(^37^^
DIZIONARIO
DI ERUDIZIONE
STORICO-ECCLESIASTICA
DA S. PIETRO SINO AI NOSTRI GIORNI
SPECIALMENTE INTORNO
AI PRINCIPALI SANTI, BEATI, MARTIRI, PADRI, AI SOMMI PONTEFICI, CARDINALI
E PIÙ CELEBRI SCRITTORI ECCLESIASTICI, AI VARII GRADI DELLA GERARCHIA
DELLA CHIESA CATTOLICA , ALLE CITTA PATRIARCALI , ARCIVESCOVILI E
VESCOVILI, AGLI SCISMI, ALLE ERESIE, AI CONCILII, ALLE FESTE PIÙ SOLENNI,
AI RITI, ALLE CEREMONIE SACRE, ALLE CAPPELLE PAPALI , CARDINALIZIE E
PRELATIZIE, AGLI ORDINI RELIGIOSI, MILITARI, EQUESTRI ED OSPITALIERI, NON
OHE ALLA CORTE E CURIA ROMANA ED ALLA FAMIGLIA PONTIFICIA, EC EC. EC.
COMPILAZIONE
DEL CAVALIERE GAETANO MORONI ROMANO
SECONDO AIUTANTE DI CAMERA
DI SUA SANTITÀ PIO IX.
VCL. XLVIII.
IN VENEZIA
DALLA TIPOGRAFIA EMILIANA
MDCCCXLVIII
^ i". ?^ .*. .
DIZIONARIO
DI ERUDIZIONE
STORICO-ECCLESIASTICA
N
NIC
N,
ICOLO' Fattore (beato), frate
minore dell'osservanza. Suo padre
era nato a Siracusa, ma abitò qual-
che tempo a Valenza in Ispagna,
dove venne al mondo Nicolò il 29
giugno i52o. La sua divozione e
la sua gravità si manifestarono fi-
no da' suoi più teneri anni. Nella
sua fanciullezza egli digiunava tre
giorni per settimana, e le sue au-
sterità aumentarono sempre col
tempo. Si distinse pure per la ca-
rità verso i poveri e gì' infermi ,
che assisteva secondo il suo potere
con grande amore, privandosi spes-
so per essi del proprio cibo. Suo
padre destinavalo al commercio, e
gli propose un utile matrimonio;
ma Nicolò lo ricusò rispettosamen-
te^ e pregò suo padre di disporre
a prò de' poveri una considerabile
somma di denari destinata pel suo
collocamento. Entrato nel iSSy nel
convento degli osservanti di Valeu-
NIC
za, Ti fece il noviziato, ricevette
gli ordini sacri, e si diede poscia
al ministero della predicazione, in
cui raccolse copiosissimo frutto. Ri-
gido osservatore della regola, visse
nella pratica esatta e costante del-
l'obbedienza, della povertà e di
una specchiata castità. Non avvi
pratica di mortificazione approvata
dall'esempio de' santi, di cui egli
non facesse uso in tutto il suo ri-
gore: tuttavia, malgrado la sua au-
stera penitenza, il suo volto appa-
riva ognora fresco e piacevole. La
sua prudenza ed abilità lo fecero
scegliere per guardiano, e poi per
maestro de'novizi. Chiamato a Ma-
drid da Giovanna d'Austria, sorel-
la di Filippo II, per dirigere le
religiose scalze che si chiamano
reali, tenne questo posto con tal
saggezza che gli meritò nuovi elo-
gi. Ma qualunque fossero le sue
occupazioni esteriori, egli era sem-
6 NIC
pie uuito a Dio coH'orazìone e col*
la meditazione: soprannaturali e
straordinari favori uè furono la ri*
compensa. Ciò che la voce pubbli-
ca riferiva, e certe pratiche divote
de'suoi discepoli, trassero l'attenzio-
ne dell'inquisizione. 11 santo reli-
gioso fu chiamato al tribunale di
Toledo, il quale dopo un severo
esame, non solo dichiarò che la
sua condotta era irreprensibile, ma
espresse l'alta sua ammirazione per
le sue virtù, e fecegli grandi elo-
gi. Non molto dopo questo avve-
nimento il p. Nicolò cadde amma-
lato: egli conobbe certo ch'era vi-
cino il suo fine, perchè si occupò
del luogo di sua sepoltura, e per
singolare umiltà domandò istante-
mente di essere seppellito in una
stalla. Finalmente pieno di meri-
ti , rese pacificamente la sua a-
uima a Dio, nel convento di Ge-
sù a Valenza, li 23 dicembre i583,
in età di sessantatre anni. La gran-
de riputazione di santità che que-
sto perfetto religioso goduto aveva
in tempo di sua vita, non iscemò
punto dopo la sua morte. Il re di
Spagna Filippo II, i magistrati ed
il popolo di Valenza presentarono
nel i586 una supplica al Papa
Sisto V, per ottenere la sua cano-
nizzazione, e Pio VI lo inscrisse
nel catalogo dei beati il 26 ago*
sto del 1786.
NICOLO' DI Longobardi (beato),
frate laico minimo. Nacque a' 6
gennaio 1649, da Fulvio Saggio e
da Aurelìa Pizzini, e ricevette al
sacro fonte il nome di Giovanni
Battista. Non gli fu data alcuna
istruzione nelle scienze umane; ma
i suoi buoni genitori gì' insegnaro-
no la dottrina cristiana, e lo for-
marono alla pietà coi loro precetti
ed esempi. Egli lavorava commessi
NIC
la terra, e santificava il suo lavo-
ro coll'orazione e colla meditazio-
ne, digiunando in pane ed acqua
il venerdì ed il sabbato. Desideran-
do di unirsi vieppiù intimamente
al Signore, risolvette di entrare in
un ordine religioso, e sollecitò il
favore d'essere ammesso, come fia-
te laico, fra i minimi istituiti da
s. Francesco di Paola nella Cala-
bria Citeriore. Fatto il noviziato,
si legò coi voti solenni, e per al-
quanti anni dimorò in quel con-
vento, edificando tutti i frati col-
la sua divozione, colla sua obbe-
dienza e colle sue austerità. Si re-
cò poscia a Roma, coU'approvazio-
ne de'suoi superiori, visitò il san-
tuario di Loreto, e ne ritornò con
accrescimento di fervore ammira-
bile. D'allora in poi egli menò una
vita che rassomigliava quella degli
.angeli. Sempre assorto nell'orazio-
ne, riportò le più intime comuni-
cazioni di cui il Signore favorisce
certe anime privilegiate, ed ebbe
eziandio il dono dei miracoli. Di-
giunava rigorosamente e castiga-
va la sua carne con grandi auste-
rità. Afflitto sovente da crudeli ma-
lattie, sopportavale colla più edifi-
cante pazienza. Fu singolarmente
stimato nei conventi in cui visse.
I poveri fra i quali i suoi doveri
esteriori lo conducevano di spesso,
lo riguardavano con venerazione,
cosi pure le persone più ragguar-
devoli. I Colonna, i Borghesi, i Ro-
spigliosi, e parecchie delle più il-
lustri famiglie romane, gli mostra-
vano pubblicamente il loro rispet-
to; anzi parecchi di loro lo servi-
rono diligentemente ne'suoi ultimi
istanti, e vollero ricevere allora la
sua benedizione. Spirò colla pace
del giusto a' 12 febbraio 1709, nel
sessantesimo anno di sua età. L'im-
NIC
pressione che produsse la sua santa
allegrezza al momento delia sua mor-
te fu tale, che quelli che vi erano pre-
senti, invece di recitare il De pro-
fundis, per simultaneo impulso in-
tuonarono il Te Deum. Fu beati-
ficato dal Papa Pio VI a' 12 set-
tembre 1786.
NICOLO' I (s.), Papa CVIII, de-
nominato Magno. Nacque da Teo-
doro Conti nobile romano. Fino dai
più teneri anni fu santamente al-
levato. Sergio II l'ordinò suddia-
conOj e s. Leone IV lo creò car-
dinale diacono. In questo sublime
grado non si rimase giammai di
usare ogni maniera di alti di ca-
rila e pietà, quando gli si presen-
tò opportuna occasione. Con le sue
mani, e non senza molte lagrime
seppellii Benedetto III; e compite
le di lui esequie, dovendo provve-
dersi la chiesa romana di nuovo
pastore, dopo fervorosa orazione
tàtta dal clero e popolo, unita al
digiuno, afìinchè il Signore si vo-
lesse degnare di concedere alla sua
diletta Chiesa un degno Pontefice,
nel tempio di s. Dionisio , pres-
so la chiesa di s. Silvestro in Ca-
pite, con matura discussione e quan-
tunque assente, fu malgrado la sua
renitenza eletto Papa. Poiché, per-
venuta a di lui notizia la propria
esaltazione, andò a nascondersi nel-
la basilica Vaticana, ma alla fine
ritrovato, venne contro sua voglia
riposto nella sedia di s, Pietro, e
consagrato Pontefice a'24 aprile 858,
alla presenza di Lodovico II, il
quale gli tenne la staffa allorché
cavalcò nel possesso. Fu egli il pri-
mo Papa coronato colla pontifìcia
Tiara (Vedi). Dopo pochi giorni
partito da Roma Lodovico II, si
fermò a Tor di Quinto passato
Ponte Molle. Il Papa si recò a vi-
NIC 7
sitarlo coi magnati^ romani, incon-
trato per circa mille passi dall'im-
peratore, il quale vedendolo scese
da cavallo, prese le redini di quel-
lo che cavalcava Nicolò I e lo
condusse ove dimorava, ossequio
che ripetè alla di lui partenza, do-
po averlo solennemente convitato,
come il Papaavea fatto con lui al
modo narrato da Muratori, Script,
rer. Ital. t. Ili, par. I, p. 252,
e dal Bianchini t. I, p. 4o6, Ana-
stas. Fin d'allora cominciò il san-
to Pontefice ad esercitare quelle
magnanime azioni, che resero co-
sì celebre il suo pontificato ed il
suo nome, meritandosi per le sue
grandi virtù il titolo di Magno.
Difese con mirabile costanza s. Igna-
zio patriarca di Costantinopoli, con-
tro l'eunuco Fozio, che il Papa
scomunicò in un concilio. Costrin-
se con scomunica Lotario re di Lo-
rena a ripigliar Tietberga sua spo-
sa, e abbandonar la concubina Wal-
clrada. In uno de'sette concilii che
celebrò in Roma, estinse la rina-
scente eresia de* teopaschiti, i qua-
li, co m* egli afferma nell' epist. 7,
presso Labbé t. Vili Concil. p. 289
e 788, sostenevano che Cristo aves-
se patito sulla croce secondo la di-
vinità. Neir86i fece convertire al-
la fede la Bulgaria (Fedi), ed al-
tre nazioni. Confermò l'unione del-
le chiese di Brema ed Ambuigo
in favore di s. Anscario, e la dot-
trina cattolica riguardante la gra-
zia del libero arbitrio; scomunicò
Giovanni arcivescovo di Ravenna
per le concussioni usate verso gli
abitanti ; e pel suo zelo instanca-
bile venne consultato da molte par-
ti per diverse questioni, onde ab-
biamo più di cento lettere nella
raccolta de^ concilii. Governò nove
anni, sei mesi e venti giorni. In
8 NIC
diverse ordinazioni creò sessantacin-
que vescovi, sette preti, quattro dia-
coni, oltre tre cardinali. Il concilio
generale Vili lo chiamò nuovo Elia,
nuovo Finees, nuovo Daniele e nuo-
vo Martino; ed Anastasio nella pre-
fazione dì tal concilio, uomo cele-
ste ed angelo terrestre. Era ma-
gnifico nel ristabilimento delle chie-
se di Roma, insigne nella protezio-
ne de'poveri, de'quali non volle che
alcuno in Roma restasse privo del-
le sue liberalità; penitente, divoto,
acerrimo difensore de' diritti del-
la Chiesa e restauratore di sua di-
sciplina. Di lui abbiamo Epistolae^
Romae i542. Mori a*i3 novem-
bre 867, e fu sepolto avanti le
porte di s. Pietro. Vacò la santa
Sede un mese.
NICOLO' II, Papa CLXII. Gè-
rardo di Borgogna, o meglio sa-
voiardo, vescovo di Firenze (f^edi)y
chiesa che governò ancora dopo fat-
to Papa, fu esaltato al pontificato
per opera d'Ildebrando poi s. Gre-
gorio VII, al modo narrato nel voi.
XXXI I, p. 193 del Dizionario f nel
duomo di Siena a' 28 dicembre
io58, onde poi gli afHdò la somma
delle cose. Nel recarsi in Roma de-
pose nel concilio di Sutri l'antipa-
pa Benedetto X [Vedi)^ e ricevuto
dal clero e popolo romano che l'a-
veano bramato per Pontefice con
ogni onorificenza, fu intronizzato
sulla cattedra di s. Pietro dopo gli
8 e prima de' 18 gennaio loSg, e
coronato con la Tiara [fedi) or-
nata di due corone. Poco dopo si
portò a visitare la Marca d'Anco-
na, Spoleto e Osimo, ove fece una
promozione di cardinali, dieci essen-
do quelli ch'egli nel suo pontificato
elevò a questa dignità. Nel concilio
romano fece leggi contro i nico-
laiti sul celibato, contro i simonia-
NIC
ci ed i sagramentari seguaci di Be-
rengario, ove a persuasione d'Ilde-
brando, ponendo un argine ai pas-
sati scandali, decretò al collegio dei
cardinali adldata l'elezione canonica
del Papa, sottraendone il popolo, al
quale col clero lasciò la semplice
approvazione: il decreto lo riportai
nel voi. XXI, p. 209 e 2 io del Di-
zionariOy e ne parlai nell'altro cita-
to. Da quel punto la santa Sede
fu liberata dall' abuso de' secoli e
dal giogo de' profani. In Amalfi
(Fedi) celebrò altro concilio, sciolse
dalla scomunica da lui fulminata i
normanni, come occupatorì delle
terre della Chiesa, e concesse in in-
vestitura a Riccardo il principato
di Capua, ed a Roberto Guiscardo
la Calabria, Puglia e Sicilia, con
annuo censo , e giuramento di fe-
deltà e vassallaggio; quindi istituì
il vescovato di Melfi. Tornato in
Roma vi celebrò nel 1060 un con-
cilio^ in cui concesse il pallio al ve-
scovo d'York con diversi privilegi.
Trattò con severità i potenti roma-
ni, onde frenar le loro prepotenze,
che rinnovarono per l'elezione del
successore, nel modo detto al voi.
XXXI I, p. 194 e seg., poiché colle
armi di Roberto normanno represse
la tracotanza de' conti del Tuscolo,
del conte di Galeria, e di altri si-
gnorotti. Prese cura delle cose che
straziavano la chiesa di Milano, e
TI spedì legati s. Pier Damiani e
s. Anselmo vescovo di Lucca. Ri-
tornato per la seconda volta a Fi-
renze, ivi morì a* 22 luglio io6r,
e fu sepolto nel duomo, come a
quell'articolo descrissi. Governò due
anni, sei mesi e venticinque giorni,
pieno di meriti e di virtù, mai pas-
sando giorno senza eh' egli avesse
lavato i piedi a dodici poveri, ver-
so i quaU fu liberale. Lasciò nove
NIC
fettere che riguardano gli affari di
Francia, ed una raccolta di canoni
o di ordini da lui emanati, che tro-
vansi presso Leone Ostiense lib. 3,
e. 12, ed altri scrittori. Il cardinal
Roselli d'Aragona ne compilò la vi-
ta, presso il Muratori, Script, rer,
Ital. t. Ili, par. i. Vacò la Chiesa
romana due mesi e nove giorni.
NICOLO' III, Papa CXCVI. Gio-
vanni Gaetano Orsini nobilissimo
romano, nacque da Matteo Rossi
Orsini e da Perna Caetani. Egli era
ben fatto di persona, e comparve
sino dall'adolescenza così serio, mo-
desto e grave di costumi , che fu
chiamalo il Composto. Per tempo
venne provveduto a dovizia di be-
nefizi ecclesiastici nelle chiese di
York, di Soissons e di Lione, ed
in Roma gli fu affidata l'ammini-
strazione della basilica di s. Loren-
zo in Damaso, e della chiesa di s.
Grisogono, Quindi in età ancor gio-
vanile da Innocenzo IV nel dicem-
bre 1244 in Lione fu creato cardi-
nal diacono di s. Nicolò in Carcere,
e generale inquisitore, ed ebbe poi
la protettoriade'minori,chegli venne
assegnata da Alessandro IV. In alto
pregio l'ebbe pure Urbano IV, che
gli conferì il governo o legazione
di Sabina e Campagna, e Clemente
IV Io spedì insieme con due car-
dinali a Viterbo, per quietare le gra-
vissime turbolenze eh' eransi susci-
tale tra l'imperatore Rodolfo e Car-
lo I re di Sicilia , tra' quali solo
ottenne tregua. Giovanni XXI_, che
nella stima verso di lui non la ce-
deva ai predecessori, lo decorò del-
l'arciprelura vaticana, nella qual
chiesa al modo riferito nel suo ar-
ticolo, il cardinale stabilì savi e op-
portuni regolamenti per lo splen-
dore e decoro della medesima e
de' canonici. Contribuì col suo suf-
NIG 9
fragio alTelezione di selle Papi, e fu
nel numero de' sei in cui si com-
promise il sacro collegio per quella
di Gregorio X, al quale e ad altri,
come arcidiacono, impose solenne-
mente la pontificia tiara. Dopo lun-
ga sede vacante, nel conclave di Vi-
terbo, a fronte ch% il re Carlo I,
che ne slava alla guardia come se-
natore, volesse un francese, fu eletto
Papa dagli otto cardinali che com-
ponevano il sacro collegio, a'^S no-
vembre 1277, prendendo il nome
di Nicolò III, da quello di sua dia-
conia, dignità che gli aveva predet-
ta s. Francesco d'Asisi, a cui il pa-
dre lo presentò fanciullo. In Roma
fu ordinalo prete a' 18 dicembre,
consagrato a' 19 e coronato a' 26.
Ottenne dall'imperatore Rodolfo, un
diploma di conferma delle conces-
sioni e privilegi de' suoi predeces-
sori, fatte alla santa Sede sul domì-
nio temporale, e destinò conte di
Romagna il nipote Bertoldo. Quin-
di tolse il vicariato di Toscana al
re Carlo I, e lo indusse a spogliarsi
della dignità di senatore di Roma,
decretando che non piti si conferis-
se a principe straniero, ne durasse
più d'un anno ; si dichiarò egli stes-
so senatore, facendone esercitare le
funzioni dai suoi parenti; ma il Ga-
rampi a p. 534 delle Memorie pro-
va non esser vero ch'egli si dichia-
rasse perpetuo senatore, e giammai
pensò perpetuare tal grado nella
persona de' Papi, con analoghe eru-
dizioni. Scrisse all'imperatore d'o-
riente Michele Paleologo, ad An-
dronico suo figlio , ai patriarchi e
prelati greci a confermar l'unione
tra le chiese latina e greca stabili-
ta nel concilio di Lione II, e rice-
vette risposte dì sommessione, ma
senza buon successo; come non l'eb-
be la sua iutcrposizioue tra i re di
IO NIC
Francia e di Casliglia. Creò dieci
curdinnli, fra'quali il proprio con-
fessore, il nipote b. Malabranca e il
fratello Giordano, nominando il ni-
pote legato di Toscana per riporvi
i ghibellini in istato ed udìcio. Es-
pulse dalla curia i notari e procu-
ratori, come fomentatori di liti; fab-
bricò un sontuoso palazzo presso s.
Pietro, con ampio giardino; termi-
nò il Lateranense, e dai fondamen-
ti rifabbricò la cappella di Sancla
Sanctonim, nuovamente ponendovi
le teste de* ss. Pietro e Paolo, che
colle sue 'proprie mani aveva por-
tate nel detto palazzo allorché in-
cominciò l'edilìzio. Rinnovò la ba-
silica Vaticana, e ne aumentò il ca-
pitolo, onde è celebrato qual suo
insigne benefattore, come lo fu della
basilica Ostiense. Per la pace ira i
principi cristiani, ordinò il canto
del salmo Laetatus siim nella mes-
sa solenne, con alcuni versetti e la
colletta prò pace.
Con sua bolla spiegò la regola
àQ* Francescani [Vedi); ad Ancona
accordò esenzioni e libertà di na-
vigare, onde gli abitanti gli eresse-
ro una statua. Malcontento di Carlo
I, esorlò Pietro 111 re d'Aragona a ri-
vendicar la Sicilia per le ragioni
che ne avea, per la sua moglie Co-
stanza figlia di Manfredi, ciò ch'eb-
be eifelto nel pontificato del suc-
cessore. Ritiratosi il Pontefice per
cagione de' gran caldi da Viterbo
a Soriano, castello eh' egli fortificò
e con altri die a' suoi nipoti, quivi
morì d'apoplessia a'22 agosto 1280,
dopo aver governato due anni, otto
mesi e ventinove giorni. Il suo cor-
po portato in Pioma, fu sepolto nella
cappella di s. Nicolò, da lui edifi-
cata nella basilica Vaticana, in una
tomba di marmo abbellita di mu-
saico. Questo Pontefice di grandi
NIC
spirili, di gran cuore , benemerito
dell'Italia e della Chiesa, protesse i
dotti eh' egli ben sapeva essere il
nerbo d'ogni dominazione. Dotato
di singoiar prudenza e giustizia, spe-
diva con maggior brevità che niu-
no de* suoi predecessori i vescovati
vacanti; nel conferire il sacerdozio
sceglieva uomini piuttosto santi che
dotti, dicendo che la dottrina senza
bontà era veleno senza medicina ;
amatore de* religiosi, distinse i fran-
cescani, approvando la sentenza di
Gregorio IX sulle stimmate del fon-
datore ; di somma purità di costu-
mi e compostezza nelle azioni, gran
limosiniere; zelante della religione
mandò missionari ai tartari; cele-
brando la messa si commoveva al
pianto, e di altre belle virtù fu
adorno, le quali sarebbe a deside-
rare ch'egli non le avesse in qual-
che maniera adombrate colla so-
verchia brama di arricchire e in-
grandire i propri parenti. Dante fie-
ramente lo rampognò di nepotismo,
ma la posterità che giudica senza
amore e senza ira, come lungi da
pericoli e da speranze, onora Ni-
colò III. P^. Orsini Famiglia. Di-
cesi che volea dividere l'impero in
quattro regni, cioè di Germania,
di Vienna nel Delfinato, di Lom-
bardia e di Toscana. Gli si attri-
buisce il trattato: De electione di-
gnitatum. Vacò la santa Sede sei
mesi.
NICOLO' IV, Papa CXCIX. GÌ-
rolamo Ma scio, Massi o Massio det-
to Ti lieo, nacque di bassa famiglia
in Alesslano o Capradosso o Liscia-
no diocesi d'Ascoli. Dopo aver stu-
diato in Perugia si fece religioso con-
ventuale, dove riuscì eccellente non
meno nelle filosofiche, che nelle teo-
logiche facoltà, come ne die mani-
festo saggio nelle opere che pub-
IVIC
blicò alla luce, e delle quali diven-
ne maestro ia Roma ; fu pure va-
lente predicatore. Unito in istietta
amicizia con s. Francesco fondato-
re del suo ordine, fu verace imi-
tatore delle di lui virtù, onde col
suo zelo ridusse non pochi tartari
alla fede. Pel suo merito, s. Bona-
ventura nel capitolo di Pisa lo di-
chiarò ministro nella Dalmazia, e
Gregorio X lo spedì insieme con
altri religiosi suoi confratelli, legato
in Costantinopoli all'imperatore Mi-
chele, dove ridusse i greci all' ob-
bedienza e comunione della chiesa
romana, e invitò il patriarca al
concilio generale di Lione IL Nel-
r esercizio di questa legazione fu
eletto di universal consenso mini-
stro generale dell'ordine, nel capi-
tolo tenuto in detta città nel l'ij^.
Quindi col carattere di nunzio a-
postolico, insieme con Giovanni da
Vercelli generale de'domenicani, co-
me abile politico,, ebbe la commis-
sione di riconciliare Filippo IV re
di Francia con Alfonso X re di
Casliglia. Finalmente in ricompen-
sa di tante fatiche sostenute per la
romana chiesa, Nicolò HI a' 12 mar-
zo 1278, benché assente, lo creò car-
dinale del titolo di s. Pudenziana^ da
cui nel 1281 Martino IV lo passò
al vescovato di Paleslrina. Alla noti-
zia di sua esaltazione al cardinalato,
non si gonfiò punto il suo pio
cuore, il quale dovendo far vio-
lenza alla sua umiltà in accettarlo,
ricusò poi costantemente quelle
provviste che il Pontefice nel pro-
muoverlo avea ingiuuto ai vescovi
di Francia di somministrargli, on-
de sostenere con decoro la nuova
dignità, protestandosi che l'avrebbe
di buon grado rifiutata se non a-
vesse temuto disgustare i suoi fra-
ti; e quanto li amasse lo dissi nel
NIC II
voi. XXVI, p. 85 del Dizionario.
Sì trattenne un anno il cardinale
nelle Gallie, ritenendo per ordine
del Papa il generalato sino al nuo-
vo capitolo, al quale impedito da
malattia non potè trovarsi presente.
Risanato che fu, dovette trasferirsi
alla corte dell'imperatore Rodolfo,
per aggiustare le controversie na-
te con Carlo I re di Sicilia, e Mar-
gherita vedova di s. Luigi IX. In-
tervenne ai conclavi di Martino
IV e di Onorio IV, per la cui ele-
zione ebbe grande impegno, e dal
quale ottenne la chiesa di s. Sil-
vestro in Capite per le monache
di s. Chiara. Tornato in Roma,
nel conclave di santa Sabina , fu
eletto Papa d'anni sessanta, mal-
grado la sincera e costante sua ri-
pugnanza di sette giorni, col voto
di tutti i sacri elettori, a' 22 feb-
braio 1288, ed in onore di Nico-
lò III prese il nome di Nicolò
IV : del conclave di s. Sabina fa-
cemmo parola nel voi. XV, p. 279
del Dizionario. La lunghezza fu
cagionata dalla pestilenza, onde sei
cardinali ne morirono ed altri am-
malarono, per cui il luogo fu ab-
bandonato e solo vi restò il cardi-
nal Mascio, che in mezzo al caldo
dell'estate si faceva fare un gran
fuoco intorno per purificar l'aria
infetta. Fu coronato a' 24 febbraio,
benché altri scrivono che nello stes-
so giorno dell'elezione, sacro alla
cattedra di s. Pietro, che cadde dì
domenica, fosse ancora coronato e
consagrato. Creò nove cardinali, fra
i quali il generale de'suoi francesca-
ni, di cui fu il primo Papa, e ne
propagò l'ordine.
Levò dal Portogallo l'interdetto,
e dalla repubblica di Venezia ot-
tenne l'istituzione del tribunal d'in-
quisizione. Nella basilica Vaticana
Il NIC
coronò Carlo II re di Sicilia colla
sposa Maria, investendolo del rea-
me. A cagione delle turbolenze di
Roma si ritirò a Rieti per alcun
tempo, e procurò pacificare la Ro-
magna e l' Umbria agitate dalle
fazioni , come s' interpose a sedar
le discordie tra i re di Francia e
d'Inghilterra. Ammonì gravemente
Ladislao IV re d'Ungheria, richia-
mandolo a più onesto vivere. Ap-
provò il terz'ordine di s. France-
sco, e le stimmate di esso. Divise
le rendite della chiesa romana in
due parli, una pel Papa, l'altra pei
cardinali. Fondò le università di
Montepulciano, Macerata e Mont-
pellier, e concesse privilegi a quel-
la di Lisbona : permise che si sta-
bilisse una nuova università in
Gray nella contea di Borgogna, e
che si riaprissero le pubbliche scuo-
le di Padova. Amante della patria,
non isdegnò accettare la podesteria
d'Ascoli, della quale alcuni lo pre-
tendono nativo e di ragguardevole
famiglia signora della vicina Liscia-
no: fece esercitarne l'uffizio da Mo-
retlino Bonatti nobile di Lucca, e
fece alcuni donativi a varie chiese
e monasteri della città; ne protes-
se il commercio, e difese le castel-
la del territorio dalla prepotenza
d'alcuni, oltre le scuole che vi fon-
dò. Dicesi che favorisse i ghibelli-
ni, ed abbassò i guelfi e Carlo H,
che però avea liberato dalla pri-
gionia del re d'Aragona. Zelante
della religione, mandò missionari
nelle più remote regioni. Cono-
scendo l'importanza del conferire
le dignità, vi scelse quelli che ri-
fulgevano in virtù, prudenza ed
altre qualità. Protesse non solo le
scienze, ma anche le arti, abbellen-
do Roma di nobili edifizi, di gran-
di strade e di piazze: fu benefico
NIC
colla basilica Lateranense, massime
pel gran musaico dell'abside; e nel
duomo di Orvieto pose la prima
pietra. Con instancabile zelo esortò
tutti i principi a ritentare una
nuova crociata, per arrestare i pro-
gressi che in Palestina faceva il
sultano di Babilonia , che avendo
preso Tripoli, assediò Acri, l'unica
città restata ai cristiani. Venuta in
suo potere, i cristiani furono ban-
diti da tutta la Soria con sommo
dolore di Nicolò IV, onde per af-
flizione cessò di vivere nel venerdì
santo del 1292, a' 4 aprile. Volle
essere sepolto in umile luogo nella
Chiesa di s. Maria Maggiore
{f^edi)f da lui restaurata ed abbel-
lita di musaici, in che volle asso-
ciarvi il cardinal Colonna; avendo
abitato il contiguo palazzo, dopo il
ritorno da Rieti, quando i romani
eransi tranquillati. Ma Sisto V gli
eresse quel magnifico mausoleo con
lunga iscrizione, rammentato in detto
articolo, ove si parlò del suo preteso
culto; egli vi é rappresentato in istatua
sedente, avendo ai lati quelle delle
sue principali virtù. Quanto egli a-
masse ed esaltasse i Colonna, onde
ne fu censurato, lo indicammo nel
voi. XIV, p. 282 del Dizionario,
Furono in lui mirabili lo zelo ec-
clesiastico, la rettitudine e l'umiltà :
ne riconobbe per parenti che quelli
cui la virtù e la dottrina rendeva-
no cospicui. Tacciato parziale dei
ghibellini e de' Colonnesi, quei che
mirano da basso facilmente notano
anche le poche macchie nel sole, il
quale è sempre sole, innanzi a cui
fuggono le ombre, le nebbie si dis-
sipano, e la vera luce risplende sfol-
gorantissima. Gli si attribuiscono al-
cuni commentari sulla Scrittura, sul
Maestro delle sentenze, ed alcune al-
tre opere registrale dal p. Wadin-
NIC
go. Governò qualtr*anni , un mese
e quattordici giorni. Ne scrìssero la
vita il p. Francesco Maria de A-
matis gesuita, nella dissertazione:
Clarorum asculajiorum praeclara
facinora a Josepho Lento asculano
exposila, Romae 1622. 11 p. Anton-
felice Mattei de' conventuali pubbli-
cò con sue dissertazioni e note la
vita che di questo Pontefice avea
scritto Girolamo Rossi, col titolo :
Vita Nicolai IV ex codicihus vati-
canis cuni observationibus et disser-
tationibus variis, ec, Pisis 1761 e
1766. Altre notizie si possono legge-
re nella bella biografia del cb. ascola-
no Giacinto Canlalamessa Carboni,
Memorie ec. p. 34- Vacò la santa
Sede due anni, tre mesi e due giorni.
NICOLO' V, Papa CCXVIII.
Tommaso Parentucelli nacque in
Sarzana nel iSSg da Bartolomeo
Parentucelli dotto medico di pro-
fessione, la cui famiglia nobile ori-
ginaria di Pisa vi si era stabilita
da cent'anni, e da madonna An-
dreola de Putti, poi Calderini o
Calandrini dal cognome del secon-
do marito, Tommaso nobile sarza-
nese, che sposò dopo circa sett' an-
ni di vedovanza, e non come si
disse da alcuni allevatrice di gal-
line. 11 Giorgi lo dice di oscuri
natali, ma il Piccolomini, poscia
Pio llj suo intrinseco amico, lo
chiama nobile nel Comment. de Ba-
sileae p. 11 5. Nelle Memorie della
Lunigiana dell' ab. Cerini di Fi-
vizzano, voi. I, p. 53, si legge che
la madre era figlia di messer Tom-
meo de Bosi notaro imperiale del
Foro di Verrucola Bosi, cioè di Fi-
vizzano, ove forse nacque, mentre
il Manetli lo avea detto nato in
Pisa nel 1398. Nel voi. II, p. 107,
il Cerini dichiara Andreola Bosi
di antica, nobile e doviziosa fami-
NIC i3
glia, ed insieme virtuosa, onesta e
illustre matrona, non l'attribuisce
però alla prosapia dei Bonaparte, e
dice che portò in dote j^oo libbre
imperiali di moneta. Il Cardella nel-
le Mem. stor. de' cardinali, vorreb-
be meglio chiamare Nicolò V Ca-
landrinij perchè chiamò sorella ger-
mana Caterina di tal cognome, e
Filippo poi cardinale, fratello ger-
mano, riportando varie testimonian-
ze, colle opinioni sulla nascita e
condizione. Tommaso dopo aver per-
duto il padre in età di sette anni, e
dopo guarito da mortale malattia
quando ne avea dieci, prese l'abi-
to clericale, e subito gli ordini mi-
nori. Di dodici anni passò in Bo-
logna a studiar le lettere, ma dipoi
non potendo aver soccorso dalla ma-
dre rimaritata, si trasferì a Firenze,
chiamato da due cavalieri, per in-
segnare le discipline liberali ai loro
figli , quando era di diciott' anni.
Corsi quattr'anni in questo mini-
stero in Firenze, ritornò a studia-
re le sacre lettere in Bologna,
ove lo ricevette fra' suoi famigliari
il b. cardinal Albergali vescovo della
città, prima per ammaestrare i suoi
nipoti, e ravvisando in lui indole
e carattere che potevano tornare
utili alla Chiesa, lo destinò a pre-
siedere alla propria corte, e lo fece
suo maestro di casa o maggiordo-
mo, quindi non si divise mai piti
da lui. All'età di 25 anni si or-
dinò prete, e divenne pel suo be-
nefattore canonico della cattedrale
di Bologna, poiché il beato cardi-
nale gli lasciò tutto l'agio di viep-
più istruirsi nelle scienze, alle qua-
li applicato con fervore fu fatto
dottore in teologia; si distinse pel
suo elevato ingegno, e acquistò fa-
ma di ottimo letterato, onde strin-
se amicizia coi migliori scienziati
i4 NIC
del suo tempo. Accompagnò il car-
dinal Albergali ne' suoi l'iaggi e
legazioni sostenute d'ordine di Mar-
tino V, e può dirsi che avesse gran
parte nella conclusione di quei gra-
'vissimi all'ari ch'erano siali affidati
al cardinale, cui fu sempre altac-
catissimo, e teneramente lo corri»
spose, servendolo anche da segreta-
rio. Dodici giorni dopo la di lui
morte, a' 12 maggio i443, Eugenio
IV fece Tommaso suddiacono apo-
stolico, priore di Montpellier e vi-
cecamerlengo; indi lo mandò nun-
zio ai fiorentini pel concilio, in cui
si fece onore nelle dispule, e ad
Alfonso V d'Aragona re di Napoli;
poi a' 2 7 novembre i444 dichia-
rollo, benché assente, vescovo di Bo-
logna, per aver fatto risplendere il
suo valore, ed incontrata la piena
sua soddisfazione. Inoltre l' inviò
nunzio in Germania alla dieta di
Francforte per l'estinzione dello sci-
sma, e al duca di Borgogna ; final-
mente a'i6 novembre i44^ ^o creò
rnrdinale del titolo di s. Susanna,
mentre era fuori di Roma, alla qua-
le ritornando di Germania lo di-
stinse con mandargli il cappello car-
dinalizio fino alla porta Flaminia.
Morto Eugenio IV, dieciolto car-
dinali, de* ventiquattro che viveva-
no, a'4 marzo i447 entrarono nel
conclave del convento di s. Maria
sopra Minerva ; il cardinal Caprani-
ca ebbe cito voli, il cardinal Co-
lonna dieci, e furono vicini al pa-
pato i cardinali Le Jeun e Cha-
"ves; ma per opera del cardinal Be-
i^ardi arcivescovo di Taranto, lutti
cospirarono nel cardinal di Bologna
o Parenlucelli. A* 6 marzo i447»
nella vigilia di s. Tommaso, festa
del suo nome, benché renitente, lo
elessero Papa, ed egli accettò quan-
do il medesimo cardinal suo prò-
NIC
motore gli disse ciò essere volere
di Dio; p!d)l)licandolo al popolo al-
le ore 9 il detto cardinal Colonna
primo diacono, col nome di Nicolò
V, ch'egli prese in venerazione del
b. Nicolò Albergali suo insigne pro-
tettore , che gli avea profetizzato
il pontificalo, quale ancora eragli
stato predetto da Eugenio IV, quan-
do a lui rese conto della legazio-
ne di Germania. Del conclave ave-
vano fatto la guardia alla prima
porla quattro prelati, alla seconda
Enea Silvio Piccolomini ambascia-
tore cesareo, cogli altri ambascia-
tori, lo che meglio si narrò con al-
tre notizie, nei voi. XV, p. !x82,
e XXI, p. 2 1 3 del Dizionario. Nel-
l'uscir da esso il cardinal Chaves, do-
mandandogli i romani chi avevano
eletto per Papa, rispose : Noi Ni'
colOf ma Dìo elesse il Pontefice j
onde non hanno fede quelli che
scrissero, avervi avuto parte le ma-
li arti, come ben dimostra il Gior-
gi. A' 19 marzo fu solennemente
coronato in s. Pietro, ed essendo
la IV domenica di quaresima, nel
recarsi a s. Giovanni portò la ro-
sa d' oro in mani, preceduto dalla
ss. Eucaristia. Quindi adottò per
insegna gentilizia le chiavi della ro-
mana chiesa, e per motto ne'diplo-
mi: Pai alimi cor meuni Deus.
Allorché prese le redini del ponti-
ficato era la repubblica cristiana in
sommo sconvolgimento : lo scisma
di Basilea, ancor non estinto per-
ché sostenuto dall'antipapa Felice
V, lacerava crudelmente la Chiesa;
la Germania e l' Ungheria erano
vessate dalla guerra intestina ; la \
Francia e T Inghilterra erano con
mutuo odio in discordia; l'unione
de'greci e orientali colla santa Se-
de, stabilita poco prima nel conci-
lio di Firenze, andava ogni giorno
NIC
a guastarsi ; l'Italia divìsa in fazio-
ni, era tribolata dai comandanti
gli eserciti, che da per tutto pre-
davano e portavano la desolazio-
ne ; nello stato ecclesiastico i baro-
ni, che dalla Chiesa avevano i vi-
cariati, n' erano diventati tiranni ;
i veneziani, i genovesi, i fiorentini
erano sulle armi ; e il tesoro pon-
tificio era oppresso dai debiti. Al
rimedio di tutto questo applicò su-
bito Nicolò V tutto il suo zelo,
grande animo ed ingegno, come
si può vedere a tutti i relativi ar-
ticoli. Spedi quindi legati in Ger-
mania; scrisse al re di Francia per
terminare le conseguenze del con-
ciliabolo di Basilea (Fedi); resti-
tuì alle dignità l'arcivescovo di Gnes-
na fautore dell'antipapa; raccoman-
dò agli ambasciatori la pace d'Ita-
lia, piìx che mai turbata per la
morte del duca di Milano; inviò
nella Marca legato il cardinal Ca-
pranica ; impose tregua agii unghe-
ri, che guerreggiavano coll'impera-
tore; confermò i privilegi degli ar-
civescovi di Salisburgo; approvò la
concordia stabilita colla Borgogna,
e la pace tra questa e Carlo VII
re di Francia. In questo regno, in
Bosnia, in Cipro, nell'Albania, in
Bulgaria, in Italia a diversi prin-
cipi, in Polonia, in Boemia, in Por-
togallo, in Aragona, in Valenza,
neir isole Baleari, in Borgogna, in
Inghilterra, in Svezia, Danimarca,
Norvegia^ Prussia, e in luoghi di-
versi, spedì legati in differenti tem-
pi per accomodarne le vertenze, o
per gli affari ecclesiastici. Condan-
nò r eresia del milanese Landi, e
quella de'fraticelli ch'estirpò, e de-
cretò pene contro gli usurai. Per
amore della pace, in tempi diversi,
molti atti d'indulgenza usò coi po-
poli e baroni feudatari della saa-
NIC i5
ta Sedcj assolvendoli dalle ribellio-
ni , e rinnovando con nuovi censi
le investiture e i vicariati, cose tut-
te che riportammo ai molti loro
articoli; altrettanto dicasi di quan-
to accenniamo in questa biografia.
Confermò i privilegi de'fermani,
camerinesi, norcini, bolognesi, spo-
letini ed altri popoli, e quelli del
senato romano, cui concesse la pu-
nizione de' ladri. Introdusse l'uso
di portarsi dal Papa il ss. Sagra-
mento nella processione del Corpus
Domini. Nella Bretagna minore per-
mise la prammatica sanzione, e con-
fermò i privilegi accordali dai pre-
decessori ai duchi; regolò la pro-
cessione per la festa di s. Marco ;
ed a mezzo del cardinal Carvajal,
conchiuse il famoso concordato col-
la Germania, riguardo ai benefizi
ecclesiastici, e ricevette splendida
ambasceria del re di Francia che
gli rese obbedienza. Fece provve-
dimenti sui riti greci e latini, e
sulle indulgenze; migliorò l'univer-
sità di Bologna, istituì quelle di Vai-
son, di Barcellona, diGlascowedi
Treviri, ed ornò di privilegi quel-
la di Cambridge, oltre d'avere rin-
novata la costituzione di Bonifacio
Vili per l'università romana, e con-
fermata quella di Caen. Afferma
l'Arteaga che in Bologna istituì la
prima scuola di musica. Ratificò
le costituzioni della Marca d'An-
cona, esentando dai vescovi l'ordi-
ne della Mercede, e confermando i
privilegi de' domenicani e dell' or-
dine militare di s. Giacomo della
Spada. Ebbe la consolazione di ve-
dersi riconosciuto dagli abitanti di
Basilea; ed accordò indulgenze e pre-
mi ai crociati contro i turchi ed
i mori di Spagna. Si collegò coi
fiorentini e con Alfonso V onde
conservar la quiete d'Italia per la
i6 NIC
successione del Milanese, e fu rico-
nosciuto arbitro della pace. Nei
1449 assolvè i ribelli camcrinesi,
nepesinì, e conte d'Anguillaia, ed
altri ancora. Per le sue esortazioni
i sacri oratori con gran fervore
di prediche eccitarono i popoli al-
la penitenza e all'emendazione dei
peccati, massime in Dalmazia, Bo-
snia, Croazia, Servia, Albania ed
Ungheria. Soppresse l'eresia de'wMO-
vi crisLiani in Benevento e nel re-
gno di Napoli; e dichiarò idonei
ai benefizi e dignità i neofiti. Di-
chiarò inoltre nulle le alienazioni
delle terre del Venaissìno, impose
scomunica a chi molestasse gli abi-
tanti d'Avignone, e per veri cardi-
nali riconobbe tre de'creati da Fe-
lice V e uno deposto da Eugenio
IV. Nell'istesso anno i449 i*estituì
per le sue energrche industrie la
pace alla Chiesa, per la famosa e
desiderata rinunzia che fece in Lo-
sanna Felice V (Vedi) del pseu-
do pontificato, grave argomento
trattato anche in altri articoli. Si
recò nella Marca e nell'Umbria, a
Spoleto, a Fabriano, a Tolentino,
in Asisi e in altri luoghi. Cele-
brò nel 145*0 V Anno santo sesto
(Vedi)y in cui fece tenere in Ro-
ma i capitoli generali dai france-
scani, e canonizzò s. Bernardino da
Siena, il quale tra le altre bene-
merenze avea in gran parte estin-
to le guerre tra* guelfi e ghibelli-
ni peste d'Italia. Andreola madre
di Nicolò V ancor vivente, in età
molto grave, per divozione e per
rivedere i figli si recò in Roma:
uno sedeva sulla cattedra apostoli-
ca, l'altro Filippo Calandrini fra-
tello uterino di Nicolò V, era uno
de'sette cardinali da lui creati, aven-
dogli conferito lo stesso suo titolo,
e il vescovato di Bologna, illustre
NIC
per sublimi doli. Portatasi al co-
spetto del Pontefice vestila pompo-
samente, si narra che il figlio la
respingesse, dicendole rivederla in
più onesti panni; questi assunti, fu
teneramente accolta, indi grande-
mente onorata da tutta Roma. Pie-
na dì si raro contento, mentre rì-
palriava mori nel i45'i in Spole-
to, ed il corpo per opera del fi-
glio cardinale fu trasferito nella
cappella Calandrini da lui eretta in
s. Maria di Sarzana. Afflitta Roma
dalla peste nel i45o, Nicolò V ri-
tornò nell'Umbria e nella Marca,
esercitandovi anco in questa volta
atti di magnanimità e beneficen-
za. Ordinò che le robe naufraga-
te si debbano restituire ai proprie-
tari; stabili che i rei dello sta-
to pontificio e del regno di Napo-
li fossero ne' due dominii arrestati ;
impose gravi pene tra i duellan-
ti ; e quanto dispose per V ordine
Gerosolimitano a questo articolo
lo dissi. Fissò a sette i chierici di
camera, e per l'interesse di questa
dichiarò nulle le donazioni a suo
pregiudizio. Compose le differenze
tra i fiorentini e lucchesi, trasferì
il patriarcato di Grado a Venezia,
e divise le chiese di Porto e s.
Ruffina. Coronò in Roma l'impe-
ratore Federico III, il quale vi fe«
ce solenne ingresso, e benedi il suo
matrimonio con Lionora, cui die la
rosa d'oro benedetta, che pur do-
nò al re di Polonia, al re di Por-
togallo, e ad Alfonso V. L'impe-
ratore ottenne dal Papa le preci
primarie o facoltà di conferire i
benefizi alla prima vacanza; così
Lodovico duca di Savoia, figlio del-
l'antipapa Felice V, ricevette da
Nicolò l'indulto di nominare i be-
nefizi non esenti.
Ordinò la visita delle chiese di
NIC
Rotua^ la riforma elei capitolo va-
ticano, emanando pene gravi ai
falsificatori degli Jgniis Deìj ed ai
falsi collettori. Rivolse il suo zelo
per riunire la chiesa greca alla la-
tina, minacciando Costantino XII
imperatore, che altrimenti Dio gli
avrebbe tolto V impero, ciò che fa-
talmente si verificò, quando Mao-
metto II imperatore de' turchi nel
t^53 s'impadronì di Costantinopoli,
al quale articolo e a Grecia raccon-
tai i grandi sforzi fatti da Nicolò V
per aiutare i greci con denari ed
armati , restando trafitto di dolore
per l'avvenimento. In quest'occa-
sione con eterna lode accolse favo-
revolmente gli eruditi e i dotti
che
fuggirono
dalla Grecia : ne
I
acquistò con grande spesa le opere,
le fece generosamente tradurre, e
con esse ed altre formò la nuo-
va biblioteca Vaticana, ove col-
locò i codici fatti cercare in mol-
te parti, onde presso tutti si de-
stò lo studio de' classici greci ,
per cui contribuì al risorgimento
delle lettere greche e latine, di che
tenni proposito in vari luoghi, co-
me all'articolo Erudizione, cioè nei
voi. XXII, p. 66 e 67, XXXII,
p. i38 e 139, eXXXVlII, p. i25
del Dizionario. A Cosimo de Me-
dici die il primo regolamento d'u-
na biblioteca in tutte le facoltà di
scienze, per cui ne venne la fioren-
tina libreria di s. Marco. Ad onta
di tante benemerenze, generosità e
clemenza, nello stesso anno fu sco-
perta in Roma un' empia congiura
di scellerati romani contro la vita
del buon Pontefice, capo de' quali
era Stelano Porcari, nobile fazioso
e potente in eloquenza, già da Ni-
colò V beneficato; poiché in tem-
po di conclave aveva invitato il
popolo a tumultuare col lalso no-
VOL. XLVIH.
ceinino
NIC 17
me di libertà, unione civile, giu-
stizia pubblica : il Papa si era con-
tentato rilegarlo a Bologna col
precetto di presentarsi ogni giorno
al legato, e ne deluse la vigilanza
colla fuga. L'orrendo misfatto vo-
levasi consumare in s. Pietro alla,
messa solenne dell' Epifania, con
uccidervi il Papa e i cardinali, al
grido di libertà. Stefano fu impic-
cato, in un ad Angelo Massa col
figlio ed un compagno, a Battista
Serra o Sciarra,, Francesco Gaba-
dei e Pietro Monterotondo. Ne fe-
ci parola altrove , come nel voi.
VII , pag. 139. Nicolò V che
fino allora avea colmato di favo-
ri i romani, si mostrò più cauto, e
se prima più degli altri predecessori
si faceva vedere per Roma, rare vol-
te lo fece di poi; più tardo si rese
con tutti e più difficile nell' am-
mettere all' udienza, per cui si ag-
giunse la podagra che molto lo
travagliava. Nel i45»4 »! Pontefi-
ce provò gran piacere per la pa-
ce d' Italia, pel terrore sparso in
Europa dai turchi colle loro vitto-
rie, conchiusa in Lodi per la sua
destrezza ed interessamento, e la con-
fermò con bolla, interponendosi con
Alfonso V e collo Sforza nuovo
duca di Milano che volevano alte-
rarla, e fu stabilito il fiume Sesia
nel Novarese per confine tra lo sta-
to di Milano e quel di Piemonte,
Indi difese Norcia dalle armi degli
spoletìni e del conte d'Anguillaraj
e pacificò i perugini. Dichiarò ap-
partenere al re di Portogallo le
conquiste fatte sino al Capo di Buo-
na Speranza; die la chiesa de' ss.
Gio. e Paolo ai gesuati, e quella
di s. Stefano al Monte Celio ai
frati di s. Paolo primo eremita; e
pubblicò una bolla contro Giaco-
mo Piccini^, più masnadiere che
i8 NIC
capitano, il quale dopo aver afflitto
la Toscana avea occupato molti
luoghi della Chiesa, e vietò che gli
fosse dato soccorso, passaggio o pas-
saporto. Le lettere d'indulgenza
accordate da lui al regno di Cipro
poco prima della sua morte, vuoi-
si che sieno i più autentici monu-
menti conosciuti deirarte tipogra-
fica, che nuova era al suo tempo.
Afflitto Nicolò V per l'estinzione
dell'impero greco e ingrandimento
della potenza ottomana, non che
per la tentata congiura, consumato
dalla podagra, dopo aver governa-
lo otto anni e diecinove giorni, e
dopo aver fatto un lungo discorso
ai cardinali, detto testamento e ri-
portato dal Vernino, SLoria delV e-
resie t. IV, p. 168, in cui fece
iu ristretto la storia del suo pon-
tificato, morì a' 24 marzo 145» 5, a
ore sei, d'anni 5^ come dice il No-
vaes, ma se egli nacque nel iSSg
dovrà dirsi 66. Fu sepolto nel Va-
ticano, in sepolcro la cui figura ri-
porta r Oldoino t. Il, p. 968, i cui
frammenti sono nelle sacre grotte
ove fu trasportato , con epitaOìo
composto da Enea Silvio Piccolo-
mini suo segretario, altri dicono da
Maffeo Vegio, e si legge nel p. Gia-
cobbe, Bibl. Pont. p. 157. 11 Ma-
nelti descrive Nicolò V di piccola
statura, di colore bianchiccio, che
nel pontificato si cambiò in neric-
cio, di bocca larga, di voce grave
e sonora, di occhi neri e di pro-
spera salute che a poco a poco an-
dò perdendo colle cure del ponti-
ficato.
Sarà sempre in benedizione la
sua memoria per aver governata
la Chiesa con prudenza, colla qua-
le ristabilì la pace d'Italia; per
essere stato lontano dal nepotismo;
per la hberalità die usava co'po-
NIC
veri, maritando co* suoi risparmi le
giovani senza dote, ed essendo ge-
neroso particolarmente coi nobili
decaduti ; per 1' amore che dimo-
strò sempre alla pace della Chiesa,
e ai letterati ch'egli ebbe in luo-
go di parenti, la sua corte essendo
aperta agli eruditi che vi conven-
nero in gran numero e n'ebbero
cariche, doni, onori e conforti d' o-
gni specie; per le sue magnanime
idee nell'accrescimento e ornamento
di Roma per la sua rigorosa custo-
dia del culto divino e de' sacri riti,
che vuoisi sia stato chierico delle ceri-
monie pontificie; pel suo universal
sapere anche nella medicina, per
cui il Marini e altri lo numeraro-
no fra i medici divenuti Papi, e
per le mirabili doti dell' animo, tut-
te copiosamente descritte nel C0//2-
ment. di Piccolomini, che lo rese-
ro uno de' piti grandi Papi che oc-
cuparono la sedia di s. Pietro. Al-
cuni lo dicono di natura bilioso e
però facile a montare in ira, come
per lo più é proprio degli alti spi-
riti, ma facile ancora a tornar be-
nevolo; tuttavolta si narra che in
un impeto di collera, per sospetto
d' infedeltà, condannò a morte An-
gelo Rancone capitano delle mili-
zie, morte che gli cagionò dolore e
pentimento, siccome era facile al
perdono benché amante della giu-
stizia; donde, aggiunge il Platina,
presero ansa i malevoli a calunniare
questo Pontefice, di Dio e degli uo-
mini benemerito. Altri col Vol-
terrano lo accusano del dilettarsi
molto della passione de' vini, fa-
cendo da per tutto ricerca de' più
squisiti ; ma tante virtù raccolte,
per confessione di tutti, in questo
Papa per T intiera sua vita, abba-
stanza dimostrano la calunnia dei
suoi nemici. Merita Nicolò V par-
NIC
ticolar lode per la munificenza sua
nella fabbrica di tante opere pub-
bliche, a fronte de'tempi procellosi
in cui visse, il che servì al risoir-
gimeiito delle arti, eccitando i begli
ingegni, con risarcire i raonumenli
dell' antica Roma e col farne dei
nuovi. Abbellì e rinnovò dalle fon-
damenta quaranta delle principali
chiese di Roma. Meditava di rie-
dificar la basilica di s. Pietro e di
alzarvi innanzi un obelisco, comin-
ciò tuttavia il musaico della tribu-
na. Rifabbricò le chiese di s. Fran-
cesco in Fabriano ed Asisi ; in
Gualdo rifece quella di s. Bene-
detto. Voleva fortificare e abbellire
la Città Leonina e ampliare il pa-
lazzo Vaticano, ove fabbricò un ma-
gnifico appartamento, e le due cap-
pelle ivi edificate le descrivemmo
nel voi. IX, p. 1 54 e, 1 55 del Di-
zionario. Egli lo abitò, facendo pu-
re residenza presso s. Pudenziana.
Un palazzo eresse contiguo alla ba-
silica Liberiana, e rifece il ponte
Milvio e molle strade della città.
Fabbricò due torri sul ponte s. An-
gelo e fortificò il vicino Castello,
le torri e le porte di Campidoglio.
Restaurò le mura di R^oma e per
trasportarvi i materiali spurgò l' al-
veo dell' Aniene ; restaurando V ac-
quedotto deli' acqua Vergine. In
Fabriano costruì la piazza, in Ci-
vitavecchia molti edifizi , in Narni
la fortezza, così in Orvieto, restau-
rando quella di Spoleto, mentre in
Viterbo innalzò edifizi pei bagni.
In Roma impiegò i pennelli di Me-
lozzo da Forlì, Agostino di Braman
lino, del b. Angelico da Fiesole e
altri. Non dimentico della patria ,
volle anche ad essa grata ricordan-
za lasciare di lui per la bolla del
1453, con cui unì l'antica abbazia
del Corvo e il priorato di s. Ma-
NIC ,c)
ria di Vezzano al capitolo di Sar-
zana, e così pure di belle prero-
gative d' indulgenze privilegiò s.
Giovanni di Fivizzano con bolla del
144^3 i'T cui fa conoscere essere
tale chiesa fondata dai suoi avi
materni. Nella zecca pontificia vi
sono tre conii di sue medaglie. Do-
nò a molte chiese vasi d'oro e
di argento, croci gemmate, ricche
vesti, sacre e preziose tappezzerie. A-
mò i religiosi, che beneficò con
provviste ecclesiastiche, perchè nella
santità del ministero potessero con
agio attendere ai buoni studi che
vogliono animo sereno e cuore tran-
quillo. Nicolò V in una parola fece
se e il suo secolo immortale, e la-
sciò begli esempi a' successori. Que-
sto insigne Pontefice fece conoscere
al mondo quanto fosse dotto, per
le molte cose eziandio che lasciò
scritte sopra le decretali, e per la
lettera che indirizzò all'ultimo impe-
ratore greco. Ne scrissero la vita Ve-
spasiana, Giannozzo Manetti, Fran-
cesco Filelfo, il cardinal Giovanni
le Jeune, e più ampiamente Bona-
ventura de'Rossi, e Domenico Giorgi
per volere di Benedetto XIV di cui
era cappellano e a cui la dedicò con
questo titolo : Vita Nicolai V Pont.
Max. ad fideni vetenim monumen-'
toriim. Accedit ejusdem disqidsilìo
de Nicolai V erga litteras et lit-
teralos viros patrocinio^ Romae
174^- Vacò la s. Chiesa i4 giorni.
NICOLO' V, Antipapa. F. An-
TiPAPA XXXIV, e gli altri articoli
che lo riguardano.
NICOLO', Cardinale. V. s. Ni-
colò I Papa.
NICOLO', Cardinale. Nicolò fu
creato cardinale prete del titolo dei
ss. Giovanni e Paolo, da Pasquale
Il del 1099, ed intervenne nel i i iS
all'elezione di Gelasio IL
20 NIC
NICOLO', Cardinale. Nicolò di
nazione tedesco, fu da Lncio II
nelle tempora dell'avvento ii44
creato cardinale diacono, o come
altri vogliono prete di s. Lorenzo
in Damaso; ma il Vitlorelli dice
ignorare chi lo elevò al cardinala-
to. Per reccellente sua erudizione
lo slesso Lucio II lo trascelse a hi-
bli(.lecario di s. Chiesa: fu infatti
dottissimo nelle lingue greca ed
ebraica, e scrisse un erudito volume
sulla correzione della Bibbia, assai
apprezzato dal cardinal Bessarione.
Morì verso il 1 1^5.
NICOLO, Cardinale. Nicolò ro-
mano fu da Clemente III suo con-
cittadino nel settembre 1190 crea-
to cardinale diacono di s. Maria in
Cosmedin, e morì nel suo ponti-
ficato.
NICOLO, Cardinale. Nicolò ven-
ne da Innocenzo IV nel dicembre
12 52 o 1253 creato cardinale ve-
scovo di Sabina, per le beneme-
renze che avea colla santa Sede^
per la quale sino dal 1244 aveva
sostenuta la legazione della Prussia,
ad efifetto di arruolare i crocesi-
gnati per la guerra di Terrasanta,
nella quale ebbe a compagno il
domenicano Enrico, insigne predi-
catore. Dopo dodici mesi di cardi-
nalato morì, verso il 1254.
NICOMEDE (s.), martire. Sa-
cerdote di Roma, che fu preso nel-
la persecuzione di Domiziano per
la sua assiduità nell'assistere i con-
fessori, e pel suo zelo verso dei
martiri, de* quali involava i corpi
per seppellirli. Avendo rifiutato di
sagrificare agl'idoli, venne ucciso a
colpi di bastone verso V anno 90.
Vedeasi altra volta la sua tomba
sulla via Nomentana. Esso è no-
minato a* i5 settembre nel sacra-
mentano di s. Gregorio Magno, e
NIC
nei martirologi di s. Girolamo, di
Beda, ec.
NICOMEDIA. Città vescovile del-
la Turchia Asiatica nel!' Anatolia ,
capoluogo del sangiacalo di Codjiih-
eì'li, in fondo al golfo del suo no-
mCj Astacenus sinits, a 20 leghe da
Costantinopoli. Sta eretta in anfi-
teatro sul declivio meridionale d'u-
na collina, con case la maggior par-
te fornite di giardini, molte mo-
schee, chiese greca ed armena , ed
alcuni bagni. Col mezzo del suo
porto poco importante, si fa qual-
che commercio. Questa città è il
luogo in cui si portano gran caro-
vane al fine del loro viaggio, ed al-
lora vi è mollo movimento. I suoi
dintorni assai deliziosi, offrono una
fila continua di giardini e vigneti;
all'ovest evvi una sorgente mine-
rale frequentatissima. Dopo che se
ne impadronirono i turchi si chia-
ma Ismid o Isnik-Mìdy ma non oc-
cupa tutto il luogo dell'antica Ni-
comedia; le mura che ne forma-
vano il circuito sono meno danneg-
giate che le torri dalle quali era-
no fiancheggiate. Il solo monumento
antico ancora riconoscibile è una
vecchia chiesa de' primi tempi del
cristianesimo: fu spesse volte vitti-
ma del terremoto. Fu chiamata O/-
bia, e prese il nome di Nicomedia,
da Nicomede I il Grande re di Bi-
tinia, che la fabbricò sulle rovine
dell'anfica Astaco. Vi si rifugiò An-
nibale sotto Prusia re di Bitinia, si
rese celebre nell'impero romano, e
fu la patria del celebre filosofo ed
istorico Arviano, e della gloriosa s.
Barbara vergine e martire. Nel de-
clinar del 11 secolo e principio del
IH divenne sede imperiale, dimo-
randovi gl'imperatori Diocleziano e
Galerio. Siccome fu una delle pri-
me città dell'impero ad abbracciare
NIC
la religione cristiana, da qui usci-
rono sotto Diocleziano e Galeno gli
editti contro i cristiani per quella
feroce persecuzione che produsse un
macello di martiri, incominciando
dalla città stessa, uno de* quali fu
s. Adriano, tutto narrando il Ri-
naldi all'anno 3oi, n. 4' e 4^> 6
3o2, n. 27 e seg. , ed il Bercastel,
Storia del crisi. Questa persecuzio-
ne che costò laute migliaia di mar-
tiri , bruciamento di libri santi e
demolizione di chiese , fu eccitata
dalla fanatica superstizione della ma-
dre di Calerlo, proponendosi l'an-
nientamento del cristianesimo. La
carneficina s'incominciò in Nicome-
dia a' 2 3 febbraio 3o3, con mano-
mettere il tempio, bruciarne le scrit-
ture e derubarne i vasi sacri : Ga-
leno volea che si bruciasse, ma Dio-
cleziano l'impedì temendo un incen-
dio generale , e preferì la demoli-
zione. Di ciò non contento Calerio
fece appiccare il fuoco al palazzo,
e ne accusò i cristiani, fìngendo a-
verne paura. L'imperatrice Prisca
moglie di Diocleziano e Valeria sua
figlia maritata a Calerio, furono sti-
molate a sacrificare, e benché cri-
stiane ebbero la viltà di farlo ; al-
tri principali ulfiziali perirono nei
tormenti, ed una moltitudine di fe-
deli soffri il martirio, e vi furono
più di mille campioni della fede.
Quanto all'incendio del palazzo, il
Binaldi lo dice arso dal fulmine ,
che ferendo Diocleziano restò infe-
lice finche visse. Questa fu l' ulti-
ma persecuzione, poiché assunto al-
l'impero nel 3o6 Costantino il Gran-
de, poco dopo rese la pace alla
Chiesa e si fece cristiano: sulla que-
stione del di lui battesimo , se lo
ricevesse al Laterano da s. Silvestro
J, o vicino a morte in Nicomedia ,
ne parlammo ne'vol, XU, p. 17,6
NIC 21
XXXVII, p. i36 e i37 del Dizio-
nario 3 morendo quell'imperatore in
vicinanza di questa città nel borgo
di Acciron o Achyron, nel 337 ^'^^
maggio. Il suo figlio Costanzo, fau-
tore degli ariani, si pose in cuore
di celebrare nel 358 in Nicomedia
un conciliabolo, ma per prodigio di
Dio ne fu impedito, poiché un ter-
remoto abbattè la città, della quale
sotto Giuliano l' apostata, e da lui
tanto amala, perì il resto nel ter-
remoto del 362. Secondo il Balu-
zio t. I, prima di quel tempo e nel
328 o 329 sarebbe stato tenuto in
Nicomedia o Antiochia un concilio
dagli slessi ariani contro Eustazio
falsamente accusato d'adulterio. A-
vendo l' imperatore Giustiniano II
invitato in oriente Papa Costanti-
no, questi si recò in Costantinopoli;
ma essendo l'imperatore in Bitinia,
scrisse al santo Padre una rispetto-
sa lettera, pregandolo a trasferirsi
in Nicomedia, siccome fece nel 71 1.
Quivi incontratisi, l'imperatore colla
corona in testa si prostrò in terra,
gli baciò i piedi e poi si abbrac-
ciarono; indi accomodarono le con*
troversie nate pel concilio in Trullo.
Nicomedia fu metropoli della pri-
ma Bitinia, nell'esarcato di Ponto,
sede vescovile nel primo secolo, me-
tropoli nel IV, ed esarcato di Biti-
nia nel XIII, essendo stata la ca-
pitale di tutta la Bitinia. Il titolo
di metropoli et prima Dithyniae fu
causa di lunghe gare con Nicea, ma
Nicomedia fu fatta metropoli civile
verso i tempi di Domiziano, finche
Valente e Valentiniano divisero la
Bitinia in due provincie, dichiaran-
done capi Nicomedia e Nicea. Le
sedi vescovili suffraganee di Nico-
media furono le seguenti ; Calcedo-
nia, Prusa, Apamia, Cium, Prane-
tu, Elenopoli, 13aroliuopoli 0 Basi»
in NIC
linopoli o Basilopoll, Apollonia, Neo-
cesarea, Adriana, Cesarea, Galli o Lo-
pi, Dophijusia, Arista, Petavium, Da-
blis e Dascilium. Il primo vescovo
di Nicomedia fu Procoro, uno dei
sette diaconi che gli apostoli crea-
rono in Gerusalemme: venne ordi-
nato da s. Pietro e fu martirizzato
in Antiochia a' 9 aprile. Fra i suc-
cessori vi fu Eusebio che il conci-
lio di Nicea I depose per aver ri-
cusato sottoscrivere la formola di
fede composta dai padri, quale ac-
cettata nel 329 fu restituito alla se-
de; ma la posteriore sua condotta
con s. Atanasio d* Alessandria e s.
Paolo di Costantinopoli, mostrò non
sincera la sua adesione. Nel SSg
fatto cacciare il pastore dalla sede
di Costantinopoli, Eusebio l'occupò,
e in Nicomedia gli successe Amfìoiie
che ne avea diretto il governo nella
sua deposizione. Quanto ai succes-
sori fino ad Alberto francescano del
1348, morto nel i35i, vedasi i'O-
riens chrìsl. t. Ili, p. io 18. Nico-
media, Nicomediefi, divenne un ti-
tolo arcivescovile in partibus che
conferisce la santa Sede, avente suf-
fraganei i titoli vescovili in partibus
di Basilopoli ed Elenopoli. Alessan-
dro Vili nel 1691 fece arcivescovo
di Nicomedia Lorenzo Corsini , e
nunzio di Vienna, poi nel lySo
Clemente XII. Per morte dell'arci-
vescovo Salvatore Ventimiglia, Gie-
gorio XVI nel concistoro de' 22 gen-
naio 1844 nominò arcivescovo mon-
signor Gio. Francesco Cornetti ro-
mano, maestro delle cerimonie pon-
tificie, e da lui fatto canonico Li-
beriano. Quanto alle missioni, Nico-
media è sotto il vicarialo patriar-
cale di Costantinopoli, e il prefetto
di quei domenicani, alla qual città
si recano i pochi cattolici per sod-
disfare al precetto pasquale. In Ni-
NIC
comedia vi risiedono un metropo-
litano greco ed un arcivescovo ar-
meno.
NICONE (s.), soprannominalo
Mctanoita. Nato nel Ponto, di no-
bile famiglia, fuggi segretamente in
sua gioventù, e andò a chiudersi
nel monastero detto Pietra d! oro^
ove per dodici anni menò ausle-
rissima vila. Le istruzioni eh' egli
faceva portarono tanto buon frut-
to, che i suoi superiori lo destina-
rono a predicare la parola di Dio,
e spedironlo in qualità di missio-
nario nell'Armenia, da cui passò in
Creta, ch'era allora sotto il giogo
dei saraceni. La penitenza era l'ar-
gomento ordinario de' suoi discorsi,
che . soleva cominciare con questa
parola Metanoite^ che vuol àwQ fa-
te penitenza : donde gli venne poi
tal soprannome. L' unzione colla
quale spiegava le massime più au-
stere del vangelo, rendevanle ama-
bili sino ai maomettani. Predicò
più di vent'anni in Creta, e rimi-
se r ordine in tutte le chiese di
quest* isola. Passò in appresso nel-
r Europa ed annunziò il vangelo
nel Peloponneso, nell'Acaia, nelTE-
piro e nelle altre contrade della
Grecia. Morì in un monastero del
Peloponneso nell' anno 998 , e il
suo nome si trova nei calendari
greci e latini al giorno 26 no-
vembre.
NICOPOLI (Nicopolitan). Città
vescovile di Bulgaria , nella Tur-
chia Europea, capoluogo del sangia-
cato di Rustchuk, a 3o leghe da
Bucharest, e a 100 da Costantino-
poli, sulla destra del Danubio , un
poco al disotto del confluente di
questo fiume con l'Aiuta e l'Osma;
sede d'un arcivescovo greco scismati-
co, e di un vescovo cattolico il quale
risiede in Bellini, dove per la sua si-
NTC
tiiazione in mezzo agli altri villaggi
tiene domicilio anche il vicario gene-
rale. Nicopoli o JSikopol o Nìkopolij
in turco Tchi/ìgani'Kalc, ed in la-
tino Nicopolis ad Istrurn, è diversa
da Nicopolis ad latrimi già città
della Mesia inferiore a piedi del
monte Hemus, verso la sorgente del
fiume latrus, benché la nostra Ni-
copoli ancora appartenne alla Me-
sia seconda nell'esarcato di Dacia :
sia sopra un'altura, cinta da bastio-
ni e difesa da un antico castello for-
tificalo, circondata da molti sobbor-
ghi. Vi sono alcune case di bellis-
sima apparenza, molte moschee e
tre bagni. La navigazione del Da-
nubio rende questa piazza assai com-
merciante. I sobborghi sono princi-
palmente abitati da greci e bulga-
ri: i dintorni vedonsi coperti di giar-
dini, e sulla riva sinistra evvi un
piccolo forte. Nicopoli fu fondata da
Traiano dopo la vittoria riportata
contro Decebalo, e vi si osservano
tuttavia molte facciate delle sue an-
tiche mura. È celebre per la vit-
toria guadagnata nel 1 896 da Baja-
zet I contro l'armata di Sigismon-
do re d' Ungheria ed elettore di
]jrandeburgo. Nel 1798 fu incen-
diata da PasswanOglù, e presa dai
russi nel 18 io. V. Bulgaria.
La sede vescovile fu istituita pri-
ma del V secolo, indi divenula me-
tropoli, questa dignità passò a Mar-
cianopoli (Vedi), restando arcive-
scovato. Si conoscono quattro ve-
scovi: Marcello che sottoscrisse la
lettera del concilio della Mesia in-
feriore aU'iDjperatore Leone; Aman-
zio che firmò la relazione che il
concilio di Costantinopoli fece al pa-
triarca Giovanni, relativamente a Se-
vero ed altri erelicij Niceforo che as-
sistette al concilio de' greci scisma -
liei tenuto in s. Sofia nel i44<^> P<^^*
NIC 23
ritrattare l'unione stabilita nel con-
cilio di Firenze; N. che il sultano
turco mandò a Vienna col principe
di Valachia, sul finir del secolo XV f,
per trattare la pace coH'imperatore.
Oriens dir. t. I, p. 1224. La sede
vescovile latina di Nicopoli è suffra-
ganea dell' arcivescovo di s. Sofia.
Nelle annuali Notizie di Roma sono
registrali i seguenti vescovi. 1724
fr. Nicolò Stanislavich minore os-
servante di Crajova nella Vallachia.
1743 Antonio Becich di Buda. 1752
Nicola Pugliesi di Ragusa. 1767 Se-
bastiano Canepa de' battislini geno-
vese. 1771 fr. Giacomo Antonio
Riccardi ni conventuale della diocesi
di Fermo. 1776 Paolo Dovanlia di
Filippopoli in Bulgaria. i8o5 Fran-
cesco Maria Ferreri de' passionisti
di Piemonte. 181 5 Fortunato Ma-
ria Ercolani passionista della dio-
cesi di Tivoli, nell'anno 1822 tras-
lato a Civita Castellana . Leone
XII a' 23 settembre 1825 fece ve-
scovo di Nicopoli e amministrato-
re apostolico del vicariato di Fai-
lachia [Vedi), monsignor Giuseppe
Maria Molajoni passionista romano.
La diocesi ha per confini a setten-
trione il Danubio, ad occidente Vi-
dino, a mezzogiorno Ternoo e Pie-
"vigni, ossia il vicariato di Sofia, ad
oriente Varna, Sciumna , Oracho-
no, Zimbre e Scalaron. La mede-
sima diocesi contiene tre città, Ni-
copoli, Sistof e Roskuk senza cat-
tolici. I villaggi della diocesi sono
cinque, Orese, Bellini, Franci vizza,
Laxeni e Peticlenens con circa 2000
cattolici. Vi si parla il dialetto sla-
vo-illirico. Pel terribile incendio scop-
piato inBukarest, capitale della Val*
lachia, nel giorno di Pasqua 1847»
il lodato vescovo monsignor Mola-
joni vi perdette co' suoi effetti la
propria casa, in cui aveva istituita
à4 NIC
a sue spese una scuola di fanciul-
le; di ciò afllilto, portatosi in Ro-
ma sospirando l'antica vita religio-
sa, rinunziò la sede. Riassunto l' a-
bito de' passionisti passò a dimora-
re nel loro convento di Monte Ar-
genlaro nell'abbazia nullius dioece-
sis de' ss. Vincenzo ed Anastasio
alle tre fontane, di cui fu fatto suf-
fraganeo. In sua vece nell'agosto il
regnante Pio IX nominò vescovo
diNicopoli monsignor Angelo Parsi
di detta congregazione, che fu con-
sagrato nel successivo settembre in
ss. Gio. e Paolo degli stessi passio-
nisti. La cura della missione, dipen-
dente dalla congregazione di propa-
ganda fide^ è allidala ai religiosi
passionisti. In Orese ed in Laxeni
vi sono due chiere; il vescovo ri-
siede ancora in Bukarest,
NICOPOLl. Sede vescovile, detta
anche Cassiopea, metropoli dell'an-
tico Epiro, nell'esarcato di Mace-
donia, eretta nel V secolo, e nel
IX trasferita a Lepanto. La città fu
capitale dell'antico Epiro, fabbricata
sul golfo di Ambracia da Augusto,
dopo la vittoria di Azio, per cui si
chiamò pure Aclia NicopoUs , ed
ora Prevesa. L'apostolo s. Paolo vi
predicò il vangelo; ed il Papa s. E-
leutero del 179 si dice greco di Ni-
copoli o Prevesa, o della Magna Gre-
cia secondo altri. Ne furono vescovi
Eliodoro che fu al concilio di Sar-
dica; Donato che intervenne nel 43 1
a quello di Efeso; Attico ritrattò nel
concilio di Calcedonia ciò che aveva
approvato nel brigandaggio d'Efeso,
e si recò da s. Leone I per chiedere
giustizia contro Anastasio di Tessa-
lonica. Allorché la metropoli si tras-
ferì a Lepanto, il vescovo Daniele
venne traslato ad Ancii'a. Oriens
christ. t. II, p. 34. Nel t. Ili, p,
998 sono registrati questi vescovi
NIC
latini : Luca; Pietro agostiniano de)
1890; Martino del i394; Giovan-
ni Cecchi del 1396, ec.
NICOPOLl. Sede vescovile della
Palestina prima, sotto la metropoli
di Cesarea, nel patriarcato di Ge-
rusalemme, eretta nel V secolo. Si
chiamò prima Enimaus, fu abbru-
ciata dopo la morte di Erode Ma-
gno, da Quintilio Varo^ per aver
preso parte nella rivoluzione degli
ebrei. Dopo la rovina di Gerusa-
lemme, Vespasiano la die a 8oq
soldati veterani ; indi formossi la
città detta Nicopoli, in memoria
della vittoria de'romani contro gli
ebrei, e fu celebre per le sue ac{[ue.
Ebbe per vescovi, Longino che nel
ZiS sottoscrisse il concilio di Nicea;
Rufo che fu al II di Costantinopo-
li; Zenobio intervenne a quello di
Gerusalemme nel 536; Giulio lo
era prima del secolo X. Qrieiis dir.
t. Ili, p. 590.
NICOPOLl. Sede vescovile di
Tracia nell'esarcato del suo nome,
presso la metropoli di Filippopoli,
eretta nel V secolo, e nel IX dir
venne arcivescovato onorario. Corr
risponde a Nica o Nicea, dove gli
ariani si riunirono per compilare
una professione di fede, in vece di
quella fatta nel concilio generale di
Nicea di Bitinia : gli si danno an-
che i nomi di Neurocopo e Usto-
dizo. Si conoscono per vescovi, Po-
licarpo; Giovanni che assistette al
VII concilio; Nicola I che fu a quel-
lo diFozio; Nicola li che sottoscrisse
la deposizione del patriarca Cosimo
Attico; Basilio che fu al concilio
tenuto in Costantinopoli da Criso-
bergo. Orlens dir. t. I, p. 1 1 69.
NICOPOLl. Sede vescovile del-
l'Armenia maggiore nell'esarcato di
Ponto, sotto la metropoli di Seba-
ste, eretta nel lY secolo. Fabbri-
NIC
cala la città da Pompeo, si disse
Nicopolis Pompeiì. La lodò s. Ba-
silio, dichiarando die la sua chie-
sa godeva alcuni diritti metropoli-
tani. 11 primo vescovo conosciuto
è Teodoto del 872; indi Frontone
poi apostata; Eufronio trasferito a
Colonia; Panostio; Giovanni che fu
al brigandaggio d'Efeso; N. del
499, anno in cui la città soffri
moltissimo dal terremoto; Fozio che
sottoscrisse i canoni in Trullo; Gre-
gorio arcivescovo che si recò in
Francia ne' primi del secolo XI, e
venerato per santo in alcune chie-
se d'Orleans, onde il suo corpo fu
portato a Pluviers. Oriens chr. t.
1, p. 428. Nel 372 vi fu tenuto un
concilio. Mansi, Sappi, t. 1, p. 32 i.
NICOSIA o LEUCOSIA. Città
vescovile della Turchia Asiatica, ca-
poluogo dell'isola di Cipro [Fedi)
e del sangiacato del suo nome, a
3 leghe dalla costa settentrionale
dell'isola, a 70 da A leppo o Ber-
rea, e a 180 da Costantinopoli. E
residenza d'un arcivescovo greco
che vi ha chiese e conventi, e d'un
governatore turco. Sta sopra un
terreno elevato, nel centro di vasta
pianura cinta da montagne, delle
quali le più alte sommità sono co-
perte di neve, e i di cui fianchi
producono in gran quantità quel
vino di Cipro tanto rinomato. I
giardini che racchiude le numero-
se torri che s'innalzano leggiermen-
te al di sopra degli alberi, e la
estensione e la solidità delle sue alte
mura presentano un aspetto il più
bello, quantunque si possa dire molto
decaduta dal suo antico splendore.
11 clima è salubre. I baluardi furono
costrutti in pietra dai veneziani,
con tredici grandi bastioni, con fos-
se oia ricolme, fortificazioni che ri-
parate ali' epoca della spedizione
NIC 25
francese in Egitto, pure non po-
trebbero sostenere assedio, essendo
la città dominata dalle alture. Si
entra in Nicosia per tre porte, quel»
la di Famagosta o Lamica è bel-
lissima, come beile sono le strade
del quartiere de'greci. Alcune case so-
no ben fabbricate e circondale di giar-
dini. L'antico palazzo de're di Ci-
pro è assai deterioralo; essendo va-?
stissimo, serve di residenza al go-
vernatore; molto spazioso è anche
il palazzo arcivescovile. Vi sono ot-
to moschee, una delle quali è l'an-
tica cattedrale di s. Sofia, superbo
gotico edifìzio, che dicesi eretto da
Giustiniano. Nella chiesa di s. Do-
menico, sonovi i sepolcri di molti
principi della casa di Lusignano.
Tra gli altri edifizi nomineremo
quatlro bagni pubblici. Vi sono
diverse manifatture. Le parti vici-
ne alla città sono paludose. Sotto
il regno de' Lusignani, antichi re
latini di Cipro, era molto più con-
siderabile, perchè rinchiudeva 3oo
chiese, ed un gran numero di pa-
lazzi e monasteri. Divenutine signo-
ri i veneziani, fortificandola ne re-
strinsero le dimensioni. A quesli
ultimi nel settembre 1570 la pre-
se Selim lì, dopo l'assedio di 4^
giorni, e da quel tempo rimase iu
potere de'turchi. Conta la città due-
mila famiglie turche, cento greche,
cinquanta armene, e dodici maro-
nite. I copti, i siri, i maroniti e
gli armeni vi ebbero de' vescovi, ed
Anastasio arcivescovo di rito arme-
no, abrogò lo scisma, e si sottopo-
se a Clemente XI. Questa celebre
città, già capitale dell'isola e del re-
gno di Cipro, si crede fondata da Leu-
carpe compagno di Enea, onde i
greci la chiamarono Leucolhela,
Leuchoieon, nome poi corrotto in
Lcucosia, indi Nicosia, onde alcu-
a6 NIC
Ili di Nicosia e Leucosia erronea*
niente ne fecero due città e due
sedi vescovili. Si disse anche ^Leii-
etra, né va confusa con l'antica Tre-
mùOy come avverte il Terzi nella
Sìria sacra, nel descriverne gli an-
tichi pregi, ed i suoi celebri mo-
nasteri basiliani.
La sede vescovile fu eretta nel
IV secolo, e diventò metropoli sul
finire del XII secolo, trasferendovi
ne' primi del XIII Innocenzo III i
diritti metropolitici di Famagosta,
che ne divenne sufl'raganea con le
seguenti sedi. Pafo , Arsi noe, Ne-
mesi, Amato o Lemisso, Cerines,
Carpasia, Chite, Curium o Pisco-
pia, Solia, Lapilho, Thamaso, Chi-
tri, Trimituge, Canteriopoli o Cen-
tria, Ledra e Teodosiopoli. Tra ì
vescovi greci merita menzione il
glorioso s. Trifilii che fu presente
ai concini di Nicea e Sardica. II
primo degli arcivescovi latini di
JXicosia N. morì nel 1206, ed il
capitolo nominò successore nel 1 2 1 1
Durando tesoriere della stessa chie-
sa; ma Innocenzo III invece di con-
fermarlo elesse N. con lettera dei
19 aprile 121 3. A questi succedet-
tero Eustorgio consagrato nel conci-
lio di Laterano IV; Elia al cui tem-
po s. Luigi IX nel 1248 approdò
nell'isola; Ugo eletto nel I25r, con-
temporaneo di Germano arcivesco-
vo de' greci, il quale pure risiede-
va nella stessa città ; ma siccome i
due prelati talvolta erano in dispu-
ta tra loro, Alessandro IV ordinò
che dopo la morte di Germano, non
sarebbero più nominati altri vesco-
vi pei greci, e che quella nazione
non avrebbe che quattro vescovi
nell'isola, dipendenti dall'arcivesco-
vo latino; quindi i greci restarono
senza metropolitano del loro rito
tino alia presa deli' isola fatta dai
NIC
turchi. L'ultimo arcivescovo latino
di Nicosia fu Filippo Mocenigo no-
bile veneto, eletto nel i56o, che
fu al concilio di Trento e ne sot-
toscrisse gli atti, morto nel i5'jy,
Oriens christ. t. Ili, p. 1202. Ai
tempo degli arcivescovi latini, due
concilii si tennero in Nicosia, il pri-
mo nel i3i3, sulla disciplina; il
secondo nel i34o, sulla fede e di-
sciplina, piesieduto dall'arcivescovo
Elia. Labbc t. XI; Reg. t. XXIX;
Arduino t. Vili.
Nicosia o Leucosia, Nicosien seit
Leucosieiiy è un titolo arcivescovile
in parti bus che conferisce il Papa,
avente suffraganee Famagosta e Ne-
mesi. Benedetto XIV nel 1747 col-
la costituzione Romani Pontificis,
con raro esempio, ad istanza del
re di Sardegna e di Cipro, lo die
al cardinal delle Zitz^se, che lo con-
servò fin che visse. Per morte di
Giuseppe Rossi essendo vacante, Leo-
ne Xll nel concistoro de' 2 3 giu-
gno 1828 lo conferì a monsignor
Albertino Bellenghi camaldolese, che
deputò delegato e visitatore apo-
stolico in Sardegna, e lo celebram-
mo nel voi. XXV, p. 3i5del Di.
zionario. Gregorio XVI nel i832
fece arcivescovo di Nicosia monsi-
gnor Gio, Nicola Tanara, poi da
lui trasferito ad Urbino e al pa-
triarcato d'Antiochia, essendo stato
prima di lui arcivescovo di Leuco-
sia monsignor Antonio Ferdinando
d'Echanove-yZaldivar , nel 1826
traslato a Tarragona. Inoltre Gre-
gorio XVI nel concistoro de' 1 3 lu-
glio 1840 dichiarò arcivescovo di
Leucosia monsignor Pietro de'prin-
cipi Naselli d'Aragona palermitano,
già filippino e vescovo di Piazza.
Quanto alle missioni Nicosia è nella
giurisdizione di quella di Cipro o cu-
stodia di Terrasanta, con ospizio e
MG
collegio tli minori osservanti spa-
gnuoli, ed ospizio di cappuccini.
Sono i cattolici più di loo di di-
verso rito. La chiesa di Terrasan-
ta è pan-occhiale; vi è chiesa in
Comarciti , e cappella del conso-
lalo sardo nel villaggio della Scala,
vicino al mare.
NICOSIA (Nìcosien Herhilen).
Città con residenza vescovile nel
regno delle due Sicilie, nella pro-
vincia Valle minore di Catania, da
cui è distante i5 leghe, e 25 da
Palermo, capoluogo di distretto e
di cantone, posta sopra due alte
colline alle falde dei monti Erèi,
presso la sorgente del Simeto. Ha
molte chiese e conventi, e fa traf-
fico del suo fertilissimo territorio,
essendo ne'dintorni miniere e mol-
te sorgenti zolforose. È patria del-
l'arcivescovo e letterato Francesco
Testa, e di altri uomini illustri.
Nella città si venera s. Luca Casa-
li, ma Benedetto XIV solo lo rico-
nobbe per beato col breve Jam
pn'dem, deiS febbraio l'j^j. Cre-
desi da molli corrispondere all'an-
tica Evhila di Tolomeo o Herhita
di Cicerone, la cui origine risale
ad un'epoca remotissima; è celebre
nella storia della Sicilia per la va-
lorosa resistenza fatta a Dionigi ti-
ranno di Siracusa : altri dicono che
]\icosia ebbe origine dalle rovine di
Iltrhua. Pio VII nel i8 i6, colla bol-
la Super addilo diei^ del i 7 marzo
eresse la sede vescovile suffraganea
dell'arcivescovo di Messina, ed a' 26
giugno 18 18 dichiarò primo vescovo
Gaetano Maria Avarna di Messina,
già di Zama in parlibas. Per sua mor-
te, Gregorio XVI nel concistoro dei
23 luglio 1 844 f^ce l'odierno vescovo
monsignor Rosario Benza di s. Ca-
terina diocesi di Caltanisetta, già
visitatore della diocesi di Girgeuli,
NIC 27
La cattedrale, ottimo edifizio, è sot-
to l'invocazione di s. Nicola di Ba-
ri arcivescovo di Mira, patrono del-
la città, il cui braccio ivi si vene-
raj coi corpi de'ss. Faustino e Fe-
lice martiri, e vi è il battisterio. Il
capitolo si compone di cinque di-
gnità, essendo la maggiore 1' arci-
prete che funge l'uflìzio di parro-
co, di sedici canonici colle preben-
de del teologo e penitenziere, di
quattordici mansionari, chiamati ca-
nonici secondari, e di altri preti e
chierici. Non vi è l'episcopio, ed il
vescovo abita una casa decente. Nel-
la città vi sono altre quattro chie-
se parrocchiali, una delle quali è
collegiata basilica sotto il titolo di
s. Maria. Quattro sono i conventi
di religiosi e tre i monasteri di mo-
nache; vi è l'orfanotrofio, la pia
casa delle donzelle^ diverse confra-
ternite, l'ospedale, il monte di pie-
tà, ma il seminario a detta epoca
si desiderava. Ogni nuovo vescovo
è tassato in fiorini 533, ascenden-
do le rendile a 3ooo ducali.
NlCOTERA(iV/co^ere4 Città ve-
scovile del regno delle due Sicilie,
nella provincia di Calabria Ulterio-
re seconda, distretto a 5 leghe da
Monteleone, e i5 da Catanzaro,
capoluogo di cantone. È posta in
riva al mare e sulla destra spon-
da del Mesi ma, presso la sua foce
nel golfo di Gioia determinato dai
due capi Vaticano e Scilla. Nella
parte piti alta ha una bella piaz-
za, e diverse pur belle case, come
un bel palazzo vescovile. Fu in gran
parte distrutta dal terremoto del
1783, ed i contorni offrono ancora
tracce di questo flagello. La cattedra-
le, buono edifizio, è dedicata alla
Beata Vergine Assunta, con fonte
battesimale, essendone parrochi l'ar-
cidiacono e l'arciprete. Vi sono l'o»
a8 NIC
spedale, il monte di pietà e il se*
luinario. Neiritinerario d'Anlonino
è inenzionatu questa città del Bru-
Unni, ed è marcata sulla via Ap-
pia, fra Vibo e Malias, venendo
anche chiamata Nicodro e Meda'
ina. Edificata dai locresi, fu cele-
bre emporio di commercio. Soffri
molto dai saraceni di Tunisi, che
ne fecero schiavi gli abitanti; come
pure dai normanni, e poi dai tur-
chi. Fa copiosa pescagione, ed ha
feraci campagne.
La sede vescovile esisteva dopo il
VII secolo suffraganea dell' arcive-
scovo di Reggio, come io è anco-
ra, anzi la massa di Nicolera esi-
steva nel 600 a' tempi di s. Gre-
gorio I. Prima di questo tempo
iiorì nel SgS Proculo, vescovo di
IVicolera, Sergio vescovo di Nicotera
intervenne al concilio di Nicea li
nel 787, ma di rito greco, come
abbiamo da Commanville. Bonifa-
cio IX nel 1892 ripristinò la se--
de vescovile, ad istanza di Enrico
Sanseverino signore di Nicotera, no-
minando in pari tempo per vesco-
vo fr. Giacomo di s. Angelo nel-
l'Abruzzo Ulteriore, agostiniano in-
signe oer dottrina e uielà. Gli suo-
pe
pi e la
cessero; Pietro, e nel \l^i5 fr. Cle-
mente carmelitano di Napoli, nel
1432 Floridazio, nel i/\57. Fran-
cesco, nel i46i Pietro Balbo o Bar-
bo veneto, nel i47 i Francesco Bran-
da d'Amalfi cistcrciense, nel i474
Nicola Guidiccioni arcidiacono e no-
bile di Lucca, nel 1487 Antonio
Lucidi napoletano poi di Nicaslro,
nel 1490 Arduino Pantaleoni ca-
nonico di Capua, ch'ebbe in coadiu-
tore e nel \5\'j successore Giulio
Cesare Gennari napoletano de'conti
di Nicotera. Nel i53o successe il
fratello Princivalle, nel i^^i mori
Camillo Genaari uapoktauo, iudi
NIC
fu vescovo il fratello Giulio; nel
1573 Leonardo Liparoli di Massa
Lubronse, nel 1578 Luca Antonio
Kesla de Montagnana d' Otranto,
nel i582 Ottaviano Cf^pece napo-
letano, lodato da Clemente Vili ia
concistoro per avere offerto cospi-
cua somnja per la spedizione di
Ferrara; nel 16 16 Carlo Pinto sa-
lernitano nobile, di singoiar pru-
denza, zelo e innocenza, che si di-
stinse in beneficenza pel tristo av-
venimento in cui a'20 giugno i638
i turchi presa la città in gran par-
te la distrussero, recando schiavi
molti abitanti. Nel i645 Innocen-
zo X elesse vescovo Camillo Baldo
a lui caro e celebre nella curia ro-
mana. Nel i65o Lodovico Cento-
fiorini di Civitanova, fratello del
maestro di camera d' Innocenzo X,
in ogni erudizione eccellente e lo-
dato per altri pregi. Indi furono
vescovi, nel i65i Francesco Cop-
pola di Gallipoli, nel i658 Fran-
cesco Cribari di Cosenza, nel 1667
Gio. Francesco Biancolella d'Aver-
sa, nel 1670 fr. Francesco Arri-^
ghi siciliano de'minimi, nel 1691
Bartolomeo de Ribero spagnuolo
mercedario, nel 1703 Antonio Man-
so di Tricarico, nel 17 17 fr. Gen^
naro Mattei de'minimi della dioce-
si di Mileto, col quale nell' Italia
sacra dell' Ughelli t. IX, p. 4 '2,
si termina la serie de' vescovi. I se-
guenti sono riportati nelle annuali
Notizie di Roma. 1726 fr. Paolo
Collia de'minimi di Zaccanopoli,
della diocesi di Tropea, traslato da
Larino. 1735 Francesco de Novel-
lis napoletano. 1738 fr. Eustachio
Enlreri de' minimi della diocesi di
Cosenza, traslato da Samaria. 174^
Francesco Franco della diocesi di
Mileto, trasferito da Bitetto. 1777
Fraocesc Aatuuio Attalli della dÌQ»
NTD
cesi di Sqiiillace. 1791 dopo lunga
sede vacante Giuseppe Marra di
Beggio. Quindi Pio VII nel 1818
colla lettera De utiliori^ unì la se-
de di Nicotera a quella di Tropea
(f^edi), dovendo il vescovo portare
i due titoli. 11 capitolo si compone
di cinque dignità, decano, arcidia-
cono, cantore, tesoriere e arciprete,
ed altra; di dieciotto canonici com-
presi il penitenziere e il teologo,
mansionari ed altri chierici.
NIDARDO Gio. Everardo, Car-
dinale. Gio. Everardo Nidardo te-
desco, nato in Austria nel castello
di Falkestein, abbracciato l'istituto
della compagnia di Gesù , appli-
cossi con tutto il fervore allo stu-
dio delle lettere, dove diede chiari
argomenti di vasto ingegno, acuto,
solido e penetrante. L'imperatore
Ferdinando III lo chiamò alla sua
corte, e gli conferì l'uffizio di con-
fessore de' suoi figli Leopoldo, e
Maria Anna che sposatasi poi nel
1649 a Filippo IV re di Spagna,
lo volle seco con eguale ministero.
Introdottolo in corte, gli conciliò la
grazia del monarca, il quale volle
ch'egli avesse luogo in tutti i con-
sigli riguardanti le materie eccle-
: siastiche, e quindi determinò di no-
minarlo al cardinalato, come avreb-
be eseguito se Giovanni non lo aves-
se con grandi istanze frastornato, a
cui si unì r essere il re occupato
in gravissimi altari, sopravvenuti
quando di ciò voleva pregare il
Papa. Morto il re, fu dalla regina
goveraatrice promosso al grado di
grande inquisitore, carica che non
volle accettare senza un precetto
pontificio. Inoltre la regina lo di-
chiarò primo ministro e consiglie-
re di stato, per cui senza il di lui
oracolo non risolvevasi alcuna cosa
importante dal gabinetto. Essendo-
NID :>9
si però dai grandi di Spagna, e
molto piì^ da d. Giovanni d' Au-
stria, presa in assai sinistra parte
la predilezione che godeva della re-
gina, e la privativa direzione dei
maggiori affini della monarchia, ad
esclusione de'naturali del regno, si
eccitarono querele e sedizioni tali,
che poco mancò non iscoppiasse in
aperto tumulto. Quindi si vide la
regina costretta a moderare i suoi
favori, e dividere con altri parte
delle molte incombenze che eser-
citava jNidardo. Dopo poco tempo
la regina gli restituì l'intera sua
fiducia, e lo fece arbitro nel go-
verno del regno. Rinnovatesi le que-
rele, e temendosi una ribellione uni-
versale, la regina' al fine dovette
suo malgrado consentire che Wi-
dardo fosse mandato a Roma col
carattere d'ambasciatore, dove con-
sacrato arcivescovo di Edessa, ad
istanza della stessa regina. Clemen-
te X a'22 febbraio 1672 lo creò
cardinale prete del titolo di s. Barto-
lomeo all'Isola. Lo ascrisse alla
congregazioni del s. offizio, del con-
cilio, di propaganda ed altre^ colla
proteltoria del regno di Portogal-
lo. Finalmente dopo essere inter-
venuto al conclave d'Innocenzo XI,
morì in Roma nel 1681 d'anni 74.
Rimase sepolto nella chiesa del Ge-
sù, al manco lato della sontuosa
cappella di s. Ignazio, sotto lapide
elegantemente adorna, con breve
elogio. AbbianSiO l'opuscolo stampa-
to in Colonia nel 1687: Relation
des dìfferents entre d. Jean d'Antri-
che, et le card. Nidard.
NIDDA. Luogo d' Inghilterra
presso il fiume Nid, nel Northum-
berland. JN'el yoS vi fu celebrato
un concilio presieduto da Beroaldo
di Cantorbery, in cui i vescovi in-
glesi si riconciliarono con s. Vilfii-
3o NID
do di York. Regia t. XVII; LablK-
t. Vii Arduino t. Ili; Augi. t. I.
KIDROSIA o DIIONTUEIM .
Città già arcivescovile della Norve-
gia, capoluogo di diocesi e del ba-
liaggio di Drontheioi meridionale,
air imboccatura del JNid-elv, laddo-
ve mette foce in un lungo e stret-
to braccio di mare, a 90 leghe da
Cristiania. È sede di un vescovo
luterano e residenza d' un governa-
tore. È cinta di mura ed era dife-
sa da due forti ora in rovina, cioè
Cbristiansbolm fabbricato nel 1680
sopra un'altura presso la città, e
Munkholm posto nell'isola di tal
nome. Gli editìzi più considerabili
sono il palazzo del governatore,
1' edifìzio della società delle scienze
che contiene la scuola cattedratica,
come pure una bella biblioteca ed
un gabinetto di storia naturale ; la
chiesa cattedrale, che arse nel i53o,
sotto r invocazione del re s. Olao
li martire, ove si venerano le sue
reliquie^ che prima attiravano un
gran numero di pellegrini. È ri-
marcabile per la sua bella archi-
tettura gotica; quivi i re di Nor-
vegia erano incoronati, e nel 18 18
anche il re Carlo Giovanni vi si
fece incoronare come re di Nor-
vegia. Vi è un grande ospedale
con chiesa, il seminario, molte scuo-
le elementari, orfanotrofio, casa di
correzione con fabbriche, le quali
sono altresì nell' ospizio de' poveri.
Ha belle strade e piazze ; è ben
fabbricata, ma in legno. 11 porto è
sicuro e comodo, ma l' ingresso vi
è pericoloso. Questa città è il prin-
cipale mercato di tutta la Norve-
gia settentrionale, non che d' una
parte della Svezia, perchè floridis-
sima. I suoi dintorni sono pittore-
schi e sparsi di belle case di cam-
pagna ; sono anche abbelliti dalle
NID
cascate del Leer-Fossen e dai laghi
di Josvandet. Il nome di Dron-
theim o Trondhiem, JVìdrosìa, de-
riva dalla circonvicina contrada ,
così chiamata anticamente, di cui
gli abitanti ebbero il nome di Tròu-
der. Fu fondata questa città nel
997 dal re Olao 1, e fu la resi-
denza degli antichi regoli della
Norvegia, e poscia degli arcivescovi
cattolici, eh' estendevano la loro
giurisdizione ecclesiastica su tutta
la Norvegia [Vedi). Decaduta dal
suo antico splendore, quando in
progresso di tempo i viceré di Nor-
vegia fecero a Bergen il loro ordina-
rio soggiorno, fu quindi molto dan-
neggiala dal fuoco nel i522, i65o e
168 1. Presa dagli svedesi nel i658,
ripresa dai danesi l' anno stesso,
ne fu loro confermato il possesso
col trattato di Copenhagen nel
1660. Nel 1719 un corpo di sve-
desi che volevano attaccar la città
perì nelle nevi delle montagne
che separano la Svezia dalla Nor-
vegia.
La sede vescovile di Nidrosia fu
eretta nel secolo X. Il vescovo
Grimkele nel io3i seppellì nella
cattedrale con culto di martire il
re s. Olao II di Norvegia, e fu di-
chiarato suo patrono ; essa fu ri-
fabbricata con una magnificenza,
che divenne la gloria di tutto il
Nord. Mentre Nidrosia era capitale
della Norvegia, il cardinal Brack-
speare legato pontificio di Euge-
nio III, poi fatto Papa col nome
di Adriano IV, nel secolo XII e
nel II 48 l'eresse in sede arcive-
scovile e metropolitana, cessando
così l'arcivescovo di Lundeii [Vedi)
di aver soggetta alla sua giurisdi-
zione metropolitica la Norvegia. A
Nidrosia furono assegnati per suf-
fraganei i seguenti vescovati. Ber-
NID
gen, Bergae, eretto nel secolo XT.
Ansio, Ansloa^ eretto nel secolo XI,
poi trasferito a Cristiania. Ham-
niar, Hammaria^ instituilo nel se-
colo XI ed unito ad Ansio. Slaffan-
ger, Staffangrìa^ fondato nel secolo
XI. Hola, Holamense, in Islanda,
eretto nel secolo X. Groenlandia ,
Groenlandensey nelT isola, fondato
nel secolo XI, con residenza a Beat-
fort, soppresso nel XIII. Schalhot,
Scalcliota^ nell'Islanda, eretto nel se-
colo X. Così li registra Com man-
ville, Hist. de tous les ardi, et éves.
11 p. Mirco, Notitìa epis. vi aggiun-
ge il vescovato di Sodre, Sodren-
sis vel Iiisulaiius^ e che altri vesco-
vi suffraganei furono quelli delle
isole Orcadi, dalla Norvegia poi ce-
duto alla Scozia, e cita Alberto
Crantzio, Sarmatiam. Enrico vesco-
vo di Stavanger o di Stregnes fu
eletto dal capitolo all' arcivescovato
di Dronlbeim o Nidrosia, a secon-
da dei consigli del morienle arci-
vescovo Eystein. Enrico essendo
della famiglia reale di Norvegia, per
le sue pretensioni al trono mosse
guerra a Suero o Suerrero, che
l'avea occupato nel i i85. L'arci-
vescovo si ricusò di coronare il re,
e quando questi l' invitò a scema-
re il numero de' suoi armati e di
non tener più alcuna militare ma-
rineria, si rifugiò presso l'arcive-
scovo di Lunden, ed ambedue por-
taronsi in Roma a far le loro do-
glianze, onde fu Suero scomunicato.
Nel 1202 succedutogli il figlio A-
quino IV, reintegrò i vescovi, se-
condo r ordine paterno, dei gra-
vami da lui esercitati, ed ottenne
che Enrico, divenuto cieco, levasse la
scomunica fulminata già contro il
re e i suoi consiglieri. Ciò saputosi
da Innocenzo III, fece gravi rimpro-
veri air arcivescovo e sutfraganei,
NIG 3f
non potendo che la santa Sede as-
solvere i da lei anatematizzati.
Nel i52 3 al detronizzamento di
Crìstierno II e assunzione al trono
di Federico I, in Norvegia meglio si
consumò la così delta riforma re-
ligiosa, allo scopo di usurpare i
beni delle chiese, come altrove.
Lorenzo ed Olao Petri discepoli di
Lutero vi propagarono con ener-
gia i loro errori, che furono fataU
mente seguiti, favoriti e predicati,
anche dai giovani svedesi e danesi
reduci in patria dagli studi fatti in
Germania, ove il luteranismo già
era slato abbracciato e insegnavasi
con sommo ardore. In tal modo
caddero in aberrazione religiosa i
popoli de' tre regni del Nord. Cri-
stierno II che pel primo avea se-
guito la riforma, con atroci cru-
deltà la propagò, e voleva far bru-
ciar vivo Erico Valchendorp arci-
vescovo di Nidrosia, primate di Nor-
vegia, perchè lo avea ripreso delle
oscene sue tresche, per cui Erico
solo trovò scampo con pronta fu-
ga in Pioma. Allora il re s* impos-
sessò delle sue sostanze, confiscan-
do i beni patrimoniali e le pro-
prietà della sede arcivescovile, del
capitolo metropolitano e degli altri
ecclesiastici, che in barbari modi
straziò, restando soppressa 1 illustre
sede metropolitana di Nidrosia e
quelle de' suffraganei, e bandito il
cattolicismo.
NlGELLI Ridolfo, Cardinale. Ri-
dolfo pisano secondo Panvinio e Ciac-
conio, o veramente dell'illustre fa-
miglia di Nesle, come vogliono Fri-
zonio ed Aubery, insignito col ti-
tolo di maestro, fu da Lucio HI nel
II 83 o ii84 creato cardinale dia-
cono di s. Giorgio in Velabro, e poi
da Clemente III nel ii88 dichia-
rato prete del titolo di s. Prassede.
Si
NIG
Ad eminente dottrina seppe congiiin*
gere singolare integrità di vita, siti-
cela e costante pietà verso Dio. Segui
Lucio III nel viaggio a Verona, e
trovossi fra gli elettori di Urbano
111, Gregorio Vili e Clemente III,
nel cui pontificato passò a Q<iglior
vita nel i 190.
NIGRIZIA. Contrada interna bo-
reale dell' Africa , composta di un
gran numero di regni o paesi, con
montagne e rainiere, i cui abitanti
professano il maomettismo, il cui
colore nerissimo die il suo nome
fra gli europei alla regione. Diffe-
rendo da quasi tutti gli altri negri
che sono divisi in piccole tribù,
formarono alcuni stati considerabili
con governi assai regolari, il piti
possente è quello de' Feiani, popo-
lo di color bronzino carico, che si
collega di rado coi Negri (J^edi).
Gli abitanti della Nigrizia sono più
industriosi che i negri delle coste.
La Nigrizia corrisponde in parte
all'interiore Edopia [Fedi) degli
antichi, i quali ne avevano nozioni
incerte. Nel XV secolo i portoghesi
pei primi le somministrarono; nel
secolo seguente die preziosi schia-
rimenti Leone V africano ; alla fine
del XVIII e principio del XIX due
coraggiosi ma sfortunati inglesi ,
Browne e Mungo-Park esplorarono
le parti orientali e il corso del
Biali-ba. Nel 1824 tre viaggiatori
della stessa nazione, Oudney, Den-
ham e Clapperton gettarono una
gran luce sulla geografìa del cen-
tro ; ed il viaggiatore padovano Bel-
zoiii ci lasciò importanti notizie di
questi paesi. Finalmente il france-
se Caillié ed altri fecero nuove sco-
perte. Le immense regioni de' ne-
gri comunemente dai geografi si
dividono in quattro parti assai dis-
eguali, chiamate Soudan, Senegam-
NTG
Ma, Guinea e Congo ; secondo it
Balbi potrebbero essere ripartite in
tre grandi contrade geografiche, da
nominarsi Nigrizia occidentale, cor-
rispondente alla Senegambia, Nigri-
zia centrale, che comprenderel)be
il Soudan e la Guinea, e linaluien-
te Nigrizia meridionale, che com-
prenderebbe il Congo. Vi si tro-
vano circa un migliaio di stati; gli
abitanti in generale sono presso-
ché selvaggi e immersi nella super-
stizione.
La religione cattolica non vi
conta molti seguaci , ed ecco le
missioni o stabilimenti cattolici che
vi si trovano, secondo le ultime
notizie. Possessioni e stabilimenti
francesi del Senegal nella Sene-
gambia. Queste sono divise in due
distretti : i." distretto di s. Luigij
che comprende l' isola di s. Luigi,
quella di Babaguè, Safar e Guim-
bar formate dal Senegal, ed i va-
ri stabilimenti su questo fiume;
2." distretto di Gorea, che compren-
de, oltre quest'isola, tutta la costa
della baia d' lof fino alla Cambia. La
missione a richiesta del re di Fran-
cia fu fondata nel 1765, e fu aflidata
ai religiosi francescani recoUetti, dai
quali passò ai preti secolari. La pre-
fettura apostolica del Senegal ora è
amministrata dai sacerdoti del semi-
nario delle missioni di s. Spirito di
Parigi. Eranvi due curati compreso
il prefetto, due chiese in s. Luigi e
in Gorea, due ospedali, una scuola,
due case e quattordici religiose di s.
Giuseppe. Guinea settentrionale e
vicariato apostolico della Guinea
superiore e inferiore, eretto da Gre-
gorio XVI nel 1B42. Si estende a
tutta la Guinea, alla Liberia, alla
colonia del JVlayriland, Capo Pal-
mas ec. Lo stesso Papa nel i844
nominò vicario apostolico monsignor
Eduardo Barron vescovo d* Eacar-
pi a, cui fece succedere monsignor
Benedetto Truffet. Vi sono più di
dodici cappuccini e diversi preti ir-
landesi. Monrovia capitale" del capo
Mesurado detto Liberia, prese tal
nome da Monroe presidente degli Sta-
ti-Uniti, sotto i cui auspicii si e-
manciparono gli schiavi nell'America
meridionale, ivi trasportati nel 1882
in circa 2000 compresi i cattolici,
essendovi nella Liberia libertà di
culto. Congo, Angola e Benguela.
Congo è regno nella bassa Guinea,
con s. Salvatore per capitale. An-
gola è regno del sud del Cóngo^
con s. Paolo per capitale. Una se-
de vescovile fu eretta da Clemen-
te Vili in s. Salvatore, e la imi a
quella ò* Angola (P^edi), i di cui
vescovi fissarono poi la residenza
in s. Paolo di Loango, ossia la ca-
pitale del regno di Angola. Questa
diocesi comprendeva i regni di Con-
go, Angola e Benguela con altri
stati. Nel i832 vi era un vicario
capitolare con quattro canonici e
l'arcidiacono; questo capitolo do-
mandò r uso del rocchetto e la fa-
coltà di celebrare in paramenti pon-
tificali nelle maggiori solennità. Del-
la cattedrale di s. Salvatore, appe-
na si vedono gli avanzi ; è incerto
se sussista quella di s. Paolo ; in-
vece evvi ancora la sede vescovile
iV Angola, e Gregorio XVI nel 1 844
la tolse dalla giurisdizione di s.
Salvatore del Brasile e dichiarò suf-
fraganea di Lisbona, indi a' 16 a-
prile 1846 fece vescovo monsignor
Sebastiano Gomes de Lemos car-
melitano scalzo della diocesi di A-
•veiro. Ne' tempi passati vi erano
molli missionari cappuccini, stabiliti
sino dal 1674 la prima volta, che
vi avevano una prefettura aposto-
lica, molti conventi ed ospizi. La fe-
VOL XLVIII
NIL 33
de nella bassa Guinea vi fu por-
tata nel i5oo da un prete porto-
ghese, che nella città di s. Salva-
tore vi battezzò il re e la famiglia
reale. Ad Africa, a Portogallo, a
Congregazione di Propaganda, a
Missioni pontificie ed altri artico-
li vi sono analoghe notizie. Nico-
lò V, Paolo V, Urbano Vili, Cle-
mente XI ed altri Pontefici furono,
oltre Gregorio XVI, benemeriti di
queste missioni : Paolo V ricevette
un ambasciatore del re di Congo (di
cui feci parola nel voi. XII, p. 122),
ed a questi Clemente XI mandò
scettro e corona . Sotto Urbano
VIII nel i6.à4 a nome del re pre-
stò obbedienza alla santa Sede
monsignor Vives segretario di pro-
paganda, quale ambasciatore depu-
tato dal re.
NILAMMONE (s.), detto il Rin-
chiuso. Viveva nel V secolo, ritira-
to in una celletta vicina a Pelusio
nell'Egitto. La città di Geres a-
vendolo eletto a suo vescovo, egli
addusse tutte le ragioni che la sua
umiltà suggerivagli, per esentarsene,
e ricorse alle lagrime per muovere
in suo favore Teofilo patriarca di
Alessandria che avealo giudicato
degno deirepiscopato. Ma tutto riu-
scendo inutile, si volse con confi-
denza a Dio, e Io pregò di levar-
lo di vita, più presto che permet-
tere che gli fosse imposto un tale
formidabile carico. La sua preghie-
ra fu esaudita, poiché morì prima
d'averla interamente finita. Il suo
nome è notato ai 6 di gennaio nel
martirologio romano.
NILO (s.), anacoreta. Visse tal-
mente sconosciuto al mondo nel
suo ritiro, che non si sa quale ma-
niera di vita menasse egli nel de-
serto; e tutto quello che sappiamo
di questo padre della Chiesa, »i
3
34 NIL NIL
riduce ad alcune circostanze gene- avea allora ciiiquanf'anni. Ritorna-
rali. È comune opinione che fosse to col (ìglio nel deserto, morì, in
originario di Ancira nella Galazia; età assai avanzata, sotto il regno
e si può giudicare da' suoi scritti dell'imperatore Marciano. Non si
ch'egli avesse ricevuto un'ottima e- sa Tanno, né le circostanze della
ducazioae. Sarebbe difficile stabilire sua morte, e neppure di quella di
il tempo in cui scelse a maestro Teodulo. Le sue reliquie furono
s. Giovanni Crisostomo: sembra trasportate dal monte Sinai a Co-
che ciò dovesse essere in Antiochia, stantinopoli, sotto il regno di Giu-
ove potè trarlo la riputazione del slino il Giovane, e deposte nella
santo dottore, quand'egli ebbe ri- chiesa degli Apostoli, a detta di Ni-
nunzialo al mondo. S. Nilo sposò ceforo e de' menci. La sua festa è
una donna degna di lui, e n'ebbe segnata il 12 novembre. Ecco i ti-
due figli. Ebbe la carica di prefet- Ioli delle opere di s. Nilo. i. Trat-
to o governatore di Costanlinopo- tato della vita monasticay ordinaria-
li ; ma i vizi che regnavano nella mente appellato V Ascetico. 1. Trat-
corte di Arcadio, lo disgustarono tato della pratica della virtù e dd-
del mondo, per cui risolse di ab- la fuga dei vizi^ altrimenti detto
bandonarlo. Sua moglie acconsentì Peristeria. 3. Trattato della pO'
al suo ritiro, ed egli lasciò a lei i'ertà volontaria^ eh' è una conti-
nua figlia, e menò seco il figlio nuazione dell' Ascetico. 4* Della
Teodulo nel deserto di Sinai, ver- preferenza che si deve dare alla
so l'anno 890. Colà praticarono in- vita eremitica. 5. Trattato ad Eu-
sierae gli esercizi della più perfet- logio. 6. Trattalo sugli otto spìriti
ta vita monastica. S. Nilo impiegò della malizia. 7. Trattato dell'ora-
il tempo che gli sopravanzava nel- zione, 8. Trattato dei cattivi pen-
lo scrivere diverse opere, che sono sieri. 9. Cinque raccolte di Sen-
im monumento dell'eminente sua tenze ; ma non è certo che siano
santità e della sua rara eloquenza, opera di s. Nilo. io. Un sermone
per cui gli antichi lo avevano in sulle parole di s. Luca: Quegli vi le
grande stima. Egli veniva consuU ha una bisaccia o una borsa la
tato da ogni parte, per l'alto con- prenda^ ec. ii.\)^\\fi Sentenze, c\ìq
cetto che aveasi della sua santità, trovansi nel t. Il della Biblioleca
Avendo i saraceni trucidato un gran de'padri, e che il Suarez, il quale
numero di monaci nella solitudine fece stampare a Roma nel 1673
di Sinai, rapirono Teodulo, e lo le opere di s. Nilo, non ha credu-
menarono seco con altri prigionie- to d'inserire nella sua edizione, co-
ri. S. Nilo, non trovando il figlio, me jiieppure il trattato seguente. 12.
andò a cercarlo per ogni dove, e Dell'uccisione dei solitari di Sinai
Tenne egli stesso a cadere nelle ma- e delia cattività di Teodulo. 1 3.
ni dei barbari, che gli resero su- Discorsi sulle feste di Pasqua e
bito dopo la libertà. Da ultimo dell' Ascensione. \^. Un gran nu-
trovò Teodulo ad Eleusi, ch'era mero di Lettere: il p. Pietro Pous-
stato riscattato dal vescovo di quel- sines ne. pubblicò 335 a Parigi nel
]a città, il quale fu oltremodo lie- j(>57, e Leone Allacci ne fece
to di renderglielo; ma costrinse s. stampare un numero assai maggio-
Nilo a lasciarsi ordinar piete: esso re a Roma itfl 1668. Vi sono al-
NIL
tri scrìtti attribuiti a s. Nilo, ma
che non sono di lui.
NILO (s.), il Giovane. Di origi-
ne greca, nacque a Rossana in Ca-
labria nel 910 : ebbe nel battesi-
mo, il nome di Nicolò,, ma prese
quello di Nilo nella sua professio-
ne religiosa. Mostrò fino dall' in-
fanzia molto fervore, e fece grandi
progressi nelle lettere divine ed u-
mane. Legatosi allo stato matrimo-
niale, continuò tuttavia ad atten-
dere alle pratiche di pietà ; ma
raffreddatosi in lui il primiero fer-
vore, a poco a poco contrasse de-
gli abiti vrziosi. Rimasto vedovo,
conobbe il pericolo di questo suo
stato, laonde deliberò di ritirarsi in
un monastero, e scelse quello di
Rossana, ove si votò solennemente
al Signore, essendo allora in età
di trent' anni. Visitò in appresso
vari monasteri, e poco dopo aver
preso l'abito nella badia di s. Mer-
curio, ritirossi in quella di s. Na-
zari© detta poi di s. Filarete. Qui-
vi egli portò ad alto grado di per-
fezione l'obbedienza, l' umiltà, la
mortificazione dei sensi e la con-
templazione; e in capo a qualche
anno ottenne il permesso di andar
a vivere in una foresta vicina, e
di porre la sua dimora in un ro-
mitaggio attinente ad una piccola
cappella di s. Michele. Colà rice-
vette in seguito dei discepoli, se-
guendo la regola di s. Basilio, e
divenne ben presto celebre per le
sue predizioni e miracoli. Avendo
r imperatore Ottone III cacciato da
Roma Filagato vescovo di Piacenza,
già fatto antipapa dal senatore
Crescenzio, s. Nilo si recò a inter-
ceder grazia per lui, pregando l'im-
peratore di non obbliare nel casti-
garlo il carattere di cui era rive-
stito. Ottone IH lo ricevette con
NTL S')
dimostrazioni di rispetto, e gli pro-
mise di aver riguardo alle sue rac-
comandazioni. Essendo dipoi l' im-
peratore andato a visitare s. Nilo
nel suo monastero, che non era se
non un' unione di povere capanne,
gli offerse un luogo per fabbricar-
ne un altro, promettendogli di do-
tarlo, e lo invitò a domandargli
ciò che più gli piacesse ; ma il
santo non approfìllò delle sue of-
ferte, come non volle accettare il
vescovato di R.ossana, né dar retta
alle inchieste che gii vennero fatte di
recarsi alla corte di Costantinopo-
li. Dilatandosi l'invasione e i gua-
sti de' saraceni nella Calabria, s.
Nilo si ritirò co' suoi monaci a
Monte Cassino. L'abbate Aligerno
lo accolse in modo onorevole, e
qualche tempo appresso gli donò
il monastero di Val di Lucia; ma
s. Nilo lo lasciò poco dopo, perchè
questo luogo non gli pareva abba-
stanza solingo. Passati dieci anni
nel monastero di Serperi posto sul-
la riva del mare, si trasferì co'suoi
discepoli al Tusculo, e sì pose nel
romitaggio di s. Agata, ove mori
nel ioo5, in età di novantacinque
anni, modello di perfezione ai suoi
religiosi, di cui non volle mai ar-
rogarsi l'autorità di superiore. Le
sue reliquie furono portate a Grot-
ta ferrata, ove fu trasferita ezian-
dio la sua comunità ; e la sua fe-
sta ci celebra il 26 di settembre.
NILO o EL-NIL. Sede vescovile
di Babilonia nella diocesi de' cal-
dei, unita alle chiese di Naamania,
di Naphac e di Badraia. Ne furo-
no vescovi N. che trovossi all'" ele-
zione del cattolico Elia I, Marès che
fu a quella di Ebedjesu, Emmanue-
le consagrato dal cattolico Elia II,
e Giovanni del secolo XI H. Oriens
christ.tlì, p, 1328.
3G WIM
NILOPOLI, NilopoUs, Sede ve-
scovile d'Arcadia, nel patriarcato di
Alessandria , eretta nel IV secolo.
Nilopoli o città del Nilo è situata
nell'interno dell'Egitto, e anticamen-
te chiamavasi Pousìri o Bousirì^ e
venne dai greci nominata Nilopoli
per la venerazione particolare che i
suoi abitanti avevano pel Nilo, cui
consagrarono un magnifico tempio.
Ne furono vescovi Cheremone, Teo-
ne, Adelfio, Eusebio, Pietro, Miche-
le, ec. Oriens chrìst. t. I, p. 587.
Nilopoli, Nilopolìeriyè un titolo ve-
scovile in partibus che conferiscono
i Papi, e Gregorio XVI a' i4 giu-
gno i833 vi nominò monsignor Ste-
fano Rouchouze, che pur fece ve-
scovo vicario apostolico dell'Oceania
orientale.
NIMBO, Ninibas. Cerchio o or-
namento del capo, rotondo, in for-
ma di splendore circolare , che si
inette alle sacre Immagini (P^edi)
di Gesù Cristo, della Beata Vergi-
ne e de' santi ; è segno di santità
e culto ecclesiastico dato a' servi di
Dio. A Diadema, ne dicemmo il si-
gnificato, e parlammo de' raggi po-
sti sui capi di dette immagini. Ne
trattammo ancora ad Aureola, cir-
colo o corona di luce , simbolo di
perfezione. P^. Corona. La corona
radiata deve la sua origine al nim-
bo, col quale si rappresentavano gli
dei. Si ornavano le statue del Soie
con simili corone, a cagione della
eccellenza della sua luce; se ne ador-
navano pure le statue di Giove, e
si rappresentavano le divinità e i
discendenti del Sole col capo radia-
to. Il nimbo fu usato dapprima da^
gli egizi per rappresentare il sole
che tanta luce da sé tramanda, e
altre deità : dagli egizi passò questo
costume ad altri popoli. Il sole es-
sendo eterno e il benefattore del
NIM
mondo, la corona mdiata è diven*
tata il simbolo dell'eternità e della
potenza protettrice e benefattrice ,
secondo alcuni scrittori. I romani
ornarono del nimbo Apollo ed altri
numi; indi si adoperò, come molte
altre cose, ch'erano proprie e riser-
bate agli dei , per adornar le teste
di certi gran personaggi tenuti dai
gentili per dei ancor viventi. Alcu-
ni re dell'oriente furono i primi ad
appropriarsi la corona radiata, per-
chè si paragonavano al sole per l'e-
ternità della potenza loro, come lo
attestano i loro medaglioni. Cesare
fu il primo presso i romani , che
ottenne la corona radiata, la quale
aveva d'ordinario dodici raggi, per-
chè come simbolo del sole, e per-
chè questi raggi indicano il numero
de' segni del zodiaco e de' mesi.
Dipoi si usò dagl'imperatori e dalle
imperatrici. Né quest'uso venne me-
no col mancare l'idolatria, perchè
fu anche ritenuto da alcuni impe-
ratori greci, come ne fan fede le
monete dopo Costantino; quindi si
dà luogo a credere che i fedeli o
apprendessero questo rito dai gen-
tili, oppure dalle sagre carte , nelle
quali non mancano esempi, che i
volti de' servi di Dio apparissero
alcune volle circondati di splendo-
re e di luce; e considerassero da
prima il nimbo per un mero ador-
namento di maestà e di religione,
poiché i pittori cristiani seguitaro-
no a porlo nelle figure de' principi
e di alcun'altre persone di singoiar
qualità, nello stesso tempo che ne
fregiarono le immagini del Salva-
tore, indi degli angeli, poi degli e-
vangelisti e de' loro animali , ap-
presso degli apostoli, e finalmente
di tutti i santi, come può vedersi
nella Roma sotterranea di Arringhi,
nei Monumenti antichi del Ciam-
N l M
pini, nel Menologio di Basilio, ed
in altri libii ; finalmente nel secolo
Xll divenne esclusivamente univer-
sale nelle sacre immagini, solo de- .
cerandosi i Papi e altri personaggi
viventi, anche prima di tal tempo,
colla corona quadrata, di che te-
nemmo proposito ne' citati articoli,
e si riserbò come un distintivo del
loi'o capo. Il Macri, verbo Ninibus^
dice che questa parola propriamente
significa una fascietta tessuta con
oro, con la quale le donne lega-
vansi la fronte, come scrisse Arno-
bio ; e meglio quel diadema o cer-
chio che si pone in testa ai santi.
Si osserva che il Giotto dipingendo
la Cena del Signore nel monastero
di Pomposa, si vede Giuda col nim-
bo come gli altri apostoli, perchè
il nimbo non solo fu usato come
segno per esprimere Iq santità, ma
a nelle la dignità della persona. An-
che il re Erode e altri tiranni si
vedono in alcuni monumenti ornati
col nimbo. Il Buonarroti ne' Fetri
antichi lo chiamò diadema, ma il
Borgia aggiunge inipropri amente, e
ne dà le erudite ragioni nelle Me-
morie t. I, p. 259, e nella Vaticana
Confessio p. 117. Altre illustrazio-
ni del nimbo e sua origine si posso-
no leggere nel Donati, Dittici sacri e
profani p. 193 e seg.; nel p. Lupi,
Dissertazioni, t. I, p. 245 e 246; e
nel Marangoni, Delle cose gentile-
sche trasportate ad uso delle chiese
p. i4o e seg., e p. 120 e seg., ove
parla delie diverse specie delle an-
tiche corone e loro uso.
ìNIMEGA, Novioniagus. Cìii'd for-
te della provincia di Gueldria nei
Paesi-Bassi, capoluogo di circonda-
rio e di cantone sulla sinistra del
\Vhaal, a 2(^ leghe da Amsterdam.
E piantata su cinque colline, in un
paese pittoresco, con buone fortifi-
NIM 37
cazioni. Nel palazzo della città, bel-
lissimo edifizio, si vedono i ritratti
degli ambasciatori delle potenze che
vi segnarono a* io agosto 1678 il
celebre trattalo di pace, perciò detto
di Nimega, e di cui fu benemerito
Clemente X per averla provocata
col suo zelo, tra la Spagna, l'Olan-
da e la Francia, a cui ivi accedet-
tero l'impero nel 1679 a' 5 feb-
braio colla Svezia, leggendosene gli
articoli nel t. II del Teatro della
pace. Fra le chiese si distingue quel-
la di s. Stefano. È patria di di-
versi uomipi illustri. Le sue anti-
chità romane provano la sua vetu-
stà. Nel IV secolo era già impor-
tante, e fu compresa nel regno di
Austrasia. Nimega ottenne molti pri-
vilegi dagl'imperatori tedeschi e fu
nel numero delle città anseatiche.
Vi dominarono gli spagnuoli ed i
francesi, finché si riunì agli olan-
desi. NeU'BSo vi fu tenuto un con-
cilio, in cui Gesseo vescovo d' A-
mieus vi fu deposto per essersi di-
chiarato uno de' capi della ribellio-
ne contro Timperatore Lodovico 1.
Diz. de' conc.
NIMES {Nemausen). Città con re-
sidenza vescovile in Francia, capo-
luogo del dipartimento del Gard a
23 leghe da Marsiglia, presso la
destra della Vistre. E sede di corte
reale, di tribunali di prima istanza
e di commercio e d'altre autorità»
Situata sotto un cielo- puro e sere-
no, è in una pianura deliziosa al
piede di molte coltivate colline. La
città propriamente detta è cinta di
baluardi sostituiti agli antichi ba-
stioni che la dividono dai sobbor-
ghi, i quali sono grandi almeno
quanto la città. I principali edifizi
sono il palazzo di giustizia, l'ospe-
dale, il teatro, la chiesa del colle-
gio, la cattedrale dedicala alla Bea-
38 NIM
ta Vergine con batlisteno di recen-
te ricostruzione, giù tempio sacro
ad Augusto, che rinchiude le tom-
be del suo vescovo Flechier e del
cai'dinal de Bernis, mentre il cuore
e le viscere di quest'ultimo sono nel
deposito di s. Luigi de* francesi in
Koma ; vicino alla cattedrale vi è
ampio episcopio. Vi sono cinque chic
se parrocchiali col fonie sacro, non
che monasteri di religiose e ospedali,
confraternite, grande e piccolo semi-
nario. Nimes possiede un'accademia
universitaria, collegio reale, scuola
di disegno, accademia reale del Gard,
gabinetto di storia naturale , corso
di chimica applicata alle arti, pub-
blica biblioteca con circa ii,ooò
Tolumi ; società di agiicoltura , di
medicina e biblica j commissione di
monumenti antichi, casa di deten-
zione con officine di lavoro. Essen-
zialmente manifatturiera, considera-
bile è il commercio , ed il centro
di queHo di molte parti. Si osser-
vano pure i pubblici lavatoi e be-
veratoi, ed i magnifici passeggi dei
baluardi e de' corsi , oltre la spia-
nata. La fortezza eretta da Luigi
XIV serve al deposito della men-
dicità. Dopo Roma e qualche altra
città, Nimes è forse la città d'Eu-
ropa che conserva in maggior nu-
mero de' monumenti della grandez-
za romana, che nella maggior parte
si credono ordinati dai due Anto-
nini, in segno d'affetto al luogo di
cui erano originari. Fra gli altri vi
si trova la cosi detta casa quadra-
ta, antico tempio eretto da Adria-
no, della forma di un lungo qua-
drato isolato, decorato di 3o colon-
ne e restaurato da Luigi XIV, e di
nuovo nei 1820, in cui vi si stabili il
museo detto di Maria Teresa. L'an-
fiteatro chiamato le Arene , circo
maestoso, composta di due Illa d'ar-
NIM
cale una «opra l'altra, formate di
enormi massi di pietra mirabilmen-
te a. secco, monumento imponente
con quattro porte. La fontana di
Diana, le cui acque formano una
piccola riviera rinchiusa in un bel ca-
nale in pietra, fiancheggiata d'alberi:
essa alimentava i magnifici bagni ri-
parati nel 1774? che per le pianta-
gioni che li circondano, ne fanno
un luogo delizioso. Il vicino tem-
pio di Diana, estremamente danneg-
giato. La torre Magna, bella rovina
fuori della città sopra una collina,
che forse servì di Faro. In molti
luoghi si trovarono bellissimi mu-
saici, antichità ed un gran numero
d'iscrizioni greche e latine. Vedasi
r Hìstoire abrégé de la ville de Ni-
rnesy Amsterdam 1767. Nimes fu
pure patria di Domizio Afer mae-
stro di Quintiliano, di Giovanni Ni-
col medico che portò il tabacco in
Francia nel 1^59, di Dorthez na-
turalista, del teologo Cassaigne, del
dotto Gio. Battista Cotelier, di Gio-
vanni Fabre calvinista che volle su-
bire sei anni di galera pel padre
condannato per aver clandestina-
mente abbracciato la riforma, di Sa-
muel Petit, di Giacomo Sauiin, di
Court de Gebelin, di Rabaud s. E-
tienne deputato alla convenzione, e
di altri.
Nimes o Nismes si presume che
debba la sua origine ai focesi della
Jonia, che fondarono Marsiglia, sem-
brando confermare una tale opinio-
ne i greci epitaffi quivi ritrovati j
essi l'occuparono per circa quattro
secoli. E certo, che al tempo in cui
Fabio Massimo la conquistò pei ro-
mani, essa chiama va si Neniausus ed
Urbs Volscoruni Arecomicorunif es-
sendo allora capitale dei volsci are-
comici, ciò che fa credere che questi
popoli l'avessero conquistata sui suoi
NIM
fondatori qualche tempo prima dei
romani. Diversi antichi marnir e
"varie iscrizioni attestano che i ro-
mani vi mandarono delle colonie ,
ed anzi varie medaglie assicurano
che fosse una colonia di soldati, i
quali Augusto aveva ricondotti dal-
l'Egitto, dopo la conquista di quella
provincia. Fu governala dai consoli
e decemviri, che l'abbellirono d'una
quantità di bei monumenti; eranvi
degli edili come a Roma, un se-
nato de' decurioni , un collegio di
sacerdoti ed un tempio dedicato ad
Augusto. Convien però dire che que-
sta città seppe sottrarsi a questa
nuova dominazione, se si osserva
che fu nel numero delle SSy città
che conquistò Pompeo nelle sue spe-
dizioni dalle Alpi sino alle ultime
estremità della Spagna. Quando crol-
lò l'imperio sotto Onorio ed Arca-
dio, la città di Nimes cadde fra le
mani de' goti nel V secolo , dopo
essere stata per circa 5oo anni sot-
to la potenza de' romani. Nel VI
secolo i visigoti se rie impadroniro-
no, e neU'Vlil passò sotto il giogo
de' saraceni, che con altre piazze, e-
gualmente che Nimes da essi dan-
neggiale, conservarono per circa ven-
l'auni, finché furono scacciati da Pi-
pino il Piccolo. Fu in seguito go-
•vernata dai visconti sotto l'autorità
de' duchi di Seltimiana, e se ne re-
sero padroni nel X secolo. Raimon-
do di Tolosa ne usurpò l'alto do-
niinio, ed i re d'Aragona sì attri-
buirono in progresso Io stesso di-
ritto su questa città e sul territo-
rio; ma Giacomo 1 d'Aragona vi
rinunciò a favore di s. Luigi IX per
una transazione del i258. Nel iSoq
il Papa Clemente V l'onorò di sua
presenza , accompagnato da nove
cardinali, recandosi da Montpellier
ad Avignone per stabilirvi la resi-
NIM 39
denza pontificia. Nel i/m7 ^^ presa
dal principe d'Orange, comandante
di un'armata inglese, ed in tal in-
contro fu rovinato il suo bel anfi-
teatro. Il tempio innalzato dai cal-
vinisti sussistè fino al i685, in cui
fu demolito per ordine di Luigi XIV
appena riconquistata la città. Nel
secolo XVI il calvinismo gettò pro-
fonde radici, e fu Nimes per lun-
go tempo il teatro delle guerre di
religione le più sanguinose, e cru-
deli reazioni vi acca dettero nel 1791
e i8i5.
La sede vescovile fu eretta ver-
so il 4? 3 néìa. prima Narbonese
nella bassa Linguadoca, suffraganea
di Narbona; indi nel 1694 fii dis-
membrata per formare la diocesi
di Alais, e fatta suffraganea d'Avi-
gnone, di cui lo è ancora. Al tem-
po di Costantino Nimes si trovava
ancora soggetta ai suoi falsi dei, lo
che deplorando Eu verte vescovo di
Orleans, Rodile discepolo di lui ne
concepì dolore, e benché suddiaco-
no si sentì disposto convertire i nis-
mesi, pregò quindi ed ottenne di
partire per Nimes colla benedizione
del vescovo. Giunto che vi fu^ trovan-
do che stava per celebrarsi gran fe-
sta anniversaria al genio della cit-
tà, nel suo zelo rimproverò agli a-
bitanti le adorazioni sacrileghe, l
suoi discorsi resero furiosi i sacri-
ficatori ch'eccitarono la moltitudine,
quindi fu tormentato e decapitato,
forse sotto Giuliano apostata, ond'è
venerato per apostolo di Nimes, ed il
suo martirio nel i838 fu pubblicato
ivi dall'ab. Mathon; altri lo chiama-
no s. Bauddio. 11 primo vescovo
fu s. Felice, massacrato dai vandali
che devastavano le Gallie in prin-
cipio del V secolo : per gli altri
vescovi sino a Gio. Cesare R ossea u
de la Parisiére del 1786, vedasi la
4o RIM
Gallia chr. t. VI. Gli successero i
seguenti riportati nelle annuali No-
tizie di Roma. 1787, 3o settembre,
Carlo Prudenzo de Beo de Lieure
di Nantes. 1784 Pietro Maria Mad-
dalena Cortois de Balore della dio-
cesi di Dijon, traslato d'Alais : sotto
di lui Pio VII pel concordalo sop-
presse la sede nel 1801, indi la
ristablFi, e nel 1821 nominò vesco-
vo Claudio Francesco Maria Petit
Benoit de ChalFoy di Besancon. Per
sua morte, Gregorio XVI nel con-
cistoro de' 12 febbraio i838 pre-
conizzò r odierno monsignor Gio.
Francesco Cart di Mouthe arcidio-
cesi di Besancon, di essa già par-
roco e vicario generale. Il capitolo
si compone di otto canonici titolari,
di più canonici onorari, e de* pueri
de choro: il parroco della catte-
drale siede tra' canonici. La diocesi
è ampia e comprende il diparti-
mento. Ogni vescovo è tassato in
fiorini 370. Nel i838 in Nimes si
pubblicò da M. G erma in, Hisloire
de Veglise de Nimes.
Concila di Nimes.
Il primo fu tenuto nel 386 in
favore della fede cattolica. Reg. t.
Ili; Labbé t. II; Arduino t. I.
U secondo neir886 contro Selva
ecclesiastico spagnuolo che insultava
r arcivescovo di Narbona Reg. t.
XXIV; Labbé t. IX; Arduino t, VL
Il terzo nel 1096 sulla discipli-
na, in luglio, da Papa Urbano II,
con quattro cardinali e molti ve-
scovi. I canoni nella maggior parte
sono quelli di Clermont conferma-
ti ; il più rimarchevole è quello che
conferma ai monaci il diritto di e-
sercitar le funzioni sacerdotali. Il re
Filippo I fu assolto dalla scomuni-
ca, perchè promise lasciar Bertrada.
NlN
Reg. t. XXVI ; Labbé t. X; Ardui-
no t. VI ; Mansi, Sappi, t. II, p. 147.
Il quarto nel 1284, in cui si fe^
cero molti regolamenti suU' ammi-
nistrazione de* sacramenti e sulla di-
sciplina. Labbé t.XI; Arduino t. VII.
Il quinto si tenne nel i3o2. Gal-
lia Chris t. t. VI, p. 85.
NliNFA (s.), vergine e martire.
Nacque a Palermo in Sicilia. Nelle
scorrerie de'goti, nel quinto secolo, si
riparò in Italia, ove servi il Signore
con grande santità, e morì in pace a
Soana in Toscana. Il martirologio
romano la nomina a' io novembre
coi santi martiri Trifone e Respi-
cio, perchè i corpi di essi sono nel-
la stessa chiesa eli s. Agostino e di
s. Spirito in Sassia a Roma.
NINFEA o NINFEO. Luogo di
Bitinia sul Ponto Eussino. Fuvvi
nel 1234 un concilio non ricono-
sciuto, tenuto dai greci per la riu-
nione coi latini, alla presenza del-
l' imperatore Giovanni Ducas o Va-
tace. I greci vi dispularono coi quat-
tro apocrisari di Papa Gregorio IX,
sopra la processione dello Spirilo
Santo, e sopra il pane azimo, non
che sull'addizione Filioque. I greci
restarono nelle loro false opinioni.
Diz. dé'conc; Labbé t. XI ; Ardui-
no t. VI; Mansi, Sappi, t. I, p. ggS.
NINI Jacopo Filippo, Cardina-
le. Jacopo Filippo Nini patrizio sa-
nese, per un avventuroso incontro,
fu condotto rapidamente alia subli-
mità degli ecclesiastici onori; poi-
ché nel ritornare nel i652 Fabio
Chigi dalla nunziatura di Colonia,
trattenutosi per alcun tempo in
Siena sua patria, e veduto a caso
Jacopo ancor giovanetto, rimase
colpito nell'animo dalle sue belle
doti d'ingegno e di modestia, che
risolvè di condurlo seco in Roma
quasi a compagno di studio. Fece
NIN
il Nini tal profitto presso si illu-
utinato e dotto precettore , e gli
prestò con tal. diligenza e fedeltà
l'opera sua, singolarmente nella se*
greteria di stato, quando Chigi la
dirigeva da prelato e da cardina-
le, che divenuto Papa Alessandro
VII lo dichiarò canonico di s. Ma-
ria Maggiore, nel i656 segretario
de'menioriali, e poi maestro di ca-
mera, ed in seguito maggiordomo.
A corona di tanti favori lo pub-
blicò a' i5 febbraio 1666 cardi-
nale prete del titolo di s. Maria
della Pace, e lo ascrisse alle con-
gregazioni della consulta, del con-
cilio, di propaganda ed altre, colla
protettoria dell'ordine cistcrciense.
Lo ritenne il Papa in palazzo pres-
so di sé, e non avendo carica di
considerazione da conferirgli, lo di-
chiarò pro-maggiordomo, e si pre-
valse di lui e de'suoi consigli non
solo nel governo del dominio pon-
tifìcio, ma in quello eziandio della
Chiesa universale, quantunque dal-
lo scrivere gentilmente in toscano
in fuori, non avesse gran dottrina
e capacità. La sua applicazione pe-
rò lo rese lodevole, ancora per la
connaturale gentilezza del tratto,
accoppiala a bella presenza; ma i
fjequenti incomodi di salute cui
andò soggetto, gli amareggiarono
la dignità, e il godimento delle
rendite ecclesiastiche, che in abbon-
danza gli furono assegnale. Tro-
vossi ai conclavi di Clemente IX
e Clemente X, ed a quello pure
d' Innocenzo XI, il primo de'quali
volle che per alcun tempo conti-
nuasse nella carica di prò- maggior-
domo. Morì nel 1680 d'anni 52,
e fu sepolto nella basilica Liberia-
na, alla quale in vita ed in morte
compartì segnalati benefizi, nella
tomba de'cauonici senza alcuna me-
NIN 4i
moria, a tenore della sua testamen-
taria disposizione. Amatore delle
buone lettere, fu mecenate impe-
gnatissimo de'letterati, come sì di-
stinse qual difensore acerrimo della
cattolica fede e dignità della sede
apostolica.
.NlNlANO (s.). Ebbe a padre un
principe dei bretoni-cumbri che a-
bitavano la contea di Cumberland
e di Galloway. Sì recò a Roma per
applicarsi allo studio e alla pratica
della religione, in cui fece rapidi
progressi. Animato dallo zelo della
gloria di Dio, tornò al suo paese,
ove finì d'istruire quelli che aveva-
no già qualche cognizione delle ve-
rità del vangelo, ritrasse dall'idola-
tria quelli ch'erano ancora immersi
nelle tenebre di essa, raddolcì la
fierezza di Tudovaldo re de'pitli, e
fabbricò una chiesa di pietra nel
paese conosciuto oggi sotto il no-
me di Galloway , ivi ponendo la
sua sede episcopale. Sembra che il
santo fosse slato consacrato vescovo
a Roma, prima che ne partisse. E-
gli recò la luce della fede ai cum-
bri e a tutte le provincie abitate
dai pitti meridionali, de' quali vie-
ne qualificato l'apostolo. Morì a' 16
di settembre del 4^2; ed in tal
giorno celebrasi la sua festa. Molti
miracoli si operarono per di lui in-
tercessione. Le sue reliquie furono
custodite a Whitehern sino alla pre-
tesa riforma: avvi un di lui brac-
cio a Donai , nella chiesa che ap-
parteneva ai gesuiti.
NINIVE. Sede vescovile della
quinta provincia della diocesi dei
caldei, sotto la metropoli di Mos-
soul, sul Tigri, forse fabbricata sulle
rovine dell' antica" Ninive capitale
dell' Assiria e tanto famosa. Ne fu-
rono vescovi, Basohebe massacralo
con altri cattolici, perchè si oppo-
4» NIS
DevaDO agli eirori de* nesloiiani; e
quei registrali ueWOrìeus christ. t.
II, p. i:i24-
NIO o JOS. Sede vescovile nel-
Tisola dcir Arcipelago , oggi Eiiios
delle Cicladi meridionali, nel regno
di Grecia. I Ialini vi ebbero i se-
guenti vescovi. Ettore; Michele Pa-
drolo domenicano del i443i Pietro
de Xaca domenicano spaguuolo del
i56o; Girolamo Clavigo pur do-
menicano del i56/{.. Oriens christ,
t. Ili, p. II 35.
NISA, Nysa. Sede vescovile del-
l'Asia proconsolare, sul Meandro,
sotto la metropoli d'Efeso, eretta
i»el V secolo, detta pure Nice. Eb-
be per vescovi, Teodoro die fu al
primo concilio d'Efeso; Meonio in-
tervenne a quello di Calcedonia; Si-
fciunio fu al VI concilio generale ;
Teodosio si recò al VII ; NicoU
air Vili, e Michele a quello pel ri-
stabilimento di Fozio. Oriens chrisl.
t. I, p. 708.
NISA o NISI, Nysa, Nyssa. Se-
de vescovile della prima Cappado-
cia, sotto la metropoli di Cesarea ,
eretta nel IV secolo. Il primo ve-
scovo fu Gregorio, di cui si lagna s..
Basilio nella lettera 266 j poi s. Gre-
gorio Nisseno fratello di tal santo,
eletto nel 372, uno de' più illustri
prelati del suo tempo : quanto ai
successori vedasi V Oriens christ. t.
J, p. 392.
NISA o NISSA o NESSA, Nesa,
JSfaissus. Sede vescovile di Licia
nell'esarcato d'Asia, sotto la metro-
poli di Mira, eretta nel secolo V.
Giorgio suo vescovo fu al concilio
VII generale. Oriens christ. t. I ,
p. 988.
r^lSCIAN o NrSCI ANI IFTIHAR.
Decorazione equestre della Porta
ottomana di più specie, che con-
ferisce il gran sultano anche ai cat-
NIS
l(»Iici ed ecclesiastici graduati, ecl
ai vescovi, come dicemmo nel voi.
XLIV, p. 59 del PizionariOy par-
lando di quella del Nisciani Iflihar
conferita io brillanti. Nisciani Ifti-
har in italiano significa decorazio-
ne o segno onorifico; ha propria-
mente una sola denominazione, e
si distingue solamente dalla mag-
giore o minore grandezza e valore
della decorazione stessa, che il grau
signore conferisce col nome gene-
rale di JVisciani Iftihar. Volendo
Mahmud II padre del regnante sul-
tano guiderdonare i servigi e i me-
riti di parecchi distinti personaggi
turchi ed europei, pensò di sostituire
alla vieta decorazione della Luna{Fe-
di)j della atìche 31ezza Luna y omai
caduta in disuso, un nuovo e più
accettevole segno d'onore, e ira-
scelse a tal uopo nell' inverno del
1808 il Tura (ossia la cifra, che
indica il nome del sultano e del
suo genitore), il quale posto in
campo d'oro, e circondato di ric-
chi diamanti, divenne cosi il primo
e più cospicuo ordine cavalleresco
dell'impero ottomano, ove tutt'ora
conservasi in grandissimo lustro sot-
to il titolo di Niscian- fflihar, cioè
decorazione ed insegna dell'onore,
la quale però, come dicemmo, è
maggiore a minore secondo la qua-
lità delle persone alle quali viene
data. Abbiamo anche la decorazio-
ne o Niscian istituita da Ahmed
celebre bey di Tunisi, salito al tro-
no nel 1837, amico sincero della
Francia e civilizzatore del proprio
stato, ove regna da sovrano assolu-
to; decorazione da lui fondata pel
civile e pel militare, quale onorifico
guiderdone per coloro che se ne
mostrano degni, sieno statisti o no.
La decorazione è di più classi, di
forma ovale con cifra in mezzo ^
NIS
appesa ad ima mezza luna e ad
una stella, simile a quella incisa
nel num. a del Giornale militare
italiano del 1847, che si pubblica
in Firenze dal eh. cav. Dragoman-
ni. Nella splendida accoglienza che
r illuminato bey ricevette nel 1846
in Francia, egli di sua mano con-
ferì la decorazione tunisina del Ni-
scian a molti ragguardevoli perso-
naggi; e ritornato nel suo stalo
rimise l'insegne del Niscian di pri-
ma classe al maresciallo Bugeaud
governatore dell'Algeria, di secon-
da classe ai generali Lamoricière e
Bedeau, ed al contr'ammiraglio Ri-
godit di Algeri. Nella lettera accom-
pagnatoria del bey al maresciallo,
chiama la decorazione » splendido
fregio, che occupa un luogo distin-
to nell'opinione di tutti gli uomi-
ni d'onore. Sovr'esso è scritto il
nostro nome, e lo stemma della
dignità dell'ordine : ti piaccia ac-
cettarlo ".
NISIBI. Città vescovile dell'Asia
nella Mesopotamia^ nel patriarcato
d'Antiochia, sotto la metropoli d'A-
mida , ora nella Turchia asiatica. Eu-
sebio di Cesarea, s. Efrem di Edes-
sa, e s. Girolamo la mettono ira
le ci.ltà più antiche, e credono che
sia {'Acliady di cui è fatta menzio-
ne nella Genesi cap. io, v. io, edi-
ficata da Nembrod, e che restò poi
celebrata con molti nomi, di Naca'
bin, Ntsihiy ed Antiochia Migdonia
perchè situata nel fianco australe
del fiume Migdonio, come narra
anche Plinio. La sua felice situa-
zione accrebbe la sua magnificenza ;
posta tra Charra e Seleucia, 35
nìiglia distante dal Tigri e 5o da
Amida, le sovrastava il monte Ma*
sio in lontananza, circondata da spa-
ziosa campagna terminante all'Eu-
frate. La gara de'romaui e de'priu-
NIS 43
cipi d*orieute pel suo acquisto, so-
no un testimonio di sua antica gran-
dezza. Divenne colonia romana sot-
to Settimio Severo, ma dopo la
spedizione dell'imperatore Giuliano
l'apostata in Persia, Gioviano suo
successore restituì ai persiani que-
sto baluardo dell'impero romano,
con grandissimo rammarico degli
abitanti, i quali dovettero andare
a stabilirsi altrove, ed Ammianq
rimproverò a Gioviano fortemente
la resa vergognosa di questa piaz-
za al re Sapore IL In conseguenza
di questo cambiamento, la sede ve-
scovile di Nisibi eretta nel IV se-
colo, passò dalla giurisdizione del
patriarca d'Antiochia, sotto quelU
del cattolico di Caldea. Questa chie-
sa fino dai tempi della persecuzio-
ne di Diocleziano, e da quelli di
Costantino, era eretta dal vescovo
e cittadino di Nisibi s. Giacomo
(Fedi), detto perciò Nisibeno, il
suo primo celebre confessore della
fede, chiaro per dottrina e mira-
coli, maestro del siro s. Efrem. Nel
concilio I di Nicea si distinse co-
me uno de* più intrepidi difensori
della consustanzialità del Verbo con-
tro l'eresiarca Ario, e mori nel fi-
ne del IV secolo : Teodoreto ne
scrisse la vita, e s. Atanasio anco-
ra fece menzione dell'illustre pre-
lato, Orat. I, contra Arian. Il Maz-
zuchelli nel t. I, par. II degli Scrit*
tori d'Italia, fece onorevole menzio-
ne di sue opere, che pubblicò in
Roma nel 1^56, colla dissertazione
De ascetiSf il cardinal Nicolò Anto-
nelli . Altro vescovo che governò
la chiesa di Nisibi sotto i patriar-
chi d'Antiochia è Volageso, al qua-
le fu attribuita una lettera, in cui
si narra il modo come la città per
le preghiere di s. Giacomo suo pre-
decessore fu liberata dall'assedio che
44 Nis
Sapore II gli fece nel 35o, alTer-
itiandolo il p. Le Quieti, Oriens
ifirìsUanus, t. II, p. 99^. In Nisi-
Ijì fu eretto uu tempio al culto eli
s. Giacomo, al cui sepolcro si di-
scendeva pei* una scala sotterranea,
ed all'epoca dell'imperatore Giulia-
no questa chiesa fu bagnata dal
sangue de'martiri s. Dionisio o De-
metrio monaco e compagni, per ave-
le rinfacciata al tiranno la sua apo-
>tasia in Nisibi stessa. Nel secolo VI
Nisibi diventò sede arcivescovile, e
nel 645» vi fu celebralo un conci»
lio da Gussia, forse allora suo ar-
civescovo, che vi fece alcuni cano-
ni a suo capriccio, come rilevasi
dall'Assemani, Bibl. orìent. t. IH,
p. 142. Vedi Siria sacra p. 134,
e l'annalista Rinaldi agli anni 338,
II. 18 e 19, e 363, n, 38 e 121,
dal quale si apprende che il corpo
di s. Giacomo fu trasportato altro-
ve d'ordine di Giuliano, con pro-
fondo dolore de'suoi divoti nisibeni.
Quando la chiesa di Nisibi pas-
so sotto la giurisdizione del catto-
lico di Caldea^ ne fu nominato ve-
scovo Barsuma, di cui parlammo a
quell'articolo, primo empio precet-
tore della scuola nestoriana istitui-
ta in Nisibi: gli autori contempo-
ranei parlano di lui come d'un uo-
mo pessimo per le sue massime, e
corrotto ne' suoi costumi. Barsuma
introdusse la poligamia nella sua
jsetta, ed invitò i sacerdoti ed i ve-
scovi ad ammogliarsi pubblicamen-
te, avendo egli medesimo sposato
Mammea religiosa, su di che si po-
trà consultare il citalo Assemani t.
Il, p. 4^3, il quale racconta altre-
sì, che Barsuma essendo entrato
nella chiesa del monastero di Tu*
Abdin, venne colà trucidato dalle
religiose medesime del monastero.
Gii successe Oaca anche uell'empie
NIS
di lui massime, ch'egli pure inse-
gnò nella scuola nestoriana, famosa
perchè Nisibi con Edessa furono le
due principali cillà di Caldea. Quan-
to agli altri vescovi nestoriani di
Nisibi, dipendenti dal cattolico di
Caldea, fino al i33o ne riporta la
serie il menzionato p. Le Quien t.
II, p. 1589. Commanville, Hist.das
arch., dice che in Nisibi vi ebbero
i vescovi gli armeni e i; nestoriani
de* quali divennero pastori nel se-
colo IX sotto Seleucia. Per gli an-
tichi pregi della chiesa di Nisibi,
la santa Sede ne conferì il titolo
arcivescovile di Nisibi, Nisibeii in
partibus, a diversi personaggi: di
Gio. Battista Braschi ne parlammo
nel voi. VI, p. 97 del Dizionario.
Dipoi fu fatto arcivescovo di Nisi-
bi fr. Francesco de Bolanos della dio-
cesi di Toledo. Pio VI fece arcive-
scovo di Nisibi e superiore delle mis-
sioni di Olanda Cesare Brancadoro
poi cardinale, il quale ne. dichiarò la
singoiar compiacenza pel lustro di
questa chiesa, e per averne portato
il titolo il Braschi antenate del Papa,
nella prefazione erudita del suo li-
bro: Pio VI in Sabiaco. Rileva il
De Angelis, Coniment. di Montefia-
scone p. 76, che avendone portato
il titolo il cardinal Caleppi, lo pre-
ferì a qualunque altro monsignor
Vincenzo Macchi oggi cardinal de-
cano del sacro collegio, quando nel
18 i 8 Pio VII glielo conferì colla
nunziatura Elvetica. Essendo va-
cante, Gregorio XVI nel concisto-
ro de' 2 1 aprile i845>, vi nominò
monsignor Carlo Luigi Morichini
romano, prelato domestico e chie-
rico della camera apostolica, che
insieme promosse a nunzio di Mo-
naco o Baviera . Questo dotto e
rispettabile prelato, lodato autore
di utili opere (del cui celebre pu«
ISIT
tire parlammo con enoomi nel voi.
XLIV, p, i4o dei Dizionario ed
altrove), il regnante Pio IX nel 1 847
Io fece prò- tesoriere generale e mi-
nistro delie finanze.
NITRIA {Nilìien). Citlà con resi-
denza vescovile in Ungheria, capo-
luogo del comitato del suo nome,
marca di IVeulra, a 27 leghe da
Buda, sulla destra della riviera del
suo nome, chiamala pure Neutra^
in ungherese Nyitra ed in islavo
Nilra. Sta sopra due alturCj una
delle quali è occupata da un for-
te castello, e l'altra dalla città pro-
priamente detta. La cattedrale, re-
cente edifìzio di solida struttura sot-
to l'invocazione di s. Emeramo ve-
scovo e martire, è posta sopra un
monte, onde nelT inverno diflìcile
n* è r accesso j vi si venerano insi-
gni reliquie, tra le quali quelle dei
ss. Andrea e Benedetto patroni
della diocesi. JNella città vi sono
due chiese parrocchiali con Jjatti-
sterio^ un convento di religiosi, ed
una gran casa di quelli delle scuo-
le pie, il collegio, il seminario, l'o-
spedale, il palazzo vescovile ampio
e magnifico adiacente alla cattedra-
le; inoltre il vescovo ha nella dio-
cesi altre quattro residenze. La se-
de vescovile fu secondo alcuni eret-
ta nel 1000 da s. Stefano I re
d'Ungheria, dicesi prima dell'arri-
vo dei Magiari, sulfraganeo di Gran
o Strigonia di cui è tuttora. Sem-
bra però che questa sede abbia più
antica origine, poiché da quanto di-
cemmo a MoEAviA era stata prov-
veduta di vescovo nell'880 dal Pa-
pa Giovanni Vili; anzi tra i vesco-
vi suffraganei di Urolfo arcivescovo
di Lorr.k dell'SaS, si novera Nitria,
come riporta l'Ansizio in Germania
sacra t. I, p. i46. Ne furono vesco-
vi nel secolo passato e nei corrente
NIV 4*
quelli che registrati nelle annuali
Notizie di Roma qui riportiamo.
1787 Gio. Ernesto de'conti di Har-
rac di Vienna. 174^ EmericoEsler-
hazy de Galanta di Giavarino, tras-
lalo da Dor^. 1763 Giovanni Gusz-
liny della diocesi di Strigonia, suc-
ceduto per coadiutoria. 1780 An-
tonio de Revay della diocesi di Stri-
gonia trasferito da Bosnavia. 1788
Francesco Saverio Fuchs della dio-
cesi di Giavarino. 1808 Giuseppe
Kluck della diocesi di Neosolio. 1827
Giuseppe Vurum, traslato da Va-
radino, della diocesi di Grem. Per
sua morte, Gregorio XVI nel con-
cistoro de' 18 febbraio i838 dichia-
rò r odierno vescovo, già di Casso-
via, monsignor Emerico Palugyayn,
nato in RisPalugya diocesi di Sce-
pusio. 11 capitolo si compone di
quattro dignità, prima delle quali
è il preposto che gode la preben-
da del penitenziere, di dieci cano-
nici, e di altri preti e chierici. La
diocesi è ampia, contiene due cit-
tà, diversi luoghi, e i^5 chiese par-
rocchiali. Ogni nuovo vescovo è
tassato in 275 fiorini, corrisponden-
ti a 97,000 di rendite, però gra-
vati di 57,000 fiorini ungheresi.
NIVELLE o NIVELLES, iV/V/-
gella. Città de'Paesi Bassi nel Bra-
bante meridionale, capoluogo di cir-
condario e di cantone, a 6 leghe
da Brusselles, sulla Thienne. È an-
tica, ed ha la chiesa collegiata di
s. Geltrude, con bel collegio. Ivi
tal santa, figlia di Pipino figlio di
Carlomanno, e sua madre Iduber-
ga nel 645 fondarono il celebre
monastero di benedettine poi cano-
nichesse, che die origine alia città,
di cui si chiamò principessa la pri-
ma. Divenne capoluogo di baronia,
e celebre fu Giovanni di Nivelle
suo signore : i francesi nel combat-
46 NIZ
timento di SeneflT, nel 1674 vi ri-
portarono sugli olandesi strepitosa
■vittoria. In Nivelle nel 1200 si
tenne un concilio, suU' interdetto
della Francia. Labbc t. XIj Ardui-
no t. VII.
NIZERIA. Sede rescovile dell'e-
sarcato d'Asia, nella prima provin-
cia delle Cicladi nell' Arcipelago,
sotto la metropoli di Rodi, eretta
nel secolo IX. È pure chiamata
Icari a i N icari a o NicoUri, così det-
ta dagli antichi da Icaro figlio di
Dedalo, la cui isola appartenne ai
Giustiniani di Genova signori di
Scio, donde passò ai turchi. Ne fu-
rono vescovi Giovanni del i353j
Guglielmo Alboni de* minori; Gu-
glielmo trasferito da Colosso nel
i365; Tommaso di Negroponte dei
minori; Guglielmo Capellaii agosti-
niano del 1426; Giovanni domeni-
cano del i5o8. Oriens chris. t. Ili,
p. 1054.
NIZZA (Tf/c/e/i).* Città con resi-
denza vescovile negli stati sardi, ca-
poluogo di divisione, di provincia
e di due mandamenti, a 35 leghe
da Torino e da Genova, sul Me-
diterraneo all'imboccatura del Pa-
glion che si attraversa sopra un
ponte, ond'è detta Nizza marittima.
E sede d'un senato reale o corte
di giustizia superiore, per la divi-
sione. Deliziosamente situala^ sta al
piede d'un anfiteatro di colline co-
perte di case di delizia, e di bo-
schetti di aranci, cedri, ec. Le Al*
pi vi compiscono la veramente lo-
ro pittoresca prospettiva da un la-
to, ed il more dall'altro. Sorpren-
dente e incantevole è la strada
detta della Cornice, perchè prima in
molti luoghi era strettissima, lungo
il Mediterraneo da Nizza a Genova.
Cinta da mura bastionate, ha tre
porte, una delle quali di forma tiion-
NIZ
fale. Si divide in vecchia e nuova
città; quest'ultima ha case di bello
aspetto, sopra tutto quelle del sob-
borgo della Croce di marmo, e del
quartiere Nuovo che lo segue, delle
quali la maggior parte delle mura-
glie esterne sono dipinte a fresco; i
giardini della maggior parte di esse,
congiuntamente al bel cielo ed al-
l'aria pura di Nizza, le fanno ri-
cercar molto dai. forestieri che con-
corrono in questa città. E osserva-
bile la piazza di s. Agostino, qua-
drato cinto da portici, ed una del-
le più belle d'Italia, ed un'altra
vicina al mare, fiancheggiata da al-
beri, e presso a cui evvi un largo
terrazzo che serve di passeggio e
di • diga, donde si distinguono le
montagne della Corsica. I bastioni
offrono altri passeggi e vedute pit-
toresche. I principali pubblici edi-
fìzi sono: il palazzo del governato-
re, l'antico convento de' domenica-
ni, il collegio de'gesuiti, gli edifizi
Lascaris, s. Andrea, e l' ospedale,
vasto fabbricato di moderna costru-
zione. La cattedrale è sotto Ti n vo-
cazione di s* Reparata, con batti -
sterio, e vi sono altre tre chiese
parrocchiali, pure col fonte sacro;
diversi conventi di religiosi, un mo-
nastero di monache, due orfanotro-
fi, monte di pietà e seminario. Vi
è la biblioteca pubblica, due stabi-
limenti di bagni ed il teatro. Il
porto che sta all'est della città è
piccolo, ma sicuro, ed assai profon-
do, essendo difeso da un forte sul
capo di s. Albano. Vi sono diver-
se fabbriche; la pesca vi è attiva,
e quella delle sardelle abbondante.
E patria del matematico Maraldi,
del lessicografo Alberti di Villano-
va, del pittore Vanloo, dell'astro-
nomo Domenico Cassini, e di altri
personaggi illustri. Il Papa regnau-
NIZ
te nel 1847 creò cardinale Giaco-
mo Maria Antonio Celestino Du-
pont di Villafranca diocesi di Niz-
za, fatto da Gregorio XVI arcive-
scovo di Bourges: ne parlammo
nel voi. Ili, p. 291 del Diziona-
rio. Kizza fu capitale dell' antica
contea d* Italia del suo nome, che
per molli secoli fece parte della
Gallia JVarbonese, e quindi della
contea di Provenza, da cui fu di-
visa per essersi i suoi abitanti spon-
taneamente dedicati ad Amadeo VII
conte di Savoia nel i388; laonde
si disse Nizza nella Francia Nar-
bohese, o Nizza di Provenza.
I focesi fondatori della città di
Marsiglia, vedendo le loro colonie
considerabilmente accresciute, si e-
slesero lungo la cosla^ ed avendo
ritrovato sul Varo un luogo ame-
nissimo, vi fondarono la città di
Nizza, a cui diedero il nome di iVi-
caea che significa vittoriosa^ in me-
moria de* vantaggi da loro quivi
riportati sui liguri. Teneva un po-
sto distinto tra le città dei gaulesi,
quando i romani intrapresero la con-
quista della Provenza^ circa i58
anni avanti Gesù Cristo. Era della
più grande celebrità al tempo di
Tolomeo. I romani, pnma di Cesa-
re, avevano ottenuto dai marsigliesi
il porto di Nizza, di cui fecero un
arsenale marittimo appunto per le
loro guerre in Provenza : sotto Au-
gusto questo arsenale fu trasferito
a Frejus, e Nizza, che ritornò in
potere de* marsigliesi, fu loro alfine
tolta dopo la morte di Tiberio;
ma il suo porto essendo in pessi-
mo stato, i romani trasportarono
la sede della provincia a Cimella,
Cemeliiim, oggidì piccolo luogo ad
una lega da Nizza, detto Cimiez.
Fu Cimella capo delle Alpi marit-
time, sede dei presidenti, colonia
NF-Z 47
e municipio de'romani, ed ebbe i
tre soliti ordini di cavalieri, senato
e plebe, e nel suo distretto com-
prendeva i popoli vedianzi^ capii*
lati, alpini e salii, e sembra che i
marsigliesi ne sieno stali i fondatori
come Nizza. Ambedue città libere,
indi suddite ai romani, finche nella
decadenza dell'imperò dai longo-
bardi conquistate, poscia da loro
distrutte, massime Cimella nel 787,
onde Nizza non divenne più che
un luogo di riposo: a questa ulti-
ma epoca incominciò Nizza a ri-
popolarsi, ed alla fine del secolo
XII era la capitale della contea
del suo nome. Nella sua origine
costrutta sopra una roccia domi-
nante il mare, si estese poscia ha
il Paglion e la Limpia. La roccia
a pino fu in progresso coronala
da una fortezza, che resister seppe
spesso agli sforzi del pirata Barba-
rossa, il quale per non poter pren-
derla saccheggiò la città. Soggetta
ai re di Borgogna ed ai conti di
Provenza, i suoi abitanti, come di-
cemmo, si diedero ad Amadeo VII,
più tardi abbellendola Carlo Em-
manuele II e Vittorio Amadeo IF.
Quando il Papa Adriano VI nel
i522 dalla Spagna si recò navi-
gando a Iloma, pernottò nel porlo
di Villafranca, complimentato dal-
l' ambasciatore mandato da Fran-
cesco I re di Francia, la cui ar-
mata sotto il comando di France-
sco di Borbone se ne impadronì.
Nel i538 ebbe luogo in questa cit-
tà il famoso congresso del Ponte-
fice Paolo III, coir imperatore Car-
lo V e con Francesco I, in conse-
guenza di che per mediazione di
Paolo IH fu conchiusa una tregua
di dieci anni fra i due monarchi.
Il Giovio eh' era presente, narra
che nel giugno i due sovrani se-
48 NIZ
paratamente ossequiarono il Papa,
il quale non potè riuscire di finii
abboccare insieme, ed inutilmente
gl'invito a portarsi in Vicenza per
la celebrazione del concilio . Ac-
compagnalo da Carb V, colle ga-
lere francesi verso il fine di giugno
Paolo III approdò a Genova. Il Fer-
lone, De viaggi intrapresi dai Poh*
teficiy racconta che Paolo HI giun-
se a Nizza a' r8 maggio, incon-
trato tìair imperatore a Mona-
co, e che non essendo il Papa
ammesso in città per le gelosie dei
savoiardi, alloggiò di fuori nel con-
vento de' francescani, mentre Fran-
cesco I era in Villafranca, e mai
potè riunire insieme i due sovrani,
benché piti volte si portasse da
loro, solo ottenne la detta tregua.
Sotto Luigi XIV, Catinai prese
Nizza nel 169 1 e la restituì pel
trattato di pace col duca di Savoia
nel 1696. Fu ripresa dal mare-
sciallo di Berwick nel lyoS, che
s'impadronì anche della fortezza
Tannò seguente, e dopo essere sta-
ta r una e 1' altra quasi distrutte,
ritornò colla contea in potere del
duca di Savoia pel trattalo d' U-
trecht del 171 3. Fu presa nuova-
mente dar francesi nel 1744 ^
1792, e riunita alla Francia nel
1793, in seguito divenne il capo-
luogo del dipartimento delle Alpi
marittime, formalo dalla contea di
Nizza, sino al i8i4, epoca in cui
fu restituita colla contea al re di
Sardegna, formando una divisione
de' suoi stati. Due volte Nizza fu
onorata dalla presenza di Pio VII;
Ja prima fu nel 1809 deportato, e
•vi giunse da Aix a' 7 agosto, in-
contrato al ponte del Varo dal ve-
scovo e dalla regina d' Etruria col
principe suo figlio, in modo com-
nìovenle, percorrendo il ponte a
NIZ
piedi con tali principi. Entrò in
Nizza tra una folla immensa di
popolo giubilante di divozione, o
prese alloggio nel palazzo della
prefettura. Ne' tre giorni che vi di-
morò fu una continua festa e la
sera illuminazione . Il Papa vi
celebrò ogni giorno la messa, ascol-
tata dalle dame e da altre persone;
accolse benignamente il vescovo, i
parrochi de' dintorni e chi volle
ossequiarlo, e sette od otto volte
al dì compartiva la benedizione
dal balcone, innanzi al quale una
volta schieraronsi 72 barche di pe-
scatori e più di 1 6,000 persone,
per applaudire il Pontefice ed es-
sere benedetti. Alla sua partenza
un popolo immenso con dimostra-
zioni religiose concorse a veder par-
tire Pio VII per Savona, e gli a-
bilanti delle vicine comuni posero
le campane sugli alberi e mortari
in più luoghi per celebrarne il pas-
saggio. La seconda volta che Nizza
vide Pio VII fu nel i8i4, quando
ritornava dalla sua prigionia a Ro-
ma, proveniente da Aix, a modo
di trionfo, a'2 febbraio: si mosse-
ro ad incontrarlo le confraternite,
gli alunni del seminario, i5o sa-
cerdoti in cotta. Arrivato a Croix-
du-Marbre il popolo staccò i ca-
valli della vettura e la portarono
sino alla chiesa e alla prefettura
tra gli evviva.
Prima del vangelo, tanto in Niz-
za che in Cimella, l'idolatria fu la
religione dominante, e da più iscri-
zioni «e ne hanno i sacrifizi, i mi-
nistri, i riti ed i sepolcri; se poi
da s. Barnaba o da s. Nazario, o
da altri siasi introdotta la religio-
ne cristiana, è cosa assai diffìcile a
potersi stabilire , potendosi leggere
l'erudita Dissertazione III del p.
Pietro Paganelli nella Storia della
NIZ
chiesa Ligure. Egualmente s'ignora
precisamente quando e da chi fos-
se eretta la sede vescovile, e nep-
pure se in principio le due città
ebbero due vescovi^ o per ambedue
uno solo ; in progresso il vescovo
l'ebbe ognuna delle due chiese con
sedi distinte, ridotte poi ad una sola
dai Papi ; e sia per questa unione,
. sia perchè avessero un vescovo solo,
or di Cimella, or di Nizza ed ora
di ambedue queste chiese s' intito-
lava. In origine fu suffraganea d'Am-
brun, indi d'Aix, e dal i8i4 lo è
di Genova. Il primo vescovo che
rUghelli, neW Italia sacra t. IV,
p. I io3, registra con altri, è s. Bas*
so che governò circa vent'anni, na-
tivo di Nizza, come si apprende
dall' iscrizione scoperta in Marano,
Corpus s. Bassi episcopi et marty-
ris JViciensis. Eletto forse sotto A-
lessandro Severo, sembra martiriz-
zato neir impero di Decio circa l'an-
no 25o o 253. Il suo corpo inte-
ro, flessibile e odoroso si conserva
in Marano di Fermo, nel governo
di Grottamare, con collegiata chie-
sa già di s. Maria di Castello, ora
di s. Basso; la cui identità, tanto
contrastata, fu vittoriosamente soste-
nula. Presso una famiglia del luo-
go si conserva un antico e impor-
tante mss. latino riferibile al mar-
tirio di s. Basso, del quale tratta-
no Baronio, Spondano e Bzovio al-
l'anno 253, ed altri: il p. Civalli
presso il Colucci t. XXV, p. 32,
parla del convento di s. Basso fuori
di Mai-ano, in cui sotto l'altare mag-
giore fu trovalo il corpo di s. Bas-
so poi trasportato in Marano, ove
se ne celebra la fesla a' 5 dicem-
bre. Vedasi ancora Catalani, De eccl.
Firmana p. 44- Anche in altri luo-
ghi è venerato s. Basso, ed in Ca-
po d'Istria ha chiesa sotto la sua in-
VOL. XLVIII.
NIZ 49
vocazione, detta volgarmente dell'o-
spedale, perchè unita all'antico ospe-
dale della città, e l'altare maggiore
è pure a lui sacro. Gli successe s.
Ponzio romano, che si venera mar-
tire a' i4 maggio; nel 3o2 Vale-
rio I, nel 337 Basso II, nel 38 1
s. Amanzio , nel 4^7 *• Amanzio
francese, che nel \5o d'ordine pon-
tifìcio uni le due diocesi di Cimel-
la e Nizza, ciò che il Barali attri-
buisce al Papa s. Leone I, essendo
vescovo Valeriano. Nel 460 s. Va-
lerio monaco lerinense, nel 467 Au-
xiano, nel 490 s. Dolerlo cittadino di
Nizza, ucciso in Toul a' 2 8 agosto
nella cattedrale, mentre pregava con
s. Graziano vescovo; nel 52 o Ber-
nardo, nel 563 s. Magno, nel 58 o
Austadiojche seppellì il corpo di s.
Ospizio, che altri dicono tumulato
da s. Magno. Nomineremo i vescovi
degni di particolar menzione. Nel 767
s. Siagrio parente di Carlo Magno,
ma la lacuna di 200 anni sino a
Frodonio del 998, lasciata dall'U-
ghelli, viene riempita dal ch.can. Bi-
ma nella Serie cronologica de' vescovi
di Nizza, che la descrive sino ad
oggi. Nel 1004 Bernardo II che
confermò la nomina di Giovanni
abbate di s. Ponzio; nel io 18 Pon-
zio II arricchì de' suoi beni la cat-
tedrale; nel io37 Nittardo di Niz-
za chiamato il Buono; nel 1064
Raimondo che ricevette in donazio-
ne il contado di Drappo; nel 1078
Archimbaldo che arricchì il mona-
stero di s. Ponzio, e consacrò la
chiesa della Turbia; nel 1 100 s. An-
selmo; nel 1 1 20 Pietro III, eletto
dal Papa Calisto 11^ che introdusse
la vita regolare e il chiostro tra i
suoi canonici; nel 1166 Raimondo
II, eletto dai canonici di s. Maria,
giusta il privilegio avuto da Pietro
li; nel ii68 Stefano che si oppose
4
So NIZ
all'unione cìi questa chiesa con (niel-
la di Genova; nel i ^38 Manfredo che
ricevette in Nizza nel I25i il Pon>
tefìce Innocenzo IV reduce da Lione.
Nel iiS'j Pietro V Bono, isti-
tuì la compagnia del Gonfalone ;
nel i3io Raimondo IH cittadino
di Nizza; fr. Guglielmo de'minori,
insigne teologo, ài cui tempo nel
1822 passò in Nizza s. Rocco in-
cognito. Nel 1829 ^^' Giovanni IV
di Nizza; nel i342 Filippo Guastono
traslato da Sion; nel i36o Lorenzo
già prevostodella cattedrale; nel 1873
Rocca Salva, ricevette nel 1376
Gregorio XI, che da Avignone re-
stituì la residenza papale a Roma.
Nel i4o6 Francesco ricevette, se-
condo il Bicna, Gregorio XII nel
suo viaggio per Costanza, ma non vi
convengo pei che inverosimile, forse
e meglio dovrà dirsi Giovanni XXI li.
Aimone benedettino del 1/I12 rinun-
ziò nel 1428, dopo che sotto di lui
"venne istituita la confralernila della
Misericordia. Lodovico II Bardalo
del i4^8, fu ai concilii di Basilea
e Firenze. Nel 1461 Grassi eletto
dai canonici di s. Maria non fu ap-
provato dal Papa; nel 1462 Bar-
tolomeo Cuetti che ornò la catte-
drale, e donò molte suppellettili,
limosiniero co' poveri. Nel i5oi il
cardinal Bonifacio Ferrerò vescovo
d'Ivrea, amministratore. Nel i5ii
Girolamo de Auzago milanese, in-
tervenne al concilio di Laterano V.
Nel 1542 Girolamo CnpodifcrrOj
poi cardinale, che nel i546 rasse-
gnò con regresso la sede a Gio.
Battista Provana. Morto il quale nel
settembre i547, '^ cardinale ripre-
se il vescovato, e di suo consenso
l'ebbero nel i55o Filippo III, e nel
i552 Francesco Lambert di Cham-
bery che fu al concilio di Trento.
Per sua moiie nel i583 vi fu Iras-
NIZ
ferito da Marsico Gio. Lodovico dei
marchesi di Ceva. Nel 1600 fr.
Francesco Risirio de'minori, egregio
predicatore, confessore di Carlo Em-
manuele 1 duca di vSavoiij, che pub-
blicò i decreti sinodali da lui liitli.
Nel 1G22 Pietro Francesco JMnletlo
di Vercelli, abbate generale de' ca-
nonici lateranensi , scrittore della
vita del b. Amadeo di Savoia. Ur-
bano Vili nel 1634 da Saluzzo vi
trasferì Giacobino Marengo di Mon-
dovi. Gli successe nel i658 Deside-
rio Paletta di Vercelli, abbate di s.
Andrea de' canonici regolari, zelan-
te del culto divino, riedificò la cat-
tedrale. Poi successero, nel 1659
Giacinto Solaio traslato da Mon-
dovi; nel i663 Diego della Chiesa
piemontese, dotato di molte virtù ;
nel 1671 Enrico IV Provana car-
melitano, dotto, zelante e munifico,
che in cattedrale eresse un bell'al-
tare di marmo, istituì il seminario
cui lasciò beni quando mori a' 3o
novembre 1706, anno in cui av-
venne la presa e demolizione del
castello di Nizza. Conquesti si ter-
mina la serie wqW Italia sacra. Do-
po 2 1 anni di sede vacante , nel
1727 Raimondo 111 Recrosio bar-
nabita di Vercelli, col quale inco-
mincia la serie de' vescovi di Nizza
nelle annuali Notizie di Roma. Do-
po altra sede vacante, nel 174^
Carlo Francesco Cantono della dio-
cesi di Vercelli. 1764 fi". Giacomo
Tommaso Astesan di Chambery do-
menicano , Iraslato ad Oristano.
1780 Carlo Eugenio Valperga di
Maglione diocesi di Torino : per l'in-
vasione francese rinunziò nel 1801
a Pio VIL 1802 Gio. Battista Co-
lonna di Bachisano diocesi di A-
jaccio, rinunziò a Gregorio XVI
nell'agosto i833, e mori in Roma
nel i835. In sua vece il medesimo
k
NOA
Papa a* 3o settembre i833 preco-
nizzò l'odierno vescovo ruonsignor
Domenico Galvano di Bibiana dio-
cesi di Pineroloj già di tal catte-
drale canonico arcidiacono, vicario
generale d'Annecy ed amministra-
tole apostolico della diocesi di Pi-
nerolo. 11 capitolo si compone della
dignità del decano , di quattordici
canonici colle prebende del teologo
e del penitenziere, di altrettanti ca-
nonici onorari , oltre altri preti e
chierici: un canonico fa da parroco
nella cattedrale. La diocesi è am-
pia; ogni nuovo vescovo è tassato
per 3oo fiorini, ascendenti le ren-
dite a 10,000 librarum monetae
pedemonlanae.
JXOAILLES Lodovico Antonio,
Cardinale. Lodovico Antonio Noail-
les, nato nel suo castello di Noail-
les nel Limosino^ della primaria
nobiltà di Parigi, ottenuta la lau-
rea dottorale nell'università di Sor-
bona, precedeva lutti gli altri come
nel talento così ancora nella esem-
plarità de'costumi per condotta pia
e irreprensibile. Informato il re di
sì egregie doti, lo nominò nel 1679
al vescovato di Chaors, e gli fu
conferito da Innocenzo XI che a
quello di Chalons lo trasferì nel se-
guente anno. In ambedue le diocesi
diede prove di vigilanza e di carità
veramente pastorale, onde fu sli-
mato opportuno di destinarlo alla
sede di Parigi , lo che da lui pe-
netrato non mancò di adoperarsi
con ardore per rimuovere Luigi
XIV dalla presa risoluzione. Gli fu
forza cedere, ed Innocenzo XII nei
1695 l'elevò a quella metropoli, e
per la fanoa di sua pietà gli fece
spedire gratis le bolle. Entrato al
possesso della chiesa, fondò il se-
minario, convocò il sinodo, e slu-
diossi di far rifiorire la scienza e
NO A 5i
la regolarità nel clero, pubblicando
eccellenti decreti e savie costituzio-
ni. Dolce, affabile e benigno, acco-
glieva del pari i ricchi come i po-
veri, e verso di questi mostrossi as-
sai caritatevole e generoso, fino al
punto di dare quanto avea per
sovvenire alle loro miserie in tem-
po di fame. Ad istanza di detto re,
Innocenzo XII a' 1 4 novembre 1699
lo creò cardinale prete, e per ti-
tolo ebbe poi la chiesa di s. Ma-
ria sopra Minerva, che in seguito
cambiò con quella di s. Sisto. E-
letto provvisore della Sorbona , e
commendatore del regio ordine del-
lo Spirito Santo , presiedè diverse
volte all'assemblee del clero, ed am-
ministrò la confermazione a Luigi
XV. Nel 1709 afflitta la Francia
da fiera carestia , convertì in de-
naro tutti i suoi argenti lavorali ,
per soccorrere alle calamità de'mi-
serabili, non lasciando nel tempo
istesso d'intervenire a divote pro-
cessioni di penitenza da lui intima-
te, a fine di placare l'ira del cielo.
Si oppose con zelo ai nascenti er-
rori del quietismo , le cui conse-
guenze potevano riuscire fatali al-
la sua arcidiocesi. Disgraziatamente
non si diportò così per quelli di
Quesnello, come videsi con iscanda-
lo dalla ostinata e riprovevole resi-
slenza da lui mostrata contro la
bolla Unigenitiis di Clemente XI,
emanata a danno del giansenismo,
in virtìi della quale furono proscrit-
te cent' una proposizioni di Ques-
nello, dannate ancora dall'università
di Sorbona e dalla massima parte
de' vescovi del regno, e da tutta la
Chiesa cattolica. Però prima di
morire si ravvide del suo gravis-
simo errore , e f u a tempo di ri-
trattare formalmente quanto di ma-
le aveva fatto e detto contro la
52 NOB
memorata bolla , riparando così
allo scandalo dato ed alla perdu-
ta fama, dandone avviso a Bene-
detto XIII, al cui giudizio come
obbediente figlio della Chiesa si as-
soggettò. Mon in Parigi nel 1729
d'anni seltant'otto, e fu sepolto in
quella metropolitana , ed alla sua
tomba, giusta il costume francese in
fatto d'iscrizioni, fu posto lunghis*
Simo elogio.
NOBILE e NOBILTÀ', Nohilis,
Nohìliias. Onore che i principi, le
repubbliche ed i corpi municipali
danno alle persone o alle famiglie,
in premio di virtù o d'industria, o
di alcuna azione lodevole, e che spes-
so per legge trapassa ne' discendenti.
Dante nel Convivio ricercò l'origine
del vocabolo nobile^ che da alcuni
derivare volevasi dal verbo nascere
de* latini , che significa conoscere.
Falsissimo, dice Dante, che nobile
Tenga da quel verbo, ma viene da
non vilCf onde nobile è quasi nou
vile. I nostri antichi scrittori però
aveano idee piìi chiare 0 più esatte
della nobiltà; parlarono sovente del-
la nobiltà dell'ingegno, della nobil-
tà de' costumi, della nobiltà eh' è
nell'anima per natura, della nobil-
tà delle cose, ec. Dante dice inoltre
nel Convivio, che ad alquanti, cioè
a quelli che hanno intelletto, che
son pochi, è manifesto non altro es-
sere nobiltà umana, se non che se-
me di felicità; e lo stesso autore
nel Purgatorio compiange la povera
nobiltà di sangue. 11 Boccaccio nella
vita del medesimo Dante dichiara,
che non ostante il padre di lui fos-
se lutifigolo o vasaio (tuttavolta i
suoi biografi lo dicono di famiglia
nobile), essodi tutti era stato no-
bilitatore. Da tutto questo può rac-
cogliersi che i nostri antichi scrit-
tori attribuivano un più grande va-
NOB
lore alla nobiltà ottenuta col me-
rito, che a quella fondata soltanto
sopra una serie di antenati. »» Lacu-
na non influisce all' ingegno. »• Me-
glio* è per certo, la nobiltà crear-
sela, che ricevuta contaminarla. ** Per
le azioni, la nobiltà in alcuni fini-
sce, in altri principia : sola virlits
nobilitai, w La nobiltà ed i titoli sti-
molar deggiono alla virtù. « L'uo-
mo destinato dalla provvidenza ad
innalzarsi per meriti non da mag-
giori ereditali, non abbisogna d'una
chiara origine, dono delia cieca e
mobil fortuna; dappoiché sarebbe
un oltraggio alla virtù il credere
che solo dalla nascita riceva essa
ornamento e splendore. E come no,
se molte volte da illustri famiglie
sorgono taluni uomini , sentina di
vizi e flagello dell'umanità? «Seb-
bene N. nascesse di bassa condizio-
ne, tuttavia quasi dai più teneri
anni si propose di acquistarsi una
riputazione, un nome, una gloria
tutta sua propria, tanto più lodevo-
le, onorata e nobile ; e sebbene al-
la gloria tenne dietro la maligna
invidia, perchè agli occhi di questa
la gloria è delitto, l'invidia è certa
prova del merito di chi venne invi-
diato; quantunque essa, come capace
di qualunque eccesso, è solita fare
uso della perfida e malvagia ca-
lunnia, nella sicura lusinga che il
male è creduto quasi sempre senza
esame. » Rade volte discende per li
rami la prudenza ed il valore, né
si scambia un basso in un eminen-
te stato da chi in sé stesso non ha
gli elementi di quella grandezza ,
cui per proprio impulso, più che
per casi fortuiti ordinariamente suol
pervenire. « I re possono dare agli
uomini senza merito onori e ric-
chezze, ma non appartiene che alle
loro qualità personali il riscuotere
NOB
riputazione e ^\oi'm (Fedi voi. XXIII,
p. 2o3 del Dizionario). Una nasci-
ta illustre tuttavia, e le altre even-
tualità della fortuna, molto contri-
buiscono a stabilire ed a sostenere
una grande riputazione personale,
perchè pongono l'uomo in circostan-
ze favorevoli di mettere in attività
il suo ingegno. In una fortuna me-
diocre , priva di questi vantaggi, i
pili grandi talenti sono continua-
mente ristretti e incatenati dall'au-
torità de' superiori, dalla gelosia e
dalla malizia degli uomini più fa-
voriti, che s' immaginano aver di-
ritto a tutto, benché senza talenti,
e senza essersi occupati nell'acqui-
stare alcuna capacità al disimpegno
degli impieghi, ai quali essi aspi-
rano. >» Dobbiamo conoscere e con-
vincerci che oramai nella società
umana ogni uomo è valutato sol-
tanto per quello che personalmea*
te vale, e nulla più ".
Ragionando il Parisi nelle I-
striizioni per segreteria tom. Ili,
pag. 4^ 6 seg., de' titoli onori-
fici e di quelli di Nobilis ^ Nobi-
litas e Nohìlissimus ^ dice che no-
bilissimi erano i Cesari ed i loro
figliuoli ; e Costantino il Grande ,
perchè più fumassero i cammini di
Costantinopoh, creò la dignità del
nobilissimato : a quali si dasse que-
sto titolo in appresso, può vedersi
nel Du Cange, Gloss. verbo Nobilis.
Del titolo di nobilissimo AugustOj
il p. Lupi parlò nel t. II, p. i5o
delle Dissert.j ed il Buonarroti nei
suoi Medaglioni di esso parla a p.
333. Dice egli che nobilissimi Ce-
sari fu attribuito agl'imperatori ro-
mani, e loro particolare divenne ,
fra' quali la prima volta fu dato
ne' marmi a Massimo, e nelle me-
daglie a Filippo. Ne' tempi più bassi
del nobilissimo solo ne fu fatto un
NOB 53
grado distinto da quello di Cesare
(Fedi); Costantino fece nobilissimo
Costanzo suo fratello, e Annibaliano
nipote di fratello ; e perchè per lo
più i princìpi erano fatti nobilissi-
mi appena nati, furono perciò detti
nobilissimi piieri; e veramente non
si poteva trovare un titolo più con-
forme air espettazione de' giovani
principi, avendo questi necessità di
pigliare, piucchè ogni altra sorta di
persone, e d' imbeversi de' dettami
d'un animo veramente nobile; con-
sistendo r utile della nobiltà in un
eccitamento o accrescimento, cagio-
nato dalla buona educazione e dal-
l'esempio de' maggiori, dello stimolo
verso le virtù , particolarmente di
quelle che riguardano il bene pub-
blico, e d'una premura d'aver più
a cuore l' utile altrui che il pro-
prio, e di posporre a questo fine
le comodità ed i piaceri alle fati-
che , parli tutte necessarie ad un
perfetto monarca. Nel principio del
secolo XI s'intitolavano nobiles i
personaggi molto distinti , ed alle
loro mogli si dava volentieri il ti-
tolo di nobilissima foemina. Gl'im-
peratori Io davano ai signori di fa-
miglie le più cospicue. Nelle lettere
de' Papi si dà il titolo di Dilecte
fili nobilis vir, ed in corpo nobili tas
tua. Paolo V a d. Francesco de Me-
dici di Toscana scrisse : Z?//ecte ^/r,
nobilis vir ; in corpo vostra eccel-
lenza. Altri Pontefici trattarono col
Nobilis vir, i signori Caetani, Co-
lonna, Conti, Doria, Frangipani, Or-
sini, Savelli, e di altre famiglie co-
spicue, non meno d'Italia che di ab
trove. Non a tutti però dierono in
corpo della lettera, Nobilitas tua :
Clemente Vili, scrivendo a Brada-
mante Estense Bevilacqua : Dilecta
in Chrisio filia nobilis mulier , in
corpo Te; né l'aggiunto Nobilis vie-
54 NOB
ne sempi-e apposto in luogo di li-
tolo, poiché talvolta trovasi dui Pa-
pi aggiunto per indicare la nobiltà
locale, o sia qualità naturale della
persona, come rilevasi in un breve
di Paolo IH: Dilecto fllio Scipioni
Caffarello nobili romano. Fin qui
il Parisi , che quanto al titolo di
Nohil uomo nella soprascritta delle
lettere, ecco quanto dice nel t. Il,
p. 266. È cosa notissima che tale
titolo , come proprio de' gentiluo-
mini di primo ordine, che sono par-
tecipi della sovranità in dominio a-
ristocratico, è il distintivo di fami-
glie cospicue nelle repubbliche; e
sebbene possa accomodarsi ad altri
individui di case assai distinte per
antica nobiltà, che non hanno o
non si sono curate d'avere alcun
titolo di marchesato, contea, ec, tut-
tavia non conviene in altri, acquali
mancano tali condizioni, sebbene fa
d'uopo accomodarsi all'uso, e ne' ti-
toli è meglio abbondare ch'esserne
parco in un tempo in cui si faci-
lita con eccesso. Quindi il Parisi
conviene darsi il titolo di nobile uo-
mo agli ascritti alla nobiltà patria,
o titolati senza signorie o giurisdi-
zione in esse; ai cittadini che per
le loro ricchezze, nobile professione
e privilegi sono equiparati ai no-
bili, citando circa il valore del ti-
tolo Nohilis^ il Tiraquello, Exco-
bar, Mastrillo, De Luca.
Il eh. del Bue, Dell'origine del-
taraldica, nobiltà, titoli, predicati
d'onore, ec. § IV, discorrendo del
predicato di nobile, che altri dico-
no Gentiluomo (Vedi) o Cavaliere
(Vedi), dice che nell'antica Italia il
predicato di nobile, come abbiamo
detto in principio, non valse che a
distinguere coloro che un tal poco
levavansi fuori de' plebei , per ec-
cellenza di virtù 0 arte di cui l'uo-
NOB
mo si adorna; in generale però tal
predicato si ha per denolante no-
biltà, mentre intorno ai titoli ono-
rifici è legge la massinin, lene, quod
tenet usus; ed in Germania il pre-
dicato di cavaliere è speciale titolo
di nobiltà, superiore a cpiello di no-
bile. Il predicato di nohil uomo,
nobiles viros, fu già distintissimo, e
Sisto IV nel i474 ^^ <1'^ ai Vis-
conti de* duchi di Milano, e nel se-
colo precedente valeva più di Mi-
lite (Vedi), li predicato di nobile
patrizio ripete l'origine dal senato
di Roma, e patrizi erano i discendenti
dai senatori o padri del senato (Vedi
Padre); l'ordine de'patrizi costituiva
allora la nobiltà romana, e i patrizi
di nascita preferivansi per legge alle
dignità senatorie, cui poscia era dato
anche l'aggiungere a qualunque in-
genuo o libero dalla sua natività,
quando non avesse mai esercitato
arte abbietta alcuna. Onde nel se-
nato tanto si ammettevano i patri-
zi, quanto i plebei, mentre alla virtù
ed alle lettere tribulavasi onore. E
però plebei nobili dicevansi quelli
che alle senatorie onorificenze par-
tecipavano. A queste poi facevano
strada i pubblici uffici e i servigi
segnalati offerti in tempo di guerra;
ma per venirvi ammesso bisogna-
va aver compiti trent' anni, e pos-
sedere una ragguardevole facoltà.
In Roma r occupare i seggi delle
somme magistrature era gran lu-
stro e venerazione alle famiglie.
Quelli che reggevano tra i romani,
o retti avevano tali maggiori uffi-
ci, chiamavansi nobili, quasi nosci-
bile.?, ed avevano diritto ad espor-
re nell'atrio della casa le proprie
immagini ; le quali poi erano por-
tate attorno ne' loro funerali. Il
primo della famiglia innalzato alle
più emiaenti dignità chiamavasi ho-
NOB
mo novus. II patriziato adunque
presso i romani era nobiltà e di-
gnità dal nascimento ingenerate .
Questo fu dipoi i) predicalo, secon-
do il Muratori, nel cui titolo gl'im-
peratori greci conferirono la pode-
stà principesca , indi la dignità di
Patrìzio di Roma (Vedi)^£.\o che*in
appresso fecero i Papi con diversi
sovrani. Al patriziato della repub-
blica veneta si ascrissero re ed al-
tri principi . L'ordine patrizio fu
in progresso di tempo accolto da
tulle le altre città d' Italia, quando
reggevansi a forma di repubbliche
aristocratiche, mentre gli statuti di
alcune prescrivevano le prove di
nobiltà, ond' essere asciitti nel cor-
po de' decurioni, che a tenore di
quelli erano quanto di patrizi , ed
in alcuni luoghi i patrizi si distin-
sero dai nobili , godendo maggior
estimazione il patriziato , formante
in diverse città il così detto consi-
glio di credenza, di che parlammo
in più articoli.
A Famiglie nobili di Roma di-
cemmo ancora dell'ammissione di
esse alla nobiltà romana, per otte-
nere la quale occorrono le prove
volute da Benedetto XIV, colla bol-
la Urhem Romani, de' 4 gennaio
1746. Essa però nulla dispone sul-
le donne, ma vi sono degli esem-
pi, che donne sole, superstiti di fa-
miglie nobili romane, hanno impe-
trato ed ottenuto dalla congregazio-
ne araldica Capitolina, di essere
riconosciute per nobili romane, e
come tali sono slate iscritte perso-
nalmente al libro d'oro. Quest'ono-
re lo conseguirono anche donne let-
terate, senza relazione al lustro del-
le loro famiglie, che in quanto a
materia di nobiltà deve meritare
il primo riguardo. Fedi Lettera-
to. 11 de hi\e nel § V tratta del-
NOB 55
le prove di nobiltà procedenti da
matrimoni illustri, da cariche ed
impieghi che d'ordinario s'appoggia-
no a' soli nobili, da patronati, da
ricchezza; delle prove di nobiltà
tratte da palazzi magnifici antichi,
stali in continua possessione dei mag-
giori di quella famiglia che le pro-
duce, le loro torri antiche, gli edi-
fizi pubblici e pie fondazioni, i ti-
toh, i diplomi, le medaglie, le mo-
nete, i sigilli antichi, i monumen-
ti sepolcrali, le onoranze pubbliche
o principesche, gli ordini cavallere-
schi conferiti dai sovrani, ed altre;
delle prove di nobiltà per via di
tornei, o derivanti dal decurionato
o cariche civiche; di quelle proce-
denti da feudi cospicui, dall' identi-
tà de'cognomi o degli Stemmi genti-
lizì (Vedi). Gli scrittori di questo
argomento osservano, che la natu-
ra fece tutti gli uomini eguali; es-
sa non istabilì alcuna distinzione
tra di loro, se non quella che ri-
sulta dal merito e dalla virili. Ma
gli uomini corrotti e degenerali,
gelosi d' innalzarsi al di sopra dei
loro simili, mostrarono usi ingegno-
si nel creare varie distinzioni arti-
ficiali, delle quali una delle prin-
cipali è la nobiltà. Ciò che avvi
di più singolare e quasi sorpren-
dente si è, che questa prerogativa
che deprime gli uni in proporzio-
ne che solleva gli altri, trovasi sta-
bilita fino dalla più remota anti-
chità presso la maggior parte del-
le nazioni incivilite. Si vuole che
nel Deuteronomio si parli di no-
biltà, come nobili ripulavansi pres-
so gli ebrei coloro che conosciuti
e distinti erano in mezzo alla co-
munità ed al popolo, e che slabi-
liti furono principi e capi per go-
Ternare il popolo medesimo; e l'an-
tica legge attribuiva una specie di
se NOB
nobiltà ai capi o ai piti vecchi del-
le famigllej e a coloro che desti-
nali erano al servizio degli altari,
nobiltà che nasceva naturalmente
dal merito. Dicesi che Teseo pres-
so i greci diede una prima idea
della nobiltà, col separare il popo-
lo di Atene in due classi, distin-
guendo i possessori di terre dagli
artigiani. Così pure avanti Licurgo
distinguevansi a Sparta due classi
di cittadini, di persone facoltose
dette grandi, e del popolo minuto
i cui individui appellavansi piccoli,
distinzioni che soppresse il legisla-
tore, indi il solo merito personale
ed i servigi resi alla patria tenne-
ro il luogo di nobiltà. Tra i ro-
mani la nobiltà trasse l'origine da
Bomolo, nella divisione che fece dei
suoi sudditi, tra' quali riparti gli
onori e le cariche, ond'ebbe prin-
cipio la nobiltà di merito presso il
senato . In Francia la nobiltà de-
rivò dai galli, presso i quali si nar-
ra esistesse un ordine di militi o
di soldati, separato dai druidi e
dal basso popolo; più credibile si
fa derivare la nobiltà in Francia
dopo la conquista che ne fecero i
romani, mentre in Germania già
esisteva, ed i loro re si sceglieva-
no dal corpo della nobiltà.
Ai loro articoli parliamo de'pri-
vilegi, prerogative, insegne e distin-
zioni de' nobili. Il nobile ceto, che
forma oggetto di particolare consi-
derazione, viene riguardato dal pub-
blico qual decoro della città, dote
la più bella delle famiglie. La no-
biltà, salendo alle epoche più ri-
mote, perchè primeggia sulle altre
classi, venne riguardata con occhio
di predilezione dai principi, ed am-
messa alle distinzioni ed ai privi-
legi che la rendevano ancor più
pregevole. Ciò appunto per eccita -
NOB
re l'emulazione, risvegliare V amor
proprio de' corpi subalterni, e in
fine promovere il germoglio della
virtù onde cresca e fruttifichi. Ilo- *
ma ne sia l'esempio di tante eroi-
che azioni, per le quali si giun-
geva all'acquisto di tanto pregio.
L'è magistrature curiali, così chia-
mate perchè davano diritto di far-
si portare in una sedia d' avorio,
fra le quali v'erano il consolato,
la dittatura, la pretura e l'edilità,
tramandavano esse il titolo di no-
bile ai discendenti di quelli che con
generose ed eroiche azioni se ne
erano resi degni. La toga e la spa-
da furono riguardate fonti vere di
nobiltà, che venne riconosciuta pres-
so tutte le colte nazioni per il più
desiderabile e adattato premio al
merito della virtù. P^edi Giuris-
prudenza, Magistrato, Milizia. Il
feudalismo introdotto nella maggior
parte delle nazioni, come si disse
a Feudo, palesa a qual grado era
elevato il nobile. In alcune parli
d'Italia fu costume che quando mo-
riva un nobile, il pretore e il ca-
pitano si recavano ad onorarne il
funerale. A Modena si concesse l'ono-
re del suono funebre delle campa-
ne del pubblico, che per un gior-
no intero davano segno, e pubbli-
cavano la morte delle persone no-
bili: P^. Funerali; ed a Lutto si
parlò di quello de'nobili, con altre
notizie. In diversi luoghi i diritti
di caccia e l'esenzioni di alcuni pa-
gamenti si concessero ai nobili, men-
tre in altri ad alcune classi l'esu-
berante lusso fu represso con leg-
gi , ad esempio degli ateniesi e dei
romani : P^. Caccia; mentre a Lus-
so colle relative nozioni, si rilevò
come i nobili foderavano gli abiti
di vaio, in un a diversi usi delle
donne, riguardanti pure il loro ac-
NOB
cesso ne* sacri templi. Anticamente
fu riserbato a'nobili il privilegio di
porre gii slemmi ne'sepolcri, ne'si-
giili domestici, negli anelli, e colla
loro effigie, sulle gualdrappe de'ca-
valli, sui cocchi, sulle livree de'do-
mestici screziate, delle quali si fece
parola a Famigliare. Sotto Carlo V
re di Francia i nobili d'ambo i
sessi blasonavano i loro abiti e li
coprivano dall'alto al basso di tutti
gli stemmi del loro scudo; le don-
ne portavano sulle loro vesti, a di-
ritta l'arma de'Ioro mariti, ed a si-
nistra la propria. In vari luoghi fu
esclusivo alla nobiltà il privilegio
d'instituire Fideconimessi [Vedi)y e
primogeniture fino al quarto gra-
do, riprovati in altri. Ai nobili fu
permessa la mercatura, ciò che si
toccò a Mercante. Altrove facem-
mo parola come i nobili antica-
mente in Roma, Firenze ed altre
parti, si distinguevano anche con
avere ne'Ioro palazzi loggie, porti-
cali e torri. In Francia, Germania
ed altre regioni, furono segni di no-
biltà insigne e di giurisdizione, le
forche patibolari nelle terre de'feu-
dì, e neir ingresso de'palazzi baro-
nali si pose una grossa catena con
collana di ferro, colla quale mette-
vansi in berlina i ladri, truffatori
ed altri rei che cadevano in delitti
nella giurisdizione di que' magnati.
La nobiltà di nome provasi col-
l' aggregazione di 200 anni addie-
tro alla nobiltà di qualche città,
od altrimenti; laddove la nobiltà
delle armi si giustifica coll'uso del-
la medesima arme per tal corso di
tempo ne'quattro quarti o famiglie
del padre, madre, ed avole de'ge-
nilori : le dignità di corte, l'avere
appartenuto alla corte nobile, e l'am-
missione agli onori di corte, sono
altrettanti distintivi accordali alla
NOB 57
nobiltà con rispettive norme. Nel-
l'articolo Gerosolimitano ordine di
Malta, ed in altri cavallereschi, trat-
tammo delle prove e gradi di no-
biltà che si esigono pel consegui-
mento delle insegne e decorazioni
equestri. Il citato Buonarroti, a p.
281, discorre della nobiltà delle cit-
tà, dimostrata ne' teatri e luoghi
pubblici; ed il Colucci nelle Anti-
chità Picene^ t. XXVIII, p. 60, ra-
giona della nobiltà delle terre e dei
loro magistrati, proporzionata al
loro grado. Nel Suppl. del giorn.
eccl. di Roma 1795, si tratta dei
disordini che dominano nella no-
biltà, specialmente circa l'educa-
zione della prole ; della giusta eco-
nomia di loro rendite, e del ve-
stiario. Vedasi Piccolomini, Della
situazione della vita dell uomo no-
hile^ Venezia 1545. Osorii, De no-
bilitate civdiet Christiana^ Florentiae
i552.Nolden, Z?e statu nohilium ci-
vili synoptica tractatio, Giessae 1 623 .
Andrea Tiraquello, De nobilitate,
Lugduni 1673. Matlhaei, Tracia-
tus de nobilitate^ Lugduni 1686.
Benvenga, Eminenza della dignità
cardinalizia con la definizione deh
la nobiltà, Roma 1716. Il Mura-
tori, Delle antichità Estensi, t. I, cap.
V, parla de' nobili, e con quali ti-
toli distinti, punto che noi in pa-
recchi articoli discorriamo.
NOBILI Roberto, Cardinale. Ro-
berto de Nobili di Montepulciano,
nipote di Giulio III per parte di
sorella, in età di dieci anni appre-
se con tal possesso le lingue greca
e latina, che divenne l'oggetto del-
l' altrui ammirazione. Recitò avan-
ti il Papa un' orazione con tal gra-
zia ed energia di spirito, che fino
d'allora lo zio lo credè degno del-
la porpora, a cui lo conduceva il
sublime suo ingegno, ma molto più
58 NOB
la rara pietà e illibatozza do' suoi
costumi. Essendo stato il di ini
padre destinato al governo delia
città d'Ancona, seco recossi Rober-
to, il quale mentre ivi applicatosi
stava agli studi, Giulio 111 a' 22
dicembre i553 lo cieò cardinale
diacono in età dì quattordici anni,
indi per diaconia gli assegnò la
chiesa di s. Maria in Domnica. Do-
po la morte di Giulio 111, per la
consumata sua pietà fu in molto
credito presso Marcello II e Paolo
IV, quantunque non oltrepassasse
l'età di quindici anni, il primo dei
quali nel i555 lo promosse a bi-
bliotecario di s. Chiesa, ma preve-
nuto dalia morte non potè spedirgli
il breve, cbe poi ottenne dal secon-
do, il quale usato era di chiamarlo,
non meno per l'eleganza e venu-
stà dell'aspetto, che per la sua ra-
ra modestia e verecondia, in pub-
blico concistoro Angelo del Signo-
re, col qual nome fu costantemen-
te chiamato eziandio dai cardinali.
1 suoi digiuni erano assidui e quo-
tidiani, a' quali univa la frequenza
de'sacraraenti, e la visita delle ba-
siliche consecrate dalle reliquie e
dal sangue de'martiri, e quelle fra
le altre ch'erano fuori della città
di Pioma, dove usato era di con-
dursi sovente, singolarmente in tem-
po di carnevale, in compagnia di
sua famiglia e di altre onestissime
e nobili pei*sone, in presenza delle
quali salito sul pulpito recitava con
gran fervore il panegirico di quel
santo, al cui nome era quella chie-
sa consacrata, o di cui ricorreva in
quel giorno la festiva ricordanza.
Non mancava di portarsi con fre-
quenza a udire la divina parola in
quelle chiese nelle quali sapeva che
predicava qualche rinomato ed ec-
cellente oratore. Se ne andava per
NOB
Roma nella sua carrozza a bandi-
nelle calale, per islare colla men-
to più sollevata in Dio. Non permi-
se giammai che il suo volto fosse
dipinto in tela, e se lo fece, fu per
obbediie al proprio genitore, ch'e-
spressamente glielo comandò. Per
vieppiù avanzarsi nella cristiana per-
fezione, risolvè di rinunziare alla
porpora, e ritirarsi tra i cappucci-
ni o tra i gesuiti. Non potendo
però eseguire il concepito disegno,
determinò di rinunziare tutti i be-
nefìzi che possedeva a Paolo IV,
il quale lodò ma non volle esegui-
re la risoluzione del giovane cardi-
nale. II Torrigio nella vita di que-
sto insigne cardinale osserva che si
contentò della sola abbazia di Spi-
netta, e non volle mai altro bene-
fìcio, quantunque nella prima par-
te sbagli, avendone avuta un'altra,
che insieme colla prima fu da Pao-
lo IV dopo la morte del porpora-
to conferita a' suoi fratelli. Com-
pensò egli però la perdita che fa-
ceva, con moltiplicare le austerità
e macerazioni del proprio corpo,
che riduceva in servitù, usando un
aspro cilizio armato di acute punte
di ferro, e prendendo i suoi disa-
giati riposi per lo più sulla nuda
terra o sopra le tavole. Geloso so-
pra ogni credere della castità, la
mantenne illibata fino alla morte,
■vicino alla quale riguardò con or-
rore il consiglio datogli da alcuni
medici di farne luttuosa perdita.
La preghiera e la lettura dei pa-
dri erano il suo giornaliero pasco-
lo. Acceso di zelo per la salute del-
le anime, faceva a' suoi domestici
frequenti e fervorose esortazioni, e
studiavasi di ridurre gli eretici e i
traviati alla cognizione della verità
e della giustizia. Divotissimo del
ss. Sagrameuto, non meno che della
NOB
Peata Vergine, guardava con rigO'
roso digiuno ogni sabbato, e fa-
cendo in tal giorno assidero a men-
sa tutti i suoi famigliari e dome-
sliei, dal primo al più infimo, ser-
viva loro colle proprie mani. Con-
tralta con questo aspro e peniten-
te tenore di vita una grave e pe-
nosa infermità che lo afflisse per
sei mesi, spirò la purissima anima
Ira gli amplessi del Crocefisso, nel
principio del i SSg, in età di i8
anni non compiti, e cinque di car-
dinalato. Divulgatasi appena per
Roma la morte dell'angelico giova-
ne, fu universale il dolore ed il lut-
to. Paolo IV uditane la funesta no*
tizia nell'atto di alzarsi da mensa,
si gittò subito in ginocchione, e
dopo aver orato buono spazio di
tempo, fece un lungo elogio delle
virtù del cardinale, concludendo che
sarebbe stato felice il sacro collegio
se avesse avuto molti soggetti a
lui somiglianti. Più di tutto prova
la di lui santità, V opinione che
avea della virtù e pietà di Rober-
to, s. Carlo Borromeo, che per sua
umiltà diceva, che sarebbesi chia*
niato contento se avesse potuto ar-
rivarlo nella santità. Il cardinal
Polo lo disse ornamento e gloria
del sacro collegio ; ed il cardinal
Ridolfo Pio, lume sfolgoreggiante
del senato apostolico, e degno del-
la pontificia tiara. A questa lo vo-
leva Paolo IV. Il vener. cardinal
Bellarmino tenne nella sua camera
il ritratto del Nobili, protestando
di venerarlo per santo. Il morda-
cissimo Garimberti dovette chia-
marlo Angelo inviato dal cielo, de-
gno di essere ascritto nel numero
de' santi. Ebbe sepoltura nella chie-
sa di s. Pietro Montorio con un
magnifico elogio, ed il suo superbo
ritratto che ne decora il deposilo,
NOG 59
da ultimo venne restaurato dal
commend. Agricola: le sue interiora
furono collocate nella chiesa di s.
Bernardo alle Terme, nella cappella
di s. Francesco, dove sotto il bu-
sto del cardinale, espresso assai al
naturale in candido marmo, legge-
si elegante iscrizione. Il compendio
di sua vita fu corretto ed ampliato
dal prelato Bernardino Naro, e
stampato in Urbino nel 1628, e
dall'abbate Bartolucci in Roma nel
1675, e da Francesco Maria Tor-
rigio in Roma nel 1622. Il com-
pendio del p. Francesco Sacchini
gesuita, lo riprodussero Giacconio e
Petramellara. Abbiamo pure di A.
Parigi ; Notizie del cardinal Ro-
berto Nobili ed altri illustri poli-
zìani, Montepulciano i836. Lasciò
questo cardinale alcuni mss. che
religiosamente presero in custodia i
suoi eredi.
NOCERA (Niicerin). Città con
residenza vescovile dello stato pon-
tificio neir Umbria, delegazione a-
postolica di Perugia, a sei leghe e
mezzo da Foligno, e nove miglia
da Gualdo Tadino. E situala in
colle alle falde dell'A pennino, po-
chi passi a destra della via Fla-
minia, non lungi dalla sorgente del
fiume Tenna o Topino, in aria buo-
na. Le sue strade sono scoscese, con
alti fabbricati, e la piazza del boi-
go fuori della sua porta principale
è la più agiata. La cattedrale con
battisterio fu jiedificata dall' attua-
le vescovo, è sacra alla Beata Ver-
gine Assunta ed al patrono e ve-
scovo s. Rinaldo, e trovasi nel silo
il più elevato. Lo slesso beneme-
lito pastore rifabbricò il seminario
e lo dotò, fiorendo per la sua di-
sciplina. A tal prelato si deve pu-
re il ristorato episcopio vicino alla
cattedrale. Vi sono altre chiese, due
6o NOC
conventi di religiosi ed i filippini,
due monasteri di monache, confra-
ternite, monte di pietà e ospedale.
Nocera die molti uomini illustri, e
di Fossato sua diocesi fu il cardi-
nal Cesare Gherardi, e molti ve-
scovi uscirono dalla città e diocesi:
sono viventi monsignor Felicissimo
Salviiii arcivescovo di Camerino;
monsignor Guglielmo Aretini Sil-
lani vescovo di Terracina, Piperno
e Sezze, di Sigillo: di Nocera fu il
gesuita Francesco Acerbo. Tra le
famiglie ragguardevoli quella dei
conti Olivieri die uomini che si
distinsero in lettere e dignità eccle-
siastiche. È sede di un governa-
tore, e soggiace al suo governo la
comune di Valtopina coi molti ca-
sali che la compongono, con l'ap-
podiato Colle con otto rurali par-
rocchie da esso dipendenti. Fra i
molti villaggi annessi al comune è
celebre quello de' Bagni di Nocera
posto al sud-est nella distanza di
due leghe, tanto per la salubrità
delle acque leggere e medicinali e
blandamente purganti, che vi si vedo-
no sorgere ed influiscono poscia nel
Tenna, quanto pel bel palazzo e co-
modi fabbricati destinati a ricevere
nell'estate i molti forestieri che con-
corrono a giovarsene. Fu Clemen-
te XI che fabbricò ai bagni di No-
cera, per comodo del pubblico, la
chiesa e gli edifizi ; e tra i coiiii
pontificii abbiamo due medaglie
che ciò celebrano^ una coli' epigra-
fe : Ecclesia novisq. aechhus ad
halnea Nucerina construclìs. L'al-
tra con r iscrizione : Ecclesia et
domibus ad balnea Nucerina con-
struct. MDCCXIV, col prospet-
to della chiesa e fabbriche dei
bagni. Rinomata è pure la terra
di Nocera. Diversi scrissero su que-
ste acque. Marianus , De alhida
NOC
seu de halnco Nucerino^ Perusiae
1599. Cammilli, Del bagno di No-
cera neW Umbria^ Perugia 1627.
Bagno di Nocera nelC Umbria po-
tentissimo per i morsi velenosi^ Fo-
ligno 1689, opera d' un medico nu-
cerino. De Plumbis, Disserl. histor.
medica de saluberrimo Nuceriae
in Umbriae erumpenti latice, Ve-
netiis 174^. Massimi, Acque salu-
bri e bagni di Nocera, Roma 1 774.
Per ultimo eruditamente ne scrisse
il dott. e cav. Lino Morichini, Sag-
gio sopra V acqua di Nocera, Roma
1807. Rinomata fu la rocca di
Nocera, se pure non fu Gualdo
Tadino, chiamata Arx Nucerina.
Nocera, Noceria, detta da Cluve-
rio e da altri Camellaria o Camela-
r/Vz, e chiamata nelle medaglie antiche
Nuceria Constantia o Costantiana
perchè restaurata da Costantino il
Grande. Altri vi aggiungono il co-
gnome Alphaterna o Alfatenìa, che
altri invece attribuiscono a Nocera
de' Pagani. Fu detta Nuceria, se-
condo Strabone, perchè ivi si fa-
cevano belli vasi di legno ; pari-
menti così è chiamata da Tolomeo
e da Plinio, il quale à\sse favonesi
ì nuceriui. il Volterrano vuole che
Alfatenia sia stata un'altra città
dell' Umbria da questa distinta e
totalmente rovinata. L' Alberti è
di parere che Alfatenia, di cui par-
lò Plinio, sorgesse nelle vicinanze
di Nocera, e fosse assediata dal con-
sole Livio, indi costretta all' obbe-
dienza del popolo romano. Certo è
che Nocera vanta antichissima ori-
gine, fu colonia romana, fu fatta
città nel l[Oi di Roma e soggiac-
que alle vicende dell'Umbria, sia
sotto i romani che nel disciogli-
mento dell' impero, alle invasioni
barbariche de* goti e de' longobar-
di che la rovinarono. Per la di-
NOC
versila che passa fra Nuceria Fa-
voniese e la Camelaria^ e del sito
occupato da questa, che il Lancel-
lotli prelese abbia esistito vicino a
Pitulo e Roccacontrada (ossia Ar-
cevia, di cui parlai a Jesi) presso
il monte Caniiliano, i5 miglia di-
stante dall'odierna Nocera, si può
leggere le lettere erudite che ri-
guardano Pitulo e r antica città di
Kuceria Camelaria, riportate dal
Colucci, Antichità Picene t. XI, p.
II 3. JNd secolo Vili Nocera fece
parte dei dominii della chiesa ro-
mana, come abbiamo dall'Anasta-
sio nella vita di Stefano II detto
III, il quale nel ySS avendo ri-
corso a Pipino re di Francia con-
tro Astolfo re de' longobardi, che
avea occupate varie terre della
Chiesa, tra quelle I che costrinse a
restituire si novera Nocera. Verso
questo tempo Nocera era un ca-
staldato del ducato di Spoleto, e
nel placito del duca Gisolfo, tenuto
in Rieti nel 761, vi si legge tra
gli altri giudici assessori Eleuterio
castaido di Nocera, come riferisce
il Fai teschi, Mem. del ducato di
Spoleto, p. 169. Quindi ebbe i
suoi conti, e nel 980 Lupo Vico
figlio del conte Monaldo, edificò
Fossato ed ampliò Sigillo, de* quali
luoghi parlai a Gualdo Tadino ,
tutti compresi nella diocesi di No-
cera. Narra il Reposati, Della zec-
ca di Gubbio, che appartenendo
Nocera al ducato di Spoleto, quando
questo ricuperò Innocenzo III, No-
cera tornò in potere della Chiesa. Al
tempo delle fazioni de' guelfi e ghi-
bellini, anche questa città ne pro-
vò le conseguenze . Bonifacio IX
nel 1892 creò vicario di Nocera
Ugolino Trinci di Foligno, ciò che
confermò Giovanni XXIII; il suo
figlio e successore Nicolò col fra-
NOC 6[
tello Rartolomeo nel r4^i furono
uccisi nella rocca di Nocera. Di poi
Eugenio IV, a mezzo del celebre
Vitelleschi, tolse Nocera alla fami-
glia Trinci, sul dominio della qua-
le può leggersi il Durante, Istoria
della famiglia Trinci, con memo-
rie di Nocera. A Foligno dissi che
i governatori pontificii di tal cittàj
lo erano pure di Nocera.
Nel i45>8, per la sede vacante
di Calisto III, Giacomo Piccinino
che d'ordine del re di Napoli era
andato ad aiutare Federico conte
di Urbino, invece colle sue genti
occupò Asisi , Nocera e Gualdo,
lasciando il conte esposto nella guer-
ra coi Malatesta. Già nel pontificato
di Eugenio IV, Nicolò Piccinino a-
vea invase Nocera e Gualdo. Elet-
to Pio II, Ferdinando re di Na-
poli comandò a Giacomo di trala-
sciar le molestie dello stato ponti-
ficio e di abbandonare Nocera e
gli altri luoghi, laonde obbedì an-
co perchè non avrebbe pofuto col-
le sue forze conservarne l' acquisto.
In seguito Nocera seguì i destini
dell' Umbria e la dominazione fran-
cese nel declinare del secolo scor-
so e ne' primi anni del corrente.
Talvolta Nocera fu onorata dalla
presenza de' Papi, e 1* ultimo fu
Gregorio XVI reduce dal viaggio
al santuario di Loreto nel 1841.
Martedì 2 1 settembre partendo da
Gualdo Tadino, il Pontefice, percor-
rendo la via nazionale per Foli-
gno, passò per i territorii di Re-
gali e di Teopano, i cui abitanti
si erano raccolti presso alcune cap-
pel lette rurali esistenti sulla strada
e sotto archi di verzura eretti per
festeggiare il suo passaggio, echeg-
gianti di giulive acclamazioni. I
nucerini per significare al santo
Padre la venerazione e il fedele
62 NOC
loro allaccamento, avevano eretto
all'ingresso della gran piazza, posta
a piedi tlella montuosa città, un
grande arco trionfale, mentre sul-
r ingresso della città medesima, si-
tuato nel fondo della piazza dirim-
petto al detto arco, erasi innalzata
la bandiera pontifìcia con analoga
iscrizione, altre essendone all'arco.
Qui la magistratura civica umiliò
le proteste di divozione e suddi-
tanza, ed un drappello di giovani
presa la carrozza del Papa la tras-
se fìno presso una loggia costruita
sulla piazza stessa, da dove Grego-
rio XVJ accompagnato da monsi-
gnor vescovo e da tutto il clero
compartì all'affollato popolo la sua
apostolica benedizione , fra i più
commoventi viva di giubilo e di
riverenza. Quindi con lo stesso ac-
compagnamento e sotto baldacchi-
no si portò alla casa del conte
Giuseppe Olivieri, ove ammise al
bacio del piede il clero, il gover-
natore, la magistratura e molte al-
tre persone, mentre il popolo con
fervorosa divozione si portò in fol-
la a baciare il luogo donde il Pon-
tefice l'avea benedetto. Ripreso il
"viaggio, dirigendosi per Foligno,
Gregorio XVI incontrò altre dimo-
strazioni di popolare esultanza a
Ponte Centesimo e quindi presso alla
Vescia, ove venne alzato sulla strada
di passaggio un grandioso altare, sul
fjuale fu esposto il ss. Sagramento,
laonde essendo il Papa disceso
ne ricevette la benedizione, come
avea fatto in una delle suddette
rnppellette, indi egli slesso appagò
il popolo colle sue benedizioni e
parole benigne.
La sede vescovile fu eretta nei
primi secoli della Chiesa, immedia-
tamente soggetta alla santa Sede,
come lo è tuttora, invano avendo
NOC
preteso sopprimerla Napoleone con
decreto de' 5 agosto loro. L* U-
ghelli che neW Italia sacra t. I,
p. io63, e t. X, p. 3o2, ci dà la
serie de* suoi vescovi, dice che vi
predicò la fede Crispoldo di Foli-
gno discepolo di s. Pietro verso
l'anno 58, su di che potrà vedersi
l'articolo Foligno. Nella persecu-
zione di Nerone furono martirizza-
ti s. Felice prete e s. Costanza ma-
trona a' 17 settembre del 6g, i
cui corpi furono deposti nella chiesa
di s. Maria Maddalena, donde nel
1590 furono trasportati in catte-
drale e le loro teste in Pesaro. Ne
fu primo vescovo Felice, cui scris-
se s. Innocenzo I Papa, ed inter-
venne al concilio con Decenzio. Se-
condo vescovo fu Celio Lorenzo
cardinale e Antipapa IV (Fedi)
nel 498 contro s. Simmaco, il qua-
le benignamente lo fece vescovo di
Nocera, mosso a pietà del suo
competitore ; questi, passati quattro
anni, spalleggiato dalla sua fazione
ritornò in Roma e rinnovò lo sci-
sma, ma in un sinodo fu deposto,
cacciato in esilio e scomunicato,
morendo cosi ne' poderi del suo
sostenitore Festo; narrando tutto
distesamente Agnello Anastasio, cap.
V, Storia degli Antipapi. Papa s.
Simmaco nel S02 in sostituzione
di Lorenzo consacrò Aprile; quar-
to vescovo fu Primerio cui scrisse
nel 598 s. Gregorio ì. Luitardo
fìoii sotto Eugenio II nell* 826;
Reperto o Ramperto intervenne
alla consecrazione dell' imperatore
Lodovico II in s. Pietro, ed al con-
cilio romano dell' 86 1. Indi succes-
sero Severino dell' 887, Benedetto
del 900 che restaurò la chiesa di
s. Martino, Giuliano si trovò al
concilio celebrato da Giovanni XIII
nel 967, Gilberto Ala cremonese
NOC
lììonaco benedettino tìel 986. Al-
berto o Adalberto monaco bene-
dettino, figlio di Roderico conte di
Noccra, creato nel 1007 da Giovan-
ni XVill, il quale pei* essere sta-
te rovinate dai longobardi e dai
saraceni le città vescovili di Tadi-
no, Rosella, Usenti e Plestea, alle
quali l' Ughelli aggiunge Lucefòli
cioè Luccoli ( la cui diocesi fu di-
visa tra Gubbio e Noce4'a), le unì
a Nocera aumentandone colle loro
sedi la diocesi ; laonde non pare
che Nocera divenisse allora vesco-
vato, come si ha dalla storia del-
l' antica Tadino. Romano monaco
di Sassoferrato del monastero di
Silria, discepolo di s. Romualdo, gli
successe nel 1012, ma dicesi per
simonia, e visse due anni. Dodo
fu al sinodo romano del 1029, per
la causa del patriarca di Grado ;
Lodovico a quello celebrato in s.
Pietro da Nicolò II nel 1059. Pa-
squale li nel Ilio elesse Agostino
detto Arcoletti , che concesse un
privilegio al monastero di s. Pie-
tro de Andolina, ciò che confer-
mò nel I ia5 il successore Lotario.
Indi fìoriiono Lorenzo del ii3r,
Monaldo Monaldeschi orvietano del
I i44> Offredo de' conti di Nocera
del 1164, Anselmo nobile di Fo-
ligno arcidiacono della cattedrale
e vescovo di sua patria, poi nel
1170 pe' suoi meriti da Alessandro
Jll fatto anche vescovo di Nocera
che sapientemente amministrò ; gli
successe verso il 1 196 Ugo. Indi
s. Rinaldo figlio di Napoleone Trin-
ci signore di Foligno, benedettino
dell' Avellana, per le sue virtù ven-
ne creato vescovo dal clero con
mirabile consenso, e confermato nel
12 18 da Onorio III: fu chiamato
il padre de' poveri, menò vita au-
stera ed esemplare, fu uno de' sette
NOC 63
vescovi che promulgò l' indulgen-
za perpetua della Porziuncula, e vo-
lò al cielo a'ig febbraio 1222, e
fu sepolto nella cattedrale, di cui
divenne titolare.
Pelagio lo consagrò nel i223
Onorio 111, indi successero Costan-
zo del 1218, Bevegnato Cnppuzzi
di Foligno nel i2 3o, cui Innocen-
zo IV commise T amministrazione
della sede di Foligno ; Guido Ne-
gosanti di Fano, eletto nel 12 52
da detto Papa, che amico di s. Sil-
vestro donò ai suoi monaci molti
beni; Bernardo del i252 ; beato
Filippo de' conti d'Antignano foli-
gnate del i254, monaco di Avel-
lana, morto santamente a' 2 1 gen-
naio 1285, nel calendario di Avel-
lana si legge a' 17 settembre; le
sue reliquie dalla chiesa de' ss. Fi-
lippo ed Agnese presso Gualdo, nel
1623 furono trasferite nella catte-
drale di Nocera. Fidemondo cano-
nico di essa, richiesto dal capitolo,
fu confermato da Onorio IV nel
1285, 8 idus augusti. Giovanni dei
conti di Antignano folignate, cano-
nico della cattedrale, richiesto dal
capitolo, nel 1288 l'approvò Nicolò
IV, che introdusse i francescani
in s. Maria della Misericordia di
Gualdo. Beato Alessandro Vincioli
perugino, de'minori e penitenziere,
fatto da Giovanni XXII, di gran
santità di vita autenticata da mi-
racoli, e per le sue preghiere Sas-
soferrato fu liberato da male con-
tagioso, ed ivi fu sepolto nel coro
de' francescani nel 1 363, essendo
morto a' 3 maggio. Urbano V nel-
lo stesso anno gli surrogò Luca
Ridolfuccio Gentili (Fedì) arcidia-
cono di Camerino, vicario genera-
le dell' Umbria e cardinale. Gli
successe Sentio che celebrò il si-
nodo nel 1397; fr. Andrea di Moa-
64 NOG
te Falco franoescano del i4o4;
Oio. Tommaso de Margariti Ibli-
gnale, cistcrciense di Sassovivo, nel
i4'9 traslato dal vescovato Ly-
ciense, acclamato pastore sapiente,
sepolto in s. Domenico di Foligno
nella cappella da lui eretta. An-
tonio Bolognini di Foligno priore
della cattedrale del i438; trasfe-
rito in patria nel i444> g'' succes-
se fr. Giovanni Marcolini france-
scano di Fano, insigne teologo, che
nella riedificazione della cattedrale
pose la prima pietra. Nel i^65
divenne vescovo Antonio Viminali
di Terni, e nel 147' Sisto IV fece
Giacomo Minutoli di Lucca, per-
sonaggio illustre per le cariche sos-
tenute sotto Pio II e Paolo U,
compagno del cardinal Giovanni
Balve legato in Francia, ove si
fece tanto amare che Luigi XI lo
dichiarò suo consigliere, ministro
suo presso la santa Sede, lo fece
trasferire al vescovato d' Agde, con
altre beneficenze e distinzioni. Nel
1 481 Giovanni Cerretano, nel 1492
Giacomo de Breusquelh di Limo-
ges, procuratore generale de' cistcr-
ciensi in Roma; donò alla catte-
drale preziose suppellettili, e nel
1498 fu sepolto in Vaticano. Mat-
teo Baldeschi perugino uditore di
rota, nel i5o8 trasferito alla pa-
tria da Giulio II, che nominò Lo-
dovico Clodio di Calderola e di
essa arciprete. Nel i5i4 Leone X
nominò vescovo il suo precettore
Varino o Guarino Favorino di Ca-
merino silvestrino, dotto nelle let-
tere greche e latine, autore di di-
Terse opere : che fece da diacono
greco in cappella pontifìcia, lo dis-
si nel voi. Vili, p. 144 del Di-
zionario ed altrove; mentre nel
voi. IX, p. 194 notai che fu il pri-
mo vescovo regolare ad usare fioc-
NOC
co verde al cappello, e ciò per de-
creto concistoriale de* i3 dicem-
bre i5i7.
A lui nell'anno i52i Leone X
die per coadiutore con futura suc-
cessione, che si verificò nel i53.7.
Angelo Colocci di Jesi segretario pon-
tificio, insigne nella filosofia, nel-
la teologia e nelle matematiche,
buon poeta, tesoriere generale di
Paolo III. Vigilante pastore, fece
ottime leggi, ingrandì il palazzo ve-
scovile e l'abbellì di vari ornamen-
ti, fabbricando il campanile della
cattedrale : in Sassoferralo eresse un
altare a s. Pietro, oltre altre ope-
re pie. Stanco di tante fatiche, nel
1543 o i545> ottenne il vescovato
pel nipote Girolamo Mannelli di
Roccacontrada, e ritornato in Ro-
ma, con dispiacere degli eruditi mo-
rì nel 1549, tiasferendosi il cada-
vere nella patria cattedrale di cui
era stato canonico. Lo celebrammo
anche nel voi. XXXVI, p. 263 del
Dizionario. A Girolamo nel 1592
successe Roberto Pierbenedetti ca-
merinese, già canonico di s. Ange-
lo in Pescheria, morto nel i6o5 in
Sassoferrato, mentre faceva la visi-
ta, e trasportato in cattedrale, alla
quale il fratello cardinale donò sa-
cre vesti ed istituì un anniversario.
Virgilio Florenzi Perugino eletto
nel i6o5} per sua morte nel i645
Orazio Giustiniani (Fedi)y genove-
se, trasferito da Montalto, indi car-
dinale. Per sua dimissione nel 1646
fu vescovo Muzio Montano di Ve-
tralla, e governò soavemente. Nel
1669 Gio. Battista Amati nobile
di Pistoia, già di essa canonico e
vicario generale, lodato per dottri-
na. Nel 1 690 Marco Battaglini ri-
minese, ornato di molteplice erudi-
zione, autore di diverse opere, e
della storia de'principali concilii; di
NOC
somma prudenza, era slato impie-
galo dal Papa a governare varie
città, poi visitatore apostolico di Por-
to e Sabina, e nel 1716 traslato a
Cesena. Alessandro Borgia nobile di
Velletri, protonotario apostolico, udi-
tore della nunziatura di Colonia^
indi internunzio e governatore d'A-
sisi, fatto vescovo nel 17 16, che
pubblicò nel 1723 la storia patriaj
e nel 17^4 f^i trasferito a Fermo.
Egli è l'ultimo registrato nell'ir^^-
Ua sacra j i seguenti lo sono nel-
le annuali Notizie di Roma. Note-
remo, che nel secolo decorso i ve-
scovi tralasciarono d'intitolarsi, ve-
scovo di Nocera e di Sentino, cioè
Sassoferralo (Vedi)^ ma solo di No-
cera. 1724 fr. Gio. Battista Chiap-
pi de'girolamini del b. Pietro da
Pisa, della diocesi d'Albenga. Gli
successe nel 1768 Francesco Lo-
renzo Massaioli della diocesi di Gub-
bio. In sua morte Pio VII nel con-
cistoro de' 22 dicembre 1800 no-
minò Todierno degno vescovo, mon-
signor Francesco Luigi Piervisani
d' Asisi , già canonico teologo di
quella cattedrale, e rettore del se-
minario. Questo insigne prelato, mo-
dello dei pastori j è divenuto ir.^de-
cano de' vescovi dello stato pon-
tificio, ed ha operato immensi be-
ni nella sua diocesi, donde usciro-
no dal suo dotto e ottimo clero
diversi vescovi ; a Gualbo Tadino
ne riparlammo, e si disse come Pio
VII lo dichiarò abbate di quella
abbazia di s. Benedetto. Giacinto
Vincioli ci diede il catalogo de' ve-
scovi di Nocera j nelle Notizie sto-
riche de^ cardinali perugini ^ stam-
pate nel 1730; e prima di lui nel
i653 in Foligno si pubblicò di Lo-
dovico Jacobilli: Nocera nelf Um-
bria e sua diocesi, e cronologia dei
vescovi di essa cittàt discorso istO'
voi. XLVlIh
NOC
65
rico. Il capitolo si compone di due
dignità, la prima delle quali è il
priore, di dodici canonici, compre-
so il penitenziere e il teologo, di
altrettanti mansionari, e di altri
preti e chierici : il priore è il par-
roco della cattedrale, coadiuvato da
un sacerdote deputato dal capitolo.
Pio VI col breve Dunt insignem,
de'29 luglio 1 794, Bull. Rom. Coni.
t. IXj p. 394, concesse ai canoni-
ci e dignità la cappa con fodera
di pelli, ed il rocchetto. La dioce-
si si estende per circa trenta mi-
glia. Ogni nuovo vescovo è tassata
in fiorini 4^0, ed all'epoca dell'ul-
tima proposizione concistoriale era
di scudi i5oo la rendita, però au-
mentata dall'encomiato vescovo.
NOCERA DE' PAGANI (Nuce^
rin Paganorum). Città con residen-
za vescovile nel regno delle due
Sicilie, nella provincia del Princi-
pato Citeriore, distretto a 3 leghe
da Salerno e 7 da Napoli, capo-
luogo di cantone. È posta su di
un colle, e vi si vedono gli avan-
zi del suo grandioso castello, ove
Carlo HI Durazzo assediò Urbano
VL Nel vecchio monastero basilia-
no di Mater Domini vi è la tom-
ba di Carlo I d'Angiò e della re-
gina Beatrice. Vi sono molti rag-
guardevoli edifici, fra i quali la cat-
tedrale con battislerio, sotto l'invo-
cazione di s. Marco evangelista; la
chiesa ed il monastero de'benedet-
tini di Monte Vergine sotto il ti-
tolo di s. Giovanni, di maestosa
apparenza, sopra un'altura delizio-
sa^ donde si contempla un gran
tratto di mare e la Campania. Il
santuario della Madonna de'bagni^
assai frequentato nel dì dell'Ascen-
sione, bevendosi con divozione l'ac-
qua della vicina sorgente. Vi sono
altre sei chiese parrocchiali col fon-
6$ NOC
te sacro, conventi di religiosi e mo*
iiasleri di monache, conservatorio,-
confraternite, ospedale, éenakiai*io, «
palazzo vescovile aderente alla cat-
tedrale, I Borboni vi eressero una
vasta caserma per la cavalleria. Fa
un rilevante commercio coi prodot-
ti del suo fertile territorio, special-
mente in frumento, vino squisito,
bestiame eccellente, e lane. Fu con-
tea della famiglia Zurla, e ducato
di quella dei Carafa.
Nocera, Nuceria Paganorum , fu
denominata de'Pagani sia per distin-
guerla da quella dell* Umbria, che
come questa alcuni chiamarono Al-
plialenia^ sia per avervi lungamen-
te dimorato i saraceni dopo la rot-
ta del Garigliano nel 9 1 5, o per es-
servisi ritii-ati sotto Federico II quan-
do furono cacciati dalla Sicilia, sia
per averne abitato i dintorni i po-
poli paghif secondo l'Alberti, sia per
essere stata divisa in molti paghi,
dopo i vari disastri sofferti nella guer-
ra punica e in quella sociale: al-
tri meno verosimilmente cosi la dis-
sero dai greci paghi. Alcuni auto-
ri pretendono che sia stata fonda-
ta dagli etruschi, sulle rovine del-
l' antica JVbceria. Sotto la repub-
blica romana divenne colonia mili-
tare, e si distinse per la sua fedel-
tà nella seconda guerra punica. Di-
strutta prima in parte da Anniba-
le, poscia dai normanni, o nei i i3i
dal re Ruggiero, lo fu interamen-
te da un orribile terremoto. Nelle
sue vicinanze Narsete riportò vit-
toria su Teia re de'goti, che vi re-
stò ucciso nel 553, terminando co-
s'i il domìnio goto in Italia. Verso
la metà del secolo XI essendo sta-
ta conquistata dai normanni e di-
strutta, gli abitanti furono costretti
ad abitar divisi in molti villaggi o pa-
ghi, e da ciò vuoisi derivato il cogao-
NOC
me dì pagani o abitatori de'paghi.
Dopo la vittoria di Carlo I d'An-
giò, vi fu fatto aspro macello dei
saraceni, che avevano parteggiato
per Corradino, l'ultimo rampollo de-
gU svevi. Vi nacque s. Lodovico fi»
glio di Carlo II d'Angiò. Nello sci-
sma di Clemente VII antipapa, vi
si ritirò nel castello il Pontefice
Urbano VI, come una delle tante
terre cedute al suo nipote Fran-
cesco Prignani da Carlo III che
avea investito del reame di Napo-
li. Il Papa vi si recò nel 1882, in-
di passò a Napoli, ma inimicatosi
col re che non voleva più. dare le
terre promesse, a' 26 maggio i384
ritornò a Nocera colla corte e coi
cardinali. Questi temendo qualche
sorpresa, e standovi poco comodi,
l'abbandonarono, e fecero passag-
gio in Napoli, non cedendo alle pon-
tifìcie preghiere perchè restassero
in fortezza. Adombrato Carlo IH
della permanenza d' Urbayo VI in
Nocera, lo pregò ritornare in Na-
poli, ma venendogli risposto essere
soliti i re portarsi a' piedi de'Papi ,
si venne in aperta guerra, ed il re
con alcuni cardinali tramò congiu-
ra contro Urbano VI che voleva
privarlo del regno. I cinque o sei
cardinali ch'erano col Papa furono
imprigionati e straziati colle tor-
ture, come creduti ribelli; alcuni
dicono che ivi li facesse morire, al-
tri in Genova, al quale articolo li
nominammo, e dicemmo come il
Papa assediato in Nocera, tre o
quattro volte al giorno compariva
alla sua finestra, e al suono di cam-
pane, con torcia accesa in mano,
scomunicava i suoi nemici, e co-
me a' 7 luglio 1 385 potè fuggire
da Nocera e s'imbarcò per Geno-
va. Questa tragedia dettagliatamen-
te si legge in Lodovico Agnello Ana»
NOC
slasìo, Storia degli antipapi, t. IT,
p. 179 e seg. : ne feci parola anco
nel voi. XLVI, p. 178. Nel seco-
lo apprCvSso, avendo la regina Gio-
vanna II adottato per figlio il re
Alfonso V di Aragona, a pregiu-
dizio di Renato d'Angiò, Nocera fu
presa dagli aragonesi, e per la pri-
ma ne alzò il vessillo.
La sede vescovile fu eretta nei
primi secoli della Chiesa, e fatta
sufìraganea dell' arcivescovo di Sa-
lerno, di cui lo è ancora. Ne fu
primo vescovo s. Prisco che patì
il martirio a'g maggio sotto Nero-
ne-, onde la cattedrale era prima
colla sua invocazione. Il secondo
fu Numesio diacono di questa chie-
sa, cui scrisse nel 592 s. Gregorio
3; indi Primerio, al quale tal Pa-
pa diresse un'epistola. Amato o
Amanzio nel n^S intervenne al si-
nodo romano di s. Zaccaria; N.
visse a' lempi di Gregorio IV, in-
di non si conoscono i successori
sino a Landò che governò dal io6f
al 1073, deposlo dalla santa Sede.
Dopo lunga lacuna apparisce Fe-
lice, cui diresse una lettera Inno-
cenzo III; poscia V^alerio Orsini ro-
n)ano del 12*28; N. assassinato em-
piamente dagli, abitanti nel [260,
onde la cit^à restò priva del seg-
gio episcopale per decreto di Ales-
sandro IV, che divise la diocesi Ira
gli arcivescovi di Salerno e d'Amal-
fi. Al dire di Novaes, Bonifacio Vili
nel 1295 ripristinò la sede, ma
non sembra avesse effetto, poiché
tale dignità la ripristinò nel i386
Urbano VI, che nominò per ve-
scovo fr. Francesco de' minori, so-
lo ordinato sotto Bonifacio IX, il
quale nel 1402 gli die a successo-
re Angelo abbate benedettino di s.
Maria di Castellaneta. Nel 14^9
Ir. Gabriele Gaiofali spolelino ago-
N.OC 67
slinlanò, egregio teologo, versato in
altre scienze ed eloquente, autore
di diverse opere, e martello degli
eretici fraticelli. Gli successero, nel
1433 Giuliano Angrerani nucerino,
nel 1436 Giacomo Benedetti d'A-
dria traslato ad Orvieto^ nel i443
Bartolomeo Micheli nobile sanese,
di grande autorità presso Alfonso V
d'Aragona, famigliare di Calisto III.
Questi nel i^55 fece vescovo del-
la patria fr. Pietro domenicano, e
dopo di lui Sisto IV nel 1478 Gio-
vanni Cerretano sanese, chiaro per
nobiltà, virtù e scienza legale, in-
di uditore di rota. Nel 1480 Pie-
tro Strambotti napoletano, nel i5o3
Bernardino Orsini romano, nel i5i i
Domenico Giacobazzi [Vedi), poi
cardinale, che con regresso nel i5i7
cede la sede al nipote Andrea Gia-
cobazzi canonico vaticano, dotto, pio
e versato nelle lingue: per sua mor-
te nel 15^4 ne riprese il governo
lo zio. Nel i528 Clemente VII no-
minò il dotto Paolo Giovio di Co-
mo, il più celebre storico del suo
tempo, eloquente, eruditissimo, mor-
to in Firenze nel i552. Gli suc-
cesse il nipote e coadiutore Giu-
lio Giovio che governò lodevolmen-
te, ed ottenne in coadiuto il nipote
Paolo giuniore che gli successe, lo-
dato per erudizione e poesia, sto-
rico de'vescovi di Como. Nel i585
Sulpizio Costantini nobile fermano,
superiore de' minimi, che compì il
palazzo vescovile incomincialo dal
predecessore, e fu lodato assai. Nel
1602 Simone Lunadoro nobile sa-
nese, canonico della patria e pro-
tonotario, zelante di sua chiesa, scris-
se la serie de'vescovi. Nel 1621 fr.
Serafino de Vicari piemontese, do-
menicano insigne per dottrina, e
commissario del s. offìzio. Indi fu-
roiK) vescovi, nel 1621 Francesco
68 NOD
Trivulzi milanese, referendario e
commissario (Iella camera; nel i63?,
Ippolito Franconi delia diocesi di
Trivenlo; nel i654 Tr. Bonaventu-
ra d'Avalos agostiniano, traslato da
Volturaria; nel 1659 per sua di-
missione fr. Felice Gabrielli gene-
rale de' conventuali, della diocesi
d'Ascoli; nel i685 Emidio Lenti
di tal diocesi canonico, giù vicario
di Farfa; nel 1692 Sebastiano Pe-
rissi sanese, poi trasferito a Gros-
seto; nel 1700 Gio. Balista Ca-
rafa nobile napoletano; nel 17 18
Nicola de Dominicis napoletano, col
quale si compie la cronologia dei
▼escovi neW'ICalìa sacra dell'Ughel-
li, t. VII, p. 524. Nelle annuali No-
tìzie di Roma sono registrati. 1744
Geraldo Volpi della diocesi di Bo-
vino. 1768 Benedetto Maria Mon-
tesanfelice olivetano di Napoli, che
Tivea nel 1808. Pio VII colla let-
tera De utìliori soppresse il vesco-
vato e Tunì a Cava; ma Gregorio
XVI colla bolla In vinca Domini
electa, a'3 dicembre i833 lo sepa-
rò da Cava e nuovamente lo ri-
pristinò, preconizzando per vescovo
nel concistoro de'23 giugno i834,
l'attuale monsignor Agnello Giu-
seppe d'Auria di Napoli, già di quel-
la cattedrale penitenziere minore e
vicario curato. Il capitolo si com-
pone di quattro dignità, la prima
delle quali è l'arcidiacono, di do-
dici canonici comprese le prebende
del teologo e del penitenziere, e
di altri ecclesiastici. La diocesi si
comprende in dieciotto miglia di
territorio, e contiene cinque luoghi.
Ogni nuovo vescovo è tassato in
166 fìorini, e le rendite ascendono
a circa 2000 ducati napoletani.
NODO, ordine equestre. Fu isti-
tuito da Giovanna I regina di Na-
poli nel 1 352, iiel suo secondo ma«
NOE
trimonio con Luigi principe di Tnf-
ranto, pel quale si restituì la pace
al regno, dopo la guerra sostenuta
contro Luigi I re d' Ungheria : l'ap-
provò Clemente VI, sotto la prole-
zione di s. Nicola e la regola di s.
Basilio, ma cessò colla morte de'suoi
istitutori il re e la regina. Si com-
pose di 60 cavalieri sì francesi che
napoletani, che portavano per in-
segna sul braccio un cordone di
seta rossa e d'oro ornato di perle.
Si portava ancora sul petto con
medaglia pendente. Il p. Bonanni
che ne riporta la figura nel suo
Catalogo a p. 87, dice che il nodo
non si vede espresso, e che il nome
di nodo fu dato acciò restasse il
cuore di ciascuno legato di una sta-
bile e stretta amicizia, piti che il
braccio.
NOELLET Guglielmo, Cardi-
nale. Guglielmo Noeilet o Noeileti,
nato nella diocesi d'AngouIéme, es-
sendo professore nel diritto civile
nell'università di Tolosa, dove nel
i365 ottenne da Guglielmo d' A-
grifoglio giuniore, poi cardinale, le
insegne di dottore, canonico di
Bayeux, arcidiacono di Chartres, re-
ferendario apostolico, e domestico
del cardinal Pietro lioger poi Gre-
gorio XI. Urbano V nel i366 Io
spedì a Costantinopoli per la riu-
nione della chiesa orientale coll'oc-
cidentale. Promosso quindi a udi-
tore di rota , Gregorio XI nel
maggio o giugno 1371 lo creò
cardinale diacono di s. Angelo, in^
di destinatolo alla legazione in al-
cune parti d'Italia, durante la qua-
le male accolto e peggio trattato
dai bolognesi amanti di lil3ertà, fu
nel 1375 posto in carcere, e spo-
gliato di quanto avea, quantunque
il Rossi nella Storia di Ravenna
scriva che fu soltanto cacciato ed
NOG
esiliato da Bologna, avendo insie-
coe co'bolognesi cospirato contro di
lui anche i fiorenlini : Io che inte-
so dal Papa fulminò sentenza di
scomunica contro i bolognesi ed i
fiorentini. Fu insieme con altri car-
dinali deputato ad esaminare gli
errori di Pietro Bonageta e di
Raimondo ^'eofito, che furono da
lui prosciilti e dannati. Segui Gre-
gorio XI nel viaggio di Roma, ed
in seguito abbandonato Urbano VI,
alla cui elezione trovossi presente,
si um all'antipapa Clemente VII, e
mori in Avignone nel i394'
NOEZIANI. Eretici così chiamati
da Noeto loro capo e maestro di
Sabellio. Noeto era un filosofo d'E-
feso, che visse nel 240, che diceva
non esservi che una sola persona in
Dio, cioè il Padre ; che il Verbo e
Io Spirito Santo non erano che de-
nominazioni esteriori date a Dio, in
conseguenza delle sue operazioni vi-
sibili; che come creatore chiama-
vasi egli Padre ; che sotto la figura
dell'umanità egli avea preso il no-
me di Figlio, e eh' era stato chia-
mato Spirito Santo, dopo di essere
disceso sugli apostoli. Sosteneva per
conseguenza che il Padre avea sof-
ferto. Questo eresiarca aveva altresì
la follia di spacciare ch'era egli un
secondo Mosè mandato da Dio, e
che suo fratello era un nuovo A-
ronne. La chiesa d'Efeso lo scomu-
nicò, ed il Papa s. Felice I condannò
Sabellio.
WOGARET Lodovico, Cardina-
le, Lodovico di Nogaret de la Val-
lette, nato di generosa stirpe in An-
gouléme in Francia, più per secon-
dare la volontà del padre,^ che per
vocazione, applicatosi allo stato ec-
clesiastico, vestito appena 1' abito
clericale , fu provveduto di mol-
ta e pingui abbazie, e tra le altre
NOG 69
di quelle di s. Melanio di Ptennes,
di Granselva , di san Vittore di
Marsiglia, di s. Saturnino di Tolo-
sa, e di s. Martino de' Campi, fino
al numero di otto, e da Paolo V
nel 16 14, in età di 21 anni, venne
promosso all'arcivescovato di Tolo-
sa, e poi agli II gennaio 162 1 lo
stesso Papa lo creò cardinale prete
assente, avendo poi per titolo la
chiesa di s. Adriano. Ebbe gravi
controversie col suo capitolo, che
non voleva per arcivescovo uno che
non era sacerdote, protestando che
se non si ordinava avrebbe gover-
nata la metropoli come in sede va-
cante. Le insorte differenze furono
quietate coU'interposizione del car-
dinal de Richelieu, che nel i633
lo fece dichiarare commendatore
dell'ordine dello Spirito Santo. Ri-
nunziata la sua chiesa, come senza
ordini sacri, si diede al mestiere
delle armi, per cui aveva sino dal-
la gioventù avuto del trasporto, e
riportò in qualità di capitano di-
verse vittorie, che lo fecero avere
in conto di valoroso soldato, anzi-
ché di zelante ecclesiastico, corris-
pondendo perfettamente colla liber-
tà di costume alla militare profes-
sione. Presiedè all'esercito di Fran-
cia in Germania ed iq Italia, in-
sieme al duca di Candale suo fra-
tello, a cui in apparenza era stato
conferito il comando dell' armata,
mentre in effetto il cardinale avea
l'assoluto dominio sopra tutto. Tre
volte trovossi presente all'assemblea
del clero, dicendosi che il re di
Francia non ebbe ministro più
sviscerato, avendo profuso in ser-
vigio della corona le proprie ric-
chezze, per cui in morte lasciò ri-
levanti debiti. Dalla Fiandra pas-
sò in Italia coli' esercito francese
a difendere il duca di Savoia -, ma
70 NOL
sorpreso nel di lui stato da vio-
lenta malattia che fece sospetta-
re di veleno, in Rivoli castello poco
distante da Torino, mori nell'anno
1639 in età di 4^ anni, pieno di
disgusti ed accorato per gì' infelici
ultimi successi del suo generalato.
Traslèrito il cadavere per ordine
del padre a Cadiliaco, venne ivi
onorevolmente sepolto. Fu lodato
per grande spirito, vantaggiosa statu-
ra, prudenza, pratica negli affari di
stato, per consiglio, amante della
Luona fama, e sulHcientemente i-
struito nella teologia. Suoi difetti
furono il voler soddisfare tutti
quelli che a lui ricorrevano , ciò
che lo rendeva lento e irresoluto in
tutte le azioni militari, ecclesiastico
involontario, soldato licenzioso, ma
nell'agonia pianse l'improprietà del-
ia vita che avea menato, mentre
la terminava.
NOGARET o NOGARO, Nu^a^
riolum. Città di Francia , diparti-
mento del Gers, distante circa 4 le-
ghe da Auch, capoluogo di cantone,
sulla sinistra del Midou , già capi-
tale del paese e contea d'Armagnac.
Vi si tennero due concilii. Il pri-
mo nel 1290 a' 29 agosto, in cui
Amaneo arcivescovo d'Auch assisti-
lo da sei suffragane!, vi esaminò la
querela di Sancio vescovo di Lescar,
il quale si lagnava delle usurpazio-
ni di Ruggiero Bernardo conte di
Foix. II secondo nel i3i5 dallo
stesso arcivescovo con sei vescovi e
i deputali degli altri suffraganei. Vi
si fecei;o quattro articoli, il terzo
de' quali condanna 1' abuso di ne-
gare il sagramento della penitenza
a quelli che sono condannati all'ul-
timo supplizio, e che lo domandano.
Diz. de conciai.
NOLA (Nolan). Città con resi-
denza veiìcuvile nel regno delle due
NOI.
Sicilie, nello provincia della Terra
di Lavoro, capoluogo di distretto e
di cantone a 5 leghe da Napoli.
Taluni compresero (juesta anticfi e
cospicua città nel Sannio, altri nella
Campania Felice, ed i suoi popoli
si dissero anche mamertini dal cul-
to di Marte. La cattedrale è sacra
alla Beata Vergine Assunta, con bat-
tisterio e palazzo vescovile contiguo:
vi si venera tra le reliquie il cor-
po di s. Felice vescovo e martire,
patrono della città. Presso al suo
tumulo visse in pia solitudine s.
Paolino prima di divenirne vescovo.
Vi sono altre chiese, due conventi
di religiosi, due monasteri di mo-
nache, due conservatorii, l'ospedale,
il monte di pietà, e il seminario
costruito fuori le mura nel passato
secolo dal vescovo. Il collegio dei
gesuiti venne ediHcato cogli avanzi
del sontuoso tempio di Augusto, da
Tiberio costruitovi, donde trasse il
feudatario Carafa le pietre pel suo
magnifico palazzo di Napoli. Rimar-
chevole è pure il palazzo governa-
tivo, ed una caserma militare. L'an-
tica chiesa di s. Felice, ove restò iu
prima tumulato, è circa mezza lega
lungi dalla città , ed ivi fu eretta
la ricca abbazia de' monaci di Mon-
te Vergine, detta di Casa Marcia-
na, ove godesi la vista deliziosa di
tutta la Campania, e l'ameno spet-
tacolo di vaghissimi giardini. Se qui-
vi si facessero le prime Campane^
lo dissi a quell'articolo. Tra i suoi
uomini illustri nomineremo il poe-
ta Transillo, Giovanni di Nola e
Giordano Bruno.
Questa città , di cui gli storici
ed i geografi parlano come di una
piazza fòrte, secondo Giustino fu
fondata dai greci calcidii, e secondo
Velleio Patercolo dai tusci o etru-
schi, 4^ 3uui priu^u di ZlQma, 1 io-
NOL
mnni la presero, durante la guerra
de' sanniti, e divenne poscia colo-
nia romana, a cui, al dir di Fron-
tino, fu dato da Vespasiano il no-
me di Colonia Augusta. Annibale
l'assediò invano nel 54o di Roma,
e sotto le sue mura il console Mar-
cello lo vinse per la prima volta ,
indi due altre rotte gli toccarono
ne' dintorni. Come i suoi abitanti
si erano difesi valorosamente con-
tro i cartaginesi, i romani ricom-
pensarono tanto forte attaccamento,
e la dichiararono municipio, deco-
randola di magnifici edifici e di an-
fiteatro. Marco Agrippa vi morì
l'anno 12 avanti l'era cristiana, e
l'imperatore Augusto l'anno i4 di
detta era, compiacendosi del suo
soggiorno. Nola fu saccheggiata e
distrutta da Alarico, e nel 4^6 nuo-
vo eccidio ebbe dai vandali d'Afri-
ca condotti da Genserico , i quali
trassero in cattività lo stesso s. Pao-
lino giuniore. Vi si scopersero di
tempo in tempo de' vasi antichi ,
osservabili per eleganza di forme,
bellezza di vernice e correzione di
disegno. La tardanza della conver-
sione de' nolani alla vera credenza
moltiplicò i martiri in que' dintorni,
e specialmente sotto il prefetto Mar-
ciano ne fu fatta orrenda strage.
Celebre è il cimiterio o catacomba
di Nola pei santi martiri e vescovi
che vi furono deposti. Vedasi il
Remondini, Storia ecclesiastica No-
lana, Napoli 1747- Fu contea del-
la nobile famiglia Orsini, e Carlo U
nel 1293 ne fece primo conte Ro-
manello.
La sede vescovile fu eretta nel
secolo III, e da Alessandro HI di-
chiarata suffraganea di Napoli , co-
me lo è ancora ; prima lo era stala
della santa Sede e poi di Salerno.
Ne fu primo vescovo s. Felice se-
NOt 71
niore di Nola verso il a 54, zelante
promulgatore della fede ; governo
la sua chiesa cinque anni, e fu mar-
tirizzato con trenta suoi compagni
sotto il prefetto Marciano, durante
la persecuzione di Valeriano, a' i5
novembre. Gli successe s. Gallono
che sparse il sangue per la fede,
indi s. Aureliano di esimia santità
che governò 38 anni; s. Massimo
che ne emulò le virtù, e patì nelle
persecuzioni di Diocleziano e Mas-
simiano ; s. Quinto suo discepolo
verso il 3 20, nel qual tempo fiorì
altro s. Felice di Nola, che avea
aiutato il predecessore nel governo
pastorale. Sesto vescovo fu s. Patri-
zio, poi Paolo di Nola che consa-
grò la chiesa à\ s. Felice; s. Pao-
lino ornamento e gloria della chie-
sa dì Nola, nominato vescovo nel
409 : da alcune lettere di s. Ago-
stino, e da quella che scrisse a s.
Paolino l'imperatore Onorio, per pre-
garlo ad assistere al concilio radu-
nato contro lo scisma d'Eulalio,
sembra che il santo fosse conside-
rato come uno de' più dotti e santi
vescovi de' suoi tempi. Gh autori
che hanno parlato di sua vita, no-
tano le tante sue virtù e di aveu
offerto se stesso pel riscatto d' un
prigioniero; volò al cielo nel ^"òi.
Gli successero Paolino II, che accu-
sato a Valentiniano II ne uscì in-
nocente ; s. Adeodato suo discepolo,
insigne in santità col dono della pro-
fezia, eletto dal clero e dal popo-
lo; Giovanni Talaya nel 4^4 ^i ^^
trasferito dal patriarcato d' Ales-
sandria ; s. Rufo , Teodosio che
fu al concilio romano dell' anno
499, Sireno che intervenne ai se-
guenti ; indi s. Lorenzo, s. Felice
giuniore, s. Paolino III, assai dot-
to e santo , al cui tempo visse s.
Reparato diacono e martire. Leone i
ya NOL
tu legato nel 535 in oriente di Pa-
pa s. Agapito I, e fu tumulato nel
celebre ciniiterio di Nola, presso al-
tri santi. Lupeno, Basilio, Leone li,
Teodosio, Gaudenzio del 595, Da-
uiaso del 670, Aurelio del 679,
Leone III che nella chiesa fece vari
ornamenti in onore de' santi mar-
tiri ; Bernardo, Pietro, Giovanni,
Landò e Giacomo dell' 843. Sasso
celebre vescovo del 1093, Gugliel-
mo del I io5, Bartolomeo del 1 143,
Bernardo intervenne nel 1 1 79 al
concilio di Laterano IH , Rullino
trasferito a Rimini poi cardinale,
fr. Pietro» M. Perrone eletto da una
parte del capitolo , mentre l' altra
nominò Pietro Milone, onde si appel-
larono nel 1225 ad Onorio III. In-
di lo furono Eligio, e Giovanni tras-
lato d'Anglona nel 1254- Per sua
morte Bouifacio Vili ne fece am-
iTìinistratore Francesco Fontana, già
arcivescovo di Messina, e nel 1296
gli sostituì Pietro Guerra arcivesco-
vo di Capua, trasferendovi nel 1298
da Soana Landò, cui successe nel
i3ii Giacomo. Nel i328 Pietro
già vescovo di Venafro, nel i33i
Pietro, nel i34o Ligo d'Orvieto
cappellano pontificio, nel 1 349 Ni-
colò Oserio nobile di Ra vello, mor-
to prima della consacrazione, onde
subito venne surrogato Francesco
Rufo napoletano , uditore di rota.
Francesco Scaccano di Nola cano-
nico della cattedrale, egregio per-
sonaggio e perito nelle leggi, eletto
nel 1370 : fu nunzio di Bonifacio
IX in Sicilia e vicario di Roma;
per l'antichità delia cattedrale la
demolì, e ne incominciò la riedifi-
cazione. Nel i4oo Flameugo o Fla-
minio Minutolo nobile napoletano,
fu al concilio di Costanza; gli suc-
cesse nel 144^ i^ coadiutore Leone
^e Simone amdlacuao, al cui tem-
NOL
pò Raimondo Orsini conte di Noli^
fabbricò il convento pei minori. Mar-
co Fìgerio (Fedi) cardinale, già pre-
cettore di Sisto IV. Gio. Antonio
Buccarello nel 14^9 traslato da A-
scoli di Puglia, sotto del quale Or-
so Oisiui principe di Nola prosegui
la cattedrale.
Nel i^jS Orlando Orsini roma-
no, illustre per erudizione e scienza
legale, rettore dell'università roma-
na, assai lodato. Gio. Francesco Bru-
ni protonotario, fatto nel i5o5, in-
tervenne al concilio Lateranense V,
e morì di 100 anni, succeduto nel
i546 dal coadiuto Antonio Sca-
rampo piemontese de* conti Can-
nella, vescovo lodatissimo, che fu al
concilio di Trento, ed eresse il se-
minario : pel suo zelo Maria Sanse-
verino moglie di Enrico Orsini con-
te di Nola edificò da' fondamenti il
collegio de' gesuiti, e nel 1569 ven-
ne traslato a Lodi, succedendogli Fi-
lippo Spinola vescovo di BisignanOj
poi cardinale. Per sua rassegna ,
neir anno i585 divenne vescovo
Fabrizio Gallo napoletano, che rav-
vivò lo spirito ecclesiastico nel cle-
ro, fu profuso co' poveri, restituì \a^.
cattedrale al primiero splendore da
quanto aveva sofferto, difese la li-
bertà della chiesa, ampliò il capi-
tolo, aumentò nella diocesi le chie-
se collegiate ed istituì gli eremiti
camaldolesi. Fu pure benefico del-
l'ospedale e del monte di pietà, ce-
lebrò il sinodo, pose i minimi presso
il cimiterio de' martiri e di s. Fe-
lice prete; a tutti caro e pianto mori
nel 16 14, fu sepolto in cattedrale
nella cappella di s. Stefano da lui
eretta, vivendo la sua memoria in
benedizione anco presso i riformati
cui die chiesa e convento in Pal-
ma. Gli successe Gio. Battista Lan-
cellotti romano, che aumentò gli
NOL
t)rnamenti della cattedrale, abbellì
con pitture l'episcopio, ripristinò alla
venerazione de' fedeli il carcere di
s. Gennaro, ove cinque martiri fu-
rono straziati nella fornace, il quale
luogo dipoi nel 1700 restaurò la
città di Nripoli. Nel 1657 quivi fu
trasferito d'Acerenza e Cariati, Fran-
cesco Gonzaga mantovano teatino ,
zelantissimo pastore , difensore dei
poveri; tolse nella visita diversi abu-
si, donò alla cattedrale preziose sup-
pellettili, perfezionò l'episcopio, e
celebrò il sinodo. Nel 1675 da Mon-
te Peloso venne traslato Filippo Ce-
sari ni patrizio nolano e romano, ge-
neroso colle chiese: gli successero
Francesco Maria Moles napoletano
nobile spagnuolo , teatino dotto e
celebratissimo predicatore, magnifi-
co ne' doni che fece alla cattedrale,
lodato pastore; nel 1695 fr. Danie-
le Scoppa francescano della stretta
osservanza e commissario generale,
celebrò il sinodo, fiorì in dottrina
e nelle più belle virtù; nel 1704
Francesco Maria Carafa nobile na-
poletano e teatino, traslato da s.
Marco, introdusse nella diocesi i ci-
stcrciensi, rinnovò il seminario , ri-
dusse a miglior forma l'episcopio e
la via pubblica, accrescendo la men-
sa. Con esso ntWItalia sacra del-
rUghelli, t. VI, p. '2^1, si compie la
serie de' vescovi, che continueremo
colle annuali Notizie di Roma. i'j/\^
Gerardo Volpi della diocesi di Bo-
vino. 1764 Nicolò Sanchez de Lu-
na napoletano, traslato da Chieti da
Clemente Xlli che gli scrisse il bre-
ve Jucundus nobisy in cui lodò al-
tamente i gesuiti per quegli enco-
mi che gli aveva fatti lo stesso ve-
scovo cheli avea esperimenlati. 1768
Filippo Lopez-y-Royo teatino della
diocesi di Lecce. 1778 Benedetto
polari domenicano genovese. 1798
NOL 73
Gio. Vincenzo Monforte di Sorrento,
trasferito da Tropea. i8o4 Vincen-
zo Maria Torrusio della diocesi di
Capaccio, traslato da questa chiesa.
1823 Nicola Coppola napoletano fi-
lippino, trasferito da Bari. Per sua
morte Leone XII nel concistoro dei
23 giugno 1828 dichiarò vescovo
l'attuale monsignor Gennaro Pasca
napoletano, già di Bojano. Il capi-
tolo si compone delle dignità del
decano, arcidiacono, tesoriere e can-
tore, di sedici canonici colle preben-
de penitenziaria e canonicale, di do-
dici beneficiati, e di altri ecclesia-
stici. La cura della cattedrale è affi-
data al cantore, all' arcidiacono e
ad un canonico, che l'esercitano pel
sacrista curato a disposizione del ve-
scovo. Ampia è la diocesi : ogni
vescovo è tassalo di 4of> fiorini, es-
sendo le rendite 3700 ducati.
NOLI {Naulen). Città vescovile
del Genovesato negli stati sardi, ca-
poluogo di mandamento, sul golfo di
Genova. In generale ben fabbricata,
sta fra due roccie scoscese, una delle
quali è coronata da un castello che
la domina, e difende il suo piccolo
porto di poca conseguenza. La cat-
tedrale è sotto l'invocazione del prin-
cipe degli apostoli s. Pietro, con
battisterio, e tra le reliquie si ve-
nera il corpo di s. Eugenio vesco-
vo patrono della città : l'episcopio,
buon edifizio, è alquanto distante.
Vi sono altre chiese, conventi, mo-
nasteri, conservatorio, confraternita,
ospedale e monte di pietà. Sull'o-
rigine e fondazione di questa città
sono favolose le cronache che la ri-
petono dai tempi di Mosè e San-
sone ; più ragionevole è V opinione
di quelli che la credono edificata
dai genovesi. Un tempo fu molto
più popolala , e si governò antica-
inenle a forma di repubblica. Non
74 NOL
trovansi più le ricche case di com-
iiieicio che sostenevano il glielo di
sua ricchezza, e dalle guerre geno-
vesi, nou che dal saccheggio cui l'ab-
baadonò Alfonso re d'Aragona e di
Napoli, ebbe principio la sua deca-
denza. Vi è tuttavia l'ordinaria giu-
dicatura. Al tempo di Adriano VI
era molto guarnita e fortificata di
torri, con rocca inespugnabile, come
narra TOrtiz, perchè prima i citta-
dini nel fabbricare una nave edifi-
cavano pure uria torre. Il dello
Papa dalla Spagna recandosi a Ro-
lììa, approdò nel i522 all'isola di
Ruenga in faccia a Noli, proseguen-
do la navigazione per Savona.
L'attuale diocesi di Noli forma-
va anticamente una parte di quella
di Savona. Reggendo questa dioce-
si nel principio del secolo XIII il
vescovo Alberto, avvenne che gli
abitanti di Noli per una propria
loro pretensione occuparono il ca-
stello di Spotorno, che nello spiri-
tuale e teinporale dipendeva dai
vescovi savonesi ; s' impadronirono
inoltre de'beni che alla mensa epi-
scopale appartenevano. Di questa
usurpazione non volendo riconosce-
re il proprio errore, né le altrui
ragioni, il vescovo Alberto nel 1227
fulminò l'interdetto agli abitanti,
pena terribile che vieppiù gl'irrito
oontro il pastore. Di tal cosa fu al-
tamente commossa la repubblica di
Genova, giacché i nolesi aveano
prestato nelle intraprese delle cro-
ciate molti segnalati servigi, e per
gli armamenti e pel valore si erano
bravamente distinti. Non minor dis-
piacere ne provò il Papa Gregorio
IX, il quale sapeva che Noli, allora
piccolo borgo, avea resistito intre-
pidamente al gran nemico della
Chiesa Federico IIj senza che gli
£:»£mpi delle terre conviciue che
NOL
air imperatore eransi assoggettate,
ne le esortazioni di lui valessero
punto a smuovere la fede e la co-
stanza che al Papa aveano promes-
so. Essendo pertanto così beneme-
riti del governo di Genova e della
Chiesa i nolesi, Gregorio IX calda-
mente pregato dalla repubblica con-
sentì nel 1289 a decorare il bor-
go col nome e privilegi di città, e
ad erigervi la sede vescovile affat-
to indipendente da Savona. L'ere-
rione si fece dal cardinal Giacomo
Pecoraria per special commissione
del Papa, nel recarsi suo legato ia
Francia. Per la sua piccolezza, l'U-
ghelli, Italia sacra t. IV, p. ioo4,
osserva che venne perciò detta :
Urbs meruit dici, mutato nomine
vici. Per tal sua mediocrità il car-
dinale l'unì alla sede di Briignato
(P^edi), con che aumentò un suffra-
ganeo a Genova. Guglielmo Con-
lardi vescovo di Brugnato, fu an-
che il primo vescovo di Noli; si-
mile unione per altio non ebbe du-
rala, poiché quanto era forte il mo-
tivo per la tenuità delle rendite di
unire i due vescovati, altrettanto
più forte era di separarli, per la
distanza de' luoghi ed impossibihtà
di ben reggerli ambedue, per cui
Innocenzo IV colla bolla In sacra
Petri sede, nel 12 45' la sciolse, e
d'allora sino al 1820 ebbe Noli
sempre i suoi vescovi, cessando Gu-
glielmo dall'amministrazione, e no-
minando vescovo F. Filippo, con-
sagrato dall'arcivescovo di Genova
a' 5 aprile 1248. Inoltre il Papa
soppresse in Noli l' antichissimo mo-
nastero di s. Eugenio, e ne assegnò
le rendite alla mensa vescovile.
Successivamente furono vescovi,
nel 1265 Antonio, nel 1298 Ugo-
lino, nel i3i7 Sinibaldo o Singue-
baldo, nel i328 Teodesco o Teo-
NOL
disio, contro il qual^ scrisse Bene-
detto XI 1 per le sevizie die usava
ai henedetlini del dello monastero
di s. Eugenio; nel i346 fr. Ama-
deo de' minori; nel i366 Giovan-
ni Fiesco genovese; nel i38i Lu-
ca; nel i383 Marco, non però con-
secrato ; nel i385 Leonardo Fie-
schi genovese; nel iSga fr. Luchi-
no de'minori, traslato a Neopatra;
nel 1396 Corrado Chiavica, trasla-
to da Oristano; nel i4o7 Marco
li Vigerio. Nel i447 ^" <^^«ta in
commenda al cardinal Giorgio Fie-
schij per sua cessione nel i44^
Napoleone Fieschi, trasferito ad Al-
benga ; nel i4^9 I^'^olo Giustinia-
ni, altro nobile genovese; nel i485
Domenico Vaccari genovese, traslato
a Venlimiglia; nel looa Galeotto
FrancioUi della Rovere ammini-
stratore, indi cardinale; nel i5o3
per sua rinunzia il cardinal Lorenzo
Ciùo amministratore ; agli 8 gen-
naio i5o4 Antonio Ferrerio Fer-
reri maestro di casa di Giulio II ,
che a' 2 3 agosto lo trasferì a Gub-
bio e creò cardinale, sostituendogli
Gio. Vincenzo Fodrati come il pre-
decessore di Savona. Di questa cit-
tà lo fu pure Vincenzo Doveri del
i5o6, dotto e caro ai principi. Leo-
ne X nel 1 5 1 9 fece vescovo Ga-
spare Doria di Genova; nel i54o
divenne amministratore il cardinal
Girolamo Doria j nel i548 Massi-
miliano Doria genovese intervenne
al concilio di Trento ; nel iSya
Leonardo Trucco o Turco d' Al-
benga, il quale coli' autorizzazione
di Gregorio XIII, Superna dispo-
sitiorWj breve de' 22 ottobre, la cat-
tedrale di s. Paragono che sussi-
steva fuori le mura, la trasferì in
città nella chiesa di s. Pietro. Nel
1 588 Timoteo Berardi genovese pro-
cui-ai(^i'c ^eueialc; da' cunutiliiaui ^
NOL 75
insigne letterato e professore di teo-
logia e njetafisica ; nel 16 16 An-
gelo Mascardi di Sarzana nobile ;
nel 1647 Stefano Martini nobile
d' Alassio referendario, governò con
lode ; nel 1687 Giangiacomo Por-
rata di Genova , arcidiacono di
quella metropolitana; nel 1700
Paolo Andrea Borello genovese bar-
nabita, maestro in filosofia e teo-
logia, consultore dell' indice; nel
1710 Giuseppe Sauli Bargali o
Bargagli chierico regolare minore ;
nel 1713 Marco Giacinto Gandol-
fo genovese, dotto e pio prelato,
che riedificò 1' episcopio, accrebbe
le rendile della mensa, ebbe a sof-
frire per ingiuste accuse , da cui
però fu fortunato uscirne vittorioso,
e morì da tutti pianto nel 1737.
Con questi nell' Ughelli si termina
la serie de' vescovi, che continue-
remo colie annuali Notizie di Ro-
ma e colla Serie cronologica del
can. Bima, p. 265.
1737 Costantino Serra romano
genovese, nel 1746 trasferito ad
Albenga. 1746 li". Antonio Maria
Arduini conventuale di Albenga,
eresse del proprio due canonicati e
quattro mansionari nella cattedrale,
e ne dotò le prebende, lodato per
erudizione, vigilanza e pietà. Per
sua morte Pio VI nel primo giu-
gno 1778 fece vescovo, e fu l'ulti-
mo litolare di Noli, fr. Benedetto
Solari genovese domenicano, d'infe-
lice rinomanza, benché di vasta
scienza, sollecito e zelante pastore,
padre de' poveri, pio, sobrio, ver-
satissimo nella storia ecclesiastica,
nelle questioni scolastiche e nelle
cose disciplinari antiche e moder-
ne. Ma quando godeva tale ripu-
tazione, Pio VI nel 1794? colla ce-
lebre bolla doni malica AuctorenL
fìdci^ couduuuò il conciliabolo di
76 NOL
Pistoia (Fedi)j e per essere stata
allissa alle porte della cattedrale
d'ordine dell' inquisitore di Geno-
va, altamente se ne offese. La tolse
subito e non volle annunziarla al
suo clero, e pretese dimostrare al
Saio governo essere ingiusta la pon-
tifìcia condanna e illegale per al-
cune formalità. Questo procedere
di erigersi a censore della santa
Sede, cagionò gravissimo scandalo
ovunque, errore che in certo mo-
do poi confessò ai comizi de' ve-
scovi costituzionali radunati in Pa-
rigi. Accecato e sedotto dall' orgo-
glio, cadde nelle perniciose dottri-
ne, quali pubÌ3licò in due volumi
con falsi raziocini!, trionfalmente
confutato dal sommo cardinal Ger-
elli (Fedi): altra opera contro que-
sto vescovo, la citai nel voi. XLI,
pag. 1 1 7. Di errore in errore
precipitando, fece causa coi vescovi
costituzionali scismatici, soppresse
l'uffizio e messa del gran s. Gre-
gorio VII, con circolare ingiuriosa
e calunniosa alla Sede apostolica.
Tenace nelle sue illusioni il Solari
non volle dar mai a conoscere di
aver errato, e per questa ragione ere-
desi che non abbia fatto visita di
rispetto a Pio VII relegato a Savo-
na, onde così non si congetturasse di
sua ritrattazione, mentre ne deplo-
rava la prigionia. Morì in Genova
a' i3 aprile 1814, e fu sepolto nel-
la cattedrale di Noli. Altre notizie
le riporta V ab. Semeria, Storia
ucci, di Genova, p. 182. Pio VII
fece allora amministratore apostor
lieo di Noli il vescovo di Savona
Maggioli, finche con bolla del 9
ottobre 1820 l'unì perpetuamente
a Savona (Fedì) aeque principa-
liler. Il capitolo si compone della
dignità dell'arciprete, con sette ca-
nonici, di beaefìciati ed alUi ghie-
NOM
rici addetti all' ufiiziatura : l'arci-
prete ha cura delle anime.
NOMADIA o NOMESA (s.), ver-
gine. Consacratasi a Dio fino dalla
sua giovinezza, perfezionò il sagii-
fizio della sua virginità col fervore
della carità, e colla pratica di tutte
le virtù. Ella viveva nel quinto seco-
lo, nel Poitou, dalla parte di Tours.
E onorata a* i4 gennaio, ed invo-
cata contro il mal caduco.
NOME, Nomea. Vocabolo col
quale propriamente s'appella cia-
scuna cosa. Si dubita nello stabi-
lire l'uso degli antichi circa l' im-
posizione de'nomi, cioè se la madre
o il padre Io dassero ai figli. Nel-
la sacra Scrittura si legge che spes-
so le madri fecero questo uffizio ;
così Eva prima madre de' viventi
con Caino ed Abele; le figlie di
Lot a Moab ed Ammon; Lia a
Ruben, Simeone e Levi ; ed anco-
ra a Gad, Aser, Issacar, Zàbulon;
Rachele a Dan, Neftali, e poi a
Giuseppe e Beniamino: quest'ultimo
veramente fu così chiamato da Gia-
cobbe, da Benoni ch'era il primo
nome. Tuttavolta l'ufficio d'impor-
re il nome fu più proprio del pa-
dre che della madre , quale atto
di dominio competente al capo del-
la famiglia. Adamo l'impose agli
animali. Set al figlio Enoc , La-
mech a Noè; e quanto agli addotti
esempi delle donne che posero il
nome ai figli, probabilmente ciò
fecero con partecipazione e appro*
vazione de'loro mariti. Vedasi il p.
Menochio, Sluore t. II, cent. 6,
cap. 22, dell'imposizione de'nomi,
Da principio gl'individui non eb-
bero presso gli ebrei se non che
un sol nome proprio, nel quale i
genitori esprimevano ciò ch'essi de-
sideravano o auguravano al loro
figliuola, se pure non pigliavasi \\
NOM
nome eia qualche occasione parti-
colare o da qualche avvenimento.
Il nome di Adamo significo uomo
di lena rossa j perchè era stato for-
mato del fango della terra; Abele
fu così nominato per indicare ch'egli
non avea alcuna successione, signi-
ficando quel vocabolo niente o va-
nità; il nome di Selh significò ri-
surrezionCj perchè scelto fu per ri-
parare la perdita d'Abele; Esaìi
, fu soprannomato Edem, donde gli
edomiti, perchè quel nome signifi-
cava sanguigno o rosso ^ avendo
egli la chioma rubiconda. Nella sa-
cra Scrittura sì vede inoltre, che
gli ebrei conoscevano l'uso dei so-
prannomi o d'un secondo nome;
generalmente non avevano essi, co-
me l'ebbero in tutte le età gli ara-
bi, se non che un mezzo per di-
stinguere le famiglie^ e questo con-
sisteva nel porre in seguito al no-
me la familiazione; dicevasi quin-
di SauUe figlio di CiSj David figlio
di Isai. Gli ebrei usarono talvolta
sino a tre nomi, cioè dopo il loro
commercio colle nazioni straniere,
dopo la dispersione delle tribù, e
massime allorché la Giudea diven-
ne provincia romana. Ordinariamen-
te quella moltiplicità di nomi avea
luogo in favore di coloro che si
distinguevano grandemente per vir-
tù o talenti. Sovente in famiglia si
pigliava il nome de'congiunti o del
padre stesso. Presso i greci il no-
me s'imponeva nel giorno settimo
dopo la nascita del bambino, altri
dicono nel decimo. In Atene la leg-
ge dava al padre il diritto d'im-
porre il nome, che spesso era quel-
lo dell'avo, massime se illustre, cioè
al primogenito quello dell'avo pa-
terno, al secondo quello dell'avo
materno, e quelli che nascevano in
seguito portavano indistintamente
NOM rjrj
i nomi dell'agnazione e della co-
gnazione. L'uso di portar due no-
mi tra i greci risale alla più re-
mota antichità, e se ne trovano va-
ri esempi in Omero.
I soprannomi si divisero in so-
prannomi propriamente detti, e in
soprannomi caratteristici, o satirici
o irrisoni : i primi traevansi d'or-
dinario da un'azione memorabile,
dallo splendore delle vittorie, dal-
la superiorità del coraggio o de'lu-
mi, da qualche vantaggio corpo-
rale, dalle fisiche o morali costi-
tuzioni , da una prosperità rico-
nosciuta, ec; quanto agli altri,
è ben naturale che in un popo-
lo tanto spiritoso, faceto e mor-
dace come
greci,
essi dovevano
essere prodigati a tutti gì individui,
ai quali potevano applicarsi. Al-
lorché due sposi credevano di aver
ottenuto colle preghiere loro la na-
scita d'un figlio, aggiungevano al
nome della divinità protettrice l'ag-
giunto dorali che significa donati-
vo. In questo modo si formarono
i nomi copiosissimi colla termina-
zione in doro, I soprannomi im-
posti per significare qualche distin-
tiva qualifica, essendo poi passati
nelle diverse classi de'cittadini, pre-
sentarono frequenti singolari con-
trasti col carattere, stato e azioni
di coloro che li avevano ricevuti
nell'infanzia. 1 romani, come pur
tutti gli altri popoli, non ebbero
verosimilmente da principio se non
che un solo nome proprio; secon-
do Eutropio cominciarono a pren-
derne due dopo essersi mescolati
coi sabini, poiché il trattato di pa-
ce portò la prescrizione che onde
formare un solo popolo^ pigliereb-
bero reciprocamente i nomi delle
nazioni contraenti, il romano ag-
giungerebbe al suo quel d'un sa?
7» NOM
bino, ed un sabino quel d'un ro-
mano. In appresso i romani assiin-
sei*o Ire e talvolta quattro nomi.
"Vi avera dapprima il nome di fa-
mìglia, e quello chiamossi propria-
mente nomen; questo era comune
a tutti i discendenti da una me-
desima stirpe^ o gcjitìs, e a tutte
le loro diran»azioni, com'era il no-
me Julius de* Giuli che credevano
discendere da Jnlo figlio d'Enea.
Venivano in appresso il pronome,
praenomen, col quale distingucvausi
le persone di una stessa famiglia;
il soprannome, Cognomen, ch'era
per alcuni un titolo onorifico o un
vocabolo indicativo de'vizi o delle
buone qualità di coloro che lo por-
tavanoj Vedi Cognome; finalmen-
te il quarto nome che alcuni assu-
mevano,, chiamavasi agnomen, ed
era un'altra specie di soprannome.
Da principio al momento della na-
scila i romani imponevano a* loro
figli il nome della famiglia alla qua-
le appartenevanoj in appresso s'im-
poneva il nome a'bambini nel gior-
no della loro purificazione^ e que-
sto era l'ottavo dopo la nascita per
le fanciulle, e il nono per i ma-
schi; ma l'imperatore Antonino Pio
ordinò che i bambini ricevessero il
nome nel terzo giorno della loro
nascita, e che lo stesso giorno s'in-
scrivesse quel nome ne'regislri pub-
blici. 1 greci imponevano il nome
nel settimo, secondo altri nel de-
cimo giorno dopo la nascita ; i
franchi nel nono: gli odierni gre-
ci danno il nome a' fanciulli otto
giorni dopo la loro nascita. Altre
nozioni si possono vedere in Char-
don, Storia de* sacramenti , t. 1, p.
looeseg. Dell'origine de'nomi e co-
gnomi de'romani e di altre nazioni
se ne parla in vari luoghi e a Co-
gnome, e delle loro derivazioni j co-
NOM
me delle sottoscrizioni col solo no-
me de'principi, vescovi, cardinali e
Papi, di che si tratta ancora a Cro-
ce SEGNO, ed altrove. Il Sarnelli,
Lett. eccl. l. V, lett. 53 : Per qnal
ragione i prelati sottoscrivano col-
la sola prima lettera del loro no-
me. Dopo aver detto che i roma-
ni usavano pronomi, nomi e co-
gnomi, osserva che forse ne'prelati
cominciò l' uso di usare la prima
lettera del nome per la stravagan-
za de' loro nomi, e siccome i pre-
lati devono fare molte sottoscrizio-
ni, per brevità cominciarono a far-
le colla iniziale del proprio nome,
tanto più che vi aggiunsero il ti-
tolo dell' udìcio o della dignità di
cui erano insigniti. Del cambiamen-
to del Nome de'Papi, parliamo a
quell'articolo: anticamente anche ì
vescovi si cambiavano il nome, mas-
sime se era barbaro quello che pri-
ma avevano.
Dei nomi imposti ai primi Cri'
stiani {Vedi); di quelli che s'im-
pongono nel Battesimo f Vedi Com-
paratico e Padrino: talora, massi-
me anticamente, si variarono nella
Confermazione [Vedi) , e neh' or-
dinazione in vescovo. Le leggi del-
la chiesa prescrivono: chi avesse
qualche nome profano o indecente
ad un cristiano , gli verrà mutato
dal vescovo cresimante nel nome
di qualche santo o santa, per aver
così motivo d'imitarne le virtù ed
ottenerne il patrocinio. Gli antichi
cristiani si conformarono in parte alle
superstizioni de' gentili quanto alla
imposizione de'nomi ai neonati. Sic-
come questi ne'primi cinque o sei
secoli non si battezzavano subito,
tranne il pericolo di morte; quin-
di i fanciulli e gli adulti avendo
già il nome quando ricevevano il
battesimo, d'ordinario lo riteneva-
NOM
no; anzi molti giorni prima di
battezzarsi, si prendeva da ciascuno
il nome per iscriverlo nella Matrico-
la [Vedi) della chiesa, il che facevasi
nel giorno del grande scrutinio.
Al tempo di s. Siricio, Papa del
385, ciò facevasi quaranta giorni
e più avanti il battesimo, avendo
egli prescritto che non si dasse il
1 battesimo a quelli che non dasse>
^ ro il nome quaranta giorni prima.
Non mancano però esempi che fu
cambiato il nome a'fanciuUi e a-
dulti nel battesimo: Carlo Magno
fece battezzare il figlio a Papa A.-
driano I, il quale gli mutò il no-
me il Carlomanno iu quello di Pi-
pino. L'uso di porre i nomi nel bat-
tesimo ai figli subito nati, incominciò
propriamente nel secolo XIl circa,
cioè dopo che si obbligarono i
genitori a non differire di troppo
il necessario benefizio del battesi-
mo ai figli. Costumandosi prima
imporre i nomi dai genitori in
quelli degli ascendenti più accredi-
tati o anche di quegli stranieri cui
erano affezionati, spesso nomi pro-
fani erano imposti. Solo alia fine
del secolo XII e principio del XIH
si cominciò comunemente a dare
il nome de' santi ai fanciulli nel
battesimo, e ne'primi tempi, ag-
giunto al nome della famiglia, del
luogo della nascita, o del suo paese :
così in Italia, Francia e Germania,
ove in avanti un solo nome por-
tavasi. Tuttavolta in alcune chiese
occidentali (poiché nell'oriente già
nel IV secolo portavansi i nomi
degli apostoli e de'martiri), è più
antico il pio costume di dare ai
fanciulli nel battesimo i nomi dei
I santi, onde invocarne la protezio-
ne. Anticamente di rado i padrini
e le madrine imponevano il nome
ai figliocci o fi^lioccie, ciò che in
NOM 79
progresso di tempo fu statuito co-
me cosa ordinaria, avuto talvolta
riguardo ni desiderii dei genitori.
Il nome battesimale s'impone dun-
que, per porre chi riceve il sagra -
mento sotto la protezione speciale
di chi gli si dà il nome, dal che
deriva che i cattolici devono pren-
dere questo nome dal catalogo dei
santi della nuova legge. I prote-
stanti affettano di dare a' loro fi-
gli il nome de'patriarchi dell' anti-
co Testamento; e ciò indusse mol-
ti vescovi a vietare ai loro parro-
chi di ammettere simili sorta di no-
mi ne'loro battesimi. Non si de-
vono parimenti ammettere nomi pro-
fani, favolosi, poetici, ridicoli, empi,
vergognosi, indecenti, ne quelli che
la Scrittura attribuisce a Dio, né
quelli degl'idoli e delle false divini-
tà de'pagani. Vedasi Domenico Pas-
sini : De veterum quorumdani cìiri'
stianorum proprits, selectìsque nO'
minibus disscrlatio, Veneliis 1772.
Muratori nella Dissert. 4' tratta
de'nomi e soprannomi degli anti-
chi, di quelli de* longobardi aspri
di suono, di quelli obbrobriosi; co-
me di un solo nome senza cogno-
me si servivano ne' tempi antichi,
per cui nacque gran confusione nel-
le persone d'allora; come veniva
aggiunto il nome della patria o
del padre per distinguere le perso-
ne, ed in qual maniera si distin-
guessero allora le persone del me-
desimo nome. Molle erudizieni an-
che bibliografiche sui nomi d'ogni
specie, le produsse il Cancellieri,
nella Dissert. sulle ss. Sìniplicia ed
Orsa. 11 p. Lupij Dissert. t. I, p.
i57 e iSijdiscorre de'nomi de'pri-
mitivi cristiani che non si mutava-
no nel battesimo, né erano diversi
da quelli de'genlili. A. Dittici di-
cemmo quali vi si registravano, ciò
fio NOM
che pure notammo ngll annloj^hl
articoli; ed il Donali ne* suoi Dit-
tici p. i54, ragionò de' nomi mol-
tiplicati nella slessa persona, facen-
do altrettanto il Garampi nelle Me-
morie. W Buonarroti we Vetri anti-
chi parla de'nomi dati nel battesi-
mo e imposti ai bambini^ di quel-
li mutati dai catecumeni nel loro
battesimo, specialmente quando i
primi erano superstiziosi, ritenendo-
si talvolta ambedue; del nome de-
gli apostoli ed altri santi posti ai
nuovi cristiani ; di quelli in mol-
tissimo uso in occidente ne' tempi
dell'impero di mezzo^ dall' ultimo
de'quali si denominavano le perso-
ne, onde dicevasi nome e non più
cognome, ec. Un tempo gli erudi-
ti si cambiarono il nome con quel-
lo degli antichi romani, e di quel-
li accademici se ne tiene proposito
ai loro luoghi. Antichissimo è lo
stile degli artefici di porre i nomi
nelle loro opere. A Natale facem-
mo parola della festa anniversaria
del nome^ la quale ebbe origine
dal celebrare la memoria del più
grande benefizio della redenzione
e rigenerazione alla grazia, anni-
versario d'un sagramento senza cui
niun'altra grazia sagramentale, né
l'eterna salvezza si può conseguire.
Antico è il costume che i religiosi
e le religiose, per dimostrare nella
professione eh' essi hanno tutto ab-
bandonato e perfino il loro nome,
non che per denotare che chi ab-
braccia lo stato regolare , deposto
r uomo Tecchio, secondo la frase
dell'Apostolo, si veste del nuovo se-
condo Dio : di ciò meglio ai loro
parziali articoli. A quelli delle Caivì-
PANE, CiTTA^ ed altre cose, si par-
la de' loro nomi. A Donna, dissi dei
nomi diminutivi. Altre notizie sui
nomi si possono vedere nelle Lett,
NOM
e fri. del Sarnelli. Vedi Nome ni?t
Papi.
NOME (ss.) DI GESÙ . Questo
nome adorabde significa Salvatore;
esprime quanto egli ha fatto per
le anime nostre versando tutto il
suo prezioso Sangue, e dando la
vita sua sulla croce; ci ricorda
quanto dobbiamo essergli grati e
corrispondenti, e nel tempo slesso
quanta speranza e fiducia dobbia-
mo porre in lui di conseguire l'eter-
na salvezza. Nec enini aliud no-
men est sub coelo, in quo oporteat
nos sah'os fieri^ nisi Nomen Jesu.
Act. e. 4> v* i^- Nell'epistola ai Fi-
lippensi, e. 2, V. 8, s. Paolo dice
che Gesù Cristo, humiliavit semeti-
psiim faclus obediens usque ad mor-
temi mortem aiitem crucis. Proptcr
quod et Deus exaltavit illi nomen^
quod est super omne nomen j ut
in nomine Jesu omne gemifléctalur,
coelestium, terrestrium et inferno-
rum. Quindi i veri fedeli non pro-
nunziano il ss. Nome di Gesù sen-
za fare un segno di rispetto. V.
Dio, Cristo, Monogramma. Questo
nome gli fu imposto nella CircoU'
cisione (P'^edi). È in nome di Gesù
Cristo, che gli apostoli fecero i mi-
racoli, ed a lui ne riferivano altre-
sì tutta la gloria ; Act. e. 3^ v. 4-'
Seguendo il loro esempio fu sem-
pre dai cristiani venerato e invoca*
lo con particolar culto il nome di
Gesùj ed in varie occasioni ne rin-
novarono la festiva memoria. Nel
1267 Clemente IV, ad istanza di
s. Luigi IX re di Francia, conces-
se tre anni d' indulgenza a chiun-
que pronunziasse i nomi ss. di Ge-
sù e Maria, col Nos cuni prole pia
henedicat Virgo Maria. Vedasi, Wer-
nero Rolen winck in Fasciculo tempor.
ad an. 1 264, inter Script, rer. Gernt.
t. II, p. 558. Gregorio X nel con-
NOM
cìlio generale di Lione II oifìlnò
a tutti di chinare il capo al nome
ss. di Gesù, con epist. presso il Mar-
lene t. IV, p. 1776, AnecdoL, e si
rileva pure dai canoni del condì.
Avenion. cap. 4> ^^ Biterens. can.
I, presso Labbé, Concil. t. XI, p.
1721 e 1923. Narra il Bonucci
neli'75/. del b. Gregorio X, p. 196,
ch'egli pel primo fece predicare dai
domenicani la riverenza che si de-
ve portare a iì venerabilissimo no-
me, per cui nelle loro chiese si eres-
sero in di lui onore altari e cap-
pelle. Ciò fece il Pontefice per aver-
lo inleso bestemmiare dai saraceni
nella sua legazione in Soria. Aggiun-
ge il Bonucci^ che vi ha chi dice,
aver Gregorio X ordinato che ogni
volta che i fedeli sentissero pronun-
ziare non solo il nome di Gesti j
ma anco quello di Maria, dovesse-
ro piegar le ginocchia col cuore,
dandone segno esterno coH'inchinar
il capo. Gran propagatore e pre-
dicatore della divozione al nome
di Gesù fu il francescano s. Ber-
nardino da Siena [f^edi), con som-
mo frutto, e soleva metterlo in prin-
cipio di tutte le sue carte, come
ordinariamente praticano le perso-
ne religiose. Trovandosi la Chiesa
sul principio del secolo XV lacera-
ta dal lungo scisma, a ripararvi il
santo con l'ardente suo zelo intraprese
delle missioni sotto il patrocinio del
ss. Nome, esortando i fedeli a pe-
nitenza per ottener la pace alla
Chiesa^ e la tranquillità e la con-
cordia ne' popoli. 11 santo fece di-
pingere su tabelle il ss. Nome in
sigle con lettere d'oro: IHS nel
mezzo d' un sole con raggi, e lo
mostrava in fine delle sue prediche
al popolo affinchè l'adorasse; quin-
di con molte contraddizioni vi ag-
giunse In croce con tre chiodi, I
VOL. XLVIII.
NOM 8t
suoi nemici presero le sigle per
caratteri magici, e l'accusarono d'i-
dolatria, o di voler introdurre un
nuovo culto nella Chiesa, a Marti-
no V e ad Eugenio IV. Ne prese
le difese il suo discepolo s. Giovan-
ni da Capistrano con famosa dispu-
ta nel 14*^7 in s. Pietro, e con
tanta forza ed energia, che non so-
lo il santo fu dichiarato immune
da ogni taccia, ma inoltre il culto
del ss. Nome riportò l'approvazio-
ne della santa Sede. Analoghe eru-
dite notizie sono nelle Dissert. epist.
del Cancellieri p. IlL
Quindi l'altro francescano fr.
Bernardino de Bustis celebre pre-
dicatore, si adoperò perchè nella
Chiesa fosse venerato con partico-
lare uffizio che compose e presentò
a Sisto IV e Innocenzo Vili, i
quali nulla risolvettero, finché Cle-
mente VII con breve de' 26 feb-
braio i53o istituì la festa solenne
del ss. Nome di Gesù, da celebrar-
si a' i4 gennaio col predetto uffi-
zio di rito doppio di seconda clas-
se dall' órdine francescano, che ne
avea fatto istanza. Nel i582 l'uf-
fizio fu esteso a Siena e sua dio»
cesi, ov'era nato 1' aumento di eul-
to a questo ss. Nome, come patria
di s. Bernardino. Nel i566 s. Pio
V con la costituzione Cimi primiim,
del primo aprile, ordinò sotto gra-
vi pene , di chinar il capo al ss.
Nome di Gesù ; e Sisto V braman-
do che i fedeli frequentemente in
vita abbiano nel cuore e nella boc-
ca il Nome di Gesù in un con
quello di Maria, per averlo poi
anche in morte, colla bolla Reddi-
turij degli 11 luglio 1587, conces-
se in perpetuo cento giorni d' in-
dulgenza per ogni volta che salu-
tandosi r un con r altro si dirà in
latino o italiano o in altro idioma;
6
8a NO M
Laudetur Jesu Chris tus ^ sia loda-
to Gesù Cristoj e si risponderà: In
saeadnìy Ameny ovvei'o sempre sia
lodato. A chi poi invocherà di vota-
mente i ss. Nomi di Gesù e di
Maria concesse per ogni volta ven-
ticinque giorni d' indulgenza; ed
avendo avuto in vita il divoto co-
stume di salutarsi e rispondere co-
me sopra, o di spesso invocare i
delti Nomi ss., concesse indulgenza
plenaria in artìcido viortis^ invo-
cando allora i lodati ss. Nomi col
cuore almeno contrito, non poten-
do colla bocca. Finalmente Sisto
V concesse le sopraddette indulgen-
ze ai predicatori ed a tutti coloro
i quali esorteranno i fedeli a salu-
tarsi nel modo accennato ed a spes-
so invocare i Nomi ss, di Gesù e
di Maria. In progresso 1* uffizio fu
esteso ad altri ordini religiosi e cit-
tà, come nel i643 ai certosini nel-
la seconda domenica dopo l'Epifa-
nia, e nel 1684 a Firenze e suo
stato. Per decreto della congrega-
zione de' riti fu accordato ai regni
di Spagna e in molte altre prò-
\incie e religiose comunità, ed In-
nocenzo XIII ad istanza dell* impe-
ratore Carlo VI, con decreto de'29
novembre 1721 comandò si cele-
brasse dalla Chiesa universale nella
seconda domenica dopo l'Epifania
con rito doppio. Benedetto XI li
per ottenere il divina aiuto nei
flagelli del terremoto e delle piog-
gìe, con decreto della congregazio-
ne delle indulgenze de* 12 gennaio
1728, Clini justus, confermò in per-
petuo tutte le indulgenze di Sisto
V, ed altrettanto fece Pio VII ai
i3 giugno 181 5, anco di quelle
concesse a chi divotamente reciterà
i salmi, le cui lettere iniziali com-
pongono il Nome ss. di Gesù, con
inni e orazione, indi estese nel
NOM
iSai ed applicabili ai defunti, come
si legge nella Raccolta delle indul-
genze. Vedi Christ. Remnilius, De
Nomine Jesu, in tom. I , Thes^.
thcol. phil. P. M. Sagittali i , Je-
su Nonien pronunciatuni genujle-
ctionCf capitìsque denudatione hO'
ttoranduni , Altenburgo 1677. ^*
Ziegra , De Nomine suavissimo sa-
lulisque pienissimo^ quod est Je-
siiy W^ittembergae 1697. M. Hoi-
novius. De Nomine Jesii^ Regio-
monte 1702. B. Sanden, De ss. No-
me Jesu, Regiomonte 1702. Frid.
Spauheraium , De inclinatìone corpo-
ris vel aperitione capilis ad appella-
tuni nomen Jesu, in t. II Operuni
p. 916. Sainelii , Lett. eccl. l. X,
lett. 71, del ss. Nome di Gesù e
suoi misteri. Quanto al suo uffizio
vedasi il Diclich , Diz. sacro-litur-
gico.
NOME DI GESÙ*, ordine eque-
stre. Fu istituito nel i334 in Svezia
da Magno II re di Svezia e Vili
come re di Norvegia, detto anco dei
Serafini, per difendere i suoi slati
dalle scorrerìe e depredazioni dei
barbari, onde i cavalieri resero poi
grandi servigi alla religione, impe-
dendo agli eretici che vi propagas-
sero i loro ; errori. Ma nel secolo
XVI il luteranismo essendo stato
abbraccialo dai tre regni del Nord,
r ordine rimase estinto. La collana
de' cavalieri era composta di figure
di serafini in ismalto rosso e di
croci patriarcali d' oro, in memo*
ria della sede episcopale d' Upsala.
Dalla collana pendeva un ovato con
entro il Nome di Gesù in sigle, in
campo azzurro, essendovi quattro
chiodi bianco e neri.
NOME DI GESÙ' o CEBU'
(Nominis Jesu). Città con residen-
za vescovile nelle Indie orientali,
capoluogo dell* isola del suo nome
i
NO IVI
fielle Filippine soggette nlla Spagna,
che alcuni geografi pongono nel-
J'Asia, altri nell' Oceania. L'isola
di Cebù o Zebù nell'arcipelago
delle Filippine {Vedi), fertile e po-
polosa, ha diversi fiumi con sabbie
d'oro, la prima che nel i52i sco-
prì Magellano, come fu la prima
occupala dagli spagnuoli^ ma a sten-
to, per la vigorosa resistenza degli
abitanti e de' cinesi ivi stabiliti, i
quali lasciarono poi sul campo di
battaglia 27,000 uomini. Gli spa-
gnuoli la chiamarono l' isola dei di-
pinti, perchè trovarono gli abitanti
con il viso macchiato di vari colo-
ri, e vi edificarono un porto con
Leila città che chiamarono Cebn,
Zebù o Nome di Gesù; e introdu-
cendovi i francescanij i domenicani,
i gesuiti , gli agostiniani calzali e
scalzi, essi convertirono nelle isole
circa due milioni d'anime. La cit-
tà trovasi situata sulla costa orien-
tale dell'isola, ed è composta di
5ooo case. Ampio n*è il porto, va-
lidamente munito con forte e for-
tificazioni di terra, risiedendovi il
governatore spagnuolo. In poca di-
stanza trovasi la piccola isola vul-
canica di Fuegos. La sede vescovi-
le, chiamata pure Nova Caures, fu
eretta da Paolo IV ne' primi anni
dopo la metà del secolo XVI;, e fat-
ta suffraganea di Manila, di cui lo
è ancora. Ecco i vescovi registrati
nelle annuali Notizie di Roma. 1 740
Protasio Cavezas della diocesi di
Manila. 1757 Michele de Ezpeleta
di Manila. 177.5 Matteo Gioacchi-
no Rubio de A rebaio di Quito. 1792
Ignazio de Salamanca di Manila.
i8o4, dopo sede vacante, Gioacchi-
no della Vergine di Sopetran ago-
stiniano, della diocesi di Placencia.
1825 Francesco Genoves domeni-
cano di Valenza. 182^ Santos Go.
NOM 83
mez Marannon di Vallndolid. Per
sua morte, Gregorio XVI nel con-
cistoro de* rg gennaio 1846 vi tras-
lalò da Ruspa in parlihus l'attuale
monsignor Romualdo Ximeno do-
menicano della provincia del ss.
Rosario, già coadiutore del vicario
apostolico del Tonchino. La catte-
drale, ottimo edifizio, è sotto l'invo-
cazione de' ss. Angeli custodi , con
l'episcopio vicino. Il capitolo non
ha più ne dignità, ne canonici, solo
due cappellani addetti ai divini uf-
fici. Ha il fonte battesimale, e la
cura d'anime è affidata al parroco,
non essendovi nella città altre par-
rocchie. Vi è un convento di re-
ligiosi e l'ospedale. La diocesi è am-
pia, contenente più luoghi. Ogni
nuovo vescovo è tassato in fiorini
33, essendo le rendite 3ooo mo-
nete del paese, pagate dal pubblico
erario.
NOME (ss.) DI MARIA. Nome
santissimo in somma venerazione
presso tutta la Chiesa, siccome del-
la nostra madre pietosa, della me-
diatrice nostra amorosa, della teso-
riera di tutte le grazie, della regi-
na dell'universo, della madre stessa
di Dio; nome che in se racchiude
tanti mistici significati, di stella del
mare, à* illuminatrice del mondo 3
quali sono di gloria a lei e di con-
forto per noi ; nome che dobbiamo
aver sempre nel nostro cuore e sul-
le nostre labbra nel corso di nostra
vita e molto più nella nostra mor-
te. Per animare i fedeli a spesso
invocare il ss. Nome di Maria [Fe-
di), unitamente al Nome ss. di Ge-
sù (Fedi)y Sisto V concesse alcune
indulgenze, confermate da Benedet-
to XIII. Tra le pratiche divote per
onorare questo ss. Nome una delle
più antiche è quella della recita dei
cinque salmi, le cui lettere iniziali
84 NOM
lo compongono; divozione fin dalla
metà del secolo XII già conosciuta
in Italia, nelki Francia e in altri
regni, per la cui recita Innocenzo
XI concesse alcune indulgenze, che
altri Papi confermarono , fra' quali
Pio VII nel 18 15, riportate nella
Raccolta delle indulgenze. Questo
venerabile Nome è in tanta rive-
renza presso i polacchi, che Casi-
miro I re di Polonia, nel prendere
in moglie Maria figlia del grandu-
ca di Russia, le fece cambiare il
nome, e dicesi che d'allora in poi
non sMmpose più a veruna bam-
bina, come afferma Raynaud, Diptyc.
Marian. t. Vili, pun. 2, n. 22. Quan-
to alla festa del ss. Nome di Maria,
Giulio II nel i5r3 la concesse alla
città e diocesi di Cuenca nella Spa-
gna ove si propagò. La tolse s. Pio
V, ma Sisto V ad istanza del car-
dinal Pietro Deza la ripristinò. Que-
sta festività dalla Spagna si propa-
gò in altre regioni, ed allora cele-
bravasì a'22 settembre, cioè quin-
dici giorni dopo la festa della Na-
tività di Maria, seguendo così l'o-
pinione di coloro che pensano non
essere i giudei stati soliti di mettere
a* loro bambini il nome se non
quindici giorni appresso il loro na-
scimento. Innocenzo XI attribuendo
a Maria Vergine l' insigne vittoria
riportata a* i4 luglio i683 dai cri-
stiani sui turchi colla liberazione di
Vienna, in memoria e ringraziamen-
to di tanto patrocinio, nel 1684
con decreto stabilì per tutto il mon-
do cattolico la festa del ss. Nome
di Maria, da celebrarsi nella dome-
nica fra la Natività sua, ed istituì
in Roma V A rcicon fraterni la del ss,
Nome di Maria [Vedi). Alcuni dis-
ai>provaiono il pontificio decreto ,
ccuie per silFalto culto il Nome di
Maria si eguagliasse a quello di Gè-
NOM
SII ; ma la loro inetta obbiezione
fu dileguata fra gli altri dal Bat-
taglini, Annal eccL t. IV, an. 1684,
e dal Baillet, Fite desantiy agli 8
settembre, ove tratta di questa fe-
sta. Quanto al rito dell'uffizio e mes-
sa, vedasi Diclich, Diz. sacro-llturg.
NOME DEI PAPI. L'eletto Pon-
tefice [Fedi) viene interpellato dal
cardinal decano se accetta la subli-
me dignità del pontificato, e dato-
ne il consenso, il cardinale gli do-
manda qual nome voglia prendersi,
col quale subito si annunzia al po-
polo dal cardinal primo diacono.
Nel rendere quindi i cardinali la
prima adorazione al novello supre-
mo Gerarca (Fedi), il cardinal ca-
merlengo gli pone in dito V Anello
Pescatorio (Fedi), che il Pontefice
consegna al prefetto de' maestri di
cerimonie per farvi incidere il no-
me assunto, e poi n' è custode il
Maestro di camera (Fedi). Questo
è il Sigillo pontificio de Brevi (Fe-
di), per le Bolle (Fedi) adoperan-
dosene altro. Dei nomi del Papa.
(Fedi), che si pongono nelle inte-
stazioni o sottoscrizioni delle Bolle,
Brevi, Diplomi, Lettere apostoliche.
Moto-propri, Chirografi, e delle lo-
ro particolarità, sono a vedersi tali
articoli, e quelli che vi hanno rap-
porto, come Monogramma ed al-
tri. Nei voi. VI, p. 117, e XIX, p.
119, 120 e 121 de\ Dizionario, si
rende ragione perchè il Papa firmi
le carte de' brevi e di dateria colla
lettera iniziale del nome battesimale
o religioso. Si possono anco vedere
Medaglie Pontificie e Monete Pon-
tificie pel nome de' Papi in esse
impresso, e molte ne furono coniate
celebranti il santo del nome che
aveano prima del pontificato, e di
quello da loro preso. Dei moltissi-
mi onorifici titoli di distinzione da-
NOM
to ai Papi, olire quelli che andre-
mo accennando, si possono vedere
ai loro articoli, avendo detto a Bea-
TiTuniNE e Macabiotato de' titoli
di Beatissimo e Beatitudine; ed a
Maestà, che questo titolo talvolta
fu dato ai Pontefici. Innumerabili
poi e sommamente gloriosi e signi-
ficanti fiu'ono i titoli che ai som-
mi Pontefici romani dierono i con-
cilii generali e particolari, i padri
della Chiesa, i vescovi, gl'impera-
tori, i re ed altri, come notammo
a'ioro luoghi: quarant'otto ne ri-
porta il Piazza neir Enierologio di
Romay t. I, p. 23, ed un gran nu-
mero il Tamagna, Origini de' car-
dinali, par. II, cap. 2, del Romano
Pontefice. La parola Domniis nei
primi secoli della Chiesa sembra es-
sere stata consacrala a denotare il
Pontefice romano, che nelle anti-
chissime Litanie, nominate dal Se-
rario, che in questo non sono state
cambiate , seguitiamo a chiamare
Donimun Jpostolicuni, il Signore a-
postolico. Fu detto il Papa in di-
versi monumenti e dai concilii, Do-
miiiiis o Domnus ^postolicus, e noi
in italiano diciamo Nostro Signore.
V. DOM, DoMINUSj JUBE DOMNE BE-
NEDicEBE, e Apostolico. Alle bio-
grafie de* Papi riportiamo le ragio-
ni dei nomi da loro assunti nell'ac-
cettare la somma dignità papale.
Quando incominciò il mutamento
del nome battesimale o religioso, i
due esempi che in contrario ab-
biamo, andremo notando nelle se-
guenti erudizioni. Presero il nome
del santo nel cui giorno fi-uono e-
lelti, Stefano X, Martino V, Leo-
ne X e Clemente XI , oltre Cle-
mente IV che prese quello del santo
nel cui giorno nacque. Assunsero il
nome de' fondatori o correligiosi dei
loro ordini, Benedetto XII, Sisto V
NOM 85
e Benedetto XII 1. In memoria della
chiesa titolare o diaconale, Adria-
no V e Nicolò III, e Martino IV
della chiesa di cui era stato cano-
nico, oltre Gregorio XVI di quella
già sua abbazia. Per seguire le vir-
tù e qualità esprimenti il nome,
Urbano V, Pio IV, Urbano VII e
Urbano Vili. Per compiacere il car-
dinal promotore dell'elezione, s. Pio
V, Sisto V, Alessandro YII, Inno-
cenzo XI, Alessandro YIII. Per me-
moria de' concittadini , Innocenzo
VIII , Gregorio XV e Alessandro
VI ; de' parenti. Pio III, Leone XI,
Innocenzo XIII.
Ne' tempi antichi non era sem-
pre libero al nuovo Papa, come Io
è al presente, il prendere da sé il
nome. Nel cerimoniale del cardinal
Cencio Savelli del secolo XII, si leg-
ge che il cardinal primo diacono
all'eletto Pontefice imponeva il no-
me, poiché allora non lo sceglieva
il Papa, ma ghelo imponevano i
sacri elettori. L'abbiamo più ma-
nifesto da Leone Ostiense, Chron,
Cassia, lib. Ili, cap. 21, presso il
Muratori, Script, rer. Ital. 1. 1, p.
43 I, il quale ci assicura, che aven-
do i cardinali nel 1061 eletto 'n\
Pontefice Anselmo arcivescovo di
Lucca, essi medesimi eum Alexan-
drum II vocari decernunt, come ap-
punto fecero nel i oSy con Federico
di Lorena, ch'essi Stephanuni X, quo-
niam festum s. Stephani Papae eo
die celehrahatur, appellari decer-
nuutj con Ildebrando cui nel loyS
dierono il nome di Gregorio YH,
e con Desiderio al quale nel 1086
imposero quello di Vittore III, come
riporta il citato Leone lib. II, cap.
97 ; lib. Ili, cap. 36, 4^ e 66. Da
Pietro Diacono, Chron. Cassia, lib,
IV, cap. 2, si apprende che dal ve-
scovo cardinal d' Albano fu dclcr-
h
se NO M
minato nel 1088 il nome di Ur-
bano II: vedasi Della Noce nelle
note in Chron. lib. Il, cap. 8 in Leo-
ne IX, lib. Ili, cap. 66 in Vitto-
re III, e lib. IV, cap. 1 in Urbano
II. Il Platina parlando nella vita di
Pasquale II di sua elezione nel 1 099 ,
sanclus Petrus Raiiierhun vìruni opti-
munì elegìe, cui poslea primi seri-
narii et scribae regionarii Pasclialis
Il nomen inciidere. Il Berlendi, Del-
le oblazioni par. II, § V, parlando
dell'infelice secolo X, in cui per tan-
ti modi si vide deturpata la Chie-
sa, confuso il sacro col profano, in-
truse le sedi vescovili, invasa la cat-
tedra apostolica con violenze , tal-
volta riuscendo oscuro il possesso-
re legittimo di essa, per cui dice
che ne' diplomi di que' tempi, par-
ticolarmente delTAquitania, nel vo-
lersi dai cancellieri unire l'anno dei
re franchi con quello de' Pontefici
romani, venne dato'a questi il nome
di Salomone, come osservò Beslio
neir^/5^ p. i36 de' conti di Poi-
tiers e de' duchi d'Aquitania : Da-
tu ni mense Junio regnante Lothario
regCj D. N. Jesu Chris ti 974, Sa-
lomone Papa. Datuni mense februa-
rio regnante Hugone rege anno ab
Incarnatione Domini Jesu Christi
996, Salomone Papa. Non perchè
alcun Pontefice d' allora il nome
avesse di Salomone, attesoché negli
anni del primo diploma i conten-
denti del papato erano Benedetto
VII e Bonifacio VII antipapa, e quel-
li del secondo Gregorio V e Gio-
vanni XVII antipapa, ma perchè in
tali confusioni e dubbiezze del vero
Vicario di Cristo [Fedi), col nome
di Salomone significato restasse. 11
perchè Papebrochio, in Propylaeo
p. i63, e Antonio Pagi, in Critic,
an. 964^ n. 5, ecco come si espres-
sero: Deuni esse, cujus suprema sa-
NOM
pientiani Ecclesiani regat, Aposlo-
licani sedem conservet, si;>e ob aliani
quanicunique causani ad hujusmodi
jormulani usurpandani inducentem.
V. Sede vacante. Della formola
Regnante Christo, flicemmo parola
nel voi. XXXVI, p. 53 del Dizio-
nario. Il Muratori, negli Annali d'I-
talia, osserva che nel secolo XII
solevano i Papi ricercare i nomi dei
celebri Pontefici che fiorirono nei
primi secoli della Chiesa, mentre
oggidì ordinariamente sogliono assu-
mere quello di chi lo ha creato car-
dinale, secondo l'antichissimo costu-
me, ovvero di quello ch'è stato il loro
primo benefattore, ed ancora per
rinnovar la memoria d' alcuno cui
hanno particolar venerazione. Al no-
me preso dal nuovo Pontefice suole
egli aggiungere il numero di quelli
che l'hanno avuto. Il primo ad in-
trodurre quest'uso fu, come vuole
Papebrochio, in t. II Respons. ad
exhib. error.f Urbano IV del 1261,
il quale s'intitolava Urbanus Papa
quartus, avendolo preceduto tre altri
del suo nome. Vedasi ancora il p.
Sebastiani a s. Paolo, presso il Ri-
ganti, Commentar, in Reg. 44 ^^'*-
celiar, t. Ili, n. 26, p. i65. Nel Bol-
lario del Cherubini trovasi una bol-
la di Pelagio II, eletto nel 578, col
titolo Pelagius Papa secundus; ma
oggi tutti i critici la stimano sup-
posta, almeno pel titolo, che in quel
tempo non usavasi in tal maniera.
F. Cronologfa de' romani Ponte-
fici, ove si riportò anche quella de-
gli antipapi, dicendosi de'nomi pon-
tificii da loro assunti, che dai Papi
legittimi non considerali, li presero
ancor essi. Quanto al titolo crono-
logico de' Papi , in diversi luoghi
pubblicai monumenti anteriori ad
Urbano IV, circa il numerico loro
ordine aggiunto al nome. Sulle
NOM
compulazioni thìV Indizione e An-
no del Pontifica tOy vedasi tali ar-
ticoli.
Il primo sommo Pontefice roma-
no fu s. Pi f Ira, principe degli apo-
stoli, era chiamato Simone prima
che Gesù Cristo fondasse in esso la
sua Chiesa, e poi da lui cognomi-
nato Cefas , cioè Pietra: vedasi il
Ferrari, Bibl. can. t. VI, verbo Pa-
pa, n.° ^Q. Alcuni dicono che s.
Sisto I del i32 si chiamò pel pri-
mo Vescovo de vescovi. A s. Siri-
ci© I del 385 si attribuisce che pel
primo si chiamò Papa, mentre di
s. Zosimo del 4^7 si dice che al
nome di Vescovo o di Papa ag-
giunse il nome di Roma, rsell'arco
maggiore della basilica Liberiana e-
retlo da s. Sisto III del 432, fece
egli porre questa iscrizione, poi ri-
petuta in altri luoghi da diversi
Pontefici : xystus EPiscorus plebi dei,
e ne riporta gli esempi l'Alemanni,
De Lateran. pariet. p. i 1 1 . Nel 44^
divenne Papa s. Leone /, che pel
primo Pontefice si meritò il nome
di Magno o Grande. Pelagio II del
578 dichiarò solo proprio del ro-
mano Pontefice il titolo di Univer-
sale. Anche s. Gregorio I del 5go
fu gloriosamente denominato Ma*
gno; egli assunse la formola Servo
de' servi di Dio, della quale in più
luoghi si parlò, e fu adottata dai
successori, benché sul fine del se-
colo X volevano pure usarne alcuni
vescovi. Per le sue grandi virtù fu
dato il titolo di Magno anche a s.
Nicolò I deir858. Vedasi il Sarnelli,
Lume a' principianti^ par. I, quest.
33, p. 100: se il titolo di Magno
sì è dato in vita ad alcuni. Cre-
dette il Sigonio, De regno Ital. lib.
V, an. 884, p. 2 2 3, che Adriano III
avesse mutato il nome^ chiamandosi
Agapito prima del poutiflcato; un-
NOM 87
de fortasse factum, soggiunse l'Ol-
doino, addii, in Ciacon. Vit. Pont.,
ut Sigisbertus et Marianus Scotus
quenidani Agapetum inter Marinuni
et Hadrianum III inter j e cerini . Av-
verte il Novaes, che l'opinione che
Adriano HI fosse chiamato Agapito
abbia avuto l'origine perchè Sigi-
berto nel suo Chron. e lo Scoto
introdussero avanti Adriano III un
supposto Agapito. Sembrerebbe del
sentimento di Sigonio il Mabilloo,
mentre in praef. ad par. II saec,
VI Bened. §2, n. 39, scrive : Has
observationes honoris caussa ordiri
par est a Pontificibus romanis, qui-
bus electis ab hoc saeculo XI no-
mina mutari consueverunt. Id qui-
dem f ani factum erat sub finem sae-
culi IXy in Adriano III^ qui antea
diclus Agapilus. Ma parlando egli
slesso di Giovanni XII, praef ad
saec. V, § r, n. 7, scrisse: primuni
novali in romano Ponti/Ice nomi-
nis exemplum, tanto più conferma
l'opinione contraria al Sigonio. Il
citato Piazza, con l'autorità del Ma-
gri, asserisce che il mutarsi i Papi il
nome tosto che sono creati, incomin-
ciò da Giovanni Xll del g^G, che
prima chiamavasi Ottaviano Tiran-
no , per togliere il cognome d'in-
fausto prognostico. Il Novaes, Dis"
sert, t. I, p. 23 j, seguendo il pa-
rere del Baronio, Annal. an. 844i
num. I , an. gSG, num. 4, dice che
Giovanni Xll chiamato prima Ot-
taviano, fatto Pontefice prese il
nome di Giovanni , non però on-
de sentirsi dire nelle acclamazio-
ni d'adulazione, fuit homo missus a
Deo cui nomea erat Joannes, come
scrisse Burlo , Notitia RR. PP. p.
i5o, ma piuttosto per rinnovar la
memoria di Giovanni XI suo zio,
servendosi poi de'due nomi, cioè di
Otlaviauo nelle cose temporali, e di
88 NOM
Giovanni nelle spirituali, al dire del
Borgia, Apologia del pont. di Be-
nedeUo X, par. I, cap. i, annot. 7.
Il medesimo Novaes nella vita
di Giovanni XI P^ del 984, dice
che chiamandosi prima Pietro di
Canevanova, si mutò il nome in
riverenza a s. Pietro, di cui niuno
prese il nome, benché frequente nei
cristiani fin dai tempi di Costanti-
no. In proposito si legge nel Pa-
pebrochio, Propylaeo p. 168, n. 3.
» Non fu certamente in questo Pon-
tefice lo stesso motivo per mutar-
si il nome, che fu in Ottaviano
(Giovanni XII), e in Francone (Bo-
nifacio VII antipapa), passati poco
prima, ma bens\ un altro, pieno di
riverenza verso il principe degli
apostoli, pel quale ancora nessuno
de' suoi successori ardi di prender-
si il nome di Pietro, ne anche do-
po che cominciò l'uso costante nei
Pontefici di cambiarsi il nome nel-
le loro elezioni. È questa una cosa
•veramente meravigliosa e degna di
considerazione, eh' essendo il nome
di Pietro frequente in Roma fin
dal tempo di Costantino, come si
scorge dalle soscrizioni de'concilii,
nessuno fino a'dì nostri che prima
avesse il nome Pietro (come Ser-
gio IV, Clemente VI, Gregorio XI,
Paolo II, Alessandro Vili, e Paolo
JV che prima chiamavasi Giampie-
tro, e Benedetto XI li che nel bat-
tesimo fìj chiamato Pietro France-
sco), volesse anche nel pontificato
essere, col nome pure, successore
di s. Pietro, ciò che io non saprei
se si possa ascrivere puramente a
caso ". Parlando il Novaes dell'ele-
zione di Gregorio P^ del 996, detto
Gregorio il Minore^ dice che da Gio-
vanni XII i Pontefici cominciarono
a cambiar il nome che aveano pri-
ma del papato, particolarmente i
NOM
tedeschi, i quali per non percuote-
re le orecchie italiane, avvezze alla
dolcezza della propria lingua, col-
Tasprezza de'loro nomi battesimali,
se ne presero altri più grati all'u-
dito (come fecero moltissimi che li
avevano quando furono elevati al-
l' episcopato ), e ciò successe con
Gregorio V prima Brunone, con
Clemente li prima Svidegero, con
Damaso II prima Poppone, con s.
Leone IX prima Brunone, con Vit-
tore 11 prima Gebeardo. Avanti pe-
rò Clemente II e successori nomi-
nati, nel 1009 fu creato Sergio IF^y
chiamato prima Pietro Bocca di
porco, nel quale meglio fu stabili-
to il costume che l'eletto Papa la-
sci il nome ricevuto nel battesimo.
Errarono Platina e Martino Polono,
in dire che Sergio li deir844 fiot-
to Pontefice fosse il primo a mu-
tarsi il nome, chiamandosi prima
secondo essi Bocca di porco, nome
indecente che solo Sergio IV ebbe,
e Io prova il Novaes, Disscrt. p.
2 33 , affermando il di lui cam-
biamento di nome, non perchè si
chiamava per soprannome Bacca
porci seu Os porci , ma pel primo
nome Pietro. Fu il vescovo di Al-
bano che lo nominò Sergio IV. Se-
condo il Piazza, a Fittore li del
io55 gì' imposero il nome i capo-
seri nari o protonotari. 11 Borgia
nelle Memorie di Benevento t. IH,
p. 2 33, scrive che Vittore II s'inti-
tolò dux et marchio, come duca
di Spoleto e marchese della Mar-
ca. In memoria di Gregorio VI che
r avea educato, nel 1073 i cardi-
nali chiamarono Gregorio VII l'elet-
to, che poi vietò ai vescovi l'inti-
tolarsi Papa. Clemente V fu eletto
nel i3o5 assente dal conclave^ e
chiamavasi Bertrando; però ne'Co/^^
davi de Pontefici romani p. 8, di-.
NOM
cesi che non \olle cambiarsi il no*
me battesimale, onde fu da una fi-
nestra pubblicato al popolo dal car-
dinal Giacomo Colonna ad alta vo-
ce: Papani hahemus Clementem epi-
scopimi Burdegalensem, nometi ejus
est Clemens V. Forse avrà a vii li
j nomi di Clemente e Bertrando.
Tanto egli che il successore Gio-
K'anni XXII batterono moneta col
titolo di Conte del Vetiaissia. Lo-
dovico il Bavaro contro quest'ulti-
mo Pontefice nel i328 fece anti-
papa Pietro da Corbara, e gì' im-
pose il nome di Nicolò V: anche
l'antipapa Benedetto XIII ebbe no-
me Pietro, come il VI Antipapa
del 686.
Calisto III del i455 essendo
cardinale, con tal nome sottoscris-
se il voto di guerra ai turchi : gli
successe Pio II, già Enea Silvio Pic-
colomini, che soleva dire. « Quan-
do era Enea niiin mi conoscea ,
ora che son Pio tutti mi chiaman
zio! Alessandro VI del '49^ 3
d'alti spiriti, prese tal nome onde
essere emulo d'Alessandro il Gran-
de conquistatore. Si vuole che Giu-
lio II dei i5o3 abbia preso questo
nome o per similitudine di quello di
Giuliano che avea prima, o per
non cedere in celebrità a Giulio
Cesare. Nel i52 2 a'9 gennaio elet-
to il cardinal Adriano Florenzi men-
tre trovavasi nella Spagna, contro
la consuetudine costante di cinque
secoli, non cambiò nome, onde fu
chiamato Adriano VI, con dispia-
cere di molti cardinali per la no-
vità, che r aveano appresa dalle
lettele credenziali di Guglielmo En-
chem'oer agente del cardinal Flo-
renzi in Roma, che poi gli conferì
tal dignità, e così fu pubblicato il
nome del nuovo Papa. Il successo-
le Cknicnic VII a di lui esempio
NOM 89
voleva ritenere il nome di Giulio,,
ma ne depose il pensiero quando
gli fu supposto che poco avrebbe
vissuto^ poiché Adriano VI avea
regnato venti mesi. Giulio ///nel
i55o successe a Paolo IH che lo
aveva creato cardinale ed amava,
prese il nome di Giulio II, princi-
pio della fortuna di sua famiglia,
per averlo fatto arcivescovo di Man-
fredonia, ed elevato lo zio al cardi-
nalato. Nel i555 ebbe in succes-
sore Marcello II, che per venera-
zione a s. Marcello I protettore di
sua famiglia, come per dimostrare
che nulla voleva cambiare nel pon-
tificato, ritenne il nome battesima-
le, e mori dopo 22 giorni. Opina-
va s. Pio V ritenere il suo nome
religioso di Michele, ma s. Carlo
cardinal Borromeo lo persuase al-
trimenti, e lo pregò a prendere
quello del proprio zio Pio JV : il
Papa avrebbe preferito l'altro di
Paolo IV suo benefattore, se non
temeva che il popolo, che ne odia-
va a torlo la memoria, credesse ri-
vivere in lui, che però glorificò rein-
tegrando e beneficando i parenti e
famigliari già perseguitati. Gregorio
XIII in memoria di s. Gregorio
I, sì perchè suo protettore sino dal-
la fanciullezza, che per essere stato
crealo cardinale nel dì della sua
festa da Pio IV, ne prese il nome
nel 1572, ed il francese Dorato ne
formò questo anagramma che il Bian-
chi illustrò con distico riportato dal
Novaes: Dei Gregis Securi Tutor
Sum. Poscia Gregorio XIV, come
tanti altri, per onorare chi l'avea
esaltato alia porpora, cioè Gregorio
XIII, ne prese il nome nel iSgo, egli
fu composto questo anagramma : Mu-
rus Custodiacjue Gregis .Qm\\à\ Inno-
cenzo IX nel \^c)i assunse tal nor
me, o in memoria d'Innocenzo III
90 NOM
celebre giureconsulto, come dice Ciac-
conio, o per condiscendere alle pie-
ghiere del Maestro del sacro pa-
lazzOj come vuole TOldoino. Scri-
•ve il Bagalta, che Innocenzo X nel
1644 piese questo nome per rin-
novare la memoria d'Innocenzo VII!
parente e benefattore di sua fami-
glia Pamphilj. Pio FI nel 1770
prese tal nome in onore di s. Pio
V : essendo il nome numerico di
Sesto in cattivo augurio dopo i pou-
lilìcati di Urbano FI e Alessan-
dro FI^ si pubblicò il seguente di-
stico.
Sextus Tarquinius^ Sextus Ne-
ro, Sextus et iste^
Semper sub Sextis perdita Roma
fuit.
Gli fu quindi opposto questo al-
tro distico.
Si fuitf ut jactantf sub Sextis
perdita Roma,
Roma est sub Sexto reddita et
aucta, Pio.
Finalmente in molti articoli no-
tammo che il nome de'sommi Pon-
tefici furono imposti alle città da
loro fabbricate, o in loro onore
erette o denominate, come Alessan-
dria della Paglia, Pienza, Gregorio-
poli, Città Leonina, Urbania, ec. AU
treltanto si dica di pubbliche stra*
de, edifizi, porte, ponti, acquedotti,
canali, porti, chiese, basiliche, cap-
pellcj palazzi, musei, istituzioni scien-
tifiche o artistiche o pie, monete,
fortezze, canto^ ec. Sopra i nomi
ile'Papi si possono leggere. Rocca,
Opera t. I, p. i, De romani Pon-
tificis nomenclatura variis muneri-
bus referta co m me alari us. Nicolò
Angelini, Discorso curiosissimo in-
torno alla mutazione de' nomi dei
Papi nella loro creazione, Venezia
NOM
1590. Egidio Hochmuth predican-
te di Mulbach: Schediasma histo-
vico litlerarium de nominum ini-
positione et mutatione^ Vittember-
gae 1723. Gianfederico Krebs, De
nominum mutatione, potissimum in
religiosorum professione , atque Pon-
tificum romanorum inauguratione,
dissertationes mine denuo editae,
cum inulti plice argumento, Norim-
bergae. Fedi inoltre Anno del pon-
tificato. Data, Indizione.
NOMENCLATORE, NOMEN-
CALATOR, Nomenclator, Offizio
antico della chiesa romana e della
corte o famiglia che avea l'incom-
benza di chiamare o di nominare
quei che si doveano invitare alla
mensa del Papa, ed era uno dei
sette ufìTuiali maggiori palatini del-
la santa Sede, cliierici. Nelle caval-
cate del Papa il nomenclatore lo
seguiva a cavallo col vicedomino,
col vestarario ed il saccellario. Al-
lorché il Pontefice celebrava la mes-
sa, dopo Y Agnus Dei il nomencla-
tore, il saccellario col notaio del
vicedomiuo ascendevano all'altare,
e si ponevano al cospetto del Pa-
pa per aspettare che accennasse lo-
ro i nomi di quei che si doveano
invitare alla mensa. Quei che ave-
vano luogo alla tavola del Ponte-
fice erano invitati dallo stesso no-
menclatore, e quei che dovevano
intervenire alla mensa del Ficedo-
mino [Fedi) erano invitati dal suo
notaio ; scritti ch'erano i nomi, di-
scendevano a far l'invito, poscia il
nomenclatore riceveva dal Papa la
comunione. Era altresì suo uffizio
il terminar le cause ch'erano por-
tate al Pontefice, e ciò insieme col
Saccellario [Fedi). Abbiamo nel-
r Ordine romano : Si quis auteni
adire voluerit PontifLcem, si equi-
tatj statim ut eum viderit descen-
NOM
dlt de equo, et ex lalere viae ex-
pectat usqiieduni ah eo possìt aii-
diri, et petita benediclione discuti'
tur a nomenclatore vel sacce Ilario
causa ej'uSf et ipsi indicant Ponti-
fici finiunt. Il nomenclatore intro-
duceva ancora nel concilio quei
che i pachi volevano ascoltare, e di
ciò si ha r esempia xlel sinodo ro-
mano del 745. Alcuna volta il no-
menclatore è detto ancora Admi-
niculalor, e vuole il Panvinio che
sia cosi appellato ab ad/ìiiniculan-
do , cioè ab adiuvando . Sembra
ch'egli lo creda diverso dal nomen-
clatore, e lo somiglia a quello che
oggi dicesi avvocato de* poveri, di
cui parlammo a Avvocati conci-
storiali, Camera apostolica, Difen-
sori, Governatore di Roma, Man-
tellone, ec. Il Galletti, Del Frinii-
cero p. 162, trattando del Nomen-
clatore crede in vece questi una
cosa stessa àeW Adminiculator, si
perchè rarissime volte s' incontra
che sia chiamato Amminiculatore,
e sì perchè se fossero stati due uf-
fizi distinti, allora i primi uffiziali
palatini della chiesa romana non
sarebbero piti sette ma otto. Le
notizie dei soggetti che ne occupa-
rono il posto, si leggono nel Gal-
letti, che noi solo accenneremo,
dalle quali si rileverà quali impor-
tanti incumbenze disimpegnarono.
Sisinnio accompagnò a Costan-
tinopoli il Papa Costantino , che
s'imbarcò a'5 ottobre 710.
Gregorio intervenne al concilio
romano del 74?, ed era pui^ no-
laro regionario.
Teodoro fu nell'SiS legalo di
s. Leone III a Bernardo re d'Ita-
lia, figlio dell'imperatore Lodovico
1, che recavasi in R.oma per difen-
dere il Papa da nuova congiura.
Spedi una bolla di Steflmo IV del
NOM 91
11 gennaio 817, in cui confermò
i beni del monastero di Farfa, co-
si un'altra dello stesso argomento
del seguente Papa. Eletto s. Pa-
squale I l'inviò legato al detto im-
peratore con lettera di partecipa-
zione di sua esaltazione, e l'incari-
cò di rinnovare la confederazione
e amicizia tra la santa Sede e l'irn-
pero ; l'ottenne col celebre diploma
di conferma ai pontificii dominii,
riportato dal Cenni.
Leone nell'S^S con Teodoro pri-
micero suo genero, dai loro emoli
furono accecati ed uccisi.
Teofilatto fu legato di Eugenio
II neir826 alla dieta d'Hildesheim.
Benedetto neir843 si trovò pre-
sente alla donazione di beni che
Stefania fece al monastero di s.
Paolo.
Gregorio dell' 87 5 era figlio di
Teofilatto pur nomenclatore, fu sco-
municato da Giovanni Vili come
fazionario di Formoso e reo di gra-
vissimi delitti^ d* invadere lo stesso
papato, d'intelligenze coi saraceni,
e di avere rubato i tesori della
Chiesa.
Greg-ono deir885i apocrisario del-
la santa Sede, spedi una bolla di
Adriano III, di conferma al mona ^
stero di s. Sisto di Piacenza de'be-
ni e privilegi.
Stefano nell' 897 spedi la bolla
di Romano Papa, con cui confer-
mò i privilegi e beni della chiesa
di Rossilione.
Stefano del 963 adminiculatore
intervenne al conciliabolo di Roma
contro Giovanni XII.
Leone del 1099 nomenclatore
e giudice del sacro palazzo.
Crescenzo fu al concilio romano
del io33, e nel io35 s'interpose
la sua ordinaria autorità, perchè
Coufigliuolo da lui costituito cn-f
92 N O M
ratore d'un fanciullo venisse a con-
cordia coH'abbadessa di s. Ciriaco,
avendo il nomenclatore la cura dei
pupilli e degli orfani.
Arrigo del i i Sg nomenclatore
e giudice.
11 Macri, Hierolexicon, e Not. dei
vocaboli eccl. , dice che questo di
Nomenclatore o Nonicncalalor^ deri -
va da voce greco- latina, che signi-
fica chiamare o intimare, dal no-
uiiuare a voce alta gì' invitati alla
mensa pontificia; che risiedeva nel
palazzo apostolico, e corrispondere
il suo ofiicio a quello (XeW Uditore
della camera [Vedi), poiché rico-
nosceva le cause di coloro che ri-
<orrevano al Papa per ottenere giu-
stizia, ed a tal fine cavalcava vici-
no al Papa per ricevere i Memo-
riali (Vedi), i quali poi erano ben
considerati da esso in compagnia
del saccellario o tesoriere, per in-
formare il Pontefice del contenuto.
Il nomenclatore presso gli antichi
romani era ministro del censore ,
consistendo il suo offizio nel nomi-
nare e chiamare le persone parti-
colari per proprio nome, e ciò per
comando del censore, siccome co-
noscitore particolare di qualunque
condizione. Del suo ministero si ser-
vivano i senatori ne* comizi, man-
dandosi a partito per l'elezione dei
maestrali delie cariche e delle di-
gnità civili, i cittadini particolari.
Ciascuno per ordine era nominato
dal nomenclatore prima che si fa-
cesse lo scrutinio e la votazione
dei senatori. Del nomenclatore si
servivano pure i candidati o novi-
zi, e quei che aspiravano ai mae-
strali ed alle dignità , ricercando
il nome di ciascun cittadino che
interveniva al consiglio per dare il
suffragio, e ciò serviva loro per pro-
cacciarsi il favore, e per far prati-
NOM
che affine di conseguire gli uffici e i
gradi, onde il nomenclatore faceva
buoni guadagni, ledi il Biondo,
Roma trionf. p. 210, ed il p. Ca-
simiro, Memorie d'Araceli^ p. 3oo.
NOMENTO, Nomenlnm. Antica
città e sede vescovile, ora Mentana^
terra della Comarca di Roma, nel
disfretto di Tivoli, governo di Pa-
lombara, diocesi di Sabina e già una
delle sue principali città, ora esisten-
te sopra il ripiano d'un colle. Men-
tana o Lamentana è succeduta a
JVomentum, sovente celebrata dagli
antichi scrittori, da' quali apparisce
che fu colonia albana, o sia de* pri-
schi latini, fondata nel territorio
Sabino conquistato da Latino Sil-
vio terzo re d'Albalonga. Nomento
fu involta nella guerra di Tarqui-
nio Prisco contro le colonie alba-
ne ; ma siccome si arrese suppliche-
vole, fu trattata con clemenza. I
nomentani presero parte alla famosa
lega per ripristinare in Roma il go-
verno monarchico e Tarqui nio il
Superbo. Sconfitta dal valore roma-
no, i nomentani restarono fedeli ai
romani sino all'ultimo general mo-
vimento del Lazio, e furono am-
messi alla cittadinanza di Roma ed
ai suoi sagrifizi come fossero un me-
desimo popolo. Quindi Nomento sin
dall'anno 4' 7 di Roma fu munici-
pio, ma la vicinanza alla metropoli
contribuì insensibilmente al suo spo-
polamento e decadenza, restando me-
morie della bontà de* suoi fruiti ed
eccellenti vini. L'essere attraversata
dalla via IS'omentana, ed il riflusso
continuo del popolo che dalla ca-
pitale spandevasi nelle terre d' in-
torno, onde v'ebbero fondi e ville
Ovidio, Seneca e Marziale, fece du-
rante l'impero risalire Nomento , e
nel secolo III era sede vescovile, de^
scritta dall' Ughelli colla serie de'se-
NOM
guenti suoi vescovi, Italia sacra t.
X, p. 1 46. Orso del 4 ^ 5 ricorse al
Papa s. Innocenzo I contro il ve-
scovo Fiorenzo che ne usurpava i
confini della jjropria giurisdizione.
Servus-Dei intervenne nel 4^^ al
sinodo romano. Cipriano sedè tra i
padri del concilio del 4^7- Sereno
fu a quelli del 49^ ^ 499* I^oma-
no sottoscrisse i concilii tenuti da
Papa s. Simmaco nel 5oi, 5o2,
5o3 e 5o4- Risiedendo il vescovo
nella via Nomentana presso il ci-
miterio di s. Restituta, di cui par-
lammo a CiMiTEEi DI Roma, in un a
quelli de* ss. Primo e Feliciano no-
bili nomentanì con basilica, e di s.
Alessandro I Papa, oltre l'altro di
s. Nicomede pure della via Nomen-
tana, di cui si disse a Catacombe,
e con magnifica chiesa , ne' quali
moltissimi martiri vi fi.irono depo-
sti, verso questo tempo pare che
trasportasse la sua residenza in No-
mento, per cui divenne cattedrale la
chiesa di s. Nicolò. Indi il vescovo
Felice fu al concilio del 53 1, adu-
nato da s. Bonifacio II. Redento nel
553 corroborò colla sua soscrizione
il decreto del Pontefice Vigilio, per
l'aflare de' tre capitoli. Essendo ve-
scovo Grazioso , s. Gregorio I nel
593, con epistola prodotta dall' U-
ghelli , gli affidò il governo della
chiesa di s. Antimo o di Curi (Fe-
di), e la uiù alla sede Nomentana;
indi nel 595 Grazioso o Graziano
sottoscrisse al concilio di Roma. Co-
stanzo del 6oor Generoso del 601,
dopo il quale nel 649 si fa men-
zione di Sapienzo, intervenuto al
celebre concilio di s. Martino I. Nel
679 fiori Paolo, nel 743 Benedet-
to, nel 753 Villano o Vulgario ,
nell'SsG Cosmo, nel 964 Giovanni
che nel sinodo riprovò lo scisma di
Leone Vili antipapa, e lo condari-
NOM 93
nò; indi Nomento con altre chiese
formarono il vescovato suburbicario
di Sabina [Fedi). Di alcuni vesco-
vi e notizie di Nomento, ne tratta
il Galletti nella sua Capena. Se-
condo il Marini, Memorie di s. Bar-
bara p. 96 e seg., Nomento surse non
molto distante da Scandriglia, e Tu
chiamato anche Num anzi a, e con tnl
frase nel concilio del loSg di Ni-
colò 11, si sottoscrisse Hugo episco-
pus NuTìiantinus , che crede propria-
mente l'ultimo vescovo di Nomento.
Però lo Sperandio, che nella Sabi-
na sagra p. 43 tratta di Nomento,
a p. 4? cagiona di Numanzia, quale
città o foro di Sabina, diverso da
Nomento e vicino a Scandriglia, a
fronte dell'autorità del Marini da
lui con lode rammentato. Delle ce-
lebri memorie della via Nomenta-
na, di quelle ecclesiastiche e civili
di Nomento tratta eruditamente il
Piazza , Gerarchia cardinalizia p.
i59 e seg., 602 e seg., non che del
ponte che sul Teverone distrutto da
Totila nella guerra gotica, riedifjc(>
Narsele, poi rifatto da Nicolò V, e
delle salutifere acque Lebane. Di
queste monsignor Nicolai, Meni, sulle
camp, di Roma t. I, p. 279, rac-
conta che inondando stagnanti par(e
del territorio, Cesare meditava di
prosciugarle, mentre il Piazza riferi-
sce averle diseccate e che ne proven-
ne fertilissimo agro. Avanzi delle
celebre acque Lebane sono i bagni
di Grotta Marozza.
Le notizie che si hanno di No-
mento, anco ne'tempi posteriori, le
raccolse il Nibby , Analisi de' din-
torni di Roma t. II, p. 4^9 ^ s*^g>
avvertendo che al primitivo suo no-
me, si sostituì quello di Civitas No-
mentana, poscia Castrimi Nomenta-
nae^ donde derivò il moderno di
MeiiUina. Il territorio nomenlano
i
94 NOM
essendo divenuto palrimonìo della
Chiesa l'omana, l'invase Luilpraiido
re de' longobardi, il quale lo resti-
tuì nel 74' a Papa s. Zaccaria.
Nana il Piazza che recandosi nel-
1*800 Carlo Magno in Roma, tenne
)a via di Sabina, onde s. Leone III
andò ad incontrarlo col senato ro-
mano, col clero e con tutte le cor-
porazioni di Roma fino a Nornen-
to, dove pranzò insieme col princi-
pe e col quale entrò in Roma, di
che facemmo parola a Ingressi e
s. Leone III. Nel secolo seguente in
Nomento ebbe i natali il famoso e
potente Crescenzio Numentano o Nu-
manziano, che per qualche tempo
regolò i destini di Roma col nome
di console e duca, impadronendosi
di Castel s. Angelo (Fedi) e facen-
do eleggere V Antipapa Giovanni
XVII (Fedi)j Ottone III che lo fe-
ce morire fu poi avvelenato dalla
moglie, al modo detto nel voi. XXIX,
p. i32 e i33 del Dizionario. Nel
IO 59 i nomentani coi tusculani e
prenestini ribellandosi a Nicolò II,
questi chiamò a reprimerli il nor-
manno Roberto Guiscardo, che per
le sue vittorie prese il nome di
NonienlanOj come meglio descrissi
nel voi. XXVIT, p. 195 del Dizio-
nario. Rovinata cosi la città , si
estinse la sede episcopale, e ridotta
allo stalo di castello passò in pote-
re de' monaci di s. Paolo, ai quaU
fu confermala con bolle d'Innocen-
zo III, d'Onorio III e di Gregorio
IX; che se sotto il primo divenne
feudo de' Capocci , deve intendersi
dipendenti dal nominato monnstero.
Nel declinar del secolo XIII Nicolò
III die Lamentana o Mentana ad
Orso Orsini suo nipote, la qual fa-
mìglia continuò a signoreggiarla nei
seguenti tre secoli, edificandovi un
castello, e nel 14^4 soggiacque a
NON
fortissimo terremoto. Due anni do-
po venne in parte spianata d'ordi-
ne d'Innocenzo Vili, come troppo
partigiana degli Orsini. Gregorio
XI 11 dichiarò marchesato Mentana,
e ne fu primo marchese Latino Or-
sini. Nel 1594 la terra con tulle le
sue dipendenze fu venduta per scu-
di 25o,ooo da Fabio e Virginio
Orsini a Michele Peretli principe di
Venafro, indi pochi anni dopo pas-
sò in potere dei Borghese (VediJ^
che ne sono i signori attuali. Con-
tigua al palazzo baronale è la nuo-
va chiesa di s. Maria della Pietà,
la cui immagine il capìtolo vatica-
no ornò di corona d'oro, e poste-
riormente vi fu trasferito il corpo
di s. Felice I Papa. Dessa rimpiaz-
za l'ospedale fondato nel i55o da
Camillo Orsini, e vi è pure un con-
vento di francescani riformati con
chiesa di s. Maria degli Angeli. Per
tutta la terra veggonsi sparsi fram-
menti di marmo, residui dell'antica
Nomento e de' sepolcri eh' erano
lungo la via Nomenlana : di quelli
di maggior importanza e di alcune
iscrizioni parla il Nibby.
NOMESIA (s.). F. NoMAsiA.
NONA, Aenona. Città vescovile
della Dalmazia, circolo a 4 leghe
da Zara, in una piccola isola con-
giunta al continente da due ponti.
Decaduta da quel posto onorevole
che possedeva fra le antiche citlà
Liburniche, più non si vedono che
ammassi di rovine, un centinaio
circa di case sparse qua e là, una
cattedrale e qualche altra chiesa.
Il porto che riceveva de' grossi na-
vigli, ora non è piìi che una palude
infetta. Sotto i romani ed i re schia-
voni'Croati questa città era opulen-
ta e magnifica, facendo di ciò te-
stimonianza, oltre la menzione di
Plinio, le statue colossali e gli al-
jNON
tri pregiali perai di antichi edifizi
scavati nel suo recinto. La chiesa
di Nona fu fondata da s. Anselmo,
uno de' 72 discepoli di Gesù Cri-
sto, che fu suo primo vescovo, on-
de sotto la sua invocazione è la
cattedrale. Dopo di lui furono ve-
scovi Teodosio dell'Svg, Alfredo del-
rSgo, e quegli altri registrati sino
ad Antonio Tripcovic della diocesi
di Cattar© del 1754, da Daniele
Parlato, ///yr/cf sacri t. IV, p. 10^
e seg., in episcopi Nonenses. Indi
nel 1771 fu fatto vescovo Gio. Bat-
tista Jurileo di Trati traslato da
Arbe, e nel 1789 Giuseppe Grego-
rip Scolti della diocesi di Traìi, che
viveva ne* primi anni del corrente
secolo, ma fu l'ultimo, benché nelle
annuali Notizie di Roma si legga
registrata questa antica sede vesco-
vile fino al i83o. Essa fu sufTra-
ganea di Spalatro, e diversa da
Aemonia o Città Nova. Fu la sola
sede vescovile di Croazia (Vcdi)^
finche col suo smembramento si e-
ressero le sedi di Belgrado e Tinia,
V. Dalmazia.
NONA. Quinta ora canonica .
S' instituì di recitarsi Torà nona
del giorno, ch'era la terza dopo il
mezzodì, in memoria del Salvatore,
che a quest'ora spirò l'anima in
croce per redimere il genere uma-
no. Mese Barcesa dice che in que-
st'ora furono scacciati dal paradiso
terrestre Adamo ed Eva. Però da-
gli Atti degli apostoli cap. 8, ab-
biamo che i ss. apostoli Pietro e
Giovanni ascesero al tempio a pre-
gare in ora nona, onde poi fu es-
sa stabilita nella Chiesa. V. Ore
CANONICHE.
NONANCOUR Nicolò, Cardi-
nale. Nicolò della nobilissima fami-
glia di Nonancour, nato nel castel-
lo di questo nome nella diocesi di
NON 95
Cbartres, o secondo altri in Pari-
gi, denominato perciò il parigino,
da s. Celestino V nel settembre
1294 fu creato cardinale prete del
titolo di s. Lorenzo in Dama so.
Dopo essere intervenuto all'elezione
di Bonifacio Vili, e fatto il suo
testamento in Anagni, morì in Ro-
ma nel I ^99.
NONANTÒLA, abbazia. V.^lo^
DENA.
NONNATO Raimondo (s.), Car-^
dinaie. Raimondo Nonnato da Por-
tello nella diocesi di Urgel nella
Spagna, dove nacque nel 1204 da
nobili genitori di poche fortune,
ma denominato Nomiato per esse-
re stato estratto dal ventre delia
madre già morta, a mezzo dell' o-
perazione cesarea, così chiamata
perchè salvò la vita a Scipione
l'africano soprannominato Cesare ^
ed a Giulio Cesare, come afferma-
no diversi scrittori. Il padre per
trarlo dall'applicazione agli studi e
dalla risoluzione cK abbracciare la
vita ecclesiastica, lo mandò in vil-
la, dove lo destinò a guardare un
piccolo giegge e la campagna, in
una possessione che avea presa in
affitto. Nel territorio era vi ima
chiesa dedicata a s. Nicolò di Mi-
ra, nella quale si venerava una di-
vota immagine della Beata Vergi-
ne, avanti a cui il santo giovane,
che n'era divotissimo, sfoijava l'in-
terno affetto del suo cuore ; onde
è fama che Nostra Signora lo as-
sicurasse, con voce sensibile uscita
dall'immagine, di sua speciale Iti-
tela e protezione. Ogni volta che
Raimondo si portava a venerare la
medesima immagine, si narra che
un angelo in forma di leggiadro
giovine vegliasse alla custodia del
suo gregge, e che fosse veduto an^
co una volta dal padre del santo.
96 NON
Ad insinuazione della Madonna vo-
lò a Dio la sua virginità, die col-
la di lei valida prolezione manten-
ne illibata fino all' ultimo respiro^
e si condusse in Barcellona, dove
con esultazione di spirilo vestì l'a-
bito delTordine della Mercede, ri-
cevendolo dalle mani di s. Pietro No-
lasco fondatore dell'ordine, sempre
avendo rigettato il consiglio di re-
carsi alla corte d' Aragona come
parente de'conli di Foix e di Car-
dona. Il b. Sera pione che ivi fu
suo maestro nel tempo del novi-
ziato, e poi glorioso martire, gli
predisse i disagi e patimenti che
avrebbe dopo molti anni sofferti
nell'Africa per amore di Gesù Cri-
sto : ed in falli divenuto il model-
lo de* suoi fratelli, fu giudicato de-
gno di esercitare in detta regione
l'ufficio di redentore, e di sotten-
trare in quel grado a s. Pietro No-
lasco. Iniziato nel sacerdozio, si die
al ministero della predicazione, per
mezzo della quale ridusse non po-
chi peccatori alla via della salute,
tanto più che oltre il fervore che
avea nel!' esporre l'evangeliche ve-
rità , quel tanto che proponeva al-
trui era usato di praticarlo prima
seco medesimo, gastigando il pro-
prio corpo con frequenti e lunghi
digiuni, con assidue vigilie, con diu-
turne flagellazioni, e con l'esercizio
continuo di una non interrotta pre-
ghiera. Avvertimmo a Mercede, che
non è vero eh' egli abbia eser-
citalo in Pioma , il primo fra
tutti, l'impiego di procuratore ge-
nerale del suo ordine nel i23o.
liichiamalo in Ispagna, fu per la
terza volta spedito in Africa ed in
Algeri, dove non avendo più che
dare pel riscatto degli schiavi, die-
de sé stesso in pegno, per essere in
tal maniera meglio a portata di as-
NON
sistere qtiei miserabili che si ritro-
vavano in pericolo di rinegare la
cattolica fede, quale egli pieno di
zelo predicava con apostolica liber-
tà, con gran fruito de* cristiani e
de' saraceni. Perlo che que' barba-
ri gli chiusero con inaudita crudel-
tà le labbra con una spranga o
lucchetto di ferro, dopo averglie-
le forate con un ferro arroventa-
to; martirio che dovette sostene-
re per lo spazio di otto mesi , a-
prendoglisi le labbra sol per dargli
da mangiare, oltre tormenti senza
numero di fame, sete, carcere e di
battiture, che per tal nobile e san-
to motivo soffri con invitta pazien-
za e generosità di cuore. I mao-
mettani temendo poi che morisse,
perdendo così la somma stipulata,
il governatore della città ordino
che si lasciasse girar libero per Al-
geri, ed allora si recò a visitare e
consolare i cristiani, e convertì pa-
re parecchi mussulmani alla reli-
gione cristiana. Allora il governa-
tore voleva farlo impalare; ma pel
timore di perdere le somme con-
venute pei riscatti degli schiavi,
quei che ne aveano interesse ot-
tennero che tramutasse la condan-
na in molle ed aspre bastona-
te, e poi lo fece frustare per le
strade pubbliche. Dopo essere sta-
to in carcere carico di catene ,
i suoi correli giosi lo riscattarono,
ad onta eh* egli preferiva resta-
re fra gli schiavi. Mosso Gregorio
IX dalla fama della santità di Rai-
mondo, affmchè questa scintillante
lumiera non si restasse più lunga-
mente nascosta sotto il moggio, nel
1237 o più tardi lo creò cardina-
le diacono di s. Eustachio, e chia-
mollo a Roma : in questa dignità
conservò il suo abito e la sua ma-
niera di vivere. Mentre recavasi in
NON
Roma, perchè il Papa voleva ser-
virsene pel governo delia Chiesa, ar-
rivalo a Gardena, città distante sei
miglia da Barcellona, fu assalilo da
febbre violenta, morendo a'3 1 ago-
sto, maturo già pel paradiso, nel
1240, nella vigorosa età di 87 anni.
Prima della morte è fama che ri-
cevesse per le mani degli angeli il
ss. Viatico. Non ebbe campo di de-
corare più a lungo la dignità car-
dinalizia collo splendore di sue vir-
tù e strepitosi miracoli: alcuni dei
più insigni furono riportati dagli
scrittori di sua vita e dai boUan-
disli. Gregorio IX al funesto avvi-
so di sua morte proruppe in que-
ste parole : l' ordine di s. Maria
della Mercede in una sola ora ha
perduto il padre e il protettore,
la provincia di Catalogna il figlio,
la cattolica Chiesa un uomo santo.
Il suo sacro corpo rimase sepolto
onorevolmente nella chiesa di s.
Nicolò di Portello, dove dalla pietà
e religione de' fedeli con gran fre-
quenza e divozione è venerato; a-
vendovi fatto fabbricare un con-
vento s. Pietio Nolasco nel i255.
Alessandro VII fece iscrivere il suo
nome nel martirologio romano nel
1657, nel giorno 3i agosto, in
cui celebrasi la sua festa. Quindi
Clemente IX nel 1669 estese a
tutta la Chiesa lo stesso uffizio ad
libitum con rito semidoppio, con-
cessioni equivalenti a beatificazione
equipollente. Finalmente il Papa
Innocenzo XI, riconoscendo il suo
culto immemorabile, lo canonizzò
senza solennità e per equipollenza,
col comandare a' io marzo 1681
che la sua memoria si celebrasse
per tutta la Chiesa con messa ed
uffizio di rito doppio. Il p. Ippoli-
to Marracci pubblicò la Vita di
san Raimondo Nonnato , Roma
VOL. xLvni.
NOR 97
i655 pel Lazzarini , ed ia Mila-
no pel Monza nel i656. La ri-
stampò il mercedario p. Sebastia-
no della concessione nell* anno
16 65, come avea fatto un suo
correligioso nel i663. Vogliono al-
cuni che il culto a questo santo
pel primo glielo concedesse lo stesso
Gregorio IX, altri che fosse cano-
nizzato dall'antipapa Benedetto XHI,
e che la sua canonizzazione fosse
approvata dal concilio di Costan-
za ^ e non mai riprovata dai le-
gittimi Pontefici, anzi Urbano Vili
a'9 novembre dell'anno iGaS avea
concesso all'ordine della Mercede
di poterne celebrare l'uffizio e mes-
sa, lo che a' 5 dello stesso mese
avea permesso ai religiosi scalzi
dell* ordine. F. il Lambertini, De
canon, ss. lib. I, cap. 4i> § V.
NORBA. F. Norma.
NORBERTO (s.), arcivescovo di
Magdeburgo, fondatore dell' ordine
diPremonstrato o Premostrato. Nac-
que a Santen nel ducato di Cleves,
l'anno 1080, da Eriberto conte di
Gennep, parente dell' imperatore, e
da Adwiga, la quale discendeva dalla
casa di Lorena. Applicò allo studio e
s'iniziò negli ordini sacri ; ma in-
clinatissimo ai piaceri, si abbando-
nò ad una vita tutt'atfatto monda-
na , benché fosse stato ordinato
suddiacono, e gli fosse stato con-
ferito un canonicato a Santen. Vi-
vendo brillantemente alla corte di
Enrico IV, di cui fu nominato li-
mosiniere, era inutilmente pressato
a ricevere gli altri ordini sacri, i
quali l'avrebbero obbligato ad una
maniera di vita eh' egli abborriva.
Soprappreso un giorno da violenta
procella, mentre recavasi ad un
villaggio per oggetto di piacere, e
stramazzato a terra dal suo caval-
lo spaventato da una folgore che
7
98 NOR
con oiTÌbil fracasso cadde a' suoi
piedi, ne ricevette tanta impressio-
ne, che formò sai punto il divisa-
inento di espiare i passati disordi-
ni con una sincera penitenza. Quin-
di anziché ritornare alla corte, si
recò a Santen, ov'era il suo canoni-
cato, e si consacrò alla preghiera ed
alla meditazione, ritirandosi poscia
nel monastero di s. Sigiberto presso
Colonia. Egli era allora nel tren-
tesimo anno di età. Due anni do-
po la sua conversione, Federico ar-
civescovo di Colonia l'ordino dia-
cono e prete in uno stesso giorno.
Norberto rinunziò poi a tutti i
suoi benefìzi, vendette i suoi beni,
e ne distribuì il prezzo a' poveri ;
dopo di che si portò a' piedi del
pontefice Gelasio II, ch'era allora
a s. Gilles nella Lìnguadoca, e gli
fece una confessione generale della
sua vita. Avendogli il Papa accor-
dato ampio potere di predicare il
vangelo ovunque lo credesse oppor-
tuno, Norberto intraprese subito
delle missioni nella Linguadoca,
nella Guienna, nel Poitou, nell'Or-
leanese, nell'Hainaut, nel Brabante
e nel paese di Liegi, le quali pro-
dussero per tutto frutti meraviglio-
si. Bartoloniraeo vescovo di Laon,
conoscendo assai bene il merito di
Norberto, domandò a Calisto II,
succeduto nel 11 19 a Gelasio II,
la permissione di ritenerlo nella
sua diocesi, acciocché mettesse la
riforma fra i canonici regolari di
s. Martino. Il Papa gliel' accordò ;
ma i canonici non vollero sotto-
mettersi a quanto da loro si esi-
geva. Perciò il vescovo pregò Nor-
berto di scegliersi nella sua dioce-
si un sito ove poter fabbricare un
monastero. Il santo scelse una val-
le deserta, delta Premonstrato, nel-
la foresta di Coucy, ed ivi fondò
NOR
il suo ordine novello, il quale non
era che una riforma di canonici
regolari sotto la regola di s. Ago-
stino. Air articolo Premostratensi o
Premonstratesi diremo di quest'or-
dine e delle diverse fondazioni che ne
fece il santo, il quale fu poi con
sua ripugnanza costretto ad accet-
tare l'arcivescovato di Madgeburgo
nel II 26. Nella nuova dignità non
diminuì esso nulla delle austerità che
da lungo tempo praticava ; e la
sua umiltà parve più mirabile che
nel chiostro. I suoi discorsi ed i
suoi esempli resero efficaci le fati-
che eh' egli intraprese per la ri-
forma della diocesi ; ricuperò al-
la sua chiesa una pai te delle ter-
re di cui i laici eransi impadroni-
ti ; si adoperò a lutto potere con
s. Bernardo per rimediare ai dis-
ordini dello scisma cagionato per
l'elezione dell'antipapa Anacleto II
contro il legittimo Iiuiocenzo II,
ed a questo fine intervenne nel
ii3i al concilio di Reims. Accom-
pagnò in Italia l' imperatore Lota-
rio II, che mise il Papa in pos-
sesso del Laterano ; e ritornalo
nella sua diocesi, uìorì pieno di
meriti il 6 giugno 11 34, dopo
quattro mesi di patimenti. Grego-
rio XIII lo canonizzò nel i582,
ed Urbano Vili stabilì la sua fe-
sta a'6 di giugno. Il suo corpo fu
custodito a Magdeburgo , finché
l'imperatore Ferdinando II fece
trasportarne le reliquie a Praga nel
1627, ove furono solennemente de-
poste nella chiesa del Monte Sion.
NORCIA [Nursin). Città con re-
sidenza vescovile dello stato ponti-
ficio, nella delegazione apostolica di
Spoleto, antica e posta in mezzo
gli Apennini, su d'un fertile ripia-
no con molta diligenza coltivato,
che le dà un aspetto ameno, quan-
NOR
tio le rìgide nevi non lo rallrista-
no air intorno. E cinta di buone
mura, ed ha regolari vie ed edi-
fizi, con vaga piazza e conveniente
teatro. La galledrale con baltiste»
rio è sotto l'invocazione della Bea-
ta Vergine della Plebe o della Mi-
sericordia ; poco dislaute vi è l'epi-
scopio. Vi sono tre altre chiese par-
rocchiali senza il fonte sacro, tre
conventi di religiosi, due monaste-
ri di monache, l'orfanotrofio di re-
cente istituzione, confraternite, o-
spedale, monte di pietà, e semina-
rio con alunni. Vi risiede un go-
vernatore distrettuale, come capo-
luogo del distretto del suo nome,
che comprende i governi di Cascia
e di Visso. Dalla sua municipale
amministrazione dipendono venti*
quattro casali sparsi ne' monti cir-
costanti, oltre l'appodiato Castelluc-
cio, e soggiace pure al suo gover-
no la comune di Preci con altri
quindici Casali. Appartenne già al-
la Sabina, che fu lungamente divi-
sa nelle quattro prefetture di Nor-
cia, Rieti, Curi e Nomento. Sotto
i Papi ancora appellossi prefettura,
governandosi da un prelato con ti-
tolo di prefetto. Sisto V tolse dal-
la sua prefettura Monte Monaco
e Monte Fortino per unirli al pre-
sidato di Montalto. Ad istanza de-
gli abitanti, Gregorio XVI nel i83i
v'istituì il tribunale collegiale di
prmia istanza, coi relativi ammini-
strativi dicasteri; ma poi a deside-
rio de'medesimi, nel iSSg, non pro-
ducendo il tribunale que' vantaggi
che si ebbero in vista nell'istituir-
lo, aboh tal tribunale civile e cri-
minale e la sua giurisdizione, non
che la conservazione delle ipoteche,
con quelle altre disposizioni che si
leggono nella Raccolta delle leggi ^
\ol. V, p. 3 16, e voi. XVn, p.
3S0R 99
io3. I suoi glandiferi boschi ali-
mentano numerose mandre, special-
mente di animali neri, de' quali si
fa un gran traffico. Norcia è patria
di moltissimi illustri personaggi, pri-
mieramente del patriarca de'mona-
ci d'occidente s. Benedetto e di s.
Scolastica sua sorella, essendo la
loro madre Abbondanza, figlia di
Milleo e Diana conti di Norcia. Non
solo Norcia vanta preclare glorie
per l'antica origine, ma anche pei*
le avite prodezze. Anteriormente a
Boma per molli secoli, ebbe fama
ne'sommi poemi d'Omero e di Vir-
gilio, di aver spedito guerrieri al-
l'assedio di Troia, e nelle guerre
latine si nomina qual eroe il nur-
sino UfentCj spedito a Turno re dei
rutuli per combattere Enea troia-
no. Ne mancarono nursi ni nell'al-
leanza sabina per vendicar i'onia
del rapimento delle donne ordina-
to da Romolo, onde poi furono
messi a parte de' romani privilegi,
e potè il suo municipio chiamarsi
almo sino a'tempi di Leone X, che
ne rese testimonianza nell'epistola
33, lib^ 5, diretta al cardinal Bem-
bo. La fecero eziandio chiara nel-
l'epoca delle romane grandezze mol-
ti suoi cittadini, e vi si noverano
Lucio Plozio due volte console lo-
dalo da Cicerone, Quinto Sertorio
emulo nelle Spagne della potenza
di Roma, e Polla Vespasia madre
dell'imperatore Vespasiano.
Elogio però ad ogni altro supe-
riore del valore de' nursi ni, si ha
dal principe degli storici, quando par^
landò del celebre Scipione, afferma
che le truppe nursine decisero dei
suoi trionfi in Africa. Nella batta-
glia di Modena, combattendo sotto
i vessilli d'Augusto, sette campioiii
nursini rinfrancarono il vacillante
romano esercito, e rimasti vittima
I
oo
NOR
del proprio coraggio, ottennero que-
sta sepolcrale epigrafe: Hi sani
septeni Nursini, seu septem Nursi-
noruni facies^ qui strenue prò li-
beriate certantes accuhuere. Le fa-
miglie romane degli Orsini e dei
Savelii ebbero pur da Norcia deri*
Tazioue, oltre i conti di Belvedere,
di Sasso, di Giove, di RofTiano, ed al«
tri molti. Dopo l'infortunio de'Trin-
ci o Trincia signori di Foligno, i
superstiti della nobilissima famiglia
si ritirarono parte in Norcia e par-
te in Roma. Giambattista Lalli ed
il Querenghi sono nursini. Così il
cardinal Teodino degli Atti, ed il
cardinal Gio. Battista Quarantot-
to di nobile famiglia oriunda di
Norcia. Vi fiorirono molti prelati,
e per ultimo monsignor Gio. Car-
lo Alesij de' conti Castelli, fatto da.
Gregorio XVI segretario della con-
gregazione del concilio, discenden-
te degno dai Liviani di Mevale, fa-
miglia feconda d'illustri uomini, fra i
quali un Gian Carlo generale de'bar-
nabiti. In Roma nel rione s. Eusta-
chio all'Arco della Ciambella vi è
la chiesa de'ss. Benedetto e Scola-
stica di giurisdizione e patronato
della città di Norcia. Fu edificata
nel 1619 dall' arciconfraternita dei
ss. Benedetto e Scolastica , di cui
trattano il Piazza nell' Eusevologio
romano p. 4^6.» ^^ '^ Venuti in
Roma moderna p. 628, ma ora estin-
ta. Alcuni nursini eressero il na-
zionale sodalizio nella chiesa di s.
Eustachio, approvato da Paolo V
con privilegi nel 16 15. Fiorendo la
confraternita, i cassinesi ed i cele-
stini l'aggregarono alla partecipa-
zione de^ loro beni spirituali, e per-
chè essi ne fondarono altre, la con-
fraternita ne ottenne i loro privile-
gi, indi si trasferì nel detto orato-
rio e chiesa. Essendo protettore
NOR
della medesima il cardinal Ludovisi
nipote di Gregorio XV, questi con
breve de' 4 febbraio 162^ l'elevò
al grado di arciconfraternita. Le sue
opere pie sono descritte dal Piazza,
vestendo i confrati sacco di tela ne-
ro con cappuccio, con mozzetta di
saia nera, con le immagini a sini-
stra de'santi protettori. Essendo pre-
sidente di questa chiesa il lodato
prelato Alesij o Alessi, nel 1841
la fece restaurare ed abbellire con
pitture. Il riaprimento ebbe luogo
previo un solenne triduo in onore
di Maria Vergine Addolorata pro-
tettrice di Norcia, ne' tre primi
giorni di novembre, con indulgenza
concessa da Gregorio XVI.
Norcia, Nurcia/ Nursia, è una
delle piti vetuste città d'Italia, e di
quelle in cui stanziarono i primi
abitatori della penisola ; gli uni la
dissero capitale de' sabini sotto il
re SongOj altri la chiamarono Pi-
cena; si crede edificata dagli etru-
schi, i497 anni avanti la nascita di
Gesù Cristo, e perciò da Enotrio re
arcade l'anno del mondo 25 1 3. Il
Fatteschi nelle Mem. del ducalo di
Spoleto p. iSg, ecco quanto ne scri-
ve. Norcia, oggi ultima città de'sa-
biui, decaduta ne' tempi di mezzo
dal suo splendore, avendo primeg-
giato anche per la maestranza del
suo decurionalo, fu la città più ri-
marchevole, benché da' longobardi,
dopo averla rovinata, fosse resa sog-
getta al Castaldo di Ponte, che nei
bassi tempi fu castello con am-
plissimo castaldato. Dagli antichi
geografi fu Norcia computata nel-
la Sabina, benché poi fu attribuita
all'Umbria, e dell'una e dell'altra
ne seguì le vicende. E ben vicina
a' monti della Sibilla, e ad altri
più elevati, che dividono la Sabi-
na dal Piceno, cioè i monti Fi-
r
NOR
scello, Buibei'O, e Tetrico, ch'è il più
elevato ed alpestre tra essi; dal Fi-
scello nasce la Nera . Di Norcia
fa menzione Paolo Diacono, e che
avesse un ampio territorio si de-
duce dai Dialoghi lib. Il, di san
Gregorio I del Sgo^ parlando della
patria di s. Benedetto nato ex pro-
vincia Nursi ae. DaW Epistole di tal
Pontefice si ha che già la santa Se-
de vi possedeva un Patrimonio, che
faceva amministrare da unode'prin-
cipali chierici della chiesa romana,
con titolo di difensore o rettore.
A' tempi Carolini e propriamente
neir82 I fu in Norcia tenuto un gran
placito da Alessandro conte e da Ade-
lardo e Leone, messi spedili dall'im-
peratore Lodovico I, nel quale furono
restituite al monastero di Farfa le
sostanze che a danno del monaste-
ro medesimo il duca di Spoleto
Guinighiso avea credute devolute
al regio fisco : vi si trovarono pre-
senti lo stesso duca, Gerardo duca
di Camerino , quattro vescovi del
ducato e due abbati. Norcia si die-
de spontaneamente al dominio del-
la Sede apostolica, con riserva di
molli privilegi, conservati sino al-
l'invasione francese. Tu Ita voi la Tim-
peralore Ottone I, allorché fu nel
962 coronato in Roma da Giovan-
ni Xll, nel confermare i dominii
della Chiesa romana, gli donò sette
città situate parte nell' Abruzzo e
parte nell'Umbria, di diritto allora
del regno d'Italia, frale quali Nor-
cia. In progresso e nel io32 si e-
resse in repubblica, e progredì in
questo stalo sino al ii5o, benché
poscia si governò con proprie par-
ticolari leggi. Bonifacio IX nel iSgS
con breve concesse alla municipale
magistratura, con piena giurisdizio-
ne, Mevale castello con titolo di
marchese; Riofreddo e luoghi an-
NOR IDI
nessi, terre ch'erano state acquistate
dagli Alviani.
1 nursini in diversi tempi guer-
reggiarono con le comuni convicine,
e talvolta si collegarono con esse a
danno di altre. Talvolta si ribellaro-
no ai Papi, secondo le circostanze dei
tempi, ed essendo stati condannati
rei di lesa maestà per aver distrut-.
to la terra di Cerreto, essendo i
nursini ricorsi a Nicolò V per l'as-
soluzione, l'ottennero benignamente
nel i447- Insorte guerre tra Spo-
leto e Norcia, a' 26 aprile i45'0
Nicolò V approvò la tregua tra lo-
ro stabilita, commettendone l'osser-
vanza a Nicolò vescovo di Tivoli.
Anche in Norcia gli odii civili la-
cerarono la città nelle fazioni, quali
si rinnovarono nel medesimo seco-
lo XV con immensi danni, e siccome
Everso conte potente d'Anguillara si
fece condottiere de'faziosi di Norcia,
degli spoletini, casciani ed altri popoli
umbri per assalir la città, questa nel
i4^3 di nuovo ricorse a Nicolò V, il
quale comandò al conte e compagni
di desistere dall'impresa e deporre le
armi, pel qual fine vi spedX Giorgio
Cesarini protonotario apostolico. Ciò
non pertanto Everso per non per-
dere lo stipendio pattuito assalì Nor-
cia, ma il prelato vi si oppose va-
lorosamente, e costrinse il conte a
levar l'assedio e ritirarsi. Ritornato
alle sue terre reclutò nuove genti
per fare ritorno contro Norcia , e
per un tempo proseguì le sue in-
festazioni, finché il cardinal Barbo,
poi Paolo H, estinse questa guerra
e ridusse Everso all'obbedienza del
Papa, edificando poi nel suo pon-
tificato la fortezza di Cascia. Norcia
il giorno 12 maggio lySo fu quasi
distrutta dal terremoto , che fece
perire molti suoi abitanti ; laonde
il nuovo Pontefice Clemente XU
loa KOll
-vi rivolse le sue prime cure con
copiosi soccorsi. Di Norcia tratta-
jouo il Blavio , Tlieatrum civita'
tnm. Giacomo Lauro , Ilistoria e
pianta di Norcia, Roma i635. E-
gidio Mocavino Lefradomaco , An^
tisatira alle satire de* poco infor-
mali della città di Norcia, Foligno
i63i.
Quivi anticamente prestavasi cuU
to alla dea Nortia ossia Fortu-
na , cullo idolatrico ch'ebbe fine nel
a5o per opera di s. Feliciano ve-
scovo di Foro Flaminio, e quei tem-
pio uominossi basilica argentea. La
sede vescovile fu eretta nel V se-
colo;, e rUghelli Italia sacra tom.
X, p. i5o, registra i seguenti ve-
scovi. Stefano che sottoscrisse ai
concilii romani del 49^ di s. Gela-
sio I, e del 499 di s. Simmaco. Pri-
mevo che fiorì sotto s. Gregorio I
Del 594. Giovanni che intervenne
al sinodo di Roma adunato da s.
Agatone nel 680. Ma la ferocia dei
barbari invasori, rovinando la cit-
tà, Norcia restò priva dell'onore
del seggio vescovile per molti se-
coli, venendo compresa nella dio-
cesi di Spoleto, li citato Fatteschi
parla de' suoi tre antichi monaste-
ri , uno dentro la città detto di s.
Benedetto, l'altro nel suo distretto
detto di s. Eutichio, ed il terzo di
s. Tizio nella valle Castoriana. Che
in questi monasteri e ne' villaggi
dell'agro nursino fiorissero negli an-
tichi tempi molti santi anacoreti, Io
riferisce s. Gregorio I, dove discor-
re di s. Santolo e dei suoi miracoli,
Jib. in, e. 37 de' Dialoghi. L' U-
ghelli fa. onorata menzione de' ss.
Florenzio abbate ed Eutichio mona-
co. E molto probabile che nel ter-
ritorio di Norcia avesse il monaste-
10 di Farfa la cella di s. Angelo
in Sabelli , rammentata oe'monu-
NOR
menti prodotti dal Fatteschi a p.
23 1. De' conventi delia ss. Annun-
ziata, della Madonna di Montesanto,
di s. Pellegrino di Norcia e del mo-
nastero di s. Maria della Pace di
Norcia, tratta il p. Antonio da Or-
vieto nella sua Cronologia dell' Uni-
ùria. Pio VII per venerazione a s.
Benedetto, la cui regola monastica
avea professalo, e pei pregi della
città di Norcia, nel 1820 a'5 gen-
naio, colla bolla Ad tuendani tra-
dilani sanclis fideni , vi ripristinò
la sede vescovile, dichiarandola im-
mediatamente soggetta alla santa
Sede, e nel concistoro de'27 giugno
1821 nominò vescovo monsig. Gae-
tano Bonuani romano. Per sua spon-
tanea rinunzia, Gregorio XVI nel
concistoro de' 3 aprile i843 gli die
in successore l'odierno monsignor
Letterio Turchi di Apiro arcidio-
cesi di Camerino, già vicario apo-
stolico di questa, canonico teologo
della metropolitana, professore del-
l'università, presidente del collegio
teologico, rettore del seminario e
vicario generale de' due ultimi ar-
civescovi. II capitolo si compone di
due dignità, la prima delle quali è
l'arciprete, di tredici canonici, com-
prese le prebende del teologo e del
penitenziere, e di altri chierici ad-
detti al servigio divino: l'arciprete
ha cura delle anime, coadiuvato da
un sacerdote. La diocesi si estende
per venticinque miglia di territorio,
e contiene diversi luoghi. Ogni ve-
scovo è tassato in fiorini 209, es-
sendo le rendite scudi i5oo, gra-
vate di alcuni pesi, cioè d'una pen-
sione di 5o scudi, e di alimentare
due alunni nel seminario.
NORI o NUORO (Noren). Città
con residenza vescovile in Sardegna,
divisione del Capo-Cagliari. Pio VI
con la bolla Eani iriler caeteras, dei
l
I
NOR
2 1 giugno 1779, ^"^^' Rom. coni.
t. VI, p. 116, ripristinò la sede ve-
scovile di Gallclly (Vcdi)^ e ne sta-
bilì la residenza à Nori o Nuoro,
di clima più salubre e di popola-
zione più numerosa. All'ultimo ve-
scovo nel 1828 fu fatto ammini-
stratore apostolico Gio. Maria d' O-
schiri Bua arcivescovo d'Oristano,
che edificò il seminario, die ma-
no alia edificazione della nuova cat-
tedrale, e contribuì del suo 5oo scu-
di sardi per formare il locale delle
scuole di latinità nel luogo dell'an-
tica chiesa di s. Gio. Battista. Per
sua morte, nel 1840 Gregorio XVI
nominò amministratore d. Ciriaco
Pala canonico della cattedrale, indi
nel 1843 gli sostituì Todierno ar-
civescovo di Sassari, monsignor A-
lessandro Domenico Varesino, om-
niesso dalle annuali Notizie di Ro-
ma, come ha rimarcato il eh. can.
Bima nella Serie cron. de' vescovi
del regno di Sardegna.
NORIS Enrico, Cardinale. En-
rico Noris nacque a Verona il 29
agosto i63r, da una famiglia origina-
ria dell'Inghilterra, che ha prodotto
vari uomini di merito. Mostrò fi-
no dall'infanzia le più felici dispo-
sizioni allo studio, e terminalo che
ebbe quello dell' umanità recossi a
Rimini per apprendervi la filosofia
e la teologia. La lettura delle ope-
re di s. Agostino gì' ispirò tanta
venerazione pel santo dottore, che
risolvette entrare nel suo illustre
ordine. Vestito Tabito degli eremi-
tani di s. Agostino non tardò a di-
stinguersi, per cui fu dai superiori
mandato in Roma, ove trovò nelle
biblioteche e nella società de'dotli i
mezzi di cui abbisognava. Ivi ebbe
la sorte di conoscervi il celebre p.
Cristiano Lupo, altro agostiniano
reduce dalle Fiandre; e vedendo
NOR io3
gli onori che da ogni parte si ren-
devano al merito di un tanto uo«
mo, sentì accendersi l'animo di un
nobile ardore d'imitarlo, come quel-
lo che pel sodo giudizio, raro in-
gegno , critica e profonda erudi-
zione, non ebbe pari in Italia ai
tempi suoi. Cominciò ad impiegare
allo studio quattordici ore del gior-
no, facendo sommi progressi nella
teologia, nella storia, nell' antiqua-
ria e nella numismatica. Dopo aver
insegnato con reputazione la teolo»
già nelle principali cattedre del suo
ordine, a Pesaro, a Perugia ed a
Padova, in quest'ultima città diede
l'ultima mano alla Storia dell'ere'
sia pelagiana^ colla difesa di s. Ago-
stino. Quest'opera acquistò all'au-
tore dei grandi ammiratori, e nel
tempo stesso dei gran contradditto-
ri, che Io imputarono come segua-
ce degli errori di Baio e di Gian-
senio, e però venne denunziato a
Roma, dove esaminate più volte le
sue opere, non furono giammai
condannate, e l'autore vi fu in più
maniere distinto ed onorato; essen-
do tra le altre cose, dopo la revi-
sione della medesima, stato anno-
verato tra i qualificatori del s. of-
fìzio. Cosimo III granduca di To-
scana, informato del suo straordi-
nario merito, lo chiamò a Firenze
ad insinuazione del celebre Anto-
nio Magliabecchi, nel 1674 lo di-
chiarò suo teologo e pubblico pro-
fessore di storia ecclesiastica nell'u*
niversità di Pisa, collo stipendio di
380 scudi l'anno, non che precet-
tore di Gio. Gastone suo figlio ,
e gli offrì il vescovato di Pistoia,
ch'egli costantemente ricusò. Lo
stesso fecero i Pontefici Clemente
X e Innocenzo XI , ma il Noris
contento di menare vita privala
rinunziò le offertegli dignità. Gli
io4 NOR
scritti ch'egli pubblicò sopra diver-
si argomenti archeologici accrebbe-
ro sempre più la sua fama, per Io
che dalla regina di Svezia Cristi-
na gli fu spedito il diploma di
membro dell' accademia che aveva
istituita nel suo palazzo, e che die*
de origine a quella degli arcadi.
IVel pontificato d' Innocenzo XII
furono rinnovate le accuse contro
la memorata opera, per cui il Pa-
pa commise ad alcuni teologi l'esa-
me accurato di essa, ma ne risul-
tò il favorevole giudizio di non
trovarvisi cosa che meritasse cen-
sura, che anzi gli si dovea somma
lode. Il Pontefice chiamò allora in
Roma ilNoris, gli offrì la palatina
carica di sacrista, da lui però ri-
cusata, lo nominò consultore del s.
oflìzio, e nel 1692 primo custode
della biblioteca Vaticana, e poi vo-
lendolo preservare dai frequenti at-
tacchi de'suoi nemici, che per di-
fendersi gli facevano perdere un
tempo ch'egli avrebbe potuto im-
piegare assai utilmente, per la be-
nevolenza di dui l'onorava, a' 12
dicembre i6g5 lo creò cardinale
prete del titolo di s. Agostino, e
Io ascrisse alle primarie congrega-
zioni di Roma, e nel 1700 lo fece
bibliotecario di s. Chiesa colla pensio-
ne di 5585 scudi annui. Le nuove di-
gnità non lo distolsero dalle sue
occupazioni letterarie^ e stava ter-
minando la Storia dei donatisliyoA'
lorchè vide appressarsi il suo fine.
Mori nel pontificato di Clemente
XI, al cui conclave intervenne, d'i-
dropisia, in Roma, a' 23 febbraio
1704 d'anni 73, e fu sepolto [nella
chiesa del suo titolo ed ordine, nel-
la quale sotto il suo busto scolpito
in marmo bianco, e collocato in
una nicchia al destro lato della
po^'ta phe introduce ir^ sagrestia,
NOR
leggesi l'epitaffio composto in versi,
La vita di questo dotto cardinale
fu scritta dal p. Girolamo Razze-
rio agostiniano che la pubblicò col-
le sue opere teologiche in Padova
nel 1708; e dal celebre letterato
monsignor Francesco Bianchini, qua-
le si legge nel t. I, p. 199 delle
Vite degli arcadi illustri del Cre-
scimbeni. Nel pontificato di Bene-
detto XIV furono dall'inquisizione
di Spagna poste nel catalogo de'li-
bri proibiti le sue opere, cioè la
storia pelagiana, e la dissertazione
sul V concilio ecumenico; ma il
giudizio di quel Papa giustificò ab-
bastanza la dottrina del cardinale,
le cui opere furono completamente
raccolte in Verona in cinque volu-
mi in foglio nel 1729-41 dai fra-
telli Ballerini, colla vita dell'auto-
re in latino. Nello stesso idioma la
scrisse pure monsignor Angelo Fa-
bioni, pubblicata nel 1780 nelle
Vite viror. illust. ital. t. VI, p. 8.
I veronesi alzarono a questo gran
cardinale nella loro cattedrale un
nobile monumento di marmo, co-
me sogliono fare con lodevole in-
tendimento con tutti i concittadini
che si segnalarono nelle lettere e
nelle scienze. Chi volesse raccoglier
re le giuste lodi che da gravi scrit-
tori gli furono date, formerebbe un
libro. Chiarissimo ed eruditissimo
della dottrina di s. Agostina, vindice
ed interprete, lo chiamano i padri di
s. Mauro nella prefazione della lo-
ro edizione di s. Agostino. II Cel-
lario gli die il titolo di Massima,
nell'Ortografia latina; erudìtorwn
in Urbe aeternum dccus lo appellò
Spanemio nell'Orbe romano; eMas-
son nel suo Tempio di Giano aper'^
to, lo disse eruditorum longe da-
ctissiniuni. Il Maffèi nella sua Fé-,
rgna illusCra^ta^ dice che non hc^
I
NOR
genso chi non ammira le nuove
scoperte falle da questo cardinale
nella storia ecclesiastica e nell'eru-
dizione più scelta. Ebbe molti ami-
ci, che meritava pel suo carattere,
e carteggiava coi primari dolti del-
l'Italia e della Francia. Le princi-
pali sue opere sono: i. Hìstoria
Pelagianaj et Dissertatio de syno-
do F aecumenicOy Padova 167 3
ed altrove: l'edizioni di Lovanio
1702 e di Padova 1708 sono au-
mentate di cinque dissertazioni che
erano comparse separatamente, e
nelle quali l'autore risponde alle
diverse critiche fatte alla sua ope-
ra. 2. Hìstoria Donalistnrurn ex
JVorisìanis schedis excerpta in or-
dinem dissesta et supplela, con ap-
pendice. 3. Storia delle investiture
delle dignità ecclesiastiche. La me-
daglia coniata dall'accademia di
Pisa in onore del cardinal Noris,
è descritta nelle Ricreazioni numis-
matiche di Roehler, par. i3, pag.
NORMA o NORBA, ISorham. An-
tica città e sede vescovile, ora co-
mune soggetto al governo di Sez-
ze, nella legazione apostolica e dio-
cesi di Velletri , con piti di 2000
abitanti. Narra il Nicolai, Delle ter-
re Pontine p. 47, che i corani con-
finando con Norba, e vantando Er-
cole per fondatore di Cori, raccon-
tano che fabbricò Norba per tenere
in freno i ladroni che infestavano
quelle contrade ; altri la dicono co-
lonia d'Alba, edificata o meglio ri-
storata dagli albani. Certo è che
all'antica città situata sul monte che
guarda le campagne pontine, in mez-
zo ai fiumi Amaseno e Ninfeo che
scorrono sotto il piano, poco lunge
gli successe l'odierna terra che ha
variato d'una sola lettera il primie-
ro nome. Il Theuli, Teatro ist. p.
NOR io5
39, la chiama una delle prime co-
Ionie romane, fatta tale con Velle-
tri, che fu fortezza de' volsci, ed i
romani la stimarono come rocca in
difesa della città di Pontia, venen-
do saccheggiata dai pipernesi nel
consolato CXI. I norbani presero
parte nella guerra contro Roma sta-
bilita a Ferentino [Fedi). Nei 262
di Roma il senato dopo la peste
spedi colonie a Velletri e a Norba ,
la cui fortezza gli serviva anche per
reprimere le mosse e i tentativi dei
volsci e de' latini. Questa colonia
nella ribellione delle altre conservò
singoiar fedeltà a Roma, per cui
irritati i pipernesi di tanta costan-
za, nel 4' 3 per la guerra sannitica
devastarono il territorio norbano, e
quantunque fossero puniti , nondi-
meno nel 4^5 tornarono a commet-
tervi danni eccessivi. Dopo la bat-
taglia di Canne, ridotta Roma quasi
agli estremi , i norbani furono di
que' pochi che con aiuti la salva-
rono. Questa antichissima ed illustre
città si conservò florida fino agli
ultimi tempi della repubblica ro»
mana, ma avendo i norbani segui-
to il partito di Mario, furono asse-
diati da Emilio Lepido generale di
Siila, e accortisi ohe per un tradi-
mento la città era presa irrepara-
bilmente, appiccato il fuoco alle ca-
se, vollero disperati uccidersi tra lo-
ro e andar colla patria in fiamme,
piuttosto che soggiacere alla crudel-
tà e orgoglio del vincitore. Si rieb-
be Norba da tanta rovina, ma tar-
di, peixihè a tempo di Plinio non
era ancora risorta. Altre notizie e
de' suoi importanti avanzi , come
delle sue mura di massi quadran-
golari di buona scoltura , tratta il
Ricchi, Reggia de' volsci p. 8g. Dice
pure che fu chiamata Civita la Pen-
na, ed essere ora piccolo castello
I
io6 NOR
cinto di mura in forma di for-
tezfa.
Il Borgia, Storia di Velletri p.
143, afierma che l'imperatore Co-
stantino VI, grato ai Papa s. Zac
caria per quanto con Luitpranclo
re de' longobardi erasi affaticato per
la conservazione dell* esarcato , gli
donò secondo la sua richiesta le due
masse, o unione di vari predi e pos-
sessioni, di Norma e Ninfa ch'erano
di pubblica ragione, le quali poi i
Papi dierono in feudo ad altri, ri-
manendo nella spirituale giurisdi-
zione di Velletri. Ciò confermano,
l'altro Borgia nelle Meni, di Bene-
vento t. I, p. IO, che aggiunge aver
riportalo la concessione il pontificio
apociisario a Costantinopoli ; ed il
Nicolai a p. 106, meglio assegnan-
do per epoca l'anno 743, e dicen-
do che quindi soggiacquero alle in-
vasioni de' longobardi. Dipoi Nor-
ma fu onorata della sede vescovile,
come si apprende dall'Ughelli, Ita-
Ha sacra t. X, p. i48, ed uno dei
suoi vescovi chiamato Giovanni as-
sistè al conciliabolo tenuto nel g6^3
in Roma, per la deposizione di Gio-
vanni XII, ed elezione di Leone Vili
antipapa. Avendo Norma sofferta al-
tra distruzione, il vescovo trasferì a
Ninfa la sede, città edificata alle ra-
dici del monte di Norba. Diroccata
anche Ninfa in progresso di tempo,
i suoi cittadini passarono ad abi-
tare nel castello di Norma, fabbri-
cato presso l'antica Norba. Il Nin-
feo, antichissimo tempio dedicato
alle ninfe , innalzavasi sulla costa
della montagna di Norba, con ma-
gnifica architettura, presso la sor-
gente del fiume Ninfeo, vicino ad
un lago assai venerato dai norba-
nì per due prodigiosi fenomeni. Ivi
i cristiani eressero una chiesa in o-
nore di s. Michele arcangelo, cui si
NOR
aggiunse un monastero di benedet-
tini, poscia rovinato da Federico I.
Eugenio HI del i r4') ricuperò Nor-
ma ed altri luoghi vicini. Eletto nel
I iSc) Alessandro IH, ed essendo in-
sorto l'antipapa Vittore V, fuggì ia
Ninfa, ove a' 20 settembre fu con-
sacralo e coronato. Federico I per
dispetto rovinò il castello, come sos-
tenitore del falso Pontefice. Nel 1216
il cardinal Ugolino, poi Gregorio IX,
presso il suddetto monastero fondò
quello di s. Maria del Monte Mir-
teto, pei benedettini di Firenze, cui
Federico lì donò l'abbazia della
Grangia di s. Maria di Castro: a
quel monastero e chiesa era sog-
getta l'abbazia di s. Erasmo di Co-
ri. Nel I 3oo Ninfa fu data in feu-
do da Bonifacio Vili alla sua fa-
miglia Caelani : si ha però dal Piaz-
za, Gerarchla cardinalizia p. 52 8,
che Ninfa nel iSSy apparteneva
alla chiesa e ospedale di s. Matteo
in Merulana. Dipoi Norma diven-
ne proprietà del principe Borghe-
se. Della sua chiesa collegiata con
arciprete e quattro canonici, parla
il citato Piazza a p. 49- Altre no-
tizie si possono leggere nel p. Kir-
cher, Latiiuìiy e nel Volpi, Vetns
Latiuni t. HI, de Norbanis^ Pala vii
1726. Così nel Compendio della
storia veliternaf del sacerdote Bau-
co voi. II: da esso si apprende che
il capitolo ha pure due beneficiati,
essendo la chiesa dedicata alla ss.
Annunziata, venerando la terra per
protettrice s. Barbara vergine e mar-
tire.
NORMANDIA, Normanìa, Neu-
stria. Antica provincia di Francia,
col titolo di ducato, confinante col-
la Manica, Picardia, isola di Fran-
cia e Bretagna. Si divide piii co-
munemente, in alta Normandia con
Rouen capitale di tutta la provin-
JSOR KOR 107
eia, e bassa Normandia di cui Caen dizione di prestar fede ed omag-
era il capoluogo. La Normandia è gio alla corona per questa provia-
una delle contrade le più ricche e eia, a mezzo di Francone arcive-
fertili della Francia, e la bassa ha scovo di Roueu. Avendo Rollone
eccellenti pascoli. Vi sono molte sa- promesso di farsi cristiano, ebbe pei*
line e miniere. Anticamente con- moglie Gisella figlia del re. Questo
tava sei vescovati sulfraganei di fulmine di guerra, ammaestrato da
Rouen, con 80 abbazie e 4^'^9 P^''" Francone, in detto anno ricevette
rocchie, con più di ^1 città e i5o il battesimo, gli fu imposto il no-
grossi borghi. Oggi questa provin- me di Roberto, ed in brevissimo
eia forma i dipartimenti della Stw- tempo fece istruire e battezzare i
na inferióre^ dell' Eure, del Calva- suoi conti, i suoi cavalieri e lutto
dos, della Manica, e della maggior l'esercito, mostrandosi pio e gene-
parte di quello dell' Orne. Abitata roso colle chiese: quindi Hervé ar-
anlicamente dai veliocassi^ dai ca- ci vescovo di Rouen, avendo doman-
leli^ dagli aulerci eburovici, dai le- dato istruzioni a Giovanni X in-
xoviij dai bajocassij dagli abrincaiui torno alla maniera di condurre que-
e dagli lineili^ questa contrada fu sti nuovi cristiani, il Papa dopo
compresa nella seconda Lionese del- aver mostrato il suo giubilo per
la Gallia Romana. Clodoveo I la la loro conversione, die una rispo-
rium ai suoi stati, e sotto i suoi sta piena di senno. Egli ebbe dei
discendenti fece parte dei regno di duchi successori che andiamo a re-
Neustria. 1 normanni, cioè a dire gistrare, i quali videro la loro po-
iiomini del Nord, perchè appunto tenza progressivamente aumentarsi,
esciti dal Nord, selvaggi abitatori Nel 927 gli successe Guglielmo I,
della Danimarca, della Norvegia e indi nel 94^ Riccardo I, nel 99G
de' vici ni paesi, mostri d'empietà e Riccardo 11, nel 1027 R.iccardo llf,
di barbarie, nemici dell'umanità e nel 1028 Roberto I, nel io35 Gu-
del cristianesimo, dopo aver saccheg- glielmo che conquistò l'Inghilterra
giato le coste del mare di Neustria, (Fedi), e per tal motivo si trovò
come formidabili in mare, si getta- annessa la Normandia alla Gran
rono sotto i deboli successori di Bretagna. Egli poi volle essere se-
Cario Magno nella Francia, ed al polto nella celebre abbazia di san
tempo di Carlo 1 il Calvo vi fece- Stefano di Caen, una delle due
ro guasti incalcolabili. Queste scor- magnifiche fondazioni religiose da
rerie durarono circa 80 anni, nei lui e da sua moglie fatte in tal
quali la resistenza fu spesso inuti- città, lasciandogli corona, scettro
le. Conveime venire a vergognosi e altre preziose insegue. Verso
tributi, che sempre più vi attirare* lo slesso tempo altri normanni
no i barbari in maggior copia, ed s'impadronirono di Napoli ( Ve-
assediarono Parigi tre volte. Il re di) e della Sicilia [Fedi) , e ben
Carlo IH il Semplice non potendo presto portarono le armi loro si-
riparare a tante angustie, prese il no nell'Africa. Nel 1087 divenne
partito di trattare col terribile Rol- duca di Normandia Roberto II, nel
Ione capo di tali popoli avventu- 1096 Guglielmo IH, nel 1106 En-
rieri, e nel 912 gli cedette la Nor- rico I, nel 11 35 Stefano di Blois,
muadia col titolo di ducato, a cou- nel 11 44- Groffredo Plautageneto,
itìS NOR
nel ii5t Enrico II, nel 1 184 Rie-
cnrdo IV Cuor di leone^ nel i 199
Giovanni 6V/iSti ^^/vv/, ed Arturo. Al
primo Filippo H Augusto nel i2o3
tolse la Normandia e la riunì alla
corona di Francia [f'^edi). Da tale
epoca alcuni re di Francia, sino al
fine del XIV secolo, diedero al lo-
ro primogenito il titolo di duca di
Noruàandia, al quale prevalse in
progiesso quello di Delfino. Odoar-
do III re d'Inghilteira invase que*
sta provincia nel i 346 sotto Filip-
po VI, ma Cario V il Saggio la
riprese. Enrico V re d' Ingiù llerra
se ne rese padrone sotto lo sgra-
ziato regno di Carlo VI, ed in fi-
ne ripassò sotto il dominio france-
se nel 14^0/ regnando Carlo VII
il Fitlorioso. A'nostri giorni un vi-
sionario impostore prese il nome
di duca di Normandia, spacciando-
si pel delfino Luigi XVII figlio di
Luigi XVI, e come il padre infelice.
La storia de'normanni per diver-
si secoli, massime dal X al XIII,
essendo coliegata colla storia eccle-
siastica de' Papi, con quella de'do-
minii della santa Sede e dell' Ita-
lia, sono a vedersi gli analoghi ar-
ticoli e per le pionete Moneta ,
onde in questo appena per accen-
narli, indicheremo le cose prin-
cipali . Nel secolo VII i saraceni
cominciarono a dare il guasto alla
Sicilia, e poco dopo se ne insigno-
rirono , come della Calabria e di
alile vicine contrade. Ottone I li
cacciò dall'Italia, ma ritenne la Pu-
glia e la Calabria a titolo di con-
quista, e sebbene i greci cedettero
alle loro ragioni, dipoi uniti ai sa-
raceni procurarono di spogliarne i
tedeschi. I normanni impadroniti-
si della Normandia, questa divenne
una barriera contro que* normanni
indisciplinati ch'erranti infestavano
NOR
le coste dell'Oceano. Rinnovandosi
le incursioni de'saraceni, aiutati dai
greci, verso il 1000 una mano di
normanni avventurieri, reduci dal
pellegrinaggio di Gerusalemme, per
visitare il santuario di s. Michele
nel Monte Gargano approdò a Sa-
lerno, mentre stretta la città dai
saraceni conveniva del suo riscatto
a prezzo d'oro. I normanni in nu-
mero circa di sessanta, rimproverati
i salernitani di viltà, e fattisi loro
duci, piombarono con furore sui
nemici, che massacrarono o costrin-
sero alla fuga, e del ricco bottino
generosamente nulla vollero, onde
partirono fra le benedizioni; ma-
gnanimità e valore che destò am-
mirazione negl'italiani. Il perchè
quando Papa Benedetto Vili nel
IO 16 volle porre un riparo alle
incursioni de'saraceni che facevano
trepidare la stessa Roma, essetidovi
giunto Piaolfo signore normanno,
eh' era incorso nella disgrazia di
Riccardo II, gli aflldò il comando
delie milizie^ che riportarono subito
de'vantaggi sul nemico, la fama dei
quali trasse in Italia molti norman-
ni, alcuni dicono chiamativi da Guai-
niario longobardo principe di Sa-
lerno per combattere i greci. Ver-
so questo tempo passò nella Puglia
Tancredi normanno signore d'Alta-
villa o Hauteville co'suoi dodici fi-
gli, insieme ad un'armata di pro-
di avventurieri, e riportò considera-
bili vantaggi sui saraceni e sui gre-
ci, celebrandone le conquiste Gu-
glielmo Pugliese nel suo poema:
De Normannis. Divennero quindi
i normanni tanto potenti, che l'im-
peratore Corrado li stimò opporr
tuno ceder loro Ascoli, Canosa ed
altri luoghi della Puglia^ per viep-
piìi impegnarli a difendere i confi-^
ni de'pvincipati di Benevento e di
NOR NOR 109
Capua signoreggiati dai longobar- ce il supremo diritto, ofFrirono inu-
di , dalle usurpazioni de' greci. Nel tilmenle di prestargli per esse vas-
io38 tornato Corrado II in Italia sallaggio. Venuti a battaglia, i nor-
investì Rainolfo normanno del con- manni restarono vincitori nel io53,
tado d' Aversa, città edificata dai facendo prigione il Papa, essendo
normanni, e di più compose le con- di fresco venuti di Francia Rober-
tese insorte fra i vecchi e nuovi to Guiscardo e Ruggero, altri figli
normanni. Pioseguendo questi le di Tancredi. In nome di s. Pietro
conquiste nella Puglia contro i gre- il Pontefice concesse qual feudo del-
ci, rivolsero eziandio le loro armi la chiesa romana l'investitura ai
contro que'medesimi signori longo- normanni delle conquiste fatte, e
bardi che ve li aveano chiamati, che farebbero in avvenire nelle due
II principe di Benevento Pandolfo Sicilie, escluso Benevento, vendican-
III fu perciò spogliato di Siponto do cos\ gli antichi diritti della se-
e del Monte Gargano, onde dive- de apostolica, e ne ricevette giura-
nuti padroni di tutta la Puglia, se mento di fedeltà dal conte Unfre-
ne divisero fra loro il governo, tran- do figlio di Tancredi. Quindi i nor-
ne Melfi, costituendovi molti con- manni prima ferocissimi, divenne-
ti o governatori, subordinali al 10 mansueti, dolci e benefici colle
capo della nazione come conte di chiese. Nicolò II nel loSg con an-
Puglia. nuo censo die l' investitura a Ro-
Guglielrao I Braccio di ferro, pri- berte Guiscardo, col titolo di duca
mogenito di Tancredi, nel io43 di Puglia, Calabria e Sicilia, ec-
divenne primo conte di Puglia, i cettuato Benevento; ed investì del
cui successori riportammo a Napo- principato di Capua Riccardo cou-
Li, Drogone suo fratello, che gli sue- te d' A versa con censo annuale, ri-
cesse, l'imperatore Enrico 111 lo portandone da ambedue giuramen-
investì di quanto possedeva e del- to di fedeltà. Alessandro II nel io63
le terre tolte ai longobardi e gre- donò al conte Ruggero lo steudar-
ci nel 1046, probabilmente col con- do di s. Pietro per aver vinti i
senso di Papa Clemente II ch'era saraceni, ma nel 1 066 avendo Rie-
in sua compagnia, come luoghi del- cardo suddetto fratello di Robeito
la santa Sede. Ma il di lui succes- invaso le terre della Chiesa, il Pa-
sore s. Leone IX, vedendo che i pa si fece difendere dal duca di
normanni nelle loro scorrerie non Toscana. Di quanto riguarda le di-
rispettavano cosa sacra e profana, verse vicende tra i normanni e s.
reputò punirne l'audacia e frenar- Gregorio VII , veggasi la bio-
li, pregato a ciò anche dai signori grafia di quel Papa, il quale con-
longobardi che ne temevano il for- tro Enrico IV fu difeso da Rober-
midabile ingrandimento. Armate to Guiscardo , che però grande-
le proprie milizie e unitele con mente danneggiò Roma col fuo-
quelle di Enrico III, le condusse co. Urbano II nell'anno 1097 in-
conlio i normanni e gl'invito a vestì R.uggiero de' ducati di Pu-
sgombrare l'Italia; e siccome avea glia e di Calabria, e dicesi ch'egli
loro imposto restituirgli le terre abbia concesso il privilegio chiama-
usuipate di ragione della Chiesa, i to monarchia di Sicilia. Pasquale
normanni riconoscendo nel Pontefi- II fu aiutato dai normanni suoi
irò VOR
feudatari, e Gelasio II nel iiiS
ricevè il giuramento di fedeltà e
-vassallaggio da Ruggiero 11 e da
Guglielmo I suo figlio. Calisto II
dai secondo ricevette omaggio in
Troia. Onorio II nel 1127 scomu-
nicò Ruggiero II per aver occupa-
ta la Puglia senza il consenso del-
la santa Sede, ma poi lo assolse
e costituì duca di essa, previo il
giuramento di feudatario. Contro
Innocenzo II insorto l'antipapa Ana-
cleto II, questi nel i 1 3o die il ti-
tolo di re di Sicilia a Ruggiero li,
e spalleggiato dai normanni succes-
se nell'antipapato Vittore IV. Dipoi
Innocenzo li facendo guerra a Rug-
giero II, nel 1 1 39 fu fatto prigio-
ne, e nella pace gli confermò l'in-
\eslitura col titolo di re di Sicilia;
indi Lucio II gli concesse diverse
insegne vescovili. Nel 11 55 Adria-
no JV scomunicò Guglielmo I, e
gli dichiarò guerra : assediato in
lienevento dovè far concessioni che
poi annullò Innocenzo III. Alessan-
dro IH perseguitato da Federico I
imperatore, ricevette aiuti di gale-
re dal re Guglielmo II normanno.
Estinto il sangue normanno, le loro
terre passarono negli svevi per Co-
stanza superstite negli Hohenstaufen
pel suo maritaggio con Enrico VI,
onde il Papa Innocenzo 111 ne die
l'investitura al loro figlio Federico II.
Molte notizie dei normanni si leg-
gono nelle opere del cardinal Ste-
fano Borgia, nel Rodotà t. I, p. 271
e seg., Del rito greco in Italia. Si
possono meglio apprenderle ne' se-
guenti autori. Hisloire de V origine
du royaume de Sicile et de Na-
•ples^ contenant les avvenlures et
les conquèles des princes normands^
qui V ont établìe , Paris 1700.
Thierry, Storia della conquista del-
l' Inghilterra fatta dai normanni ,
NOR
e delle sue conseguenze sino a' no'
stri giorni, Milano 1887. Depping,
Histoire des expédìtions maritinies
des norniands^ et de leur étahlis-
senient en France à X siecle^ Pa-
ris 1 844*
Concila di Normandia.
11 primo fu tenuto nel 588 sot-
to Pretestato vescovo di Rouen.
Ressi n, in concil. Norman.
Il secondo neir878 contro Ugo
figlio naturale di Lotario 1. Lab-
he t. IX.
Il terzo nel 900: il luogo è in-
certo, come il tempo, e riguarda
la disciplina. Bessin.
Il quarto nel 1070, d'ordine di
Guglielmo il Conquistatore, alla pre-
senza del legato Ermanfredo. Lan-
franco fu costretto passare alla se-
de di Cantorbery, a cui il re l'a-
vea nominato. Bessin.
JNORMANDIS Stefano, Cardi-
nale. Stefano deNormandis roma-
no, che altri vogliono nato in Pe-
rugia, e congiunto in matrimonio,
da cui si dice ne riportasse un fi-
glio chiamato Filippo, che preso
l'abito de'minori divenne familiare
di Alessandro IV. Pei suoi meriti,
Innocenzo III nel 12 12 o 121 3
lo creò cardinale diacono di s.
Adriano, e poi da Onorio IH o
forse da Gregorio IX trasferito al-
l'ordine de' preti, col titolo di s.
Maria in Trastevere, venne pur
fatto arciprete della basilica Vatica-
na. Secondo alcuni fu vicario di
Roma di Gregorio IX ed Innocen-
zo IV; certo è che sotto Onorio
III fu deputato per uditore o giu-
dice in molte cause ardue e inte-
ressanti. Innocenzo IV gli diede la
commissione di restituire all'antico
suo lustro e splendore la diaconia
i
NOR
di s. Lucia, dove essendovi prima
dodici monaci, in quel tempo eran-
vi rimasti appena due chierici. Lo
stesso Innocenzo IV gli ordinò di
riformare i canonici delle due prin-
cipali basiliche Lateranense e Va-
ticana, perchè eransi rilassati nel-
l'ecclesiastica disciplina, e di ridur-
re quelli della seconda, dal nume-
ro di trentasei a quello di venti-
cinque. Dopo di avere colla sua
prudenza quietate le sedizioni di
Perugia e di Toscana, fu spedito
legato in Sicilia insieme al cardi-
nal Raniero Capocci, per pubbli-
care in quelle parti la sentenza di
scomunica fulminala contro T im-
peratore Federico II, e per assolvere
quei popoli dal giuramento di fe-
deltà che a lui avevano prestato.
Nelle lettere della legazione, il Pa-
pa chiamò i due cardinali , nobili
e principali sostegni della chiesa
romana, chiari per sapienza e vir-
tù. Destinato al governo delle pro-
Tincie di Sabina, e di Marittima e
Campagna, si diportò con tale pru-
denza e discrezione che guadagnos-
si l'amore e stima di que' popoli.
Diede il suo sufìfrasrio nelle elezioni
o
di Onorio III, Gregorio IX, Cele-
stino IV ed Innocenzo IV, nella
cui sede vacante morì in Napoli
nel 1254, dopo ^i anni di cardi-
nalato, e fu sepolto nella metro-
politana.
NORMANNI, r. Normandia.
NOROGNA e ABRANCHES Car-
lo Lorenzo, Cardinale. Carlo Loren-
zo Norogna e Abranches de'tìonti di
Valladares, nacque in Lisbona a'6 no-
vembre 1744- Essendo grande del
regno di Portogallo, e principale nel-
la chiesa patriarcale di Lisbona, pei
suoi meriti con bello elogio Pio
VII nel concistoro de' 16 maggio
i8o3 lo creò cardinale dell'ordine
NOR III
de'diaconi. Quindi inviò a Lisbona
in qualità di corriere a portargli
la nuova di tal promozione col ber-
rettino cardinalizio, la guardia no-
bile pontificia d. Leonardo de' du-
chi Bonelli. E con biglietto di se-
greteria di stato destinò a recar-
gli la berretta cardinalizia monsi-
gnor Gio. Tiberio Pacca suo ca-
meriere segreto, poi governatore di
R.oma. Però pochissimo godè della
sublime dignità, poiché mori in
Lisbona a' 6 settembre del medesi-
mo anno i8o3, d'anni 5g, ed ivi
fu sepolto, compianto per le sue
qualità.
NORTFOLCH Filippo Tomma-
so, Cardinale. V^ Hovard, Cardi'
naie.
NORTHAMPTONoNORTHAM-
PTONSHIRE. Contea nel centro
d'Inghilterra, la di cui capitale
porta lo stesso nome, ed in latino
Comudolannni NorlanLonia^ sulla
sinistra del Nen. Questo paese era
anticamente abitalo dai coritani. I
romani lo compresero nella provin-
cia Flavia Caesariensis , e duran-
te la ettarchia faceva parte del re-
gno di Mercia. Nella città di Nor-
thampton vi sono quattro chiese
parrocchiali; quella di Tutti i San-
ti fu fabbricata nel 1680. Vi so-
no altresì dei templi per i presbi-
lerani, anabattisti, quacqueri e me-
todisti. La piazza del mercato è
una delle più belle d'Inghilterra.
L'ospedale generale e la prigione
moderna sono begli edifizi. Il suo
castello fu formidabile, onde il re
Giovanni malcontento degli abi-
tanti di Londra vi trasportò la se-
de del governo per qualche tem-
po, ed Edoardo I vi tenne lun-
gamente una corte brillante. In
vicinanza nell'anno 14^0, dai parti-
giani di casa di York fu vinto e
112 jyoR
fatto prigione Enrico VI. Per le
notizie attuali ecclesiastiche, Vedi
voi. XXXV, pag. i56 dei Dizio-
Ilario.
Concila di Norlliampton.
Il primo fu tenuto nel ii33
per la consecrazione di molti ve-
scovi e benedizione di molti abba-
ti. Reg. t. XXVil; Labbé t. X;
Arduino t. VI.
Il secondo nel iiS'j. Angl. t. I.
Il terzo nel 1164 a' 12 ottobre,
non riconosciuto, contro s. Tom-
maso di Cantorbery, che vi fu ac-
cusato e condannato dal re, signo-
ri e vescovi, come spergiuro e tra-
ditore. Il santo appellò al Papa,
che annullò questa sentenza. Angl.
tom. I.
Il quarto nel 1 1 76 fu presiedu-
to dal cardinal Giovanni Ugo le-
gato: vi venne separata la chiesa
di Scozia da quella d'Inghilterra.
Mansi, Sappi, t. II, p. 673.
Il quinto nel 11 77 sulla disci-
plina e sulla giurisdizione ecclesia-
stica. Angl. t. I.
Il sesto nel I265, in cui il car-
dinal Ottone Fiesco legato, scomu-
nicò tutti i vescovi e chierici che
aveano aiutato o favorito Simone
di Monfort contro il re. Diz. dei
concila.
NORTHAUSEN o NORDHAU-
SEN, Northusìa. Città degli stati
prussiani in Sassonia, capoluogo di
circolo, sulla Zorge, cinta da mu-
ra fiancheggiate di torri. Vi sono
molte chiese luterane, una cappel-
la cattolica e diversi ospizi. Sog-
giacque a sei incendi. Era sotto la
protezione dell'elettore di Sassonia,
fu ceduta alla Prussia nel i8o3,
poi unita al regno di Westfalia,
e dì nuovo passò poscia sotto il
NOR
dominio prussiano. Nel lió5 vi fu
celebrato un concilio per la rifor-
ma dc^costmni degli ecclesiastici,
invitandosi quelli di Halberstadt a
ritornare al grembo della Chiesa:
per ordine del Papa vi fu pubbli-
cato il digiuno delle quattro tem-
pora nella prima settimana di qua-
resima ed in quella di Pentecoste,
come a Roma. Mansi, Sappi, t. II,
pag. 217.
NORTH UMBRIA o NORTH-
UMBERLAND. Contea che for-
ma la parte più settentrionale del-
ringhilterra, ricchissima di miniere
di carbone, oltre altre miniere: ha
Newcastle per capoluogo. Antica-
mente abitata dagli ottadini, i ro-
mani la compresero nella provincia
di Valentia. Neil' eltarchia si for-
mò un regno di Northumbria, che
perdendo poscia la sua esteusione,
ebbe dei conti sino alquanto dopo
la conquista. Nel 680 vi si celebrò
un concilio. Angl. t. I. Nel 11 36
a' 29 marzo vi fu tenuto un altro
concilio, in cui si elesse 1' arcidia-
cono Roberto per occupare la se-
de di Excester, vacante per la mor-
te di Guglieìmo Varelvast, e vi si
nominarono inoltre due abbadesse.
Diz. dei concila. Per le attuali
notizie ecclesiastiche, Vedi il voi.
XXX, p. i63 del Dizionario.
NORVEGIA, Noriniannia. Con-
trada d'Europa con titolo di re-
gno, formante ora la parte occi-
dentale della monarchia svedese, o
della penisola della Scandinava fra
57° 38', e 71° io' di latitudine
nord, e fra 2" e 29" di longitudi-
ne est. I suoi limiti sono l'Oceano
Ghiacciale artico, l'Atlantico e il
mare del Nord, lo stretto Skager-
rack che la divide dal Jutland, la
Svezia e la Russia. Le coste sono
generalmente scoscese e spezzate da
NOR
molti sibncUimenli profondissimi. In-
numerevoli isole cingono le coste.
La Norvegia è ovunque coperta di
montagne con moltissimi laghi, e
si repula il paese più montuoso del
mondo. L'aspetto di questa contra-
da è grande e maestoso, ma di ra-
do ameno, essendo le sue alte mon-
tagne nelle sommità coperte di ne-
vi perpetue e di ghiacciaie, li cli-
ma è in ragione della latitudine^
e non vi sono che due stagioni,
l'estate e l'inverno^ il primo cor-
tissimo e assai caldo. Ha immense
foreste , fonti di ricchezze, buoni
pascoli, il selvoggiume vi abbonda,
così il pesce ; ed è feconda di mine-
rali, con miniere d'oro, d* argento
assai ricca, di ferro numerose, di
rame, di piombo, di sale e di pietre
diverse. Gli scavi e la fusione dei
metalli sono la principale industria
del paese, fabbriche di vetro, d'armi
ed altre. La navigazione e la pesca
sono le altre sue risorse, avendo
un gran numero di buoni porti. I
norvegiani sono d'origine germano-
celtica, vigorosi »? longevi. La loro
lìngua è un dialetto dell'antico lin-
guaggio scandinavo, partecipando
delle lingue svedese, danese e te-
desca, ma piti di esse sonora , e-
nergica e maschia. Il loro vestire
e la forma di loro abitazioni han-
no molta somiglianza con qualche
cantone della Svizzera. Amano assai
i teatri, i quali si trovano in tutte
le città. L'educazione e l'istruzione
si coltiva. Crisùaiiia [Fedi), capi-
tale del regno, possiede un' univer-
sità ed altri stabili nienti; Dron-
theim o Nidrosìa [Vedi) ha l'acca-
demia reale delle scienze che pub-
blica memorie sulle antichità e l' i-
storia naturale del Nord. Però la
lingua norvegiana può dirsi senza
letteratura, mentj-e gli scrittori e i
VOL XL\T
NOI! n3
poeti del paese si servono ancora
della danese. 1 laponi vivono da
nomadi nelle contrade settentriona-
li, malgrado le cure per civilizzare
i fanciulli nel collegio di Nidrosia.
Sulla costa settentrionale vi sono
moltissimi coloni stranieri chiamati
fìnnesi, onde da loro la Laponia
norvegiana prese il nome di Fin-
mark ; per le abitudini somigliano
agli abitanti della Finlandia. La
pretesa religione riformata luterana
domina in Norvegia, ove ha cin-
que vescovati e quarantotto prevo-
stati; un gran numero di laponi
non professa il cristianesimo che
in apparenza. La Norvegia forma
un regno particolare, indivisibile ed
ereditario, soggetto al re di Svezia
[Fedi). 11 governo è una monar-
chia limitata; il re vi esercita il
potere esecutivo ; lo sforihing o
dieta fa le leggi, vota le imposte
e fissa la iomma della lista civile.
Quest'assemblea apre d'ordinario
le sue sessioni ogni tre anni a Cri-
stiania il primo giorno non feriato
di febbraio ; il re può convocarla
per circostanze straordinarie, e an-
che assegnar altro luogo per le sue
sessioni. Il re, che d'ordinario tie-
ne in Isvezia la sua corte, è rap-
presentato in Norvegia' da un luo-
gotenente che risiede in Cristiania,
assistito da un consiglio di stato,
due membri del quale restano sem-
pre presso il re ; gii altri sono in-
caricati dell'amministrazione del re-
gno, divisa in sette dipartimenti, che
sono quelli della giustizia, della guer-
ra, della marina, degli affari eccle-
siastici e istruzione pubblica, della
polizia, dell'interno, e delle finanze,
commercio e dogane. Evvi un tri-
bunale supremo che giudica in ul-
timo appello tutti gli affari civili
e criminali^ vi sono anche de' tri-
fc
'ii4 NOR
bunali in ciascuna diocesi, i cui giu-
dizi possono essere appellati all'alta
corte, e delle corti di giustizia in-
feriori in ciascun baliaggio. Ancor
quando i norvegi erano retti dalla
Danimarca, fino dal regno di Cri-
stierno V, goderono d' un separato
codice di leggi compilato da Grief-
felfeld, ne mai i suoi contadini sog-
giacquero al giogo servile, come lo
sono presso i danesi ed i russi. La
Norvegia è divisa attualmente in
cinque Hist o diocesi, cioè Agger-
huus, Christiansand, Bergen^ Dron-
theii^ e Finmark. La sua popola-
zione è di circa un milione e tre-
centomila abitanti.
La Norvegia sembra essere stala
disegnata dai romani sotto il nome
di Nericos ; essi vi conoscevano va-
gamente la popolazione dei Sitoniy
che fece in progresso sì grandi stra-
gi neir Europa meridionale, sotto il
nome di Normanni [Vedi), o uomini
del nord. Anche i Goti o Ostrogoti
(^erf/) uscirono dalle regioni scandi-
nave, ed è noto furto tremendo che
ne provò lo stesso romano impero,
e l'estese conquiste che fecero. Que-
sto paese fu per molto tempo diviso
fra molte piccole monarchie, che tut-
te riunite poi furono in un sol re-
gno da Harald o Haarfager o A-
raldo 1 del 900, chiamato pure Foe-
ger verso il 910; per tal ragione
molti principi spogliati dei propri
slati emigrarono, e Ganga Hrolf o
RoUone, uno di essi, sbarcato sulle
coste di Francia conquistò ed ot-
tenne poscia il possesso della Nor-
mandia [Fedi), abbracciando co'suoi
il cristianesimo. Indi i normanni
s'impadronirono de' regni di Napoli
e di Sicilia, e diverse volte i re di
Norvegia tentarono d' impossessarsi
dell'Inghilterra. In Norvegia il pri-
mo che ^i predicò la fede fu s. An^
NOR
scario (Fedi), monaco di Gorbia,
che l'annunziò pure agli svedesi e
danesi, per cui il Papa Gregorio
IV lo fece legalo della santa Sede
e arcivescovo d'Amburgo, che di-
strutta dai normanni, s. Nicolò I
l'uni a quella di Brema (Fedi), che
commise al santo: dipoi il vescovo
di Brema esercitò la giurisdizione
sui vescovi del nord, finche Upsa-
la, Lunden , e Nidrosia o Dron-
theira non furono esaltate al gra-
do arcivescovile. In seguito i nor-
vegi ricaddero nell'idolatria, a fron-
te dei missionari speditivi da s. An-
scario, il quale pel suo zelo vi fece
ritorno, e potè fondarvi alcune chie-
se. Il re Araldo I abdicò nel 98 r,
e mori nel 934: gli successe Eri-
co Blodoexo deposto nel 936, che
terminò i suoi giorni nel 954. Nel
936 divenne re Aquino I, nel 963
Araldo lì, nel 978 Aquino II. Nel
995 sali al trono Olao l, sotto il
quale i norvegiani definitivamente
abbracciarono il cristianesimo, e veiì'
ne istituita la sede vescovile di Ni-
drosia. Nell'anno 1000 gli successe
Svenone re di Danimarca (Fedi);
ma s. Olao II (Fedi), liberò il suo
paese dagli svedesi, e divenuto re nel
ioi4, con sommo zelo procurò l'e-
stirpazione dell'idolatria e la pro-
pagazione della fede. Ribellatisi i
pagani, lo deposero nel 1028, e vo-
lendo ricuperare il regno patì il
martirio nel io3o, come afferma il
Butler , Fite de' santi.' Noteremo
che il re regnante di Norvegia e
di Svezia nell' istituire l'ordine ca-
■valleresco di s. Olao (Fedi), dichia-
rò ciò aver fatto in memoria di s.
Olao I, nato nel 9^3, morto nel
1009, p6''ct*^ introdusse il cristia-
nesimo e liberò la Norvegia dalla
dominazione straniera. Vi è dunque
discrepanza di date e di numero
NOR
cronologico. Canuto IT il Grande re
di Danimarca fece viceré di Nor-
vegia il proprio figlio Svenone II.
Magno I figlio del santo re, ch'era
in Russia, fu richiamato nel io35,
e messo sul trono. Nel io47 '"^o*
raincib il suo regno Araldo III, gio«
vane e feroce guerriero, che agognò
sempre conquisti ; nemico de'cristia-
ni, non risparmiò chiese, reliquie e
benefizi. Irritato dalle ammonizioni
di Adalberto vescovo di Brema,
arcivescovo di Amburgo e vicario
della santa Sede, ne cacciò via i
legati, per cui il Papa Alessandro
II scrisse un breve al re acciò gli
prestasse obbedienza ed omaggio, per
la giurisdizione suprema ecclesiasti-
ca che avea sulla Norvegia. Nel 1066
ascese al trono Magno II che sot-
tomise le Ebridi e le Orcadi, iso-
le dell'oceano Atlantico, perdute pò-
scia dalla Norvegia nel secolo XIII.
Nel 1069 divenne re Olao III, sot-
to del quale il Pontefice Urbano
li sottrasse Land [Vedi) e la Da-
nimarca dalla giurisdizione ecclesia-
stica d'Amburgo, e la fece metro-
poli della Svezia e Norvegia, non
che primate della Scandinavia. In-
di furono re. Magno III del 1098,
Olao IV del iio3, Eysten I del
II 16, Sigur del 1122, Magno IV
del ii3o. Araldo IV del 11 35;
quindi insorsero tre re, Ingo I dal
li 36 al 1161, Sigur II dal 11 36
al II 55, Eysten II dal 114*2 al
1 1 57, oltre Magno V del i \^i. Ver-
so questo tempo il Papa Eugenio
III spedi il cardinal Nicolò Brack-
speare inglese, legato apostolico nel
nord e in Norvegia per confermar
nella fede i norvegi , ed elevare
ad arcivescovato Nidrosia , allora
capitale del regno.
Nel ii6r fiorì il re Aquino III,
nel 1162 Sigur III, nel 11 63 Ma-
NOR 115
gno VI, nel 11 85 Suerrero o Sue-
ro che pervenne alla corona nella
discordia e guerra civile che da più.
anni lacerava la Norvegia, e per
ben due secoli assicurò lo scettro
alla sua dinastia. Alcuni lo dissero
figlio di Sigur Araldo, e perciò del-
la famiglia reale, e ordinato contro
sua voglia sacerdote. Potente nella
spada e nella parola, per la morte
di Magno Vi avvenuta alla batta-
glia di Forteita , ne occupò il so-
glio. Venuto a rottura cogli arci-
vescovi di Nidrosia e di Lunden ,
essi ricorsero al Papa Celestino III,
che inviò in Norvegia un cardinal
legato. Questo trovando riprove-
vole la condotta del re, ricusò co-
ronarlo e venne licenziato, mandan-
do Suero due ambasciatori a Roma^
ma fu scomunicato. Da allora in
poi il re conferì vescovati a piacer
suo, cambiò certe parrocchie in cap-
pelle reali, dispose de* beni eccle-
siastici e li dispensò a piacimento.
Ad onta delle censure da cui era
allacciato, alcuni vescovi si portaro-
no alla sua corte, celebrarono i
divini misteri e lo coronarono in
Berghen, antica capitale del regno,
nel II 94' ^^^^ si mise a falsifica-
re le bolle pontificie, a incendiar
le chiese, a perseguitare i sacerdoti,
onde ogni istituzione ecclesiastica aii- ,
dò perduta in Norvegia, e la disci-
plina della Chiesa videsi distrutta
e senza vigore. Il vescovo Nicolò
fratello del re Ingo I suscitò con-
tro Suero un giovane danese, che
spacciò per figlio di Magno VI e che
riportò alcune vittorie. Nel 1 1 9S
eletto Innocenzo III, il re mandò a
lui un'ambasceria, ma il Papa co-
noscendo le sue infami azioni, impose
all'arcivescovo espulso di esortare il
popolo norvegio a non più obbe-
dire all'usurpatore e a minacciarlo
ii<5 NOR
d'interdetto, come pure a minacciar
di scomunica il vescovo di Berglien
suo sufìfraganeo, se non recavasi in
Roma a giustificarsi. Il re di Dani-
marca e quello di Svezia cognato di
Suero, furono invitati a difendere la
Chiesa ed i suoi pastori , e abbat-
tere l'empio principe, prendendo
Innocenzo III anco provvidenze sul-
le cose ecclesiastiche di Danimarca
e d'Islanda. Nel 1202 mori Suero,
raccomandando al suo figlio e suc-
cessore Aquino IV o Accone o
Hakon di pacificarsi coi vescovi esi-
liati, ciò ch'eseguì, ed Enrico arci-
vescovo di Nidrosia levò la scomu-
nica. Se ne offese Innocenzo HI, per-
chè la scomunica era stala pronun-
ziata dal Papa, rimproverò il pre-
lato, obbligandolo ad assolvere dalle
censure, sotto condizione che alcuni
sarebbero andati in Roma a doman-
dar perdono in nome di tutti. La
guerra civile per la morte di Sue-
ro si riaccese, nel 1 204 occupò per
un anno il trono Gottorm , ed i
suoi stessi aderenti nel i2o5 fecero
re il nipote Ingo II, mentre un'al-
tra fazione affezionata all'antica di-
nastia elesse il giovane Filippo, di-
scendente dagli antichi re cattolici
Magno IV ed Ingo I, corona che
meritava anco per le sue qualità
personali. Le due parti dierono di
piglio alle armi e guastarono il
paese, finche l'arcivescovo di Nidro-
sia o Drontheim ed il vescovo di
Abo si frapposero, salvo l'approva*
zione della santa Sede, ai due pre-
tendenti che conservarono entrambi
il titolo di re , regnando ognuno
sopra una parte delia Norvegia. Si
eonchiuse poi fra essi un abbocca-
mento, ma Filippo tradito si volle
obbligare alla rinunzia, quando egli
piotestò rimettersi al Papa la de-
cisione d» loro ragioni. Gli aderenti
NOR
d'Ingo II rigettarono tal proposi/io-
ne, e venuto ciò in cognizione d'In-
nocenzo III nulla volle intrapren-
dere prima delle positive informa-
zioni dell'arcivescovo di Nidrosia.
Ad Ingo n nel 12 [7 successe
Aquino V o Accone o Hakon VI,
sotto del quale più volte fu spedito
legato in Norvegia il cardinal Gu-
glielmo, che ridusse all' obbedienza
d'Innocenzo IV e della santa Sede,
e solennemente coronò il re, aven-
dogli il Papa tolto con un breve il
difetto di nascita illegittima: alcu-
ni chiamarono Aquino V anche col
nome di Gioacchino. Nel 1261 a luì
si diede volontariamente l'Islanda,
che reggevasi in repubblica, grande
isola quasi interamente compresa
nell'Atlantico settentrionale, che al-
cuni geografi considerarono appar-
tenere a\V America (redi): un tem-
po vi fiorirono le scienze, e nel
1397 venne riunita alla Danimar-
ca. Successivamente regnarono nel
nel 1263 Magno VII, nel 1280 E-
rico, nel 1299 Aquino VI, nel i3i9
Magno Vili che abdicò nel i35o
e morì nel i374. Aquino VH o
Hakon Vili salì al trono nel i35o
e morì nel i38o; gli successe sino
al 1 387 Olao V, ma l' ambiziosa
Margherita vedova del precedente,
e figlia di Valdemaro IV re di Da-
nimarca, avendo ottenuto che dopo
la sua morte il principe cui la sua
nascita chiamava al trono dovesse
abdicare in suo favore , nel 1 388
divenne regina di Danimarca, Nor-
vegia e Svezia, ed una tal riunio-
ne della Norvegia alla Danimarca
venne confermata nel 1397 dal trat-
tato di Colmar , nel quale ebbero
termine le ostilità tra i tre regni del
nord. D'allora in poi la Norvegia
seguì i destini della Danimarca. Al-
la regina nel 14^2 successe Enrico
I
NOR
IX re di Danimarca e Svezia. Al
tempo del grande scisma incomin-
ciato nel 1 378 e terminato nel 14*7»
la Norvegia segui contro il legitti-
mo Urbano VI e successori, l'an-
tipapa Clemente VII e gli altri
pseudo pontefici. Noteremo che fra
gli stati che spontaneamente si fecero
in epoche diverse tributari della
santa Sede, il Gretsero, De munifl-
centia principiimj vi annovera la
Norvegia. Quantunque la indipen-
denza del regno pel trattalo di Col-
mar lesse riconosciuta, però la Nor-
vegia venne governala come una
provincia, ma i governatori della Da-
nimarca, onde conciliarsi in qualche
modo raffezione degli abitanti, por-
tarono sempre come titolo distinti-
To quello di re di Norvegia, ed in
tutti i trattati diplomatici fecero con-
siderare questo reame come indi-
pendente dalla Danimarca. La Nor-
vegia godette cosi per quattro se-
coli de' vantaggi commerciali che
ad essa assicurava la moderata e
pacifica politica de' suoi sovrani. Ni-
colò V nel i45i spedi Bartolomeo
vescovo Coronense, in nunzio apo-
stolico ne' regni di Svezia, Danimar-
ca e Norvegia, invitandoli a soccor-
rere i principi cristiani che facevano
guerra ai turchi dopo la presa di
Costantinopoli. Non meritano cre-
denza quelli che scrissero aver In-
nocenzo Vili concesso ai norvegi
consacrare il calice senza vino, nella
supposizione che questo non potesse
conservarsi per l'estremo freddo. Re-
gnando Federico I e Crislierno III
re di Norvegia e Danimarca, fu abro-
gata la cattolica religione e infeli-
cemente introdotta la prelesa rifor-
ma di Lutero, compiendo così l'o-
pera incominciata dal crudele Cri-
slierno II, allo scopo principalmente,
come altrove, di usurpare i beni delle
NOR 117
chiese. Nel i658 cominciarono gU
svedesi a rivolgere le loro mire sulla
Norvegia per farne il conquisto, ma
le truppe di Carlo X piegarono sem-
pre sotto Fredericshall, ed il bravo
Normann seppe nel 1660 liberar
quella piazza e resistere a tre as-
salti. Ben pili serie aggressioni ef-
fettuò sulle contrade norvegie nel
1716 il fulmine di guerra Carlo XII
re di Svezia, ma rinnovati si videro
i prodigi di valore de' norvegi, e
Colbiornsen si ricopri di gloria, on-
de Carlo XII dolente rientrò nella
Scania pei rovesci sofferti. Tutta-
volta vi ritornò nel 17 18, ma la-
sciò la vita sotto le mura di Fre-
dericshall, ritornando la Norvegia
in pace e tranquillità.
Nel 1812, all'epoca della guerra
tra la Francia e la Russia, l'Inghil-
terra volendo assicurarsi la neutra-
lità o l'alleanza della Svezia, e la
Russia non essendo determinata a
restituire la Finlandia, che avea tolta
a quest'ultima potenza, fu conve-
nuto fra queste tre corti che la Sve-
zia sarebbe indennizzata della Fin-
landia colla Norvegia, ed in conse-
guenza di ciò, dopo la ritirata di
Napoleone e de' francesi dall'AIema-
gna, il principe reale di Svezia, poi
re Carlo XIV Giovanni Bernardotte,
diresse un corpo numeroso di sve-
desi contro l'Holslein, e forzò il re
di Danimarca Cristiano Federico VI
a firmare il i4 gennaio i8i4 il
trattato di Riel, pel quale cede la
Norvegia in cambio della Pomera-
nia svedese e dell'isola di Rugen.
) norvegi indignati di questo cam-
bio, che non volevano riconoscere^
proclamarono l'indipendenza del lo-
ro paese, ed elessero a loro sovrano
Cristiano Federico principe eredita-
rio di Danimarca , allora governa-
tore della Norvegia, ed armati, ri-
I
ii8 NOR
solsero di sostenere colla forza i loro
sacri diritti; ma convenne cedere
alle armi riunite della Svezia e del-
l' Inghillerra , ed il giorno 20 ot-
tobre 18 14 il nuovo re rimise la
sua corona fra le mani della dieta,
che decise che la Norvegia sarebbe
governala dallo stesso re di Svezia,
ma sempre come uno stato separato
ed indipendente, li primo re di
Svezia e Norvegia fu Carlo XIII, e
la nazione degli antichi normanni
seguì le sorti svedesi. Nella Norve-
gia si trovano cattolici e special-
mente in Cristiania sua capitale. La
congregazione di propaganda fide
vi mandò de' missionari fino dalla
sua prima istituzione, si trattò di
fondarvi una missione e di spedir-
vi un vescovo. I rigori della pro-
scrizione della religione cattolica da
questo regno l'impedirono. Nel voi.
II, p. i3f degli Annali delle scien»
ze religiose^ seconda serie, si leggo-
no notizie comprovanti la tendenza
del governo allo stabilimento della
tolleranza religiosa in Norvegia ed
in Svezia. Per la storia di Norve-
gia si possono leggere Giona, Ramo,
Sturico, Torfeo, Bleskenio, Torloc-
ci, Arngrimo, Liscandro, Gebhard,
Storia di JSorvegia. Munster, Storia
della chiesa di Danimarca e di Nor-
vegia. Si può consultare: Deliciae
sive amoenitates regnoruni Dani-
ntarcae, JVorveglae, Slesiae, Halsa-
tiae , omniumque ad ea pertinen-
liwn regionunij Lugd. Bat. 17 16.
NORWICH, Norvicuni, Nordo-
vìcum. Città vescovile d' Inghilterra,
capoluogo della contea di Norfolk,
residenza d'un vescovo ora anglicano
suffraganeo di Cantorbery, a 35 le-
ghe da Londra, sul Wensom na-
vigabile e sopra una collina. Fu già
cinta da muraglia con 4o torri, è
difesa da un castello fortificato, at-
NOR
tribuilo ai sassoni, con bel ponte dì
un solo arco, il più grande e per-
fetto del regno. Meritano menzione
il palazzo comunale, la cattedrale
bella e vasta, rimarchevole per la
facciata, sua nave e torre; la sala
delle assemblee della contea, il tea-
tro, il grande ospedale e la sala di
s. Andrea. L'episcopio edificato nel
i3i8 soggiacque a molti cangia-
menti. Rinchiude moltissime altre
chiese ; primeggiando quella di s.
Pietro di Mancroft, ed i fiammin-
ghi cattolici ve ne fondarono una
cattolica. Numerosi sono i stabili-
menti di beneficenza, d'istruzione
e scientifici, non che di stoffe in-
trodottevi dai fiamminghi nel se-
colo XVI. È patria di diversi uo-
mini illustri, come di Samuele Clark,
di Wiston, di Bergames, di Vander-
does, ec. Norwich è antichissima ,
credendosi da alcuni fondata dai
sassoni sulle rovine di F'entu Ice-
norunij e da altri a poca distanza
da essa. Al tempo degli anglosas-
soni era la capitale degl'inglesi o-
rientali. Un tempo il mare del Nord
ivi essendo, più alto, vi approdavano
le navi. Incendiata da Svenone re
de' danesi , indi restaurata , fu ob-
bligata per fame alla resa da Gu-
glielmo il Conquistatore. La . ribel-
lione suscitatavi da Kett sotto E-
doardo VI cagionò la rovina della
città, che potè riaversi nel regno
d'Elisabetta, avendo in altre epoche
sofferto per peste, carestia e incendi.
Guglielmo Erberto Losinga d'Ox-
ford, priore dell'abbazia di Feca mp
in Normandia, chiamato in Inghil-
terra da Guglielmo II, avendo in
pensiero di fondare un vescovato a
Norwich, col consenso del Papa e
del re fabbricò a sue spese la cat-
tedrale in onore della ss. Trinità ^
ed egU medesimo nel 1087 ne (u
KOS
il primo vescovo, suffiaganeo di Can-
torbery: egli edificò pure un rnona-
slero per gli uomini, cinque chiese,
e morì nel li 19. Gli successe E-
verardo arcidiacono di Salisburgo,
morto nel ii5o circa. Quanto agli
altri vescovi sino a Giovanni Stop-
ton nominato dalla regina Maria
nel 1 554 , vedasi il t. I óeWJnglia
sacra. Egli fu l'ultimo pastore cat-
tolico a cagione dello scisma.
Concila di Norwich.
Il primo fu adunalo nel i 169
per separarsi di comunione dal ve-
scovo di Londra, che atlribuivasi i
diritti della chiesa di Cantorbery.
Mansi, Sappi, t. II, p. 575.
Il secondo nel i255 relativamen-
te alle rendite delle chiese vacanti.
Angl t. I.
Il terzo nel 1272 sulla disciplina.
Ivi.
NOSTRA SIGNORA o Nòtre
Dame , Nuestra Senora , Nostra
Donna, Domina Nostra. Nome col
quale gl'italiani, i francesi, gli spa-
glinoli ed altre nazioni chiamano
per eccellenza la Beata Vergine Ma-
ria madre di Dio , sotto al quale
titolo e invocazione sono dedicate
chiese e congregazioni religiose. V.
Dama, Donna, Madonna. Tra le con-
gregazioni, qui ne ricorderemo tre.
Il b. Pietro Fourrier y come indi-
cammo nel voi. VII, p. 279 del
Dizionario^ canonico regolare, nel-
Tanno 1597 con Alice le Clerc di
Miremont, istituì la congregazio-
ne di Nostra Signora, in Poussey
parrocchia di Mathaincourt nella
Lorena, con regola approvata dal
vescovo di Toul. Nel iSgS la con-
tessa d^Aspremont comprò una casa
in Mathaincourt, e quivi nel 160 i
le religiose furono trasferite, poscia
NOS 119
passarono a Nancy sotto la prote-
zione del cardinal Carlo di Lorena,
che quale legato apostolico le con-
fermò nel i6o3. Paolo V nel 161 5
eresse in monasteri le loro case, e
nel 161 6 le pose sotto la regola di
s. Agostino. Avendo il b. Pietro
compilate le costituzioni con appro-
vazione del vescovo di Toul , nel
1617, nella festa della Presentazio-
ne, Alice con dodici religiose vesti-
rono l'abito e poi professarono. Il
loro principale oggetto è l'istruzio-
ne gratuita delle fanciulle, nella pie-
tà, ne' buoni costumi, nel leggere,
scrivere e nei lavori propri del ses-
so. Il fondatore nel i636, prima di
morire, ebbe la consolazione di ve-
der fiorire 82 case, che ne* primi
del secolo passato giunsero a più di
cento. La congregazione delle reli-
giose di Nótre Dame fondata nel
1610 in Bordeaux dalla ven. ma-
dama di LestOnnac, vedova del mar-
chese di Montférrand , a consiglio
del pio cardinal de Sourdis, fiorisce
al modo detto ne* voi. XVII, p. 38,
e XXX, p. I IO e 1 1 1 del Diziona-
rio. Gregorio XVI nel 184^ donò
a queste monache il corpo di s. Ur-
sia vergine e martire, nel 1826 tro-
vato nelle catacombe di s. Calisto
di Roma. Per la congregazione di
religiose di Nostra Signora della
Carità, V. Carità della Madonna.
NOSTRO SIGNORE, Dominus
Noster. Nome e titolo che per ec-
cellenza si dà a Gesù Cristo re dei
re e signore de* signori. Nelle lette-
re, ne' memoriali diretti al Papa ,
o parlandosi di lui, da tutto il mon-
do cattolico, dai sovrani, e princi-
palmente dai sudditi de' suoi do-
minii temporali , gli si dà questo
titolo di Nostro Signore. V. Nome
dr' Papi , ed il Parisi, Istruzioni t,
III, p. 61, Diversi sudditi chiama-
170 NOT
no Nòstro Signore il loro sovrano .
f^. Signore e Dominus. 11 Sarnelli,
Leu. eccl. t. V, le». 4? - Perchè le
peVsone costituite dicono Noi e par-
lano in plurale. Nostro, prooorae
possessivo, che vale di noi. Talora, e
specialmente quando parlano o scri-
vono i gran pei'sonaggi, si usa Noi^
per lo stesso che io, costumato pul-
ciai latini. Il Parisi nel t. II, p. 187,
e t. IH, p. 4) 63 6 ii4) spiega il
Noi^ il nostro^ per io, mioy e con chi
sì usi parlando di se solo. Osserva il
Sarnelli che quel Noi e quel par-
lare in plurale denoti che il prin-
cipe o superiore ordini e comandi,
non senza però aver prima consul-
tata la cosa co' suoi consiglieri. Quan-
to agli scrittori che usano il iVb/,
aggiunge^ forse poter denotare i tan-
ti autori che studiano, seguitano e
adducono in testimonio, ovvero il
loro opinamento risultato de* loro
particolari studi e cognizioni.
NOTARO o NOTAIO, Scriba,
Tahellìoy Notarius. Quegli che scri-
ve e nota le cose e gli atti pub-
hlici. Ne' secoli antichi officio e
dignità della Chiesa romana , il
collegio de' quali era chiamato Scho-
la noiariorum. Erano di due sor-
ta, ordinari e regionari, i quali
erano promossi a questi gradi in
riguardo de* loro meriti e servi-
gi prestati alla Chiesa romana, dei
cui patrimoni avevano cura : cosi
il Macri, Notizia de' vocab. eccl.
Anticamente chiama vansi note quel-
le abbreviature , quei nessi d* una
con 1* altra lettera , e que' segni o
cifre determinali a significare alcu-
ne parole. Poiché servivano le note
per iscrivere con grandissima cele-
rità quanto alcuno dettava, o an-
cora velocemente recitava. Dall'uso
di queste note venne a coloro che
le Msavano p^llo scrivere il nome d,i
NOT
notari, che i greci chiamarono ta-^
chì^rafi , scrittori veloci , dicendoi
Tdchigrafia la professione di scri-
vere con molta celerità. Da que-Jle
etimologie si allontana il Baronio,
volendo che i notai ancora detti fos-
sero dal notìficare che facevano al-
cuna cosa. Si chiamò note tironia-
ne quella scrittura notarile, con cui
la penna nello scrivere corre con
maggior rapidità, che non la lingua
nel pronunziare il discorso. Forse
furono dette Tironiane da Tirone
liberto di Cicerone peritissimo ii^
quest'arte, ed il Carpentier pubbli-
cò Alphabetuni Tyronianwn. Altri
attribuirono l'invenzione di queste
note ad Aquila, liberto di Mecena-
te. Consistono le dette note in si-
gle, in cifre, in lettere legate o con-
giunte, o composte, o inclinate, o
rovesciate, o poste al contrario, a
tronche, o dimezzate: vi si adoperano
pure monogrammi o altre abbre-
viature, alcune note sono in carat-
tere corsivo, altre in maiuscolo. Ri-
monta questa scrittura alla più alta
antichità , essendo stata adoperata
dagli ebrei, dai greci e dai roma-
ni ; ai greci però si dà il vanto di
averla perfezionata. Facevasi uso di
queste note per iscrivere i discorsi
che recitavansi in pubblico, e le ar-
ringhe pronunziate nel foro ; servi-
vano anche pei testamenti e per
le interlocuzioni ne' giudizi e negli
atti giudiziali, il quale ufficio ai no-
tari spettava. Era poi loro incuni-
henza il ridurre le medesime note
o minute, a scrittura comune. Dal-
l'uso civile passarono queste note,
all'ecclesiastico, e s. Cipriano al prin-
cipio del IH secolo ne aggiunse al-
cune, che in particojar modo appar-
tenere potevano ai cristiani. Ne fu
conjosciuto per maestro nel IV se-
colo s. Cassiano martire, e tale arU
NOT
esercitarono pure s. Genesìo d' Ar-
les e s. Epifanio vescovo di Pavia,
e tutti quegli altri santi e perso-
naggi riportati dal Piazza neh' Eu-
scvologio romano, tratt. XI, cap. I,
del collegio ovvero università de'no-
lari. Gli atti de'concilii ed i ser-
luoni de' vescovi furono spesso rnc-
colti con note tironiane, non sem-
pre però colle medesime si colpi
nel segno, e nel secolo X essendo
state abbandonate, appena se ne
trova vestigio nel secolo seguen-
te . Ci studiarono Tritemio , Gru-
tero, Mabillon, Carpentier ed altri.
Dalla suddetta arte compendiosa di
scrivere deiivo la stenografia o scri-
vere in ristretto e nel tempo che
uno parla, con caratteri convenzio-
nali o con segni abbreviatori, chia-
mata ancora brachigrafia, crittogra-
fia e tachigrafia. Si pratica oggi in
Inghilterra, in Francia, in Italia e
in altri luoghi. Probabilmente si
crede nata la stenografìa in Italia
nel secolo XV, quando nella filoso-
fìa e teologia scolastiche se ne scri-
vevano le lezioni con una quantità
grandissima di abbreviature, costu-
me che poi s'introdusse in Germa-
uia. La stenografia pei dibattimenti
delle camere e tribunali di Parigi
e Londra si perfezionò, dovendosi
pubblicare i discorsi degli oratori,
appena pronunziati , ne' pubblici
giornali. Adottato questo metodo in
più luoghi d'Italia , l'arte fu ridot-
ta a regolare insegnamento, anche
da vari professori italiani, le opere
de'quali sono notate dal eh. Ptam-
belli, lett. XXX, Stenografia, uelle
sue Lettere intorno all'invenzione e
scoperte italiane.
licitato Piazza, parlando dell'ori-
gine de'notari e del loro grave mi-
nistero, in cui è appoggiata la mae-
stà delle leggi, della giustizia e d.^ì
NOT lai
principe , come la salute e fidu-
cia de' sudditi, coi più alti enco-
mi raccolse tutti gli onorevoli epir
teti cui furono chiamati , come di
custodi delle pubbliche e private
azioni degli uomini, ministri e de-
positari della fede pubblica, mante-
nitori delle fjicoltà altrui, sì del ric-
co come del povero e del pupillo,
sentinelle vigilanti dei pubblici alfari
e testimoni irrefragabili del tempo.
Egli dice che furono appellali no-
tari, perchè notano ne' registri fe-
delmente i pubblici affari ; tabellio-
ni o (ahellionari, perchè anticamen-
te si costumava scrivere in tavole
di legno; scrinari ed archwiari ,
perchè conservavano le scritture ec-
clesiastiche con gelosia, negli scrigni
o archivi, facendo pubblici istro-
menti ; librari, perchè loro offizio è
di bilanciare e scandagliare i negozi
ed interessi che passano per le iorp
mani ; di scribi, e forse questo fu il
più antico, per l'esercizio continua-
to di scrivere ; di cancellieri, per-
chè i luoghi di loro residenza, per
maggior sicurezza e custodia degli
alti e scritture, erano circondati da
cancelli ; di attuari ^ perchè registra-
no tutti gli atti delle cause; e di
segretari, perchè custodiscono secre-
tamente le disposizioni non pubbli-
cate. Parlando il medesimo Piazza
delle funzioni e facoltà proprie dei
notari, dice che ad essi apparten-
gono le stipulazioni de' contralti di
vendite e coaiprite, di donazioni e
rinunzie, di patti, ratifiche, appel-
lazioni, denunzie, testamenti, legati,
codicilli, fidecomissi, doti, sposalizi,
processi, citazioni, intimazioni, cau-
zioni ed ogni altro istromenlo dei
pubblici e privati interessi , dove
v'intervenga l'autorità del principe
e il vigor delle leggi. Molte sono le
ceriiupuie e solennità che si ricei;.-
latà NOT
cnno nella slipulazior^e degli alli
legali, cioè l'invocazione del nome
di Dio, l'anno, il mese, il giorno,
l'indizione, il nome del Papa e an-
no del suo pontificato, o dell' im-
|»eralore, re, principe o repubblica;
il luogo dove si roga l'istromento;
i te>timoni necessari e presenti; il
nome e il segno o sigillo del no-
tare, della patria e di chi è figlio;
particolarità tutte indispensabili e
importanti per la validità delle scrit-
ture, che a un tempo fanno spic-
care la dignità ed eccellenza dell'of-
flzio e ministero di notaro, in ogni
epoca distinto e decorato di privi-
legio prerogative; laonde, come re-
sponsabili della fede pubblica, tutte
le leggi richiedono da loro speciali
requisiti e idoneità per l' esercizio
del notariato, essendo con esso in-
compatibili vari pubblici ministeri,
severe essendo le pene contro i fal-
sificatori degli atti, e contro quelli
che indebitamente percepiscono esu-
beranti emolumenti. Contro quelli
che abusarono in sì nobile ed im-
portante ministero, in tutti i tempi
procederono le veglianti leggi, e tra
i Papi, in modo particolare, Gre-
gorio X, Giovanni XXI, Nicolò III,
Paolo II, Paolo V, Innocenzo XII,
Benedetto XIV, I Papi e gl'impe-
ratori abilitarono ad esercitare il
notariato in Inghilterra, Francia ed
altrove, ma furono aboliti successi-
vamente da loro slessi e dai rispet-
tivi sovrani. Inoltre i Pontefici, gli
imperatori ed altri principi concesse-
ro privilegi di creare notari, che per
gli abusi che ne provennero, tra-
lasciarono di più dispensarli : ne go-
derono tra gli altri i cardinali le-
gali, i vescovi assistenti al soglio, i
conti palatini, i feudatari, i cava-
lieri di alcuni ordini, come dello
fiperon d'oro ed altri, e s'investi'
NOT
Tano e dichiaravano i notati col
calamaio e colla penna, come gli
antichi scrinari pontificii che ve-
nivano dal Papa investiti per peri'
nani et calamariunt.
E opinione di molti che la prima
volta che in Roma siasi fatto uso
di notari, fu a tempo di Cicerone,
e pare che in origine il notariato
non fosse urtìzio legale, né consta che
dai notari fossero sottoscritti od au-
tenticati gì* ìstromenti : coloro che
anticamente mettevano in iscritto
i testamenti, i contratti e gli altri
atti pubblici chiamavansi conimeli-
tarienses, scrmarif, tabelliones, ta^
hiilarii, scribae. Di quali doli do-
vessero i notari essere forniti, rile-
vasi da una novella dell' imperato-
re Leone, nella quale esige in essi
una probità sperimentata, e ben fon-
data istruzione neh' arte di scrive-
re e di ragionare, come anche nel-
lo studio delle leggi. Si conferiva
il notariato con formola riferita da
Cassiodoro, Variar, ep. lib. 6. \
sovrani de* secoli di mezzo con nuo-
vi titoli accrebbero i privilegi, gli
onori e gli emolumenti de* notari:
i referendari, i cancellieri, i tribuni
o conti de' notari, i protonotari, i
i primiceri ed altri simili uftiziali
nominati spesso ne* documenti di
que* tempi, altro non sono che no-
tari di un grado maggiore, più di-
stinto e privilegiato degli altri del
loro ceto. Portarono spesso il tito-
lo di notaro anche i giudici del
sacro palazzo ed i messi reali e
imperiali, indizio chiaro del singo-
iar concetto e della estimazione
grande, a cui era asceso il nota-
riato, che nei successivi secoli per-
de molto degli antichi suoi pregi.
Come il foro laico, cosi l'ecclesia-
stico ancora ebbe ed ha i suoi no-
tari, anticamente cavali dal corpo
NOT
del clero. Avendo s. Clemente I
Papa del gS diviso Roma in sette
regioni ecclesiastiche, le assegnò ad
altrettanti notari, perchè ciascuno
nella sua tenesse conto degli alti
de* Marlin (Fedi); quindi essi fu-
rono detti notari regionari , e cia-
scuno può ben comprendere di
qual fedeltà e diligenza dovessero
essere dotali, onde tramandare ai
posteri documenti sì interessanti e
preziosi, ond' ebbero principio i
Martirologi (P^edi). Riconoscendosi
pertanto così gelosa la materia che
i notari aveano a trattare, s. Fa-
biano Papa del 2 38, non volle ri-
posare totalmente su di essi, ben-
ché sceglievansi uomini d* indubitata
integrità e reputazione; ma per as-
sicurarsi che tutte le particolarità
eh' essi notavano, quelle fossero che
erano degne di memoria, e che ciò
si eseguisse colla dovuta esattezza,
destinò sette suddiaconi, assegnan-
do a ciascuno di essi una regione,
acciocché soprintendessero e invi-
gilassero sui sette notari, che forse
li notavano troppo compendiosa-
mente. Questi notari erano indu-
bitatamente chierici, ma di un gra-
do inferiore a quello de' suddiaco-
ni, però probabilmente il notariato
formò il primo grado del chieri-
cato. Papa s. Damaso I del 36^^
essendo ancor fanciullo, fu annove-
rato Ira i notai e lettori della chie-
sa romana. Il Sarnelli, Lett. eccl.
t. YII, lett. 53, degli alti procon-
solari de' santi martiri, avverte che
essi erano scritti da notai gentili
avanti il giudice eh' esaminava i
santi martiri e li condannava; e per-
ché nelle provincie questo giudizio
spettava ai proconsoli, gli alti che
si stendevano dai loro notai avanti
il proconsole dicevansi atti procon-
solari. Questi atti erano verissimi,
NOT
123
come scritti nelle pubbliche tavole,
e siccome essi tornavano a gloria
de' cristiani, molti ne fece bruciare
Diocleziano. Devesi anco sapere, che
quelli che notavano le cose dei
martiri extra cancelloSy erano chia-
mati notari semplicemente; quelli
poi che le notavano inter canccl-
los, ab aneto uclo coram judicihus^
erano chiamati exceplores^ ovvero
notari pubblici.
Cessate le persecuzioni e perciò
tolta a' notai regionari V occasione
di registrare i venerandi atti dei
martiri, s. Giulio I Pontefice del
336, emanò un costituto, con cui
dette loro nuove incurabenze. Or-
dinò adunque che niun chierico
trattasse di qualunque sorte di cau-
se innanzi a'magislrati secolari, ma
le agitasse solo nel tribunale della
Chiesa, che le notizie o sieno de-
creti emanati nella risoluzione di
così fatte cause da rimanere au-
tentici a' posteri, da essi soli notai
si dovessero raccoglierej che il ro-
gito degli ecclesiastici monumenti
dal primo degli stessi notai, cioè
dal Pritnicero (Fedi) ^ si celebras-
se, e che i chierici o fossero cau- .
zioni, o istromenti, o donazioni, o
permute, o consegne, o testamenti,
o allegazioni, o manumessioni, ed
in somma qualunque atto, dovesse
farlo stipulare dai ministri della
Chiesa col mezzo dello scrinio san-
io, cioè di que' che aveano la cu-
stodia del sacro archivio della ro-
mana chiesa. Fedi Archivi della
SANTA Sede, e Archivisti della chie-
sa ROMANA. Questi scrigni o archii-
vi della sede apostolica erano il
fonie della ragione canonica, dal
quale in tutte le occasioni che si
davano, trae vasi ciò che bisognava
pel retto uso della fede e dell' ec'
clesiastica disciplina. Alla custodia
ìli NOT NOT
di tali scrigni furono destinati i se per l'eccellenza del loro grado
notai regionari, ed altri ministri e per dislinguerli poi ne* tempi po-
che scrinari semplicemente si dis- steriori dal restante del comune dei
sero, il quale utlizio sebbene di- notari, s' incominciarono a denomi-
>tinto da quello de* notai, tuttavia nare Proloiiotari apostolici (f^edi)
ni medesimi notai non poteva dis- quei eh' erano di così antico e iU
convenire, perchè spettava pure agli lustre collegio, che sino al secolo
scrinari leggere e pubblicare al XV sedevano sopra i vescovi, ciò
popolo gli atti e le definizioni dei che loro tolse Pio II. Dell' inter-
coucilii che in Roma si celebrava- vento de* notari regionari alle pon-r
no. Una delle incumbenze de' no- tificie funzioni, trattiamo ove descri^
lai e degli scnnari era lo stendere viamo queste, come a PriinicevQ
e lo scrivere l' epistole decretali dei della santa Sede apostolica, primo
Papi, secondo il suggerimento che de* notari regionari, il secondo dei
questi loro davano, ontle richiede- quali era il Secomlicero [Vedi).
vasi in essi dottrina e facilità di Anche le altre chiese, tanto del-
òcrivere egregiamente in latino . l'oriente, quanto dell'occidente, eb-
Spesso trovansi i notai regionari bero i loro notai, ed anche in nu»
scrittori di decretali o di altro gè- mero di sette gli ebbero diverse cit-
nere di monumenti, intitolati anche tà. Gli atti de'concilii erano per lo
scrinari della santa romana chiesa, più stesi da loro, ed essi pure in
fàcilmente quando il notaio era in- note ridncevano le omelie de'vesco-
sieme addetto al sacro scrigno. Nel vi, ai quali spesso servivano come
secolo XI questi notai incomincia* segretari ; e s. Gregorio I allorché
rono a denominarsi qualche volta era impedito recitarle, le faceva leg-
lion regionari, ma notai del sacro gere da un notaio. Quando i ve-
palazzo. Gli scrinari per parecchi se- scovi e gli abbati cominciarono ad
coli furono soggetti al collegio dei aver le loro curie civili e crimina-
uotai, poiché il Protoscrinarlo (Ve- li, vi deputarono i propri notai, ma
di) loro capo comparisce nell'SSa, laici, per gli affari ad essi spettan-
quando pel numero cresciuto degli ti, essendo agli ecclesiastici vietato
sorinari, si formò di loro un col- l'esercitare tale uffizio negli affari
iegio a parte. Dipoi fu istituita la civili e secolareschi. Giustiniano I
Cancelleria apostolica [Vedi)y che proibì il notariato agli ecclesiastici
ripete l' origine dalla primiera of- in genere, Carlo Magno vi com-
flcina palatina de' notai regionari, prese specialmente i preti, ed la-
JVe' monumenti antichi si trovano nocenzo HI l'estese ai diaconi e
i notai regionari adoperati ne* ser- suddiaconi. Conluttociò anche do-
vigi più importanti della chiesa ro- pò queste leggi non pochi strumen«r
mana, e occupati in que'gravissimi ti si hanno rogati da preti, da dia-
alfari che oggi disimpegnano i pre- coni, e persino da monaci e da
lati della curia romana, con lega- canonici regolari, come dal cano-
zioni e con titolo di maestri, come nico archivista àe\V Ospedale di s.
si legge in un documento d' Inno- Spirito, fino ai nostri giorni; pare
cenzo III ; non è dunque meravi- quindi assai probabile che tal di-
glia, osserva il Galletti, Del pruni- vieto abbia avuto di mira soltanto
cero ed altri uffiziali maggiori p. 7, gli atti speltauli ai laici, e cosli la
NOT
trasgressione della legge ridotta sa-
rehbesi a più pochi, dalla quale
trasgressione vanno eccettuati gli
autorizzati da altri principi e dai
Papi. Veggasi il Zaccaria, dissert.
IX, sopra i notai ecclesiastici. Il
Martinetti nel Codice de* doveri
pag. 386 e seg. , eruditamente
anche con notizie bibliografiche
tratta dell'origine de'notari e loro
condizione antica, pubblici, crimi-
nali, apostolici. I notari degli im-
peratori romani erano loro segre-
tari e insieme senatori. Negli statu-
ti di Roma si ordinava che nella
morte di qualsivoglia notaio, il qua-
le non lasciasse eredi della sua pro-
fessione, fossero portate le di lui
scritture nella sacrestia della chie-
sa di Araceli presso il Campidoglio,
dentro il termine di otto giorni,
da computarsi a die scientiae. Ab-
biamo il libro intitolato: Raccolta
esattissima di tutti i notari della
città di Roma dal tSo'j a tutto
Vanno 1785, ossia dell'erezione del
collegio de' scrittori istituito da Giu-
lio Ily Boma 1785. Il nome di
questo Papa lo prese l'antica via
rectaj poi Florida^ indi via magi-
stralis a motivo che quivi i nota-
ri anticamente tenevano i loro of-
fici, quando coli' opera di Bra-
mante la raddrizzò. All' articolo
Curia romana parlai de'notari del-
l'arciconfraternita di s. Maria salu-
te degl'infeimi, e de'ss. Egidio, Ivo-
ne e Ginnesio de' curiali e notari,
non che degli uflìci de'notari del-
l'uditore della camera, da Innocen-
zo XII trasportati da Banchi alla
curia Innocenziana. Il Bovio, La
pietà trionfanle, discorre dei nota-
ri delia cancelleria apostolica, cioè
del notaro delle contraddette, del
lìotaro de' consensi, del notaro de
consuetis, dei notari della rota, e
NOT 125
dei notari detti maestri che per 18
anni esercitano l'ufBzio di cancel-
liere, f^. Uditori di rota.
Sisto V colla costituzione Utlitium
diuturnitati, de'29 dicembre i586j
riformò il gran numero de'notari
di Campidoglio, essendovene inabili
e negligenti che perdevano le scrit-
ture, e li ridusse a trenta, asse-
gnandone quindici al primo col-
laterale, e altrettanti al secondo:
ne dichiarò gli uffizi vacabili per
scudi 5oo r uno, conferendoli egli
stesso. La seconda collazione l'asse*
gnò al datario, e le altre ai con-
servatori di Roma e priore de'ca-
porioni. Innocenzo Xll soppresse i
notariati vacabili capitolini. Clemen-
te XI nominò un cardinal visitato-
re per esaminare lutti gli archivi
de'tribunali e notari, di che par-
lai ad Archivi. Benedetto XIII con
moto-proprio de' 23 ottobre 1728^
unì l'uffizio de'maestri di giustizia
al collegio de'notari della curia ca-
pitolina, dopo aver terminato la vi-
sita apostolica decretata da Clemen-
te XI. Dipoi Clemente XIII abolì
gli uffizi notarili vacabili della ro-
ta, erigendo il loro collegio ; e me-
diante la costituzione Licei, de' 28
dicembre 1761, soppresse i notaria-
ti venali o vacabili del tribunale
dell'uditore del Papa, e stabilì nuo-
vi metodi per l'esercizio del loro
uffizio. Pio VII e Gregorio XVI
emanarono utili provvidenze sui
notari ed archivi , riportate nella
Raccolta delle leggi, in parte cita-
te all'articolo Archivi, ove pur di-
cemmo della giurisdizione che ha
sui notari il prelato presidente de-
gli archivi Chierico di camera (P'e-
di): va però avvertito che il re-
gnante Pio IX, col moto proprio
del i." ottobre 1847, affidò alla cu-
ra e sorveglianza della magistratu-
k
126 NOT
ra di Roma l'archivio e deposito
degli atti notarili o sia uibano ,
abolendo la corrisposta che alla ma-
gistratura pagava il collegio de'no-
tari detti già capitolini. Lo stesso
Papa col moto- proprio del 29 di-
cembre, sul consiglio de'ministri,
dichiarò dipendere da quello del-
l' interno gli archivi e notari dello
stato pontifìcio. Dei notari degli al-
tri tribunali romani, se ne parla ai
loro articoli. Vedasi il Plettemberg,
Nolitia congr. Notaiius^ove discor-
re de'notari di camera, dell'inqui-
sizione e di altri. Pio Vili e Gre-
gorio XVI dichiararono notari di
titolo, del Papa e della Sede aposto-
lica, a forma della costituzione, Cuni
innumeri y del 1 8 1 8 di Pio VII, i con-
clavisti de' due conclavi in cui fu-
rono esaltati al pontificnto. Nel 1824
si pubblicò in Roma: // notavo priii-
cipianle ìsiruitOy edizione rinnovata
sullo stato attuale della romana
giurisprudenza y ivi. Gio. Battista
Falconi nel i832 stampò: Tratta-
lo teorico-pratico ad uso denotai.
NOTIZIE DI ROMA ANNUALI.
Libro o effemeridi o almanacco uf-
ficiale, detto volgarmente Cracas
dal cognome del suo primo compi-
latore Luca Antonio, che pel pri-
mo le pubblicò in Roma coi tipi
del fratello Gio. Francesco, onde la
stamperia ove s^imprime ancora ne
porta il cognome. Esse incomincia-
rono nel I 7 1 6 sotto Clemente XI,
e nel 1725 Benedetto XIII ne con-
cesse la privativa ai Cracas, si « del
libro delle Notizie, seu Ephemerides,
come de' Diari di Roma^ o Diari
di avvisi in lingua italiana « pri-
vativa che prorogata da altri Pon-
tefici, venne da Pio VII accordata
all'imolese Ajani e suoi discenden-
ti maschi. Di queste annuali Noti-
zie di Roma avendone letta nel i834
NOT
tutta la copiosissima e rarissima col-
lezione, e fattone per la sua preziosa
4mportanza e per mio particolare uso
un voluminoso repertorio, cos'i nel
voi. XX, p. 26 e seg. del Dizionario^
all'articolo Diario di Roma (Vedi)^
potei dare del mio repertorio un
piccolo estratto, sull'origine delle
Notizie di Roma annuali, successi-
vo incremento e variazioni, ed at-
tuale contenuto, con analoghe os-
servazioni. Dell'origine poi delle
gazzette o giornali, diari, fogli pub-
blici, ne parliamo agli articoli Dia-
rio DI Roma, Notizie del giorno
DI Roma, Erudizione.
NOTIZIE DEL GIORNO DI
ROMA. Foglio o gazzetta, o gior-
nale periodico .quasi ufficiale, che
sino al gennaio 1848 si stampava
e pubblicava in Roma in lingua
italiana, il giovedì, e se questo fe-
stivo nel dì precedente. Ebbe prin-
cipio nel pontificato di Pio VII ai
27 aprile 18 15, al modo detto a
Diario di Roma, il quale cominciò
sotto Clemente XI. Ivi si parlò
ancora di diversi giornali romani
periodici, letterari ed artistici, e del-
l'origine delle gazzette o giornali,
diari, e di queste Notizie del gior-
no di Roma. Nel medesimo artico-
lo si dice com'ebbero esse origine, le
loro variazioni, sistema e cosa ordina-
riamente contenevano, precisamen-
te nel voi. XX, p. 2 5 e seg. del
Dizionario. Essendo stati pubblica-
ti ne! numero i3 delle Notizie del
giorno 1822 dei cenni suH' origine
delle gazzette^ cioè a* 28 marzo,
quindi a' i4 aprile l'avv. Giuseppe
Gaetano Martinetti eruditissimo in-
viò una Lettera polemica sull'ori-
gine de' fogli pubblicif al redattore
delle stesse Notizie del giorno, con-
tenente alcune importanti riflessio-
ni e nozioni critiche, colle quali
NOT
il lustrò e corresse molli punti del
pubblicato articolo sull'origine del*
le gazzette. Di questa lettera si
legge breve estratto nel numero 17
delle citate Notizie del giornOy e
nel medesimo anno per intero fu
resa di pubblica ragione dal tipo-
grafo romano Giuseppe Salviucci
con opuscolo, e di questo qui da-
remo un compendioso sunto.
II mondo è stato sempre pieno
dì politici e novellieri, onde l'ori-
gine primitiva di comunicare e si-
stemare queste novelle, devesi ad
ima necessità conseguita dal con-
tatto sociale. In Platone si ha me-
moria che le pubbliche notizie gi-
ravano in tavolette di cipresso, on-
de rimanessero alla posterità. Af-
ferma Demostene che in Atene e
in altre città greche v'erano gior-
nali in cui si ragguagliava il pub-
blico delle forze navali, delle vi-
cende delle città, de' denari pub-
blici e de'trofei che si accordava-
no : inoltre i greci promulgavano
leggi, avvisi itfterni, ed elogi di
persone illustri , con iscrizioni di-
segnate o scolpite sulle colonne dei
templi. Tra i romani Giulio Ce-
sare fu il primo che istituì gli at-
ti diurni del senato e popolo ro-
mano, ne'quali per distrarre il po-
polo incostante e lacerato da fazio-
ni, vi amalgamava i suoi decreti 0
leggi, le narrazioni portentose che
raccoglieva qua e là, onde alimen-
tar la sua tendenza superstiziosa,
con che la moltitudine si distrae-
va e non faceva caso dei gran pas-
si che portavano Cesare alla supre-
mazia dell'impero. In mancanza di
portenti da notificare in questi fo-
gli, forse talvolta si riferivano cose
triviali e indifferenti che anco suc-
cedevano nella città^ alle quali pe-
rò si dava sempre un carattere di
NOT J27
portentoso, come se il fulmine avea
tocco alcuna cosa, e le risse che
accadevano nelle osterie di Traste-
vere. I frammenti di tali diari o
diurni il Grevio gl'inseri nelle note
che fece a Svetonio. Questi atti
venendo pubblicati, li ripeterono
Tito Livio, Giulio Ossequente, Cor-
rado Licostene, ed altri storici rac-
coglitori di cose straordinarie e pro-
digiose. Quanto alla materia e for-
ma con cui erano scritti i diari, il
Martinetti, fatta distinzione delle ta-
volette scrittorie di legno, di bron-
zo, di cera e di gesso, determina
la redazione de'diari nelle cosi no-
mate tavolette gipsec dealbate, as-
segnando r officio di adattarle, se-
condo i diversi sesti atti alla cir-
colazione, ai cosi detti Dealbatores^
i di cui privilègi si rammentano
nelle leggi romane, senza che Cu-
iacio abbiavi potuto rinvenirne le
attribuzioni ; colle quali tavolette si
ebbero molli frammenti degli anti-
chi diari di Roma. Si osservi che
sotto il nome di Albo si compren-
devano i regolamenti de'pretori, giu-
dici, decurioni, e fino de' suona tori
e commedianti che troppo regnava-
no a tempo di Nerone. » Ne solo
troviamo tra i romani l'origine e
la circolazione dell'antico Diario di
Romay ma troviamo anco la men-
zione delle varie nomenclature dei
fogli pubblici. Abbiamo la menzio-
ne de' fogli chiamati 3Ionilori o
MonitoreSy e presso Festo e piesso
33rissonio. Abbiamo la menzione
delle Effemeridi, presso Gellio e
presso Properzio; del Cracas ( P^.
Notizie di R.oma) o descrizione del-
le cariche, impiegati ad ammini-
strazioni dello stato, delle altrimen-
ti lalcrculum , presso Appiano; delle
Notizie del giorno^ delle Nolitiae,
presso gl'imperatori giuniori (nei
I
ii8 NOT
tempi d'Arcadio e Onorio si pub-
blicavano e non diderivano dai dia-
ri, ed in fine dell'anno si pubbli-
cavano le notizie dell'aniininistra-
zione pubblica, sullo slato politico
dell'impelo, con le attribuzioni di
tutti gli impiegati, di che facemmo
parola a Impero e Italia); dei gior-
nali di commercio detti Rationariaj
delle notizie compendiate di culto
(redatte dai Pontefici), dette Iiidi-
gUamenta, e fino dei giornali del-
l'asta, delti Auctionariae tabulae, e
dei giornali del foro, detti Kalen-
daria forensia ovvero catalogì fo-
renses ".
Le nomenclature de' nominati
fogli pubblici combinano con 1* an-
tica età, non con quelle de* fo-
gli pubblici del medio evo roma-
no, ossia de'tempi d'Alcuino fino a
noi, che dividonsi in politici, lette-
tari od ecclesiastici, e a'ebbero in
numero esorbitante e rivalizzarono
tra di loro, assumendo le più stra-
ne e stravolte nomenclature per
distinguersi. Alcuni rigettando Teti-
niologia della parola Gazzetta, dal-
la moneta veneziana di questo no-
me, deducano la sua origine dal-
la parola ebraica zgao^ messaggiere,
e vi sono anche oggi alcuni gior-
nali chiamati Messaggiere; né sem-
bra strano di dedurre l'origine dal-
la parola persiana Gaza, cioè pre-
Uosa suppelleXy e Gazzetta, parva
Gaza, volendo indicare che le no-
tizie politiche, benché compendiate,
sono sempre una gradita suppellet-
tile. L'ofìicio dei redattori è stato
sempre onorato dagli antichi. Giu-
lio Cesare destinò un senatore alla
redazione degli atti diurni, e gli al-
tri redattori si onoravano coi tito-
li di cónti, comiles acluarìi, comi-
tes scrìnariiy comites latevculenses,
parlandosi de'loro privilegi e quii-
WOT
lità ne' tre libri del codice Giusti-
nianeo; si dissero pure maestri, ma'
giuri rationarii, magistri tabidarii,
magistri kalendarii aia catalogi fo'
rensis; e non solo le dignità di con-
ti o senatori, ma il magistero an-
tico romano si conferiva, secondo
Festo, ai soli uomini stimati, dot-
tori di arti o capi d'ordine. Nel
medio evo e ne' tempi di barbarie
pochi giornali letterari si trovano,
mentre de'politici sempre se ne con-
servò la specie dai tempi di Pla-
tone sino a noi, e s. Agostino si
dolse del numero delle effemeridi
politiche che circolavano a' tempi
suoi, e della loro cattiva qualità.
Né solo i fogli periodici, ma le cro-
nache, i diari, i commentarii e le
notìzie diurne formicolarono tanto
ne'secoli piti ignoranti, che sembra
non aver avuto gli uomini diversa
applicazione, che di scrivere o tra-
scrivere queste materie; Tutte le
biblioteche ridondano di questi co-
dici cron-istorici, di questi diari, che
poi hanno proseguito e si sono me-
glio classificali dopo l' invenzione
della stampa. Senza di questi aiiiti
il Baronio, il Tiraboschi, il Mabil-
lon, il Dumont, il Cancellieri , il
cardinal Mai, il Fea, e tanti altri
uomini grandi ed eradili, non avreb-
bero fatto quelle vaste ed utili fa-
tiche, che ci guidano ne'piìi oscuri
Testiboli dell'antichità. Dopo la slam-
pa, le cronache o le notizie politi-
che si trovano senza molte varian-
ti, e forse con maggior sincerità,
poiché l'era della slampa precorse
l'era letteraria, e gli uomini trova-
rono migliori occupazioni, che per-
dersi a scrivere, rescrivere e tra-
scrivere le notizie del giorno. Pri«l
ma della stampa era non solo in-
finito il numero de' redattori delle
cronache e dei diari, ma infiniti^-
NOT
stfno era quello degli amanuensi
die interpolavano e viziavano non
solo gli originali, ma li riproduce-
vano con diverse nomenclature, ren-
dendo con ciò confusione, inventan-
do cose portentose per sorprender
i curiosi a loro prò fìtto. Il peri odi -
srao ossia giornalismo ai nostri gior-
ni occupandosi de omnibus rebus,
et de quibusdam aliis^ ha acquista-
to un' estensione veramente mon-
diale, ed una potenza maggiore de-
gli eserciti, de' cannoni e del va-
pore, come si esprime il eh. avv.
Stefano Camilli nell'erudito artico-
lo : / periodici^ i periodi'sti ed il
periodisnio, pubblicato daW Album ,
giornale romano, num. 28 e 29 del-
l'anno XIV.
11 Diario di Roma e le Notizie
del giorno, hanno cessato di pub-
blicarsi nel gennaio 1848; cioè il
primo col n.° 4 ^^* i^ detto, le se-
conde col n.° 2 de' 1 3 gennaio stes-
so. In luogo di tali due giornali è
stato sostituito altro foglio periodi-
co, col titolo di Gazzetta di Roma.
Rammentiamo che al citato artico-
lo Diario m Roma, parlammo an-
cora di altra Gazzetta romana^ che
grimperiali francesi incominciarono
a pubblicare in Roma a' 5 aprile
»5 1808, benché si proseguissero i Dia-
"^ ri, ì quali restarono sospesi a' 6
luglio 1809. Quindi nel primo di
tal mese alla Gazzetta romana suc-
cesse il Giornale di Campidoglio,
egualmente per ordine del governo
francese. L'odierna nuova Gazzetta
di Roma si è principiala a pubbli-
care col n.° I, lunedì i^ gennaio
1848, fregiata dello stemma del
Papa regnante. Preventivamente era-
no stati autorizzati dal superiore
governo i due nominati periodici ,
ad annunziare la loro cessazione, e
che « cambiando redazione, carta, for-
voL. xtvin.
NOT 129
mato e titolo, uscirà un solo gior-
nale officiale. Il nuovo foglio sarà
pubblicato tutti i giorni, tranne le
domeniche, gli altri giorni festivi, e
il mercoledì d'ogni settimana , fino
che in questo ultimo giorno non
venga fissato un corso postale. Che
la gazzetta di Roma avrà due par-
ti; offiziale l'una, e l'altra non of-
ficiale. Essa uscirà in sesto grande.
1 prezzi di associazione vengono fis-
sati a paoli 2 5 per trimestre in
Roma, e a paoU 28 per le provin-
cie ed all' estero franca di posta.
Uscendo ancora nel mercoledì, il
prezzo di associazione verrà aumen-
tato in proporzione di un sesto ".
Tutto egregiamente venne effettua-
to, riuscendo la nuova Gazzetta di
Roma pifi copios!i e importante,
perciò gradita, anche per la miglio-
re qualità di carta e caratteri. Pel
moto-proprio de' 29 dicembre 1847,
il Pontefice stabilì, che al ministe-
ro dell'interno appartiene la supre-
ma direzione del giornale officiale
di Pioma; e da lui altresì dipende
la censura degli altri giornali e della
stampa periodica, a forma delle leg-
gi emanate in proposito.
NOTO (iVeten). Città con resi-
denza vescovile nel regno delle due
Sicilie, nella provincia della Valle
minore di Siracusa, da cui è lunge
6 leghe^ capoluogo di distretto è
di cantone, deliziosamente situata
sopra un' altura che domina una
ricca valle, presso la riva sinistra
del Noto e della sua foce nel ma-
re Ionio; altri geografi la pongo-
no sulla sinistra riva dell' Eloro al
nord- ovest del promontorio Pachi-
no. Dopo essere stala distrutta nel-
l'orrendo terremoto del 1690 fu
vagamente ricostruita a qualche pic-
cola distanza del suo primo luogo.
Molti sono e ben architettnti i pa-
9
i3o NOT NOT
lazzi, le ampie vie mettono capo di Casanuova arcidiocesi di C»pua,
ad una piazza ben ornata. Elegan- già canonico di quella metropolita-
ti sono le chiese : la cattedrale con na, indi teologo e priraicero delia
battisterio è sotto l'invocazione di medesima, rettore del seminario e
s. Nicola di Cari arcivescovo di Mi- promotore fiscale della curia arci-
ra, venerandosi in essa tra le reli- vescovile.
quie -il corpo di s. Corrado eremi- NOTTURNO, Nocturmis. Terza
ta. Vi sono altre chiese, conventi, parte del Mattutino (Fedi)^ la qua-
monasteri, confraternite, un celebre le anticamente gii ecclesiastici divi-
ospizio de'poveri, un collegio ed il devano in tre parti, che avevano
seminario. La famiglia Astuto pos- correlazione colla notte de' soldati
siede un museo archeologico, numis- svegliatori, poiché gli antichi cri-
matico , e di iiaturaU meraviglie stiaui compartivano la notte a gui-
tratte dai tre vulcani del reame, sa de' soldati in tre vigilie, in o-
con rare medaglie greche, romane gnuna recitavano un solo notturno,
e moresche. A due leghe di distan- lodando il Signore per tempo e
za si vedono gli avanzi dell' anti- riserbando le laudi per la mattina,
chissiraa Nea^ Nectum^ Netum o Nee- La Chiesa poi, come pietosa e in-
tuni, onde venne alla parte sud- dulgeute madre, vedendo intiepidi-
est dell'isola di Sicilia il nome di to a poco a poco il fervore degli
Val di Noto. Nel distretto ha Pa- ecclesiastici, concesse V unione dei
chino^ borgo con porto al sudest tre notturni, insieme colle Laudi
del promontorio celebrato da Ome- (Fedi). I tre notturni allegorica-
ro, ove esisteva la città e porto mente denotano i tre stati della
d'Odissea in cui approdò Ulisse. Vi- Chiesa, cioè naturale, legale ed e-
cini sono i templi di Apollo Libi- vangelico; perciò nel terzo si dice
stino e di Ecate. Il Papa Grego- il vangelo; oppure significano le
rio XVI colla lettera apostolica Gra- tre orazioni di Cristo nell'orto.
vissimuni sane munus^ data idibus Queste quattro parti del maltuti-
niaii i844> vi eresse la sede ve- no, cioè i tre notturni e le lau-
scovile, che dichiarò suffraganea di dij sono chiamate da Ugone di s.
Siracusa, stabilendone la diocesi con Vittore, Canticiniuni^ Inlcnipestum^
quindici luoghi, e che si dovesse Galliciniuni e Jntelucanum, giusta
stabilire l'episcopio. 11 capitolo lo la divisione della nòtte. Nei giorni
compose della dignità del preposi* feriali si recita un solo notturno
to, di dieci canonici comprese le con dodici salmi, perchè una sola
prebende del teologo e penitenzie- volta apparve ai monaci l'angelo
re, di otto beneficiati e di altri cantando dodici salmi, e terminan-
chiericì. Al proposito fu assegnata doli ognuno coll'antifona Alleluja,
la cura della cattedrale. Ogni ve- come racconta Cassiano , Instit.
scovo fu tassato ne'libri della carne- coenoh. 1. 2, e. 4* ^^ questa vi-
ra apostolica in fiorini 253, essen- sione facendone menzione anche il
dosi assegnato per mensa vescovile sinodo Turonensc, ordinò poscia
2400 scudi romani. Gregorio XVI che si dovessero recitare ne* giorni
quindi nel concistoro de'22 luglio feriali dodici salmi; e s. Gregorio
1844 dichiarò primo vescovo l'at- VII, con decreto, dichiarò doversi
tualc monsignor Giuseppe Mendilto osservare lo stesso rito. Tre dun-
NOV
quc sono i notturni distribuiti nel
corso della settimana, ciascuno di
essi è composto di tre salmi ed
altrettante lezioni e responsorii, on-
de meditiamo le tre divine perso-
ne, ed insieme i tre tempi della
Terginità sacratissima di Maria, a-
vanti il parto, nel parto e dopo il
parto, e la medesima pia medita-
zione cade nel numero delle lezio-
ni e de' salmi di prima, terza, se-
sta, nona. Vedi Lezioni e Uffizio
DIVINO . Gli antichi cristiani sole-
vano nella notte precedente al gio-
vedì santo e nelle due seguenti ,
recitare nelle chiese Tuffizio detto
perciò Notturno o delle tenebre, e
benché ora si dica di giorno glie-
ne sono rimaste le denominazioni,
argomento trattato nel voi. Vili,
p. 2o4, 3o4 e 3i5 del Dizionario.
NOVA AULA. SQi\e vescovile
della provincia d'Asia, sotto la me-
tropoli d'Efeso, eretta nel V seco-
lo, e vuoisi chiamata anche Teo-
dosiopoli. Il vescovo Filippo fu al
concilio di Calcedonia. Oriens christ.
t. I, p. 709.
NOVAE o NOBAE. Sede vesco-
vile della bassa Mesia, sotto la n)e-
tropoli di Marcianopoli, eretta nel
V secolo. Ne furono vescovi Petro-
nio, Secondino e Pietro. Oriens
christ. t. I, p. 1221.
NOVARA {Novarìen). Città con
residenza vescovile nel Piemonte,
degli stati sardi, capoluogo della
divisione, della provincia e del man-
damento dei suo nome, a ^^o mi-
glia da Torino, 10 da Vercelli e
20 da Milano, posta in luogo e-
minente, sulla sinistra della Mora,
che si riunisce in vicinanza all' A-
gogna, in mezzo ad ampia e uber-
tosa pianura. È sede d'un tribu-
nale dipendente dal senato reale
di Torino. Nel novembre 1847 il
NOV i3i
re Carlo Alberto dichiarò che al
circondario e provincia di Novara
si restituissero i mandamenti di
Biandrate e Borgovercelli, di Lo-
mellina , Pallanza, Ossola e Val-
sesia. Cinta da una muraglia ba-
stionata , preceduta da una fossa
e difesa da un castello, è una del-
le più cospicue e principali città
deU'Insubria . Sonovi alcuni bei
palazzi, distinguendosi per ricchez-
za e maestà quello de' Bellini. Ha
bellissima piazza d'armi, caserme
assai vaste e deliziosi passeggi. La
cattedrale basilica è sacra alla Bea-
ta Vergine Assunta, con battisteiio
e bellissima torre, ed è buon edifi-
zio : tra le insigni reliquie vi si
venerano i corpi de' ss. Lorenzo
prete e martire, che vi predicò la
fede, Bernardo e Agabio vescovi
della città. Vi sono altre tre chie-
se parrocchiali, una delle quali è
sotto l'invocazione di s. Gaudenzio
vescovo, collegiata, con la dignità
del preposito e dodici canonici, es-
sendo uno de'più magnifici templi
della Lombardia ; un convento di re-
ligiosi, due monasteri di monache ,
confraternite, due ospedali, uno ci-
vile, l'altro militare, monte di pie-
tà, e cospicuo seminario. Nel sob-
borgo quattro chiese parrocchiali
sono chiamate sussidiarie. Avvi pu-
re due collegi, uno de'quali in cu-
ra de' gesuiti, una casa degli obla-
ti di s. Carlo, altra de' filippini;
gli stabilimenti delle orfànelle, del-
l'orfanotrofio, l'istituto di arti e
mestieri formato in due convitti
maschile e femminile fondali dalla
contessa Tornielli ; un bel teatro
e diverse fabbriche. Pvinchiude mol-
ti monumenti d'antichità, special-
mente presso la cattedrale. E pa-
tria del famoso oratore Caio Al-
buzio Silone, del secolo d'Augusto;
i32 NOV
(ìi Dulcino d'infelice fama pe'suoi
errori, onde fu condannato a mor-
te nel i3o7 (al modo dello a Dul-
cimsTi, ove per errore di slampa
si disse di Navorra); di Pietro
Lombardo celebre teologo del se-
colo XIII, e vescovo di Parigi; dei
cardinali Ardicino della Porta se-
niore, Ardici no della Porta giunìo-
re, e Giovanni Cacciapiatti ; di mol-
li valorosi capitani, di diversi in-
dividui delle famiglie Caccia, Bru-
sciali e principalmente de'Torniel-
li, come diremo a Ottoboni, par-
lando di Vittoria Tornielli madre
del Papa Alessandro Vili, per non
dire di altri uomini illustri.
Questa città, l'antica Novaria,
Nova Aracy o Nova Ara, detta
così da quelli che ammettono qui
il sacrifizio fatto a Venere da El-
tio suo figlio, che gli die tal no-
me. Fu compresa nella Gallia Tras-
padana al nord , posta da Tacito
nel rango delle sue città muni-
cipali, quantunque altri autori la
diano agi' insubri , essendo di di-
versa opinione sull'antica fondazio-
ne, che pure concedono agli etruschi
e che Plinio dice fabbricata dai galli
vocontini, fu spesso il teatro della,
guerra. Fu popolosa e ricca fino dal
tempo de' romani, e Giulio Cesare
la innalzò al rango di colonia ro-
mana. Le guerre la rovinarono e
desolarono in più occasioni. Sos-
tenne un forte assedio contro Ar-
duino re d'Italia a favore dell' im-
peratore Enrico II. Nel 1 1 1 o, al
tempo di Enrico V, fu tra le pri-
me città lombarde a prendere le
armi contro quell'augusto, il qua-
le la punì con saccheggio e incen-
dio. In tempo della lega lombarda
concorse essa pure alla edificazione
d'Alessandria. Un tempo la domi-
narono i Tornielli, suoi potentissi-
NOV
mi cittadini, onde per loro discor-
die L'oll'altra possente famiglia dei
Bruscali, la città patì gravi vicen-
de. Fatta suddita dei Visconti signo-
ri di Milano, ne seguì le vicende :
la signoreggiarono pure i duchi
di Parma. I francesi vi presero
Lodovico Sforza nel i5oo: nel i5i2
assediandola, vi furono sconfitti da-
gli svizzeri nelle sue vicinanze, pen-
titi di avergli dato nelle mani det-
to duca, e nel i5i5 gli scacciarono
da Novara. Allorché i francesi vi
furono assediati dai veneti e dagli
Sforzeschi, sostituirono nella valu-
ta le monete di rame a quelle di
argento. Un tempo soggiacque an-
cora alla signoria de'Farnesi. Fu
presa dal principe Eugenio nel-
l'anno 1 706, dal maresciallo di Coi-
gny nel 17 12, e poscia ancora
dai francesi nel 1796 e nel 1800.
Riunita al regno d'Italia, Novara
divenne il capoluogo del diparti-
mento dell'Agogna. Novara seguì i
destini del Novarese, antico paese
d'Italia nel Milanese-Sardo, diviso
in alto e basso, formante il primo
la provincia di Pallanza, ed il se-
condo la provincia di Novara. Fu
ceduta alla Savoia pel trattato di
Vienna del 1736, e riunita alla
repubblica italiana nel 1800, e
quindi al regno italico nel i8o5,
nel 181 4 ritornò sotto il dominio
della casa di Savoia. Vedasi F. A.
Bianchini, Compendio storico di
Novara^ ivi 1828. Carlo Morbio,
Storia di Novara dalla prigionia
di Lodovico Sforza i sino alla do-
mìnazione de' Farnesi ^ Vigevano
i83i.
La sede vescovile fu eretta nel
IV secolo, suffraganea dell'arcive-
scovo di Milano, dal quale fu da
Pio VII separata nel 18 17, e dichia-
rata suffragauea di Vercelli. Il pri-
I
NOV
mo vescovo ili 8. Gaudenzio d'Ivrea^
ei'udito da s. Eusebio nella fede, in*
timo di s. Ambrogio, che gli pre-
disse questo vescovato, e ordinalo
nel 397 dal successore s, Simpli-
ciano ; edificò la sua chiesa collo
zelo e colla santità, e mori nel 4^7
nonagenario. Gli successe subito s.
Agabio novarese, discepolo de' ss.
Lorenzo Alpozzo e Gaudenzio, elet-
to da questi, e mori nel 44? dopo
aver governato con egual zelo e
santità del predecessore. Indi furo-
no vescovi, nel 44? Diogene disce-
polo del precedente, nel 449 ^^^'
scenzio, nel /^5i Simplicio o Sim-
pliciano che intervenne al sinodo
di Milano, nel 4^^ s. Maromio
morto martire in Colonia, nel 471
Vittore al cui tempo Teodorico re
de' goti invase l' Insubria, nel 49^
Onorato, nel 5oo Pacaziano, nel
529 Opilio, nel 548 Ambrogio I,
nel 5^0 Ilario morto nel 553, nel
587 Agnello, nel 610 Spettabile,
nel 6i5 Marcello, nel 627 Severo,
nel 640 Lupicino, nel 65o Probino,
nel 657 Virginio, nel 660 Flavia-
no, nel 670 Pampronio, nel 679
Graziano che fu al sinodo romano
di s. Agatone^ nel 685 Probo, nel
690 Laureolo, nel 700 Leone, nel
708 Ambrogio li, nel 717 Grazio-
soj nel 731 Benedetto, nel 733
Pietro, nel 74 1 Sicardo, nel 751
Tito, nel 781 Attone, nell'Si i
s. Adelgisio della stirpe degli anti-
chi re longobardi. Neir849 Oddo-
ne, neir 852 Dotterminio, neir879
Nottingo, neir889 Lamberto, nel-
r89o Ernulfo, neir89i Gandolfo,
neli'898 Leuterio, nell' 899 Gari-
baldo, nel 918 Dagilberto Pio che
donò beni ai canonici col peso di
alimentare i poveri in diverse e»
poche. Nel 946 Rodolfo, in riguar-
do del quale Lotario re d'Italia fe-
NOV i33
ce donazione di alcune terre alla
chiesa di s. Gaudioso. Nel 962
Pietro II, cui Ottone I restituì l'i-
sola di s. Giulio (già sede del
principato de* vescovi di Novara ),
tolta da Berengario li; nel 965
Opoldo o Aupaldo Toruielli, a cui
Ottone I confermò le concessioni
de'precedenti, essendo intervenuto
alla sua coronazione in Roma; nel
996 Pietro IH Tornielli che ot-
tenne da Ottone III la conferma
de' privilegi, e da Enrico li la re-
stituzione di quanto aveva usurpa-
to Arduino; nel 1026 Gualberto
che donò beni ai canonici dell' i-
sola di S.Giulio; nel io34 Ripran-
do amministratore, vivente il pre-
decessore; nel 1048 Oddone II che
intervenne al concilio di Nicolò II;
nel 1075 Alberto ucciso dal conte
di Blandrata, per cui Enrico IV
nel 1078 v'intruse Anselmo, cui nel
1090 successe l'altro intruso Eppo-
ne, ambedue scomunicati dal Papa.
Nel iii6 Riccardo, nel 1122 La-
tifredo che riunì nel claustro i
canonici dispersi per la città, fece
ottime leggi, ed ottenne privilegi
pei successori e pei canonici da
Innocenzo II. Nel 11 53 Guglielmo
Tornielli nobile di Novara, otten-
ne un privilegio da Federico I,
seguì lo scisma dell'antipapa Vit-
tore V, scomunicato perciò e de-
posto da Alessandro III, e Federi-
co I nel 1 168 gli sostituì Gugliel-
mo Faletli intruso. Nel 1172 Bo-
nifacio che fu al concilio di Late-
rano III; nel 1192 Ottone o Od-
done III Casah; nel 1196 Pietro
IV Verolla, già canonico della cat-
tedrale, ch'ebbe vertenze col capi-
tolo.
Nel 1 2 1 o Gerardo Sessìo^ eletto
da Innocenzo III, che poi lo creò
cardinale e vescovo d' Albano, col-
i34 NOV
)a ritenzione dell' nmministrazionc
di Novara ( i cardinali hanno le
loro biografie). Gli successe nel 127.4
Odelberlo Tornielli nobile di No-
vara, già prevosto di s. Gauden^
zio , difese la chiesa contro gli
usurpatori, e ne fu benemerito.
Quindi nel i237 0Idone Tettone;
nel 1240 Odelmario, naorto nel-
l'isola di s. Giulio; nel i25o Si-
gebaldo che celebrò il sinodo nel-
r episcopio nel iiSj , lodato pa-
store. 11 capitolo nel 1272 elesse
Guido Pinzio, e confermalo da Gre-
gorio X. Dopo otto anni di sede
vacante, nel 1287 fr. Englesio Ca-
va Ila zio o A n gel ucci di Novara fran-
cescano. Matteo Visconti eletto dal
capitolo in contesa con Enrico ar-
ciprete di Novara, benché non ap-
provato dal Papa, volle esercitare
l'autorità vescovile e mori intruso
nel 1296. Papiniano della Rovere
nobile torinese, cappellano o udi-
tore di rota di Bonifacio Vili,
questi lo nominò a succederlo, dili-
genlissimo dell' ecclesiastica disci-
plinaj la restaurò nel clero, cele-
brò il sinodo nel 1298, e consacrò
la chiesa di s. Gaudenzio. Per sua
traslazione a Parma, nel i3o2 da
Venezia fu qui trasferito Bartolo-
meo Quirini veneto, poi vescovo di
Trento. Nel i3o4 Uguccio Borro-
meo di Vercelli, che assistendo alla
coronazione di Enrico VII, ebbe
confermati da lui i privilegi in un
al titolo di conte di Novara: pro-
mulgò gli statuti pei canonici di s.
Giusto, fu zelante della disciplina
ecclesiastica, istituì quattro cappel-
lanie nella cattedrale, in s. Gauden-
zio, in s. Giulio e in s. Giuliano ;
donò molti vasi d'argento a diver-
se chiese, e fu benefico coi poveri
e coi monasteri. Nel i33o Giovan-
ni Visconti de' signori di Milano,
NOV
fatto da Giovanni XXII per avere
rinunziato la porpora dell* antipapa
Nicolò V, traslato a Milano conti-
nuò ad amministrar Novara sino
al i34i. Gli successe fr. Gugliel-
mo Amidano di Cremona,, insigne
teologo e giureconsulto, priore ge-
nerale degli agostiniani ; costruì u-
na munitissima fortezza, rifece di-
versi edifizi , ampliò il convento
degli agostiniani, ingrandì ed ornò
r episcopio, altro fabbricandone nel-
r isola di s. Giulio ed altro in Ve-
spolato. Zelante pastore, vegliò sul-
la condotta de' chierici, pubblicò gli
statuti della cattedrale, e pacificò
i guelfi coi ghibellini, lasciando di-
verse opere. Nel i357 Oldrado ;
nel i388 Pietro Filargo de' mino-
ri, traslato da Vicenza, indi nel
i4o2 a Milano; ottenne dall'im-
peratore Venceslao la conferma dei
privilegi della chiesa di Novara, in
un al titolo di principe del sacro
impero, poi cardinale e Papa /iles-
Sandro V (f^edi). Giovanni Capo-
gallo romano benedettino gli succes-
se, trasferito da Belluno e Feltre,
facondo oratore, come mostrò nel
concilio di Pisa, per 1' elezione del
predecessore. Nel i4i3 Pietro De-
giorgi detto Petrosino di Pavia, già
di Tortona : nell' episcopio ricevet-
te Martino V reduce da Costanza,
che lo trasferì a Genova. Nel 14*29
Bartolomeo Visconti Scaramuccia,
fatto anticardinale dall' antipapa
Felice V, contro Eugenio IV, a cui
danno avea cospirato : le importan-
ti sue notizie sono nel voi. IV,
p. i58, iSg e 160 del Dizionario.
Nel 1458 Giacomo Filippo Cribollo
milanese; nel 1466 Bernardo del-
la Rovere di Parma; nel 1468
Giovanni Arcimholdo poi cardinale;
nel 1484 Girolamo Pallavicino di
Parma amministratore, al cui lem-
NOV
no assai soffii la chiesa di Novara
dagli svizzeri e dal duca di Milano.
Divennero amministratori nel i5o4
il cardinal Ascanio Maria Sfor-
za, nel i5o5 il cardinal Federico
Sanseverino, nel i5ii il cardinal
Matteo Schiner, nel iSiy il cardi-
nal Antonio del Monte, che otten-
ne dal re Francesco I un diploma
confermativo de* privilegi.
iVel i525 per cessione del pre-
cedente divenne vescovo Ermete
Stampa di Milano, che morendo
nell'istesso anno, gli successe Gio.
Angelo Arcimboldo milanese, che
ricuperò molti diritti della chiesa
e fece confermarli da Carlo V, in-
di traslato a Milano. Nel i55o il
cardinal Ippolito ù' Este ammini-
stratore; nel i553 il cardinal Gio-
vanni Moìoni che fece molli decreti
pel culto divino e pei costumi dei
chierici, benemerito di molti mo-
nasteri: per sua rinunzia, nel i56o
il cardinal Gio. Antonio Serbellonì,
che istituì il seminario, celebrò il
sinodo, confermò gli statuti di s.
Gaudenzio e fu zelante pastore. Gli
successe nel i5n^ Romolo Archin-
to nobile milanese, insigne per vir-
tù, illustrò la diocesi con esse, ten-
ne il sinodo e perfezionò il semi-
nario. Nel iSyG Girolamo Ragaz-
zoni veneto, già di Famagosta, vi-
sitatore delle chiese d' Italia, poi
traslato a Bergamo. Nel 1577 Pom-
ponio Cotta di Milano, uditore di
rotaj nel 1^79 Francesco Bosco,
già di Perugia, protouotario apo-
stolico, governatore di varie città
della Chiesa, che prescrìsse i rego-
lamenti pel seminario, ed altro ne
istituì nell'isola di s. Giulio, eri-
gendo la prebenda teologale; me-
ritò di essere sepolto nella catte-
drale da s. Carlo Borromeo. Nel
i585 Cesare Spaciano di Cremo-
NOV i3f)
na, pubblicò nel sinodo sante leg-
gi, ornò e rese più comodo V epi-
scopio, donò alla cattedrale preziosi
paramenti ed arredi, fu traslato in
patria, e la morte di Gregorio XIV
impedì che l' onorasse della porpo-
ra. Nel iSgi Pietro Martire Pon-
zonio cremonese, poco visse. Nel
i5g3 Carlo Bescapè nobile mila-
nese, generale de' barnabiti, insigne
giureconsulto, confessore e nunzio
di s. Carlo a Filippo II ; zelantis-
simo pastore, celebrò più sinodi, fu
autore della Novaria sacra, de e-
piscopalis officiì, de immunilate ec-
clesiastica, de metropoli Mediola-
nensi : mori santamente, venne a-
scritto tra i venerabili, e sepolto in
s. Marco nella cappella di s. Fe-
bronia da lui magnificamente edi-
ficata, indi trasferito nella catte-
drale. Nel 161 5 Ferdinando Ta-
Berna cardinale, lodato per somma
diligenza e prudenza. Nel 1619
Volpiano Volpi di Novara erudito
e pieno di cognizioni, segretario dei
vescovi e regolari, che Paolo V vo-
leva creare cardinale, se non mo-
riva, e Urbano Vili lo fece mag-
giordomo, onde ne parlammo già
nel voi. XLI del Dizionario. Nel
1629 Pietro Volpi coadiutore sino
dal 1622 e nipote del precedente;
nel i636 Antonio Tornielli di No-
vara, referendario di segnatura, se-
gretario de' vescovi e regolari, vice-
gerente di Roma, ove morì d'apo-
plessia nel i65o, e fu sepolto in s.
Maria d'Araceli. Gli successe Bene-
detto Odescalchi, ottimo vescovo,
che fatto cardinale rinunziò al fra-
tello, poi divenne Innocenzo XI
(Fedi). Nel i656 Giulio Maria O-
descalchi di Como benedettino, che
governò con massima pietà e pru-
denza. Nel 1667 Giuseppe Maria
Meraviglia milanese, generale dei
i36 NOV
Ivarnobiti, piissimo, autore di dotte
opere. Wel 1688 Innocenzo XI fe-
ce vescovo Gianrtbaltista Visconti
milanese, dotto barnabita; nel 1 7 1 4
Giberto Borromeo^ già patriarca di
Antiochia, colla ritenzione del titolo,
poi cardinale ; sepolto iu s. Marco
nella cappella di s. Carlo Borromeo,
nel 1801 fu trasferito in cattedrale.
Con questi nell' Italia sacra d' U-
ghelli, t. IV, p. 689, si termina la
serie de' vescovi , che compiremo
colle Notizie di Roma, e col can.
Cima, Serie cron. de* vescovi di
Novara^ p. lyS.
1741 Bernardino Rovero di Cor-
tanze d* Asti cappuccino, traslato
da Sassari, morì nel 174? "^^
palazzo proprio di Trecate. 1748
Giambattista Baratta di Possano
filippino, morto in Macerata recan-
dosi alla sua chiesa. 174^ Ignazio
Rovero Sanseverino di Torino, già
governatore di Sabina, Città di
Castello e Fano, istituì sua erede
la cappella di s. Agabio. 17^7
Marc' Aurelio Balbis Bertone di
Chieri, cancelliere dell' ordine della
ss. Annunziata, celebrò nel 1778
il sinodo. Sotto di lui nel 1789
a* 27 aprile segui la traslazione del
corpo di s. Agabio, coli' intervento
dell' arcivescovo di Torino, de' ve-
scovi d' Acqui e Vigevano, del re
e regina di Sardegna, laonde d.
Gaudenzio Locali pubblicò in Ver-
celli : Istruttiva narrazione di aU
cune memorie della vita di s. Aga-
bio e de vescovi successori. 1795
Carlo Luigi Buronzo del Signore di
Vercelli, traslalo d'Acqui, indi a To-
rino. 1 797 Vittorio Filippo Melano
di Portula di Cuneo, trasferito da
Cagliari, e secondo 1' ultima volon-
tà nel 181 3 dovea essere sepolto
nel cimiterio comune a s. Nazzaro
da lui benedetto. 1817 cardinal
NOV
Giuseppe Morozzo^ colla ritenzione
del titolo arcivescovile che avca, ni-
pote di monsignor Bertone; nel
1826 celebrò e stampò il suo si-
nodo, e Gregorio XVI lo fece vi-
sitatore apostolico di tutto il clero
regolare negli stati sardi di terrafer-
ma : delle sue grandi benemerenze
e governo, trattammo alla sua bio-
grafìa, ove riportammo notizie in-
teressanti Novara e la diocesi. Ac-
crebbe il culto de' santi della chie-
sa Novarese; ottenne la croce ar-
civescovile per sé e per tutti i ve-
scovi di Novara, e la regia decora-
zione dell'Assunta a tutti i canonici
della cattedrale, avendo a tutti i
capitoli aumentate le rendite e cre-
sciuto il lustro. Fu decorato del
grado di cavaliere dell'ordine su-
premo della ss. Annunziata e di
quello di s. Gennaro. Abbiamo :
Delle sacre cerimonie^ trattati pro-
posti dal cardinal Morozzo arcive-
scovo vescovo di Novara^ principe
di s. Giulioy Orta e Vespolate^ al
ven. clero della sua diocesi^ Nova-
ra 1827. Per sua morte Gregorio
XVI nel concistoro de' 27 gennaio
1843 dichiarò vescovo l'attuale
monsignor Giacomo Filippo dei
marchesi Gentile di Genova, già
abbate dell'insigne collegiata di s.
Maria del Rimedio, esaminatore si-
nodale e regio elemosiniere di Geno-
va. Suo degno vicario generale è il
dotto canonico preposto d. Pietro
Scavioi, autore della Theologia mo-
ralis universa ad usuni clericoruni
dioecesis Novariensis , che meritò
già la terza edizione, e gli encomi
degli Annali delle scienze religio-
se, serie seconda, voi. V, pag. 3,
scritti dal celebre gesuita p. G.
Perrone sommo in detta scienza.
Il capitolo si compone delle di-
gnità dell' arcidiacono e dell' ar-
NOV
ciprete, di quindici canonici com-
prese le prebende del teologo e
del penitenziere, di nove beneficiati
chiamati coristi, di quattro ostiari e
di altri preti e chierici. La cura della
cattedrale è afljdata al detto arci-
prete e a due coadiutori eletti per
concorso e approvati dal vescovo.
La diocesi è ampia e contiene mol-
tissime parrocchie. Ogni nuovo ve-
scoTO è tassato di 800 fiorini, con
iy,ooo scudi di rendita.
NOVATORE. Così chiamasi co-
lui che insegna una nuova dottri-
na in materia di fede. La Chiesa
cristiana ha sempre fatto professione
di non seguire altre dottrine che
quelle che le furono insegnate da
Gesù Cristo e dagli apostoli, e per
conseguenza es'sa ha condannati co-
me eretici coloro che vollero cor-
reggerla e farvi dei cambiamenti.
Fedi il Bergier, Diz, teoL ^ ed il
p. Cappellari poi Gregorio XVI,
// trionfo della santa Sede e della
Chiesa contro gli assalti de'novaio-
rij combattuti e respinti colle stes-
se loro anni.
NOVAZIANI, Novatiani. Eretici
che presero anco il nome di Cata-
ri o Pwn, discepoli e seguaci di No-
vato e Novaziano. Novato iniquis-
simo sacerdote della chiesa di Car-
tagine nel terzo secolo, per evitar
la punizione de'suoi delitti,, gettossi
nel partito di Felicissimo diacono
della stessa chiesa, e si fece oppo-
sitore di s. Cipriano (Fedi), sotto
pretesto che non era abbastanza in-
dulgente verso quelli che doman-
davano la penitenza , dopo essere
caduti per la persecuzione nell'ido-
latria. F. Lassi. Portatosi in Roma
vi trovò Novaziano [Vedi), sacer-
dote ambizioso e malcontento per-
chè nel 254 gli avevano preferito
s. Cornelio al pontificalo,. Avendo
NOV i37
stretto amicizia con lui, potè forlo
ordinare primo antipapa , e ritor-
nato nell'Africa vi fece rinascere gli
errori de' 31 ontani sii (Fedi), ed eb-
be l'ardire d'insegnare che il sagra-
menlo della penitenza era inutile
per la remissione de' peccati, e che
le seconde nozze erano criminose :
s. Cipriano lo combattè, e fu con-
dannato da tutte le chiese d'oriente
e d'occidente. Novaziano eccitò il
primo scisma che straziò la Chiesa,
ed allo scisma aggiunse l'eresia, in-
segnando: I." che non bisognava am-
mettere all'assoluzione quelli che
avevano peccato mortalmente dojK)
il battesimo, di qualunque natura
fosse il loro errore, e quelli che per
timore de' tormenti erano caduti nel-
la persecuzione; 2." che bisognava
jibattezzare quelli che aveanola stessa
fede del Papa s. Cornelio, e rimet-
tere la Pasqua a' i4 della luna come
gli ebrei; 3." che le seconde nozze
erano cattive ed illecite , rinnovan-
do altresì molti errori de' monta-
nisli, laoride fu costui, secondo al-
cuni, e non Novato, che diede il suo
nome agli eretici novaziani : le sue
opere nel 1728 furono pubblicate
in Londra, per cura di Jackson.
Nel 254 s. Cornelio scomunicò in
un concilio romano Novaziano etl
i suoi seguaci; e s. Celestino I del
4^3 non potendo tollerare che i
novaziani tenessero ancora molte
chiese aperte in Roma, confinò Ru-
sticola, loro ultimo vescovo, in una
vile casa, e gli proibì di tener piti
adiuianze co* suoi settari. Novazia-
no fu pure condannato nel concilio
di Cartagine ed in molti altri, e
combattuto da s. Cipriano, da s. Eu-
logio patriarca d' Alessandria, e da
quasi tutti i padri suoi contempo-
ranei, e dopo di lui fino al VI se-
colo. Gli eretici novaziani spinsero
i38 NOV
rcrroi'c fino a togliere alla Cliiesa
tutto il poleic di legare o eli assol-
vere; esortavano i peccatori a pe-
nitenza, mentre toglievano loro ogni
speranza di essere ricevuti nel grem-
bo della Chiesa. Il concilio di Nicea I
fece de' regolamenti per la forma
del loro ricevimento alla comunione
cattolica. In occidente sussistettero
fino a s. Leone I , e neiroriente fino
al VII secolo.
NOVAZIANO, Antipapa. V. No-
vAziANi e Antipapa I.
NOVELLI Arnaldo, Cardinale.
Arnaldo Novelli guascone di nasci-
ta, o più probabilmente della con-
tea di Foix, monaco cistcrciense di
professione, e poi abbate di ^ Fon te -
freddo, per la sua morigeratezza e
specchiato costume, singoiar pietà,
prudenza ed eccellente dottrina ,
Clemente V l'ebbe in gran conto
e nel i3o5 lo fece vice-cancelliere
di s. Chiesa, e gli die con altri la
commissione di riformare i mona-
ci di Grandemont, per cui stabih
alcune leggi ch'ebbero la sanzione
apostolica. Indi a*i8 o 19 dicem-
bre i3io lo creò cardinale prete
di s. Prisca e legato in Inghilter-
ra, dove si condusse con Arnaldo
vescovo di Poitiers poi cardinale,
per riconciliare i baroni del regno
con Edoardo II. Nel tempo slesso
trattò di proposito con quel sovra-
no, che i beni stabili de'cavalieri
templari d'Inghilterra fossero dati
ai cavalieri gerosolimitani, al che
si opposero i grandi della nazione,
onde il legato se ne dovette toma-
ie senza aver potuto far nulla. Fi-
lippo IV re di Francia gli accor-
dò la facoltà di concedere a qua-
lunque persona gli fosse piaciuto
una pensione di 5o lire turonesi da
pagarsi dalla camera regia. Morì
in Avignone nel iSiy, e trasfcri-
NOV
to nella sua antica abbazia vi fu
sepolto avanti Y altare maggiore
della chiesa.
NOVENA , Sacrutn novendiale,
Supplicatio novendialis. Spazio di
nove giorni continui , ne' quali si
fanno delle divozioni e preghiere
appositamente composte in onore
della ss. Trinità, di Gesù Cristo,
dello Spirito Santo, della Beata Ver-
gine, dei ss. Angeli e dei santi in
preparazione alle loro feste, o per
implorare il loro soccorso ne' nostri
bisogni. Sono accompagnate queste
novene, secondo che sono pubbli-
che o private, da messe, prediche o
sermoni, da oblazioni, da austerità,
da limosine, da sacri pellegrinaggi
e da altre pie pratiche. Le novene
o supplicazioni Novendiali (Fedi),
cioè di nove giorni, furono usate dai
pagani nei Funerali (Fedi), e ne
parlai pure a Fepja, con che onora-
vano l'esequie de' morti, ed i giuo-
chi che in tale tempo facevansi si
chiarhavano ludi novendiales ed i
sagrifizi novendialiaj e siccome ad
imitazione de' gentili i primi cri-
stiani celebrarono talvolta esequie
novendiali, per quanto solo riguar-
dava le cerimonie civili, riprovan-
done il superstizioso , tuttavolta s.
Agostino nelle sue questioni sopra
la Genesi non sembra che le ap-
provasse. Si celebrarono novendiali
esequie pei cardinali, ed ora solo
pel Pupa. Il Berlendi, Delle obla-
zioniy p. 179, parlando degli anti-
chi anniversari de'defunti, dice che
ne' primi secoli della Chiesa si
celebrava la messa nel terzo giorno
della sepoltura de' morti, cos'i pure
nel giorno settimo, nel giorno nono,
nel trentesimo e nel quarantesimo,
in suffragio de' medesimi. Il giorno
terzo si osservava per sollecitare il
riposo a' defunti; il settimo, come
NOV
scrive s. Agostino, septenarìus mi'
vicrus propler sabbaU sacramento-
rum praccìpue qiiielis indicìum estj
linde merito mortnis tamquam re-
quiescr.ntibus exhibctur. Del nono il
Durando ne rilevò così il niistero:
Offici um novem dìerum, ut per hoc
off/cium mortuorum aniniae a poe-
nis liberatae novem Angelorum or-
dinibus associenliir. 11 trentesimo,
secondo l'Amalario si celebra , per-
chè Mosè ed Aronne per trenta gior-
ni furono pianti. Il quarantesimo
vuole Eustrazio che la Chiesa lo ap-
plichi in suffragio de' defunti , in
memoria che il Redentore dopo 4o
giorni di sua resurrezione ascese al
cielo.
Giustiniano I imperatore avea
ordinato, che hacredes non tene-
rentur credi toribns de f aneti respon-
dere ante novem dies ah obitu de-
fiincti; ne' quali giorni gli eredi e
tutta la famiglia vestivano a Lutto
(Vedi). Il p. Menochio nelle Stuorc^
centuria V, cap. ^o : Che nelle no-
vene che si fanno in onore de'santi
non ci è superstizione, sembra che
già a suo tempo piaticavansi, senza
però dichiararlo : egli mori nel i656.
Solo riporta due esempi, la nove-
na che in Francia si fa al sepolcro
di s. Marcolfo, e quella che si ce-
lebra in Andaino per s. Uberto ve-
scovo, con particolari osservanze. 11
Sarnelli, che morì nel 1724, nelle
Leu. eccl t. IV, lett. XI : Dell'ori-
gine delle sacre novene, riproducen-
do diverse erudizioni del p. Meno-
chio, aggiunge di potersi supporre,
che come la Chiesa prorogò le fe-
stività più celebri coW Ottava (Ve-
di)y così introdusse il prevenire tali
solennità con altre ottave che ser-
vono di preparazione, come avea
istituito che con particolari uflìzi
per otto giorni ci preparassimo alla
INOV ,39
festa del Natale, e con essi ricevere
il Signore ; il che diede motivo ai
divoti di aggiungere un altro gior-
no e far nove, in memoria de' no-
ve mesi che il Verbo incarnalo stet-
te ueir immacolato seno della Ver-
gine. Dice inoltre che i principii di
questa novena, con parole non oscu-
re si trovano nel concilio di Tole-
do, celebrato nel 694, e fu praticata
dalla chiesa Toletana, la cui celebre
consuetudine fu confermala coll'au-
torità di s. Idelfonso suo arcivesco-
vo, onde si propagò per tutta la
Spagna il divoto uso della novena
avanti il santo Natale. Quindi pas-
sò in Italia ed altrove. Il Cancel-
lieri nell'erudite Notizie intorno alla
novena di Natale, nulla riferisce
di sua origine, solo che in Roma
l'introdusse nella chiesa di s. Maria
sopra Minerva il domenicano e servo
di Dio p. Giacomo Colta figlio di tal
convento, il quale ho potuto conosce-
re che ivi l'istituì nel 1618 solenne-
mente, e poi si propagò per tulio
l'orbe cattolico. Il medesimo Can-
cellieri a p. 89 e io5 delle Notizie
istoriche delle chiese^ tratta della re-
cita di 4^ Ave Maria e 4^ bene-
dizioni, dal 29 novembre al 23 di-
cembre, in preparazione alla festa
di Natale, ad imitazione di s. Cate-
rina da Bologna, morta nel ilfiZ.
Dal grande ed universale profitto
che si ricavò dalla novena di Na-
tale, s'introdussero le altre novene,
essendo il numero nove, numero di
lustrazioni, di perfezione e di peni-
lenza, per cui si giunge all'allegrez-
za spirituale del decimo, eh' è il
giorno della solennità. Osserva il
Sarnelli, che chiamandosi le feste
de' santi giorni natalizi, ne' nove pre-
cedenti si rappresenta tutta la loro
vita mortale impiegata ne' combat-
timenti contro il mondo, il demo-
i4o NOV
nio e la carim, essendo tutta la no*
stra vita milizia e tentazione, e nei
decimo si celebra il trionfo e la fe-
sta; e come noi in que* note giorni
gì' imitiamo nelle orazioni e nelle
opere buone, cosi siamo partecipi
della loro allegrezza ricevendo nella
festività le desiderate spirituali con-
solazioni. Clemente XI a' 4 febbraio
1714, colla cosUtuzione Ad confo-
vendam^ ordinò la festa di s. Giu-
seppe sposo di Maria Vergine, con
indulgenza a quelli che nella chiesa
di s. Ignazio di Roma interverreb*
Ijero all'esposizione del ss. Sagra-
meoto, nei nove giorni precedenti
alla festa del medesimo santo. Da
ciò il Novaes, nella Fiia dì Cle-
mente A'/, crede originale e intro-
dotte le novene ad onore de' santi,
delle • quali Lambertini, poi Bene-
detto XIV, dichiara non aver tro-
vato memorie di altre novene pri-
ma di questa, De canon, ss. ììb. IV,
par. 2, cap. XIII, n. 8. Narra il p.
Memmi, Notizie ìstor. dell' oratorio
del p. Caravita, p. 228, che il car-
dinal Giuseppe Sacripanti avendo
edificato in s. Ignazio una nobile
cappella a s. Giuseppe, dispose che
ogni anno ivi se ne celebrasse la
festa previa una divola novena, con
istruzioni morali, esposizione del ss.
Sagramento, recita di alcune preci,
discorso a lòggia di meditazione, in
cui s' innestava alcuna virtù del
santo per muovere all'imitazione, il
canto delle litanie e benedizione col
Venerabile. Nella festa del santo fa-
cevasi la comunione, e nelle ore po-
meridiane il panegirico in lode del
santo stesso, con infinito concorso
di popolo. Nel 1723 s'incominciò
in Roma a praticarsi nella chiesa
di s. Maria in Cosmedin, la nove-
na della Natività di Maria Verdine,
e fu la prima che in Roma tosse
NOV
fatta colla esposizione del ss. Sagra-
mento, per cui poi furono con si-
mile rito introdotte le altre in pre-
parazione alle feste della ss. Ver-
gine. Nella Vita della serva, di Dio
Lucia Filippini^ istitutrice delle Mae-
stre pie {P'edi), a p. i57 si legge,
che pel tenero amor suo v«rso la
Beota Vergine, adoperossi per ista-
bilire nella città di Montellascone
le sette novene che precedono le di
lei principali feste, e vide prima del
1782 esauditi i suoi desiderii. I Papi
col premio delle indulgenze furono
assai benemeriti della propagazione
del pio esercizio delle novene, e di-
verse concessioni si leggono nel li-
bro : Raccolta di orazioni e pie o-
pere con indulgenze. Sulle novene
scrissero , Giuseppe M. Frola : De
novendialibus supplicalionibus in ho-
norem sanctorum i Romae 1714-
Rondet , Sur les prieres des heures,
et reniarques sur l'origine des neu-
vaineSy t. 5'j del Journ. eccl. de Di-
nouarty p. 75, e t. 60, p. 175. Gio-
vanni Gerson e Guglielmo Marlot,
in Hist. Renten. ap. Dan. Papebro-
chium t. I, Maii, Bolland. t. I. Sa-
verio Vanalesti, Discorsi per le
novene y Venezia. Liguori, Brevi
meditazioni distribuite per novene ^
Monza 1824. Cav. Fabi Montani,
Costumi sacri roniaid , fase. 20.
l\ Tridui e Festa.
NOVENDIALI. P^. Funerali, No-
vena, Orazioni funebri.
NOVIZIO, Novitius. Religioso o
religiosa che non ha ancor fatto i
suoi votij e ch'è nel suo anno di
prova, che chiamasi noviziato, du-
rante il quale si prova la sua vo-
cazione. Decretò il concilio di Tren-
to, che non si devono ammettere
i novizi alla vestizione, se non pas-
sata l'età della pubertà. Le regole
generali stabilite per il noviziato e
I
Nov frov i4f
la professione religiosa, sono appli- Sonovi in Novogorocl alcune grandi
cabili tanto ai religiosi che alle piazze, circa 60 e più chiese, ti ne
religiose; ma per certe considera- conventi, nna casa d'orfani, un bel
zioni vennero stabilite alcune rego- bazar, una biblioteca non molti mss.
le particolari, concernenti ia reli- gieci, e due slavi de'secoli Xlll e
giosa professione delle donne. 1^. e XIV, contenenti i quattro evan-
Frate, Monaco, Monaca^ Odiata, geli; un seminario, e diverse istitu-
e gli articoli relativi. zioni elementari. Le sue chiese nu-
NOVGOROD, NOVOGOROD, merose coi loro campanili, nella mag-
o VELIRI NOVOGOUOD , No- gior parte dorati, e le antiche fortifìc
vogardia Magna. Città vescovile zioni • danno ancora a questa città
della Russia europea, capoluogo del un aspetto imponente, e richiamano
governo e del distretto del suo no- alla memoria la grandezza di que-
me, distante 87 leghe da Pietro* sta antica metropoli degli slavi, che
borgo e i\i da Mosca,, sul Wol- prima del secolo XV si pretende
kov, attraversato da un bel ponte avesse quattrocento mila abitanti,
di legno, presso l' uscita del lago che oggi ascendono a più di venti
llmen. E la residenza del gover- mila. Fa un commercio assai atti-
natore militare di Novogorod e di vo con Pietroburgo, e presso la ri-
Tver, di un governatore civile, e va dell' llmen vi è il monastero di
sede di un arcivescovo greco. Si- s. Sergio.
tuata in una bella pianura, è di- JVovogorod soprannominata Veliki
visa in due parli dalla riviera; quel- ossia la grande, onde distinguerla
la della riva destra si chiama Tor- dalle altre dello slesso nome, è una
govaia o del Mercato, e quella del- delle città più antiche e celebri del-
la sinistra Sophiiskaia o quartiere la Russia. Sembra probabile che
di s. Sofia. Quest'ultima vedesi cin- sia stata fondala dagli slavi nel V
fa da un bastione di terra altissi- secolo, presso poco all'epoca stes-
mo, e da una fossa profonda. Rin- sa di Kiovia (f^edì). Si governò
chiude il Kreml, antica fortezza eret- per lungo tempo in repubblica
la nel io44 ^^^ granduca Uladimi- e divenne possente, ma lacerata
ro laroslavitch , e dove si trovano da interne dissensioni , passò ad
il palazzo deir arcivescovo, il conci- essere tributaria de' varegui ; qual-
storo, il tribunale, e la cattedrale che tempo dopo ne scosse il gio-
di s. Sofia, grande edifizio, uno dei go, ma ricominciati i torbidi civi-
più antichi dell'impero, in cui sono li chiamò, al suo governo nell' 862
le famose porte di bronzo, e si' ve- tre principi \areguo-russi. Ruric,
dono i sepolcri di molti sunti e uno di essi, rimase il solo sovrano
de' principi russi che regnarono in per la morte de' suoi fratelli, in-
quesla città; vi si conservano pure grandi questa città, e la fece capi-
parecchie curiose antichità, e fra le tale de' suoi slati^ ma il figlio Igor
altre de' quadri la cui esistenza si tosto l'abbandonò preferendo Rio-
erede anteriore al rinascimento del- via. Nondimeno continuò a gover-
le arti in Italia. La Torgovaia è narsi repubblicanamente, ed i gover-
irregolarmente fabbricata in legno, natori o viceré inviativi sino al
e contiene il vecchio palazzo dei 970, non vi esercitavano che una
czar, ora occupato dal governatore, autorità assai limitala; essa i\i al-
i4» NOV
loi-a data in appannaggio ad un prin-
cipe (Iella famiglia dei sovrani di
Kiovia. Gli immensi possedimenti
che si avea acquistato col mezzo
delle armi, e che dicesi si estcnde-
irano all' ovest sino in Livonia, ed
all'est sino alla frontiera della Si*
beria, la sua grandezza e magnifi-
cenza, e la estensione considerabile
del suo commercio, che possedeva i
primi banchi delle città anseatiche,
impressero ne* suoi vicini una tale
idea della sua potenza, che si disse
in proverbio : Chi può resistere a
Dio ed alla grande Novgorod? I
granduchi di Russia videro que-
sto stato prosperissimo con pena, e
risolsero di farle sentire più diret-
tamente la forza del loro potere.
Nel 1471 i' granduca Ivan-Vasi-
lievitch fece la guerra ai novgoro-
di per forzarli a riconoscere la sua
autorità, e gli sconfisse in due re-
golari battaglie ; questi però non
tardarono a ribellarsi contro il go-
vernatore e le truppe che quel
principe avea loro inviate; la città
fu ripresa una seconda volta, la re-
pubblica abolita, ed i cittadini più
ricchi e distinti furono trasportati
a Mosca e in altre città dell'impe-
ro. Una ultima rivoluzione nel 1^69
si prolungò sino al 1578, in cui
la città fu presa, abbruciata e qua-
si interamente distrutta. Essa si ri-
stabilì a poco a poco pel suo com-
mercio, ma nel 161 1 gli svedesi se
ne impadronirono, la saccheggiaro-
no per intero, e da quell'epoca la
erezione di Pietroburgo dando al
commercio del Baltico una nuova
direzione, le portò un colpo da cui
non si rialzerà mai più. F. Russia.
La sede vescovile fu eretta in
"vescovato, e nel XI secolo in me-
tropoli del patriarcato di Mosca
{f^edi), con dignità onoraria di me*
NOV
tropolilano, che pretese a quella di
prototrono, secondo Commanville.
Il p. Mirco, citando il p. Possevino,
dice che sotto Mosci\ furono eretti
due arcivescovati, Rostow e Nov-
gorod. Altri dicono che il vescovato
fu istituito dal metropolitano di Kio-
via, e divenne metropolitana quan-
do fu istituito il patriarca di Mo-
sca, con Ladoga e Korel per suf-
fraganei : venne pure stabilito che
fra i prelati di Russia, quello di
Novgoi-od occuperebbe il secondo
rango dopo il metropolitano di Kio-
via, ed il terzo dopo il patriarca.
La chiesa di Velikiè-Louki o Ve-
liki-Luki, città considerabile di Rus-
sia, anticamente sede d'un vesco-
vo, essendo in oggi unita a quella di
Novgorod la grande, i prelati prepo-
sti al governo di quelle chiese as-
sumono il titolo di arcivescovi di
Novgorod e di Velikiè-Louki. Ne
furono vescovi: Barlaam, onorato
come un santo, come anche il suc-
cessore Filoteo, celebrando i mosco-
viti la festa del primo a' 6 novem-
bre, e del secondo a*i5 settembre.
Nifone, poscia Teofilo, occuparono
questa sede, quando Basilio, o suo
figlio Giovanni Basilide duca di Mo-
sco via, faceva la guerra nel princi-
pato di Novgorod. N. intruso da
Giovanni Basilide ; Cipriano ne oc-
cupava la sede allorché Stefano re
di Polonia impadronivasi della cit-
tà di Polotsk. N= verso l'anno iSyo;
Alessandro sotto Geremia II patriar-
ca di Costantinopoli; N. sotto il pon-
tificato di Gregorio XIII; Teodosio
nel 17 18, sotto Pietro I czar di
Moscovia, deposto nel 177.5 per de-
litti di cui venne accusato e con-
vinto; Teofane Procopowiz succe-
dette a Teodosio, già arcivescovo
di Pleskof o Pleskow. Oriens chrisi.
t. I, p. i3o4.
NOV
NOVGOROD, o NIJNI NOV-
GOROD, o NIJL GOROD. Città
vescovile della Russia europea, ca-
poluogo del governo, e distretto
del suo nome, a 94 leghe da Mo-
sca e 200 da Pietroburgo , sulla
destra del Volga che vi riceve l'Oka.
È residenza de'governatori civile e
militare dei governi di Nijni-Nov^
gorod e di Penza, e dell'arcivesco-
vo di Nijni-Novgorod e di Alatyr.
E divisa in due parti: la città al-
ta, situata sopra un promontorio
scosceso, ha la fortezza di Rreml,
cinta da grosse mura e di torri,
costrutta nel i5o8, contenente il
palazzo del governatore e due cat-
tedrali sul modello di quella di Mo-
sca ; in quella della Trasfigurazio-
ne si vedono le tombe del prepo-
sto Cosmo Minimo, e del principe
Dmitri Pojarski, che sì sacrificaro-
no per la difesa della loro patria,
ed ai quali l'imperatore Alessandro
fece innalzare un superbo monu-
mento in bronzo. La città bassa
contiene diversi importanti edifizi.
Questa città delta Novgorod la pic-
cola, ha 26 chiese, due convcHtr,
seminario, collegio, due case di ca-
rità, scuola militare e fabbriche; è
commerciante, e nel 1817 vi si tras-
portò la famosa fiera di Makariev.
Fu questa città fondata nel 1222 o
nel 1227 da Jori o Giorgio Vsevo-
lodovitch III, e fu per molto tempo
la residenza de' principi di Suzdal
e Nijni Novgorod. Dal i3i7 fu sac-
cheggiata e abbruciata molte vol-
te dai tartari. Molto soffrì nel se-
colo XV per fame e frequenti in-
cendi. Si pretende che Pietro I il
Grande avesse in pensiero farla ca-
pitale dell'impero. Oriens christ. t.
I, p. l32l.
NOVGOROD oNOVOGRODEK.
SIEVERSKOI. Città vescovile dcl-
NOY 143
la Russia europea, a 1 06 leghe da
Mosca, capoluogo di distretto sulla
riva destra del Desna. Ha molte
chiese ed un convento. Sino al i523
fu la capitale d'un principato dei
sovrani di Kiovia. Successivamente
presa dai tartari,, lituani e polac-
chi, fu definitivamente riunita alla
Russia pel trattato di Deulina. Nel
1604 il principe Trubetzkoì', alla
testa di un'armata moscovita, scon
fìsse sotto le sue mura le truppe
del celebre Dmitri, GrÌ!>ka Otre-
piev. Le chiese di Novgorod o No-
vogrodek e di Tcliernigow sono
governate dal medesimo prelato.
Oriens christ. t. I, p. i32o.
NOYON, Novìodunum. Città ve-
scovile di Francia, nella Picardia,
dipartimento dell' Oise, circondario
e capoluogo di cantone, sulla Vor-
se^ che vi si divide in due rami e
va ad unirsi all'Oise, al pendio di
una collina in situazione vantaggio-
sa ed amena, a 25 leghe da Pari-
gi. Ben fabbricata e distribuita, tro-
vasi decorata di belle fontane pub-
bliche. Sono osservabili gli edifizi
della cattedrale dedicata alla Beata
Vergine, eretta da Pipino e da
suo figlio Carlo Magno, dell'antico
palazzo episcopale, la chiesa di s.
Eligio già abbazia de' benedettini
della congregazione di s. Mauro, e
gli ameni passeggi. Evvi un picco-
lo seminario ed un ospedale. È
patria di Antonio le Conte giure-
consulto, dell'avvocato Bonaventura
Fourcroi, di Francesco Maucroix,
dello scultore Giacomo Sarraziu,
di Calvino, del console Lebrun, del
ministro Pioland, del generale Du-
mouriezj e di altri personaggi, es-
sendo nati a poca distanza i due
fisici Nicola le Cat e Nollet. I din-
torni sono coperti di bei giardini.
Questa antichissima città, delta au-
i44 NOY
die Noviomagiun Bel^ariim e No-
viornagu.i yaldicassìuin^ non era mol-
lo considerabile duranle l' impero
romano, e fu rovinata dai haihai'i.
Chilperico II fu quivi sepolto nel
7215 e Carlo Magno, secondo al-
cuni, fattosi coronare in Noyon, per
qualche tempo la fece capitale del
suo vasto impero. Nell'859 fu sac-
clieggiata dai normanni, ed abbru-
ciala nel ii3i, I i52 e 1228. Ugo
Capeto vi si fece proclamare nel 987,
e divenne la capitale dell'antico pae-
se delNoyonnais. Gli spagnuoli l'ab-
bruciarono totalmente dopo la fa-
mosa battaglia di s. Quintino. Nel
i5i6 Francesco I e Carlo V vi
conclusero un trattalo di pace. En-
rico IV la tolse alla lega a'28 ago-
sto iSgr ; il duca di Mayenne la
riprese ne' primi del 1598 col soc-
corso degli spagnuoli, comandati da
Carlo conte di Mansfeld. Assediata
di nuovo da Enrico IV nel settem-
bre i594> se ne impadronì a' 18
ottobre.
La sede vescovile di questa chie-
sa era dapprima Vermand, capitale
del Vermaudese, detta Augusta P^i-
romanduorunif eretta nel 3i4 suf-
fraganea di Reims; ma essendo sta-
ta quella città distrutta dai barba-
ri nel 53o o 53 1, la sede vescovi-
le fu trasferita a Noyon. I vescovi
di Noyon avendo altresì governata
la chiesa di Tournay unitamente a
quella di Noyon, furono litolari del
nome di ambedue le chiese fino al
I 14^. Il vescovo di Noyon era con-
te di Noyon e pari di Francia, e
portava il cingolo della spada nel-
la consecrazione del re. Ilario fu il
primo vescovo di Vermand , cui
successero Martino, Germano, Mas-
simo o Massimino, Fossonio o Co-
Ionio, Alterno, ec. fino ad Ailome-
ro, dopo il quale la sede di Ver-
NOY
mand fu trasferita a Noyon . Il
primo vescovo di Noyon fu s. I^Ic-
dardo vescovo di Vermand nel 53o,
che trasferì la sede nel 53 1 a- No-
yon, cui nel 532 unì il vescovato
di Tournay; morto nel 545, secon-
do il p. le Cointe; ma il p. Pagi
fissa la di lui morte nel 56 1, ed
il Chenuj Series epìsc. Noviodu-
neiisis^ nel 556. Faustino o Agosti-
no gli successe, indi Gundulfo, Ebrul-
fo, IJertundo , nel 633 s. Asca-
ri o , nel 645 s. Eligio prima o-
refice , onde n'è il patrono; con-
corse alla fondazione delle mona-
che di s. Eligio (Fedi), e die il
sacro velo a s. GodeberLa (Fedi).
Ne fu successore nel 659 o 664
s. Mumnoleno di Costanza, morto
nel 685 ; altro santo fu s. Enuzio
del 74 ^ morto nel 744* Verso il
II 46 la chiesa di Tournay ricupe*
rò il suo vescovato particolare, per
decreto di Eugenio III, essendo ve-
scovo di Noyon e Tournay, Simone
figlio di tlgo il Grande conte del
Vermandese, il quale condiscese im-
mediatamente a quella separazione;
morì Simone nel 1 148 in Seleucia,
durante il suo viaggio per Terra-
santa, intrapreso col re di Francia
Luigi VII. Nel I 148 succedette Bal-
dovino di Boulogne, e morì nel
1167. Stefano d'Albert o Aubert,
fatto vescovo di Noyon nel i337
da Benedetto XII, rifabbricò dai fon-
damenti la cattedrale; dopo tre an-
ni trasferito a Clermont, nel i342
creato cardinale, e Papa nel i352
col nome à' Innocenzo VI (Fe^i).
Quanto agli altri vescovi, sino a
Giovanni Francesco de la Cropte
de Bourzac di Parigi del 1733, mor-
to nel 1765, vedasi la Gallia cìirist.
t. IX, p. 978 e seg. Ne furono
ultioii vescovi : 1766 Carlo de Bro-
glie della diocesi di Lisieux; 1778
NUB NUB 10
Lodovico AiKÌrea de Grimaldi del- gn'zia, ircll* Etiopia (Fedi). Questo
ì» diocesi di Vence, traslato da Le paese formava anticamente una pro-
Mans, che per esseie stato soppres- vincia ecclesiastica nel patriarcato
so nel 1801 il vescovato dal con- ò* Alessandria, e vuoisi che s. Mat-
cordalo, morì in Londra nel 1806. teo vi abbia predicato il cristianesimo,
I canonici regolari di s. Genoveffa che vi si mantenne sino circa al secolo
dirigevano il collegiOj e vi aveano XVL Altri dicono che il cristianesimo
l'abbazia di s. Bartolomeo. Il vesco- vi fu stabilito nel IV secolo, ma oggi
ve godeva 25,ooo lire di rendila. vi domina il maomettismo, e que-
sto alterato, essendo le cerimonie
Conciliì di Noyon, degli abitanti miste di cristianesimo,
giudaismo e maomettismo . Ecco
Il primo fu tenuto neir8i4 per alcuni metropolitani della Nubia, re-
regolare i confini de' vescovati di gistrati dal p. Le Quien, Oiiens
IVoyon e di Soissons. Reg. t. XX; christ. t. II, p. 662. Ciriaco o Sì-
Labbé t. VII; Arduino t. IV. riaco ne occupava la sede sotto
Il sev^ondo nell'SSi, vi fu depo- Chail I patriarca d'Alessandria:
sto Gessè vescovo d'Amiens, reo Abramo re di Nubia concepì tale
di delitto di lesa maestà. Labbé t. odio contro Ciriaco, che minacciò
VII; Arduino t. IV. il patriarca d'introdurre l'idolatria
Il terzo nel i23i 0 1233 in he' suoi stati, se non nominava ai-
favore di Milone vescovo di Beau- tro metropolitano. I vescovi della
vais, il quale pretese che s. Luigi provincia perciò essendosi riuniti,
IX avesse violati i diritti di sua fu deciso il ritiro di Ciriaco in mo-
chiesa, onde i vescovi scagliarono nasteroj e Giovanni fu eletto a sue-
l'interdetto, rivocato poi nel concilio cessore. N. era metropolitano di Nu-
di s. Quintino, perchè non intesi bia nel 1173, quando fu condotto
i capitoli della provincia. Labbé t. prigioniero in Egitto dal fratello
XI ; Arduino t. VIL del sultano. La Nubia è poco po-
li quarto nel 1271 o 1272 per polata riguardo alla sua estensione;
la libertà della chiesa. Labbé t. XI. il maggior numero degli abitanti
Il quinto nel i 280 in cui si prò- sono discendenti da arabi, di cui
clamarono regolamenti sui processi, parlano in generale la lingua, tran-
sulle usure, sui giudici e sugli av- ne quelli della parte settentrionale
vocati. Arduino t. Vili. del Nilo che parlano due particola-
li sesto nel i344 ^'26 luglio, ri dialetti, il scialleli e il nubah^
presieduto da Giovanni arcivescovo Nella Nubia sonovi alcune tribù pa-
di Reims : furonvi fatti diciassette gane, e fra i maomettani esistono
canoni relativi alla giurisdizione ec- alcune specie di santoni, che si ri-
clesiastica continuamente lesa, alla guardano come gente illuminata, e
celebrazione dell' uffizio divino, alla che s'impiegano come giudici nei,
superstizione di alcuni barcaiuoli, processi. La Nubia corrisponde alla
alle esazioni esorbitanti, ec. Labbé parte settentrionale dell'Etiopia al
t. XI; Arduino Vili. di sopra dell'Egitto, chiamata pae-
NOZZE, F. Matrimonio. se di Chus nella sacra Scrittura :
NUBIA. Contrada òeW /africa, che in questa contrada, Cambise re di
confina coW Egitto, V Albissima, la Ni- Persia, dicesi fondò Meroe capitale
voL. xivni. I o
I
i46 NUM
dì possente stato. Nella l'egione si
trovano magnifici avanzi di antichi-
tà. Pare che nel secolo VII, poco
iJopo l'era maomettana, gli arabi
Ti si stabilissero. I diversi suoi sta-
ti o paesi sono in generale gover-
nati da un capo indipendente asso*
luto, che prende d* ordinario il ti-
tolo di malek. L'attuale viceré d'E-
gitto Mehemet Aly, nel 1820 confi-
dò al figlio Ismail una spedizione
in Nubia, ma peri assassinato nel
1822, e fu vendicato da una se-
conda spedizione.
NUDI-PIEDI. Eretici albigesi, che
dicevano bisognar camminare a pie-
di nudi per salvarsi, errore che fu
sostenuto da vari fanatici, come da
molti anabattisti che comparvero in
Moravia sul finire del secolo XVI.
Non portavano essi ne calze, ne
scarpe; vivevano poverissimi nelle
campagne, e facevano professione
d'imitare la vita degli apostoli. Fu-
rono chiamati anco spirituali o se-
parati.
NUHADRA o BETA NUHA-
DRA. Sede vescovile sotto il ma-
friano de'giacobiti, situata ai confi-
ni di Babilonia; e trovasi anche
tra i vescovati della diocesi de' cal-
dei, prima sotto la metropoli d'A-
diabena^ poi di Mosul. Di quella
de'giacobiti furono vescovi, Daniele
del 63o, Giovanni del 759, Atana-
sio del 1265, e Giovanni del 1284.
Oriens christ. t. Il, p. i233 e 1592.
NUMAI Cristoforo, Cardinale,
Cristoforo Numai, nato di ricca e
cospicua famiglia in Forlì, cioè da
Francesco, e da Cassandra Herco-
lani, dotato di uno spirito straor-
dinario, ammaestrato nelle scienze
in Bologna vi fece mirabili pro-
gressi. Quindi disgustato del mon-
do , ivi vestì l'abito francescano ,
donde trasferitosi in Francia per-
NUM
fezionò i suoi studi in Parigi con
riportare la laurea dottorale nell'u-
niversità della Sorbona ; e come di
rara prudenza fornito, non meno che
di eccellente dottrina e santità di
vita, fu sollevato alle prime cari-
che della religione, e finalmente
nel capitolo tenutosi in Roma nel
i5i7 a quella di generale di tut-
to l'ordine. A Francescano ordi-
re dissi come fu l'ultimo generale
dell'intiera religione serafica, divi-
sa quindi in minori osservanti e
conventuali. Essendo in gran con-
cetto presso Francesco I re di Fran-
cia, e alla regina Claudia sua mo-
glie, che lo scelse in direttore del-
la propria coscienza, (altri preten-
dono che lo fu della madre del
re ), ed essendo pure per le sue
sublimi virtù in favore di Leone
X, questi, senza che neppure se lo
immaginasse, nel primo luglio i5i7
lo creò cardinale prete di s. Bar*
tolomeo all'Isola o di s. Matteo in
Merulanaj essendo nera calunnia
dell'empio Lutero, che temeraria-
mente asserì aver egli sborsato
trenta mila fiorini per conseguire
il cardinalato; mentre l'Oldoino e
il Wadingo affermano, che per in«
durlo ad accettarlo vi fu biso-
gno dell'espresso comando del Pa-
pa. Nell'istesso anno lo fece ve-
scovo d' Alatri, a cui nel i522
Adriano VI aggiunse la chiesa d'I-
sernia. Il Marchesi nel suo libro dei
Protonotariy confondendolo con Ales-
sandro Numai protonotario, dice
che fu pure vescovo di Forlì, e
senza badare alla notabile distanza
delle epoche, che Paolo II gli die
la legazione dell' Umbria, e Sisto
IV quella all' imperatore Federico
III (ciò che realmente eseguì Ales-
sandro), che pacificò col duca di
Borgogna mentre stavano per guei'-
I
NUM
regglare, ma giustamente il Cardel-
la dubita assai di tali notizie, ed
il Fleury narra che dopo la pro-
mozione fece un viaggio in Fran-
cia. Questo fu per la legazione a
Francesco I, per esortarlo a pren-
dere le armi contro il turco. Altri
eziandio lo dissero vescovo di Reg-
gio di Calabria, ma ne di questo
ne di quello di Modena si vede
registrato nell'Ughelli. Leone X lo
investì del dominio temporale di
Bertinoro, che poi rinunziò con
pontificia facoltà al fratello Nico-
lò. Nel funesto sacco di Roma, non
potendo ritirarsi in luogo sicuro es-
sendo impedito dalla podagra, soffri
con invitta pazienza e fortezza d'ani-
mo obbrolDri e contumelie atro-
cissime dagli eretici, é a grande
sterno potè campare la vita con
dar loro quanto avea. Tuttàvolta
condotto in carcere, solo ne fu tol-
to quando di lui si rese malleva-
dore Cesare Hercolani suo affine e
concittadino. Il cardinale per non
essere testimone di ulteiiori scelle-
ratezze, e ristorare l'abbattuto ani-
mo suo, passò in Ancona. Interven-
ne ai conclavi di Adriano VI e Cle-
mente VII, morendo in Ancona
nel i528 a' 21 marzo, non nel
i52g, e trasferito in Roma fu tu-
mulato nella chiesa di s. Maria di
Araceli, allora suo titolo, senza fu-
nebre memoria.
NUME, Numen. Deità. F. Idolo.
NUMERO, Numerus. Raccolta
di più unità. L' aritmetica è l' ar-
te o scienza che insegna a partire
i numeri. Numero pigliossi per le
figure aritmetiche o d' abbaco, e
numero si disse l' armonia del ver-
so. Gli antichi che assai poco si
accordarono sulT origine de' nume-
ri, ne attribuirono V invenzione a
Minerva 0 a Mercurio, o a Pilago-
NUM 147
ra di Samo. Il Vossio pretende che
gli egizi sieno stati gl'inventori dei
numeri, che Abramo gli abbia im-
parati presso quel popolo, e che di
là sieno passati alle altre nazioni.
Le figure destinate a segnare o in-
dicare i numeri, furono differenti
presso i greci e presso i romani,
I greci inventarono da prima una
aritmetica molto semplice. Consi-
steva questa in sei lettere dell'al-
fabeto e colla loro combinazione
formavano il valore di tutte le ci-
fre. In appresso si servirono delie
lettere secondo la serie e l'ordine
dell' alfabeto; finalmente divisero
i greci le loro lettere in tre classi,
delle quali la prima è quella del-
l'unità, la seconda quella delle de-
cine e la terza quella delle centi-
naia. I primi romani non ebbero
alcuna specie di aritmetica, il che
viene provato dal chiodo che ogni
anno attaccavano alla muraglia del
tempio di Giove sul Campidoglio,
per indicare il corso e il numero
degli anni. Ma in appresso forma-
ronsi un modo di conteggiare, eh' è
una conseguenza dell' aritmetica di-
gitale, perchè non adoperarono in
essa se non che cinque lettere, colla
combinazione delle quali essi espri-
mevano tutti i numeri, cioè : I .
V. X.L.C. Per ciò che riguarda
le nostre cifre arabiche, esse non
appartengono né ai greci né ai ro-
mani: tutti sono ora d'accordo che
tali cifre sono state inventate o a noi
pervenute dagli orientali, primiei-a-
mente perchè quando due o un piti
gran numero di queste cifre sono
unite insieme si comincia a com-
putare dal Iato destro volgendo
verso il sinistro, il che era in uso
neir oriente ; poi perche si fece uso
anticamente di quei caratteri per
indicare i segni del zodiaco e dei
i48 NUM
pianeti, che piimi a noi trasraisero
gli arabi. Gli antichi scrittori attri-
buiscono anche a Pitagora l' aver
scoperte alcune virtù divine ne* nu-
meri. Si crede che gli ebrei tras-
mettessero ai primi cristiani d'A-
lessandria la dottrina della fatalità
de* numeri. Da questo trasse ori-
gine in gran parte la cabala dei
rabbini sulle combinazioni numeri-
che. Tuttora sussiste presso alcuni
il riferire ai numeri gli avvenimen-
ti sgraziati e felici. J^edi Epoca.
I segni co' quali si esprìmono
ordinariamente i numeri chiamansi
cifre. L* invenzione de' caratteri nu-
merici è antichissima, e gli egizi li
aveano immaginati avanti l' epoca
in cui conobbero i caratteri alfa-
betici . Vedi Lettera. Tuttavolta
r origine delle cifre numeriche, det-
te comunemente cifre o numeri a-
rabici, si ravvolge nella più cupa
antichità. Il nome che si dà loro
di arabici deriva dall' opinione ge-
neralmente accolta in occidente che
siano stati trasportati dall'oriente e
che l'Europa gli abbia ricevuti dagli
arabi o dai saraceni. -Si volle inoltre
attribuirne 1' origine ai greci^ ai ro-
mani, ai celti, ai cartaginesi, agli
sciti, agli egizi. Tuttavia la mag-
gior parte degli scrittori moderni
attribuisce agl'indiani l'invenzione,
che forse la riceverono dagli arabi
e a noi la trasmisero. 11 tempOj
che tutto altera e sconvolge, portò
qualche differenza anche tra i no-
stri numeri e quelli degli arabi,
che ciedonsi nostri maestri, o pure
tra le cifre degl' indiani e quelle
degli arabi, cosicché in oggi la for-
ma o la situazione pnmiliva di
alcune cifre numeriche si trova in-
teramente cangiata. Dicesi che Leo-
nardo Fibonacci pisano introdu-
cesse nei 1202 in Italia i numeri
NUM
e le cifre arabiclie; »hn ne asse-*
gnano il merito al monaco greco Ph»-
nude ; altri nel secolo X a Gerbcrto
poi Silvestro II; gli spagnuoli l'aUri-
buiscono al re Alfonso X; certo è che
le cifre arabiche erano in Europa
conosciute avanti la metà del se-
colo XIII, e l'uso adottossi a poco
a poco, ma con altre forme. Per
riguardo de' numeri romani, le no-
zioni sono troppo note, e diffusa-
mente ne trattò Bonel, Tesoro del-
le ricerche. Il Buonarroti, De vetri
amichi p. 89 e 90, parla de'nu-
meri, loro mistiche allegorie usate
dai padri nelle omelie al popolo;
del numero centesimo dato antica-
mente ai martiri e da s. Girola-
mo attribuito alle veigini; del ses-
santesimo riferito dal medesimo
santo alle vedove; e il trigesimo
già delle vedove applicato dallo
stesso alle maritate, quanto al frut-
to e merito d'ognuno de' nominati
stati. Vedi il Cerlendi : Cabalonia'
chi a: hoc est artis cahaUstìcae op-
piignatio ; e l'articolo Lotto. Tra
quelli che riputarono le cifre ara-
biche romane, nomineremo il p.
Calmet, Ricerche sult origine delle
cifre d^ aritmetica j ed il conte Zi-
nannì, Dissert. de numeraliiiin no-
tarum minuscularum origine^ affer-
mando che l'introdusse nell'arit-
metica Marco Aurelio, e dall' Italia
passarono per tutto il resto del
mondo. Eruditissime notizie biblio-
grafiche de' misteriosi attribuii dei
numeri ternario e settenario, ripor-
ta il Cancellieri § XIII: Le sette
cose fatali di Roma. Giuseppe de
Mattheis : SidV origine de' numerì
romani dissertazione, Roma. Vedasi
Novena, OTTAVARro e Tridui.
NUMERO AUREO, o CICLO
LUNARE. Vedi Calendario e Ci-
clo Pasquale.
NUM
]VUM1DIA. Vasta contrada del-
l' Africa , «lilla costa seUcnlrionale
che eslendevasi daW j^frica propria
air oriente , sino alla Alauritiana
all'occidente, venendo separata dal-
l'una e dall'altra dal monte Atlan-
te, e confinando colla Libia dal-
ia parte del mezzodì e col Medi-
terraneo a settentrione. La iNumi-
dia corrisponde parte , secondo al-
cuni, a ciò che poscia chianiossi
Biledulgerid; la maggiore e più oc-
cidentale parte di essa corrisponde
però allo slato di Algeri , in cui
Gregorio XVI eresse la sede vesco-
vile. Tutta la JN'umidia eia abitata
da molti piccoli popoli , de' quali
erano i principali i massili o inas-
syli e i massoesyli , che al tempo
della guerra del Peloponneso cia-
scuno aveva il suo sovrano. Poscia
fu in parte sottomessa ai cartagi-
nesi, e per un tempo ad Agatocle
tiranno di Siracusa. I principali so-
vrani furono gli avi di Siface e di
Giugurta; i primi tenevano la cor-
te in Siga , gli altri in Zama. Al
tempo della seconda guerra punica
regnavano Gala padre di Massinis-
sa, e Siface col quale si coUegaro-
no i due romani Scipione , onde
opporre a Cartagine un nemico sul-
le frontiere. I cartaginesi si col le-
garono con Gala, ad istigazione di
Massinissa, il quale fugò Siface. Que-
sto divenne poi sì terribile ai carta-
ginesi che per staccarlo dai romani
gli dierono in isposa la bella Sofonis-
ba già promessa a Massinissa. Allora
il deluso principe , per vendetta si
gittò nel partito romano e sosten-
ne gloriosamente e con pochi mez-
zi terribili guerre con Siface, e fu
di gran vantaggio ai romani , che
videro per lui ritornare Annibale
in Africa. Massinissa cacciò tutti i
piccoli re di Numidia, e piesa Cir-
NUM i49
ta (Vedi), vi trovò Sofonisha, che
in vece di cederla ai romani le
somministrò il veleno di cui morì.
I romani gli diedero la Numidia ,
che così fu riunita sotto un solo
sovrano, e procurò civilizzarla. Do-
po di lui regnò il figlio Micipsa ,
che dichiarò eredi i suoi due figli
e il nipote Giugurta , il quale poi
nelle guerre co' romani divenne lo-
ro prigioniere, onde la Numidia
passò nel dominio di Roma , tran-
ne una porzione data al re Bocco
li-adilore del vinto e prode re, la
quale fu chiamata nuova Mauri -
tiana, e poscia tutta la Numidia fu
riunita all' impero. Tuttavolta Au-
gusto restituì a Juba li il regno
di parte della Mauritiana del suo
padre Juba 1, dopo la cui morte
non ebbe più re la Numidia e ri-
mase ridotta a provincia romana.
A* nostri giorni fu paragonato a
Massinissa e Giugurta il famoso
Abd-el-Kader, di cui fieci cenno nei
voi. XLII, p. 289, e XLIII, p. 109.
Egli nel dicembre 1847 si sotto-
mise alla Francia, ed in questa fu
trasportato colla famiglia. Ora si
pretende che l'ex emiro Abd-el-
Kader non sia nato maomettano ,
ma originario da famiglia spagnno-
la di Valenza, i cui parenti colla-
terali ancora vi abitano, e fatto
prigioniero essendo fanciullo dai pi-
rati , fu portato in Africa colla ta-
miglia.
La religione cristiana vi fece mi-
rabili progressi ; nel IV secolo Gir-
la era metropoli della provincia
ecclesiastica di Numidia , con cento
trentaquattro sedi vescovili suffra-
ganee, molte delle quali assai illu-
stri, registrate da Commanville a
pag. i53 e seg. HisL des archév ,
e descritte dal Morce Ili, /^/nc« Chri-
stiana, e da noi brevemente ai loro
i5o NUM
articoli, in un ai concflii che vi fu-
rono celebrati. Dipoi i vandali con
Genserico invasero la Numidia e vi
fecero strage, con immenso danno
delle sedi vescovili e del cristiane-
simo. Ricuperala da Giustiniano F,
nei primi anni del VII secolo gli
arabi e mori maomettani la con-
quistarono, vi distrussero la cri-
stiana religione e introdussero il
maomettismo, e dilHcilmente talvol-
ta vi penetrarono missionari, ben-
sì gli ebrei. Gregorio XVI istituì
il vicariato apostolico di Gallas , e
nel maggio 1846 quello dell'Afri-
ca centrale, come dissi nel voi. XLV,
pag. 249» ove feci pur cenno del-
la missione del celebre gesuita p.
nyllo, ora in Tarfur sede del secondo
vicariato, dal medesimo Papa man-
dato nei paesi dell'Africa centrale.
Concila di Numidia.
ti primo nel 348 dai capi dei
donatisti, per far cessare, come di-
cevano essi, le violenze di Macario,
il quale era andato in Egitto per
distribuir a* poveri l'elemosine del-
l'imperatore Costanzo I, trovando-
si invece costretto farsi accompa-
gnar dai soldati, per difendersi dai
donatisti. Mansi, Suppl. t. I, p. 217.
Il secondo nel 4^2 o 4^3. An-
tonio mandato vescovo a Fussala ,
dopo che gli abitanti ebbero abiu-
rato lo scisma dei Donatisti (Fedi),
fu privato d'ogni giurisdizione so-
pra i diocesani , venendo accusato
di molti delitti. Ma il vescovo a-
vendo impegnato il metropolitano
di Numidia perchè scrivesse al Pa-
pa s. Bonifacio I in suo favore,
quindi essendosi portato in Roma
per far riformare la sentenza del
concilio, s. Agostino vescovo d' Ip-
pona (Vedi) scrisse al Papa s. Ce-
NUN
le«tluo r la lettera 209, per avver-
tirlo delle imposture d' Antonio e
per dimostrargli che il concilio avea
agito conformemente agli usi della
chiesa d'Africa. Mansi p. 3og.
Il terzo nel 592, rigettato da s. 1
Gregorio I. Arduino t. 111.
Il quarto nel 604, contro i si-
moniaci. Reg. t. XVI; Labbé t. V.
Il quinto nel 646 contro i mo-
noteliti. Ibidem.
NUMIDIA. Sede vescovile della
Mauritiana Cesariana, nell' Africa
occidentale , sotto la metropoli di
Cartagine. NumidJa, Nuniidien, e un
titolo vescovile in partibiis , sutfra-
ganeo di Cartagine , che conferisce
la santa Sede. Per ultimo ne furo-
no decorati Severino Maria Castelli,
e per sua morte Leone XII nel
concistoro de' 28 gennaio 1828 lo
die a monsignor Stefano de Blan-
quet de Resuville di Mandes, già
vicario generale di Chartres e di
Reims.
NUNILONA ed ALODIA (ss),
sorelle, vergini e martiri. Vivevano
nel secolo IX, sotto il regno di Ab-
derameno II re de' mori o sarace-
ni , in Ispagna. Il loro padre era
maomettano e la madre cristia-
na , la quale rimasta vedova , ri-
maritossi ad un altro maomet-
tano. Allevate nella religione cri-
sliana , ebbero molto a soffrire a
cagione della brutalità del loro
padrigno , il quale avea un uffi-
zio ragguardevole in Castiglia. Co-
stui cercò d' indurre le due sante
a maritarsi; ma invano, percioc-
ché si avevano posto in cuore di
servire a Dio nella virginità. Fi-
nalmente ottennero la permissione
di ritirarsi in casa di una zia, cri-
stiana assai fervorosa , presso la
quale si dierono liberamente agli
esercizi della loro religione. La cit-
NUN
tà nella quale stanziavano chiama-
vasi Barbila o Nerveta, che erede-
si essere Castro-Viejo presso Naja-
ra in Castiglia, sulle frontiere della
Navarra. Questa città era sommes-
sa ai saraceni allorché Abderameno
fece pubblicare i suoi editti contro
i cristiani. Nunilona ed Alodia era-
no troppo conosciute per la loro
nascita, pel loro fervore e pel loro
Belo, e non poteano non venire
prese le prime. Condotte dinanzi
al giudice, mostrarono ferma co-
stanza, resistendo ad ogni lusinga
e minaccia. Vennero consegnate ad
alcune empie donne, nella speranza
che queste sarebbero venute a capo
di pervertirle ; la qual cosa non
essendo riuscita, le due sante ver-
gini furono condannate ad essere
decapitate nella prigione in cui e-
rano state rinchiuse. La sentenza
fu eseguita il 22 ottobre dell'SSi,
altri dicono nell' 840. 11 martiro-
logio romano segna la loro festa
nel detto giorno ; e la maggior
parte delle loro reliquie si custo-
disce nell'abbazia di s. Salvatore di
Lejer in Navarra.
NUNZIO APOSTOLICO. Nun-
ciiis apostolìcuSj ApocrisariuSy Le-
gatus. Prelato, vescovo , o arcive-
scovo, o patriarca benché rara-
mente, ambasciatore del Papa, rap-
presentante la sua persona appresso
gli imperatori, i re, i grandi princi-
pi o repubbliche, a cui è inviato per
ordinaria delegazione, e per affari
straordinari, comunemente con po-
destà di Legato (Fedi). A quell'ar-
ticolo dicemmo però della diversità
che passa tra esso e il nunzio , e
riportammo moltissime cose che e-
spressamente riguardano i nunzi del-
la santa Sede, non che le altre spe-
cie di nunzi ordinari o straordinari,
destinati presso le corti sovrane o
NUN i5i
governi di repubbliche, in un alle
loro prerogative, facoltà e giurisdi-
zioni, con titolo di Delegato apo-
stolico, InternunziOj Incaricato d! af-
fari. Inviato straordinario (Vedi) e
talvolta ancora di Ambasciatore.
Al presente esistono propriamente
nunziature apostoliche con nunzi
pontifìcii, in Briisselles pel Belgio,
in Lisbona pel Portogallo, in Lu-
cerna per la Svizzera, in Madrid
per la Spagna, in Monaco per la
Baviera, in Napoli pel regno delle
due Sicilie, in Parigi per la Fran-
eia, in Torino per gli stati del re
di Sardegna, in Vienna per quelli
dell'imperatore à' Austria, ai quali
articoli parzialmente ne trattiamo ;
come ai precedenti di quei ministri
e rappresentanti, che con tali de-
nominazioni rappresentano il som-
mo Pontefice negli stati e regni in
essi enumerati. Non più esistono le
nunziature e i nunzi di Venezia,
Polonia, Inghilterra, Colonia, per
que' motivi detti ai loro articoli ;
altre nunziature invece del nunzio
hanno quel rappresentante intitola-
to delegato, internunzio, incaricato
e inviato, ma non tutti decorati del
carattere vescovile. Anticamente non
sempre i nunzi erano insigniti della
dignità episcopale, per cui molte vol-
te i nunzi, principalmente quelli in-
viati in remote parti, furono sacer-
doti o diaconi secolari, o religiosi,
ed i minori francescani e i domeni-
cani contano molti nunzi apostolici
tra i loro alunni. Ordinariamente
il Papa conferisce ai nunzi un ti-
tolo arcivescovile in partibus, ed
anche patriarcale come l'ebbe il
Macchiavelli nunzio di Colonia e poi
cardinale; talora i nunzi sono ve-
scovi di chiese residenziali. Innu-
merabili poi sono i nunzi straordi-
nari, che la Sede apostolica in ogni
tempo e in tutte le parti del mondo
lia spedito per gravi affari della
Chiesa e della repubblica cristiana,
per comporre le discordie degli stati
e de* principi, per formare allean-
ze, per conchiudere leghe, massime
qontro gl'infedeli e altri nemici del
cattolicismo, per assistere alle ele-
zioni degl' imperatori romani, re di
Polonia e altri sovrani, per presen-
tare le Fascie benedette , la Rosa
ctoro benedetta, lo Stocco e berret-
tone benedetti (Fedi), o altri sacri
donativi; per incontrare sovrani nei
loro Ingressi in Roma (P^edi), e per
altre circostanze, e di tutto se ne
tiene proposito ai citati ed altri re-
lativi articoli, biografìe, ec. Ivi pure
sì parla degli affari trattati dai nun-
zi, quali rappresentanti del Papa ,
coùie capo della Chiesa e sovrano
temporale, e le vertenze insorte in
cui furono esposti e compromessi
questi ministri pontificii. Che dai
primi tempi della Chiesa ebbero ori-
gine i legati o inviati dal romano
Pontefice, lo dissi a Legato e ne
produssi gU esempi ; ma il vocabolo
propriamente di nunzio, equivalente
a quello di ambasciatore o messag-
giere, cominciò ad essere in uso ge-
neralmente verso la metà del secolo
XIV, sussistendo però qualche an-
teriore monumento con tal nome.
La residenza del nunzio, il suo tri-
bunate, la sua cancelleria, l'eserci-
zio dell'officio di nunzio venne chia-
mato nunziatiiray legatio, legazione,
ambasceria, carica o funzione di le-
gato.
Il Muratori , Rer. ital. tom. I,
diss. 9, parlando de' messi o nunzi
della curia e del loro ofifìzio, li chia-
ma : Missi discurrenteSf AI issi do-
minici, regii legati (alia nomina
praelermitto ) appellantur, e dice di
essere stati nelle repubbliche per lo-
NUN
ro bene e per conservazione della
giustizia fra' popoli stabiliti, ed olire
i duchi , marchesi , conti ed altri
magistrati, si pensò a provvederle
di altro soccorso con destinare i
messi o nunzi, i quali andavano gi-
rando per le prò vi noie e pei con-
tadi, affine di ricever le querele e
le istanze de' popoli , per ristoro
dell'oppressa giustizia, con ampie fa-
coltà di correggere gli stessi conti e
giudici ; che perciò non avevano fer-
ma sede, detti perciò Missi discur-
rentes. Che questi messi li aveva
anche il Papa, che questi talvolta
invitò i re e gl'imperatori a man-
dare i loro nelle terre delia Chiesa,
e della loro autorità come regola-
ta, lo riferisce il Borgia, BrcK>e isto-
ria del dominio temporale della se-,
de apostolica, p. 4^? mentre a p.
3 16 discorre della promissione che
faceva il nuovo Papa, alla presenza
de' messi regi e imperiali, cioè di
amministrare rettamente la giusti-
zia, e di governare con placidezza i
popoh soggetti alla Chiesa romana.
De' legati missi, nunzi o internun-
zi, facemmo parola nel voi. XXXVII,
p. 268 e 277 del Dizionario. Tal-
volta nunzi o o inlernunzio fu det-
to anche l' ambasciatore di qualche
sovrano secolare ( come quello del-
l'imperatore d' Austria presso la
Porta ottomana), ma piti partico-
larmente si diede questo nome a
quello del Papa alla corte d'un prin-t
cipe o presso uno stato cattolico ,
ovvero che assiste a nome del Pon-
tefice ad una assemblea o congres-
so di molti ambasciatori. Quanto ai
Consoli pontificii, veggasi tale ar-
ticolo.
I nunzi pontifìcii prima del con-
cilio di Trento giudicavano in pri-
ma istanza delle cause che sono
della giurisdizione ecclesiastica; miv
NUN
dopo quel concilio non possono i
nunzi essere che giudici d'appello
per le sentenze date dagli ordinari
de* luoghi soggetti alla disciplina
delle decretali e del concilio di
Trento; giacché pei regni che non
sonovisi assoggettali, come quello
di Francia, i nunzi non vi hanno
autorità, ne giurisdizione, e vengo-
no considerati come ambasciatori.
V. Cono. Trid. sess. 24, cap. 20,
dereform.; Van-Espen, Juris eccles.
t. I, p. 217. Che i nunzi aposto-
lici fuori di provincia non hanno
alcuna giurisdizione, e che non pos-
sono conferire con diritto di lega-
zione in provincia alcun benefizio ,
lo si ha dalla Leg. ult. ff- de jn-
risdict. cap. i in 6. 11 Lunadoro ,
commentato dal Zaccaria, Relaz.
della corte di Roma, par. 2, cap.
38, de' nunzi apostolici, ecco quan-
to dice. M I nunzi o sieno que' le-
gati apostolici, che rimangono in
paese di straniero dominio per ivi
accudire ancor agl'interessi de'som-
tni Pontefici; quantunque abbiano
facoltà di esaminare le controversie
civili e miste, e d'ingerirsi in tut-
tociò che riguarda lo spirituale go-
verno; nondimeno però esercitare
non possono una liberissima giuris-
dizione, come i legati a lalere; do-
vendo eglino, se non sono provve-
duti de' necessari mezzi per punire
i trasgressori, servirsi dell'aiuto dei
vescovi locali, ed implorare ancora
se sia d'uopo il braccio secolare per
mandare ad esecuzione i propri de-
creti. Dauielli, Ree. prav. Rom. cur.
p. 186. Credesi da molti che agli
antichi apocrisari e responsali sie-
no successi i legati ovvero i nunzi
apostolici, esecutori degli ordini e
delle risposte pontificie". Si chiama-
rono conimonitorie e memoriali le
lett^i-^ che si spedivano ai le^li ,
NUN i53
apocrisari o nunzi, ed in esse si
prescriveva loro come si dovevano
portare nell'odicio della loro lega-
zione o nunziatura.
Giovanni XXII nell'extra vagante,
Super gentes, de constit. , ingiunge
la pena di scomunica a' principi che
non vogliono ricevere i legati e nun-
zi della santa Sede. Gregorio XI ai
patriarchi, arcivescovi e vescovi proi-
bì farsi precedere dalla croce in
presenza de' nunzi apostolici, y. Cro-
ce PONTIFICIA. A Croce pettorale
riportammo la lettera di Benedetto
XIV, in cui dichiara doversi por-
tar sempre scoperta, contro le pre-
tensioni de' patriarchi di Lisbona,
che sostenevano dovessero i nunzi te-
nerla occulta. Tutti i nunzi apostolici
godono da tempo antichissimo in tut-
te le corti la preminenza sul corpo
diplomatico, come confermò il ce-
lebre congresso di Vienna, a' io
giugno 18 i5, che li riconobbe quali
ambasciatori di primo rango, e pri-
mi tra gli ambasciatori e ministri
delle altre corti. K. Ambasciatori e
Diplomazia. Questa preminenza pur
godono anche gli altri rappresen-
tanti pontificii di grado inferiore ,
bene inteso che questa preminenza
r hanno ciascuno sui colleghi dei
rispettivi gradi diplomatici. Nel lo-
dalo congresso fu pure convenuto
che ciascun diplomatico prenda il
posto a seconda della data della pre-
sentazione di sue credenziali, senza
distinzione alcuna tra ministri cat-
tolici e ministri protestanti, in tutte
le corti compresa quella di Roma.
Nelle corti acattoliche eziandio i nun-
zi pontificii godono la precedenza
sugli ambasciatori degli altri sovra-
ni senza eccezione alcuna : in quella
di Pietroburgo il nunzio Archetti
ebbe sempre la precedenza sull'am-
basciatore di Giuseppe II, senza k
i54 NUN
menoma difficoltà. Si è oonsideroto
questo speciale onore come un omag»
gio renduto al capo della religione
«ialtolica nella persona de' suoi rap-
presentanti. Godono essi di questa
prerogativa da un tempo imme-
morabile, senza contestazione alcu-
na per parte degli ambasciatori che
lianno risieduto simultaneamente eoa
essi nella medesima corte. Quindi
i nunzi rimangono in possesso del
primo posto in tutte le cerimonie
ed occasioni solenni, nelle quali il
corpo diplomatico trovasi riunito. In
Francia il nunzio del Papa, od in
mancanza di lui l'anziano degli am-
basciatori, volge un complimento al
re in nome del corpo diplomatico,
nel primo giorno dell' anno , e nel
suo giorno onomastico. Vedasi il cav.
Artaud, Storia di Leone XIIj t. Ili,
cap. 43. Nel gran convito che nel
i838 si fece in Milano per l'inco-
ronazione dell'imperatore Ferdinan-
do I, del corpo diplomatico il solo
nunzio apostolico vi fu ammesso, al
modo detto nel voi. XVII, p. 100
del Dizionario.
Ai nunzi si dà il titolo di Eccel-
lenza; essi vestono come i prelati
domestici, hanno però l' uso della
mozzetla, perchè devono incedere
col rocchetto scoperto in segno di
giurisdizione. Al cappello usano la
fettuccia e il fiocco di seta verde,
se vescovi, 0 del colore del loro gra-
do prelatizio, con oro frammischiato.
Nella biografia del cardinal Giraiid
(Vedi) dicemmo, che essendo nunzio
di Parigi, venne autorizzato da Cle-
mente XIV a ricevere in suo nome
la professione religiosa della figlia del
re, vestito di abiti cardinalizi, ben-
ché non ancor fregiato della digni-
tà. La porpora si vuole usata anti-
camente dagli apocrisari o nunzi di
Costantinopoli. I nunzi di Vienna,
NUN
Parigi, Madrid e Lisbona al termi-
ne della loro nunziatura sono creali
cardinali: l'avviso e il berrettino glie-
li porta una guardia nobile; la Ber-
retta cardinalizia (Fedi) un Alle-
gato apostolico (Fedi): nelle par-
ti lontane si suole nominare dal
Papa ablegato l'uditore della nun-
ziatura. 11 sovrano impone la ber-
retta al nunzio elevato al cardina-
lato, con quel cerimoniale descrit-
to a Berretta cardinalizia e nel
voi. IX, p. 3io e 3ii del Diziona-
rio. Gli ultimi nunzi che hanno ri-
cevuto la berretta cardinalizia dalle
mani de* sovrani presso di cui era-
no accreditati, sono i seguenti. 1826
il cardinal Macchi in Parigi dal re
Carlo X, in cui fu ablegato mon-
signor Nevi uditore della nunziatu-
ra, poi minutante di segreteria di
stato ed uno de'migliori compilatori
dei dispacci diplomatici della santa
Sede. 1882 il cardinal Tiberi in Ma-
drid dal re Ferdinando VII. 1882
il cardinal Alessandro Giustiniani in
Lisbona dal re d. Michele I, in cui
fu ablegato monsignor Minardi udi-
tore della nunziatura. i845» il car-
dinal Altieri in Vienna dall'impe-
ratore Ferdinando I, in cui fu able-
gato monsignor Bedini uditore della
nunziatura : la funzione si legge nel
numero 89 del Diario di Roma.
Talora i nunzi creati cardinali re-
stano alcun tempo presso la rispet-
tiva coite, col titolo di pro-nunzio.
Nel t. XI, p. 240 del Bull. Roni,
coni, si legge un breve di Pio VII
diretto al cardinal Pacca in Porta-
galliae et Algarbioriun regni ^nostro
et apostoUcae sedis pro-nuncio. Il
cardinale de Luca, // cardinale pra-
tico cap. XVI, n. i4> su questo pun-
to scrive cosi. « Porta il caso, alle
volte, che i cardinali esercitano la
carica di nunzio apostolico appresso
NUN
qualdie re ; ma ciò segue per acci-
dente e provvisoriametite, in quel
modo che in alcune cariche della
corte segue, conforme si è accennato
nel capitolo XIV (prò- tesoriere, prò*
governatore, ec. ) ; cioè che quello
ii quale si trova già nunzio sia in
quello stato creato cardinale, perlo-
chè continua nell'esercizio della ca-
rica fino alla partenza, o veramen-
te fino all'arrivo del successore, ma
provvisoriamente, non dandosi il ca-
so che quello il quale è già car-
dinale assuma la carica dì nunzio;
COSI nell'uno come nell'altro, cioè
che il cardinale faccia da nunzio o
rispettivamente da ambasciatore , i
trattamenti sogliono essere diversi,
conforme ne* cerimoniali delle corti
si dispone *'. Il Parisi nelle Istruzio'
ni, tratta dei nunzi : a chi danno
parte della loro destinazione, ed a
chi rispondono ; che si accompagna-
no con diversi brevi o lettere cre-
denziali; della loro entrata pubbli-
ca, riportando il cerimoniale del-
l'ingresso fatto dal nunzio Amalteo
nel 1592 nella capitale della Tran-
silvania ; della precedenza sugli am-
basciatori; se i nunzi sieno i primi
a fare o ricevere le visite ; come si
concepiscono le parlate che fanno
Della prima udienza pubblica, e dei
titolario per la segreteria d'un nun-
zio, rimettendo pel resto a quanto
ampiamente insegna il Wicquefort ;
V amhassadeur^ et ses fonctions, ed
alle istruzioni particolari che dà a
ciascuno la segreteria distato. Ripor-
ta il sentimento del Navagero sull'of-
fizio di un buon ministro nelle corti
estere, diviso in tre parti: neirin«
tendere ed avvisare, nel che è neces-
saria la diligenza ; nel negoziare, al
che giova mirabilmente la destrez-
za ; nel confeiire, ove il giudizio im-
porta grandemente.
NUN i55
Nothie sopra gli antichi apocrisa-
ri ed i nunzi apostoliciy loro a-
rigine e principali avvenimeMi
delle nunziature»
I vantaggi che agli stati e regni
cristiani derivarono dalle nunziatu-
re sono innumerabili, sia pel bene
e incremento della religione, prin-
cipale loro scopo , sia per quello
della civile società, poiché sempre i
Papi furono di ciò solleciti. Alle
nunziature ordinarie e permanenti
in molle regioni sì deve la fede con-
servata, la disciplina ecclesiastica ri-
storata e mantenuta, e la salute e
prosperità delle repubbliche, de' go-
vernanti e de' sudditi. I delegati mi-
nistri della santa Sede, sebbene e-
guali nella rappresentanza con mag-
giore o minor grado e facoltà, se-
condo i tempi e la disciplina della
Chiesa, variarono nel nome e nel-
l'esercizio di giurisdizione , laonde
ne' prinai secoli si chiamarono apo-
crisari e responsali, nell'età di mez-
zo legati, quindi nunzi apostolici.
All'articolo Apocrisario dicemmo che
fino dai primi secoU della Chiesa
deputarono i responsali o legati, cosi
detti dal portare agl'imperatori le
risposte di quelli da cui ricevevano
la missione, e con voce greca de-
nominati apocrisariy vescovi e più
comunemente diaconi (il perchè lo
dissi a Diaconi, parlando dei cardi-
nali diaconi elevati all' apocrisariato),
i quali dimoravano nella corte impe-
riale di Costantinopoli per trattare i
negozi della Chiesa universale, e molti
furono assunti al pontificato quando
a questo influivano gli augusti gre-
ci. Secondo il Macri, cominciò tale
offizio residenziale nel trasferimento
della sede imperiale a Costantino-
poli sotto Costantino il Grande, e-
sercilato prima dai vescovi, poi dui
i56 NUN
cardinali diaconi, perchè i cardinali
preti erano tenuti risiedere ne' loro
titoli. Della loro autorità, tratta il
Zaccaria, Ariti- Fehbrotiìo par. Il, p. 4
e seg., negli occorrenti negozi o dom-
inatici o canonici come rappresen-
tanti la persona del Papa , confu-
tando Febbronio che parlò con dis-
prezzo de* nunzi apostolici, pei mo-
livi che si dissero alla biografìa
HoNTUEiM. Abbiamo dal Galletti, Dt^L
primicero p. 98, che l'imperatrice
Galla Plucidia, morta nel 4^o, per
la sua pietà fabbricò in Costanti-
nopoli un palazzo per uso de' Papi
e de' loro nunzi quando vi si re-
cavano. Il Pontefice s. Liberio del
35^ spedi due legazioni all' impe-
ratore Costanzo per la convocazione
del concilio, e s. Leone I nel 4^^
costituì Giuliano vescovo di Coo
suo perpetuo apocrisario o legato
alla corte dell'imperatore Marciano,
perchè con ordinaria potestà soste-
nesse le sue veci e adoperasse la
più squisita cura e diligenza, affin-
chè non ripullulasse l'eresia di Ne-
storio e di Eutiche , e mantenesse
nelle chiese orientali la pace, alla
cui custodia le avea affidate. Da que-
sta pontificia legazione di s. Leone
] , alcuni riconoscono la primaria
origine dei nunzi apostolici appresso
i principi. Vedasi De Marca, De
concord. lib. 5, cap. i5; Quesnello,
Disstrt. in oper. s. Leonìs p. 167,
499 ; Orsi, Storia eccl. t. XIV, lib.
33, n. 1 19; Du Mesnil, Doct. et disc,
eccl. t. Ili, lib. 25, n. 22. Il Du Gan-
ge crede che solamente sotto Giu-
stiniano 1 abbiano i Papi cominciato
a mandare agi' imperatori gli apo-
crisari, ma ciò devesi intendere piut-
tosto il loro ripristinamento. Poiché
invasa l'Italia nel 49^ tlai goti, fu-
rono costretti i Pontefici di maneg-
giare i più iiBportauti negozi alla
NUN
corte occidentale; ma debelkili da
Giustiniano I que' barbari verso il
537 e liberala Italia dalla loro ser-
vitù, ritornarono nuovamente gli a-
pocrisari a Costantinopoli. Infatti,
prima di questo tempo, costretto
Papa s. Agapito I da Teodato re
de' goti a portarsi in Costantinopoli,
onde Giustiniano I richiamasse il
suo esercito dall'Italia, in partire da
quella metropoli costituì suo apo-
crisario Pelagio suo diacono cardi-
nale, poi Pontefice Pelagio I, come
affermano. Liberalo in. Breviar, cap.
21 e 22, ed il citato de Marca, lib.
3, cap. 16, dove tratta dell'origine
e dell' uffizio degli apocrisari. Che
Giustiniano 1 promulgò alcune leggi
intorno agli apocrisari, si ha dalla
Novella VI, e. 2, 3.
Inoltre s. Agapito I lasciò in Co-
stantinopoli per apocrisario anche
Vigilio diacono cardinale, per cui
alla morte di quel Papa, bramoso
di salire al pontificato, per le sue
brighe fu esiliato da Roma il nuo-
vo eletto s. Silverio, cui successe
Vigilio. Questo delegò all'apocrisario
Pelagio la cognizione di Paolo pa-
triarca d' Alessandria, convinto d' o-
micidio, tenendo l'apocrisario in cor-
te molta potenza e autorità, onde
costrinse Giustiniano I a condan-
nare le non sane dottrine di Ori-
gene, e benché l'imperatore voleva
revocare la destituzione di Paolo, il
Papa si rifiutò contraddire alla sen-
tenza del suo apocrisario. Pelagio
Il nominò apocrisario presso gl'impe-
ratori Tiberio 11 e Maurizio s. Grego-
rio diacono cardinale, che del secon-
do divenne compare, poi s. Gregorio
I Magno. 11 zelante, dotto ed eloquen-
te apocrisario, convinse l'eresia, ve-
gliò al mantenimento della disciplina
ecclesiastica, che non si violasseio i
canoni, né si recasse oltraggio alla se-
NUN
<^e npostollca; come pure facendosi av-
vocato coll'imperalore delle provin-
cie occidentali, noo solo impedì che
tutta Italia divenisse preda de' lon-
gobardi , ma si fece a difendere i
poveri dalla cupidigia de'prefetti e
dalle calunnie e oppressioni de' pò»
tenti. Pei loro grandi servigi gli a-
pocrisari divennero sommamente cari
agl'imperatori, per cui Foca reduce
dalla guerra in Costantinopoli, non
avendo trovato nel suo palazzo l'a-
pocrisario, secondo l'antica consue-
tudine, dolcemente se. ne lagnò con
s. Gregorio I, il quale rispose ciò
avvenuto non per negligenza , ma
per l'acerlJttà de' tempi che aveva
impedito ai ministri della romana
Chiesa di trasferirsi a Costantino-
poli, come riferisce il citato Galletti
a p. i53; e successivamente gli man-
dò per apocrisari Sabiniano e Bo-
nifacio diaconi cardinali, che ambe-
due occuparono la sua sede , e il
secondo col nome di Bonifacio IH,
avendo questi ottenuto dall'impera-
tore Foca, che solo al Papa appar-
tenesse il titolo di vescovo wiiver'
sale. Osserva il Baronio, an. 607,
n. 1, che gli apocrisari alla corte di
Costantinopoli più facilmente veni-
vano in quel tempo assunti al pon-
tificato; perocché essendo invalso
l'abuso che il clero romano aspet-
tasse il consenso imperiale pel nuo-
vo eletto, esso procurava eleggere
quello che sapevano conosciuto e
grato all'imperatore d'oriente. Il
Galletti poi dice, che solevano man-
darsi i diaconi per apocrisari, per-
chè essi dovendo trattare anco quan-
to riguarda i beni e le cose tempo-
rali della santa Sede, erano repu-
tati poter meglio de'sacerdoti accu-
dire al ministero di nunzi. Dovendo
gli apocrisari sostenere anche la reli-
gione e la pace della Chiesa, erano
NUN 1.-T7
ordinariamente segno all'otlio degli
eretici, i quali spesso procurarono
allontanarli anche con violenze, co-
me avvenne per l'eresia de' mono-
teliti protetti da Costante II coll'e-
ditto tipo. Condannali nel concilio
VI generale, fatto celebrare da Pa-
pa s. Agatone e dalKimperatore Co-
stantino III PogonatOj da questi fu-
rono richiamati gli apocrisari , che
s. Leone II eletto nel 682 rimandò,
e vi rimasero sino all' eresia degli
iconoclasti, ed allo scisma di Fozio
per ultimo. Ammaestrata la sede
apostolica da tanti esempi della fe-
de greca e del loro orgoglio, cessò
per sempre dal mandare i suoi a-
pocrisari a Costantinopoli. Notere-
mo che gli apocrisari nella gerar-
chia ecclesiastica prendevano luogo
dopo i vescovi, ma se decorati col
nome e autorità di legati, precede-
vano anche i patriarchi.
Minacciando i longobardi d'inva-
dere i dominii della Chiesa roma-
na, s. Gregorio III ricorse all'aiuto
di Carlo Martello re di Francia con
due ambascerie, dalle quaU ebbero
origine i nunzi apostolici presso quei
re, ai quali proseguirono a man-
darsi dagli altri Papi. Le Cointe ,
Annal. eccl. Frane, ad an. 740, n. 7,
aggiunge che i Pontefici non rare
volte elessero per nunzi in quella
corte gli arcicappellani della cap-
pella reale. Illustri apocrisari in
Francia furono Fuirado apocrisario
di Stefano III, Agilrarao sotto Carlo
Magno, e Drogone come il prece-
dente vescovo di Metz, sotto Lodo-
vico I, quali resero eminenti servi-
gi alla religione e al regno. Ne' suc-
cessivi secoli di barbarie cessò il
ministero degli apocrisari, che passò
nei legati a latere spediti dai Papi
con amplissima giurisdizione in tutti
i regni cristiani, per quel tempo
i58 NLN
die richìwleva la loro missione, di
che trattiamo a' loro luoghi, come
degli affari e negozi da essi con-
cliiusi. Udo di essi e più celebri fu
Ildebrando, nel 1078 s. Gregorio
VII, il quale fu assai benemerito
delle legazioni a' principi, come de-
scrivemmo alla sua biografìa, che in
processo di tempo molti plicaronsi ,
ciò che rilevammo pure nel volume
XXXVII, p. 279, 280 del Diziona-
rio. Dalle turbolenze nate in tempo
d'Enrico IV e s. Gregorio VII, per
l'investiture ecclesiastiche, derivò nei
sovrani il costume di mandare a
Roma ambasciatori d* obbedienza.
Verso il 1079 s. Gregorio VII man-
dò per legato nella Spagna il car-
dinal Riccardo vescovo d'Albano, il
quale fu il primo a stabilire il mi-
nistero pontificio in quel regno, co-
me si ricava dal Riccy, Storia di Al'
hano p. 196. Gelasio II, eletto nel
II 18, per quarant'anni avea servi-
to egregiamente da nunzio i suoi
predecessori, ciò che rilevò Orderi-
00 Vitale, Hist. eccl. p. 842. Nel
celebre pontificato di Alessandro III,
rinomata fu la legazione di s. Pie-
tro vescovo di Tarantasia, che pa-
cificò i re di Francia e d* Inghil-
terra, con infinito vantaggio de'ioro
popoli. Alla biografia del glorioso
Innocenzo III enumerammo le tante
legazioni da lui inviate in tutte le
parti con eccellenti risultati : ne imi-
tò lo zelo il nipote Gregorio IX,
ed egli e i suoi successori impiega-
rono legazioni per pacificar le ter-
ribili fazioni de' guelfi e ghibellini,
anche nelle provincie pontificie: qui
noteremo che prima i cardinali le-
gati, vice-legati e governatori de'do-
minii della Chiesa, batterono mone-
ta, e di molte ne fa il novero lo
Scilla a p. 368 e seg. delle Monete
pontificie. Trn le tante legazioni e-
NUN
sercitatc dai regolari, sono celebri
quella del b. Giovanni da Parma
francescano, inviato da Innocenzo IV
all'imperatore e patriarca di Costan-
tinopoli per l'unione della chiesa gre-
ca alla latina, in cui riuscì felice-
mente; e quella di quattro france-
scani spediti da Gregorio X all'im-
peratore Michele Paleologo per la
medesima unione, per loro effettua-
ta nel concilio di Lione II. Quin-
di nel secolo XIV, trasmutatasi a
poco a poco la disciplina della Chie-
sa, alle missioni de* legati, che fu-
rono d'ordinario cardinali, incomin-
ciarono a sottentrare i nunzi apo-
stolici, e nel seguente secSlo ebbero
orijgine molle stabili nunziature, e
meglio nel XVI. Guglielmo Gri-
moardi abbate cluniacense, da Inno-
cenzo VI fu da Avignone inviato a
Napoli a Giovanna I, non che nun-
zio ai Visconti signori di Milano, e
mentre era assente dalla nunziatura
napoletana, come scrive il Novaes ,
benché non fosse cardinale, nel i362
fu eletto Papa Urbano V. Il Fer-
rari, Bibl. verbo Nunciuf, rileva che
nel secolo XIV eranvi in Napoli
nunzi apostolici, ma dipoi furono
interrotti. Il medesimo Novaes at-
testa che Urbano V spedi due nunzi,
domenicano uno, francescano l'altro,
a Giovanni I Paleologo imperatore
d'oriente, per la riunione della chie-
sa greca alla latina, onde l'augusto
si recò in Roma e abiurò lo scisma.
Quindi molti nunzi inviarono nel
grande scisma i Pontefici e gli an-
tipapi alle nazioni, per confermar-
le o guadagnarle alla loro obbedien-
za, da Urbano VI a Martino V
in cui ebbe termine.
Martino V creò cardinale Do-
menico Capranica, che sostenne do-
dici gloriose legazioni per la santa
Sede, ed Eugenio IV promosse a tal
NUN
dignità Giovanni CarvajaI, illiishe
per le sue trentalre legazioni. Nel
pontificato di Eugenio IV il vesco-
vo d'Urbino Antonio di s. Vito
diocesi di Concordia, con Ambro-
gio priore generale de' camaldolesi,
» furono mandati nunzi in Germa-
nia per l'elezione dell'imperatore
Alberto II ; indi il Pontefice l' in-
viò nunzio nella Scozia e poi in
Francia. Inoltre Eugenio IV inviò
fr, Alberto da Sartiano francescano
air imperatore d' oriente, che seco
guidò al concilio di Firenze, da
dove fu rimandato ai giacobiti e
al re d'Abissinia, dei quali condus-
se gli ambasciatori al concilio. Mol-
te legazioni e nunzi spedì Nicolò
rV del i447 ^^^ s"o memorabile
pontificato, anche per salvar Co-
stantinopoli dai turchi. Pio II de-
putò nunzio a Napoli Nicolò For-
tiguerri, che ottenne dal re Ferdi-
nando I d'Aragona la restituzione
di Benevento e Terracina, oltre la
conclusione del matrimonio del ni-
pote del Papa colla nipote del re,
per cui in premio fu creato car-
dinale: a questa dignità Pio II e-
levò ancora Bartolomeo Roverella,
benemerito nunzio in Inghilterra e
al detto re di Napoli, e Giovanni
Geoffroy, il quale essendo ambascia-
tore di Luigi XI re di Francia
presso la santa Sede , il Papa
lo mandò col carattere di nunzio
apostolico allo stesso re^ e n'ebbe
in premio il cardinalato, rimune-
razione che divenne ordinaria ia
questi ministri della Sede apostolica.
Quanto i nunzi creati poi cardina-
li fecero nelle loro nunziature, si
può vedere alle rispettive biogra-
fie. Sisto IV nel i473 creò cardi-
nale Antonio Veniero nunzio di
Pio II al re di Spagna, il quale
lo mandò per ambasciatore a Pao-
NUN i59
Ioli, e questi impiegò i suoi rari
talenti in altre nunziature. Da tut-
tociò rilevasi che le nunziature di
Germania, Napoli, Inghilterra, Fran-
cia e Spagna andavano meglio for-
mandosi, oltre quelle di Polonia ,
di Portogallo ed altre, ed oltre le
straordinarie. Con questo stabili-
mento delle nunziature, ebbero pre-
cipuamente in mira i romani Pon-
tefici, di collocare nelle diverse na-
zioni cattoliche un tribunale ec-
clesiastico ordinario con facoltà
pontificie, per togliere ai vescovi
ed ai fedeli l' incomodo di ricorre-
re in molte cose a Roma, e me-
diante lo zelo e valore de' nunzi
vegliare al mantenimento della fe-
de e della pace, prevenire i mali
della Chiesa e degli stati, e frenare
gli sforzi dell' eresia, massime nel se-
colo XVI, in cui quasi per lutto
si propagarono lo spirito funestis-
simo delle pretese riforme religiose,
ed i più deplorabili errori pel pri-
mo seminati da Lutero. Infiniti
perciò furono i travagli e le bene-
merenze de* nunzi, che i Pontefici
furono solleciti deputare in tanti
luoghi, città, stati, diete, oltre quelli
spediti per la celebrazione, prose-
guimento e fine del concilio di
Trento. Marino Caracciolo nunzio
di Leone X a Carlo V^ a questi
tanto piacque, che lo inviò suo am-
basciatore in diverse corti e poi lo
riebbe per nunzio, poscia compen-
sato col cardinalato. Quando Adria-
no VI nel i522 lasciò la Spagna,
di cui era governatore generale al-
lorché fu eletto Papa, nominò suo
vicario generale in quel regno con
titolo di nunzio apostolico Bernar-
dino Pimentel ammogliato, per la
qual novità d' esempio se ne fece-
ro molte dicerie, essendo a difesa
della determinazione 1* onestà e
iGo NUN
probilh del Piinculel. A iNGniiTEURA.
narrammo lo scisma d'Enrico Vili
e il termioe di quella nunziatura,
come del collettore apostolico, al-
tro ministro pontificio incaricato di
riscuotere il Denaro di s. PìeO'O
{f^edi),e\o ebbe pure il Portogal-
lo pei tributo che anch' esso paga-
va alla romana chiesa.
Commendone in tempi difficilissimi
si rese glorioso per le nunziature sos-
tenute valorosamente sotto Giulio
III, Paolo IV e Pio IV che lo creò
cardinale, nunzio di sua patria Ve-
nezia, all'imperatore, ed in Polonia
ove si fece immenso onore, avendo
in Germania impedito il libero e-
sercizio della confessione Augusta-
na ; s. Pio V inoltre l'adoperò per
stabilire la confederazione tra i prin-
cipi cristiani contro i formidabili
turchi, che fruttò la famosa vitto-
ria di Lepanto. AH' articolo Lega-
to non solo producemmo gli av-
vertimenti di s. Bernardo ai legati,
la risposta che fece il Cervini nun-
cio di Paolo III a Carlo V, quan-
do a questi ricusò 1* offertagli pen-
sione, e la costituzione di Pio IV
che proibisce ai legati e nunzi di
procurar vantaggi e dignità per
loro o pei propri parenti ; anzi ab-
biamo dal Cardella, Mem. stor.
t. V, p. 35, che volendo Pio IV
pubblicare una costituzione contro
i nunzi della santa Sed€, eh' estor-
cevano lettere commendatizie dai
principi a fine di essere promossi
al cardinalato, destinò per V esten-
sione di detta bolla i cardinali Mo-
roni, Capizucchi ed Amulio. Quan-
to al Cervini, fu in pari tempo
fatto vescovo di Nicastro, ma non
volle consecrarsi, contentandosi d' e-
sercitare nella diocesi la giurisdizio-
ne vescovile senza quella dell' ordi-
ne : trovandosi nunzio in Germania
con facoltà di legalo, Paolo ITI nel
crearlo cardinale, per singoiar di-
stinzione gli mandò il cappello e
l'anello cardinalizio, e lo dichiarò
con la bocca aperta, benché assen-
te, per interloquire in qualunque
affare, indi nel i555 divenne Mar-
cello II. Paolo HI fece pure cardi-
nale Ghinucci, già nunzio al suddet-
to Enrico Vili. Avendo i venezia-
ni accettato prontamente il conci-
lio di Trento, riferisce Uiedo, Sto-
ria della rep, di Fenezia, t. II,
lib. 5, p. 196, che Pio IV li col-
mò di lodi, e per dimostrargli quan-
to avrebbe stimato la continua as-
sistenza d' un loro ambasciatore in
Roma, a* IO giugno i564 donò alla
repubblica il Palazzo di s. Marco
(F^edi) (il quale appartiene all'am-
basciatore d'Austria, dopo che a
questa passarono gli stati veneti), al
qual donativo corrispose la slessa re-
pubblica con altro maestoso palazzo
ch'era della famiglia Gritti in Vene-
zia, donato al Papa per residenza or-
dinaria de'suoi nunzi, ciocché con-
ferma Morosini, Stor. J^en. lib. 8,
an. i564> p. Bog. In Germania la
più antica nunziatura è quella di
Vienna, come dissi nei voi. Ili,
pag. i36 , e XXIX, pag. 164
del Dizionario , mentre a Colo-
nia (Vedi) parlai di quella isti-
tuita da Gregorio XIII per le pro-
vincie del Reno, qual propugnaco-
lo validissimo della fede contro gli
assalti de'suoi nemici. Di Vienna
si vuole il primo nunzio stabile
Stanislao Osio vescovo di Warinia,
spedito da Pio IV all' imperatore
Ferdinando I per la continuazione
del concilio di Trento, e per di-
mostrare al suo figlio Massimiliano
II re di Boemia la falsità delle
nuove sette: neir esercizio della nun-
ziatura Pio IV lo creò cardinale.
ì
NUN
Di Colonia il primo nunzio ordi-
nario al trattato del Reno fu Gio.
Francesco Bonomo vescovo di Ver-
celli, morto in Liegi dopo aver pre-
sentato ad Alessandro Farnese lo
stocco e berrettone benedetti da
Gregorio XIII. Questo Pontefice
nel i58o l' avea deputato nunzio
agli svizzeri, però la nunziatura el-
vetica è antichissima, perchè il nun-
zio Scotti neir Eh'etia sacra, ne
comincia la serie da Ottone vesco-
vo del i23i residente in Basilea,
indi maestro Filippo d' Asisi del
1233, Girolamo Franco del i449»
Gentile da Spoleto del i479, ^^^
durò sino a Giulio II e conchiuse
la prima confederazione tra i can-
toni svizzeri e la SQi\e apostolica.
Sotto Gregorio XIII ebbero origi-
ne gli inquisitori di Malta (Fedi),
specie di nunzi rappresentanti del-
la santa Sede, o megjio di Visita-
tori apostolici. Del nunzio p. Pos-
sevino gesuita, da lui spedito in
Svezia e Russia parleremo a que-
gli articoli.
Sisto V malcontento del nun-
zio di Parigi Ragazzoni, che non
avea promulgato la bolla contro
Enrico IVi lo richiamò, destinan-
do a sostituirlo Mirto arcivesco-
vo di Nazareth , già nunzio di
Francia sotto s. Pio V, e siccome
r ambasciatore di Francia in Roma
lo ricusò supponendolo contrario
ad Enrico IV, come suddito del re
di Spagna, adiralo Sisto V per tal
risposta, così parlò all' ambasciato-
re: Sinché avremo fiato non sop-
porteremo mai di mandare i no-
stri nunzi ad arbitrio degli altri.
Abbiamo destinato il Mirto e vo-
gliamo ch'esso vada in Francia. Se
poi non sarà ricevuto, allora noi
e non altri lo faremo ritornare a
Koma, e poi sapremo cosa dovre-
VOL. XI.VHI.
NUN i6t
mo risolvere. Non fu in effetto ri-
cevuto il prelato in Francia, e re-
candosi r ambasciatore dal Papa
per fare le scuse del re, gli venne
dalle guardie negato l' ingresso in
palazzo, quindi poco dopo inlimato
d' uscire nel medesimo giorno da
Roma e sollecitamente dallo stato
ecclesiàstico. Queste gravi differen-
ze non furono aggiustate finche il
re di Francia non si piegò a rice-
vere onorevolmente il nunzio Mirto,
ed allora Sisto V richiamò l' am-
basciatore. Clemente Vili spedì nel
i6oi Maffeo Barberini, poi Urba-
no Vili, nunzio straordinario in
Parigi colle fascie benedette pel
delfino, dipoi lo fece arcivescovo
di Nazareth e nunzio ordinano
alla stessa corte. Lo stesso Ponte-
fice istituì la nunziatura di Fian-
dra con residenza del nunzio in
Brusselles, togliendo dal nunzio di
Colonia la giurisdizione sulle missio-
ni del Belgio e di Olanda, e confe-
rendogli quella delle missioni d'In-
ghilterra. A Germania narrammo
le agitazioni dell' impero sotto Pao-
lo V per la morte dell' imperatore
Mattia, e le ribellioni della Boemia,
Moravia e Ungheria per le mene
de' protestanti ; ma il valore del
nunzio Ascanio Gesualdo arcivesco-
vo di Bari sopì le gravi differenze,
procurò la sollecita convocazione
della dieta e provocò con energica
scrittura l' elezione di Ferdinando
li. Altro celebre nunzio di Paolo
V fu il Bentivoglio, da lui inviato
nelle Fiandre ove ardevano quelle
ostinale guerre civili, eh' egli mira-
bilmente descrisse nelle sue famige-
rate Memorie f e riparò i danni recali
alla religione e che desolato avevano
quel fiorentissimo paese, per le cui
cure potè conservare incontaminata
la fede, benché sotto dominazione di
1 I
i62 NLN
principi acallolìci . Paolo V nel
1616 creò cardinale Ladislao d'A-
quino, già suo nunzio agli svizzeri,
e al duca di Savoia, che però noi
ricevette per essere suddito spa-
gnuolo, onde Io nominò collettore
in Portogallo, che non accettò per
r avanzata età. Invece Paolo V
mandò nunzio in Savoia Alessan-
dro Ludovisi, ch'essendo felicemen-
te riuscito nel pacificarla colla Spa-
gna, r elevò al cardinalato e gli
successe col nome di Gregorio XF
(Vedi). Adolfo I conte d' Althann
boemo, maresciallo dell* imperato-
re Ferdinando II, per divozione
alla Sede apostolica^ gli donò un
suo palazzo in Vienna per uso dei
nunzi pontificii.
Urbano Vili nominò nel suo
lungo pontificato moltissimi nunzi,
tra' quali principalmente si distìn-
sero i tre seguenti. Pier Luigi Ca-
rafa vescovo di Tricarico nunzio
di Colonia, che infiniti beni recò
alle Provincie renane , come rile-
vasi dalla sua bella relazione nel
1634 pubblicata in Liegi : Legatio
apostolica. Libro utilissimo, come
quello del Bentivoglio, a qualunque
prelato che intraprende la gelosa
e onorevolissima carriera delle nun-
ziature. Ad onta di sue beneme-
renze, solo Innocenzo X lo creò
cardinale. Il secondo nunzio fu
Fabio Chigi, poi Alessandro VII,
▼escovo di Nardo ed inquisitore di
Malta, indi nunzio ordinario di Co-
lonia e contemporaneamente stra-
ordinario al famoso congresso di
Munster (Vedi), dove acquistò fa-
ma di uomo eminente in politica
e nel maneggio degli affari i piìi
spinosi. Avendo impiegato con pro-
fìtto la sua destrezza, per la con-
cordia dì molte differenze, l'impe-
ratore Ferdinando III, obbligato al-
NUN
le sue cure, in segno di gratitudi-
ne, con lettera cortesissima gli offrì
una credenza di argenti del valore
dì scudi diecimila, ch'egli sempre
ricusò, finche Innocenzo X lo co-
strinse ad accettarla. Cos'i pure vir-
tuosamente ricusò sei cavalli del-
l'elettore di Magonza, a cui avea
già rifiutato alcune migliaia di scu-
di, per avergli flitto nella qualità
di nunzio il consueto processo nel-
r elezione. Il terzo nunzio di Ur-
bano Vili fu Giulio Rospigliosi arci-
vescovo di Tarso, nunzio in Spagna,
' ricolmato di favori dal re; ma ri-
chiamato in Roma da Innocenzo
X, per l'opinione che troppo defe-
risse per la corte, passò il di lui
pontificato senza carica : indi Ales-
sandro VII lo fece segretario di
stato, cardinale, e l'ebbe a succes-
sore col nome di Clemente IX. Al-
tro nunzio da Innocenzo X richia-
mato dalla Spagna fu Francesco
Gaetani, per le querele avute nel-
r esercizio del tribunale della nun-
ziatura e per non secondar le sue
premure pel cardinal Barberini, sur-
rogandogli Camillo Massimi (Vedi)
confidente di sua fognata d. Olim-
pia, che però non fu riconosciuto
dall' ambasciatore in Roma cardi-
nal Trivulzio, per essersi deputato
senza il consenso del re. Tuttavia
il Papa negando che ciò fosse co-
stume o obbligo, volle che il pre-
Iato partisse. Giunto a Barcellona
trovò r ordine di non inoltrarsi ,
poiché gli fu detto che quantun-
que sia in libertà de' principi la
destinazione degli ambasciatori, es-
sendo il nunzio di Spagna insieme
ambasciatore e amplissimo magi-
strato, non potevasi accettare per
le sue aderenze ai Barberini mal
veduti dagli spagnuoli. Sospettando
Innocenzo X che ciò derivasse dal
NUN
Gaetani per prolungare il suo trat-
tenimento a Madrid, gli tolse ogni
giurisdizione e fece chiudere il tri-
l3unale della nunziatura, ma non
ottenne che Massimi fosse almeno
ricevuto per nunzio straordinario.
Dipoi ad Alessandro VII riuscì che
fosse ricevuto, ma non gli fu per-
messo riaprire il tribunale. Tanto
narra il Novaes, mentre alla bio-
grafia del Massimi procedemmo col-
r autorità del Cardella, che ad altri
motivi attribuì il suo richiamo. In-
nocenzo X a difesa de' cattolici d'Ir-
landa gì* inviò per nunzio Pùnuc-
cini arcivescovo di Fermo, mosso
dalle querele del celebre annalista p.
Wadingo, perciò mandato a Roma.
Nd 1844^" Firenze si pubblicò dal-
l'Aiazzi : Nunziatura in Irlanda di
monsìg. Gio. Battista Rinuccini arci-
vescovo di Fermo negli anni 1 64^ e
1649. Rinuccini dimorò tre anni
in Dublino, ove sparse onorati su-
dori a prò di quell' isola de' Santi.
Nel voi. II, p. iS5 del Dizionario
parlai dell'archivio de' nunzi stabi-
lito da Alessandro VII in Vatica-
no; e nel voi. VI, p. 62, come il
nunzio di Spagna Federico Borro-
meo restaurò a Madrid {Vedi) il
palazzo della nunziatura e la chie-
sa contigua. A Lisbona, Napoli, ec.
parlando di quelle nunziature, si
fece cenno della chiesa della nun-
ziatura, e della giurisdizione che vi
esercita il nunzio. A Vienna suole
il nunzio celebrare le prii^cipali fun-
zioni sacre nella cappella imperiale
alla presenza dell'imperatore, im-
peratrice, arciduchi e corte.
Alessandro Vili per dimostrare
il suo affetto alla repubblica di Ve-
nezia sua patria, mandò al doge lo
stocco e berrettone benedetti, a mez-
zo di Michelangelo Conti poi Innocen-
zo XUIj indi fu destinato nunzio agli
NUN iG3
svizzeri, e per dodici anni a Lisbona,
e quando Clemente XI, lo creò car-
dinale non fece motto alcuno sulla
qualità sua di nunzio di Portogal-
lo, acciò non sembrasse che 1* esal-
tava alla porpora come nunzio a
quella corona, che ancora non go-
deva la prerogativa che i suoi nun-
zi fossero creati cardinali, come ri-
flette rOttieri, Storia d'Europa t.
IV, p. 399. Antonio PignatteUi suc-
cessivamente fu vice-presidente d'Ur-
bino, inquisitore di Malta, governa-
tore di Viterbo, nunzio di Firenze,
di Polonia e di Vienna, e pure eb-
be solo nel ritorno a Roma il ve-
scovato di Lecce, indi segretario dei
vescovi e regolari e maestro di ca-
mera ; finalmente creato cardinale,
meritò divenire Innocenzo XII {Ve-
di). Per sì lunga carriera, prima di
giungere al cardinalato, tra i mol-
tissimi esempi, il cardinal Pacca sta-
to nunzio di Colonia, onde ci die-
de le Memorie storiche della nun-
ziatura, poi di Portogallo di cui
pubblicò le Notizie sul Portogallo
con una breve relazione della nun-
ziatura di Lisbona, nella prima ope-
ra a p. 254 rimarcò in proposito
di que'prelati che dopo pochi anni
aspirano a cariche che portano al
cardinalato, che Fabrizio Serbelloni
fece un lunghissimo corso di mini-
steri diplomatici, come d'inquisitore
a Malta e nunzio di Firenze, Colo-
nia, Varsavia e di Vienna^ dove fu
' promosso alla porpora da Benedet-
to XIV: era slato ancora vicelega-
to di Ferrara e governatore di Lo-
reto. Clemente XI riprese gravemen-
te r elettore e arcivescovo di Ma-
gonzajcon breve, Epist. t. II, p. gS,
per aver negato la precedenza ed
i consueti atti di onore ad Anniba-
le Albani "nunzio straordinario alla
dieta di Francforl per l'elezione del-
i64 NUN
!' imperatore [P^cfh), e gli ordinò
che subito ad esso li prestasse qua-
li dai suoi predecessori elettori era-
no stati resi agli altri nunzi aposto-
lici, principalmente a Sanfelice ar-
civescovo di Cosenza, allorché Ales-
sandro VII lo mandò nunzio all'ele-
zione di Leopoldo I. A p. i33 lo-
co citato si legge il breve scritto
da Clemente XI all'arcivescovo di
Gnesna, in cui gli dichiarò stimar
giusto e conveniente che pel pri-
mo rendesse l'onore della visita al
nunzio di Polonia, esortandolo a ob-
bedir prontamente. In tempo di Ales*
Sandro Vili pretese l'imperatore
Leopoldo I con altri sovrani, che
prima di essere ad essi inviato il
nunzio, dovesse il Papa mandargli
la lista di quelli che proponeva a
tal ministero, acciò niuno fosse spe-
dito senza l'approvazione della cor-
te, affinchè riuscisse ben accetto
il prescelto e si evitassero le ripul-
se ed il malcontento. Ricusò Ales-
sandro Vili acconsentire a tal pre-
tensione, ma il successore Innocen-
zo XII r accordò ; però era stato
vittima del rifiuto del primo Lo-
renzo Corsini poi Clemente XII, no-
minato nunzio di Vienna senza pò-
tervisi recare, onde Innocenzo XII
nel sostituirgli altro lo fece tesorie-
re. Quindi Clemente XI inviò al
re di Portogallo Giovanni V nel
1709 la nota de'soggetti che pro-
poneva per nunzi e pel primo Vin-
cenzo Bichi nunzio agli svizzeri, il
quale accettò per le premurose i-
stanze del Pontefice. Dopo un anno
che il nunzio era in Lisbona vedu-
to di cattivo occhio, il re per di-
verse accuse ne provocò il richia-
mo. Intanto il prelato potè far ri-
trattare il re dalle deposte false in-
colpazioni, che inoltre pregò il Pa-
pa a lasciarglielo nella nunziatura.
NUN
Però Clemente XI dispiacente che
Bichi non avea subito obbedito al
richiamo, in vece di compiacere il
re, gli spedì per nunzio Giuseppe
Firrao ch'era stato suo nunzio stra-
ordinario alla stessa corte per le fa-
sce benedette, e ordinario degli sviz-
zeri; egli non fu ricevuto, restò ai
confini del regno, ed il re anzi pre-
tese che Bichi non dovesse richia-
marsi, se non dopo creato cardina-
le, come si praticava coi nunzi di
Vienna, Parigi e Madrid.
Frattanto nel 1721 fu eletto In-
nocenzo XIII, già nunzio e poi pro-
tettore del Portogallo, per cui Gio-
vanni V tenne certa la rivocazione
della chiamata del Bichi. In vece
il nuovo Papa quando l'ambascia-
tore Andrea de Mello gliene par-
lòj rispose sempre: il nunzio ob-
bedisca. Finalmente 1' ambascia-
tore gli minacciò di partire da Ro-
ma se non veniva esaudito ; ma
Innocenzo XIII con rispondergli,
farà benissimo, dovendo i ministri
obbedire alle istruzioni de'Ioro prin-
cipi, sventò lo stratagemma. La
differenza continuò ancora sotto Be-
nedetto XI li, al quale il re rivol-
se le sue richieste di elevare alla
porpora il nunzio^ ma avendo il
Papa consultato una congregazione
di cardinali, fu deliberato che la
santa Sede doveva a suo piacere
richiamare i nunzi, e non dare ad
altre corti l'esempio di domandare
che anco i loro nunzi fossero crea-
ti cardinali, e prendere rango le
loro nunziature fra le tre prima-
rie, rigettandosi la promozione del
Bichi. Il re andò nelle furie, richia-
mò da Roma l'ambasciatore, il car-
dinal Pereira e gli altri nazionali,
fece partire dai confini il Firrao,
ritenne il Bichi a fronte delle cen-
sure minacciate in caso di disobbe*
NUxN
dienza al prelato, vietò ai sudditi
di recarsi nello stalo pontifìcio, e
di rivolgersi a Roma per benefizi
etl altro. Benedetto XIII invocò la
niediazione del re di Spagna, e po-
co dopo mon. Clemente XII che
nel lySo gli successe, considerando
che il re benché avesse preso il
lutto d' un mese per la morte del
predecessore, avea respinte le lettere
di partecipazione del sacro collegio,
e vietato ai cardinali portoghesi di
recarsi al conclave , risolvette di
compiacere Giovanni V, con stabili-
re che i nunzi di Lisbona sarebbero
creali cardinali, e nel 1731 creò
cardinali il Bichi e Firrao, dopo
che il primo, portatosi a Firenze,
giustificò la sua condotta. La con-
cordia in parte si ristabib, ma il
nuovo nunzio Gaetano Cavalieri non
ricuperò la sospesa giurisdizione del-
la nunziatura, che quando il Papa
promise che i patriarchi di Lisbo-
na sarebbero anch'essi promossi alla
dignità cardinalizia. Inoltre Clemen-
te XII richiamato a Boma Delci
nunzio di Parigi senza farlo cardi-
nale, più tardi tale lo dichiarò;
così fece con Passione! nunzio di
Vienna, che nominò segretario dei
brevi, indi cardinale, ed era sta-
to nunzio segreto in Olanda per
difendere gli interessi della santa
Sede, e ordinario agli svizzeri. Nel
pontificato di Benedetto XIV il re
di Sardegna fece replicate doman-
de perchè il nunzio di Torino Lo-
dovico Merlini arcivescovo d'Atene
fòsse aggregato al sacro collegio,
perchè come il Portogallo voleva
che i suoi nunzi avessero il mede-
simo onore, al che vivamente si
opposero le altre corti, massime quel-
le di Polonia e di JVapoli che non
ne godevano la prerogativa, doman-
daudo egual Irallameulo» come pu«
NUN i65
re protestarono le quattro che n'era-
no in possesso, onde non si conce-
desse né al re di Sardegna, né ad
altri sovrani tal privilegio. Non ve-
dendosi questi appagato, fece chiu-
dere la nunziatura di Torino, l'udi-
tore ne calò l'armi pontificie, e Mer-
lini si ritirò a Forlì sua patria, e
solo fu fatto cardinale da Clemen-
te XIII come presidente di Urbi-
no, onde in Torino i ministri del-
la santa Sede non ebbero più il
nome e carattere di nunzio sino
ai nostri giorni, anzi nelle annuali
Notizie di Roma non si legge al-
cun rappresentante pontifìcio pres-
so la corte sarda fino al pontifica-
to di Pio VI, come diremo. Gio.
Francesco Stoppani milanese inqui-
sitore di Malta, e successivamente
nunzio di Firenze, Venezia e del-
l'iraperator Carlo VII di Baviera,
per la cui morte Benedetto XIV
lo nominò nunzio straordinario al-
la dieta di Francforte per l'elezio-
ne del successore. In essa promosse
le parti della casa di Baviera, per
cui l'eletto Francesco I di Lorena,
marito di Maria Teresa d' Austria,
non lo volle nunzio a Vienna, on-
de il Papa lo fece presidente d'Ur-
bino. Il cardinal Millini ministro
di Maria Teresa in Roma, in suo
nome fece a Benedetto XIV ener-
giche rappresentanze perchè l'esclu-
desse dalla porpora. Considerando
il Papa non convenire mostrarsi
condiscendente, altrimenti insorge-
rebbe nelle corti pretensione di da-
re V Esclusiva (Fedi) anche a chi
doveva far parte del collegio car-
dinalizio, e che d'altronde le pro-
teste fatte nella dieta contro l'elet-
to erano state imposte da lui, nel
1753 lo creò cardinale. Nel seguen-
te anno si riaprì la nunziatura «li
Firenze^ e Benedetto XIV vi muti-
i66 NUN
dò nunzio Antonio Biglia milane-
se arcivescovo di Corinto: essa era
restata priva del nunzio nel 1746,
pei trasferimento del nunzio Ar-
di iuto in Polonia, e perchè non fu
riconosciuto il nunzio Bonaccorsi,
per le vertenze insorte tra la To-
scana e la santa Sede.
Clemente XIII per le promozio-
ni al cardinalato de'nunzi dì Vien-
na, Francia, Madrid e Lisbona, da
altre nunziature ne trasferì i suc-
cessori, ed i nuovi nunzi ordinò e
consagrò nel 1759. Clemente XIV
con breve de*26 marzo 1 77 i, pri-
vò r uditore del nunzio apostolico
di Spagna della giudicatura sulle
cause dei regolari, e la conferì alla
rota della nunziatura di Madrid.
Pio VI istituì per la Baviera la
nunziatura di Monaco (Fedi), con-
irò la quale e contro quella di Co-
lonia insorsero gli Elettori (Fedi)
ecclesiastici di Magonza, di Colonia,
di Treveri, ed altri prelati, pel qua-
le proponimento non dubitarono
dare inaudito scandalo ai fedeli,
portando in mezzo alle diete impe-
riali le indegne loro querele, e di
tenere il conciliabolo à'Enis (Fedi),
non che offendere la maestà di Pio
VI, nella pretensione di riconosce-
re i nunzi pontificii quali semplici
ministri della corte di Roma, egua-
li a quelli de*sovrani secolari, ago-
gnando la soppressione delle nun-
ziature di Germania. Ciò sollecitan-
do l'arcivescovo di Salisburgo alla
dieta di Ratisbona con una memo-
ria. Pio VI per sostenere le prero-
gative della Sede apostolica, e in ri-
sposta all'autore anonimo De lega-
tis, fece compilare dal cardinal Fi-
lippo Campanelli: SS. D. N. Pii
Papae Sexti responsio ad metropo-
litanos Moguntinwn, Trevirensenij
Colonicnscnij et Salisburgensem, su-
NUN
per nunciaturis apostollcis. Editio
allora: addilis hinis litleris ad ar'
chiepiscopunij et ad capituluni Co-
loniacy Romae 1790. Quest'opera
è piena di erudizione, argomenti e
prove incontrastabili dell'uso imme-
morabile de' Pontefici, di spedire i
loro apocrisari o nunzi, con rive-
stirli di ampie facoltà, non solo nel-
lo spirituale, ma ancora nel tempo-
rale; e Pio VI l'accompagnò con
breve ai nominati elettori e arci-
vescovo, esortandoli a tralasciare di
rendersi autori d' un sì scandaloso
attentato contro il vicario di Cri-
sto, laonde poi i detti prelati so-
spesero le loro insistenze presso la
dieta di Ratisbona, e la nuova nun-
ziatura di Baviera restò nel suo pie-
no vigore. A Mohilow ed a Rus-
sia si dice del nunzio Archetti spe-
dito da Pio VI in Russia, e de'suoi
successori, come di quanto opera-
rono. Per le vicende politiche de-
gli ultimi anni del secolo XVIII
ebbero termine le nunziature di Po-
lonia, Venezia e Brusselles: della pri-
ma fu ultimo nunzio Lorenzo Litta
arcivescovo di Tebe , della seconda
Gio. Filippo Gallerati Scotti arci-
vescovo di Si da, della terza Cesare
Brancadoro arcivescovo di Nisibi.
Neir epoca repubblicana, come di-
chiarai a Francia ed altrove. Pio VI
fu costretto inviare de' secolari per
suoi ministri a Parigi, prima e nel
1 796 il conte Pieracchi col grado di
internunzio per l'eccidio di Basvillej
poi il marchese Camillo Massimi colla
qualifica di ambasciatore, dopo es-
sere stato suo plenipotenziario al
trattato di Tolentino (quindi posto
dai napoletani alla testa del gover-
no di Roma nel dicembre 179B,
morto nel 1801), ed a Milano il
cavalier Antonio Bussi, mentre in
Torino deputò l'ab. Modestino Pe-
NUN
licani. Quando Pio VI nel 1798
fu dai francesi imprigionato e por-
talo in Siena, i re di Spagna, Por-
togallo e Sardegna ordinarono ai
loro ministri risiedere ove si ferma-
va , ma l'impedirono i nemici. 11
nunzio di Firenze Odescalchi si re-
cò presso il Papa , funse V officio
di segretario di stato, e prese la
corrispondenza coi nunzi pontificii,
con Albani che Pio VI avea spe-
dito ablegato a Vienna, e con Er-
skine suo ministro a Londra.
L' ultimo nunzio di Colonia fu
Annibale dalla Genga arcivescovo
di Tiro, poi Leone XII (Vedi). Nel
Tol. XXVIII, p. 252 e seg., nar-
rammo le importanti nunziature da
lui sostenute, e quanto operò in
Colonia, che fece le veci anche del
nunzio di Brusselles, e perciò eziandio
soprintendente interino delle mis-
sioni inglesi e superiore delle mis-
sioni d'Olanda ; che supplì a quel-
lo di Monaco, amministrando le
nunziature di Germania, e nel 1807
Pio VII lo destinò nunzio alla die-
ta di Ratisbona, ove era stata
trasferita la sede di Magonza (Ve-
di), e finalmente a Parigi. Ora no-
teremo le variazioni di titoli dei
ministri della santa Sede in alcune
nunziature, e l'erezione delle nuo-
ve, nel corrente secolo sino ad og-
gi. Nel 1800 Pio VII nominò su-
periore delle missioni d'Olanda Lui-
gi Ciamberlani protonolario aposto-
lico, carica che disimpegnò per mol-
ti anni. Nel 1802 trasferì alla nun-
ziatura di Spagna Gravina [F€di\
ove si disse quanto di memorabile
operò. Deportato Pio VII nel 1809,
e restituito alla sede nel 18 14, solo
nel 1818 s'incominciò a nuovamente
pubblicarsi le Notizie di Roma, donde
ricavo le seguenti nozioni. Nel i8i8
in Firenze eravi un uditore della nun-
• NUN 167
zìatura: nel Brasile Gio. Francesco
Compagnoni Marefoschi di Macera-
ta, fatto arcivescovo di Damiata ai
29 aprile 18 16, nunzio residente
a Rio Janeiro, ma dopo di lui va*
co per diversi anni: Torino, incari-
cato d'affari senza grado prelatizio.
Leone XII nel 1826 spedi a Pie-
troburgo per ambasciatore monsi-
gnor Bernetti poi cardinale, per as-
sistere all'incoronazione dell'impera-
tore Nicolò I a Mosca. Nel 1829
si riaprì la nunziatura di Brussel-
les con un internunzio, nella per-
sona di Francesco Capaccini poi car-
dinale ; in Rio Janeiro subentrò un
nunzio arcivescovo. Nel i83o Pio
Vili nominò nunzio di Firenze
un arcivescovo. Gregorio XVI nel
i83i destinò un incaricato d'af-
fari in Rio Janeiro; ed in Brussel-
les un incaricato d'affari e vice-su-
periore delle missioni d'Olanda : nel
i832 istituì la nunziatura per l'O-
landa, con incaricato d'affari e vi-
ce-superiore delle missioni d'Olanda
residente in Aia, nominandovi pel
primo monsignor Antonio Antonucci
cameriere d'onore; in Firenze man-
dò un incaricato d'affari: nel i834
destinò per Brusselles un prelato
internunzio apostolico ; nel i835
spedì a Vienna per complimentare
l'imperatore Ferdinando I, pel suo
fausto avvenimento al trono, mon-
signor della Genga Sermaltei arci-
vescovo di Ferrara e nipote di Leo-
ne XII, che creò poi cardinale. In-
oltre Gregorio XVI nel i836 istituì
la nunziatura della Nuova Granata
nell'America meridionale^ nominan-
dovi primo internunzio e delegato
apostolico monsignor Gaetano Ba-
luffi vescovo di Bagnorea, ora car-
dinale ; e consagrò arcivescovo d'E-
feso monsignor Altieri, che nominò
nunzio di Vienna e poi creò cardinale :
i68 NUN
nel 1 837 mandh a Biusselles un iiicn-
rìcato d'atraiì: nel iBSg ristabilì il
nunzio di Torino nella persona di
monsignor Vincenzo Massi ^ di che
parlammo nel voi. XXXIII, p. 176
del Dizionario: nel 1840 nella
Nuova Granata spedi un incaricato
d'alTari prelato di mantellone; in
Rio Janeiro un iuternunzio aposto-
lico inviato straordinario: nel i84(
finalmente Gregorio XVI stabilì in
Brusselles un nunzio arcivescovo.
A Gregorio XVI, oltre gli ambascia-
tori ottomani ed altri, di cui par*
lai a Missioni pontificie, la Nuova
Granala, il Messico, le repubbliche
dell'Equatore e del Chili gli man-
darono rappresentanti, favoreggian-
do in ogni guisa l'universale ritor-
no delle nazioni verso la papale au-
torità, e influì singolarmente a ren-
derla gradita, ammirata , ricercata
e temuta, pel suo magnanimo e con-
ciliativo procedere, col quale non
pretermise giammai di cattivarsi l'a-
nimo de'dominatorij anco di lonta-
nissimi popoli, a vantaggio della reli-
gione e gloria della santa Sede. Altre
sostanziali innovazioni fino ad oggi
non sono avvenute tra i nunzi apo-
stolici, internunzi ed incaricati della
santa Sede; e le altre nunziature esi-
stenti sono quelle di Lisbona, Lu-
cerna, Madrid, Monaco, Napoli, Pa-
rigi e Vienna. Avendo l'attuale sulta-
no Abdul-Medjid commesso al suo
ambasciatore alla corte di Vienna
Chekib-Effeodi, recarsi a Roma per
felicitare il regnante Pio IX per
la sua elevazione al pontificato,
questi nel dicembre 1847 spedi in
Costantinopoli per ambasciatore pon-
tificio alla Porta ottomana, mon-
signor Innocenzo Ferrieri (già inca-
ricato d'aiiari di Gregorio XVI al
re iì& Paesi Bassi), da lui consagra-
to arcivescovo di Sida in parliùus,
NUO
per ringraziare quel sovrano dell'alto
gentile ed offrirgli alcuni donativi.
11 prelato ambasciatore col suo se-
guito e sul vapore da guerra il
Tripoli, posto a di lui disposizione
dal re di Sardegna Carlo Alberto,
giunse a Costantinopoli li 16 del
1848, e venne ricevuto con tulli
gli onori e trattato come gli am-
basciatori stranieri. Ma di questo
memorabile avvenimento, che sarà
ferace di utili conseguenze pel cat-
tolicismo in oriente, meglio se ne
parlerà a Turchia.
Sopra questo argomento si possono
leggere. Emanuelis Alvarez Pegas :
TracLalus de competeiUiis iiiter ar-
chiepiscopoSj episcoposve, et nunliuni
apostoLicum cum potesUili legati a la-
tene, et de eorum potestale de foro
etiarn exemptoruniy et ubi coiiveniri
debeantj Lugduni 1675. Opera lo-
dala dal Parisi, poiché tratta della
istituzione de* legati a lalere e dei
nunzi apostolici , dilucida molte
questioni circa l'onoranza e prero-
gative dovute a' nunzi. Canonico d.
Celestino Masetli : Dei vantaggi ar-
recati alle nazioni cristiane dai ro-
mani Pontefici per mezzo delle nun-
ziature apostoliche, dissertazione, Ro-
ma 1842. Se ne parla nel voi. Xlll,
p. 11 5 degli Annali delle scienze
religiose. Il cardinal Pacca nelle
importanti Mem. storiche, oltre che
nella dedicatoria rimarca le dilli -
colta e travagli che debbono sos-
tenere i nunzi a confronto degli
altri prelati addetti al servizio del-
la santa Sede in lloma, a p. 187 in
tredici articoli dà utilissimi consigli
e preziosi suggerimenti a quelli che
intraprendono l'onorevolissimo cor-
so delle nunziature, in un ministero
quanto luminoso altrettanto scabioso.
NUOVA ORLEANS ( Noi'ae
Aureliae). Città con residenza ve-
NUO
scovile negli Stati Uniti irAmerica, la
più grande dello stalo di Luigiana,
capitale dello stato del suo nome,
a 340 leghe da Washington , sul-
la riva sinistra del Missisipi, e cir-
ca 35 leghe dalla sua imboccatura
nel golfo del Messico. Si trova si-
tuata sulla costa dell' isola formata
dal ramo principale del Missisipi ,
da un braccio di questo fiume chia-
malo Iberville e da diversi laghi.
È fabbricata in una pianura ter-
minata da paludi malsane, garan-
tita da una diga dalle inondazioni
del fiumCj e presenta un superbo
colpo d'occhio, con diversi sobbor-
ghi. Le fortificazioni furono distrut-
te al tempo dell'unione della città
agli Stati Uniti. Le strade sono la
notte illuminate, e la maggior par-
te attraversate da limpidi ruscelli.
Uella è la piazza d'armi che serve
di pubblico passeggio , circondata
da magnifica grata di ferro; la
spianata è un altro passeggio prin-
cipale. In generale le case sono so-
lide, e molte con ameni giardini.
La cattedrale, sotto l'invocazione di
s. Luigi, è bella, spaziosa, imponen-
te, provveduta a dovizia d'ogni co-
sa, e riccamente dotata. Ad altra
gran chiesa è congiunto convene-
vole fabbricato, ordinaria residenza
del vescovo. Nel palazzo comunale
si osserva la facciata adorna di co-
lonne; sono rimarchevoli, il pre-
sbitero pel consiglio supremo del-
la Luigiana e la corte criminale ,
la chiesa presbiteriana, l'ospedale
grande e bello stabilimento ben te-
nuto; evvi un tempio per gli epi-
scopali ed altro pei metodisti, e
presso il primo fu eretto un mo-
numento funebre al general Calay-
borne. Vi sono pure due teatri ,
uno francese, l'altro inglese ; una
sala di ridotto^ la sola degli Stati U-
INUO 169
niti, ove si danno balli mascherati
nel carnevale; de' tre mercati, quel-
lo in città è coperto. Gii stabili-
menti d' istruzione e di pubblica
utilità consistono in molte istitu-
zioni particolari e scuole elemen-
tari. Vi si pubblicano otto giorna-
li in francese^ inglese e spaglinolo^
e sonovi pure stabilimenti indu-
striali. La Nuova Orleans è essen-
zialmente commerciale, ciò ch'essa
deve alla sua felice situazione in
un paese fertilissiaio, e quasi alla
imboccatura d'uno de' più gran fiu-
mi del mondo; moltissimi sono i
navigli ch'escono dal suo porto, il
più sicuro di tutta l'unione. E la
residenza di molti consoli stranieri;
vi esistono quattro banchi e cinque
compagnie di assicurazione. Com-
pongono la popolazione, oltre gì' in-
digeni e i creoli discendenti dai fran-
cesi, molti di questi, inglesi, scozzesi e
irlandesi : la popolazione si aumen-
ta rapidamente, malgrado le stra-
gi della febbre gialla, che però ha
perduto molto di sua malignità, pel
progressivo diseccamento delle pa-
ludi.
Questa città fu fondata nell'anno
1717 sotto la reggenza del duca
d'Orleans, e perciò venne a lui in-
titolata. Fu ceduta alla Spagna nel
1763 col restante della Luigiana;
gli spagnuoli intrapresero di pren-
derne possesso soltanto nel 1768,
ma il loro generale O'Reilly si per-
mise atti di riprovevole violenza La
Nuova Oileans ritornò alla Fran-
cia nel i8or, ed in fine nel i8o3
fu rimessa agli Stati Uniti. Gì' in-
glesi i' attaccarono nel dicembre
18 14? ma furono respinti dagli ame-
ricani, sotto gli ordini del generale
Jackson. La Nuova Orleans fu il ca-
poluogo della Luigiana sino al 1829,
cpocu in cui la sede del governo fu
lyo NUO
trasferìla a Donaldson ville, da cui
è distante 2 5 leghe, indi vi ritor-
nò. La Luigiana conservò il nome
dell'estesissima contrada che i fran-
cesi possedettero nell'America Nord,
e che ad onore di Luigi XIV fu
cosi chiamata. Si vuole che pel
primo nel i54i vi approdasse Fer-
dinando de Solo spagnuolo, ma re-
stata senza effetto la scoperta, me-
glio si conobbe nel iGyS dal ge-
suita Giuseppe Manpette e da Jo-
lyet, indi si perfezionò per Fron-
tenac e R-oberto de la Salle nel
1684, ^ cui disputa tale onore il
francescano belga Luigi Hennepin.
Poscia aumentarono la conquista i
fratelli Lemoyne di Serigny, Cro-
zat ed altri. Nel 1800 la Spagna
restituì alla Francia la Luigiana
pel regno d'Etruria accordato al
duca di Parma, e nel i8o3 ne fe-
ce acquisto l' unione, e fu allora
divisa in due territori!: il meridio-
nale si disse d'Orleans j il setten-
trionale Luigiana; quando il terri-
torio del primo si eresse in islato
assunse l'antico nome di Luigiana,
e l'altro territorio si suddivise nel
territorio di Missouri, che poi di-
venne slato, ov' è la sede vescovile
di s. Louis, ora dichiarata arcive-
scovile dal Papa che regna , pure
nell'America settentriouaje, forma-
ta con parte della diocesi di Nuova
Orleans.
La sede vescovile immediatamen-
te soggetta alla santa Sede, fu e-
retta nel 1793 da Pio VI, e si
estende la diocesi a tutto lo stato
della Luigiana, con 160,000 cat-
tolici, essendo il totale della popo-
lazione 353,000. I vescovi riporta-
li nelle Notizie di Roma sono i
seguenti. 1794 Luigi Penalver y
Cardenas di s. Cristoforo de Ava-
na. Nelle Notizie del 1808 si leg-
NUO
gè airarlìcolo Orleans nuova^ Ve-
di s. Cristoforo d' Avana ^ di cui
era vescovo Gio. Giuseppe Diaz de
Espada, fatto vescovo nel 1800. In
dette Notizie non è riportato Carlo
Nerick amministratore a piacimento
dell'arcivescovo di Baltimore, con-
sagrato nel 1808. 18 15 Lodovico
Guglielmo Dubourg fatto da Pio
VII, il quale nel 1823 gli die per
coadiutore con futura successione
Giuseppe Rosati; traslato il primo
nel 1826 da Leone XII a Mon-
tauban , il Rosati fu fatto primo
vescovo di s. Louis (Fedi)^ ed am-
ministratore apostolico della Nuova
Orleans. Pio Vili nel 1829 no-
minò vescovo Leone de Nekere
fiammingo, della congregazione del-
la missione, cui Gregorio XVI die
nel 1834 per successore monsignor
Augusto Jeanjean, che ricusò il ve-
scovato, ed a questi il 19 giugno
i835 l'odierno monsignor Antonio
Blanc, che sino dal i832 aveva
fatto vescovo d'Apollonia in par-
iibiis e coadiulore di Nuova Or-
leans.
Ecco lo stato di questa dio-
cesi, secondo recenti relazioni. In
città le chiese di s. Maria, di s.
Patrizio, di s. Antonio, di s. Clau-
dio. Sacerdoti 53, stazioni 22, com-
prese le quali, in tutto si contano
42 chiese. Seminario diocesano, di-
retto dai sacerdoti della missione,
nel Bayou la Fourche. Collegio
de'gesuiti in Opelleusas, i quali han
pure due parrocchie, quattro delle
quali amministrano i detti sacer-
doti della missione. Sei monasteri
di religiose, cioè le orsoline con
scuola, il piti antico monastero degli
Stati Uniti, perchè fondato da mo-
nache francesi, quasi contempora-
neamente alla città, in terra vasta
che occupava due isole e chiude-
NUO
va una strada : le autorità civili
le obbligarono ad aprir la strada,
e trovandosi così le monache mol-
to ristrette, comprarono un gran
terreno ne' sobborghi, vi fabbrica-
rono un monastero vastissimo ed
una beila chiesa, e si trasportaro-
no ad abitarlo. Fecero donazione
al vescovo dell'antico monastero e
chiesa, e cosi resero un gran ser-
vigio alla diocesi : la religione nel-
la Luigiana deve molto a questo
monastero, ove le donzelle han ri-
cevuto e ricevono educazione cri-
stiana, ed è mollo ricco. Gli altri
monasteri sono, delle religiose del
sacro Cuore, con scuola, orfanelle
ed educande, in Còte d'Acudie; al-
tro del sacro Cuore in Opelleusas;
delle religiose del Monte Carmelo
a s. Claudio in città, per le ragaz-
ze nere e di colore ; orfanotrofio
di s. Patrizio in Nuova Orleans
tenuto dalle sorelle della Carità con
orfanelle; delle sorelle della Carità
in Emmittisburgo ed all' ospedale
della carità in Nuova Orleans, o-
spedale grande, mantenuto dal pub-
blico. Inoltre in Nuova-Orleans vi
sono, orfanotrofio pei ragazzi; asilo
per le vedove ; associazione pel man-
tenimento del seminario; altra pel
soccorso de' poveri infermi ; la pia
opera della propagazione delia fe-
de; la società di temperanza. La
cattedrale e le chiese della diocesi
stanno sotto l'amministrazione dei
fabbricieri eletti dai parrocchiani,
e per insorti abusi Leone XII vi
provvide con un breve. Nel i825
la congregazione di propaganda
fide, dalla cui giurisdizione dipen-
de il vescovato, gli accordò la di-
chiarazione di Benedetto XIV sui
jiialrimoni d'Olanda, e la estese a
tutta la Luigiana, il cui stato com-
prende quattro diocesi.
NUO 171
NUOVA PAMPLONA ( Ne.o
Pampilonen ). Città con residenza
vescovile nell'America meridionale,
dipartimento di Boyaca nella Nuo-
va Granata, capoluogo della pro-
vincia del suo nome, sul rio dì
Pamplona, affluente della Sulia, a
80 leghe da s. Fede di Bogota, in
una pianura, cinta da alte monta-
gne che vi mantengono la tempe-
ratura, ma vi cagionano delle neb-
bie che oscurano quasi sempre il
cielo. E assai regolarmente fabbri-
cata, con molte piazze pubbliche
ed un gran numero di chiese e
conventi, essendo quella de'religiosi
di s. Francesco riccamente adorna
e decorata del quadro di tal santo
attribuito a Velasquez. Evvi un o-
spizio con officine, un collegio , o-
spedale, confraternite : quasi tutti
gli abitanti sono affetti dal gozzo.
Il suolo del territorio è fertile e
ben coltivato, e nella parrocchia di
Rio Negro si scuopri uu' abbondan-
te mina d'ambra gialla. Una delle
principali ricchezze della provincia
sono le miniere d'oro, d'argento, di
rame e ferro. Il commercio vi è
assai considerabile. La sede vesco-
vile fu eretta da Gregorio XVI,
colla bolla Coelesleni ogricolam in
cunclis ^ del 16 settenjbre i835,
dichiarandola suffraganea dell' arci-
vescovo di s. Fede di Bogota (Fe-
di) . Per primo vescovo nominò
l'attuale, nel concistoi'o de' 1 r di-
cembre i836, monsignor Giuseppe
Giorgio de Torres y- Estans di Car-
tagena, prebendato di detta me-
tropolitana, rettore del seminario,
visitatore delle pie istituzioni e vi-
cario capitolare. La cattedrale è
dedicata a s. Maria della Neve, e
sotto l'invocazione di s. Pietro prin-
cipe degli apostoli, edifizio ampio
e buono con battisteri© e parroco,
,72 3VUO
Il capitolo si compone di quattro
dignità, prima delle quali è il de-
cano, e di altri preti e chierici in-
servienti alla uilìzialura. Fu stabi-
lita l'erezione dell'episcopio, del se-
minario e del monte di pietà. In
città Ti è altra chiesa parrocchiale,
essendo quelle della vasta diocesi
(juarantasei. Tre sono i conventi
tie'religiosi, ed uno il monastero di
monache. Ogni nuovo vescovo è
tassato ne'libri della camera apo-
stolica in fiorini 33, essendo le
rendite del vescovo scudi quattro*
mila di quelle parti.
NUOVA SEGOVIA (Nome Se-
f^ovìae). Città con residenza vesco»
vile nell'isola di Lusson, una delle
Filippine, nell'Indie orientali, a 90
leghe da Manila a settentrione, sulla
sponda destra del fiume Tajo. E
capoluogo della più boreale provin-
cia di Cagayan , i di cui abitanti
cattolici filano canape e cotone , e
fanno traffico di cera ; è riservato
all'alcade il commercio della polvere
d'oro. E protetta da un forte, e da
qui partono i missionari per con-
vertire i bataui montanari. Si chia-
ma pure Segobìa No\>a , Segovia
Nuevao Gagayan, e Ferdinandina.
La cattedrale di recente struttura,
con baltisterio, è sotto l'invocazione
de' ss. Pietro e Paolo, avente con-
tiguo l'episcopio, moderno e solido
edificio. Non avvi oltre la cattedrale
altra chiesa parrocchiale, e per le
vicende de' tempi non ha più i con-
venti, i monasteri, il seminario e il
monte di pietà : i domenicani vi
fondarono un bel convento. La sede
vescovile fu eretta da Clemente Vili
nel 160 T, e da Paolo V nel i6o5
fitta suffraganea di Manila, di cui lo
è ancora. Le Notizie di Roma fa il
novero de'soguenti vescovi. ly.^o fr.
Giovauui de Arcchederra domeni-
NUO
cano di Caraccas. 17^3 Giovanni
de la Fuenle Yepez della diocesi di
Manila. 1763 fr. Bernardo Ustariz
domenicano della diocesi di Tarra-
gona. 1768 fr. Michele Garcia do-
menicano della diocesi di Cuenca.
1784 fr. Giovanni da s. Agostino,
agostiniano scalzo della diocesi di
Piacencia. 1806 Gaetano Pallas del-
la diocesi di Lerida. 1817 fr. Fran-
cesco Alban domenicano della dio-
cesi di Tuy. Dopo lunga sede va-
cante, Gregorio XVI nel concistoro
de* ig gennaio 1846 nominò l'at-
tuale vescovo monsignor Raffaele
Masolivier domenicano spagnuolo,
già provinciale e maestro di teolo-
gia nel suo ordine. Nella cattedrale
non vi sono più dignità , canonici
e beneficiati, solo alcuni preti e chie-
rici per l'uffiziatura, col parroco. La
diocesi è ampia , contiene quattro
isole ed altri luoghi, con duecento
parrocchie munite di battisterio. O-
gni nuovo vescovo è tassato io fio-
rini 33, e l'erario spagnuolo som-
ministra al vescovo tremila monete.
NUOVA YORK ( Neo-Ebora^
censis). Città con residenza vesco-
vile degli Stati Uniti, nell'America
settentrionale, nello stato del suo no-
me, capoluogo di contea, a 3o le-
ghe da Filadelfia, all'estremità me-
ridionale della piccola isola Manhat-
tan o di New- York. Si divide in
i4 quartieri , e dal mare presenta
un magnifico colpo d'occhio, essen-
do la parte settentrionale di mag-
gior gusto, come di più recente co-
struzione, con strade larghissime in
linea retta. In generale ben fabbri-
cata e in qualche punto magnifica,
ha il bel passeggio pubblico chia-
mato la Batteria, oltre quello del
Parco in faccia al palazzo comunale.
Gli edifizi sono in generale molto
più belli che iu altra città dell' u*
NUO
iiione; il palazzo della città, il più
iiìngnifico di tntli, è in parte fab-
bricato in marmo ; st^ipendo è quel-
lo della direzione postale; si distin-
guono poscia le chiese di s. Gio-
vanni, di s. Paolo, di s. Pietro, di
Cristo, comprata dai protestanti, di
s. Giacomo , della Trinità e della
Grazia, la cattedrale cattolica, gran-
de, solida e bella, fabbricata in pie-
tra, sotto l' invocazione di s. Patri-
zio, con cimiterio annesso, e molte
altre. L'ospedale, vastissimo stabili-
mento, riccamente dotato e bene
amministrato, con luoghi pei pazzi
e per le partorienti. Vi è la biblio-
teca ; la prigione di stato, sulla riva
d'Hudson, edificata in pietra e cinta
d'alto muro; casa di beneficenza
con vasto fabbricato in pietra. Nuo-
va \ork possiede 79 chiese o tem-
pli pei diversi culti , cioè cattolici ,
episcopali, metodisti, presbiteriani,
riformati, anabattisti e luterani. Evvi
una casa penitenziale, l'ospizio pegli
orfani, prigione, casa di correzione,
arsenale, cinque teatri, due de'quali
bellissimi, un museo, undici banchi,
ventuna case di assicurazioni e otto
mercati. L'università, chiamata col-
Jegio di Columbia, ha edifizi vasti
e belli, con biblioteca, collegio di
medicina, museo anatomico, elabo-
ratorio chimico , gabinetto minera-
logico, museo d'istoria naturale, ed
un giardino botanico. Il collegio
liutgers per la medicina, seminario
teologico fondato nel i8o5, islitu-
zione de'sordo-mutij società biblica
e ateneo fondato nel 1824. Un gran-
de e bello stabilimento, chiamato
New- York in stitution , co m pr en d e
molti stabilimenti; ha società lette-
raria e filosofica , non che isterica
con biblioteca ; 1' accademia ameri-
cana di belle arti con preziosa col-
lezione di quadri ; il liceo con ricco
NUO 173
gabinetto di storia naturale e pre-
giata collezione di raccolte scientifi-
che, oltre il museo americano con-
tenente considerabile collezione di
oggetti rari e curiosi. Si contano
molte altre società letterarie e dotte,
ed un gran numero di benefiche
associazioni. La stampa vi è attivis-
sima, e considerevole il commercio
librario. Vi sono molte fabbriche,
ed il porto eccellente è formato da
un'ampia baia dell'Atlantico che si
estende al sud della città: tanto
questa che il porto sono difesi da
varie fortificazioni. Il suo ancorag-
gio sicuro vi riceve le navi di mag-
gior portata, a cui il fiume Hudson
permette eziandio di risalire per \\w
buon tratto nell'interno, e pone la
città pei canali in comunicazione
coi grandi laghi del settentrione,
col s. Lorenzo. Nuova York tiene
così le chiavi più importanti del-
l'immenso commercio interno del-
l'unione. Havre, il primo porto fran-
cese dell'Oceano, e Li verpool il primo
interposilo dell' Europa pei cotoni
e per le altre grandi materie prime
dell'unione americana, vi hanno gran
commercio. La città è la più com-
merciale degli Stati Uniti, situala in
un paese ben popolato e fertilissi-
mo è delle più vantaggiose. Circa
cento battelli a vapore fanno il ser-
vigio di questa città in direzioni di-
verse. L'accrescimento della popo-
lazione fu rapido, ed ora si fa ascen-
dere a circa 36o,ooo ; nel 1750
era appena composta di 10,000,
e nel 1800 di 60,000.
Ad Enrico Hudson inglese . è
dovuto lo scoprimento della regio-
ne nell'anno 1609, quando col-
le navi olandesi della compagnia
dell'indie orientali discoprì la foce
del fiume da lui denominato, e ri-
montandone la sorgente introdusse
174 NUO
in quel suolo i primi coloni. Al suo
ritorno in Amsterdam gli olandesi
comprarono da Hudson la nuova
provincia. Malgrado le proteste ed
i coulrastì di Giacomo I re d'In-
ghilterra, la repubblica baiava si
appropriò il territorio e lo chiamò
Nuova Berga o Nuova Olanda, edi-
ficando gli olandesi per loro pro-
pugnacolo, nel i6io, il Fort- Am-
sterdam, nel luogo ove sorge questa
gran città. Allorché gì' inglesi co-
mandati dal duca di York e d'Alba-
ny grande ammiraglio, ruppero guer-
ra all'Olanda sotto Carlo II, e nel
i665 disfecero la flotta dell'ammi-
raglio olandese Opdam, il colonnello
Nicliois sbarcò tremila uomini sulla
Nuova Berga e l'occupò facilmente.
La pace di Breda ne assicurò il
possesso nel 1667 pel cambio del
Surinam agli inglesi, ed il re Gia-
como II die in proprietà il paese
al fratello duca d' York ; ma nel
1673 gli olandesi vi rientrarono, e
finalmente con nuovo trattato ce-
derono il paese all'Inghilterra , che
ritenne allora il nome di Nuova
York in un alla città, che già il
duca di York poi Giacomo II gli
avea dato, e migliaia d'inglesi con-
corsero a popolare il paese e la
città, oltre gli olandesi : più tardi
vi si aggiunsero i tedeschi scacciati
dal Palatinato e da altre parti per
contese religiose, come francesi ed
altri, che concorsero al suo rapido
e mirabile -ingrandimento. La città
fu bruciata in parte durante la guer-
ra dell'indipendenza nel 1776, per
la quale fu una delle prime a in-
sorgere, e rimase in potere delle
truppe britanne da detto anno fino
al 1783. Quivi si tenne il congresso
ove si diede il giuramento per la
sistemazione della costituzione fede-
rale^ il 3o aprile 1789, ed il cele-
NUO
brc generale Washington, che vi avea
fatto il solenne ingresso, fu eletto
presidente, dopo la proclamazione
della nuova costituzione. Mollo sof-
frì per la febbre gialla nel 17900
i8o3. Quivi gli sgraziati coloni ri-
fuggiti dalle stragi di s. Domingo,
nel 1793 trovarono tutta l'ospita-
lità e tutti i soccorsi. Nuova York
è chiamata dai geografi l'opulento
emporio del nuovo emisfero, la re-
gina del litorale americano, il prin-
cipal focolare dell* industria anglo-
americana, la più popolosa e traf-
ficante città dell'unione americana,
il convegno commerciale della mer-
catura de' due mondi , nata quasi
d'incantesimo su d'umile sasso che
varie isolette circondano. Il suo com-
mercio esterno ha triplicato dal 1 820
in qua ; la sua suppellettile marit-
tima che allora non contava che
75,000 tonnellate, ne conta oggi
25o,ooo; quella delle sue pesche e
della sua navigazione costiera è cre-
sciuta in maggior proporzione an-
cora, poiché Nuova York è stupen-
damente situata sì per le operazio-
ni marittime, che pel commercio
interno. Essa è l'intermedio, il prin-
cipale interposito del commercio del-
l'Europa cogli altri porti americani,
o piuttosto colle due Americhe : tut-
to deve alle numerose linee di fer-
ro e di canali, ed all'apertura prin-
cipalmente del canale Eriè , vera-
mente sorprendente, perchè la pone
in contatto con molti altri centri
industriali dell' unione. Per questo
canale l'occidente versa nel porto
di Nuova York la massa de' suoi
prodotti agricoli e forestali.
La sede vescovile fu eretta da Pio
VII, col breve Ex debito pastoralis
offìcdy degli 8 aprile 1808, Bull,
de prop.fidei, IV, p. 339, ^^^ (\^^^Q
istituì pure i v^escovali di Filadelfia,
NUO
■Boston e Bardstown, dichiarandola
suffraganea di Baltimora, che nello
stesso giorno elevò ad arcivescovato.
Il primo vescovo fu Riccardo Con-
cannen domenicano, consagralo nel
1808. Le Notizie di Roma registra-
no i seguenti vescovi. i8i4 Giovan-
ni Connolly irlandese domenicano.
1826 Giovanni du Bois francese
sulpiziano, al quale, per la sua ca-
gionevole salute, Gregorio XVI agli
8 agosto 1887 die per coadiutore
con futura successione monsignor
Giovanni Hughes che fere vescovo di
Basilopoli in parlibus. Essendo egli
nel 1842 succeduto al predecessore,
ora governa la diocesi. Il medesimo
Papa a' 2 1 novembre elesse l'attuale
coadiutore con futura successione,
monsignor Giacomo MacCoskey e
vescovo Axierense in partibus. Di-
cemmo nel voi. XXXII, p. 3^5 del
Dizionario^ che Gregorio XVI con
lettera enciclica , che si legge nel
suppl. del n." ^1 del Diario di Ro-
ma, proscrisse la società òe\V Allean-
za cristiana formala in Nuova York,
il cui fine, ad onta di un titolo così
specioso, era disseminare il prote-
stantismo e la libertà religiosa non
solo nelle vaste regioni dell'Ameri-
ca, ma nell'Italia e perfino nel cuore
stesso di R.oma. Nel voi. XVII, p. 4?
degli Annali delle scienze religiose
si parla del primo sinodo diocesano
nel 1842 tenuto in Nuova York dal
degno e zelante monsignor Hughes,
pubblicato ivi colle stampe coi 33
decreti ordinati al decoro e al man-
tenimento della fede e della discipli-
na; e della sua lettera pastorale al
clero ed ai fedeli della diocesi, con
cui lo promulgò; come ancora della
trionfante apologia con la quale il dot-
to prelato confutò quattro individui
di altre religioni, che osarono combat-
tere le sante determinazioni del sinodo.
NUO 175
Ecco lo sialo di questa dioce-
si, secondo le ultime relazioni. Lo
stato di Nuova York e la parte
orientale di quello di Nuova Jersey
o Nuova Cesarea formano questa
diocesi , con 74 preti, compreso il
vicario generale. I pii stabilimenti
sono : seminario di s. Vincenzo de
Paoli in Lafasgevilìe, diretto dai sa-
cerdoti della missione. Scuola di s.
Maria per le donzelle, con educan-
de, delle sorelle della Carità. Scuola
dis. Giuseppe per le donzelle, di sole
educande , diretta da dette suore.
Orfanotrofio per le ragazze, delle
sorelle della Carità. Orfanotrofio per
le orfane d'un solo de' genitori, go-
vernato dalle medesime religiose ,
dalle quali sono dirette pure le
scuole gratuite di s. Patrizio e di
s. Pietro, e quella pur gratuita di s.
Giacomo. Altre scuole gratuite sono
quella di s. Nicola pei ragazzi te-
deschi, quella della Trasfigurazione,
quella di s. Giuseppe. In s. Maria
in Brooklin l'orfanotrofio delle suore
della Carità e la scuola gratuita di
s. Giacomo. In Albany orfanotrofio
e scuola gratuita di s. Giuseppe, delle
stesse suore. In Utica l'orfanotrofio
e scuola di s. Giovanni, da loro di-
rette. Il lodato pastore occupandosi
allo stabilimento d'un seminario dio-
cesano e d'un collegio pei giovanetti
secolari in Rose-Hill, vi riuscì feli-
cemente: pel seminario la congre-
gazione di propaganda Jìde contri-
buì diecimila scudi. Tutte le chiese
della diocesi sono state finora sollo
l'amministrazione de' fabbricieri, che
come in altre parti dell' America
cagionarono molti disturbi. Ad ov-
viarne gì' inconvenienti, i sinodi di
Baltimora e Nuova York fecero uti-
lissimi decreti. I cattolici di tutta la
diocesi si fanno ascendere a 200,000.
Chiese e cappelle 90, mentre nel
176 NUO NUS
1783 non vi era in ci Ita nemmeno dal cjovernntore del Rn<?<?0 Canada
una chiesa; stazioni 5o, società di o sia di Qaebech, mentre i Iribu-
leniperanza 20, e casa delle reli- nali di ognuna delle otto provincie
giose del sacro Cuore in Nuova o contee sono dipendenti da un'al-
York con educande. Nella diocesi vi ta corte di giustizia, e vi è pure
sono diverse tribù selvaggie. il giuri per le cause criminali. Alla
NUOVO BRUNSWICK (ISovae popolazione di circa 60,000 indivi-
Brunopolis). Città con residenza ve- dui, si devono aggiungere più di
scovile dell' America settenlrionalej 2000 algonquini, che nell* interno
ne' possedimenti inglesi del Basso esercitano la caccia e la pesca, ne
Canada, nel Nuovo Brunswick, trat- ricusano la civilizzazione, e molti
to di paese tra il fiume s. Lorenzo abbracciarono il cristianesimo. La
e la gran baia di Fundy, per la regione fu scoperta nel i524 da
quale vien diviso dalla Nuova Sco- Giovanni Verazzani fiorentino, pel
zia. Aspro n* è il clima, incolte e re Francesco I. Il Nuovo Brunswick,
selvose le terre interne; le coste ha le seguenti quattro città. Fre-
meridionali e le rive de' fiumi si dericktown capitale e della pro-
coltivano: molto bestiame si alleva vincia o contea di York, con chie-
nelle fi-equenti ed estese praterie, e sa cattolica e templi pei dissidenti ,
t^gguardevole n'è la pesca ; il com- collegio e società d'agricoltura. San
mercio vi fa progressi. I francesi Giovanni, ragguardevole per essere
nel 16 16 dal Canada si estesero ad il centro del commercio, con am-
occupare le terre orientali sino al- pio e sicuro porto, scuole e lette-
r Atlantico, ed imposero alla regio- rari stabilimenti. S.Andrea, di flo-
iae il nome di Nuova Acadia. La ridissimo commercio, con buon por*
tolsero gl'inglesi quasi subito ai pri- to ed uffizi doganali. Newcastle, ito-
mi possessori^ e il conte di Sterling portante pei vicini cantieri per la
ne fu nominato feudatario. Ma tor- costruzione delle navi, donde deri-
narono poi i francesi a goderne Vi' va al paese prosperità ed opulenza.
no alla pace d' Utrecht , che nel Gregorio XVI, a me7,zo delia con-
1713 ne aggiudicò alla Gran Bre- gregazione di propaganda y^<^e, dis-
tagna lo slabile dominio, benché la membro il nuovo Brunswick dalla
sorte politica meglio fu fissata nel diocesi di Charlottetown (Fedì)^ me-
1784. Allora si divise in due go- diante l'assenso del vescovo, e Io
verni la contrada : Nuovo Brjunswick eresse nel settembre 1842 in ve-
si chiamò 1' occidentale onde at- scovato, nominandovi a'3o di detto
trarvi gli emigrati tedeschi, deno- mese per primo vescovo l'attuale
minandosi l'altra Nuova Scozia, con monsignor Guglielmo Dolleard. Ul-
Halifax [Vedi) per capitale, in timamenle si stava trattando, per
cui Gregorio XVI eresse la &QàQ far divenire il vescovato di Nuovo
vescovile. Il governatore venne in- Brunswick suffiaganeo della metro-
vestito del potere esecutivo in no- politana di Quebech.
me del re, e la costituzione e le NUSGO (Nuscan)> Città con re-
leggi inglesi vi si adottarono. Il re- sidenza vescovile nel regno delle
gio consiglio formasi di nove mem- due Sicilie, nella provincia del Prin-
bri, e di dodici la camera de'deputati. cipato Ulteriore, a due leghe da s.
L* organizzazione militare dipende Angelo de' Lombardi , distretto. E
NUS
posta nella diramazione occidentale
del monte Irpino, e bagnata da una
sorgente, che rapida corre a ingros-
sare il Lombardo, nel circondano
di Bagnoli, ed è antica, con titolo
di contea. La cattedrale, buon edi-
fìzio con battisterio, è sotto l'invo-
cazione dì s. Stefano protomartire,
di cui si venera un braccio, insie-
me al corpo di s. Amato, vescovo,
cittadino e compatrono della città:
incontro esiste l'episcopio. Vi sono
due altre chiese parrocchiali senza
il battisterio, alcune confraternite,
monasteri, ospedale, monte di pietà
e seminario. La sede vescovile fu
eretta verso l'anno io4B suffra-
ganea dell'arcivescovo di Salerno ,
di cui lo è ancora. Pio VII nel
1818 con la lettera apostolica De
utiliorij vi unì la diocesi di Monte
31 arano (Fedi),
Il primo vescovo fu s. Amato
nobile di Nusco, ornato di dottrina,
e arciprete della chiesa maggiore ,
consacrato nel io58 dall'arcivesco-
vo di Salerno : si occupò partico-
larmente della riparazione delle chie-
se antiche, facendone altresì costrui-
re delle nuove, cioè quella di s. Lo-
Prenzo e quella della Madonna di
Fontignano, che cedette ai bene-
dettini col monastero fondato nel
medesimo luogo. Dai fondamenti ri-
fabbricò la chiesa principale e la
dedicò in onore di Dio e di s. Ste-
fano, e dotò coi suoi beni. La pu-
rità de' costumi e lo splendore dei
miracoli resero celebre s. Amato, il
quale morì santamente nel logS.
Indi gli successero, nel i io4 Guido,
Roggero del 11 43, Guglielmo del
1164, Roggero II che viàse sotto il
Papa Celestino III, ornò la catte-
I drale ed in luogo più decoroso col-
I locò il corpo di s. Amato. Luca del
I 1 200, Giacomo francescano del 1 285,
I VCL. XLVIII,
NUS 177
Pietro 0 Paolo del 1 296, Roggero Ge-
sualdo napoletano, morto nel i35o;
Francesco canonico di Sorrento, nel
i365 traslato a Sorra in Sardegna,
il vescovo della quale Arnoldo fu
in vece trasferito a Nusco. Nel 1894
da Ceneda vi fu traslato Marco,
nel iSgG Bernardo, nel 1399 An-
gelo Bersilli di Lavellino, Gugliel-
mo morto nel i4i9> Antonio arci-
prete della cattedrale morto nel
1435, Paoluccio morto nel i436,
fr. Jannuccio Pascasi© francescano ,
sotto il quale Pio II nel 1461 uni
alla mensa del vescovo l'abbazia di
Fontignano, a di lui istanza e di
Giovanni Cola conte di Nusco. Nel
1471 divenne vescovo della patria
Stefano Muscatelli; nel i485 Anto-
nio Maramaldi napoletano, nobile e
chiaro per virtù, cui Leone X die
in coadiutore Marino de Acciabianca
o Dazio che nel i523 rinunziò, e
gli successe Girolamo de Acciabianca.
Nel i538 Pietro Paolo Parisio (Fe-
di) ^ poi cardinale; nel 1 545, per sua
morte. Luigi Cavalcanti nobile di
origine toscano, lodato per virtù, e
nel i563 trasferito a Bisignano. In-
di Alessandro Gadaleta di Molfetta,
di egregie qualità; Pietro o Persio
de Filiis di Terni nel 1578, vir-
tuoso e difensore de' diritti eccle-
siastici. Nel 1578 Patrizio Lunati
o Laosio di Cassiano, imitatore del
predecessore; nel 1602 fr. Lazzaro
Pellizario domenicano , trasferito a
Modena; nel 1607 Gio. Battista
Zuccati modenese, abdicò nel 161 5;
Michele Resta traslalo da Stagno,
poi ad Ascoli di Puglia nel lóSg,
lodato ; Francesco Arcudio greco ,
erudito nelle lettere anche latine ;
nel 1642 fr. Gio. Mauro di Fratta
conventuale, sempre infermo; nel
1645 Anello Campagna napoletano;
nel 1649 Pietro Paolo Rossi della
12
178 NUZ
diocesi di Gonza; nel i658 fr. Be-
nedetto de Roocì carmelitano mila'
nese; nel 1662 Angelo Picchetti di
Monticelli ; nel 1 669 fr. Fulgenzio
Aiminio Monforle nobile d* Avelli-
no , predicatore agostiniano ; nel
1680 Benedetto Giacinto Sanger-
mano di Bisiguano; nel lyo'i Gia-
cinto Dragonetti nobile aquilano ,
predicatore filippino. Con questi nel-
r Italia sacra dell'Ughelli t. VII, p.
532, si termina la serie de' vescovi,
che compiremo colle Notizie di Ro-
ma. 1724 Nicolò Tupputi di Bar-
letta, 1741 Gaetano de Arco napo-
letano, traslato da Strougoli. 1753
Francesco Antonio Bonaventura di
Barletta. Dopo sede vacante , 1 792
Francesco Saverio de Vivo di Sa-
lerno, trasferito da Lanciano. Dopo
altra sede vacante, 1820 Pasquale
de Nicolais della diocesi di Bene-
vento. A questi Gregorio XVI die-
de per amministratore della chiesa
monsignor Marino Paglia arcive-
scovo di Salerno. Per morte del
vescovo, il medesimo Papa nel con-
cistoro de' 2 ottobre 1887 dichiarò
successore l'odierno monsignor Fran-
cesco Paolo Mastropasqua di Mol-
fetta, ove fu canonico e rettore del
seminario, vicario generale di Gonza
e Campagna, di Nusco e di Gastel-
lamare. il capitolo si compone di
quattro dignità, l'arcidiacono, l'ar-
ciprete, il primicero maggiore e il
primicero minore, otto canonici, sei
ebdomadari soprannumerari, ed al-
tri preti e chierici. L'arciprete, con
tre parrochi canonici onorari , ha
cura della parrocchia della catte-
drale. La diocesi si estende per die-
ci miglia di territorio e contiene tre
luoghi. Ogni nuovo vescovo è tas-
sato in fiorini 5o, essendo le rendite
2000 ducali.
JN'UZZi Ferdinando, Cardinale,
NUZ
Ferdinando Nuzzi, o Nuzzìo o Nu-
ptio da Orle, recatosi in Roma in
tenera età di nove anni, diedesi di
proposilo allo studio della giuris-
prudenza e vi fece tali avanzamen-
ti che seppe distinguersi tra gli
avvocali della curia romana. In-
nocenzo XI, conosciuta la di lui
abilità, lo dichiarò commissario del-
la camera, e poco dopo gli conferì
un canonicato di s. Pietro. Ales-
sandro VIII, informalo appieno del
suo distinto merito, lo avrebbe pro-
mosso se la morte non l'impediva.
In sede vacante il sacro collegio lo
dichiarò prò- tesoriere in luogo del
defunto Raggi. Innocenzo XII lo
nominò segretario del concilio, e
nei primi del 1700 assessore del
s. offizio. Clemente XI lo anno-
verò tra i chierici di camera colla
presidenza dell' annona, e gli die
luogo tra i consultori del s. ofli-
zio e tra i votanti di segnatura ,
colla segreteria della congregazio-
ne delle acque. Con tanti titoli e
prerogative pure si vedeva lontano
dalla porpora , che ad altri per
conseguirla era bastato 1' esercizio
d' una delle sue cariche. Ciò non
pertanto con edificante rassegna-
zione, portando in pace l' avverso
destino, soddisfece pienamente alle
indossategli incombenze, non solo
colla sua condotta lodevole, ma co-
gli scritti ancora, avendo dato alla
luce, quando era presidente dell'an-
nona, un libro intitolato : Della
coltura dell'agro romano. Dopo es-
sere stato di nuovo per breve in-
tervallo di tempo surrogato nella
carica di pro-tesoriere, fu consa-
grato arcivescovo di Nicea, e fallo
segretario de' vescovi e regolari e
correttore della penitenzieria. Fi-
nalmente con applauso di tutta
Roma, avendo con raro esempio
NUZ
esercitato le più consiclerahili ma*
gislratiire della curia romana, Cle-
mente XI a'i6 dicembre lyiS lo
creò cardinale prete di s. Puden-
fiana e vescovo d' Orvieto. Ma
dopo 2 3 mesi di cardinalato compi
NUZ 179
la laboriosa carriera dì sua vita in
Orvieto nel 17 17, e rimase sepol-
to in quella cattedrale, con elegan-
te e ben intesa iscrizione, postavi
da Innocenzo Nuptio suo nipote.
\
I
i8o
OBE
OBE
O
a
ASI, Oasis Magna, Sede ve-
scovile della prima Tebaide ia E-
gilto, nel patriarcato di Alessandria,
sotto la metropoli d' Antinoe, eret-
ta nel V secolo, detta anche Casus.
Neil* Egitto le Oasi sono fertili can-
toni circondati di sabbie e somi-
glianti alle isole collocate in mezzo ai
deserti. La grande Oasi fu da Ero-
dato situata nella Libia, 7 leghe da
Tebe, e chiamala dai greci isola
de beali j ma Slrabone meglio la de-
scrisse rimpetto ad Abido. Orìens
diri si. t. II, p. 60 3.
OAXACA. Cina con residenza
vescovile nel Messico, chiamata an-
che Antequera {Vedi). L'attuale
■vescovo monsignor Antonio Mante-
con d' Antequera, fu nominato da
Gregorio XVI nel i844«
OBBEDIENZA. P^edi Ubbidien-
ZA.
OBBEDIENZIARIO, Obedientia-
rius. Nome della prima dignità del-
l' antico capitolo di s. Giusto di
Lione ; e religioso mandato dal suo
superiore per amministrare un be-
nefìzio, che ivi viveva come in mo-
nastero, in compagnia di due o tre
altri religiosi. Obbendienziale . si
chiamò V ufiiziale incaricato alle di-
stribuzioni ai canonici presenti in
coro.
OBELISCHI DI ROMA. L* obe-
lisco, obeliscits, dìcesi anche agu-
glia, guglia o piramide. È una mo-
le di pietra fatta tutta d' un pezzo,
quadrata nella, base, ma di forma
bislunga molto, con una punta o
piramide smussata. Gli antichi di-
cono che l'obelisco fu inventato da-
gli egizii per simboleggiare il rag-
gio del sole, entro il quale o so-
pra al quale scolpirono i loro ge-
roglifici, o scrittura simbolica for-
mata di figure, di cui trattò War-
burthon nel Saggio sopra i gerogli-
fici degli egiziani. È da vedersi la
lettera del marchese Maffei del
174B, riportata nel t. XIV della
Raccolta Calogerana, sul fine per
cui furono inventati ed eretti gli o-
belischi in Egitto. Il nome di o-
belisco deriva dal greco e significa
propriamente raggio solare, aguglia
o cosa che termina in punta^ co-
me pure dardo, saetta, fulmine, tol-
ta r idea di un corpo fino relati-
vamente all'altezza, ed aguzzo in
cima. Questi massi monoliti, fatti
di una sola pietra con quattro fac-
cie, d' ordinario i quattro lati sono
ornati de' suddetti geroglifici, di cui
si fece pur parola a Egitto ed al-
trove, e si collocano per lo piti so-
pra un semplice piedistallo quadra-
to, piti largo deir obelisco medesi-
mo. La maggior parte sono di gra-
nito tratto dalle cave dell'alto E-
gitto. Diodoro Siculo, Erodoto e
più di tutti Plinio e Ammiano
Marcellino presentano descrizioni e
notizie de' monumenti di questa spe-
cie. 11 primo tra i monarchi egi-
ziani che pensò a far tagliare si
maestose pietre, secondo Plinio, fu
Mestres, in venerazione e pel cullo
del Sole e per tenere impiegati i
popoli in tali opere^ sviscerando le
montagne di Tebe e di altri luo-
ghi dell'Egitto e specialmente di
Syene, onde tal sorla di pietra gra-
nila con macchie rosse fu appella-
ta synéithe^ detto in latino lapis
I
OBE
aegyptiiis. Quindi i di lui successori
De seguirono l' esempio fino a Psam-
melico, sotto il quale assalito V E-
gitlo da Cambise, perirono allora
in esso quasi tutte le arti e le scien-
ze. Dopo tale invasione niun mo-
narca d'Egitto, tranne Nettabis,
fece più fabbricare sì fatti obeli-
schi. I re d'Egitto li consacrarono
ad onore degli dei, e solevano eri-
gerli dinanzi al pilone de' templi,
finche i costumi non vennero altera-
ti per la dominazione degli stranie-
ri. Sono coperti di geroglifici da
tutte le parti, contenenti la inter-
pretazione della natura delle cose
secondo la filosofia degli egizii, ma
che mostravano i votij o fatti o
adempiti dai re, non che leggende
ampollose contenenti i benefizi ac-
cordati dal sole sotto varie deno-
minazioni ai re, ed i titoli di que-
sti con tutt^Ei la pompa orientale.
Strabone ci avvisa, che negli obe-
lischi collocali ai sepolcri de' sovra-
ni di Tebe, era descritto l'imperio,
la potenza, le loro ricchezze^ i tri-
buti eh' esigevano e gli eserciti che
comandavano. I romani divenuti
padroni deli' Egitto e gelosi di or-
nare magnificamente le loro piazze
pubbliche o circhi, i sepolcri, gli
orti ed ali ri luoghi con questa
sorta di monumenti, non rispar-
miarono ne fatica ne spesa per far-
ne passare buon numero nella ca-
pitale del loro impero, o rimoven-
doli dai luoghi ove li trovarono, o
facendoli tagliare durante la loro
dominazione. Perciò Roma, dopo
l'Egitto, è la città che presenta il
maggior numero di obelischi, di
tutte l' epoche e di tutte le gran-
dezze. Il Novaes nella Vita di Sisto
F, dice che gl'imperatori n'eresse-
ro in Roma quarantadue tra gran-
di e piccoli ; ed il Guattani, Roma
OBE i8i
antica t. I, p. 122, parlando degli
obelischi, che chiama piramidi lun-
ghe e strette, riferisce che 20,000
uomini furono impiegati a tagliar
quello della piazza Lateranense; di
più osserva, che tal genere di de-
corazione è meravigliosa, ma n' è
migliore l'effetto se collocati sulla
verdura e fra gli alberi. Dodici se
ne vedono ancora in piedi sulle
sue piazze principali ed in alcuni
de' suoi giardini, fra' quali primeg-
gia per antichità e per mole quel-
lo di s. Giovanni in Laterano ; se-
guono gradatamente diminuendo per
mole, quello del Vaticano, quello
di piazza del Popolo, quello di Mon-
te Citorio, quello di piazza Navo-
na, quello della tribuna di s. Ma-
ria Maggiore, quello del Quirinale,
quello della Trinità de'Monti, quel-
lo del Monte Pincio, quello del
Pantheon, quello della Minerva e
finalmente quello di villa Mattei.
Ninno di essi conserva la integrità
primitiva, ninno il posto come ven-
ne trasportato in Roma, ad eccezio-
ne del Vaticano e di quello della
Minerva rinvenuti vicini al luogo
ove sono.
Non tutti gli obelischi di Roma
hanno geroglifici, poiché ne sono
privi quelli del Vaticano, del Qui-
irinale e di s. Maria Maggiore; e
siccome V oggetto della loro istitu-
zione ed il fatto di quelli ancora
esistenti in Egitto dimostrano che
tutti dovrebbero averne, perciò sem-
bra che quelli che non hanno iscri-
zione sieno stati tagliati dai romani,
che non li riguardarono se non co-
me meri ornamenti, e fatti ad imita-
zione de' più antichi, come il Vati-
cano che fu fatto ad imitazione di
quello eretto da Nuncoreo figlio di
Sesostri. Gli altri tutti hanno ge-
roglifici, ma neppure essi sono tutti
iSa OBE
dell'epoca antica dell' Egitto, alla
quale tre soli de' grandi ed uno
de' piccoli appartengono, cioè quello
del Latcrano, quello di piazza del
Popolo e quello di Monte Citorio
fra* primi, quello della Minerva fra
ì secondi j gli altri cinque sono sta-
ti tagliati durante la dominazione
romana in Egitto, dopo la conqui>
sta fatta di quel regno da Augusto.
Nella piazza avanti alla basilica o
Chiesa di s. Bartolomeo all' isola
{P^edi)y vicino al portico, sta eretto
un frammento d' obelisco scolpito
co' geroglifici egiziani, ivi ritrovato
nel 1676, ed avanzo di quello in-
nalzato in queir isola del Tevere
formata a guisa di nave, affmchè
gli servisse come di antenna nel
mezzo, come riferisce il Marangoni,
p. 364, I^^ll^ cose gentilesche e pro-
fane trasportate ad uso e adorna-
mento delle chiese. Egli tratta nel
cap. 67 degli obelischi o guglie
consagrati all'idolatria, poscia dedì»
cati alla Croce e convertiti in ador-
namento de' prospetti delle chiese,
dicendo che gli egizii gli eressero nei
templi e fuori di essi e nei pubbli-
ci luoghi in onore delle loro deità,
e perciò vi scolpirono con caratteri
simbolici le cose sacre e misteri reli«
giosi; e gì* innalzavano sopra molti
gradini tutti ripieni d'idoli, per cui
gli appellavano are ed altari. Fu
Augusto il primo a trasportare que-
ste moli in Roma, innalzandone u-
na in mezzo della spina del circo
Massimo, in luogo della trave o an-
tenna di legno che prima vi era,
e r altra nel campo Marzio, perchè
servisse di gnomone: ambedue li
rimosse dal tempio del Sole in Elio-
poli, città del Basso Egitto, perchè
meno aveano sofferto dalla mania
di Carabise ; Caligola trasportò
U Vaticano a ornamento del suo
OBE
ciroo. Altri tre posteriormente por-
tati in Roma furono collocali nei
giardini e circo di Sallustio, e i due
del Mausoleo di Augusto. A que-
sti debbonsi aggiungae quelli del-
l'Iseo Carapense, quello dell* Iseo
Capitolino e quelli del circo Va-
riano o Eliogabalo, del circo di Ro-
mulo, ed il secondo del circo Mas-
simo eretto da Costanzo nel 357
di nostra era, che fu i* ultimo ad
essere trasportato, e che die moti-
vo ad Ammiano di parlar di que-
ste moli e particolarmente come
venissero trasportate . Plinio poi
narrò le difficoltà per rimovere e
trasportare questi monoliti, e come
fu d' uopo costruire mirabili basti-
menti di sorprendente grandezza,
rimontando il Tevere fino a Roma.
Ne'saccheggi e rovine della città,
fatti dai barbari, essendo caduti gli
obelischi e la maggior parte rotti
in più parti, giacquero sepolti tra
le rovine, finché il gran Sisto V
pel primo pensò di toglierli dal-
l' oblivione e dalla superstizione lo-
ro antica, e co* sacri riti dedicarli
al trionfante vessillo della Croce,
disponendo che servissero di nubi-
lissimo ornamento delle pi li insigni
basiliche, ed il p. Bonanni, Numis.
Pont.y riporta sette medaglie di Si-
sto V , cogli obelischi e il dise-
gno de* quattro da lui eretti .
In ciò quel Papa fu imitalo dai
successori Innocenzo X, Alessan-
dro VII, Clemente XI, Pio VI e
Pio VII. Diversi dotti illustraro-
no gli obelischi, quali preziosi raris-
simi monumenti, de'quali più antichi
non si trovano sulla terra, e ne ram-
menteremo i principali, oltre gli a-
naloghi autori riportati ad Egitto^
e quelli di cui parleremo ai seguen-
ti articoli. Michele Mercati , Degli
obelischi di Roma, ivi 1589. Con-
OBE
siderazioni sopra gli avverùmeuti
di Latino Latini intorno agli ohe-
iìschi di Romay ivi iSgo. Pehus
G a lesi ni US, Ordo dcdicationis obe-
lisci, quem D. N. Sixti V. P. M.
ili foro Faticano ad limina Jpo-
stolornm erexit, et hencdictìonis i-
teni crucis y qiiam in ejus Jastigio
collocavitj Romae iSS'j. Giorgio
Zoega , De origine et iisu obelisco-
rum, Romae 1787. Malepeines, nel
t. II del Saggio intorno ai gero-
glifici egiziani di M. IVarburthon^
riporta il parere di monsignor Bian*
chini intorno agli obelischi . Sui
dodici obelischi egizii che adornano
la città di Roma, ragionamento di
Ciò. Battista Cipri ani corredalo
di quattordici tavole dal medesimo
disegnate ed incise in rame, Roma
1823. J. A. de Goulianof: Archeo-
logie égyptienne, ou recherches sur
r espression des signes hìéroglyphi-
ques, et sur les élémens de la lan-
guc sacrée des égfptiens, Lipsia e
Parigi 1839. Interpretatio obelisco-
rum Urbis ad Gregorium XVI. P.
M.y digesta per Aloysium M. Un-
garelium sodalem bamabitam, Ro-
mae 1842, con tavole. Di que-
sta dotta opera, che ragiona pu-
re de* due obelischi di Benevento,
si fa r elogio al n.° 36 del Diario
di Roma iS/^-i, e neh* Album an-
no XIII, p. 126 e 375.
Obelisco Laleranense. Nella piaz-
za del Laterano (Fedi), di faccia al
prospetto minore della basilica, si am-
mira questa mole che sorpassa le al-
tre in antichità, e le supera in gran-
dezza e perfezione di lavoro, ed è l'ul-
tima che fu trasportata in Roma,
Secondo il Rossellini, non Rami-
ses, ma Thoutmes IV l'innalzò
verso l'anno 1740 avanti l'era
volgare, dinanzi ol tempio grande
di Tebe, ed ivi rimase sino a Co-
OBE i83
slanllno imperatole, il quale lo fe-
ce pel Nilo trasportare in Alessan-
dria, destinandolo ad ornamento non
di Roma ma di Costantinopoli. Sul
punto che dovea imbarcarsi, egli
morì, e n'esegui in parte il volere
Costanzo I suo figlio, che lo fece con-
durre a Roma. La nave su cui era
caricato pel Tevere lo pose a terra
nella via Ostiense, vicino al confluen-
te delle Acque Salvie col Tevere.
Ivi messo sopra lo strascino, per
mezzo di curoli fu portato in Ro-
ma, e innalzalo nel circo Massimo.
Sulla sommità fu posta ad orna-
mento una sfera di bronzo dorato,
che colpita dal fulmine le fu sosti-
tuita una face di bronzo dorato. Ca-
duto al suolo per un incendio, nel
1587 Sisto V lo fece disolterrare e
rialzare da Domenico Fontana, ma
bisognò tagliarne circa quattro palmi
ueir estremità inferiore. Venne re-
stauralo col granito del piedistallo,
sul quale era l'iscrizione divisa in
quattro faccie, che si legge nel Gru-
terop. i86, e nel Marangoni p. 36 r,
ed in tali pezzi vennero grossola-
namente incisi i geroglifici. L'obe-
lisco è allo ora i44 palmi ossia
108 piedi, altezza cui non giunge
alcun altro obelisco si di Roma che
di tutto il mondo. Fontana lo innal-
zò sopra un gran piedistallo, lo ador-
nò in cima cogli emblemi di Sisto V,
cioè quattro leoni ed i monti sor-
montati dalla croce, e così l'altezza
tutto compreso ascende a circa i5o
piedi. Del bronzo impiegatovi da
Lodovico Torrigiani e Gio. Batti-
sta Laurenziani tratta il Fea, Mi-
scellanea t. n, p. 4j quanto alle
spese dello scavo, trasporto ed ere-
zione, ascesero a circa 25,ooo scudi.
Il Novaes dice che il Papa lo fe-
ce consacrare alla ss. Croce a' io
agosto i588. Lo stesso Sisto V di-
i84 OBE
nanzi airobelisco edificò pel Fonta-
na il fonte con parecchi mistici or-
namenti, e la statua marmorea di
s. Gio. Evangelista scolpila da Tad-
deoLandini, di cui pure sono l'aqui-
la ed i delfìni sgorganti Tacqua Fe-
lice, cose tutte guaste assai dal tem>
pò. Il fonte si descrive dal Cassio,
Corso delle acque, t.I, p. SSy, § 1 1.
Obelisco Liberiano o di s. Ma-
ria Maggiore. Sorge sull'Esquilino
dietro la tribuna della basilica e
Chiesa di s. Maria Maggiore (Fé-
di), ed è liscio e rollo in più pez-
zi, come il suo compagno del Qui-
rinale, poiché ambedue furono tro-
vati caduti e spezzati , dietro la
chiesa di s. Rocco, presso T antico
ingresso del Mausoleo d'Augusto. Si
fa Claudio autore de'due obelischi,
ma vi ripugna il Nibby, Roma nel
i838, par. 11, antica, p. 261, che li
attribuisce a Domiziano; laonde non
pare che fosse fatto per ordine di
Smarre ed Efre re d'Egitto. Sisto
V nel 1587 ^o fece trasportare e
collocare da Domenico Fontana, il
quale lo mise sopra piedistallo, e
Tornò di monti, d'una stella e di
una croce di metallo, colla spesa di
scudi 2988. Come oggi si trova ha
circa 85 piedi di altezza, ma soli
49 ne ha l'obelisco. Il Papa l'eres-
se e dedicò ad onore della Croce,
trofeo di nostra religione, con quel-
le quattro iscrizioni che leggonsi
nel Marangoni p. 862. Nel piedi-
stallo è una fontanella pubblica, e
nel 1847 f^* selciala la strada che
dal clivo conduce all'obelisco e lo
circonda.
Obelisco della Minerva. Si vede
sulla piazza della Chiesa di s. Ma»
ria sopra Minerva (Fedi), dietro
la quale fu il tempio d'Iside, di
culto egizio, fra i cui ornamenti
eranvi questo obelisco e quello del
OBE
Pantheon, ambedue di granito ros-
so, ma diversi per tuono di colo-
re, per stile, per epoca e per di-
mensione. L'olDelisco fu disollerra-
to nel giardino de'domenicani con-
tiguo alla chiesa, nel i665 nel pon-
tificato di Alessandro VII, e fornì
nuovo argomento al p. Kircher di
pubblicare l'opera criticata: Inter-
preta tio hieroglyphica ohelisci aegy^
ptiacij Romae 1666. Questo obe-
lisco è tutto di un pezzo, ed il più
piccolo in dimensione tra gli obeli-
schi di Roma, poiché senza gli or-
nati é alto 17 piedi. Lo fece Ho-
phre re d'Egitto, l'Apries de' greci,
contemporaneo di Tarquinio Prisco
quinto re di Roma, e probabilmen-
te in questa città fu trasportalo da
Sais, allora metropoli dell'Egitto
celebre pel tempio di Neith, la Mi-
nerva egizia, particolarmente nobi-
litalo da Hophre. Avendo Alessan-
dro VII nel 1667 data la commis-
sione al Remino di erigerlo in que-
sto luogo, l'architetto scultore im-
maginò di farlo sostenere dal mas-
so colossale d' un elefante di mar-
mo, sopra un alto piedistallo che
uniti insieme, e compresa l'altezza
della croce che lo sovrasta e l'obe-
lisco, il tulio è allo 4^ piedi. Die
il Bernini un elefante per sostegno
air obelisco, poiché recandosi egli
da Luigi XIV, nel viaggio avea
preso il soprannome di elefante, e
per la sua rinomanza molti accor-
revano a vederlo nel passaggio. Il
Marangoni a p. 363 ne riporta le
due iscrizioni in onore della divina
Sapienza e della Beata Vergine. Il
p. Bonanni, Numismata Pont. t. II,
p. 701, riporta la medaglia che ne
fu coniala, e la descrizione dell'obe-
lisco, insieme a quelle pegli obeli-
schi eretti da Sisto V ed Innocen-
zo X.
OBE
Obelisco di 31 onte Cilorio. Sulla
piazza di tal nome, di cui parlai
nel voi. XIX, p. ^i e seg. del Di-
zionarìoj sì eleva questo obelisco,,
uno de' due trasportati in Roma
da Augusto, preso da Eliopoli, ove
era stato eretto ad onore del Sole,
ivi principalmente adorato , e da
lui collocato nel campo Marzio per
servirvi di gnomone, ed a tal uopo
fu fatta una linea meridiana di mar-
mo con striscio di bronzo indican-
ti i mesi ed i giorni, coi venti ne-
gli angoli espressi in mosaico, e sul-
r apice pose una palla di rame o
bronzo dorata per raccogliere le
ombre, e fu detto perciò obelisco
orario e solare; ma questo orolo-
gio, insieme solare e lunare, come
Io chiamano alcuni, ben presto sof-
frì. Plinio lo attribuì a Sesoslri o
Ramses III, ma nei cartelli dell'obe-
lisco si legge il prenome e il no-
me di Psametik o Psammetico 1 :
i lavori di questo obelisco sono giu-
dicati superiori agli altri, essendo i
geroglifici eccellentemente scolpiti.
L'obelisco andò soggetto ad un in-
cendio, cadde, e ne perì una gran
parte, forse sotto s, Gregorio VII,
quando nel 1084 Roberto Guiscar-
do pose a ferro e fuoco tutta la
contrada del campo Marzio, indi
restò coperto dalle grandi rovine
delle fabbriche adiacenti. R^imase di-
menticato sino al i463, in cui fu
trovata presso la chiesa di s. Lo-
renzo in Lucina parte della meri-
diana, nello scavare i fondamenti
per l'erezione della cappella del car-
dinal Calandrini, facendosi altre sco-
perte nel i5o2; quindi Sisto V con
tali indizi nel iSBy incaricò il Fon-
tana d'esaminare se poteva eslrarsi,
ma avendolo trovalo sfaldato e mal-
trattato dal fuoco, decise lasciarlo
stare. Finalmente nel 174^ Bene-
OBE
i8i
detto XIV Io fece scavare, ed al-
lora fu scoperto il piedistallo colla
iscrizione, ed Angelo Maria Bandi-
ni vi scrisse un'opera: De obelisco
Cesaris ' Augusti ^ campi Marlii
riideribus niiper erupLo, commenta-
riusy Romae lySo. La pubblicò pu-
re io italiano, ed il Zaccaria ce ne
die l'estratto. Storia leti. t. II, p.
33o, narrando di altre opere per-
ciò pubblicate, come della disserta-
zione stampata nel 1706 di Gior-
gio Cristoforo Muller : De obelisco
gnomone Augusti Caesaris. Un'iscri-
zione posta nella contrada dell'Im-
presa de Lotti, ricorda il sito preci-
so ove fu rinvenuto al posto il pie-
distallo, che determina il punto del-
l'obelisco. Il celebre Nicolò Zaba-
glia fu quello che Io estrasse. Noa
fu però innalzato e quasi dispera-
vasi di poterlo fare, pei gravi dan-
ni ricevuti dal fuoco; finché Pio
VI nel 1792, servendosi delf archi-
tetto Giovanni Antinori, dopo aver-
lo fatto restaurare col granito del-
la colonna di Antonino, di che feci
parola nel voi. XIV, p. 3r4 del
Dizionario ed altrove, ^rimosso il
piedistallo di essa ( che Gregorio
XVI ha collocato nel giardino del
Palazzo y alleano j Fedi^ Io fece
innalzare sulla piazza di Monte Ci-
torio, ornandone la sommità col
globo e col radio o raggio di bron-
zo, per allusione all' uso originale
di gnomone, ed alla palla che Io
sormontava. Si può vedere il Do-
nati, De' dittici p. 3.
Obelisco di Piazza Navona. Si
vede sopra la magnifica fontana in-
torno la Chiesa di s. Agnese (^e-
di), in mezzo alla piazza del Mer-
cato (^Fedi). L'obelisco fu tagliato
e coperto di geroglifici sotto Do-
miziano, forse per ornamento della
sua villa Albana, donde Massenzio
i86 GB E
r ;mno 3 1 1 dell'era nostra lo fece
trasporta l'o nel circo da lui dedi-
ciilo ad onore del suo figlio Ro*
mulo presso la via Appia, forse an-
negato nel Tevere : fu detto im-
propriamente circo di Adriano, di
Caracalla e di Gallieno. Rimase
abballulo nella rovina di quella
\illa imperiale, probabilmente dopo
la caduta di Massenzio l'anno 3i3.
11 Mercati propose a Sisto V di
erigerlo innanzi la chiesa di s. Se-
bastiano, ma il progetto non ebbe
elfetto, e restò rotto in cinque pez-
zi e sfaldato, giacente fino ad In-
nocenzo X Pamphilj. Questi nel
i65i con architettura del Bernini
lo fece trasportare e restaurare nel-
l'antico circo d'Alessandro, oggi piaz-
za Navona, e drizzare sulla fonta-
na maggiore, ornandone la sommi-
tà con giglio e colla colomba por-
tante l'olivo di metallo, stemma dei
Pamphilj. Il fusto è alto 54 piedi,
ed insieme alla fontana quasi loo.
Dipoi trovaronsi tre frammenti del-
la cuspide, che illustrò Zoega, ed
acquistati dal cardinal Borgia, nel
i8i4 passarono nel museo di Na-
poli. Altri frammenti di questa mo-
le, ed una gran scheggia, il duca
d. Giovanni Torlonia li donò al re
di Baviera che li collocò nel musco
di Monaco. Il Marangoni a p. 363
riporta le quattro iscrizioni del pie-
distallo. Il p. Rircher nel i65o pub-
blicò in Roma: Obelìscus Pam più-
lins, opera criticata. In questa piaz-
za sono tre fontane bellissime, e
nel centro la sontuosa coU'obelisco.
Nel medesimo luogo Gregorio XI li
avea collocato una vastissima conca
rotonda di marmo mischio orienta-
le con acqua di Trevi. Innocenzo
X dopo aver rompilo la nominala
chiesa e contigui palazzo e colle-
gio, volle accrescere lo splendore
OBE
della piazza con erigervi la maesto-
sa fonte coU'obelisco. Nella cona)r-
renza de'uiigliori artefici, pel patro-
cinio dei principe Nicolò Ludovisi, e
al modo detto nel voi. XL, p. i io,
venne preferito il Bernini, il cui mo-
dello colpì il Papa. La fontana si
compone d'uno scaglione, o gran ton*
do di circa io6 palmi di diametro,
cinto di colonnette di granito co«
isbarre di ferro. Questo scaglione
contiene una gran vasca, nel cui
mezzo s'innalza uno scoglio compo-
sto di travertino, che dai lati è tra-
forato, onde da quattro bande la-
scia libero per entro quelle aper-
ture il luogo per cui la piazza
si vede. Mediante tali aperture
>iene lo scoglio ad aprirsi in quat-
tro parti, che nella sommità re-
stano unite, e sono fatte per rap-
presentare le quattro parti del mon-
do. Negli angoli siedono quattro
grandissimi giganti di marmo bian-
co, rappresentanti i quattro princi-
pali fiumi, cioè il Danubio per l'Eu-
ropa, scolpito d'Andrea detto il Lom-
bardo; il Gange per l'Asia, opera
di M. Adamo; il Nilo per l'Africa,
di Jacopo Antonio Fancelli; ed il
Rio della Piata per l'America,, scul-
tura di Francesco Baratta, coi loro
attributi, reggendo il Nilo l' arme
d' Innocenzo X. La figura del Rio
della Piata guarda la cupola, fac-
ciata e campanili della chiesa, e
come spaventata si arretra e alza
una mano, per censurare Borromi-
no, emulo di Bernini, autore della
facciata slessa coi campanili e della
cupola, che sembra minacci rovi-
nare. Al piano dell'acqua della va-
sca vedonsi alcuni grossi pesci guiz-
zanti, uno de'quali ne ingoia il su-
perfluo. Cadono le acque in abbon-
danza e con fragoroso mormorio,
ammirandosi questo nobilissimo fon-
OBE
te ({\m\e copolavoro tlell'arto. Aven-
do Bernini ommesso fare nell'acqui-
tlotto i necessari sfiatatoi, Borrorai-
no andava dicendo clie l'acqua non
comparirebbe, ciò che [ponendo in
apprensione Bernini, gli riuscì per
una fantesca conoscere lo sbaglio, e
si corresse, ciò che produsse la mor-
te dell'emulo ; poiché mentre que-
sti credeva che l'acqua non venisse,
l'acqua sgorgò prontamente fra i
plausi del Papa, della corte e del-
la moltitudine. Caduto Borromino
in malinconia, si tolse poi la vita
colla propria spada. Il Cancellieri
eruditamente tutto descrive nell'ope-
ra : // Mercato j il lago de Inacqua
Fergine, ed il Palazzo Pamphiliano,
La seconda fontana che si vede sul-
la piazza è quella de' Tritoni, che
resta nell'angolo meridionale, fatta
erigere da Gregorio XIII Boncom-
pagno, cui aggiunse Innocenzo X
la bella statua di mezzo scolpita
da Bernini. Si forma d' una vasca
di marmo bianco di figura ottago-
na: in mezzo è una gran conca di
forma simile di porla santa. Sul
labbro eshemo di esso sono poste
ili giro quattro teste di mostri ver-
santi acqua nella vasca, ai lati dei
quah sono due delfini, e per di die-
tro aquile e draghi alternativamen-
te, stemmi de'Boncompagno, che del
pari sgorgano acqua nella conca. Le
dette quattro faccie, che sono di
marmo bianco, si vedono intramez-
zate da quattro Tritoni o Glauchi
accosciati su d'una conchiglia, i qua-
li accostansi alla bocca due buc-
cine per ciascuno, da dove esce un
zampillo d'acqua; essi furono scol-
piti da Leone da Sarzana, Flami-
nio Vacca, Siila Longo da Vigili e
da Taddeo Landini che si stima il
migliore. Nel centro della conca s'in-
nalza la stàtua semi -colossale d'uu
OBE 187
etiope o moro su d'una gran chioc-
ciola marina, e colle mani tiene per
la coda un grosso delfino, che pas-
sandogli il capo fia le gambe, dal-
la bocca spande l' acqua a foggia
d'un ventaglio. Questa statua, ope-
ra lodata del Bernini, è molto en-
comiata SI per la sua fiera moven-
za, che per l'intendimento con che
sono lavorate le parti muscolose e
gagliarde, molto ritraenti dal natu-
rale. Questa fontana de' Tritoni fu
mollo restaurata nel 1708 da Cle-
mente XI, ed altri restauri vi si
operarono a' nostri giorni. Simi-
le in tutto e per tutto nel di-
segno e nella qualità delle pie-
tre è la terza fontana di piazza
Navona, posta nella sua estremila
settentrionale, e fatta erigere da
Gregorio XIII nel tempo stesso che
la precedente. In essa però non vi
sono le decorazioni di statue, e l'ac-
qua vi sgorga per quattro gitti dop-
pi, situati ai lati della conca di por-
la santa, e sgorganti da una parte
in questa e dall'altra nella vasca
sottoposta. Vi sgorga ancora dalla
cima d'una mezza colonna di mar-
mo bianco terminata da una palla,
collocata nel centro della conca stes-
sa. Inoltre Gregorio XIII, fra que-
sta fontana e la grande fece un abbe-
veratoio pubblico, che si compone
d'ampia urna antica di marmo pen-
telico, trovata nella casa de' Galli,
esistente già nel vicolo Leutari, del-
la qual casa parla il Cancellieri,
nelle Dissert. epist. p. 269. Il Cas-
sio, Del corso delle acque t. I, p.
290 e seg. e p. 297 e seg. descri-
ve le fonti che abbelliscono la va-
stissima Piazza Navona (Fedi).
Obelisco della Rotonda o piazza
del Pantheon. Si eleva il famoso
Pantheon ora Chiesa di s. Maria
ad Martyres (Fedi), detta la Ho-
i88 OBE
tonda, nella piazza che Eugenio IV
lece sgombrare dalle rovine. Ivi Gre-
gorio XIH con disegno di Giacomo
della Porta o di Onorio Longlii vi
eresse un fonte, e Clemente XI nel
1711 lo rifece colTopera dell'arclii-
tetto Filippo Barigioni. Esso è for-
mato d'una gradinala di travertino,
composta di sei scaglioni e circon-
dala da basse colonne con isbarre
di ferro. Su di essa sì eleva una
vasca molto ampia di marmo bigio,
ad otto faccie, ma cogli angoli acuti.
Ai quattro punti principali sono
altrettanti bizzarri gruppi, consistenti
in una maschera con ai lati due
delfini e dietro un drago alalo, dai
quali gruppi escono più bocche di
acqua di Trevi. Nel centro della
\asca è posta una scogliera di Fran-
cesco Pincellotti , la quale serve di
sostegno ad un imbasamento pira-
midale di marmo bianco con sue
cornici centinate ; agli angoli di essi
sono quattro grossi delfini scolpiti
da Vincenzo Felici, i quali tengono
il capo volto in basso, e dalla bocca
versano acqua in copia. Il basamen-
to ha in due faccie l'arma di Cle-
mente XI, e nelle altre due iscri-
zioni. Su tal basamento s'erge la
guglia, terminata in cima da un
ornamento di fogliami, e sormon-
tata da una stella, parte dello stem-
ma di detto Papa, in cui è posta
la croce, il tutto gittato in metallo.
Questo obelisco di granito rosso egi-
ziano, intagliato a geroglifici, è alto
circa 20 piedi nel fusto, ed insie-
me alla fontana e croce 49 • orna-
va il tempio d'Iside con quello della
Minerva, e credesi eretto per voto
da Pompeo. Da molto tempo gia-
ceva negletto accanto la chiesa di
s. Maculo, di cui si parlò ne' voi.
XIV, p. 181 e 182, e XIX, p. Sg
del Dizionario j sostenuto da un
OBE
monte di mal connesse pietre , per
cui si chiamò guglia di s. Maculo.
Si pretende che Paolo IV lo eri-
gesse nella piazzetta tra il convento
de* domenicani e la chiesa di s. I-
gnazio; ma altri dicono che il Mer-
cati insinuò a Sisto V d'innalzarlo
ove l'abbiamo descritto, ovvero in-
nanzi la chiesa della Minerva ; fi-
nalmente altri col Trotti vogliono
che Paolo V l'erigesse in detta piaz-
zetta : per queste dilferenti opinioni
si può leggere il Cassio, Corso del-
le acque, t. I, p. 298, 3oi e seg.,
ed il Nibby, Roma nel i838, par.
II, antica, p. 272. Certo è che Cle-
mente XI qui lo fece trasportare
ed elevare, ed alcuno riferisce col-
l'opera di Carlo Fontana. Decorata
così la piazza, appianata e regola-
rizzata, il Papa per memoria ordi-
nò la coniazione d' una medaglia.
Dipoi Pio VII nel i8o4 fece restau-
rare il fonte, e più tardi fece to-
gliere le baracche che ad uso di
mercato di pesce occupavano la par-
te più alta della piazza , e la fece
di nuovo lastricare; edificandosi in
vece la pescheria presso la chiesa
di s. Salvatore delle coppelle.
Obelisco del Pincio. /^. Monte
PlNCIO.
Obelisco del Popolo. Nobilita e
rende magnifico il principale ingres-
so di Roma, della Porla Flaminia
{^Fedi)y e fu uno de' due primi con-
dotti dalla città di Eliopoli, Tanno
di Roma 744 pei' le cuVe d'Augu-
sto, che destinò questo ad ornamen-
to della spina del circo Massimo.
Ne fu autore Ramses III o Sesostri
re d'Egitto, fiorito verso l'anno i565
avanti la nostra era, le cui leggende
egizie riporta il Nibby a p. 277 di
Roma nel i838j par. II, antica, con
titoli ampollosi riguardanti il re ed
il Sole a cui era stato eretto. Tali
OBE
iscrizioni servono di guida a cono-
scere quelle degli altri obelischi,
massime del Pantheon e della Tri-
nità de* Monti. Le vicende di que-
sto obelisco sono comuni col Late-
ranense : esso fu trovato come l'al-
tro da Matteo da Castello, dieci pal-
mi sotterra, e come l'altro per or-
dine di Sisto V risarcito, traspor-
tato ed eretto da Domenico Fon-
tana nel 1587, mediante la spesa
di scudi 10,229. Era rotto in due
pezzi, ed insieme con questi fu tro-
vato il piedistallo antico, sul quale
venne innalzato di nuovo sulla piaz-
za del Popolo. È alto circa 79 pie-
di, e compresa la base e la croce
di bronzo 1 18. 11 Marangoni p. 36 1
nel descriverlo dice che Sisto V
l'innalzò ad onore della Croce e
per decorare il prospetto della Chie-
sa di s. Maria del Popolo [Vedi);
ne riporta le due iscrizioni e quel-
la d'Augusto. Oltre a ciò Sisto V
fece dal Fontana erigere sulla piaz-
za una bella fonte, secondo alcuni;
ma il Cassio, Corso delle acque
t. I, p. 286, riferisce che Gregorio
XllI nel mezzo della piazza fece
alzare un fonte saliente con acqua
Vergine, disegnato da Jacopo della
Porta nel i574 con tazza o conca
d'antico marmo salino, formata da
una base di colonne che sostene-
vano il frontespizio della casa Au-
rea di Nerone. Siccome però la fon-
lana rimaneva presso Y obelisco ,
quando questo d'ordine di Leone
XII fu circondato da una gradi-
nata quadra, venne tolta via, ed
in sua vece si sostituirono ai quat-
tro angoli quelle che vediamo, con
disegno del cav. Giuseppe Valadier.
Esse si compongono d' una \asca
rotonda di travertino in cui cadde
l'acqua che viene versata dalla hoc-
c^ di un leone di marmo bianco,
OBE 189
scolpilo sullo stile egiziano e collo-
calo su d' un imbasamenlo pirami-
dale formato di selle gradini qua-
drilunghi . Il medesimo Valadier
diede i disegni delle altre due gran-
di fontane che adornano la piazza
stessa, e sono collocate nel centro
de' due vasti semicerchi che la chiu-
dono da oriente e da occidente.
Quella della parte orientale, \erso
il Monte Pincio [Vedi), ha nel pia-
no una vasca semicircolare assai
ampia di travertino , appoggiata
dentro una parete murata a bugne
grosse. Entro la vasca s' alza una
grandissima conchiglia di marmo
tiburtino, conlenente una piccola
tazza in cui sgorga 1' acqua per una
apertura praticala nella parete, e da
essa si versa nella conchiglia, da dove
piove poscia nella vasca. La parete
a bugne è terminata da una ringhie-
ra o balaustrato di marmo, nei cui
Iati veggonsi entro una conchiglia
due delfini aggruppali e colle code
in su rivolte. Nel mezzo poi, in
corrispondenza della fontana, sono
alquanti scogli, sopra i quali pose
la statua colossale di Roma, aven-
te a lato la lupa coi gemelli Ro-
molo e Remo ; laterali sono le
statue gigantesche del Tevere e del-
l'Aniene co' loro attributi, tutte
sculture eseguite in marmo da Gio-
vanni Ceccarini. L'altra fontana
nel semicerchio occidentale è in lut-
to e per tutto simile alla descritta,
se non che le statue che l' adorna-
no, scolpile dallo stesso artista, sono
differenti. In essa si osserva la fi-
gura colossale di Nettuno col tri-
dente sopra una scogliera. Ai Iati
sono due grandi delfini condotti da
due tritoni ; il delfino a sinistra di
chi guarda imbizzarrisce, per cui
il tritone che lo guida lo tiene af-
ferrato nella bocca e minaccia per-
190 OBE
cuoterlo ; 1* altro proce<le tranquìl-
lamentej per cui la sua guida lo
cinge col braccio destro e col sini-
stro accosta alla bocca la buccina
a cui par che dia flato gagliarda-
mente. Le due ale poi di muro
che in semicerchio circondano la
sorprendente piazza, sono pure ab-
bellile di varie sfingi di marmo
bianco, cioè otto per semicerchio,
e contengono le due fontane; alle
quattro estremità sonovi altrettante
statue eseguite in marmo bianco,
che rappresentano le stagioni. Il
semicerchio che dà adito alla pas-
seggiata del Pincio, ha la Prima-
vera del Gnaccherini e l' Estate del
Laboureur; in quello incontro ha
l' Inverno del Baini e l' Autunno
dello Stocchi, vedendosi nella parte
posteriore de' folti cipressi che cuo-
prono la deforme veduta di alcuni
fienili, e i due ingressi chiusi con
cancelli di ferro forse serviranno
per l'adito ad un ameno passeggio
sul fiume Tevere, formato nel pon-
tificato di Gregorio XVI. Le deco-
razioni della piazza si devono a Pio
VII, ed il compimento a Leone XII.
Obelisco del Quirinale. È uno
de' due innalzati avanti V ingresso
del mausoleo d' Augusto, probabil-
mente da Domiziano meglio che
Claudio, con quello ora di s. Ma-
ria Maggiore; ambedue caduti nel
VI secolo per un terremoto e rotti,
furono discoperti verso il i527,
cavandosene uno che fu lasciato gia-
cente avanti la chiesa di s. Rocco,
finche Sisto V lo innalzò sull'E-
squilino. L* altro rimasto sotterra
fino al 1781, quando Pio VI lo
fece estrarre nel 1782, cioè uno
de' suoi tre pezzi, poiché gli altri
due furono tolti nell'ottobre i78f>,
coir opera dell'architetto Giovanni
Antinori, che avendolo fatto restau-
OBE
rare, nel 17B7 lo oollooh tra i due
famosi e sorprendenti colossi dei
Cavalli che dierono nome alla piaz-
za e al monte. Il fusto deU'olxy-
lisco è alto 49 piedi e nell' insie-
me circa 85, però dal piano del-
la strada fino alla sommità della
croce di bronzo piedi 96. In me-
moria di questa erezione fu co-
niata una medaglia monumentale.
Nell'anno precedente il medesimo
architetto, con ardita e felice ese-
cuzione, per dar luogo al colloca-
mento della guglia, d' ordine di Pio
VI rivolse sulla propria base verso
i lati opposti i delti due colossi.
Questi si formano di due bellissi-
mi cavalli, con due giovani nudi
di gigantesca figura in atto di reg-
gerli, di marmo, rappresentanti Ca-
store e Polluce, già creduti rappre-
sentare Alessandro il Grande in at-
to di domare il suo famoso Buce-
falo, e che fosse opera dei sommi
scultori Fidia e Prassitele, come
leggesi nell'epigrafi dei piedistalli :
su questo punto si può leggere
quanto osserva il Novaes nella vi-
ta di Sisto V, 5 io3. I due co-
lossi si trovarono nelle terme Co-
stantiniane, poste nella regione me-
desima del Monte Quirinale (Ve-
di)j e fabbricate dall' imperatore
Costantino presso il giardino dei
Colonna [Vedi): alcuni dicono che
quell'imperatore fece ivi tras[X)rta-
re dalla Grecia i due cavalli colle
due figure, altri che li tolse dalla
casa Aurea s\x\ Monte Palatino. Si-
sto V li fece ristorare colla dire-
zione di Domenico Fontana, e col-
locare dove si ammirano avanti il
palazzo pontificio, dopo aver diroc-
cato un masso enorme di antica
fabbrica ch'era nel mezzo delia
piazza. Su di che può leggersi il
Fea, Storia delle acque antiche p.
OBE
i3i e seg., il quale non solo ri-
porta le iscrizioni dei colossi e del-
l'obelisco, ma parla dell'antica e
della altuale fontana, e vuole che
i due gruppi stassero prima alla
porta non delle terme di Costanti-
no, ma del famigerato tempio del
Sole, opera di Traiano o Adriano,
e lavorati per esso, forse tratti da
qualche classico originale in bronzo,
rappresentante probabilmente Ales-
sandro Magno. Noteremo, che al-
cuni riferiscono che nella falda del
Quirinale presso il vico de' Corne-
lia esistette un tempio del Sole-
Serapide ; il Panciroli poi scrisse
che i colossi li donò Mitridate re
d'Armenia a Nerone, e che Co-
stantino li collocò nelle sue ter-
me. Narra il Cassio, Corso del-
le acque tom. 1, pag. 34o, che Si-
sto V tra i due colossi innalzò
vaga fonte per la sua acqua Felice,
con tazza e conca ornata ai quat-
tro lati col suo stemma. Però la
fontana fu rimossa da Pio VI nel-
r erezione dell* obelisco, per darvi
luogo innanzi ad altra più magni*
fica, destinandovi la vasta conca di
bel granito rosso, posta nel fine
del secolo XVI per beveratoio nel
Foro boario sulle rovine del tem-
pio di Castore e Polluce, resa ivi
quasi invisibile dalle terre accumu-
late intorno. Nel 1817 Pio VII
mandò ad effetto il disegno del
predecessore, per l'architetto Raf-
faele Stern ; fece restaurare la taz-
za rotta in due pezzi con 76 pie-
di di circonferenza, le aggiunse il
suo piede antico e scanalato, tro-
vato ad essa vicino, e nel 1818 la
collocò avanti all'obelisco. La taz-
za poggia sul piede di marmo ba-
celiato, con suo dado sotto di tra-
vertino, e dal centro sgorga in al-
to un grosso capo d' acqua formaa-
OBE 191
te un liei fiocco. La tazza inoltre
è collocata entio un bacino roton-
do, assai più ampio, di pietra ti-
burtina, che riceve le acque che
rigurgitano dalla tassa, essendo cir-
condato da dodici colonnine di gra-
nito bigio, con ispranghe di ferro.
Obelisco della Trinità de* Monti
o Sallustiano. Si vede sull'alto del-
la vaga scalinata che conduce alla
Chiesa della ss. Trinità al Monte
Pincio (Vedi)y e avanti ad essa.
Questo obelisco fu uno di quelli
portati in Roma dopo Augusto, e
venne drizzato negli orti Salluslia-
ni, cioè tra essi e il circo. E una
informe imitazione di quello del
Popolo, poiché r inetto intagliatore
ha perfino capovolti i geroglifici ,
probabilmente lavorati sotto gli
Antonini o Comraodo. Incendiali
quei giardini imperiali al primo
furore de' goti nel 4^9» allora pel
fuoco crollò pur V obelisco, e rotto
in due parti restò abbandonato e
seminterrato nella convalle del cir-
co. Sisto V avea divisato erigerlo
avanti la chiesa di s. Maria degli
Angeli, dove al tempo stesso avreb-
be fatto ornamento alla piazza che
aprì dinanzi la sua magnifica villa
Peretti oggi Massimo : la morte dei
Papa fece andare a vuoto il pro-
getto. Essendo l'obelisco coli' an-
dar del tempo racchiuso nella vi-
gna Vettori, comprata questa dai
Ludovisi, fu compreso nella loro
villa, così nel lySS lo richiese Cle- '
mente XII alla principessa Ludovisi
per innalzarlo avanti la facciata prin-
cipale della basilica La teranense da lui
magnificamente eretta, ed essendo-
gli stato donato, lo fece trasporta-
re a tal uopo presso la scala santa.
Riconosciuto di troppo piccola mole,
vi restò abbandonato sino ni r7tS8,
quando Pio VI ne affidò il irasppr-
iga OBE
to, il restauro e il collocamenlo so-
piti gran piedislallo di marmo biaii*
co, airarchilello Giovanni Antinori.
E sormontato con una croce di me-
tallo, contenente le reliquie della ss.
Croce, di s. Giuseppe, de* ss. Pietro
ePaolo, di s. Pio V, di s. Agostino e
di s. Francesco di Paola, come narra
il Cancellieri che tratta erudita-
mente di questo obelisco nel suo
Mercato. Il fusto dell' obelisco è al-
to piedi 43 e mezzo, e 100 com-
preso il piedistallo e la croce. Nel
1789 in Roma si pubblicò: Anno-
tazioni storico-critiche siili* obelisco
Sallustiano, del p. Tommaso Ga-
brini, delle quali se ne legge un
sunto neW Effem. lett. di Roma
n. 23; rimarcandosi che l'obelisco
ritornò sul colle Pincio, benché in
altra parte e dove terminavano i
famosi orti Lucullani.
Obelisco Faticano. 11 piti gran-
de di quelli che sono in Roma^ do-
po il Lateranense, si erge nel cen-
tro della magnifica piazza della ba-
silica o Chiesa di s. Pietro in Fa-
ticano (Fedi). È il solo che siasi
conservato di un sol pezzo, poiché
fino al suo trasporto ebbe la ven-
tura di rimaner sempre in piedi
sulla spina del circo di Caio Cali-
gola detto pur di Nerone. Il Guai-
talli, Roma antica t. II, p. yS, di-
ce che l'obelisco si ruppe in Egit-
to in due pezzi, e che manca il più
grosso lungo 100 .cubiti, citando
Plinio : anche il Novaes afferma che
si dimezzò, ed ambedue fanno au-
tore dell* obelisco Nuncoreo figlio
di Sesostri. Fu trasportato in Roma
da Caligola e consacrato ad Augu-
sto e Tiberio, come si rileva dal-
r iscrizione nella parte inferiore di
esso. Non è di lavoro egizio, ma
imitazione romana di quello del
figlio di Sesostri Nuncoreo, come
OBE
con altri dice Nibby, ed è privo di
geroglifici. La nave che lo portò
fu di tale grandezza che per zavor-
ra vi andarono 120,000 moggia di
lenticchia, cioè due milioni 880
mila libbre; era tale la lunghezza
eh' essendo stata da Claudio affon-
data per servire di fondamento al
molo del suo porto d' Ostia, sosten-
ne una gran parte del lato sinistro,
dove furono innalzate come tre tor-
ri ed una a somiglianza del Faro
Alessandrino; l* albero maestro di
abete, era di tal grossezza che ap-
pena quattro uomini potevano ab-
bracciarlo. Questa è una prova che
i romani si servivano di navi per
trasportare tali moli e non di zat-
tere. Nel voi. XLI, p. 182 del Di-
zionario dicemmo che \st casa del
maestro del sacro ospizio trovan-
dosi presso r obelisco, si disse Do-
musagidiacy e vicina alla chiesuo-
la di s. Andrea, poi compresa nel
nuovo tempio Vaticano : nel suolo
della sua sagrestia, una pietra ri-
corda il sito primitivo dov'era l'o-
belisco. Nicolò V divisava di porre
questo obelisco sugli omeri di quat-
tro statue colossali rappresentanti
gli evangelisti, e di collocare sul ver-
lice una statua di bronzo del Sal-
vatore colla croce in mano. Dipoi
Paolo II trattò coli' architetto Ari-
stotile di farlo trasportare nella
piazza Vaticana; Paolo III ebbe
l' istessa idea e ne consultò Buo-
narroti che non volle accettarne
l'assunto, per l'eccessiva spesa a
ciò necessaria e pel pericolo di
romperlo. Indi nel pontificato di
Gregorio XIII e nel i583 Ca-
millo Agrippa milanese fece un mo-
dello, e stampò in Roma un trat-
tato sul trasporto dell' obelisco sen-
ra piegarlo a terra, poiché trova-
vasi nella parte inferiore in parte
OBE
sepolta; ma la difllcoltà dell' impre-
sa spaventò, riferendo il Novaes che
i romani per quest' obelisco impie-
garono 20,000 uomini con macchi-
ne di sommo dispendio. Fino al-
l'epoca del traslocamento, sull'o-
belisco nella cuspide eravi un globo
di bronzo dorato, e siccome nell'i-
scrizione della parte inferiore si
legge il titolo di Cesare dato ad
Augusto ed a Tiberio, non che
quello di Dù'o Caesari Divi Juliì,
il volgo credette che la palla di
bronzo contenesse le ceneri di Giu-
lio Cesare; ma il globo fu trovato
massiccio e colpito da palle di ar-
chibugio nel i527, quando fu pre-
sa Roma, allorché fu spogliato dei
leoni di bronzo. Era riserbata la
gloria della sua remozione e innal-
zamento nel luogo ove si ammira,
al genio intraprendente di Sisto V,
che quando era frate nel portarsi
a s. Pietro sempre lo visitava, di-
cendo che se diventava Papa subi-
to r avrebbe trasportato in mezzo
della piazza Vaticana. Sparsa la
fama di questa risoluzione, compa-
rirono in Pioma circa cinquecento
architetti e altre persone con pro-
getti e modelli, alla presenza di Si-
sto V quindi ognuno facendo le
sue osservazioni, fra' quali Bartolo-
meo Ammannati mandato dal gran-
duca di Toscana. Interrogato dal
Papa quanto tempo pensasse im-
piegarvi, rispose che per ideare e
disporre le macchine e i ferramenti
non ci voleva meno d' un anno .
Un anno ! replicò Sisto V, un anno I
andate, andate, che non fate per
noi : COSI narra il Novaes, ma di-
versamente il Cancellieri nella De-
scriz. della basilica^ in cui erudita-
mente parla dell' obelisco e del suo
meccanico trasporto. Dopo aver Si-
sto V consultalo gli architetti e i
voL. xiviir.
OBE J93
matematici del suo tempo, ed aver
esaminato i modelli e progetti, ab-
bracciò quello di Domenico Fon-
tana di Como, al quale eziandio
commise la direzione del lavoro.
Si calcolò il peso dell'obelisco, com-
presa r imbracatura per calarlo ed
alzarlo, ad un milione e mezzo di
libbre. L'operazione cominciò a' 3o
aprile i586, e nel rimoverlo si vide
che poggiava sopra quattro dadi di
bronzo, due impernati che pesava-
no 800 libbre ciascuno, due sciolti
del peso di 600. Vi operarono 44
argani, 75 cavalli e circa 900 ope-
rai, che nella mattina di buon' ora
avevano ricevuto la ss. Eucaristia
nella basilica Vaticana : l' architet-
to situato in posto eminente con
una tromba die i segni pel movi-
mento degli argani , mentre eoa
quello dei timballi regolava le po-
sate, o della campana come ditono
altri. Con dodici sole mosse si al-
zò l'obelisco con giubilo del foltis-
simo popolo spettatore e degli ope-
rai, che pigliando di peso il Fon-
tana in alto lo portarono in giro
fra il suono de' tamburi e di tutte
le campane di Roma e lo sparo
delle artiglierie di Castel s. Angelo.
Dopo sei giorni di riposo, l' obeli-
sco eh' era stato sbarbicalo da ter-
ra e sollevato diritto, fu piegato
verso terra ; a* 7 maggio venne po-
sto sullo strascino e dovè percor-
rere una distanza di 863 piedi e
mezzo, e questo spazio percorse ai
i3 giugno. Nell'estate fu collocato
il piedistallo e furono fatti tutti i
preparativi necessari, ed ai io di
settembre per mezzo di i4o caval-
li e 800 uomini venne in presenza
del Papa, della corte e di popolo
immenso venuto pure di fuori, in-
nalzato dove oggi trovasi : compre-
so il piedistallo e gli altri orna-
i3
194 OBE
menti moderni, questo monumefnlo
ha i35 piedi di altezza, ed il solo
monolito antico 85. Per questa
grandiosa operazione, i lavoranti fe-
cero prima come nell'altra la san-
ta comunione, e ad ore 17 co-
minciò al segno di tromba del
Fontana^ ed ebbe compimento con
52 mosse degli argani, a ciascuno
de* quali erano quattro cavalli e
venti uomini, piombando egregia-
mente r obelisco sui quattro leoni
di bronzo dorato, parte dello stem-
ma di Sisto V.
Nei voi. I, pag. 194, e XXXV,
pag. 189 del Dizionario narram-
mo come Bresca per aver grida-
to opportunamente acqua alle cor-
de ^ che s'incendiavano per l'at-
trito ( il Cancellieri dice che le
corde furono sostituite ai cerchi di
ferro che nella prima operazione
restarono o storti o spezzati), non
curando la pena di morte decre-
tata a chi rompeva il silenzio ne-
cessario e voluto dall'architetto, in
vece di castigo n'ebbe in premio da
Sisto V la privativa, estesa ai di-
scendenti, di provvedere le Palme
(Fedi) al palazzo apostolico, il ti-
tolo di capitano onorario al capo
della famiglia, ed il diritto d'innal-
zar bandiera pontificia al bordo del
suo bastimento. Il Bresca come ca-
pitano di un bastimento genovese,
non ignorava che le gomene poste
verticalmente si restringono quando
vengono bagnate, e naturalmente
alzano il peso ch'è loro raccoman-
dato, con che impedì la rottura
dell* obelisco e lo schiacciamento
degli opera'h Sembrò a qualcuno
che il suggerimento di bagnar le
corde fosse dato non perchè le fu-
ni per l'attrito negli sforzi si accen-
dessero, ma perchè non essendo sta-
to ben calcolato l'allungameato lo-
OBE
ro cagionato dal peso, ed il can.ip«
bagnato restringendosi ed accorcian-
dosi, questo raccorciamento veni-
va a compensare l'allungamento, e
le corde così ridotte alla conve-
niente lunghezza portarono a fe-
lice compimento la grand'opera. Il
Fontana trepidando pel successo,
per le minacce di Sisto V, e per la
forca piantata sulla piazza per chi
avesse sturbato l'operazione, teneva
pronti ì cavalli a porta Angelica
per fuggire; ma per la felice riu-
scita ebbe dal Papa 5ooo scudi
d'oro, una pensione di 2000 scudi
trasferibili ai suoi eredi, dieci ca-
valierati lauretani vacabili, tutto il
materiale servito nelle operazioni,
che si valutò più di ao,ooo scudi;
lo creò cavaliere dello speron d'oro
e nobile romano, ed in suo onore
coniaronsi due medaglie. Secondo i
conti riprodotti dal Fea, Misceli.
t. II, p. 5, il trasporto e l'innalza-
mento di questo obelisco costò al
tesoro pontificio 87,000 scudi, ol-
tre 10,812 libbre di metallo per
gli utensili e ornamenti, opere di
Orazio Censore e Domenico Fer-
rari, tranne i leoni di Prospero Bre-
sciano. Alcuni col Bonanni, De tem-
pio Faticano^ hanno creduto che
Sisto V avesse collocato nella croce
una particella del santo Legno ai
26 settembre i586, perchè conces-
se r indulgenza perpetua di dieci
anni ed altrettante quarantene a
chiunque, passando avanti l'obelisco,
la venerasse recitandovi un Pater
ed Ave; ma in occasione di restau-
rare la croce, si trovò che non vi
era la reliquia. Certo è che a* 12
aprile 1740 ^i ^^ posta e presa da
un reliquiario della basilica di s.
Pietro, già di quella di s. Croce in
Gerusalemme. Vedasi Domenico Fon-
tana, Della trasportatioiie deWobc'
OBE
lisco Vaticano^ Roma 1590 e Na-
poli i6o4- Pompeus Ugonius, De
truce ss. Obelisci Vaticani poema-
ta, Romae iSSy. Diversi scrittori
contemporanei riportati da! Cancel-
lieri citalo, a p. 20 e 21, descrisse-
ro tutti i particolari di questa gran-
de opera, ed una pittura nella bi-
blioteca Vaticana ce ne ha conser-
vato il modo come segui, dandoci
pure la forma della piazza e della
basilica d'allora. Il Fontana eresse
pure d'ordine di Sisto V gli altri
tre summentovati obelischi Latera-
nense, Liberiano, e Flaminio o del
Popolo, e le sue principali opere
noverò il cav. Belli, parlando della
casa da lui abitata in Roma, nel n.
loi del Diario di Roma 1846. Il
Marangoni, Delle cose gentilesche p.
35g, riporta le iscrizioni fatte scol-
pire da Sisto V nella base dell'obe-
lisco^ in un al nome dell'architetto
encomiato, e siccome il Papa lo
dedicò al trionfante vessillo della
Croce, narra che nella vicina basi-
lica, drizzato che fu l'obelisco, si
celebrò pontificalmente da un ve-
scovo la messa della Croce^ e dopo
di essa uscì tutto il clero verso
l'obelisco, a pie di cui stava eretto
un altare, e sopra di esso la gran
croce di bronzo, quale essendo sta-
ta benedetta, fu indi portata e col-
locata sulla punta dell'obelisco stes-
so, adorandola tutti genuflessi, e al
canto de' cantori, suono di trombe
e sparo d'artiglierie di Castello. Di-
poi Innocenzo XIII nel 1723 ag-
giunse intorno, nel basso dell'obeli-
sco, gli ornati in bronzo dorato di
festoni ed aquile scacchiate suo stem-
ma, e con sedici colonnette di gra-
nito, avanzi di quelle della vecchia
basilica, con sbarre di ferro, cinse
l'area intorno all'obelisco, rimoven-
do le dodici di piccolo diametro che
OBL 19I:
vi erano. Monsignor Lodovico Sei'-
gardi economo della fabbrica, che
diresse tali lavori, nel ly-zS pub-
blicò in Roma con rami: Discorso
sopra il nuovo ornato della guglia
dì s. Pietro. Finalmente nel 18 17,
come meglio dissi nel voi. XII, pag.
272, per cura e direzione di mon-
signor Gilii astronomo vaticano, ven-
ne disegnata una meridiana pei mo-
vimenti mensili e giornalieri del
sole all'ora del meriggio, nell'area
della piazza verso il palazzo pontifi-
cio, alla quale questo obelisco ser-
ve di gnomone. A poca distanza e
marcato con due' pietre bianche, è
il punto donde guardandosi uno
de' lati del portico, non si vede che
una sola delle quattro linee di co-
lonne di cui è composto.
Obelisco Mattel. V, Villa Mat-
tel
Obelischi Torlonia. V. Villa
TORLONIA.
OBIZI Ugobaldo, Cardinale. VqO'
baldo degli Obizi da Lucca, fu da
Stefano X del io57 creato cardi-
nale prete, e si crede che abban-
donato s. Gregorio VII, si gittasse
al partito dell' antipapa Clemente
HI, morendo nel pontificato di Ur-
bano II.
OBLATA. r. Oblazione, Gela-
te, Oblato.
OBLATE od OBLAZIONI. Pani
che nell'antica liturgia servi vansi
nel sagrifizio della Messa (Fedi).
Eranvi due sorta di oblate, le une
per consacrare, e le altre per l'uso
comune, e che si distribuivano al
popolo, come in oggi il Pane bc'
nedetto (Vedi). Quelle che si con-
sagravano si chiamarono pure cor-
rottamente Oblie ed Ostie (Vedi),
ed anche Eulogie (Vedi). Sì chiamò
ohlatorio il ferro col quale antica-
mente si cuocevano le oblate o 0^
ìg6 OBL
stie, impiimendo su di esse qual-
che figura. Tra i (empi destinati a
làr le oblato, si distinguevano la
vigilia di Natale e quella di Pa-
squa. Sceglievasi grano per grano
il frumento di cui volevano servir-
si, quindi si macinava con tutto
il riguardo, si passava la farina con
un vaglio, s'impastava con acqua
fredda acciò le oblale diventassero
più bianche, poi si cuocevano sul-
l'oblalorio. Non solo si chiamò obla-
ta il pane adattato per uso del sa-
grifizìo, ma ancora il pane già con-
sacrato nello slesso sagrifizio; quin-
di s. Sergio I Papa presso Grazia-
no, De cons. dist. a, cap. 22, osser-
vò che pars ohlatae in calìcem niis-
sa Corpus Christi, quocl jani resiir-
rexit monstrat. Chiamasi oblazione,
oblaih, oliata^ ohlalum^ l'offerta che
il sacerdote fa a Dio del pane e
del vino, prima che siano consacra-
ti, coll'orazione che chiamasi secre-
ta, o super oliata, per prepararsi
quasi per gradi ad essere cangiali
nel corpo e nel sangue di Gesù
Cristo. In che differiscano le obla-
zioni dalle oblate, lo dice il Sarnel-
ii nelle Lett. eccl. t. VI, lett. 18;
imperocché oblazioni diconsi tutte
le cose offerte a Dio ; oblale quel-
le solamente che si offiono pel sa-
grifizio, come il pane ed il vino,
henchè anco queste dicevansi antica-
mente oblazioni. 11 pane ed il vino
sì offiiva dal popolo pel sagrifizio,
e ponevasi sull'altare quanto potes-
se bastare al sacerdote e al popolo
che comunicava, il rimanente re-
stava in beneficio dello stesso sacer-
dote e del ministro. F'. Oblaziona-
»io. Le oblate sono propriamente
le ostie di cui si fa uso per consa-
grare V Eucaristìa [Fedi), e dare la
comunione ai fedeli; venne questo
nome perchè antiGamcute il pane
OBL
destinato per la consagrazione era
offerto dal popolo.
OBLATE RELIGIOSE. Donzcl-
le di diversi istituti, viventi in mo-
nasteri o pie case coU'abito religicv
so, che ordinariamente non hanno
voti solenni, né clausura ; alcune
possono ritornare al secolo, ed an-
che maritarsi. Si chiamano oblate
le religiose di questi istituti, perchè
invece di professione fanno una sem-
plice oblazione ed offerta di loro
stesse a Dio, ed anco perchè la for-
mola di loro professione è concepi-
ta in forma e con parole di obla-
zione. Altre oblate sono le mona-
che Oblate di s. Francesca Roma'
na dette dì Ter da' Specchi (Fedi) j
le monache Oblate de' sette dolori
(Fedi), le monache del Banibin Ge-
sù , le Filippine , ec. ed altre di
cui si parla ai loro articoli secon-
do le denominazioni, cos\ in quelli
delle oblate ospedaliere, come di
quelle della Carità o Misericordia.
Dal Torrigio, p. 182, Hist. nar., si
rileva che anticamente la basili-
ca Vaticana avea delle oblate che
spontaneamente servivano la basi-
lica in tutte le cose (forse una spe-
cie di Diaconesse j Fedi), di più
il capitolo teneva un' ospitaliera in
servigio degl'infermi. La diff*erenza
che passa tra le oblale e l* Oblato
si dice a quell'articolo, ed a Monaca.
OBLATE DI S. FRANCESCA
ROMANA dette di Tor de' Specchi,
Congregazione di oblate terziarie be-
nedettine olivetane, fondata in Roma
da s. Francesca Romana (Fedi), che
col consenso del marito abbracciò,
second'alcuni, il terz' ordine di s.
Francesco, ed ebbe anche a confes-
sore e direttore fr. Bartolomeo Bon-
dii minore osservante, uno de' coa-
diutori all'opera, essendo gli altri
d. Giovanni Mattiotti altro suo con*
OBL
fossore, e d. Ippolito olivetano. Per
l'esercizio delle sue virtìl, il consor-
te concepì per questa nobilissima
matrona tanta stima e venerazione,
che volendola considerare come so-
rella, gli accordò piena libertà di
attendere alle opere spirituali, come
splendido ornamento delle dame ro-
mane, ed emula delle Silvie, delle
Paole, delle Galle, delle Placidie,
delle Lucine, per tacere di tante
altre. Prevalendosi la santa della
vita continente accordatagli dal ma-
rito, nel 14^5 si fece oblata oli ve -
lana, e si assoggettò alla direzione
de'monaci di quella benedettina con-
gregazione, con semplice oblazione
di se a Dio . Ma poiché s. Fran-
cesca non solo cercava la salute del-
ronìma propria, ma ancora quel-
la del suo prossimo, volle istituire
in Roma una congregazione di fan-
ciulle e di vedove nobili, le quali
vivessero in comune sotto l'obbe-
dienza d' una superiora, e soggette
alla giurisdizione de' monaci Olive-
tani (Fedi), con semplice oblazione
a Dio. Quindi avendo radunato
molte di esse, e superate alcune dif-
ficoltà, nel giorno della ss. Annun-
ziata del 1433 r introdusse in una
casa detta di Tor de' Specchi a pie
del Campidoglio e alla rupe Tar-
pea, nel rione di Campitelli, e loro
diede da osservare la regola di s.
Benedetto con particolari costituzio-
ni. Questa fondazione fu approvata
da Eugenio IV, che permise alle
religiose di abitare detta casa fin-
ciiè se ne trovasse una più como-
da; ma siccome ivi ebbe principio
la congregazione, venendo poi am-
pliata con l'aggiunta di nuove fab-
briche , le oblate vi si stabilirono
e seguitano ad abitare, avendo for-
mato la piazza colla demolizione di
case da loro acquistate. A questa
OCL u^j
casa dopo la morte del marito e
dopo aver dato sesto agli affari do-
mestici, s. Francesca nel i436 o
1437 a'ar marzo vi si portò sta-
bilmente per tutta consagrarsi a
Dio in compagnia delle sue religio-
se, tra le quali, benché fondatrice,
genuflessa ai loro piedi supplicò eoa
indicibile umiltà di essere ammes-
sa. Ricevuta pertanto con somma
allegrezza e contento di tutta la
comunità in quel santo luogo, non
e a dire quanti alti umilianti e
quante virtù in pubblico e privato
ella praticasse, divenuta di queste
specchio ed esempio luminosissimo,
non solo alle sue figlie e compa-
gne, ma ancora a tutta Roma, che
attonita l'ammirò ed encomiò con
alte lodi. Fu da Dio favorita di
speciali doni e virtù, come della
profezia, de'miracoli, e singolarmen-
te della familiare e visibile conver-
sazione del suo angelo custode^ on-
de suole rappresentarsi con un an-
gelo a fianco. L' arcangelo manda-
tole da Dio per suo conforto, dife-
sa e compagnia, stette al suo fian-
co finché visse, involto in una lu-
ce, e ne ricevette di continuo aiu-
ti e benefizi segnalati. Dopo il suo
ingresso in Tor de' Specchi, Dio le
cambiò l'arcangelo dopo 24 anni
che l'assisteva, in un altro di gra-
do superiore, con ordine di pren-
derne speciale cura, indi nel i439
glielo mutò in altro più mirabile. La
sua cugina Agnese de Lelli superiora
e prima presidente della casa, vole-
va cederle tal grado, ma la santa aman-
do più obbedire che comandare, non
volle accettarlo, finché a'25 di det-
to mese fu costretta cedere alle co-
muni istanze e preghiere delle re-
ligiose, che per poco tempo ebbero
la consolazione di essere governate
da essa, poiché consumata dalle fa-
19B OBL
lidie e penitenze, volò al cielo ai
9 marzo i44^ nella stessa casa di
Ter de'Specchi.
Noteremo che il cav. Belli nel
u. 1 4 delle Notizie del giorno 184 3,
parlando del palazzo Ponziani in
Trastevere, oggi pia casa d'esercizi
e Scuola di s. Pasquale {f^edi)^ co-
me già abitazione di santa France-
sca, dice ch'è tradizione che ivi la
santa morisse: il medesimo eh, ca-
valiere nel n. 3o delle Notizie del
giorno 1846, aggiunge altre noti-
zie della santa, e che abitò presso
il Ponte rotto nella detta casa, do-
ve oggi si danno alla classe infe-
riore gli esercizi spirituali, avendo-
vi abitato anco il principe degli a-
postoli s. Pietro. Il suo corpo si
venera nella Chiesa di s. Francesca
Romana (Vedi)j le memorie poi e
reliquie della santa matrona esisto-
no nella chiesa interna delle oblate ',
venerandosi pure altre reliquie in
diverse chiese di Roma, come in s.
Maria d'Araceli dov'è la cappella
della santa : altra chiesa sotto l'in-
vocazione della santa è quella del
Conservatorio di s. Francesca ro^
mana (Fedi). Dicemmo alla sua bio-
grafia, che Paolo V la canonizzò,
indi Urbano Vili nel 1622 con^
cesse il suo uffizio per Roma ad
libitum con rito doppio, e semidop-
pio fuori di Roma a' i o marzo ;
essendo impedito il giorno di sua
morte per la festa de'ss. Quaranta.
Poscia Innocenzo X ad istanza di
sua sorella Agata Pamphilj oblata
di Tor de' Specchi, ordinò lo stesso
uffizio doppio di precetto in tutta
la Chiesa ai 9 marzo, dal quale
trasferì al seguente giorno la festa
de' detti santi. La vita di s. Fran-
cesca romana la scrissero : Giovan-
ni Matteotti suo confessore, canoni-
co curalo di s. Maria in Trasteve-
OCL
re; suor Maria Maddalena AnguiU
lara presidente di Tor de' Specchi,
alla quale fu data dal gesuita Fu-
ligatti, ch'erasi forse giovato di (jueU
la dell'altro gesuita Cepari ; Flami-
nio Figliucci; Filippo Landi colla
storia della congregazione, novero
delle presidenti e delle monache
che vi fiorirono in concetto di gran
perfezione, e de' Papi che arricchi-
rono l'istituto con indulgenze e pri-
vilegi singolari, Lucca 1771. Nel
1829 la pubblicò in Roma d. Lo-f
dovico Ponzileoni, ora canonico va-
ticano : f^ita di s. Francesca ro-
mana fondatrice delle signore oblate
di Maria vergine in Torre de'S/jcc'
chi. Degli scrittori della vita della
santa, dell' invenzione, collocazione
del suo corpo, reliquie, miracoH ed
altre erudite notizie, tratta il Cancel-
lieri nelle Campane, Nel voi. XIX,
p. i36 del Dizionario descrivemmo
la cappella cardinalizia che ogni an->
no celebrasi per la festa di s. Fran-
cesca Romana nella chiesa ove ri-
posa il suo corpo, dell' antico suo
culto, e della parte che vi hanno
le monache; poiché la presidente a
mezzo de' deputati del monastero
domanda licenza al Papa per la
celebrazione della cappella cardina»
lizia, indi ne dà avviso al senato
romano, e per esso al priore de'ca-
porioni finché esìstette, ed ora ad al-
tro del senato, il quale combina l'ora
col cardinale protettore degli Oliveta-
ni, indi la partecipa al cardinal deca-
no per l'approvazione, ec. Inoltre
la presidente invita il vescovo che
deve pontificarvi la messa, o la com-
pieta se la mattina è impedita da
cappella pontificia, o dalla predica
che si fa nel palazzo apostolico, otl
anche dalla congregazione del s. of^
fizio avanti al Papa, come talvoUc\
è accaduto.
OBL
Cinque mesi dopo la morte di
s. Francesca, le sue oblate restaro-
no esenti dalla giurisdizione de'nao-
naci Olivetani, ri nu oziandola il loro
generale con atto de 16 luglio i44o>
onde ricorsero ad Eugenio IV per
provvedersi di confessori, e l'otten-
nei'o, in un ad essere dichiarate
sotto r immediata protezione della
santa Sede, ed esenti da qualunque
giurisdizione. Benché queste oblate
non si leghino con voti solenni,
essendo considerate come dame ri*
tirate, al dir del p. da Latera, Sto-
ria degli ordini t. I^ p. i6i , che
possono uscire dalla congregazione
anche per maritarsi, come sortono
hberamente quando occorre dalla pia
casa ove vivono, per andare alla vi-
sita delle chiese o a modesto di*
porto, ed alla visita dei parenti
massime infermi, per non essere nep-
pure obbligate alla clausura, nondi-
meno si debbono annoverare tra le
congregazioni benedettine, si per se-
guir la regola di s. Benedetto, che
per essere state soggette alla giuris-
dizione degli Olivetani. La congre-
gazione è sotto il titolo dell'Annun-
ziazione e la protezione di s. Pao-
lo apostolo che dettò le l'egole alla
santa per le sue oblate, di s. Be-
nedetto e di s. Maria Maddalena:
ba la sola memorata casa, in cui
non si ricevono in qualità di obla-
te, se non donne della primaria no*
biltà, le quali hanno delle conver-
se per loro particolare servizio e
della casa. Prendono il titolo di
suore, e quando vestono l'abito pro-
mettono obbedienza alla superiora
secondo la consuetudine: per abito
le costituzioni prescrivono veste bian-
ca, e sopra di essa altra nera di
panno grosso ; il velo del capo di
cambraia pura e bianca, sorte di
tela che forse prese il nome dalla
OBL 199
città di Cambray: questo abito ha
la forma di quello che usavano
anticamente le nobili vedove ma-
trone romane. Ne riporta la fìguiti
il p. Bonanni, Catalogo degli ordi-
ni par. 2, p. 79. Fanno le oblate
un anno di prova, e terminato que-
sto si offrono a Dio nella chiesa di
s. Maria Nuova detta di s. Fran-
cesca Romana degli Olivetani, avan-
ti il sepolcro dell'istitutrice. La su-
periora che ha titolo di presidente,
è perpetua, e non dipende, in un
alla congregazione e alla casa, da
tribunale o superiore alcuno^ onde
graziosamente Pio VII e Gregorio
XVI solevano chiamarla la madre
indipendente. La presidente si eleg-
ge per maggioranza di voti da tut-
te le oblate, coH'intervento del car-
dinal vicario che presiede all'ele-
zione come delegato del Papa. La
piesidente elegge tre consiglieri co-
me coadiutori e procuratori della
congregazione, per gli affari di mag-
gior riUevo circa il governo della
casa. Il concilio di Trento dai de-
creti di riforma fatti sopra i corpi
regolari dell'uno e dell'altro sesso,
solo eccettuò i gesuiti e le oblate
di Tor de'Specchi. Tre volte la set-
timana a pranzo mangiano la car-
ne, digiunano nell'avvento, più dal
terzo giorno dell'ottava dell'Ascen-
sione fino alla Pentecoste, dal pri-
mo di agosto fino alla festa dell'As-
sunta, ed in tutti i venerdì e sabba-
ti dell'anno ; dai quali digiuni però
la madre presidente può dispensar-
le quando lo giudica necessario o
opportuno. Quando muoiono le obla-
te, i loro cadaveri accompagnati per
antica consuetudine dai francescani
minori osservanti d' Araceli, sono
portati alla detta chiesa di s. Ma-
ria Nuova, dove hanno una cappel-
la e la sepoltura. Nella festa di s.
tn^ OliL
Fiaocesca e per tutta l'ottava fan-
no entrare nella lor casa di Tor
de'Specchì sacerdoti secolari e rego-
lari per celebrare le messe in una
delle due cappelle interiori, o nella
più moderna ricca e magnifica, gran-
de quanto una chiesa, o nell'altra
antica molto divota in cui si con-
servano diverse reliquie e memo-
rie di s. Francesca : la prima viene
chiamata chiesa superiore dell' An-
nunziata ; la seconda chiesa di sot-
to, e con magnificenza vi si fa la
funzione del sepolcro, con famosi
parati di paglia. In queste chiese
vi entrano pure in detti giorni no-
bili, dame e altre persone distinte
per la loro divozione, e per visita-
re le signore oblate, che si distin-
guono eziandio nella educazione del-
le fanciulle nobili, commesse alla
loro cura. Fanno copiose limosi ne
a diversi poveri, e particolarmente
ai carcerati, ai quali somministrano
da mangiare nelle feste solenni e
in altri giorni dell'anno. Nella sera
precedente alla festa di s. France-
sca, non avendo campane pubbliche,
se ne dà il segno con quelle della
vicina chiesa d'Araceli, e perciò nel
dì seguente mandano il pranzo a
chi le ha suonate, come ancora al
predicatore quaresimale della stessa
chiesa, pel panegirico che ivi reci-
ta della loro santa, e delle paste
dolci e del vino per tutti i religio-
si del convento. Altre paste per la
festa stessa in copia decorosamente
umiliano al Papa, che suole nell'ot-
tavario visitare la loro chiesa e mo-
nastero, ammettendo le oblate e le
altre al bacio del piede.
Il Panciroli, Tesori nascosti p.
5/^2j riferisce che s. Francesca donò
a questo istituto la casa ove abita-
rono le prime oblate, poscia aumen-
tata Dobiloieute e resa vasta. Ghia-
OBL
masi il luogo Tor do^ Specchi , Tur»
ris specidorwn, colla qual denomi-
nazione si chiamarono le chiese, non
più esistenti, di s. Maria de Corte
e di 6. Maria del Sole, poste pres-
so questo luogo, come attesta Mar-
tinelli, Roma ex ethnica sacra p.
371 e 375. Il Cancellieri nella men-
tovata opera delle Campane, ripor-
ta il favoloso racconto che nel vi-
cino Campidoglio eravi altissima tou-
re, ove di notte splendeva una lu-
cerna ardente, il cui lume vedeva-
no da lungi i naviganti, e dov'ei*a
congegnalo uno specchio, da cui
scuoprivasi ciò che si faceva pel mon-
do. Il Bernardini, Rioni di Roma
p. i6'jy dice che la contrada prese
il nome di Tor de Specchi^ da quel-
la appartenente ad una famiglia di
tal cognome , nell* abitazione dei
marchesi Cavalieri, incontro il mo-
nastero delle oblate. Apprendiamo
dal Nardi ni, Roma antica p. 32 5,
che nel sito del monastero o poco
lungi gli antichi romani vi ebbero
il tempio di Bellona, ove si radu-
nava il senato per la guerra, avan-
ti al quale eravi la colonna Belli-
ca, cioè verso la via della Tribuna
di Tor de'Specchi. Nella Roma sa-
cra e moderna del Panciroli , ac-
cresciuta da Posteria nel 1707, si
chiama questo monastero princìpa-
lissimo tra quei di Roma, con in-
terna chiesa della ss. Annunziata,
ricchissima di sacre suppellettili, e
che le nobili religiose, benché obla-
te, sono osservanti della vita rego-
lare. Il Venuti, Roma moderna^ p.
825, scrive che questo sacro ritiro
s. Francesca lo fondò in principio per
le nobili vedove, e che la piccola
chiesa interna dedicata all'Annun-
ziazione, è fornita di preziosi arre-
di, per uso privato delle religiose
vedove e vergini oblate non obbii-
OBL
gate da voti, e viventi sotto la re-
dola dell' istitutrice. Magnifico n'è
i altare, nobili gli stalli di noce, ric-
clii gli stucchi e le dorature, bel-
lo Torgano, e il pavimento di buoni
marmi. L'immagine della ss. An-
nunziata con r angelo dipinta in
tela, vuoisi collocata in essa nel prin-
cipio della congregazione, e traspor-
tata poi nell'altare dall'ingresso del-
la casa ove era stata dipinta, in me-
moria del giorno in cui fecero l'in-
gresso le oblate in questa casa. Dive-
nuta la sacra immagine in gran vene-
razione pei miracoli operati, a*3o di-
cembre i635 la coronò il capitolo
vaticano con corona d'oro, al modo
che .descrive il Bombelli , Raccolta
delle immagini ornale di corona d'oro
t IV, p. 5, riportandone le imma-
gini, li medesimo a p. 9 riproduce
l'altra esistente nella cappella o chie-
sa minore e più antica del mona-
stero, rappresentante la Beata Ver-
gine sedente in trono col divin Fi-
glio in seno, dipinta in muro. Si
crede l'esistenza sua contemporanea
alla fondatrice, la cui divozione si
aumentò quando Carlo Leonini fan-
ciullo di cinque anni e nipote di
suor Plautilla, credulo morto per
la caduta nel cortile del monastero
da 4o palmi d'altezza nel 1627,
fu riposto sull'altare della B. Ver-
gine, ove rinvenne e tornò a casa
sano* Molte perciò furono le offer-
te fatte alla sua prodigiosa imma-
gine, che quindi il capitolo vatica-
no coronò a' 17 giugno 1687 eoa
corona d'oro, essendo presente alla
funzione i canonici Mattei e Ricci.
La chiesa dell'Annunziata e la no-
minata cappella sono aperte al
pubblico culto a* 9 marzo festa
di santa Francesca , a' 25 detto
per q«ella dell* Annunziazione , e
nella sera del giovedì santo per
OBL 2ot
la decorosa esposizione del santo Se-
polcro.
Tutti narrano che Giulio III nel
i55o a'25 agosto alle oblate di Tor
dei Specchi concesse il monastero e
chiesa di s. Maria Liberatrice, posti
nel medesimo loro rione di Campi-
telli, nel foro romano, alle radici
del monte Palatino, che tuttora ne
hanno il governo, e vi mantengo-
no il rettore e molti cappellani. Ma
Giulio in non fece che conferma-
re quanto avevano donato i capo-
rioni e uomini de' rioni Pigna e
Campi telli radunati in pubblico con-
siglio nella chiesa di s. Maria sopra
Minerva, insieme a tutte le prero-
gative e beni della chiesa e mona-
jilero 8*29 aprile 1^4^- Pi'ima la
chiesa apparteneva alle benedettine,
il cui monastero nel sacco di Roma
del 1527 fu spogliato da certo Pie-
tro Giovanni corso, il quale fu per-
donalo dalla superiora Camilla dei
Trinci. Le benedettine abbandonan-
do il monastero per l'insalubrità del-
l'aria, si riunirono a quelle di s.
Anna. La chiesa fu intitolata a s.
Maria Liberatrice, poiché è tradi-
zione, che ne'primi secoli della Chie-
sa, vicino alle tre colonne scanala-
te che le stanno quasi rimpetto,
eravi una profonda caverna, entro
la quale si vuole che il Papa s. Sil-
vestro I colle sue preghiere confi-
nasse un feroce dragone, il quale
col pestilente suo fiato infettando
l'aria dava morte a molte persone.
Il summentovato Posteria parlando
di s. Maria Liberatrice, e narrando
il tatto, dice che alcuni la chiama-
rono libera nos a pesle^ e che alla
chiesa i Papi concessero molle in-
dulgenze. Vogliono alcuni autori
che qui esistesse giù l'antica chiesa
detta s. Salvatore in Lacu, per Ih
vicinanza del luogo chiamato il la»
aoi OBL
go di Giuturna; ma il Marangoni
neW Ist. de'ss. Sancloriwiy nel ri-
portare il catalogo delle cliiese de-
dicale in Roma al ss. Salvatore, non
ne fa parola, solo ricorda quelle vi-
cine di s. Salvatore de'Massiini sul
Campidoglio presso il tempio di Gio-
ve, e di s. Salvatore in Tcllude o
Tellure non lungi dal palazzo dei
conservatori in Campidoglio. Il Can-
cellieri r\e Possessi p. Syo, racconta
che nel 1702, dietro la tribuna di
s. Maria Liberatrice, si scuopri al-
ti'a antichissima tribuna d'una chie-
sa, con pitture del Salvatore Cro-
cefisso, e di molti santi, fra' quali
di Papa s. Paolo I col diadema qua-
dro, in segno che viveva quando
fuvvi dipinto, e ne'muri laterali si
vedevano effigiati i fatti della vita
di Gesù Cristo. Si crede essere sta-
ta o l'antica chiesa di s. Maria de
inferno, o quella di s. Maria de Ca-
neparia. Il Zacagni, presso lo Spi-
cilegìiim romanuin del cardinal Mai,
nel catalogo delle chiese di Roma,
prova che s. Maria de inferno, o
de poenis inferni, o liheratricis è
una stessa chiesa, contro il Fabri-
cio e il Boissard. Di s. Maria Li-
beratrice, o libera nos a poenis in'
fcrni, feci parola ali* articolo Infer-
mo, come della tradizione che cele-
brandovisi messa si liberi un'anima
dal purgatorio, onde i fedeli vi han-
no molta divozione. Il succitato Bom-
belli nel t. I, p. i33, riportando
l'immagine di s. Maria Liberatrice
col santo Bambino in braccio dipin-
ta in muro, ci dà queste notizie.
Egli dice che la chiesa si chiamò
ancora di s. Silvestro in Lago, per
]a palude vicina, creduta da alcuni
il lago o voragine ove si gittò Cur-
zio. In un aliare laterale dedicato
a quel Papa, si esprime con bellis-
sima pittura di scuoia veuemaa
OBL
ciò che die motrvo alla chiesa e
all'immagine di chiamarsi al modo
detto; poiché per testimonianze del
Baronio e del Bosio, una memoria
della quale la trasse dall'archivio
di s. Maria ad Martyres, ivi nella
caverna gl'idolatri romani prestava-
no culto ad un serpente o dragone,
ch'estinse il Pontefice in nome del-
la ss. Trinità: la pittura però lo
rappresenta in atto di legare la boc-
ca al dragone, alla presenza di Co-
stantino. Poscia edificò la chiesa, e
vi collocò reffigie di Maria coll'epi-
grafe: s. Maria libera nos a poenis
inferni, che poi compendiosamente
8Ì disse Liberatrice: l'immagine con-
sunta dall'età fu ristorata, e per la
gran venerazione che riscuoteva per
grazie concesse, il capitolo vaticano
la coronò a'4 agosto i653 con co-
rona d'oro, ad istanza delle oblato
di s. Francesca, avendo già Grego-
rio XV con breve de'aS settembre
1621 dichiarato privilegiato quoti-
diano perpetuo il suo altare di Ma-
ria Vergine. Tanta è la singolare
divozione del popolo verso questa
sacra immagine e la chiesa, che non
essendo sufficiente il detto altare a
dare sfogo alla celebrazione delle
messe, fu accordato lo stesso privi-
legio all'altare maggiore del ss. Cro-
cefisso. Alla biografia del cardinal
Marcello Lante dissi ch'egli restau-
rò la chiesa nel 161 7 coi disegui
di Onorio Longhi, perchè dai fon-
damenti nel i583 l'aveva rifabbri-
cata il fratello Michele non l'avo,
come scrissero alcuni. La cappella
di s. Francesca Romana fu in se-
guito ornata con pitture e stucchi,
e con architetture di Francesco Fer-
rari; le pitture sono di Stefano Par-
rocel pure autore del quadro del-
l'altare, e gli stucchi sono lavori di
Giaciuto Ferrari, Dequadri laterali
OBL OBL ao3
air altare maggiore, quello a sini- verse fanciulle nobili, altri dicono
stra è del Gramiccia, e V altro a che vi trasferisse quelle di La-
dritta di Sebastiano Ceccarini, di cui tera, dimorando essa nella vicina
sono pure tutti i quadri^ della cappel- Farnesina proprietà de Farnese (Fé-
la di s. Michele arcangelo. Le pitta- di). Riuscendo tal casa angusta, ne'
l'è della sagrestia sono del Parrocel. i655 Camilla passò colle donzelle
OBLATE DE'SETTE DOLORL ad abitare il propinquo luogo alle
Congregazione di monache ossei- falde del monte Gianicolo, dove fin
vanti la regola di s. Agostino, fon- dal i643 avea dato principio alla
date in Roma da d. Camilla Vir- fabbrica del monastero, che chia-
ginia Savelli Farnese duchessa di mò di Latera sotto s. Pietro Mon-
Latera, verso il 1659, sotto l'in- ioWo, in adempimento al voto. Com-
vocazione de' sette dolori di Maria pilo le costituzioni e le rimise alla
Vergine, acciò fossero onorati con revisione e riforma del p. Frauce-
parlicolar divozione. Nata nel 1601 sco Guinigi generale de' chierici re-
in Palombara dal marchese della golari della Madre di Dio, i quali
terra Giovanni Savelli e da Li- pregò della direzione e cura spiri-
via Orsiiii, di venti anni si spo- tuale di sue oblate. Ricusata tal
so a Pietro Farnese ultimo duca direzione, perchè vietata dal loro
di Latera, discendente dal zio pa- fondatore, si contentò Camilla che
terno di Paolo III, ed ebbe a co- detti chierici ne' d'i festivi si por-
gnata la fondatrice delle france- tasserò nel monastero de' sette do-
scane farnesiane, come dicesi nel lori, cosi nomato dal titolo della
Tol.XXVI, p. 1 85 del Dizionario, chiesa annessa, a predicare e udir
Essendo Camilla molto inclinata le confessioni delle suore, ciò che
alla pietà, animò la parente alle durò per qualche anno. Intanto A-
fondazioni che fece, quindi per i- lessandro VII approvò le costituzio-
iiiitarla si propose di fondare an- ni a' 16 giugno 1 663, essendo Camil-
ch' essa in Latera nello stato di la restata vedova nel precedente an-
Caslro e diocesi di Montefìascone no senza figli e perciò erede di alcu-
im monastero di vergini, onde ra- ne fortune : il marito fu V ultimo
dunate ivi molte fanciulle le man- duca di Latera e la linea si estin-
tcneva in una casa. Mentre dispo- se col fratello cardinal Girolamo
neva l' erezione d' un monastero il Farnese. Avendo la fondatrice per-
inarito le impedì proseguir nell'im- duto la madre, ne ereditò i beni, e
presa, ciò che le recò grave ram- questi assegnò al monastero, dispo-
inarico per le promesse fatte a Dio. sizione che approvò il cardinal Gi-
A suo conforto passò in Viterbo netti a' 6 ottobre 1667, dopo che
da s. Giacinta Marescotti sua pa- Clemente IX avea confermato le
rente per consiglio, ed essa la sol- costituzioni. Essa non vesti l' abito
levò col persuaderla che bastava religioso, e ricca di meriti, morì in
per adempimento del promesso il una casa contigua a* i5 novembre
fondare un monastero ove avesse i668 di circa anni 68, lasciando
potuto. Quindi si determinò etfet- il monastero erede universale del
tuare il divisameiito in Roma, ove suo patrimonio. Fu sepolta, come
portatasi cominciò a radunare in il duca consorte, nella chiesa del
una casa a Porta Settimiana di- monastero.
ao4 OBL
Quando la fondatrice dotò il tno-
uastero, eranvi 63 oblate, cioè /\3
da coro, IO coadiulrici e io con-
verse, mentre altre dieci elavano
per entrare. Clemente X a* i5 mar-
zo 1671 ne confermò le costituzio-
ni. Queste oblate, che sono tutte
nobili^ tranne le converse, non han-
no che il monastero di Roma ;
professano la regola di s. Agostino,
ed il fine principale dell' Istituto è
di ricevere quelle che per una qual-
che infermità non possono entrare
in altri monasteri, purché non sieno
infètte di mali contagiosi o che lo-
ro impedir possano le osservanze
della comunità. Chi entra in mona-
stero per vestir V abito, dopo alcu-
ni mesi è ammessa al noviziato
che dura un anno, finito il quale
fa la sua oblazione con promettere
obbedienza secondo le costituzioni,
e consuetudini del monastero, e per-
manenza perpetua nella congrega-
zione, sebbene può uscirne, non ob-
bligando gli statuti a peccato alcuno
neppur veniale, non facendo le re-
ligiose voti ne solenni ne semplici.
Praticano tutte le osservanze re-
golari, come fossero vere religiose,
poiché recitano T uffizio divino, fan-
no ogni giorno un* ora e mezza di
orazione mentale, la disciplina in
alcuni giorni, da cui sono dispen-
sate per indisposizione dalla supe-
riora, ed una volta all'anno gli e-
sercizi spirituali ognuna da se. Os-
servano il silenzio, con parlare del-
le sole cose necessarie, nelle vigilie
delle sette principali feste della Ma-
donna, del ss. Sagramento, di s.
Agostino, ne' tre giorni primi di
quaresima e ne' tre dì che prece-
dono la Pentecoste e*Natale. Vivo-
no vita comune, onde la comunità
fa loro le vesti. Ai digiuni prescrit-
ti dalla Chiesa aggiungono, oltre
OBL
quelli delle liferite vigilie, quelle
de' ss. Teresa, Domenico e France-
sco, come protettori del monastero,
digiuni che può dispensar la supe-
riora. Non hanno clausura e per-
do possono uscire ([uando vogliono
con licenza della superiora^ ma non
è loro permesso andar fuori di Ro-
ma neir anno santo, dispensate ne-
gli altri dai superiori e visitatori
apostolici. Quando escono non pos-
sono andare in casa de' secolari ,
meno i parenti più stretti e in ca-
so d' infermità. Alle dame è per-
messo r ingresso in monastero, agli
altri nelle stanze destinate per par-
latorio. L* abito è di scotto nero,
cioè tonaca di lana con cingolo si-
mile, velo e soggolo di tela che si
accosta al color giallo, senz* amido
e poco arricciato. Quando escono
di casa portano un manto che le
cuopre da capo a piedi, e ripiega-
no alla cintura le due estremità
delle parli anteriori del medesimo.
Ne riporta la figura il p. Bonnani
nella par. 2, p. 98 del Catalogo
degli ord. reg.^ che le dice fondate
ad imitazione di quelle istituite da
s. Filippo Benizi, di che non fa pa-
rola il p. Annibale da Latera, Sto-
ria degli ordini regolari par. 3,
p. 260, delle oblate de' sette dolori.
La chiesa si trova col monastero
a dritta ascendendo ilGianicolo, e
fu edificata con disegno del Borro-
mino, con facciata non finita, e di
lui è pure il contiguo monastero.
L'interno ha tre altari; il maggiore
con quadro di Gesù Cristo morto,
riputato del veneto Cicognini ; il s.
Agostino in uno de' laterali, opera
del Maratta ; e 1' Annunziata nel-
r altro è copia d* un originale di
Firenze. Il quadro colla Vergine
Addolorata sopra la porta è lavoro
del cav. Benefial.
OBL
OBLATI. Fedi Oblato.
OBLATO, Oblatus. Religioso che
senza professare i voli osserva la
regola monastica o regolare nel
convento o monastero in cui è sla-
to ammesso, vestendone 1* abito ed
essendo in libertà di deporlo per
uscire dalla congregazione in cui
bramò entrare. Oblato e condona-
to furono due sorta di monaci, ì
primi amministravano le cure di-
pendenti dalle abbazie in cui ave-
vano fatto professione; i secondi
erano quelli che dimoravano vicino
ai monasteri di religiose, da cui
ricevevano le cose necessarie alla
vita, e alle quali amministravano i
sagramenti. Oblato si chiamò anti-
camente quel figlio che i genitori
offrivano a Dio per essere religioso
in un Monastero (Fedi)^ benché
in tenera età. La stima singolare
che ne' bassi tempi aveasi concepi-
ta per lo stato religioso, la difficol-
tà di gustare altrove la quiete e
di allevare cristianamente i fanciulli
nel mondo, obbligarono i genitori
a mettere nei monasteri i loro fi-
gliuoli, affinchè per tempo ivi fos-
sero istruiti e diretti nella pietà e
nelle lettere : molti credettero dar
loro il maggior segno di tenerezza
consecrandoveli per sempra Un o-
blato si credeva obbligato per sua
propria volontà, egualmente che
per la divozione de' suoi genitori, e
si considerava come apostata se
l'abbandonava. Ciò si fondava sul-
r esempio di Samuele ed altri de-
dicati a Dio dalla madre sin dal
suo nascere, e sull'esempio de' nali-
nei incaricati del servigio del ta-
bernacolo e poscia del tempio pres-
so gli ebrei ; ma questi non erano
obbligati per voto né al celibato,
ne alle altre osservanze monastiche.
I 11 concilio di Trento decidendo che
OBL 2o5
la professione religiosa fatta prima
di sedici anni compiuti e senza a-
ver fatto un anno di noviziato, sa-
rebbe assolutamente nulla, ha sop-
presso per sempre tali oblati. L' e-
same che fanno i superiori de' gio-
vani che si destinano alla profes-
sione religiosa, previene il pericolo
di una falsa vocazione che loro po-
trebbe ispirare l'educazione avuta
in convento. Appella vasi pure obla-
to ovvero dato e oblato o oliata^
quegli o quella che dedicava la sua
persona e i suoi beni a qualche
convento, colla condizione di esser-
vi alimentato e mantenuto dai mo-
naci. Tullavolta davano intieramen-
te se stessi in servitù, coi loro be-
ni, coi loro figli e coi loro discen-
denti. Ricevevansi questi mettendo
loro al collo le corde delle campa-
ne della chiesa, e per contrassegno
di servitù si mettevano sulla loro
testa alcune monete, altri pren-
devano quelle monete e le pone-
vano suU' altare. Questi oblati era-
no considerati servi di divozione,
ma diversi dai Conversi o Donati
(Fedi)y essendo questi religiosi e
vestendone V abito, mentre siffatti
oblati non erano religiosi e non ne
vestivano l'abito, od almeno non ne
portavano uno simile a quello de-
gli altri religiosi. Alcuni poi dava-
no i loro beni ai monasteri, colla
condizione di godere dell'usufrutto
in tutta la loro vita, mediante un
piccolo livello ; e i beni così dati
si chiamavano oliata. Il Crescim-
beni, Istor. di s. Gio. a porta Latina ^
a p. 3o2 e 3o3 riporta due for-
mole delle oblazioni fatte da oblati,
in cui si esprimono i beni da loro
donati. In Francia un oblato era
anche un monaco laico che il re
collocava nelle ricche abbazie o
priorati di sua nomina, perchè vi
206 OBL
(osse alimentato, all^ergato, ▼cstlto
ed anche pensionato ; questo era
un modo di fare Io stipendio ad
un soldato vecchio, impedito o fe-
rito; suonava le campane, spazzava
la chiesa e faceva gli altri minuti
servigi. Tutti questi oblati sotto
Luigi XIV furono trasferiti nella
casa degli invalidi colle loro pen-
sioni. Questi oblati si dice che co-
minciarono dai re Capeti, quando
i sovrani rinunziando al diritto di
assistere all' elezione degli abbati, si
riservarono il privilegio di destinare
un posto di religioso per un pove-
ro soldato invalido, o per una po-
"vera donna ne'monasteri di religio-
se. Ogni laico che otteneva dal re
la pensione sopra un benefizio era
pure chiamato oblato. Quanto agli
oblati costituiti in congregazioni se-
colari e regolari, de' frati, mona-
ci e chierici regolari, se ne parlai
ai loro articoli, secondo le rispet-
tive denominazione ; qui appresso
diremo solo degli oblati di s. Am-
brogio e di quelli di Maria Ver-
gine di Pinerolo.
Oblati di s. Ambrogio. Congre-
gazione di preti secolari fondata
dal cardinal s. Carlo Borromeo ar-
civescovo di Milano (Vedi). Aven-
do egli riconosciuto essere molto
difficile mantenere nella sua dioce-
si la disciplina ecclesiastica, e il
farvi eseguire le sante provvidenze
da lui statuite, il governar i col-
legi, i seminari e gli altri luoghi
pii da lui fondati, senza l'aiuto di
buoni operai, che liberi dagli im-
barazzi del mondo si applicassero
unicamente al governo delle chiese
che loro si affiderebbero; sapendo
ancora quanto fosse grande il bi-
sogno di buoni pastori nelle par-
rocchie vicine ai paesi infetti d' e-
resia, e come giovasse il cambiar
or.L
de* pnrrochi e trasferirli in altre
cure, precipuamente in quelle ab-
bandonate, dopo aver nel rSyS ce*
lebralo il quinto sinodo, risolvette
di fondar una congregazione di pre-
ti secolari, i quali essendo uniti a
lui come a loro capo, fossero ob-
bligati ai suoi ordinamenti pel go-
verno della stessa diocesi. A tale
effetto elesse ecclesiastici forniti del-
le qualità necessarie, cui si aggiun-
sero molti altri che si offrirono
spontaneamente, e pose la congre-
gazione sotto la protezione di Ma-
ria Vergine e di s. Ambrogio, di cui
diede loro il nome, al quale ag-
giunse quello di oblati, per essersi
eglino stessi offerti. Principiata la ,
pia società a' 6 agosto iSyB, ven-
ne approvala da Gregorio XIH,
che le concesse molte grazie spi-
rituali , ed alcune rendite apparte-
nenti già al soppresso ordine degli
umiliati. Indi s. Carlo assegnò agli
oblati la chiesa del s. Sepolcro
(fondata nel io3ij restaurala nel
1608, e abbellita nel 184^) in
grandissima venerazione in Milano,
ed acquistò delle case vicine per
loro abitazione. Dipoi il santo pre-
scrisse loro opportune regole, di
cui erano le principali il voto sem-
plice d' obbedienza nelle mani del-
l'arcivescovo, riconoscendolo per su-
periore, assistendolo nella direzione
e governo della diocesi milanese, e
sostenendo con zelo lutti gl'impie-
ghi ne' quali li applicherebbe; co-
me visitar la città e la diocesi, an-
dar in missione ad esempio degli
apostoli ne* luoghi più bisognosi
d' istruzione, servir le cure vacanti,
dirigere i collegi, i seminari, le
scuole della dottrina cristiana e le
confraternite. Gli oblati furono di-
visi in due ordini; gli «mi risiede-
vano sempre nella detta casa del
OBL
s, vSepolcro, senia cssei'e obbligali
ad alcun lienefizio per esser più li-
beri ad impiegarsi ne* propri eser-
cizi; gli altri erano dispersi per la
città e diocesi ne' luoghi ove veni-
vano mandati. Divise altresì s. Car-
lo la congregazione in sei adunan-
ze o comunità, deIJe quali due nel-
la città di Milano e quattro sparse
per la diocesi, a ciascuna delle qua-
li die un superiore e un direttore
per lo spirituale, ordinando ad es-
se si radunassero ogni mese. Volle
ancora che in tali adunanze si leg-
gesse la regola degli oblati, onde
potessero sempre praticarla fedel-
mente. Così gli oblati, benché in
diversi luoghi della città e diocesi
dispersi^ non lasciavano d' essere
sempre strettamente uniti dai vin-
coli d^ un medesimo spirito e carità
fraterna, pronti a ricevere dall' ar-
civescovo loro capo i lumi neces-
sari per dirigere se stessi e i popoli
loro affidati. In seguito pegli eser-
cizi spirituali fu ad essi destinata
la casa di Ro, tenendosi al s. Se-
polcro ogni anno il capitolo gene-
rale ; ebbero poi anche la chiesa
della Rosa, e a s. Dalmazio tene-
vano una specie di direzione delle
scuole della dottrina cristiana. Sop-
pressa la congregazione, nel iB44
sopravvivevano sedici degli antichi
oblati.
Oblati di Maria Vergine di Pi-
nerolo. Congregazione di preti se-
colari fondata dal p. Pio Brunoue
Lanieri di Pinerolo nel Piemonte,
nella qual città nacque nel 1759.
Educato nel santo timor di Dio ,
nell'amore allo studio e nella di-
vozione alla ss. Vergine dal dotto
fisico suo genitore, dotato di felice e
penetrante ingegno fece negli studi
rapidi progressi, vivendo ritirato.
D'illibati costumi e d'una fervida
OBL 9.07
pietà, ben presto ebl^e vocazione
per lo stato religioso, onde entrò
ne' certosini, ma per la gracile com-
plessione dovette uscirne e si deter-
minò pel sacerdozio, e giuntovi ri-
cusò i benefizi ecclesiastici che gli
si offrivano, per essere libero in tut-
to a quello che Dio volesse da lui.
Per l'esempio, istruzione e direzio-
ne del celebre gesuita p. Diessbach
si formò Lanieri alla scienza, alla
virtù e allo zelo che lo resero vera-
mente ministro fedele di Gesù Cri-
sto, affezionandolo a quello delle
confessioni. Venuto in cognizione
dell' immenso male che produce-
vano i libri cattivi, travagliò per
tutta la vita a raccoglierli, ed in
vece a far ristampare i migliori e
dilatarli. In compagnia del p. Dies-
sbach, indefesso operò per la salu-
te delle anime con molto successo,
servendosi principalmente dell' au-
reo mezzo degli esercizi di s. Igna-
zio, ed in questi egli mirabilmente
si approfondì ; e cercando del loro
studio invogliarne gli altri ecclesia-
stici, a tal fine ne raccolse in pia
adunanza in sua casa, che prese il
nome di pia unione di s. Paolo.
Non solo gl'individui che la com-
posero si esercitavano in essi, ma
ove era maggiore il bisogno si re-
cavano a predicare e confessare ,
come pure recavansi agli spedali ,
alle prigioni e ai quartieri de' mi-
litari,ed ancora nelle altre città e
ville, con immenso frutto. Allorché
la Germania aspirò a pretese rifor-
me che mossero Pio VI a recarsi
a Vienna, il Lanieri col p. Dies-
sbach da Torino lo precedettero in
quella capitale per risvegliare il fer-
vore ne' buoni, la fede ne' deboli ,
e la venerazione del popolo verso
il Papa, temendo che i nemici del-
la Chiesa ne impedissero il frutto,
2o8 OBL
siooome in fatti fecero anche coi
noti pestiferi libri. Ritornato il
Lanieri a Torino, si divise dal suo
diletto p, Diessbach che passò al-
trove; indi nella carità di assistere
i militari francesi e tedeschi che le
vicende politiche vi avevano porta-
ti, si diede a rianimar la pia unio-
ne per gli spirituali esercizi, ed a
moltipliccirne l'edizioni: nella pro-
pria casa ne aprì un corso, raccoglien-
dovi il flore de' giovani e degli ec-
clesiastici, con immensi spirituali
vantaggi. Imperversando i fatali er-
rori contro la religione, egli rad*
doppiò gli sforzi del suo apostolico
ministero^ massime coi militari, aiu-
tato dai suoi allievi, procurando
pieno di zelo d' illuminare i prela-
ti delle inique trame ordite contro
la Chiesa, e difendere il venerabile
capo di essa ; facendo circolare
molli libretti in difesa del pontifi-
cato, quando Pio VII era prigione
de' francesi. Questo lodevole conte-
gno però provocò la rigorosa at-
tenzione del governo straniero, dal-
la quale Dio lo salvò, onde solo
fu esiliato da Torino, allora prin-
ci pai campo delle sue operazioni
apostoliche. Ritornato Pio VII al-
la sua sede , pei corrotti costumi
e per le guaste opinioni ed errori
lasciati ed accresciuti ne' passati di-
sordini, intorno al domma e alla
morale di Gesù Cristo, il Lanieri
vegliò sui sistemi teologici che dal-
la Fiandra e Francia usciti, cor-
rompevano non pochi ecclesiastici
d'Italia col giansenismo; ad og-
getto di rimediar ad ogni seduzio-
ne fece di tutto per propagar le
opere di s. Alfonso Liguori. Frat-
tanto Dio ispirò al Lanieri 1* isti-
tuzione d' una congregazione che
si occupasse a promuovere e pre-
dicare dovunque gli esercizi di s.
OBL
Ignazio, e che rivolgesse i suoi stu-
di contro i funestissimi errori del
giansenismo e contro tutti gli altri
rinascenti, e perciò dilatasse ezian-
dio libri buoni e scelli, secondo la
necessità de* tempi. A tale effetto
scelse alcuni idonei compagni per
r impresa, tra' quali nomineremo
Giovanni Regnaudi e Giuseppe Log-
gero piemontesi, come più bene-
meriti ; indi a fronte di sua avan-
zata età e logora sanità si recò a
Roma col valido patrocinio del re
di Sardegna Carlo Felice e del ve-
scovo di Pinerolo, che a profitto
del gregge ivi desiderava la con-
gregazione per gli spirituali vantaggi
che ne sarebbero derivati. Leone
XII, cui èrano note la dottrina, pie-
tà , zelo e sante operazioni del
Lanieri, 1' accolse benignamente, e
canonicamente approvò l' istituto
colla lettera apostolica Elsi Dei
Fi li US suam ecclesiam^ del primo
seltembi'e 1826, avendone filiti esa-
minare gli statuti dal cardinal Pac-
ca. Il tìtolo si fu congregazione
degli oblad della Beata F ergine
Maria, formata di preti secolari,
della quale ragiona anco il cav.
Artaud, Storia di Leone XII, t.
IH, cap. 4^' Ottenuta la pontifìcia
sanzione, il Lanieri in Pinerolo si
die a stabilire e propagare la sua
congregazione^ resistendo alle con-
traddizioni e alle calunnie che su-
scitò il demonio, e santamente come
era vissuto, morì a'5 agosto j83o,
essendone stato il primo rettore
maggiore. Lo splendido novero di
sue virtù furono degnamente loda-
te in Pinerolo nel giorno trigesi-
mo del suo decesso, con bella ora-
zione funebre, da d. Gio. Battista
Rubino istitutore delle Luigine del-
la Morra.
La congregazione degli oblati è
OBL
una pia unione di ecclesiastici con-
secrati a Dio per mezzo di Maria
Vergine, per attendere alla salute
e perfezione propria e del prossi-
mo. N' è scopo il consecrarsi par-
ticolarmente a dare i santi eserci-
ti col metodo proposto da s. I-
gnazio, quando sono chiamati, col
consenso degli ordinari, sia in pub-
blico, che in privato, sempre gratis
e senza retribuzione. Concorrere a
formare buoni parrochi ed operai
nella vigna del Signore, pertanto si
accettano convittori ecclesiastici per
fare ,i loro esercizi o per com por-
sene una muta, o per attendere
allo studio della morale ed abili-
tarsi alle parrocchie ed altri impie-
ghi ecclesiastici. La congregazione
combatte altresì gli errori correnti,
per cui si fa uno studio serio per
conoscerli e confutarli, e per non
errare si pregia professare inviola-
bile obbedienza intiera all' autorità
della santa Sede, ed un attacca-
mento senza eccezioni al di lei in-
segnamento , professando eziandio
tutta 1' uniformità al sentimento
della medesima negli articoli sui
quali essa tollera diverse opinioni,
essendosi perciò eletto per suo par-
ticolar protettore s. Pietro. Si pro-
pone finalmente la congregazione
di far conoscere e spargere libri
buoni, poiché osservò che fin dal
1825 si contavano già tre milioni
di volumi, libri i più infami spar-
si nella sola Francia, ed in Parigi
solo eranvi trecento gabinetti di
lettura aperti , ove con cinque
centesimi la gioventti d' ambi i sessi
andava ad avvelenarsi. Gli oblati
di Maria ss. fanno i voli semplici di
povertà, castità, obbedienza e quel-
lo di permanenza, dispensabili dal
Papa e dal rettore maggiore eh' è
il titolo del superiore della congre-
VOL. XLVIII.
OBL
209
gazìone. Vivono perfettamente in
comune ed in ogni cosa uniformi.
Professano in tutto la povertà, né
accettano alcuna dignità, beneficio
ed ufficio di qualunque sorta fuori
della congregazione. Professano e-
ziandio obbedienza agli ordinari
neir operare, per quanto é compa-
tibile colle loro regole e costituzio-
ni. Sono promossi agli ordini sacri
a titolo di patrimonio proprio, se-
condo la tassa di ciascuna diocesi.
Non essendo in sostanza gli oblati
di Maria Vergine, che una pia u-
nione di ecclesiastici secolari, che
vivono sotto regole adattate al loro
istituto e spirito che professano,
così essi ritengono sempre la pro-
prietà de* loro beni e tutte le ca-
pacità che secondo le leggi dello
stato hanno e godono gli ecclesia-
stici secolari. Quegli che presiède
a tutta la congregazione è perpe-
tuo, cioè il rettore maggiore, men-
tre il superiore di ciascuna casa
chiamasi rettore locale. Si fa un an-
no di noviziato, ed i fratelli ne
flìnno due. Secondo le regole, gli
oblati si esercitano in varie opere
di pietà per loro santificazione. At-
tendono allo studio della domma-
tica e morale ; il loro maestro è
s. Tommaso; la loro dottrina quel-
la della chiesa romana, abborren-
do ogni spirito di partito e di no-
vità ; più volte alla settimana ten-
gono conferenze morali. Ciascuno
compone una muta d'esercizi, se-
condo il metodo di s, Ignazio, e
ninno ricusa darli se viene a ciò
destinato dal superiore ; è questo
il solo genere di predicazione che
abbracciano, salvo nella loro chiesa.
Attendono indefessamente al con-
fessionale, promovono la frequenza
de* sagramenti e la lettura di libri
buoni. Questa congregazione fiori-
■4
3IO OBL
sce, e da Pinerolo, ove fu fondala,
si dirami) in vane cìUà degli stali
sardi. Nel numero 6t del Diario
di Roma 1842 si legge » che la con-
gregazione non paga del bene che
tiittogiorno va facendo alle anime
coir ecclesiastico ministero, col dare
gli esercizi spirituali, coli' istruire
il giovane clero, apresi ora un nuo-
vo e largo campo al suo zelo nel-
le straniere nazioni. Offertasele dal-
la sacra congregazione di propa-
ganda fide la missione di Ava e
Pegìi nelle Indie orientali (Vedi) ,
e nello impero Birmano, non ha
esitato ad accettarla. Ad onta del
numero di poco più di cento in-
dividui, di cui al presente essa è
composta , e non compresi i tre
soggetti che già in altra occasione
avea spediti , altri dodici in og-
gi ne manda. Monsignor Giovanni
Ceretti da Alice diocesi d' Ivrea ,
della medesima congregazione degli
oblati, è stato dal Papa Gregorio
XVI fatto vescovo d'Autinopoli in
parlibus a'5 luglio, e destinato su-
periore della missione in qualità
di vicario apostolico, consecrato in
Roma dal cardinal Fransoni ".
OBLAZIONARIO, Oblationarius.
Diacono o suddiacono che riceveva
le oblazioni de' fedeli del pane nel-
la messa ; di questo ministro se ne
fa spessa menzione nell' Ordine ro-
mano. L* oblazionario porgeva al-
l'arcidiacono le oblate, cioè pane e
vino, ch'erano preparate pel sacri-
fizio che doveva celebrare il Papa.
Giovanni III del 56o, avendo re-
staurato! cimiteri, determinò che nei
cimiteri di Roma, ne'giorni delle fe-
ste de' santi, 1' oblazionario recasse
dal patriarchio luminari per farvi le
vigilie, e le oblate per celebrarsi la
messa dal sacerdote destinalo dal
Pontefice. Tale uso lo rinnovò s.
OBL
Gregorio III del 78 1. Kella basilica
di s. Paolo si offrivano ogni giorno
quattro oblate per altrellante inces-
se, e due per quella che celcbra-
vasi nell' altare maggiore. I diaco-
ni oblazionari ricevevano dal po-
polo offerente il vino, ed i suddia-
coni oblazionari il pane. Vedi O-
BLATE e Oblazioni. Gli oblazionari
della chiesa romana avevano il
priore e il sottopriore, ed erano uf-
fìzi distinti : parla dei loro uffizi
e di alcuni oblazionari il Galletti,
Del prìniicero p. 16 e 119. Allor-
ché Clenìente II coronò in Roma
l'imperatore Enrico III e l'impe-
ratrice Agnese, il priore e sotlo-
priore degli oblazionari presero la
corona dell' eletto imperatore e del-
la regina, e la riposero sull' altare
di s. Maurizio martire. Dalle bio-
grafie de' cardinali si rileva che an-
ticamente diversi portavano il tito-
lo di cardinali oblazionari, massi-
me i diaconi, ^f?^// Oblazione. Quan-
tunque la disciplina che la primitiva
Chiesa osservava, di offerirsi dal po-
polo il pane ed il vino da essere
consacrato nel sacrifizio, abbia ovun-
que cessato, venne però ritenuta
nella nielropolilana di Milano (Ve-
di), e fu ciò che diede motivo alla
istituzione degli Oblazionari della
scuola di s. Ambrogio. Consiste que-
sta scuola in due comunità, una
di uomini avanzati in età, chiama-
ti vecchioni, e l'altra di donne at-
tempate, dette vecchione, di cui si
parlò a Diaconesse: ciascuna co-
munità é composta di dieci perso-
ne. Il più vecchio degli uomini ha
il titolo di priore, e la più vecchia
delle donne quello di priora: nero
è il loro abito, ed il p. Bonanni
nel Catalogo degli ordini rei. non
solo parla delle due comunità, ma
riporta quattro figure di vecchioni
I
OBL
esercitanti ì diversi minìslcrij e quat-
tro di vecchione. Gli uni qunnto
le altre nelle processioni vanno die-
tro la loro particolare croce. Quan-
do presentano l' offerta ciascuno dei
due vecchi destinati ha sulle spalle
una tovaglia bianca, con cui uno
di essi tiene tre ostie e l'altro un
vaso pieno di vino bianco, e sopra
questa tovaglia pongono un ampio
cappuccio che finisce in punta e
dalle cui estremità pende un gros-
so fiocco, che scende per di dietro
fino all'estremità della colta. Due
donne con una somigliante tovaglia
ed un piccolo velo nero presenta-
no altrettanto pane e vino; ma
agli uomini solamente è permesso
entrare in coro ed accostarsi, come
fanno, fino ai gradini dell'altare,
giunti al quale, offì'endo al cele-
brante ciò che portano, a lui di-
cono: Benedicite Pater reverende j
ed egli risponde : Benedicat te Deus
et hoc tiiiim munus. In nomine Pa-
tris ec, e dà loro a baciare il ma-
nipolo; Io che fatto va a ricevere le
offerte delle donne alla porta del
coro. Sono questi oblazionari man-
tenuti con rendite ecclesiastiche. E
incerto se questa scuola sia stala
istituita da s. Ambrogio, poiché a
suo tempo il popolo stesso faceva
r oblazione alla messa. Probabil-
mente neirVIII o IX secolo qual-
che arcivescovo di Milano, vedendo
che tal disciplina andava ad alte-
rarsi , per mantenerla istituì la
scuola di s. Ambrogio. Si chiamò
ohlazionario dall'Ordine romano, e
Protesis dai greci, quel luogo o
mensa vicino all' altare, ove si col-
locavano le offerte. Osserva il Can-
cellieri ne* Pontificali ^ che le obla-
zioni intermesse sono ricordate dai
vasi e piatti d' argento^ che soglio-
no mettersi adesso per puro or-
OBL 211
namento nelle credenze dell'altare
e ad pompavi, oltre i necessari.
OBLAZIONE. Fedi Oblate e
Oblazioni.
OBLAZIONE, OFFERTA, ohla^
tìOy ohlatum^ donariuni. Vocabolo
che prendesi in generale per qua-
lunque dono volontario fatto a Dio
nella persona de' suoi ministri e
per uso della sua Chiesa ; in que-
sto significato si possono chiamare
oblazioni le Decime (Fedi)^ le pri-
mizie, ed in generale tutto ciò che
i fedeli offrono volontariamente al-
la Chiesa ed a' suoi ministri. In
significato più particolare intendesi
per oblazione quella fatta all'altare,
uso antichissimo di cui s. Cipriano
ne parla nel suo trattato dell'ele-
mosina. Quindi le oblazioni si di-
stinsero in quelle che si facevano
ai sacri altari, in quelle che riguar-
davano direttamente la materia del
sacrifizio ed in quelle che riguar-
davano il mantenimento del Clero
(Vedi). Imperciocché, non avendo
la Chiesa ne* suoi principii né fon-
dì, né rendite, era a lei impossi-
bile di far le necessarie spese del
pane e del vino per la celebrazio-
ne della messa, tanto piìi che in
essa si comunicavano tutti i fedeli,
e che ciò che non era stato con-
sagrato veniva portato a queUi che
non aveano potuto assistere al sa-
crifizio ; conveniva quindi che i par-
ticolari si addossassero una tal spe-
sa, principalmente quelli che dove-
vano comunicarsi. Dalla sacra Scrit-
tura rilevasi l' antichità delle sacre
offèrte, obbligazione imposta all'uo-
mo dalla legge naturale, non meno
che dalla legge scritta, perché aves-
se cosi a riconoscere nel suo Dio,
il suo creatore e il suo conservatore
provvidentissimo. Quantunque con
la venula di Gesù Cristo cessarono
112 OBL
le vittime e i sagrifizi, pure aven-
do voluto Dio che col sacrifizio
della Messa (f^edi) restasse ne'cri-
stiani perpetua memoria di sua
tnorte, così in essi non cessò l' obbli-
gazione di apprestare tuttociò che
si rendeva necessario per la cele-
brazione della messa, onde i fedeli
riputarono religioso dovere V adem-
pirla, finché la loro pietà non eb-
be a ciò stabilmente provveduto
con elargizioni e vistosi donativi,
di che si parla anche a Beneficio
e Bewi di Chiesa; ed è ragionevo-
le che chi serve l' altare viva del-
l'altare, mentre altrove parlammo
contro i declamatori delle ricchez-
ze del clero, mostrando V utilità che
alla società ridonda dalle ricchezze
del sacerdozio. Le oblazioni comu-
ni, che dai fedeli anticamente si pre-
sentavano all'altare, si cambiarono
nell'offerta particolare dello stipen-
dio, chiamata anche onorario, che
ancora si dà ai sacerdoti per la
celebrazione particolare della messa,
a tenore della concepita intenzione
dell'offerente, e che fu una conti-
nuazione dello stesso antico rito,
benché sotto foggia diversa. Il Ma-
billon, in Praefat. ad saec. III Be-
ned. n. 62, perciò scrisse : Oblatio-
nìs panìs et vini a laicis anliquilua
fieri solitaey successiù eleemosyna
pecuniaria^ presbytero facta^ quam
stipendium vocant. Le oblazioni co-
muni riguardavano non meno la
materia del sacrifizio, che il man-
tenimento del clero sino dal comin-
ciamento del cristianesimo, con che
si provvidero le chiese e gli eccle-
siastici con r istituzione de' benefi-
zi ; ad esse, il ripetiamo, successe-
ro le oblazioni particolari o sia lo
stipendio della messa, argomento
dottamente trattato dal teatino p.
Francesco Berlendi, e meglio colla
OBL
seconda edizione piìt corretta e ac-
cresciuta con nuove ricerche, osser-
vazioni e figure, opera di cui prin-
cipalmente ci gioveremo in questo
breve articolo, ed eccone il titolo:
Delle oblazioni ali* altare antiche
e moderne^ 0 sia la storia intera
dello stipendio della messa, disser-
tazione storico 'teologica, Venezia
1736.
La pratica delle oblazioni che
gì' israeliti portavano al tempio
ed offrivano ai sacerdoti, non fu
un semplice rito dell'antica sinago-
ga, ma un'ombra e una figura di
ciò che con la venuta del promes-
so Messia doveasi praticare nella
Chiesa. In quelle oblazioni restaro-
no simboleggiate le nostre, muta-
te solamente nella specie in ordi-
ne agli offerenti, perchè le une pre-
sentate dai servi, ch'erano gli e-
brei, e le altre dai liberi, che sia-
mo noi cristiani: ma nel genere
erano le medesime, avendo la Chie-
sa e la sinagoga nell'offrire lo stes-
so fine di religione, ch'è ad onore
dello stesso Dio. Perciò nella ma-
niera che le une in segno di re-
ligioso omaggio a Dio furono con
precetto agi' israeliti incaricale, nel-
la stessa le altre a noi cristiani lo
sono. A questo presente fatto al-
l'altare fu con proprietà dato il
nome di oblazione, non solo perchè
ciò che presentasi a Dio dicesi of-
ferta, ma anche perchè non po-
tendosi dare a Dio, ch'è il padro-
ne di tutto, cosa che non sia sua,
non abbiamo di nostro se non l'a-
zione di offrirla. Il concilio di Ma-
gonza dell' 8 13 dichiarò che l'o-
blazione è pei cristiani un gran ri-
medio alle anime loro e a quelle
de'loi*o prossimi. Questo nome ge-
nerico di oblazione può considerar-
si come diviso in tre specie; la
OBL
priiiìa e piti ampia compieiHÌe lut-
to ciò cìie si oifre al divin culto,
e racchiude anche le decime e le
primizie, la quale è chiamata obla •
(IO rei inltr vivos facta Deo vel
Ecclesia; la seconda denota qual-
sivoglia donazione o legato testa-
mentario in favore delle chiese o
luoghi pii, e viene delta donatio
causa mortisj aut alia ultimae vo-
luntatis disposi tio j la terza specie
di ohlazione è presa secondo il
suo stretto significato, ed importa
quanto da' fedeli si offre all'aliare
iu ordine al sacrifizio, e sì deno-
mina ohlatio usualis, quae ad al-
tarCy vel ad manus sacerdotis fu.
A questa oblazione fu pur dato an-
ticamente il nome di firlo^ secon-
do che leggesi in s. Isidoro di Si-
viglia nel VI secolo, al che cor-
risponde quanto si legge nella li-
turgia de'maroniti , ferie ohlalio-
nes, essendo il verbo cangiato in
nome, e di due parole fatta una
vsola, ferUuii. Da s. Cipriano è
chiamato Sacrifizio, giacche da tale
oblazione si prendeva la materia
pel medesimo. Alcuni pensano che
queste oblazioni al sacrifizio sieno
slate sostituite a certe decime del-
la vecchia legge, che ciascuna se-
parava e custodiva per consumar-
le nel vestibolo del tempio di Ge-
rusalemme, convocali a mensa i sa-
cerdoti ed i leviti. Dalle tre dette
specie di oblazione si ravvisa quanto
leggesi ne'capitolari di Carlo Magno,
che non soliun sacrificia quae a
sacerdotibus super altare Domino
consecrantur , ohlaliones fideliwn
dicuntur, sed quaecumque et a fi-
delibus offeruntm\ Veggasi il Ma-
machi, De'costuini de' primitivi cri'
stiani t. II, par. II, sulle loro antiche
oblazioni. Delle altre specie di o-
blazioni parleremo in fine.
OBL 2i3
Le oblazioni offerte nella chiesa
all'altare, quantunque si dovessero
presentare da ciascuno de' fedeli
per uno slesso fine religioso, do-
vuto e indispensabile ossequio a
Dio, doppio tuttavìa rìcercavasì e
dovea essere il loro uso; l'uno ser-
viva di materia al. sacrifizio, l'al-
tro di mantenimento al clero, co-
me si deduce dal canone g3 del
concilio IV o V di Cartagine del
398. Tali oblazioni ne' tempi più
antichi si offrivano da'fedeli all'al-
tare tulle due unite, ma poscia re-
stò determinato che quelle desti-
nale a beneficio degli ecclesiastici
si offerissero innanzi la messa o
almeno all'evangelo, e sì mettesse-
ro anche in luogo distinto, che
chiamavasi Gazofilacio (Fedi)^ e
quelle in ordine al sacrifizio si pre-
sentassero tra la messa al luogo det-
to perciò Offertorio (Fedi) e si
collocassero nel sacrario. Alcuni per
vanagloria e per attirarsi gli ap-
plausi del popolo, presentavano do
ni straordinari all'altare per senti-
re pronunciare i loro nomi da' sa-
cri ministri e le cose offerte. Sì
ordinò pertanto che le oblazioni a
prò de'chierici, de'poveri e delle
vedove, si facessero a parte avanti
la messa, o almeno prima della
lettura dell'evangelo, e quelle che
dovevano servir di materia al sacri-
fizio si offrissero al tempo dell'ofier-
torio o oblazione. Le oblazioni clie
servir doveano di materia al sacri-
fizio, consistevano nella sola offer-
ta del Pane e del Fino (Fedi), e
ciò per due ragioni: una affinchè
la nostra gratitudine facesse all'al-
tare un presente di que'doni che
la divina beneficenza ci avea pel
nostro mantenimento donati; l'al-
tra per uniformarsi alla qualità
sjessa delle oblazioni di Cristo, chtj
214 OBL
cangiò il pane e vino nel di lui
tlivin corpo e sangue. V. Odlate
e Ostia. Sebbene fossero tutti i fe-
deli chiamati alle oblazioni pel
sacrifizio, però ne'primi secoli del-
la Chiesa non era ciascuno ludif-
ferentemente ammesso, poiché si avea
riguardo alla qiKilità degli offerenti,
ne' quali ricercava la Chiesa una
carità che non avesse offeso alcu-
no, onde nella chiesa d'oriente al
cominciamento delle oblazioni si
praticava il bacìo di pace recipro-
co tra' fedeli, al quale erano invi-
iati dal diacono; una coscienza in-
conlaminata ed una vita esempla-
re, poiché anco presso i gentili si
avea somma gelosia di non volersi
presenti al sacrifizio i contumaci e
gl'indegni. La Chiesa fu sempre ge-
losa nel ricusare le offerte di quel-
le persone che ad essa non appar*
tenevano, non avendo riguardo né
alle persone che le offrivano, né
alla preziosità degli oggetti offerti;
quindi erano esclusi dalle oblazio-
ni gli scomunicati, energumeni, ca-
tecumeni, penitenti e tutti quelli
che ancora non erano ammessi al-
la comunione; i poveri erano dis-
pensati dalle oblazioni, stante la
loro povertà. Il concilio di Carta-
gine del 398 decretò : non si rice-
veranno le oblazioni di quelli che
sono in discordia, né di quelli che
opprimono i poveri. Essendo nella
Chiesa due k oblazioni, una pel
sacrifizio, l'altra per gli ecclesiasti-
ci ; due anche erano le Comunioni
(Fedi)y una nelle orazioni, l'altra
nel sacrifizio^ e i fedeli talvolta
potevano partecipare dell* una e
non dell'altra. Quelli che stavano
al quarto grado de'peni tenti , e
chiamavansi consistenti, benché pri-
vati dell'Eucaristia, potevano far le
ablazioni che servivano al mante-
OBL
nìmenlo degli ecclesiastici, e per
conseguenza star presenti al sacri-
fizio e comunicare nelle orazioni,
ma non potevano far quelle pel
sacrifizio. Non potevano in verun
modo essere ammessi ad offrire,
quelli ch'erano nel primo, secondo
e terzo grado de' penitenti, cioè i
lacrimanti che si trattenevano sot-
to l'atrio e non entravano in chie-
sa ; gli ascoltanti che assistevano
solamente alla lettura e ai discor-
si ; ed i prostesi o prostrati, sopra
i quali si facevano le preghiere
dopo le lezioni; i quali tutti era-
no congedati dal diacono prima di
cominciarsi la messa de' fedeli, che
principiava solo all'offertoiio. Que-
sta disciplina di tener lontani dai
divini misteri i penitenti, si prati-
cava benché fossero slati moribon-
di, nel qual tempo alcune chiese
nel ricevere le loro oblazioni ed
ammetterli con ciò alla comunione,
erano piìi miti, ed altre più severe.
La detta messa de'fedeli comin-
ciava dalla presentazione delle obla-
zioni, dopo il canto del simbolo, e
facevasi col nome di ciascun offe-
rente r oblazione del pane sopra
candide tovaglie dette fanoni^ di
lino e anche di seta, e piìi tardi
in vasi concavi d'argento o d'oro,
detti pure scodelle e catini. All'o-
blazione del pane seguiva quella
del vino, il quale dal popolo sì
presentava nelle ampolle chiamate
amule, vasi che per lo più erano
d'argento, specialmente nella chiesa
romana; eranvi pure le ame^ am-
polle di struttura più piccole, per
mettervi il vino offerto che si ri-
fondeva poi nel calice, e nelle sta-
zioni, pel maggior concorso del po-
polo essendo più abbondante l'of-
ferta del vino, si portavano molle
aniey che in alcune chiese erano
OBL
pure d'oro. V, Ampolle, ove si dis-
se del colatoio o cucchiaio foralo,
con cui si passava il vino, benché
purissimo, prima di apprcslarlo al-
l'aliare. Se queste oblazioni del pa-
ne e del vino presenlavansi da prin-
cipi, questi talvolta le offrivano egli-
no slessi all'altare. Allorché le fe-
cero gl'imperatori, il Papa riceve-
va l'oblazione del pane, e l'arci-
diacono quella del vino, che Io ri-
fondeva nel calice maggiore tenuto
dal suddiacono regionario. Come il
popolo presentava le oblazioni so-
pra candidi lini, cosi i principi in
vasi preziosi. Le oblazioni poi de-
gli altri fedeli, secondo la prima
disciplina, erano da essi medesimi
portate ed offerte al vescovo, o in
sua assenza al sacerdote celebrante,
e ne'primi tempi era anco permes-
so alle donne, ma presto si andò
a riceverle al loro luogo: in alcu-
ni luoghi le donne offrivano pei
loro mariti e per tutta la famiglia.
Quando in appresso il popolo non
più fu ammesso all'altare per of-
frire, essendosi stimato non conve-
nire avvicinarsi al Laico (Vedi),
s'introdusse nelle chiese una prati-
ca diversa, ricevendole i diaconi e
suddiaconi chiamati Oblazìonari (Ve-
di); per l'imperatore il concilio in
Trullo accordò il privilegio di far
l'oblazione all'altare. Mentre si pre-
sentavano e ricevevano le oblazio-
ni, dal clero congregato nel coro si
cantava 1' antifona detta offertorio,
composta di alcuni versetti tratti
dalla sacra Scrittura; varie poi fu-
rono le liturgie delle chiese nel
presentare e ricevere le oblazioni.
Come le riceveva il Papa dai prin-
cipi, dalle matrone e dal popolo,
dai preti ebdomadari, dai diaconi
e dai primiceri, lo descrive il Ma-
cii verbo Oblatio, nella Not, de'vo-
OBL txi5
cab. Appartenendo alla disciplina
dell' arcano le formole con cui i
primi cristiani presentavano le obla-
zioni all'altare, veramente s'ignora-
no, e forse senza espressioni della
lingua, ma colla sola divozione del
cuore si offrivano, almeno ne' primi
quattro secoli della Chiesa. Dopo
tale epoca si conoscono registrate ne-
gli antichi messali, tanto quella pro-
nunziata dall'offerente o dal popo-
lo, che dal ricevente. Fatte le obla-
zioni del pane e del vino, si face-
va poscia quella dell'acqua da in-
fondersi col vino nel calice median-
te il Cucchiaro (Vedi), che serv\
ancora per raccogliere i frammenti
delle oblazioni. Questa si faceva dai
chierici cantori, che la offrivano al
suddiacono, essendo stati dal canto
dell'offertorio impediti ad offrire co-
gli altri, con l'acqua presa dalla vi-
cina Fontana (Vedi). Si vuole che
V Oi ale fratres (Vedi) abbia avuto
origine dal richiamare il popolo dopo
le oblazioni al raccoglimento e al-
l' orazione. Presentate le oblazioni
dai fedeli, e poste sopra T altare,
per custodirle con rispetto, special-
mente dopo la consagrazione, co-
perte con un velo, il quale era o
di seta o d'oro distinto di gemme,
nella comunione erano distribui-
te a chi le avea offerte, converti-
te nel divin corpo e sangue, rice-
vendo ciascuno ne'primi tempi quel-
le medesime oblazioni in parte o
intere, secondo la loro quantità, che
egli avea presentate, onde furono
rimproverati quelli che si presenta-
rono a ricevere la comunione, sen-
za aver fatta prima la necessaria
oblazione. A' loro luoghi dicemmo
fino a quando i fedeli coWEiicari-
stia (Vedi) riceverono anco il di-
vino sangue.
Dal promiscuo uso della chiesa
!2i6 OBL
latina, di presentare all' altare non
meno il Pane (Vedi) azimo che il
fermentato, ne nacquero poscia due
gran disordini, l'uno da parte dei
fedeli di non sempre offrire il pa*
ne con diligenza manipolato, o avan*
zato ai domestici; l'altro da quella
de' celebranti, che senza verun ri-
guardo e con irreligiosa disatten-
zione era da loro anche consecra-
to, benché non fosse intero, ne aves-
se quella mondezza che ricerca la
sublimità del sacrifizio, contro il
prescritto dai concilii che tanti ca-
noni statuirono sulle oblazioni. Ad
eliminare tanta inconvenienza «'in*
trodusse in qualche chiesa in vece
del pane ad offrire la farina, che
manipolata in pane dai sacerdoti,
questi poscia pel popolo all'altare
offrivano, e ciò molto innanzi il se-
colo XII. In alcuni luoghi dell'o-
riente, dice il Berlendi, che i par-
rocchiani offrono la farina per for-
mare le ostie da consagrarsi, per
mano delle sacre vergini e di di-
vote matrone, e con gran venera-
zione dai monaci. Le provvide or-
dinazioni della Chiesa sul pane of-
ferto, furono provocate anco dall'em-
pietà degli eretici, che sacrilegamen-
te vi mescolavano estranee materie,
onde convalidare i loro errori. Quan-
to alle oblazioni pel mantenimento
degli ecclesiastici, alcune erano il
residuo di quelle che si erano con-
sagrate all'altare, giacche non tutto
il pane e il vino ofièrto da' fedeli
era necessario al sacrifizio, per la
loro copiosa quantità. Le oblazioni
che restavano dalle separate dal
diacono, per consacrarsi dal sacer-
dote, e dal benedirsi per V Eidogie
(V.edi)f si raccoglievano e dispen-
savano tra il clero : ebdomadali era-
no chiamale le offerte dal popolo
per ciascuna settimana, ed il gior-
OBL
no più prnticato per presentarle era
la domenica, secondo l'uso della
Chiesa primitiva, facendosi ancora
nelle feste de' martiri. Le antiche
oblazioni pel clero consistevano in
pane, vino, cera, denaro ed altra
cose manuali concernenti il vitto e
il vestito degli ecclesiastici, le quali
erano offerte all'altare. Similmente
quando le dette oblazioni comincia-
rono a farsi dai fedeli con possessio-
ni e utili diritti in favore della Chie-
sa, si presentavano pure con carte di
donazioni sugli altari, specialmente
se i benefìittori erano lontani: a Li-
mi» a Apostolorum dicemmo di quel-
le fatte sulla tomba di s. Pietro,
alla quale talora si portarono prò-
cessionalmente dal clero le olila-
zioni fatte da principi e personaggi
ragguardevoli. Gli scrittori ne ri-
portano le formole, che noi produ-
cemmo altrove, solendosi involgere
colla tovaglia dell'altare, per dar
loro tutta la validità e per mostrar
neir offerente ogni diritto perduto
per potere piti ripeterle. Queste let-
tere o carte di oblazioni si accom-
pagnavano con guanti riccamente
guerniti, perché rappresentassero al-
l'altare le mani degli assenti che le
offrivano. Benché non considerate
per vere oblazioni, se ne accettaro-
no da persone che non conveniva-
no nella cattolica credenza, rice-
vendosi quai semplici presenti det-
ti munera, poiché le oblazioni la
Chiesa talvolta le restituì a chi era
divenuto eretico. Le legittime obla-
zioni s' incorporavano nella massa
comune, costume praticato da Cri-
sto e dagli apostoli, ch'era il fon-
do destinato al mantenimento dei
sacri ministri. Gol crescer poi dei
fedeli, aumentate le oblazioni, n'eb-
be la custodia il Saccellario (Vedi),
chiamandosi gazoUlacio la cassa che
OBL
le conteneva, al qual articolo e a
Diacono parlammo della corbona,
altra arca in cui meltevausi le obla-
zioni, le quali perciò furono chia-
male corban, dono, nome con cui
gli ebrei appeJlavano le oblazioni.
JVei primi tempi i diaconi furono
costituiti ricevitori, custodi e ri par-
lilori delle oblazioni, economato che
poi fu promiscuo ai preti, segnata-
mente in oriente, e presieduto da-
gli arcidiaconi. Le oblazioni che si
facevano all'altare, e pel manteni-
mento degli ecclesiastici, verso il V
secolo s'incominciarono a tralascia-
re, e secondo alcuni per le posses-
sioni e beni cui erano state ar-
ricchite le chiese dalla pietà del po-
polo e dalla munificenza de* prin-
cipi. A Elemosina e in altri arti-
coli si disse come si dividevano le
oblazioni, cioè al vescovo, al clero,
alla chiesa per la fabbrica e manteni*
mento, pei pellegrini e pei poveri.
Quanto alla durata di tale disci-
plina, feci cenno a Palazzo.
In progresso di tempo le obla-
zioni comuni de'fedeli all'aliare per
materia del sacrifizio e manteni-
mento del clero, che a prò degli
offerenti applicava le messe, si cam-
biarono in particolari, che dipoi
cominciaronsi dare a* sacerdoti per
r applicazione particolare de* loro
saci ifici , alle quali fu indi dato il
nome di onorario e di stipendio, e
più tardi quelli di limosine e mer-
cedi, ora considerati questi stipen-
di spontanei, ora obbligati. Per qual-
che secolo i fedeli aveano presen-
tale le oblazioni senza previa ob-
bligatoria condizione, ciascuno con-
tento d'essere unito cogli altri nel-
la raccomandazione comune, senza
ricercare dal sacerdote per se solo
l'applicazione particolare del sacri-
fizio, mentre colle oblazioni e assi-
OBL 317.
stenza, senza speciale applicazione
ne partecipavano, facendosi prima
solo memoria de'defunti . P^. Dit-
tici e Memento. Si può leggere il
Martinetti, Eionomia t. I, p. lya,
delle oblazioni e sagrifizi espiato-
rii. Le donazioni posteriori quasi fi-
no al secolo XI 1 non ebbero ob-
bligazioni di messe, solo generali
formole per essere raccomandati nei
sagrifizi e orazioni degli ecclesiasti-
ci, e secondo la pia costumanza di
que' tempi, prò retìwdh animae meae^
cioè in remissione de'peccati, ovve-
ro prò redemptione animae meae.
Con queste e simili formole si ac-
compagnarono dagli offerenti le do-
nazioni ne' bassi tempi. Divenute,
neglette le antiche oblazioni, i Pa-
pi ed i concilii co' loro decreti sti-
molarono i fedeli a presentarle, per
espiare i loro peccati e meritare le
ricompense riportate da Abele e
dagli altri giusti per le loro offer-
te fatte a Dio ; ma con poco o
niun successo, il che diede cagione
che chi bramava di essere parteci-
pe del sacrifizio, giacché non era-
no raccomandati che i soli offeren-
ti, dasse denaro o altra oblazione
particolare, onde ne fosse fatta al-
l'altare l'applicazione distinta per
lui. In tal maniera la trascuranza
di presentare le oblazioni comuni
die impulso a questa nuova disci-
plina delle oblazioni particolari, per
la particolare applicazione del sa-
crifizio, la quale dipoi con essersi
introdotta l'ordinazione di piìi pre-
ti ad uno stesso titolo, e la consa-
crazione di più altari in una stes-
sa chiesa nel V e YI secolo, die-
de a'fedeli tutta la facihtà, col po-
ter avere molte messe, per viep-
più costumarla, quali offerenti di-
stinti e specialmente raccomandati.
Altro motivo può. essere stato la
ai8 OBL
iiioncanza cVi divozione, nel ricerca-
le come più brevi le messe priva-
le, come accadde veiso il fine del
secolo IV e nel principio del V
nelle chiese greca e Ialina, ed a
ijuesle si olTrirono le oblazioni, ac-
ciò fossero celebrate a norma di
particolari intenzioni, essendo vene
esempi del VII secolo. Al maggior
comodo de* fedeli successe il mag-
gior vantaggio de'sacerdoti per con-
tinuare tal pratica, per i'emolumen*
to particolare de' celebranti, essen-
dosi oQerto denaro in vece del pa-
ne, del vino e della farina, tras-
curate le miserie de'poveri che ne
erano partecipi ; costume che si di-
slese e dilatò per tutta la Chiesa,
Alcuni con Tomassini e Mabil-
lon non riconoscono la pratica del-
lo stipendio per la messa più anti-
ca dell' VI 11 secolo, cioè del suo sta-
bilimento, poiché non mancano an-
teriori esempi riportati dal Berlen-
di. Queste limosine o oblazioni par-
ticolari, potendo essere fomento al-
l'altrui avidità^ convertendo ezian-
dio in abuso la pratica d'un rito
che nella Chiesa talvolta la necessi-
tà legittimava nelle messe secche,
con che ingordi sacerdoti a loro ar^
Litrio moltiplicavano la celebrazio-
ne di messe per soddisfare i moU
tiplici obblighi contratti per amor
di guadagno, restando così deluse
le volontà de'defunti dai quali l'avea-
no procurate con importunità nel-
l'agonia; questi ed altri abusi ri-
gorosamente provocarono le prov-
videnze de' Papi e de'concilii. Ma
delle limosine o stipendio della mes-
sa ne trattammo ancora nel voi.
XLIV, p. 279 e 280 del Diziona-
rio. Le oblazioni pecuniarie dal se-
colo IX in poi ricevettero il mag-
gior accrescimento, onde la Chiesa
ne regolò la disciplina, al modo
ODL
dotto ai loro luoghi. Le oblazioni
in denaro si fecero airolTerlorio, men-
tre i ministri offrivano al sacerdo-
te le ostie; talvolta fuori de 11 'offer-
torio e nell'alto medesimo di comu-
nicarsi, ciò eh' ebbe sembianza di
sacrilega venalità, onde fu riprovato
dai concilii, quasi che quel denaro
offerto fosse il prezzo dell'ostia sa-
cra. Queste oblazioni si presentaro-
no ora avanti, ora dopo la messa,
come noi ancora costumiamo. Vi
furono ancora ne'prirai tempi della
Chiesa oblazioni superstiziose, che al-
cune donne facevano a Maria Ver-
gine, con culto che partecipava del-
l'idolatria, per cui presto restarono
condannate. Ne'primi secoli si offri-
vano varie cose, delle quali alcune
erano destinate all'uso del sacrifizio,
ed altre a quello de* ministri della
Chiesa, le quali si ponevano tutte
sull'altare. Ma i canoni apostolici
proibiscono di offrire le altre cose
che non possono servir di materia
al sacrifizio, tranne le spighe no-
velle, i novelli grappoli che si be-
nedicevano, l'olio per le lampade,
l'incenso. Si fecero altresì offerte di
latte e di miele, che fino dai tem-
pi apostolici era distribuito ai no-
velli battezzati, perchè dalla dolcez-
za di quello venissero a conoscere
la soavità della religione, cui avea-
no la sorte di essere ascritti : nel
sabbato santo nella basilica Latera-
nense si offriva latte e miele. In
alcune circostanze si offrirono al sa-
cro altare le nuove frutta, e Papa
s. Eutichiano del 275 ordinò la
benedizione de' rami d'alberi e dei
frutti. Assurde poi sono le accuse
de' greci, e specialmente di Fozio,
contro la chiesa romana, quasi che
con rito giudaico, col pane e col
vino nella Pasqua avesse sull'altare
coqsagrato anche l'agnello pasqua»
OBL
le. Diede un'aperta mentila a tali
bugiarde invenzioni il Papa s. Ni-
colò I; poiché la chiesa romana
benediceva in tal giorno l'agnello
non airolFertorio, ma dopo la messa,
o almeno dopo la comunione, e non
si poneva sull'altare, solo presen-
tandosi al sacerdote, che dall'altare
lo benediceva, e ciò per riassume-
re con la benedizione della Chiesa
il mangiar d^^lle carni sospeso in
quaresima; e perciò nell'Ordine ro-
mano, dopo la benedizione dell'agnel-
lo pasquale, viene descritta quella
delle altre carni : benedictìo alia-
rum carnìiim. Questa costumanza
col correre degli anni si mutò, e
non più in chiesa, né alla messa,
ma fuori di chiesa e della messa,
in una sala della basilica Leoniana
al Laterano, si benediceva nel gior-
no di Pasqua un agnello arrostito,
e dal Pontefice una piccola parte,
panini de agno, mette vasene in boc-
ca de' cinque cardinali^ de' cinque
diaconi e del primicero, ed altri
assistenti ivi seduti per rappresen-
tare la cena del Signore, come si
ha dall'Ordine romano di Benedet-
to canonico di s. PieU'o, scritto ver-
so il 1 143, e in quello del cardi-
nal Cencio del 1 1 92 circa. Questa
cerimonia restò poi abolita, non tro-
vandosene menzione nei posteriori
Ordini romani. Nella Chiesa di s.
yégnese fuori le mura (Vedi), per
la sua festa si fa l'oblazione di due
agnelli, della cui lana si formano i
palili, benedicendosi nella messa so-
lenne al canto dell' Agnus Dei j
questa oblazione e benedizione ben-
ché fatta all'altare, non può cade-
re sotto alcuna censura, perché non
tiene riguardo alcuno al sacrifizio,
essendo solamente una semplice, di-
vota e religiosa cerimonia j come
rilevasi dall' orazione eoa cui delti
OBL 219
agnelli sì benedicono, che si legge
nel Berlendi.
Il p. Chardon, Storia de* sagra-
mentiy l. I, lib. 3 , cap. 2 e 3, par-
lando delle antiche oblazioni, ripor-
ta qualche vestigio di esse in alcu-
ne chiese e in tempi determinati.
Di quelle che hanno luogo nella
metropolitana di Milano, lo dicem-
mo a Oblazionario. Di quelle che
fa il Papa nella funzione del suo
possesso, e il venerdì santo con al-
tri all'adorazione della croce, si pos-
sono vedere i voi. Vili, p. 173,
i85, 3o8 e seg., e XVIH, p. 239,
240 e 2^2 del Dizionario. Delle
diverse oblazioni sussistenti nel bat-
tesimo, neir ordinazione de'sacerdo-
ti, nella consacrazione de' vescovi,
nelle canonizzazioni, se ne tratta ai
loro articoli, e se ne fa menzione
nel voi. VII, p. 3o5 e 3o6, parlan-
dosi delle ultime, in un all'origine
delle oblazioni e loro diverse spe-
cie. Oltre quanto dicemmo a Ca«
NONizzAzioNE, sullc divcrsc oblazioni
e loro mistici significati, si possono
consultare il Chiapponi, Jcta can.
sanct. p. 2 33 e seg. e 2 56 e seg.,
riportando pure erudizioni sulle al-
tre oblazioni; dell'opera del Chiap-
poni parlò il Cancellieri nelle No-
tizie della chiesa de bolognesi, p.
69 e seg., facendo menzione degli
autori che scrissero sulle oblazioni
delle canonizzazioni. Costanzi, VOs-
serbatore di Roma, suppl, al t. II,
g 8, delle offerte che riceve il Pa-
pa terminala la canonizzazione. Del-
le oblazioni fatte dagl* imperatori
nelle loro coronazioni, se ne parla
in diversi luoghi, come ne' voi. XVII,
p. 220, 222, 224, ^36; XIX, p.
3o5; XXXIV, p. 146; e XXXVI 11,
p. 18 del Dizionario. Delle obla-
zioni che fa il senato romano con
calici e patene d'argento e torcie
I
aao OBL
iìi cera alle Chiese di Roma ( f^e-
di), parlando di quello che le go-
dono non mancai rimarcarlo, e ciò
in conformità del breve di Bene-
detto XIII, dei chirografi di Cle-
mente XI 11 e Clemente XIV, e
de* rescritti di Pio VII, Leone XII
e Gregorio XVI. Il senato romano
allorché si porta a fare dette obla-
zioni od assistere a messe votive,
viene ricevuto dagli ecclesiastici
delle rispettive chiese, e da uno in
cotta riceve l'acqua benedetta col-
l'aspersorio, mentre suonano le cam-
pane e l'organo. Se assiste alla mes-
ta, siede in un banco con gradini
paralo a cortili evangcliìyed ascende
la predella dell'altare per consegnare
ul celebrante il calice e le lorcie prima
dell'olfertorio. Nelle messe solenni
riceve l'incensazione d^I diacono e
la pace dal suddiacono. Il senato
fa suonare le proprie trombe nel-
Tatto che smonta dalla carrozza e
vi rimonta, non che in quello del-
l'offerta. Come questa ricevasi nel-
la basilica Vaticana, lo dissi nel
voi. XLII, pag. i5o. Finalmente,
abbiamo dal diritto canonico, che
l'oblazione specialmente considerata
è tutto quello che dai fedeli spon-
taneamente si dà de' propri beni,
lecitamente e giustamente acquista-
li, pel divin culto, ad onore di Dio,
della Beata Vergine, de'suoi santi,
della Chiesa, ed in sollievo de' fra-
telli defunti nella pace del Signo-
re. Queste oblazioni in più aspetti
si considerano ; quando spontanea*
mente si dona a Dio e alla Chiesa
tra vivi; allo stesso Dio e alla Chiesa
per causa di morte, che al presente
sarebbero i pii legati che si lascia-
no per r anima propria o dei
morti; e quelle quotidiane oblazio*
ni che dai fedeli si fanno al pro-
pria paiToco per la cura delle aiil-
OCA
me, e die si offrono all'aliare in
occasione di celebrare la messa, be-
nedizione, predica e altre funzioni
ecclesiastiche, e tali oblazioni sono
volontaria e regolate dalla pietà
e divozione de' fedeli.
OB RINO, or^/me equestre^. A con-
siglio d'un vescovo e de' principali
di sua corte, lo fondò Corrado du-
ca di Masovìa e di Cuiavia, o se-
condo altri duca di Polonia, per
difendere i suoi stati dalle scorre-
rie de' prussiani idolatri, che com-
mettevano orribili crudeltà. Gli die
il nome di Gesù Cristo ^ e ai cava-
lieri per divisa mantello bianco,
con croce rossa ed una stella a so-
miglianza de* cavalieri di Livonia
[Vedi\ de* quali assegnò la regola.
11 vescovo vesti con tale abito il
gran maestro Bruno e tredici ca-
valieri; ed il duca per la loro re-
sidenza edificò la fortezza d'Obrino
nella terra di Cedeliz in Cuiavia,
onde i cavalieri ne presero il no-
me, avendogli il duca consegnato
il forte e la terra. Avendo saputo
i prussiani che i cavalieri volevano
conquistar le loro terre, cinsero d'as-
sedio Obrino; e il duca vedendo
che non poteva trarre profitto da
questi cavalieri, chiamò quelli teu-
tonici per esser difeso dai prussia-
ni, concedendo perciò al loro gran
maestro Herman de Salza le pro-
vince di Culma e Lubonia, e quan-
to conquistassero sui nemici, con
approvazione di Papa Gregorio IX
del 1227. I cavalieri d'Obrino es-
sendo passati tra i teutonici, il lo-
ro ordine terminò.
OCA o OCCA. Sede vescovile
dell'Ellesponto nell'esarcato d'Asia,
sotto la metropoli di Cizico, eretta
nel V secolo. Ne furono vescovi
Alessandro che intervenne al con-
cilio di Calcedoaia, Simeone che fu
occ
ai VII generale, e Slrategio die
si trovò a quello di Fozio. Orìens
ckr. t. l, p. i6g,
OCBAHA o bCBAS. Sede ve-
scovile di Babilonia, nella diocesi
de'caldei, sul Tigri presso Mossuh
ebbe cinque vescovi, ed Elia-Ebn-
Cherit del 1224 fu l'ultimo. Orìens
christ. t. II, p. 1175.
OCCHIALE, Conspìcillum. Stru-
mento di cristallo o di vetro che
si tiene davanti agli occhi per aiu-
tare la vista. L'arte di fare occhiali
è una delle migliori e più utili, una
delle più necessarie, e vantaggiose
del mondo, di cui a ragione vanta
ritalia la sua invenzione, poiché
tale strumento meravigliosamente va-
le a rinforzare e confortare la po-
tenza visiva dell'uomo, onde non è
facile a calcolarne le infinite felici
conseguenze che ha prodotto que-
sto ritrovamento, ed il merito som-
mo di chi ne fu il fortunato in-
ventore sarà in eterna benedizione.
E noto che i miopi sono coloro i
quali hanno la cornea (una delle
tuniche componenti l'occhio) con-
versa o al contrario, sia per con-
formazione viziosa dell'occhio, sia
per abitudine contratta; e in tal
maniera i raggi della iucej conver-
gono prima di toccare la relina ,
eh' è quel pannicolo nervoso che
quasi a foggia di rete circonda l'u-
mor vitreo dell'occhio; ed i miopi
perciò vedono distintamente soltanto
gli oggetti vicini e confusamente i
lontani ; mentre all'opposto i pres-
biti, che hanno il difetto contra-
rio, veggono soltanto distintamen-
te gli oggetti lontani e confusa-
mente i vicini. Per queste due im-
perfezioni dell' occhio, o per la
vista affaticata, si dovettero tro-
vare occhiali con lenti concave, on-
de vedere gli oggetti lontani , e
OCC 221
occhili di lenti con resse per di-
stintamente vedere le coso vicine, ed
ognuno lo sa, e non sarebbe ne-
cessario il dirlo, che la concavità è
contrario e opposto di convesso. Es-
sendo le cose in origine sempre vot-
re, i primi occhiali erano assai ben
diversi degli odierni, tanto nella co-
modità che neir eleganza. Coloro
che
cominciarono
a portare gli oc-
pori... .. ^.
chiali non li ponevano sul naso, ma
li assicuravano dinanzi agli occhi col
mezzo di un berrettino, al quale
era attaccata una pelle od un na-
stro scendente dalla fronte, e lungo
sarebbe il rammentarne le altre di-
verse forme. Secondo alcuni, fu
verso il i45to, che profittandosi del
comodo della natura, s'incominciò a
metterli sopra il naso. Col succe-
dere degli anni si andarono perfe-
zionando gli occhiali, e non aman-
dosi più averli inforcati sul naso ^
incominciossi a trovare mezzo di te*
tierli sospesi in modo più sicuro, e
così ne vennero tutti quegli ordi-
gni che usiamo comunemente, gii
occhialini con una odue lenti. Quin-
di anche il lusso e la moda saltò
nella forma degli occhiali; comin-
ciarono ad essere legali in oro, in
argento, in altri metalli, in avorio^
in osso e in altre materie. Così gli
occhiali divennero una galanteria, e
i portatori degli occhiali crebbero
ogni giorno, desiderando o volendo
comparire d'essere miope e di eat-
tiva vista. Quindi occhiali con lenti
azzurre, verdi, semplici, doppi, pel
sole, per la polvere, pel giorno e per
la notte.
Gli antichi ch'ebbero conoscenza
del vetro, che l'usarono e lavora-
rono in varie maniere, e di sfere ri-
piene d'acqua giova vansi ad ingros-
sare e rendere leggibili le lettere
più minute, sembra quasi cosa im-
222 OCC
possil)ile, che non pervenissero ad
inventare gli occhiali, strumenti tan-
to necessari, senza l'aiuto dei quali
dal luglio 184» avrei con pena e
stento letto e scritto, per l'indebo-
lita Vista cagionata dal molto che
sempre, e dalla piìi tenera età, lessi
e scrissi. Cosi la benefica natura e
Dio autore di essa, ci tratta da figli
dandoci da una parte quello che ci
leva dall'altra. Se ne fece da al-
cuni ritrovatore degli occhiali l'in-
glese Ruggero Bacone frate minore
di acutissimo ingegno; ma Montu-
cla, Hist. des mathem. t. I, p. 42, e
Smith, Traile (Vopt. traci, par le
P. Pezenaa, t. I, p. 57, gli negano
simile vanto; anzi dal secondo si
adduce un luogo di Bacone mede-
simo, in cui volendo insegnare come
si possono ingrandire le lettere per
leggere più facilmente, propone un
segmento (parte di un cerchio com-
posto tra qualsivoglia arco e la sua
corda) di sfera, di vetro o di cri-
stallo posto sulle lettere stesse, eh 'è
ad un dipresso quanto in ciò dagli
antichi si praticava. Per lo che di-
rettamente confessa il Montucla, che
la prima menzione degli occhiali tro-
vasi soltanto in Italia verso la fine
del secolo XIII. Primo a discoprir-
ne r antichità fu il Redi , che ne
parlò non brevemente in due let-
tere scritte la prima a Carlo Dati,
e la seconda a Paolo Falconieri. In
una cronaca di fr. Domenico Pec-
cioli e di fr. Bartolomeo di s. Con-
cordio, del convento domenicano di
s. Caterina in Pisa, scritta successi-
vamente da vari autori contempo-
ranei, egli lesse l'elogio di fr. Ales-
sandro Spina di quell'ordine, morto
nel i3i3 secondo lo stile pisano,
che corrisponde al i3i2 di stile
romano, nel quale elogio a dimo-
strare di quanto ingegno fosse for-
OCC
nito lo Spina, si dice, che avendo
udito essere stati da un tale inven-
tati gli occhiali, e non potendo da
lui ottenere che gliene scoprisse l'ar-
lifìcio, da se medesimo il trovò e
fece pubblico. Dal che non ricavasi,
come fece falsamente alcuno , che
lo Spina inventasse gli occhiali, ma
piuttosto che senza maestro e mo-
dello ne lavorò, dopo ch'ebbe udito
avere altri trovato il modo di farli.
Che poi questo intervenisse sulla fi-
ne del XIII secolo e sull'entrare del
XIV, viene eziandio provato dal
Redi che reca l'autorità d'un Trat-
talo del governo della famiglia , scrit-
to nel 1299 da Sandro di Pipozzo
di Sandro fiorentino, nel proemio
del quale si dice. « Mi trovo cosi
gravoso di anni che non avrei va-
lenza di leggere e scrivere senza
vetri appellati okiali trovati novel-
lamente per commoditate delli po-
veri vecchi quando afFieboIano del
vedere'*. Meglio ancora il tempo di
questa invenzione viene determina-
to nella predica del b. Giordano da
Rivalta domenicano, da lui detta in
Firenze a* 23 febbraio i3o5, dinan-
zi alla chiesa di s. Maria Novella,
poiché si hanno in quella le se-
guenti parole. « Non è ancora ven-
t'anni che si trovò l'arte di far gli
occhiali, che fanno veder bene, eh 'è
una delle migliori arti e delle più
necessarie che il mondo abbia ".
Di più, in un coelica di questa pre-
dica citato dal Manni , si aggiunge
la seguente notizia. » E disse il let-
tore, io vidi colui che prima la tro-
vò e la fece, e favellaigli ". Donde
ricavasi che l'invenzione degli oc-
chiali avvenne quindici anni prima
del compiersi il secolo XIII.
Il fortunato trovatore degli oc-
chiali fu il fiorentino Salvino figlio
d'Armato degli Armati, morto nei
occ
iSiy. DI questo insigne suo TYierifo
dobbiamo la prima conlezza a Leo-
poldo del Migliore, antiquario fio-
rentino, che in un antico sepolcro
attesta di aver letta di ciò iscrizio-
ne, che prima era nella chiesa di
s. Maria Maggiore di Firenze , e
riportala ancora dal p. Richa, Not.
delle chiese fiorentine t. Ili, p. 284,
e dal Cancellieri nella Lelt. al cìott.
Korejf p. 292, il quale parla di al-
cune erudizioni bibliografiche sugli
occhiali. Laonde il Tiraboschi, Storia
della lelt. ital. voi. VII, lib. 2, p.
293 e seg. conchiude saviamente.
« Testimonio migliore di questa
iscrizione sembra che non possa re-
carsi a render certissimo che Salvi-
no degli Armati fu l'inventore degli
occhiali. L'iscrizione non può esse-
re più conforme alle parole del b.
Giordano. Un uomo morto nel i 3 17
poteva facilmente avere trovato gli
occhiali verso l'anno I285. Poteva
perciò il b. Giordano dir giusta-
mente che questa invenzione era mo-
derna di soli venl'anni in circa; chi
raccolse dalla bocca dello stesso
beato la predica, e la distese in
iscritto, potea facilmente aver co-
nosciuto l'inventore, e con lui ave-
re favellato ". Il Muratori nel fine
della disserL^^VW riferisce che non
mancarono eruditi a' quali sembrò
trovare presso gli antichi romani uno
strumento tale da aiutare la vista,
ma dubbi sono i fondamenti di tali
opinioni. L'iscrizione del Grutero
d'un faber ocidariarius o ocula-
riiis, non fabbrica tor d'occhiali si-
gnifica, ma formatore d'occhi d'ap-
pendere ne' templi per la ricupe-
rata sanità degli occhi, o pure da
mettere nelle statue degli dei. Gli
egiziani collocavano ne' templi occhi
d'oro e d'argento per significare,
Ìeum omnia videre. Riporta il Mu-
OCC 11^
ralorì altri analoghi sentimenti, che
non provano l' uso degli occhiali
presso gli antichi, e conviene col
Manni che a Salvino si deve l'in-
venzione degli occhiali. Quanto allo
Spina egli altro non fece che per-
fezionare il ritrovato di Salvino.
Dello Spina ne abbiamo l'elogio nel
t. Ili delle Prose del p. Canovai ,
Firenze 1817, il quale ha prodotto
su questa scoperta nuove e interes-
santi notizie. L'elogio del Salvini si
legge nei trattatisti degli occhiali.
11 Petrarca, che visse nel XIV se-
colo, nel libro li De remediis iitriuS'
que forlunae, dialog. 93, parlò del-
l'invenzione come cosa moderna, ed e-
gli stesso ne fece uso, dicendo la crona-
ca, che fu il primo a portarli a Milano.
Il Sarnelli , Lettere eccles. tom.
IV, lett. 69 : Dell'uso degli occhiali
nella celebrazione della messa , e
dell'invenzione de' medesimi , oltre
diverse notizie sull'argomento, ri-
sponde alla domanda sull' uso degli
occhiali nella celebrazione del sacri-
fizio. i.° Che chi ha la necessità di
adoperarli , non li metta sopra il
calice che si porta all'altare. 2.° Che
dovendo dire il saluto Dominus vo-
bisciinij deponga prima gli occhiali,
e così faccia ogni volta che si ri-
volge al popolo. 3." Che gli occhiali
si depongano sull'altare, ma non sul
corporale. 4-" Chi può non gli ado-
peri dalla consagrazione fino alla
comunione, e se non può farne di
meno, quando li prende li tenga
ha l'indice e il dito di mezzo. Vedi
il Gavanto, par. 2, tit. 5, de oratio-
ne ch'egli chiama Perspicilln ; ed i
Commentari dello stesso Sarnelli ,
intorno al rito della messa par. 2,
§ I e 25, n.** ultimo. Quanto all'im-
proprietà de' pittori che li attribui-
scono ai santi che fiorirono prima
dell'invenzione degli occhiali, il Ghir-
224 OGC
landaio fu il primo a dipiiig^ere im*
propriauienle il dottore g. Girola-
mo cogli occhiali. Gaspare Van-Vitel
valente pittore, per aver la vista as-
sai delicata, fece uso degli occhiali,
onde per soprannome fu detto: Ga-
spare degli occhiaii. Per aver pèr-
duto un occhio, continuò a dipin-
gere, però di sua invenzione e in
grande. Abbiamo, Domenico Maria
JManni ; Trattalo degli occhiali da
naso. Ragionamento degli occhi ali
da naso inventati da Salvino Ar-
mati, Firenze 1788. Francesco Re-
di : Lettere intorno aU invenzione
degli ocdiiàli^ nel t. II delle sue
Opere j Venezia 1742- Carlo Dati:
Veglia in cui ragionasi sopra l'in-
venzione degli occhiali da naso, nel
t. I delle Notizie degli aggradimenti
delle scienze fisiche. Gianfrancesco
Rambelli: Lettere intorno invenzio-
ni e scoperte italiane. Lett. 27. In-
venzione degli occhiali. Lett. 35. Il
telescopio. Lett. 36. Microscopio.
Lett. 86. Ottica.
OCCIDENTE, Occidens, Occa-
sns. Punto in cui il sole tramonta.
La terra propriamente detta, ossia
la porzione solida ed asciutta, com-
presi però in essa gli spazi occupati
dai laghi e dai fiumi, non eccede
la quarta parte dell'intera super-
ficie del globo. I due continenti o
gran tratti di terraferma sono il
vecchio ed il nuovo, ed hanno pu-
fé il nome di Orientale ed Occi-
dentale^ desunto dalla posizione. Il
continente orientale, ch'è il più va-
sto, compi endesi nell'emisfero an-
tico e suddividesi in tre parti, cioè
Asia, Europa, Africa. 11 continen-
te occidentale è posto nell* emisfero
che dicesi nuovo, perchè fu ignoto
agli abitatori dell'altro fino al 149^»
ed è distinto in due parli, cioè A-
merica settentiionalc o Colombia,
OCG
é A inerica meridionale. La moltitu-
dine d'isole situale nel lato piti
ampio dell'Oceano, una delle quali
aspira ad ottenere il nome di ter-
zo continente, costituisce una nuovis-
sima e men nota parte del globo,
che prima fu chiamata Polinesia,
Australasia, Notasia, ed ora più u-
niversalmente si ravvisa sotto il no-
me di Oceania. A Indie occide:»-
TAii e Indie orientali facemmo la
distinzione che passa tra loro, le
regioni che contengono, in un alle
sedi vescovili ; e néll' altro articolo
Indie occidentali del titolo pura-
mente onorifico di patriarca di
tale denominazione. Le Indie occi-
dentali è il vasto arcipelago del-
l'America settentrionale , e l' Indie
orientali è il vasto paese dell'A-
merica meridionale. A Impero, oltre
la sua origine, sono riportate le
distinzioni suU' impero greco d' o-
riente e romano d' occidente, dopo
la loro divisione dall' antico roma-
no impero nel IV secolo ; le pro-
vi nei e che costituirono gì' imperi
occidentale ed orientale; l'estinzione
di quello d' occidente operata dai
barbari nel 476, ed il ristabilimen-
to fattone dal Papa s. Leone III
neirSoo, durato siùo al 1806, in
cui ebbe termine la dignità d'im-
peratore del sacro romano impero.
Inoltre a Impero si dice dei limiti
de' due imperi d' oriente e d' occi-
dente dopo il rinnovamento del se-
condo. La serie degli antichi im-
peratori romani si può leggere a
RoMAj quella degl'imperatori gre-
ci d'oriente a Costantinopoli, ove
sono notizie de'due imperi, le qua-
li pur si riportano a Italia (ove an-
cora si dice delle dignità dell'im-
pero d' occidente e d' Italia), Fran-
cia, Germania ed altri; l'impero
greco orientale si estinse nel i4^3
occ
per 1' occupazione di Costantinopoli
iiilta dai turchi. Ecco quella degli
imperatori romani d'occidente : 3c)5
Onorio, 4^4 Valentiniano 111,455
Petronio Massimo, ^55 Avito, 45?
Majoriano, 4^ i Severo IH, ^65 a
467 interregno; 4^7 Antemio, 4? 2
Olibrio, 4?^ Glicerio, 474 Giulio
Nipote, 47^ Pvomolo Momillo Au-
gustolo, deposto da Odacre re de-
gli eruii nel 476. La serie degli
esarca vicari o prefetti dell' impe-
ratore d' oriente in Italia, si legge
a Esj\bca; quella de' re d' Italia, an-
che imperatori, a Italia ; cosi a
Longobardi quella de're longobardi.
Da Carlo Magno a Francesco II, pri-
mo e ultimo imperatori romani d'oc-
cidente, franco e germanico, la lo-
ro serie con analoghe notizie si ri-
portano a Francia, Germania ed
altri lelativi articoli. De' brevi im-
peri Latino degl' imperatori fran-
chi a Costantinopoli, e di Nicea
degl' imperatori greci^ a quegli ar-
ticoli se ne tratta.
Quanto alla religione cristiana,
le chiese d' occidente furono fon-
date da s. Pietro e dai Pontefi-
ci suoi successori. Antichissimo e
del tempo degli apostoli è il di-
ritto che i Papi godono su tutto
l' occidente di cui sono patriarchi,
ed in principio anche con dirit-
to metropolitico , poiché per qua-
si quattro secoli il solo romano
Pontefice fu eziandio il metropoli-
tano d'occidente, tranne l'Africa,
ove però ninno poteva ordinarsi
vescovo senza sapula della sede a-
poslolica, come niuno senza la sua
intesa potevasi deporre. Dopo l'i-
stituzione de'metropolitani, la santa
^ Sede sempre su di loro esercitò
I autorità, comprensivamente alla de-
posizione, avendo essa stabiliti i ve-
scovati e gli arcivescovati. Sebbene
OCC 225
i sommi Pontefici in principio non
s' ingerivano nelle elezioni e ordi-
nazioni de' vescovi orientali, lascian-
done ai metropolitani la cura, non-
dimeno esigendolo il bene della
Chiesa mandarono in oriente lega-
ti apostolici, con piena potestà di
costituir vescovi , preti e diaconi
nelle città dei patriarcati orientali.
L' occidente comprendeva l' lUirio
(che i Papi conservarono nella lo-
ro giurisdizione quando fu compre-
so neir impero d' oriente, finché
l'empio imperatore Leone l' Isau-
rico tolse le chiese dell' lllirio a s.
Gregorio II per unirle al patriarca
di Costantinopoli), le Gailie, la Bre-
tagna, le Spagne, 1' Africa e l' Ita-
lia. Avverte 1' annalista Rinaldi che
la distinzione delle chiese dell'orien-
te e dell' occidente non si prese
talvolta secondo la descrizione dei
cosmografi, ma conforme alla divi-
sione dell' impero, onde avvenne
che talora le chiese le quali si do-
vevano piuttosto collocare a mezzo-
dì, si trovano annoverate fra le o-
rieutali, come quelle di Libia, di
Cirene, di Penlapoli e di tutto l'E-
gitto, non per altra ragione che
per essere parte dell' impero orien-
tale, il che é manifesto pel modo
comune di parlare delle cose eccle-
siastiche e civili, e per' l'autorità
di s. Agostino, De pastoribus, in fine.
Il Papa vicario di Gesù Cristo non
solo è patriarca d' occidente, ma
metropolitano della provincia ro-
mana, primate d'Italia e padre co-
mune de' fedeli : la serie de' roma-
ni Pontefici é a Cronologia de' ro-
mani Pontefici, non molti essendo
gli orientali. Nell'occidente vi sono
ancora i patriarchi di Venezia e
quello di Lisbona, oltre quelli tito-
lari d' oriente e quello pur titola-
re delle Indie occidentali summen*
i5
1^6
OCE
tovato. A Gerarchia ecclesiastica
feci [>arola di quelle d' oriente ed
occidente ; e a Diocesi riportai quel-
le di tutto il mondo, occidentali
ed orientali; mentre a Chiesa si dis-
se della chiesa orientale o greca,
della quale è a vedersi anche Gre-
cia e Costantinopoli, e della chiesa
occidentale o latina, anco per le
unioni e disunioni delle due chiese.
1 diversi cleri secolari e regolari
di oriente e occidente, come pure
le loro monache e religiose, hanno
articoli in questo mio Dizionario;
dovendosi all'oriente l'origine de-
gli ordini religiosi anche militari,
ospitalieri ed equestri ; ed a Litur-
gia si dice delle liturgie delle chie-
se orientali e delle liturgie delle
chiese occidentali o latine ; de' prin»
cipali santuari se ne parla a* loro
luoghi. Fedi Oriente.
OCEANIA, OCEANICA, Ocea»
niae o Mondo marittimo. La quin-
ta parte del mondo, composta d' i-
sole quasi innumerevoli, dette ocea-
niche, situate nel grande Oceano,
o Oceano Pacifico, o mare del Sud,
pressoché senza limiti, che divide
l'America dall' Asia e che abbrac-
cia un' estensione di 3,ooo leghe ,
fra esso e 1' Oceano Indiano, al sud-
est dell'Asia, ed all'ovest dell'A-
merica. La più considerabile di que-
ste isole è la Nuova Olanda ossia
Australia, che può meritare per la
sua estensione la denominazione
di nuovo continente. Sì considera
queste terre come una quinta par-
te del mondo, compresa fra 91"
di longitudine orientale e loS" di
longitudine occidentale, latitudine
tra 35'' boreale e 36° australe; la
loro superfìcie è di 5, 100,000 mi-
glia. Si divide comunemente l' O-
ceania in tre parti ; la piti piccola
al nord -est è l'arcipelago Asiatico
OCE
o di Notasia, detta Oceania octì-
dentale o meridionale ossia Male-
sia j V Australia o Austrasia o Au-
stralasia al sud, delta Oceania cen-
trale ossia Melanesia j e la Poli-
nesia all' est, delta Oceania orien-
tale. La prima, Notasia o Oceania
occidentale o meridionale, o Male-
sia, arcipelago Asiatico diviso dal-
l'Indo-Cina e dall'impero cinese
per lo stretto di Malacca ed il mare
della Cina ; vi si rimarcano le iso-
le della Sonda, cioè Sumatra, Java,
Borneo, Celebe^ Timor, le Mol ac-
che e le Filippine. La seconda, l'Au-
stralia o Oceania centrale, o Me-
lanesia, comprende la Nuova Olan-
da, isola immensa, la Nuova Galles
meridionale, la terra di Van-Die-
men, la Nuova Guinea, gli arcipe-
laghi della Luisiade, della Nuova
Bretagna, le isole di Salomone, del-
la Regina Carlotta, gli arcipelaghi di
Santa Cruz e delle Nuove Ebridi
0 dello Spirito Santo , la Nuova
Caledonia e la Nuova Zelanda. La
terza, Polinesia o Oceania orienta-
le, prende il nome dalla grande
quantità d' isole sparse pel grande
Oceano, che si presentano tanto in
arcipelaghi come isolate, fra le qua-
li distinguonsi gli arcipelaghi di
Mendana, Pericoloso, del Mar-Cat-
tivo, della Società, di Harvey, dei
Navigatori, degli Amici, Fidji o me-
glio Viti, Mulgrave, delle Caroline,
Pelevr, dei Ladroni o Marianne, di
Magellano, di Anson e Sandwich.
Altri geografi dividono la Polinesia
in Micronesia o parte settentrionale
dell' Oceania, che il suo nome de-
nota la picciolezza delle sue isole,
ed in Polinesia, spazio della Ocea-
nia che comprende il lato orienta-
le, cui da lungo tempo le molle i-
sole ha dato il generico nome. Nel-
la prima pongono gli arcipelaghi
I
OCE
di Magellano, delle Marianne, di
Pelew, delle Caroline, d'Anson, del-
le Mulgrave ed altri. Nella seconda
pongono gli arcipelaghi di Sand-
wich, o meglio e più giustamente
di Hawaii, Tonga, Hamoa, Tahiti
o Taiti, Paumotou, Mendana, isole
Marchesi, Tasmania due isole gran-
di dell' Oceano australe, le Spora-
di e l'arcipelago Gallapagos. Final-
mente altri geografi in tre parti
dividono V Oceania, cioè in Notasia
suddivisa in Malesia e Micronesia,
in Australia ed in Polinesia. Ma la
esatta descrizione dell' Oceania in-
tera attende dalla perfezione della
scienza notabili miglioramenti e si-
cure rettificazioni. Questa parte di
mondo si presenta come gli avan*
zi di un'immensa porzione di e-
misfero abitabile sommerso dalle
onde dell' Oceano. Nel nostro secolo
particolarmente 1' Oceania è il sog-
getto de' viaggi, esplorazioni e vi-
ite d<
eur
opei
ed i!
ipo
proficuamente il cristianesimo spar-
ge i suoi benefici fruttiferi semi di
religione, di morale e d' incivili-
mento.
Si possono prendere diverse gran-
di direzioni orografiche attraverso
queste catene d' isole, questi grup-
pi, queste terre isolale, che forse
furono un tempo riunite ; la più
importante è quella, che dividendo
il bacino del grande Oceano da
quello dell' Oceano Indiano, sembra
formare proseguimento alle monta-
gne di Malacca, e non essete che
un prolungamento del grand' an-
golo sud-est dell'Asia, percorre le iso-
le di Sonda, la Nuova Guinea, la
Nuova Galles meridionale o parte o-
rientale della Nuova Olanda, e sotto il
nome di montagne Azzurre attraver-
sa lo stretto di Bass, e va a termina-
re all'estremità meridionale di Die-
OCE a27
men. Questa catena non sospinge
al suo versatolo sud- ovest alcun
ramo osservabile, se ciò non sìa for-
se nella Nuova Olanda, il cui in-
terno è ancora sconosciuto : spinge
al nord tre rami principali per Su-
matra, per Flores e per le Moluc-
che. Una grande ramificazione è
sospinta air est per la Nuova Gui-
neai Nuova Bretagna, Salomone, s.
Ciuz, Nuove Ebridi, Nuova Cale-
donia, avviluppando colla costa del-
la Nuova Olanda un mare semina-
to di scogli, detto qualche volta del
Corallo. La Polinesia tutta intera,
astrazione fatta delle isole Hawaii
o Sandwich, isolate al nord -est,
non forma che una sola catena,
diretta in generale dal nord-ovest
al sudest, e. le cui punte estreme
sono le isole Moninsima nell'arci-
pelago di Magellano e V isola di
Pasqua. Non evvi nell' Oceania al-
cun corso d' acque considerabile j
i più osservabili sono nella Nuova
Olanda il Macquarie ed il Lachlan,
la Brisbane, il Paterson, l' Haw-
kesbury; nel Sumatra 1' Andragiri
ed il Palembang ; e nel Borneo il
Pontianak ed il Bandermassin. L'a-
spetto generale ed il suolo di que-
sta parte di mondo offrono una
grande varietà. Dice Malthe-Brun:
Qui il zoofito crea un circuito di
roccie calcari intorno al banco che
Io vide nascere ; più lunge evvi un.
tetro vulcano, ed a lato brilla una
rapida e superba vegetazione. Le
terre più estese presentano scene an-
cor più vaste : ora l' inesplicabile
basalto maestosamente s' innalza in
colonne prismatiche, o copre la ri-
va solitaria de' suoi pittoreschi ri-
masugli; ora gli enormi picchi gra-
nitici si lanciano con audacia verso
le nubi, mentre sospesa sui loro
fianchi la cupa foresta di pini con-
■
228 OCE
trasta tristamente con l'immenso
vuoto di questi deserti. Più lunge
una costa bassa, coperta di salici ,
si estende in malfidi bassi fondi^
in mezzo a cui le onde coprono le
nere roccie colla loro spuma cri-
stallina. Altrove s'innalza un anfi-
teatro di verzura ; vari folti bo-
schetti mescolano le loro foglie o-
scure al chiaro smalto delle prate-
rie . Una continua primavera ed
un autunno perpetuo vi fanno co-
gliere i fiori e maturare le frut-
ta. Un dolce e squisito profumo
imbalsama V atmosfera eh' è di con-
tinuo rinfrescala dai venti salutari
del mare.
Però in nessun' altra parte del
globo si trova un si gran nume-
ro d' isole basse o di approdo pe-
ricoloso, quanto nella Polinesia e
neir Australia ; queste isole hanno
d'ordinario per base una scogliera
di corallo disposta in forma circo-
lare, e lo spazio di mezzo è spesso
occupato da una laguna. Special-
mente nelle isole della Notasia ed
in quelle del nord-est della Poli-
nesia si riscontrano i vulcani ; le
piccole isole che li rinchiudono so-
no verso il mezzo, alte e sterili ,
ora regolarmente coniche, ora scre-
polate e stiacciate. La Nuova O-
landa ha una temperatura meno
elevata ; l' inverno non vi è mai
rigoroso, ma osservabile pei venti
frequenti e tempestosi ; i freddi non
sono mai di lunga durata, e l'e-
poche delle stagioni vi si trovano
opposte a quelle d'Europa. La Nuo-
va Zelanda ha un clima assai tem-
perato, ma umido ed esposto a vio-
lenti uragani. Le parti attraversate
dalla linea equinoziale, come Suma-
tra, Borneo, Celebe, le Molucche,
non sono soggette ai grandi calori
che si dovrebbero aspettare sotto
OCE
una tale latitudine; l'aria è quasi
di continuo rinfrescala dalle mon-
tagne dell'interno e dai regolari
venticelli marini, tranne molti pun-
ti insalubri. La vegetazione del-
l' arcipelago di Notasia riproduce
tutte le ricchezze del sud-est del-
l' Asia, a lato di altre produzio-
ni che gli sono particolari. Il le-
gno vegetale della Nuova Olanda
offre vari caratteri tutti affatto spe-
ciosi. 11 regno animale presenta pur
anco in questo continente un aspetto
più speciale e bizzarro, che quello
della botanica. Si vedono nell' isole
della Notasia presso a poco tutti
i principali quadrupedi dell' Asia
meridionale. I vezzosi uccelli di pa-
radiso non si vedono quasi che
nella Nuova Guinea e in qualche
isola vicina. L' arcipelago Asiatico
nodrisce de' rettili enormi. Le tar-
tarughe abbondano nella maggior
parte dell' Oceania ; gli insetti sono
numerosi e curiosi, massime le gros-
se formiche. Su quasi tutte le coste
si fanno buone pesche. Nessuna
parte del globo conta una sì gran-
de quantitèi di conchiglie e di zoo-
fili o fossili avvicinantisi per la
forma loro ad alcuni vegetabili.
L' arcipelago Asiatico sembra so-
lo avere delle preziose ricchezze
minerali ; Borneo possiede i dia-
manti, e r isola stess» e Sumatra
hanno miniere d'oro, rame e ferro;
lo stagno soprattutto abbonda a
Banca. L' Australia meridionale of-
fre immense incalcolabili ricchezze
per le sue meravigliose miniere.
Se al presente noi diamo un col-
po d' occhio sulla razza di uomini
che popolano la Oceania, vediamo
sparsi nella maggior parte dell'ar-
cipelago e della Polinesia, e nella
parte orientale dell' Australia, gli
uomini di tinta oscura, chiamati
OCE
malesi j che sembrano oriundi di
Sumatra; hanno i capelli neri, mol-
li, folli e crespi, la testa leggermen-
te ristretta alla sommità, la fronte
un poco convessa, le pomelle delle
gotte rotonde, ma poco sporgenti,
la mascella superiore un poco spor-
ta in fuori, ed il naso grosso e
schiacciato; per la maggior parte
sono vivaci, audaci, bravi, ma fe-
roci e vendicativi. La loro lingua
si distingue per la sua eguaglianza
e dolcezza. La seconda razza com-
prende i negri oceanici, che abita-
no specialmente la Nuova Guinea,
ove sono chiamati papus ; il loro
aspetto è orrido; hanno la pelle
di un nero lucido, e spesso sfigu-
rata da cicatrici, o da marche si-
mili a quelle della lebbra, il naso
piatto, la bocca grandissima, il lab-
bro superiore assai grosso, i capel-
li lanuti nerissimi, o di un rosso
vivo, che rannodano sulle loro te*
ste in grosse ciocche ; le donne han-
no mammelle enormi e pendenti.
Gli indigeni della Nuova Olanda
sono di un colore meno nero; la
maggior parte hanno membra gra-
cili poco complesse, e in apparen-
za di lunghezza sproporzionata ; la
loro capigliatura è dura, nerissima
ed abbondantemente folta ; il loro
volto schiacciato, il naso larghissi-
mo, le narici quasi trasversali, le
labbra grosse, una bocca estrema-
mente spaccata, denti un poco pro-
clivi, orecchi concavi assai distesi,
daimo alla loro fìsonomia un aspet-
to selvaggio e ributtante. Il loro
linguaggio differisce da tribù in
tribù, e non vi si può riconoscere
qualche analogia in veruna parte.
La loro stupidezza morale è estre-
ma, e sono nello stato della barbarie
la più profonda in cui possa mostrar-
si la specie umana ; tuttavia non vie-
OCE 229
ne loro rimproverata l'abitudine del-
l'antropofagia, che si rimarca in al-
cune parti dell'Australia orientale e
della Polinesia; in quest'ultima par-
ticolarmente si cominciò a sparger-
si r orribile costume di sacrificare
vittime umane. Secondo le relazio-
ni de' missionari cattolici, che me-
ritano pieno credito, i costumi de-
gli isolani dell'Oceania non sono i
più depravati, se si eccettuino i con-
dannati nominati. Essi sono facili
alla conversione e desiderano esser-
ne informati. Non sono che i re e
qualche capo di tribù, cui si per-
mette la poligamia; per cui resta
tolto un grande ostacolo per abbrac-
ciare la religione cattolica ; l'impe-
dimento più grande proviene dai
metodisti che da più anni vi si
trovano stabiliti, più numerosi dei
missionari cattolici, e che per riu-
scire nel loro intento non arrossi-
scono d' inventare le più nere ca-
lunnie contro i cattolici.
Gli inglesi, olandesi e spagnuoli so-
no gli europei che principalmente pos-
seggono colonie e stabilimen^ti in
questa parte di mondo. I primi han-
no nella Nuova Galles meridionale
un'importante colonia, ove si depor-
tano i condannati ; la terra di Die-
men trovasi in gran parte coltiva-
ta da essi, e vengono a stabilirsi
sulle rive del Swan-river, nella par-
te occidentale della Nuova Olanda ;
Sydney sulla costa orientale di que-
sto continente è la loro città prin-
cipale nel Mondo Marittimo. I Pae-
si Bassi ossia l'Olanda possedono
neir arcipelago Asiatico la maggior
parte di Java, ov'è Batavia capitale
de'ioro possessi di Oceania ; hanno
pur Banca e Billiton, alcune por-
zioni di Sumatra, di Borneo e di
Celebe, e parecchie delle isole Mo-
lucche, da dove ritirano una im-
»3o OCE
mensQ quantllh di speoierie o aro-
Diati. La Spagna ò padrona d'una
parte delle Filippine, ove Manila
nell'isola di Lusson è la capitale
de'suoi stabilimenti. Nelle isole Sand*
wich cioè di Hawaii, e della So-
cietà, gli americani e gì' inglesi ac«
quistarono una grande influenza
morale, pel zelo de'loro missionari,
che convertirono al cristianesimo
molti indigeni, e sparsero fra loro
i benefizi della civiltà e della istru-
zione elementare, come pur fecero
i missionari nelle altre parti. La
totale popolazione dell'Oceania, che
sin qui fu incerta e su poche si-
cure basi calcolata, secondo le ul-
time osservazioni e le progressive
investigazioni, può approssimativa-
mente stabilirsi a venti milioni di
abitanti, se deve credersi ai geogra-
fi: ma per le relazioni dei missio-
nari molto maggiore ne sarebbe il
numero, poiché stando alla loro te-
stimonianza, ascendono a quasi ven-
ti milioni i soli abitatori delle isole
che anni addietro costituivano il
vicariato apostolico occidentale, sen-
za comprendervi i vicariati orien-
tale e meridionale . Può dunque
dirsi che la popolazione dell'Ocea-
nia è assai numerosa, e fissar non si
può sino a pih certe notizie.
I limitati confini del mondo an-
tico non potevano nemmeno in em-
brione dar contezza dell'Oceania,
ed i greci e romani non ne conob-
bero alcuna parte, se forse non fos-
se Sumatra, che Tolomeo sembra
disegnare, almeno in parte, sotto
il nome di Jaha-Diu. Le prime po-
sitive notizie sull'arcipelago Asiati-
co furono somministrate dai por-
toghesi, che vi penetrarono nel 1 5 1 o,
e nel seguente anno discoprirono
la Nuova Guinea. 11 portoghese Fer-
dinando Magellano, con attraversare
OCE
lo strolto che da lui ebbe nome, vi-
de e in parte percorse il quadro
ammirevole della Polinesia, ed ap-
prodò nel i52o o i5:ji alle Fi-
lippine. Mendana toccò e denomi*
nò nel i595 1* arcipelago da lui
scoperto, il quale perciò porta il
suo nome. GU olandesi «copersero
il continente della Nuova Olanda
nel i6o5, e cosi l'appellarono: di
essa, come di altre parti, ne ripar-
leremo nel descrivere i vicariati
apostolici dell'Oceania. Verso l'epo-
ca stessa Quiros visitò la Polinesia
e l'Australia orientale. Un poco piìi
tardi gli olandesi Direk-lìartighs,
Nuyts, Schouten, Le Maire e Tas-
man fecero varie scoperte interes-
santi. Dampier viaggiò nella parte
sud-ovest verso la fine del secolo
XVIIi e nel XVIII illustri e nu-
merosi navigatori percorsero l'Ocea-
nia in tutti i lati: conviene citare
principalmente Bering, Anson, che
attraversò 1' Oceano Pacifico nel
1743, Byron, Bougainville, Cook
celebratissimo che morì in Kara-
kau, Furneaux, Carteret, Marchand,
Vancouver, La Perouse, che trovò
la morte nell' arcipelago di Santa
Croce, ed Eutrecasteaux che andò
alla ricerca di tal uomo celebre.
Nel secolo presente i viaggiatori
più segnalati sono i capitani Flin-
ders, Baudin, Luigi di Freycinet,
Krusenstern , Duperrey , Dumont-
d'Urville, Dillon e King, tutti be-
nemeriti. Nel 184^ la Francia
per mezzo di Du Petit -Thouars
prese possesso dell' arcipelago che
comprende le isole Marchesi, e quel-
le di O-Taiti. Però ora si è sco-
perto da un monumento dell' isola
di Nuka-Hiva, una delle) Marchesi,
che nel marzo 1792 il capitano
Marchand, comandante la nave fran-
cese il Solide, visitò l'isola, e ne
OCE
prese possesso in nome della Fran-
cia. Questo immenso trailo di ma-
re pel primo MallheBrun lo chia-
mò Oceania o Mondo Marillimo, in
che fu seguilo da altri geografi,
specialmente dal Balbi.
Sì innumerabile popolazione di
infedeli abbandonala alT idolatria
più o meno rozza, altri quasi de-
stiluili da ogni sentimento dell'Es-
sere supremo, nspeUavano il ri-
scatto dalia più deplorabile mi-
seria in cui possa precipitare l'u-
manità . I proprietari di queste
lene, essendo nella maggior par-
te divisi pel loro scisma dalla
Chiesa cattolica, se ne occupavano
in proporzione degli interessi di
commercio, nulla curando l'illumi-
nazione dell'anima. Così giacque
questa nuova parte del mondo im-
mobile nel pacifico possesso delle
potenze tenebrose sino olla metà
del secolo passato, quantunque non
furono di ciò propriamente cagio-
ne gli stali apostati dominatori, ma
una setta particolare che. s'imma-
ginò di poter bealificaie queste im-
mense lince di terra col vangelo
di sua fattura. I Melodisti (Fedi)
inglesi e americani si procurarono
l'adito in alcune isole australi, spe-
cialmente nelle isole d'Hawaii det-
te impropriamente Sandwich, ed
approfittarono della interessala spon-
taneità di alcuni capi per estorce-
re una colai ombra di conversio-
ne. Tutti consentono che tali mis-
sionari hanno effettuato questa pre-
tesa conversione di un popolo be-
nevolo, non tanto con istruirlo,
quanto coU'assoggettarlo alla schia-
vitù, cioè a dire gli hanno impo-
sto una religione tenebrosa, la qua-
le ben lungi dal sublimarlo, lo ha
peggiorato. La antica serenità, la
schietteeta e persino 1* attività di
OCE 23£
queste tribù si sono perdute, ed
in luogo di esse presero sede l'a-
stuzia, la slealtà, l'ignoranza e la
tardità d' ingegno. Questi sedicenti
missionari lautamente stipendiati,
carichi di famiglia e di donne, avea-
no utilizzato l'ozio del loro como-
do apostolato per ottenere poderi
e autorità, sognando di trasmette-
re alla loro posterità una specie
di feudale signoria, tanto nello spi-
rituale che nel temporale. Per l'op-
posto i missionari della fede catto-
lica introdottisi nell'Oceania, prova-
rono col fatto, che quella chiesa
romana che gli avea spediti, avea
sola, perchè una, il diritto di man-
dare gli apostoli, smentendo ancora
la superba previdenza de'seltari prò-
feteggianti che non avrebbero tro-
vato proseliti. Siccome il culto del-
la chiesa cattolica, qui più che al-
trove, ben presto comandò le sim-
patie degli abitanti, cosa che non
accadeva degli oratorii protestanti,
dove i miseri oceanici giacevano
nell'inerzia della mente, del cuore
e de'sensi; il quale elemento, accop-
piato colla luminosa virtù de' mis-
sionari cattolici , produsse che que-
sti veri apostoli ottennero grandi e
rapidi progressi, ed eccitarono quin-
di l'invidia de'seltari. Gli isolani
seppero benissimo istituire il para-
gone fra i missionari metodisti e i
cattolici, onde in breve tutti cre-
dettero ai modi amorevoli e digni-
tosi de' tanto calunniati papisti, af-
fermando che i metodisti erano po-
tenti mentitori. La rabbia de' me-
todisti crebbe al segno dì cacciare
tutti i missionari cattolici, e di sor-
vegliare che ninno vi rimettesse il
piede. Per tal modo la vera fede
sarebbe stata impedita di meglio
compenetrare e stabilirsi ancora
nella vasta Oceania, se il capitano
93a OCE
di un vascello francese di linea giun-
to in questi paesi, non avesse do-
mandato e ottenuto giustizia pei
missionari cattolici. Da quell'epoca
ebbero la libertà di predicare la
fede, e questo solo fatto bastò per
assicurare ad essa il trionfo, e van-
taggi immensi agli abitanti. Questo
trionfo fu comune alle isole Hawaii
e nelle altre australi, come nella
Nuova Olanda, nella Nuova Zelan-
da , neir isola Wallis ed altrove.
Ora passiamo ad accennare l'intro-
duzione della fede cattolica nell'O-
ceania.
Stabiliti gli spagnuoli nel secolo
XVI nelle Filippine, il cristianesi-
mo vi fu subito bandito da zelan-
ti missionari. Gregorio XIII v'isti-
tuì la sede vescovile di Manila, in-
di si fondarono ancora i vescovati
di Caceres, Nome di Gesù o Ze-
hhj e Nuova Segovia che Paolo V
dichiarò suffraganea di Manila, quan-
do elevò questa ad arcivescovato.
Tutte e quattro queste sedi sussi-
stono e fioriscono, e per ultimo
provvedute di vescovi da Gregorio
XVI a' 19 gennaio 1846, come di-
cesi ai loro articoli: quello di Ca-
ceres è monsignor Vincenzo Barrei-
ro agostiniano spagnuolo. Nella No-
tasia in remotissimi tempi, c^oè do-
po il i5ii, in alcuni punti delle
sue isole, specialmente in quelle che
erano soggette alla corona di Por-
togallo, vi si conobbe la religione
cattolica, quindi bandita dagli olan-
desi dopo il 1 596. Nell'isola di Bor-
neo il re di Benjarmassen, avendo
più volte fatto premurosissime istan-
ze ai portoghesi di Macao, perchè
gli dassero un sacerdote, solo nel
1689 e dal p. Paolo prefetto delle
missioni de'teatini, ebbe il p. Ven-
timiglia con gran profitto, poiché in
meno di due mesi battezzò più di
OCE
quindicimila popolazioni (forse per-
sone), e tra queste il loro principe
Daman con tutta la sua famiglia,
e vi eresse una chiesa. In tal con-
versione accaddero grandissimi mi-
racoli, per cui avutane relazione la
congregazione di propaganda fìdc.^
a'i4 gennaio 1692 dichiarò l'isola
di Borneo missione de'teatini. Ma
venuto a morte il p. Ventimiglia
nel 1693, incominciò a patire mol-
to la missione, e indi a poco a po-
co rimase senza operai ; per il che
nel 1706 vi furono mandati altri
religiosi teatini con isperanza che
coltivassero l' amore alla cattolica
religione. La medesima congrega-
zio)ie nel 1704 e 1706 eccitò il
re di Spagna a promovere la reli-
gione nelle Caroline, ad istanza del
p. Andrea Serrano gesuita spagnuo-
lo. Nel 17 IO vi furono spedili due
missionari, un interprete e pochi
spagnuoli. Distrutta la nave da una
tempesta, e nella seconda spedizio-
ne essendo perito per un naufra-
gio ristesso p. Serrano, non si eb-
be altre notizie della religione in
dette isole. Quindi sino al princi-
pio del corrente secolo, tranne le
Filippine, dell'Oceania non si han-
no notizie ecclesiastiche. Per buo-
na ventura verso tale epoca il fran-
cese Rives di Bordeaux entrò nel-
la corte del re delle isole Hawaii
dette Sandwich, in qualità di se-
gretario particolare del principe. Su-
scitatesi turbolenze nell'isole, il re
fu deposto dalla corona, e si ritirò
in Inghilterra verso il 1820, dove
non molto dopo morì. Rives, che
l'avea seguito , si restituì in pa-
tria. Fermo nel pensiero di fa-
re ritorno nell'Oceania, pieno di
probità e di fede, propose la spe-
dizione ad Hawaii nella Polinesia
boreale di missionari per portarvi
I
OCE
]a luce dell'evangelo ai popoli che
adorovano idoli, e appena avevano
cessato dal sacrificare vittime uma-
ne. Sparsosi facilmente per Parigi
questo felice progetto, presto giun-
se all'orecchio del sacerdote Pietro
Maria Giuseppe Coudrin della dio-
cesi di Poiliers, superiore della con-
gregazione de' ss. Cuori di Gesìi e
IMaria, detta dePicpus (poi vicario
generale del cardinale de Croy ar-
civescovo di Rouen, e suo concla-
vista nel conclave 1829, nel qua-
le potè ben istruire il cardinal
Cappellari dello stato della regione
e con mirabile successo per 1' impe-
gno che il secondo ne prese). Siccome
ecclesiastico pieno di zelo, e avido
di mettere alla nuova cultura di
que' campi i suoi alunni, cominciò
a trattarne colla congregazione di
propagandante. Preso da questa in
considerazione il progetto, e proce-
dendo con cautela , sentili i pa-
reri altrui ed esaminate le circo-
stanze, affidò nel 1826 al detto
Coudrin la novella missione eretta
in prefettura apostolica, essendo pre-
fetto di propaganda il cardinal d.
Mauro Cappellari, il quale nell'eser-
cizio di tal carica e divenuto Pa-
pa Gregorio XVI si rese eminen-
temente benemerito della religione
cattolica nell'Oceania, per le copio-
se e ubertose missioni che vi de-
stinò e per i sette vicariati aposto-
lici che vi eresse, oltre un arcive-
scovato e due vescovati.
Capo della missione de'picpus fu
il p. Alessio Gio. Agostino Bache-
lot, e missionari a lui subordinati
i pp. Abramo Antonio Armod, e
Patrizio Pietro Sohort, seguiti da
tre fratelli laici, uno de'quali esper-
tissimo meccanico. Partili da Ila-
vrea'i6 novembre 1826, giunsero
in Sandwich o liaw'^ii nell'anno
OCE 233
seguente, e la prima loro cura fu
di apprendere la lingua benché dif-
ficile. Indi fondarono una cappella
dentro la loro abitazione, e inco-
minciarono con le istruzioni a far
proseliti. Aveano però essi a com-
battere l'idolatria e l'eresia. Quan-
do approdarono in dette isole, già
fatalmente da molli anni vi si era-
no, come dicemmo, portati i meto-
disti inglesi e americani, ed anche
calvinisti pur d'America, ed aperti
tre templi per predicarvi le dome-
niche, ma con sterili successi, essen-
do molto ignoranti e occupati nel
traffico. Questi mal solfrirono che
fosse alle loro fàuci tolta la preda,
e spalleggiati dai consoli, special-
mente americano e britannico, pre-
valendosi dell'acquistata influenza
presso il governo, questo ad istiga-
zione della vecchia regina decretò
l'espulsione de' missionari cattolici,
che fatti imbarcare fece condurre
nelle coste della California. Piacque
in fine dopo molti anni alla divi-
na provvidenza porre un termine
alla persecuzione di Sandwich. La-
place capitano francese del vascello
l'Artemisia, portandosi in quelle ac-
que, volle vendicare il torto fatto
ai missionari cattolici, obbligando
colle sue armi il governo sandAvi-
chiano a richiamare gli esuli, ed a
permettere a questi la libertà di
predicare il vangelo, come abbiamo
accennato disopra. Ritornati essi in
Sandwich dalle coste della Califor-
nia, e riaperta la missione, vi si
mantengono con brillanti religiosi
successi. Circa il fine del 1828 il
sacerdote Pastre rinunziò la prefet-
tura dell'isola di Bourbon, onde il
sacerdote Solages vicario generale
di Pamiers, commendabile per na-
scita, virtù e sapere, gli era stato
designato successore dalla congrega-
a34 OCE
tione di propaganda. Egli propone-
va»! di portare la religione nell'iso-
le dell'Oceania meridionale, ed era
animato a questa grande impresa
dall'irlandese Dillon, che per tanti
anni avea navigato que'mari e co*
nosceva quelle isole. Voleva egli es-
sere dichiarato prefetto di tutte le
terre contenute tra l'Equatore e il
Polo Antartico, tra l'isola di Pa-
squa ad oriente, e la Nuova Ze-
landa ad occidente complessivamen-
te. Nella congregazione di propa-
ganda, tenuta in dicembre 1829,
furono appagati i voti del Solages;
gli fu conservata la prefettura di
Bourbon, ed aggiunta quella dell'O-
ceania meridionale nel pontificato
di Pio Vili. Propone vasi egli di
toccare il Brasile e il GhiPi, di vi-
sitare le isole poste sotto la sua giu-
risdizione, fermarsi alla Nuova Ze-
landa e di là condursi alla Borbo-
nica. Ma imponenti circostanze ri-
tardarono o a meglio dire impedi*
lono il suo piano, onde a lui non
resta di quest'opera che il merito
dell'invenzione. Il ministro delia ma-
rina di Francia volea aflidata la
direzione marittima della spedizio-
ne ad un capitano francese, però il
Solages preferiva Dillon pei rap*
porti d'amicizia che avea cogl' iso-
lani : l'irremovibile carattere di So-
Jages, qualche impedimento del se-
minario delle colonie, le vicende
politiche di Francia del i83o po-
sero termine ad ogni trattativa, ed
il Solages sollecitato dalla congre-
gazione di propaganda andò al suo
destino nell'isola di Bourbon, Nel
tempo in cui successero le narrate
cose, Coudrin vicario generale di
Bouen e superiore de' picpus fece
istanza perchè ai suoi alunni fos-
se affidata la cura di evangelizzare
le isole della Puliuesia australe, co-
OCE
me ^\h evangelizzavano quelle del-
la boreale. Per plausibili ragioni
allora non fu esaudita l'istanza, ma
questa rinnovata dopo cinque unni,
si prese in considerazione da pro-
paganda.
Erano slati, come si è detto, e-
spulsi da Sandwich i missionari cat-
tolici, e non vi appariva speranza
che vi potessero ritornare, chiese dun-
que Coudrin che quelli potessero
usare nella Polonia australe le fa-
coltà che aveano ricevuto per la
boreale. Aggiunse egli che avea
ollri cinque sacerdoti in pronto, e
che molti chierici erano disposti ad
abbracciare il partito di portarsi
colà. Nasceva quindi la necessità di
avervi un vicario apostolico vesco-
vo in pardbus per promuovere agli
ordini sacri, al quale si sottopone»
va il prefetto delle isole di Sand-
wich e qualunque altro superiore
si venisse a stabilire negli arcipe-
laghi della Polinesia. Conveniva in-
terpellare il Solage, il quale avea
ancora le facoltà sopra le isole che
chiedeva Coudrin. Essendo il pri-
mo infermo e considerandosi che
mai avrebbe potuto reggere tanti
popoli remoti e cos'i lontani, per
ciò fu divisa in due la giurisdizio-
ne ecclesiastica dell'Oceania. Tirata
una linea perpendicolare dall'isola
più occidentale di Sandwich al Tro-
pico Antartico, vicino al meridiano
159 orientale di Parigi, tutte le iso-
le dell'Oceano Pacifico tanto setten-
trionale che meridionale, dall'isola
di Pasqua all'arcipelago di Rogge-
wein inclusive, e dall'isola di Sand-
wich al Tropico del Capricorno,
furono date dalla congregazione di
propaganda ai picpus, e costituiro-
no il vicariato orientale, ed al So-
lage per interim fu conservata la
giurisdizione nelle isole tra l'arci-
I
OCE
pelago di Mangea e la Nuova Ze-
landa inclusive, e tra l'Equatore e
il Tropico Antartico. Questa divi-
sione con autorità apostolica, fu
approvata da Gregorio XVI, e fu
diviso il vicariato orientale a* 3o
maggio i833 in due prefetture bo-
reale e australe o meridionale, cioè
nel vicariato apostolico dai Papa i-
stituito deìV Oceania orientale cel-
la Polinesia, col breve In sublimi
Principis Jpostoloruni Cathedra^ dei
14 giugno, Bull, de prop. fide^ t,
V, p. 97. Ai i4 giugno stesso Gre-
gorio XVI ne dichiarò vicario apo-
stolico e vescovo di Nilopoli in par-
tihus monsignor Stefano Rouchou-
ze della congregazione de'picpus, il
quale partito di Francia, toccò il
Brasile, giunse nel febbraio i835
a Valparaiso, e nel maggio i835
nel vicariato con tre sacerdoti e
tre catechisti. Lo avevano precedu-
to i missionari p. Francesco d'Asi-
si Carel, Lavai, ed il catechista Co-
lomban, sbarcati alle isole Gam-
bieres, in Akena e Ramarci, e già
alternavano con frutto le loro apo-
stoliche fatiche, istruendo i fanciulli
e battezzando i bambini in perico-
lo. Inoltre Gregorio XVI a' 3 giu-
gno 1834 istituì il vicariato apo-
stolico della Nuova Olanda o Au-
stralia, col breve Pastoralis officili
presso il citato Bull. p. 109, no-
minandone vicario apostolico e ve-
scovo dì Gerocesarea in parlibus
monsignor Giovanni Beda Polding
della congregazione anglobenedetti-
na, della quale parlammo a Inghil-
terra. Quindi Gregorio XVI eres-
se il vicariato apostolico àéV Ocea-
nia occidentale, col breve Pastora-
le offìcium nohiSj de' 1 3 maggio 1 836,
Bull, citato p. 139, dichiarando vi-
cario apostolico e vescovo di Mar-
roocfi in pariibus monsignor Gio.
OCE a35
Battista Pompellier di Lione della
congregazione àa' Maristi. Dipoi il
Papa aggiunse a questi tre vicaria-
ti apostolici le prefetture di Bata-
via e di Mindanao nelle Filippine;
della prima sino dal i83i ne avea
fatto prefetto d. Gio. Enrico Scholten,
della seconda fr. Bernardo Raba-
scall de' serviti. Gregorio XVI a'i5
febbraio 1842 divise il vicariato del-
la Nuova Olanda o Australia, ele-
vandolo a provincia ecclesiastica,
nell'arcivescovato di Sydney e nei
vescovati di Adelaide e d' Hobar-
town da lui istituiti con facoltà di
vicari apostolici : al primo vi tra-
sferì monsignor Polding, a'22 apri-
le fece vescovo del secondo monsi-
gnor Francesco Murphy, e del ter-
zo monsignor Roberto Wilson del-
la congregazione anglo benedettina.
Poscia a' 2 3 agosto 1842 Gregorio
XVI istituì il vicariato apostolico
ì\g\V Oceania Centrale, ed in egual
tempo nominò vicario apostolico
e vescovo d'Enio in parlibus mon-
signor Pietro Baltaillon, facendo suo
coadiutore e vescovo d'Amala in
partibus monsig. Guglielmo Dovarrc:
di che dammo un cenno nel voi.
XVI, p. 25o del Dizionario, con
analoghe notizie , secondo la ripar-
tizione allora vigente de' vicariati
apostolici dell'Oceania. A'20 settem-
bre dello stesso anno Gregorio XVI
elevò la prefettura di Batavia iti
vicariato apostolico, ed elesse vica-
rio apostolico e vescovo di Canea
in partibus monsignor Giacomo
Groff. Nel i844 '^ Papa eresse i
due vicariati apostolici della Mela-
nesia e Micronesia li 16 luglio, e
di Sandwich li i3 agosto: del pri-
mo creò vicario apostolico e ve-
scovo di Sionne in partibus mon-
signor Gio. Battista Epalle; del se-
condo vicario apostolico e vescovo
!i36
OCE
d'Arata in partibns monsignor Sin-
fonano Duboise. AI vicario aposto-
lico i\e\\* Oceania orientale. Grego-
rio XVI a'i3 agosto 1844 die in
coadiutore monsignor Giuseppe Bou-
dichoii che fece ancora vescovo in
pariibus di Basilila; e nel seguen-
te anno a'7 febbraio dicliiarò coa-
diutore del vicario apostolico del-
l' Oceania occidentale e vescovo
d'Orlhosia in pariibus monsignor
Filippo Giacomo Viard. Finalmen-
te Gregorio XVI a' 19 febbraio 1846
nominò monsignor Giorgio Collomb
vescovo d' Antifelle in pariibus e
coadiutore del vicario apostolico
della Melanesia e Micronesia cui
già successe; ed agli 1 1 agosto 184G
il regnante Pio IX elesse vicario
apostolico di Sandwich e vescovo
d'Arata in pariibus monsignor Lui-
gi Maigret. Laonde Gregorio XVI
uel suo pontificato eresse nell'Ocea-
nia sette vicariati apostolici che
fioriscono ubertosamente, cioè Ba-
tavia , Melanesia- Micronesia y Nuo-
va Olanda o Australia^ Oceania
occidentale, Oceania orientale^ Ocea-
nia centrale^ e di Sandwich^ i quali
collo slesso ordine alfabetico andia-
mo a brevemente descrivere; e per
l'ardente religioso zelo di Gregorio
XV'I, in tutte le parti della vastis-
sima Oceania passeggia glorioso e
inviolato lo spirito vittorioso della
Cattolica chiesa, e tutti i popoli so-
no unicamente benedetti nello spi-
rito di essa, nella di lei fede e nel-
la di lei carità. Cosi il pontificato
di Gregorio XVI riuscì anche per
questa quinta parte del mondo il-
lustre e benefico, e gli oceanici ter-
ranno il suo venerato nome in eter-
na benedizione, per le incessanti
sue cure a vantaggio della loro spi-
rituale salute ed incivilimento.
OCE
Notizie sul vicariato apostolico
di Balavia,
Questo vicariato apostolico fu
eretto da Gregorio XVI nel 184^,
elevandolo da prefettura apostolica,
cui già l'avea costituito, nella No-
tasia o Oceania occidentale o me-
ridionale, chiamata pure Malesia,
nome preso dalla razza malese on-
de è popolata. Le isole principali
sono Java, Sumatra, Borneo, Cele-
bes, Timor, le Molucche; tulle in
grandissimo numero, per la massi-
ma parte sotto il dominio olande-
se. La popolazione supera i quindi-
ci milioni, e si compone di selvag-
gi, maomettani, idolatri, antropofa-
gi specialmente in alcuni punti del-
l'isola di Sumatra, e di cattolici. La
religione cristiana vi si sparse nei
primordi del secolo XVI, principal-
mente ne'luoghi soggetti ai porto-
ghesi, come nelle Molucche; fiori
nell'isola di Borneo e in quella di
Sumatra. Gli olandesi avendo co-
mincialo a conquistare la regione
nel 1596, come caldi eretici^ dis-
cacciati coi portoghesi anco i mis-
sionari, profanarono e distrussero
le chiese; si perde il frullo de'tan-
ti sudori sparsi felicemente e per
lungo tempo dagli operai evangeli-
ci, e di cattolicismo non ne rimase
vestigio. Non fu che nel principio
del presente secolo, che dalie cene-
ri dell'estinta fede ne tornò in vita
una scintilla nell'isola di Java. Se
ne deve la gloria a due missionari
olandesi, Giacomo Nelissen e Lam-
berto Prenfen, che nel 1808 si por-
tarono in Batavia, e ne furono poi
superiori o prefetti della missione:
essi cominciarono ad esercitare i di-
vini uffizi nella casa di un pio cat-
tolico. Ebbero quindi in dono una
cadente chiesa di calvinisti dal gover-
OCE
tiatore degli stabilimenti olandesi, il
quale in seguito donò pure spazio-
si terreni e mezzi, co'quali si fab-
bricò la grande e bella chiesa della
Beata Vergine Assunta, che fu be-
nedetta a'6 novembre 1829. Parle-
remo solo dell'isola di Java, poiché
sono ancora poco conosciute le no-
tizie de' cattolici delle altre, tranne
l'isola di Timor in quella parte che
spetta al Portogallo, dove si trova-
vano non pochi ministri evangelici,
prima delle politiche vicende cui
andò soggetta la contrada : il pro-
gresso del cattolicismo poteva esse-
re maggiore, se meno contrariato
dagli olandesi. L'isola di Java, co-
me si disse superiormente, fu cono-
sciuta dagli antichi sotto il nome
di JabaDiu, che significa V Isola
delV orzo , che quivi alligna assai
bene, sebbene i naturali del paese
in preferenza vi coltivano il riso. I
primi a scuoprirla furono gli abi-
tanti dell' isola di Borneo, ma se-
condo l'opinione più comune que-
sto vanto devesi ai portoghesi, che
nel i5io al loro arrivo la trova-
rono divisa fra molli sovrani indi-
pendenti, sempre in guerra tra lo-
ro, e de'quali i più possenti erano
i re di Jacatra. Èssi vi fondarono
qualche stabilimento che nel decli-
nar del secolo XVI venne loro tol-
to dagli olandesi. Questi dopo aver
vinto i principi indigeni, lasciando-
ne sussistere due con tributo, s'im-
padronirono di Java e ne fecero nel
16 19 il centro del loro commercio
e del loro dominio in questa parte
del globo oceanico. Batavia è la
principale provincia dell'isola di Ja-
va, che risponde in parte all'antico
reame indigeno di Jacatia o Jaxa-
tra, ma a cagione dell'aria malsa-
na acquistò il paese la trista rino-
manza di tomba degli europei. Ba-
OCÈ 237
tavia è città metropoli dell'isola di
JfiVa, capitale di tutti i possedimen-
ti olandesi nelle Indie orientali e
residenza del governatore di essi,
come del vicario apostolico. Bella
e ricca città molto popolata, nella
quale è assai diffuso il maomelta-
nismo. Occupa l'area dej l'antica cit-
tà di Jacatra, in fondo di una va-
sta baia, divisa dal fiume Tjiliwong.
E il centro del commercio olande-
se colla Cina, il Giappone, l'India
e con tutta la Malesia, nella quale
alcuni geografi comprendono le Fi'
lippine [Fedi). Non manca di con-
venienti edifizi, sontuoso è il pa-
lazzo del governatore generale. Fra
i migliori fabbricati si novera la
chiesa della Croce, tutta in pietra,
eretta dagli olandesi nel 1640, due
altre chiese minori cristiane, alcune
moschee e templi cinesi, uno spa-
zioso ospedale, altro per gli orfani,
e il grande arsenale costruito nel
i636. L'edificio dell'Armonia è ri-
marchevole per le sale ove si dan-
no feste pubbliche; dappresso vi è
la celebre società d'arti e scienze,
e non lunge il teatro con sala di
squisito gusto. La rada di Batavia
è sicura, vasta e assai bella, semi-
nata d'isolette, avendo la principale
magnifici cantieri. Il porto franco
di IJatavia è quasi sempre ricoper-
to di navi, procedenti da tutte le
parti del globo. Il generale Koen,
distrutta Jacatra , fondò Batavia e
la munì di validi propugnacoli do-
po il 16 19; la sua. floridezza gli
meritò il titolo di regina dell'Orien-
te sino al 181 1 in cui l'occuparo-
no gl'inglesi, che nel 18 16 la re-
stituirono agli olandesi.
I cattolici hanno in Batavia la
memorata chiesa dell'Assunta. Il vi-
cariato apostolico si divideva in quat-
tro Provincie ecclesiastiche, secondo
938 OCE
le ultime notizie, r." Batovia, a." Sa-
ninrang, 3.° Soerabaya, 4.** Borneo,
Cebeles ed altre parti. Alla parroc-
chia di Batavia spettano Serang
con residenza d'un parroco, che ha
pure cura delle missioni d'Anjer,
più otto hioghi. L'isola di Noussa-
combangan,'^, e Parlang neir isola
di Sumatra : i missionaii residenti
in Batavia devono aver cura anco-
ra de'catlolici di Tangerang e Bui-
tenzorg. La seconda divisione com-
prende Saaiarang, Pekalongang re-
sidenza del missionario con altri
quattro luoghi, Soreakarla resi-
denza del missionario da cui di-
pendono otto luoghi. Sarebbero da
ibrmarsi otto parrocchie, una in So-
reakarta, ed al parroco spettereb-
bero oltre sei luoghi con Bagaleen
residenza. Altra parrocchia vi è in
Rembang con cinque luoghi e Ja-
])ara residenza. In Samarang, secon-
da città dell'isola di Java, grande
e in fondo d'ampia baia, vi sono
begli edifizi, e molto assomiglia alla
■vecchia Batavia. Vi è una casa li-
servata alle orfane cattoliche, e una
cappella. Rembang è grosso borgo
con cliiesa però comune ai prote-
.«ilanti. Nella piccola città di Soera-
bnya vi è una bella chiesa. In Ti-
mor vi sono diversi missionari nel-
la parte portoghese. La terza parte
della missione abbraccia, Soerabay
residenza del missionario, Grisse, il
forte d* Grange, l'isola di Madura,
Passarocang residenza del missiona-
rio, ed altri due luoghi. La quarta
parte comprende Boineo, in cui ed
in Sumatra fu già la missione dei
teatini con prefetto, Celebes, Am-
boina : le piccole isole circostanti
Magassar e Amboitìa hanno la re-
.«iidenza del missionario; in Padang
nell'isola di Sumatra vi è una chie-
sa. Sono i javani ó giovani super-
OCE
stìziosi, pi'estano fede ai presagì,
studiano la magia, credono che i
monti, le piante e le selve siano
abitate da uno spirito. Nell'isola ò
in uso la poligamia. Si calcolano
esistere in questo vicariato più di
10,000 cattolici. Oltre il vicario
apostolico da ultimo eranvi circa
dieci preti.
Quanto agli altri memorali luo-
ghi principali della missione e vi-
cariato, ci limiteremo ai seguenti
brevi cenni. Sumatra è la maggio-
re e più occidentale fra le isole
che si dissero già della Sonda, pren-
dendo il nome dal mare nel quale
sono sparse, che si chiama Mare
della Sonda e che fa parte del gran-
de Oceano equinoziale. E attraver-
sata da una catena di montagne,
ed alcune sono vulcaniche. Nell'in-
terno trovansi grandi e bei laghi
e clima temperato, nel resto è va-
ria come la sua superfìcie. I terre-
moti sono violenti, cos\ le alterazio-
ni dell'atmosfera. Vigorosa è la ve-
getazione, ma alcune coste sono co-
perte di paludi. Cospicua è la di-
versità di frutti squisiti; Toro e lo
stagno formano le principali ric-
chezze minerali; in diversi luoghi
vi sono manifatture, e nel regno
d' Achen fonderie di cannoni, nel
paese di Battas stoffe e diversi or-
namenti e strumenti, nel regno di
Manangkabò fabbricansi fucili e pu-
gnali ricercati, e superbe opere di
iilagrana d'oro e d'argento. I na-
tivi sono appassionati per la musi-
ca, ed hanno più sorta di strumen-
ti. Popoli d'origine differente abi-
tano quest'isola, in parecchi piccoli
Stati indipendenti e governati dai
loro particolari capi, su de' quali
gli olandesi esercitano la massima
influenza, anzi la maggior parte com-
ponesi di loro vassalli. Vi sono i
OCE
ivgni d'Achem, di Siak, di Palem-
bang, di Menangkabò, ec. I ballas
sono anlropofagi, essendo la religio-
ne un misto di paganesimo e d'i-
slamismo. Gli olandesi cominciaro-
no a dominar la contrada nel i5g9.
Samarang è una considerevole pro-
vincia di Batavia, con grande città
del suo nome in fondo d'ampia ba-
ia; vi è l'osservatorio fatto di bam-
bìi, e presso alcuni villaggi veggon-
si tombe de'principi giavanesi con
recinto di pietre; fertili sono le
terre, salubre l'aria. Soerabaya o
Surabaja è una vasta provincia di
Batavia con clima sanissimo e fe-
race suolo. Tra le sue impenetra-
bili foreste trovansi i ruderi di Ma-
japahit, antica capitale dell' impero
giavanese o di Java , con tombe
di diversi duci custodite da sacer-
doti: la città di Surabaja é bella,
con porto, e tra gli edifìzi si di-
stingue il palazzo della zecca. Bor-
nèo è la più vasta isola del grande
Oceano, se l'Australia si eccettui,
cui si dà il titolo di continente : i
compagni di Magellano la cbiama-
rono isola Bunnè nel i52i, ed i
portoghesi nel i53o Bornèo, seb»
bene gl'indigeni l'appellano Vara-
ni e Rlematan. È in gran parte
montuosa, con vulcani estinti, aven-
te nelle coste porti eccellenti; il
clima è temperato, ma la terra è
soggetta a frequenti scosse. Questo
paese sorpassa ogni altro per la
prodigiosa quantità de' suoi uccelli.
Abbonda di pepe e d'oro; minie-
re di diamanti sono ne' regni di
Pontiana e di Bandermassin. Il ra-
diah di Mastan possiede uno de'piÙL
grossi diamanti che si conoscano,
mentre pesa grezzo 56y carati, e
ne peserebbe i83 ridotto a bril-
lante. A tre milioni si fanno ascen-
dere gli abitanti, composti di molti
OCE 239
popoli d'origine e costume diversi.
Bornèo si divide in un gran nume-
ro di stati, i cui sovrani portano
il nome di radiah, o sultani quan-
do sono mussulmani. Credono al-
cuni che Bornèo sia la gran Java
di Marco Polo. Gli olandesi nel
1643 vi eressero il primo stabili-
mento, e nel 181 3 s'impadronirono
della metà sud-ovest dell'isola; in pari
tempo riuscì agi' inglesi di slabi-
lirvisi. Bornèo pure si chiama la
capitale, con ottimo e frequentato
porto : la casa del sultano si di-
slingue per ampiezza e pe'suoi giar-
dini ; è la pili commerciante del-
l'isola. L'arcipelago e grande isola
di Timor fa parte dell'arcipelago
della Sonda. L'isola è attraversata
da una catena di montagne, con
clima vario. Avvi gran copia d'al-
beri fruttiferi e di le^ni da costru-
zioni navali, prodigiosa quantità di
api; ne' fiumi e laghi sonovi pesci
squisiti. La sovranità si divide tra
gli olandesi e i portoghesi; la sede
del governo de* primi è al porto
Concordia di Cupang, ed a Dielly
quella de'secondi. 11 paganesimo è
la religione di Timor, benché la
maggior parte de' principi preten-
dano di essere cristiani. Si compo-
ne di cinque nazioni e di sessanta-
tre principati, quasi tutti con vas-
sallaggio fra l'Olanda e il Porto-
gallo. Celebes o Macassar è un'iso-
la dell'arcipelago della Sonda, con
diversi gruppi di circostanti isole
minori, ossia nel grande Oceano
equinoziale. Le vaste baie la divi-
dono in quattro penisole; il suo
interno è montagnoso, con vulcani
attivi e numerosi corsi d'acqua.
L'aria è generalmente sana, i calo-
ri sono ardenti ; con suolo fertile e
ben coltivato, foreste che danno le-
gno prezioso, e quasi tutti gli ani-
I
i4o OCE
mail domestici d'Europa vi si Irò-
vano. E l'isola ricca di miniere
d'oro, divisa in gran numero di
piccoli stali, de' quali i principali
sono Bony e Macassar, il primo
governalo da un sultano, il sccon-
do appartiene agli olandesi. I po-
poli hanno tinta di color di rame,
sono forti e molto agili, assai intelli-
genti nella coltivazione e nelle arti
meccaniclie ; erano idolatri, ma il
maomettismo introdotto dopo il se-
colo XVI è la religione del mag-
gior numero, esercitandovi i muftì
un impero possente. Le leggi sono
severe contro i colpevoli. I portoghesi
si stabilirono in Celebes nel iSiSy
poscia gli olandesi, finalmente le
Molucche è un arcipelago bagnato
ni nord dal grande Oceano equi-
noziale. Le piccole isole Molucche
sono Ternate, Makian, Motir, Bat-
chian e Tidore; le grandi sono
più numerose, contandosi fra le prin-
cipali Gilolo, Gerani, Bouro, Am-
boina, e le isole di Banda che so-
no le pili meridionali. E coperto
da montagne boschive o di nude
rocce, con vulcani quasi tutti estin-
ti. La maggior parte di queste iso-
le è assai pittoresca; l'aria è sì bol-
lente che non si potrebbe soffrirla
senza le pioggie; si provano fre-
quenti terremoti che rendono la
navigazione pericolosa ; per l'abbon-
danza delle spezie che producono
le isole, le Molucche si dissero Iso-
le delle spezie. Gli uccelli vi sono
numerosi e molti di rara bellezza,
come quelli del paradiso. I natura-
li rassomigliano a quelli di Java e
di Sumatra, ne'costumi, usi e mo-
di di vivere; sono di colore neric-
cio carico, di carattere dolci e de-
stri, ed insieme sospettosi, infingar-
di e fieri. I cinesi furono i primi
a scoprir le Molucche, indi vi s'in-
OCE
trodusscro quei di Java, i malesi, i
persiani e gli arabi che vi porta-
rono fra le pratiche dell' idolatria
le superstizioni del maomettismo. I
portoghesi le visitarono nel i5io:
sotto il comando di Francesco vSera-
no, il che motivo la spedizione di
Magellano, il quale se ne impadro-
nì, e questo possesso fu il soggetto di
grandi dispute cogli spagnuoli; ma
dipoi gl'isolani appoggiati dagli olan-
desi scacciarono del tutto i porto-
ghesi nel 1607. Avendone gl'ingle-
si reclamata una porzione, nel 1629
venne stabilito che le Molucche ap-
parterrebbero loro per un terzo, e
per due terzi agli olandesi, ai fjuali
riuscì presto di restar soli padroni
delle immense ricchezze di questo
snolo. Essi attualmente sono pieni
padroni delle isole di Amboine e
di Banda, essendo le altre gover-
nate da sultani, più o meno però
dipendenti dagli olandesi.
Notizie sul vicariato apostolico
di Melanesia-Micronesia.
Questo vicariato apostolico fu e-
retto da Gregorio XVI nel i844>
nella Notasia e Micronesia o parte
settentrionale dell' Oceania. Per la
recente sua istituzione poco cognite
sono le sue parti; per quanto ri-
guarda la Melanesia, siccome il se-
guente vicariato di Nuova Olanda
anch'esso trovasi nella Melanesia,
alcune sue provincie probabilmente
debbono fare partedi questo vicariato,
laonde parleremo di quella porzione
che è compresa nella Micronesia.
L'immenso tratto di mare che ad o-
riente ha per confine la Polinesia e ad
occidente la Cina, viene oggi chiama-
to Micronesia. Sono quasi infinite
di numero le isole che vi si vedo-
no sparse. Comprende le Filippine,
OCE
le Caroline e le Marianne. Delle Fi-
lippine se ne tratta al suo articolo,
COSI di Manila i Cacerts, Nome di
Gesù e Nuova Segovia. La religio-
ne cattolica vi è diffusa : vi è una
provincia di minori osservanti, da
cui escono molti missionari; degna
è pure di particolar menzione la
provincia de' domenicani che ha
cura della religione non solo nelle
Filippine, ma nella Cina e nel Ton-
kino, e nell'arcivescovato di Manila
la missione di Vinan detta di s.
Rosa di Lima. Il vescovo della Nuo-
va Segovia ha tre provincie, Pan-
gasian, Cagayan e sue missioni, e
Je isole Batames. Le Caroline o
nuove Filippine sono in molto nu-
mero, ma di poca popolazione e
di piccola estensione. Ruy Lopez
di Villalobos le scuoprì nel i543.
Furono obliate per più d' un secolo
e non fu che nel i636 che ne pre-
sero possesso gli spagnuoli, chiaman-
dole Caroline in onore del loro re
Carlo IL La congregazione di pro-
paganda nel 1704 o 1706 si pre-
se cura della religione, al modo in-
dicato di sopra. 1 gruppi principali
di queste isole si ^^chiamano Yap,
Lamursek, Hogo-leu, Punipet ed
Oualan. Gli abitanti hanno fìsono-
mie dolci e piacevoli, sono destri
e agili al nuoto, ed abbruciano i
loro morti. Ciascuna isola ha un
capo particolare, ma tutti obbedi-
scono ad un capo supremo. Le Ca-
roline hanno un clima delizioso, ma
sono soggette a uragani terribili.
Le Marianne o isole de' Ladroni
furono scoperte da Magellano nel
i5io. Gli abitanti con destrezza
singolare avendo rubato molti og-
getti di ferro ne' vascelli dello scuo-
prì tore, questi le chiamò Isole dei
Ladroni. In appresso ebbero nome
di Filippine da Filippo II re di Spa-
VOL. XLVIII.
OCE 24t
gna, quando a suo nome ne prese
possesso. Un tal nome però fu poi
cambiato in quello di Marianne da
Filippo IV", in onore di Maria An-
na d' Austria madre di Carlo II,
che vi mandò de' missionari : in es-
se e nelle altre isole della Microne-
sia prosperarono le missioni de' fran-
cescani, domenicani, gesuiti, e ago-
stiniani eremitani e scalzi. Le più
grandi tra le isole Marianne sono
Rota, Tinian, Saypan, Anatajan ,
Sariguan, Alamaguan, Pagu, Gri-
gan , Mangs , 1' Assunzione e Ura-
cas. Eccettuata Guam, sono tutte
di un aspetto triste e sterile. Gli
abitanti numerosi prima della sco-
perta, furono quasi tutti sterminati
o obbligati a fuggire. Furono visi-
tate dall' ammiraglio Anson, che
giunse a Tinian nel 174^ e ne
fece una descrizione bellissima ; qual-
che tempo dopo vi si sbarcò By-
ron e le trovò deserte per la fer-
rea amministrazione spagnuola, ma
dopo il 1772 essendo essa divenu-
la più mite, gì' isolani a poco a
poco si accostumarono a coltivare
le terre.
Notizie del vicariato apostolico della
Nuova Olanda o Australia.
Questo vicariato apostolico fu e-
retto da Gregorio XVI nel i834,
nella Melanesia, cioè nell'Australia
o Oceania centrale, e comprende la
metà orientale dell* Australia, ossia
del continente australe, la Nuova
Olanda, la Diemenia ed il gruppo
di Norfolk. L' Inghilterra cominciò
la sua prima colonia della Nuova
Galles australe in questa parte del
mondo nel 1788, inviandovi dei
condannati al bando, tra* quali v'e-
rano de' cattolici : di questi non po-
chi, specialmente irlandesi, non e*»
16
24^ oc E
rano rei di altro delitto che di pro-
fessare la religione de' loro padri
e di essere fermamente attaccati
alla Chiesa cattolica. Fino al i8o5
non fu permesso ad alcun prete cat-
tolico di loro amministrare le con-
solazioni della religione : allora si
concesse a due sacerdoti di eserci-
tare a loro prò le funzioni del sa-
cro ministero, ma con certe restri •
zioni. Nel 1808 sotto alcuni pre-
testi i due preti furono costretti a
partire, ed i cattolici restarono sen-
za pastore per lo spazio di dieci
anni. Nel 1 8 1 7 un sacerdote irlan-
dese, l'abbate Flinn, che si era por-
tato alla Nuova Galles, dopo breve
dimora fu obbligato a partire. Nel
1820 alla fine il governo Vi man-
dò due preti, i quali avendo col
loro zelo apostolico ottenuto un
cambiamento meraviglioso ne* co-
stumi del loro gregge, il governo
non solo assegnò loro vistoso an-
nuo sussidio, ma si continuò a per-
mettere l'esercizio libero della re-
ligione cattolica, ed il numero dei
missionari fu progressivamente ac-
cresciuto con molto frutto di quel-
le anime e vantaggio della colonia.
Ciò segui nel 1829, insieme ad un
domenicano, e le autorità civili do-
narono loro terreno e sussidi pe-
cuniari per fabbricarvi una chiesa.
Dopo che Gregorio XV 1 vi nomi-
nò primo vicario apostolico monsi-
gnor Polding, mercè le copiose be-
nedizioni date dal Signore alle fa-
tiche veramente apostoliche di que-
sto zelantissimo prelato e de' suoi
degni collaboratori in quelle fati-
cose missioni, la nostra santa reli-
gione avendo fatto notabili progres-
si in quelle regioni, il medesimo
Papa giudicò espediente di formare
del vicariato apostolico una provin-
cia ecclesiastica. Quindi eresse un
OCE
arcivescovato nella città di Sidney
(Vedi) e due vescovati suffraganei
in Hobartown {Vedi) ed in Adelai'
de che descriveremo. Quindi la giu-
risdizione ecclesiastica della Nuova
Olanda e della terra ed isola di
Van-Diemen venne ripartila in tre
vicariati : uno è costituito nella
Nuova Galles meridionale, al quale
fu riunita interim anche 1' Austra-
lia occidentale ; il secondo nelT Au-
stralia meridionale j il terzo nel-
l'isola di Diemen. Il vicario aposto-
lico della Nuova Galles è anche ar-
civescovo di Sidney; il vicario a-
postolico di Norfolk è vescovo d'A-
delaide; il terzo è ordinario di
Hobartown. L' Australia o Nuova
Olanda, isola forse la più grande di
quante ne esistono, o piuttosto con-
tinente, si può dire che ancora in-
teramente non si conosce, perchè
gli europei ne visitarono princi-
palmente le coste e le dune lito-
rali. La popolazione quindi non si
conosce bene, ed è divisa in tribù
senza legami fra loro: nel i836 vi
si stabilirono 10,000 europei. Qui
somma è la barbarie, completa la
ignoranza, estrema la miseria; sen-
za modestia e pudore si fanno i
matrimoni col ratto; si serve alla
superstizione e si sente orrore ad
ogni idea d' incivilimento e di a-
bitudini sociali. Quanto al vesco-
vato d'Adelaide, Addaiden^ nell'Au-
stralia meridionale e sua capita-
le, esso comprende Norfolk e la
terra di Diemen, mentre Hobar-
town occupa r isola di Van Die-
men o Tasmania nella parte me-
ridionale. Norfolk è un'isola del
grande Oceano australe fra la Nuo-
va Caledonia e la Tasmania, sco-
perta da Cook nel 1774» ^^^ »''co»
nosciula da La Perouse nel 1788,
e visitala nel 1801 da Turubull.
OCE
Kelazioni soddisfacenti determinaro-
no 1' Inghilterra a prenderne pos-
sesso nel 1788, trasportandovi vari
coloni da Porto Jakson, indi nel
j8o5 la trascurarono per meglio
stabilirsi nella Diemenia. Dipoi vi
lislabilirono l'antica colonia, la qua-
)e dipende dal governo di Sydney.
11 piccolo gruppo di Norfolk ha le
ìsole di Nepean e Philip. La baia
eli Norfolk sulla costa sud-est della
terra di Diemen, fu cos'i chiamata
nel 1799 da Flinders e Bass; Bau-
din però nel 1802 cangiò questo
nome in quello di porto di Buache.
Il vescovo e il clero di Adelaide non
lianno alcun sussidio dal governo, vi
è libero l'esercizio del culto, ma
essendovi stabilite tutte le sette,
esse covano odio implacabile con-
tro i cattolici, i quali in tutto il
•vicarialo della Nuova Olanda su-
perano i 5o,ooo.
La Melanesia o parte meridiona-
le dell' Oceania, comprende la grana-
rie isola o continente dell' Australia
o Nuova Olanda, che ne costituisce
il perno principale. Queste terre
ri mote sono ricche di memorie glo-
riose per la Francia, per le ricer-
che felicissime operale dai francesi.
Poche contrade offrono un più gran
numero di porti spaziosi e sicuri
quanto la Nuova Olanda. Dalla ca-
tena delle montagne Azzurre han-
no sorgente i principali corsi d' ac-
qua conosciuli, cioè r Havp-Kjesbury,
il Paterson, il Lachlan e il Mac-
quaria. Singolari e senza numero
sono le naturali produzioni. Le sta-
gioni sono opposte a quelle di Eu-
lopa e io ordine inverso. L' aspet-
to generale della Nuova Olanda ha
una fisonomia propria, la natura
creando questa contrada le impres-
se un carattere speciale, di cui nien-
te può dare un' idea, avendo nu-
OCE 243
merosi vulcani estinti. La Nuova
Olanda non fu scoperta che succes-
sivamente, e le sue coste occidenta-
li furono le prime che gli olandesi
riconobbero e nominarono : tutta
la costa orientale porta il nome di
Nuova Galles del sud. Gli inglesi
si arrogarono il diritto d'impadro-
nirsi della maggior parte della Nuo-
va Olanda, perchè Cook avea sco-
perto tutta la costa orientale : la
chiamarono Nuova Galles del sud,
abbandonando l'altra metà della
regione, e la più inferiore io pregi,
ai primi scuopritori, lasciandogli il
nome di Nuova Olanda. Gli olan-
desi scoprirono i primi nel i6o5
le coste di questo vasto paese, ma
in modo imperfetto per mancanza
di provvisioni ; nel 16 16 il coman-
dante di un vascello olandese Direk-
Hartighs scuopri le coste occiden-
tali, e nel 1627 Pietro Nuyts sco-
perse la costa sud, quindi nel 1628
molti vascelli olandesi visitarono la
costa occidentale. Nel 1642 la com-
pagnia olandese delle Indie orien-
tali inviò Abel Tasman che visitò
le coste nord della Nuova Olanda,
e che chiamò terra di Anthony
Wan- Diemen, per distinguerla da
quella di PVan Diemen al sud.
Nel 1644 Tasman visitò la costa
occidentale, e l'isola nel 1688 e
nel 1699 vide il capitano Dampier.
La costa orientale fu nel 1770 ri-
conosciuta da Cook; nel 1773 Fur-
neaux riconobbe la D emenia dal
punto sud. Nel 1791 Vancouver
visitò la costa sud, che più accura-
tamente vide Bruny d' Entreca-
steaux e fece molte scoperte cui die
il suo nome. Gli inglesi poscia com-
pletarono r esame delle coste del-
l' isola, ed il governo francese vi
mandò il capitano Baudin. Que-
ste spedizioni fecero conoscere tut-
i44 OCE
ta h costa delia Nuova Olanda
e delia Diemenia; ma di tutti i
viaggi il più importante é quello
del capitano King che ne pubbli-
cò i risultati in Londra, chiaman-
do tali coste, Coste di ferro.
Notizie del vicariato apostolico
dell* Oceania occidentale.
Questo vicariato apostolico fu
eretto da Gregorio XVI nel i836
neir Australia o Oceania o Poli-
nesia centrale, e comprende le due
isole della Nuova Zelanda, capaci
a dividersi in due grandi diocesi
per essere lunghe looo miglia. La
giurisdizione per altro del vicario
apostolico si estende molto di più.
Salisce sino all'Equatore, e sue so-
do la Nuova Irlanda, la Nuova Bre-
tagna , r arcipelago di Salomone
fino ai confini assegnati al vicaria-
to centrale dell' Oceania. La popo-
lazione cattolica della Nuova Zelan-
da consisteva già nel i838 in i5o
europei e 6000 indigeni ; nel 1841
erano i cattolici 1765, cioè stra-
nieri cattolici 6^5 e neofiti indi-
geni 1000, ed i catecumeni 451,000,
e già vi sorgevano mirabilmente
ovunque chiese e cappelle; le chie-
se ascendevano a 26 e le cappelle
a 80, essendo straordinari i progressi
del cattolicismo in queste contrade.
11 vicariato è diviso in stazioni. La
stazione di Kokianga ha per patro-
ni s. Giuseppe e s. Francesco di
Sales, con diecinove luoghi o tri-
bù, de'quali Waima ha una cap-
pella e Ahipara tre. La stazione
della Baia dell' Isole ha per patro-
ni i ss. Pietro e Paolo, con dodici
luoghi, de'quali Manawape con due
cappelle e Waimate con tre : vi è
la casa pel vicario apostolico, la
casa pei missionari, le scuole, col-
OCE
legio e ospedale. La stazione di
Wangaroa è sotto 1' invocazione
dell'Epifania e de* ss. Re Magi, e
comprende Wangaroa e Mongonui
con cappella. La stazione di Kai-
para sotto T invocazione del ss. Ro-
sario, ha Kaipara , Wanquari e
Wangarum, ognuno con due cap-
pelle. La stazione di Auckland ha
per patroni i ss. Patrizio e Giu-
seppe, con Waitemata e Auckland
capitale, residenza del governatore,
e tre altri luoghi : si fabbricarono
chiese, scuole^ residenza pel missio-
nario e cimiterio. La stazione di
Tauranga venera in protettore s.
Tommaso d'Aquino, con sei luoghi:
hanno cappella Naungatapu e Mn-
tuhoa, con casa pel missionario. La
stazione di Melomata e di Waihalo
unite, sotto V invocazione di s. An-
gelo, con dieciotto luoghi. La sta-
zione di Meketuche ha in protettore
s. Gioacchino, con otto luoghi : un
capo principale degli indigeni ha
dato il terreno per la residenza del
missionario. La stazione di Opotiki,
sotto la denominazione della ss.
Annunziata, contiene Opotiki con
una gran cappella, e tre luoghi : vi
fu assegnato qualche terreno pel
culto ecclesiastico. La stazione di
Terakako, dedicata alla Presenta-
zione di N. S., neir interno vi sono
tribù, ma non vi risiede stabilmen-
te il missionario. Porlo di Nicklson,
stazione denominata la Natività di
N. S. : vi si trovano 4^0 cattolici
europei, vi fu benedetto il cimite-
rio e venne promesso il terreno
per fabbricar chiesa, scuola e resi-
denza pel clero. Finalmente la sta-
zione di Akoroa, sotto la prote-
zione de' ss. Filippo e Giacomo, ha
quattro luoghi, una cappella e casa.
Sono pii stabilimenti la missione
di s. Maria della Pace, e quelle scuo-
I
OCE
le, ospedali, chiese e cappelle che
doveansi aggiungere alle preesisten-
ti. Questo vicariato, come quello
dell'Oceania centrale, è attldalo alla
congregazione de' maristi. Non sono
meno di 60 i missionari ed i ca-
techisti che in cinque anni fecero
tela dalla Francia per l' Oceania
occidentale. Il merito di aver pro-
posto questa missione è del france-
se Solages e dell' irlandese Dillon.
Nel 1841 eranvi i3 preti, io mis-
sionari e 16 catechisti. Nella Nuo-
va Zelanda non \ì si trovano ido-
li materiali, ma vi sono in vene-
razione gli spiriti.
La Nuova Zelanda sono due gran-
di isole del grande Oceano australe,
nel sud-est dell'Australia, attra-
versata da una lunga catena di
montagne elevatissime e coperte di
nevi perpetue, parecchie delle qua-
li sono vulcaniche. Vi sì trovano
fonti ahbondanti e fiumi con ma-
gnifiche cascate. Il clima è tempe-
rato, la vegetazione superba, i pesci
abbondano sulle coste, ed il regno
minerale non lascia d' essere impor-
tante. I nativi appartengono alla
razza polinesiaca, hanno colore bru-
no, sono ahi e parlano come gli
otaitani ; sono indifferenti per la
vita e sfidano la morte, e trattano
le donne da schiave. Il loro sacer-
dote si chiama arikì; si professa
ai defunti il rispetto il più religio-
so e s' imbalsamano ron miglior
metodo degli egiziani. Ogni tribù
forma una repubblica e ogni indi-
viduo è indipendente. Niun popolo
come i nuovo-zelandesi esercitano
l'antropofagia, onde molti naviga-
tori furono da essi divorati. La
Nuova Zelanda' fu scoperta nel
1642 dall'olandese Abele Tasman.
Sotto il nome di Nuova Bretagna
$ì comprende un ragguardevole ar<
OGE a45
cipelago deir Oceano Pacifico : i
gruppi principali delle isole sono
la Nuova Bretagna, il Nuovo An-
nover, l' isole dell' Ammiragliato ,
di Portland, ec. Nel 1700 Dam-
pier scuoprì nel Capo- William deU
la Paupasia lo stretto che ne ha
ereditalo il nome, e cosi vide la
Nuova Bretagna 0 Birara, isola la
più meridionale di detto arcipela-
go. Il terreno è ferace, abbonda a-
te la pesca, gli indigeni sono negri
e numerosi. La nuova Irlanda o
Tombara, isola di poco inferiore
alla precedente in grandezza. Gli
abitanti sono i meno incolti del-
l' arcipelago, ed hanno templi con
idoli di figura umana : suonano le
siringhe o flauti di Pane. E mon-
tuosa e coperta di foreste popolate
d' una moltitudine d' uccelli di spe-
cie diversa. Fu scoperta da Carte-
ret nel 1767, che rese il popolo
subito mansueto e amico; Entreca-
steaux ne compì la conquista. Salo-
mone è il nome d' un arcipelago
del grande Oceano equinoziale. Si
chiamò prima il gruppo delle isole
Arsacidi, poi Nuova Giorgia, indi
prevalse quello di Salomone come
più antico. L' interno ha monta-
gne boschive e alcune vulcaniche.
Gli abitanti sono in continua guer-
ra coi loro vicini, ed i capi vi e-
sercilano un potere dispotico. Le
isole furono scoperte nel 1567 da
Mendana, e le principali che sepa-
rano la Melanesia dalla Micronesia
e dalla Polinesia sono : s. Isabella,
la più grande e la principale, posta
quasi nel centro dei gruppo, Choi-
seul, Bougainville, Georgia, Maiayta
o Carteret, Arsacidi e s. Christo-
vai.
246 OCE
Notizie del vicariato apostolico
dell' Oceania orientale.
Questo vicariato apostolico fu e-
i-ello da Gregorio XVI nel i833,
nella Polinesia orientale, già pre-
fettura apostolica pure da lui isti-
tuita. Comprende gli arcipelaghi
della Società, delle Marchesi, del iVlar
Cattivo, del Mare Pericoloso, delle
ìsole Gambieres che sono sei e due
senza abitanti, altri dicono che le
abitabili sono quattro. Mangareva
residenza reale, Tara vai, Akamani,
Akena, Takanta o s. Cristina. In
Akena nel iSSg il vicario apo-
stolico aprì e benedl una bella chie-
sa in pietra ; in Mangareva si sla-
va fabbricando. I missionari picpus
erano i6, i catechisti 8, ed il p.
Francesco d' Asisi Caret vice- pre-
fetto. In Jaravai vi è la casa della
missione della Pace; in Vakitaku
■vi è la casa pei missionari. Le po-
polazioni di queste isole mostrano
molta disposizione per la coltura
e migliore per la pietà. I fedeli
assistono ai divini o^ici con quella
modestia che talvolta si desidera
nelle chiese delia cristianità. Il pri-
mo prefetto di questa missione, il
p. Cristoforo Liausu, rimasto in
Valparaiso nello stabilimento avuto
in dono dalia missione, dopo molto
tempo vi morì ; ivi è la procura
della missione di questo vicariato,
affidato alla congregazione dei pie-
pus. Il vicario apostolico ebbe am-
plissime facoltà : fra queste avea
quella di poter autorizzare i pre-
fetti e i missionari ad esercitare
le ricevute facoltà non solo nella
missione loro assegnata, ma in qua-
lunque terra o isola li avesse o de-
portati la violenza, u condotti la
necessità, per il tempo che vi si
fermassero ; se ivi non fosse alena
OCE
missionario o non dipendessero da
altro prelato. Il re e le principesse
scrissero nel i83c) una lettera al
Papa Gregorio XVI, il quale, come
diremo, rispose e donò di meda-
glie benedette da lui. In Mangare-
va fu innalzata la statua della Ma-
donna del Rosario donata dal Pon-
tefìce stesso. In queste isole è in-
valso l'abuso che i coniugi scam-
bievolmente annoiatisi, gli uomini
si cercano altre mogli e le mogli
altri mariti; e questo presenta un
grave ostacolo alle conversioni. Nel-
le isole Gambieres eranvi 4oo<*
neofiti e 5oo nelle isole Marchesi.
Mentre i sacerdoti cattolici della so-
cietà de' picpus aspettavano in Val-
paraiso, città e principal porto del
Chili sul grande Oceano australe,
il vicario apostolico per tragittare
neir Australia, sentendo che nelle
isole Gambieres il propagamento del
cristianesimo non poteva essere tra-
versato dall'odio eretico, pensarono
d'impossessarsi di questo campo
prima che fossero prevenuti dai set-
tari. Con molto stento e denaro
indussero il capitano d'una nave
a trasportarli in quelle isole non
visitate da commercianti. Appena
giunti non dubitarono di por pie-
de in Mangareva la più grande di
esse, che domina le altre tre, Ake-
na, Akamani e Taravaì'. La pri-
ma difficoltà che incontrarono si fu
quella dell' idioma, ma ben presto
lo superarono col mezzo d' un in-
terprete datogli da un capitano
francese, onde si misero subito al-
l'evangelizzaraento delle isole, co-
minciando da Akena, per avere a-
vuta sterile accoglienza da Mapu-
teo principe di Mangareva, nella
quale un'altra volta corsero peri-
colo di essere bruciati per avere ri-
cusato le donne che gli erano state
OCE
mandate da Maputeo. Da Àkena
la religione propagossi nell' isola di
Akamani ed appresso nelT isola Ta-
ravai, nelle quali ben presto da
per lutto si cantarono le lodi di
Dio, ed i suoi aiisten compendiati
fecero eerbeggiare sì fortunale isole.
Finalmente la ostinata Mangareva
cedette allo zelo de' missionari cat-
lr»lici nel i836. L arci-sacerdote
Matua, colpito dalla divina grazia,
si sottomise ai missionari, e lo stes-
so Maputeo scosso da eguale favo-
re e vinto dalla voce suprema che
Io chiamava al cristianesimo, imitò
l'esemplo de' suoi isolani, e si pie-
gò alla Croce. Caddero così in que-
ste isole gì* idoli atterrati, distrutti
con sommo giubilo e fra gli atti
di dileggio, e furono surrogati dal
vessillo vittorioso della croce di Ge-
sù Cristo : perciò in breve tempo
nelle isole non si videro più pagani.
11 re Maputeo nel ricevere il
battesimo nel 1887 s'impose il no-
me del Papa Gregorio XVl, per
venerazione a questi, ed aumentan-
dosi il suo zelo per T abbracciata
religione, a mezzo de* missionari gli
umiliò il suo filiale ossequio, e gli
mandò l' idolo deforme di legno
chiamato Tu o Mainaiage, con al-
cuni donativi di rozzo lavoro : il
tutto con altri oggetti oceanici por-
tati in Roma dal vicario apostolico
monsignor Rouchouze, il Papa po-
se nel museo di propaganda, onde
li descrivemmo nel voi. XIV, p.
i?t'j del Dizionario. Ad istanza del
p. Caret, Gregorio XVI mandò
neir Oceania in regalo al re Gre-
gorio Maputeo, una statuetta di
bronzo dorato della Beata Vergine
del Rosario col s. Bambino, le re-
liquie del velo della prima e della
culla del secondo; diverse medaglie
benedette ed altre col suo ritrai-
OCE 247
to, oltre la slessa propria effigie in
pittura ; un abito reale alla forma
degli antichi romani, altro simile
per la regina Maria Eudosia sua
moglie, ed altro pel zio del re Ma-
ria Stefano, tutti di belle stoffe e-
legantemente lavorate; molte coro-
ne e medaglie con indulgenze pel
popolo. Questi donativi furono im-
mensamente graditi, ed il re dichia-
rò nel 1840 la sua viva ricono-
scenza al Pontefice, con lettera che
tradotta fu riportata nel n.^Si del
Diario di Roma, del seguente te-
àiore. « Nostro Padre ! Io sono pas-
sionato per voi, come voi lo siete
moltissimo per noi. Permettetici dì
indirizzarvi i nostri omaggi ; per-
chè noi amiamo Dio ed amiamo
ancora voi. E per verità voi avete
inviato un vescovo ed i sacerdoti
per insegnare a Mangareva la santa
parola di Gesù Cristo . Voi siete
il sommo Pontefice della Chiesa e
voi beneditene noi, che ora amia-
mo veramente Iddio. Poco fa somi-
gliavamo all' uccello abbandonati
a noi slessi ; eravamo un popolo
malvagio; in somma non uomini,
eravamo simili ai bruti. Egli è po-
co tempo che siamo addivenuti
buoni sotto il regno di Dio. Ora
siamo vostri figli e figli della Chie-
sa. Qual felicità che abbiate a gra-
do di volgere a noi il vostro pen-
siero ! Noi siamo esultanti nella be-
nedetta Maria ! Possediamo a Man-
gareva la nostra Madre, ed è il
missionario Caret che ce ne ha re-
cato la statua. Amiamo molto Ma-
ria, ed a lei è slato questo paese
dedicato. Maria dunque è il nostro
amore e noi siamo i suoi figli,
Mangareva ha celebrato una festa
in onore di lei ; la qual cerimonia
è stata assai bella. Ella è la no-
stra più cara predilezione. Amia-
243 OCE
mo poi moltìssioio Gesh Cristo e
V amiamo sopra ogni cosa. Ora pei'
lui stiamo eilincaiiclo una chiesa in
pietra. Come similmente sostenem-
mo un lungo cammino ( nella prò*
cessione del Corpus Domini) per
tenerezza di Gesù. Abbiamo por-
talo in processione Gesù Cristo e
l'abbiamo solennemente esaltato.
Questi sono giorni di grazia. Noi
amiamo sinceramente Iddio : il ve-
ro nostro studio è di aspirare al
cielo; onde siamo fatti degni di
accostarci alla comunione. Voi in«
tanto ne avete fatto un presente
di beili abiti, i quali saranno da
me conservati con gran cura e de*
stinati per le grandi solennità. 11 re
di Francia mi ha similmente in-
viata una spada bellissima, ed io
con gran cura la serberò per le
grandi cerimonie. Tengo in gran
pregio 1' abito che mi avete rimes-
so : io trovo assai bello. Egli è
qualche tempo che i missionari so-
no a Mangareva. Pensavamo che
Charet e Karal non fossero che
stranieri . Sono però questi due
che hanno insegnato la buona pa-
rola al popolo di Mangareva. Pre-
gate per ottenerci delle grazie; altra
volta noi eravamo presso che pri-
vi di nutrimento; non avevamo che
il mais (formentone ossia grano d'In-
dia); ora questo è di molto accresciu-
to e ne possediamo di più specie. Era-
vamo infingardi, ed ora siamo la-
boriosi. Furono i missionari che ci
confortarono alla fatica. Voi siete
assai clemente; e tale vi addimo-
strate verso un popolo circoscritto
da questi mari. Il mio cuore è pos-
seduto da Gesù Cristo; ed io so-
no uno di quelli che fanno la co-
munione, Cipriano è il mio con-
fessore. Noi siamo tenaci della pa-
rola di Gesù Cristo^ e i missiona-
OCE
ri ci hanno eccitato alla virtù. So^*
toscritto : Per Gregorio Slanislao,
Mattia a Kao de G. S.". In mez-
zo alle gravi e luttuose vicende
della Chiesa, l'instancabile zelo di
Gregorio XVI per la propagazione
e mantenimento della fede, ricevet-
te queste religiose confortanti con-
solazioni. Con l'effusione del paterna
suo animo rispose al re Gregorio
Stanislao, col breve Quo cor no-
strum gaudio, de'4 novembre 1 840,
Bull, de prop. fide- l. V, p. 2 1 9.
Si congratulò della conversione sua
e di quella del popolo alla catto-
lica fede, di quanto faceva esem-
plarmente in essa, gli donò tre
medaglie d'argento coli' effigie dei
cinque santi da lui canonizzati, e
tre d' oro coli* immagine del Sal-
vatore che lava i piedi a s. Pie-
tro; due per lui ed una per la
consorte ; ad essi ed al popolo af-
fettuosamente comparti 1' apostolica
benedizione.
Le isole Gambier o Gambieres
sono un gruppo di piccole isole,
quattro delle quali soltanto sono
abitabili, che il geografo Balbi ha
separato dall' arcipelago di Gaumo-
tou o Paumotou ossia dalle isole
Basse: vi si elevano i due picchi
del monte Duff, cosi denominato
dal naviglio del capitano W^ilson,
che discopri il gruppo nel 1797.
Abbonda di acqua potabile, ed of-
fre un sicuro porto e forse il mi--
gliore della Polinesia. Tutto il grup-
po è circondato da una catena di
scogli di corallo, e per tre canali
i bastimenti possono entrare a get-
tar l'ancora. Queste isole sono go-
vernate da un solo re, il quale ri-
siede nella più grande chiamata
Mangareva. Dopo l'introduzione dei
missionari, la rjudità comune nel-
l'Oceania è quivi sparita; sono di*»
OCE
venuti gli abitanti ospitalieri, agri*
coltori e industriosi; il re de'fran*
cesi Luigi Filippo donò al re Gre-
gorio Stanislao, anche un canno-
ne. Nei 1842 la Francia, al modo
che andiamo a dire, prese possesso
dell* arcipelago dell'Oceano Pacifico
a mezzo della spedizione del con-
trammiraglio Du Pelit-Thouars ,
che ricevè la più distinta acco-
glienza dagli isolani e dal re. Ap-
partiene pure a questo vicariato
l'arcipelago di O- Tahiti o Tahi-
ti, all'est dell'arcipelago di Paurao-
tou coir altro di Nukahiva. Cook
più volte visitò Tahiti, recando a-
gl' isolani gli animali ed i vegeta-
bili delle altre antiche parti del
globo, quando l'America in con-
fronto di queste isole poteva dir-
si antica. Fu Cook che nel 1769
inaugurò alla Società reale di Lon-
tli'a questo gruppo, chiamandolo
Isole della Socielàj ma hanno buon
diritto i bravi e intelligenti isola-
ni di rivendicare l'antico nome di
Tahiti ovvero O- Tahiti . Ancor
quest'isole hanno siepe insuperabi-
le di corallo all'incontro, con ta-
luni passaggi che accrescono la si-
curezza delle navi, quando si sono
superati : la svariata vegetazione dà
a queste terre il più florido aspet-
to. Nell'isola di Tahiti la religione
era il politeismo, onorandosi per
divinità Horo; si credeva all'im-
mortalità dell'anima , mentre il
culto era pieno di grossolane su-
perstizioni, ammettendosi i sagri-
fki umani , giacché un tempo i
taitaui Furono antropofagi ; tutta-
via riconoscevano un Dio superio-
re a tutti gli altri dei. Questa de-
liziosa isola in mezzo ai flutti
dell'Oceano Pacifico, sembra un
paradiso terrestre, facendosi ascen-
liere un tenofo gli abitanti a i5o,ooo
OCE 249
cirf:a, ora però infinitamente dimi-
nuitl per le tante guerre e politiche
vicende. Sebbene le forme degli
abitanti non diftèriscano dagli altri
polinesiaci de'vicini arcipelaghi, pure
hanno questi tuttora un carattere di
docilità e pieghevolezza^ che li ha
resi alti ad apprendere la civiltà
e progredire in tutte le arti e me-
stieri, ed entrare nello spirito del-
la cristiana leligione,, che con più
di fervore abbracciarono sino dal
1797. 11 re Pomarè II comanda-
va per lo innanzi a tutto 1' arci-
pelago, ma ora l'impero è suddi-
viso in vari capi. Anticamente i
placidi ta'i'tani erano organizzati in
glandi tribù, i capi de' quali so-
migliavano ai patriarchi, ed inte-
ressanti sono i racconti di Cook e
Bougainville, che studiarono eoa
passione i loro costumi. La principa-
le isola è Tahiti e le altre notevoli
sono Eimeo, Huaheine, Bajatea,
Otaha, Bolabola,, e vengono poi le
minori, oltre l'arcipelago di Cook,
ove la più gran parte degli ahi-
tanti abbracciò il cristianesimo. Man-
gia o Maìtia essendo la primaria sua
isola. Tahiti la maggiore isola del-
l'arcipelago Tahitano si compone di
due isole che un istmo congiunse:
o o
la maggiore è detta Opureonou, la
minore Tiarrabau. La baia di Ma-
tavai offre nella buona stagione ot-
timo ancoraggio, ed il porto di
Langara porge sicura stazione al
navile in ogni tempo. Numerosi
corsi d'acqua discendono dai colli,
e nel centro de'monti stagna uq
lago di acqua dolce. La modera-
zione della temperatura e la indi-
cibile feracità del suolo accrescono
il pregio di quest'isola, ove quasi
tutte le vegetabili produzioni del-
l'Oceania sono abbondanti. La ci-
viltà vi ha introdotto anche la col-
25o OCE
tura d'ogni germe straniero con
molto successo. Le piante de'bo-
scili (fanno legname prezioso. Sono
i tiiìlani di colore olivastro^ con
naso schiacciato, capelli lunghi e
«eri. Le dette isole sono di forma-
EÌone vulcanica, e nelle denomina-
rioni sono dii>crepanli i geografi,
finché non si stabiliranno con più
precise cognizioni.
L'isola di Tahiti, con altra picco-
la isola a borea, che dicesi Tetu-
loa, formano il regno di Tahiti,
ove comanda attualmente la regi*
na Pomarè Aimata, sorella di Po-
ma rè III, che morì nel 1827. La
scoperta di Tahiti si deve a Fer-
dinando Quiros che la visitò nel
1606 e chiamoila Sagittaria; indi
Wallis nel 1767 la denominò Iso-
la di Giorgio III; nel seguente
anno Cougainville la disse Nuova-
Citerà^ e gli spagnuoli chiamaron-
la Amai. Tahiti può essere l'At-
lantide d'Eldorado, e venne chia-
mata la Regina dei f Oceano Paci-
fico, poiché ia natuva sembra aver
fatto tutto per quest'isola felice. Ma
il nome nativo di Tahiti fu sco-
perto da Cook, e su tutti gli altri
giustamente prevalse ed a tutto
l'arcipelago si estese: dopo Cook
quest'isola fortunata divenne il luo-
go di riposo per tutti i vascelli
che veleggiavano nel mare del Sud.
L'idolatria, i sagrifizi umani, e al-
tri depravati costumi disparvero si-
no dal 1797 colla inlroduzione del
cristianesimo. La loro lingua è dol-
cis>iraa, e l'alfabeto si compone di
dodici lettere. Il governo è mo-
narchico ereditario; la schiavitù e
la poligamia sono bandite; una
nobiltà ereditaria è proposta al go-
verno dei singoli distretti, ed il
parlamento tahitano gode del po-
tere legislativo. Nel principio del
OCE
presente secolo fatalmente le socie-
tà bibliche e metodiste d'Inghilter-
ra vi mandarono alcuni loro mis-
sionari, che come buoni meccanici
ed esperti artigiani, prese sotto la
sua protezione il re Pomarè 1. Alla
sua morie nel i8o3, Potnarè li o
Otow di lui figlio fu cacciato da una
possente fazione ad Eimeo, uno dei
punti più in)portanti xlella Poli-
nesia; vi si inaugurò la prima ti-
pografìa di quella regione, ed il
suo collegio ha il titolo di accade-
mia del mare del Sud, fondato dai
ministri anglicani. I missionari an-
glicani resero più micidiale la guerra
civile; uno di essi, Nolt, però con-
vertì al cristianesimo il re, che
traendo forza e coraggio dalla sua
nuova credenza, sconfisse i nemici,
ritornò a Tahiti, e si fece sovrano
assoluto di tutto l'arcipelago; e in
poco tempo i sudditi abbandona-
rono Horo e l'idolatria e abbrac-
ciarono la sua religione, laonde le
isole della Società si trovarono sot-
to la piena influenza de' metodisti,
ed il re nell'isola di Belvedere tra-
dusse la Bibbia dall'idioma inglese
nel taitano. Morto nel 1821, gli
successe Pomarè IH, già dominato
sino dalla fanciullezza dai metodi-
sti, i quali governavano soli da
padroni l'isola, ma con impolitica
severità, abolendo i loro costumi
e introducendo un governo rap-
presentativo. Governando i meto-
disti da padroni l'isola, senza ri-
guardo ui più antichi usi degli a*
bitanti, affatto fecero sparire il go-
verno patriarcale e paterno: ma
chi vuol troppo tirar , spezza la
corda. Nel 1828 Tahiti procla-
mò la sua indipendenza, ed al-
la bandiera inglese fu surrogato
lo stendardo nazionale rosso con
una stella bianca. Nel 1827 a
OCE
■Pomarè TU successe la regina Po-
marè , divenuta famosa per le
sue vicende e disavventure, men-
tre regna sotto la piena domina-
zione francese , essendosi da ulti-
mo sedate le gravi vertenze tra
la medesima e la Francia. Intan-
to nell'anno i836 la società delle
missioni cattoliche inviò a Tahiti
due missionari francesi, mentre la
chiesa protestante Tahitana era di-
visa dallo scisma, che però si riu-
m per scagliarsi contro di loro
protetti dalla regina. Sarebbero sta-
ti uccisi se Morenhoet incaricato
d'allàri degli Slati Uniti non li a-
vesse difesi coi francesi stabiliti
neir isola^ onde perchè venne de-
stituito dal suo governo, la Fran-
cia lo dichiarò suo rappresentan-
te, e inviò alcuni legni da guer-
ra a chiedere riparazione degli ol-
traggi fatti ai suoi sudditi. Una
multa fu imposta e pagata, ma
appena partita la spedizione fran-
cese, ricominciarono più violenti le
vessazioni. La Francia non tardò
a spedire una seconda squadra a
Tahiti, e tra le altre cose che ot-
tenne fu l'accesso libero a qualsia-
si francese sacerdote o secolare^ ed
il locale per edificarvi una chiesa
cattolica, e che i sacerdoti potes-
sero esercitare il loro ministero.
Tuttavolta queste concessioni ven-
nero quasi subito violate. Per cui
nel novembre 1842 il suddetto
ammiraglio Du Petit, ricomparve
nella baia di Pepiti per dowianda-
re per la terza volta in nome del-
la Francia riparazione ai torti fat-
ti ai suoi nazionali. L'isola era di-
visa in due partiti, inglese e fran*
cese, pel primo pendeva la regina
Pomarè, come dominata dai missio-
nari protestanti; ma il partito lian-
prevalse e obbligò la regina
OCE a5i
a pregare l'ammiraglio a ricevere
lo slato di Tahiti o Tai'Li sotto la
protezione della Francia che accet-
tò il protettorato. Cosi la Francia
colla recente conquista delle isole
Marchesi e col possedimento delle
isole della Società , regna adesso
sulla più bella porzione della Po-
linesia.
Finalmente appartengono a que-
sto vicariato le isole Marchesi, qua-
si nell'arcipelago Paumotou, nel
quale si comprendono tutte le iso-
le un tempo contenute nell'arcipe-
lago o Mare Pericoloso, e nel Ma-
re Cattivo, che complessivamente
poi si dissero isole Basse, che per-
corsero pei primi nel 1606 e 1616
Quiros. Le Maire e Schoulen, e
tra gli ultimi Cook, che gli abitan-
ti tengono per un Dio; essi sono
di colore più o meno bruno. In
vicinanza di tali isole si trovano i
Morai, necropoli con tombe in
pietra quadrate molto simili ai se-
polcri europei, ciò che prova che
sebbene vario nome diano gì' isola-
ni alle loro divinità, non differisco-
no sul modo del culto, di cui sem-
brano avere attinto le idee da
universale tradizione. In tutta la
Polinesia vi sono i Morai, ed ogni
famiglia ha il suo particolare, per
Io più situati ne' monli^ che con-
siderano gli abitanti come ultimo
soggiorno de' morti. I templi delle
isole Marchesi sono chiamati Mini,
che significa consecrati. Nella Nu-
kahiva sono in uso i sàgrifizi u-
mani, e l'antropofagia sussiste in
alcuni luoghi, I progressi del cat-
tolicismo e dell' incivilimento fran-
cese elimineranno s\ barbare co-
stumanze. I missionari senza suc-
cesso, almeno sino agli ultimi tem^
pi , tentarono convertire gì' iso»
lani al cristianesimo. Nel gruppo
a5a OCE
boreale che si disse lungamente ar-
ci pelago di MeDdana e poi di Nu-
kahiva, suddiviso fra le isole Mar-
chesi e quelle di Washington, for-
mano l'appendice di quello di Pau-
motou. Tatui va o Magdalena è la
più meridionale, che vide Alvaro
Mendana allorché le scoprì nel
1606, da lui chiamate Marchesi
dal marchese di Mendoza, allora
viceré del Perù: il miglior porto
è formato da una comoda baia
sulla spiaggia australe. Tauwatte
o s. Cristina è l'isola più frequen-
tata dai navigatori, con bel por-
to che si denominò Madre de
Dios. Hiliahoa o Dominica è la
più grande isola delle Marchesi ,
interamente boschiva con colline.
Gli abitanti dal più moderno no-
me dell' arcipelago sono chiamati
nukahiviani, sono bellissima gente
sia moraltneute che fisicamente ;
sono molto amanti del patriotti-
smo e del suolo che racchiude le
ceneri de' loro avi e congiunti. Vi
è un re, ed i suoi sudditi sono
sottomessi egualmente all' autorità
tutta patriarcale d'un cèrto nume-
ro di capi, l'influenza de' quali è
dolce e benevola; la popolazione
è divisa in tribù, e molte sono po-
co note, come si apprende dalle
narrazioni di d'Urville, di Du Pe*
tit-Thouars, non che dell' ammi-
raglio russp Krusenslern. I figli ed
i nipoti del re sono trattati come
divinità. Hanno diverse eleganti
manifatture. Il clima delle isole
Marchesi è caldissimo, e ciò non
ostante molto salubie. L'aspetto del
paese è estremamente pittoresco; la
fertilità del suolo è grandissima;
la vegetazione è vigorosa e varia-
ta. I forti che hanno stabihta la
presa di possesso delle isole Mar-
chesi per la Francia, sodo slati eret*
OCE
li sui punti più rimarchevoli dei
due gruppi dell'arcipelago. La co-
gnizione del gruppo di tali isole è
interessantissima pei naviganti, so-
pra tutto per quei che dai porti
d'Europa, passato il capo Ilorn, si
recano alla spiaggia nord- ovest del-
l'America, ed offrono più vantaggio
dell'isole della Società o di Tahiti,
per la maggior sicurezza e brevità
della navigazione; riflessioni che di-
vengono più importanti nella sup-
posizione del taglio dell'istmo di
Panama.
Notìzie del vicariato apostolico
dell' Oceania centrale.
Questo vicarialo apostolico fu
eretto da Gregorio XVI nel 184^,
nell'Auijtralia o Oceania o Poline-
sia centrale, e come giacente nel
centro dell' Oceania^ si estende a
tutte le isole comprese tra l'Equa-
tore al nord, ed il tropico del Ca-
pricorno al sud. Ira il Meridiano
che passa per Mangea all'est, ed
il Meridiano che passa per la pun-
ta orientale di s. Christoval nell'ar-
cipelago di Salomone all'ovest. Le
isole che meritano particolare men-
zione sono Wallis, Morella o Ou-
rea: la popolazione di Wallis è di
3ooo quasi tutti cattolici, tranne il
re; Futuna nell'isola di Horn, gli arci-
pelaghi di Jonga o Tonga, Hamoa,
Fidgi, Viti, la Nuova Caledonia, le
Nuove Ebridi, Nukutea, piccola iso-
la dov'è stata fabbricata una chie-
sa e residenza de'raissionari. Que-
sto vicariato è affidato ai maristi,
e nel corso di pochi anni non me-
no di 60 alunni di quella congre-
gazione si sono portati nell'Ocea-
nia per procurare la conversione
degli isolani. Pietro Chanci di Bel-
ley, uno de'primi missionari che si
OCE
recarono in queste remotissime iso-
le, è stato ii primo a versare il
sangue per la fede di Gesù Cristo
a' 26 maggio 1841. Ultimamente
era n vi circa dieci missionari, oltre
i prelati vicario apostolico e suo
coadiutore. La stazione di Wallis è
s. Gio. Battista, e la residenza dei
missionari è nel recinto dell'abita-
zione del re. In Futuna evvi altra
stazione; in meno di dieci mesi i
missionari vi battezzarono molli in-
dividui e fecero mille catecumeni.
Nell'isola Wallis l'esercizio del cul-
to cattolico è libero^ e non si de-
siderava che la conversione del prin-
cipe. Nel 1846 tutti ì missionari
della Nuova Caledonia furono bar-
baramente uccisi dai nativi selvag-
gi, per piantarvi con eroico zelo
l'evangelo. L'isola Wallis o Urea
deve la conversione degli isolani al
p. Balaillon ora vicario apostolico,
il quale però non giunse a conse-
guire il sublime scopo prefissosi, se
non dopo molte fatiche , pazienza
e prudenza nel iBSy. Allorché po-
se piede nell'isola Nukutea fu con-
siderato dagli abitanti come uno
di quegli avventurieri vomitali sul-
le spiaggie dalle navi baleniere, ed
avidi di far fortuna in incogniti
paesi. Senza usare alti di violenza,
si contentarono chiamarlo coi nomi
i più villani, allontanandosi da lui.
11 buon missionario rassegnalo alla
sua sorte, sopportò con calma eroi-
ca tali patimenti, celebrando la mes-
sa ora in mezzo a boscaglie impe-
netrabili, ora cit :ondato da oziosi
e curiosi. In breve apprese le prin-
cipali espressioni della lingua, e po-
tè facilmente intendere le impreca-
zioni delle quali era il soggetto, ma
non vi rispondeva che con conte-
gno esprimente la serenità dell'am-
ino e la pietà che gl'ispiravano que-
OCE 253
gli infelici. Dopo qualche mese la
dolcezza del suo carattere gli gua-
dagnarono l'amicizia di otto o die-
ci naturali delTisoletta, ove risiede
il capo Laugahalaj il quale si di-
chiarò di lui protettore, ed esorlò
la sua tribù ad ascoltarlo, onde fe-
ce molte conversioni. Erano decor-
si due anni, ed il piccolo gregge
divenuto più numeroso, mostrava
avanti i suoi fratelli persecutori pa-
gani, costanza e rassegnazione ve-
ramente cristiana. Le tribù pagane
posero a sacco i loro campi, e quan-
do i nuovi cattolici si disponevano
trarne vendetta, il missionario ten-
tò con una pacifica crociata la si-
multanea conversione di quegl'ido-
latri. Presa una bandiera coli' im-
magine di Maria Vergine, si recò
nell'isola principale ove risiedeva
il re Lavelòa, cantando le divine
lodi coi cattolici, onde a poco a po-
co si riunirono tutti sotto il reli-
gioso vessillo ; il trionfo fu com-
pleto, seguì la pace, e moltissimi si
fecero cristiani, e in progresso se ne
aumentò il numero che rese florida
la missione da meritare l'erezione
in vicariato apostolico.
Wallis o Urea gruppo d'isole nel
grande Oceano equinoziale , non
lunge dalle isole de' Navigatori, nel-
la Polinesia centrale, fu scoperto
dal capitano Wallis nel 1767. Cin-
to da una zona di scogliere, vi si
trovano alberi di cocco: i nativi
robusti ed operosi, andavano qua-
si interamente nudi, ed erano pa-
gani. L'isola di Horn, che contiene
Futuna nel detto Oceano, fu sco-
perta con altra dello stesso nome
da Le Maire e Schoulen nel 1616,
allora comandate da un capo. Gli
abitanti abili nuotatori sono color
di rame, con capelli lunghissimi,
che intrecciano minutamente con
a54 OCE
moltissima cura ; maggiore è quel-
la che vi hanno i capi, la cui ac-
conciatura forma una zazzera rag-
giante, e chi la fa occupa una ca-
rica assai onoriHca. Uomini e don
iie vanno nudi sino alla cintura.
L'arcipelago di Jonga o Tenga è
presso al tropico di Capricorno, ed
è composto da una moltitudine d'i-
solotti o atolloni. Gli abitanti, del
color di rame carico, sono osserva-
bili pei loro lineamenti, regolare
struttura e bellezza ; la simulata
loro dolcezza, con cui viene inor-
pellata la proclività al furto, illuse
nel 1773 Cook che chiamò la re-
gione, Isole degli amici, dicendosi
pure Isole de* navigatori. Il loro di-
scopritore fu il capitano olandese
Tasmaii nel i643. Amano gl'isola-
ni molto la musica, la danza e i
sollazzi ; il popolo vi è quasi schia-
•vo, prevalendo i nobili ed i mini-
stri del culto superstizioso, per una
specie di feudalismo. Molte divinità
sono in venerazione, e persino le
famiglie vantano un genio tutelare:
la dea de'venti Filatonga ha pub-
blico culto; è pure in gran ripu-
tazione il Dio degli inglesi, per
aver essi insegnato loro a lavorare
armi, navi e tele. Queste isole tut-
te unite furono dominate da Fi-
iiow I, ma oggi vi comandano pa-
recchi capi indipendenti. Nell'arci-
pelago d' Hamoa, tra le numerose
sue isole, sette si possono conside-
rare importanti e rette da capi in-
dipendenti. Gli abitanti non sono
estranei alla civiltà, alle arti e al-
l'agricoltura, e si vantano lodati
lavori prodotti dalle loro mani. La
Perouse nel 1781 visitò le mag-
giori isole, e il capitano Edward vi
approdò dieci anni dopo. Fidgi ar-
cipelago del grande Oceano equi-
noziale ha isole geueralmente ferti-
OCE
li, i cui abitanti hanno tinta nera,
sono antropoHigi e feroci: dipendo-
no da più capi indipendenti, e so-
no sovente in guerra tra loro. Abe-
le Tasraan scoprì questo arcipelago
nel 1643, e le chiamò Isole del
principe Gugl'elmOj mentre altri le
nominarono Fitì o TViù ^ ma il
nome di Fidgi ha generalmente pre-
valso. La Nuova Caledonia è una
grande isola dell' Oceano Pacifico,
e con molla pena si giunge a pe-
netrarvi ; è attraversata da una ca-
tena di montagne, con alcuni tor-
renti. 11 terreno è generalmente po-
co fecondo, tranne le pianure. Gli
abitanti hanno nero il colore, sono
tristi e taciturni : le donne s'immer-
gono nell'acqua per la pesca delle
conchiglie, che forma parte del lo-
ro alimento. 11 celebre Cook scuo-
pri la Caledonia nel 1774 e diede
fondo nel porto di Balade ; Enlre-
casteaux la visitò nel 1793 e 1794
attentamente, e chiama gì' isolani
barbari e antropofagi. Gli inglesi
e i francesi vi seminarono dei gra-
ni, e dipendono geograficamente
dall'isola quelle chiamate lOsser-
vatorio, Beauprè, Loyally, Botani-
ca, Huhohua e de'Pini. L'arcipela-
go Quiros, così detto nel 1 5o6 dal
suo discopritore spagnuolo, egli lo
chiamò Spirilo Santo, benché con
maggiore proprietà si dissero le iso-
le Nuove Ebridi. E montuoso con
vulcani, e lìertile. Diverse razze abi-
tano queste isole, ed alcune souo
delle più sozze e di color nero,
attive ed agili ne. maneggio delle
armi : le donne sono trattale come
bestie da soma, mentre gli uomini
restano oziosi. Cook nel 1773 sco-
prì molte isole dipendenti da que-
sto gruppo, e le disegnò sotto il
nome di Nuove Ebridi : sono le prin-
cipali, Espiritu Sancto la più gran-
OCE
de di tutte, Malicollo, Snndwich,
EiTomango al cui conquisto nel
1829 mosse con spedizione navale
il re d'Hawaii, e Tanna nella quale
arde un permanente vulcano.
Notizie del vicariato apostolico
di Sandwich.
Questo TJcanalo apostolico fu eret-
to da Gregorio XYI nel i844> "c^-
]a Polinesia o Oceania orientale,
già prefettura apostolica sino dal
i8a6, indi nel i833 entrò a far
parte del vicariato orientale dell'O-
ceania. Sono quattordici le isole di
Sandwich nell'arcipelago Hawaii, e
formano un regno. Honolulu o Woa-
hou è la capitale: in Oaliu vi è
una cappella, ed altra nella prece-
dente, ov'erano 36oo cattolici. A.
questa missione fu donato in Val-
paraiso uno stabilimento attissimo
a mantenere le comunicazioni colla
Francia, e vi risiedono sempre due
padri della congregazione de'picpus,
alla quale fu affidato il vicariato
della Polinesia boreale ed australe.
In tempi che i missionari furono
rilegati nella California, restarono
per conforto de'converliti in Sand-
wich, ch'erano 100, i catechisti. I
ministri evangelici nelTessere espul-
si dall' isola lasciarono ai fedeli ia
ss. Eucaristia, le dì cui specie fu-
rono ritrovate intatte dopo un lun-
go lasso di tempo. Vi si gode per-
(ètta pace fin dal tempo in cui il
capitano francese dell'Artemisia, La
Place, nel luglio 1889 approdò qui-
vi, e domandò al governo risarci-
mento dell'ingiuria e del danno re-
cato con quell'espulsione, e minac-
ciò di dar principio alle ostilità fra
due giorni, se il re non calava ad
un accordo che guarentisse la liber-
tà del culto cattolico ai nativi non
OCE -^5^
meno che ai forestieri : ì missiona-
ri pure pel suo risoluto contegno
vi ritornarono. Però i melodisti in
queste isole stanno in confronto ai
cattolici come uno a dieci. Non è co-
sa singolare che solo i ministri angli-
cani abbiano grandi poteri spiiitua-
li, ma è incomprensibile che li abbia-
no eziandio le loro mogli. Dell'inef-
ficacia tuttavolta delle Missioni dei
Missionari protestanti parlammo a
tali articoli, e pei loro fini più che
mondani, è a vedersi V Oceania del
Rienzi. Questi assicura che il prin-
cipale scopo de' missionari inglesi
nell'Oceania, sia d'indurre que' po-
poli a vestirsi di slolìe inglesi. {.
missionari protestanti sono stati poi
anche qui acerrimi persecutori del-
la religione cattolica e de'suoi mi-
nistri ; furono essi che ottennero
dal re di Sandwich la proibizione
ai sudditi d'intervenire alle funzio-
ni del culto nelle cappelle cattoli-
che, e di ciò non pughi lo indus-
sero a cacciar da'suoi stati tutti i
sacerdoti cattolici.
L'arcipelago Hawaii è nella estre-
mità boreale della Polinesia, attra-
versato dal tropico del Cancro, e si
estende sull'Oceano per lo spazio di
200 leghe. Questo importante ra-
dunamento d'isole si chiamò sin qui
di Sandwich, in onta del suo pri-
mitivo nome, come avvertì i! Balbi.
Furono denominate di Sandwich ,
in onore del conte di Sandwich,
primo lord dell'ammiragliato d'In-
ghilterra, quando il capitano Jaco-
po Cook le scopri nel 1778 nell'ul-
timo suo infelice viaggio. Le isole
Hawaii sono destinate a rappreseti*
tare nella Polinesia, e forse nell* in-
tera Oceania, tutto il trionfo della
civilizzazione. La loro posizione lun-
go il gran cammino marittimo che
unisce tre parti di mondo, l' eccel-
5% oc E
lenza clc'Ioro porti ed il cnratlcre in-
traprendente degl'isolani fanno pre-
sagire a questa regione alti destini.
In fatti sebbene fossero vedute da-
gli anticbi navigatori spagnuoli, non
vennero esse indicate all' Europa
ctie da Cook e da King nel 177^^,
ed io meno di mezzo secolo posse-
devano già una flottiglia ben mon-
tata ed una marina mercantile, col
quale navile fanno viaggi alla co-
sta nordovest d'America, a Canlon,
e ne' vari porti dell'Oceania. Quan-
do le colonie spagnuole si levarono
a indipendenza, le isole Sandwich
acquistarono importanza assai mag-
giore, come posizione marittima e
commerciale. Gli europei stabiliti
nelle isole principali v' introdussero
i più indispensabili mestieri, la reg-
gia del monarca ed i palazzi dei
grandi sono mobiliati con qualche
lusso. Un forte regolare, munito di
trenta cannoni, difende il gran porto
di Hanaruru nell'isola Woahou, ch'è
la stazione dei legni da guerra, ed
altro forte di ottantaquatlro canno-
ni è propugnacolo della reggia. Nel
1820 i missionari anglo-americani
convertirono gran parte degli abi-
tanti al cristianesimo, deturpato però
dagli errori della pretesa riforma ;
per altro lo zelo de' missionari fran-
cesi, con successo in parte separa-
rono il buon frumento dal loglio,
loUiim tumulentum di Linneo. Le
scuole elementari ed i collegi in-
trodottivi dai primi contano più
migliaia di allievi, ed una tipogra-
fia stampa libri ascetici e morali
nella lingua nativa. Dal 1787 al
1 8 1 9 tutto l'arcipelago fu assogget-
tato al celebre Tamehamea I, che
assunse anche l'offizio di sommo sa-
cerdote, il quale gì* inglesi onora-
rono coi titoli di Alfredo é di Pie-
tro il Grande dell'Oceania : paven-
OCE
landò che gli americani ed i russi
volessero stabilirsi in rpialche isola,
pose la sua indipendenza sotto il
patrocinio della Gran Bretagna. Alla
sua morte il potere passò nelle mani
di Riho-Riho o Rikoviko suo fi-
gliuolo, ossia Tamehamea li, e fu
questi che distrusse la grossolana
idolatria , inchinandosi al vangelo
e distruggendo il terribile tahou o
sistema superstizioso predominante
da tempo immemorabile nelfOceano
Pacifico, di che forse non si ha e-
sempio fuori della Polinesia. Consi-
steva il taboH in una legge arbi-
traria di divieti, privazioni e pati-
menti che opprimeva ogni classe
d'individui e precipuamente le classi
minori, e le donne cui era vietato
la promiscuità de' cibi e di man-
giare in presenza degli uomini. Que-
sta felice rivoluzione però e l'atter-
ramento dell'antico culto non furo-
no senza sangue; fortunamente Rri-
maku primo ministro del re aven-
do appreso dagl'inglesi l'arte mili-
tare, giunse a togliere ai russi
ausiliari del tributario Ti muri re
dell' isola Atui il forte da qiielli
edificato, colla prigionia ed eccidio
dello stesso Ti muri, cui fu tomba
l'Oceano. L'infelice spedizione di
Erromanga oscurò i trionfi degl'i-
solani, e menomò il traffico del san-
dalo, che in Cina si arde come in-
censo. Memore del vassallaggio giu-
rato a Vancouver nel 1792 in fa-
vore del re della Gran Bretagna,
e desideroso di acquistare maggiori
cognizioni in Europa, Tamehamea li
insieme colla regina sua sposa si
recarono a Londra, ove morirono
nel 1821 di rosalia. La corona ven-
ne ereditata dal fratello Kauikeouii,
e funebri onori furono resi ai reali
sposi, quando il corteggio ne riportò
le spoglie in patria. 11 clima di que-
OCÉ
Ib^o arcipelago è dolce, e la collurd
s\ipplisce ove non è ferace il suolo.
Le isole hanno aspetto montuoso e
vulcanico. La stalurjl degli indige-
ni è vantaggiosa, le forme regolari,
il colore bruno, la fisonomia gra-
ziosa ; parlano \'à lingua propria de-
rivata dalla malese, ed hanno in-
dole franca ed allégra; voglionsi d'o-
rigine asiatica. Oia vestono ed os-
sei'vanò varie costumanze europee.
L'isola Woahou gode il primato
politico e atnminiStrativò sulle al-
tre ; essendovi copia di tutte le più
squisite frutta tropicali, si meritò il
titolo di giardino dell'Hawaii. Ho-
iloluu o Hatiarurii, vaga città con
il miglior porto dell'arcipelago di-
feso dà due forti, è la capitale del
regno. La reggia fu edificata in piè-
tra nel 1824J ^* sono case di com-
mercio, alberghi, atnpio mercato;
vi si pubblica una gazzetta inglese
e pariBcchi giornali letterari^ ed uno
in lingua hawiana. L'isola Hawaii,
tianne la Tasmania, è là maggiore
dell'arcipelago: quivi la fertilità del
suolo è lussureggiante, e sussiste una
mitologia tutta speciale. Rarakau cori
tósa regia e forte, è celebre per la
ihfelice morte di Cook nel 1779;
gli uccisori si disputarono a brani
il cadavere, divido fra i. più rino-
mali guerrieri dell' isola , tìella su-
perstiziosa credenza di ereditarne le
c|ualità ; cagione dell'assassinio fu la
ricupera che Cook voleva fare degli
oggetti rubati dagli abitanti, i quali
l'avevano ricolmato di distinzioni. I
pochi avanzi furono onorati di mi-
litare sepoltura è mouumerito. Di-
poi gì* isolani lo piansero ariiarametì-
ttj credendo in lui il re Crono le-
W^. di vivo, e gli porsero voti sino al-
l'epoca della religiosa riforma. Le
ài tre principali isole Sono Mowi po-
jyolosa, Atowai o Atui fertile, e
voi. XLvin.
OCR iSj
Onihau ben popolata. Nel 1846 il
re delle isole Sandwich, dopo aver
dato a' suoi stati il sistema rap-
presentativo, emanò un decreto per
costituire il suo gabinetto all' eu-
ropea, nominando i ministri della
guerra, deirinterrio, degli affari este-
ri , della giustizia , delle finanze é
del commercio . Il ministro del-
la guerra è presidente del coiisi-
glio. Il ré ha pure mandato uri
suo agente diplomatico a risièdere
in Parigi.
OCRA. Tommaso, Cardinale. Toni-
ihaso della nobilissima famiglia di
Ocra, così detta da un feudo che
possedeva nel Samnio, provincia del- .
r Abruzzo, altri scrivono in Tera-
mo, fino dai verdi suoi anni si de-
dicò a Dio neir ordine de' celestini.
Ove divenne chiaro per santità di
vita, ed abbate di s. Giovanni in
Piano. Il fondatore del sUo ordine
S, Celestino V nel settembre 1294,
contro di lui vogliaj lo creò cardi-
nale prete del titolo di s. Cecilia
e camerlengo di s. Chiesa. Inter-
venne al conclave di Bonifacio VIII,
e passò agli eterni riposi in Napo-
li nel i3oo, e nella metropolitana
restò onorevolmente sepolto. Boni-
facio VIII die al cardinale in com-
mehda il monastero di s. Giovan-
ni in Venere nella diocesi di Chieti,
ed alla sua industria e sollecitu-
dine appoggiò r incarico di fare i
convenienti funerali a s. Celestino
V, benché avesse riùunziato il pon-
tificato.
OCRIDA o ACRIDA. Sede arci-
vescovile di Macedonia, esarcato di
Dacia, nella Bulgaria, cori Gastòriaì
ed altri vescovati suffragànei. Ocrì-
da, Acridan^ è ora un titolo arci-
vescovile in parlibus cori Càstorìai
pure in parlibus per suffiaganéli;
titoli che conferisce là sanità S'irfè'/
258 OCZ
Fedi A GRIDA, Bulgaria, Dacia, Tl-
iiRiA, Mesi A.
OCZRO Tommaso Giovanni, Cnr-
dinnle. Tommaso Giovanni Oc7ko
o Ocsko, nato dalla nobile ed an-
tica famìglia Ularsinia o Ulassinia,
meglio Wlassim, nella Boemia, es-
sendo proposto della collegiata di
tulli i Santi della rocca di Praga,
segretario e consigliere dell' impe-
ratore Carlo IV, fu nominato alla
chiesa d'Olmiitz, quindi ad istanza
di lai principe e contro sua volon-
tà, venne trasferito all'arcivescovato
di Praga. Urbano VF a'9 febbraio
1879 Io creò cardinale prete de'ss.
XII apostoli, e legato rt la/ere d\ tut-
ta la Boemia, a cui il Papa contro
il costume gli trasmise per distin-
zione le insegne cardinalizie e la
croce della legazione. Il pio cardi-
nale dopo avere provveduto alle
necessità de* poveri e al decoro del-
le chiese, rivolse le sue mire a sol-
levare le persone cadute in bassa
fortuna, ed i pellegrini che si por-
tavano in Terrasanta, a beneficio
de* quali fondò in Vesgrado un
ampio e comodo ospedale, e dotollo
di pingui e copiose rendile, ed un
altro ne fabbricò in Praga per man-
tenimento delle persone cadute in
povertà. Dopo aver accresciuto il
palazzo arcivescovile e ornato ma-
gnificamente la sua chiesa di Pra-
ga, vi fece costruire due sontuose
cappelle, una in onore della Beata
Vergine, 1* altra alla memoria della
passione del Redentore. Ebbe un
grande ascendente sullo spirito del
re Venceslao, il quale a di lui in-
sinuazione moderava talvolta alcun
poco il furore delle brutali sue pas-
sioni, dalle quali si lasciava tras-
portare, essendone pur vittima s.
Giovanni JVepomuceno. Consagrò
io arcivescovo di Magonza l' eletto-
ODD
re Adolfo, e i^ccolli i cadaveri dei
vescovi defunti, li face collocare in
vasto sepolcro di marmo bianco.
E fama che la Beata Vergine gli
apparve nella fortezza di Radwile ;
e finì santamente i suoi giorni in
Praga nel i38o, restando sepolto
nella chiesa dei ss. Ottola ed E-
tardo in un magnifico avello.
OD ALDO, Cardinale. Odaldo
cardinale prete del titolo di s. Bai-
bina, intervenne ad una concessione
che nel 11 ^3 fece Calisto li, a fa-
vore del monastero di s. Remigio
di Provenza, e ne sottoscrisse la
bolla.
ODDI Jacopo, Cardinale. Jacopo
Oddi, nato a* 12 novembre 1679
da illustre e antica stirpe in Pe-
rugia, nipote del cardinal Antonio
Banchieri per canto di madre, lau-
reatosi in patria in ambedue le leg-
gi sul cominciare del 1702, ed an-
noverato nel 1709 tra i dottori
del collegio dell'università, si tras-
ferì in Roma e meritò di essere
ammesso in prelatura, indi fu a-
scritto tra' referendari di segnatura
e nel collegio de' protonotari par-
tecipanti. Venne quindi occupato
da Clemente XI nel reggimento
de* popoli soggetti al dominio della
Chiesa, tra' quali si contano quei
di Sabina, di Rimini, di Fabriano,
d' Ancona, di Civitavecchia e di
Viterbo. Avendo in questi gelosi
impieghi dato prove de' suoi talen-
ti, e col carattere di commissario
apostolico composte con piena sua
lode le differenze insorte tra la
santa Sede e la corte di Parma,
fu nel 1733 da Clemente XII fat-
to arcivescovo di Laodicea in par-
tihus e destinalo alla carriera del-
le nunziature apostoliche. Compite
con somma riputazione quelle di
Colonia e di Venezia, passò nel
1
ODD
1739 a risiedere qual nunzio di
Lisbona piesso Pietro li re di Por-
togalloj dove merilossi lulla la sti-
ma di quel sovrano e di Benedetto
XIV. Questo Papa a' 9 settembre
1743 lo creo cardinale prete e per
titolo gli conferì la cbiesa di s.
Girolamo degli Scbiavoni; indi suc-
cessivamente lo fece legato di Urbi-
no e Pesaro, e poi di Ravenna, qua-
li Provincie governò come amorosis-
simo padre e giustissimo principe.
D' una iscrizione pubblicata come
legato di Ravenna, si può vedere
Zaccaria, Storia lett. d'Italia voi.
Il, pag. 294. Nell'anno 1749 o nel
1750 fu fatto vescovo di Viter-
bo, dove tra le altre cose compar-
ii segnalati benefìzi allo spedale de-
gli orfani e fondò poco distante
dalla città una pia casa pel ritiro
degli ordinandi, onde occuparsi ne-
gli esercizi spirituali di s. Ignazio,
e gli altri sacerdoti a loro arbitrio,
e la fornì di tutto il bisognevole.
Edificò parimenti ad uso de* vesco-
vi un palazzo fuori della città in
luogo delizioso ed ameno, detto la
Palenzana. Impiegò somme immen*
se di denaro negli arredi sacri del-
le chiese, nelT atto singolarmente
di visitare la sua diocesi, in cui si
occupava sovente, mostrandosi im-
pegnatissimo pel decoro della casa
del Signore e per l' esatta osser-
vanza de' sacri riti e delle ecclesia-
stiche cerimonie. Nel 1762 convo-
cò il sinodo diocesano, pel quale
incontrò in Roma diverse contrad-
dizioni, ma dopo maturo e diligen-
te esame tenuto da una congrega-
zione a tale effetto deputata da
Clemente XIII, ne uscì glorioso e
trionfante. Dimesso il primo titolo,
ottenne successivamente quello di
s. Lorenzo in Lucina, quando di-
venne il primo cardinale dell' ordi-
ODD 2%
ne de* preti. Avendo contribuito col
suo suffragio all'elezione di detto
Papa, questi a di lui istanza asse-
gnò alla sagrestia della sua catte-
drale 1' annua pensione di scudi
cinquanta, da pagarsi in perpetuo
dalla mensa vescovile. Attesa la sua
estrema vecchiezza non potè inter-
venire al conclave in cui uscì elet-
to Clemente XIV. Dopo avere san-
tamente per quattro lustri gover-
nata la chiesa viterbese, portatosi
a persuasione de' suoi congiunti in
patria, dopo breve tempo morì a' 2
maggio 1770 d'anni 91 non com-
piti e 27 di cardinalato, e fu se-
polto nella chiesa del GesCi de'ge-
suiti, non onorevole iscrizione, al de-
stro lato della cappella del ss. Cro-
cefisso, conforme egli avea disposto.
Questo cardinale oltre la dottrina
ed una singolare pietà di cui era
fornito, ebbe un cuore grande e
generoso, perdonando sinceramente
ai suoi nemici e calunniatori. In-
verso ai poveri si mostrò così li-
berale e profuso, che per sollevare
le loro miserie giunse più d' una
volta a vendere le proprie argente-
rie. Appartenne alle congregazioni
de' vescovi e regolari, di consulta,
della disciplina regolare, e della ce-
remoniale. Fa protettore della cit-
tà di Perugia, di Bertinoro e di
Bolsena ; del collegio dell' Umbria
e Nrceta Lassi in Roma ; delle con-
vittrici del Bambin Gesù d* Ascoli ;
della collegiata di Modigliana ; dei
monasteri di Monte Luce e delle
cappuccine di Perugia^ come di
quello di s. Daniele di Fano ; del-
le confraternite di s. Gio. Battista
di Loano e di quella colf ospedale
della disciplina di Ronciglione.
ODDI Nicolò, Cardinale. Nicolò
Oddi nobile di Perugia, ivi nacque
a' 27 settembre 1715. Sotto la di-
a6o
ODD
rezione del cardinal Jacopo suo zìo,
ricevette un' educazione civile, nio-
vQÌe e letteraria conveniente al suo
grado. Ne fece lodevole profìtto e
si distinse per le sue amabili qua-
lità. Conoscendone il merito Bene-
detto XIV, a' i4 gennaio 1754 lo
fece arcivescovo di Traianopoli m
parùbus e nunzio apostolico di Co-
lonia. Giunse al suo destino a' 9
agosto, ed ebbe in suo uditore
Giambattista Donati, poi vescovo di
Cervia, ed in segretario Filippo
Evangelisti, in seguito capo cifra
della segreteria di stato. Clemente
XIII Io trasferì alla nunziatura di
Lucerna nella Svizzera, per la qua-
le partì a' 16 agosto 1760. Il me-
desimo Pontefice nel 1764 lo no-
minò nunzio straordinario alla die-
ta elettorale in Francfort per re-
iezione deir arciduca Giuseppe II
in re de' romani, con amplissime
facoltà. Come zelante del decoro
della santa Sede e peritissimo neU
la diplomazia, in questa circostan-
za abilmente rivendicò diversi di-
ritti e privilegi alla romana Chiesa,
fra' quali quello di godere i nun-
zi apostolici la precedenza e il pri-
mo posto nel corpo diplomatico.
Nella stessa dieta T illustre prelato
oppose petto forte e sacerdotale ai
maneggi de* nemici della Sede apo-
stolica, che cominciavano a trama-
re quelle innovazioni tendenti allo
scisma, che si manifestarono poi nel
conciliabolo d'Ems e negli ultimi
anni del troppo famoso secolo pas-
sato. Per dare degna ricompensa
alle sue grandi benemerenze, giù
Clemente XIII a' 20 febbraio del
mentovato anno lo avea traslocato
alla sede arcivescovile di Ravenna,
quindi nel concistoro de' 26 set-
tembre 1766 lo creò cardinale del-
l' ordine de' preti, conferendogli per
ODE
titolo la chiesa dì s. Maria in A*
raceli. Lo ascrisse alle congrega*
zioni della concistoriale, di propa-
gandaj dell* immunità e della ceri-
moniale, e lo nominò legato apo-
stolico di Romagna, onde si videro
riunite in lui le dignità eminenti
di legato ed arcivescovo della me*
desima cospicua provincia. Ma po-
co potè godere di sì grandi onori,
sorpreso da immatura morte eoa
dolore de'buoni, a* 25 maggio 1767,
nel collegio de* gesuiti d' Arezzo,
ove trova vasi di passaggio, quando
Roma e la Chiesa avevano sopra
di lui fondate le più giuste spe-
ranze pe'suoi talenti, dottrina, pru-
denza e probità. I funerali si ce-
lebrarono nella chiesa de' gesuiti ^
ed ivi restò sepolto.
ODENSEE o ODENZEE, OihU
nia^ Ottonia . Città vescovile di
Danimarca, capoluogo della diocesi
e dall'isola di Fionia,a 3o leghe
da Copenhagen^ sulla riviera del
suo nome^ residenza di un vescovo
protestante. Amenamente situata e
regolarmente fabbricata, ha tre
piazze pubbliche, il vecchio episco-
pio, la biblioteca. La cattedrale
rinchiude le tombe di molti re da-
nesi e specialmente di s. Canuto
IV, quivi ucciso nel 1086, e che
conservasi in una ricca cassa. Vi
sono altre sette chiese, ed una so-
cietà patriottica; commercia di pel-
li e birra. La città comunica col
mare mediante il canale di Oden-
se. Vi si parla con purezza la lin-
gua danese, e tra' suoi uomini il-
lustri citeremo Giacomo Benigno
Winslow medico e Tommaso Ban-
gias teologo. Questa città si tiene
per la più antica della Danimarca, fa^
cendosene risalire la fondazione a O-
dino; secondo altri le fu dato il nome
in memoria dell'imperatore Otto-
I
ODE
pe I, dal re Aroldo che la fece
(iibbi icare. li ci'istianesimo vi fu
stabilito verso il gSS, e circa tal
tempo venne eretta la sede vesco-
vile sulFraganea di Lunden [Fedi).
I vescovi del regno vi si raduna-
rono nel 1257 onde difendere la
dignità ecclesiastica, e vi fecero dei
regolamenti confermati dal Papa
Alessapdro IV in Viterbo. Nel
i528 vi si tenne una dieta, nella
quale si stabili la disciplina della
chiesa danese, secondo la introdot-
ta pretesa riforma e soppressione
del cattolicismo.
ODERICQ (beato). Nacque a
Porto-Naone nel Friuli, ed entrato
assai giovine nell'ordine di s. Fran-
cesco, diedesi a sorprendenti auste-
rità. Poscia ch'ebbp fatto professio-
ne passò qualche tempo in un ro-
mitorio, qijindi col permesso dei
superiori si recò nella parte delle
Indie orientali allor conosciuta, per
adoperarvisì nella conversione de-
gl' infedeli. Nello spazio di dicias-
sett' anni che vi dimorò, converti
^ battezzò piìi di ventimila perso-
ne. Ritornò in Italia per procurar-
si degli opprai evangelici, i quali
potessero aiutarlo nella sua missio-
ne ; ma logoro dalle fatiche e dal-
la penitenza, cadde malato a Pisa,
donde si fece trasportare ad Udi-
pe; ed ivi mori li i4 gennaio del
i33i. U spo corpo visitato qualche
tempo dopo la sua morte dal pa-
triarca d' A quileia, fu trovato cosi
fresco e flessibile, come se fosse
stato viyo. Questo sqnto religioso
è onorato il 3 di febbraio.
ODERZO, Opitergium. Città ve-
scovile del regno lombardo- vene-
to, nella provincia di Treviso da
9ui è distante 11 miglia, non mol-
lo lunge dal mare, iu un' amena
pianura di oltimQ china, sul JVfou<
ODE 261
ticano, fra la Livenza ed il Piave,
i quali facilitano il trasporto, sin-
golarmente per Venezia, de' pro-
dotti del suo territorio, assai uber-
toso di vini e grano. Regolar-
mente fabbricata, vedonsì de' rag-
guardevoli palazzi, spaziose strade
e buone piazze, meritando fra i
pubblici edifizi essere ricordato quel-
lo del comune con annesso teatro;
la chiesa già collegiata di s. Gio.
Battista con magnifico altare mag-
giore j diversi benefici e scientifici
stabilimenti ; alcuni buoni ponti.
Fra i privati edifizi nomineremo
quello de'Saccomani con delizioso
giardino e quello de' Tomitani e
Amai tei, ricchi di biblioteche scelte
e mss. rari, non che di pregiate
raccolte numismatiche. Di non po-
chi valenti uomini Oderzo fu pa-
tria, e fra i tanti rammenteremo
i fratelli Gio. Battista, Girolamo
e Cornelio Amaltei, celebri per di-
gnità e per dottrina, Attilio figlio di
Girolamo, fatto arcivescovo d'Atene
da Paolo V, ed il chiarissimo To-
mitano, da non molto rapito alle
lettere. Oltre il sobborgo, il suo
distretto è composto di dieci co-
piuni : il suo traffico è importante,
anche di sete, e principalmente di
legname, proveniente dal Bellunese
e dal Cadore.
Di Oderzo, una delle più anti-
che celebrate città d' Italia, s* igno-
ra r epoca della precisa sua origi-
ne. Ebbe il nome di Opitergio for-
se per la feracità del suolo, allusi-
vo all' Opi simbolo allora dell' ab-
bondanza ; e pare che già esistesse
alla venuta nella contrada degli
heneti e dei veneti. Fu compresa
nei dominii romani o per dedizio-
ne o per la forza delle armi. Di-
venne in seguito colonia romana q
niunicipioj con propri magistrati ^
nGi ODE
usi, feste, leggi, ed i costumi di
Koma stessaj di che esistono mol-
te memorie nelle superstiti iscrizio>
ni e antichità, e se ne scavano nel
suo antico Pomerio. Il tribuno Vul-
teio persuase mille opitergini a se-
guirlo sopra una nave armata a
favore di Cesare, e di uccidersi vi-
cendevolmente anziché arrendersi
ai Pompeiani nelle acque di Cur-
Zola. Tranquilla Opitergio sotto il
dominio imperiale, ebbe il collegio
degli augustali, i seviri, i quatuor-
"viri, ec. Verso il 87 3 venne per
la prima volta manomessa dal fu-
rore de*quadi marcomani ed altre
nordiche genti, che estesero le loro
scorrerie fino alla Piave. Fu suc-
cessivamente distrutta dagli unni
nel 4512, e quindi rifabbricata sotto
Teodorico re degli ostrogoti. Ro-
tari re de' longobardi l'abbruciò
nel 64I) e Grimoaldo la prese nel
667, ciò che pur fece Pietro Can-
diano IV doge di Venezia nel 971.
Da tanti disastri gli opitergini ram-
minghi edificarono Eraclea. In se-
guito Oderzo divenne proprietà dei
•vescovi di Belluno, investiti da Fede-
rico I. Il vescovo Everardouel 1 193
ne dispose a favore della famiglia
Camino, dal dominio della quale pas-
sò agli Eccellini, e da loro, dopo
il miserando fine degli stessi, la ra-
gione del più forte la fece attacca-
ta ai trevigiani; indi per le guerre dei
Carraresi e degli Scaligeri col comu-
ne di Treviso, passò in potere ora di
quelli, ora di questi, finche nel i335
i veneziani, scacciando gli uni e gli
altri, ne rimasero soli padroni, si-
no air estinzione della loro repub-
blica, di cui ne seguì i destini.
La sede vescovile alcuni la fau-
no originata dai tempi apostolici,
suffiaganea di Aquileia, poiché la
fede vuoisi predicata in Oderzo dai
ODE
seguaci dell'evangelista s. Marco e
da s. Prosdocimo discepolo di s.
Pietro^ che convertì il tempio di
Marte nella chiesa di s. Giovanni
Battista. Non si conoscono i primi
vescovi, onde V Ughelli, Italia sacra
t. X, p. i5i, incomincia la serie
da Epodioi, che nel ^21 assistette
alla consagrazione della chiesa di
s. Giacomo di Rivoalto. Marziano
intervenne al concilio di Grado nel
579 sotto il patriarca Elia. S. Flo-
riano o Fiorano, che rinunziò al
vescovato per andar a predicare la
fede di Gesù Cristo agi' infedeli ;
e credesi che sia stato martirizzato
in Polonia Tanno 620. S. Tiziano
nobile di Eraclea, economo della
chiesa d'Oderzo, il clero e il po-
polo io acclamò successore; morì
santamente verso la metà del se-
colo VII, e la sua festa si celebra
a' 16 gennaio. Gli successe s. Ma-
gno, clie per essere stata distrutta
Opitergio dai mentovati re longo-
bardi, trasportò la sede in Eraclea,
poi Ciltà Nuova (P^edi), fabbricata
dagli opitergini, e vi fissò la sua
dimora tra la nuova veneta società,
donde poi ebbe vita quella fami-
gerata repubblica e la sede diven-
ne eziandio del primo doge Pao-
kiccio Anafesto, elettosi nel 697
dopo il governo de' tribuni. Il san-
to vescovo eresse nella nuova città
di Venezia otto chiese, e poi il suo
corpo fu traslato nella cliiesa di s.
Geremia in Venezia, eleggendolo il
senato a patrono; il martirologio
romano ne fa menzione ai 6 ot-
tobre. Il vescovo Benenato sotto-
scrisse la lettera del Papa s. Aga-
tone nel 680. Trevisano occu-
pava la sede d' Oderzo nel 789.
Dopo di lui non si fa menzione di
altri, e la diocesi fu divisa tra i ve-
scovi di Geneda, Treviso e di Foro
ODE
Giulio, ed i beni tra i due primi
e il patriarca d' Aquileia, reslundo
l' insegna della mitra, dell' anello
e del bacolo alla principale digni-
tà della chiesa maggiore di dello
santo Precursore. Quando Paolo V
la dichiarò collegiata, il capitolo si
compose del decano, di sei cano-
nici e di quattro mansionari. JNel-
r Ughelli si legge la serie de' de-
cani, da Cristoforo Piegini nobile
di Feltre e protonotario apostolico
del i6i5, a Giulio Marcellotto di
Oderzo, eletto nel iji^.
ODESCALCHI, Famiglia. La no-
bilissima famiglia Odescalchi roma-
na, oriunda di Como in cui ebbe
origine da un capitano francese, il
quale, come riferisce il Campana,
Delle famiglie illustri d'Italia^ ven-
ne in Italia con Carlo Magno nel*
J'8oi, quindi fiorì per uomini illu-
stri. Sono degni di memoria per la
loro pietà, Bernardo Odescalchi, per
l'industria del quale entrarono i ge-
suiti in Como. Bernardo Odescal-
chi gesuita, spedilo da Gregorio XllI
in Polonia e Transilvania, per in-
segnare le \erilà cattoliche a' prin-
cipi di quelle nazioni. Pietro Gior-
gio Odescalchi, vescovo prima d'A-
lessandria, poi di Vigevano, del qua-
le i gesuiti Francesco Baertio e Cor-
rado Gianni ngo scrissero molte me-
morie nel Propylaeo ad Ada ss.
Mail, per la sua futura canonizza-
zione. Giulio Maria Odescalchi, u-
ditore della camera, spedito da s. Pio
Y a benedire la battaglia di Lepan-
to. Il maggior lustro che ricevette
questa cospicua famiglia , lo deve
al venerabile e gran Pontefice In-
nocenzo XI (Vedi). A quell'artico-
lo narrammo quanto qui accenne-
remo. Benedetto fu il suo nome
battesimale , e dopo varie cariche
prelatizie, nel i645 venne creato
ODE 263
cardinale da Innocenzo X, legato
di Fenara e vescovo di Novara
(Fedi), sede che cede al fratello d.
Giulio. Nel 1676 meritò d'essere
elelto Papa, e subito inculcò mo-
derazione a d. Livio Odescalchi uni-
co figlio del fratello d. Carlo, e che
non si frammischiasse nel governo,
cedendogli i suoi beni patrimoniali,
i quali con quelli che possedeva ,
rendevano annui scudi quarantami-
la. Narrammo ancora quanto In-
nocenzo XI contribuì alla famosa
liberazione di Vienna assediata dai
turchi, e quanto somministrarono d.
Giulio e d. Livio; che il suo parente
e conclavista sacerdote d. Marcanto-
nio Odescalchi istituì l'ospizio o ospe-
dale di s. Galla, poi ingrandito e
mantenuto dalla famiglia, che ne
ha il patronato, concorrendovi il Pon-
tefice e l'altro suo parente, che fe-
ce elemosiniere guardaroba, e cano-
nico vaticano, d. Carlo Tommaso
Odescalchi, con d. Livio; che lo stes-
so d. Carlo Tommaso incominciò il
celebre ospizio apostolico,e meglio di-
remo parlando di quegli stabilimenti;
che elevò al cardinalato il parente
Ciceri, fatto pur vescovo di Como
comune patria; finalmente come dis-
pose in morte centomila scudi in
opere pie, e quanto fu moderato
con d. Livio, pel quale solo eresse
in ducato il feudo di Ceri (Vedi),
che il nipote avea acquistato : e
questo fu il tutto che Innocenzo
XI operò in favore de' suoi, come
rilevò il Guarnacci, Vitae et res
gestae Pontif. 1. 1, in Inn. XI. L'im-
peratore Leopoldo I, grato a quanto
Innocenzo XI avea fatto per la sal-
vezza de' suoi dominii, prese sotto
la sua protezione la famiglia Ode-
scalchi, e pochi giorni dopo la di
lui morte, a' 29 agosto 1689, spe-
di a d. Livio il diploma di principe
^H ODE
^leirimpero, titolo esteso anco ai di
lui discendenti, come riporta il No-
vaes nella Fila d'Innocenzo XI,
mentre altri danno a tal diploma
la data de' 2$ maggio. Nella sede
vacante, il sacro collegio edificato
dall'estrema riservatezza e modera-
zione esercitata da d. Livio nel pon-
tificato dello zio, lo nominò gene-
rale della Chie$a. Veggasi Les gè-
ntalogies hìstoricfjies avec lesfaniil-
les PapaleSy t. II, dans Innqc. XI.
D. Livio comprò ancora il du-
cato di Bracciano (Vedi) eh* era
degli Orsini (Vedi), uno de' super-
stili feudi dello stalo pontificio, del-
le cui acque parlammo a Fontani?
DI Roma, e sotto gli Odescalchi fu
arricchito ci» nuovi fabbricati e ali-
mentata la popolazione, favorendo il
commercio della carta, ^ molto pi^
del ferro che vi si lavora : Roncor
freddo marchesato, comune sogget-
to al governo di Sogliano nella dio-
cesi e distrettp di Cesena, nella le-
gazione di ForPi, ora con piì; di
2000 abitanti ; l'etimologia provie-
ne da un'altissima torre, che quivi
esisteva ne'primi tempi, che dice-
vasi la E,occa fredda per la sua
altezza; ivi fu assassinato a mensa
il conte di Chiazzolo dallo zio Pan-
dolfo Malatesta nel \Zi^'. Montia-
no, contea, comune soggetto alla
diocesi e distretto di Cesena, nella
legazione di Forlì, ora con circa 900
abitanti; ha molti e antichi fabbri-
cati cinti di mura con piacevole
borgo; nella chiesa de'minori osser-
vanti vi è un Crocefisso di antica scul-
tura in molta venerazione; e Palo
signoria sul Mediterraneo annessa
a Civitavecchia, soggetta a quella
Relegazione e distretto, diocesi di
Porto e s. Ruffina con pochi abi-
tanti. Palo vuoisi l'antico Alsio^ cit-
\di fondata dai pelasgi ed insieAie
ODE
agli aborigeni abitata, e cos'i forsd;
detta da Aleso argivo. Nel 5o6 di
Roma vi fu dedotta una colonia
romana marittima, la quale eresse
una statua per beneficii ricevuti, ad
Antonino Caracalla. Per la traslazio-
ne dell'impero, questa spiaggia sog-
giacque alla prima scorreria de' go-
ti; nondimeno Alsio si sostenne si-
no alla metà del secolo VI, ma beo
presto incontrò nuove sciagure dai
longobardi e poi dai saraceni dal
canto del mare, e per le loro de-
vastazioni scomparve . Pervenuto
il luogo in potere de' monaci di
s. Sabba, vi edificarono un ca-
strum ed una rocca, ed allora pev
la prima volta comparisce col no-
me odierno di Palp. Da essi nei
primi del secolo XIV l'acquistò pei*
due porzioni Bertoldo Orsino, e nel
seguente secolo per le guerre il ca-
stello fu diroccato. Nel i52i la par-
te res(at^ ai monaci fu data in en-
fiteusi €^gli Oji'sini, i quali vendero-
no nel iSyS Palo per 2 5,ooo scu-
di, al cardinal Guido Ascanio Sfor-
za con patto di redimerlo, come in
fatti fecero nel 1662. Gli Orsini
quindi lo ampliarono e restauraro-
no, e da es?i nel i GgS l'acquistò d-
Livio per 120,000 scindi. In seguito
gli Odescalchi lo venderono ai Gril-
lo, e questi nel 1763 ai Loffredo, dai
quali gli Odescalchi lo ricuperaro-
no nel 1780. Questo borgo è lun-
ge da Roma 22 miglia, con b^l
bosco e castello formato da un forte
di costruzione del secolo XV; il
recinto esterno è difeso da torri qua-
drate, essendo bastionato il muro
verso il mare. Dentro questo rq-
cinto è il palazzo ampio, difeso agli
angoli da quattro torri rotonde, dgi
tempi di Pio II. Dinanzi al castelj-
lio sul mare sono i moli del piccolo
porto interrato, e verso oriente um^
ODE
piccola darsena. Neil' agro Alsìense
vi ebbero ville Pompeo e Marco
Emilio Porcma, e se ne vedono i
ruderi. Tratta di Pqlo il IS'ibby ,
j4nnlisì de' dintorni di fioma, t. JJ,
p. 523; ed il Piazza, Gerarchia car-
dinalizia p. 75, il quale parlq della
cbiesa dell?» ss. Annunziata, e che
f3. Livio nel 1698 vi ricevette coii
regia magnificenza Innocenzo XII.
Dipoi Benedetto XIV a' 26 aprile
1747 recandosi a Civitavecchia (Fé-
(li), pernottò nel palazzo ducale,
ricevuto pel duca Grillo dql vicer
duca Calsqmiglia e dal sergente
generale Manfroni, fya gli spari del
forte. Vi ascoltò la messa e pranzò
alla presenza di due cardinali e:
della camera segreta ; nelle ore po-
ineridiaqe visitò la suddetta cbiesq,
e nella sera vi fqrono illuminazio-
ni e fuochi d'artifizio, con lauta ce-
na. Nel seguente giovedì il Papa
partì per Civitavecchia , dopo uq
montuoso rinfresco, e fra le salve
dell' artiglieria. Indi mercoledì 4
piaggio, reduce da tql città. Bene-
detto XIV giMnse ad ore sedici q
palo, salutato dal forte e dalle quat-
tro galere pontificie che cpsteggia-
vano la spiaggia, dirette dal coman-
dante Bussi. Vi pranzò e poi visitò
Ja chiesa dpUa ss. Annunziata , fa-
cendo un giro per V antico porto,
JNella sera vi fu vin fresco, fuoco ar-
tifiziale, illuminazione al palazzo e
?ulle galere ; e nel dì seguente dopo
la messa e la colazione , il Papq
proseguì il viaggio per Roma , di-
chiarandp il suo gradimento a^ vice-
duca. Nel 1762 Clemente XIII re-
candosi a Civitavecchia , lunedì 26
aprile si fermò in Palo, visitò il ss.
Sagramento nella chiesa parrocchia-
le, accolse un dono di comme^libih
fla Battisti ministro dell'eredità Gril-
lo, e passato al palazzo ducale vi
ODE 265?
dormì la notte, e nel seguente gior-
no s'incamminò per Civitavecchia.
Da ^questa ritornò a Palo sabba to
7 maggio, vi pranzò, e poscia pas;-
sò a Roma. Gregorio XVI onorò
di sua presenza Palo ed il palazzo
pel settembre 1842 di ritorno d^
Civitavecchia. Che d. Livio acquistò
eziandio la villa Montalto o c^i Brac-
ciano in Frascati, che nel i838 la
comprò dagli Qdescalchi la congre-
gazione di propaganda, con patto re-
dirnendij lo dicemmo nel voi. XXVIIj
p. i56 del Z?/zfprtar/p^ descrivendq
|a villa.
y imperatore Leopoldo I a di-
mostrare la sua particolare ricono-
scenza al defunto Innocenzo XI e
la sua singolare benevolenza al de-
gno nipote d. Livio , con sovrana
munificenza con diploma de' 21 a-
gosto 1697 (altri dicono nel 1694)
l'investì del ducato del Sirmio ne|-
l'^Jugheriq meridionale con titolo di
altezza, come niaggiorasco in favo-
re della famiglia Qdescalchi. Indi
eon altro diploma imperiale degU
1 1 dicembre 1 698, Leopoldo I con-
fermò questa investitura, ed aggiun-
se al titolo di duca del Sirmio ,
quelli di conte supremo ereditario
e di palatino, con altri privilegi.
Fra questi evvi il singolarissimo, col
quale dichiarò principi dell'impero,
lutti gì' individui della famiglia O-
descqlchi compresi i cadetti. Tali
diplomi furono pubblicati da Giu-
seppe Avanci d» Fermo: Geografia
istorica del ducato e provincia del
Sirmio, conferito da Leopoldo I im-
peratore a d. Livio O descalchi, Ro-
ma 1700 per l'Ercole. V. Sirmio,
ove parleremo della sede vescovile
unita a quella di Bosnia (Vedi),
La regina Maria Casimira vedova
di Giovanni III re di Polonia, vo-
lendo stabilirsi ini Roma, vi giunse
a66 ODE
n'a4 marzo 1699, e fu con mflgiii-
ficenza ricevuta nel palazzo del prin-
cipe il. Livio duca di Sirmio e di
l3raccìano, limpelto alla chiesa di
S. Maria in via Lala ed a quella
de* ss. XII Apostoli, da lui adorna-
to con mobili preziosi, e del museo
della regina di Svezia Cristina. Ma-
ria Casimira verso il 1702 passò ad
ohitare alla Trinità de* Monti nel
casino de* Torres da lei comprato
colle case contigue, e in quello dei
Zuccari dalla medesima abbellito e
imito con un ponte. Per alcune dif-
ferenze tra i menibri della celebre
accademia d'Arcadia, una parte si
pose sotto la protezione di d. Livio
amatore delle arti e delle scienze ,
il quale die loro ricetto nella sua
\illa fuori di porta del Popolo,, ove
si recarono a celebrare le accade-
mie, in memoria di che nel 17 13
vi fu collocata onorevole iscrizione
pel mecenate, che il Cancellieri ri-
porta a p. 128 del suo Mercato,
Il principe d. Livio I morì senza
moglie e prole a* 7 venendo T 8
settembre 171 3, istituendo suo ere-
de universale d. Baldassarre marche-
se Erba, figlio di Lucrezia Odescal-
chi sua sorella maggiore, e di Be-
nedetto Erba senatore di Milano ,
famiglia che ivi tuttora fiorisce; con
espressa condizione di assumere l'ar-
ma, il cognome e i titoli degli O-
descalchi : il corpo di d. Livio fu
portato in ss. Apostoli, e dopo so-
lenne funerale, vi fu sepolto. Nello
stesso anno Clemente XI creò car-
dinale Benedetto Odescalcìd Erba
(Vedi). Baldassarre I Erba Odescal-
chi a* 3o marzo 17 14 ottenne la
dignità di principe delTimpero per
lui e per la sua discendenza masco-
lina per diritto di primogenitura ;
ed ottenne pure la conferma del
titolo e ducato di Sirmio dairim-
ODE
peralorc Carlo VI, e la relativa in-
vestitura per lui e discendenti coi
privilegi concessi al suo padre adot-
tivo Livio I. A* 7 gennaio 17 17
prese per moglie d. Flaminia Bor-
ghese, dama celebre per le sue poe-
sie, che dal Recanati furono pub-
blicate nella Raccolta delle poetes-
se italiane t. III. Essendo morta
d'anni ventisei, nel parto di due ge-
melli, a'6 novembre 1718 d. Bal-
dassarre I prese in seconde nozze
Maria Maddalena Borghese sorella
tlella prima, da cui nacque a* 16
febbraio 1725 d. Livio II: nel 1728
comprò il palazzo degli Orsini a
Pas(piino, vendutogli dalla duches-
sa di Carbognano , in concorrenza
del principe Santobuono Caracciolo,
ma questi movendogli lite l'ebbe
per sé, e poi nel 1790 passò ai
Braschi. Nel 1788 d. Paola Ode-
scalchi figlia di d. Baldassarre I,
sposò il principe d. Domenico Or-
sinij che restatone vedovo. Benedet-
to XIV nel 1743 creò cardinale.
Nel 174^ d. Baldassarre I com-
prò dalla casa Chigi il bellissimo
palazzo sum mentovato, sulla piazza
de* ss. Apostoli, che tuttora appar-
tiene alla nobilissima famiglia Ode-
scalchi, una signora della quale, d.
Flaminia, avendo sposato il principe
d. Sigismondo Chigi, fu madre del
vivente principe, e in morte le fu
eretto un magnifico monumento nel-
la Chiesa di s. Maria del Popolo
(Fedi). Quanto al palazzo, di cui
fece la pianta Carlo Maderno, anti-
camente appartenne ai Colonna si-
gnori di Gallicano, dai quali Io acqui-
stò il cardinal Fabio Chigi, nel pon-
tificato dello zio Alessandro VII, e
lo riedificò coi disegni del Bernini,
che trovatolo mancante di corrispon-
dente facciata, in quella che vi fece
cercò d'imitare i palazzi laterali di
ODE
Campidoglio. Il cardinale rarnccli\
di statue e di quadri, che la fami.
glia Chigi nell'alienarlo trasferì al-
l'altro suo palazzo a piazza Colonna ,
tranne alcune statue. D. Baldassarre I
Io rese più sontuoso, con ampliarlo
più del doppio, coll'opera di Nicolò
Salvi e Luigi Vauvitelli , seguendo
il primitivo disegno del Bernino. Se
ne legge la descrizione, con quanto
di splendido conteneva, nel Venuti,
Roma moderna p. 2^4 e seg. La
facciata di questo stupendo edilìzio
è ornata di altissimi pilastri, che si
alzano per disopra a un basamento
assai elevato, in cui ricorre il pian
terreno. Tramezzo ai pilastri apron-
si tre ordini di finestre di bella
forma. Il portone ha sopra una
loggia, ed un vestibolo mette nel
portico che circonda la corte, il
quale ha soli tre lati, poiché la fab-
brica non è compita dalla parte dì
occidente. Il portico è assai spazioso,
con arcate rette da colonne doriche,
avendo per disopra una loggia chiusa
e adorna di pilastri ionici. Sotto al
portico sono le statue degl' impe-
ratori Claudio e Massimi no ; nel
primo ripiano della scala nobile tro-
vansi due basi con figure in rilievo,
esprimenti due provincie romane, si-
mili a quelle di Campidoglio, tro-
vate già presso la dogana a Piazza
di pietra. Negli appartamenti am-
miravansi già alcune famose colle-
zioni di quadri delle principali scuo-
le, molte antiche sculture, superbe
tappezzerie fatte sui cartoni di Raf-
faello, di Giulio Piomano e di Ru-
bens, ed anco il ricco medagliere
antico e moderno della nominata
regina di Svezia, famoso soprattutto
per la raccolta de* medaglioni anti-
chi e gemme; raccolta che pubbli-
cò Nicola Galeotti con rami incisi
dal BartoU e note del Bussi: Mu-
ODE 267
seiim Odescìialcum, sive thesaurus
antiquarum gemmaruni,quae a Chri-
stina svecoruni regina collectae in
museo Odeschalco asservanlur, Ro-
inae lySi. Ora però tutte queste
rarità sono passate a, far parte di
altri musei e gallerie. A d. Baldas-
sarre I successe d. Livio II, signore
fornito di tutte le belle qualità, cui
r imperatrice regina Maria Teresa
rinnovò l'investitura nel iJ^S, di-
minuendo dal ducato di Sirmio un
distretto considerabile , che aggiun-
se ad un governo adiacente. A* io
aprile 174? *>i sposò a d. Maria
Vittoria Corsini di spirili elevati,
morta poi nel 1797 in Firenze, e
tumulata in Roma nella sepoltura
gentilizia in ss. Apostoli, nella quale
d. Baldassarre I avea eretta la ma-
gnifica cappella di s. Antonio di
Padova, ornata di pietre fine e di
otto grandi colonne, quattro di brec-
cia paonazza e quattro di breccia
rossa con strisce di metallo dorato,
oltre i dipinti. Clemente XIII nel
1759 creò cardinale Antonio Maria
Erba O descalchi (Fedi).
D. Livio II nel 17^4 cede alla
casa Erba la metà delle sue pos-
sessioni, morì in Roma a' io luglio
i8o5, e fu sepolto nella detta cap-
pella di s. Antonio. Gli successe il
figlio d. Baldassarre II, che sino dal
1777 erasi congiunto in matrimo-
nio con d. Caterina Giustiniani dei
principi di Bassano. Ornato delle
più belle virtù, coltivò le lettere e
la poesia, fu protettore degli artisti
e de' letterati, esempio di paterna
sollecitudine, e die alle stampe di-
verse sue opere, tra le quali : Me'
morie istorico- critiche deW acca*
dcniia de Lincei f e del principe Fe-
derico Cesi duca d'Acquasparta,
fondatore e principe della medesi'
ma^ Roma 1806. Morì compianto
a68 ODE
fi*3o agosto 1810, e ne fece l'elo-
gio il cognato cardi nai Giacomo
Giustiniani f die si legge nel t. 72
del Giornale arcadico: da ultimo ne
pubblicò neW/Jlhuni n." 12 del i838,
Vina bella biqgra(]a il cl^ cay. F.
Fabi Montani, col ritratto. Del di
lui fii^tello Antonio Mariq Odescal-
chi vescovo di Jesi, parlai nel voi.
XLIj p. 187 del Dizionario ed al-
trove, poiché servì con moltissimo
^e\o Pio VI quando era nunzio di
Firenze, e quanc^o il Papa fu portato
prigione in Toscana , gli fece da
segretario di stato. Pio VII lo vole-
va creare cardinale, ma egli aven-
do perduto la pingue abbazia di
X^ombardia, toltagli dallq repubbli-
ca Cisalpina, per non aggravare la
casa pregò U Papa a dilazionare, e
perseguitato dai nemici della roma-
na chiesa, fu deportato in Milano,
ov*è sepolto nella metropolitana trg^
} canonici. \\ principe d- Baldassar-
re li lasciò i seguenti figli, i." D,.
Innocenzo, che gli successe nelle si-
gnorie. 2.° D. Maddalena n^aritala
ai principe Bpncon\pagno-Ludovisi.
3.° D. Maria Tevesa maritata al
marchese Theodoli. 4° ^' Carlo,
Odescalcid (^P^edi), creato cardinale
da Pio yil, che con universale am-
mirazione rinunziò poi la porpora.
5." Principe d. Girolamo, fatto da
Gregorio ^VI presidente del rione
Monti. 6.° Principe d. Pietro, fat-
to da Gregovio XVI vice-presic|en-
Xe cjella comuiissione de'lavori pub-
t)lici di beneficenza, gran- croce del-
Y ordine di s. Gregorio Magno, e
presidente de'rioni Trevi e Pigna:
dal 1819 presiede al Giornale ar-
cadico, al modo lodato nel voi. XX,
p. 9 del Dizionario ; fu presiden-
te dell'accademia di archeologia; ed
ammirato per dottrina, die alla lu-
99 vari opere, fra le quah nomine-
ODE
remo : / frammenti de sei libri deh
la Repubblica di Cicerone i>olgariZf
zali ; Istoria del ritrovamento del
le spoglie mortali di Raffaello San
zioj Elogio del cardinal Zurla j
Elogio del principe d. FrancescQ
Borghese Aldobrandini j Elogio del-
la principessa Guendalina Borghe-
se ; Descrizione de^ nuovi lavori ese-
guiti nella diaconia de* ss. Vito e
Modesto; Elogio del p. Petrucci
gesuita; Orazione per la distribu-
zione de' premi Balestra; Elogio
di monsignor Nicolai. 7." D. Ce-
qilia maritata al marchese Lon-
ghi. 8.° D. Flaminia rparitata al
marchese Capranic^. 9.° D. Vitto-
Via maritata al corate Connestabi-
li dellq Staffq, Il principe d. In-
nocenzo duca del SiirmiQ, grande
di Spagna di primj^ classe, consi-
gliere dell'imperatore, gran n^ag-
giordomo della regima d' Ungheria,
gran croce de'ss. Maurizio e Lazza-
ro, mori ia Meidling d^iZ setten^-
bre i833 : il suo elogio e la de-
scrizione deTunerali celebrati in ss.
Apostoli di Roma, qv'era nato, sì
leggono nel n. 8,i del Diario di
Roma e nel suppleniento. del n.**
87. Dall^ sua prima consorte d. An-
na Luisa Barbe contessa Keglevics.
Buzin, gli nacquero: j." d- Livio
ni Ladislao; 2.° d. Augusto; 3.**
d. Cecilia; 4-" J- Paolina; 5.'^ d.
Vittoria. Dx^lla seconda moglie d.
Jinrichetta contessa de Zichy Fer-
raris, Vittorio Innocenzo. Il prin-
cipe d. Livio IH Ladislao che gli
sviccesse nelle signorie, fu decorato
da Gregorio XVI della grancroce
4i s. Grregorio Magno, ed è duca
^el Sirmioj del feudo di Bracciano
(ricomprato nel maggio 1847, rient
trandone in possesso nell' ottobre),
di Ceri (benché alienato senza patn
io redimendi)^ signor^ eli Palo^ m£^v%
ODE
(illese di Roncofreddo, conte di Mon-
tiano, gratide di Spagna di pri-
ma classe, e ciamberlano dell'im-
peratore d'Austria. Risiede in Vien-
na e in Roma, e nel 1841 si ma-
ritò alla principessa d. Sofia Cate-
rina Rosa contessa Branicka di Rus-
sia, che nel i844 lo fece padre di
d. Baldassarre III Ladislao, e nel
1846 di d. Stanislao.
ODESCALCHI Benedetto, Car-
dinale. V. Innocenzo XI Papa.
ODESCALCHI ERBA Benedet-
to, Cardinale. Benedetto Odescal-
chi della nobile famiglia Erba mi-
lanese, pronipote per canto di fem-
mina del ven. Innocenzo XI, intro-
dotto appena nella prelatura^ ven-
ne destinato da Clemente XI alla
vice-legazione di Ferrara e di Bo-
logna, da cui fece passaggio alla
nunziatura di Polonia, dove diede
illustri riprove di sua liberalità e
religione, col contribuire generosa-
mente una somma considerabile di
denaro per supplire ai bisogni del-
la guerra contro il turco ; dal cui
preclaro esempio stimolali gli altri,
contribuirono coi loro aiuti a te-
ner lontano da quelle provincie il
comune nemico. Vacata frattanto
la chiesa di Milano per morte del
cardinale Archinto, gli fu conferita
nel 17 12 da Clemente XI, che po-
co dopo a'3o gennaio 1718 lo creò
cardinale prete del titolo de'ss. XII
Apostoli, e lo ascrisse alle congre-
gazioni de' vescovi e regolari, del
buon governo, di propaganda ed
altre. Generoso in sommo grado
coi poveri e colle chiese, ne arric-
chì alcune di preziose suppellettili^
altre ne risarcì, ad altre accrebbe
le rendite, e due ne fondò, una
assai magnifica delta s. Maria Ful-
corina, e l'altra nel castello di Cli-
tato. Introdusse in Milano le mo-
ODE i&ij
nache salesiane, con assegnar loro
il monastero di s. Sofia, ed i chie-
rici regolari della Madre di Dio,
con gran vantaggio delle auime ei
avanzamento negli sludi^ ed a que-
sti die la chiesa di s. Pietro nel
campo di Lodi. Non vi fu condi-
zione di persone che sfuggisse agli
occhi perspicaci della sua carità, e
fece in modo che i poverelli fosse-
ro istruiti ne'divini precetti e nei
misteri della fede. Rivolse la sua
cura pastorale ai servi, agli amma-
lati negli ospedali, ai fornari e fino
ai birri, che faceva radunare in un
determinato giorno della settimana
in una chiesa a tal uopo destinata^
dove dava loro agio di ascoltare la
divina parola. Dopo essersi trovato
presente ai conclavi d'Innocenzo Xlllj
di Benedetto XIII e di Clemente
XI Ij e di essere stato assente da
quello di Benedetto XIV, morì in
Milano nel 1740 d'anni 71, e ri-
mase sepolto nella chiesa di s. Gio-
vanni in Conca, innanzi l'altare mag-
giore, con breve iscrizione. I mise-
rabili, le vedove, i pupilli, e quan-
ti furono o poveri o luoghi pii in
Milano, ebbero nel cardinale un
amorosissimo padre, essendo la viriti
predominante in lui la misericordia
verso i poverelli, calcolandosi che
distribuisse loro un milione e cen-
tomila lire imperiali in elemosina,
senza le altre che s' ignorano. Lo
zelo parimenti di cui ardeva per
la disciplina del clero fu mirabile,
non perdonando ne a spese né a
fatiche per formarsi operai e mini-
stri del santuario. Ne descri^sse Iti
gesta il Sassi, nella serie degli ar-
civescovi di Milano.
ODESCALCHI ERBA Antonio
Maria, Cardinale. Antonio Maria
Erba Odescalchi, nacque da nobi-
lissima famiglia in Milano a' 1 2 geii-
270 ODE
naio 1712, e fu educato nella pie-
tà e nelle scienze, nelle quali Hi-
cendo profillo, dichiarò fallo adul-
to di voler abbracciare lo stalo ec-
clesiastico e di servire alla santa
Sede. Recatosi in Roma, fu ammes'
so nel collegio de'protonotari apo-
stolici partecipanti e ne divenne il
decano. Benedetto XIV lo fece se-
gretario della congregazione delle
indulgenze e sacre reliquie. Clemen-
te XUI nel 1758 lo promosse a
suo maestro di camera, e nel con-
cistoro de* 24 settembre 17^9 lo
creò cardinale dell'ordine de'preti,
e poi per titolo gli conferì la chie-
sa di s. Marcello, e lo annoverò
alle congregazioni del s. offizio^ del
concilio, dell'esame de'vescovi, del-
la disciplina regolare, delle indul-
genze e sacre reliquie. Per morte
del cardinal Guadagni, lo stesso Cle-
mente XIII a'28 settembre fjSg
lo fece vicario di Roma, a tale ef-
fetto lo consacrò arcivescovo in par*
tìhiia di Nicea, a Castel Gandolfo,
a' 1 4 ottobre, nella chiesa principa-
le, ed eVjbe in dono dal Papa una
pianeta assai ricca di lama d'argen-
to ricamata d' oro, lenendolo poi
seco a mensa cogli altri cardinali ;
quindi gli conferì la prefettura del-
la residenza de'vescovi e le seguen-
ti proteltorie. Accademia teologica,
benefratelli, scolopi, eremiti a por-
ta Angelica, seminario romano, col-
legio nazareno, a rcicon fraterni la del-
la dottrina cristiana, monastero del-
le Scalette; conservatorii di s. Pa-
squale, dell'Assunta, mendicanti, s.
Maria del R.efugio a s. Onofrio; ar-
ciconfraternile delle Stimmate, di s.
Lorenzo in Lucina, del ss. Cuore
di Gesìi, del ss. Sagramento in s.
Nicola in Arcione, di Gesìi e Ma-
ria, e dell'università de'cappellnri.
Ma fatalmente poco godè di tanti
ODE
onori, e morì in Roma d'anni ^i
non compiti, a'28 marzo 1762. I
funerali fmono celebrnli nella sua
chiesa titolare, indi sepolto nella sua
parrocchiale de' ss. Apostoli, nel-
la tomba gentilizia de' suoi illustri
parenti. Il Ponzetti, Elencus vìca-
rionun p. 55, lo chiama principe
magnanimo, probo, modesto, uma-
no, celebre per la sua liberalità
verso i poveri, e per altre qualità
lodatissimo.
ODESCALCHl Cario, Cardina-
le. Carlo Odescalchi nacque in Ro-
ma a'5 marzo 1786 da d. Baldas-
sarre duca del Sirmio e dalla prin-
cipessa Caterina Giustiniani. Fin da
giovinetto fu la gioia de'suoi illu-
stri parenti, e dello zio poi cardi-
nal Giustiniani, sì pel profitto che
faceva negli studi, come per la sua
indole soavissima. Fu sempre incli-
nato a servire la Chiesa, massime
alla predicazione, alla missione ed
agli esercizi spirituali, e siccome
predicava con vivo fervore ed un-
zione, concorreva ad ascoltarlo im-
mensa moltitudine, e la sola sua pre-
senza sempre mosse a divozione,
essendo bello e soave nella perso-
na . Pio VII lo fece prelato do-
mestico, a'24 novembre 181 5 udi-
tore di rota, e come dissi nel voi. IX,
p. 3 1 3, lo inviò ablegato apostolico
a Vienna, a portare la berretta, il
cappello e le altre insegne cardina-
lizie al fratello dell'imperatore, car-
dinal Rodolfo d'Austria nel 18 19;
indi Io dichiarò uditore santissimo, e
canonico di s. Pietro nel 1820, e nel
1823 lo fece con biglietto avvisare
perchè si preparasse pel cardinalato.
Siccome egli avea una gran vocazio-
ne di entrare nella benemerita com-
pagnia di Gesù, ne consultava spes-
so il ven. Strambi, il quale lo assi-
curava sempre che si sarebbe fatto
ODE
gesuita. Quando ricevette tal bi-
glietto ne restò perciò sorpreso, e
stette titubante di accettare, perchè
teneva le parole di quel servo di
Dio per profetiche e quale oraco-
lo. Subito lo interpellò, e n'ebbe
in risposta, che accettasse pure la
dignità, che questa non gli avrebbe
impedito di essere a suo tempo ge-
suita e tale morire. Chinò il capo
per obbedienza, non senza violenza
del suo animo, nel quale la religiosa
Tocazione avea messo profonde ra-
dici sino dal i8i4, in cui avea ot-
tenuto dalla compagnia lettera di
accettazione per entrare in novizia-
to, ciò che venuto in cognizione ad
una sua stretta parente (dicesi la
sorella d. Vittoria che svisceratamen-
te lo amava ), tanto si adoprò coi
prelati, cardinali e col Papa, che
ne frastornò il pio divisamenlo. A-
dunque nel concistoro de' io mar-
zo 1828 lo creò cardinale dell'or-
dine de'preti, assegnandogli per ti-
tolo la chiesa de'ss. XII Apostoli,
non che arcivescovo di Ferrara,
dondolo richiamò Leone XII, aman-
do di averlo in Roma, nel luglio
1826, e nel 1827 lo nominò pre-
fetto della congregazione de' vesco-
vi e regolari. Intanto per gl'il-
libati suoi costumi, per la sua
edificante pietà, singolare carità, on-
de talvolta per mancanza di dena-
ro die per limosina le proprie ve-
sti, fatto tutto a tutti, a ninno
ricusando il suo patrocinio, diven-
ne uno de* principali ornamenti del
sacro collegio, che con reputazione
ne valutò i consigli ne' conclavi per
le elezioni di Leone Xll, Pio Vili
e Gregorio XVI. Ad ognuno di es-
si fu assai caro, e massimamente
all'ultimo che lo amò con tenerez-
za, e spesso lo volle compagno nel-
le villeggialuFe dì Castel Gandolfo
ODE 271
e Civitavecchia, onde sollevarne lo
spirito che vedeva concentralo. Pri-
mieramente Gregorio XVI nel i83'2
lo dichiarò arciprete della basilica
Liberiana, indi nell'aprile i833 lo
preconizzò vescovo suburbicario di
Sabina, e lo elevò alla cospicua
dignità di vice-cancelliere di s.
Chiesa, la quale rinunziò colla pre-
fettura de' vescovi e regolari nel
seguente anno , quando il Papa
lo elesse vicario di Roma. Succes-
sivamente divenne presidente del-
la visita apostolica , prefetto del-
la residenza de' vescovi, visitatore
apostolico delle confraternite della
ss. Annunziata e di s. Piocco, dei
pii stabilimenti de* catecumeni e
della chiesa degli illirici; membro
delle congregazioni del s. offizio,
vescovi e regolari, disciplina, riti,
indulgenze e sacre reliquie, esame
de'vescovi in teologia e in canoni,
acque, economica, affari ecclesiastici
straordinari e degli studi. Quasi lut-
ti bramandolo per protcttorCj lo
fu de' scolopi e collegio nazareno,
de'carmelilani, serviti, minimi, gi-
rolamini del b. Pietro da Pisa ;
delle chiese de'ss. Ambrogio e Car-
lo de* lombardi, e di s. Bartolomeo
de'bergamaschi ; delle arciconfrater-
nite del ss. Nome di Maria, della
dottrina cristiana, del ss. Crocefis-
so, degli agonizzanti presso s. Isidoro,
e di s. Girolamo della Carità; delle
confraternite di Campo Santo, de'coc-
chieri, de' bresciani, de'cuochi, e di
altre dieci dello stato pontificio; del
seminario di Visso, delle congre-
gazioni di s. Cecilia e di s. Ivo, e
del collegio de' barbieri ; de* mona-
steri di s. Giacomo, delle carme-
litane di Fano, della s. Famiglia di
Sezze, di s. Caterina di Monte Leo-
ne, dì s. Margherita di Narni, e
de'cinque farnesiani; de'conservatorii
^7^ ODE
della Provvidenza, del RcFugio, del-
le Scalette, del p. Bussi, e di s.
Maria Lametana, e delle orfatie di
Terni; delle città di Segni, Mon-
tefiascone, Sassofeirato, Ischia, Je-
si, e delle terre di Ceri e di Cai»
vi, e dèlie orsoline di tal luogo.
Tante preminenze di onori non ba-
starono a fargli lafFreddafe la sua
vocazione religiosa, che sostenne inve-
ce continui interni contrasti, quali più
l'univano di alFetto alla ben ama-
ta compagnia. Nel iSSy non po-
tendo ulteriormente sostetìere là
fiera lotta, apri il suo cuore al
Pontefice Gregorio XVF, supplican-
dolo accettar la rinunzia di sue
dignità e concedergli etìtrat'e in
queir istituto che sospirava da ven-
titre antìi. Iddio permise per di
lui maggior merito, e per speri-
mento d' invitta eroica costanza,
che non fosse esaudito. Il Papa die
a esaminare le di lui istanze a
quattro cardinali, e la risposta fu
che il bene pubblico prevalesse al
bene privato, e però non potersi
permettere la rinunzia agi* impot'-
tantissimi servigi che prestava alla
Chiesa universale, è che si rasse-
gnasse al volere di Dio col sacri-
fizio di sue brame. Tuttavolta il car-
dinale non si quietò e più forti pro-
vò le angustie di spirito, quando nel-
r ottobre 1 838, dopo lunghe ora-
doni e consulti de'màestri di spi-
rito, si convinse della verità della
divina chiaimata, mentre venne con-
sigliaito a passare qualche giornof
a Perugia presso d. Vittoria sua
Sorella ivi maritata. Allora fu che
prese la risoluzione di scrivere uni
Iimgo foglio al Pontefice, in cui con
tal convincimento di fatti e dì
argomenti si espresse, mostrando
ad evidenza come il Signore lo
doleva nella compagnia di Gesù,
ODE
che il santo Padre al solo Icggei'-
lo, e più nel ponderarlo fUor di
ogni dubbio e sospensione, si con-
fermò di assolutamente aderire al-
l'inchiesta, pei- non aggravare sua
coscienza, essendo Ormai manifestò
il volere del cielo. Frattanto fatto
consapevole il cardinale del buon
esito della Supplica, pieno d* inde-
scrivibile giubilo ritornò in Roma,
che per condurre a felice tèrmine
negozio sì delicato dovè dissimula-
re. Con scrupolosa segretézza fu-
rono plepai'ati i necessari atti per
la regolare accettazione di sua ri-
nunzia al cardinalato ed a tutte
le dignità. Il cardinale per torsi
da ogni imbarazzo, nomitiato il
suo procui'atore per rappresentarlo
in concistoro, si umiliò pieno di
i'iconoScenza al Papa, e fra le la-
grime ricevuta la sua apostolica
benedizione, ai 20 di novembre
nascostamente parti da Roma, è
per Firenze giunse in Modena a'i
dicembre nel collegio di s. Barto-
lomeo de'gesuiti, per attendere la
notizia officiale del concistoro dei
3o novembre, nel quale fu accet-
tata da Gregorio XVI con spleri-
dido elogio la Sua rinunzia, con
quelle formalità che riporteremo a
Porpora cardinalizia, parlando di
quelli che la rinunziarono. In Ro-
ma tutti restarono sbalorditi del
grande atto, e commossi di tenera
venerazione pei* tanto sublime e-
roismo, che ben presto la fama
sparse tra lo stupore per tutto il
mondo, propagandosi ovunque il
buon odore delle eminenti virtù
del servo di Dio; ed il Pontefice
provvide benignamente alla sussi-
stenza della sua domestica famiglia
con pensioni sì agli ecclesiastici che
a' laici, essendo stato benefico an-
co con quella di parentela, caaSé
ODE
ho detto a Odescalchi Famiglia.
Giunta la sospiratissima lettera
pontifìcia in forma di breve del-
l'accolta rinunzia, Carlo Odescalchi
in leggerla ne provò un' allegrez-
za, una commozione, una ricono-
scenza verso il Papa, che si può im-
maginare, non abbastanza esprime-
re, esclamando : Dimpistiy Domine,
rincula mea: ubi sacriflcabo ho-
stinm laudis. Depose in un subito
lietamente le insegne episcopali e
cardinalizie, e compari innanzi ai
gesuiti in atto di semplice sacerdote,
traendo da tutti lagrime d'una
non mai provata tenerezza. Prima
di spogliarsi degli abiti cardinalizi,
daivdo l'ultima vescovile benedizio-
ne ai suoi nuovi fratelli, con san
Luigi Gonzaga ripetè più volte: E
che farà la compagnia di me ?
Anelando il punto di vedersi una
volta vestito dell'abito religioso,
ben presto si rimise in viaggio ac-
compagnato dal p. rettore ai 5 di-
cembre, e sul farsi notte del 6, a
tutti inaspettato, entrò nella casa
di probazione di Verona, benché
il suo ingresso nella compagnia
devesi contare dal 3o novembre.
Entrato nel noviziato agli 8, festa
dell'Immacolata Concezione di cui
sempre avea promosso il culto, il
p. Odescalchi vestì il tanto deside-
rato abito della compagnia, e di-
stribuì la comunione a tutti i suoi
confratelli novizi : in quel giorno
scrisse a Roma: Io sono felicissi-
mo, e il gaudio che oggi prova
il mio spirito non può descriversi.
Ammiratore per molti anni da vi-
cino delle angeliche sue qualità ,
nel scrivere questo breve cenno
biografico, più volte lagrimai di
tenera edificazione e spesso dovetti
fermarmi per riprendere il respiro
che mi mancava, per il dolce cu-
VOL. XLVIII.
ODE 273
mulo delle religiose sensazioni che
provai, e per la pena che a ca-
gione delia natura di questo mio
Dizionario sono obbligato al più
stretto laconismo. La notte seguen-
te alla professione, il p. Odescalchi
dormi cinque ore di seguito, e dis-
se che da moltissimi anni non avea
mai fatto un sonno cosi tranquillo
e cosi lungo. Fece la professione
solenne il giorno 2 febbraio 1840,
fuori del costume della compagnia,
ove come dissi a Gesuiti si fa do-
po i dieci o dodici anni di religio-
ne. Quanto dovrei dire sulla di lui
vita esemplare e sue opere di mi-
nistero religioso, esercitate con sin-
goiar zelo nella compagnia di Gesù ;
della grande stima in cui fu appres-
so tutti; della umiltà e dispregio di
se medesimo ; di sua mortificazio-
ne continua e mansuetudine; della
perfetta osservanza de* tre voti re-
ligiosi, come modello e regola d'in-
terissima perfezione; del suo amor
verso Dio e dell'affetto e divozio-
ne alla Beata Vergine ; ma vi sup-
pliscano i molti libri che tuttociò
riferiscono, e in fine citerò quel-
li che posseggo. Solo dirò, che il
meraviglioso complesso di sue vir-
tù in grado eminente e sopra tut-
to la sua umiltà formò la conso-
lazione de'gesuiti. Novizio ancora
di pochi mesi già sembrava un re-
ligioso veterano accomodatosi in
tutto e per tutto alle regole non
solo, ma alle consuetudini più mi-
nute, provando dispiacere grandis-
simo d' ogni più menoma distinzio-
ne che gli si facesse. Offrivasi poi
a tutto ben volentieri, e solca dire
che il Sacrifizio della volontà gli
era la cosa più cara. Quanto alle
opere esercitate nella compagnia,
non furono troppe, sì pel riguardo
che doveasi alla sua delicéita com-
18
274 ODE
plessione, che pel brevissimo tem-
po che visse Ira i gesuiti. Infinite
furono le richieste da ogni par-
te del p. Odescalchi per dare eser-
cizi al popolo, ai cittadini , alla
nobiltà, al clero segnalaniente; e il
doverlo negare moltissimi disgu-
stò, benché personaggi ragguarde-
voli e della compagnia benemeren-
ti. Le città a cui non si potè dai
superiori far a meno di concederlo
per qualche muta d'esercizi, sempre
in compagnia di altri, furono Imola,
Ravenna, Modena, Piacenza, Geno*
va e Verona. In questa città si a-
doperò anche in privalo, assistendo
più vescovi e più persone distinte
del clero di quella e d'altre cir-
convicine città, che successivamente
sì posero in esercizi sotto la sua
direzione. L' avea egualmente ri-
chiesto il zelante vescovo di Faen-
za, pel beneficio degli esercizi spi-
rituali, ma ne impedì V esecuzione
stabilita, l* infermità che andiamo
a raccontare. Il vescovo di Ragu-
sa, passando per Verona, il volle
più volte vedere, ed avere con lui
lunghi ragionamenti, e talmente ne
restò ammirato, che con tutta serie-
tà disse al p. rettore : la compa-
gnia si prepari a far le spese del-
la beatificazione. Nella primavera
del 1841 die indizio di deteriora-
mento la sua salute, e sui primi di
luglio trovandosi in visita a Vero-
na, al p. provinciale dichiararono
i medici la necessità di fargU spe-
rimentare il cielo di Modena, come
più confacente al suo.temperamen-
to. Quindi senza indugio fu accom-
pagnato a Modena, ove giunse ai
6 dello stesso mese, e incomincian-
do subito a migliorare in salute,
diede grandi speranze di guarigio-
ne fino all'avvicinarsi della festa
del santo fondatore. Allora fu che
ODE
sopravvenne il peggioramento da
cui più non si riebbe. Comparve
della gonfiezza alle gambe, comu-
nicatasi alla mano destra e labbro
superiore; crebbe la tosse e l'af-
fanno, si diminuirono l' appetito e
le forze. Più medici chiamati a
consulta, definirono la malattia per
ingorgo o inzuppamento al polmo-
ne, e ne dierono quasi impossibile
la guarigione. A'i3 agosto gli fu
amministrato il ss. Viatico, che ri-
cevè nuovamente nella festa del-
l' Assunta, nel qual giorno gli fu
pure amministrata l'estrema unzio-
ne. Prima di ricevere la s. Euca-
ristia, volle domandar perdono al-
la comunità di tutti i mali esem-
pi o della poca edificazione data ,
segnatamente nella troppa cura del
suo corpo, e appresso ringraziò tut-
ti delle tante cure ed attenzioni
a lui usate. Al gran ciamberlano
di Francesco IV duca di Modena,
il quale assai l' amava ( chiaman-
dolo uomo singolare, vero miracolo
di virtù del secolo nostro, e san-
to), allorché lo visitò il pregò do-
mandar perdono a quell' ottimo
principe di tutti i mali esempi o
poca edificazione da lui data nei
suoi dominii. E non potendo dis-
simulare la gran pace di sua co-
scienza, si sforzava di coprirla di-
cendo, che per non disturbarlo in
quegli estremi il Signore gli usa-
va la misericordia di nascondergli
e non lasciargli più venire in men-
te i suoi peccati. Finalmente ve-
nuto il giorno 17 agosto i84i ,
chiamato il p. rettore che stava
vicino al suo letto, disse : oggi è
il giorno della consumazione del
mio olocausto. Appresso continuò
ora ad accompagnare con gran se-
renità i buoni sentimenti e le pie
ispirazioni dhe gU venivano sugge-
ODE
lite, om a tener gli occhi sul Cro-
cefisso, e col molto delle labbra cla-
va a conoscere di pregare. Sugge-
ritogli rinnovare i voti, lo fece su-
bito con gran sentimento e con i-
speciale soddisfazione. In ultimo
appressatogli il Crocefisso, ne dan-
do egli più i segni di prima, 'gli
fu domandalo se conosceva chi a-
vesse sotlo gli occhi ; e sorridendo
e con serenità di volto rispose qua-
si maraviglialo: oh questo sì lo co-
nosco ! E furono queste le ultime
sue parole, confortato nel punto
estremo dalla visione di s. Luigi
e della Madonna, come piamente
credesi. Morì in odore di santità
e. soavemente alle ore io e mezza
della mattina, come erasi predetto,
di soli anni 56 e mesi cinque, di
cardinalato anni quindici e mesi
nove meno dieci giorni, e quasi
Irentatre mesi di religione. Cosi il p.
Odescalchi rese la sua anima bene-
delta a Gesù, per cui amore posposti
tutti gli onori, gli agi e le grandez-
ze transitorie della terra, aveva scel-
to di vivere e moriva suo poverel-
lo esemplare. Gli fu trovato il pol-
mone destro quasi consumato e nel-
la vescica della bile 5g calcoli. Il
giorno dopo la morte gli furono
celebrate dai suoi confratelli le con-
suete esequie, e nel dì seguente mon-
signor vescovo di Modena, che per
le mani del defunto avea ricevuto
r episcopale consecrazione in Roma,
gli volle celebrare presente cadavere
il pontificale, assistilo dai canonici
della cattedrale e dai padri del col-
legio, innalzando maestoso catafalco,
ponendogli gli abiti pontificali, la
mitra in vece della berretta, la cro-
ce pettorale ec, ed ai lati le armi
gentilizie sormontale dal cappello
cardinalizio, ordinando che in pari
tempo tutte le campane della città
ODE 275
suonassero a morto. Il concorso
del popolo a tali funerali fu im-
menso, come ne' tanti luoghi in
cui pur si vollero celebrare con o-
razioni funebri bellissime. Fu se-
polto in cassa di piombo con tubo
simile, contenente necrologica iscri-
zione, guarentita da altre due cas-
se di legno, dopo essere stati estratti
i percordi del cadavere, e fu così
posto nella sepoltura comune dei
gesuiti. Celebrato da tutti per san-
to, il popolo anziosamente toccò il
suo corpo con divozionali, per con-
servarli quali reliquie ; le unghie,
i capelli, le vesti e quanto eragli
appartenuto, divennero ovunque og-
getti di viva divozione. Il conte
Boschelti ottenne di poterlo far
ritrattare e cavare dal suo angeli-
co volto la maschera. Nel 1841
stesso in Roma si pubblicò questo
opuscolo : Alla memoria immorta-
le dell'esimio p. Carlo Odescalchi
principe romano^ gesuita^ già car-
dinale della S. /?. C, terzine di G*
Marocco, con una interessante no-
tizia storica del medesimo scritta
nello stesso agosto da un gesuita.
In Faenza si stampò : Elogio fu-
nebre del p. Carlo de' prìncipi O-
descalchi della compagnia di Gesii,
già cardinale della S. R. C, scrit-
to e appresso recitato da monsi-
gnor Gio. Benedetto de' conti Fo-
llcaldi vescovo di Faenza^ nella
chiesa di s. Maria dell' Angelo dei
pp. gesuiti all'occasione del so-
lenne funerale j ricorrendo il dì i o
novembre i84i- In Roma nel i843
coi tipi del Salviucci si die alla
luce ; Memorie edificanti della vita
religiosa del servo di Dio p^ Car-
lo Odescalchi della compagnia di
Gesìi, raccolte da un padre della
stessa compagnia. L'illustre com-
pilatore, avendo praticato 25 mesi
l'jS ODE
contìnui col servo di Dio, alla di-
mestica, dal suo primo ingi'csso in
noviziato, scrisse per ordine de* su-
periori r aureo libro, che verannen-
mente edifica e commove l' animo ,
e fu ristampato in Benevento.
ODESSA o ODESSUS. Città
vescovile e porto della Russia eu-
ropea, a 1 4o leghe da Costantino-
poli e 33o da Pietroburgo, sul mar
Nero, fra le imboccature del Dnie-
per e del Dniesler. Costrutta in
anfiteatro e cinta di belle pianu-
re, è di forma oblunga, e fabbri-
cata sopra un terreno inclinato, a
basso del quale evvi il porto, che
formato da due gran moli è como-
do e sicuro, potendo ricevere 3oo
navigli : ad una delle estremità ev-
vi la citladellaj e dall'altra il ma-
gnifico lazzaretto, e fra la città e
il porto si trova una linea dì ca-
serme, col faro sopra una punta.
La rada è vastissima e l'ancorag-
gio sicuro, perchè vi si sta alla difesa
di tutti i venti, tranne quello di
sud-est. Odessa è ben fortificata,
ha strade larghe, case fabbricate
in pietra, e piazze grandi con via-
li alborati. La chiesa principale è
di stile nobile con bella cupola; le
altre sono eleganti. Tra i pubblici
edifici si distinguono l'ammiraglia-
to, r ospedale civile, la dogana, la
borsa, il teatro : sulla spianata che
domina il porto avvi il monumen-
to eretto al duca di Richelieu. Vi
è pure una sinagoga, l'ospedale mi-
litare, r ospizio d' orfani, il bazar,
il giardino pubblico, numerosi e va-
sti magazzini di commercio, e gran
bacini d'acqua per la quale fu co-
strutto.un acquedotto. Gli stabilimen-
ti d'istruzione e di pubblica utili-
tà sono: il liceo Richelieu fondato
nel 1818 e considerato come una
delle migliori scuole d'Europa ; la
ODE
scuola militare istituita nel 1824
dall'imperator Alessandro I; le scuo-
le di navigazione e di commercio,
oltre molte elementari, ed un mu-
seo eretto nel i8o5 per le antichi-
tà della Russia meridionale ; un
comitato di sanità, e la banca di
socrcorso sul piede di quella di Mo-
sca. L'industria vi conta moltissi-
mi stabilimenti, ed il commercio,
dopo che nel 180 3 il duca di Ri-
chelieu fu nominato governatore
generale, prese un'importanza stra-
ordinaria, e le sue relazioni si esten-
dono alle più rimote distanze, rice-
vendo da tutti i punti prodotti ter-
ritoriali o manifatturieri, che tras-
mette alla Russia, Germania e al-
tre contrade : un terzo del com-
mercio si fa dagli inglesi, e quasi
la metà dai russi. Il clima è dolce
e pura l'aria, ma la peste più vol-
te vi s'introdusse. Il soggiorno di
Odessa è talmente delizioso, che
molti ricchi polacchi vi passano
l'estate. La vicina campagna è ben
coltivata e somministra in abbon-
danza erbaggi eccellenti , frutti e
buone uve. Le antichità scoperte
sul terreno che occupa Odessa, di-
mostrano che occupi il silo ove fu
una colonia greca, che vi avea il
porto chiamato dagli antichi Istria-
noruni porUis. Strabone pose Odes-
80, OdessuSf vicino al Mar Nero,
di qua all'imboccatura del Danu-
bio; altri dicono che si chiamò an-
che Bares e che forse corrisponde
al luogo chiamato Lemano. Òdesso
fu città vescovile della Mesia se-
conda, neir esarcato di Dacia, sotto
la metropoli di Marcianopoli, eretta
nel V secolo, detta Tiberiopoli o Var-
na da Commanville; ma Baudrand
avverte, che Varna e Lemano so-
no luoghi diversi da Odesso, di cui
furono vescovi: Amplia mentovato
ODE
da s. Paolo nell'epistola ai romani,
che dicesi ordinato vescovo di Odes-
sa da s. Andrea; Ditta sottoscrisse
la lettera all'imperatore Leone; Gio-
vanni firmò la relazione del conci-
lio di Costantinopoli, contro Severo
e altri eretici ; Leone si trovò al
VII generale; Basilio a quello di
Fozio; Metrofane nel 1612 sotto-
scrisse la risposta che diede ai cal-
vinisti Dionigi patriarca di Costan-
tinopoli : così il p. Le Quien, Oriens
christ. t. I, p. 1224. Altri geogra-
fi chiamano Odessus, città situata
sulla parte occidentale e sulla riva
del Ponto Bussino, verso la princi-
pale base del monte Haemus, ul-
tima colonia de*milesii.
Quivi prima del 1792 eravi un
villaggio tartaro, chiamato Hadji-
Ley; ma dopo la cessione della Bes-
sarabia, alia pace di Jassi, Caterina
II conoscendo gl'inconvenienti del
porto di Rerson o Cherson, uno
de' quattro principali che la Russia
ha sul mar Nero, e desiderando
procurare alle sue nuove provincie
di Polonia uno sbocco più vantag-
gioso pei loro prodotti, scelse la
baia di Hadjibey, che fu ricono-
sciuta idonea ad adempiere alle sue
viste. Confidò all'ammiraglio Ribas
la cura di questo stabilimento, al
quale diede nel 1796 il nome di
Odessa^ in memoria della memora-
ta antica colonia milesia di OdeS'
suSy sulla riva sinistra del Dniester.
I diversi privilegi che Caterina li
gli accordò, vi attrassero prontamen-
te una popolazione assai numerosa;
dalla quale epoca all'assunzione al
trono di Alessandro I, Odessa non
fece grandi progressi. iVel 1802 i
francesi, e dopo di essi gl'inglesi,
olandesi, prussiani, spagnuoli, na-
poletani ed altri, avendo ottenuto
libero passaggio nel mar Nero, Odes-
ODI 277
sa acquistò una grande importanza,
che prodigiosamente si accrebbe per
le cure in vero paterne del duca
di Richelieu, al quale era stato af-
fidato il suo governo, e nel 1817
fu dichiarata porto franco. A Mo-
HIL0V7 dicemmo che Pio VII vole-
va erigervi un vescovato di rito
latino. Il luogo apparteneva alla
Bessarabia, provincia turca che nel
181 2 pel trattato di Bukarest fu
riunita alla Russia, i cui abitanti,
di religione greca nella maggior
parte, dipendono dal vescovo catto-
lico di Kichenau capoluogo. Ecco
le notizie riguardanti le missioni
cattoliche di Bessarabia e Odessa :
la prima conta 80,000 abitanti cir-
ca, la seconda più di 4<>>ooo> ed
i latini cattolici sono in numero
ragguardevole, per esservi stabiliti
gli spagnuoli, i francesi, i tedeschi, i
polacchi, gl'italiani ec. È una vicaria
apostolica dipendente dalla congre-
gazione di propaganda, e da ulti-
mo n'era vicario il p. Vincenzo da
Urbania cappuccino. I cattolici apri-
rono una bella chiesa in Odessa,
ed i cappuccini, cui è affidata la
missione, godono ampie facoltà. Nel
1846 la scuola parrocchiale fu com-
pletamente riorganizzata, e stabilito
un consiglio di sorveglianza, nomi-
nato dai parrocchiaai cattolici e
presieduto dal sacerdote Giorgio
Rasutovicz superiore della chiesa
parrocchiale. Evvi pure un consi-
glio di dame patronesse pel ripar-
timento delle fanciulle. Ne'primi di
luglio 1847 ebbero luogo gli esa-
mi scolastici con soddisfazione ge-
nerale, e la distribuzione de'premi,
con commovente funzione solenne.
Nella provincia si trovano molti
armeni, f^. Russia.
ODIAMPER o ODEYPOUR.
Città deirindostan, capoluogo dello
27» ODI
stato del suo nome : vi fu tenuto
un concilio sui cristiani del Maia-
lar di rito siro-caldeo, riforuìato
da esso. Ne parlammo a Diaviper.
ODILONE o OLONE (s), ab-
bate di Clugin. Trasse i natali dal-
la famiglia dei signori di Mercoeur,
una delle più notabili d'Alvergna.
Inclinato sin dalla fanciullezza alla
pietà, tosto che gli parve poter dis«
porre di se, ritirossi nel monaste-
ro di Giugni, e vi prese l'abito da
s. Maruolo, che Io fece suo coadiu-
tore nel 991, sebbene non avesse
che ventinove anni. Morto tre an-
ni appresso s. Maiuolo, s'incaricò
Odilone del governo della badia.
Egli castigò la sua carne coi più
rigorosi digiuni ed aspri cilizi. A-
vendo accompagnato a Roma l'im-
peratore Enrico II per la sua in-
coronazione, si recò a visitare Mon-
tecassino, ove chiese in luogo di
grazia di baciare i piedi a tutta la
comunità. Intraprese frequenti viag-
gi per la riforma di parecchie case
del suo ordine che aveano degene-
rato dalia prisca santità del loro
istituto. Pieno di carità, distribuì
immense limosine a'poveri durante
la gran carestia del io 16; ed esau-
riti i suoi capitali, per continuare
ad assistere i bisognosi, fece fonde*
re i vasi sacri, e vendette la coro-
na d'oro che s. Enrico imperatore
avea donato alla chiesa di Giugni.
La sua carità estende vasi anche ai
morti, per le anime de'quah faceva
frequenti preghiere, e raccomanda-
va agli altri tale pia pratica. Isti-
tuì in tutte le chiese del suo ordi-
ne la Commemorazione de^edeli de-
funti (Fedi), che poi fu adottata
dalla Ghiesa universale. Altri rife-
rj^ono che questo pio uso erasi
già introdotto nella Ghiesa, e rico-
Tiosciuto da Silvestro li del 999 e
ODO
dal successore immediato Giovanni
XVI detto XVll e meglio XVIII,
il quale ad istanza di s. Odiloiie con-
fermò la commemorazione. Si adope-
rò pure per far accettare nella N eu-
slria la Tregua dì Dio ; ma in mez-
zo a tutte le faccende esteriori in
cui si occupava pel bene del pros-
simo, non perdette mai lo spirito
di raccoglimento, perocché di buon*
ora erasi avvezzato all'esercizio del-
la contemplazione. Diede prova di
sua umiltà col rifiutare nel io3i
l'arcivescovato di Lione, e di sua
pazienza nel soffrire le dolorosissi-
me infermità con cui fu travaglia-
to negli ultimi cinque anni di sua
vita. Finalmente dopo essere stato
abbate per ben cinquantasei anni,
mori nel 1049, nel priorato di Sou-
vigny nel Borbonese, in età di ot-
tantasette anni. Durante le sue ago-
nie si fece portare nella chiesa, ed
esalò lo spirito sopra un cilicio co-
perto di cenere. La sua festa è se-
gnata il giorno primo di gennaio.
In Bollando e nella Bìblioleca di
Clugnì trovansi due vite di s. Odi-
Ione: l'una è di Lotsaud, l'altra
del b. Pietro Damiani. Abbiamo di
s. Odilone parecchi sermoni sopra
le feste di Nostro Signore e della
Beata Vergine, delle lettere e delle
poesie. Egli scrisse inoltre la vita
di s. Adelaide e quella di s. Ma-
iuolo.
ODOARDO o EDOARDO lì, il
martire (s.), re d' Inghilterra. Suc-
cedette nel 975 a suo padre Edgaro,
non avendo ancora tredici aimi.
Egli si lasciò in tutto guidare dai
consigli di s. Dunstano, e il suo re-
gno fu quello di tutte le virtù. Si
rese soprattutto commendevole per
l'illibatezza de'suoi costumi, per la
pietà, modestia, clemenza, e per 1
l'amore ai poveri. La sua matrigna
ODO
Elfrida, che avea cercato luUi ì
mezzi per far eleggere invece di
Ini il proprio figlio Etelredo II, che
avea avuto da Edgaro e che era
solo ne* seti' anni, concepì un odio
implacabile contro Odoardo e risol-
vette di perderlo. Sebbene il giova-
ne re conoscesse i sentimenti della
matrigna, non tralasciava per que-
sto di darle le prove più sincere
del suo rispetto e della sua bene-
volenza ; ma ella non ne fu com-
mossa. L' ambizione e la vendetta
le fece mettere sotto a'piedi le sa-
cre leggi della natura e della reli-
gione; ed un giorno che Odoardo
si recò a visitarla a Corfecastle, Io
fece inumanamente pugnalare nelgyS
o 979 da uno de'suoi servitori. Il cor-
po dell'infelice principe, ch'era stato
gettato in uno stagno, fu scoperto,
e Dio Io onorò di molte miracolose
guarigioni. Fu sepolto nella chiesa
di Nostra Donna di Wareham, e
Ire anni dopo traslocato nel mona-
stero di Shaftsbury. Molte chiese
domandarono ed ottennero qualche
porzione delle sue reliquie. S. Odoar-
do avea regnato soli tre anni, e la
sua morte avvenne a* 18 di marzo,
giorno in cui è nominato nel mar*
tirologio romano.
ODOARDO III, il confessore (s.),
re d* Inghilterra. F. Eduardo (s.).
ODOLFO (s.). Nacque da geni-
tori francesi, ed avanzatosi molto
bene nella virtù e nelle lettere, ven-
ne ordinato prete. Fatto curato di
Oresscoth nel Brabante, si unì po-
scia a s. Federico per travagliare
con lui alla riforma dei costumi dei
frisoni, in cui si adoprò con mera-
vigliosa pazienza, dolcezza e carità.
La contemplazione e la preghiera
lo sorreggevano in mezzo alle fati-
che e alle tribolazioni. Nella sua
vecchiezza fermò il suo soggiorno
ODO 279
ad Utrecht, ov* era canonico ; né
mai volle scemare i suoi ordinari
esercizi, anzi raddoppiava il fervore
a misura che si avvicinava al suo
fine. Mori nel secolo IX, ai la di
giugno, giorno in cui è onorato ad
Utrecht ed in Staveren.
ODONE (s.), abbate di Giugni.
Nato a Tours neir879, da Abbo-
ne signore di alto grado, passò i
suoi primi anni presso Falcone con-
te di Angiò, e presso Guglielmo
conte di Alvergna e duca di Aqui-
tania, che fondò poscia la badia di
Giugni. All'età di diciannove anni
ricevette la tonsura, e fu nomina-
to ad un canonicato della chiesa
di Tours. Da quel tempo egli più
non si occupò che dei doveri del
suo stato e dello studio. Passati
quatti* anni a Parigi- per farvi il
corso della teologia, tornò a Tours,
e sì rinchiuse in una celletta per
darsi unicamente all'orazione ed al-
la meditazione de'lihri santi. Rinun-
ziò poi il canonicato, e prese l'abi-
to benedettino nel monastero di
Baume, nella diocesi di Besanzone,
Tanno 909. Dopo la morte del san-
to abbate Bernone, avvenuta nel
927, i vescovi del paese strinsero
Odone a prendere la direzione dei
monasteri di Giugni, Massay e Deols.
Egli fece la sua residenza nel pri-
mo, e vi stabili l'osservanza della
regola di s. Benedetto in tutta la
sua purezza. Parecchi monasteri di
vari paesi abbracciarono la sua ri-
forma, e si assoggettarono alla sua
giurisdizione, per modo che la con-
gregazione di Giugni divenne in po-
co tempo assai numerosa e fioren-
tissima. I Papi e i principi aveano
posto una grande confidenza nel
santo abbate, e lo incaricarono di
molti affari importanti, che la sua
prudenza e pietà seppe condurre a
28o ODO
buon fine. Morì a Tours a*i8 no-
vembre 942, e fu seppellito nella
chiesa di s. Giuliano : gli ugonotti
bruciarono la maggior parte delle
sue reliquie. La sua vita, scritta da
Giovanni suo discepolo, fu pubbli-
cata nella Biblioteca di Clugiàj e
il p. Mabillon la fece ristampa-
re nel Secolo V Benedettino ,
con altre cose relative alla storia del
santo.
ODONE (s), arcivescovo di Can-
torbery. Nacque nella provincia di
Est-Anglia, da ricchi genitori pa-
gani, danesi di origine. Fino dalla
sua fanciullezza si dimostrò inclina-
to al cristianesimo, e ne frequenta-
va le chiese, laonde venne cacciato
di casa e diseredato. Odone si re-
putò felice di essere spogliato di
tutto ciò che avrebbe potuto legarlo
nel mondo, e colla protezione del
duca Atelmo, che lo fece battezza-
re, s'iniziò nello stato ecclesiastico.
JVeirSSy fece un pellegrinaggio a
Roma, e vi portò le elemosine del
re Alfredo e de' sassoni occidentali.
Poscia questo re lo prese per suo
confessore, e tanto esso, quanto il
suo figlio e successore Odoardo il
Vecchio lo adoperarono in affari
importanti. 11 re Atelstano volle an-
ch'egli averlo al suo fianco, lo fece
suo cappellano, e Io destinò poi a
riempire la sede di Wilton; ma tut-
tavia Odone non potè abbandonare
la corte, ed era sovente astretto a
seguire il re ; anzi trovossi egli pre-
sente alla battaglia di Brunambur-
go, nella quale il re incalzato dai
nemici corse pericolo della vita, e
si assicura che siane andato salvo
per un miracolo del santo vescovo.
Essendo morto Atelstano nel 941,
Edmondo I suo fratello montò sul
trono d'Inghilterra, ed esso pure
ebbe gran fidanza nei consigli di
ODO
Odone, che nel 942 fu trasferito
alla sede di Cantorbery, ma dopo
molta sua resistenza , e dopo aver
preso l'abito benedettino. Assunto
quindi il governo della sua chiesa,
vegliò incessantemente sul suo greg-
ge, non che su tutti gli altri pastori
del regno. Avendo alcuni del suo
clero promosso dei dubbi sulla pre-
senza reale di Gesù Cristo nell'Eu-
caristia, il santo impiegò tutto il suo
zelo per guarentire il suo popolo
dal veleno di questa nuova eresia.
Tenendo il re Edwy o Edvino, pri-
mo de' figli di Edmondo I, una tre-
sca disonesta con Etelgiva sua pa-
rente, s. Odone ordinò a s. Dun-
stano abbate di Glastenbury di am-
monirlo ; il santo abbate fu per ciò
esiliato, e i suoi religiosi vennero
cacciati daf monastero. S. Odone
scaricò il suo zelo contro Etelgiva,
la quale si ritirò a Glocester , ove
il re non ebbe vergogna di seguir-
la; ma esso finalmente fu detro-
nizzato per le sue infamie , e ven-
ne proclamato re suo fratello Ed-
gardo, il quale richiamò s. Dunsta-
no ed ebbe in sommo onore s. O-
done, che sempre instancabile nel
suo ministero mori nel 961, in età
assai decrepita. 11 suo nome è ce-
lebre in "tutti i martirologi d'Inghil-
terra, e trovasi menzionato a* 4 ^'
luglio. Per la sua virtù fu appel-
lato, mentre era vivo. Odo Segodj
cioè il Buono. Le sue reliquie era-
no anticamente in una cassa, e pare
che al tempo della pretesa riforma
fossero poste sotto una piccola tom-
ba nel luogo ov'era la cassa me-
desima. Abbiamo di lui alcune co-
stituzioni, che vuoisi fossero le istru-
zioni ch'egli dava al suo clero. Si
risguarda per principale autore del-
le leggi di Atelstano, di Edmondo F
e di Edgardo, pubblicale nelle as-
OEN
semblee generali , e concernenti lo
slato e la Chiesa.
ODONE, Cardinale. Odone o U-
tlone primicerio di Tulle, cancel-
liere e bibliotecario di s. romana
Chiesa, si trova sottoscritto nella
bolla di Leone IX del 1049, ri-
guardante la consagrazione della chie-
sa Hochemburgense fatta da quel
Papa, onde il Cardella dice che
probabilmente fosse ancora cardi-
nale.
ODONE, Cardinale. Odone car-
dinale vescovo di Albano , succes-
sore di s. Pietro Igneo , visse nel
pontificato di Urbano II, e nel 1092
sottoscrisse una di lui bolla in fa-
vore del monastero della ss. Trinità
della Cava.
ODONISTI. y. EuDisTi.
ODUALDO (s.), abbate nella Sco-
zia. Uscito da una famiglia assai
ragguardevole della Scozia, divenne
governatore della provincia di Lau-
don ; ma rinunziò a tutti i vantaggi
del mondo per ritirarsi nella badia
di Meiros. Egli si consacrò con som-
ma allegrezza al servigio di Dio, il
suo fervore andò sempre crescendo,
e possedette nel più sublime grado
lo spirito di orazione. La sua beata
morte avvenne nell'anno 698, ed è
onorato a' 26 di maggio.
OENOANDA o ENEANDA. Se-
de vescovile della provincia di Li-
cia, sotto la metropoli di Mira, esar-
cato d'Asia. Ne furono vescovi: Pa-
trizio che intervenne al primo con-
cilio generale di Costantinopoli; Ciu-
no che sottoscrisse la lettera del con-
cilio di Licia all'imperatore Leone;
Palmato che sottoscrisse la relazio-
ne del concilio di Costantinopoli a
Papa s. Ormisda; Paolo che fu al
concilio di Costantinopoli sotto il
patriarca Menna; Giorgio I si recò
al VI generale; Giorgio II al VII;
OFF 281
Nicola a quello di Fozio. Orìens
christ. t. I, p. 989.
OFFERTA. F. Oblazione.
OFFERTORIO, Ofertorium. Spe-
cie di antifona composta di alcuni
versetti de' salmi, tratti dalle sacre
scritture dai Papi s. Eutichiano o
s. Celestino 1 o s. Gregorio l ; nel
tempo di s. Agostino certamente era
in pratica nella chiesa di Cartagine:
fu chiamata anche qfferenda. Prese
tal nome dal cantarsi nel tempo
óeW Oblazione (Fedi), mentre il po-
polo offriva il pane e il vino ad
imitazione degli israeliti. Offertorio
si disse ancora la tovaglia e il vaso
nei quali i diaconi ricevevano le
oblazioni o offerte de' fedeli. Da
questo costume trasse il nome quella
parte della Messa [Vedi) che sie-
gue dopo il simbolo della fede, o,
se non si dice^ dopo l'evangelo e il
Doniinus vohìscuni e V Oremus. Si
recita l'offertorio dal celebrante, e
nelle messe cantale si canta pure
dal coro anco con accompagnamen-
to dell' organo , nel tempo che si
prepara il pane e vino per offrirli
a Dio ; e come dicemmo a Obla-
zione, mentre questa si fìiceva do-
veano uscire dalla chiesa coloro che
non erano ammessi alla comunione,
così nel 1494 P^i' '^ coronazione
di Alfonso II re di Napoli, essendovi
presenti molti ambasciatori, quello
de' turchi fu avvisato di uscir dalla
chiesa all'oflertorio. Il Berlendi, Delle
oblazioni p. 74) dice che mentre si
presentavano e ricevevano le obla-
zioni, dal clero congregato nel coro
si cantava l'antifona detta offerto-
rio, canto che eziandio era una lo-
devole costumanza della legge an-
tica, a fine di dar tempo agli ofl'e-
renli ; ch'era perciò assai più lunga
della nostra, perchè talvolta si canta-
va uu intero salmo, ed a ciascun ver-
a8a OFF
setto si ripeteva V offertorio , o di
altri libri delia Scrittura; ripetizio-
ne di versi che sebbene in alcune
messe ancora pratichi la chiesa di
Lione , la romana tolse al cessar
delie oblazioni. Nella messa del sab-
Lato santo, la quale ne' secoli anti-
chi si celebrava di notte venendo
la domenica, non si cantava l'offer-
torio, come non si canta al presente,
benché si celebri nel mattino, o per-
chè al dire del Macri non si face-
vano le oblazioni per non essere
ancora risuscitato il Salvatore, o per
denotare il silenzio delle Marie o
donne quando andarono cogli aro-
mi al sepolcro per offrirli al Re-
dentore; laonde le oblazioni in quel-
la notte si presentavano senza can-
to e con silenzio, secondo il Ber-
lendi. 11 Sarnelli, Leti. eccl. t. IH,
lett. 4^ : Spiegazione dell'offertorio
della messa de' fedeli defunti , ren-
de ragione delle notissime parole
che in esso si dicono, e di tal mo-
do di pregare. Nel t. X, lett. 5i :
Dell'offertorio della santa messa se-
condo il rito romano , suoi diversi
modi e signifìcati ; nella lett. 80 poi
parla dell'offertorio secondo il rito
greco. A Dittici dicemmo che con-
tenevano i nomi degli offerenti e
benefattori, facendosene commemo-
razione nella messa benché defunti,
o con generale menzione o con spe-
ciale de' pili benemeriti o qualifi-
cati per grado eminente, accresciu-
to il numero degli offerenti in mo-
do che la lettura sarebbe riuscita
lunghissima, s'introdusse il costume
di porre i dittici sull'altare colle re-
liquie, in tempo che facevansi le
oblazioni. Tuttora nella basilica La-
teranense, negli anniversari, dopo l'of
fertorio si legge il nome del testa-
tore, al modo detto nel voi. XII,
p. 4 1 del Dizionario, 11 Macri, NoU
OFI
tìtvoc. eccl.^ dice che con la tova-
glia o velo con cui si ricevevano
le oblazioni, l'arcidiacono sollevava
il calice prima che si recitasse il
Pater nostttr^ come fa ora il cele-
brante colle proprie mani alzando
l'ostia e il calice. Cercano i litur-
gici, se finito l'offertorio e portan-
dosi una particola per la comunio-
ne di qualche laico, si possa con-
secrare lecitamente : il Diana affer-
ma potersi fare, purché non sia co-
minciato il prefazio, nel qual caso
il sacerdote potrà con la mente of-
frire la particola. Quando il cele-
brante offre l'ostia, nel pronunziare
le prime parole alza gli occhi e su-
bito li abbassa; l'occhio essendo sim-
bolo della retta intenzione, si deve
drizzare verso Dio per essere il sa-
grifìzio atto di latria , dovuto sola-
mente alla divinità, come insegna
Suarez, che aggiunge doverli abbas-
sare, perché nomina sé stesso pec-
catore, imitando il penitente pub-
blicano. Il celebrante nel!' offrire il
calice tiene gli occhi fissi verso il
Crocefisso, perché fa menzione del
soavissimo odore del prezioso san-
gue di Cristo; anzi nelle messe so-
lenni il diacono sostiene colla ma-
no il calice, proferendo in compa-
gnia del celebrante la medesima o-
razione, ciò significando come Cri-
sto per mezzo del proprio sangue
promulgò l'evangelo. J^. Ostia e Ca-
lice.
OFFIZl DIVINI, r. Divini uf-
fizi.
OFFIZIO DIVINO. F, Uffizio
DIVINO e Breviario.
OFFIZIO SANTO, r. Congre-
gazione DELLA S. R. ED UNIVERSALE
INQUISIZIONE DEL S. OFFIZIO, ed INQUI-
SIZIONE.
OFITI, OFIOMORFITI. Eretici
del secondo secolo, ramo de* gnosti-
OGL
ci, COSI delti dalla parola greca ophis,
serpente, perchè adoravano con cul-
lo superstizioso un serpente, che
tenevano nascosto in una caverna
dietro il loro altare, credendo che
Gesù Cristo fosse il serpente che
avea ingannato Eva e sedotto Ada-
mo colla cognizione del bene e del
male, e non offrendo a Dio altra
materia, fuorché quella, intorno alla
quale erasi attortigliato il serpente,
mentre celebravano i loro misteii,
come la sola grata al Signore. Eb-
bero per capo Eufrate egiziano che
insegnò si euoruii errori verso l'an-
no 180 , riproducendo quelli di
Valentino' capo de' Faltntìniani
(Vedi).
OGLIASTRA (Oleastren). Città
con residenza vescovile in Sardegna,
o contrada montuosa lungo la costa
est, con piccola isola dello stesso
nome, abbondante di legname buo-
no per marina: il vescovo propria-
mente ha sede nella piccola città
di Tortoli, divisione del Capo Ca-
gliari, distretto presso il golfo del
suo nome, formato dal mare Tir-
reno, sul quale tiene un porto, ed
a poca distanza dalia sinistra spon-
da del Tortoli. E residenza ancora
d'un subdelegato, e vi s'imbarcano
molli vini e formaggi , particolar-
mente per Genova, mentre gli abi-
tanti sommano a circa i4oo. La
cattedrale è un buon edifizio con
battisterio, sacra a Dio sotto l' in-
vocazione di s. Andrea apostolo :
non avvi in città altra chiesa par-
rocchiale; vi è il convento degli a-
gostiniani, alcune confraternite, il
monte di pietà ; il seminario tro-
vasi a Lanusei, capoluogo di pro-
vincia e di distretto, sede d' una
prefettura di giustizia. Il vescovo
non ha episcopio, ma decente abi-
tazione. Sino dal 1797 il re di
OGL a83
Sardegna Carlo Emmanuele IV era
intenzionato di erigere questa dio-
cesi, e già Pio VI ne avea stabili-
to il territorio; ma le disastrose
politiche vicende che vi succedet-
tero ritardarono l'esecuzione di que-
sto progetto sino agli 8 novembre
1824, epoca in cui ad istanza del
re Carlo Felice 1 venne con bolla
speciale da Leone Xll canonica-
mente eretta, con smembrare il ter-
ritorio dell' arcidiocesi di Cagliari ,
al cui arcivescovo fu dichiarata suf-
fraga nea la sede di Ogliastra. Leo-
ne Xll nel concistoro de' 20 di-
cembre dichiarò primo vescovo mon-
signor fr. Serafino Carchero cap-
puccino, nato. in Cuglieri diocesi di
Bosa, consagrato in Cagliari, e nel
1834 traslato da Gregorio XVI a
Cisarchio in Sardegna stessa. Quin-
di questo Papa a' 19 maggio 1887
gli die in successore monsignor Vin-
cenzo Fois della diocesi di Bisar-
chio, canonico e parroco della me-
tropolitana di Cagliari, il quale ri-
nunziò senza neppure essere conse-
crato, e mori nel dicembre i838.
Lo stesso Gregorio XVI a' i3 set-
tembre i838 preconizzò vescovo
monsignor Giorgio Manurita di Tem-
pio, già curato, esaminatore pro-
sinodale e convisitatore nell'arcidio-
cesi d'Oristano, consagrato in Ca-
gliari e morto nel 1844 j onde al
presente la sede è vacante. Il ca-
pitolo si compone della dignità del-
l'arciprete, di sei canonici colle
prebende del teologo e penitenzie-
re, di quattro beneficiati, e di altri
ecclesiastici per l' uflìziatura. L' ar-
ciprete aiutato da* canonici ha cura
delle anime della cattedrale. La dio-
cesi è suflìcientemente vasta, con-
tenendo trenta luoghi e vent'olto
parrocchie. Ogni vescovo è tassato
ÌQ fiorini 4^0? ascendendo le rea-
284 OGN
dite a io,4oo libras pedemontanas^
senza oneri.
OGNISSANXr. Festa di lutti i
santi che si celebra il primo no-
vembre. Il Papa s. Bonifacio IV
die origine a questa festa coi con*
sagrare alla Beata Vergine e a tutti
i santi martiri il celebre tempio
di Roma detto il Pantheon nel 608
o 610 circa, dopo averlo fatto pu-
rifìcare , che perciò chiamò Chiesa
di s. Maria ad Martyres (Fedi),
istituendo tal festa per Roma da
celebrarsi a' i3 maggio, giorno in
cui solennemente dedicò la chiesa.
Dicesi che s. Bonifacio IV in far
ciò, esegui le intenzioni del prede-
cessore s. Gregorio J. Dipoi s. Gre-
gorio III del 73 1 nella basilica Va-
ticana consagrò una cappella in o-
nore di lutti i santi, o per dir me-
glio per opporsi agli iconoclasti che
disprezzavano il culto delle sacre
immagini e reliquie de* santi, pose
in detta basilica nell'oratorio da
lui edificato le immagini del Sal-
vatore, di Maria, e le reliquie de-
gli apostoli e di molti altri santi
e sante, eh' erasi procurato da di-
verse parti del mondo, esponendole
verso il fjSj con solenne culto alla
venerazione del popolo, onde si au-
mentò la divozione in Roma di ce-
brare la festa di lutti i santi. In
seguito Gregorio IV nell' 834 fece
promulgare per lutto l'occidente la
festa di lutti i santi e sante, da ce-
lebrarsi nel primo novembre e con
ottava. Dilatò lai celebrazione, per-
chè avendo per essa s. Bonifacio
IV concesso l'indulgenza plenaria,
per la rarità del beneficio spiritua-
le , era sì grande il concorso in
lioma per lucrarla , che talvolta
vi mancarono i necessari viveri. Inol-
.ire Gregorio IV dedicò la chiesa di
s. Maria ad Martyres anche a lutti
OGN
i santi, nella quale già nel primo
di maggio si celebrava la festa di
lutti gli apostoli. Nelle litanie in-
vochiamo la Beata Vergine : Regi-
na martyruin. Regina sancloruni
omnium. Narra il Rinaldi all' an-
no 835, n." 4^5 che Gregorio IV
avvisò l'imperatore Lodovico I, che
si dovesse celebrare in Francia e
Germania la festa d' Ognissanti il
primo di novembre, il quale or-
dine dall' imperatore e da tutti i
vescovi di tali regioni fu ricevuto,
e con mirabil consenso e allegrezza
mandato in esecuzione . Aggiun-
ge essersi determinato il Pontefi-
ce di far celebrare per tutto del-
la solennità, onde supplire a quello
che per ignorani^a o per negligenza
nelle feste particolari si fosse man-
cato. Pretese il p. Menardo di ri-
ferire che prima di Gregorio IV
la festa, oltre in R.oma, era stata
introdotta in molte chiese, ma non
lo prova : certo è che dopo tal
epoca la festa di lutti i santi e
sante venne adottata generalmente
pel primo novembre. Nell'anno santo
i^']^ Sisto IV ordinò che la festa
d'Ognissanti si celebrasse in tutta
la Chiesa per otto giorni. Questa
determinazione la prese per implo-
rare il loro possente patrocinio, onde
liberare la cristianità minacciata dai
turchi , dopo la presa d' Otranto.
I greci celebrano questa festa nella
domenica dopo la Pentecoste. Dice
il Boiler, che questa festa fu isti-
tuita per tutti i santi che regnano
in cielo, e che la Chiesa in essa
si propone: 1.° Di render grazie a
Dio pei benefizi, di cui gli è pia-
ciuto colmare i suoi eletti. 1." Di
eccitar noi all'imitazione delle loro
virtù , mettendoci innanzi agli occhi
quella moltitudine di santi d'ogni
età, d'ogni sesso, d' ogni condì-
OLA
Eione, e facendosi insiememente con-
templare l'indicibile felicità di cui
essi godono, e alla quale noi pure
siamo chiamati. 3.° Di sollecitare
la divina bontà in prò de' suoi fi-
gli , pei meriti di questi possenti
intercessori. 4-° Finalmente di met-
terci in istato di riparare le man-
canze che noi possiamo aver fatto
nella celebrazione in ciascuna festa
particolare, e di render gloria al
Signore ne' santi stessi che non ci
sono noti o che non hanno giorno
stabilito tra i fedeli. Vedasi To-
massin, Trattato delle feste j Be-
nedetto XIV, De feslis in dioeces,
Bon.j e Smith, De hod. stalu ec-
cles. graecae.
OLANDA. F. Paesi Bassi.
OLAO (s.), ordine equestre. È sta-
to istituito dal regnante Oscarre I re
di Norvegia e di Svezia a'2 1 agosto
1 847, giorno della festa della regina
Giuseppina Beauhainais, in comme-
morazione dell'avere il re s. Olao I
liberata la Norvegia dalla domina-
zione straniera, e introdotto nel
paese il cristianesimo, dichiarandosi
il re signore e gran maestro di questo
real ordine cavalleresco. La deco-
razione dell'ordine consiste in una
stella d'oro con otto raggi, sormon-
tata dalla corona reale. Al centro
della stella vi è uno scudo rosso
diviso in due campi, uno de' quali
porta il leone coronato degli stem-
mi di Norvegia, e stringerne in una
delle sue zampe l'ascia di s. Olao.
Neil* altro campo vi è una croce
di smalto bianco, su ciascun brac-
cio della quale è scritto l'iniziale
del nome del fondatore dell'ordine,
cioè un O di forma anglo-sassone.
Quando la decorazione è conferita
ad un militare vi si aggiungono
due spade incrociate immediatamen-
te sotto la corona che sormonta la
OLA 285
stella. Il cordone dell' ordine è di
colore rosso ondalo con un orlo
bianco e l'altro giallo. L'ordine ha
il cancelliere, il tesoriere ed il se-
gretario eh' è pure maestro di ce-
rimonie, ed è diviso in tre gradi ^
cioè gran croci , commendatori e
cavalieri. Il primo capitolo tenuto
dal re fu in Cristiania a' 28 ago-
sto, in cui nominò undici gran croci,
ventidue commendatori e quaran-
tasei cavalieri.
OLAO I (s.), martire, re di Nor-
vegia. Figlio di Araldo Grenscio
principe di Westfold in Norvegia ,
liberò il suo paese dal giogo degli
svedesi, e nel ioi3 s'imbarcò per
l'Inghilterra, ove rese importanti
servigi al re Etelredo contro i da-
nesi. Inseguito feccia guerra a Olao
III Skoet-Konung re di Svezia; ma
avendo fatto con lui una pace van-
taggiosa, ne sposò la figlia : questi
due principi introdussero circa lo
stesso tempo il roniescot o annuo
tributo che si pagava alla santa
Sede. S. Olao I fece venire d'Inghil-
terra degli ecclesiastici e dei mo-
naci commendevoli per la loro scien-
za e pietà, fece ottime leggi , ras-
sodò la pace in tutti i paesi di sua
obbedienza, e si adoperò ad estir-
pare le superstizioni dell' idolatria ,
non solo nella Norvegia, ma ezian-
dio nelle isole di Orkeny, di civi
erasi impadronito, e nell' Islanda ,
facendo demolire in molti luoghi i
templi eretti agli idoli. I pagani
sostenuti dai soccorsi che il re Ca-
nuto mandò loro dall'Inghilterra,
attaccarono il santo re, lo vinsero
e scacciarono dai suoi stati. Olao I
riparò in Russia, donde tornò qual-
che tempo dopo, e levò un eserci-
to per ricuperare il suo regno; ma
fu ucciso nella battaglia che succes-
se ai 29 di luglio io3o a Sticli*
i86 OLB
stadt, tlojK) un regno di sedici nn-
ni. L'nnno seguente il vescovo <li
Di'ontheim o Nìdrosia, ove il san-
to re era stato sepolto, lo fece o-
Tìorare nella sua chiesa con pub-
blico cullo e col titolo di mar-
tire. Dio illustrò la sua tomba con
vari miracoli, e la cattedrale di
Nidrosia o Drontheim , magnifica-
mente rifabbricata, lo scelse per suo
patrono titolare. Nel T098 il di lui
corpo fu trovato senza alcun segno
di corruzione, ed era ancora nello
sfesso stato quando nel i54i i lu-
terani saccheggiarono la cassa pre-
ziosa che lo conteneva. S. Olao I
fu protettore di un gran numero di
chiese in Inghilterra e in Iscozia ,
ov'era onorato sotto il nome di s.
Olao e di s. Toley. La sua festa
fu stabilita il 29 di luglio , ed è
menzionato come martire nel mar-
tirologio romano.
OLB A , Olhaaa. Sede vescovile
d'Isauria, diocesi d'Antiochia, sotto
In metropoli di Seleucia, eretta nel
V secolo. Ebbe per vescovi Euse-
bio che assistette al primo concilio
di Costantinopoli ; Differenzio che
nel 44^ sottoscrisse la condanna di
Eutiche; Paolo che sottoscrisse la
lettera de' vescovi d' Isauria, e Teo-
doro che trovossi al VI concilio ge-
nerale. Oriens christ. t. II, p. io3o.
Nella Siria sacra p. I23 si parla
d'Olba e del tempio ivi eretto a
Giove, abbattuto da Costanzo im-
peratore, sode vescovile di Cilicia,
Olba, Olbanen, al presente è un
titolo yescoyWe in partibusy solto trar-
ci vescovato pure in partibiis di Se-
leucia, che conferisce la santa Sede.
OLBIA. Sede vescovile della Li-
bia Pentapoli, nel patriarcato d'A-
lessandria, sotto la metropoli di Ci-
rene, eretta nel secolo V. Ne fu-
rono vescovi Atanasio, Antonio, e
OLD
Puì)lio che assistette al concilio ge-
nerale d'Efeso L Oriens chr. t. If,
p. 63o.
OLDOINl Agostino. Nacque nel
16 12 in Spezia nel Genovesato, e
professò in Napoli nella compagnia
di Gesù, 'ed ivi insegnò belle let-
tere. Fu rettore in vari collegi , e
fu erudito e laborioso istoriografo
ed autore di molte opere , di cui
citeremo le principali, i.** Athc-
naeuni Angustunt in quo Periisino-
rum scripta puhlice exponunlur ,
Perusiae 1678. 2.° Necrologinm Pon-
iìficum ac pseudoponti ficuni Ronia-
minij cuni notis ^^orad^e 167 i. 3.° A-
thenaeuni Ronianum in quo Summ.
Ponlif. ac pseudopont. nec non S.
R. E. cardinalium ac pseudocar-
dinalium scripta puhUce exponun-
tur, Perusiae 1676. È una storia
de' Papi e de* cardinali che ci la-
sciarono qiialche opera , con una
notizia intorno ad esse. 4-" Clemen-
tis tìtulo sanctitalis vel morum san-
ctimonia illustres cum animadver-
sionibus, Perusiae 1675. 5° Alhe-
naeum Ligusticuni seu syllabus scri^
ptoruni ligurunt, nec non sarzanen-
siuni ac cyrnensiuni reipublicae Gè-
nuensis subdilorum, ivi 1680.6.° Le
vite de'Papi e cardinali fino a Cle-
mente IX di Ciacconio, la terza
edizione con sue note, Roma 1677
tomi 4 con figiu'p. Questa è la mi-
glior storia de' Pontefici e de' car-
dinali, ma non senza errori^ come
suole avvenire in ogni opera di este-
so argomento: le note marginali il
Placci le crede di Cesare Becilli ur-
binate. 7." Catnlogus eoruni qui
de roninnis Ponti ficibus scripserunt.
Francofurti 1732. Oldoini lasciò mss.
V Alhenanun Pisloriense^ migliorato
e pubblicato dal p. Zaccaria; Atlie-
naeuni italicumj De titulis cardi"
naliuniy ed altre opere di biografìa.
OLE
Si critica per la poca esaltezza ,
lullavolta si può consultare con fruì-
te, come fecero molti, massime bio-
grafi.
OLEARIO Bartolomeo, Cardi-
nale, Bartolomeo Oleario o Uliario,
nato di civile ma povera condizio-
ne nella città di Padova , professò
neir ordine de* minori conventuali,
dove fiorendo per singoiar santità
di vita, e profonda scienza nelle
teologiche e divine scritture, di cui
nelle cattedre dell' ordine divenne
professore, i suoi superiori fecero a
gara per sollevarlo ai primi posti
della religione. Acceso dallo zelo
della divina gloria e della salute
delle anime, non ebbe difficoltà d'in-
traprendere lunghi e disastrosi viag-
gi a fine di predicare il vangelo ai
popoli e sostenere i donimi della
cattolica religione. Urbano VI nel
i38i lo promosse a vescovo d'An-
cona, e Bonifacio IX dopo averlo
nel i386 o iSSy trasferito alla
chiesa di Firenze, a' i8 dicembre
1389 Io creò cardinale prete del
titolo di s. Pudenziana, per cui ri-
nunziò la detla sede vescovile. Il
Papa si prevalse utilmente di sua
opera nella legazione di Napoli e di
Sicilia , per quietare le turbolenze
insorte in quel regno, eh' e rasi ri-
bellato alla Chiesa romana, col git-
tarsi nel partito dell' antipapa Cle-
mente VII, non che a Ladislao suo
legittimo re; e colla sua prudenza
e dolcezza tutto felicemente otten-
ne. Oltre a ciò fu incaricato dal
governo di Sicilia, ove fece spicca-
re la sua integrità e valore. Dopo
tante egregie aziorii morì in Gaeta
nel 1396, e fu sepolto nella chiesa
de* frati minori in un avello di mar-
mo col suo stemma cardinalìzio ed
elegante iscrizione in versi.
OLENO, Oleniim. Sede vcscovi-
OLE 187
le d'Acaia nel Peloponneso , forse
Camimtza (^f^edi), che vuoisi occupi
il luogo della città di Oleno sul
fiume Piro. Ne furono vescovi Gu-
glielmo di Pontoise cluniacense del
i25o, morto nel 1268, e successo
da que' registrati neWOriens chtist.
t. HI, p. 1042, sino a Raimondo
Lizoli milanese domenicano, vicario
apostolico della Cina nel 1696. Nel
i564 fioriva un vescovo greco di
Oleno, che sottosciisse la deposi-
zione del patriarca Joasaph. Al pre-
sente Caminitza, Olenen^ è un titolo
vescovile in partihus, soUo Tarcive-
scovato pure in parlihus di Patras-
so, che conferisce la santa Sede, e
Gregorio XVI a* 3o luglio i833
nominò vescovo Olenense e vicario
apostolico del distretto di Londra,
monsignor Tommaso Griffiths.
OLEKON, Elorona. Città vesco-
vile di Francia in Guascogna, di-
partimento de' Bassi Pirenei, capo-
luogo di circondario e di cantone,
a 5 leghe da Pau e 216 da Pa-
rigi, al confluente dei Gave d'Aspe
e d'Ossau, con tribunale di prima
istanza ed altre magistrature. Divisa
in alta e bassa ; la prima sopra alta
montagna ha una chiesa vecchia e
il mercato ; la seconda è divisa in
due dal Gave d' Ossau, ha diverse
fabbriche e fa un comniercio atti-
vo di lane del paese. E il deposilo
generale de* legnami per uso della
marina reale. Nel borgo di s. Ma-
ria è la cattedrale, il cui capitolo
componevasi dell'arcidiacono, di do-
dici canonici e di otto cappellani.
Questa città dal territorio degli an-
tichi popoli tarbelii fu diversamen-
te chiamata coi nomi d' Iluro, di
Illuronaj Laronensium^ Ellorensiiun
e Giare: da Iluro si disse Eloro^
poi corrotto in Oloro o Oloron.
Saccheggiata prima dai saraceni
288 OLI
liei 782, fu interamente rovinala dai
normanni nel IX secolo. Verso il
1080 Centuilo visconte del lìearn
la fece rifabbricare. La sede vesco-
vile fu eiella ne' primi del VI se-
colo, nel Bearn in Guascogna, e fat-
ta sulfraganea d' Auch. Ne fu pri-
mo vescovo Grato che assistette nel
5o6 al concilio di Agde: quanto
ai successori sino a Giuseppe Ré-
vol, fatto nel 170.5, vedasi la Cwall.
Clirìst. t. I, p. i!264. Ultimi ve-
scovi furono: 1729 Gio. Francesco
de Calbeiart de Montillet. 1742
Francesco de Resol della diocesi di
Vienna. 1788 Gio. Battista Augusto
de Villoutreys de Faye, delia dio-
cesi di Clermont. Pio VII soppres-
se la sede pel concordato del 1801.
JI vescovo era il primo barone del
Bearn e godeva i3,ooo lire di ren-
dite. Nella diocesi eranvi due con-
venti, due monasteri e 209 par-
rocchie.
OLGA (s.). Fedi Elen.i (s.).
OLIMPIA o OLIMPIADE (s).
Nacque circa l'anno 368, di ricchi
e nobili genitori, di cui rimase pri-
va in età ancor tenera. Teodosia,
sorella di s. Anfiloco, si prese cura
di sua educazione. Procopio gover-
natore di Costantinopoli, suo zio e
tutore, la marita a Nebridio, am-
ministratore dei beni particolari di
Teodosio I il Grande, il quale fu per
alcun tempo prefetto di Costanti-
nopoli ; ma dopo venti mesi di ma-
trimonio restò vedova. Parecchie
persone d'alto rango la richiesero
in isposa, e Teodosio medesimo la
eccitò a maritarsi con Elpidio, suo
prossimo parente ; ma essa non
volle giammai acconsentire alle se-
conde nozze, e solfri anche, per
qualche tempo, la privazione dei
propri beni ; finché Teodosio, con-
vinto della sua virtù, gliene fece
OLI
restituire la libera amministrazione
nel 891, e non le recò più mole-
stia alcuna circa la sua maniera di
vivere. Olimpia ne fece un santo
uso, e si applicò con ardore alle o-
pere di carità, come agli esercizi
dell* orazione e della penitenza. S.
Gio. Grisoslomo paragona le sue
limosine ad un fiume aperto a tut-
ti, il quale scorreva infino all' estre-
mità della terra e la cui abbon-
danza arricchiva anche l' Oceano.
Ella fu successivamente in preda a
malattie dolorose, a nere calunnie,
ad ingiuste persecuzioni ; ma la sua
virtù destava l'ammirazione di tut-
ta la Chiesa, e i più gran vescovi
di quel secolo non parlavano di
lei senza grande rispetto. Nettario
arcivescovo di Costantinopoli la fe-
ce diaconessa delia sua chiesa, e s.
Gio. Crisostomo, che a quegli suc-
cesse, non ebbe minore stima per
lei, e fu sempre il suo direttore spi-
rituale. Olimpia fu una delle per-
sone che furono le ultime a sepa-
rarsi dal santo dottore, quand' egli
andò in esilio nel ^o^;e venendo
poscia i suoi amici perseguitati, fu
essa pure condotta dinanzi ad Ot-
tato prefetto della città, pagano,
presso il quale si giustificò di ciò
ehe le era stato apposto, ma di-
chiarò francamente che nulla avrel>
be mai potuto indurla a comuni-
care con Arsacio, che avea usur-
pato la sede di s. Gio. Grisostomo.
Essendole stato ordinato di uscire
della città, andò vagando in diver-
se parti. Ritornata in Costantino-
poli, fu condannata a gravosa e-
menda e furono venduti pubblica-
mente i suoi beni. Venne più volte
condotta davanti ai tribunali, soffri
degl' insulti, i suoi poderi furono
messi a sacco dal popolaccio, ed
Attico successore d' Arsacio disperse
OLI
e bandì la comunità delle vergini
di* erano sotto la di lei guida. S.
Gio. Crisostomo scriveva sovente a
s. Olimpia per consolarla, e rice-
veva da lei ciò eh' eragli necessa-
rio per provvedere a' suoi bisogni,
per riscattare i prigioni e per sol-
levare i poveri delle deserte con-
trade eh' egli abitava. Questa santa
vedova morì verso l'-anno 4'^*^- ^
greci l'onorano a' 25 luglio, ma
nel martirologio romano è nomi-
nata a' 17 dicembre.
OLIMPO, Olympus. Sede vesco-
vile di Licia neir esarcato d' Asia,
sotto la metropoli di Mira, eretta
nel V secolo, e fu già gran città, fra
Phaselis e il promontorio Hieron. Ne
furono vescovi, Metodio che lo fu
pure contemporaneamente di Patara,
poi trasferito a Tiro, e soffrì il mar-
tirio nella Calcide, nella persecuzio-
ne di Diocleziano : s. Girolamo nel
suo Catalogo cita molte opere, di
tal santo. Arislocrito assistette al
concilio d'Efeso I; Anatolio sotto-
scrisse nel 4^7 la lettera del con-
cilio di Mira; Giovanni firmò la re-
lazione del concilio di Costantino-
poli su Severo d'Antiochia. Oriens
'Chrisf. t. I, p. 975. Olimpo, Olym-
pen, è un titolo vescovile in parti'
bus, e Leone XII a* 2 3 dicembre
1828 lo conferì a Daniele Mac
Donnell, da lui fatto vicario apo-
stolico dell'Isola della Trinità nelle
Antille inglesi.
OLINDA (de Olìnda). Città con
residenza vescovile nel Brasile iti
America, nella provincia di Fernam-
buco , capoluogo di comarca, di-
stante una lega da Recife, presso
l'Atlantico. D'ordinario si nota sot-
to il nome di Fernambuco le due
città di Olinda e di Recife , ed il
vescovato chiamasi di Olinda e Fer-
nambuco . Recife altro capoluogo
VOL. XLVIir.
OLI . 289
di tal provincia, componesi di tre
parti, con chiese, conventi, bellissi-
mo episcopio ed altri edifìzi: ha
due porli, Mosqueiro e Poco, ed è
difesa dal piccolo forte di Bom-
Jesu e dal gran forte CineoPontas.
Il commercio rese Recife ricca e
fiorente, con più di 2^,000 abi-
tanti. I dintorni sono ameni, i ven-
ticelli temperano il focoso calore.
Fu presa nel i63o dagli olandesi
che la conservarono 24 anni. O-
linda è amenamente situata in un
delizioso paese, sopra una collina,
da dove si gode la vista estesa del
mare e dintorni. Le case hanno
belli giardini ; vi è il palazzo ve-
scovile non molto distante dalla cat-
tedrale, e quello in cui risiedeva
per sei mesi il governatore. La cat-
tedrale dedicata al ss. Salvatore è
di antica ed elegante struttura, con
cura d' anime aflidata al parroco.
Vi sono ancora altre cinque chie-
se parrocchiali con battisterio, ed
altre belle chiese ; sei conventi di
religiosi, diverse confraternite, T o-
spedale, il seminario e il giardino
botanico. Ora conta più di 4>ooo
abitanti, ma fu già molto più con-
siderabile la città. Dopo che gli o-
landesi la presero nel i63o inco-
minciò a decadere, ed il suo com-
mercio e industria passarono à
Recife.
La sede vescovile Fu eretta ad
istanza di Pietro II re di Porto-
gallo, da Innocenzo XI, colla costi-
tuzione Adsacram, de' 22 novem-
bre 1676: la chiamò Olìnda di
Fernambuco dell'Indie occidentali,
la dichiarò suffraganea di s. Sai-;
valore da lui elevata a metropoli, e
dispose che i re di Portogallo pa-
gassero al vescovo mille scudi an-
nui. Nelle Notizie di Roma si re-
gistrano i seguenti vescovi; 1738
290 OLI
fr. Lodovico di s. Teresa carmeli-
tano ecalzo, a cui Benedello XIV
nel 1754 die per coadiutore con
futura successione Francesco Save-
rio Aranha della diocesi di Miran-
da, vescovo di Termopoli in parti-
hus. 1774 ft'' Tommaso dell' incar-
nazione, del ss. Salvatore. 1785 fr.
Diego da Jesìi Jardim girolamino
della diocesi di Mariana. 1794 Giu-
seppe Gioacchino de Cunlia de A-
zeredo Coutliino, di s. Sebastiano
di Rio. 1806 Giuseppe Maria A-
raujo, di Porto. 181 5 Antonio da
s. Giuseppe Bastoz monaco bene-
dettino, di Rio Janeiro. 1821 Gre»
gorio Giuseppe Viegas del terzo
ordine di s. Francesco, di Lisbona.
1828 Tommaso de Noronha do-
menicano, traslato da Goccino. Per
sua dimissione Gregorio XVI nel
concistoro de* 28 febbraio i83i
nominò l'odierno monsignor Gio-
Tanni Marquez Perdigalo di Por-
togallo, prelato della cappella del-
l' imperatore del Brasile. II capito-
lo si compone di quattro dignità^
la prima delle quali è il decano, di
sedici canonici colle prebende del
teologo e penitenziere, di altri pre-
ti e chierici. La diocesi è ampia
e contiene molti luoghi. Ogni ve-
scovo è lassato in fiorini ii6, a-
scendendo la mensa a 12,000 cro-
ciati lisbunesi.
OLIO, Oleum. Liquore che si
cava dall'oliva, frutto e coccola
della pianta olivo. Siccome l' olio
serve di nutrimento, e mescolato
coi profumi è usato come rimedio,
si spande faciloienle, penetra i cor-
pi solidi, si accende ed illumina ,
cosi queste ed altre proprietà die-
l'ono luogo a diverse metafore, gra-
vi misteri, simboli e significazioni.
Quindi l'olio fu consideralo còme
un sim]x)b della grazia divina che
OLI
s'insinua facilmente nell'anima no-
stra,, la rallegra e consola, ne gua-
risce le infermila, la fortifica, l' il-
lumina e fa risplcndere la sua vir-
tù: l'olivo donde sì trae è simbo-
lo di pace, onde con ragione Dio
e la Chiesa lo destinarono ad uso
sacro, ed appellandosi Cristo luce
del mondo, convenevolmenle ado-
perasi l'olio sì per denotare chi
arrecò la pace al mondo, che per
ricordare gli effetti prodotti dal-
la predicazione evangelica sulla fac-
cia della terra. Nella sacra Scrit-
tura pure r olio prese un sen-
so figurato, onde significò altre-
sì la fertilità, 1' abbondanza, la co-
pia de' doni e benefizi di Dio e
quella delle grazie soprannaturali.
Gli orientali hanno fatto sempre
grandissimo uso delle essenze e de-
gli olii odorosi, profumandosene
principalmente ne' giorni di festa e
d'allegria, dal capo fino a' piedi ,
astenendosene in quelli di lutto e
di tristezza. Siccome lo spandere
profumi su d'alcuno, fino cfalla più
remola antichità fu distinzione di
onore e di rispello, cosi l'unzione
d' olio profumato rese come sacra
la persona che la riceveva, il quale
allo naturalmente divenne un sitn-
bolo di Consacrazione (Fedi), an-
che per le cose inanimate, onde fu
praticalo dagli ebrei e dai pagani.
Nella Scrittura sacra, una persona
unta è sacra, e ciò si legge de' sa-
cerdoti, de* profeti e de' re. L'olio
d' unzione, profumo che Mosè avea
composto per consecrare i sacei'do-
ti e i re, i vasi e gV istru menti
del culto divino, di cui gli ebrei
si servirono nel tabernacolo, poscia
nel tempio, era composto di diversi
aromi, cioè di mirra, di cinnamo-
mo, di carma odorosa, di cassia e
d' olio d' olivo, il tultó mescolato
OLI
con arte dal profumiere. Dio disse i
tutte le cose che verranno unte col
detto olio saranno consacrate, e
chiunque le toccherà sarà santifi-
cato. I re non ricevevano tutti que*
st' unzione, ma soltanto il capo di
una famiglia che saliva al trono;
ed era egli consecrato tanto per sé,
quanto per tutti i successori di sua
stirpe. Questi però chiamavansi e-
gualmente unti del Signore, perchè
J' unzione e la dignità reale consi-
deravansi come si noni me. Ma cia-
scun sommo sacerdote riceveva la
unzione prima d'incominciar l'e-
sercizio di sue funzioni ; cosi era
del sacerdote che ne faceva le veci
al campo in tempo di guerra. I
vasi e gli strumenti consecrati con
l'olio d' unzione tra gli ebrei furo-
no r arca dell' alleanza, l' altare dei
profumi, la mensa de' pani di pro-
posizione, il candelabro d' oro, l' al-
tare degli olocausti, la conca di
bronzo per la lavanda de'sacerdoti,
i vasi e gli utensili che servivano
per loro uso. Vedi Coronazione dei
UE. Nel tempio si custodiva in due
corni V olio per 1' unzione de' re e
per quella de' sacerdoti. È disputa
fra i sacri interpreti se vi sia sta-
ta sempre differenza fra l' olio con
cui si ungevano i re, e quello di
cui si servivano per ungere i sa-
cerdoti; sembra che i più asserisca-
no che* servisse il medesimo olio
per tutti e due. Dice il Macri ,
ISot. de' V oc ah. eccl., che con l'olio
de' catecumeni si consagrano i re
nel capo per santificarne i pensieri,
poi nel petto con conferirgli un ar-
dimento costante, quindi nelle spal-
le per renderli pazienti, finalmente
nel braccio destro per imprimervi
la fortezza cristiana. Le regine però
si ungono solamente nelle spalle e
nel braccio. Vedasi il Sarnelli, Lete.
OLI 2gi
eccl. t. ITT, lelt. 36. Come sì pos-
sano intendere quelle parole nel
Pontificale per la benedizione degli
olei per gì' infermi e del crisma ,
unde unxisti sacerdotes, reges, prò-
phetas et martyres.
L' olio come il più antico ali-
mento de' Lumi (Fedi), si usò nel
tempio degli ebrei e passò poscia
in quello de' cristiani, argomento
che trattammo pure a Lampada, a
Lucerna dicendo ancora dell' olio
preso da esse per divozione de' fe-
deli ; poiché Dio talvolta e pel pa-
trocinio de' santi cui si ricorre, pre-
mia la fede, e se i discepoli di Ge-
sù Cristo ungevano d' olio i malati
e li guarivano, non era la virtù
naturale dell' olio che produceva
r effetto, ma il potere divino dato
loro dallo stesso Gesù. In più luo-
ghi dicemmo degli oliveti donati
alle chiese pel mantenimento de' lu-
mi, dell'olio che faceva parte delle
oblazioni de' fedeli, come dell' olio
miracoloso scaturito anche dalle os-
sa de' santi. Il Sarnelli, Lett. eccl.
t. IV, lett. i5: Perché nell'antico
tempio si adoperasse l'olio, non la
cera, ragiona altresì delle otto pro-
prietà dell' olio e qual é il miglio»
re. P'^edi Candela. L' olio fu sem-
pre una sostanza tenuta saviamente
in ispecial considerazione dalla Chie-
sa, perché sembra che Gesù Cristo
medesimo l'abbia voluta nobilitare,
determinandola come materia re-
mota di quattro sagramenti, cioè
Battesimo, Confermazione, Estrema
unzione e Ordine sacro (Fedi), ed
in molte altre consecrazioni di co-
se inanimate, secondo i riti degli
ebrei, che trovò conveniente segui-
re. Il perché essa ha sempre ado-
perato, sull' esempio degli apostoli,
anche l* olio usuale benedetto dal
semplice sacerdote, all' oggetto di
99^ OLI
ottenere da Dio guarigione o con'
folto agi' infermi, e alcune volte
impiegò a questo fine quello anco-
ra che ardeva dinanzi al sepolcro
óe Martìri (l^cdi), come afferma
anco Fleury, Moeurs de.s direi.
chap. 22 ; cosicché in seguito si è
tenuto come benedetto l'olio che
arde dinanzi al ss. Sagramento, alle
immagini e reliquie della Beata
Vergine e de' santi. Dalle opere di
Tertulliano si rileva che s. Proco-
lo segnò e curò con olio benedetto
Severo imperatore, ad scapala : s.
Gerolamo nella vita di s. llarione
assicura, che questo eremita con
olio stesso guariva coloro eh' erano
slati morsi dai serpi e da altri a-
nimali velenosi. Tutti i padri dei
più remoli tempi riferiscono fatti
di questa specie. Dalla pratica di
accendere i lumi avanti le sante
immagini e sacre reliquie de* santi
si vuol significare^ non eh' essi ab-
biano bisogno di tali lumi, ma che
si serbarono illesi dalla corruzione
del secolo, risplendendo qual face
ardente tra i popoli che vivevano
nelle tenebre. La Chiesa riconobbe
sempre questo purissimo e sempli-
cissimo liquore adatto ai suoi riti
ed alle sue significazioni, poiché lo
benedice e lo consacra, e ne usa
nelle benedizioni, nelle consecrazio-
ni e nell'amministrazione de' ricor-
dali sagramenli ; pel cui mezzo o
si destina un qualche oggetto per-
petuamente al culto di Dio, o si
vuol significare la grazia santifican-
te che si diffonde sull' anima e si
spande a guisa dell'olio; ovvero
voglionsi esprimere gli effetti de'sa-
gramenti stessi^ come nel battesimo
per denotare la mondezza che ne
deriva all'anima di chi lo ha ri-
cevuto ; nella confermazione per in-
dicare la vigoria in resistere alle
OLI
suggestioni maligne, le quali snnfi
d'impedimento alla via che C(jndii-
ce al cielo ; e come ne usa per cou-
secrare i re, cosi nella sacra ordi-
nazione e nelle consecrazioni de' ve-
scovi, in quella per dimostrare che
perpetuamente consacrasi al Signo-
re r ordinalo, ed in queste per la
pienezza della grazia sacerdotale; e
finalmente nelT estrema unzione eoa
cui si dà forza all' infermo di re-
sistere alle tentazioni, che più forti
e più gagliarde sono in quei mo-
menti estremi. Nella benedizione de-
gli olii santi il vescovo ed i sacer-
doti assistenti salutano con rive-
renza il sacro crisma e l'olio dei
catecumeni, dicendo : Ave sanctum
Oleum y ave snncLwn Clirisuia, ri-
conoscendo che quella creatura con-
segrata a Dio è divenula un istru-
mento atto a santificare le anime.
Se queste cerimonie sembrano ai
protestanti troppo minute o ridi-
cole, si ricordino quanto dice s.
Agostino. « Se esse si risguardano
coir occhio della pietà, si vedrà die
nulla hanno che non edifichi e non
innalzi le nostre menti, nulla che
non renda mirabili le meraviglie
della sua grazia ". Da tultociò ap-
pariscono i sublimi significati ed i
simboli santissimi che la Chiesa ha
attribuito e riconosciuto nell'olio,
conservandone inviolabilmente l'uso
dal suo principio. L' olio con ali-
mentar la fiamma del lucignolo ,
concilia, mantiene e conserva col
suo lento e misterioso splendore
quel di voto sentimento religioso, il
quale forma l'anima della preghie-
ra, che accompagnata da una sin-
cera umiltà, s' innalza sino al trono
di Dio. P'edi Olio Santo.
OLIO SANTO, Oleum sanctum.
Olio consacrato dal vescovo nel gio-
vedì sauto, in tre separate am-
OLI
polle o vasetti ordinariamente d ar-
i^ei)to,ed è di tre specie, le quali ser-
vono all'amministrazione di quat-
tro sacra n)en ti, Battesimo^ Cresima
o Confermazione^ Estrema Unzio-
ne e Ordine (Vedi); di maniera
che dalla sostanza dell'olio, eh' è
una, ne risultano diversi sagramen-
ti ; mentre adombrandosi nell'olio
lo Spirito Santo, egli è uno nella
essenza, ma differente, diviso e mol-
tiplicato ne' doni suoi. La prima
specie è l'olio pel Crisma (Fedi),
oleum ad sanctum crisma, chiama»
to con diversi nomi, mescolato con
balsamo naturale, e benedetto so-
lennemente dal vescovo, che serve
pei sagramenti della confermazione
e dell'ordine, per ungere i battea-
7ati, gli adulti, i sacerdoti ed i ve-
scovi, le chiese, gli altari, i calici
ec. ; la quale mescolanza deriva dai
tempi apostolici , e vuoisi che la
Chiesa ne apprese il modo, da
quello prescritto da Dio nell'Eso-
do: la voce greca Crisma, suona
unzione di balsamo, e die origine
all'italiana di Cresima. La seconda
è l'olio ìXq Catecumeni (Vedi) j oleum
catechumenorum, di cui si usa nel-
l'amministruzione del battesimo, af-
linchè prima di ricevere l'acqua
battesimale sieno i ballezzandi ben
purgati, e rinvigoriti ne' loro spiri-
tuali cimenti; di più serve per con-
bacrare le chiese e gli altari, cioè
prima che sieno consagrati col cri-
sma, sono unti con questo santo
olio, e con questo medesimo olio
si consagrano i re e le regine. La
terza specie è l'olio degli infermi,
oleum infirniorum, col quale si un-
gono gli ammalati adulti, che so-
no per morire, nel sagramenlo del-
l' estrema unzione. Quanto ai di-
versi misteri e simboliche signifìca-
zioui e proprietà deli' Olio, a que-
OLI 293
sto ed ai citati e altri analoghi
articoli ne ragionammo. Venne scel-
to il giovedì santo per la consacra-
zione degli olii santi, non solamen-
te perchè questo tempo è più adat-
to alla circostanza dell'amministra»
zione solenne del battesimo, che si
faceva e si fa nel sabbato santo,
ma sì ancora perchè in questo gior-
no Gesù Cristo agnello immacolato
andò a spargere il suo sangue per
la nostra salute, ed istituì il più
grande mistero collo stabilire per
tutta la durata de* secoli il sagra-
menlo adorabile dell'Eucaristia. E
dubbio, secondo alcuni, che il Papa
s. Fabiano del 2 38 ordinasse che nel
giovedì santo si bruciasse l'olio santo
vecchio, e si benedicesse il nuovo : il
concilio di Toledo del 4^^ decretò
essere lecito al vescovo farne in ogni
tempo la benedizione, la quale sem-
bra che propriamente incomincias-
se a farsi nel giovedì santo alla
metà del V secolo. Ab antico i
santi olii erano consagrati nel sab-
bato santo, immediatamente prima
dell'amministrazione del solenne bat-
tesimo. In progresso la cerimonia
fu trasferita al giovedì precedente,
perchè gli olii consagrati potessero
essere spediti a ciascuna parrocchia,
e tutti i parrochi se ne potessero
servire per benedire il Baltisteria
o Fonte sacro (P'edi), nella qual
funzione si frammischiano alle acque
alcune goccie del crisma e dell'olio
de' catecumeni, e si amministra poi
solennemente il battesimo. La con-
sagrazione degli olii santi si fa dal
vescovo nella messa, con esorcismi,
con diverse orazioni, con molti se-
gni di croce, col fiatarvi sopra mol-
te volte e con molte benedizioni,
vestito cogli abiti pontificali bian-
chi, e assistito da dodici sacerdoti,
da sette diaconi, da setlt; òuddiaco^
394 OLI
ni e da altri mioistri, non gih oo*
me coDSacratori, ma testimoai del'
la cerimonia. 11 numero degli assi-
stenti fu da prima indeterminato :
quello de'dodici sacerdoti è in me-
moria de' dodici apostoli stabilito,
mentre quello de' sette diaconi è
in memoria dei sette diaconi ordi-
nati dagli apostoli, e quello dei set-
te suddiaconi aggiunti per eguagliar-
li. Celebrandosi anticamente nel gio-
vedì santo tre messe, una era per
la benedizione del crisma, e sicco-
me ora una sola se ne celebra, in
essa si fa la benedizione degli olii
santi.
Queste molte sacre e misterio-
se cerimonie, le une sono auto-
rizzate dall'esempio del Redentore
quando soffiò sopra gli apostoli nel
dir loro, ricevete lo Spìrito Sanloj
le altre dalla pratica della Chiesa
sino dai tempi apostolici^ come il
segno della croce, senza il quale
nessun rito sacro si fa legittima-
mente dalla Chiesa. Vedasi il Pon-
tificale romanum par. 3, de offi-
cio in feria quinta Coena Domini
cimi benedicilur oleum catechume-
noruni et infirnioruniy et conficiuir
chrismaj ed il Cecconi, Il sacro ri'
tQ di consacrare le chiese^ capo XX,
che ne fa un'esatta descrizione, no-
tando che gli olii santi avanzati dal
precedente anno, si pongono nelle lam-
pade della chiesa^ che ardono avan-
ti il ss. Sagramento, acciò resti con-
sumato, purgandosi i vasetti o pis-
sidi che li contenevano con bamba-
gia, la quale gettasi nel fuoco; inol-
tre il vescovo dopo la messa ser-
moneggia sulla sacra funzione, in-
culcando specialmente a' sacerdoti,
affinchè secondo le prescrizioni dei
sacri canoni custodiscano diligente-
mente dette sacre ampolle. Prima
§i fa la benedizione dell' olio per
OLI
gl'infermi, la cui istituzione è prove-
nuta immediatamente dagli apostoli
e da Gesìi Cristo, dandone poi le nor-
me i Papi ed i concili!, dopo cioè che
il vescovo ha fatto la consagrazio-
ne del Corpo e Sangue di Gesù
Cristo. Poi si fa la benedizione del-
l'olio crismale, in cui il vescovo e
i dodici sacerdoti tre volte vi fia-
tano, ad imitazione di ciò che fa-
ceva il Bedentore sugli apostoli ,
con dirgli occipite Spiritum San^
cium, adombrandosi in esso un sa-
gramento e la persona di Cristo.
Si fa quindi la terza benedizione
dell'olio de' catecumeni, unendovisi
gli esorcismi ond'è detto, oleum
exorcizatum, la cui efficacia forte^
mente teme il demonio, dandosi ai
fedeli in virtù di questo santo olio
tutta la certezza e speranza del-
l'eterna beatitudine. Beroldo nel»
VOrdo et cerimoniae ecclesiae Ani'
brosianae Medìolanensis, descrive la
consagrazioue degli olii giusta il ri-
to praticato nella chiesa Ambrosia-
na in principio del secolo Xll. la
essa risulta da vari sagramentari
ambrosiani, che i semplici parrochi
potevano in caso di necessità avan-
ti di conferire il battesimo, conse-
crare l'olio pei catecumeni, come an-
che r acqua del fonte colle stesse
cerimonie praticate dall'arcivescovo.
Vedasi il Fumagalli, Saggio inlor-
no la messa Ambrosiana. Nel voi.
I degli Annali delle scienze relig.
p. 3o4, è riportata la risposta del-
la pia unione di s. Paolo a un dub-
bio circa la validità del sagramen-
to dell'estrema unzione, i.' Che il
sagramento dell'estrema unzione am-
ministralo con olio non benedetto
dal vescovo è praticamente dubbio j
2.° che nel caso di estrema neces-
sita spirituale del moribondo potrà
amministrarsi lo stesso sagramento
OLI
nel motlo indicalo sub conili lìoiìe j
etl alcuni aggiunsero che dovrebbe
benedirsi l'olio dallo slesso sacerdo-
te prima d'amministrare il sagra-
mento. Ma questa risoluzione essen-
do in opposizione ad un decreto
del s. oflizio del i6i5, fallo avan-
ti Paolo V, la slessa congregazione
del s. oflizio lo confermò nel 1842,
e Gregorio XVI l'approvò, al modo
riportato nel voi. XV, p. 4^^ tli
delti Annali, Si può consultare il
Sarnelli, Lett. eccL t. VI, lelt. XX:
Se nelle sacre unzioni si adoperas-
se per errore un olio benedetto per
l'altro, che si deve fare ; poiché gli
olii santi alle volte si adoperano co-
me sagramentali solamente, il che
accade nel battesimo, nell'unzione
delle mani de'sacerdoti, e simili ;
altre volte si adoperano come ma-
teria de'sagramenti, come nella cre-
sima e nella estrema unzione. Ri-
sponde il Sarnelli con vari argo-
menti, e conchiude, che usando la
chiesa romana in ungendo i novel-
li sacerdoti V olio de'catecumeni, se
per errore si fosse adoperato il cri-
sma, se si può, si debbono di nuo-
vo ungere le loro mani coll'olio dei
catecumeni; se non si può, tanto
nell'ordinazione che nel battesimo,
stima doversi deporre lo scrupolo
per le ragioni da lui addotte.
A Crisma si disse de' riti riguar-
danti l'olio santo, mistici signilìcati
e nozioni relative, ed ancora di che
si compone e di sua consagrazione,
g) e di quanto praticano i greci ed
orientali, e nel voi. Vili, p. 287
del Dizionario parlai della beuedi-
EÌone degli olii santi fatta da Be-
nedetto XIII, e siccome questo Pa-
pa consagrò moltissime chiese, alta-
ri e vasi sacri, per allusione nel 1726
fu coniata una medaglia ove si ve-
de espresso Giacobbe che unge con
OLI 291:
olio la pietra da lui eretta in al-
tare. Mentre Pio VII era deportato
fuori di Roma, in questa città nel
gran salone annesso alla privata cap-
pella del palazzo de'marchesi Pen-
lini (ne dammo un cenno nel voi.
XI, p. i36), nel giovedì santo 11
aprile 18 f i da monsignor Bonaven-
tura Carenzi vescovo di Moldavia,
con l'assistenza de'ministri occorren-
ti, e i cerimonieri Zucche e Carto-
ni, il primo pontificio, il secondo la-
teranense, cui intervenne la sola fa-
miglia Pentini, fu fatta la solenne
consagrazione degli olii santi, che
dovea farsi nella basilica Lateranen-
se per la città di Roma, e separa-
tamente per antichissimo privilegio
in quella Vaticana (di che si trat-
ta a quelle Chiese). Le due basili-
che somministrarono i nobili vasi
che servono alla consagrazione degli
olii e quelli destinati a conservarli,
e vi furono inoltre consagrali gli
olii per le diocesi di Tivoli e Sa-
tri : tutto l'occorrente per l'appara-
to e celebrazione della funzione, fu
somministrato dai Pentini, meno il
piccolo calice e spatole pel balsa-
mo, che si mandò dalla chiesa La-
teranense. Ivi nel successivo sabba -
lo santo si fece ancora la solenne
ordinazione di tutti quei d^l clero,
che doveano ordinarsi nelle delle due
basiliche. Del motivo perchè ivi si fece
la consagrazione degli olii, e Voi dina'
zione^ a questo articolo lo diciamo,
così di quelle fatte nella casa della
Missione. Nel 1792 il vescovo di
Derry nell'Irlanda, ottenne da Pio
VI la facoltà di consagrare gli olii
santi nell'ottava dell'Ascensione, a
forma di quella concessa già dal
medesimo Papa al vicario aposto-
lico del distretto settentrionale d'In-
ghilterra a'20 agosto 1775. A Cri-
sma dicemmo pure come il dare
29^ OLI
gli olii santi importi giurisdizione,
e come il Papa prima dello scisma
de' greci mandava il crisma a Co-
stantinopoli. Dice il Macri, che in
caso di necessità si può adoperare
l'olio santo vecchio dell'anno pre-
cedente, non trovandosi del nuovo,
e ciò secondo il decreto della con-
gregazione de' vescovi, de'20 maggio
1590. li crisma si forma d'olio d'olivo
e di balsanio arabo giudaico d'En-
gaddi, o del Toletano o Tolutano
come più somigliantie ad esso, ed
anche con balsamo d'altri luo-
ghi. Al citato articolo dichiaram-
mo le diffeienze tra la chiesa lati-
na e la greca nel formare il cri-
sma, notando che la seconda, oltre
l'unione del balsamo all'olio, vi ag-
giunge pure degli aromi e del vi-
no, la quale composizione si va pre-
parando nel tempo quaresimale, per
usarne nella suddetta feria quinta
della settimana santa, nel qual gior-
no il vescovo consagra ancora l'olio
degli infermi, e con esso unge pri-
ma sé, quindi tutti i fedeli che si
accostano alla sacra mensa. Quan-
tunque però l'olio degli infermi sia
stato nel giovedì santo consagrato
dal vescovo, nondimeno il parroco
prima di amministrare il sagraraen-
to dell'estrema unzione ai moribon-
di, benedice l'olio, siccome benedice
ancora quello de'catecumeni, per cui
presso i greci il ministro della be-
nedizione di questi due olii è il sem-
plice sacerdote; consuetudine che
■venne confermata da Clemente Vili
nella istruzione fatta ai vescovi la-
tini che nelle loro diocesi aveano
de'preti greci. Il ministro della me-
tropolitana di Costantinopoli che
avea in custodia gli olii santi, che
doveva dispensare a richiesta del
patriarca, chiamavasi Mirodoto, My-
Fodotes. Dopo il sagramento e il
OLI
sagrifizio del corpo adorabile di Ge^
sii Cristo, com'anche dopo gli altri
sagramenti considerati nell'atto del-
la loro amministrazione, nessuna
cosa è risguardata come più sacra
del sauto crisma e degli olii santi,
per cui si custodisce nelle chiese par-
rocchiali in armadio o apposito luo-
go, ordinariamente presso il batli-
sterio. Degli altri usi dell' olio san-
to se ne discorre ai loro articoli,
come Jgnus Dei benedetti, i quali
si pongono ne'bagni d'acqua bene-
detta, ove s'infonde il balsamo e
il crisma; e Campane, che si segna-
no di croce coH'olio degl'infermi.
OLIVA Alessandro , Cardinale.
Alessandro Oliva nato di poveri e
miserabili genitori in Sassoferrato,
preservato da bambino di tre anni
con evidente miracolo della Beata
Vergine dalla morte, per essere sta-
to sommerso in un fonte per nove
ore, nell'alto che andava raccoglien-
do i fiori nel villaggio di Bucellino
presso Sassoferrato; estratto dalle
acque da sua madre, questa fece
voto alla Beata Vergine di farlo
frate se glielo rendeva vivo ; ma il
Panfilio nella sua cronaca racconta
che Alessandro appena caduto nel-
l'acqua, fu veduto da una sua pic-
cola sorella, alle cui grida accorse
una donna a liberarlo. In seguito
cresciuto coll'età abbracciò l'istituto
dei romitani di s. Agostino, dove i
suoi meriti lo innalzarono prima al
governo della provincia dell' Um-
bria, e poi a procuratore generale del-
l'ordine, fatto da Eugenio IV, e che
egli santamente ne funse l'offizio.
Quanto più fuggiva le preminenze
e le dignità, tanto più eravi pro-
mosso. Prima fu fatto vicario ge-
nerale, e nel i4^9 »^el capitolo te-
nutosi in Tolentino, contro sua vo-
lontà fu eletto a pieni voti ge^nerai
OLI
le di lutto l'ordine, nel quale di-
venne insigne e zelante oratore. Col-
le fervorose sue prediche percorse
la naaggior parte d'Italia, e singo-
larmente Napoli, Siena, Firenze, Bo-
logna, Mantova, Ferrara e Vene-
zia, operando prodigiose conversioni.
Mentre cogli esempi di una vita in-
signemente umile e penitente, stu-
diavasi d'infiammare i cuori altrui
al desiderio deirevangelica perfezio-
ne, e di riconciliare insieme i po-
poli fra' quali ardevano intestine di-
scordie, e tra gli altri i sanesi che
erano fra loro in aperta dissensio-
ne, ed i fiorentini che sovente acre-
mente contrastavano, Pio II a' 5
marzo 1460 lo creò cardinale prete
del titolo di s. Susanna, senza che
ne egli, ne altri ne avessero prima
indizio, per cui non è a dire quan-
ta gioia e ammiiazione destasse tal
promozione per l'Italia, laonde mol-
te persone a cui era nota la po-
vertà religiosa del cardinale, gli
mandarono magnifici presenti, e
molte città lo ascrissero alla loro
cittadinanza. Dallo stesso Papa ot-
tenne in amministrazione la chiesa
di Camerino nel declinar del i/[6i.
Asceso alla sublime dignità cardi-
nalizia, accrebbe lo splendore di sue
virtù. Ati'abile , mansueto , muni-
fico verso le chiese, profuso e jì po-
veri, amico affettuoso, se non pote-
va giovare col danaro, suppliva col-
le promesse e con far sicurtà, lo
stesso facendo cogli uomini eruditi e
letterati, de'quali era mecenate; gli
aiutava, e conosciuti i loro bisogni,
senza neppure esserne richiesto li
sovveniva; liberale coi famigliari,
nelle feste ragionava loro delle co-
se divine, e gli somministrava più
di quello che domandavano. Man-
teneva in R.oma quattro povere fa-
miglie, e lo slesso faceva co' greci
OLI 297
e con quelli di altre nazioni con-
vertiti alla fede. Ammetteva chiun-
que si fosse con estrema facilità al-
l'udienza, e sentiva tutti con incre-
dibile benignità; era per lo con-
trario rigido e severo con se me-
desimo, scarso il suo ristoro, e sem-
pre accompagnato con lettura dei
libri sacri; breve e disagialo il suo
notturno riposo, mai usando panni
di lino, che anzi domava il suo
corpo colle vigilie e col cilicio. In
tutti i sabbati avea per invariabile
costume di visitare la basilica Li-
beriana e la chiesa di s. Maria
del Popolo. Lo stesso Pio II gli
diede la commissione di portarsi in
Perugia per sedare le civili discor-
die, e togliere gli odii privati che
affliggevano la città, come eseguì, e
poi gì' ingiunse di trasferirsi nella
Marca, e tutto mettere in opera
per richiamare all'obbedienza della
santa Sede la città d'Ancona, dove
si condusse col carattere di legato
a latcre per ricevere dal despota
del Peloponneso la testa di s. An-
drea apostolo, che prima ricono-
sciuta diligentemente, colla dovuta
venerazione la recò a Narni , don-
de fu trasferita a Roma nel 1462
ed ivi accolta con solenne pompa
ecclesiastica. JNelTesercizio di sua le-
gazione non solo ricusò regali ma-
gnifici e considerabili che da ogni
pnrte gli venivano offerti, ma an-
cora i più minuti e di minor con-
to, e consistenti in cose spettanti
al vitto. Dopo di aver predetto
chiaramente la sua morte, la incon-
trò in Tivoli, quale si conveniva ad
un'anima giusta che sempre l'aspet-
ta, nel 1463 d'anni 55, come si
legge scolpito nella sua tomba nel-
la chiesa del suo ordine in Roma,
ove il cadavere fu trasferito. Ivi
alla sua memoria fu eretto un avel-
sqB oli
Jo di marmo presso la sngresllnj
colla statua del cardinale vestilo in
abili pontificali, giacente sull'urna
sepolcrale, con onorevole elogio. Pio
li ne'suoi Commentari l'esaltò con
sommi elogi, chiamandolo insigne
per santità e dottrina, ed alcuni sto-
rici contemporanei gli attribuirono
il titolo di beato. Scrisse alcune
opere delle quali (esse il catalogo
l'Ossinger nella sua Biblioteca agO'
stininna p. 64». Da un passo del
Wadingo si rileva che intervenne
al concilio di Basilea. Il Campano
ne recitò 1* orazione funebre, che
Igiene riportata dal Ciacconio, e nel
Dattichy, Fiori della storia del sa-
ero collegio de' cardinali. Il Torri -
gio registra delle opere di questo
cardinale : Sermones centum de
Chrisii ortu. De coena cwn apo'
stolis facta. De peccato iti Spiri-
turn Sanctum. Orationum. Ubruni
unum, et alia.
OLIVARIO RAZALIO Serafino,
Cardinale. Serafino Olivaiio Raza-
lio o Rezali, sorti i suoi natali iri
Lione di Francia da nobili genito-
ri che traevano la loro origine dal-
l'Italia. Innanzi però che venisse al-
la luce perde il padre, onde restò
sotto il governo e tutela della ma-
dre, che ne prese molla cura per
bene allevarlo ed .istruirlo nelle
lettere, ed egli ebbe per essa som-
mo rispello, protestandosi poi che
perciò il Signore lo avea esaltato,
ripetendo sovente colle lagrime, qui
matreni honorat thesaurus congrc
gat. Fornito dalla natura di straor-
dinaria perspicacia d'intendimento,
applicatosi di buon'ora allo studio
in Tournon, in essi fece rapidi avan-
zamenti, che quantun([ue giovinetto
aveasi acquistata una perfètta co-
gnizione della lingua greca e lati-
na. Trasferitosi iu Bologna d'agni
OLI
i5 per apprendere le leggi, di()OÌ a
preferenza di molti dotti uomini e
dì provetta età, fu sostituito nella
cattedra vacata nell'università, a ca-
gione del suo sapere e vasta eru-
dizione. Appena assunto al pontifi-
cato Pio IV, che lo avea conosciu-
to in Bologna, si recò a Roma, ove
col consenso di Carlo I X. re di Fran-
cia fu ammesso nel tribunale della
rota, in cui perseverando per qua-
rant'anni, ne divenne decano, cou
tal credito e reputazione, che la sua
casa era sempre piena di avvocati,
di curiali, e di altri dotti e lette-
rati, che a lui ricorrevano come ad
oracolo, per sentire i suoi consigli
e giovarsi de'suoi lumi nelle con-
troversie più difficili. Ne minore
estimazione ebbe dalla repubblica
letteraria, come quello che in un
alla giurisprudenza tutte le altra
scienze profondamente possedeva e
professava; come pure si dilettò del-
le arti liberali, e le protesse e sem-
pre beneficò, amandone e favoren-
done i professori di esse. A sollie-
vo di sue occupazioni, si dilettava
pure della musica, onde i cantanti
ne sperimentarono ancor essi il pa-
trocinio. Gregorio XIII lo man-
dò nunzio ad Enrico III re di
Francia, a congratularsi per l'as-
sunzione al trono di Polonia, e Si-
sto V lo deputò in Francia a quie-
tare le turbolenze del regno cagiona-
te dalla morte di detto re ; ma suc-
ceduta quella del Papa, i successo-
ri presero altri spedienti. Clemente \
Vili, già suo compagno in rota, che
ne conosceva il vero talento, e mol-
to godeva di trattenersi per più ore
in discorso con lui, dopo averlo fat-
to patriarca d'Alessandria in parti»
bus nel 1602 o i6o4, lo promosse
al vescovato di Rennes, vacato per
la traslazioue del cardinal d'Ossat
OLI
aJla diiesa di Bajeux, al dire dei
Sammartani; mentre invece i con-
tinuatori del Ciacconìo affermano
che prima di prenderne possesso ne
fece spontanea rinunzia a France-
sco Lachiver, ma non è vero. Inol-
tre Clemente VII! gli conferì l'uf-
fizio di dateria detto del Conces-
suin, e poi ad istanza d'Enrico IV
a*9 giugno i6o4 Io creò cardinale
prete del titolo di s. Salvatore in
Lauro. Per l'esimia sua pietà, dot-
trina, prudenza e gratitudine ver-
so i suoi benefattori, fu largamen-
te commendato ; e sono celebri le
sue i5oo decisioni, che col nome
di decisioni del Serafino furono da-
te alla luce da Vitale Amico, oltre
un volume mss. di risposte da lui
compilato. Dopo essere intervenuto
ai comizi di Paolo V, terminò i
suoi giorni in Roma nel 1609 d'an-
ni 76, ed ebbe sepoltura nella chie-
sa della ss. Trinità al Monte Pincio.
OLIVETANE monache. Religio-
se dell'ordine de'monaci Olivetani
^P^edi), dì cui se ne ignora preci-
samente l'origine. Il p. Secondo
Lancillotto neir HisLoria olivetana,
lib. 2, cap. 25, riferisce che il b.
Giordano abbate generale della con-
gregazione olivelana, verso il i4^9
fondò in Padova due monasteri o-
livetani, uno di monaci, l'altro di
monache. Altri dicono che ne fos-
se prima monaca Francesca Lefan-
la di Palermo, la quale essendo
religiosa delle orsoline di s. Chiara,
ed avendo fatto edificare un mona-
stero, nel 1 5 15 abbracciò con alcune
compagne l' istituto olivelano con
licenza di Leone X, che la dichia-
rò abbadessa perpetua dello stesso
monastero, in cui mori con fama
di santità. II p. Bonanni nel Ctìt-
talogo degli ordini par. 2, pag. 80,
uè riporta la figura, e dice che le
OLI 299
monache vestono la tonaca e lo
scapolare bianco, con velo bianco
e nero in capo, ed in coro assu-
mono la cocolla.
OLIVETANE. F. Oblatb di s.
Fbancesca Romana dette di Tor
de* Specchi, benedettine olivetane.
OLIVETANI. Congregazione mo-
nastica dell'ordine di s. Renedetlo
della di lìlonte Uliveto, istituita
dal b. Bernardo Tolomei (Fedi)
gentiluomo sanese, il quale nel bat-
tesimo fu chiamato Giovanni. Essen-
do molto dotto e professore di fi-
losofia in patria, un giorno alla
presenza degli scolari all'improvviso
divenne cieco in iscuola. Avendo
qualche tempo dopo per intercessione
della Beata Vergine riacquistata la
vista, fece voto di abbandonare il
mondo, e di dedicarsi tutto al di-
vin servigio. Quindi salito sulla
cattedra, alle molte persone da lui
invitate per cose scientìfiche, fece
loro un discorso sulle vanità del
mondo e sulle cose celesti con tan-
ta efficacia, che molti degli uditori
determinarono di mutar vita, e di
darsi alla penitenza e all'acquisto
del cielo. Fu egli il primo a dar-
ne l'esempio, abbandonando nel
i3i3 i parenti e gli amici, e riti-
randosi in un luogo solitario, al-
lora chiamato Acona nella valle
dell' Ombrone, quindici miglia circa
distante da Siena, in. compagnia dei
bb. Ambrogio Piccolomini e Pa-
trizio Patrizi senatori di quella cit-
tà. Quivi Tolomei divenne esem-
plare di tutte le virtù, onde collo
splendore di queste allettò altri
molti a seguirlo, ed a mettersi sot-
to la sua direzione. Benché questi
santi eremiti ad altro non atten-
dessero che alla loro eterna salu-
te, orando continuamente e mor-
tificando il proprio corpo eoo di'
3oo OH
giiini, vigilie, cilizi, e con ogni sor-
ta di asprezze, vi furono de' mali-
gni che li accusarono per novato-
ri a Papa Giovanni XXII. Questi
nel ,i3i9 li chiamò a se in Avi-
gnone, ed essendosi purgati della
calunnia, il Fonlefìce avendoli tro-
vali non solo innocenti, ma ottimi
religiosi, permise loro di perseve-
rare nella solitudine, e comandò
che si portassero da Guido vesco-
vo d'Arezzo, scrivendogli che dasse
loro da osservare una delle regole
approvate dalla Chiesa. Ubbidiro-
no essi e presentarono le lettere
pontifìcie al vescovo, il quale avea
in una visione veduto la ss. Ver-
gine, che porgendogli una veste
bianca e la regola di s. Benedet-
to, gli ordinava di darla ad alcu-
ne persone che stavano alla sua
presenza. Appena il vescovo vide
i]uesti eremiti, li accolse con amo-
re, intendendo allora la visione, e
dopo il digiuno di tre giorni, si
portò nello stesso iSig alla valle
d'Acona, la quale era in quel tem-
po in sua diocesi, poi di Pienza,
e vesti dell'abito bianco tutti quei
solitari che vi dimoravano, pre-
scrivendo loro la regola di s. Be-
nedetto. Volle inoltre che il nuo-
vo ordine fosse sotto la protezione
di Maria Vergine, in memoria del-
Tultima partenza da lei fatta dal
Monte Oliveto, dal suo divin Fi-
gliuolo, e per la vicina montagna
coperta di olivi, e che si chiamas-
se di Monte Olivclo, altri dicono
secondo il comando delta Madon-
na. In questa medesima occasione il
fondatore mutò il nome in quello di
Bernardo, ed eletto generale, rinun-
ziò, e gli fu sostituito il b. Patrizi, che
tenne la carica per un anno, indi
fu conferita al b. Ambrogio, quin-
di a Simone de Thuie, e iìuulmeu-
OLI
te nel i3?.2 allo stesso b. Bernar-
do, che fu costretto ad accettarla
ed a ritenerla per 27 anni.
Le mortificazioni e penitenze di
questi religiosi in que' tempi erano
grandissime , poiché ai digiuni co-
mandati dalla Chiesa e dalla regola
di s. Benedetto ne aggiungevano al-
tri, e molti in pane ed acqua; si
astenevano dal vino e dalle carni ,
dormivano pochissimo sopra sacco-
ni di paglia sul pavimento e senza
coperte, e dopo aver detto di notte
il mattutino impiegavano nell^ ora-
zione il tempo che restava fino al-
l'ora prima. Il loro abito era di
panno grosso e portavano i zoccoli,
e avendoli di poi lasciati i professi,
al Monte Oliveto capo dell'ordine,
si fecero portare ai novizi. La vita
straordinaria del b. Bernardo e dei
suoi compagni, fece sì che la con-
gregazione si dilatasse non poco e
meritasse di essere approvata a' 1 7
maggio l'òo^i da Giovanni XXH, e
confermata da Clemente VI nel i344'
Intanto una fiera peste venuta dal-
l'Asia facendo strage in Italia, il b.
Bernardo animato e mosso dalla
carità, esortò i suoi religiosi ad usci-
re dalla solitudine per assistere gli
appestati, predicendo che molti di
essi sarebbero morti , come avven-
ne, ed egli stesso per muoverli col-
Tesempio, si portò a Siena ove il
contagio più crudelmente infieriva,
seguito da ottanta di loro. Quivi si
abbandonò al servigio degi' infermi,
somministrando sì di giorno che di
notte tutti i soccorsi temporali e spi-
rituali, e seppellendone i cadaveri.
Fu attaccato perciò dafla peste, onde
munito de'sagramenti, ricco di meri-
ti e martire della carità, onde è ve-
nerato protettore degli appestati, di
anni settantasei volò al cielo, a' 20
agosto i34^> beochè la sua tèsta si
OLT
cplebrJ a' 1 8 detto, ed a' !X T è re-
t;istrato nel martirologio. Dipoi In-
nocenzo X a' 4 dicembre i6/\.5 con-
fermò i due decreti della congre-
gazione de' riti, co' quali fu appro-
vato il culto immemorabile del b.
Bernardo Tolomei. Indi Clemente
X col breve Apostolici^ de'3o ago-
sto 1675, concesse all'ordine olive-
tano e all'oblate di Tor de' Specchi
di poter fare a' io agosto l'uHizio
e messa con rito doppio del beato.
Clemente XIII a' 29 gennaio 1766
permise che si potesse procedere alla
sua canonizzazione, ed a' 3 1 agosto
1768 ne approvò le virtù in grado
eroico, per quindi anco procedere
all'esame di quattro miracoli. La di
lui vita del p. Gregoiio Lombar-
delli domenicano, fu stampata nel
i584; quella di Paolo Carpentieri
in latino venne pubblicata in Na-
poli nel 1642; altra mss. del ven.
p. Mariano Sozzini filippino, si con-
serva in Siena presso la nobile fa-
miglia Tolomei.
Dopo la morte del fondatore l'or-
dine fu molto favorito dai Papi, e
gli fu data in Roma la ^Chiesa di
s. Maria Nuova (Vedi), detta di
s. Francesca Romana, che i monaci
ristorarono interamente, dopo aver-
vi edificalo il contiguo monastero,
residenza del procuratore generale
della congregazione, che ora è il
p. abbate d. Giuseppe Lynch , es-
sendo vicario generale il p. abbate
d. Ignazio di Negro. Urbano V nel
1870 confermò questa congregazio-
ne e le concesse privilegi, ciò che
pur fece Gregorio XI nel 1 3^ i ; e
Pio II nel 1462 le accordò quelli
de' cassinesi ; indi Paolo III permise
a questi monaci di prendere il ti-
tolo di don, chiamandosi fino allora
frali ere ini ti di Monte Oli veto. An-
che molti principi secolari favoriro-
OLT 3oi
no rm'dinc. Nel i433 vi si sotto-
misero le Oblale di s. Francesca
Romana (Fedi), al quale articolo
parlammo della cappella cardinali-
zia che si celebra nella suddetta
chiesa, poi nel 1 44<^ '^ generale de-
gli Olivetani rinunziò la giurisdizio-
ne su tali olivetane. Altre monache
Olivetane (P'edi) furono istituite ver-
so il i4^9' Gregorio XIII ad istan-
za del p. Gio. Battista Vallati da
Foligno generale degli Olivetani , a
questi unì l' ordine dei monaci del
Corpo di Gesìi Cristo (Vedi) , ed il
successore p. Pio Nuli sanese nel
1 583 prese possesso de'Ioro monasteri
superstiti, altri avendone ricevuti al-
tri ordini. Tra quelli che si unirono
agli Olivetani, ve ne fu uno anco
di monache, eretto in Foligno nel
1879 sotto il titolo della Madonna
di Betlemme. Propagandosi l' or-
dine furono fondati altri monasteri
in Italia, fino ad ottanta, fra' quali
quelli magnifici di Napoli e di Bo-
logna. Il principale però è quello
di Monte Oliveto, residenza dell'ab-
bate generale. Questo arcicenobio
incominciò a sorgere nel i320, e
divenne celebre per la vita peni-
tente che vi menò il b. Bernardo
che l'edificò e i suoi compagni, non
che per la magnificenza e bellezza
cui furono in progresso ridotte le
numerose sue fabbriche, per lo zelo
che gli Olivetani ebbero per le arti
liberali, per le scienze e per l'agri-
coltura, ivi accogliendo molti ad
ospizio ed asilo. Ai roveti sterili
sostituirono coltivazioni dispendiose,
in tempo che nel monastero e sua
magnifica chiesa vi andavano riu-
nendo le opere de' migliori pennelli
sanesi e di altri eccellenti pittori.
Ne restò sorpreso Io stesso Pio II
quando nel i4^9 ^» «» trattenne
con seguito numeroso tre giorni, e
3o2 OLI
ne' suoi Commentari ne descrisse le
località; e siccome Ta^tinenza vi si
osservava con rigore, il Papa violò
a' suoi faaiigliari mangiarvi carne.
All'incremento di questa abba/ia e
monasleio concorse la famiglia Pic-
colomini, con cedere i vicini pos-
sessi di Avena e di Clatina. Il tem-
pio attuale, che può contarsi fra i
più belli per eleganza, proporzioni
delle parti e pregi di ornati, venne
innalzalo nel principio del secolo
XV, ed accresciuto nel 1777 ^^"^
parte della tribuna, con disegno del
"Valente architetto Giovanni Anlino-
ri. 11 quadro dell' altare maggiore
e la tela circolare posta nella volta
della crociala, sono opere del vero-
nese Ligozzi: lo sfondo è dipinto a
fresco da Costantino romano. Le
altre pitture quasi tutte sono di
Francesco e Raffaele Vanni e dei
fratelli Nasini. Il vago coro ha qua-
rant'otto seggi mirabilmente lavo-
rati di tarsia verso il i5o3, dal
converso olivetano fr. Giovanni da
Verona. Sotto l'altare maggiore ev-
tì la confessione, che il Vasari chia*
mòParadisOf con diversi piccoli al-
tari. Il Sodoma e il Signorelli vi
operarono begli affreschi; il refet-
torio fu tutto dipinto nel 1620 da
fr. Paolo Novello converso oliveta-
no, mentre in pari tempo l'altro
converso danese Antonio Muller,
lavorò alla volta del vestibolo della
libreria. I libri, i codici, come i su-
perbi libri corali, andarono dispersi
sotto il regime francese. Nella selva
intorno al monastero sono sparse
diverse. cappelle, essendo la più rag-
guardevole quella costruita nel de-
clinar del passato secolo, óv' è la
grotta del b. Bernardo, colorita a
fresco dal cav. Apollonio Nasini ,
ornata di statue di stucco del bo-
lognese Sculellari, oon una à\ mar-
OLI
mo del genovese Bocciardi. Ti ce-
lebre naturalista Baldassani medico
del monastero, vi riunì copiosa col-
lezione di naturali prodotti del ter-
ritorio sanese, indi accresciuta e in
qualche modo classificata, fu dispo-
sta intorno la sala del palazzo al-
l'ingresso della clausura dal p. Ro-
sini veneziano. Ad esempio di Be-
nedetto XIV non solo Clemente XI li
accordò privilegi agli Olivetani, ma
con la costituzione Credila divini-
tus Romano Pontifici , de' 1 6 feb-
braio 1766, Bull. Reni. Continiialio
t. Ili, p. 167, esentò questo arci-
cenobio dalla giurisdizione ordina-
ria del vescovo di Pienza, lo sta-
bih capo dell'ordine, lo pose sotto
l'immedinta protezione della santa
Sede, e lo dichiarò abbazia nulJius
dioecesis. L' ab. Giulio Perini ne
fece la descrizione, come del Mon-
te Oliveto e del vicino castello di
Buon Convento, e pubblicò in Fi-
renze nel 1788 con questo titolo:
Lettera sopra V archicenobio di Mon-
te Oliveto Maggiore a Giovanni Ru-
cellai.
I monaci Olivetani , secondo le
costituzioni, devono levarsi di notte
per dire il mattutino , e dopo le
laudi andare al capitolo, e starsene
quivi prostrati avanti al superiore,
finche non abbia loro imposta qual-
che penitenza e dato il permesso
di alzarsi. In tutto l'anno non pos-
sono mangiar carne, se notr tre volte
alla settimana , e se ne astengono
pure in tulio il tempo del ci piloto
generale, che celebrano ogni cinque
anni nel monastero di Monte Oli-
veto, detto maggiore per essere ca-
po della congregazione, e per di-
stinguerlo dagli altri di tal nome.
Sono tenuti a digiunare in tutti i
sabbati dell'anno, e nelT autunno
anco ne' giorni di lunedì, mercole-
OLI
d\ e venercTi. Il loro abito è una
tonaca bianca, cinta con fascia dello
stesso colore, scapolare sciolto con
cappuccio lutto increspato , ed in
coro e talvolta per la città porta-
no la cocolla pure bianca , della
forma di quella degli altri benedet-
tini, il tutto di scolto. I conversi
vestono tonaca alquanto corta le-
gala con fascia , senza scapolare e
cappuccio, e per la città usano il
mantello increspato tutto bianco. Ne
riporta la figura il p. Bonanni, Ca-
talogo degli ordini par. I, p. 126,
il quale narra che il b. Bernardo
e compagni ebbero in principio una
visione, in cui videro una scala che
dalla terra giungeva al cielo , per
la quale gli angeli conducevano mo-
naci vestiti di bianco, appiedi di
Gesù Cristo e della Beata Vergine.
In quest'ordine hanno fiorito al-
cuni beati e vari personaggi il-
lustri per pietà e virtù. Ha in-
oltre dato alla Chiesa i cardina-
li Pietro de Tartari e Giorgio
Martinusìo (Vedi), molti vescovi e
prelati, ed altri uomini insigni per
le scienze e per la nobiltà de* na-
tali. Abbiamo : Regula d. patris Be-
nedicti et constitidiones congregai.
Montis Oliveti, Romae. Scrissero di
quesf'ordine, il Terrario, nel Cata-
logo de" santi ; l'Azorio, Jnstit. nior.
lib. 12, oltre il Chronicon Montis
Oliveti. 11 p. da Lalera , Compen-
dio della storia degli ordini , ne
traila nella par. I, cap. 3o.
OLIVIER o OLIVIERO, Car-
dinaie. V. Longijeil Riccardo.
OLIVIERI Fadio, Cardinale. Fa-
bio Olivieri nacque da nobile fa-
miglia in Pesaro, ed ebbe o com-
pagno de' suoi sludi e nella vita
j)rivata il suo cugino Gianfrancesco
Albani poi cardinale e Papa. Per
suo mezzo ebbe un beneficialo nella
OLM So3
basilica Vaticana, della fabbrica del-
la quale l'Albani era giudice e vi-
cario della chiesa : indi divenuto
segretario de'brevi, lo prese per suo
aiutante di studio, e divenuto Pon-
tefice, gli conferì la detta carica, col-
la ritenzione del beneficio, che poi
permutò con un canonicato di s.
Giovanni. Lo fece ancora prò- mag-
giordomo, ed a' 3o gennaio 171 3
lo creò cardinale diacono de' ss. Vi-
to e Modesto, ascrivendolo alle con-
gregazioni de' riti, del buon gover-
no, delle indulgenze, di propagan-
da ed altre, colla proteltoria dei
silvestrini e de' trinitari. La madre
seppe la promozione del figlio in
Pesaro, mentre avea novantasei an-
ni. Fu ai conclavi d'Innocenzo XIII,
di Benedetto XllI e di Clemente
XII, nel pontificalo del quale per-
severò nell'antica carica di segreta-
rio de' brevi fino alla morte, che
lo sopraggiunse in Roma nel lySS
d'anni ottanta, ed ebbe tomba nel-
la sua diaconia, con magnifico elo-
gio che vi pose il nipote.
OLMUTZ (Olonuicen). Città con
residenza arcivescovile nella Mora-
via, capoluogo di circondano, a 1 5
leghe circa da Briinn, 4o da Vienna,
e 47 da Praga, in un terreno piutto-
sto paludoso alla destra della March
o Morava, un braccio della quale la
circonda al nord, all'est e al sud.
Le fortificazioni che cingono questa
piazza sono assai estese; ha cinque
sobborghi, e vi si entra per quat-
tro porle. Si divide in città pro-
priamente detta, ed in quartiere del
duomo, detto Dom. Assai ben fabbri-
cata, le suestradesono larghe e dirit-
te, ma le case essendo assai alte e
sostenute da gran portici, le d^in-
no un aspetto grave. Tia i suoi
édifizi, alcuni de* qwnlj sono decorati
al cliKiori di pitture, nomineremo
3o4
OLM
il palazzo civico, il teatro e Tnrse*
naie: la piazza ^ ornata da cine
zampillanti fontane. È rimarchevole
Ja cattedrale, per essere in parte
gotica e in parte di recente struttu-
ra, bella assai, con battisterio ; è sot-
to 1* invocazione di s. Wenceslao
duca di Boemia martire , e tra le
insigni reliquie che ivi si venerano
nomineremo il corpo di s. Cordula
vergine : l'episcopio è poco distante.
II sacro fonte è pure nelle altre
due chiese parrocchiali. Vi sono due
conventi di religiosi, un monastero
di monache, il seminario con alun-
ni e l'ospedale per le puerpere e
gli orfani. Il suo liceo ed università
fu elevato nel 1828, ed abbraccia
Io studio della teologia , medicina ^
filosofia e del diritto. Ha pure un
ginnasio, un'accademia di equitazio-
ne ed una ricca biblioteca. Vi si
stabih la direzione dell'istituto ge-
nerale delle vedove e degli orfani
per la monarchia austriaca, lo spe-
dale per gl'invalidi, lia scuola de' ca-
detti, oltre sjltri stabilimenti d'istru-
zione e beneficenza. Ebbe già un'al*
tra rinomata università che nel 1778
si trasferì a Briinn, capitale della
Moravia, e fu quindi soppressa. Fra
i collegi che Gregorio XIII istituì
in diverse parti per la propagazio-
ne e mantenimento della fede, vi fu
quello d' Olmiitz eretto colla bolla
Clini spiritnaliiim fructuiim copia,
idibus martii i58o, Bull, de prop.
fide, Append. t. I, p. 7-2. Lo fon-
dò il Papa per le missioni di Prus-
sia , Svezia e Danimarca , affidan-
dolo alla direzione de' gesuiti; gli
alunni erano venti , tre de' quali
monaci di s. Paolo primo eremita,
e due ruteni. Riceveva annualmen-
te dalla santa Sede scudi i38o,
ma Benedetto XIV a questo ed al-
tri collegi sospese gli assegnamenti.
OLM
OlmUtz fu patria di molti uomini
illustri ; ha fabbriche diverse, e fa
un attivo commercio di bestiami
importati dalla Russia e dalla Mol-
davia. La popolazione è di circa
12,000 individui.
Credono alcuni che Olmiiti, Ol-
mitzo Holomauc, Olomuciiini, cor-
risponda ad Bburunij antica città
de' quadi, di cui parla Tolomeo. Era
un tempo la capitale della Moravia,
e divenne celebre anche pei diversi
avvenimenti di guerra a cui andò
soggetta , seguendo i destini del
margraviato di Moravia (J^edi)^
essendo stata la residenza de' raar-^
gravi di Moravia^ della qual digni-
tà pnrtai a Margravio. Prima della
metà del secolo XIII i taitari o
mongoli devastarono la Slesia e la
Moravia e posero l'assedio a Olmiitz.
Gli svedesi l'occuparono nel 1 64^ e
restò in loro potere sino alla pa-
ce di Munster conchiusa nell'ottobre
1648. I prussiani la presero nel
1741 , ma furono obbligati ab-
bandonarla l'anno seguente. Co-
mandati da Federico II, l'assedia-
rono nel 1758; ma gli sforzi de-
gli abitanti e la vicinanza d'una
armata austriacaj sotto il marescial*
lo Daun, li obbligarono a ritirarsi.
Nel 179,3 il general La Fayette ed
i suoi compagni furono rinchiusi
nella sua cittadella, ove rimasero
per qualche tempo. Nel i8o5 di-
morò il) Olmiitx l'imperatore Fran-
cesco I con tutta la famiglia im-
periale, durante V occupazione del-
la sua capitale Vienna, Il vescovo
fu già signore e principe temporale
della città; e l'arcivescovo è uno
de' più distinti prelati della monar-
chia austriaca, e la cui arcidiocc^i
vastissima comprende tutta la Mo-
ravia e parte delia bella e fertile
provincia di Slesia, con molli luo-
OH
glii, cioè quella porzione di Slesia
spettante all' irapero austriaco, seb-
bene un tratto continui a dipen-
dere dal vescovo di Breslavia. La
congregazione di propaganda fide,
piì^i volte concesse a questo arcive-
scovo facoltà e dispense. Creinsier
oKiemsieì\ Crernsirium, città forte e
ben costruita sulle sponde della Mo-
rava nel circolo di Weisskirchen j
appartiene all'arcivescovo d'Oliniltz
che vi fa l'ordinaria sua residenza:
il suo castello contiene una biblio-
teca ricca di piti di So^ooo volu-
mi, ed una preziosa galleria di qua-
dri. Vi è un' insigne chiesa colle-
giata, il ginnasio, altri stabilimenti
e circa 4,ooo abitanti.
La fede fu predicata in Olmiilz
ed in Moravia^ come si disse a
quell'articolo, nel 396, indi per
primo apostolo tutlavia si ritiene
Urolfo arcivescovo di Lordi (Fedi)
che verso 1' 824 di nuovo promul-
gò l'evangelo, per essere i popoli
unni e moravi ricaduti nel culto
degl' idoli ; tra i quattro suoi ve-
scovi suffraganei alcuni pongono
Specolo Juliura od Olmiitz. Dopo di
lui per apostoli degli slavoni e pa-
troni principali d' Olmiitz si vene-
rano i fratelli ss. Cirillo e Metodio
introduttori della liturgia slava, e
come i primi della serie de' vesco-
vi d' Olmiitz tra gli anni 863 e
894 ; il primo deputato da s. Ni-
colò I Papa vescovo di Velogra-
dum in Moravia, sede che da lui
rinunziala passati cinque anni circa,
il Pontefice Adriano II conferì poi
a s. Metodio, il quale fu da Gio-
vanni Vili dichiarato arcivescovo
di Moravia, assegnandogli per suf-
fraganeo Wichino che fece vescovo
di Nitria. Noteremo con Comman-
ville, Hist. des ardi, et éves.^ che
Velogradum o Welchard o Welle-
VOL. XLVIIl.
OLI 3o5
grad, sede vescovile iu Moravia, ces-
sò di esserla quando nel 907 fu
trasferita nella chiesa de' ss. Pietro
e Paolo di Palescowitz ( o Poles-
sowicz o Kuuovicz), altra città mo-
rava, la quale nel 1091 fu riunita
a Olmiitz; e che Specolojuliuua, cit-
tà di Moravia e antica residenza
nel IX secolo degli arcivescovi di
Moravia, nel X terminò di avere
tale onore, per essere stata traslo-
cata a Olmiitz, che registra nella
provincia ecclesiastica di Praga ca-
pitale di Boemia. Dice inoltre che
il vescovato di Olmiitz eretto dal-
l' apostolo de'moravi s. Cirillo, que-
sto ne stabili la sede a Bialogrod,
donde fu trasportata a Palescowitz
nel 907 ; quindi fu unita al vesco-
vato di Piatisbona, poi a quello di
Praga, nel io63 ristabilita a Pa-
lescowitz, finalmente trasferita a
Olmiitz nel 1091. Dobbiamo pri-
ma di proseguire colla serie degli
arcivescovi di Moravia e vescovi dì
Olmiitz, dichiarare come avvenne
r unione di Olmiitz a Praga, es-
sendo incerta quella di Ratisbona,
e come si separò, con altre noti-
zie, benché gli scrittori sono di di-
versi sentimenti, che lungo sarebbe
il riportare.
Nel voi. XXXI l, pag. 2o5 del
Dizionario facemmo parola come
san Gregorio VII verso il 1074
compose le turbolenze suscitate fra
Gebardo vescovo di Praga, fratel-
lo di Wratislao re di Boemia, e
Giovanni l vescovo d' Olmiitz, ram-
pognando Sigefredo di Magonza
eh' erasi voluto costituire loro giu-
dice, quale metropolitano e conse-
gratore di Giovanni I. Queste tur-
bolenze ebbero motivo dalle pre-
tensioni del vescovo di Praga su
quello di Olmiitz, perchè il vesco-
vato d' Ohniitz, già da moltissimi
20
3o6 OLI
anni incorporato a quello di Pra-
ga, n'era stato disgiunto per le pre-
mure del re Wratislao, col consen-
so di Severo predecessore di Ge-
bardo morto nel 1067. Quindi Ge-
bardo nelle sue viste d'ingrandi-
mento, pretese che Severo non a-
Tesse diritto di pregiudicare ai do-
minii de' suoi successori ; e Wra-
tislao avendo preso a sostenere Gio-
vanni I contro il fratello, questi
mosse le armi a danno del vesco-
vo d' Olmùtz, il quale trovandosi
oltraggiato ricorse al Papa per tali
violenze e n'ebbe ragione, dopo
cbe i due vescovi trattarono la loro
causa in persona avanti i tribuna-
li di Roma. In seguito, al dire di
Novaes, Olmiitz divenne sulfraganea
di Magdeburgo, ma non è vero, per
quanto diremoj essendolo di Magon-
za fino al i343. Nel i i3i ebbe luo-
go la celebre traslazione della chie-
sa madre e cattedrale di Olmiitz
e sua provincia, dalla chiesa subur-
bana di s. Pietro, o ss. Pietro e
Paolo, in quella eretta in città da
Wratislao duca di Boemia padre di
s. Wenceslao, sotto la cui invoca-
zione fu poi dedicata : nel luogo
dell'antica cattedrale suburbana e-
siste un ospitale. Ciò fece per mag-
gior dignità il vescovo d' Olmiilz
Enrico I, col consenso di Adalber-
to arcivescovo di Magonza metro-
politano, del re di Boemia Sobie-
slao I, e conferma del Papa Inno-
cenzo II : quindi nella nuova cat-
tedrale fu costituito il capitolo del-
la dignità del decano e di dodici
canonici, in onore di Gesù Cristo
e de' dodici apostoli. Nel privilegio
del vescovo su tale traslazione so-
no registrati ì luoghi della diocesi
Olomucense. Nel i343 Clemente
VI elevò Praga in metropoli e ne
dichiarò suiFraganea Olmiitz, dopo
OLI
averla assoluta dal jure metropoli-
tico di Magotjza. Pio VI ad istanza
dell'imperatrice regina Maria Teresa
marchesa di Moravia, colla bolla
Suprema disposilione^ de'3 novem-
bre 1777, Bull. Roni. Conti nuatio
t. V, pag. 426, elevò Olmutz (che
chiama sede vescovile immediata-
mente soggetta alla santa Sede)
al grado di arcivescovato e metro-
politana immediatamente dipenden-
te dalla Sede apostolica, assegnan-
dogli per sufìfraganee le chiese di
Brunn (f^edi) eh' evesse in vescovato,
di Troppau che divisava erigere
in sede vescovile; ma non avendo
avuto effetto, Olmutz ha solo Briinn
in sulfraganea. Troppau o Troppa-
via, città forte e primaria della Sle-
sia austriaca, nel 1820 si rese ce-
lebre per avervi tenuto le potenze
alleale le conferenze preliminari al
congresso di Lubiana.
A s. Melodio primo arcivescovo
di Moravia nel 900 successe Gio-
vanni I, in tempo del quale sem-
bra che r arcivescovato di Moravia
avesse sette suffraganei: s. Wence-
slao duca di Boemia fu ucciso dal
fratello empio Boleslaoj terzo arci-
vescovo fu Silvestro del 94^, dopo
la cui morte circa il 961, la sede
episcopale fu unita a quella di B.atis-
bona, pure nel 976 si nomina
Wracen arcivescovo di Moravia.
Poscia a tempo di Benedetto VII,
Papa del 975^6 di s. Alberto ve-
scovo di Praga, a questa chiesa fu
unita la sede di Moravia, unione
che durò 92 anni sotto i vescovi
di Praga s. Adalberto, Deodato,
Ecchardo, Izo e Severo ; venne re-
stituito ai moravi r arcivescovo con
approvazione del Papa Alessandro
II, e r assenso del vescovo Severo
suddetto. Laonde nel io63 fu e-
letto vescovo Giovanni I come ve-
OLI
scov® d'Olmiitz, e II come succes-
sore degli arcivescovi di Moravia,
che fu segno alle ricordate perse-
cuzioni di Gebardo di Praga che
invase il castello di Podiwin o Co-
stai: egli era monaco benedettino,
ed a questi presso Olmiitz edificò
il monastero Gradicense, ristabilen-
do la sede di Olmiitz nella chiesa
di s. Pietro, per cui gli si dà il
numero di I, benché secondo di tal
nome, e con questo ordine prose-
guiremo a nominare i successori ,
dovendosi intendere sempre un nu-
mero di più come vescovi moravi,
onde l'ultimo de'Giovanni mori nel
1687 e si chiamò Giovanni XVI
vescovo di Olmiitz, di Moravia
XVII. L' imperatore Enrico IV
dichiarò Giovanni I principe del-
l' impero. Dopo la sua morte nel
1086 vacò la sede, che fu occu-
pata da Gebardo di Praga, sino
al 1 09 1 per prepotenza ; indi fu
vescovo Andrea consagrato da quel-
lo di Magonza e sotto di lui Wra-
tislao re di Boemia trasferì la sede
episcopale dalla cattedrale di Po-
lessowicz o Kunow^itz presso Wele-
grad, in Olmiitz e nella suburba-
na cattedrale de' ss. Pietro e Paolo
col consenso di Papa Urbano II iti
detto anno 1091. Nel 1097 fu fat-
to vescovo moravo d' Olmiitz Pie-
tro I canonico regolare premostra-
tense del monastero di Syon o
Strahow, dal quale per io5 anni
uscirono i vescovi d'Olmiitz e di-
versi vi furono sepolti ; poiché es-
sendo stato tal vescovo eletto con
approvazione di Bretislao II figlio
di Wratislao, quel principe stabilì
che sempre per vescovo si dovesse
eleggere un canonico di detto ce-
nobio, e ciò lo fece in disprezzo del
vescovo e canonici di Praga, i quali
per violenza si sforzavano di ap-
OLI 307
propriarsì 1* elezione del pastore
della chiesa d' Olmiitz. Indi diven-
ne vescovo nel 11 04, Giovanni II
Ventrosus premostratense di Stra-
how, che acquistò da Ottone mar-
chese di Moravia Kremsier colle
sue giurisdizioni per 3oo marche
d' argento, e lo unì ai beni della
chiesa Olomucense, e fu beneme-
rito pastore. Nel 11 26 Enrico I
Zdik fratello del duca di Boemia,
forse premostratense, di santa vita,
al quale ampliò l'episcopio W^ence-
slao marchese di Moravia, che co-
me dicemmo trasferì in città la cat-
tedrale, essendo angusta la subur-
bana, con grande solennità, e per le
sue gloriose azioni fu chiamato dai
Papi e dagl' imperatori, colonna e
lucerna di Moravia e di Boemia :
Corrado III imperatore gli confer-
mò i privilegi e la giurisdizione
anche temporale sul castello di
Podwin e sue pertinenze, contro le
pretensioni del vescovo di Praga, e
che nel medesimo egli e successori
potessero coniar moneta, concedi-
mus et confirmaniusj il quale ca-
stello con diploma era stato resti-
tuito al vescovo Enrico da Wladi-
slao II re di Boemia, il quale con
altro gli confermò la giurisdizione
Sul circolo di Lubach. Nel ii5i
Giovanni III premostratense degnis-
simo, al cui tempo gli errori dei
valdesi si propagarono fatalmente
tra i boemi e moravi. Gli successe
nel 1157 Giovanni IV Calvo pre-
mostratense, di singoiar prudenza
e generosità, eletto nel coro della
cattedrale di Praga per volere di
Ottone duca di Moravia e della
chiesa Olomucense. Allora spettava
al vescovo di Praga condurre l'e-
letto alla curia imperiale per T in-
vestitura delle regalie: a Giovanni
IV e successori X imperatore Fede-
3o8
OLI
rico I conoesse il privilegio di co-
ronare col vescovo (li Praga i re
di Boemia. Nel 1172 divenne ve-
scovo Oìetlebo premoslratense, che
bene amministrò e ricevette diversi
beni per la sua chiesa, e dopo un
anno di sede vacante, perchè il ve-
scovo di Praga e il capitolo suo
pretendendo di eleggere il vescovo
non volevano premostratensi, il du-
ca Federico di Boemia designò ve-
scovo e detto capitolo dovè eleggere
in coro nel 1182 Pellegrino pre-
moslratense, integerrimo e pio; in-
di per le solite pretensioni del ca-
pitolo di Praga, vacata la sede, fu
eletto solo nel 11 83, ad onta delle
opposizioni del vescovo e canonici
di Praga, Cayn o Raim premostra-
tense a premura di Corrado mar-
chese di Moravia, modesto, religio-
so e liberale. Nel 1 194 Engelberto
del Brabante premostratense, vene*
rando e di gran consiglio, cuopri
la cattedrale di piombo; nel 1199
Bavaro nobile boemX) e premostra-
tense, r ultimo del monastero di
Slrahow, d'infelice memoria; nel
1201 Roberto inglese, cisterciense,
dotto e di gravi costumi, che ri-
storò la cattedrale danneggiata dal
fuoco e r arricchì di reliquie e pre-
ziose suppellettili; vi fondò la di-
gnità del prevosto, alla quale con*
cesse il titolo di supremo cancel-
liere di Moravia Premislao re di
Boemia, il quale ad istanza deiril-
lustre vescovo confermò e aumen-
tò i privilegi e la esenzione della
chiesa Olomuceuse, quali poi ampia*
mente confermò e corroborò il Pa-
pa Urbano IV, insieme alla prero-
gativa del capitolo e canonici di
eleggere il vescovo di Olmiitz. In-
oltre Roberto col marchese Wla-
dislao fratello del re, trasferì in
altro luogo magnifico il monastero
OLI
di Welegrad, la cui chiesa solenne-
mente consacrò in onore di Dio,
di Maria Vergine e de' ss. Cirillo
e Metodio, aiutato dal vescovo di
Nitria.
Nel 1236 il capitolo elesse Fe-
derico, prudente e dotto; dopo la
sua morte il capitolo gli sostituì
Guglielmo degno, cui però si o[>-
pose Wenceslao IH re di Boemia, e
s'intruse Corrado de Friedebergh.
Si recò quindi a Roma il decano,
alcuni canonici e Guglielmo per
difendere l'elezione: Guglielmo esem-
plarmente rinunziò a Innocenzo IV,
il quale confermò Bruno conte di
Schoemberg o Schaumburg sasso-
ne nel 1241, con unanime consen-
so in vece eletto, come dotato di
molte virtù e sapere, refugio de*po-
veri, e consolatore delle vedove e
de'pupilli, magnifico in tutte le sue
azioni. Sì rese assai benemerito del-
la diocesi per quanto splendidamen-
te operò; in Rremsier eresse torri,
fortificazioni e circondò di muro,
erigendovi la collegiata di s. Mau-
rizio dai fondamenti, con preposito,
decano e canonici, e poi vi fu se-
polto; aggiunse alle possessioni di
sua chiesa altre terre e castella feu-
dali. Ottenne molte prerogative e
giurisdizioni concesse da Wenceslao
IV re di Boemia, e la conferma dei
privilegi della chiesa Olomucense
da Premislao marchese di Moravia.
Sotto di lui fu assunto all'impero
Rodolfo d'Habsburg, che vinse Ot-
tocaro II re di Boemia e duca d'Au-
stria, il qual re in solenne testi-
monianza di amore, nell' edificare
una città, dal suo nome la chiamò
Brunsperg. Il testamento di Bruno
è un monumento importante per
le giurisdizioni e beni della chiesa
Olomucense. Dopo la morte di que-
sto glorioso vescovo Bruno^nel 1281
OLI
successe Teodorico, dal defunlo rac-
comandato ai canonici, chiaro per
innocenza di vita e religione, che
istituì nella cattedrale la messa can-
tata avanti l'aurora, in onore della
Beala Vergine, ed aumentò i red-
diti ecclesiastici. Nel i3o2 Giovan-
ni V Waldestein, prudentissimo e
benemerito; indi nel i3ii Pietro
Il Brada vicze lodato, celebrò nel
i3i2 il sinodo in Riemsier, in cui
statuì ottime leggi pei chierici e
contro i concubinari; in sede va-
cante col gius metropolitico visitò Ja
cattedrale e la diocesi l'arcivesco-
vo di Magonza. Nel i3i6 Corrado
I, benché di bassa condizione e pic-
colo di corpo, fu crealo vescovo, es-
sendo magnanimo per le qualità,
onde aumentò i beni di chiesa, cìn-
se di mura e fortilizi i castelli, for-
mò salutari costituzioni pel clero,
ed aggiunse ornamenti alla catte-
drale, difendendo le immunità e
privilegi, dotto e zelante della di-
sciplina, nel i3i8. Dopo la festa
di s. Maurizio celebrò il sinodo dio-
cesano in Rremsier, ove confermò
gli statuti del precedente, ed altri ne
decretò utilissimi. Ad istanza di Gio-
vanni re di Boemia, il Papa Gio-
vanni XXII nel i327 f^^ce vescovo
d'OImlitz Enrico II Berka dell' in-
signe famiglia Duba, il quale vendicò
le ragioni di sua chiesa, che santa-
mente resse. Gli successe nel i334
il figlio di Wenceslao VI re di Boe-
mia, Giovanni VI Wolko, che pel
suo zelo fondò e dotò il monaste-
ro di Pustimir per le monache, e
vi restò sepolto, lo arricchì di do-
ni, e gli ottenne privilegi dal suo
parente marchese di Moravia poi
imperatore Carlo IV, il quale fu
largo di conferme ed esenzioni col-
la chiesa Olomucense. * Nel i35i
diventò vescovo Giovanni VII det-
OLI 3o9
io OczJio della chiara famiglia "Wlas-
sim, segretario e consigliere di Car-
lo IV, dal quale ottenne nuova con-
ferma ai privilegi di sua chiesa: Er-
nesto arcivescovo di Praga lo con-
sagrò, il quale per l'esercizio del jus
metropolitico già avea visitato que-
sta diocesi. Nel i364 fu traslato al-
l'arcivescovato a postulazione del
capitolo, e nel 1379 fu creato car-
dinale. Le notizie de' vescovi d'Ol-
niiitz cardinali sono riportate alle
biografie.
Giovanni VIII de Novo Foro in
Slesia, già vescovo Lythomysliense o
di Leitmeritz, di oscuri parenti, ma
degno per virtù e dottrina, fu tra-
sferito a quesla chiesa, dopo aver
eretto e dotato nell'altra il conven-
to degli agostiniani, ove in morte fu
sepolto. Era cancelliere di Carlo IV,
il quale nel i365 dichiarò lui ed i
successori vescovi d'OImlitz .conti e
principi della regia cappella di Boe-
mia. Con praeceptatii) il vescovo
nel 1376 ordinò al clero l'osservan-
za delia rubrica diocesana. Nel i38o
avendo incendiato la cattedrale e
l'episcopio un famigliare di Jodoco
marchese di Moravia, il vescovo li
restaurò ; indi nella feria terza dopo
la festa della ss. Trinità celebrò il
sinodo diocesano in Rremsier, in
cui statuì eccellenti leggi, segnata-
mente contro i concubinari, e per
la celebrazione delle feste nella dio-
cesi, e con particolarità per quella
de' ss. Cirillo e Melodie, lasciando
diverse opere. Nel i38o Pietro IH
Gclyto boemo, insigne per sapere
ed egregie doti, fu traslato da Coi-
rà e da Magdeburgo; edificò con
magnificenza il monastero de' cano-
nici regolari di Landskrona^ ove fu
tumulato, e lo dotò. Eresse nella
cattedrale l'altare di s. Briccio, e
Wejiceslao VI re di Boemia e im-
3io OLI
peratore gli concesse Drzewiczlz e
Popowicz per sé e successori. Nico-
la© di Brisgovia nel iSSy y\ fu
trasferito da Costanza, dissipatore
de'beni ecclesiastici, raa gravemente
ammom il capitolo ad essere dili-
gente nell'uffìziatura, sotto pena del-
le censure. Gli successe nel iSgS
Giovanni IX Mraz, traslato dalla
chiesa Labucense ; curò la riforma
del clero, ma prodigo eccessivamente
delle cose ecclesiastiche in un al vica-
rio generale ed altri. Assunto nel i4o3
al vescovato Ladislao di Krawarz o
Laczko, ricuperò i castelli dal pre-
decessore alienati, e fu sepolto in
s. Maurizio di Kremsier, morto di
veleno. Corrado II de'conti di Ve-
cìiia westpalio, nominato vescovo di
Verdun, nel i4i8 lo fu d'Olmiitz,
uomo vano, prodigo, dedito alia ne-
gromanzia, secondo alcuni dilapida-
tore di sua chiesa : tutlavolta col
favore di Wenceslao VI fu trasferi-
to a Praga nel i4i2, ed apostatò
seguendo i perniciosissimi errori de-
gli ussiti e vriclefisti che tanto stra-
zio recarono alla Moravia. Gli fu
surrogato Wenceslao Kralik nobile
boemo, patriarca d'Antiochia, come
commendatario, vanaglorioso: subi-
to tenne un sinodo in Wischowiae
j>er correggere i costumi del clero
^ per opporsi alle nominate eresie,
con salutevoli regolamenti : donò
alla cattedrale la reliquia di s. Lon-
gino, ricuperò due castelli oppigno-
rali, e ristorò ed abbellì il vecchio
episcopio, riformando gli statuti della
collegiata di Briinn. Venne calun-
niato di aver impiegato il denaro
in vanità, e si portò al celebre
concilio di Costanza, ov'ebbe termi-
ne il lungo scisma. Nel i4i7 il ve-
scovo di Leitmeritz Giovanni X Bac-
ca da Praga, postulato per Olmiilz,
nelle due chiese venne confermato
OLI
da Martino V contro Also favorito
dagli eretici, e poi nel 14^6 lo
creò cardinale; era stato premostra-
tense di Strahow^; alacremente im-
pugnò gli ussiti, ed al suo tempo
fu il clero sommamente perseguita-
to dal popolo in Boemia e Mora-
via. Ebbe in commenda la chiesa
di Praga, tolta a Corrado, ed an-
cora il vescovato di Vaccia. Bene-
merito della chiesa che sempre di*
fese dall'eretica pravità, degno d'ogni
lode anche per le opere da lui com-
poste.
Per sua morte del i43o fu ve-
scovo d'Olmiitz Corrado III Kenzo
de Zwola moravo, uditore di rota ;
nel i43r celebrò in Briiim il sino-
do per la riforma del clero e del
popolo, massime sulla simonia e
sulla continenza: fu pure ammini-
stratore di Praga, si recò al conci-
lio di Basilea, e cessò di vivere in
Ulma nel i434. Nel seguente anno
il decano e capitolo elessero Paolo
di Miliczin nobile^ per la sua pro-
bità confermalo da Eugenio IV, e
consacrato in Briinn nella collegiata
di s. Pietro, ove poscia fu seppelli-
to, alla presenza di Sigismondo im-
peratore e marchese di Moravia,
indi fu secondo il consueto installa-
to dal decano d'Olmiitz nella cat-
tedrale. Erudito nelle sacre lettere,
di singolare prudenza, rivendicò i
beni di sua chiesa, e fu segno alle
gravissime persecuzioni degli ereti-
ci, che anco colle armi vessavano i
cattolici iniquamente : coronò Alber-
to duca d' Austria e marchese di
Moravia in re di Boemia, e n'ebbe
conferma a'suoi privilegi. Nel i45io
Giovanni XI Haz patrizio di Briinn
eccellente e virtuoso, coronò re di
Boemia Wladislao IV, al cui tempo
s. Giovanni da Capistrano predicò
in Briinn, in Olraiitz e Moravia
OLI
con successo e contro la comuiMO-
ne sotto le due specie, commissario
generale e inquisitore di Nicolò V
in Germania, con facoltà di fondar
conventi del suo ordine francescano
in Boemia, Moravia ed Austria, e
di combattere gli eretici che immen-
si danni recavano alla Chiesa, onde
il vescovo gli permise fondarne due
iu Briinn ed Olmiitz. Divenne ve-
scovo nel i4^4 Bohussio de Zwo-
la nobile moravo, decano d'Olmiilz;
ricuperò Rremsier con 8000 mone-
te d'oro ch'erasi oppignorato, e per
odio degli eretici mori di veleno.
Gli successe nel 14^7 Protasio de
Czernahora de'nobili Boskowic, do-
tato di belle qualità e di eloquen-
za. Coronò Giorgio suo cognato in
re di Boemia, il quale fu dichiara-
to eretico da Paolo li in concisto-
ro, per cui il Papa scrisse, che per
tale io denunziasse il vescovo. Mor-
to questi di peste nel 1482, restò
vacante la sede i5 anni, e fu am-
ministrata nello spirituale e nel tem-
porale dai membri eletti dal capi-
tolo, oltre il vescovo di Varadino
Giovanni XII Wilicz moravo, de-
stinato dai re Mattia nel 1482 stes-
so, e a lui carissimo, come segreta-
rio e cancelliere, ornato di singola-
ri meriti e di splendide qualità. La
sua amministrazione episcopale fu
corrispondente, e tra le altre sue
magnificenze eresse il monastero
d' Ognissanti presso Olmiitz, e lo
dotò pei canonici regolari; tuttavia
la calunnia degli eretici lo accusò
a Innocenzo Vili Papa, il quale fe-
ce amministratore il cardinal Ardi-
cino della Porta, ed Alessandro VI
die la chiesa in commenda al suo
nipote cardinal Giovanni Borgia.
Nel 1497 per rinunzia del Borgia,
il capitolo avendo riacquistato il di-
ritto di eiezione, non avendo Ales-
OLI 3ii
Sandro VI approvalo il canonico
Bohuslao Lubhowizio da esso no-
minato, sostituì Stanislao I Thurzo
nobile ungaro, probo e prudente,
che fu confermato. Nel 1498 cele-
brò il sinodo in Wiscovia per la
riforma e riordinamento del clero,
e pieno di zelo si oppose agli ere-
tici valdesi e picardi, che tanto de-
solarono la Moravia. Impose la co-
rona a Luigi re di Boemia, che
poi alloggiò magnificamente in Rrem-
sier, e pili tardi coronò la regina
sua moglie, e nel 1527 il re Fer-
dinando I dipoi imperatore, col qua-
le la corona boema restò unita al-
l'imperiale casa d'Austria. Le lagri-
mevoli novità di Lutero rapidamen-
te essendosi sparse nella Boemia e
Moravia, prontamente questo vesco-
vo ne proscrisse la setta, e dovette
virilmente opporsi eziandio all'altra
pestifera degli anabattisti, ed alle
tante altre insorte colle più strane
denominazioni e abberramenti. Ot-
tenne la conferma de'privilegi alla
sua chiesa, ebbe a cancelliere Gio-
vanni Dubravio boemo, lodato sto-
rico della Boemia, poi vescovo, ed
a lui dedicò il catalogo de' vescovi
d' Olmiitz il dotto Agostino Olomu-
cense.
Al lunghissimo vescovato di Sta-
nislao I successe nel i54o il bre-
vissimo di Bernardo Zubeck de'no-
bili Zdetin, illustre scienziato e fa-»
condo, vicario del predecessore; in-
di nel i54i Giovanni XIII Skala
Dubrawsky o Dubravio de Pilsna
o Pilsen arcidiacono d' Olmiitz, di
gran dottrina, esperienza ed erudi-
zione, confermandone l'elezione ca-
pitolare Paolo III; fu caro a Fer-
dinando I, che aiutò contro i tur-
chi che assediarono Vienna sotto
Stanislao I, le cui truppe condusse,
ed altresì contro gli eretici che te-
3ra ÒLI
nevano a soqquadro la Moravia ;
migliorò l'episcopio e la cittadella ,
e lasciò diverse opere, essendo la piii
imporlante: Hisloria regni Bohe-
miae ab inilio hoheniorum. Nel 1 553
gli successe Marco Ruenius d* Ol-
miitz, canonico d'integra vita e dot-
to, la cui conferma impetrarono in
Koma due colleghi, vigile pastore,
propugnatore dell'eresia e degli ere-
tici picardi e fratelli boemi. Indi
fiorì nel i565 Guglielmo Prossi-
nowski Wiczkow nobile moravo, pre-
vosto di Briinn eLeitmeritz; e per
avere un valido aiuto contro gli e*
retici , fondò un collegio ai gesuiti,
e nella loro chiesa volle essere se-
polto, invocandone V approvazione
dalla santa Seàe e da Massimilia-
no 11 coi privilegi di università, con
vantaggiosissimi risultali. Morì non
senza sospetto di veleno propinato
dagli eretici, e nel 1572 gli succes-
se Giovanni XIV Grodecky nobile
di Slesia, eruditissimo e perito nelle
lingue, canonico d'Olmiilz e pre-
vosto di Briinn ; nata discrepanza
di pareri nell'elezione perchè l'ar-
civescovo di Praga postulava la se-
de pel canonico Antonio, il capitolo
si rimise all'arbitrio di Massimilia-
no imperatore e re di Boemia, che
si dichiarò per Grodecky confer-
mato da Gregorio XIII ; col fra-
tello Wenceslao decano fondò in
Briinn la casa di probazione ai ge-
suiti. Più breve fu V episcopato di
Tommaso Albino Helfenberg, cano-
nico di Praga e d'Olmiitz, che suc-
cedendolo Jiel i574, morì nel i575,
onde nel 1576 venne surrogato Gio-
vanni XV Mezon de Telz decano
d'Olmiitz, già alunno del collegio
germanico di Roma, dall'imperato-
re e dal nunzio apostolico di Vien-
na in luogo de' due eletti dal ca-
pitolo discrepante, perito nelle scien-
OLI
ze e di altre doti ornato, ma poco
dopo morì di veleno nel 1578. Al-
tro alunno di detto collegio nel i579
occujX) la sede, Stanislao li Paw-
lowsky de Pawlowitz polacco, pie-
vosto di Brown, di somma estima-
zione per le sue rare virtù: l'im-
peratore Rodolfo II dichiarò il ve-
scovo e isuccessori duchi e principi
del sacro romano impero, con due
aquile per istemma, rinnovando la
prerogativa di conti della cappella
regia di Boemia, e confermando le
giurisdizioni feudali, esentando i suoi
vassalli dai tribunali provinciali. Nel
1591 tenne il sinodo in Rremsier
per la ristorazione della disciplina
ecclesiastica, a norma del concilio
di Trento, e riuscì decoroso e di
molta utilità, con numeroso inter-
vento di prelati diocesani, massime
per le provvidenze riguardanti gli
acattolici : benché erigesse la ma-
gnifica cappella di s. Stanislao in
cattedrale, fuori di essa volle esser
tumulato. Nel 1599 venne eletto
Francesco di Dietrichstein, giài alun-
no del collegio germanico, canoni-
co d'Olmiitz e di altre chiese, e
cai'dinale; fu eletto vescovo, ma non
lo era stato di Marck come dicem-
mo nella sua biografia seguendo
Cardella , il migliore biografo dei
cardinali. Eresse il magnifico coro
della cattedrale che arricchì di sup-
pellettili, e otto case religiose; con-
giunse in matrimonio tre impera-
tori, e Mattia coronò come re di
Boemia ; nella ribellione della Mo-
ravia s'interpose pel perdono con
Ferdinando II, il quale Io fece di
essa governatore generale , e ricu-
però il gius di battere moneta che
l'imperatore Corrado III avea con-
cesso ai vescovi d'Olmiitz. Alla col-
legiata di s. Wenceslao aggiunse il
seminario, ampliò i feudi, restaurò
OLI
diversi edifizi, fabbricò chiese, con-
vertì molti eretici , e benemerito
della Chiesa e della patria, da lutti
fu teneramente compianto per le
sue sante e magnanime azioni, la-
sciando alcune opere che attestano
la sua dottrina.
Nel 1637 occupò la sede Gio-
vanni XVI Ernesto Platisius de Plat-
teslein d'illustre famiglia , canonico
d'Olmùtz e di altre chiese, prela-
to domestico, vicario generale d'Ol-
mùtz e consigliere aulico, propugna-
tore degli eretici e della comunio-
ne del calice che rimosse intera-
mente, ottimo pastore , morì pri-
ma che arrivasse la pontifìcia con-
ferma. Nello stesso anno gli fu so-
stituito Leopoldo Guglielmo arci-
duca d'Austria figlio di Ferdinando
II, lodatissimo per molte virtù, al
cui tempo gli svedesi desolarono la
diocesi; fu governatore del Belgio,
e coronò il nipote in re di Boe-
mia. Nel i663 Carlo I Giuseppe
arciduca d'Austria, nipote del pre-
cedente gli successe anche nelle
altre dignità ecclesiastiche, angelo
di costumi, morì nel 1664 d'anni
i5. Gli fu sostituito Carlo li con-
te di Lichtenslein del Tirolo, già
alunno del collegio germanico e
canonico d'Olmiitz ; lodato pel zelo
che pose in estirpare gli eretici, in
restaurare la disciplina ecclesiastica,
nel promuovere il culto divino, nel
riparare e riedificare edifizi , ospe-
dali e l'episcopio nobilmenfe , nel
dotare il seminario e la biblioteca
con la spesa d'immense somme, che
pure impiegò a sollievo de' poveri.
Nel 1695 gli successe Carlo IH
de'duchi di Lorena e Bar, coadiu-
tore del predecessore, degnissimo, pa-
dre de' poveri , curò l' incremento
della religione e de' suoi edifizi , e
meritò nel 17 io d'essere elevato a
OLI 3i3
elettore di Treveri. Nel 1711 fu
nominato Wolfango Annibale conte
de Scìirattenhach di Sliria, cano-
nico di Salisbm'go e d'Olmiitz, crear
to cardinale da Clemente XI, gl'ira-
pose la berretta cardinalizia Carlo
VI, fu benemerito e zelante pastore.
Nel 1738 Giacomo Ernesto conte
di Lichlenslein, canonico d'Olnjìitz
e Salisburgo, traslato da Secovia, fu
confermato da Clemente XI F, e ri-
cevette l'investitura feudale del prin-
cipato da Carlo VI, la cui figlia
Maria Teresa coronò regina di Boe-
mia ; si meritò la stima di Fede-
rico II quando invase la Moravia,
abbellì l' episcopio e la cattedrale,
ove costruì due organi, fondò una
casa agli scolopi, la spezieria del se-
minario, e da Kremsier trasferì la
biblioteca per uso del pubblico.
Traslato a Salisburgo nel 1 74^ ,
venne eletto vescovo Ferdinando
Giulio conte de Troyer; ricevette
l'investitura da Maria Teresa, e Be-
nedetto XIV lo creò cardinale, ri-
mettendogli la berretta cardinalizia
per Benedetto Passionei , e gliela
impose Francesco I, che poi ospitò
coir imperatrice in Kremsier e in
Olmlitz ; incendiatosi il castello di
Kremsier lo restaurò , ma vi perì
la biblioteca e molte suppellettili
preziose. Gli successe nel 1758 Leo-
poldo Federico conte d'Egkh e Hun-
gersbach d'Amburgo, arcidiacono di
Olmiitz e preposto di Kremsier, di-
gnità che ritenne con facoltà pon-
tificia, zelante predicatore; rifece la
cappella della Beata Vergine, au-
mentò le rendite del seminario , e
fra le pie fondazioni nomineremo
due cerimonieri nella cattedrale, e
fu sepolto nella cappella della Bea-
ta Vergine Addolorata di Kremsier.
Nel 1761 Massimiliano conte d'Ha-
mikou oriunda di Scozia, nativo di
3i4 OLI
Monaco, canonico d' Olmrttz, limo-
siniere, e d'integra vita; visitò la
diocesi, in Kremsier restaurò l'au-
la episcopale ed altri edifìzi nella
diocesi, aumentò la biblioteca.
Indi nel 1777 <^^i^cnne vescovo
Antonio Teodoro de' conti di Col-
loredo e Waldsee, già convittore
del collegio nazareno di Roma e lau-
realo in Padova, e fu il primo ar-
civescovo d'Oiiniitz, ricevendone il
sacro pallio. Visitò l'arcidiocesi, ri-
cevette l'investitura da Maria Te-
resa, restaurò la torre di Kremsier
ed ornò l'anlicamera della bibliote-
ca ; aprì l' istituto de* poveri , Fece
ima provvida divisione della diocesi,
ricuperò alcuni feudi da Leopoldo li,
e nel i8o3 fu creato cardinale:
ebbe in suffraganei Carlo de Ro-
sental boemo e Luigi Krakowiskz
a Collowart di Praga , vescovi di
Cafarnao e di Sarepta in parlibus.
Morto l'arcivescovo nel 181 i il
coadiutore di esso Rodolfo Giovan-
ni Giuseppe Ranieri arciduca d'Au-
stria, cbe tale era sino dal i8o5,
benché deputato con futura succes-
sione, cede il suo diritto al vesco-
vo di Ronigsgratz Maria Taddeo
conte Trautmannsdorf' FFeinsberg ,
confermato e creato cardinale da
Pio Vn. Morendo a' 20 gennaio
i8ig, fu postulato il degnissimo ar-
ciduca, gran croce di s. Stefano, di
s. Uberto di Baviera e della Coro-
na di Sassonia, e Pio VII mentre
nel suo palazzo Quirinale avea a
graditissimo ospite l'imperatore Fran-
cesco 1 di lui fratello, nel concistoro
tenuto nello stesso palazzo a'4 giu-
gno 18 19 lo preconizzò arcivesco-
vo d'Olmiltz e creò cardinale con
le particolari distinzioni narrate al-
la sua biografia nel voi. IX, p. 3i3,
ed altrove, e con apposita allocu-
zione che si legge nel eh. d. Giovanni
OLI
Bcllomo, Coni, ddla stor. del crisi.
voi. II, p. igT. Questo amplissimo
pastore zelante del decoro del di-
vin culto, rifuse e solennemente be-
nedì la campana della cattedrale,
e lasciò la sua memoria in bene-
dizione, anche per aver ottenuto dal-
l'imperatore fratello nel 1828 l'e-
rezione in università del liceo d'Ol-
miitz. Il capitolo e canonici elesse-
ro a successore Ferii iuando Maria
conte di Clotek, traslato da Tarno-
via da Gregorio XVI a' 24 febbraio
18 32, mentre nel precedente anno
r avea trasferito da Tolemaide in
parùibus a Tarnovia, titolo vesco-
vile che avea ricevuto nel 1817 da
Pio VII, allorché Io destinò sulFra-
ganeo d'Olmiltz, e lo fu dei due
suoi immediati predecessori. Per sua
morte il capitolo e canonici elesse-
ro l'odierno arcivescovo monsignor
Massimiliano Giuseppe Goffredo li-
bero barone de Semeran-Beekh di
Vienna, canonico e prevosto d' 01-
miitz, e Gregorio XVI lo confermò
e preconizzò nel concistoro de' 19
maggio 1837; quindi in quello dei
23 maggio 1842 dichiarò in di lui
suffraganeo l'attuale monsignor Ro-
dolfo libero barone di Thysebaert
di Salisburgo e vescovo di Tiberia-
de in parlibus, decano e parroco
della chiesa collegiata di Kremsier
e canonico della prelatura scolasti-
ca nella cattedrale. Il capitolo si
compone di quattro dignità, cioè il
decano, il prevosto, l'arcidiacono, lo
scolastico; di otto canonici residen-
ziali, di undici canonici domicellari,
di dodici vicari capitolari, e di altri
preti e chierici addetti al servigio
divino, ed il vicario del capitolo
funge l'uffizio di parroco nella me-
tropohtana. Questo nobilissimo ca-
pitolo è assai ricco, gode molti pri-
vilegi e l'onorevole titolo dì fedele.
OLY
Ogni nuovo arcivescovo è tassato
ne' libri della camera apostolica in
fiorini 22 1 5, ascendendo le rendite
della mensa a fiorini 33,ooo mo-
neta convenzionale. Vedasi l'impor-
tante libro : Aiigustini Olomucensisy
Epìscoporiim Olomucensium series,
quam recensiate conlinuavit, nolisque
hìslorico - chronologìcis illustravii
Franciscus Xa\f. Richterj ss. theo-
logtae bacalaureus, hìstorìae iiniver-
salis professor emeriuis^ nunc cae-
sareo regiae wiiversilalis Oloniucen-
sis hibliothecarius et architpisc. cori'
sist. consil. Olomucii characteribus
Aloysii Skarnitzl, i83i.
OLOCAUSTO, Holocaustum. Sa-
grifizio a Dioj nel quale tutta la
vittima o osila che s' immolava ,
era consumata dal fuoco sull'altare;
era perciò distinto da tutti gli altri
sagrifizi, ne' quali la carne era man-
giata dagli astanti. L'oggetto del-
l'olocausto era di riconoscere ed at-
testare il supremo dominio di Dio
sopra tutti gli esseri viventi. Non
ne consegue da ciò, che coloro i
quali roffrivano si persuadessero che
la divinità era alimentata o lusin-
gata dal fumo e dall'odore delle
carni bruciate. Questo grossolano
errore de' pagani non entrò mai in
capo degli adoratori del vero Dio,
che anzi è formalmente condanna-
to ne' libri santi, in cui si ripete
che Dio non tiene conto che dei
sentimenti del cuore. Il vocabolo
olocausto talvolta è preso in signi-
ficato di qualunque specie di offerta
e di culto. J^. Altare e Sacrifizio.
OLYNITZ o OLENISTl Sbigneo,
Cardinale. Sbigneo Olynitz o Ole-
nisti nobile polacco, applicossi fino
dalla gioventù allo studio delle let-
tere, senza però tralasciare di ad-
destrarsi neir arte militare , nella
quale diede ohiaie prove di segna-
OLY 3i5
lato valore, e in una famosa balta-
glia salvò la vita a Uladislao Ja-
gellone re di Polonia, che lo spedi
suo oratore di obbedienza a Gio-
vanni XXIII e poi air imperatore
Sigismondo. Il medesimo Ladislao
lo trascelse a suo segretario, o se-
condo alcuni a vice-cancelliere del
regno , e dopo avergli conferito
un canonicato nella cattedrale di
Cracovia , lo nominò al vescovato
di detta chiesa. Alla fine in ricom-
pensa delle sue esimie virtù ed e-
minente letteratura, Eugenio IV ai
i8 dicembre 14^9 lo creò cardi-
nale prele del titolo di s. Prisca.
Siccome difensore acerrimo dei di-
ritti e libertà della Chiesa, riprese
acremente Ladislao re di Polonia ,
che donava agli ottimati del suo
dominio i beni delle chiese, e pre-
sto gli fece cambiare sentimenti e
condotta. Essendo stati gli amba-
sciatori degli eretici boemi ammes-
si all'udienza del re di Polonia, nel
partire che fecero vollero passare
per Cracovia; lo che saputosi dal
cardinale, ordinò che in tutto il
tempo di loro permanenza in quel-
la città si sospendessero tutte Tec-
clesiastiche funzioni e divini uffizi 3
del che forte sdegnati fecero gran
minacele contro di lui, il quale però
non ne mostrò alcun timore, pio-
testandosi apparecchiato a perdere
la vita per motivo e causa di re-
hgione. Che anzi essendo di nuovo
avvenuto lo stesso , ordinò altret-
tanto, ed intrepido non curò le mi»
naccie del re irritato contro di lui;
gli rispose con apostolica franchez-
za, ed affrontò il suo sdegno e fu-
rore ; e quantunque fosse avvisalo
a guardarsi la vita che correva ri-
schio di perdere, non volle usare
alcuna cautela. Né minor zelo mo*
sti^ quando radunati i vescovi e
3.6 OLY
palatini del regno in pubblica dieta,
volle riprendere i vizi del re, rin-
fjicciandogli con sacerdotale inlre-
j)idezza le sue oscenità e concussio-
ni, con grave ed eloquente orazio-
ne; per cui rientrato in se stesso
il sovrano, cambiò costumi e ri-
guardò d'allora in poi con maggior
venerazione il vescovo di Cracovia,
ni quale in morendo lasciò lanello
nuziale, e gli raccomandò i propri
ligli. Quale amico di s. Giovanni
(la Capistrano, l'invitò più volte in
l*oionia, dove finalmente condottosi
il santo a fine di comporre la con-
troversia nata tra l'arcivescovo di
Gnesna primate della Polonia, e il
cardinal vescovo di Cracovia, in-
torno a chi di loro dovea assistere
ni matrimonio del re Casimiro con
Elisabetta figlia dell'imperatore Al-
])erto, fu deputato di comun con-
senso delle parti per tal funzione il
nominato s. Giovanni, con che ri-
inase sopita ogni controversia. Il
Dattichy però scrive, che non sa-
pendo il santo ne la lingua polac-
ca, ne la tedesca, fa per di lui sen-
timento destinato il cardinale alla
funzione delle nozze , e il primate
venne deputato per ungere e co-
ronare la nuova regina. Intento al
sollievo delle vedove e de* pupilli,
diede loro più volte in un giorno
fino a duemila scudi per volta , e
compassionando i giovanetti mise-
rabili applicati allo studio , fondò
per essi un celebratissimo collegio
in Cracovia, a cui lasciò tutti i suoi
0MB
beni. Edificò in tal citta ad insi-
nuay.ione del nominato santo un con-
vento a* frati minori , con chiesa
sotto l'invocazione di s. Bernardino,
e lasciò per testamento somme per
compirlo, inlroducendosi cos\ l'or-
dine francescano in Polonia. Stabi-
fi in Saudocia un insigne collegio
di sacerdoti secolari con una pre-
positura, e assegnò loro larghe ren-
dite. Tuttavolta questo degno car-
dinale ebbe la disgrazia di precipi-
tare nello scisma dell'antipapa Fe-
lice V, che lo annoverò tra i suoi
anticardinali , e per suoi messi in
Basilea fece ringraziarlo nel i44^>
sebbene il Dattichy dice che si ten-
ne neutrale tra Eugenio IV e Fe-
lice V. Ravvedutosi però del suo
grave errore nel i44^> ^^ ^^ ^'*
colò V all'antica dignità restituito.
Dopo aver santamente governata la
propria chiesa per lo spazio di tren-
tadue anni, estenuato dal rigoroso
digiuno da lui guardato nella qua-
resima, e dalle immense fatiche sos-
tenute in prò del suo gregge, pie-
no di meriti fu chiamato a miglior
vita in Sandomira nel i4^5 d'an-
ni sessantasei, e rimase sepolto nella
sua chiesa con epitaffio in versi.
OMBI. Sede vescovile della se-
conda Tebaide, nel patriarcato d'A-
lessandria , chiamata pure Oniboc,
sotto la metropoli di Tolemaide,
eretta nel V secolo. Ebbe per ve-
scovi Silvano e Ver re. Oriens christ.
t. II, p. 614.
FINE DEL VOLUfl^E QUADRIGESIM OTTAVO,
286094
BX 841 .M67
sncR
1840
fioroni , Gaet
1802-1883.
ano.
Dizionario d
i erud
izione
storico-eco lesias
AFK-9455 (awsk)
t ica