essendo in altre la cattedra aposto-
lica, la sede pontifìcia, figure d' ar-
cangeli, angeli, cherubini, santi e
sante, della Chiesa, della religione,
di Roma pure colla lupa lattante
Romolo e Remo, ed ancora con
figure miloiogichej e tutte col no-
me dei rispettivi incisori. Ogni an-
no per la festa de' ss. Pietro e Pao-
lo si conia una medagliii, nella quale
si celebra la cosa più rimarchevole
de' fasti del pontificato, avvenuta
nel periodo di tempo trascorso dal-
l'ultima coniazione; e si conia e-
ziandio ogni anno medaglia per la
lavanda de' piedi che fa il Papa
nel giovedì santo. Pel possesso che
il Pontefice prende delia basilica
lateranense si conia medaglia stra-
ordinaria, come si fa per qualche
monumento o avvenimento singo-
lare. La dispensa però che si fa ai
ministri camerali, famiglia pontifì-
cia e cardinali ha luogo soltanto
per la delta festa de' principi degli
apostoli e pel possesso. Le meda-
glie si coniano iu oro, iu argento
e in bronzo: prima, come in tanti
luoghi si disse, si distribuivano d'oro
7 6 MED
e ci' algente, ora solo di questo se-
«:onclo inetalio, ed a pochi quelle
d' oio.
La prima medaglia il di cui co-
nio si conservi nella zecca pontili-
zia è di Martino V del i4'7j colla
-sua effigie e stemma gentilizio. Il
più antico conio delle medaglie per
l'anno santo è quello di detto Pa-
pa coH'tpigrafe: fusti Inlrabunt Per
h.am, poiché è incisa la porta santa
con gradini con sopra l' immagine
del Salvatore, e lateralmente due
candelahri accesi. V. Anni Santi,
Porte Sante, ed il voi. Vili, p.
200 del Dizionario. Il più antico
conio esistenle in detta zecca sulla
canonizzazione, è quello della meda-
glia incisa per ordine di Eugenio
IV per aver nel i447 canonizzato
s. Nicola da Tolentino, coli' iscrizio-
ne: Nicolai Tolenlinatis Sanctitas
Celebris Redditur, nell'esergo o sia
a hasso, Sic Tr inni pliant Elecd. Si
vede il Pontefice sotto il trono as-
sislito dai cardinali e vescovi mi-
trati che legge il decreto della ca-
nonizzazione avanti l'altare, ed in
aria lo Spirito Santo con raggi. No-
teremo che di beatificazioni, nella
zecca vi è il solo conio di quelle
de' bb. Lorenzo da Brindisi, Gio-
vanna Bonomi, e Maria Anna di
Gesù, sollevati da Pio VI all'onore
degli altari. Il conio più antico del-
la medaglia pel possesso è quello
di Alessandro VII colla sua effigie
in piviale, e l'epigrafe: Vivo Ego
Jant Non Ego, col busto del Reden-
tore ; gli altri sono quelli pei pos-
sessi di Clemente IX rappresentato
in camauro, mozzetta e stola, la
iscrizione Jpse Dontinus Possessio
Ej'us, V agnello pasquale con due
rami d'olivo e nella sommità lo
Spirito Santo; d'Innocenzo XIII
coronato di triregno iu piviale con
MED
s. Michele arcangelo, suo nome, e
nel cui giorno fu eletto ; in altra
sua medaglia nel piviale fu incisa
la cavalcata del possesso ; di Cle-
mente XII, di Leone XII, di Pio
Vili, di Gregorio XVI, e del re-
gnante Pio IX, la cui immagine si
vede incisa egregiamente da Giuseppe
Cerbara in mozzetta e stola, e nel
rovescio le allegoriche figure della
giustizia, della pace e della clemen-
za, con l'iscrizione in giro: sacros.
SEDIS LATER. POSSES., 6 ncll' CSCrgO
V IDUS. NOV. MDCCCXXXXVl.
All' articolo Presbiterio diremo
(|uando in vece di questo cominciaro-
no i Papi a distribuire medaglie d'oro
e d'argento nella funzione del pos-
sesso, della quale si trattò al voi.
\ 111, p- 171 del Dizionario, ed al-
tre cose si diranno a Possesso ;
mentre della distribuzione delle me-
daglie di s. Pietro e pel possesso,
die fa il palazzo apostolico, ne te-
nemmo proposito a Maggiordovio e
Maestro di Camera, cessandosi in
quello di Pio VII di distribuire ai
cardinali e agli altri medaglie d'oro.
D'allora in poi i Papi pongono nel-
la mitra de' soli cardinali due me-
daglie d'argento, ed altrettante ne
dà il tesoriere al principe assistente
al soglio, e quando a questo assi-
stevano gli ambasciatori le aveva-
no anche essi. Urbano VII eletto ai
i5 settembre iSgo, morì prima di
essere coronato, e la medaglia co-
niata per tal funzione servi pel suc-
cessore Gregorio XIV (diversi co-
nii servirono per due Pontefici
tranne l'effigie); ed il successore
di questi Innocenzo IX non di-
spensò nel possesso medaglia, per-
chè non si tece a tempo nell' inci-
derla ; per cui il tesoriere se ne
scusò con diversi cardinali. Clemen-
te Vili, ad istanza del cardinal de-
MED
cano, rinnovò l'uso di dare per
presbiterio medaglie d' oro e d' ar-
i^ento nel possesso. Pel possesso di
Urbano Vili si legge: prò comodi-
tate Papae non fuemnt canlalae
laudes in aula magna, el datae
medalìae, prout tempore Palili V,
sed Papa Jecit medalias dare III.
d. card, hodie mane, et sic illos
ante operain factam soluit per ma-
nus III. d. ihesaurarii generali s j'u'
xta distribiuionem, quae fit in di-
stribiUìone candelarum, et palma-
rum prò card, qui habent officia,
et etiàm fedi illos dare d. canoni-
cis bas. Lai. prò sua liberalitatc
argenteas tantum, quae tempore
Pauli V fuerunt datae tani III.
d. card, per manus suas, el oratori-
bus de solio per manus d. the-
saurarii generalis. Oratores de so-
tto non habuerunt niedaliae , si-
cuti tempore Pauli V. Nel pos-
sesso d' Innocenzo XI il presbite-
rio, canonici edam bas. Lai. ha-
buerunt, ut solitum est, numisma
argenteum unum prò quolibet. Cle-
mente XI fece dare medaglie d'oro
e il' argento ai paggi che creò conti
palatini. Dal Diario del Cecconi si
rileva, che Benedetto XIII nel suo
possesso fece dare dal tesoriere a
ciascuno del clero lateranense me-
daglia d' argento, non che a tutti i
patriarchi , arcivescovi e vescovi.
Anche Benedetto XIV fece dare dal
tesoriere una medaglia d'argento a
tutti del clero lateranense. 11 piìi
aulico conio che siavi nella zecca
della medaglia che il Papa dispeu-
.sa nel giovedì santo a chi ha lava-
to i piedi, argomento che descri-
vemmo all' articolo Lavanda dei
PIEDI, e uel voi. Vili, p. 299 del
Dizionario, è di Paolo V,annoXnij
colla sue eflìgie in piviale, e nel
iovescio il Salvatore che lava i pie-
MED 77
di agli apostoli, e il mollo: Tu Do-
minus El Magister (questo Papa nel
rinnovare sontuosamente il ciborio
e l'altare di s, Agnese fuori le mu-
ra, ne' due lati dell'architrave fece
incassarvi due sue medaglie, l'una
d'oro e l'altra di argento). Il se-
condo conio è di Urbano Vili, an-
no VII, con sua effigie in piviale,
e nel rovescio 1' epigrafe: Tu Domi-
nus Et Magister, nell'esergo Exempl.
Dedi Vobis, ed il Redentore che la-
va i piedi agii apostoli ; ve n' è pure
altro dell'anno XIII. Tre ne esi-
stono del successore Innocenzo Xj
rappresentato in piviale ed in ca-
mauro, mozzetta e stola. In quello
di Alessandro VII dell'anno XIII
l'epigrafe dice: Formani Servi Acci-
piens. Nel voi. XXI, p. i5g e 162
del Dizionario, si é detto perchè
vestano di bianco quelli cui il Pa-
pa lava i piedi, e da che ebbe ori-
gine la dispen«a che si fa loro del-
le medaglie.
Nella più volte nominala zecca
pontifìcia vi sono conii di medaglie
per gettare nei fondamenti di nuo-
vi edifizi, come di Clemente XI
per la chiesa dell' arciconfraternita
delle stimmate di s. Francesco, Pri'
marium Lapidem Imposuit De Men-
se, ec, ; di Clemente XII per la sua
cappella nella basilica Lateranense,
Primo Imposito Lapidem XF Cai.
Junì. Sacelluni In Honorem S.
Andreae ec. ; e del medesimo per
la chiesa dell' arciconfraternita del
ss. Nome di Maria, Sacerdos Ma-
gnus In Diebus Suis Corroboravit
Tempi. Eccl. 1736. Del gettito
delle medaglie e prima pietra nelle
fondamenta delle chiese, se ne ten-
ne proposito nel voi. XI, pag. 233
del Dizionario, e in altri luoghi
come Bambin Gesù, Fobù , e per
la diga di Malamocco in quell'arti-
yS MED
colo. Che anco i Papi posero niecln-
glie nei fondamenti di edinzi non sii-
cii bastino questi esempi. Pio IV pri-
ma di edificare in Roma il Borgo
Pio, soleuncMnenle agli 8 maggio
i56i gitlò ne' fondamenti diverse
sue medaglie d' oro e d' argento,
facendo altrettanto per la porta Pia;
e Gregorio XUl nel i574 prima
di far rifabbricare il ponte di s.
Maria detto Rotto, vi si recò con
cinque cardinali, per dare la bene-
dizione al principio dell' opera, e
giltar ne' fondamenti medaglie d'o-
ro e d' ai'gento fatte da lui conia-
re. Delle medaglie coll'epigrafe Be-
nemerenti in mezzo ad una corona
civica, nella zecca vi sono i seguen-
ti conii coll'effigie de' rispettivi Pa-
pi. Di Pio VII per premiare quel-
li che si distinguevano nell'innesto
del vrtiuolo. Di Leone XII per pre-
miare i benemeriti delle arti, scienze
e utilità pubblica, ed altra simile. Di
Pio Vili. Di Gregorio XVI, desti-
nata a rimunerare i benemeriti co-
me sopra ; colla stessa epigrafe su
d' una pergamena sostenuta da due
angeli in atto di volare, uno dei
quali con ramo d' ulivo in mani,
coniata per premiare il valor mili-
tare; più una terza con corona di
quercia. Ve ne sono coli' effigie dei
Papi, e dentro una corona d'alloro
coH'iscrizione: Academiis Archigy-
mnasii Romani, per la premiazione
di questo ; e con corona d' oliva e
l'epigrafe: Aiidiloribus Archi gyi ima-
sii Romani, pel medesimo fine. Per
la distribuzione delle medaglie nella
solennità de' ss. Pietro e Paolo,
benché sia sede vacante^ essa ha
luogo, e due conii ne abbiamo, di-
spensandosi agli officiali della came-
ra apostolica, del palazzo apostoli-
co, come notammo in più luoghi,
e ad altri. Per morte di Alessandro
MED
Vili fu coniata coll'epigrafe Sede.
Placante 1 69 r , con le teste de' ss.
Pietro e Pàolo, e nel rovescio la
iscrizione: Veni Lumen Cordium, e
sotto Roniae,co\ìo Spirito Santo fra
i raggi. Per morte di Benedetto
XIV fu coniata col molto Sede Va-
cante lySS, eie teste de'ss. Pietro
e Paolo, e nel rovescio 1' epigrafe:
Spiritus Oris E/us , collo Spirito
Santo volante fra raggi. Per mor-
te di Gregorio XVI fu pure conia-
ta colle dette effigie, e per man-
canza di tempo, e per la mirabile
sollecita elezione del Papa che regna,
servi tal conio per la successiva di-
spensa, giacché quello della medaglia
che si doveva coniare pel defunto
Pontefice, rappresentante mirabil-
mente il museo Gregoriano Latera-
nense da lui fondato, fu riposto nel-
la zecca pontificia: tale medaglia
meglio descrivesi a Museo Grego-
riano Lateranense. Qui noteremo
che nel voi. XV, p. Soy del Dizio-
nario dicemmo, che pel conclave
coniano medaglie d'argento, bronzo,
stagno o mistura, e anche d'oro il
cardinal camerlengo, i prelati mag-
giordomo come governatore del con-
clave, il governatore di Roma, l'u-
ditore della camera ed il tesoriere,
il maresciallo del conclave ed il
magistrato romano, di che se ne par-
la meglio ai loro articoli.
Finalmente nella zecca pontificia
quando si è battuta una certa quan-
tità di Monete [Vedi), prima di
darle fuori si suole per antico uso
alla presenza del chierico di came-
ra presidente e di altri officiali, di-
videre in due puzzi una delle nuo-
ve -monete: con uno di essi si fa
prova al fuoco della bontà del me-
tallo, r altro si custodiscej finché
col progresso del tempo accumula-
tasene una quantità notabile, s'irà-
MED
piega a battere una medaglia da
dispensarsi agli stessi oflicìali della
zecca, ove vi sono di queste meda-
glie i seguenti conii. Di Urbano Vili
con effigie in piviale, anno XVII, e
nel rovescio padiglioni con chiavi
incrociate, antica insegna della chie-
sa romana, e la leggenda Assagiuin
Generale iBSg. Simili di Alessan-
dro VII, i656; di Clemente IX in
mozzetfa, 1669; di Clemente XII
coir iscrizione Ex Conlalicia Pro-
halaq. Moneta, nell' esergo Puhlìcae
Fidei Moniment. x'jZS; di Bene-
detto XIV colla leggenda Ex Pro-
halae Monetae Segmentisy nell'esergo
Fides Puhlica 174*2, ed altra col
motto Ex Collectis Fragnienlis 1 74?»
e nel rovescio le solite insegne del
padiglione e chiavi, e l'iscrizione As-
sagiuni Generale.^eì voi. VI, p. 7.00,
e Vili, p. 188 del Dizionario si è
detto che dentro la cassa del de-
funto Pontefice dal maggiordomo
si pongono tre borse di velluto cre-
misi trinate d'oro, con medaglie di
oro, d'argento e di bronzo coniate
nel suo pontificato ; ma nella tu-
mulazione di Gregorio XVI ciò
non fu osservato, quanto alle borse,
giacché in una sola si misero le sue
numerose medaglie, perchè cos'i era
stalo fatto per Pio VIII, il quale
avendo regnato soli venti mesi, po-
che ve n* erano da porsi nelle tre
borse. Dicemmo di sopra che nella
sola zecca pontificia vi sono quaran-
tatre conii di medaglie coniate per
(Megorio XVI, mentre particolari
incisori ne coniarono allre, giacche
per" non dire di tutte, l'ospizio apo-
stolico ne fece coniare; il magistra-
to romano celebrò con niedaglia la
custodia che gli affidò del museo
capitolino, oltre il marmoreo busto
rhe gli erosse in Campidoglio ; nel
1841 fu coniala uua gran uicda-
M E D 79
glia coll'epigrafe Benefìccnlin Puhli-
caj e le città di Perugia, Viterbo rd
Orvieto celebrarono l'apiilaudito e
festeggiato suo viaggio del 1841 con
apposite medaglie d'oro, d'argen-
to e di bronzo, come fece nel
1843 Prosinone per aver quel Pa-
pa onorato di sua presenza la città
e provincia che percorse come in
trionfo. Dal Diario del Cecconi si
ricava che nella cassa col cadavere;
di Clemente XI furono collocate ai
suoi piedi tre borse di velluto cre-
misi guarnite d'oro, con entro ven-
ti medaglie (numero degli anni del
suo pontificato) d' oro in una, ven-
ti d'argento nell'altra, e venti di
metallo nella terza, tutte con la
sua effigie ed operazioni da lui fat-
te. Il Baldassarri nella Relazione dei
patimenti di Pio FI, t. II, p. 356,
osserva che tra gli eccessi commes-
si dai repubblicani di Roma del
termine del secolo passato, vi fu
quello di rompere i sepolcri per
impadronirsi delle casse di piombo,
e che si pailò ancora di frugare
entro il deposito de' Papi, per im-
padronirsi delle medaglie d'oro e
d' argento che si suole riporvi; ma
fortunatamente, giacché la spesa sa-
rebbe stata maggiore dell' utile
sperato, il vandalico divisamento
non fu messo ad effetto. Il medesi-
mo Baldassarri t. IV, p. 247, rife-
risce che nella cassa del cadavere
di Pio VI, morto in Valenza nel
1799, solo si poterono collocare
cinque monete d' argento, più non
potendosi rinvenire, avendo impres-
sa quali l'immagine e quali l'arma
del Pontefice; cioè uno scudo, un
mezzo scudo con 1' arma, due pa-
petti con r immagine, ed un gros-
so con r arma. Oltre le memorate
distribuzioni, di propria mano so-
gliono i Pontefici donare medaglie
8o MED
d'argento e talvolta d'oro, ed A-
lessandro VII sapendo che la re-
gina di Svezia partiva da Roiua
con poco denaro, nobilmente e pei"
un religioso, invece di monete, con
segretezza le mandò una borsa di
medaglie d'oro e d' argento cele-
branti il suo ingresso nell'alma cit-
tà, con una polizza di diecimila
scudi . Delle Medaglie benedette
regalate dai Pontefici, se ne tratta
a quell'articolo.
Paolo II fu uno dei primi in I-
lalia a formare una collezione o
museo di Medaglie [Fedi). Cle-
mente XII ampliò la Biblioteca Va-
ticana, ed in essa vi pose quelle
medaglie di cui parlammo a quel-
l'articolo; ivi pure si disse come
Benedetto XIV unì alla collezione
delle medaglie pontificie le impe-
riali, di che fu pure benemerito
Clemente XIV, ch'ebbe in dono dal
re di Francia la raccolta di tutte
le medaglie che formavano la sto-
ria cronologica de' re suoi prede-
cessori; come lo fu Pio VI che da
Gustavo HI l'e di Svezia ricevè in
regalo la serie delle medaglie d'oro
e d'argento coli' effigie ed elogio di
di tutti i sovrani e degli uomini più
celebri della Svezia, ch'egli collocò
nel museo Pio-Clementino, presso ad
altre serie numismatiche donategli
da Luigi XVI e da Caterina II
imperatrice di Russia. Nel i8o3 fu
stampato in Lipsia un libro, che
oltre il descrivere i codici mss. tolti
alla biblioteca Vaticana, per uno
de' patti della pace di Tolentino, in-
dica ancora i libri, i vasi e le meda-
glie che la biblioteca medesima per-
dette quando Berlhier s' impadronì
di Roma. Le dette cose furono con-
segnate dagli uffiziali della biblioteca
al pittore Wicar a ciò incaricato
dai commissari francesi. In quanto
MED
ni le medaglie, la maggior parie e-
raiio montate in piccoli sciigni di
legno del Brasile. Eccone l' indica-
zione, riportata meglio dal citato
Baldassarri p. 349 ^ *^o> secondo
r ordine cui le contrassegnò il Wi-
car. Medaglie delle famiglie roma-
ne Julia ad Memniìam 242, Mi-
nticiam ad Foslumiain air, Cal-
purniani ad Crepusiam ^44» ^bu-
ria ad Sauftjam iSg, Poslumia
ad Tulliani 2o5, Sosia ad Ro-
mani 5^, Vargunteja ad Voltejani
61. Niunismata populoruni et ur-
biuni 89, più 74; de' re e tiranni
49, più 92; de' re di Siria 35,
de' re d'Egitto 8, de' re di Mace-
donia 22, miscellanea di medaglie
regie io, medaglie di Maria Tere-
sa delle imperatrici romane 81, più
17; d'oro di Caterina II impera-
trice di Russia 2, d' oro di Luigi
XV re di Francia irò, d'oro dei
re di Portogallo 61 ed altrettante
d' argento, d' oro de' re di Sarde-
gna 3, d' oro degli elettori Palatini
3o ; d' argento de' Papi da Inno-
cenzo XI a Clemente XII 122, più
da Innocenzo X ad Innocenzo XII
126, più da Clemente XII a Pio
VI 1 04, da Martino V ad Innocen-
zo X i65; d'oro da Martino V a
Pio IV 82, da questi a Urbano
Vili 126, di Clemente XI 42, da
s. Pietro a Pio IV io5, da Urba-
no Vili a Innocenzo XII io6; di
argento degl'imperatori da Giulio
Cesare a Nerva 22 3 , da Giulia
Manimea a Aurelio Quintillo 229,
da Commodo a Salonina Orbiana
277, da Traiano a Lucilla 262, da
Domiziano Aureliano a Costantino
Copronimo 90; d'oro da Filippo
Seniore a Costantino Pogonato 1 1 3,
da Costanzo Cloro a Costantino
Dracose i3o, da Giulio Cesare a
Gallieno i56, da Settimio Severo
MED
r\ Gordiano Pio 160, da Marc'Au-
•olio a Settimio Severo 17G, da
Pompeo a Neiva 1 35, da Traiano
a Faustina e Antonino 207. Delle
famiglie romane dalla Crepusia al-
la Giulia 7.9.0, de' popoli e città
85, delle famiglie romane dall' A-
1)uria alla Calidia i.5t). Medagliere
acquistato dalla casa Albani da Cle-
mente XU colla serie degli impe-
ratori romani in medaglioni di pri-
ma forma SaS ; altro medagliere
de'Carpegna, poi di Benedetto XIV,
con serie di medaglioni lyS; altro
medagliere di Clemente XIV con
serie d' imperatori in bronzo di
massima e prima forma, e delle
famiglie romane in argento 1261J
altro con serie d' imperatori roma-
ni in bronzo di mezzana e piccola
forma e in argento, e quella de're,
città e popoli similmente in argen-
to e in bronzo 19^9; altri cinque
medaglieri con la serie in mezza-
no e piccolo bronzo da Giulio
Cesare a Probo 78 7.
Questo tesoro perdette la bibliote-
ca Vaticana, oltre più di 200 caracnei
sacri superbamente legati in oro, e
taluno d'insigne grandezza e sublime
artifizio, una croce pettorale gemma-
ta assai preziosa, un ricchissimo vaso
d'oro, un gran numero di cammei
profani, fra'quali quello rinomato
di Bacco ed Arianna, compresi i
io5 della famosa collezione di
Cristina i-egina di Svezia, già de-
gli Odescalchi ed illustrati da Pie-
tro Sante Barloli ; molto più copio-
sa era eziandio la collezione forma-
ta da altri cammei profani che di-
versi Papi e segnatamente Pio VI
aveano acquistati a decoro della
biblioteca Vaticana. Tra di essi e-
rano 5oo antichi medaglioni già
degli Albani e de' Carpegna splen-
didissimi. Vi era ancora la serie
\0L. XLIV.
MEJ> 81
delle monete de' Papi e di altri
principi europei. Oggetti tutti che
diversi ingordi si appropriarono col-
le loro ruberie. Riportando il Bal-
dassarri un brano intorno alle me-
daglie rapite alla Vaticana, del
dotto cardinal Mai, esso dice cosk
w Furono in pari tempo devastati,
e poscia in parte scarsa restituiti, il
medagliere già degli Odescalchi, poi
Vaticano, altresì copioso in ogni
forma, metallo e patria. Una par-
te di ^questo era composta delle
medaglie dei Carpegna, descritte dal
Buonarroti ; delle medaglie degli
Albani, descritte dal Venuti; delle
medaglie della regina Cristina, poi
degli Odescalchi, descritte dall'Ha-
vercamp; delle medaglie pontificie,
descritte dallo Scilla ; delle meda-
glie del Vitali, descritte dall'illu-
stre Visconti ; 1' altra grande parte
dello stesso medagliere Vaticano era
proveniente dai Capponi, da Balle-
rini, da Borioni, da Passionei, da
Zelada e da altri, e fu diligente-
mente descritta, con le pontificie
medaglie, e con i piombij dal dotto
e benemerito Elia Baldi. Fu pine
asporlato il forziere adorno di bril-
lanti, nel quale l' imperatrice Ma-
ria Teresa spedì a Clemente XIV
un dono delle proprie medaglie in
oro : delle quali una parte soltan-
to fu ricuperata, ma senza il for-
ziere ". Finalmente a' nostri giorni
Gregorio XVI, come dicemmo a
BiiiLioTECA Vaticana, questa in più
modi arricchì di oggetti propri an-
che sacri, ed ai due musei numi-
smatico e profano unì due insigni
raccolte di medaglie e di gemme.
Gli donò ancora il celebre gran
medaglione d'argento di Benvenuto
Cellini, rappresentante il potentissi-
mo Carlo V sedente in trono, cir-
condandone le soglia tutti i sovra-
6
82 MED
ni da lui debellati. Da ultimo ac-
quistò una preziosa serie di gem-
me incise dal valente cav. Girola-
mo Girometti, e ne fece dono alla
stessa biblioteca, cui finalmente con
disposizione testamentaria lasciò cin-
que astucci contenenti sessanta me-
<Iflglioni rappresentanti fatti scrittu-
rali, con la versione inglese dei ri-
spettivi testi, ricevuti in regalo da
Londra.
MEDARDO (s.), vescovo di
Noyon. Nacque di cospicua prosa-
pia a Salency nella Picardia, circa
l'anno ^5'j. Fin dalla fanciullezza
fece mostra delle piò belle virtù,
e di particolare affezione verso i
poveri. Come fu in istato di atten-
dere ai gravi studi, fu mandato a
Vermand, capitale della provincia;
poscia a Tournai. I suoi genitori,
invaghiti delle felici disposizioni che
egli dimostrava, lo richiamarono a
Vermand, e pregarono il vescovo
d'istruirlo nella scienza delle divine
scritture. Egli fece stupire il pre-
cettore colla rapidità de' suoi avan-
zamenti, e colla fervorosa, umile e
castigata sua vita. Ordinato prete
in età di trentatre anni, divenne
uno de' più begli ornamenti del
clero. Morto nel 53 o Alomero ve-
scovo del paese, tutti i voti si riu-
nirono in favor di Medardo, il qua-
le fu consaci'alo vescovo da s. Remi-
gio. La dignità episcopale e le fatiche
del ministero non gli fecero sce-
mare le sue austerità ; e quanto
più avanzava negli anni, raddoppia-
va il fervore in tulli i suoi eser-
cizi. Il suo zelo non potè stare rin-
chiuso entro la diocesi; ma ac-
correva per tutto ove trattavasi di
procurare la gloria di Dio, e di
estirpare le reliquie della idolatria.
Le calunnie e le persecuzioni gli
porgevano materia di gioia, e ne
MED
trionfava col silenzio e colla dol-
cezza. Sentì acerbo dolore nel ve-
dere la sua diocesi in pre<la alle
stragi degli unni e de' vandali; ma
ciò fece spiccare vieppiù le sue vir-
tù : egli fu sempre il padre e il
consolator degli afflitti. Ridotta la
città di Vermand in uno stato de-
plorabile, trasportò la sede vesco-
vile a Noyon. Dopo la morte di s.
Eleuterio, desiderando il clero ed
il popolo di Tournai di avere a ve-
scovo Medardo, fu esso obbligato di
assumere il governo anche di que-
sta diocesi, che perciò fu unita a
Noyon. Il santo vescovo visitò tutti
i luoghi delia nuova diocesi, in cui
regnava ancora l'idolatria, per strap-
parli alla superstizione ed alle con-
scguenti sregolatezze. Gli ostacoli che
egli incontrò, ed i pericoli che corse
più volte di perder la vita, non fece-
ro che infiammare maggiormente il
suo zelo. Le sue fatiche ed i suoi mi-
racoli produssero si prospero effet-
to, che la luce dell' evangelio dis-
sipò le tenebre del paganesimo in
tutta l'estensione delle sue diocesi.
Fra i popoli la cui conversione gli
costò molte pene, furono gli anti-
chi abitatori della Fiandra, i quali
sorpassavano in ferocia e' barbarie
tutte le nazioni delle Gallie. Con
infiniti travagli egli giunse a rifor-
mare ì loro costumi, ed ispirar loro
l'amore delle massime evangeliche.
Ritornalo a Noyon diede il velo di
religiosa alla regina Radegonda, col
consenso di Clotario suo marito.
Questo re che avea sempre onorato
Medardo come un gran servo di Dio,
andò a visitarlo nvW ultima ma-
lattia, per ricevere la di lui bene-
dizione. 11 santo non sopravvisse di
molto alla partenza del principe,
e andò a ricevere in cielo il pre-
mio delle sue lunghe fatiche, circa
:med
r anno ^47. Venne seppellito nella
cattetlralc di Noyon, universalmente
compianto ila tutti i francesi. 1 mi-
racoli operati alla sua tomba furono
tanto maravigliosi, che il re Clo-
tario volle che si trasportassero le
reliquie a Soissons, ove faceva la
sua principale residenza ; e furono
portate in una preziosissima cassa,
assistendo alla cerimonia lo stesso
re, i suoi figli e i principali della
corte. La sua festa, che celebrava-
si in Francia con grandissima so-
lennità, è segnata il giorno 8 di
luglio.
MEDEA o MEDIA. Sede vesco-
vile della provincia d' Europa, nel-
l' esarcato di Tracia, sotto la me-
tropoli di Eraclea, presso il mar
Nero, che nel IX secolo divenne ar-
civescovato onorario. Si conoscono
i seguenti suoi vescovi. Eutimio che
assistè al concilio del patriarca Ca-
listo nel i3:)i, dov'è qualificato
metropolitano ; Stefano fiorito sotto
Giovanni Paleologo II, cui successe
Stefano; Gioacchino che sottoscrisse
la deposizione del patriai-ca Joasaph
nel 1 564 ; e Daniele che sottoscris-
se la risposta del patriarca Dionigi
sugli errori de' calvinisti nel 1672.
On'ens christ. t. I, p. 11 44- ^^^'
dea, Aleden, al presente è un titolo
vescovile in parlihui, sotto l' arci-
vescovato pure in partibus di Ei'a-
clea, che conferisce la santa Sede.
MEDERICO (s.), abbate. Nacque
ad Autun nel settimo secolo, da il-
lustre famiglia. Animato da un co-
centissimo desiderio di servire Iddio
senza distrazione, volle lasciare il
mondo nel suo tredicesimo anno.
I suoi genitori si opposero dappri-
ma al suo disegno; ma alla fine
permisero che seguisse la sua vo-
cazione, e lo presentarono essi me-
desimi air abbazia di s. Martino di
MED 83
Antim. Merlerico si perfezione) nel-
la pratica d' ogni virtù, ed in' capo
ad alcuni anni fu eletto a gover-
natore del monastero, malgrado gli
sforzi ch'egli fece per esentarsi da
questa carica. Precedette i suoi fra-
telli nelle vie della perfezione che
loro additava, e salì presto in tanta
riputazione di santità, che accorre-
va gente da tutte le parti per con-
sultarlo. Temendo d' invanirsene,
rinunziò la sua dignità, e ritirossi
in una foresta lontana d' Autun cir-
ca una lega e mezza, dove rimase
per qualche tempo nascosto, gua-
dagnandosi il vitto lavorando; ma
scopertosi il luogo del suo ritiro,
fu costretto ritornare al monastero.
Indi a non molto lasciò novella-
mente i suoi fratelli, per apparec-
chiarsi alla morte con maggior li-
bertà ; e con uno de' suoi amici
chiamato Fradolfo andò ad abita-
re una cella contigua ad una cap-
pella intitolata a s. Pietro, in un
sobborgo a settentrione di Parigi.
Visse colà circa tre anni, sempre
aggravato da diverse infermità, che
posero fine a' suoi giorni intorno
l'anno 700, Fu seppellito nella
cappella di s. Pietro, in luogo del-
la quale si edificò poi una chiesa
che porta il suo nome, ed è arric-
chita delle sue reliquie. S. Mede-
rico è nominato nel martirologio
romano ai 29 di agosto.
MEDICI Famigua. Questa ce-
lebre, sovrana ed illustre famiglia
toscana esercitò l' influenza piìi de-
cisa sul risorgimento delle lettere,
delle arti e delle scienze, e l'epo-
ca del suo più grande splendore
venne indicata col nome di secolo
de Medici; il perchè, e pei suoi
dominii, potenza, ricchezza ed avve-
nimenti, se ne tratta in moltissimi
articoli di questo Dizionario. Secon-
84
MED
do alcuni sci-iltori fu originaria di
Alene, pel qual sentimento aggiun-
gono aversene prove chiarissime;
secondo altri oriunda dal luogo det-
to Mugello nella Toscana, situato
negli Apenniiìi, e chiamata Medici
da un antenato loro nomato Medi-
cOj signore del castello Senone nel
Mugello, ora rovinato, ovvero come
altri scrivono, dall' esser delta fa-
miglia la medicina applicata a Fi-
renze contro i tirarmi. Quantunque
alcuni genealogisti abbiano fatta ri-
salire la famiglia de Medici ai pa-
ladini di Carlo Magno, non è an-
tichissima la sua origine. Ella fio-
riva già prima dell'anno 1074,
essendone il progenitore Giovanni
del Medico circa l'anno loSo.'SV-
verardo era gonfaloniere nel i3i4
in Firenze: da lui tutti i de Medici
e quelli che vivono ancora ài dì
d' oggi discendono coin€ da uno
stipite comune. Dopo di lui si vi-
dero nel 1343 dei de Medici figu-
rare tra i plebei che congiurarono
contro il duca di Atene; e nel i35[
un de Medici rendersi chiaro nel-
l'esercito fiorentino, introducendo
una compagnia d' infanteria nel ca-
stello di Scai-peria , assediato dai
Visconti signori di Milano. Nel
i36o Bartolomeo, figlio d' Alaman-
no de Medici, entrò in una congiu-
ra contro Firenze sua patria. Tut-
ta la sua famiglia si era innalzata
per mezzo del commercio ad una
grande opulenza e ricchezza ; ma
vedera con occhio d' invidia le fa-
miglie più antiche occupare un gra-
do più distinto nello stalo. La tra-
ma de' Medici che avrebbe pro-
babilmente rovesciato la repubblica.
se fosse riuscita , fu scoperta in
tempo per salvarla; e Bartolomeo
fu sottratto alla vendetta delle leggi
da suo fratello Salveslro ch'era
MTTD
nella magistratura. Salvestro de Me*
dici divenuto nel 1378 gonfalonie^
re o capo della repubblica di Fi-
renze, sollevò il popolo contro un
governo di cui era geloso, quan-
tunque ne fosse momentaneamente
capo, scompigliò la repubblica, dan-
dola in preda alla plebaglia, ed
esercitò le vendette di sua famiglia
contro un' aristocrazia eh' essa de-
testava, e contro la famiglia Albizzi,
oggetto principale della sua gelosia.
Il trionfo di Salvestro fu breve, e
nel i38t venne relegato a Modena,
allorché 1' antico partito aristocra-
tico ricuperò la superiorità. Ma la
persecuzione, provata in tale occa-
sione dai Medici, li rese più chiari;
e siccome in pari ten^po il com-
mercio accresceva rapidamente le
loro ricchezze, mentre i Ricci e gli
Alberti, che avevano per l' innanzi
diretto il partito popolare, perde-
vano la loro fortuna e la conside-
razione, i Medici furono riputali i
capi del partito plebeo. Parecchi di
essi erano esiliati ; ma Giovanni fi-
glio di Bicci non avea abbando-
nato Firenze, dove continuava il suo
commercio, ed in cui era saHto ad
un grado di opulenza che gli atti-
rò la considerazione dello stessa
partito nemico. Accoppiava altron-
de ai talenti d' un uomo di sta-
to una dolcezza ed una modera-
zione che gli cattivarono tutti i
cuori. Tre volte dopo il i4o2 fu
priore della signoria ; alla fine nel
142 1, innalzalo venne alla prima
dignità dello stato, cioè di gonfa-
loniere di giustizia, e la sua elezio-
ne fu considerata come un trionfa
del partito popolare.
Giovanni di Bicci de Medici mori
nel 1429 lasciando due figli, Co-
smo o Cosimo soprannomalo il ^'ec-
ciào o il padre della patria, che
MED
{il capo della repubblica fiorentina
iJiil «4^4 3' '4^4» '' ^"' P''i'"0"
genito Pietro 1 gli successe nel go-
verno, e mori nel 1469. Lorenzo
de Medici detto il Magnìfico, di lui
(iglio, prese allora il governo della
repubblica fiorentina, e scampò la
vita nella congiiua de'Pazzi, in cui
restò ucciso il fratello Giuliano 1 :
da lui nacque Giovanni, che diven-
ne nel i5i3 Leone X, e seguen-
do le gloriose traccie de' suoi an-
triiali, diede il suo nome all'epoca
più cospicua dell' italiana letteratu-
ra e delle arti. Inoltre Lorenzo e-
ducò Giulio nato da un matrimo-
nio segreto del defunto fratello, che
nel iSaS fu eletto Papa col nome
di Clemente VIL Pietro II figlio di
Lorenzo il Magnifico e suo successo-
re nel i49'2 nell'amministrazione
di Firenze, ne fu cacciato in capo a
due anni, e morì nel i5o3 : suo fra-
tello Giuliano II venne fatto duca
di Nemours nel i5i5, e morì nel
i5i6. Figlio di Pietro II fu Lo-
renzo II che divenne capo della
repubblica fiorentina dal i5i3 in
poi, duca d' Urbino nel i5i6, e
morì nel i5ig. Alessandro de Me-
dici figlio naturale di Lorenzo II,
o di Giulio, fu il primo duca di
Firenze, dove regnò dal i53o al
i537, avendo sposato Margherita
d'Austria naturale di Carlo V. Da
Lorenzo dello il Vecchio, capo del-
la seconda linea de Medici, figlio
di Giovanni di Dicci, discesero nel-
la quarta generazione, da una par-
te il Bruto fiorentino Lorenzino de
Medici, uccisore del duca Alessandro
in cui terminò la prima linea Medi-
cea, e d' altra parte Giovanni ge-
nerale italiano detto dalle bande
mie, per le divise che alla sua morte
vestirono i suoi fidi soldati. Il di
lui figlio Cosimo 1 nel iSS; alla
MED 85
morte di Alessandro fu elevalo a
duca di Toscana, e nel i-'ì'Cg da s.
Pio V alla dignità di granduca, e
terminò di soggiogare la suia patria,
trasmettendo la sua corona ai di-
scendenti «ella persona di sei gran-
duchi, terminando la sua linea nel
1737. Dal primo ramo uscì, oltre
i due Papi nominati, Caterina de
Medici regina di Francia, moglie
del re Enrico H, e madre di Fran-
cesco lì, Carlo IX ed Enrico III;
dal secondo ramo uscì Maria de
Medici che sposò Enrico IV re di
Francia, e che fu madre del re Lui-
gi Xlll. In tal modo la famiglia
de Medici si rese una delle più glo-
riose e più celebri d' Europa, per
aver prodotto ventitre gonfalonieri,
circa cento priori, sette granduchi,
molte regine e sovrane di diversi
regni, ed undici cardinali, le cui
biografie riportiamo qui appresso,
compresi quattro che divennero Pa-
pi, e quelli che rinunziarono il car-
dinalato per ascendere al trono di
Toscana. Innumerabili sono i monu-
menti lasciati dalla famiglia de Me-
dici, e molti celebrali con medaglie:
di quelle di Leone X, e Clemen-
te VII nella zecca pontificia vi sono
i seguenti conii. Tre di Leone X,
il primo collo stemma di casa Me-
dici , il secondo allusivo alla libe-
ralità del Pontefice specialmente ver-
so i letterati ed artisti, il terzo si-
mile, tulli colla sua effigie in pi-
viale col capo nudo. Anche di Cle-
mente VII ve ne sono tre, il pri-
mo collo stemma Mediceo, il se-
condo rappresentante la chiusura
delle porte sante, il terzo forse di
Benvenuto Cellini col riconoscimento
di Giuseppe ebreo, probabilmente
riferibile all' attaccamento che il
Papa conservò pei fiorentini mal-
grado la poca loro coirispoudenza ;
86 MED
tutti poi nel ruvescio hanno il ri-
tratto di Clemente VII con piviale,
e capo scoperto. Ma della nobilis-
sima e celeberrima famiglia Me-
dici, sono a vedersi gli articoli re-
lativi, segnatamente Firenze, To-
scana, Leone X, e Ciemente VII.
Afferma Bernardo Corio nella
Storia di Milano, che Pio IV e-
ietto nel loSp, e figlio di Bernar-
dino de Medici nobile milanese,
discendeva dalla famiglia di Firen-
ze che si stabili in Milano a ca-
gione delle guerre civili, partendo
dalla patria , indi si estinse. Si
pretende però da molti, che tal
lamiglia non fosse veramente della
llorentina casa de Medici, e che
fosse solamente lo splendore del
pontificato, che impegnò Cosimo I
duca di Toscana a riconoscere Pio
IV per suo parente. Bernardino
de Medici, o piuttosto Medichino,
di cui era figlio, avea tenuto le
finanze ducali del Milanese, e que-
sta fu la fortuna di suo fratello
maggiore Giangiacomo, divenuto in
seguito famoso marchese di Mari-
gnano, che fece pensare alla sua
esaltazione. Giangiacomo fu uno
di que' bravi, che fecesi largo colla
spada; occupò il castello di Musso,
indi altre terre e Lecco; signoreg-
giò il Lago maggiore e la Brianza,
ed offrendo il suo valore a chi piti
gli prometteva, tenne in soggezione
lo Sforza ultimo duca di Milano,
i grigioni e Carlo V, finché scese
ad accordi, ed ottenne il detto mar-
chesato. E vero però eh' ebbe Pio
IV per madre Cecilia Serbelloni
dama illustre, e per sorella Mar-
gherita, che fu maritata ad un si-
gnore della casa Borromeo, dalla
quale nacque s. Carlo da lui crea-
lo cardinale, come fece ancora car-
dinale l'altro nipote Giauuautouio
MED
Serbelloni, ond'era giù imparenta-
to con famiglie della prima nobil-
tà di Milano, se pure non lo fòsse
prima come si pretende da alcuni
scrittori. Veggasi il Bercastel, Hist.
de tEglise t. XVIII, p. 39,1 Nel
1744 f^i stampato in Firenze un
Diario letterario, in cui al n. 2.^,
lungi dal supporre Giannangelo
della famiglia de Medici, cacciata
da Firenze, lo dice figlio di Ber-
nardino, che per essere figlio d'uu
chirurgo chiamato del Medico pro-
venne il cognome Medici; ma l'Ar-
gelati nella Bill, de^li scrilt. mila-
nesi, t. II, pag. 2017, confuta gli
scrittori che negano la provenien-
za del Pontefice Pio IV dai Me-
dici di Firenze, con sì forti ragioni
e documenti, che sembra non am-
mettano risposta in contrario. Tra i
monumenti co' quali Pio IV abbellì
Roma, fabbricò la porta Pia, giù
Nomentana con architettura di Mi-
chelangelo Buonarroti, il quale iu
questo edifizio mostrò di essere uno
di quelli che supponevano che la
casa Medici di Pio IV avesse origi-
ne da barbieri e chirurghi, su di
che può leggersi quanto si disse
nel voi. XIII, p. 112 del Dizio-
nario, benché divenisse poi la più
ricca fra le famiglie particolari d' i-
talia, tenendo fino a settanta ban-
chi, onde vogliono alcuni che le
palle del loro stemma fossero pri-
ma caraffe. A questo sentimento
del Buonarroti, sembra doversi at-
tribuire la satira, che da lui si crede
fatta a Pio IV ne' catini, asciuga-
mani e palle, che possono essere
prese per saponette, scolpite col suo
disegno nella porta Pia. Dal Vasa-
ri abbiamo che dei tre disegni fat-
ti da Michelangelo per questa por-
ta, stravaganti e bellissimi, il Papa
scelse quello più. suujplicc e di mi-
MED
noie spesa, che venne eseguilo, re-
standu per sua morte tutlora im-
ptifello. Di Pio IV abbiamo un-
dici conii nella zecca pontificia del-
le medaglie per lui coniate, tutte
colla sua effigie con testa nuda, ve-
stito di piviale. Nei prospetti si ce-
lebrano il restauro e fortificazioni
di Castel s. Angelo, le speranze
concepite da Roma nella sua ele-
zione, il compimento della facciata
(Iella chiesa di s. Caterina de' Fu-
iiari, la pace, la pubblica sicurez-
za e le fortificazioni di Civitavec-
chia, le fondazioni degli ospedali
de'n)endici e de' pazzi, la giustizia
e condanna del cardinal Caraffa,
il parto della Vergine, la benedi-
zione compartita al popolo, il Sal-
vatore che dà le chiavi a s. Pie-
tro, e Cristo che discaccia i vendi-
tori dal tempio. Vedi Pio IV.
Alessandro Ottaviano de Medici
nacque in Firenze nel i535 da
Ottaviano de Medici, e da Francesca
Salviatì figlia di Lucrezia de Medi-
ti, sorella di Leone X. Divenne ar-
civescovo della patria, cardinale, e
nel iGo5 Papa col nome di Leo-
ne XI [T^edi). Scrive il Novaes nel-
la Vita di Leone X, che la no-
bilissima casa de Medici si divise
in quattro rami principali, che pur
si divisero in altri subalterni, e che
i signori di essa alcuni sono meri
nobili, ed altri titolati, fra' quali ul-
timi il pili illustre ramo è quello del
principe d'Otlaiano nel regno di
JN'apoli, da cui usci Leone XI gran-
de di Spagna, e il più vicino di
sangue alla famiglia che ha regna-
to in Firenze. Nella Fila poi di
Leone Xf, il Novaes riferisce, che
egli era fratello minore di Bernar-
do tle Medici del ramo de' principi
<r Oltaiano, fatto da Antonio de
Medici nipote di Giovenco de Me-
MED 87
dici, e continuato da suo figlio Ber-
nardetto de Medici, che due volle
fu gonfaloniere di Firenze, nel i44i
e 1431. Questi lasciò Lorenzo de
Medici, il quale sposato nel 1468
a Caterina Nerli, nacque Ottavia-
no de Medici che fu padre a Leo-
ne XI ed al mentovato Bernardo
de Medici, che comprò la signoria
d' Otlaiano nel regno di Napoli, e
da Giulia de Medici sua moglie,
figlia naturale di Alessandro de Me-
dici primo duca di Firenze, lasciò
r unico figlio Alessandro barone di
Otlaiano, il quale da Adelaide di
Sanseverino de' principi di Bissi-
gnano ebbe Bernardo de JMedici
che fu creato principe d' Otlaiano.
Da questo ramo fiori ancora Ot-
taviano de Medici, tenente generale
degli eserciti di Filippo V e prode
capitano, che morì nella battaglia
di Armaus nella Spagna. Neil' opu-
scolo intitolato: Solt^nni esequie di
Luigi de Medici di Toscana, fatte,
da Giuseppe de Medici duca di
Miranda, Napoli i83o, si legge
quanto segue. Bernardetto de Medici,
cugino di Cosimo dello padre della
patria, e fratello di Leone XI, si
tramutò di Firenze in Napoli, dopo
aver sposata Giulia de Medici, ve-
dova del duca di Popoli, e nel i567
comprò il feudo di Otlaiano. Nel
diploma col quale Cado III re di
Spagna nominò Giuseppe de Me-
dici glande di Spagna, leggonsi le
seguenti parole. «« Avendo conside-
derazione alle qualità ed ai meriti
vostri, d. Giuseppe de Medici, princi-
pe d'Otlaiano, duca di Sarno, ed al
lustro ed all'antichità della vostra
casa, poiché oltre di trattarvi il gran-
duca di Toscana come parente e del
suo proprio sangue, vi trovate, es-
sendo capo della casa del Pontefice
Leone XI, prima cardinal Alessuu-
33 MED
dio de Medici, come bisnepole di Ber-
nardetlo de Medici fralello dello stes-
so Pontefice, che portò la detta ca-
sa dalla Toscana nel mio regno di
Napoli, ove è oggi una delle prime
di detto regno, e delle più cospi-
cue d' Italia . . . . " Quanto Leo-
ne X e Clemente VII ingrandirono
la loro casa, e quanto invece fu
virtuosamente moderato co' parenti
Leone X[ [Fedi) ^ lo dicemmo alle
loro biografie ed altrove: agli arti-
coli GOVERNATOKE DI RoMA e VlLLA
Medici si descrivono il palazzo e
la villa che in Roma possederono
i de Medici. Benqhè Leone XI vi-
vesse soli 27 giorni, fu coniata una
medaglia colla sua effigie, in camau-
ro e mozzetto , coli' epigrafe : De
Forti Diilcedo. Nel l'ovescio vi è il
leone ucciso da Sansone, dalla cui.
bocca escono le api che vi hanno
formato alveare, simbolo delle otti-
me qualità del Pontefice.
Dal ramo de' principi d' Otlaiano,
e da Michele principe di Oltaiano,
duca di Sarno, a' 22 aprile lySg,
nacque il cav. Luigi de Medici, il-
lustre e benemerito membro della
famiglia e del regno delle due Si-
cilie. Dappoiché e successivamente
fu fatto dal re Ferdinando IV, poi
Ferdinando I, reggente dell'ammi-
nistrazione civile che riguarda il
buon governo; nel i8o3 fu pre-
posto a reggere la pubblica econo-
mia, venendo eletto ministro delle
finanze. Nel i8o6 accompagnò in
Sicilia r erede del trono duca di
Calabria, poi Francesco I, e nel 1 8 1 4
fu nominato da Ferdinando I suo
plenipotenziario in qualunque con-
gresso che potesse aver luogo pel
ristabilimento d'una pace generale,
come peritissimo delle cose di stato,
per cui intervenne a quello de' so-
vrani adunati in Vienna, e col car-
MED
dinal Consalvi conchiuse pel suo re
con Pio VII quel concordato che
riportammo nel voi. XVI, p. 5'Ì
del Dizionario. Inoltre divenne pre-
sidente del consiglio de' ministri ,
consigliere ministro di stato, mini-
stro segretario di stato, delle finan-
ze e degli affari stranieri, ed insi;
gnito di tutti gli ordini della co-
rona, non che di s. Stefano d' Un-
gheria, del toson d' oro, di Carlo
IH e dell'elefante. Avendo accom-
pagnato a Madrid il re Fiancesco
I pel matrimonio della figlia Maria
Cristina col re di Spagna, ivi mori
a' 25 gennaio i83o, con coraggio
e coi conforti della religione, e cri-
stiana rassegnazione, il suo sovra-
no ne fu dolentissimo, e gli fece ce-
lebrare in Madrid solenni esequie,
come a colui che avendo spesi 4?
anni, fecondi di segnalati avveni-
menti, iu servigio della corona, ter-
minava la sua splendida e mortai
carriera in lontana regione sotto
gli occhi del suo principe. La spo-
glia mortale il re la fece traspor-
tare nella terra nativa sulla real
fregata 1' Amalia, ricevendo i sufi
fragi nella chiesa degli alcantarini
in Portici, e deposto il cadavere in
Oltaiano nella chiesa di s. Maria
degli Angeli sul monte Echia. Il
duca di Miranda Giuseppe de Me-
dici, che il defunto teneva in luo-
go di figlio ed istituì erede, gli fece
celebrare sontuosi funerali coli' in-
tervento del corpo diplomatico, dei
ministri, nobiltà, magistrati , profes-
sori, e col concorso di circa tre-
mila persone. Cantò la messa il ve-
scovo di Castellamare, con apposita
musica di Nicolò Zingarelli diret-
tore del conservatorio di musica,
facendo le solenni assoluzioni i ve-
scovi di Lacedonia, di Boiano, del-
le Termopile e di Derbe. Pronun-
MED
t.\b r elogio funebre Emraanuele
Tacldei ; composero le iscrizioni ita-
liane RafTaele Liberatore, e l' elogio
del temporaneo cenotafio Francesco
Carelli. Tutto viene riportato e de-
scritto nel citato opuscolo, ove si
enumerano le sue preclare doti di
gran diplomatico e ministro, e le
operazioni distinte da Ini fatte. Di-
(ousoie acerrimo dei diritti de' Bor-
boni, poco mancò che ' non fosse
condannato all' ultimo supplizio, sic-
come narrano le storie contempo-
ranee; pieno d'acuto ingegno e te-
nace memoria, fu cortese ne' modi
e nelle avversità invitto, laonde vin-
se la calunnia, poiché l' invidia per-
seguita i grandi uomini; ma egli eb-
be la somma ventura che la sua in-
nocenza, con raro esempio, non solo
trionfasse, ma fosse premiata. Viene
celebrato qual decoro della patria,
sostegno e -ornamento del trono, di
moilesti e semplici costumi, ama-
tore delle scienze e delle arti, pa-
ziente nelle fatiche, chiaro e ordi-
nato dicitore, di statura alta e bel-
lo della persona. Fratello del du-
ca di Miranda lodato è monsignor
Francesco de Medici d'Ottaiano,
latto da Pio Vili vicelegato di Vel-
letri, e da Gregorio XVI canonico
vaticano, uditore del camcrlengato,
prolonolario apostolico partecipante
e maestro di camera, carica in cui
lo confermò il regnante Pio IX.
MEDICI Giovamhi, Cardinale.
V. Leone X, Papa,
MEDICI Giulio, Cardinale. V.
Clemente VII, Papa.
MEDICI Ippolito , Cardinale.
Ippolito de Medici nipote di Leo-
ne X, e cugino di Clemente VII,
nacque in Firenze da illegìttimo
matrimonio da una giovane di
Urbino, favorita di Giuliano de
Medici gonfalopiere della Cluc-
MED
89
sa romana. Scrivono alcuni storici
che appena nato, sorpresa la madre
da rossore e confusione di vedere
il frutto del proprio fallo, lo con-
segnò ad una fantesca per farlo
morire. Mossa costei a compassione
dell'innocente bambino, lo nudri
con gran segretezza, e poi lo con-
segnò a Giuliano de Medici, che
riconosciutolo per suo figliuolo ,
lo fece con molta cura e diligeti-
za educare. E di fatti riuscì gio-
vane, per la vivacità dello spirilo,
per la avvenenza del volto, leggia-
dria di persona, dolcezza di trat-
to e grazia di favella, amabilissimo.
Nei primi anni mostravasi assai mo-
desto e virtuoso, e il Sadulelo col
quale avea strettissima amicizia, al-
tamente lo commenda per pruden-
za, bontà e generosità d'animo, e
Paolo Giovio ne fece il ritratto con
queste parole: avea tutte le grandi
qualità dello spirito e del corpo.
I fiorentini però insieme con Ales-
sandro suo cugino lo cacciarono in
esilio, ed a voce di pubblico ban-
ditore dichiaratolo ribelle e nemico
della repubblica, aggiudicarono i
suoi beni al fisco. Come quello
per altro che non avea grande
inclinazione per le scienze, si ao-
plicò volentieri alla poesia ed al-
la musica, e vi divenne eccellentis-
simo. Giunto all'età di 17 anni cir-
ca, fu da Clemente VII promosso
all' avcivescovalo d' Avignone nel
i527, che altri dicono dopo rice-
vuta la porpora. A questa dignità
il Papa lo esaltò a' io gennaio
i52(), nel concistoro clic tenne ad
un'ora di notte come gravemente
infermo nella sua camera, senza ba-
dare alla promessa di non creare
nuovi cardinali, finché non fosse il
sacro collegio ridottò ad un certo
determinato numero. Lo creò adun-
go MED
que cardinale diacono, e gli confe-
. rì pei- diaconia il titolo di s. Pias-
sede, facendolo poi legato dell'Um-
bria, e vice -cancelliere di s. Chiesa.
Affinchè in avvenire non potesse
nascere dubbio sulla validità dì ta-
le creazione, comechè Ippolito non
avea alcun ordine sacro, il Papa
a*3o giugno i534 per cautela, di
nuovo lo abilitò ai benefìzi eccle-
siastici ed alla dignità cardinali-
zia, indi lo promosse alla chiesa
di Monreale. Già nel novembre
iS^q lo aveva fatto amministra-
tore di Casale, e poi di Lecce, ve-
scovato che gli conferì nel i534
insieme colle ricche abbazie delle
tre Fontane, di san Sabba e di
Groltaferrata. Questo giovine car-
dinale formossi una corte di uomi-
ni letterati ed eruditi di qualunque
nazione, per lo che talvolta nel suo
palazzo si parlarono venti diffe-
renti linguaggi. Con questi egli go-
deva di conversare amichevolmente,
e di favellare di materie scientifi-
che. Paolo III dal maestro di casa
del cardinale gli fece rappresentare
ch'era soverchio il numero de' fa-
migliari che teneva di circa trecen-
to, e perciò sembrare conveniente
licenziarne alcuni : non sia mai, ri-
spose, io non li ritengo in mia
corte perchè abbia bisogno di loro,
ma perchè essi hanno bisogno di
ine. Destinato legato a Intere in
Germania a Carlo V, in ten)po che
/ Solimano aveale mossa aspra guer-
ra, colla dignità legatizia, si rive-
stì della qualità di comandante, e
come giovane di genio marziale
e guerriero armò al suo soldo con
generosità principesca ottomila un-
gari, ed alcune scelle compagnie di
cavalleggieri de' migliori uomini del
suo seguito, e ado[)erossi tanto u-
lilmente per la Germania e per
MED
l'imperatore, che gl'infedeli furono
scacciati dalle terre ereditarie del-
la casa d' Austria. Quando Carlo
V passò in Italia, il cardinale che
lo seguiva volle secondare il suo
bellicoso trasporto, prese le divise
di generale di armata, e precedet-
te r imperatore accompagnato dai
\ì\\x bravi gentiluomini di sua cor-
te, alla testa di diecimila soldati;
e quantunque avesse cesare rigoro-
samente divisato V ordine degli al-
loggiamenti e delle marcie che te-
ner doveva la sua comitiva ; il le-
gato con giovanile impazienza si
avanzò di cammino. Era fra gli
altri con lui Pier' Maria de Rossi,
creduto principale autore d' una
militare sedizione di soldati ita-
liani poco prima avvenuta. Fece
pertanto l' imperatore ritenere non
solamente il Rossi, ma ancora il
cardinale, temendo che si propo-
nesse fargli cattive parti col Papa.
Ma essendo poi assicurato che tal
procedere proveniva solo da vivezza
di ardore giovanile nel cardinale, li
fece liberare ambedue, né tralasciò
le più ossequiose scuse col cardina-
le e col Pontefice, ricoprendo la
ingiuria col timore che il cardina-
le, forse non tollerando vedersi nel
governo di Firenze anteposto il cu-
gino, disegnasse di spingersi con
quella gente in Toscana per dis-
cacciamelo. Dipoi in compagnia
del cardinal Doria si trovò presen-
te alla solenne coronazione di Car-
lo V, fatta in Bologna da Clemen-
le VII. Frattanto si aprì un nuovo
campo al suo militare valore, dap-
poiché infestando il litorale dello
slato ecclesiastico il fanjoso corsaro
Barbarossa, e temendo i cardinali
e il Papa, che volesse piombare su
Roma, spedirongli contro, qual ge-
nerale della Chiesa, il cardinale, che
MED
;il SUO arrivo ebbe la compiacenza
eli veder aiUove veleggiar il piralo,
atteirilo dal nome e forze del car-
dinale, e per non cimentare le sue
truppe a grave esposizione. Rientrò
giubilante in Iloina il cardinale, e
poi concorse all' elezione di Paolo
III, il quale tultavolta gli negò la
legazione della Marca d'Ancona,
per l'irregolare sua condotta, che
poco o nulla avea dell'ecclesiastico.
Cingeva sempre la spada, impiegava
gran parte del giorno a giuocar a
scherma ed a cavalcare, vestendo
solo gli abiti cardinalizi pei conci-
slori e in qualche pubblica finizio-
ne. Vedevasi più spesso nella via
del corsoj alla caccia, alla comme-
dia, che nel suo gabinetto o nelle
chiese. Di notte passeggiava per
Pioma, con persone che vivevano
nei disordini e nella mollezza. La
preferenza che Clemente VII di
concerto con Carlo V avea accor-
data ad Alessandro de Medici figlio
di Lorenzo, in duca di Firenze, ad
esclusione del cardinale che aspira- '
va al principato della patria, fu
cagione dei dissapori tra i due cu-
gini, riempì di torbidi pensieri l'a-
nimo del cardinale e di gelosie
quello di Alessandro, a seguo che
il primo deliberò di far morire il
cugino per mezzo di una mina che
fu scoperta. Alessandro ricorse a
Paolo 111, che vedendo di male oc-
chio il cardinale, questo fuggì da
un castello vicino a Tivoli, ov' era-
si ritirato, e s'incamminò verso
Napoli per passare in Africa, a fine
d'interporre Carlo V con Paolo HI.
Ma giunto presso Fondi, dolente
del commesso fallo, e desideroso di
riconciliarsi col cugino, morì nel
i5o5, d'anni 24, d'una cocenlissi-
ma febbre, e non pare con sospet-
to di veleno. Il cadavere trasferito
MED 91
in Roma ebbe tomba nella chiesa
di s. Lorenzo in Damaso, con o-
norevole iscrizione riportata dal
Ciacconio e da altri biografi, e noa
nella chiesa di s. Maria in Domni-
ca. Questo principe dotato di spiri-
to capace di cose grandi, arricchito
di talenti e di fortuna, poteva in-
traprendere nobili imprese. Seguen-
do la magnificenza di sua casa, pro-
fuse le sue liberalità sopra ogni
condizione di persone, massime su
gli uomini di spirito ed i letterati
che nella sua corte trovavano splen-
dido ricovero. Ad onta ch'egli a-
masse i tornei delle giostre, i teatri
e le caccie, occupa vasi negli esercizi
letterari, secondo il Negri, che trop-
po lo loda nella Storia degli scrit-
tori fiorentini, 11 Poccianti afteinia
che tradusse in versi toscani il se-
condo libro delle Eneidi di Virgilio,
e Paolo Giovio ne scrisse la vita.
MEDICI GiANNANGELO, Cardina-
le. F. Pio IV, Papa.
MEDICI Giovanni, Cardinale,
Giovanni de Medici de' duchi di Fi-
renze, giovane di maturo giudizio,
e savio più che alla sua età si
conveniva, fu di tale aspetto che
più grazioso di lui non si sarebbe
jìotuto agevolmente trovare, come
pure fu ben costumato, e di bontà
senza pari. Pio IV a'3i gennaio
i56o lo creò cardinale diacono in
s. Maria in Domnica d'anni 17,0
ricevè le insegne cardinalizie nella
sua patria, alla presenza de' cardi-
nali Guido Ascanio Slljrza e Lodo-
vico di Lorena che colà eransi tras-
feriti per visitare Cosimo I, poi
granduca di Toscana, padre del
porporato. Poco dopo fu promosso
all'arcivescovato di Pisa col titola
di amministratore, dove celebrò il
sinodo, e di cui per ordine del
Puuleiice ne dovette cedere il go-
92 MED
\crno a Girolamo Veccliiano pisa-
no, vescovo di Vultiirara, sinché
fosse arrivato all' età prescritta dai
sacri canoni, ond' essere idoneo a
governare da per sé. Trattenutosi
tdcun tempo in Koma , essendosi
portato insieme coi genitori a visi-
lare il territorio di Siena, 1' aria
nociva di quelle maremme gli ca-
gionò violenta malattia che produs-
se la morte in Pisa nel novem-
bre 1062, in età di anni 19. Fu però
lama che fosse stato ucciso dall'in-
vidioso fratello d. Garzia, in occa-
sione di una caccia, senza che al-
cuno vedesse il misfatto. Narrano
diversi storici che Cosimo I fece
jiorlare segretamente il di lui ca-
«lavere in una stanza, e chiamato
colà d. Garzia, credulo reo dell' ec-
cesso, al suo arrivo il sangue del-
l'estinto cominciò a bollire, e ad
uscire ilalla ferita. Allora Cosimo f
montato in furia, prese la spada di
d. Garzia, e colle proprie mani lo
uccìse , facendo correre voce che
ambedue fossero tuorli di malattia.
Il Cardella non conviene in tutto
il racconto, li cadavere del cardi-
nale lu trasferito in Firenze, e se-
polto nella sagrestia di s. Lorenzo
con breve iscrizione.
MEDICI Ferdinando, Cardinale.
Ferdinando de Medici de' duchi di
Toscana nacque nel i549 > ^^ '"
età d'anni i4 P'o IV a't) gennaio
j5()3 lo creò cardinale diacono as-
tenie, e poi gli cwjieri per diaco-
nia la chiesa di s. Maria in Domni-
ca. Fu fatto protettore della Spa-
gna, de' minori osservanti, dell' ar-
cicoiihalernita della ss. Trinità dei
pellegiini di Iloma, dove recandosi
sovente nell' anno sauto iSyS a
lavare i piedi a' poveri pellegiini,
accadde che una volta vi si tro-
vasse presente, e fosse nel numero
MED
de' pellegrini un polacco ministro
luterano; questi rimase talmente
commosso e penetrato alla vista
del cardinale, come ancora nel con-
templare r edificante ed esempla-
rissima divozione, con cui Gregorio
XIII, come pure il rimanente dei
fedeli a norma di lui, visitavano le
chiese e le basiliche di Roma, che
illuminato dalla divina grazia si
condusse nella basilica vaticanaj ove
trovavasi il Pontefice orante in una
cappella, e gettatosegli umilmente
ai piedi, e baciandoli divotamente,
penetrato da dolore e contrizione
gli mancò la parola. Pubblicamea-
le confessò i suoi errori, e doman-
dò d' essere ammesso nella religio-
ne cattolica, morendo poi piamente
neir arcispedale di s. Spirito. Il
cardinale ne' conclavi di s. Pio V,
Gregorio XIII, e Sisto V, comechè
di gran prudenza e di autorità, eb-
be gran parte nell'elezione di loro.
Dimessa l'antica sua diaconia, otten*
ne quella di s. Maria in Via Lata,
e divenne primo diacono. Sotto Si-
sto V, che per indisposizione del
primo diacono avea coronato, ven-
ne deputato con altri cardinali al-
la canonizzazione di s. Diego. Mor-
to senza successione il suo fratello
Francesco granduca di Toscana, fu
chiamato nel i588 a succederlo,
onde per mezzo di ambasciatori, ri-
nunziò in pubblico concistoro il
cappello cardinalizio, e non essendo
negli orduii sagri, si sposò con Cri-^
stina figlia del duca di Lorena.
MEDICI Alessandro, Cardinale.
V , Leone XI, Papa,
MEDICI Cablo, Cardinale. Car-
lo de Medici de' granduchi di To-
scana, educato ad ogni più subli^
me disciplina, in età di 19 anni fu
da Paolo V a' 2 dicembre i6i5
creato cardinale diacono di s. Ma
MED
rin in Domnica. Trovossi presente
ai conclavi di Gregorio XV, Urba-
no Vili, Innocenzo X, ed Alessan-
dro VII. Caro ai Papi fu sempre
da loro consultato sopra adhri di
grave argomento. Il Papa gli con-
ferì la proleltoria dell'ordine val-
lombrosano , e il re di Spagna quel-
la del regno. Nelle molle e pingui
abbazie delle quali fu arricchito,
ebbe assai a cuore di accrescere e
dilatare la vera divozione e il
divin culto. Fondò in Firenze la
chiesa di san Michele eh' è una
delle più magnifiche della città ,
e la donò ai teatini. Dimessa la
diaconia di s. Maria in Domnica,
passò a quella di s. Maria in Via
Lata, e come primo dell'ordine dei
diaconi coronò Innocenzo X col
triregno, ed ottenne successivamente
nel i652 da lui il vescovato di
Ostia e Velletri , dove nel 1660
fece riedificare la cattedrale insieme
col campanile abbattuto da un ful-
mine, colla spesa di undicimila sca-
di, e fece disporre con ottimo or-
dine l'archivio della città, nella
quale mai vi si recò in quattordici
anni. Morì nel 1666 in Firenze,
decano del sacro collegio, d'anni
70, e 5o di cardinalato, e fu se-
polto nella chiesa di s. Lorenzo
nella tomba de' suoi antenati con
breve iscrizione.
MEDICI GiAjrcARLOj Cardinale.
(iiancarlo de Medici de'granduchi
di Toscana, nipote del cardinal
Carlo, fu da Innocenzo Xa'i4 no-
vembre i644slienchè assente, crea-
to cardinale diacono. Soltanto ven-
ne in Roma pel conclave ove contri-
buì all'elezione di Alessandro VII,
il quale gli conferì la diaconia di
s. Maria Nuova, e lo nominò lega-
to apostolico insieme col cardinal di
Assia, ad incontrare Cristina regina
MED 93
di Svezia che portavasi in Roma.
Morì in Firenze nel i663 d'anni
52 non compiti, ed ebbe tomba
nella chiesa di s. Lorenzo tra i
giaiidnchi.
M ED 1 C I Lkopoldo , Cardinale.
Leopoldo de Medici nacque a' 6
novembre 161 7, figlio di Maria
Maddalena arciduchessa d'Austria, e
di Ferdinando II, e fratello di Cosi-
mo III granduchi di Toscana, celebre
del pari per la pietà e per le lettere,
delle quali come de' loro professori
fu "amantissimo e splendido mece-
nate. Clemente IX a' \i dicembre
1667 lo creò cardinale diacono dei
ss. Cosimo e Damiano, donde pas-
sati tre anni ottenne quella di s.
Maria in Cosmedin che magnifica-
mente restaurò. Intervenne ai co-
mizi di Clemente X, e morì in Fi-
renze nel 1675 d'anni 58, con ri-
putazione d' una sincera e costante
pietà, e rimase sepolto nella basili-
ca di san Lorenzo, coi solo nome
scolpito sopra la di lui tomba.
MEDICI Francesco Maria, Car-
dinale. Francesco Maria de Medici
de'granduchi di Toscana, nacque ai
12 novembre 1660, da Ferdinando
II, e da Vittoria della Rovere de'du-
chi d'Urbino, e fu deputato da Cosimo
III al governo della città di Siena,
dove si fece da tutti amare, singo-
larmente per r impareggiabile su;t
modestia. Abbracciata in seguito la
vita ecclesiastica, a' 2 settembre
1686 Innocenzo XI lo creò cardi-
nale diacono di s. Maria in Domni-
ca, quindi venne fatto protettore
dell'impero e deHa monarchia spa-
gnuola. Mecenate dei letterati, e
profuso coi poveri, superava ogni
altro nella liberalità, splendidezza,
carità e magnificenza. Trovossi pre-
sente ai conclavi di Alessandro Vili,
Innocenzo XII, e Clemente XI, nei
f)4 Ml^-D
quali ebbe gran parte all' elezio-
ne di que' E'npi. Dipoi per conser-
Tare la sua illustre e potente fa-
miglia, fu costretto rinunziare al-
la porpora a' i6 giugno lyog, e
congiungersi in matrimonio con
Eleonora Gonzaga duchessa di Gua-
stalla-, dalla quale però non ebbe
figliuoli, morendo a' 3 febbraio
1711.
MEDICINA, Ars medica, medi-
cina. La scienza e l'arte del me-
dicare; l'arte di guarire, 1' arte sa-
lutare; scienza quasi divina, x;he
impara a conservare la nostra sa-
nità, e a restituirla in caso che siasi
già perduta. La medicina insegna a
prevenire anco le malattie, loccbè
dicesi igiene. Questa utilissima scien-
za è tanto antica, che prese vita con
noi medesimi dal più prezioso senti-
mento che la natura abbia scol-
pito nel cuore dell'uomo, da quel-
la simpatica benevolenza , per cui
siamo portati a compassionare i
mali de'propri simili , massime se
tal sentimento deriva dagli inse-
gnamenti dell'evangelo e della ca-
rità cristiana. I dotti di questa ar-
te, parlando dell'origine sua, rife-
riscono che r uomo fino dai primi
istanti del suo vivere sottoposto al
■violento urto delle esterne potenze,
che di continuo operano nel suo
delicato organismo, alterandone la
tessitura e la propria armonia , e
stimolato non meno dal bisogno di
tener lungi da esso lutto quello che
lo disturbava, incominciò tosto a
procurarsi que' sollievi che mitigar
potevano le moleste sensazioni; quin-
di l'istinto medesimo preceduto dal-
la necessità, il caso, l' osservazione,
l'analogia e il ragionamento furono
i primi veraci inventori della salu-
tare professione. Alcuni dicono che
gli animali furono i primi che in-
MED
segnarono agli uomini la medicina,
e che molti di essi guidati dal loro
istinto additarono col loro esempio
agli uomini il modo di liberarsi
da una eccessiva copia di sangue,
il modo di purgarsi, le proprietà
medicinali di molti vegetabili, eo.
Que' fisici che fidarono nelle favo-
lose origini, fanno discendere in
medicina da Apollo, da Bacco, da
Oro, da Zoroastro, da Osiride e
da Ermete, non che dalle maghe
o incantatrici Medea e Circe, per
cui tale epoca medica fu chia-
mata medicina mitologica. Tutta-
volta è noto che in que' tempi i
babilonesi costumavano esporre gli
infermi nelle pubbliche strade, aflln-
chè i passeggieri indicassero loro
que'i'imedi, che ad essi avessero
giovato qualora patito avessero egual
malattia.
In Egitto la medicina fu eser-
citata dai sacerdoti, i quali costi-
tuivano un collegio chiamato sa-
cro, e tanto ivi tenevasi in ripu-
tazione la scienza, che i re si pre-
giarono mostrarsene colti. Il primo
greco che da Argo passò in Egitto
per istruirsene, fu Melampo, che
ritornato in Grecia vi portò le pri-
me medrche cognizioni; gli succes-
se il figlio Teodoraante, e poscia
dall' istessa famiglia fiorì Polydo.
Quindi venne il famoso centauro
Chirone, versato nella conoscenza
delle piante, e nella cura delle pia-
ghe, e fra i tanti suoi allievi, il piìi
insigne fu Esculapio di Epidauro,
il quale in seguito fecesi fautore del-
la medicina empirica, cioè di pra-
tica e di sola esperienza, che du-
rò dalla presa di Troia sino al
secolo XIII prima di nostra era.
I di lui figli Podalirio e Macaone
furono pure bravissimi, e videro a!
padre innalzati nella patria e altro-
MED
ve statue e templi, e adorato da
alcuno qiial semideo (di poi in A-
tene ad Ippocrate, ed agli archia-
tri Atistomaco e Toxaride fregiali
del titolo di eroi, furono eretti tem-
pli e fatti de'sagrifizi ); successe po-
scia la stirpe degli Asclepiadei, di-
scendenti pure di Esculapio, nelle
mani de' quali si conservò quasi per
ragione di famiglia l' arte di gua-
rire. Furono di poi stabilite scuole
mediche in Gnido, in Rodi, ed a
Coo eh' era la migliore e dalla qua-
le sortì Ippocrate. Si addebita ad
Ippocrate di avere copiato tuttociò
che trovò scritto in Epidauro, e poi
di averne incendiate le tabelle vo-
tive per farsi lui solo V autore
de' famosi aforismi. Mentre gli A-
sclepiadei quasi soli possedevano l'e-
sercizio di questa arte, anche Ta-
lete e Ferecide reduci dall' Egitto
portarono in Grecia altre cognizio-
ni, e verso tal tempo e 55o anni
prima di detta era, Pitagora ri-
conobbe la scienza come parte del-
la filosofia naturale, e Crotone di-
ventò allora la più famosa scuola
medica.
Tra i discepoli di Pitagora si
distìnse Empedocle siciliano ^ che
fatte alcune scoperte in medicina,
formò una scuola in Agrigento o
Girgenti sua patria. Vennero quin-
di Alcmeone, il primo a far curio-
se ricerche sugli animali, Democrito,
ed Erodico che fu inventore della
ginnastica medica e maestro d' Ip-
pocrate. La pratica in tale epoca,
piena di assurdi e paradossi, ridu-
cevasi all' uso de'rimedi empirici, e
così durò circa otto secoli e mezzo.
Ippocrate di Coo, fiorito 460 anni
prima dell' ei-a nostra, che visse 110
anni, fu acclamato da tutte le na«
zioni e le età come istitutore della
medicina dovimalica, cioè distac-
MED 95
cando la medicina dalle altre paili
della scienza naturale, 1' associò
co' risultati delle osservazioni e dei
fatti, e ne pose le basi sui fonda-
menti dell' esperienza e del ragio-
namento. Tra i dommatici si resero
celebii Diocle, Prassagora, Crisi ppo,
Eristrato ed Erofilio, i due ultimi
distinguendosi per scoperte fatte
sull'anatomia e nella materia me-
dica. Circa tre secoli avanti la no-
stra era, principalmente in Alessan-
dria, fiorì la medicina dommatica,
ma Serapione invece si fece capo
degli empirici, però coi vizi de' dom-
matici. Verso r anno 535 dopo la
fondazione di Roma, Arcagato ven-
ne dal Peloponneso e si stabilì in
quella metropoli, e questi è il pri-
mo medico vulnerario o curatore
delle ferite, di cui la storia romana
abbia conservato il nome. Da Giu-
lio Cesare sino all' anno 200 del-
l'era volgare si stabilì la tnedicina
metodica^ capo della quale fu A-
sclepiade di Prusia nella Bitinia,
che esercitò la medicina in R.oma,
chiamatovi da Giulio Cesare; dis-
prezzò le dottrine d' Ippocrate e
ridusse le malattie a due generi ,
stabiliti suir apertura e il ristrin-
gimento de' pori, quindi seppe lu-
singare il carattere del suo secolo,
e la tendenza de' rotnani alla mol-
lezza, e stabilì una medicina tutta
epicurea, non escludendo i piaceri
de' sensi; ottenne il pubblico favore,
agevolandoglielo l'amicizia di Ci-
cerone. Comparve quindi sotto Au-
gusto il suo discepolo Temisone di
Laodicoa, che acquistò gran lode, e
scostandosi dai principii del maestro
stabilì il melodismo. Aurelio Cor-
nelio Celso patrizio romano fiorì
sotto i regni di Augusto, Tiberio
e Caligola, e fu chiamato l' Ippo'
crate Ialino, dicendosi aver Iradot-
tjG MED
to elcgnnlpmcnlo quell'autore nella
sua favella: egli fu latito oratore,
quaiilo uomo di guerra e medico, e
venne appellato ancora il Cicerone dei
medici, per la bellezza de' suoi scrit-
ti, che per essere pieni di sentenze
poirehbero far serie cogli Jforisnii
d' Jppocrate. Celso è la fonte ine-
saiirdiile, in cui i buoni hanno at-
tinto molti de' loro dommi, tanto
in niedicinaj quanto in chirurgia.
In seguito Tessalo di Lidia, rino-
mato e ardito medico, disprezzò
quanto Temisone avea scritto, fece
alcune aggiunte alle sue curiose
dottrine per perfezionare il meto-
clisrno ; egli spacciava d' imparare
in sei mesi la medicina, per cui i
fisici in prodigiosa moltitudine cor-
sero a lui. Anche Sorano cambiò
qualche cosa; Leonide d'Alessan-
dria fu capo della scuola episinlen-
iica o sia raccoglitrice; Archigcne
di Apamea dell' eclettica j Ateneo
d'Atlalia o di Tarso, seguendo la
filosofia di Zenone o degli stoici,
istituì la medicina pneumatica o
spirituale; fra i celebri medici di
questo tempo il più famoso fu A-
reteo di Cappadocia, che ridusse
pel primo in un corpo di scienza
ordinato e metodico 1' antica medi-
cina. Dall'anno 200 al 1600 trion-
fò la medicina peripatetica, il di
cui capo fu r immortale Galeno
greco, che dalla scuola di Pergamo
si recò in Pioma, ove temporanea-
mente la infame invidia lo scacciò,
poiché vi seppe conculcare tutte le
sette dominanti. La sua celebrità
eclissò quella di tutti i suoi ante-
cessori. La filosofia d' Aristotile gli
somministrò i materiali delle varia-
zioni che introdusse nella teorica,
seguendo per la pratica i principii
essenziali d' Ippocrate che sanzionò
colle scoperte e osservazioni. Con-
MED
Iribuirono a qualche progresso del-
l'arte, e soprattutto della chirurgia,
Aezio, Oribasio, Paolo di Egina,
ed Alessandro di Tralles.
Nel V e VI secolo la medici-
na in Italia al pari delle altre
scienze si estinse coll'irruzioni bar-
bariche, molto coltivandosi in Ales-
sandria , ove favorivasi ogni ramo
di sapere; ma gli arabi avendo de-
vastato l'Egitto, e con fanatico mao*
mettismo bruciata la famosa Ìjì-
blioleca, i sapienti si dispersero.
Dopo circa un secolo si eressero
le scuole di Antiochia e di llarrao,
cominciandosi di nuovo a dilìbn-
dere la medicina. Verso la metà
dell' Vili secolo in Bagdad vi fio-
rì la professione medica, non sen-
za inezie e superstizioni, e vi si
distinsero gli arabisti o discepoli
degli arabi ; quindi si resero fa-
mosi l'arabo Rhasis introduttore del-
la chimica nello studio della me-
dicina peripatetica , Albucasis che
perfezionò alquanto la medicina ^
ma tutto empirico e rizotomislaj
Hahs Habbas , Mesue , Avicenna,
Avenzoar , Averrhoes e Pioznan ;
non che Palladio, Teofilo, Stefano
ateniese, Nonno, Simeone d'Antio-
chia, Michele Psello, Demetrio Pa-
pagomeno, INIirepso e Attuario gre-
co. Per un tempo la Spagna di-
ventò la prima culla della medici-
na nell' Europa ; Cordova ebbo
una scuola ed un'immensa biblio-
teca. Circa il declinar del secolo X
gli ebrei che comprendevano l'ara-
bo idioma, e che già da qualche
secolo con successo aveano eserci-
tato la medicina a prò de'cristiani,
mediante il commercio de'mauri o
mori africani colle frontiere d'Ita-
lia, furono i piimi a comunicare
le scienze ai siciliani (sebbene pri ■
vi di cognizioni anatomiche, vie-
MED
laudo loro la legge il toccare i mor-
ti), onde fu ristabilito il celebre
collegio salernitano cbe verso la (ine
del secolo XI acquistò moltissima
riputazione, seguendo le istituzioni
di Galeno e degli arabi, non cbe
e segnatamente pei commentari del
famoso Arnaldo di Villanuova e
delle traduzioni di Costantino afri-
cano, nativo di Cartagine, .ritenuto
per fondalore della scuola di Sa-
lerno, i di cui insegnamenti ri-
dotti in versi leonini da Antonio
o Pietro da Milano, ebbero corso
e fama in tutta l'Europa. Costan-
tino celebralo quale altro Ippocra-
te , encomialo qual prodigio di
sapere, possessore di dieci linguag-
gi si fece monaco in Monte Cassi-
no, per cui alcuni autori scrissero
cbe i monaci furono i primi a
ravvivare la medicina. Le più ce-
lebri scuole di medicina del secolo
XII furono quelle di Parigi e di
Montpellier; quella di Padova di-
venne tale in processo di tempo_,
restando tulle offuscate dalla saler-
nitana. Nel XI li secolo la cbirur-
gia divenne una professione distin-
ta da quella della medicina , la
quale fino allora era slata riguar-
data nelle scuole come una parte
della fìsica o della fdosofla natura-
le; vuoisi però cbe non abbia foi'-
niato facoltà a parte prima del
1472, su di che si possono vedere
gli articoli Chikurgia e Chirurgo.
In tal modo, piena però di grossola-
na barbarie, di vulgossi la medicina per
r Italia e per l'Europa, e durò così
fino al termine del secolo XV, aven-
do il nome di medici arabisti quelli
che l'esercilavauo. Dopo la metà di
tal secolo i dotti fuggiti da Co-
stantinopoli coi codici greci fecero
risorgere poscia in Italia la greca
medicina, divulgandosi le opere d'Ip-
voi. xiiv.
MED 97
pocrale e di Galeno difformate
negli scritti arabi. Cos'i nel princi-
pio del secolo XVI Curzio,' Bris-
sol, Ingrassia distrussero finalmente
l'arabismo, ed all'infinito divulga-
ronsi in seguito le dottrine di Ga-
leno. Indi nel secolo seguente si
riassimsero i principii ippocratici con
più lustro e chiarezza, e si sosten-
nero con sommo decoro da Mar-
ziani, Sellala, Calvi, Mercuriale, De-
Duret, Jacot, Iloulier, Ballie e da
altrij e in appresso dai celebri Fer-
nel, Argentario e Pereira. A tutto
questo succedette la medicina chi'
mica o sella Jalrochimica o Chmij'a-
trica, che duiò dal i6oo al i68o.
Dopo che i medici arabi coU'appli-
cazione della chimica alla medicina
appianarono la via a nuovi pro-
gressi, Alberto il Grande, Ruggie-
ro, Bacone, Guglielmo di Salicelo,
Raimondo Lulli e Basilio Valenti-
no si distinsero nella conoscenza
dell' arte, ed in particolare Para-
celso studiandola con fervore si fe-
ce capo della dottrina chimica, ed
in preda ai più sregolati deliri vi
introdusse un linguaggio arbitrario
e pose in voga alcuni rimedi sco-
nosciuti. Più seguaci di lui ebbe
VaiJ-Helmont, vero autore della dot-
trina chimica, che abbandonato il
metodo evacuativo e antiflogistico,
sostituì l'alessifarmaco ed eccitante.
Frattanto Mondino de Luzi, il suo
discepolo Berengario da Carpi, Fal-
loppio e Vesalio ristabilirono in
Italia l'anatomia, purgandola dagli
antichi errori. Gaspare Asellio nel
1622 trovò i vasi lattei; quindi
Andrea Cesalpino d' Arezzo, profes-
sore di anatomia nel liceo di Pisa,
fu il primo, che dopo il cremone-
se Colombo (che investigò con pro-
fondila anatomica i vasi del cuo-
re), spiegasse chiaramente la cir-
7
98
MED
culazione del saiigu* nel coi pò u-
Diano, niaiavigliosa scoperta che lo
fece meritevole de' più alti euco-
iiii. Egli inoltre, corresse il Vesa-
lio e fu il primo a ridurre la scien-
za erbaria a sistema filosofico, e de-
scrisse undicimila trecento erbe.
Poscia l'inglese Ilervey non disco-
p4Ì ma forse dimostrò meglio la
circolazione del sangue, dopo aver
studialo in Italia e dopo aver avu*
io anche a maestro Fabrizio di
Acquapendente, gigante in anatomia
e chirurgia e discopritore delle val-
vole delle vene. Furono eziandio be-
nemeriti della circolazione del san-
gue, Rudio professore di Padova, e
fra Paolo Sarpi servita; e cosi cam-
ino d'aspetto la medicina e svani-
rono dipoi le tante chimere degli
antichi, ch'erano stati privi di sì
benefico lume.
Fra i sostenitori della medicina
Eelmonziano, uno de' più zelanti
fu Tachenio, ed il più benemerito
De la Boè, che pel primo osservò
accuratamente 1' andamento delle
malattie in tutte le fasi, e ne di-
stese esatte storie . Willis istituì
delle utili scoperte sul sistema ner-
voso, cui poi studiò Vieussens. In-
tanto si sollevò una nuova setta
che ogni cosa spiegava colle dot-
tiine di Cailesio, cioè colle diverse
figure de'crepuscoli, primeggiando
Regis, Craanen, Bontekoc , Blan-
card, Waldschraidt. Comparve poi il
celebre medico inglese Sydenham,
il quale rifiutò tutte le ipotesi, e se-
guendo Ippocrate, presentò all' Eu-
ropa un corpo di dottrina pratica
relativa alle più frequenti malattie.
Dal 1680 al 1780 seguì la medi-
cina meccanica, di cui fu autore
Lorenro Bellin fiorentino, allievo
degl'illustri Borelli e Malpighi, an-
che celebre anatomico. Fiorì in ap-
MED
piesso la setta nnlocrntica, o r/ie-
dicina psicologica o dell' animismi
sotto Stalli, celebre medico, eh»;
combattè la dottrina de' meccanici.
Quindi Baglivi, ornamento della ita-
liana medicina, fu rapito da mor-
te immatura, mentre la fisica , la
chimica, la botanica, 1* anatomia
diedero nuova luce all'arte. Surse
poscia Boerhaave genio sublime che
difese il meccanismo, e con sommo
criterio operò riforme, raccogliendo
tutto il buono dai precedenti si-
stemi . Questa epoca del secolo
XVllI fu detta medicina fisica, per-
chè tolta dalle scienze naturali.
Fra i seguaci di Boerhaave si di-
stinse il valente tedesco Hoffmann
emulo e collega di Stahl. SilFatte
dottrine durarono dal lySoal 1780,
e frattanto nuove scoperte, come
l'utile introduzione dell'innesto del
vainolo in Europa, e l'applicazione
dell'elettricità alla pratica della me-
dicina, furono r origine di nuovi
lumi, fra' quali la cognizione delle
febbi'i intermittenti perniciose, do-
vuta principalmente a Cheghorn,
Torli e Werlhof. Il rinomato Hal-
ler co' suoi tanti esperimenti scuo-
prì l'irritabilità, che destò l'uni-
versale attenzione, e die luogo al-
l' esperienze di Le Cat e di Whytt
sulla forza nervosa de' sistemi vi-
venti. Dopo il 1750 la generale
emulazione animò i sapienti d'ogni
luogo, e contribuendo al vantaggio
della medicina i lumi della storia
naturale per l'esimio medico e clas-
sificatore delle malattie Linneo, la
storia naturale divenne più chiara
e più ricca pel genio di Buffon,
del quale dicono le storie e le ac-
cademie, che la natura obbedì alla
sua voce, e tutti gli aprì i suoi na-
scondigli. Sauvages classificò dopo
Liuuco pel primo le malaUie, uieu-
MED
tre La Caze confutò Bue ri» a. «ve, e
cagionò il sistema della medicina
organica, istituita poi dal celebre
de Borden, gran sostenitore del so-
lidisnu), cui attribuì a ciascun or-
gano una vita particolare. Illustra-
rono sempre più la medicina i ce-
lebri Monrò, Mechel, Hunter, Hew-
son, Mascagni , Morgagni, Scarpa
e Lancisi colle loro anatomiche sco-
perte. Dopo il 1 780 l'illustre Whylt,
sostenitore della dipendenza dell'ir-
ritabilità de' nervi, diede una serie
di precise esperienze. Il famoso
Cullen professore di Edimburgo,
stabilì utili principi! sulle funzioni
de' nervi; e nella stessa università
il celebre Brown suo discepolo e
rivale gli contrappose un diverso si-
stema eccitabile.
Fecero in seguito progressi la
chimica, la fisica sperimentale e
l'anatomia; da Galvani si discoprì
il galvanismo, ed i celebri Volta,
Valli, Carradori, Colugoo, Vassal-
li e Lientand sparsero nuova luce
sulle niediche cognizioni. Rast e
Camus, e più d'ogni altro Paulet,
medici francesi, discoprirono l'estir-
pazione del vaiuolo, trattando in
Italia Io stesso argomento Barcone
e Scuderi, in Ispagna Gii, nella
Gran Bretagna Haygarlh, e Jenner
che nel 1798 propose i mezzi per
inocularlo col vaiuolo vaccino invece
del vaiuolo arabo. Krasmo Darwiu
pubblicò le sue dottrine sull'eccita-
bilità, sotto il nome di poter sen»
sorio ; l'illustre Giovanni Rasori die
luogo contro Brown alla così detta
'uiicdicina del coiilrostiniolo , ta'Uto
pantala ai giorni presenti, e pro-
lulgata da Fanzago, Bondioli, Gua-
ni, Rubini, e dal celebre parmigia-
no cav. Giacomo Tomassini, il quale
avendola illustrata, la chiamò nuo-
va dottrina medica italiana: que-
MED 90
sto nestore della medicina italiana
essendo morto nel novembre 1846,
non sarà sola l'Italia a piangerne
la perdita. Anche in Francia si se-
guirono le dottrine analoghe a quel-
le de'controstimolisti, massime da
Broussais ch'ebbe molti seguaci, e
in Italia vi furono avversi princi-
palmente Geromini di Cremona,
Bufalini di Cesena, Rolando di To-
rino, Amoretti di Milano. La Ger-
mania die nuove mediche dottrine,
riconoscendosi Schelling per capo dei
medici detti filosofi della natura,
e Samuele Hahnemann pel sistema
della medicina omiopatica, da al-
cuni lodato, da molti rigettato, a-
doperando farmachi in dosi picco-
lissime; ma non pochi tìsici hanno
confutato i dommi di questa nuo-
va dottrina^ come Hufeland, Kurt,
Sprengel, Vedekind, Heinrothj Hol-
lard ed altri. Sostengono questi
professori che la dottrina omiopa-
tica non costruirà giammai un si-
stema di medicina, ma che servirà
solo ad aprire un nuovo sentiero,
onde maggiormente illustrare la
terapeutica, parte della medicina
la quale insegna il modo di gua-
rire le malattie sanabili, e di mi-
tigare i sintomi e gli eHetti delle
insanabili. La somma fiducia di
quelli che credono ne' rimedi o-
miopatici, la severissima dieta pre-
scritta dagli omiopatisti, coopera e
contribuisce alle guarigioni, e sic-
come il sistema omiopatico parte-
cipa della medicina aspettativa, così
ben si conosce, che la forza me-
dicatrice della natura, sempre den-
tro i giusti confini, fu ammessa an-
che dai fisici di tutte l'età. Uà
dotto ed arguto medico chiama la
omiopatia il patrimonio dell'impo-
stura e di una fallita riputazione;
e che tutta la speranza consiste nel
loo MED
gran regime dietetico, locchè è utile
ad ogni malattia. Si chiama poi
medicina clinica o pratica, quella
scienza che insegna a conoscere ,
distinguere e curare le malattie
tiietro l'applicazione pratica e ra-
gionata al letto dell' infermo, dei
precetti dei gran maestri, dei teore-
tici studi già fatti. La parola clinica
propriamente significa letto, eh' è il
gran libro a' ministri dell'arte sa-
lutare spalancato dalla maestra di
tutte le cose la sperienza. Medicina
pratica è la clinica e terapeutica ;
la terapeutica si divide in terapia
speciale o clinica, ed in terapia ge-
nerale detta anche medicina teore-
tica, la quale riguarda 1' esposizione
de' principi! da seguirsi pel tratta-
mento ragionato e metodico di tut-
te le malattie. Medicina edenica,
o colletti\'a o elettiva è quella che
giudiziosamente diretta sa ricavar
profìtto con sana filosofia del più
buono da ogni sistema. Medicina
forense o medicina politico- legale ,
o giurisprudenza medica, dicesi quel-
la medicina che dietro ben basate
cognizionij discopre al giudice fi-
scale le colpe che si commettono
ex scelere sul corpo umano. La
medicina legale serve quindi ad il-
luminare A foro ed i tribunali ci-
vili e criminali, non che il foro
ecclesiastico, sopra tutte le materie
nelle quali essa dà chiari lumi, don-
de da essi molte volte derivano la
condanna d' un reo, e la discolpa
degli innocenti. Delle principali cat-
tedre di medicina, dei più rinomati
gabinetti e musei anatomici e di
scienze naturali, se ne tratta par-
lando delle principali università, ed
in quella di Montpellier Urbano V
tì mantenne dodici giovani della
diocesi di Mende per istudiarvi la
medicina. Doriciglio Battaglia Mo-
MED
scatelli scrisse un trattato circa il
pregio in cui fu tenuta dagli anti-
chi la medicina, stampato in Man-
tova nel 1736. Classica è la storia
della medicina di Sprengel, quale
ora si ristampa con giunte e note,
per cura del doti. Francesco Freschi
di Piacenza. E per le mani di tutti
il compendio storico della medicina
del siciliano Scuderi. Ora il cav. de
Renzi professore a Napoli sta stam-
pando la storia della medicina ita-
liana, dai tempi i più remoti, fino
a' nostri giorni.
Agli articoli Chirurgia e Chirur-
go parlammo della sua origine,
come esercitata lungamente dai me-
dici; della separazione di essa dalla
medicina con istituzione di apposi-
te cattedre; a chi proibita del cle-
ro, e in qual modo vietato l'eser-
cizio agli ebrei ( per ciò che ri-
guarda la medicina, P'edi Medico);
dei vantaggi recali alla chirurgia
dai Papi, loro utili provvedimenti,
ed ammissione de' chirurghi al col-
legio medico. Il eh. dottore Giu-
seppe de Matlhaeis (il Cancellieri
nella Lettera sul Tarantismo ricor-
da con lode diverse sue opere ) pub-
blico professore di medicina clinica
neir università romana, membro del
collegio medico-chirurgico di Roma,
a' 3o luglio 1840 nell'accademia
di religione cattolica trattò in una
bellissima, dotta ed erudita disser-
tazione questo argomento: Sopra il
bene e ì favori compartiti dai ro-
mani Pontefici alla medicina, e so-
pra i servigi che la medesima ren-
de alla religione cattolica. Questa
dissertazione meritò di essere an-
nunziata dagli Annali delle scienze
religiose, nel voi. XI, p. 426, ripro-
dotta nel voi. Xn, p. 49> e stam-
pata a parte dalla tipografia roma-
na delle belle arti nel 1841 ; laon-
MED
{le ce ne permetteremo un breve
cenno.
Senza punto fermarsi ai bene-
fizi e agli onori che i Papi lar-
girono parzialmente a molti cultori
dell'arte medica, perchè volle di-
stinguere detti favori compartiti dai
Pontefici a molti medici, speciahnen-
la ai propri archiatri, da quelli
elargiti alla medicina come scienza
della salute, pure accerinò che da
archiatri pontifìcii ebbero origine
le illustri e ricche famiglie romane
de'Lancellolti, Ginnasi, Accorambo-
ni, Petroni e Colligola, per le ar-
chiatrie esercitate dai loro antenati
ai Papi Giulio II, Paolo III, Pio
IV, Gregorio XIII e Urbano Vili,
i quali li ricolmarono d' onori, di-
gnità e ricchezze, cose tutte che pur
giovarono all' arie. A far conoscere
i beneficii compartiti dai Pontefici
u questa nobile ed importantissima
scienza, promoveiidone l' incremen-
to e lo splendore, arricchendola di
cognizioni e di lumi, rettificandone
l'esercizio, e liberandolo da molti
abusi colle leggi le più savie, colle
istituzioni le più utili, coi regola-
nieuti i più lodevoli, incomincia il
eh. scrittore a rilevare quelli pro-
dotti dalle benefiche pontificie isti-
tuzioni degli ospedali, i quali crea-
ti dallo spirito di carità cristiana,
si resero anche utili all' arte medi-
ca colla presentazione de' fenomeni
delle malattie, e di ciò che giova
o nuoce agli infermi. Imperocché
se l'osservazione di pochi ammalati
esposti nelle pubbliche vie giovò
non poco ai primordi dell' arte, se
le relazioni e le storie dell'infermi-
tà curate nei tempi di Esculapio,
o per supposto consiglio del nume,
o per CUI a de' suoi sacerdoti, istruì
lo stesso Ippocrate, quale utilità
non doveva recare alla medicina
MED lor
dall'esatta osservazione dei molti e
diversi infermi accolti e curati negli
ospedali sino alla guarigione o alla
morte? Quindi le prime e vere scuo-
le di medicina nacquero negli ospe-
dali, indi crebbero e prosperarono
sino alla regolare istituzione delle
così dette scuole cliniche di oggidì,
mentre le osservazioni sulla natura
e lo studio degl'infermi sono i ve-
ri libri del medico. Innocenzo III
colla fondazione dell'ospedale di s.
Spirito contribuì non poco ai pro-
gressi della medicina, aprendole una
via di tanta istruzione; e così tutti
gli altri Ospedali [P'edi) d'infermi,
tanto anteriori che posteriori a In-
nocenzo III, se non fondati, favo-
riti al certo tutti o in un modo
o nell'altro dai Papi, che li riguar-
darono sempre come patrimonio
della Chiesa, vi hanno contribuito
del pari. Né solamente coli' osser-
vazione degl' infermi, ma anche con
quella de' cadaveri, per la facile oc-
casione che hanno somministrata ai
progressi dell'anatomia sana e mor-
bosa dei corpi. Infatti il famoso
Eustachio fu il primo che nel det-
to ospedale notomizzò cadaveri per
conoscere le sedi, le cause e gli ef-
fetti delle malattie; via che battuta
fra gli altri con tanta gloria dal-
l'altro italiano Morgagni, divenne
utilissima e luminosissima alla me-
dicina ; e questa stessa facoltà di
anatomizzar cadaveri umani si deve
ai Papi e allo spirito del cristiane-
simo, che ha dissipato l'irragione-
vole orrore che quasi tutti gli anr
tichi ebbero pei cadaveri. Ai Pon-
tefici si deve lo stabilimento d' un
tribunale di medicina, sotto il no-
me di collegio medico, ricco di giu-
risdizioni e di privilegi, e l'istitu-
zione di varie cattedre pubbliche di
medicina, non che la fondazione di
I02 MED
orti bolanici e di musei di storia
naturale, la regolarità degli studi
« dell' esercizio medico, dalle quali
beuefìche provvidenze mollo appre-
sero gli stranieri, massime dalle di-
sposizioni di Sisto IV ( le cui prov-
videnze sull'esercizio della medicina
e chirurgia, come sugli speziali, e
confermate poi da Innocenzo Vili
MED
rimedi del famoso Pietro di Abano
tu scritta probabilmente per con-
siglio di Onorio IV; la metallo-
teca di Michele Mercati (medico di
s. Pio V, di Gregorio XIII, di Si-
sto V, e di Clemente Vili che lo
fece protonotario e commendatore
di s. Spirito, morto prima di pren-
derne possesso dopo aver pubbli-
e Clemente VII, riportammo nel cato l' opera sugli obelischi: ne ri
voi. XIII, p. iio del Dizionario), parleremo all'articolo Medico); le
Giulio II, Clemente VII, Paolo HI,
Giulio HI, Paolo IV, s. Pio V,
Gregorio XIII, Clemente Vili, Ur-
bano Vili, e Clemente X, i quali
tutti presero con zelo interesse del-
larte salutare e del suo retto eser-
cizio; avendo s. Pio V regolato lo
spaccio dei medicinali, i doveri degli
Speziali [Fedi), e la giurisdizione
del collegio medico; Gregorio XI li
ordinato che si chiamino ad esame
i medici sospetti d' imperizia, i qua-
li vantano diplomi di straniere u-
niversità, e con più forza Urba-
no Vili.
Analogamente a si saggi princi-
pi!, grandissima fu la cura e lo zelo
tavole anatomiche di Eustachio fu-
rono illustrate e pubblicate da Lan-
cisi d' ordine e munificenza di Cle-
mente XI ; la beli' opera sui pesci
dell' archiatro Ippolito Salviani forse
non avrebbe veduto la pubblica
luce senza il favore di Giulio III,
Marcello II e Paolo IV ; né quella
di Alessandro Petroni, De viclu ro-
manoruni, etsanitate tueiida, senza
gli auspicii di Gregorio XIII ; né
r altra tanto più celebre e preziosa
di Andrea Dacci, De thermis, senza
la protezione di Sisto V, sebbene
noteremo che la sua opera più dot-
ta e rara è De naturali vinoruni
historia, eh' è un tesoro di erudi-
de Papi per l'acquisto e propaga- zione; né finalmente sarebbe venuta
zione delle mediche cognizioni, poi- a luce 1' opera pregevolissima di
che opere di medicina utilissime fu- Paolo Zacchia sulla medicina legale.
rono pubblicate per loro munificen-
za e consiglio, non che traduzioni di
antichi scrittori greci di medicina,
tavole di anatomia e di storia natu-
rale; mss. assai pregevoli compraro^
no a proprie spese, e fatti dare alle
stampe con illustrazioni procurate
da essi medesimi. Le prime versio-
ni dal greco in latino d'ippocrate,
senza il favore di Alessandro VII.
Inoltre Giovanni XXI del 1276,
molto dotto in medicina e già me-
dico, compose un libro di medicina
pei poveri, classe sempre cara agli
occhi de' Papi, tradotto in tutte le
lingue. Appena fondata 1' università
romana da Bonifacio Vili, vi fu
pubblicamente insegnata medicina
di Dioscoride e di Teofrasto debbonsi da vari professori, i quali per soli-
ai Pontefici. Fu JNicolò V che com-
mise al greco Teodoro Gaza la tra-
duzione degli aforismi d' Ippocrate,
dell' istoria degli animali d' Aristo-
tile, e di quella delle piante di Teo-
frasto. L' opera sui vtleni e loro
io facevano parte come oggi del
collegio medico, anzi probabilmente
preesistevano scuole di medicina
nello stesso palazzo apostolico, tra
le altre scuole palatine di teologia
e di leggi (di che ne parliamo 4
MED
Maestro dei, sacro palazzo aposto-
lico), e forse per più fncilmente dif-
fondere e propagare tra gì' infedeli
la religione criiìticina, secondo l'an-
iica e profìcua maniera di seminar
la fede in remote contrade e bar-
bare popolazioni. Quindi il famoso
Angelo da Camerino archìatro di
Bonifacio Vili e lettore di medi-
cina prima dell'erezione dell' uiii-
versilà, deve aver insegrwto l'arte
nello stesso palazzo apostolico, pres-
so del quale esisteva pure un orto
di semplici, custodito da un sem-
plicista, col titolo di sinipliciarius
jìonlifìciiis o vaùcaiius {Gregorio
XVI copiose piante esotiche fece
collocare nei giardini pontifìcii ).
Restituita nel 1877 da Gregorio
XI la pontifìcia residenza in Roma
(che trovò diroccata e spop(jlata a ca-
gione dell'assenza de'.suoi [iredeces-
Sf)ri, poiché se a'iempi d'Innocenzo
III del 1198 la popolazione erasi
ridotta a 35, 000 individui, e pochi
arrivavano a 4o anni e pochissimi a
(io anni, com' egli slesso scrive, Gre-
gorio XI vi trovò soli 17,000 abi-
tanti, dichiarandone le cause l'ar-
cliiatio Lancisi, De nativis degne ad-
vtnlitiis romani coeli qiuililatihus ),
e riordinata poscia 1' università ro-
mana, pubblici e illustri professori
furono con larghi stipendi invitati
da' Papi a insegnar medicina ; e
quando le ricerche di Boerhaave can-
giarono l'insegnamento nella chimi-
ca, Benedetto XIV v'istituì una cat-
tedra nell'università romana. Quin-
di se vogliam dire che a Leone X
dtbbasi la ristorazione, a Benedet-
to XIV la riforma, e a Pio VI la
perfezione di tale slabilinjento,segna-
tamenlc per l'aggiunta delle cat-
tedre di ostetricia e di chn uigia fo-
rense, altri Pontefici prima e dopo
assai giovarono alla parte medica
MED in3
del medesimo. Dappoiché Alessandro
VII stabiPi un orto botanico rego-
lare sul Giannicolo, e Clemente XI
aprì un teatro anatomico nel basso
di questo slesso edifìzio; Pio VII
istituì le cattedre di medicina cli-
nica tanto interna che esterna, oltre
quella delia mineralogia e di ma-
teria medica; e Leone XII colla
bolla Quod divina sapicntia, rettifi-
cò il corso degli studi e degli esami
in medicina, v' aggiunse la cattedra
di polizia medica e di medicina le-
gale, rese obbligatorie e normali le
scuole cliniche di Roma e di Bo-
logna, aggiunse i chirurghi ai me-
dici di collegio, ne migliorò la con-
dizione, e ricolmò la medicina di
molti vantaggi. Finalmente Grego-
gorio XVI concorse con alacrità e
munificenza ad arricchire, ampliare
ed abbellire l'orto botanico (che
donò deWaJlora Brasiliana, e visitò
in un al vivaio delle piante), e i ga-
binetti di materia medica e di sto-
ria naturale, specialmente di zoolo-
gia (egualmente più volte da lui
visitati); e questo ultimo anche a
sue proprie spese, avendo pur di
sua borsa pagato T acquisto di smi-
surati pesci (e donato quegli ani-
mali terrestri e volatili, quelle opere
mediche e di storia naturale, e que-
ste anco con disposizione testamen-
taria, ed altro, di che parleremo a
Università* romana che gli celebrò
solenni e commoventi funerali ). E-
gli inoltre stabilì una nuova com-
missione sanitaria [Fedi Pestilenze)
coir intervento di alcuni distinti
medici e chirurghi, onde meglio
provvedere ai bisogni della pubbli-
ca incolumità dello slato pontificio.
Conchiude il eh. De Matthaeis, che
dal risorgimento delle scienze e del-
la medicina in Europa sino a' no-
stri giorni, sia più difficile trovare
io4 MED
un romano Pontefice che non ab-
bia fatto alcun bene alle arti salu-
tari, di quello che trovarne auiplis-
sirui e nua)crosi promotori, fautori,
benefattori. Ora col medesimo pas-
siamo a indicare qualche cosa, so-
pra i servigi che la medicina rende
alla religione cattolica, perciò degna
de'favori pontificii, oltre i servigi
alla medesima resi da infiniti me-
dici, co' loro lumi, fama, pie largi-
zioni e- santità di vita ; imperocché
dal principio del cristianesimo sino
a' giorni nostri, dall'epoca di s. Lu-
ca evangelista medico, sino a quella
del dott. Sante Bordegato, grande
operaio della dottrina cristiana ,
morto santamente in Roma nel 17 37,
non vi ha forse ceto di cristiani ,
che tranne i teologi, abbia dato
santi alla Chiesa più copiosamente
de'medici. Solo qui, seguendo il lo-
dalo scrittore, rammenteremo quel
medico cristiano che avendo curato
l'imperatore Galerio Massimo, in
compenso ottenne fosse ritirato un
.editto fulminante contro i cristiani;
,<juel medico che contribuì alla vera
fede di s. Agostino, liberandolo coi
suoi ragionamenti dagli enori de-
gh oroscopi e dell'astronomia ; l'ar-
chiatro d'Alessandro III, cioè Gio-
vanni Filippo, che spedito dal Papa
ambasciatore al Prete Janni nel Ti-
bet, divenne direttore ed arbitro del-
la fede di que' popoli che ricondus-
se al cristianesimo; Alessandro Pe-
troni che fu intimo amico e medi-
co di s. Ignazio Lojola, come lo fu
di s. Filippo Neri il suo medico
Giovanni Cordella ; Taddeo degli
Àlderotti che impiegò in pie fon-
dazioni le generosità di Onorio III ;
alle archiatrie di Scipione e Loren-
zo Lancellotti si deve il prezioso
aliare di s. Luigi nella chiesa di s.
Ignazio ; la chiesa e collegio di s.
MED
Maria o Lucia de'Girmasi ad altra
archialria pontificia; il collegio (iliis-
lieii al Miedu:o di tal nome; a Gio.
Maria Caslellana medico di Gre-
gorio XV, si debbono i primi fon-
damenti della biblioteca casanatense;
mentre il Lancisi, il Gavina, il Pa-
ne delle loro fortune istituirono e-
rede l'ospedale di s. Spirito; senza
rammentare gli onori, le promozio-
ni, le dignità ecclesiastiche, in un
alla pontificia, conferite a medici
benemeriti, anche della religione e
della santa Sede. Di tutto noi par-
liamo ai rispettivi luoghi.
Il eh. De Matthaeis aggiunge nel-
la sua dissertazione, essere persuaso
che dopo i sacerdoti non vi sieno
che i medici, i quali rendano di-
.stinti ed ampi servizi alla religione
cattolica, giovando non meno alle
anime che ai corpi. E non sono es-
si di fatto che al solo apparire del
più lieve pericolo per la vita del-
l'ammalato, pensano tosto ad assi-
curarne la salute dell' anima colia
ordinazione de' sagramcnti, minac-
ciando persino di abbandonare l'in-
fermo che non volesse almeno con-
fessarsi ? Non sono essi, che ri-
conoscono i veri dai falsi miracoli,
le vere dalle false operazioni dia-
boliche, e che distinguendo bene ciò
eh' è in naiura, da ciò eh' è al di
sopra della natura, contribuiscono
alla verità e alla giustizia dei giu-
dizi! di Chiesa santa e de'suoi mi-
nistri ? Senza il voto ragionato dei
medici, senza il loro parere, per
istraordinarie che appariscano le
guarigioni, non sogliono essere am-
messe e riconosciute per miracolo-
se. Il battesimo stesso non è che
pei lumi della medicina e sul giu-
dizio del medico, che suole ammi-
nistrarsi ai feti d' incerta vita, quali
sono gli aborti e gli asfittici. Ma
MED
non vi ha forse sagramenlo, la di
cui ainiiiinistrazione non abbia spes-
so bisogno dei lumi e del volo dei
medici. L' irregolarità fisica, o sia
«)iiel difetto che rende l'uomo ina-
bile a ricevere 1' ordine sacro o ad
esercitarlo, deve essere certificata
dal medico, potendosi essere irre-
golare per vari vizi delle membra,
ed anche per certi morbi di tutto il
corpo, la di cui esistenza deve essere
dichiarala dal medico, al di cui giu-
dizio deferisce la Chiesa. Anche la
in)poteuza coniugale per la dissolu-
zione del matrimonio non può es-
sere attestata che dal medico, il
<|uale co' suoi lumi ed esplorazioni
serve air onore della religione e al
bene dell' umanità. In fine è per il
voto e pel parere de' medici, che la
< liiesa, madre pietosa e benigna, di-
spensa talvolta dalle sue leggi, co-
me dall'a-scoltare e celebrare la mes-
sa, dal recitare 1' uflizio, dalla clau-
sura, dall' astinenza, dal digiuno ,
dall'uso de' cibi magri, ec. per cui
lauto più amabile e soave rendesi
il giogo di Cristo e l' impero delia
Chiesa, sino a non voler gravi in-
comodi e danni dall' osservanza del-
le sue sante leggi. Finalmente il
medico co' medesimi mezzi coi qua-
li giova alla salute del corpo, gio-
va pur anche a quella dell' anima;
quindi la temperanza nel vivere,
ossia la moderazione degli appetiti
e delle passioni, la sobrietà tanto
acconcia a conservar la salute e a
ricuperarla, è un altro amplissimo
servigio che la medicina rende alla
religione, giovando per tal mezzo
alla morale cattolica non meno che
alla salute corporale; la temperan-
za, qual custode e fondamento delle
virtìi, è il mezzo più edicace a gio-
vare sì al fisico che al morale de-
gli uoniini , prolunga e conserva
MED io5
sana la vita, e colla rarità delle
malattie rendesi anche raro il bi-
sogno de' medicamenti, la salute in
Somma non abbandona quasi mai
r uomo sobrio e costumato, ed ce-
co perchè i medici inculcando e pra-
ticando la sobrietà, giovano mol-
tissimo alla salute fisica e morale
degli uomini, anco coli' esempio del-
le loro frequenti longevità, essendo
r intemperanza madre vera e fe-
conda d' ogni morbo tanto fisico
die morale. Inoltre l'esercizio della
medicina serve a disingannare e ad
umiliare l'orgoglio dello spirito u-
mano, facendogli sperimentare non
di rado la scarsezza delle sue forze
ne' più grandi bisogni, e la miseria
de' mezzi dell'arte, comechè esage-
rati e decantati dal volgo ; finalmen-
te l'esercizio della medicina fomen-
ta ed accresce il senso nobilissimo
della carità, e rende i suoi mini-
stri teneri e pietosi alla vista dei
diversi malori, onde meglio soccor-
rano ai bisogni degli infelici infer-
mi, confortandoli e sollevandoli per
ogni via, mentre l'opere di mise-
ricordia trovano sempre libero il
campo nell'esercizio della medicina.
MEDICO, Medicus. Colui ch'e-
sercita la Medicina (Fedi), e che
fa professione di guarire gli amma-
lati. Si dice ancora clinico, clinicus,
fisico, physiciis. Medico deriva dal
latino medeor , viederis, medica-
re, curare. Alcuni gli danno pu-
re il nome di ministro della nU'
tura, e generalmente chiamasi dot-
tore per la laurea del dottorato di
cui è insignito. Omero chiamò i
medici, imitatori di Dio. La medi-
cina fu sempre in onore fra i po-
•poli civilizzati. Gli ebrei ne attri-
buiscono r invenzione a Dio mede-
simo, ed il Sapiente vuole che si o-
no.'ino i medici, perchè Dio è au-
io6 MED
toie della medicina, come anche
della virtù de' medicamenti, come
si legge neir Eccl. 38 , i e seg.
Tre sorta di persone la Scrittura
comanda di onorare, il padre come
Hulore della vita, il re e il medico
perchè la conservino. I pagani con
sideiavano essi pure la medicina
come un dono del cielo, e colloca-
rono i loro primi medici nel ran-
go degli dei. I principi accordava-
no delle annue pensioni ai loro me-
dici, considerandoli come persone
pubbliche; e Plinio fa osservare che
dopo il regno d'Augusto, la pensio-
ne ordinaria di un medico dell'im-
peratore era di 25o,ooo sesterzi,
cioè 62,5ioo lire, valutando cinque
soldi il sesterzio. Antonio Musa, ce-
lebre medico e liberto della famiglia
l'omponia, fratello d Eiifurbio me-
dico di Giuba re della Mauritania,
per aver guarito Augusto, fu da
lui ricolmalo di ricchezze, con di'
ritto d'usar l'anello d'oro, che so-
lo usavano quelli dell'ordine eque-
stre ; il popolo romano gli eresse
una statua ne! tempio d'EscuIapio,
e per lui i medici furono in per-
[letuo esentati da ogni imposizione.
Si leggono nella sacra Scrittura al-
cuni passi, che sembrano dimostra-
re che anticamente presso gli ebrei,
come anche presso i greci, eranvi
delle persone distintissime pel loro
rango, che esercitavano la medici-
riaj e che un prmcipe doveva es-
sere istruito nei secreti di questa
arte. P'vdi Isaia 3, 6; Osea 5, i3.
Degenerando i rabbini dai loro pa-
dri in tali sentimenti, in vece di-
cono assai male de' medici.
Per divenire sapiente medico, fa
d'uopo d'uno studio mdefesso, di con-
tinua lettura, di vigilie hmghe, di co<
stante e saggia osservazione, e di pra-
tica giornaliera, onde degnamente
MED
esercitare la piìi nobile di tutte le
arti, la più bella, la più sublime
pei suoi fini, la medicina, la cui di-
gnità espresse Cicerone con queste
parole: Homints ad Deos nulla re
propius (icceditnt, quam salutcm
hoininibus dando. Agli indiscreti
poi che pretendono talvolta mira-
coli dai medici, sembra opportuno
qui ripetere le analoghe parole di
Areteo, Df, curat. diut. morh. lib,
I ; Nc.inpe aegrod omnes saiiari non
possuid : niedicus eniin Deoruni pò-
Icnùani anteiret ; veruni dolores
sedare, niorhos intercìpere, atque
obscurare medico fas est. I medici
devono però avere molta scienza
per conoscere le malattie ed i ri-
medi convenienti ; molta prudenza
ed esperienza, e la ragione per ap-
plicare i rimedi a proposito; mol-
ta premura pei loro ammalati, e
nel seguire i progiessi della malat-
tia ; n)olta carità per visitare anche i
poveri, dai quali non possono spe-
lar nulla, ineglio supplendo Dio
con ampia rimunerazione ; molta
religione e pietà, sia per non am-
ministrare rimedi proibiti, come so-
no quelli che procurano gli aborti,
sia per non accordare senza buone
ragioni 1' uso delle carni grasse nei
giorni di magro o di digiuno, sia
per avvertire i malati, che sono in
pericolo, di aver subito ricorso ai
sagramenti della Chiesa. Devono i
medici contentarsi di una onesta
rimunerazione, ed è perciò che pres-
so alcune nazioni, come in Francia,
i malati non possono legare uè do-
nar nulla ai loro medici, oltre il
pagamento regolare delle visite, nella
presunzione die i testatori fossero a
ciò spinti dai medici; devono cu-
stodire il segreto de' loro infermi,
in tuttociò che vedono o ascoltano
in tempo della cura ; i medici, se«
MED
condo i teologi e moralisti, peccano
e sono obbligali alla resliluziune,
(|(ianc1o recano danno ai loro ma-
iali, o per ignoranza o per negli-
genza, o amminislrando loro rime-
di iilcerli a preferenza di altri più
8Ìcm'i, ovvero prolungando ad arie
la guarigione ; dicasi egualmente dei
Chirurghi e Speziali {Pedi). Del-
l'esercizio della medicina ne par-
lammo agli articoli Medicina, Chi-
rurgia e Chirurgo, ove riportiamo
pure diverse notizie riguardanti i
medici, compresi quelli dello stato
pontificio : i santi registrati nel mar-
tirologio, i Papi e cardinali medi-
ci hanno biografie nel Dizionario,
laonde qui appresso parlando di lo-
ro appena li accenneremo, anco per-
chè di alcuni se ne tenne propo-
sito altrove.
Ai medici furono creiti templi,
innalzate statue, coniate medaglie,
e ricolmali di onori e di dignità,
non che distinti dei pallio filosofico
e poi coir anello d'oro d'Angusto;
molti archiatri del sacro palazzo
imperiale furono onorati della co-
mitiva del primo e secondo ordine;
ad essi si accordarono le annone
per salario di primo, di secondo e
di terzo ordine, chiamandosi la
prima annona nitinda, cioè in pane
bianco, e posti nel grado sublime
<le* senatori, de' duchi e de' vicari,
anzi diversi principi esercitarono l'uf-
fìzio di medico. Molti medici e
archiatri pontificii divennero cano-
nici nelle primarie basiliche, digni-
tari di capitoli, prelati, vescovi, car-
dinali e pur anco Papi, per non
dire delle cariche civili. Oltre l'in-
segne di Dottore {Fedi), diversi
archiatri de' Papi invece delle loro
decorose bavarole di pelli di vaio
\dclle quali parlammo al voi. XL,
^. J76 del Dizionario), si ornarono
MED 107
e ammantarono d' insegne pih su-
blimi; parlandosi di quelle dottora-
li, colle quali i novelli fregiati ve-
nivano accompagnati a casa cum Iti-
bis et aliis musicis, negli statuti del
collegio medico. INe'più antichi lem-
pi, i medici non solevano andare
per le case degli infermi, ma que-
sti in vece si recavano a trovarli
nelle loro botteghe, camere, studi
o gabinetti, distinti coll'insegna dei
serpente di Epidauro patria di E-
sculapio, avviticchiato ad un albe»
ro. Sappiamo da Arnobio lib. 11,
cantra gentes p. 44» *^he gli orato-
ri, i grammatici, i rellorici, i giu-
reconsulti, i filosofi, ed anche i me-
dici, avendo abbandonato il genti-
lesimo, fin dai primi secoli della
(>hiesa abbracciarono la fede catto-
lica. Da s. Clemente Alessandrino
e <la s. Basilio rilevasi che i pri-
mitivi cristiani eziandio ebbero sem-
pre in pregio questa facoltà e la
professarono; lo che afferma anco
il p. Mamachi, De' costumi de' pri-
mitivi cristiani t. Il, p. 58, por-
tando in testimonianza le molte i-
scrizioni sepolcrali degli antichi cri-
stiani, appartenenti ai medici; e l'e-
rudito Cancellieri nel suo impor-
tante libro; Memorie di s. Medico
martire e cittadino di Otricoli, Ro-
ma 1812, pieno di notizie sull'ar-
gomento, a p. 7 I riporta il catalogo
de'santi medici e delle sante me-
dichesse in numero di trentanove,
cogli scrittori delle loro vite. Aven-
do tale benemerito scrittore consa-
grato il suo libro alle glorie de'me-
dici, riportò l'opinione di quelli che
credono sieno stati versati nella me-
dicina Omero principe de' poeti, e
Cicerone principe degli oratori.
Inoltre il Cancellieri a p. 33 fa-
cendo cenno della famosa conti o-
versia agitala fino dai tempi di
ioti MED
Cornelio Agrippa, da Fiancesco llo-
bortello, che si rinnovò poi in O-
lancìa e nello scorso secolo in Lon-
dra, di qual condizione fossero i
medici, se libera ed ingenua, op-
pur servile, riporta moltissime no-
tizie bibliografiche di opere in ono-
re della nobilissima arte e de' be-
nemeriti e illustri suoi cultori. Nel
1779 il medico Giuseppe Benvenuti
pubblicò in Perugia : Fucilerà della
condizione de' medici presso gli an-
dchi, in cui eruditamente dimostrò
la nobiltà dell' arte ippocratica, ed
il gran pregio in cui sempre fu te-
nuta presso tutte le più remote e
colte nazioni, facendo vedere che la
medesima fra gli egizi, i greci ed i
romani fu sempre esercitata da per-
sone di nobile condizione e non
inai da servi, come pretesero alcu-
ni maligni detrattori. Esaminò a
questo proposilo il preteso esilio
ch'ebbero i medici dell' antica Ro-
.nia, e prova doversi riporre un tai
fatto tra le favole, siccome privo
U' ogni fondamento. Quanto alle
Memorie del eh. Cancellieri, il dot-
tore Andrea Belli gli scrisse in lo-
de un' eruditissima lettera, e nel
18 16 ricevette dal Cancellieri quel-
la Risposta che fu inserita nel nu-
mero 8, p. 122 del nuovo Gior-
nale enciclopedico di Roma, e me-
ritò che fòsse anche stampata a
parte per la sua importanza. Dap-
poiché ivi non solo parla di altri
santi medici, delle medichesse e dot-
toresse, ma circa il progetto del
Belli che fosse in Roma ristabilita
i' accademia di medicina sotto gli
auspicii di s. Basilio Magno, dotto
in questa scienza, col titolo di Ja-
tro- Basiliaiia , riporta le notizie
^u\V Accademia medica nel 1681
eretta in casa del dottor Giacomo
9 Girolamo Brasa vola ferrarese, me-
MED
dico della famiglia pontificia sotto
Innocenzo XI, riproducendo quelle
diesi leggono nel Piazza, in un a di-
verse erudizieni sulla medicina e suoi
ca\lo\\, Eusevologio romano, Uiìi^XW,
cap. XXXIII: serviva d'impresa al-
l'accademia la figura del corpo u-
mano, oggetto primario della scien-
za medica. Noteremo che il Piazza
nella medesima opera e nello stes
so trattato, al cap. Vii discorre
dell' Accademia dell'orto de' sem-
plici a s. Pietro Molitorio, eh' eblje
origine da Alessandro VII ; ed al
cap. Vllf óeìì' Accademia di ana-
tomia alla Sapienza, alla Conso-
lazione, a s. Spirilo ed a s. Gia-
como degli incurabili, imparandosi
tlai |)iìi studiosi il modo di conser-
vare la vita ai vivi, dall' estinta dei
morti.
La medicina anticamente fu e-
sercitata anche dagli ecclesiastici ,
e dai parabolani chierici, i quali
per carità cristiana assistevano gli
infermi negli spedali e specialmente
quelli eh' erano afflitti da mali e-
pideniici e perniciosi, esponendosi
a perdere la vita, diversi dagl'in-
fermieri che solevano chiamarsi me-
dici coqiii o medici ad malidam. A-
gnello Onorato trattò : Dell' ordi-
ne de' parabolani, nelle sue Disser-
tazioni alani pale in Lucca nel 1737.
L' arciprete Giovenardi di s. Vito,
compose una dissertazione sopra la
utilità della scienza medica, neces-
saria ad un parroco .specialmente
in campagna. Tuttavolta, come si
dna, dalle leggi canoniche per al-
cun abuso o inconveniente fu tal-
volta vietalo e limitalo a' chierici
r esercizio della medicina e chirur-
gia, dopo che s' incominciò a dis-
giungere r una dall' altra, solo fu
in alcuni casi permesso, massime
a certi missionari. I monaci ancora
MED
esercitarono 1* arte salutare, nella
(|iiale furono celebri Costantino car-
Jagincse, ed Alfonso die l'avea stu-
diala col canto ne' monasteri, ove
insegnavasi comunemente intorno al
secolo X, come provasi dalla vita
di Guglielmo abbate, assai caro a
Vittore III, cui regalò vari libri di
medicina e apprestò molti medica-
menti di sua mano preparati e com-
posti, poi arcivescovo di Salerno.
Nella famosa cattedra di tal città
dopo il I200 salì il monaco Ro-
mualdo Guarna. In quasi tutte le
costituzioni degli ordini regolari, do-
po il looo, trovansi prescritte le
regole da tenersi circa l' emissioni
di sangue periodiclie, denominate
flebotomie, almeno tre volle l'an-
no e comuni a tutti gì' individui,
forse per renderli se non più sani,
più continenti. Pel clero della ba-
silica vaticana non bastarono cin-
que salassi annuì, metodo cui si
oppose Bernardino Plumazio vero-
nese, il quale ridusse tutta la virtù
della medicina, tra le altre cose a
prescrivere una, sola sanguigna al-
l' anno. E certo che i monaci non
meno che i chierici impegnaronsi
a professare la medicina in varie
città, per opporsi agli scandali e ai
danni che solevano provenire dai
soriani, dai greci, e specialmente
dagli ebrei, i quali nel secolo X ed
anche ne' precedenti delle barbarie,
per accreditarsi aveano tradotto
nella loro lingua libri arabi, ed e-
serciljivano l'arte anco coi cristia-
ni; ciò si rende manifesto dalie
molte leggi contro gli ebrei ema-
nate, come sospetti di magia, per
l'astrologia che insegnavasi nelle a-
rabe università di Spagna, e come
privi di cognizioni analomiche per
la superstizione di non toccare i
cadaveri, e sopra tulio dalle celebri
MED 109
accise del regno di Gerusalemme,
promulgate sotto il re Goflredo di
Buglione, osservate anche in Cipro,
e poi sotto i veneziani, che final-
mente le abolirono per la loro se-
verità: tullavolta vedremo gli e-
brei passare dalla sinagoga alla cor-
te de' Papi, e divenire loro favoriti
archiatri. Finalmente la medicina
fu ancora esercitata dalle donne, e
vietata alle ateniesi, benché Agno-
dice vestita da uomo fu sorpresa
a udirne le lezioni che ne dava
JeroHlo : delle femmine e sante me-
dichesse scrissero alcuni autori, ri-
feriti dal Cancellieri a p. 61 delle
Memorie, ed a p. 6 della Rispo-
sta, ove parla ancora della celcbie
bolognese Maria, laureata in me-
dicina.
Il concilio convocato a Reims
nel ii3i coir intervento d'Inno-
cenzo II, proibì ai monaci ed ai
canonici regolari di studiare la
medicina per guadagno , e di pra-
ticarla fuori del recinto del loro
monastero. I chierici continuarono
ad insegnarla ed a praticarla come
prima: Pietro Lombardo canonico
di Chartres fu primo medico di
Luigi VII re di Francia ; Maugero
arcidiacono d'Evreux e vescovo di
Winchester nel 1199, fu medi-
co di Riccardo I re d'Inghilterra.
Il concilio generale Lateranense IV,
nel 12 15 presieduto da Innocenzo
HI , impose ai niedici che chia-
mati dagli infermi gli avvertano
per la salute dell'anima a curarla
con chiamare i medici di essa, i
confessori, così i rimedi riusciranno
più profittevoli alla guarigione del
corpo; inoltre vietò ai chierici sud-
diaconi, diaconi e sacerdoti, ed ai
monaci ch'esercitavano la medicina,
di non fare operazioni in cui si
dovessero adoperare strumenti di
no MED MED
acciaio, o fosse d'uopo applicate il togliendo le pene che ro«/rrt /»//«?-
fuoco. Onorio III, successore di modi jtulaeos metlendi arte u-
detto Papa, proibì l'esercizio della tcnles aveva prescritte l'antipapa
medicina ad ogni ordine di per- Benedetto XI lì. Nel ì^t.^ il con-
sone ecclesiastiche ; ma dipoi Boni- cilio di Parigi prescrisse ai medici
facioVIlI, favorendo negli ecclesia- di esortare gì' infermi in pericolo a
siici l'esercizio dell'arte medica, di- confessarsi prima di loro sommini-
chiarò che tal divieto non dovesse strare i rimedi corporali ; ed il con-
estendersi, ad eos qui parochiales cilio di Tortosa proibì a'medici far
ecclesias ohtinere noscuntur : sicco- tre visite consecutive agl'infermi
me dalla legge di Onorio IH di- che non si saranno confessati. Le
speusarono vari Papi in ogni tempo, provvidenze emanate sui medici da
così ad alcuni ecclesiastici secolari Sisto IV, le indicammo all'articolo
e regolari permisero la medicina Medicina. Paolo IV proibì ai me-
e la chirurgia; ed in fatti Sisto dici ebrei curarci cristiani, benché
IV nel 1472 accordò l'altare por- chiamati e pregati. Nel i566 s.
tatile, e la dispensa di risiedere nei Pio V, colla costituzione Super
luoghi ove godeva benefizi, e di di- gregeni degli 8 marzo, Bull, Roin.
re l'uffizio secondo il rito domenica- lom. Il, p. 177, rinnovò la prescri-
no, al sacerdote Lorenzo Brunich zione a' medici di non visitare e
chirurgo del duca di Borgogna, curare gl'infermi, se al terzo gior-.
Nel 1798 in Francfort fu pubbli- no del male non eransi confessati,
cata l'opera del Celia usen : Cleri- Gregorio XIII a' 3o marzo i58i,
ciis medicasler, in quo demonstran- Confermò i decreti de' predecessori,
tur, sacerdoluni, in primis curalum, con cui si vieta ai cristiani di ser-
praxeos niedicae exercitiuni non \irsi di medici ebrei, ed ancor lui
decere. Ci diede il Molani, Medi- prescrisse ai medici di avvertire i
corum ecclesiasticum diarium, Lova- malati del pericolo di vita. Inno-
nii i5o5. Il canonista Giovanni da cenzo XI ordinò ai medici di ab-
Anagni, commentando il titolo delle bandonare gli infermi, se nel terzo
decretali de /'udaeis, mosse qiiestio- dì del male non si confessassero,
ne : JVuniquid judaeus possit esse Tali prescrizioni rinnovò Benedetto
medìcus Papae vel imptralovis, e XllI nel concilio romano del 1725,
seguendo Bartolo parvegli, posse di- e più tardi Pio VI con particola-
ri quod non j poi conchiuse, et sic ri pene, poiché alcuni medici per
nota cantra magistruni Helyam , indolenza o per timore di spaven-
qui fuit medicus Papae Martini V tare i malati, gli avevano fatto mo-
et Eugenii IV. Ma Elia piovo col rire senza i sacramenti. Il p. Me-
fatto proprio, e con quello di tanti iiochio, Stnore, t. 1, cap. 88, nel
altri di sua religione, che gli ebrei dichiarare come il medico deve cu-
furono archiatri di Papi e d'im- rare sé stesso, spiega il passo del-
peratori. Martino V fu assai bene- l'evangelo di s. Luca: Medice cu-
fico cogli ebrei, e ad istanza di Si- ra te ipsum. Nel t. Il , cap. 49i
gismondo re de' romani confermò discorre dell' uso de' medici e dei-
loro i privilegi, permettendo a quei le medicine.
di Spagna e loro successori, quod Prima di riportare la serie de-
mederi possiat christianis impune, gli archiatri pontificii, e di altri che
MED
furono sublimati alle primarie di<
gnità ecclesiastiche, e de' santi me-
dici, parleremo a schiarimento del-
l'argomento dell' onorevolissima e
antichissima carica dì archiatro del
Papa, de' medici e chirurghi pala-
tini, de' medici e chirurghi del sa-
cro collegio in conclave, de' quali
egualmente discorreremo nella serie
degli archiatri per ordine di tem-
po. Profitteremo molto del dottis-
simo aichivista pontificio monsignor
Gaetano Marini ( il oh. Coppi nel
1 8 1 5 pubblicò in Roma le Notizie
sitila vita e sulle opere di esso )
autore della preziosa e copiosa o-
pei-a: Degli archiatri pontificii, Ro-
ma 1784. Dedicò l'opera (che fu
J<xlata dal num. XXXi dtW'EJfe-
meridì letterarie di Roma 1785,
quale arsenale d' infinite cognizioni
letterarie, e supplemento a molte
opere) a monsignor JNatale Saliceti
di Nebbio ( è sepolto in s. Luigi
de' francesi, e nel cenotafio vi sono
il ritratto colorito, ed una epigrafe
elegantissima ) medico primario e
cameriere segreto di Pio VI allora
lagnante, riproducendo quella del
cav. Prospero Mandosio ivel t. II,
k> quale è intitolata: Theatriim in
mio maximorum christi/ini orbis
Pontificum arehiatros spectandos
exibet, Romae 1696. Non solo il
Marini supplì e corresse l'opeia del
Mandosio, ma die un'appendice dei
monumenti , ed aggiunse alla serie
del Mandosio più di centocinquanta
medici palatini, con infinite giunte e
correzioni di quelli ch'egli conobbe.
E se giustamente egli si compiac-
que, come dice a pag. XIX della
prefazione, che per lui i njedici
pontifìcii avessero il vantaggio e la
preferenza su tanti altri ofliziali pa-
latini che noH trovaroiui chi voles-
se occuparseue cou iuUufllria e di-
MED irr
ligenza delle loro dignità e perso»
ne; da tal veritiero riflesso ricevo
conforto e soddisfazione ai miei
laboriosi studi, di aver cioè riem-
pito un tal vuoto col trattare in
questo mio Dizionario di tutti gli
ufiiziali palatini anche minori, an-
tichi e attuali, e di avere altresì
ampliato e rettificato anco qualche
autore che si occupò di alcuno, co-
me il Renazzi benemerito de'Mag-
giordonii. Noi però per dovere tii
brevità saremo compendiosissimi ;
« oh quanto è dura cosa trarre la
penna su carta misurata ".
L'archialro, archiater, arehiatros,
pontificio, è il medico del Papa: se
tale lo dichiara nella qualifica di
cameriere segreto partecipante a
mezzo di biglietto del u>aggiordo-
mo, fa parte della camera segreta,
divenendo prelato di mantellone
per 1' abito che ne veste con titolo
di monsignore, benché sia ammo-
glialo, che perciò è il solo ad a-
verlo, tianne i prelati di wantellet-
Ione di cui parlasi all'articolo Man-
TEM.ONE ; incedendo per città con
r abito nero di abbate, e cai^pello
ecclesiastico. Gli archiatri furono
anche detti protomedici e protofi-
sici, e medici segreti, inlimi e do-
mestici. La voce archiater fu ado-
perata a nominare non solo i me-
dici de'ptincipi , come una volta
parve al Mercuriale, ma quelli pa-
rimente che davano opera in di-
fendere la sanità delle regioni di
Roma, ed universalmente tulli i
professori di medicina in iioma ed
in Costantinopoli, le due grandi ca-
pitali dell'universo. Il Fabretli e
l'Olivieri egualmente opinarono, non
essere stato il nome d' archiatro e-
sclusivamente di dignità, né del
principe, né del capo de' medici
delle principali città o sìa proto-
112 MED
inetlico. Il.'igiona e spiega che cosa
fossero gli aicliiatii, Giovanni de
Vila tiel suo Thcsaur. aiiliquil. Bc-
lìe.vent,, nella tlissert. Vili, De re
litte.r. veler. IJenevent. La classe dei
medici, distinta collo slesso onore-
volissimo nome, trovasi stabilita in
una legge di Valentiniano e V^a-
lente imperatori, nel codice Teodo-
siano de Archialris popularibus ur-
bis Roinae, che, quol regiones urbis
siitit, lolicìcin constiluanlur archiatri,
come ben rilevò ueW Appendice alla
descrizione de' rioni di Roma, ivi
1810, p. 16, il dott. Tommaso Prelà
ispettore e soprintendente generale
dell' Litilissin)0 stabilimcnlo de' me-
dici, chirurghi e speziali dei XIV
rioni ili Roma, poi archiatro di Pio
VJIj del quale stabilimento trattam-
mo ad Elemosiniere del Papa , ed
Elemosineria apostolica, da cui di-
pendono i medici, chirurghi e spe-
ziali regionari. Abbiamo di Gio. Er-
nesto Hebenstreit: Demedicis arcliia-
tris, et prqfessorihus, Lipsia ^^^i-
Quanto all'antica formola dell'e-
lezione de'medici dei Papa, dice il
Marini nel 1. 1, p. 110, che Bonifacio
IX nel I 3f)6 fece protofisico palatino
Paolo de Caloris, colla bolla Quain
non sii soluni utile, che riporta nel
t. II , p. 5o) , avvertendo che la
medesima servì piìi volte in quel
secolo di modello e quasi di for-
mola per le patenti che si spedi-
vano d' ordinario a' medici pontifi-
cii, ciò che argomenta da due altre
bolle, una pel medico Angelo Do-
menichelli p. yS, Grata tuae fa-
miliarilatis, egualmente di Bonifa-
cio IX, l'altra di Martino V, per
Giovanni Baldi; ma più per aver-
la trovata inserita in un vecchio
formolario di bolle del secolo XV,
col titolo : Fit mcdicus Papae qui-
dam medicus. Alessandro V nel
M E V)
i4io nominò medico Paolo della
Valle, colla bolla Inter iitilissimas
ttiies, presso il Maiinì, t. Il, p. tor,
il quale avverte che l'esordio è
(juasi tutto copiato dalla formola
del conte degli archiatri, che com-
pose Cassiodoro, quindi si giustifi-
ca la nomina con rilevarne le qua-
lità egregie, e poi si dice: «< Ac vo-
lentes praemissorum intuitu tuain
honorare personam, te in familia-
rem, pliysicum, et corporalem me-
dicutn nostrum praesentium tenore
apostolica auctorilale recipimus, et
aliorum familiarium, physicorum,
et corporalium medicorum nostro-
rum consortio favorabiliter aggre-
gauius. Intendentes quod per hoc
omnibus privilegiis , praerogativis,
immunitatibus, exemptionibus, ac
indulgentiis gaudeas, et etiam po-
tiaris, quibus alii familiares, physi-
ci, et corporalis medici nostri gau-
dent, et quomodolibet potiuntur ".
Se il medico del Papa è fatto ar-
chiatro cameriere segreto, dopo il
biglietto del maggiordomo si fa spe-
dire il breve apostolico di sua ca-
rica ; e quando i Papi concedevano
alla loro intima famiglia nobile ì
privilegi, 1' archiatro vi era compre-
so come ultimo cameriere segreto
partecipante; l'ultimo esempio lo
riportammo all'articolo Famiglia
pontificia (^Fedi), ove sono molte
notizie riguardanti i medici e chi-
rurghi pontificii, riproducendo il
breve de' privilegi concessi da Pio
VI, di cui pur facemmo parola al
voi. VII, p- 27 del Dizionario, \ydv-
lando de' camerieri segreti parteci-
panti, delle loro prerogative e di
quanto li riguarda, comprensivamen-
te il medico segreto del Papa, tan-
to delle antiche, come delle odierne
consuetudini, vogliam dire all'ar-
ticolo Camerieri del Papa.
MED MED ii3
L* abito dell' archiatro cameriere cappuccio, cavalcava dopo i dell»
segreto è eguale a quello de' suoi due camerieri segreti che avevano
colleghi camerieri segreti , cioè di in mezzo il maestro di camera, al-
manlellone, al luogo citalo desclilto; la destra del Caudatario del Pa-
intervenendo alle pontificie funzioni, pa, seguiti da due aiutanti di ca-
corae essi assume la veste e cappa mera in cappe rosse a cavallo, e
rossa con mostre di seta simile nel- talvolta in mezzo al caudatario ed
l'estate ed autunno, e con pelli di al primo aiutante di camera, che
armellino nel resto dell'anno. In funge pure l'uffizio di custode ge-
cappelia pontificia l' archiatro ha nerale delle vesti. La prima volta
un posto particolare, sedendo vici- che nelle relazioni de' possessi rac-
no e incontro al Papa, come scrive colte dal Cancellieri si fa espressa
ancora il Bonanni a p. 497 della menzione dell'archiatro, è nel pos-
sua Gerarchia, cioè sul gradino sesso del 1 484 " d' Innocenzo Vili,
che serve di sotlopiedi al primo e nel solenne ingresso fatto in Ro-
de'cardinali diaconi che siede al ma nel \5ii da Adriano VI, in
banco di tal ordinej ossia di quel cui prolomedicus et magister preci-
cardinale che ivi si trova, ed ecco puus camerarius i quibus consueta-
perchè i caudatari non possono a- dine seu praerogativa speciali talis
scendere a sedere a detto gradino, locus conceditur, cioè vicino e se-
ma a quello inferiore; nei ponlifi- guendo immediatamente il Papa;
cali pure così siede l' archiatro. Ne- in altre anteriori cavalcate l' ar-
gli ingressi del Papa in cappella e chiatro è nel novero de cubicularii
nelle processioni, l' archiatro segue Papae. Nel possesso del i535 di
il Pontefice dopo i due camerieri Paolo III espressamente si dice che
segreti assistenti per la falda, che dopo di lui cavalcavano, camerarii
accompagnano l' uditore di rota assislentes cuni secretario, et medi-
sostenitore della mitra, e col primo cis. Nel iSgo, in quello di Grego-
aiutante di camera, sempre vicino rio XIV, dopo il maestro di ca-
al Papa per qualunque occorrenza; mera ed il coppiere nipote del Pa-
e per essere sempre pronto a pa, cavalcavano il segretario e il
questa j sebbene recasi al trono a medico, dicendo in proposito il Ma-
vicevere dalle mani del Papa le rini l. I, p. 470, che anticamente
candele , le ceneri, le palme e i medici solevano essere due nelle
gli Agnus Dei benedetti, nelle prò- cavalcate , ponendosi in mezzo il
cessioni delle candele e delle palme segretario intimo e di confidenza,
non le porla, e cosi nelle altre prò- citando il Marcello, il Gallico e il
cessioni che ha pur luogo la can- Martinelli nelle cose da loro pub-
dela, come per quelle del Corpus blicale. Erano vestiti di scarlatto
Domini e della canonizzazione, la con mostre di pelli bianche rivolte
riceve ma non 1' usa come i nomi- al collo e cappucci dietro alle spal^
nati, siccome tutti intesi ad essere le, e le mostre di largo damasco
pronti a qualunque bisogno del avanti le vesti; così per Paolo V,
Pontefice. Nelle cavalcale dei pos- ma con due segretari; per Grego-
sessi e per le cappelle dell' A nnun- rio XV 1' archiatro cavalcò col se-
miala, s. Filippo, Natività e s. Car- grelario de'brevi allora prelato; per
loj r archiatro in cappa rossa e Innocenzo X dopo il maestro di
VOI,. xLiv^. _^ _ " ::^a»j^ 8
m4 MED
camera ed il coppiere due medici
segreti col segretario de' brevi in
cappe rosse et pileis ordinariis.
IVel possesso d'Alessandro VII del
i655, dopo i mentovati cavalcava-
no scrinìi magister et archiater, in
rubea cyclade pendentibiis capiliis
insignes j in quello del 1667 ^'
Clemente IX, col coppiere e segreta-
rio de'brevi a' principi incedette il
medico, con vesti di scarlatto e mo-
stre di largo damasco avanti le ve-
sti; in quello del 1670 di Clemente
X, col segretario de'brevi a'principi,
seguiti dal caudatario e sotto-custode
delle Testi ; in quello del 1676 d'In-
nocenzo XI, coi camerieri segreti ,
così per quello di Alessandro Vili
rei 1689. Nel possesso d'Innocen-
zo XII del i6gi il medico segre-
to cavalcò col caudatario; in quel-
lo d' Innocenzo XIII del 1721, do-
po il maestro di camera e came-
rieri assistenti, cioè in mezzo al
caudatario ^ al custode delle vesti
ossia al primo aiutante di camera;
in quello di Benedetto XIII del
i724> dopo i camerieri i due me-
dici segreti, il caudatario e custo-
de generale delle vesti primo aiu-
tante di camera, come si ha dal
diarista contemporaneo Cecconi ; in
quello di Clemente XII del 1780
il medico cavalcava in mezzo al
caudatario e custode delle vesti, co-
me si legge nel numero 2077 ^^1
Diario di Roma; in quello di Be-
nedetto XIV del 1741 si praticò
altrettanto, come sì ha dal numero
3708 del Diario, perchè il Cancel-
lieri non produsse l' ordine della
cavalcata dei tre ultimi mentovali
possessi ; in quello di Clemente
XIII del 1758, il medico e il cau-
datario cavalcavano dopo il maestro
di camera, il quale procedeva in
mezzo a due camerieri, indi succe-
MED
devano due aiutanti di camera e
poi due scopatori segreti, così in
tutto nel 1769 per Clemente XIV,
e nel 1775 per Pio VI. Nel pos-
sesso poi di Pio VII, che fu il pri-
mo a prenderlo in carrozza con
una parte dell'antica cavalcata, nel
consueto luogo, ma coli' abito di
mantellone, non essendo solenne la
cavalcata, andarono a cavallo il
dottore Carlo Porta medico onora-
rio ed un cappellano segreto, per-
chè il caudatario F'rediani come ce-
reraoniere pontificio dirigeva con al-
tro la cavalcata, seguiti da due aiu-
tanti di camera a cavallo. Nel pos-
sesso del regnante Pio IX, non es-
sendovi archiatro, cavalcò col cau-
datario il primo aiutante di ca-
mera, ma in cappe rosse, al modo
detto a Maestro di Camera.
Al citato articolo Camerieri bei,
Papa parlammo degli antichi pro-
venti di essi, quali oggi consistono
neir onorario di annui scudi sei-
cento, e nella casa che godono nel
palazzo ove dimora il Papa; così
l'archiatro, il quale se ammogliato
riceve dalla beneficenza pontificia
quelle pensioni e provviste corri-
spondenti alle sue prestazioni e al
cuore pili o meno generoso del
Pontefice, la cui preziosa conserva-
zione a lui gelosamente è aflidata,
e perciò se i medici sono stretta-
mente obbligati far ricevere i sa-
gramenti agli infermi, secondo le
summentovate conciliari e pontificie
prescrizioni, infinitamente maggiore
è la loro responsabilità versr il ca-
po venerabile della Chiesa, per cui
debbono essere scrupolosamente at-
tenti, vigilanti, diffidare delle pro-
prie cognizioni ed amore, ed a tem-
po con sagace antiveggenza doman-
dare che altri esamini lo stato del-
l'augusto infermo, a quiete eziandio
MED
^i loro coscienza e reputazione. Al-
l'articolo Cadavere del Papa, di-
cemmo che Pietro Amelio sagrista
di Urbano V descrisse i doveri dei
medici allorché essi vedono il Pon-
tefice in pericolo di morire, e par-
lammo dell'apertura, sezione e im-
l)alsamatura del pontificio cadave-
re che si fa alla presenza dell' ar-
chiatro, dal chirurgo del defunto,
coir assistenza de' medici e chirur-
ghi palatini, operazione che devesi
fare con rispetto e diligenza, e con
1 iservatezza al pudore del rispetta-
bile corpo del capo della Chiesa,
esclusa affatto la concorrenza degli
estranei leggermente vaghi di ap-
pagare una riprovevole, insolente ,
scandalosa e ributtante curiosità, che
giunge a vincere quel naturale ri-
brezzo che ordinariamente si ha
pei cadaveri. Il medico pontifi-
cio ha luogo nei treni del se-
guito del Papa a beneplacito di
questo, sia in quelli di città, che
de' viaggi e villeggiature, ne quali
si uniforma eziandio all' abito al-
quanto più corto con calze paonaz-
ze de'camerieri segreti ; avendo luo-
go col chirurgo alla tavola di cor-
te (prima di Gregorio XVI a quel-
la del Maestro di casa del palaz-
zo apostolico, Vedi), e alla ponti-
fìcia se il Papa vi ammette i prin-
cipali famigliari. Alcuni Pontefici
ebbero piacere che gli archiatri as-
sistessero alla loro ordinaria mensa,
altri e lodevolmente che li vi-
sitassero ogni d'i o in alcuni gior-
ni della settimana, ancorché sen-
za necessità di consultarli. Dal pa-
lazzo apostolico r archiatro rice-
ve le medaglie di argento nelle
distribuzioni del possesso, e nelle
annuali per la festa de' ss. Pietro
e Paolo, e prima ne avea due di
oro e due d' argento. Nelle corau-
MED ii5:
nionì annuali che fe il Papa nella
cappella segreta ha luogo anco-
ra r archiatro in mantellone , cosi
pure nel mercoledì santo , anco
da chi ne fa le veci, come il mag-
giordomo o altro prelato per es-
so ; altrettanto dicasi del medico se-
greto non archiatro e del chirur-
go pontificio, i quali vi interven-
gono in abito nero. Dispose Leo-
ne XII che il medico e il chi-
rurgo del Papa appartenessero sem-
pre al collegio medico -chirurgi-
co dell* università romana, e qua-
lora non siavi posto vengano am-
messi per onorarij divenendo effet-
tivi alle vacanze; già però l'archia-
tro faceva parte del collegio medico
ed avea posto distinto immediatamen-
te dopo il presidente, seppure non
copriva questa onorevole rappresen-
tanza. L' anticamera segreta inter-
venendo all'esequie di quei palati-
ni che enumerammo al citato voi.
VII, pag. 3i e Sa, v'interviene
ancora V archiatro in mantellone j
r esequie si celebrano al modo ivi
detto e all' articolo Funerali.
Riporteremo tre esempi di fune-
rali celebrati, due agli archiatri, ed
uno al protomedico. Nel 1720 il
cadavere di monsignor Lancisi ar-
chiatro di Clemente XI, fu tras-
portato nella chiesa di s. Spìrito
in Sassia, vestito in mantellone da
cameriere segreto, colla berretta
dottorale in testa : celebrò la mes-
sa monsignor pro-maestro di ca-
mera, co* ministri e cantori della
cappella pontificia, e coli' assistenza
degli individui della camera segre-
ta, anche di spada e cappa, con
la solita dispensa di cera, come ri-
porta il numero 896 del Diario
di Roma . Nel marzo 1720 nella
chiesa della Minerva fu esposto il
cadavere di Girolamo Sinibaldi at-
ii6 MED
tuale protomedico (era stato medi-
co del conclave), vestilo coli' abito
dottorale, conforme vestirono tutti
i medici del collegio, che assistero-
no alla messa, a riserva di Michel
Angelo Paoli, medico di Clemente
XI, ch'era vestito coU'abito de'ca-
raerieri segreti del Papa: il cada-
vere era sul letto funebre con tren-
ta fìaccololti di cera attorno. Tan-
to si legge nel numero 4^3 del
Diario di Roma. Nel 1789 nella
chiesa di s. Luigi de' francesi si ce-
lebrarono 1* esequie di monsignor
Natale Saliceti corso, di sopra ram-
mentato, decano de' medici di col-
legio e archiatro di Pio VI, il cui
cadavere fu esposto vestito da came-
riere segreto. Celebrò la messa mon-
signor Federici segretario della ci-
fra, assistito dai ministri e cantori
della cappella pontificia, col solito
intervento di tutta la camera se-
greta, come riferisce il numero 1478
del Diario di Roma. Nel numero
XXX dell' Effemeridi letterarie di
Roma i'/8g, si rende ragione delle
lodi di tale archiatro, orazione di
Pietro Pasqualoni recitata nell'ar-
chiginnasio della Sapienza o uni-
Tersità romana a' 2 luglio, e pub-
blicata colle stampe. Quanto all'a-
bito collegiale de' membri del col-
legio medico-chirurgico di Roma ,
esso è nero, così quello di Bologna,
con fascia rossa, cioè sottana, fascia
con fiocchi, ferraiuolone, mozzelta di
pelli d' armellino con collare e ber-
retta dottorale. Il figurino colle no-
tizie analoghe sono riportate a p.
243 e seg. t. I Collectio legum et
ord. de recta stud., di monsignor
Caterini. Il Buonarroti nelle Osser-
vaz. sopra i medaglioni p. i25 e
1 26, parla dell'abito antico dei medi-
ci, e quali fossero i privilegiati degli
antichi : rende ragione perchè fu
MED
proprio di loro il pallio cinto det-
to peonie, da Peone illustre me-
dico degli Dei; del pileo proprio
di quelli che dovevano viaggiare
ed esporsi all' aria e al sole; del
bastone, quale loro si confà perchè
obbligati per l'arte a contìnui viag-
gi, a questi erano concessi privilegi
ed esenzioni, e non a quelli che se
ne stavano inutilmente a studiare
a casa. Passiamo ora a dire alcuna
cosa de' medici e chirurghi palati-
ni, de' medici e chirurghi del con-
clave.
I medici palatini e pontificii fu-
l'ono talvolta denominali dai Papi
medici nostri, benché essi coi chi-
rurghi di palazzo sieno per como-
do de* famigliari di esso e di quelli
del Pontefice, tranne quelli del ceto
nobile che non godono tal benefi-
zio, né quello de' medicamenti che
pur fruiscono i primi. 11 Marini ra-
gionando di que' medici non cjuidem
regere valetudines principis soliti^
consilii tanien copiam praehere, co-
me di Caricle scrisse Tacito, fatti
cioè venire a bella posta, e consul-
tati straordinariamente all'occasio-
ne di alcune infermità, e da lui
riportati nella serie coi chirurghi
de' Papi che spesso ebbero nome di
loro medici, nel diredi quelli stipen-
diati dal palazzo apostolico che so-
no a vita, mentre il medico e il chi-
rurgo del Papa sono particolari e
personali di esso, e cessano alla sua
morte, si esprime inter penetralia
regalis aulae Jlorentes, intra pala'
tium militantes, per nominarli con
quelle medesime parole, colle quali
i loro archiatri gì' imperatori Gra-
ziano e Teodosio II chiamarono.
Nella relazione composta in Pisa
nel 1409 per Alessandro V, di tut-
to ciò che occorreva per servigio del
Papa, di che parlammo al voi.
MED
XXni, p. 52 del Dizionario, ripor-
tala dal Gallico, /icta caerem. p.
272, vi è il § 22, De medicis pa-
latini. « llera Dominus noster ha-
bet eligere physicus, prout placue-
rit suae Sanctitati, et de eorum pio-
•visione ordinare. Consuetura tamen
est, quod in palatio apostolico u-
num semper habeat (nella ristam-
pa scrisse vimini semper habent^
come notò l'accurato Marini), cui
camera debet assignari, et sibi prò
«e, et uno servitore de victu pro-
vider! debet ". Ne' ruoli palatini che
si conservano nell'archivio palati-
no, da Giulio Hi in poi, da me letti
« studiati, ed alcuni prodotti nell'ar-
ticolo Famiglia pontificia, coi me-
dici e chirurghi de' Papi, e coi me-
dici e chirurghi palatini in buon
numero, lessi che avevano dal palaz-
zo servi, cavalli e mantenimento di
essi, pane vino e altre cose, per cui
e per altri riflessi porto opinione
che dovessero curare anche la fa-
miglia nobile palatina.
li Marini nel catalogo o serie dei
medici pontificii, che riporta nel 1. 1,
p. XXIII e seg., in confronto della
serie Mandosiana, incomincia il no-
vero de* medici e chirurghi pala-
tini dal pontificato di Paolo III
(oltre certo Alberto da Erbip'oli me-
dico romano, il quale seguiva la
curia pontificia, e perciò medico del-
la famiglia di Clemente VI del
1342, ed oltre Antonio medico del-
la famiglia di Pio II ), rimarcan-
do Bernardo Odeschi medico della
famiglia j in quello di Giulio IH
del i55o registrò Ippolito Salviani
e Bernardo Odeschi medici della
famiglia, e chirurgo della medesima
Scipione de Rossi (dell' antipapa
Benedetto XIII erano stati chirur-
ghi della famiglia, Michele Geraldi,
Giacomo Poncii ed Antonio di Gar-
MED 117
zia ) ; terminando tal serie col pon-
tificato di Pio VI, ove notò medici
della famiglia Luigi Lolli bologne-
se, Ruggiero Viviani romano, so-
prannumeri Pietro Zannettini roma-
no, e Gio. Battista Leporelli di
Viterbo, e chirurghi Carlo de la
Boissier ed Antonio Biagi : leggo nel
ruolo 1778 Pietro Maria Giavina
chirurgo soprannumero senza emo-
lumento, e Paolo Pizzamiglia so-
stituto con parte di pane e vino
ragguagliata a sei scudi mensili.
Sino da Sisto IV del i47ij *'» •
medici comparve il medico della
compagnia del ss. Sagramento per
gl'infermi di tutta la parrocchia
vaticana, prendendo luogo tra gli
archiatri palatini, e Francesco Car-
retti, già medico di Gregorio Xill,
tenne tal carica nel pontificato di
Sisto V, e medico per gì' infermi
della parrocchia. Ecco gli altri me-
dici di detta compagnia: sotto Gre-
gorio XIV incominciò Demetrio
Canevari, il quale a tempo di Pao-
lo V ancora figura con certo Mo-
desto, e r aggiunta di Francesco
del Pezzo chirurgo; prima di que-
sti lo era stato Cecchini, cioè sotto
Clemente Vili. Sotto Gregorio XV e
successori, Giuseppe Trullier; nel
pontificato di Urbano Vili, Silvestro
Collicola, medico della compagnia
del ss. Sagramento di s. Pietro;
sotto Innocenzo X, Arcangelo Vili
anche della famiglia sino al 1648,
e Marcello Lopez sino al 1649- Nel
pontificato di Urbano Vili, Fer-
rante Serroni chirurgo di s. Marta,
ed in quello di Alessandro VII ,
Marcello Lopez anco dell' ospedale
di s. Marta istituito da Paolo III
pei famigliari pontificii, come nar-
rammo al detto voi. XXIIIj p. 74
e 75; anzi trovai ne' ruoli che l'o-
spedale avea pure una priora, dun-
ii8 MED
que eravi il luogo per le donne
de' medesimi famigliari. Dopo il Lo-
pez non rinvenni altri medici della
compagnia del ss. Sagramento, tran-
ne nel ruolo di Clemente XT, ove
è notalo Michelangelo Paoli medico
di s. Marta e del ss. Sagramento,
poi Giambattista Ferrari. Fra i me-
dici e chirurghi palatini fiorirono
diversi di un merito distinto.
IlLunadoro, Relaz. della corte di
Boma, edizione del 1646, p. i4 e
SgS, dice che nel palazzo aposto-
lico vi sono due medici, oltre il
cameriere segreto, per la famiglia,
con buona parte e abito paonazzo,
essendo la parte scudi quattro e
mez/x) per uno al mese ; e che il
medico della compagnia del ss. Sa-
gramento di s. Pietro (della quale
parlammo in più luoghi, fra'quali
citeremo ì volumi II, pag. 3oo,
XXII , pag. i63, e XXIII, pag.
59 ) ha parte e scudi dieci al me-
se. I medici palatini vestono di
collare, sottana e fascia di seta pao-
nazza con fiocchi, ferraiuolone di
seta nera, con cappello ecclesiasti-
co e berretta dottorale; così vesti-
ti intervengono alle solenni comu-
nioni che fa il Papa nella cappella
segreta, i chirurghi incedendovi al-
tresì e vestiti di nero, siccome ap-
partenenti alla famiglia nobile. Due
sono i medici con scudi dieci per
cadauno al mese, essendo ora i dot-
lori Pietro Sciarra, il quale gode
pure l'abitazione in palazzo, e Giu-
seppe Gabrielli, con diversi sopran-
numeri. Evvi il chirurgo con scudi
dieci mensili, e l'abitazione in pa-
lazzo (che talora la gode il sosti-
tuto, il quale non ha passaggio a
chirurgo); al presente è Antonio
Baccelli di s, Vito. Il chirurgo so-
stituto ha scudi otto al mese: era il
cav. Andrej Belli, che occupato in
MED
molte clientele, né polendo più dor-
mire in palazzo, il Papa nel 1847
gli fissò annua pensione vitalizia, e
per sua rinunzia è divenuto chirur-
go sostituto il di lui coadiutore
Luigi Rocchi romano. Tanto il chi-
rurgo che il sostituto hanno so-
prannumeri. Questi medici e chirur-
ghi palatini assistono alla sezione del
pontificio cadavere e sua imbalsama-
zione, ricevendo per quella di Pio
Vili in compenso scudi duecento ot-
tantacinque ripartiti proporzionata-
mente. Dal Maestro di casa del sacro
palazzo ricevono le medaglie di ar-
gento pel possesso, e per la festa
dei ss. Pietro e Paolo, le candele, le
palme e gli Agnus Dei benedetti.
Intervenendo nelle pontificie villeg-
giature di Castel Gandolfo un me-
dico ed un chirurgo, mangiavano
alla tavola di tal ministro, come si
disse a quell' articolo, finché nel
pontificato di Gregorio XVI furono
ammessi alla tavola di corte. I me-
dici, i chirurghi palatini, e loro so-
prannumeri, il Pontefice li nomina
con biglietto di monsignor mag-
giordomo.
Dei medici e chirurghi del con-
clave come Conclavisti [Fedi), ne
parlammo a quell' articolo, cioè
che Pio IV stabilì che soli due me-
dici ed un chirurgo entrino in con-
clave, scelti dal sacro collegio per
voti , secondo i concorrenti ; che
Clemente XII ordinò che si elegges-
sero nella quarta congregazione due
medici ed un chirurgo, ai quali si
continuassero a dare scudi cento al
mese per ciascuno ; che fu escluso
una volta un sacerdote concorrente,
benché a voti pari nell'inclusione
ed esclusione , come fu escluso un
celebre chirurgo per le rimostran-
ze di un cardinale ; che debbo-
no giurare di conservare il se-
MED
greto; che vestono in zimarra e
benelta tloUorale nere, e del com-
penso che perciò ricevono; dei pri-
vilegi che partecipano come conch»-
visti, in un alla spartizione de'dieci-
uiila scudi d'oro, riportandosi anche
quanto fu fatto da Pio Vili su que-
sto particolare, oltre una regalia in
vece delle pensioni che hanno i
conclavisti ecclesiastici, venendo no-
minali nel pontificio moto proprio
della concessione de' privilegi. Il Ma-
rini incomincia il novero de' medi-
ci e chirurghi del conclave da quel-
li del conclave in cui fu eletto
Paolo II del r464> sino a quelli
del conclave in cui venne esaltato
Pio VI, quali riporteremo qui ap-
presso, aggiungendovi non solo al-
cune erudizioni, ma ancora i poste-
riori, in un ai medici e chirur-
uhi de' Papi. Si vedrà da que-
sta serie, che diversi medici e chi-
rurghi de' Papi defunti furono am-
uiessi dai cardinali in conclave,
mentre altri servirono piìi Papi per
la loro dottrina ed eccellenti qua-
lità, o per propensione benigna di
chi li scelse a sì grande onorificen-
za; come i casi in cui furono am-
messi in conclave più medici e chi-
rurghi, come pure che qualche car-
dinale portò seco per conclavista
uu medico. Premetteremo alcune
notizie sui santi medici.
L'arcangelo s. Raffaele, chiamalo
medicina Dei perchè col fiele del
pesce restituì la vista al cieco To-
bia, fu pel primo celebrato da chi
Scrisse sui medici santi. Fu medico
s. Luca evangelista, ed il Cancellie-
ri nelle citate Memorie p. 49 >
parla di quelli che lo negano con-
tro r universale tradizione, citando
per r affermativa autorevoli testi-
monianze e dissertazioni. Fu me-
dico di profes^oue s. Alessundio
MED 1 1 0
martire nella Frigia, ed eccellentis-
simo lo fu s. Zenobio prete di Si-
done e martire ; e Teodolo vescovo
Laodiceno esercitò la medicina. Me-
dici furono altresì i ss. Giuliano
martire di Eraesa, ed altro dello
stesso nome. Liberato e Taleleo :
fu medico anche s. Ciro Alessandri-
no, come lo furono s. Pantaleo mar-
tire, s. Diomede, i ss. Cosma e Da-
miano martiri (di questi parlammo
alla loro .biografia^ all'articolo Chi-
rurgo, e ne riparleremo all' arti-
colo Università' artistiche come
protettori de' barbieri chirurghi ),
s. Coluto, 8. Panesniù abbate e
diacono; s. Antonio abbate esercitò
la medicina, s. Papilo diationo e
medico martire solto l'imperatore
Decio, s. Giovenale probabilmente
medico di s. Damaso I Papa, poi
vescovo di Narni; e per non dire
di altri riportati dal Cancellieri, s.
Eusebio Papa medico, o figlio di
medico, s. Medico di Otricoli, il
levita Dionigi fiorito nel secolo V,
Pietro prete e medico, il celebre
Eipidio Rustico diacono e medico
del secolo VI, s. Sansone prete ro-
mano e medico, tutti ecclesiastici,
olire i santi medici e vescovi Eu-
sebio, Zenone e Biagio, de' quali
come di altri tratta il Molano, iVo-
menclator ss. professione medicO'
rwnj risplendendo tra le donne
che esercitarono la medicina, santa
Teodosiaj s. Zenaide, s. Francesca
romana, s. Ildegarda e s. Nicera-
ta. Per gratitudine non posso tra-
lasciar di rammentare san Cesario
di Cappadocia insigne medico del
IV secolo, perchè il dottore Ado-
ne Palmieri perugino volle a me
infitolare la di lui biografia, co-
me pure mi dedicò la seconda
edizione ampliata dell' importante
suo opuscolo : Alcune nozioni di
I20 MED
ani induslriali, mestieti, agricoltura
donieslica, economia. Egualmente
per debito di riconoscenza faccio qui
menzione d'altro medico, il dottore
Giovanni Ettore Mengozzi riminese,
già pubblico professore di matema-
tica, di fisica e di medicina com-
parata, al quale piacque di recente
dedicarmi il suo : Saggio sulla ge-
nerazione degli animali con alcu-
ne nuove idee intorno la classifica-
zione degli esseri naturali. Né vo-
glio tacere che il bussolante ponti-
fìcio e farmacista Alessandro Ricci
volle intitolarmi l'opuscolo: Arti-
coli vari di, scienze naturali. Ora
riprendiamo la nostra narrazione.
Il Pontefice s. Bonifacio IV era
figlio d'un medico, cosi s. Leone II.
Da s. Nicolò I il Mandosio prin-
cipia la serie de' medici pontificii,
cioè dall' 858, dicendo che di tal
Papa lo fu Orso o Bonito suddia-
cono, ma il Marini dubita assai di
tale asserzione. Il celebre e dotto
Silvestro li del 999, fu abilissimo
anche nella medicina. Alfano mo-
naco cassinese, poi arcivescovo di
Salerno, fu utile alla salute di Vit-
tore Il che andò a trovare in Fi-
renze con medicamenti e libri di
medicina : Vittore III già abbate
del monastero di Monte Cassino, si
servi dell' altro egualmente famoso
medico e monaco Costantino, o di
qualche professore della scuola sa-
lernitana, secondo Leone Ostiense in
Chron.; il Cancellieri chiama 1' Al-
fano Benedetto Alfonso. Il secondo
medico pontificio della serie Man-
dosiana è Giovanni Filippo di A-
lessandro III, nominato all'articolo
Medicina, quale ambasciatore ed
efficace missionario al Prete Janni,
perciò da noi celebrato all'articolo
Etiopia. Il terzo Romualdo di Cele-
stino III, che per difendersi dal caldo
MED
usava tre berrette o cappelli; forse
fu pure medico d'Innocenzo III,
il quale fu dotto in medicina. Cer-
to lo fu Giovanni Caslellomala di
Salerno, canonico di quella catte-
drale, poi vescovo di Policastro : di
parecchi vescovi medici, taluno dei
quali continuò ad esercitare la pro-
fessione, il Marini ne parla al t.
I , p. i3, nominando per ultimo
Paolo di Adriano di Middelburgo
archiatro del duca di Urbino, e nel
i4()4 vescovo di Fossombrone. Pie-
tro Ispano di Lisbona, forse fu ar-
chiatro di Gregorio X che lo creò
cardinale, e nel 1276 venne in-
nalzato al soglio pontificio col no-
me di Giovanni XXI ; un Giovan-
ni Ispano fu medico e cappellano
di Onorio III e di Gregorio IX,
poi vescovo di Lisbona, per cui il
Marini dubita che sia lo stesso
che Pietro. D'Innocenzo IV fu me-
dico Remigio suo cappellano e di
Urbano IV; altro fisico d'Innocen-
zo IV e de'suoi successori forse fu
Teodorico de' Borgognoni lucchese,
illustre scrittore di chirurgia e do-
menicano, cappellano e penitenzie-
re, indi vescovo di Bitonlo e di
Cervia. Gregorio da s. Lorenzo
suddiacono e cappellano apostolico
fu medico di Alessandro IV in uà
a Bartolomeo. Urbano IV e Cle-
mente IV ebbero a tat^\c\ Giovanni
Behlequin canonico di Costanza,
forse anche fisico di Alessandro IV;
e Raimondo di Nimes cappellano
come il precedente, poi vescovo di
Marsiglia, illustre per virtù e me-
riti. Si dubita se Pietro Ispano
fosse medico di Gregorio X, come
Arnaldo di Villanova d'Innocen^
zo V.
Giuliano fu medico di Giovannj
XXI dottissimo nella medicina ;
Giovanni di Luca romano, coll'aa-
MED
nua provvisione di 55 lire di pro-
Tesini, lo fu di Nicolò III del 1277,
il quale da cardinale mostrò §ì po-
co conto de'consigli de' medici, che
Clemente IV cui importava la sua
guarigione, gli scrisse una lettera,
sgridandolo e provandogli che con-
veniva prestar fede ai medici non al
proprio capriccio: è incerto se Cam-
pano o Campana ed un tal Pietro
fossero medici di Nicolò. III. Ugo-
ne Atralo d' Evesham cardinale di
Martino IV non fu suo medico, ma
solo consultato sulle pericolose ma-
lattie correnti. Onorio IV per una
sua cura fece venir da Bologna
Taddeo di Alderotto fiorentino, e
poi guarito, colà il rimandò con
diecimila scudi, invece dei cento al
giorno che avea bassamente e eoa
avidità domandato, se deve creder-
si ad alcune relazioni storiche; a
tal narrazione del Novaes si ag-
giunge da lui, che Pietro d' Abano,
che il Marini non conviene fosse
medico di Onorio IV, domandò
per curarlo scudi 4oo al giorno,
fiorendo quel medico con rara dot-
trina in Parigi. Nicolò IV ebbe
per medico Simone da Cordo di
Genova, eh' è il primo medico pon-
tifìcio certo dato da Mandosio, e fu
autore di alcune opere ; benché lon-
tano, si mostrò premuroso della
sanità di Nicolò IV, Ruggiero Ba-
cone, per quanto scrisse a di lui
vantaggio per riparare gli acciden-
ti che accompagnano la vecchia-
ia, col libro che gli spedì, onde
trattenerli più che poteva. Bonifa-
cio Vili ebbe a medico Acairsino
da Pistoia che lo avea servito prima
del pontificato, per cui gli benefi-
cò due figli, e ricevette per viatico
dieci tornesi e mezzo al giorno, ac-
compagnando il Papa da Anagni a
Roma. Altri naedici furono Manzia
MED
I'2(
da Fabriano, che medicò Bonifa-
cio Vili per più d'un anno; e
Guglielmo de Corvis da Brescia,
detto V Aggregatore, cappellano pon-
tificio, che lo fu pure di Clemente
V e Giovanni XXU, provveduto di
dignità ecclesiastiche e canonicati,
e del feudo Ripatici nel Ferrarese,
onde fondò in Bologna un collegio
pei poveri studenti. Non conviene
il Marini, che Angelo da Cameri-
no fosse medico di Bonifacio Vili,
che solo il mandò a studiar medi*
cina in Perugia, o meglio che ivi
io conobbe e poi lo chiamò in
Roma per lettore di medicina . Be-
nedetto XI di Treviso tenne per
medico Arnoldo, forse della diocesi
d' Aquileia, nella quale die una
pieve al fratello ; è dubbio se Gal-
vano da Levanto fosse suo medico
e di Bonifacio Vili. Di Clemente V
che nel i3o5 trasferì la sede in
Francia ossia la residenza pontificia
che poi stabilì in Avignone, furo-
no medici : Arnaldo da Pillano-
va, probabilmente quello attribuito
ad Innocenzo V ; Giovanni de
Causanicix d' Alais, sagrista di Nar-
bona e cappellano apostolico; Pie-
tro de Guarda canonico d' Acqus;
Amalvino de Podio canonico di
Bordeaux e cappellano pontificio :
non è certo che fossero medici di
Clemente V, Gianvitale du Foitr
o Fumo da lui creato cardinale ;
e Pietro Aichspalt che tutto al più
lo curò in una circostanza straor-
dinaria, vescovo di Basilea poi tra-
sferito a Magonza. Giovanni XXII
ebbe per medici in Avignone^ il
suo cappellano Gaufrido Isnardi
collo stipendio mensile di 7 lire,
i3 soldi e g denari, arricchito di
benefizi e del vescovato di Cavail-
lon, continuando ad essere archia-
tro, colla cura della spezieria, del-
122 MED
la guardaroba domestica, della cap^
palla e paramenti sacri, e talora
anche l' elemosìneria, poi medico
di Benedetto XII ; Giacomo di
Gaufrido decano di Gap, medico
pure di Clemenza regina di Fran-
cia ; Pietro di Tofallis canonico
d' Agen, anche chirurgo come dis-
si a quell' articolo ; e Giovanni
Bianchi. Probabilmente lo furono
ancora Arnoldo, Dino del Garbo,
Gentile da Foligno, e Francesco
Stabili detto Cecco d'Ascoli con
molto dubbio.
Di Benedetto XII, come si è det-
to, fu medico Gaufrido Jsnardi; è
incerto che lo fosse pure il nomina-
to Galvano da Levanto genovese,
autore di opere mediche per uso
di persone ecclesiastiche, pie e sot-
tili : lo curò in alcuna occasione
Pietro de Saniayre della diocesi
di Pamiers , come furono medici
e chirurghi straordinari Boneto
Mole di Montpellier, e Arnoldo
de Cathus della diocesi di Cahors,
onde ne parlammo all'articolo Chi-
rurgo, con Pietro Augerii chirurgo
e medico. Di Clemente VI del i3^i
furono medici Stefano Seguini ,
Giovanni da Firenze, Stefano An-
cclini, Raimondo Rainaldo detto
de Farsio o Vinario, autore d'un
trattato sulla peste, il quale spac-
ciò aver sanato morsicature di ser-
pi e scorpioni coU'anelìo • con to-
pazio del Papa; altri medici furo-
iio Guelmo de Lavetagio ; Lorenzo
dal Biarz, e Giovanni la Mare-
scala ambedue canonici e cappel-
lani pontificiij ed il primo anche
d' Innocenzo VI che lo nominò ve-
scovo di Vaison poi di Tulle, con-
tinuando nell'uflizio di archiatro.
] chirurghi di Clemente VI, oltre
y Augerii di Benedetto XII, furono
Qiovanni da Genova, Giovanni da
MED
Parma, Giovanni Gabrielli, e Gni'
done de Chnuliac che lo fu anco-
ra di Urbano V; tranne Gabrielli,
di tutti e de' loro stipendi facem-
mo parola a chirurghi. E incerto
se fossero medici di Clemente VI,
Giacomo Capelluti di Parma, e
Giovanni d'Alais. Quanto al Ca-
pelluti morì in Avignone a* i3 ot-
tobre I 343, e fu sepolto nella chie-
sa degli eremitani con massimo o-
nore, poiché intervennero ai fune-
rali undici cardinali, sedici vescovi,
con molti procuratori del Papa.
Questi, come chierico, l'abilitò a
testare , etìam fecit, et dedit gra-
tiani quod esset absolutus a poe-
na et culpa. Osserva il Novaes nel-
la vita di tal Papa, citando il Ma-
rini, che siccome splendido in tut-
to, lo fu ancora nel numero dei
medici e chirurghi, per cui il Pe-
trarca mal disposto verso il modo
di medicare d'allora, e nemico di
tanti medici, in una malattia di
Clemente VI, di cui non morì, lo
avverti con lettera col passo di
Plinio, turba medicoruni perii, e
come gridò morendo l'imperatore
e filosofo Adriano, turba medico-
rum regem occidif, laonde si guar-
dasse da tanto numeroj e ne rite-
nesse un solo, potente in consiglio
non in eloquenza; pel quale av-
vertimento il Petrarca molto ebbe
a soffrire per le filippiche d'uno di
tali medici, ma vi oppose invettive
amarissime. D'Innocenzo VI, oltre
Biarz e Chauliac, fu medico Pie-
tro Pestagalli, poi di Ugone re di
Cipro; è incerto se lo fosse Gu-
glielmo Ghezzi di Ravenna e forse
lo fu di Urbano V: il detto Ga-
brielli fu il suo chirurgo. Urbano
V si servi de' medici Chauliac e
Raimondo de Salaironis, che lo fu
ancora di Gregorio XI, colla solita
MED
pnga di ventisene fiorini per ogni
bimestre, ricevendo dal secondo ogni
anno per donativo centocinquanta
fiorini comuni, e nel i364 comin-
ciò a comparire tra i domicelli o
camerieri come altri suoi predeces-
sori; seguì il Papa nel viaggio di
Roma, non Gregorio XI, mantenen-
dosi agiatamente, avendo al suo
servizio cappellani, chierici, fami-
gliari e scudieri. Giovarmi Giaco-
mo, cancelliere della facoltà medica
di Montpellier, fu chiamato in A-
vignone a curare Urbano V, usan-
do dell'opera sua eziandio Gregorio
XI e l'antipapa Clemente VII. Chi-
rurghi d' Urbano V si conoscono
Gandolfo da Cremona, che segui-
va la curia e medicava i feriti, e
Bobino de Singallo, che fu pur
barbiere del Papa e serviente di
armi ossia mazziere, e servì anche
Gregorio XI: Giovanni Catalani
chirurgo degli ospedali d'Avignone,
era stipendiato da Urbano V, co-
me ciò fece Gregorio XI con Ni-
colò medico de'poveri d'Avignone.
Gregorio XI tenne per medici,
Giovanni de Tornamira dell'uni-
versità di Montpellier, che molti
archiatri fornì ai Pnpi ed ai re ; ma
esso non seguì il Papa quando par-
tì nel iSyS da Avignone, per re-
stituire a Roma la pontificia resi-
denza, quindi divenne fisico ordi-
nario dell' antipapa. Clemente VII
che si stabilì in Avignone, e com-
pose alcune opere. Tommaso Bit-
canìitgello o Biiccaniurello di Sa-
lerno ; Baimondo de Pozolis scu-
diere, seguì il Papa in Italia, e al-
la sua morte entrò al servizio del-
l'antipapa, era pure cappellano a-
postolico e arcidiacono di Viviers;
Bernardo Alhu.scjuerii canonico ca-
turcense; e Giacomo da s. Ma-
ria Bolonda, che seguì il Papa da
iMED laS
Roma in Anagni. È dubbio se fos-
se medico Bonachino Ambronio di
Cesena, ch'ebbe per dono non il
porto del Cesenatico, ma la caslel-
lania a beneplacito pontificio, e non
in vita. Urbano VI ebbe due me-
dici, Francesco Casini sanese suo
compare, che lo era stato di Gre-
gorio XI; e Giovanni Casini fra-
tello del precedente , ch'ebbe per o-
norario annui 4oo fiorini d'oro,
servì ptu'e Bonifacio IX, mentre il
suo figlio Antonio fu creato cardi-
nale da Martino V. Insorto contro
Urbano VI nel 1 878 il detto anti-
papa Clemente VII, ebbe questi per
medici antipapali, Pietro Falqiiete^
Bernardo la Costa , Domenico,
Nadino o Nardino da Piato o da
Firenze, Francesco Cinucidi, e stra-
ordinariamente Pietro de LengueSy
e per chirurgo Baimondo Carucel-
li j è incerto se Giordano Chai-
mi fosse chirurgo; il Cinuculi ri-
portò da Clemente VII molti fa-
vori, e fu sì ricco che gì' imprestò
3o,ooo franchi d'oro. Bonifacio IX
tenne in corte quali medici, Anto-
nio da Bietij Francesco della Fa-
ra romano, vicario e tesoriere ge-
nerale del contado di Sabina, An'
gelo di Manuele giudeo di Traste-
vere medico del Papa e della santa
Sede ed anche suo chirurgo ( l'al-
tro ebreo Salomone da Sabalduchlo
fu famigliare pontificio), al quale
articolo rie parlammo, perciò protes-
se lui e la sua famiglia; Angelo da
Piperno, Giovanni de Piscibus be-
neventano, beneficato con privilegi
e grazie, Paolo de Caloris mode-
nese. Angelo Domenichelli di Per-
gola collo stipendio annuo di J^oo
fiorini d'oro. Noteremo che Boni-
fazio IX rifiutò un inonesto rime
dio per liberarsi dal male di calcoli,
e ne morì; così fecero il cardinal
124
MED
Jacopo di Portogallo d'anni venti-
sei per altro male, ed il cardinal
de Crec(jiiy d'anni quarantatre per
quel di pietra, tutti giustamente
gelosi di non contaminare la con-
tinenza.
L' antipapa Benedetto XI If, che
successe a Clemente VII, fu ser-
vito dai medici Francesco Ribal-
ta chierico di Majorica, con 200
fiorini all'anno, beneficato in più
modi; Pietro Roiz archiatro Io se-
guì nel viaggio da Avignone a
Marsiglia e Genova; Pietro de Tu-
rillis forse spagnnolo, Lorenzo Mo-
relli o Moreri, Martino de Caha-
nix ; altro medico antipontificio fu
Giosuè Lurki o Halorki giudeo, che
fattosi cristiano si chiamò Girola-
mo da Santa Fede, scrisse contro
il Talmud, e convertì più di 3ooo
ebrei, o 5ooo secondo altri, come
si disse all'articolo Ebrei. Matteo
Adalhil fu altro medico e chirur-
go antipapale; altri chirurghi furo-
no Pietro Palou e Pietro Gugliel-
mi j della famiglia Michele Ger al-
di, Giacomo Pondi e Antonio di
Garzia ; il primo era ostiario mi-
rore, ed il secondo restò in Avi-
gnone nel i4o5 per quelli ivi ri-
mastivi. I^edi Avignone. Innocenzo
VII ebbe in medico Giovanni Ca-
sini j e Gregorio XII forse Giaco-
mino fisico, da lui spedito amba-
sciatore al concilio di Pisa, essen-
dosi molte volle i Papi serviti dei
loro medici per gravi affari: Grer
gorio Xn creò cardinale Jacopo da
Udine che avea studiato la medi-
cina. Due medici servirono Ales-
sandro V del 1409- Paolo della
Falle romano, poi conservatore di
Roma, ed eziandio archiatro di
Martino V che lo confermò can-
celliere perpetuo di Roma; e Da-
fiicle da s. Sojia padovano, figlio
MED
del celebre medico Marsilio, indi
medico di Giovanni XXIII; forse
ne fu chirurgo Pietro d' Argelata,
il quale ne aprì il cadavere e lo
imbalsamò. Giovanni XXIII ebbe
a medici Filippo da Milano, An-
tonio dalla iScarperia, Pietro da
Monta lei no, e Andrea Gamucci, il
quale però incerto, così dicasi di
Martino V. Questi prese per medi-
ci, Giovanni Baldi di Firenze pro-
tofisico, Antonio da Lucignano sa-
nese con 2 5 fiorini d'oro al mese,
Antonio Pucci sanese, Elia giudeo,
pel quale il Papa fu benigno cogli
ebrei, e Mariano Albertini, altro ar-
chiatro di cui dubita il Marini.
Eugenio IV, oltre l'ebreo EUay
noverò per medici suoi Lodovico
da Orte che lo seguì in Firenze
(avea scritta l'opera De ariani ae-
ris salubritate imo utilitate, et de
vinis ortanis, ma il mss. passato in
mani straniere andò disperso, co-
me affermava l'archiatro Prelà pos-
sessore di parecchie schede che mo-
strava come gioielli); Andrea da
Palazago bergamasco, arcidiacono
di Torino e cameriere pontificio,
mandato a vari principi per affari;
Nicolò d'Assisi e cameriere; Ber-
nardo Mazzieri da Trevi che se-
guitò con Nicolò V, lasciando i suoi
libri al convento patrio di s. Fran-
cesco, e fondi per due giovani di
Trevi per lo studio in canoni e in
medicina; non è certo che lo fos-
sero Lodovico Mezzarota Scarani-
pi, che creò cardinale, Giambatti-
sta Feralli e Pietro Fiviani Ò9.
Ferentino. Nicolò V prese per me-
dici Saverio Bonetti imolese, cui
pose molta confidenza e fiducia,
Bernardo Garzoni, Fdippo Pellic-
cione di Bologna o Milano, Gio-
vanni Testori di Cahors, Taddeo
degli Adelniari di Treviso; forsq
MED
io furono Simone Tebaldi, e Lo-
renzo Roverella datario: Nicolò V
fu figlio di medico, e per un tem-
po esercitò la medicina. Calisto III
prese per medici Ferdinando Lo-
pez s^a^n\io\o, senza farlo venire in
Roma, ma solo dovesse suggerirgli
quanto era necessario alla salute;
Simone Tebaldi detto Mezzoca\>al-
lo romano, medico e commensale,
forse avea servito Nicolò V, fatto
conte palatino, e in grazia sua il
Papa creò cardinale il fratello
Giacomo; Lorenzo Galerani cava-
liere sanese, e Giovanni Semini o
Nini o Mini chierico ammogliato,
ambedue anche medici di Pio II,
che fece il primo conte palatino.
Questo Papa ebbe pure a medico
Sozino Benzi sanese con annui fio-
rini 5oo di provvisione, che chitHuò
medico praeslanti et amico oplinio,
ricavandosi dai di lui ruoli che il
palazzo apostolico ai due archiatri
spesava a chi cinque a chi quattro
famigliari o servitori, quanti non
se ne alimentavano per gli arcive-
scovi, vescovi e nipoti del -Pontefi-
ce come si vede nel ruolo: Anto-
nio fu medico della famiglia pon-
tificia. Di Pio II, medicis ìiihil pe-
riculi promillentibus , e pervenuta
la diarrea, ebbe il moribondo Pa-
pa a gridare contro di loro, et haec
quoque principuni miseria est, ne
in morte quidem carere assentato-
ribus. Nel conclave comparisce per
medico Scipione Lancellotli ch'è il
primo che si conosce dal Marini
come tale: l'eletto Paolo lì del
1464 ebbe per medici Giacomo
Zoccoli Gottifreddi, che sulla casa
da lui fabbricata a Pasquino pose
anche il nome del Papa, e lo fu pu-
re di Sisto IV; Cristoforo Piacen-
tini da Verona, che assisteva ogni
dì alla tavola del Ponlefice; e Sante
MED ii5
Fiòcchi fermano : medico per cir-
costanze straordinarie fu Giovanni
Burgio vescovo di Mazzara, ma è
dubbio se lo servi Sebastiano Ve-
terani. Ne fu chirurgo Giovanni
/llbarisani ferrarese, cameriere e
famigliare del Pontefice, parroco e
provveduto di benefizi, di cui par-
lammo a CniRunco. Sisto IV nove-
rò per medici Filippo della Valle^
ancora di Alessandro VI e nobile
romano, il cui figlio Andrea fu creato
cardinale da Leone X; Valerio Fiac-
co di Viterbo; Nicolo Dido gentiluo-
mo riminese caro a tutta Roma;
Giacomo Solleciti da s. Ginesio, an-
che d'Innocenzo Vili, con 23 fio-
rini d'oro di camera al mese; ed
Evangelista Uri giù di Cerreto : è
dubbio se furono altri archiatri
Onofrio degli Onofri, che accom-
pagnò in Francia il cardinal Bes-
sarione per volei'e del Papa ; Be-
nedetto da Norcia de" Reguardati
archiatro del duca di Milano; G.
Fdìppo dal Legname illustre tipo-
grafo, scudiere e famigliare di Pao-
lo II e Sisto IV, non mai medico;
Luigi Francolini di Monte Alboddo.
Per morte di Sisto IV furono
medici del conclave il memorato
Giacomo Solleciti e Teodorico de Co-
cleghein di Gand, premiati dall'elet-
to Innocenzo Vili con uno scritto-
rato apostolico : suoi medici furono
Lodovico Podocatero di Cipro, pro-
babilmente ancora del cardinal Bor-
gia dipoi Alessandro VI che lo creò
cardinale ; Ferdinando Ponzcfii, poi
di Leone X che lo creò cardinale,
napoletano ed oriundo di Firenze;
Pietro Macerata norcino o me-
glio piacentino , ecclesiastico bea
provveduto : non è sicuro che fos-
sero archiatri d'Innocenzo Vili, Be-
nedetto Porcocinti e Pietro Leoni
da Spoleto ; forse lo curò straor-
17.6 MED
dinai'iamente Silvestro Gnleota. Mi-
chelangelo Lapi nel suo libro :
J?e tempore quo \>is sub aquis
manere potest et non mori, Roma
1670, nella prefazione dice che
Innocenzo Vili due anni prima
di morire fu assalito da sì fiera
apoplessia che restò immobile 22
ore senza respiro e moto di polso,
e che comparve risuscitato quando i
cardinali cominciavano a trattare
di dargli il successore; ma Bene-
detto XIV, De canon., mette il
jacconto nel numero delle favole,
come r altro di Giulio II che vi-
■vesse per due giorni senza respira-
re. Alessandro VI ebbe ancora a
protofisico Bernardo Buongiovanni
da Recanati, il quale nel i5oi di-
venne vescovo di Venosa senza
lasciar l'impiego palatino, ed il Pa-
pa lo mandò con un vescovo fran-
cescano, e col p. maestro del sa-
cro palazzo, a verificare le stimma-
te raanifestalesi nella b. Lucia da
Narni monaca in Viterbo, poi in
Ferrara, ove tornò a visitarla. Gio.
Battista Canani seniore ferrarese,
altresì medico del re e della re-
gina d'Ungheria. Andrea Vives di
Saragozza, che servì eziandio Giu-
lio lì , già famigliare nel cardina-
lato, canonico e ricco di rendite
ecclesiastiche; in morte di Alessan-
dro VI i soldati degli Orsini ne
spogliarono la casa, e Leone X fa-
condo gran conto de'suoi meriti lo
fece conte palatino, nunzio e col-
lettore apostolico della provincia di
Saragozza. Pietro Pinlor spagnuolo
di Valenza ( faceva gran conto dei
meloni celebri di sua patria, siccome
edulcoranti e potenti diuretici, e ne
dava il sugo agl'idropici), autore
dell'opera De praesen-atione cura-
tioneque peslilentiae, da lui composta
ad laudeni et gloriani divinae ma-
MED
jeslatis etc. (eguale fervido scopo ebbi
sempre nella compilazione di questo
mio Dizionario, come solennemen-
te dichiarai in più luoghi , come
agli articoli lTAti\, e Maestro del
SACRO PALAZZO APOSTOLICO), Ct ad
valetudincni perfectissimam, vitae-
que longitudinein D. N. beatiss.
clententissiinique Pontifìcis Alexan-
dri FI. Gaspare Torrtlla di Va-
lenza, anch'esso famigliare del Papa
nel cardinalato, quindi lo fece ve-
scovo di s. Giusta in Sardegna con
altri benefizi, ebbe figli e continuò
ad esercitar la medicina, e fu auto-
re di diverse opere, fra le quali De
morbo gallico, perciò uno de'pri-
mi a descrivere e curare tal fata-
le malore, di cui dice il Marini
doversi a Cesare Borgia duca Va-
lentino l'arte di curarlo, ed il Tor-
reità lo accompagnò nel viaggio di
Francia. Giuliano Arnolfi fu pur me-
dico di Alessandro VI, ma è dubbio
se furono di lui archiatri Clemente
Gattaia napoletano protomedico del
re d'Aragona e del duca di Mila-
no , ed 'Alessandro Espinosa forse
originario di Castiglia. Nel concla-
ve per morte di Alessandro VI
il sacro collegio scelse per medici
i romani Gio. Battista Veracroce
(il quale ad imitazione dell'archialro
Santafede, inter pi-aeclara ejus ge-
sta aureum opus de confulatione fu-
daicaeseclae edidit), e Scipione Lan-
cellotti, quel medesimo che vedem-
mo nel conclave per Paolo II e lo
fu pur di quello per l'elezione di
Leone X, abbreviatore delle lettere
apostoliche e poeta, oppresso dal
grasso, e fu zio del cardinal Sci-
pione Lancellotti creato da Gregorio
XI li. Questi due medici si trova-
rono di nuovo in conclave per
morte di Pio III successore di A-
lessandio VI, il primo insieme eoa
MED
Alessandro tJn Genazzano, il se-
condo al servizio del cardinal Spra-
ta spagnuolo.
Pio IH ebbe per archiatri ne)
suo brevissimo ponlificato, Antonio
Bontnsegni nobile dì Orvieto che
fermò sua casa in Viterbo, ed
Arcangelo Tati sanese, che lo fu
ancora di Leone X, provveduto di
due rimarchevoli benefizi. Non è cer-
to se lo fossero il suddetto Torrella
ed Antonio Petrucci . Giulio II
ebbe ad archiatri diversi, due pe-
rò che non nomina ricorda il ce-
rimoniere Paride de Grassis nel
l5o5, perchè furono a prendere la
candela dal Papa prima degli scu-
dieri, quasi ciò fosse stato contro
le regole ed il buon ordine: e po-
co dopo j ove dà conto della cap-
pella tenutasi nella prima domeni-
ca dell'avvento, parla il rigido ce-
rimoniere di un terzo medico al-
quanto sfacciato, del quale pur tace
il nome (così di que'due che furono
al concilio generale Latei-anense \)
e dice: Quidam frater ordinis here-
mitaruni, qui se medicnm Papae di-
xit, voluit oninino sedere in loco nic-
dicoruni Papae saecidariunij qiiod
Clini inlìibuissent, voluit adfiuc es-
se ante generales ordinum, et vix
potili euni extrahere de ilio loco,
posuique in quadratura in medio
cardino lium , ut in terra sederei
Clini aliis religiosis. Sì conoscono
per medici di Giulio II, Giovanni
Bodier francese, cistcrciense e ab-
bate di s. Sebastiano fuori delle
mura, già eremitano. Girolamo Nifi
o Nifo non di Sezze, come dicono
alcuni, ma di Sessa nel regno del-
le due Sicilie, e viene provato dal
de Masi del Pozzo, nelle Mem.
stor. degli aurunci, p. i4i. Girola-
mo fu condotto in Roma da Giam-
pietro Caraffa poi Paolo IV, lo
MED 127
zio di questi cardinal Oliviero lo
collocò nella corte di Giulio li,
e seguitò in quella di Leone X,
finché nel i52i con istupore di
tutta Roma andato al Massaccio
vestì l'abito degli eremiti camal-
dolesi, e morì santamente nel mar-
zo i556, dopo aver rinunziato con
raro esempio il cardinalato a cui
lo avea elevato l'antico suo amico
Paolo IV. Il de Masi chiama il
Nifo col titolo di beato Girolamo
Tomasino, lo dice protomedico di
Paolo HI, che vestì l'abito in Mon-
te Corona qual compagno del fon-
datore della riforma B. Giustiniani,
e che chiamato in Roma da Pao-
lo IV pel cardinalato, umilmente
10 ricusò, e fece ritorno al suo ri-
tiro. Samuele Sarfadi rabbino spa-
gnuolo (ne parlammo nel voi. XXI,
p. 3o del Dizionario), cui Giulio
11 permise, come al figlio Giuseppe,
che si potessero addottorare, ed ac-
cordò loro vari indulti e privilegi,
datigli prima da Alessandro Vf,
che forse avea servito, e dal re di
Francia, poscia ampliati a Giuseppe
con breve da Clemente VII, massi-
me pei meriti del padre, fratello
del quale forse fu Isacco Zalfali
altro ebreo e valoroso medico, che
lo stesso Clemente VII, nominò suo
flimigliai'e con breve , benemei-ilo
per le medicazioni fatte a molti
curiali. Parlando del medico Sa-
muele, il Marini a p. 292 osserva
che in tal secolo e nel precedente
furono assai in voga tra i cristiani
i medici ebrei, malgrado le leggi dei
concilii e le costituzioni di diversi
Papi: tanto ha potuto in ogni tempo
sopra gli uomini l'amor della vita
e della sanità, che senza cercare
Tros Rululusve fuat, quello hanno
voluto e desideralo sempre , per
cui l'una e l'altra si potesse meglio
128 MED
ritenere. Quindi il Marini passn
ad enumerare vari medici ebrei
protetti e beneficati dai Papi, di
che noi trattammo all'articolo E-
BREi, permettendo a molti l'eserci-
zio dell'arte coi cristiani, ed uno col
solo latte d'asina guari Francesco
I re di Francia, mentre i medici
cristiani non lo avevano potuto gua-
rire. Lancellolto dt Lancellolti ro-
mano fu medico di Giulio II, alla
cui biografìa dicemmo con diversi
autori averlo liberato dalla morte
Scipione LancelloUi , mentre altri
attribuiscono a Lancellolto le som-
ministrate pesche alle quali si volle
attribuire la guarigione : fu ancora
famigliare di Leone X che lo fece
canonico di s. Pietro. Non è poi
sicuro che fossero medici di Giu-
lio II i nominati di sopra, ed O-
razio LancelloUi figlio di Scipione,
che il cardinal camerlengo scelse
per medico del conclave nell'ele-
zione di Paolo III, con Giuliano
da Norcia, attestandolo il p. Gat-
tico a pag. 44^j essendo poi pro-
tomedico generale nell' anno 1 53 1 ,
coll'aiuto de' suoi colleghi, cinque
de' quali divennero archiatri ponti-
ficii, rifece gli statuti del collegio.
(Nel 1676 in Roma furono stam-
pati: Sta tuta collega DD. Almae
Urbis medicoruni). Ma ninno degli
archiatri di Giulio II lasciò tanta
fama di sé, quanta il suo chirurgo
Giovanni de P^igo genovese, le cui
opere con molta lode furono tra-
dotte in più lingue. Dal Papa avea
otto ducati al mese, ma maggiore
stipendio riceveva dal nipote del
Pontefice cardinal Gara della Ro-
vere, cioè 3oo ducati d'oro l'anno,
perchè lo assistesse nelle molte sue
necessità, ed ebbe un figlio assai
beneficato.
Diversi archiatri servirono Leo-
MED
ne X, perchè oltre i rammentati
lo furono Angelo Leonini di Ti-
voli vescovo di piìj chiese, che uà
diarista dichiara avaro, per non a-
ver voluto dare nulla ai cerimo-
nieri, allorché cantò messa in cap-
pella nel sabbato in Albis come
assistente al soglio; Bartolomeo da
Pisa autore di opere; Bernardino
Speroni di Padova; Clemente Cle-
inentini d'Amelia; Ferdinando Baia-'
mio di Sicilia, che lo fu pure di Cle-
mente VII; Cristoforo da Follerra,
uomo dabbene e benemerito della
casa Medici; Girolamo Accorantbo-
ni di Gubbio che lo fu ancora di
Paolo IH, avendo pur prestato l'o-
pera sua a Clemente VII : comprò
un bel palazzo in Roma e casa in
patria, ricevendo il suo figlio Clau-
dio nel 1 562 la solita esenzione delle
gabelle come padre d' undici figli.
Sono dubbiosi medici di Leone X,
Francesco Dandini di Cesena, e
più difficilmente di Clemente VII,
Agostino Nisi e Antonio Brasavola:
bensì ne fu chirurgo Giacomo da
Brescia, di cui si discorre al più
volte citato articolo Chirurgo. Per
morte del Papa, i due medici in-
vitati a vegliare sulla salute del
sacro collegio, furono Dioscoride da
Velletri di casa Petrica , e Paolo
Arelj da Fermo : non è improba-
bile ch'entrassero pure ne'comizi per
morte di Adriano VI , con Giaco-
ino Giacomelli, Tommaso Cadamo-
sti, e Gio. Battista de Coro di
Roma, del quale è dubbio il Ma-
rini : ne fu chirurgo in quello
per r elezione di Adriano VI ,
Giacomo Rastelli che lo fu pure
di altri conclavi e di più Papi, co-
me si dice all'articolo Chirurgo. U
p. Gattico, Acta p. 3 1 8, racconta
che i medici del cardinal Grimani,
Demetrio e Francesco, giurarono
MED
tlell'iirt potenza del cardinale per
entrare in conclave, per la sua pe-
ricolosa inferaulà. Nel recarsi dal-
la Spagna a Roma, l'eletto Adriano
VI portò per arclìiatro Garzia Ca-
rastoxa àe.\io \\\ Agreda, luogo della
diocesi di Tarragona, già famigliare
beneficalo di Alessandro VI: otten-
ne dal Papa vari benefizi , la ca-
stellania d'Ostia, e l'annuo onorario
di 5oo fiorini da 5o bolognini
l'uno, com' ebbero i due medici se-
guenti. Giovanni Antracino da Ma-
cerata Feltria: tal fu il piacere di
alcuni alla morte del Papa, che
subito di notte ornarono di fronde
festive la porta della casa di que-
sto medico, con l'iscrizione a lette-
re cubitali: Liberatori Patriae S.
P. Q. R.j pel sospetto che fosse
stato avvelenato. Il Tiraboschi lo
die per medico di Clemente VII,
e nel sacco di Roma si ricoverò in
casa del cardinal Valle, ma sog-
giacque a contribuzione, e nel i535
fu' protomedico generale. Francesco
Fiisconi da Norcia, dicendolo il p.
Ciucci anche di Clemente VII e
Paolo HI: possedeva il palazzo poi
de'Pichini a Campo di Fiore, ove
pose le statue del Meleagro, ora
nel museo Vaticano, d' una bella
Venere, e del Buon Evento. Come
il piìi valente medico che fosse in
Roma, entrò in conclave (incomin-
ciato sino dai 29 novembre i549)
a' 19 gennaio 1 55o, affine di medi-
care il cardinal Ridolfi malamente
curato (eranvi come diremo sette
medici e sei chirurghi in concla-
ve) e vi si trattenne alcun poco.
Per aver mirabilmente guarito il
celebre Benvenuto Cellini , questi
perciò lo lodò grandemente nella
propria vita. Ai nominati aggiunger
dtbbonsiai medici di Clemente VII,
Andrea Cibo della Fratta nel Pe-
VOL. XLIV.
MED lag
mgino, anche di Paolo III, cui se-
guì nel viaggio di Nizza ed ni
quello di Busseto, anzi secondo
l'Alessi eziandìo di Giulio III e di
Marcello II j fu protomedico gene-
rale del collegio. Andrea Turini
fratello di Baldassare famoso datario
di Leone X, ancoi-a di Paolo HI,
e di Lodovico XII e Francesco I
re di Francia, Matteo Corti, gran-
de antagonista del precedente, con
provvisione di mille ducati d'oro
di camera ; a suo consiglio nel
viaggio di Marsiglia il Papa si por-
tò l'acqua del Tevere, pur mori
mal soddisfatto di lui, ma a torto
pel cambiato sistema di vita: pres-
so gli uomini la medicina è sogget-
ta plus reprehcnsionis , quarn ho-
noris, dandosi a Dio le guarigio-
ni e le morti ai medici. Divenne
medico di Cosimo I, che in mor-
te r onorò di elogio. Francesco
Buonfini. Lodovico Augeni della
Marca, con qualche dubbio. Sem-
pronio Amaranti spolctino ben ri-
munerato. Bartolomeo Emmanucli
fiorentino, e Gio. Francesco suo
figlio, canonico di s. Pietro e ge-
neral protomedico , sebbene non
certo. Mario Gajo da Cagli, che
molto guadagnò in gioie, massime
dalle principesse romane. Tomma-
so Cadaniosti da Lodi, pure di
Paolo 111, che lo vedemmo con-
clavista per l'elezione di Clemente
VII, canonico con diversi benefi-
zi e cariche ecclesiastiche. E dub-
bio che fossero medici di Clemente
VII, Bernardino Lilj, Gio. Batti-
sta Alemagna, Giovanni Gamucci,
Paolo Giovio, Giosuè Caucci mar-
chigiano, Antonio Musa Brasavola,
che si dice ancora di Leone X e
Giulio III. In qualche occasione
lo curaiono Gio. Battista Teodosj
di Parma, e Scipione Vegio se-
9
i3o MED MED
nalor di Milano e protomedico del Francesco Festo d'Aspra, che fu
duca, adoperato nell'ultima infer- conclavista nel 1^49 e buon medi-
mità del Papa. co, ma poco fortunato con Paolo
Paolo IH Farnese, eletto nel 1 534, IV, Pio IV, e con s. Pio V, ai
ebbe per archiatri, oltre sei dei quali si esibì sempre per medico
nominati, Alfonso Ferro napoletano, palatino. Paolo Bdmessere di Pon-
e siccome pure cft/Vurg^o, a quell'ar- tremoli, poeta laureato da France-
ticolo di lui si parlò, avendo ser- sco I : forse ne fu figlio Fabio Bel-
vito altri Papi. Giacomo Buonacos' messuri che venne proposto a me-
so ferrarese ecclesiastico, perciò ebbe dico di Pio IV, E incerto che fos-
più benefizi, anche di Giulio III. sero medici di Paolo III, oltre i
Silvio Zeffìri. Tiberio Palelli di Sa- ricordati, Giacomo PreftLli di Nolo,
bina, cavaliere di s. Pietro, lo a- ben affetto a Paolo IV. Francesco
vea servito da cardinale; con 200 Gaddi paesano del Papa, e cerla-
ducati di stipendio all'anno qual ar- niente medico de'Farnesi. Gio. Frati-
chiatro intimo, segtiì il T^apa a cesco Brancnltone, molto stimalo
Perugia, e scrisse a' cardinali adu- dal Nifi. Girolamo Fracastoro, ben-
nati in conclave per la sollecita e- sì medico dei padri del concilio
lezione^ mentre per l'aria corrotta di Trento, che consigliò trasferirsi
avrebbero sofferto una spellicciata, a Bologna per la pestilenza ohe so-
Giacomo Marsilf beneficiato di s. vrastava. Ai chirurghi rammenlati
Pietro. Giacomo Manlini giudeo di si aggiunga Beiiedeltn Giuiij di
Spagna, proteggendo Paolo III i Como, riportato all' articolo Cni-
giudei con dolore del Sadoleto, com- rurgo. Ivi riportammo altresì il
pose più libri. Giovanni Aguilera nome dei sei chirurghi entrali in
spaguuolo, poi di Giulio III, ere- conclave nel i549 P^'' morte di
dandolo il Marini altro e famiglia- Paolo III; e dicemmo nel voluuie
re di Clemente VII ; tuttavolta lo XV, pag. 286, de'sei medici e del
dice portato da Salamanca in Ro- motivo perchè con questo unico
ma dal cardinal Alvarez di Tole- esempio vi furono ammessi : ce-
do, il quale ebbe a medico ordina- co i loro nomi. Giustiniano Fi-
rio il famoso spagnuolo Giovanni netti da Monte Lupone, protome-
Falverde (che concorse con altri dico nel i555. Giulio Fusconi
per essere fatto archiatro di Pao- da Norcia o forse Giuliano medico
Io IV), e lo portò seco per con- del precedente conclave. Remigio
clavista nel i549, esempio prati- de Feroni, chierico di Liegi, poi
cato da altri cardinali : fu canoni- chirurgo della famiglia di Giulio
co di Salamanca con altri benefizi. Ili . Giacomo Canani ferrarese .
Cosimo Giacomelli romano, prò- Maestro Natale. Giovanni d'Agni'
tomedico nel i557, o meglio pri- lera protomedico del Papa defunto,
ma, restando in corte di Giulio Però ne'ruoli palatini e nella bolla
111 e Paolo IV: vi fu altro medi- de'privilegi concessi ai conclavisti,
co romano Giacomo Giacomelli con- si aggiunge Pellegrino Pasqualini
clavista nel i523, che possedette di Modena. Giulio III ebbe a u)e-
casa presso s. Maculo ornala di dici, oltre i summentovati: ^rj/<^/oi'mo
statue e busti antichi, vicino alla Baldovini primario ed intimo ar-
qiiulc, e con statue, ebbe la sua chiatro, che lo serviva da cardina-
1p, e perciò qual legalo al concilio
lii Trento fu con lui, e consigliò
col Fracastoro la traslazione, indi
entrò in conclave col medesimo per
conclavista. Lo arricchì di entrate
ecclesiastiche e fece vescovo di Ma-
riana, donde lo traslalò ad A versa,
restando però sempre a'suoi fianchi.
Agostino Ricchi di Lucca, preso in
medico domestico con annui 200
scudi d'oro, pel determinato tempo
di cinque anni, quanti appunto ne
visse il Pontefice: intervenne alla
sezione del cadavere del cardinal
Campeggi nel 1 554- Gio. Battista
Canaiii giuniore. Ippolito Salviani
romano originario di città di Ca-
stello, che inoltre il Marini pose
nella serie de'medici della famiglia:
fu deputato dal cardinal camerlen-
go a dare in sua vece la laurea
a'medici ; protomedico del collegio
e custode delle antichità, medico
del conclave nel i565, essendosi
offerto per orchiatro a Paolo IV
colla mediazione del cardinal Sa-
Telli. Francesco Fiigìmelica pado-
vano, per pochi giorni, eletto ad i-
stanza de'medici Baldovini e Già-
romelli , indi medico conclavista
per le elezioni di Marcello II e
Paolo IV , ben rimunerato : per
poca salute erasi ricusato servire
Paolo III. Federico Donali padova-
no, inlimo confidente del Papa, già
medico del cardinal di Carpi che
ebbelo seco ne' conclavi i549 >
i555 e 1559, e lo fu di s. Pio
V subito eletto. Damiano Falentini
d'Arezzo, poi anche di Marcello II,
e coiìcorse per esserlo di Paolo IV:
ottenne un mensile assegno di die-
ciotlo ducali d'oro, in oro di ca-
mera, e mediante sborso di dieci -
mila ducati simili lo trasu^utò nei
figli e discendenti. Nicolò Fisinìno
da Siena, uolaro apostolico, conte
M£t) j3i
palatino e cavaliere aurato, non
pare che si trovasse alla morte di
Giulio III, perchè non ebbe le "ve
sti di lutto. Bernardino Guidoni
probabilmente sanese. Bernardo O-
deschi, forse dì Sutri come quel
Pietro eh' entrò conclavista ne' co-
mizi del 1559: però della famiglia, '
come lo era stato di quella di
Paolo III. Andrea Laguna spa-
gnuolo, che fece molti viaggi, ca-
valiere aurato; erudito, eloquente
e perito nelle lingue. Teodoro dei
Sacerdoti, ebreo, Giulio III con
breve de' 7 giugno i55o l'invitò
al suo Servizio. Incerto è se fosse-
ro archiatri, oltre i nominati, Bra-
savola e Cibo, Bartolomeo Maggi
chirurgo piuttosto che medico. Cu-
rarono Giulio 111 in qualche occa-
sione, Amato Lusitano ossia Gio-
vanni Rodriguez di Castel Bianco,
condiscepolo del Laguna : abiurato
il giudaismo volle essere cristiano,
ma agitato sempre da un torbido
ingegno, mori in Salonicchi nel
ghetto, professando apertamente gli
antichi errori , venendo reputalo
anche plagiario. F itale A latino di
Spoleto, ancor lui proveniente dal-
la sinagoga , zio del rabbino de
Pomi.
Marcello II nel suo brevissimo
pontificato, oltre il Falentini, ebbe
ad archiatro Gio. Ballista de Mon-
tepol, o meglio medico della fami-
glia : nel cardinalato lo curò Fran-
cesco Colombo detto Platone, peru-
gino ; nel pontificato è improbabi-
le o dubbio se fossero di lui me-
dici r umbro Giulio Cori , oltre
il Cibo e il Ricchi di cui si par-
lò. Del chirurgo Raslelli , dubita
il Marini della difesa che ne fece
il Polidori, che gli attossicasse una
piaga. Pel conclave furono medici
Francesco Frigimelica, Gio. o Pie-
i32 MED
tro Maria Friginielica, Pellegrino
Pasqualìni j e chirurghi il Rastelli
e il de Santi, stati iu quello del
1549. Paolo IV benché sempre
sanissimo, e che soltanto prima di
chiuder gli occhi prese qualche ri-
medio, solendosi curare colla dieta,
ebbe moltissimi medici e chirurghi,
laonde al primo marzo iSSg oc-
corse necessaria una riforma, per cui
gli ascritti restarono a sette, di i4,
16 o i8 ch'erano ne' quattro pre-
cedenti anni. Giovanni da Sessa,
non Girolamo IVisi di Sessa detto
daSezzeche gli ricusò il cardinalato,
annoverato tra* medici : altri ■ medici
li rammentammo piti sopra. Paolo
Lili o Giti o Manin da Farnese,
che quale amico e famigliare di
Pio IV entrò per suo medico, ma
poco visse. Pier Girolamo Fusconi
da Norcia. Ippolito Amici romano
o sabino. Francesco Aatracino, ed
Alessandro di Civita Castellana,
di cui si riparlerà. Giulio Graziosi
di Pergola, protofisico del collegio
nel i58o. Girolamo Giscaferri. An-
ionio Bilotti o Bellotti o F^allotli
beneventano, ch'ebbe con mero e
misto impero il territorio Pesco di
s. Angelo. E dubbio che fosse me-
dico di Paolo IV, Biagio Alessan-
dri, come lo è se poi il fosse di
Pio IV e di s. Pio V. All' articolo
Chirurgo registrammo que' sei, ad-
detti a Paolo IV, nel conclave del
quale vi entrarono Giacomo Ra-
stelli e Lodovico Monticoli; e per
medici Agostino Ricciù e Alessan-
dro Petroni, del quale riparlere-
mo. L'eletto Pio IV è incerto se
avesse per medici Francesco Gin-
nasi protomedico nel iSyS, padre
del celebre cardinal Domenico ; e
Pietro Antonio Cortft/gi da Volterra,
protomedico in diversi anni, e pos-
sessore d' una villetta a Frascati
MED
presso la Ruffina. Bensì furono ar-
chiatri di Pio IV, Gio. Andrea
Bianchi o Alhio di Parma. Pom-
peo Barba da Poscia. Simone Pa-
squa de Negri nobile genovese, fat-
to vescovo di Luni andò al conci-
lio di Trento e poi lo creò cardi-
nale. Gio. Francesco Manfredi da
Cremona che inutilmente concorse
con protettori per esserlo di Paolo
IV, e pare ch'entrasse in conclave
col cardinale divenuto Papa, che
lo arricchì di benefizi, ma per de-
litti lo fece carcerare. Gio. Batlisla
Biumi nobile milanese, fatto da
Carlo V suo protofisico, conte e
cavaliere palatino: Pio IV nell' e-
stremo di sua vita lo chiamò con
5o scudi il mese e mantenimento
di quattro suoi famigliari e due
cavalli. Gio. Paolo Gui ducei. Fran-
cesco Faa da Casale, antico servò
del Pontefice; Giovanni de Lorenzi,
e Paolo Claranle da Terni, tutti
e tre per la famiglia, cui il Lo-
renzi servì parimente in tutto il
pontificato di s. Pio V. Giovanni
de Giusti, altro medico, si sospetta
che fosse il Sergiusti archiatro di
Gregorio XI li. De' medici , chi-
rurghi e speziale di Pio IV ne
facemmo parola all'articolo Chirur-
go: egli creò cardinale il celebre
veneto Commendone, figlio d' uu
medico. Nel conclave furono medi-
ci Federico Donati, Giovanni Pa-
cinij e chirurgo Scipione de Ros-
si. Eletto nel i566 s. Pio V, ebbe
a medici: Gio. Giacomo Alardo
provenzale, non conosciuto dal di-
ligentissimo Marini, poiché leggo
nel Grassi, Meni, istor. di Monte-
regale o Mondo vi, t. I, p. 94, che
s. Pio V già vescovo di Mondovi
scelse a suo medico ordinario l'A-
lardo ch'era stato annoverato alla
cittadinaniia moregalese, e gli riuscì
MED
sommamenle accetto. Agostino Bn-
glìoni, promosso al vescovato d'Ales-
sandria. Già. Francesco Marenci o
Marenghi nel iSGg in luogo del pre-
cedente. Mode.stino Casini Elpidia-
tiuni. Placido Foschi da Monlefiore,
eli 'erasi maneggiato per essere tra gli
iirchiatri di Pio IV : legittimando
l'aolo IV un suo bastardo, nella
bolla lo dice nato da persona no-
bile, et de genere coniidim, certa-
mente per la comitiva palatina che
avea suo padre. Placido fece scolpire
in s. Onofrio una lapide alia tom-
ba di Lattanzio suo fvaieWo faniilia-
ris inlrinsecus Pauli IF, lictt fuis-
set male remuneratiis propter pravas
iiividioruni infornialiones, come scris-
se il diarista Firmano. E noto, che
ia gloria e un certo stato di pro-
sperità, agli occhi dell' invidia è de-
litto : senza meriti non s' invidia. Il
Marini sembra persuaso che Lat-
tanzio fosse padre e non fratello al-
l'archiatro. Arias Filippo porto-
ghese, raccomandato al Papa dal-
l'oratore di sua nazione. Pietro da
s. Paolo. Giorgio Ajola forse fio-
rentino. Pietro Crispo di Sabina
per le premure del cardinal di
Trento, indi protomedico. Michele
Mercati di s. Miniato, direttore del-
l' orto botanico del Vaticano (tro-
vandosi ne' ruoli palatini col titolo
di semplicista o custode di detto
orto) affidatogli da s. Pio V in età
di vent'anni; raccoglitore d'una
collezione mineralogica, dopo essere
stalo archiatro, secondo diversi scrit-
tori, di dello Papa, di Gregorio
Xlll e di Sisto V, questi ad i-
stanza del Mercati fondò la metal-
loteca Vaticana, e designò il loca-
le che dovea contenere la delta
collezione, eh' era composta di due
parti, una di minerali, l'altra di
sostanze metallifere. Sisto V aveva
MED i33
risoluto di far costruire una splendi*
da galleria per servire di melalloteca,
il cui disegno riprodusse col ritratto
del Mercati la distribuzione 36 del-
Y Album i844> pieso dalla sua ope-
ra che Clemente XI nel 1 7 1 7 fece
pubblicare con giunte dal suo fa-
moso archiatro Lancisi, con questo
titolo: Metallotheca opus posthu-
mani e tenehris in lucem. eie.
( Della melalloteca non se ne trac-
cia neppure la località ; quanto
all'opera del Mercati, comechè pie-
na di teorie, oggi rigettate, vi hanno
attinto molti scrittori moderni, co-
me mi diceva un valente medico,
chiamandoli cornacchie d' Esopo di
altrui penne vestite, senza mai ci-
tarne r autore primitivo). Quindi
nel 17 19 venne pure stampato: Ap-
pendix ad Metallothecani Vati-
canani additis notis et no vis iconi-
bus choclearum cornu Ammonis
forma. Mercati prestò gli ultimi
uffizi a Gregorio XIII, lo avvisò
dell* estremo suo pericolo, onde
parti dal mondo tranquillamente,
mentre gli altri medici lo aveano
lasciato credendolo malato leggier- .
mente : fu pur medico di Clemente
VIII che lo lece protonotario e
commendatore di s. Spirito, e fu
confortato nell' estremo punto da
s. Filippo e dal cardinale Baronio.
De' chirurghi di s. Pio V se ne
parlò a Chirurgo : per sua morte
entrarono in conclave il suddetto
Marenghi eh' ebbe quattro fave
contrarie, e restò per un volo ;
per l'altro medico furono ballottati
Teodosio Cerhelli o Cribelli di Col-
levecchio e fu piotomedico, ed al-
tro, ma vinse il primo per racco-
mandazioni. Per chirurgo furono
proposti tre , maestro Lodovico
Monticoli da Rimini, di molta re-
putazione, chirurgo di palazzo che
i34 MED MED
sezionò s. Pio V; il figlio Germa- sosUlulo chifuigo della famiglia
nico di maestro Giacomo da Perù- pontificia, già ricordato, clie colle
già cioè Rastelli, che fu chirurgo modeste sue iniziali va pubblican-
di più Papi ; e Giuliano Cecchini do ne' Diarìi e Notizie del giorno
di Sabina, poi chirurgo di più Pon- dì Roma importanti notizie sulle
tefìci e conclavi, come si vedrà : case abitate in Roma dagli uomini
vinse Lodovico per molte fave, il grandi, nel numero 4^ delle Noti'
quale cugino a Germanico, in sua zie del giorno 1846, nel dirci che
compagnia avea anche aperto il il Petroni abitò sulla piazza del
cadavere di Pio IV, sezione che il Gesù, parla di hii eruditamente,
maestro di camera voleva che fosse chiamandolo medico e amico di s.
fatta dal chirurgo del defunto Papa, Ignazio di Loiola, il quale nello
Scipione de Rossi, e il cardinal ca- stabilire le regole igieniche per la
merlengo da Lodovico e da Ger- sua compagnia di Gesù, si giovò
manico ; super quo fai t magna al- de' precetti fìssati da lui, e non vol-
tercalio, ac tandem camerarìus vo- le cambiar sillaba; che amò il pò-
luit vincere, cora« scrisse- il diarista verello, e nelle visite lo anteponeva
Firmani. al facoltoso, dicendo che a questo
Il Marini registra per primo me- non mancano mezzi per chiamare
dico di Gregorio XIII, benché ne chi vuole, perciò correva a chi non
dubiti, Alessandro Petroni di Cit- può chiamare altri. Altro medico
là di Castello , insigne filosofo e dubbio di Gregorio XIII fu Co-
professore di medicina , autore De starno Varoli, che altri chiamano
vieta rom. che citammo all' arti- chirurgo del Papa : lo curò straor-
colo Medicina,' De aqua Tiberina dinariamente Girolamo Mercuriale
ad Julium III , dialogus de re di Forlì, chiamato in Roma per
medica, che il Marini dice ancora curar gli abitanti da s. Pio V. Fu-
di Civita Castellana, chiamandolo rono poi medici di Gregorio XIII,
medico onorario di Paolo IV, ed oltre Mercati, Francesco Anlracìno
uno de' medici del conclave dopo di Macerata Feltria, giii di Paolo
la sua morte, come notammo di IV, probabilmente figlio di quello
sopra. Il eh, cav. Andrea Belli (al d' Adriano VI, i cui figli furono
quale piacque intitolarmi un sonet- ben provveduti. Gio. Battista Ser-
to, un' iscrizione, e de' sciolti per giusti, protomedico generale e pa-
la caduta della quercia di Tasso trizio lucchese. Annibale Gradano
sul Gianicolo, già celebrata nel- di Como, e protomedico. Francesco
l'Album, num. iS del 1 836, dal eh. Carretto summentovato. Basilio Pa-
cav. Visconti , eh' egli volle eoa ravicino. Tommaso Vannini. An-
parole per me onorevoli ramme- gelo Vittorio :. dei due ultimi ri-
morare nel numero 17 del Dia- parlerassi. Chirurghi furono Cecchi-
rio di Roma 1 846: affettuosi coin- ni , Monticoli e Giuseppe Zerla.
ponimenti riportali nel libro cita- Gregorio XIII creò cardinale Vin-
to all'articolo Fiori, insieme ad cenzo Lauri, già medico di Anto-
una elegia del sullodato Palmieri, nio re di Navarra. Nel conclave
ed alle epigrafi latine dei eh. lati- entrarono per medici Aurelio Sia-
nista Girolamo Lrmgeli figlio del gno di Modena, già protomedico,
valente farmacista) fino al 1847 Alfonso Catani pur modenese, e
MED
Cecchini per chiimgo. Sisto V an-
noverò nella sua corte per archia-
tii Antonio Porti marcliegìano di
Fermo, già .4nfontticci. Medoro Pa-
triarca di Grolle a Mare poi di
Clemente Vili e Paolo V, e proto-
medico. Anrirca Bocci di s. Elpi-
dio. Non è coito che lo fossero,
Castore Durante vocnano, che scrisse
il Tesoro della sanità che dedicò a
d. Camilla Perelti sorella di Sisto
V, acciò colla sua vigilanza e col
maturo consiglio del Porti, potesse
vegliare alla di lui conservazione.
Gioi'anni Zecca bolognese, forse
eziandio di Clemente Vili. Eliseo
Calcagni. Antonio Righi di Sasso-
ferrato, protomedico. Chii-urgo fu
Cecchini. Entrarono in conclave
Rodolfo Silvestri, Zecca e Cecchini.
Urbano VII ebbe per medico De-
mctiio Canevàri genovese, ricordalo
superiormente come medico della
compagnia del ss. Sagramento. Al
brevissimo pontificato successe il
conclave in cui entraiono Rodolfo
Silvestri, Zecca e Cecchini stati
nel precedente.
L'eletto Gregorio XIV ebbe a
medici segreti il Silvestri amico di
8. Filippo, e protomedico; e Simo-
ne Castelvetro di Modena ove l'a-
lea curalo da cardinale, con man-
tenimento per lui e per tre servi.
Aferoldo Meroldi di Udine. An-
drea Gabrielli di Senigallia o di
Scapezano, conclavista del cardinal
Tuisticucci nella sede vacante di
Urbano VII. Ottaviano Buccarini
a leti no. Antonio Oltobelli. Guidone
Bcnedelli. Odoardo Lopez o Lopio
romano, anche d' Innocenzo IX,
Clemente Vili, e Paolo V, e pro-
tomedico, chiamandosi in un bando
medico palatino. Giacomo Lampu-
guani milanese e protomedico. Ste-
fano Fontani da Cerreto. Furono
MED i3d
chirurghi oltre Monticoli, Antonio
Maria, Gaspare Milanese, e Dio-
mede. Dell' oro e gemme date in
polvere a Gregorio XlP^y veggasi
la di lui biografia. I nominati
Vannini , Vittori e Cecchini fu-
rono ammessi in conclave. Inno-
cenzo !X ebbe a medico il Lopez
e Vincenzo Balducci, pure di Leone
XI, ed in chirurgo Cecchini. En-
trarono in conclave pel brevissimo
regno i precedenti. Clemente Vili
tenne per archiatri : Girolamo Cor-
della. Girolamo Provenzali, poi fat-
to arcivescovo di Sorrento. Girola-
mo Rossi ravennate. Giacomo Bo-
naventura di Lecce o di Barletta.
Gin/fedo Gamharana. Sigismondo
Brumani di Cremona. Filippo Ca-
r adoro. Fabrizio Barberi d'Ariano.
Andrea Cesalpini dì Arezzo, che
lodammo all'articolo Medicina (e
che Clemente Vili mandò in s.
Onofrio a visitare e curare il gran
Torquato Tasso). Pier Gemile de
Fabrizi da Sestino. Pier Simone
Fausti da Mont'OItno. E dubbio se
lo fossero Giulio de Angelis, proto-
medico, e commendatore di s. Spi-
rito. Nicolò Masini cesenate, stu-
dioso delle antichità lasciò una buo-
nn collezione di medaglie. Rinaldi-
ni. Chirurgo il Cecchini. Nel con-
clave si scelsero i suddellì Silvestri,
Balducci e Cecchini: stava per eleg-
gersi Papa il cardinal Paolo Emilio
Zacchia infermiccio, quando i car-
dinali consultarono i medici, che
giurarono che avrebbe al piò vis-
suto altri tre mesi. Il p. Gattico
a pag. 345 degli Ada, ne ripor-
ta la dichiarazione: essa è sottoscrit-
ta però da un Pandulphus Silvi-
stuus e Vincenlius Balduvius. Leo-
ne XI ebbe a medico il detto Bal-
ducci, e pel suo brevissimo pon-
tificato, onde entrarono in conclave
i36 MED
Silvestri Baldurci, Fausti e Cecchini.
Paolo V oltre i menlovali prese per
medici: Vittorio McroUi di Sassofer-
rnfo, che da prelato curò il l'apa,
chiudendolo in una aperta mula. In-
trodusse in patria i carmelitani scalzi,
cui lasciò una casa e buona parte
del ricco patrimonio; e nella chiesa
degli agostiniani edificò una cap-
pella a s. Kicola confessore nel i6i3j
e da' fondamenti eresse la facciata
della chiesa, in cui si legge Memi-
lius abhas s. Salvatoris de Calarne-
no. Cinzia Clementi ebbe il cano-
nicato del precedente. Lodovico
Dubosco. Pompeo Caimi, però in-
certo. Con questi 1' eruditissimo Ma-
rini termina le sue importanti illu-
strazioni, quindi riporteremo con lui
i nomi de' medici e chirurghi pon-
tificii e del conclave, e vi aggiun-
geremo con schiarimenti altri si-
no a' nostri giorni.
Nel conclave per morte di Paolo
V furono scelli, il Clementi, Camil-
lo Gori, e Prospero Cecchini chi-
nn'go. Gregorio XV ebbe a medici
Bernardino Castellani, Gio. Maria
Castellani, Francesco Cerrini. Nel
conclave, Gabriele Fonseca e il det-
to Cecchini. Urbano Vili : suoi me-
dici, Domenico Rivarola, Sebastiano
Vannini, Giulio Mancini, Taddeo
Collicola, Pietro Servio, Silvestro
Collicola anche della compagnia del
ss. Sagramento, Gio. Giacomo Bal-
dini per circostanza straordinaria, e
Giovanni Trulli chirurgo dell' infer*
meria di palazzo. Nei pontificati di
Paolo V e Urbano Vili il celebre
Giovanni Fabri di Bamberga lin-
ceo, custode dell' orto botanico,
quantunque non fosse loro archia-
tro, pure fu detto medico e sempli-
cista del Papa. Nel conclave: il
Fonseca, il Collicola, e Nicolò Lar-
chc chirurgo. Innocenzo X: suoi
MED
medici, Baldo Baldi , il Fonseca,
(.iulio Cesiire Marsella, Carlo Go-
n)ez, il Baldini, Giovanni Tiracor-
da, Marcello Luzi della famiglia, il
Larclie chirurgo. Nel conclave: Mat-
teo Parisi di Benandi, Antonio Ma-
ria de Rossi, il Trulli chirurgo. A-
lessandro VII: suoi medici, Mattia
Naldi sane.se, Paolo Zacchia, Fran-
cesco Moreschini della famiglia con
Matteo Parisi; chirurghi Larche e
'Trulli. Nel conclave; il Parisi, il
Tiracorda, Gabriele dalla Porta chi-
rurgo. Clemente IX: suoi medici,
Benedetto Rita, della famiglia Fran-
cesco Farresini e Cesare Manucci ;
chirurghi il Trulli e il Porta. Nel
conclave: il Manucci e Cesare Mac-
chiati ; chirurghi Porta e Gio. Bat-
tista Pieri. Clemente X : suoi me-
dici, Florido Salvatori, della fami-
glia Vincenzo Paolucci ; chirurghi
Porta e Pietro Cittadini. Nel con-
clave: Giambattista Ferrari, Giro-
lamo Brasavola, e il Pieri chirurgo.
Innocenzo XI : suoi medici, Fran-
cesco Santucci, e Gio. Maria Lan-
cisi di Borgo s. Sepolcro; della fa-
miglia Andrea Masetti, il Brasavo-
la, ed Angelo Modio spoletino ;
chirurgo Ippolito Magnani. Nel con-
clave: Giambattista Fossombroni di
Arezzo, Giovanni Trugli romano;
chirurgo Giovanni Ganibara. Ales-
sandro Vili: suoi medici, Romolo
Spezioli, della famiglia Pietro Ve-
l'ospi, chirurgo Alessio Sprilla. Nel
conclave : il Fossombroni, il Modio,
Mario Cecchini chirurgo. Innocenzo
XII : suoi medici, Marcello Malpi-
ghi e Luca Tozzi; Benedetto Du-
fanx chirurgo, l medici e chirur-
ghi della famiglia, se i solili, non
li ripeliamo. Nel conclave: Gio.
Maria Lancisi, Girolamo Sinibaldi,
chirurgo Cecchini. Clemente XI:
suoi medici, Gio. Maria Lancisi ,
MED
Michelangelo Paoli di Pesaro già
della famiglia, della quale ancora
Giacomo Sinibaldi romano, Fran-
cesco Soldati, Gio. Battista Niicca-
rini di Foligno, Pietro Cesconi chi-
rurgo soprannumero. Nel conclave:
Paoli e Nuccarini, e Vittorio Ma-
sini chirurgo. Innocenzo XllI: suoi
medici, Michelangeli (il Novaes lo
chiama Nicolò di Roccacontrada);
della famiglia Giuseppe -Maria Fia-
schi e Nuccarini . Nel conclave :
Giovanni Tommasi, Nuccarini e Ma-
sini che il Novaes chiama Marini,
lìenedetto XIII: suoi medici, Paoli
e Nuccarini, della famiglia Michele
Vitelli e Filippo Modio; chirurghi
Masini e Domenico Cecchini. Nel
conclave: Alessandro Pascoli peru-
gino, Francesco Soldati romano, e
Masini. Clemente XII: suoi medici
Antonio Leprotti modenese; della
famìglia Cosimo Grilli e Pietro Pao-
lo Ciampoli ; chirurghi Masini e
Cecchini. Nel conclave: i| Leprotti ,
Michelangelo Luciani romano ed il
Masini. Benedetto XIV: suoi me-
dici , il Leprotti, e Marc' Antonio
Laureali bolognese, e per onorario
Giuseppe Pozzi; della famiglia Na-
tale Saliceti corso, soprannumeri
il Ciampoli, il Grilli, Gregorio Gre-
gorj e Luigi Lolli; chirurghi il
Masini, il Cecchini, e soprannumeri
Carlo Guatlani e Carlo de la Bois-
sier. Nel conclave: Gio. Lorenzo
Guarnieri , Giuseppe Candidi, e la
Boissier. Clemente XIII: suoi me-
dici, Cristoforo Zannettini, della fa-
miglia Aniceto Massa ec, soprannu-
meri Pietro Zannettini, Gio, Batti-
sta Leporelli; chirurghi soprannu-
meri. Paolo Pizzamiglio, Francesco
Pieratli, e Pietro Maria Giavina.
Nel conclave : Giuseppe Candidi,
Fulvio Filippani, e la Boissier. Cle-
pieiilp XIV (fìglio di Lorenzo Gan-
MED i37
ganelli di sant'Arcangelo medico di
s. Angelo in Vado): suoi medici.
Pasquale Adinolfi della città di Ca-
va, Giovanni Bianchi riminese me-
dico segreto onorario; della fami-
glia il Saliceti ed i mentovati; chi-
rurghi la Boissier ed Antonio Biagi.
Il celebre chirurgo fiorentino Nan-
noni, trovandosi in Roma per un'o-
perazione, fu consultato per la va-
cillante salute del Papa: gli atte-
stati dei due archiatri, presenti al-
l'apertura del cadavere, rimossero
ogni sospetto di veleno. Nel con-
clave: Giuseppe de Rossi, Giuseppe
Maranelli, Giuseppe Flajani chirurgo.
Pio VI: suoi medici, Natale Saliceti
corso, Giuseppe de Rossi da Camerino
medico segreto onorario ; della fami-
glia Luigi Lolli, Ruggero Viviani
romano, soprannumeri Zannettini e
Leporelli; chirurghi Flajani, Bois-
sier e Biagi. Con questi termina
la serie il eh. Marini, che noi pro-
seguiremo sino ad oggi, e secondo
il suo sistema riporteremo le noti-
zie di alcuni medici e chirurghi
effettivi de' Papi, o che in qualche
circostanza li curarono o vennero
consultati.
Dai ruoli di Pio VI del 1778,
leggo : il Saliceti cameriere segreto
con parte di pane e vino, e scudi
45 mensili pel companatico; il de
Rossi cameriere segreto, senza alcun
compenso; con parti di pane e vi-
no, Lolli e scudi otto mensili, così
il Viviani; Zannettini colla sola par-
te, nulla Leporelli; Flajani come
chirurgo della persona di Nostro Si-
gnore, soli dieci scudi al mese ; a
Boissier soli scudi 9:5o, altrettanto
al Biagi ; il Giavina soprannumero
senza emolumento; a Pizzamiglio
sostituto, compresi scudi 3 prelevati
dal precedente, scudi 6. Nel viag-
gio di Vienna del 1782, Pio VI si
iSf^ MED
porlo il medico de Hossi, e Filippo
Morelli scopatore segreto e chi-
rurgo. Giuseppe 11 donò al primo
una scatola d'oro smaltata , al se-
condo una gran medaglia d'oro.
Nella malattia del 1791 il re di
Napoli offri a Pio VI il suo cele-
bre medico Cotugno. Quando il Pa-
pa nel 1798 fu trasportato in Sie-
na e poi in Francia prigioniero, lo
seguirono il medico Rossi, die poi
l'abbandonò per restituirsi in Ro-
ma, onde in Siena lo curò il dot-
tore Giuseppe Lodoli; il Morelli che
fece poi da maestro di casa, e Fe-
lice Melia chirurgo e professore den-
tista. Il Baldassarri, Relaz. de pati-
menti di Pio VI, p. 335, narra
»;he il Papa mostrò gran desiderio
di condor seco Sisero suo chirurgo,
ma si ricusò; monsignor Rossi me-
dico ordinario dopo qualche esitazio-
ne consenti ad accompagnarlo, e in
abito prelatizio col maestro di ca-
mera prese luogo nella carrozza col
Papa. Quanto alla sezione del ca-
davere di Pio VI in Valenza, la
fece Filippo Morelli suo scopatore
i>cgreto, il quale avea studiato la
chirurgia, e nell'atto di tale ope-
razione viene chiamato chirurgo del
Papa, e di avere in tutto operato
con arte e diligenza, e sulla cassa
mortuaria vi pose il suo sigillo. A
questa sezicnie ed iinbalsamatura
furono presenti Luigi Duchadoz,
medico di Grenoble, fìilto venire in
Valenza per curare Pio VI, e Bar-
tolomeo Blein medico di Valenza,
che pure curò il Papa nell' ultima
malattia, ambedue eccellenti nel-
l'arie loro. Cos'i il Baldassarri voi.
JV, p. 244 e seg. Celebratosi il
conclave iiel i8oo in Venezia fu-
rono eletti medici Carlo Porla, il
quale ebbe poi una pensione dal
palazzo apostolico di scudi venti men-
MED
sili, e Giovanni de Piccioli mf?dieo
di Venezia, che poscia fu dichui ra-
to medico onorario pontificio e dal-
l' imperiai governo nominato proto-
medico e consigliere. Per chirurghi
furono scelli Francesco Maria Nesi,
e Felice Melia già di Pio VI. Inol-
tre il Porta venne fatto dall'eletto
Pio VII suo medico, non cameriere
segreto subito, ma in seguilo vi fu
dichiarato con titolo non piii di o-
norario ma di medico segreto, non
che medico della famiglia, pensio-
nato quindi con otto scudi. Chirur-
go di sua Santità, Camillo Cecca-
rini romano, già chirurgo de' mo-
naci di s. Calisto, ai quali appar-
tenne il Papa. Medici della fami-
glia, il Viviani , suo coadiutore
Tommaso Filippani. Dipoi, medici
onorari di sua Santità, Giovanni
Piccioli suddetto, Tommaso Fran-
cesco Prelà di Bastia, e Luigi cav.
Angeli d' Imola, che a quell'articolo
lodammo, già medico di quel vesco-
vato, che prima di ascendere alla
cattedra di s. Pietro, e per un tem-
po ancor dopo tenne Pio VII. Chi-
rurghi onorari di sua Santità, Fran-
cesco Maria Nesi, e Giovanni de
Rossi . Medici della Janiiglia ponti-
ficia, Filipanui e Prelà mentovati.
Nel viaggio di Parigi seguirono
nel i8o4 Pio VII, monsignor Por-
ta archiatro e il chirurgo (Jeccarini.
Il Prelà medico primario dell' arci-
spedale di s. Spirito, qual medico
del duca d. Luigi Braschi Onesti
nipote di Pio VI comandante delle
guardie nobili, fece parte del segui-
to pontificio, e per le sue nobili ed
egregie qualità riuscì grato al Papa.
Deportato questi nel 1809, nella
sua prigionia lo seguirono il chi-
rurgo Ceccarini, e il medico Porta
che poi ritornò in Roma: il chi-
rurgo, col maestro di camera, il
MED
cappellano segreto, e il primo aiu-
tante di camera Moiiaghi laggiun-
geio Pio VII a Ratlicofaiii, inentie
il medico col secondo aiutante di
camera Morelli arrivarono il Pon-
tefice in Alessandria. 11 Prelà re-
stato in Roma continuò ad eserci-
tare 1' uftlzio d'ispettore de' cedici,
chirurghi e farmacisti de' poveri
ne' XIV rioni di Roma, pietosa pon-
tifìcia fondazione dipendente dal
prelato elemosiniere, che sua mer-
cè fu conservata per quel libro che
compose, e di sopra ricordato, in
cui dimostrò che eretta dagl' impe-
ratori, i Pontefici la conservarono
gelosamente, e che quando Valen-
tiniano giuniore voleva menomarla
in parte, abolendo l'ordine di suc-
cessione, sórse il gran difensore dei
len)pli cristiani, il prefetto Simma-
co, che all'imperatore disse: di^'iis
genitor vester inCer alia quae in bo-
iium puhlictim conlulit, edam vie-
dendi professorihus dedit ordinrrn
successionis. . . . hanc formavi aetas
secjHula servavit, ec. Era ben ragio-
nevole, che né per malattia, né per
vecchiezza, né per altri impedimen-
ti che sopravvengano a* medici, la
salutare assistenza agi' indigenti man-
casse, e quindi provveduto si fu al
soprannumeralo di abili giovani dot-
tori, che prestando gratuito aiuto
a' titolari, succedessero ad essi con
privilegio. Restituitosi Pio VII glo-
riosamente in Roma nel i8i4> di-
chiarò il Prelà cameriere segreto e
suo archia4ro col solilo titolo di
monsignore. In seguito furono fatti
medici onorari di l^io VII, il Fi-
lippani, Gio. Battista Micocci, Isi-
doro Agricola Scardini, Giambattista
Romba della diocesi d'Aquila, pro-
fessore di fisiologia ueir università
romana, di celebre fama, e di cui
abbiamo : De Pontifìcibiis mtdicis
MED iSc)
ant medicorum filiis commenlarium
notis auctiim ss. D. N. Pio VII
(che curò nell'ultima malattia col
lodalo archialro) P. O. M. D. D. D.,
Romae 1821. Per morte del Cic-
carelli divenne chirurgo di sua Snu-
lità, Giacomo Sanson romano. I\Je-
dici della famiglia, Vincenzo Ce-
rasoli, Pietro Sciarra, Gian Vincen-
zo Ainbrogi, oltre i soprannumei i.
Chirurghi onorari, Antonio Pane,
Paolo Frosoni. Chirurghi della fa-
miglia, Francesco de Rossi, il San-
son, con Luigi Giuliani per primo
soprannumero, per non dir degli
altri, il Frosoni sostituto, ed il cav.
Andrea Belli suo coadiutore. Coi no-
minati in principio dichiarammo gli
effettivi medici- e chirurghi palatini
attuali, e cogli ultimi la successione
sino a loro. Quanto al Prelà, egli
fu assiduo nelle cure eh' esigevano
r età dell' alfaticato Pio VII. Fu
quindi benemerito di diverse cose,
come delle due scuole cliniche di
medicina e chirurgia stabilite la pri-
ma in s. Spirito, la seconda in s.
Giacomo; dello stabilimento ostetri-
co dell' elemosineria apostolica, olire
le levatrici regionarie (su di che è
a vedersi : Istruzioni di monsignor
elemosiniere per i professori ostetri-
ci, le levatrici regionarie, ec. Roma
18 18); del suo illustre nipote mon-
signor Michele Viale Pielà, al pre-
sente arcivescovo di Cartagine e
nunzio di Vienna fatto da Gregorio
XVI; e della patria, cui lasciò mo-
rendo nel 1846 la sua preziosa biblio-
teca the ricca di diciasseltemila vo-
lumi massime di rare opere mediche,
con molta spesa e zelo erudito raccol-
se. Se ne legge la bella biografìa
iìe\W4tbum di detto anno, distri-
buzione ig, ove s'indicano le prin-
cipali accademie cui appartenne, gli
ordini equestri di cui fu insignito,
i4o MED
fra' quali di s. Gregorio Magno e
di Cristo per beneficenza di Gre-
gorio XVI, e che fu (decano pre-
sidente del collegio medico chirur-
gico) professore onorario e bene-
merito dell'università romana, e che
la patria Bastia nella chiesa nazio-
nale di s. Luigi de' francesi di Ro-
ma, per riconoscenza gli erigerà un
nìarnioreo monumento, di prospet-
to a quello dell' archiatro Saliceti,
Nel conclave del 1823 per morte
di Pio VIF, il sacro collegio elesse
a medici, il ' lodato Giambattista
Bomba, e Michelangelo Poggioli ro-
mano, e per chirurgo Antonio Bac-
celli di s. Vito. L'eletto Leone XII
dichiarò medico Michelangelo Pog-
gioli romano, professore di botanica
teoretica nell'università romana,
membro del collegio medico-chirur-
gico, e direttore del vivaio romano
delle piante e pubbliche pianta-
gioni; e per chirurgo Filippo To-
dini, de* quali scrivemmo nel voi.
XXXVIII, p. 77 e 78 del Dizio-
nario, parlando della malattia che
condusse al sepolcro Leone XII,
nella quale prestò anche l'opera il
celebre chirurgo Giuseppe Sisco di
Bastia, cui il prof. Chimenz fece
meritevole elogio nell' Album, distri-
buzione 35, del 1842. Lo chiama
oracolo della chirurgia, dice aver il
Sisco curato Pio W che lo dichiarò
suo chirialro, Carlo IV colla regina sua
moglie; che fu consultato più volte
da Leone XII, e che fu largo della
sua scelta biblioteca e di altre benefi-
cenze coir arcispedale di s. Giacomo.
Kcl conclave 1829 i cardinali scel-
sero per medici il lodato Miche-
langelo Poggioli, e Francesco Va-
lori di Narni, e per chirurgo Fran-
cesco Bucci di Civita Ducale nel-
l'Abruzzo, diocesi di Rieti. L'e-
letto Pio VUl \\o\\ dichiarò né il
MED
medico, né il chirurgo: lo curò Del-
l' ultima malattia il eh. cav. Do-
menico Lino Morichini di Civita-
tantino, professore dell'università ro-
mana negli elementi di chimica, per
cui ebbe in compenso scudi 2^0;
ed il chirurgo barone Antonio Tras-
mondo romano, professore nelle isti-
tuzioni della chirurgia teorica anche
forense, che ricevette per Io stesso
titolo scudi i5o, U Album y d'ambe-
due riporta la biografia, distribu-
zioni 4' del i836, 26 del 1841.
Del primo, oltre i dovuti elogi, vi
è l'elenco di XXIII opere da lui
pubblicate; del secondo, cui fu co-
niata una medagha, si dice che pre-
stò l'opera sua al re Carlo IV e alla
regina di lui consorte, non che a
Pio VII, citandosi dal biografo cav.
Fabi Montani, altro elogio del cav.
Andrea Belli inserito nel Diario di
Roma. Pel conclave i83o-i83i,
il sacro collegio nominò medici
Giambattista Bomba e Pietro Sciar-
ra d' Arsoli summentovati, chirur-
go Gaetano Olivieri romano. L'e-
letto Gregorio XVI, per la sua ro-
busta salute non credette dichiarare
il medico e il chirurgo, bensì volle
beneficare con pensione palatina
mensile di quindici scudi, France-
sco Bernardini di Palestrina, me-
dico soprannumero della famiglia
pontificia, professore dell' università
romana nella medicina politico-le-
gale. Compassionando poi la condi-
zione de' famigliari domestici ponti-
fìcii dopo la morte del Papa, con
chirografo del gennaio i832 volle
stabilire un fondo per le pensioni
che loro destinò , senza aggravio
de' palazzi apostolici, ordinando che
gli onorari del medico, del chirur-
go e del credenziere segreto, non
che certe pensioni palatine alle vai-
caiize, tutto si ponesse perciò a ria-
MED
vestimento; ne ottenne pienamente
V intento con eterna benedizione
del suo nome, poiché onde il bene-
fizio passasse anco ne' posteli, la di-
sposizione a cagione del fondo da
lui formato co'suoi risparmi, riguar-
da pure ed in perpetuo i famiglia-
ri de' suoi successori, a cui pel pri-
mo de' Pontefici provvidcj com' e-
spressamenle si legge in altro suo
chirografo del iSSy, in cui ampliò
tali beneficenze. Wè si deve occul-
tare, che conferì pensioni, onorò ed
esaltò alcuni famigliari di Lecine
XII, e ne assegnò a tutti quelli di
Pio VJII, altri promovendoli a ca-
riche e dignità. Tultavolta in pro-
gresso di tempo per qualche inco-
modo scelse a chirurgo particolare,
e lo curò pure come medico, Paolo
Baroni bolognese, professore della
patria università, e successivamente
l'onorò de' cavalierati dello speron
d'oro, di s. Gregorio, e di s. Sil-
vestro, dichiarandolo colonnello di-
rettore della sanità militare (per
cui nelle villeggiature e viaggi se-
giù il Pontefice con tale uniforme
nelle carrozze palatine, e fu am-
messo più volte alla pontificia men-
sa, però a cagione di sua assenza
nel viaggio del i84i delle Marche,
Umbria, ec. il Papa portò seco il
R.mo p. Benedello Vernò romano
generale de' Benjralelli, siccome for-
nito di cognizioni mediche e chi-
rurgiche, gratificato con pensione, e
colla serie ili tutte le medaglie pon-
tificie), consigliere per le maleiie
sanitarie, e membro della congre-
gazione speciale sanitaria, giatiii-
candolo ancora con pensione e as-
segno mensile.
Solennemente dichiaro rjiii a lui
la mia ammirazione e profonda
stima per la lunga, assidua ed a-
morevole assistenza prestata al Pa-
MED i4i
pa, come testimonio oculare, non
che per le doti che ornano il
suo animo egregio , quali furono
celebrate dallo stesso Pontefice nei
tre brevi de' tre ordini equestri di
cui volle decorarlo. Nella nomi-
na a cavaliere dello speron d'oro,
in data 8 gennaio i836, si leg-
ge. Te cujus laiides in inedicae ar-
lis qiiae wami ciirat, seit cliirurgiae
scitnlia ac perilia omnium judi-
cio celebranlur, oh sincera t2i Inani
erga Nos, et Scdeni praediclani fideni
et devolioneni, aliaque tua merita con-
dignis gratiae et hencpcentiae nostrae
fai'oribus prosegui i'olenles. iS'ella
nomina a cavaliere di s. Gregorio,
de'24 luglio [840, si h'gge- Equi-
dem Nos probe noscimus, te eocccl-
lenli ingenio praedictnni, egrcgiisque
animi dolibus ornatum , litlcrix et
diiciplinix exvulltim, mornin bone-
siale, vitae integritate^ pietatis laude
spectatuvt, eximia hippocraticae ar-
tis scientia cUirum, Nobis vero, at'
que huic aposiolicae Svdis vel ma-
xime addictuni, inter pratfectos pri-
mi ordinis copiacuni nostrarum ad-
lectum, alque praeposiuini valetu-
dini milituni tuendae summa cunt
lande et miro studio liujusmodi mu-
nere perfungi nihilqiie inexpertnni
relinquere, ut de Nobis deqne bac
de apostolica Sede qnibusque rebus
praeclare mereri possis. llaque ali-
quani nostrae propensae in te vo-
luntatis signijìcationeni alacri, li-
benlique animo exhibendani censui-
mus. Peculiari ergo le honore de-
corare volenles. Psel nuovo diploma
poi dello sperone d'oro riformato
nel i84i > dice così. Propter egre-
gias ac singulares tui animi, inge-
niique dotes, alque ob eximiam tuant
pietatem, integritaleni , honestalem,
ac miram medicae artis quae nia-
nu curai f seu chirurgi ae praestaii-
i/p. MED
tiam, qua omnium laudem atque exi
stimalionem nierilo, alqae oplìmo ju-
re es conscquulus, ne speclalam tuam
in Nos, et liane apontolicani Sedeni
yeneralioiiein, nec non propter lit-
lerarum, ac. cUscIplniaruin peri tiam.
Il cav. Baroni nell'ottobre i835
fu chiamato più volte da Gregorio
XVI ad esaminare una piaghetta
venutagli al naso, e nel seguente
mese fu invitato da Bologna a re-
carsi in Roma dal I*apa, e restò
al suo servizio sino alla morte. Ria-
prendosi la piaghetta, il general Le-
pel ( donato dal Pontefice del suo
ritratto contornalo di brillanti) nel
settembre i836 offrì il suo chirur-
go Augusto Alerlz d' Aquisgrana
(ora attaccato alla legazione di Prus-
sia ), che insieme ai cav. Baroni cu-
randolo, con un segreto specifico lo
guarì. Venne perciò 1' Alertz deco-
rosamente rimunerato, donato con
scattola d'oro col pontificio ritratto
contornalo di brillanti, e con ono-
rificenlissimo breve insignito del
grado di commendatore di s. Gre-
gorio : per tale bisogno il Papa
volle pure consultare il Bomba di
-sopra encomiato. L'abbate Giuseppe
Piotanti forlivese, autore di parec-
chie opere anche riguardanti la me-
dicina ( in quella delle Meraviglie
de' secoli passati gli piacque ripro-
durre una lettera in lode del mio
Dizionario, scritta a'3 maggio i838
al eh. letterato cav. Filippo Scolari ),
per la vasta sua erudizione, nel
j836 umiliò questo suo importante
mss. al Pontefice: Lo spirito d' Ip-
pocrate e de' piti grandi ingegni di
questo mondo, estratto a prò del'
r immortale Gregorio XVI, onde
per lunga età beatamente viva. Il
Papa corrispose con accrescimento
(li slima e benevolenza. Il mss. è
presso di me. 11 lodalo lellcralo ,
MED
col suo scritto imitò quanto aveano
fallo Bacone con Nicolò IV, Pinlor
con Alessandro VI, e Durante per
Sisto V. In alcune febbri e resipo-
la, Gregorio XVI nell'ottobre iSSg
fu curato dal Bernardini e dal Ba-
roni, e consultò il eh. l^ietro Luigi
Valentin! pi-ofessore dell'università
romana nella medicina teorico-pra-
tica. Ritornale al Pontefice le febbri
nel giugno 1 84o, i lodali professori
tornarono a curarlo j ma di quan-
to riguarda questo argomento, se
Dio vorrà, meglio ne tratterò in
opera che da molli anni mi pro-
posi di scrivere in onore del mio
augusto e venerando benefattore.
Non solo al tempo del cholera, ma
prima e dopo, molti professori d'ogni
parte, con lettere ed opuscoli si fe-
cero premurosi della conservazione
di Gregorio XVI. Questi finalmén-
te con biglietti del prelato maggior-
domo del febbraio i845 nominò
medico privato il dottore Miche-
langelo Poggioli, e chirurgo privato
il cav. Baroni, ed ambedue segui'
reno il Papa in alcune gite pei din-
torni di Roma (di quella a Gasici
Porziano, Laurento, si può vedere
il voi. XXX\1I, p. 23 1 del Dizio^
nrtr/'o ), onorando di visita il vivaio
delle piante affidato al primo (a
questi ed al suo eh. figlio Dome-
nico professore nell' università ro-
mana, prima nella materia medica,
patologia generale e semiotica, ed
ora io quella teorico-pratica, sonogra-
tissimo per l'epigramma e terzine ri-
portate nel libro ricordato all'ar-
ticolo Fiori, onde consolarmi quan-
do piansi un egregio figlio, poi-
ché i cultori della nobile arte me-
dica, essendo illuminati filosofi, coi
farmachi procurano toglierci dalla
morte, e con amichevoli modi pro-
curano confortare quei che piango-
MED
no le perdite delle persone amate).
Giovanni Malia romano fu ottimo
e slimato professore dentista di
Gregorio XVI. Neil' estremo fa-
tal punto di Gregorio XVI furo-
no chiamati a consulto i valenti
professori Pietro Carpi, Carlo Mag-
giorani e Francesco Bucci.
Ammette Plutarco in certi casi
di lodare sé stesso: essi sono noti,
e si leggono ancora nel Sarnelli,
Leu. eccL t. X, p. i44; veggasi il
Cancellieri, Lettera sulla voce spar-
sa di sua morie, pag. 7 : laon-
de sono giustificato se per analo-
gia d' argomento trovo qui op-
portuno di riportare un brano del
breve del mio munificentissinio Gre-
gorio XVI, allorché a' 7 gennaio
1842 di molo proprio mi decorò
del cavalierato ed insegne del no
bilissìmo ordine dello speron d'oro.
Equidern multis ab hinc annis
(più di ventuno) egregiam inani
ìndolem, probitatem, honeslatem, re-
ligi onem, atque eximiam in Nos
veneralionem experti siimits. Eie-
nim din nobis addictus et nuni-
quam Nostro de latere discedens,
atque in praeseniia primus a No-
stro cubiculo adfutor, litterariis licei,
ac praesertim sacrae eruditionis
sludiis intentus nihil inausum, niliil-
qtte intentntuni relinquis, ut onineni
tuam operam Nostrae potissimum
valetudini tuendae, aliisque rebus,
quae Nostrani respiciunl personam,
prragtndis rito diligcnterqiie exlii-
bere possis. Ilaqtie ctivi propler sin-
gnlaris tuas doles Nostrani benevo'
lentiani libi merito comparavens, a-
liqitani Nostrae in te propensae va-
luntatis signifìcationeni alacri, li-
benlique animo exibuendani cen-
suinuts. Avendo le gazzette pubbli-
cato il testamento del gran l'onte-
fice, quindi è ooto a tutti cum' e-
MED j43
gli si. degnò in esso ricolmarmi di
elogi e beneficenze. Se in quest<;
articolo a qualcuno sembra.sse aver
io con troppo amor proprio ricor
dato gli incoraggijnenti ricevuti dai
professori dell' arte salutare, sappia
no eh' essi mi riuscirono grande-
mente piacevoli per più riflessi, poi-
ché non solo ebbi ad avo Gio. An-
tonio Bencerini, quale si distinse per
eccellenti qualità, ed esercitò la chi-
rurgia, ma a questa io era appli-
cato ne'più verdi anni, andando in
pratica all'arcispedale di s. Spirito col
sunnominato chirurgo palatino Luigi
Rocchi, per poi entrarvi per alunno
onde apprendere l'alta chirurgia;
onde di essi professori fui sempre
particolarmente propenso ed esti-
matore, .seguendo l'insegnamento
delia sacra Scrittura, che e' invita
ad onorarli, e quello d' Ippocrate,
Mcdicum decet esse amicum. Nel
conclave del 1846 il sacro collegio
dichiarò medici Pietro Carpi e Pie-
tro Brnnelli, e per chirurgo Giu-
seppe Costantini, il primo e l'ulti-
mo professori tlell' università roma-
na, uno nella mineralogia, l'altro
nelle istituzioni chirurgiche e nel-
r ostetricia qual sostituto.
MEDICO DEL PAPA, e Medici
PALATiPfi. T^. Medico.
MEDINA DEL Campo, Methynina
Champestris o Campensis. Città della
Spagna, nella provincia di Valla-
dolid da cui è distante dieci leghe,
in una valle fertilissima sul Zapar-
diel. Grande e bene fabbricata, ha
una bella piazza con superba fon-
tana decorata della statua di Net-
tuno. Contiene sette parrocchie,
compresa la collegiata, diversi con-
venti e monasteri, due ospedali, ed
altri benefici e scientifici stabili-
menti : l'ospedale generale è d'una
architettura imponente^ ed una par-
i44 MED
te serve di caserma ai soldati. È
patria di alcuni uomini illustri, co'
me di Ferdinando I re d' Aragona,
del p. Giuseppe Àcosta gesuita, di
Baldassare Alamos, di Gomes Pe-
reira, di Bernal Dial del Castillo, e
di Francesco di Villaroel. Questa
antichissima città, così chiamata
per essere nel paese detto titrra
de Campo, fu la culla e residenza
di molti re di Spagna, allorché la
loro sovranità fu ridotta al nord
di questo paese : allora era consi-
derabile, commerciante e ricca, go-
dendo grandissimi privilegi. Si con-
serva ne' dintorni un vecchio ca-
stello, opera de' re cattolici, e le
vestigia d'un canale attribuito ai
mori, che sboccava nel Zapardiel.
JVel i38o fu quivi tenuto un con-
cilio relativamente allo scisma che
teneva divisa la Chiesa tra Urbano
YI, e l'antipapa Clemente VII. A^
guirre t. III.
MEDIO EVO. L'epoca de'seco-
li baibari, eh' ebbe principio nel-
r anno 5oo dell' era cristiana, e
proseguì sino al i5oo, compren-
dendo il periodo di mille anni, o
di undici secoli come dicono altri.
Il dotto p. Battini servita, nell'ope-
ra intitolata: Apologia de secoli
barbari, nel t. I, cap. i, trattando
de' motivi per i quali fu dato ai
tempi del medio evo il nome di
secoli barbari, dice ciò essere avve-
nuto per la taccia che si dà a quel-
li comunemente di secoli barbari,
di secoli rozzi ed inculti, di tempi
caliginosi e di profonda ignoranza,
per cui non meritassero che degli
uomini di quell' epoca sventurata
ne fosse rilevata l'indole e il ge-
nio, e ne fossero commendati i me-
riti e le virtìi. Gli studi e le fati-
che degli antichi vennero a mano a
mano preparando 1' età ìu cui sia-
MED
mo, e tante belle scoperte. Fan-
no torto a sé stessi coloro che
spregiano il moderno per apprez-
zare l'antico, o sprezzano l'antico
per apprezzare il moderno. Certo
è che in tutte l'età fu sempre ma-
nifesta la sapienza e la potenza di-
vina, nell'ingegno e nelle opere
dell'uomo . Nel 1846 in Lova-
nio fu pubblicata la seconda edi-
zione del RislretLo della storia del
medio evo, dopo la caduta dell'im-
pero romano d' occidente sino alla
nascita del protestantismo, del eh.
prof dell' università di Lovanio J.
Moeller, il quale per mettere un
qualche ordine alla varietà, oscuri-
tà e difficoltà dell' argomento, di-
vise r opera in quattro epoche .
i." Dalla distruzione dell'impero
romano d'occidente pei popoli ger-
manici, sino alla fondazione dell'im-
pero germanico- cristiano per Carlo
Magno, cioè dal 4? 6 all'Soo, epo-
ca da lui denominata di conversio-
ne, imperocché durante questo tem-
po il cristianesimo addolcì e ritras-
se a civiltà i popoli che aveano in-
vaso r Europa. 2.° Dalla fondazio-
ne dell'impero germanico, alla ri-
forma delia società operata dal
Pontefice s. Gregorio VII, cioè dal-
l'800 al 1073, epoca che appella
d' organizzazione. 3. La società cat-
tolica sotto il governo de' sommi
Pontefici sino a Bonifacio VIII, cioè
dal 1074 al i3o3. Durante questa
epoca, dice il professore, l' azione
della Chiesa si compendia in un mo-
do più distinto in quella della san-
ta Sede, e la società cattolica con
rapido passo s' avanza per la via
del progresso intellettuale e mate-
riale. 4'" Quest' ultima epoca del
medio evo, epoca delle grandi sco-
perte, abbraccia il tempo che cor-
se da Bonifacio Vili alla prete-
MEG
sa rifortna, cioè dal i3q3£ì1 i5i7.
Confermazione di un nuovo sistema
sociale in Europa sino allo scisma
del mondo cattolico per Y eresie del
secolo XVI. Fedi Epoca, Era. Si
possono ancora sul medio evo con-
sultare gli autori citali a Italia,
iiou che le seguenti opere: David
Winspeare, Storia degli abusi feu-
dali, Napoli 1811. Sacchi, Della
condizione economica, morale, po-
litica degl' italiani ne' bassi tempi,
Milano 1828. Mezzoldi, Delle ori-
gini italiche, e della diffusione del-
l'incivilimento italiano, Milano 1 843.
De Michels, Compendio della sto-
ria del medio evo, Milano i844-
Ficker, Guida allo studio della
letteratura classica antica, Milano
1844.
MEGALOPOLI. Sede vescovile
d'Arcadia nella provincia d'Eliade,
sotto la metropoli di Corinto^ nel-
la diocesi dell' Illiria orientale. Sem-
bra che si chiamasse prima Arca-
dia, dal nome del paese, e poi Cri-
stianopoli, in oggi Leondari o Leon-
tari. Si conoscono undici de' suoi
vescovi : Martirio fu il primo, il
quale sottoscrisse la lettera del con-
cilio di Sardica, e Gregorio 1' ulti-
mo che ne occupava la sede nel
1740. Oriens christ. t. II, p. 187.
MEGARA. Sede vescovile dell' At*
lica, presso il golfo Saronico, in
una valle a ponente di Eleusi, tra
Atene e Corinto, e distante da esse
una giornata. Era la capitale della
Megaride, in oggi piccolo borgo
della Turchia europea nella Livadia,
avente ancora avanzi bellissimi di
sue antichità. Questa celebre citlà
portò il nome di Nisa dal suo prin-
cipe, e successivamente fu governa-
ta da dodici re, da Cleso sino ad Aia-
ce figlio di Telamone ; poscia si
governò come repubblica, finché fu
voi. XI IV.
MEI 145
soggiogata dagli ateniesi, indi libe-
rata dagli eraclidi. Produsse gran-
di uomini, come Euclide discepolo
di Socrate, autore della setta Me-
garica. Vescovato della provincia di
Eliade nella prima Achea, esarcato
di Macedonia o Illiria orientale,
sotto la metropoli di Corinto, ed
eretta nel secolo V. De' dodici suoi
vescovi il primo fu Alipio, che sot-
toscrisse la lettera del concilio di
Sardica alle chiese, e l'ultimo Vin-
cenzo Magnati, nominato da Bene-
detto XIII a' 17 marzo 1727. O-
riens christ. t. Ili, p. 85 1 . Al pre-
sente Megara, Megaren, è un titolo
vescovile irt partibus, sotto l'arcive-
scovato pure in partibus di Corin-
to, che conferisce la santa Sede :
furono gli ultimi a portarlo Gio.
Battista Angelini, e Leone XII nel
concistoro de' 2 3 giugno 1828 vi
nominò Ignazio Lodovico Pavs^-
towski di iMokilow preposito della
cattedrale di Raminiech in Polonia,
e lo fece pure sulTi-aganeo di tal
chiesa ; dipoi Gregorio XVI nel
1841 lo traslatò all'arcivescovato
di Mokilow.
MEGISTO, Cardinale. Megisto
o Megezio monaco, e poi abbate del
monastero di s, Gregorio al clivo
di Scauro, fu crealo carditiale ve-
scovo d' Ostia, e bibliotecario da
s. Leone IV dell'847, e visse pure
nel pontificato di Benedetto III.
MEISSEN o MISNIA, Misna^
Misena. Città vescovile del regno
di Sassonia, circondario di Misuiaj
capoluogo di baliaggio, distante cir-'
ca cinque leghe da Dresda, sulla
riva sinistra dell'Elba, che vi ri-
ceve la Meissa e su cui evvi un poa*
te coperto; io una delle più fertili
e belle valli della Sassonia. E cin-
ta di mura, ed ha molti sobborghi;
Vi si vedono le rovine di un ca-
io
i46 MEI
stello fortificato, fatto erigere da Al-
berto il Coraggioso nel i47i> sopra
UDa roccia dell'Elba, di 80 piedi
di altezza. Questa ciltà si divide
in alta e bassa, con sei piazze pub-
bliche, e la cattedrale, bel monu-
mento gotico, sotto r invocazione di
s. Gio. Evangelista e di s. Donalo,
essendo pure rimarchevole l' edili-
zio del capitolo. Vi sono tre ospi-
zi, un lazzaretto, diverse fabbriche
ed una celebre di bellissima por-
cellana, conosciuta sotto il nome di
Sassonia, di cui fu inventore il ba-
ione Gio. Federico di Boetricher,
ricavandosi ne' dintorni la terra di
eui se ne fa uso. E patria di uo-
mini illustri, tra' quali di Adam e
di Schlegel. Questa ciltà che dice-
si fabbricata nel 928 dall'impera-
tore Enrico I, apparteneva al suo
vescovo, e porzione de' suoi beni fu
impiegata a fondare 1' antico mona-
stero, col bel collegio sul monte
Afra, da cui prese il nome, e che
■vedesi nei dintorni, ove Irovansi
anche bagni e acque minerali. Po-
co distante nel 1759 i prussiani
furono battuti dagl' imperiali. Il
detto imperatore stabili il marche-
sato di Misnia e ne assegnò il go-
verno al conte di Within. Il baliag-
gio di Misnia possiede un distret-
to nel circondario di Lipsia, ed uno
nel circondario dì Erzgebirge.
La sede vescovile fu eretta nel 958
o 968 6 fatta suffragauea di Magde-
burgo, divenendo il vescovo princi-
pe dell' impero. Uno di questi fu
s. Bennone apostolo degli slavi,
gran difensore di s. Gregorio VII,
contro Enrico IV, ch'egli arrivò a
scomunicare, ond'ebbe a patire mol-
ti travagli; morì nel 1106 dopo
4o anni di vescovato, e nel i523
fu canonizzato da Adriano VI. Nel
|344 Clemente VI erigendo Pra-
IVIEI
ga in metropoli, dichiarò sua suflra-
ganea Meisseii, che dismembrò per
fondare il vescovato di Leitmerilz.
Avendo poi il vescovo abbracciata
la confessione augustana nel i58i,
l'elellore di Sassonia secolarizzò il
vescovato. Venne conservato il ca-
pitolo luterano couìposto di un pre-
vosto, d' im decano, di quattro ca-
nonici nobili, e di due canonici pro-
fessori di teologia nell' università di
Lipsia. 11 duca di Sassonia si fece
dichiarare amministratore del ve-
scovato.
Misnia e Lusazia è un vicaria-
to apostolico, di cui Gregorio XVI
a' 27 febbraio 1846 fece ammìnì-
slratore della diocesi il decano di
Budissina o Budistina e vescovo
di Corica in parlibus monsignor
Giuseppe Dittrich, non che vicario
apostolico di Sassonia ( Vedi). Al cen-
no che di questo vicariato apostolico
dammo all' articolo Gebmania, ag-
giungeremo le seguenti notizie. La
Lusazia è im circolo di Sassonia,
che si divide in superiore ed in-
feriore. Questa e molta parte di
quella spelta alla Prussia. Confina
al nord col Brandeburghese , al
nord- est colla Slesia, al sud-est
colla Boemia, all'ovest colla Mi-
snia. La Lusazia fece un giorno par-
te del vescovato di Misnia. JN'el
i^iS Bruno vescovo di Misnia o
Meissen fondò nella Budissina, ora
Baulzen città di Sassonia, capoluo-
go della Lusazia, una chiesa parroc-
chiale, e ne affidò la cura ad una
collegiata di canonici, e volle che
il decano del capitolo di Misnia
fosse suo superiore nella Lusazia.
Nel i559 il vescovo, il capitolo ed
il popolo di Misnia passò al lute-
ranismo, ma la chiesa di Budissi-
na slette ferma ne'principii catto-
lici. 11 nunzio di s. Pio V in Gei-
MEI
mania conferii tutta l' autorità spi-
ri luale per la Lusazia al decano
della Budissina. Questa determina-
tione fu approvata, ed ebbe in ap-
presso maggiore ampliazione. Il de-
cano fu dicliiariito immediatamente
soggetto alla santa Sede, e visita-
tore dei monasteri ivi esistenti: al-
tri Pontefici ancora gli concessero
privilegi, ed il decano per lo più
l'insignirono del carattere 'vescovile.
Il decano tuttora continua ad elegger-
si dal capitolo, composto di tre ca-
nonici, tre de'quali risiedono in Bu-
dissina o Baulzen, gli altri servo-
no le parrocchie. Il decano appena
eletto chiede alla congregazione di
propaganda Jìde le facoltà, cui si
rinnovano ogni cinque anni. Il re
di Boemia esercita de' diritti di re-
ligione nella Lusazia, e nel cederla
air elettore di Sassonia si riserbò
l'alto dominio quoad ecclcsiaslìca.
Nella Lusazia interiore vi è l'abba-
te de' cistcrciensi con facoltà di pro-
paganda, i cui monaci si esercita-
vano nelle missioni nella bassa Lu-
sazia e nella Marca di Brandebur-
go; poiché esisteva anni addietro
il monastero cistcrciense di Kcocel-
la, ma forse oggi non più esiste.
Keocella ha le chiese di s. Croce
e di s. Lorenzo con duemila cat-
tolici. Budissina, residenza del supe-
riore ecclesiastico, ha la chiesa de-
dicata a s. Pietro. Bautzen o Bu-
dissina è città capoluogo del cir-
condario di Lusazia e dei baliag-
gio del suo nome, situata sopra una
montagna, sulla riva destra della
Sprée. Una muraglia la circonda,
e la difende il castello d' Orten-
burg, più antico della città, perchè
eretto nel IX secolo. Assai bene fab-
bricata, i più rimarchevoli edifizi
sono il palazzo della città, l' acca-
demia, l'ospizio degli orfani, la ca«
MEI i4^
sa di correzione ed il teatro. La
cattedrale è comune ai cattolici e
luterani, due chiese e quattro os-
pedali. Nella detta chiesa di s. Pie-
tro il prevosto è luterano, il quale
dirige una scuola particolare. Baut-
zen conta alcuni stabilimenti scien-
tifici e benefìci, e due biblioteche,
non che diverse fabbriche pel com-
mercio. La città molto soffri negli
incendi del i4oo, i634, 1709 e
1760; conta 11,000 abitanti, un
ottavo de' quali è cattolico ; e fu
patria di uomini illustri, come di
Meisner poeta, Peucer medico, e di
Natale e Giovanni Atton. Fu già
città libera ed imperiale, ma nel
secolo XIV Venceslao re di Boe-
mia la riunì al suo dominio. Di-
strutta nel 1142, fu riedificata co-
me oggidì si vede. I prussiani se
ne impadronirono nel 1757, ma
dopo la loro ritirala gli austriaci
la presero, forzando anche il ca-»
stello. Nelle sue vicinanze si die nel
18 13 una sanguinosa battaglia tra
i francesi e gli alleati, colla vitto-
ria dei primi. Quanto all' antica
provincia di Misnia o Meissea nel
circolo dell' alta Sassonia, avea il
titolo di margraviato, e spesso va-
riò di confini. Fu abitata antica-
mente dagli ermunduri,e poscia dai
misni, che col soccorso de' franchi
ricuperarono la loro libertà, per
conservar la quale si unirono coi
sassoni, e diedero il nome di Mi-
snia al paese da essi occupato. Fu
questo eretto in margraviato a fa-
vore della casa di Sassonia, che
dopo esserne stata spogliata più di
una volta, rientrò nel suo antico
possesso. Il circolo poi di Lusazia,
che comprende 1' estremità orienta-
le di Sassonia, non è che la parte
meridionale dell'antico margraviato
del suo nome, che si divideva in
j48 MÉL
alta e bassa Lusazia, originaria*
mente abitato dai vendei o van-
dali. Nel 1623 i marchesati dell'al-
ta e bassa Lusazia, come feudi di
Boemia, furono dati all' elettore di
Sassonia, e Ferdinando II ne fece
intera cessione nel i635, tranne il
circolo di Kotlbus, acquistato dalla
casa di Brandeburgo nel 1461 e
i55o. Nel 18 15 la Prussia acqui-
stò non solo tutta la Lusazia bassa,
ma ancora una considerabile por-
zione dell' alta.
MELANGI A. Sede vescovile del-
la Bìtinia prima, nella diocesi di
Ponto, sotto la metropoli di Nico-
media, vicino al monte Olimpo.
Costantino suo vescovo ne occupa-
va la sede verso la metà del seco-
lo XIII. Oriens christ. tora. I, p.
636, t. Il, p. 3o6.
MELANIA (s.), la Giovine. Era
figlia di Publicola, figlio di Mela-
nia la Vecchia, la quale rimasta
vedova in fresca età, avendo deli-
berato di condur vita penitente, af-
fidò la cura del figlio e l'ammini-
strazione de' suoi beni a saggi tu-
tori, e nel Syi andò in Egitto, visitò
le solitudini della Tebaide, e passata
nella Palestina, fece edificare un
monastero a Gerusalemme, dove
passò ventisett' anni intesa alla pre-
ghiera ed alla meditazione, prati-
cando grandi austerità. Melania la
Giovine fu maritata in età di tre-
dici anni a Piniano, figliuol di Se-
vero eh' era stato prefetto di Roma.
I figli che uscirono di questo ma-
trimonio morirono in tenera età,
onde Melania risoluta di non vi-
vere più che per Dio, fece parte
de' suoi sentimenti al marito che
li approvò, e si obbligarono ambe-
due per voto a passare il restante
di loro vita nella continenza. A
questa nuova, Melania la Vecchia
MÉL
lasciò r oriente e ritornò in Roma
per raffermarli nella presa risoluzio-
ne ; ed accaduta la morte di Pu-
blicola, li consigliò a darsi alla vi-
ta contemplativa in qualche ritiro
lontano. Essi seguirono il suo con-
siglio, e COSI fece la vedova Albina
madre di Melania la Giovine. Ven-
duta una parte considerevole dei
loì'O beni, e data la libertà ad ot-
tomila schiavi che loro appartene-
vano, passarono qualche tempo dap-
prima in campagna in Italia, occu-
pandosi in opere di misericordia,
poscia recaronsi in Africa. Fatto
breve soggiorno a Cartagine, anda-
l'ono a vivere a Tagaste, sotto la
guida di s. Alipio vescovo di que-
sta città, ove vissero sett' anni in
una estrema povertà. Melania si
accostumò talmente al digiuno, che
sovente non mangiava che una so-
la volta la settimana. Nel 417 si
recarono a Gerusalemme, e vi con-
tinuarono lo stesso genere di vita.
Albina morì nel 4^^3 ^ Piniano
due anni dopo. Melania gli soprav-
visse quattr' anni. Ella si ritirò in
un monastero che avea fatto edifi-
care, e di cui fu costretta prende-
re il governo. Per procurare la con-
versione di Volusiano suo zio, an-
dò a Costantinopoli, ed ebbe la
consolazione di vederlo l'icevere il
battesimo, e morire con vivi senti-
menti di pietà. Dopo di che fece
ritorno a Gerusalemme, passando il
giorno di Natale a Betlemme. Rien-
trata nel suo monastero, essendosi
infermata, annunziò che la sua ul-
tima ora era vicina. Un gran nu-
mero di monaci e di persone pie
vennero a visitarla, e siccome tutti
si scioglievano in lagrime, ella li
consolava e li esortava al fervore.
Morì il 3 1 dicembre del 4^9) "^'
cinquautesimosettitno anno di sua
MEL
età, ed è nominata in questo gior-
no nel martirologio romano.
MELANIO (s.), vescovo di Rennes.
]N'acqiie a Placs o Plecs nella dio-
cesi di Vannes in Bretagna, e vis-
se alcuni anni in un monastero con
molta edificazione. Dopo la morte
di s. Amando vescovo di Rennes,
il clero e il popolo di questa città
lo scelsero a suo successore, e ad
onta della sua renitenza lo fecero
consacrare. Una profonda umiltà,
un'orazione continua lo resse in
mezzo alle ifatiche dell'episcopato;
egli estirpò interamente l'idolatria
che allignava nel suo paese, e Dio
diede vieppiù forza e lustro all'au-
torità del suo ministero col dono
de' miracoli. Morì in un monastero
che avea fatto fabbricare nel luogo
della sua nascita, nel 53o, oppure
nel 490 secondo d. Morice; e fu
sepolto a Rennes, ove si celebra la
sua festa ai 6 di novembre. Il
martirologio romano ne fa menzio-
ne ai 6 di gennaio.
MELASSO o MILASA, Mylasa.
Sede vescovile della Caria, sotto la
metropoli di Afrosiada, che fu tra-
sferita a Stauropolij nella diocesi
d'Asia, eretta nel secolo IX. Città
distinta della contrada, ch'ebbe il
nome da Rlilaso figlio di Crisao-
re, discendente d'Eolo. Situata in
amenissima campagna, venne so-
vrastata da una altissima rupe di
marmo bianco, ond'era abbondante
di sontuosi edifizi, portici e templi,
fra' quali quello di Giove Cario
(comune ai carii , ai lidii ed ai
niisii), molto più di quello che com-
portava il numero de' cittadini. Si
reggeva con governo popolare, e
■venne punita da Labieno. Sebbene
distante trenta stadi dal mare, avea
un comodo porto, il quale era lon-
tano dal mare ottanta stadi, secon-
MEL 149
do Strabene; certo è che adesso si
dice, che il mare è discosto più di
dodici miglia da Melasso, e che fu
pure la reggia de' re di Caria, co-
me si ha dal Buonarroti che eru-
ditamente ne parla a p. 211 dei
suoi Medaglioni amichi. Si cono-
scono sei vescovi di questa sede,
cioè s. Ephrem di cui è fatta men-
zione nella vita di s. Eusebia ver-
gine romana , Ad. ss. 24 jun.
L' Allaccio pone s. Ephrem nel nu-
mero di quelli che hanno compo-
sto gì' inni della chiesa greca . Ci-
rillo di cui pure è fatta menzione
nella mentovata vita ; Paolo che
assistette con tutto il clero all'ese-
quie di s. Eusebia ; Gregorio che
intervenne al VII concilio generale;
Senofonte che trovossi all' Vili con-
cilio tenuto per s. Ignazio patriarca
di Costantinopoli; e Filippo che fu
al concilio di Fozio. Orie.ns christ.
t. I, p. 921. Melasso, Mylasen, al
presente è un titolo vescovile in
parlihus dell'Asia minore, sotto l'ar-
civescovato pure in partibus di
Stauropoli, che conferisce la santa
Sede.
MELCHIADE (s), Papa XXXIII.
Prete africano, da alcuni spagnuoli
Creduto nativo di Madrid, contato
da altri fra i canonici regolari, ven-
ne ammesso nel clero di Roma e
credesi che fosse sacerdote nel pon-
tificato di san Marcellino eletto
nel 296. Fu creato Pontefice a' 3
ottobre del 3 11. Vuoisi che proi-
bisse il digiuno nelle domeniche e
ne' giovedì, ma per mantener quel-
lo di quaresima oi'dinò che tal di-
giuno cominciasse nel lunedì dopo
sessagesima ; però nella proibizione
del giovedì non conviene s. Ago-
stino, il quale nell' epist. 36, cap.
4 e 6, dice che in questo secolo
in cui viveva , i chierici ed i mo«
i5o MEL
raci digiunavano ogni giorno, fuor-
ché nelle domeniche. Istituì la di-
stribuzione del pane benedetto o
eulogi. Ordinò che nel celebrare la
messa vi fossero nell' altare due
candelieri almeno, costume già pra-
ticato fin dagli apostoli, come di-
cemmo altrove. Determinò pari-
mente s. Melchiade, che niuno per
qualsivoglia indizio fosse condanna-
to prima della legillima prova e
confessione propria. Neil' anno 3 1 3
celebrò il concilio di Lacerano [P^e-
di), in cui condannò Donato vesco-
"vo capo de' Donatisti {^Vedi), i quali
negavano la validità del battesimo
dato dagli eretici, e rigettavano l'in-
fallibilità dellaChiesa cattolica, dichia-
rando innocente Ceciliano vescovo
di Cartagine. Nel medesimo anno
restituì l'imperatore Costantino Ma-
gno la pace alla Chiesa, e donò al
Pontefice s. Melchiade e successo-
ri il suo Palazzo Lateranense^P'e-
di), coir aggiunta di rendite ba-
stanti a mantenere il decoro del-
la suprema dignità. Pel trionfo me-
morabile della dottrina cristiana
incominciando il decoro esteriore
de' sommi Pontefici sotto questo Pa-
pa, in pivi luoghi ne parlammo.
In una ordinazione creò undici o
dodici vescovi, sei o sette ovvero
quattordici preti, e cinque diaconi.
Governò due anni , due mesi e
sette giorni. Morì a' io dicembre
dell'anno 3i3, giorno in cui la
Chiesa ne celebra la festa; fu se-
polto nel cimitero di Calisto, e
quindi trasportato nella chiesa di
s. Silvestro in Capite da s. Piiclo
I. Gli viene dato il titolo di mar-
tire, ad esempio di altri Pontefici
che non morirono co'tormenti, per-
chè fu opinione di molti eruditi,
eh' essi acquistaronsi la gloria dei
martiri iq difesa della fede, e a
MEL
cagione de' travagli che sostennero
per la causa di Dio. Ne scrisse la
vita s. Bernardo, la quale mss. si
pose nella biblioteca del collegio di
s. Benedetto in Cambridge. Vacò
la santa Sede un mese e venti giorni.
MELCHISEDECHIANI. Eretici
del 111 secolo, così chiamati perchè
dicevano che Melchisedech, già re
di Salem, e sacerdote dell' Altissi-
mo (fu congetturato che fosse Sem
figlio di Noè, ovvero Cham, od
Enoch, come pure un angelo, e
persino lo Spirito Santo) era una
virtù celeste , superiore a Gesù
Cristo medesimo, giacché Melchise-
dech, era l'intercessore ed il media-
tore degli angeli, mentre che Ge-
sù Cristo non lo era che degli uo-
mini; che Gesù Cristo non era che
la copia di Melchisedech, e che
il suo sacerdozio non era formato
se non che sul modello di quello di
Melchisedech, secondo le parole del
salmo : Tu ex sacerdos in aeter-
mini secunduni ordineni Melchisedech.
Prendevano essi alla lettera ciò che
dice s. Paolo, cioè che Melchisedech,
figura di Gesù Cristo ch'é il sacer-
dote eterno, non avea né padre, né
madre, né genealogia; e per mag-
giormente autorizzare i loro errori
avevano essi certi libri di loro com-
posizione, ma che attribuivano a
delle persone di cui la sacra Scrit-
tura non ne ha mai parlato. L'au-
tore di questa setta fu Teodete
banchiere, discepolo di altro Teo-
dete conciatore di pellij per cui i
melchisedechiani aggiunsero sola-
mente all'eresia dei teodoziani, ciò
che risguardava la persona di Mel-
chisedech. Cedreno e Zonara par-
lano d'un' altra specie di melchise-
dechiani, detti ancora /ittingani,
perché non osavano toccare gli altri
temendo d' imbrattarsi. Essi non
MEL
davano, né ricevevano mai nulla
da chiunque colla mano, ma lo
mettevano o lo facevano mettere in
terra per ofiiirlo o per riceverlo.
Avevano una profonda venerazione
per Melchisedech suddetto, che an-
dò incontro ad Abramo vittorioso
de' quattro re alleati che avevano
fatto prigioniero Lolh , benedì il
vincitore, ed offrì pane e vino al
Signore in sagrifizio qual sacerdote
dell' Altissimo. Dimoravano parti-
colarmente nella Frigia, escludevano
Ja circoncisione , e non osservavano
il sabba to.
MELCHITE, monache. V. Mel-
CHlTr.
MELCHITI, Mdchitne. Nazione
e cristiani orientali che seguono
la dottrina del concilio di Calce-
donìa sulla incarnazione di Gesù
Cristo, e riconoscono in lui due
nature con una sola persona. Dac-
ché Dioscoro patriarca d'Alessan-
dria fu condannato dal concilio
di Calcedonia, celebrato nel i^5i
per ordine di Papa s. Leone I
Magno, fuvvi uno scisma in Ales'
sancì ria ed in Antiochia tra i
cattolici e quelli clie non ammet-
tevano il concilio di Calcedonia.
Gli scismatici, massime Giacobili
(f^edi), dierono ai cattolici , ora
il nome di calcedoniani , ed oia
quello di mclchili , cioè realisti
od imperiali ( dal siriaco malavk
o vieleck, re od imperatore ), per-
chè essi conformavansi all' editto
dell'imperatore Marciauo per l'am-
missione del concilio. Questo nome
di Melchiti sussistette ed indicò per
lungo tempo coloro i quali erano
ortodossi, e uniti alla Chiesa catto-
lica. Dopo lo scisma de'greci, si-
gnifica anche coloro, i quali sono
uniti al patriarca di Costantinopoli
e che SI servoac nelle loro chiese
MEL i5r
delle medesime liturgie : essi hanno
i medesimi sentimenti de'greci sci-
smatici, tranne alcuni punti di po-
ca importanza , sulle cerimonie e
sulla disciplina ecclesiastica; quin-
di è che Gabriele Sionita nel suo
trattato sulla religione e sui costu-
mi degli orientali, dà loro indif-
ferentemente i nomi di greci e
melchiti. Hanno essi tradotto in
lingua araba l' eucologio de' greci,
molti altri libri dell'uffizio ecclesia-
stico ed i canoni de'concilii; anzi
ne hanno aggiunti alcuni altri al
concilio di JXiceaj che chiaraansi
comunemente i Canoni arabi, e
che molti dotti considerano come
supposti ossiano falsi. Giambattista
Leopardi maronita, in un libro in-
titolato: La vendemmia de' sacra-
menti, citato da Abramo Echellense,
accusa i melchiti di avere aggiunto
al canone 55 arabo del concilio
iViceno alcune parole riguardanti
il ripudio delle donne, secondo
l'uso dei maomettani; ma è certo
però che i melchiti non hanno in-
serito in quel preteso concilio di
Nicea, se non che ciò ch'era con-
forme alla pratica de' greci.
Tre sono i patriarcati de' greci-
melchiti cattolici, d'Antiochia, d'Ales-
sandria e di Gerusalemme. Il pa-
triarca greco-raelchita d' Antiochia
aveva giurisdizione sulle chiese di
Siria, di Mesopotamia e di Cara-
mania. Dopo che la città d'Antio-
chia fu rovinata dai terremoti, egli
portossi in Damasco. Il patriarca
greco-melchila d' Alessandria risie-
deva in Egitto al gran Cairo, ed
avea sotto la giurisdizione le chiese
greche dell'Africa e dell' Arabia ;
mentre in vece il patriarca copto
o giacobita dimorava ordinariamen-
te nel monastero di s. Macario po-
sto nella Tebaide. il patriarca di
i5a MEL
Gerusalemme governava le chiese
greche di Palestina e de' confìni
dell'Arabia : il suo distretto era '
uno smembramento di quello d'An-
tiochia, fatto dal concilio di Cal-
cedonia, avente soggetto il celebre
monastero del Monte Sinai, il cui
abbate godeva il titolo di arcivesco-
vo. Benché in tutti i mentovati
paesi non s' intenda più la lingua
greca, nondimeno è in uso la li-
turgia greca di Costantinopoli; è da
più di un secolo, che la difficoltà
di trovare de'sacerdoti e de'diaco-
ni che sappiano leggere il greco,
obbligò i melchiti a celebrar la
messa in arabo. Perciò i libri li-
turgici dei greci-melchiti cattolici
sono stati tradotti in arabo, che
è la lingua usata dai greci che a-
bitano i luoghi de' mentovati pa-
triarchi, e di cui andiamo a descri-
vere Io stato presente. Osservano i
greci-melchiti cattolici quattro qua-
resime, cioè ne premettono una al-
la solennità della nascita di Gesù
Cristo, osservano la comune, e coq
altre due si preparano alle feste
de'ss. Pietro e Paolo, e della Beata
Vergine Assunta, ed appresero dai
monaci ad astenersi dal pesce nei
mercoledì e venerdì dell'anno, nel-
la quaresima comune ed in quella
che precede l'Assunta. Quanto alla
popolazione greco-melchita cattoli-
ca, si dice averla portata l'odierno
Telante e dotto patriarca a cinquan-
tamila; ma pare che secondo più cri-
tici calcoli non possa sommare a più
di trentacinquemila. /^.Grecia, An-
tiochia, AiESSATfDBU, Egitto, Geru-
salemme.
Patrian-alo d' Antiochia,
de greci- melchiti.
La chiesa greca ne'primi nove
jBecoli di rjostra era restò perfet-
MEL
tamente unita alla chiesa romane»
e conservò gelosamente i suoi riti.
Segui nel secolo X lo scisma: ca-
duto nell'errore il patriarca di Co-
stantinopoli, trasse facilmente nella
sua rovina gli altri d' Antiochia ,
di Alessandria e di Gerusalemme,
perchè la Soria occupata nel VII
secolo dai saraceni, era stata ricu-
perata dagl'imperatori greci, onde
i patriarchi antiocheni li elesse
quindi il costantinopolitano. Kel
secolo XI tuttavolta Pietro III pa-
triarca d' Antiochia domandò ed
ottenne la conferma di sua elezione
dal Papa s. Leone IX. U Pontefi-
ce Eugenio IV nel concilio ecu-
menico di Firenze riportò all' uni-
tà gli scismatici, in un a Doroteo
I patriarca d'Antiochia; ma conse-
gui un momentaneo intento, come
nei tanti relativi articoli abbiamo
detto; quindi la fatale ricaduta riu-
scì più funesta della prima inva-
sione del male. Celebrammo in
più luoghi quanto i Papi fecero
per la loro riconciliazione, gli sforzi,
le concessioni, le spese, e per fa-
cilitarla vollero inviolabili i loro
riti, costumi e disciplina; ma qua-
si sempre infruttuosamente , poi-
ché il patriarca di Costantinopo-
li perseverò e rimane ne' suoi in-
veterati errori, anzi avendo prele-
so gl'imperatori greci che i patriar-
chi d'Antiochia, d'Alessandria e
di Gerusalemme si eleggessero tra
il clero di Costantinopoli, dierono
una vita più lunga e maggiore
consistenza allo scisma di questi, e
pei greci-melchiti lo sostenne Eu-
timie arcivescovo de' melchiti di
Tiro e di Sidone. Il primo patriar-
ca della chiesa antiochena a riu-
nirsi alla chiesa romana fu nel
1687 un tale Atanasio, che pro-
curò unitamente ai religiosi di
MEL
Terra Santa l'espulsione di Cirillo
] il seniore, al quale l'istesso Ata-
nasio rinunziò il patriarcato, riser-
bandosi la chiesa di Aleppo e sue
adiacenze, col titolo e colla condi-
zione di succedergli , se fosse pre-
morto Cirillo I, come avvenne nel
1718: Cirillo 1 fece la professione
di fede, e se non apparisce che avesse
la richiesta da lui conferma e pal-
lio, meritò di essere onorato di un
breve da Clemente XI, in cui fu
lodata la sua unione, e fu esortato
alla perseveranza. Kel 1721 morì
da cattolico, ciò che lasciò in dub-
bio Atanasio, che ritornò al pa-
triarcato. Da quell'epoca il patriar-
Iriarcato è sempre restato sotto l'ob-
bedienza del sommo Pontefice, e del-
la Congregazione di propaganda
fide {Vedi). L'elezione del patriarca
dei greci-melchiti si fa dai vesco-
vi suoi suffraganei greci-melchili,
e meno che il caso in cui il Papa
per insinuazione di detta cardinali-
zia congregazione elegga un coa-
diutore al patriarca o per malattia o
per qualche altro motivo, l'elezione
si fa sempre dal ceto vescovile. Do-
po che però è seguita, il patriarca
novello unitamente alla sottoscrizio-
ne di tutti quelli che hanno avu-
to parte nell'elezione , manda tutti
gli atti alla sacra congregazio-
ne per verificare se sono in re-
gola, e se vi è stato difetto o ir-
regolarità. Se la cosa è progre-
dita con tutte le regole canoniche,
la congregazione supplica il Ponte-
fice a confermare la persona e-
letta in patriarca, e lo prega anco-
ra a dargli il pallio.
Benedetto XIV col breve Z>e-
mandalam coelLius, de'24 dicembre
1743, presso W Bull. Pont, de propa-
ganda fide t. Ili, p. 96, Decreta de
ritibus graecorum niekhUarnni pa-
MEL i53
trìarchalus Antiocheni ^ de jurisdi-
cdone patriarchae et episcopontni
ijusdeni naUonem, deque monacho-
rum et monialnni disciplina, in unum
collecta promulganlnr. A Benedetto
XIII e Clemente XII avea esposti
molti dubbi per sua istruzione Ci-
rillo I patriarca antiocheno de'greci»
melchiti, ma niuna risposta rice-
vette. Dati da Benedetto XIV ad
esaminare gli slessi dubbi a gravissi-
mi teologi, col consiglio di questi
e di dottissimi cardinali, vi rispose
col citato breve, riportato pure nel
Bull. Magn. t. XV f, p. i6(3, a
Serafino Janas che col nome anco-
ra di Cirillo II era succeduto al-
l'altro nel patriarcato. Nel i744
fece questi l'istanza del pallio, e Be-
nedetto XIV glielo mandò col bre-
ve, Dani nobiscum animo repiila-
inus, de'sg febbraio, presso il Bull.
Magn. p. 178, e del Bull, de
prop. p. 114. Nel t. II deWAppen-
dix di ijuesto p. 117, si riporta il
breve, Praeclaris ronianuni Pon-
ti/icum, de' 1 8 marzo 1746, con
cui approvò le istruzioni per la
nazione greco-melchita cattolica del
patriarcato aniiocheno sopra l'osser»
vanza de'riti, digiuni, astinenze e con-
suetudini della chiesa greca, ed altre
pendenze riguardanti la medesima na-
zione. Non distinguendo Cirillo III
patriarca de'greci melchiti, s. Ma-
rone abbate de'maronili, da Maro-
ne abbate eretico, ne avea straccia-
to le immagini, e proibito il culto;
ma Benedetto XIV fece la debita
distinzione, e confeyriò il cullo an-
tichissimo del primo. Per rinunzia
di Cirillo III con dissensione fu e-
letto patriarca Ignazio monaco ma-
ronita, ma Clemente XIII col bre-
ve Quam cara semper fuerit, e col
breve Deìaùs ad Nos, del primo a-
gosto 17O0, Bull, de prop. t. IV,
i54 MEL
p. 3i e 34, cassò ed annullò l'e-
lezione d'Ignazio, ne dichiarò devo-
luta alla santa Sede la nomina, e
con autorità apostolica elesse in vece
per patriarca antiocheno de' greci-
melchiti, Massimo arcivescovo di
Gerapoli, cui prescrisse la professio-
ne di fede che comprese nel bre-
vcj e gli mandò il sacro pallio.
Ambedue i brevi sono ancora ri-
portali nel tom. II, pag. 5 e 7 del
Bull. Rorii. Conlinuatio. Quindi ai
4 novembre emanò il breve Lau-
damus magnopere, loc. cit. p. 4^,
diretto Illustri ac poieiiiissiino Cha-
Tìiaad magno Nachadiorum prin-
cipi . . . salulein et lumen divinae
gratiae^ acciò s'interponesse a ri-
muovere le gravi vertenze insorte
tra il monaco maronita Monticola,
e l'eletto patriarca già arcivescovo
di Gerapoli, per la deposizione d' I-
gnazio, avendo perciò deputato in
ablegato il domenicano fr. Dome-
nico a Lanceis, colle opportune fa-
coltà. Per morte del patriarca Mas-
simo fu eletto in successore Teo-
dosio arcivescovo greco-melchita di
Berito, che Clemente XIII confermò
col breve Romani Ponti/icis, VII
idus julii 1764, loco citato p.85, ri-
mettendogli insieme la professione di
fede, e la formula del giuramento
nel ricevere il pallio, col breve Cuni
IVbs, p. 92. Quindi col breve Quant
molestum,de7.S luglio, p. 94, il Pa-
pa si congratulò col clero e la na-
zione per la rinnovata concordia,
rimettendo al patriarca Teodosio
il pallio col breve Magnam Nobis,
dato nello stesso giorno , p. 95.
Col breve poi, Haud mediocriter^
spedito egualmente a' aS luglio,
dalla chiesa di Sidone traslatò a
quella di Berito l'arcivescovo greco-
melchita Basilio, d'intelligenza con
Arnoldo Bossu vicario apostolico
MEL
di Aleppo. Poco dopo s'intruse nel
patriarcato Ignazio Giohar vescovo
di Sidone greco-melchita, contro il
legittimo patriarca Teodosio, il per-
chè Clemente XIII col breve Inter
pluriiìias,p. I or, degli ii settembre
1765, diretto al clero e alla na-
zione, scomunicò l'invasore Ignazio;
quindi mediante il contenuto del
breve Composi tìs rebus patriarcha-
tus, p. io3, dato nello stesso gior-
no, partecipò tale scomunica a! prin-
cipe temporale de' greci - meichiti
Ali Gemblat, acciò prestasse aiuto
e favore a Teodosio patriarca isti-
tuito dalla santa Sede. Questi due
ultimi brevi, con quello che comin-
cia Quam moleslum, si leggono pu-
re nel t. IIIj p. r, i3o e 1 32 del
Bull. Rom. Cont.
Pio VI col disposto del breve
Perspecia Nobis, de'i5 dicembre
1787,6 diretto a Germano Adami
arcivescovo di Aleppo greco-mel-
chita, nominò questi visitatore apo-
stolico de'maroniti ( e con altro
dello slesso giorno, Appendix t. II,
p. 292, lo dichiarò pure delegato
al sinodo nazionale de'maroniti ),
come si legge nel detto tom. IV,
p. 208 del Bull, de prop. Ivi a
pag. 209, 2 IO, sono riprodotti il
decreto della congregazione di pro-
paganda, e l'allocuzione o sia gli
atti del concistoro 3o marzo 1789,
nel quale Pio VI confermò Atana-
sio Giohar 11 della congregazione
del ss. Salvatore, vescovo di Sido-
ne, nuovo patriarca de'greci - mei-
chili, eletto per morte di Teodo-
sio nella chiesa maggiore di s. An-
tonio; ed il ringraziamento e la
domanda del pallio fatta a Pio VI,
e da lui concesso, di d. Simone
Sabbagh sacerdote greco-melchita ,
alla presenza d'Ignazio Saruff arci-
vescovo di Berito e Gibel, procu-
MEL
ralore del paliiarca. Per morte di
Atanasio Giohar II, fu eletto suc-
cessore nel patriarcato antiocheno
greco melchita, Cirillo IV Siagi ve-
scovo Haramense, laonde nel det-
to tom. IV, pag. 241, 242, 243
sonovi , il decreto di conferina ,
gli atti del coiicisloro de' 2 7 giugno
1796, e l'allocuzione di Pio VI
colla quale preconizzò il novello
patriarca, ed il ringraziamento di-
retto al Pontefice , ed istanza del
pallio, pronunziato dal p. Elia Ca-
ìil alunno del collegio greco e mo-
naco basiliano del monastero del
ss. Salvatore, in nome del nuovo
patriarca Cirillo IV, presente il pro-
curatore del medesimo p. abbate
Atanasio Debbas. Cirillo IV po-
chissimo visse , onde gli fu sosti-
tuito in s. Giorgio Halgarb pacifi-
camente, Agabito o x\gabio Mattar
di Damasco, arcivescovo greco-mel-
chita di Sitloue. i\el medesimo t,
IV, Bull. de. prop. sono riferiti a
p. 9-44 6 246 il decreto di con-
ferma della congregazione di pro-
paganda, gli atti del concistoro dei
24 luglio 1797 di Pio VI, e l'al-
locuzione colla ffuiile lo preconiz-
zò, ed il ringraziamento e postula-
zione del pallio pontificale, fatto dal
nominato p. Calil alla presenza del
pur mentovato p. abbate Debbas,
qual procuratore ezi;uulio del pa-
triarca Agapito o Agabio. Quanto
fu lodevole il principio del ve-
scovato di Germano Adami arci-
vescovo greco-melchita di Aleppo,
a segno che lo abbiamo veduto
nominato da Pio VI a visitatore e
delegato apostolico ai n)aronili, al-
trettanto fu denigrata iu appresso
la sua condotta da princioii non
sani. Venuto in Italia contrasse a-
micizia con monsignor Ricci vesco-
vo di Pistoia, e di cjua riportò nel
MEL i55
Levante le note riprovate sue mas-
sime, quindi scrisse delle opere, le
quali benché condannate dalla santa
Sede, sotto pena di scomunica, chi
sa se sono totalmente estinte. Laonde
su questo proposito Pio VII scrisse
al patriarca Agabito il breve. In
acerbissimo dolore, kal. feb. 1802,
Appendix l. II, p. 307: sciscilalur
ex palriarchagreco-melchila doctri-
na et scripta Germani yidami ar-
chiepiscopi Jlepensis cjusdem ritusj
eidemque commi tlil ut literas apo-
slolicas Super soliditate, et Aucfo-
rem Fidei huic snhscribenda exìù-
heat. Nel numero 61 del Diario di
Roma, negli atti del concistoro del
28 luglio i8i7j si legge che Pio
VII preconizzò in patriaica cle'gre-
cimelchili Ignazio Cattan d'Aleppo,
già vicario apostolico del patriarca-
to. Seguendo Pio VII l'oenipio dei
suoi predecessori nella protezione
verso gli orientali , suscitatosi una
gravissima persecuzione contro i
greci-melchiti per parte del patriar-
ca de'gieci scismatici di Costanti-
nopoli, invocò la potente media-
zione del pio imperatore d'Austria
Francesco I, mediante il breve a
questi du'etto. Ad innumeras , dei
4 giugno 1818, presso il t. IV, p.
369 Bull, de prpp. Ivi è pure a
|>. 371 riportalo il breve Quae
ad Orthodoxam, dato da Pio VII
nello stesso giorno , e scritto a
Luigi XVI li religioso re di Fran-
cia, onde impegnarlo nel Talido
suo patrocinio in favore de' vessati
greci-melchiti.
Leone XII scrisse al detto pa-
triarca Ignazio Cattan il breve A-
postolatus ofjìcìum, de' 4 luglio
1828, Bull, de prop. l. V, p. 40,
col quale lo avvisò eh* essendo va-
cante la chiesa di Berito fino dal
1824 per morte d'Ignazio Dakeu
i56 MEL
di rito greco-melchitn, per le circo-
stanze de' tempi egli stesso veniva
jiila nomina del successore, nella
persona di Pietro Scialiajat monaco
della congregazione di s. Giovanni
in Soairo, dichiarandolo arcivescovo
di Berito. Nello stesso tomo a p.
72 evvi il breve Cuin ecclesia mel-
chitnruni, emanato da Gregorio XVI,
t» scritto al patriarca Ignazio a' 24
dicembre i83i, col quale dichiarò
cessala l'amministrazione della dio-
tesi greco- melchita di Gerapoli ,
aflldata da Leone XII con lettere
apostoliche de' 9 giugno 1826 ad
Ignazio Aggiuri arcivescovo Fer-
zulano, ed in vece la conferì al me-
desimo patriarca Ignazio per quel
tempo che piacerà alla Sede apo-
stolica. Inoltre nel t. V, p. 129 e
seg. sono riportati gli atti del con-
cistoro del primo febbraio 1836, in
cui Gregorio XVI, secondo il decre-
to da lui approvato della congre-
gazione di propaganda, traslatò dal-
l' arcivescovato in partibus di Mira
monsignor Massimo Mazium al pa-
triarcato antiocheno de'greci-melchi-
li, vacato per morte d'Ignazio Cat-
tan, ed eletto nel monastero di s.
Giorgio Algarh o Elgarb del Monte
Libano de' monaci di s. Basilio nella
diocesi di Berito, a' 5 aprile i833;
l'allocuzione perciò pronunziata dal
l^apa, ed il ringraziamento per tal
pontificia conferma ed istanza del
concesso pallio, del p. Gio. Battista
Topus armeno procuratore del pa-
triarca, il quale per di lui morte
nominò l'attuale procuratore p. ab-
bate d. Arsenio Angiaraluan armeno
procuratore generale in R.oma di sua
congregazione di s. Antonio abbate.
Siccome il patriarca era stato segre-
tario del sinodo di Karkafe 0 Karca-
fe, di cui parleremo (ed eletto all'ar-
civescovato d' A leppo), sottoscrisse la
MEL
condanna di tal sinodo, e delle dot-
trine di monsig. Adami, di cui era sta-
to discepolo. Il medesimo degno
prelato monsig. Mazlumj che al pre-
sente governa il patriarcato, per
concessione dello stesso Gregorio
XVI ottenne pure la giurisdizione
di patriarca alessandrino e geroso-
limitano de'greci-raelchiti, ammini-
strazione da non però trasmettersi
a'suoi successori: il patriarca prò
tempore s'intitola patriarca d'An-
tiochia e di lutto V Oriente. Sicco-
me questo patriarca allorché era
arcivescovo di Mira stette molti
anni in Roma, nel pontificato di
Leone XII e di Pio Vili, coli' in-
tervento alle cappelle pontificie, e
con facoltà di amministrare con rito
latino la cresima { come lo fece col-
la mia figlia Maria Anna a' i4
marzo i83o), se ne vede il suo
ritratto vestito coi paramenti pon-
tificali del proprio rito greco mel-
chita in atto di dare la benedizio-
ne, colla mitra simile alla tiara im*
periale, ed il bacolo pastorale aven-
te nelle estremità due teste di ser-
pe, nella Raccolta della gerarchia
eccl. del Capparroni, t. I. Notere-
mo che al citato articolo Grecia,
descrivemmo le vesti de' vescovi
greci. Il medesimo monsignor Maz-
ium dimorando in Roma tradusse
in arabo le seguenti opere di s. Al-
fonso de Liguori, quali furono pub-
blicate colle stampe dalla tipografia
di propaganda: i.° Le glorie di
Maria, 1827, 2." Massime eterne,
1827. 3.° Visite al ss. SagrameU'
lo ed alla Beata Vergine, 1829.
4." Apparecchio alla morte, 1829.
5." // gran mez'A) della preghiera.
Co' tipi stessi ci diede: Gramnia-
iica della lingua araba, i83o. Delle
benemerenze di questo patriarca che
insignito di tanta dignità si poilò
MEL
in Roma a venerare la tomba dei
principi degli apostoli e Gregorio
XVI, e dello sialo presente de' gre-
ci cattolici melchili, se ne tratta nel-
r opuscolo : Ménioire sur l' élat
actuel de l' égli se grecque calholi-
(jue dans le Levant, Marseille i84'.
Qui appresso riporteremo lo stalo
attuale de'greci-melcliiti del patriar-
cato antiocheno , oltre quanto di
esso dicemmo nel voi. 11, p. 176
del Dizionario, quindi quello dei
patriarcali alessandrino e gerosoli-
mitano, e le diocesi di ognuno suf-
raganee.
Antiochia fu già città famosissi-
ma, capitale di tulto l'oriente, pa-
triarcato che comprende la Carania-
nia, la Siria e la Mesopolamia. li
principe degli apostoli s. Pietro fer-
mando la sua cattedra in Antiochia,
questa citta meritò per pochi anni
ciò che Roma ha meritato per
sempre. Quantunque il patriarca
abbia oggi per residenza il luoi^o
d'Ain-Irez, diocesi diBerilo, nel col-
legio della ss. Annunziata, per aver
più facile la comunicazione co' suoi
vescovi, pure la sua residenza come
patriarca è in Damasco; in Antio-
chia VI risiede un patriarca nesto-
riano. Tale residenza fu pure in A-
leppo, ed anche nel Monte Libano.
W patriarca deve istituire parrochi
dovunque sì trovi un numero sufifi-
ciente di cattolici. I curati altri sono
del clero secolare, altri del regolare.
Vi è una classe di ecclesiastici che
ricevono gli ordini sacri dal patriarca,
de' quali egli si serve per le diocesi
a lui immediatamente soggette. Si
trovano in questo patriarcato Ire
congregazioni di monaci, comprese
le monache, e delle quali parleremo
poi. Le scuole si trovano stabilite
in tulle le diocesi. Il patriarca Mat-
tar lasciò de' fondi per lo stabili -
MEL 1:^7
mento di un semina»!© in Ain-trez
sotto il titolo della ss. Annunziata,
le cui regole furono corrette ed
approvate, quindi stampate: tali fon-
di derivano dalla metà di sua ere-
dità, avendo lasciala l'altra al pa-
triarcato. L'esecutore testamentario
fu monsignor Mazlum, il quale con-
dusse in Levante due gesuiti per
aprire il collegio. I posti gratuiti
del collegio sono diciassette ; due di
nomina del patriarca prò tempore,
due della diocesi di Damasco, due
di A leppo, due del Cairo, uno di
ciascuna diocesi. JNel Chesroano so-
novi monasteri d' ambo i sessi, i
quali, come pure degli ospizi, esisto-
no anche altrove. E proibito ai greci-
melchiti vestir l'abito d' istituti la-
tini, come lo è a tutti gli altri o-
rientali, a meno che non entrino
nella congregazione dei lazzarisli.
Anticamente le diocesi dipendenti
dal patriarcato antiocheno erano ia
maggior numero, ed alcune ora sono
amministrate dai curati: attualmente
le diocesi sudiaganee sono Damasco,
Aleppo, Diarbekir, Homs o Emesa,
Berito o Beyruth, Balbek o Eliopoli,
Tripoli, Bostra, ZakateFurzol: tran-
ne questa uiliina, tulle hanno articoli.
Più sinodi sono siali celebrali dai gre-
ci-melchìli : uno di questi si adunò
nel monastero di s. Isaia circa il
1775; altro nel 1806 e nel 18 io
nel monastero di Karkafe, Carca-
phae, senza il consenso della santa
Sede, i cui atti in arabo furono
stampati, e siccome riprovevoli, Gre-
gorio XVI li condannò col breve
Mdchitarwn calholiccrwn synodtis,
de' 3 giugno i835, presso il Bull,
de prop. t. V, p. i25. Il patriarca
melchita scismatico esige una tassa
dal clero.
Damasco. Grande città della Si-
ria con circa 200,000 abilanli, 4ooo
i58 MEL
de' quali cattolici, avendo i greci
una bella e inagnifìcn chiesa. Il
patriarca suole tenerne l'amuiini-
strazione per mezzo d'un vicario,
e vi si trovano i monaci salvato-
riaiii; due curati sono della con-
gregazione di s. Giovanni in Soairo.
In Damasco si trova l'abitazione
del patriarca, ed oltre le scuole già
stabilite, forse vi è stato aperto un
collegio. La diocesi è arcivescovile,
e vi risiede ancora il patriarca scis-
matico.
Aleppo. Era la città piti grande
della Siria prima del noto terre-
moto del 1822; secondo alcuni
succede a Beroe, secondo altri alia
città di Jerapoli o Gerapoli o di La-
rissa. È arcivescovato, con 280,000
abitanti circa. Come gli orientali di
altro rito, così questi greci-melchiti
vi hanno la loro chiesa, e forse
qualche oratorio. W è arcivescovo
monsignor Gregorio Chaiat. Esiste-
va in Aleppo una confraternita del
ss. Cuor di Gesìi ; ma essendo sta-
ta fondata contro le sanzioni cano-
niche, nel i838 ne fu decretata la
soppressione: essa portava il titolo
delle devote di Aleppo.
Diarbckir. Città della Mesopota-
inia, l'antica Amida, ed è arcive-
scovato. La sua popolazione è al
pili di 80,000 abitanti. I greci so-
no cattolici, e vi hanno chiesa. N' è
arcivescovo monsignor Macario Sam-
man. Vi sono aperte le scuole, e
vi risiede un patriarca giacobita
ed un arcivescovo nestoriano. Il p.
abbate Giuseppe Zogheb che fu ge-
nerale e procuratore generale della
sua congregazione del ss. Salvatore,
ebbe il permesso di questuare per
la fondazione di alcune chiese mel-
chite nella Siria e nell'Egitto.
Hovis o Hems o Emesa. Luogo
del sangiacato di Tadmor e tcsco-
MEL
vato, con popolazione di circa 3o,ooo
abitanti. Vi sono due chiese del
rito melchita, ed altra ve n'ha in
Ibned. Vi hanno chiesa ed ospizio
i monaci di s. Giovanni in Soairo.
Berito o Beyrulh. Città e porto
di mare della Siria, arcivescovato
con pili di 12,000 abitanti. IN' è
arcivescovo monsignor Agabio Riach.
In questa diocesi vi sono scuole, si
trova il collegio della ss. Annunzia-
ta summentovato, e vicino ad esso
avvi la residenza patriarcale.
Balbek o FMopoli. Città del pa-
scialato di Acri, vescovato. Vi sono
scuole, e n' è vescovo monsignor A-
tanasio Oubeit, con 1200 abitanti.
Tripoli di Siria. Capoluogo del
pascialato del suo nome, e vesco-
vato con 19,000 abitanti. N' è ve-
scovo monsignor Atanasio Totungi.
Vi sono scuole ed ospizi, uno in
città, l'altro nel porto, fabbricati
a spese e per comodo del patriarca.
Bostra o Aouran. Capoluogo del
paese di Hauran, che pegli avanzi
dei suoi antichi monumenti, la fanno
credere stata città di grande splen-
dore. E arcivescovato ora occupato
da monsignor Cirillo Tesfouss. Si
dice che Maometto incontrasse in
questa città il monaco nestoriano,
che gli somministrò documenti che
servirongli di base a fondar la sua
setta.
Zaknt e Furzol, o Ferzul o Far-
zole, vescovato. Ha scuole e n' è ve-
scovo monsignor Basilio Sciahiat.
Greci melchiù di Marsiglia. La
persecuzione che infierì circa il quar-
to lustro del corrente secolo nel
Levante contro i greci-melchiti cat-
tolici, obbligò molti di questi a
cercare un asilo nella cristianità
per salvarsi dalla schiavitù e dalla
morte, e per conservare illibata la
vera religione ricevuta dai padri
MEL
loro. Molti di questi approdarono
in Marsiglia, e vi fissarono il domi-
cilio. Erano però privi di una chie-
sa, dove potessero soddisfare ai do-
veri religiosi secondo i loro riti. JNel
1822 si trovava in Trieste monsi-
gnor Mazlum autorizzato dalla con-
gregazione di propaganda, ma in
vece egli passò in Marsiglia, e vi
fabbricò una chiesa succursale pei
suoi nazionali rifugiati colà . La
chiesa però è comune anche ai la-
tini, è dedicata a s. JNicola arcive-
scovo di Mira, e costò settantamiia
franchi. Pel mantenimento di essa
dà la città 2400 franchi annuì, ed
il governo franchi ySo a chi l'as-
siste. Sono i melchiti circa 4oo.
Ordini monastici grecomelchiti
basiliani.
Congregazione del ss. Salvatore.
Ne fu fondatore monsignor Eutimio
arcivescovo di Tiro e Sidone nel
1715, ed ebbe per fine l'educa-
zione de' giovani ecclesiastici, per
istradarli nell'uffizio de' missionari :
dal titolo della congregazione, i mo-
naci sono chiamati Salvatoriani. In-
formata la congregazione di propa-
ganda di questa erezione, quantun-
que credesse opportuno diflerirne
r approvazione, pure ne lodò gran-
demente Io spirito. Questi monaci
seguono la regola genuina di s. Ba-
silio, della quale trattammo all'arti-
colo Basiliani, e molti vescovi gre-
ci-melchili sono usciti da questa
congregazione. Non avendo prima
rendite, viveva colle oblazioni de' fe-
deli trasmesse all'abbate generale dai
monaci ch'esercitavano 1' uffizio di
parrochi : ora però possiede, ma non
si conoscono il numero de'monasleri
di questa congregazione. Quasi tut-
te le parrocchie sono amministrate
MEL i59
dai monaci del ss. Salvatore, i quali
ascendono a circa 5oo individui.
Essi non si distinguono, in quanto
alia forma dell'abito dai monaci
scismatici, che nella chierica, men-
tre i cattolici si tagliano i capelli
innanzi il capo, cosa che quelli noa
usano. L'ospizio di s. Maria in Ca-
rinis in Roma, spetta a quest'ordi-
ne, e suole risiedervi un monaco
procuratore, che al presente è il p.
abbate Antonio Naser; mentre l'ab-
bate generale residente al Monte Li-
bano è il p. Tommaso Rojamgi che
da ultimo successe in tal carica al
detto p. abbate. E chiamato l'ospi-
zio in Carìnis, dall'antica regione
di Roma chiamata Carine, di cui
parlammo altrove, e ne tratta il
Nardini; nel 1779 vi si era stabi-
lito il procuratore generale de' ci-
stcrciensi foglianti.
Congregazione di s. Giovanni
Battista in Soairo. Fu fondala ver-
so il 1700 nel Monte Libano, e le
sue regole estratte da quelle di s.
Basilio furono approvate da Cle-
mente XII a'i4 settembre 1739,
col breve Sol justitiae, presso il Bull.
Rom. t. XIV, p. 384, e presso il
Bull, de prop. t. II, p. 287. la
esso viene confermata la concessio-
ne fatta dal medesimo Papa della
Chiesa di s. Maria in Domnica
detta la Navicella (^Fedi), della qua-
le aveano preso possesso sin dai 29
luglio 1734, dovendo i monaci in
essa e sue dipendenze formarvi un
seminario per le missioni della Siria,
sotto la dipendenza della congrega-
zione di propaganda, concessione
alla quale concorse il cardinal Co-
scia titolare della chiesa, col consen-
so dato a' 2 3 del detto mese di lu-
glio. Veramente le regole appro-
vate da Clemente XII sono quelle
compilate pel roonastero di s. Ma«
i6o
MEL
ria in Domnica. Fu dunque Bene-
detto XIV che confermò le costi-
tuzioni della congregazione di s.
Giovanni Battista in Soaiio nel
Monte Libano, non che delle mo-
nache melchite, col breve Deman-
datam coelitns huniililati noslrae,
de' 24 dicembi-e 1743. Della quale
conferma volle corroborarne il con-
tenuto, col breve Consliiuliones or-
dinis s. Basila Magni, diretto al
patriarca Cirillo 111, de' 12 agosto
i']5'j, presso V Jppendix del Bull.
de prop. t. Il, p. 181. Ivi a p.
182 si riporta il breve dato nello
stesso giorno e indirizzato ad Igna-
zio Gerlua abbate generale della con-
gregazione, che incomincia colle pa-
role Non possunius, il quale era
successo a d. Nicola Sajeg, che avea
implorato l'approvazione delle co-
stituzioni ; ricevendo Benedetto XIV
sotto la protezione della santa Sede
le monache del monastero della ss.
Annunziata, dichiarò ad essa spet-
tarne il regime. Clemente XIII poi
col breve Injunclum nobis, de' i5
novembre 1762, Bull, de prop. t.
IV, p. 67 , approvò le costituzioni
pei monastero de'greci-melchiti di
Chesroano, eretto sotto la regola di
s. Basilio Magno. Anche da questa
congregazione sono usciti molti pa-
stori a reggere le diocesi. Avreb-
bero voluto i monaci sostenere, che
i vescovi per diritto doveano essere
eletti da queste due corporazioni
religiose, ed esserne esclusi i preti
secolari; ma fu dalla congregazione
di propaganda risoluto il contrario.
La consuetudine innegabile di eleg-
gersi i vescovi tra i monaci, vero-
similmente ebbe origine e si man-
tenne, perchè i monaci osservano
il celibato e coltivano gli studi
meglio che il clero secolare. Poche
parrocchie sono amministrate da
MEL
questi monaci: essi possono venire
ammessi nel collegio di Aiu-trez, e
mantenuti gratis; ma non è loro
permesso dare libri alla luce senza
l'approvazione del vescovo. Hanno
in Roma l'ospizio di s. Maria ia
Domnica, e vi si portano già prò*
fessi e vicini al sacerdozio. Si re-
cano ogni anno all'esame, presenti
il cardinal prefetto e monsignor
segretario di propaganda ; e dopo
oli' anni di dimora in Roma e di
sludi, partono per la Siria, e per
quelle missioni alle quali li destina
la propaganda. L' ospizio ha un
cardinale per protettore. I monaci
di questa congregazione erano par-
te della città di Aleppo, e parte
della montagna : gli aleppiiii volea-
no arrogarsi una n)aggioranza sopra
i montagnoli, onde si turbò la pace
e si convenne venire ad una divi-
sione approvata nel i832 da Gre-
gorio XVI. De' soairiti duncjue si
formarono due congregazioni, una
detta àe^WAleppini, 1' altra dei Ba-
laditi. Furono divisi i monasteri e
i beni, quindi si trattò di dividere
ancora l'ospizio di Pioma, dove a-
vranno la residenza i due procu-
ratori. I monasteri degli Aleppmi
sono quelli di s. Isaia, s. Michele
Alzug, s. Giorgio Algarb o Algartb,
della Madonna Alras, l'ospizio ini
Zhale, l'ospizio in Aleppo con tutti
i beni mobili ed immobili. Ai mo-
naci Baladid o montagnoli resta-
no i monasteri seguenti coi loro
beni mobili ed immobili, cioè: s*
Giovanni in Soairo , s. Elia in
Zhale, s. Michele, cioè il terreno
per fabbricarvi una chiesa, s. An-
tonio in Rarkafe, 1' ospizio in Be-*
rito, r ospizio in s. Barbara, metà
dell'ospizio di Roma. Tutti i no-
minati monasteri sono ben provve-
duti di beni di fortuna. Nel nume-
MEL
IO 17 Jol Diario di Roma 184^,
(leseli veiidosi ii possesso preso della
(.iiaconia di s. Maria in Dumnica
dal cardinal Massimo, si dice die
tii licevulo foriDaluiente alla porta
della chiesa dal p. Libeo Molajni
piocuralore generale de' monaci ba-
laditi maroniti, dal p. Abdallah
Dleblani abbate del monastero dei
maroniti , da d. Giovanni Topus
procuialoie dei patriarchi greco-
Hiclcliita ed armeno, da d. Michele
Giarve fralfUo del patriaica de'siri,
dal p. Tommaso Rojamgi greco
melthita, abbate di s. Maria in Ca-
rinis, da Francesco Mehaseb ma-
ronita, amministratore de' monaci
basiliani greco-melchiti, e dagli a-
lunni di propaganda.
Monache greco-melchite. Osser-
vano la regola di s. Basilio, alla
quale fattasi qualche modificazione
venne confermala da Clemente XI 11
a' 22 agosto 1764, col breve Sa-
craruni virginuni coelus, diretto al
patriarca Teodosio, e riportato nel
Bull, de piop. t. IV, p. 97, e net
Bull. Rem. Conlinualio t. IH, p,
10. Due sono i principali mona-
steri delle monache melchite, quel-
lo della ss. Annunziata, posto da
Benedetto XIV sotto la protezione
della santa Sede, e quello del Tran-
sito. Erano diretti dai monaci mel-
chiti di s, Giovanni in Soairo, ma
seguita la divisione toccò agli Alep-
pini il monastero della ss. Annun-
ziala, ed ai Baladid quello del
Transito. Le monache obbediscono
ai monaci non solo in quanto allo
spirituale, ma anche in quanto al
temporale colla dipendenza imme-
diata dall'ordinario, e mediata dal
patriarca.
VCL. XI, IV.
MEL i6i
Patri arcalo d' Alessandria
de greci- nielchiti.
Alessandria di Egitto serve di
titolo al patriarca, la di cui giuris-
dizione si estende a tutto 1' Egitto
e r Arabia Felice e Deserta. Suole
egli risiedere nel gran Caiio, dove
è stata fabbricata una chiesa. Que-
sta vasta, ricca e celebre città ca-
pitale dell'Egitto era popolata un
tempo da 3oo,ooo abitanti, e ri-
mane nell'Egitto inferiore posta al-
l'imboccatura del Nilo. Il solo pa-
triarca alessandrino che nel secolo
passato abbia professata V unione
colla Chiesa romana fu Samuele
Capusulis, per cui Benedetto XIV
da avvocato concistoriale perorò nel
concistoro de' 28 aprile 1713, e gli
ottenne il pallio da Clemente XI.
Fra il patriarca ed i monaci sal-
vatoriani o del ss. Salvatore si era
accesa una grave discordia. Preten-
deva il primo cacciare i monaci
dalle parrocchie, ed i monaci soste-
nevano esserne i soli rettori, ad
esclusione d' ogni prete secolare. La
congregazione di propaganda rico-
nobbe il diritto nel patriarca e nei
■vescovi di deputare i curati, ma
■volle un riguardo anche ai monaci,
che per tanti anni avevano ammi-
nistrato le parrocchie. Tutto l' E-
gilto, ossia i luoghi dove si trovano
cattolici, non formano che una sola
diocesi. Tutti i greci, tulli i luoghi
mancanti di vescovi, sono sotto l'im-
mediata giurisdizione del patriarca.
Monsignor Massimo Mazlum pa-
triarca d'Antiochia, quando fu fatto
tale, ebbe questo patriarcato ales-
sandrino, da non trasmellersi però
a' suoi successori. Ha per suo vica-
rio monsignor lìasilio Kafouri ve-
scovo in parlibus residente nel Cairo,
II
i62 MEL
con un curato, ed il presidente del
clero patriarcale, oltre sei monaci
salvatoriani : nel Cairo vi è la re-
sidenza patriarcale. Della attuale
popolazione di circa 80,000 abi-
tanti di Alessandria, 700 sono i gre-
ci cattolici che uffiziano nella chie-
sa de' minori osservanti. Tutlavolta
■vi sono due chiese melchite, una
delle quali de' monaci del ss. Sal-
vatore : uno de' due monaci è vi-
cario del patriarca, ed hanno ivi
r ospizio.
Dannata. Capoluogo della pro-
vincia di tal nome, giace sulla ri-
Ta destra del ramo più orientale
del Nilo, con 3o,ooo abitanti. Vi
è il vicario patriarcale, nella per-
sona di un monaco. L'ospizio che
spettava ai religiosi di Terra Santa
fu ceduto ai melchiti, che vi sono
ÌD maggior numero di qualunque
altra nazione orientale.
Rosetta . Capoluogo della pro-
vincia di tal nome sulla sponda si-
nistra di un ramo occidentale del
Nilo, con i4>ooo abitanti. Vi è
una chiesa che si crede fabbricata
dai salvatoriani.
Palriarcnto di Gerusalemme
dei greci-melchiti.
Gerusalemme. Capitale di Terra
Santa, patriarcato che comprende
Ja Palestina e l' Arabia Petrea, con
3o,ooo abitanti, e vi è stata fabbrica-
ta una chiesa sotto l' invocazione di
8. Anna. Tutti i luoghi che man-
cano di vescovi dipendono dall'im-
mediata giurisdizione del patriarca,
il quale di presente è monsignor
Massimo Mazium patriarca antio-
cheno ; questa dignità però non
passerà ai suoi successori, che por-
teranno il solo nome di ammini-
ilruiuri, come per lo passalo dal
MEL
1772. Il vicario patriarcale risiede
in Jaffa.
Jq/J^ay Giaffa o Zoppe. Porto di
mare e città con 3G3o abitanti,
ove negli ultimi tempi fu fabbrica-
ta una chiesa dai monaci del ss.
Salvatore. Soleva risiedervi il pa-
triarca di Gerusalemme, ed avvi la
residenza di esso. Il vicario patriar-
cale è monsignor Melezio Fendè
vescovo in partibus. V ospizio dei
monaci salvatoriani, secondo il pa-
triarca, {.-^jetta al popolo cattolico.
Acri, o s. Giovanni d' Acri. La
antica Tolemaide, città con porto
di mare, e vescovato, con 20,000
abitanti. N' è vescovo monsignor
Clemente Bahhous, e vi sono scuole.
Tiro o Sur. Antica regina del
mare, arcivescovato con scuole. Ne
è orcivescovo monsignor Ignazio
Karout.
Sidone o Saida. Capitale della
Fenicia con porto di mare ed
8,000 abitanti. Arcivescovato con
scuole : n' è arcivescovo monsignor
Teodosio Coyungi.
MELCHITI, monaci. Congrega-
Rioni del ss. Salvatore, e di s. Gio.
Battista in Soairo. Fedi Melchiti.
MELENICO o MENLIK. Sede
vescovile e città forte della Mace-
donia, situata a poca distanza da
Serra e da Tessalonica. Da princi-
pio non fu che un semplice vesco-
vato suifraganeo di Tessalonica, in
seguito fu eretta in metropoli, di-
gnità che già godeva fino dal se-
colo XIII. Si conoscono sette dei
suoi vescovi, cioè N. . . metropoli-
tano di Melenico, sottoscrisse Ja
lettera che i prelati d' oriente scris-
sero al Papa Gregorio X, riguar-
dante l'unione della chiesa roma-
na. Metrofanc, il quale assistette
e solloscrisse al concilio tenuto sot-
to il palrìurca Calisto, rclalivuineu-
MEL
le ni j>olaiuiti. Malico assislelle al
concilio di Ferrara, e soUoscrisse
il decreto d' unione. N . . . sotto-
scrisse l'alto di deposizione del pa-
triarca Joasaph ed assistette al con-
cilio del patriarca Geremia contro i
siinoniani. Metodio ne occupava la
sede nel tS-jg. Matteo designato dal
patriarca Geremia II. Antimo era
vescovo nel 1721. Oriens cluìst.
t. II, p. 9^.
MELESOBA. Sede vescovile dei
bulgari, della provìncia di Dardania,
diocesi dell' llliria orientale. Ne fu-
rono vescovi, N ... al quale scris-
se Teofilato l'epistola 82; e Nico-
la di cui fa menzione l' Allaccio,
De consens. lib. 2, cap. i o.
MELEUSIPPO (s.). F. Speu-
sippo (s.).
MELEZIANI. Eretici o scismati-
ci d* Egitto del IV secolo^ così cliia-
tì dal nome di Melezio vescovo di
Nicopoli, che per la debolezza di a-
versagrificalo agl'idoli, fu deposto da
un sinodo presieduto daPietro vesco-
vo di Alessandria. Ma invece di ac-
cettare con sommissione la penitenza
impostaglij proruppe in invettive
contro i suoi giudici, si fece loro
denunzia tore presso i nemici del
Dome cristiano, e si fece inoltre ca-
po di un partito contrario. Nulla-
dimeno visitò l'Egitto, amministrò
i sagramenli, ed ordinò preti, co-
me se avesse avuto diritto di con-
tinuar le funzioni di cui era stato
giudicato indegno. Il concilio d'A-
lessandria condannò Melezio e tulli
i suoi fautori o seguaci ; ma il con-
cilio di Nicea del 325 usandogli
clemenza, gli lasciò il titolo di ve-
scovo, a condizione che cesserebbe
di luibar il suo successore. L' in-
docile prelato non fu commosso da
tale benevolenza ; instituì quindi
vescovo dcgl' ipsclili Arsenio, il qua-
MEL 103
le fu accusato d'azione criminosa,
e si collegò cogli ariani, quantunque
non partecipasse ai loro errori, con-
tro s. Atanasio nuovamente innal-
zato alla sede d' Alessandria. Fi-
nalmente, in onta alla decisione del
concilio, dichiarò suo successore Gio-
vanni, uno de' suoi servitori, e lo
istituì vescovo pochi giorni prima
della sua morte, avvenuta nel 826.
Ingannato s. Epifanio da atti falsi,
attribuì molti errori ai meleziani,
che però essi non hanno mai sos-
tenuto, come ha benissimo fat-
to osservare il Petau, parlando di
s. Epifanio, haeres. 68, appoggiato
al Baronio an. 3oG. Sostenevano essi
soltanto, che non si dovevano far
preghiere nelle chiese coi cristiani
caduti neir eresia o nell' idolatria
durante la persecuzione, qualunque
fosse la penitenza che avessero fat-
ta in seguito ad espiazione del lo-
ro fallo.
MELEZIO (s.), patriarca d' An-
tiochia. Disceso da una delle piìi
onorevoli famiglie di Melitene, nella
piccola Armenia, diede a conosceie
fin da' suoi verdi anni grande pie-
tà e forte amore allo studio. La
sua irreprensibile vita, e l' iudole
dolce e pacifica gli procacciarono la
estimazione degli ariani del pari che
quella de' cattolici. Fu eletto a ve-
scovo di Sebaste, per succedere ad
Euslazio, deposto dagli ariani in un
concilio tenuto a Coslantinopofi nel
36o; ma trovatavi ostinata resi-
stenza, abbandonò la sede per an-
dar a vivere nella solitudine, e si
riliiò a Bcrea nella Siria, Dopò il
deponimeiito- di Eudossio ariano,
patriarca d' Antiochia, i cattolici e
gli ariani si riunirono per la scelta
del suo successore, la quale cadde
sopra Melezio. Tuttavia alcuni cat-
tolici ricusarono di riconoscere Me-
i64 MEL
lezio, avendo gli ariani avuto parte
alla sua elezione ; mentre gli ere-
tici, ch'eransi confidali di tirare
Melezio dalla loro, sperimentandolo
invece contrario, se ne vendicarono
sollecitando l'imperatore ad esiliarlo.
La permissione accordata poscia dal-
l'imperatore Giuliano ai vescovi e-
sìliati di ritornare alle loro sedi,
restituì Melezio ad Antiochia; ma
lo scisma divideva il suo gregge,
come narrammo all' articolo Antio-
chia, laonde gli fu contrapposto
Paolino die fu consagrato da Luci-
fero di Cagliari. Melezio ebbe inol-
tre a dolersi pel paganesimo rinno-
vellato da Giuliano l'Apostata, al
quale essendosi opposto con un ar--
dorè veramente episcopale, fu man-
dato una seconda volta in esilio,
da cui venne richiamato nel 363
dall'imperatore Gioviano. Sotto que-
sto principe, tenero amatore della
fede di Nicea, e grande apprezza-
tore di s. Melezio, fu molto fiac-
cala la tracotanza degli ariani. I
più prudenti di essi, avendo a lo-
ro capo Acacio da Cesarea, vennero
in Antiochia, ove il santo patriarca
avea convocato un concilio di ven-
tisette vescovi, e vi sottoscrissero
una confessione di fede ortodossa.
L'aperta protezione che l'impera-
tore Valente, successo a Gioviano,
accordò agli eretici, non potè sce-
mare lo relo di Melezio, che con-
tinuò sempre a difendere la sana
dottrina contro i di lei oppositori,
locchè gli fruttò un terzo esilio.
Condotto nella piccola Armenia, fe-
ce la sua dimora presso a Nicopo-
li, io una terra de' suoi, chiamata
Getase : finché, morto Valente, ri-
tornò ad Antiochia. Per estinguere
lo scisma divise con Paolino il reg-
gimento della chiesa d' Antiochia,
col patto che chi dei due soprav-
MEL
vivesse all'altro, fosse il solo pa-
store di tutto il gregge. Quindi non
d' altro occupossi che dei ine/zi di
correggere i disordini introdotti dal-
lo scisma e dalla eresia. Presiedette
nel 379 al concilio d' Anlioclii;», il
quale condannò gli errori di Ap)!-
linare ; non che al secondo conci-
lio generale di Costantinopoli del
38 1. Mori in questa città durante
lo stesso concilio, e tutti i padri
assistettero alle cerimonie del suo
mortorio, le qunli furono fatte con
grandissima magnificenza. Uno di
essi recitò il panegirico del santo
in pieno concilio, e s. Gregorio di
Nissa ne fece l'orazione funebre,
presente l'imperatore Teodosio, nel-
la chiesa di s. Sofia. Il corpo del
.santo patriarca fu deposto nella
chiesa degli apostoli, donde sul fi-
nire del medesimo anno venne tras-
portato ad Antiochia per ordine
di Teodosio, e fu seppellito nella
chiesa di s. Babila da lui stesso
fondata. Cinque anni dopo, s. Gio.
Crisostomo pronunziò il suo pane-
girico a' 12 di febbraio, giorno in
cui è nominato nei Menci e nel
martirologio romano presso Baronio.
S. Gio. Damasceno gli dà il titolo
di martire, a cagione del suo tri-
plicato esilio, e di tutto ciò che
sofferse per la fede.
MELFA , MELFE o MELFI.
Luogo e riviera del regno delle due
Sicilie, provincia di Terra di Lavoro,
distretto di Sora. Vi fu nel 1284
tenuto un concilio, coiiciUuni Mel-
fiiaimin. Gerardo vescovo di Sabi-
na, e legato di Martino IV in Si-
cilia, vi presiedette. Vennero fatti
nove canoni, nel primo de'quali fu
ordinato che i greci i quali dimo-
ravano in Sicilia, dovessero aggiun-
gere al simbolo la particella Filio-
qne. Gli altri canoni furono stesi
MEL
contro gli oppressori delle chiese
e degli ecclesiastici ; contio i chie-
rici Ialini che si ammogliavano e
ricevevano gli ordini sacri senza ob-
bligar le loro mogli a far voto di
castità : contio i prelati che per
avarizia impiegavano dei sacerdoti
greci per cclclHar 1' iilììzio de' lati-
ni, ed amministrare i sacramenti;
«ontro gli ecclesiastici concubinari;
4 entro I* alienazione de' beni eccle-
siastici , e contro coloro che si
ajipropriavano que' beni. Martene,
Colletio Novact. t. VII, p. 283.
MELFI {Meìpliiftì). Città con re-
sidenza vescovile nel regno delle
due Sicilie, nella provincia della
IJasilicata , capoluogo di distretto
e di cantone con titolo di princi-
pato, appartenente alia nobilissima
lairiiglia Doria. Melfi, Aiifìdiis, Mel-
plii, è posta sulla sinistra riva del-
l'Antroluco, influente dell' Ofanto.
Vedesi su d' elevata rupe il suo
vecchio e forte castello, che rende-
vala ne' passati secoli munita. Ha
una bella cattedrale, e diversi be-
nefici e scientifici stabilimenti. Il
suo distretto comprende Venosa e
altri sette circondari, distante 27
leghe da Napoli. Questa città nel
ì 043 venne scelta dai dodici conti
norm.inni per essere 1' abitazione co-
nume e la metropoli della loro mi-
litare repubblica; ma ben presto
opini conte nel proprio disti'etto in-
uiilzossi un castello colla percezione
di un tributo dal popolo soggetto
alla sua autorità. JNicolò II nel
10^9 vi istituì la sede vescovile, e
la dichiarò immediatamente sogget-
ta alla santa Sede. Dipoi Clemente
VII nei iSaS vi unì la sede ve-
scovile di Rapolln {^l'edi), ch'era
sulFraganea di Siponfo o Manfre-
«lonia, ma anche questa seconda chie-
sa venne dichiarata esente e sós-
MEL i65
getta alla Sede apostolica. Un tem-
po le due diocesi rendevano al ve-
scovo annui scudi cinquemila.
Il primo vescovo di Melfi fu
Baldovino nel loSg, che assistette
alla consagrazione della chiesa di
Monte Cassino fatta da Alessandro
II, nel 1072; indi fu sospeso dal
vescovato da s. Gregorio VII, quin-
di restituito nel 1075, morto nel
1093; sotto di lui il duca R.ober-
to Guiscardo donò alla chiesa di
Melfi il nobile feudo di Salsula, li-
bero da qualunque servitìi, con
tutte le giurisdizioni , lo che con-
fermò Pasquale II con diploma del
1102. II vescovo Ruggero visse nel
I 1 55 nel regno di Roggero, e in
detto anno venne edificata la cat-
tedrale ed il campanile, con nobi-
le ed ardita struttura. Rodolfo in-
tervenne nel II 79 al concilio La-
teranense III. Guglielmo che gli
successe, nel iigS riportò da Ce-
lestino HI la conferma del dominio
di Salsula e Gaudiano. Giacomo
morì nel 1202; ma R. . . . per si-
monia ed altre colpe fu sospeso da
Innocenzo HI, indi deposto, e sur-
rogato verso il 12 13 Richerio lo-
dato per santità di vita e dottrina;
riportò privilegi da Federico II,
eresse l' ospedale presso la chiesa di
s. Nicola di Aufrido, e trasferì le
monache di san Benedetto dalla
solitudine della chiesa di s. Vene-
re a quella di san Giovanni de
Niceto. Gli successe nel i252 fr.
Rogerio de Leontio domenicano di
gran virtù e scienza, eletto dal car-
dinal Rinaldo legato d' Innocenzo
IV. Nel 1278 Nicolò IH fece ve-
scovo Francesco Monaldi orvieta-
no, che lo era di Bagnorea; fr. Si-
nibaldo dell'ordine de' minori, che
nel 1280 gli successe, fece una gran
campana, e sostenne le sue ragioni
iGG MEL
contro il signore di Luvello per Sal-
sula. Bonifacio Vili conferma) la
contrastata elezione di Saraceno, a
cui Carlo II confermò i memorati
dominii della chiesa di Melfi ; ed il
vescovo da' fondamenti edificò la
chiesa di s. Paolo. Anche Gugliel-
mo ottenne dal re Roberto il Sag-
gio conferma sul feudo Gaudiano
e su quello di Salsula. Giovanni
XXII nel i325 nominò vescovo fr.
Alessandro da s. Elpidio dotto ge-
nerale degli agostiniani, autore di
opere, massime teologiche, morto
nel iSaS. Gli successe fr. Monaldo
de Monaldi nobile perugino, fran-
cescano illustre, che in Todi pacifi-
cò! guelfi co' ghibellini. Nicolò Ca-
racciolo nobile napoletano,, prelato
benemerito per virtù, dal 1849 go-
vernò questa chiesa, e fu trasialo
a Cosenza nel i363; venendo elet-
to in sua vece fr. Antonio da Ri-
vello domenicano, insigne teologo
ed oratore egregio.
Il vescovo Francesco Scondito
del 1 36g sopì le dissensioni tra i
canonici sulla vita comune: fu suc-
cessore Giacomo, mentovato in uà
monitorio contro ìNicola di Monto-
ro signor di Lavello, invasore di
Gaudiano. Dopo di lui nel i384
occupò la sede Elia , seguace del-
l'antipapa Clemente VII. In sua ve-
ce Urbano VI elesse Antonio de Sa-
niudia di Melfi. Francesco Garosi
capuano, a difesa della sua chiesa
Giovanna II concesse privilegi, e
fu uno degli elettori per gì' italia-
i>i di Martino V, il quale nel r4i8
lo Iraslatò a Trani, sostituendogli
.Astorgio Agnesi, indi trasferito ad
Ancona, e da Nicolò V creato car-
dinale; per cui nel i4'9 Martino
V die . la chiesa in commenda al
cardinal Giacomo Isolani, finché
nel 14^5 nominò vescovo Nicola
MEL
Giorgio Matalino di Melfi. Ciccio
Palombi napoletano nel ì^^i occu-
pò il suo luogo, ottenendo da Gio-
vanna II di riconoscere le cause dei
suoi famigliari benché rei di lesa
maestà. Ad Onofrio Franceschi nel
i4^o Nicolò V confermò il ca-
stello di Salsula ; mentre Pio II
fece altrettanto de' privilegi di que-
sta chiesa ad Alfonso Costa, come
il precedente napoletano. Nel i47'*
Sisto IV creò vescovo Gaspare Lof-
fredi napoletano de' marchesi di
Trevico, che ornò ed ampliò la cat-
tedrale, ingrandì y episcopio, e fu
lodato per sapere ed esperienza.
Successero quindi, Ottaviano Ben-
tivoglio di Gubbio, Francesco Ca-
racciolo napoletano, Giovanni cardi-
nal Borgia nipote di Alessandro VI,
che r ebbe in commenda, e dopo
dodici anni nel t^fjS la cede a Gio-
vanni Ferreri di Tarracona, poi
traslato ad Arles. Da Asti detto
Papa nel i499 quivi trasferì Raf-
faele de* marchesi Ceva, che ornò
la porta della cattedrale. Leone
X nel i5i9 la conferì in com-
menda al cardinal Lorenzo Pucci,
del quale come degli altri cardinali
vescovi di Melfi, trattiamo alle lo-
ro biografie. A. questi successe il
nipote Giannotto Pucci fiorentino
nel ì5iì, il quale avendola rasse-
gnata nel 1,528 al fratello cardi-
nal Antonio, Clemente VII per
morte di Gisberto vescovo di Ra-
polla unì questa chiesa perpetua-
mente a Melfi, ed ambedue per
regresso furono governate sino al
1537 da Giannotto. Gli successe
Gianvincenzo Acquaviva, creato car-
dinale da Paolo IH, fa'cendo co-
struire nella cattedrale un famoso
organo di eccellente lavoro. Furo-
no quindi vescovi di Melfi e Ila-
polla, nel 1 540 il cardinal Roberto
MEL
Pucci, nel 1.^4.7 Marino Ruflìni
nobile roinnno che difese la sua
chiesa, costrtù nell'episcopio una
vasta cisterna, ed ahòelTi la canto-
ria ; succeduto dal fratello coadiu-
tore Alessandro (cui si attribuisce
la villa Rufflnella in Frascati^ Ve-
di) nel i55c), il quale adornò nel-
la cattedrale l'altare maggiore, vi e-
dificò la cappella del ss. Rosario, la
fornì di sacre suppellettili, celebrò
il sinodo, difese intrepidamente le
ragioni di sua chiesa, die rassegna-
ta nel i5'j\ fu fallo canonico va-
ticano.
Gregorio XIII vi promosse Ga-
spare Cenci nobile romano, che ce-
It'brò il sinodo, abbellì 1' episcopio,
donò alla cattedrale sacre vesti,
e abdicò nel i5go; per cui Sisto V
vi destinò Orazio Gelsi romano, ca-
nonico di s. Pietro, che la morte
impedì di recarsi a Melfi. Quindi
divennero vescovi, nel iSgi Mar-
c' Antonio Amidani cremonese ;
Matteo Brumani cremonese , in-
signe teologo; nel i594 Placido
IMarra napoletano de'duchi diGuar-
dia, nunzio in Ungheria ; nel 162 i
il cardinal Desiderio Scaglia dome-
nicano; nel 1622 Lazzaro Carassi-
ni cremonese, che aumentò ì cano-
nici nella cattedrale, ristabilì l' o-
spedale, fondò il seminario, e collo-
cò nella cattedrale quelle i-eliquie
dategli dal suo padrone cardinal
Scaglia , celebrò il sinodo e com-
pilò il catalogo de' vescovi . Nel
1626 fu fatto vescovo fr. Deo-
dato Scaglia domenicano , degno
nipote del cardinale, oratore egre-
gio ; donò alla cattedrale molte re-
li((uie, ed il corpo di s. Alessandro
martire preso dal cimiterio di Ca-
listo che pose in ornata cappella ;
donò diverse suppellettili, ripristinò
la congregazione della dottrina cri-
MEL 1G7
stiana, istituì la divozione del Rosa-
rio in due cori ; sedò le liti tra la
sua sede e l' abbate di s. Angelo in
Vultu, e quelle col governatore re-
gio, difese le proprie giurisdizioni,
ridusse a miglior forma l'episcopio, e
celebrò un'utilissimo sinodo. Giulio
Caracciolo nobile napoletano teati«
uo, pieno di virtù. Antonio Spi-
nelli nobile napoletano, celebre pre-
dicatore teatiao, fatto vescovo nel
1697, si distinse per zelo e solle-
citudine pastorale, ed aumentò a
vantaggio de' poveri il monte di
pietà. Con questi l' Ughelli ed i
suoi continuatori terminano la se-
rie de* vescovi di Melfi, Italia sa-
cra t. I, p. 920 e seg., onde noi
la proseguiremo colle annuali No-
tizie di Roma. 1724 d. Mondillo
Orsini de'duchi di Gravina, dallo
zio Benedetto XIII traslato dall'ar-
civescovato di Corinto. 1780 Gio-
vaiuii Saverio di Leone d' Ariano,
trasferito da Isernia, e nel 1783
fatto arcivescovo di Larissa. 1787
Luca Antonio della Gatta d'Otran-
to, traslato da Bitonto. 174*^ Pa*
squale Teodoro Basta di Montepa-
rano feudo di sua casa. 1766 d.
Ferdinando de Vicariis monaco cas-
siuese di Salerno. 1792 dopo lun-
ghissima sede vacante, Filippo d'A-
prile di Gallipoli, traslato da Tea-
no. 1818 Gioacchino de Gemmis
di Terlizzi, trasferito da Listri in,
parlibus. 1824 Vincenzo Ferrari, du
Leone XII- traslatato da Lacedonia.
Questo Papa, a* 23 giugno 1828
fece vescovo in partibus di Tripoli
nionsig. Ferdinando Siciliani di Gio-
venazzo arcidiacono di quella catte-
drale, al presente ausiliare del ve-
scovo di Àlelfi e Rapolla. Pio VIH
nel concistoro de' 18 maggio 1821)
nominò 1' odierno vescovo monsi-
gnor Luigi Bovio di BitontOj giù
i68
MEL
abbate e presidente generale della
congregazione benedettina cassi nese.
La cattedrale di Melfi, bell'edifizio,
è sacra all' Assunzione di Maria
Vergine, col fonte battesimale, fa-
cendo il capitolo esercitar la cura
d'anime da un sacerdote. II capi-
tolo si compone di quattro dignità,
la prima delle quali è il cantore,
di dieciotto canonici, comprese le
prebende di teologo e penitenziere,
e di altrettanti mansionari del nu-
mero de'partecipanti, così chiama-
ti, oltre altri preti e chierici ad-
detti al divino servigio. L' episco-
pio è prossimo alla cattedrale, ol-
tre la quale nella città sonovi tre
altre chiese parrocchiali con batti-
sterio, un convento di religiosi, ed
un monastero di monache, ospeda-
le, monte di pietà e seminario. Le
due diocesi unite si estendono per
circa trenta miglia di territorio, e
comprendono sette luoghi. Ogni
«uovo vescovo è tassato ne' libri
della camera apostolica in fiorini
5oo, corrispondenti a 10,000 du-
cati di rendita, non gravati di
pensioni.
Concila di Melfi.
Il primo concilio fu celebrato
nel 1048, come rilevasi da una let-
tera di Nicolò II agli abitanti di
Melfi. Mansi, Suppl. de cono. t. I.
li secondo fu tenuto nel io59
dal Papa Nicolò II, il quale ricon-
ciliatosi coi principi normanni ,
questi misero a sua disposizione tut-
te le terre di s. Pietro che aveva-
no usurpate, in conseguenza Nicolò
Il die loro l'assoluzione, e li re-
stituì in grazia della Sede apostoli-
ca. Diz. dé'conc.j e Baronio ad an.
I oSg.
Il terzo fu celebrato a' io set-
MEL
tembre 1 089 dal Pontefice Urbano
11, assistito da settanta vescovi e
da dodici abbati. Il duca Ruggiero
si fece vassallo e tributò il suo o-
maggio al Papa, il quale nel con-
cedere al duca un privilegio, di
questo si deduce il principio della
monarchia di Sicilia. Furono pub-
blicati sedici canoni, contro i simo-
niaci, contro i bigami , contro il
sacerdozio a' figli de' preti, tran-
ne quelli che professassero vita re-
ligiosa, relativamente a vari punti
di disciplina ecclesiastica, e si con-
fermarono quelli contro le investi-
ture ecclesiastiche. Labbé t. X, e
Diz. de' concila. Il p. Mansi dice,
che devesi aggiungere agli atti di
questo concilio, o di quello che
Urbano II tenne a Piacenza nel
iog4, un canone col quale era
permesso a' vescovi ed agli abbati
di non pagar le decime de' beni
coltivati per loro proprio uso o
per quello de' loro monaci, a con-
dizione però che qualunque altra
decima sarebbe pagata dai loro af-
fittuari alle chiese, dalle quali ri-
cevevano essi i soccorsi spirituali
nel decorso dell* anno.
Il quarto concilio fu tenuto nel-
I' ottobre del i 1 00 da Pasquale
II, il quale scomunicò gli abitanti
di Benevento per essersi sottratti
alla sua obbedienza, e la censura
ebbe effetto per più d'undici mesi.
Con bolla sottoscritta da otto ve-
scovi, confermò al vescovo di Maz-
zara il pacifico possesso de' beni
appartenenti alla sua chiesa. Il p.
Mansi, Suppl. t. II, p. 4o3, fa men-
zione d' un conciliabolo celebrato
in Melfi dall'antipapa Anacleto II
nel ii3o, che sarebbe ignorato se
non fosse citato nella cronaca di R.o-
mualdo, pubblicata dal Muratori,
Rerum hai. script, t. VII.
^ì E r.
Il quinto concilio fu tenuto in
un luogo chininato Lago-Pesole
presso Melfi. L' iuiperaloie Lotario
Il assistito da molti vescovi, ri-
conciliò l'abbate ed i monaci di
Monte Cassino col Pontefice Inno-
cenzo n, il quale cedette alle i-
stanze dell* imperatore. Fulcro fat-
ta giurare rinunzia allo scisma del-
l'antipapa Anacleto If, con pro-
mettere obbedienza ad- Innocenzo II
e successori. Vi furono cinque ses-
sioni. Chron. Casa. 4 » cap. 1 08.
Diz. de' conc.
MELIAPOR {Meliapor). Città
con residenza vescovile nelle Indie
orientali di Portogallo , chiamata
ancora Maitapornnt, e s. Tomma-
so o ThomP, s. Tlioinae de Me-
liapor, nell'antico regno di Golgon-
da, ora dominio della Gran Bre-
tagna. Questa città dell' Indostan
inglese, presidenza, è distante due
leghe al sud di Madras nel Carna-
tico, in isponda ad una piccola
baia all' estremità d' una pianura
assai bella. Consiste in alcune cen-
tinaia di cattolici detti Cristiani di
s, Tommaso o Malabarici (^Fecìi),
abitanti in case disperse in mezzo
a moltissime rovine. L'abitano ol-
tre gì' indiani, i portoghesi, e vi si
fabbricano alcune tele di cotone
e de' mussolini. Fu questa città
fabbricata sulle rovine di Maila-
porara, che i portoghesi pigliarono
nel 1545, e della quale fecero il
capoluogo dei loro stabilimenti sul-
la costa del Coromandel ; quantun-
que l'avessero fortificata con buoni
ripari bastionali, fu presa nel 1672
dai francesi, che due anni dopo la
cedettero agli olandesi ; gì' inglesi
a questi la tolsero nel 1 749. Pre-
tendono che sia la tomba di s.
Tommaso apostolo, che sparse la
luce del vangelo nella regione, so-
MEL 169
pra una montagna alla quale die-
desi il suo nome, e che si trova a
qualche distanza verso il sud-
.sud-ovest; montagna legata a I\Ia-
dras per mezzo d' una amena stra-
da : vi è stabilito un beli' accan-
tonamento. In molti luoghi dell'ar-
ticolo Indie orientali (^Fedi) par-
lammo di Meliapor, nel voi. XXXI V,
massime a p. 208, 2i3 e 234-
La sede vescovile fu eretta da
Paolo V con bolla de' g gennaio
1606, dichiarandola suffraganea
della metropoli di Goa [Fedi). Il
Papa ciò fece ad istanza di Filip-
po III re di Spagna e di Porto-
gallo che vi avea degli stabilimenti,
e per formare la diocesi dismembrò
quella di Coccino, estendendosi il
suo territorio dal Coromandel fino
al Pegìi . Ebbe questa città due
chiese, oltre quelle degli eiemifani
di s. Agostino, dei domenicani e
(lei gesuiti, che vi si erano stabili-
ti in famiglie. Ecco i vescovi di
Meliapor o s. Tommaso riportati
nelle annuali Notizie di Roma. Fr.
Antonio della Incarnazione agosti-
niano di Olinda, fatto vescovo da
Benedetto XIV agli 8 marzo I74'>:
a questi nel 1756 diede in suc-
cessore fr. Teodoro da s. Maria
agostiniano di Villanova diocesi di
Guardia in Portogallo. Fr. Bernar-
do da s. Gaetano agostiniano di
Lisbona, fatto vescovo nel »7'>9
da Clemente XIII. Fr. Antonio
dell' Assunzione agostiniano di Por-
to in Portogallo, dichiarato da Pio
VI nel 1782. Questo Pontefice gli
die a successore fr. Eromanuele da
Gesìi agostiniano di Goa nel 1787.
Pio VII nel concistoro de' 29 ot-
tobre 1 8o4 preconizzò vescovo fr,
Gioachino de Atzaide dell'ordine
eremitano di s. Agostino, di Porto
in Portogallo. Il Pontefice contem-
lyo
MEL
poraiien mente lesse la proposizione
da cui rilevasi lo stato in cui allo-
ra trovavasi cfiiesla chiesa, che di-
ce così. La cattedrale, buono edili-
zio, è sotto l'invocazione di s. Tom-
maso apostolo, snllraganea dell'ar-
civescovo di Goa. Officiavano in
essa quattro preti, però quando vi
pontificava il vescovo, vi accorre-
vano tutti i preti de' luoghi vicini.
Nella cattedrale eravi la cura, dis-
impegnata da un sacerdote nomi-
nato dal vescovo, con fonte battesi-
male. Si alTerma, che ivi con gran
venerazione si custodisce il corpo
(li s. Tommaso apostolo. L'episco-
pio resta separato dalla cattedrale
per la pubblica strada. In città e-
ranvi altre chiese col battisterio, ed
altre due simili fuori di essa, due
confraternite, due ospizi di religiosi
con giovanetti che istruivano. La
diocesi era amplissima e contenen-
te il regno di Galac, Madras, Tran-
caban, Melisipalan, Palia ed altri
molti luoghi. Ogni vescovo pagava
per tasse loo fiorini, e dal regio
erario aveva 7,, eoo scudi. Gregorio
XVI a provvedere alla salute spi-
rituale de' popoli indiani, nel i838
provvisoriamente sottrasse dalla giu-
risdizione metropolitica di Goa,
Mei ia por ed altre diocesi, e le affi-
dò ai vicari apostolici da liii isti-
tuiti, e descritti al citato articolo.
MELÌORE, Cardinale. Meliore o
Migliore, francese di nazione, insi-
gnito col titolo di maestro, uomo
timorato di Dio, onesto, e per
scienza chiarissimo, Lucio III nel
II 83 o 1184 lo creò cardinale
prete de' ss. Giovanni e Paoloj ca-
uìcrlengo di s. Chiesa e legato a
Intere nelle Gallie, insieme con
Cencio suddiacono^ per 1' affare del-
la crociataj come ancora per to-
gliere da quel regno il pubblico
MEL
scandalo, che dava il re Filippo, il
quale Col consenso de' vescovi tlcl
suo regno, aveva ripudiala la sua
legittima moglie Ingelbmga figlia
del re di Danimarca, sotto lo spe-
cioso pretesto che il matrimonio
fo^se invalido, per averla sposata
dentro i gradi proibiti dalle leggi
canoniche. Il cardinale convocò un
concilio di tutti i Vescovi e abbati
della monarchia in Parigi per discu-
tere ed esaminare questo punto, però
nulla fu nel concilio conchiuso per
timore del re; ma di questo grave
argomento ne parlammo anche e
con qualche diffusione alla biogra-
fia d' IxffocENzo III. Un'altra que-
rela fu esposta al legato contro la
chiesa di Dol nella Bretagna mi-
nore, ed a pregiudizio della metro-
politana di Tours. Il legato si as-
tenne dal pronunziarsi, ma poscia
terminò 1' affare Innocenzo III a fa-
vore di Touis, a cui assoggettò la
chiesa di Dol, togliendo al vescovo
la speranza di aspirare all' onore
del pallio. Il cardinale, illustre per
dottrina e probità, dopo aver con-
corso alle elezioni di Gregorio Vili,
Clemente III e Celestino III, finì
di vivere verso il 1200.
MELITENE, o MILITINE, o
MALA.TIA, Melila. Città arcive-
scovile della Turchia asiatica, pa-
scialatico di Marasch, capoluogo di
sangiacato, sopra un afHuente del
Cara su-Melas, a cinque leghe dal
confluente di questa riviera e del-
l'Eufrate. Sta in una bella pia-
nura, al piede di nude montagne,
e vi è il gran pa.ssaggio da Costan-
tinopoli in Persia. E grande, ripie-
na di giardini, e vari corsi d'acqua
l'attraversano in ogni lato. Fa uà
considerabile commercio in produ-
zioni del paese, col mezzo delle
numerose carovane che quivi pas-
MEL
sano. Ln popolazione è cotnposlii
(li lurchi , Imcoiiiani, armeni e
greci. È questa l'antica Molitene
capitale dell' Alndnlia o piccola Ar-
menia,, delta Armenia minore. Ivi
stanziava una legione romana, e
gli antichi romani vi fabliricarono
una fortezza di figura quadrata in
campagna rasa per difesa de' solda-
ti. L' imperatore Traiano ne foce
poscia una città che diventò la jiie-
tropoli del pae.se, contrada d' Asia
nella Cappadocia. Essendo accre-
sciuta la popolazione in nianiera
che non tutta poteva abitare nella
fortezza, egli vi fece costruire al-
l'ingresso case, palazzi, templi, mer*
cali ce. In seguito l' imperatore A-
nastasio I voleva cingerla di mura,
ma essendo morto senza dare ese-
cuzione al suo progetto, ne lasciò
la gloria a Giustiniano T, il quale
la ridusse in istato di servire d'or-
namento insienae e di difesa all'Ar-
menia. Divenne celebre la città an-
che per la battaglia quivi accaduta
nel 572 tra gli eséì-citi di Giusti-
niano I, e di Cosroe re di Persia.
Gli arabi, che conquistata aveano
la provincia, perdettero Melitene
l'anno i38 dell'egira sotto il ca-
liffato di Almansor. L'imperatore
Costantino Copronimo del 741 a-
vendola ripresa la fece demolire, ma
lo stesso Almansor inviandovi l'an-
no i4o, 70,000 uomini comandati
da suo nipote, questi ne fece rista-
bilire le mura. Era popotatissima
verso la fine del secolo X. I fian-
cesi la presero all' epoca delle cro-
ciate, e la cedettero all'imperatore
di Costantinopoli; cadde alla per-
fine in mano de' lurchi, e die i na-
tali ad Abulfarage, storico asiatico.
In questa città venne martirizza-
to, verso l'anno 257, s. Poliulo
primo martire dell'Armenia; quivi
MEL 171
nacquero ancora s. Melezio il Grau-
de, celebre vescovo d'Antiochia, e s.
Eutimio archimandrita della Palesti-
na. Fu tenuto in essa un concilio pri-
ma del 36o, qualche tempo avanti
quello tenutosi in Costantinopoli,
dappoiché, come narra Sozomeno,
furono in quel concìlio deposti El-
pidio e Salale, per avere violato i
decreti del concilio di Melitene, col
ristabilire un sacerdote per nome
Eusebio. Si apprende dal medesimo
storico, che Eustazio di Sebaste fu
esso pure deposto per avere con-
travvenuto ai decreti di quel con-
cilio. S. Cirillo di Gerusalemme vi
assistette, e sembra che vi fossero
trattale materie di disciplina eccle-
siastica.
La sede vescovile fu eretta nei
primi secoli della Chiesa, nell'esar-
cato di Ponto. Nel V secolo di-
venne metropoli della seconda Ar-
menia, poscia della terza, e Com-
manville riferisce che nel secolo
XIII fu elevata al grado di esar-
cato, avente per sufFraganee le sedi
vescovili di Arca, Cucuso, Andjiso,
Ariarata, Comana e Zelona. Il pri-
mo vescovo di Melitene fu Cupsi-
chio martire, di cui fanno menzio-
ne i menologi greci a' 28 maggio,
e se ne celebrava la festa a Cesa-
rea con gran solennità al tempo di
s. Basilio. Suo successore fu Acacie
martirizzato sotto l' imperatore De-
cio, e se ne fa memoria in detti
menologi a'3i marzo, e viene pu-
re citalo in alcuni martirologi lati-
ni. Quanto agli altri vescovi di
Melitene, il p. Le Quien ne ripor-
ta la serie nel l. II, p. 14^2 del-
l' Oriens christ. , e Costantino l'ul-
timo di essi j nominato nel i 288, si
fece poi eleggere patriarca nel mo-
nastero di Barsuma, contro due al-
tri ch'erano stali innalzati alla me
1^2 M E L
desima dignità, cioè Ignazio V elet-
to nel 1 293, ed Ignazio Michele
«'Ietto nello stesso tempo dai vesco-
vi d' occidente radunati in Cilicia.
Dopo la morte di questo ultimo
continuò lo scisma nella chiesa dei
giacchiti, tra Ignazio V e Costan-
tino, il quale avea esso pure as-
sunto il nome d' Ignazio : gli orien-
tali riconoscono per patriarca il
primo, e gli occidentali il secondo.
Ai presente Melitene, Melitenen, è
un titolo arcivescovile in parlibus
che conferisce la santa Sede , coi
titoli vescovili in partibus, ad esso
soggetti, di Sine e di Comana. Ne
111 insignito Gabriele Maria Gravi-
na, ed essendo vacante, Gregorio
XVI lo conferì a Girolamo dei
marchesi d' Andrea napoletano de-
legato di Viterbo, a'12 luglio i84i,
quando lo destinò nunzio apostoli-
co alla confederazione elvetica, don-
de lo promosse a segretario della
sacra congregazione del concilio.
MIÌLITONE (s), vescovo di Sar-
di nella Lidia. Fu elevato a que-
sta dignità sotto il regno dell'im-
peratore Marco Aurelio, al quale
indirizzò l'anno lyS una solidissi-
ma apologia della religione cristia-
Jii. Non si ha alcuna particolarità
intorno alle altre azioni della sua
vita; ma si sa che possedette lo
spirito di profezia, per cui ebbe il
soprannome di profeta. Compose
molte opere, che sono spesso citate
dagli antichi, in una delle quali
diede un catalogo dei libri dell'an-
tico Testamento che la Chiesa uni-
versale riconosceva per canonici.
La sua festa è segnata il giorno
primo di aprile.
MELITOPOL! o MILETOPO-
LI, Melilopolis. Sede vescovile della
diocesi d' Asia nella Misia, situata
tra Cizico e Ritinia. Fu dapprima
M E L
semplice vosco viito della provincia
dell'Ellesponto, sotto la metropoli
di Cizico, eretta nel V secolo, ma
venne in seguito elevata nel IX in
arcivescovato, poscia in metropoli,
quindi nel XIII secolo fu tnisfeiila
a Lupadio. Ne furono vescovi File-
to, di cui si fa menzione nella vita
di s. Partemio vescovo di Lampsa-
co; N che intervenne all'ese-
quie di detto santo; Gemello pel
quale sottoscrisse il concilio di Cal-
cedonia Diogene di Cizico ; Sozo-
uicno che sottoscrisse la lettera al-
l'inq)eratore Leone; Giovanni I che
/ìr(nò la lettera a Papa s. Ormi-
sda per la riconciliazione della chie-
sa di Costantinopoli; Giovanni li
intervenne al VI concilio generale;
Andrea fu a quello in Trullo; J\li-
chele al VII concilio generale; Da-
miano air Vili; Teofane o Teoiilo
sottoscrisse il sinodo di Fozio; A-
gapeto fiorito quando i franchi si
impadronirono di Costantinopoli ; e
Hieroteo del i34tì. Oriens christ.
t. I, p. 780. Al presente Melitopoli
o Miletopoli, MiltlopoUlnn, è un ti-
tolo vescovile in parnbus che con-
cede la Sede apostolica, sotto l'ar-
civescovato pure in parlibus di Ci-
zico.
MELL A 0 MELLO Giovanni, Car-
dinale. G'\ovann'\ Mella oMello, nato
nobilmente in Zamorra nella vecchia
Castiglia, fratello di Alfonso che
fece rivivere l'empia setta de' fra-
ticelli. Portatosi in Roma negli an-
ni giovanili, vi fece mirabili pro-
gressi nello studio dell' una e l'al-
tra legge, in cui divenne dottissi-
mo; non mancano però autori spa-
gini oli, che affermano aver in vece
fatto i primi studi nell'università
di Salamanca, e che ottenne un ca-
nonicato in Madrid e poi in To-
ledo, Conosciutasi da Martino V la
MEL
tli lui straordinaria abilità, gli con-
ferì il vescovato della propria pa-
tria, e lo nominò uditore di rota,
nel quale ufijzio per essersi mostra-
to coslanleinente giudice non meno
assiduo e giusto, che dolio, dopo
4o anni a' 17 o i8 dicembre i/^56
Calisto 111 lo creò prete cardinale
di s. Prisca, e dalla sede di Za-
morra, ove fondò una cappella in
onore di s. Idelfonso, lo trasfen a
quella di Segovia, e lo arricchì di
copiose rendite. Mori in Roma nel
1467 d'anni 70, ed ebbe sepoltu-
ra nella chiesa di s. Giacomo degli
spagnuoli, in un monumento mar-
moreo lavoralo sul gusto antico, in
cui fu inciso un breve epitalìlo.
Quantunque il cardinale avesse l'a-
spetto assai deforme, ciò non per
tanto recò lustro e splendore al
sacro collegio, e venne altamente
commendato dal cardinal Papiense,
come uomo laborioso, infaticabile,
e intrepido ministro della giustizia,
e che solo fra tanti avea eserci-
tati quasi tutti gli uilQci della curia
romana.
MELLINI. redi Millim.
MELLIPOTAMO o MILOPO-
TAMO, Milopotamus seu Aulopo-
tamus. Sede vescovile dell' isola di
Candia [Tedi), città di Creta, nel-
l'esarcato di Macedonia, sotto la me-
tropoli di Candia [Vedi), eretta nel
secolo IX, quindi la residenya del ve-
scovo venne trasferita a Relino, e
secondo Raudrand a tal sede fu riu-
nita. Al presente Milopotamo è un
forte della Turchia europea sulla co-
sta settentrionale di delta isola, sangia-
cato, presso la foce della piccola
riviera del suo nome nell' Arcipe-
lago, e vi è un vescovo gieco. Ne
furono vescovi: Michele di Verona
domenicano, fatto vescovo nel i 342
da Clemente VI, e da qiiesti nel
MEL 1,3
i344 traslalo a Chiozza. Gli suc-
cesse INicola frate minore, non pare
Pietro. Giacomo de Ponto nel i 349,
anch' egli minorila, succeduto da
N che sedeva nel iSyS, tras-
lato alla chiesa Siliense. Dopo Vit-
tore si trova eletto nel iSgo Do-
menico de' Domenici carmelitano.
Giovanni XXlll nel i4'4 ^' t'"^"
sferì dalla chiesa Ariense Fianchio-
nio de' minori francescani. France-
sco nel i5i2 intervenne al conci-
lio Lateranense V, e vi ritornò nel
i5i4. ludi fiorì Vincenzo de' Mas-
suri; poi Dionisio, per morie del
precedente fatto da Paolo III nel
i538, cioè traslafo dalle chic>ie
Cianense e Thermiense, che recessi
al concilio di Trento. Per sua di-
missione nel i555 Paolo IV eles>c
Giacomo li Sureto greco, che fu
pure al detto concilio. 11 primo ve-
scovo di Mellipotamo e di Retino
unite fu Luca Stella veneziano, tias-
lato da Paolo V nel 161 5 dalla
chiesa di Zara, poi fallo arcivesco-
vo di Creta, e successivamente ve-
scovo di Vicenza e poi di Padova.
Ne fu successore Zerbino Lugo di
Rassano diocesi di Vicenza, da Ur-
bano Vili nel i63q piomosso a
Fellre; quindi nel i64' 'ece ve-
scovo di Mellipotamo e Retino d.
Gozzadini bolognese, fratello di An-
gelo vescovo di Civita Castellana.
Oriens chrisl. t. Ili, p. g34- Al
presente Me\\\^o\amo, Mcllipolamtn,
è un titolo vescovile in partibus,
sotto 1' arcivescovato pure in pai''
tihus di Gorlina, che conferisce la
santa Sede. Gregorio XVI agli i i
maggio 1840 nominò monsignor
Nicola Wiseman vescovo Mellipo-
lamo e coadiutore del vicario apo-
stolico del distretto centrale o me-
dio d^ Jnghilterro, al quale articolo
e ne' voi. XIV, p. 173, e XXXV,
174 MEL
p. i56, parlammo di questo dotto,
zelante e benemerito prelato, di cui
abbiamo tante opere, fra le quali
qui registreremo: Ilorae siriacac.
La sterilità (Ielle missioni intrapre-
se dai protestanti, Roma t83i. Hi-
sposta alla dottrina cattolica del
dott. Turton, Londra tSSg. Due
prediche in inglese recitate in Roma,
Londra i83i. La presenza reale
del corpo e sangue di N. S. Gè-
sìt Cristo nella ss. Eucaristia, prò-
vata dalla Scrittura in otto lezioni
tenute nel collegio inglese di Roma,
Londra i836. Lezioni pubbliche
sulle principali dottrine e pratiche
della Chiesa cattolica, homìvd i836.
Dodici lezioni sulla connessione tra
la scienza e la religione rivelata,
recitate in Roma, Londra i836.
Elogio funebre del cardinal Tom-
maso ìf^cld in lingua inglese, colla
traduzione di Giacomo Mazio, Ro-
ma 1837. Stato del protestantismo
in Inghilterra, Roma 1837. Saggio
critico sul ragguaglio di lady
Morgan rispetto alla cattedra di
s. Pietro in Roma, ivi i832. Gli
Annali delle scienze religiose par-
lano delle opere di questo insigne
vescovo.
MELLITO (s), arcivescovo di
Cantorbery. Fu dapprima abbate
d'un monastero a Roma. Nel 601
s, Gregorio 1 il Grande lo mise
alla lesta d'una seconda colonia di
missionari cui mandava a s. Ago-
stino in Inghilterra. Egli fu il pri-
mo vescovo di Londra ossia de'sas-
.soni orientali ; battezzò il re Seber-
to con una gran parte dei suoi
.sudditi, e colle liberalità di quel
principe gittò le fondamenta della
t.biesa di s. Paolo a Londra, e del
monastero di s. Pietro a Thorney,
oggidì Wtslminsler. Dopo la morte
di Sebertu, avvenuta nel Gì 6, i
MEL
suoi tre figli Sexredo, Sewardo e
Sigeberto professarono pubblica-
mente il paganesimo, e scacciarono
il santo vescovo dai loro stati. Mel-
lito passò in Francia, donde poco
dopo tornò in Inghilterra, ove suc-
cedette a s. Lorenzo sulla sede di
Cantorbery. Mori nel G24 ^' ^4 ^'
aprile, ed in tal giorno si onora la
sua memoria.
MELLONO (s.), vescovo di
Rouen. Nacque nella Gran Breta-
gna, ed avendo fatto un viaggio a
Roma, fu convertito e battezzato
dal Papa/5. Stefano I, il quale lo
mandò a predicare la fede nelle
Gallie circa l'anno 257. Quelli che
credono che s. Nicasio primo apo-
stolo della Neustria, non sia slato
che prete, fanno s. Mellono primo
vescovo di Rouen, e lo collocano
sulla sede di questa città nel 260,
dandogli ciuquant' anni df episco-
pato. Gli si attribuisce la fondazio-
ne della cattedrale e di parecchie
altre chiese. Le sue fatiche ed i suoi
miracoli guadagnarono gran numero
d' anime a Gesù Cristo. Mori iu
pace al principio del quarto secolo,
e fu seppellito nella chiesa di s.
Gervasio fuori delle mura di Rouen.
Per timore dei normanni le sue re-
liquie furono trasportate a Pontoise
neir 880, ove si custodiscono, anco-
ra nella collegiata, di cui il santo
vescovo è patrono, ceiebraiidovisi
la sua festa a' 22 d'ottobre.
MELOE o MELA o MELE,
Melaesa. Sede vescovile della Licia,
sotto la metropoli di Mira, nell' e-
sarcato d' Asia, eretta nel IX secolo.
Ebbe per vescovi: Nicela che assi-
stette al VII concilio generale; Paolo
all' VI li concilio, ed a quello che
si tenue nel pontificato di Giovan-
ni Vili pel ristabilimento di Fozio
dopo la morie di s. Ignazio;. Pietro
MEL
die Irovossi allo stesso concilio di
Fozio da cui era stato ordinato,
mentre il precedente lo era stato
da s. Ignazio. Oriens chrisl. t. I,
!>• 993-
RIELOS o MILO. Sede vescovde
e isola dell'Arcipelago o settentrio-
ne di quella di Candia, ora com-
presa nel nuovo stalo della Grecia,
ed appartenente alla divisione am-
ministrativa delle Ciclpdi meridio-
nali: i turchi la chiamano Ijuynk-
Deyrmenlik. Quest' isola, di figura
quasi rotonda, è di un aspetto tri-
ste e selvaggio : in oggi si può di-
re quasi deserta, in comparazione
della sua estensione e dell'antica
sua popolazione, ed è nello spiri-
tuale sotto la giurisdizione dell' ar-
cidiocesi di Tfaxos. Il suo porlo, uno
de' piìx belli e vasti dell'Arcipelago,
è sicuro e comodo. La capitale del-
l' isola è Milo, situata nella parte
orientale, presso la estremità sud-
est di una piccola baia che (bruia
un porto, distante 4? leghe da Tri-
politza, con 5oo abitanti. Città ce-
lebre e considerabile nei tempi fio
ridi della Grecia, dalle cui rovine si
scopri recentemente un teatro di for-
ma circolare, di marmo bianco, ben
conservato. Vi sono due vescovi di
Melos, l'uno greco^ l' altro latino,
sotto la metropoli di Rodi; il pri-
mo assume il titolo di arcivescovo
di Melos e di Kimoti o Cimolis,
la quale è> altresì una delle Cicla-
di; il secondo è un titolo vescovile
in parlibvs che conferisce la santa
Sede, e chiamalo Milo o Milene,
Milen seu Milenen. La sede vesco-
vile di Melo o Milo dell' esarcato
d'Asia, venne eretta, la greca nel
primo secolo, la Ialina nel decimo-
terzo suffraganea di Naxos; qiie>ta
iippi-.rfenne all;i provincia di ^'nxia,
l'altra alla prima delie Cicladi, il
MEL ijS
primo de' vescovi greci fu Euti-
chio che sottoscrisse al sesto Consilio
generale , e ne furono successori
Galaziono che assistette al VII con-
cilio generale; Macario che occu-
pava la sede nel XVII secolo; Dio-
nigi; Gerasimo, e Gregorio che n'e-
ra vescovo nel 1 7 i i . Oriens ckrist.
t. I, p. g45. Il primo vescovo la-
tino fu Giacomo Navel o Novel
domenicano , nominato verso il
1349: quanto a' suoi successori fi-
no ad Antonio Serra di Scio, con-
sacralo a Roma nel 1642, vedasi
V Oriens chiist. t. Ili , p. io 55. Nel
1737 n'era vescovo Dionisio Mo-
dino.
MELUN, Melodiimim, AJcledu-
niinìy Miiledununi. Città di Fran-
cia capitale del dipartimento della
Senna e Marna, distante nove le-
ghe da Parigi, situata sulla Senna
che vi foima un' isola, e la divide
in tre parti ineguali riunite da due
ponti di pietra, essendo riserbato
alla navigazione quello a Moulin.
Questa città la cui maggior parte
si estende in anfiteatro sulla riva
destra del fiume, ha un tribunale
di prima istanza e le sue autorità.
Vi si osserva una piazza assai va-
sta e regolare, e si ammiiauo 1
bei vetri della chiesa di s. Aspais.
Il palazzo della prefettura stabilito
negli ediflzi d'un' aulica al)bazia di
benedettini-, si distingue pirchè do-
mina la città. Si vedono nell' isola
le rovine di un castello che molti
re di Francia abitarono, e dove la
regina Bianca madre di s. Luigi IX
tenne la sua corte dinante qualche
tempo. Possiede due chiese, un col
legio comunale, società letterarie,
biblioteca pubblica con più di 8000
volumi, un teatro, un ospedale, una
grande caserma di cavalleria, una
casa centrale di detenzione con oC-
1 7 6 M E L
ficiiie di lavoro, diverse f.ibbriclui
anche di maioliche, di vetri e di
tessuli, e tiene considerabili mercali
di grani per piovvigionare Parigi:
si vantano pei- eccellenti le anguil-
le di Mehin. \i fiorirono uomini
illustri, come Giacomo Amyot ele-
mosiniere di Carlo IX e di Enrico
III, e traduttore di Plutarco e di
Manuel. Questa antichissima città
era nel territorio de' senoni. P».ober-
to II figlio d' Ugo Capeto vi morì
nel io3i, e Filippo I nel i io8.
Fu presa dai normanni, e molte
volte dagl' inglesi, specialmente per
la fame nel i4i8, ma gli abitanti
li scacciarono nel i43o, e vi rice-
vettero le truppe di Carlo VII, che
per riconoscenza gli accordò molti
privilegi. Durante la guerra della
fionda. Luigi XIV e la corte qual-
che volta vi soggiornarono. Nel se-
colo XII Abelardo vi stabilì una
scuola di filosofia. Dal i56o la cit-
tà si governava con un costume
particolare , chiamato cosUune di
Mclun; dopo essere stala per lun-
go tempo una viscontea, fu eretta
in ducato col titolo di pari nel
1 709 a favore di Ettore di Melun.
Concila di Melun.
Il primo fu celebrato nel 12 16 da
Pietro arcivescovo di Sens e dai suoi
suffiaganei, che vi fecero sette ca-
noni riguardanti particolarmente gli
avvocati, i priori ed abbati de' mo-
nasteri. Avendo Innocenzo III sco-
municalo Filippo II come sospetto
di favorire il figlio Luigi eh' era
entrato in Inghilterra contro il re
Giovanni, i grandi protestarono non
attendere la censura finché non fosse-
ro meglio istruiti della volontà del
Papa, il quale scomunicò ancora il
principe Luigi. Labbé t. Xì, Uiz.
MEL
de^conc.j Mansi, Supplem. t. II,
p. 865.
Il secondo concilio fu tenuto nel
1225, convocato dal re Luigi Vili,
in cui i vescovi di Francia in pre-
senza del pontifìcio legato doman-
darono al re ed ai suoi baroni la
cognizione di tutte le cause mobi-
liari, colle quali i vassalli della Chie-
sa citavano chiunque davanti al ve-
scovo, sostenendo che la chiesa Gal-
licana era in possesso di questa giu-
risdizione. Il re vi si oppose con-
siderando tali cause puramente pro-
fane. Labbé t. Xlj Arduino t. VII;
Diz. de' cono.
Il terzo nel 1282 contro Rai-
mondo conte di Tolosa, relativa-
mente agli albigesi. Ivi.
Il quarto a' 2 1 gennaio i3oo,
da Stefano arcivescovo di Sens e dai
suoi suffraganei, per la riforma de-
gli abusi della disciplina ecclesiasti-
ca, e vi furono pubblicali vari re-
golamenti. Labbé t. XI; Diz. dei
conc.
MELZI Camillo, Cardinale. Ca-
millo Melzi nobile milanese, partito
dalla patria, compì cQn successo
gli studi legali nelle università di
Bologna, Pavia e Parma, dove ot-
tenne la laurea di dottore. Fu prov-
veduto della carica di collaterale
di Campidoglio, e da Urbano Vili
avanzato a quella di luogotenente
civile dell'uditore della camera, in
cui perseverò undici anni con pie-
na soddisfazione della romanii curia.
Fu quindi promosso da detto Papa
per la sua pietà e dottrina nel
i636 all'arcivescovato di Capua,
dove nei tre anni nei quali gover-
nò per sé stesso quella diocesi, pro-
mulgò e stabilì santissime leggi per
mantenere la disciplina nel clero
e la riforma nel popolo. Si mostrò
generoso cogli orfani, colle vedove,
MEL
« coli ogni sorta di miserabili. Vi-
«ilo con singoiar diligenza l'arcidio-
ccsi, e non mancò di ripaiare il
palazzo arcivescovile con ecclesiasti-
ca magnificenza. Le lagrime sparse
dal suo popolo per la di lui as-
senza, sono un testimonio autentico
dello zelo , della sollecitudine e
della dolcezza con cui invigilava
alla cura del proprio gregge. Com-
pito un triennio nel sacro mini-
stero, venne spedito nunzio alla
corte di Toscana, e poi dallo stes-
so Pontefice nel i644 ^u trasferito
a quella di Vienna presso Ferdinan-
do 111, in cui dopo aver perseve-
rato per lo spazio di nove anni,
nel qual tempo mostrossi acerrimo
e zelante difensore dell'autorità e
de' diritti della Sede apostolica, da
Innocenzo X nel i653 ne fu ri-
mosso, senza essersene giammai po-
tuto penetrare il motivo, e riman-
dalo al governo di sua chiesa,
dove proseguì ad adempiere tutte
le parti di sollecito e vigilante
pastore. Alessandro VII appena di-
venuto Papa lo fece segretario del-
la congregazione de' vescovi e re-
golari, quindi alla prima promozio-
ne ad istanza dell'imperatore lo
creò cardinale prete a' 9 aprile 1657;
gli conferì il titolo di s. Marcello,
e lo ascrisse alle congregazioni del
concilio, de' vescovi e regolari, di
propaganda ed altre. Ma passati 21
mesi morì in Roma nel ,1639 di
anni 69, universalmente compianto
per la sua carità verso i poveri,
pel zelo per la fede, pel raro esem-
pio che diede d'invitta pazienza nel
vedersi negletto e trascurato in
tante promozioni fatte da Innocen-
zo X, senza mai farne la menoma
querela, quantunque avesse tutto
il merito di essere a preferenza di
molli altri promosso al cardinalato,
vot. XIIT.
MEM 177
La chiesa di s. Andrea al Quiri-
nale ne accolse la fredda spoglia ,
che fu collocala avanti 1' altare
maggiore sotto adorna lapide fre-
giata di magnifica iscrizione, che
gli pose il nipote Giannanlonio
Melzi arcivescovo di Capua. jVella
chiesa nazionale di s. Carlo al Cor-
so si vede parimenti la memoria
di questo cardinale, mediante la-
pide con bell'elogio, egualmente e-
reltagli dal detto nipote. Fu il
cardinale uomo fornito di segnala-
ta pietà, con cui andavano del pa-
ri singolare integrità ed eminente
dottrina; eccellente nella scienza di
entrambe le leggi, fu costantemente
grave nei costumi, eloquente nel
ragionare e giusto nel consigliare.
Fautore insigne de' letterati e dei
poveri, fu lodato come decoro del
senato apostolico, e sollecito pasto-
re del proprio gregge.
MEMEiNTO. Parte del Canone
della Messa (Fedi), in cui si fa
Commemorazione [Fedi) dei vivi
e deimorti. Il memento per i vi-
vi è prima della consacrazione, il
memento dei morti è dopo. Il
memento dei vivi era dapprima
generale per tutto il mondo; fuvvi
aggiunto in seguito, al tempo di s.
Cipriano, il nome di alcuni fedeli
in particolare, che si nominavano'
semplicemente, senza fermarsi a pre-
gare per essi in particolare come
si usa a'nostri giorni. Il Papa s;
Innocenzo I del 4^2, nell'epistola
a Decenzio vescovo di Gubbio, dice
che nel memento non si deve re-
citare il nome di coloro i quali
hanno fatto delle offerte, se non
dopo che il Sacerdote gli ha racco-
mandati a Dio pregando : ecco del-
le tracce antiche del memento dei
vivi, senza parlare di ciò che tro-
vasi nelle costituzioni dtigli apostoli.-
T^S
MEM
Dell'antico memento de'TÌvi e dei
morti ne Irattammo ancora all'ar-
ticolo Dittici. Parlando il Diclich,
Dìz. sacro liturgico, del memento dei
vivi e dei morti, dice che quando
questo si fa dal sacerdote, egli alzerà
e giungerà le mani sino alla faccia
o al petto, e cosi starà un poco in
quiete col capo alquanto inchinato,
e cogli occhi fissi nell'Ostia, facendo
la commemorazione de' fedeli vivi
e defunti a suo piacere; i nomi dei
quali, se voglia, li ricorderà segre-
tamente, perchè non è necessario
di esprimerli, ma solo di averli
presenti alla memoria. Se poi in-
tendesse pregare per molti, potrà
proporsi prima della messa tutti
quelli tanto vivi, quanto defunti,
pei quali egli intende pregare, onde
non essere troppo lungo a' circo-
stanti (ma deve durare almeno per
lo spazio d'un Pater noster). Fatta
poi la detta commemorazione, di-
messe ed estese le mani, come pri-
ma, continuerà la messa.
MEMFI, MENFl, Memphis. Sede
■vescovile della provincia d'Arcadia,
nel patriarcato d'Alessandria, eretta
nel IV secolo sotto la metropoli di
Behnese . Celebre città già capi-
tale dell'Egitto, 1 5,000 passi al di
sopra del principio del Delta o del-
la separazione del Nilo , sulla riva
sinistra di questo fiume, poco lun-
ge dalle piramidi , la cui fonda-
zione Erodoto attribuisce a Menete
primo re d' Egitto, ed avanti la
fondazione di Roma. Distrutta da
Nabuccodonosor, fu poi riedificata
con molti magnifici templi, ed i re
Tolomei vi tennero la loro corte.
Si pretende che il Cairo (Fedi)
sia costrutto sul suo luogo, ovve-
ro colle sue rovine fu fabbricato
dall'altro lato del Nilo, per cui a
quell'articolo riferimmo le sue no-
MEM
tizie anche ecclesiastiche, e del con-
cilio che fu celebrato per la riu-
nione de'copti alla chiesa romana,
ch'ebbe effetto sotto Gregorio XI II,
intervenendovi il patriarca d'Ales-
sandria. Ne furono vescovi : Giovan-
ni meleziano, cui il concilio Niceno
ordinò riunirsi con Alessandro pa-
triarca d'Alessandria, e perchè inve-
ce si uni agli eusebiani fu esiliato da
Costantino; tutlavolta si vuole che si
pentisse dell'errore. Antioco che fu
a detto concilio ecumenico. Tolo-
meo giacobita, ordinato dal patriar-
ca proprio verso il secolo Vili.
Macario giacobita, trovossi al con-
cilio in cui Filotea fu eletto pa-
triarca de'giacobiti. Abramo gia-
cobita, nominato da Zaccaria suo
patriarca. Chail giacobita assistet-
te alla conferenza de' vescovi ciie si
tenne al Cairo in presenza del visir,
relativamente ad alcuni domestici
del patriarca Cirillo. In Memfi vi
ebbero residenza un vescovo greco
ed altro copio. Dell'arcivescovo di
Memfì consagrato da Leone XII
nel i824> ne tenemmo paiola nel
voi. XXXVIII, p. 6r dd Diziona-
rio. De' vescovi di Memfì tratta il p.
Le Quien, Oriens christ. t. II, p.
586.
MEMMIO (s), primo vescovo di
Sciallon o Chalons sulla Marna. Ro-
mano di nascita, essendo stato man-
dalo nelle Gallie, predicò il vangelo
a Sciallon, dove co' suoi discorsi e
miracoli operò un gran numero
di conversioni, e formò una chiesa
di cui fu il primo pastore. Si col-
loca la sua morte circa la fine
del terzo .secolo; fu seppellito pres-
so alla città, e venne poscia edifica-
ta una chiesa sulla sua tomba.
Nel i3i8 le sue reliquie furono
rinchiuse con quelle di s. Poma di
lui sorella, in una preziosa cassa
MEM
di argento, la quale si custodisce
nella cliiesa abbaziale dei canonici
regoliu-i di s. Agostino fuori delle
mura di Sciallon. La sua festa si
celebra n'5 di agosto.
MEMORIA. Altare innalzato a
Dio sotto il nome di qualche santo,
e si disse più particolnimente di quel
luogo dell'altare in cui sono chiu-
se le reliquie; dappoiché è costan-
te tradizione antica, di noYi dedica-
re una chiesa, né consacrare un
altare, e neppure una semplice
pietra per esso, senza collocarvi le
reliquie, massime quelle dei marti-
ri, le cui venerande memorie ve-
nivano cosperse di fiori e rami
•verdeggianti di piante ed alberi. V.
Alt.ake, Confessione, Martire. Me-
moria dicesi altres'ì della comme-
morazione de'santi che si fa ai ve-
spcii ed alle laudi dell'uffizio di-
vino, con una antifona, con un
versetto ed un' orazione: vi sono
delle chiese nelle quali si vanno
a cantare le memorie de'sanli alle
loro cappelle.
MEMORIALE, e Segretario dei
MEMORIALI DEL Papa. Memoriale ,
libcllus , nel suo piimievo natura-
le significato vuol dire, ciò che
serve per ricordare alcuna cosa, ed
in linguaggio di segreteria importa
uno scritto che si dà a chiimque
per tenergli presente qualche affare
rn cui egli debba operare. Signi-
fica pure una preghiera che por-
gesi a persona autorevole per olte-
neie qualche grazia , e corrisponde
ni latino supplex libellus, o sieno
preces o desideria sitpplicantium.
L. i5, ff". De in jus vacando. L. Sa,
ff. De ree. arbit. L. i, cod. Quando
libellus. Il Parisi, Istruzioni per la
segreteria t. IV, oap. Il, De' me-
moriali e promemoria, dice che lo
spirilo di novità estendendosi anche
MEM 179
nell'alterare i veri e buoni voca-
boli dell'italiana favella, alla paro-
la semplice ed espressiva memoria-
le nel primo senso, si è voluto so-
stituire un composto, cioè prome-
moria, ristringendo il memoriale
a significar supplica. Questo è il
mezzo ordinario e più spedito pra-
ticato sino dai tempi di Augusto,
con cui ogni persona si apre la
strada ad essere ascoltato dal pro-
prio sovrano, o dai magistrati che
hanno ingerenza nel governo, ad es-
porre le sue occorrenze, ed a ri-
cevere ne' rescritti le convenienti
provvisioni e risposte. Il Parisi dà
vari avvertimenti de' termini come
debbonsi concepire i memoriali, dei
riguardi che convengonsi al negozio
ed alle persone. Divide i memoriali
o le suppliche in tre parli : i. la
chiara, netta, veridica e concisa
esposizione del fatto ; 2, la pe-
tizione della grazia; 3. le ragioni
che ne mostrano la giustizia. Te»
quità e la convenienza. Tali sup-
pliche chìamansi memoriali ragio-
nati , ed abbracciano le materie
tanto di grazia, che di giustizia,
e possono riferirsi ui generi delle
lettere di domanda. Più spesso i
memoriali non contengono se non
la petizione di alcuna grazia, che
dipende dall'arbitrio e beneficenza
del principe, ed in questi può avei'
luogo un moderato uso di quella
eloquenza che senza ostentazione
oratoria ha forza di muovere dol-
cemente gli affetti. La formula no-
tissima de'raemoriali è questa. In
cima del foglio Beatissimo Padre.
S'incomincia poi la scrittura lascian-
do lo spazio convenevole. Si pone
ordinariamente in principio il no-
me del supplicante : N. N. dopo il
bacio de' santissimi piedi, o gemi'
flesso ai santissimi piedi nippli'^
i8o MEM
chcvolmente espone. Se poi il me-
moriale è diretto ad un sovra-
no, si dice: N.N. prostrato al tro-
no di vostra Maestà. La direzione
poi del memoriale, piegato che sia,
si fa in cima: Alla Santità di No-
stro Signore, e nella seconda riga
Papa Pio IX felicemente regnante.
"Vicino al fine della colonna si po-
ne Per in linea separata, e nelle
ultime linee il nome e cognome
dell' oratore, senza ripetere altre
qualità che si debbono esprimere
in capo alla supplica. Nel decorso
del memoriale occorrendo di no-
minare più volte il nome di chi
supplica, in vece di esso si pone
Voratore, il supplicante, il ricorren-
te, il petente e simili. Nel voi. XIX,
p. 3o del Dizionario riportammo
l'istruzione data da un canonista
della curia romana al tempo di
Gregorio IX, riguardo ai titoli ono-
rifici che dar doveansi ai cardinali
nei libelli delle petizioni, con for-
inole per le cause ecclesiastiche .
Dell'odierno formolario se ne di-
scorre agli articoli de' titoli de'car-
dinali, e di altri dignitari e ma-
gistrati. Aggiunge il Parisi, che
può al sovrano ricorrersi per la
denegata giustizia da un qualche
magistrato o ministro, ovvero per
affari la cui risoluzione non possa
ottenersi senza la di lui suprema
immediata autorità; ma negli al-
tri affari e cause per la cognizione
delle quali il principe ha deputato
gli opportuni tribunali e magistra-
ti, i ricorsi e le suppliche debbono
portarsi a questi. Chi farà altri-
menti senza addurre speciale mo-
tivo, non otterrà dal principe altro
rescritto, se non che un Utalur jiire
suo, o sibbene un Lectutn. V.
Rescritto. Avverte inoltre il Parisi,
che certi falli speciali, su cui si
MEM
fonda la petizione , non basta asse*
rirli, ma è necessario inserire nella
supplica i documenti legittimi che
giustificano quanto si espone in cor-
po di essa, secondo l'opportunità,
citandoli per ordine numerico o
alfabetico. Talora il.^ duplicato del
memoriale si porta 'per secondare
lo stile, com'è quello delle congre-
gazioni cardinalizie, segreterìe, tri-
bunali, ec.; e taloi'a si richiede per
fini particolari.
Parlando il Parisi de' memoriali
anonimi, tom. II, p. i8 e 19, dice
che i ricorsi anonimi o non si ri-
cevono o non si ascoltano; sono
per lo più parti del livore, della
malignila, della vendetta. Gli auto-
ri se si scuoproHO e non provano
l'asserto, massime se calunnie, deb-
bono punirsi come perturbatori del-
la quiete. Può per altro succedere,
che una persona onesta per evitare
la malevolenza e gli sconcerti che
produrrebbe lo scoprimento di un
ricorrente, celasse il suo nome, ma
rappresentasse i fatti muniti di tali
circostanze di tempi, luoghi ed in-
dicazioni di persone, che avessero
apparenza di verità, ed allora, se
sono cose riguardanti l' utile pub-
blico, potranno indagarsi le prove,
per procedere dopo la loro veriQ-
cazione al provvedimento. In alcu-
ne congregazioni ai memoriali ano-
nimi si rescrive : Suhscribaniur pre-
ces. Vanno però ascoltati e te-
nuti segreti quelli che ricorrono
contro gli aggravi de' ministri, le
cui giustificazioni si sentono sempre
prima di determinare sull'affare.
Delle lettere o memoriali senza no-
me, o con nome finto, ovvero sup-
posto, ne parlammo al voi. XXX Vili,
p. i47 del Dizionario. Il saggio e
benigno Gregorio XVI, nel § iS
dei suo testamento, parlando della
MEM
consegna delle sue carte a chi spet-
tiivano, dispose: « Siccome poi vi
saranno forse rimaste, confuse fra
le altre carte, anche delle anonime,
diffamanti e calunnifitrici, che non
devono essere conservate, così do-
vranno queste venir bruciate". Il
più delle volte la calunnia provie-
ne dall'invidia, poiché agli occhi di
questa la gloria è delitto, e dicono
i sapienti che l'invidia è certa prova
del merito di chi viene invidiato;
ordinariamente i maligni invidiosi
s' immaginano di aver diritto a tut-
to, benché senza giusti titoli di po-
ter aspirare a ciò che da altri si
possiede legittimamente, e spesso
senza talenti e capacità; poiché la
scienza, il buon senso, e più di tut-
to la religione, è freno alle passio-
ni e agli indiscreti desiderii. Il male
poi fatalmente è creduto sempre
senza esame; ma l'innocenza pro-
duce sicurezza d'animo; ed il più
Talido scudo contro i malevoli in-
vidiosi è una tranquilla sofferenza,
essendo la maggior vendetta che
di loro si possa fare il silenzio e
pregar Dio che gì' illumini per loro
bene. Imporla assaissimo la cosfan-
Ea nelle cose avverse, perchè signi-
fica grandezza di cuore, e la mo-
derazione nelle prospere, perché ar-
guisce un animo superiore alla for-
tuna. Delle Lettere ecclesiastiche
(^Wi) chiamate wemorinli, ne pall-
iammo a queir articolo. Dai cava-
lieri di Malia si chiamò memoriale,
l'estratto delle lettere o prove di
nobiltà, che si pi esentano all' ordi-
ne gerosolimitano quando alcuno
domanda di esservi ammesso.
L' antichissimo uffizio di segreta-
rio de' memoriali o di referendario
delle suppliche de' principi è nobi-
lissimo, di grande importanza, e
SDjBinamcnte delicato pel gran be-
MEM i8i
ne che può fare, come intercessore
tra i sudditi e il sovrano, organo
immediato di questi nelle benefi-
cenze, nelle grazie e nella giusti-
zia, siccome preposto con intima
fiducia dal principe a sentire i re-
clami e le domande del suddito,
e portarle alla sua cognizione. Me-
morìalis era chiamato nella corte
imperiale di Costantinopoli quel mi»
nistro, il quale era tenuto di sugge-
rire all'imperatore le azioni eroiche
de* suoi soldati perchè ne ricevessero
il meritato premio. Palatina omnia
officia, hoc est, Memoriales, agen-
tes in rebus, appari tores diverso-
rum commodoriim. S. Ambrogio,
epist. ad Marceli. Il medesimo of-
ficiale nella corte Costantinopolita-
na era chiamato a memoria, come
scrive Cantacuzeno lib, 3, cap. i5.
Curandae reipublicae praeposili e-
rant Spanapolinus a memoria, et
Joannes Melitenensis. Nelle corti se-
colari anticamente il Referendario
[Fedi), come in quella imperiale,
soprintendeva alle risposte che si
dovevano dare ai principi ed ai
vescovi. Sotto i romani i referen-
dari esercitavano 1' uffizio di riferi-
re le cause, altri esponendo agli
imperatori le domande de' privati e
i dubbi insorti ne' giudizi. Nella
curia romana i prelati referendari
anticamente riferivano le cause nel
tribunale della segnatura e in quel-
la di grazia avanti il Papa. Nella
potente e splendida corte di Bene-
vento, il referendario equivaleva al
segretario de' memoriali , come si
disse nel voi. XVII, p. 295 del
Dizionario. Inoltre nella corte degli
imperatori eranvi i mililantes in sa-
cris scriniis, i ministri che serviva-
no negli uflìzi delle lettere, delle
memorie, delle suppliche, delle di-
sposizioni. Il Priniicero de' notari
i82 MEM
^P^edi) della santa Sede e prima-
rio tra gli ufTiziali palatini, nei con-
cili! suggeriva ai Pontefici quanto
occorreva, e faceva loro le istanze
di ciò eh' era supplicato di voler
trattare, dandosi col mezzo de* pri -
miceri ingresso a quelli che ave-
vano in essi a ragionare delle loro
cause; ed il Prìoticero de' difenso-
ri i^Fedi) era destinato a patroci-
nare le cause della chiesa, de'chie-
rici e de'poveri: forse tali dignita-
ri possono in qualche parte adom-
brare e figurare 1' odierno segreta-
rio de' memoriali, come osserva il
Galletti, Del primicero della santa
Sede ed altri iiffiziaii del palazzo
lateranense. Questi a p. 190 ag-
giunge, che lo Scrina/io nicmoria-
le era uno degli scrinai che aveva
uffizio particolare nello stesso archi-
vio della santa Sede, cioè il custo-
de delle memorie e de'monumenti.
Parlando il Muratori nella IV
delle sue Disserl. degli ufìlzi della
corte, dice che non è ben chiaro
qual fosse l' uffizio di referendario
nel palazzo de' re longobaidi, e sic-
come nella cronaca Farfense si ha
un diploma del re Astolfo del ySG,
ex dicto doninì regis per Theopcr-
timi illins referendariiis, non sa se
costui fosse segretario de' memoria-
li, o pure cancelliere e notaro re-
gio, a cui appartenesse lo scrivere
i diplomi ed i privilegi. In Plan-
cia fu antico e importante uffizio
quello di maestro o referendario
delle suppliche: il gran referenda-
rio di Francia avea la cura del-
l' anello e del sigillo reale, riferiva
al re il contenuto de' diplorai, li
presentava alla sua soscrizione, quin-
di egli slesso li sottoscriveva e sug-
gellava coir anello del sovrano. Ecco
come il Morcelli chiama il segreta-
rio de' memoriali; Mci!>istcr libello-
MEM
rum et memorine j del Pupa : D.
N. Pii IX. P. M. surnmus scrina-
rius a libellìs; il cardinal segreta-
rio de' memoriali : Cardinalis surn-
mus scrinarius a lihellis. Dopo es-
sere stato segretario de' memoriali ,
fu maestro di camera: In nula
posi supplicuni prects ah admis-
sionihus fuity come si legge nc\ Lex.
epigr. Morcell. di mons. Gain beri -
ni. Nel sigillo che il degno e attuale
cardinal segretario de'memoriali ap-
pone ai rescritti ex audienti a ss. e
che sottoscrive A. Card. Altieri, si
legge in ^\vo\ Aloy. Tit.s. Marìaein
Pori. S. R. E. Presb. Card. Aliie-
rì ss. D. N. Pii IX a secr. sup.
Lihell. Prima di parlare del cardi-
nal segretario de' memoriali ripor-
teremo alcuni aneddoti sui memo-
riali riguardanti i Papi, e se essi
furono facili o cauti nel fare gra-
zie, di che pur parlammo agli ar-
ticoli BENEFrzi, Carica, Dignità',
Dispense, ed altri, non che alle loro
rispettive biografie.
Benedetto Xll eletto in Avigno-
ne nel 1 334 fu premiatore de'soli
meritevoli, soppresse l' abuso delle
grazie aspettative, ed ordinò che si
registrassero tutte le concessioni e
se ne conservassero gli originali,
ond' ebbe origine nella curia roma-
na il registro delle suppliche. Ma
tale virtuosa moderazione giovò al
successore Clemente VI, che nello
spazio di due mesi volle che fos-
sero gratuitamente spedite tutte le
grazie che furongli domandate, e
perciò quasi tutti gli ecclesiastici di
Europa si mossero per Avignone
in numero circa di centomila per
godere i frutti della pontificia libe-
ralità; quindi non rimase alcun
beneficio vacante, e tornarono alle
loro case ricolmi di grazie e di be-
nefizi, facendo ancora Clemente V l
MEM MEM i83
un gran numero di riserve di ve- mano, e con ambedue lacerò l'islan-
scovati e di abbazìe, e rigunrdan- ?a, come soleva fare con le riprovevoli
do come nulle l' elezioni de' capitoli suppliche di tal natura. Giulio III
e delle comunità: a quelli poi che del 1 55o nella sua generosità se
gli rappresentarono non aver tenu- passava alcun giorno senza aver
to questa condotta i suoi prede- fatto ai cardinali qualche grazia,
cessori. Clemente VI soleva rispon- non poteva prender sonno nella
dere, ch'essi non avevano saputo notte. Marcello li che gli successe,
essere Papi. Gregorio XI, circon- «i ricusò di esaudire l' ambasciatore
dato dal padre, dai fratelli e dai di Spagna, che implorò grazia per
nipoti, a loro sollecitazione accor- un cavaliere romano reo di omici-
dò molle grazie, che non furono dio; leggeva maturamente le lettere
sempre distribuite con buona scelta ; ed i memoriali, e prendeva volen-
ebbe però la gloria di restituire a tieri consiglio dalle persone probe.
Roma nel iSyy la residenza pon- Pio IV del iSSg per bisogno di
tifìcia. Bonifacio IX, adorno di belle denaro si trovò costretto d' impor-
doti, fu poco istruito dello stile e re gabelle, che produssero malcon-
degli aifari della corte romana, il tento e congiure contro di lui, e
perchè segnava senza scelta le sup- si giunse ad attentare alla sua
pliche ed i memoriali, pronunzian- vita nell' atto di presentargli un
do ciecamente sul rapporto degli memoriale: noteremo, che Enrico
uffjziali suoi. Alessandro V del i4o9> ^^1 i'^ <^'i Francia fu pugnalato da
d'animo grande, si governò pei con- chi prese il pretesto di presentar-
sigli del cardinal Cossa, che gli sue- gli suppliche. Gregorio XUI del
cesse col nome di Giovanni XXIII, 1572 pose la maggior sua gloria
e la passione di far grazie e di in dispensar favori, e perciò con-
contentar tutto il mondo, gli prò- tava perduto quel giorno in cui
cacciò la taccia d'imprudente ed in- non esercitasse la sua innata bene-
considerato, dappoiché volendo sod- ficenza. 11 cardinal Alessandro Pe-
disfaie e contentare i supplicanti^ retti nipote di Sisto V, die ciu-
distrìbui benefìzi, abbazie, vescova- quanta scudi a chi con un memo-
ti e cariche di corte a quei che riale ne in)plorava cinque, e cin-
nieno le meritavano se le loro qua- quemila a chi ne aveva doman-
lità fossero state esaminale con di- dati cinquecento, JVel i5.9i appe-
scernimento. Fu poi tanta Tinte- na eletto Innocenzo IX, concorren-
giilà di Leone X del i5i3 nella do a lui diversi cardinali per prc
collazione de' benefìzi , che incul- garlo con memoriali per qualche
cava a' ministri non fargli concede- grazia, secondo il consueto in tale
re grazie da cui ne ridondasse pen- circostanza, egli invece prudcnte-
timento; e quando Giovanni Blan- mente ricusò a tutti di farle, pro-
cio suo cameriere gli presentò un testandosi nulla risolvere improvvi-
memoriale di domanda incompe- samente e senza matura riflessio-
tente, lo interrogò quanto eragli ne; ed al cardinal Caetani che gli
stalo promesso per la consecuzione domandò grazia per d. Giannanto-
deila grazia; e venendogli vilmente nio Orsini, coli' offerta di certa som-
risposto, duecento scudi, questi glie- ma di denaro, rispose : non voglia-
le diede generosamente, con una ma denari, ma ubbidienza. Il cita-
i84 MEM
to Parisi , t. I, p. 2 38, cap. VI,
Risposta alle domande, dice che
queste sono o concessive, o nega-
tive, o sospensive, quindi riflette,
che quando l'animo è commosso
da qualclie straordinaria allegrezza,
non sia 1' uomo facile a rispondere,
rna esamini prima le domande, e
differisca le risposte a tempo che le
passioni siano pacate. Il Pontefice
Paolo V, come ancor noi dicemmo
altrove, saggiamente si astenne nel
bollore della sua esaltazione dal
dispensar grazie , dicendo essere
quel tempo esposto alle domande
ed alle concessioni di cose ingiuste
o disdicevoli, e che avrebbero poi
l'ecato pentimento, come notò pure
il Muratori negli Annali d' Italia.
Si dee sempre concedere, purché
non sia contro la giustizia, ciò che
negato pur si farebbe colla forza
contro la volontà nostra. I grandi
domandano con animo di ottenere,
e sono sensibili alle negative, e per-
ciò a questi mai non si nega e-
spressamente ciò che loro non si
concede; ma tirando la cosa in lun-
go, si mostra disposizione di farla,
rimosse che sieno le difficoltà, le
quali si oppongono. Guardisi chiun-
que di non consentire, per umano
rispetto, a minima cosa contro il
giusto e r onesto. Spesso le negative
si danno col non dar risposta, mas-
sime a persone inferiori, che ordi-
nariamente domandano cose assur-
de ; potendo il silenzio equivalere
ad una meno spiacevole negativa.
La difficoltà sta nel rispondere a
coloro, coi quali non si può tacere,
ed è perciò nece-ssario di giustificar
i motivi per cui si nega. Le più
ingegnose risposte sono le sospen-
sive, nelle quali né si concede, né
si nega, ma senza dar nulla si fa
vedere lu buona disposizjone dcll'a-
MEM
nirno. Se non si consola colla grs|-
ù^, non si disgusti con una troppq
cruda negativa; il no è una pillola
disgustevole per tutti, e deve indo-
rarsi colla gentilezza delle parole.
Fin qui il Parisi.
Innocenzo X del i644 fu savio
e circospetto nel parlare, tardo nel
risolvere, e però difficile in far gra- j
zie all'improvviso, onde mentre era^
prelato si acquistò il nome di mon-
signore non si puh. Amantissimo
della giustizia, riceveva amorevol-
mente per la città i memoriali dei
ricovrenti, affine di tener in freno
i suoi ministri. Il celebre cardinal
Gaspare Carpegna vicario di Roma,
e prefetto de' riti e de' vescovi e
regolari, fu poco amato dai romani,
forse perché ne' 43 anni del suo
cardinalato a tutti i memoriali ri-
spondeva di no, sebbene poi tutto
benignamente accordasse. Si rimar-
cò che il cardinal Marcantonio An-
sidei, di gran dottrina e zelo pa-
storale, spesso si mostrava turbato
ed inquieto al ricorso delle suppli-
che. Clemente XI soleva dire ch'è
indegno degli onori chi li doman-
da ; e per la sua dolcezza se dove-
va negar alcuna cosa Io faceva sen^-
pre con buona grazia, né gli man-
cavano all'occasione risposte argute.
Per sentimento dell' Algarotti, fu
grazioso quel giuoco di parole col
quale Clemente XI rescrisse alla
memoria d' un religioso de' servi
che implorava il cardinalato : reste-
rà seivita. Benedetto XIII per la
sua gran bontà fu ingannato da
diversi de' suoi ministri, segnata-
mente dal cardinal Coscia segreta-
rio de' memoriali, per la falsità dei
rescritti con cui si procacciò il ri-
sentimento de' romani, e venne pro-
cessato da Clemente XII, quindi
punito. (Questo Papa qon sapeva"
MEM
negarsi alle suppliche giuste, e fo-
cile si mostrò nel sentire i ricorsi.
Benedetto XIV fu grazioso e pieno
di spirito nell'ascoltar le domande,
nel ricevere le istanze, e nel farvi
rescritti. Pio VI di buona volontà
ascoltava i ricorsi e reclami de'sud-
diti, e ne' sei mesi che abitava il
Vaticano, in discendere ogni giorno
nella contigua basilica, benignamen-
te riceveva da tutti i memoriali,
ed a tutti dava sollecitamente cor-
so, facendo di proprio pugno 1' op-
portuno rescritto, con indicarvi tal-
volta le ragioni che determinavano
il suo animo a condiscendere o a
negare le grazie richieste, e qual-
cuno fu anche pieno di spinto. A
Pio VII fu presentato un memo-
riale scritto con un sonetto, in cui
il supplicante reclamò contro la pen-
sione, che da scudi dodici eragli
Stata ridotta a sei, giuocando sul
numero dodici. Il Papa rescrisse
graziosamente: Si rientri nel dodi-
ci principiando dal dodici del pre-
sente mese. Leone XII, amatore
della giustizia, con piacere riceveva
i ricorsi, ed alcuni suoi rescritti fu-
rono anche lepidi e sentenziosi.
Ad un bisognoso letterato poeta
( il Bettinelli dice che 1' oro fu sem-
pre rarissimo metallo in Parnaso)
che domandava soccorso, il Papa
fece questo rescritto: Consoli il pò-
{'eretto, il nostro tesorier con tren-
ta scudi, e se vuol guadagnar tra-
vagli e sudi. Gregorio XVI fu fa-
cile ad accogliere benignamente le
istanze ed i ricorsi, benché mol-
tiplicatisi a' nostri tempi in un mo-
do eccessivo. Le riceveva all'udien-
za, per la posta , per le busso-
le ch'erano all' ingresso del pa-
lazzo, e in sala, non che quando
incedeva per la città, nelle villeg-
giature e ne' viaggi. Fu infaticabile
MEM i85
nel leggere i memoriali e farvi re-
scritti, ed oltre quelli che mandava
in segreteria de' memoriali per la
dispensa, segnandoci di suo vene-
rato carattere a pie di essi il no-
me del petente se non vi era, pel
più facile ritrovamento, im gran
numero con paterna sollecitudine
direttamente li faceva ricapitare ai
rispettivi ministrij o ad altri per
prendere segrete informazioni, per
mostrarsi nelle domande ragionevoli
caritatevole e indulgente, e giusto
ne' reclami. Talvolta ancor egli fe-
ce de'rescritti graziosi e con ispirito.
■Gli fu presentato un memoriale, •
in foi'ma di componimento poetico,
in cui l' oratore domandò la di-
spensa di tre anni per istudiar la
giurisprudenza nell' università roma-
na, chiedendo al Papa tre de' suoi
anni. Gregorio XVI di suo pugno
rescrisse: Ritenendoci i Nostri, di-
spensiamo in vece l'oratore dai tre
anni che gli mancano per essere
ammesso agli studi in Sapienza.
L'origine del segretario de' me-
moriali è antica, ma non si può
precisarne l'epoca. Che sempre vi
sìa stato nella corte pontifìcia un
ministro specialmente incaricato a
riferire le suppliche, almeno dopo
che i Papi esercitarono il dominio
temporale, sembra plausibile, come
quelli che amarono sempre di ascol-
tare e rendere ragione al potente
come al povero, alla vedova, al pu-
pillo ed a chi vien fatto torto, men-
tre il loro animo pietoso e carita-
tevole si diffuse coi bisognosi fino
dai primi loro santi predecessori.
Quanto poi al vero suo titolo, se
non può stabilirsi in uno di quelli
ricordati di sopra, pare doversi ri-
conoscere in imo de* quei tanti Se-
gretari apostolici [Fedi), ch'ebbero
i Pontefici sin da epoclie remale.
i86 MEM
iS'ella relazione composta in Pisa
sul)ito dopo l'elezione di Alessan-
dro V nel 1409, di tuttociò che
occoneva per servigio del Papa,
pubblicata dal Muratori, Script, rer.
JlaL t. in, par. Il, p. 822, e dal p.
Gallico, Àcta caerem.p. iji: XXII I,
De regi.slratione supplicalionum, si
legge. « llem in palatio apostolico
est consuetum, quod assignetur ca-
uiera prò registro supplicalionum,
in quo odlcio solent esse duo ; sed
nullus eorum aliquam provisionem
recipit in palatio ". JNel ruolo di
Pio II del 1458 non è nominato
espressamente il segretario de' me-
moriali. Nei inoli palatini, che in-
cominciano d;i Giulio III del i55o,
in quello di Paolo IV fjno notali
due registratori delle suppliche, il
custode del registro, il registratore
ili segreteria messer Cornino, Nel
ruolo di Sisto V e nel novero dei
segretari e registratori, lessi alla
cura de' memoriali monsignor An-
tonio Piccioni cappellano segreto,
con parte di pane, vino, cavalli e
rnantenimento di essi, servo, legna,
candele , olio, ec. e scudi dodici
mensili per companatico. Ne* ruoli
di Urbano Vili si trovano due so-
stituti del segretario de' memoriali,
il distributore delle suppliche, i due
primi con parte di pane e vino, e
scudi nove mensili per ciascuno in
compenso del companatico, il secon-
do colla sola parte di pane e vino.
Nella Relazione della corte di Ro-
ma, del cav. Lunadoro, edizione
del 1646, a p. 18 si dice: il se-
gretario de' memoriali suole essere
il Maestro di camera del Papa
(P^edi). Sotto Clemente XI due e-
rano i sostituti de' memoriali, cioè
Pietro Terroni e Carlo Fabri con
scudi 6 e bai, 12 per ciascuno; d
segretario de' memoriali come i ca-
MEM
merieri segreti, avea come i came-
rieri segreti partecipanti, prima men-
sili scudi trentaquallro e bai. i5
con la parte di palazzo, e poi scu-
di quarantacinque col solo pane e
vino, e tolto il mantenimento dei
cavalli e le altre cose, ricevendo
nella distribuzione delle medaglie
due d'oro e due d'argento. Qui
noteremo ch'erano anticamente sì
rare le presentazioni de' memoriali
al Papa , che Francesco Valesio
nella minuta descrizione del posses-
so che prese nel 1701 Clemente
XI, notò che vicino al Colosseo gli
fu presentato un memoriale, che
ioiraediatamente si pose a leggere
benché cavalcasse; e che ritornan-
do alla sua residenza in carrozza
coi cardinali palatini, vicino al det-
to luogo gli fu presentato altro
memoriale.
Lo Chattard nella Descrizione
del palazzo apostolico Praticano,
pubblicata nel 1766, t. II, cap.
XVIII: Appartamento di monsignor
segretario de' memoriali, ecco come
lo descrive. Su la dritta del ri-
piano del secondo piano delle log-
gie, presso la pittura che rappre-
senta s. Pietro in atto di liberar
la suocera, ed un'arma dipinta di
Pio IV con putti genuflessi, incon-
trasi porta che sale due gradini, eoa
stipiti ed architrave di travertino
scorniciati ed orecchiali, la quale
introduce nell' appartamento di
monsignor segretario de' memoriali,
composto di diciassette stanze tra
grandi e piccole con la cucina, non
compresi però due corridorelli ;
sette delle quali stanze pivi grandi
sono tutte in uno stesso piano, e
le altre stanze più piccole a guisa
di mezzanini, che situale sono in
diversi piani di sotto. Questo ap-
parlameulo nella matliua del gio-
vedi santo e di Pasqua serve ai
personaggi che inlerveiigono a ri-
cevere la benedizione (ora la pren-
dono sul loggiato che formasi sulla
galleria o vestibolo vicino delia con-
tigua basìlica) che sì dà dalla log-
gia di s. Pietro dal Papa, e per ri-
poso anco di due cardinali, che nei
suddetti giorni vi si trattengono. In
tempo di conclave (quando si fa-
ceva al Vaticano) vengono divise
le dette stanze, cioè parte servono
per cucina e credenza di un car-
dinale ; e dall' altra parte per abi-
tazione di monsignor commissario
del conclave, il quale avea l'ingres-
so dalla porta che riesce sulle se-
conde loggìe. Neil' edizione del Lu-
nadoro citato, colle giunte del Zac-
caria del 1774» t- ^Ij cap. XXVI,
Del segretario de' memoriali, si leg-
ge. Carica ora da prelato, ora da
cardinale occupata, ed ordinaria-
mente dal cardinal nipote o pa-
drone, come quello che venendo
per lo più dichiarato primo mi-
nistro o Segretario di stato [Fedi),
cosi essendo rilevantissimi gli alFa-
ri, che per mezzo de' memoriali
presentati vengono a Nostro Signo-
re, è convenevole cosa ch'essi pu-
re per le mani passino di tal mi-
nistro. Questo adunque come se-
gretario de' memoriali rifierisce al
Pontefice tutte le inchieste in iscrit-
to, o di grazia o di giustizia, ed
egli spedisce il rescritto a seconda
delle intenzioni e risposte dello
stesso Papa.
Nel pontificalo di Pio VI il car-
dinal Rezzonico prò segretario dei
memoriali, avea dal palazzo apo-
stolico mensili scudi cento, ma sen-
za parte di pane e vino ; mon-
signor Innocenzo Mercati cappel-
lano segreto soprannumero, bene-
ficialo di san Pietro, e soslilulo
MEM 187
nella segreteria de* memoriali prima
del 1778, e per tutto il pontifica-
to, avea con pane e vino scudi
sei e bai. la; d. Carlo Buccella
secondo sostituto, ed un aiutante,
pane, vino e scudi sei ; più quattro
soprannumci'ì, ed i due primi con
la soia parte di palazzo. Nel ponti-
ficato di Pio VII fece da sottose-
gretario, ma senza titolo, monsignor
Paolino Mastai Ferretti prelato do-
mestico, canonico vaticano, e zio
del regnante sommo Pontefice. Nel
i8i4 Pio VII lo promosse alla ca-
rica di luogotenente dell' A. C. ;
quindi monsignor Bernardino Lu-
zi referendario di segnatura fu fat-
to sotto-segretario de' memoriali ,
poi canonico di s. Maria Maggiore,
chierico di camera, e presidente
dell' annona e grascia : sotto di es-
so eranvi due sostituti, un ainl;inte
e due soprannumeri. Nel 1823 di-
venne sotto • segretario monsignor
Filippo de Angelis cameriere segreto
sopicinnumerario, al presente cardi-
nal arcivescovo di Fei mo ; ed eranvi
nella segreteria l'odierno sosliluto
entrato per soprannumero nel 1819,
ed altro giubilato, con un aiutante
e due soprannumeri; nel 1826 ces-
sò la carica di sotto- segretario, e
restò capo della segreteria de' memo-
riali il sostituto o sostituti come, lo è
ancora. Nel i83o oltre il sostituto
con scudi quaranta mensili, si tro-
vano tre minutanti, con scudi ven-
tidue il primo, e gli altri con scu-
di venti e bai. So, ed un soprannu-
mero con scudi dieci: l'abitazione
nel palazzo Quirinale, oltre il sosti-
tuto, la gode anche il primo mi-
nutante. Nel pontificato di Grego-
rio XVI l'attuale sostituto monsi-
gnor Lorenzo Averardi fu da lui
fatto cameriere d' onore, e portato
iu diverse vilieggialure a vantaggio
i86
MEM
de' supplicanli, mentre nell' uUima
e ne' suoi viaggi fece fungerne l'uf-
fizio da un cameriere segreto par-
tecipante, per essere il sostituto oc-
cnpato nel disbrigare gli aifari del-
la segreteria; ed ai memorati in-
dividui dalla segreteria furono ag-
giunti due soprannumeri.
La segreteria de' memoriali è nel
palazzo Quirinale dalla parte della
panetteria, e del suo segretario so-
stituto e ministri ne parlammo al-
l'articolo Famiglia Pontifìcia (^Ve-
di). Anticamente la carica di segre-
tario de' memoriali era prelatizia,
per cui diversi cardinali segretari
de' memoriali ebbero il titolo di
pro-segrelario, come si potrà rile-
vare dal Villetti, Pratica della cu-
ria romana t. II, par. II, cap. I,
e dalla serie che mi è riuscito
formare di molti, secondochè furo-
no pubblicali nelle annuali Notizie
di Roma, da me esaminate. Il car-
dinal segretario de'memoriali è Pa-
latino [Fedi}, ed il Papa lo no-
inina a mezjo del cardinal segre-
tario di stato : la carica termina
polla vita del Pontefice o per pro-
mozione, ed alcuna volta fu con-
fermato dal successore. Viene con-
siderato, come lo era il prelato se-
gretario, nelle distribuzioni di cui
parlammo a Maestro di Camera ,
qual cameriere segreto partecipante,
ricevendo da tal monsignore quat-
tro medaglie d' argento, e due il
sostituto, quando ne ha luogo la
dispensa. 11 cardinal segretario dei
memoriali, come uno de' cardinali
palatini, ne gode le prerogative,
prende rango tra essi secondo l'an-
zianità della loro nomina, ed in-
terviene in quelle funzioni in cui i
medesimi hanno luogo, delle quali
parlammo ai rispettivi articoli, ed
fi quelJQ di Maestro di Cambra,
MEM
Risiede nel palazzo Quirinale, ove
ha decorosa abitazione, sebbene tal-»
volta ottennero di restare ne' propri
palazzi, come il cardinal Giovanni
Guerrieri e l'attuale sullodato. Ha
l'udienza dal Papa ogni lunedi e
venerdì mattina , ed in sua as-
senza ed impotenza 1' ha il sosti-
tuto, il quale per esso sottoscrive
ancora i rescritti, e di suo carat-
tere come il cardinale rimette con
rescritti i memoriali a quei mini-
stri, congregazioni e tribunali cui
appartengono le domande. Dal pa-
lazzo apostolico il segretario ha an-
nui scudi seicento, come i camerie-
ri segreti partecipanti. Nella segre-
teria de' memoriali, oltre la dispen-
sa, previo registro, de' venerati re-
scritti di pugno del Papa, del car-
dinal segretario e suo sostituto, si
distribuiscono anche quelli delle i-
stanze ivi portate, nelle materie o
da riferirsi al Pontefice, o di quel-
le cui esso ha accordato facoltà al
cardinale, la quale è più o meno
estesa secondo il beneplacito dei
Papi. Pio VII fu largo nelle facol-
tà concesse al cardinal segretario
de' memoriali. Pio Vili le restrin-
se alquanto, e di piìi Gregorio XVI
parco e salutarmente moderato ueU
l'accordare grazie spirituali, dispen-
se e indulgenze, bramoso eziandio
che gli affari si discutessero dalle
congregazioni e tribunali perciò sta-
biliti dalla sapienza e provvidenza
de' suoi predecessori. Ecco la serie
de' segretari de' memoriali, che me-
diante molte ricerche abbiamo con
sicuiezza potuto formare; le notizie
di quelli che furono creati cardi-
nali, o di quelli eletti in tal grado,
le riportiamo alle loro biografie.
Giulio Canano feirarese, segreta-
rio del cardinal del Monte, dive»
luilo questi nel i55q Giulio III,
MEM
gli confen illimilala autorità di sot-
toscrivere in suo nome qualunque
memoriale e scrittura che più gii
fosse slata in grado, lo che fedel-
mente eseguì, oude se non moriva
l'avrebbe creato cardinale, come poi
fece Gregorio XIII,
Sebastiano Pighini d' Arcete dio-
cesi di Reggio, nel maggio i552
da Giulio III creato cardinale, e
segretario de* memoriali , secondo
Kovaes.
Guglielmo Sirleto di Calabria,
f;iaiigliare del cardinal Cervini, che
divenuto Papa MarcelloII nei i555
lo dichiarò segretario de'memoriali,
e Pio IV lo creò cardinale.
Giambailisla Osio romano, ve-
scovo di Rieti, da Paolo IV nel
ì555 fu dichiarato segretario dei
memoriali con grande autorità e
favore nelle cose d' importanza, ma
poi Io cacciò per quattro anni in
ima prigione nel Castel s. Angelo,
per la sua alterigia, e maniere vil-
lane colle quali si conduceva nel
suo impiego, e pei sospetti che su
di esso avea formato.
Carlo Borromeo milanese, nipote
di Pio IV, il quale appena eletto
nel 1559 Io fece segretario de'me-
moiiali, e nel seguente gennaio car-
dinale e segretario di stato : Paolo
V lo canonizzò.
Francesco Adriano Ceva di Mon-
dovi , segretario e conclavista del
cardinal Barberini, che divenuto nel
1623 Urbano Vili, lo fece segre-
tario de'memoriali, indi maestro di
camera, nunzio, segretario di stato,
e nel i643 cardinale.
Luca Antonio Virili romano,
maestro di camera o maggiordo-
mo del cardinal Barbeiiui nipote
di Urbano Vili, il quale lo promosse
a segretario de' memoriali, presi-
dente d'Urbino, e cardinale ucl iG-zg.
MEM 189
Giuseppe FrenfanclU di Spoleto
canonico di s. Pietro, fatto da In-
nocenzo X segretario de' memoria-
li, segretario del sacro collegio, e
perciò chierico d' Italia, ossia segre-
tario della concistoriale, custode
dell' archivio dei cardinali , e ca-
meriere segreto : così dal breve
Romanns Pontifex, de'27 settembre
1647, Bull. Pxom. t. VI, par. IH,
p. 127. Qual segretario de' memo-
riali cavalcò nel possesso preso da
Innocenzo X nel i644> tra i ca-
merieri segreti partecipanti.
Costanzo Centofiorini dì Recanati,
canonico vaticano, da Innocenzo X
fatto maestro di camera e segreta-
rio de' memoriali, prefetto dell' ar-
chivio vaticano che riordinò ed a
sue spese abbellì, entrò poi nella
couìpagnia di Gesù, come scrive il
p. Calcagni. Meni. stor. p. 249.
Celio Piccoloniìni sanese, valente
avvocato, tngino e conclavista del
cardinal Bighi, o del cardinal Chi-
gi che divenuto nel i655 Alessan-
dro VII, lo promosse a segretario
de' memoriali e cameriere segreto,
canonico valicano, indi nunzio, e
cardinale nel i664-
Polunnio Band ine Ili sanese, A-
lessandro VII suo amico lo nomi-
nò cameriere d' onore, segretario
de' memoriali, maestro di camera,
maggiordomo , e cardinale nel
1657.
Filippo Nini sanese, già aiutan-
te di studio di monsignor Chigi,
che eletto Alessandro VII, nel i656
lo dichiarò segretario de'memoriali,
indi maggiordomo, e nel 1666 car-
dinale.
Nicolò Piccolomini sane&e, Alessan-
dro VII lo promosse a segretario
de' memoriali, carica in cui nel
1667 lo confermò Clemente IX,
nella cui cavalcata del possesso, in
igo MEM
abito rosso, e con pelli di armelli-
ni cavalcò coli' elemosiniere, collo
scalco, ed altri camerieri segreti, ed
ancora in quello di Clemente X che
Io conservò nell' uffizio.
Stefano /agostini forlivese, già
cameriere segreto ed elemosiniere
di Alessandro VII, venne consacra-
to vescovo di Eraclea, e fatto se-
gretario de' memoriali da Clemente
IX, nella qiiai carica perseverò nel
pontificalo di Clemeiile X, promos-
so al cardinalato da Innocenzo XI.
Però nella relazione del possesso di
Clemente X del 1670 di Fulvio
Servanzio, leggo che cavalcò mon-
signor Piccolomini segretario de'me-
moriali, coli' elemosiniere Agostini,
e coir uditore monsignor Bottini.
Giambattista de Luca di Veno*
sa, celebre giureconsulto, Innocenzo
XI lo dichiarò prima suo uditore,
poi segretario de' memoriali, e car-
dinale nei i68f.
Raffaele Fabretli di Urbino, nel
1689 Alessandro YIII lo nominò
segretario de' memoriali.
Pietro Ottohoni veneto, pronipo-
te di Alessandro Vili che nel 1689
lo creò cardinale, indi segretario
de' memoriali e soprintendente ge-
nerale di tutto lo stato.
Carlo Agostino Fabroni pistoiese,
nel 1691 Innocenzo XII lo scelse
a segretario de' memoriali, nel 169^
di propaganda, e Clemente XI nel
1706 lo fece cardinale.
Giuseppe Sagripanli di Narni,
sotto-datario d' Innocenzo XI, con-
fermato da Alessandro Vili che lo
fece segretario della congregazione
d' Avignone e di Loreto, secondo
Cardelia, ed oltre a ciò nel 1695
Innocenzo XII lo nominò segreta-
rio de' memoriali e cardinale.
Ulisse Giuseppe. Gozzadini bo-
lognese, avvocato concistoriale, In-
MEM
nonenzo XII lo destinò segrrtnrio
de' memoriali e de' brevi a' princi-
pi ; per cagione di salute passò a
Firenze, ed eletto nel 1700 Cle-
mente XI l'invitò a scegliere uno
de' due impieghi, ed egli ritenne il
.secondo, indi nunzio e cardinale
nel 1709.
Gabriele Filippucci di Maceinta,
uditore d' Innocenzo XII che nel-
l'assenza da Roma del precedente J
lo fece pro-segretario de'meinoriali ; *
quindi nel 1706 Cle«nente XI l'e-
levò alla porpora che eroicamente
rinunziò.
Curzio Origo romano, luogote-
nente della camera, il suo amico
Clemente XI appena eletto nel
1700 lo dichi.irò segretario dei
memoriali, poi di consulta, e nel
171^ cardinale.
Annibale Albani di Urbino, dal-
lo zio Clemente XI nel 17 11 crea-
to cardinale, indi segretario de'me-
moriali.
Alessandro Albani di Urbino,
chierico di camera, dallo zio Cle-
mente XI fatto segretario de' me-
moriali verso il 17 19, e da Inno-
cenzo XIII nel 172 j cardinale.
Bartolomeo Ruspoli romano, go-
vernatore del conclave in cui fu elet-
to Innocenzo XIII che lo lece se-
gretario de' memoriali, da Benedet-
to XIII fatto di propaganda, e
nel 1780 creato cardinale da Cle-
mente XII.
Nicolò Coscia di Benevento, fa-
migliare del cardinal Orsini che di-
venuto nel 1724 Benedetto XIII,
lo fece segretario de'memoriali ed
arcivescovo di Traianopoli, coaser-
vandolo nella carica quando nel
179.5 lo creò cardinale ad onta
della opposizione di molti por-
porati.
Neri Maria Corsini fiorentino,
MEM
lo zio Clomenle XII nel 1780 Io
rominò pinfonolario e segielaiio
de' memoriali, nel possesso cavalcò
fiii due protonolari, e poco dtjpo
lo creò cardinale con detta carica
e la soprintendenza generale del
governo.
Giuseppe Livizzani modenese ,
segretario della concistoriale e del
sacro collegio, nominato nel 1740
segretario de'memoriali,.e nel 1753
cardinale e prosegretario de' memo-
riali.
Gio. Carlo Boschi di Faenza,
abbreviatore di curia, prelato do-
mestico e canonico di s. Pietro ,
Benedetto XIV lo elesse segretario
de' memoriali. Clemente XIII dipoi
lo fece maestro di cameia, e nel
1766 cardinale.
Carlo Rezzonìco veneziano, fatto
subito dallo zio Clemente XIII nel
1758 segreinrio de' memoriali, e
poco dopo cardinale, proseguendo
nella carica.
Giuseppe Mnnassei di Terni, già
cameriere segreto soprannumero di
Clemente XIII, appena eletto nel
1769 Clemente XIV lo nominò pro-
segretario interino de'memoriali, in-
di prolonotario apostolico sopran-
numerario.
Giovanni Archinlo milanese, nun-
zio di Firenze, nel 1769 da Cle-
mente XIV dichiarato segrt tarlo
de' memoriali, nel 1770 maggior-
domo, promosso nel 1776 al car-
dinalato da Pio \ I, questo fu l'ul-
timo prelato segretario de' merao-
iiali.
Giambaltisla Bezzonico veneto,
nipote di Clemente XIII, creato car-
dinaie da Clemente XIV, fatto nel
1775 da Pio VI prosegretario dei
memoriali sino al 1783, in cui va-
cò la carica, e non fu rimpiazzata
per tutto il pontificalo, supplendovi
MEM 19T
come si è detto il sostituto monsi-
gnor Mercanti.
Giuseppe Doria Pamphilj geno-
vese, cardinale di Pio VI, nomina-
to nel 1800 da Pio VII segretario
de' memoriali.
Michele di Pietro d'Albano, car-
dinale di Pio VII, il quale nel
1809 lo fece pro-segretario de' me-
moriali, e quindi delegato apo-
stolico.
Pier Francesco Galleffi cesenale,
cardinale di Pio VII, ritornato dal-
la sua deportazione nel i8i4 lo
fece prò segretario de' memoriali,
caiica in cui nel 1823 lo confer-
mò Leone XII, che nel 1824 Io
promosse a camerlengo di santa
Chiesa,
Cesare Guerrieri Gonzaga di
Mantova, cardinale di Pio VII, nel
1824 Leone XH, lo nominò pro-
segretario de' memoriali.
Carlo Maria Pedici ni di Bene-
vento, cardinale di Pio VII, ven-
ne dichiarato pro-segretario de' me-
moriali da Pio Vili nel 1829, in-
di Gregorio XVI nel i83i lo fece
prefetto di propaganda.
Giacomo Giustiniani romano, car-
dinale di Leone XII, fatto nel i83r
pro-segretario de' memoriali da Gre-
gorio XVI, die nel 1887 lo pro-
mosse a camerlengo di s. Chiesa.
Castruccio Cnstracane degli An-
Ichninelli di Urbino, cardinale di
Gregorio XVI, il quale nel 1837
lo nominò segretario de'memoriali,
e nel 1889 lo promosse a peniten-
ziere maggiore.
Luigi del Drago romano, cardi-
nale di Gregorio XVI, che nel 1889
lo ll?ce segretario de'memoriali, e
mori nel 1 845 nel palazzo Quiri-
nale, ove si praticò quanto ha luo-
go nella morte de'cardinali palatini,
da noi già notato nel voi. XXVllI,
igi MEM
p. J^6 e 4? ^cl Dizionario. Sicco-
me allorché mon la lettera D era
pubblicata, così riportammo la sua
biografia all'articolo Maggiordomo,
nella serie di essi, come carica e-
sercitata dal defunto.
Lodovico Altieri romano, cardi -
dinaie di Gregorio XVIj che lo fe-
ce ancora segretario de' memoriali
nel 1845, e nel giugno 1846 lo
confermò il regnante Pio IX.
Nel numero 10 del Diario di
Roma 1847 ^' leggono i regola-
menti fatti dal cardinal Altieri pel
miglior ordinamento della segrete-
ria de* memoriali, in data 25 gen-
naio, con autorizzazione pontificia, e
sono del seguente tenore, i. La se-
greteria de' memoriali, incomincian-
do dal primo febbraio prossimo,
sarà divisa in due sessioni, l'una per
gli oggetti ecclesiastici, l' altra pei
civili. 2. La sezione per gli oggetti
ecclesiastici rimane nell'attuale sua
organizzazione, e colle solite sue at-
tribuzioni. 3. La sezione per gli
oggetti civili sarà composta d' un
sostituto, di un aggiunto, dì un
protocollista-archivista, e di un so-
prannumero. 4- Fatta separazione
delle materie civili dalle ecclesiasti-
che, il sostituto della sezione civile
farà registrare tutte le suppliche
in apposito protocollo. 5. Il proto-
collo dovrà contenere sette divisio-
ni. Nella prima sarà inscritto il
numero d' ogni supplica ; nella se-
conda il cognome ed il nome del
supplicante ; nella terza l' anno, il
mese ed il giorno, in cui la sup-
plica è pervenuta alla segreteria ;
nella quarta l'oggetto della suppli-
ca; nella quinta il rescritto che vi
sarà stato apposto dalla mano di
sua Santità, o da quella del cardi-
nale o del sostituto; nella sesta il
mese ed il giorno del rescritto >
MEM
nella selliraa le osservazioni che
potranno occorrere a dilucidazione
del rescritto medesimo. 6. Il sostitu-
to formerà un ristretto informativo
delle suppliche che meriteranno di
essere riferite a sua Santità, per ri-
portarne nelle ordinarie udienze la
mente e la volontà. 7. Le suppli-
che non dovranno mai più ritor-
nare per qualsivoglia motivo nelle
mani dei postulanti, ma saranno
immediatamente trasmesse al dica-
stero o ministero, al quale compe-
te r esaminarle e provvedere in-
torno alle medesime. 8. Per con-
seguenza dell' articolo precedente,
nel venerdì d' ogni settimana, salvi
i casi urgentissimi, la segreteria dei
memoriali trasmetterà le suppliche
ai rispettivi dicasteri o ministeri,
accompagnate con lettera firmata
dal cardinale. 9. Nella detta lettera
non .<?' indicheranno che i numeri
di protocollo, con cui sono segnate
le suppliche trasmesse, io. Oltre il
suddetto protocollo, la sezione per
gli oggetti civili ne avrà un altro
alfabetico in Ire divisioni. Nella
prima verrà iscritto il cognome e
nome del supplicante ; nella secon-
da la data del giorno, del mese e
dell' anno, in cui fu ricevuta la
supplica; nella terza il numero col
quale sta registrata la supplica me-
desima nell'altro protocollo. 11.
Coir aiuto del suddetto protocollo
alfabetico si potranno riscontrare al-
l' istante le suppliche precedente-
mente avanzate da un istesso in-
dividuo, e rigettarle qualora fossero
inutilmente riprodotte. 12. Il pro-
tocollo mentovato nell'art. 4-° ^^^'^
la durata di un anno ; 1' altro in-
dicato nell'art, io." sarà triennale.
i3. Nei giorni di martedì e di sab-
bato d'ogni settimana il protocolli-
sta sarà obbligato d' indicare ai rf •
MEN
rliicdenli il numero del protocollo
nel (jiiale stanno registrate le loro
.suppliche, la data del rescritto che
fu apposto sulle medesinne, ed il
dicastero o ministero al quale fu-
rono rimesse. Qualora il rescritto
fosse negativo, non dovrà occultar-
ne il tenore. i4- Le suppliche che
\errano rigettate, o riporteranno
rescritto negativo, non saranno mai
restituite, ma rimarranno- protocol-
late e conservate nell'archivio del-
la segreteria per la durata d' anni
dieci. i5. Accrescendosi in forza di
questi nuovi regolamenti il numero
degl'impiegati nella segreteria, non
che la totalità delle spese richieste
pel più celere ed ordinalo anda-
mento della medesima in partico-
lare vantaggio de'poslulanti, è sem-
brato cosa giusta e conveniente
che tale aumento non cada ad
aggravare maggiormente il pubbli-
co erario, ma venga compensato
da una tenue retribuzione, da dar-
si per la redazione de' rescritti che
si ritireranno dalla sezione per gli
oggetti ecclesiastici. Sill'atla retribu-
zione, che dovrà riceversi ed ero-
garsi per mero titolo di scrittura,
non sarà che di baiocchi trenta per
ogni rescritto dal cardinale firmato.
Dell' incasso di tale retribuzione
sarà reso conto al cardinale alla fi-
ne di ciascun mese, onde venga e-
sattamente erogato in rifusione del-
le indicate spese.
MENANDK I A NI , Menendriani.
Nome d'una delle piìi antiche sette
de'gnoslici. Fu loro capo Menandro,
discepolo di Simon Mago, samari-
tano del borgo di Cappa rattea ,
e mago egli pure come il suo mae-
stro, col quale avea comuni i sen-
timentij tranne in alcune cose che
egli cambiò per farsi capo d'una
setta particolare di eretici . Inse-
voi . xiiv.
MEN 193
gnava esser egli la vita suprema i-
gnota a tutti ed inviata dalle poten-
ze invisibili per la salute dei ge-
nere umano ; che chiunque non
si facesse battezzare in suo nome
non potrebbe essere salvo, e che
quelli i quali ricevessero il suo bat-
tesimo non subirebbero ne la vec-
chiaia, né la morte; che Gesù Cri-
sto non era veramente uomo; che
gli angeli aveano creato il mon-
do, ma che potevansi sincere col
mezzo de'suoi prestigi, e ch'essi
erano più deboli dei demoni. I
menandriani difendevano gli errori
de'nicolaiti, ed eranvene molti in.
Antiochia e furono scomunicati dal
Papa s. Lino immediato successore
di s. Pietro.
MENARD Nicola Ugo. Monaco
benedettino della congregazione di s.
Mauro, nacque a Parigi nel i585,
e vestì l'abito religioso nell'abbazia
di s. Dionigi; quindi all' età di 29
anni abbracciò la riforma di s. Mau-
ro, e fu uno de' primi di essa che si
dedicò allo studio, ed a compilare
opere utili al pubblico. Mori in s.
Germano ai Prati in Parigi nel
1 644> dopo aver pubblicato: i."
Martirologio de santi dell' ordine
benedettino, con note, Parigi 1629.
2." Un trattato di s. Benedetto d'A-
niano, intitolato; Concordia rega-
lar uni cuni regula s. Benedicti ab-
batis cassinensisy Parigi i638. 3.°
Il Sagramentario di s. Gregorio
Magno con note, 1 64 1 • 4'° Diatri-
bade unico Dyonisio,ì6^^. 5." No-
te sopra un epistola attribuita a
s. Barnaba apostolo, pubblicata dal
p. d'Achery nel i645. Il p. Me-
nard avea molta erudizione e crite-
i*io; le sue osservazioni abbondano
di dotte e curiose investigazioni, a-
dalle al soggetto ch'egli tratta. Al-
la doltiina univa una grande u-
IO
194 MEN
miltà ed una singoiar pietà che gli
procacciarono la stima universale.
MENDE {Mimateti). Città con
residenza vescovile di Francia nella
Linguadoca, capoluogo del diparti-
mento della Loreze, di circondario
e di cantone, antica capitale del
Gevaudan, è situata sul fiume Lot
nella riva sinistra, in posizione a-
mena nel fondo di un vallone, di-
stante i5o leghe da Parigi. Ev-
"vi un tribunale di prima istanza,
le direzioni demaniali, e delle con-
tribuzioni dirette ed indirette, la
conservazione delle ipoteche, la ca-
mera consultiva delle manifatture,
la società d'agricoltura, scienze ed
arti , un collegio comunale ed il
teatro. E bene irrigata da molte
fontane. Sono rimarcabili, l'edifìzio
della prefettura, il quale rinchiude
una galleria di quadri dipinti da
Antonio Renard; i campanili al-
tissimi, uno de'quali di eccellente
architettura, della bella cattedrale;
e la fontana del Griffo. Possiede
una biblioteca di circa 7000 volu-
mi, ed è il centro d'un commercio
considerabile, de' lanificii conosciuti
sotto il nome di saje di Mende,
fabbricate in questa città. I din-
torni sono ameni ; si vede sopra
una montagna l'eremitaggio taglia-
to nella roccia ove s. l'rivato ve-
scovo si ritirò al tempo dell'in-
vasione di Croco. Mende è una
città antichissima , Miniate Ga-
halorum , chiamata Miniatuni da
s. Gregorio di Tours ; Vicus Mì-
viatonsis. I vescovi ne furono per
più di 600 anni signori di alta
giustizia, aveano il diritto di batter
moneta, e s'intitolavano conti del
Gevaudan, per transazione del i3o6
tra il re Filippo IV il Bello, e
Guglielmo Durando il giovine, ve-
scovo di Mende, ond'erano consi-
MEN
gnori col re. Mende fu nel i563
assai maltrattala dai calvmisti, e
diede diversi uomini illustri. Fra i
luoghi che si dispulano i natali al
Papa Urbano V, il piìi probabile è
Grissac nella contea di Gevaudan,
diocesi di Mende. In riguardo alle
di lui splendide virtù i re di Fran-
cia esentarono dalle contribuzioni
il paese del Gevaudan ov'era nato.
La sede vescovile di Mende ap-
partenne alla prima Aquitania, nel-
l'esarcato de'Gauli, che secondo Com-
manville ebbe origine da quella di
Javoux, Civilas Gabalorum, quattro
leghe lungi da Mende, ove fu tras-
ferita r anno 5oo, e suffraganea
dell'arcivescovo di Bourges. Ma In-
nocenzo XI nel 1678 la dismem-
brò, e la sottopose ad Aiby da lui
eretta in metropoli, e della quale
è tuttora suffraganea: allora il ve-
scovo avea 4o>ooo lire di rendita,
e pagava 35oo fiorini per le bolle.
I primi quattordici vescovi di que-
sta chiesa non sedettero a Mende,
che anticamente era un semplice
villaggio, ma a Gabalum antica ca-
pitale del Gevaudan; quindi è sot-
to il titolo di vescovi di Gabalum
o Gabalorum o Gabalatinoruni ,
che trovansi quelli notati. Il primo
vescovo fu s. Severiano, ordinato
da s. Marziale, che il Cbenu, Ardi,
et episc. Galliae p. 367, chiama
fondatore di questa chiesa, la qua-
le celebra la festa di s. Severiano
a' 16 gennaio. Dopo ?.oo anni fio-
rì s. Privato, che soffri il martirio
quando i germani invasero le Gal-
lie, nel 260 o 266; la sua me-
moria è celebrata a'2 i agosto: gli
successe s. Firmino. Ne riporta la
serie la Gallia christ. t. I, p. 83
e seg. : noi però solo riporteremo i
più celebri, e li proseguiremo sino
all'odierno p.'tslore. Geniale Inter-
MEiy
\enne al coucilio d'AiIes ne'primi
del IV secolo. Nel 535 s. Ilario fu
al concilio Arvernense. Nel 63o
f]on s. Ilero, di cui nelle calende di
dicembre la chiesa di Mende ne fa
r uflizio. A tenopo di Valente im-
peratore era vescovo s. Verano:
dopo di lui si registra s. Fredaldo
o Fredoaldo martire sotto Lodovico
I, celebrandosene la festa a' 4 set-
tembre. Ragamondo nel -io36 tras-
ferì nella cattedrale il corpo di s.
Privato. Eugenio III compose le diffe-
renze tra il vescovo Alberto, il vesco-
vo Aviciense, ed il visconte di Poli-
gnac, e dal re Luigi VII fu la se-
de reintegrata delle sue giurisdi-
zioni. Guglielmo II de Peyre nel
1186 ricevette l'omaggio de' baro-
ni a lui soggetti, e nel 1207 intra-
prese il pellegrinaggio di Gerusalem-
me. A Stefano nel i225 Giacomo
re d'Aragona restituì il castello de
Greze, con tutte le terre del Ge-
vaudan. Guglielmo IV Durando,
nipote di Guglielmo III, nel i328
fondò in Mende il collegio d'Ognis-
santi : tanto di lui che del celebre
zio ne parlammo alle loro biografie.
Alberto nel 1 344 fondò in Mende il
collegio di s. Lazzaro. Il Papa Ur-
bano V de Grizac dal i362 al i366
tenne il vescovato di Mende e lo
governò per vicari, indi lo confe-
rì al suo nipote Pietro, che nel
1869 fece vescovo d' Avignone ove
risiedeva il Papa, riassumendo il
governo di questa diocesi. Gugliel-
mo de Canaco fatto vescovo da
Gregorio XI e poi cardinale. Di-
vennero successivamente vescovi, nel
1387 Giovanni, fatto dall'antipapa
Clemente VII; nel i4o5 Giovanni
de Costa nominato dall' antipapa
Benedetto XIIl; nel i4'9 Giovan-
ni de Gorbie; nel 1478 il cardinal
Pietro Riario nipote di Sisto IV,
MEN rpT
il quale nel i48i o prima feco
vescovo di Mende l'altro nipote
cardinal Giuliano della Rovere, che
nel i5o3 divenne il gran Giulio
II. Per di lui rassegna Sisto IV
nel i483 nominò a questa sede
l'altro nipote Clemente Grosso del-
la Rovere, che Giulio II creò car-
dinale, facendo il di lui fratello nel
i5o3 vescovo di Mende, trasferen-
dolo da Gubbio; sotto di lui fu-
rono costruite le due bellissime tor-
ri della cattedrale^ e morì nel i524.
Il capitolo nominò successore Ber-
trando de Cenaret, che secondo il
concordato fatto da Francesco I
con Leone X, il re ratificò. Nel 1 545
per rassegna di Carlo de Pisseleu,
Francesco I nominò Nicola Daugy,
suo maestro delle suppliche, morto
nel 1577. Gli successe R.eginaldo de
Beaune, nel i58i traslatato a Bor-
deaux, indi gran elemosiniere di Fran-
cia. Per di lui rassegna nel i586
divenne vescovo Adamo Ortolano ,
che restaurò la cattedrale, e fu cele-
bralissimo pastore. Il di lui nipote
Carlo de Rosseau nel 1608 occupò
il suo luogo, zelante della discipli-
na ecclesiastica, restituì al loro lu-
stro le chiese della diocesi che a-
vevano sofferto nelle guerre degli
eretici, abbellì la cattedrale e vi
ri[)ristinò il rito della romana
chiesa. Pietro Baglion de la Salle
de Saillant, fatto vescovo nell'anno
1707, mori nel 1723. Furono di
lui successori, nel 1724 Gabrie-
le Fiorenzo de Choiséul della dio-
cesi di Liegi; nel 1768 Giovan-
ni Arnaldo de Castellane della
diocesi d'Uzes; nel i8o5 e do-
po lunga sede vacante , Stefano
Martino Morel de Mons. Avendolo
Pio VII traslato all' arcivescovato
d'Avignone, nel concistoro de' 19
aprile 1822 preconizzò l'odierno
196 MEN
vescovo monsignor Claudio Gio-
vanni Giuseppe Brolloy de la Bni-
niere, di Se/anne diocesi di Meaux,
già vicario capitolare d'Evreux.
La cattedrale, edifizio ampio ed
ornato, di gotica struttura, è sacra
a Dio, sotto l'invocazione della
Beata Vergine e di s. Privato vesco-
vo e martire, il di cui braccio ivi
si venera. Nella medesima vi è il
fonte battesimale, e la cura per
tutta la città, venendo il parroco
nominato dal capitolo. Il capitolo
si compone di quattordici canonici,
sei de' quali onorari, con altri preti
e chierici addetti all' ufiìziatura, se-
condo l'ultima proposizione conci-
storiale. Anticamente tal capitolo
era composto di tre dignità, di
quindici canonici e di molli bene-
ficiati. L'episcopio resta fuori della
città, distante circa duecento passi
dalla cattedrale. Vi sono altre chie-
se, due comunità di donne, cioè
del Cuor di Gesù, e dell' unione
cristiana; diverse confraternite, l'o-
spedale, il monte di pietà, il semi-
nario, oltre quello Morologense.
Prima nella città, oltre il collegio
de' padri della dottrina cristiana, vi
erano cinque comunità religiose di
ambo i sessi; e nella diocesi si con-
tavano duecentotlo parrocchie con
quattro arcipreti, ridotte poi a ven-
tiquattro, con centosessantadue suc-
cursali e centoveritinove vicariati,
oltre centoventuno stabilimenti re-
golari. Ogni nuovo vescovo è tas-
sato ne' libri della cancelleria apo-
stolica in fiorini 870, godendo di
rendite i5,ooo franchi.
MENDICANTI. Ordini religiosi
che vivono d' elemosina, per pra-
ticare la povertà evangelica, e van-
no ad accattare il loro sostenta-
mento questuando. Ve ne sono tut-
tavia che posseggono beni, ma per
MEN
concessione de' Pontefici sono con-
siderati ordini mendicanti, e ne go^
dono i privilegi, i quali sono mol-
ti, e li raccolsero e pubblicarono :
Emmanuele Roderico, Nova colle-
elio, et cotnpilatio privile^iorum a'
postolicoruin regiilnrium mendicane
tium, Turnoni 1609 et Lugduni
161 3. Gio. Battista Confetti, Col-
leclio privilegioruni sacrornm or-
di nunt fratruni mendicantium , et
non mendicanlium, juxla sacri con-
cila Tridentini reformalioneni, ci
summoruni Pontificum novissimas
conflrrnatìones et innovnliones, Ve-
netiis 1604 e 1616. L' Amidenio
che pubblicò in Roma nel 162 5 il
suo libro De pietate romana, a p.
i68 enumera gli ordini de' frali
mendicanti ch'erano in Roma, cioè
domenicani j carmelitani calzati e
scalzi, francescani minori osservan-
ti, conventuali, riformati, cappuc-
cini e del terzo ordine; servi di
Maria, trinitari, raercedari, gesuati
(non più esistenti), girolaraini del
b. Pietro da Pisa, de' ss. Ambro-
gio e Barnaba (non più esistenti),
minimi o paolotti, e benfratelli. A
p. 1 74 poi riporta il novero degli
ordini e congregazioni de' sacerdoti
chierici regolari mendicanti, cioè
teatini, gesuiti, filippini, barnabiti,
chierici regolari minori, ministri de-
gl'infermi, somaschi, chierici rego-
lari della madre di Dio, della dot-
trina cristiana, delle scuole pie, o-
blati de' ss. Ambrogio e Carlo (non
più esistenti), canonici di s. Spirito,
cui si possono aggiungere i passio-
nisti, ed altre congregazioni istitui-
te posteriormente. Il p. Bonanni,
Catalogo degli ordini religiosi p.
68, dice che gli ordini mendicanti
si dicono, quasi ninna dicant et
paupertatem suani manifestent, dunt
aliena quaerunt^ secondo il parere
MEN
(1(1 Cherubino nella nota alla boi!;»
G4 di Gregorio XIII, citando il Cal-
derino, const. 17 de regni Aggiun-
ge, che sebbene molti degli ordini
mendicanti posseggano beni stabili,
conservano il nome e ne godono
i privilegi, pegli indulti de' Papi
che gli autorizzarono a poter que-
stuare, come insegnano comunemen-
te i dottori, tra' quali il Roderico
t. IV, quaest. 3, art. 9..I quattro
ordini più antichi de' mendicanti
ch'ebbero origine o furono rifor-
mati nei primi anni del secolo XIII,
che si chiamarono più specialmen-
te mendicanti, sono i carmelitani,
Agostiniani , domenicani e france-
scani, perchè essi rinunziarono al
possesso de' beni in principio del
loro istituto.
Nel pontificato d'Innocenzo IV
incominciarono de' mali umori con-
tro i religiosi mendicanti , quin-
di in quello del successore Ales-
sandro IV manifestamente alcu-
ni professori dell'università di Pa-
rigi li tribolarono e cacciarono
dalle scuole pubbliche , movendo
fiera persecuzione alla povertà re-
ligiosa. 11 Papa ne prese la prote-
zione, scrivendo al vescovo di Pa-
rigi, e comandò che fossero rimes-
si nell'accademia, e privali de'be-
nefizi quelli che si opponevano ai
decreti apostolici. Guglielmo de Saint
Amour, famoso dottore di Sorbona,
liello slesso secolo, condannò gli
ordini de' mendicanti, e pretese non
essere azione virtuosa il ridursi vo-
lontariamente alla mendicità, soste-
nendo che i religiosi poveri, viven-
do di elemosine, anche predicando
la parola di Dio non sono in ista-
lo di salute, col libro De perìcoli
degli ultimi tempi , il quale pei
molti errori che conteneva fu da
Alessandro IV proibito colla bolla
MEN 197
Eomanus Ponti/ex, data in Anagni
a' 5 ottobre laSG, indi nel conci-
storo pubblico lo fece bruciare, e
condannò l'autore. Contro di que-
sti scrissero i ss. Tommaso d' Aqui-
no domenicano , e Bonaventura
francescano, dottori della Chiesa ;
il trattato compilato da s. Tom-
maso, nel quale sono confutati gli
argomenti di Guglielmo, è intito-
lato: DeclarMio, et defensio privi-
legioriwt mendicaìttiuin. La men-
dicità religiosa tuttavia , benché
buona in sé stessa, ebbe degl' in-
convenienti che Io stesso s. Bona-
ventura, divenuto poi generale del
suo ordine, dovette deplorare con
lettere che indirizzò a' suoi provin-
ciali, e che più tardi indussero il
concilio di Trento a ptn mettere agli
ordini mendicanti di possedere be-
ni stabili, eccettuati i minori osser-
vanti e riformati ed i cappuccini ,
imponendo però ai primi l'obbligo
di accattare, come monumento del-
la loro antica disciplina. V. Fran-
cescano ORDINE, e gli articoli re-
lativi a questo argomento.
I religiosi mendicanti non pote-
vano in Francia possedere alcun
beneficio, qualunque egli fusse, ri-
tenuti di ciò incapaci per il loro
stato, per lo spirito della loro re-
gola, per il diritto comune, e per
le prescrizioni delle leggi ecclesia-
stiche. La clementina, Ut profes-
sores, pubblicata da Clemente V
nel concilio generale di Vienna,
rinnovò il regolamento de' più an-
tichi concilii, ordinando che i reli-
giosi mendicanti non avrebbero vo-
ce in capitolo, e non potrebbero ot-
tenere priorati, amministrazioni, cu-
re, vicariati e benefizi di qualunque
sorla. In Francia questa regola era
generale, e non si poteva allonta-
uarseue senza dispensa particolare
igS MEN
del Papa. Per tal modo, allorché
in forza di una bolla pontifìcia un
religioso mendicante era trasferito
ad un altro ordine nel quale i re-
ligiosi potevano possedere de' bene-
fizi, il solo rescritto di traslazione
non toglieva al mendicante trasfe-
rito r incapacità derivatagli dal suo
primiero stato, ma gli era perciò
necessaria una dispensa speciale del
Pontefice, e questa serviva ancora
per poter domandare e conseguire
altri benefìzi ordinariamente , cioè
per la legge dell' incompatibilità,
rassegnando il primo anco con ri-
serva di pensioni colle patenti del
re. Inoltre le massime concernenti
l'incapacità che contrae per rap-
porto ai benefizi quegli che fa pro-
fessione in un ordine mendicante,
hanno subite alcune eccezioni. L'in-
utilità e r abuso degli ordini men-
dicanti sono uno de' luoghi comu-
ni, sui quali con maggior zelo si
sono esercitati i sedicenti filosofi
politici. Secondo la loro opinione
maligna ed erronea, i religiosi men-
dicanti vengono rappresentati quali
uomini inutili e di grave peso ai
popoli ; i privilegi che ottennero
dai Papi contribuirono a snervare
la disciplina ecclesiastica ; le que-
stue sono per essi un'occasione pros-
sima di sregolamento e di dappo-
caggine : tutte queste esagerate que-
rele, confondendosi qualche indivi-
duo coir intero corpo, furono copia-
te dai protestanti ed altri eretici,
e da tutti i nemici della vita reli-
giosa, che vomitarono calunnie gros-
solane e incredibili, fidati nella gran
massima di Macchia vello, calunnia^
calunia, qualche cosa rimarrà, e
noi nggiungeremo, segnatamente tra
i malevoli, gli sfaccendati e gì' i-
gnoranti.
Quando incominciarono gli or-
MEN
dini mendicanti, il clero era al-
quanto decaduto, e l'Europa era in-
fetta da diverse sette di eretici, che
col simulato esteriore della povertà,
mortificazione, umiltà, col distacco
da ogni cosa, seducevano i popoli,
ed ispiravano i loro errori : tali e-
rano i catari, i valdesi o poveri di
Lione, i poplicani, i frerotti, ed al-
tri. Molti santi personaggi che vo-
levano preservare i fedeli da que-
sta abbominevole insidia, conobbero
la necessità di opporre delle virtù
reali alia ipocrisia de' settari, o fa-
re per motivo di religione ciò che
questi ultimi praticavano per la bra-
ma d'ingannare gl'ignoranti. Qua-
lunque predicatore che non fosse
comparso tanto mortificato come
gli eretici, non sarebbe stato ascol-
tato ; dunque furono necessari de-
gli uomini che ad un vero zelo u-
nissero la povertà che Gesù Cristo
avea tanto inculcata ai suoi aposto-
li, s. Matteo e. ro, v. 9; s. Luca
e. i4, v. 33: molti vi s'impegna-
rono con voto e trovarono innu-
merabili seguaci, cui dobbiamo es- m
sere infinitamente grati, per l' im- V
menso bene che fecero, e che tut- '
torà fanno con molto frutto, benché
il clero tornò a risplendere per vir-
tù e dottrina ; sia nell' istruzione
de' fedeli, sia nella conversione de- '
gli infedeli e pagani e di quelli '
caduti in errore, sia per l'esempio
che ci danno colla loro vita mor-
tificata, e coll'esercizio d'ogni virtù.
Negli ordini mendicanti non si pos-
sono contare, pel loro immenso nu-
mero, i santi e i dotti che illustra-
rono la Chiesa, e che furono pei
loro meriti elevati alle più sublimi
dignità della medesima. I Papi nel-
l'approvare gli ordini mendicanti,
non li sottrassero subito dalla giu-
risdizione de' vescovi; l'esenzioni fu-
MEN
lono falle dopo, e questo pure fu
reffelto delle circostanze, e della
decadenza in cui trovavasi il clero
secolare per le vicende de' tempi:
se i Papi li sostennero e beneficaro-
no, Cime giusti fecero anche bolle
per correggerli, quando ve ne fu
bisogno. I mendicanti furono meri-
tamente encomiati, come solidamen-
te difesi da un gran numero di
gravi scrittori. V. Frate, Fratel-
lo, Donati, Laico e Cercante.
Giovanni XXII coW'extrav. linde
oJJ. citst. i/iter coni., concesse alle
chiese de' mendicanti una sola cam-
pana, e della consuetudine in con-
trario parla il Barbosa, Fot. rea,
n. 62. Il medesimo Giovanni XXII
uhimò la famosa controversia della
povertà di Gesù Cristo e degli a-
postoli : di questo argomento ne
trattammo al voi. XXVI, p. 88 e
8g del Dizionario, agli aiticeli Fra-
ti DELLA vita POVERA, FRATICELLI,
ed altri che lo riguardano. Sisto
IV ordinò nel 1480, che nelle quat-
tro domeniche dell' avvento e nelle
prime cinque domeniche di quare-
sima nella cappella pontifìcia si reci-
tassero i sermoni dai procuratori ge-
nerali degli ordini mendicanti più
antichi, ciò che tuttora si osserva,
pronunziandoli nelle domeniche di
quaresima i procuratori de'domeni-
cani, osservanti, agostiniani, ciunieli-
lani dell'antica osservanza e servi di
Maria; ed in quelle dell'avvento i
procuratori de' domenicani, conven-
tuali, agostiniani, e carmelitani del-
l'antica osservanza, come diciamo
all'articolo Cappelle Pontificie, mas-
sime al § IX, n. 2. Gli altri reli-
giosi o procuratori generali degli
ordini mendicanti che recitano in
cappella sermoni nel decorso del-
l' anno, sono i chierici regolari mi-
nori ed i teatini, i luercedari ed
MEN 199
i minimi; nel venerdì sanie un con-
ventuale, e prima lo faceva un ge-
suita. Adriano VI concesse agli or-
dini mendicanti, e principalmente
a quello de' minori osservanti, che
nell'Indie ove non fossero ancora
fondati vescovati, o se vi erano, in
que' luoghi ove per lo spazio di due
diete non si potevano trovare i ve-
scovi o i loio vicari, potessero i
frati,' dai loro superiori a ciò de-
stinati, esercitare la giurisdizione
vescovile, fuorché in quelle cose
nelle quali si richiede 1' ordine di
vescovo. Quindi ai mendicanti fu
concesso possedere nei luoghi delle
missioni, o per dispensa pontificia,
o a nome della santa Sede.
Molto si affaticò s. Pio V nella ri-
forma, nel buon regolamento e nel
decoro degli ordini religiosi. Coll'am-
plissima bolla Dum ad uheresy dei
29 luglio i566,Bull. roni. tom. IV,
par. II, p. 3o6, dichiarò gli ordini
mendicanti liberi ed esenti dalle ga-
belle, dall'alloggio della soldatesca,
e da qualunque pubblico aggravio.
Colla bolla Ronianus Ponti/ex, del
primo ottobre 1 567, loco citato p.
397, dichiarò quali fossero propria-
mente gli ordini -mendicanti, e che
tali veramente si dicessero, sebbene
possedessero in comune beni stabili,
cioè i domenicani, i francescani, gli
eremiti di s. Agostino, i carmelita-
ni ed i servi di Maria. Altri tre
poi ne ascrisse a questi, che furo-
no i minimi di s. Francesco di
Paola, i gesuati ed i gesuiti. Vo-
lendo pertanto che tutti questi or-
dini godessero de' medesimi privi-
legi conceduti dalla santa Sede ai
mendicanti, li confermò e nuova-
mente concesse loro e alle loro mo-
nache, mediante la costituzione Elsi
niendicanliuni, de 16 agosto 1571,
ampliando e dichiarando il disposto
200 MEN
del concilio di Trento in quelle co-
se che ad alcuni sembravano es-
sere a' privilegi medesimi contrarie.
Già con altra bolla s. Pio V avea
dato all'ordine domenicano la pre-
cedenza sopra gli altri ordini dei
frati mendicanti, Gregorio XIII nel
1576 essendo costretto ad imporre
le decime sui benefizi d'Italia, n'e-
scluse i mendicanti. Sisto V nella
bolla in cui nel i585 dispose ot-
time leggi sulla creazione e nume-
ro de' cardinali, ordinò che nel sa-
cro collegio sieno inclusi almeno
quattro maestri in teologia degli
ordini mendicanti, e non meno di
tal numero. Clemente Vili dividen-
do i carmelitani scalzi dai calzati,
gli annoverò tra gli ordini mendi-
canti; quindi essendo stato prescrit-
to da Gregorio XI 11 e Filippo IV
che i soli gesuiti potessero propa-
gare la fede nel Giappone e nella
Cina, Clemente Vili colla bolla O-
nevosa, de' 12 dicembre 1600, Bull.
Rom. t. V, par. III. p. 32v^, estese
questo glorioso ministero a tutti gli
ordini religiosi massimamente men-
dicanti. Benedetto XIII nel 17 25
dichiarò per una delle religioni
mendicanti l'ordine della Mercede;
poscia comandò che ai cardinali de-
funti in Roma, i religiosi mendican-
ti si recassero a recitaigli sul corpo
r uffizio de' morti, al modo detto
all'articolo Funerali. Nella sede va-
cante i corpi religiosi mendicanti,
col clero secolare rappresentato dai
parrochi, processionai mente si por-
tano ov'èil conclave, onde pregare
Dio per un' ottima e sollecita ele-
zione, come si disse al voi. XV,
p, 266 del Dizionario, ne' relativi
luoghi del quale si dice delle allre
processioni cui intervengono. In Ko-
ma vi è il Conservatorio delle nien-
dìcaifli {^Vedi), cosi detto perchè in
MEN
principio le donzelle di esso men-
dicavano elemosine.
MENDICHI o GEUSI. Eretici
calvinisti delle Fiandre, ch'ebbero
origine dalla ribellione degli olan-
desi al loro sotrano Filippo II, per-
chè nel i566 vi volle introdurre
il tribunale dell'inquisizione, il du-
ca d'Alba generale del re ottenne
su di loro in Olanda una compita
vittoria, per cui s. Pio V lo rimunerò
collo stocco e berrettone da lui bene-
detti. Fu in questa occasione che quel
Papa cominciò a dispensare Mala-
glie benedette [Vedi). Tra le tante
vittime di questi eietici, vi sono ì
XIX martiri Gorcomiensi, che mar-
tirizzarono in Brila nel 1572, ui
odio della fede cattolica, del pri-
mato del Papa e della chiesa ro-
mana, e della ss. Eucaristia, se-
guendo i mendichi o geusi gli er-
rori de' Cah'inisti [Vedi). Inoltre i
mendichi furono causa dello scisma
della chiesa d' Utrecht [Vedi).
WENDINIZ.A. Sede vescovile
della provincia d'Eliade, sotto la
metropoli di Atene, nella diocesi
dell' llliria orientale: fu eretta nel
secolo XVII, e si chiama ancora
31endinitza e Bodinitza. Giacomo
suo vescovo sedeva nel secolo XVIII.
Oriens christ. t, lì, p. 289.
MENDOZA Pietro Gandisuvo,
Cardinale. Pietro Gandisalvo di
Mendoza de'marchesi di Saiitigliana,
nato in Guadalar nella Spagna,
superò di gran lunga colle doti del-
l' animo la nobiltà della prosapia,
come quegli che di tutte le viriti
fu adorno, e oltre a ciò colto in
tutte le scienze, e singolarmente
nella legge in cui ottenne la lau-
rea dottorale. Alvaro suo zio, arci-
vescovo di Toledo, lo fece arcidia-
cono della sua chiesa, e in età di
24 anni lo mandò alla corte di
Giovani)! II re di Casliglia, dove
l'intes-iilà de' suoi coslimii sColyo-
reggiando qual fiaccola posta sul
candelliere, fu riputato degno di
essere promosso al vescovato di
Galahoira. Enrico IV, successore di
Giovanni li, allidò a lui i piìi gra-
vi affari dello sialo, e noniinollo al
vescovato di Siguenza e poi a quel-
lo di O.sma. INon ricusò di rneller-
si alia testa delle truppe contro i
ribelli del re, e poi di lare lo stes-
so contro i portoghesi, adempiendo
tutte le parli di capitano nella fan-
teria spagnuola, e nella conquista
del regno di Granata sopra i mo-
ri. Mentre era gran cancelliere di
Casliglia, Sisto IV a' 7 maggio
1473 lo creò cardinale diacono di
s. Maria in Domnica, e successi-
vamente prete del titolo di s. Cro-
ce in Gerusalemme, arcivescovo di
Siviglia e poi di Toledo, e perciò
primate di tutta la Spagna, e le-
gato apostolico in quei regni, do-
ve si vuole che a sua istanza l'os-
se istituito il tribunale dell* inqui-
sizione. Fondò nella città di Gra-
nata un sontuoso tempio in onoie
dell' immacolata Concezione di Ma-
riiì, già votato da Ferdinando V
ed Isabella per la vittoria riporta-
ta tla essi contro i mori, e molte
allre chiese pure in onore della
Madonna di cui era divotissimo,
assegnando ad alcune ampie doti ;
e nella chiesa della Madonna di
Guadalupe volle che si erigessero
quattro cappellanie con messa quoti-
diana. Edificò altresì un ospedale
in Toledo, ed un collegio in Va-
gliadolid in onore della s. Croce,
restaurando in Roma con ecclesia-
stica magnificenza la basilica del
suo tìtolo, nella quale occasione
*i fu trovato parte del titolo del-
la vera croce sccìllo in tre lin-
MEN ^i
gue, ivi rinchiuso mille anni pri*
ma dall'imperatore Placidio Va-
lentiniano. Fu accettissimo ai mo-
narchi di Spagna, i quali nella
sua grave malattia 1' onorarono di
visita. Affermano concordemente gli
storici, che essendo questo cardina-
le mortalmente infermo, si vide so-
pra la sua camera una splendida
croce, la quale non discomparve
finché il pio cardinale non rese lo
spirito a Dio, ciò che avvenne in
Caracca nel i49^j d'anni 67, don-
de trasferito il cadavere a Toledo
fu sepolto nella metropolitana con
breve iscrizione. Narrano alcuni, che
nel collegio ed ospedale da lui fon-
dati in onoi-e della s. Croce di cui
fu .sempre divotissimo, nasce spon-
taneamente un'erba, che ha la fi-
gura di croce. Dilettandosi molto
a leggere storie, ne tradus.se alcune
in ispagnuolo, tra le quali quella
di Sallustio. Le memorie di sua vita
furono pubblicate nel iSGg in Al-
calà da Alvaro Gomez. In ispagnuo-
lo le scrisse Pietro de Salazar di
Mendoza, col nome di Cronaca^
stampate in Toledo nel iGcìS.
MENDOZA Diego Huktado, Car-
dinale. Diego Hurtado di Mendoza
de' conti di Tendilla, nipote del
precedente, nacque nella Spagna
d'illustre lignaggio. Fu promosso
all'arcivescovato di Siviglia, qniiuli
fatto patriarca d'AIes.sandria, e crea-
to cardinale prete di s. Sabina da
Alessandro VI nel marzo i 5oo, ma
pubblicato a' 28 settembre. Dopo
due anni ces.sò di vivere in Madrid
o nell'isola di Maiorica nel i5o2,
d'anni 58. Trasferito a Siviglia ri-
mase sepolto nella sua chiesa con
un prolisso elogio, inci.so in un
magnifico avello di marmo, che al-
la di lui memoria collocò il fia-
lelto Iuqìco.
IO» MEN
MENDOZA ZUiMGA Enneco ,
Cardinale. F . Zuniga Mendoza
Enneco, Cardinale.
MENDOZA BOVADILL A Fran-
cesco, Cardinale. Francesco Mendo-
za e Bovadilla nacque a Cnenca o
Cordova nella Spagna dalla nobi-
lissima prosapia de'maichesi di Can-
neté. Non contento della fumosa e
immaginaria nobiltà de' suoi mag-
giori, com'egli soleva chiamarla,
volle per mezzo delle scienze ac-
quistarsi quella che è unica, vera-
ce e solida nobiltà, siccome deri-
Tante da personale merito procac-
ciatosi con indefesso studio e fati-
che. Pertanto nel sapere fece tali
rapidi progressi, che di soli i6 an-
ni potè supplire con tutto decoro
neir imiveisità di Salamanca alle
■veci di Ferdinando Pinciano suo
precettore infermo. Il suo reale me-
rito gli procacciò 1' arcidiaconato di
Toledo, e di là fu promosso da
Clemente VU al vescovato di Co-
ria, a lui ceduto dal cardinal Qui-
gnones. Paolo HI a' 29 dicembre
) 'T'44> P^'' l*^ istanze di Carlo V,
lo creò cardinale del titolo di s.
Mai'ia d' Araceli, che trovandosi pe-
rò soppresso da Clemente VII, su-
bito glielo cambiò in quello di s.
Giovanni a Porta Latina, e poi nel-
l'altro di s. Eusebio, coli' amuiini-
stratione delle chiese di Valenza e di
IJurgos, nell'ultima delle quali fondò
un collegio e gli assegnò dote con-
venevole. 11 re di Spagna Filippo II
lo incaricò del governo della città
di Siena, in luogo di Francesco di
Toledo, finché il dominio fu aggiu-
dicato a Cosimo I duca di Firen-
ze, e lo prescelse ancora per anda-
re a ricevere a Romnsvalle Elisa-
betta di Francia sua futura sposa.
In seguito ebbe lunghe controversie
a Qiolivo di giurisdizione col capi-
MEN
lolo di Burgos, la cui decisione ri-
portasi nella prima parte delle de-
cisioni rotali, decis. 777. Dopo
essere intervenuto ai conclavi di
Giulio IH e Paolo IV, essendo
stato assente in quelli di Marcello
II, Pio IV, e s. Pio V, morì nel ca-
stello d'Arcos diocesi di Burgos, nel
i566, d'anni 58. Trasferito a Cuen-
ca trovò riposo perpetuo nella cat-
tedrale dentro la cappella di sua
famiglia, dove alla sua tomba fu
posto magnifico epitaffio. Scrisse il
cardinale alcune opere solo cono-
sciute in Ispagna, e tra esse la bi-
blioteca spagnuola per le genealo-
gie delle più illustri famiglie della
monarchia.
MENDOZA Giovanni, Cardinale.
Giovanni Mendoza, nato in Guada-
lajara, città non molto lunge da
Madrid, de' duchi dell' Infantado,
uomo che ad un raro talento, te-
nace memoria ed eccellente lette-
ratura, univa straordinaria venustà
della persona, e pari illibatezza di
costumi. Fatti i suoi studi in AI-
calà, meritò di essere laureato io
ambo le leggi. Acquistatasi poi al-
ta reputazione, questa gli fece ot-
tenere un canonicato, prima nella
chiesa di Salamanca e poi nella me-
tropolitana di Toledo, indi la di-
gnità di arcidiacono, e poi di de-
cano nella chiesa di Talavera. Ad
istanza del re Filippo II, a' 18 di-
cembre 1587, Sisto V lo creò car-
dinale assente, ricevendo in seguito
per titolo la chiesa di s. Maria in
Traspontina. Avendolo il Papa ob-
bligato a rinunziare il decanato,
con sua estrema ripugnanza, sotto
Gregorio XIV ne fece discutere la
causa in pieno concistoro, e per
giudizio uniforme di tutti i padri
fu restituito al cardinale l'antico
titolo di decano, ed a chi itnpe-
i
MEN
fialo Io avea da Sisto V, fu pro-
curato un benefizio di rendita e-
guale. Vacata per rinunzia della
porpora fatta da Ferdinando de
Medici, la protettoria della Spagna
presso la santa Sede, fu conferita al
cardinale. Ebbe assai del singolare
r amore con cui riguardò la sua
domestica famiglia, quale però vol-
le sempre morigerata, onesta ed e-
semplare. In ogni incontro si ado-
peiò con tutto l'impegno per be-
neficarla, studiandosi di provvedere
coloro che n"" erano meritevoli e
capaci di ecclesiastici benefizi. Nel-
r ammettere al suo servigio i fa-
migliari, non avea alcun rigtiardo
alle raccomandazioni de' grandi, né
agli impegni de' principi, ma uni-
camenle alla sola scienza e probi-
tà di costumi. Quando alcuno ca-
deva infermo, non solamente cer-
cava medici di maggior credito, ma
egli slesso non isdegnava di far lo-
ro frequenti visite, per informarsi
dello stato e bisogno di ciascuno,
e non partiva che col dare ad es-
si i più manifesti segni di sincera
premura per la loro perfetta gua-
rigione. Se poi avveniva che alcu-
no a fronte de' rimedi morisse, al-
lora ordinava un conveniente fune-
rale, proporzionato alla condizione
delle persone, non lasciando di suf-
fragarne le anime con elemosine,
sagrifizi ed orazioni. In certe so-
lennità dell' anno soleva ammini-
strare a tutti i famigliari la ss. Eu-
caristia, con gran consolazione e
giubilo del suo spirito. Aveva poi
una domestica cappella, fatta con
tale eleganza e addobbata con tanto
gusto, che non eravi persona in Ro-
ma che non si conducesse a veder-
la: in essa si tratteneva sovente in
orazioni, quali prolungava a notte
inoltrata. Intervenne a quattro con-
MEN 2o3
davi, ne' quali sempre si regolò con
grande prudenza e saviezza, non
avendo nelle elezioni altro oggetto
che la gloria di Dio, la dignità di
s. Chiesa, il vantaggio del cristia-
nesimo, e il decoro del sacro col-
legio, nulla valutando i vincoli del-
l'amicizia, quelli della parentela, ed
i privali interessi. Lasciata la sua
eredità ai propri domestici fami-
gliari, chiuse nel i5gi una lodatis-
sima vita, con una pìissima morte
che promosse il generale rammari-
co, anco per la robusta età di 44
anni, e trasferito il cadavere alta
patria fu collucato nella tomba dei
suoi maggiori, col solo nome inciso
sulla lapide sepolcrale. Il Petramel-
lara lo celebrò quale ornamento
della Chiesa, sostegno delle lettere,
e domicilio di tutte le virtìi.
MENDOZA Alvabo, Cardinale.
Alvaro Mendoza spagnuolo de'mar-
chesi di Villagarzia, nacque in Ma-
drid, ed avanzatosi nello studio del-
le scienze, meritò la laurea nelle
facoltà teologiche nel!' uni%'ersità di
Avila, fu ammesso nella corte di
Carlo li, dove per lo spazio di 19
anni diede costantemente chiare e
luminose riprove di sua pielà e re-
ligione, Filippo V penetrato del di
lui merito, lo nominò nel ì<j33
primo cappellano della reale cap-
pella e patriarca delle Indie col
titolo di arcivescovo di Farsaglia,
che gli fu accordato da Clemente
XII. Dipoi alle preghiere di Ferdi-
nando VI, a' IO aprile 174? Bene-
detto XIV lo creò cardinale prete,
e per non essersi mai recato in
Roma non ebbe il titolo cardinali-
zio. Venne eziarnlio promosso a re-
gio elemosiniere e ad arcivescovo
di Toledo. Collocato in sì alto gra-
do, si guardò bene dal dare- il me-
nomo indizio di fasto o di super.
2o4 MEN
bia, e quantunque fosse doviziosa-
mente ricco di rendite ecclesiastiche,
fti sempre bisognoso, mentre gli
ospedali^ i luoghi pii e le famiglie
povere esaurivano quanto egli pos-
sedeva. Dotato d'invitto coraggio sa-
cerdptale, e fornito di matura pru-
denza e di perspicace consiglio ,
incontrò il genio e la soddisfazione
dei re di Spagna. La morte anzi
che atterrirlo, fu da lui attesa con
animo tranquillo in Madrid nel
1761, nella decrepita età di 90 an-
ni, e fu sepolto nel monastero di
s. Gii, nella tomba medesima in
cui si ritrovava la di lui madre,
che in occasione di aprirsi per col-
locarvi il cadavere del defunto car-
dinale, fu trovata incorrotta, quan-
tunque ivi collocata yS anni prima.
Sulla lapide sepolcrale del cardina-
le fu scolpita una breve iscrizione
in idioma spagnuolo.
MENDOZA. Giuseppe Francesco,
Cardinale.. Giuseppe Francesco de
Alendoza nobile portoghese, nacque
ili Lisbona a' 12 ottobre 1726.
Dopo fatti gli studi, e ricevuta una
educazione corrispondente al suo
grado, abbracciò Io stato ecclesiasti-
co, e per le sue qualità meritò che
Pio VI nel concistoro de' 1 o mar-
zo 1788 lo facesse patriarca di
Lisbona sua patria, quindi nel con-
cistoro de'7 aprile del medesimo an-
no, nella sua XVI promozione, lo
creò cardinale dell'ordine de'preti.
Il Papa destinò a portargli la berretta
cardinalizia monsig. Girolamo Altieri,
ed il cardinal Boncompagno segreta-
rio di stato gli partecipò la notizia
di sua esaltazione col berrettino ros-
so, pel corriere Vincenzo Tagliavini;
mentre l'incaricato di Portogallo cav.
Pereira spedì pel medesimo ogget-
to alla corte l'altro corriere Fran-
cesco Lenzi, Nou essendosi mai il
MEN
cardinale portalo in Roma, non eb-
be titolo cardnializio, e neppure in-
tervenne al conclave di Venezia in
cui fu eletto Pio VIL Nel pontifi-
cato di questi, a' 16 febbraio 1808,
mori in Lisbona d' anni 82, e fu
esposto e sepolto in quella patriar-
cale, compianto per le sue doti.
MENECHILDE, LUTRUDE o
LINTRUDA, OTTILDA o ILDA,
AMATA, PUSINNA, FRANGOLA,
e LIBERA o LIBERIA (ss.). Que-
ste sante sorelle vissero nella Sciam-
pagna in virginità, e sono onorate
tli un culto pubblico nella Chiesa.
Furono tutte ammaestrate da \\\\
prete virtuoso per nome Eugenio, e
ricevettero il velo da s. Alpino vesco-
vo di Sciallon o Chalons sulla Marna.
S. Menec.hilde è onorata a' i4 di
ottobre; s. Lutrude ai 22 di set-
tembre, giorno deila sua morte; s.
Oltilda a' 3o di api ile; s. Pusin-
na ai 9.3 d'aprile; il culto delle
altre non ha alcun giorno partico-
lare. L'opinione piìi probabile si
è che queste sante sieno vissute ver-
so la metà del settimo secolo.
MENELAIS o MENELAITA.
Sede vescovile di Egitto, nel pa-
triaicato d'Alessandria, eretta nel
IV secolo, forse lo slesso che Ca-
nopo, presso la quale era situala,
vicino a Schedia a ponente del Ni-
lo. Al tempo di s. Atanasio faceva
un vescovato con Schedia, e ne fu-
rono vescovi Atlante che interven-
ne al concilio Niceno, ed Agatode-
mone che sottoscrisse la lettera a
s. Atanasio e quella del concilio di
Ales,sandria agli antiocheni. Oriens
christ. t. II, p. 53o.
MENELAO (s.). abbate. Nacque
in Angiò, d'illustre famiglia impa-
rentata colla casa reale di Francia.
1 suoi genitori, temendo che ab-
bandonasse il mondo, gli proposero
MEN
un cospicuo matrimonio pnr rite-
nervelo; ma egli che avcn disegna-
to di passare sua vita nella conti-
nenza, ("uggì di soppiatto dalla casa
paterna. Savininno e Costanzo, a-
nimati dal medesimo spirito, si u-
nirono a lui, e giunti in Alvergna
presero tutti e tre l' abito religioso
nel monastero di Carmery. Selt'anni
appresso Menelao abbandonò quel
monastero, e con Costanzo e Savi-
niano si stabili in quello di Menat,
selle leghe lungi da Clermont. Egli
lo lece rifabbricare, e meritò di es-
serne come il secondo fondatore;
lo governò parecchi anni con gran
concelto di santità, e vi mori nel
720. La sua memoria è in grande
venerazione nell'Alvergna e nell'An-
giò : leggesi il suo nome nel marti-
rologio d' Usuardo ai 22 di luglio.
MEA'EOj Menaeum. Libro che
contiene le preci e gì' inni da reci-
tarsi in coro dagli ecclesiastici gre-
ci, cioè r uffizio de' santi di ciascun
giorno, diviso in dodici tomi, pei do-
dici mesi dell'anno, incominciando
dal settembre. Questo nome Meneo
deriva dal greco men, mese, che i
Ialini dissero Menaeum. 1 menci
contengono in- ogni volume lutti i
santi de' quali si fa memoria in quel
mese, gli uffizi de' singoli colle ru-
briche espresse in lettere miniate,
colle messe, canoni, lezioni, e tutto
ciò che si deve recitare. Yi sono
ancora compendiosamente descritte
le vite e le gesta de' santi, talvolta
colle loro immagini, e se qualche
santo non ha 1' uffizio proprio, se
ne la la commemorazione o in pro-
sa o in versi. Sonovi pure indicate
le maggiori solennità del Signore,
e si fa menzione di alcuni fatti più
memorabili di Costantinopoli. Vedi
il Zaccaiia, Bihlioih. ritiial. lib. j,
e. 4j "• 17. 11 Borgia, Falicana
MEN 2oì>
Conffssio p. CXXVII, parlando del
Meneo greco e di ciò che contiene,
10 definisce così. »> Menaea sunt
XII volumina, in quibus juxta or-
dinem mensium, a septembri inci-
piendo, a quo annum suiun gì ac-
ci inchoant, repelitur non solum
ordo, quo apud- graecos singulis
diebus recilandum est divinum of-
fjcium, sed ipsummct etiani onicium,
nempe troparia in primis, et se-
cundis vesperis, missa et canones in
matutino, aliisque divinis officiis re-
citandis, inter quos synaxaria, re-
rum nempe gestaruui ab ìllis san-
clis, quorum dies festus agitiir,» suc-
cincta narratio ". Il perfezionamen-
to di questo libro non rimonta a
secoli tanto antichi, tuttavia se ne
deve l'origine ai primi secoli, do-
po però l'incominciamento de' mar-
tirologi, f^edi Menologio.
MEÌNjNA (s.), martire. Egizio di
nascila, serviva in un corpo di
truppe romane, eh' era a' quartieri
d'inverno in Colzea nella Frigia,
presso la Scizia, quando gli editti
di Diocleziano contro la religione
cristiana, erano eseguiti con tutto
il rigore in oriente. Essendo stalo
arrestato, confessò generosamente il
nome di Gesù Cristo, laonde fu
battuto con verghe e tormentato
sul cavalletto colla più atroce bar-
barie. Finalmente fu condannato a
perdere la testa, e la sentenza ven-
ne eseguila, secondo 1' opinione più
probabile, circa 1' anno 3o4- H suo
corpo fu portato in Egitto, e il suo
nome è stato sempre celebre nei
calendari della chiesa d' oriente: in
quello degli abissini è notato agli
11 di novembre. Avvi un altro s.
Menna , che soffri il martirio in
Libia sotto Massimiano, ed è nomi-
nato ai IO dicembre nei martirolo-
gi di oriente e di occidente.
2o6 MEN
MENNITH. Sede vescovile del-
l' Arabia, sotto la metropoli di Rab-
batha o Petra, della provincia Na-
basca, memorabile per la disfatta
e morte del re degli ammoniti,
vinto da Jefte giudice e capitano
del popolo ebreo. Ne fu vescovo
Stefano. Siria sacra p. 278.
MENNONITI o MENNONISTI
o MENNISTI, Mennonitae. Eretici
de' Paesi Bassi, seguaci di Menno o
Mennone chiamato Simonis, cioè fi-
glio di Simone, che passarono per
una setta d'anabattisti, i quali nel-
la detta regione furono pure ap-
pellati mennoniti. Mennone parro-
co di Pinnigum nella Frisia circa
il declinar del secolo XV, abbandonò
il cattolicismo, e si fece ribattezzare
dall'anabattista Ubbo Philippi ; al-
tri non convengono che i mennoni-
ti derivino dagli anabattisti, né che
Simone fosse discepolo d' alcuno di
essi. In fatti i mennoniti non bat-
tezzano che gli adulti, ma non ri-
battezzano i fanciulli; raccomanda-
no 1* obbedienza ai magistrati, e
condannano la guerra, la vendetta,
il giuramento, il fanatismo ed i fu-
rori de' primi anabattisti, i quali
pretendevano ristabilire il regno di
Gesìi Cristo sulla terra colle armi.
Mennone variò la sua dottrina, ed
i seguaci si divisero in più sette,
essendo le principali in Fiandra e
in Frisia. 1 primi chiamati veri
ììiennoniti, esercitavano la disciplina
ecclesiastica con gran rigore, sco-
municavano per tenui mancanze, e
credevano che non doveasi aver
commercio cogli scomunicati. I men-
noniti di Frisia erano così rilassa-
ti nella disciplina, che ricevevano
nella loro comunione quelli che ve-
nivano scacciati dagli altri menno-
niti, e generalmente ogni sorta di
persone impure, laonde per derisio-
MEN
ne vennero chiamati hamaxarii,
horhorilae, stercorarii. Una setta
de' mennoniti che volle tener la via
di mezzo fra le nominate, prese il
nome di neutralisti. Le due sette
de' fiamminghi e de' frisoni si sud-
divisero in molte altre, la maggior
parte delle quali adottarono molti
sentimenti de'sociniani : tali sono
galeniti, che provengono dal medi^
co Galeno Abram d* Amsterdam ,
gran fautore del socinianismo.
paesi ne' quali i mennoniti sono ii
oggi più numerosi, sono 1' Olanda^
r Inghilterra, e gli Stati Uniti d'A*
merica. Hanno molte chiese in O-
landa ed in Frisia; se ne trovane
anche in Germania, in Alsazia (
nella diocesi di Basilea. I mennoi
niti hanno molta affinità coi batti*
sti d' Inghilterra o d' Anìerica,
quali dividonsi in un gran numero
di rami.
MENOCHIO Giovanni Stefano,
Nacque a Parigi dal celebre giure-
consulto Giacomo , ed entrò nella™
compagnia di Gesù nel iSgS: ivi
insegnò nel collegio d'Italia, e mo-
rì in Roma a'4 febbraio i65G, do-
po aver composto molle opere.
Possedeva le lingue dotte, conosce-
va perfettamente le antichità giu-
daiche, poiché i libri sacri erano
stati la sua principale applicazione.
Le opere sono : 1 ". Commento let'
terale su tutta la sacra Scrittura.
2.° Istituzioni politiche ed econo-
miche ricavate, dalla sacra Scrittu-
ra. 3.° Otto libri della repubblica
degli ebrei. 4-° Storia della vita di
Gesit Cristo. 5° Storia degli atti
degli apostoli, R.oma 1 654- 6." Sto-
ria sacra mista. 7.° Varie dia-
tribe. 8.° Stuore 0 trattenimenti e-
rudili, Roma 1689. Questo tessuto
di varie erudizioni sacre, morali e
profrtuc, nelle quali si dichiuraua
MEN
molti passi oscuri della sacra Scrit-
tura, e si risolvono varie questioni
amene, e si riferiscono riti antichi,
istorie curiose e profittevoli , fa
.stampato più volte in sei tomi ed
in tre. L'edizione del suo com-
mentario sulla Bibbia, procurata dal
p. Tournemine gesuita, è del 17 ig:
questo padre "vi aggiunse le pro-
prie dissertazioni con alcune altre
opere de'suoi confratelli -sulla Bib-
bia.
MENOIDA. Sede vescovile della
prima Palestina, sotto la metropoli
di Cesarea, nel patriarcato di Geru-
salemme, situata "vicino a Gaza. Ne
furono vescovi, Zosimo che nel
45» assistette al concilio di Calce-
donia , e ritrattò ciò che aveva
l'atto nel brigandaggio d'Efeso in
favore di Dioscoro d'Alessandria;
Giovanni che sottoscrise la lettera
sinodale al patriarca di Gerusalem-
me contro Severo e gli altri seguaci
de'monofisiti nel 5i8; e Stefano
the sottoscrisse il decreto sinodale
delie tre Palestine, sotto Pietro pa-
triarca di Gerusalemme, contro An-
timo e gli altri eretici nel 536.
Oriens christ. t. II, p. 670.
MENOLOGIO,Me«o/og/>/w.Mar-
tirologio o calendario de' greci, che
è diviso per ciascun mese dell'anno,
e che contiene un compendio del-
le vite de'sanli per ciascun giorno,
o la semplice commemorazione di
quelli di cui non si hanno le vite
scritte. Il menologio de'greci è pres-
so a poco la slessa cosa del Marti-
vaiolo {^Vedi) de'Iatini , e vi sono
quasi altrettante sorta diverse di
inenologi, come di martirologi ge-
neiali. Ad instar marlyrologii la-
tinorum, dice il Zaccaria in Bi-
llioth. ritual., ch'erano i menologi
tie' greci. I vari e diversi meno-
logi, Secondo le circostanze de'luo-
MEN 207
ghi e de'tempi, sono andati soggetti
a cangiamenti; il principale e più
antico sembra quello compilato per
ordine di Basilio imperatore, cioè
verso la metà del IX secolo, che
r Ughelli pubblicò nel IV tomo
deW'Italia sacra. Il Rinaldi all'anno
886, n. i4, dice che Basilio fece
scrivere ed accrescere il menologio
greco, lo adornò con immagini di
gran pregio, con le quali furono e-
spressi i martini di ciascun santo;
e che tale originale egli l'avea ve-
duto e letto per cortesia del cardinal
Paolo Sfondiato nipote di Grego-
rio XIV. Canisio ne fece stampare
un altro nel secondo tomo delle sue
Lezioni antiche. Sì diede pure il
nome di menologio a diverse effe-
meridi ecclesiastiche per tutto Tan-
no, le quali non sono altro che
calendari. I menologi hanno origi-
ne da ciò , che i registri degli atti
de' santi, che chiamavansi sinassari
perchè se ne faceva la lettura nelle
chiese ne' giorni di sinasse o di
conferenza per celebrare la loro fe-
sta, sembrando troppo lunghi per
poter essere letti intieri in un so-
lo uffìzio, se ne fecero de'compendi
che vennero inseriti ne'3fenei, pres-
so a poco come le lezioni dei nostri
breviari. Furono accorciati ancora
dopo per inserirli nelle effemeridi
o nei calendari, e nei lìisli delie
chiese, come avevano fatto presso i
latini Beda o Floro, e principal-
mente Adone ne'loro martirologi;
ciò che diede origine ai menologi
presso i greci. Si crede da alcuni
che s. Giovanni Damasceno fiorilo
nel declinar dell' Vili secolo, fòsse il
primo autore de'compendi delle vi-
te de'santi presso i greci; ma tut-
tavolta sembra che né i menci, né
i menologi siano cosi antichi; e
\i è alcuno che dubita' se a'iempi
2o8 MEN
di Melafraste, che mori nel secolo
X, fossero in uso giusta la forni.i
nella quale noi li vediamo. /^. Li-
turgia, ove si parla di quella dei
greci ; e Macri, Menologiuin. La
distinzione che si fa tra il nieneo
ed il menologio , consiste che il
primo coulierie l'uffizio ecclesiastico
per tutto r anno, ed il secondo
n'è un compendio, o piuttosto ufi
seniplice calendario, e corrispon-
dente al martirologio romano. Del
menologio degli armeni tratta il
Borgia, Vadcana confessio, ^. io5
e io6.
MENSA. F. Conviti e Pranzi.
MENSA DELL' ALTARE. V.
Altare, Lavanda degli Altari.
MENSA, Rendita. Entrata o ren-
dita applicata al sostentamento del
vescovo e di sua famiglia, del ca-
pitolo, dell'abbazia, del convento,
del monastero, d' una comunità ,
d'un prelato, per cui dicesi mensa
episcopale, capitolare, abbaziale, con-
ventuale , ec. Osserva il Borgia,
Meni, t^ ir, p, 4i2, che nelle vec-
chie carte in vece di camera tro-
vasi alle volte scritto me«.?rt, anche
per denotare una cosa d'alto do-
minio e di speciale dominio del
sovrano , comechè questa voce più
frequentemente sia usata ad indicare
i beni ed i patrimoni delle chie-
se, de' vescovi e de'monasteri ; e ri-
porta per esempio, che Benevento
si disse ad mensarn apostolicain
pertinel. Furono dette mense i
gazofilacì e le carbone, di cui par-
lammo a DlACOJIIE CARDINALIZIE, CaS-
se o luoghi per riporvi i denari
oHerli dal popolo alle chiese; ed
ivi pur dicemmo delle mensuali
provvisioni ecclesiastiche dette vien-
sicruns. Benché le mense conven-
tuali o monastiche l'ossero separa-
te da quelle degli abbati, i religiosi
MER
non potevano vendere nulla senza
il consenso de' loro abbati, perchè
la separazione delle mense non
cambiava la natura de'beni, né lo
stato delle cose, né la solidità degli
stessi beni. F'. Beni di Chiesa, Pa-
trimonio, Beneplacito Apostolico.
MEONIA. Sin\e vescovile della
provincia di Lidia, sotto la metro-
poli di Sardi, nell'esarcato d' Asia,
eretta nel V secolo, e chiamala
pure Opricium. Ne furono vescovi,
Giovanni che sottoscrisse la lettera
della provincia di Lidia all'impera-
tore Leone, riguardante l'assassinio
di s. Protero; Anastasio che sot-
toscrisse al canone in Trullo; Teo-
fane che fu al VII concilio gene-
nerale; e Giorgio presente al con-
cilio di Fozio. Oriens christ. l. f,
p. 884.
ME RATI Gaetano xMaria. Nac-
que in Venezia nel i668, si fece
religioso teatino , insegnò la filoso-
fia e la teologia nei collegi del
suo ordine a Firenze ed a Roma,
quindi accompagnò nel 1705 l'am-
basciatore veneto a Londra in qua-
lità di teologo, e ritornato da quel
viaggio tutto applicossi allo studio
delle antichità ecclesiastiche e della
liturgia, in cui divenne profonda-
mente dotto. Nel 17 16 fu chiama-
to a Roma come procuratore ge-
nerale del suo ordine, poscia elet-
to consultore della cons'rei'azioue
de' riti, uffizio che disimpegnò con
tanta lode, che Benedetto XIV, il
quale lo onorava di sua amicizia,
ordinò con breve de' ai marzo 174^
che in avvenne un teatino Iòsse sem-
pre consultore de'riti; ciò dopo la
morte del p. Merati, avvenuta nel sel-
tembre 1 7 44- Olire un'eccellente edi-
zione del Thesaurus sacroruni ri-
(uu'ji del p. Ga vanto con /addizio-
ni, della quale se ne fece pure uu
MER
Compendio, Venezia 1761, abbia-
mo del p. Merali queste opere: i."
Là vita soavemente regolata delle
donne, Venezia 1708. 2.° La ve-
rità della religione cristiana e
cattolica dimostrata ne' suoi fon-
damenti, ivi 1721. 3." Novae ob-
servaliones et additiones ad Cavanti
cohimentaria in rubricas Missalis
et Breviari romani, Augusta 1740 '
quest' opera può servire di. supple-
mento alle edizioni del Thesaurus
anteriori a quella del p. Merati.
MERCANTE o MERCADANTE
o MERCATANTE, Mercator, Ne-
gociator. Quegli che esercita la mer-
catura, e che espone delle cose per
■fenderle. Urbano Vili con breve
de' 22 febbraio i632 proibì la mer-
catura ai missionari del clero seco-
lare e regolare, che dalla congre-
gazione di propaganda fide sono
mandati a propagare il cristiane-
simo; od a mantenerlo in vigore
ne' luoghi ove esiste ; proibizione
che rinnovò e meglio dichiarò col
breve Sollicitudo pastoralis offìcii.
Clemente IX a' 17 giugno i66g,
Bull, de prop. t. I, p. iSg. Bene-
detto XIV poco dopo la sua ele-
zione nel 1740 emanò la costitu-
*ione Aposlolicae servitulis, presso
il Bull. Magn. t. XVI, p. 19, rin-
novando le pene imposte dai con-
cilii e dai suoi predecessori contro i
chierici che per sé o per altri e-
sercitano la mercatura. Su di che
abbiamo pure nel Bull, de prop.
l. IV, p. i3, e nel Bull. Contin.
t. I, p. 227, la costituzione di Cle-
mente Xni, ampliando quella di
Benedetto XIV, Cum primuni, de'i 7
settembre 1759, super observantia
canonicarum sanctionum adversus
clericos negotiatores, et saecularibus
iiegoliis se immiscentes editarum.
Su questo arguQicnto si può coa-
VOL. XLIV.
MER 209
iultare : Liber quaestionum quintui
qui est ne clerici vel monachi sae-
cularibus negociis se immisceant ad
Gregor. PP. IX commentar. An-
tuerpiae 1680. Per virtuosa mode-
razione Benedetto XII maritò cori
moderata dote l' unica liipote che
aveva ad un mercante , rifìutan-
do personaggi ragguardevoli ; ed
Urbano V all' unico nipote, cui ap-
parteneva l'eredità paterna^ diede
in isposa la figlia dì un mercante
di Montpellier, ricusando diverse
dame. Clemente X a btne dello
stato ecclesiastico e per renderlo
più ricco col commercio, pubblicò
la costituzione Decet Romanoru/n
Pontificum, de' i5 maggio 1671,
dichiarando che l* esercizio della
mercatura non pregiudicasse alla
nobiltà del suo stato, purché i no-
bili non vendessero o spacciassero
le merci a minuto. Il punto se lai
mercatura sia lecita ai nobili di
qualunque regno d' Europa, è trat-
tato molto bene dal cardinal De
Luca, nella parte II, del lib. Ili, tit.
de preeminentiis, disc. XXXIII, ove
si distinguono varie specie di mer-
catura, e da cui si conclude, che
il commercio solito usarsi da per-
sone di alta sfera ne' principali por-
ti di Europa, nulla pregiudica alla
■vera nobiltà. Scriveva uQ pubbli-
cista, che il commercio per mare
e per terra, che si fa coi propri
averi, non può mai pregiudicare
alla vera nobiltà ; che il commer-
cio è in ogni stato la sorgente delle
ricchezze, come Io è l' agricoltura,
l'esercizio della quale non pregiu-
dica alla nobiltà j che non vi è al-
tra idea di nobiltà fuori di quella
òhe nobilitas est sola atque unica
pirtus, laonde il commercio istitui-
to e praticato per fomentare iif
virtù, è «ozi conformissimo alla ve*
14
aio MER
la nobiltà ; e che i monopolii e le
iricettazioiii furono sempre In peste
delle repubbliche, per cui i nobili
che con nìoiiopolii e ìncettazionì
praticassero il commercio, sarebbe-
ro gli uomini pili disonorati del
mondo, e perciò meritevoli di pub-
blici castighi. 11 Cancellieri nelle sue
Dissertazioni ep'tst. p. 16 e seg.
tratta il medesimo argomento, se
la mercatura pregiudichi alla no-
biltà, dicendo che mercante e pa-
trizio fu lo stesso in Venezia, che
tutta, come Genova ed i suoi no-
bili, si occupò nel traffico. Narra
pertanto, che i Contarini furono
mercanti sino dal 1200, ed i più il-
lustri veneti, sino presso il i5oo;
e il gran doge Andrea Gritti si
dice mercalor in Conslantinopoli
celeberrimus, prima di salire sul tro-
no. 1 primari gentiluomini di Siena
furono richissimi negozianti, come
Giovanni Urgugeri, e messer Ago-
stino Chigi chiamato il principe
de mercanti, e dagl' infedeli il gran
mercante cristiano. Altri gran per-
sonaggi, eziandio di condizione pres-
so che principesca, si pregiavano in
tutte le occasioni, ed in pubblico
e in privato del titolo di mercanti;
come fecero un Cosimo de Medici,
detto il vecchio, il grande, padre
e liberatore della patria, che giun-
se a tenere settanta banchi; ed un
Lorenzo de Medici soprannominalo
il magnifico e il padre delle lettere.
Emula della magnilìcenza de' Medi-
ci fu la ricchissima famiglia Fug-
ger mercanti d'Augusta, già em-
porio del commercio di Germania,
prima che se ne impadronisse di
esso r Olanda ; e fece ardere i cam-
mini di sola cannella a Carlo V.
Onde a giusta ragione Andrea Ras-
sio, De mercatura et nobilitale ; Gio.
Cavlo Hamnierer, De mercatura
MER
viro d'gnitate constituto, non inde-
coraj Arnoldo Holtermanno, Diss.
de commerciis, et mercatura illw
striuni , nobiliuin aliarumque lio»
noratarum personaruni ; e Raimon-
do Peller, An mercatura nobilitatent
obfuscet? hanno confutato la strana
opinione di Giacomo Lembeke, De
intcrdicta nobilibus negolìalione, che
sostenne l' inconvenienza della ne-
goziazione con la nobiltà; e Gotlo-
fredo Hoffmanno, Programma de
mercatore litlerato, e Gio. Enrico
Goezio, De mercatoribus eruditis,
spicilegium, et selecta, hanno dimo-
strata la felice unione eziandio del-
l'erudizione colla mercatura.
Giovanni XXIII da Costanza, e
Clemente VII da Roma, fuggirono
travestiti da mercante; ed Inntjcen-
zo XI ad evitare le funeste conse-
guenze del lusso eccessivo, con edit-
to ordinò ai mercanti di vendere i
propri etfetti e mercanzie a denaro
contante, sotto pena di perderne
r importo. Innocenzo XI poi fu il
primo che sanzionò il sistema d'am-
mortizzazione coi chirografi del 3
febbraio, 5 maggio, i3 giugno, e
20 agosto i685: Giuseppe de Welz
rivendicò a quel Papa tale sistema
nella sua opera. La magia del cre-
dito svelata, Napoli i8j4' Ivi parla
[J4u"e dei romani Luoghi di Monte
(l'aedi), al quale articolo parlammo
ancora del debito pubblico, e della
congregazione di ammortizzazione
dello stato pontificio. 11 p. Menochio,,
Stuore t. Ili, cent. XI, cap. 97, trattia
del luogo ove in Gerusalemme si a-i
dunavaiio i mercanti. Negli ultimi]
teu)pi de' romani le basiliche ser-
virono per raccogliere i mercanti edi
esercitarvi il commercio. Alcuni scrit-l
tori pretendono che sino dall' ann<
259 di Roma, ivi si erigesse una
Borsa sotto il nome di asscmblt:
MER
tie' mercatanti, Collr^itim mercato-
rum. L'origine però del nome di
Borsa come luogo di riunione, coni ■
posta d'ordinario de'negozianli, ca-
pitani di n:ive, agenti di cambio,
sensali e mezzani, sotto l' autorità
del governo, si vuole veramente de-
rivato dalla làmiglia Waiider Bourse
di Bruges, città già floridissima pel
traflQco, davanti al di cui palazzo
si radunavano i trafììcanti in una
piazza. Deve però notarsi che il
vocabolo Bursa fu citato prima nei
secoli bassi per indicare assemblea
o riunione di persone che avevano
interessi comuni; ed in un docu-
mento del 1439 s> legge, com'cn-
ticiila et hìirsam, vel coniniiinem so-
cietatem. Veggasi il Muratori, dis-
seit. XXX, De' mercati e della
mercatura de' secoli rozzi, tra gl'i-
taliani, i confinanti e gli orientali,
ove si parla de' consoli de' mercan-
ti di molte città, e di diverse leg-
gi sulla mercatura. Di queste, dei
doveri de' mercanti, e della diversa
.specie di tali negozianti, ne tratta
il Martinetti, nel Codice de' dov'eri.
y . Fiere, Mercato.
Si dice fallimento, facultatum
defectus, il mancamento de'denari
a' mercanti, per cui non possono pa-
gare. 1 falliti furono condannati in
Jlonlefiascone ed in Eunini dagli sta-
tuti municipali, a battere l'ano i-
gnudo tre volte sopra una pietra:
mentre ciò facevasi nella prima cit-
tà, il fallito ad alta voce diceva,
pagatevi creditori, nella seconda tre
volle doveva esclamare: Cedo bonis.
V. il Garauìpi p. 56 delle Memo-
rie. Ascanio Ottoni signore di Ma-
telica nel i520 emanò una legge
relativa ai fallimenti, e la fece in-
serire nelio statuto : se fosse in vi-
gore farebbe certamente più scarso
il numero di cpiclli che con mala
MER 21 1
fede domandano tal benefizio. Ec-
cone il cerimoniale, quale riporta
r Acquacotta a p. iSy delle Me^^
morie di Matelica. Doveva il fal-
lente presentarsi «ella sala del po-
destà vestito solo di calzoni, scarpe
e mantello, senza berretto in capo.
Giunto alla porta della cancelleria,
innanzi ai familiari e ministri del
podestà, avea da proferir queste pa-
role ; io cedo alli miei beni, e per
questo nessuno mai più mi creda.
Allora un trombetta notificava al
popolo il fallimento. I ministri poi
di giustizia Io rimovevano dalla sala
trasportandolo in piazza ed obbli-
gandolo a girarla d'intorno, e ad
ogni passo per dodici volte era tenu-
to ripetere : io ho ceduto alli miei
beni, e per questo nessuno mai piìt
mi creda. Dopo le quali parole
ogni volta si replicava il suon di
tromba; ciò fatto si restituiva al
fallito la libertà. Papa s. Pio V
colla costituzione It2, Postquani,
del primo novembre i^'jo, con-
dannò alla pena di morte, come
pubblici ladri, i falliti con dolo.
Dalloz nel i833 pubblicò in Firen-
ze: Giurisprudenza de' fallimenti ^
delle bancheroUe e della decozio-
ne. All'articolo Berretta [f''edi)i
dicemnìo che in Francia, e di color
verde erano obbligati portarla i
falliti, onde restasse avvertito il po-
polo, per non essere ingannato ,
mentre altrove si usava perciò il
cappello verde.
Dell'istituzione de' banchi tratta
il cav. Galli, ne! suo importante libro i
Cenni economici statistici sullo stato
pontificio, p. 4o4 e seg. Dice il chia-
ro scrittore, che il banco di Vene-
zia ebbe origine nel 117I) quello
di Genova nel i4o7> quello di
Amsterdam nel 1609, quello di
Rotterdam nel i635, quello di
211 MÉR
Amburgo tìel 1688, quello di Lon-
dra Ilei 1694, quello di Parigi
nel 17 16, cioè il famoso banco di
La w. Successivamente i banchi creb-
bero a dismisura, e segnatamente
in Inghilterra. A' tempi nostri tu
eretto in Napoli il banco delle due
Sicilie, ed in Roma nel 1826 il
conte Giovanni Giraud die princi-
pio ad una cassa di sconto, la qua-
le nel 1834 riattivata sotto il pon-
tifìcato e l'annuenza di Gregorio
XVI, assunse il nome di Banca ro-
mana. Quindi a p. 4'^j parla del-
la cassa di risparmio eretta in Ro-
ma con approvazione di Gregoiio
XVI nel i836: in Italia simile
istituzione benefica avea avuto luo-
go nel 1823 in Milano, nell'an-
no 1827 in Torino, e nel 1829
in Firenze. AH' articolo Gregorio
XVI dicemmo come nel i83i ap-
provò r erezione della camera di
commercio di Roma, e come nel 1837
approvò la società di assicurazio-
ni ; ma di quanto riguarda il com-
mercio nello stato pontificio, oltre
quanto riportiamo in molti luoghi,
si può consultare la Raccolta delle
leggi. All'articolo Monte di Pietà
DI Roma, dicesi del suo banco, co-
me pure di quello di s. Spirito.
Nel voi. XXX, pag. 180 del
Dizionario, parlammo della con-
gregazione de' mercanti , esistente
nella chiesa del Gesù di Roma. Di
essa tratta il Piazza nell' Eiisevolo-
gio tratt. X, cap. XXIII, e delle
buone opere che si fanno nell' ora-
torio posto sotto il vaso della sa-
grestia, il di cui primo principio
fu a' 9 luglio 1^94 oeì generalato
del p. Acquaviva della compagnia
di Gesù, che l'aggregò alla prima-
ria del collegio romano, compien-
dosi l'edificio nel i65o. Il mede-
iinio Piazza, nel Irati. IX, cap. HI,
MER
discorre eruditamente dell' origini?
della mercatura, e della congrega-
zione di s. Paolo de'Mercanli in s.
Carlo a'Catinari fondata nel 1610 ;
e nel cap. XXXI della confraterni-
ta de' mercanti e mereiai, eretta
nel 1593 nella chiesa de' ss. Seba-
stiano e Valentino. Nel tratt. VII
poi, cap. XXX, parla del sodalizio
de' mercanti banchieri istituito nel
1578 in s. Lorenzo in Damaso. Di
altre pie congregazioni di diverse
specie de' mercanti, Colleginni ne-
gociatorum, se ne tratta ai rispet-
tivi articoli, come di quelli dell'//-
gricoltura (Fedi) se ne diede un
cenno al voi. XXVI, p. i63 del
Dizionario. A Monete Pontificie
si dirà dei banchi o bancherotti
di cambiatori delle monete in Ro-
ma. Vedasi : iVuoi'o corso univer'
sale de' cambi ossia, trattalo genet
rale delle scienze del cambio utile
ai banchieri e negozianti, Trieste
182G. Ai loro luoghi parliamo dei
principali banchi.
MEUGATO, Mercatus. Luogo e
tempo in cui si tratta di mercan-
zia, e dove si compra e vende ;
ed anche radunanza di popolo, per
Tendere e comprare merci. Mercn-
to è pure sinonimo (\\ Fiera (Fedi),
specie di h>ercato che ordinaria-
mente dura uno o più giorni, men-
tre il mercato ha la limitata du-
rata d' un giorno o al più in qual-
che luogo di due, essendo inoltre
la fiera fatta con maggior notorie-
tà e numero di mercanzie, di ven-
ditori e compratori , privilegiata
con esenzioni j laonde a quell'arti-
colo si riportano molte notizie a-J
naioghe ai mercati, come della lon
origine, mentre a Foro si diss«
come ivi si tennero. Benadad re di;
Soria, die licenza al re di Israele
Acab, che in Damasco potess« far«
MER
tin mercato o celebrare una fiera,
con deJeriDinati giudici che faces-
«ejo ragione, e decidessero le dif-
ferenze de'liliganli. I mercati sono
egualmente che le fiere permessi
dalle aulorilà de' luoghi ove si ten-
gono, in diversi de' quali parliamo
de' pi incipali niercati, i quali non
si devono tenere ne' giorni di do-
menica e nelle altre lèsle. Antichis-
sima è certamente l' istituzione dei
mercati, essendo slata sempre ne-
cessaria la circolazione de' prodotti
delia terra e dell' umana industria,
da cambiarsi coi diversi metalli
a comune sostentamento. Furono
perciò introdotte le nundine o fiere
ne giorni destinati al concorso del
popolo nelle città e fuori di esse,
per esporre in vendita le merci di
tutte le sorta. Ebbero il nome di
nundiiie, perchè come dicono Dio-
nigi d' Alicarnasso I. VII, 463, ed
Ovidioj Fastor. lib. I, v. 54, quasi
novendinacy erano stabilite per ogni
nono giorno; quali giorni furono
anco chiamati nonesini e noven-
diali, e per renderli più noti, i ro-
mani introdussero ne' calendari al-
cune lettere dette mindinales. Seb-
bene questi giorni erano sul prin-
cipio nel numero àe nefasti, anche
essi con una legge furono dipoi di-
chiaiati dies pasti, affinchè le per-
sone del paese non restassero im-
pedite ne' loro lavori, e potessero
nello stesso tempo agire pe'loro af-
fari di compra e di vendita, e trat-
tare eziandio delle loro controver-
sie e delle loro cause, da decidersi
dal pretore, poiché altrimenti sa-
rebbero stati costretti di venire in
città, anche ne' giorni usuali di giu-
dizio. Non solo tenevansi i mercati
ogni nove giorni nel decorso di tut-
to l'anno, ma talvolta anche ogni
Itile, e ce ne assicura Plauto, «et.
MER 2i3
II, scen. II nel Persa : cìb mo\io più
si praticò dai cristiani, acciocché
ogni cittadino potesse avere il co-
modo di provvedersi nelsabbato non
festivo dai contadini di tutto l' oc-
corrente per la domenica, che do-
vea restar libera per attendere al-
l' esercizio delle sacre funzioni ;
quindi questi mercati furono chia-
mati sahbalinì, ed anco annuali ed
hehdomadali. Tuttavolta simili mer-
cati furono trasferiti alle domeniche,
quantunque da vari concilii e dalle
leggi imperiali siasi più volte cer-
cato d' impedire quest' abuso, affin-
chè non restasse pregiudicato il cul-
to della Domenica (^F^edi), come fe-
cero Carlo Piagno e Lodovico II.
Oltre le domeniche, la sicurezza di
un maggior lucro, per 1' alFollaraen-
to del popolo, fece introdurre nei
giorni natalizi, o sia nelle feste dei
martiri e di altri santi, l'uso delle
fiere, cosi dette dalla voce Feria, a-
doperata dagli antichi scrittori : que-
ste però fin dal IV secolo furono
altamente riprovale da s, Basilio
Magno, prescrivendo a' suoi mona-
ci non essere convenevole che vi
andassero. Ciò nonostante, tal con-
suetudine si propagò ne' tempi po-
steriori, al modo che si disse a
Fiera, chiamandosi siliquaùcum la
gabella che si ritraeva nelle fiere,
tributo introdotto dagli imperatori
Valenliniano e Teodosio a vantag-
gio del loro esausto erario, e clii
r esigeva siliquarius o siliquata-
rius : ordinarono tali imperatori,
che nelle fiere per ciascun soldo
dovesse il venditore pagare al fisco
mezza siliqua, ventiquattro delle
quali costituivano il soldo d' oro,
ed il compratore l'altra metà. An-
ticamente vi erano consules mer-
catoruni o paraticorum, dalla para-
ta o mostra delle merci che in essi
2.4 MER
facevasi, ed i vescovi, le chiese ed
i monasteri ritrassero vari einolti-
irienti dai mercati, per concessione
di principi o perchè aveano luogo
in siti di loro giurisdizione. In
Francia vi furono cuslodes nundi-
ìiaruiiì, che si sceglievano dall'or-
dine de' militari e de' nobili, per
giudicare di tutte le controversie
de' negozianti che vi concorrevano,
e solevano avere anche il titolo di
cancellieri, trattando degli uni e
degli altri il Dncange ed il Car-
pentier. Per consenso de' giurecon-
sulti la facoltà d'istituire i mer-
cati e le fiere appartiene ai so-
vrani, o a chi ne gode il diritto,
annoverandosi questo gius fra le
regalie maggiori ; per altio vi sono
alcuni che furono di sentimento ,
potere i mercati usuali e settiuia-
nali permettersi anche dai signori
territoriali, a dilFerenza delle fiere
maggiori e solenni.
In alcuni luoghi fu uso di tene-
re il mercato ne' Campidogli della
città ov' era il foro, che ordinaria-
mente era il luogo, anche nelle vil-
le, dove si comprava e si vendeva,
chiamato mercato, hicerla è la si-
tuazione vera del mercato dell'an-
tica Roma, ed il Nardini riferisce
nella sua Roma antica, che dalla
quantità di robe venali che s' in-
contiava ne' campi della via Sacra
e della Suburra, ch'erano le due
strade più celebri e frequentate di
Roma, si è creduto da molti che
vi fosse un mercato od emporio di
robe venali, prima dello stagno
di Nerone e della casa aurea. Al-
tri più comunemente lo riconosco-
no presso il mónte di Testacelo, per
la comodità dello sbarco de' vascel-
li che venivano pel fiume, ove fu
im emporio ornato di portici, per
le robe che vi portavano le navi,
MER
e per quelle di cui solevano cari-
carsi nella loro partenza; ma sem-
bra piuttosto che e(|uiva!esse ad uno
stabile arsenale di mercanzie, che
ad una piazza di mercato. Laonde
deve supporsi, che vi sia slato al-
tro luogo più comodo per lo smer-
cio delle cose e robe commesti-
bili e di minor conto, olire quel-
lo che facevasi nel foro og li nove
giorni e detto perciò nund une. Ab-
biamo parlato al citato articolo Fo-
Eo, dei fori di Roma, e perciò del
foro boario, ove si teneva il mer-
cato de' bovi ed altre bestie da
macello; del yc)/o di Sallustio, ^t{
mercato degli abitanti presso il
Quirinale; de! fora cnpedine, pel
mercato delle carni ed altri com-
mestibili ; del foro oUtorio, ove si
vendevano i legumi e gli erbaggi,
facendovisi pure gl'incanti pubblici;
del foro piscario, dove si ve rideva
il pesce; (\g\ foro pixlorio, dove ven-
devasi il pane, il grano e le farine,
forse nel detto sito presso Testacelo
e la porta Trigemina ; del foro
sitario, pel mercato de' maiali, ec.
La più antica memoria poi del
mercato tenuto in Roma ne' secoli
di mezzo è del t 1 3o circa, locus
noiidinarum, con sua torre, nella
piazza e dintorni di Campidoglio^
come rilevasi pure dall' antico sta-
tuto di Roma, nel qual mercato
per lutto il teuìpo di sua durata,
i trasgressori esecutori degli ordini
di entrar nelle case^ dovevano sta-
re a cavallo del leone di marmo
che stava nelle scale di Campido-
glio, con ima mitra di carta in ca-
po, e col volto unto di miele, li
mercato stendeasi alla chiesa di s.
Biagio sotto Campidoglio, poi de-
dicata alla b. Piita da Cascia, e
prolungavasi fino alla chiesa di s.
Giovanni in Mercato o Mcrcatel-
MER
lo, oggi «. Venanzio de' canierincsi,
di che parlammo in più luoghi. Nel
i3i ! Slefano Colonna s'impadronì
della torre del mercato; e nel i 353
fu ucciso nel mercato Bernardo
Orsini dal popolo, il quale trovò
nel mercato poco grano e ad alto
prezzo, per avere i senatori Bertol-
do Orsini e Stefanello Colonna per
loro privato interesse accordato che
fosse spedito fuori il grano. Dagli
statuti di Roma apparisce, che quel*
le arti o professioni che formava-
no corpo o collegio , eleggevansi
fino da tal tempo i consoli o ca-
merlenghi^ i quali non potevano
durar neil'ortlcio oltre un anno, ed
erano obbligali rendere ragione dal-
la torre del mercato, la quale ven-
ne atterrata dopo la morte di Bo-
nifacio IX per rihellione de' romani.
Questo pubblico mercato che si fa-
ceva nel mercoledì d'ogni settima-
na, per maggior comodo del popolo,
fu dal cardinale camerlengo d' E-
slouteville, con autorità di Sisto IV,
trasportalo a' i settembre i477j
come scrive il Platina nella vita di
quel Papa , in Piazza Navona
(f'edi)^ già foro agonale, come va-
stissima e piìi centrale della città,
ed ivi ancora si tiene nel merco-
ledì, che se cade in giorno festivo
ha luogo nel precedente. JN'ondime-
no il mercato venne proseguito
pre.sso il Campidoglio, sino verso
il fine del secolo XV, continuan-
dosi sulla sua piazza la vendita dei
generi, venendo frequentato a ca-
gione de' tribunali ivi esistenti. Nel
1810 si rinnovò la fiera e mercato
di Campidoglio, e ne parlammo al
fine di quell'articolo, come del suo
mercato. Sulle fiere ed i mercati
scrissero molti anturi, fra' quali i
seguenti. Antonio Clock, Disp. jurid.
de nimdinis eanimque piivilegiis,
MER 21^
Marb. 1637. Erycii Puteani, De
nuiidinis romanis bber ^ Lovanii
1 646 ; et Clini Mantissa e Grego-
rii Tholosani Syntagm. j'uris de
ììundinis et mercatibus, in Graevi,
Thes. ant. roni. Vili, 641. Jo. Tho-
mas, De nundinis, Jenae 1 65o.
Jacob. Seb. Laurembergii , Ora-
tio de soltmnibus nwidinariim ine-
ptiis, Uostochii i65i. Chr. Lyseri,
Disp, de /lire nnndinarum, Vit.
i6^4- Adhas Frislehii, Diss. de
regali nnndinarum fare, Jenae i 660.
Chr. Henr. Heunningii, Dissert. de
jnre nnndinarnni hebdoniadalium
adjiiniento niercaturae , maxime
oecononiicae, Lipsiae 1766. Aug. a
Leyser, De nundinis et monopolUs.
Ext. in ejus Aledi l. ad Pand. Spec.
619.
MERCEDE, s. Maria della re-
denzione DEGLI SCHIAVI. Ordine reale,
militare e religioso. Fu istituito da
s. Pietro Nolasco nobile francese
della diocesi allora di Tolosa, oggi
di s. Papoul, presso Carcassonn nel-
la Linguadoca, nato verso l'anno
1 189 da genitori che lo educarono
mollo cristianamente, e secondo la
dignità di loro condizione. Morto
il genitore, d'anni i5 restò sotto
la tutela della madre, la quale vo-
leva impegnarlo nello stato matri-
moniale, ma il santo giovine non
volle essere altro che di Dio. A-
vendo Pietro in sommo orrore l'e-
resia degli albigesi, la cjuale in quel
tempo progrediva nelle parti di To-
losa, vendette il suo patrimonio ,
e partitosi per la Spagna si recò
a visitare il santuario di Monserra-
to, e di là si portò a Barcellona
dove fu assai bene ricevuto dal re.
Quindi seguì il conte Simone di
Monfort generale della crociata con-
tro gli albigesi, nel tempo che Pie-
tro li re d' Aragona^ attaccato nel-
»i6 MER
li» guerra da molti nemici, ayea
ponsegiialo per difenderlo il suo
figlio Giacomo I al conte (o me-
glio restò Giacomo J prigioniero
del conte nella vittoria riportata a
Muret), e questi ne incaricò della
educazione Pietro , costituendolo
aio e maestro, altri però vogliono che
il santo assunto abbia la cura del
principe dopo la morte del re ; cer-
to è che il santo educò Giacomo I
nella pietà verso Dio, e nella ve-
nerazione verso la Chiesa, come nel-
la pratica di tutte le virtù conve-
nienti ad un monarca cristiano ;
mentre egli stesso, che tali cose in-
segnava , attendeva di proposilo
all'orazione di notte e di giorno,
allo studio della Scrittura, e ad al-
tre opere virtuose, nelle quali im-
piegava tutto il tempo che gli avan-
zava dal regio servizio, senza che
fosse distratto dal favore del prin-
cipe e dai divertimenti della corte.
Fino d'allora Pietro senlivasi mos-
so da SI tenera compassione verso
i poveri cristiani che gemevano
sotto il tiranno potere de'raaomet-
tani mori che dominavano a quei
tempi la maggiore e più bella par-
te delle Spagne , che si determi-
nò d'impiegare tutti i suoi beni per
ottenere la loro libertà, e liberarli
da quella tirannia e dal pericolo
di rinegare la fède. Mentre andava
ciò tra se meditando, la notte del
primo giorno di agosto del 1218
gli apparve in Barcellona la Beata
Vergine Maria, e gli disse essere
volere di Dio e suo piacere che
istituisse un ordine, i di cui reli-
giosi e professori si obbligassero
con voto particolare a riscattare gli
Schiavi (Fedi). Restò il santo per
tal visione pieno di meraviglia, e
poiché nulla eseguiva senza prima
consultare s. Raimondo di Penna-
MER
fori suo confessore, allora canonie*^
di Barcellona, e poi domenicano,
pertossi immantinente da lui per
comunicargli quanto avea udito e
veduto. Crebbe in Pietro la mera-
viglia in sentire da Raimondo di
aver avuta ancor egli una simile
visione dalla ss. Vergine, e che que-
sta aveagli ordinato animarlo al-
la glande opera. Ringraziarono am-
bedue il Signore, e si portarono
dal re Giacomo I^ conoscendo es-
ser necessario il (ii lui consenso
ed aiuto per mettere mano all' im-
presa. Ascoltò il re con gran pia-
cere il racconto, e dicendo loro di
aver avuto ancor egli la stessa vi-
sione in quella medesima notte, si
offrì di contribuire all' adempimen-
to dell' opera per quanto poteva.
Mandò subito a chiamare Berenga-
rio de la Palli vescovo di Barcel-
lona ( nella qual città dimoravano
allora i re d'Aragona), il quale
giunto al palazzo gli venqe raccon-
tato le apparizioni contemporanee
e gli ordini dati dalla ss. Vergine
separatamente a ognuno di loro,
e lo pregarono approvare il nuovq
ordine. Stante il canone fatto nel
12 1 5 dal concilio Lateranense IV,
in cui si vietava lo stabilimento d\
alcun ordine regolare senza l' ap-
provazione della santa Sede, mo-
strò in principio il vescovo del-
le diflicoUà in acconsentire, ma ri-
flettendo poi che in questa occasione
poteva il re prevalersi dell'indulto
accordato da s. Gregorio VII e:
da Urbano II al re Sancio Ramiro
pei grandi servigi da lui prestati
alla Chiesa, di poter cioè egli ed i
suoi successori erigere in tutti i loro
stati parrocchie, confraternite, mo-
nasteri, ed anche ordmi religiosi,
senza consultarne la santa Sede,
finalmente acconsenti ed approvò iU
MER MER 3t7
niioTo isliliito con piacere, preve- a lui stesso, essere suo volere, che
dando gli immensi vantaggi che ne s'istituisse l'ordine della Madonna
farebbero risultati alla Chiesa. Quan- della Mercede o Misericordia^ per
to alia rivelazione o apparizione del- la redenzione degli schiavi , come fu
la ss. Vergine al Nolasco, la Ghie- chiamato. Detto nella messa l' of-
^a concesse all' ordine venisse chia- fertorio, il re e s. Raimondo pre-
niata, sì nell' uffizio che nella rnes- sentarono Pietro al vescovo, che lo
la, colla parola descensione, come si vesti dell'abito dell'ordine, e quin-
leg^e nel decreto di Pio VI de* 3 di lo stesso fondatore vestito che ne
agosto I794' ^^ '** diede a tredici gentiluomini.
Fino dal 1192 alcuni gentiluo- i quali insieme col santo ai tre so-
mini delle famiglie più cospicue liti voti aggiunsero il quarto, ob-
d«'IIa Catalogna, avevano formata bligandosi di rimanere ancora nel-
una congregazione che il re Al- la schiavitù, qualora ciò fòsse stato
fonso li chiamava sua per aver- necessario, per liberare gli schiavi
re permessa la fondazione, ed a- tlal potere degl'infedeli. Sei di que-
Terla dottata di ricche rendite: sti cavalieri essendo sacerdoti, fa-
con queste, colle sostanze proprie rono vestiti di una tonaca collo
e con altre di cui andavano in cer- scapolare, ed una cappa, tutto di
ca, riscattavano gii schiavi, si occu- colore bianco; e gii altri sette, che
pavano in visitare gl'infermi negli erano secolari, d'un abito parimen-
òspedali, e di andare in corso per ti bianco, tlitlo all'uso di quello
le coste del Mediterraneo a fine di delle altre persone del secolo, ne
renderlo libero dalle rapine de' sa- altro li distingueva da queste in
raceni. La maggior parte di questi quanto alla forma, che un piccolo
cavalieri, molti de'quali erano sacer- scapolare che portavano sopra l'a-
•doti, pregarono subito s. Pietro No- bito, dello stesso colore di questo,
lasco di volerli ascrivere all' ordine essendo stato scelto il bianco, co-
iuo, e dal santo venendo ricevuti me il piti proprio a ricordare l'in-
con allegrezza, formarono la reli- nocenza con cui dovevano vivere i
gione della Madonna della Mercede, religiosi, ed ancora in onore della
che di prima istituzione fu ordine Concezione immacolata di Maria
militare, perchè i secolari che vi santissima, la quale fu poi sempre
si ascrivevano, si obbligavano con difesa dall'ordine. Il popolo appluu-
voto a difendere la fede cattolica di allo stabilimento di questo isti-
colle armi, e ad opporsi alle scor- luto, e concepì le più sicure spe-
Verie dei mori. Nel giorno di san ranze de'grandi vantaggi che ne sa-
Lorenzo martire a'ro agosto 1218, rehbero derivati. Il re per assicu-
portossi processionalmente il re con rare questi religiosi della sua pro-
tutta la corte e il magistrato di tezione, volle che portassero sopra
Barcellona alla chiesa cattedrale; lo scapolare sul davanti dell'abito
dopo il canto del Te Deuni il ve- l'arme sua, consistente in tre sbar-
«covo Berengario vi celebrò pontifi- re d'oro poste in campo rosso, al-
calmente la messa, e s. Raimondo le quali il vescovo Berengario ag-
salito sul pulpito, dopo il vangelo giunse una croce bianca, per esse-
nolificò a tutto il popolo, averDio re questo lo stemma di sua chiesa,
rivelato al re, a Pietro Nolasco ed in cui l'ordine avea avuto l'origiue
21 8 MER
ovvero era slato pubblicato. Finita
la messa, Giacomo 1 condusse Pie-
tro e tutti gli alili al stio palazzo,
neir apparlamcnto clic avea fatto
loro preparare, accioccbè servisse
ai nuovi religiosi di convento, che
perciò fu il primo dell'ordine. Co-
minciarono quivi subito a praticare
esattamente quel tenore di vita che
fu loro prescritto da s. Raimondo,
finché la Sede apostolica avesse loro
assegnata una regola particolare,
prestando lutti obbedienza a s. Pie-
tro JNolasco, dichiarato dal real con-
fondatore, dopo che fu vestito deir
l'abito di cavaliere laico, commenda-
tore per essere ordine militare, e pro-
curatore della redenzione. Moltipli-
candosi indi i conventi, per distin-
guerlo dagli altri commendatori ,
gli fu dato il titolo di maggiore,
o sia primo gran commendatore e
procuratore generale della redenzio-
ne, con autorità e giurisdizione
sopra tutti gli altri commendatori;
poscia Gregorio IX lo dichiarò
maestro generale, quando confermò
l'ordine. La cappella stessa del pa-
lazzo reale dedicata a s. Agata,
servì loro di chiesa, che ancora si
ritiene dai religiosi mercedari, onde
il superiore di questo convento ha
il titolo di vicario della corte, e
gli altri religiosi che vi dimorano
quello di cappellani del re. Qui
noteremo che avendo dipoi d le
preso la città di Valenza co! regno
e con quello di Murcia in virtù delle
preghiere del santo fondatore, tra
le case che gli donò nel regno di
Valenza fuvvi quella di Uneza, la
più celebre pel santuario della Ma-
donna di Puche, di cui parla il
p. Gumppenberg neìì'^ilnnle Maria-
no. Quanto alla parola Mercede,
in ispagnnolo significa grazia o fa-
vore; ed in Barcellona si cantano
MER
le Iodi della Madonna : Fateci gra-
zia (merced) Maria di essere no-
stra protettrice. Anche quando gli
«pagnuoli domandano alcuna grazia,
dicono mi faccia la grazia, merced.
Questa parola è pure sinonimo di
misericordia, onde 1' ordine si chia-
ma propriamente della Mercede o
misericordia.
Immediatamente s'impiegarono con
gran fèivore al riscatto degli schia-
vi, senza però allontanarsi dalle ter-
re soggette a' principi cristiani ; ma
avendo s. Pietro rappresentato loro
che per adempire perfctlamenle agli
obblighi della propria professione
bisognava passale ancora tra gl'in-
fedeli, e liberare i loro fratelli dal-
la crudele servitù di questi, con
esporsi anche al pericolo di restar
schiavi in loro vece, deputarono uno
di essi che andasse a conchiude-
re coi barbari questa santa nego-
ziazione. Fu scelto a tal fine il
santo medesimo con un altro, il
quale portatosi nel regno di Va-
lenza allora occupalo dai saraceni,
e (piindi in quello di Granata, riu-
scì così felicemente in queste due
spedizioni, che riscattò quattrocento
schiavi , ed allora quei eh' erano
destinali a ricomprare l'altrui li-
bertà a prezzo ancora della propria,
furono detti redentori, come tuttavia
si chiamano eziandio nell'ordine
della Mercede quelli che ad imita-
zione del fondatore, ad un'opera
simile vengono deputati. Benché l'or-
dine fosse stato approvato dal ve-
scovo di Barcellona, e poscia a vi-
va voce da Onorio III, nondimeno
s. Pietro volle procurarne dd Gre-
gorio IX la conferma, che ottenne
nei i23o san Raimondo di Pen-
nafort, il quale fu dal Papa no-
minato delegato della santa Sede
a vestire Wolasco dell'abito di mae-
MER
stio gentTiilo. La regola di s. Ago
stillo fu iissegnata poi all' ordine da
Gregorio IX nel i235 colla bolla,
DevoUonis vestrae, de' 17 gennaio,
data in Perugia, Bull. Rom. t. Ili,
p. 284, per mezzo di s. Uaiinondo
di Pennafort, incaricato da questo
Papa per raccogliere le decretali, e
fatto suo confessore. Ma il p. Fla-
minio da Lalera, Compendio della
storia degli ordini regolari, par. II,
Tol. II, p. 240, dice die tal con-
ferma s. Raimondo l' ottenne nel
i2 3o, in compagnia di fr. Arnal-
do d' Ayineri, e di fr. Bernardo di
Corbara, invititi dall' istitutore per
lo stesso fine. Ottenuto quanto bra-
mavjMio pei cavalieri e pei sacer-
doti, se ne tornarono i due religio-
si nella Catalogna, e quindi l' ordi-
ne cominciò talmente a moltiplicar-
si, che vi si ascrissero molti gentil
uomini non solo della Spagna, ma
ancora della Francia, Inghilterra,
Alemagna ed Ungheria, e fu ne-
cessario di fondare perciò nuovi
conventi. Pietro istesso ottenne fi-
no dal 1232 di uscire dal palazzo
reale e di fondar in Barcellona un
convento magnifico, il quale è ora
il capo dell'ordine, con chiesa de-
dicata a s. Eulalia vergine e mar-
tire, protettrice della medesima cit-
tà, e desiderando aggiungere agli
statuti prescritti dal Pennafort una
delle regole approvate, spedai a Ro-
ma s. Raimondo Nnnnato in qua-
lità di piinio procuratore generale
dell' ordine ( il Novaes scrive nel
i2 3o), che da Gregorio IX, da lui
trovato in Perugia, ottenne quella
di s. Agostino con bolla degli 8 gen-
naio 1 23"), con cui il Papa confer-
mò di nuovo l'ordine della Mer-
cede: cosi atferma il p. da Latera,
ma dal bollarlo si ha quanto di
sopra narrammo, ed il iN'onnato
MER
0
che fu crealo cardinale, giammai
venne in Roma , avendolo molti
scrittori confuso con s. Raimondo di
Pennafort.
Ricevuta ch'ebbe s. Pietro la pon-
tifìcia bolla, fece rinnovare la pro-
fessione a tutti i frati del suo con-
vento, ed esortò a far lo stesso an-
cor quelli che si trovavano già di-
spersi in più Provincie, facendo loro
intendere che obbligar si doveano
alla regola di s. Agostino, data ad
essi dal Pontefice colle costituzioni
prescritte prima dal Pennafort, che
può considerarsi qual secondo fon-
datore dell' ordine della Mercede.
Nel 1237 stimò bene Pietro Nola-
sco di convocare in Barcellona un
capitolo generale, per indurre a rin-
novar la professione tutti quelli che
non l'avevano ripetuta, ed in que-
sta occasione ordinò che in avveni-
re si accettassero più religiosi di
coro che cavalieri, e si vuole che
egli stesso s'inducesse a farsi ordina-
re sacerdote, benché alcuni sosten-
gono non giungesse mai a questa
dignità. Finito il capitolo, il santo
rinunziò il pietoso uffizio di reden-
tore, sebbene poco dopo per incon-
trare oltraggi, disprezzi, ed anche
il martirio, si portò in Africa a ri-
scattarvi gli schiavi. Accusalo quivi
di aver d'alcuni facilitato la fuga, ca-
rico di catene fu condotto avanti il
cadì, che non avendo contro di lui
ninna prova, non osò condannarlo.
Si offrì Pietro di rimaner schiavo
in lno;^o de' fuggiti, ma il giudice
barbaro ed avaro volle piuttosto ri-
tenere tra' ferri il religioso compa-
gno del santo, e finse di rimandar
questi nella Spagna, a fine di rac-
cogliere la somma che pretendeva
pel riscatto del compagno. Lo fece
pertanto imbarcare in una tartana
che faceva acqua per ogni parie, e
aio MER
diede ordine ai marinari clic giun-
ti in alto mare, tolte le vele ed il
timone al bastimento, T abbondo-
iiassero, e ritornando essi nell'altro
eh' era buono, raccontassero ohe
quello o"v'era Pietro perì nella tem-
pesta. Eseguito il comando, l'esito
fu diverso, poiché Dio fece giugne-
re il santo illeso alle spiaggie di
Valenza, donde tornò a Barcellona,
e radunativi i principali dell'ordine
fece eleggere altro redentore che fu
iv. Guglielmo de Bas che poi nel 1 249
fu fatto generale, allorché Pietro si
spogliò di tal carica per vivere
nel ritiro e sotto i' obbedienza
degli altri. Nel 1249 Nolasco a-
scrìsse all' ordine san Pietro Pa-
schal o Pascasio, del qual parle-
remo, come di altri santi e marti-
ri dell'ordine, e morì vescovo di
Jaen e glorioso martire. In Barcel-
lona pertanto, dopo tal rinunzia, fr.
Guglielmo fu eletto maestro gene-
rale, indi confermato da Innocenzo
IV, e con tal titolo chiamaronsi
tutti i di lui successori. Sciolto dal-
le obbligazioni del governo, tutto
impiegossi ne' più vili ministeri del
convento, come pure in dar limo-
sina alla porta ai poveri, per aver
motivo di conversar con essi, e am-
maestrarli nella pietà. Andò a visi-
tare il sepolcro di Nonnato, al qua-
le il Signore operava molti mira-
coli : gli fu offerta la cappella in
cui riposava il corpo, ed egli vi fe-
ce fabbric{)re un convento dell' or-
dine.
Le benedizioni divine sparse sul-
V ordine resero celebre il fonda-
tore, noto ancora per le sue virlìi
ne' più remoti paesi, onde fu ono-
l'alo da s. Luigi IX re di Francia,
che mostrò il più vivo desiderio
di vederlo. Per tanto in occasio-
l^p che il ye si poitò in Lingi\a-
MER
doca per mettere a dovere Rai.
mondo conte di Tolosa, Pietro an-
dò a visitarlo, e convenne con es-
so di passar insieme in Palesti-
na per liberare dalla schiavitù uà
gran numero di cristiani. Mentre
si disponeva al viaggio fu assa-
lito da lunga infermità, ed estenua-
to eziandio dalle penitenze, d'anni
67 in Barcellona volò al paradiso
nella notte del s. Natale I256 ,
secondo il breviario romano e del-
l' ordine. Il suo corpo fu posto
nella sepoltura comune ai religiosi,
ma dopo 80 anni per ordine di
Benedetto XII, fu trasferito in una
cappella, ove Dio operò a chi an-
dava a venerarlo molli miracoli.
Scrivono alcuni che Benedetto XllI
antipapa lo canonizzasse, ma Urba-
no Vili considerando i prodigi fatti
da Iddio a sua intercessione, di cui
l'ordinario di jiarcellona nel 1260
ne avea mandato processo ad A-
lessandro IV, un esemplare del qua-
le esiste nel convento di s. Adria-
no di Roma, essendo morto A-
lessandro IV non si potè farne uso,
laonde Urbano Vili colla costitu-
zione Domini nostri, degli 1 i ottobre
1628, JBuU. Maga. t. V, p. 176,
che nel Bollano dell' ordine della
Mercede è la XIV, a questo ne
permise celebrare la festa con uf-
fìzio e messa. Quindi ad istanza di
Fdippo IV, il Papa Alessandro VII
nel 1664 lo canonizzò per equipol-
lenza, facendolo registrare nel mar-
tirologio romano ed ordinando a
tutta la Chiesa l' ufìlzio e messa
con rito semidoppio, che elevò a
doppio Clemente X, nientre Cle-
mente XI concesse indulgenza ple-
naria e perpetua alle chiese dei
mercedari, nelle feste di s. Pietra
Nolasco e di s. Raimondo di Pen-
iiafovt. Di questo gvea InuQceiiZQ
MER
XI concesso ai mercedari 1' uffizio
di rito doppio di seconda classe
con ottava, i quali Io facevano già
con l'ilo doppio maggiore. Scrivo-
no alcuni che s. Pietro Nolasco si
abboccasse nella Spagna coi ss. Do-
menico e Francesco fondatori de-
gli ordini domenicano e francesca-
no, come viene rappresentato in di-
Terse pitture. La statua poi di s.
Pietro Nolasco scolpita da Pietro
Campi, è fra quelle de' santi fon-
datori nella basilica vaticana, nella
crociera o tribima de' ss. Simone
e Giuda, come riporta il Vasi, Iti'
nera rio di Roma.
Dopo la morte del santo fonda-
tore, r ordine proseguì ad essere
governato da fr. Guglielmo de Bas
in qualità di maestro generale, il
quale eseguita la visita di alcuni
conventi, convocò in Barcellona un
capitolo generale in cui fece eleg-
gere quattro definitori generali, due
sacerdoti e due cavalieri. Il re di
Aragona diede a questo generale il
titolo di barone d' Algar nel regno
di Valenza, col voto decisivo nel-
r assemblea degli stali del regno, e
purgalo questo dai mori gli donò
il castello di Galinara colle sue di-
pendenze ed enti-ale ch'erano con-
siderabili ; ma il generale non voi-
le accettare tale oHerta, rifletlendo
che i religiosi non aveano forze
bastanti per difendere una piazza
di troppa importanza quale era
quella. Tuttora però il p. generale
conserva il titolo di signore delle
baronie d' Algar ed Escales, ed è
grande di Spagna di prima classe,
con tutti gli onori dovuti a tal
grado. Nel generalato del p. De Bas
coir opera tiel p. Bernardo di Cor-
bara o Corbera mercedario, furono
istituite le monache del terzo ordi-
ne, di cui parleremo al loro ailicu-
MER 221
io. Il p. De Bas dilatò l'ordine col-
la fondazione di nuovi conventi, e
il di lui successore p. Bernardo di
s. Romano, raccolse in un volume
tulle le ordinazioni dei capitoli pre-
cedenti, e data la forma di costitu-
zioni comandò che fossero osserva-
te in tutto r ordine per introdurvi
r tinifoiinità. Nel 1272 fu eletto
commendatore generale il p. Pietro
d'Ayiiiery, il quiile trovando l'or-
dine composto di sacerdoti addetti
al coro, e di cavalieri applicali al
riscatto degli schiavi, e portando i
primi r arme o scudo sulle cappe,
ed i secondi sopra lo scapolare, or-
dinò che in avvenire gli uni e gli
altri lo portassero come i secondi,
poiché crasi ciò praticato nel prin-
cipio dell'ordine. Questo generale
prescrisse jnoltre ottimi regolamenti
a fine di ristabilire la regolare di-
sciplina e r osservanza, essendo de-
caduta, e dissipò le discordie in-
sorte nella sua elezione, sebbene
dopo la sua morte accaduta nel
i3o8 se ne suscitarono delle nuo-
ve. 11 numero de'sacerdoti essendo
superiore a quello de' cavalieri, eles-
sero i primi generale di tutto l'or-
dine il p. Raimondo Alberto, e que-
sti portatosi a Valenza dopo licen-
ziato il capitolo, elessero da loro
soli il p. Arnoldo Rossignoli. Cle-
mente V^ annullò con bolla l'ele-
zione de' cavalieri come non cano-
nica, e poi ordinò che fosse cotti-
mendatore generale con semplice
giurisdizione sulle cose temporali
dell'ordine, e che dopo la di lui
morte si eleggesse per generale sol-
tanto un sacerdote. Inoltre Clemen-
te V conferì in pari tempo piena
autorità spirituale al p. Raimondo,
acciò governasse la religione nelle
cose spirituali appartenenti al divin
servigio, all'osservanza delie costi-
222 I\1ER
tiizioni e alla vita regolare. Dopo
la morte del p. Rossignoli, fu del-
lo generale di lutto l'ordine il me-
desifDo p. Raimondo Alberto, e la
sua elezione fu confermata da Giovan-
ni XXII, che per sopprimere tutte le
divisioni insorte nell'ordine, impose
perpetuo silenzio ai cavalieri, i qua-
li perciò disgustati abbandonarono
l'ordine della Mercede, e. passaro-
no a quello di Montesa {^f'edi), isti-
tuito allora dal re d' Aragona nei
suoi slati, per occupare i beni de'tem-
plari aboliti nel concilio di \ ienna,
approvando il Papa questa trasla-
zione.
Si vuole che quei cavalieri i qua-
li perseverarono nell' ordine del-
la Mercede, si separassero intera-
mente dai sacerdoti, e che lasciala
la regola di sani' Agostino pren-
dessero quella di s. Benedetto. Sba-
gliarono quelli che scrissero, che
quando i sacerdoti ed i cavalieri
erano uniti insieme, avessero sem-
pre due generali diversi, poiché
quantnncjue l'autorità del priore di
Rarcellona si stendesse sopra lullo
1" ordine in ciò che spellava- allo
spirituale, a lui però sovrastava un
cavaliere laico, il quale era coni-
jnendalore generale di tutta la reli-
gione. Martino V nel i4'9 p«"oibì
ai religiosi della Mercede il poti;r
passare ad altro ordine, senza in-
dulto speciale della santa Sede, a
cagione del quarto volo che fanno di
rimanere in pegno per gli schiavi.
Kicolò V ad istanza di Alfonso V
re d'Aragona, con bolla de' 9 ago-
sto i44^ esentò dalla giurisdizione
de' vescovi 1' ordine della Mercede,
e gli concesse altri privilegi. Il suc-
cessore Calisto 111 nel i4^7 oidi-
nò colla bolla Super gregem, che i
religiosi mercedari non potessero
passare ad altra religione, anche
MER
con licenza de' supeiiori, fuorché
nell'ordine de' cistcrciensi. Immensi
poi sono gli elogi dati all'ordine
della Mercede dai Pontefici, dai so-
vrani e da molti scrittori, per il suo
santo istituto. Le monache del se-
condo ordine della IMiicede furo-
no stabilite nel i568 dal p. Anto-
nio Velasco religioso dell' ordine, e
ne parleremo al loro aiticolo, ve-
nendo approvato da s. Pio V. Inol-
tre nel pontificalo di s. Pio V l'or-
dine fu privo per cinque anni del
suo capo, non volendo il Papa che
si eleggesse alcun generale in luogo
di (juello eh' era morto, fintantoché
dai visitatori non fosse stabilita la
riforma dell' ordine, richiesta da
Filippo II re di Spagna. Termina-
ta la visita del 1374 fu convocato
il capitolo in cui fu eletto genera-
le il p. Francesco de Torres, e fu
stabilito che i generali non fossero
più perpetui, coin' erano stati fino
a quel ten)po, ma durassero nel-
r uffizio soli sei anni, ed i commen-
datori de' conventi Ire, conie anco-
ra si osserva. De' religiosi scalzi ri-
formati delti della recollezione, ne
tratteremo al seguente articolo.
In Roma 1' ordine della IMercede
aveva ricevuto dalla santa Sede la
Chiesa delle ss. Rufjìna e Secon-
da in Traskvere (^F\'di), antichissi-
ma per avervi Anastasio IV nel
I i53 consagrato due altari, rinno-
vali meglio da Clemente Vili, e
da Paolo V data alle orsoline ;
quindi nel i-'i'Sg agli 8 aprile Sisto
V regalò all'ordine la Chiesa di s.
Adriano [T'edi),c[ie tuttora possiede,
coir autorità della bolla Cuni ex
omnibus, presso il Bull. Roni. t. V,
par. I, p. 6. 1 religiosi occuparono
la contigua casa del cardinale diaco-
no, e r ampliarono acquistando al-
cuni (ondi adiacenti. Dipoi il gè-
ME R
nerale p. Solomayor fece restaura-
re la chiesa, ed in tale occasione
fu trovata lit lapide del prefello
di Roma Gavinio Vetlio Probano:
r antichissimo tempio venne ridotto
nello stalo attuale, e fatte le statue
di stucco dal Raggi che ornano l'al-
tare maggiore, del quale sono pu-
re i due angeli di marmo che reg-
gono le due conche dell'acqua san-
ta. L'aliare ha (ii\c colonne di por-
fido rosso con quadro del santo li-
tolare ed altri martiri, dipinto da
Ctsiire Torcili. Due colonne di
marmo bianco e nero decorano il
primo altare a sinistra; il quadro del
seguente rappresenta s. Pietro Nola-
scoin allodi predicare, di Carlo Sa-
raceni veneziano ; il quadro del-
l'altare appresso, dipinto da un di-
scepolo di Maratli , ci dà l'efii-
gie di san Raimondo Nonnato; e
per non dire degli altri, l' altare
della Madonna delle Grazie fu par-
ticolarmente abbellito dal vescovo
di Celalù Slcfano Muniera. Pio VI
con rescritto de' 29 febbraio 1788
concesse che il contiguo collegio
de' religiosi dal suo nome si chia-
masse Collegio Pio di s. Adriano.
Kella ripartizione delle parrocchie
falla nel 1825 da Leone XII, que-
sta chiesa fu una di quelle desti-
nate a tale uso, per cui vi fu eret-
to il fonte battesimale, e destinalo
un religioso mercedario per parro-
co. Ma della chiesa di s. Adriano,
oltre il citato articolo, è a vedersi
Chi fisa de ss. Se/gio e Bacco dia-
conia, ed i diversi articoli che la
riguardano, per molle importanti
notizie solo accennate nel suo ar-
ticolo. Kel pontificato di Clemente
\'I1I dal p. Gio Rallista Gonzalez
o del ss. Sagramento, mercedario,
ebbe origine la riforma o recolie-
zione dell' ordine de' mercedari
MER 223
scalzi, della quale riforma si fon-
darono ancora monasteri di mona-
che. Di questi religiosi e monache
si dirà ai loro articoli. D'allora in
poi i mercedari che non seguirono
la riforma venneio chiamali della
grande osservanza e calzali.
I mercedari si moltiplicarono più
nell'Ameiica che nell'Europa, e giun-
sero ad avere nel nuovo mondo ot-
to celebri proviucie, governate da
due vicari generali, soggetti al g<'-
nerale di lutto 1' ordine, essendo
slati i mercedari i primi a predicar
l'evangelo nel Perii, ove operarono
grandi cose. Un altro vicario gene-
rale fu stabilito in Francia, dove al-
cuni conventi separati nel 1668
dalla provincia di Guienna furono
eretti in congregazione approvata
con lettere patenti dal re di Fran-
cia Luigi XIV, e da Clemente X
con bolla de' 26 novembre 1672.
Innocenzo XI con la costituzione
Orthodoxorum,(ìe 1 5 febbraio 1 680,
Bull. Rom. t. Vili, p. i3i, ad i-
stanza di Carlo II re di Spagna,
concesse che in quel regno si faces-
se r uffizio e messa della Beala Ma-
ria Vergine della Mercede, come
già si faceva dai frati dell' ordine;
poscia Innocenzo XII con decreto
della congregazione de' riti, a' 18
febbraio 1696 lo estese a tutta la
Chiesa cattolica, destinando per ce-
lebrare la festa con rito doppio il
giorno 24 settembre. Già Innocenzo
XII colla costituzione Ex in/uncto,
àej dicembre 1691, Btdl. Rom. l.
IX, p. i4i fino a 238, avea con-
fermato la regola e le costituzioni
de' frati della Mercede, pubblican-
dole con tal bolla. Clemente XI ai
27 gennaio 1718 con breve che
si legge nel Bull. Maga. t. Vili,
p. 457, concesse al generale e pro-
curatore generale di questo ordine
224 UEK
lì luogo perpetuo nelle Cappelle
pontifìcie, dopo quelli che \i gode-
vano il posto. A tale articolo par-
lando delle cappelle della ss. Trini-
tà e dell' Assunta, dicemmo come
Clemente XI avendo colla citata di-
sposizione accordalo ancora al pro-
curatore generale di fare il sermo-
ne nella cappella dell* Assunta, di-
poi Leone XII dispose che invece
Io recitasse in quella della ss. Tri-
nità, e la prima volta fu nel 1829.
Benedetto XIII non solo approvò
il culto immemorabile del b. Sera-
pione martire inglese raercedario ,
ma colla bolla Aetcrnus, de' 9 lu-
glio 1725, Bull. Rom. t. XII , p.
12, dichiarò per uno degli ordini
Mendicanti questo della Mercede, il
quale prima delle ultime politiche
■vicende era costituito delle quattro
Provincie di Spagna (Aragona, Ca-
stiglia, Valenza e Andalusia), delle
otto d'America, di quella d'Italia,
e delle due di Francia ; inoltre i
niercedari si sparsero pure nell'iso-
la di Maiorica, nella Sardegna, in
Africa, e sulle coste di Barberia, e
vi fondarono utili stabilimenti.
Ha dato questo benemerito ordine
alla Chiesa diversi santi e sante,
martiri, cardinali, patriarchi, arcive-
scovi, vescovi e scrittori. Nell'istoria
di Nostra Signora della Mercede,
scritta dai padri dell' isiesso ordine
della congregazione di Parigi, e pub-
blicata ad Amiens nel i685, vi so-
no parecchie vite de' santi dell' or-
dine. I martiri di essi che si cono-
scono sono millecinquecentotrenla-
tre , tra' quali molti godono ri
culto immemorabile; e molti con*
fessori sono venerati per santi. Pei
venerabili fr. Gondisalvo Diaz e fr.
Pietro Urraca, la santa Sede permi-
se di fabbricar processo in genere
ed iu ispecie. Lungo poi sarebbe il
MER
far memoria degl' innumerabili re-
ligiosi niercedari cne furono amba-
sciatori regi ai Papi, ai concilii, ai
monarchi ; inquisitori, viceré, presi-
denti di consigli, confessuri e con-
siglieri reali ; fondatori di studi,
scrittori celebri, maestri di lingue
orientali, direttori spirituali di più
santi e fondatori di religioni. II
primo religioso che si portò in A-
merica fu il p. Giovanni Infante,
vicario del convento di Cordova,
cappellano e vicario navaiis della
prima spedizione fatta da Cristofo-
ro Colombo, partendo con esso nel
1492. 11 p. Giordano Solorzapo fu
il secondo religioso che portossi in
America, nella seconda spedizione
di Colombo, ed il primo che in-
nalzò neir isola di Cuba lo sten-
dardo della croce. Il p, Bartolomeo
Ohnedo della Mercede fu il terzo
religioso che andò nell' America con
Ferdinando Cortes anco come con-
fessore, cioè nel Messico, di cui quel
capitano fu conquistatore. Per cui
i mercedari furono de'primi a bau-
dire nel nuovo mondo il vangelo.
Oltre il fondatore s. Pietro Nola-
SCO, furono mercedari il cardinale
s. Raimondo Nonnato; il b. Pietro
Amiangol venerato per martire, per-
chè essendosi dato iu pegno ai mao-
mettani per riscatto degli schiavi^
e non potendo effettuarlo, fu impic-
cato, ma liberato dalla Madonna;
ed il b. Serapione, crocefisso e ta-
glialo a pezzi dai saraceni pel ri-
scatto degli schiavi. Vennero creati
cardinali, oltre s. Raimondo i se-
guenli, i quali come i santi dell'or-
dine hanno nel Dizionario le loro
biografìe . Nicolò IV fece cardinale
Pietro Barelio francese ; Bonifacio
Vili, Domenico da s. Pietro; Cle-
mente V, Claudio Portaceli, e Sc'
verino francese; Giovanni XXll, irl^
MER MER ^.iS
bralo Raimondo Alberto GoUolano cap. XXVIII, discorre di quella
di Barcellona ; Benedetto Xll, Rai- della Madonna della Mercede della
inondo de' conti di JMonfort di To- redenzione degli schiavi a s. Adriano
Iosa ; Cieaiente VI, Domenico óer- in campo Vaccino, ed alla Madon-
rano di Montpellier; Innocenzo VI, iia di s. Giovannino in Cainpo-
Giovanni Lasso di Siviglia ; Urba- marzo, della qua] seconda chiesa
no VI, Pietro Rodriguez Torres parleremo all'articolo de' merceda-
spagnnolo; l'antipapa Benedetto XllI ri scalzi cui apparteneva. Dopo
gli spagnuoli Giordano, Cristoforo o avere il Piazza detto dell'origine e
Ridolfo Amerio, e Giovanni tirino, delle benemerenze di questo illustre
i quali anti -cardinali furono nel e nobilissimo ordine, che arricchiro-
ì^iH dichiarati veri cardinali da no d'indulgenze anche Paolo V,
Martino V ; Innocenzo XI fìnalmen- Clemente IX e Clemente X, in
te creò cardinale Pietro di Salazar un a tutte le confraternite dal me-
S})agnuoIo. L'ultimo tra i vescovi di desimo erette, cui concessero grazie,
questo ordine fu il p. Bonaventura esenzioni e privilegi i re d' Arago-
Cano, vescovo di Marida [Vedi), na e di Spagna, concorrendo i con-
al quale articolo facciamo menzione frati colle limosine alla libertà degli
di lui. Al presente è vicario gene- schiavi cristiani; discorre delle feste
rale il p. Tommaso Miquel, e prò- che celebra e delle pie opere che fa,
curatore generale residente in Ro- dicendo che lo scapolare o abito dei-
ma, il padre Michele Xancò nel la Mercede, pei confrati ed ascritti
collegio Pio di s. Adriano. Soltan- al suo sodalizio, si compone di due
to in Ispagna non esistono al pre- pezze di lana con fettuccie bianche,
sente i conventi de' religiosi, a ca- essendovi in quella della parte cor-
gione delle attuali vicende; esistono rispondente al petto 1' arme dell'or-
però le monache. Dalla fondazione dine. Lo scapolare poi de' religiosi
dell'ordine sino al 1791, gli schiavi trinitari riformati, che hanno per
redenti dai religiosi mercedari ascen- istituto il riscatto degli schiavi (non
dono all'imponente numero di ses- fanno però come i mercedari il quar-
saritaquattromila .settecentocinque , lo voto di rimanere in pegno per
compresi quelli di cui parlammo gli schiavi), si forma d' una cro-
nel voi. Il, p. i35 del Dizionario, ce, composta di due colori, rosso
Scrisse la storia dell' ordine il p. e bianco.
Alfonso Remond. Del p. Benedetto MERCEDE, s. Maria DEttA redeit-
de Vargas pur mercedario si ha: zione X)Zoi.i scmxkw. Ordine religioso
Chronicon sacri et militaris ordinis riformato scalzo della recollezione .
JB. M. de Mercede, Panormi 1619. Verso il fine del secolo XVI, essen-
JI p. Bonanni nel Catalogo degli do maestro generale dell'ordine rea-
ordini religiosi riporta a p. 84 la le, militare e religioso di s. Maria
figura d'un religioso, e tra le noti- della Mercede della redenzione degli
zie che scrive, dice che l'ordine fu schiavi, che abbiamo descritto ai-
anche approvalo da Gregorio X nel l'articolo precedente, il p. Alfonso
J274, e da Nicolò IV nel 1291. di Monreale, questi propose di fare
11 Piazza ut\ìe Opere piedi Roma^ nell'ordine una riforma; a tale ef-
tralt. IX, cap. XXIV, delle confa- fello destinò sette conventi della
UrniLe,Qnt\\'Eusevologio,\.taii. VII, provincia di Castiglia, sperando che
VOL. XLIV. i5
5ti6 MER
i religiosi mossi dall'amore tl'iin'os-
servanza più rigorosa di quella che
si praticava negli altri conventi ,
potessero volontariamente abbrac-
ciarla, però colla espressa condizione
che non si variasse pnnlo la forma
dell'abito, e che rimanessero sog-
getti come prima ai superiori del-
l'ordine, li p. Alfonso elesse per
capo e dii'ettore della riforma il p.
Gio. Battista Gonzalez , nato ad
Hueta in Castiglia agli 8 febbraio
i553 da nobili genitori, che l'avea-
no educato nel timore di Dio e
nelle scienze, che iia\ di apprende-
re in Madrid, e poscia nel conven-
to d'Olmedo sotto il p. Cristoforo
Gonzalez suo fratello maggiore re-
ligioso della Mercede, che ivi le
insegnava , al quale ordine Gio.
Ballista si ascrisse nel iSya. Questi
mentre s' impiegava con troppo
fervore a stabilir la riforma nei sette
conventi a ciò destinati, ed erasi ri-
tirato a tal fine in quello di Hue-
ta, uno di essi, il p. generale per
alcuni molivi, come di vedere che
il p, Gio. Battista pel suo tenore
rigoroso di vita stancava ben pre-
sto chi intraprendeva a seguirlo,
cambiò sentimento, ed opponendosi
all'incominciata riforma, cercò di
bopprimerla nel suo nascere, rile-
gando il p. Gio. Ballista nel con-
vento di Uaizes nell'Asturia, da cui
passò quindi a fare le sanie mis-
sioni al Perir nell' x\merica, dove
convertì moltissimi alla inde catto-
lica. Ritornato dopo qualche tempo
carico di meriti in Ispagna, e col-
locato di famiglia dal superiore J^el
convento di Madrid in qualità di
sagrestano, ebbe occasione di parlar
sovente colla contessa di Caslellara
Beatrice Ramirez di Mendoza, dama
di singoiar pietà, alla quale comu-
nicando il concepito disegno d'in-
MER
traprendere di nuovo la riforma
del pro[)rio ordine, la pregò d'a-
iutarlo in questa impresa, e la di-
vola contessa l' assicurò di tutto il
suo favore, esibendosi di pi ir a fon-
dar due conventi della riforma nel-
le sue terre. Disposte così le cose,
fu richiesto il consenso del p, ge-
nerale per dar principio alla fab-
brica de'due conventi, ed incomin-
ciar in essi la bramata riforma
dell'ordine della Mercede; ma il
p. generale avendolo negato, la ze-
lante conlessa ricorse al Papa Cle-
mente YIH che gli spedi due bre-
vi ; con uno la dispensò dal voto
da lei fallo di fondar un convento
ai girolamini , e gli permctleva
fabbricarne due pei riformali mer-
cedari, coU'allro eresse in congre-
gazione essi liformati j per quei
meicedari cioè di coro che avesse-
ro desideralo di vivere in una più
slrella osservanza, creando vicario
generale della medesima il p. Bar-
tolomeo d'Alcalà religioso dell'or-
dine di s. Girolamo, con patto che
vestisse l' abito di quello della
Mercede, e con autorità assoluta di
accettare i religiosi mercedari che
volessero abbracciar la riforma, ed
i secolari che si fossero presentati
per vestir l'abito. Clemente Vili
permise ancora al p. Bartolomeo di
governar la nuova congregazione
lincile avesse otto conventi, e do-
po l'esistenza di questi , di eserci-
tar anco per altri sei anni la ca-
rica di vicario generale, volendo
perseverare nell'ordine della Merce-
de riformato.
il padre Gio. Battista appena
intese quanto la contessa di Ca-
slellara, senza sua saputa avea o-
peralo, gli mostrò la sua sorpre-
sa, e le rappresentò non avere a-
\uto altra intenzione ciré di avere
MER
alcuni convenli ne' quali si osser-
vavscio le regole e cosliluzioni del-
l'oidine della Mercede, senza alcu-
na dispensa o mitigazione , solto
l'obbedienza del pioprio generale,
da cui si protestò non si sarebbe
mai separalo. Aggiunse che i reli-
giosi i quali avessero voluto ab-
bracciare quesl' osservanza , avreb-
bero certamente ripugnato di sot-
tomettersi al governo d' uno stra-
niero. Approvò la conlessa le ra-
gioni del p. Gio. Battista, indi
mostrò al p. generale della Merce-
de i due brevi pontificii che avea
ottenuto, e l' affetto che detto reli-
gioso portava all'ordine. 11 p. ge-
nerale ne restò talmente soddisfat-
to, che promise alla contessa fa-
vorirne la fondazione, e volle sten-
dere egli stesso le costituzioni che
osservare si dovevano dalla nuova
riforma. Allora la contessa fece in-
cominciar la fabbrica dc'due con-
venti, uno nella sua terra di Viso
poco lunge da Siviglia, l'altro in
Almorayua nella propria contea di
Castellara, diocesi di Cadice, vicino
a Gibilterra, e si obbligò non solo
provvederli di rendite sufficienti,
nia di fornirli di chiese con mobili
ed arredi. Di ciò fu stipulato so-
lenne istromento, il quale insieme
colle costituzioni e lo stabilimento
di questa congregazioue della stretta
osservanza, tu approvato nel capi-
tolo provinciale tenuto in Guada-
lajara a' 26 aprile i6o3. 11 p. Gio.
Battista e cinque compagni, ai qua-
li avea egli comunicato il suo spi-
rito, vestirono solennemente l'abi-
to della riforma nel giorno del-
l' Ascensione, e lasciando nel tempo
slesso il cognome delle loro fami-
glie, presero quello di qualche san-
to; ed il p. Gio. Battista, in vece
di Gouzalez, volle essere chiamato
MER 227
del ss Sagramento. Furono quindi
alloggiati dalla contessa nel suo pa-
lazzo di JNIadrid, come s. Pietro No-
lasco era stato accolto co'suoi com-
pagni in quello del re d' Arago-
na, incedendo a raccogliere le limo-
sine per la redenzione degli schia-
vi con piedi scalzi, ciò che poi fu
prescritto ai religiosi dell'ordine coi
sandali. Ma del procedere scalzi t
primari e più fervorosi religiosi del
primitivo ordine, come dell'origine
di questo scalzo, ne trattano le co-
stituzionij massime a p. 7 e seg.,
ove non si legge quanto riportaro-
no l 'autore della Storia degli or-
dini religiosi, tradotta dal p. Fon-
tana, t. Ili, cap. 36, ed il com-
pendiatore p.daLatera, il quale ag-
giunge, che il generale p. Alfonso di
Monreale contribuì a questa rifor-
ma e recollezione. Dipoi amando
i nuovi riformatori la solitudine e
la ritiratezza, passarono nel castel-
lo di Ribas della contessa, tre le-
ghe distante da Madrid, a cui po-
co dopo ritornarono per le vessa-
zioni date loro da alcune persone
del castello, benché altre divote e
timorate di Dio pregassero la con-
tessa a fabbricare ivi pei religiosi
un convento, come fece dopo aver
compilo l'erezione de'due nomina-
ti. Intanto il p. Gio. Battista del
ss. Sagramento ed alcuni compa-
gni presero possesso del couvento
d'Almarayna, dedicato alla Madon-
na del re, nello stesso anno i6o3,
dopo aver sofferto in Siviglia per
parte degli antichi confratelli, in-
cominciando COSI ad effettuare il
principio della riforma. Gli altri
compagni del riformatore, cui il
p. generale avea dato per com-
mendatore il p. Giovanni di san
Giuseppe, entrarono nel couvento
di Viso a'aS gennaio i6o4- Molti
:tiS MER
de'principall religiosi deiroidine del-
la Mercede ben presto si portaro-
no ai due conventi, per vivere in
una più rigida osservanza del pro-
prio istituto, per cui la contessa di
Castellara fondò il terzo convento
nella sua terra di Ribas, ed il p.
Gio. Battista vi prese subito pos-
sesso in detto anno. Se ne fonda-
rono quindi in breve tempo degli
altri anche in Madrid, in Salaman-
ca ed in altre città della Spagna,
da dove vivendo ancora il rifor-
matore, i suoi religiosi passarono
anche nell'isola di Sicilia, ove po-
co dopo la sua morte si formò la
provincia di s. Raimondo , indi si
sparse per l'Italia ed altri slati, per
la riputazione che si acquistò; fon-
dandosi pure monasteri di mona-
che, e moltissimi nella Spagna, di
cui si parlerà al loro articolo.
Paolo V, colla bolla Inter omnes
vitae rcgidaris , de' 2 3 settembre
1606, Bull. Rom. t. Ili, p. 224,
confermando e rinnovando i privi-
legi dell'ordine della Mercede, ap-
provò la congregazione de'rifjrma-
ti, seu recolleltorum, sub regimine
magislri generalìs, et aliorum prae-
laloruni ejusdcni ordinis. Morì il p.
Gio. Battista nel maggio 16 18 nel
suo convento di Madrid di s. Bar-
bara, e Dio con molti miracoli o-
perati per la di lui intercessione,
fece conoscere la santità e meriti
del suo servo, il di cui corpo se-
polto nella tomba de' religiosi, nel-
l'anno seguente venne trasferito in
luogo onorevole, trovandosi intatto
e flessibile, colla lingua fresca e
rubiconda. Gregorio XV nel 1621
separò allatto questa congregazione
delta degli scalzi, recolletta, o di re-
collezione, dall'ordine antico chiama-
to dei religiosi calzati; ed Urbano
Vili gli diede quindi un particolare
M E R
vicario generale, che fu il p. Gio-
vanni Marotti detto di s. Giuseppe,
il quale estese molto la riforma
colla fondazione di vari conventi,
ed è questi propriamente il primo
vicario generale ch'ebbe la recolle-
zione, come si legge a p. i i delle
costituzioni. Questo vicario generale
degli scalzi, dopo che lo hanno e-
letto, viene confermato dal p. ge-
nerale calzato, ossia dal generale
di lutto l'ordine, come rilevasi dal-
le costituzioni p. 189. Da ciò é
chiaro che i mercedari scalzi non
sono del tutto indipendenti, come i
cappuccini ed i carmelitani scalzi,
dai calzati. L'abito assunto dai re-
ligiosi riformati fu tutto di lana
bianca, come quello della IMeicede,
ma più stretto e di lana più gros-
sa, portando ancor essi in petto
sopra allo scapolare l'arme del re
d'Aragona. In quanto alla forma,
l'abito è simile a quello de carme
Ulani scalzi, differendo solo nel co-
lore, perchè bianco è lo scapolare,
il cappuccio e la cappa. Portano
essi i sandali coi piedi nudi, onde
sono chiamati frati scalzi della
Mercede; ed i loro fratelli laici o
conversi non si distinguono quanto
al vestire dai sacerdoti, essendo gli
uni e gli altri cinti con cintura di
cuoio, con cui stringono la tonaca
sotto allo scapolare. Il p. Bonanni
nel Catalogo degli ordini religiosi
p. 85, riporta la figura del merce-
dario scalzo, con cappa e mozzetta
più corta de^calzati, e narra che
compagni nella liforraa al p. Gio.
Battista del ss. Sagramento, furono
i pp. Giovanni di s. Giuseppe, Mi-
chele delle ss. Piaghe, e Luigi dì
Gesù Maria; che vennero animati
a formare la congregazione, ed a
vivere con maggiori asprezze, dal-
la ven. vergine Mariana del Gesù
MER
ner ispirazione avuta da Dio, la
quale poi visse e morì con fama
di santità fra le monache di que-
«t' ordine , del quale trattano il
Znmel, Vargas, Natale Gaver e Pie-
tro di s. Cecilia nelle cronache
dell'ordine, la cui storia si stampò
in Barcellona nel 1669; e che Ur-
biiiio Vili, il quale nel 1627 ne
confermò i privilegi e costituzioni
colla bolla Injuncti gli assegnò in
Roma la chiesa detta di s, Giovan-
ni posta nel Campomarzo. 11 Ber-
nardini che nel 1744 pubblicò la
Descrizione de' rioni di Roma, dice
a p. 66 che restava coli' ospizio
de'pp. della Mercede scalzi spa-
gnuoli, nel rione Colonna, tra la
chiesa di s. Silvestro in Capite, e
il collegio Uibano di propaganda.
Sotto il dominio de'francesi, nei
primi anni del secolo corrente, la
chiesa e l'ospizio furono demoliti,
ed alla via è rimasto il nome di
Mercede. Perchè ne resti qui la
memoria riporteremo la descrizio-
ne che della chiesa di s. Maria
in s. Giovanni in Campomarzo,
coll'ospizio de'pp. spagnuoli rifor-
mati della Mercede , ne fece il
Venuti nel t, I, p. 291 delia De-
scrizione di Roma, ivi pubblicata
nel 1767. » Poco lontano nell'e-
stremità dell'antico Campomarzo si
vede la piccola chiesa eretta pri-
ma in onore di s. Gio. Battista,
indi alla Beata Vergine Maria, del-
la quale qui si conserva una di vo-
ta immagine. Fu prima posseduta
dui padri della dottrina cristiana,
ed ora da'padri scalzi di s. Maria
della Mercede, detti ancora della
redenzione degli schiavi, che vi han-
no un ospizio, pei quali il cardinal
Gaspare Borgia spagnuolo (amba-
sciatore in Roma, morto in Madrid
nel 1645) ristorandola, vi fece fare
MER 21C)
anche il soffitto con pitture di Fe-
lice Santelli romano. Le istorie del-
la Beata Vergine dipinte ne* lati
dell'altare maggiore sono di Paris
Nogari ; il quadro di s. Martino an-
nesso alla muraglia, fu dipinto dal
cav. Baglioni ". Anche i mercedari
riformati scalzi italiani aveano in Ro-
ma la chiesa di s. Maria in Monlero-
ni nel rione s. Eustachio con par-
rocchia, data loro da Benedetto XI li,
a' 25 maggio 1728, per la provin-
cia di Sicilia ed Italia, e ne pre-
sero possesso a' 12 luglio; subito i
frati cominciarono la fabbrica del-
l'annesso convento, del coro e sa-
grestia, non che risarcirono la chie-
sa che minacciava rovina. Per l'in-
vasione francese essendo stati dis-
persi i religiosi, la cliiesa fu poi
data col convento alla congrega-
zione Liguorina del ss. Redentore
{^Vedi). Abbiamo: Consti ludones sa-
cri, et regalis ordinis pp. excalcea-
ioriini, rcdemplionis caplivoriwi au-
dorila te apostolica ah origine snae
fnndatìonis fìrmatae, Matriti 1755.
MERCEDE, s. Maria della re-
denzione DEGLI SCHIAVI. Ordine reale,
militare ed equestre. Dell' origine ,
unione coli' ordine della Mercede
de' frati calzati, e separazione da
esso, con quanto lo riguarda, ne
parlammo all' articolo che precede
l' antecedente. Nel pontificato di
Giovanni XXII essendosi i cava-
lieri divisi dai frati, si riunirono
all' ordine cavalleresco di Alontesu
(Fedi), fondato da Giacomo li re
d'Aragona a difesa de' suoi stati
contro i mori che dominavano in
parie della Spagna. I pochi che
restarono uniti^ all'ordine religioso
della Mercede, sembra che in pro-
gresso di tempo si staccassero af-
fatto, e lasciata la regola di s. A-
gostiuOj adollurouo (quella di s. Be-
a3o MER
necìetto. Fino al principio elei se-
colo XVII, almeno, si può cretlcre
che questa frazione dell'ordine mi-
litare ed equestre proseguisse ad
esistere, parlandone il p. Arnr)Ido
Wion cassinese, storico dell'ordine
di s. Benedetto, nel suo libro Li-
gnum vilae ornamentum, stampato
in Venezia nel 159^,0^6 riferisce la
formola della professione clie si fa-
ceva dai cavalieri della Mercede:
noto è però quante favole racchiu-
da tale opera. Il p. Bonanni nel
Catalogo degli ordini equestri e
militari, a p. 76, non solo riporta
la figura del cavaliere di s. Maria
della Mercede e della redenzione
degli schiavi, ma dice che si fregia-
vano il petto con uno scudo rosso
in cui campeggiava una croce d'ar-
gento e l'arme de' principi di Ca-
talogna, consistente in quattro fa-
scie o pali rossi in campo d'oro;
che r olllzio de' cavalieri era di rac-
cogliere limosine per riscattare i
cristiani schiavi de' barbari ; e che
il Mendo afferma essere cessata la
classe de' cavalieri secolari, restan-
do la religiosa che fiorisce in mol-
te virtù e a profitto della cristiana
repubblica. Anticamente questi ca-
valieri tenevano guardate le coste
per impedire le scorrerie de' sara-
ceni di Spagna, ed erano obbliga-
ti assistere al coro quando non e-
rano impegnali nel servizio mi-
litare.
MERCEDE, s. Maria della, re-
denzione DEGLI SCHIAVI. Moitache del
secondo ordine. Alcuni chiamarono
quest'ordine terzo, e non secondo,
perchè istituito dopo quello detto
il terzo, di cui parleremo dopo l'ar-
ticolo delle monache scalze; noi, co-
me fecero altri, lo chiameremo se-
condo, perchè le monache fanno i
voti solenni, e si consagrano inte-
MER
ramenle n Dio, lo che non prati-
cano le monache terziarie. Le re-
ligiose della Mercede furono prima-
mente stabilite in Sivis-lia nel i568 '
per opera del p. Antonio Velasco
religioso del medesimo ordine, e
queste sono qiielle della grande
osservanza, Ti differenza delle scalze,
cioè di quelle della x'iforma del p.
Gio. Battista del ss. Sagramento.
Molte persone delle principali fa-
miglie di Siviglia, essendosi affidate
alla direzione spirituale del detto
p. Velasco, vi furono tra queste
tre dame, cioè Maria Capata, Bea-
trice de la Roelas, e Francesca
Martelli, le quali ispirate da Dio
di fondare un monastero di reli-
giose dell' ordine della Mercede, e
di dedicarlo all' Assunzione di Ma-
ria Vergine, nel giorno stesso di
tale solennità, fecero chiamare in
chiesa il p. direttore, e gli espose-
ro questa loro ispirazione e desi-
derio. Conobbe allora il p. Vela-
sco, che Dio aveva esaudito le sue
preghiere a lui fatte per molto
tempo con gran fervore, acciocché
gli aprisse le vie di elTettuare il
disegno di fabbricare un mona-
stero, il quale servisse di ritiro a
molte virtuose donzelle, che sospi-
ravano di allontanarsi dal mondo.
Confermò pertanto le tre dame
nella loro risoluzione, e si addossò
la cura di ottenere quanto prima
le necessarie licenze per fondare il
nuovo monastero, come infatti l'ot-
tenne dal vicario generale dell' ar-
civescovo di Siviglia, e dal provin-
ciale di Casfiglia della sua religio-
ne. Pensò quindi, per rendere più
stabile questa fondazione, di otte-
nerne la conferma dalla santa Sede,
onde le nominale dame spedirono
in Roma un gentiluomo per impe-
trarla da s. Pio V, che acconsentì
MER
air erezione e stabilimento del mio-
To monastero, con bolla spellila nel
maggio i568. Appena ricevuta la
bolla fu comprato uno spazioso luo-
go vicino al convento de' religiosi
della Mercede, e quivi fu dato prin-
cipio alla fabbrica della chiesa e
del monastero. Frattanto il p. Ve-
lasco stese le costituzioni che si do-
vevano osservare dalle religiose, e
nel i56c) le mandò al capitolo ge-
nerale di Guadalajara, che le fece
esaminare da alcuni padri dell'or-
dine, i quali le approvarono. Ter-
minato il monastero, le tre dame
fondatrici vi entrarono con alcune
fanciulle nobili. 11 p. Velasco es-
sendo slato costituito loro vicario
perpetuo, le vesfi pubblicamente
dell'abito dell'ordine, e il provin-
ciale visitando due anni dopo il
monastero, confermò la professione
di quelle che l'avevano fatta. Mol-
te religiose illustri per virtù e per
nobiltà di sangue sono quivi fiori-
le, delle quali è celebre la beala
«uor Maria della Risurrezione. Ve-
stono le monache come i religiosi
della grande osservanza della Mer-
cede, ed in capo usano velo bian-
co, e sopra di questo, se .sono da
coro, un altro nero , portando le
converse soltanto il bianco, come
quelle degli altri istituti ; supplendo
nll'islitulo del riscatto degli schiavi
con liniosine ed orazioni.
MKllCEDE, s. MABr.v della re-
DE\7.ioyY: ìyEGUscmwi . Alonache scal-
ze. Allorché dal p. Gio. Battista del
*s. Sagramenlo lii istituita la rifor-
ma de' religiosi della Mercede, della
quale si è parlato al suo articolo,
furono (ondati ancora de' monaste-
ri della medesima riforma reeollel-
ta. II primo di questi monasteri,
delti delle religiose scalze, o della
rccoUczione, fu quello fondalo iu
MER 25ì
Lora dalla madre suor Clemenza
della ss. Trinità, che uscì a tal fine
da quello dell'Assunzione di Sivi-
glia, delle monache della grande
osservanza o secondo ordine. Dal
monastero di Lora* ebbero princi-
pio diversi altri, fondati in diverse
Provincie e luoghi della Spagna ,
essendovene anco stabilito uno in
Siviglia, e due in Madrid, uno dei
quali eretto nel i665 dal re Fi-
lippo IV in onore dell' Immacolata
Concezione. Vestono queste religio-
se come i frali scalzi del medesi-
mo ordine, ed insieme coi voli es-
senziali promettono, per quanto
permette lo stato loro, di procurare
il riscatto degli schiavi, e di dare
per essi anche la vita, se sia ne-
cessario. Il p. Eonanni nel Catalo-
go degli ordini religiosi p. 128,
riporta la figura della monaca di
s. Maria della Mercede scalza; dice
che la suddetta suor Clemenza fu
priora del primo monastero, chia-
mando confondatrici la sua vicaria
Maria dell' Incarnazione, e Lucia
della Risurrezione ; che scalze por-
tano sandali di canape, avendo in
petto r insegna della religione, con
velo nero iu testa, cingendo il vol-
to con lino bianco. Di queste mo-
nache ne fece relazione il p. An-
drea di s. Agostino, cronista della
stessa congregazione, essendovi anco
nelia riforma de' mercedari scalzi
r ordine delle religiose del terzo
ordine, di cui si parlerà nel seguente
articolo.
MERCEDE, s. Mabia deila be-
DENZioNE DEGLI SCHIAVI. Monache del
terzo ordine. Per le ragioni espo-
ste nell' articolo delle monache mer-
cedarie del secondo ordine, chia-
miamo queste del terzo ordine.
Verso l'anno 1265 due illustri raa-
Iroue di Barcellona, rimaste vedo-
23a MER
ve di ragguardevoli gentiluomini
della Catalogna, e vedendosi senza
figli, stabilirono di menare una vita
esemplare e penitente. Furono que-
ste Isabella Berti ed Eulalia Pino
o Pins, che ritiratesi con alcune
fanciulle in una casa vicina al con-
vento dei religiosi della Mercede
della grande osservanza, dopo ave-
re atteso all'orazione e meditazio-
ne, impiegavano il restante del tem-
po nel lavoro per distribuire ai po-
veri il prezzo che ne ricavavano
in venderlo. Avendo scelto per loro
direttore il p. Bernardo di Corbara
mercedario e priore del convento
di Barcellona, gli domandarono la
grazia di vestire l'abito di terzia-
rie dell' ordine suo, ad imitazione
di quelle che si ascrivevano al ter-
zo ordine di s. Francesco e di s.
Domenico. Il p. Bernardo esperi-
menlata prima la loro vocazione,
propose r aliare nel capitolo gene-
rale della religione al p. Gugliel-
mo de Bas secondo generale del-
l'ordine, il quale insieme coi deli*
nitori gli diede facoltà di vestir
pubblicamente dell' abito le due
di vote dame e le loro compagne,
di prescriver loro una regola, e di
fondare così il terzo ordine della
Mercede, sebbene questo sia il se-
condo riguardo all'epoca di fonda-
zione. Fu ciò eseguito nel medesi-
mo anno i265 il giorno della ss.
Annunziata, in cui il p. Bernardo
celebrando la messa, giunto all'of-
fertorio, diede loro l'abito, e con
un fervoroso discorso le animò 5
contribuire colle limosine ed ora-
zioni al sollievo corporale e spiri-
tuale de' poveri schiavi cristiani, e
ad esercitarsi nelle opere di mi-
sericordia a benefìzio del prossi-
mo bisognoso ed afflitto. Compi-
la la funzione furono dalla chiesa
I
Ito
ino
1
MER
accompagnate da numeroso popolò"
alla loro casa, ove si esercitarono_
nelle virtù in maniera che moli
di esse morirono con fama di sar
tilà. Si conta tra queste per
prima a vestire l'abito dell' ordii
suor Maria Soccos o del Soccorso
della famiglia Cervellon di Barcel,
Iona, nobile e ricca. Educata dai-
genitori nel timore di Dio, fece
volo di virginità, e restata erede
di pingue patrimonio l'impiegò tut-
to in vantaggio de* poveri, degli in-
fermi e degli schiavi, e piìi volte fu
veduta camminare sulle onde del
mare per soccorrere e salvare i
mercedari con altri che naufraga-
vano, onde i concittadini per so-
prannome la chiamarono della mer-
ce e del soccorso. Morì in patria
a' icj setteuìbre 1290, e tu sepolta
nella chiesa de' mercedari, ove tut-
tora si conserva il corpo intatto, e
da Dio illustrato da molti miracoli.
Innocenzo XI 1 approvò il decreto
de' riti nel ifigi, in cui fu ricono-
sciuto il culto immemorabile, ac-
cordando nella festa il rito semi-
doppio nel 1696, poi esteso <la
Benedetto XIV negli stati austriaci,
e da Pio VI per la Toscana.
Tra le monache del terzo ordi-
ne della Mercede scalze che fiori-
rono in santità di vita, nominere-
mo la beala Maria Anna di Ge-
sù, nata in Madrid da onesti pa-
renti ai 21 giugno i565, cioè da
Lodovico Navarro e da Giovanna
Roinero; in età di i4 anni avendo
risoluto di vivere casta, ricusò co-
stantemente di maritarsi, e vinse le
suggestioni del demonio. Dopo varie
prove di virtù si fece terziaria del-
l'ordine riformato o scalzo della
Mercede, vestendone l' abito in Ma-
drid nella chiesa di s. Barbara,
presso alla quale in una piccola-
MER
cella avea condotto la mac;^ior par-
te di sua vita. Fece i voti solenni
che osservò con somma esattezza,
con eroismo di pazienza e mansue-
tudine. Esercitò meravigliosamente
ogni viriti , digiuni e penitenze,
assidua meditando la passione di
Gesù Cristo, per cui meritò di ri-
cevere particolari testimonianze del-
la di\ina bontà e rivelazioni. Morì
in Madrid d' anni 59 .nel 1 624 ai
17 aprile, conservandosi il suo cor-
po tuttora incorrotto nella chiesa
del convento de'mercedari scalzi di
quella capitale. Pei miracoli da Dio
operati a sua intercessione. Pio \ I
l'ascrisse tra le beale, ed il suc-
cessore Pio VII, ad istanza del p.
Pietro dello Spirilo Santo postula-
tore della causa, a'aS settembre
i8o2, a mezzo della congregazione
de' riti, emanò il decreto, perchè i
mercedari calzati e scalzi d'ambo
i sessi potessero nella sua festa re-
citarne r ufiizio con lezioni proprie
e messa propria. Questo cenno ser-
va di supplemento e correzione al
poco che si disse all'articolo Aff-
NA DI Gesù' (b.) religiosa trinita-
ria scalza, seguendo l'opera del dot-
to Butler ossia Continuazione pag.
I i4, coll'autorilà del quale si chia-
mò erroneamente Anna e trini-
taria questa serva di Dio.
E molto probabile che queste ter-
ziarie, almeno da principio, benché
•vivessero collegialmente, non làces-
serd che voli semplici, come il fa-
cevano per lo più quelle del terzo
ordine di s. Francesco e di s. Do-
menico. Ascrivono al terz'ordine del-
la Mercede ancora i religiosi scalzi del
medesimo ordine, dandone es>i l'a-
bito a quelle persone che lo do-
mandano. 11 p. Bonanni nel Cata-
logo degli ordini religiosi, p. 127,
discorre delle rapnache del terzo
MER 233
ordine della Mercede, dice che do-
po la vestizione che ne fece delle
prime il p. Corbara, processional-
mente furono condotte al mona-
stero a tal fine fabbricato, e che
la prima ad entrarvi dopo di loro
fu la b. Maria del Soccorso, la cui
vita descrisse il p. Reraond, Histor.
cap. II e 21.
MERCIA. Antico e grande paese
nel centro e all' occidente dell'//i-
gJiilterra, onde ne parlammo a quel-
l'articolo, ch'ebbe il titolo di re-
gno, e che prima portò il nome
di Middtl-Aiigles. Fu questo il più.
bello e considerabile de' regni del-
l' Etlarchia, che sussistette sotto di-
ciassette re sino 311*827, '"^ <^"^
Ecberto ne fece la conquista. Ver-
so l'anno yoTi nel paese di Mercia
fu tenuto un concilio, di cui fa
menzione il ven, Beda, lib. V,
cap. ic). Vi si trovò Adelmo, ed
ebbe ordine di scrivere per la ce-
lebrazione della Pasqua contro gli
errori dei brettoni. JNell'anno 81 t
fuvvi celebrato altro concilio, per la
consagrazione d'una chiesa. Angl. t. I.
MEI\CO^E Giovanni, Cardinole.
Giovanni di Mercone pisano, arci-
diacono della chiesa di Tiro, uomo
astuto e versipelle, essendo stato
guadagnalo e sedotto a forza di
denaro , adoperossi efficacemente
presso Eugenio HI, affinchè Ridol-
fo cancelliere del re di Gerusalem-
me, soggetto di esimia pietà e sa-
viezza, fosse fatto arcivescovo di
Tiro, Quindi essendosi procurate
co' suoi raggiri parecchie commen-
datizie dall' oriente, ottenne da Eu-
genio HI nel ii5o di essere an-
noverato tra' cardinali preti, col ti-
tolo de' ss. Silvestro e Martino ai
Monti. Costituito in sì eminente di-
gnità, prese a difendere con gran-
de impegno e ardore presso il de^-
434 MER
to Papa, il patriarca di Gerusalem-
me Pulcherio, contro gli ospeda-
lieri. Dopo le elezioni di Anastasio
IV e di Adriano IV, nelle quali di
buon grado convenne col suo voto,
a dispetto di Alessandro HI si get-
tò vituperosamente al partito del-
l'antipapa Vittore V; ma il Pon-
tefice lo sospese dal sacro mini-
stero, per aver pel primo procla-
mato Papa l'intruso, il quale lo
spedi senza vantaggio suo legato
ai concilii tenuti in Francia, Dopo
la morte dell' antipapa perseverò
nello scisma con tanta ostinazione,
che a tutto potere promosse l' ele-
zione di Pasquale IH all' antipon-
tilìcato. Raggiunto finalmente dalla
giustizia divina, mentre cavalcava
per diporto fuori della città di Vi-
terbo, cadde precipitosamente, s'in-
franse il capo , e peri misera-
mente nello scisma nel 1170 circhi.
MERCURIO GlANNANDREA.Ca/Y/t-
nnk'. Giannandrea Mercurio, nato in
Messina di oscuri e poveri genito-
ri, essendo dotato di erudizione
e di abilità singolare nel comporre
l'epistole, e trascriverle con bea
formato e nitido carattere, serviva
in questo impiego il nolaro arci-
vescovile di quella città Giovanni
Giurba, col quale essendo un gior-
no venuto a parole, per avergli
detto semplicemente, che tanto era
facile che Giurba divenisse uno dei
pubblici magistrati, quanto egli
fosse fatto arcivescovo di Palermo;
offeso il notaro da tali proposizio-
ni, caricò d' ingiurie Mercurio, il
quale abbandonata la patria, si recò
in Roma ove trovò ricovero presso
il cardinale Ciocchi del Monte ar-
civescovo di Siponlo. Questi esplo-
rala la sua indole e trovatala one-
sta ed ingenua, non solo se ne pre-
valse per iscrivere le lettere, ma
MER
ancora per trattare itnporlantissirai
ed ardui adari, che condotti da lui
ad esito felice gli conciliarono la
grazia ed il favore del cardinale
che gli ottenne nel i545 da Paolo
IH l'arcivescovato suo di Siponto,
dal quale dopo otto mesi, ad istan-
za di Carlo V, fu trasferito a quel-
lo di Messina. Divenuto Papa il
cardinal Ciocchi col nome di Giu-
lio IH, a' 20 dicembre i55i creò
Mercurio cardinale prete del titolo
di s. Barbara, e gli ebbe tal cre-
dilo, che non faceva cosa alcuna
piima di consultarlo. In appresso
gli conferì l'archimandrilalo di Si-
cilia, dove fabbricò un nuovo mo-
nastero pei monaci di s. Basilio
dentro le mura di Messina, in luo-
go dell'antico ch'era stato demo-
lito per dare libero campo alle for-
tificazioni di quella città, e dedi-
candolo al ss. Salvatore. Interven-
ne ai comizi in cui furono eletti
Marcello lì, Paolo IV e Pio IV,
indi fu sorpreso in Roma nel pa-
lazzo apostolico da sollecita morte
nel più bel corso degli onori, d'an-
ni 5o, nel i56r, avendo lascialo
ottantamila scudi a' poveri , e fu
sepolto nella chiesa di s. Marcello.
MEREODOCO (s.), vescovo di
Vannes. Finché rimase nel mondo
impiegò le sue copiose entrate in
opere di carila, e finalmente si spo-
gliò di tutti i suoi beni e andò a
menare vita da solitario in un ca-
stello vicino a Ponlivi, nella dio-
cesi di Vannes. Morto il vescovo
di Vannes, i canonici ed il popolo
lo chiesero per pastore, ma non
ottennero che a grandissima pena
il di lui consenso. La dignità epi-
scopale aggiunse lustro novello alla
carità di Mereodoco verso gì' infe-
lici, di cLii era il padre ed il con-
solatore. Portava uu aspro cilicio
MER
sotto le Testi, e non avea clic una
specie (li sacco per vicopiiisi allor-
ché riposavasi. L' antico breviario
di Treguier mette la sua morte nel
i3o2. Egli ha \\n officio a' 7 di
giugno in quelli di Nantes, di Van-
nes ed altri.
MERETRICE o MERITRICE,
Mcrttrix. Donna che fa copia di
suo corpo altrui per mercede, tal-
volta con lenocinio, lenociiiiwn, os-
sia ruflìanesimo del lenone o ru fila-
no, mezzano prezzolato di cose dis-
oneste, e presso gli antichi, uomo
che teneva traffico di donne per
uso di piaceri. Nella leg^c niosaica
le meretrici erano proibite, tiitta-
volta si ricava da più luoghi della
Scrittura, che tra il popolo ebreo
vi furono donne impudiche, che
vendevano per denari l' onestà loro;
eil il Deuteronomio vietò offrire
a Dio vittime comprate con gua-
dagno meretricio. 11 Levitico proi-
bì ai sacerdoti di sposare mere-
trici. Tra gli idolatri vi furono
due sorta di donne impudiche ,
cioè le ordinarie e volgari che
si esponevano per denari, e quel-
le consacrate agli idoli, massime a
Venere, per onorar la quale eser-
citavano quesl' arte infame , of-
frendone il prodotto air impudica
dea, e perciò stavano presso i tem-
pli, usando abbominevoli arti per
essere preferite le une alle altre.
In Siracusa ed a Lacedemone es-
sendosi vietalo alle donne il lusso
delle porpore, fu lasciato alle me-
retrici pubbliche acciò si conosces-
sero. Eravi legge in Atene che ob-
bligava le meretrici a vestir vesti
floride e purpuree. 1 romani ordi-
narono che le pubbliche meretrici
dovessero avere i capelli tinti di
giiillo, ed il ca|>pello di tal colore,
acciò tbsscro conosciute, come riporta
MER a35
il Rosa, Delle porpore p. 1 34- Sul-
la porta delle meretrici, esse po-
nevano il loro nome e condizione
per essere conosciute. Eranvi poi
de' pubblici postriboli chiamati lu-
panari, ove risiedevano le meretrici,
adornandosene l' ingresso con foglie
e luccrue. Il Cancellieri nel suo
ricreato, p. 3i, per dare una idea
del libertinaggio che vi fu un tem-
po tra gli antichi romani, narra
che le donne pubbliche stavano nei
fornici de' circhi sotto la condotta
di scaltro lenone, e al tetro lu-
me di fetida lucerna aspelfavano
chi le cercasse, chiudendo la porta
con vecchio panno rappezzato a più
colori, chiamato centone, e per in-
vito leggevasi fuori il nome vero o
falso dell'infame donna, e il prezzo
fissatole. Il MalFei nel lib. I degli
Anfileatrì, riferisce che nel 1400
l'arena di Verona serviva di stanza
alle meretrici, che ne pagavano la
pigione; e che lo stesso era seguilo
nell'anfiteatro d'Arezzo. S. Agnese
vergine e martire fu condotta nei
fornici del circo Agonale per essere
profanata, ma fu da un angelo pre-
servata da ogni insulto, con più
miracoli : dipoi il luogo fu conver-
tito nella Chiesa eli s. Agnese nel
foro Agonale (Fedi). Anche s. Nar-
ciso, dopo di aver convertito Afra fi-
glia d'Ilaria, la quale avendola dedi-
cata a Venere dea dell'impudicizia,
l'avea applicata all'infame meslieie
di pubblica meretrice in Augusta,
convertì in chiesa quell'ofilcina di
impurità, e dedicolla al Salvatore
e alla Beata Vergine; onde giusta-
mente r Arringhi , Romae siihter.
lib 2, e. I, in Circis ac Theatris
romanìs virginum christianaruni
pudoreni prostilui genliles juhcnt; e
con esso il Bulengero ed il Maran-
goni notarono che alle terme e ba-
2 36 MER
gni, luoghi d'immodestia, canginti
dalla cristiaiiai pietà in chiese, pos-
sono aggiungersi altre officine di
(iis(jnes!à convertite in santuari. Il
principe degli apostoli s. Pietro fu
da Nerone fatto imprigionare con
s. Paolo anche per aver predicalo
ai romani !a castità, e per aver
convertilo due meretrici di tale im-
peratore, quindi battere e marti-
liz.zare. Le sanie Maria Maddalena,
Maria Egiziaca, e Pelagia divenne-
ro esemplarissime penitenti, cosi al-
tre donne di cattiva vita. 11 secolo
X fu per la Chiesa il più funesto
per l'ignoranza e abbondanza di
malvagità, in cui l' influenza e sfre-
natezza di alcune donne giunsero a
dominare pure Roma, intrudere e
deporre Pontefici; tali furono le
famose meretrici Teodora e le sue
figlie Teodora e Marozia, cui pur
tuttavia non mancarono difensori:
nel declinar del secolo XV famosa
fu in Roma la cortigiana Lucrezia
Vannozia; e di tutte parlammo in
più luoghi.
I coiicilii, i Papi ed i vescovi in
ngni tempo furono solleciti e zelan-
ti di emanare provvedimenti contro
le meretrici ed i lenoni, ciò che
in diversi articoli notammo. Leone
X assegnò i beni delle meretrici
di Roma che morissero ab intestato
al monastero delle convertite, di-
pendente dall' Aiciconfraternita del-
la Carità [Vedi). Pio IV istituì un
monastero per le donne che avea-
no menato vita licenziosa, del qua-
le trattammo a Agostiniane Con-
vertite. All'articolo Donna ripor-
tammo i decreti di s. Pio V e di
Sisto V contro le meretrici. Cle-
mente XI 1 coir opera dell'architet-
to cav. Alessandro Fuga fabbri-
cò in Roma nel lato sud-ovest
ileir Ospizio aposiolicQ di s, Mir
M E Pt
chele, nell'anno fj^S, la casa di
condanna delle donne, a ciò mosso
dal ven. Giambattista de Rossi da
Voltaggio canonico di s. Maria in
Cosmedin, pei gravi scandali che a-
vea rimarcato nelle condannate nel-
le carceri comuni. Quindi le don-
ne condannate per delitti comuni
e quelle ree di disonestà rimasero
in questa prigione, finché Leone XII
le fece trasportare alle Terme dio-
cleziane, nel locale degli antichi
granari dell'annona di Clemente Xllf,
nell'ultimo piano dell' edifizio, ora
casa di detenzione per gli uotiiini.
Pio Vili le fece ricondture nell'un*
lieo carcere presso s. Michele, as-
segnando alle ree di delitti co-
muni l'antica loro abitazione, ed
alle meretrici e donne di mal af-
fare l'antica carcere de' ragazzi, i
quali Leone XII avea fatto trasfe-
rire presso le carceri nuove. L'an-
tico locale della correzionale de' ra-
gazzi fu eretto presso s. Michele da
Cleuìenle XI, per l' architetto Car-
lo Fontana nel 1704, mirabile edi-
fizio composto di una vastissima
sala rettangolare a volta , liuiga
palmi 190 e larga 70, ne' cui lati
maggiori sonovi 60 celle disposte
a tre ordini su ciascun lato. Agli
angoli quattro chiocciole servono
per salire al secondo e terz' or-
dine, innanzi cui corre una loggia.
Sulle loggie corrispondono gli usci
e i finestrini degli stanzini, lunghi
12 palmi e larghi io; dall'opposta
parte eh' è l'esterna, vi è altro
nestrino per la più facile ventila
zione. Nel mezzo ai lati maggie
vi sono due grandissime finestra
onde si ha luce ed aria in abbon-
danza. Nel piano della sala sopra
de' lati minori è situato l'altare, il
quale ha incontro altra grandissi-
ma finestra. Dei lavori ed esercii
MER
zi spirituali che si fanno da que-
ste condannate, e dei loro modo
di vivere, traila monsignor ]Moriclii-
ni, Degli isliluti in Eoina lib. Ili,
cap. IX. AH'arlicolo LuocorENEivTE
dicemmo che al primo del governo
e confidata la soprintendenza del-
la casa di condanna dille donne ;
ed agli articoli Carcere, e Gover-
natore DI Roma, si disse della visi-
ta graziosa. All'articolo s. Girolamo
SELLA capita' sì è parlato delle li-
niosine che distribuisce alle donne
condannate, e di altro in loro van-
taggio, e che amministra quanto in
loro favore lasciò Benedello Greco.
All'articolo Maresciailo parlam-
mo dell'enorme abuso con cui si
pagava ad esso una multa dalle
meretrici e dai lenoni, di cui trat-
tò r Henelio, Obsen'at. de. vccligali
meretricio et urinario, e. Sa, p. 5o.
Abbiamo da Giuseppe Laurenzi:
De adiilleriis ac meretrieibiis tra-
clado, in Gronovii, Thesaur. ant.
graec. Vili, ì^on. Agli articoli
Donna e Matrimonio dicemmo delle
concubine. Ad impedire che le don-
ne, massime zitelle povere e orfa-
ne, si esponessero a cader vittime
dell'altrui seduzione, e si ponessero
ad esercitare l'infame e peccami-
noso mestiere di merelrice; cosi
perchè le figlie di meretrici col loro
pessimo esempio non le imitassero,
ebbero origine per benefici e ge-
nerosi istitutori parecchi degli at-
tuali Conservatorii di Poma (^P edi),
che in seguilo hanno servito e ser-
Tono per T istruzione morale e re-
ligiosa, come si può vedere ai loro
articoli nel novero che ne facem-
mo, uscendo da molti di essi sol-
tanto per monacarsi o maritarsi one-
stamente. 11 Conservatorio dis. Croce
della penitenza dello del Buon Pa-
store, o^eìÌQ scalette, è il luogo in cui
MER 237
il cardinal Vicario di Roma [Pedi)
pone le femmine di cattiva vita, e
vi si ritirano pure le mal maritale e
quelle che abbandonano la vita li-
cenziosa. Il Conservatorio della di-
vina Clemenza detto del rifugio fu
eretto per le donne ma non ree di
trascorsij poi lo divenne per que-
ste. I Conservatorii di s. France-
sca Romana, del Rifugio della
Lauretana, e del Rifugio di s. Ma-
ria in Dastevere , sei'vono i lìun
primi per togliere dalla via della
perdizione le donne che in essa si
trovano, e dopo uscite dall'ospeda-
le di s. Giacomo per mali venerei,
o da quello di s. Rocco per avervi
partorito; e il terzo per le donne
u.'icile dal carcere di s. Michele, e
recidive ne' loro trascorsi di mal
costume. In Roma oltre copiosissi-
me sovvenzioni, a facilitare i ma-
trimoni e le monacazioni nelle po-
\ere donzelle prive di dote, ed im-
pedire il vivere disonesto, furono
grandemente benemeriti i Papi, i
cardinali, i prelati, i laici d' ambo
i sessi con istituire sussidi! perpe-
tui per Dote [Pedi); ed in molli
luoghi parliamo delle istituzioni si-
mili e più celebri fatte altrove,
per togliere la licenza del vivere
e contribuire alia facilitazione dei
matrimoni e monacazioni, con im-
menso vantaggio spirituale e tem-
porale, y. \ergini.
MERIDA, Emerita augusta.
Città vescovile della Spagna nell'E-
slremadura, in una beila pianura
fertile ed abbondante di pascoli, vi-
ni, frutti, grani. Sta sulla riva de-
stra della Guadiana, eh' è attraversa-
ta da un ponte magnifico di diciot-
to archi, opera veramente romana,
e sulla sinistia dell' Albarregas che
viene ad unirsi alla Guadiana, e su
cut vi è pure un ponte di ciuque
238 MER
archi. Ha un governatore civile, un
comandante d' armi, ed un superio-
re dell'ordine di s. Giacomo. Le
case sono comode, ma antiche j vi
sono alcuni palazzi ben conservali,
due chiese parrocchiali, monasteri,
conventi, due ospedali, uno de'qua-
li grandissimo. Fu patria del poeta
Deciano vivente sotto Augusto, di
Gio. Antonio de Vera-y-Zuniga, di
13aldassare Moreno, e di altri uo-
mini illustri. Questa cillà secondo
alcuni fabbricala da Augusto 28
anni avaiili Gesù Cristo, e secondo
altri divenuta colonia romana l'an-
no di Roma 726, fu popolata dai
soldati della V e X legione, che la
chiamarono Emerita Augusta. Di-
venne la capitale della Lusitania, fu
abbellita e specialmente da Vespa-
siano d'un' infinità di monumenti,
iie'quali i romani spiegarono la lo-
ro grandezza e potenza: tali furo-
no templi e ponti magnifici, archi
trionfali, acquedotti superbi, bagni,
teatro, circo, naumachia, ec. Era as-
sai grande, facendosi giungere la sua
estensione a più di sei leghe di
circuito. Sotto i goti conservò la
sua magnificenza ed i suoi monu-
menti, e divenne la sede d' un ve-
scovato prima del 5oo circa, che
cessò dopo che i mori presero la
città nel 718, moltissimo danneg-
giandola: "vi si rimarcano lullora
gli avanzi de' suoi begli edifizi, e
principalmente quelli di un ponte,
di due acquedotti, d' una fortezza,
d' un bagno e d'un arco trionfale.
Prima di tale epoca e nel 666 vi
fu tenuto un concilio a' 6 novem-
bre da dodici vescovi della provin-
cia di Portogallo che vi fecero venti
canoni sopra la disciplina e diritto
ecclesiastico. Tra gli altri venne
ordinato, che quando il re sarà al-
la gueira si olfrirà ogni giorno il
MER
sagrifizio per lui e pel suo eserci-
to. Il vescovo potrà levare dalle
parrocchie i preti e diaconi che
crederà opportuni per suo aiuto,
e metterli nella cattedrale o chiesa
principale, senza però che i trasfe-
riti perdano l' ispezione e le ren-
dite delle antiche chiese. Si crede
questa l'origine de' primitivi cano-
nici curati. Reg. t. XV; Labbé t.
VI; Arduino t. Ili; Diz. dt coii'
cìlii. Calisto li elevando nel 11 20
al grado di metropolitana CompO'
stella {^l^edi)^ vi riunì la diocesi di
Merida. Nel 1280 Alfonso IX re
di Casliglia e di Leone tolse Meri-
da ai maomettani mori, nel qual
tempo, secondo il portoghese No-
vaes, la cattedra vescovile di Meri-
da fu reintegrala dal Papa Grego-
rio IX. La cillà fu alquanto forti-
ficata durante le guerre contro il
Portogallo nel secolo XVII, ed ai
nostri tempi i francesi la occuparo-
no nel genuaio 181 i.
MERIDA (Emerilen). Città eoa
residenza vescovile nelle Indie occi-
dentali, ossia nell'America meridio-
nale, nella Colombia o Messico, ca-
poluogo dello stato di Yucatan ,
distante 2 3o leghe all'oriente dalla
città di Messico, io al sud dalla ri-
viera del golfo messicano, e 180 a
sellenlrione di Guatimala. Giace a
pie di alti monti in un'arida pianura.
IS^on ha grand'eslensione, ma è ben
fabbricala, conducendo otto strade
rettilinee alla gran piazza centrale,
la quale è abbellita dai più notabili
edifizi, che sono il palazzo del go-
verno e la cattedrale. Vi sono ma-
uifallure di cotone e buoni artefici
per lavori in jame. Vi risiede la
corte di giustizia per gli stati di
Yucatan, 'Pabasco e di Chiapa, con
più di 10,000 abilanli. Lungo la
via boreale di Merida per Bacalar,
MER
s'inconlrano molti antichi rudeii, ed
assai più e meglio munienuti nella
via meridionale, per lo che pub
dirsi che il lato orientale dello sla-
to del Yucatan ne ridondò. 11 più
conservalo è un grandioso edifizio
quadrato, che i naturali chiamano
Oxnitital, che misuralo verso il j ySo
si tiovò di 600 piedi in ognuna
delle quattro facce, e gl'interni ap-
partamenti, il corridoio, i pilastri,
sono lutti decorali da hassorilievi
che rappresentano serpenti, lucerto-
le ed altri rellili . Queste rovine
hanno molta analogia colle lauto
famose di Palenquè, che danno dot-
te materie alle investigazioni degli
archeologi.
La sede vescovile, per distinguer-
la da quella di Spagna, fu chiama-
ta Emerita Nova, e da Paolo HI
\enne eretta nel i547, e dichiara-
ta suffraganea della metropoli di
Messico. I vescovi di Merida, Gio-
vanni di s. Francesco e Giovanni
della Porta, furono nominati, ma
non consagrali ; quindi il primo ve-
scovo può dirsi Francesco di Toral
francescano e provinciale della pro-
•vincia del s. Evangelo, consacralo
nel 1 562 e morto nel iSyi. Fra
i suoi successori noteremo partico-
larmente Gonzalez de Salazar ago-
stiniano, nominalo nel 1608, il qua-
le governò la chiesa col massimo
eelo ed occupossi particolarmente di
distruggere gli avanzi dell' idolatria,
rovesciando ventimila idoli, per cui
si meritò grandi elogi da Paolo V,
che gli scrisse una lettera nella
quale lo felicitava per avere di-
strutta affatto l'idolatria; mori nel
i636 dopo aver convertito quin-
dicimila indiani. In progresso di
tempo la successione de' vescovi fu
interrotta, e Merida cessò di essere
vescovato. Pio Yl ad istanza del
MER a39
re di Spagna Carlo III, nuovamen-
te eresse in cattedrale vescovile Me-
rida, assoggettandola all' arcivescovo
di s. Fede di Bogota ; indi nel con-
cistoro de'aS settembre 1782 ne
fece vescovo fr, Giovanni Ramos
de Lora francescano, nato nel 1722
in Palacios y Yillafranca, diocesi di
Siviglia ; poscia gli diede per succes-
sori, nel 1791 fr. Emmanuele Can-
dido de Terrisos domenicano, di
Sesquile diocesi di s. Fede, e nel
I 795 fr. Antonio Espinosa pur do-
menicano, di Corvera diocesi di Sa-
ragozza. Pio VII preconizzò vescovi,
nel 1801 Giacomo Hernandez Mi-
lanes di Nieza diocesi di Salaman-
ca, e nel i8i6 Raffaele Laso de
la Vega, nato in s. Giacomo del-
le Indie. Però il medesimo Papa,
colla bolla Iti universalis Ecclesiae^
de' 24 novembre i8o3, presso il
Bull. Rom. Cont. t. Xll, p. 97, e-
rigendo in metropolitana la sede
vescovile di Benezuela o Caraccas
o s. Giacomo [Fedi), le assegnò
per suffraganee Merida ed altre
chiese, e tuttora lo è. Essendosi
sottratto anche il Messico e Perù
dal dominio spagnuolo, Leone Xll
non volendo lasciare alla morte del
vescovo Laso questa diocesi priva
del pastore, nel concistoro de' 2
ottobre 1826 nominò suffragane©
Bonaventura Arias della stessa dio-
cesi di Merida, facendolo vescovo
di Gerico in parlibus, già vice-ret-
tore del seminario e canonico del-
la cattedrale, colla qualifica ancora
di vescovo ausiliare. In questa go-
vernò la chiesa anche dopo che il
vescovo Laso fu traslato a Quilo li
i5 dicembre 1828, finché assunto
al pontificato Gregorio XVI lo di-
chiarò vicario apostolico. Questo
Papa nel concistoro degli i i lu-
glio i836 elesse vescovo di Merida,
24o MER
Giuseppe Vincenzo Unda di Gua-
nai-ii diocesi di Benezuela e ret-
tore di quel collegio, esaminatore
sinodale, professore di filosofìa e
di gius ecclesiastico ; indi per sua
morte in quello de' 27 gennaio
1842 nominò l'odierno vescovo
monsignor Giovanni Ilario Boset, na-
to nel Porlo di Gueya, arcidiocesi
di Caraccas, già parroco zelante di
molle chiese e per ultimo di s. Ma-
ria d' Altagrazia, professore di teo-
logia nell'università ed esaminatore
sinodale.
La cattedrale distrutta dal terre-
moto, con gran cura va riedifican-
dosi dai cittadini di Merida, e sot-
to il titolo dell' Immacolata Conce-
zione di Maria. Il capitolo si com-
pone della dignità del decano, di
quattro canonici, di due porzionari
e di altri del clero, quali tutti prov-
visoriamente ufiìziano nella chiesa
di s. Domenico ov' è il battisterio
per la cura della cattedrale. Conti-
gua a questa si sta rifabbricando
l'episcopio, abitando intanto il ve-
scovo in decente casa. Vi sono an-
cora in città due altre chiese par-
l'occhiaii col sacro fonte, un mona-
stero di religiose, tre confraternite,
r ospedale ed il seminario. Amplis-
sima è questa diocesi, per cui a
tempo opportuno, per una migliore
amministrazione, probabilmente po-
trà aver luogo una circoscrizione. I
frutti della mensa vescovile sono
tassali nella cancelleria apostolica
in fiorini Irenlatre e mezzo, essen-
do le rendite del vescovo scudi
quattromila ron)ani.
MERINI Stefano Gabriele, Car-
dinale. Stefano Gabriele Merini, na-
to in Giaen nella Spagna, da famiglia
oscura, colla sua destrezza si avan-
zò nella corte di Ferdinando V re
di Spagna, e in quella di Giulio
MER
II e Leone X, da cui ottenne l'ar-
civescovato di Bari, ed insieme il
vescovato di sua patria^ colla di-
gnità di patriarca delle Indie. A-
driano VI nel i522 lo inviò col
carattere di nunzio in Francia, ad
oggetto di trattare la pace tra Fran-
cesco I e Carlo V, e quantunque
non riuscisse in questo maneggio,
non mancò d' acquistarsi molta sti-
ma presso r imperatore che ebbelo
in luogo di suo intimo consigliere,
e lo impiegò in diversi affari assai
rilevanti, e gli ottenne colle sue i-
stanze la porpora, che Clemente VII
gli conferì a' 19 febbraio (533 nel
crearlo cardinale prete di s. Vitale.
Nel i535 Paolo III gli concesse a
titolo di amministrazione la chiesa
di Gaeta, e dopo due mesi quella
di Bovino. Come arcivescovo di Ba-
ri intervenne al concilio generale di
Laterano V, e come cardinale al
conclave di Paolo III. Vide il suo
fine in Roma nel i535 d' anni
63, e fu sepolto nella chiesa di s.
Giacomo degli spagnuoli con nobile
epitadlo. Lasciò una somma consi-
derabile alla chiesa di Bari per
formare i sedili del coro, una mi-
tra preziosissima , ed alcuni sacri
arredi. Il Garimberti storico mor-
dace e poco veritiero, scrive che
il Merini da fanciullo venne desti-
nalo per la sua plebea condizione
a guardare i cani, ed a far lo sguat-
tero della cucina del cardinal A-
scanio Sforza, al cui appartauiento
recando talvolta la legna pel fuoco,
s'incontrò piìi volte a ragionare col
cardinale, che avendolo scoperto di
straordinario talento, lo trascelse
per cameriere. Il Ciacconio confutò
il Garimberti, dicendoci che mentre
Merini avea 3o anni, Leone X scris-
se per lui lettere premurosissime al
re di Sp.igna, acciò io nominasse al-
MER
la sede di Leone, che però non
el)be.
MERITO, Merilum. Preiuio,
guiderdone, ricompensa rimunerano
il melilo delia bontà morale delle
azioni degli uomini, -quello della
dolUina, dell' arte e delle azioni
mililari. Quindi sotto il titolo del
mento mililnie o civile furono isti-
tuiti diversi ordini equestri, cioè
alcuni furono l'ondati soltanto per
riconoscere i meriti militari acqui-
stali in qualche fallo parziale ; al-
tri furono estesi alla benemerenza
de' letterati, degli artisti, ed anche
agi' impiegali civili ed ai lunghi
servigi da questi prestali allo slato.
Ordini e medaglie di decorazione
del inerito trovausi stabiliti in di-
verse epoche e in diversi stati. Qui
appresso registreremo per ordine
alfabetico de' luoghi, molti di que-
sti ordini, altri avendoli riportali
sotto denominazioni siuonime, come
a cagion di esempio all' articolo s.
Lodovico ordine equestre del merito
civile; cos'i Massimiliano ordine mi-
lilare ed ordine civile; come pure
in vari luoghi parlammo delle me-
daglie di decorazione assegnale al
merito civile e inililare di diverse
grandezze, mentre a Medaglie pon-
tificie parlammo delle medaglie col-
l' epigrafe Benemerenti concesse da
diversi Papi.
Assia Elettobaìe, cavaliere della
croce del merito. Questo ordine
militare fu istituito dall' elettore
Guglielmo I nel 1820, per ricom-
pensare i sudditi per le sostenute
guerre lunghe e sanguinose che
agitarono l'Europa negli ultimi an-
ni del secolo passato e ne' primi
del corrente, stabilendo per distin-
tivo una medaglia d' argento pei
soldati e per gì' impiegati di classe
inferiore, come pure per gì' imple-
VUL. XLlV.
MER 241
gali comunali, che con belle azioni
si resero benemeriti del sovrano o
de' loro concittadini, tanto con leali
servigi, quanto mercè di utili inven-
zioni, o col mezzo del coraggio per-
sonale. Succeduto al nominato elet«
tore Guglielmo li, questi camliiò
nel 182 1 la medaglia dell' ordinei
la quale ebbe ancora altro cambia-
mento nel declinare del i83i, dal
principe co-reggente, mediante una
croce d' oro e di ar£;enlo , aventi
da un lato la sigla dell' elettore,
dall'altra quella del co-reggente, e
sulle braccia di essa fu inciso il
motto : Per il merito e la fedeltà.
Questa croce i cavalieri l' appendo-
no dalla parte sinistra del petto.
Assia-Cassel o Elettorale, ca-
valiere del merito militare. Federi-
co li landgravio d' Assia-Casselj vo-
lendo premiare gli uiliziali che nel-
le battaglie aveano date prove in-
signi di valore e d' intrepidezza, ai
5 marzo 1769 istituì l'ordine del
merito militare, che a' 22 ottobre
1820 ebbe nome d'ordine per la
virtù militare. Il numero de' cava-
lieri è illimitato, e la loro decora-
zione si forma da una croce d'oro
pendente da nastro di seta turchino
orlato di bianco.
Assia Granducale o DarmstadTj
cavaliere del merito militare. A.
promovere la gloria militare e
il coraggio ne' soldati , il gran-
duca Luigi I istituì r ordine ai
25 agosto 1807. Un anno dopo la
sua morte furono pubblicali gli sta-
tuti di esso a' i4 dicembre i83i ,
venendo aggiunto al titolo del me-
nto militare quello dell'istitutore
Luigi. E diviso in cinque dilferen-
ti classi, cioè gran croci, commen-
datori dì prima e seconda classe,
e cavalieri semplici egualmente dì
prima e seconda classe: la grac
16
242 MER
croce si conferisce sollanto ai prin-
cipi o a nol)ili che godine il di-
stintivo dell'eccellenza, o che ne
tengano il grado. La decorazione
de' cavalieri si compone di una stel-
la a olio raggi, che si appende con
nastro di seta nera e orli rossi
alla parte sinistra del petto. Da un
lato vi è la lettera L sopra uno
scudo rotondo smallalo in rosso,
con cerchio bianco, e attorno l'e-
pigrafe: Pel merito. Nel rovescio
della stella, lo scudo nero contie-
ne le parole: Dio, onore, patria, le
quali sono pure impresse sulla me-
daglia ollagona d'argento, la quale
costumano portare i grancroci, ed
anche su quella quadrangolare col-
la corona dell'ordine, la quale u-
sano i commendatori di prima
classe.
Baden, cavaliere del merito mi-
litare. Venne fondato dal granduca
Carlo Federico a' 4 aprile 1807,
per ricompensare gli egregi fatti dei
suoi migliori guerrieri, e per pro-
muovere negli altri onorevole einu-
Jazione, prescrivendo che l'ordine
del merito militare servisse anche
poscia di guiderdone ai valorosi.
Compose l'ordine di tre classi, cioè
di gran croci, di commendatori, e
di cavalieri semplici, stabilendo che
fosse presieduto dal gran maestro,
dignità che riserbò per sé e prin-
cipi successori, decretando inoltre
che i principi di sua famiglia fin
dalla nascila appartenessero all'or-
dine. Poscia in vigore degli statuti
venne ordinato , che i soli generali
potessero averne la gran croce, e
che tutti i membri ad eccezione
de'principi, dovessero godere d'an-
nua pensione. Perciò fu stabilito
che i due gran croci più anziani
percepirebbero l'annuale assegno di
4oo fiorini, che i tre più vecchi
MER
commendatori ne avessero 200, e
gli otto più antichi cavalieri 100.
La decorazione formasi di una cro-
ce a quattro raggi eguali smaltati
in bianco, nel centro della croce
sonovi le lettere C. F. cifra del
fondatore: il rovescio contiene un
grifone in argento collo stemma
gentilizio della casa di Baden, e
l'iscrizione: Per l'onore di Baden.
La croce si porta dalla parte de-
stra del petto, con naslro di seta
listato di rosso e giallo, e negli
orli filettato di bianco.
Baviera. F. Massimiliano, ordine
del merito militare, e ordine del
merito civile; più s. Michele, ordi-
ne del merito.
Brunswick, cavaliere della croce
del inerito militare. Il duca Gu-
glielmo fondò l'ordine il primo a-
prile 1833, e volle esclusivamente
servisse di premio ai buoni e
leali servigi de'militaii. Condiste la
decorazione in una croce d' oro,
colla cifra dell'istitutore sullo scudo
bianco, colla corona. Si conferisce
agli uffìziali, che hanno servilo o-
noratanienle venticinque e più anni;
agli uffìziali e soldali dopo il ser-
vigio di venticinque, venti e quin-
dici anni , con tre classi differenti,
vi è altra decorazione. Questa for-
masi nel seguente modo. Quella
per la prima classe è la croce di
argento con sopra Io scudo roton-
do circondato da raggi, e contenen-
te la cifra del duca; quella perla
seconda la croce d'ai'gento non ha
raggi intorno allo scudo ; quella
della terza classe la decorazione è
diversa, poiché si compone di un'a-
sta d'argento con scudo ovale, con
la cifra come sopra ; nei rovesci
poi d'ognuna delle tre classi sono
indicati i numeri XXV, XX, e
XV, precisamente corrispondenti a-
MER
gli anni di servizio di ciascun de-
corato.
Francia, cavaliere del merito mi-
litare. Nel 1759 l'istituì il re Lui-
gi XV mentre era in fiera guerra
cogl'inglesi e coi prussiani, in fa-
vore degli uffiziaii svizzeri ed altri
delle sue truppe, nati ne'paesi ove
è stabilita la pretesa religione rifor-
Biata o protestante, colle dignità di
due gran maestri. La croce era
d'oro a otto punte, simile a quella
di s. Luigi (il quale ordine non
poteasi conferire ai protestanti); da
ima parte aravi nel mezzo la spa-
da e intorno l'epigrafe, Pro virtiite
bellica j nel rovescio la corona
d'alloro col ritratto del fondatore,
e in giro, Ludovicus XF' institutor.
Jl nastro era di seta color celeste
o azzurro intenso, e si appendeva
alla bottoniera. Decaduto l'ordine
all'epoca repubblicana, nel 18 14 'o
ristabilì Luigi XVIII per le stesse
ragioni per cui era stato eretto,
cioè per premio de' valorosi e fede-
li che aveano servito, e per inco-
raggiar gli altri ad imitarli. 11 nu-
mero de' gran croci fu limitato a
quattro, quello de'commendatori ri-
stretto a otto, indeterminato quel-
lo de'cavalieri semplici. Dal i83o
in poi l'ordine non fu più con-
ferito.
Polonia , cavaliere del merito
militare. Stanislao Augusto Ponia-
towski re di Polonia mentre guer-
reggiava per r indipendenza della
nazione, e ricupera del primo smem-
bramento che avea sofferto il regno,
nel declinar del 1791 istituì questo
ordine del merito militare per con-
fermare i suoi alla difesa, e ne de-
corò i più prodi uffiziaii del suo"
esercito. Andando le sue cose di
male in peggio, anche Varsavia
cadde in potere de'russi nel 1792,
MER 243
laonde Caterina II nella dieta di
Targowilz severamente interdisse
quest'ordine, obbligando gì' insigni-
ti a restituire i diplomi. Nella co-
stituzione di Varsavia del 21 luqlio
1807 si tornò a far menzione di
questo ordine, indi a' 26 dicembre
venne reslauiato da Federico Au-
gusto re di Sassonia, siccome gran-
duca di Varsavia. Allorché poi nel
18 18 Varsavia tornò in potere dei
russi, e che 1' imperatore di essi
Alessandro I si fece coronare re della
più gran parte della Polonia, dan-
dola a governare al fratello gran-
duca Costantino, l'ordine riacquistò
il suo lustro, ed Alessandro I se
ne dichiarò gran maestro. II suo
successore e fratello il regnante
Nicolò I incorporò l'ordine a quel-
lo dell'impero russo, sotto la de-
mi nazione di decorazione imperiale
del merito militare, dividendolo in
cinque classi. Al tempo stesso l'im-
peratore dichiarò che in progresso
questa decorazione più non sarebbe
conferita. Il distintivo de'cavalieri
consiste in croce d* oro smaltata
in rosso, la quale si appende al
petto con *nastro di seta ondata
turchina , avente nel centro liste
nere.
Portogallo, cavaliere del merito
militare. V. Avis, ordine militare
di s. Benedetto, chiamato novella
milizia. La l'egina INIaria I di Por-
togallo, di questo ne fece un ordi-
ne del merito militare nel 1789,
da ecclesiastico ch'era, assegnandone
le rendile ad uffiziaii di merito.
Oltre il gran maestro ed il gran
commendatore, fu composto di sei
gran croci, di quarantanove com-
mendatoli, e di cavalieri il cui nu-
mero è illimitato. L'ordine possie-
de dieciotto villaggi e quaranta-
nove commende.
244 MER
Cavaliere del merito civile di s.
Giacomo. F . s. Giacomo della
Spada, ordine cavalleresco. Dalla
Colleclion liistorìqiie des ordivs de
chevalerie de PeiTot, Paris 1820, si
rileva che l'ordine di s. Giacomo del-
la Spada è ancora un ordine militare
ed ecclesiastico nella Spagna; ma in
Portogallo nel 1 789 fu convertito
in un ordine del merito civile dal-
la regina Maria che lo divise in tre
classi, cioè di sei gran croci, di
centocinquanta commendatori, e di
un numero illimitato di cavalieri.
Pnussii, cavaliere del tneriio mi-
litare. Il re Federico II il Grande
lo fondò nel 1740 nel giorno di
sua inaugurazione al trono, per ec-
citare l'emulazione tra'suoi soldati,
meditando ampliare i suoi dominii
col mezzo delle armi ; quindi ob-
bligò i decorati dell' ordine della
generosità a deporne le insegne, se
insigniti del nuovo, lasciandole agli
altri. L' ordine della generosità era
stalo istituito dal suo genitore, pii-
ino re di Prussia Federico 1, nel-
l'età di dieci anni, nel 1667, essen-
do elettore di Brandebuigo, e di-
venuto re nel i70i,*dichiarando
primo ordine del regno quello del-
l'Aquila nera, ordinò che per con-
seguire quello della generosità bi-
sognava essere stato decorato del-
l'altro. In principio Federico li di-
spensò l'ordine del merito ai mili-
tari ed agli impiegati civili del
reame, e poscia questi secondi ne
furono esclusi, riservandolo pei soli
militari a meglio promovere in loro
gloriose azioni. Dipoi il re Fede-
rico Guglielmo 111 con diploma
de' 18 gennaio iSio estese 1' ordi-
ne, decretando che non si potesse
conseguire se «non per servigi resi
sul campo di battaglia ; indi nel
documento di fondazioue della ero-
MER
ce di ferro, de' io marzo i8i3, di'
chiaro che durante la guerra che
era per iscoppiare, 1' ordine pel me-
rito non sarebbe piii concesso, e
che in casi rari e veramente stra-
ordinari sarebbe dato con tre fron-
de di quercia al suo anello ; se ta-
luno poi giungesse a ottenerlo tre
volte, il nastro sarebbe decorato
con tre raggi d' argento. La croce
è d'oio a otto punte smaltate in
turchino colla lettera F nel centro,
iniziale del nome del fondatore, e
la epigrafe: Ponr le merile. Que-
sta croce si porta appesa al collo
con nastro di seta nera filettato di
argento. II regnante Federico Gu-
glielmo IV nell'agosto 1846 pre-
scrisse, che nel caso di nomina di
straniero a cavaliere dell' ordine del
merito, l'accademia di scienze ed
arti di Berlino abbia a presentare
essa Ire candidali, fra' quali il re
farà la scelta. La nomina di trenta
cavalieri di nazione tedesca, conti-
nua a dipendere dall' unico bene-
placito di sua Maestà prussiana.
Sassonia, cavidiere del merito
civile. Lo fondò il re Federico Au-
gusto a'7 giugno 18 15, per deco-
rare i benemeriti suoi sudditi, e
gì' impiegati che gli avevano reso
utili servigi nelle memorande epo-
che del 18 1 3 e i8i5; bramando
non solo di ricompensare tutti quel-
li che si erano acquistati de' diritti
alla sua stima e riconoscenza, ma
anche di fondare un pubblico isti-
tuto per alimentare lo zelo di ben
servire la patria e la famiglia rea-
le. Per la qual cosa decretò, che
r ordine si dovesse conferire ai sas-
soni che avessero reso utili servigi
allo stato, o che si distinguessero
per virtù civili, quindi che si con-
cedesse pure a que' stranieri che si
acquistassero titoli alla riconoscenza
MER
del re di Sassonia e del suo rea-
me. Gli statuti furono pubblicati ai
12 agosto 18 15, eia prima distri-
buzione delle croci cavalleresche
ebbe luogo a' 23 dicembre. La cro-
ce del merito civile ha lo slemma
di Sassonia con attorno i' iscrizio-
ne: Federico angusto tr. di Sasso-
nia, il 7 giugno 1 8 1 5 ; nel rave-
scio si legge : Pel merito e la fe-
deltà , se pei sassoni, che se per
gli stranieri allora il motto è : Pel
inerito. L' ordine si divide in tre
classi, cioè gran croci, commenda-
tori, e semplici cavalieri ; v' è una
quarta classe poi che comprende
quei che sono decorati della me-
daglia del Merito civile. Inoltre
Federico Augusto, mentre era elet-
tore e duca di Sassonia, avea già
istituito una medaglia d' onore mi-
litare per gli uftlziali e pei solda-
ti, affine di ricompensarli di azioni
straordinariamente valorose opei'a-
te nelle battaglie. La medaglia è
d'oro e d'argento colla leggenda :
Benemerito della patria. Anche un'al-
tra medaglia pel merito civile fu dal
medesimo re decretala nel 1S07,
Bllorchè assunse il titolo e le in-
segne di re di Sassonia.
Sicilie (due). P'. s. Ferdinando, o
ordine del merito delle due Sicilie.
Toscana. F. s. Giuseppe, ordine
equestre del merito di Toscana.
WuRTEMBERGA, cavaliere del me-
rito militare. Ritornando ne' suoi
slati il duca ed elettore Carlo Eu-
g«M)io, dopo la famosa guerra dei
sette anni tra Maria Teresa e la
Prussia, a ricompensare que' soldati
«:he con calore e lealtà avevano
sotto di lui militato, agli 1 i feb-
braio 1759 istituì l'ordine del me-
rito militare. Dipoi nel «799 il suo
iìglio duca ed elettore Federico,
vedendo che l' Europa ardeva nelle
WER 245
guerre, stimò opportuno nel novem-
bre di rinnovar l' ordine, perchè
con darne la decorazione ai prodi
soldati che si fossero distinti nelle
battaglie, potesse accender ne' sud-
diti il desiderio di ottenere onorato
premio alle loro imprese militari.
Divenuto Federico re di Wurtem-
berga e continuando le guerre più
accanite neir Europa, nel 1806 vol-
le riformare 1' ordine a' 6 novem-
bre con nuovi statuti. Lo divise
in quattro classi, cioè in gran croci,
in commendatori di prima classe,
in commendatori di seconda classe,
ed in semplici cavalieri. Fra gl'in-
divìdui al servizio del regno, due
appartenenti alla prima classe rice-
vettero un assegno annuo di 2000
fiorini ; quattro spettanti alla se-
conda classe ottennero una pensio-
ne di fiorini 1200; dodici della
terza classe ricevettero i' assegno
di 1000 fiorini; e cinquantadue
della quarta classe n'ebbero 3oo.
In seguito salito al trono il re-
gnante re Guglielmo, pensò di ri-
formar r ordine, e lo eseguì ai
aS settembre 1818, riducendolo a
tre classi cioè gran croci, commen-
datori, e semplici cavalieri. Per es-
.servi ammesso bisogna avere il gra-
do di generale maggiore a fine di
ottenere la prima classe, quello di
uffiziale di stato maggiore per ot-
tenere la seconda, e il grado d' uf-
fiziale comune per conseguire la
terza. La decorazione si compone
d' una croce d'oro a otto punte, col
motto Benemerentibus nel centro, e
si appende ad un nastro di seta
ondata giallo-canarino, con orlo
\erde ; nel rovescio ha lo scudo
coir iniziale di Guglielmo, W, col-
r epigrafe in giro: Intrepido e fé-
dele.
Cavalieri del merito civile di
a46 MER MER
fVurtemberga. \\ re Federico' vo- Quanto all' órdine dell' ^^«/7^ f/'oro
lendo perpetuare la memoria del lo istituì nel 1702 Eberardo Luigi
giorno in cui egli assunse il titolo duca di Wuitemberga gran caccia-
reale, slimò bene d' istituire un or- tore dell'impero, chiamandolo dal
dine civile del merito; quindi a'tì suo uflizio della Gran-Caccia, e pò-
novembre 1806 celebrando l'anni- nendoio sotto la prolezione di s.
versarlo della fondazione del regno, Uberlo. Diede per distintivo a' ca-
ne decretò 1' erezione, volendo con valieri una croce d' oro a otto pun-
esso anche premiare que' sudditi te smaltate in rosso-rubino, ai lati
che sopra gli altri si fossero distinti della quale erano quattro aquile
in qualunque ramo delle civili di- d'oro frammiste a piccoli corni da
scipline. L'ordine fu diviso in tre caccia. Il centro della croce venne
classi, cioè in gran croci, in comnien- smaltato di verde, coli' epigi afe da
datori, ed in cavalieri; i membri nna parte: Virtulis amicUiaeqac
delle due prime classi sono fisiiati foediis ; e dall' altra parte un' aqui-
a sei, quelli della terza a trenta- la d'oro, con nastro di seta ponsò,
sei, senza annoverarvi le nomine Erettosi il ducato di Wurtemberga
del re particolari. Ogni consigliere in regno, il re Federico rinnovò gli
che abbia con zelo servito venti- statuti a'6 marzo 1807 , mutando-
quattro anni può aspirarvi, e coU'or- gli il nome di Gran Caccia in quello
dine si conseguisce la nobiltà per- più ragionevole àtW Aquila d'oro.
sonale. La decorazione de' cavalieri Fu però conservata la decorazione
consiste in una croce o stella a ot- e le iscrizioni, solo aggiunto Fride-
to punte, col centro smaltato in ricus rex, colle iniziali F. R. Sta-
turchioo, e la cifra F. R. ossia Fre- bilV eziandio che i cavalieri non su-
dericiis rex, e l'epigrafe attorno perassero il numero di cinquanta,
Bciieinereiilibns. Il nastro da cui non includendovi in esso i principi
pende la croce è di seta verde on- della reale famiglia, ed i figli del
data, con orlo color canarino. Ma sovrano regnante. Per essere am-
a' 23 settembre 1818 il regnante messo nell'ordine bisognava essere
re Guglielmo unì quest'ordine a principe o conte, o per lo meno
quello della Corona di T'Vurlein- nobile, o essere rivestito d' una ca-
berga. Questo ordine della corona rica che con sé portasse il grado di
fu istituito da detto re per riunir tenente feld-maresciallo generale ai-
quello ddì' Aquila d'oro, e l'altro meno. Finalmente noteremo, che
del merito civile. Lo divise in tre il re Federico nel 1808 stabilì una
classi, cioè gran croci, commenda- decorazione d'onore con nastro di
tori e cavalieri, con numero in- seta gialla, da servire ai capi delle
determinato, e conferisce la nobiltà nobili famiglie del regno; come
personale a chi n' è decorato : i fi- pure nel i8i4 istituì una meda-
gli del re sono ricevuti all'età di glia d'onore, pendente da nastro
sette anni, quelli de'principi reali a di seta gialla con orlo d' oro, a fa-
quella di quattordici. Sopra lo scu- vore de' sudditi che si distinsero per
do delle due prime classi avvi una valore nelle guerre di quell'anno,
corona colla leggenda eguale a qutl- MERLINI Paolucci Camillo, Car-
ia della croce dell'ordine del merito dinaie. F. Paolucci Merli??! Ca-
nailitare, di cui parlammo di sopra, millo, Cardinale.
MER
MERO, Mfitis seti Misus o Co-
mopoUs. Sede vescovile della Frigia
Salutare, sotto la metropoli di Sin-
iiada, nella diocesi d* Asia, eretta
nel V secolo : Cominanville la chia-
ma Meruin scic Myium. Ne furo-
no vescovi: Tesa che assistette al
concilio di Costantinopoli ; Mega
che fu al V concilio generale ; Da-
miano al VII, e Teodoro air Vili.
Oritns christ. t. I, p. 84o.
MERSBURG o MERSEBURG,
Martisburguni , Marishnrgwn, Mar-
tinopolis. Città vescovile degli stali
prussiani, provincia di Sassonia, ca-
poluogo di reggenza e di circolo,
distante sei leghe all'occidente da
Lipsia, in una situazione deliziosa,
circondata da giardini e belle pra-
terie, sulla Saala che si attraversa
sopra uu bel ponte di pietra. E
cinta da un muro, e circondata da
tre sobborghi. Le case sono an-
tiche, essendo tra i più osservabi-
li edilizi la sua antica gotica cat-
tedrale dedicala a s. Lorenzo, ri-
marchevole per le quattro sue torri
piramidali, ed i palazzi vescovile
e ducale. Vi sono altre due chie-
se, un orfanotrofio, un ospedale, una
casa di carità , un ginnasio il cui
fabbricato è vastissimo, e scuole di
ostetricia, e per gli orfani militari.
La birra di questa città è la più
rinomata della Sassonia. Nel sob-
borgo d'Altemburg, in un'antica
chiesa , un soldato uccise dinanzi
I l'altare nel 987 Tancwerdo prin-
cipe di Sassonia, figlio dellimpera-
tore Enrico I l' Uccellatore, il quale
nelle sue vicinanze nel gSS vi a-
veva guadagnata una famosa bat-
. taglia sugli ungherési. Il conte di
Tilly la prese nel iGSi, poscia gli
svedesi, e quindi gl'imperiali ed i
sassoni, finché passò sotto il do*
minio prussiano.
MER 247
Il paese di Mersburg dopo esse-
re stalo una contea per più di
200 anni, fu convertito in vesco-
vato sotto la metropoli di Magde-
burgo, da Ottone I nel 940, altri
dicono nel 968. Ne fu primo ve-
scovo Rosone monaco benedettino,
dell'abbazia di s. Emmerano di Ra-
tisbona ; ne occupò la sede dal
969 al 979. Nel 983 Ottone H
pose nella sede di Rlagdeburgo, Gi-
iìlero vescovo di Mersburg, estin-
guendo questo secondo vescovato
e trasferendolo in detto arcivesco-
vato ; per la qual cosa l'imperatore
fu punito da s. Lorenzo martire
protettore della chiesa , perdendo
l'esercito e la vita nel mezzo di
essa, avendo il santo significato il
castigo in visione ad uno prima
che succedesse. Ottone III nel 984
a persuasione della pia sua madre
Teofaua corresse 1' errore del padre
e reintegrò Mersburg della sede ve-
scovile, che il Papa Gregorio V
confermò nel 998. Al vescovo Dit-
maro fu attribuito un martirolo-
gio; egli ne fu possessore , noa
compilatore. I vescovi possedero-
no un dominio considerabile, eb-
bero rango tra i principi dell'im-
pero, e assoggettarono la città al-
la loro autorità temporale^ dopo
ch'era stata per lungo tempo im-
periale, indi nel 1567 abbracciaro-
no la pretesa riforma protestante.
De' vescovi di Mersburg, fino ad
Alessandro duca di Sassonia, postu-
lato dai canonici luterani nel 1362,
e morto tre anni dopo, in età di
soli dodici anni, ne tratta la Storia
eccl. d'Alemagna, t. II. Gli elettori
di Sassonia trovarono quindi il
mezzo di farsi per postulazione no-
minare vescovi od amministratori
del vescovato, dal capitolo prote-
stante in occasione di sede vacante.
ai?> MER
l<i seguito venne perciò il vescova-
to secolarizzato, e Giovanni Giorgio
elettole di Sassonia Io diede con
sno testamento a Cristiano suo ter-
zo figlio, i cui discendenti ne go-
dettero il possesso sino al lySo,
epoca nella quale si estinse la sua
linea nel duca Enrico. Fu poscia
incorporalo ai doniinii del ramo e-
lettorale, che ne avca la sovranità,
fino a che passò in potere del re
di Prussia. La cattedrale fu per
tnolto tempo uiììziata dai benedet-
tini; il suo capitolo è composto di
venti canonici nobili o dottori, fra
i quali vi sono sei dignitari, più due
canonici , che sono professori di
diritto neir università di Lipsia. Il
Lenglet nelle Tav, cron. dice che
nel io48 fu in Merseburgo tenuto
un concilio.
MERTON. Luogo d'Inghilterra,
nella contea di Surrey sulla riva
ministra della Wandle, che si at-
traversa sopra un ponte: evvi un
collegio fondalo nel 1274- Vi si
tennero due concilii. Il primo nel
12 58 per rivocare le decime accor-
dale dal Papa. Labbé t. XI; Angl.
t. I. Il secondo nel i3oo o i3o5,
sotto Roberto Wynchesle arcive- '
6COV0 di Cantorbery, che vi pro-
mulgò quattro regolanienli sopra di-
verse materie ecclesiastiche , come
sulle decime, sugli arredi sacri, ec.
Da essi risulta con quanto rigore
si esigessero le decime in Inghilter-
ra, poiché non solo pagavansi di
tulli i fruiti ed animali, ma anche
del pollame, della lana e de'latlici-
ni ; ed eziandio le decime perso-
nali dell'industria e del traffico, le
quali estendevansi a tutti i mercanti,
artefici e mercenari; il lutto sotto
pena di censure ecclesiastiche , che
non potevano esser tolte che dal
vescovo, Diz. deconc.j Labbé t.
MES
XI; Arduino t. VII; Angl. t. I; Man-
.si, Suppl. conc. t. Ili, p. 266.
MESE, Mensis. Una delle dodi-
ci parti dell'anno, e quello spazio
che comprende un corso lunare, la
cui parola mensis, secondo Cicerone,
deriva da niensura, misura o de-
terminata quantità. Tempo che il
sole impiega nel percorrere un se-
guo del zodiaco, cioè un poco più
di trenta giorni l' uno per l'altro ;
propriamente è ciò che chiamasi
il mese solare od astronomico, che
forma la dodicesima parie dell'an-
no. Dopo che gli uomini ebbero
osservato i cambiamenti giornalieri
delle tenebre e della luce, cioè dei
giorni e delle notti, fecero pari-
menti attenzione al movimento del-
la luna, movimento manifesto, per-
chè si vede comparire grande e
luminosa , e sparire in seguito; e
siccome essa prova tutti quei can-
giamenti entro un tempo determi-
nalo, e che i ritorni delle sue dif-
ferenti apparizioni o fasi soggiaccio-
no a regole certe e determinate,
mese fu dello quello spazio di tem-
po ch'essa consuma a percorrere
il periodo intero del cangiamento
delle sue fasi. 11 mese lunare è o
periodico o sinodico ; il periodico è
il tempo che la luna impiega a
percorrere lo zodiaco; il sinodico è
il tempo che impiega la luna dal
partirsi dal sole, e dal congiunger-
si di bel nuovo ad esso, cioè ven-
tinove giorni e mezzo circa in più.
11 mese civile od usuale è quello
ch'è accomodato all'uso di ciascuna
nazione in particolare. Gli ebrei
ed i greci servi vansi di mesi lu-
nari ; ma gli antichi ebrei non a-
vevano nomi- parziali per designare
i loro mesi: essi dicevano il primo,
il fecondo, il terzo mese, ec. che
corrispondevano al settembre, otto-
MES
bie, ec. de'romaiii. Dopo la callivi-
tà di Bal>ilonta essi presero i nomi
dei mesi dai caldei, presso i quali
aveaiio lungamente dimorato. 1 do-
dici mesi lunari non facevano che
354 giorni e sei ore, l'anno degli
ebrei essendo più corto di dodici
giorni che il romano: essi chiama-
•vansi : 1 Nisan, II Jar o Jiar,
111 Siban, IV Thamus, V Ab,
M Elul, VII Thisri, Vili Marche-
suan , IX Casseu, X Tebelh, XI
Sehebat o Sabath, XII Adar. Ma
da tre in tre anni avevano gii e-
brei cura d' intercalare nel loro
aimo un XllI mese, che chiama-
\ano Ve-Adar, o sia il secondo A-
dar ; e con ciò il loro anno lu-
nare eguagliava l'anno solare, per-
chè in Irentasei mesi di sole, ve
ne sono trenlaselte di luna. Era
il sanhedrin, o assemblea de'settanta
Senatori, che regolava questa inter-
calazione, e questo tredicesimo me-
se collocavasi tra Adar e Nisan ,
di maniera che la Pasqua fu sem-
pre celebrata il primo plenilunio
d'uo r equinozio. I greci attenta-
niente osservavano il giorno della
neomenia, ossia della nuova luna :
essi dividevano il mese in tre par-
ti o in tre decine, e in ciascuna ri-
cominciavano a computare, ripiglian-
do dall'unità. Lunare era parimenti
il mese de'romani, che dividendolo
iu tre parti, queste chiamavano Ca-
ldi de, None e Idi (Fedi). I no tari
dividevano i mesi in tre parti : se-
gnavano la prima co\ì' inlranle o
ingrediente mensej la seconda, stan-
te o medio mense, o in altra sinu-
le forma ; la terza, exiente o exeun-
te mense; ad imitazione de' greci i
quali dividono i loro mesi in tre
decadi ; di che tratta il Vettori,
Jl fiorino d'oro antico illustrato p.
35^. Da priitcipio i romani non
MES 249
ebbero che dieci mesi nel loro an-
no, e il primo era quello di marzo;
venivano in seguito aprile, maggio,
giugno, quintile, sestile, settembre,
ottobre , novembre , decembre, i
quali erano a un dipresso come i
nostri, e per questa ragione i quat-
tro ultimi nostri mesi portano an-
cora oggi i nomi che non corri-
spondono più all'ordine che ora
tengono, ma piuttosto a quello che
stabilito era anticamente, perchè i
nomi di que' mesi significavano il
settimo, l'ottavo, il nono e il deci-
mo; ma siccome questi dieci mesi
non riempivano totalmente lo spa-
zio nel quale il sole sembra a noi
percorrere i dodici segni dello zodia-
co, le stagioni trovavansi per questo
da un anno all' altro dìsorditiate.
Conosciuto l'inconveniente, venne
riparato in parte aggiungendo due
nuovi mesi, cioè gennaio e febbra-
io, che si collocarono immediata-
mente avanti quello di marzo, cor
sicché questo ch'era il primo, di»
ventò il terzo dell'anno. Del calen-
dario, anni, mesi e giorni degli an-
tichi latini, ne parlammo nel voi.
XXXVII, p. 289 del Dizionario.
La divisione poi dell'anno in
dodici mesi è molto antica, e qua-
si universale in Europa. Alcuni
popoli supposero lutti i mesi e-
guali e ciascuno di trenta giorni, e
quindi compirono l'anno coll'aggiun^
ta di un numero sufficiente di
giorni complementari ; altri popoli
abbracciarono o iachi userò l'anno
intero nei dodici mesi rendendoli
ineguali. 11 sistema de'mesi di tren-
ta giorni conduce naturalmente al-
la loro divisione in tre decadi, e
questo periodo offre la facilità di
trovare ad ogni istante il nume-
ro del giorno del mese ; ma alla
fine dell'anno i giQrni cooipjeiue^-
25o MES
tari turbano l'ordine delle cose at-
taccate ai diversi giorni della de-
cade, il che rende allora necessa-
rie alcune disposizioni amministra-
tive imbarazzanti. A questo incon-
veniente si pone riparo coU' uso
di un piccolo periodo indipendente
dalla divisione dei mesi e degli an-
ni} questo è la settimana, la cui
origine si perde nella più remota
antichità, e che ha circolato senza
interruzione e si mantiene attraver-
so i secoli, introducendosi successiva-
mente nei calendari dei diversi po-
poli. F. Anno, Giorno, Calendario,
Era, e gli altri articoli relativi :
tieir ultimo si parla ancora, al §
Era della repubblica francese, del
calendario adoperato in quel tem-
po e modellato con differenti no-
mi su quello degli ateniesi , chia-
mandosi i mesi: Vendemmiale, Bru-
male, Frimale, Piovoso, Nevoso, Ven-
toso, Germinale, Fiorile, Pratile,
Messidoro, Termidoro , Fruttidoro.
11 Cancellieri nelle sue Campane,
discorre a p. i47 de'giorni perico-
losi di ciascun mese, cioè di quel-
li che anticamente erano chia-
mali aegrì, mali, ed aegypiiaci: se-
condo il parere di molti il nome
di aegri significava , che cadendo
ammalato in uno di que'giorni era
quasi impossibile di guarire; mali,
perchè era cosa pericolosa d'intra-
prendere qualche affarcj a motivo
della loro costellazione; aegypiiaci,
perchè gli egiziani li avevano in-
ventati , in memoria delle dieci
piaghe da cui erano stali afflitti.
Lo slesso Cancellieri nelle Notizie
intorno la festa di Natale, riporta
eruditamente l'elenco de'mesi, in
cui si è credulo che seguisse la
nascila del Redentore, che però la
Chiesa universale ha fissato nel
dicembre epoca si fortunata . Il
MES
cristianesimo ha consacralo diver-
si mesi dell' anno per santificarli
in onore di Gesìi Cristo, della
Beata Vergine e di qualche santo.
INel declinar del passato secolo con-
sacrò Ira' divoti esercizi il mese di
maggio e de' fiori alla Madre di
Dio, onde prese il nome di mesei
Mariano. 11 primo che scrisse ad
agevolarne il pio uso fu il mis-
sionario gesuita p. Francesco Lu-
Lomia, di cui abbiamo nel iSSq
da Napoli la terza edizione: IL
mese di maggio consagrato alle
glorie della gran Madre di Dio.
Indi ne scrissero ancora egregia-
mente i celebri gesuiti Mazzolar!
e Muzzarelli, e con più fruttuoso
successo, per cui moltissime sono le
diverse edizioni. In Parigi nel i835
si pubblicò: [Imene di Maria gre-
co- latino ovvero Maria nelle classi
delle scuole. Il sacerdote romano
d. Giuseppe B.ighelti nel i836 ci
diede con tipi di Roma: Il mese,
di Maria ossia il mese di maggio
consagrato a Maria ss. , proposto
agli ecclesiastici dell'uno e dell'altro
clero. Opera erudita , equivalente
quasi ad una piccola biblioteca ec-
clesiastica. Nell'America settentrio-
nale, e in Filadelfia nel 1840, il sa-
cerdote R. Kenrick pubblicò: Nuovo
mese Mariano ovvero riflessioni per
ciascun giorno del mese. Vi è pure
L'anno Mariano del Muzzarelli, Fu-
ligno i83o. Pio VII incoraggi tal
divozione coli' indulgenze , ed i
suoi successori a maggiormente sta-
bilirla e per tutto propagarla nel
mondo cattolico^ non ne furono
meno solleciti, aprendo il tesoro
delle indulgenze , siccome pur fece
Gregorio XVI particolarmente per
Roma in moltissime chiese, ove il
mese Mariano si celebra con di-
scorsi morali di valenti oratori, o
MES
con libretti (co' quali privatamente
si fa dalle famiglie) appositamente
composti, con meditazioni, edificanti
esempi e giaculatorie , terminando
il santo esercizio colle lodi alla Re-
gina degli angeli, e la benedizione
del ss. Sagraniento , con immenso
spirituale profitto. Pio Vii nel
18 1 5 concesse a tutti i fedeli del
mondo cattolico, che in pubblico
o in privato nel detto mese ono-
rassero la ss. Vergine, per ciascun
giorno l'indulgenza di 3oo giorni,
e la plenaria in quello in cui si
confesseranno e comunicheranno ,
da potersi applicare anche a'fedeli
defunti; ciò che confermò in per-
petuo nel 1822. Abbiamo, Caso-
lini, P^/ieg^/nW per ciascun giorno
del mese di viaggio cogli elogi sen-
za la lettera K e con quello senza
la vocale U. Piubbi, Trecenlosessan'
iasei giorni dell'anno consagrati al-
la passione di Gesti Cristo, Pe-
saro. Nel 1843 in Milano, dalla
tipografia Pirolta si pubblicò: L'an-
no santificalo ne' suoi dodici me-
si. In diversi tempi vennero stam-
pati in Ripalransone : // mese dì
settembre dedicato a Maria santis-
sima Addolorata j in Roma: //
mese di Gesìi Bambino o sia il
mese di gennaio. Il mese di marzo
consagrato a s. Giuseppe. Il mese
di agosto consagrato al cuore di
Maria ss. In Prato nel 1842 ven-
ne pubblicato : // mese di maggio,
ed il mese di novembre per le a-
nime purganti ; ed in Venezia nel
1889 e i845: // mese di lu-
glio consagrato a Gesù Redentore.
Ora passiamo a dire alcune eru-
dizioni de' dodici mesi dell'anno,
mentre delle cose che indicheremo
meglio se ne discorre in molti degli
articoli che le riguardano. Ma quan-
to ai nomi dei mesi delle celebri
MES 25i
nazioni, si possono vederli in Picot,
che nelle sue tavole cronologiche
stampate a Ginevra nel 1808, nel-
r ordinarli segui il metodo degli
antichi greci e latini. Prima di
lui nel 1712, con più erudizione
che critica, Jo. Alberti Fabricii pub-
blicò in Amburgo: Menologniin ^
si ve libellus de mensibus, centiun
circìter populorum menses recen-
sens, atque inter se conferens, ec. 11
Piazza neir Emerologio di RonWy
trattando di tutti i mesi e giorni
dell'anno, ad ognuno discorre delle
antiche profane celebrità e di quel-
le ecclesiastiche e sacre cui succe-
dettero.
Gennaio, Januariiis. Primo me-
se dell' anno secondo i rofflOTH e
latini; l' XI degli ebrei^ il V dei
greci ed etruschi. Fu chiamato così
dai romani, da Giano re d'Italia,
o dio del tempo e divinila cui at-
tiibuivano due teste, pei'chè il pri-
di gennaio guarda da una parie
l'anno precedente, e dall'altra quel-
lo che arriva. Questo nome può
anche derivare da j amia, porta, per-
chè essendo il primo mese è come
la porta degli anni, il primo e il
principio di tutti i mesi : l' anno
di Romolo primo re di Roma in-
cominciava col mese di marzo, co-
me gli ebrei; e fu JXuma Pompi-
lio secondo re di Roma, che ag-
giunse il mese di gennaio. Venne
denominato dagli ateniesi Ilarine-
lione ; dai jonii e beozii. Lenito;
dai ciprii, Estliio , dalla dea Vesta
o dalle nuove vesti che indossava-
no la prima volta ch'entravano i
nuovi magistrati, o nuziale dai
giorni festivi che celebra vansi nelle
nozze in onore di Giunone ; dai
macedoni, Audineo ; dagli egizii ,
Tybi; dai caldei, Scehat o Schebat;
dai gei'maui, Jeunerj dai sassoni,
«5i MiiS
Hasdcmanj e da Carlo Magno
JJvinlcrmonat, cioè giorni o mese
d' inverno. In quei giorni i pagani
massime romani si mandavano re-
t-ijìiocamentc dei presenti clie chia-
mavano strenne, e si dislribtiivano
le maucie. Essi celebravano altresì
danze , feste e sacrifizi in onore
di Giano , e quelle feste che die
jono origine al carnevale, laonde
per opporsi a tali disordini, e per-
chè ne' con vili dei cristiani si era-
no introdotti molti abusi, essi di-
giunavano e facevano penitenze il
primo di gennaio. Tuttora il pri-
mo giorno dell' anno, e in qual-
(jhe luogo anche l'intero mese di
gennaio è consacrato a visite , che
si fauno reciprocamente dagli ami-
ci e parenti, non che dai clien-
ti e subalterni ai loro superio-
ri ; visite che sono accompagna-
te sempre da felici auguri, e tal-
volta da regali, sebbene non sem-
pre il cuore è d'accordo colla boc-
ca nelle felicitazioni e complimenti
dettati sovente dal dovere, dall'in-
teresse, o dal costume e dalla pra-
tica stabilita ; quindi il poeta fran-
cese Pannard da ciò volle pren-
dere argomento per dare questa
origine alla doppia fronte di Giano;
meglio forse avrebbe fatto col capo-
volgere il suo concetto, e dare al
doppio volto di Giano l'origine
di quelle simulazioni, tali manife-
stamente essendo quelle che si ri-
tu-ano dui farle a chi non è piti
in potere e nella gloria. Ciò non
pertanto lodammo altrove la con-
suetudine, su di che come delle
niancie e strenne, oltre Mancia
può vedersi il voi. XXXVIII, p.
146 del Diziotiano . Il mese di
gennaio si compone di giorni 3i.
Febbraio , Fehruarius. Secondo
tuese dell'anno, dui rouìaut chia-
MES
niato Intercalare, dall' anno bisesto
che cadeva nel giorno 24 5 dagli
ateniesi, Elafebonione j dai mace-
doni, Potitoj dai ciprii. Romeo;
dagli egizii, Mechi ; dai lacedemo-
ni, Gerestioj dai germani, Har-
mingo j dai fiamminghi, Speorgellj
e perchè anticamente era sempre
di numero pari, era dedicato agli dei
infurnali, come Plutone e iSettuno,
ed anche a Giunone. Dai gentili e
romani fu annoverato nel loro com-
puto r ultimo mese dell'anno, e
perciò al dire di Festo, dedicato al
dio Termine, e lo è ancora secon-
do gli astronomi. Fu cosi chiama-
to dalla voce februo, a fehruando,
cioè a purgando, perchè il popolo
celebrava le ferie in onore de'mor-
ti, vale a dire purgazioni, ed erano
sacrifizi espiatorii celebrati a Plu-
tone detto anche Fthruo, durando
le purgazioni e lustrazioni dodici
giorni continui, corrispondenti ai
mesi dell' anno, onde purgarsi dai
falli commessi nel corso di esso :
perciò fu pur detto dai ^vtó,Expia-
torius. Altri dicono che cosi venne
denominato da Giunone Februata
a cui erano dedicate le profane
e superstiziose ferie lupercali; ov-
vero da certo Februario console
romano che accusò Camillo di a-
spirare alla tirannide, onde fu esi»
liato, il quale dopo aver vinto i
galli lo fece nudo flagellare e cac-
ciar da Roma. Abolite le lupercali
da s. Gelasio I, istituì la processio-
ne della candelora. Si compone di
giorni 28, e di 29 negli anni bise-
stili, a motivo del giorno interca-
lare che vi si aggiunge.
Marzo, Martius. Terzo mese del-
l'anno, ch'era il primo anticamen-
te presso i romani, e lo è ancora
oggi in alcune supputazioni ecclesia-
stiche, come quando si contano gl|
MES
anni dall'incarnazione tli Gesh Cri-
sto, cioè dal 2 5 nnarzo; cosi lo
contano gì' inglesi. Cambiato da
Numa Pompilio 1' ordine de' mesi,
e stabilito il principio dell' anno al
primo di gennaio, l'anno diventò
di XII me<'\, e questo di marzo fu
il terzo nell'ordine. Fu chiamato
dagli ateniesi, Miinycliio j dai ma-
cedoni, Artemisioj dai ciprii, Afro-
disia; dagli egiziij Phamenothj da-
gli ebrei, Nisan; e da altri Adar
o Abih. Vuoisi che in esso Dio
creasse l'uomo e il mondo, e però
chiamato Elitzer, perchè in esso
germogliano tulle le cose, sebbene
altri dissero che fosse il sellembre,
perchè nel maturare de' fruiti l'o-
pera di Dio è perfetta. Era stalo
da Romolo dedicato a Morie, cre-
dulo suo padre, i cui sacerdoti por-
tavano per Roma gli scudi. Lo era
ancora a Minerva, in cui onore si
celebravano le feste quinquatrie; gli
scolari pagavano la mancia ai loro
maestri, e le matrone banchettava-
no i servi per animarli al buon
servizio, couìe nei saturnali prati-
cavano i padroni. Si compone di
giorni 3 i .
Aprile , Aprilis . Quarto mese
dell'anno, così detto ab apcr'iendo,
perchè in quel tempo la terra sem-
bra aprirsi; altri perciò lo dedu-
cono da Venere, a cui lo vogliono
consagrato da Romolo, siccome cre-
devasi discendente dalla medesima
per Enea; e vi ricorrevano un grnn
numero di feste, tutte relative alla
fecondità della terra, la quale apre-
si in questo tempo a più dolci in-
fluenze, per promettere agli uomi-
ni messi e frutti abbondanti. Ne-
rone per ambizione lo chiamò Ne-
ronio j gli ateniesi, Thargclione. per-
chè si offrivano ad Apollo e Diana
le primizie de' frulli; i macedoni,
MES ■i:>'à
Xanlico; gli ebrei, Ni sa; i ciprii,
Apogonticon ; i delfi, Vysion, non
solamente perchè la terra produce
allora tutti i semi che gli sono sta-
ti dati, ma perchè in questo mese
l'oracolo di Delfo dava le risposte ;
Carlo Magno coi sassoni, Oster-
moti, cioè mese di Pasqua, perchè
per lo più in questo mese si cele-
brava. Si compone di giorni 3o,
Maggio, Majus. Quinto mese
dell' anno, così detto a senibus ov-
vero a majoribus, in onore de' vec-
chi o de' maggiori, benché altri
abbiano detto maggio dalla dea
Maia madre di Mercurio, o dalla
dea Maestà o Majesla figlia del-
l' Onore e della Riverenza, a majt-
staCe. Fu chiamato dagli ateniesi,
Scirophorione ; dai macedoni, Ar-
temisio ; dai siracusani, Carnio, dai
ciprii, Enico ; dagli egizii, Pachom ;
dagli ebrei, Jiar, dai germani, il/ fl^_/;
Carlo Magno lo chiamò f^uonne-
inonal, cioè mese di amenità e di
piacere. Altri riferiscono che fab-
bricata Roma, Romolo divise il po-
polo in due parli, l' una de' più
maturi o senatori o seniori, pei
consigli della repubblica, majores;
l'altra de'giovaiii o giuniori per-
chè la difendessero colle armi, jn-
nioresj perciò questo mese fu det-
to maggio, e il seguente giugno iti
onore della gioventù romana. Fu
dedicato a Mercurio, altri lo pose-
ro sotto la tutela di Apollo. Anche
anticamente si solennizzava in I-
taiia il dì primo maggio con can-
zoni ed altri segni festivi. Si pre-
tende riferire ai tempi degl'impe-
ratori Arcadio ed Onorio l'istitu-
zione della festa o della riunione
allegra e giocosa che si continuò a
fare ne' secoli successivi il primo
giorno di maggio, e che tuttora si
contìnua a solennizzare in alcuni
75:4 ^rES ]\1ES
luoghi tV Europa, e specialmente ciucio e del sambuco. II Carmcli
nell' Inghilterra. 1 romani celebra- nella Storia di vari costumi parlò
rono feste il dì primo di maggio dell'uso di piantar Maio, t. H,
ad onore di Flora, quali vuoisi che Padova 1750. Ne parlò pure il
istituisse l'imperatore Claudio, af- Donati ne' Dillìci, p. 177 e se".
fine di temperare l'indecenza dei II M.inni ci die il Ragionamento
giuochi floreali. Celebre è ancora istorico il alaggio, Firenze 1746.
negli annali de' bassi tempi e nei Camillo Peresio in linguaggio ro-
posteriori l'albero di maggio. Altre manesco pubblicò il lepido poema:
\olle in Pvoma ed in tutta l'Italia, Il maggio romanesco^ Fevvara 1688.
alcune truppe di giovani d'ambo I giudici egiziani si riunivano in
i sessi uscivano dalla città il primo questa fiorita stagione per ammi-
giorno di maggio, e danzando al nistrnr le loro leggi, in memoria
suono di strumenti villerecci, anda- di Saturno da cui dicesi averla ri-
vallo a cogliere ne' campi rami cevuta, onde il suo tempo fu chia-
verdi o anche tronchi d'alberi, che malo età dell'oro e continua pri-
portavano alla città colla stessa mavera, la qual cosa fu osservata
pompa ed allegria, ed attaccavano da diversi popoli che si radunano
alle porte delle persone rivestile di i magistrati nel mese di maggio
qualche carica, de' loro congiunti , per amministrare le loro leggi, me-
amici e protettori. Tutto quei gior- glio trattandone il citato Donati ,
no si passava in mezzo ai piaceri, siccome stagione placida e verdeg-
alle feste, e la gioia era generale, giante. Si compone di giorni 3i.
Ciascuno portava in mano qualche Giugno, Junius. Sesto mese dei-
ramoscello, e questo era il segnale 1' anno, il cui nome deriva o da
della festa, e r abbigliamento comu- Junon, Giunone, a cui fu dedicato,
ne di quel giorno; dicevasi perfino o da Junius Drulus, Giunio Bruto,
in proverbio, non mi sì troverà che segnalò il mese con iscacciare
senza verduraj da ciò 1' origine del- i re da lloma, o dai giovani roma-
r uso in tal tempo di fare al ver- ni, come dicemmo nel periodo pre-
de, cioè due persone incontrandosi cedente, a junioribus, destinati a di-
mostrare un ramo di finocchio o fender la repubblica. Tuttavolta si
altra pianta, con multa convenuta vuole che per decreto di Romolo,
a chi lo dimentica o non ha il ra- da Giulio Cesare fosse questo mese
mo verde. Da tali usi ebbero ori- posto sotto la tutela di Mercurio,
gine quegli alberi detti di maggio, stimato nume della sapienza, il cui
ornati di fiori, e talvolta di emble- principio solennizzavasi con 1' anni-
mi, di figure e di stemmi, che si versarla memoria della consacrazio-
piantano in diverse città innanzi alle ne del tempio della Tempesta, pres-
case de' principi, de'governatori, dei so porta Capena. Fu chiamato dai
magistrati e di altre persone co- romani, Germanico, per onorare
stituite in dignità. Du Gange in quello che Augusto avea chiamato
Compensili, Carpentier in Ma/tim, imperatore; dagli ateniesi , Eca'
descrivono l' uso dì piantar gli al- tombeone, dai sagrifizi centenari di
beri in questo giorno o nelle piaz- Apollo, col nome ancora di Cro-
ie o avanti alle porte delle case nio; dai macedoni, Dejion o Loon,
delle ragazze, ad esclusione del noe- dai beozii, Hippodromion ; dagli
MES
eglzii, Paynì; e dai germani, Brach-
inoli. I giorni pili lunghi dell'an-
no in tutto r emisfero settentriona-
le sono il 2r, il 22 ed il 23 giu-
gno. Si compone di giorni 3o.
Luglio, Julius. Settimo mese del-
l'anno, chiamato quintile o quin-
tale, quintilis, nel calendario di Ro-
molo, perchè era il quinto mese
dell'anno stabilito da quel re che
avea formato l'anno di -soli dieci
mesi. Marc' Antonio nel suo conso-
lato, ordinò che questo mese fosse
chiamato Julius in onore ed a me-
moria di Giulio Cesare , nato nel
mese medesimo e che avea rifor-
mato r antico calendario di Romolo :
la grande riputazione di Cesare più
che tal decreto fece adottare in Ro-
ma il cangiamento di nome, e tut-
ti quasi i popoli onorano il più ce-
lebre tra i romani nel pronunziar
luglio. Fu chiamato dagli ateniesi,
M e Ina gì li o, dai sagrifizi che si fa-
cevano ad Apollo in questo mese;
dai siracusani, Carnio j dai mace-
doni, Panemone ; dagli ebrei, /4b
o Thamiis j dai germani, Heuni-
mon, così detto dal fieno che in
questi mesi si taglia nei prati, e
perchè in esso si raccolgono le pri-
mizie delle sementi dai campi, fu
dai gentili dedicato a Giove come
credulo autore e mantenitore delle
cose \iventi; dai cipiii, Cesarione,
pel detto Giulio; e dagli egizii, Epi-
phi. Sì compone di giorni 3 1 .
Agosto, . Augustus. Ottavo mese
dell' anno, chiamato già sestile, seX'
tilis, secondo l'antico computo dei
romani, ma perchè fu attribuito ad
onorare il nome di Ottaviano Au"u-
sto neir XI suo consolato, ecco quan-
to il senato con editto decretò l'an-
no 780 di Roma. «--Perchè nel mese
sextilio Cesare Augusto ha princi-
piato il suo primo consolato, ha a-
MES 7.%^
vuto tre Tolte gli onori del trionfo,
ha capitanato con avventurati au-
spicii le legioni del Gianicolo, ha
ridotto rFgitto all'obbedienza del
popolo romano, ed ha spento la
guerra civile, piace al senato e pia-
cerà che questo mese, più di quanti
altri mai felice per l' impero, sia
per l'avvenire chiamato Augusto".
E benché alcuni volevano che Au-
gusto fosse chiamato il settembre,
nel qual mese egli era nato, tut-
tavia volle approvare il decreto del
senato, il quale nel 727 l'aveva
ornato del titolo di Augusto, per-
chè ea vox sacrum, et venerandum
sonai, et hominuni conditioneni su-
periorem. Inoltre Augusto fece met-
tere meglio in regola il calendario,
e non solo nel sesto mese conqui-
stò l'Egitto, ma ne' giorni 6, 7 e 8
trionfò dei pannonii, de' dalmati,
dell' Attica ovvero delia Macedonia,
Altri dissero che Ottaviano Cesare
Augusto entrò in Roma trionfante
dell' Egitto il primo giorno del se-
sto mescj onde ne fu dato il no-
me al mese, ed in tal giorno fiu'o-
no stabilite ogni sorta di allegrez-
ze, e celebrato come feslivo: così
r Ugonio, Hisloria p. 5i e seg. Fu-
rono perciò istituiti nelle sue ca-
lende i giuochi Augustali, mentre
nelle calende di tutti gli altri mesi
si stabilirono sacrifizi per la salute
di detto imperatore: ^. Corradi ni
et Vulpii, Felus Latiunt, de Jesus
sexlilis niens'ìs sive Augusti, I. 264.
Fu chiamato ancora col nome di
Commodo, per adulazione di quel-
l'imperatore; dagli ateniesi, Boe-
dromionej dai macedoni, /^ori/e/j j*
dagli egizii, Meiosi ; dai ciprii. Se-
vasto j dai caldei, Enulj dagli e-
breij Aab j dai germani e belgi,
Cooysman ; da altri, Ammom ov-
vero Emonat, cioè mese di messi, e
256 MES
dagli egizìi era dedicato ad Arpo-
ciate dio del silenzio. In Roma
per legge di Romolo era sotto la
protezione di Cerere dea dell' agri-
coltura, e celebravasi la consacra-
zione de' templi di Marte e della
Speranza ; quali feste in un a quel-
le di Augusto con combattimenti
equestri, può credersi che fossero
abolite coli' introduzione della festa
delle Catene di s. Pietro. Gì' inglesi
chiamano il primo di agosto, Lnm-
b's day, giorno dell'agnello, forse da
un' antica costumanza, in vigore al-
tre volte nella provincia di Yorck;
poiché tutti quelli che tenevano in
aflitto o possedevano terre dipendenti
dalla chiesa cattedrale, erano in ob-
bligo di condurre in questo giorno
nella chiesa alla messa solenne un
agnello vivo, e di offrirlo sull'al-
tare. Delle allegrie di questo mese,
del ferrare agosto, e della mancia
del boti ferragosto, ne parlammo
nel voi. XXIII, p. 1 55 del Dizio-
nario. Si compone di giorni 3i.
Settembre, Septeniber. Nono me-
se dell' anno, già settimo mese dei
romani secondo le disposizioni di
Romolo, onde gliene restò il nome,
nominato da Tacito col suo nome
perchè fu in esso che nacque e ven-
ne acclamato imperatore; altri di-
cono che Tacito noi permise. L'im-
peratore Caio Caligola lo chiamò
Gcrnianiro col nome di suo padre.
Fu inoltre chiamato dagli ateniesi Me-
maeterione ; dai macedoni , Lochonj
dai beozii , Jlalconienioj dai ci-
priotti, Antocratoricoron; dai perga-
meni, Hyperbereteouj dagli egizii,
Thoth o Theuth, dal nome di Mer-
curio, o come altri dicono, Paoplii j
dai caldei, Tifri; dai germani, Herb-
Simon ; altri dissero cosi chiamarsi
quasi septiinuin imbreni, per le al-
terazioni frequenti delie sue pioggie.
MES
Il senato romano per adulare Ti-
berio tentò di nominarlo dal suo
nome, come pure si volle chiamar-
lo con quello di Antonino, per o-
norarne la memoria, ma ambedue
noi consentirono; ciò che non fece-
ro né Domiziano, né Commodo, il
quale mutando il nome a diversi
mesi, o con quello de' suoi congiun-
ti, o con altre orgogliose denomina-
zioni, questo appellò Erculeo j ma
dopo la sua morte furono abolite.
Il Robertello trattò De mensiuni
appellatione ex nomìnibus impera'
torum, in Misceli. Itnl. erudit. del
Roberti, t. I, p. 685. I romani de-
dicarono il mese a Vulcano dio del
fuoco. In questo mese incominciano
i greci i loro calendari, cioè il re-
gistro di tutte le feste e ferie del-
l'anno, del qual vocabolo si vale
altresì \a chiesa Ambrosiana, ma
con la norma dell'ordine romano.
Si compone di giorni 3o.
Ottobre, October. Decimo mese
dell'anno, così chiamato dall'antico
ordine numerico otto. Venne detto
LiV/o, in onore di Tiberio e di sua
madre. Sebbene il senato romano
ordinò che fosse chiamato Fausti-
no in onore di Faustina moglie
di Antonino Pio, noi consentì il
savio principe. Comraodo però lo
intitolò Invitto, indi cancellalo do-
po la sua morte non meritandone
l'onore. Fu chiamato dagli atenie-
si, Pianepsione, dai sagrilìci di A-
pollo, detti pianepsiensi, in cui co-
cevansi fave; dai macedoni, Hyper'
bereleo, cioè l'ultimo del loro an-
no; dai beozVì, Demetrio; dai ciprii,
Deniarchexagionej da^W egizii, Pao-
phi j dagli ebrei con voce caldai-
ca, Marchesuan, ed è il secondo
del loro anno; dai sassoni, Saet-
manj e dai germani, Feimon, cioè
di vendemmia. Avea ordinato l'em-
MES
pio Domiziano, che col suo nome
si chiamasse, ma appena morì fu
abrogato e richiamalo giusta l'ordi-
namento di Numa, ottobre; quindi
niun imperatore ardì più d'intito-
lare i mesi co' loro nomi, quando
riflettevano che il senato avea can-
cellato questo dello Domiziano ,
dalle monete, medaglie e marmi.
Dagli antichi fu posto sotto la tu-
tela di Marte. In questo mese a
cagione delle vacanze delle scuole
e de' Iribuuali, della vendemmia e
della piacevole stagione, hanno luo-
go villeggiature, divertimenti ed al-
legrie. Si compone di giorni 3i.
Novembre, Novemher. Decimopri-
mo mese dell'anno, così denomma-
to dal calcolo de'mesi incomincian-
do l'anno da marzo, nono; o co-
me alcuni vogliono dal bere il nuo-
vo vino, ovvero dalla copia delle
pioggie chiamate dai latini ìmhre.i.
Fu chiamato dagli ateniesi, Auche-
slerione, perchè si spoglia in esso
la ferva delle fronde ede'fiori; dai
macedoni, il mese di Dio, avendolo
in onore di divinità; dai ciprii ,
Pletiparo; dagli egizii, Alhyrj da-
gli ebrei e caldei, Kisleit; dai tede-
schi, Vuinlermon; dai sassoni, Sia-
thermaen, tolto dal latino Maclare,
perchè in occasione de' nuovi vini
si facevano frequenti sagrifizi a Bac-
co. Commodo volle chiamarlo f'^^/je-
ranzio. In questi giorni si aprivano
con solenne superstizione le porte
di un tempio sotterraneo dedicato
agli dei dell'inferno, e perciò erano
religiosamente tra i loro fasti dai
romani osservati; né era loro per-
messo far in essi cosa alcuna rile-
■vante per la repubblica ; non si
arrolavano soldati , non si dava
battaglia, non si scioglievano navi
dai porti, non si facevano comizi,
uè si celebravano nozze. Queste va-
YOL. XLIV.
MES 257
canze degli affari pubblici furono
un'ombra delle feste cristiane se-
condo il precetto ecclesiastico, per
aver agio di onorare Dio ed i suoi
santi. Delle feste od allegrie che si
fanno agli i 1 novembre per la fe-
sta di s. Martino, ne parlammo
all'articolo Martire. Si compone
di giorni 3o.
Decembre, Dccemher. Decimose-
condo ed ultimo mese dell'anno,
decimo di quello di Romolo , mo-
tivo per cui fu chiamato decembre
da decem, dieci. I romani lo chia-
marono geniale, perchè si godevano
in esso i copiosi frutti raccolti dal-
la terra, fornite le cantine di vini
preziosi, le dispense di cibi delica-
ti, in onore di Cerere, o di Bacco
odi Venere, in lauti conviti e cene,
Decembre fu chiamato da Commodo,
Amazonico o Amazzonio, per l'a-
more che portava a Marzia sua con-
cubina ch'egli teneva dipinta a guisa
d'un' amazzone; dagli ateniesi, Po-
sìdeone j dai macedoni, Apilleo;
dai beozii e jouii, Leone; dai ci-
prii, Arlhiereo; dagli egizii, Cheach;
dai caldei, Thebct; dai germani,
Chrislmon, cioè dal natale di Cristo;
e da Carlo Magno, Heiliginonat, o
mese sacro. Questo mese fu cele-
brato dall'antichità pei giuochi pos-
sidonii, esercitati per la famosa con-
lesa tra Pallade e Nettuno, e pel
solenne trionfo di Ottaviano vitto-
rioso di Perseo re di Macedonia.
Egli era in tutela della dea Vesta
e di Saturno. Finalmente fu chia-
mato mese di libertà, perchè i ro-
mani dopo la raccolta de' frutti si
abbassavano a giuocare coi loro
schiavi. Si compone di giorni 3i.
MESEMBRIA . Sede vescovile
della provincia di Emimonte, nel-
l'esarcato di Tracia, sotto la me-
tropoli d'Adrianopoli, eretta nel V
a58 MES
secolo, e nel IX di venula nrci ve-
scovato onorario. Ne furono vescovi
Pietro che assistette al VI concilio
generale; Marnalo, Leone, Timoteo,
Gregorio I che assistè ai concilio
tli Michele Cerulario, in cui furono
scomunicati i legati di s. Leone
IX; Teodoro, N . . ., Matteo, Teo-
fane, e Gregorio II che era vesco-
vo nel lySi. Oriens christ. t. I,
p. I i8o.
MESIA, il/owVr. Contrada d'Eu-
ropa, divisa in due proviucie, pri-
ma e seconda , ovvero superiore
ed inferiore. La Mesia superiore,
che chiamavasi anche Dardania ,
confinava al settentrione colla Da-
cia propriamente detta; a levante
colla Mesia inferiore; a ponente
colla Dalmazia, ed a mezzodì colla
Macedonia e colla provincia Pre-
vali tana. Aveva per metropoli la
città di Sirmio, la quale però di-
pendeva dall'arcivescovo di Tessa-
lonica , come vicario della santa
Sede, neirUliria oiienlale, fino dal
IV secolo. Ma l'imperatore Giusti-
niano I, avendo innalzato alla di-
gnità di metropoli la Giustiniana
])rima, soggettò a questa metro-
poli la Mesia superiore, le due
Dacie, la Prevalitana, la Dardania
e la Pannonia, lasciando però alla
Sede apostolica i diritti di cui go-
deva in tutta riiliria. 1 bulgari i
quali aveano quasi intieramente di-
strutta la religione cristiana in que-
sta provincia nel secolo VII, ab-
bracciarono poscia questa medesima
religione verso la metà del IX, e sta-
bilirono un vescovo, il quale da
principio non avea sede fissa, ma
dopo la fissò nella città di Acrida.
Finalmente l' amministrazione della
chiesa della Mesia superiore, e del-
le altre provincie che composero
il regno di Servia o di Rascia, fu
MES
data airarcÌTescovo di Pisch o Pesch
metropolitano del paese.
La Mesia inferiore o seconda
confinava a levante col Ponte Eu-
sino, a ponente colla Mesia supe-
riore o prima , a settentrione col
Danubio, ed a mezzodì colla Tra-
cia. Dapprima ebbe per metropoli
la città di Marcianopoli, ma aven-
do questa città perdutn la dignità
metropolitana al tempo dei bulga-
ri, r arcivescovo della nazione fissò
la sua sede a Debeiti, e poscia a
Tarnoba o Tarnovia . Ciò non
pertanto Marcianopoli fu eretta
nuovamente in metropoli in prin-
cipio del secolo XIII, sotto la di-
pendenza però del primate di Tar-
noba. Eranvi nella medesima pro-
vincia due altre metropoli, cioè
Sugdea e Phuila, che fiuono una
sola chiesa nel secolo XII.
MES IME R Giambattista, Cardi-
nale. Giambattista Mesmer, nato
onestamente a Milano a' 2 1 apri-
le dell'anno 167 1, fecesi strada
alla propria fortuna colla sua vir-
tù e dottrina. Applicatosi con in-
credibile ardore nell' università di
Pavia allo studio delle leggi, si
trasferì a Roma, dove datosi a di-
fendere le cause in qualità di aT-
vocato, acquistossi quel credito co-
stante, che gli agevolò la maniera
di entrare nel numero de' prelati.
Clemente XI lo annoverò tra i
votanti di segnatura, e Benedetto
XIII nel 1728 Io avanzò al grado
di luogotenente civile dell' uditore
della camera, nel quale impiego
da lui esercitato per lo breve spa-
zio di quattr' anni, si acquistò la
fama di giudice integro e laborio-
so. Clemente XII ne! 1731 lo di-
chiarò chierico della stessa camera,
nel 1734 colla presidenza delle stra-
de e dell' annona, e coll'ulììzio dì ca-
i
MES
nnnisfa della penitenzieria, ne'qunli
imnieglii corrispose all' espelta7Ìone
che erasi cniicepila della stia abilità
e de'Mioi tnlrnli. Anco il cardinal
Porzia lo adoperò vanlaggiosaineii-
te nella visita del banco di s. Spi-
rito. Nel 1743 Benedetto XIV gli
conferì la carica di tesoriere gene-
rale, nell'esercizio della quale, in
premio di sua industria, fedeltà e
prudenza, meritò di essere creato
cardinale prete da detto Papa ai
10 apiile '7473 col titolo de' ss.
Quattro, e di venire asciilto alle
primarie congregazioni di Roma.
Giunto però all'età senile, si trovò
Affatto privo dell'uso della memo-
ria, per cui non intervenne all'ele-
r/ione di Clemente XllI, nel cui
pontificato compì la sua carriera
mortale nel 1760 a' 20 giugno,
d'anni 89. Fu sepolto nella chie-
sa di s. Carlo al Corso, presso la
porta maggiore, con bella lapide e
magnifico elogio. Altre notizie le ri-
porta il Cancellieri nel suo Mercato.
MESOPOTAMIA, Mesopotamia.
Antico nome della maggior parte
della contrada dell' Asia compresa
fra il Tigri e l'Eufrate, derivante
dalla sua situazione, che significa
tin paese in mezzo ai Jìumi. Aveva
l'Assiria provincia all'oriente, la gran-
de Armenia a settentrione, 1' Assilla
a ponente, e i' Arabia deserta colla
Babilonia a mezzodì. Questa con-
trada, assai nota ai greci autoiij è
famosa nella sacra Scrittura per es-
sere stala la prima dimora d(gli
nomini avanti e dopo il diluvio, e
perchè quivi nacqiiero Plialeg, He-
bei', Tliare, Abramo, Nacoi-, Sara,
Piebccca, Rachele, ed i fìg'i di Gia-
cobbe. Gli ebrei chiamano la Me-
su[)olamia Aram Naharaim, o A-
rau» de' due fiumi, perchè Aram
padre de' siri la popolò, e perchè
MES vTf)
essa sta in nnezzo a due gran fiu-
mi. Il Terzi, Siria sacra, parlando
a p. 7, della Siro-Mesopolamia, sue
denominazioni e fecondissimo suolo^
latitudine e solitudini, dice che fu-
rono sue principali città Aram Pa-
da.m, ove soggiornò Thare con Na-
cor ed Àbramo; Carré memorabile
pel soggiornodi Abramo, e pel sepol-
cro di Thare suo padre, non che pei*
la rotta di Classo e di Autonino Ce-
sare, dal suo fiume denominala an-
che Migdonia ; Edessa città reale^,
detta anche Orfa e Barabice; più
Rages o Rases fia il Caucaso e
Tauri, ove il paese chiamasi Siria
Saba, o secondo gli ebrei Aram
Zoba tributaria di Davidde. Aggiun-
ge il Terzi, che alla Mesopotamia
appartennero le provinole di Ro*
bob, Islhob , Maacha , Gersuri e
Machali, ove regnò Tolmai avo
materno di Assalonne figlio di Da-
vidde. La Mesopotamia fu una sa-
trapia sotto i re di Siria. Queslo
paese è designato dai turchi sotto
il nome di Djezireh o Gezireh nel-
la Turchia asiatica, contrada che
è lipartita fra i .sangiacati di Diar-
bekir, Racca e Bagdad. Tre concilii
furono tenuti in Mesopotamia, il
primo nel 198 sulla Pasqua. Fa-
bricio. Il secondo nel 274 contro
Manete. Beg.; Labbé ; Arduino t. 1»
Il terzo ne! 1612 presieduto da
Elia patriarca di Babilonia, per ri-
cevervi la professione mandatavi colà
da Paolo V. Lenglet.
MESOrOTAMIA. Contrada di
Asia, decima provincia ecclesiastica
nel patriarcato d' Antiochia. Ebbe
per metropoli la città di Amida,
che venne innalzata a quella di-
gnità sotto l'impeialore Costante.
Questa provincia in seguito fu chia-
mala INlesopotamia superiore e quar-
tfl Armenia.
26o MES
MESSA, Mìssa. Sacrifizio esterno
della nuova legge, istituito da Gesù
Cristo, nel quale egli offre all'eter-
no suo Padre il vero suo Corpo e il
vero suo Sangue, sotto le specie
sagramentali visibili e fra loro se-
parate del pane e del vino, per
continuare a rappresentare il sagri-
fìzio della croce, e ciò per mano
di legittimi ministri sacerdoti cri-
stiani, ì quali compiscono quest'a-
zione la più grande e la più san-
ta del cullo cattolico, con certe de-
terminate preghiere e cerimonie,
in nome di tutta la Chiesa, per o-
norare e ringraziare Iddio, per la
remissione de' peccati, per la salute
de'vivi e de' morti, essendo il san-
to sagrifizio un omaggio il più per-
fetto che possiamo rendere a Dio.
1 sagrifìzi e gli altri mezzi di sa-
lute che appartenevano all'antica
legge erano in confronto assai de-
boli, sterili, e principalmente desti-
nati ad accennarne altri più effica-
ci per l'avvenire. Non vi ha nella
religione cristiana cosa alcuna che
eguagli la dignità e la virtù del
santo sagrifizio della messa. Con
questo augusto mistero rendiamo a
Dio un culto supremo, dovuto alla
sua maestà infinita, e un culto de-
gno di essa ; per esso noi venia-
mo a riconoscere i suoi benefizi in
una maniera la più cara al suo
cuore ; per esso noi imploriamo ef-
ficacemente il perdono delle nostre
colpe. L'Ostia de' nostri altari è
insieme olocausto ovvero ostia di
laude, eucaristia od ostia di rendi-
mento di grazie, espiazione od o-
stia pei peccati, finalmente ostia di
impetrazione. Lo zelo adunque del-
l' onor di Dio, e il desiderio di o-
])erare la nostra salute, concorrono
egualmente a farci amare questo
alto di religione sì glorioso al Pa-
MES .
dre celeste, e così salutare per noi.
Un altro motivo,^^ che non minor
forza deve avere sopra qualunque
cuore animato da vera fede in Ge-
sù Cristo, e sensibile alle meravi-
glie della sua carità verso gli uo-
mini, è l'eccesso dell'amore che
gli ha fatto istituire il santo sa-
grifizio e il sacramento adorabile
della sua carne e del suo sangue,
con quelle ineffabili parole : Questo
fate in memoria di me . Fedi
Eucaristia. I primi cristiani, che
tutti avvampavano di amore per
Gesù Cristo nostra vittima e cibo
nella santa Eucaristia, non abbiso-
gnavano che di seguire lo stimolo
della loro tenera pietà e della loro
viva riconoscenza, per essere assi-
dui alla celebrazione de' santi mi-
steri dell'altare. Ma essendosi po-
scia raffreddata la carità de' fedeli,
la Chiesa trovossi obbligata di far
loro un espresso comando dell' as-
sistenza al santo sagrifizio nelle do- '
meniche e nelle altre feste. Anzi \
molti concilii aggiunsero a questa
legge universale la pena di scomu-
nica contro tutti gli abitanti delle
città, che avessero mancato in tre
domeniche consecutive di assistere
alla messa, come decretarono quelli
di Elviia e di Sardica ne' primi
anni del IV secolo. Benché a' no-
stri giorni non s'incorra in questa
scomunica, un cristiano però che
potendo unirsi agli altri fedeli per
assistere ai santi misteri, trascurasse
di farlo, non sarebbe meno colpe-
vole di disobbedienza alla Chiesa,
e priverebbesi di uno de' più gran
beni, quello cioè delia sua comu-
nione. Il medesimo dovrà dirsi di
quegli che per sua colpa vi assi-
stesse colla mente distratta per u-
na parte considerabile del saiilo sa-
grifizioj massime se questa fosse u-
MES
na delle più essenziali, come la
consecrazione, la elevazione dell'O-
stia e calice, e la comunione; sen-
za parlare di quelli che danno
gravissimo scandalo colla loro iiri-
veienza. V. Domenica e Festa.
Il vocabolo Messa, il quale più
comunemente e naturalmente vuoi-
si che derivi dal verbo latino
iniltere, mandare, e suona lo stesso
che mandata, si usa a significare
questo divin sagrifizio, perchè per
esso mandiamo a Dio la cosa che
a lui riesce più grata, cioè lo stes-
so suo divino Figliuolo, e anche
perchè ne' primi secoli della Chiesa
al principio della sacrosanta azione
si rimandavano dalla chiesa i ca-
tecumeni e i penitenti, ed ora al
termine con quel vocabolo si li-
cenza il popolo, y. Ite missa est;
formola colla quale il p. Sirmondo
dice che si licenziava pure ne' pa-
lazzi e ne'tribunali de' romani. Per-
ciò altri dicono che il nome di
messa proviene dal latina missa o
missio, che significa missione, sic-
come prima dell' azione si congeda-
vano dal tempio gli energumeni
od ossessi, e certe classi di peniten-
ti, ciò che si chiamò Missa caie-
ihunienoruin, messa o licenziamento
de' catecumeni. Lo slesso nome fa
dato a tutlociò che avea relazione
con questa cerimonia, e che si can-
tava o si recitava in presenza dei
catecumeni prima di congedarli,
cioè l'introito, il kyrie, la collelt;i,
le profezie, l' epistola, il graduale,
r alleinja, il versetto e l'evangelo;
e perchè la fine di questa messa
era nel tempo stesso il principio
della seconda parte della Liturgia
{Fedi), alla quale i fedeli soli a-
veano diritto di assistere, il nome
di messa passò pure insensibilmente
e quasi naturalmente alla seconda
MES 261
parte suindicata, sia ch'essa fosse
dapprima chiamata messa de'fedeli^
per distinguerla da quella de' cate-
cumeni, o semplicemente messa,
senz'altro aggiungervi. Laonde di-
viso il nome di messa in quel-
la de' catecumeni e in quella dei
fedeli , la prima si estendeva fi-
no all'evangelo e la predica inclu-
sive, l'altra cominciava dall'offerto-
rio. Finalmente venendo queste due
parti a formare un solo e medesi-
mo corpo di liturgia, furono en-
trambe comprese e riunite sotto il
nome di Messa, che prevalse e che
era già in uso nel IV secolo, come
ricavasi dalla lettera 33, lib. 5, di
s. Ambrogio a sua sorella Marcel -
lina, da s. Isidoro, da s. Leone I
nella sua lettera a Dioscoro, da .s.
Cesario d' Arles, per non dire di
altri. Nei primi tempi della Chiesa
la messa si celebrava sotto altri no-
mi, ed il Casalio, De vel. chrìst. rit.
1. I, e. 7, ne annoverò perfino tren-
taquattro, i principali dei quali sono
quelli di Colletta e di Sinassi, a mo-
tivo che per assistere alla messa i
fedeli si radunavano in uno stesso
luogo. Varie erudite etimologie del
nome messa, colle loro autorità,
produssero il p. Menochio, Stuore
t. Il, cent. VI, cap. XXIV; ed il
Sarnelli , Leit. eccl. tora. IX, lelt.
61. Ninno poi ne trattò meglio del
cardinal Lambertini , o Benedet-
to XIV, sez. I, cap. VI, come
di tutto r argomento, colla dottis-
sima opera : De sacrosanto Mis-
sae sacrificio libri tres. Nel 1 748
il p. Azevedo ne fece in Roma la
ristampa, auclior et castigatior, re-
candola in latino idioma dall' ori-
ginale volgare : Della santa Messa
trattato istruttivo, di cui si lianno
molte edizioni eziandio con le illu-
strazioni ed accrescimenti posterio-
ìGi MES
li ec. Il Maci'i dice che \a messa
fu anche delta Liturgia, cioè pu-
blicuin nm/ius ; lentrgìii, sacrunt
mitniìs; Mistagogia, disciplina sa-
cromili, ec. Avverte poi che il vo-
cabolo messa alcune volte si disse
in significato di solennità o festa di
qualche santo, o sacra radinianza in
occasione pure di ore canoniche.
Il sagrilìxio della messa è il ve-
ro e proprio sagrifizio della nuova
legge, ed in essa si verificano le
cin(|ue condizioni richieste pel sa-
grifizio. Dopo la creazione dell'uo-
mo nacque subito in esso l'idea del
sagrifizio, perchè tosto sentì egli il
bisogno di soddisfare per esso al
peccalo onde rialzarsi da sue mi-
serie; idea che fu comune ai greci,
ai romani, ai gentili ed ai barbari,
«ebbene coirolla dalla superstizione
e dall'ignoranza, che giunse perfi-
no a macchiare gli altari di sangue
umano , siccome appena scoperta
l'America si vide ancora praticare
nel messicano, e a'dì nostri presso
gl'indiani : anzi si giunse ad attri-
buire al sangue la principal virtù
del sagrifizio, e fuvvi il rito profa-
no de'tauroboli o criuboli pratica-
to ad onore sì di Cibele che di
Mitra, in cui l'iniziando riceveva so-
pra lutto il suo corpo il sangue di
un toro o d' un ariete, ed a cui
attribuì vasi la purificazione o per
\ent'anni, e talvolta ancora l'intera
rigenerazione. I sagrilìzi servirono
a significare 1' integrità e la fer-
mezza delle umane operazioni ; e
dal modo col quale Dio confermò
ad Abramo le sue promesse, si ha
una conferma che il sagrifizio indi-
cava l'integrità e la fermezza al-
la stipulazione de' patti ; onde Ser-
TÌo il fotilus ini/e , lo derivò da
foedis vidiieribus vicùmaruin. Inol-
tre il sagrifizio era quell'atto col
MES
quale appalesava il popolo di a-
ver meritati dal cielo i più tremen-
di castighi, e quasi iniprecavali di
nuovo sopra di sé, ove fosse tor-
nato a peccare, ciò che veniva si-
gnificato da quella imposizione del-
le mani che facevano sopra la vit-
tima tanto il sacerdote pei peccati
del popolo, come qualunque olTe-
rente particolare per i peccali pro-
pri. Ma i sacrifizi, neppur esclusi
quelli sotlo la legge antica o mo-
saica, potevano significare sì, ma
non dare la remissione de' peccati,
e perciò non erano che figura o
simbolo di quell'unica oblazione,
che come scrisse l'apostolo ad Hcbr.
X, V. 1 4 : consummavit in sempi-
tcninin sanlìficatos. Quindi il divin
Redentore nell' ultima cena, dopa
aver dato termine alle figure col
mangiar l'agnello pasquale, sostituì
di subito il sagrifizio del proprio
suo corpo e del proprio suo san-
gue, sotto le mistiche specie del pa-
ne e del vino, ed a perpetuarlo
nella sua Chiesa rivestì gli apostoli
ed i loro successori della podestà
sovraumana di offrirlo. Che la mes-
sa sia il vero e proprio sagrifizio
esterno della luiova legge, è ima ve-
rità fondamentale della cattolica fe-
de, la quale sì per le parole delle
sànie Scritture, sì [xjr gli oracoli
de'proleti, sì pel sentimento de'pa-
dri, sì pei concilii, tradizioni, mo-
lunnenli venerabili, e per la pra-
tica costante della Chiesa universa-
le, sì finalmente per le ragioni dia
si deducono da certi principii di fe-
de incontroversi, apparisce più chia-
i-a della luce del mezzogiorno; que-
sto sagrifizio della messa si celebra
quotidianamente nella Chiesa cat-
tolica. Quindi non solo i cattolici,
ma gli stessi etorodossi, i nesloria-
ni, i monolìsiti, Grabio, Leibuizio,
MES MES 363
e tanti altri protestanti tedesclii, e parisce, Ira gli altri monuinenti ,
, nei tempi nostri il Keble anglicano, dalla sua liturgia antica. E un sa-
I confermano una tale verità ; ed in grifìzio di azioni di grazie, onde
Inghilterra molti anglicani sospira- fu chiamato per eccellenza Enea"
no sopra ogni altare cristiano il ri- ristia j è un sagrifìzio impetrato-
stabilimenlu del sagrifizio giorna- rio, offerto per ottenere da Dio
liero, il quale, coni 'essi confessano, i soccorsi temporali e spiritua-
lo spirito dell'Anticristo abolì dal li, che ci sono necessari, a mezzo
santuario. Il concilio di Trento, sess. del suo Unigenito. Quindi gli effet-
22, De. sacrìf. Missae, can. i, de- ti del sagrifizio della messa consi-
crelò. j» Se alcuno dirà, che nella stono nell'onorare Dio, nel ringra-
Messa non si ofFeiisce a Dio un ziarlo de'suoi benefìzi, nell'ottener-
vero e proprio sagrifìzio. ... sia ne de'nuovi, nel placare la sua col-
scomunicato ". lera, e conciliare la sua misericor-
L'essenza del sagrifìzio della mes- dia pei peccati sì mortali che ve-
%a consiste nella consecrazione ed niali, quanto alla pena, onde sod-
immolazione mistica del corpo e disfare la divina giustizia, benché
sangue di Gesù Cristo, sotto le spe- in una niatiiera differente. Circa il
eie del pane e del vino, pel nutri- valore del sagrifizio della messa, i
mento spirituale dei cristiani; è lo teologi non sono d'accordo intorno
.stesso di quello della croce, ed è a tale questione: quando essi di-
l'imico nella legge nuova. Quanto cono che tal valore è finito o de-
al la materia e forma del sagrifizio terminato, essi prendono il vaio-
delia messa se ne parlò a Eucari- re per l'effetto, e non per la virtù.
STIA : il Colletj Esame de'sacrì mi- ch'è infinita.
sferi, p. 125 e seg., tratta dei di- Il ministro propriamente del sa«
felti della materia e di sua vali- grifizio della messa è il sacerdo-
dità. Quanto al fine ed ai suoi ef- te legittimamente ordinato, il qua-
felti, essendo il sagrifizio della mes- le deve adempire a diversi obbli-
sa il peifello compimento di lutti glii , alcuni de' quali precedono il
gli antichi sagrifizi , egli ne ha sagrifizio slesso, altri lo accompa-
tutle le qualità e tutti i caratte- gnano, ed altri lo seguono. Il Pa-
ri, ma in una maniera molto più pa san Fabiano ordinò che niu-
perfefta. Il sagrifizio della mes- no fosse ordinato prete prima di
•a è offerto a Dio per riconosce- trent'anni, e che i preti idioti non
re la sua maestà suprema, il suo potessero celebrare la messa. Nella
supremo potere , il suo supremo prima classe si colloca la prepara-
dominio; per onorarlo, adorarlo, e zione interna ed esteriore, tanto
per rendergli tulli gli omaggi che prossima che lontana. Nella secon-
il suddito deve al re, la creatura da si mette l'intenzione,' l'osservaa-*
al creatore, l'uomo a Dio. E un za delle rubriche. L'azione delle
sagrifizio propiziatorio, offerto per grazie si riferisce alla terza. Il sa-
l'espiazione de'peccali onde placa- cerdote che vuole celebrare il sa-
re la collera di Dio, e soddisfare grifizio della messa è obbligalo con-
ia sua giustizia, non che conciliare fessarsi di qualunque peccato mor-
ia sua misericordia; la Chiesa ebbe tale, anche dubbio, quando lo pos-
«emprc questa credenza, come ap- sa, o di eccitarsi ad una vita con-
a64 MES
trizione quando non può confessar-
si, quando la celebrazione della
messa sia necessaria per ragioni Cor-
tissime, poiché, per consacrare e
ricevere il corpo di Gesù Cristo bi-
sos;na essere in istato di grazia.
Secondo alcuni teologi, un sacer-
dote non può celebrale la messa
prima di avere recitato il mattu-
tino e le laudi, come prescrive la
rubrica appoggiata sull'ordinamen-
to d'Innocenzo IV e sulla costu-
manza generale della Cliiesa; si può
ciò non ostante celebrare lecila-
mente prima di aver recitato il
mattutino, quando vi sono ragioni
imponenti per farlo. Il sacerdote
che si dispone a celebrare deve im-
piegare qualche tempo nell'orazio-
ne; ma non è obbligato a recitare
i cinque salmi indicati nei messali,
come una parte dell'apparecchio al
sagrifizio. Si attribuisce dal Burio
al Papa s. Celestino 1 la prescrizio-
ne della recita di tali salmi, cor-
rispondenti a ciascuno de' sentimen-
ti del corpo, per la preparazione
della messa. Veramente il decreto
di s. Celestino I, riportalo nel libro
pontificale, dice che i CL salmi di
Davidde siano cantati prima del sa-
crifizio a modo di antifona, ciò che
prima non si faceva, recitandosi
soltanto l'epistole di s. Paolo e
l'evangelo. Lo Schelstrate sotto ta-
li parole del libro pontificale in-
tende l'introito della messa, nel
quale però non mai si cantano i
detti CL salmi, ma solamente si
recita porzione d'un salmo; per lo
che conchiude, questo luogo si de-
ve intendere rettamente dell'ore
mattutine, nelle quali pel corrente
dell'anno quasi tutti si cantano i
salmi di Davidde. L'Amalario, De
eccl. offic. lib. 3, cap. 5, e Wal-
fredo Strabene, De reh. ecclesiasl.
MES
cap. 22, intendono questo decreto
(li s. Celestino I, per le antifone
all'introito della messa. 11 carcliiin-
le Bona, Rerum liturgie, lib. 2,
cap. 3, tratta a lungo di quanto
riguarda quest'argomento.
La Lavanda delle inani {Vedi)
è una operazione necessaria prima
della celebrazione della messa pel
diritto naturale, ed ommettendola
si pecca contro il rispetto dovuto
al sagramenlo, piì\ o meno mor-
talmente o venialuiente, secondo il
grado di negligenza o di sudiciume.
Ogni sacerdote che celebra la mes-
sa dev'essere digiuno (se ne attri-
buisce il primo ordinamento al
Papa s. Sotero) di un digiuno na-
turale, che consiste nel non aver
preso nessun cibo o bevanda, nem-
meno medicina, dalla mezzanotte in
poi, e ciò sotto pena di peccato mor-
tale , nulla potendosi inghiottire,
tranne la salivazione, o il sangue
che sorte dalle gengive, ec. ; il
prendere tabacco è permesso, non
masticarlo. Il Sarnelli, Leti. eccl.
tom. VI, lett. XXX: Se il ve-
scovo possa proibire sotto pena di
sospensione di prendere tabacco a-
vanti la celebrazione della s. Messa?
dichiara che può, ma se l'abuso non
è troppo non deve ciò fare, e ne ri-
porta le ragioni, potendosi condonar-
lo a chi ne prende parcamente. 1! Ri-
naldi osserva che nei primi tempi
della Chiesa rimase in alcune chie-
se la consuetudine di celebrare tal-
volta la messa nella sera, ma di-
giimo, e che tali messe cliiamaronsi
vespertine: nell'Africa vi fu l'usan-
za di dire la messa anco la sera.
Parlando il Macri della Missa ve-
spertinalis, antico rito della chiesa
latina , dice che tuttora sussiste
nella chiesa orientale nel tempo
del digiuno quaresimale, poiché si
MES
celebra messa circa due ore avanti
sera, dopo la quale cantano gli o-
rientali il vespeio, cenando al tra-
monto del sole. Vi sono poi dei
casi ne'quali si può celebrare sen-
za essere digiuni , sia per impedi-
re la piofanazione del sacramen-
to , prendendolo sull'istante quan-
tunque abbiasi mangiato; sia per
evitare uno scandalo grande , o
una perdita considerabile, ec; co-
sì quando è d'uopo continuare la
messa d'un prete che muore o
cade in isvenimento dopo la con-
sagrazione ( san Stanislao vescovo
fu martirizzato mentre celebrava,
e s. Andrea Avellino fu colpito di
apoplessia nell'incominciar la messa;
nelle biografìe di s. Gregorio VII,
e di Gregorio IX dicemmo come
furono orribilmente assaliti mentre
celebravano la messa nelle basili-
che Vaticana e Liberiana); e quan-
do si abbia ottenuta dispensa per
celebrare o comunicare dopo di a-
ver preso qualche poco di nutri-
mento. Il Papa s. Pio V ad istan-
za del re di Portogallo, ad esempio
di alcuni suoi predecessori che a-
veano dispensato dal digiuno per
celebrare, l'accordò ai sacerdoti del-
l'Indie sudditi di quel monarca,
per le malattie cui andavano sog-
getti e per 1' intemperie del clima.
Clemente XI negò al vescovo di
Quito la licenza di celebrar la mes-
sa non digiuno quando dovea con>
ferire gli ordini sacri, benché d'in-
ferma salute. Della tacita dispensa
che si concede al cardinale che ce-
lebra la messa (la quale chi l'a-
scolta non soddisfa al precetto per
quella del giorno seguente) nella
mezzanotte di Natale nella cap-
pella pontifìcia, ne parlammo al
voi. IX, p. 1 1 3 del Dizionario, ri-
tu)rtando l'analogo breve di Beue-
MEs ^ea;
detto XIV. Anche nella basilica di
s. Marco di Venezia si celebrava la
messa alla mezzanotte suddetta, su
di che può vedersi il Cornaro, De
bas. ducalis s. Marci dee. 1 2: ora
si celebra nelle prime ore di notte;
ma in molte altre chiese di Venezia
si celebra ancora alla mezzanotte.
Noteremo che nel voi. IX, p. loi
e seg. del Dizionario riportammo i
diversi modi coi quali molti Papi
celebrarono le funzioni della notte
e festa di Natale; solo qui aggiun-
geremo, quanto al modo di nu-
trirsi celebrando nella santa notte ,
che Leone XII un' ora prima di
mezzodì mangiò la zuppa col bro-
do di pesce, ed un fritto di triglie,
indi intuonò il vespero e il mattu-
tino nella basilica Liberiana, ove
avendo ancora pontificato la messa,
terminata questa un'ora prima del-
la mezza notte, nelle camere del
cardinal arciprete pranzò, ed ivi
prese riposo. Si portò all'aurora a
celebrar la messa in s. Anastasia, e
passò poscia a s. Pietro a ponti-
ficare la terza. Il Papa regnante,
nel 1 846, un* ora avanti mezzodì,
come Leone XII, prese una refe-
zione, indi intuonò il vespero nella
cappella Paolina del Quirinale, al-
le ore due di notte recossi alia
basilica Liberiana dove intuonò il
mattutino, celebrò pontificalmente
la messa all' altare papale, quale
terminata ad ore sei circa di not-
te, pranzò nelle sue stanze al Qui-
rinale, ivi prese riposo, ad ore
quattordici celebrò la seconda messa
nella cappella segreta, poscia in.s.
Pietro pontificò la terza.
Gli obblighi del sacerdote duran-
te il sagrificio sono. i.° L'intenzione
virtuale di consacrare tutte le ostie
che gli vengono a tale elTelto pre-
sentate, e di edificare gli astanti
266 MES
coll'esatto e modesto conlegno del
suo esleriore. i." Deve osservare le
rubriche, le quali prescrivono i riti
da praticarsi nella celebrazione del
sagrifizio, perchè esse obbligano in
coscienza , come ' insegnano quasi
tutti i teologi appoggiati alla bolla
di s. Pio V, che leggesi premes-
sa ad ogni Messale [f^cdi), e che
comanda a tutti i sacerdoti, in
■virtù della santa obbedienza, di cele-
brare o di cantare la messa secon-
do il rito, la regola e la maniera
che prescrive il messale. 3.° Deve
"vestire una sottana o veste lunga,
e non deve portare berrettino al-
l'altare senza dispensa della santa
Sede, su di che può vedersi Ber-
rettino: nel Bull, de prop. fiele
t. I, p. 197, si legge il breve di
Clemente X, Ronianus Ponlìfex, dei
2 3 dicembre iGyS: prò vìcariis
apoxtolicis apud Sìnns, eorumque
missionnriis indnlluin celebratidi ca-
pile ledo. Noteremo che il Papa s,
Zaccoria ordinò che i sacerdoti
non potessero celebrare la messa
appoggiati ai bastoni, né col capo
coperto. 4'° Se il sacerdote non de-
ve recarsi all'altare che dopo es-
servisi preparato colla preghiera e
colla purità della coscienza, e deve
presentarsi con edificante modestia,
egli deve altresì dopo terminato il
sagrifizio impiegare un tempo ade-
quato per ringraziare Iddio di un
così gran benefìcio. 11 p. Menochio,
Stuoie t. II, cent. VI, cap. 3ì :
Della brevità ò lunghezza della
s. Messa. Dopo avere allegalo le
ragioni adotte da quelli che pro-
pendono per la messa breve, per
non infastidire ed alienare dalla di-
vozione gli ascoltanti; riporta mol-
tissime e giustissime ragioni per-
chè la messa, come la piìi santa
funzione che si fa nella Chiesa di
MES
Dio, si dica con pausa e altenta-
menle, rimarcando gli abusi e gli
scandali delle messe troppo brevi,
e di que' sacerdoti che troncano o
mangiano le parole con irriverenza
al sagrifizio, non potendosi colla
fretta considerare i gravi significati
delle cerimonie e de'riti ; fìnalmeo-
te avverte, che una soverchia lun-
ghezza può dare occasione a mor«
morazioni de' presenti alla messa.
Pio VI nell'anno 1797, per ri-
parare allo scandalo di alcuni ec-
clesiastici , ed alla poca divozione
di non pochi secolari ne'sacri tem-
pli, ordinò ai primi sotto pena di
sospensione a divìnis che nella lo-
ro messa non impiegassero meno
di venti minuti, e per riguardo ai
secondi , che fossero arrestati in
chiesa tutti quelli i quali all'eleva-
zione e benedizione della messa
non s'inginocchiassero o non usas-
sero in tutto quel rispetto che ri-
chiede la casa di Dio. Il concilio
di Trento raccomandò ai sacerdo-
ti, che non fosse eccessivamente
breve o lunga ; e s. Agostino ri-
prese quelli che trascuravano d'u-
dire la messa , partivano avanti
tempo, discorrevano o si lamen-
tavano delle messe lunghe facen-
dole abbreviare. L' abuso di uscir
dalla chiesa, lettosi l'evangelo, pei"
non udir la predica, lo tolse il ve-
scovo s. Cesario.
Per soggetto del sagrifizio della
messa s'intendono tutti coloro pei
quali si deve e si può offrirlo. Si
può e si deve offrire il sagrifizio della
messa per tulli i fedeli giusti o pecca-
tori, morti o vivi, a meno ch'essi non
siano esclusi dalla comunione della
Chiesa : non si offre né pei scisma-
tici, ne per gli eretici, né per gli
scomunicali, giacché il primo effet-
to della scomunica è quello di pri-
MES
rar lo scomunicalo di tulli i suf-
fragi de'quali il Figlinolo di Dio
lasciò dispensatrice la sua Chiesa.
Un sacerdole può però iu suo pro-
prio e piivato nome pregare al me-
mento ed in altro punto della messa
per gli scomunicali anche denunziati.
Benché i catecumeni e gl'infedeli non
abbiano <liritfo al sagrifizio, non ap-
partenendo essi alla Cinesa, si può
olfriilo pcM- essi del pari che il sa-
grifizio della croce che venne olFer-
to per tulio il mondo : s. Paolo
vuole che si preghi pei principi
pagani, e comprende il sagrifizio
col nome di preghieie. Non si può
olh-ire il sagrifizio della messa per
i dannati, e la Chiesa vieta pregar
per loro. P^. Inferno. Si offre util-
mente per le anime de' giusti ai
quali rimangono de'falli da espiare
dopo la morte nel purgatorio. Non
si può offrire ai santi il sagrifizio
delia messa, perchè il sagrifizio por-
ta con sé l'idea di culto di latria,
il quale non è dovuto che all'En-
te supremo; ma si può offrire, sia
per onorare Dio in essi , sia per
ringraziarlo de'suoi benefizi a loro
riguardo, sia per ottenere la loro
intercessione presso di lui, sia fi-
nalmente per procurare loro una
certa gloria accidentale, che con-
siste o nell'onore che loro si ren-
de in terra, o nella gioia ch'essi
provano vedendo i fedeli cammina-
re sul sentiero della giustizia. Ora
passiamo ad accennare i doveri del
sacerdole per rapporto alla neces-
sità della celebrazione e dell' ap-
plicazione del sagrifizio della n)essa.
Quantunque un sacerdote, parroco
o no, non sia obbligato di celebra-
re lutti i giorni, pure egli è in
obbligo di celebrarla frequente-
mente , e pecca mortalmente se
tralascia affatto dì celebrarla, ovve-
MES 267
ro se la celebrerà assai di rado.
Qualunque sacerdote che senza un
ragionevole motivo non celebra in
tutte le domeniche e solennità del-
l'anno, pecca per lo meno venial-
mente, e forse anche morlalmenle.
Il concilio di Trento, sess. 7.3 dn
refor. e. i4> ingiunge ai vescovi
di aver cura che i sacerdoti cele-
brino la messa almeno tutte le
domeniche e tutte le solennità; ed
i concilii posteriori ordinano ai
sacerdoti di celebrare in delti gior-
ni. Un parroco è obbligato sotto
pena di peccalo mortale di cele-
brare in persona quando lo può,
o per mezzo d' un altro quando
non lo può, ogni qualvolta il suo
popolo è in obbligo di ascoltare
la messa: il concilio di Trento ha
cos\ deciso. Essi devono ancora cel-
brare qualche volta nel corso del-
la settimana, per adempiere pie-
namente all'ufn/io di mediatori Ira
Dio ed il popolo loro affidato. O-
gni giorno si deve celebrare una
messa solenne in tutte le chiese
sieno cattedrali o collegiate , tran-
ne il caso della mancanza di <|uasi
lutti i canonici : essa non può ser-
vire a soddisfar 1' obbligo delle
fondazioni < particolari ; come non
può servire a quest'oggetto nelle
domeniche e feste la messa par-
rocchiale pegli abitanti del luogo,
per cui i capitoli che hanno cu-
ra d'anime devono farla celebrare
da chi l'esercita. Si vuole che Pe-
lagio I comandasse di celebrare la
niessa conventuale, ne'giorni di di-
giuno, dopo l'ora di nona : negli
altri tempi si celebra dopo terza.
Il Diclich, Diz. sacro litui'.. Messa
conventuale f ne riporta le rubriche
e ({uando si debbano cantar due
messe conventuali nelle cattedrali
e collegiate, non però nelle chiese
a 68 MES
regolari. EeneJetto XiV con lette-
ra apostolica, Cam super, diretta
a tutti i vescovi d' Italia, sotto i
ic) agosto 1744^ ordinò die tutti
i pastori delle anime, pannelli, vi-
cari, economi, ant:Iie regolali, ben-
ché destituiti di slabili congrue al
loro mantenimento , in tutte le
domeniche e feste dell' anno appli-
cassero la messa parrocchiale pel po-
polo ad essi commesso ; ed ai ca-
pitoli ordinò , che la messa con-
ventuale nelle cattedrali e colle-
giate sì applicasse pei benefattori
delle medesime chiese. Nel voi.
XIII, p. io5 degli Annali delle
scienze religiose vi è la risposta
data in nome di Gregorio XVI dal
cardinal Polidori quale pro prefetto
della congregazione del concilio, al
vescovo di Mans, se i parrochi deb-
bano applicar la messa pel popolo
nelle feste soppresse o traslate in
virtù dell'indulto 9 aprile 1802;
risposta concepita così: Dlissanipro
poptilo esse a parochis applica n-
dtini omnibus festis edam reducUs.
Un beneficialo è obbligato sotto
peccato, meno fortissime ragionij
di celebrare le messe secondo le
disposizioni del testatore e la fon-
dazione del suo beneficio. Ogni sa-
cerdote è obbligato di applicare il
frutto speciale dal sagrifizio della
messa a coloro dai quali riceve la
elcuiosina, la quale non può rice-
vere da altri il parroco quando è
obbligato celebrarla pel popolo, né
i canonici per la messa quotidiana
conventuale, ancorché le prebende
sietio assai mediocri. Alessandro IH
dispose che un beneficiario obbli-
galo a celebrare ogni giorno, non
è in obbligo di far supplire alle
messe eh' egli ommette talvolta e
(Il rado, per malattia, rispetto pel
sagrifi/.iOj o bisogno pressante della
MES
chiesa o del popolo, a meno che
nel «lontratto di fondazione siavi
la clausola che il beneficiano cele-
brerà tutti i giorni in persona o
col mezzo d' un altro. Il p. Me-
nochio, Sliiore, cent. VI, cap. 27,
tratta se sia meglio che il sacer-
dote dica messa ogni giorno, o
che la tralasci qualche volta.
I doveri del popolo per rappor-
to ai sagrifizio della messa si ri-
ducono ad ascoltarla con divozione
tutte le domeniche, le altre feste
di precetto e le solennità. Tutti i
fedeli adulti sono obbligati, sotto
pena di peccato mortale, di ascolta-
re la messa in detti giorni, per ob-
bligo imposto dalla Chiesa in mol-
tissimi concilii. I fedeli devono a-
scoltarla con religiosa attenzione, con
riverenza interna ed esterna, con
disposizione di spirito e di corpo
corrispondenti alla santità del più
grande e del più augusto de' no-
stri misteri. Non si soddisfa al pre-
cetto in istato d' ubbriachezza, dor-
mendo o parlando, o confessando-
si ec. Non si soddisfa del pari al
precetto om mettendo di ascoltare
una parie notabile della messa,
quale sarebbe il principio fino al-
1 evangelio inclusivatnente, o la con-
secrazione sino alla fine. Non si sod-
disfa neppure ascoltando due o quat-
tro parti di messe celebrate nello
stesso tempo da due o quattro preti,
perchè la messa è un tutto necessa-
riamente composto di parti succes-
sive, che per conseguenza non pos-
sono sussistere contemporaneamente.
Ma si soddisfa al precetto, purché
unitamente alle altre condizioni siasi
moralmente presente alla messa; e
questa presenza morale sussiste al-
lorché si ascolta la messa dietro
all'altare, o dietro una colonna del-
la chiesa, od iu uu luogo attiguo
M E S
alla cappella nella quale si celebra,
o (la lina finestra d' una Ciisa se-
colare, attigna essa pure alla chie-
sa, o fuori della chiesa, nella quale
non si possa entrare a motivo dcl-
I.) folla, ma uniti alla nioltiludine.
Si soddisfa altresì suonando per
qualche tempo le campane dtu'aiite
Ja messa, andando a ceicare il vi-
no necessario per celebrare, dime-
nando l'incensiere. La messa a cui
la chiesa ci obbliga intervenire, è
principalmente la messa solenne
della parrocchia, la quale ordinaria-
mente è accompagnata dalla pre-
dica o spiegazione del vangelo, o
da qualche istruzione o cerimonia
propria delle domeniche e delle
feste. Benché in molte chiese con
gran vantaggio de' fedeli abbiano
luogo eccellenti istruzioni e sante
pratiche, tutta volta aftine che le
pecore di un medesimo ovile pos-
sano essere riunite sotto gli occhi
del loro pastore, ed ascoltare dalla
sua bocca la parola di Dio, secon-
do le regole antiche della Chiesa,
che tutti i fedeli d' una stessa città
si radunavano in un medesimo luo-
go e poi nella propria chiesa alla
messa parrocchiale, è obbligo di
lutti i fedeli l' assistete sovente al-
l'oftlzio pubblico della parrocchia.
Il concilio di Trento vuole che i
vescovi ricordino sovente ai loro
popoli l'obbligazione di recarsi al-
meno nelle domeniche e nelle feste
solenni alla chiesa parrocchiale, per
assistervi al sagrifìzio della messa,
ed ascollarvi la parola divina ; ob-
bligo sopra il quale hanno sempre
insistilo i sacri canoni e i più dot-
fi canonisti. Si può soddisfare al
precetto ecclesiastico di ascoltar la
messa nelle domeniche, anche assi-
stendovi in altra chiesa fuori della
propria parrocchia ; e questa è dot-
MES 269
trina dei teologi; ma essi conven-
gono che lo S[)irilo della Chiesa an-
che al dì d'oggi, è che lutti i fe-
deli indistintamente ascollino nei
santi giorni la messa pairocchiale,
quindi questa pratica in lutti i lem-
pi fu raccomandala. Leone X di-
chiarò con bolla, che • soddisfaceva-
no al precetto della messa ne' gior-
ni festivi, quelli che l'ascoltavano
nelle chiese de* religiosi mendicanti.
Dipoi Clemente Vili riprovò la
sentenza che affermava, non esser
lecito ai cristiani di sentir messa
nelle chiese che non fossero par-
rocchiali, e lo dichiarò lecito. Chi
recita l'uffizio per obbligo o per
penitenza, mentre ascolta la messa,
soddisfa all'uno e all' altra , per-
chè non impedisce l' attenzione al
sagrilìzio. Dispensano d' ascoltare
qualsiasi messa ne' giorni di pre-
cetlOj r impotenza tanto fìsica, che
non si può assolutamente superare,
quanto la morale, che non si può
superare , se non con molte diffi-
coltà, perchè la Chiesa tenera ma-
dre non intende di obbligare i suoi
figli all' osservanza di que' precetti
ai quali non potessero adempiere
senza gravi incomodi . Perciò non
sono obbligali i prigionieri, gli ob-
bligati a letto, od a rimanerse-
ne in casa, quelli che navigano in
mare, quelli che sono privi dei
sacerdote per celebrar loro la mes-
sa, quelli che incorrono pericolo
per assistere alla messa di perdere
la vita, l'onore o le sostanze; per
ragione di carità quelli che sono
alla ciua o guardia degli amma-
lati, se a questi la loro assenza re-
ca pregiudizio; quelli che colla lo-
ro presenza impediscono alterca-
zioni, bestemmie e danni conside-
rabili. Dispensa ancora dalla messa
un dovere incompatibile, come uu
270 MES
soldato che non può abbandonare
il suo posto, il pastore che non
può lasciare il gregge, la nutrice
che non può abbandonar il suo
])ambino, un domestico cui il pa-
drone vieta di recarsi alla chiesa,
r che non può trovare altri padro-
ni, certi operai i quali non posso-
no abbandonare un' opera incomin-
ciala, come sarebbe la fusione del
vetro, del ferro, del bronzo, ec.
senza recar grave danno a sé stes-
si o ai loro padroni; sono dispen-
sate dalla messa finalmente le don-
ne in istalo di puerperio, ec.
Delle messe particolari o priva-
te, sei sono le ragioni che assegna-
no i teologi per le quali si può
dire che una messa è particolare,
cioè : per ragione del luogo, quando
si celebra in una Cappella [Vedi)
domestica; per ragione del tempo,
quando si celebra in un giorno di
lavoro; per ragione del fine, quan-
do si applica ad una persona in
j)articolare ; per ragione degli as-
sistenti, quando non vi assistono
che poche persone; per ragione del-
l'aitate e della solennità, come so-
no le messe basse, che si celebiaiio
cjuolidianamente ai diversi altari di
una chiesa; o finalmente per ra-
gione della mancanza di persone
the si comunicano, come sono le
messe nelle quali non avvi altra
comunione fuorché quella del sa-
cerdote; le quali messe privale tul-
io sono permesse e legittime, i. Le
messe private per ragione del luo-
j^o sono jndubitalamenle permesse,
tjcsìi Cristo istituì la prima messa
nel cenacolo, e s. Pietro celebrò la
prima messa nel cenacolo, che il
j). Kaynaud, contro la comune
fccutenza, sostiene e dice celebrala
nel giorno della risurrezione, De
prima missa, t. VI delle sue ope-
MES
re. Sembra certo che la prima mes-
sa fu celebrata da s. Pietro dopo
la venuta dello Spirito Santo e nel
giorno della Pentecoste; e sebbene
nel cap. Jacobus, de consecr. dist. I
ex synodo sexta, par che si dica,
che s. Giacomo apostolo vescovo di
Gerusalemme fosse il primo, si de-
ve intendere che s. Pietro ne pie-
scrisse l'ordine, e s. Giacomo il di-
•vidgò in iscritto. 1 sacerdoti della
Chiesa agitata fin dal suo nascere
dal fiuore delle persecuz.ioni, cele-
bravano la messa nelle case parti-
colari, e nelle caverne o Caiacoinhe
[Vedi); e molti santi l'hanno cele-
brata nelle loro celle. 2.° Le messe
che si celebrano ne' gioì ni di lavo-
ro sono parimenti permesse, perchè
esse rappresentano il sagrifizio per-
petuo della sinagoga, e perchè gli
apostoli ficevano tutti i gioini la
frazione del pane, che significa la
celebrazione della divina Eucaristia.
3." Le messe che si applicano a
qualche persona particolare sono
altresì permesse, del pari che i sa-
grifizi i quali si olFrivano nella
legge mosaica pel principe, pel sa-
cerdote, o per altre persone parti-
colari; esse non escludono le altre,
e tutti vi partecipano. 4-" ^on vi
è legge né ragione che proibisca al
sacerdote di celebrar la ujessa senza
altio assistente che il proprio do-
mestico: non tutu credono vere le
decretali dei Papi s. Anacleto e
s. Solerò, che niun sacerdote dices-
se messa senza l' assistenza uhneno
di due persone, cui dire il Domi-
inis vohiscuvi e 1' Orale fiatres.
5." Lo slesso dicasi delle messe bas-
se, che si celebrano tulli i giorni
ad una volta o successivamente da
molli sacerdoti a diversi altari in
una stessa chiesa. 6." Le messo nel-
le quali il succrdolc solo si comu-
MES
ìiica sono pienamente Icgillimc ,
perthè sono offerte a Dio per il
popolo dal ministro pubblico della
Cliiesa, ciò che le rende in fatto
comuni, e perchè la comunione sa-
grameiitale del popolo non è essen-
ziale al sagrifìziu della nuova leg-
ge, ne comandata ogniqualvolta vie-
ne offerta, da alcun precetto divi-
no od umano. Il Zaccaria nell' ^/i-
ii-Febronio t. I, p. VUI, difende
la pluralità delle messe private con-
tro i protestanti e novatori, e loro
pretese. Prova il Sarnelli, 1. IV,
Jett. XLIV, che i Papi per giuste
ragioni riducono gli obblighi della
celebrazione di molle messe pi iva-
te, ma sono più parchi nella ri-
duzione delle solenni, perchè di que-
ste maggiore n' è il valore ed il
flutto.
Per diritto comune non si deve
celebrare la messa prima dell* au-
rora, perchè la legge che determi-
na r ora del sagrillzio si ritiene
importantissima in tutti i luoghi
ne' quali è in vigore. In Francia e
in altri paesi settentrionali, duran-
te l' inverno s' incomincia la messa
molte ore prima dell'aurora o del
crepuscolo, usanza nota ai vescovi,
e non proibita. Si può fare lo stes-
so in tulli i tempi e i paesi, sia per
duimìnistrare il viatico ad un am-
tiialalo, sia quando una causa pub-
Mica lo esige. JN'on è permesso di
celebrare la messa dopo l'ora del
mezzogiorno, non inleso però ma-
terialmenle , ma moralmeule per
quel tempo che non se ne allonta-
na di mollo. Si deve quindi rispet-
tare r uso stabilito, od almeno tol-
lerato dai legìttimi superiori. E proi-
bito di celebrare nel venerdì sunto,
perchè la Chiesa non vuole che si
immoli misticamente il divino A-
guello, in quel giorno ìu cui essa
MES 271
ce lo rappresenta come realmente
immolato sul Calvario. 1 Papi non
permettono se non che una sola
messa nel giovedì e nel .sabbato
santo; in alcune diocesi si suole
celebrare. Su questo punto e sul
\enerdì santo va letto quanto si
disse nel voi. Vili, p. 289, 290,
291, 3i3, 317, e IX, p. 8 del
Dizionario, ove si parlò ancora
delle tre messe che dicevansi nel
giovedì santo. 11 Papa s. Innocen-
zo 1 confermò la tradizione per
cui la chiesa nel venerdì e sabbato
santo si astiene dal sagrifìzio della
messa, tranne quelle della funzione
e della comunione, in memoria ed
esempio degli apostoli, i quali nei
due giorni perseverarono mesti in
digiuno : s' intende che quella del
venerdì santo non è propriamenfe
sagrifìzio, ma comunione del sacer-
dote. Osser\a il Macri, che i greci
ne' giorni feriali di quaresima, ec-
cettuando i sabbali, celebrano la
messa Praesanclificalorunt , perchè
non consagrano, ma solo consuma-
no l'Eucaristia consagrata nella do-
menica, come fanno i latini nel ve-
nerdì santo di quella consagrata
nel dì precedente, e ciò per segno
di mestizia, come definì il VI sino-
do. Aggiunge il jVlucri, che la chie-
sa and:)rosiana non celebra messa
ne' venerdì di quaresima, e che la
chiesa latina sino al 700 non cele-
brava nel tempo quaresimale, tran-
ne le domeniche, i sabbati e la fe-
sta dell'Annunziala. Quanto al sab-
bato santo riferisce lo stesso Ma-
cri, che la messa celebravasi antica-
mente al comparire della prima stella.
Anticamente un solo sacerdote
celebrava molle n)esse in un gior-
no: tutta volta s. Alessandro I, elet-
to nel 121 avea ordinato che i
sacerdoti non potessero celebrare più
l'ji MES
più d'una messa al giorno; ciò fu os-
servato sino as. Adeodato 1 del 6 i 5,
il quale permise die i sacerdoti ceie-
l)rassero ogni giorno nella slessa chie-
sa due messe, avendo s. leeone I del
44o concesso altrettanto in caso di
necessità pel notabile accrescimento
de'fedeli, i quali non potevano tut-
ti entrare in una chiesa. Il Papa
s. Leone Ili per divozione so-
leva celebrare sino a nove volte
il giorno la messa; ed il concilio
Salegustadiense ordinò che niun
sacerdote eccedesse il numero di
Ire messe. Ma Alessandro li nel
io63 comandò che i sacerdoti ce-
lebrassero una sola volta il giorno ;
pei"ò nulla dispose sopra )' uso di
celebrare in un sol giorno la mes-
sa pei defunti, ed allra per la fe-
sta corrente, ciò che a poco a po-
co andò in disuso. Dallo scarso nu-
mero de' sacerdoti ne' primi secoli,
nacque il costume di potersi cele-
brare più messe nel medesimo gior-
no, quindi verso il secolo Xll fu
ciò limitato a certi giorni più so
lenni. Dimostra il Bona, Rer. li-
(nrg. lib. I, cap tS, n. 6, che il
giorno della Circoncisione del Si-
gnore cclebravansi due messe, una
dell'ottava della Natività, l'altra
della Madonna ; Ire nel giovedì
santo ( due se ne dicevano nell'A-
frica, una la mattina, l'altra la se-
ta dopo cena); e due nella vigilia
e festa dell' Ascensione. Anche Giu-
seppe Visconti , De anticj. luìssae
rilib. lib. Ili, cap. 28, riporta del-
le testimonianze per provare che
più messe dicevansi nelle feste di
Pasqua, de' ss. Pietro e Paolo, di
s. Giovanni apostolo, di s. Giovan-
ni Battista , di s. Lorenzo, di s.
Marco e di s. Vittore. Finalmente
Innocenzo III del 1198, col cap.
Consuluisli, 3. de celcbr. Miss., pre-
MES
scrisse che in avvenire nessun pre-
te non celebreiebbe più d' una
messa in un giorno, eccettuata la
festa di Natale ed un caso di ne-
cessità, e questa regola divenne leg-
ge per tutta la Chiesa. A s. Tele-
sf'oio Papa del 1^1 si attribuisce
l'ordinamento che si celebrassero
da ciascun sacerdote tre messe nel-
la notte di Natale, nessuno però
celebrare potesse fuori di questa
solennità, prima dell' ora di terza.
Tuttavia questa introduzione è cer-
tamente anteriore a s. Telesforo,
conie dimostrano il Pagi nella sua
vita, il Fiorentini, Exercit. 2, e Be-
nedetto XIV, Defislis D. N. J. C.
p. 4'^- A tempo di s. Gregorio 1
è indubitato 1' uso della celebrazio-
ne delle tre messe nella notte di
Natale; ma la prescrizione dell'ora
di terza non cominciò che da s.
Damaso I. Danno i lilurgi per si-
gnificato a queste tre messe, che
Cristo nacque per quelli che visse-
ro nella legge naturale, nella scrit-
ta e nell' evangelica. Altri, che
quella che si canta di notte dopo
il Te Deiini, ramtnemora l'eterna
generazione, prima d' ogni altra
creatura, e lo stato avanti la legge
in cui stavano nelle tenebre; la
seconda che dicesi all' aurora, es-
prime il tempo sotto la legge, in
cui già s' incominciava a conoscere
Cristo, ma non pienamente; la ter-
za che si dice di giorno indica il
tempo della grazia, e pubblica la
nascila temporale del Salvatore. Il
Pouget, Inslù. calhol. t. I, p. 8i4>
ha creduto che con questi tre sa-
grifizi vengano indicate le tre na-
scite di Gesù Cristo: la prima nel-
r utero di Maria, la seconda nell'a-
nima de' giusti, la terza nel seno
del Padre. Nelle chiese gallicana,
spagnuola ed ambrosiana, come si
MES
è sempre usato anche nella greca,
una sola messa dicevasi in questo
giorno. Ma nelle Gallie nel "VI se-
colo celebravansene due da ciascun
sacerdote ; e quando da Carlo Ma-
gno fu ammesso l'ordine romano,
s' introdusse l' uso generale di dir-
ne tre nello stesso altare, costume
ammesso pure nelle Spagne nel se-
colo XIV, e nel XV anche nella
chiesa di Milano. Erasi in alcune
chiese introdotto l'uso, che alcuni sa-
cerdoti .nella notte di Natale dices-
sero tutte tre le messe e Vi comu-
nicassero i laici : Clemente XI or-
dinò nel 1 702 che in ciascuna
chiesa da un solo sacerdote si di-
cesse una sola messa, per celebrare
le altre due ad ora competente sta-
bilita dalle generali rubriche, e che
in essa senza particolare licenza non
si potesse somministrare la comu-
nione, per ovviare ad inconvenienti
talvolta accaduti. Benedetto XIV
dichiarò che gli armeni di Livorno
non potevano celebrare tre messe
nella festa di Natale, essendo que»
sto rito unicamente e solo della
chiesa latina. Abbiamo dal p. Giu-
seppe INlaria Manni : Lellera nella
quale si dimostra che non è lecito
ad ogni sacerdote celebrare la
messa privata nella notte del s.
JS'atale. Dissert. YIII, t. XII, di
quelle del Zaccaria. I sacerdoti
debbono celebrare le tre messe do-
po r aurora ; il celebrarne tre è di
privilegio^ non di precetto; né tì
è alcun precetto della Chiesa che
comandi di ascoltare più di una
niessa in questo giorno, ed i sacer-
doti possono dirne una o due, ben-
ché chi lo può fare, e sono quasi
tutti, ne celebrano tre in ossequio
del gran mistero e solennità. l'aè-
di Natale. A questo articolo il Di-
clich neir opera citata, riporta le
VOI. ILIY.
MES 273
diverse rubriche sulla celebrazione
di una, due o tre messe. È noto
che il sacerdote che celebra le tre
messe, nelle due prime non può
prendere l' abluzione, come non la
prende il Papa nelle due prime
messe benché vi corra lungo spazio
di tempo da una all' altra. L' ablu-
zione egualmente non si può pren-
dere da quel sacerdote o missiona-
rio che per necessità deve celebra-
re più volte in un giorno; così il
cardinal Toledo lib. i , cap. 3 , n.
5. Delle tre messe che nella Spa-
gna e Portogallo si celebrano nel-
l'anniversaria Commemorazione de'
fedeli Defunti, se ne parla al primo
articolo , mentre nell' altro e in
quello di Funerali^ si riportano al-
tre notizie sulle messe de' morti.
Celebrando s. Bernardo la messa in
suffragio del defunto cardinal Albe-
rico cisterciense, giunto all' orazione
de'defunli, la cambiò con quella dei
santi confessori, persuaso che non
avesse bisogno de' suffragi che si
fanno a' morti. Mentre il corpo di
s. Filippo Benizi stava esposto pri-
ma di seppellirsi, per divina ispi-
razione gli fu celebrata la messa
non da morto, ma quella propria
de' santi confessori. Il p. Menochio,
Stuore t. II, cent. Vili, trattò nel
cap. LXXI : Se sìa lecito farsi di-
re le messe di requiem mentre si
è vivo e sano. Il Muratori nella
dissert. LVi parla delle messe pei
defunti, loro antichità, e quando
cominciassero ad essere applicate
per certe determinate persone.
Non avvi alcun luogo determi-
nalo dal diritto naturale o divino
per la celebrazione del sacrifizio
dalla messa; da ciò ne consegue,
che gli apostoli ed i loro primi
successori rompevano il Pane sa-
cro dovunque lo potevano, m un
18
274 MES
campo, in un deserto, in un basti-
mento, in una grolla^ in un ci ni ite-
rio, in un albergo, in una prigione,
anche per comunicare i confessori
della fede. Ma se si consulta il di-
ritto ordinario ecclesiastico, non si
può celebrare la messa «e non nel-
le Chiese consecrate dal vescovo, o
benedette col suo permesso dal sa-
cerdote, o per lo meno nelle Cap-
pelle o Oralorii domestici col bene-
placito del legittimo superiore, pel
quale la santa Sede ne concede lo
indulto, avendo dichiaralo il conci-
lio di Trento, che il solo l'apa può
concedere V Aliare portatile. 11 Pa-
pa s. Felice I ordinò ovvero con-
fermò l'uso di celebrare le messe
sopra i sepolcri àQ Martiri [P^edi),
chiamali Memorie, ovvero che si
mettessero le loro reliquie sotto gli
altari, sui quali soltanto doveasi ce-
lebrare, come ordinò s. Sisto li.
]\el primo luglio i652 comandò
Innocenzo X che nessun cardinale
possa celebrare all'altare papale del-
la basilica Vaticana, se non avrà
consegnato ai canonici altarisli della
basilica il breve di poter ivi celebra-
re anche in occasione di Cappella
pontificia [Fedi). Ivi ed altrove di
ciò parlammo, come di egnal con-
dizione pegli altari papali delle basili-
clieLateranense, Liberiana ed Ostien-
se. Si può qualche volta celebrare
la messa fuori de' luoghi destinati
a tale uso, e ciò avviene quando
una chiesa è o innondala, o con-
sumala dal fuoco, o minacciante
rovina, e quando in mancanza di
chiesa, o di chiesa proporzionata
alia moltitudine de' fedeli, bisogne-
rebbe che un buon numero di essi
perdesse la messa. Egli è perciò
che ài celebra in aperta campagna
per le truppe militari, quando l'u-
so, per buone ragioni, ha derogato
MES
alla legge. Così viene olferto il sn-
grifi/.io neir appartamento de'cnr»:!-
nali, prelati, principi ed altri signo-
ri dinante la loro malattia, e do-
po la loro molle come si disse a
J'uNER\Li e in altri luoghi. E per-
ciò anche i cardinali ed i vescovi
hanno diritto di far celebrate la
messa dovuii(|ue essi si trovano. Si
può celebrare la messa sul mme
quando siavi bonaccia ed il cielo se-
reno, e ciò dai tempi i più remoti,
con pontificia licenza, per l'antico
uso di portare l'Eucaristia nelle
navigazioni, come si legge nel p.
Menochio, Stilare t. 11, cent. VI,
cap. -26 : Se .si posta dir messa in
mare: dell'uso dt^ll' altare portatile
concesso nelle navigazioni all'ordine
Gerosolimitano (Fedi), li Sarnelli
poi, Leti. eccl. ì. X, lei. XClll :
Della messa detta secca ad uso
de' naviganti, dice eruditamente che '
è quella che si suol dire nelle na-
vi senza consacrare la ss. Eucaristia,
senza pianeta e manipolo, per sod-
disfìue insieme alla divozione de'na-
viganti, e per non mettere a peri-
colo o che il vento si porti via
r ostia consecrata, o che si versi il
sangue del Signore. La messa sec-
ca o nautica , navale o di navi-
gazione, ha le sue cerimonie asse-
gnate dal Navarro e prescritte nel
libro sacerdotale Ir. 4» e. 33, ap-
provato da Leone X, in cui si om-
mettono diverse orazioni proprie
del santo sagridzio. Siccome siftatte
messe furono riprovate da alcuni
concini, come quelle chiamate dei
cacciatori o venatorie, perchè delle
in fretta, così molti teologi conven-
gono che le messe nautiche non
devono essere tollerate, e solo il ve-
scovo può permetterle pei viaggi di
mare soltanto, o tulio al più per
la cousoiazioae d' uu ammalato. E']
MES
il Mani parlnndo de Jìlis.<a sicca,
rifilile die in Tctiosa si celtbiava
(jiiiiiido si seppelliva alcun clffniilo
nel dopo pranro, quindi liporla il
cei ini(/nialc di lai nics'a. JNon si
può celelirare la messa né in una
chiesa profanata o pollula, né in
altra chr fosse stala inlcidelta, o
che fosse divennla esecrata, anche
se r an)]>liazione supera il piincipa-
le : nei quali casi \i sono moltissi-
me diviinzioni dichiarale e spiega-
te dai tiallatisli. Oia passiamo ad
accennate quanlo riguarda gli or-
namenti e le allre cose necessarie
per ceUl.raie la messa.
Gli onianienli o palamenti coi
quali liu sacerdote celebra la mes-
sa, sono X Amino, il Camice, il
Cìngolo , il Manipolo, la Sfola, la
Pianeta (Pedi). Questi ornamenti
devono essere decenti e seno lauto
necessari di diiillo ecclesiastico per
la celebrazione della Oìessa, che si
peccherebbe mortalmenle celebran-
dola senza averli, e se non fossero
benedetti o dal vescovo, o da un
prete da lui incaricato; ma i rego-
lari possono benedire gli ornamen-
ti o paramenti per le loro chiese.
Devesi il sacerdote vestire in sagre-
stia ed alla credenza , mentre in
loro mancanza si vestirà da un
canto dell'aliare dalla parie dell'e-
vangelo: portandosi all'aliare e par-
tendone usa la Berretta [Vedi) , e
diversi regolari si cuoprono il ca-
po con l'amillo. 11 diritto di ve-
stirsene nel mezzo dell'altare ap-
partiene ai soli caidinali ed ai ve-
scovi, non che a quelli che l'hanno
per privilegio, ovvero ai prelati in-
feriori quando uflìziano pontifical-
mente : il Papa se celebra privata-
mente fa altrellanto, ma se ponti-
ficalmente prende i paramenti in
trono. Le altre cose necessarie per
MES 275
la celebrazione della messa sono
Y Aliare, le Tovaglie, In Croce col
C^roeefìsso, i CandtUieri colle Can-
dele, il Calice colla Patena, il Cor-
porale, la Borsa, il Purijìcalore,
la Palla, V Ostia, il Vino, V Acqua
( dice il Macri, che può il sacer-
dote Ialino nelle chiese greche, in
quei paesi dove non ve ne sono
latine, celebrare messa col pane fer-
mentalo, come anco il sacerdote
greco trovandosi tra' latini ove non
sieno chiese greche, consecrare con
l'azimo), il Messale, il Campanello,
ed il servente o ministro. Chierico
o Laico {Vedi). Il Diclich all'ar-
ticolo Ministro della messa priva-
ta, dice eh' esso vi dev^essere sem-
pre presente, e senza non si deve
celebrare, fuori del caso di neces-
sità, come sarebbe cjuando si do-
vesse amministrare il viatico a sé
medesimo o ad un infermo, o che
urgesse il precetto di ascoltare la
messa ; ed allora, perchè il popolo
non rimanga senza, o per compire
il sagrifìziogià inoltrato, benché non
ancora giunto al canone, quando
il servente avesse abbandonato il
sacerdote all'aliare, in questi casi
il sacerdote dovrà rispondersi, ma
air Orate Jratres dirà : Siiscipial
Dominiis sacrìficiuni de manihii.t
meis, ec. La donna poi non può
amministrare le Ampolle (Vedi) col
vino e r acqua, perché ciò è proi-
bito dal gius canonico, lib. 3 De-
crei. tit. 1 ; e dalla rubrica del
Messale par. 3, tit. io; onde ogni
consuetudine in contrario è un de-
testabile abuso. Potrebbe però la
donna, lungi dall'altare, rispondere
al sacerdote, come vuole Alozz in
Àlphah. morali, verb. Missa, sect.
3, n. 67, e comunemente i dotto-
ri. Similmente amministrando un
uomo all'altare, può rispondere una
276 MES
monaca dal coro, giacché le religio-
se Io fanno in una gran parte del
sagrifìzio , e ciò non è proibito
da alcuna legge, come insegna il
cardinale de Lugo , De Euchar.
disp. 20, sect. 14, n. 102. Nelle
Leu. eccl. scrisse il Sarnelli la leti.
XXVI, t. VI : Se il laico debba
ammettersi per ministro al sacerdo-
te che celebra privatamente. Egli
pertanto dice, che alla messa pri-
vata basta un solo ministro, come
insegna s. Tommaso; che agli ere-
miti rinchiusi non è lecito cele-
brare la messa soli, e senza mini-
stro, ma vi si richiede la licenza
del Papa, uè osta che dica le co-
se in plurale, come il Doniiaus
vobiscuni, perchè queste parole ri-
guardano tutta la Chiesa; che que-
sto ministro debba essere chierico
è' chiaro nel cap. Proposuit, de fi-
liis presbyt.^ dove si parla del chie-
rico; in mancanza però del chie-
rico può supplire il laico, e di fat-
to cos\ praticasi per tutto, che uo-
mini di voti si lascino servire al
sacerdote che celebra privatamente,
tanto più atti quanto più nobili,
essendo inconveniente che fanciulli
e uomini inetti e vili, senza alcun
senso di pietà, e senza affetto del
cuore, come pappagalli e scimmie
rispondino, non attendendo a quel-
lo che si fa dal sacerdote nella
funzione la più augusta. Quindi i
laici più civili non debbono vergo-
gnarsi di servire alla messa ; perciò
il SarneUi riporta non solo gli e-
sempi che ogni sabbato serviva mes-
sa Sebastiano re di Portogallo, e
più volte all'anno il doge di Ve-
nezia ; ma ancora e con ragione,
perchè un tal ministero è angelico,
e di gran conforto all'anima di chi
divotamente l' esercita, venne più
volte supplito dagli angeli, e ne
MES
produce le circostanze. Che giova a
ringraziare Dio de'benefizi ricevuti,
il Sarnelli ne riporta gli esempi,
come del Baronio che quando ter-
minava qualche tomo degli Annali,
s, Filippo Neri gì' imponeva per
rendimento di grazie a Dio, di ser-
vire trenta volte la messa. Il Sar-
nelli avverte i laici che rispondo-
no alle messe, che siano in abito
decente senza guanti, di edificazio-
ne agli altri pel contegno divoto
e dilìgente in un oflicio tanto im-
portante. Nel t. IX poi ci dà la
lett. XI : Se il laico che vuole ser-
vire la messa deve lasciar la spa-
da. Risponde affermativamente per
più ragioni, le principali essendo
che quando i re e gl'imperatori
vengono benedetti e coronali, do-
po eh' è stata loro benedetta e
cinta la spada, la depongono alla
comunione ; che diversi concilii
vietarono portarsi le anni in chie-
sa, massime in tempo di messa, of-
frendosi ai re pacifico sagrifizio di
pace.
Dicemmo che la prima cosa per
la celebrazione della Messa è V Al-
tarej oltre quanto di esso trat-
tammo al suo articolo, a Lwandi
dell' A.I.TARE e ad altri, qui accenne-
remo alcune erudizioni sugi' impo-
tenti a celebrarvi. Il martire s.
Luciano detenuto con molti cristia-
ni in carcere nella persecuzione di
Massimiano, nella festa dell'Epifania
celebrò la messa steso per terra,
usando del suo petto per mensa
dell'altare. Abbiamo dal Rinaldi,
che s. Paolino celebrò la messa
stando a letto infermo, e vicino a
morte. S. Ermicola celebrava il sa-
crifizio sulle mani de' diaconi, ser-
vendosene in luo£jo d'altare. S. Ta-
rasio patriarca di Costantinopoli
sagrifioava appoggiato col petto
MES
aj una mensa tli legno, che faceva
mettere dinanzi all' altare. S. Ivo
non potendosi reggere in piedi, ce-
lebrava sostenuto da alcuni assistenti
d'ambo le parti. Giovanni Vili
concesse la facoltà di cantare la
messa ad Incmaro vescovo Laudu-
iicuse accecato a grave torto. Onorio
IV era talmente molestato dalla po-
dagra e chiragra , che non pote-
va celebrare la messa, se. non aiu-
tato da certi istrumenti, che gli
movevano ie mani. Pio II non
potendo stare in piedi, gli fu con-
gegnato un ordegno per celebrare
(juasi sedendo. Pio III impossibi-
litato egualmente a stare in piedi,
eletto Papa fu ordinato sacerdote
sedendo. Giovanni Henna \escovo
veneziano, siccome pativa di poda-
gra che gli impediva slare in piedi.
Paolo III con bolla de' 6 giugno
f538, l'autorizzò a celebrare sopra
una sedia fatta in modo che sem-
brava stasse in piedi. Per lo stesso
incomodo, con bolla de' 27 settem-
bre i566, concesse s. Pio V al
cardinal Francesco Ferreri di poter
celebrare sedendo nel suo oratorio
privato, alla presenza de' soli suoi
liunigliari . Travagliato Benedetto
XIV spesso dalla podagra, onde
non poteva camminare né slaie in
piedi, e vedendosi costretto a non
poter celebrare e solo comunicarsi,
considerando i surriferiti esempi,
e che il Pontefice ricevendo i sacri
oixlini siede, e che anticamente si co-
municava sedendo, cjuindi sembran-
dogli inconveniente che il Papa non
celebrasse, per soddisfare alia pro-
pria pietà, col breve, Aestas anni,
degli II ottobre 1757, Bull. Magn.
t. XIX, Appena. Il, p. 3, ordinò
a monsignor Reali prefetto delle
cerimonie, che gli preparasse un
altare in tal forma eoAlrullo, che
MES 277
sedendo vi potesse celebrare la
messa. Come celebrano i Pontefici
solennemente, se ne tratta a Cap-
pelle Pontificie, come privatamen-
te a Cappellani comum del Papa,
Cappellani segreti del Papa, Mae-
stro DI CAMEBA DEL PaPA , ed bUi'Ì
relativi.
Le cerimonie della messa consi-
stono nelle azioni e nelle parole ,
delle quali le une si riferiscono a
DiOj come le genuflessioni, gì' in-
chini, l'alzare le mani e gli occhi;
altre al sagrifizio stesso, come l'e-
levazione, la frazione, la comme-
stione dell'ostia; altre al celebran-
te, come il lavar le mani, il bat-
tersi il petto; altre al popolo, come
la salutazione, il licenziamento ; al-
tre alla maniera di celebrare la
messa, come il canto e gì' istro-
menli ; altre finalmente hanno rap-
porto a molte cose, come i segni
di croce, gl'incensamenti, ce. Tutte
queste ed altre cerimonie usate nel
sagrifizio della messa sono degne
de' piti giusti elogi, antichissime e
fondate per la maggior parte sopra
le diverse scritture, tanto dell' an-
tico, che del nuovo Testamento, e
comunissime ne' sacri libri; così a
buon diritto che la Chiesa ha con-
sacrato questa sorte di cerimonie,
ordinando che sarebbero elleno im-
piegale negli uffizi pubblici, e prin-
cipalmente neir augusto sagrifizio
della messa. Dal che ne deriva, che
un sacerdote il quale omraette vo-
lontariamente qualche cerimonia
della messa , commette un peccato
grave di sua natura, ed il quale
non diventa veniale se non per
Tinnaverlenza o per la parvità del-
la materia. Ben conoscendo la Chie-
sa r eccellenza, il merito ed il gran
valore di questo divin sagrifizio, stu-
dìosaiucule s'ingegnò dì celebrarlo
ayS MES
degnamente, e per dcgnainenle ce-
lebrarlo non solo adornò la santa
iiKiSsa di vali riti e cerimonie, ma
eziandio di molle orazioni e parli,
lutle contenenti altissimi signiOcali
e profondi misteri. Il concilio di
Trento fulminò anatema a chi ar-
disse di asserire, che le cerimonie
che la Chiesa usa nel santo sagrifi-
zio dell' altare, piuttosto che offici di
pietà, sieno cose spregevoli.
Sono diversi i pareri de'santi dot-
tori circa la formola o modo con
cui fu celebrata la prima messa. Al-
cuni stimarono, che oltre le parole
essenziali per la consacrazione pro-
nunziate dal Salvatore, gli apostoli
premettessero molte e lunghe pre-
ghiere per ottenere la grazia di be-
ne e santamente pronunziarle, ol-
tre l'aggiunta dell'epistola e del-
l' evangelo. Altri stimano che sola-
mente si recitasse il Pater nosler o
orazione domenicale, e di tal pa-
rere fu s. Gregorio I, fondato nel-
1' antica tradizione, ed altri; né a
ciò contraddicono le lunghe Inur-
bi e di s. Giacomo e di s. Marco,
poiché poterono quelle usarsi quanr
do la comodità e il tempo lo per-
metteva. Se tale orazione si dices-
se avanti q dopo la consacrazione
è incerto; però è indubitalo che
s. Gregorio I ordinò che si dicesse
dopo la consacrazione, essendo più
convenevole che si chiedano a Dio
grazie quand'egli è realmente pre-
sente nell'ostia consacrata. 11 p.
Maraachi, Da' costumi de priinilwi
i:risliani t. II, p. 72 e seg. parla
del sagrifizio della messa de' primi
tejnpi della Chiesa, e ne spiega le
parti. All'orazione domenicale vuoi-
si che s. Lino immedialo successo-
re di s. Pietro aggiungesse il Coni-
niuuìcanles j che s. Clemente J sia
r autore del Canone e del saluto
MES
Dorninus vobiscum ; che s. Alessan-
dro I ordinasse che si leggesse nel-
la messa la epistola e il vangelo,
e che nella selli mana santa si leg-
gessero le passioni o Passio ; che
s. Sisto i prescrivesse che il San-
ctus il popolo Io cantasse col cele-
brante ; che s. Melchiade istituisse
[' Eulogie o distribuzione del pane
benedetto; che Adriano l istituisse
l'orazione per il re di Francia, nel-
la messa che i Papi celebravano
nel principio di quaresima, onde
questo costume venne abbracciato
dai regni cattolici , ne' quali fino
da quel tempo i sacerdoti celebran-
do la messa pregano pubblicamen-
te per la felicità del proprio sovrano;
che s. Celestino 1 introducesse il
salmo, Inlroibo ad altare Dei, le
antifone dell'introito, il graduale, il
tratto, l'offertorio e comunione della
messa; altri ciò riferiscono più pro-
babilmente a s. Gregorio I, inco-
minciandosi ne' primi tempi la mes-
sa col recitare l' epistola di s. Pao-
lo e r evangelo; ma di queste o-
razioni e parti della messa, come
delle altre, meglio è vedersi i ri-
spettivi articoli, oltre i citati, onde
qui noteremo i principali { parlan-
dosene degli altri ai relativi ), dai
quali si potrà vedere l' origine suc-
cessiva d' ognuna delle orazioni e
riti, che dopo il segno della croce
e le parole Inlroibo ad aliare Dei,
il salmo Judica me Deus, il quale
s. Pio V lo prescrisse a lutti quel-
li che usavano del rito romano,
successivamente hanno luogo. An-
tifona, Gloria Pairi, Confiteor, In-
troito, Kyrie, Gloria in excelsis
Deo, Oremus, Amen, Colletta, Epi-
stola, Projezia , Deo gralias. Se-
quenza, Inno, Graduale, Jube Do-
mine benedicere, Evangelo, Credo,
Oblazione, Offertorio, Orale fra-
MES
(rex, Prcfazio, Canone, Sitnclus,
Mtiìiento, Comme/uorazinne, Com-
municnntes, Elevazione, Cninpann,
Di'tiici pel memeiilo de' santi, elei
vivi e de' defunti, e pegli offerenti;
Pater nosler, Pax Domini sit seni-
per i'obiscum, Agnus Dei, Pace,
Comunione, Conununio o Posi- Covi-
tììunio , Ite viissa est , Benedica-
mits Domino, Benedizione, Evan-
gelio di san Giovanni , Incensa-
zione, Canto ecclesiastico,' Musica
sacra. Abbiamo di Remigio Fio-
rentino ; Epistole ed evangeli che
si leggono lutto l'anno alle messe,
Torino i83g. Perle messe di diversi
riti si possono vedere i loro articoli,
licitalo Sarnelli, t. X, lett. XCVI :
Perche la s. Chiesa ha proibito la
celebrazione della santa messa in
volgare ; e perche ha voluto die
alcune orazioni si pronunziassero
scgielaniente. Fra le tante ragioni
che riporta, dice che spesso un lin-
guaggio non può esprimere i sen-
timenti dell'altro, per l' identità dei
sensi, e per evitare nocevoli inter-
pretazioni; per impedire che i sa-
cri misteri sieno nella favella co-
mune, e perchè la maggior venera-
zione delle cose divine nasce dal
«egieto, il quale eccita divozione.
11 concilio di Tiento dichiarò ana-
tema a chi dicesse doversi celebra-
re la nie>sa in volgare.
Sonovi delle superstizioni che ri-
gua ulano le messe in generale ,
od a'ictme parti della messa, ed al-
tre c*he riguardano qualche ine-sa
in particolare. lìenedello XIV con
decreto delhi congregazione del s.
ofììzio dei 5 agosto i745, dichia-
rò le pene contro quelli che si a-
husano del sagrifizio della messa
pei- far sortilegi o indovini per caso.
^i si,no alcuni incidenti che pos-
sono sopraggiungere durante la mes-
MES 279
in, «ul ricevere ed offrire mental-
mente le particole in casi di ne-
cessità; se una mosca od un ragno
cade nel calice, che dopo lavati con
vino dcbbonsi bruciarli, e tutto
porre nel sacrario; se cadesse il ve-
leno nel calice ; se V ostia consa-
crata cade tutta intiera nel calice,
o se cade in terra, o sopra qual-
che pannolino; se il vino si gela
nel calice, ed altri incidenti di cui
parlano i trattatisti. All' articolo
Flabello si dice come i flabelli
servirono per scacciar la mosche nel
tempo della messa. L* uso di rice-
vere un' elemosina per la celebra-
zione della messa, secondo l' inten-
zione di quelli che la danno, è per-
messo ed approvato dalla Chiesa
in tutte le parli del mondo, e se
ne può fare risalire l' epoca fino
ai primi tempi, come si può vede-
re a Cexefizio ecclesiastico, e Be-
ni DI Chiesa. Fino dai primi secoli
si offrì nella messa da' fedeli ai sa-
cerdoti, pane o farina e vino pel
sagrifizio, figura delle obbiazioni
dell'antica legge, non che altre co-
se di valore per sostentamento dei
ministri del santuario. Per evitare
poi la confusione in simili offerte, fu
stabilito ne' capitolari di Carlo Ma-
gno, che i donativi si offiissero dal
popolo non all' altare ma fuori del-
la cancellata del presbiterio. In pro-
gresso di tempo s'incominciò a va-
riare il costume delle obbiazioni,
sostituendo i fedeli ai commestibili
il denaro in sostentamento de' sacri
ministri, quale consegnavano io ma-
ni del sacerdote o ponevano nella
cassetta che a tale effetto era po-
sta innanzi alle Confessioni o sieno
sepolcri de' martiri : da qui prese
origine la disciplina delle elemosine
della messa, la di cui antichità di-
mostrano, il Moretti, De ritus dan-
iSo MES
di preshyt. par. I, sect. I e II; ed
il Berlendi, De ohlationìbus par. H,
I 2 ; il quale dice che i denari con
cui si somministravano furono detti
messali, e stipendio le liraosine del-
la messa, come mezzo di poter o-
perare. Sugli obblighi delie messe
sono a vedersi gli articoli Congre-
gazione DELIA BEV. FABBRICA DI S.
Pietro, Congregazione delia sacra
VISITA, e quelli delle altre Congre-
gazioni che riguardano quest' argo-
mento. Dice s. Tommaso, che dal
sacerdote non si riceve il danaro
come un salario, ne come il prez-
zo della messa o della consacra-
zione, ma come una elemosina ne-
cessaria al sostentamento del mi-
nistro. Il sacerdote deve contentar-
si dell'elemosina fissata dalla tassa
diocesana o dall'uso, ma può però
ricevere ciò che gli viene offerto
volontariamente di più, od anche
domandarlo modestamente a motivo
degl' incomodi che deve incontrare,
quando bisogna celebrare in una
cappella lontana o cantar la messa.
I sacerdoti abbastanza provvisti di
beni patrimoniali per vivere, pos-
sono ricevere l'elemosine come gli
altri : chi serve 1' altare, ha il di-
ritto di vivere dell'altare. Un prete
deve celebrare altrettante messe
quante sono l'elemosine che ha ri-
cevute, quantunque insufficienti,
perchè egli vi si obbliga accettan-
dole, e perchè così lo dichiarò nel
1625 Urbano Vili. Un sacerdote
non può ricevere due elemosine
per una sola messa, applicando ad
uno de' donatori quella parte del
fruito spirituale che gli deve ap-
partenere in qualità di ministro:
Alessandro VII nel i665 condan-
nò la contraria proposizione, in un a
quella che ammetteva una specie
di commercio, consistente nel far
MES
celebrare da un altro, pagandogli]
r elemosina ordinaria, un certo nu-
mero di messe pagate più genero-i
samente, ritenendo per «è il di più.
11 sacerdote che riceve due o più]
elemosine per ima messa, è obbli-
gato alla restituzione. Non è per
messo l'anticipare il sagrifizio peri
quelli che in seguito daranno l'eie""
mosine, come vietarono Clementej
Vili e Paolo V. Se però un sa-
cerdote prevede che dovrà celebra-
re per una persona morta, potrà!
incominciare a dire le messe senzaj
averne avuto incarico, e riceverne]
in seguito l'elemosina. E vietato alj
sacerdote ricevere elemosine perì
messe nuove, se non ha celebratoj
le vecchie, tranne il caso che ili
donatore acconsenta alla dilazione..]
Clemente XI con diversi decreti
molte cose prescrisse per l' adem-
pimento degli obblighi delle messe, j
e pel modo di tenere i libri iaj
cui sono notati i medesimi obbli-
ghi e sottoscritti i sacerdoti che li
soddisfano. E siccome erasi intro-
dotto poi l'abuso, che alcuni face-
vano soddisfare i legati delle messe
lasciati dai testatori, ne' luoghi ove
secondo i sinodi diocesani si dava
minor limosina di quella che s' im-
piegava nel celebrare ne' siti pre-
scritti dalle pie lasci te, riprovando
Benedetto XIV quest'avarizia, colle
coslituzioni Quanta cura, e Pro exi-
mia, del 3o giugno i74'> ^"^^•
Magn. t. XVI, p. 35 e 36, esortò
tutti i vescovi ad estinguere onni-
namente silFatto abuso, dichiarando
incorsi nella scomunica chi facesse
altrove soddisfare le messe de' le-
gati per limosina minore dalla ri-
cevuta. Ma di quanto riguarda la
limosina della messa meglio è con-
sultare lo stesso Benedetto XIV,
Della s. Messa, sez. Il, cap. 2. Tio
WES
VI condannò la proposizione del
sinodo di Pistoia, che taccia come
turpe abuso il pretendere limosina
per celebrare la messa. In Roma
nel 1793 fu pubblicato dal p. Mi-
chele de Negreiros : lyactatus sele-
cliis de ceiebralione et stipendio
missaruni jnxta decrelum praeser-
tini Roin. Pont, atque declar. s. e.
cono. Trid: prò commodiori et ma-
gis expedito usa eovunt, quibus in-
terest, distincta , et ordinata methodo.
Sulla messa si possono vedere; Boc-
quillot, Trattato storico della litur-
gia sacra ovvero della messa. Gran-
colas, Delle antiche liturgie ( /^.Li-
turgia ) ossia della maniera con cui
fu celebrata la s. messa in ciascun
secolo nelle chiese d' oriente ed oc-
cidente, colla investigazione di tut-
te le pratiche, preghiere e cerimo-
nie che si osservano nel s. sagri (1-
zio. .Wourry, Apparatus ad Biblìo-
thecam maxiniani Patruni, nel qua-
le parlando degli scrittori del primo
secolo, egli principia dalle liturgie,
ossia la maniera con cui fu cele-
brata la messa, pubblicate sotto i
nomi di s. Giacomo, di s. Marco
e di s. Pietro. Marchetti, Della santa
messa, sue grandezze ed eccellenze,
frutti, vantaggi ec, Roma 1795.
JBenvenuli, Instructio prò sacerdote
celebrante in missa solenini cuni
diacono et subdiacono, Romae i 727.
D. Giovanni Diclich, Diz. sac. li-
turgico : Messa privata. Messa pri-
vata innanzi al vescovo nel luogo
di sua giurisdizione. Messa solenne
(dei cui paramenti, arredi, parti-
colarità parliamo ai relativi arti-
coli ) : la messa solenne trae la sua
origine fino dal secolo IV. Tutta-
■volta si attribuisce a s. Zeffirino
eletto Papa nel 20 3, la prescrizio-
ne, che mentre celebrava il vesco-
vo vi assistessero tutti i sacerdoti
MES 281
di lui. Avverte il Sarnelli t IV,
lett. XLIV, che le messe solenni
sono più. antidie delle messe lette
o private, poiché dagli stessi apostoli
si celebrò il sacrifizio coi ministri ,
col clero cantante, col popolo assi-
stente, offerente e comunicante;
però il canto d'allora non era co-
me r attuale, ma semplice e breve,
per maniera che si accostava più
al recitare, che al cantare. Alcuni
concilii decretarono che durante la
messa solenne non si celebrassero
le basse, affinchè il popolo non
fosse distratto, come altri vietarono
le messe in tempo di predica. Mes-
sa solenne in quinto, ossia con quat-
tro apparati, diacono, suddiacono e
due accoliti, rito che si pratica
in Venezia. Messa solenne, se si
possa celebrare all' altare d' un san-
to, e fuori del maggiore? Messa
meno solenne ossia senza i sacri
ministri, ma con due ceroferari ed
un altro accolitOj che solo ha luo-
go quando non vi sia un numero
sufficiente di ministri. Messa meno
solenne, che si canta con un solo
accolito, e celebrasi dove non vi è
copia di sacerdoti : nel cerimoniale
di Parigi si trova altro genere qua-
si simile di messa, in cui il diaco-
no amministra solo senza il suddia-
cono, e con un solo accolito, com' è
in uso tra i certosini. 11 canto non
fa la messa solenne, ma i ministri^
come disse il Sarnelli, che in oltre
aggiunge, che nella messa cantata
da un solo sacerdote, può dire V e-
pistola un lettore in cotta. Messa
solenne innanzi al ss. Sagramento
esposto. J^. Esposizione e Corpo di
Cristo. Messa privata innanzi al ss.
Sagramento esposto. Messa conven-
tuale. Messe comuni de' santi. V.
Comune, Santo, Confessore, Marti-
KS^ Pomtefice, Vergine, ec. Messe vo-
282 MES
tÌTe o de sanata Maria secondo la
tlivei'silà de'tempi : sono quelle che
celebrandosi per divozione non con-
vengono coli' ufllzio del giorno, né
dalla Chiesa vengono prescritte, ma
si dicono dal sacerdote a suo be-
neplacito. Le messe votive sono di
Ire generi: i.° quelle per qualche
solennità o santo non descritto nel
calendario diocesano, purché con-
sti dal martirologio di sua canoniz-
zazione; 2/ quelle che si hanno dal
inessale romano dopo il comune
de' santi, e della dedicazione della
chiesa, e sono otto assegnate a lut-
ti i giorni; 3." le quattordici, cioè
prò eligendo suniino Ponli/ìce, e le
altre che sono in (ine del messale.
Messa prò sponso et sponsa, eh' è
la decimaquarta messa tra le voti-
ve del terzo genere. Messe votive
private: il Macri cliiaina messa vo-
tiva, quella che si dice per propria
volontà e desiderio, e non ordina-
la dal calendario, ma tale volontà
dev'essere regolata dalla modera-
zione, quindi riporta le rubriche
riguardanti la messa votiva. Messa
solenne prò re gravi, vcl prò pu-
blìca ecclesiae causa. Messe dede-
l'unti. Anticamente si celebravano
messe lìell'ultima agonia de' fedeli,
e allo spirare de'moribondi, e per-
ciò in qualunque ora accadesse, an-
che dopo il mezzogiorno, ed ezian-
dio dai sacerd(){i non digiuni: que-
sto uso restò poscia moderato e
corretto nel terzo concilio di Carta-
gine.
Della messa romana si ricono-
sce autore il principe degli apo-
stoli s. Pietro, la quale fu ricevu-
ta dalle altre chiese latine e gre-
che, e riconosciuta dai più antichi
padri della chiesa d'oriente e d'oc
cidente: dalla latina derivò pure la
messa afrieuna^ per aver la chic-
MES
sa africana ricevuto la fede da Ro-
ma, variandone però la disci|)li-
na nell'VIll secolo, sotto il giogo
de'saraceni e de' patriarchi alessan-
drini, partecipando poi in qualche
parte anche del rito mozarabo. Si
chiamò messa del giudizio, quella
che precedeva le Purgazioni, o
Giudizi di Dio {^Fedi), che prati-
cossi nel medio evo ne' paesi del
settentrione, ed il pseudo-concilio di
Worms osò approvarla, mentre la
riprovarono come Gregorio li, Gre-
gorio HI, Lucio 111, Oaorio III ed
altri Papi, dichiarando illecita e
disonoievole tal cerimonia. Di que-
sta messa tratta il Macri, Missa ju-
dilli, descrivendone le orazioni e
le cerimonie , e dice che celebra-
vasi per esaminare qualche verità
occulta. Nel rito per la ordinazio-
ne delle Diaconesse [Vedi), vi fu
stabilita la messa propria. Mattia
Fiacco Illirico, principale tra i cen-
turiatori di Mngdeburgo ( Vedi)
pubblicò nel iSoy in Strasburgo:
Missa latina, quae oliiii ante Ho-
manani circa septingentesimuni Do-
mila annuni ia usa fuit, bona fi-
de e vetusto anlicjuoque codice con-
scripta. Trovandola i luterani fa-
vorevole ai cattolici e purissima nel-
la dottrina , procurarono di sop-
pririnerla gettandola alle fiamme. Si
vuole tal messa scritta nel declir.ar
del IV secolo, o nel principiar del
V; ed Urbano Vili ne ricavò, ri-
ducendola a nuova forma, la cele-
bre orazione yJnte oculos ( Vedi).
11 Bernini nella Storia delle eresie
registrò gli eretici che credettero j
inutile la s. messa, e che contro di
essa si scagliarono. Il p. Filippo
Maria Capece Piscicelli pubblicò in
Napoli nel 1737: Breve spiegaiio-
tic di tutte le cerimonie, riti e pre-
ci della santa messa. Abbiamo
MES
inoltre da Max7Ìo Ferro : Spiega-
zione niislico - teologica di tutti i
riti e cerimonie del sagri fido del-
la s. messa, Palermo i844-
MESSALE, jMissale. Libro che
ierve a celebrare la messa, e che
contiene' le messe diflerenti che si
ceL-brano in tutti i giorni tlell'auno.
Pubblicò s. Gelasio I del 49^ ""
codice ossia messale delle messe con
buon ordine disposte, detto meglio
Sagra menta rio (Vedij. Avverte il
Ecilcndi, Delle ohlaz, p. 75, che i
sagriunenlari ovvero codici de'sa-
grumenti anticamente erano chia-
mati messali, chiamandosi allora
dai padri per antonomasia sagra-
menti, il corpo e sangue di Cri>lo,
quando sopra 1' altare nella mes>a
de' sacci doti si fiinno ; e che il
non^e di messale non lascia però
di essere antichissimo nella Chiesa,
tiovaiidosene menzione nella vita di
Massimiano arcivescovo di Ravenna
del 546. Dice il Macri che si crede
sia stato s. Gregorio I del 590
l'autore dei messale, riducendolo
cioè a lai forma, poiché il Ba-
ronio afferma che s. Pietro fosse
autore delle cose principali della
messa latina , come si tiene per
tradizione, la quale poi s. Clemen-
te 1 stato suo discepolo lasciò scrit-
ta alla chiesa romana, come l'atte-
sta Proclo vescovo di Costantino-
poli. Questo libro fu detto ancora
Sa cramentale, da L i n d a n o j lib er
mysleriorum, da s. Girolamo ; //-
her sacramentoruni, dal concilio di
Beims; liùelluSj da s. Gregorio di
Tours. I vescovi fecero poscia di-
"versi messali per le loro diocesi,
ovvero si servirono di quelli già
fatti per altre. Narra s. Girolamo
che ne avea (iitto uno s. Ilario ve-
bcovu di Poitiers. Gennadio, De
fcript. eccl.j dice la stessa cosa di
MES 283
Voconio vescovo della Mauritiaua,
di Museo sacerdote di Marsiglia ad
istanza del proprio vescovo , e di
Salviano prete della medesima chie-
sa. S, Isidoro die in luce un
messale per ordine del concilio To-
letaiio. .Del messale mozarabo e
di quelli di diversi riti se ne parla
a' luoghi loro. Vi furono tre sorta
di messali, alcuni non contenevano
che le collette, i prefazi ed il ca-
none ; altri contenevano di più,
ciò che cantasi in coro, 1' introito,
il graduale, l'alleluja, il versetto che
si canta tra il graduale e l'evan-
gelo, l'offertorio, il Sanctus, la co-
munione; gli altri contenevano an-
che le lezioni, l' epistole ed i van-
geli, e questi si chiamarono mes-
sali pieni o completi. Ve ne furo-
no che contenevano semplici ora-
zioni j ed altri che complessiva-
mente al graduale, sequenziale, bat-
tesimale, e raccomandazioni dell'ani-
ma formavano un sol libro. Messali
plenari furono così detti, perchè rac-
chiudevano quanto era d'uopo per la
celebrazione della messa, e s. Leone
IV con sinodale ammonizione prescris-
se che ogni sacerdote tenesse pres-
so di sé il messale plenario. 11
concilio di Colonia nel i536 con-
dannò le prose malfatte che sono
inserite ne' messali senza verun di-
scernimento, e comandò la riforma
dei messali e breviari. Per ordine
del concilio di Tx'ento coiresse il
nu'Ssale iv. Egidio Foscario donie-
nicano vescovo di Modena, che con
Marino arcivescovo di Lanciano,
e Francesco Ferreri portoghese com-
pose il catechismo, come riporta il
Macri. Tuttavolta si può consultare
la costituzione di s. Pio V, Quod a
nobis, de'g luglio i568, ove si di-
ce che coll'opera di uomini insi-
gni corresse e regolò il uicssale.
284 ^lES
Anche Sisto V operò nel messale
alcune correzioni, e Clemente Vili
prescrisse le norme per istampare
i messali.
Dopo la metà del secolo XVI 1,
tì nel 1660 il clero di Francia
condannò sotto pena di scomunica
la traduzione del messale romano
pubblicata dal dottor Voisin. Nel
puntillcato di Benedetto XIV , il
re di Portogallo Giovanni V fe-
ce stampare nobilmente in Roma
il messale romano. Pio VI nella
stamperia della congregazione di
j)ropaganda fide fece stampare il
messale in idioma cinese. In questa
celebre tipografia vi sono messali ara-
bi, greci, caldei, slavonici, ec, oltre
il Missale Rotnanuni ex decreto
s. concila Tridentini restituluntj s.
Pii F P. M. JLissu editimi , Cle-
mentis Vili , et Urbani FUI
tiuctoritate recogniluni, i834. Ne
fece la tipografia ristampa con
caratteri rossi e neri, con recen-
tissime giunte nel 1846. Nell'an-
no precedente la tipografia del-
la camera apostolica pubblicò: Ca-
non HJissae ad itsuni episcopo-
rum ac praelatorum solenmiter
vel private celebrantiuni, indice et
praefationibus sine notis, nec non
flguris aere incisis locupletatus, ce-
teris auctior atque praestantior sub
aitspiciis ss. D. N. Gregorii XF[
P. O. 31. Edizione in caratteri
rossi e neri, la più magnifica fra
quante ne siano state fatte finora.
Tra le recenti edizioni de Messali
romani stampate fuori di Pioraa,
ne nomineremo due a cagione di
lode, quello pubblicato dalla ti-
pografia armena mechitaristica di
Vienna nel 184^, e quello princi-
palmente dato in luce con questi
stessi tipi, e splendidamente compi-
to uel 1842, eoa beilissiaii rami,
MES
stupendi caratteri ed eccellente carta:
Missale Rornanurn ex decreto s.
concila Tridentini restituluni, s. Pii
V Pont. max. j'ussu edituni, Cle-
mentis Fili, et Urbani FUI au-
ctoritate recognitum, mine dcnuo
cimi missis sanctorum novissime a
siimmis Pontijicibus usque ad ss,
D. lY. Gregorium XVI P. M.
concessis suisque locis disposilis
impressiim. Venetiis typis Aemilia-
nis i838.
Le rubriche del messale si di-
vidono in generali e particolari.
Le generali sono quelle che si ri-
trovano al principio del messale
stesso, le quali in gran parte fu-
rono la prima volta raccolte e
messe in ordine da Giovanni Bur-
cardo cerimoniere pontificio, che da
Leone X approvate andarono per
un pezzo separate da! messale come
un libro cerimoniale, indi furono
inserite in esso, poscia ebbero varie
aggiunte e furono distinte in tito-
li, e finalmente riconosciute, emen-
date e autenticate da s. Pio V,
Clemente Vili ed Urbano Vili. Le
rubriche poi particolari sono quel-
le che dirigono le diversità de'tem-
pi e delle varie feste , e si ritro-
vano uel corpo del messale in pro-
prio de tempore, aiit de sanctis, o
ne' comuni, secondo la dicitura del
messale istesso. Vi è anche nel
corpo del messale un' altra specie
di rubrica per la messa in gene-
rale, e va anche sotto il nome di
rubrica particolare, ch'è quella del-
l'Orbo Missae, la quale è più ri-
stretta e compendiosa della genera-
le, ma molto più antica di quella.
Non è vero che vi sieno dei capi
di discordanza tra le rubriche ge-
nerali, e quella dell' Ordo Missae,
per cui la congregazione de' riti nel
1744 l'ispos
e a chi le aveva imma-
MES
ginafe: Nego siippositum. Veilasi li.
Pisart, Exposilio rubricanim Mis-
sùlis Romani ex caeremoniali epi-
*coyoo/7/m,Coloniae Agrippinaei 726.
]J messale si deve aprire dal cele-
brante, e non dal ministro, nel prin-
cipio della messa, posto sopra il Leg-
gio (/^ef/f) o cuscino, dalla parie del-
l'epistola. Prima di leggere l'evan-
gelo il celebrante nel dire Sequen'
Uà sancii evangelii segna di croce
il messale col pollice destro, indi la
fronte, la bocca e il petto ; e nelle
messe solenni dopo avere ciò (allo
il diacono, incensa tre volte il mes-
sale. Dopo letto l'evangelo il sacer-
le bacia il messale; questo od altro
collo stesso evangelo si dà a baciare
al Papa, cardinale, vescovo, od altro
prelato clie assiste alla messa. Onorio
111 vietò sotto pena di scomunica
di portar il messale a baciar Te-
vangelo a quelli che non l'ossero
unti col sacro olio, come riporta-
no il Lambertini, De sacrif. mis-
sae sect. I, § \^\; e Merati t. I,
par. I, p. 444- Avverte però il
Perimezzi, Dissert. eccl. par. I,
dissert. 8, p. 287, che pei rito
moderno si tollera che si porti
ancora il messale a baciare a' prin-
cipi, non però ai laici inferiori.
Kon si bacìa il messale nelle messe
de'defunli, ancorché solenni, perchè
al dire d'Alcuino, denotando i ba-
ci soavità e dolcezza, questa non
si ritrova nella memoria de' morti.
Ciascuna diocesi e ciascun ordine
religioso ha il suo messale parlico-
iare di cui devono servirsi i mem-
bri della diocesi e degli ordini re-
golari. Nota il Macri che in una
chiesa de'regolari celebrando un sa-
cerdote secolare, può adoperare il
loro messale in mancanza del mes-
sale romano. Viaggiando si prende
il messale romano, o quello della
MES 285
diocesi per cui si passa , anzi è
preferibile quesl' ultimo, se corri-
sponde meglio al breviario. Un sa-
cerdote non deve mai celebiare
senza messale, per quanto possa
essere sicuro della propria memo-
ria , perchè si espone al pericolo
di cambiare i termini della htur-
gia, oppure di ommetterne molti.
Sebbene anco il Macri, citimdo di-
versi teologi, dice che il celebrare
senza messale è colpa grave e mor-
tale, aggiunge coU'autorità di altri,
che in caso di gravissima necessi-
tà, il sacerdote che si fidasse nella
sua memoria, potrebbe celebrare
senza messale, e che in tal caso
deve porre sull' altare altro libro
simile, per togliere lo scandalo dei
circostanti. Con lodevole e pio in-
tendimento il duca di Sermoiiela
d. Enrico Caetani , degno figlio
del suo dotto genitore, coi tipi ve-
neti nel 1842 pubblicò : Jl messa-
le dei laici, nel quale sono le ora-
zioni tratte dalle parole degli e-
vangeli di tutte le feste dell'anno
cattolico secondo l'ordine del mes-
sale romano. Questa opera si ha
puie col titolo: Le orazioni tratte,
ce. Può questo chiamarsi il libro
che assai serve alla santificazione
dei di del Signore, qualora cos'i,
oltre che si somministri in essi
la più santa materia alla pietà dei
pensieri, si stimoli l'animo ad occu-
parsene, si determini il cuore ad
accendersene , e si dia forza pur
alla memoria di ricordarli.
MESSALIAJNI o MASSALIANT.
Settari antichi, così chiamati da u-
na parola ebraica che significa pre-
ghiera, perchè credevano che si do-
vesse sempre essere in preghiera. Due
sorta di messaiiani distingue s. E-
pifanio, antichi e nuovi. Gli anti-
chi erano pagani che nulla avevano
286 MES
di cornnne né coi crisliani, né coi
saroavilani, né cogli ebrei. Rico-
noscevano molti Dei, e non ne a-
doravano che un solo, che appel-
lavano 1 Onnipotente. Si adunavano
in oratoiii simili alle nostre chiese,
dove dopo aver accese una quanti-
tà di fiaccole e di lampade, reci-
tavano in onore di Dio certi can-
tici composti dai più abili della
loro setta. Ne furono fatti morire
molti, che venendo considerati mar-
tiri degl' idoli dai loro partigiani,
presero il nome di martiriani : fu-
rono creduti per Tpsixtari ( Vedi).
I nuovi messaliani, ch'erano cristia-
ni, cominciarono a comparire ver-
so il 36i , o nel seguente secolo.
S. Epifanio li dice originati dalla
Mesopotamia, donde si sparsero fino
ad Antiochia. Furono creduti alcu-
ni monaci, e che tra essi vi fossero
delle donne, ed insegnarono i se-
guenti errori. Che ciascuno riceve-
va da' suoi antenati un demonio,
che possedendone l'anima lo spin-
geva al mal fare, non potendo il
battesimo scacciarlo, bensì la pre-
ghiera, ed allora vi discendeva lo
Spirito Santo, il quale dava segni
Tisibili della sua presenza. Che si
conosceva l'avvenire e la Trinità
cogli occhi del corpo. Che si pote-
va giungere a tyl virtù da non
commettere più alcun peccato, ed
eguagliare la divinità quanto alla
perfezione della scienza e della vir-
tù. Che il lavoro delle mani era
inutile e cattivo; bastare la sola
preghiera per la salute. Considera-
vano con indiderenza la partecipa-
zione de'sacrameiiti, massime l'Eu-
caristia. Disprezzavano la croce, le
chiese, gli altari, la Beata Vergine.
Ammettevano in ciascun uomo due
anime, una stupida, l'altra celeste,
e capace di vedere la Trinità cogli
MES
occhi del corpo. I messaliani furo-
no condannati da diversi concilii d'o-
riente, compreso quello d'Efeso, no-
tandosi per dissimulatori que'che
si convertivano. Furono anche dot-
ti Adelfìani, da Adelfo, uno de'Ioro
capi; Euchili con nome greco; Psal-
liani, nome loro dato da s. Agosti-
no ; Entusiasti, cioè ossessi, a mo-
tivo delle agitazioni violenti che il
demonio eccitava in loro; .Saccofori
o portasacchi, perchè vestivano di
sacco, facendo pubblica professio-
ne di povertà, pretendendo che l'e-
lemosina si dovesse fare a loro so-
li, come i poveri di spirito ed i
veri figli di Dio.
MESSENE. Sede vescovile del
Peloponneso , capitale della Messe-
nia, posta a piedi del monte 1 to-
me, e comprendeva una grande e-
stensione di terreno. Fu rifabbrica-
ta da Epaminonda, che vi richiamò
i dispersi messeni, l'anno 869 avanti
Gesù Cristo. Pausania ne fa una e-
stesa descrizione, e Strabene la dice
una delle più forti piazze dell' an-
tichità, paragonandola a Corinto ,
perchè contenne bei templi, pregia-
te statue, tombe, ec. ; e vi si ve- J
dono ancora rovine ben conserva- ^
te . Ulnuroniathi, piccolo villaggio
nel centro della Messenia, occupa
oggi il luogo dell'antica Messene,
ed appartiene al nuovo regno di
Grecia. Il vescovato appartenne al-
la provincia d'Eliade, nell'esarcato
di Macedonia, suffragaiieo dell'arci-
vescovo di Corinto, ed eretto nel
V secolo, e secondo alcune notizie
fu anche metropoli. Ne furono ve-
scovi, Alessandro che sottoscrisse la
lettera del concilio di Sardica; Gio-
vanni I che fece il simile nel con-
cilio di sua provincia alla lettera
dell'imperatore Leone; Filippo che
fu al concilio di Fozio; e Giovan-
MES
ni II clic .sottoscrisse la dcposirione
del paliiiiica Cosimo Attico, Oriens
thrist. t. I , p. 195. Ai presente
Messene_, Altssenien, è un titolo ve-
scovile ili partihus egualmente sot-
to Corinto. Vacato per morte di
Gio. Callista Belland, Gregorio XVI
nel concistoro de' 19 dicembre i834
Io conferì a monsignor fr. Pietro
Francesco Miiccioli di Pesaro, dei
minori convenlnali , già visitatore
apostolico in Sardegna, ed in pari
tempo lo dichiarò amministratore
della «hiesa d' Anagni.
MESSERE o MÌSSERE, Domi-
mift^ Doiiiinus ìncus. Titolo di ono-
re e di maggioranza , oggi quasi
uscito d'uso. Anticamente fu distin-
tivo di re e di altri principi di primo
rango, poi si accomunò a' baroni e
domicelli, indi a'gcntiluomini, e tal-
volta si unì col Magnifico e col
Signore (^P'edi), tanfo in iscritto che
a voce. Il Garampì neile sue Mc-
niorie, p. y4> tlice the il Messere,
titolo d'onore, fu dato a Dio, ai
santi ed agli uomini di qualità sia
laici che fcclesiaslici, ai principi, ai
prelati, avvertendo che tanto fu da-
to ai .santi, in quanto the in tempi
p'ù anti( hi davasi ai medesimi quel-
lo di Domni ( P^edi ) ; nel S'gillo
poi deila Gaifagnann, dice che i
cardinali negli scrittori italiani dei
secoli Xlll e XIV con lingua nostra
volgare furono chiamati Messer lo
Cardinale. 11 Parisi, Istruzioni t.
Ili, p. 39, conferma che negli scrit-
tori de'secoli XIV e XV il titolo
di riessere era onorifico, ed impor-
tava geneialraente dottore o cava-
liere ne'secolari, e graduato negli
eccle.siastici eziandio regolari, anzi
fu accoppiato col titolo di Monsi-
gnore {^Fedi). Ripoita il Parisi que-
sto esempio : IStW anni del Nostro
Signore Messere Gesìi Cristo i^j^i,
MES 287
alli 18 luglio man Messer Fran-
cesco Petrarca, ed al suo esequio
andò il signor Messer Francesco
da Carrara. Un tempo in Fran-
cia si disse messire, sire, corrispon-
dente ai titoli di messere e sere, e
fu il messire titolo dovuto ad uu
distinto ordine di persone, e sire
titolo del solo re, e attributo di
sovranità. Del titolo di messere se
ne fregiaiono Dante, Boccaccio, Pe-
trarca, Ariosto, ed alili valentissimi
letterali, e nella repubblica di Lu-
ca se ne decoravano i dottori, men-
tre quello di sere spettava ai no-
tari, così in Bologna, in Mantova
ed in altre città d'Italia. Altrove,
dice il Parisi, oltre i notari, che
allora eiano del ceto nobile, si da-
va pure ai giudici. Negli alli pub-
blici si chiamarono messere i pro-
curatori di s. Marco, e sere tulli
gli altri nobili, essendo il sere ab-
brevialo di messere, ed anteposto
ai nomi di Andrea, di Matteo,
formò probabilmente i cognomi di
Serandrei, Sermallei e simili. Anche
gl'inglesi usarono il ser e messer,
ed i veneti anco il sier ed il sior
in vece di signore e di Don (Fe-
di). Il p. Casimiro a p. 21 4, Meni,
della chiesa d'Araceli, osserva che
la parola sere accorciata da riiisse-
re non sia slata in uso prima che
intorno al 1280, e che fu adope-
rata coi nolari e coi semplici sa-
cerdoti, dandosi il titolo di missere
ai cavalieri, giudici e dottori. Col-
Tandare de' tempi il titolo di mes-
sere e di sere, abbandonato dalla
consuetudine in quanto ad un cer-
to ordine di persone, fu raccolto in
vece dalla classe de'contadini, ed in
alcuni luoghi l'usano anche oggidì
ad indicare il suocero, avendo così
perduto il prinjitivo suo senso, col
quale dapprima la voce di messe-
288 MES
re significava mio signore, come
quella di sere signore. Egual sorte
incontrò il titolo di Madonna (^e-
di) pel sesso femminile, dacché pri-
ma valeva mia signora, e usavasi
anticamente verso le dame ; ora
questo titolo in alcuni luoghi con-
finasi tra' contadini per dinotare la
suocera. 11 Parisi a p. 44 l'iporta
gli autori che scrissero sul valore
de* titoli Sere e riessere.
MESSIA, Messias. Parola forma-
ta dall' ebraico tnessiah o ina-
scliuachy ttnctus j unto o sacrato,
dal verbo niaschak, ungere, e per
la traduzione de' greci lifenemmo
il nome di Cristo ( F'edi ). Si at-
tribuì ai sagrifìoatori, ai profeti, ai
patriarchi, ai re ; ma si die prin-
cipalmente dai profeti, e per eccel-
lenza, per indicare l'inviato di Dio,
il salvatore e il liberatore del ge-
nere umano, al supremo liberatore
che gli Ebrei (^ J^edi ) , aspettavano
e che aspettano ancora, sebbene in-
vano, poiché il Messia è venuto nel-
la persona di Gesù Cristo ( Fedi),
che fu unto come il re de're di tut-
ti i tempi e di tutti i secoli, con^e il
capo de' profeti, come il sommo
Pontefice della nuova legge, ed il
sacerdote eterno secondo l' ordine
di Melchisedech. Non si legge, però
che Gesù Cristo abbia ricevuto
l'unzione sensibile, ma solamente
V unzione spirituale della grazia,
dello Spirito Santo e della plenitu-
dine della divinità intera, di cui
r unzione sensibile ed esteriore
che applica vasi anticamente ai re,
ai sacerdoti ed ai profeti, non era
che la figura ed il simbolo. Riu-
nì egli nella sua divina persona la
dignità reale, la profezia, il sa-
cerdozio, comprendendovi eminente-
mente luttociò che r antica legge
ed i profeti aveauo promesso o li-
MES
gurato di più eccellente e di più
perfetto. Gli antichi profeti aveano
predetto che sarebbe stato Dio e
uomo, grande e depresso, padrone
e servitore, sacerdote e vittima, re
e suddito , mortale e vincitore
della morte, ricco e povero, re,
conquistatore, glorioso, uomo di do-
lore, l'obbrorio degli uomini, verme
della terra, confuso, umilialo, anni-
chilato. I profeti altresì predissero
che il Messia nascerebbe da una
vergine della tribù di Giuda, del-
la stirpe di Davidde, in Betlemme;
che la sua venuta sarebbe nasco-
sta; eh' egli era il gran profeta
promesso nella legge ; ch'egli era
figlio e signore di Davidde ; che
doveva fare grandissimi miracoli;
che ristabilirebbe tutte le cose ; che
egli morirebbe e risusciterebbe; che
la sua venuta sarebbe preceduta da
quella d'Elia ; che una prova della
sua venuta era la guarigione accor-
data ai lebbrosi, la vita ridonata
ai morti, 1' evangelo annunziato
ai poveri; ch'egli soffrirebbe un'in-
finilà di contraddizioni ; che di-
struggerebbe l'idolatria, e che i po-
puli stranieri correrebbero in folla
a mettersi sotto la sua disciplina.
In principio del cristianesimo gli
ebrei convenivano assai con queste
idee; ma in seguito volendo ripa-
rare i colpi che i cristiani porta-
vano loro colle proprie loro scrit-
ture, negavano che i passi disopra
allegati dovessero intendersi del
Messia, e si formarono dei nuovi
sistemi sulla venuta del medesi-
mo. Gli uni, come il famoso Hillel,
che gli ebrei fanno vivere prima
di Gesù Cristo, dicono che il Mes-
sia è venuto nella persona di Eze-
chia. Gli altri credono colla mag-
gior parte dei rabbini, ch'egli sia
venuto veramente, ma che dimori
MES
naicosto in qualche angolo del mon-
do, a motivo de' peccali degli e-
brei, che gì' impediscono di mani-
festarsi. Ve ne sono molti i quali
sostengono che il Messia non è
ancora venuto, e sono assai divi-
si tra di loro sul tempo e sulle
circostanze della sua venuta. Gli
uni r aspettano alla fine del sesto
millenario, altri avevano fissata la
sua venuta nel i^g'i, altrj nel iSgS,
altri nel 1600, ed altri ancora più
lardi. Finalmente stanchi di tante va-
riazioni scagliarono la scomunica con-
tro quelli i quali supputerebbero
gli anni 'della venuta del Messia.
Per conciliare le profezie, che sem-
brano opposte, alcuni inventarono
una nuova ipotesi di due Messia,
che devono succedersi l'uno all'al-
tro; l'uno nella umiliazione, nella
povertà e nei patimenti, e l'altro
nello splendore, nella giuria e nel-
]' abbondanza ; ambedue semplici
uomini. Gesù Cristo stesso dichiarò
alla samaritana, ch'egli era il Mes-
sia aspettato dai samaritani egual-
mente che dai giudei; indi avverti
ì suoi discepoli, che sorgerebbero
de' pseudo-Cristi e de' pseudo-profe-
ti, i quali darebbero grandi segni
e farebbero de' prodigi da in-
durre in errore, se fosse possibi-
le, gli eletti medesimi ; e l'even-
to pur troppo verificò la predi-
rione. Si videro fra gli ebrei, in
quasi tutti i secoli, de'falsi profe-
ti e de' falsi Cristi, che riuscirono
ad ingannare molte persone. Gio-
vanni Lent pubblicò il trattato
De pseudo Messiis. Paolo Medici,
Riti e costumi degli ebrei, enume-
rò quindici falsi messia, accettati
e creduti dagli ebrei. Il p. d. Fran-
cesco Amici olivetano nel 1826
pubblicò in Roma: // Messia ovve-
ro la vita di Gesti Cristo adom-
brata nei salmi profelici di David.
VOL. XLIY.
MES 289
Remusat citò un libro cinese di
Confucio, in cui predice la venula
del Messia , come si può vedere
nel voi. II, p. 194 degli Annali
delle scienze religiose. Ivi nel voi.
"VI, p. 274e435, si riporta la bella
dissertazione di monsignor Gaspare
Grassellini : Vestigia della tradizio-
ne primitiva nella poesia e lette-
ratura latina, nella quale prova lai
venuta del Messia, e la dice pre-
detta da Vii'gilio nella IV sua ce-
lebre egloga. Nel 1840 fu stam-
pato in Roma : Della vana espet-
tazione degli ebrei del loro re Mes-
sia dal compimento di tutte le epo-
che, trattalo del dotto ab. Giam-
bernardo de Rossi, nuova edizione
con r aggiunta di varie disserta-
zioni sulla medesima materia.
MESSICO {Mexican). Città cori
residenza arcivescovile dell'Indie oc-
cidentali, nell' America settentriona-
le, capitale del Messico, capoluo-
go dello stato del suo nome, nella
parte meridionale della nuova con-
federazione Messicana a 345 leghe
sud-ovest da Nuova-Orleans, a 74?
sud-ovest da Washington, a 5o dal
golfo del Messico, a 60 dal grande
Oceano equinoziale, ed a due dal
lago di Xochimilco, unito di lago
di Chalco. È situata in mezzo ad
una gran pianura sul luogo dell'an-
tica Tenochlillan, è se, come qué-
sl' ultima, non appoggia più sopra
un gruppo d'isole del lago di Tez-
ciico, la cagione n' è che le acque
del lago diminuirono progressiva-
mente, e che con tal mezzo le i-
sole si trovano ora formar parte
della terraferma ; ma gli argini che
congiungevano l'antica città al con-
tinente esistono ancora, e servono
di dighe per garantire Messico dal-
le innondazioni de' vicini laghi.
Questi argini antichi in numero di
Ire, formali di pietra e terra, n'eb-
'9
ago MES
bero poi aggiunti altri quattro, e
tutti furono lastricati, e circondati
di olmi «e di pioppi, formando in
tal modo altrettanti superbi viali,
che conducono alla città. In so-
stanza l'antica città era alFdtto iso-
lata, coinuuicando colla terraferma
mediante una strada selciata inter-
rotta da canali che passavansi sui
ponti levatoi, in guisa da presenta-
re un' immagine di ciò eh' è dive-
nuta l' italiana Venezia. Messico può
dirsi la seconda città d* America
per la popolazione, poiché ultima-
mente il numero de' suoi abitanti
era di 180,000 circa, de'quali i
bianchi europei non oltrepassavano
i tremila: l'antica lìe avea più di
3oo,ooo. E una delle città più
regolari e più belle del mon-
do, di forma quadrata, con un in-
terno magnifico : cinta di un muro
in pietra, ha molli sobborghi, il
cui aspetto è assai tristo ; ed è se-
de del congresso nazionale della
confederazione. Le strade sono spa-
ziose e dritte, le piazze grandi, ab-
bellite da grandi e bei fabbricati ;
e sono attraversate da piccoli canali
che derivano dal canale che termi-
na nel Xochimilco. La facciata delle
case è ordinariamente dipinta a
guazzo in bianco ed in rosso, o in
verde, ed alcune coperte interamente
di porcellane che formano eleganti
disegni. Sopra alcime di esse sono
scritti dei passi della sacia Scrittu-
ra, ovvero delle stanze indirizzate
a Gesù Cristo ed alia Beata Vergi-
ne. L'interno delle case, di sempli-
ce architettura, era già decorato
di ricchi vasi, candelabri ed altri
oggetti d'argento e d'oro massic-
cio, che furono portati alla zecca
dopo la rivoluzione. Fra le pub-
bliche piazze, la più osservabile è
la Mayor, ove si ergono la catte-
drale, il palazzo del governo e la
MES
recca : in mezzo a tal piazza si fi-
leva la statua equestre di Carlo IV
scolpita da Tolza. Nella parte oc-
cidentale è il palazzo dello stato,
che già appartenne ai duchi di
Monteleone di Napoli, eredi di Cor-
tez dal lato di femmina, che pos-
sedevano quello del governo prima,
e ne fecero una permuta col gover-
no stesso: occupa l'area dell'anti-
co e splendido palazzo di Monte-
zuma.
La cattedrale ha circa 5oo pie-
di di lunghezza, ed occupa il luo-
go del gran tempio o Deocalli o
Teocallis degli antichi messicani, i
quali templi erano a foggia di tor-
ri piramidali; la maggior parte è
di moderna costruzione e di buono
stile, essendo gotico il rimanente.
Le ricchezze che contiene questa
cattedrale sono incalcolabili, e non
ha pari nel mondo, celebrandosi
dopo questa la cattedrale di Pue-
bla. Molte sono le statue d'oro e
d'argento, sebbene annerile did tem-
po, e infinita la copia di gioie ab-
bandonale nell'ombra e nell'oscu-
rità. 11 baldacchino dell'altare mag-
giore è ancora più prezioso che im-
ponente. Egli è formato di un pri-
mo peristilio di legno mirabilmente
scolpito, il quale ne contiene un
secondo di diaspro che circonda il
tabernacolo d' argento massiccio, ed
ima statua d'oro della Beata Ver^
gine tempestata di gemme, e pesai
circa settemila grani castigliaui
L'aliare maggiore, a cui si sale da
quattro parli, è cinto da una ba-
laustrata decorata di statue d'ar-
gento, destinate a sostenere doppie-
ri. La balaustrata è composta d'una
mescolanza di vari metalli, il cui
valore si accosta a quello dell'ar-
gento: venne lavorata a Macao, e
pesa 534 quintali. Carlo V gli do-
nò un servizio d'oro per 1' altare j
MES
maggiore, composto eli dieci gran
caiiticilieri, sei vasi di fiori, sei in-
censieri con navicelle, due grandi
Cfocij due leggìi, ed alili oggelti,
tulli d'oro nìassiccio. La gran lam-
pada d'aigeiilo che arde innanzi
all' altare maggiore pesa 4^76
marchi : fu pagala più di 70,000
scudi. L'ostensorio principale pesa
88 marchi d' oro, ed è ornalo da
5862 diamanti da un lato, e dal-
l'altro di 2653 smeraldi, 644 i'"*
bini, 106 nmalisle, e 8 zalliri. Il
ciljoiio pesa i3 marchi d'oro, ed
è fregialo di circa 1676 diamanti.
li calice pesa 6 marchi d'oro, ed
è ricco di 4oo fra smeraldi, dia-
manti e rubini. L'ostensorio ordi-
nario per le sue gemme abbaglia
la vista, e costringe ad abbassare
gli occhi. Al dire del geografo Car-
ta, IMessico e Roma sono forse le
città del mondo ove le cerimonie
religiose si celebrano con maggior
lusso e pompa per magnificenza
e ricchezza delle vesti e degli ar-
redi sacri. Se lali descrizioni, ri-
portate dal geografo Pagnorzi, sem-
brano esageiate ed en(iiliche , è
indubitato che la magnificenza del-
le pompe ecclesiastiche di Messico
è stala sempre senza esempio, e se
ne ha una ragione convincente
nella divozione de' popoli e nella
copia delie preziose miniere.
Messico potrebbe chiamarsi la
ciuà santa del nuovo mondo, tan-
to è grande il numero delle sue
chiese, delle sue cappelle, de' suoi
conventi e monasteri . Molti di
questi ultimi edilizi sono per così
dire piccole città, comprendendo
nel loro vasto recinto altre chiese
e delle confraternite, oltre la chie-
sa ed il monastero o convento
principale . I principali conventi
che si distinguono per grandezza,
magnificenza, maestà e ricchezza,
MES agt
sono: il vasto convento de' france-
scani, fondato nel i53r, e le cui
rendite in elemosine sono calcolate
a 600,000 franchi annui ; quello
de' domenicani non meno spazioso,
e di cui una porzione serve oggi
di prigione di stato; quello di 9.
Ferdinando; quello di s. Domeni-
co; quello della Concezione ; quel-
lo dell' Incarnazione; quello della
casa Professa. Sono pure meritevoli
di osservazione l'antico palazzo del-
l'inquisizione, di elegante architet-
tura, occupato ora dalla scuola po-
litecnica ; il collegio di sant' Idel-
fonso; l'ospedale di Gesù de Ics
Nnliirales, fondato da Cortez, e
nella di cui bella chiesa riposano
in un particolare monumento le
ceneri di quel conquistatore, il qua-
le ci lasciò molte relazioni de' falli
e delle cose ne' dominii dell'impe-
ratore Azbeco Monteczuma da lui
vinto, e ne' minori stati vicini. Il
palazzo del governo, già residenza
dei viceré, ammirabile e quasi qua-
dralo, con interni spaziosi cortili
ornati di logge, ha una facciata di
parecchie centinaia di piedi ; ora
vi risiede il presidente della confe-
derazione, e vi sono collocati i
principali ufiizi di pubblica ammi-
nistrazione. La zecca, vasto edifizio
di semplice archi lettura, uno dei
più belli e meglio organizzati stabili-
menti del mondo, anco per la per-
fezione delle macchine, nel quale, se-
condo ile Humboldt, si coniarono
dal 1690 sino al 1800 inclusiva-
mente, 1,294,918,514 piastre^ tan-
to in oro che in argento; poiché
quando le miniere erano in piena
nltivilà, si narra che si ricavavano
ottantamila piastre al giorno. So-
no rimarcabili i due ospizi riuniti;
V Accordada, prigione spaziosa e
ben ariosa ; il monte di pietà, i
palazzi Yzitas e Pinillos, il palazzo
292 MES
comunaJe, la scuola delle miniere,
ed il teatro, ove si va principal-
mente per vedersi e pippare, e le
dn^^c stesse fumano durante una
gran parte dello spettacolo; non che
lo spazioso anfiteatro in legno pei
grandiosi trattenimenti della giostra
de'tori. Gli stabilimenti della pub-
blica istruzione sono numerosissimi.
Evvi una università ed una pub-
blica biblioteca, il collegio di s.
Gregorio, molti ginnasi elementari,
un seminario che gode riputazione,
una grande scuola lancastriana, una
accademia di belle arti istituita nel
1781 sotto Carlo III, il museo
delle antichità messicane, la speco-
la, r orlo botanico, il gabinetto di
mineralogia , e parecchi ospedali ;
l'archivio ove si riuniscono i mss.
e tutte le antiche opere che sta-
vano disperse negli archivi e bi-
blioteche del Messico, Fiorirono
molti egregi artisti messicani, n^'is-
si me archi letti, ed uu gran nume-
io di pittori, oltre altri uomini illu-
stri. Ha diverse manifatture, e l'ori-
fìceria e la chincagliera vi sono por-
tate a tale perfezione, che possono
slare del pari a tultociò che si là
di meglio in tal genere in Europa.
La rivoluzione portò terribili col-
pi alle immense dovizie de'particola-
ri, in modo che si può dire adesso
Hon essere più Messico se non che
r ombra del suo antico splendore.
Malgrado la situazione di Messico
sotto la zona torrida, il clima v'è
dolce e temperato; per cui in tut-
to l'anno vi sono ne' giardini e
negli orli de' dintorni, fruita e fio-
ri. La situazione del Messico è fa-
vorevolissima ad un commercio con-
siderabile con l'Europa e con l'A-
sia. I pubblici passeggi sono l'A-
lameda, il Paseo e la strada che
conduce al castello di Chapullepcch.
Le antichità messicane che rinchiu'
MES
de questa citlà sono principalmen»
te alcuni avanzi di Teocallis o
templi, diversi mss., pitture gerogli-
fiche ed altre, eseguite sopra pelli
di daino, o sulla carta di agava o
aloè, e vari idoli in pietra o in
terra cotta. Si osserva sulla piazza
maggiore, e incastrata nella mura-
glia della cattedrale, la gran pietra
del calendario degli antichi messi-
cani, monumento curioso delle co-
gnizioni astronomiche di cpiesti in-
diani, chiamato volgarmente l'oro-
logio di Montezumaj e l'altare dei
sagrifizi, su cui furono immolale mi-
gliaia di vittime umane, e ch'è co-
perto di sculture rappresentanti le
conquiste de' messicani sopra diver-
se città i cui nomi vedonsi scritti.
Nei chiostri del convento de' dome-
nicani si vede un grand' idolo rap-
presentante un serpente che divora
una vittima umana; ma l'idolo il
più spaventoso è quello che stava
sepolto sotto la galleria dell' uni-
versità, da dove Beulioch viaggiato-
re inglese ottenne che fosse ricava-
to un gesso : è questa una statua
colossale fatta con un masso di
basalto, di due metri d' altezza e
di tre di larghezza, e rappresenta
una figura umana deforme, unita
a tultociò che la slruUura del ti-
gre e del serpente a sonaglio of-
fre di più orribile ; una larga col-
lana di crani, di cuori e di mani,
infilzati con dei visceri, copre inte-
ramente il suo ventre, ad eccezio-
ne delle mammelle ; quest'idolo spa-
ventevole rappresenta la dea Teoyao-
timiqui, ch'era la principale dei mes-
sicani. Si possono vedere il Clavìì
gero. Storia antica del Messico ; :
Gama, Saggio dell' aslronomia, ero
nologia e mitologia degli aulici
messicani.
Messico fu fondala dagli atzeqnr
nel i325, e chiaraossi originaria-
MES
mente Tenochtillan, portando altiesl
il nome di Messico, che significava
abitazione del Dio della guerra, e
questo nome si estese inseiisibilaaen-
te alla contrada. Si vuole che Anto-
nio dello Specchio abbia dato al Nuo-
vo Messico il nome che porla, come
quello di Nuova Granata nel i583.
Altri dicono che il Nuovo Messico
è il paese degli antichi navalelichi,
che vennero a stabilirsi nel Messi-
co, e s. Fede n' è il capoluogo. 11
Nuovo Messico non fu conosciuto
dagli spagnuoli che nel 1 58 1 , a
mezzo del francescano lluiz, e vi
mandarono d. Antonio di Espejo
che i naturali accolsero amichevol-
mente , e quindi per la loro buo-
na indole facilmente si convertirono
al cristianesimo . Si credette da
principio che questa contrada fos-
se altrettanto ricca in argento ,
quanto il Messico centrale, ed è
per questo che fu chiamata Nuo-
vo Messico, già intendenza ed ora^
dal 1824 stato del suo nome.
Col nome di Messico avvi pure un
altro stato formato nel 1824, con
Tlalpan per capitale. Quanto alla
regione del Messico propriamente
detto, molte antichità, fra le altre
le rovine di Palenquè, verso la
frontiera del Guatemala, provano
che il Messico ebbe lungo tempo
prima dell' arrivo degli europei,
degli abitanti pervenuti ad una cer-
ta perfezione nelle arti. Allorché lo
kpagnuolo Ferdinando o Ferrante
Cortez .scoperse questa bella contra-
da nel i5i8, approdò dapprima
all' isola Cozumel, avanzossi verso
la riviera Tabasco, gettò le fonda-
menta della città Villa-Ricca de la
Vera Crux, poi penetrò nel paese
di Aiiahucic occupato dagli atzequi
che pervenuti erano ad un grado
rimarcabile di civiltà. Montezuma
o meglio MoUucioiua Xocojolzia
MES 593
regnava su questa nazione. Il con-
quistatore dopo esserne slato espul-
so tornò ad assediarla per acqua
e per terra. In questa seconda
spedizione le forze di Cortez asce-
sero a dieci vascelli, seicento spa-
gnuoli, e dieciotto cavalli, oltre al-
cuni pezzi d' artiglieria da campa-
gna, ed entrò nel paese agli 8 no-
vembre. Il re o imperatore Monte-
zuma, che poteva armare quat-
trocentomila combattenti, lo prese
per un Dio, e pel figliuolo del So-
le disceso dall'Olimpo, come si leg-
ge nella storia di tal conquista di
Antonio de Solis, pubblicata a Ma-
drid nel i684- La città di Messico
era allora ricca, assai florida, ben po-
polata, e la sede del governo e della
religione. Montezuma fu fatto pri-,
gione, ed in essa mori ; tuttavolta
il trono fu ancora occupalo in mez-
zo alle sanguinose conquiste degli spa-
gnuoli, da due principi, Cuitlahuat-
zin e Quauhtemolzin ; in fine nel
i52i dopo un assedio di jS gior-
ni ed una orribile carniflciua degli
abitanti, la presa della città di Mes-
sico trasse la rovina totale di que-
si' impero. Gli assedianli spianava-
no le case a misura che se ne im-
padronivano, per avvicinarsi alla
parte principale della piazza con si-
curezza ; in tal modo quest' anti-
ca città fu completamente distrutta,
onde ricostruirsi alla foggia euro-
pea. Quindi poco tempo dopo una
nuova città, però meno estesa, s'in-
nalzò sulle sue rovine, ed è l' o-
dierna situata nella bella valle nel
mezzo della cordigliera d'Anahuac.
Tuttavia gran parte delle fabbriche
di queir epoca esistono ancora, e
mostrano la lucentezza delle case
de' tempi di Montezuma, la quale
fece supporre agli esploratori spa-
gnuoli, che da lontano in prima It
videro, essere esse formate di argeu-
394 MES
to; molle infatli, come dicemmo,
lono rivestile di porcellana risplen-
dente con disegni variati, o colori-
te in modo che rappresentano una
specie di mosaico.
La -valle è di forma ovale con 67
leghe di circuito, calcolandolo sol-
la cima delle montagne pordrcticlie
che la cingono come un muro, e
delle quali nelle più elevate si jì-
marcaiio i due grandi vulcani di
Popocatcpell e d'ilzaccihiialt : si ri-
conosce lacilmente che questa valle
tutta inlera è il fondo di un lago
asciugato, di cui i cinque laghi non
sono che tenui avanzi, i quali in
certe stagioni sprigionando quantità
d' idrogeno soliòrato, contribuiscono
all'insalubrità dell'aria in tali tem-
pi. Imponente e variato spettacolo
riesce il contemplar la vallata di
Messico dalfalto della collina Cha-
pullepec in una bella mattina esti-
va. Cortez diede al prezioso paese
che uvea assoggettato alla sua pa-
tria, il nome di iNuova Spagna;
egli ne fu creato capitano generale,
e ricevette il titolo di marchese
della valle di Oaxacha ; più lardi
provò r ingratitudine, del governo
spagnuolo, ed un viceré fu sosti-
tuito neir amministrazione del Mes-
sico nel i535. Carlo V cercò di
prolecKere i dissrnziati messicani
l CD o
contro le vessazioni de' loro feroci
vincitori, ed accordò ai coloni un
codice di leggi, secondo il quale
nessuna distinzione doveva esistere
fra i conquistatori, i coloni ed i
naturali ; ma questo codice non fu
mai posto in esecuzione. Anche la
introduzione della lelleratura e del-
le arti europee fu proibita, e nien-
te si trascurò onde sodocare le di-
sposizioni naturali degl'indiani; il
commercio di questo paese fu sa-
grifjcalo alla cupidigia di alcuni
ipercauli di Cadice, ai quali il go-
MES
verno ne assicurò il monopolio. On-
de assicurare la vendila dei vini,
acquavite, olii, e delle sete di Spa-
gna, si proibì ai creoli di coltivare
la vite, l'olivo ed il gelso, sotto
pene atroci. Quindi ordini contrad-
diltorii si ricevevano nel Messico dal
consiglio delle Indie, da Ferdinan-
do VII, e da IMurat che teneva
Madrid sotto il giogo militare.
Tale era la sorte da quattro se-
coli degli abitanti del Messico, allor-
ché la Francia invase la penisola
spagnuola nel 1808. I messicani
restarono fedeli alla Spagna, ma
privi delle duezioni abituate dovet-
tero cercare .«occorsi in loro stessi.
11 viceré d. Jose Iturrigaray pro-
pose eh formare una giunta per la
organizzazione d' un governo prov-
visorio; voleva che i membri rap-
presentanti di ciascuna provincia
fossero scelti fra gli europei ed i
creoli; ma i primi temendo una
mescolanza che poteva essere fune-
sta alla loro supremazia, s'impa-
droniiono improvvisamente dej go-
vernatore, e lo fecero partire per
la Spagna. 11 suo successore Vene-
gas, nominato dalla giunta di Ca-
dice, mostrò una manifesta parzia-
lità per gli europei, e quindi ina-
sprì i creoli; una vasta congiura fu
ordita, e nel selteudjre 1810 il
monaco o parroco llidcdgo se ne
fece capo, ma fu vinto dal gene-
rale realista d. Felice Coleja e giu-
stizialo nel 181 i. D. Jo«.e Maria
Morelos prese il posto d' Hidalgo,
radunò un congresso composto di
4o membri, e pubblicò nel 1812
una costituzione dalla quale Ferdi-
nando VII era ancora riconosciuto
sovrano; ma fu anch' egli ben pre-
sto condannato a morte; si diseiol-
se il congresso, e si ristabib inte-
ramente l'autorità reale. Saverio
Mina, che suscitò una nuova in»ur-
MES
rezione nel 1 8 1 5, e che ottenne da
principio successi brillantissimi, non
ebbe una fine meno infelice. Verso
la metà del 1820 la nuova della
rivoluzione deli' isola di Leon giun-
te al Messico; il viceré Apodaca
rifiutò di riconoscere la costituzione
delle cortes, ed allora si organizzò
una insurrezione sotto l' influenza
de' patriotti i più attaccali agi' in-
teressi della madre patria. 11 vice-
ré tolse al generale Aniigo, cono-
iciuto per la sua divozione alla co-
stituzione, il comando delle truppe
stazionate fra Messico ed Acapulco,
e vi fu sostituito Agostino Ilurbi-
do . Questi lungi dal favorire i
progetti d' Apodaca, pubblicò li 24
febbraio 1821 ad Iguala un ma-
nifesto con cui ii Messico era di-
chiarato indipendente dalla Spagna,
e Ferdinando VII o qualche prin-
cipe delia sua famiglia chiamato al
trono di questo impero. Apodaca
vi vide obbligato di abdicare ed
O'Donaju inviato dalle cortes in uà
luogo, confermò col trattato di Cor-
dova de' 24 agosto 1822, il mani-
festo d' Iguala ; le cortes rifiutarono
di raltificare un tal trattato, ed il
congresso americano approfittò di
questo rifiuto onde arrogarsi il di-
ritto di eleggere un imperatore,
scelta che cadde sopra Ilurbido, ii
quale fu proclamato sotto ii nome
di Agostino I ; questa misura per
altro fu disapprovata da una por-
eione del congresso : una opposizio-
ne armata formossi sotto i genera-
li \iltoria e Gueirero, e nel mo-
mento iu cui Ilurbido si faceva in-
coronare con una straordinaria ma-
gnificenya, gì' insorgenti proclamaro-
no la repubblica. Dopo una lotta
sanguinosa l' imperatore acconsenti
di abdicare nei maggio 1823 e
partì per 1' Europa. Un nuovo con-
giesso fu convocato, e pubblicò nel
MES
*95f
gennaio 1824 un atto costituziona-
le, basato sui principii della costi-
tuzione degli Stati-Uniti, eccettuato
quanto concerne la tolleranza reli-
giosa, non riconoscendosi che la cat-
tolica per religione dello stato. Ver-
so la line del 1824, Ilurbido tentò
di riconquistare il suo trono, ma fu
quasi subilo arrestato e fucilato.
Dopo di ciò, numerose commozio-
ni politiche agitarono ancora tutta
la repubblica messicana. Una insur-
rezione scoppiò nella capitale li 3o
novembre 1828, ed il generale
Guerrero che n' era il capo princi-
pale fu investito della presidenza ;
il suo predecessore Pedraza si era
imbarcalo per gli Stati-Uniti, dopo
il manifesto del general Santanna,
ed il congresso decretò la espulsio-
ne di tulli gli spagnuoli e loro par-
tigiani dal territorio della repubbli-
ca. JXel 1829 la Spagna fece par-
lire dall' Avana una spedizione con-
tro il IMessico, ch'ebbe un esito
infelice, per la vittoria riportala ai
16 settembre dal presidente Guer-
rero munito di poteri dittatoriali,
vittoria che fu celebrata coli' aboli-
zione della schiavitù negli stali messi-
cani. Altra sedizione militare operò
Bustamanle, che sostenuto dai solda-
ti aspirava al supremo potere, e vi
riuscì precariamente, ponendo però
di nuovo gli stali in balia della guer-
ra civile. 11 generale Santanna si mi-
se alla testa delle operazioni mili-
tari, e dopo lunga lotta nel io di-
cembre 1882 si segnò un armisti-
zio, che terminò colla sottomissio-
ne di Bustamanle, e colla nomina
di Santanna alla presidenza. Fu pe-
rò il governo di Santanna burrasco-
so, mentre la regione del Texas
operò una rivoluzione per distaccar-
si dalla federazione messicana, onde
congiungersi cogli Stati- Uniti. Il ge-
neral Santanna presidente della re-
agS MES
pubblica guidò la spedizione contro
il Texas, ma ebbe la disgrazia di
rituanere prigioniero, e ricuperò poi
{a libertà per convenzione. Dopo
vari ripartimenli che si fecero in
tempo delia rivoluzione, dividesi og-
gi la repubblica del Messico o con-
federazione messicana, in un di-
sfretto federale con la città di Mes-
sico per capoluogo, in diecinove
stati, ed in quattro territoriij com-
preso qualche brano del territorio
gualimalese, racchiuso nello stato
di Chiapa, che ha Ciudad Reale
per capoluogo, essendovi il vescova-
to di Chiapa. Chihuahua, Durango,
Guapaxuato, Oaxaca, Puebla, Que-
retaro, s. Luigi, Vera Crux, Za-
catecas sono stati i cui capoluo-
ghi ne portano il nome. Cohahui-
là, che ha Monclova per capoluogo;
Messico, che ha Tlalpan per capo-
luogo ; Mechoacan , che ha Va-
gliadolid ; Nuovo Leone, che ha
Monterey; Sonora e Cinaloa, che
ha Villa del Fuerte ; Tabasco, che
ha s. Jago; Tamaulipas, che ha
Aguayo; Xalisco, che ha Guadala-
xara ; Yucalan, che ha Marida ; Ca-
lifornia, che ha s. Carlos de Mon-
terey ; Colima, che ha Colima ;
Nuovo-Messico, che ha s. Fede ;
Tlascala , che ha Tlascala : gli ul-
timi quattro sono lerritorii. Si pos-
sono vedere i seguenti articoli, tutti
vescovati della repubblica messica-
na, oltre i citati. Guadalaxara, Me-
KiDA, Puebla, Tlascala, Mechocaw,
Sonora, Durango, Vera Crux, Ca-
lifornia, s. Fede, ed altri che ci-
teremo.
La sede vescovile fu eretta nel
iSij da Clemente VII, quindi ven-
ne eretta in arcivescovato da Paolo
III nel i547, pretendendo l'arci-
vescovo alla primazia delle Indie
occidentali. Furono dichiarate per
suffraganee le chiese vescovili di
MES
Angelopoli o Tlascala, di Anteque-
ra o Oaxaca, di Mechoacan^ di Me-
rida, di Chiapa, di s. Giacomo di
Guatimala, di Leone Nuovo o Li-
nares, di Vera Paz che si unì a s.
Giovanni della Vittoria di Guaraan-
ga, di Guadalaxara, di Durango,
e di s. Fede poi elevata ad arci-
vescovato. Al presente sono nove i
vescovi suffraganei di Messico, cioè
Antequera, Linares j Mechoacan,
Tlascala o Puebla de los Angelos,
Guadalaxara , Durango , Yucatan ,
Chiapa e Sonora. Pio VI nell' eri-
gere tre nuovi vescovati, smembrò
parte del territorio di questo arci-
vescovato. Il primo vescovo di Mes-
sico fu Giovanni di Cumerraga o
Sumarraga di Discaglia, consecrato
nel iSi'j ; fondò molte case religio-
se e molti ospedali, e morì nel
i548. Suoi successori furono: Alfon-
so di Montufar domenicano, pre-
lato distinto per le sue virtù e par-
ticolarmente per la carità verso i
poveri, e morì nel iSGg. Pietro di
Moya inquisitore di Murcia, nomi-
nato nel iSya, morto nel 1587.
Alfonso Fernandez inquisitore e
decano della chiesa di Messico, elet-
to nel i5g2, morì nel iSgG. Gar-
da di s. Maria dell'ordine di s. Gi-
rolamo, consecrato arcivescovo nel
1601 , morto nql 1606. Garcia
d'Enguerra domenicano, fu arcive-
scovo e viceré di Messico . Gio-
vanni Perez di Cerna del 161 3,
trasferito a Zamorra nel 1629.
Francesco Manso, professore di di-
ritto canonico a Vagliadolid, eletto
nel 1629, traslatato a Carlagena di
Murcia. Francesco Berdugo profes-
sore di diritto canonico a Siviglia,
vescovo di Guamagua, arcivescovo di
Messico, morì prima di ricevere le
bolle. Feliciano de la Vega, canonico
di Lima, nominato nel 1639, morì
uell' istesso auuo. Giovanni di Ma«
MES
gnossa inquisitore di Lima, elelto
nel 1643, ec. Le aoDuali Notizie
di Roma legislrano i seguenti ar-
civescovi. l'ySo Gio. Antonio Bi-
zarron y Eguiarreta di Porto dio-
cesi di Siviglia. 1748 Emmanuele
Rubio y Salinas canonico regolare
di s. Agostino di Comelnary dio-
cesi di Toledo. 1766 Francesco
Antonio de Lorenzana traslato da
Placencia, delle cui notizie parliamo
alla sua importante biografìa, ove
riportammo le benemerenze pasto-
rali, e la celebrazione del IV con-
cilio provinciale messicano, meritan-
do nel 1789 il cardinalato da Pio
VI. 1772 Alfonso Nunez de Ma-
ro y Peralta di Garcia diocesi di
Cuenca. 1802 Francesco Saverio de
Lizana y Beaumont d' Arnuedo dio-
cesi di Calaboira, traslato da Ter-
rei. 181 5 Pietro Giuseppe de Fon-
te di Linares diocesi di Saragozza.
Per sua dimissione Gregorio XVI
nel concistoro de' 2 3 dicembre 1889
preconizzò l'odierno arcivescovo mon-
«ignor Emmanuele Posada y Gar-
duno, nato nel castello di s. Filip-
po il grande, arcidiocesi del Messi-
co , già vicario generale di Tla-
scala, vicario capitolare e canoni-
co maestro dignitario^ della metro-
politana.
La cattedrale, uno de' più belli e
più grandi templi di America, nel-
la maggior parte di moderna co-
struzione di buono stile, gotico es-
sendo il rimanente, decorato nella
facciata di due laterali belle torri,
lia V interno leggiero e magnifico.
La forma è a croce latina, sormon-
tata nel centro d'ampia cupola, la
quale posa sopra quattro pilastri del
pari arditi ch'eleganti, con cinque
navi, ed è dedicata all'Assunzione
di Maria Vergine. La chiesa unita
alla cattedrale, detta il sacrario, e
che serve alle cerimonie parrocchia?
MES 297
]i con baltisterio, è un vasto qua-
drato di un bellissimo effetto, es-
sendo amministrata la cura da tre
parrochi. Il capitolo sì compone di
cinque dignità, la maggiore delle
quali è il decano, di nove canonici
comprese le prebende del teologo
e del penitenziere, di beneficiati ed
altri preti inservienti al divino ser-
vigio. Il palazzo arcivescovile è con-
tiguo alla metropolitana, ed è otti-
mo edifizio. Oltre la cattedrale, nel-
la città vi sono altre quattordici
chiese parrocchiali, tutte munite del
sacro fonte, oltre l' insigne collegia-
ta di Maria Vergine di Guadalupa,
Il santuario di tal nome esiste nel
notabile borgo di Guadalupa, il qua-
le è nell'America celeberrimo pel
ricco suo tempio edificato sulla col-
lina di Tepejacac, ove un delubro
atzeco sorgeva sacro a Cen-teolt, dea
delle biade. Il santuario si suddi-
vide in tre templi, de'quali il prin-
cipale è veramente maestoso, ed
ivi si venera grandemente la devo-
ta effigie di Nostra Signora, dovi-
zioso di preziosi arredi ed orna-
menti. Vi è pure un ampio palaz-
zo abitato dai canonici destinati al
servigio ecclesiastico. I pellegrini vi
concorrono a migliaia dalle più lon-
tane parli della confederazione. Pres-
so alla chiesa nella cappella detta
del pozzo, si attinge all' ingresso
acqua che si crede salutare per la
paralisia. Nella città di Messico vi
sono diversi numerosi conventi con
religiosi, monasteri con monache,
e quei benefici stabilimenti sum-
mentovati, oltre molte confraterni-
te. Fra i cinque suoi ospedalij avvi
quello di s. Ippolito, cos'i chiamalo
perchè nel giorno di tal santo la
città fu convertita dall' idolatria al-
la fede cristiana. La confraternita
ivi eretta, fu poi da Innocenzo XII
dichiarata congregazione religiosa
29» MES
«olto il titolo di Carila de fratelli
di s. Ippolito [Vedi)j altro oidi ne
ospilnhnio istituito nel Messico è
quello óti'Beder/njiitici (^Fedi). L'ar-
cidiocesi è amplissima, e contenen-
te moltissimi luoghi. O^ni nuovo
arcivescovo è tassato ne' libii della
cancelleria apostolica in fiorini 33,
essendo le rendile dell'arcivescovo
80,000 ciroiler poiiderum illius
niouelae.
Concila di Messico.
Il primo concilio fu celebralo
nel iSa/J. o \5i5, allri scrissero
1534, sopra la disciplina ecclesia-
itica, e venne tra le altre cose de-
terminato, che i messicani i cpiali
volessero professare la religione cat-
tolica, sarebbero obbligali alle leggi
della Cliiesa riguardo al matrimo-
nio. Bnynaldi ad hunc an.
11 secondo venne tenuto nel i585
da Pietro Moya di Conlreras arci-
vescovo, assistito da sei vescovi suoi
«ullraganei, che vi fece molti rego-
lamenti per la condotta uniforme
delle loro chiese, tratti da altri
coucilii, come indicammo al voi. Il,
p. i4 d"el Dizionario. Tra le altre
cose fu vietato di prendere il la-
bacco nelle chiese dell' America
spagiuiola, e stabilite diverse prov-
videnze per gl'indiani convertili alla
fad^, secondo il decretalo dal con-
cilio di Trento. I regolamenti di
cjuesto concilio furono approvali
dal Papa nel i586, quindi per la
prima volta stampati nel 1620.
Labbé t. XV; Arduino t. X; Z?/z,
de' conc.
MESSINA {lìlessaneiì). Città con
residenza arcivescovile, con forte
e porto della Sicilia , capoluogo
della provincia Valle minoie di
I\Iessina, di distretto e di cantone,
distante io miglia dal capo o pro-
iiiOQlorio Pelerò (uno dei tre del-
MES
la Sicilia, che significa luogo orri-
biiej dello ancora Monte di Nettu-
no pel tempio famoso dedicato «
quel nume, ora essendovi una tor-
re forlilicala per guardia, la quale
dà al capo ed allo stretto il no-
me di Faro), 7 da Reggio, 5i da
Catania, e 1 o5 da Palermo. Sta
in riva allo stretto canale che di-
vide l'isola di Sicilia dall' Italia, il
quale è comunemente chiamato lo
stretto o il Faro di Messina, Fi-e-
tiiin Sicidum. Faro meraviglioso,
dove tutto è incanto di natura ,
e che inoltre unisce il mare Tir-
reno ed il mare Jonio, due divi-
sioni del Mediterraneo. E famoso
pel suo flusso e riflusso, che ac-
cade di sei in sei ore, ed è rapido
tanto, che qualche volta trasporta
i vascelli malgrado la resistenza
delle ancore. I navigatori hanno
da evitare all'est dell'ingresso set-
tentrionale le roccie di Scilla, e ia
faccia a Messina il vortice di Ca-
riddi, che si olire sulla costa oc-
cidentale, e che temuto e faujige-
rato presso gli antichi sino con
favole mitologiche, è al presente af-
frontalo senza pericolo, specialmente
quando il vento di sud non sia
violento. Questo stretto prende il
nome del Faro che si trova presso
l'ingresso del porlo di Messina. È
resilienza d'un archimandrita, d'una
corte d'appello, di una corte crimi-
nale, di un tribunale civile e di
uno di commercio. Ha la forma
di un parallelogramma, e s'innalza
in guisa d'anfilealro ai piedi dei
JVetlunii sopra uno spazio di circa
una lega, A qualche distanza di
mare la vista ii'è magnifica e bella;
la bianchezza de' suoi edifizi, parte
in pianura situati, e parte sul de-
clivio di deliziose colline, sormon-
tati dalla cittadella e dalle varie
ibrtificazioni, contrasta amenamea-
I
MES
te colla tinta oscura delle foreste
delle montagne, ed olFie un insieme
degno di ammirazione. Messina è
una piazza di guerra di prima
classe, il cui circuito con bastioni
è difeso da-un'importaiìte cittadella,
dai forti Gonzalo e Casieliuccio
all'ovest, e da molte batterie eie-
Tate sopra una piccola penisola,
che si estende in semicircolo all'est
del porto. Questo porto, il più co-
modo e bello forse del -IMedilcrra-
neo, lia una lega e niezza di cir-
conferenza , ed è profondissimo ;
l'ingiesso trovasi assai ristretto e
diflìcile, ma i bastimenti vi stanno
in sicmezza, avendo la fìgiua di
fiilce, nella impugnatura della qua-
le trovasi la nieuìorala voragine
Cariddi, si curva poscia e (ino al-
l'opposta punta la città si disten-
de. iSulla penisola presso il suo
ingresso è posto il Faro, e vi si sta-
bilirono vaste saline. Dopo l'orri-
bile terremoto del 1788 le case
sono meno alle, e le strade più
larghe e meglio poste in linea ;
le principali sono la Marina, divi-
sa dal porto da una bella spiaggia,
la Via IVuova , e la strada di s.
Fernando; queste due ultime si
vedono decorale da varie fontane,
in generale sono lastricate in pezzi
di lava e polite. Due rapide cor-
renti che attraversano la città, on-
de gettarsi nel porto, sono regola-
te onde prevenire le inondazioni.
Fra i pidjblici edifizi si osserva
la calledrale l'ondata da Puiggieri
con l'urchileltura di qne'lempi ara-
bo-normanna, sostenendo ^ventisei
colonne di granito la volta media,
splendida per le sue ricche dora-
ture, massime del soflillo; 1' ele-
gante palazzo reale , ove più vice-
rè hanno dimorato; quello dell'arci-
vescovo, e l'altro del senato o mu-
nicipale. Vi si contano circa cin-
MES 299
quanta chiese, comprese quelle di
rito greco, delle quali molte sono
bellissime e adorne di quadri pre-
ziosi ; la chiesa di s. Giovanni
Ballista era priorale dell'ordine ge-
rosolimitano , ma attualmente ap-
partiene al re delle due Sicilie. Inol-
tre vi si noverano circa quaranta tra
conventi e monasteri d'audio i sessi,
che sono in generale begli edifizi, un
gran seminario riccanuMile dotalo,
im grandioso collegio di gesuiti, i
quali sono pure possessori di altre
case pel novi/iato; un vasto e ben
dotato ospedale, un lazzaretto po-
sto .sopra scoglio isolato per le
quarantene, molti ospizi ed istituti
di beneficenza, due monti di pietà,
la prigione, due teatri, uno dei
quali vasto, due aisenali, villetta
amena nella città, buona scuola di
pittura recatavi da Polidoro da
Caravaggio, statue del Gagini, or-
nali di Calamech.
Piima che le nazioni occidentali
si aprissero la via del nuovo emi-
sfero, uno de'più rinomati empori!
era quello di Messina, ove rigurgi-
tavano le merci d'oriente. Tulta-
volta fa ancora coiìsiderabile traf-
fico, fabbricando altresì importanti
stolte, e la sua annuale fiera è mol-
to frequentala; una banca munici-»
pale vi facilita le sue commerciali
operazioni. Un tempo assai più po-
polata, conta al presente, compresi
gli abitanti de' luoghi sulìuibani,
circa 60,000 al)ilanti, computali i
greci. 1 fasti lelterarii e scienziati
di Messina sono gloriosi nell'età
remole e nelle recenti, e si rimar-
cano i messinesi per la svegliatezza
dell' ingegno non meno che per af-
fabile cortesia, avendovi fiorito pa-
recchi uofnini illustri in santità di
vita, in dignità ecclesiastiche, nelle
armi , nelle arti e nelle scienze.
Tra i cardinali nomineremo Gian-
3oo MES
nandrea Mercurio, e l'odierno arci -
■vescovo; Giuseppe Moletius medico
e professore di Padova, Antonio da
Messina celebre pittore ; e fra gli
antichi Simmaco vincitore ai giuo-
chi olimpici, Dicearco filosofo ma-
terialista, Ibico poeta, Lieo stori-
co, e Policleto medico. Secondo il
Giustiniani, [' ordine equestre della
Luna crescente di Napoli, avendo
perduto del suo splendore, venne
riformato da gentiluomini messinesi,
j quali formarono un' accademia o
società, i cui individui presero il
nome di cavalieri della stella di
Messina, e stabilirono che solo vi
appartenessero i nobili ed i lette-
rali. Certo è che nel i548 in Mes-
sina fu fondata dal senato della cit-
tà un' accademia, col consenso del
viceré Giovanni la Vega, e vi fiori
pure quella de' Fucinanti. Al pre-
sente è in lustro la reale accade-
mia Peloritana, di cui è presidente
il cardinal arcivescovo.
Messina, chiamata da alcuni la
Jiella regina e metropoli del Me-
diterraneo , antichissiuìa città co-
nosciuta non solo dai romani, ma
dai greci ancora, fu secondo alcuni
fondata da una colonia greca 53o
anni prima della distruzione di
Troia, cioè i8i4 prima dell'era
niistìana, o secondo altri verso l'an-
no ioo4 avanti Gesù Cristo dai si-
culi. Si chiamò Zande, da una pa-
rola della lingua di questi popoli,
che significa falce, per cagione del-
la suddetta forma centrata del suo
porto. Altri ne attribuiscono l'ori-
gine ai pirati opicii di osca deri-
vazione, e che i calcidesi d' Eubea
provenuti dalla vicina colonia di
Nasso l'ebbero poscia, e quindi i
samiì. Dopo la presa fotta dai lace-
demoni sui messeni della fortezza
del monte Idaj questi ultimi, onde
evitare la sohiaviiù, à' imbarcarono
MES
per la Sicilia verso l'anno 670 a-
vanti Gesù Cristo, e venuti ad a-
bitare questa città, invitati dal ti-
ranno Anassilao, cangiarono il suo
nome in quello di Messana che in
seguito si disse Messina. Una mano
di soldati campani vi entrò a tem-
po di Agatocle, e con enorme tra-
dimento se ne impossessò, distrug-
gendo gli abitanti atti alle armi, e
congiungendosi poi colle vedove e
colle vergini superstiti. Si dissero
poi questi mamerùni , da Marte o
ftlamerto, cui prestavano culto, ed
allora ciuà Maniertiiia incominciò
a chiamarsi, e manierlìni i prelibati
suoi vini. Vedendosi i mamertini
attaccati dal re Jerone e dai car-
taginesi, chiesero soccorso ai roma-
ni, che loro accordandolo, da ciò
ebbe princìpio la prima guerra pu<
nica che durò ventiquattro anni.
La città venne in potere de' carta-
ginesi, e finalmente dai romani tor-
nò ad avere il nome di Messina,
che tuttora conserva. Fu dai ro-
mani ricolma di privilegi nelle guer-
re puniche e nelle servili, per la
fedeltà de' messinesi. Si mossero
questi però una volta a ribellione,
e li richiamò al dovere Valerio
Messala, che ne riportò con piccola
variazione l' onorevole cognome. Da
Cicerone venne lodata la magnifi-
cenza di Caio Elio messinese, nel
di cui ampio ed avito palazzo e-
ranvi fra le statue che l' abbelli-
vano un Cupido di Prassitele, uà
Ercole di Mirone, e due Cauofore
ossia vergini dedicate al servigio
de'tenipli sino all'età da marito, lo
quali rarità attiravano il concorsa
degli stranieri, e specialmente de'ro-
mani, che tutti erano da Elio splene
didamente trattati. Su questi pre-
ziosi oggetti esercitò la nota rapa-
cità r iniquo Vene. E quando Eu-
femiO; il più tristu figlio di sì beli;*
MES
patria, chiamò nel io58 i saraceni
a sotlonaetterla , non niancarono
per Jui Armodio ed Aristogilone
novelli e pib fortunali. E quando
gli uomini del nord scacciarono gli
arabi verso il 1060, il conte Rug-
gieri in Messina pose la prima e
la più stabile pietra del suo tro-
no. Molto quindi soffri nelle suc-
cessive vicende politiche.
Dopo che il Papa Alessandro III
erasi ritirato in Francia, nel 11 65
acconsentì alle preghiere de'romani
di ritornare alla sua sede, partendo
da Montpellier nell'ottava dell'As-
sunta ; con varie vicende di perico-
losissima navigazione giunse a Mes-
sina, ove il re Guglielmo I che lo
riguardava come padre e signore,
gli mandò magnìfici regali, e lo
fece trattare con molto onore. Vol-
le che si armasse una galera rossa
pel Papa, e quattro altre pei car-
dinali e le persone del suo seguito.
Kel settembre partirono da Messi-
na, nella festa di s. Cecilia giunse-
ro le galere all' imboccatura del
Tevere, e Alessandro 111 passò la
notte ad Ostia. In Messina a'28 set-
tembre 1197 morì r imperatore
Enrico VI, e Celestino III non ac-
consentì che fosse sepolto senza il
permesso dei re d' Inghilterra, che
avea tenuto prigione. Sotto il di
lui figlio Federico lì, la città sof-
frì non poco, benché disputasse un
tempo il titolo di capitale della Si-
cilia a Palermo. Assediata fino agli
estremi da Carlo I d' Angiò, volen-
do vendicare la strage de' francesi
fatta ne' vesperi siciliani, si difese
valorosamente, e forse Ruggieri di
Loria salvandola eccitava per la pri-
ma volta quel non interrotto amo-
re che lega i messinesi ai siciliani
peninsulari. Essendo venuto in soc-
corso delia città Pietro 111 re di
Aragona, Carlo I si ritirò dopo a-
MES 3oi
ver perduto ima gran parte della
sua flotta. Urbano VI dopo essere
stato assediato nel castello di iNo-
cera da Carlo III, imbarcatosi tra
Barletta e Trani in dieci galere ge-
novesi nel 1 385, veleggiò a Si-
cilia ed approdò in Messina , do-
ve ne' tre giorni che vi dimorò
fece pubblicare i processi fatti con-
tro Carlo 111 ; indi per Palermo
giunse a' 23 settembre in Genova.
Dipoi per la calata in Italia di
Carlo Vili re di Francia, riparò
nel 149^ in Messina Alfonso II re
di Napoli, ed ivi morendo, nella cat-
tedrale si vede il suo mausoleo. Nel
1674 i messinesi essendosi ribellati
contro il loro sovrano Carlo II re
di Spagna, soprattutto per la se-
verità di quel governo, e per la
condotta di d. Luigi dell' IIojo che
n' era governatore, una flotta spa-
gnuola bloccò il porto, e la città
stava per soggiacere, allorquando una
flotta francese comandala dal duca
di Vivonne e sotto gli ordini di
Duqviesne, venne a soccorrerla nel
1675, battendo nello stretto la flot-
ta nemica. Nel 1718 in settembre
si rese agli spagnuoli, dopo lungo e
sanguinoso assedio; quindi gl'im-
periali a' 18 ottobre 1719 presero la
cittadella agli spagnuoli, e nel 1720
pagò le contribuzioni di guerra le-
vate dai tedeschi. Messina disgra-
ziatamente è troppo conosciuta nel-
la storia pei flagelli dai quali fu
quasi distrutta: nel 1743 la peste
fece perire la maggior parte de' suoi
abitanti cioè circa 60,000 persone;
e diversi terremuoti, fra gli altri
quello orribile del 5 febbraio 1783,
distrussero quasi interamente le a-
bitazioni. Però in quest' ultimo pe-
rirono solo circa 1200 persone,
perchè era slato preceduto il gior-
no prima da un' altra scossa, il
che avea determinato quasi tulli
3o2 MES
gli abitanti od abbandonare le loro
case. Questa calastiofe di spavesilo
fu accompagnata da tre fenomeni,
cioè da un fortissimo odore di zol-
lò, da un rumore sotterraneo, e da
una estesissima aurora boreale che
«i fece vedere sulT orizzonte per Ire
sere consecutive. 1 cittadini non solo
riedificarono la città, um l' abbel-
lirono.
La sede vescovile fu eretta verso
1 anno 5oo, ma rovinala dai sara-
ceni, fu ristabilita nel 1096. L'an-
tipapa Anacleto li l' eiesse in me-
tropoli, ciò che canonicamente poi
fece nel 1166 o 1170 Alessan-
dro 111. JVe furono sulfraganei i ve-
scovi di Cefalìi, Taormina, s. Mar-
co, Tosa, Patti e Lipari : al pre-
sente lo sono, Cefalù, Patti, Lipari
e Nicosia Erbitense. Si attribuisce
n s. Paolo la predicazione della fe-
de in Messina, ed a s. Pietro l'i-
stituzione della sede vescovile^ su
di che ne tratta Rocco Pirro, Si-
cilia sacra t. 1, p. i qS e seg., ri-
portando le diverse opinioni su pun-
ti così incerti, in un alla Disser-
tano de epistola Deìparae quae
ad mcssaneiises scripta dicitur. Se-
condo il Bonlìglio, Hist. Sicil., ed
il Piccoli, De antiquo jure eccl.
Siculne, il primo vescovo di Mes-
sina sarebbe stato Bacchino o Bac-
chilo, ma con incerta tradizione; il
secondo Eleulerio illirico, fiorito
nell'anno 120; il terzo Alessandro
del 347; il quarto si crede del 4oo ;
il quinto Giovanni del 45'j ^"It»
incerti, ed alcuni piuttosto creduti
vescovi di Messene nella provincia
d'Eliade. 11 primo vescovo certo
di Messina è Encarpo del 5o5, il
quale intei'venne ai concilii terzo e
sesto celebrali in Roma da Papa s.
Simmaco, cui successero Felice del
590, onorato di lettera da s. Gre-
gorio I, che il Bonfigli chiamò piolo-
MES
metropolitano di Sicilia; Donno del
60 3; Pellegrino del 649; Benedetto
del 682; Gaudioso del 7^7; Gregorio
dell' 868: quest'ultimo seguì il pa-
triarca Fozio, quindi si sottomise
al sinodo Vili di Costantinopoli,
condannò Fozio e fu ammesso alla
comunione. Dopo lunga sede vacan-
te a cagione dell' invasione sarace-
na, o almeno ignorandosi i nomi
de' vescovi di tale epoca, nel loyo
Roberto vescovo di Messina fu no-
minato a tal dignità da Roggiero
conte di Calalnia e di Sicilia, dopo
cioè l'espulsione de'saraceni, e morì
nel I I I 3, onde ne occuparono la
sede Gollredo, enei 1120 Gugliel-
mo. Intli lo furono nel 11 27 Ugo,
nel I i4o Golfredo, nel i 142 Rober-
to li, nel I «44 Gerardo, nel i i47
Arnaldo, nel ii5i Roberto 111, nel
I 166 JN'icola, sotto il quale il Ponte-
fice Alessandro HI elevò ad arcive-
scovato Messina, per cui egli ne fu
il primo arcivescovo, ed occupò la
sede sino al 1182, succeduto da
Riccardo Palmeri, e da quegli altri
riportati dal Pirro. Fra questi solo
nomineremo Giovanni Colonna ro-
mano nel 1255; Bartolomeo Pignat-
lelli napoletano del 1266; JN'icola
Caracciolo domenicano del i 38o ,
poi cardinale; Antonio Cerdano del
i4475''i<^'' cardinale; Innocenzo Ci-
bo cardinale dui i538 ; Giannan-
drea Mercurio messinese del 1 55o,
poi cardinale ; Gaspare Cervantes
spaglinolo del i56i, poscia cardi-
nale; e Biagio Proto de'Patti con-
sagrato nel 1624, che fu l'ultimo
arcivescovo registrato dal Pirro.
INelle annuali Notizie di Roma si
riporta la serie de' seguenti arcive-
scovi. 1696 Giuseppe Migliacci dei
principi di Baucina, nato in Mon-
te JMaggioie suo feudo, traslato da
Patti. 1730 d. Tommaso Vidal ci-
slerciense di Tarragona. 174^ fi"-
MES MES 3o3
Tommaso de Moncada domenicano plissima e conlenenle piìl luoghi,
di Messina, fallo patriarca di Geru- Tanto si legge nell' ultima proposi-
•alemme nel lySi colla ritensioue zione concistoriale. Ivi si dice pure
dell'arcivescovato. 1764 d. Gabriele che ad ogni nuovo arcivescovo nei
Maria de Blasi cassinese di Palermo, registri della cancelleria apostolica
1767 d. Giovanni Maria Spinelli tea- le tasse sono di mille fiorini, eoa
tino di Palermo. 1771 d. Scipione settemila scudi di rendila, nonnul-
Ardoino tealino di Messina, traslato lis oneribus gravali, ultra pensioneni
da Zenopoli in parlihus. 1780 Nico- annuam perpetnam mille bisceiilurn
lo Ciafiiglione d'Alcamo diocesi di ducaforam monetae neapolitanae seu
JMazzara. 1790 d. Paolo. Francesco unciarum qualuor cenlum monetae
Perremudo cassinese di Cartagirone. siculae a cpiocumque onere semper li-
1 7g'2 fr. Gaetano Alaria Garrasi berara super niensam episcopalem
agostiniano di Catania. 1817 An- Pacten in compensalione damnoruin
tonino Trigona, Iraslalo da Geroce- praefactae Messanensi arclii('pisco[)a-
sarea in pnriihus. Per sua diniissio- li niensae ob peraclas dismembra-
ne Leone XII nel concistoro de' 17 tiones obvenicntium. Nella provincia
novembre 1823, traslatò da Or- di Messina vi è l'abbazia ntiUius
thosia in partibus Y odierno arci- dìoeccsìs di s. Lucia di Melazzo,
vescovo Francesco di Paula Villa- della quale dammo un cenno nel
dicani di Messina, che Gregorio XVI voi. XX, p. 84 del Dizionario. k\-
a' 27 gennaio i843 creò cardinale l'articolo Minimi elicemmo co(ne s.
prete, indi gli conferì il titolo di Francesco di Paola fondò in Me-
s. Alessio, annoverandolo alle con- lazzo nn convento dei religiosi da
gregazioni de' vescovi e regolari , lui istituiti. Ora passeremo a par-
dell'immunilà, de' rilij delle indul- lare della collegiata greca di Mes-
genze e sacre reliquie. sina, e dell' arcliimandritato, coU'au-
La cattedrale, bnono e recente torità del Pvodotà, Df II' origine e
edilizio, è solfo l'invocazione di Ma- slato del rito greco in Italia.
ria Vergine della sacra lettera, e Tra tulle le chiese greche della
nnlicamente lo fu sotto quella di Sicilia, la riputazione della colle-
s. Nicola. Il capitolo si compone giata di s. Maria del Gralfeo sta-
di tre dignità, la prima delle quali bilila in Messina, trasse la slima
è l'arcidiacono, di quindici canonici universale ; fu denominata la callo-
compresa la prebenda del penilen- lica, o perchè fosse la madre di tut-
riere, di diversi beneficiati e di al- te le altre chiese del medesimo rito,
tri preti e chierici addetti al servi- come la cattolica di Reggio, o per-
gio divino. Nella cattedrale vi è il che con rara e memorabde coslan-
fonle battesimale, e la cura si eser- za si mantenne nella comunione
cita da un parroco. L'episcopio, della chiesa romana solto il gover-
bello e recente edifizio, è alquanto no de' greci, lodala e conservala da
distante dalla cattedrale. Nella cit- Lenedello XiV con tulle le sue
tà vi sono inoltre dieci chiese par- pierogalive, libera elezione della di-
rocchiali coi battisteri, diciolto con- gnità del Prolopapa, ed osservanza
venti e monasteri di religiosi, die- del rito greco latino dal suo clero,
cisette monasteri e conservatorii di medianle il breve, Romana Eccle-
donne, ospedale, monte di pietà e sia, de' 1 8 marzo 1743, Bull, de
seminario, essendo l' arcidiocesi am- prop. fide, t. HI, p. gS. Si deno-
3o4 MES
m'mh Catlolica probabilmente per
avere il suo protopapa oiessinese
difeso i dommi cattolici nel conci-
lio di Firenze, con tale dottrina,
ardore ed impegno, che ne fece
stupire i padri. Questa insigne col-
legiata essendo stata riguardata la
più cospicua tra le greche del regno,
è d(bilrice, secondo molti, del ri-
stabilimento suo, onori e premi-
nenze che gode alla real magnifi-
cenza del conte Ruggieri. Composta
di numeroso clero, governata dal
protopapa, che vi faceva luminosa
comparsa per 1' eminenza di sua di-
gnità e per le molte prerogative di
cui era adorno ; il rito greco in cui
celebrava nsi gli ufl'izi divini, come
oggetto di ammirazione comune,
serviva di regolamento alle altre
chiese greche, ancorché fuori di
Messina, e faceva rivivere col suo
esempio l' indebolita osservanza dei
greci istituti. Le altre chiese gre-
che, abbandonato il proprio rito ,
vennero tratto tratto al latino ; ma
quella della cattolica con ingegno-
sa e misteriosa invenzione, forse
fino dal tempo del concilio fio-
rentino , benché accettasse l' uso
dell' azimo, delle divise ecclesiasti-
che latine , e dipoi del calenda-
rio riformato, nondimeno volle ri-
tenere nella celebrazione della mes-
sa e de' divini utfizi il greco idio-
ma, per dimostrare il rispetto che
si deve al rito orientale, e la stret-
ta dipendenza che i professori di
esso debbono avere alla chiesa ro-
mana. Benedetto XIV confermò tal
rito misto, prescrivendo che ninno
venisse aggregato al clero della col-
legiata se non ordinato nel rito
greco-latino, e che l'elezione del
protopapa dipenda dai suffragi del
clero della medesima, escludendo
qualunque altra persona che pre-
tendesse avervi diritto. La dignità
MES
del prolopapa viene pure riverita
ed onorata dai ministri della chie-
sa metropolitana di Messina, allor-
ché in questa assiste col suo clero
in alcune funzioni, e nelle messe;
solenni' uno de' loro suddiaconi e
diaconi canta in lingjja greca l' c-
pistola ed il vangelo, oltre l'epi-
stola e vangelo che leggesi dai la-:
tini. Per dare il clero greco un
pubblico contrassegno di sua ere- :
denza circa l'articolo della proces-
sione dello Spirito Santo dal Fi-
gliuolo, ne celebra con ispecial ri-
to la festa nel giorno della Pen-
tecoste. I canonici della metropoli-
tana si portano alla chiesa della
cattolica, e prendendo con onore il-
protopapa,Jò conducono al duomo,
dove co' suoi ministri, i quali occu-
pano i sedili de' canonici, canta con
gran pompa, l' uffizio di vespero :
finita la funzione, i canonici Ialini
colla stessa cerimonia restituiscono
il protopapa alla sua chiesa. In
queste ed in altre pubbliche pro-
cessioni, il prolopapa in argomento
di giurisdizione che gode sopra il
suo clero, porta in mano un pa-
storale, o bacolo di legno nella for-
ma usata dai vescovi greci con due
leste di leoni. Nondimeno il proto-
papa è soggetto al pari degli altri
parrochi all' arcivescovo della città,
ed in gennaio si presenta al capi-
tolo, e presta solenne giuramento
avanti il decano della cattedrale,
onde fu riguardato come un mem-
bro dipendente dal capitolo. Oltre
a detta collegiata di s. Maria del
Gradeo, facevano i riti greci nobile
comparsa in altre chiese di Messi-
na, le quali da quella totalmente
dipendevano. Tali erano quelle di
8. Eustazio, in cui sino dal r tpi
erano in uso i greci riti, poi dal
fli gesuiti che vi eressero un ma
gnidco collegio; di s. Slhrslro, già
MET
csislenle nel iSSy, poi conceduta
ai domenicani, che nobilmente vi
ampliarono il loro convento di s,
Girolamo ; di s. frenerà, già di s.
Bartolomeo de' greci, i quali nel
i54o r ottennero dal protopapa,
poi passata alla compagnia del s.
Sepolcro ; e di s. Giorgio, conce-
duta quindi dal protopapa ad una
divota adunanza di mercanti latini,
laonde le dette quattro chiese non
ritengono più il rito orientale.
Tra i cristiani del settentrione
erano principalmente i normanni
molto inclinati agli esercizi della re-
ligione, e mentre a danno de' gre-
ci invadevano i regni di Napoli e
di Sicilia, usarono tutto il rispetto
per la santa Sede, al cui servizio
più volte impiegarono le loro va-
lorose armi. La loro divozione si
fece ammirare negli edifizi delle
chiese e de' monasteri da loro e-
retli, ed uno de' principali fu quel-
lo fondato nel i oSg dal conte Rug-
gero, cioè \\ celebre archimandrita-
to di Messina, che stabilì capo di
trentuno e più inferiori cenobi di
monaci greci per amplificare l'ordine
di s. Basilio. 11 monastero lo eres-
se per riconoscenza a Dio delle vit-
torie riportate sui saraceni, i quali
nuovamente impadronitisi di Messi-
na aveano impalato dodici cristiani
nel sito ov' è al presente la torre
del fanale. Ivi lo fabbricò in ono-
re del ss. Salvatore, iudi dal re
Ruggero suo figlio fu notabilmente
ampliato, reso magnifico, ricco di
beni, di ampia giurisdizione e di
privilegi. Lo diede in cura de' mo-
naci greci, e lo pose sotto la dire-
zione di s. Bartolomeo di Semeri
della Calabria Ulteriore^ essendo al-
lora abbate del monastero detto del
Patire nella diocesi di Rossano. Do-
po averlo il re sontuosamente no-
bilitato; nel ii3o dichiarò il mo-
VOL. XLIT.
MET 3o5
nastero archimandritato, dignità che
nel I 1 34 conferì a s. Luca cala-
brese, il quale esercitò la vasta giu-
risdizione sino al iiyS in cui mo-
rì, venendo sepolto in s. Giandiat-
tista di Messitia. Secondo il Pirro
erano soggetti all' archimandrita
quarantaquattro monasteri, parte di
Calabria e parte di Sicilia, cui l'ar-
chimandrita come abbate superio-
re generale dava loro le leggi, e
veniva riconosciuto per superiore,
adunando capitoli in cui si regola-
vano gli adari del corpo di questa
con"reirazione. L' esercizio di sì ara-
plissima giurisdizione continuò fin-
ché andato in rovina il principal mo-
nastero del ss. Salvatore, ed i va-
sti suoi feudi in gran parte o u-
surpati o maliziosamente alienati,
passò in commenda, nulla più in-
gerendosi d' allora in poi 1' archi-
mandrita nel governo e nella di-
sciplina de' monaci. La serie degli
archimandriti secolari ebbe princi-
pio da Alfonso d'Aragona figlio di
Ferdinando II re di Sicilia nel i5o4.
Fra i precedenti commendatori re-
golari si annovera il celebre cardi-
nale Bessarione, il quale applicò il
suo zelo e ricchezze a dare una
nuova forma allo scaduto cenobio,
ottenendo da Calisto III l'indulto
di reintegrazione delle grazie e pri-
vilegi, e delle prerogative concesse
dai Papi e dai principi secolari. Nel
sito dell' antico monastero, posto
fuori della città, eretto dal conte
Ruggero, nell' imboccatura del por-
to di Messina, nel i538 l'impera-
tore Carlo V innalzò il forte di
"s. Salvatore in difesa della città,
assegnando ai basiliani altro luogo
poco distante, ma entro la città, nel-
la chiesa della Misericordia, dove
stabilirono un magnifico monastero,
e la chiesa abbellita prese il nome
dui ss. Salvatore. Spetta al re di
20
3o6 MET
Sicilia la nomina dell' archimandri-
ta, il quale presentato al Papa, da
lui riceve la canonica istituzione.
Clemente Vili nel 1^97 eresse nel
monastero il noviziato della pro-
vincia di Sicilia. Le controversie in-
sorte tra l'arcivescovo di Messina
e l'archimandrita, furono termina-
te da un concordalo approvato
dalla santa Sede. Ma di quanto al-
tro riguarda questa cospicua digni-
tà e sua giurisdizione e prerogati-
ve ne parlammo ad Archimandrita,
ed a Cappelle Pontificie, quanto
al suo intervento ad esse.
METELINO, Castro, Metilene,
MiLiTENE, Mitylcne seti Milylene,
Lesbo. Sede arcivescovile e metropoli
delle isole Cicladi, nella diocesi d'Asia,
città della Turchia asiatica, capoluo-
go dell'isola e del sangiacato di
Metelino, sulla costa orientale del-
l'Anatolia, nell'Arcipelago. Vi ri-
siede il governatore ed un arcive-
scovo greco. E difesa da un vasto
castello fortificalo ed eretto sopra
un'altura, il quale contiene due
moschee, e qualche altro edifizio.
Le case della città si estendono a
piedi del castello, e formano un in-
terno cerchio intorno al porto set-
tentrionale ; de' due porti Lero e
Caloni, quello al nord è il solo fre-
quentato e commerciante. Alcune
rovine dell'antica Metilene o Mi-
litene, e fra queste molli avanzi di
marmo grigio, coprono all' ovest
della città una gran estensione di
terreno. Neil' antica Lesbo nacque-
ro Salfo celebre poetessa, A rione
musico, Alceo poeta, Pittaco uno
de' sapienti di Grecia, Teofrasto fi-
losofo, Sarpandro inventore delia
lira; quivi secondo il Terzi, iS7/7t^
sacra p. 4^4» visse e mori Irene
imperatrice figlia di Caiano re dei
cazari, confinatavi dall' iaiperator
Niceforo. Metelino vide nascere
MET
Barb^rossa. Metelino è il capoluo-
go dell'isola del suo nome, l'anti-
ca Lesbos : anticamente estendeva
il suo dominio sulla Troade e sul-
r Eolide. Il Buonarroti, Medaglioni
p. i34, parlando delle sue medaglie
di Comraodo, dice che Mitilene fu
la prima di Lesbo, isola celebre
che oggi tiene il nome corrolto di
Metelino; e che quanto al nome
gli deriva da Mirina fiiinosa ama-
zone, in memoria della sorella e
valorosa compagna Mitilene, o da
quella Mitilene figlia di Macareo e
moglie di Lesbo, I veneti la si-
gnoreggiarono, ma da Maometto H
la possiedono i turchi. Calisto 111
colla sua marina difese l' isola con-
tro i turchi nel i4'^7> ^ la restituì
al principe che la possedeva, sotto
il dominio della santa Sede, come
affermano Rinaldi a tale anno n.
3i, e Venuti, Numisni. Pont. p.
17. Ma nel pontificato di Pio li,
benchà questi avesse istituito l'or-
dine militare di Betlemme [Fedì)
per la difesa dell' isola di Lemnos
e di altre isole. Maometto II s'im-
padronì dell'isola di Metelino. la
Mitilene capitale dell' isola di Lesbo,
approdò s. Paolo andando da Co-
rinto a Gerusalemme.
La sede vescovile fu eretta sotto
la metropoli di Rodi, quindi nel
VI secolo divenne arcivescovato, eoa
le sedi suCTraganee di Metimna, E-
gialo, Proselene, Tenedo, Erisso,
Berbine, Perperine e IVI.umaritza.
Quivi fiironvi vescovi greci e lati-
ni. Il primo de' greci fu Evagrioj
fautore degli ariani, il quale si ur
ad Acacio di Cesarea, ed a Gior<j
gio d' Alessandria nel concilio dì
Seleucia, e sottoscrisse la loro fow
mola di fede: quanto ai di lui
successori , fino a Nicodemo del
1721, vedasi V Oriens christ., t|
I, p. 953, che nel t. Ili, p. 9911
riporta i segjienli vescovi latini. TI
primo fu Giovanni del ìio5, die al-
cuni però dirono greco; Ambrogio
di Abìate domenicano, nominafo
da Boniliicio IX nel 140*2; Angelo
morto nel i43i; Uberto di Va-
lentino domenicano; Doroteo ; Leo-
rnrdo da Scio domenicano del i444)
clie nel i44^ circa fu mandato col
cardinal Isidoro arcivescovo di Kio-
Tia a Costantino imperatore dei
greci, pel ristabilimento deiriininne
della cliiesa greca colla Ialina; ma
essendosi Maoniello II impadronito
di Cnslnntinopoli nel i4^3, Leo-
nardo riliiossi a Scio, poscia a Le-
sbo o Melelino, ove ferniossi fino
alla presa di qnesl' isola fatta dai
Inrcbi, cioè fino al i458 o 14^2.
Al presente Metelino o Mi ti lene,
flfytilrnen, è un titolo arcivescovi-
le in parlìhus clie conferisce il Pa-
pa coi titoli sntTraganei e vesco-
vili di Arco e Tabacasa o Coma-
na. jVe furono per ultimo decorati,
l'alrizio Everard ; Domenico Geno-
vesi romano canonico della basilica
laleranense, fatto nel i832 da Gre-
gorio XVI, il quale nel concistoro
tic' 24 novetnbie 184^ nominò ar-
civescovo l'attuale suffraganeo di
Lisbona [Ferii). Dopo die Metelino
restò priva del pastore latino resi-
denziale, dipendclte dal vicario a-
poslolico latino di Costantinopoli,
ma talvolta vi mandava un sacer-
dote anclie l'arcivescovo di Smir-
ne, a cui fu aggregata ull imamen-
te. I cattolici permanenti sono po-
cbi, ma vi si trovano degli av-
\enlÌ7Ì.
IMETELIS. S^-ih vescovile del
primo Egitto, sotto il patriarcato
d'Alessandria, eretta nel V secolo,
cliiamata pure Messii e Fuoa, es-
sendo città grande capitale del No-
mo e comn)erciante, ed ebbe an-
cora un vescovo copto. Ne furono
MET 307
vescovi Cronio ordinato da Mele-
zio; Macario che fu al primo con-
cilio d'Efeso; Teodoro giacobita;
Isacco giacobita ; Mercurio giacobita
de! J078; Bi'ssora, Crislodulo, Kilo,
e Giuseppe giacobita, il quale tra-
dusse nel laS') dal greco in ara-
bo il Paradiso intellelluale rielle
virtù e de'vizi, dì Giovanni Dama-
sceno. Orienf! rhrist. t. II, p. 517.
METELLOl'OLI. Sede vesco-
vile della Frigia Pacaziana, sotto la
metropoli di Gerapoli, nella diocesi
d'Asia, eretta nel IX secolo. Ne fu-
rono vescovi N rappresentalo al
VI concilio da Eudossio, e Miche-
le che assistette all' Vili, ed a quel-
lo tenuto sotto il Papa Giovanni
Vili pel ristabilimento di Fozio.
Oriens christ. t, I, p. 815. Metel-
lopoli, Metelopolilan, al presente è
un titolo vescovile in parlihiis che
Gregorio XVI conferì a mons,
Cuenot, di cui parlammo nel voi.
XXXIV, p. 2 56 del Dizionario.
MLTILDE (s.), regina di Ger-
mania. Figlia del conte Teodorico,
possente signore tra i sassoni, fu
educata nel monastero di Erford,
sotto gli ocelli della sua avola che
n'eia badessa, e molto approfittò
de' religiosi suoi insegnamenti. Nel
C)i3 fu maritala ad Enrico V Uccel-
latore, figlio di Oltor.e duca di
Sassonia, il quale divemito in ap-
presso duca per la morte del pa-
dre, avvenuta nel 916, fu eletto
nel 91C) successore di Corrado re
di Germania. Melilde si avanzò
sempre più nelle vie della pie-
tà , occupandosi nell' orazione, nel-
la meditazione, nel visitare e con-
fortare i malati e gli afflitti, ed
in altre opere di cflrilà. Morì En-
rico nel 936, lasciando tre figli,
cioè : Ottone che gli successe nd
regno di Germania, e fu poi coro-
nato imperatore nel 962; Enrico
3o8 MET
che fu duca di Baviera; e Bruno-
ne arcivescovo di Colonia, il quale
è onorato dalla Chiesa con pubhli-
co culto. Enrico, benché più gio-
Tune, insorse a contrastare la co-
rona al fratello, e Metilde si di-
chiarò in suo favore. Essa però e-
spiò questa ingiusta predilezione con
acerbe tribolazioni. Ottone ed En-
rico si collegarono contro di lei, e
la spogliarono fino dei suoi usu-
frutti, col pretesto ch'ella avea e-
sausto lo stalo colle sue soverchie
liuaosine. Questa persecuzione, che
Metilde sofferse con ispirilo di pe-
nitenza, fu lunga e crudele; ma
in fine i due principi si rappattu-
marono con lei, e le restituirono
quanto aveanle tolto. Rimessa nella
sua prima fortuna, dispensò limosi-
re più larghe che mai; fondò pa-
recchie chiese e cinque monasteri,
di cui i due principali furono quel-
lo di Polden nel ducato di Bruns-
■wick, e quello di Quedlinbourg nel
ducato di Sassonia. Quest' ultimo
fu destinato alle religiose; e Me-
tilde che in tutto il rimanente di
.sua vita non si occupò che nelle
pratiche di pietà e nelle opere di
misericordia, ivi riliravasi di tratto
in tratto. Ella trovavasi appunto
nel monastero di Quedlinbourg
quando cadde nella malattia di cui
morì. Sì confessò a Guglielmo ar-
civescovo di Magonza suo nipote,
e alcuni giorni dopo fece una con-
fessione pubblica de' suoi peccati, in
presenza dei preti e delle religiose
del monastero. Ricevette in seguito
r Eucaristia e 1' estrema unzione ;
poi fattasi coricare sopra un cilizio,
e sparsasi della cenere sopra la te-
sta, spirò tranquillamente ai i4di
marzo del 968. S. Metilde è ricor-
data in detto giorno nel martiro-
logio romano, e il di lei corpo è
a Quedlinbourg.
MET
METILDE (beata). Nata a Isle-
bia nell'alta Sassonia, contessa di
Ilackuborn, e parente dell'impera-
tore Federico II, fu allevata fra le
benedettine di Redaresdorff o Ro-
dersdorff nella diocesi di Halber-
stad. Fin dalla più tenera età ebbe
ella grande purezza di costumi e
molto disprezzo per le vanità monda-
ne. Poco dopo la sua professione fu
mandata a Diessen nella Baviera,
ove divenuta superiora introdusse
nel monastero la pratica delle più
sublimi virtù. Ebbe poscia l'inca-
rico di riformare il monastero di
Oltiìsteten ossia d' Edelstein nella
Svevia, ch'era caduto in somma
rilassatezza. Colla sua dolcezza e
colla forza del suo esempio, ella in
breve inspirò alla sua nuova co-
munità l'amore d'una perfetta os-
servanza. Poca paglia era suo ietto,
il suo cibo era trivialissimo, e non
mangiava che solo per sostenere il
corpo. Divideva tutti i suoi mo-
menti tra r orazione, la lettura e
la fatica delle mani; osservava il
più rigoroso silenzio; lo spirito di
compunzione ond'era animata dava
a' suoi occhi una sorgente continua
di lagrime. Non si credette mai
esente dalla regola, neppure alla
corte dell' imperatore, ove fu co-
stietta recarsi per gli affari del suo
monastero. Morì a Diessen a' 29
marzo, poco dopo il i3oo. 11 di lei
nome non è stato mai inserito nel
martirologio romano, ma trovasi iu
molti calendari sotto il io d'aprile,
il 29 di marzo, e il 3o di maggio.
METILDE Contessa. F. Matilde.
METIMlNA. Sede vescovile del-
r isola di Lesbo, una delle Cicladi,
prima sotto la metropoli di Rodi,
poi di Metelino nell' Asia, eretta
nel VI secolo, e verso 1' 869 di-
venne arcivescovato onorario. Ne fu
pnmo vescovo Cristodoro che sot-
MET
loscrisse la relazione del concilio di
Costanliiiopoli al Papa Ormisda,
sull' ordinazione del patriarca Epi-
fane : quanto ai successori fino ad
Antimo del 1721 vedasi V Oriens
christ. t. I, p. 961.
METODIO (s.), vescovo di Tiro,
doltoie della Cliiesa e niarliie. Fu
prima vescovo di Olimpia, o di
Patara, secondo Leonzio di Bisan-
tio, la sede della quale se.mbra es-
tere slata allora unita a quella di
Olimpia. Comunque ciò sia, egli (u
trasferito al vescovato di Tiro, e
si crede che succedesse a 8. Tira-
nione, il quale soU'erse il martirio
«otto Diocleziiino. Metodio versò
anch' egli il sangue per la fede a
Calcide nella Grecia. S. Girolamo
mette la sua morie sul finire del-
l'ultima persecuzione generale, cioè
nel 3ii o 3 12. Le opere di san
IVletodio, cui san Girolamo dà il
titolo di eloquenti ssìmo, erano as-
sai slimale dagli antichi. Ne ab-
biamo de' frammenti considerabi-
li in Fozio, in s. Epifanio, in san
Girolamo, in Teodoreto : quelli che
ci rimangono più estesi, sono del
Lìbero arbitrio, contro i valenti-
nianij e della Risurrezione dei cor-
pi, contro Origene. Abbiamo anco-
ra di lui per intiero il Simposio
ossia Convito de' vergini, composto
ad imitazione di quello di Socrate
scritto da Platone. La festa di s.
Metodio si celebra il 18 settembre.
METODIO (s ), patriarca di Co-
stantinopoli. Uscì d' una delle più
illustri famiglie della Sicilia, e fu
allevato nelle scienze sacre e pro-
fane, in cui si rese assai dotto. Ri-
tiratosi dal mondo, edificò un n)o-
naslero nell'isola di Scio; ma
chiamato poscia a Costantinopoli,
il santo patriarca Kiceforo 1' uni
alla sua chiesa. Egli accompagnò il
patriarca nei due esilii cui fu cou<
MET 309
dannalo pel suo zelo nel difendere
il culto delle sacre immagini ; e
neir8i7 fu da lui mandato a Ro-
ma in uffizio di apocrisario. Dopo
la morte di s. Niceforo ritornò Me-
todio a Costantinopoli. Vittima del
furore degli iconoclasti fu messo in
prigione, e non ricuperò la libertà
che neir 83o ; ma non potè godere
lungo ripo-so. Gli eretici ricomin-
ciarono a perseguitarlo, e 1' impe-
ratore Teofilo lo condannò all' esi-
lio. Entrata Teodora al governo
dell'impero nell' 842, pose freno
all' eresia, e collocò Metodio sopra
la sede patriarcale di Costantinopoli.
11 santo fece rivivere per tutto la
pietà colla sana dottrina; e per
ringraziar Dio del ristabilimento
della fede, istituì una festa che fu
chiamata Ortodossia. Morì il i4
giugno 846. Sotto s. Ignazio suo
successore celebravasi la sua festa,
e fu sempre celebrata sì presso i
greci che presso i latini. Ci riman-
gono alcuni scritti di s. Metodio,
cioè dei canoni penitenziali^ dei
sermoni, ed un elogio di s. Dioni-
gi r Areopagita.
METODIO (s.). Era monaco,
ed accompagnò in Bulgaria suo
fratello s. Cirillo {Vedi), detto il
Filosofo, colà spedito qual missio-
nario. Essendo eccellentissimo nel-
1' arte di dipingere, Bogoris re dei
bulgari gli commise alcuni quadri
per ornare il palazzo che avea te-
sté fabbricato, il santo monaco di-
pinse il giudizio finale, di cui Bo-
goris domandatane la spiegazione,
ne restò sì profondamente com-
mosso, che ricevette poi il battesi-
mo, e prese il nome di Michele. Do-
po la conversione de' bulgari, che
era stato il fruito principale dello
zelo di Cirillo e di Metodio, questi
due uomini apostolici partirono per
andar a predicare il vangelo nella
3 IO MET
Moravia, ivi chiaiuiiti tlal pio re
Rastices, che ricevette il biiltesiino
dalle lor(» uiaui, come la più par-
te dei suoi soggetti. Credesi die Me-
todio fosse consagrato arcivesco-
"vo di Moravia. Boriway o iìori-
■vorio duca di Boemia, avendoli u-
diti a predicare credette in Gesù
Cristo, ed esortò Metodio a passa-
re in Boemia per annunziarvi il
■vangelo. Il santo si arrese a tale
invilo; battezzò la moglie e i fi-
gliuoli dei duca, con una grandis-
sima moltitudine di boemi ; innal-
zò a Praga la chiesa di ÌSoslra
Donna, quella di s. Pietro e di s.
Paolo, e più altre ancora in di-
verse parti della Boenjia. I due
santi (rateili tr;islatarono la litur-
gia in lingua slava, e fecero cele-
brare la messa nella lingua che
parlavano i popoli ch'essi aveano
convertilo. Nata su ciò conlroversia,
il Papa Giovanni Vili, chiamato a
Roma ftletodio circa 1' 879, ne con-
fermò l'uso, ad onla dei reclami
degli arcivescovi di Salisburgo e di
Magonza, Il santo pervenne a grave
età, ma ignorasi l'aimo preciso della
sua morte. I greci ed i moscoviti
l'onorano agli i i di maggio , e il
martirologio romano lo nomina a' 9
di marzo, congiuntamente a s. Ci-
rillo, dando ad entrambi il titolo
di vescovi de' moiavi. F. Moravia.
METODISTI. Setta d'Inghilter-
ra ch'ebbe origine nell'università di
Oxford, e che molti rassomiglia-
vano a c|uella degli ernuti, o Fra-
telii moravi [Fedi). Essa è composta
di uomini e donne, che si radunano
due volte la settimana per pregare,
cantare de'salmi, confessarsi fra di
loro, ed anche le donne colle don-
ne. Questi settari si dicono ispira-
ti, e professano una vita molto au-
stera. Spingono il calvinismo sulle
materie della predestinazione e dtl-
MET
la grazia fino all'eccesso. Sono chia-
mati metodisti, perchè sì vantano
di avere trovato un metodo, od
una particolare via per giungere
alla salute. Il loro più celebre pre-
dicante è Giorgio di Whitelield.
Nel 1739 il vescovo di Londra
Sdisse una lettera pastorale ai fede-
li della sua diocesi , per premu-
nirli contro questo spirilo d'entu-
siasmo. In oggi dividonsi in meto-
disti aderenti a Whitefield, i qua-
li ammettono la predestinazione co>
me i calvinisti rigorosi; ed in ade-
renti di Vesley, i quali hanno adot-
tali i principii degli arminiani , e
sono (juesti in numero maggiore.
Nel finire del secolo XVI li i me-
todisti fecero scissione colla chiesa
anglicana, alla quale si dicevano
prima attaccati ; indi fecero rapidis-
simi progressi in Inghilterra e negli
S lati -Uniti di America, dove \ì loro
numero va ognora aumentando. Han-
no degli stabilimenli in molte parli,
come neir Indie orientali. I meto-
disti furono i primi tra i prote-
stanti, che introdussero l'uso di pre-
dicare nelle strade pubbliche e in
campagna aperta: hanno predican-
ti a posto fìsso ed ambulanti. I
protestanti diedero il nome di me-
todisti ai controversisti francesi ,
perchè seguirono diversi metodi
per attaccare il protes^antismo, clie
dichiara il Bergier nel Diz. elicici.
METONA o MODONE, iìleiho-
ne. Sede vescovile della Messenia nel
Pelopouue,>o, della provincia d'Elia-
de, sotto la metropoli di P<itrasso,
nella diocesi dell' lUiria orientale, e-
retta nel IX secolo. Città forte e
porto della Grecia nella parie piìi
meridionale delia ]Morea, cinta da
ogni lato dal mare, e congiimla
al continente per un ponte di le-
gno : il porto è poco sicuro, ma im-
poi tante a cagione della sua rada
MET
della sua vicinanza al golfo di Co-
ione. Provò questa città diverse vi-
cende e rivoluzioni. Gli insubri se
ne impadronirono negli antichi lem-
pi, e gl'illirii la saccheggiarono in
seguito, condiiccndo in ischiavitù
gli abitanti. Traiano mosso dalle
loro sciagure li ristabilì con molti
privilegi, e lasciò loro sceglieie un
governo aristocratico, che sussistette
sino al regno di Costantino, che
sottomise quel popolo alh sua ob-
bedienza, lasciandogli però il libe-
: ro esercizio delle sue costumanze.
Nel 1124 Tu presa dal veneto do-
ge Domenico Michieli, al ritorno
del terzo suo viaggio nella Terra
Santa. L'anno seguente i venezia-
ni rimisero questa piazza all' im-
pero greco, ma nella sua divisione
nei 1204 ritornò Modone ai vene-
li, ai quali fu tolta nel 1208 da
Leone Velrano corsaro greco, che
per poco tempo la ritenne. JVel
149B Bajazet li se ne rese padro-
ne, ma dipoi nel giugno 1686 il
veneto generale IMorosini la ripre-
se ai turchi e la fortificò maggior-
uienle. !Vel 1715 fu presa da To-
pal Osman, e molto soffri nel 1770
per l'invasione russa, e fu dai tur-
chi alloia definitivamente abban-
-donala. Nella recente guerra del-
l'insurrezione, i greci se ne impa-
dronirono, indi la prese Ibrahira
pascià, cedendola nel 1828 ai fran-
cesi ; ma in oggi forma parte del
nuovo regno di Grecia.
Lbbe Metona o Modone vesco-
vi greci e latini. Il primo de'greci
fu Ticliico, che soltosci-isse al con-
cilio di Sardica, e gli successero :
Atanasio che assistette al concilio
di Fozio, dopo la morte di s. I-'
gnazio; Nicola del 1166, cui si
attribuisce un'operetta sulla Euca-
ristia , con alcuni scritti contro i
Ialini , Oriens christ. t. II, pag.
MET 3ri
23 1 ; nel l. Ili, p. io5i sono ri-
portali i vescovi Ialini, da Gio-
vanni o Giuseppe che fu il primo,
e ne occupava la Sede nel i 2 i o,
ed a cui Innocenzo III scrisse
prendendo la chiesa di Modone
solto la protezione della Sede apo-
stolica. Leonardo l-'atrasso fatto da
Boniliicio Vili, e dal medesimo
crealo cardinale. Egidio ferrarese,
insigne domenicano, patriarca di
Grado, poi d'Alessandria, ebbe da
tal Papa questa chiesa in commen-
da. Angelo I gli successe; Tomma-
so Falier veneto nel «Sgo fu tra-
sferito a Venezia; indi successero
Lodovico I , Antonio I , Lorenzo,
Paolo, Francesco, Giacomo, Marti-
no, Gabriele, Marco, Angelo II.
L'Allazio riporta questa serie dei
vescovi di Modone dal i3gr al
14519. Lodovico Mauroceno veneto
del iSqi ; Antonio nel il^o'y',
Lorenzo veneto domenicano del
i4'0 della famiglia Venier; Pao-
lo cistcrciense per rinunzia dei
precedente; Francesco de'Franceschi
del i4'5> Giacomo di Foligno
domenicano, traslato nel i4'7 da
Nocera; Martino del 1428; Gabrie-
le de Gabrielli veneto del 144^ >
Angelo Foscolo del «4^9 traslato
a Feltre ; Lodovico II Longo ve-
neto domenicano del i46(5; Orcwin
dello stesso ordine, fatto nel 147^
da Sisto IV; Andrea, e per ultimo
il domenicano Antonio li Falconi di
Avila del 1 5o6. Metona o Modo-
ne, Mtlhoneti, al presente è un ti-
tolo vescovile in partibiis , sotto
l'arcivescovato di Patrasso, che con-
ferisce la santa Sede. Inoltre Mo-
done è sotto il vicariato apostolico
della Grecia, tli cui è delegato a-
postolico ii vescovo di Sira, la cui
popolazione è di 7000 con pochi
catlolici, e vi risiede un vescovo
scismatico. Si può dire che fu la
3f2
MET
culla (Iella congregazione dei Me-
chilnrisli (P'edi), che vi ebbero bella
cliiesa e vasto monastero. Nel con-
sohito di Francia vi fu una chiesa.
METRA o METRI, J/yra. Sede
vescovile della provincia d' Europa,
suithiganea di Eraclea, eretta nel
IX secolo, situata nelle vicinanze di
Costantinopoli. Ne furono vescovi
Costantino, intervenuto al VII con-
cilio generale; Gregorio che fu a
quello di Fozio; Procopio che sot-
toscrisse la deposi/ione del patriar-
ca Joasnph nel i564, in cui pure
governò la chiesa di Athira, e nel
•1572 assistè al concilio del patriar-
ca Geremia contro i simoniaci. O-
riens christ. t. I, p. 11 49-
METRACHA. Sede vescovile del
Chersoneso Taurico, nella Scizia,
sotto la metropoli di Gaffa, eretta
nel IX secolo, e residenza d' un
arcivescovo onorario del patriarcato
di Costantinopoli. Si vuole che sia la
stessa Meiraclia che si uni a Zichia.
METROCOMIA. Borgo o villag-
gio principale, e capo degli altri
sottoposti alla sua giurisdizione, pa-
rola derivante dal greco, villa ma-
trice. Ciò che le metropoli sono
per rapporto alle città, le nietro-
comie erano rapporto ai villaggi di
campagna. Questa era la sede e la
residenza di un Corepiscopo [Fedi),
o d' un decano rurale.
METROPOLI, Meiwpolis. Città
principale nella provincia, o chiesa
principale nella stessa provincia. La
parola metropoli proviene dal gre-
co, in significalo d' una città madre,
cioè da dove sortivano le colonie,
che andavano ad abitare altre ter-
re; le città di queste colonie erano
come le figlie della città madre. In
seguito i romani chiamarono me-
tropoli la città capitale o principale
d'una provincia. L' impero romano
essendo stato diviso in tredici dio-
MET
cesi ed in centoventi provincie, cia-
scuna diocesi e ciascuna provincia
aveva una metropoli o città capi-;
tale, eh' era la residenza del pro-
console, o del vicario dell'impero.]
V. Impero. Il governo ecclesiastico!
avendo imitato sovente le disposi-
zioni del civile, la Chiesa adottò
tale divisione, le città capitali furo-
no chiamate metropoli, e le sedi
vescovili che stabiTj in quelle me-
tropoli furono dette metropolitane
verso il fine del III secolo, e me-
tropolitiche: ciò confermò il conci-
lio Niceno, ma I' Usserio e de Mar-
ca sostengono che sia uno stabili-
mento degli apostoli. Così quanto
all'accennata divisione del romano
impero in diocesi, in provincie, ed
in città capitali o metropoli, il Maf-
fei nella sua Keroiia illustrala pe-
rò sostiene, che le provincie roma-
ne non avessero città capitale, e sos-
tiene che vennero finora confuse
le provincie geografiche colle pro-
vincie romane, le quali non erano
che un' estensione arbitraria di pae-
se soggetta ad un presidente. Quin-
di ne venne, com'egli dice, che lut-
ti credettero che le metropoli geo-
grafiche fossero altrettante metro-
poli romane, cioè luoghi in cui e-
ravi la sede col centro del governo.
Ma l'ordin» di quel tempo era mol-
to did'erente dal nostro; poiché vi
sono due circostanze che ordinaria-
mente caratterizzano le capitali, la
residenza fissa di quello che gover-
na con autorità la provincia, e la
stabilità del tribunale supremo di
giudicatura. Ora ai tempi de' ro-
mani, il presidente era invece ob-
bligato a non far giammai una lun-
ga dimora in una medesima città,
ma di percorrere tutte quelle della
provincia, ed il tribunale supremo
di giudicatura era stabilito non in
una sola città, ma ia molte, e fu-
MET
ronTÌ talvolta fino a dieci ciUà de-
stinale a qiiest' uso. Quindi sendjia
che nelle piovincie romane non Vi
fossero capitali, nel significato in
cui lo prendiamo noi oggidì. Inol-
tre il Àlallei osserva, che in con-
seguenza del non avervi fatta atlen-
lione, i più grandi scrittori cadde-
ro in molti errori trattando della
giurisprudenza, della gerarchia ec-
clesiastica, della cronoltigia, della
geografia, delle medaglie e delle
iscrizioni. Da ciò ne tieriva, dice
egli, che tulli hanno fincjra sì poco
inlese certe leggi, particolarmente
quelle nuove di Giustiniano I, per
avere male inleso il nome di me-
tropolij che non sanno come spie-
gar ciò che dicono molli autori,
ch'eranvi cioè molle metropoli nel-
la stessa provincia. Ma questo di-
verrà intelligibilissimo quando si
saprà che una provincia romana
comprendeva molli paesi o provin-
ole geografiche^ ciascuna delle quali
aveva la sua propria metropoli.
Dopo lo stabilimento politico del
cristianesimo, il sistema civile in
molte cose seguì le tracce del re-
gime ecclesiastico, e alcune città
furono dapprima metropoli ecclesia-
stiche, e quindi lo slesso grado otlen-
nero anche nell' ordinamento e nel-
l'amministrazione civile. Gli apo-
stoli e gli altri primi promulgatori
dellevangelo ebbero in costume
di cominciarne la predicazione, per
maggior frullo, dalle città più in-
signi e metropoli^ come ne' Meda-
glioni osserva il Buonarroti. Que-
sti inoltre dice che le metropoli fu-
rono anche chiamate Prime, e ri-
porta le gare fra JVicea e Nicorae-
dia, ognuna delle quali pretende-
vano che il nome di prima fosse a
ciascuna di loro singoiare, siccome
egli era quello di metropoli, e lo
posero nelle medaglie. Scrive Dione,
MET 3i3
che il titolo di prime lo diedero alle
città i presidi delle provincie, per
mettere divisione, ed aver sempre
qualche città a loro favore in caso
di sindacato ; lo davano quando ad
una città, quando ad un' altra, met-
tendolo nelle lettere e rescritti che
loro facevano, secondando così quel-
la pecca de' greci, come la chiama-
vano i romani. 11 titolo di prime
nulla portava seco d' essenziale ,
quantunque per altro accadesse,
che le città che avevano preroga-
tive maggiori, e ritenevano qualche
figura di metropoli, per distinguer-
si dalle inferiori si piccavano del
titolo di prime; giacché queste che
aveano i conventi giuridici, An-
tonino Pio le pose nella seconda
riga dopo le metropoli. In progres-
so, le città che godevano il mero
titolo di prime, forse riguardante
le prerogative e nobiltà della città in
genere, tralasciando di chiamarsi
prime rispetto alla bellezza e gran-
dezza , cominciarono a chiamarsi e
prime delle Provincie e assolutamente
prime, onde si vede che queste città
di mezzo ebbero qualche pensiero
di qualificarsi con quel titolo, che
quantunque minore di quello di
metropoli, denotasse però i loro
privilegi e il loro stato più rag-
guardevole, e come di seconde. Che
molte di loro ottennero il nome
ancora di metropoli, come notano
gli eruditi sull' autorità di Ulpiano,
si vede in alcune medaglie e iscri-
zioni di Smirne e di Efeso. Con-
chiude il Buonarroti, che non po-
tendosi Eraclea vantare di essere
metropoli, si chiamò madre di cit-
tà colonie, e lo espresse nella me-
daglia di Caracalla con iscrivere:
Dhtrocolonia j e che il titolo di me-
tropoli, in rigore dovrebbe essere
solo di quelle città, che sono state
madie e origine d' altre. Vi furono
3i4 MET
anche ne'pritni tempi della Chiesa
nietiopoli ecclesiasliche onorarie, e
nel concilio di Calcedonia del ^5 1
l'imperatore Marciano ottenne iu
grazia dai padri, che in onore del
medesimo concilio e della s. mar-
tire Eufemia, fosse eretta in me-
tropoli di semplice titolo la chiesa
Calcedonc'se, senza pregiudizio di
Kicoaiedia e de' diiitti di quella
sede. IVel medesimo concilio e nel-
la sezione IV fu discussa la contro-
versia insorta fra i vescovi di Tiro
e di Ticrilo sui diritti metropolitani,
decisa in favore del secondo. Su
questi punti, e sul diritto d'isti-
tuire metropoli il romano Ponte-
fice, si può leg.;ere la lettera del
Cuccagni, sul diritto che ha il Papa
di consecrare i vescovi del regno di
Napoli, riportata nel Sappi, algiorn.
eccl. di Roma 1789. Sulle metro-
poli ecclesiastiche dell' occidente,
come e da chi erette, vedasi il Zac-
caria, Aiìti-Fchhroìiio, p. iSg, ove
dice che tutte lo furono per auto-
lità pontificia dalla soia sede ro-
mana, sjH'.cialruente quelle delle Gal-
lie, tranne due nella Spagna erette
dai sinodi del regno, cioè Toledo
e Lugo, l'ultima delle quali diu'ò po-
co più di un secolo. Vi sono me-
tropoli o Arcivesroi'ati (^Vedi) con
Sujfraganei {^P'tdi) e senza suffraga-
nei. V. Citta', DiocEsr, Vescovato,
e Mf.tropomtano.
METROPOLI. Sede vescovile
della prima provincia d' Asia, nel-
l'esarcato del suo nome, sotto la
metropoli d'Efeso, eretta nel V se-
colo. Ebbe per vescovi Marcellino
che fu al concilio di Calcedonia, e
Giovanni che trovossi a quello di
Fozio. Oriciis christ. t. I, p. 708.
METilOPOLI. Sede vescovile
della prima Tessaglia, nell'esarcato
di Macedonia, sotto la inetro[)oli
di Larissa, eretta nel IV secolo, di
MET
cui fu vescovo Marco, che assistette
al concilio di Nicea. Orietis christ.
t. II, p. 12 7..
METROPOLI. Sede vescovile
della provincia di Pisidia , nell' e-
sarcato d' Asia, sotto la metropoli
d' Antiochia, eretta nel V secolo.
Ebbe per vescovi Policarpo, che fu
al concilio di Kicea; Euslazio che
intervenne al primo generale di Co-
stantinopoli; Heorticio che fu a
quello di Calcedonia; Monofìlo sot-
toscrisse la lettela del concilio di
Pisidia all'imperatore Leone; e Gio-
vanni lirmò la relazione che il
concilio di Costantinopoli fece al
patriarca Giovanni, su Severo d'An-
tiochia ed altri eretici. Oriens christ.
t. I , p. IO 56.
METROPOLITANA Chiesa. F.
Metropolitano.
METROPOLITANO , Metropo-
lita, RJttropolitnnus. Dignità eccle-
siastica detta eziandio Arcivesco^'O
(Fedi), se ha vescovi suffragane!,
capo e primo vescovo d' una eccle-
siastica provincia, che solendo anti-
camente risiedere nella città prin-
cipale o Metropoli {^Fedi), da que-
sta prese il nome, come le Calte'
drali {Vedi) si chiamarono Metro-
politane. Il nome di diocesi presso
gli orientali era assai più ampio
che tra i latini, abbracciando più
Provincie che obbedivano aW Esar-
ca o Patriarca [Vedi), e ciascuna
provincia cui presiedevano i metro-
politani dicevasi Esarchia, All'ar-
ticolo Es.^RCA dicemmo che tal di-
gnità in occidente si chiama Pri-
mate (Vedi), ed è presidente di
più Provincie ecclesiastiche , per-
ciò superiore al metropolitano, co-
me ancora si notò a Gerarchia
ecclesiastica. Il p. Chardoo, Storia
de' sagr. t. Ili, p. i32, trattando
della subordinazione gerarchica dei
vescovi, ricerca 1' origine delle me-
MET
Iropol! ecclesiastiche, e delle prin-
cipali dignità della primitiva Chiesa,
cos'i quella de' metropolitani. Il J*e-
reira dice, che essendo il vescovato
l'apice del sacerdozio, la dignità
metropolitica o metropolitana è
r apice del vescovato : per (pieslo
nella frase degli antichi canoni han-
no i metriipolitani il nome di pri-
mati, come nel VI di Sardica, e nel
XII di Cartagine. Il Rinaldi notò
all'anno Sgv, num. ^cf, che i me-
tropolitani furono detti princìpes
sacerdoturn, nei concilii di Sardica
e Calcedonia. Ma dell' origine, aii-
toiità, prerogative e giurisdizione
de' metropolitani ne parlammo ad
Arcive>covo e ne' relativi articoli,
laonde qui ci limiteiemo ad aggiun-
gere alcune altre erudizieni.
L'origine dei metropolitani si ripe-
te da molti degli apostoli, ed al can.
34, la cui autorità è però dubbiosa.
S. Paolo confidò la soprintenden-
za di tutte le chiese di Creta a
Tito, e quelle della provincia d'Asia
a Timoteo. Ridette Chardon, che
sebbene gli apostoli non abbiano
con apposite leggi stabilito per ca-
po della provincia il vescovo della
n)etro[!oli, ebbero tuttavia intenzione
che così si facesse, di che grandi
ragioni avevano. Imperocché per
quanto confidassero in Dio, e da
lui unicamente attendessero l'esito
felice de' loro travagli, non trascu-
ravano tuttavia i mezzi umani loro
somministrali dalla provvidenza per
dilfondere l'evangelo^e per lasciare
alle chiese dopo la loro morte la
miglior forma di governo e di di-
sciplina ; quindi niuna era migliore
che il fl>sare le princi[)ali sedi nel-
le città capitali, dcjiide la feile po-
teva più facilmente passare alle al-
tre, e potevano i vescovi di queste
sedi primarie più agevolmente ve-
gliare sopra il procedere de' luiu
MET 3i5
coìleghi, e correggere i nascenti a-
busi delle provincie, usando i po-
poli di portarsi in folla alle capi-
tali città, ove i governatori faceva-
no giustizia ai ricorrenti. Dicesi che
s. Aniceto Papa del 167, nel rin-
novar il decreto sulla consagiazione
de' vescovi, aggiunse che se fossero
metropolitani vi doveano assistere
tulli i vescovi provinciali. Già nel
declinar del terzo secolo, sebbene
la subordinazione de' vescovi ai me-
tropolitani, al dire d'alcuni non
fosse espressamente decretata da
leggi o concilii, tutta volta si vede
stabilita da un tacito consenso uni-
versale, e da una consuetudine ge-
nerale, che giusta la massima degli
antichi giureconsulti, lien luogo di
legge in siflatte materie, come si
esprime Chardon. Conforme a que-
ste antiche consuetudini, nel Sai»
il concilio Niceno regolò i diritti
e la estensione della giurisdizione
de' pi incipali vescovi della cristiani-
tà, nulla rinnovando, ma confer-
mando solo ciò che osservavasi nel
decretare. » Or è notissimo, che se
alcuno vien promosso al vescovato
senza consenso del metropolitano,
il gran concilio ha definito che non
debba esser vescovo". Ciò dimo-
sliT» che ivi trattasi de' metropoli-
tani, e non de' primati o patriar-
chi, poiché ai metropolitani toccava
concorrere all' elezione e consacra-
zione de' vescovi delle loro rispetti-
ve provincie ; perciò i padri di Nicea
dierono loro il gius di confermar-
li nella dignità, ove dopo aver or-
dinalo che il vescovo si consacri da
tulli i comprovinciali, o almeno da
tre coli' assenso in isciitto degli as-
senti, aggiungono che il metropo-
litano confermi ogni cosa; il qual
certamente è un gran privilegio
acquistato dalla consuetudine come
parla il concilio. Ma uuu eru il solo,
3i6 MET
poiché aveano la podestà di esami-
nare la vita, i costumi e la dot-
trina de* vescovi provinciali, di con-
vocarli ai sinodi, di giudicar le dif-
ferenze che potevano nascere tra di
loro, e di regolare gli affari eccle-
siastici che riguardavano le Pro-
vincie in generale. Tali sono i di-
ritti e le prerogative de* metropo-
litani che il concilio loro manten-
ne, e di cui godevano per antica
consuetudine, 1' origine della quale
riporta il Cliardon citato. Inoltre
il concilio JViceno ordinò, che i me-
tropolitani fossero consecrali da tre
vescovi, ciò che già facevano i Papi
nella loro consecrazione, come at-
testa il Mabillon, Mus. hai. t. II,
p. II 8, non essendo certo il de-
creto di s. Anacleto Papa del io3,
che i vescovi fossero consecrali da
tre altri.
Il concilio Antiocheno del 34 1,
per reprimere alcuni vescovi, che
alttìttavano indipendenza sul prete-
sto che le loro chiese erano state
/ondale dagli apostoli, comanda.
» Che quelli di ciascuna provincia
riconoscano per superiore il metro-
politano, e che questi abbia cura
di tutta la piovincia, perchè tutti
qttelli che hatuio affari concorrano
alla metropoli. Perciò abbiamo giu-
dicato buono che il vescovo della
principale città avesse prerogative
d'onore, e che gli altri niente fa-
cessero senza di lui, giusta l' anti-
chissima regola die ha prevaluto".
Con queste ultime parole accenna»
rono certamente q uè' padri il can.
34 degli apostoli che ciò coman-
dava. 11 concilio di Torino giudi-
cò lo stesso nella causa de' vescovi
di Vienna e d' Arles, i quali con-
trastavano del primato, nel declinar
del IV secolo, o meglio ne' primi
del V, con questo giudizio. »» Fu
dcliuito circa 1' affare de' vescovi di
MET
Arles e di Vienna, i quali dispu-
tarono alla nostra presenza circa
r onore del primato, che quel di
loro due, il quale provasse che la
sua città è metropoli, avesse l'o-
nore del primato in tutta la pro-
vincia, e che secondo la regola dei
canoni, avesse la principale autori-
tà nelle ordinazioni *'.
Le, distinzioni di metropolitano
e di primate, vogliono alcuni che
non cominciarono che nel secolo V
nelle Gallie, giacché allora i vesco-
vi di Vienna e di Arles disputa-
ronsi il diritto d'ordinazione de' ve-
scovi della provincia, che apparte-
nevano ai metropolitani, come an-
che il diritto di precedenza su tut-
ti gli altri vescovi della provincia;
quello di convocare il concilio pro-
vinciale, e l'intendenza generale su
tutta la provincia per invigilare che
la fede vi fosse mantenuta, ed os-
servata la disciplina. In Africa i
metropolitani erano i vescovi anti-
quiori : nelle Spagne si praticava
lo stesso, ancorché 1' antiquiore fos-
se vescovo di piccola città. L* an-
tica disciplina della Chiesa prescri-
veva che il più anziano de' vescovi
presiedesse i sinodi, ■ qual capo e
presidente. Quanto alla chiesa A-
fricana, la prerogativa particolare
di quella di Cartagine era che
quantunque le altre provincie aves-
sero ciascuna la loro metropoli,
ove risiedevano i governatori, nul-
ladimeno tutte riconoscevano per
comun metropoli Cartagine. I ve-
scovi delle altre città capitali non
aveano autorità sopra quelli delle
altre, e perfino quando in processo
di tempo la distanza de' luoghi e
la moltiplicazione delle chiese ve-
scovili gli obbligò a costituire in
ciascuna provincia un primate, che
presiedesse alle radunanze de' ve-
scovi comproviaciali, questa premi-
MET
nenza non fu dala, come altroTp,
■ Ila sedia della città cnpitale della
provincia, ma al vescovo più an-
ziano del paese, il quale usava del-
la sua autorità con subordinazione
al vescovo di Cartagine, eh' era
jierciò in qualche modo il solo nie-
Iropolilaiio di tutta l'Africa. An-
che negli antichi tempi vi furono
metropolitani onorari, come sì disse
parlando delle metropoli; e 1' An-
dreuccì scrisse un Irallato canonico-
teologico sul vescovo litolare, sta
in partihus inJìdeUum. Papa s. Ilario
nel concilio romano del 4^^ ''^*
cretò che niun vescovo fosse ordi-
nato senza il consenso del suo me-
tropolitano; enei 533 Atalarico re
d'Italia ordinò che i metropolitani
per la loro consegrazioue paghereb-
bero duemila soldi in soccorso dei
poveri. Nel sinodo di Costantino-
poli tenuto sotto s. Daniaso 1 fu
stabilito, che le cause de' vescovi si
trattino nel sinodo, con facoltà di
appellare ad un altro sinodo mag-
giore della diocesi; poscia Papa
Pelagio II nell'ep. Il decretò che
dalla sede metropolitana e dal si-
nodo provinciale si possa appellare
al tribunale più alto, cioè al pri-
mate, salve però le cause di mag-
gior momenlo, che sono riservate a
definirsi alla Sede apostolica.
Sempre la santa Sede esercitò
autorità sui metropolitani d' occi-
dente, comprensivamente alla de-
posizione. JNel 378 r inìperalore
Graziano ordinò con legge, che u-
no il quale o dal Papa, o da un
concilio di vescovi cattolici fosse
stalo dannato cioè deposto, e rite-
ner volesse ingiustamente la sua
chiesa, quando sia metropolitano
debba subito recarsi a Koma, o a
que'vescovi che lo stesso Papa gli
avesse per giudici deputali. Con
lai legge Graziano confermò le ri-
MET 3.7
chieste fattegli dal concilio romano
tenuto iu quell'anno o nel 38o da s.
Damaso I. In vigore di questa leg-
ge, dal concilio romano procurata,
s. Innocenzo I rilasciò dipoi ai pa-
dri di Toledo l'esame della causa
di Gregorio metropolitano Emeri-
tense. All'incontro Papa s. Zosiuio
depose egli stesso Procolo di Mar-
siglia, il quale si era arrogalo l'au-
torilà di meiropolitano sulle chie-
se della provincia Narbonese secon-
da ; e lo tiepose non solo senza previo
sinodo della provincia, ma contro i
decidi del summenlovato concilio di
Torino, i quali a Procolo avevano
l'occupata dignità raffermata sua vita
durante, cioè alla persona, e non
olla sede di Marsiglia, per mettere
pace tia quei vescovi. Avendo A-
naslasio vescovo di Tessalonica e
vicario alla Sede apostolica nell'U-
lirio, degradato in contumacia At-
tico meiropolitano di Nicopoli, il
Pontefice s. Leone 1 acremente lo
riprese, e dichiarò, che quando
puie avesse Attico meritata un,a
sì aspra sentenza , avrebbe dovuto
Anastasio scriverne a lui, ed aspetta-
re la risposta ch'egli gli avesse man-
dala di nuovo. IVelle quali paror
le Cristiano Lupo e lo Schelslrate
ed altri riconoscono un'aperta riser-
va che s. Leone I si (ece ahneno
delle ciuise criminali e delle de-
posizioni de'melropolitani, e le tol-
se perfino dalla podestà de' suoi
vicari. Similmente s. Ilario imme-
diato successore di s. Leone I rini-
proverò Leonzio d'Arles, perchè non
gli avesse subito riferita l' usurpa-
zione che Ermete avea fatto del-
la chiesa di IN'aibona, e avendo-
ne poi avuta la debita informazione,
benché rimettesse al sinodo delle
Gallie la causa di certe parrocchie
che Leonzio voleva restituire alla
sua chiesa, non gli rilasciò tutta-
3i6 MET
poiché aveano la podestà di esami-
nare la vita, i costumi e la dot-
trina de* vescovi provinciali, di con-
vocarli ai sinodi, di giudicar le dif-
ferenze che potevano nascere tra di
loro, e di regolate gli affari eccle-
siastici che riguardavano le pro-
\incie in generale. Tali sono i di-
ritti e le prerogative de' metropo-
litani che il concilio loro manten-
ne, e di cui godevano per antica
consuetudine, 1' oiigine delia quale
riporta il Chardon citato. Inoltre
il concilio Niceno ordinò, che i me-
tropolitani fossero consecrati da tre
vescovi, ciò che già fiicevano i Papi
nella loro consecrazione, come at-
testa il Mabillon, Mas. hai. t. II,
p. Il 8, non essendo certo il de-
cieto di s. Anacleto Papa del io3,
che i vescovi fossero consecrati da
tre altri.
Il concilio Antiocheno del 34 1,
per reprimere alcuni vescovi, che
affettavano indipendenza sul prete-
sto che le loro chiese erano state
fondale dagli apostoli, comanda.
w Che quelli di ciascuna provincia
riconoscano per superiore il metro-
politano, e che questi abbia cura
di tutta la provincia, perchè tutti
quelli che hanno affari concorrano
alla metropoli. Perciò abbiamo giu-
dicato buono che il vescovo della
principale città avesse prerogative
d'onore, e che gli altri niente fa-
cessero senza di lui, giusta l' anti-
chissima regola che ha prevalulo".
Con queste ultime parole accenna-
rono certamente que' padri il can.
34 degli apostoli che ciò coman-
dava, il concilio di Torino giudi-
cò lo stesso nella causa de' vescovi
di Vienna e d'Arles, i quali con-
trastavano del primato, nel declinar
del IV secolo, o meglio ne' primi
del V, con questo giudizio. »> Fu
dcijuito circa 1' affare de' vescovi di
MET
Arìes e di Vienna, i quali dispu-
tarono alla nostra presenza circa
r onore del primato, che quel di
loro due, il quale provasse che la
sua città è metropoli, avesse l'o-
nore del primato in tutta la pro-
vincia, e che secondo la regola dei
canoni, avesse la principale autori-
tà nelle ordinazioni ".
Le, distinzioni di metropolitano
e di primate, vogliono alcuni che
non cominciarono che nel secolo V
nelle Gallie, giacché allora i vesco-
vi di Vienna e di Arles dispula-
ronsi il diritto d' ordinazione de' ve-
scovi della provincia, che apparte-
nevano ai metropolitani, come an-
che il diritto di precedenza su tut-
ti gli altri vescovi della provincia;
quello di convocare il concilio pro-
vinciale, e r intendenza generale su
tutta la provincia per invigilare che
la fede vi fosse mantenuta, ed os-
servata la disciplina. In Africa i
metropolitani erano i vescovi anti-
quiori : nelle Spagne si praticava
lo stesso, ancorché 1' anliquiore fos-
se vescovo di piccola città. L' an-
tica disciplina della Chiesa prescri-
veva che il più anziano de' vescovi
presiedesse i sinodi, qual capo e
presidente. Quanto alia chiesa A-
fricana, la prerogativa particolare
di quella di Cartagine era che
quantunque le altre provincie aves-
sero ciascuna la loro metropoli,
ove risiedevano i governatori, nul-
ladimeno tutte riconoscevano per
comun metropoli Cartagine. I ve-
scovi delie altre città capitali non
aveano autorità sopra quelli delle
altre, e perfino quando in processo
di tempo la distanza de' luoghi e
la moltiplicazione delle chiese ve-
scovili gli obbligò a costituire in
ciascuna provincia un primate, che
presiedesse alle radunanze de' ve-
scovi compro viuciali, questa premi-
MET
nenza non fi» data, come altroTp,
■ Ila sedia delia città capitale della
provincia, ma al vescovo più an-
ziano del paese, il quale usava del-
la sua autorità con subordinazione
al vescovo di Cartagine, th' era
perciò in qualche modo il solo me-
tropolitano di tutta l'Africa. An-
che negli antichi tempi vi furono
metropolitani onorari, come si disse
parlando delle metropoli; e 1' An-
dieucci scrisse un trattalo canonico-
teologico sul vescovo litolare, stu
in partihus injìdelium. Papa s. Ilario
nel concilio romano dei 4^^ ^^'
cretò che niun vescovo fosse ordi-
nato senza il consenso del suo me-
tropolitano; enei 533 Alaiarico re
d'Italia ordinò che i metropolitani
per la loro consegrazione paghereb-
bero duemila soldi in soccorso dei
poveri. Nel sinodo di Costantino-
poli tenuto sotto s. Do ma so 1 fu
stabilito, che le cause de' vescovi si
trattino nel sinodo, con facoltà di
appellare ad un altro sinodo mag-
giore della diocesi; poscia Papa
Pelagio II nell'ep. Il decretò che
dalla sede metropolitana e dal si-
nodo provinciale si possa appellare
al tribunale più aito, cioè al pri-
mate, salve però le cause di mag-
gior momento, che sono riservate a
definirsi alla Sede apostolica.
Sempre la santa Sede esercitò
autorità sui metropolitani d' occi-
dente, comprensivamente alla de-
posizione. JNel 378 r inìperatore
Graziano ordinò con legge, che u-
no il quale o dal Papa, o da un
concilio di vescovi cattolici fosse
stalo dannato cioè deposto, e rile-
ner volesse ingiustamente la sua
chiesa, quando sia metropolitano
debba subito recarsi a Homa, o a
que'vescovi che lo stesso Papa gli
avesse per giudici deputati. Con
lai h'gge Graziano confermò le li-
MET 3.7
chieste fattegli dal concilio romano
tenuto in quell'anno o nel 38o da s.
Damaso J. In vigore di questa leg-
ge, dal concilio romano procurata,
s. Innocenzo I rilasciò dipoi ai pa-
dri di Toledo l'esame della causa
di Gregorio metropolitano Emeri-
tense. All' incontro Papa s. Zosinio
depose egli stesso Procoio di Mar-
siglia, il quale si era arrogalo l'au-
torilà di mclropolitano sulle chie-
se della provincia Narbonese secon-
da ; e Io tiepose non solo senza previo
sinodo della provincia, ma contro i
decreti del summenlovato concilio di
Torino, i quali a Procoio avevano
l'occupata dignità raffermata sua vita
durante, cioè alla persona, e non
alla sede di Marsiglia, per mettere
pace tra quei vescovi. Avendo A-
naslasio vescovo di Tessalonica e
vicario alla Sede apostolica nell'll-
lirio, degradato in contumacia At-
tico melropolilano di Nicopoii, il
Pontefice s. Leone I acremente lo
riprese, e dichiarò, che quando
pure avesse Attico meritata un.a
si aspra sentenza , avrebbe dovuto
Anastasio scriverne a lui, ed aspetta-
re la risposta ch'egli gli avesse man-
dala di nuovo. Nelle quali paro-
le Cristiano Lupo e lo Schelslrate
ed altri riconoscono un'aperta riser-
va che s. Leone I si fece ahneno
delle ciuise criminali e delle de-
posizioni de'metropolitani, e le tol-
se peifino dalla podestà de' suoi
vicari. Similmenle s. Ilario imme-
diato successore di s. Leone I rim-
proverò Leonzio d'Arles, perchè non
gli avesse subito riferita 1' usurpa-
zione che Ermete avea fallo del-
la chiesa di IN'arbona, e avendo-
ne poi avuta la debita informazione,
benché rimettesse al sinodo delle
Gallie la causa di certe parrocchie
che Leonzio voleva restituire alla
sua chiesa, non gli rilasciò tutta-
3i8 MET
\ia la causa di Ermete, an?,! ne
■volle dare la sentenza, perinelten-
dogli di reggere quella chiesa, ma
senza podestà di ordinare vescovi.
Inflessibile fu s. Gregorio I nella cau-
sa di Massimo metropolilano di Sa-
lona, e scrivendo ai vescovi di Sar-
degna li avvertì, che per le cause
che avessero mai contro il loro
melropolitano, ricorressero secondo
i canoni al giudizio della Sede a-
poslolica. 11 Papa s. Martino I
nel 65o depose Paolo metropoli-
tano di Tessalonica. Quando dei
metropolitani si tratta, avanti il
giudizio de' sinodi provinciali, con-
viene aspettare la sentenza del roma-
no Pontefice, secondo i sacri canoni
e le decretali de'Papi antichi. Molle
fuiono le violenze nei tempi andati
esercitate dai metropolitani sopra dei
vescovi loro sulFraganei. Fra le altre
rammenteremo, che l'arcivescovo di
lleims pretendeva di mettere nelle
diocesi de'sufhaganei i suoi uffìziali
foranei, il che dal primo concilio
Lionese viene vietato; ed un altro
arcivescovo di Reims si arrogò di
giudicare in prima istanza i chie-
rici della diocesi di Soissons e d'in-
terdirli. Vedasi il Motta : Disserl.
de nieiropolitico jure,\exìez\a 1726.
Il concilio di Valenza dell' 855
decretò. « I metropolitani veglie-
ranno sopra i costumi e la repu-
tazione de' vescovi ". Quello gene-
rale di Costantinopoli dell'Sya. >• I
metropoli lani non faranno venire
nella propria casa i loro suffraganei,
per isgravarsi sopra di essi degli
uffizi divini, delle processioni e del-
le altre funzioni vescovili, mentre
saranno eglino intesi unicamente agli
affari temporali ; ma faranno da se
le loro funzioni sotto pena di de-
posizione ". Neil' 877 il concilio di
Ravenna ordinò. " 11 metropolita-
no manderà a Roma nel lermiiic
MET
di tre mesi dopo la sua consagiM-
f.ione , per esporre la sua fede e
domandare il pallio, e frattanto
non eserciterà nessuna funzione "•
Quello nazionale di Francia nel
i4u8. »j I metropolitani celebreran-
no ogni anno un concilio de' ve-
scovi della loro provincia, al qua-
le saranno tutti obbligati di assi-
stere ". Il Zaccaria a p. L e seg.
del suo AiKiFehhroiiìO, parlando
della giurisdizione diminuita in pro-
gresso di tenìpo ai suffraganei, e
se sia nocevole alla presente di-
sciplina, fa le seguenti osservazioni.
Coll'andare de'secoli perdettero i
metropolitani di molto de' primi
diritti. Se i canoni sardii-esi, come
vuole Febbronio , non abbiano di
appellazione al Papa parlato, al-
meno non si può negare che in
vigore di tali canoni possa, il
Ponteilce romano dare una revi-
sione di causa nelle provincie. Il
Papa s. Zosimo, checché dica Ques-
nello, derogò all' antico diritto dei
vescovi e metropolitani delle Gallie
quando stabilì che e chierici e ve-
scovi, i quali dalla Gallia a Roma
o altrove passassero, dal solo me-
tropolitano d' Arles ricevessero le
lettere formate: fu questo un altro
colpo al gius metropolitico. Così di
mano in mano scorrendo la storia
ecclesiaslica , chiaramente si vede,
essere ai metropolitani anche nei
primi otto secoli, o per supplimen-
to della loro negligenza , o per
punizione de' loro abusi, stato in
non poche parti diminuito l'antico
diritto: non perciò reclamarono né
gridarono che i canoni erano vio-
lati, né domandarono liforma, per-
ché sapevano essi, variabile essere
la disciplina , ed essere in podestà
del Papa limitare o aggrandire i
vescovili diritti che sieno di pura
ecclesiaslica ordinazione, secondo che
IMET
il bene pnbMico della Cliicsn do-
mnnda. Il Toniassini avverte, come
dicemmo a Disciri-iNA ecclesiasti-
ca, non poter noi prendere miijlior
partito, che quello di conformarci
alla disciplina de' tempi ne' quali
siamo, poiché il nostro zelo non
dov'esseie più saggio dello Spirilo
Santo che conduce la Chiesa, onde
dobbiamo di sifTatti cambiamenti
del governo ecclesiastico sottometter-
ci alla provvidenza, che li fa o
li permette, non declamare alia
Fclilvioniana e invitare allo scisma.
Questo è detto dal Zaccaria, in
supposizione che veramente i me-
tropolitani per le decretali Isidoria-
ne, sieno scaduti dai loro antichi
diritti. Ma niente è più falso, come
dimostra Tomassini, perocché le
appellazioni per le quali le cause
de'vescovi si traggono a Ronja, non
dalle decretali vengono, ma dal
divino diritto spiegato ne' canoni
Sardiresi ; e cos^i pure le ordina-
zioni de' sulTraganei sono in gran
parte al romano Pontefice devolu-
te, non per ragione delle deci'etali,
ma per quei motivi onde i Papi
han credulo doversi riserbare la
colla7Ìone de'vescovati ne'tcmpi che
gli arcivescovi eiano simoniaci e
scismatici ; sì pe^ò che questo nien-
te scemasse dell' obbedienza che
questi preloti in tutte l'altre occa-
sioni debbono a' loro metropolitani,
come espressamente dichiarò Ur-
inano V nel 1370. Conchiude il
Zaccaria, che nel rimanente tutti
sono in vigoie gli antichi diritti
de'metropolitani, e dalle decretali
Isidoriaiie trovansi confermali ; ed
^88'""S'e anzi , che per gius del
concilio di Trento si sono i loro
diritti per qualche modo ampliali.
In fatti, dove questo concilio per
i copi della riforma non è accet-
talo, siccome in Francia, non godo-
MET 319
no i metropolitani di certe prero-
gative ; così i sulh'aganei non sono
ivi tenuti , quando si assentano
dalle loro diocesi, di chiederne in
iscritto dal metropolitano la facoltà;
né il metropolitano avvisa il Papa,
se i sufTraganei non risiedono.
Il p. Auiort non parzialissimo
della papale giurisdizione, ElemenC.
jiiris canon, t. ili, diss. V, n. 9,
p. 88, ecco qiianto disse su questo
grave punto. » Per verità considerato
il lagrinievole slato de' vescovati e
degli arcivescovati, il quale da' tem-
pi delle biirbariche invasioni inco-
minciò, e durò per molti secoli, al-
la Chiesa e a tutti i vescovi è mol-
to più desiderabil cosa, che le cau-
se del sommo, medio ed infimo cle-
ro, piuttosto si terminino a Pionia
dall'apostolica Sede stabile, indiliè-
rente, speiimentata, e sempre prov-
veduta di gran numero di giuris-
periti fino dalla prima gioventù da-
tisi a questi aflari, che ne' provin-
ciali concilii dopo un'esatta in(piisi-
zione per l'ultimo giudizio de'me-
tropolitani. Alla quale opinione mol-
te cose mi muovono. Imperciocché:
I. Dal secolo Vili e IX, nel quale
i vescovi e i metropolitani massima-
merile divennero feudatari de' re e
degli imperatori, furono costretti a
sei^uire in persona co' loro vassalli
gli eserciti de' loro principi ; il qual
disordine durò pressoché quattro se-
coli. 2. 1 vescovi a questo modo
accresciuti di principati fornivano i
loro palazzi, a guisa di una corte se-
colaresca, d'un copioso corteggio di
nobili secolari, co' quali soliti erano
di conversare continuamente. 3. [
più di essi trovavan>i immersi ia
perpetui negozi e liti temporali. 4*
As.sai volte i vescovi slessi e nomi-
natamente i metropolitani facevano
guerra con altri vescovi e principi.
5, Per mancunza di accademie e
286003
320 MET
di pubbliche scuole raiissimi erano
coloro che ad una pur mediocre
perizia di gius pervenissero. 6. Es-
sendosi l' Europa a poco a poco
divisa in più di cento sovrani pa-
droni col titolo d' imperatori, re,
duchi, principi, conti, repubbliche,
i quah tra loro combattevano con-
tinuamente o gareggiavano, avve-
nuto è in molti luoghi, che i ve-
scovi allo stesso nìetropolitano sog-
getti fossero posti ne' territorii di
quattro, cinque, sei e anche più
principi, i quali o per cagione del-
le loro discordie e gare, o per te-
ma di cospirazioni ricusavano di da-
re ai loro vescovi licenza di portarsi
al sinodo provinciale; anzi per timo-
re di simili cospirazioni i re nei
propri regni alle volte proibivano
di convocare generali adimanze di
vescovi. 7. JXelle chiese metropoli-
tane non eraci stile di curia, o leg-
ge costante, la quale nelle cause
controverse fosse bastevole a diri-
gere le parti litiganti, perocché le
cause da una sola provincia recate
a' sinodi provinciali erano poche, e
rade volte tornavano ; né si trova-
no decretali de' metropolitani, sicco-
me se ne ha de' romani Pontefici
in ogni maniera di cause da tutte
le parti del mondo portate a Ro-
ma: ora alle parti litiganti è mol-
to più desiderabile di litigare in
un tribunale, in cui si abbia legge
e stile costante, su clie fondar pos-
sano le loro mire, e appoggiar la
loro speranza. 8. Non potendo i
sinodi provinciali durar molto sen-
za grandissimo danno delle diocesi
nella lontananza de' loro pastori, è
impossibile che da lutti i vescovi
e da ciascuno di loro sieno esatta-
mente discusse cause intricate, se
Luoitc sieno, cou tutti i documenti
MET
e le deposizioni de' testimoni. 9. Se
tutte le cause al sinodo provinciale
sieno deferite, converrà ogni anno
celebrare tali sinodi ; il che far
non si può senza grandissime mo-
lestie e spese dei vescovi, massi-
mamente principi, vecchi o per al-
tre cagioni impediti dall' intrapren-
dere viaggi lunghi e lontani. 10.
Per la dipendenza dal consenso di
tanti giudici e consultori vescovili,
che sempre si mutano, non si spe-
discono le liti, ma si prolungano,
e le spese dei litiganti non si di-
minuiscono, ma si accrescono. 11.
Più tollerabile cosa è ad un ve^
scovo essere giudicato dal Papa,
che da un eguale ( perocché i
metropolitani quantunque a' vescovi
sieno superiori ^ noi sono che
per diritto ecclesiastico, ma a' ve-
scovi sono eguali per diritto divi-
no, non cosi il Papa). 12. Le
parti possono dal Papa sperare
maggior assistenza ed etlicacia. Per
le quali considerazioni ed altre
ancora insieme poste, a' vescovi ed
alle parti litiganti, almeno nell' occi-
dente , è più desiderabile esser giu-
dicate a Roma che dal melropulilano
nel sinodo provinciale ". Queste sa-
vie e veridiche considerazioni del p.
Amort possono altresì servire di
confutazione ad Antonio Pereira
che si scaglia contro la curia ro-
mana e le regole di cancelleria,
che taccia di dispotismo sui diritti
metropolitici, nell'opera intitolata:
Dimostrazione teologico-canonica e
storica del dirillo de metropolitani
di confermare e far consecrare i
vescovi suffraganti ; e del diritto
de' vescovi di ciascuna pi-ovincia di
confermare e consecrare i loro ri'
spettivi metropolitani, Venezia 1 77 ' •
y. Vescovo e Suffraganeo.
FINE DEL VOLUME QUADRI GESIMOQUARTO.
JV
BX 841 .ri67 1840
SMCR
Moronì . Gaetano,
1802-1883.
Dizionario di erudizione
storico-ecclesiastica
AFK-9455 (awsk)