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Full text of "Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da S. Pietro sino ai nostri giorni. Compilazione di Gaetano Moroni romano"

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(^37^^ 


DIZIONARIO 

DI  ERUDIZIONE 

STORICO-ECCLESIASTICA 

DA  S.  PIETRO  SINO  AI  NOSTRI  GIORNI 

SPECIALMENTE      INTORNO 

AI  PRINCIPALI  SANTI,  BEATI,  MARTIRI,  PADRI,  AI  SOMMI  PONTEFICI,  CARDINALI 
E  PIÙ  CELEBRI  SCRITTORI  ECCLESIASTICI,  AI  VARII  GRADI  DELLA  GERARCHIA 
DELLA  CHIESA  CATTOLICA  ,  ALLE  CITTA  PATRIARCALI  ,  ARCIVESCOVILI  E 
VESCOVILI,  AGLI  SCISMI,  ALLE  ERESIE,  AI  CONCILII,  ALLE  FESTE  PIÙ  SOLENNI, 
AI  RITI,  ALLE  CEREMONIE  SACRE,  ALLE  CAPPELLE  PAPALI  ,  CARDINALIZIE  E 
PRELATIZIE,  AGLI  ORDINI  RELIGIOSI,  MILITARI,  EQUESTRI  ED  OSPITALIERI,  NON 
OHE    ALLA    CORTE  E  CURIA  ROMANA    ED  ALLA  FAMIGLIA    PONTIFICIA,  EC    EC.    EC. 

COMPILAZIONE 

DEL  CAVALIERE  GAETANO  MORONI  ROMANO 

SECONDO  AIUTANTE  DI  CAMERA 

DI  SUA  SANTITÀ  PIO  IX. 


VCL.  XLVIII. 

IN     VENEZIA 

DALLA      TIPOGRAFIA     EMILIANA 
MDCCCXLVIII 


^  i".  ?^  .*. . 


DIZIONARIO 


DI  ERUDIZIONE 


STORICO-ECCLESIASTICA 


N 


NIC 


N, 


ICOLO'  Fattore  (beato),  frate 
minore  dell'osservanza.  Suo  padre 
era  nato  a  Siracusa,  ma  abitò  qual- 
che tempo  a  Valenza  in  Ispagna, 
dove  venne  al  mondo  Nicolò  il  29 
giugno  i52o.  La  sua  divozione  e 
la  sua  gravità  si  manifestarono  fi- 
no da' suoi  più  teneri  anni.  Nella 
sua  fanciullezza  egli  digiunava  tre 
giorni  per  settimana,  e  le  sue  au- 
sterità aumentarono  sempre  col 
tempo.  Si  distinse  pure  per  la  ca- 
rità verso  i  poveri  e  gì'  infermi , 
che  assisteva  secondo  il  suo  potere 
con  grande  amore,  privandosi  spes- 
so per  essi  del  proprio  cibo.  Suo 
padre  destinavalo  al  commercio,  e 
gli  propose  un  utile  matrimonio; 
ma  Nicolò  lo  ricusò  rispettosamen- 
te^ e  pregò  suo  padre  di  disporre 
a  prò  de' poveri  una  considerabile 
somma  di  denari  destinata  pel  suo 
collocamento.  Entrato  nel  iSSy  nel 
convento  degli  osservanti  di  Valeu- 


NIC 

za,  Ti  fece  il  noviziato,  ricevette 
gli  ordini  sacri,  e  si  diede  poscia 
al  ministero  della  predicazione,  in 
cui  raccolse  copiosissimo  frutto.  Ri- 
gido osservatore  della  regola,  visse 
nella  pratica  esatta  e  costante  del- 
l'obbedienza,  della  povertà  e  di 
una  specchiata  castità.  Non  avvi 
pratica  di  mortificazione  approvata 
dall'esempio  de' santi,  di  cui  egli 
non  facesse  uso  in  tutto  il  suo  ri- 
gore: tuttavia,  malgrado  la  sua  au- 
stera penitenza,  il  suo  volto  appa- 
riva ognora  fresco  e  piacevole.  La 
sua  prudenza  ed  abilità  lo  fecero 
scegliere  per  guardiano,  e  poi  per 
maestro  de'novizi.  Chiamato  a  Ma- 
drid da  Giovanna  d'Austria,  sorel- 
la di  Filippo  II,  per  dirigere  le 
religiose  scalze  che  si  chiamano 
reali,  tenne  questo  posto  con  tal 
saggezza  che  gli  meritò  nuovi  elo- 
gi. Ma  qualunque  fossero  le  sue 
occupazioni  esteriori,  egli  era  sem- 


6  NIC 

pie  uuito  a  Dio  coH'orazìone  e  col* 
la  meditazione:  soprannaturali  e 
straordinari  favori  uè  furono  la  ri* 
compensa.  Ciò  che  la  voce  pubbli- 
ca riferiva,  e  certe  pratiche  divote 
de'suoi  discepoli,  trassero  l'attenzio- 
ne dell'inquisizione.  11  santo  reli- 
gioso fu  chiamato  al  tribunale  di 
Toledo,  il  quale  dopo  un  severo 
esame,  non  solo  dichiarò  che  la 
sua  condotta  era  irreprensibile,  ma 
espresse  l'alta  sua  ammirazione  per 
le  sue  virtù,  e  fecegli  grandi  elo- 
gi. Non  molto  dopo  questo  avve- 
nimento il  p.  Nicolò  cadde  amma- 
lato: egli  conobbe  certo  ch'era  vi- 
cino il  suo  fine,  perchè  si  occupò 
del  luogo  di  sua  sepoltura,  e  per 
singolare  umiltà  domandò  istante- 
mente di  essere  seppellito  in  una 
stalla.  Finalmente  pieno  di  meri- 
ti ,  rese  pacificamente  la  sua  a- 
uima  a  Dio,  nel  convento  di  Ge- 
sù a  Valenza,  li  23  dicembre  i583, 
in  età  di  sessantatre  anni.  La  gran- 
de riputazione  di  santità  che  que- 
sto perfetto  religioso  goduto  aveva 
in  tempo  di  sua  vita,  non  iscemò 
punto  dopo  la  sua  morte.  Il  re  di 
Spagna  Filippo  II,  i  magistrati  ed 
il  popolo  di  Valenza  presentarono 
nel  i586  una  supplica  al  Papa 
Sisto  V,  per  ottenere  la  sua  cano- 
nizzazione, e  Pio  VI  lo  inscrisse 
nel  catalogo  dei  beati  il  26  ago* 
sto  del   1786. 

NICOLO'  DI  Longobardi  (beato), 
frate  laico  minimo.  Nacque  a'  6 
gennaio  1649,  da  Fulvio  Saggio  e 
da  Aurelìa  Pizzini,  e  ricevette  al 
sacro  fonte  il  nome  di  Giovanni 
Battista.  Non  gli  fu  data  alcuna 
istruzione  nelle  scienze  umane;  ma 
i  suoi  buoni  genitori  gì' insegnaro- 
no la  dottrina  cristiana,  e  lo  for- 
marono alla  pietà  coi  loro  precetti 
ed  esempi.  Egli  lavorava  commessi 


NIC 
la  terra,  e  santificava  il  suo  lavo- 
ro coll'orazione  e  colla  meditazio- 
ne, digiunando  in  pane  ed  acqua 
il  venerdì  ed  il  sabbato.  Desideran- 
do di  unirsi  vieppiù  intimamente 
al  Signore,  risolvette  di  entrare  in 
un  ordine  religioso,  e  sollecitò  il 
favore  d'essere  ammesso,  come  fia- 
te laico,  fra  i  minimi  istituiti  da 
s.  Francesco  di  Paola  nella  Cala- 
bria Citeriore.  Fatto  il  noviziato, 
si  legò  coi  voti  solenni,  e  per  al- 
quanti anni  dimorò  in  quel  con- 
vento, edificando  tutti  i  frati  col- 
la sua  divozione,  colla  sua  obbe- 
dienza e  colle  sue  austerità.  Si  re- 
cò poscia  a  Roma,  coU'approvazio- 
ne  de'suoi  superiori,  visitò  il  san- 
tuario di  Loreto,  e  ne  ritornò  con 
accrescimento  di  fervore  ammira- 
bile. D'allora  in  poi  egli  menò  una 
vita  che  rassomigliava  quella  degli 
.angeli.  Sempre  assorto  nell'orazio- 
ne, riportò  le  più  intime  comuni- 
cazioni di  cui  il  Signore  favorisce 
certe  anime  privilegiate,  ed  ebbe 
eziandio  il  dono  dei  miracoli.  Di- 
giunava rigorosamente  e  castiga- 
va la  sua  carne  con  grandi  auste- 
rità. Afflitto  sovente  da  crudeli  ma- 
lattie, sopportavale  colla  più  edifi- 
cante pazienza.  Fu  singolarmente 
stimato  nei  conventi  in  cui  visse. 
I  poveri  fra  i  quali  i  suoi  doveri 
esteriori  lo  conducevano  di  spesso, 
lo  riguardavano  con  venerazione, 
cosi  pure  le  persone  più  ragguar- 
devoli. I  Colonna,  i  Borghesi,  i  Ro- 
spigliosi, e  parecchie  delle  più  il- 
lustri famiglie  romane,  gli  mostra- 
vano pubblicamente  il  loro  rispet- 
to; anzi  parecchi  di  loro  lo  servi- 
rono diligentemente  ne'suoi  ultimi 
istanti,  e  vollero  ricevere  allora  la 
sua  benedizione.  Spirò  colla  pace 
del  giusto  a' 12  febbraio  1709,  nel 
sessantesimo  anno  di  sua  età.  L'im- 


NIC 

pressione  che  produsse  la  sua  santa 
allegrezza  al  momento  delia  sua  mor- 
te fu  tale,  che  quelli  che  vi  erano  pre- 
senti, invece  di  recitare  il  De  pro- 
fundis, per  simultaneo  impulso  in- 
tuonarono il  Te  Deum.  Fu  beati- 
ficato dal  Papa  Pio  VI  a' 12  set- 
tembre  1786. 

NICOLO'  I  (s.),  Papa  CVIII,  de- 
nominato  Magno.  Nacque  da  Teo- 
doro Conti  nobile  romano.  Fino  dai 
più  teneri  anni  fu  santamente  al- 
levato. Sergio  II  l'ordinò  suddia- 
conOj  e  s.  Leone  IV  lo  creò  car- 
dinale diacono.  In  questo  sublime 
grado  non  si  rimase  giammai  di 
usare  ogni  maniera  di  alti  di  ca- 
rila e  pietà,  quando  gli  si  presen- 
tò opportuna  occasione.  Con  le  sue 
mani,  e  non  senza  molte  lagrime 
seppellii  Benedetto  III;  e  compite 
le  di  lui  esequie,  dovendo  provve- 
dersi la  chiesa  romana  di  nuovo 
pastore,  dopo  fervorosa  orazione 
tàtta  dal  clero  e  popolo,  unita  al 
digiuno,  afìinchè  il  Signore  si  vo- 
lesse degnare  di  concedere  alla  sua 
diletta  Chiesa  un  degno  Pontefice, 
nel  tempio  di  s.  Dionisio  ,  pres- 
so la  chiesa  di  s.  Silvestro  in  Ca- 
pite, con  matura  discussione  e  quan- 
tunque assente,  fu  malgrado  la  sua 
renitenza  eletto  Papa.  Poiché,  per- 
venuta a  di  lui  notizia  la  propria 
esaltazione,  andò  a  nascondersi  nel- 
la basilica  Vaticana,  ma  alla  fine 
ritrovato,  venne  contro  sua  voglia 
riposto  nella  sedia  di  s,  Pietro,  e 
consagrato  Pontefice  a'24  aprile  858, 
alla  presenza  di  Lodovico  II,  il 
quale  gli  tenne  la  staffa  allorché 
cavalcò  nel  possesso.  Fu  egli  il  pri- 
mo Papa  coronato  colla  pontifìcia 
Tiara  (Vedi).  Dopo  pochi  giorni 
partito  da  Roma  Lodovico  II,  si 
fermò  a  Tor  di  Quinto  passato 
Ponte  Molle.  Il  Papa  si  recò  a  vi- 


NIC  7 

sitarlo  coi  magnati^  romani,  incon- 
trato per  circa  mille  passi  dall'im- 
peratore, il  quale  vedendolo  scese 
da  cavallo,  prese  le  redini  di  quel- 
lo  che  cavalcava  Nicolò  I  e  lo 
condusse  ove  dimorava,  ossequio 
che  ripetè  alla  di  lui  partenza,  do- 
po averlo  solennemente  convitato, 
come  il  Papaavea  fatto  con  lui  al 
modo  narrato  da  Muratori,  Script, 
rer.  Ital.  t.  Ili,  par.  I,  p.  252, 
e  dal  Bianchini  t.  I,  p.  4o6,  Ana- 
stas.  Fin  d'allora  cominciò  il  san- 
to Pontefice  ad  esercitare  quelle 
magnanime  azioni,  che  resero  co- 
sì celebre  il  suo  pontificato  ed  il 
suo  nome,  meritandosi  per  le  sue 
grandi  virtù  il  titolo  di  Magno. 
Difese  con  mirabile  costanza  s.  Igna- 
zio patriarca  di  Costantinopoli,  con- 
tro l'eunuco  Fozio,  che  il  Papa 
scomunicò  in  un  concilio.  Costrin- 
se con  scomunica  Lotario  re  di  Lo- 
rena a  ripigliar  Tietberga  sua  spo- 
sa, e  abbandonar  la  concubina  Wal- 
clrada.  In  uno  de'sette  concilii  che 
celebrò  in  Roma,  estinse  la  rina- 
scente eresia  de*  teopaschiti,  i  qua- 
li, co m*  egli  afferma  nell'  epist.  7, 
presso  Labbé  t.  Vili  Concil.  p.  289 
e  788,  sostenevano  che  Cristo  aves- 
se patito  sulla  croce  secondo  la  di- 
vinità. Neir86i  fece  convertire  al- 
la fede  la  Bulgaria  (Fedi),  ed  al- 
tre nazioni.  Confermò  l'unione  del- 
le chiese  di  Brema  ed  Ambuigo 
in  favore  di  s.  Anscario,  e  la  dot- 
trina cattolica  riguardante  la  gra- 
zia del  libero  arbitrio;  scomunicò 
Giovanni  arcivescovo  di  Ravenna 
per  le  concussioni  usate  verso  gli 
abitanti  ;  e  pel  suo  zelo  instanca- 
bile venne  consultato  da  molte  par- 
ti per  diverse  questioni,  onde  ab- 
biamo più  di  cento  lettere  nella 
raccolta  de^  concilii.  Governò  nove 
anni,   sei    mesi    e  venti  giorni.    In 


8  NIC 

diverse  ordinazioni  creò  sessantacin- 
que vescovi,  sette  preti,  quattro  dia- 
coni, oltre  tre  cardinali.  Il  concilio 
generale  Vili  lo  chiamò  nuovo  Elia, 
nuovo  Finees,  nuovo  Daniele  e  nuo- 
vo Martino;  ed  Anastasio  nella  pre- 
fazione dì  tal  concilio,  uomo  cele- 
ste ed  angelo  terrestre.  Era  ma- 
gnifico nel  ristabilimento  delle  chie- 
se di  Roma,  insigne  nella  protezio- 
ne de'poveri,  de'quali  non  volle  che 
alcuno  in  Roma  restasse  privo  del- 
le sue  liberalità;  penitente,  divoto, 
acerrimo  difensore  de'  diritti  del- 
la Chiesa  e  restauratore  di  sua  di- 
sciplina. Di  lui  abbiamo  Epistolae^ 
Romae  i542.  Mori  a*i3  novem- 
bre 867,  e  fu  sepolto  avanti  le 
porte  di  s.  Pietro.  Vacò  la  santa 
Sede  un  mese. 

NICOLO'  II,  Papa  CLXII.  Gè- 
rardo  di  Borgogna,  o  meglio  sa- 
voiardo, vescovo  di  Firenze  (f^edi)y 
chiesa  che  governò  ancora  dopo  fat- 
to Papa,  fu  esaltato  al  pontificato 
per  opera  d'Ildebrando  poi  s.  Gre- 
gorio VII,  al  modo  narrato  nel  voi. 
XXXI I,  p.  193  del  Dizionario f  nel 
duomo  di  Siena  a'  28  dicembre 
io58,  onde  poi  gli  afHdò  la  somma 
delle  cose.  Nel  recarsi  in  Roma  de- 
pose nel  concilio  di  Sutri  l'antipa- 
pa Benedetto  X  [Vedi)^  e  ricevuto 
dal  clero  e  popolo  romano  che  l'a- 
veano  bramato  per  Pontefice  con 
ogni  onorificenza,  fu  intronizzato 
sulla  cattedra  di  s.  Pietro  dopo  gli 
8  e  prima  de' 18  gennaio  loSg,  e 
coronato  con  la  Tiara  [fedi)  or- 
nata di  due  corone.  Poco  dopo  si 
portò  a  visitare  la  Marca  d'Anco- 
na, Spoleto  e  Osimo,  ove  fece  una 
promozione  di  cardinali,  dieci  essen- 
do quelli  ch'egli  nel  suo  pontificato 
elevò  a  questa  dignità.  Nel  concilio 
romano  fece  leggi  contro  i  nico- 
laiti  sul  celibato,  contro   i  simonia- 


NIC 

ci  ed  i  sagramentari  seguaci  di  Be- 
rengario, ove  a  persuasione  d'Ilde- 
brando, ponendo  un  argine  ai  pas- 
sati scandali,  decretò  al  collegio  dei 
cardinali  adldata  l'elezione  canonica 
del  Papa,  sottraendone  il  popolo,  al 
quale  col  clero  lasciò  la  semplice 
approvazione:  il  decreto  lo  riportai 
nel  voi.  XXI,  p.  209  e  2  io  del  Di- 
zionariOy  e  ne  parlai  nell'altro  cita- 
to. Da  quel  punto  la  santa  Sede 
fu  liberata  dall'  abuso  de'  secoli  e 
dal  giogo  de'  profani.  In  Amalfi 
(Fedi)  celebrò  altro  concilio,  sciolse 
dalla  scomunica  da  lui  fulminata  i 
normanni,  come  occupatorì  delle 
terre  della  Chiesa,  e  concesse  in  in- 
vestitura a  Riccardo  il  principato 
di  Capua,  ed  a  Roberto  Guiscardo 
la  Calabria,  Puglia  e  Sicilia,  con 
annuo  censo ,  e  giuramento  di  fe- 
deltà e  vassallaggio;  quindi  istituì 
il  vescovato  di  Melfi.  Tornato  in 
Roma  vi  celebrò  nel  1060  un  con- 
cilio^ in  cui  concesse  il  pallio  al  ve- 
scovo d'York  con  diversi  privilegi. 
Trattò  con  severità  i  potenti  roma- 
ni, onde  frenar  le  loro  prepotenze, 
che  rinnovarono  per  l'elezione  del 
successore,  nel  modo  detto  al  voi. 
XXXI I,  p.  194  e  seg.,  poiché  colle 
armi  di  Roberto  normanno  represse 
la  tracotanza  de'  conti  del  Tuscolo, 
del  conte  di  Galeria,  e  di  altri  si- 
gnorotti. Prese  cura  delle  cose  che 
straziavano  la  chiesa  di  Milano,  e 
TI  spedì  legati  s.  Pier  Damiani  e 
s.  Anselmo  vescovo  di  Lucca.  Ri- 
tornato per  la  seconda  volta  a  Fi- 
renze, ivi  morì  a*  22  luglio  io6r, 
e  fu  sepolto  nel  duomo,  come  a 
quell'articolo  descrissi.  Governò  due 
anni,  sei  mesi  e  venticinque  giorni, 
pieno  di  meriti  e  di  virtù,  mai  pas- 
sando giorno  senza  eh'  egli  avesse 
lavato  i  piedi  a  dodici  poveri,  ver- 
so i  quaU  fu  liberale.  Lasciò  nove 


NIC 

fettere  che  riguardano  gli  affari  di 
Francia,  ed  una  raccolta  di  canoni 
o  di  ordini  da  lui  emanati,  che  tro- 
vansi  presso  Leone  Ostiense  lib.  3, 
e.  12,  ed  altri  scrittori.  Il  cardinal 
Roselli  d'Aragona  ne  compilò  la  vi- 
ta, presso  il  Muratori,  Script,  rer, 
Ital.  t.  Ili,  par.  i.  Vacò  la  Chiesa 
romana  due  mesi  e  nove  giorni. 

NICOLO'  III,  Papa  CXCVI.  Gio- 
vanni  Gaetano  Orsini  nobilissimo 
romano,  nacque  da  Matteo  Rossi 
Orsini  e  da  Perna  Caetani.  Egli  era 
ben  fatto  di  persona,  e  comparve 
sino  dall'adolescenza  così  serio,  mo- 
desto e  grave  di  costumi ,  che  fu 
chiamalo  il  Composto.  Per  tempo 
venne  provveduto  a  dovizia  di  be- 
nefizi ecclesiastici  nelle  chiese  di 
York,  di  Soissons  e  di  Lione,  ed 
in  Roma  gli  fu  affidata  l'ammini- 
strazione della  basilica  di  s.  Loren- 
zo in  Damaso,  e  della  chiesa  di  s. 
Grisogono,  Quindi  in  età  ancor  gio- 
vanile da  Innocenzo  IV  nel  dicem- 
bre 1244  in  Lione  fu  creato  cardi- 
nal diacono  di  s.  Nicolò  in  Carcere, 
e  generale  inquisitore,  ed  ebbe  poi 
la  protettoriade'minori,chegli  venne 
assegnata  da  Alessandro  IV.  In  alto 
pregio  l'ebbe  pure  Urbano  IV,  che 
gli  conferì  il  governo  o  legazione 
di  Sabina  e  Campagna,  e  Clemente 
IV  Io  spedì  insieme  con  due  car- 
dinali a  Viterbo,  per  quietare  le  gra- 
vissime turbolenze  eh'  eransi  susci- 
tale tra  l'imperatore  Rodolfo  e  Car- 
lo I  re  di  Sicilia  ,  tra'  quali  solo 
ottenne  tregua.  Giovanni  XXI_,  che 
nella  stima  verso  di  lui  non  la  ce- 
deva ai  predecessori,  lo  decorò  del- 
l'arciprelura  vaticana,  nella  qual 
chiesa  al  modo  riferito  nel  suo  ar- 
ticolo, il  cardinale  stabilì  savi  e  op- 
portuni regolamenti  per  lo  splen- 
dore e  decoro  della  medesima  e 
de'  canonici.  Contribuì  col  suo  suf- 


NIG  9 

fragio  alTelezione  di  selle  Papi,  e  fu 
nel  numero  de' sei  in    cui    si    com- 
promise il  sacro  collegio  per  quella 
di  Gregorio  X,  al  quale  e  ad  altri, 
come    arcidiacono,  impose    solenne- 
mente la  pontificia  tiara.  Dopo  lun- 
ga sede  vacante,  nel  conclave  di  Vi- 
terbo, a   fronte  ch%  il    re  Carlo  I, 
che  ne  slava  alla  guardia  come  se- 
natore, volesse  un  francese,  fu  eletto 
Papa  dagli  otto  cardinali  che  com- 
ponevano il  sacro  collegio,  a'^S  no- 
vembre  1277,  prendendo  il    nome 
di  Nicolò  III,  da  quello  di  sua  dia- 
conia, dignità  che  gli  aveva  predet- 
ta s.  Francesco  d'Asisi,  a  cui  il  pa- 
dre lo  presentò  fanciullo.  In  Roma 
fu  ordinalo    prete  a'  18    dicembre, 
consagrato  a'  19  e  coronato    a' 26. 
Ottenne  dall'imperatore  Rodolfo,  un 
diploma  di  conferma   delle    conces- 
sioni e  privilegi    de'  suoi    predeces- 
sori, fatte  alla  santa  Sede  sul  domì- 
nio temporale,    e    destinò    conte  di 
Romagna  il  nipote  Bertoldo.  Quin- 
di tolse  il  vicariato  di    Toscana  al 
re  Carlo  I,  e  lo  indusse  a  spogliarsi 
della  dignità  di  senatore  di  Roma, 
decretando  che  non  piti  si  conferis- 
se a  principe  straniero,  ne  durasse 
più  d'un  anno  ;  si  dichiarò  egli  stes- 
so senatore,  facendone  esercitare    le 
funzioni  dai  suoi   parenti;  ma  il  Ga- 
rampi  a  p.  534  delle  Memorie  pro- 
va non  esser  vero  ch'egli  si  dichia- 
rasse perpetuo  senatore,  e  giammai 
pensò    perpetuare    tal    grado    nella 
persona  de'  Papi,  con  analoghe  eru- 
dizioni.  Scrisse  all'imperatore    d'o- 
riente Michele  Paleologo,    ad    An- 
dronico suo  figlio ,    ai  patriarchi  e 
prelati  greci   a  confermar    l'unione 
tra  le  chiese  latina  e  greca  stabili- 
ta nel  concilio  di  Lione  II,  e  rice- 
vette   risposte    dì  sommessione,  ma 
senza  buon  successo;  come  non  l'eb- 
be la  sua  iutcrposizioue  tra  i  re  di 


IO  NIC 

Francia  e  di  Casliglia.  Creò  dieci 
curdinnli,  fra'quali  il  proprio  con- 
fessore, il  nipote  b.  Malabranca  e  il 
fratello  Giordano,  nominando  il  ni- 
pote legato  di  Toscana  per  riporvi 
i  ghibellini  in  istato  ed  udìcio.  Es- 
pulse dalla  curia  i  notari  e  procu- 
ratori, come  fomentatori  di  liti;  fab- 
bricò un  sontuoso  palazzo  presso  s. 
Pietro,  con  ampio  giardino;  termi- 
nò il  Lateranense,  e  dai  fondamen- 
ti rifabbricò  la  cappella  di  Sancla 
Sanctonim,  nuovamente  ponendovi 
le  teste  de*  ss.  Pietro  e  Paolo,  che 
colle  sue  'proprie  mani  aveva  por- 
tate nel  detto  palazzo  allorché  in- 
cominciò l'edilìzio.  Rinnovò  la  ba- 
silica Vaticana,  e  ne  aumentò  il  ca- 
pitolo, onde  è  celebrato  qual  suo 
insigne  benefattore,  come  lo  fu  della 
basilica  Ostiense.  Per  la  pace  ira  i 
principi  cristiani,  ordinò  il  canto 
del  salmo  Laetatus  siim  nella  mes- 
sa solenne,  con  alcuni  versetti  e  la 
colletta  prò  pace. 

Con  sua  bolla  spiegò  la  regola 
àQ* Francescani  [Vedi);  ad  Ancona 
accordò  esenzioni  e  libertà  di  na- 
vigare, onde  gli  abitanti  gli  eresse- 
ro una  statua.  Malcontento  di  Carlo 
I,  esorlò  Pietro  111  re  d'Aragona  a  ri- 
vendicar la  Sicilia  per  le  ragioni 
che  ne  avea,  per  la  sua  moglie  Co- 
stanza figlia  di  Manfredi,  ciò  ch'eb- 
be eifelto  nel  pontificato  del  suc- 
cessore. Ritiratosi  il  Pontefice  per 
cagione  de'  gran  caldi  da  Viterbo 
a  Soriano,  castello  eh'  egli  fortificò 
e  con  altri  die  a'  suoi  nipoti,  quivi 
morì  d'apoplessia  a'22  agosto  1280, 
dopo  aver  governato  due  anni,  otto 
mesi  e  ventinove  giorni.  Il  suo  cor- 
po portato  in  Pioma,  fu  sepolto  nella 
cappella  di  s.  Nicolò,  da  lui  edifi- 
cata nella  basilica  Vaticana,  in  una 
tomba  di  marmo  abbellita  di  mu- 
saico. Questo   Pontefice    di    grandi 


NIC 
spirili,  di  gran  cuore ,  benemerito 
dell'Italia  e  della  Chiesa,  protesse  i 
dotti  eh'  egli  ben  sapeva  essere  il 
nerbo  d'ogni  dominazione.  Dotato 
di  singoiar  prudenza  e  giustizia,  spe- 
diva con  maggior  brevità  che  niu- 
no  de*  suoi  predecessori  i  vescovati 
vacanti;  nel  conferire  il  sacerdozio 
sceglieva  uomini  piuttosto  santi  che 
dotti,  dicendo  che  la  dottrina  senza 
bontà  era  veleno  senza  medicina  ; 
amatore  de*  religiosi,  distinse  i  fran- 
cescani, approvando  la  sentenza  di 
Gregorio  IX  sulle  stimmate  del  fon- 
datore ;  di  somma  purità  di  costu- 
mi e  compostezza  nelle  azioni,  gran 
limosiniere;  zelante  della  religione 
mandò  missionari  ai  tartari;  cele- 
brando la  messa  si  commoveva  al 
pianto,  e  di  altre  belle  virtù  fu 
adorno,  le  quali  sarebbe  a  deside- 
rare ch'egli  non  le  avesse  in  qual- 
che maniera  adombrate  colla  so- 
verchia brama  di  arricchire  e  in- 
grandire i  propri  parenti.  Dante  fie- 
ramente lo  rampognò  di  nepotismo, 
ma  la  posterità  che  giudica  senza 
amore  e  senza  ira,  come  lungi  da 
pericoli  e  da  speranze,  onora  Ni- 
colò III.  P^.  Orsini  Famiglia.  Di- 
cesi che  volea  dividere  l'impero  in 
quattro  regni,  cioè  di  Germania, 
di  Vienna  nel  Delfinato,  di  Lom- 
bardia e  di  Toscana.  Gli  si  attri- 
buisce il  trattato:  De  electione  di- 
gnitatum.  Vacò  la  santa  Sede  sei 
mesi. 

NICOLO'  IV,  Papa  CXCIX.  GÌ- 
rolamo  Ma  scio,  Massi  o  Massio  det- 
to Ti  lieo,  nacque  di  bassa  famiglia 
in  Alesslano  o  Capradosso  o  Liscia- 
no diocesi  d'Ascoli.  Dopo  aver  stu- 
diato in  Perugia  si  fece  religioso  con- 
ventuale, dove  riuscì  eccellente  non 
meno  nelle  filosofiche,  che  nelle  teo- 
logiche facoltà,  come  ne  die  mani- 
festo saggio  nelle  opere   che   pub- 


IVIC 

blicò  alla  luce,  e  delle  quali  diven- 
ne maestro  ia  Roma  ;  fu  pure  va- 
lente predicatore.  Unito  in  istietta 
amicizia  con  s.  Francesco  fondato- 
re del  suo  ordine,  fu  verace  imi- 
tatore delle  di  lui  virtù,  onde  col 
suo  zelo  ridusse  non  pochi  tartari 
alla  fede.  Pel  suo  merito,  s.  Bona- 
ventura nel  capitolo  di  Pisa  lo  di- 
chiarò ministro  nella  Dalmazia,  e 
Gregorio  X  lo  spedì  insieme  con 
altri  religiosi  suoi  confratelli,  legato 
in  Costantinopoli  all'imperatore  Mi- 
chele, dove  ridusse  i  greci  all'  ob- 
bedienza e  comunione  della  chiesa 
romana,  e  invitò  il  patriarca  al 
concilio  generale  di  Lione  IL  Nel- 
r  esercizio  di  questa  legazione  fu 
eletto  di  universal  consenso  mini- 
stro generale  dell'ordine,  nel  capi- 
tolo tenuto  in  detta  città  nel  l'ij^. 
Quindi  col  carattere  di  nunzio  a- 
postolico,  insieme  con  Giovanni  da 
Vercelli  generale  de'domenicani,  co- 
me abile  politico,,  ebbe  la  commis- 
sione di  riconciliare  Filippo  IV  re 
di  Francia  con  Alfonso  X  re  di 
Casliglia.  Finalmente  in  ricompen- 
sa di  tante  fatiche  sostenute  per  la 
romana  chiesa,  Nicolò  HI  a' 12  mar- 
zo 1278,  benché  assente,  lo  creò  car- 
dinale del  titolo  di  s.  Pudenziana^  da 
cui  nel  1281  Martino  IV  lo  passò 
al  vescovato  di  Paleslrina.  Alla  noti- 
zia di  sua  esaltazione  al  cardinalato, 
non  si  gonfiò  punto  il  suo  pio 
cuore,  il  quale  dovendo  far  vio- 
lenza alla  sua  umiltà  in  accettarlo, 
ricusò  poi  costantemente  quelle 
provviste  che  il  Pontefice  nel  pro- 
muoverlo avea  ingiuuto  ai  vescovi 
di  Francia  di  somministrargli,  on- 
de sostenere  con  decoro  la  nuova 
dignità,  protestandosi  che  l'avrebbe 
di  buon  grado  rifiutata  se  non  a- 
vesse  temuto  disgustare  i  suoi  fra- 
ti; e  quanto  li  amasse  lo  dissi  nel 


NIC  II 

voi.  XXVI,  p.  85  del  Dizionario. 
Sì  trattenne  un  anno  il  cardinale 
nelle  Gallie,  ritenendo  per  ordine 
del  Papa  il  generalato  sino  al  nuo- 
vo capitolo,  al  quale  impedito  da 
malattia  non  potè  trovarsi  presente. 
Risanato  che  fu,  dovette  trasferirsi 
alla  corte  dell'imperatore  Rodolfo, 
per  aggiustare  le  controversie  na- 
te con  Carlo  I  re  di  Sicilia,  e  Mar- 
gherita vedova  di  s.  Luigi  IX.  In- 
tervenne ai  conclavi  di  Martino 
IV  e  di  Onorio  IV,  per  la  cui  ele- 
zione ebbe  grande  impegno,  e  dal 
quale  ottenne  la  chiesa  di  s.  Sil- 
vestro in  Capite  per  le  monache 
di  s.  Chiara.  Tornato  in  Roma, 
nel  conclave  di  santa  Sabina  ,  fu 
eletto  Papa  d'anni  sessanta,  mal- 
grado la  sincera  e  costante  sua  ri- 
pugnanza di  sette  giorni,  col  voto 
di  tutti  i  sacri  elettori,  a' 22  feb- 
braio 1288,  ed  in  onore  di  Nico- 
lò III  prese  il  nome  di  Nicolò 
IV  :  del  conclave  di  s.  Sabina  fa- 
cemmo parola  nel  voi.  XV,  p.  279 
del  Dizionario.  La  lunghezza  fu 
cagionata  dalla  pestilenza,  onde  sei 
cardinali  ne  morirono  ed  altri  am- 
malarono, per  cui  il  luogo  fu  ab- 
bandonato e  solo  vi  restò  il  cardi- 
nal Mascio,  che  in  mezzo  al  caldo 
dell'estate  si  faceva  fare  un  gran 
fuoco  intorno  per  purificar  l'aria 
infetta.  Fu  coronato  a' 24  febbraio, 
benché  altri  scrivono  che  nello  stes- 
so giorno  dell'elezione,  sacro  alla 
cattedra  di  s.  Pietro,  che  cadde  dì 
domenica,  fosse  ancora  coronato  e 
consagrato.  Creò  nove  cardinali,  fra 
i  quali  il  generale  de'suoi  francesca- 
ni, di  cui  fu  il  primo  Papa,  e  ne 
propagò  l'ordine. 

Levò  dal  Portogallo  l'interdetto, 
e  dalla  repubblica  di  Venezia  ot- 
tenne l'istituzione  del  tribunal  d'in- 
quisizione.   Nella    basilica   Vaticana 


Il  NIC 

coronò  Carlo  II  re  di  Sicilia  colla 
sposa  Maria,  investendolo  del  rea- 
me. A  cagione  delle  turbolenze  di 
Roma  si  ritirò  a  Rieti  per  alcun 
tempo,  e  procurò  pacificare  la  Ro- 
magna e  l' Umbria  agitate  dalle 
fazioni ,  come  s' interpose  a  sedar 
le  discordie  tra  i  re  di  Francia  e 
d'Inghilterra.  Ammonì  gravemente 
Ladislao  IV  re  d'Ungheria,  richia- 
mandolo a  più  onesto  vivere.  Ap- 
provò il  terz'ordine  di  s.  France- 
sco, e  le  stimmate  di  esso.  Divise 
le  rendite  della  chiesa  romana  in 
due  parli,  una  pel  Papa,  l'altra  pei 
cardinali.  Fondò  le  università  di 
Montepulciano,  Macerata  e  Mont- 
pellier, e  concesse  privilegi  a  quel- 
la di  Lisbona  :  permise  che  si  sta- 
bilisse una  nuova  università  in 
Gray  nella  contea  di  Borgogna,  e 
che  si  riaprissero  le  pubbliche  scuo- 
le di  Padova.  Amante  della  patria, 
non  isdegnò  accettare  la  podesteria 
d'Ascoli,  della  quale  alcuni  lo  pre- 
tendono nativo  e  di  ragguardevole 
famiglia  signora  della  vicina  Liscia- 
no: fece  esercitarne  l'uffizio  da  Mo- 
retlino  Bonatti  nobile  di  Lucca,  e 
fece  alcuni  donativi  a  varie  chiese 
e  monasteri  della  città;  ne  protes- 
se il  commercio,  e  difese  le  castel- 
la del  territorio  dalla  prepotenza 
d'alcuni,  oltre  le  scuole  che  vi  fon- 
dò. Dicesi  che  favorisse  i  ghibelli- 
ni, ed  abbassò  i  guelfi  e  Carlo  H, 
che  però  avea  liberato  dalla  pri- 
gionia del  re  d'Aragona.  Zelante 
della  religione,  mandò  missionari 
nelle  più  remote  regioni.  Cono- 
scendo l'importanza  del  conferire 
le  dignità,  vi  scelse  quelli  che  ri- 
fulgevano in  virtù,  prudenza  ed 
altre  qualità.  Protesse  non  solo  le 
scienze,  ma  anche  le  arti,  abbellen- 
do Roma  di  nobili  edifizi,  di  gran- 
di  strade  e  di  piazze:  fu   benefico 


NIC 
colla  basilica  Lateranense,  massime 
pel  gran  musaico  dell'abside;  e  nel 
duomo  di  Orvieto  pose  la  prima 
pietra.  Con  instancabile  zelo  esortò 
tutti  i  principi  a  ritentare  una 
nuova  crociata,  per  arrestare  i  pro- 
gressi che  in  Palestina  faceva  il 
sultano  di  Babilonia  ,  che  avendo 
preso  Tripoli,  assediò  Acri,  l'unica 
città  restata  ai  cristiani.  Venuta  in 
suo  potere,  i  cristiani  furono  ban- 
diti da  tutta  la  Soria  con  sommo 
dolore  di  Nicolò  IV,  onde  per  af- 
flizione cessò  di  vivere  nel  venerdì 
santo  del  1292,  a' 4  aprile.  Volle 
essere  sepolto  in  umile  luogo  nella 
Chiesa  di  s.  Maria  Maggiore 
{f^edi)f  da  lui  restaurata  ed  abbel- 
lita di  musaici,  in  che  volle  asso- 
ciarvi il  cardinal  Colonna;  avendo 
abitato  il  contiguo  palazzo,  dopo  il 
ritorno  da  Rieti,  quando  i  romani 
eransi  tranquillati.  Ma  Sisto  V  gli 
eresse  quel  magnifico  mausoleo  con 
lunga  iscrizione,  rammentato  in  detto 
articolo,  ove  si  parlò  del  suo  preteso 
culto;  egli  vi  é  rappresentato  in  istatua 
sedente,  avendo  ai  lati  quelle  delle 
sue  principali  virtù.  Quanto  egli  a- 
masse  ed  esaltasse  i  Colonna,  onde 
ne  fu  censurato,  lo  indicammo  nel 
voi.  XIV,  p.  282  del  Dizionario, 
Furono  in  lui  mirabili  lo  zelo  ec- 
clesiastico, la  rettitudine  e  l'umiltà  : 
ne  riconobbe  per  parenti  che  quelli 
cui  la  virtù  e  la  dottrina  rendeva- 
no cospicui.  Tacciato  parziale  dei 
ghibellini  e  de'  Colonnesi,  quei  che 
mirano  da  basso  facilmente  notano 
anche  le  poche  macchie  nel  sole,  il 
quale  è  sempre  sole,  innanzi  a  cui 
fuggono  le  ombre,  le  nebbie  si  dis- 
sipano, e  la  vera  luce  risplende  sfol- 
gorantissima. Gli  si  attribuiscono  al- 
cuni commentari  sulla  Scrittura,  sul 
Maestro  delle  sentenze,  ed  alcune  al- 
tre opere  registrale  dal  p.  Wadin- 


NIC 

go.  Governò  qualtr*anni ,  un  mese 
e  quattordici  giorni.  Ne  scrìssero  la 
vita  il  p.  Francesco  Maria  de  A- 
matis  gesuita,  nella  dissertazione: 
Clarorum  asculajiorum  praeclara 
facinora  a  Josepho  Lento  asculano 
exposila,  Romae  1622.  11  p.  Anton- 
felice  Mattei  de'  conventuali  pubbli- 
cò con  sue  dissertazioni  e  note  la 
vita  che  di  questo  Pontefice  avea 
scritto  Girolamo  Rossi,  col  titolo  : 
Vita  Nicolai  IV  ex  codicihus  vati- 
canis  cuni  observationibus  et  disser- 
tationibus  variis,  ec,  Pisis  1761  e 
1766.  Altre  notizie  si  possono  legge- 
re nella  bella  biografia  del  cb.  ascola- 
no Giacinto  Canlalamessa  Carboni, 
Memorie  ec.  p.  34-  Vacò  la  santa 
Sede  due  anni,  tre  mesi  e  due  giorni. 
NICOLO'  V,  Papa  CCXVIII. 
Tommaso  Parentucelli  nacque  in 
Sarzana  nel  iSSg  da  Bartolomeo 
Parentucelli  dotto  medico  di  pro- 
fessione, la  cui  famiglia  nobile  ori- 
ginaria di  Pisa  vi  si  era  stabilita 
da  cent'anni,  e  da  madonna  An- 
dreola  de  Putti,  poi  Calderini  o 
Calandrini  dal  cognome  del  secon- 
do marito,  Tommaso  nobile  sarza- 
nese,  che  sposò  dopo  circa  sett' an- 
ni di  vedovanza,  e  non  come  si 
disse  da  alcuni  allevatrice  di  gal- 
line. 11  Giorgi  lo  dice  di  oscuri 
natali,  ma  il  Piccolomini,  poscia 
Pio  llj  suo  intrinseco  amico,  lo 
chiama  nobile  nel  Comment.  de  Ba- 
sileae  p.  11 5.  Nelle  Memorie  della 
Lunigiana  dell' ab.  Cerini  di  Fi- 
vizzano,  voi.  I,  p.  53,  si  legge  che 
la  madre  era  figlia  di  messer  Tom- 
meo  de  Bosi  notaro  imperiale  del 
Foro  di  Verrucola  Bosi,  cioè  di  Fi- 
vizzano,  ove  forse  nacque,  mentre 
il  Manetli  lo  avea  detto  nato  in 
Pisa  nel  1398.  Nel  voi.  II,  p.  107, 
il  Cerini  dichiara  Andreola  Bosi 
di  antica,  nobile   e  doviziosa  fami- 


NIC  i3 

glia,  ed  insieme  virtuosa,  onesta  e 
illustre  matrona,  non  l'attribuisce 
però  alla  prosapia  dei  Bonaparte,  e 
dice  che  portò  in  dote  j^oo  libbre 
imperiali  di  moneta.  Il  Cardella  nel- 
le Mem.  stor.  de' cardinali,  vorreb- 
be meglio  chiamare  Nicolò  V  Ca- 
landrinij  perchè  chiamò  sorella  ger- 
mana Caterina  di  tal  cognome,  e 
Filippo  poi  cardinale,  fratello  ger- 
mano, riportando  varie  testimonian- 
ze, colle  opinioni  sulla  nascita  e 
condizione.  Tommaso  dopo  aver  per- 
duto il  padre  in  età  di  sette  anni,  e 
dopo  guarito  da  mortale  malattia 
quando  ne  avea  dieci,  prese  l'abi- 
to clericale,  e  subito  gli  ordini  mi- 
nori. Di  dodici  anni  passò  in  Bo- 
logna a  studiar  le  lettere,  ma  dipoi 
non  potendo  aver  soccorso  dalla  ma- 
dre rimaritata,  si  trasferì  a  Firenze, 
chiamato  da  due  cavalieri,  per  in- 
segnare le  discipline  liberali  ai  loro 
figli ,  quando  era  di  diciott'  anni. 
Corsi  quattr'anni  in  questo  mini- 
stero in  Firenze,  ritornò  a  studia- 
re le  sacre  lettere  in  Bologna, 
ove  lo  ricevette  fra' suoi  famigliari 
il  b.  cardinal  Albergali  vescovo  della 
città,  prima  per  ammaestrare  i  suoi 
nipoti,  e  ravvisando  in  lui  indole 
e  carattere  che  potevano  tornare 
utili  alla  Chiesa,  lo  destinò  a  pre- 
siedere alla  propria  corte,  e  lo  fece 
suo  maestro  di  casa  o  maggiordo- 
mo, quindi  non  si  divise  mai  piti 
da  lui.  All'età  di  25  anni  si  or- 
dinò prete,  e  divenne  pel  suo  be- 
nefattore canonico  della  cattedrale 
di  Bologna,  poiché  il  beato  cardi- 
nale gli  lasciò  tutto  l'agio  di  viep- 
più istruirsi  nelle  scienze,  alle  qua- 
li applicato  con  fervore  fu  fatto 
dottore  in  teologia;  si  distinse  pel 
suo  elevato  ingegno,  e  acquistò  fa- 
ma di  ottimo  letterato,  onde  strin- 
se  amicizia   coi  migliori   scienziati 


i4  NIC 

del  suo  tempo.  Accompagnò  il  car- 
dinal Albergali  ne'  suoi  l'iaggi  e 
legazioni  sostenute  d'ordine  di  Mar- 
tino V,  e  può  dirsi  che  avesse  gran 
parte  nella  conclusione  di  quei  gra- 
'vissimi  all'ari  ch'erano  siali  affidati 
al  cardinale,  cui  fu  sempre  altac- 
catissimo,  e  teneramente  lo  corri» 
spose,  servendolo  anche  da  segreta- 
rio. Dodici  giorni  dopo  la  di  lui 
morte,  a' 12  maggio  i443,  Eugenio 
IV  fece  Tommaso  suddiacono  apo- 
stolico, priore  di  Montpellier  e  vi- 
cecamerlengo; indi  lo  mandò  nun- 
zio ai  fiorentini  pel  concilio,  in  cui 
si  fece  onore  nelle  dispule,  e  ad 
Alfonso  V  d'Aragona  re  di  Napoli; 
poi  a' 2  7  novembre  i444  dichia- 
rollo,  benché  assente,  vescovo  di  Bo- 
logna, per  aver  fatto  risplendere  il 
suo  valore,  ed  incontrata  la  piena 
sua  soddisfazione.  Inoltre  l' inviò 
nunzio  in  Germania  alla  dieta  di 
Francforte  per  l'estinzione  dello  sci- 
sma, e  al  duca  di  Borgogna  ;  final- 
mente a'i6  novembre  i44^  ^o  creò 
rnrdinale  del  titolo  di  s.  Susanna, 
mentre  era  fuori  di  Roma,  alla  qua- 
le ritornando  di  Germania  lo  di- 
stinse con  mandargli  il  cappello  car- 
dinalizio fino  alla  porta  Flaminia. 
Morto  Eugenio  IV,  dieciolto  car- 
dinali, de*  ventiquattro  che  viveva- 
no, a'4  marzo  i447  entrarono  nel 
conclave  del  convento  di  s.  Maria 
sopra  Minerva  ;  il  cardinal  Caprani- 
ca  ebbe  cito  voli,  il  cardinal  Co- 
lonna dieci,  e  furono  vicini  al  pa- 
pato i  cardinali  Le  Jeun  e  Cha- 
"ves;  ma  per  opera  del  cardinal  Be- 
i^ardi  arcivescovo  di  Taranto,  lutti 
cospirarono  nel  cardinal  di  Bologna 
o  Parenlucelli.  A*  6  marzo  i447» 
nella  vigilia  di  s.  Tommaso,  festa 
del  suo  nome,  benché  renitente,  lo 
elessero  Papa,  ed  egli  accettò  quan- 
do   il  medesimo  cardinal  suo  prò- 


NIC 

motore  gli  disse  ciò  essere  volere 
di  Dio;  p!d)l)licandolo  al  popolo  al- 
le ore  9  il  detto  cardinal  Colonna 
primo  diacono,  col  nome  di  Nicolò 
V,  ch'egli  prese  in  venerazione  del 
b.  Nicolò  Albergali  suo  insigne  pro- 
tettore ,  che  gli  avea  profetizzato 
il  pontificalo,  quale  ancora  eragli 
stato  predetto  da  Eugenio  IV,  quan- 
do a  lui  rese  conto  della  legazio- 
ne di  Germania.  Del  conclave  ave- 
vano fatto  la  guardia  alla  prima 
porla  quattro  prelati,  alla  seconda 
Enea  Silvio  Piccolomini  ambascia- 
tore cesareo,  cogli  altri  ambascia- 
tori, lo  che  meglio  si  narrò  con  al- 
tre notizie,  nei  voi.  XV,  p.  !x82, 
e  XXI,  p.  2 1 3  del  Dizionario.  Nel- 
l'uscir  da  esso  il  cardinal  Chaves,  do- 
mandandogli i  romani  chi  avevano 
eletto  per  Papa,  rispose  :  Noi  Ni' 
colOf  ma  Dìo  elesse  il  Pontefice  j 
onde  non  hanno  fede  quelli  che 
scrissero,  avervi  avuto  parte  le  ma- 
li arti,  come  ben  dimostra  il  Gior- 
gi. A'  19  marzo  fu  solennemente 
coronato  in  s.  Pietro,  ed  essendo 
la  IV  domenica  di  quaresima,  nel 
recarsi  a  s.  Giovanni  portò  la  ro- 
sa d' oro  in  mani,  preceduto  dalla 
ss.  Eucaristia.  Quindi  adottò  per 
insegna  gentilizia  le  chiavi  della  ro- 
mana chiesa,  e  per  motto  ne'diplo- 
mi:   Pai  alimi  cor  meuni  Deus. 

Allorché  prese  le  redini  del  ponti- 
ficato era  la  repubblica  cristiana  in 
sommo  sconvolgimento  :  lo  scisma 
di  Basilea,  ancor  non  estinto  per- 
ché sostenuto  dall'antipapa  Felice 
V,  lacerava  crudelmente  la  Chiesa; 
la  Germania  e  l'  Ungheria  erano 
vessate  dalla  guerra  intestina  ;  la  \ 
Francia  e  T  Inghilterra  erano  con 
mutuo  odio  in  discordia;  l'unione 
de'greci  e  orientali  colla  santa  Se- 
de, stabilita  poco  prima  nel  conci- 
lio di  Firenze,  andava  ogni  giorno 


NIC 

a  guastarsi  ;  l'Italia  divìsa  in  fazio- 
ni, era  tribolata  dai  comandanti 
gli  eserciti,  che  da  per  tutto  pre- 
davano e  portavano  la  desolazio- 
ne ;  nello  stato  ecclesiastico  i  baro- 
ni, che  dalla  Chiesa  avevano  i  vi- 
cariati, n'  erano  diventati  tiranni  ; 
i  veneziani,  i  genovesi,  i  fiorentini 
erano  sulle  armi  ;  e  il  tesoro  pon- 
tificio era  oppresso  dai  debiti.  Al 
rimedio  di  tutto  questo  applicò  su- 
bito Nicolò  V  tutto  il  suo  zelo, 
grande  animo  ed  ingegno,  come 
si  può  vedere  a  tutti  i  relativi  ar- 
ticoli. Spedi  quindi  legati  in  Ger- 
mania; scrisse  al  re  di  Francia  per 
terminare  le  conseguenze  del  con- 
ciliabolo di  Basilea  (Fedi);  resti- 
tuì alle  dignità  l'arcivescovo  di  Gnes- 
na  fautore  dell'antipapa;  raccoman- 
dò agli  ambasciatori  la  pace  d'Ita- 
lia, piìx  che  mai  turbata  per  la 
morte  del  duca  di  Milano;  inviò 
nella  Marca  legato  il  cardinal  Ca- 
pranica  ;  impose  tregua  agii  unghe- 
ri,  che  guerreggiavano  coll'impera- 
tore;  confermò  i  privilegi  degli  ar- 
civescovi di  Salisburgo;  approvò  la 
concordia  stabilita  colla  Borgogna, 
e  la  pace  tra  questa  e  Carlo  VII 
re  di  Francia.  In  questo  regno,  in 
Bosnia,  in  Cipro,  nell'Albania,  in 
Bulgaria,  in  Italia  a  diversi  prin- 
cipi, in  Polonia,  in  Boemia,  in  Por- 
togallo, in  Aragona,  in  Valenza, 
neir  isole  Baleari,  in  Borgogna,  in 
Inghilterra,  in  Svezia,  Danimarca, 
Norvegia^  Prussia,  e  in  luoghi  di- 
versi, spedì  legati  in  differenti  tem- 
pi per  accomodarne  le  vertenze,  o 
per  gli  affari  ecclesiastici.  Condan- 
nò r  eresia  del  milanese  Landi,  e 
quella  de'fraticelli  ch'estirpò,  e  de- 
cretò pene  contro  gli  usurai.  Per 
amore  della  pace,  in  tempi  diversi, 
molti  atti  d'indulgenza  usò  coi  po- 
poli  e  baroni  feudatari  della  saa- 


NIC  i5 

ta  Sedcj  assolvendoli  dalle  ribellio- 
ni ,  e  rinnovando  con  nuovi  censi 
le  investiture  e  i  vicariati,  cose  tut- 
te che  riportammo  ai  molti  loro 
articoli;  altrettanto  dicasi  di  quan- 
to accenniamo  in  questa  biografia. 
Confermò  i  privilegi  de'fermani, 
camerinesi,  norcini,  bolognesi,  spo- 
letini  ed  altri  popoli,  e  quelli  del 
senato  romano,  cui  concesse  la  pu- 
nizione de' ladri.  Introdusse  l'uso 
di  portarsi  dal  Papa  il  ss.  Sagra- 
mento  nella  processione  del  Corpus 
Domini.  Nella  Bretagna  minore  per- 
mise la  prammatica  sanzione,  e  con- 
fermò i  privilegi  accordali  dai  pre- 
decessori ai  duchi;  regolò  la  pro- 
cessione per  la  festa  di  s.  Marco  ; 
ed  a  mezzo  del  cardinal  Carvajal, 
conchiuse  il  famoso  concordato  col- 
la Germania,  riguardo  ai  benefizi 
ecclesiastici,  e  ricevette  splendida 
ambasceria  del  re  di  Francia  che 
gli  rese  obbedienza.  Fece  provve- 
dimenti sui  riti  greci  e  latini,  e 
sulle  indulgenze;  migliorò  l'univer- 
sità di  Bologna,  istituì  quelle  di  Vai- 
son,  di  Barcellona,  diGlascowedi 
Treviri,  ed  ornò  di  privilegi  quel- 
la di  Cambridge,  oltre  d'avere  rin- 
novata la  costituzione  di  Bonifacio 
Vili  per  l'università  romana,  e  con- 
fermata quella  di  Caen.  Afferma 
l'Arteaga  che  in  Bologna  istituì  la 
prima  scuola  di  musica.  Ratificò 
le  costituzioni  della  Marca  d'An- 
cona, esentando  dai  vescovi  l'ordi- 
ne della  Mercede,  e  confermando  i 
privilegi  de'  domenicani  e  dell'  or- 
dine militare  di  s.  Giacomo  della 
Spada.  Ebbe  la  consolazione  di  ve- 
dersi riconosciuto  dagli  abitanti  di 
Basilea;  ed  accordò  indulgenze  e  pre- 
mi ai  crociati  contro  i  turchi  ed 
i  mori  di  Spagna.  Si  collegò  coi 
fiorentini  e  con  Alfonso  V  onde 
conservar   la  quiete  d'Italia  per  la 


i6  NIC 

successione  del  Milanese,  e  fu  rico- 
nosciuto arbitro  della  pace.  Nei 
1449  assolvè  i  ribelli  camcrinesi, 
nepesinì,  e  conte  d'Anguillaia,  ed 
altri  ancora.  Per  le  sue  esortazioni 
i  sacri  oratori  con  gran  fervore 
di  prediche  eccitarono  i  popoli  al- 
la penitenza  e  all'emendazione  dei 
peccati,  massime  in  Dalmazia,  Bo- 
snia, Croazia,  Servia,  Albania  ed 
Ungheria.  Soppresse  l'eresia  de'wMO- 
vi  crisLiani  in  Benevento  e  nel  re- 
gno di  Napoli;  e  dichiarò  idonei 
ai  benefizi  e  dignità  i  neofiti.  Di- 
chiarò inoltre  nulle  le  alienazioni 
delle  terre  del  Venaissìno,  impose 
scomunica  a  chi  molestasse  gli  abi- 
tanti d'Avignone,  e  per  veri  cardi- 
nali riconobbe  tre  de'creati  da  Fe- 
lice V  e  uno  deposto  da  Eugenio 
IV.  Nell'istesso  anno  i449  i*estituì 
per  le  sue  energrche  industrie  la 
pace  alla  Chiesa,  per  la  famosa  e 
desiderata  rinunzia  che  fece  in  Lo- 
sanna Felice  V  (Vedi)  del  pseu- 
do  pontificato,  grave  argomento 
trattato  anche  in  altri  articoli.  Si 
recò  nella  Marca  e  nell'Umbria,  a 
Spoleto,  a  Fabriano,  a  Tolentino, 
in  Asisi  e  in  altri  luoghi.  Cele- 
brò nel  145*0  V  Anno  santo  sesto 
(Vedi)y  in  cui  fece  tenere  in  Ro- 
ma i  capitoli  generali  dai  france- 
scani, e  canonizzò  s.  Bernardino  da 
Siena,  il  quale  tra  le  altre  bene- 
merenze avea  in  gran  parte  estin- 
to le  guerre  tra* guelfi  e  ghibelli- 
ni peste  d'Italia.  Andreola  madre 
di  Nicolò  V  ancor  vivente,  in  età 
molto  grave,  per  divozione  e  per 
rivedere  i  figli  si  recò  in  Roma: 
uno  sedeva  sulla  cattedra  apostoli- 
ca, l'altro  Filippo  Calandrini  fra- 
tello uterino  di  Nicolò  V,  era  uno 
de'sette  cardinali  da  lui  creati,  aven- 
dogli conferito  lo  stesso  suo  titolo, 
e  il  vescovato  di  Bologna,    illustre 


NIC 

per  sublimi  doli.  Portatasi  al  co- 
spetto del  Pontefice  vestila  pompo- 
samente, si  narra  che  il  figlio  la 
respingesse,  dicendole  rivederla  in 
più  onesti  panni;  questi  assunti,  fu 
teneramente  accolta,  indi  grande- 
mente onorata  da  tutta  Roma.  Pie- 
na dì  si  raro  contento,  mentre  rì- 
palriava  mori  nel  i45'i  in  Spole- 
to, ed  il  corpo  per  opera  del  fi- 
glio cardinale  fu  trasferito  nella 
cappella  Calandrini  da  lui  eretta  in 
s.  Maria  di  Sarzana.  Afflitta  Roma 
dalla  peste  nel  i45o,  Nicolò  V  ri- 
tornò nell'Umbria  e  nella  Marca, 
esercitandovi  anco  in  questa  volta 
atti  di  magnanimità  e  beneficen- 
za. Ordinò  che  le  robe  naufraga- 
te si  debbano  restituire  ai  proprie- 
tari; stabili  che  i  rei  dello  sta- 
to pontificio  e  del  regno  di  Napo- 
li fossero  ne'  due  dominii  arrestati  ; 
impose  gravi  pene  tra  i  duellan- 
ti ;  e  quanto  dispose  per  V  ordine 
Gerosolimitano  a  questo  articolo 
lo  dissi.  Fissò  a  sette  i  chierici  di 
camera,  e  per  l'interesse  di  questa 
dichiarò  nulle  le  donazioni  a  suo 
pregiudizio.  Compose  le  differenze 
tra  i  fiorentini  e  lucchesi,  trasferì 
il  patriarcato  di  Grado  a  Venezia, 
e  divise  le  chiese  di  Porto  e  s. 
Ruffina.  Coronò  in  Roma  l'impe- 
ratore Federico  III,  il  quale  vi  fe« 
ce  solenne  ingresso,  e  benedi  il  suo 
matrimonio  con  Lionora,  cui  die  la 
rosa  d'oro  benedetta,  che  pur  do- 
nò al  re  di  Polonia,  al  re  di  Por- 
togallo, e  ad  Alfonso  V.  L'impe- 
ratore ottenne  dal  Papa  le  preci 
primarie  o  facoltà  di  conferire  i 
benefizi  alla  prima  vacanza;  così 
Lodovico  duca  di  Savoia,  figlio  del- 
l'antipapa  Felice  V,  ricevette  da 
Nicolò  l'indulto  di  nominare  i  be- 
nefizi non  esenti. 

Ordinò  la  visita  delle  chiese  di 


NIC 

Rotua^  la  riforma  elei  capitolo  va- 
ticano, emanando  pene  gravi  ai 
falsificatori  degli  Jgniis  Deìj  ed  ai 
falsi  collettori.  Rivolse  il  suo  zelo 
per  riunire  la  chiesa  greca  alla  la- 
tina, minacciando  Costantino  XII 
imperatore,  che  altrimenti  Dio  gli 
avrebbe  tolto  V  impero,  ciò  che  fa- 
talmente si  verificò,  quando  Mao- 
metto II  imperatore  de'  turchi  nel 
t^53  s'impadronì  di  Costantinopoli, 
al  quale  articolo  e  a  Grecia  raccon- 
tai i  grandi  sforzi  fatti  da  Nicolò  V 
per  aiutare  i  greci  con  denari  ed 
armati  ,  restando  trafitto  di  dolore 
per  l'avvenimento.  In  quest'occa- 
sione con  eterna  lode  accolse  favo- 
revolmente   gli    eruditi    e    i  dotti 


che 


fuggirono 


dalla     Grecia  :    ne 


I 


acquistò  con  grande  spesa  le  opere, 
le  fece  generosamente  tradurre,  e 
con  esse  ed  altre  formò  la  nuo- 
va biblioteca  Vaticana,  ove  col- 
locò i  codici  fatti  cercare  in  mol- 
te parti,  onde  presso  tutti  si  de- 
stò lo  studio  de'  classici  greci  , 
per  cui  contribuì  al  risorgimento 
delle  lettere  greche  e  latine,  di  che 
tenni  proposito  in  vari  luoghi,  co- 
me all'articolo  Erudizione,  cioè  nei 
voi.  XXII,  p.  66  e  67,  XXXII, 
p.  i38  e  139,  eXXXVlII,  p.  i25 
del  Dizionario.  A  Cosimo  de  Me- 
dici die  il  primo  regolamento  d'u- 
na biblioteca  in  tutte  le  facoltà  di 
scienze,  per  cui  ne  venne  la  fioren- 
tina libreria  di  s.  Marco.  Ad  onta 
di  tante  benemerenze,  generosità  e 
clemenza,  nello  stesso  anno  fu  sco- 
perta in  Roma  un'  empia  congiura 
di  scellerati  romani  contro  la  vita 
del  buon  Pontefice,  capo  de'  quali 
era  Stelano  Porcari,  nobile  fazioso 
e  potente  in  eloquenza,  già  da  Ni- 
colò V  beneficato;  poiché  in  tem- 
po di  conclave  aveva  invitato  il 
popolo  a  tumultuare  col   lalso  no- 

VOL.    XLVIH. 


ceinino 


NIC  17 

me  di  libertà,  unione  civile,  giu- 
stizia pubblica  :  il  Papa  si  era  con- 
tentato rilegarlo  a  Bologna  col 
precetto  di  presentarsi  ogni  giorno 
al  legato,  e  ne  deluse  la  vigilanza 
colla  fuga.  L'orrendo  misfatto  vo- 
levasi  consumare  in  s.  Pietro  alla, 
messa  solenne  dell'  Epifania,  con 
uccidervi  il  Papa  e  i  cardinali,  al 
grido  di  libertà.  Stefano  fu  impic- 
cato, in  un  ad  Angelo  Massa  col 
figlio  ed  un  compagno,  a  Battista 
Serra  o  Sciarra,,  Francesco  Gaba- 
dei  e  Pietro  Monterotondo.  Ne  fe- 
ci parola  altrove ,  come  nel  voi. 
VII  ,  pag.  139.  Nicolò  V  che 
fino  allora  avea  colmato  di  favo- 
ri i  romani,  si  mostrò  più  cauto,  e 
se  prima  più  degli  altri  predecessori 
si  faceva  vedere  per  Roma,  rare  vol- 
te lo  fece  di  poi;  più  tardo  si  rese 
con  tutti  e  più  difficile  nell' am- 
mettere all'  udienza,  per  cui  si  ag- 
giunse la  podagra  che  molto  lo 
travagliava.  Nel  i45»4  »!  Pontefi- 
ce provò  gran  piacere  per  la  pa- 
ce d' Italia,  pel  terrore  sparso  in 
Europa  dai  turchi  colle  loro  vitto- 
rie, conchiusa  in  Lodi  per  la  sua 
destrezza  ed  interessamento,  e  la  con- 
fermò con  bolla,  interponendosi  con 
Alfonso  V  e  collo  Sforza  nuovo 
duca  di  Milano  che  volevano  alte- 
rarla, e  fu  stabilito  il  fiume  Sesia 
nel  Novarese  per  confine  tra  lo  sta- 
to di  Milano  e  quel  di  Piemonte, 
Indi  difese  Norcia  dalle  armi  degli 
spoletìni  e  del  conte  d'Anguillaraj 
e  pacificò  i  perugini.  Dichiarò  ap- 
partenere al  re  di  Portogallo  le 
conquiste  fatte  sino  al  Capo  di  Buo- 
na Speranza;  die  la  chiesa  de' ss. 
Gio.  e  Paolo  ai  gesuati,  e  quella 
di  s.  Stefano  al  Monte  Celio  ai 
frati  di  s.  Paolo  primo  eremita;  e 
pubblicò  una  bolla  contro  Giaco- 
mo Piccini^,  più   masnadiere  che 


i8  NIC 

capitano,  il  quale  dopo  aver  afflitto 
la  Toscana  avea  occupato  molti 
luoghi  della  Chiesa,  e  vietò  che  gli 
fosse  dato  soccorso,  passaggio  o  pas- 
saporto. Le  lettere  d'indulgenza 
accordate  da  lui  al  regno  di  Cipro 
poco  prima  della  sua  morte,  vuoi- 
si che  sieno  i  più  autentici  monu- 
menti conosciuti  deirarte  tipogra- 
fica, che  nuova  era  al  suo  tempo. 
Afflitto  Nicolò  V  per  l'estinzione 
dell'impero  greco  e  ingrandimento 
della  potenza  ottomana,  non  che 
per  la  tentata  congiura,  consumato 
dalla  podagra,  dopo  aver  governa- 
lo otto  anni  e  diecinove  giorni,  e 
dopo  aver  fatto  un  lungo  discorso 
ai  cardinali,  detto  testamento  e  ri- 
portato dal  Vernino,  SLoria  delV  e- 
resie  t.  IV,  p.  168,  in  cui  fece 
iu  ristretto  la  storia  del  suo  pon- 
tificato, morì  a' 24  marzo  145» 5,  a 
ore  sei,  d'anni  5^  come  dice  il  No- 
vaes,  ma  se  egli  nacque  nel  iSSg 
dovrà  dirsi  66.  Fu  sepolto  nel  Va- 
ticano, in  sepolcro  la  cui  figura  ri- 
porta r  Oldoino  t.  Il,  p.  968,  i  cui 
frammenti  sono  nelle  sacre  grotte 
ove  fu  trasportato ,  con  epitaOìo 
composto  da  Enea  Silvio  Piccolo- 
mini  suo  segretario,  altri  dicono  da 
Maffeo  Vegio,  e  si  legge  nel  p.  Gia- 
cobbe, Bibl.  Pont.  p.  157.  11  Ma- 
nelti  descrive  Nicolò  V  di  piccola 
statura,  di  colore  bianchiccio,  che 
nel  pontificato  si  cambiò  in  neric- 
cio, di  bocca  larga,  di  voce  grave 
e  sonora,  di  occhi  neri  e  di  pro- 
spera salute  che  a  poco  a  poco  an- 
dò perdendo  colle  cure  del  ponti- 
ficato. 

Sarà  sempre  in  benedizione  la 
sua  memoria  per  aver  governata 
la  Chiesa  con  prudenza,  colla  qua- 
le ristabilì  la  pace  d'Italia;  per 
essere  stato  lontano  dal  nepotismo; 
per  la  hberalità  die   usava  co'po- 


NIC 

veri,  maritando  co*  suoi  risparmi  le 
giovani  senza  dote,  ed  essendo  ge- 
neroso particolarmente  coi  nobili 
decaduti  ;  per  1'  amore  che  dimo- 
strò sempre  alla  pace  della  Chiesa, 
e  ai  letterati  ch'egli  ebbe  in  luo- 
go di  parenti,  la  sua  corte  essendo 
aperta  agli  eruditi  che  vi  conven- 
nero in  gran  numero  e  n'ebbero 
cariche,  doni,  onori  e  conforti  d'  o- 
gni  specie;  per  le  sue  magnanime 
idee  nell'accrescimento  e  ornamento 
di  Roma  per  la  sua  rigorosa  custo- 
dia del  culto  divino  e  de' sacri  riti, 
che  vuoisi  sia  stato  chierico  delle  ceri- 
monie pontificie;  pel  suo  universal 
sapere  anche  nella  medicina,  per 
cui  il  Marini  e  altri  lo  numeraro- 
no fra  i  medici  divenuti  Papi,  e 
per  le  mirabili  doti  dell'  animo,  tut- 
te copiosamente  descritte  nel  C0//2- 
ment.  di  Piccolomini,  che  lo  rese- 
ro uno  de'  piti  grandi  Papi  che  oc- 
cuparono la  sedia  di  s.  Pietro.  Al- 
cuni lo  dicono  di  natura  bilioso  e 
però  facile  a  montare  in  ira,  come 
per  lo  più  é  proprio  degli  alti  spi- 
riti, ma  facile  ancora  a  tornar  be- 
nevolo; tuttavolta  si  narra  che  in 
un  impeto  di  collera,  per  sospetto 
d' infedeltà,  condannò  a  morte  An- 
gelo Rancone  capitano  delle  mili- 
zie, morte  che  gli  cagionò  dolore  e 
pentimento,  siccome  era  facile  al 
perdono  benché  amante  della  giu- 
stizia; donde,  aggiunge  il  Platina, 
presero  ansa  i  malevoli  a  calunniare 
questo  Pontefice,  di  Dio  e  degli  uo- 
mini benemerito.  Altri  col  Vol- 
terrano lo  accusano  del  dilettarsi 
molto  della  passione  de'  vini,  fa- 
cendo da  per  tutto  ricerca  de'  più 
squisiti  ;  ma  tante  virtù  raccolte, 
per  confessione  di  tutti,  in  questo 
Papa  per  T  intiera  sua  vita,  abba- 
stanza dimostrano  la  calunnia  dei 
suoi  nemici.  Merita  Nicolò  V  par- 


NIC 

ticolar  lode  per  la  munificenza  sua 
nella  fabbrica  di  tante  opere  pub- 
bliche, a  fronte  de'tempi  procellosi 
in  cui  visse,  il  che  servì  al  risoir- 
gimeiito  delle  arti,  eccitando  i  begli 
ingegni,  con  risarcire  i  raonumenli 
dell'  antica  Roma  e  col  farne  dei 
nuovi.  Abbellì  e  rinnovò  dalle  fon- 
damenta quaranta  delle  principali 
chiese  di  Roma.  Meditava  di  rie- 
dificar la  basilica  di  s.  Pietro  e  di 
alzarvi  innanzi  un  obelisco,  comin- 
ciò tuttavia  il  musaico  della  tribu- 
na. Rifabbricò  le  chiese  di  s.  Fran- 
cesco in  Fabriano  ed  Asisi  ;  in 
Gualdo  rifece  quella  di  s.  Bene- 
detto. Voleva  fortificare  e  abbellire 
la  Città  Leonina  e  ampliare  il  pa- 
lazzo Vaticano,  ove  fabbricò  un  ma- 
gnifico appartamento,  e  le  due  cap- 
pelle ivi  edificate  le  descrivemmo 
nel  voi.  IX,  p.  1 54  e, 1 55  del  Di- 
zionario. Egli  lo  abitò,  facendo  pu- 
re residenza  presso  s.  Pudenziana. 
Un  palazzo  eresse  contiguo  alla  ba- 
silica Liberiana,  e  rifece  il  ponte 
Milvio  e  molle  strade  della  città. 
Fabbricò  due  torri  sul  ponte  s.  An- 
gelo e  fortificò  il  vicino  Castello, 
le  torri  e  le  porte  di  Campidoglio. 
Restaurò  le  mura  di  R^oma  e  per 
trasportarvi  i  materiali  spurgò  l'  al- 
veo dell'  Aniene  ;  restaurando  V  ac- 
quedotto deli'  acqua  Vergine.  In 
Fabriano  costruì  la  piazza,  in  Ci- 
vitavecchia molti  edifizi  ,  in  Narni 
la  fortezza,  così  in  Orvieto,  restau- 
rando quella  di  Spoleto,  mentre  in 

Viterbo  innalzò  edifizi  pei  bagni. 
In  Roma  impiegò  i  pennelli  di  Me- 
lozzo  da  Forlì,  Agostino  di  Braman 
lino,  del  b.  Angelico  da  Fiesole  e 
altri.  Non  dimentico  della  patria , 
volle  anche  ad  essa  grata  ricordan- 
za  lasciare  di     lui  per  la  bolla  del 

1453,  con  cui  unì   l'antica  abbazia 
del  Corvo  e  il    priorato  di  s.  Ma- 


NIC  ,c) 

ria  di  Vezzano  al  capitolo  di  Sar- 
zana,  e  così  pure  di  belle  prero- 
gative d'  indulgenze  privilegiò  s. 
Giovanni  di  Fivizzano  con  bolla  del 
144^3  i'T  cui  fa  conoscere  essere 
tale  chiesa  fondata  dai  suoi  avi 
materni.  Nella  zecca  pontificia  vi 
sono  tre  conii  di  sue  medaglie.  Do- 
nò a  molte  chiese  vasi  d'oro  e 
di  argento,  croci  gemmate,  ricche 
vesti,  sacre  e  preziose  tappezzerie.  A- 
mò  i  religiosi,  che  beneficò  con 
provviste  ecclesiastiche,  perchè  nella 
santità  del  ministero  potessero  con 
agio  attendere  ai  buoni  studi  che 
vogliono  animo  sereno  e  cuore  tran- 
quillo. Nicolò  V  in  una  parola  fece 
se  e  il  suo  secolo  immortale,  e  la- 
sciò begli  esempi  a' successori.  Que- 
sto insigne  Pontefice  fece  conoscere 
al  mondo  quanto  fosse  dotto,  per 
le  molte  cose  eziandio  che  lasciò 
scritte  sopra  le  decretali,  e  per  la 
lettera  che  indirizzò  all'ultimo  impe- 
ratore greco.  Ne  scrissero  la  vita  Ve- 
spasiana,  Giannozzo  Manetti,  Fran- 
cesco Filelfo,  il  cardinal  Giovanni 
le  Jeune,  e  più  ampiamente  Bona- 
ventura de'Rossi,  e  Domenico  Giorgi 
per  volere  di  Benedetto  XIV  di  cui 
era  cappellano  e  a  cui  la  dedicò  con 
questo  titolo  :  Vita  Nicolai  V  Pont. 
Max.  ad  fideni  vetenim  monumen-' 
toriim.  Accedit  ejusdem  disqidsilìo 
de  Nicolai  V  erga  litteras  et  lit- 
teralos  viros  patrocinio^  Romae 
174^-  Vacò  la  s.  Chiesa    i4  giorni. 

NICOLO'  V,  Antipapa.  F.  An- 
TiPAPA  XXXIV,  e  gli  altri  articoli 
che  lo  riguardano. 

NICOLO',  Cardinale.  V.  s.  Ni- 
colò I  Papa. 

NICOLO',  Cardinale.  Nicolò  fu 
creato  cardinale  prete  del  titolo  dei 
ss.  Giovanni  e  Paolo,  da  Pasquale 
Il  del  1099,  ed  intervenne  nel  i  i  iS 
all'elezione  di  Gelasio  IL 


20  NIC 

NICOLO',  Cardinale.  Nicolò  di 
nazione  tedesco,  fu  da  Lncio  II 
nelle  tempora  dell'avvento  ii44 
creato  cardinale  diacono,  o  come 
altri  vogliono  prete  di  s.  Lorenzo 
in  Damaso;  ma  il  Vitlorelli  dice 
ignorare  chi  lo  elevò  al  cardinala- 
to. Per  reccellente  sua  erudizione 
lo  slesso  Lucio  II  lo  trascelse  a  hi- 
bli(.lecario  di  s.  Chiesa:  fu  infatti 
dottissimo  nelle  lingue  greca  ed 
ebraica,  e  scrisse  un  erudito  volume 
sulla  correzione  della  Bibbia,  assai 
apprezzato  dal  cardinal  Bessarione. 
Morì  verso  il    1 1^5. 

NICOLO,  Cardinale.  Nicolò  ro- 
mano fu  da  Clemente  III  suo  con- 
cittadino nel  settembre  1190  crea- 
to cardinale  diacono  di  s.  Maria  in 
Cosmedin,  e  morì  nel  suo  ponti- 
ficato. 

NICOLO,  Cardinale.  Nicolò  ven- 
ne da  Innocenzo  IV  nel  dicembre 
12  52  o  1253  creato  cardinale  ve- 
scovo di  Sabina,  per  le  beneme- 
renze che  avea  colla  santa  Sede^ 
per  la  quale  sino  dal  1244  aveva 
sostenuta  la  legazione  della  Prussia, 
ad  efifetto  di  arruolare  i  crocesi- 
gnati  per  la  guerra  di  Terrasanta, 
nella  quale  ebbe  a  compagno  il 
domenicano  Enrico,  insigne  predi- 
catore. Dopo  dodici  mesi  di  cardi- 
nalato morì,  verso  il    1254. 

NICOMEDE  (s.),  martire.  Sa- 
cerdote di  Roma,  che  fu  preso  nel- 
la persecuzione  di  Domiziano  per 
la  sua  assiduità  nell'assistere  i  con- 
fessori, e  pel  suo  zelo  verso  dei 
martiri,  de*  quali  involava  i  corpi 
per  seppellirli.  Avendo  rifiutato  di 
sagrificare  agl'idoli,  venne  ucciso  a 
colpi  di  bastone  verso  V  anno  90. 
Vedeasi  altra  volta  la  sua  tomba 
sulla  via  Nomentana.  Esso  è  no- 
minato a*  i5  settembre  nel  sacra- 
mentano di  s.    Gregorio  Magno,  e 


NIC 

nei   martirologi   di  s.   Girolamo,  di 
Beda,  ec. 

NICOMEDIA.  Città  vescovile  del- 
la  Turchia  Asiatica  nel!'  Anatolia  , 
capoluogo  del  sangiacalo  di  Codjiih- 
eì'li,  in  fondo  al  golfo  del  suo  no- 
mCj  Astacenus  sinits,  a  20  leghe  da 
Costantinopoli.  Sta  eretta  in  anfi- 
teatro sul  declivio  meridionale  d'u- 
na collina,  con  case  la  maggior  par- 
te fornite  di  giardini,  molte  mo- 
schee, chiese  greca  ed  armena  ,  ed 
alcuni  bagni.  Col  mezzo  del  suo 
porto  poco  importante,  si  fa  qual- 
che commercio.  Questa  città  è  il 
luogo  in  cui  si  portano  gran  caro- 
vane al  fine  del  loro  viaggio,  ed  al- 
lora vi  è  mollo  movimento.  I  suoi 
dintorni  assai  deliziosi,  offrono  una 
fila  continua  di  giardini  e  vigneti; 
all'ovest  evvi  una  sorgente  mine- 
rale frequentatissima.  Dopo  che  se 
ne  impadronirono  i  turchi  si  chia- 
ma Ismid  o  Isnik-Mìdy  ma  non  oc- 
cupa tutto  il  luogo  dell'antica  Ni- 
comedia;  le  mura  che  ne  forma- 
vano il  circuito  sono  meno  danneg- 
giate che  le  torri  dalle  quali  era- 
no fiancheggiate.  Il  solo  monumento 
antico  ancora  riconoscibile  è  una 
vecchia  chiesa  de'  primi  tempi  del 
cristianesimo:  fu  spesse  volte  vitti- 
ma del  terremoto.  Fu  chiamata  O/- 
bia,  e  prese  il  nome  di  Nicomedia, 
da  Nicomede  I  il  Grande  re  di  Bi- 
tinia,  che  la  fabbricò  sulle  rovine 
dell'anfica  Astaco.  Vi  si  rifugiò  An- 
nibale sotto  Prusia  re  di  Bitinia,  si 
rese  celebre  nell'impero  romano,  e 
fu  la  patria  del  celebre  filosofo  ed 
istorico  Arviano,  e  della  gloriosa  s. 
Barbara  vergine  e  martire.  Nel  de- 
clinar del  11  secolo  e  principio  del 
IH  divenne  sede  imperiale,  dimo- 
randovi gl'imperatori  Diocleziano  e 
Galerio.  Siccome  fu  una  delle  pri- 
me città  dell'impero  ad  abbracciare 


NIC 

la  religione  cristiana,  da  qui  usci- 
rono sotto  Diocleziano  e  Galeno  gli 
editti  contro  i  cristiani  per  quella 
feroce  persecuzione  che  produsse  un 
macello  di  martiri,  incominciando 
dalla  città  stessa,  uno  de*  quali  fu 
s.  Adriano,  tutto  narrando  il  Ri- 
naldi all'anno  3oi,  n.  4'  e  4^>  6 
3o2,  n.  27  e  seg. ,  ed  il  Bercastel, 
Storia  del  crisi.  Questa  persecuzio- 
ne che  costò  laute  migliaia  di  mar- 
tiri ,  bruciamento  di  libri  santi  e 
demolizione  di  chiese ,  fu  eccitata 
dalla  fanatica  superstizione  della  ma- 
dre di  Calerlo,  proponendosi  l'an- 
nientamento del  cristianesimo.  La 
carneficina  s'incominciò  in  Nicome- 
dia  a'  2  3  febbraio  3o3,  con  mano- 
mettere il  tempio,  bruciarne  le  scrit- 
ture e  derubarne  i  vasi  sacri  :  Ga- 
leno volea  che  si  bruciasse,  ma  Dio- 
cleziano l'impedì  temendo  un  incen- 
dio generale  ,  e  preferì  la  demoli- 
zione. Di  ciò  non  contento  Calerio 
fece  appiccare  il  fuoco  al  palazzo, 
e  ne  accusò  i  cristiani,  fìngendo  a- 
verne  paura.  L'imperatrice  Prisca 
moglie  di  Diocleziano  e  Valeria  sua 
figlia  maritata  a  Calerio,  furono  sti- 
molate a  sacrificare,  e  benché  cri- 
stiane ebbero  la  viltà  di  farlo  ;  al- 
tri principali  ulfiziali  perirono  nei 
tormenti,  ed  una  moltitudine  di  fe- 
deli soffri  il  martirio,  e  vi  furono 
più  di  mille  campioni  della  fede. 
Quanto  all'incendio  del  palazzo,  il 
Binaldi  lo  dice  arso  dal  fulmine  , 
che  ferendo  Diocleziano  restò  infe- 
lice finche  visse.  Questa  fu  l' ulti- 
ma persecuzione,  poiché  assunto  al- 
l'impero nel  3o6  Costantino  il  Gran- 
de, poco  dopo  rese  la  pace  alla 
Chiesa  e  si  fece  cristiano:  sulla  que- 
stione del  di  lui  battesimo ,  se  lo 
ricevesse  al  Laterano  da  s.  Silvestro 
J,  o  vicino  a  morte  in  Nicomedia , 
ne  parlammo  ne'vol,  XU,  p.  17,6 


NIC  21 

XXXVII,  p.  i36  e  i37  del  Dizio- 
nario 3  morendo  quell'imperatore  in 
vicinanza  di  questa  città  nel  borgo 
di  Acciron  o  Achyron,  nel  337  ^'^^ 
maggio.  Il  suo  figlio  Costanzo,  fau- 
tore degli  ariani,  si  pose  in  cuore 
di  celebrare  nel  358  in  Nicomedia 
un  conciliabolo,  ma  per  prodigio  di 
Dio  ne  fu  impedito,  poiché  un  ter- 
remoto abbattè  la  città,  della  quale 
sotto  Giuliano  l' apostata,  e  da  lui 
tanto  amala,  perì  il  resto  nel  ter- 
remoto del  362.  Secondo  il  Balu- 
zio  t.  I,  prima  di  quel  tempo  e  nel 
328  o  329  sarebbe  stato  tenuto  in 
Nicomedia  o  Antiochia  un  concilio 
dagli  slessi  ariani  contro  Eustazio 
falsamente  accusato  d'adulterio.  A- 
vendo  l' imperatore  Giustiniano  II 
invitato  in  oriente  Papa  Costanti- 
no, questi  si  recò  in  Costantinopoli; 
ma  essendo  l'imperatore  in  Bitinia, 
scrisse  al  santo  Padre  una  rispetto- 
sa lettera,  pregandolo  a  trasferirsi 
in  Nicomedia,  siccome  fece  nel  71 1. 
Quivi  incontratisi,  l'imperatore  colla 
corona  in  testa  si  prostrò  in  terra, 
gli  baciò  i  piedi  e  poi  si  abbrac- 
ciarono; indi  accomodarono  le  con* 
troversie  nate  pel  concilio  in  Trullo. 
Nicomedia  fu  metropoli  della  pri- 
ma Bitinia,  nell'esarcato  di  Ponto, 
sede  vescovile  nel  primo  secolo,  me- 
tropoli nel  IV,  ed  esarcato  di  Biti- 
nia nel  XIII,  essendo  stata  la  ca- 
pitale di  tutta  la  Bitinia.  Il  titolo 
di  metropoli  et  prima  Dithyniae  fu 
causa  di  lunghe  gare  con  Nicea,  ma 
Nicomedia  fu  fatta  metropoli  civile 
verso  i  tempi  di  Domiziano,  finche 
Valente  e  Valentiniano  divisero  la 
Bitinia  in  due  provincie,  dichiaran- 
done capi  Nicomedia  e  Nicea.  Le 
sedi  vescovili  suffraganee  di  Nico- 
media furono  le  seguenti  ;  Calcedo- 
nia,  Prusa,  Apamia,  Cium,  Prane- 
tu,  Elenopoli,  13aroliuopoli    0  Basi» 


in  NIC 

linopoli  o  Basilopoll,  Apollonia, Neo- 
cesarea, Adriana,  Cesarea,  Galli  o  Lo- 
pi,  Dophijusia,  Arista,  Petavium,  Da- 
blis  e  Dascilium.  Il  primo  vescovo 
di  Nicomedia  fu  Procoro,  uno  dei 
sette  diaconi  che  gli  apostoli  crea- 
rono in  Gerusalemme:  venne  ordi- 
nato da  s.  Pietro  e  fu  martirizzato 
in  Antiochia  a'  9  aprile.  Fra  i  suc- 
cessori vi  fu  Eusebio  che  il  conci- 
lio di  Nicea  I  depose  per  aver  ri- 
cusato sottoscrivere  la  formola  di 
fede  composta  dai  padri,  quale  ac- 
cettata nel  329  fu  restituito  alla  se- 
de; ma  la  posteriore  sua  condotta 
con  s.  Atanasio  d*  Alessandria  e  s. 
Paolo  di  Costantinopoli,  mostrò  non 
sincera  la  sua  adesione.  Nel  SSg 
fatto  cacciare  il  pastore  dalla  sede 
di  Costantinopoli,  Eusebio  l'occupò, 
e  in  Nicomedia  gli  successe  Amfìoiie 
che  ne  avea  diretto  il  governo  nella 
sua  deposizione.  Quanto  ai  succes- 
sori fino  ad  Alberto  francescano  del 
1348,  morto  nel  i35i,  vedasi  i'O- 
riens  chrìsl.  t.  Ili,  p.  io  18.  Nico- 
media, Nicomediefi,  divenne  un  ti- 
tolo arcivescovile  in  partibus  che 
conferisce  la  santa  Sede,  avente  suf- 
fraganei  i  titoli  vescovili  in  partibus 
di  Basilopoli  ed  Elenopoli.  Alessan- 
dro Vili  nel  1691  fece  arcivescovo 
di  Nicomedia  Lorenzo  Corsini ,  e 
nunzio  di  Vienna,  poi  nel  lySo 
Clemente  XII.  Per  morte  dell'arci- 
vescovo  Salvatore  Ventimiglia,  Gie- 
gorio  XVI  nel  concistoro  de'  22  gen- 
naio 1844  nominò  arcivescovo  mon- 
signor Gio.  Francesco  Cornetti  ro- 
mano, maestro  delle  cerimonie  pon- 
tificie, e  da  lui  fatto  canonico  Li- 
beriano. Quanto  alle  missioni,  Nico- 
media è  sotto  il  vicarialo  patriar- 
cale di  Costantinopoli,  e  il  prefetto 
di  quei  domenicani,  alla  qual  città 
si  recano  i  pochi  cattolici  per  sod- 
disfare al  precetto  pasquale.  In  Ni- 


NIC 

comedia  vi  risiedono  un  metropo- 
litano greco  ed  un  arcivescovo  ar- 
meno. 

NICONE  (s.),  soprannominalo 
Mctanoita.  Nato  nel  Ponto,  di  no- 
bile famiglia,  fuggi  segretamente  in 
sua  gioventù,  e  andò  a  chiudersi 
nel  monastero  detto  Pietra  d!  oro^ 
ove  per  dodici  anni  menò  ausle- 
rissima  vila.  Le  istruzioni  eh'  egli 
faceva  portarono  tanto  buon  frut- 
to, che  i  suoi  superiori  lo  destina- 
rono a  predicare  la  parola  di  Dio, 
e  spedironlo  in  qualità  di  missio- 
nario nell'Armenia,  da  cui  passò  in 
Creta,  ch'era  allora  sotto  il  giogo 
dei  saraceni.  La  penitenza  era  l'ar- 
gomento ordinario  de' suoi  discorsi, 
che .  soleva  cominciare  con  questa 
parola  Metanoite^  che  vuol  àwQ  fa- 
te penitenza  :  donde  gli  venne  poi 
tal  soprannome.  L' unzione  colla 
quale  spiegava  le  massime  più  au- 
stere del  vangelo,  rendevanle  ama- 
bili sino  ai  maomettani.  Predicò 
più  di  vent'anni  in  Creta,  e  rimi- 
se r  ordine  in  tutte  le  chiese  di 
quest*  isola.  Passò  in  appresso  nel- 
r  Europa  ed  annunziò  il  vangelo 
nel  Peloponneso,  nell'Acaia,  nelTE- 
piro  e  nelle  altre  contrade  della 
Grecia.  Morì  in  un  monastero  del 
Peloponneso  nell'  anno  998 ,  e  il 
suo  nome  si  trova  nei  calendari 
greci  e  latini  al  giorno  26  no- 
vembre. 

NICOPOLI  (Nicopolitan).  Città 
vescovile  di  Bulgaria ,  nella  Tur- 
chia Europea,  capoluogo  del  sangia- 
cato  di  Rustchuk,  a  3o  leghe  da 
Bucharest,  e  a  100  da  Costantino- 
poli, sulla  destra  del  Danubio ,  un 
poco  al  disotto  del  confluente  di 
questo  fiume  con  l'Aiuta  e  l'Osma; 
sede  d'un  arcivescovo  greco  scismati- 
co, e  di  un  vescovo  cattolico  il  quale 
risiede  in  Bellini,  dove  per  la  sua  si- 


NTC 

tiiazione  in  mezzo  agli  altri  villaggi 
tiene  domicilio  anche  il  vicario  gene- 
rale. Nicopoli  o  JSikopol  o  Nìkopolij 
in  turco  Tchi/ìgani'Kalc,  ed  in  la- 
tino Nicopolis  ad  Istrurn,  è  diversa 
da  Nicopolis  ad  latrimi  già  città 
della  Mesia  inferiore  a  piedi  del 
monte  Hemus,  verso  la  sorgente  del 
fiume  latrus,  benché  la  nostra  Ni- 
copoli ancora  appartenne  alla  Me- 
sia seconda  nell'esarcato  di  Dacia  : 
sia  sopra  un'altura,  cinta  da  bastio- 
ni e  difesa  da  un  antico  castello  for- 
tificalo, circondata  da  molti  sobbor- 
ghi. Vi  sono  alcune  case  di  bellis- 
sima apparenza,  molte  moschee  e 
tre  bagni.  La  navigazione  del  Da- 
nubio rende  questa  piazza  assai  com- 
merciante. I  sobborghi  sono  princi- 
palmente abitati  da  greci  e  bulga- 
ri: i  dintorni  vedonsi  coperti  di  giar- 
dini, e  sulla  riva  sinistra  evvi  un 
piccolo  forte.  Nicopoli  fu  fondata  da 
Traiano  dopo  la  vittoria  riportata 
contro  Decebalo,  e  vi  si  osservano 
tuttavia  molte  facciate  delle  sue  an- 
tiche mura.  È  celebre  per  la  vit- 
toria guadagnata  nel  1 896  da  Baja- 
zet  I  contro  l'armata  di  Sigismon- 
do re  d' Ungheria  ed  elettore  di 
]jrandeburgo.  Nel  1798  fu  incen- 
diata da  PasswanOglù,  e  presa  dai 
russi  nel    18 io.   V.  Bulgaria. 

La  sede  vescovile  fu  istituita  pri- 
ma del  V  secolo,  indi  divenula  me- 
tropoli, questa  dignità  passò  a  Mar- 
cianopoli  (Vedi),  restando  arcive- 
scovato. Si  conoscono  quattro  ve- 
scovi: Marcello  che  sottoscrisse  la 
lettera  del  concilio  della  Mesia  in- 
feriore aU'iDjperatore  Leone;  Aman- 
zio  che  firmò  la  relazione  che  il 
concilio  di  Costantinopoli  fece  al  pa- 
triarca Giovanni,  relativamente  a  Se- 
vero ed  altri  erelicij  Niceforo  che  as- 
sistette al  concilio  de'  greci  scisma - 
liei  tenuto  in  s.  Sofia  nel  i44<^>  P<^^* 


NIC  23 

ritrattare  l'unione  stabilita  nel  con- 
cilio di  Firenze;  N.  che  il  sultano 
turco  mandò  a  Vienna  col  principe 
di  Valachia,  sul  finir  del  secolo  XV  f, 
per  trattare  la  pace  coH'imperatore. 
Oriens  dir.  t.  I,  p.  1224.  La  sede 
vescovile  latina  di  Nicopoli  è  suffra- 
ganea  dell'  arcivescovo  di  s.  Sofia. 
Nelle  annuali  Notizie  di  Roma  sono 
registrali  i  seguenti  vescovi.  1724 
fr.  Nicolò  Stanislavich  minore  os- 
servante di  Crajova  nella  Vallachia. 
1743  Antonio  Becich  di  Buda.  1752 
Nicola  Pugliesi  di  Ragusa.  1767  Se- 
bastiano Canepa  de'  battislini  geno- 
vese. 1771  fr.  Giacomo  Antonio 
Riccardi  ni  conventuale  della  diocesi 
di  Fermo.  1776  Paolo  Dovanlia  di 
Filippopoli  in  Bulgaria.  i8o5  Fran- 
cesco Maria  Ferreri  de'  passionisti 
di  Piemonte.  181 5  Fortunato  Ma- 
ria Ercolani  passionista  della  dio- 
cesi di  Tivoli,  nell'anno  1822  tras- 
lato a  Civita  Castellana  .  Leone 
XII  a'  23  settembre  1825  fece  ve- 
scovo di  Nicopoli  e  amministrato- 
re apostolico  del  vicariato  di  Fai- 
lachia  [Vedi),  monsignor  Giuseppe 
Maria  Molajoni  passionista  romano. 
La  diocesi  ha  per  confini  a  setten- 
trione il  Danubio,  ad  occidente  Vi- 
dino,  a  mezzogiorno  Ternoo  e  Pie- 
"vigni,  ossia  il  vicariato  di  Sofia,  ad 
oriente  Varna,  Sciumna ,  Oracho- 
no,  Zimbre  e  Scalaron.  La  mede- 
sima diocesi  contiene  tre  città,  Ni- 
copoli, Sistof  e  Roskuk  senza  cat- 
tolici. I  villaggi  della  diocesi  sono 
cinque,  Orese,  Bellini,  Franci vizza, 
Laxeni  e  Peticlenens  con  circa  2000 
cattolici.  Vi  si  parla  il  dialetto  sla- 
vo-illirico. Pel  terribile  incendio  scop- 
piato inBukarest,  capitale  della  Val* 
lachia,  nel  giorno  di  Pasqua  1847» 
il  lodato  vescovo  monsignor  Mola- 
joni vi  perdette  co'  suoi  effetti  la 
propria  casa,  in  cui    aveva  istituita 


à4  NIC 

a  sue  spese  una  scuola  di  fanciul- 
le; di  ciò  afllilto,  portatosi  in  Ro- 
ma sospirando  l'antica  vita  religio- 
sa, rinunziò  la  sede.  Riassunto  l'  a- 
bito  de'  passionisti  passò  a  dimora- 
re nel  loro  convento  di  Monte  Ar- 
genlaro  nell'abbazia  nullius  dioece- 
sis  de'  ss.  Vincenzo  ed  Anastasio 
alle  tre  fontane,  di  cui  fu  fatto  suf- 
fraganeo.  In  sua  vece  nell'agosto  il 
regnante  Pio  IX  nominò  vescovo 
diNicopoli  monsignor  Angelo  Parsi 
di  detta  congregazione,  che  fu  con- 
sagrato nel  successivo  settembre  in 
ss.  Gio.  e  Paolo  degli  stessi  passio- 
nisti. La  cura  della  missione,  dipen- 
dente dalla  congregazione  di  propa- 
ganda fide^  è  allidala  ai  religiosi 
passionisti.  In  Orese  ed  in  Laxeni 
vi  sono  due  chiere;  il  vescovo  ri- 
siede ancora  in  Bukarest, 

NICOPOLl.  Sede  vescovile,  detta 
anche  Cassiopea,  metropoli  dell'an- 
tico Epiro,  nell'esarcato  di  Mace- 
donia, eretta  nel  V  secolo,  e  nel 
IX  trasferita  a  Lepanto.  La  città  fu 
capitale  dell'antico  Epiro,  fabbricata 
sul  golfo  di  Ambracia  da  Augusto, 
dopo  la  vittoria  di  Azio,  per  cui  si 
chiamò  pure  Aclia  NicopoUs ,  ed 
ora  Prevesa.  L'apostolo  s.  Paolo  vi 
predicò  il  vangelo;  ed  il  Papa  s.  E- 
leutero  del  179  si  dice  greco  di  Ni- 
copoli  o  Prevesa,  o  della  Magna  Gre- 
cia secondo  altri.  Ne  furono  vescovi 
Eliodoro  che  fu  al  concilio  di  Sar- 
dica;  Donato  che  intervenne  nel  43 1 
a  quello  di  Efeso;  Attico  ritrattò  nel 
concilio  di  Calcedonia  ciò  che  aveva 
approvato  nel  brigandaggio  d'Efeso, 
e  si  recò  da  s.  Leone  I  per  chiedere 
giustizia  contro  Anastasio  di  Tessa- 
lonica.  Allorché  la  metropoli  si  tras- 
ferì a  Lepanto,  il  vescovo  Daniele 
venne  traslato  ad  Ancii'a.  Oriens 
christ.  t.  II,  p.  34.  Nel  t.  Ili,  p, 
998  sono  registrati    questi    vescovi 


NIC 

latini  :  Luca;  Pietro  agostiniano  de) 
1890;  Martino  del  i394;  Giovan- 
ni Cecchi  del   1396,  ec. 

NICOPOLl.  Sede  vescovile  della 
Palestina  prima,  sotto  la  metropoli 
di  Cesarea,  nel  patriarcato  di  Ge- 
rusalemme, eretta  nel  V  secolo.  Si 
chiamò  prima  Enimaus,  fu  abbru- 
ciata dopo  la  morte  di  Erode  Ma- 
gno, da  Quintilio  Varo^  per  aver 
preso  parte  nella  rivoluzione  degli 
ebrei.  Dopo  la  rovina  di  Gerusa- 
lemme, Vespasiano  la  die  a  8oq 
soldati  veterani  ;  indi  formossi  la 
città  detta  Nicopoli,  in  memoria 
della  vittoria  de'romani  contro  gli 
ebrei,  e  fu  celebre  per  le  sue  ac{[ue. 
Ebbe  per  vescovi,  Longino  che  nel 
ZiS  sottoscrisse  il  concilio  di  Nicea; 
Rufo  che  fu  al  II  di  Costantinopo- 
li; Zenobio  intervenne  a  quello  di 
Gerusalemme  nel  536;  Giulio  lo 
era  prima  del  secolo  X.  Qrieiis  dir. 
t.  Ili,  p.  590. 

NICOPOLl.  Sede  vescovile  di 
Tracia  nell'esarcato  del  suo  nome, 
presso  la  metropoli  di  Filippopoli, 
eretta  nel  V  secolo,  e  nel  IX  dir 
venne  arcivescovato  onorario.  Corr 
risponde  a  Nica  o  Nicea,  dove  gli 
ariani  si  riunirono  per  compilare 
una  professione  di  fede,  in  vece  di 
quella  fatta  nel  concilio  generale  di 
Nicea  di  Bitinia  :  gli  si  danno  an- 
che i  nomi  di  Neurocopo  e  Usto- 
dizo.  Si  conoscono  per  vescovi,  Po- 
licarpo; Giovanni  che  assistette  al 
VII  concilio;  Nicola  I  che  fu  a  quel- 
lo diFozio;  Nicola  li  che  sottoscrisse 
la  deposizione  del  patriarca  Cosimo 
Attico;  Basilio  che  fu  al  concilio 
tenuto  in  Costantinopoli  da  Criso- 
bergo.    Orlens  dir.   t.  I,  p.    1 1 69. 

NICOPOLl.  Sede  vescovile  del- 
l'Armenia maggiore  nell'esarcato  di 
Ponto,  sotto  la  metropoli  di  Seba- 
ste,  eretta  nel  lY   secolo.   Fabbri- 


NIC 
cala    la    città  da  Pompeo,  si  disse 
Nicopolis  Pompeiì.  La  lodò  s.  Ba- 
silio, dichiarando  die    la  sua  chie- 
sa godeva  alcuni  diritti   metropoli- 
tani.   11    primo  vescovo  conosciuto 
è  Teodoto  del   872;  indi    Frontone 
poi   apostata;  Eufronio   trasferito  a 
Colonia;   Panostio;   Giovanni  che  fu 
al    brigandaggio   d'Efeso;    N.    del 
499,    anno    in    cui    la    città    soffri 
moltissimo  dal  terremoto;  Fozio  che 
sottoscrisse  i  canoni  in  Trullo;  Gre- 
gorio  arcivescovo    che    si     recò     in 
Francia  ne'  primi  del  secolo  XI,  e 
venerato  per  santo  in  alcune  chie- 
se d'Orleans,  onde  il  suo  corpo  fu 
portato    a  Pluviers.     Oriens  chr.   t. 
1,  p.  428.  Nel  372  vi  fu  tenuto  un 
concilio.  Mansi,  Sappi,  t.  1,  p.   32  i. 
NICOSIA   o    LEUCOSIA.  Città 
vescovile  della  Turchia  Asiatica,  ca- 
poluogo dell'isola    di   Cipro  [Fedi) 
e    del    sangiacato  del  suo  nome,  a 
3     leghe    dalla   costa    settentrionale 
dell'isola,  a   70  da   A  leppo    o  Ber- 
rea,  e  a    180  da   Costantinopoli.  E 
residenza    d'un    arcivescovo     greco 
che  vi  ha  chiese  e  conventi,  e  d'un 
governatore    turco.    Sta    sopra    un 
terreno  elevato,  nel  centro  di  vasta 
pianura    cinta    da  montagne,  delle 
quali  le  più  alte  sommità  sono  co- 
perte   di    neve,    e    i  di  cui  fianchi 
producono    in    gran   quantità  quel 
vino   di    Cipro    tanto    rinomato.   I 
giardini  che  racchiude  le  numero- 
se torri  che  s'innalzano  leggiermen- 
te   al    di    sopra    degli  alberi,   e  la 
estensione  e  la  solidità  delle  sue  alte 
mura  presentano  un  aspetto  il  più 
bello,  quantunque  si  possa  dire  molto 
decaduta  dal    suo  antico  splendore. 
11  clima  è  salubre.  I  baluardi  furono 
costrutti    in    pietra    dai    veneziani, 
con  tredici  grandi  bastioni,  con  fos- 
se oia  ricolme,  fortificazioni  che  ri- 
parate   ali'  epoca    della    spedizione 


NIC  25 

francese   in    Egitto,    pure  non    po- 
trebbero  sostenere  assedio,  essendo 
la    città  dominata  dalle    alture.    Si 
entra  in  Nicosia  per  tre  porte,  quel» 
la  di  Famagosta  o  Lamica  è   bel- 
lissima, come   beile  sono  le    strade 
del  quartiere  de'greci. Alcune  case  so- 
no ben  fabbricate  e  circondale  di  giar- 
dini. L'antico  palazzo  de're  di  Ci- 
pro è  assai  deterioralo;  essendo  va-? 
stissimo,    serve  di  residenza  al    go- 
vernatore; molto  spazioso  è  anche 
il  palazzo  arcivescovile.  Vi  sono  ot- 
to moschee,  una  delle  quali  è  l'an- 
tica cattedrale  di  s.  Sofia,  superbo 
gotico  edifìzio,  che  dicesi  eretto  da 
Giustiniano.  Nella  chiesa   di  s.  Do- 
menico,   sonovi  i  sepolcri  di   molti 
principi    della    casa  di    Lusignano. 
Tra    gli    altri    edifizi    nomineremo 
quatlro    bagni     pubblici.    Vi     sono 
diverse   manifatture.   Le  parti   vici- 
ne   alla  città  sono  paludose.  Sotto 
il    regno    de'  Lusignani,  antichi    re 
latini  di   Cipro,  era   molto  più  con- 
siderabile, perchè  rinchiudeva   3oo 
chiese,  ed  un  gran  numero  di  pa- 
lazzi e  monasteri.  Divenutine  signo- 
ri i    veneziani,   fortificandola  ne  re- 
strinsero   le    dimensioni.    A    quesli 
ultimi  nel  settembre    1570   la  pre- 
se   Selim    lì,  dopo  l'assedio  di   4^ 
giorni,  e  da  quel  tempo  rimase  iu 
potere  de'turchi.  Conta  la  città  due- 
mila  famiglie  turche,  cento  greche, 
cinquanta  armene,  e  dodici    maro- 
nite.  I    copti,    i    siri,    i    maroniti  e 
gli  armeni   vi  ebbero  de' vescovi,  ed 
Anastasio  arcivescovo  di  rito  arme- 
no, abrogò  lo  scisma,  e  si  sottopo- 
se a  Clemente  XI.  Questa  celebre 
città,  già  capitale  dell'isola  e  del  re- 
gno di  Cipro,  si  crede  fondata  da  Leu- 
carpe    compagno    di    Enea,  onde  i 
greci    la    chiamarono    Leucolhela, 
Leuchoieon,   nome  poi   corrotto    in 
Lcucosia,  indi  Nicosia,  onde  alcu- 


a6  NIC 

Ili  di  Nicosia  e  Leucosia  erronea* 
niente  ne  fecero  due  città  e  due 
sedi  vescovili.  Si  disse  anche  ^Leii- 
etra,  né  va  confusa  con  l'antica  Tre- 
mùOy  come  avverte  il  Terzi  nella 
Sìria  sacra,  nel  descriverne  gli  an- 
tichi pregi,  ed  i  suoi  celebri  mo- 
nasteri basiliani. 

La    sede    vescovile  fu  eretta  nel 
IV  secolo,  e  diventò  metropoli  sul 
finire  del  XII  secolo,  trasferendovi 
ne' primi  del  XIII  Innocenzo  III   i 
diritti    metropolitici    di  Famagosta, 
che  ne  divenne  sufl'raganea  con   le 
seguenti    sedi.   Pafo  ,  Arsi  noe,    Ne- 
mesi,   Amato  o   Lemisso,    Cerines, 
Carpasia,  Chite,    Curium    o    Pisco- 
pia,  Solia,  Lapilho,  Thamaso,  Chi- 
tri,  Trimituge,  Canteriopoli  o  Cen- 
tria,  Ledra    e  Teodosiopoli.   Tra  ì 
vescovi    greci    merita    menzione     il 
glorioso  s.  Trifilii  che  fu    presente 
ai    concini    di    Nicea  e  Sardica.   II 
primo    degli    arcivescovi     latini     di 
JXicosia   N.    morì   nel    1206,  ed    il 
capitolo  nominò  successore  nel  1 2 1 1 
Durando  tesoriere  della  stessa  chie- 
sa;  ma  Innocenzo  III  invece  di  con- 
fermarlo   elesse    N.  con  lettera  dei 
19  aprile    121 3.  A  questi  succedet- 
tero Eustorgio  consagrato  nel  conci- 
lio di  Laterano  IV;  Elia  al  cui  tem- 
po s.  Luigi   IX  nel   1248  approdò 
nell'isola;  Ugo  eletto  nel  I25r,  con- 
temporaneo di  Germano   arcivesco- 
vo de'  greci,  il  quale  pure    risiede- 
va nella  stessa  città  ;  ma  siccome  i 
due  prelati  talvolta  erano  in  dispu- 
ta   tra  loro,  Alessandro  IV  ordinò 
che  dopo  la  morte  di  Germano,  non 
sarebbero  più  nominati  altri  vesco- 
vi   pei  greci,  e  che  quella  nazione 
non    avrebbe    che    quattro    vescovi 
nell'isola,  dipendenti  dall'arcivesco- 
vo latino;  quindi  i  greci  restarono 
senza    metropolitano    del    loro   rito 
tino   alia  presa  deli'  isola  fatta  dai 


NIC 
turchi.  L'ultimo  arcivescovo  latino 
di  Nicosia  fu  Filippo  Mocenigo  no- 
bile veneto,  eletto  nel  i56o,  che 
fu  al  concilio  di  Trento  e  ne  sot- 
toscrisse gli  atti,  morto  nel  i5'jy, 
Oriens  christ.  t.  Ili,  p.  1202.  Ai 
tempo  degli  arcivescovi  latini,  due 
concilii  si  tennero  in  Nicosia,  il  pri- 
mo nel  i3i3,  sulla  disciplina;  il 
secondo  nel  i34o,  sulla  fede  e  di- 
sciplina, piesieduto  dall'arcivescovo 
Elia.  Labbc  t.  XI;  Reg.  t.  XXIX; 
Arduino  t.  Vili. 

Nicosia  o  Leucosia,  Nicosien  seit 
Leucosieiiy  è  un  titolo  arcivescovile 
in   parti  bus  che  conferisce  il  Papa, 
avente  suffraganee  Famagosta  e  Ne- 
mesi. Benedetto  XIV  nel  1747  col- 
la   costituzione    Romani   Pontificis, 
con    raro    esempio,  ad  istanza    del 
re  di  Sardegna    e  di   Cipro,  lo  die 
al  cardinal  delle  Zitz^se,  che  lo  con- 
servò   fin    che  visse.  Per  morte  di 
Giuseppe  Rossi  essendo  vacante,  Leo- 
ne  Xll    nel  concistoro  de' 2  3  giu- 
gno    1828  lo  conferì  a  monsignor 
Albertino  Bellenghi  camaldolese,  che 
deputò    delegato    e    visitatore  apo- 
stolico in  Sardegna,  e  lo  celebram- 
mo nel  voi.  XXV,  p.  3i5del  Di. 
zionario.    Gregorio  XVI  nel    i832 
fece    arcivescovo  di  Nicosia    monsi- 
gnor  Gio,    Nicola    Tanara,    poi  da 
lui    trasferito    ad    Urbino  e  al  pa- 
triarcato d'Antiochia,  essendo  stato 
prima  di  lui  arcivescovo  di  Leuco- 
sia   monsignor  Antonio  Ferdinando 
d'Echanove-yZaldivar  ,     nel    1826 
traslato  a  Tarragona.  Inoltre  Gre- 
gorio XVI  nel  concistoro  de'  1 3  lu- 
glio    1840    dichiarò  arcivescovo  di 
Leucosia  monsignor  Pietro  de'prin- 
cipi  Naselli  d'Aragona  palermitano, 
già    filippino    e    vescovo  di    Piazza. 
Quanto  alle  missioni  Nicosia  è  nella 
giurisdizione  di  quella  di  Cipro  o  cu- 
stodia di  Terrasanta,   con  ospizio  e 


MG 

collegio  tli  minori  osservanti  spa- 
gnuoli,  ed  ospizio  di  cappuccini. 
Sono  i  cattolici  più  di  loo  di  di- 
verso rito.  La  chiesa  di  Terrasan- 
ta  è  pan-occhiale;  vi  è  chiesa  in 
Comarciti ,  e  cappella  del  conso- 
lalo sardo  nel  villaggio  della  Scala, 
vicino  al  mare. 

NICOSIA  (Nìcosien  Herhilen). 
Città  con  residenza  vescovile  nel 
regno  delle  due  Sicilie,  nella  pro- 
vincia Valle  minore  di  Catania,  da 
cui  è  distante  i5  leghe,  e  25  da 
Palermo,  capoluogo  di  distretto  e 
di  cantone,  posta  sopra  due  alte 
colline  alle  falde  dei  monti  Erèi, 
presso  la  sorgente  del  Simeto.  Ha 
molte  chiese  e  conventi,  e  fa  traf- 
fico del  suo  fertilissimo  territorio, 
essendo  ne'dintorni  miniere  e  mol- 
te sorgenti  zolforose.  È  patria  del- 
l'arcivescovo e  letterato  Francesco 
Testa,  e  di  altri  uomini  illustri. 
Nella  città  si  venera  s.  Luca  Casa- 
li, ma  Benedetto  XIV  solo  lo  rico- 
nobbe per  beato  col  breve  Jam 
pn'dem,  deiS  febbraio  l'j^j.  Cre- 
desi  da  molli  corrispondere  all'an- 
tica Evhila  di  Tolomeo  o  Herhita 
di  Cicerone,  la  cui  origine  risale 
ad  un'epoca  remotissima;  è  celebre 
nella  storia  della  Sicilia  per  la  va- 
lorosa resistenza  fatta  a  Dionigi  ti- 
ranno di  Siracusa  :  altri  dicono  che 
]\icosia  ebbe  origine  dalle  rovine  di 
Iltrhua.  Pio  VII  nel  i8  i6,  colla  bol- 
la Super  addilo  diei^  del  i  7  marzo 
eresse  la  sede  vescovile  suffraganea 
dell'arcivescovo  di  Messina,  ed  a'  26 
giugno  18  18  dichiarò  primo  vescovo 
Gaetano  Maria  Avarna  di  Messina, 
già  di  Zama  in  parlibas.  Per  sua  mor- 
te, Gregorio  XVI  nel  concistoro  dei 
23  luglio  1 844  f^ce  l'odierno  vescovo 
monsignor  Rosario  Benza  di  s.  Ca- 
terina diocesi  di  Caltanisetta,  già 
visitatore  della  diocesi  di   Girgeuli, 


NIC  27 

La  cattedrale,  ottimo  edifizio,  è  sot- 
to l'invocazione  di  s.  Nicola  di  Ba- 
ri arcivescovo  di  Mira,  patrono  del- 
la città,  il  cui  braccio  ivi  si  vene- 
raj  coi  corpi  de'ss.  Faustino  e  Fe- 
lice martiri,  e  vi  è  il  battisterio.  Il 
capitolo  si  compone  di  cinque  di- 
gnità, essendo  la  maggiore  1'  arci- 
prete che  funge  l'uflìzio  di  parro- 
co, di  sedici  canonici  colle  preben- 
de del  teologo  e  penitenziere,  di 
quattordici  mansionari,  chiamati  ca- 
nonici secondari,  e  di  altri  preti  e 
chierici.  Non  vi  è  l'episcopio,  ed  il 
vescovo  abita  una  casa  decente.  Nel- 
la città  vi  sono  altre  quattro  chie- 
se parrocchiali,  una  delle  quali  è 
collegiata  basilica  sotto  il  titolo  di 
s.  Maria.  Quattro  sono  i  conventi 
di  religiosi  e  tre  i  monasteri  di  mo- 
nache; vi  è  l'orfanotrofio,  la  pia 
casa  delle  donzelle^  diverse  confra- 
ternite, l'ospedale,  il  monte  di  pie- 
tà, ma  il  seminario  a  detta  epoca 
si  desiderava.  Ogni  nuovo  vescovo 
è  tassato  in  fiorini  533,  ascenden- 
do le  rendile  a   3ooo  ducali. 

NlCOTERA(iV/co^ere4  Città  ve- 
scovile del  regno  delle  due  Sicilie, 
nella  provincia  di  Calabria  Ulterio- 
re seconda,  distretto  a  5  leghe  da 
Monteleone,  e  i5  da  Catanzaro, 
capoluogo  di  cantone.  È  posta  in 
riva  al  mare  e  sulla  destra  spon- 
da del  Mesi  ma,  presso  la  sua  foce 
nel  golfo  di  Gioia  determinato  dai 
due  capi  Vaticano  e  Scilla.  Nella 
parte  piti  alta  ha  una  bella  piaz- 
za, e  diverse  pur  belle  case,  come 
un  bel  palazzo  vescovile.  Fu  in  gran 
parte  distrutta  dal  terremoto  del 
1783,  ed  i  contorni  offrono  ancora 
tracce  di  questo  flagello.  La  cattedra- 
le, buono  edifizio,  è  dedicata  alla 
Beata  Vergine  Assunta,  con  fonte 
battesimale,  essendone  parrochi  l'ar- 
cidiacono e  l'arciprete.   Vi  sono  l'o» 


a8  NIC 

spedale,  il  monte  di  pietà  e  il  se* 
luinario.  Neiritinerario  d'Anlonino 
è  inenzionatu  questa  città  del  Bru- 
Unni,  ed  è  marcata  sulla  via  Ap- 
pia,  fra  Vibo  e  Malias,  venendo 
anche  chiamata  Nicodro  e  Meda' 
ina.  Edificata  dai  locresi,  fu  cele- 
bre emporio  di  commercio.  Soffri 
molto  dai  saraceni  di  Tunisi,  che 
ne  fecero  schiavi  gli  abitanti;  come 
pure  dai  normanni,  e  poi  dai  tur- 
chi. Fa  copiosa  pescagione,  ed  ha 
feraci  campagne. 

La  sede  vescovile  esisteva  dopo  il 
VII  secolo  suffraganea  dell'  arcive- 
scovo di  Reggio,  come  io  è  anco- 
ra, anzi  la  massa  di  Nicolera  esi- 
steva nel  600  a'  tempi  di  s.  Gre- 
gorio I.  Prima  di  questo  tempo 
iiorì  nel  SgS  Proculo,  vescovo  di 
IVicolera,  Sergio  vescovo  di  Nicotera 
intervenne  al  concilio  di  Nicea  li 
nel  787,  ma  di  rito  greco,  come 
abbiamo  da  Commanville.  Bonifa- 
cio IX  nel  1892  ripristinò  la  se-- 
de  vescovile,  ad  istanza  di  Enrico 
Sanseverino  signore  di  Nicotera,  no- 
minando in  pari  tempo  per  vesco- 
vo fr.  Giacomo  di  s.  Angelo  nel- 
l'Abruzzo Ulteriore,  agostiniano  in- 
signe oer  dottrina  e  uielà.  Gli  suo- 


pe 


pi  e  la 


cessero;  Pietro,  e  nel  \l^i5  fr.  Cle- 
mente carmelitano  di  Napoli,  nel 
1432  Floridazio,  nel  i/\57.  Fran- 
cesco, nel  i46i  Pietro  Balbo  o  Bar- 
bo veneto,  nel  i47  i  Francesco  Bran- 
da d'Amalfi  cistcrciense,  nel  i474 
Nicola  Guidiccioni  arcidiacono  e  no- 
bile di  Lucca,  nel  1487  Antonio 
Lucidi  napoletano  poi  di  Nicaslro, 
nel  1490  Arduino  Pantaleoni  ca- 
nonico di  Capua,  ch'ebbe  in  coadiu- 
tore e  nel  \5\'j  successore  Giulio 
Cesare  Gennari  napoletano  de'conti 
di  Nicotera.  Nel  i53o  successe  il 
fratello  Princivalle,  nel  i^^i  mori 
Camillo   Genaari    uapoktauo,    iudi 


NIC 

fu  vescovo  il  fratello  Giulio;  nel 
1573  Leonardo  Liparoli  di  Massa 
Lubronse,  nel  1578  Luca  Antonio 
Kesla  de  Montagnana  d' Otranto, 
nel  i582  Ottaviano  Cf^pece  napo- 
letano, lodato  da  Clemente  Vili  ia 
concistoro  per  avere  offerto  cospi- 
cua somnja  per  la  spedizione  di 
Ferrara;  nel  16 16  Carlo  Pinto  sa- 
lernitano nobile,  di  singoiar  pru- 
denza, zelo  e  innocenza,  che  si  di- 
stinse in  beneficenza  pel  tristo  av- 
venimento in  cui  a'20  giugno  i638 
i  turchi  presa  la  città  in  gran  par- 
te la  distrussero,  recando  schiavi 
molti  abitanti.  Nel  i645  Innocen- 
zo X  elesse  vescovo  Camillo  Baldo 
a  lui  caro  e  celebre  nella  curia  ro- 
mana. Nel  i65o  Lodovico  Cento- 
fiorini  di  Civitanova,  fratello  del 
maestro  di  camera  d' Innocenzo  X, 
in  ogni  erudizione  eccellente  e  lo- 
dato per  altri  pregi.  Indi  furono 
vescovi,  nel  i65i  Francesco  Cop- 
pola di  Gallipoli,  nel  i658  Fran- 
cesco Cribari  di  Cosenza,  nel  1667 
Gio.  Francesco  Biancolella  d'Aver- 
sa,  nel  1670  fr.  Francesco  Arri-^ 
ghi  siciliano  de'minimi,  nel  1691 
Bartolomeo  de  Ribero  spagnuolo 
mercedario,  nel  1703  Antonio  Man- 
so  di  Tricarico,  nel  17 17  fr.  Gen^ 
naro  Mattei  de'minimi  della  dioce- 
si di  Mileto,  col  quale  nell'  Italia 
sacra  dell' Ughelli  t.  IX,  p.  4 '2, 
si  termina  la  serie  de' vescovi.  I  se- 
guenti sono  riportati  nelle  annuali 
Notizie  di  Roma.  1726  fr.  Paolo 
Collia  de'minimi  di  Zaccanopoli, 
della  diocesi  di  Tropea,  traslato  da 
Larino.  1735  Francesco  de  Novel- 
lis  napoletano.  1738  fr.  Eustachio 
Enlreri  de'  minimi  della  diocesi  di 
Cosenza,  traslato  da  Samaria.  174^ 
Francesco  Franco  della  diocesi  di 
Mileto,  trasferito  da  Bitetto.  1777 
Fraocesc  Aatuuio  Attalli  della  dÌQ» 


NTD 

cesi  di  Sqiiillace.  1791  dopo  lunga 
sede  vacante  Giuseppe  Marra  di 
Beggio.  Quindi  Pio  VII  nel  1818 
colla  lettera  De  utiliori^  unì  la  se- 
de di  Nicotera  a  quella  di  Tropea 
(f^edi),  dovendo  il  vescovo  portare 
i  due  titoli.  11  capitolo  si  compone 
di  cinque  dignità,  decano,  arcidia- 
cono, cantore,  tesoriere  e  arciprete, 
ed  altra;  di  dieciotto  canonici  com- 
presi il  penitenziere  e  il  teologo, 
mansionari  ed  altri  chierici. 

NIDARDO  Gio.  Everardo,  Car- 
dinale. Gio.  Everardo  Nidardo   te- 
desco, nato  in   Austria  nel  castello 
di  Falkestein,  abbracciato  l'istituto 
della   compagnia    di    Gesù ,    appli- 
cossi  con   tutto  il   fervore  allo  stu- 
dio delle   lettere,   dove  diede  chiari 
argomenti  di   vasto  ingegno,  acuto, 
solido    e  penetrante.    L'imperatore 
Ferdinando  III   lo  chiamò  alla  sua 
corte,  e  gli  conferì  l'uffizio  di  con- 
fessore   de' suoi    figli    Leopoldo,   e 
Maria    Anna    che  sposatasi  poi   nel 
1649  a  Filippo  IV   re  di    Spagna, 
lo  volle  seco  con  eguale  ministero. 
Introdottolo  in  corte,  gli  conciliò   la 
grazia    del  monarca,  il  quale  volle 
ch'egli  avesse  luogo  in   tutti  i  con- 
sigli   riguardanti    le    materie  eccle- 
:        siastiche,  e  quindi  determinò  di  no- 
minarlo al  cardinalato,  come  avreb- 
be eseguito  se  Giovanni  non  lo  aves- 
se con  grandi  istanze  frastornato,  a 
cui    si    unì    r  essere  il   re  occupato 
in    gravissimi     altari,    sopravvenuti 
quando    di    ciò    voleva    pregare    il 
Papa.  Morto  il  re,  fu  dalla   regina 
goveraatrice   promosso  al  grado  di 
grande  inquisitore,  carica  che  non 
volle    accettare    senza    un  precetto 
pontificio.    Inoltre  la  regina  lo  di- 
chiarò primo  ministro    e  consiglie- 
re di  stato,   per  cui   senza  il  di  lui 
oracolo  non  risolvevasi  alcuna  cosa 
importante  dal  gabinetto.  Essendo- 


NID  :>9 

si  però  dai  grandi  di  Spagna,  e 
molto  piì^  da  d.  Giovanni  d'  Au- 
stria, presa  in  assai  sinistra  parte 
la  predilezione  che  godeva  della  re- 
gina, e  la  privativa  direzione  dei 
maggiori  affini  della  monarchia,  ad 
esclusione  de'naturali  del  regno,  si 
eccitarono  querele  e  sedizioni  tali, 
che  poco  mancò  non  iscoppiasse  in 
aperto  tumulto.  Quindi  si  vide  la 
regina  costretta  a  moderare  i  suoi 
favori,  e  dividere  con  altri  parte 
delle  molte  incombenze  che  eser- 
citava jNidardo.  Dopo  poco  tempo 
la  regina  gli  restituì  l'intera  sua 
fiducia,  e  lo  fece  arbitro  nel  go- 
verno del  regno.  Rinnovatesi  le  que- 
rele, e  temendosi  una  ribellione  uni- 
versale, la  regina' al  fine  dovette 
suo  malgrado  consentire  che  Wi- 
dardo  fosse  mandato  a  Roma  col 
carattere  d'ambasciatore,  dove  con- 
sacrato arcivescovo  di  Edessa,  ad 
istanza  della  stessa  regina.  Clemen- 
te X  a'22  febbraio  1672  lo  creò 
cardinale  prete  del  titolo  di  s.  Barto- 
lomeo all'Isola.  Lo  ascrisse  alla 
congregazioni  del  s.  offizio,  del  con- 
cilio, di  propaganda  ed  altre^  colla 
proteltoria  del  regno  di  Portogal- 
lo. Finalmente  dopo  essere  inter- 
venuto al  conclave  d'Innocenzo  XI, 
morì  in  Roma  nel  1681  d'anni  74. 
Rimase  sepolto  nella  chiesa  del  Ge- 
sù, al  manco  lato  della  sontuosa 
cappella  di  s.  Ignazio,  sotto  lapide 
elegantemente  adorna,  con  breve 
elogio.  AbbianSiO  l'opuscolo  stampa- 
to in  Colonia  nel  1687:  Relation 
des  dìfferents  entre  d.  Jean  d'Antri- 
che,  et  le  card.  Nidard. 

NIDDA.  Luogo  d'  Inghilterra 
presso  il  fiume  Nid,  nel  Northum- 
berland.  JN'el  yoS  vi  fu  celebrato 
un  concilio  presieduto  da  Beroaldo 
di  Cantorbery,  in  cui  i  vescovi  in- 
glesi si  riconciliarono  con  s.  Vilfii- 


3o  NID 

do  di  York.  Regia  t.    XVII;  LablK- 
t.  Vii  Arduino  t.  Ili;  Augi.  t.   I. 

KIDROSIA    o    DIIONTUEIM  . 
Città  già  arcivescovile  della  Norve- 
gia, capoluogo  di  diocesi  e  del  ba- 
liaggio  di    Drontheioi    meridionale, 
air  imboccatura  del  JNid-elv,  laddo- 
ve mette  foce  in   un   lungo  e  stret- 
to braccio  di   mare,  a  90  leghe  da 
Cristiania.  È     sede  di   un     vescovo 
luterano  e  residenza  d'  un  governa- 
tore. È  cinta  di   mura  ed  era  dife- 
sa da  due  forti  ora  in  rovina,  cioè 
Cbristiansbolm  fabbricato  nel  1680 
sopra  un'altura    presso  la    città,  e 
Munkholm    posto    nell'isola     di  tal 
nome.   Gli  editìzi  più    considerabili 
sono    il     palazzo    del     governatore, 
1'  edifìzio  della   società  delle  scienze 
che  contiene  la  scuola  cattedratica, 
come  pure  una  bella  biblioteca  ed 
un  gabinetto  di  storia  naturale  ;  la 
chiesa  cattedrale,  che  arse  nel  i53o, 
sotto  r  invocazione    del  re  s.  Olao 
li  martire,  ove  si  venerano  le  sue 
reliquie^  che    prima  attiravano  un 
gran    numero    di     pellegrini.  È   ri- 
marcabile per  la    sua     bella  archi- 
tettura   gotica;    quivi  i  re  di  Nor- 
vegia erano  incoronati,  e  nel  18 18 
anche  il  re   Carlo    Giovanni    vi  si 
fece  incoronare    come    re    di    Nor- 
vegia.   Vi    è  un    grande    ospedale 
con  chiesa,  il  seminario,  molte  scuo- 
le elementari,  orfanotrofio,  casa  di 
correzione  con    fabbriche,  le  quali 
sono  altresì    nell'  ospizio  de'  poveri. 
Ha    belle    strade  e    piazze  ;  è  ben 
fabbricata,  ma  in  legno.  11  porto  è 
sicuro  e  comodo,  ma    l' ingresso  vi 
è  pericoloso.  Questa  città  è  il  prin- 
cipale mercato  di    tutta  la    Norve- 
gia settentrionale,  non  che     d'  una 
parte  della    Svezia,  perchè  floridis- 
sima. I  suoi  dintorni  sono  pittore- 
schi e  sparsi  di   belle  case  di  cam- 
pagna ;  sono  anche  abbelliti    dalle 


NID 
cascate  del  Leer-Fossen  e  dai  laghi 
di  Josvandet.   Il     nome    di     Dron- 
theim  o  Trondhiem,  JVìdrosìa,  de- 
riva   dalla     circonvicina     contrada , 
così   chiamata    anticamente,    di  cui 
gli  abitanti  ebbero  il  nome  di  Tròu- 
der.  Fu  fondata  questa    città    nel 
997  dal    re    Olao  1,  e  fu  la  resi- 
denza   degli     antichi     regoli     della 
Norvegia,  e  poscia  degli  arcivescovi 
cattolici,    eh'  estendevano     la     loro 
giurisdizione    ecclesiastica     su  tutta 
la  Norvegia    [Vedi).   Decaduta  dal 
suo    antico     splendore,  quando     in 
progresso  di  tempo  i   viceré  di  Nor- 
vegia fecero  a  Bergen  il  loro  ordina- 
rio soggiorno,  fu  quindi   molto  dan- 
neggiala dal  fuoco  nel  i522,  i65o  e 
168 1.  Presa  dagli  svedesi  nel   i658, 
ripresa    dai    danesi     l' anno    stesso, 
ne  fu  loro    confermato     il  possesso 
col     trattato    di     Copenhagen    nel 
1660.  Nel    1719  un   corpo  di  sve- 
desi che  volevano  attaccar  la  città 
perì     nelle    nevi    delle    montagne 
che  separano  la   Svezia  dalla  Nor- 
vegia. 

La  sede  vescovile  di  Nidrosia  fu 
eretta  nel  secolo  X.  Il  vescovo 
Grimkele  nel  io3i  seppellì  nella 
cattedrale  con  culto  di  martire  il 
re  s.  Olao  II  di  Norvegia,  e  fu  di- 
chiarato suo  patrono  ;  essa  fu  ri- 
fabbricata con  una  magnificenza, 
che  divenne  la  gloria  di  tutto  il 
Nord.  Mentre  Nidrosia  era  capitale 
della  Norvegia,  il  cardinal  Brack- 
speare  legato  pontificio  di  Euge- 
nio III,  poi  fatto  Papa  col  nome 
di  Adriano  IV,  nel  secolo  XII  e 
nel  II 48  l'eresse  in  sede  arcive- 
scovile e  metropolitana,  cessando 
così  l'arcivescovo  di  Lundeii  [Vedi) 
di  aver  soggetta  alla  sua  giurisdi- 
zione metropolitica  la  Norvegia.  A 
Nidrosia  furono  assegnati  per  suf- 
fraganei  i  seguenti    vescovati.  Ber- 


NID 

gen,  Bergae,  eretto  nel  secolo  XT. 
Ansio,  Ansloa^  eretto  nel  secolo  XI, 
poi  trasferito   a     Cristiania.     Ham- 
niar,  Hammaria^  instituilo  nel  se- 
colo XI  ed  unito  ad  Ansio.  Slaffan- 
ger,  Staffangrìa^  fondato  nel  secolo 
XI.  Hola,  Holamense,    in   Islanda, 
eretto  nel    secolo  X.  Groenlandia , 
Groenlandensey    nelT  isola,  fondato 
nel  secolo  XI,  con  residenza  a  Beat- 
fort,  soppresso  nel  XIII.   Schalhot, 
Scalcliota^  nell'Islanda,  eretto  nel  se- 
colo X.  Così  li    registra  Com man- 
ville,  Hist.  de  tous  les  ardi,  et  éves. 
11  p.  Mirco,  Notitìa  epis.  vi  aggiun- 
ge il  vescovato  di    Sodre,  Sodren- 
sis  vel  Iiisulaiius^  e  che  altri  vesco- 
vi suffraganei    furono    quelli     delle 
isole  Orcadi,  dalla  Norvegia  poi  ce- 
duto   alla     Scozia,  e    cita     Alberto 
Crantzio,  Sarmatiam.  Enrico  vesco- 
vo di  Stavanger   o  di    Stregnes  fu 
eletto  dal  capitolo  all'  arcivescovato 
di  Dronlbeim  o  Nidrosia,  a  secon- 
da dei  consigli     del  morienle  arci- 
vescovo    Eystein.     Enrico     essendo 
della  famiglia  reale  di  Norvegia,  per 
le  sue    pretensioni    al    trono  mosse 
guerra  a    Suero    o    Suerrero,     che 
l'avea  occupato  nel    i  i85.  L'arci- 
vescovo si  ricusò  di  coronare  il  re, 
e  quando  questi  l' invitò  a  scema- 
re il  numero    de' suoi  armati  e  di 
non  tener  più  alcuna  militare  ma- 
rineria, si    rifugiò    presso  l'arcive- 
scovo di  Lunden,  ed  ambedue  por- 
taronsi  in  Roma  a  far  le  loro  do- 
glianze, onde  fu  Suero  scomunicato. 
Nel   1202  succedutogli    il  figlio  A- 
quino  IV,   reintegrò   i   vescovi,    se- 
condo r  ordine    paterno,  dei    gra- 
vami da  lui    esercitati,  ed  ottenne 
che  Enrico,  divenuto  cieco,  levasse  la 
scomunica    fulminata  già  contro  il 
re  e  i  suoi  consiglieri.  Ciò  saputosi 
da  Innocenzo  III,  fece  gravi  rimpro- 
veri air  arcivescovo  e    sutfraganei, 


NIG  3f 

non  potendo   che  la  santa  Sede  as- 
solvere i  da    lei  anatematizzati. 

Nel  i52  3  al  detronizzamento  di 
Crìstierno  II  e  assunzione  al  trono 
di  Federico  I,  in  Norvegia  meglio  si 
consumò  la  così  delta  riforma  re- 
ligiosa, allo  scopo  di  usurpare  i 
beni  delle  chiese,  come  altrove. 
Lorenzo  ed  Olao  Petri  discepoli  di 
Lutero  vi  propagarono  con  ener- 
gia i  loro  errori,  che  furono  fataU 
mente  seguiti,  favoriti  e  predicati, 
anche  dai  giovani  svedesi  e  danesi 
reduci  in  patria  dagli  studi  fatti  in 
Germania,  ove  il  luteranismo  già 
era  slato  abbracciato  e  insegnavasi 
con  sommo  ardore.  In  tal  modo 
caddero  in  aberrazione  religiosa  i 
popoli  de'  tre  regni  del  Nord.  Cri- 
stierno  II  che  pel  primo  avea  se- 
guito la  riforma,  con  atroci  cru- 
deltà la  propagò,  e  voleva  far  bru- 
ciar vivo  Erico  Valchendorp  arci- 
vescovo di  Nidrosia,  primate  di  Nor- 
vegia, perchè  lo  avea  ripreso  delle 
oscene  sue  tresche,  per  cui  Erico 
solo  trovò  scampo  con  pronta  fu- 
ga in  Pioma.  Allora  il  re  s*  impos- 
sessò delle  sue  sostanze,  confiscan- 
do i  beni  patrimoniali  e  le  pro- 
prietà della  sede  arcivescovile,  del 
capitolo  metropolitano  e  degli  altri 
ecclesiastici,  che  in  barbari  modi 
straziò,  restando  soppressa  1  illustre 
sede  metropolitana  di  Nidrosia  e 
quelle  de'  suffraganei,  e  bandito  il 
cattolicismo. 

NlGELLI  Ridolfo,  Cardinale.  Ri- 
dolfo pisano  secondo  Panvinio  e  Ciac- 
conio,  o  veramente  dell'illustre  fa- 
miglia di  Nesle,  come  vogliono  Fri- 
zonio  ed  Aubery,  insignito  col  ti- 
tolo di  maestro,  fu  da  Lucio  HI  nel 
II 83  o  ii84  creato  cardinale  dia- 
cono di  s.  Giorgio  in  Velabro,  e  poi 
da  Clemente  III  nel  ii88  dichia- 
rato prete  del  titolo  di  s.  Prassede. 


Si 


NIG 


Ad  eminente  dottrina  seppe  congiiin* 
gere  singolare  integrità  di  vita,  siti- 
cela e  costante  pietà  verso  Dio.  Segui 
Lucio  III  nel  viaggio  a  Verona,  e 
trovossi  fra  gli  elettori  di  Urbano 
111,  Gregorio  Vili  e  Clemente  III, 
nel  cui  pontificato  passò  a  Q<iglior 
vita  nel    i  190. 

NIGRIZIA.  Contrada  interna  bo- 
reale dell'  Africa  ,  composta  di  un 
gran  numero  di  regni  o  paesi,  con 
montagne  e  rainiere,  i  cui  abitanti 
professano  il  maomettismo,  il  cui 
colore  nerissimo  die  il  suo  nome 
fra  gli  europei  alla  regione.  Diffe- 
rendo da  quasi  tutti  gli  altri  negri 
che  sono  divisi  in  piccole  tribù, 
formarono  alcuni  stati  considerabili 
con  governi  assai  regolari,  il  piti 
possente  è  quello  de'  Feiani,  popo- 
lo di  color  bronzino  carico,  che  si 
collega  di  rado  coi  Negri  (J^edi). 
Gli  abitanti  della  Nigrizia  sono  più 
industriosi  che  i  negri  delle  coste. 
La  Nigrizia  corrisponde  in  parte 
all'interiore  Edopia  [Fedi)  degli 
antichi,  i  quali  ne  avevano  nozioni 
incerte.  Nel  XV  secolo  i  portoghesi 
pei  primi  le  somministrarono;  nel 
secolo  seguente  die  preziosi  schia- 
rimenti Leone  V  africano  ;  alla  fine 
del  XVIII  e  principio  del  XIX  due 
coraggiosi  ma  sfortunati  inglesi  , 
Browne  e  Mungo-Park  esplorarono 
le  parti  orientali  e  il  corso  del 
Biali-ba.  Nel  1824  tre  viaggiatori 
della  stessa  nazione,  Oudney,  Den- 
ham  e  Clapperton  gettarono  una 
gran  luce  sulla  geografìa  del  cen- 
tro ;  ed  il  viaggiatore  padovano  Bel- 
zoiii  ci  lasciò  importanti  notizie  di 
questi  paesi.  Finalmente  il  france- 
se Caillié  ed  altri  fecero  nuove  sco- 
perte. Le  immense  regioni  de' ne- 
gri comunemente  dai  geografi  si 
dividono  in  quattro  parti  assai  dis- 
eguali, chiamate  Soudan,  Senegam- 


NTG 
Ma,  Guinea  e  Congo  ;  secondo  it 
Balbi  potrebbero  essere  ripartite  in 
tre  grandi  contrade  geografiche,  da 
nominarsi  Nigrizia  occidentale,  cor- 
rispondente alla  Senegambia,  Nigri- 
zia centrale,  che  comprenderel)be 
il  Soudan  e  la  Guinea,  e  linaluien- 
te  Nigrizia  meridionale,  che  com- 
prenderebbe il  Congo.  Vi  si  tro- 
vano circa  un  migliaio  di  stati;  gli 
abitanti  in  generale  sono  presso- 
ché selvaggi  e  immersi  nella  super- 
stizione. 

La    religione    cattolica    non    vi 
conta    molti    seguaci ,     ed    ecco    le 
missioni  o  stabilimenti   cattolici  che 
vi  si    trovano,    secondo  le     ultime 
notizie.    Possessioni    e    stabilimenti 
francesi    del    Senegal    nella    Sene- 
gambia. Queste  sono  divise  in  due 
distretti  :    i."    distretto  di  s.  Luigij 
che  comprende  l' isola  di  s.  Luigi, 
quella  di  Babaguè,  Safar  e  Guim- 
bar  formate  dal  Senegal,  ed  i  va- 
ri   stabilimenti     su     questo  fiume; 
2."  distretto  di  Gorea,  che  compren- 
de, oltre  quest'isola,    tutta  la  costa 
della  baia  d' lof  fino  alla  Cambia.  La 
missione   a  richiesta  del  re  di  Fran- 
cia fu  fondata  nel  1765,  e  fu  aflidata 
ai  religiosi  francescani  recoUetti,   dai 
quali  passò  ai  preti  secolari.  La  pre- 
fettura apostolica  del  Senegal  ora  è 
amministrata  dai  sacerdoti  del  semi- 
nario delle  missioni  di   s.  Spirito  di 
Parigi.  Eranvi  due  curati  compreso 
il  prefetto,  due  chiese  in   s.  Luigi  e 
in  Gorea,  due  ospedali,  una  scuola, 
due  case  e  quattordici  religiose  di  s. 
Giuseppe.    Guinea    settentrionale   e 
vicariato    apostolico     della     Guinea 
superiore  e  inferiore,  eretto  da  Gre- 
gorio XVI   nel    1B42.  Si  estende  a 
tutta   la   Guinea,    alla  Liberia,  alla 
colonia  del    JVlayriland,  Capo    Pal- 
mas ec.  Lo  stesso    Papa   nel    i844 
nominò  vicario  apostolico  monsignor 


Eduardo  Barron  vescovo  d*  Eacar- 
pi a,  cui  fece   succedere    monsignor 
Benedetto  Truffet.  Vi  sono  più  di 
dodici  cappuccini  e  diversi  preti  ir- 
landesi.  Monrovia  capitale"  del  capo 
Mesurado  detto    Liberia,  prese   tal 
nome  da  Monroe  presidente  degli  Sta- 
ti-Uniti, sotto  i    cui     auspicii  si   e- 
manciparono  gli  schiavi  nell'America 
meridionale,  ivi  trasportati  nel  1882 
in  circa   2000  compresi  i  cattolici, 
essendovi  nella    Liberia     libertà  di 
culto.   Congo,   Angola  e  Benguela. 
Congo  è  regno  nella  bassa  Guinea, 
con  s.  Salvatore  per    capitale.   An- 
gola è  regno  del    sud    del  Cóngo^ 
con  s.  Paolo  per  capitale.  Una   se- 
de vescovile  fu  eretta    da  Clemen- 
te Vili  in  s.  Salvatore,   e  la  imi  a 
quella    ò*  Angola    (P^edi),  i  di    cui 
vescovi  fissarono    poi   la     residenza 
in  s.  Paolo  di  Loango,  ossia  la  ca- 
pitale del  regno  di  Angola.  Questa 
diocesi  comprendeva  i  regni  di  Con- 
go, Angola    e  Benguela    con     altri 
stati.  Nel    i832   vi    era  un  vicario 
capitolare  con    quattro     canonici  e 
l'arcidiacono;   questo    capitolo  do- 
mandò r  uso  del  rocchetto  e  la  fa- 
coltà di  celebrare  in  paramenti  pon- 
tificali nelle  maggiori  solennità.  Del- 
la cattedrale  di  s.   Salvatore,  appe- 
na si   vedono  gli    avanzi  ;  è  incerto 
se  sussista    quella  di  s.  Paolo  ;  in- 
vece evvi  ancora  la  sede  vescovile 
iV  Angola,  e  Gregorio  XVI  nel  1 844 
la  tolse     dalla     giurisdizione     di  s. 
Salvatore  del  Brasile  e  dichiarò  suf- 
fraganea  di    Lisbona,  indi  a'  16  a- 
prile   1846  fece  vescovo  monsignor 
Sebastiano    Gomes    de  Lemos  car- 
melitano scalzo  della  diocesi  di  A- 
•veiro.  Ne'  tempi  passati     vi    erano 
molli  missionari  cappuccini,  stabiliti 
sino  dal  1674  la  prima   volta,  che 
vi  avevano  una    prefettura  aposto- 
lica, molti  conventi  ed  ospizi.  La  fe- 

VOL      XLVIII 


NIL  33 

de  nella  bassa  Guinea  vi  fu  por- 
tata nel  i5oo  da  un  prete  porto- 
ghese, che  nella  città  di  s.  Salva- 
tore vi  battezzò  il  re  e  la  famiglia 
reale.  Ad  Africa,  a  Portogallo,  a 
Congregazione  di  Propaganda,  a 
Missioni  pontificie  ed  altri  artico- 
li vi  sono  analoghe  notizie.  Nico- 
lò V,  Paolo  V,  Urbano  Vili,  Cle- 
mente XI  ed  altri  Pontefici  furono, 
oltre  Gregorio  XVI,  benemeriti  di 
queste  missioni  :  Paolo  V  ricevette 
un  ambasciatore  del  re  di  Congo  (di 
cui  feci  parola  nel  voi.  XII,  p.  122), 
ed  a  questi  Clemente  XI  mandò 
scettro  e  corona .  Sotto  Urbano 
VIII  nel  i6.à4  a  nome  del  re  pre- 
stò obbedienza  alla  santa  Sede 
monsignor  Vives  segretario  di  pro- 
paganda, quale  ambasciatore  depu- 
tato dal  re. 

NILAMMONE  (s.),  detto  il  Rin- 
chiuso. Viveva  nel  V  secolo,  ritira- 
to in  una  celletta  vicina  a  Pelusio 
nell'Egitto.  La  città  di  Geres  a- 
vendolo  eletto  a  suo  vescovo,  egli 
addusse  tutte  le  ragioni  che  la  sua 
umiltà  suggerivagli,  per  esentarsene, 
e  ricorse  alle  lagrime  per  muovere 
in  suo  favore  Teofilo  patriarca  di 
Alessandria  che  avealo  giudicato 
degno  deirepiscopato.  Ma  tutto  riu- 
scendo inutile,  si  volse  con  confi- 
denza a  Dio,  e  Io  pregò  di  levar- 
lo di  vita,  più  presto  che  permet- 
tere che  gli  fosse  imposto  un  tale 
formidabile  carico.  La  sua  preghie- 
ra fu  esaudita,  poiché  morì  prima 
d'averla  interamente  finita.  Il  suo 
nome  è  notato  ai  6  di  gennaio  nel 
martirologio  romano. 

NILO  (s.),  anacoreta.  Visse  tal- 
mente sconosciuto  al  mondo  nel 
suo  ritiro,  che  non  si  sa  quale  ma- 
niera di  vita  menasse  egli  nel  de- 
serto; e  tutto  quello  che  sappiamo 
di  questo  padre  della  Chiesa,  »i 
3 


34  NIL  NIL 
riduce  ad  alcune  circostanze  gene-  avea  allora  ciiiquanf'anni.  Ritorna- 
rali.  È  comune  opinione  che  fosse  to  col  (ìglio  nel  deserto,  morì,  in 
originario  di  Ancira  nella  Galazia;  età  assai  avanzata,  sotto  il  regno 
e  si  può  giudicare  da' suoi  scritti  dell'imperatore  Marciano.  Non  si 
ch'egli  avesse  ricevuto  un'ottima  e-  sa  Tanno,  né  le  circostanze  della 
ducazioae.  Sarebbe  difficile  stabilire  sua  morte,  e  neppure  di  quella  di 
il  tempo  in  cui  scelse  a  maestro  Teodulo.  Le  sue  reliquie  furono 
s.  Giovanni  Crisostomo:  sembra  trasportate  dal  monte  Sinai  a  Co- 
che ciò  dovesse  essere  in  Antiochia,  stantinopoli,  sotto  il  regno  di  Giu- 
ove  potè  trarlo  la  riputazione  del  slino  il  Giovane,  e  deposte  nella 
santo  dottore,  quand'egli  ebbe  ri-  chiesa  degli  Apostoli,  a  detta  di  Ni- 
nunzialo  al  mondo.  S.  Nilo  sposò  ceforo  e  de' menci.  La  sua  festa  è 
una  donna  degna  di  lui,  e  n'ebbe  segnata  il  12  novembre.  Ecco  i  ti- 
due  figli.  Ebbe  la  carica  di  prefet-  Ioli  delle  opere  di  s.  Nilo.  i.  Trat- 
to o  governatore  di  Costanlinopo-  tato  della  vita  monasticay  ordinaria- 
li  ;  ma  i  vizi  che  regnavano  nella  mente  appellato  V Ascetico.  1.  Trat- 
corte  di  Arcadio,  lo  disgustarono  tato  della  pratica  della  virtù  e  dd- 
del  mondo,  per  cui  risolse  di  ab-  la  fuga  dei  vizi^  altrimenti  detto 
bandonarlo.  Sua  moglie  acconsentì  Peristeria.  3.  Trattato  della  pO' 
al  suo  ritiro,  ed  egli  lasciò  a  lei  i'ertà  volontaria^  eh' è  una  conti- 
nua figlia,  e  menò  seco  il  figlio  nuazione  dell'  Ascetico.  4*  Della 
Teodulo  nel  deserto  di  Sinai,  ver-  preferenza  che  si  deve  dare  alla 
so  l'anno  890.  Colà  praticarono  in-  vita  eremitica.  5.  Trattato  ad  Eu- 
sierae  gli  esercizi  della  più  perfet-  logio.  6.  Trattalo  sugli  otto  spìriti 
ta  vita  monastica.  S.  Nilo  impiegò  della  malizia.  7.  Trattato  dell'ora- 
il  tempo  che  gli  sopravanzava  nel-  zione,  8.  Trattato  dei  cattivi  pen- 
lo  scrivere  diverse  opere,  che  sono  sieri.  9.  Cinque  raccolte  di  Sen- 
im  monumento  dell'eminente  sua  tenze ;  ma  non  è  certo  che  siano 
santità  e  della  sua  rara  eloquenza,  opera  di  s.  Nilo.  io.  Un  sermone 
per  cui  gli  antichi  lo  avevano  in  sulle  parole  di  s.  Luca:  Quegli  vi le 
grande  stima.  Egli  veniva  consuU  ha  una  bisaccia  o  una  borsa  la 
tato  da  ogni  parte,  per  l'alto  con-  prenda^  ec.  ii.\)^\\fi  Sentenze,  c\ìq 
cetto  che  aveasi  della  sua  santità,  trovansi  nel  t.  Il  della  Biblioleca 
Avendo  i  saraceni  trucidato  un  gran  de'padri,  e  che  il  Suarez,  il  quale 
numero  di  monaci  nella  solitudine  fece  stampare  a  Roma  nel  1673 
di  Sinai,  rapirono  Teodulo,  e  lo  le  opere  di  s.  Nilo,  non  ha  credu- 
menarono  seco  con  altri  prigionie-  to  d'inserire  nella  sua  edizione,  co- 
ri. S.  Nilo,  non  trovando  il  figlio,  me  jiieppure  il  trattato  seguente.  12. 
andò  a  cercarlo  per  ogni  dove,  e  Dell'uccisione  dei  solitari  di  Sinai 
Tenne  egli  stesso  a  cadere  nelle  ma-  e  delia  cattività  di  Teodulo.  1 3. 
ni  dei  barbari,  che  gli  resero  su-  Discorsi  sulle  feste  di  Pasqua  e 
bito  dopo  la  libertà.  Da  ultimo  dell'  Ascensione.  \^.  Un  gran  nu- 
trovò  Teodulo  ad  Eleusi,  ch'era  mero  di  Lettere:  il  p.  Pietro  Pous- 
stato  riscattato  dal  vescovo  di  quel-  sines  ne. pubblicò  335  a  Parigi  nel 
]a  città,  il  quale  fu  oltremodo  lie-  j(>57,  e  Leone  Allacci  ne  fece 
to  di  renderglielo;  ma  costrinse  s.  stampare  un  numero  assai  maggio- 
Nilo  a  lasciarsi  ordinar  piete:  esso  re  a  Roma  itfl   1668.  Vi  sono  al- 


NIL 

tri    scrìtti  attribuiti  a  s.  Nilo,  ma 
che  non  sono  di   lui. 

NILO  (s.),  il  Giovane.  Di  origi- 
ne greca,  nacque  a  Rossana  in  Ca- 
labria nel  910  :    ebbe  nel    battesi- 
mo, il   nome  di    Nicolò,,  ma  prese 
quello  di  Nilo    nella  sua  professio- 
ne  religiosa.    Mostrò    fino    dall'  in- 
fanzia molto  fervore,  e  fece  grandi 
progressi  nelle  lettere  divine  ed  u- 
mane.  Legatosi  allo  stato  matrimo- 
niale, continuò    tuttavia    ad    atten- 
dere   alle   pratiche   di    pietà  ;     ma 
raffreddatosi  in  lui  il  primiero  fer- 
vore, a  poco  a  poco  contrasse    de- 
gli   abiti    vrziosi.    Rimasto    vedovo, 
conobbe    il  pericolo    di  questo    suo 
stato,  laonde  deliberò  di  ritirarsi  in 
un    monastero,    e  scelse    quello   di 
Rossana,  ove    si  votò  solennemente 
al    Signore,    essendo    allora    in  età 
di    trent'  anni.    Visitò    in     appresso 
vari  monasteri,    e  poco  dopo  aver 
preso  l'abito  nella  badia  di   s.  Mer- 
curio, ritirossi  in   quella    di  s.  Na- 
zari© detta  poi  di  s.  Filarete.  Qui- 
vi egli   portò  ad  alto  grado  di  per- 
fezione   l'obbedienza,    l'  umiltà,    la 
mortificazione    dei   sensi    e  la  con- 
templazione; e  in    capo  a    qualche 
anno  ottenne  il  permesso  di  andar 
a    vivere   in  una   foresta    vicina,  e 
di  porre  la  sua    dimora  in  un  ro- 
mitaggio attinente  ad    una     piccola 
cappella    di  s.    Michele.    Colà  rice- 
vette   in  seguito   dei    discepoli,    se- 
guendo   la    regola   di    s.    Basilio,  e 
divenne    ben  presto   celebre  per  le 
sue   predizioni    e  miracoli.  Avendo 
r  imperatore  Ottone  III  cacciato  da 
Roma  Filagato  vescovo  di  Piacenza, 
già    fatto    antipapa     dal    senatore 
Crescenzio,  s.  Nilo   si  recò  a  inter- 
ceder grazia  per  lui,  pregando  l'im- 
peratore di  non  obbliare  nel  casti- 
garlo il  carattere  di  cui    era  rive- 
stito. Ottone    IH    lo  ricevette  con 


NTL  S') 

dimostrazioni  di  rispetto,  e  gli  pro- 
mise di  aver  riguardo  alle  sue  rac- 
comandazioni. Essendo  dipoi  l' im- 
peratore   andato   a  visitare  s.  Nilo 
nel  suo  monastero,  che  non  era  se 
non  un'  unione  di   povere  capanne, 
gli  offerse  un  luogo   per  fabbricar- 
ne un  altro,  promettendogli  di  do- 
tarlo,  e    lo    invitò    a   domandargli 
ciò    che    più    gli    piacesse  ;    ma    il 
santo  non    approfìllò  delle    sue  of- 
ferte, come  non  volle    accettare    il 
vescovato  di  R.ossana,  né  dar  retta 
alle  inchieste  che  gii  vennero  fatte  di 
recarsi  alla  corte  di    Costantinopo- 
li. Dilatandosi   l'invasione  e  i   gua- 
sti   de'  saraceni    nella    Calabria,    s. 
Nilo    si    ritirò    co'   suoi  monaci     a 
Monte  Cassino.  L'abbate    Aligerno 
lo    accolse    in    modo    onorevole,  e 
qualche    tempo    appresso  gli    donò 
il   monastero  di  Val  di  Lucia;  ma 
s.  Nilo  lo  lasciò  poco  dopo,    perchè 
questo  luogo  non  gli   pareva  abba- 
stanza   solingo.    Passati    dieci    anni 
nel  monastero  di  Serperi  posto  sul- 
la riva  del  mare,  si  trasferì  co'suoi 
discepoli  al  Tusculo,  e  sì  pose  nel 
romitaggio    di  s.     Agata,  ove  mori 
nel    ioo5,  in  età  di  novantacinque 
anni,  modello  di  perfezione  ai  suoi 
religiosi,  di  cui  non    volle  mai  ar- 
rogarsi l'autorità    di  superiore.  Le 
sue  reliquie  furono  portate  a  Grot- 
ta ferrata,     ove    fu    trasferita  ezian- 
dio la  sua  comunità  ;  e  la  sua  fe- 
sta ci  celebra  il   26  di  settembre. 
NILO  o  EL-NIL.  Sede  vescovile 
di  Babilonia    nella    diocesi    de'  cal- 
dei, unita  alle  chiese  di  Naamania, 
di  Naphac  e  di  Badraia.  Ne  furo- 
no vescovi  N.  che  trovossi    all'"  ele- 
zione del  cattolico  Elia  I,  Marès  che 
fu  a  quella  di  Ebedjesu,  Emmanue- 
le  consagrato  dal  cattolico  Elia  II, 
e  Giovanni  del  secolo  XI H.  Oriens 
christ.tlì,  p,  1328. 


3G  WIM 

NILOPOLI,  NilopoUs,    Sede  ve- 
scovile d'Arcadia,  nel  patriarcato  di 
Alessandria ,    eretta    nel    IV  secolo. 
Nilopoli  o  città  del  Nilo    è   situata 
nell'interno  dell'Egitto,  e  anticamen- 
te chiamavasi  Pousìri   o  Bousirì^  e 
venne  dai  greci   nominata    Nilopoli 
per  la  venerazione  particolare  che  i 
suoi  abitanti  avevano  pel  Nilo,  cui 
consagrarono  un  magnifico  tempio. 
Ne  furono  vescovi  Cheremone,  Teo- 
ne,  Adelfio,  Eusebio,  Pietro,  Miche- 
le, ec.   Oriens  chrìst.  t.  I,    p.   587. 
Nilopoli,  Nilopolìeriyè  un  titolo  ve- 
scovile in  partibus  che  conferiscono 
i  Papi,  e  Gregorio  XVI  a'  i4  giu- 
gno i833  vi  nominò  monsignor  Ste- 
fano Rouchouze,  che  pur   fece    ve- 
scovo vicario  apostolico  dell'Oceania 
orientale. 

NIMBO,  Ninibas.  Cerchio  o  or- 
namento del  capo,  rotondo,  in  for- 
ma di  splendore  circolare ,  che  si 
inette  alle  sacre  Immagini  (P^edi) 
di  Gesù  Cristo,  della  Beata  Vergi- 
ne e  de'  santi  ;  è  segno  di  santità 
e  culto  ecclesiastico  dato  a'  servi  di 
Dio.  A  Diadema,  ne  dicemmo  il  si- 
gnificato, e  parlammo  de'  raggi  po- 
sti sui  capi  di  dette  immagini.  Ne 
trattammo  ancora  ad  Aureola,  cir- 
colo o  corona  di  luce ,  simbolo  di 
perfezione.  P^.  Corona.  La  corona 
radiata  deve  la  sua  origine  al  nim- 
bo, col  quale  si  rappresentavano  gli 
dei.  Si  ornavano  le  statue  del  Soie 
con  simili  corone,  a  cagione  della 
eccellenza  della  sua  luce;  se  ne  ador- 
navano pure  le  statue  di  Giove,  e 
si  rappresentavano  le  divinità  e  i 
discendenti  del  Sole  col  capo  radia- 
to. Il  nimbo  fu  usato  dapprima  da^ 
gli  egizi  per  rappresentare  il  sole 
che  tanta  luce  da  sé  tramanda,  e 
altre  deità  :  dagli  egizi  passò  questo 
costume  ad  altri  popoli.  Il  sole  es- 
sendo   eterno   e   il    benefattore  del 


NIM 
mondo,  la  corona  mdiata    è  diven* 
tata  il  simbolo  dell'eternità   e  della 
potenza  protettrice    e    benefattrice , 
secondo  alcuni    scrittori.    I    romani 
ornarono  del  nimbo  Apollo  ed  altri 
numi;  indi  si  adoperò,  come  molte 
altre  cose,  ch'erano  proprie  e  riser- 
bate agli  dei ,  per  adornar    le  teste 
di  certi  gran  personaggi  tenuti  dai 
gentili  per  dei  ancor  viventi.  Alcu- 
ni re  dell'oriente  furono  i  primi  ad 
appropriarsi   la  corona  radiata,  per- 
chè si  paragonavano  al  sole  per  l'e- 
ternità della  potenza  loro,  come  lo 
attestano  i  loro  medaglioni.  Cesare 
fu  il  primo  presso    i    romani ,   che 
ottenne  la  corona  radiata,  la  quale 
aveva  d'ordinario  dodici  raggi,  per- 
chè come  simbolo  del  sole,  e  per- 
chè questi  raggi  indicano  il  numero 
de'  segni    del    zodiaco    e    de'  mesi. 
Dipoi  si  usò  dagl'imperatori  e  dalle 
imperatrici.  Né  quest'uso  venne  me- 
no col  mancare  l'idolatria,    perchè 
fu  anche  ritenuto  da  alcuni   impe- 
ratori greci,  come    ne    fan    fede  le 
monete  dopo  Costantino;  quindi  si 
dà  luogo  a  credere  che  i  fedeli    o 
apprendessero  questo  rito  dai  gen- 
tili, oppure  dalle  sagre  carte  ,  nelle 
quali  non    mancano    esempi,    che  i 
volti    de'  servi    di    Dio   apparissero 
alcune  volle  circondati  di    splendo- 
re e  di  luce;    e    considerassero   da 
prima  il  nimbo  per  un  mero  ador- 
namento di  maestà  e   di    religione, 
poiché  i  pittori  cristiani    seguitaro- 
no a  porlo  nelle  figure  de'  principi 
e  di  alcun'altre  persone  di  singoiar 
qualità,  nello  stesso    tempo    che  ne 
fregiarono  le  immagini    del    Salva- 
tore, indi  degli  angeli,    poi  degli  e- 
vangelisti  e    de'  loro   animali ,    ap- 
presso degli    apostoli,    e  finalmente 
di  tutti  i  santi,  come    può    vedersi 
nella  Roma  sotterranea  di  Arringhi, 
nei  Monumenti    antichi  del    Ciam- 


N  l  M 

pini,  nel  Menologio  di  Basilio,  ed 
in  altri  libii  ;  finalmente  nel  secolo 
Xll  divenne  esclusivamente  univer- 
sale nelle  sacre  immagini,  solo  de- . 
cerandosi  i  Papi  e  altri  personaggi 
viventi,  anche  prima  di  tal  tempo, 
colla  corona  quadrata,  di  che  te- 
nemmo proposito  ne'  citati  articoli, 
e  si  riserbò  come  un  distintivo  del 
loi'o  capo.  Il  Macri,  verbo  Ninibus^ 
dice  che  questa  parola  propriamente 
significa  una  fascietta  tessuta  con 
oro,  con  la  quale  le  donne  lega- 
vansi  la  fronte,  come  scrisse  Arno- 
bio  ;  e  meglio  quel  diadema  o  cer- 
chio che  si  pone  in  testa  ai  santi. 
Si  osserva  che  il  Giotto  dipingendo 
la  Cena  del  Signore  nel  monastero 
di  Pomposa,  si  vede  Giuda  col  nim- 
bo come  gli  altri  apostoli,  perchè 
il  nimbo  non  solo  fu  usato  come 
segno  per  esprimere  Iq  santità,  ma 
a  nelle  la  dignità  della  persona.  An- 
che il  re  Erode  e  altri  tiranni  si 
vedono  in  alcuni  monumenti  ornati 
col  nimbo.  Il  Buonarroti  ne'  Fetri 
antichi  lo  chiamò  diadema,  ma  il 
Borgia  aggiunge  inipropri amente,  e 
ne  dà  le  erudite  ragioni  nelle  Me- 
morie t.  I,  p.  259,  e  nella  Vaticana 
Confessio  p.  117.  Altre  illustrazio- 
ni del  nimbo  e  sua  origine  si  posso- 
no leggere  nel  Donati,  Dittici  sacri  e 
profani  p.  193  e  seg.;  nel  p.  Lupi, 
Dissertazioni,  t.  I,  p.  245  e  246;  e 
nel  Marangoni,  Delle  cose  gentile- 
sche trasportate  ad  uso  delle  chiese 
p.  i4o  e  seg.,  e  p.  120  e  seg.,  ove 
parla  delie  diverse  specie  delle  an- 
tiche corone  e  loro  uso. 

ìNIMEGA,  Novioniagus.  Cìii'd  for- 
te della  provincia  di  Gueldria  nei 
Paesi-Bassi,  capoluogo  di  circonda- 
rio e  di  cantone  sulla  sinistra  del 
\Vhaal,  a  2(^ leghe  da  Amsterdam. 
E  piantata  su  cinque  colline,  in  un 
paese  pittoresco,  con    buone   fortifi- 


NIM  37 

cazioni.  Nel  palazzo  della  città,  bel- 
lissimo edifizio,  si  vedono  i  ritratti 
degli  ambasciatori  delle  potenze  che 
vi  segnarono  a*  io  agosto  1678  il 
celebre  trattalo  di  pace,  perciò  detto 
di  Nimega,  e  di  cui  fu  benemerito 
Clemente  X  per  averla  provocata 
col  suo  zelo,  tra  la  Spagna,  l'Olan- 
da e  la  Francia,  a  cui  ivi  accedet- 
tero l'impero  nel  1679  a'  5  feb- 
braio colla  Svezia,  leggendosene  gli 
articoli  nel  t.  II  del  Teatro  della 
pace.  Fra  le  chiese  si  distingue  quel- 
la di  s.  Stefano.  È  patria  di  di- 
versi uomipi  illustri.  Le  sue  anti- 
chità romane  provano  la  sua  vetu- 
stà. Nel  IV  secolo  era  già  impor- 
tante, e  fu  compresa  nel  regno  di 
Austrasia.  Nimega  ottenne  molti  pri- 
vilegi dagl'imperatori  tedeschi  e  fu 
nel  numero  delle  città  anseatiche. 
Vi  dominarono  gli  spagnuoli  ed  i 
francesi,  finché  si  riunì  agli  olan- 
desi. NeU'BSo  vi  fu  tenuto  un  con- 
cilio, in  cui  Gesseo  vescovo  d' A- 
mieus  vi  fu  deposto  per  essersi  di- 
chiarato uno  de'  capi  della  ribellio- 
ne contro  Timperatore  Lodovico  1. 
Diz.  de'  conc. 

NIMES  {Nemausen).  Città  con  re- 
sidenza vescovile  in  Francia,  capo- 
luogo del  dipartimento  del  Gard  a 
23  leghe  da  Marsiglia,  presso  la 
destra  della  Vistre.  E  sede  di  corte 
reale,  di  tribunali  di  prima  istanza 
e  di  commercio  e  d'altre  autorità» 
Situata  sotto  un  cielo-  puro  e  sere- 
no, è  in  una  pianura  deliziosa  al 
piede  di  molte  coltivate  colline.  La 
città  propriamente  detta  è  cinta  di 
baluardi  sostituiti  agli  antichi  ba- 
stioni che  la  dividono  dai  sobbor- 
ghi, i  quali  sono  grandi  almeno 
quanto  la  città.  I  principali  edifizi 
sono  il  palazzo  di  giustizia,  l'ospe- 
dale, il  teatro,  la  chiesa  del  colle- 
gio, la  cattedrale  dedicala  alla  Bea- 


38  NIM 

ta  Vergine  con  batlisteno  di  recen- 
te ricostruzione,  giù  tempio  sacro 
ad  Augusto,  che  rinchiude  le  tom- 
be del  suo  vescovo  Flechier  e  del 
cai'dinal  de  Bernis,  mentre  il  cuore 
e  le  viscere  di  quest'ultimo  sono  nel 
deposito  di  s.  Luigi  de*  francesi  in 
Koma  ;  vicino  alla  cattedrale  vi  è 
ampio  episcopio.  Vi  sono  cinque  chic 
se  parrocchiali  col  fonie  sacro,  non 
che  monasteri  di  religiose  e  ospedali, 
confraternite,  grande  e  piccolo  semi- 
nario. Nimes  possiede  un'accademia 
universitaria,  collegio  reale,  scuola 
di  disegno,  accademia  reale  del  Gard, 
gabinetto  di  storia  naturale  ,  corso 
di  chimica  applicata  alle  arti,  pub- 
blica biblioteca  con  circa  ii,ooò 
Tolumi  ;  società  di  agiicoltura ,  di 
medicina  e  biblica j  commissione  di 
monumenti  antichi,  casa  di  deten- 
zione con  officine  di  lavoro.  Essen- 
zialmente manifatturiera,  considera- 
bile è  il  commercio ,  ed  il  centro 
di  queHo  di  molte  parti.  Si  osser- 
vano pure  i  pubblici  lavatoi  e  be- 
veratoi, ed  i  magnifici  passeggi  dei 
baluardi  e  de'  corsi ,  oltre  la  spia- 
nata. La  fortezza  eretta  da  Luigi 
XIV  serve  al  deposito  della  men- 
dicità. Dopo  Roma  e  qualche  altra 
città,  Nimes  è  forse  la  città  d'Eu- 
ropa che  conserva  in  maggior  nu- 
mero de'  monumenti  della  grandez- 
za romana,  che  nella  maggior  parte 
si  credono  ordinati  dai  due  Anto- 
nini, in  segno  d'affetto  al  luogo  di 
cui  erano  originari.  Fra  gli  altri  vi 
si  trova  la  cosi  detta  casa  quadra- 
ta, antico  tempio  eretto  da  Adria- 
no, della  forma  di  un  lungo  qua- 
drato isolato,  decorato  di  3o  colon- 
ne e  restaurato  da  Luigi  XIV,  e  di 
nuovo  nei  1820,  in  cui  vi  si  stabili  il 
museo  detto  di  Maria  Teresa.  L'an- 
fiteatro chiamato  le  Arene ,  circo 
maestoso,  composta  di  due  Illa  d'ar- 


NIM 
cale  una  «opra  l'altra,  formate  di 
enormi  massi  di  pietra  mirabilmen- 
te a.  secco,  monumento  imponente 
con  quattro  porte.  La  fontana  di 
Diana,  le  cui  acque  formano  una 
piccola  riviera  rinchiusa  in  un  bel  ca- 
nale in  pietra,  fiancheggiata  d'alberi: 
essa  alimentava  i  magnifici  bagni  ri- 
parati nel  1774?  che  per  le  pianta- 
gioni che  li  circondano,  ne  fanno 
un  luogo  delizioso.  Il  vicino  tem- 
pio di  Diana,  estremamente  danneg- 
giato. La  torre  Magna,  bella  rovina 
fuori  della  città  sopra  una  collina, 
che  forse  servì  di  Faro.  In  molti 
luoghi  si  trovarono  bellissimi  mu- 
saici, antichità  ed  un  gran  numero 
d'iscrizioni  greche  e  latine.  Vedasi 
r  Hìstoire  abrégé  de  la  ville  de  Ni- 
rnesy  Amsterdam  1767.  Nimes  fu 
pure  patria  di  Domizio  Afer  mae- 
stro di  Quintiliano,  di  Giovanni  Ni- 
col medico  che  portò  il  tabacco  in 
Francia  nel  1^59,  di  Dorthez  na- 
turalista, del  teologo  Cassaigne,  del 
dotto  Gio.  Battista  Cotelier,  di  Gio- 
vanni Fabre  calvinista  che  volle  su- 
bire sei  anni  di  galera  pel  padre 
condannato  per  aver  clandestina- 
mente abbracciato  la  riforma,  di  Sa- 
muel Petit,  di  Giacomo  Sauiin,  di 
Court  de  Gebelin,  di  Rabaud  s.  E- 
tienne  deputato  alla  convenzione,  e 
di  altri. 

Nimes  o  Nismes  si  presume  che 
debba  la  sua  origine  ai  focesi  della 
Jonia,  che  fondarono  Marsiglia,  sem- 
brando confermare  una  tale  opinio- 
ne i  greci  epitaffi  quivi  ritrovati  j 
essi  l'occuparono  per  circa  quattro 
secoli.  E  certo,  che  al  tempo  in  cui 
Fabio  Massimo  la  conquistò  pei  ro- 
mani, essa  chiama  va  si  Neniausus  ed 
Urbs  Volscoruni  Arecomicorunif  es- 
sendo allora  capitale  dei  volsci  are- 
comici,  ciò  che  fa  credere  che  questi 
popoli  l'avessero  conquistata  sui  suoi 


NIM 

fondatori  qualche  tempo  prima  dei 
romani.  Diversi  antichi  marnir  e 
"varie  iscrizioni  attestano  che  i  ro- 
mani vi  mandarono  delle  colonie , 
ed  anzi  varie  medaglie  assicurano 
che  fosse  una  colonia  di  soldati,  i 
quali  Augusto  aveva  ricondotti  dal- 
l'Egitto, dopo  la  conquista  di  quella 
provincia.  Fu  governala  dai  consoli 
e  decemviri,  che  l'abbellirono  d'una 
quantità  di  bei  monumenti;  eranvi 
degli  edili  come  a  Roma,  un  se- 
nato de'  decurioni ,  un  collegio  di 
sacerdoti  ed  un  tempio  dedicato  ad 
Augusto.  Convien  però  dire  che  que- 
sta città  seppe  sottrarsi  a  questa 
nuova  dominazione,  se  si  osserva 
che  fu  nel  numero  delle  SSy  città 
che  conquistò  Pompeo  nelle  sue  spe- 
dizioni dalle  Alpi  sino  alle  ultime 
estremità  della  Spagna.  Quando  crol- 
lò l'imperio  sotto  Onorio  ed  Arca- 
dio,  la  città  di  Nimes  cadde  fra  le 
mani  de'  goti  nel  V  secolo ,  dopo 
essere  stata  per  circa  5oo  anni  sot- 
to la  potenza  de'  romani.  Nel  VI 
secolo  i  visigoti  se  rie  impadroniro- 
no, e  neU'Vlil  passò  sotto  il  giogo 
de'  saraceni,  che  con  altre  piazze,  e- 
gualmente  che  Nimes  da  essi  dan- 
neggiale, conservarono  per  circa  ven- 
l'auni,  finché  furono  scacciati  da  Pi- 
pino il  Piccolo.  Fu  in  seguito  go- 
•vernata  dai  visconti  sotto  l'autorità 
de'  duchi  di  Seltimiana,  e  se  ne  re- 
sero padroni  nel  X  secolo.  Raimon- 
do di  Tolosa  ne  usurpò  l'alto  do- 
niinio,  ed  i  re  d'Aragona  sì  attri- 
buirono in  progresso  Io  stesso  di- 
ritto su  questa  città  e  sul  territo- 
rio; ma  Giacomo  1  d'Aragona  vi 
rinunciò  a  favore  di  s.  Luigi  IX  per 
una  transazione  del  i258.  Nel  iSoq 
il  Papa  Clemente  V  l'onorò  di  sua 
presenza ,  accompagnato  da  nove 
cardinali,  recandosi  da  Montpellier 
ad  Avignone  per  stabilirvi    la  resi- 


NIM  39 

denza  pontificia.  Nel  i/m7  ^^  presa 
dal  principe  d'Orange,  comandante 
di  un'armata  inglese,  ed  in  tal  in- 
contro fu  rovinato  il  suo  bel  anfi- 
teatro. Il  tempio  innalzato  dai  cal- 
vinisti sussistè  fino  al  i685,  in  cui 
fu  demolito  per  ordine  di  Luigi  XIV 
appena  riconquistata  la  città.  Nel 
secolo  XVI  il  calvinismo  gettò  pro- 
fonde radici,  e  fu  Nimes  per  lun- 
go tempo  il  teatro  delle  guerre  di 
religione  le  più  sanguinose,  e  cru- 
deli reazioni  vi  acca  dettero  nel  1791 
e   i8i5. 

La  sede  vescovile  fu  eretta  ver- 
so il  4? 3  néìa.  prima  Narbonese 
nella  bassa  Linguadoca,  suffraganea 
di  Narbona;  indi  nel  1694  fii  dis- 
membrata per  formare  la  diocesi 
di  Alais,  e  fatta  suffraganea  d'Avi- 
gnone, di  cui  lo  è  ancora.  Al  tem- 
po di  Costantino  Nimes  si  trovava 
ancora  soggetta  ai  suoi  falsi  dei,  lo 
che  deplorando  Eu verte  vescovo  di 
Orleans,  Rodile  discepolo  di  lui  ne 
concepì  dolore,  e  benché  suddiaco- 
no si  sentì  disposto  convertire  i  nis- 
mesi,  pregò  quindi  ed  ottenne  di 
partire  per  Nimes  colla  benedizione 
del  vescovo.  Giunto  che  vi  fu^  trovan- 
do che  stava  per  celebrarsi  gran  fe- 
sta anniversaria  al  genio  della  cit- 
tà, nel  suo  zelo  rimproverò  agli  a- 
bitanti  le  adorazioni  sacrileghe,  l 
suoi  discorsi  resero  furiosi  i  sacri- 
ficatori ch'eccitarono  la  moltitudine, 
quindi  fu  tormentato  e  decapitato, 
forse  sotto  Giuliano  apostata,  ond'è 
venerato  per  apostolo  di  Nimes,  ed  il 
suo  martirio  nel  i838  fu  pubblicato 
ivi  dall'ab.  Mathon;  altri  lo  chiama- 
no s.  Bauddio.  11  primo  vescovo 
fu  s.  Felice,  massacrato  dai  vandali 
che  devastavano  le  Gallie  in  prin- 
cipio del  V  secolo  :  per  gli  altri 
vescovi  sino  a  Gio.  Cesare  R ossea u 
de  la  Parisiére  del  1786,  vedasi  la 


4o  RIM 

Gallia  chr.  t.  VI.  Gli  successero  i 
seguenti  riportati  nelle  annuali  No- 
tizie di  Roma.  1787,  3o  settembre, 
Carlo  Prudenzo  de  Beo  de  Lieure 
di  Nantes.  1784  Pietro  Maria  Mad- 
dalena Cortois  de  Balore  della  dio- 
cesi  di  Dijon,  traslato  d'Alais  :  sotto 
di  lui  Pio  VII  pel  concordalo  sop- 
presse la  sede  nel  1801,  indi  la 
ristablFi,  e  nel  1821  nominò  vesco- 
vo Claudio  Francesco  Maria  Petit 
Benoit  de  ChalFoy  di  Besancon.  Per 
sua  morte,  Gregorio  XVI  nel  con- 
cistoro de'  12  febbraio  i838  pre- 
conizzò r  odierno  monsignor  Gio. 
Francesco  Cart  di  Mouthe  arcidio- 
cesi  di  Besancon,  di  essa  già  par- 
roco e  vicario  generale.  Il  capitolo 
si  compone  di  otto  canonici  titolari, 
di  più  canonici  onorari,  e  de*  pueri 
de  choro:  il  parroco  della  catte- 
drale siede  tra'  canonici.  La  diocesi 
è  ampia  e  comprende  il  diparti- 
mento. Ogni  vescovo  è  tassato  in 
fiorini  370.  Nel  i838  in  Nimes  si 
pubblicò  da  M.  G  erma  in,  Hisloire 
de  Veglise  de  Nimes. 

Concila  di  Nimes. 

Il  primo  fu  tenuto  nel  386  in 
favore  della  fede  cattolica.  Reg.  t. 
Ili;  Labbé  t.  II;  Arduino  t.  I. 

U  secondo  neir886  contro  Selva 
ecclesiastico  spagnuolo  che  insultava 
r  arcivescovo  di  Narbona  Reg.  t. 
XXIV;  Labbé  t.  IX;  Arduino  t,  VL 

Il  terzo  nel  1096  sulla  discipli- 
na, in  luglio,  da  Papa  Urbano  II, 
con  quattro  cardinali  e  molti  ve- 
scovi. I  canoni  nella  maggior  parte 
sono  quelli  di  Clermont  conferma- 
ti ;  il  più  rimarchevole  è  quello  che 
conferma  ai  monaci  il  diritto  di  e- 
sercitar  le  funzioni  sacerdotali.  Il  re 
Filippo  I  fu  assolto  dalla  scomuni- 
ca, perchè  promise  lasciar  Bertrada. 


NlN 
Reg.  t.  XXVI  ;  Labbé  t.  X;  Ardui- 
no t.  VI  ;  Mansi,  Sappi,  t.  II,  p.  147. 

Il  quarto  nel  1284,  in  cui  si  fe^ 
cero  molti  regolamenti  suU'  ammi- 
nistrazione de*  sacramenti  e  sulla  di- 
sciplina. Labbé  t.XI;  Arduino  t.  VII. 

Il  quinto  si  tenne  nel  i3o2.  Gal- 
lia Chris t.  t.  VI,  p.  85. 

NliNFA  (s.),  vergine  e  martire. 
Nacque  a  Palermo  in  Sicilia.  Nelle 
scorrerie  de'goti,  nel  quinto  secolo,  si 
riparò  in  Italia,  ove  servi  il  Signore 
con  grande  santità,  e  morì  in  pace  a 
Soana  in  Toscana.  Il  martirologio 
romano  la  nomina  a' io  novembre 
coi  santi  martiri  Trifone  e  Respi- 
cio,  perchè  i  corpi  di  essi  sono  nel- 
la stessa  chiesa  eli  s.  Agostino  e  di 
s.  Spirito  in  Sassia  a  Roma. 

NINFEA  o  NINFEO.  Luogo  di 
Bitinia  sul  Ponto  Eussino.  Fuvvi 
nel  1234  un  concilio  non  ricono- 
sciuto, tenuto  dai  greci  per  la  riu- 
nione coi  latini,  alla  presenza  del- 
l' imperatore  Giovanni  Ducas  o  Va- 
tace.  I  greci  vi  dispularono  coi  quat- 
tro apocrisari  di  Papa  Gregorio  IX, 
sopra  la  processione  dello  Spirilo 
Santo,  e  sopra  il  pane  azimo,  non 
che  sull'addizione  Filioque.  I  greci 
restarono  nelle  loro  false  opinioni. 
Diz.  dé'conc;  Labbé  t.  XI  ;  Ardui- 
no t.  VI;  Mansi,  Sappi,  t.  I,  p. ggS. 

NINI  Jacopo  Filippo,  Cardina- 
le. Jacopo  Filippo  Nini  patrizio  sa- 
nese,  per  un  avventuroso  incontro, 
fu  condotto  rapidamente  alia  subli- 
mità degli  ecclesiastici  onori;  poi- 
ché nel  ritornare  nel  i652  Fabio 
Chigi  dalla  nunziatura  di  Colonia, 
trattenutosi  per  alcun  tempo  in 
Siena  sua  patria,  e  veduto  a  caso 
Jacopo  ancor  giovanetto,  rimase 
colpito  nell'animo  dalle  sue  belle 
doti  d'ingegno  e  di  modestia,  che 
risolvè  di  condurlo  seco  in  Roma 
quasi    a  compagno  di  studio.   Fece 


NIN 
il  Nini  tal  profitto  presso  si  illu- 
utinato  e  dotto  precettore ,  e  gli 
prestò  con  tal. diligenza  e  fedeltà 
l'opera  sua,  singolarmente  nella  se* 
greteria  di  stato,  quando  Chigi  la 
dirigeva  da  prelato  e  da  cardina- 
le, che  divenuto  Papa  Alessandro 
VII  lo  dichiarò  canonico  di  s.  Ma- 
ria Maggiore,  nel  i656  segretario 
de'menioriali,  e  poi  maestro  di  ca- 
mera, ed  in  seguito  maggiordomo. 
A  corona  di  tanti  favori  lo  pub- 
blicò a'  i5  febbraio  1666  cardi- 
nale prete  del  titolo  di  s.  Maria 
della  Pace,  e  lo  ascrisse  alle  con- 
gregazioni della  consulta,  del  con- 
cilio, di  propaganda  ed  altre,  colla 
protettoria  dell'ordine  cistcrciense. 
Lo  ritenne  il  Papa  in  palazzo  pres- 
so di  sé,  e  non  avendo  carica  di 
considerazione  da  conferirgli,  lo  di- 
chiarò pro-maggiordomo,  e  si  pre- 
valse di  lui  e  de'suoi  consigli  non 
solo  nel  governo  del  dominio  pon- 
tifìcio, ma  in  quello  eziandio  della 
Chiesa  universale,  quantunque  dal- 
lo scrivere  gentilmente  in  toscano 
in  fuori,  non  avesse  gran  dottrina 
e  capacità.  La  sua  applicazione  pe- 
rò lo  rese  lodevole,  ancora  per  la 
connaturale  gentilezza  del  tratto, 
accoppiala  a  bella  presenza;  ma  i 
fjequenti  incomodi  di  salute  cui 
andò  soggetto,  gli  amareggiarono 
la  dignità,  e  il  godimento  delle 
rendite  ecclesiastiche,  che  in  abbon- 
danza gli  furono  assegnale.  Tro- 
vossi  ai  conclavi  di  Clemente  IX 
e  Clemente  X,  ed  a  quello  pure 
d' Innocenzo  XI,  il  primo  de'quali 
volle  che  per  alcun  tempo  conti- 
nuasse nella  carica  di  prò- maggior- 
domo. Morì  nel  1680  d'anni  52, 
e  fu  sepolto  nella  basilica  Liberia- 
na, alla  quale  in  vita  ed  in  morte 
compartì  segnalati  benefizi,  nella 
tomba  de'cauonici  senza  alcuna  me- 


NIN  4i 

moria,  a  tenore  della  sua  testamen- 
taria disposizione.  Amatore  delle 
buone  lettere,  fu  mecenate  impe- 
gnatissimo  de'letterati,  come  sì  di- 
stinse qual  difensore  acerrimo  della 
cattolica  fede  e  dignità  della  sede 
apostolica. 

.NlNlANO  (s.).  Ebbe  a  padre  un 
principe  dei  bretoni-cumbri  che  a- 
bitavano  la  contea  di  Cumberland 
e  di  Galloway.  Sì  recò  a  Roma  per 
applicarsi  allo  studio  e  alla  pratica 
della  religione,  in  cui  fece  rapidi 
progressi.  Animato  dallo  zelo  della 
gloria  di  Dio,  tornò  al  suo  paese, 
ove  finì  d'istruire  quelli  che  aveva- 
no già  qualche  cognizione  delle  ve- 
rità del  vangelo,  ritrasse  dall'idola- 
tria quelli  ch'erano  ancora  immersi 
nelle  tenebre  di  essa,  raddolcì  la 
fierezza  di  Tudovaldo  re  de'pitli,  e 
fabbricò  una  chiesa  di  pietra  nel 
paese  conosciuto  oggi  sotto  il  no- 
me di  Galloway ,  ivi  ponendo  la 
sua  sede  episcopale.  Sembra  che  il 
santo  fosse  slato  consacrato  vescovo 
a  Roma,  prima  che  ne  partisse.  E- 
gli  recò  la  luce  della  fede  ai  cum- 
bri  e  a  tutte  le  provincie  abitate 
dai  pitti  meridionali,  de'  quali  vie- 
ne qualificato  l'apostolo.  Morì  a' 16 
di  settembre  del  4^2;  ed  in  tal 
giorno  celebrasi  la  sua  festa.  Molti 
miracoli  si  operarono  per  di  lui  in- 
tercessione. Le  sue  reliquie  furono 
custodite  a  Whitehern  sino  alla  pre- 
tesa riforma:  avvi  un  di  lui  brac- 
cio a  Donai ,  nella  chiesa  che  ap- 
parteneva  ai  gesuiti. 

NINIVE.  Sede  vescovile  della 
quinta  provincia  della  diocesi  dei 
caldei,  sotto  la  metropoli  di  Mos- 
soul,  sul  Tigri,  forse  fabbricata  sulle 
rovine  dell' antica"  Ninive  capitale 
dell'  Assiria  e  tanto  famosa.  Ne  fu- 
rono vescovi,  Basohebe  massacralo 
con  altri  cattolici,  perchè   si  oppo- 


4»  NIS 

DevaDO  agli  eirori  de*  nesloiiani;  e 
quei  registrali  ueWOrìeus  christ.  t. 
II,  p.  i:i24- 

NIO  o  JOS.  Sede  vescovile  nel- 
Tisola  dcir  Arcipelago  ,  oggi  Eiiios 
delle  Cicladi  meridionali,  nel  regno 
di  Grecia.  I  Ialini  vi  ebbero  i  se- 
guenti vescovi.  Ettore;  Michele  Pa- 
drolo  domenicano  del  i443i  Pietro 
de  Xaca  domenicano  spaguuolo  del 
i56o;  Girolamo  Clavigo  pur  do- 
menicano del  i56/{..  Oriens  christ, 
t.  Ili,  p.  II 35. 

NISA,  Nysa.  Sede  vescovile  del- 
l'Asia proconsolare,  sul  Meandro, 
sotto  la  metropoli  d'Efeso,  eretta 
i»el  V  secolo,  detta  pure  Nice.  Eb- 
be per  vescovi,  Teodoro  die  fu  al 
primo  concilio  d'Efeso;  Meonio  in- 
tervenne a  quello  di  Calcedonia;  Si- 
fciunio  fu  al  VI  concilio  generale  ; 
Teodosio  si  recò  al  VII  ;  NicoU 
air  Vili,  e  Michele  a  quello  pel  ri- 
stabilimento di  Fozio.  Oriens  chrisl. 
t.  I,  p.  708. 

NISA  o  NISI,  Nysa,  Nyssa.  Se- 
de  vescovile  della  prima  Cappado- 
cia,  sotto  la  metropoli  di  Cesarea  , 
eretta  nel  IV  secolo.  Il  primo  ve- 
scovo fu  Gregorio,  di  cui  si  lagna  s.. 
Basilio  nella  lettera  266  j  poi  s.  Gre- 
gorio Nisseno  fratello  di  tal  santo, 
eletto  nel  372,  uno  de' più  illustri 
prelati  del  suo  tempo  :  quanto  ai 
successori  vedasi  V  Oriens  christ.  t. 
J,  p.  392. 

NISA  o  NISSA  o  NESSA,  Nesa, 
JSfaissus.  Sede  vescovile  di  Licia 
nell'esarcato  d'Asia,  sotto  la  metro- 
poli di  Mira,  eretta  nel  secolo  V. 
Giorgio  suo  vescovo  fu  al  concilio 
VII  generale.  Oriens  christ.  t.  I , 
p.  988. 

r^lSCIAN  o  NrSCI ANI  IFTIHAR. 
Decorazione  equestre  della  Porta 
ottomana  di  più  specie,  che  con- 
ferisce il  gran  sultano  anche  ai  cat- 


NIS 

l(»Iici  ed  ecclesiastici  graduati,  ecl 
ai  vescovi,  come  dicemmo  nel  voi. 
XLIV,  p.  59  del  PizionariOy  par- 
lando di  quella  del  Nisciani  Iflihar 
conferita  io  brillanti.  Nisciani  Ifti- 
har  in  italiano  significa  decorazio- 
ne o  segno  onorifico;  ha  propria- 
mente una  sola  denominazione,  e 
si  distingue  solamente  dalla  mag- 
giore o  minore  grandezza  e  valore 
della  decorazione  stessa,  che  il  grau 
signore  conferisce  col  nome  gene- 
rale di  JVisciani  Iftihar.  Volendo 
Mahmud  II  padre  del  regnante  sul- 
tano guiderdonare  i  servigi  e  i  me- 
riti di  parecchi  distinti  personaggi 
turchi  ed  europei,  pensò  di  sostituire 
alla  vieta  decorazione  della  Luna{Fe- 
di)j  della  atìche  31ezza  Luna y  omai 
caduta  in  disuso,  un  nuovo  e  più 
accettevole  segno  d'onore,  e  ira- 
scelse  a  tal  uopo  nell'  inverno  del 
1808  il  Tura  (ossia  la  cifra,  che 
indica  il  nome  del  sultano  e  del 
suo  genitore),  il  quale  posto  in 
campo  d'oro,  e  circondato  di  ric- 
chi diamanti,  divenne  cosi  il  primo 
e  più  cospicuo  ordine  cavalleresco 
dell'impero  ottomano,  ove  tutt'ora 
conservasi  in  grandissimo  lustro  sot- 
to il  titolo  di  Niscian-  fflihar,  cioè 
decorazione  ed  insegna  dell'onore, 
la  quale  però,  come  dicemmo,  è 
maggiore  a  minore  secondo  la  qua- 
lità delle  persone  alle  quali  viene 
data.  Abbiamo  anche  la  decorazio- 
ne o  Niscian  istituita  da  Ahmed 
celebre  bey  di  Tunisi,  salito  al  tro- 
no nel  1837,  amico  sincero  della 
Francia  e  civilizzatore  del  proprio 
stato,  ove  regna  da  sovrano  assolu- 
to; decorazione  da  lui  fondata  pel 
civile  e  pel  militare,  quale  onorifico 
guiderdone  per  coloro  che  se  ne 
mostrano  degni,  sieno  statisti  o  no. 
La  decorazione  è  di  più  classi,  di 
forma    ovale   con  cifra    in    mezzo  ^ 


NIS 
appesa  ad  ima  mezza  luna  e  ad 
una  stella,  simile  a  quella  incisa 
nel  num.  a  del  Giornale  militare 
italiano  del  1847,  che  si  pubblica 
in  Firenze  dal  eh.  cav.  Dragoman- 
ni. Nella  splendida  accoglienza  che 
r  illuminato  bey  ricevette  nel  1846 
in  Francia,  egli  di  sua  mano  con- 
ferì la  decorazione  tunisina  del  Ni- 
scian  a  molti  ragguardevoli  perso- 
naggi; e  ritornato  nel  suo  stalo 
rimise  l'insegne  del  Niscian  di  pri- 
ma classe  al  maresciallo  Bugeaud 
governatore  dell'Algeria,  di  secon- 
da classe  ai  generali  Lamoricière  e 
Bedeau,  ed  al  contr'ammiraglio  Ri- 
godit  di  Algeri.  Nella  lettera  accom- 
pagnatoria del  bey  al  maresciallo, 
chiama  la  decorazione  »  splendido 
fregio,  che  occupa  un  luogo  distin- 
to nell'opinione  di  tutti  gli  uomi- 
ni d'onore.  Sovr'esso  è  scritto  il 
nostro  nome,  e  lo  stemma  della 
dignità  dell'ordine  :  ti  piaccia  ac- 
cettarlo ". 

NISIBI.  Città  vescovile  dell'Asia 
nella   Mesopotamia^  nel  patriarcato 
d'Antiochia,  sotto  la  metropoli  d'A- 
mida ,  ora  nella  Turchia  asiatica.  Eu- 
sebio di  Cesarea,  s.  Efrem  di  Edes- 
sa,   e    s.  Girolamo  la  mettono    ira 
le  ci.ltà  più  antiche,  e  credono  che 
sia  {'Acliady  di  cui  è  fatta  menzio- 
ne nella  Genesi  cap.  io,  v.  io,  edi- 
ficata da  Nembrod,  e  che  restò  poi 
celebrata   con  molti  nomi,  di  Naca' 
bin,  Ntsihiy  ed  Antiochia  Migdonia 
perchè   situata    nel  fianco    australe 
del    fiume    Migdonio,  come    narra 
anche    Plinio.    La  sua  felice  situa- 
zione accrebbe  la  sua  magnificenza  ; 
posta    tra    Charra    e    Seleucia,   35 
nìiglia    distante  dal  Tigri  e  5o  da 
Amida,  le  sovrastava  il  monte  Ma* 
sio  in  lontananza,  circondata  da  spa- 
ziosa campagna  terminante  all'Eu- 
frate. La  gara  de'romaui  e  de'priu- 


NIS  43 

cipi  d*orieute  pel  suo  acquisto,  so- 
no un  testimonio  di  sua  antica  gran- 
dezza. Divenne  colonia  romana  sot- 
to  Settimio    Severo,    ma    dopo   la 
spedizione  dell'imperatore  Giuliano 
l'apostata   in  Persia,  Gioviano  suo 
successore  restituì  ai  persiani   que- 
sto   baluardo  dell'impero  romano, 
con    grandissimo    rammarico    degli 
abitanti,    i  quali  dovettero    andare 
a    stabilirsi   altrove,    ed    Ammianq 
rimproverò    a  Gioviano  fortemente 
la  resa  vergognosa  di  questa  piaz- 
za al  re  Sapore  IL  In  conseguenza 
di  questo  cambiamento,  la  sede  ve- 
scovile  di  Nisibi  eretta  nel  IV  se- 
colo,   passò  dalla  giurisdizione   del 
patriarca    d'Antiochia,  sotto  quelU 
del  cattolico  di  Caldea.  Questa  chie- 
sa fino  dai  tempi  della  persecuzio- 
ne   di   Diocleziano,  e  da  quelli    di 
Costantino,    era  eretta  dal  vescovo 
e    cittadino    di    Nisibi  s.    Giacomo 
(Fedi),    detto    perciò   Nisibeno,    il 
suo  primo  celebre  confessore   della 
fede,  chiaro  per  dottrina    e    mira- 
coli, maestro  del  siro  s.  Efrem.  Nel 
concilio    I  di  Nicea  si  distinse    co- 
me uno  de* più  intrepidi    difensori 
della  consustanzialità  del  Verbo  con- 
tro l'eresiarca  Ario,  e  mori  nel  fi- 
ne  del   IV   secolo  :    Teodoreto    ne 
scrisse  la  vita,  e  s.  Atanasio  anco- 
ra fece  menzione  dell'illustre  pre- 
lato, Orat.  I,  contra  Arian.  Il  Maz- 
zuchelli  nel  t.  I,  par.  II  degli  Scrit* 
tori  d'Italia,  fece  onorevole  menzio- 
ne   di    sue  opere,  che  pubblicò  in 
Roma  nel  1^56,  colla  dissertazione 
De  ascetiSf  il  cardinal  Nicolò  Anto- 
nelli  .    Altro    vescovo   che    governò 
la  chiesa  di  Nisibi  sotto  i   patriar- 
chi d'Antiochia  è  Volageso,  al  qua- 
le fu  attribuita  una  lettera,  in  cui 
si  narra  il  modo  come  la  città  per 
le  preghiere  di  s.  Giacomo  suo  pre- 
decessore fu  liberata  dall'assedio  che 


44  Nis 

Sapore  II   gli  fece  nel  35o,   alTer- 
itiandolo   il    p.    Le    Quieti,    Oriens 
ifirìsUanus,  t.  II,  p.  99^.  In  Nisi- 
Ijì  fu  eretto  uu  tempio  al  culto  eli 
s.    Giacomo,  al  cui  sepolcro  si  di- 
scendeva pei*  una  scala  sotterranea, 
ed  all'epoca  dell'imperatore  Giulia- 
no  questa    chiesa  fu    bagnata    dal 
sangue  de'martiri  s.  Dionisio  o  De- 
metrio monaco  e  compagni,  per  ave- 
le  rinfacciata  al  tiranno  la  sua  apo- 
>tasia  in  Nisibi  stessa.  Nel  secolo  VI 
Nisibi  diventò  sede  arcivescovile,  e 
nel  645»   vi  fu  celebralo  un    conci» 
lio  da  Gussia,  forse  allora  suo  ar- 
civescovo, che   vi  fece  alcuni  cano- 
ni   a    suo    capriccio,    come    rilevasi 
dall'Assemani,    Bibl.    orìent.  t.  IH, 
p.    142.    Vedi  Siria  sacra  p.  134, 
e  l'annalista  Rinaldi  agli  anni  338, 
II.   18  e    19,  e  363,  n,  38  e  121, 
dal  quale  si  apprende  che  il  corpo 
di  s.  Giacomo  fu  trasportato  altro- 
ve d'ordine  di  Giuliano,  con    pro- 
fondo dolore  de'suoi  divoti  nisibeni. 
Quando  la  chiesa  di  Nisibi   pas- 
so sotto  la  giurisdizione    del   catto- 
lico di   Caldea^  ne  fu  nominato  ve- 
scovo Barsuma,  di  cui  parlammo  a 
quell'articolo,  primo  empio    precet- 
tore della  scuola   nestoriana  istitui- 
ta   in  Nisibi:  gli  autori   contempo- 
ranei parlano  di  lui  come  d'un   uo- 
mo pessimo   per  le  sue  massime,  e 
corrotto  ne' suoi  costumi.  Barsuma 
introdusse    la    poligamia    nella  sua 
jsetta,  ed  invitò  i  sacerdoti  ed  i  ve- 
scovi ad  ammogliarsi  pubblicamen- 
te, avendo    egli    medesimo    sposato 
Mammea  religiosa,  su  di  che  si  po- 
trà consultare  il  citalo  Assemani  t. 
Il,  p.  4^3,  il  quale  racconta  altre- 
sì,  che    Barsuma    essendo     entrato 
nella    chiesa   del  monastero  di  Tu* 
Abdin,    venne  colà  trucidato    dalle 
religiose    medesime    del    monastero. 
Gii  successe  Oaca  anche  uell'empie 


NIS 
di  lui  massime,  ch'egli  pure  inse- 
gnò nella  scuola  nestoriana,  famosa 
perchè  Nisibi  con  Edessa  furono  le 
due  principali  cillà  di  Caldea.  Quan- 
to   agli    altri   vescovi   nestoriani    di 
Nisibi,    dipendenti  dal    cattolico  di 
Caldea,  fino  al    i33o   ne  riporta  la 
serie  il  menzionato  p.   Le  Quien  t. 
II,  p.  1589.  Commanville,  Hist.das 
arch.,  dice  che  in  Nisibi   vi    ebbero 
i   vescovi  gli  armeni  e  i;  nestoriani 
de* quali    divennero  pastori   nel   se- 
colo IX  sotto  Seleucia.  Per  gli  an- 
tichi   pregi   della    chiesa  di    Nisibi, 
la    santa  Sede    ne    conferì  il  titolo 
arcivescovile  di  Nisibi,    Nisibeii    in 
partibus,   a    diversi    personaggi:    di 
Gio.  Battista  Braschi  ne  parlammo 
nel   voi.  VI,  p.  97  del  Dizionario. 
Dipoi  fu    fatto  arcivescovo  di   Nisi- 
bi fr.  Francesco  de  Bolanos  della  dio- 
cesi di  Toledo.   Pio   VI  fece  arcive- 
scovo di  Nisibi  e  superiore  delle  mis- 
sioni  di   Olanda  Cesare  Brancadoro 
poi  cardinale,  il  quale  ne. dichiarò  la 
singoiar    compiacenza    pel  lustro  di 
questa  chiesa,  e  per  averne   portato 
il  titolo  il  Braschi  antenate  del  Papa, 
nella  prefazione  erudita  del  suo  li- 
bro: Pio   VI  in  Sabiaco.  Rileva  il 
De  Angelis,   Coniment.  di  Montefia- 
scone  p.  76,  che  avendone  portato 
il   titolo  il  cardinal  Caleppi,  lo  pre- 
ferì   a    qualunque  altro  monsignor 
Vincenzo   Macchi   oggi  cardinal  de- 
cano del  sacro  collegio,  quando  nel 
18  i  8    Pio    VII  glielo  conferì   colla 
nunziatura    Elvetica.    Essendo     va- 
cante,  Gregorio  XVI  nel  concisto- 
ro   de' 2 1    aprile   i845>,  vi   nominò 
monsignor    Carlo    Luigi    Morichini 
romano,    prelato  domestico    e  chie- 
rico  della    camera    apostolica,    che 
insieme  promosse  a  nunzio  di  Mo- 
naco   o    Baviera .    Questo   dotto    e 
rispettabile    prelato,     lodato   autore 
di  utili  opere  (del  cui  celebre  pu« 


ISIT 

tire  parlammo  con  enoomi  nel  voi. 
XLIV,  p,  i4o  dei  Dizionario  ed 
altrove),  il  regnante  Pio  IX  nel  1 847 
Io  fece  prò- tesoriere  generale  e  mi- 
nistro delie  finanze. 

NITRIA  {Nilìien).  Citlà  con  resi- 
denza  vescovile  in  Ungheria,  capo- 
luogo del  comitato  del  suo    nome, 
marca    di    IVeulra,    a  27   leghe    da 
Buda,  sulla  destra  della  riviera  del 
suo    nome,  chiamala  pure   Neutra^ 
in    ungherese    Nyitra   ed  in  islavo 
Nilra.    Sta  sopra    due  alturCj   una 
delle  quali  è  occupata  da  un    for- 
te castello,  e  l'altra  dalla  città  pro- 
priamente detta.  La  cattedrale,    re- 
cente edifìzio  di  solida  struttura  sot- 
to l'invocazione  di  s.  Emeramo  ve- 
scovo e  martire,  è   posta  sopra  un 
monte,    onde    nelT  inverno  diflìcile 
n*  è  r  accesso  j   vi  si   venerano  insi- 
gni reliquie,  tra  le  quali  quelle  dei 
ss.     Andrea     e    Benedetto    patroni 
della   diocesi.    JNella    città    vi    sono 
due    chiese  parrocchiali  con    Jjatti- 
sterio^  un  convento  di   religiosi,  ed 
una  gran  casa  di  quelli  delle  scuo- 
le pie,  il  collegio,  il  seminario,  l'o- 
spedale, il  palazzo  vescovile   ampio 
e  magnifico  adiacente  alla  cattedra- 
le; inoltre  il   vescovo  ha  nella  dio- 
cesi altre  quattro  residenze.  La  se- 
de vescovile  fu  secondo  alcuni  eret- 
ta   nel    1000    da    s.    Stefano    I  re 
d'Ungheria,  dicesi  prima  dell'arri- 
vo dei  Magiari,  sulfraganeo   di  Gran 
o  Strigonia  di  cui  è  tuttora.  Sem- 
bra però  che  questa  sede  abbia  più 
antica  origine,  poiché  da  quanto  di- 
cemmo a  MoEAviA  era   stata  prov- 
veduta di  vescovo  nell'880  dal  Pa- 
pa  Giovanni  Vili;  anzi  tra  i  vesco- 
vi suffraganei  di  Urolfo  arcivescovo 
di  Lorr.k  dell'SaS,  si  novera  Nitria, 
come  riporta  l'Ansizio  in  Germania 
sacra  t.  I,  p.  i46.  Ne  furono  vesco- 
vi   nel  secolo  passato  e  nei  corrente 


NIV  4* 

quelli  che  registrati  nelle  annuali 
Notizie  di  Roma  qui  riportiamo. 
1787  Gio.  Ernesto  de'conti  di  Har- 
rac  di  Vienna.  174^  EmericoEsler- 
hazy  de  Galanta  di  Giavarino,  tras- 
lalo  da  Dor^.  1763  Giovanni  Gusz- 
liny  della  diocesi  di  Strigonia,  suc- 
ceduto per  coadiutoria.  1780  An- 
tonio de  Revay  della  diocesi  di  Stri- 
gonia trasferito  da  Bosnavia.  1788 
Francesco  Saverio  Fuchs  della  dio- 
cesi di  Giavarino.  1808  Giuseppe 
Kluck  della  diocesi  di  Neosolio.  1827 
Giuseppe  Vurum,  traslato  da  Va- 
radino,  della  diocesi  di  Grem.  Per 
sua  morte,  Gregorio  XVI  nel  con- 
cistoro de' 18  febbraio  i838  dichia- 
rò r odierno  vescovo,  già  di  Casso- 
via,  monsignor  Emerico  Palugyayn, 
nato  in  RisPalugya  diocesi  di  Sce- 
pusio.  11  capitolo  si  compone  di 
quattro  dignità,  prima  delle  quali 
è  il  preposto  che  gode  la  preben- 
da del  penitenziere,  di  dieci  cano- 
nici, e  di  altri  preti  e  chierici.  La 
diocesi  è  ampia,  contiene  due  cit- 
tà, diversi  luoghi,  e  i^5  chiese  par- 
rocchiali. Ogni  nuovo  vescovo  è 
tassato  in  275  fiorini,  corrisponden- 
ti a  97,000  di  rendite,  però  gra- 
vati di  57,000   fiorini   ungheresi. 

NIVELLE  o  NIVELLES,  iV/V/- 
gella.  Città  de'Paesi  Bassi  nel  Bra- 
bante  meridionale,  capoluogo  di  cir- 
condario e  di  cantone,  a  6  leghe 
da  Brusselles,  sulla  Thienne.  È  an- 
tica, ed  ha  la  chiesa  collegiata  di 
s.  Geltrude,  con  bel  collegio.  Ivi 
tal  santa,  figlia  di  Pipino  figlio  di 
Carlomanno,  e  sua  madre  Iduber- 
ga  nel  645  fondarono  il  celebre 
monastero  di  benedettine  poi  cano- 
nichesse,  che  die  origine  alia  città, 
di  cui  si  chiamò  principessa  la  pri- 
ma. Divenne  capoluogo  di  baronia, 
e  celebre  fu  Giovanni  di  Nivelle 
suo  signore  :  i  francesi  nel  combat- 


46  NIZ 

timento  di  SeneflT,  nel  1674  vi  ri- 
portarono sugli  olandesi  strepitosa 
■vittoria.  In  Nivelle  nel  1200  si 
tenne  un  concilio,  suU'  interdetto 
della  Francia.  Labbc  t.  XIj  Ardui- 
no t.  VII. 

NIZERIA.  Sede  rescovile  dell'e- 
sarcato d'Asia,  nella  prima  provin- 
cia delle  Cicladi  nell'  Arcipelago, 
sotto  la  metropoli  di  Rodi,  eretta 
nel  secolo  IX.  È  pure  chiamata 
Icari  a  i  N icari  a  o  NicoUri,  così  det- 
ta dagli  antichi  da  Icaro  figlio  di 
Dedalo,  la  cui  isola  appartenne  ai 
Giustiniani  di  Genova  signori  di 
Scio,  donde  passò  ai  turchi.  Ne  fu- 
rono vescovi  Giovanni  del  i353j 
Guglielmo  Alboni  de*  minori;  Gu- 
glielmo trasferito  da  Colosso  nel 
i365;  Tommaso  di  Negroponte  dei 
minori;  Guglielmo  Capellaii  agosti- 
niano del  1426;  Giovanni  domeni- 
cano del  i5o8.  Oriens  chris.  t.  Ili, 
p.    1054. 

NIZZA  (Tf/c/e/i).* Città  con  resi- 
denza vescovile  negli  stati  sardi,  ca- 
poluogo di  divisione,  di  provincia 
e  di  due  mandamenti,  a  35  leghe 
da  Torino  e  da  Genova,  sul  Me- 
diterraneo all'imboccatura  del  Pa- 
glion  che  si  attraversa  sopra  un 
ponte,  ond'è  detta  Nizza  marittima. 
E  sede  d'un  senato  reale  o  corte 
di  giustizia  superiore,  per  la  divi- 
sione. Deliziosamente  situala^  sta  al 
piede  d'un  anfiteatro  di  colline  co- 
perte di  case  di  delizia,  e  di  bo- 
schetti di  aranci,  cedri,  ec.  Le  Al* 
pi  vi  compiscono  la  veramente  lo- 
ro pittoresca  prospettiva  da  un  la- 
to, ed  il  more  dall'altro.  Sorpren- 
dente e  incantevole  è  la  strada 
detta  della  Cornice,  perchè  prima  in 
molti  luoghi  era  strettissima,  lungo 
il  Mediterraneo  da  Nizza  a  Genova. 
Cinta  da  mura  bastionate,  ha  tre 
porte,  una  delle  quali  di  forma  tiion- 


NIZ 

fale.  Si  divide  in   vecchia   e  nuova 
città;    quest'ultima  ha  case  di  bello 
aspetto,    sopra  tutto  quelle  del  sob- 
borgo della  Croce  di  marmo,  e  del 
quartiere  Nuovo  che  lo  segue,  delle 
quali  la  maggior  parte  delle  mura- 
glie esterne  sono  dipinte  a  fresco;  i 
giardini  della  maggior  parte  di  esse, 
congiuntamente  al  bel  cielo  ed   al- 
l'aria  pura  di   Nizza,  le   fanno    ri- 
cercar molto  dai. forestieri  che  con- 
corrono in  questa  città.  E  osserva- 
bile la  piazza  di  s.   Agostino,  qua- 
drato cinto  da  portici,  ed  una  del- 
le   più    belle   d'Italia,  ed  un'altra 
vicina  al  mare,  fiancheggiata  da  al- 
beri, e  presso  a  cui  evvi  un  largo 
terrazzo   che   serve  di    passeggio    e 
di  •  diga,   donde    si    distinguono    le 
montagne  della  Corsica.  I    bastioni 
offrono  altri  passeggi  e  vedute  pit- 
toresche.   I   principali   pubblici  edi- 
fìzi  sono:  il  palazzo  del  governato- 
re, l'antico  convento  de' domenica- 
ni,  il  collegio  de'gesuiti,  gli  edifizi 
Lascaris,    s.  Andrea,    e    l' ospedale, 
vasto  fabbricato  di  moderna  costru- 
zione. La  cattedrale  è  sotto  Ti n vo- 
cazione   di   s*  Reparata,  con  batti - 
sterio,    e    vi    sono    altre  tre  chiese 
parrocchiali,    pure   col  fonte  sacro; 
diversi  conventi  di  religiosi,  un  mo- 
nastero di  monache,  due  orfanotro- 
fi, monte  di  pietà  e  seminario.    Vi 
è  la  biblioteca  pubblica,  due  stabi- 
limenti   di    bagni    ed    il  teatro.   Il 
porto   che    sta   all'est  della  città   è 
piccolo,  ma  sicuro,  ed  assai  profon- 
do, essendo  difeso  da  un  forte  sul 
capo  di  s.  Albano.  Vi  sono   diver- 
se fabbriche;  la  pesca  vi  è  attiva, 
e  quella  delle  sardelle  abbondante. 
E    patria  del  matematico    Maraldi, 
del  lessicografo  Alberti  di  Villano- 
va,    del   pittore  Vanloo,  dell'astro- 
nomo Domenico  Cassini,  e  di  altri 
personaggi  illustri.   Il  Papa  regnau- 


NIZ 

te  nel  1847  creò  cardinale  Giaco- 
mo Maria  Antonio  Celestino  Du- 
pont  di  Villafranca  diocesi  di  Niz- 
za, fatto  da  Gregorio  XVI  arcive- 
scovo di  Bourges:  ne  parlammo 
nel  voi.  Ili,  p.  291  del  Diziona- 
rio. Kizza  fu  capitale  dell'  antica 
contea  d*  Italia  del  suo  nome,  che 
per  molli  secoli  fece  parte  della 
Gallia  JVarbonese,  e  quindi  della 
contea  di  Provenza,  da  cui  fu  di- 
visa per  essersi  i  suoi  abitanti  spon- 
taneamente dedicati  ad  Amadeo  VII 
conte  di  Savoia  nel  i388;  laonde 
si  disse  Nizza  nella  Francia  Nar- 
bohese,  o  Nizza  di  Provenza. 

I  focesi  fondatori  della  città  di 
Marsiglia,  vedendo  le  loro  colonie 
considerabilmente  accresciute,  si  e- 
slesero  lungo  la  cosla^  ed  avendo 
ritrovato  sul  Varo  un  luogo  ame- 
nissimo,  vi  fondarono  la  città  di 
Nizza,  a  cui  diedero  il  nome  di  iVi- 
caea  che  significa  vittoriosa^  in  me- 
moria de*  vantaggi  da  loro  quivi 
riportati  sui  liguri.  Teneva  un  po- 
sto distinto  tra  le  città  dei  gaulesi, 
quando  i  romani  intrapresero  la  con- 
quista della  Provenza^  circa  i58 
anni  avanti  Gesù  Cristo.  Era  della 
più  grande  celebrità  al  tempo  di 
Tolomeo.  I  romani,  pnma  di  Cesa- 
re, avevano  ottenuto  dai  marsigliesi 
il  porto  di  Nizza,  di  cui  fecero  un 
arsenale  marittimo  appunto  per  le 
loro  guerre  in  Provenza  :  sotto  Au- 
gusto questo  arsenale  fu  trasferito 
a  Frejus,  e  Nizza,  che  ritornò  in 
potere  de*  marsigliesi,  fu  loro  alfine 
tolta  dopo  la  morte  di  Tiberio; 
ma  il  suo  porto  essendo  in  pessi- 
mo stato,  i  romani  trasportarono 
la  sede  della  provincia  a  Cimella, 
Cemeliiim,  oggidì  piccolo  luogo  ad 
una  lega  da  Nizza,  detto  Cimiez. 
Fu  Cimella  capo  delle  Alpi  marit- 
time,   sede  dei    presidenti,  colonia 


NF-Z  47 

e  municipio  de'romani,  ed  ebbe  i 
tre  soliti  ordini  di  cavalieri,  senato 
e  plebe,  e  nel  suo  distretto  com- 
prendeva i  popoli  vedianzi^  capii* 
lati,  alpini  e  salii,  e  sembra  che  i 
marsigliesi  ne  sieno  stali  i  fondatori 
come  Nizza.  Ambedue  città  libere, 
indi  suddite  ai  romani,  finche  nella 
decadenza  dell'imperò  dai  longo- 
bardi conquistate,  poscia  da  loro 
distrutte,  massime  Cimella  nel  787, 
onde  Nizza  non  divenne  più  che 
un  luogo  di  riposo:  a  questa  ulti- 
ma epoca  incominciò  Nizza  a  ri- 
popolarsi, ed  alla  fine  del  secolo 
XII  era  la  capitale  della  contea 
del  suo  nome.  Nella  sua  origine 
costrutta  sopra  una  roccia  domi- 
nante il  mare,  si  estese  poscia  ha 
il  Paglion  e  la  Limpia.  La  roccia 
a  pino  fu  in  progresso  coronala 
da  una  fortezza,  che  resister  seppe 
spesso  agli  sforzi  del  pirata  Barba- 
rossa,  il  quale  per  non  poter  pren- 
derla saccheggiò  la  città.  Soggetta 
ai  re  di  Borgogna  ed  ai  conti  di 
Provenza,  i  suoi  abitanti,  come  di- 
cemmo, si  diedero  ad  Amadeo  VII, 
più  tardi  abbellendola  Carlo  Em- 
manuele  II  e  Vittorio  Amadeo  IF. 
Quando  il  Papa  Adriano  VI  nel 
i522  dalla  Spagna  si  recò  navi- 
gando a  Iloma,  pernottò  nel  porlo 
di  Villafranca,  complimentato  dal- 
l' ambasciatore  mandato  da  Fran- 
cesco I  re  di  Francia,  la  cui  ar- 
mata sotto  il  comando  di  France- 
sco di  Borbone  se  ne  impadronì. 
Nel  i538  ebbe  luogo  in  questa  cit- 
tà il  famoso  congresso  del  Ponte- 
fice Paolo  III,  coir  imperatore  Car- 
lo V  e  con  Francesco  I,  in  conse- 
guenza di  che  per  mediazione  di 
Paolo  IH  fu  conchiusa  una  tregua 
di  dieci  anni  fra  i  due  monarchi. 
Il  Giovio  eh'  era  presente,  narra 
che  nel  giugno  i    due    sovrani  se- 


48  NIZ 

paratamente    ossequiarono  il  Papa, 
il  quale  non  potè  riuscire    di  finii 
abboccare  insieme,    ed    inutilmente 
gl'invito  a  portarsi  in  Vicenza  per 
la  celebrazione    del    concilio  .     Ac- 
compagnalo da  Carb    V,  colle  ga- 
lere francesi  verso  il  fine  di  giugno 
Paolo  III  approdò  a  Genova.  Il  Fer- 
lone,  De  viaggi  intrapresi  dai  Poh* 
teficiy  racconta  che   Paolo  HI  giun- 
se a  Nizza    a'  r8    maggio,     incon- 
trato   tìair    imperatore     a     Mona- 
co,   e    che   non    essendo    il    Papa 
ammesso  in  città  per  le  gelosie  dei 
savoiardi,  alloggiò  di  fuori  nel  con- 
vento de' francescani,  mentre  Fran- 
cesco I    era    in  Villafranca,  e  mai 
potè  riunire  insieme  i  due  sovrani, 
benché  piti  volte    si     portasse    da 
loro,  solo  ottenne  la  detta  tregua. 
Sotto    Luigi    XIV,    Catinai    prese 
Nizza    nel     169 1   e  la  restituì  pel 
trattato  di  pace  col  duca  di  Savoia 
nel    1696.    Fu    ripresa    dal  mare- 
sciallo di   Berwick    nel     lyoS,  che 
s'impadronì    anche    della    fortezza 
Tannò  seguente,  e  dopo  essere  sta- 
ta r  una  e  1'  altra   quasi  distrutte, 
ritornò  colla    contea    in  potere  del 
duca    di  Savoia   pel   trattalo  d' U- 
trecht  del   171 3.  Fu  presa  nuova- 
mente   dar     francesi     nel     1744  ^ 

1792,  e    riunita  alla    Francia    nel 

1793,  in  seguito  divenne  il  capo- 
luogo del  dipartimento  delle  Alpi 
marittime,  formalo  dalla  contea  di 
Nizza,  sino  al  i8i4,  epoca  in  cui 
fu  restituita  colla  contea  al  re  di 
Sardegna,  formando  una  divisione 
de' suoi  stati.  Due  volte  Nizza  fu 
onorata  dalla  presenza  di  Pio  VII; 
Ja  prima  fu  nel  1809  deportato,  e 
•vi  giunse  da  Aix  a'  7  agosto,  in- 
contrato al  ponte  del  Varo  dal  ve- 
scovo e  dalla  regina  d' Etruria  col 
principe  suo  figlio,  in  modo  com- 
nìovenle,  percorrendo    il    ponte  a 


NIZ 

piedi  con  tali  principi.  Entrò  in 
Nizza  tra  una  folla  immensa  di 
popolo  giubilante  di  divozione,  o 
prese  alloggio  nel  palazzo  della 
prefettura.  Ne'  tre  giorni  che  vi  di- 
morò fu  una  continua  festa  e  la 
sera  illuminazione  .  Il  Papa  vi 
celebrò  ogni  giorno  la  messa,  ascol- 
tata dalle  dame  e  da  altre  persone; 
accolse  benignamente  il  vescovo,  i 
parrochi  de' dintorni  e  chi  volle 
ossequiarlo,  e  sette  od  otto  volte 
al  dì  compartiva  la  benedizione 
dal  balcone,  innanzi  al  quale  una 
volta  schieraronsi  72  barche  di  pe- 
scatori e  più  di  1 6,000  persone, 
per  applaudire  il  Pontefice  ed  es- 
sere benedetti.  Alla  sua  partenza 
un  popolo  immenso  con  dimostra- 
zioni religiose  concorse  a  veder  par- 
tire Pio  VII  per  Savona,  e  gli  a- 
bilanti  delle  vicine  comuni  posero 
le  campane  sugli  alberi  e  mortari 
in  più  luoghi  per  celebrarne  il  pas- 
saggio. La  seconda  volta  che  Nizza 
vide  Pio  VII  fu  nel  i8i4,  quando 
ritornava  dalla  sua  prigionia  a  Ro- 
ma, proveniente  da  Aix,  a  modo 
di  trionfo,  a'2  febbraio:  si  mosse- 
ro ad  incontrarlo  le  confraternite, 
gli  alunni  del  seminario,  i5o  sa- 
cerdoti in  cotta.  Arrivato  a  Croix- 
du-Marbre  il  popolo  staccò  i  ca- 
valli della  vettura  e  la  portarono 
sino  alla  chiesa  e  alla  prefettura 
tra  gli  evviva. 

Prima  del  vangelo,  tanto  in  Niz- 
za che  in  Cimella,  l'idolatria  fu  la 
religione  dominante,  e  da  più  iscri- 
zioni «e  ne  hanno  i  sacrifizi,  i  mi- 
nistri, i  riti  ed  i  sepolcri;  se  poi 
da  s.  Barnaba  o  da  s.  Nazario,  o 
da  altri  siasi  introdotta  la  religio- 
ne cristiana,  è  cosa  assai  diffìcile  a 
potersi  stabilire  ,  potendosi  leggere 
l'erudita  Dissertazione  III  del  p. 
Pietro  Paganelli  nella  Storia    della 


NIZ 

chiesa  Ligure.  Egualmente  s'ignora 
precisamente  quando    e  da  chi  fos- 
se eretta  la  sede  vescovile,  e  nep- 
pure   se    in   principio   le  due  città 
ebbero  due  vescovi^  o  per  ambedue 
uno  solo  ;    in    progresso   il  vescovo 
l'ebbe  ognuna  delle  due  chiese  con 
sedi  distinte,  ridotte  poi  ad  una  sola 
dai  Papi  ;  e  sia  per  questa  unione, 
.  sia  perchè  avessero  un  vescovo  solo, 
or  di  Cimella,  or  di  Nizza    ed  ora 
di  ambedue  queste  chiese    s' intito- 
lava. In  origine  fu  suffraganea  d'Am- 
brun,  indi  d'Aix,  e  dal    i8i4  lo  è 
di  Genova.    Il    primo    vescovo  che 
rUghelli,  neW  Italia  sacra    t.  IV, 
p.  I  io3,  registra  con  altri,  è  s.  Bas* 
so  che  governò  circa  vent'anni,  na- 
tivo   di    Nizza,    come    si  apprende 
dall'  iscrizione  scoperta   in  Marano, 
Corpus  s.  Bassi  episcopi  et  marty- 
ris  JViciensis.  Eletto  forse  sotto  A- 
lessandro  Severo,    sembra  martiriz- 
zato neir  impero  di  Decio  circa  l'an- 
no 25o  o  253.   Il  suo  corpo  inte- 
ro, flessibile  e  odoroso    si  conserva 
in  Marano  di  Fermo,  nel   governo 
di  Grottamare,  con  collegiata  chie- 
sa già  di  s.  Maria  di  Castello,  ora 
di  s.  Basso;    la  cui    identità,  tanto 
contrastata,  fu  vittoriosamente  soste- 
nula.   Presso  una  famiglia  del  luo- 
go si  conserva  un  antico    e  impor- 
tante mss.  latino  riferibile  al  mar- 
tirio di  s.  Basso,  del  quale    tratta- 
no Baronio,  Spondano  e  Bzovio  al- 
l'anno 253,  ed  altri:   il    p.    Civalli 
presso  il  Colucci  t.  XXV,  p.    32, 
parla  del  convento  di  s.  Basso  fuori 
di  Mai-ano,  in  cui  sotto  l'altare  mag- 
giore fu  trovalo  il  corpo  di  s.  Bas- 
so poi  trasportato  in  Marano,    ove 
se  ne  celebra  la  fesla  a'  5    dicem- 
bre. Vedasi  ancora  Catalani,  De  eccl. 
Firmana  p.  44-   Anche  in  altri  luo- 
ghi è  venerato  s.  Basso,  ed  in  Ca- 
po d'Istria  ha  chiesa  sotto  la  sua  in- 

VOL.    XLVIII. 


NIZ  49 

vocazione,  detta  volgarmente  dell'o- 
spedale, perchè  unita  all'antico  ospe- 
dale della  città,  e  l'altare  maggiore 
è  pure  a  lui  sacro.  Gli   successe  s. 
Ponzio  romano,  che  si  venera  mar- 
tire a'  i4  maggio;  nel    3o2  Vale- 
rio I,  nel  337  Basso  II,    nel    38 1 
s.  Amanzio ,    nel    4^7    *•  Amanzio 
francese,  che  nel  \5o  d'ordine  pon- 
tifìcio uni  le  due  diocesi  di  Cimel- 
la e  Nizza,  ciò  che  il  Barali   attri- 
buisce al  Papa  s.  Leone  I,  essendo 
vescovo  Valeriano.  Nel  460  s.  Va- 
lerio monaco  lerinense,  nel  467  Au- 
xiano,  nel  490  s.  Dolerlo  cittadino  di 
Nizza,  ucciso  in  Toul   a' 2 8    agosto 
nella  cattedrale,  mentre  pregava  con 
s.  Graziano  vescovo;  nel  52 o  Ber- 
nardo, nel  563  s.  Magno,  nel  58 o 
Austadiojche  seppellì  il  corpo  di  s. 
Ospizio,  che  altri  dicono  tumulato 
da  s.  Magno.  Nomineremo  i  vescovi 
degni  di  particolar  menzione.  Nel  767 
s.  Siagrio  parente  di  Carlo  Magno, 
ma  la  lacuna  di  200    anni    sino  a 
Frodonio  del  998,  lasciata    dall'U- 
ghelli,  viene  riempita  dal  ch.can.  Bi- 
ma  nella  Serie  cronologica  de' vescovi 
di  Nizza,  che  la  descrive    sino    ad 
oggi.  Nel   1004    Bernardo    II    che 
confermò    la    nomina    di    Giovanni 
abbate  di  s.  Ponzio;  nel  io  18  Pon- 
zio II  arricchì  de'  suoi  beni  la  cat- 
tedrale; nel    io37  Nittardo  di  Niz- 
za   chiamato   il  Buono;    nel    1064 
Raimondo  che  ricevette  in  donazio- 
ne il  contado  di  Drappo;  nel  1078 
Archimbaldo  che  arricchì  il  mona- 
stero di    s.    Ponzio,    e  consacrò  la 
chiesa  della  Turbia;  nel  1 100  s.  An- 
selmo; nel   1 1 20  Pietro  III,    eletto 
dal  Papa  Calisto  11^  che  introdusse 
la  vita  regolare  e  il  chiostro    tra  i 
suoi  canonici;  nel   1166  Raimondo 
II,  eletto  dai  canonici    di  s.  Maria, 
giusta   il  privilegio  avuto  da  Pietro 
li;  nel   ii68  Stefano  che  si  oppose 

4 


So  NIZ 

all'unione  cìi  questa  chiesa  con  (niel- 
la di  Genova;  nel  i  ^38  Manfredo  che 
ricevette  in  Nizza  nel  I25i  il  Pon> 
tefìce  Innocenzo  IV  reduce  da  Lione. 
Nel  iiS'j  Pietro  V  Bono,  isti- 
tuì la  compagnia  del  Gonfalone  ; 
nel  i3io  Raimondo  IH  cittadino 
di  Nizza;  fr.  Guglielmo  de'minori, 
insigne  teologo,  ài  cui  tempo  nel 
1822  passò  in  Nizza  s.  Rocco  in- 
cognito. Nel  1829  ^^'  Giovanni  IV 
di  Nizza;  nel  i342  Filippo  Guastono 
traslato  da  Sion;  nel  i36o  Lorenzo 
già  prevostodella  cattedrale; nel  1873 
Rocca  Salva,  ricevette  nel  1376 
Gregorio  XI,  che  da  Avignone  re- 
stituì la  residenza  papale  a  Roma. 
Nel  i4o6  Francesco  ricevette,  se- 
condo il  Bicna,  Gregorio  XII  nel 
suo  viaggio  per  Costanza,  ma  non  vi 
convengo  pei  che  inverosimile,  forse 
e  meglio  dovrà  dirsi  Giovanni  XXI  li. 
Aimone  benedettino  del  1/I12  rinun- 
ziò nel  1428,  dopo  che  sotto  di  lui 
"venne  istituita  la  confralernila  della 
Misericordia.  Lodovico  II  Bardalo 
del  i4^8,  fu  ai  concilii  di  Basilea 
e  Firenze.  Nel  1461  Grassi  eletto 
dai  canonici  di  s.  Maria  non  fu  ap- 
provato dal  Papa;  nel  1462  Bar- 
tolomeo Cuetti  che  ornò  la  catte- 
drale, e  donò  molte  suppellettili, 
limosiniero  co'  poveri.  Nel  i5oi  il 
cardinal  Bonifacio  Ferrerò  vescovo 
d'Ivrea,  amministratore.  Nel  i5ii 
Girolamo  de  Auzago  milanese,  in- 
tervenne al  concilio  di  Laterano  V. 
Nel  1542  Girolamo  CnpodifcrrOj 
poi  cardinale,  che  nel  i546  rasse- 
gnò con  regresso  la  sede  a  Gio. 
Battista  Provana.  Morto  il  quale  nel 
settembre  i547,  '^  cardinale  ripre- 
se il  vescovato,  e  di  suo  consenso 
l'ebbero  nel  i55o  Filippo  III,  e  nel 
i552  Francesco  Lambert  di  Cham- 
bery  che  fu  al  concilio  di  Trento. 
Per  sua  moiie  nel  i583  vi  fu  Iras- 


NIZ 

ferito  da  Marsico  Gio.  Lodovico  dei 
marchesi  di  Ceva.  Nel  1600  fr. 
Francesco  Risirio  de'minori,  egregio 
predicatore,  confessore  di  Carlo  Em- 
manuele  1  duca  di  vSavoiij,  che  pub- 
blicò i  decreti  sinodali  da  lui  liitli. 
Nel  1G22  Pietro  Francesco  JMnletlo 
di  Vercelli,  abbate  generale  de'  ca- 
nonici lateranensi  ,  scrittore  della 
vita  del  b.  Amadeo  di  Savoia.  Ur- 
bano Vili  nel  1634  da  Saluzzo  vi 
trasferì  Giacobino  Marengo  di  Mon- 
dovi.  Gli  successe  nel  i658  Deside- 
rio Paletta  di  Vercelli,  abbate  di  s. 
Andrea  de'  canonici  regolari,  zelan- 
te del  culto  divino,  riedificò  la  cat- 
tedrale. Poi  successero,  nel  1659 
Giacinto  Solaio  traslato  da  Mon- 
dovi;  nel  i663  Diego  della  Chiesa 
piemontese,  dotato  di  molte  virtù  ; 
nel  1671  Enrico  IV  Provana  car- 
melitano, dotto, zelante  e  munifico, 
che  in  cattedrale  eresse  un  bell'al- 
tare di  marmo,  istituì  il  seminario 
cui  lasciò  beni  quando  mori  a'  3o 
novembre  1706,  anno  in  cui  av- 
venne la  presa  e  demolizione  del 
castello  di  Nizza.  Conquesti  si  ter- 
mina la  serie  wqW Italia  sacra.  Do- 
po 2 1  anni  di  sede  vacante ,  nel 
1727  Raimondo  111  Recrosio  bar- 
nabita di  Vercelli,  col  quale  inco- 
mincia la  serie  de'  vescovi  di  Nizza 
nelle  annuali  Notizie  di  Roma.  Do- 
po altra  sede  vacante,  nel  174^ 
Carlo  Francesco  Cantono  della  dio- 
cesi di  Vercelli.  1764  fi".  Giacomo 
Tommaso  Astesan  di  Chambery  do- 
menicano ,  Iraslato  ad  Oristano. 
1780  Carlo  Eugenio  Valperga  di 
Maglione  diocesi  di  Torino  :  per  l'in- 
vasione francese  rinunziò  nel  1801 
a  Pio  VIL  1802  Gio.  Battista  Co- 
lonna di  Bachisano  diocesi  di  A- 
jaccio,  rinunziò  a  Gregorio  XVI 
nell'agosto  i833,  e  mori  in  Roma 
nel   i835.  In  sua  vece  il  medesimo 


k 


NOA 

Papa  a*  3o  settembre  i833  preco- 
nizzò l'odierno  vescovo  ruonsignor 
Domenico  Galvano  di  Bibiana  dio- 
cesi di  Pineroloj  già  di  tal  catte- 
drale canonico  arcidiacono,  vicario 
generale  d'Annecy  ed  amministra- 
tole apostolico  della  diocesi  di  Pi- 
nerolo.  11  capitolo  si  compone  della 
dignità  del  decano ,  di  quattordici 
canonici  colle  prebende  del  teologo 
e  del  penitenziere,  di  altrettanti  ca- 
nonici onorari ,  oltre  altri  preti  e 
chierici:  un  canonico  fa  da  parroco 
nella  cattedrale.  La  diocesi  è  am- 
pia; ogni  nuovo  vescovo  è  tassato 
per  3oo  fiorini,  ascendenti  le  ren- 
dite a  10,000  librarum  monetae 
pedemonlanae. 

JXOAILLES  Lodovico  Antonio, 
Cardinale.  Lodovico  Antonio  Noail- 
les,  nato  nel  suo  castello  di  Noail- 
les  nel  Limosino^  della  primaria 
nobiltà  di  Parigi,  ottenuta  la  lau- 
rea dottorale  nell'università  di  Sor- 
bona, precedeva  lutti  gli  altri  come 
nel  talento  così  ancora  nella  esem- 
plarità de'costumi  per  condotta  pia 
e  irreprensibile.  Informato  il  re  di 
sì  egregie  doti,  lo  nominò  nel  1679 
al  vescovato  di  Chaors,  e  gli  fu 
conferito  da  Innocenzo  XI  che  a 
quello  di  Chalons  lo  trasferì  nel  se- 
guente anno.  In  ambedue  le  diocesi 
diede  prove  di  vigilanza  e  di  carità 
veramente  pastorale,  onde  fu  sli- 
mato opportuno  di  destinarlo  alla 
sede  di  Parigi ,  lo  che  da  lui  pe- 
netrato non  mancò  di  adoperarsi 
con  ardore  per  rimuovere  Luigi 
XIV  dalla  presa  risoluzione.  Gli  fu 
forza  cedere,  ed  Innocenzo  XII  nei 
1695  l'elevò  a  quella  metropoli,  e 
per  la  fanoa  di  sua  pietà  gli  fece 
spedire  gratis  le  bolle.  Entrato  al 
possesso  della  chiesa,  fondò  il  se- 
minario, convocò  il  sinodo,  e  slu- 
diossi  di    far  rifiorire  la    scienza   e 


NO  A  5i 

la  regolarità  nel  clero,  pubblicando 
eccellenti  decreti  e  savie  costituzio- 
ni. Dolce,  affabile  e  benigno,  acco- 
glieva del  pari  i  ricchi  come  i  po- 
veri, e  verso  di  questi  mostrossi  as- 
sai caritatevole  e  generoso,  fino  al 
punto  di  dare  quanto  avea  per 
sovvenire  alle  loro  miserie  in  tem- 
po di  fame.  Ad  istanza  di  detto  re, 
Innocenzo  XII  a'  1 4  novembre  1699 
lo  creò  cardinale  prete,  e  per  ti- 
tolo ebbe  poi  la  chiesa  di  s.  Ma- 
ria sopra  Minerva,  che  in  seguito 
cambiò  con  quella  di  s.  Sisto.  E- 
letto  provvisore  della  Sorbona ,  e 
commendatore  del  regio  ordine  del- 
lo Spirito  Santo ,  presiedè  diverse 
volte  all'assemblee  del  clero,  ed  am- 
ministrò la  confermazione  a  Luigi 
XV.  Nel  1709  afflitta  la  Francia 
da  fiera  carestia ,  convertì  in  de- 
naro tutti  i  suoi  argenti  lavorali , 
per  soccorrere  alle  calamità  de'mi- 
serabili,  non  lasciando  nel  tempo 
istesso  d'intervenire  a  divote  pro- 
cessioni di  penitenza  da  lui  intima- 
te, a  fine  di  placare  l'ira  del  cielo. 
Si  oppose  con  zelo  ai  nascenti  er- 
rori del  quietismo ,  le  cui  conse- 
guenze potevano  riuscire  fatali  al- 
la sua  arcidiocesi.  Disgraziatamente 
non  si  diportò  così  per  quelli  di 
Quesnello,  come  videsi  con  iscanda- 
lo  dalla  ostinata  e  riprovevole  resi- 
slenza  da  lui  mostrata  contro  la 
bolla  Unigenitiis  di  Clemente  XI, 
emanata  a  danno  del  giansenismo, 
in  virtìi  della  quale  furono  proscrit- 
te cent'  una  proposizioni  di  Ques- 
nello, dannate  ancora  dall'università 
di  Sorbona  e  dalla  massima  parte 
de'  vescovi  del  regno,  e  da  tutta  la 
Chiesa  cattolica.  Però  prima  di 
morire  si  ravvide  del  suo  gravis- 
simo errore  ,  e  f u  a  tempo  di  ri- 
trattare formalmente  quanto  di  ma- 
le   aveva    fatto     e    detto  contro  la 


52  NOB 

memorata  bolla  ,  riparando  così 
allo  scandalo  dato  ed  alla  perdu- 
ta fama,  dandone  avviso  a  Bene- 
detto XIII,  al  cui  giudizio  come 
obbediente  figlio  della  Chiesa  si  as- 
soggettò. Mon  in  Parigi  nel  1729 
d'anni  seltant'otto,  e  fu  sepolto  in 
quella  metropolitana ,  ed  alla  sua 
tomba,  giusta  il  costume  francese  in 
fatto  d'iscrizioni,  fu  posto  lunghis* 
Simo  elogio. 

NOBILE  e  NOBILTÀ',  Nohilis, 
Nohìliias.  Onore  che  i  principi,  le 
repubbliche  ed  i  corpi  municipali 
danno  alle  persone  o  alle  famiglie, 
in  premio  di  virtù  o  d'industria,  o 
di  alcuna  azione  lodevole,  e  che  spes- 
so per  legge  trapassa  ne'  discendenti. 
Dante  nel  Convivio  ricercò  l'origine 
del  vocabolo  nobile^  che  da  alcuni 
derivare  volevasi  dal  verbo  nascere 
de*  latini ,  che  significa  conoscere. 
Falsissimo,  dice  Dante,  che  nobile 
Tenga  da  quel  verbo,  ma  viene  da 
non  vilCf  onde  nobile  è  quasi  nou 
vile.  I  nostri  antichi  scrittori  però 
aveano  idee  piìi  chiare  0  più  esatte 
della  nobiltà;  parlarono  sovente  del- 
la nobiltà  dell'ingegno,  della  nobil- 
tà de' costumi,  della  nobiltà  eh' è 
nell'anima  per  natura,  della  nobil- 
tà delle  cose,  ec.  Dante  dice  inoltre 
nel  Convivio,  che  ad  alquanti,  cioè 
a  quelli  che  hanno  intelletto,  che 
son  pochi,  è  manifesto  non  altro  es- 
sere nobiltà  umana,  se  non  che  se- 
me di  felicità;  e  lo  stesso  autore 
nel  Purgatorio  compiange  la  povera 
nobiltà  di  sangue.  11  Boccaccio  nella 
vita  del  medesimo  Dante  dichiara, 
che  non  ostante  il  padre  di  lui  fos- 
se lutifigolo  o  vasaio  (tuttavolta  i 
suoi  biografi  lo  dicono  di  famiglia 
nobile),  essodi  tutti  era  stato  no- 
bilitatore.  Da  tutto  questo  può  rac- 
cogliersi che  i  nostri  antichi  scrit- 
tori attribuivano  un  più  grande  va- 


NOB 
lore  alla  nobiltà  ottenuta  col  me- 
rito, che  a  quella  fondata  soltanto 
sopra  una  serie  di  antenati.  »»  Lacu- 
na non  influisce  all'  ingegno.  »•  Me- 
glio* è  per  certo,  la  nobiltà  crear- 
sela, che  ricevuta  contaminarla.  **  Per 
le  azioni,  la  nobiltà  in  alcuni  fini- 
sce, in  altri  principia  :  sola  virlits 
nobilitai,  w  La  nobiltà  ed  i  titoli  sti- 
molar deggiono  alla  virtù.  «  L'uo- 
mo destinato  dalla  provvidenza  ad 
innalzarsi  per  meriti  non  da  mag- 
giori ereditali,  non  abbisogna  d'una 
chiara  origine,  dono  delia  cieca  e 
mobil  fortuna;  dappoiché  sarebbe 
un  oltraggio  alla  virtù  il  credere 
che  solo  dalla  nascita  riceva  essa 
ornamento  e  splendore.  E  come  no, 
se  molte  volte  da  illustri  famiglie 
sorgono  taluni  uomini ,  sentina  di 
vizi  e  flagello  dell'umanità?  «Seb- 
bene N.  nascesse  di  bassa  condizio- 
ne, tuttavia  quasi  dai  più  teneri 
anni  si  propose  di  acquistarsi  una 
riputazione,  un  nome,  una  gloria 
tutta  sua  propria,  tanto  più  lodevo- 
le, onorata  e  nobile  ;  e  sebbene  al- 
la gloria  tenne  dietro  la  maligna 
invidia,  perchè  agli  occhi  di  questa 
la  gloria  è  delitto,  l'invidia  è  certa 
prova  del  merito  di  chi  venne  invi- 
diato; quantunque  essa,  come  capace 
di  qualunque  eccesso,  è  solita  fare 
uso  della  perfida  e  malvagia  ca- 
lunnia, nella  sicura  lusinga  che  il 
male  è  creduto  quasi  sempre  senza 
esame.  »  Rade  volte  discende  per  li 
rami  la  prudenza  ed  il  valore,  né 
si  scambia  un  basso  in  un  eminen- 
te stato  da  chi  in  sé  stesso  non  ha 
gli  elementi  di  quella  grandezza , 
cui  per  proprio  impulso,  più  che 
per  casi  fortuiti  ordinariamente  suol 
pervenire.  «  I  re  possono  dare  agli 
uomini  senza  merito  onori  e  ric- 
chezze, ma  non  appartiene  che  alle 
loro  qualità  personali   il  riscuotere 


NOB 

riputazione  e  ^\oi'm (Fedi  voi.  XXIII, 
p.  2o3  del  Dizionario).  Una  nasci- 
ta illustre  tuttavia,  e  le  altre  even- 
tualità della  fortuna,  molto  contri- 
buiscono a  stabilire  ed  a  sostenere 
una  grande  riputazione  personale, 
perchè  pongono  l'uomo  in  circostan- 
ze favorevoli  di  mettere  in  attività 
il  suo  ingegno.  In  una  fortuna  me- 
diocre ,  priva  di  questi  vantaggi,  i 
pili  grandi  talenti  sono  continua- 
mente ristretti  e  incatenati  dall'au- 
torità de'  superiori,  dalla  gelosia  e 
dalla  malizia  degli  uomini  più  fa- 
voriti, che  s' immaginano  aver  di- 
ritto a  tutto,  benché  senza  talenti, 
e  senza  essersi  occupati  nell'acqui- 
stare  alcuna  capacità  al  disimpegno 
degli  impieghi,  ai  quali  essi  aspi- 
rano. >»  Dobbiamo  conoscere  e  con- 
vincerci che  oramai  nella  società 
umana  ogni  uomo  è  valutato  sol- 
tanto per  quello  che  personalmea* 
te  vale,  e  nulla  più  ". 

Ragionando  il  Parisi  nelle  I- 
striizioni  per  segreteria  tom.  Ili, 
pag.  4^  6  seg.,  de' titoli  onori- 
fici e  di  quelli  di  Nobilis  ^  Nobi- 
litas  e  Nohìlissimus  ^  dice  che  no- 
bilissimi erano  i  Cesari  ed  i  loro 
figliuoli  ;  e  Costantino  il  Grande  , 
perchè  più  fumassero  i  cammini  di 
Costantinopoh,  creò  la  dignità  del 
nobilissimato  :  a  quali  si  dasse  que- 
sto titolo  in  appresso,  può  vedersi 
nel  Du  Cange,  Gloss.  verbo  Nobilis. 
Del  titolo  di  nobilissimo  AugustOj 
il  p.  Lupi  parlò  nel  t.  II,  p.  i5o 
delle  Dissert.j  ed  il  Buonarroti  nei 
suoi  Medaglioni  di  esso  parla  a  p. 
333.  Dice  egli  che  nobilissimi  Ce- 
sari fu  attribuito  agl'imperatori  ro- 
mani, e  loro  particolare  divenne , 
fra'  quali  la  prima  volta  fu  dato 
ne'  marmi  a  Massimo,  e  nelle  me- 
daglie a  Filippo.  Ne'  tempi  più  bassi 
del  nobilissimo  solo  ne  fu  fatto  un 


NOB  53 

grado  distinto  da  quello  di  Cesare 
(Fedi);  Costantino  fece  nobilissimo 
Costanzo  suo  fratello,  e  Annibaliano 
nipote  di  fratello  ;  e  perchè  per  lo 
più  i  princìpi  erano  fatti  nobilissi- 
mi appena  nati,  furono  perciò  detti 
nobilissimi  piieri;  e  veramente  non 
si  poteva  trovare  un  titolo  più  con- 
forme air  espettazione  de'  giovani 
principi,  avendo  questi  necessità  di 
pigliare,  piucchè  ogni  altra  sorta  di 
persone,  e  d' imbeversi  de'  dettami 
d'un  animo  veramente  nobile;  con- 
sistendo r  utile  della  nobiltà  in  un 
eccitamento  o  accrescimento,  cagio- 
nato dalla  buona  educazione  e  dal- 
l'esempio de' maggiori,  dello  stimolo 
verso  le  virtù ,  particolarmente  di 
quelle  che  riguardano  il  bene  pub- 
blico, e  d'una  premura  d'aver  più 
a  cuore  l' utile  altrui  che  il  pro- 
prio, e  di  posporre  a  questo  fine 
le  comodità  ed  i  piaceri  alle  fati- 
che ,  parli  tutte  necessarie  ad  un 
perfetto  monarca.  Nel  principio  del 
secolo  XI  s'intitolavano  nobiles  i 
personaggi  molto  distinti ,  ed  alle 
loro  mogli  si  dava  volentieri  il  ti- 
tolo di  nobilissima  foemina.  Gl'im- 
peratori Io  davano  ai  signori  di  fa- 
miglie le  più  cospicue.  Nelle  lettere 
de'  Papi  si  dà  il  titolo  di  Dilecte 
fili  nobilis  vir,  ed  in  corpo  nobili tas 
tua.  Paolo  V  a  d.  Francesco  de  Me- 
dici di  Toscana  scrisse  :  Z?//ecte  ^/r, 
nobilis  vir  ;  in  corpo  vostra  eccel- 
lenza. Altri  Pontefici  trattarono  col 
Nobilis  vir,  i  signori  Caetani,  Co- 
lonna, Conti,  Doria,  Frangipani,  Or- 
sini, Savelli,  e  di  altre  famiglie  co- 
spicue, non  meno  d'Italia  che  di  ab 
trove.  Non  a  tutti  però  dierono  in 
corpo  della  lettera,  Nobilitas  tua  : 
Clemente  Vili,  scrivendo  a  Brada- 
mante  Estense  Bevilacqua  :  Dilecta 
in  Chrisio  filia  nobilis  mulier  ,  in 
corpo  Te;  né  l'aggiunto  Nobilis  vie- 


54  NOB 

ne  sempi-e  apposto  in  luogo   di  li- 
tolo,  poiché  talvolta  trovasi  dui  Pa- 
pi aggiunto  per  indicare  la  nobiltà 
locale,  o  sia  qualità  naturale  della 
persona,  come  rilevasi  in  un  breve 
di  Paolo  IH:  Dilecto  fllio  Scipioni 
Caffarello  nobili  romano.    Fin  qui 
il  Parisi ,   che    quanto   al  titolo  di 
Nohil  uomo  nella  soprascritta  delle 
lettere,  ecco  quanto  dice  nel  t.  Il, 
p.  266.  È  cosa  notissima  che  tale 
titolo ,    come    proprio  de'  gentiluo- 
mini di  primo  ordine,  che  sono  par- 
tecipi  della  sovranità  in  dominio  a- 
ristocratico,  è  il  distintivo  di  fami- 
glie cospicue   nelle   repubbliche;    e 
sebbene  possa  accomodarsi  ad  altri 
individui  di  case  assai  distinte    per 
antica  nobiltà,    che    non    hanno    o 
non  si  sono    curate    d'avere    alcun 
titolo  di  marchesato,  contea,  ec,  tut- 
tavia non  conviene  in  altri,  acquali 
mancano  tali  condizioni,  sebbene  fa 
d'uopo  accomodarsi  all'uso,  e  ne'  ti- 
toli è  meglio  abbondare  ch'esserne 
parco  in  un  tempo  in  cui    si  faci- 
lita con    eccesso.    Quindi    il    Parisi 
conviene  darsi  il  titolo  di  nobile  uo- 
mo agli  ascritti  alla  nobiltà  patria, 
o  titolati  senza  signorie  o  giurisdi- 
zione in  esse;  ai  cittadini    che  per 
le  loro  ricchezze,  nobile  professione 
e  privilegi  sono    equiparati    ai    no- 
bili,   citando  circa  il  valore  del   ti- 
tolo Nohilis^  il  Tiraquello,   Exco- 
bar,  Mastrillo,  De  Luca. 

Il  eh.  del  Bue,  Dell'origine  del- 
taraldica,  nobiltà,  titoli,  predicati 
d'onore,  ec.  §  IV,  discorrendo  del 
predicato  di  nobile,  che  altri  dico- 
no Gentiluomo  (Vedi)  o  Cavaliere 
(Vedi),  dice  che  nell'antica  Italia  il 
predicato  di  nobile,  come  abbiamo 
detto  in  principio,  non  valse  che  a 
distinguere  coloro  che  un  tal  poco 
levavansi  fuori  de'  plebei ,  per  ec- 
cellenza di  virtù  0  arte  di  cui  l'uo- 


NOB 

mo  si   adorna;  in  generale  però  tal 
predicato  si  ha  per  denolante    no- 
biltà, mentre  intorno  ai   titoli  ono- 
rifici è  legge  la  massinin,  lene,  quod 
tenet  usus;  ed  in  Germania  il  pre- 
dicato di  cavaliere  è  speciale  titolo 
di  nobiltà,  superiore  a  cpiello  di  no- 
bile.   Il    predicato    di    nohil   uomo, 
nobiles  viros,  fu  già  distintissimo,  e 
Sisto  IV  nel   i474  ^^  <1'^   ai    Vis- 
conti de*  duchi  di  Milano,  e  nel  se- 
colo precedente  valeva  più    di  Mi- 
lite (Vedi),  li   predicato    di    nobile 
patrizio  ripete  l'origine  dal    senato 
di  Roma,  e  patrizi  erano  i  discendenti 
dai  senatori  o  padri  del  senato  (Vedi 
Padre);  l'ordine  de'patrizi  costituiva 
allora  la  nobiltà  romana,  e  i  patrizi 
di  nascita  preferivansi  per  legge  alle 
dignità  senatorie,  cui  poscia  era  dato 
anche  l'aggiungere  a  qualunque  in- 
genuo o  libero  dalla  sua    natività, 
quando  non    avesse    mai    esercitato 
arte  abbietta  alcuna.  Onde  nel  se- 
nato tanto  si  ammettevano  i  patri- 
zi, quanto  i  plebei,  mentre  alla  virtù 
ed  alle  lettere  tribulavasi  onore.  E 
però  plebei  nobili    dicevansi    quelli 
che  alle  senatorie  onorificenze  par- 
tecipavano. A  queste    poi    facevano 
strada  i   pubblici   uffici    e    i    servigi 
segnalati  offerti  in  tempo  di  guerra; 
ma  per    venirvi    ammesso    bisogna- 
va aver  compiti  trent'  anni,    e  pos- 
sedere   una    ragguardevole    facoltà. 
In  Roma    r  occupare    i    seggi  delle 
somme    magistrature   era  gran    lu- 
stro   e    venerazione    alle    famiglie. 
Quelli  che  reggevano  tra  i  romani, 
o  retti  avevano  tali   maggiori    uffi- 
ci, chiamavansi  nobili,  quasi  nosci- 
bile.?,  ed  avevano  diritto  ad  espor- 
re nell'atrio  della    casa    le    proprie 
immagini  ;  le  quali  poi  erano  por- 
tate   attorno    ne'  loro    funerali.    Il 
primo  della  famiglia  innalzato   alle 
più  emiaenti  dignità  chiamavasi  ho- 


NOB 

mo  novus.  II  patriziato  adunque 
presso  i  romani  era  nobiltà  e  di- 
gnità dal  nascimento  ingenerate  . 
Questo  fu  dipoi  i)  predicalo,  secon- 
do il  Muratori,  nel  cui  titolo  gl'im- 
peratori greci  conferirono  la  pode- 
stà principesca ,  indi  la  dignità  di 
Patrìzio  di  Roma  (Vedi)^£.\o  che*in 
appresso  fecero  i  Papi  con  diversi 
sovrani.  Al  patriziato  della  repub- 
blica veneta  si  ascrissero  re  ed  al- 
tri principi  .  L'ordine  patrizio  fu 
in  progresso  di  tempo  accolto  da 
tulle  le  altre  città  d'  Italia,  quando 
reggevansi  a  forma  di  repubbliche 
aristocratiche,  mentre  gli  statuti  di 
alcune  prescrivevano  le  prove  di 
nobiltà,  ond' essere  asciitti  nel  cor- 
po de'  decurioni,  che  a  tenore  di 
quelli  erano  quanto  di  patrizi ,  ed 
in  alcuni  luoghi  i  patrizi  si  distin- 
sero dai  nobili  ,  godendo  maggior 
estimazione  il  patriziato  ,  formante 
in  diverse  città  il  così  detto  consi- 
glio di  credenza,  di  che  parlammo 
in  più  articoli. 

A  Famiglie  nobili  di  Roma  di- 
cemmo ancora  dell'ammissione  di 
esse  alla  nobiltà  romana,  per  otte- 
nere la  quale  occorrono  le  prove 
volute  da  Benedetto  XIV,  colla  bol- 
la Urhem  Romani,  de' 4  gennaio 
1746.  Essa  però  nulla  dispone  sul- 
le donne,  ma  vi  sono  degli  esem- 
pi, che  donne  sole,  superstiti  di  fa- 
miglie nobili  romane,  hanno  impe- 
trato ed  ottenuto  dalla  congregazio- 
ne araldica  Capitolina,  di  essere 
riconosciute  per  nobili  romane,  e 
come  tali  sono  slate  iscritte  perso- 
nalmente al  libro  d'oro.  Quest'ono- 
re lo  conseguirono  anche  donne  let- 
terate, senza  relazione  al  lustro  del- 
le loro  famiglie,  che  in  quanto  a 
materia  di  nobiltà  deve  meritare 
il  primo  riguardo.  Fedi  Lettera- 
to. 11  de  hi\e  nel  §  V  tratta  del- 


NOB  55 

le  prove  di  nobiltà  procedenti  da 
matrimoni  illustri,  da  cariche  ed 
impieghi  che  d'ordinario  s'appoggia- 
no a'  soli  nobili,  da  patronati,  da 
ricchezza;  delle  prove  di  nobiltà 
tratte  da  palazzi  magnifici  antichi, 
stali  in  continua  possessione  dei  mag- 
giori di  quella  famiglia  che  le  pro- 
duce, le  loro  torri  antiche,  gli  edi- 
fizi  pubblici  e  pie  fondazioni,  i  ti- 
toh,  i  diplomi,  le  medaglie,  le  mo- 
nete, i  sigilli  antichi,  i  monumen- 
ti sepolcrali,  le  onoranze  pubbliche 
o  principesche,  gli  ordini  cavallere- 
schi conferiti  dai  sovrani,  ed  altre; 
delle  prove  di  nobiltà  per  via  di 
tornei,  o  derivanti  dal  decurionato 
o  cariche  civiche;  di  quelle  proce- 
denti da  feudi  cospicui,  dall'  identi- 
tà de'cognomi  o  degli  Stemmi  genti- 
lizì  (Vedi).  Gli  scrittori  di  questo 
argomento  osservano,  che  la  natu- 
ra fece  tutti  gli  uomini  eguali;  es- 
sa non  istabilì  alcuna  distinzione 
tra  di  loro,  se  non  quella  che  ri- 
sulta dal  merito  e  dalla  virili.  Ma 
gli  uomini  corrotti  e  degenerali, 
gelosi  d' innalzarsi  al  di  sopra  dei 
loro  simili,  mostrarono  usi  ingegno- 
si nel  creare  varie  distinzioni  arti- 
ficiali, delle  quali  una  delle  prin- 
cipali è  la  nobiltà.  Ciò  che  avvi 
di  più  singolare  e  quasi  sorpren- 
dente si  è,  che  questa  prerogativa 
che  deprime  gli  uni  in  proporzio- 
ne che  solleva  gli  altri,  trovasi  sta- 
bilita fino  dalla  più  remota  anti- 
chità presso  la  maggior  parte  del- 
le nazioni  incivilite.  Si  vuole  che 
nel  Deuteronomio  si  parli  di  no- 
biltà, come  nobili  ripulavansi  pres- 
so gli  ebrei  coloro  che  conosciuti 
e  distinti  erano  in  mezzo  alla  co- 
munità ed  al  popolo,  e  che  slabi- 
liti  furono  principi  e  capi  per  go- 
Ternare  il  popolo  medesimo;  e  l'an- 
tica legge  attribuiva  una  specie  di 


se  NOB 

nobiltà  ai  capi  o  ai  piti  vecchi  del- 
le famigllej  e  a  coloro  che  desti- 
nali erano  al  servizio  degli  altari, 
nobiltà  che  nasceva  naturalmente 
dal  merito.  Dicesi  che  Teseo  pres- 
so i  greci  diede  una  prima  idea 
della  nobiltà,  col  separare  il  popo- 
lo di  Atene  in  due  classi,  distin- 
guendo i  possessori  di  terre  dagli 
artigiani.  Così  pure  avanti  Licurgo 
distinguevansi  a  Sparta  due  classi 
di  cittadini,  di  persone  facoltose 
dette  grandi,  e  del  popolo  minuto 
i  cui  individui  appellavansi  piccoli, 
distinzioni  che  soppresse  il  legisla- 
tore, indi  il  solo  merito  personale 
ed  i  servigi  resi  alla  patria  tenne- 
ro il  luogo  di  nobiltà.  Tra  i  ro- 
mani la  nobiltà  trasse  l'origine  da 
Bomolo,  nella  divisione  che  fece  dei 
suoi  sudditi,  tra'  quali  riparti  gli 
onori  e  le  cariche,  ond'ebbe  prin- 
cipio  la  nobiltà  di  merito  presso  il 
senato .  In  Francia  la  nobiltà  de- 
rivò dai  galli,  presso  i  quali  si  nar- 
ra esistesse  un  ordine  di  militi  o 
di  soldati,  separato  dai  druidi  e 
dal  basso  popolo;  più  credibile  si 
fa  derivare  la  nobiltà  in  Francia 
dopo  la  conquista  che  ne  fecero  i 
romani,  mentre  in  Germania  già 
esisteva,  ed  i  loro  re  si  sceglieva- 
no dal  corpo  della  nobiltà. 

Ai  loro  articoli  parliamo  de'pri- 
vilegi,  prerogative,  insegne  e  distin- 
zioni de' nobili.  Il  nobile  ceto,  che 
forma  oggetto  di  particolare  consi- 
derazione, viene  riguardato  dal  pub- 
blico qual  decoro  della  città,  dote 
la  più  bella  delle  famiglie.  La  no- 
biltà, salendo  alle  epoche  più  ri- 
mote,  perchè  primeggia  sulle  altre 
classi,  venne  riguardata  con  occhio 
di  predilezione  dai  principi,  ed  am- 
messa alle  distinzioni  ed  ai  privi- 
legi che  la  rendevano  ancor  più 
pregevole.  Ciò  appunto  per  eccita - 


NOB 

re  l'emulazione,  risvegliare  V  amor 
proprio  de' corpi  subalterni,  e  in 
fine  promovere  il  germoglio  della 
virtù  onde  cresca  e  fruttifichi.  Ilo-  * 
ma  ne  sia  l'esempio  di  tante  eroi- 
che azioni,  per  le  quali  si  giun- 
geva all'acquisto  di  tanto  pregio. 
L'è  magistrature  curiali,  così  chia- 
mate perchè  davano  diritto  di  far- 
si portare  in  una  sedia  d' avorio, 
fra  le  quali  v'erano  il  consolato, 
la  dittatura,  la  pretura  e  l'edilità, 
tramandavano  esse  il  titolo  di  no- 
bile ai  discendenti  di  quelli  che  con 
generose  ed  eroiche  azioni  se  ne 
erano  resi  degni.  La  toga  e  la  spa- 
da furono  riguardate  fonti  vere  di 
nobiltà,  che  venne  riconosciuta  pres- 
so tutte  le  colte  nazioni  per  il  più 
desiderabile  e  adattato  premio  al 
merito  della  virtù.  P^edi  Giuris- 
prudenza, Magistrato,  Milizia.  Il 
feudalismo  introdotto  nella  maggior 
parte  delle  nazioni,  come  si  disse 
a  Feudo,  palesa  a  qual  grado  era 
elevato  il  nobile.  In  alcune  parli 
d'Italia  fu  costume  che  quando  mo- 
riva un  nobile,  il  pretore  e  il  ca- 
pitano si  recavano  ad  onorarne  il 
funerale.  A  Modena  si  concesse  l'ono- 
re del  suono  funebre  delle  campa- 
ne del  pubblico,  che  per  un  gior- 
no intero  davano  segno,  e  pubbli- 
cavano la  morte  delle  persone  no- 
bili: P^.  Funerali;  ed  a  Lutto  si 
parlò  di  quello  de'nobili,  con  altre 
notizie.  In  diversi  luoghi  i  diritti 
di  caccia  e  l'esenzioni  di  alcuni  pa- 
gamenti si  concessero  ai  nobili,  men- 
tre in  altri  ad  alcune  classi  l'esu- 
berante lusso  fu  represso  con  leg- 
gi ,  ad  esempio  degli  ateniesi  e  dei 
romani  :  P^.  Caccia;  mentre  a  Lus- 
so colle  relative  nozioni,  si  rilevò 
come  i  nobili  foderavano  gli  abiti 
di  vaio,  in  un  a  diversi  usi  delle 
donne,  riguardanti  pure  il  loro  ac- 


NOB 

cesso  ne*  sacri  templi.  Anticamente 
fu  riserbato  a'nobili  il  privilegio  di 
porre  gii  slemmi  ne'sepolcri,  ne'si- 
giili  domestici,  negli  anelli,  e  colla 
loro  effigie,  sulle  gualdrappe  de'ca- 
valli,  sui  cocchi,  sulle  livree  de'do- 
mestici  screziate,  delle  quali  si  fece 
parola  a  Famigliare.  Sotto  Carlo  V 
re  di  Francia  i  nobili  d'ambo  i 
sessi  blasonavano  i  loro  abiti  e  li 
coprivano  dall'alto  al  basso  di  tutti 
gli  stemmi  del  loro  scudo;  le  don- 
ne portavano  sulle  loro  vesti,  a  di- 
ritta l'arma  de'Ioro  mariti,  ed  a  si- 
nistra la  propria.  In  vari  luoghi  fu 
esclusivo  alla  nobiltà  il  privilegio 
d'instituire  Fideconimessi  [Vedi)y  e 
primogeniture  fino  al  quarto  gra- 
do, riprovati  in  altri.  Ai  nobili  fu 
permessa  la  mercatura,  ciò  che  si 
toccò  a  Mercante.  Altrove  facem- 
mo parola  come  i  nobili  antica- 
mente in  Roma,  Firenze  ed  altre 
parti,  si  distinguevano  anche  con 
avere  ne'Ioro  palazzi  loggie,  porti- 
cali  e  torri.  In  Francia,  Germania 
ed  altre  regioni,  furono  segni  di  no- 
biltà insigne  e  di  giurisdizione,  le 
forche  patibolari  nelle  terre  de'feu- 
dì,  e  neir  ingresso  de'palazzi  baro- 
nali si  pose  una  grossa  catena  con 
collana  di  ferro,  colla  quale  mette- 
vansi  in  berlina  i  ladri,  truffatori 
ed  altri  rei  che  cadevano  in  delitti 
nella  giurisdizione  di  que' magnati. 
La  nobiltà  di  nome  provasi  col- 
l' aggregazione  di  200  anni  addie- 
tro alla  nobiltà  di  qualche  città, 
od  altrimenti;  laddove  la  nobiltà 
delle  armi  si  giustifica  coll'uso  del- 
la medesima  arme  per  tal  corso  di 
tempo  ne'quattro  quarti  o  famiglie 
del  padre,  madre,  ed  avole  de'ge- 
nilori  :  le  dignità  di  corte,  l'avere 
appartenuto  alla  corte  nobile,  e  l'am- 
missione agli  onori  di  corte,  sono 
altrettanti    distintivi  accordali    alla 


NOB  57 

nobiltà  con  rispettive  norme.  Nel- 
l'articolo Gerosolimitano  ordine  di 
Malta,  ed  in  altri  cavallereschi,  trat- 
tammo delle  prove  e  gradi  di  no- 
biltà che  si  esigono  pel  consegui- 
mento delle  insegne  e  decorazioni 
equestri.  Il  citato  Buonarroti,  a  p. 
281,  discorre  della  nobiltà  delle  cit- 
tà, dimostrata  ne'  teatri  e  luoghi 
pubblici;  ed  il  Colucci  nelle  Anti- 
chità Picene^  t.  XXVIII,  p.  60,  ra- 
giona della  nobiltà  delle  terre  e  dei 
loro  magistrati,  proporzionata  al 
loro  grado.  Nel  Suppl.  del  giorn. 
eccl.  di  Roma  1795,  si  tratta  dei 
disordini  che  dominano  nella  no- 
biltà, specialmente  circa  l'educa- 
zione della  prole  ;  della  giusta  eco- 
nomia di  loro  rendite,  e  del  ve- 
stiario. Vedasi  Piccolomini,  Della 
situazione  della  vita  dell  uomo  no- 
hile^  Venezia  1545.  Osorii,  De  no- 
bilitate civdiet  Christiana^  Florentiae 
i552.Nolden,  Z?e  statu  nohilium  ci- 
vili synoptica  tractatio,  Giessae  1 623 . 
Andrea  Tiraquello,  De  nobilitate, 
Lugduni  1673.  Matlhaei,  Tracia- 
tus  de  nobilitate^  Lugduni  1686. 
Benvenga,  Eminenza  della  dignità 
cardinalizia  con  la  definizione  deh 
la  nobiltà,  Roma  1716.  Il  Mura- 
tori, Delle  antichità  Estensi,  t.  I,  cap. 
V,  parla  de' nobili,  e  con  quali  ti- 
toli distinti,  punto  che  noi  in  pa- 
recchi  articoli   discorriamo. 

NOBILI  Roberto,  Cardinale.  Ro- 
berto de  Nobili  di  Montepulciano, 
nipote  di  Giulio  III  per  parte  di 
sorella,  in  età  di  dieci  anni  appre- 
se con  tal  possesso  le  lingue  greca 
e  latina,  che  divenne  l'oggetto  del- 
l' altrui  ammirazione.  Recitò  avan- 
ti il  Papa  un'  orazione  con  tal  gra- 
zia ed  energia  di  spirito,  che  fino 
d'allora  lo  zio  lo  credè  degno  del- 
la porpora,  a  cui  lo  conduceva  il 
sublime  suo  ingegno,  ma  molto  più 


58  NOB 

la  rara  pietà  e  illibatozza  do'  suoi 
costumi.  Essendo  stato  il  di  ini 
padre  destinato  al  governo  delia 
città  d'Ancona,  seco  recossi  Rober- 
to, il  quale  mentre  ivi  applicatosi 
stava  agli  studi,  Giulio  111  a'  22 
dicembre  i553  lo  cieò  cardinale 
diacono  in  età  dì  quattordici  anni, 
indi  per  diaconia  gli  assegnò  la 
chiesa  di  s.  Maria  in  Domnica.  Do- 
po la  morte  di  Giulio  111,  per  la 
consumata  sua  pietà  fu  in  molto 
credito  presso  Marcello  II  e  Paolo 
IV,  quantunque  non  oltrepassasse 
l'età  di  quindici  anni,  il  primo  dei 
quali  nel  i555  lo  promosse  a  bi- 
bliotecario di  s.  Chiesa,  ma  preve- 
nuto dalia  morte  non  potè  spedirgli 
il  breve,  cbe  poi  ottenne  dal  secon- 
do, il  quale  usato  era  di  chiamarlo, 
non  meno  per  l'eleganza  e  venu- 
stà dell'aspetto,  che  per  la  sua  ra- 
ra modestia  e  verecondia,  in  pub- 
blico concistoro  Angelo  del  Signo- 
re, col  qual  nome  fu  costantemen- 
te chiamato  eziandio  dai  cardinali. 
1  suoi  digiuni  erano  assidui  e  quo- 
tidiani, a'  quali  univa  la  frequenza 
de'sacraraenti,  e  la  visita  delle  ba- 
siliche consecrate  dalle  reliquie  e 
dal  sangue  de'martiri,  e  quelle  fra 
le  altre  ch'erano  fuori  della  città 
di  Pioma,  dove  usato  era  di  con- 
dursi  sovente,  singolarmente  in  tem- 
po di  carnevale,  in  compagnia  di 
sua  famiglia  e  di  altre  onestissime 
e  nobili  pei*sone,  in  presenza  delle 
quali  salito  sul  pulpito  recitava  con 
gran  fervore  il  panegirico  di  quel 
santo,  al  cui  nome  era  quella  chie- 
sa consacrata,  o  di  cui  ricorreva  in 
quel  giorno  la  festiva  ricordanza. 
Non  mancava  di  portarsi  con  fre- 
quenza a  udire  la  divina  parola  in 
quelle  chiese  nelle  quali  sapeva  che 
predicava  qualche  rinomato  ed  ec- 
cellente oratore.  Se  ne  andava  per 


NOB 
Roma  nella  sua  carrozza  a  bandi- 
nelle calale,  per  islare  colla  men- 
to più  sollevata  in  Dio.  Non  permi- 
se giammai  che  il  suo  volto  fosse 
dipinto  in  tela,  e  se  lo  fece,  fu  per 
obbediie  al  proprio  genitore,  ch'e- 
spressamente glielo  comandò.  Per 
vieppiù  avanzarsi  nella  cristiana  per- 
fezione, risolvè  di  rinunziare  alla 
porpora,  e  ritirarsi  tra  i  cappucci- 
ni o  tra  i  gesuiti.  Non  potendo 
però  eseguire  il  concepito  disegno, 
determinò  di  rinunziare  tutti  i  be- 
nefìzi che  possedeva  a  Paolo  IV, 
il  quale  lodò  ma  non  volle  esegui- 
re la  risoluzione  del  giovane  cardi- 
nale. II  Torrigio  nella  vita  di  que- 
sto insigne  cardinale  osserva  che  si 
contentò  della  sola  abbazia  di  Spi- 
netta, e  non  volle  mai  altro  bene- 
fìcio, quantunque  nella  prima  par- 
te sbagli,  avendone  avuta  un'altra, 
che  insieme  colla  prima  fu  da  Pao- 
lo IV  dopo  la  morte  del  porpora- 
to conferita  a' suoi  fratelli.  Com- 
pensò egli  però  la  perdita  che  fa- 
ceva, con  moltiplicare  le  austerità 
e  macerazioni  del  proprio  corpo, 
che  riduceva  in  servitù,  usando  un 
aspro  cilizio  armato  di  acute  punte 
di  ferro,  e  prendendo  i  suoi  disa- 
giati riposi  per  lo  più  sulla  nuda 
terra  o  sopra  le  tavole.  Geloso  so- 
pra ogni  credere  della  castità,  la 
mantenne  illibata  fino  alla  morte, 
■vicino  alla  quale  riguardò  con  or- 
rore il  consiglio  datogli  da  alcuni 
medici  di  farne  luttuosa  perdita. 
La  preghiera  e  la  lettura  dei  pa- 
dri erano  il  suo  giornaliero  pasco- 
lo. Acceso  di  zelo  per  la  salute  del- 
le anime,  faceva  a'  suoi  domestici 
frequenti  e  fervorose  esortazioni,  e 
studiavasi  di  ridurre  gli  eretici  e  i 
traviati  alla  cognizione  della  verità 
e  della  giustizia.  Divotissimo  del 
ss.  Sagrameuto,  non  meno  che  della 


NOB 
Peata  Vergine,  guardava  con   rigO' 
roso    digiuno    ogni    sabbato,    e    fa- 
cendo in  tal  giorno  assidero  a  men- 
sa  tutti   i  suoi   famigliari    e    dome- 
sliei,  dal  primo  al  più  infimo,  ser- 
viva loro  colle  proprie  mani.  Con- 
tralta con  questo    aspro  e  peniten- 
te tenore    di   vita  una  grave    e  pe- 
nosa   infermità   che    lo    afflisse  per 
sei  mesi,  spirò  la    purissima  anima 
Ira  gli  amplessi  del  Crocefisso,  nel 
principio    del    i  SSg,   in  età    di    i8 
anni  non  compiti,  e   cinque  di  car- 
dinalato.   Divulgatasi    appena     per 
Roma  la  morte  dell'angelico  giova- 
ne, fu  universale  il  dolore  ed  il  lut- 
to. Paolo  IV  uditane  la  funesta  no* 
tizia  nell'atto  di    alzarsi    da  mensa, 
si    gittò   subito    in    ginocchione,    e 
dopo    aver   orato  buono   spazio    di 
tempo,    fece  un    lungo  elogio  delle 
virtù  del  cardinale,  concludendo  che 
sarebbe  stato  felice  il  sacro  collegio 
se   avesse    avuto    molti    soggetti    a 
lui  somiglianti.  Più  di    tutto  prova 
la   di    lui    santità,    V  opinione    che 
avea  della  virtù  e  pietà  di  Rober- 
to, s.  Carlo  Borromeo,  che  per  sua 
umiltà    diceva,   che   sarebbesi  chia* 
niato  contento  se  avesse  potuto  ar- 
rivarlo   nella     santità.    Il     cardinal 
Polo    lo  disse    ornamento    e   gloria 
del    sacro  collegio  ;    ed   il    cardinal 
Ridolfo  Pio,    lume    sfolgoreggiante 
del  senato  apostolico,  e  degno  del- 
la pontificia  tiara.  A  questa  lo  vo- 
leva   Paolo  IV.    Il    vener.  cardinal 
Bellarmino  tenne  nella  sua  camera 
il    ritratto    del    Nobili,   protestando 
di  venerarlo   per  santo.    Il  morda- 
cissimo   Garimberti     dovette    chia- 
marlo Angelo  inviato  dal  cielo,  de- 
gno   di  essere  ascritto  nel    numero 
de' santi.  Ebbe  sepoltura  nella  chie- 
sa  di  s.    Pietro    Montorio    con   un 
magnifico  elogio,  ed  il  suo  superbo 
ritratto  che  ne  decora  il    deposilo, 


NOG  59 

da  ultimo  venne  restaurato  dal 
commend.  Agricola:  le  sue  interiora 
furono  collocate  nella  chiesa  di  s. 
Bernardo  alle  Terme,  nella  cappella 
di  s.  Francesco,  dove  sotto  il  bu- 
sto del  cardinale,  espresso  assai  al 
naturale  in  candido  marmo,  legge- 
si  elegante  iscrizione.  Il  compendio 
di  sua  vita  fu  corretto  ed  ampliato 
dal  prelato  Bernardino  Naro,  e 
stampato  in  Urbino  nel  1628,  e 
dall'abbate  Bartolucci  in  Roma  nel 
1675,  e  da  Francesco  Maria  Tor- 
rigio  in  Roma  nel  1622.  Il  com- 
pendio del  p.  Francesco  Sacchini 
gesuita,  lo  riprodussero  Giacconio  e 
Petramellara.  Abbiamo  pure  di  A. 
Parigi  ;  Notizie  del  cardinal  Ro- 
berto Nobili  ed  altri  illustri  poli- 
zìani,  Montepulciano  i836.  Lasciò 
questo  cardinale  alcuni  mss.  che 
religiosamente  presero  in  custodia  i 
suoi  eredi. 

NOCERA  (Niicerin).  Città  con 
residenza  vescovile  dello  stato  pon- 
tificio neir  Umbria,  delegazione  a- 
postolica  di  Perugia,  a  sei  leghe  e 
mezzo  da  Foligno,  e  nove  miglia 
da  Gualdo  Tadino.  E  situala  in 
colle  alle  falde  dell'A pennino,  po- 
chi passi  a  destra  della  via  Fla- 
minia, non  lungi  dalla  sorgente  del 
fiume  Tenna  o  Topino,  in  aria  buo- 
na. Le  sue  strade  sono  scoscese,  con 
alti  fabbricati,  e  la  piazza  del  boi- 
go  fuori  della  sua  porta  principale 
è  la  più  agiata.  La  cattedrale  con 
battisterio  fu  jiedificata  dall' attua- 
le vescovo,  è  sacra  alla  Beata  Ver- 
gine Assunta  ed  al  patrono  e  ve- 
scovo s.  Rinaldo,  e  trovasi  nel  silo 
il  più  elevato.  Lo  slesso  beneme- 
lito  pastore  rifabbricò  il  seminario 
e  lo  dotò,  fiorendo  per  la  sua  di- 
sciplina. A  tal  prelato  si  deve  pu- 
re il  ristorato  episcopio  vicino  alla 
cattedrale.  Vi  sono  altre  chiese,  due 


6o  NOC 

conventi  di  religiosi  ed    i  filippini, 
due  monasteri  di  monache,  confra- 
ternite, monte  di  pietà  e  ospedale. 
Nocera  die  molti  uomini  illustri,  e 
di   Fossato  sua  diocesi  fu  il    cardi- 
nal   Cesare  Gherardi,    e  molti  ve- 
scovi uscirono  dalla  città  e  diocesi: 
sono  viventi  monsignor  Felicissimo 
Salviiii    arcivescovo     di    Camerino; 
monsignor  Guglielmo    Aretini  Sil- 
lani  vescovo  di  Terracina,  Piperno 
e  Sezze,  di  Sigillo:  di  Nocera  fu  il 
gesuita  Francesco    Acerbo.    Tra  le 
famiglie   ragguardevoli    quella    dei 
conti  Olivieri   die    uomini    che  si 
distinsero  in  lettere  e  dignità  eccle- 
siastiche.   È  sede   di  un    governa- 
tore, e  soggiace  al  suo   governo  la 
comune  di  Valtopina  coi  molti  ca- 
sali che  la   compongono,  con  l'ap- 
podiato  Colle  con  otto  rurali   par- 
rocchie da    esso    dipendenti.  Fra  i 
molti  villaggi    annessi  al  comune  è 
celebre  quello  de'  Bagni  di  Nocera 
posto  al  sud-est    nella  distanza  di 
due  leghe,  tanto    per  la    salubrità 
delle  acque  leggere  e    medicinali  e 
blandamente  purganti, che  vi  si  vedo- 
no sorgere  ed  influiscono  poscia  nel 
Tenna,  quanto  pel  bel  palazzo  e  co- 
modi fabbricati  destinati  a  ricevere 
nell'estate  i  molti  forestieri  che  con- 
corrono a  giovarsene.    Fu  Clemen- 
te XI  che  fabbricò  ai  bagni  di  No- 
cera, per    comodo  del  pubblico,  la 
chiesa  e  gli   edifizi  ;    e     tra  i  coiiii 
pontificii     abbiamo     due    medaglie 
che  ciò  celebrano^  una  coli'  epigra- 
fe :     Ecclesia     novisq.  aechhus     ad 
halnea  Nucerina  construclìs.    L'al- 
tra    con     r  iscrizione  :    Ecclesia  et 
domibus  ad  balnea  Nucerina  con- 
struct.    MDCCXIV,    col    prospet- 
to   della    chiesa    e    fabbriche     dei 
bagni.    Rinomata  è  pure  la     terra 
di  Nocera.  Diversi  scrissero  su  que- 
ste  acque.    Marianus ,    De    alhida 


NOC 

seu  de  halnco  Nucerino^  Perusiae 
1599.  Cammilli,  Del  bagno  di  No- 
cera neW  Umbria^  Perugia  1627. 
Bagno  di  Nocera  nelC  Umbria  po- 
tentissimo per  i  morsi  velenosi^  Fo- 
ligno 1689,  opera  d'  un  medico  nu- 
cerino.  De  Plumbis,  Disserl.  histor. 
medica  de  saluberrimo  Nuceriae 
in  Umbriae  erumpenti  latice,  Ve- 
netiis  174^.  Massimi,  Acque  salu- 
bri e  bagni  di  Nocera,  Roma  1 774. 
Per  ultimo  eruditamente  ne  scrisse 
il  dott.  e  cav.  Lino  Morichini,  Sag- 
gio sopra  V acqua  di  Nocera,  Roma 
1807.  Rinomata  fu  la  rocca  di 
Nocera,  se  pure  non  fu  Gualdo 
Tadino,  chiamata  Arx  Nucerina. 

Nocera,  Noceria,  detta  da  Cluve- 
rio  e  da  altri  Camellaria  o  Camela- 
r/Vz,  e  chiamata  nelle  medaglie  antiche 
Nuceria   Constantia    o  Costantiana 
perchè  restaurata    da  Costantino  il 
Grande.  Altri  vi  aggiungono  il  co- 
gnome Alphaterna  o  Alfatenìa,  che 
altri  invece  attribuiscono  a  Nocera 
de'  Pagani.  Fu   detta    Nuceria,  se- 
condo Strabone,   perchè    ivi  si  fa- 
cevano belli  vasi   di     legno  ;    pari- 
menti così  è  chiamata  da  Tolomeo 
e  da  Plinio,   il  quale  à\sse  favonesi 
ì  nuceriui.   il  Volterrano  vuole  che 
Alfatenia    sia    stata    un'altra  città 
dell'  Umbria   da    questa    distinta  e 
totalmente    rovinata.    L'  Alberti  è 
di  parere  che  Alfatenia,  di  cui  par- 
lò Plinio,  sorgesse    nelle    vicinanze 
di  Nocera,  e  fosse  assediata  dal  con- 
sole Livio,  indi  costretta  all'  obbe- 
dienza del  popolo  romano.  Certo  è 
che  Nocera  vanta  antichissima  ori- 
gine, fu  colonia     romana,    fu  fatta 
città  nel  l[Oi  di    Roma  e  soggiac- 
que alle  vicende    dell'Umbria,  sia 
sotto  i    romani    che    nel    disciogli- 
mento   dell'  impero,    alle    invasioni 
barbariche  de*  goti  e  de'  longobar- 
di che  la    rovinarono.    Per  la  di- 


NOC 
versila  che  passa  fra  Nuceria  Fa- 
voniese  e  la  Camelaria^  e  del  sito 
occupato  da  questa,  che  il  Lancel- 
lotli  prelese  abbia  esistito  vicino  a 
Pitulo  e  Roccacontrada  (ossia  Ar- 
cevia,  di  cui  parlai  a  Jesi)  presso 
il  monte  Caniiliano,  i5  miglia  di- 
stante dall'odierna  Nocera,  si  può 
leggere  le  lettere  erudite  che  ri- 
guardano Pitulo  e  r  antica  città  di 
Kuceria  Camelaria,  riportate  dal 
Colucci,  Antichità  Picene  t.  XI,  p. 
II 3.  JNd  secolo  Vili  Nocera  fece 
parte  dei  dominii  della  chiesa  ro- 
mana, come  abbiamo  dall'Anasta- 
sio nella  vita  di  Stefano  II  detto 
III,  il  quale  nel  ySS  avendo  ri- 
corso a  Pipino  re  di  Francia  con- 
tro Astolfo  re  de' longobardi,  che 
avea  occupate  varie  terre  della 
Chiesa,  tra  quelle  I  che  costrinse  a 
restituire  si  novera  Nocera.  Verso 
questo  tempo  Nocera  era  un  ca- 
staldato  del  ducato  di  Spoleto,  e 
nel  placito  del  duca  Gisolfo,  tenuto 
in  Rieti  nel  761,  vi  si  legge  tra 
gli  altri  giudici  assessori  Eleuterio 
castaido  di  Nocera,  come  riferisce 
il  Fai  teschi,  Mem.  del  ducato  di 
Spoleto,  p.  169.  Quindi  ebbe  i 
suoi  conti,  e  nel  980  Lupo  Vico 
figlio  del  conte  Monaldo,  edificò 
Fossato  ed  ampliò  Sigillo,  de* quali 
luoghi  parlai  a  Gualdo  Tadino  , 
tutti  compresi  nella  diocesi  di  No- 
cera. Narra  il  Reposati,  Della  zec- 
ca di  Gubbio,  che  appartenendo 
Nocera  al  ducato  di  Spoleto,  quando 
questo  ricuperò  Innocenzo  III,  No- 
cera tornò  in  potere  della  Chiesa.  Al 
tempo  delle  fazioni  de' guelfi  e  ghi- 
bellini, anche  questa  città  ne  pro- 
vò le  conseguenze .  Bonifacio  IX 
nel  1892  creò  vicario  di  Nocera 
Ugolino  Trinci  di  Foligno,  ciò  che 
confermò  Giovanni  XXIII;  il  suo 
figlio  e   successore    Nicolò  col  fra- 


NOC  6[ 

tello  Rartolomeo  nel  r4^i  furono 
uccisi  nella  rocca  di  Nocera.  Di  poi 
Eugenio  IV,  a  mezzo  del  celebre 
Vitelleschi,  tolse  Nocera  alla  fami- 
glia Trinci,  sul  dominio  della  qua- 
le può  leggersi  il  Durante,  Istoria 
della  famiglia  Trinci,  con  memo- 
rie di  Nocera.  A  Foligno  dissi  che 
i  governatori  pontificii  di  tal  cittàj 
lo  erano  pure  di  Nocera. 

Nel  i45>8,  per  la  sede  vacante 
di  Calisto  III,  Giacomo  Piccinino 
che  d'ordine  del  re  di  Napoli  era 
andato  ad  aiutare  Federico  conte 
di  Urbino,  invece  colle  sue  genti 
occupò  Asisi  ,  Nocera  e  Gualdo, 
lasciando  il  conte  esposto  nella  guer- 
ra coi  Malatesta.  Già  nel  pontificato 
di  Eugenio  IV,  Nicolò  Piccinino  a- 
vea  invase  Nocera  e  Gualdo.  Elet- 
to Pio  II,  Ferdinando  re  di  Na- 
poli comandò  a  Giacomo  di  trala- 
sciar le  molestie  dello  stato  ponti- 
ficio e  di  abbandonare  Nocera  e 
gli  altri  luoghi,  laonde  obbedì  an- 
co perchè  non  avrebbe  pofuto  col- 
le sue  forze  conservarne  l'  acquisto. 
In  seguito  Nocera  seguì  i  destini 
dell'  Umbria  e  la  dominazione  fran- 
cese nel  declinare  del  secolo  scor- 
so e  ne'  primi  anni  del  corrente. 
Talvolta  Nocera  fu  onorata  dalla 
presenza  de'  Papi,  e  1*  ultimo  fu 
Gregorio  XVI  reduce  dal  viaggio 
al  santuario  di  Loreto  nel  1841. 
Martedì  2 1  settembre  partendo  da 
Gualdo  Tadino,  il  Pontefice,  percor- 
rendo la  via  nazionale  per  Foli- 
gno, passò  per  i  territorii  di  Re- 
gali e  di  Teopano,  i  cui  abitanti 
si  erano  raccolti  presso  alcune  cap- 
pel lette  rurali  esistenti  sulla  strada 
e  sotto  archi  di  verzura  eretti  per 
festeggiare  il  suo  passaggio,  echeg- 
gianti  di  giulive  acclamazioni.  I 
nucerini  per  significare  al  santo 
Padre    la    venerazione  e  il    fedele 


62  NOC 

loro  allaccamento,  avevano  eretto 
all'ingresso  della  gran  piazza,  posta 
a  piedi  tlella  montuosa  città,  un 
grande  arco  trionfale,  mentre  sul- 
r  ingresso  della  città  medesima,  si- 
tuato nel  fondo  della  piazza  dirim- 
petto al  detto  arco,  erasi  innalzata 
la  bandiera  pontifìcia  con  analoga 
iscrizione,  altre  essendone  all'arco. 
Qui  la  magistratura  civica  umiliò 
le  proteste  di  divozione  e  suddi- 
tanza, ed  un  drappello  di  giovani 
presa  la  carrozza  del  Papa  la  tras- 
se fìno  presso  una  loggia  costruita 
sulla  piazza  stessa,  da  dove  Grego- 
rio XVJ  accompagnato  da  monsi- 
gnor vescovo  e  da  tutto  il  clero 
compartì  all'affollato  popolo  la  sua 
apostolica  benedizione ,  fra  i  più 
commoventi  viva  di  giubilo  e  di 
riverenza.  Quindi  con  lo  stesso  ac- 
compagnamento e  sotto  baldacchi- 
no si  portò  alla  casa  del  conte 
Giuseppe  Olivieri,  ove  ammise  al 
bacio  del  piede  il  clero,  il  gover- 
natore, la  magistratura  e  molte  al- 
tre persone,  mentre  il  popolo  con 
fervorosa  divozione  si  portò  in  fol- 
la a  baciare  il  luogo  donde  il  Pon- 
tefice l'avea  benedetto.  Ripreso  il 
"viaggio,  dirigendosi  per  Foligno, 
Gregorio  XVI  incontrò  altre  dimo- 
strazioni di  popolare  esultanza  a 
Ponte  Centesimo  e  quindi  presso  alla 
Vescia,  ove  venne  alzato  sulla  strada 
di  passaggio  un  grandioso  altare,  sul 
fjuale  fu  esposto  il  ss.  Sagramento, 
laonde  essendo  il  Papa  disceso 
ne  ricevette  la  benedizione,  come 
avea  fatto  in  una  delle  suddette 
rnppellette,  indi  egli  slesso  appagò 
il  popolo  colle  sue  benedizioni  e 
parole  benigne. 

La  sede  vescovile  fu  eretta  nei 
primi  secoli  della  Chiesa,  immedia- 
tamente soggetta  alla  santa  Sede, 
come  lo  è  tuttora,    invano  avendo 


NOC 

preteso  sopprimerla  Napoleone  con 
decreto  de' 5  agosto  loro.  L*  U- 
ghelli  che  neW  Italia  sacra  t.  I, 
p.  io63,  e  t.  X,  p.  3o2,  ci  dà  la 
serie  de*  suoi  vescovi,  dice  che  vi 
predicò  la  fede  Crispoldo  di  Foli- 
gno discepolo  di  s.  Pietro  verso 
l'anno  58,  su  di  che  potrà  vedersi 
l'articolo  Foligno.  Nella  persecu- 
zione di  Nerone  furono  martirizza- 
ti s.  Felice  prete  e  s.  Costanza  ma- 
trona a'  17  settembre  del  6g,  i 
cui  corpi  furono  deposti  nella  chiesa 
di  s.  Maria  Maddalena,  donde  nel 
1590  furono  trasportati  in  catte- 
drale e  le  loro  teste  in  Pesaro.  Ne 
fu  primo  vescovo  Felice,  cui  scris- 
se s.  Innocenzo  I  Papa,  ed  inter- 
venne al  concilio  con  Decenzio.  Se- 
condo vescovo  fu  Celio  Lorenzo 
cardinale  e  Antipapa  IV  (Fedi) 
nel  498  contro  s.  Simmaco,  il  qua- 
le benignamente  lo  fece  vescovo  di 
Nocera,  mosso  a  pietà  del  suo 
competitore  ;  questi,  passati  quattro 
anni,  spalleggiato  dalla  sua  fazione 
ritornò  in  Roma  e  rinnovò  lo  sci- 
sma, ma  in  un  sinodo  fu  deposto, 
cacciato  in  esilio  e  scomunicato, 
morendo  cosi  ne'  poderi  del  suo 
sostenitore  Festo;  narrando  tutto 
distesamente  Agnello  Anastasio,  cap. 
V,  Storia  degli  Antipapi.  Papa  s. 
Simmaco  nel  S02  in  sostituzione 
di  Lorenzo  consacrò  Aprile;  quar- 
to vescovo  fu  Primerio  cui  scrisse 
nel  598  s.  Gregorio  ì.  Luitardo 
fìoii  sotto  Eugenio  II  nell*  826; 
Reperto  o  Ramperto  intervenne 
alla  consecrazione  dell'  imperatore 
Lodovico  II  in  s.  Pietro,  ed  al  con- 
cilio romano  dell' 86 1.  Indi  succes- 
sero Severino  dell'  887,  Benedetto 
del  900  che  restaurò  la  chiesa  di 
s.  Martino,  Giuliano  si  trovò  al 
concilio  celebrato  da  Giovanni  XIII 
nel    967,  Gilberto  Ala   cremonese 


NOC 

lììonaco     benedettino  tìel  986.   Al- 
berto o    Adalberto     monaco  bene- 
dettino, figlio  di  Roderico  conte  di 
Noccra,  creato  nel  1007  da  Giovan- 
ni XVill,   il  quale  pei*  essere    sta- 
te   rovinate    dai     longobardi  e  dai 
saraceni   le  città  vescovili  di   Tadi- 
no, Rosella,  Usenti  e  Plestea,     alle 
quali     l' Ughelli  aggiunge    Lucefòli 
cioè  Luccoli  (  la  cui  diocesi  fu   di- 
visa tra  Gubbio  e  Noce4'a),  le  unì 
a  Nocera    aumentandone  colle  loro 
sedi   la    diocesi  ;    laonde     non  pare 
che  Nocera    divenisse   allora   vesco- 
vato, come     si   ha  dalla  storia  del- 
l' antica  Tadino.     Romano  monaco 
di     Sassoferrato    del    monastero  di 
Silria,  discepolo  di  s.  Romualdo,  gli 
successe  nel    1012,  ma    dicesi  per 
simonia,  e  visse    due    anni.     Dodo 
fu  al  sinodo  romano  del  1029,  per 
la  causa  del  patriarca     di   Grado  ; 
Lodovico  a    quello    celebrato  in  s. 
Pietro  da  Nicolò  II  nel  1059.   Pa- 
squale li  nel    Ilio  elesse  Agostino 
detto     Arcoletti ,    che     concesse  un 
privilegio  al    monastero  di  s.    Pie- 
tro de  Andolina,    ciò    che    confer- 
mò nel    I  ia5  il  successore  Lotario. 
Indi   fìoriiono    Lorenzo     del    ii3r, 
Monaldo  Monaldeschi  orvietano  del 
I  i44>  Offredo    de' conti  di   Nocera 
del   1164,  Anselmo    nobile  di   Fo- 
ligno   arcidiacono    della     cattedrale 
e  vescovo  di    sua     patria,  poi     nel 
1170  pe' suoi  meriti  da  Alessandro 
Jll  fatto    anche    vescovo  di  Nocera 
che  sapientemente  amministrò  ;    gli 
successe  verso    il    1 196    Ugo.    Indi 
s.  Rinaldo  figlio  di  Napoleone  Trin- 
ci signore  di    Foligno,  benedettino 
dell'  Avellana,  per  le  sue  virtù  ven- 
ne creato  vescovo     dal     clero    con 
mirabile  consenso,  e  confermato  nel 
12 18  da    Onorio  III:  fu  chiamato 
il   padre  de'  poveri,  menò  vita  au- 
stera ed  esemplare,  fu  uno  de' sette 


NOC  63 

vescovi  che  promulgò  l' indulgen- 
za perpetua  della  Porziuncula,  e  vo- 
lò al  cielo  a'ig  febbraio  1222,  e 
fu  sepolto  nella  cattedrale,  di  cui 
divenne  titolare. 

Pelagio    lo   consagrò    nel    i223 
Onorio  111,  indi    successero  Costan- 
zo del    1218,    Bevegnato  Cnppuzzi 
di  Foligno  nel    i2  3o,  cui  Innocen- 
zo  IV    commise    T amministrazione 
della  sede  di    Foligno  ;  Guido  Ne- 
gosanti  di     Fano,  eletto    nel    12 52 
da  detto  Papa,  che  amico  di  s.  Sil- 
vestro donò  ai    suoi    monaci  molti 
beni;  Bernardo    del     i252  ;  beato 
Filippo  de' conti  d'Antignano  foli- 
gnate  del   i254,  monaco  di    Avel- 
lana, morto    santamente  a'  2  1  gen- 
naio   1285,  nel  calendario  di  Avel- 
lana si    legge    a'  17    settembre;  le 
sue  reliquie  dalla  chiesa  de' ss.  Fi- 
lippo ed  Agnese  presso  Gualdo,  nel 
1623   furono  trasferite  nella  catte- 
drale di  Nocera.    Fidemondo  cano- 
nico di  essa,  richiesto  dal  capitolo, 
fu  confermato    da    Onorio    IV  nel 
1285,  8  idus  augusti.  Giovanni  dei 
conti  di   Antignano  folignate,  cano- 
nico della  cattedrale,    richiesto  dal 
capitolo,  nel  1288  l'approvò  Nicolò 
IV,  che     introdusse     i     francescani 
in  s.    Maria    della     Misericordia  di 
Gualdo.  Beato    Alessandro  Vincioli 
perugino,  de'minori  e  penitenziere, 
fatto  da    Giovanni    XXII,  di  gran 
santità  di   vita    autenticata  da    mi- 
racoli, e  per  le  sue  preghiere  Sas- 
soferrato fu    liberato  da  male  con- 
tagioso, ed  ivi    fu  sepolto  nel  coro 
de'  francescani    nel    1 363,    essendo 
morto  a'  3  maggio.  Urbano  V  nel- 
lo stesso  anno     gli     surrogò    Luca 
Ridolfuccio   Gentili    (Fedì)  arcidia- 
cono di  Camerino,  vicario  genera- 
le    dell'  Umbria     e    cardinale.    Gli 
successe    Sentio    che    celebrò  il  si- 
nodo nel    1397;  fr.  Andrea  di  Moa- 


64  NOG 

te   Falco    franoescano   del     i4o4; 
Oio.  Tommaso    de  Margariti    Ibli- 
gnale,  cistcrciense  di  Sassovivo,  nel 
i4'9  traslato    dal     vescovato  Ly- 
ciense,  acclamato     pastore  sapiente, 
sepolto  in  s.  Domenico  di  Foligno 
nella  cappella  da    lui  eretta.     An- 
tonio Bolognini  di     Foligno  priore 
della  cattedrale    del    i438;  trasfe- 
rito in  patria  nel   i444>  g''  succes- 
se fr.  Giovanni    Marcolini    france- 
scano di  Fano,  insigne  teologo,  che 
nella  riedificazione   della  cattedrale 
pose    la     prima    pietra.     Nel    i^65 
divenne  vescovo    Antonio    Viminali 
di  Terni,  e  nel    147'  Sisto  IV  fece 
Giacomo  Minutoli  di    Lucca,  per- 
sonaggio illustre  per  le  cariche  sos- 
tenute   sotto    Pio     II    e    Paolo  U, 
compagno    del     cardinal     Giovanni 
Balve    legato     in    Francia,     ove  si 
fece  tanto  amare    che  Luigi  XI  lo 
dichiarò   suo    consigliere,     ministro 
suo  presso  la  santa    Sede,    lo  fece 
trasferire  al  vescovato  d' Agde,  con 
altre  beneficenze  e  distinzioni.    Nel 
1 481  Giovanni  Cerretano,  nel  1492 
Giacomo  de    Breusquelh  di  Limo- 
ges,  procuratore  generale  de' cistcr- 
ciensi in  Roma;    donò  alla    catte- 
drale preziose    suppellettili,   e    nel 
1498  fu  sepolto  in  Vaticano.  Mat- 
teo Baldeschi  perugino    uditore  di 
rota,  nel    i5o8    trasferito    alla  pa- 
tria da  Giulio  II,  che  nominò  Lo- 
dovico  Clodio    di    Calderola    e    di 
essa  arciprete.  Nel    i5i4  Leone  X 
nominò    vescovo   il    suo    precettore 
Varino  o  Guarino  Favorino  di  Ca- 
merino silvestrino,    dotto  nelle  let- 
tere greche  e  latine,   autore  di  di- 
Terse  opere  :  che   fece    da  diacono 
greco  in  cappella  pontifìcia,  lo  dis- 
si nel  voi.    Vili,  p.    144  del    Di- 
zionario   ed    altrove;    mentre    nel 
voi.  IX,  p.    194  notai  che  fu  il  pri- 
mo vescovo  regolare  ad  usare  fioc- 


NOC 

co  verde  al  cappello,  e  ciò  per  de- 
creto concistoriale  de*  i3  dicem- 
bre  i5i7. 

A  lui  nell'anno    i52i  Leone   X 
die  per  coadiutore   con  futura    suc- 
cessione, che    si    verificò  nel   i53.7. 
Angelo  Colocci  di  Jesi  segretario  pon- 
tificio,   insigne    nella    filosofia,  nel- 
la    teologia    e    nelle    matematiche, 
buon    poeta,    tesoriere    generale  di 
Paolo    III.    Vigilante  pastore,   fece 
ottime  leggi,  ingrandì  il  palazzo  ve- 
scovile e  l'abbellì  di   vari  ornamen- 
ti,   fabbricando    il  campanile  della 
cattedrale  :  in  Sassoferralo  eresse  un 
altare  a  s.  Pietro,  oltre  altre  ope- 
re pie.  Stanco  di  tante  fatiche,  nel 
1543  o   i545>  ottenne  il  vescovato 
pel    nipote   Girolamo    Mannelli    di 
Roccacontrada,  e  ritornato  in    Ro- 
ma, con  dispiacere  degli  eruditi  mo- 
rì nel   1549,  tiasferendosi  il  cada- 
vere   nella  patria  cattedrale  di  cui 
era  stato  canonico.  Lo  celebrammo 
anche  nel  voi.  XXXVI,  p.  263  del 
Dizionario.  A    Girolamo  nel   1592 
successe  Roberto  Pierbenedetti   ca- 
merinese,  già  canonico  di  s.  Ange- 
lo in  Pescheria,  morto  nel  i6o5  in 
Sassoferrato,  mentre  faceva  la  visi- 
ta, e  trasportato  in  cattedrale,  alla 
quale  il  fratello  cardinale  donò  sa- 
cre vesti  ed  istituì  un  anniversario. 
Virgilio    Florenzi    Perugino    eletto 
nel   i6o5}  per  sua  morte  nel  i645 
Orazio  Giustiniani  (Fedi)y  genove- 
se, trasferito  da  Montalto,  indi  car- 
dinale. Per  sua  dimissione  nel  1646 
fu  vescovo  Muzio  Montano  di  Ve- 
tralla,    e  governò  soavemente.   Nel 
1669    Gio.    Battista  Amati   nobile 
di    Pistoia,  già  di  essa  canonico  e 
vicario  generale,  lodato  per  dottri- 
na. Nel    1 690  Marco  Battaglini  ri- 
minese,  ornato  di  molteplice  erudi- 
zione,  autore    di   diverse   opere,  e 
della  storia  de'principali  concilii;  di 


NOC 

somma  prudenza,  era  slato  impie- 
galo dal  Papa  a  governare  varie 
città,  poi  visitatore  apostolico  di  Por- 
to e  Sabina,  e  nel  1716  traslato  a 
Cesena.  Alessandro  Borgia  nobile  di 
Velletri, protonotario  apostolico,  udi- 
tore della  nunziatura  di  Colonia^ 
indi  internunzio  e  governatore  d'A- 
sisi,  fatto  vescovo  nel  17 16,  che 
pubblicò  nel  1723  la  storia  patriaj 
e  nel  17^4  f^i  trasferito  a  Fermo. 
Egli  è  l'ultimo  registrato  nell'ir^^- 
Ua  sacra  j  i  seguenti  lo  sono  nel- 
le annuali  Notizie  di  Roma.  Note- 
remo, che  nel  secolo  decorso  i  ve- 
scovi tralasciarono  d'intitolarsi,  ve- 
scovo di  Nocera  e  di  Sentino,  cioè 
Sassoferralo  (Vedi)^  ma  solo  di  No- 
cera. 1724  fr.  Gio.  Battista  Chiap- 
pi de'girolamini  del  b.  Pietro  da 
Pisa,  della  diocesi  d'Albenga.  Gli 
successe  nel  1768  Francesco  Lo- 
renzo Massaioli  della  diocesi  di  Gub- 
bio. In  sua  morte  Pio  VII  nel  con- 
cistoro de' 22  dicembre  1800  no- 
minò Todierno  degno  vescovo,  mon- 
signor Francesco  Luigi  Piervisani 
d' Asisi  ,  già  canonico  teologo  di 
quella  cattedrale,  e  rettore  del  se- 
minario. Questo  insigne  prelato,  mo- 
dello dei  pastori j  è  divenuto  ir.^de- 
cano  de' vescovi  dello  stato  pon- 
tificio, ed  ha  operato  immensi  be- 
ni nella  sua  diocesi,  donde  usciro- 
no dal  suo  dotto  e  ottimo  clero 
diversi  vescovi  ;  a  Gualbo  Tadino 
ne  riparlammo,  e  si  disse  come  Pio 
VII  lo  dichiarò  abbate  di  quella 
abbazia  di  s.  Benedetto.  Giacinto 
Vincioli  ci  diede  il  catalogo  de' ve- 
scovi di  Nocera j  nelle  Notizie  sto- 
riche de^  cardinali  perugini ^  stam- 
pate nel  1730;  e  prima  di  lui  nel 
i653  in  Foligno  si  pubblicò  di  Lo- 
dovico Jacobilli:  Nocera  nelf  Um- 
bria e  sua  diocesi,  e  cronologia  dei 
vescovi  di  essa  cittàt  discorso  istO' 

voi.    XLVlIh 


NOC 


65 


rico.  Il  capitolo  si  compone  di  due 
dignità,  la  prima  delle  quali  è  il 
priore,  di  dodici  canonici,  compre- 
so il  penitenziere  e  il  teologo,  di 
altrettanti  mansionari,  e  di  altri 
preti  e  chierici  :  il  priore  è  il  par- 
roco della  cattedrale,  coadiuvato  da 
un  sacerdote  deputato  dal  capitolo. 
Pio  VI  col  breve  Dunt  insignem, 
de'29  luglio  1 794,  Bull.  Rom.  Coni. 
t.  IXj  p.  394,  concesse  ai  canoni- 
ci e  dignità  la  cappa  con  fodera 
di  pelli,  ed  il  rocchetto.  La  dioce- 
si si  estende  per  circa  trenta  mi- 
glia. Ogni  nuovo  vescovo  è  tassata 
in  fiorini  4^0,  ed  all'epoca  dell'ul- 
tima proposizione  concistoriale  era 
di  scudi  i5oo  la  rendita,  però  au- 
mentata dall'encomiato  vescovo. 

NOCERA  DE'  PAGANI  (Nuce^ 
rin  Paganorum).  Città  con  residen- 
za vescovile  nel  regno  delle  due 
Sicilie,  nella  provincia  del  Princi- 
pato Citeriore,  distretto  a  3  leghe 
da  Salerno  e  7  da  Napoli,  capo- 
luogo di  cantone.  È  posta  su  di 
un  colle,  e  vi  si  vedono  gli  avan- 
zi del  suo  grandioso  castello,  ove 
Carlo  HI  Durazzo  assediò  Urbano 
VL  Nel  vecchio  monastero  basilia- 
no  di  Mater  Domini  vi  è  la  tom- 
ba di  Carlo  I  d'Angiò  e  della  re- 
gina Beatrice.  Vi  sono  molti  rag- 
guardevoli edifici,  fra  i  quali  la  cat- 
tedrale con  battislerio,  sotto  l'invo- 
cazione di  s.  Marco  evangelista;  la 
chiesa  ed  il  monastero  de'benedet- 
tini  di  Monte  Vergine  sotto  il  ti- 
tolo di  s.  Giovanni,  di  maestosa 
apparenza,  sopra  un'altura  delizio- 
sa^ donde  si  contempla  un  gran 
tratto  di  mare  e  la  Campania.  Il 
santuario  della  Madonna  de'bagni^ 
assai  frequentato  nel  dì  dell'Ascen- 
sione, bevendosi  con  divozione  l'ac- 
qua della  vicina  sorgente.  Vi  sono 
altre  sei  chiese  parrocchiali  col  fon- 


6$  NOC 

te  sacro,  conventi  di  religiosi  e  mo* 
iiasleri  di  monache,  conservatorio,- 
confraternite,  ospedale,  éenakiai*io,  « 
palazzo  vescovile  aderente  alla  cat- 
tedrale, I  Borboni  vi  eressero  una 
vasta  caserma  per  la  cavalleria.  Fa 
un  rilevante  commercio  coi  prodot- 
ti del  suo  fertile  territorio,  special- 
mente in  frumento,  vino  squisito, 
bestiame  eccellente,  e  lane.  Fu  con- 
tea della  famiglia  Zurla,  e  ducato 
di  quella  dei  Carafa. 

Nocera,  Nuceria  Paganorum  ,  fu 
denominata  de'Pagani  sia  per  distin- 
guerla da  quella  dell*  Umbria,  che 
come  questa  alcuni  chiamarono  Al- 
plialenia^  sia  per  avervi  lungamen- 
te dimorato  i  saraceni  dopo  la  rot- 
ta del  Garigliano  nel  9 1 5,  o  per  es- 
servisi ritii-ati  sotto  Federico  II  quan- 
do furono  cacciati  dalla  Sicilia,  sia 
per  averne  abitato  i  dintorni  i  po- 
poli paghif  secondo  l'Alberti,  sia  per 
essere  stata  divisa  in  molti  paghi, 
dopo  i  vari  disastri  sofferti  nella  guer- 
ra punica  e  in  quella  sociale:  al- 
tri meno  verosimilmente  cosi  la  dis- 
sero dai  greci  paghi.  Alcuni  auto- 
ri pretendono  che  sia  stata  fonda- 
ta dagli  etruschi,  sulle  rovine  del- 
l' antica  JVbceria.  Sotto  la  repub- 
blica romana  divenne  colonia  mili- 
tare, e  si  distinse  per  la  sua  fedel- 
tà nella  seconda  guerra  punica.  Di- 
strutta prima  in  parte  da  Anniba- 
le, poscia  dai  normanni,  o  nei  i  i3i 
dal  re  Ruggiero,  lo  fu  interamen- 
te da  un  orribile  terremoto.  Nelle 
sue  vicinanze  Narsete  riportò  vit- 
toria su  Teia  re  de'goti,  che  vi  re- 
stò ucciso  nel  553,  terminando  co- 
s'i il  domìnio  goto  in  Italia.  Verso 
la  metà  del  secolo  XI  essendo  sta- 
ta conquistata  dai  normanni  e  di- 
strutta, gli  abitanti  furono  costretti 
ad  abitar  divisi  in  molti  villaggi  o  pa- 
ghi, e  da  ciò  vuoisi  derivato  il  cogao- 


NOC 

me  dì  pagani  o  abitatori  de'paghi. 
Dopo  la  vittoria  di   Carlo  I  d'An- 
giò,    vi  fu  fatto  aspro  macello  dei 
saraceni,    che    avevano    parteggiato 
per  Corradino,  l'ultimo  rampollo  de- 
gU  svevi.   Vi  nacque  s.  Lodovico  fi» 
glio  di  Carlo  II  d'Angiò.  Nello  sci- 
sma di  Clemente  VII  antipapa,  vi 
si    ritirò    nel    castello    il    Pontefice 
Urbano    VI,  come  una  delle  tante 
terre   cedute   al   suo  nipote    Fran- 
cesco   Prignani    da    Carlo   III    che 
avea  investito  del  reame  di  Napo- 
li. Il  Papa  vi  si  recò  nel  1882,  in- 
di   passò  a  Napoli,  ma   inimicatosi 
col  re  che  non  voleva  più.  dare  le 
terre  promesse,  a'  26  maggio   i384 
ritornò  a  Nocera  colla  corte    e  coi 
cardinali.    Questi   temendo  qualche 
sorpresa,  e    standovi  poco   comodi, 
l'abbandonarono,    e    fecero    passag- 
gio in  Napoli,  non  cedendo  alle  pon- 
tifìcie   preghiere    perchè    restassero 
in    fortezza.    Adombrato    Carlo    IH 
della  permanenza  d' Urbayo  VI  in 
Nocera,    lo  pregò  ritornare  in  Na- 
poli,  ma  venendogli  risposto  essere 
soliti  i  re  portarsi  a'  piedi  de'Papi , 
si  venne  in  aperta  guerra,  ed  il  re 
con  alcuni  cardinali   tramò  congiu- 
ra   contro    Urbano  VI  che  voleva 
privarlo  del  regno.  I  cinque  o    sei 
cardinali  ch'erano  col  Papa  furono 
imprigionati    e  straziati    colle    tor- 
ture, come  creduti    ribelli;    alcuni 
dicono  che  ivi  li  facesse  morire,  al- 
tri in   Genova,  al  quale  articolo    li 
nominammo,   e    dicemmo    come  il 
Papa    assediato    in   Nocera,    tre    o 
quattro    volte  al  giorno  compariva 
alla  sua  finestra,  e  al  suono  di  cam- 
pane,  con    torcia    accesa    in  mano, 
scomunicava    i    suoi  nemici,  e   co- 
me  a'  7    luglio    1 385  potè   fuggire 
da  Nocera  e  s'imbarcò  per  Geno- 
va. Questa  tragedia  dettagliatamen- 
te si  legge  in  Lodovico  Agnello  Ana» 


NOC 

slasìo,  Storia  degli  antipapi,  t.  IT, 
p.  179  e  seg.  :  ne  feci  parola  anco 
nel  voi.  XLVI,  p.  178.  Nel  seco- 
lo apprCvSso,  avendo  la  regina  Gio- 
vanna II  adottato  per  figlio  il  re 
Alfonso  V  di  Aragona,  a  pregiu- 
dizio di  Renato  d'Angiò,  Nocera  fu 
presa  dagli  aragonesi,  e  per  la  pri- 
ma ne  alzò  il  vessillo. 

La  sede  vescovile  fu  eretta  nei 
primi  secoli  della  Chiesa,  e  fatta 
sufìraganea  dell'  arcivescovo  di  Sa- 
lerno, di  cui  lo  è  ancora.  Ne  fu 
primo  vescovo  s.  Prisco  che  patì 
il  martirio  a'g  maggio  sotto  Nero- 
ne-, onde  la  cattedrale  era  prima 
colla  sua  invocazione.  Il  secondo 
fu  Numesio  diacono  di  questa  chie- 
sa, cui  scrisse  nel  592  s.  Gregorio 
3;  indi  Primerio,  al  quale  tal  Pa- 
pa diresse  un'epistola.  Amato  o 
Amanzio  nel  n^S  intervenne  al  si- 
nodo romano  di  s.  Zaccaria;  N. 
visse  a'  lempi  di  Gregorio  IV,  in- 
di non  si  conoscono  i  successori 
sino  a  Landò  che  governò  dal  io6f 
al  1073,  deposlo  dalla  santa  Sede. 
Dopo  lunga  lacuna  apparisce  Fe- 
lice, cui  diresse  una  lettera  Inno- 
cenzo III;  poscia  V^alerio  Orsini  ro- 
n)ano  del  12*28;  N.  assassinato  em- 
piamente dagli,  abitanti  nel  [260, 
onde  la  cit^à  restò  priva  del  seg- 
gio episcopale  per  decreto  di  Ales- 
sandro IV,  che  divise  la  diocesi  Ira 
gli  arcivescovi  di  Salerno  e  d'Amal- 
fi. Al  dire  di  Novaes,  Bonifacio  Vili 
nel  1295  ripristinò  la  sede,  ma 
non  sembra  avesse  effetto,  poiché 
tale  dignità  la  ripristinò  nel  i386 
Urbano  VI,  che  nominò  per  ve- 
scovo fr.  Francesco  de'  minori,  so- 
lo ordinato  sotto  Bonifacio  IX,  il 
quale  nel  1402  gli  die  a  successo- 
re Angelo  abbate  benedettino  di  s. 
Maria  di  Castellaneta.  Nel  14^9 
Ir.  Gabriele  Gaiofali  spolelino  ago- 


N.OC  67 

slinlanò,  egregio  teologo,  versato  in 
altre  scienze  ed  eloquente,  autore 
di  diverse  opere,  e  martello  degli 
eretici  fraticelli.  Gli  successero,  nel 
1433  Giuliano  Angrerani  nucerino, 
nel  1436  Giacomo  Benedetti  d'A- 
dria traslato  ad  Orvieto^  nel  i443 
Bartolomeo  Micheli  nobile  sanese, 
di  grande  autorità  presso  Alfonso  V 
d'Aragona,  famigliare  di  Calisto  III. 
Questi  nel  i^55  fece  vescovo  del- 
la patria  fr.  Pietro  domenicano,  e 
dopo  di  lui  Sisto  IV  nel  1478  Gio- 
vanni Cerretano  sanese,  chiaro  per 
nobiltà,  virtù  e  scienza  legale,  in- 
di uditore  di  rota.  Nel  1480  Pie- 
tro Strambotti  napoletano,  nel  i5o3 
Bernardino  Orsini  romano,  nel  i5i  i 
Domenico  Giacobazzi  [Vedi),  poi 
cardinale,  che  con  regresso  nel  i5i7 
cede  la  sede  al  nipote  Andrea  Gia- 
cobazzi canonico  vaticano,  dotto,  pio 
e  versato  nelle  lingue:  per  sua  mor- 
te nel  15^4  ne  riprese  il  governo 
lo  zio.  Nel  i528  Clemente  VII  no- 
minò il  dotto  Paolo  Giovio  di  Co- 
mo, il  più  celebre  storico  del  suo 
tempo,  eloquente,  eruditissimo,  mor- 
to in  Firenze  nel  i552.  Gli  suc- 
cesse il  nipote  e  coadiutore  Giu- 
lio Giovio  che  governò  lodevolmen- 
te, ed  ottenne  in  coadiuto  il  nipote 
Paolo  giuniore  che  gli  successe,  lo- 
dato per  erudizione  e  poesia,  sto- 
rico de'vescovi  di  Como.  Nel  i585 
Sulpizio  Costantini  nobile  fermano, 
superiore  de'  minimi,  che  compì  il 
palazzo  vescovile  incomincialo  dal 
predecessore,  e  fu  lodato  assai.  Nel 
1602  Simone  Lunadoro  nobile  sa- 
nese, canonico  della  patria  e  pro- 
tonotario,  zelante  di  sua  chiesa,  scris- 
se la  serie  de'vescovi.  Nel  1621  fr. 
Serafino  de  Vicari  piemontese,  do- 
menicano insigne  per  dottrina,  e 
commissario  del  s.  offìzio.  Indi  fu- 
roiK)   vescovi,  nel    1621    Francesco 


68  NOD 

Trivulzi    milanese,    referendario   e 
commissario  (Iella  camera;  nel  i63?, 
Ippolito   Franconi    delia   diocesi   di 
Trivenlo;  nel    i654  Tr.  Bonaventu- 
ra d'Avalos  agostiniano,  traslato  da 
Volturaria;    nel    1659  per  sua  di- 
missione fr.  Felice  Gabrielli    gene- 
rale   de' conventuali,   della    diocesi 
d'Ascoli;    nel    i685  Emidio  Lenti 
di  tal  diocesi  canonico,  giù  vicario 
di  Farfa;  nel   1692  Sebastiano  Pe- 
rissi sanese,  poi  trasferito  a    Gros- 
seto;  nel    1700  Gio.  Balista    Ca- 
rafa  nobile    napoletano;  nel    17 18 
Nicola  de  Dominicis  napoletano,  col 
quale    si    compie  la  cronologia  dei 
▼escovi  neW'ICalìa  sacra  dell'Ughel- 
li,  t.  VII,  p.  524.  Nelle  annuali  No- 
tìzie di  Roma  sono  registrati.  1744 
Geraldo  Volpi  della  diocesi  di  Bo- 
vino.  1768  Benedetto  Maria  Mon- 
tesanfelice  olivetano  di  Napoli,  che 
Tivea  nel   1808.  Pio  VII  colla  let- 
tera De  utìliori  soppresse  il  vesco- 
vato e  Tunì  a   Cava;  ma  Gregorio 
XVI  colla  bolla  In  vinca  Domini 
electa,  a'3  dicembre   i833  lo  sepa- 
rò  da  Cava    e  nuovamente   lo  ri- 
pristinò, preconizzando  per  vescovo 
nel  concistoro  de'23  giugno   i834, 
l'attuale   monsignor    Agnello   Giu- 
seppe d'Auria  di  Napoli,  già  di  quel- 
la cattedrale  penitenziere  minore  e 
vicario  curato.  Il  capitolo  si   com- 
pone  di  quattro  dignità,   la  prima 
delle   quali  è  l'arcidiacono,  di  do- 
dici canonici  comprese  le  prebende 
del   teologo   e   del    penitenziere,    e 
di   altri   ecclesiastici.  La  diocesi   si 
comprende   in    dieciotto    miglia    di 
territorio,  e  contiene  cinque  luoghi. 
Ogni    nuovo    vescovo   è  tassato  in 
166  fìorini,  e  le  rendite  ascendono 
a  circa  2000  ducati  napoletani. 

NODO,  ordine  equestre.  Fu  isti- 
tuito da  Giovanna  I  regina  di  Na- 
poli nel  1 352,  iiel  suo  secondo  ma« 


NOE 

trimonio  con  Luigi  principe  di  Tnf- 
ranto,  pel  quale  si  restituì  la  pace 
al  regno,  dopo  la  guerra  sostenuta 
contro  Luigi  I  re  d' Ungheria  :  l'ap- 
provò Clemente  VI,  sotto  la  prole- 
zione di  s.  Nicola  e  la  regola  di  s. 
Basilio,  ma  cessò  colla  morte  de'suoi 
istitutori  il  re  e  la  regina.  Si  com- 
pose di  60  cavalieri  sì  francesi  che 
napoletani,  che  portavano  per  in- 
segna sul  braccio  un  cordone  di 
seta  rossa  e  d'oro  ornato  di  perle. 
Si  portava  ancora  sul  petto  con 
medaglia  pendente.  Il  p.  Bonanni 
che  ne  riporta  la  figura  nel  suo 
Catalogo  a  p.  87,  dice  che  il  nodo 
non  si  vede  espresso,  e  che  il  nome 
di  nodo  fu  dato  acciò  restasse  il 
cuore  di  ciascuno  legato  di  una  sta- 
bile e  stretta  amicizia,  piti  che  il 
braccio. 

NOELLET   Guglielmo,    Cardi- 
nale. Guglielmo  Noeilet  o  Noeileti, 
nato  nella  diocesi  d'AngouIéme,  es- 
sendo professore    nel    diritto    civile 
nell'università  di  Tolosa,  dove   nel 
i365  ottenne  da    Guglielmo  d'  A- 
grifoglio  giuniore,  poi  cardinale,  le 
insegne     di    dottore,    canonico    di 
Bayeux,  arcidiacono  di  Chartres,  re- 
ferendario   apostolico,  e    domestico 
del  cardinal  Pietro  lioger  poi  Gre- 
gorio XI.  Urbano  V  nel    i366  Io 
spedì  a    Costantinopoli  per  la  riu- 
nione della  chiesa  orientale  coll'oc- 
cidentale.    Promosso  quindi   a  udi- 
tore   di    rota ,    Gregorio    XI    nel 
maggio    o    giugno    1371    lo    creò 
cardinale  diacono  di  s.  Angelo,  in^ 
di  destinatolo  alla    legazione  in  al- 
cune parti  d'Italia,  durante  la  qua- 
le   male  accolto    e  peggio    trattato 
dai  bolognesi  amanti  di  lil3ertà,  fu 
nel    1375  posto    in  carcere,  e  spo- 
gliato di  quanto  avea,  quantunque 
il    Rossi  nella   Storia    di   Ravenna 
scriva  che   fu  soltanto   cacciato  ed 


NOG 

esiliato  da  Bologna,  avendo  insie- 
coe  co'bolognesi  cospirato  contro  di 
lui  anche  i  fiorenlini  :  Io  che  inte- 
so dal  Papa  fulminò  sentenza  di 
scomunica  contro  i  bolognesi  ed  i 
fiorentini.  Fu  insieme  con  altri  car- 
dinali deputato  ad  esaminare  gli 
errori  di  Pietro  Bonageta  e  di 
Raimondo  ^'eofito,  che  furono  da 
lui  prosciilti  e  dannati.  Segui  Gre- 
gorio XI  nel  viaggio  di  Roma,  ed 
in  seguito  abbandonato  Urbano  VI, 
alla  cui  elezione  trovossi  presente, 
si  um  all'antipapa  Clemente  VII,  e 
mori  in  Avignone  nel    i394' 

NOEZIANI.  Eretici  così  chiamati 
da  Noeto  loro  capo  e  maestro  di 
Sabellio.  Noeto  era  un  filosofo  d'E- 
feso, che  visse  nel  240,  che  diceva 
non  esservi  che  una  sola  persona  in 
Dio,  cioè  il  Padre  ;  che  il  Verbo  e 
Io  Spirito  Santo  non  erano  che  de- 
nominazioni esteriori  date  a  Dio,  in 
conseguenza  delle  sue  operazioni  vi- 
sibili; che  come  creatore  chiama- 
vasi  egli  Padre  ;  che  sotto  la  figura 
dell'umanità  egli  avea  preso  il  no- 
me di  Figlio,  e  eh'  era  stato  chia- 
mato Spirito  Santo,  dopo  di  essere 
disceso  sugli  apostoli.  Sosteneva  per 
conseguenza  che  il  Padre  avea  sof- 
ferto. Questo  eresiarca  aveva  altresì 
la  follia  di  spacciare  ch'era  egli  un 
secondo  Mosè  mandato  da  Dio,  e 
che  suo  fratello  era  un  nuovo  A- 
ronne.  La  chiesa  d'Efeso  lo  scomu- 
nicò, ed  il  Papa  s.  Felice  I  condannò 
Sabellio. 

WOGARET  Lodovico,  Cardina- 
le, Lodovico  di  Nogaret  de  la  Val- 
lette, nato  di  generosa  stirpe  in  An- 
gouléme  in  Francia,  più  per  secon- 
dare la  volontà  del  padre,^  che  per 
vocazione,  applicatosi  allo  stato  ec- 
clesiastico, vestito  appena  1'  abito 
clericale  ,  fu  provveduto  di  mol- 
ta  e  pingui  abbazie,  e  tra  le  altre 


NOG  69 

di  quelle  di  s.    Melanio  di  Ptennes, 
di    Granselva ,    di    san    Vittore    di 
Marsiglia,  di  s.  Saturnino  di  Tolo- 
sa, e  di  s.  Martino  de' Campi,  fino 
al  numero  di  otto,    e  da  Paolo  V 
nel  16 14,  in  età  di  21   anni,  venne 
promosso  all'arcivescovato  di  Tolo- 
sa, e  poi  agli    II   gennaio   162 1  lo 
stesso  Papa  lo  creò  cardinale  prete 
assente,    avendo    poi    per   titolo    la 
chiesa    di  s.    Adriano.    Ebbe  gravi 
controversie    col    suo    capitolo,  che 
non  voleva  per  arcivescovo  uno  che 
non  era  sacerdote,  protestando  che 
se  non  si  ordinava  avrebbe  gover- 
nata la  metropoli  come  in  sede  va- 
cante. Le  insorte  differenze  furono 
quietate  coU'interposizione  del  car- 
dinal   de  Richelieu,  che  nel   i633 
lo    fece    dichiarare    commendatore 
dell'ordine  dello  Spirito  Santo.  Ri- 
nunziata  la  sua  chiesa,  come  senza 
ordini    sacri,   si    diede  al    mestiere 
delle  armi,  per  cui  aveva  sino  dal- 
la gioventù  avuto    del  trasporto,  e 
riportò   in   qualità  di   capitano  di- 
verse vittorie,  che    lo  fecero    avere 
in  conto  di  valoroso  soldato,  anzi- 
ché di  zelante  ecclesiastico,    corris- 
pondendo perfettamente  colla  liber- 
tà di  costume  alla    militare  profes- 
sione. Presiedè  all'esercito  di  Fran- 
cia in  Germania    ed  iq    Italia,  in- 
sieme al  duca  di  Candale  suo  fra- 
tello, a  cui  in  apparenza  era  stato 
conferito    il  comando   dell'  armata, 
mentre  in  effetto  il  cardinale  avea 
l'assoluto  dominio  sopra  tutto.  Tre 
volte  trovossi  presente  all'assemblea 
del    clero,    dicendosi    che    il   re  di 
Francia    non    ebbe    ministro    più 
sviscerato,  avendo   profuso    in    ser- 
vigio   della    corona   le    proprie  ric- 
chezze, per  cui  in  morte  lasciò  ri- 
levanti   debiti.    Dalla   Fiandra  pas- 
sò   in    Italia    coli' esercito    francese 
a  difendere  il  duca  di  Savoia  -,   ma 


70  NOL 

sorpreso  nel  di  lui  stato  da  vio- 
lenta malattia  che  fece  sospetta- 
re di  veleno,  in  Rivoli  castello  poco 
distante  da  Torino,  mori  nell'anno 
1639  in  età  di  4^  anni,  pieno  di 
disgusti  ed  accorato  per  gì'  infelici 
ultimi  successi  del  suo  generalato. 
Traslèrito  il  cadavere  per  ordine 
del  padre  a  Cadiliaco,  venne  ivi 
onorevolmente  sepolto.  Fu  lodato 
per  grande  spirito,  vantaggiosa  statu- 
ra, prudenza,  pratica  negli  affari  di 
stato,  per  consiglio,  amante  della 
Luona  fama,  e  sulHcientemente  i- 
struito  nella  teologia.  Suoi  difetti 
furono  il  voler  soddisfare  tutti 
quelli  che  a  lui  ricorrevano ,  ciò 
che  lo  rendeva  lento  e  irresoluto  in 
tutte  le  azioni  militari,  ecclesiastico 
involontario,  soldato  licenzioso,  ma 
nell'agonia  pianse  l'improprietà  del- 
ia vita  che  avea  menato,  mentre 
la  terminava. 

NOGARET  o  NOGARO,  Nu^a^ 
riolum.  Città  di  Francia ,  diparti- 
mento del  Gers,  distante  circa  4  le- 
ghe da  Auch,  capoluogo  di  cantone, 
sulla  sinistra  del  Midou ,  già  capi- 
tale del  paese  e  contea  d'Armagnac. 
Vi  si  tennero  due  concilii.  Il  pri- 
mo nel  1290  a'  29  agosto,  in  cui 
Amaneo  arcivescovo  d'Auch  assisti- 
lo da  sei  suffragane!,  vi  esaminò  la 
querela  di  Sancio  vescovo  di  Lescar, 
il  quale  si  lagnava  delle  usurpazio- 
ni di  Ruggiero  Bernardo  conte  di 
Foix.  II  secondo  nel  i3i5  dallo 
stesso  arcivescovo  con  sei  vescovi  e 
i  deputali  degli  altri  suffraganei.  Vi 
si  fecei;o  quattro  articoli,  il  terzo 
de'  quali  condanna  1'  abuso  di  ne- 
gare il  sagramento  della  penitenza 
a  quelli  che  sono  condannati  all'ul- 
timo supplizio,  e  che  lo  domandano. 
Diz.  de  conciai. 

NOLA  (Nolan).  Città  con  resi- 
denza veiìcuvile  nel  regno  delle  due 


NOI. 

Sicilie,  nello  provincia  della  Terra 
di  Lavoro,  capoluogo  di  distretto  e 
di  cantone  a  5  leghe  da  Napoli. 
Taluni  compresero  (juesta  anticfi  e 
cospicua  città  nel  Sannio,  altri  nella 
Campania  Felice,  ed  i  suoi  popoli 
si  dissero  anche  mamertini  dal  cul- 
to di  Marte.  La  cattedrale  è  sacra 
alla  Beata  Vergine  Assunta,  con  bat- 
tisterio  e  palazzo  vescovile  contiguo: 
vi  si  venera  tra  le  reliquie  il  cor- 
po di  s.  Felice  vescovo  e  martire, 
patrono  della  città.  Presso  al  suo 
tumulo  visse  in  pia  solitudine  s. 
Paolino  prima  di  divenirne  vescovo. 
Vi  sono  altre  chiese,  due  conventi 
di  religiosi,  due  monasteri  di  mo- 
nache, due  conservatorii,  l'ospedale, 
il  monte  di  pietà,  e  il  seminario 
costruito  fuori  le  mura  nel  passato 
secolo  dal  vescovo.  Il  collegio  dei 
gesuiti  venne  ediHcato  cogli  avanzi 
del  sontuoso  tempio  di  Augusto,  da 
Tiberio  costruitovi,  donde  trasse  il 
feudatario  Carafa  le  pietre  pel  suo 
magnifico  palazzo  di  Napoli.  Rimar- 
chevole è  pure  il  palazzo  governa- 
tivo, ed  una  caserma  militare.  L'an- 
tica chiesa  di  s.  Felice,  ove  restò  iu 
prima  tumulato,  è  circa  mezza  lega 
lungi  dalla  città  ,  ed  ivi  fu  eretta 
la  ricca  abbazia  de'  monaci  di  Mon- 
te Vergine,  detta  di  Casa  Marcia- 
na, ove  godesi  la  vista  deliziosa  di 
tutta  la  Campania,  e  l'ameno  spet- 
tacolo di  vaghissimi  giardini.  Se  qui- 
vi si  facessero  le  prime  Campane^ 
lo  dissi  a  quell'articolo.  Tra  i  suoi 
uomini  illustri  nomineremo  il  poe- 
ta Transillo,  Giovanni  di  Nola  e 
Giordano  Bruno. 

Questa  città  ,  di  cui  gli  storici 
ed  i  geografi  parlano  come  di  una 
piazza  fòrte,  secondo  Giustino  fu 
fondata  dai  greci  calcidii,  e  secondo 
Velleio  Patercolo  dai  tusci  o  etru- 
schi, 4^  3uui  priu^u  di  ZlQma,  1  io- 


NOL 

mnni  la  presero,  durante  la  guerra 
de'  sanniti,  e  divenne  poscia  colo- 
nia romana,  a  cui,  al  dir  di  Fron- 
tino, fu  dato  da  Vespasiano  il  no- 
me di  Colonia  Augusta.  Annibale 
l'assediò  invano  nel  54o  di  Roma, 
e  sotto  le  sue  mura  il  console  Mar- 
cello lo  vinse  per  la  prima  volta  , 
indi  due  altre  rotte  gli  toccarono 
ne'  dintorni.  Come  i  suoi  abitanti 
si  erano  difesi  valorosamente  con- 
tro i  cartaginesi,  i  romani  ricom- 
pensarono tanto  forte  attaccamento, 
e  la  dichiararono  municipio,  deco- 
randola di  magnifici  edifici  e  di  an- 
fiteatro. Marco  Agrippa  vi  morì 
l'anno  12  avanti  l'era  cristiana,  e 
l'imperatore  Augusto  l'anno  i4  di 
detta  era,  compiacendosi  del  suo 
soggiorno.  Nola  fu  saccheggiata  e 
distrutta  da  Alarico,  e  nel  4^6  nuo- 
vo eccidio  ebbe  dai  vandali  d'Afri- 
ca condotti  da  Genserico ,  i  quali 
trassero  in  cattività  lo  stesso  s.  Pao- 
lino giuniore.  Vi  si  scopersero  di 
tempo  in  tempo  de'  vasi  antichi , 
osservabili  per  eleganza  di  forme, 
bellezza  di  vernice  e  correzione  di 
disegno.  La  tardanza  della  conver- 
sione de'  nolani  alla  vera  credenza 
moltiplicò  i  martiri  in  que'  dintorni, 
e  specialmente  sotto  il  prefetto  Mar- 
ciano ne  fu  fatta  orrenda  strage. 
Celebre  è  il  cimiterio  o  catacomba 
di  Nola  pei  santi  martiri  e  vescovi 
che  vi  furono  deposti.  Vedasi  il 
Remondini,  Storia  ecclesiastica  No- 
lana,  Napoli  1747-  Fu  contea  del- 
la nobile  famiglia  Orsini,  e  Carlo  U 
nel  1293  ne  fece  primo  conte  Ro- 
manello. 

La  sede  vescovile  fu  eretta  nel 
secolo  III,  e  da  Alessandro  HI  di- 
chiarata suffraganea  di  Napoli ,  co- 
me lo  è  ancora  ;  prima  lo  era  stala 
della  santa  Sede  e  poi  di  Salerno. 
Ne  fu  primo  vescovo   s.  Felice  se- 


NOt  71 

niore  di  Nola  verso  il  a 54,  zelante 
promulgatore  della  fede  ;  governo 
la  sua  chiesa  cinque  anni,  e  fu  mar- 
tirizzato con  trenta  suoi  compagni 
sotto  il  prefetto  Marciano,  durante 
la  persecuzione  di  Valeriano,  a'  i5 
novembre.  Gli  successe  s.  Gallono 
che  sparse  il  sangue  per  la  fede, 
indi  s.  Aureliano  di  esimia  santità 
che  governò  38  anni;  s.  Massimo 
che  ne  emulò  le  virtù,  e  patì  nelle 
persecuzioni  di  Diocleziano  e  Mas- 
simiano ;  s.  Quinto  suo  discepolo 
verso  il  3  20,  nel  qual  tempo  fiorì 
altro  s.  Felice  di  Nola,  che  avea 
aiutato  il  predecessore  nel  governo 
pastorale.  Sesto  vescovo  fu  s.  Patri- 
zio, poi  Paolo  di  Nola  che  consa- 
grò la  chiesa  à\  s.  Felice;  s.  Pao- 
lino ornamento  e  gloria  della  chie- 
sa dì  Nola,  nominato  vescovo  nel 
409  :  da  alcune  lettere  di  s.  Ago- 
stino, e  da  quella  che  scrisse  a  s. 
Paolino  l'imperatore  Onorio,  per  pre- 
garlo ad  assistere  al  concilio  radu- 
nato contro  lo  scisma  d'Eulalio, 
sembra  che  il  santo  fosse  conside- 
rato come  uno  de'  più  dotti  e  santi 
vescovi  de'  suoi  tempi.  Gh  autori 
che  hanno  parlato  di  sua  vita,  no- 
tano le  tante  sue  virtù  e  di  aveu 
offerto  se  stesso  pel  riscatto  d' un 
prigioniero;  volò  al  cielo  nel  ^"òi. 
Gli  successero  Paolino  II,  che  accu- 
sato a  Valentiniano  II  ne  uscì  in- 
nocente ;  s.  Adeodato  suo  discepolo, 
insigne  in  santità  col  dono  della  pro- 
fezia, eletto  dal  clero  e  dal  popo- 
lo; Giovanni  Talaya  nel  4^4  ^i  ^^ 
trasferito  dal  patriarcato  d'  Ales- 
sandria ;  s.  Rufo  ,  Teodosio  che 
fu  al  concilio  romano  dell'  anno 
499,  Sireno  che  intervenne  ai  se- 
guenti ;  indi  s.  Lorenzo,  s.  Felice 
giuniore,  s.  Paolino  III,  assai  dot- 
to e  santo ,  al  cui  tempo  visse  s. 
Reparato  diacono  e  martire.  Leone  i 


ya  NOL 

tu  legato  nel  535  in  oriente  di  Pa- 
pa s.  Agapito  I,  e  fu  tumulato  nel 
celebre  ciniiterio  di  Nola,  presso  al- 
tri santi.  Lupeno,  Basilio,  Leone  li, 
Teodosio,  Gaudenzio  del  595,  Da- 
uiaso  del  670,  Aurelio  del  679, 
Leone  III  che  nella  chiesa  fece  vari 
ornamenti  in  onore  de'  santi  mar- 
tiri ;  Bernardo,  Pietro,  Giovanni, 
Landò  e  Giacomo  dell'  843.  Sasso 
celebre  vescovo  del  1093,  Gugliel- 
mo del  I  io5,  Bartolomeo  del  1 143, 
Bernardo  intervenne  nel  1 1 79  al 
concilio  di  Laterano  IH ,  Rullino 
trasferito  a  Rimini  poi  cardinale, 
fr.  Pietro»  M.  Perrone  eletto  da  una 
parte  del  capitolo  ,  mentre  l'  altra 
nominò  Pietro  Milone,  onde  si  appel- 
larono nel  1225  ad  Onorio  III.  In- 
di lo  furono  Eligio,  e  Giovanni  tras- 
lato d'Anglona  nel  1254-  Per  sua 
morte  Bouifacio  Vili  ne  fece  am- 
iTìinistratore  Francesco  Fontana,  già 
arcivescovo  di  Messina,  e  nel  1296 
gli  sostituì  Pietro  Guerra  arcivesco- 
vo di  Capua,  trasferendovi  nel  1298 
da  Soana  Landò,  cui  successe  nel 
i3ii  Giacomo.  Nel  i328  Pietro 
già  vescovo  di  Venafro,  nel  i33i 
Pietro,  nel  i34o  Ligo  d'Orvieto 
cappellano  pontificio,  nel  1 349  Ni- 
colò Oserio  nobile  di  Ra  vello,  mor- 
to prima  della  consacrazione,  onde 
subito  venne  surrogato  Francesco 
Rufo  napoletano  ,  uditore  di  rota. 
Francesco  Scaccano  di  Nola  cano- 
nico della  cattedrale,  egregio  per- 
sonaggio e  perito  nelle  leggi,  eletto 
nel  1370  :  fu  nunzio  di  Bonifacio 
IX  in  Sicilia  e  vicario  di  Roma; 
per  l'antichità  delia  cattedrale  la 
demolì,  e  ne  incominciò  la  riedifi- 
cazione. Nel  i4oo  Flameugo  o  Fla- 
minio Minutolo  nobile  napoletano, 
fu  al  concilio  di  Costanza;  gli  suc- 
cesse nel  144^  i^  coadiutore  Leone 
^e  Simone  amdlacuao,  al  cui  tem- 


NOL 

pò  Raimondo  Orsini  conte  di  Noli^ 
fabbricò  il  convento  pei  minori.  Mar- 
co Fìgerio (Fedi)  cardinale,  già  pre- 
cettore di  Sisto  IV.  Gio.  Antonio 
Buccarello  nel  14^9  traslato  da  A- 
scoli  di  Puglia,  sotto  del  quale  Or- 
so Oisiui  principe  di  Nola  prosegui 
la  cattedrale. 

Nel  i^jS  Orlando  Orsini  roma- 
no, illustre  per  erudizione  e  scienza 
legale,  rettore  dell'università  roma- 
na, assai  lodato.  Gio.  Francesco  Bru- 
ni protonotario,  fatto  nel  i5o5,  in- 
tervenne al  concilio  Lateranense  V, 
e  morì  di  100  anni,  succeduto  nel 
i546  dal  coadiuto  Antonio  Sca- 
rampo  piemontese  de*  conti  Can- 
nella, vescovo  lodatissimo,  che  fu  al 
concilio  di  Trento,  ed  eresse  il  se- 
minario :  pel  suo  zelo  Maria  Sanse- 
verino  moglie  di  Enrico  Orsini  con- 
te di  Nola  edificò  da'  fondamenti  il 
collegio  de'  gesuiti,  e  nel  1569  ven- 
ne traslato  a  Lodi,  succedendogli  Fi- 
lippo Spinola  vescovo  di  BisignanOj 
poi  cardinale.  Per  sua  rassegna , 
neir  anno  i585  divenne  vescovo 
Fabrizio  Gallo  napoletano,  che  rav- 
vivò lo  spirito  ecclesiastico  nel  cle- 
ro, fu  profuso  co'  poveri,  restituì  \a^. 
cattedrale  al  primiero  splendore  da 
quanto  aveva  sofferto,  difese  la  li- 
bertà della  chiesa,  ampliò  il  capi- 
tolo, aumentò  nella  diocesi  le  chie- 
se collegiate  ed  istituì  gli  eremiti 
camaldolesi.  Fu  pure  benefico  del- 
l'ospedale e  del  monte  di  pietà,  ce- 
lebrò il  sinodo,  pose  i  minimi  presso 
il  cimiterio  de'  martiri  e  di  s.  Fe- 
lice prete;  a  tutti  caro  e  pianto  mori 
nel  16 14,  fu  sepolto  in  cattedrale 
nella  cappella  di  s.  Stefano  da  lui 
eretta,  vivendo  la  sua  memoria  in 
benedizione  anco  presso  i  riformati 
cui  die  chiesa  e  convento  in  Pal- 
ma. Gli  successe  Gio.  Battista  Lan- 
cellotti  romano,  che   aumentò    gli 


NOL 

t)rnamenti  della  cattedrale,  abbellì 
con  pitture  l'episcopio,  ripristinò  alla 
venerazione  de'  fedeli  il  carcere  di 
s.  Gennaro,  ove  cinque  martiri  fu- 
rono straziati  nella  fornace,  il  quale 
luogo  dipoi  nel  1700  restaurò  la 
città  di  Nripoli.  Nel  1657  quivi  fu 
trasferito  d'Acerenza  e  Cariati,  Fran- 
cesco Gonzaga  mantovano  teatino , 
zelantissimo  pastore ,  difensore  dei 
poveri;  tolse  nella  visita  diversi  abu- 
si, donò  alla  cattedrale  preziose  sup- 
pellettili, perfezionò  l'episcopio,  e 
celebrò  il  sinodo.  Nel  1675  da  Mon- 
te Peloso  venne  traslato  Filippo  Ce- 
sari ni  patrizio  nolano  e  romano,  ge- 
neroso colle  chiese:  gli  successero 
Francesco  Maria  Moles  napoletano 
nobile  spagnuolo ,  teatino  dotto  e 
celebratissimo  predicatore,  magnifi- 
co ne'  doni  che  fece  alla  cattedrale, 
lodato  pastore;  nel  1695  fr.  Danie- 
le Scoppa  francescano  della  stretta 
osservanza  e  commissario  generale, 
celebrò  il  sinodo,  fiorì  in  dottrina 
e  nelle  più  belle  virtù;  nel  1704 
Francesco  Maria  Carafa  nobile  na- 
poletano e  teatino,  traslato  da  s. 
Marco,  introdusse  nella  diocesi  i  ci- 
stcrciensi, rinnovò  il  seminario  ,  ri- 
dusse a  miglior  forma  l'episcopio  e 
la  via  pubblica,  accrescendo  la  men- 
sa. Con  esso  ntWItalia  sacra  del- 
rUghelli,  t.  VI,  p.  '2^1,  si  compie  la 
serie  de'  vescovi,  che  continueremo 
colle  annuali  Notizie  di  Roma.  i'j/\^ 
Gerardo  Volpi  della  diocesi  di  Bo- 
vino. 1764  Nicolò  Sanchez  de  Lu- 
na napoletano,  traslato  da  Chieti  da 
Clemente  Xlli  che  gli  scrisse  il  bre- 
ve Jucundus  nobisy  in  cui  lodò  al- 
tamente i  gesuiti  per  quegli  enco- 
mi che  gli  aveva  fatti  lo  stesso  ve- 
scovo cheli  avea  esperimenlati.  1768 
Filippo  Lopez-y-Royo  teatino  della 
diocesi  di  Lecce.  1778  Benedetto 
polari  domenicano  genovese.   1798 


NOL  73 

Gio.  Vincenzo  Monforte  di  Sorrento, 
trasferito  da  Tropea.  i8o4  Vincen- 
zo Maria  Torrusio  della  diocesi  di 
Capaccio,  traslato  da  questa  chiesa. 
1823  Nicola  Coppola  napoletano  fi- 
lippino, trasferito  da  Bari.  Per  sua 
morte  Leone  XII  nel  concistoro  dei 
23  giugno  1828  dichiarò  vescovo 
l'attuale  monsignor  Gennaro  Pasca 
napoletano,  già  di  Bojano.  Il  capi- 
tolo si  compone  delle  dignità  del 
decano,  arcidiacono,  tesoriere  e  can- 
tore, di  sedici  canonici  colle  preben- 
de penitenziaria  e  canonicale,  di  do- 
dici beneficiati,  e  di  altri  ecclesia- 
stici. La  cura  della  cattedrale  è  affi- 
data al  cantore,  all'  arcidiacono  e 
ad  un  canonico,  che  l'esercitano  pel 
sacrista  curato  a  disposizione  del  ve- 
scovo. Ampia  è  la  diocesi  :  ogni 
vescovo  è  tassalo  di  4of>  fiorini,  es- 
sendo le  rendite  3700  ducati. 

NOLI  {Naulen).  Città  vescovile 
del  Genovesato  negli  stati  sardi,  ca- 
poluogo di  mandamento,  sul  golfo  di 
Genova.  In  generale  ben  fabbricata, 
sta  fra  due  roccie  scoscese,  una  delle 
quali  è  coronata  da  un  castello  che 
la  domina,  e  difende  il  suo  piccolo 
porto  di  poca  conseguenza.  La  cat- 
tedrale è  sotto  l'invocazione  del  prin- 
cipe degli  apostoli  s.  Pietro,  con 
battisterio,  e  tra  le  reliquie  si  ve- 
nera il  corpo  di  s.  Eugenio  vesco- 
vo patrono  della  città  :  l'episcopio, 
buon  edifizio,  è  alquanto  distante. 
Vi  sono  altre  chiese,  conventi,  mo- 
nasteri, conservatorio,  confraternita, 
ospedale  e  monte  di  pietà.  Sull'o- 
rigine e  fondazione  di  questa  città 
sono  favolose  le  cronache  che  la  ri- 
petono dai  tempi  di  Mosè  e  San- 
sone ;  più  ragionevole  è  V  opinione 
di  quelli  che  la  credono  edificata 
dai  genovesi.  Un  tempo  fu  molto 
più  popolala  ,  e  si  governò  antica- 
inenle  a  forma  di  repubblica.   Non 


74  NOL 

trovansi  più  le  ricche  case  di  com- 
iiieicio  che  sostenevano  il  glielo  di 
sua  ricchezza,  e  dalle  guerre  geno- 
vesi, nou  che  dal  saccheggio  cui  l'ab- 
baadonò  Alfonso  re  d'Aragona  e  di 
Napoli,  ebbe  principio  la  sua  deca- 
denza. Vi  è  tuttavia  l'ordinaria  giu- 
dicatura. Al  tempo  di  Adriano  VI 
era  molto  guarnita  e  fortificata  di 
torri,  con  rocca  inespugnabile,  come 
narra  TOrtiz,  perchè  prima  i  citta- 
dini nel  fabbricare  una  nave  edifi- 
cavano pure  uria  torre.  Il  dello 
Papa  dalla  Spagna  recandosi  a  Ro- 
lììa,  approdò  nel  i522  all'isola  di 
Ruenga  in  faccia  a  Noli,  proseguen- 
do la  navigazione  per  Savona. 

L'attuale  diocesi  di  Noli  forma- 
va anticamente  una  parte  di  quella 
di  Savona.  Reggendo  questa  dioce- 
si nel  principio  del  secolo  XIII  il 
vescovo  Alberto,  avvenne  che  gli 
abitanti  di  Noli  per  una  propria 
loro  pretensione  occuparono  il  ca- 
stello di  Spotorno,  che  nello  spiri- 
tuale e  teinporale  dipendeva  dai 
vescovi  savonesi  ;  s' impadronirono 
inoltre  de'beni  che  alla  mensa  epi- 
scopale appartenevano.  Di  questa 
usurpazione  non  volendo  riconosce- 
re il  proprio  errore,  né  le  altrui 
ragioni,  il  vescovo  Alberto  nel  1227 
fulminò  l'interdetto  agli  abitanti, 
pena  terribile  che  vieppiù  gl'irrito 
oontro  il  pastore.  Di  tal  cosa  fu  al- 
tamente commossa  la  repubblica  di 
Genova,  giacché  i  nolesi  aveano 
prestato  nelle  intraprese  delle  cro- 
ciate molti  segnalati  servigi,  e  per 
gli  armamenti  e  pel  valore  si  erano 
bravamente  distinti.  Non  minor  dis- 
piacere ne  provò  il  Papa  Gregorio 
IX,  il  quale  sapeva  che  Noli,  allora 
piccolo  borgo,  avea  resistito  intre- 
pidamente al  gran  nemico  della 
Chiesa  Federico  IIj  senza  che  gli 
£:»£mpi  delle    terre    conviciue    che 


NOL 

air  imperatore  eransi  assoggettate, 
ne  le  esortazioni  di  lui  valessero 
punto  a  smuovere  la  fede  e  la  co- 
stanza che  al  Papa  aveano  promes- 
so. Essendo  pertanto  così  beneme- 
riti del  governo  di  Genova  e  della 
Chiesa  i  nolesi,  Gregorio  IX  calda- 
mente pregato  dalla  repubblica  con- 
sentì nel  1289  a  decorare  il  bor- 
go col  nome  e  privilegi  di  città,  e 
ad  erigervi  la  sede  vescovile  affat- 
to indipendente  da  Savona.  L'ere- 
rione  si  fece  dal  cardinal  Giacomo 
Pecoraria  per  special  commissione 
del  Papa,  nel  recarsi  suo  legato  ia 
Francia.  Per  la  sua  piccolezza,  l'U- 
ghelli,  Italia  sacra  t.  IV,  p.  ioo4, 
osserva  che  venne  perciò  detta  : 
Urbs  meruit  dici,  mutato  nomine 
vici.  Per  tal  sua  mediocrità  il  car- 
dinale l'unì  alla  sede  di  Briignato 
(P^edi),  con  che  aumentò  un  suffra- 
ganeo  a  Genova.  Guglielmo  Con- 
lardi vescovo  di  Brugnato,  fu  an- 
che il  primo  vescovo  di  Noli;  si- 
mile unione  per  altio  non  ebbe  du- 
rala, poiché  quanto  era  forte  il  mo- 
tivo per  la  tenuità  delle  rendite  di 
unire  i  due  vescovati,  altrettanto 
più  forte  era  di  separarli,  per  la 
distanza  de' luoghi  ed  impossibihtà 
di  ben  reggerli  ambedue,  per  cui 
Innocenzo  IV  colla  bolla  In  sacra 
Petri  sede,  nel  12  45'  la  sciolse,  e 
d'allora  sino  al  1820  ebbe  Noli 
sempre  i  suoi  vescovi,  cessando  Gu- 
glielmo dall'amministrazione,  e  no- 
minando vescovo  F.  Filippo,  con- 
sagrato dall'arcivescovo  di  Genova 
a' 5  aprile  1248.  Inoltre  il  Papa 
soppresse  in  Noli  l'  antichissimo  mo- 
nastero di  s.  Eugenio,  e  ne  assegnò 
le  rendite  alla  mensa  vescovile. 

Successivamente  furono  vescovi, 
nel  1265  Antonio,  nel  1298  Ugo- 
lino, nel  i3i7  Sinibaldo  o  Singue- 
baldo,  nel  i328   Teodesco  o  Teo- 


NOL 

disio,  contro  il  qual^  scrisse  Bene- 
detto XI 1  per  le  sevizie  die  usava 
ai  henedetlini  del  dello  monastero 
di  s.  Eugenio;  nel  i346  fr.  Ama- 
deo  de' minori;  nel  i366  Giovan- 
ni Fiesco  genovese;  nel  i38i  Lu- 
ca; nel  i383  Marco,  non  però  con- 
secrato  ;  nel  i385  Leonardo  Fie- 
schi  genovese;  nel  iSga  fr.  Luchi- 
no de'minori,  traslato  a  Neopatra; 
nel  1396  Corrado  Chiavica,  trasla- 
to da  Oristano;  nel  i4o7  Marco 
li  Vigerio.  Nel  i447  ^"  <^^«ta  in 
commenda  al  cardinal  Giorgio  Fie- 
schij  per  sua  cessione  nel  i44^ 
Napoleone  Fieschi,  trasferito  ad  Al- 
benga  ;  nel  i4^9  I^'^olo  Giustinia- 
ni, altro  nobile  genovese;  nel  i485 
Domenico  Vaccari  genovese,  traslato 
a  Venlimiglia;  nel  looa  Galeotto 
FrancioUi  della  Rovere  ammini- 
stratore, indi  cardinale;  nel  i5o3 
per  sua  rinunzia  il  cardinal  Lorenzo 
Ciùo  amministratore  ;  agli  8  gen- 
naio i5o4  Antonio  Ferrerio  Fer- 
reri  maestro  di  casa  di  Giulio  II , 
che  a' 2  3  agosto  lo  trasferì  a  Gub- 
bio e  creò  cardinale,  sostituendogli 
Gio.  Vincenzo  Fodrati  come  il  pre- 
decessore di  Savona.  Di  questa  cit- 
tà lo  fu  pure  Vincenzo  Doveri  del 
i5o6,  dotto  e  caro  ai  principi.  Leo- 
ne X  nel  1 5 1 9  fece  vescovo  Ga- 
spare Doria  di  Genova;  nel  i54o 
divenne  amministratore  il  cardinal 
Girolamo  Doria j  nel  i548  Massi- 
miliano Doria  genovese  intervenne 
al  concilio  di  Trento  ;  nel  iSya 
Leonardo  Trucco  o  Turco  d' Al- 
benga,  il  quale  coli'  autorizzazione 
di  Gregorio  XIII,  Superna  dispo- 
sitiorWj  breve  de'  22  ottobre,  la  cat- 
tedrale di  s.  Paragono  che  sussi- 
steva fuori  le  mura,  la  trasferì  in 
città  nella  chiesa  di  s.  Pietro.  Nel 
1 588  Timoteo  Berardi  genovese  pro- 
cui-ai(^i'c    ^eueialc;    da'  cunutiliiaui  ^ 


NOL  75 

insigne  letterato  e  professore  di  teo- 
logia e  njetafisica  ;  nel  16 16  An- 
gelo Mascardi  di  Sarzana  nobile  ; 
nel  1647  Stefano  Martini  nobile 
d'  Alassio  referendario,  governò  con 
lode  ;  nel  1687  Giangiacomo  Por- 
rata di  Genova  ,  arcidiacono  di 
quella  metropolitana;  nel  1700 
Paolo  Andrea  Borello  genovese  bar- 
nabita, maestro  in  filosofia  e  teo- 
logia, consultore  dell'  indice;  nel 
1710  Giuseppe  Sauli  Bargali  o 
Bargagli  chierico  regolare  minore  ; 
nel  1713  Marco  Giacinto  Gandol- 
fo  genovese,  dotto  e  pio  prelato, 
che  riedificò  1'  episcopio,  accrebbe 
le  rendile  della  mensa,  ebbe  a  sof- 
frire per  ingiuste  accuse ,  da  cui 
però  fu  fortunato  uscirne  vittorioso, 
e  morì  da  tutti  pianto  nel  1737. 
Con  questi  nell'  Ughelli  si  termina 
la  serie  de'  vescovi,  che  continue- 
remo colie  annuali  Notizie  di  Ro- 
ma e  colla  Serie  cronologica  del 
can.  Bima,  p.   265. 

1737  Costantino  Serra  romano 
genovese,  nel  1746  trasferito  ad 
Albenga.  1746  li".  Antonio  Maria 
Arduini  conventuale  di  Albenga, 
eresse  del  proprio  due  canonicati  e 
quattro  mansionari  nella  cattedrale, 
e  ne  dotò  le  prebende,  lodato  per 
erudizione,  vigilanza  e  pietà.  Per 
sua  morte  Pio  VI  nel  primo  giu- 
gno 1778  fece  vescovo,  e  fu  l'ulti- 
mo litolare  di  Noli,  fr.  Benedetto 
Solari  genovese  domenicano,  d'infe- 
lice rinomanza,  benché  di  vasta 
scienza,  sollecito  e  zelante  pastore, 
padre  de' poveri,  pio,  sobrio,  ver- 
satissimo  nella  storia  ecclesiastica, 
nelle  questioni  scolastiche  e  nelle 
cose  disciplinari  antiche  e  moder- 
ne. Ma  quando  godeva  tale  ripu- 
tazione, Pio  VI  nel  1794?  colla  ce- 
lebre bolla  doni  malica  AuctorenL 
fìdci^  couduuuò    il  conciliabolo    di 


76  NOL 

Pistoia  (Fedi)j  e  per    essere  stata 
allissa  alle    porte    della     cattedrale 
d'ordine  dell' inquisitore    di  Geno- 
va, altamente  se  ne  offese.  La  tolse 
subito  e  non     volle  annunziarla  al 
suo  clero,  e  pretese    dimostrare  al 
Saio  governo  essere  ingiusta  la  pon- 
tifìcia condanna   e  illegale    per  al- 
cune   formalità.  Questo    procedere 
di  erigersi  a    censore    della     santa 
Sede,  cagionò     gravissimo  scandalo 
ovunque,  errore    che  in  certo  mo- 
do poi    confessò  ai    comizi  de'  ve- 
scovi costituzionali  radunati  in  Pa- 
rigi. Accecato  e  sedotto  dall'  orgo- 
glio, cadde    nelle    perniciose  dottri- 
ne, quali  pubÌ3licò  in  due    volumi 
con     falsi    raziocini!,     trionfalmente 
confutato  dal  sommo  cardinal  Ger- 
elli (Fedi):  altra  opera  contro  que- 
sto vescovo,  la  citai  nel  voi.  XLI, 
pag.     1 1 7.    Di     errore    in    errore 
precipitando,  fece  causa  coi  vescovi 
costituzionali    scismatici,    soppresse 
l'uffizio  e  messa    del  gran  s.  Gre- 
gorio VII,  con  circolare  ingiuriosa 
e    calunniosa  alla  Sede    apostolica. 
Tenace  nelle  sue   illusioni  il  Solari 
non  volle  dar  mai  a    conoscere  di 
aver  errato,  e  per  questa  ragione  ere- 
desi  che    non  abbia     fatto  visita  di 
rispetto  a  Pio  VII  relegato  a  Savo- 
na, onde  così  non  si  congetturasse  di 
sua  ritrattazione,  mentre  ne  deplo- 
rava la  prigionia.  Morì  in  Genova 
a'  i3  aprile   1814,  e  fu  sepolto  nel- 
la cattedrale  di  Noli.  Altre  notizie 
le  riporta    V  ab.  Semeria,    Storia 
ucci,  di  Genova,  p.   182.  Pio  VII 
fece  allora    amministratore  apostor 
lieo  di  Noli  il     vescovo  di  Savona 
Maggioli,  finche   con    bolla    del  9 
ottobre   1820  l'unì  perpetuamente 
a  Savona    (Fedì)    aeque  principa- 
liler.  Il  capitolo  si     compone  della 
dignità  dell'arciprete,    con  sette  ca- 
nonici, di  beaefìciati  ed   alUi  ghie- 


NOM 
rici  addetti   all' ufiiziatura  :     l'arci- 
prete ha  cura  delle  anime. 

NOMADIA  o  NOMESA  (s.),  ver- 
gine. Consacratasi  a  Dio  fino  dalla 
sua  giovinezza,  perfezionò  il  sagii- 
fizio  della  sua  virginità  col  fervore 
della  carità,  e  colla  pratica  di  tutte 
le  virtù.  Ella  viveva  nel  quinto  seco- 
lo, nel  Poitou,  dalla  parte  di  Tours. 
E  onorata  a*  i4  gennaio,  ed  invo- 
cata contro  il  mal  caduco. 

NOME,  Nomea.  Vocabolo  col 
quale  propriamente  s'appella  cia- 
scuna cosa.  Si  dubita  nello  stabi- 
lire l'uso  degli  antichi  circa  l'  im- 
posizione de'nomi,  cioè  se  la  madre 
o  il  padre  Io  dassero  ai  figli.  Nel- 
la sacra  Scrittura  si  legge  che  spes- 
so le  madri  fecero  questo  uffizio  ; 
così  Eva  prima  madre  de'  viventi 
con  Caino  ed  Abele;  le  figlie  di 
Lot  a  Moab  ed  Ammon;  Lia  a 
Ruben,  Simeone  e  Levi  ;  ed  anco- 
ra a  Gad,  Aser,  Issacar,  Zàbulon; 
Rachele  a  Dan,  Neftali,  e  poi  a 
Giuseppe  e  Beniamino:  quest'ultimo 
veramente  fu  così  chiamato  da  Gia- 
cobbe, da  Benoni  ch'era  il  primo 
nome.  Tuttavolta  l'ufficio  d'impor- 
re il  nome  fu  più  proprio  del  pa- 
dre che  della  madre ,  quale  atto 
di  dominio  competente  al  capo  del- 
la famiglia.  Adamo  l'impose  agli 
animali.  Set  al  figlio  Enoc ,  La- 
mech a  Noè;  e  quanto  agli  addotti 
esempi  delle  donne  che  posero  il 
nome  ai  figli,  probabilmente  ciò 
fecero  con  partecipazione  e  appro* 
vazione  de'loro  mariti.  Vedasi  il  p. 
Menochio,  Sluore  t.  II,  cent.  6, 
cap.  22,  dell'imposizione  de'nomi, 
Da  principio  gl'individui  non  eb- 
bero presso  gli  ebrei  se  non  che 
un  sol  nome  proprio,  nel  quale  i 
genitori  esprimevano  ciò  ch'essi  de- 
sideravano o  auguravano  al  loro 
figliuola,  se  pure  non  pigliavasi  \\ 


NOM 

nome  eia   qualche  occasione   parti- 
colare   o  da  qualche  avvenimento. 
Il  nome  di  Adamo  significo   uomo 
di  lena  rossa j  perchè  era  stato  for- 
mato del  fango  della  terra;   Abele 
fu  così  nominato  per  indicare  ch'egli 
non  avea  alcuna  successione,  signi- 
ficando quel  vocabolo  niente  o  va- 
nità; il  nome  di  Selh  significò  ri- 
surrezionCj  perchè  scelto  fu  per  ri- 
parare  la    perdita   d'Abele;    Esaìi 
,    fu  soprannomato  Edem,  donde   gli 
edomiti,  perchè  quel  nome  signifi- 
cava  sanguigno   o    rosso  ^    avendo 
egli  la  chioma  rubiconda.  Nella  sa- 
cra  Scrittura   sì  vede    inoltre,  che 
gli  ebrei  conoscevano  l'uso  dei  so- 
prannomi  o   d'un  secondo  nome; 
generalmente  non  avevano  essi,  co- 
me l'ebbero  in  tutte  le  età  gli  ara- 
bi,   se   non   che  un  mezzo  per  di- 
stinguere le  famiglie^  e  questo  con- 
sisteva nel  porre  in  seguito  al  no- 
me la  familiazione;  dicevasi    quin- 
di SauUe  figlio  di  CiSj  David  figlio 
di    Isai.  Gli  ebrei  usarono   talvolta 
sino  a  tre  nomi,  cioè  dopo  il  loro 
commercio   colle  nazioni    straniere, 
dopo    la  dispersione  delle  tribù,  e 
massime  allorché  la  Giudea  diven- 
ne provincia  romana.  Ordinariamen- 
te quella  moltiplicità  di  nomi  avea 
luogo    in    favore   di   coloro  che  si 
distinguevano  grandemente  per  vir- 
tù o  talenti.  Sovente  in  famiglia  si 
pigliava  il  nome  de'congiunti  o  del 
padre  stesso.  Presso  i  greci  il  no- 
me s'imponeva  nel  giorno   settimo 
dopo  la  nascita  del  bambino,  altri 
dicono  nel  decimo.  In  Atene  la  leg- 
ge  dava  al  padre  il  diritto  d'im- 
porre il  nome,  che  spesso  era  quel- 
lo dell'avo,  massime  se  illustre,  cioè 
al  primogenito  quello  dell'avo  pa- 
terno,   al   secondo   quello  dell'avo 
materno,  e  quelli  che  nascevano  in 
seguito    portavano    indistintamente 


NOM  rjrj 

i  nomi  dell'agnazione  e  della  co- 
gnazione. L'uso  di  portar  due  no- 
mi tra  i  greci  risale  alla  più  re- 
mota antichità,  e  se  ne  trovano  va- 
ri esempi  in  Omero. 

I  soprannomi  si  divisero  in  so- 
prannomi propriamente  detti,  e  in 
soprannomi  caratteristici,  o  satirici 
o  irrisoni  :  i  primi  traevansi  d'or- 
dinario da  un'azione  memorabile, 
dallo  splendore  delle  vittorie,  dal- 
la superiorità  del  coraggio  o  de'lu- 
mi,  da  qualche  vantaggio  corpo- 
rale, dalle  fisiche  o  morali  costi- 
tuzioni ,  da  una  prosperità  rico- 
nosciuta, ec;  quanto  agli  altri, 
è  ben  naturale  che  in  un  popo- 
lo tanto    spiritoso,    faceto  e  mor- 


dace  come 


greci, 


essi  dovevano 


essere  prodigati  a  tutti  gì  individui, 
ai    quali    potevano   applicarsi.     Al- 
lorché due  sposi  credevano  di  aver 
ottenuto  colle  preghiere  loro  la  na- 
scita  d'un    figlio,  aggiungevano   al 
nome  della  divinità  protettrice  l'ag- 
giunto dorali  che  significa    donati- 
vo.   In    questo  modo  si  formarono 
i    nomi    copiosissimi  colla  termina- 
zione in    doro,    I   soprannomi   im- 
posti per  significare  qualche  distin- 
tiva   qualifica,   essendo    poi  passati 
nelle  diverse  classi  de'cittadini,  pre- 
sentarono   frequenti    singolari  con- 
trasti  col  carattere,  stato  e    azioni 
di   coloro   che    li  avevano   ricevuti 
nell'infanzia.    1    romani,  come  pur 
tutti   gli    altri  popoli,  non    ebbero 
verosimilmente  da  principio  se  non 
che  un  solo  nome  proprio;   secon- 
do Eutropio  cominciarono  a  pren- 
derne  due   dopo    essersi    mescolati 
coi  sabini,  poiché  il  trattato  di  pa- 
ce  portò  la  prescrizione  che  onde 
formare  un  solo  popolo^  pigliereb- 
bero    reciprocamente  i  nomi    delle 
nazioni    contraenti,   il    romano   ag- 
giungerebbe   al  suo  quel  d'un  sa? 


7»  NOM 

bino,  ed  un  sabino  quel  d'un  ro- 
mano. In  appresso  i  romani  assiin- 
sei*o    Ire  e  talvolta   quattro    nomi. 
"Vi  avera  dapprima  il  nome  di  fa- 
mìglia, e  quello  chiamossi  propria- 
mente nomen;  questo  era   comune 
a    tutti    i  discendenti  da  una    me- 
desima   stirpe^    o  gcjitìs,  e  a  tutte 
le  loro  diran»azioni,  com'era  il  no- 
me Julius  de*  Giuli  che  credevano 
discendere    da    Jnlo  figlio   d'Enea. 
Venivano    in    appresso  il  pronome, 
praenomen,  col  quale  distingucvausi 
le    persone  di  una  stessa    famiglia; 
il    soprannome,    Cognomen,   ch'era 
per  alcuni  un  titolo  onorifico  o  un 
vocabolo    indicativo  de'vizi  o  delle 
buone  qualità  di  coloro  che  lo  por- 
tavanoj    Vedi  Cognome;   finalmen- 
te il  quarto  nome  che  alcuni  assu- 
mevano,,  chiamavasi    agnomen,   ed 
era  un'altra  specie  di  soprannome. 
Da  principio  al  momento  della  na- 
scila  i    romani  imponevano  a*  loro 
figli  il  nome  della  famiglia  alla  qua- 
le appartenevanoj  in  appresso  s'im- 
poneva il  nome  a'bambini  nel  gior- 
no della  loro  purificazione^  e  que- 
sto era  l'ottavo  dopo  la  nascita  per 
le    fanciulle,    e   il  nono  per  i  ma- 
schi; ma  l'imperatore  Antonino  Pio 
ordinò  che  i  bambini  ricevessero  il 
nome   nel    terzo   giorno  della    loro 
nascita,  e  che  lo  stesso  giorno  s'in- 
scrivesse quel  nome  ne'regislri  pub- 
blici. 1  greci   imponevano  il   nome 
nel  settimo,  secondo   altri    nel  de- 
cimo    giorno    dopo     la     nascita  ;  i 
franchi  nel  nono:  gli   odierni   gre- 
ci danno  il  nome   a'  fanciulli    otto 
giorni  dopo  la  loro  nascita.     Altre 
nozioni  si  possono  vedere  in  Char- 
don,  Storia  de*  sacramenti ,  t.  1,  p. 
looeseg.  Dell'origine  de'nomi  e  co- 
gnomi de'romani  e  di  altre  nazioni 
se  ne  parla  in  vari  luoghi  e  a  Co- 
gnome, e  delle  loro  derivazioni j  co- 


NOM 
me  delle  sottoscrizioni   col  solo  no- 
me de'principi,  vescovi,  cardinali   e 
Papi,  di  che  si  tratta  ancora  a  Cro- 
ce   SEGNO,  ed     altrove.    Il  Sarnelli, 
Lett.  eccl.   l.  V,  lett.  53  :   Per  qnal 
ragione  i  prelati  sottoscrivano  col- 
la sola  prima   lettera  del  loro  no- 
me. Dopo  aver  detto  che  i  roma- 
ni   usavano    pronomi,  nomi    e  co- 
gnomi, osserva  che  forse  ne'prelati 
cominciò    l' uso    di  usare  la   prima 
lettera  del  nome  per  la  stravagan- 
za de'  loro  nomi,  e  siccome  i  pre- 
lati devono  fare  molte  sottoscrizio- 
ni, per  brevità  cominciarono  a  far- 
le colla  iniziale  del  proprio  nome, 
tanto    più  che  vi  aggiunsero  il  ti- 
tolo   dell' udìcio    o    della  dignità  di 
cui  erano  insigniti.  Del  cambiamen- 
to   del  Nome  de'Papi,  parliamo  a 
quell'articolo:  anticamente  anche  ì 
vescovi  si  cambiavano  il  nome,  mas- 
sime se  era  barbaro  quello  che  pri- 
ma avevano. 

Dei  nomi  imposti  ai  primi   Cri' 
stiani    {Vedi);  di  quelli  che   s'im- 
pongono nel  Battesimo f  Vedi  Com- 
paratico e  Padrino:  talora,  massi- 
me anticamente,  si  variarono  nella 
Confermazione    [Vedi) ,   e  neh'  or- 
dinazione in  vescovo.  Le  leggi  del- 
la chiesa    prescrivono:     chi    avesse 
qualche  nome  profano  o  indecente 
ad  un  cristiano ,  gli    verrà  mutato 
dal  vescovo    cresimante   nel    nome 
di  qualche  santo  o  santa,  per  aver 
così  motivo  d'imitarne  le  virtù  ed 
ottenerne  il  patrocinio.  Gli    antichi 
cristiani  si  conformarono  in  parte  alle 
superstizioni  de' gentili    quanto    alla 
imposizione  de'nomi  ai  neonati.  Sic- 
come questi  ne'primi  cinque  o  sei 
secoli    non  si    battezzavano   subito, 
tranne  il  pericolo  di  morte;  quin- 
di i   fanciulli  e    gli    adulti    avendo 
già  il  nome  quando    ricevevano    il 
battesimo,  d'ordinario  lo  riteneva- 


NOM 

no;    anzi    molti     giorni    prima    di 
battezzarsi,  si  prendeva  da  ciascuno 
il  nome  per  iscriverlo  nella  Matrico- 
la [Vedi)  della  chiesa,  il  che  facevasi 
nel    giorno    del     grande    scrutinio. 
Al  tempo    di    s.  Siricio,  Papa    del 
385,  ciò    facevasi    quaranta    giorni 
e  più  avanti   il  battesimo,    avendo 
egli  prescritto  che  non  si    dasse  il 
1      battesimo  a  quelli  che  non    dasse> 
^      ro  il  nome  quaranta  giorni  prima. 
Non  mancano  però  esempi  che   fu 
cambiato  il  nome    a'fanciuUi    e  a- 
dulti  nel  battesimo:    Carlo  Magno 
fece  battezzare  il  figlio  a   Papa  A.- 
driano  I,  il  quale  gli  mutò  il  no- 
me il  Carlomanno  iu  quello  di  Pi- 
pino. L'uso  di  porre  i  nomi  nel  bat- 
tesimo ai  figli  subito  nati,  incominciò 
propriamente  nel  secolo  XIl  circa, 
cioè    dopo    che     si    obbligarono    i 
genitori  a  non    differire  di    troppo 
il  necessario  benefizio    del    battesi- 
mo   ai   figli.    Costumandosi    prima 
imporre    i  nomi     dai     genitori    in 
quelli  degli  ascendenti   più  accredi- 
tati o  anche  di  quegli  stranieri  cui 
erano  affezionati,  spesso  nomi  pro- 
fani erano  imposti.  Solo    alia    fine 
del  secolo  XII  e  principio  del  XIH 
si  cominciò   comunemente    a    dare 
il    nome  de' santi    ai    fanciulli    nel 
battesimo,  e  ne'primi    tempi,    ag- 
giunto al  nome  della  famiglia,  del 
luogo  della  nascita,  o  del  suo  paese  : 
così  in  Italia,  Francia  e  Germania, 
ove  in  avanti  un  solo    nome    por- 
tavasi. Tuttavolta  in  alcune  chiese 
occidentali  (poiché   nell'oriente  già 
nel    IV    secolo    portavansi    i    nomi 
degli  apostoli  e  de'martiri),  è  più 
antico  il  pio    costume    di    dare    ai 
fanciulli  nel  battesimo    i  nomi  dei 

I santi,  onde  invocarne  la  protezio- 
ne. Anticamente  di  rado  i  padrini 
e  le  madrine  imponevano  il  nome 
ai  figliocci  o  fi^lioccie,  ciò    che  in 


NOM  79 

progresso  di  tempo  fu  statuito  co- 
me cosa  ordinaria,  avuto  talvolta 
riguardo  ni  desiderii  dei  genitori. 

Il  nome  battesimale  s'impone  dun- 
que, per  porre  chi  riceve  il  sagra - 
mento   sotto    la  protezione  speciale 
di    chi  gli  si  dà   il  nome,  dal    che 
deriva  che  i  cattolici  devono  pren- 
dere questo  nome  dal  catalogo  dei 
santi    della    nuova  legge.  I    prote- 
stanti   affettano  di  dare  a'  loro  fi- 
gli il  nome  de'patriarchi  dell' anti- 
co Testamento;  e  ciò  indusse  mol- 
ti vescovi  a  vietare  ai  loro   parro- 
chi  di  ammettere  simili  sorta  di  no- 
mi   ne'loro  battesimi.     Non  si    de- 
vono parimenti  ammettere  nomi  pro- 
fani, favolosi,  poetici,  ridicoli,  empi, 
vergognosi,  indecenti,  ne  quelli  che 
la   Scrittura  attribuisce   a    Dio,  né 
quelli  degl'idoli    e  delle  false  divini- 
tà de'pagani.  Vedasi  Domenico  Pas- 
sini :  De  veterum  quorumdani  cìiri' 
stianorum  proprits,  selectìsque   nO' 
minibus  disscrlatio,    Veneliis  1772. 
Muratori    nella    Dissert.    4'    tratta 
de'nomi    e  soprannomi  degli    anti- 
chi,   di    quelli  de*  longobardi   aspri 
di  suono,  di  quelli  obbrobriosi;  co- 
me  di  un  solo  nome  senza  cogno- 
me  si  servivano  ne'  tempi    antichi, 
per  cui  nacque  gran  confusione  nel- 
le   persone    d'allora;    come  veniva 
aggiunto    il    nome    della    patria    o 
del  padre  per  distinguere  le  perso- 
ne,   ed  in  qual  maniera  si    distin- 
guessero allora  le  persone  del  me- 
desimo nome.  Molle  erudizieni  an- 
che bibliografiche  sui  nomi  d'ogni 
specie,    le    produsse    il    Cancellieri, 
nella  Dissert.  sulle  ss.  Sìniplicia  ed 
Orsa.  11  p.  Lupij  Dissert.  t.  I,  p. 
i57  e  iSijdiscorre  de'nomi  de'pri- 
mitivi  cristiani  che  non  si  mutava- 
no nel  battesimo,  né  erano  diversi 
da  quelli  de'genlili.   A.  Dittici    di- 
cemmo quali  vi  si  registravano,  ciò 


fio  NOM 

che   pure    notammo  ngll    annloj^hl 
articoli;  ed  il  Donali   ne* suoi  Dit- 
tici p.  i54,  ragionò  de' nomi   mol- 
tiplicati nella  slessa  persona,  facen- 
do altrettanto  il  Garampi  nelle  Me- 
morie. W  Buonarroti  we  Vetri  anti- 
chi parla  de'nomi  dati  nel  battesi- 
mo e  imposti  ai  bambini^  di  quel- 
li   mutati  dai  catecumeni  nel    loro 
battesimo,    specialmente  quando    i 
primi  erano  superstiziosi,  ritenendo- 
si talvolta  ambedue;  del  nome  de- 
gli   apostoli  ed  altri  santi  posti    ai 
nuovi    cristiani  ;    di  quelli  in  mol- 
tissimo uso  in  occidente    ne'  tempi 
dell'impero  di  mezzo^    dall' ultimo 
de'quali  si  denominavano  le  perso- 
ne, onde  dicevasi  nome  e   non  più 
cognome,  ec.  Un  tempo  gli  erudi- 
ti si  cambiarono  il  nome  con  quel- 
lo degli  antichi  romani,  e  di  quel- 
li accademici  se  ne  tiene  proposito 
ai    loro    luoghi.    Antichissimo  è  lo 
stile  degli  artefici  di  porre  i  nomi 
nelle  loro  opere.  A  Natale  facem- 
mo parola  della  festa   anniversaria 
del    nome^    la    quale  ebbe    origine 
dal    celebrare   la  memoria  del  più 
grande    benefizio    della    redenzione 
e   rigenerazione   alla    grazia,    anni- 
versario d'un  sagramento  senza  cui 
niun'altra    grazia  sagramentale,  né 
l'eterna  salvezza  si  può  conseguire. 
Antico  è  il  costume  che   i  religiosi 
e  le  religiose,  per  dimostrare  nella 
professione  eh'  essi  hanno  tutto  ab- 
bandonato   e  perfino  il  loro  nome, 
non  che  per  denotare  che  chi    ab- 
braccia lo    stato  regolare  ,  deposto 
r  uomo    Tecchio,  secondo  la    frase 
dell'Apostolo,  si  veste  del  nuovo  se- 
condo Dio  :    di  ciò  meglio    ai  loro 
parziali  articoli.  A  quelli  delle  Caivì- 
PANE,  CiTTA^   ed  altre  cose,  si  par- 
la de'  loro  nomi.  A  Donna,  dissi  dei 
nomi    diminutivi.   Altre  notizie  sui 
nomi  si  possono  vedere  nelle  Lett, 


NOM 

e  fri.  del  Sarnelli.    Vedi   Nome    ni?t 
Papi. 

NOME  (ss.)  DI  GESÙ  .  Questo 
nome  adorabde  significa  Salvatore; 
esprime  quanto  egli  ha  fatto  per 
le  anime  nostre  versando  tutto  il 
suo  prezioso  Sangue,  e  dando  la 
vita  sua  sulla  croce;  ci  ricorda 
quanto  dobbiamo  essergli  grati  e 
corrispondenti,  e  nel  tempo  slesso 
quanta  speranza  e  fiducia  dobbia- 
mo porre  in  lui  di  conseguire  l'eter- 
na salvezza.  Nec  enini  aliud  no- 
men  est  sub  coelo,  in  quo  oporteat 
nos  sah'os  fieri^  nisi  Nomen  Jesu. 
Act.  e.  4>  v*  i^-  Nell'epistola  ai  Fi- 
lippensi, e.  2,  V.  8,  s.  Paolo  dice 
che  Gesù  Cristo,  humiliavit  semeti- 
psiim  faclus  obediens  usque  ad  mor- 
temi mortem  aiitem  crucis.  Proptcr 
quod  et  Deus  exaltavit  illi  nomen^ 
quod  est  super  omne  nomen  j  ut 
in  nomine  Jesu  omne  gemifléctalur, 
coelestium,  terrestrium  et  inferno- 
rum.  Quindi  i  veri  fedeli  non  pro- 
nunziano il  ss.  Nome  di  Gesù  sen- 
za fare  un  segno  di  rispetto.  V. 
Dio,  Cristo,  Monogramma.  Questo 
nome  gli  fu  imposto  nella  CircoU' 
cisione  (P'^edi).  È  in  nome  di  Gesù 
Cristo,  che  gli  apostoli  fecero  i  mi- 
racoli, ed  a  lui  ne  riferivano  altre- 
sì tutta  la  gloria  ;  Act.  e.  3^  v.  4-' 
Seguendo  il  loro  esempio  fu  sem- 
pre dai  cristiani  venerato  e  invoca* 
lo  con  particolar  culto  il  nome  di 
Gesùj  ed  in  varie  occasioni  ne  rin- 
novarono la  festiva  memoria.  Nel 
1267  Clemente  IV,  ad  istanza  di 
s.  Luigi  IX  re  di  Francia,  conces- 
se tre  anni  d' indulgenza  a  chiun- 
que pronunziasse  i  nomi  ss.  di  Ge- 
sù e  Maria,  col  Nos  cuni  prole  pia 
henedicat  Virgo  Maria.  Vedasi,  Wer- 
nero  Rolen  winck  in  Fasciculo  tempor. 
ad  an.  1 264,  inter  Script,  rer.  Gernt. 
t.   II,  p.  558.  Gregorio  X  nel  con- 


NOM 

cìlio  generale  di  Lione  II  oifìlnò 
a  tutti  di  chinare  il  capo  al  nome 
ss.  di  Gesù,  con  epist.  presso  il  Mar- 
lene t.  IV,  p.  1776,  AnecdoL,  e  si 
rileva  pure  dai  canoni  del  condì. 
Avenion.  cap.  4>  ^^  Biterens.  can. 
I,  presso  Labbé,  Concil.  t.  XI,  p. 
1721  e  1923.  Narra  il  Bonucci 
neli'75/.  del  b.  Gregorio  X,  p.  196, 
ch'egli  pel  primo  fece  predicare  dai 
domenicani  la  riverenza  che  si  de- 
ve portare  a  iì  venerabilissimo  no- 
me, per  cui  nelle  loro  chiese  si  eres- 
sero in  di  lui  onore  altari  e  cap- 
pelle. Ciò  fece  il  Pontefice  per  aver- 
lo inleso  bestemmiare  dai  saraceni 
nella  sua  legazione  in  Soria.  Aggiun- 
ge il  Bonucci^  che  vi  ha  chi  dice, 
aver  Gregorio  X  ordinato  che  ogni 
volta  che  i  fedeli  sentissero  pronun- 
ziare non  solo  il  nome  di  Gesti j 
ma  anco  quello  di  Maria,  dovesse- 
ro piegar  le  ginocchia  col  cuore, 
dandone  segno  esterno  coH'inchinar 
il  capo.  Gran  propagatore  e  pre- 
dicatore della  divozione  al  nome 
di  Gesù  fu  il  francescano  s.  Ber- 
nardino  da  Siena  [f^edi),  con  som- 
mo frutto,  e  soleva  metterlo  in  prin- 
cipio di  tutte  le  sue  carte,  come 
ordinariamente  praticano  le  perso- 
ne religiose.  Trovandosi  la  Chiesa 
sul  principio  del  secolo  XV  lacera- 
ta dal  lungo  scisma,  a  ripararvi  il 
santo  con  l'ardente  suo  zelo  intraprese 
delle  missioni  sotto  il  patrocinio  del 
ss.  Nome,  esortando  i  fedeli  a  pe- 
nitenza per  ottener  la  pace  alla 
Chiesa^  e  la  tranquillità  e  la  con- 
cordia ne' popoli.  11  santo  fece  di- 
pingere su  tabelle  il  ss.  Nome  in 
sigle  con  lettere  d'oro:  IHS  nel 
mezzo  d' un  sole  con  raggi,  e  lo 
mostrava  in  fine  delle  sue  prediche 
al  popolo  affinchè  l'adorasse;  quin- 
di con  molte  contraddizioni  vi  ag- 
giunse   In    croce    con  tre  chiodi,   I 

VOL.     XLVIII. 


NOM  8t 

suoi  nemici  presero  le  sigle  per 
caratteri  magici,  e  l'accusarono  d'i- 
dolatria, o  di  voler  introdurre  un 
nuovo  culto  nella  Chiesa,  a  Marti- 
no V  e  ad  Eugenio  IV.  Ne  prese 
le  difese  il  suo  discepolo  s.  Giovan- 
ni da  Capistrano  con  famosa  dispu- 
ta nel  14*^7  in  s.  Pietro,  e  con 
tanta  forza  ed  energia,  che  non  so- 
lo il  santo  fu  dichiarato  immune 
da  ogni  taccia,  ma  inoltre  il  culto 
del  ss.  Nome  riportò  l'approvazio- 
ne della  santa  Sede.  Analoghe  eru- 
dite notizie  sono  nelle  Dissert.  epist. 
del  Cancellieri  p.  IlL 

Quindi  l'altro  francescano  fr. 
Bernardino  de  Bustis  celebre  pre- 
dicatore, si  adoperò  perchè  nella 
Chiesa  fosse  venerato  con  partico- 
lare uffizio  che  compose  e  presentò 
a  Sisto  IV  e  Innocenzo  Vili,  i 
quali  nulla  risolvettero,  finché  Cle- 
mente VII  con  breve  de' 26  feb- 
braio i53o  istituì  la  festa  solenne 
del  ss.  Nome  di  Gesù,  da  celebrar- 
si a'  i4  gennaio  col  predetto  uffi- 
zio di  rito  doppio  di  seconda  clas- 
se dall'  órdine  francescano,  che  ne 
avea  fatto  istanza.  Nel  i582  l'uf- 
fizio fu  esteso  a  Siena  e  sua  dio» 
cesi,  ov'era  nato  1'  aumento  di  eul- 
to a  questo  ss.  Nome,  come  patria 
di  s.  Bernardino.  Nel  i566  s.  Pio 
V  con  la  costituzione  Cimi  primiim, 
del  primo  aprile,  ordinò  sotto  gra- 
vi pene ,  di  chinar  il  capo  al  ss. 
Nome  di  Gesù  ;  e  Sisto  V  braman- 
do che  i  fedeli  frequentemente  in 
vita  abbiano  nel  cuore  e  nella  boc- 
ca il  Nome  di  Gesù  in  un  con 
quello  di  Maria,  per  averlo  poi 
anche  in  morte,  colla  bolla  Reddi- 
turij  degli  11  luglio  1587,  conces- 
se in  perpetuo  cento  giorni  d' in- 
dulgenza per  ogni  volta  che  salu- 
tandosi r  un  con  r  altro  si  dirà  in 
latino  o  italiano  o  in  altro  idioma; 
6 


8a  NO  M 

Laudetur  Jesu  Chris tus  ^  sia  loda- 
to Gesù  Cristoj  e  si  risponderà:  In 
saeadnìy  Ameny  ovvei'o  sempre  sia 
lodato.  A  chi  poi  invocherà  di  vota- 
mente  i  ss.  Nomi  di  Gesù  e  di 
Maria  concesse  per  ogni  volta  ven- 
ticinque giorni  d'  indulgenza;  ed 
avendo  avuto  in  vita  il  divoto  co- 
stume di  salutarsi  e  rispondere  co- 
me sopra,  o  di  spesso  invocare  i 
delti  Nomi  ss.,  concesse  indulgenza 
plenaria  in  artìcido  viortis^  invo- 
cando allora  i  lodati  ss.  Nomi  col 
cuore  almeno  contrito,  non  poten- 
do  colla  bocca.  Finalmente  Sisto 
V  concesse  le  sopraddette  indulgen- 
ze ai  predicatori  ed  a  tutti  coloro 
i  quali  esorteranno  i  fedeli  a  salu- 
tarsi nel  modo  accennato  ed  a  spes- 
so invocare  i  Nomi  ss,  di  Gesù  e 
di  Maria.  In  progresso  1*  uffizio  fu 
esteso  ad  altri  ordini  religiosi  e  cit- 
tà, come  nel  i643  ai  certosini  nel- 
la seconda  domenica  dopo  l'Epifa- 
nia, e  nel  1684  a  Firenze  e  suo 
stato.  Per  decreto  della  congrega- 
zione de'  riti  fu  accordato  ai  regni 
di  Spagna  e  in  molte  altre  prò- 
\incie  e  religiose  comunità,  ed  In- 
nocenzo XIII  ad  istanza  dell*  impe- 
ratore Carlo  VI,  con  decreto  de'29 
novembre  1721  comandò  si  cele- 
brasse dalla  Chiesa  universale  nella 
seconda  domenica  dopo  l'Epifania 
con  rito  doppio.  Benedetto  XI li 
per  ottenere  il  divina  aiuto  nei 
flagelli  del  terremoto  e  delle  piog- 
gìe,  con  decreto  della  congregazio- 
ne delle  indulgenze  de*  12  gennaio 
1728,  Clini  justus,  confermò  in  per- 
petuo tutte  le  indulgenze  di  Sisto 
V,  ed  altrettanto  fece  Pio  VII  ai 
i3  giugno  181 5,  anco  di  quelle 
concesse  a  chi  divotamente  reciterà 
i  salmi,  le  cui  lettere  iniziali  com- 
pongono il  Nome  ss.  di  Gesù,  con 
inni  e    orazione,    indi    estese    nel 


NOM 
iSai  ed  applicabili  ai  defunti,  come 
si  legge  nella  Raccolta  delle  indul- 
genze. Vedi  Christ.  Remnilius,  De 
Nomine  Jesu,  in  tom.  I  ,  Thes^. 
thcol.  phil.  P.  M.  Sagittali i ,  Je- 
su Nonien  pronunciatuni  genujle- 
ctionCf  capitìsque  denudatione  hO' 
ttoranduni ,  Altenburgo  1677.  ^* 
Ziegra ,  De  Nomine  suavissimo  sa- 
lulisque  pienissimo^  quod  est  Je- 
siiy  W^ittembergae  1697.  M.  Hoi- 
novius.  De  Nomine  Jesii^  Regio- 
monte  1702.  B.  Sanden,  De  ss.  No- 
me Jesu,  Regiomonte  1702.  Frid. 
Spauheraium ,  De  inclinatìone  corpo- 
ris  vel  aperitione  capilis  ad  appella- 
tuni  nomen  Jesu,  in  t.  II  Operuni 
p.  916.  Sainelii ,  Lett.  eccl.  l.  X, 
lett.  71,  del  ss.  Nome  di  Gesù  e 
suoi  misteri.  Quanto  al  suo  uffizio 
vedasi  il  Diclich ,  Diz.  sacro-litur- 
gico. 

NOME  DI  GESÙ*,  ordine  eque- 
stre. Fu  istituito  nel  i334  in  Svezia 
da  Magno  II  re  di  Svezia  e  Vili 
come  re  di  Norvegia,  detto  anco  dei 
Serafini,  per  difendere  i  suoi  slati 
dalle  scorrerìe  e  depredazioni  dei 
barbari,  onde  i  cavalieri  resero  poi 
grandi  servigi  alla  religione,  impe- 
dendo agli  eretici  che  vi  propagas- 
sero i  loro  ;  errori.  Ma  nel  secolo 
XVI  il  luteranismo  essendo  stato 
abbraccialo  dai  tre  regni  del  Nord, 
r  ordine  rimase  estinto.  La  collana 
de' cavalieri  era  composta  di  figure 
di  serafini  in  ismalto  rosso  e  di 
croci  patriarcali  d'  oro,  in  memo* 
ria  della  sede  episcopale  d'  Upsala. 
Dalla  collana  pendeva  un  ovato  con 
entro  il  Nome  di  Gesù  in  sigle,  in 
campo  azzurro,  essendovi  quattro 
chiodi  bianco  e  neri. 

NOME  DI  GESÙ'  o  CEBU' 
(Nominis  Jesu).  Città  con  residen- 
za vescovile  nelle  Indie  orientali, 
capoluogo   dell*  isola  del  suo  nome 


i 


NO  IVI 

fielle  Filippine  soggette  nlla  Spagna, 
che  alcuni  geografi     pongono     nel- 
J'Asia,  altri  nell'  Oceania.    L'isola 
di     Cebù    o    Zebù     nell'arcipelago 
delle  Filippine  {Vedi),  fertile   e  po- 
polosa, ha  diversi  fiumi  con  sabbie 
d'oro,  la  prima  che  nel  i52i  sco- 
prì Magellano,    come  fu  la    prima 
occupala  dagli  spagnuoli^  ma  a  sten- 
to, per  la  vigorosa  resistenza  degli 
abitanti  e    de'  cinesi  ivi    stabiliti,  i 
quali  lasciarono   poi  sul  campo  di 
battaglia  27,000   uomini.    Gli    spa- 
gnuoli  la  chiamarono  l' isola  dei  di- 
pinti, perchè  trovarono  gli  abitanti 
con  il  viso  macchiato  di  vari  colo- 
ri,   e  vi    edificarono  un  porto  con 
Leila  città    che    chiamarono  Cebn, 
Zebù  o  Nome  di  Gesù;  e  introdu- 
cendovi i  francescanij  i  domenicani, 
i  gesuiti  ,  gli    agostiniani    calzali  e 
scalzi,  essi     convertirono  nelle  isole 
circa  due  milioni  d'anime.  La  cit- 
tà trovasi  situata  sulla  costa  orien- 
tale dell'isola,  ed  è    composta     di 
5ooo  case.  Ampio  n*è  il  porto,  va- 
lidamente munito  con   forte  e  for- 
tificazioni di    terra,    risiedendovi  il 
governatore  spagnuolo.  In  poca  di- 
stanza trovasi  la  piccola  isola  vul- 
canica di  Fuegos.  La  sede  vescovi- 
le, chiamata  pure  Nova  Caures,  fu 
eretta  da  Paolo   IV  ne'  primi  anni 
dopo  la  metà  del  secolo  XVI;,  e  fat- 
ta suffraganea  di  Manila,  di  cui  lo 
è  ancora.  Ecco  i   vescovi  registrati 
nelle  annuali  Notizie  di  Roma.  1 740 
Protasio    Cavezas    della    diocesi    di 
Manila.    1757  Michele  de  Ezpeleta 
di  Manila.    177.5  Matteo   Gioacchi- 
no Rubio  de  A  rebaio  di  Quito.  1792 
Ignazio   de    Salamanca    di   Manila. 
i8o4,  dopo  sede  vacante,  Gioacchi- 
no della  Vergine  di  Sopetran  ago- 
stiniano, della  diocesi  di  Placencia. 
1825  Francesco   Genoves  domeni- 
cano di  Valenza.    182^  Santos  Go. 


NOM  83 

mez  Marannon  di    Vallndolid.    Per 
sua  morte,  Gregorio  XVI  nel  con- 
cistoro de*  rg  gennaio  1846  vi  tras- 
lalò  da  Ruspa  in  parlihus  l'attuale 
monsignor  Romualdo  Ximeno    do- 
menicano   della    provincia     del    ss. 
Rosario,  già  coadiutore    del  vicario 
apostolico  del  Tonchino.  La  catte- 
drale, ottimo  edifizio,  è  sotto  l'invo- 
cazione de'  ss.  Angeli  custodi ,  con 
l'episcopio  vicino.    Il    capitolo    non 
ha  più  ne  dignità,  ne  canonici,  solo 
due  cappellani  addetti  ai  divini  uf- 
fici. Ha  il  fonte   battesimale,    e  la 
cura  d'anime  è  affidata  al  parroco, 
non  essendovi   nella  città  altre  par- 
rocchie. Vi  è   un  convento    di    re- 
ligiosi e  l'ospedale.  La  diocesi  è  am- 
pia, contenente    più    luoghi.    Ogni 
nuovo  vescovo  è  tassato    in  fiorini 
33,  essendo  le   rendite    3ooo    mo- 
nete del  paese,  pagate  dal  pubblico 
erario. 

NOME  (ss.)  DI    MARIA.  Nome 
santissimo    in    somma    venerazione 
presso  tutta  la  Chiesa,  siccome  del- 
la nostra  madre  pietosa,  della  me- 
diatrice nostra  amorosa,  della  teso- 
riera di  tutte  le  grazie,  della  regi- 
na dell'universo,  della  madre  stessa 
di  Dio;  nome  che  in  se  racchiude 
tanti  mistici  significati,  di  stella  del 
mare,  à* illuminatrice  del  mondo 3 
quali  sono  di  gloria  a  lei  e  di   con- 
forto per  noi  ;  nome  che  dobbiamo 
aver  sempre  nel  nostro  cuore  e  sul- 
le nostre  labbra  nel  corso  di  nostra 
vita  e  molto  più  nella  nostra  mor- 
te.   Per  animare   i   fedeli    a  spesso 
invocare  il  ss.  Nome  di  Maria  [Fe- 
di), unitamente  al  Nome  ss.  di  Ge- 
sù (Fedi)y  Sisto  V  concesse  alcune 
indulgenze,  confermate  da  Benedet- 
to XIII.  Tra  le  pratiche  divote  per 
onorare  questo  ss.  Nome   una  delle 
più  antiche  è  quella  della  recita  dei 
cinque  salmi,  le  cui  lettere    iniziali 


84  NOM 

lo  compongono;  divozione  fin  dalla 
metà  del  secolo  XII  già  conosciuta 
in   Italia,  nelki  Francia    e    in  altri 
regni,  per  la  cui    recita    Innocenzo 
XI  concesse  alcune  indulgenze,  che 
altri  Papi  confermarono ,    fra'  quali 
Pio  VII  nel    18 15,  riportate    nella 
Raccolta  delle    indulgenze.    Questo 
venerabile  Nome   è    in    tanta    rive- 
renza presso  i  polacchi,    che    Casi- 
miro I  re  di  Polonia,  nel  prendere 
in  moglie  Maria  figlia  del  grandu- 
ca di  Russia,  le     fece    cambiare    il 
nome,  e  dicesi  che  d'allora    in  poi 
non  sMmpose  più  a    veruna    bam- 
bina, come  afferma  Raynaud,  Diptyc. 
Marian.  t.  Vili,  pun.  2,  n.  22.  Quan- 
to alla  festa  del  ss.  Nome  di  Maria, 
Giulio  II  nel    i5r3  la  concesse  alla 
città  e  diocesi  di  Cuenca   nella  Spa- 
gna ove  si  propagò.  La  tolse  s.  Pio 
V,  ma  Sisto  V  ad  istanza  del  car- 
dinal Pietro  Deza  la  ripristinò.  Que- 
sta festività  dalla  Spagna  si  propa- 
gò in  altre  regioni,  ed    allora  cele- 
bravasì  a'22  settembre,   cioè  quin- 
dici giorni  dopo  la  festa  della  Na- 
tività di  Maria,  seguendo  così  l'o- 
pinione di  coloro  che   pensano  non 
essere  i  giudei  stati  soliti  di  mettere 
a*  loro    bambini    il    nome   se    non 
quindici  giorni  appresso  il  loro  na- 
scimento.  Innocenzo  XI  attribuendo 
a  Maria  Vergine  l' insigne    vittoria 
riportata  a*  i4  luglio  i683  dai  cri- 
stiani sui  turchi  colla  liberazione  di 
Vienna,  in  memoria  e  ringraziamen- 
to   di    tanto    patrocinio,    nel     1684 
con  decreto  stabilì  per  tutto  il  mon- 
do cattolico  la  festa  del    ss.    Nome 
di  Maria,  da  celebrarsi  nella  dome- 
nica fra  la  Natività  sua,    ed  istituì 
in  Roma  V  A  rcicon fraterni  la  del  ss, 
Nome  di  Maria  [Vedi).  Alcuni  dis- 
ai>provaiono     il  pontificio    decreto , 
ccuie  per  silFalto  culto  il  Nome  di 
Maria  si  eguagliasse  a  quello  di  Gè- 


NOM 
SII  ;    ma    la    loro  inetta    obbiezione 
fu  dileguata  fra  gli   altri    dal    Bat- 
taglini,  Annal  eccL  t.  IV,  an.  1684, 
e  dal   Baillet,    Fite  desantiy  agli  8 
settembre,  ove  tratta  di  questa  fe- 
sta. Quanto  al  rito  dell'uffizio  e  mes- 
sa, vedasi  Diclich,  Diz.  sacro-llturg. 
NOME  DEI  PAPI.  L'eletto  Pon- 
tefice [Fedi)  viene  interpellato    dal 
cardinal  decano  se  accetta  la  subli- 
me dignità  del  pontificato,  e  dato- 
ne il  consenso,  il  cardinale  gli  do- 
manda qual  nome  voglia  prendersi, 
col  quale  subito  si  annunzia  al  po- 
polo   dal    cardinal    primo    diacono. 
Nel    rendere    quindi    i    cardinali  la 
prima  adorazione  al  novello  supre- 
mo Gerarca  (Fedi),  il  cardinal  ca- 
merlengo gli  pone  in  dito  V Anello 
Pescatorio  (Fedi),  che  il  Pontefice 
consegna  al  prefetto    de'  maestri  di 
cerimonie  per  farvi  incidere    il   no- 
me assunto,  e    poi    n'  è    custode  il 
Maestro  di  camera  (Fedi).  Questo 
è  il  Sigillo  pontificio  de  Brevi  (Fe- 
di), per  le    Bolle  (Fedi)  adoperan- 
dosene altro.    Dei    nomi    del   Papa. 
(Fedi),  che  si  pongono  nelle  inte- 
stazioni o  sottoscrizioni  delle  Bolle, 
Brevi,  Diplomi,  Lettere  apostoliche. 
Moto-propri,  Chirografi,  e  delle  lo- 
ro particolarità,  sono  a  vedersi  tali 
articoli,  e  quelli  che  vi  hanno  rap- 
porto,   come     Monogramma    ed    al- 
tri. Nei  voi.  VI,  p.  117,  e  XIX,  p. 
119,   120  e    121   de\  Dizionario,  si 
rende  ragione  perchè  il  Papa  firmi 
le  carte  de'  brevi  e  di  dateria  colla 
lettera  iniziale  del  nome  battesimale 
o  religioso.  Si  possono  anco  vedere 
Medaglie  Pontificie  e  Monete  Pon- 
tificie pel  nome  de'  Papi    in    esse 
impresso,  e  molte  ne  furono  coniate 
celebranti    il    santo    del   nome    che 
aveano  prima  del  pontificato,  e  di 
quello  da  loro  preso.  Dei  moltissi- 
mi onorifici  titoli  di  distinzione  da- 


NOM 

to  ai  Papi,  olire  quelli  che  andre- 
mo accennando,  si  possono  vedere 
ai  loro  articoli,  avendo  detto  a  Bea- 
TiTuniNE  e  Macabiotato  de'  titoli 
di  Beatissimo  e  Beatitudine;  ed  a 
Maestà,  che  questo  titolo  talvolta 
fu  dato  ai  Pontefici.  Innumerabili 
poi  e  sommamente  gloriosi  e  signi- 
ficanti fiu'ono  i  titoli  che  ai  som- 
mi Pontefici  romani  dierono  i  con- 
cilii  generali  e  particolari,  i  padri 
della  Chiesa,  i  vescovi,  gl'impera- 
tori, i  re  ed  altri,  come  notammo 
a'ioro  luoghi:  quarant'otto  ne  ri- 
porta il  Piazza  neir  Enierologio  di 
Romay  t.  I,  p.  23,  ed  un  gran  nu- 
mero il  Tamagna,  Origini  de' car- 
dinali, par.  II,  cap.  2,  del  Romano 
Pontefice.  La  parola  Domniis  nei 
primi  secoli  della  Chiesa  sembra  es- 
sere stata  consacrala  a  denotare  il 
Pontefice  romano,  che  nelle  anti- 
chissime Litanie,  nominate  dal  Se- 
rario, che  in  questo  non  sono  state 
cambiate ,  seguitiamo  a  chiamare 
Donimun  Jpostolicuni,  il  Signore  a- 
postolico.  Fu  detto  il  Papa  in  di- 
versi monumenti  e  dai  concilii,  Do- 
miiiiis  o  Domnus  ^postolicus,  e  noi 
in  italiano  diciamo  Nostro  Signore. 

V.    DOM,    DoMINUSj    JUBE    DOMNE    BE- 

NEDicEBE,  e  Apostolico.  Alle  bio- 
grafie de*  Papi  riportiamo  le  ragio- 
ni dei  nomi  da  loro  assunti  nell'ac- 
cettare  la  somma  dignità  papale. 
Quando  incominciò  il  mutamento 
del  nome  battesimale  o  religioso,  i 
due  esempi  che  in  contrario  ab- 
biamo, andremo  notando  nelle  se- 
guenti erudizioni.  Presero  il  nome 
del  santo  nel  cui  giorno  fi-uono  e- 
lelti,  Stefano  X,  Martino  V,  Leo- 
ne X  e  Clemente  XI ,  oltre  Cle- 
mente IV  che  prese  quello  del  santo 
nel  cui  giorno  nacque.  Assunsero  il 
nome  de'  fondatori  o  correligiosi  dei 
loro  ordini,  Benedetto  XII,  Sisto  V 


NOM  85 

e  Benedetto  XII 1.  In  memoria  della 
chiesa  titolare  o  diaconale,  Adria- 
no V  e  Nicolò  III,  e  Martino  IV 
della  chiesa  di  cui  era  stato  cano- 
nico, oltre  Gregorio XVI  di  quella 
già  sua  abbazia.  Per  seguire  le  vir- 
tù e  qualità  esprimenti  il  nome, 
Urbano  V,  Pio  IV,  Urbano  VII  e 
Urbano  Vili.  Per  compiacere  il  car- 
dinal promotore  dell'elezione,  s.  Pio 
V,  Sisto  V,  Alessandro  YII,  Inno- 
cenzo XI,  Alessandro  YIII.  Per  me- 
moria de'  concittadini ,  Innocenzo 
VIII  ,  Gregorio  XV  e  Alessandro 
VI  ;  de'  parenti.  Pio  III,  Leone  XI, 
Innocenzo  XIII. 

Ne'  tempi  antichi  non  era  sem- 
pre libero  al  nuovo  Papa,  come  Io 
è  al  presente,  il  prendere  da  sé  il 
nome.  Nel  cerimoniale  del  cardinal 
Cencio  Savelli  del  secolo  XII,  si  leg- 
ge che  il  cardinal  primo  diacono 
all'eletto  Pontefice  imponeva  il  no- 
me, poiché  allora  non  lo  sceglieva 
il  Papa,  ma  ghelo  imponevano  i 
sacri  elettori.  L'abbiamo  più  ma- 
nifesto da  Leone  Ostiense,  Chron, 
Cassia,  lib.  Ili,  cap.  21,  presso  il 
Muratori,  Script,  rer.  Ital.  1. 1,  p. 
43  I,  il  quale  ci  assicura,  che  aven- 
do i  cardinali  nel  1061  eletto  'n\ 
Pontefice  Anselmo  arcivescovo  di 
Lucca,  essi  medesimi  eum  Alexan- 
drum  II vocari  decernunt,  come  ap- 
punto fecero  nel  i  oSy  con  Federico 
di  Lorena,  ch'essi  Stephanuni  X,  quo- 
niam  festum  s.  Stephani  Papae  eo 
die  celehrahatur,  appellari  decer- 
nuutj  con  Ildebrando  cui  nel  loyS 
dierono  il  nome  di  Gregorio  YH, 
e  con  Desiderio  al  quale  nel  1086 
imposero  quello  di  Vittore  III,  come 
riporta  il  citato  Leone  lib.  II,  cap. 
97  ;  lib.  Ili,  cap.  36,  4^  e  66.  Da 
Pietro  Diacono,  Chron.  Cassia,  lib, 
IV,  cap.  2,  si  apprende  che  dal  ve- 
scovo cardinal  d'  Albano   fu  dclcr- 


h 


se  NO  M 

minato  nel  1088  il  nome  di  Ur- 
bano II:  vedasi  Della  Noce  nelle 
note  in  Chron.  lib.  Il,  cap.  8  in  Leo- 
ne IX,  lib.  Ili,  cap.  66  in  Vitto- 
re  III,  e  lib.  IV,  cap.  1  in  Urbano 
II.  Il  Platina  parlando  nella  vita  di 
Pasquale  II  di  sua  elezione  nel  1 099  , 
sanclus  Petrus  Raiiierhun  vìruni  opti- 
munì  elegìe,  cui  poslea  primi  seri- 
narii  et  scribae  regionarii  Pasclialis 
Il  nomen  inciidere.  Il  Berlendi,  Del- 
le oblazioni  par.  II,  §  V,  parlando 
dell'infelice  secolo  X,  in  cui  per  tan- 
ti modi  si  vide  deturpata  la  Chie- 
sa, confuso  il  sacro  col  profano,  in- 
truse le  sedi  vescovili,  invasa  la  cat- 
tedra apostolica  con  violenze ,  tal- 
volta riuscendo  oscuro  il  possesso- 
re legittimo  di  essa,  per  cui  dice 
che  ne' diplomi  di  que'  tempi,  par- 
ticolarmente delTAquitania,  nel  vo- 
lersi dai  cancellieri  unire  l'anno  dei 
re  franchi  con  quello  de'  Pontefici 
romani,  venne  dato'a  questi  il  nome 
di  Salomone,  come  osservò  Beslio 
neir^/5^  p.  i36  de' conti  di  Poi- 
tiers  e  de'  duchi  d'Aquitania  :  Da- 
tu  ni  mense  Junio  regnante  Lothario 
regCj  D.  N.  Jesu  Chris  ti  974,  Sa- 
lomone Papa.  Datuni  mense  februa- 
rio  regnante  Hugone  rege  anno  ab 
Incarnatione  Domini  Jesu  Christi 
996,  Salomone  Papa.  Non  perchè 
alcun  Pontefice  d' allora  il  nome 
avesse  di  Salomone,  attesoché  negli 
anni  del  primo  diploma  i  conten- 
denti del  papato  erano  Benedetto 
VII  e  Bonifacio  VII  antipapa,  e  quel- 
li del  secondo  Gregorio  V  e  Gio- 
vanni XVII  antipapa,  ma  perchè  in 
tali  confusioni  e  dubbiezze  del  vero 
Vicario  di  Cristo  [Fedi),  col  nome 
di  Salomone  significato  restasse.  11 
perchè  Papebrochio,  in  Propylaeo 
p.  i63,  e  Antonio  Pagi,  in  Critic, 
an.  964^  n.  5,  ecco  come  si  espres- 
sero: Deuni  esse,  cujus  suprema  sa- 


NOM 

pientiani  Ecclesiani  regat,  Aposlo- 
licani  sedem  conservet,  si;>e  ob  aliani 
quanicunique  causani  ad  hujusmodi 
jormulani  usurpandani  inducentem. 
V.  Sede  vacante.  Della  formola 
Regnante  Christo,  flicemmo  parola 
nel  voi.  XXXVI,  p.  53  del  Dizio- 
nario. Il  Muratori,  negli  Annali  d'I- 
talia, osserva  che  nel  secolo  XII 
solevano  i  Papi  ricercare  i  nomi  dei 
celebri  Pontefici  che  fiorirono  nei 
primi  secoli  della  Chiesa,  mentre 
oggidì  ordinariamente  sogliono  assu- 
mere quello  di  chi  lo  ha  creato  car- 
dinale, secondo  l'antichissimo  costu- 
me, ovvero  di  quello  ch'è  stato  il  loro 
primo  benefattore,  ed  ancora  per 
rinnovar  la  memoria  d' alcuno  cui 
hanno  particolar  venerazione.  Al  no- 
me preso  dal  nuovo  Pontefice  suole 
egli  aggiungere  il  numero  di  quelli 
che  l'hanno  avuto.  Il  primo  ad  in- 
trodurre quest'uso  fu,  come  vuole 
Papebrochio,  in  t.  II  Respons.  ad 
exhib.  error.f  Urbano  IV  del  1261, 
il  quale  s'intitolava  Urbanus  Papa 
quartus,  avendolo  preceduto  tre  altri 
del  suo  nome.  Vedasi  ancora  il  p. 
Sebastiani  a  s.  Paolo,  presso  il  Ri- 
ganti, Commentar,  in  Reg.  44  ^^'*- 
celiar,  t.  Ili,  n.  26,  p.  i65.  Nel  Bol- 
lario  del  Cherubini  trovasi  una  bol- 
la di  Pelagio  II,  eletto  nel  578,  col 
titolo  Pelagius  Papa  secundus;  ma 
oggi  tutti  i  critici  la  stimano  sup- 
posta, almeno  pel  titolo,  che  in  quel 
tempo  non  usavasi  in  tal  maniera. 
F.  Cronologfa  de'  romani  Ponte- 
fici, ove  si  riportò  anche  quella  de- 
gli antipapi,  dicendosi  de'nomi  pon- 
tificii da  loro  assunti,  che  dai  Papi 
legittimi  non  considerali,  li  presero 
ancor  essi.  Quanto  al  titolo  crono- 
logico de'  Papi ,  in  diversi  luoghi 
pubblicai  monumenti  anteriori  ad 
Urbano  IV,  circa  il  numerico  loro 
ordine    aggiunto    al    nome.     Sulle 


NOM 

compulazioni  thìV  Indizione  e  An- 
no del  Pontifica tOy  vedasi  tali  ar- 
ticoli. 

Il  primo  sommo  Pontefice  roma- 
no fu  s.  Pi f Ira,  principe  degli  apo- 
stoli, era  chiamato  Simone  prima 
che  Gesù  Cristo  fondasse  in  esso  la 
sua  Chiesa,  e  poi  da  lui  cognomi- 
nato Cefas ,  cioè  Pietra:  vedasi  il 
Ferrari,  Bibl.  can.  t.  VI,  verbo  Pa- 
pa,  n.°  ^Q.  Alcuni  dicono  che  s. 
Sisto  I  del  i32  si  chiamò  pel  pri- 
mo Vescovo  de  vescovi.  A  s.  Siri- 
ci© I  del  385  si  attribuisce  che  pel 
primo  si  chiamò  Papa,  mentre  di 
s.  Zosimo  del  4^7  si  dice  che  al 
nome  di  Vescovo  o  di  Papa  ag- 
giunse il  nome  di  Roma,  rsell'arco 
maggiore  della  basilica  Liberiana  e- 
retlo  da  s.  Sisto  III  del  432,  fece 
egli  porre  questa  iscrizione,  poi  ri- 
petuta in  altri  luoghi  da  diversi 
Pontefici  :  xystus  EPiscorus  plebi  dei, 
e  ne  riporta  gli  esempi  l'Alemanni, 
De  Lateran.  pariet.  p.  i  1 1 .  Nel  44^ 
divenne  Papa  s.  Leone  /,  che  pel 
primo  Pontefice  si  meritò  il  nome 
di  Magno  o  Grande.  Pelagio  II  del 
578  dichiarò  solo  proprio  del  ro- 
mano Pontefice  il  titolo  di  Univer- 
sale. Anche  s.  Gregorio  I  del  5go 
fu  gloriosamente  denominato  Ma* 
gno;  egli  assunse  la  formola  Servo 
de'  servi  di  Dio,  della  quale  in  più 
luoghi  si  parlò,  e  fu  adottata  dai 
successori,  benché  sul  fine  del  se- 
colo X  volevano  pure  usarne  alcuni 
vescovi.  Per  le  sue  grandi  virtù  fu 
dato  il  titolo  di  Magno  anche  a  s. 
Nicolò  I  deir858.  Vedasi  il  Sarnelli, 
Lume  a'  principianti^  par.  I,  quest. 
33,  p.  100:  se  il  titolo  di  Magno 
sì  è  dato  in  vita  ad  alcuni.  Cre- 
dette il  Sigonio,  De  regno  Ital.  lib. 
V,  an.  884,  p.  2  2  3,  che  Adriano  III 
avesse  mutato  il  nome^  chiamandosi 
Agapito  prima  del  poutiflcato;  un- 


NOM  87 

de  fortasse  factum,  soggiunse  l'Ol- 
doino,  addii,  in  Ciacon.  Vit.  Pont., 
ut  Sigisbertus  et  Marianus  Scotus 
quenidani  Agapetum  inter  Marinuni 
et  Hadrianum  III  inter j e  cerini .  Av- 
verte il  Novaes,  che  l'opinione  che 
Adriano  HI  fosse  chiamato  Agapito 
abbia  avuto  l'origine  perchè  Sigi- 
berto  nel  suo  Chron.  e  lo  Scoto 
introdussero  avanti  Adriano  III  un 
supposto  Agapito.  Sembrerebbe  del 
sentimento  di  Sigonio  il  Mabilloo, 
mentre  in  praef.  ad  par.  II  saec, 
VI  Bened.  §2,  n.  39,  scrive  :  Has 
observationes  honoris  caussa  ordiri 
par  est  a  Pontificibus  romanis,  qui- 
bus  electis  ab  hoc  saeculo  XI  no- 
mina mutari  consueverunt.  Id  qui- 
dem  f  ani  factum  erat  sub  finem  sae- 
culi  IXy  in  Adriano  III^  qui  antea 
diclus  Agapilus.  Ma  parlando  egli 
slesso  di  Giovanni  XII,  praef  ad 
saec.  V,  §  r,  n.  7,  scrisse:  primuni 
novali  in  romano  Ponti/Ice  nomi- 
nis  exemplum,  tanto  più  conferma 
l'opinione  contraria  al  Sigonio.  Il 
citato  Piazza,  con  l'autorità  del  Ma- 
gri, asserisce  che  il  mutarsi  i  Papi  il 
nome  tosto  che  sono  creati,  incomin- 
ciò da  Giovanni  Xll  del  g^G,  che 
prima  chiamavasi  Ottaviano  Tiran- 
no ,  per  togliere  il  cognome  d'in- 
fausto prognostico.  Il  Novaes,  Dis" 
sert,  t.  I,  p.  23 j,  seguendo  il  pa- 
rere del  Baronio,  Annal.  an.  844i 
num.  I ,  an.  gSG,  num.  4,  dice  che 
Giovanni  Xll  chiamato  prima  Ot- 
taviano, fatto  Pontefice  prese  il 
nome  di  Giovanni ,  non  però  on- 
de sentirsi  dire  nelle  acclamazio- 
ni d'adulazione,  fuit  homo  missus  a 
Deo  cui  nomea  erat  Joannes,  come 
scrisse  Burlo ,  Notitia  RR.  PP.  p. 
i5o,  ma  piuttosto  per  rinnovar  la 
memoria  di  Giovanni  XI  suo  zio, 
servendosi  poi  de'due  nomi,  cioè  di 
Otlaviauo  nelle  cose  temporali,  e  di 


88  NOM 

Giovanni  nelle  spirituali,  al  dire  del 
Borgia,  Apologia  del  pont.  di  Be- 
nedeUo  X,  par.  I,  cap.   i,  annot.  7. 
Il    medesimo    Novaes    nella    vita 
di    Giovanni   XI P^  del   984,    dice 
che    chiamandosi   prima    Pietro   di 
Canevanova,    si    mutò    il  nome  in 
riverenza   a  s.  Pietro,  di  cui  niuno 
prese  il  nome,  benché  frequente  nei 
cristiani  fin  dai  tempi  di  Costanti- 
no.   In    proposito  si  legge  nel  Pa- 
pebrochio,  Propylaeo  p.  168,  n.  3. 
»  Non  fu  certamente  in  questo  Pon- 
tefice lo  stesso  motivo  per  mutar- 
si   il    nome,    che    fu  in    Ottaviano 
(Giovanni  XII),  e  in  Francone  (Bo- 
nifacio VII  antipapa),   passati  poco 
prima,  ma  bens\   un  altro,  pieno  di 
riverenza    verso     il    principe     degli 
apostoli,    pel  quale  ancora  nessuno 
de' suoi  successori  ardi  di  prender- 
si il  nome  di  Pietro,  ne  anche  do- 
po che  cominciò  l'uso  costante  nei 
Pontefici  di  cambiarsi   il  nome  nel- 
le loro  elezioni.  È   questa  una  cosa 
•veramente  meravigliosa  e   degna  di 
considerazione,  eh'  essendo  il  nome 
di    Pietro    frequente    in    Roma    fin 
dal    tempo   di   Costantino,  come  si 
scorge    dalle  soscrizioni  de'concilii, 
nessuno  fino  a'dì  nostri  che  prima 
avesse  il  nome  Pietro   (come    Ser- 
gio IV,  Clemente  VI,  Gregorio  XI, 
Paolo  II,  Alessandro  Vili,  e  Paolo 
JV  che  prima  chiamavasi  Giampie- 
tro, e  Benedetto  XI li  che  nel  bat- 
tesimo fìj  chiamato  Pietro  France- 
sco),   volesse    anche  nel  pontificato 
essere,    col    nome    pure,  successore 
di  s.  Pietro,  ciò  che  io  non   saprei 
se    si    possa  ascrivere  puramente  a 
caso  ".  Parlando  il  Novaes  dell'ele- 
zione di   Gregorio  P^  del  996,  detto 
Gregorio  il  Minore^  dice  che  da  Gio- 
vanni XII  i   Pontefici  cominciarono 
a  cambiar  il  nome  che  aveano  pri- 
ma  del    papato,  particolarmente    i 


NOM 
tedeschi,  i  quali  per  non  percuote- 
re le  orecchie  italiane,  avvezze  alla 
dolcezza    della   propria   lingua,  col- 
Tasprezza  de'loro  nomi  battesimali, 
se  ne  presero  altri   più  grati  all'u- 
dito (come  fecero   moltissimi  che  li 
avevano  quando  furono  elevati    al- 
l' episcopato  ),    e    ciò    successe    con 
Gregorio    V    prima    Brunone,    con 
Clemente    li  prima  Svidegero,  con 
Damaso  II  prima   Poppone,  con  s. 
Leone  IX  prima  Brunone,  con  Vit- 
tore 11   prima  Gebeardo.  Avanti  pe- 
rò Clemente  II  e  successori    nomi- 
nati, nel  1009  fu  creato  Sergio  IF^y 
chiamato    prima    Pietro    Bocca   di 
porco,  nel  quale  meglio  fu  stabili- 
to il  costume  che  l'eletto  Papa  la- 
sci  il  nome  ricevuto  nel  battesimo. 
Errarono  Platina  e  Martino  Polono, 
in  dire  che  Sergio  li  deir844  fiot- 
to   Pontefice  fosse  il   primo  a  mu- 
tarsi  il    nome,    chiamandosi    prima 
secondo  essi  Bocca  di   porco,  nome 
indecente  che  solo  Sergio  IV  ebbe, 
e    Io    prova    il    Novaes,   Disscrt.  p. 
2  33  ,   affermando    il     di    lui  cam- 
biamento   di  nome,  non  perchè  si 
chiamava    per    soprannome    Bacca 
porci  seu   Os  porci ,  ma  pel  primo 
nome  Pietro.  Fu  il  vescovo  di  Al- 
bano che  lo  nominò  Sergio  IV.  Se- 
condo   il    Piazza,    a    Fittore  li  del 
io55    gì' imposero  il  nome  i  capo- 
seri  nari    o    protonotari.     11    Borgia 
nelle  Memorie  di  Benevento  t.  IH, 
p.  2  33,  scrive  che  Vittore  II  s'inti- 
tolò   dux   et   marchio,    come  duca 
di    Spoleto  e    marchese  della  Mar- 
ca.  In  memoria  di  Gregorio  VI  che 
r  avea    educato,   nel    1073   i   cardi- 
nali chiamarono  Gregorio  VII  l'elet- 
to, che  poi   vietò  ai  vescovi  l'inti- 
tolarsi Papa.    Clemente  V  fu  eletto 
nel     i3o5    assente  dal    conclave^  e 
chiamavasi  Bertrando;  però  ne'Co/^^ 
davi  de  Pontefici  romani  p.  8,  di-. 


NOM 

cesi  che  non  \olle  cambiarsi  il  no* 
me  battesimale,  onde  fu  da  una  fi- 
nestra pubblicato  al  popolo  dal  car- 
dinal Giacomo  Colonna  ad  alta  vo- 
ce: Papani  hahemus  Clementem  epi- 
scopimi  Burdegalensem,  nometi  ejus 
est  Clemens  V.  Forse  avrà  a  vii  li 
j  nomi  di  Clemente  e  Bertrando. 
Tanto  egli  che  il  successore  Gio- 
K'anni  XXII  batterono  moneta  col 
titolo  di  Conte  del  Vetiaissia.  Lo- 
dovico il  Bavaro  contro  quest'ulti- 
mo Pontefice  nel  i328  fece  anti- 
papa Pietro  da  Corbara,  e  gì'  im- 
pose il  nome  di  Nicolò  V:  anche 
l'antipapa  Benedetto  XIII  ebbe  no- 
me Pietro,  come  il  VI  Antipapa 
del  686. 

Calisto  III  del  i455  essendo 
cardinale,  con  tal  nome  sottoscris- 
se il  voto  di  guerra  ai  turchi  :  gli 
successe  Pio  II,  già  Enea  Silvio  Pic- 
colomini,  che  soleva  dire.  «  Quan- 
do era  Enea  niiin  mi  conoscea , 
ora  che  son  Pio  tutti  mi  chiaman 
zio!  Alessandro  VI  del  '49^  3 
d'alti  spiriti,  prese  tal  nome  onde 
essere  emulo  d'Alessandro  il  Gran- 
de conquistatore.  Si  vuole  che  Giu- 
lio II  dei  i5o3  abbia  preso  questo 
nome  o  per  similitudine  di  quello  di 
Giuliano  che  avea  prima,  o  per 
non  cedere  in  celebrità  a  Giulio 
Cesare.  Nel  i52  2  a'9  gennaio  elet- 
to il  cardinal  Adriano  Florenzi  men- 
tre trovavasi  nella  Spagna,  contro 
la  consuetudine  costante  di  cinque 
secoli,  non  cambiò  nome,  onde  fu 
chiamato  Adriano  VI,  con  dispia- 
cere di  molti  cardinali  per  la  no- 
vità, che  r  aveano  appresa  dalle 
lettele  credenziali  di  Guglielmo  En- 
chem'oer  agente  del  cardinal  Flo- 
renzi in  Roma,  che  poi  gli  conferì 
tal  dignità,  e  così  fu  pubblicato  il 
nome  del  nuovo  Papa.  Il  successo- 
le  Cknicnic  VII  a  di  lui  esempio 


NOM  89 

voleva  ritenere  il  nome  di  Giulio,, 
ma  ne  depose  il  pensiero  quando 
gli  fu  supposto  che  poco  avrebbe 
vissuto^  poiché  Adriano  VI  avea 
regnato  venti  mesi.  Giulio  ///nel 
i55o  successe  a  Paolo  IH  che  lo 
aveva  creato  cardinale  ed  amava, 
prese  il  nome  di  Giulio  II,  princi- 
pio della  fortuna  di  sua  famiglia, 
per  averlo  fatto  arcivescovo  di  Man- 
fredonia, ed  elevato  lo  zio  al  cardi- 
nalato. Nel  i555  ebbe  in  succes- 
sore Marcello  II,  che  per  venera- 
zione a  s.  Marcello  I  protettore  di 
sua  famiglia,  come  per  dimostrare 
che  nulla  voleva  cambiare  nel  pon- 
tificato, ritenne  il  nome  battesima- 
le, e  mori  dopo  22  giorni.  Opina- 
va s.  Pio  V  ritenere  il  suo  nome 
religioso  di  Michele,  ma  s.  Carlo 
cardinal  Borromeo  lo  persuase  al- 
trimenti, e  lo  pregò  a  prendere 
quello  del  proprio  zio  Pio  JV  :  il 
Papa  avrebbe  preferito  l'altro  di 
Paolo  IV  suo  benefattore,  se  non 
temeva  che  il  popolo,  che  ne  odia- 
va a  torlo  la  memoria,  credesse  ri- 
vivere in  lui,  che  però  glorificò  rein- 
tegrando e  beneficando  i  parenti  e 
famigliari  già  perseguitati.  Gregorio 
XIII  in  memoria  di  s.  Gregorio 
I,  sì  perchè  suo  protettore  sino  dal- 
la fanciullezza,  che  per  essere  stato 
crealo  cardinale  nel  dì  della  sua 
festa  da  Pio  IV,  ne  prese  il  nome 
nel  1572,  ed  il  francese  Dorato  ne 
formò  questo  anagramma  che  il  Bian- 
chi illustrò  con  distico  riportato  dal 
Novaes:  Dei  Gregis  Securi  Tutor 
Sum.  Poscia  Gregorio  XIV,  come 
tanti  altri,  per  onorare  chi  l'avea 
esaltato  alia  porpora,  cioè  Gregorio 
XIII,  ne  prese  il  nome  nel  iSgo,  egli 
fu  composto  questo  anagramma  :  Mu- 
rus  Custodiacjue  Gregis .Qm\\à\  Inno- 
cenzo  IX  nel  \^c)i  assunse  tal  nor 
me,  o  in  memoria  d'Innocenzo  III 


90  NOM 

celebre  giureconsulto,  come  dice  Ciac- 
conio,  o  per  condiscendere  alle  pie- 
ghiere  del  Maestro  del  sacro  pa- 
lazzOj  come  vuole  TOldoino.  Scri- 
•ve  il  Bagalta,  che  Innocenzo  X  nel 
1644  piese  questo  nome  per  rin- 
novare la  memoria  d'Innocenzo  VII! 
parente  e  benefattore  di  sua  fami- 
glia Pamphilj.  Pio  FI  nel  1770 
prese  tal  nome  in  onore  di  s.  Pio 
V  :  essendo  il  nome  numerico  di 
Sesto  in  cattivo  augurio  dopo  i  pou- 
lilìcati  di  Urbano  FI  e  Alessan- 
dro FI^  si  pubblicò  il  seguente  di- 
stico. 

Sextus    Tarquinius^  Sextus  Ne- 

ro,  Sextus  et  iste^ 
Semper  sub  Sextis  perdita  Roma 
fuit. 

Gli  fu  quindi  opposto  questo  al- 
tro distico. 

Si  fuitf  ut  jactantf    sub    Sextis 

perdita  Roma, 
Roma   est    sub  Sexto  reddita  et 

aucta,  Pio. 

Finalmente  in  molti  articoli  no- 
tammo che  il  nome  de'sommi  Pon- 
tefici furono  imposti  alle  città  da 
loro  fabbricate,  o  in  loro  onore 
erette  o  denominate,  come  Alessan- 
dria della  Paglia,  Pienza,  Gregorio- 
poli,  Città  Leonina,  Urbania,  ec.  AU 
treltanto  si  dica  di  pubbliche  stra* 
de,  edifizi,  porte,  ponti,  acquedotti, 
canali,  porti,  chiese,  basiliche,  cap- 
pellcj  palazzi,  musei,  istituzioni  scien- 
tifiche o  artistiche  o  pie,  monete, 
fortezze,  canto^  ec.  Sopra  i  nomi 
ile'Papi  si  possono  leggere.  Rocca, 
Opera  t.  I,  p.  i,  De  romani  Pon- 
tificis  nomenclatura  variis  muneri- 
bus  referta  co  m  me  alari  us.  Nicolò 
Angelini,  Discorso  curiosissimo  in- 
torno alla  mutazione  de' nomi  dei 
Papi  nella  loro  creazione,  Venezia 


NOM 

1590.  Egidio  Hochmuth  predican- 
te di  Mulbach:  Schediasma  histo- 
vico  litlerarium  de  nominum  ini- 
positione  et  mutatione^  Vittember- 
gae  1723.  Gianfederico  Krebs,  De 
nominum  mutatione,  potissimum  in 
religiosorum  professione ,  atque  Pon- 
tificum  romanorum  inauguratione, 
dissertationes  mine  denuo  editae, 
cum  inulti plice  argumento,  Norim- 
bergae.  Fedi  inoltre  Anno  del  pon- 
tificato. Data,  Indizione. 

NOMENCLATORE,  NOMEN- 
CALATOR,  Nomenclator,  Offizio 
antico  della  chiesa  romana  e  della 
corte  o  famiglia  che  avea  l'incom- 
benza di  chiamare  o  di  nominare 
quei  che  si  doveano  invitare  alla 
mensa  del  Papa,  ed  era  uno  dei 
sette  ufìTuiali  maggiori  palatini  del- 
la santa  Sede,  cliierici.  Nelle  caval- 
cate del  Papa  il  nomenclatore  lo 
seguiva  a  cavallo  col  vicedomino, 
col  vestarario  ed  il  saccellario.  Al- 
lorché il  Pontefice  celebrava  la  mes- 
sa, dopo  Y Agnus  Dei  il  nomencla- 
tore, il  saccellario  col  notaio  del 
vicedomiuo  ascendevano  all'altare, 
e  si  ponevano  al  cospetto  del  Pa- 
pa per  aspettare  che  accennasse  lo- 
ro i  nomi  di  quei  che  si  doveano 
invitare  alla  mensa.  Quei  che  ave- 
vano luogo  alla  tavola  del  Ponte- 
fice erano  invitati  dallo  stesso  no- 
menclatore, e  quei  che  dovevano 
intervenire  alla  mensa  del  Ficedo- 
mino  [Fedi)  erano  invitati  dal  suo 
notaio  ;  scritti  ch'erano  i  nomi,  di- 
scendevano a  far  l'invito,  poscia  il 
nomenclatore  riceveva  dal  Papa  la 
comunione.  Era  altresì  suo  uffizio 
il  terminar  le  cause  ch'erano  por- 
tate al  Pontefice,  e  ciò  insieme  col 
Saccellario  [Fedi).  Abbiamo  nel- 
r  Ordine  romano  :  Si  quis  auteni 
adire  voluerit  PontifLcem,  si  equi- 
tatj    statim    ut  eum  viderit  descen- 


NOM 

dlt  de  equo,  et  ex  lalere  viae  ex- 
pectat  usqiieduni  ah  eo  possìt  aii- 
diri,  et  petita  benediclione  discuti' 
tur  a  nomenclatore  vel  sacce  Ilario 
causa  ej'uSf  et  ipsi  indicant  Ponti- 
fici finiunt.  Il  nomenclatore  intro- 
duceva ancora  nel  concilio  quei 
che  i  pachi  volevano  ascoltare,  e  di 
ciò  si  ha  r  esempia  xlel  sinodo  ro- 
mano del  745.  Alcuna  volta  il  no- 
menclatore è  detto  ancora  Admi- 
niculalor,  e  vuole  il  Panvinio  che 
sia  cosi  appellato  ab  ad/ìiiniculan- 
do ,  cioè  ab  adiuvando .  Sembra 
ch'egli  lo  creda  diverso  dal  nomen- 
clatore, e  lo  somiglia  a  quello  che 
oggi  dicesi  avvocato  de*  poveri,  di 
cui  parlammo  a  Avvocati  conci- 
storiali, Camera  apostolica,  Difen- 
sori, Governatore  di  Roma,  Man- 
tellone,  ec.  Il  Galletti,  Del  Frinii- 
cero  p.  162,  trattando  del  Nomen- 
clatore crede  in  vece  questi  una 
cosa  stessa  àeW  Adminiculator,  si 
perchè  rarissime  volte  s'  incontra 
che  sia  chiamato  Amminiculatore, 
e  sì  perchè  se  fossero  stati  due  uf- 
fizi distinti,  allora  i  primi  uffiziali 
palatini  della  chiesa  romana  non 
sarebbero  piti  sette  ma  otto.  Le 
notizie  dei  soggetti  che  ne  occupa- 
rono il  posto,  si  leggono  nel  Gal- 
letti, che  noi  solo  accenneremo, 
dalle  quali  si  rileverà  quali  impor- 
tanti incumbenze  disimpegnarono. 

Sisinnio  accompagnò  a  Costan- 
tinopoli il  Papa  Costantino ,  che 
s'imbarcò  a'5  ottobre  710. 

Gregorio  intervenne  al  concilio 
romano  del  74?,  ed  era  pui^  no- 
laro  regionario. 

Teodoro  fu  nell'SiS  legalo  di 
s.  Leone  III  a  Bernardo  re  d'Ita- 
lia, figlio  dell'imperatore  Lodovico 
1,  che  recavasi  in  R.oma  per  difen- 
dere il  Papa  da  nuova  congiura. 
Spedi  una  bolla  di  Steflmo  IV  del 


NOM  91 

11  gennaio  817,  in  cui  confermò 
i  beni  del  monastero  di  Farfa,  co- 
si un'altra  dello  stesso  argomento 
del  seguente  Papa.  Eletto  s.  Pa- 
squale I  l'inviò  legato  al  detto  im- 
peratore con  lettera  di  partecipa- 
zione di  sua  esaltazione,  e  l'incari- 
cò di  rinnovare  la  confederazione 
e  amicizia  tra  la  santa  Sede  e  l'irn- 
pero  ;  l'ottenne  col  celebre  diploma 
di  conferma  ai  pontificii  dominii, 
riportato  dal  Cenni. 

Leone  nell'S^S  con  Teodoro  pri- 
micero  suo  genero,  dai  loro  emoli 
furono  accecati  ed  uccisi. 

Teofilatto  fu  legato  di  Eugenio 
II   neir826  alla  dieta  d'Hildesheim. 

Benedetto  neir843  si  trovò  pre- 
sente alla  donazione  di  beni  che 
Stefania  fece  al  monastero  di  s. 
Paolo. 

Gregorio  dell'  87 5  era  figlio  di 
Teofilatto  pur  nomenclatore,  fu  sco- 
municato da  Giovanni  Vili  come 
fazionario  di  Formoso  e  reo  di  gra- 
vissimi delitti^  d*  invadere  lo  stesso 
papato,  d'intelligenze  coi  saraceni, 
e  di  avere  rubato  i  tesori  della 
Chiesa. 

Greg-ono  deir885i  apocrisario  del- 
la santa  Sede,  spedi  una  bolla  di 
Adriano  III,  di  conferma  al  mona ^ 
stero  di  s.  Sisto  di  Piacenza  de'be- 
ni  e  privilegi. 

Stefano  nell'  897  spedi  la  bolla 
di  Romano  Papa,  con  cui  confer- 
mò i  privilegi  e  beni  della  chiesa 
di  Rossilione. 

Stefano  del  963  adminiculatore 
intervenne  al  conciliabolo  di  Roma 
contro  Giovanni  XII. 

Leone  del  1099  nomenclatore 
e  giudice  del  sacro  palazzo. 

Crescenzo  fu  al  concilio  romano 
del  io33,  e  nel  io35  s'interpose 
la  sua  ordinaria  autorità,  perchè 
Coufigliuolo    da  lui    costituito   cn-f 


92  N  O  M 

ratore  d'un  fanciullo  venisse  a  con- 
cordia coH'abbadessa  di  s.  Ciriaco, 
avendo  il  nomenclatore  la  cura  dei 
pupilli  e  degli  orfani. 

Arrigo   del    i  i  Sg    nomenclatore 


e  giudice. 


11  Macri,  Hierolexicon,  e  Not.  dei 
vocaboli  eccl. ,  dice  che  questo  di 
Nomenclatore  o  Nonicncalalor^  deri  - 
va  da  voce  greco- latina,  che  signi- 
fica chiamare  o  intimare,  dal  no- 
uiiuare  a  voce  alta  gì'  invitati  alla 
mensa  pontificia;  che  risiedeva  nel 
palazzo  apostolico,  e  corrispondere 
il  suo  ofiicio  a  quello  (XeW Uditore 
della  camera  [Vedi),  poiché  rico- 
nosceva le  cause  di  coloro  che  ri- 
<orrevano  al  Papa  per  ottenere  giu- 
stizia, ed  a  tal  fine  cavalcava  vici- 
no al  Papa  per  ricevere  i  Memo- 
riali (Vedi),  i  quali  poi  erano  ben 
considerati  da  esso  in  compagnia 
del  saccellario  o  tesoriere,  per  in- 
formare il  Pontefice  del  contenuto. 
Il  nomenclatore  presso  gli  antichi 
romani  era  ministro  del  censore , 
consistendo  il  suo  offizio  nel  nomi- 
nare e  chiamare  le  persone  parti- 
colari per  proprio  nome,  e  ciò  per 
comando  del  censore,  siccome  co- 
noscitore particolare  di  qualunque 
condizione.  Del  suo  ministero  si  ser- 
vivano i  senatori  ne*  comizi,  man- 
dandosi a  partito  per  l'elezione  dei 
maestrali  delie  cariche  e  delle  di- 
gnità civili,  i  cittadini  particolari. 
Ciascuno  per  ordine  era  nominato 
dal  nomenclatore  prima  che  si  fa- 
cesse lo  scrutinio  e  la  votazione 
dei  senatori.  Del  nomenclatore  si 
servivano  pure  i  candidati  o  novi- 
zi, e  quei  che  aspiravano  ai  mae- 
strali ed  alle  dignità  ,  ricercando 
il  nome  di  ciascun  cittadino  che 
interveniva  al  consiglio  per  dare  il 
suffragio,  e  ciò  serviva  loro  per  pro- 
cacciarsi il  favore,  e  per  far  prati- 


NOM 
che  affine  di  conseguire  gli  uffici  e  i 
gradi,  onde  il  nomenclatore  faceva 
buoni  guadagni,  ledi  il  Biondo, 
Roma  trionf.  p.  210,  ed  il  p.  Ca- 
simiro, Memorie  d'Araceli^  p.  3oo. 
NOMENTO,  Nomenlnm.  Antica 
città  e  sede  vescovile,  ora  Mentana^ 
terra  della  Comarca  di  Roma,  nel 
disfretto  di  Tivoli,  governo  di  Pa- 
lombara,  diocesi  di  Sabina  e  già  una 
delle  sue  principali  città,  ora  esisten- 
te sopra  il  ripiano  d'un  colle.  Men- 
tana o  Lamentana  è  succeduta  a 
JVomentum,  sovente  celebrata  dagli 
antichi  scrittori,  da' quali  apparisce 
che  fu  colonia  albana,  o  sia  de*  pri- 
schi latini,  fondata  nel  territorio 
Sabino  conquistato  da  Latino  Sil- 
vio terzo  re  d'Albalonga.  Nomento 
fu  involta  nella  guerra  di  Tarqui- 
nio  Prisco  contro  le  colonie  alba- 
ne  ;  ma  siccome  si  arrese  suppliche- 
vole, fu  trattata  con  clemenza.  I 
nomentani  presero  parte  alla  famosa 
lega  per  ripristinare  in  Roma  il  go- 
verno monarchico  e  Tarqui  nio  il 
Superbo.  Sconfitta  dal  valore  roma- 
no, i  nomentani  restarono  fedeli  ai 
romani  sino  all'ultimo  general  mo- 
vimento del  Lazio,  e  furono  am- 
messi alla  cittadinanza  di  Roma  ed 
ai  suoi  sagrifizi  come  fossero  un  me- 
desimo popolo.  Quindi  Nomento  sin 
dall'anno  4' 7  di  Roma  fu  munici- 
pio, ma  la  vicinanza  alla  metropoli 
contribuì  insensibilmente  al  suo  spo- 
polamento e  decadenza,  restando  me- 
morie della  bontà  de*  suoi  fruiti  ed 
eccellenti  vini.  L'essere  attraversata 
dalla  via  IS'omentana,  ed  il  riflusso 
continuo  del  popolo  che  dalla  ca- 
pitale spandevasi  nelle  terre  d' in- 
torno, onde  v'ebbero  fondi  e  ville 
Ovidio,  Seneca  e  Marziale,  fece  du- 
rante l'impero  risalire  Nomento ,  e 
nel  secolo  III  era  sede  vescovile,  de^ 
scritta  dall' Ughelli  colla  serie  de'se- 


NOM 

guenti  suoi  vescovi,  Italia  sacra  t. 
X,  p.  1 46.  Orso  del  4  ^  5  ricorse  al 
Papa  s.  Innocenzo  I  contro  il  ve- 
scovo Fiorenzo  che  ne  usurpava  i 
confini  della  jjropria  giurisdizione. 
Servus-Dei  intervenne  nel  4^^  al 
sinodo  romano.  Cipriano  sedè  tra  i 
padri  del  concilio  del  4^7-  Sereno 
fu  a  quelli  del  49^  ^  499*  I^oma- 
no  sottoscrisse  i  concilii  tenuti  da 
Papa  s.  Simmaco  nel  5oi,  5o2, 
5o3  e  5o4-  Risiedendo  il  vescovo 
nella  via  Nomentana  presso  il  ci- 
miterio  di  s.  Restituta,  di  cui  par- 
lammo a  CiMiTEEi  DI  Roma,  in  un  a 
quelli  de*  ss.  Primo  e  Feliciano  no- 
bili nomentanì  con  basilica,  e  di  s. 
Alessandro  I  Papa,  oltre  l'altro  di 
s.  Nicomede  pure  della  via  Nomen- 
tana, di  cui  si  disse  a  Catacombe, 
e  con  magnifica  chiesa  ,  ne'  quali 
moltissimi  martiri  vi  fi.irono  depo- 
sti, verso  questo  tempo  pare  che 
trasportasse  la  sua  residenza  in  No- 
mento,  per  cui  divenne  cattedrale  la 
chiesa  di  s.  Nicolò.  Indi  il  vescovo 
Felice  fu  al  concilio  del  53 1,  adu- 
nato da  s.  Bonifacio  II.  Redento  nel 
553  corroborò  colla  sua  soscrizione 
il  decreto  del  Pontefice  Vigilio,  per 
l'aflare  de'  tre  capitoli.  Essendo  ve- 
scovo Grazioso ,  s.  Gregorio  I  nel 
593,  con  epistola  prodotta  dall'  U- 
ghelli ,  gli  affidò  il  governo  della 
chiesa  di  s.  Antimo  o  di  Curi  (Fe- 
di), e  la  uiù  alla  sede  Nomentana; 
indi  nel  595  Grazioso  o  Graziano 
sottoscrisse  al  concilio  di  Roma.  Co- 
stanzo del  6oor  Generoso  del  601, 
dopo  il  quale  nel  649  si  fa  men- 
zione di  Sapienzo,  intervenuto  al 
celebre  concilio  di  s.  Martino  I.  Nel 
679  fiori  Paolo,  nel  743  Benedet- 
to, nel  753  Villano  o  Vulgario , 
nell'SsG  Cosmo,  nel  964  Giovanni 
che  nel  sinodo  riprovò  lo  scisma  di 
Leone  Vili  antipapa,  e  lo  condari- 


NOM  93 

nò;  indi  Nomento  con  altre  chiese 
formarono  il  vescovato  suburbicario 
di  Sabina  [Fedi).  Di  alcuni  vesco- 
vi e  notizie  di  Nomento,  ne  tratta 
il  Galletti  nella  sua  Capena.  Se- 
condo il  Marini,  Memorie  di  s.  Bar- 
bara p.  96  e  seg.,  Nomento  surse  non 
molto  distante  da  Scandriglia,  e  Tu 
chiamato  anche  Num  anzi  a,  e  con  tnl 
frase  nel  concilio  del  loSg  di  Ni- 
colò 11,  si  sottoscrisse  Hugo  episco- 
pus  NuTìiantinus ,  che  crede  propria- 
mente l'ultimo  vescovo  di  Nomento. 
Però  lo  Sperandio,  che  nella  Sabi- 
na sagra  p.  43  tratta  di  Nomento, 
a  p.  4?  cagiona  di  Numanzia,  quale 
città  o  foro  di  Sabina,  diverso  da 
Nomento  e  vicino  a  Scandriglia,  a 
fronte  dell'autorità  del  Marini  da 
lui  con  lode  rammentato.  Delle  ce- 
lebri memorie  della  via  Nomenta- 
na, di  quelle  ecclesiastiche  e  civili 
di  Nomento  tratta  eruditamente  il 
Piazza  ,  Gerarchia  cardinalizia  p. 
i59  e  seg.,  602  e  seg.,  non  che  del 
ponte  che  sul  Teverone  distrutto  da 
Totila  nella  guerra  gotica,  riedifjc(> 
Narsele,  poi  rifatto  da  Nicolò  V,  e 
delle  salutifere  acque  Lebane.  Di 
queste  monsignor  Nicolai,  Meni,  sulle 
camp,  di  Roma  t.  I,  p.  279,  rac- 
conta che  inondando  stagnanti  par(e 
del  territorio,  Cesare  meditava  di 
prosciugarle,  mentre  il  Piazza  riferi- 
sce averle  diseccate  e  che  ne  proven- 
ne fertilissimo  agro.  Avanzi  delle 
celebre  acque  Lebane  sono  i  bagni 
di  Grotta  Marozza. 

Le  notizie  che  si  hanno  di  No- 
mento, anco  ne'tempi  posteriori,  le 
raccolse  il  Nibby  ,  Analisi  de'  din- 
torni di  Roma  t.  II,  p.  4^9  ^  s*^g> 
avvertendo  che  al  primitivo  suo  no- 
me, si  sostituì  quello  di  Civitas  No- 
mentana,  poscia  Castrimi  Nomenta- 
nae^  donde  derivò  il  moderno  di 
MeiiUina.    Il    territorio    nomenlano 


i 


94  NOM 

essendo  divenuto  palrimonìo  della 
Chiesa  l'omana,  l'invase  Luilpraiido 
re  de'  longobardi,  il  quale  lo  resti- 
tuì nel  74'  a  Papa  s.  Zaccaria. 
Nana  il  Piazza  che  recandosi  nel- 
1*800  Carlo  Magno  in  Roma,  tenne 
)a  via  di  Sabina,  onde  s.  Leone  III 
andò  ad  incontrarlo  col  senato  ro- 
mano, col  clero  e  con  tutte  le  cor- 
porazioni di  Roma  fino  a  Nornen- 
to,  dove  pranzò  insieme  col  princi- 
pe e  col  quale  entrò  in  Roma,  di 
che  facemmo  parola  a  Ingressi  e 
s.  Leone  III.  Nel  secolo  seguente  in 
Nomento  ebbe  i  natali  il  famoso  e 
potente  Crescenzio  Numentano  o  Nu- 
manziano,  che  per  qualche  tempo 
regolò  i  destini  di  Roma  col  nome 
di  console  e  duca,  impadronendosi 
di  Castel  s.  Angelo  (Fedi)  e  facen- 
do eleggere  V  Antipapa  Giovanni 
XVII  (Fedi)j  Ottone  III  che  lo  fe- 
ce morire  fu  poi  avvelenato  dalla 
moglie,  al  modo  detto  nel  voi.  XXIX, 
p.  i32  e  i33  del  Dizionario.  Nel 
IO 59  i  nomentani  coi  tusculani  e 
prenestini  ribellandosi  a  Nicolò  II, 
questi  chiamò  a  reprimerli  il  nor- 
manno Roberto  Guiscardo,  che  per 
le  sue  vittorie  prese  il  nome  di 
NonienlanOj  come  meglio  descrissi 
nel  voi.  XXVIT,  p.  195  del  Dizio- 
nario. Rovinata  cosi  la  città ,  si 
estinse  la  sede  episcopale,  e  ridotta 
allo  stalo  di  castello  passò  in  pote- 
re de'  monaci  di  s.  Paolo,  ai  quaU 
fu  confermala  con  bolle  d'Innocen- 
zo III,  d'Onorio  III  e  di  Gregorio 
IX;  che  se  sotto  il  primo  divenne 
feudo  de'  Capocci ,  deve  intendersi 
dipendenti  dal  nominato  monnstero. 
Nel  declinar  del  secolo  XIII  Nicolò 
III  die  Lamentana  o  Mentana  ad 
Orso  Orsini  suo  nipote,  la  qual  fa- 
mìglia continuò  a  signoreggiarla  nei 
seguenti  tre  secoli,  edificandovi  un 
castello,  e   nel    14^4    soggiacque  a 


NON 

fortissimo  terremoto.  Due  anni  do- 
po venne  in  parte  spianata  d'ordi- 
ne d'Innocenzo  Vili,  come  troppo 
partigiana  degli  Orsini.  Gregorio 
XI 11  dichiarò  marchesato  Mentana, 
e  ne  fu  primo  marchese  Latino  Or- 
sini. Nel  1594  la  terra  con  tulle  le 
sue  dipendenze  fu  venduta  per  scu- 
di 25o,ooo  da  Fabio  e  Virginio 
Orsini  a  Michele  Peretli  principe  di 
Venafro,  indi  pochi  anni  dopo  pas- 
sò in  potere  dei  Borghese  (VediJ^ 
che  ne  sono  i  signori  attuali.  Con- 
tigua al  palazzo  baronale  è  la  nuo- 
va chiesa  di  s.  Maria  della  Pietà, 
la  cui  immagine  il  capìtolo  vatica- 
no ornò  di  corona  d'oro,  e  poste- 
riormente vi  fu  trasferito  il  corpo 
di  s.  Felice  I  Papa.  Dessa  rimpiaz- 
za l'ospedale  fondato  nel  i55o  da 
Camillo  Orsini,  e  vi  è  pure  un  con- 
vento di  francescani  riformati  con 
chiesa  di  s.  Maria  degli  Angeli.  Per 
tutta  la  terra  veggonsi  sparsi  fram- 
menti di  marmo,  residui  dell'antica 
Nomento  e  de'  sepolcri  eh'  erano 
lungo  la  via  Nomenlana  :  di  quelli 
di  maggior  importanza  e  di  alcune 
iscrizioni  parla  il  Nibby. 

NOMESIA  (s.).  F.  NoMAsiA. 

NONA,  Aenona.  Città  vescovile 
della  Dalmazia,  circolo  a  4  leghe 
da  Zara,  in  una  piccola  isola  con- 
giunta al  continente  da  due  ponti. 
Decaduta  da  quel  posto  onorevole 
che  possedeva  fra  le  antiche  citlà 
Liburniche,  più  non  si  vedono  che 
ammassi  di  rovine,  un  centinaio 
circa  di  case  sparse  qua  e  là,  una 
cattedrale  e  qualche  altra  chiesa. 
Il  porto  che  riceveva  de' grossi  na- 
vigli, ora  non  è  piìi  che  una  palude 
infetta.  Sotto  i  romani  ed  i  re  schia- 
voni'Croati  questa  città  era  opulen- 
ta e  magnifica,  facendo  di  ciò  te- 
stimonianza, oltre  la  menzione  di 
Plinio,  le  statue  colossali    e   gli  al- 


jNON 
tri  pregiali  perai  di  antichi  edifizi 
scavati  nel  suo  recinto.  La  chiesa 
di  Nona  fu  fondata  da  s.  Anselmo, 
uno  de'  72  discepoli  di  Gesù  Cri- 
sto, che  fu  suo  primo  vescovo,  on- 
de sotto  la  sua  invocazione  è  la 
cattedrale.  Dopo  di  lui  furono  ve- 
scovi Teodosio  dell'Svg,  Alfredo  del- 
rSgo,  e  quegli  altri  registrati  sino 
ad  Antonio  Tripcovic  della  diocesi 
di  Cattar©  del  1754,  da  Daniele 
Parlato, ///yr/cf  sacri  t.  IV,  p.  10^ 
e  seg.,  in  episcopi  Nonenses.  Indi 
nel  1771  fu  fatto  vescovo  Gio.  Bat- 
tista Jurileo  di  Trati  traslato  da 
Arbe,  e  nel  1789  Giuseppe  Grego- 
rip  Scolti  della  diocesi  di  Traìi,  che 
viveva  ne*  primi  anni  del  corrente 
secolo,  ma  fu  l'ultimo,  benché  nelle 
annuali  Notizie  di  Roma  si  legga 
registrata  questa  antica  sede  vesco- 
vile fino  al  i83o.  Essa  fu  sufTra- 
ganea  di  Spalatro,  e  diversa  da 
Aemonia  o  Città  Nova.  Fu  la  sola 
sede  vescovile  di  Croazia  (Vcdi)^ 
finche  col  suo  smembramento  si  e- 
ressero  le  sedi  di  Belgrado  e  Tinia, 
V.  Dalmazia. 

NONA.  Quinta  ora  canonica  . 
S' instituì  di  recitarsi  Torà  nona 
del  giorno,  ch'era  la  terza  dopo  il 
mezzodì,  in  memoria  del  Salvatore, 
che  a  quest'ora  spirò  l'anima  in 
croce  per  redimere  il  genere  uma- 
no. Mese  Barcesa  dice  che  in  que- 
st'ora furono  scacciati  dal  paradiso 
terrestre  Adamo  ed  Eva.  Però  da- 
gli Atti  degli  apostoli  cap.  8,  ab- 
biamo che  i  ss.  apostoli  Pietro  e 
Giovanni  ascesero  al  tempio  a  pre- 
gare in  ora  nona,  onde  poi  fu  es- 
sa stabilita  nella    Chiesa.    V.  Ore 

CANONICHE. 

NONANCOUR  Nicolò,  Cardi- 
nale. Nicolò  della  nobilissima  fami- 
glia di  Nonancour,  nato  nel  castel- 
lo di  questo  nome  nella  diocesi  di 


NON  95 

Cbartres,  o  secondo  altri  in  Pari- 
gi, denominato  perciò  il  parigino, 
da  s.  Celestino  V  nel  settembre 
1294  fu  creato  cardinale  prete  del 
titolo  di  s.  Lorenzo  in  Dama  so. 
Dopo  essere  intervenuto  all'elezione 
di  Bonifacio  Vili,  e  fatto  il  suo 
testamento  in  Anagni,  morì  in  Ro- 
ma nel    I  ^99. 

NONANTÒLA,  abbazia.   V.^lo^ 

DENA. 

NONNATO  Raimondo  (s.),  Car-^ 
dinaie.  Raimondo  Nonnato  da  Por- 
tello nella  diocesi  di  Urgel  nella 
Spagna,  dove  nacque  nel  1204  da 
nobili  genitori  di  poche  fortune, 
ma  denominato  Nomiato  per  esse- 
re stato  estratto  dal  ventre  delia 
madre  già  morta,  a  mezzo  dell'  o- 
perazione  cesarea,  così  chiamata 
perchè  salvò  la  vita  a  Scipione 
l'africano  soprannominato  Cesare ^ 
ed  a  Giulio  Cesare,  come  afferma- 
no diversi  scrittori.  Il  padre  per 
trarlo  dall'applicazione  agli  studi  e 
dalla  risoluzione  cK  abbracciare  la 
vita  ecclesiastica,  lo  mandò  in  vil- 
la, dove  lo  destinò  a  guardare  un 
piccolo  giegge  e  la  campagna,  in 
una  possessione  che  avea  presa  in 
affitto.  Nel  territorio  era  vi  ima 
chiesa  dedicata  a  s.  Nicolò  di  Mi- 
ra, nella  quale  si  venerava  una  di- 
vota immagine  della  Beata  Vergi- 
ne, avanti  a  cui  il  santo  giovane, 
che  n'era  divotissimo,  sfoijava  l'in- 
terno  affetto  del  suo  cuore  ;  onde 
è  fama  che  Nostra  Signora  lo  as- 
sicurasse, con  voce  sensibile  uscita 
dall'immagine,  di  sua  speciale  Iti- 
tela e  protezione.  Ogni  volta  che 
Raimondo  si  portava  a  venerare  la 
medesima  immagine,  si  narra  che 
un  angelo  in  forma  di  leggiadro 
giovine  vegliasse  alla  custodia  del 
suo  gregge,  e  che  fosse  veduto  an^ 
co  una   volta    dal  padre  del  santo. 


96  NON 

Ad  insinuazione  della  Madonna  vo- 
lò a  Dio  la  sua  virginità,  die  col- 
la di  lei  valida  prolezione  manten- 
ne illibata  fino  all'  ultimo  respiro^ 
e  si  condusse  in  Barcellona,  dove 
con  esultazione  di  spirilo  vestì  l'a- 
bito delTordine  della  Mercede,  ri- 
cevendolo dalle  mani  di  s.  Pietro  No- 
lasco  fondatore  dell'ordine,  sempre 
avendo  rigettato  il  consiglio  di  re- 
carsi alla  corte  d'  Aragona  come 
parente  de'conli  di  Foix  e  di  Car- 
dona.  Il  b.  Sera  pione  che  ivi  fu 
suo  maestro  nel  tempo  del  novi- 
ziato, e  poi  glorioso  martire,  gli 
predisse  i  disagi  e  patimenti  che 
avrebbe  dopo  molti  anni  sofferti 
nell'Africa  per  amore  di  Gesù  Cri- 
sto :  ed  in  falli  divenuto  il  model- 
lo de* suoi  fratelli,  fu  giudicato  de- 
gno di  esercitare  in  detta  regione 
l'ufficio  di  redentore,  e  di  sotten- 
trare in  quel  grado  a  s.  Pietro  No- 
lasco.  Iniziato  nel  sacerdozio,  si  die 
al  ministero  della  predicazione,  per 
mezzo  della  quale  ridusse  non  po- 
chi peccatori  alla  via  della  salute, 
tanto  più  che  oltre  il  fervore  che 
avea  nel!' esporre  l'evangeliche  ve- 
rità ,  quel  tanto  che  proponeva  al- 
trui era  usato  di  praticarlo  prima 
seco  medesimo,  gastigando  il  pro- 
prio corpo  con  frequenti  e  lunghi 
digiuni,  con  assidue  vigilie,  con  diu- 
turne flagellazioni,  e  con  l'esercizio 
continuo  di  una  non  interrotta  pre- 
ghiera. Avvertimmo  a  Mercede,  che 
non  è  vero  eh'  egli  abbia  eser- 
citalo in  Pioma  ,  il  primo  fra 
tutti,  l'impiego  di  procuratore  ge- 
nerale del  suo  ordine  nel  i23o. 
liichiamalo  in  Ispagna,  fu  per  la 
terza  volta  spedito  in  Africa  ed  in 
Algeri,  dove  non  avendo  più  che 
dare  pel  riscatto  degli  schiavi,  die- 
de sé  stesso  in  pegno,  per  essere  in 
tal  maniera  meglio  a  portata  di  as- 


NON 

sistere  qtiei  miserabili  che  si  ritro- 
vavano in  pericolo  di  rinegare  la 
cattolica  fede,  quale  egli  pieno  di 
zelo  predicava  con  apostolica  liber- 
tà, con  gran  fruito  de*  cristiani  e 
de' saraceni.  Perlo  che  que' barba- 
ri gli  chiusero  con  inaudita  crudel- 
tà le  labbra  con  una  spranga  o 
lucchetto  di  ferro,  dopo  averglie- 
le forate  con  un  ferro  arroventa- 
to; martirio  che  dovette  sostene- 
re per  lo  spazio  di  otto  mesi ,  a- 
prendoglisi  le  labbra  sol  per  dargli 
da  mangiare,  oltre  tormenti  senza 
numero  di  fame,  sete,  carcere  e  di 
battiture,  che  per  tal  nobile  e  san- 
to motivo  soffri  con  invitta  pazien- 
za e  generosità  di  cuore.  I  mao- 
mettani temendo  poi  che  morisse, 
perdendo  così  la  somma  stipulata, 
il  governatore  della  città  ordino 
che  si  lasciasse  girar  libero  per  Al- 
geri, ed  allora  si  recò  a  visitare  e 
consolare  i  cristiani,  e  convertì  pa- 
re parecchi  mussulmani  alla  reli- 
gione cristiana.  Allora  il  governa- 
tore voleva  farlo  impalare;  ma  pel 
timore  di  perdere  le  somme  con- 
venute pei  riscatti  degli  schiavi, 
quei  che  ne  aveano  interesse  ot- 
tennero che  tramutasse  la  condan- 
na in  molle  ed  aspre  bastona- 
te, e  poi  lo  fece  frustare  per  le 
strade  pubbliche.  Dopo  essere  sta- 
to in  carcere  carico  di  catene  , 
i  suoi  correli giosi  lo  riscattarono, 
ad  onta  eh*  egli  preferiva  resta- 
re fra  gli  schiavi.  Mosso  Gregorio 
IX  dalla  fama  della  santità  di  Rai- 
mondo, affmchè  questa  scintillante 
lumiera  non  si  restasse  più  lunga- 
mente nascosta  sotto  il  moggio,  nel 
1237  o  più  tardi  lo  creò  cardina- 
le diacono  di  s.  Eustachio,  e  chia- 
mollo  a  Roma  :  in  questa  dignità 
conservò  il  suo  abito  e  la  sua  ma- 
niera di  vivere.  Mentre  recavasi  in 


NON 

Roma,  perchè    il  Papa  voleva  ser- 
virsene pel  governo  delia  Chiesa,  ar- 
rivalo a  Gardena,  città  distante  sei 
miglia  da  Barcellona,  fu  assalilo  da 
febbre  violenta,  morendo  a'3 1  ago- 
sto,   maturo    già  pel    paradiso,  nel 
1240,  nella  vigorosa  età  di  87  anni. 
Prima  della  morte  è  fama  che   ri- 
cevesse per  le  mani  degli  angeli  il 
ss.  Viatico.  Non  ebbe  campo  di  de- 
corare più  a   lungo  la  dignità  car- 
dinalizia collo  splendore  di  sue  vir- 
tù   e  strepitosi  miracoli:  alcuni  dei 
più  insigni     furono  riportati     dagli 
scrittori  di  sua    vita    e  dai  boUan- 
disli.  Gregorio  IX  al  funesto  avvi- 
so di  sua  morte  proruppe  in  que- 
ste   parole  :    l' ordine    di  s.    Maria 
della    Mercede  in    una  sola  ora  ha 
perduto    il    padre    e    il  protettore, 
la  provincia    di  Catalogna  il  figlio, 
la  cattolica  Chiesa  un  uomo  santo. 
Il    suo  sacro    corpo  rimase    sepolto 
onorevolmente    nella    chiesa    di     s. 
Nicolò  di   Portello,  dove  dalla  pietà 
e  religione  de'  fedeli  con  gran  fre- 
quenza   e    divozione  è  venerato;  a- 
vendovi    fatto    fabbricare    un    con- 
vento s.  Pietio    Nolasco  nel    i255. 
Alessandro  VII  fece  iscrivere  il  suo 
nome  nel  martirologio  romano  nel 
1657,    nel     giorno     3i    agosto,     in 
cui  celebrasi     la  sua  festa.     Quindi 
Clemente    IX   nel    1669     estese    a 
tutta  la  Chiesa  lo  stesso  uffizio   ad 
libitum   con    rito  semidoppio,    con- 
cessioni equivalenti  a  beatificazione 
equipollente.     Finalmente    il    Papa 
Innocenzo    XI,  riconoscendo    il  suo 
culto    immemorabile,    lo    canonizzò 
senza  solennità  e    per  equipollenza, 
col    comandare    a' io   marzo    1681 
che    la    sua    memoria   si    celebrasse 
per    tutta  la  Chiesa    con   messa    ed 
uffizio  di  rito  doppio.  Il  p.  Ippoli- 
to   Marracci    pubblicò    la    Vita    di 
san    Raimondo    Nonnato  ,    Roma 
VOL.   xLvni. 


NOR  97 

i655    pel  Lazzarini ,    ed    ia  Mila- 
no pel    Monza    nel    i656.     La    ri- 
stampò il  mercedario    p.   Sebastia- 
no   della     concessione     nell*  anno 
16  65,    come    avea  fatto    un    suo 
correligioso  nel  i663.  Vogliono  al- 
cuni   che  il  culto    a    questo    santo 
pel  primo  glielo  concedesse  lo  stesso 
Gregorio  IX,  altri    che  fosse  cano- 
nizzato dall'antipapa  Benedetto  XHI, 
e  che    la   sua   canonizzazione    fosse 
approvata  dal    concilio    di    Costan- 
za ^  e    non    mai  riprovata    dai  le- 
gittimi Pontefici,  anzi   Urbano  Vili 
a'9  novembre  dell'anno  iGaS    avea 
concesso   all'ordine    della    Mercede 
di  poterne  celebrare  l'uffizio  e  mes- 
sa,  lo  che   a'  5    dello   stesso    mese 
avea    permesso    ai    religiosi    scalzi 
dell*  ordine.   F.  il    Lambertini,  De 
canon,  ss.  lib.  I,  cap.  4i>  §  V. 
NORBA.   F.  Norma. 
NORBERTO  (s.),  arcivescovo  di 
Magdeburgo,  fondatore  dell'  ordine 
diPremonstrato  o  Premostrato.  Nac- 
que a  Santen  nel  ducato  di  Cleves, 
l'anno    1080,  da  Eriberto  conte  di 
Gennep,  parente  dell'  imperatore,  e 
da  Adwiga,  la  quale  discendeva  dalla 
casa  di  Lorena.  Applicò  allo  studio  e 
s'iniziò  negli  ordini    sacri  ;   ma  in- 
clinatissimo  ai  piaceri,  si  abbando- 
nò ad  una  vita  tutt'atfatto  monda- 
na ,    benché    fosse    stato     ordinato 
suddiacono,    e  gli  fosse    stato  con- 
ferito un  canonicato  a  Santen.  Vi- 
vendo brillantemente    alla  corte  di 
Enrico  IV,  di  cui   fu  nominato  li- 
mosiniere,  era  inutilmente  pressato 
a    ricevere    gli  altri    ordini  sacri,  i 
quali  l'avrebbero  obbligato  ad  una 
maniera  di  vita    eh'  egli  abborriva. 
Soprappreso  un  giorno  da  violenta 
procella,     mentre     recavasi    ad    un 
villaggio  per    oggetto  di  piacere,  e 
stramazzato  a  terra  dal  suo  caval- 
lo   spaventato   da  una    folgore    che 
7 


98  NOR 

con  oiTÌbil  fracasso  cadde  a'  suoi 
piedi,  ne  ricevette  tanta  impressio- 
ne, che  formò  sai  punto  il  divisa- 
inento  di  espiare  i  passati  disordi- 
ni con  una  sincera  penitenza.  Quin- 
di anziché  ritornare  alla  corte,  si 
recò  a  Santen,  ov'era  il  suo  canoni- 
cato, e  si  consacrò  alla  preghiera  ed 
alla  meditazione,  ritirandosi  poscia 
nel  monastero  di  s.  Sigiberto  presso 
Colonia.  Egli  era  allora  nel  tren- 
tesimo anno  di  età.  Due  anni  do- 
po la  sua  conversione,  Federico  ar- 
civescovo di  Colonia  l'ordino  dia- 
cono e  prete  in  uno  stesso  giorno. 
Norberto  rinunziò  poi  a  tutti  i 
suoi  benefìzi,  vendette  i  suoi  beni, 
e  ne  distribuì  il  prezzo  a'  poveri  ; 
dopo  di  che  si  portò  a'  piedi  del 
pontefice  Gelasio  II,  ch'era  allora 
a  s.  Gilles  nella  Lìnguadoca,  e  gli 
fece  una  confessione  generale  della 
sua  vita.  Avendogli  il  Papa  accor- 
dato ampio  potere  di  predicare  il 
vangelo  ovunque  lo  credesse  oppor- 
tuno, Norberto  intraprese  subito 
delle  missioni  nella  Linguadoca, 
nella  Guienna,  nel  Poitou,  nell'Or- 
leanese,  nell'Hainaut,  nel  Brabante 
e  nel  paese  di  Liegi,  le  quali  pro- 
dussero per  tutto  frutti  meraviglio- 
si. Bartoloniraeo  vescovo  di  Laon, 
conoscendo  assai  bene  il  merito  di 
Norberto,  domandò  a  Calisto  II, 
succeduto  nel  11  19  a  Gelasio  II, 
la  permissione  di  ritenerlo  nella 
sua  diocesi,  acciocché  mettesse  la 
riforma  fra  i  canonici  regolari  di 
s.  Martino.  Il  Papa  gliel' accordò  ; 
ma  i  canonici  non  vollero  sotto- 
mettersi a  quanto  da  loro  si  esi- 
geva. Perciò  il  vescovo  pregò  Nor- 
berto di  scegliersi  nella  sua  dioce- 
si un  sito  ove  poter  fabbricare  un 
monastero.  Il  santo  scelse  una  val- 
le deserta,  delta  Premonstrato,  nel- 
la foresta    di  Coucy,    ed  ivi  fondò 


NOR 

il  suo  ordine  novello,  il  quale  non 
era  che  una  riforma  di  canonici 
regolari  sotto  la  regola  di  s.  Ago- 
stino. Air  articolo  Premostratensi  o 
Premonstratesi  diremo  di  quest'or- 
dine e  delle  diverse  fondazioni  che  ne 
fece  il  santo,  il  quale  fu  poi  con 
sua  ripugnanza  costretto  ad  accet- 
tare l'arcivescovato  di  Madgeburgo 
nel  II 26.  Nella  nuova  dignità  non 
diminuì  esso  nulla  delle  austerità  che 
da  lungo  tempo  praticava  ;  e  la 
sua  umiltà  parve  più  mirabile  che 
nel  chiostro.  I  suoi  discorsi  ed  i 
suoi  esempli  resero  efficaci  le  fati- 
che eh'  egli  intraprese  per  la  ri- 
forma della  diocesi  ;  ricuperò  al- 
la sua  chiesa  una  pai  te  delle  ter- 
re di  cui  i  laici  eransi  impadroni- 
ti ;  si  adoperò  a  lutto  potere  con 
s.  Bernardo  per  rimediare  ai  dis- 
ordini dello  scisma  cagionato  per 
l'elezione  dell'antipapa  Anacleto  II 
contro  il  legittimo  Iiuiocenzo  II, 
ed  a  questo  fine  intervenne  nel 
ii3i  al  concilio  di  Reims.  Accom- 
pagnò in  Italia  l' imperatore  Lota- 
rio II,  che  mise  il  Papa  in  pos- 
sesso del  Laterano  ;  e  ritornalo 
nella  sua  diocesi,  uìorì  pieno  di 
meriti  il  6  giugno  11 34,  dopo 
quattro  mesi  di  patimenti.  Grego- 
rio XIII  lo  canonizzò  nel  i582, 
ed  Urbano  Vili  stabilì  la  sua  fe- 
sta a'6  di  giugno.  Il  suo  corpo  fu 
custodito  a  Magdeburgo  ,  finché 
l'imperatore  Ferdinando  II  fece 
trasportarne  le  reliquie  a  Praga  nel 
1627,  ove  furono  solennemente  de- 
poste nella  chiesa  del  Monte  Sion. 
NORCIA  [Nursin).  Città  con  re- 
sidenza vescovile  dello  stato  ponti- 
ficio, nella  delegazione  apostolica  di 
Spoleto,  antica  e  posta  in  mezzo 
gli  Apennini,  su  d'un  fertile  ripia- 
no con  molta  diligenza  coltivato, 
che  le  dà  un  aspetto  ameno,  quan- 


NOR 
tio  le  rìgide  nevi  non  lo  rallrista- 
no    air  intorno.    E   cinta  di  buone 
mura,   ed  ha  regolari    vie    ed  edi- 
fizi,  con  vaga  piazza  e  conveniente 
teatro.    La    galledrale  con  baltiste» 
rio  è  sotto  l'invocazione  della  Bea- 
ta  Vergine  della   Plebe  o  della  Mi- 
sericordia ;  poco  dislaute  vi  è  l'epi- 
scopio. Vi  sono  tre  altre  chiese  par- 
rocchiali   senza    il  fonte  sacro,    tre 
conventi  di  religiosi,  due  monaste- 
ri di   monache,  l'orfanotrofio  di  re- 
cente   istituzione,    confraternite,    o- 
spedale,  monte  di   pietà,  e  semina- 
rio   con  alunni.  Vi  risiede  un  go- 
vernatore   distrettuale,   come  capo- 
luogo   del  distretto  del  suo    nome, 
che  comprende  i  governi    di  Cascia 
e    di    Visso.    Dalla    sua  municipale 
amministrazione     dipendono    venti* 
quattro  casali   sparsi   ne'  monti   cir- 
costanti, oltre  l'appodiato  Castelluc- 
cio,  e  soggiace  pure  al  suo  gover- 
no   la   comune    di    Preci  con    altri 
quindici   Casali.   Appartenne  già  al- 
la Sabina,  che  fu  lungamente  divi- 
sa nelle  quattro  prefetture  di  Nor- 
cia, Rieti,  Curi    e    Nomento.  Sotto 
i  Papi  ancora  appellossi   prefettura, 
governandosi   da   un   prelato  con  ti- 
tolo di  prefetto.   Sisto  V   tolse  dal- 
la   sua    prefettura    Monte    Monaco 
e  Monte  Fortino  per  unirli  al  pre- 
sidato  di  Montalto.   Ad   istanza  de- 
gli abitanti,  Gregorio  XVI  nel  i83i 
v'istituì    il    tribunale    collegiale   di 
prmia  istanza,  coi  relativi  ammini- 
strativi dicasteri;  ma   poi   a  deside- 
rio de'medesimi,  nel  iSSg,  non  pro- 
ducendo   il    tribunale  que'  vantaggi 
che  si  ebbero  in   vista   nell'istituir- 
lo,   aboh    tal   tribunale  civile    e  cri- 
minale e  la  sua  giurisdizione,   non 
che  la  conservazione  delle  ipoteche, 
con  quelle  altre  disposizioni  che  si 
leggono  nella   Raccolta  delle  leggi ^ 
\ol.    V,  p.    3 16,    e   voi.    XVn,  p. 


3S0R  99 

io3.  I  suoi  glandiferi  boschi  ali- 
mentano numerose  mandre,  special- 
mente di  animali  neri,  de'  quali  si 
fa  un  gran  traffico.  Norcia  è  patria 
di  moltissimi  illustri  personaggi,  pri- 
mieramente del  patriarca  de'mona- 
ci  d'occidente  s.  Benedetto  e  di  s. 
Scolastica  sua  sorella,  essendo  la 
loro  madre  Abbondanza,  figlia  di 
Milleo  e  Diana  conti  di  Norcia.  Non 
solo  Norcia  vanta  preclare  glorie 
per  l'antica  origine,  ma  anche  pei* 
le  avite  prodezze.  Anteriormente  a 
Boma  per  molli  secoli,  ebbe  fama 
ne'sommi  poemi  d'Omero  e  di  Vir- 
gilio, di  aver  spedito  guerrieri  al- 
l'assedio di  Troia,  e  nelle  guerre 
latine  si  nomina  qual  eroe  il  nur- 
sino  UfentCj  spedito  a  Turno  re  dei 
rutuli  per  combattere  Enea  troia- 
no. Ne  mancarono  nursi  ni  nell'al- 
leanza sabina  per  vendicar  i'onia 
del  rapimento  delle  donne  ordina- 
to da  Romolo,  onde  poi  furono 
messi  a  parte  de'  romani  privilegi, 
e  potè  il  suo  municipio  chiamarsi 
almo  sino  a'tempi  di  Leone  X,  che 
ne  rese  testimonianza  nell'epistola 
33,  lib^  5,  diretta  al  cardinal  Bem- 
bo. La  fecero  eziandio  chiara  nel- 
l'epoca delle  romane  grandezze  mol- 
ti suoi  cittadini,  e  vi  si  noverano 
Lucio  Plozio  due  volte  console  lo- 
dalo da  Cicerone,  Quinto  Sertorio 
emulo  nelle  Spagne  della  potenza 
di  Roma,  e  Polla  Vespasia  madre 
dell'imperatore  Vespasiano. 

Elogio  però  ad  ogni  altro  supe- 
riore del  valore  de'  nursi  ni,  si  ha 
dal  principe  degli  storici,  quando  par^ 
landò  del  celebre  Scipione,  afferma 
che  le  truppe  nursine  decisero  dei 
suoi  trionfi  in  Africa.  Nella  batta- 
glia di  Modena,  combattendo  sotto 
i  vessilli  d'Augusto,  sette  campioiii 
nursini  rinfrancarono  il  vacillante 
romano  esercito,  e   rimasti    vittima 


I 


oo 


NOR 


del  proprio  coraggio,  ottennero  que- 
sta   sepolcrale    epigrafe:    Hi    sani 
septeni  Nursini,  seu  septem  Nursi- 
noruni  facies^    qui  strenue  prò    li- 
beriate certantes  accuhuere.  Le  fa- 
miglie   romane    degli    Orsini  e  dei 
Savelii  ebbero  pur  da  Norcia  deri* 
Tazioue,  oltre  i  conti  di  Belvedere, 
di  Sasso,  di  Giove,  di  RofTiano,  ed  al« 
tri  molti.  Dopo  l'infortunio  de'Trin- 
ci    o  Trincia  signori  di  Foligno,   i 
superstiti  della  nobilissima  famiglia 
si  ritirarono  parte  in  Norcia  e  par- 
te in  Roma.   Giambattista  Lalli  ed 
il  Querenghi  sono  nursini.  Così    il 
cardinal    Teodino  degli  Atti,  ed  il 
cardinal    Gio.    Battista   Quarantot- 
to   di    nobile   famiglia   oriunda    di 
Norcia.    Vi   fiorirono    molti  prelati, 
e  per  ultimo  monsignor  Gio.  Car- 
lo Alesij  de' conti  Castelli,  fatto  da. 
Gregorio  XVI  segretario  della  con- 
gregazione del  concilio,   discenden- 
te degno  dai  Liviani  di  Mevale,  fa- 
miglia feconda  d'illustri  uomini,  fra  i 
quali  un  Gian  Carlo  generale  de'bar- 
nabiti.  In  Roma  nel  rione  s.  Eusta- 
chio all'Arco  della  Ciambella  vi  è 
la  chiesa  de'ss.  Benedetto  e  Scola- 
stica  di    giurisdizione    e    patronato 
della  città  di  Norcia.  Fu    edificata 
nel   1619  dall' arciconfraternita  dei 
ss.    Benedetto    e  Scolastica ,  di   cui 
trattano  il  Piazza   nell'  Eusevologio 
romano    p.    4^6.»    ^^  '^   Venuti  in 
Roma  moderna  p.  628,  ma  ora  estin- 
ta.   Alcuni    nursini   eressero  il   na- 
zionale   sodalizio  nella  chiesa  di  s. 
Eustachio,  approvato    da    Paolo  V 
con  privilegi  nel  16 15.  Fiorendo  la 
confraternita,  i  cassinesi   ed  i  cele- 
stini l'aggregarono    alla    partecipa- 
zione de^  loro  beni  spirituali,  e  per- 
chè essi  ne  fondarono  altre,  la  con- 
fraternita ne  ottenne  i  loro  privile- 
gi, indi  si  trasferì  nel  detto  orato- 
rio  e   chiesa.    Essendo    protettore 


NOR 
della  medesima  il  cardinal  Ludovisi 
nipote  di  Gregorio  XV,  questi  con 
breve  de'  4  febbraio  162^  l'elevò 
al  grado  di  arciconfraternita.  Le  sue 
opere  pie  sono  descritte  dal  Piazza, 
vestendo  i  confrati  sacco  di  tela  ne- 
ro con  cappuccio,  con  mozzetta  di 
saia  nera,  con  le  immagini  a  sini- 
stra de'santi  protettori.  Essendo  pre- 
sidente di  questa  chiesa  il  lodato 
prelato  Alesij  o  Alessi,  nel  1841 
la  fece  restaurare  ed  abbellire  con 
pitture.  Il  riaprimento  ebbe  luogo 
previo  un  solenne  triduo  in  onore 
di  Maria  Vergine  Addolorata  pro- 
tettrice di  Norcia,  ne'  tre  primi 
giorni  di  novembre,  con  indulgenza 
concessa  da  Gregorio  XVI. 

Norcia,  Nurcia/  Nursia,  è  una 
delle  piti  vetuste  città  d'Italia,  e  di 
quelle  in  cui  stanziarono  i  primi 
abitatori  della  penisola  ;  gli  uni  la 
dissero  capitale  de'  sabini  sotto  il 
re  SongOj  altri  la  chiamarono  Pi- 
cena; si  crede  edificata  dagli  etru- 
schi, i497  anni  avanti  la  nascita  di 
Gesù  Cristo,  e  perciò  da  Enotrio  re 
arcade  l'anno  del  mondo  25 1 3.  Il 
Fatteschi  nelle  Mem.  del  ducalo  di 
Spoleto  p.  iSg,  ecco  quanto  ne  scri- 
ve. Norcia,  oggi  ultima  città  de'sa- 
biui,  decaduta  ne'  tempi  di  mezzo 
dal  suo  splendore,  avendo  primeg- 
giato anche  per  la  maestranza  del 
suo  decurionalo,  fu  la  città  più  ri- 
marchevole, benché  da'  longobardi, 
dopo  averla  rovinata,  fosse  resa  sog- 
getta al  Castaldo  di  Ponte,  che  nei 
bassi  tempi  fu  castello  con  am- 
plissimo castaldato.  Dagli  antichi 
geografi  fu  Norcia  computata  nel- 
la Sabina,  benché  poi  fu  attribuita 
all'Umbria,  e  dell'una  e  dell'altra 
ne  seguì  le  vicende.  E  ben  vicina 
a' monti  della  Sibilla,  e  ad  altri 
più  elevati,  che  dividono  la  Sabi- 
na dal   Piceno,   cioè   i  monti  Fi- 


r 


NOR 

scello,  Buibei'O,  e  Tetrico,  ch'è  il  più 
elevato  ed  alpestre  tra  essi;  dal  Fi- 
scello  nasce  la  Nera  .  Di  Norcia 
fa  menzione  Paolo  Diacono,  e  che 
avesse  un  ampio  territorio  si  de- 
duce dai  Dialoghi  lib.  Il,  di  san 
Gregorio  I  del  Sgo^  parlando  della 
patria  di  s.  Benedetto  nato  ex  pro- 
vincia Nursi ae.  DaW Epistole  di  tal 
Pontefice  si  ha  che  già  la  santa  Se- 
de vi  possedeva  un  Patrimonio,  che 
faceva  amministrare  da  unode'prin- 
cipali  chierici  della  chiesa  romana, 
con  titolo  di  difensore  o  rettore. 
A' tempi  Carolini  e  propriamente 
neir82  I  fu  in  Norcia  tenuto  un  gran 
placito  da  Alessandro  conte  e  da  Ade- 
lardo  e  Leone,  messi  spedili  dall'im- 
peratore Lodovico  I,  nel  quale  furono 
restituite  al  monastero  di  Farfa  le 
sostanze  che  a  danno  del  monaste- 
ro medesimo  il  duca  di  Spoleto 
Guinighiso  avea  credute  devolute 
al  regio  fisco  :  vi  si  trovarono  pre- 
senti lo  stesso  duca,  Gerardo  duca 
di  Camerino ,  quattro  vescovi  del 
ducato  e  due  abbati.  Norcia  si  die- 
de spontaneamente  al  dominio  del- 
la Sede  apostolica,  con  riserva  di 
molli  privilegi,  conservati  sino  al- 
l'invasione francese.  Tu  Ita  voi  la  Tim- 
peralore  Ottone  I,  allorché  fu  nel 
962  coronato  in  Roma  da  Giovan- 
ni Xll,  nel  confermare  i  dominii 
della  Chiesa  romana,  gli  donò  sette 
città  situate  parte  nell'  Abruzzo  e 
parte  nell'Umbria,  di  diritto  allora 
del  regno  d'Italia,  frale  quali  Nor- 
cia. In  progresso  e  nel  io32  si  e- 
resse  in  repubblica,  e  progredì  in 
questo  stalo  sino  al  ii5o,  benché 
poscia  si  governò  con  proprie  par- 
ticolari leggi.  Bonifacio  IX  nel  iSgS 
con  breve  concesse  alla  municipale 
magistratura,  con  piena  giurisdizio- 
ne, Mevale  castello  con  titolo  di 
marchese;  Riofreddo    e  luoghi  an- 


NOR  IDI 

nessi,  terre  ch'erano  state  acquistate 
dagli  Alviani. 

1  nursini  in  diversi  tempi  guer- 
reggiarono con  le  comuni  convicine, 
e  talvolta  si  collegarono  con  esse  a 
danno  di  altre.  Talvolta  si  ribellaro- 
no ai  Papi,  secondo  le  circostanze  dei 
tempi,  ed  essendo  stati  condannati 
rei  di  lesa  maestà  per  aver  distrut-. 
to  la  terra  di  Cerreto,  essendo  i 
nursini  ricorsi  a  Nicolò  V  per  l'as- 
soluzione, l'ottennero  benignamente 
nel  i447-  Insorte  guerre  tra  Spo- 
leto e  Norcia,  a'  26  aprile  i45'0 
Nicolò  V  approvò  la  tregua  tra  lo- 
ro stabilita,  commettendone  l'osser- 
vanza a  Nicolò  vescovo  di  Tivoli. 
Anche  in  Norcia  gli  odii  civili  la- 
cerarono la  città  nelle  fazioni,  quali 
si  rinnovarono  nel  medesimo  seco- 
lo XV  con  immensi  danni,  e  siccome 
Everso  conte  potente  d'Anguillara  si 
fece  condottiere  de'faziosi  di  Norcia, 
degli  spoletini,  casciani  ed  altri  popoli 
umbri  per  assalir  la  città,  questa  nel 
i4^3  di  nuovo  ricorse  a  Nicolò  V,  il 
quale  comandò  al  conte  e  compagni 
di  desistere  dall'impresa  e  deporre  le 
armi,  pel  qual  fine  vi  spedX  Giorgio 
Cesarini  protonotario  apostolico.  Ciò 
non  pertanto  Everso  per  non  per- 
dere lo  stipendio  pattuito  assalì  Nor- 
cia, ma  il  prelato  vi  si  oppose  va- 
lorosamente, e  costrinse  il  conte  a 
levar  l'assedio  e  ritirarsi.  Ritornato 
alle  sue  terre  reclutò  nuove  genti 
per  fare  ritorno  contro  Norcia ,  e 
per  un  tempo  proseguì  le  sue  in- 
festazioni, finché  il  cardinal  Barbo, 
poi  Paolo  H,  estinse  questa  guerra 
e  ridusse  Everso  all'obbedienza  del 
Papa,  edificando  poi  nel  suo  pon- 
tificato la  fortezza  di  Cascia.  Norcia 
il  giorno  12  maggio  lySo  fu  quasi 
distrutta  dal  terremoto ,  che  fece 
perire  molti  suoi  abitanti  ;  laonde 
il    nuovo    Pontefice    Clemente  XU 


loa  KOll 

-vi  rivolse  le  sue  prime  cure  con 
copiosi  soccorsi.  Di  Norcia  tratta- 
jouo  il  Blavio ,  Tlieatrum  civita' 
tnm.  Giacomo  Lauro ,  Ilistoria  e 
pianta  di  Norcia,  Roma  i635.  E- 
gidio  Mocavino  Lefradomaco ,  An^ 
tisatira  alle  satire  de*  poco  infor- 
mali della  città  di  Norcia,  Foligno 
i63i. 

Quivi  anticamente  prestavasi  cuU 
to  alla  dea  Nortia  ossia  Fortu- 
na ,  cullo  idolatrico  ch'ebbe  fine  nel 
a5o  per  opera  di  s.  Feliciano  ve- 
scovo di  Foro  Flaminio,  e  quei  tem- 
pio uominossi  basilica  argentea.  La 
sede  vescovile  fu  eretta  nel  V  se- 
colo;, e  rUghelli  Italia  sacra  tom. 
X,  p.  i5o,  registra  i  seguenti  ve- 
scovi. Stefano  che  sottoscrisse  ai 
concilii  romani  del  49^  di  s.  Gela- 
sio I,  e  del  499  di  s.  Simmaco.  Pri- 
mevo che  fiorì  sotto  s.  Gregorio  I 
Del  594.  Giovanni  che  intervenne 
al  sinodo  di  Roma  adunato  da  s. 
Agatone  nel  680.  Ma  la  ferocia  dei 
barbari  invasori,  rovinando  la  cit- 
tà, Norcia  restò  priva  dell'onore 
del  seggio  vescovile  per  molti  se- 
coli, venendo  compresa  nella  dio- 
cesi di  Spoleto,  li  citato  Fatteschi 
parla  de'  suoi  tre  antichi  monaste- 
ri ,  uno  dentro  la  città  detto  di  s. 
Benedetto,  l'altro  nel  suo  distretto 
detto  di  s.  Eutichio,  ed  il  terzo  di 
s.  Tizio  nella  valle  Castoriana.  Che 
in  questi  monasteri  e  ne'  villaggi 
dell'agro  nursino  fiorissero  negli  an- 
tichi tempi  molti  santi  anacoreti,  Io 
riferisce  s.  Gregorio  I,  dove  discor- 
re di  s.  Santolo  e  dei  suoi  miracoli, 
Jib.  in,  e.  37  de' Dialoghi.  L' U- 
ghelli  fa.  onorata  menzione  de'  ss. 
Florenzio  abbate  ed  Eutichio  mona- 
co. E  molto  probabile  che  nel  ter- 
ritorio di  Norcia  avesse  il  monaste- 
10  di  Farfa  la  cella  di  s.  Angelo 
in  Sabelli ,    rammentata  oe'monu- 


NOR 
menti  prodotti  dal  Fatteschi  a  p. 
23 1.  De'  conventi  delia  ss.  Annun- 
ziata, della  Madonna  di  Montesanto, 
di  s.  Pellegrino  di  Norcia  e  del  mo- 
nastero di  s.  Maria  della  Pace  di 
Norcia,  tratta  il  p.  Antonio  da  Or- 
vieto nella  sua  Cronologia  dell'  Uni- 
ùria.  Pio  VII  per  venerazione  a  s. 
Benedetto,  la  cui  regola  monastica 
avea  professalo,  e  pei  pregi  della 
città  di  Norcia,  nel  1820  a'5  gen- 
naio, colla  bolla  Ad  tuendani  tra- 
dilani  sanclis  fideni ,  vi  ripristinò 
la  sede  vescovile,  dichiarandola  im- 
mediatamente soggetta  alla  santa 
Sede,  e  nel  concistoro  de'27  giugno 
1821  nominò  vescovo  monsig.  Gae- 
tano Bonuani  romano.  Per  sua  spon- 
tanea rinunzia,  Gregorio  XVI  nel 
concistoro  de'  3  aprile  i843  gli  die 
in  successore  l'odierno  monsignor 
Letterio  Turchi  di  Apiro  arcidio- 
cesi  di  Camerino,  già  vicario  apo- 
stolico di  questa,  canonico  teologo 
della  metropolitana,  professore  del- 
l'università, presidente  del  collegio 
teologico,  rettore  del  seminario  e 
vicario  generale  de'  due  ultimi  ar- 
civescovi. II  capitolo  si  compone  di 
due  dignità,  la  prima  delle  quali  è 
l'arciprete,  di  tredici  canonici,  com- 
prese le  prebende  del  teologo  e  del 
penitenziere,  e  di  altri  chierici  ad- 
detti al  servigio  divino:  l'arciprete 
ha  cura  delle  anime,  coadiuvato  da 
un  sacerdote.  La  diocesi  si  estende 
per  venticinque  miglia  di  territorio, 
e  contiene  diversi  luoghi.  Ogni  ve- 
scovo è  tassato  in  fiorini  209,  es- 
sendo le  rendite  scudi  i5oo,  gra- 
vate di  alcuni  pesi,  cioè  d'una  pen- 
sione di  5o  scudi,  e  di  alimentare 
due  alunni  nel  seminario. 

NORI  o  NUORO  (Noren).  Città 
con  residenza  vescovile  in  Sardegna, 
divisione  del  Capo-Cagliari.  Pio  VI 
con  la  bolla  Eani  iriler  caeteras,  dei 


l 

I 


NOR 

2  1  giugno  1779,  ^"^^'  Rom.  coni. 
t.  VI,  p.  116,  ripristinò  la  sede  ve- 
scovile di  Gallclly  (Vcdi)^  e  ne  sta- 
bilì la  residenza  à  Nori  o  Nuoro, 
di  clima  più  salubre  e  di  popola- 
zione più  numerosa.  All'ultimo  ve- 
scovo nel  1828  fu  fatto  ammini- 
stratore apostolico  Gio.  Maria  d'  O- 
schiri  Bua  arcivescovo  d'Oristano, 
che  edificò  il  seminario,  die  ma- 
no alia  edificazione  della  nuova  cat- 
tedrale, e  contribuì  del  suo  5oo  scu- 
di sardi  per  formare  il  locale  delle 
scuole  di  latinità  nel  luogo  dell'an- 
tica chiesa  di  s.  Gio.  Battista.  Per 
sua  morte,  nel  1840  Gregorio  XVI 
nominò  amministratore  d.  Ciriaco 
Pala  canonico  della  cattedrale,  indi 
nel  1843  gli  sostituì  Todierno  ar- 
civescovo di  Sassari,  monsignor  A- 
lessandro  Domenico  Varesino,  om- 
niesso  dalle  annuali  Notizie  di  Ro- 
ma, come  ha  rimarcato  il  eh.  can. 
Bima  nella  Serie  cron.  de'  vescovi 
del  regno  di  Sardegna. 

NORIS  Enrico,  Cardinale.  En- 
rico Noris  nacque  a  Verona  il  29 
agosto  i63r,  da  una  famiglia  origina- 
ria dell'Inghilterra,  che  ha  prodotto 
vari  uomini  di  merito.  Mostrò  fi- 
no dall'infanzia  le  più  felici  dispo- 
sizioni allo  studio,  e  terminalo  che 
ebbe  quello  dell'  umanità  recossi  a 
Rimini  per  apprendervi  la  filosofia 
e  la  teologia.  La  lettura  delle  ope- 
re di  s.  Agostino  gì'  ispirò  tanta 
venerazione  pel  santo  dottore,  che 
risolvette  entrare  nel  suo  illustre 
ordine.  Vestito  Tabito  degli  eremi- 
tani di  s.  Agostino  non  tardò  a  di- 
stinguersi, per  cui  fu  dai  superiori 
mandato  in  Roma,  ove  trovò  nelle 
biblioteche  e  nella  società  de'dotli  i 
mezzi  di  cui  abbisognava.  Ivi  ebbe 
la  sorte  di  conoscervi  il  celebre  p. 
Cristiano  Lupo,  altro  agostiniano 
reduce    dalle    Fiandre;   e  vedendo 


NOR  io3 

gli  onori  che  da  ogni  parte  si  ren- 
devano al  merito  di  un  tanto  uo« 
mo,  sentì  accendersi  l'animo  di  un 
nobile  ardore  d'imitarlo,  come  quel- 
lo che  pel  sodo  giudizio,  raro  in- 
gegno ,  critica  e  profonda  erudi- 
zione, non  ebbe  pari  in  Italia  ai 
tempi  suoi.  Cominciò  ad  impiegare 
allo  studio  quattordici  ore  del  gior- 
no, facendo  sommi  progressi  nella 
teologia,  nella  storia,  nell'  antiqua- 
ria e  nella  numismatica.  Dopo  aver 
insegnato  con  reputazione  la  teolo» 
già  nelle  principali  cattedre  del  suo 
ordine,  a  Pesaro,  a  Perugia  ed  a 
Padova,  in  quest'ultima  città  diede 
l'ultima  mano  alla  Storia  dell'ere' 
sia  pelagiana^  colla  difesa  di  s.  Ago- 
stino. Quest'opera  acquistò  all'au- 
tore dei  grandi  ammiratori,  e  nel 
tempo  stesso  dei  gran  contradditto- 
ri, che  Io  imputarono  come  segua- 
ce degli  errori  di  Baio  e  di  Gian- 
senio,  e  però  venne  denunziato  a 
Roma,  dove  esaminate  più  volte  le 
sue  opere,  non  furono  giammai 
condannate,  e  l'autore  vi  fu  in  più 
maniere  distinto  ed  onorato;  essen- 
do tra  le  altre  cose,  dopo  la  revi- 
sione della  medesima,  stato  anno- 
verato tra  i  qualificatori  del  s.  of- 
fìzio.  Cosimo  III  granduca  di  To- 
scana, informato  del  suo  straordi- 
nario merito,  lo  chiamò  a  Firenze 
ad  insinuazione  del  celebre  Anto- 
nio Magliabecchi,  nel  1674  lo  di- 
chiarò suo  teologo  e  pubblico  pro- 
fessore di  storia  ecclesiastica  nell'u* 
niversità  di  Pisa,  collo  stipendio  di 
380  scudi  l'anno,  non  che  precet- 
tore di  Gio.  Gastone  suo  figlio  , 
e  gli  offrì  il  vescovato  di  Pistoia, 
ch'egli  costantemente  ricusò.  Lo 
stesso  fecero  i  Pontefici  Clemente 
X  e  Innocenzo  XI  ,  ma  il  Noris 
contento  di  menare  vita  privala 
rinunziò   le    offertegli    dignità.    Gli 


io4  NOR 

scritti  ch'egli  pubblicò  sopra  diver- 
si argomenti  archeologici  accrebbe- 
ro sempre  più  la  sua  fama,  per  Io 
che  dalla  regina  di  Svezia  Cristi- 
na gli  fu  spedito  il  diploma  di 
membro  dell'  accademia  che  aveva 
istituita  nel  suo  palazzo,  e  che  die* 
de  origine  a  quella  degli  arcadi. 
IVel  pontificato  d'  Innocenzo  XII 
furono  rinnovate  le  accuse  contro 
la  memorata  opera,  per  cui  il  Pa- 
pa commise  ad  alcuni  teologi  l'esa- 
me accurato  di  essa,  ma  ne  risul- 
tò il  favorevole  giudizio  di  non 
trovarvisi  cosa  che  meritasse  cen- 
sura, che  anzi  gli  si  dovea  somma 
lode.  Il  Pontefice  chiamò  allora  in 
Roma  ilNoris,  gli  offrì  la  palatina 
carica  di  sacrista,  da  lui  però  ri- 
cusata, lo  nominò  consultore  del  s. 
oflìzio,  e  nel  1692  primo  custode 
della  biblioteca  Vaticana,  e  poi  vo- 
lendolo preservare  dai  frequenti  at- 
tacchi de'suoi  nemici,  che  per  di- 
fendersi gli  facevano  perdere  un 
tempo  ch'egli  avrebbe  potuto  im- 
piegare assai  utilmente,  per  la  be- 
nevolenza di  dui  l'onorava,  a'  12 
dicembre  i6g5  lo  creò  cardinale 
prete  del  titolo  di  s.  Agostino,  e 
Io  ascrisse  alle  primarie  congrega- 
zioni di  Roma,  e  nel  1700  lo  fece 
bibliotecario  di  s.  Chiesa  colla  pensio- 
ne di  5585  scudi  annui.  Le  nuove  di- 
gnità non  lo  distolsero  dalle  sue 
occupazioni  letterarie^  e  stava  ter- 
minando la  Storia  dei  donatisliyoA' 
lorchè  vide  appressarsi  il  suo  fine. 
Mori  nel  pontificato  di  Clemente 
XI,  al  cui  conclave  intervenne,  d'i- 
dropisia, in  Roma,  a' 23  febbraio 
1704  d'anni  73,  e  fu  sepolto  [nella 
chiesa  del  suo  titolo  ed  ordine,  nel- 
la quale  sotto  il  suo  busto  scolpito 
in  marmo  bianco,  e  collocato  in 
una  nicchia  al  destro  lato  della 
po^'ta   phe   introduce    ir^   sagrestia, 


NOR 

leggesi  l'epitaffio  composto  in  versi, 
La  vita  di  questo  dotto  cardinale 
fu  scritta  dal  p.  Girolamo  Razze- 
rio  agostiniano  che  la  pubblicò  col- 
le sue  opere  teologiche  in  Padova 
nel  1708;  e  dal  celebre  letterato 
monsignor  Francesco  Bianchini,  qua- 
le si  legge  nel  t.  I,  p.  199  delle 
Vite  degli  arcadi  illustri  del  Cre- 
scimbeni.  Nel  pontificato  di  Bene- 
detto XIV  furono  dall'inquisizione 
di  Spagna  poste  nel  catalogo  de'li- 
bri  proibiti  le  sue  opere,  cioè  la 
storia  pelagiana,  e  la  dissertazione 
sul  V  concilio  ecumenico;  ma  il 
giudizio  di  quel  Papa  giustificò  ab- 
bastanza la  dottrina  del  cardinale, 
le  cui  opere  furono  completamente 
raccolte  in  Verona  in  cinque  volu- 
mi in  foglio  nel  1729-41  dai  fra- 
telli Ballerini,  colla  vita  dell'auto- 
re in  latino.  Nello  stesso  idioma  la 
scrisse  pure  monsignor  Angelo  Fa- 
bioni,  pubblicata  nel  1780  nelle 
Vite  viror.  illust.  ital.  t.  VI,  p.  8. 
I  veronesi  alzarono  a  questo  gran 
cardinale  nella  loro  cattedrale  un 
nobile  monumento  di  marmo,  co- 
me sogliono  fare  con  lodevole  in- 
tendimento con  tutti  i  concittadini 
che  si  segnalarono  nelle  lettere  e 
nelle  scienze.  Chi  volesse  raccoglier 
re  le  giuste  lodi  che  da  gravi  scrit- 
tori gli  furono  date,  formerebbe  un 
libro.  Chiarissimo  ed  eruditissimo 
della  dottrina  di  s.  Agostina,  vindice 
ed  interprete,  lo  chiamano  i  padri  di 
s.  Mauro  nella  prefazione  della  lo- 
ro edizione  di  s.  Agostino.  II  Cel- 
lario gli  die  il  titolo  di  Massima, 
nell'Ortografia  latina;  erudìtorwn 
in  Urbe  aeternum  dccus  lo  appellò 
Spanemio  nell'Orbe  romano;  eMas- 
son  nel  suo  Tempio  di  Giano  aper'^ 
to,  lo  disse  eruditorum  longe  da- 
ctissiniuni.  Il  Maffèi  nella  sua  Fé-, 
rgna   illusCra^ta^    dice    che   non  hc^ 


I 


NOR 

genso  chi  non  ammira  le  nuove 
scoperte  falle  da  questo  cardinale 
nella  storia  ecclesiastica  e  nell'eru- 
dizione più  scelta.  Ebbe  molti  ami- 
ci, che  meritava  pel  suo  carattere, 
e  carteggiava  coi  primari  dolti  del- 
l'Italia e  della  Francia.  Le  princi- 
pali sue  opere  sono:  i.  Hìstoria 
Pelagianaj  et  Dissertatio  de  syno- 
do  F  aecumenicOy  Padova  167 3 
ed  altrove:  l'edizioni  di  Lovanio 
1702  e  di  Padova  1708  sono  au- 
mentate di  cinque  dissertazioni  che 
erano  comparse  separatamente,  e 
nelle  quali  l'autore  risponde  alle 
diverse  critiche  fatte  alla  sua  ope- 
ra. 2.  Hìstoria  Donalistnrurn  ex 
JVorisìanis  schedis  excerpta  in  or- 
dinem  dissesta  et  supplela,  con  ap- 
pendice. 3.  Storia  delle  investiture 
delle  dignità  ecclesiastiche.  La  me- 
daglia coniata  dall'accademia  di 
Pisa  in  onore  del  cardinal  Noris, 
è  descritta  nelle  Ricreazioni  numis- 
matiche di  Roehler,   par.    i3,   pag. 

NORMA  o  NORBA,  ISorham.  An- 
tica città  e  sede  vescovile,  ora  co- 
mune soggetto  al  governo  di  Sez- 
ze,  nella  legazione  apostolica  e  dio- 
cesi di  Velletri ,  con  piti  di  2000 
abitanti.  Narra  il  Nicolai,  Delle  ter- 
re Pontine  p.  47,  che  i  corani  con- 
finando con  Norba,  e  vantando  Er- 
cole per  fondatore  di  Cori,  raccon- 
tano che  fabbricò  Norba  per  tenere 
in  freno  i  ladroni  che  infestavano 
quelle  contrade  ;  altri  la  dicono  co- 
lonia d'Alba,  edificata  o  meglio  ri- 
storata dagli  albani.  Certo  è  che 
all'antica  città  situata  sul  monte  che 
guarda  le  campagne  pontine,  in  mez- 
zo ai  fiumi  Amaseno  e  Ninfeo  che 
scorrono  sotto  il  piano,  poco  lunge 
gli  successe  l'odierna  terra  che  ha 
variato  d'una  sola  lettera  il  primie- 
ro nome.  Il  Theuli,  Teatro  ist.  p. 


NOR  io5 

39,  la  chiama  una  delle   prime  co- 
Ionie  romane,  fatta  tale   con   Velle- 
tri, che  fu  fortezza   de'  volsci,  ed  i 
romani  la  stimarono  come  rocca  in 
difesa  della  città  di  Pontia,   venen- 
do saccheggiata    dai    pipernesi     nel 
consolato    CXI.    I    norbani   presero 
parte  nella  guerra  contro  Roma  sta- 
bilita a  Ferentino  [Fedi).  Nei  262 
di    Roma    il    senato    dopo  la  peste 
spedi  colonie  a  Velletri  e  a  Norba , 
la  cui  fortezza  gli  serviva  anche  per 
reprimere  le  mosse  e  i  tentativi  dei 
volsci  e  de'  latini.    Questa    colonia 
nella  ribellione  delle  altre  conservò 
singoiar  fedeltà  a  Roma,    per    cui 
irritati   i   pipernesi  di  tanta   costan- 
za,  nel  4' 3   per  la  guerra  sannitica 
devastarono   il   territorio  norbano,  e 
quantunque  fossero  puniti ,    nondi- 
meno nel  4^5  tornarono  a  commet- 
tervi danni  eccessivi.  Dopo  la  bat- 
taglia di  Canne,  ridotta  Roma  quasi 
agli  estremi ,    i    norbani  furono  di 
que' pochi   che  con  aiuti     la    salva- 
rono. Questa  antichissima  ed  illustre 
città  si  conservò    florida    fino    agli 
ultimi    tempi    della   repubblica  ro» 
mana,   ma  avendo  i  norbani  segui- 
to il  partito  di  Mario,  furono  asse- 
diati da  Emilio  Lepido  generale  di 
Siila,  e  accortisi  ohe  per  un  tradi- 
mento la  città  era  presa    irrepara- 
bilmente, appiccato  il  fuoco  alle  ca- 
se,  vollero  disperati  uccidersi  tra  lo- 
ro e  andar  colla  patria  in  fiamme, 
piuttosto  che  soggiacere  alla  crudel- 
tà e  orgoglio  del  vincitore.  Si  rieb- 
be Norba  da  tanta  rovina,  ma  tar- 
di, peixihè  a  tempo  di  Plinio    non 
era  ancora  risorta.    Altre    notizie  e 
de'  suoi    importanti    avanzi ,   come 
delle  sue  mura  di  massi    quadran- 
golari di  buona  scoltura ,    tratta  il 
Ricchi,  Reggia  de'  volsci  p.  8g.  Dice 
pure  che  fu  chiamata  Civita  la  Pen- 
na,    ed    essere  ora    piccolo  castello 


I 


io6  NOR 

cinto  di    mura  in    forma    di    for- 

tezfa. 

Il  Borgia,  Storia  di  Velletri  p. 
143,  afierma  che  l'imperatore  Co- 
stantino VI,  grato  ai  Papa  s.  Zac 
caria  per  quanto  con  Luitpranclo 
re  de'  longobardi  erasi  affaticato  per 
la  conservazione  dell*  esarcato  ,  gli 
donò  secondo  la  sua  richiesta  le  due 
masse,  o  unione  di  vari  predi  e  pos- 
sessioni, di  Norma  e  Ninfa  ch'erano 
di  pubblica  ragione,  le  quali  poi  i 
Papi  dierono  in  feudo  ad  altri,  ri- 
manendo nella  spirituale  giurisdi- 
zione di  Velletri.  Ciò  confermano, 
l'altro  Borgia  nelle  Meni,  di  Bene- 
vento t.  I,  p.  IO,  che  aggiunge  aver 
riportalo  la  concessione  il  pontificio 
apociisario  a  Costantinopoli  ;  ed  il 
Nicolai  a  p.  106,  meglio  assegnan- 
do per  epoca  l'anno  743,  e  dicen- 
do che  quindi  soggiacquero  alle  in- 
vasioni de'  longobardi.  Dipoi  Nor- 
ma fu  onorata  della  sede  vescovile, 
come  si  apprende  dall'Ughelli,  Ita- 
Ha  sacra  t.  X,  p.  i48,  ed  uno  dei 
suoi  vescovi  chiamato  Giovanni  as- 
sistè al  conciliabolo  tenuto  nel  g6^3 
in  Roma,  per  la  deposizione  di  Gio- 
vanni XII,  ed  elezione  di  Leone  Vili 
antipapa.  Avendo  Norma  sofferta  al- 
tra distruzione,  il  vescovo  trasferì  a 
Ninfa  la  sede,  città  edificata  alle  ra- 
dici del  monte  di  Norba.  Diroccata 
anche  Ninfa  in  progresso  di  tempo, 
i  suoi  cittadini  passarono  ad  abi- 
tare nel  castello  di  Norma,  fabbri- 
cato presso  l'antica  Norba.  Il  Nin- 
feo, antichissimo  tempio  dedicato 
alle  ninfe ,  innalzavasi  sulla  costa 
della  montagna  di  Norba,  con  ma- 
gnifica architettura,  presso  la  sor- 
gente del  fiume  Ninfeo,  vicino  ad 
un  lago  assai  venerato  dai  norba- 
nì  per  due  prodigiosi  fenomeni.  Ivi 
i  cristiani  eressero  una  chiesa  in  o- 
nore  di  s.  Michele  arcangelo,  cui  si 


NOR 

aggiunse  un  monastero  di  benedet- 
tini, poscia  rovinato  da  Federico  I. 
Eugenio  HI  del  i  r4')  ricuperò  Nor- 
ma ed  altri  luoghi  vicini.  Eletto  nel 
I  iSc)  Alessandro  IH,  ed  essendo  in- 
sorto l'antipapa  Vittore  V,  fuggì  ia 
Ninfa,  ove  a' 20  settembre  fu  con- 
sacralo e  coronato.  Federico  I  per 
dispetto  rovinò  il  castello,  come  sos- 
tenitore del  falso  Pontefice.  Nel  1216 
il  cardinal  Ugolino,  poi  Gregorio  IX, 
presso  il  suddetto  monastero  fondò 
quello  di  s.  Maria  del  Monte  Mir- 
teto, pei  benedettini  di  Firenze,  cui 
Federico  lì  donò  l'abbazia  della 
Grangia  di  s.  Maria  di  Castro:  a 
quel  monastero  e  chiesa  era  sog- 
getta l'abbazia  di  s.  Erasmo  di  Co- 
ri. Nel  I  3oo  Ninfa  fu  data  in  feu- 
do da  Bonifacio  Vili  alla  sua  fa- 
miglia Caelani  :  si  ha  però  dal  Piaz- 
za, Gerarchla  cardinalizia  p.  52  8, 
che  Ninfa  nel  iSSy  apparteneva 
alla  chiesa  e  ospedale  di  s.  Matteo 
in  Merulana.  Dipoi  Norma  diven- 
ne proprietà  del  principe  Borghe- 
se. Della  sua  chiesa  collegiata  con 
arciprete  e  quattro  canonici,  parla 
il  citato  Piazza  a  p.  49-  Altre  no- 
tizie si  possono  leggere  nel  p.  Kir- 
cher,  Latiiuìiy  e  nel  Volpi,  Vetns 
Latiuni  t.  HI,  de  Norbanis^  Pala  vii 
1726.  Così  nel  Compendio  della 
storia  veliternaf  del  sacerdote  Bau- 
co  voi.  II:  da  esso  si  apprende  che 
il  capitolo  ha  pure  due  beneficiati, 
essendo  la  chiesa  dedicata  alla  ss. 
Annunziata,  venerando  la  terra  per 
protettrice  s.  Barbara  vergine  e  mar- 
tire. 

NORMANDIA,  Normanìa,  Neu- 
stria.  Antica  provincia  di  Francia, 
col  titolo  di  ducato,  confinante  col- 
la Manica,  Picardia,  isola  di  Fran- 
cia e  Bretagna.  Si  divide  piii  co- 
munemente, in  alta  Normandia  con 
Rouen    capitale   di  tutta  la  provin- 


JSOR  KOR  107 
eia,  e  bassa  Normandia  di  cui  Caen  dizione  di  prestar  fede  ed  omag- 
era  il  capoluogo.  La  Normandia  è  gio  alla  corona  per  questa  provia- 
una  delle  contrade  le  più  ricche  e  eia,  a  mezzo  di  Francone  arcive- 
fertili  della  Francia,  e  la  bassa  ha  scovo  di  Roueu.  Avendo  Rollone 
eccellenti  pascoli.  Vi  sono  molte  sa-  promesso  di  farsi  cristiano,  ebbe  pei* 
line  e  miniere.  Anticamente  con-  moglie  Gisella  figlia  del  re.  Questo 
tava  sei  vescovati  sulfraganei  di  fulmine  di  guerra,  ammaestrato  da 
Rouen,  con  80  abbazie  e  4^'^9  P^''"  Francone,  in  detto  anno  ricevette 
rocchie,  con  più  di  ^1  città  e  i5o  il  battesimo,  gli  fu  imposto  il  no- 
grossi  borghi.  Oggi  questa  provin-  me  di  Roberto,  ed  in  brevissimo 
eia  forma  i  dipartimenti  della  Stw-  tempo  fece  istruire  e  battezzare  i 
na  inferióre^  dell'  Eure,  del  Calva-  suoi  conti,  i  suoi  cavalieri  e  lutto 
dos,  della  Manica,  e  della  maggior  l'esercito,  mostrandosi  pio  e  gene- 
parte  di  quello  dell' Orne.  Abitata  roso  colle  chiese:  quindi  Hervé  ar- 
anlicamente  dai  veliocassi^  dai  ca-  ci  vescovo  di  Rouen,  avendo  doman- 
leli^  dagli  aulerci  eburovici,  dai  le-  dato  istruzioni  a  Giovanni  X  in- 
xoviij  dai  bajocassij  dagli  abrincaiui  torno  alla  maniera  di  condurre  que- 
e  dagli  lineili^  questa  contrada  fu  sti  nuovi  cristiani,  il  Papa  dopo 
compresa  nella  seconda  Lionese  del-  aver  mostrato  il  suo  giubilo  per 
la  Gallia  Romana.  Clodoveo  I  la  la  loro  conversione,  die  una  rispo- 
rium  ai  suoi  stati,  e  sotto  i  suoi  sta  piena  di  senno.  Egli  ebbe  dei 
discendenti  fece  parte  dei  regno  di  duchi  successori  che  andiamo  a  re- 
Neustria.  1  normanni,  cioè  a  dire  gistrare,  i  quali  videro  la  loro  po- 
iiomini  del  Nord,  perchè  appunto  tenza  progressivamente  aumentarsi, 
esciti  dal  Nord,  selvaggi  abitatori  Nel  927  gli  successe  Guglielmo  I, 
della  Danimarca,  della  Norvegia  e  indi  nel  94^  Riccardo  I,  nel  99G 
de' vici  ni  paesi,  mostri  d'empietà  e  Riccardo  11,  nel  1027  R.iccardo  llf, 
di  barbarie,  nemici  dell'umanità  e  nel  1028  Roberto  I,  nel  io35  Gu- 
del  cristianesimo,  dopo  aver  saccheg-  glielmo  che  conquistò  l'Inghilterra 
giato  le  coste  del  mare  di  Neustria,  (Fedi),  e  per  tal  motivo  si  trovò 
come  formidabili  in  mare,  si  getta-  annessa  la  Normandia  alla  Gran 
rono  sotto  i  deboli  successori  di  Bretagna.  Egli  poi  volle  essere  se- 
Cario  Magno  nella  Francia,  ed  al  polto  nella  celebre  abbazia  di  san 
tempo  di  Carlo  1  il  Calvo  vi  fece-  Stefano  di  Caen,  una  delle  due 
ro  guasti  incalcolabili.  Queste  scor-  magnifiche  fondazioni  religiose  da 
rerie  durarono  circa  80  anni,  nei  lui  e  da  sua  moglie  fatte  in  tal 
quali  la  resistenza  fu  spesso  inuti-  città,  lasciandogli  corona,  scettro 
le.  Conveime  venire  a  vergognosi  e  altre  preziose  insegue.  Verso 
tributi,  che  sempre  più  vi  attirare*  lo  slesso  tempo  altri  normanni 
no  i  barbari  in  maggior  copia,  ed  s'impadronirono  di  Napoli  (  Ve- 
assediarono  Parigi  tre  volte.  Il  re  di)  e  della  Sicilia  [Fedi) ,  e  ben 
Carlo  IH  il  Semplice  non  potendo  presto  portarono  le  armi  loro  si- 
riparare  a  tante  angustie,  prese  il  no  nell'Africa.  Nel  1087  divenne 
partito  di  trattare  col  terribile  Rol-  duca  di  Normandia  Roberto  II,  nel 
Ione  capo  di  tali  popoli  avventu-  1096  Guglielmo  IH,  nel  1106  En- 
rieri,  e  nel  912  gli  cedette  la  Nor-  rico  I,  nel  11 35  Stefano  di  Blois, 
muadia  col  titolo  di  ducato,  a  cou-  nel     11 44-    Groffredo    Plautageneto, 


itìS  NOR 

nel  ii5t  Enrico  II,  nel  1 184  Rie- 
cnrdo  IV  Cuor  di  leone^  nel  i  199 
Giovanni  6V/iSti  ^^/vv/,  ed  Arturo.  Al 
primo  Filippo  H  Augusto  nel  i2o3 
tolse  la  Normandia  e  la  riunì  alla 
corona  di  Francia  [f'^edi).  Da  tale 
epoca  alcuni  re  di  Francia,  sino  al 
fine  del  XIV  secolo,  diedero  al  lo- 
ro primogenito  il  titolo  di  duca  di 
Noruàandia,  al  quale  prevalse  in 
progiesso  quello  di  Delfino.  Odoar- 
do  III  re  d'Inghilteira  invase  que* 
sta  provincia  nel  i  346  sotto  Filip- 
po VI,  ma  Cario  V  il  Saggio  la 
riprese.  Enrico  V  re  d'  Ingiù llerra 
se  ne  rese  padrone  sotto  lo  sgra- 
ziato regno  di  Carlo  VI,  ed  in  fi- 
ne ripassò  sotto  il  dominio  france- 
se nel  14^0/  regnando  Carlo  VII 
il  Fitlorioso.  A'nostri  giorni  un  vi- 
sionario impostore  prese  il  nome 
di  duca  di  Normandia,  spacciando- 
si pel  delfino  Luigi  XVII  figlio  di 
Luigi  XVI,  e  come  il  padre  infelice. 
La  storia  de'normanni  per  diver- 
si secoli,  massime  dal  X  al  XIII, 
essendo  coliegata  colla  storia  eccle- 
siastica de' Papi,  con  quella  de'do- 
minii  della  santa  Sede  e  dell'  Ita- 
lia, sono  a  vedersi  gli  analoghi  ar- 
ticoli e  per  le  pionete  Moneta  , 
onde  in  questo  appena  per  accen- 
narli, indicheremo  le  cose  prin- 
cipali .  Nel  secolo  VII  i  saraceni 
cominciarono  a  dare  il  guasto  alla 
Sicilia,  e  poco  dopo  se  ne  insigno- 
rirono ,  come  della  Calabria  e  di 
alile  vicine  contrade.  Ottone  I  li 
cacciò  dall'Italia,  ma  ritenne  la  Pu- 
glia e  la  Calabria  a  titolo  di  con- 
quista, e  sebbene  i  greci  cedettero 
alle  loro  ragioni,  dipoi  uniti  ai  sa- 
raceni procurarono  di  spogliarne  i 
tedeschi.  I  normanni  impadroniti- 
si della  Normandia,  questa  divenne 
una  barriera  contro  que*  normanni 
indisciplinati  ch'erranti  infestavano 


NOR 
le  coste  dell'Oceano.  Rinnovandosi 
le  incursioni  de'saraceni,  aiutati  dai 
greci,  verso  il  1000  una  mano  di 
normanni  avventurieri,  reduci  dal 
pellegrinaggio  di  Gerusalemme,  per 
visitare  il  santuario  di  s.  Michele 
nel  Monte  Gargano  approdò  a  Sa- 
lerno, mentre  stretta  la  città  dai 
saraceni  conveniva  del  suo  riscatto 
a  prezzo  d'oro.  I  normanni  in  nu- 
mero circa  di  sessanta,  rimproverati 
i  salernitani  di  viltà,  e  fattisi  loro 
duci,  piombarono  con  furore  sui 
nemici,  che  massacrarono  o  costrin- 
sero alla  fuga,  e  del  ricco  bottino 
generosamente  nulla  vollero,  onde 
partirono  fra  le  benedizioni;  ma- 
gnanimità e  valore  che  destò  am- 
mirazione negl'italiani.  Il  perchè 
quando  Papa  Benedetto  Vili  nel 
IO  16  volle  porre  un  riparo  alle 
incursioni  de'saraceni  che  facevano 
trepidare  la  stessa  Roma,  essetidovi 
giunto  Piaolfo  signore  normanno, 
eh'  era  incorso  nella  disgrazia  di 
Riccardo  II,  gli  aflldò  il  comando 
delie  milizie^  che  riportarono  subito 
de'vantaggi  sul  nemico,  la  fama  dei 
quali  trasse  in  Italia  molti  norman- 
ni, alcuni  dicono  chiamativi  da  Guai- 
niario  longobardo  principe  di  Sa- 
lerno per  combattere  i  greci.  Ver- 
so questo  tempo  passò  nella  Puglia 
Tancredi  normanno  signore  d'Alta- 
villa o  Hauteville  co'suoi  dodici  fi- 
gli, insieme  ad  un'armata  di  pro- 
di avventurieri,  e  riportò  considera- 
bili vantaggi  sui  saraceni  e  sui  gre- 
ci, celebrandone  le  conquiste  Gu- 
glielmo Pugliese  nel  suo  poema: 
De  Normannis.  Divennero  quindi 
i  normanni  tanto  potenti,  che  l'im- 
peratore Corrado  li  stimò  opporr 
tuno  ceder  loro  Ascoli,  Canosa  ed 
altri  luoghi  della  Puglia^  per  viep- 
piìi  impegnarli  a  difendere  i  confi-^ 
ni  de'pvincipati  di  Benevento  e  di 


NOR  NOR                    109 

Capua    signoreggiati  dai    longobar-  ce  il  supremo  diritto,  ofFrirono  inu- 

di ,  dalle  usurpazioni  de' greci.  Nel  tilmenle  di  prestargli  per  esse  vas- 

io38    tornato  Corrado  II   in   Italia  sallaggio.   Venuti  a  battaglia,  i  nor- 

investì  Rainolfo  normanno  del  con-  manni  restarono  vincitori  nel  io53, 

tado    d' Aversa,    città    edificata  dai  facendo    prigione    il    Papa,  essendo 

normanni,  e  di  più  compose  le  con-  di  fresco  venuti  di  Francia  Rober- 

tese    insorte    fra    i  vecchi    e  nuovi  to    Guiscardo  e  Ruggero,   altri  figli 

normanni.    Pioseguendo    questi     le  di  Tancredi.  In  nome  di  s.  Pietro 

conquiste  nella  Puglia  contro  i  gre-  il  Pontefice  concesse  qual  feudo  del- 

ci,    rivolsero  eziandio  le  loro   armi  la    chiesa    romana    l'investitura    ai 

contro  que'medesimi  signori  longo-  normanni    delle    conquiste    fatte,    e 

bardi    che    ve    li    aveano  chiamati,  che  farebbero  in  avvenire  nelle  due 

II  principe  di  Benevento  Pandolfo  Sicilie,  escluso  Benevento,  vendican- 

III  fu  perciò  spogliato  di  Siponto  do  cos\  gli  antichi  diritti  della  se- 
e  del  Monte  Gargano,  onde  dive-  de  apostolica,  e  ne  ricevette  giura- 
nuti  padroni  di  tutta  la  Puglia,  se  mento  di  fedeltà  dal  conte  Unfre- 
ne  divisero  fra  loro  il  governo,  tran-  do  figlio  di  Tancredi.  Quindi  i  nor- 
ne  Melfi,  costituendovi  molti  con-  manni  prima  ferocissimi,  divenne- 
ti  o  governatori,  subordinali  al  10  mansueti,  dolci  e  benefici  colle 
capo  della  nazione  come  conte  di  chiese.  Nicolò  II  nel  loSg  con  an- 
Puglia.  nuo    censo    die    l' investitura  a  Ro- 

Guglielrao  I  Braccio  di  ferro,  pri-  berte  Guiscardo,  col  titolo  di  duca 
mogenito  di  Tancredi,  nel  io43  di  Puglia,  Calabria  e  Sicilia,  ec- 
divenne  primo  conte  di  Puglia,  i  cettuato  Benevento;  ed  investì  del 
cui  successori  riportammo  a  Napo-  principato  di  Capua  Riccardo  cou- 
Li,  Drogone  suo  fratello,  che  gli  sue-  te  d' A  versa  con  censo  annuale,  ri- 
cesse, l'imperatore  Enrico  111  lo  portandone  da  ambedue  giuramen- 
investì  di  quanto  possedeva  e  del-  to  di  fedeltà.  Alessandro  II  nel  io63 
le  terre  tolte  ai  longobardi  e  gre-  donò  al  conte  Ruggero  lo  steudar- 
ci  nel  1046,  probabilmente  col  con-  do  di  s.  Pietro  per  aver  vinti  i 
senso  di  Papa  Clemente  II  ch'era  saraceni,  ma  nel  1 066  avendo  Rie- 
in  sua  compagnia,  come  luoghi  del-  cardo  suddetto  fratello  di  Robeito 
la  santa  Sede.  Ma  il  di  lui  succes-  invaso  le  terre  della  Chiesa,  il  Pa- 
sore  s.  Leone  IX,  vedendo  che  i  pa  si  fece  difendere  dal  duca  di 
normanni  nelle  loro  scorrerie  non  Toscana.  Di  quanto  riguarda  le  di- 
rispettavano cosa  sacra  e  profana,  verse  vicende  tra  i  normanni  e  s. 
reputò  punirne  l'audacia  e  frenar-  Gregorio  VII ,  veggasi  la  bio- 
li,  pregato  a  ciò  anche  dai  signori  grafia  di  quel  Papa,  il  quale  con- 
longobardi che  ne  temevano  il  for-  tro  Enrico  IV  fu  difeso  da  Rober- 
midabile  ingrandimento.  Armate  to  Guiscardo  ,  che  però  grande- 
le  proprie  milizie  e  unitele  con  mente  danneggiò  Roma  col  fuo- 
quelle  di  Enrico  III,  le  condusse  co.  Urbano  II  nell'anno  1097  in- 
conlio  i  normanni  e  gl'invito  a  vestì  R.uggiero  de' ducati  di  Pu- 
sgombrare  l'Italia;  e  siccome  avea  glia  e  di  Calabria,  e  dicesi  ch'egli 
loro  imposto  restituirgli  le  terre  abbia  concesso  il  privilegio  chiama- 
usuipate  di  ragione  della  Chiesa,  i  to  monarchia  di  Sicilia.  Pasquale 
normanni  riconoscendo  nel  Pontefi-  II   fu    aiutato   dai   normanni    suoi 


irò  VOR 

feudatari,  e  Gelasio  II  nel  iiiS 
ricevè  il  giuramento  di  fedeltà  e 
-vassallaggio  da  Ruggiero  11  e  da 
Guglielmo  I  suo  figlio.  Calisto  II 
dai  secondo  ricevette  omaggio  in 
Troia.  Onorio  II  nel  1127  scomu- 
nicò Ruggiero  II  per  aver  occupa- 
ta la  Puglia  senza  il  consenso  del- 
la santa  Sede,  ma  poi  lo  assolse 
e  costituì  duca  di  essa,  previo  il 
giuramento  di  feudatario.  Contro 
Innocenzo  II  insorto  l'antipapa  Ana- 
cleto II,  questi  nel  i  1 3o  die  il  ti- 
tolo di  re  di  Sicilia  a  Ruggiero  li, 
e  spalleggiato  dai  normanni  succes- 
se nell'antipapato  Vittore  IV.  Dipoi 
Innocenzo  li  facendo  guerra  a  Rug- 
giero II,  nel  1 1 39  fu  fatto  prigio- 
ne, e  nella  pace  gli  confermò  l'in- 
\eslitura  col  titolo  di  re  di  Sicilia; 
indi  Lucio  II  gli  concesse  diverse 
insegne  vescovili.  Nel  11 55  Adria- 
no JV  scomunicò  Guglielmo  I,  e 
gli  dichiarò  guerra  :  assediato  in 
lienevento  dovè  far  concessioni  che 
poi  annullò  Innocenzo  III.  Alessan- 
dro IH  perseguitato  da  Federico  I 
imperatore,  ricevette  aiuti  di  gale- 
re dal  re  Guglielmo  II  normanno. 
Estinto  il  sangue  normanno,  le  loro 
terre  passarono  negli  svevi  per  Co- 
stanza superstite  negli  Hohenstaufen 
pel  suo  maritaggio  con  Enrico  VI, 
onde  il  Papa  Innocenzo  111  ne  die 
l'investitura  al  loro  figlio  Federico  II. 
Molte  notizie  dei  normanni  si  leg- 
gono nelle  opere  del  cardinal  Ste- 
fano Borgia,  nel  Rodotà  t.  I,  p.  271 
e  seg.,  Del  rito  greco  in  Italia.  Si 
possono  meglio  apprenderle  ne' se- 
guenti autori.  Hisloire  de  V  origine 
du  royaume  de  Sicile  et  de  Na- 
•ples^  contenant  les  avvenlures  et 
les  conquèles  des  princes  normands^ 
qui  V  ont  établìe  ,  Paris  1700. 
Thierry,  Storia  della  conquista  del- 
l' Inghilterra  fatta  dai  normanni  , 


NOR 
e  delle  sue  conseguenze  sino  a' no' 
stri  giorni,  Milano  1887.  Depping, 
Histoire  des  expédìtions  maritinies 
des  norniands^  et  de  leur  étahlis- 
senient  en  France  à  X  siecle^  Pa- 
ris 1 844* 

Concila  di  Normandia. 

11  primo  fu  tenuto  nel  588  sot- 
to Pretestato  vescovo  di  Rouen. 
Ressi n,  in  concil.   Norman. 

Il  secondo  neir878  contro  Ugo 
figlio  naturale  di  Lotario  1.  Lab- 
he  t.  IX. 

Il  terzo  nel  900:  il  luogo  è  in- 
certo, come  il  tempo,  e  riguarda 
la  disciplina.   Bessin. 

Il  quarto  nel  1070,  d'ordine  di 
Guglielmo  il  Conquistatore,  alla  pre- 
senza del  legato  Ermanfredo.  Lan- 
franco fu  costretto  passare  alla  se- 
de di  Cantorbery,  a  cui  il  re  l'a- 
vea  nominato.  Bessin. 

JNORMANDIS  Stefano,  Cardi- 
nale. Stefano  deNormandis  roma- 
no, che  altri  vogliono  nato  in  Pe- 
rugia, e  congiunto  in  matrimonio, 
da  cui  si  dice  ne  riportasse  un  fi- 
glio chiamato  Filippo,  che  preso 
l'abito  de'minori  divenne  familiare 
di  Alessandro  IV.  Pei  suoi  meriti, 
Innocenzo  III  nel  12 12  o  121 3 
lo  creò  cardinale  diacono  di  s. 
Adriano,  e  poi  da  Onorio  IH  o 
forse  da  Gregorio  IX  trasferito  al- 
l'ordine de' preti,  col  titolo  di  s. 
Maria  in  Trastevere,  venne  pur 
fatto  arciprete  della  basilica  Vatica- 
na. Secondo  alcuni  fu  vicario  di 
Roma  di  Gregorio  IX  ed  Innocen- 
zo IV;  certo  è  che  sotto  Onorio 
III  fu  deputato  per  uditore  o  giu- 
dice in  molte  cause  ardue  e  inte- 
ressanti. Innocenzo  IV  gli  diede  la 
commissione  di  restituire  all'antico 
suo  lustro    e  splendore  la  diaconia 


i 


NOR 

di  s.  Lucia,  dove  essendovi  prima 
dodici  monaci,  in  quel  tempo  eran- 
vi  rimasti  appena  due  chierici.  Lo 
stesso  Innocenzo  IV  gli  ordinò  di 
riformare  i  canonici  delle  due  prin- 
cipali basiliche  Lateranense  e  Va- 
ticana, perchè  eransi  rilassati  nel- 
l'ecclesiastica disciplina,  e  di  ridur- 
re quelli  della  seconda,  dal  nume- 
ro di  trentasei  a  quello  di  venti- 
cinque. Dopo  di  avere  colla  sua 
prudenza  quietate  le  sedizioni  di 
Perugia  e  di  Toscana,  fu  spedito 
legato  in  Sicilia  insieme  al  cardi- 
nal Raniero  Capocci,  per  pubbli- 
care in  quelle  parti  la  sentenza  di 
scomunica  fulminala  contro  T im- 
peratore Federico  II,  e  per  assolvere 
quei  popoli  dal  giuramento  di  fe- 
deltà che  a  lui  avevano  prestato. 
Nelle  lettere  della  legazione,  il  Pa- 
pa chiamò  i  due  cardinali ,  nobili 
e  principali  sostegni  della  chiesa 
romana,  chiari  per  sapienza  e  vir- 
tù. Destinato  al  governo  delle  pro- 
Tincie  di  Sabina,  e  di  Marittima  e 
Campagna,  si  diportò  con  tale  pru- 
denza e  discrezione  che  guadagnos- 
si  l'amore  e  stima  di  que' popoli. 
Diede  il  suo  sufìfrasrio  nelle  elezioni 

o 

di  Onorio  III,  Gregorio  IX,  Cele- 
stino IV  ed  Innocenzo  IV,  nella 
cui  sede  vacante  morì  in  Napoli 
nel  1254,  dopo  ^i  anni  di  cardi- 
nalato, e  fu  sepolto  nella  metro- 
politana. 

NORMANNI,    r.  Normandia. 

NOROGNA  e  ABRANCHES  Car- 
lo Lorenzo,  Cardinale.  Carlo  Loren- 
zo Norogna  e  Abranches  de'tìonti  di 
Valladares,  nacque  in  Lisbona  a'6  no- 
vembre 1744-  Essendo  grande  del 
regno  di  Portogallo,  e  principale  nel- 
la chiesa  patriarcale  di  Lisbona,  pei 
suoi  meriti  con  bello  elogio  Pio 
VII  nel  concistoro  de' 16  maggio 
i8o3  lo  creò  cardinale  dell'ordine 


NOR  III 

de'diaconi.  Quindi  inviò  a  Lisbona 
in  qualità  di  corriere  a  portargli 
la  nuova  di  tal  promozione  col  ber- 
rettino cardinalizio,  la  guardia  no- 
bile pontificia  d.  Leonardo  de'  du- 
chi Bonelli.  E  con  biglietto  di  se- 
greteria di  stato  destinò  a  recar- 
gli la  berretta  cardinalizia  monsi- 
gnor Gio.  Tiberio  Pacca  suo  ca- 
meriere segreto,  poi  governatore  di 
R.oma.  Però  pochissimo  godè  della 
sublime  dignità,  poiché  mori  in 
Lisbona  a' 6  settembre  del  medesi- 
mo anno  i8o3,  d'anni  5g,  ed  ivi 
fu  sepolto,  compianto  per  le  sue 
qualità. 

NORTFOLCH  Filippo  Tomma- 
so, Cardinale.  V^  Hovard,  Cardi' 
naie. 

NORTHAMPTONoNORTHAM- 
PTONSHIRE.  Contea  nel  centro 
d'Inghilterra,  la  di  cui  capitale 
porta  lo  stesso  nome,  ed  in  latino 
Comudolannni  NorlanLonia^  sulla 
sinistra  del  Nen.  Questo  paese  era 
anticamente  abitalo  dai  coritani.  I 
romani  lo  compresero  nella  provin- 
cia Flavia  Caesariensis ,  e  duran- 
te la  ettarchia  faceva  parte  del  re- 
gno di  Mercia.  Nella  città  di  Nor- 
thampton  vi  sono  quattro  chiese 
parrocchiali;  quella  di  Tutti  i  San- 
ti fu  fabbricata  nel  1680.  Vi  so- 
no altresì  dei  templi  per  i  presbi- 
lerani,  anabattisti,  quacqueri  e  me- 
todisti. La  piazza  del  mercato  è 
una  delle  più  belle  d'Inghilterra. 
L'ospedale  generale  e  la  prigione 
moderna  sono  begli  edifizi.  Il  suo 
castello  fu  formidabile,  onde  il  re 
Giovanni  malcontento  degli  abi- 
tanti di  Londra  vi  trasportò  la  se- 
de del  governo  per  qualche  tem- 
po, ed  Edoardo  I  vi  tenne  lun- 
gamente una  corte  brillante.  In 
vicinanza  nell'anno  14^0,  dai  parti- 
giani di  casa  di  York  fu    vinto    e 


112  jyoR 

fatto  prigione  Enrico  VI.  Per  le 
notizie  attuali  ecclesiastiche,  Vedi 
voi.  XXXV,  pag.  i56  dei  Dizio- 
Ilario. 

Concila  di  Norlliampton. 

Il  primo  fu  tenuto  nel  ii33 
per  la  consecrazione  di  molti  ve- 
scovi e  benedizione  di  molti  abba- 
ti. Reg.  t.  XXVil;  Labbé  t.  X; 
Arduino  t.  VI. 

Il  secondo  nel  iiS'j.  Angl.   t.  I. 

Il  terzo  nel  1164  a'  12  ottobre, 
non  riconosciuto,  contro  s.  Tom- 
maso di  Cantorbery,  che  vi  fu  ac- 
cusato e  condannato  dal  re,  signo- 
ri e  vescovi,  come  spergiuro  e  tra- 
ditore. Il  santo  appellò  al  Papa, 
che  annullò  questa  sentenza.  Angl. 
tom.   I. 

Il  quarto  nel  1 1 76  fu  presiedu- 
to dal  cardinal  Giovanni  Ugo  le- 
gato: vi  venne  separata  la  chiesa 
di  Scozia  da  quella  d'Inghilterra. 
Mansi,  Sappi,  t.  II,  p.  673. 

Il  quinto  nel  11 77  sulla  disci- 
plina e  sulla  giurisdizione  ecclesia- 
stica.  Angl.  t.   I. 

Il  sesto  nel  I265,  in  cui  il  car- 
dinal Ottone  Fiesco  legato,  scomu- 
nicò tutti  i  vescovi  e  chierici  che 
aveano  aiutato  o  favorito  Simone 
di  Monfort  contro  il  re.  Diz.  dei 
concila. 

NORTHAUSEN  o  NORDHAU- 
SEN,  Northusìa.  Città  degli  stati 
prussiani  in  Sassonia,  capoluogo  di 
circolo,  sulla  Zorge,  cinta  da  mu- 
ra fiancheggiate  di  torri.  Vi  sono 
molte  chiese  luterane,  una  cappel- 
la cattolica  e  diversi  ospizi.  Sog- 
giacque a  sei  incendi.  Era  sotto  la 
protezione  dell'elettore  di  Sassonia, 
fu  ceduta  alla  Prussia  nel  i8o3, 
poi  unita  al  regno  di  Westfalia, 
e  dì    nuovo   passò    poscia   sotto  il 


NOR 
dominio  prussiano.  Nel  lió5  vi  fu 
celebrato  un  concilio  per  la  rifor- 
ma dc^costmni  degli  ecclesiastici, 
invitandosi  quelli  di  Halberstadt  a 
ritornare  al  grembo  della  Chiesa: 
per  ordine  del  Papa  vi  fu  pubbli- 
cato il  digiuno  delle  quattro  tem- 
pora nella  prima  settimana  di  qua- 
resima ed  in  quella  di  Pentecoste, 
come  a  Roma.  Mansi,  Sappi,  t.  II, 
pag.   217. 

NORTH UMBRIA  o  NORTH- 
UMBERLAND.  Contea  che  for- 
ma la  parte  più  settentrionale  del- 
ringhilterra,  ricchissima  di  miniere 
di  carbone,  oltre  altre  miniere:  ha 
Newcastle  per  capoluogo.  Antica- 
mente abitata  dagli  ottadini,  i  ro- 
mani la  compresero  nella  provincia 
di  Valentia.  Neil'  eltarchia  si  for- 
mò un  regno  di  Northumbria,  che 
perdendo  poscia  la  sua  esteusione, 
ebbe  dei  conti  sino  alquanto  dopo 
la  conquista.  Nel  680  vi  si  celebrò 
un  concilio.  Angl.  t.  I.  Nel  11 36 
a'  29  marzo  vi  fu  tenuto  un  altro 
concilio,  in  cui  si  elesse  1'  arcidia- 
cono Roberto  per  occupare  la  se- 
de di  Excester,  vacante  per  la  mor- 
te di  Guglieìmo  Varelvast,  e  vi  si 
nominarono  inoltre  due  abbadesse. 
Diz.  dei  concila.  Per  le  attuali 
notizie  ecclesiastiche,  Vedi  il  voi. 
XXX,  p.    i63  del  Dizionario. 

NORVEGIA,  Noriniannia.  Con- 
trada d'Europa  con  titolo  di  re- 
gno, formante  ora  la  parte  occi- 
dentale della  monarchia  svedese,  o 
della  penisola  della  Scandinava  fra 
57°  38',  e  71°  io'  di  latitudine 
nord,  e  fra  2"  e  29"  di  longitudi- 
ne est.  I  suoi  limiti  sono  l'Oceano 
Ghiacciale  artico,  l'Atlantico  e  il 
mare  del  Nord,  lo  stretto  Skager- 
rack  che  la  divide  dal  Jutland,  la 
Svezia  e  la  Russia.  Le  coste  sono 
generalmente  scoscese  e  spezzate  da 


NOR 

molti  sibncUimenli  profondissimi.  In- 
numerevoli isole  cingono    le    coste. 
La  Norvegia  è  ovunque  coperta  di 
montagne  con   moltissimi    laghi,  e 
si  repula  il  paese  più  montuoso  del 
mondo.  L'aspetto  di  questa  contra- 
da è  grande  e  maestoso,  ma  di  ra- 
do ameno,  essendo  le  sue  alte  mon- 
tagne nelle  sommità  coperte  di  ne- 
vi perpetue  e  di  ghiacciaie,    li  cli- 
ma è  in    ragione   della    latitudine^ 
e  non    vi  sono  che    due   stagioni, 
l'estate  e  l'inverno^   il  primo    cor- 
tissimo e  assai  caldo.   Ha  immense 
foreste ,    fonti  di  ricchezze,    buoni 
pascoli,  il  selvoggiume  vi  abbonda, 
così  il  pesce  ;  ed  è  feconda  di  mine- 
rali, con  miniere  d'oro,    d*  argento 
assai  ricca,  di    ferro   numerose,    di 
rame,  di  piombo,  di  sale  e  di  pietre 
diverse.  Gli    scavi    e  la  fusione   dei 
metalli  sono  la  principale  industria 
del  paese,  fabbriche  di  vetro,  d'armi 
ed   altre.  La  navigazione  e  la  pesca 
sono    le  altre    sue    risorse,    avendo 
un  gran  numero  di  buoni  porti.  I 
norvegiani  sono  d'origine  germano- 
celtica,  vigorosi  »?  longevi.  La  loro 
lìngua  è  un  dialetto  dell'antico  lin- 
guaggio   scandinavo,     partecipando 
delle  lingue    svedese,  danese   e   te- 
desca, ma  piti  di    esse  sonora ,    e- 
nergica  e  maschia.    Il  loro    vestire 
e  la   forma  di   loro  abitazioni    han- 
no molta  somiglianza  con    qualche 
cantone  della  Svizzera.  Amano  assai 
i   teatri,  i  quali  si  trovano  in  tutte 
le  città.  L'educazione  e  l'istruzione 
si  coltiva.   Crisùaiiia  [Fedi),    capi- 
tale del  regno,  possiede  un'  univer- 
sità   ed    altri    stabili  nienti;    Dron- 
theim  o  Nidrosìa  [Vedi)  ha  l'acca- 
demia reale  delle  scienze  che  pub- 
blica memorie  sulle  antichità   e  l' i- 
storia  naturale  del    Nord.    Però  la 
lingua  norvegiana    può  dirsi    senza 
letteratura,  mentj-e  gli  scrittori  e  i 

VOL      XL\T 


NOI!  n3 

poeti  del  paese    si  servono   ancora 
della    danese.    1    laponi    vivono    da 
nomadi  nelle  contrade  settentriona- 
li, malgrado  le  cure  per  civilizzare 
i  fanciulli  nel  collegio    di  Nidrosia. 
Sulla   costa  settentrionale    vi    sono 
moltissimi  coloni  stranieri  chiamati 
fìnnesi,  onde    da  loro    la    Laponia 
norvegiana  prese  il  nome    di    Fin- 
mark  ;  per  le  abitudini  somigliano 
agli   abitanti    della    Finlandia.    La 
pretesa  religione  riformata  luterana 
domina  in  Norvegia,   ove    ha   cin- 
que vescovati  e  quarantotto  prevo- 
stati;   un  gran    numero    di    laponi 
non    professa    il    cristianesimo    che 
in  apparenza.    La  Norvegia    forma 
un  regno  particolare,  indivisibile  ed 
ereditario,  soggetto  al  re  di  Svezia 
[Fedi).  11    governo  è    una    monar- 
chia   limitata;   il    re    vi  esercita   il 
potere    esecutivo  ;     lo    sforihing    o 
dieta  fa   le  leggi,    vota    le   imposte 
e  fissa  la  iomma  della  lista  civile. 
Quest'assemblea    apre    d'ordinario 
le  sue  sessioni  ogni  tre  anni  a  Cri- 
stiania il  primo  giorno  non  feriato 
di    febbraio  ;    il  re  può   convocarla 
per  circostanze  straordinarie,  e  an- 
che assegnar  altro  luogo  per  le  sue 
sessioni.    Il  re,  che  d'ordinario  tie- 
ne  in  Isvezia    la  sua  corte,  è    rap- 
presentato   in  Norvegia' da  un  luo- 
gotenente   che    risiede  in  Cristiania, 
assistito   da    un    consiglio    di  stato, 
due  membri  del  quale  restano  sem- 
pre presso  il  re  ;  gii  altri  sono  in- 
caricati dell'amministrazione  del  re- 
gno, divisa  in  sette  dipartimenti,  che 
sono  quelli  della  giustizia,  della  guer- 
ra, della  marina,  degli  affari  eccle- 
siastici   e  istruzione  pubblica,    della 
polizia,  dell'interno,  e  delle  finanze, 
commercio  e  dogane.    Evvi  un  tri- 
bunale supremo  che  giudica  in  ul- 
timo   appello     tutti     gli  affari   civili 
e  criminali^  vi  sono  anche    de'  tri- 


fc 


'ii4  NOR 

bunali  in  ciascuna  diocesi,  i  cui  giu- 
dizi possono  essere  appellati  all'alta 
corte,  e  delle  corti  di  giustizia  in- 
feriori in  ciascun  baliaggio.  Ancor 
quando  i  norvegi  erano  retti  dalla 
Danimarca,  fino  dal  regno  di  Cri- 
stierno  V,  goderono  d'  un  separato 
codice  di  leggi  compilato  da  Grief- 
felfeld,  ne  mai  i  suoi  contadini  sog- 
giacquero al  giogo  servile,  come  lo 
sono  presso  i  danesi  ed  i  russi.  La 
Norvegia  è  divisa  attualmente  in 
cinque  Hist  o  diocesi,  cioè  Agger- 
huus,  Christiansand,  Bergen^  Dron- 
theii^  e  Finmark.  La  sua  popola- 
zione è  di  circa  un  milione  e  tre- 
centomila  abitanti. 

La  Norvegia  sembra  essere  stala 
disegnata  dai  romani  sotto  il  nome 
di  Nericos  ;  essi   vi  conoscevano  va- 
gamente   la  popolazione  dei   Sitoniy 
che  fece  in  progresso  sì  grandi  stra- 
gi neir  Europa  meridionale,  sotto  il 
nome  di  Normanni  [Vedi),  o  uomini 
del  nord.  Anche  i  Goti  o  Ostrogoti 
(^erf/)  uscirono  dalle  regioni  scandi- 
nave, ed  è  noto  furto  tremendo  che 
ne  provò  lo  stesso  romano  impero, 
e  l'estese  conquiste  che  fecero.  Que- 
sto paese  fu  per  molto  tempo  diviso 
fra  molte  piccole  monarchie,  che  tut- 
te riunite  poi  furono  in  un  sol  re- 
gno da  Harald  o    Haarfager  o    A- 
raldo  1  del  900,  chiamato  pure  Foe- 
ger    verso  il  910;  per  tal    ragione 
molti    principi    spogliati    dei  propri 
slati    emigrarono,  e  Ganga  Hrolf  o 
RoUone,  uno  di  essi,  sbarcato  sulle 
coste   di    Francia    conquistò  ed  ot- 
tenne poscia  il  possesso  della    Nor- 
mandia [Fedi),  abbracciando  co'suoi 
il    cristianesimo.    Indi    i    normanni 
s'impadronirono  de' regni  di    Napoli 
e  di  Sicilia,  e  diverse  volte  i  re  di 
Norvegia  tentarono   d' impossessarsi 
dell'Inghilterra.  In  Norvegia  il  pri- 
mo che  ^i  predicò  la  fede  fu  s.  An^ 


NOR 

scario    (Fedi),    monaco    di  Gorbia, 
che    l'annunziò  pure    agli  svedesi  e 
danesi,   per    cui    il    Papa   Gregorio 
IV  lo  fece  legalo  della  santa    Sede 
e   arcivescovo    d'Amburgo,  che  di- 
strutta  dai    normanni,    s.  Nicolò  I 
l'uni  a  quella  di  Brema  (Fedi),  che 
commise  al  santo:  dipoi  il  vescovo 
di    Brema    esercitò    la   giurisdizione 
sui    vescovi  del  nord,  finche   Upsa- 
la,    Lunden ,    e  Nidrosia    o  Dron- 
theira    non  furono    esaltate  al  gra- 
do   arcivescovile.  In  seguito  i    nor- 
vegi ricaddero  nell'idolatria,  a  fron- 
te dei  missionari  speditivi  da  s.  An- 
scario,  il  quale  pel  suo  zelo  vi  fece 
ritorno,  e  potè  fondarvi  alcune  chie- 
se.  Il  re   Araldo  I  abdicò  nel  98  r, 
e  mori  nel    934:  gli   successe    Eri- 
co   Blodoexo   deposto  nel  936,    che 
terminò  i  suoi  giorni  nel  954.  Nel 
936  divenne  re  Aquino  I,  nel  963 
Araldo  lì,  nel  978   Aquino  II.  Nel 
995    sali  al  trono  Olao  l,   sotto  il 
quale  i    norvegiani    definitivamente 
abbracciarono  il  cristianesimo,  e  veiì' 
ne  istituita  la  sede  vescovile  di  Ni- 
drosia. Nell'anno    1000  gli    successe 
Svenone  re  di   Danimarca  (Fedi); 
ma  s.    Olao  II  (Fedi),  liberò  il  suo 
paese  dagli  svedesi,  e  divenuto  re  nel 
ioi4,  con  sommo  zelo  procurò  l'e- 
stirpazione dell'idolatria    e  la   pro- 
pagazione   della    fede.    Ribellatisi    i 
pagani,  lo  deposero  nel  1028,  e  vo- 
lendo  ricuperare    il    regno    patì    il 
martirio  nel    io3o,  come  afferma  il 
Butler  ,     Fite    de'  santi.'  Noteremo 
che    il    re  regnante  di  Norvegia    e 
di    Svezia    nell' istituire  l'ordine  ca- 
■valleresco  di  s.  Olao  (Fedi),  dichia- 
rò ciò  aver  fatto  in   memoria  di  s. 
Olao  I,  nato    nel    9^3,    morto    nel 
1009,    p6''ct*^    introdusse  il   cristia- 
nesimo    e  liberò  la  Norvegia  dalla 
dominazione  straniera.  Vi  è  dunque 
discrepanza    di    date    e    di  numero 


NOR 

cronologico.  Canuto  IT  il  Grande  re 
di    Danimarca   fece  viceré  di    Nor- 
vegia  il    proprio  figlio  Svenone  II. 
Magno  I  figlio  del  santo  re,  ch'era 
in  Russia,  fu  richiamato  nel    io35, 
e  messo  sul  trono.  Nel   io47   '"^o* 
raincib  il  suo  regno  Araldo  III,  gio« 
vane  e  feroce  guerriero,  che  agognò 
sempre  conquisti  ;  nemico  de'cristia- 
ni,  non  risparmiò  chiese,  reliquie  e 
benefizi.  Irritato  dalle  ammonizioni 
di    Adalberto    vescovo    di     Brema, 
arcivescovo    di  Amburgo    e  vicario 
della    santa    Sede,    ne   cacciò    via  i 
legati,    per    cui  il  Papa  Alessandro 
II    scrisse  un  breve  al  re  acciò  gli 
prestasse  obbedienza  ed  omaggio,  per 
la  giurisdizione  suprema  ecclesiasti- 
ca che  avea  sulla  Norvegia.  Nel  1066 
ascese   al  trono  Magno  II  che    sot- 
tomise le  Ebridi  e  le    Orcadi,   iso- 
le dell'oceano  Atlantico,  perdute  pò- 
scia dalla  Norvegia  nel  secolo  XIII. 
Nel   1069  divenne  re  Olao  III,  sot- 
to   del    quale   il   Pontefice    Urbano 
li  sottrasse  Land  [Vedi)   e    la  Da- 
nimarca dalla  giurisdizione  ecclesia- 
stica  d'Amburgo,  e  la  fece  metro- 
poli   della   Svezia    e   Norvegia,  non 
che  primate  della  Scandinavia.   In- 
di furono  re.  Magno  III  del  1098, 
Olao    IV    del    iio3,  Eysten  I  del 
II 16,   Sigur  del   1122,  Magno  IV 
del     ii3o.    Araldo  IV  del    11 35; 
quindi  insorsero  tre  re,  Ingo  I  dal 
li 36  al    1161,  Sigur  II  dal  11 36 
al   II 55,    Eysten  II    dal    114*2    al 
1 1 57,  oltre  Magno  V  del  i  \^i.  Ver- 
so questo  tempo  il  Papa    Eugenio 
III  spedi   il   cardinal  Nicolò  Brack- 
speare  inglese,  legato  apostolico  nel 
nord  e  in  Norvegia  per  confermar 
nella    fede    i    norvegi ,   ed    elevare 
ad    arcivescovato    Nidrosia ,    allora 
capitale  del  regno. 

Nel   ii6r   fiorì  il  re  Aquino  III, 
nel   1162  Sigur  III,  nel  11 63  Ma- 


NOR  115 

gno  VI,  nel   11 85  Suerrero  o  Sue- 
ro  che  pervenne  alla    corona   nella 
discordia  e  guerra  civile  che  da  più. 
anni    lacerava    la    Norvegia,    e  per 
ben  due    secoli    assicurò   lo   scettro 
alla  sua  dinastia.  Alcuni  lo  dissero 
figlio  di   Sigur  Araldo,  e  perciò  del- 
la  famiglia  reale,  e  ordinato  contro 
sua  voglia  sacerdote.  Potente  nella 
spada  e  nella  parola,  per  la  morte 
di  Magno  Vi  avvenuta   alla  batta- 
glia di  Forteita ,    ne   occupò  il  so- 
glio. Venuto  a  rottura    cogli    arci- 
vescovi di  Nidrosia    e    di  Lunden , 
essi  ricorsero   al  Papa  Celestino  III, 
che  inviò  in   Norvegia    un  cardinal 
legato.     Questo    trovando    riprove- 
vole la  condotta  del  re,  ricusò  co- 
ronarlo e  venne  licenziato,  mandan- 
do Suero  due  ambasciatori  a  Roma^ 
ma  fu    scomunicato.    Da    allora  in 
poi  il  re  conferì  vescovati  a  piacer 
suo,  cambiò  certe  parrocchie  in  cap- 
pelle reali,    dispose    de*  beni   eccle- 
siastici e  li  dispensò  a    piacimento. 
Ad  onta  delle  censure  da    cui    era 
allacciato,  alcuni  vescovi  si  portaro- 
no   alla    sua     corte,  celebrarono  i 
divini  misteri    e    lo    coronarono  in 
Berghen,  antica  capitale   del  regno, 
nel    II 94'  ^^^^  si  mise    a  falsifica- 
re le  bolle  pontificie,    a    incendiar 
le  chiese,  a  perseguitare  i  sacerdoti, 
onde  ogni  istituzione  ecclesiastica  aii-         , 
dò  perduta   in  Norvegia,  e  la  disci- 
plina della   Chiesa   videsi     distrutta 
e    senza    vigore.    Il  vescovo   Nicolò 
fratello  del  re  Ingo    I   suscitò  con- 
tro Suero  un  giovane    danese,  che 
spacciò  per  figlio  di  Magno  VI  e  che 
riportò  alcune    vittorie.    Nel    1 1 9S 
eletto  Innocenzo  III,  il  re  mandò  a 
lui  un'ambasceria,   ma   il  Papa  co- 
noscendo le  sue  infami  azioni,  impose 
all'arcivescovo  espulso  di  esortare  il 
popolo  norvegio    a   non    più  obbe- 
dire all'usurpatore  e  a  minacciarlo 


ii<5  NOR 

d'interdetto,  come  pure  a  minacciar 
di  scomunica  il   vescovo  di  Berglien 
suo  sufìfraganeo,  se  non  recavasi  in 
Roma  a  giustificarsi.  Il  re  di  Dani- 
marca e  quello  di  Svezia  cognato  di 
Suero,  furono  invitati  a  difendere  la 
Chiesa  ed  i  suoi  pastori ,  e  abbat- 
tere  l'empio    principe,    prendendo 
Innocenzo  III  anco  provvidenze  sul- 
le cose  ecclesiastiche  di  Danimarca 
e  d'Islanda.  Nel  1202  mori  Suero, 
raccomandando   al  suo  figlio  e  suc- 
cessore   Aquino    IV    o    Accone    o 
Hakon   di  pacificarsi  coi  vescovi  esi- 
liati, ciò  ch'eseguì,  ed  Enrico  arci- 
vescovo di  Nidrosia  levò  la  scomu- 
nica. Se  ne  offese  Innocenzo  HI,  per- 
chè la  scomunica  era  stala  pronun- 
ziata dal  Papa,  rimproverò  il  pre- 
lato, obbligandolo  ad  assolvere  dalle 
censure,  sotto  condizione  che  alcuni 
sarebbero  andati  in  Roma  a  doman- 
dar perdono  in  nome  di  tutti.    La 
guerra  civile  per  la  morte  di  Sue- 
ro si  riaccese,  nel    1 204  occupò  per 
un  anno  il  trono    Gottorm ,    ed    i 
suoi  stessi  aderenti  nel  i2o5  fecero 
re  il  nipote  Ingo  II,  mentre  un'al- 
tra fazione  affezionata  all'antica  di- 
nastia elesse  il  giovane  Filippo,  di- 
scendente dagli  antichi    re  cattolici 
Magno  IV  ed  Ingo   I,    corona    che 
meritava  anco    per    le    sue   qualità 
personali.  Le  due  parti   dierono  di 
piglio    alle    armi    e   guastarono    il 
paese,  finche  l'arcivescovo  di  Nidro- 
sia o  Drontheim    ed  il    vescovo  di 
Abo  si  frapposero,  salvo  l'approva* 
zione  della  santa  Sede,  ai  due  pre- 
tendenti che  conservarono  entrambi 
il  titolo  di    re  ,    regnando    ognuno 
sopra  una  parte  delia  Norvegia.  Si 
eonchiuse  poi  fra  essi   un  abbocca- 
mento, ma  Filippo  tradito  si   volle 
obbligare  alla  rinunzia,  quando  egli 
piotestò  rimettersi  al  Papa    la  de- 
cisione d»  loro  ragioni.  Gli  aderenti 


NOR 
d'Ingo  II  rigettarono  tal  proposi/io- 
ne,  e  venuto  ciò  in  cognizione  d'In- 
nocenzo III  nulla  volle  intrapren- 
dere prima  delle  positive  informa- 
zioni dell'arcivescovo  di   Nidrosia. 

Ad    Ingo    n    nel    12  [7   successe 
Aquino  V  o  Accone   o  Hakon   VI, 
sotto  del  quale  più  volte  fu  spedito 
legato  in   Norvegia   il  cardinal   Gu- 
glielmo, che  ridusse  all'  obbedienza 
d'Innocenzo  IV  e  della  santa  Sede, 
e  solennemente  coronò  il   re,  aven- 
dogli il  Papa  tolto  con  un  breve  il 
difetto  di    nascita  illegittima:  alcu- 
ni chiamarono  Aquino  V  anche  col 
nome  di  Gioacchino.  Nel  1261  a  luì 
si  diede  volontariamente  l'Islanda, 
che  reggevasi  in  repubblica,  grande 
isola    quasi    interamente     compresa 
nell'Atlantico  settentrionale,  che  al- 
cuni geografi    considerarono    appar- 
tenere a\V America  (redi):  un  tem- 
po   vi    fiorirono    le    scienze,  e  nel 
1397   venne  riunita  alla  Danimar- 
ca.  Successivamente    regnarono  nel 
nel    1263  Magno   VII,  nel  1280  E- 
rico,  nel  1299  Aquino  VI,  nel  i3i9 
Magno  Vili  che  abdicò    nel    i35o 
e  morì  nel    i374.    Aquino    VH  o 
Hakon   Vili  salì  al  trono  nel  i35o 
e  morì  nel    i38o;  gli  successe  sino 
al    1 387   Olao  V,    ma    l' ambiziosa 
Margherita  vedova  del   precedente, 
e  figlia  di   Valdemaro  IV  re  di  Da- 
nimarca, avendo  ottenuto  che  dopo 
la  sua   morte  il  principe  cui  la  sua 
nascita  chiamava  al    trono    dovesse 
abdicare  in  suo    favore ,   nel    1 388 
divenne  regina  di  Danimarca,  Nor- 
vegia e  Svezia,  ed   una    tal  riunio- 
ne della   Norvegia    alla   Danimarca 
venne  confermata  nel  1397  dal  trat- 
tato di  Colmar ,    nel  quale   ebbero 
termine  le  ostilità  tra  i  tre  regni  del 
nord.    D'allora    in   poi   la  Norvegia 
seguì  i  destini  della  Danimarca.  Al- 
la regina  nel   14^2  successe  Enrico 


I 


NOR 

IX  re  di  Danimarca    e   Svezia.   Al 
tempo  del  grande  scisma    incomin- 
ciato nel  1 378  e  terminato  nel  14*7» 
la  Norvegia  segui  contro  il    legitti- 
mo Urbano  VI  e  successori,    l'an- 
tipapa   Clemente    VII    e    gli  altri 
pseudo  pontefici.  Noteremo  che  fra 
gli  stati  che  spontaneamente  si  fecero 
in    epoche    diverse    tributari    della 
santa  Sede,  il  Gretsero,  De  munifl- 
centia    principiimj    vi    annovera  la 
Norvegia.  Quantunque    la  indipen- 
denza del  regno  pel  trattalo  di  Col- 
mar lesse  riconosciuta,  però  la  Nor- 
vegia   venne    governala    come    una 
provincia,  ma  i  governatori  della  Da- 
nimarca, onde  conciliarsi  in  qualche 
modo  raffezione  degli  abitanti,  por- 
tarono sempre  come  titolo  distinti- 
To    quello  di  re  di  Norvegia,  ed  in 
tutti  i  trattati  diplomatici  fecero  con- 
siderare questo  reame    come    indi- 
pendente dalla  Danimarca.  La  Nor- 
vegia godette  cosi  per   quattro  se- 
coli   de'  vantaggi    commerciali    che 
ad  essa    assicurava    la    moderata    e 
pacifica  politica  de'  suoi  sovrani.  Ni- 
colò V  nel   i45i  spedi  Bartolomeo 
vescovo  Coronense,  in    nunzio  apo- 
stolico ne'  regni  di  Svezia,  Danimar- 
ca e  Norvegia,  invitandoli  a  soccor- 
rere i  principi  cristiani  che  facevano 
guerra  ai  turchi  dopo    la    presa  di 
Costantinopoli.  Non   meritano    cre- 
denza quelli  che  scrissero  aver  In- 
nocenzo   Vili    concesso   ai    norvegi 
consacrare  il  calice  senza  vino,  nella 
supposizione  che  questo  non   potesse 
conservarsi  per  l'estremo  freddo.  Re- 
gnando Federico  I  e  Crislierno  III 
re  di  Norvegia  e  Danimarca,  fu  abro- 
gata la  cattolica  religione   e  infeli- 
cemente introdotta  la  prelesa  rifor- 
ma di  Lutero,  compiendo  così  l'o- 
pera incominciata  dal    crudele  Cri- 
slierno II,  allo  scopo  principalmente, 
come  altrove,  di  usurpare  i  beni  delle 


NOR  117 

chiese.  Nel  i658  cominciarono  gU 
svedesi  a  rivolgere  le  loro  mire  sulla 
Norvegia  per  farne  il  conquisto,  ma 
le  truppe  di  Carlo  X  piegarono  sem- 
pre sotto  Fredericshall,  ed  il  bravo 
Normann  seppe  nel  1660  liberar 
quella  piazza  e  resistere  a  tre  as- 
salti. Ben  pili  serie  aggressioni  ef- 
fettuò sulle  contrade  norvegie  nel 
1716  il  fulmine  di  guerra  Carlo  XII 
re  di  Svezia,  ma  rinnovati  si  videro 
i  prodigi  di  valore  de'  norvegi,  e 
Colbiornsen  si  ricopri  di  gloria,  on- 
de Carlo  XII  dolente  rientrò  nella 
Scania  pei  rovesci  sofferti.  Tutta- 
volta  vi  ritornò  nel  17 18,  ma  la- 
sciò la  vita  sotto  le  mura  di  Fre- 
dericshall, ritornando  la  Norvegia 
in  pace  e  tranquillità. 

Nel  1812,  all'epoca  della  guerra 
tra  la  Francia  e  la  Russia,  l'Inghil- 
terra volendo  assicurarsi  la  neutra- 
lità o  l'alleanza  della  Svezia,  e  la 
Russia  non  essendo  determinata  a 
restituire  la  Finlandia,  che  avea  tolta 
a  quest'ultima  potenza,  fu  conve- 
nuto fra  queste  tre  corti  che  la  Sve- 
zia sarebbe  indennizzata  della  Fin- 
landia colla  Norvegia,  ed  in  conse- 
guenza di  ciò,  dopo  la  ritirata  di 
Napoleone  e  de'  francesi  dall'AIema- 
gna,  il  principe  reale  di  Svezia,  poi 
re  Carlo  XIV  Giovanni  Bernardotte, 
diresse  un  corpo  numeroso  di  sve- 
desi contro  l'Holslein,  e  forzò  il  re 
di  Danimarca  Cristiano  Federico  VI 
a  firmare  il  i4  gennaio  i8i4  il 
trattato  di  Riel,  pel  quale  cede  la 
Norvegia  in  cambio  della  Pomera- 
nia  svedese  e  dell'isola  di  Rugen. 
)  norvegi  indignati  di  questo  cam- 
bio, che  non  volevano  riconoscere^ 
proclamarono  l'indipendenza  del  lo- 
ro paese,  ed  elessero  a  loro  sovrano 
Cristiano  Federico  principe  eredita- 
rio di  Danimarca  ,  allora  governa- 
tore della  Norvegia,  ed  armati,  ri- 


I 


ii8  NOR 

solsero  di  sostenere  colla  forza  i  loro 
sacri  diritti;  ma  convenne  cedere 
alle  armi  riunite  della  Svezia  e  del- 
l' Inghillerra ,  ed  il  giorno  20  ot- 
tobre 18 14  il  nuovo  re  rimise  la 
sua  corona  fra  le  mani  della  dieta, 
che  decise  che  la  Norvegia  sarebbe 
governala  dallo  stesso  re  di  Svezia, 
ma  sempre  come  uno  stato  separato 
ed  indipendente,  li  primo  re  di 
Svezia  e  Norvegia  fu  Carlo  XIII,  e 
la  nazione  degli  antichi  normanni 
seguì  le  sorti  svedesi.  Nella  Norve- 
gia si  trovano  cattolici  e  special- 
mente in  Cristiania  sua  capitale.  La 
congregazione  di  propaganda  fide 
vi  mandò  de'  missionari  fino  dalla 
sua  prima  istituzione,  si  trattò  di 
fondarvi  una  missione  e  di  spedir- 
vi un  vescovo.  I  rigori  della  pro- 
scrizione della  religione  cattolica  da 
questo  regno  l'impedirono.  Nel  voi. 
II,  p.  i3f  degli  Annali  delle  scien» 
ze  religiose^  seconda  serie,  si  leggo- 
no notizie  comprovanti  la  tendenza 
del  governo  allo  stabilimento  della 
tolleranza  religiosa  in  Norvegia  ed 
in  Svezia.  Per  la  storia  di  Norve- 
gia si  possono  leggere  Giona,  Ramo, 
Sturico,  Torfeo,  Bleskenio,  Torloc- 
ci,  Arngrimo,  Liscandro,  Gebhard, 
Storia  di  JSorvegia.  Munster,  Storia 
della  chiesa  di  Danimarca  e  di  Nor- 
vegia. Si  può  consultare:  Deliciae 
sive  amoenitates  regnoruni  Dani- 
ntarcae,  JVorveglae,  Slesiae,  Halsa- 
tiae  ,  omniumque  ad  ea  pertinen- 
liwn  regionunij  Lugd.  Bat.    17 16. 

NORWICH,  Norvicuni,  Nordo- 
vìcum.  Città  vescovile  d' Inghilterra, 
capoluogo  della  contea  di  Norfolk, 
residenza  d'un  vescovo  ora  anglicano 
suffraganeo  di  Cantorbery,  a  35  le- 
ghe da  Londra,  sul  Wensom  na- 
vigabile e  sopra  una  collina.  Fu  già 
cinta  da  muraglia  con  4o  torri,  è 
difesa  da  un  castello  fortificato,  at- 


NOR 

tribuilo  ai  sassoni,  con  bel  ponte  dì 
un  solo  arco,  il  più  grande  e  per- 
fetto del  regno.  Meritano  menzione 
il  palazzo  comunale,  la  cattedrale 
bella  e  vasta,  rimarchevole  per  la 
facciata,  sua  nave  e  torre;  la  sala 
delle  assemblee  della  contea,  il  tea- 
tro, il  grande  ospedale  e  la  sala  di 
s.  Andrea.  L'episcopio  edificato  nel 
i3i8  soggiacque  a  molti  cangia- 
menti. Rinchiude  moltissime  altre 
chiese  ;  primeggiando  quella  di  s. 
Pietro  di  Mancroft,  ed  i  fiammin- 
ghi cattolici  ve  ne  fondarono  una 
cattolica.  Numerosi  sono  i  stabili- 
menti di  beneficenza,  d'istruzione 
e  scientifici,  non  che  di  stoffe  in- 
trodottevi dai  fiamminghi  nel  se- 
colo XVI.  È  patria  di  diversi  uo- 
mini illustri,  come  di  Samuele  Clark, 
di  Wiston,  di  Bergames,  di  Vander- 
does,  ec.  Norwich  è  antichissima  , 
credendosi  da  alcuni  fondata  dai 
sassoni  sulle  rovine  di  F'entu  Ice- 
norunij  e  da  altri  a  poca  distanza 
da  essa.  Al  tempo  degli  anglosas- 
soni  era  la  capitale  degl'inglesi  o- 
rientali.  Un  tempo  il  mare  del  Nord 
ivi  essendo,  più  alto,  vi  approdavano 
le  navi.  Incendiata  da  Svenone  re 
de'  danesi ,  indi  restaurata  ,  fu  ob- 
bligata per  fame  alla  resa  da  Gu- 
glielmo il  Conquistatore.  La  .  ribel- 
lione suscitatavi  da  Kett  sotto  E- 
doardo  VI  cagionò  la  rovina  della 
città,  che  potè  riaversi  nel  regno 
d'Elisabetta,  avendo  in  altre  epoche 
sofferto  per  peste,  carestia  e  incendi. 
Guglielmo  Erberto  Losinga  d'Ox- 
ford,  priore  dell'abbazia  di  Feca mp 
in  Normandia,  chiamato  in  Inghil- 
terra da  Guglielmo  II,  avendo  in 
pensiero  di  fondare  un  vescovato  a 
Norwich,  col  consenso  del  Papa  e 
del  re  fabbricò  a  sue  spese  la  cat- 
tedrale in  onore  della  ss.  Trinità  ^ 
ed  egU  medesimo  nel   1087    ne  (u 


KOS 
il  primo  vescovo,  suffiaganeo  di  Can- 
torbery:  egli  edificò  pure  un  rnona- 
slero  per  gli  uomini,  cinque  chiese, 
e  morì  nel  li  19.  Gli  successe  E- 
verardo  arcidiacono  di  Salisburgo, 
morto  nel  ii5o  circa.  Quanto  agli 
altri  vescovi  sino  a  Giovanni  Stop- 
ton  nominato  dalla  regina  Maria 
nel  1 554 ,  vedasi  il  t.  I  óeWJnglia 
sacra.  Egli  fu  l'ultimo  pastore  cat- 
tolico a  cagione  dello  scisma. 

Concila  di  Norwich. 

Il  primo  fu  adunalo  nel  i  169 
per  separarsi  di  comunione  dal  ve- 
scovo di  Londra,  che  atlribuivasi  i 
diritti  della  chiesa  di  Cantorbery. 
Mansi,  Sappi,  t.  II,  p.   575. 

Il  secondo  nel  i255  relativamen- 
te alle  rendite  delle  chiese  vacanti. 
Angl  t.  I. 

Il  terzo  nel  1272  sulla  disciplina. 
Ivi. 

NOSTRA  SIGNORA  o  Nòtre 
Dame  ,  Nuestra  Senora  ,  Nostra 
Donna,  Domina  Nostra.  Nome  col 
quale  gl'italiani,  i  francesi,  gli  spa- 
glinoli ed  altre  nazioni  chiamano 
per  eccellenza  la  Beata  Vergine  Ma- 
ria madre  di  Dio ,  sotto  al  quale 
titolo  e  invocazione  sono  dedicate 
chiese  e  congregazioni  religiose.  V. 
Dama,  Donna,  Madonna.  Tra  le  con- 
gregazioni, qui  ne  ricorderemo  tre. 
Il  b.  Pietro  Fourrier  y  come  indi- 
cammo nel  voi.  VII,  p.  279  del 
Dizionario^  canonico  regolare,  nel- 
Tanno  1597  con  Alice  le  Clerc  di 
Miremont,  istituì  la  congregazio- 
ne di  Nostra  Signora,  in  Poussey 
parrocchia  di  Mathaincourt  nella 
Lorena,  con  regola  approvata  dal 
vescovo  di  Toul.  Nel  iSgS  la  con- 
tessa d^Aspremont  comprò  una  casa 
in  Mathaincourt,  e  quivi  nel  160  i 
le  religiose  furono  trasferite,  poscia 


NOS  119 

passarono  a  Nancy  sotto  la  prote- 
zione del  cardinal  Carlo  di  Lorena, 
che  quale  legato  apostolico  le  con- 
fermò nel   i6o3.  Paolo  V  nel  161 5 
eresse  in  monasteri    le  loro  case,  e 
nel    161 6   le  pose  sotto  la  regola  di 
s.    Agostino.    Avendo    il    b.    Pietro 
compilate  le  costituzioni  con  appro- 
vazione del  vescovo    di   Toul ,    nel 
1617,  nella  festa  della  Presentazio- 
ne, Alice  con  dodici  religiose  vesti- 
rono l'abito  e  poi  professarono.    Il 
loro  principale  oggetto  è  l'istruzio- 
ne gratuita  delle  fanciulle,  nella  pie- 
tà, ne'  buoni  costumi,  nel   leggere, 
scrivere  e  nei  lavori  propri  del  ses- 
so. Il  fondatore  nel  i636,  prima  di 
morire,  ebbe  la  consolazione  di  ve- 
der fiorire  82   case,  che    ne*  primi 
del  secolo  passato  giunsero  a  più  di 
cento.   La  congregazione   delle  reli- 
giose  di  Nótre    Dame    fondata    nel 
1610  in  Bordeaux  dalla  ven.    ma- 
dama di  LestOnnac,  vedova  del  mar- 
chese di  Montférrand ,    a    consiglio 
del  pio  cardinal  de  Sourdis,  fiorisce 
al   modo  detto  ne*  voi.  XVII,  p.  38, 
e  XXX,  p.  I  IO  e  1 1 1   del  Diziona- 
rio. Gregorio  XVI  nel   184^  donò 
a  queste  monache  il  corpo  di  s.  Ur- 
sia  vergine  e  martire,  nel  1826  tro- 
vato nelle  catacombe   di   s.    Calisto 
di  Roma.  Per  la   congregazione   di 
religiose    di    Nostra    Signora  della 
Carità,  V.  Carità  della  Madonna. 
NOSTRO  SIGNORE,   Dominus 
Noster.  Nome  e  titolo  che    per  ec- 
cellenza si  dà  a  Gesù  Cristo  re  dei 
re  e  signore  de*  signori.  Nelle  lette- 
re, ne'  memoriali  diretti    al    Papa , 
o  parlandosi  di  lui,  da  tutto  il  mon- 
do cattolico,  dai  sovrani,    e  princi- 
palmente   dai    sudditi    de'  suoi  do- 
minii  temporali ,   gli    si    dà  questo 
titolo  di  Nostro  Signore.   V.  Nome 
dr'  Papi  ,    ed  il  Parisi,  Istruzioni  t, 
III,  p.  61,  Diversi  sudditi  chiama- 


170  NOT 

no  Nòstro  Signore  il  loro  sovrano . 
f^.  Signore  e  Dominus.  11  Sarnelli, 
Leu.  eccl.  t.  V,  le».  4?  -  Perchè  le 
peVsone  costituite  dicono  Noi  e  par- 
lano in  plurale.  Nostro,  prooorae 
possessivo,  che  vale  di  noi.  Talora,  e 
specialmente  quando  parlano  o  scri- 
vono i  gran  pei'sonaggi,  si  usa  Noi^ 
per  lo  stesso  che  io,  costumato  pul- 
ciai latini.  Il  Parisi  nel  t.  II,  p.  187, 
e  t.  IH,  p.  4)  63  6  ii4)  spiega  il 
Noi^  il  nostro^  per  io,  mioy  e  con  chi 
sì  usi  parlando  di  se  solo.  Osserva  il 
Sarnelli  che  quel  Noi  e  quel  par- 
lare in  plurale  denoti  che  il  prin- 
cipe o  superiore  ordini  e  comandi, 
non  senza  però  aver  prima  consul- 
tata la  cosa  co'  suoi  consiglieri.  Quan- 
to agli  scrittori  che  usano  il  iVb/, 
aggiunge^  forse  poter  denotare  i  tan- 
ti autori  che  studiano,  seguitano  e 
adducono  in  testimonio,  ovvero  il 
loro  opinamento  risultato  de*  loro 
particolari  studi  e  cognizioni. 

NOTARO  o  NOTAIO,  Scriba, 
Tahellìoy  Notarius.  Quegli  che  scri- 
ve e  nota  le  cose  e  gli  atti  pub- 
hlici.  Ne'  secoli  antichi  officio  e 
dignità  della  Chiesa  romana  ,  il 
collegio  de'  quali  era  chiamato  Scho- 
la  noiariorum.  Erano  di  due  sor- 
ta, ordinari  e  regionari,  i  quali 
erano  promossi  a  questi  gradi  in 
riguardo  de*  loro  meriti  e  servi- 
gi prestati  alla  Chiesa  romana,  dei 
cui  patrimoni  avevano  cura  :  cosi 
il  Macri,  Notizia  de'  vocab.  eccl. 
Anticamente  chiama vansi  note  quel- 
le abbreviature ,  quei  nessi  d*  una 
con  1*  altra  lettera  ,  e  que'  segni  o 
cifre  determinali  a  significare  alcu- 
ne parole.  Poiché  servivano  le  note 
per  iscrivere  con  grandissima  cele- 
rità quanto  alcuno  dettava,  o  an- 
cora velocemente  recitava.  Dall'uso 
di  queste  note  venne  a  coloro  che 
le  Msavano  p^llo  scrivere  il  nome  d,i 


NOT 
notari,  che  i  greci  chiamarono  ta-^ 
chì^rafi ,  scrittori  veloci ,  dicendoi 
Tdchigrafia  la  professione  di  scri- 
vere con  molta  celerità.  Da  que-Jle 
etimologie  si  allontana  il  Baronio, 
volendo  che  i  notai  ancora  detti  fos- 
sero dal  notìficare  che  facevano  al- 
cuna cosa.  Si  chiamò  note  tironia- 
ne  quella  scrittura  notarile,  con  cui 
la  penna  nello  scrivere  corre  con 
maggior  rapidità,  che  non  la  lingua 
nel  pronunziare  il  discorso.  Forse 
furono  dette  Tironiane  da  Tirone 
liberto  di  Cicerone  peritissimo  ii^ 
quest'arte,  ed  il  Carpentier  pubbli- 
cò Alphabetuni  Tyronianwn.  Altri 
attribuirono  l'invenzione  di  queste 
note  ad  Aquila,  liberto  di  Mecena- 
te. Consistono  le  dette  note  in  si- 
gle, in  cifre,  in  lettere  legate  o  con- 
giunte, o  composte,  o  inclinate,  o 
rovesciate,  o  poste  al  contrario,  a 
tronche,  o  dimezzate:  vi  si  adoperano 
pure  monogrammi  o  altre  abbre- 
viature, alcune  note  sono  in  carat- 
tere corsivo,  altre  in  maiuscolo.  Ri- 
monta questa  scrittura  alla  più  alta 
antichità ,  essendo  stata  adoperata 
dagli  ebrei,  dai  greci  e  dai  roma- 
ni ;  ai  greci  però  si  dà  il  vanto  di 
averla  perfezionata.  Facevasi  uso  di 
queste  note  per  iscrivere  i  discorsi 
che  recitavansi  in  pubblico,  e  le  ar- 
ringhe pronunziate  nel  foro  ;  servi- 
vano anche  pei  testamenti  e  per 
le  interlocuzioni  ne'  giudizi  e  negli 
atti  giudiziali,  il  quale  ufficio  ai  no- 
tari spettava.  Era  poi  loro  incuni- 
henza  il  ridurre  le  medesime  note 
o  minute,  a  scrittura  comune.  Dal- 
l'uso civile  passarono  queste  note, 
all'ecclesiastico,  e  s.  Cipriano  al  prin- 
cipio del  IH  secolo  ne  aggiunse  al- 
cune, che  in  particojar  modo  appar- 
tenere potevano  ai  cristiani.  Ne  fu 
conjosciuto  per  maestro  nel  IV  se- 
colo s.  Cassiano  martire,  e  tale  arU 


NOT 

esercitarono  pure  s.  Genesìo  d'  Ar- 
les  e  s.  Epifanio  vescovo  di  Pavia, 
e  tutti  quegli  altri  santi  e  perso- 
naggi riportati  dal  Piazza  neh' Eu- 
scvologio  romano,  tratt.  XI,  cap.  I, 
del  collegio  ovvero  università  de'no- 
lari.  Gli  atti  de'concilii  ed  i  ser- 
luoni  de' vescovi  furono  spesso  rnc- 
colti  con  note  tironiane,  non  sem- 
pre però  colle  medesime  si  colpi 
nel  segno,  e  nel  secolo  X  essendo 
state  abbandonate,  appena  se  ne 
trova  vestigio  nel  secolo  seguen- 
te .  Ci  studiarono  Tritemio  ,  Gru- 
tero,  Mabillon,  Carpentier  ed  altri. 
Dalla  suddetta  arte  compendiosa  di 
scrivere  deiivo  la  stenografia  o  scri- 
vere in  ristretto  e  nel  tempo  che 
uno  parla,  con  caratteri  convenzio- 
nali o  con  segni  abbreviatori,  chia- 
mata ancora  brachigrafia,  crittogra- 
fia e  tachigrafia.  Si  pratica  oggi  in 
Inghilterra,  in  Francia,  in  Italia  e 
in  altri  luoghi.  Probabilmente  si 
crede  nata  la  stenografìa  in  Italia 
nel  secolo  XV,  quando  nella  filoso- 
fìa e  teologia  scolastiche  se  ne  scri- 
vevano le  lezioni  con  una  quantità 
grandissima  di  abbreviature,  costu- 
me che  poi  s'introdusse  in  Germa- 
uia.  La  stenografia  pei  dibattimenti 
delle  camere  e  tribunali  di  Parigi 
e  Londra  si  perfezionò,  dovendosi 
pubblicare  i  discorsi  degli  oratori, 
appena  pronunziati  ,  ne'  pubblici 
giornali.  Adottato  questo  metodo  in 
più  luoghi  d'Italia ,  l'arte  fu  ridot- 
ta a  regolare  insegnamento,  anche 
da  vari  professori  italiani,  le  opere 
de'quali  sono  notate  dal  eh.  Ptam- 
belli,  lett.  XXX,  Stenografia,  uelle 
sue  Lettere  intorno  all'invenzione  e 
scoperte  italiane. 

licitato  Piazza,  parlando  dell'ori- 
gine de'notari  e  del  loro  grave  mi- 
nistero, in  cui  è  appoggiata  la  mae- 
stà delle  leggi,  della  giustizia  e  d.^ì 


NOT  lai 

principe  ,  come  la  salute  e  fidu- 
cia de'  sudditi,  coi  più  alti  enco- 
mi raccolse  tutti  gli  onorevoli  epir 
teti  cui  furono  chiamati  ,  come  di 
custodi  delle  pubbliche  e  private 
azioni  degli  uomini,  ministri  e  de- 
positari della  fede  pubblica,  mante- 
nitori  delle  fjicoltà  altrui,  sì  del  ric- 
co come  del  povero  e  del  pupillo, 
sentinelle  vigilanti  dei  pubblici  alfari 
e  testimoni  irrefragabili  del  tempo. 
Egli  dice  che  furono  appellali  no- 
tari,  perchè  notano  ne'  registri  fe- 
delmente i  pubblici  affari  ;  tabellio- 
ni  o  (ahellionari,  perchè  anticamen- 
te si  costumava  scrivere  in  tavole 
di  legno;  scrinari  ed  archwiari , 
perchè  conservavano  le  scritture  ec- 
clesiastiche con  gelosia,  negli  scrigni 
o  archivi,  facendo  pubblici  istro- 
menti  ;  librari,  perchè  loro  offizio  è 
di  bilanciare  e  scandagliare  i  negozi 
ed  interessi  che  passano  per  le  iorp 
mani  ;  di  scribi,  e  forse  questo  fu  il 
più  antico,  per  l'esercizio  continua- 
to di  scrivere  ;  di  cancellieri,  per- 
chè i  luoghi  di  loro  residenza,  per 
maggior  sicurezza  e  custodia  degli 
alti  e  scritture,  erano  circondati  da 
cancelli  ;  di  attuari ^  perchè  registra- 
no tutti  gli  atti  delle  cause;  e  di 
segretari,  perchè  custodiscono  secre- 
tamente  le  disposizioni  non  pubbli- 
cate. Parlando  il  medesimo  Piazza 
delle  funzioni  e  facoltà  proprie  dei 
notari,  dice  che  ad  essi  apparten- 
gono le  stipulazioni  de'  contralti  di 
vendite  e  coaiprite,  di  donazioni  e 
rinunzie,  di  patti,  ratifiche,  appel- 
lazioni, denunzie,  testamenti,  legati, 
codicilli,  fidecomissi,  doti,  sposalizi, 
processi,  citazioni,  intimazioni,  cau- 
zioni ed  ogni  altro  istromenlo  dei 
pubblici  e  privati  interessi ,  dove 
v'intervenga  l'autorità  del  principe 
e  il  vigor  delle  leggi.  Molte  sono  le 
ceriiupuie  e  solennità  che    si  ricei;.- 


latà  NOT 

cnno  nella  slipulazior^e  degli  alli 
legali,  cioè  l'invocazione  del  nome 
di  Dio,  l'anno,  il  mese,  il  giorno, 
l'indizione,  il  nome  del  Papa  e  an- 
no del  suo  pontificato,  o  dell' im- 
|»eralore,  re,  principe  o  repubblica; 
il  luogo  dove  si  roga  l'istromento; 
i  te>timoni  necessari  e  presenti;  il 
nome  e  il  segno  o  sigillo  del  no- 
tare, della  patria  e  di  chi  è  figlio; 
particolarità  tutte  indispensabili  e 
importanti  per  la  validità  delle  scrit- 
ture, che  a  un  tempo  fanno  spic- 
care la  dignità  ed  eccellenza  dell'of- 
flzio  e  ministero  di  notaro,  in  ogni 
epoca  distinto  e  decorato  di  privi- 
legio prerogative;  laonde,  come  re- 
sponsabili della  fede  pubblica,  tutte 
le  leggi  richiedono  da  loro  speciali 
requisiti  e  idoneità  per  l' esercizio 
del  notariato,  essendo  con  esso  in- 
compatibili vari  pubblici  ministeri, 
severe  essendo  le  pene  contro  i  fal- 
sificatori degli  atti,  e  contro  quelli 
che  indebitamente  percepiscono  esu- 
beranti emolumenti.  Contro  quelli 
che  abusarono  in  sì  nobile  ed  im- 
portante ministero,  in  tutti  i  tempi 
procederono  le  veglianti  leggi,  e  tra 
i  Papi,  in  modo  particolare,  Gre- 
gorio X,  Giovanni  XXI,  Nicolò  III, 
Paolo  II,  Paolo  V,  Innocenzo  XII, 
Benedetto  XIV,  I  Papi  e  gl'impe- 
ratori abilitarono  ad  esercitare  il 
notariato  in  Inghilterra,  Francia  ed 
altrove,  ma  furono  aboliti  successi- 
vamente da  loro  slessi  e  dai  rispet- 
tivi sovrani.  Inoltre  i  Pontefici,  gli 
imperatori  ed  altri  principi  concesse- 
ro privilegi  di  creare  notari,  che  per 
gli  abusi  che  ne  provennero,  tra- 
lasciarono di  più  dispensarli  :  ne  go- 
derono tra  gli  altri  i  cardinali  le- 
gali, i  vescovi  assistenti  al  soglio,  i 
conti  palatini,  i  feudatari,  i  cava- 
lieri di  alcuni  ordini,  come  dello 
fiperon  d'oro    ed  altri,   e  s'investi' 


NOT 

Tano  e  dichiaravano  i  notati  col 
calamaio  e  colla  penna,  come  gli 
antichi  scrinari  pontificii  che  ve- 
nivano dal  Papa  investiti  per  peri' 
nani  et  calamariunt. 

E  opinione  di  molti  che  la  prima 
volta  che  in  Roma  siasi  fatto  uso 
di  notari,  fu  a  tempo  di  Cicerone, 
e  pare  che  in  origine  il  notariato 
non  fosse  urtìzio  legale,  né  consta  che 
dai  notari  fossero  sottoscritti  od  au- 
tenticati gì*  ìstromenti  :  coloro  che 
anticamente  mettevano  in  iscritto 
i  testamenti,  i  contratti  e  gli  altri 
atti  pubblici  chiamavansi  conimeli- 
tarienses,  scrmarif,  tabelliones,  ta^ 
hiilarii,  scribae.  Di  quali  doli  do- 
vessero i  notari  essere  forniti,  rile- 
vasi da  una  novella  dell'  imperato- 
re Leone,  nella  quale  esige  in  essi 
una  probità  sperimentata,  e  ben  fon- 
data istruzione  neh'  arte  di  scrive- 
re e  di  ragionare,  come  anche  nel- 
lo studio  delle  leggi.  Si  conferiva 
il  notariato  con  formola  riferita  da 
Cassiodoro,  Variar,  ep.  lib.  6.  \ 
sovrani  de*  secoli  di  mezzo  con  nuo- 
vi titoli  accrebbero  i  privilegi,  gli 
onori  e  gli  emolumenti  de*  notari: 
i  referendari,  i  cancellieri,  i  tribuni 
o  conti  de'  notari,  i  protonotari,  i 
i  primiceri  ed  altri  simili  uftiziali 
nominati  spesso  ne*  documenti  di 
que*  tempi,  altro  non  sono  che  no- 
tari di  un  grado  maggiore,  più  di- 
stinto e  privilegiato  degli  altri  del 
loro  ceto.  Portarono  spesso  il  tito- 
lo di  notaro  anche  i  giudici  del 
sacro  palazzo  ed  i  messi  reali  e 
imperiali,  indizio  chiaro  del  singo- 
iar concetto  e  della  estimazione 
grande,  a  cui  era  asceso  il  nota- 
riato, che  nei  successivi  secoli  per- 
de molto  degli   antichi    suoi   pregi. 

Come  il  foro  laico, cosi  l'ecclesia- 
stico ancora  ebbe  ed  ha  i  suoi  no- 
tari, anticamente    cavali  dal  corpo 


NOT 

del  clero.  Avendo  s.  Clemente  I 
Papa  del  gS  diviso  Roma  in  sette 
regioni  ecclesiastiche,  le  assegnò  ad 
altrettanti  notari,  perchè  ciascuno 
nella  sua  tenesse  conto  degli  alti 
de* Marlin  (Fedi);  quindi  essi  fu- 
rono detti  notari  regionari ,  e  cia- 
scuno può  ben  comprendere  di 
qual  fedeltà  e  diligenza  dovessero 
essere  dotali,  onde  tramandare  ai 
posteri  documenti  sì  interessanti  e 
preziosi,  ond'  ebbero  principio  i 
Martirologi  (P^edi).  Riconoscendosi 
pertanto  così  gelosa  la  materia  che 
i  notari  aveano  a  trattare,  s.  Fa- 
biano Papa  del  2  38,  non  volle  ri- 
posare totalmente  su  di  essi,  ben- 
ché sceglievansi  uomini  d*  indubitata 
integrità  e  reputazione;  ma  per  as- 
sicurarsi che  tutte  le  particolarità 
eh'  essi  notavano,  quelle  fossero  che 
erano  degne  di  memoria,  e  che  ciò 
si  eseguisse  colla  dovuta  esattezza, 
destinò  sette  suddiaconi,  assegnan- 
do a  ciascuno  di  essi  una  regione, 
acciocché  soprintendessero  e  invi- 
gilassero sui  sette  notari,  che  forse 
li  notavano  troppo  compendiosa- 
mente. Questi  notari  erano  indu- 
bitatamente chierici,  ma  di  un  gra- 
do inferiore  a  quello  de'  suddiaco- 
ni, però  probabilmente  il  notariato 
formò  il  primo  grado  del  chieri- 
cato. Papa  s.  Damaso  I  del  36^^ 
essendo  ancor  fanciullo,  fu  annove- 
rato Ira  i  notai  e  lettori  della  chie- 
sa romana.  Il  Sarnelli,  Lett.  eccl. 
t.  YII,  lett.  53,  degli  alti  procon- 
solari de'  santi  martiri,  avverte  che 
essi  erano  scritti  da  notai  gentili 
avanti  il  giudice  eh'  esaminava  i 
santi  martiri  e  li  condannava;  e  per- 
ché nelle  provincie  questo  giudizio 
spettava  ai  proconsoli,  gli  alti  che 
si  stendevano  dai  loro  notai  avanti 
il  proconsole  dicevansi  atti  procon- 
solari. Questi  atti    erano  verissimi, 


NOT 


123 


come  scritti  nelle  pubbliche  tavole, 
e  siccome  essi  tornavano  a  gloria 
de'  cristiani,  molti  ne  fece  bruciare 
Diocleziano.  Devesi  anco  sapere,  che 
quelli  che  notavano  le  cose  dei 
martiri  extra  cancelloSy  erano  chia- 
mati notari  semplicemente;  quelli 
poi  che  le  notavano  inter  canccl- 
los,  ab  aneto  uclo  coram  judicihus^ 
erano  chiamati  exceplores^  ovvero 
notari   pubblici. 

Cessate  le  persecuzioni  e  perciò 
tolta  a'  notai  regionari  V  occasione 
di  registrare  i  venerandi  atti  dei 
martiri,  s.  Giulio  I  Pontefice  del 
336,  emanò  un  costituto,  con  cui 
dette  loro  nuove  incurabenze.  Or- 
dinò adunque  che  niun  chierico 
trattasse  di  qualunque  sorte  di  cau- 
se innanzi  a'magislrati  secolari,  ma 
le  agitasse  solo  nel  tribunale  della 
Chiesa,  che  le  notizie  o  sieno  de- 
creti emanati  nella  risoluzione  di 
così  fatte  cause  da  rimanere  au- 
tentici a'  posteri,  da  essi  soli  notai 
si  dovessero  raccoglierej  che  il  ro- 
gito degli  ecclesiastici  monumenti 
dal  primo  degli  stessi  notai,  cioè 
dal  Pritnicero  (Fedi)  ^  si  celebras- 
se, e  che  i  chierici  o  fossero  cau-  . 
zioni,  o  istromenti,  o  donazioni,  o 
permute,  o  consegne,  o  testamenti, 
o  allegazioni,  o  manumessioni,  ed 
in  somma  qualunque  atto,  dovesse 
farlo  stipulare  dai  ministri  della 
Chiesa  col  mezzo  dello  scrinio  san- 
io,  cioè  di  que'  che  aveano  la  cu- 
stodia del  sacro  archivio  della  ro- 
mana chiesa.  Fedi  Archivi  della 
SANTA  Sede,  e  Archivisti  della  chie- 
sa ROMANA.  Questi  scrigni  o  archii- 
vi  della  sede  apostolica  erano  il 
fonie  della  ragione  canonica,  dal 
quale  in  tutte  le  occasioni  che  si 
davano,  trae  vasi  ciò  che  bisognava 
pel  retto  uso  della  fede  e  dell' ec' 
clesiastica  disciplina.    Alla    custodia 


ìli                  NOT  NOT 

di  tali  scrigni  furono  destinati  i  se  per  l'eccellenza  del  loro  grado 
notai  regionari,  ed  altri  ministri  e  per  dislinguerli  poi  ne*  tempi  po- 
che scrinari  semplicemente  si  dis-  steriori  dal  restante  del  comune  dei 
sero,  il  quale  utlizio  sebbene  di-  notari,  s' incominciarono  a  denomi- 
>tinto  da  quello  de*  notai,  tuttavia  nare  Proloiiotari  apostolici  (f^edi) 
ni  medesimi  notai  non  poteva  dis-  quei  eh'  erano  di  così  antico  e  iU 
convenire,  perchè  spettava  pure  agli  lustre  collegio,  che  sino  al  secolo 
scrinari  leggere  e  pubblicare  al  XV  sedevano  sopra  i  vescovi,  ciò 
popolo  gli  atti  e  le  definizioni  dei  che  loro  tolse  Pio  II.  Dell' inter- 
coucilii  che  in  Roma  si  celebrava-  vento  de*  notari  regionari  alle  pon-r 
no.  Una  delle  incumbenze  de' no-  tificie  funzioni,  trattiamo  ove  descri^ 
lai  e  degli  scnnari  era  lo  stendere  viamo  queste,  come  a  PriinicevQ 
e  lo  scrivere  l' epistole  decretali  dei  della  santa  Sede  apostolica,  primo 
Papi,  secondo  il  suggerimento  che  de*  notari  regionari,  il  secondo  dei 
questi  loro  davano,  ontle  richiede-  quali  era  il  Secomlicero  [Vedi). 
vasi  in  essi  dottrina  e  facilità  di  Anche  le  altre  chiese,  tanto  del- 
òcrivere  egregiamente  in  latino .  l'oriente,  quanto  dell'occidente,  eb- 
Spesso  trovansi  i  notai  regionari  bero  i  loro  notai,  ed  anche  in  nu» 
scrittori  di  decretali  o  di  altro  gè-  mero  di  sette  gli  ebbero  diverse  cit- 
nere  di  monumenti,  intitolati  anche  tà.  Gli  atti  de'concilii  erano  per  lo 
scrinari  della  santa  romana  chiesa,  più  stesi  da  loro,  ed  essi  pure  in 
fàcilmente  quando  il  notaio  era  in-  note  ridncevano  le  omelie  de'vesco- 
sieme  addetto  al  sacro  scrigno.  Nel  vi,  ai  quali  spesso  servivano  come 
secolo  XI  questi  notai  incomincia*  segretari  ;  e  s.  Gregorio  I  allorché 
rono  a  denominarsi  qualche  volta  era  impedito  recitarle,  le  faceva  leg- 
lion  regionari,  ma  notai  del  sacro  gere  da  un  notaio.  Quando  i  ve- 
palazzo.  Gli  scrinari  per  parecchi  se-  scovi  e  gli  abbati  cominciarono  ad 
coli  furono  soggetti  al  collegio  dei  aver  le  loro  curie  civili  e  crimina- 
uotai,  poiché  il  Protoscrinarlo  (Ve-  li,  vi  deputarono  i  propri  notai,  ma 
di)  loro  capo  comparisce  nell'SSa,  laici,  per  gli  affari  ad  essi  spettan- 
quando  pel  numero  cresciuto  degli  ti,  essendo  agli  ecclesiastici  vietato 
sorinari,  si  formò  di  loro  un  col-  l'esercitare  tale  uffizio  negli  affari 
iegio  a  parte.  Dipoi  fu  istituita  la  civili  e  secolareschi.  Giustiniano  I 
Cancelleria  apostolica  [Vedi)y  che  proibì  il  notariato  agli  ecclesiastici 
ripete  l' origine  dalla  primiera  of-  in  genere,  Carlo  Magno  vi  com- 
flcina  palatina  de'  notai  regionari,  prese  specialmente  i  preti,  ed  la- 
JVe' monumenti  antichi  si  trovano  nocenzo  HI  l'estese  ai  diaconi  e 
i  notai  regionari  adoperati  ne*  ser-  suddiaconi.  Conluttociò  anche  do- 
vigi  più  importanti  della  chiesa  ro-  pò  queste  leggi  non  pochi  strumen«r 
mana,  e  occupati  in  que'gravissimi  ti  si  hanno  rogati  da  preti,  da  dia- 
alfari  che  oggi  disimpegnano  i  pre-  coni,  e  persino  da  monaci  e  da 
lati  della  curia  romana,  con  lega-  canonici  regolari,  come  dal  cano- 
zioni  e  con  titolo  di  maestri,  come  nico  archivista  àe\V Ospedale  di  s. 
si  legge  in  un  documento  d' Inno-  Spirito,  fino  ai  nostri  giorni;  pare 
cenzo  III  ;  non  è  dunque  meravi-  quindi  assai  probabile  che  tal  di- 
glia, osserva  il  Galletti,  Del  pruni-  vieto  abbia  avuto  di  mira  soltanto 
cero  ed  altri  uffiziali  maggiori  p.  7,  gli  atti  speltauli  ai  laici,  e  cosli  la 


NOT 

trasgressione  della  legge  ridotta  sa- 
rehbesi  a  più  pochi,  dalla  quale 
trasgressione  vanno  eccettuati  gli 
autorizzati  da  altri  principi  e  dai 
Papi.  Veggasi  il  Zaccaria,  dissert. 
IX,  sopra  i  notai  ecclesiastici.  Il 
Martinetti  nel  Codice  de*  doveri 
pag.  386  e  seg.  ,  eruditamente 
anche  con  notizie  bibliografiche 
tratta  dell'origine  de'notari  e  loro 
condizione  antica,  pubblici,  crimi- 
nali, apostolici.  I  notari  degli  im- 
peratori romani  erano  loro  segre- 
tari e  insieme  senatori.  Negli  statu- 
ti di  Roma  si  ordinava  che  nella 
morte  di  qualsivoglia  notaio,  il  qua- 
le non  lasciasse  eredi  della  sua  pro- 
fessione, fossero  portate  le  di  lui 
scritture  nella  sacrestia  della  chie- 
sa di  Araceli  presso  il  Campidoglio, 
dentro  il  termine  di  otto  giorni, 
da  computarsi  a  die  scientiae.  Ab- 
biamo il  libro  intitolato:  Raccolta 
esattissima  di  tutti  i  notari  della 
città  di  Roma  dal  tSo'j  a  tutto 
Vanno  1785,  ossia  dell'erezione  del 
collegio  de' scrittori  istituito  da  Giu- 
lio Ily  Boma  1785.  Il  nome  di 
questo  Papa  lo  prese  l'antica  via 
rectaj  poi  Florida^  indi  via  magi- 
stralis  a  motivo  che  quivi  i  nota- 
ri anticamente  tenevano  i  loro  of- 
fici,  quando  coli' opera  di  Bra- 
mante la  raddrizzò.  All'  articolo 
Curia  romana  parlai  de'notari  del- 
l'arciconfraternita  di  s.  Maria  salu- 
te degl'infeimi,  e  de'ss.  Egidio,  Ivo- 
ne  e  Ginnesio  de' curiali  e  notari, 
non  che  degli  uflìci  de'notari  del- 
l'uditore della  camera,  da  Innocen- 
zo XII  trasportati  da  Banchi  alla 
curia  Innocenziana.  Il  Bovio,  La 
pietà  trionfanle,  discorre  dei  nota- 
ri delia  cancelleria  apostolica,  cioè 
del  notaro  delle  contraddette,  del 
lìotaro  de' consensi,  del  notaro  de 
consuetis,    dei    notari  della    rota,  e 


NOT  125 

dei  notari  detti  maestri  che  per  18 
anni  esercitano  l'ufBzio  di  cancel- 
liere,   f^.  Uditori  di  rota. 

Sisto  V  colla  costituzione  Utlitium 
diuturnitati,  de'29  dicembre  i586j 
riformò  il  gran  numero  de'notari 
di  Campidoglio,  essendovene  inabili 
e  negligenti  che  perdevano  le  scrit- 
ture, e  li  ridusse  a  trenta,  asse- 
gnandone quindici  al  primo  col- 
laterale, e  altrettanti  al  secondo: 
ne  dichiarò  gli  uffizi  vacabili  per 
scudi  5oo  r  uno,  conferendoli  egli 
stesso.  La  seconda  collazione  l'asse* 
gnò  al  datario,  e  le  altre  ai  con- 
servatori di  Roma  e  priore  de'ca- 
porioni.  Innocenzo  Xll  soppresse  i 
notariati  vacabili  capitolini.  Clemen- 
te XI  nominò  un  cardinal  visitato- 
re per  esaminare  lutti  gli  archivi 
de'tribunali  e  notari,  di  che  par- 
lai ad  Archivi.  Benedetto  XIII  con 
moto-proprio  de' 23  ottobre  1728^ 
unì  l'uffizio  de'maestri  di  giustizia 
al  collegio  de'notari  della  curia  ca- 
pitolina, dopo  aver  terminato  la  vi- 
sita apostolica  decretata  da  Clemen- 
te XI.  Dipoi  Clemente  XIII  abolì 
gli  uffizi  notarili  vacabili  della  ro- 
ta, erigendo  il  loro  collegio  ;  e  me- 
diante la  costituzione  Licei,  de'  28 
dicembre  1761,  soppresse  i  notaria- 
ti venali  o  vacabili  del  tribunale 
dell'uditore  del  Papa,  e  stabilì  nuo- 
vi metodi  per  l'esercizio  del  loro 
uffizio.  Pio  VII  e  Gregorio  XVI 
emanarono  utili  provvidenze  sui 
notari  ed  archivi ,  riportate  nella 
Raccolta  delle  leggi,  in  parte  cita- 
te all'articolo  Archivi,  ove  pur  di- 
cemmo della  giurisdizione  che  ha 
sui  notari  il  prelato  presidente  de- 
gli archivi  Chierico  di  camera  (P'e- 
di):  va  però  avvertito  che  il  re- 
gnante Pio  IX,  col  moto  proprio 
del  i."  ottobre  1847,  affidò  alla  cu- 
ra e  sorveglianza  della    magistratu- 


k 


126  NOT 

ra  di  Roma  l'archivio  e  deposito 
degli  atti  notarili  o  sia  uibano , 
abolendo  la  corrisposta  che  alla  ma- 
gistratura pagava  il  collegio  de'no- 
tari  detti  già  capitolini.  Lo  stesso 
Papa  col  moto- proprio  del  29  di- 
cembre, sul  consiglio  de'ministri, 
dichiarò  dipendere  da  quello  del- 
l' interno  gli  archivi  e  notari  dello 
stato  pontifìcio.  Dei  notari  degli  al- 
tri tribunali  romani,  se  ne  parla  ai 
loro  articoli.  Vedasi  il  Plettemberg, 
Nolitia  congr.  Notaiius^ove  discor- 
re de'notari  di  camera,  dell'inqui- 
sizione e  di  altri.  Pio  Vili  e  Gre- 
gorio XVI  dichiararono  notari  di 
titolo,  del  Papa  e  della  Sede  aposto- 
lica, a  forma  della  costituzione,  Cuni 
innumeri y  del  1 8 1 8  di  Pio  VII,  i  con- 
clavisti de' due  conclavi  in  cui  fu- 
rono esaltati  al  pontificnto.  Nel  1824 
si  pubblicò  in  Roma:  //  notavo  priii- 
cipianle  ìsiruitOy  edizione  rinnovata 
sullo  stato  attuale  della  romana 
giurisprudenza y  ivi.  Gio.  Battista 
Falconi  nel  i832  stampò:  Tratta- 
lo teorico-pratico  ad  uso  denotai. 
NOTIZIE  DI  ROMA  ANNUALI. 
Libro  o  effemeridi  o  almanacco  uf- 
ficiale,  detto  volgarmente  Cracas 
dal  cognome  del  suo  primo  compi- 
latore Luca  Antonio,  che  pel  pri- 
mo le  pubblicò  in  Roma  coi  tipi 
del  fratello  Gio.  Francesco,  onde  la 
stamperia  ove  s^imprime  ancora  ne 
porta  il  cognome.  Esse  incomincia- 
rono nel  I  7  1 6  sotto  Clemente  XI, 
e  nel  1725  Benedetto  XIII  ne  con- 
cesse la  privativa  ai  Cracas,  si  «  del 
libro  delle  Notizie,  seu  Ephemerides, 
come  de'  Diari  di  Roma^  o  Diari 
di  avvisi  in  lingua  italiana  «  pri- 
vativa che  prorogata  da  altri  Pon- 
tefici, venne  da  Pio  VII  accordata 
all'imolese  Ajani  e  suoi  discenden- 
ti maschi.  Di  queste  annuali  Noti- 
zie  di  Roma  avendone  letta  nel  i834 


NOT 

tutta  la  copiosissima  e  rarissima  col- 
lezione, e  fattone  per  la  sua  preziosa 
4mportanza  e  per  mio  particolare  uso 
un  voluminoso  repertorio,  cos'i  nel 
voi.  XX,  p.  26  e  seg.  del  Dizionario^ 
all'articolo  Diario  di  Roma  (Vedi)^ 
potei  dare  del  mio  repertorio  un 
piccolo  estratto,  sull'origine  delle 
Notizie  di  Roma  annuali,  successi- 
vo incremento  e  variazioni,  ed  at- 
tuale contenuto,  con  analoghe  os- 
servazioni. Dell'origine  poi  delle 
gazzette  o  giornali,  diari,  fogli  pub- 
blici, ne  parliamo  agli  articoli  Dia- 
rio DI  Roma,  Notizie  del  giorno 
DI  Roma,  Erudizione. 

NOTIZIE  DEL  GIORNO  DI 
ROMA.  Foglio  o  gazzetta,  o  gior- 
nale periodico  .quasi  ufficiale,  che 
sino  al  gennaio  1848  si  stampava 
e  pubblicava  in  Roma  in  lingua 
italiana,  il  giovedì,  e  se  questo  fe- 
stivo nel  dì  precedente.  Ebbe  prin- 
cipio nel  pontificato  di  Pio  VII  ai 
27  aprile  18 15,  al  modo  detto  a 
Diario  di  Roma,  il  quale  cominciò 
sotto  Clemente  XI.  Ivi  si  parlò 
ancora  di  diversi  giornali  romani 
periodici,  letterari  ed  artistici,  e  del- 
l'origine  delle  gazzette  o  giornali, 
diari,  e  di  queste  Notizie  del  gior- 
no di  Roma.  Nel  medesimo  artico- 
lo si  dice  com'ebbero  esse  origine,  le 
loro  variazioni,  sistema  e  cosa  ordina- 
riamente contenevano,  precisamen- 
te nel  voi.  XX,  p.  2  5  e  seg.  del 
Dizionario.  Essendo  stati  pubblica- 
ti ne!  numero  i3  delle  Notizie  del 
giorno  1822  dei  cenni  suH' origine 
delle  gazzette^  cioè  a*  28  marzo, 
quindi  a'  i4  aprile  l'avv.  Giuseppe 
Gaetano  Martinetti  eruditissimo  in- 
viò una  Lettera  polemica  sull'ori- 
gine de' fogli  pubblicif  al  redattore 
delle  stesse  Notizie  del  giorno,  con- 
tenente alcune  importanti  riflessio- 
ni   e    nozioni    critiche,  colle   quali 


NOT 

il  lustrò  e  corresse  molli  punti  del 
pubblicato  articolo  sull'origine  del* 
le  gazzette.  Di  questa  lettera  si 
legge  breve  estratto  nel  numero  17 
delle  citate  Notizie  del  giornOy  e 
nel  medesimo  anno  per  intero  fu 
resa  di  pubblica  ragione  dal  tipo- 
grafo romano  Giuseppe  Salviucci 
con  opuscolo,  e  di  questo  qui  da- 
remo un  compendioso  sunto. 

II    mondo  è  stato  sempre    pieno 
dì  politici    e  novellieri,  onde  l'ori- 
gine primitiva  di  comunicare  e  si- 
stemare   queste    novelle,    devesi   ad 
ima    necessità    conseguita    dal  con- 
tatto sociale.  In  Platone  si  ha   me- 
moria   che  le  pubbliche  notizie  gi- 
ravano in  tavolette  di  cipresso,  on- 
de   rimanessero    alla    posterità.   Af- 
ferma   Demostene  che   in  Atene    e 
in    altre   città  greche  v'erano  gior- 
nali in  cui  si  ragguagliava  il  pub- 
blico   delle    forze    navali,  delle   vi- 
cende   delle    città,    de'  denari  pub- 
blici   e  de'trofei  che    si  accordava- 
no :    inoltre    i  greci   promulgavano 
leggi,    avvisi    itfterni,    ed    elogi    di 
persone    illustri ,    con  iscrizioni    di- 
segnate o  scolpite  sulle  colonne  dei 
templi.    Tra    i    romani  Giulio  Ce- 
sare fu  il  primo  che  istituì  gli  at- 
ti   diurni    del  senato  e  popolo    ro- 
mano, ne'quali  per  distrarre  il  po- 
polo incostante  e  lacerato  da  fazio- 
ni, vi  amalgamava  i  suoi  decreti  0 
leggi,    le  narrazioni  portentose  che 
raccoglieva   qua  e  là,  onde  alimen- 
tar   la    sua    tendenza    superstiziosa, 
con    che  la  moltitudine  si    distrae- 
va e  non  faceva  caso  dei  gran  pas- 
si che  portavano  Cesare  alla  supre- 
mazia dell'impero.  In  mancanza  di 
portenti  da  notificare  in  questi   fo- 
gli, forse  talvolta  si   riferivano  cose 
triviali  e  indifferenti  che  anco   suc- 
cedevano nella  città^  alle  quali  pe- 
rò si  dava  sempre  un  carattere  di 


NOT  J27 

portentoso,  come  se  il  fulmine  avea 
tocco   alcuna  cosa,    e    le  risse  che 
accadevano  nelle  osterie  di    Traste- 
vere.   I    frammenti  di  tali  diari    o 
diurni  il  Grevio  gl'inseri  nelle  note 
che    fece    a    Svetonio.    Questi     atti 
venendo    pubblicati,    li    ripeterono 
Tito  Livio,  Giulio  Ossequente,  Cor- 
rado Licostene,  ed  altri  storici  rac- 
coglitori di  cose  straordinarie  e  pro- 
digiose. Quanto  alla  materia  e  for- 
ma con  cui   erano  scritti  i  diari,  il 
Martinetti,  fatta  distinzione  delle  ta- 
volette scrittorie  di  legno,  di  bron- 
zo,   di    cera    e  di  gesso,  determina 
la  redazione  de'diari  nelle  cosi  no- 
mate tavolette  gipsec  dealbate,   as- 
segnando  r  officio   di    adattarle,  se- 
condo   i  diversi  sesti    atti  alla  cir- 
colazione, ai  cosi  detti  Dealbatores^ 
i    di    cui    privilègi  si    rammentano 
nelle    leggi  romane,  senza  che  Cu- 
iacio    abbiavi    potuto  rinvenirne  le 
attribuzioni  ;  colle  quali  tavolette  si 
ebbero  molli  frammenti  degli  anti- 
chi   diari   di  Roma.  Si  osservi   che 
sotto  il   nome  di  Albo  si  compren- 
devano i  regolamenti  de'pretori,  giu- 
dici, decurioni,    e  fino  de' suona  tori 
e  commedianti  che  troppo  regnava- 
no  a  tempo  di  Nerone.  »  Ne   solo 
troviamo    tra  i  romani  l'origine    e 
la  circolazione  dell'antico  Diario  di 
Romay  ma  troviamo  anco  la    men- 
zione   delle  varie  nomenclature  dei 
fogli  pubblici.  Abbiamo  la  menzio- 
ne   de'  fogli    chiamati    3Ionilori    o 
MonitoreSy  e   presso  Festo  e  piesso 
33rissonio.     Abbiamo    la     menzione 
delle    Effemeridi,    presso    Gellio     e 
presso  Properzio;  del  Cracas  (    P^. 
Notizie  di  R.oma)  o  descrizione  del- 
le   cariche,    impiegati    ad    ammini- 
strazioni dello  stato,  delle  altrimen- 
ti lalcrculum ,  presso  Appiano;  delle 
Notizie    del  giorno^   delle  Nolitiae, 
presso    gl'imperatori    giuniori    (nei 


I 


ii8  NOT 

tempi  d'Arcadio  e  Onorio  si  pub- 
blicavano e  non  diderivano  dai  dia- 
ri, ed  in  fine  dell'anno  si  pubbli- 
cavano le  notizie  dell'aniininistra- 
zione  pubblica,  sullo  slato  politico 
dell'impelo,  con  le  attribuzioni  di 
tutti  gli  impiegati,  di  che  facemmo 
parola  a  Impero  e  Italia);  dei  gior- 
nali di  commercio  detti  Rationariaj 
delle  notizie  compendiate  di  culto 
(redatte  dai  Pontefici),  dette  Iiidi- 
gUamenta,  e  fino  dei  giornali  del- 
l'asta, delti  Auctionariae  tabulae,  e 
dei  giornali  del  foro,  detti  Kalen- 
daria  forensia  ovvero  catalogì  fo- 
renses  ". 

Le  nomenclature  de'  nominati 
fogli  pubblici  combinano  con  1*  an- 
tica età,  non  con  quelle  de*  fo- 
gli pubblici  del  medio  evo  roma- 
no, ossia  de'tempi  d'Alcuino  fino  a 
noi,  che  dividonsi  in  politici,  lette- 
tari  od  ecclesiastici,  e  a'ebbero  in 
numero  esorbitante  e  rivalizzarono 
tra  di  loro,  assumendo  le  più  stra- 
ne e  stravolte  nomenclature  per 
distinguersi.  Alcuni  rigettando  Teti- 
niologia  della  parola  Gazzetta,  dal- 
la moneta  veneziana  di  questo  no- 
me, deducano  la  sua  origine  dal- 
la parola  ebraica  zgao^  messaggiere, 
e  vi  sono  anche  oggi  alcuni  gior- 
nali chiamati  Messaggiere;  né  sem- 
bra strano  di  dedurre  l'origine  dal- 
la parola  persiana  Gaza,  cioè  pre- 
Uosa  suppelleXy  e  Gazzetta,  parva 
Gaza,  volendo  indicare  che  le  no- 
tizie politiche,  benché  compendiate, 
sono  sempre  una  gradita  suppellet- 
tile. L'ofìicio  dei  redattori  è  stato 
sempre  onorato  dagli  antichi.  Giu- 
lio Cesare  destinò  un  senatore  alla 
redazione  degli  atti  diurni,  e  gli  al- 
tri redattori  si  onoravano  coi  tito- 
li di  cónti,  comiles  acluarìi,  comi- 
tes  scrìnariiy  comites  latevculenses, 
parlandosi  de'loro  privilegi    e  quii- 


WOT 
lità    ne' tre  libri  del  codice  Giusti- 
nianeo; si  dissero  pure  maestri,  ma' 
giuri    rationarii,  magistri  tabidarii, 
magistri  kalendarii    aia  catalogi  fo' 
rensis;  e  non  solo  le  dignità  di  con- 
ti o  senatori,  ma  il  magistero    an- 
tico   romano    si   conferiva,  secondo 
Festo,  ai  soli    uomini  stimati,    dot- 
tori  di    arti  o   capi    d'ordine.    Nel 
medio  evo    e  ne' tempi  di  barbarie 
pochi    giornali  letterari  si   trovano, 
mentre  de'politici  sempre  se  ne  con- 
servò  la   specie    dai  tempi  di  Pla- 
tone   sino    a    noi,  e  s.   Agostino  si 
dolse   del    numero   delle   effemeridi 
politiche    che    circolavano  a'  tempi 
suoi,    e    della  loro  cattiva    qualità. 
Né  solo  i  fogli  periodici,  ma  le  cro- 
nache,   i  diari,  i  commentarii  e    le 
notìzie    diurne  formicolarono   tanto 
ne'secoli  piti  ignoranti,  che  sembra 
non  aver  avuto  gli  uomini   diversa 
applicazione,  che  di  scrivere  o  tra- 
scrivere   queste    materie;     Tutte    le 
biblioteche  ridondano  di  questi   co- 
dici cron-istorici,  di  questi  diari,  che 
poi  hanno  proseguito  e  si  sono  me- 
glio   classificali    dopo    l' invenzione 
della  stampa.  Senza  di  questi   aiiiti 
il  Baronio,  il  Tiraboschi,  il  Mabil- 
lon,    il    Dumont,    il    Cancellieri ,    il 
cardinal    Mai,  il  Fea,  e  tanti    altri 
uomini  grandi  ed  eradili,  non  avreb- 
bero   fatto  quelle  vaste  ed  utili  fa- 
tiche, che  ci  guidano  ne'piìi  oscuri 
Testiboli  dell'antichità.  Dopo  la  slam- 
pa, le  cronache  o  le  notizie  politi- 
che si  trovano  senza  molte   varian- 
ti,  e    forse    con    maggior    sincerità, 
poiché    l'era    della  slampa  precorse 
l'era  letteraria,  e  gli   uomini  trova- 
rono migliori  occupazioni,  che  per- 
dersi   a   scrivere,    rescrivere  e    tra- 
scrivere   le  notizie  del  giorno.  Pri«l 
ma  della  stampa  era  non  solo    in- 
finito  il    numero  de' redattori  delle 
cronache    e  dei  diari,  ma    infiniti^- 


NOT 

stfno  era  quello  degli  amanuensi 
die  interpolavano  e  viziavano  non 
solo  gli  originali,  ma  li  riproduce- 
vano con  diverse  nomenclature,  ren- 
dendo con  ciò  confusione,  inventan- 
do cose  portentose  per  sorprender 
i  curiosi  a  loro  prò  fìtto.  Il  peri  odi - 
srao  ossia  giornalismo  ai  nostri  gior- 
ni occupandosi  de  omnibus  rebus, 
et  de  quibusdam  aliis^  ha  acquista- 
to un'  estensione  veramente  mon- 
diale, ed  una  potenza  maggiore  de- 
gli eserciti,  de'  cannoni  e  del  va- 
pore, come  si  esprime  il  eh.  avv. 
Stefano  Camilli  nell'erudito  artico- 
lo :  /  periodici^  i  periodi'sti  ed  il 
periodisnio,  pubblicato  daW Album , 
giornale  romano,  num.  28  e  29  del- 
l'anno XIV. 

11  Diario  di  Roma  e  le  Notizie 
del  giorno,  hanno  cessato  di  pub- 
blicarsi nel  gennaio  1848;  cioè  il 
primo  col  n.°  4  ^^*  i^  detto,  le  se- 
conde col  n.°  2  de'  1 3  gennaio  stes- 
so. In  luogo  di  tali  due  giornali  è 
stato  sostituito  altro  foglio  periodi- 
co, col  titolo  di  Gazzetta  di  Roma. 
Rammentiamo  che  al  citato  artico- 
lo Diario  m  Roma,  parlammo  an- 
cora di  altra  Gazzetta  romana^  che 
grimperiali  francesi  incominciarono 
a    pubblicare   in    Roma    a' 5  aprile 

»5  1808,  benché  si  proseguissero  i  Dia- 
"^  ri,  ì  quali  restarono  sospesi  a'  6 
luglio  1809.  Quindi  nel  primo  di 
tal  mese  alla  Gazzetta  romana  suc- 
cesse il  Giornale  di  Campidoglio, 
egualmente  per  ordine  del  governo 
francese.  L'odierna  nuova  Gazzetta 
di  Roma  si  è  principiala  a  pubbli- 
care col  n.°  I,  lunedì  i^  gennaio 
1848,  fregiata  dello  stemma  del 
Papa  regnante.  Preventivamente  era- 
no stati  autorizzati  dal  superiore 
governo  i  due  nominati  periodici , 
ad  annunziare  la  loro  cessazione,  e 
che  «  cambiando  redazione,  carta,  for- 
voL.  xtvin. 


NOT  129 

mato  e  titolo,  uscirà  un  solo  gior- 
nale officiale.  Il  nuovo  foglio  sarà 
pubblicato  tutti  i  giorni,  tranne  le 
domeniche,  gli  altri  giorni  festivi,  e 
il  mercoledì  d'ogni  settimana ,  fino 
che  in  questo  ultimo  giorno  non 
venga  fissato  un  corso  postale.  Che 
la  gazzetta  di  Roma  avrà  due  par- 
ti; offiziale  l'una,  e  l'altra  non  of- 
ficiale. Essa  uscirà  in  sesto  grande. 
1  prezzi  di  associazione  vengono  fis- 
sati a  paoli  2  5  per  trimestre  in 
Roma,  e  a  paoU  28  per  le  provin- 
cie  ed  all'  estero  franca  di  posta. 
Uscendo  ancora  nel  mercoledì,  il 
prezzo  di  associazione  verrà  aumen- 
tato in  proporzione  di  un  sesto  ". 
Tutto  egregiamente  venne  effettua- 
to, riuscendo  la  nuova  Gazzetta  di 
Roma  pifi  copios!i  e  importante, 
perciò  gradita,  anche  per  la  miglio- 
re qualità  di  carta  e  caratteri.  Pel 
moto-proprio  de'  29  dicembre  1847, 
il  Pontefice  stabilì,  che  al  ministe- 
ro dell'interno  appartiene  la  supre- 
ma direzione  del  giornale  officiale 
di  Pioma;  e  da  lui  altresì  dipende 
la  censura  degli  altri  giornali  e  della 
stampa  periodica,  a  forma  delle  leg- 
gi emanate  in  proposito. 

NOTO  (iVeten).  Città  con  resi- 
denza vescovile  nel  regno  delle  due 
Sicilie,  nella  provincia  della  Valle 
minore  di  Siracusa,  da  cui  è  lunge 
6  leghe^  capoluogo  di  distretto  è 
di  cantone,  deliziosamente  situata 
sopra  un'  altura  che  domina  una 
ricca  valle,  presso  la  riva  sinistra 
del  Noto  e  della  sua  foce  nel  ma- 
re Ionio;  altri  geografi  la  pongo- 
no sulla  sinistra  riva  dell' Eloro  al 
nord- ovest  del  promontorio  Pachi- 
no. Dopo  essere  stala  distrutta  nel- 
l'orrendo terremoto  del  1690  fu 
vagamente  ricostruita  a  qualche  pic- 
cola distanza  del  suo  primo  luogo. 
Molti  sono  e  ben  architettnti  i  pa- 
9 


i3o  NOT  NOT 

lazzi,    le  ampie   vie    mettono   capo  di  Casanuova  arcidiocesi  di   C»pua, 

ad  una  piazza  ben  ornata.  Elegan-  già  canonico  di  quella  metropolita- 

ti  sono  le  chiese  :  la  cattedrale  con  na,  indi  teologo  e    priraicero    delia 

battisterio    è   sotto  l'invocazione  di  medesima,  rettore  del  seminario    e 

s.  Nicola  di  Cari  arcivescovo  di  Mi-  promotore  fiscale  della    curia  arci- 

ra,  venerandosi  in  essa  tra  le  reli-  vescovile. 

quie  -il  corpo  di  s.  Corrado  eremi-         NOTTURNO,  Nocturmis.  Terza 
ta.   Vi    sono  altre  chiese,   conventi,  parte  del  Mattutino  (Fedi)^  la  qua- 
monasteri,  confraternite,  un  celebre  le  anticamente  gii  ecclesiastici  divi- 
ospizio  de'poveri,  un  collegio    ed  il  devano  in  tre    parti,  che    avevano 
seminario.  La  famiglia  Astuto  pos-  correlazione    colla    notte    de' soldati 
siede  un  museo  archeologico,  numis-  svegliatori,  poiché    gli    antichi    cri- 
matico ,    e    di    iiaturaU    meraviglie  stiaui  compartivano  la  notte  a  gui- 
tratte    dai    tre    vulcani    del   reame,  sa    de' soldati    in  tre    vigilie,    in  o- 
con  rare  medaglie  greche,    romane  gnuna  recitavano  un  solo  notturno, 
e  moresche.  A  due  leghe  di  distan-  lodando   il   Signore    per    tempo    e 
za    si    vedono   gli  avanzi    dell'  anti-  riserbando  le  laudi  per  la  mattina, 
chissiraa  Nea^  Nectum^  Netum  o  Nee-  La  Chiesa  poi,  come  pietosa  e  in- 
tuni,    onde    venne    alla    parte    sud-  dulgeute  madre,  vedendo  intiepidi- 
est  dell'isola  di   Sicilia    il  nome    di  to  a  poco    a  poco   il  fervore    degli 
Val    di  Noto.  Nel  distretto  ha    Pa-  ecclesiastici,    concesse    V  unione   dei 
chino^    borgo    con  porto  al  sudest  tre  notturni,    insieme    colle    Laudi 
del  promontorio  celebrato  da  Ome-  (Fedi).    I    tre   notturni    allegorica- 
ro,   ove    esisteva    la    città    e   porto  mente    denotano    i    tre    stati    della 
d'Odissea  in  cui  approdò  Ulisse.  Vi-  Chiesa,  cioè  naturale,  legale    ed  e- 
cini    sono  i  templi  di  Apollo    Libi-  vangelico;  perciò  nel  terzo    si  dice 
stino   e    di  Ecate.    Il  Papa   Grego-  il    vangelo;    oppure    significano    le 
rio  XVI  colla  lettera  apostolica  Gra-  tre    orazioni     di     Cristo    nell'orto. 
vissimuni    sane  munus^  data  idibus  Queste  quattro    parti    del    maltuti- 
niaii     i844>    vi    eresse  la  sede    ve-  no,  cioè    i     tre  notturni  e    le  lau- 
scovile,  che  dichiarò  suffraganea   di  dij  sono  chiamate  da   Ugone   di  s. 
Siracusa,  stabilendone  la  diocesi  con  Vittore,  Canticiniuni^  Inlcnipestum^ 
quindici    luoghi,    e    che    si   dovesse  Galliciniuni  e  Jntelucanum,  giusta 
stabilire    l'episcopio.    11    capitolo   lo  la  divisione  della  nòtte.  Nei  giorni 
compose    della  dignità  del  preposi*  feriali  si    recita    un    solo    notturno 
to,    di    dieci    canonici    comprese  le  con  dodici   salmi,  perchè  una    sola 
prebende  del  teologo    e  penitenzie-  volta  apparve    ai    monaci    l'angelo 
re,  di    otto    beneficiati    e    di  altri  cantando  dodici  salmi,  e  terminan- 
chiericì.    Al   proposito  fu    assegnata  doli  ognuno  coll'antifona  Alleluja, 
la    cura    della  cattedrale.  Ogni   ve-  come    racconta     Cassiano  ,     Instit. 
scovo  fu  tassato  ne'libri  della  carne-  coenoh.  1.  2,    e.  4*    ^^    questa    vi- 
ra apostolica  in  fiorini   253,  essen-  sione  facendone  menzione  anche  il 
dosi    assegnato  per  mensa  vescovile  sinodo    Turonensc,    ordinò    poscia 
2400  scudi  romani.  Gregorio  XVI  che  si  dovessero  recitare  ne*  giorni 
quindi    nel    concistoro  de'22  luglio  feriali  dodici  salmi;  e    s.  Gregorio 
1844  dichiarò  primo  vescovo    l'at-  VII,    con    decreto,  dichiarò  doversi 
tualc  monsignor  Giuseppe  Mendilto  osservare  lo  stesso  rito.    Tre   dun- 


NOV 

quc  sono  i  notturni  distribuiti  nel 
corso  della  settimana,  ciascuno  di 
essi  è  composto  di  tre  salmi  ed 
altrettante  lezioni  e  responsorii,  on- 
de meditiamo  le  tre  divine  perso- 
ne, ed  insieme  i  tre  tempi  della 
Terginità  sacratissima  di  Maria,  a- 
vanti  il  parto,  nel  parto  e  dopo  il 
parto,  e  la  medesima  pia  medita- 
zione cade  nel  numero  delle  lezio- 
ni e  de' salmi  di  prima,  terza,  se- 
sta, nona.  Vedi  Lezioni  e  Uffizio 
DIVINO .  Gli  antichi  cristiani  sole- 
vano nella  notte  precedente  al  gio- 
vedì santo  e  nelle  due  seguenti , 
recitare  nelle  chiese  Tuffizio  detto 
perciò  Notturno  o  delle  tenebre,  e 
benché  ora  si  dica  di  giorno  glie- 
ne sono  rimaste  le  denominazioni, 
argomento  trattato  nel  voi.  Vili, 
p.  2o4,  3o4  e  3i5  del  Dizionario. 

NOVA  AULA.  SQi\e  vescovile 
della  provincia  d'Asia,  sotto  la  me- 
tropoli d'Efeso,  eretta  nel  V  seco- 
lo, e  vuoisi  chiamata  anche  Teo- 
dosiopoli.  Il  vescovo  Filippo  fu  al 
concilio  di  Calcedonia.  Oriens  christ. 
t.   I,  p.  709. 

NOVAE  o  NOBAE.  Sede  vesco- 
vile della  bassa  Mesia,  sotto  la  n)e- 
tropoli  di  Marcianopoli,  eretta  nel 
V  secolo.  Ne  furono  vescovi  Petro- 
nio, Secondino  e  Pietro.  Oriens 
christ.  t.  I,  p.    1221. 

NOVARA  {Novarìen).  Città  con 
residenza  vescovile  nel  Piemonte, 
degli  stati  sardi,  capoluogo  della 
divisione,  della  provincia  e  del  man- 
damento dei  suo  nome,  a  ^^o  mi- 
glia da  Torino,  10  da  Vercelli  e 
20  da  Milano,  posta  in  luogo  e- 
minente,  sulla  sinistra  della  Mora, 
che  si  riunisce  in  vicinanza  all'  A- 
gogna,  in  mezzo  ad  ampia  e  uber- 
tosa pianura.  È  sede  d'un  tribu- 
nale dipendente  dal  senato  reale 
di  Torino.  Nel  novembre    1847  il 


NOV  i3i 

re  Carlo  Alberto  dichiarò  che  al 
circondario  e  provincia  di  Novara 
si  restituissero  i  mandamenti  di 
Biandrate  e  Borgovercelli,  di  Lo- 
mellina ,  Pallanza,  Ossola  e  Val- 
sesia.  Cinta  da  una  muraglia  ba- 
stionata ,  preceduta  da  una  fossa 
e  difesa  da  un  castello,  è  una  del- 
le più  cospicue  e  principali  città 
deU'Insubria  .  Sonovi  alcuni  bei 
palazzi,  distinguendosi  per  ricchez- 
za e  maestà  quello  de' Bellini.  Ha 
bellissima  piazza  d'armi,  caserme 
assai  vaste  e  deliziosi  passeggi.  La 
cattedrale  basilica  è  sacra  alla  Bea- 
ta Vergine  Assunta,  con  battisteiio 
e  bellissima  torre,  ed  è  buon  edifi- 
zio  :  tra  le  insigni  reliquie  vi  si 
venerano  i  corpi  de'  ss.  Lorenzo 
prete  e  martire,  che  vi  predicò  la 
fede,  Bernardo  e  Agabio  vescovi 
della  città.  Vi  sono  altre  tre  chie- 
se parrocchiali,  una  delle  quali  è 
sotto  l'invocazione  di  s.  Gaudenzio 
vescovo,  collegiata,  con  la  dignità 
del  preposito  e  dodici  canonici,  es- 
sendo uno  de'più  magnifici  templi 
della  Lombardia  ;  un  convento  di  re- 
ligiosi, due  monasteri  di  monache  , 
confraternite,  due  ospedali,  uno  ci- 
vile, l'altro  militare,  monte  di  pie- 
tà, e  cospicuo  seminario.  Nel  sob- 
borgo quattro  chiese  parrocchiali 
sono  chiamate  sussidiarie.  Avvi  pu- 
re due  collegi,  uno  de'quali  in  cu- 
ra de' gesuiti,  una  casa  degli  obla- 
ti  di  s.  Carlo,  altra  de' filippini; 
gli  stabilimenti  delle  orfànelle,  del- 
l'orfanotrofio, l'istituto  di  arti  e 
mestieri  formato  in  due  convitti 
maschile  e  femminile  fondali  dalla 
contessa  Tornielli  ;  un  bel  teatro 
e  diverse  fabbriche.  Pvinchiude  mol- 
ti monumenti  d'antichità,  special- 
mente presso  la  cattedrale.  E  pa- 
tria del  famoso  oratore  Caio  Al- 
buzio  Silone,  del  secolo  d'Augusto; 


i32  NOV 

(ìi  Dulcino  d'infelice  fama  pe'suoi 
errori,  onde  fu  condannato  a  mor- 
te nel  i3o7  (al  modo  dello  a  Dul- 
cimsTi,  ove  per  errore  di  slampa 
si  disse  di  Navorra);  di  Pietro 
Lombardo  celebre  teologo  del  se- 
colo XIII,  e  vescovo  di  Parigi;  dei 
cardinali  Ardicino  della  Porta  se- 
niore, Ardici  no  della  Porta  giunìo- 
re,  e  Giovanni  Cacciapiatti  ;  di  mol- 
li valorosi  capitani,  di  diversi  in- 
dividui delle  famiglie  Caccia,  Bru- 
sciali  e  principalmente  de'Torniel- 
li,  come  diremo  a  Ottoboni,  par- 
lando di  Vittoria  Tornielli  madre 
del  Papa  Alessandro  Vili,  per  non 
dire  di  altri  uomini  illustri. 

Questa  città,  l'antica  Novaria, 
Nova  Aracy  o  Nova  Ara,  detta 
così  da  quelli  che  ammettono  qui 
il  sacrifizio  fatto  a  Venere  da  El- 
tio  suo  figlio,  che  gli  die  tal  no- 
me. Fu  compresa  nella  Gallia  Tras- 
padana al  nord  ,  posta  da  Tacito 
nel  rango  delle  sue  città  muni- 
cipali, quantunque  altri  autori  la 
diano  agi'  insubri ,  essendo  di  di- 
versa opinione  sull'antica  fondazio- 
ne, che  pure  concedono  agli  etruschi 
e  che  Plinio  dice  fabbricata  dai  galli 
vocontini,  fu  spesso  il  teatro  della, 
guerra.  Fu  popolosa  e  ricca  fino  dal 
tempo  de' romani,  e  Giulio  Cesare 
la  innalzò  al  rango  di  colonia  ro- 
mana. Le  guerre  la  rovinarono  e 
desolarono  in  più  occasioni.  Sos- 
tenne un  forte  assedio  contro  Ar- 
duino re  d'Italia  a  favore  dell' im- 
peratore  Enrico  II.  Nel  1 1 1  o,  al 
tempo  di  Enrico  V,  fu  tra  le  pri- 
me città  lombarde  a  prendere  le 
armi  contro  quell'augusto,  il  qua- 
le la  punì  con  saccheggio  e  incen- 
dio. In  tempo  della  lega  lombarda 
concorse  essa  pure  alla  edificazione 
d'Alessandria.  Un  tempo  la  domi- 
narono i  Tornielli,  suoi  potentissi- 


NOV 

mi  cittadini,  onde  per  loro  discor- 
die L'oll'altra  possente  famiglia  dei 
Bruscali,  la  città  patì  gravi  vicen- 
de. Fatta  suddita  dei  Visconti  signo- 
ri di  Milano,  ne  seguì  le  vicende  : 
la  signoreggiarono  pure  i  duchi 
di  Parma.  I  francesi  vi  presero 
Lodovico  Sforza  nel  i5oo:  nel  i5i2 
assediandola,  vi  furono  sconfitti  da- 
gli svizzeri  nelle  sue  vicinanze,  pen- 
titi di  avergli  dato  nelle  mani  det- 
to duca,  e  nel  i5i5  gli  scacciarono 
da  Novara.  Allorché  i  francesi  vi 
furono  assediati  dai  veneti  e  dagli 
Sforzeschi,  sostituirono  nella  valu- 
ta le  monete  di  rame  a  quelle  di 
argento.  Un  tempo  soggiacque  an- 
cora alla  signoria  de'Farnesi.  Fu 
presa  dal  principe  Eugenio  nel- 
l'anno 1 706,  dal  maresciallo  di  Coi- 
gny  nel  17 12,  e  poscia  ancora 
dai  francesi  nel  1796  e  nel  1800. 
Riunita  al  regno  d'Italia,  Novara 
divenne  il  capoluogo  del  diparti- 
mento dell'Agogna.  Novara  seguì  i 
destini  del  Novarese,  antico  paese 
d'Italia  nel  Milanese-Sardo,  diviso 
in  alto  e  basso,  formante  il  primo 
la  provincia  di  Pallanza,  ed  il  se- 
condo la  provincia  di  Novara.  Fu 
ceduta  alla  Savoia  pel  trattato  di 
Vienna  del  1736,  e  riunita  alla 
repubblica  italiana  nel  1800,  e 
quindi  al  regno  italico  nel  i8o5, 
nel  181 4  ritornò  sotto  il  dominio 
della  casa  di  Savoia.  Vedasi  F.  A. 
Bianchini,  Compendio  storico  di 
Novara^  ivi  1828.  Carlo  Morbio, 
Storia  di  Novara  dalla  prigionia 
di  Lodovico  Sforza i  sino  alla  do- 
mìnazione  de'  Farnesi ^  Vigevano 
i83i. 

La  sede  vescovile  fu  eretta  nel 
IV  secolo,  suffraganea  dell'arcive- 
scovo di  Milano,  dal  quale  fu  da 
Pio  VII  separata  nel  18 17,  e  dichia- 
rata suffragauea  di  Vercelli.  Il  pri- 


I 


NOV 

mo  vescovo  ili  8.  Gaudenzio  d'Ivrea^ 
ei'udito  da  s.  Eusebio  nella  fede,  in* 
timo  di  s.  Ambrogio,  che  gli  pre- 
disse questo  vescovato,  e  ordinalo 
nel  397  dal  successore  s,  Simpli- 
ciano ;  edificò  la  sua  chiesa  collo 
zelo  e  colla  santità,  e  mori  nel  4^7 
nonagenario.  Gli  successe  subito  s. 
Agabio  novarese,  discepolo  de' ss. 
Lorenzo  Alpozzo  e  Gaudenzio,  elet- 
to da  questi,  e  mori  nel  44?  dopo 
aver  governato  con  egual  zelo  e 
santità  del  predecessore.  Indi  furo- 
no vescovi,  nel  44?  Diogene  disce- 
polo del  precedente,  nel  449  ^^^' 
scenzio,  nel  /^5i  Simplicio  o  Sim- 
pliciano che  intervenne  al  sinodo 
di  Milano,  nel  4^^  s.  Maromio 
morto  martire  in  Colonia,  nel  471 
Vittore  al  cui  tempo  Teodorico  re 
de'  goti  invase  l' Insubria,  nel  49^ 
Onorato,  nel  5oo  Pacaziano,  nel 
529  Opilio,  nel  548  Ambrogio  I, 
nel  5^0  Ilario  morto  nel  553,  nel 
587  Agnello,  nel  610  Spettabile, 
nel  6i5  Marcello,  nel  627  Severo, 
nel  640  Lupicino,  nel  65o  Probino, 
nel  657  Virginio,  nel  660  Flavia- 
no,  nel  670  Pampronio,  nel  679 
Graziano  che  fu  al  sinodo  romano 
di  s.  Agatone^  nel  685  Probo,  nel 
690  Laureolo,  nel  700  Leone,  nel 
708  Ambrogio  li,  nel  717  Grazio- 
soj  nel  731  Benedetto,  nel  733 
Pietro,  nel  74 1  Sicardo,  nel  751 
Tito,  nel  781  Attone,  nell'Si  i 
s.  Adelgisio  della  stirpe  degli  anti- 
chi re  longobardi.  Neir849  Oddo- 
ne, neir  852  Dotterminio,  neir879 
Nottingo,  neir889  Lamberto,  nel- 
r89o  Ernulfo,  neir89i  Gandolfo, 
neli'898  Leuterio,  nell'  899  Gari- 
baldo,  nel  918  Dagilberto  Pio  che 
donò  beni  ai  canonici  col  peso  di 
alimentare  i  poveri  in  diverse  e» 
poche.  Nel  946  Rodolfo,  in  riguar- 
do del  quale  Lotario  re  d'Italia  fe- 


NOV  i33 

ce  donazione  di  alcune  terre  alla 
chiesa  di  s.  Gaudioso.  Nel  962 
Pietro  II,  cui  Ottone  I  restituì  l'i- 
sola di  s.  Giulio  (già  sede  del 
principato  de* vescovi  di  Novara  ), 
tolta  da  Berengario  li;  nel  965 
Opoldo  o  Aupaldo  Toruielli,  a  cui 
Ottone  I  confermò  le  concessioni 
de'precedenti,  essendo  intervenuto 
alla  sua  coronazione  in  Roma;  nel 
996  Pietro  IH  Tornielli  che  ot- 
tenne da  Ottone  III  la  conferma 
de'  privilegi,  e  da  Enrico  li  la  re- 
stituzione di  quanto  aveva  usurpa- 
to Arduino;  nel  1026  Gualberto 
che  donò  beni  ai  canonici  dell'  i- 
sola  di  S.Giulio;  nel  io34  Ripran- 
do  amministratore,  vivente  il  pre- 
decessore; nel  1048  Oddone  II  che 
intervenne  al  concilio  di  Nicolò  II; 
nel  1075  Alberto  ucciso  dal  conte 
di  Blandrata,  per  cui  Enrico  IV 
nel  1078  v'intruse  Anselmo,  cui  nel 
1090  successe  l'altro  intruso  Eppo- 
ne,  ambedue  scomunicati  dal  Papa. 
Nel  iii6  Riccardo,  nel  1122  La- 
tifredo  che  riunì  nel  claustro  i 
canonici  dispersi  per  la  città,  fece 
ottime  leggi,  ed  ottenne  privilegi 
pei  successori  e  pei  canonici  da 
Innocenzo  II.  Nel  11 53  Guglielmo 
Tornielli  nobile  di  Novara,  otten- 
ne un  privilegio  da  Federico  I, 
seguì  lo  scisma  dell'antipapa  Vit- 
tore V,  scomunicato  perciò  e  de- 
posto da  Alessandro  III,  e  Federi- 
co I  nel  1 168  gli  sostituì  Gugliel- 
mo Faletli  intruso.  Nel  1172  Bo- 
nifacio che  fu  al  concilio  di  Late- 
rano  III;  nel  1192  Ottone  o  Od- 
done III  Casah;  nel  1196  Pietro 
IV  Verolla,  già  canonico  della  cat- 
tedrale, ch'ebbe  vertenze  col  capi- 
tolo. 

Nel  1 2 1  o  Gerardo  Sessìo^  eletto 
da  Innocenzo  III,  che  poi  lo  creò 
cardinale  e  vescovo  d'  Albano,  col- 


i34  NOV 

)a  ritenzione  dell'  nmministrazionc 
di  Novara  (  i  cardinali  hanno  le 
loro  biografie).  Gli  successe  nel  127.4 
Odelberlo  Tornielli  nobile  di  No- 
vara, già  prevosto  di  s.  Gauden^ 
zio  ,  difese  la  chiesa  contro  gli 
usurpatori,  e  ne  fu  benemerito. 
Quindi  nel  i237  0Idone  Tettone; 
nel  1240  Odelmario,  naorto  nel- 
l'isola di  s.  Giulio;  nel  i25o  Si- 
gebaldo  che  celebrò  il  sinodo  nel- 
r episcopio  nel  iiSj  ,  lodato  pa- 
store. 11  capitolo  nel  1272  elesse 
Guido  Pinzio,  e  confermalo  da  Gre- 
gorio X.  Dopo  otto  anni  di  sede 
vacante,  nel  1287  fr.  Englesio  Ca- 
va Ila  zio  o  A  n  gel  ucci  di  Novara  fran- 
cescano. Matteo  Visconti  eletto  dal 
capitolo  in  contesa  con  Enrico  ar- 
ciprete di  Novara,  benché  non  ap- 
provato dal  Papa,  volle  esercitare 
l'autorità  vescovile  e  mori  intruso 
nel  1296.  Papiniano  della  Rovere 
nobile  torinese,  cappellano  o  udi- 
tore di  rota  di  Bonifacio  Vili, 
questi  lo  nominò  a  succederlo,  dili- 
genlissimo  dell'  ecclesiastica  disci- 
plinaj  la  restaurò  nel  clero,  cele- 
brò il  sinodo  nel  1298,  e  consacrò 
la  chiesa  di  s.  Gaudenzio.  Per  sua 
traslazione  a  Parma,  nel  i3o2  da 
Venezia  fu  qui  trasferito  Bartolo- 
meo Quirini  veneto,  poi  vescovo  di 
Trento.  Nel  i3o4  Uguccio  Borro- 
meo di  Vercelli,  che  assistendo  alla 
coronazione  di  Enrico  VII,  ebbe 
confermati  da  lui  i  privilegi  in  un 
al  titolo  di  conte  di  Novara:  pro- 
mulgò gli  statuti  pei  canonici  di  s. 
Giusto,  fu  zelante  della  disciplina 
ecclesiastica,  istituì  quattro  cappel- 
lanie  nella  cattedrale,  in  s.  Gauden- 
zio, in  s.  Giulio  e  in  s.  Giuliano  ; 
donò  molti  vasi  d'argento  a  diver- 
se chiese,  e  fu  benefico  coi  poveri 
e  coi  monasteri.  Nel  i33o  Giovan- 
ni Visconti  de' signori    di    Milano, 


NOV 

fatto  da  Giovanni  XXII  per  avere 
rinunziato  la  porpora  dell*  antipapa 
Nicolò  V,  traslato  a  Milano  conti- 
nuò ad  amministrar  Novara  sino 
al  i34i.  Gli  successe  fr.  Gugliel- 
mo Amidano  di  Cremona,,  insigne 
teologo  e  giureconsulto,  priore  ge- 
nerale degli  agostiniani  ;  costruì  u- 
na  munitissima  fortezza,  rifece  di- 
versi edifizi ,  ampliò  il  convento 
degli  agostiniani,  ingrandì  ed  ornò 
r  episcopio,  altro  fabbricandone  nel- 
r  isola  di  s.  Giulio  ed  altro  in  Ve- 
spolato.  Zelante  pastore,  vegliò  sul- 
la condotta  de' chierici,  pubblicò  gli 
statuti  della  cattedrale,  e  pacificò 
i  guelfi  coi  ghibellini,  lasciando  di- 
verse opere.  Nel  i357  Oldrado  ; 
nel  i388  Pietro  Filargo  de' mino- 
ri, traslato  da  Vicenza,  indi  nel 
i4o2  a  Milano;  ottenne  dall'im- 
peratore Venceslao  la  conferma  dei 
privilegi  della  chiesa  di  Novara,  in 
un  al  titolo  di  principe  del  sacro 
impero,  poi  cardinale  e  Papa  /iles- 
Sandro  V  (f^edi).  Giovanni  Capo- 
gallo  romano  benedettino  gli  succes- 
se, trasferito  da  Belluno  e  Feltre, 
facondo  oratore,  come  mostrò  nel 
concilio  di  Pisa,  per  1'  elezione  del 
predecessore.  Nel  i4i3  Pietro  De- 
giorgi  detto  Petrosino  di  Pavia,  già 
di  Tortona  :  nell'  episcopio  ricevet- 
te Martino  V  reduce  da  Costanza, 
che  lo  trasferì  a  Genova.  Nel  14*29 
Bartolomeo  Visconti  Scaramuccia, 
fatto  anticardinale  dall'  antipapa 
Felice  V,  contro  Eugenio  IV,  a  cui 
danno  avea  cospirato  :  le  importan- 
ti sue  notizie  sono  nel  voi.  IV, 
p.  i58,  iSg  e  160  del  Dizionario. 
Nel  1458  Giacomo  Filippo  Cribollo 
milanese;  nel  1466  Bernardo  del- 
la Rovere  di  Parma;  nel  1468 
Giovanni  Arcimholdo  poi  cardinale; 
nel  1484  Girolamo  Pallavicino  di 
Parma  amministratore,  al  cui  lem- 


NOV 

no  assai  soffii  la  chiesa  di  Novara 
dagli  svizzeri  e  dal  duca  di  Milano. 
Divennero  amministratori  nel  i5o4 
il  cardinal  Ascanio  Maria  Sfor- 
za, nel  i5o5  il  cardinal  Federico 
Sanseverino,  nel  i5ii  il  cardinal 
Matteo  Schiner,  nel  iSiy  il  cardi- 
nal Antonio  del  Monte,  che  otten- 
ne dal  re  Francesco  I  un  diploma 
confermativo  de*  privilegi. 

iVel  i525  per  cessione  del  pre- 
cedente divenne  vescovo  Ermete 
Stampa  di  Milano,  che  morendo 
nell'istesso  anno,  gli  successe  Gio. 
Angelo  Arcimboldo  milanese,  che 
ricuperò  molti  diritti  della  chiesa 
e  fece  confermarli  da  Carlo  V,  in- 
di traslato  a  Milano.  Nel  i55o  il 
cardinal  Ippolito  ù' Este  ammini- 
stratore; nel  i553  il  cardinal  Gio- 
vanni Moìoni  che  fece  molli  decreti 
pel  culto  divino  e  pei  costumi  dei 
chierici,  benemerito  di  molti  mo- 
nasteri: per  sua  rinunzia,  nel  i56o 
il  cardinal  Gio.  Antonio  Serbellonì, 
che  istituì  il  seminario,  celebrò  il 
sinodo,  confermò  gli  statuti  di  s. 
Gaudenzio  e  fu  zelante  pastore.  Gli 
successe  nel  i5n^  Romolo  Archin- 
to  nobile  milanese,  insigne  per  vir- 
tù, illustrò  la  diocesi  con  esse,  ten- 
ne il  sinodo  e  perfezionò  il  semi- 
nario. Nel  iSyG  Girolamo  Ragaz- 
zoni veneto,  già  di  Famagosta,  vi- 
sitatore delle  chiese  d' Italia,  poi 
traslato  a  Bergamo.  Nel  1577  Pom- 
ponio Cotta  di  Milano,  uditore  di 
rotaj  nel  1^79  Francesco  Bosco, 
già  di  Perugia,  protouotario  apo- 
stolico, governatore  di  varie  città 
della  Chiesa,  che  prescrìsse  i  rego- 
lamenti pel  seminario,  ed  altro  ne 
istituì  nell'isola  di  s.  Giulio,  eri- 
gendo la  prebenda  teologale;  me- 
ritò di  essere  sepolto  nella  catte- 
drale da  s.  Carlo  Borromeo.  Nel 
i585    Cesare    Spaciano  di  Cremo- 


NOV  i3f) 

na,  pubblicò  nel  sinodo  sante  leg- 
gi, ornò  e  rese  più  comodo  V  epi- 
scopio, donò  alla  cattedrale  preziosi 
paramenti  ed  arredi,  fu  traslato  in 
patria,  e  la  morte  di  Gregorio  XIV 
impedì  che  l'  onorasse  della  porpo- 
ra. Nel  iSgi  Pietro  Martire  Pon- 
zonio  cremonese,  poco  visse.  Nel 
i5g3  Carlo  Bescapè  nobile  mila- 
nese, generale  de'  barnabiti,  insigne 
giureconsulto,  confessore  e  nunzio 
di  s.  Carlo  a  Filippo  II  ;  zelantis- 
simo pastore,  celebrò  più  sinodi,  fu 
autore  della  Novaria  sacra,  de  e- 
piscopalis  officiì,  de  immunilate  ec- 
clesiastica, de  metropoli  Mediola- 
nensi  :  mori  santamente,  venne  a- 
scritto  tra  i  venerabili,  e  sepolto  in 
s.  Marco  nella  cappella  di  s.  Fe- 
bronia  da  lui  magnificamente  edi- 
ficata, indi  trasferito  nella  catte- 
drale. Nel  161 5  Ferdinando  Ta- 
Berna  cardinale,  lodato  per  somma 
diligenza  e  prudenza.  Nel  1619 
Volpiano  Volpi  di  Novara  erudito 
e  pieno  di  cognizioni,  segretario  dei 
vescovi  e  regolari,  che  Paolo  V  vo- 
leva creare  cardinale,  se  non  mo- 
riva, e  Urbano  Vili  lo  fece  mag- 
giordomo, onde  ne  parlammo  già 
nel  voi.  XLI  del  Dizionario.  Nel 
1629  Pietro  Volpi  coadiutore  sino 
dal  1622  e  nipote  del  precedente; 
nel  i636  Antonio  Tornielli  di  No- 
vara, referendario  di  segnatura,  se- 
gretario de' vescovi  e  regolari,  vice- 
gerente di  Roma,  ove  morì  d'apo- 
plessia nel  i65o,  e  fu  sepolto  in  s. 
Maria  d'Araceli.  Gli  successe  Bene- 
detto Odescalchi,  ottimo  vescovo, 
che  fatto  cardinale  rinunziò  al  fra- 
tello, poi  divenne  Innocenzo  XI 
(Fedi).  Nel  i656  Giulio  Maria  O- 
descalchi  di  Como  benedettino,  che 
governò  con  massima  pietà  e  pru- 
denza. Nel  1667  Giuseppe  Maria 
Meraviglia    milanese,    generale    dei 


i36  NOV 

Ivarnobiti,  piissimo,  autore  di  dotte 
opere.  Wel  1688  Innocenzo  XI  fe- 
ce vescovo  Gianrtbaltista  Visconti 
milanese,  dotto  barnabita;  nel  1 7 1 4 
Giberto  Borromeo^  già  patriarca  di 
Antiochia,  colla  ritenzione  del  titolo, 
poi  cardinale  ;  sepolto  iu  s.  Marco 
nella  cappella  di  s.  Carlo  Borromeo, 
nel  1801  fu  trasferito  in  cattedrale. 
Con  questi  nell'  Italia  sacra  d'  U- 
ghelli,  t.  IV,  p.  689,  si  termina  la 
serie  de'  vescovi ,  che  compiremo 
colle  Notizie  di  Roma,  e  col  can. 
Cima,  Serie  cron.  de*  vescovi  di 
Novara^  p.   lyS. 

1741  Bernardino  Rovero  di  Cor- 
tanze  d*  Asti  cappuccino,  traslato 
da  Sassari,  morì  nel  174?  "^^ 
palazzo  proprio  di  Trecate.  1748 
Giambattista  Baratta  di  Possano 
filippino,  morto  in  Macerata  recan- 
dosi alla  sua  chiesa.  174^  Ignazio 
Rovero  Sanseverino  di  Torino,  già 
governatore  di  Sabina,  Città  di 
Castello  e  Fano,  istituì  sua  erede 
la  cappella  di  s.  Agabio.  17^7 
Marc'  Aurelio  Balbis  Bertone  di 
Chieri,  cancelliere  dell'  ordine  della 
ss.  Annunziata,  celebrò  nel  1778 
il  sinodo.  Sotto  di  lui  nel  1789 
a*  27  aprile  segui  la  traslazione  del 
corpo  di  s.  Agabio,  coli' intervento 
dell'  arcivescovo  di  Torino,  de'  ve- 
scovi d' Acqui  e  Vigevano,  del  re 
e  regina  di  Sardegna,  laonde  d. 
Gaudenzio  Locali  pubblicò  in  Ver- 
celli  :  Istruttiva  narrazione  di  aU 
cune  memorie  della  vita  di  s.  Aga- 
bio e  de  vescovi  successori.  1795 
Carlo  Luigi  Buronzo  del  Signore  di 
Vercelli,  traslalo  d'Acqui,  indi  a  To- 
rino. 1 797  Vittorio  Filippo  Melano 
di  Portula  di  Cuneo,  trasferito  da 
Cagliari,  e  secondo  1'  ultima  volon- 
tà nel  181 3  dovea  essere  sepolto 
nel  cimiterio  comune  a  s.  Nazzaro 
da  lui   benedetto.     1817    cardinal 


NOV 

Giuseppe  Morozzo^  colla  ritenzione 
del  titolo  arcivescovile  che  avca,  ni- 
pote di  monsignor  Bertone;  nel 
1826  celebrò  e  stampò  il  suo  si- 
nodo, e  Gregorio  XVI  lo  fece  vi- 
sitatore apostolico  di  tutto  il  clero 
regolare  negli  stati  sardi  di  terrafer- 
ma :  delle  sue  grandi  benemerenze 
e  governo,  trattammo  alla  sua  bio- 
grafìa, ove  riportammo  notizie  in- 
teressanti Novara  e  la  diocesi.  Ac- 
crebbe il  culto  de'  santi  della  chie- 
sa Novarese;  ottenne  la  croce  ar- 
civescovile per  sé  e  per  tutti  i  ve- 
scovi di  Novara,  e  la  regia  decora- 
zione dell'Assunta  a  tutti  i  canonici 
della  cattedrale,  avendo  a  tutti  i 
capitoli  aumentate  le  rendite  e  cre- 
sciuto il  lustro.  Fu  decorato  del 
grado  di  cavaliere  dell'ordine  su- 
premo della  ss.  Annunziata  e  di 
quello  di  s.  Gennaro.  Abbiamo  : 
Delle  sacre  cerimonie^  trattati  pro- 
posti dal  cardinal  Morozzo  arcive- 
scovo  vescovo  di  Novara^  principe 
di  s.  Giulioy  Orta  e  Vespolate^  al 
ven.  clero  della  sua  diocesi^  Nova- 
ra 1827.  Per  sua  morte  Gregorio 
XVI  nel  concistoro  de'  27  gennaio 
1843  dichiarò  vescovo  l'attuale 
monsignor  Giacomo  Filippo  dei 
marchesi  Gentile  di  Genova,  già 
abbate  dell'insigne  collegiata  di  s. 
Maria  del  Rimedio,  esaminatore  si- 
nodale e  regio  elemosiniere  di  Geno- 
va. Suo  degno  vicario  generale  è  il 
dotto  canonico  preposto  d.  Pietro 
Scavioi,  autore  della  Theologia  mo- 
ralis  universa  ad  usuni  clericoruni 
dioecesis  Novariensis ,  che  meritò 
già  la  terza  edizione,  e  gli  encomi 
degli  Annali  delle  scienze  religio- 
se, serie  seconda,  voi.  V,  pag.  3, 
scritti  dal  celebre  gesuita  p.  G. 
Perrone  sommo  in  detta  scienza. 
Il  capitolo  si  compone  delle  di- 
gnità  dell'  arcidiacono    e    dell'  ar- 


NOV 

ciprete,  di  quindici  canonici  com- 
prese le  prebende  del  teologo  e 
del  penitenziere,  di  nove  beneficiati 
chiamati  coristi,  di  quattro  ostiari  e 
di  altri  preti  e  chierici.  La  cura  della 
cattedrale  è  afljdata  al  detto  arci- 
prete e  a  due  coadiutori  eletti  per 
concorso  e  approvati  dal  vescovo. 
La  diocesi  è  ampia  e  contiene  mol- 
tissime parrocchie.  Ogni  nuovo  ve- 
scoTO  è  tassato  di  800  fiorini,  con 
iy,ooo  scudi  di  rendita. 

NOVATORE.  Così  chiamasi  co- 
lui  che  insegna  una  nuova  dottri- 
na in  materia  di  fede.  La  Chiesa 
cristiana  ha  sempre  fatto  professione 
di  non  seguire  altre  dottrine  che 
quelle  che  le  furono  insegnate  da 
Gesù  Cristo  e  dagli  apostoli,  e  per 
conseguenza  es'sa  ha  condannati  co- 
me  eretici  coloro  che  vollero  cor- 
reggerla e  farvi  dei  cambiamenti. 
Fedi  il  Bergier,  Diz,  teoL  ^  ed  il 
p.  Cappellari  poi  Gregorio  XVI, 
//  trionfo  della  santa  Sede  e  della 
Chiesa  contro  gli  assalti  de'novaio- 
rij  combattuti  e  respinti  colle  stes- 
se loro  anni. 

NOVAZIANI,  Novatiani.  Eretici 
che  presero  anco  il  nome  di  Cata- 
ri o  Pwn,  discepoli  e  seguaci  di  No- 
vato  e  Novaziano.  Novato  iniquis- 
simo  sacerdote  della  chiesa  di  Car- 
tagine nel  terzo  secolo,  per  evitar 
la  punizione  de'suoi  delitti,,  gettossi 
nel  partito  di  Felicissimo  diacono 
della  stessa  chiesa,  e  si  fece  oppo- 
sitore di  s.  Cipriano  (Fedi),  sotto 
pretesto  che  non  era  abbastanza  in- 
dulgente verso  quelli  che  doman- 
davano la  penitenza ,  dopo  essere 
caduti  per  la  persecuzione  nell'ido- 
latria. F.  Lassi.  Portatosi  in  Roma 
vi  trovò  Novaziano  [Vedi),  sacer- 
dote ambizioso  e  malcontento  per- 
chè nel  254  gli  avevano  preferito 
s.  Cornelio  al    pontificalo,.    Avendo 


NOV  i37 

stretto  amicizia  con   lui,  potè    forlo 
ordinare  primo    antipapa  ,    e  ritor- 
nato nell'Africa   vi  fece  rinascere  gli 
errori  de'  31  ontani  sii  (Fedi),  ed  eb- 
be l'ardire  d'insegnare  che  il  sagra- 
menlo    della    penitenza    era   inutile 
per  la  remissione  de'  peccati,  e  che 
le  seconde  nozze  erano    criminose  : 
s.   Cipriano  lo  combattè,  e  fu  con- 
dannato da  tutte  le  chiese  d'oriente 
e    d'occidente.    Novaziano    eccitò  il 
primo  scisma  che    straziò  la  Chiesa, 
ed  allo  scisma  aggiunse  l'eresia,  in- 
segnando: I."  che  non  bisognava  am- 
mettere    all'assoluzione    quelli    che 
avevano  peccato  mortalmente  dojK) 
il  battesimo,    di    qualunque    natura 
fosse  il  loro  errore,  e  quelli  che  per 
timore  de' tormenti  erano  caduti  nel- 
la persecuzione;   2."  che     bisognava 
jibattezzare  quelli  che  aveanola  stessa 
fede  del   Papa  s.   Cornelio,  e  rimet- 
tere la  Pasqua  a'  i4  della  luna  come 
gli   ebrei;  3."  che  le  seconde    nozze 
erano  cattive  ed  illecite ,  rinnovan- 
do altresì   molti    errori    de'  monta- 
nisli,  laoride  fu  costui,  secondo    al- 
cuni, e  non  Novato,  che  diede  il  suo 
nome  agli  eretici  novaziani  :  le  sue 
opere  nel    1728    furono    pubblicate 
in    Londra,    per    cura    di  Jackson. 
Nel  254  s.    Cornelio    scomunicò  in 
un  concilio  romano     Novaziano    etl 
i   suoi  seguaci;  e  s.   Celestino  I  del 
4^3    non    potendo    tollerare    che  i 
novaziani     tenessero     ancora    molte 
chiese  aperte  in  Roma,  confinò  Ru- 
sticola,  loro  ultimo  vescovo,  in   una 
vile  casa,  e  gli  proibì  di   tener  piti 
adiuianze  co*  suoi  settari.    Novazia- 
no fu  pure  condannato  nel  concilio 
di  Cartagine    ed  in  molti    altri,    e 
combattuto  da  s.  Cipriano,  da  s.  Eu- 
logio patriarca  d'  Alessandria,  e  da 
quasi  tutti  i  padri  suoi    contempo- 
ranei, e  dopo  di   lui   fino  al  VI  se- 
colo. Gli  eretici  novaziani    spinsero 


i38  NOV 

rcrroi'c  fino  a  togliere  alla  Cliiesa 
tutto  il  poleic  di  legare  o  eli  assol- 
vere; esortavano  i  peccatori  a  pe- 
nitenza, mentre  toglievano  loro  ogni 
speranza  di  essere  ricevuti  nel  grem- 
bo della  Chiesa.  Il  concilio  di  Nicea  I 
fece  de'  regolamenti  per  la  forma 
del  loro  ricevimento  alla  comunione 
cattolica.  In  occidente  sussistettero 
fino  a  s.  Leone  I ,  e  neiroriente  fino 
al   VII  secolo. 

NOVAZIANO,  Antipapa.  V.  No- 
vAziANi  e  Antipapa  I. 

NOVELLI  Arnaldo,  Cardinale. 
Arnaldo  Novelli  guascone  di  nasci- 
ta, o  più  probabilmente  della  con- 
tea di  Foix,  monaco  cistcrciense  di 
professione,  e  poi  abbate  di  ^  Fon  te - 
freddo,  per  la  sua  morigeratezza  e 
specchiato  costume,  singoiar  pietà, 
prudenza  ed  eccellente  dottrina , 
Clemente  V  l'ebbe  in  gran  conto 
e  nel  i3o5  lo  fece  vice-cancelliere 
di  s.  Chiesa,  e  gli  die  con  altri  la 
commissione  di  riformare  i  mona- 
ci di  Grandemont,  per  cui  stabih 
alcune  leggi  ch'ebbero  la  sanzione 
apostolica.  Indi  a*i8  o  19  dicem- 
bre i3io  lo  creò  cardinale  prete 
di  s.  Prisca  e  legato  in  Inghilter- 
ra, dove  si  condusse  con  Arnaldo 
vescovo  di  Poitiers  poi  cardinale, 
per  riconciliare  i  baroni  del  regno 
con  Edoardo  II.  Nel  tempo  slesso 
trattò  di  proposito  con  quel  sovra- 
no, che  i  beni  stabili  de'cavalieri 
templari  d'Inghilterra  fossero  dati 
ai  cavalieri  gerosolimitani,  al  che 
si  opposero  i  grandi  della  nazione, 
onde  il  legato  se  ne  dovette  toma- 
ie senza  aver  potuto  far  nulla.  Fi- 
lippo IV  re  di  Francia  gli  accor- 
dò la  facoltà  di  concedere  a  qua- 
lunque persona  gli  fosse  piaciuto 
una  pensione  di  5o  lire  turonesi  da 
pagarsi  dalla  camera  regia.  Morì 
in   Avignone  nel   iSiy,  e  trasfcri- 


NOV 

to  nella  sua  antica  abbazia  vi  fu 
sepolto  avanti  Y  altare  maggiore 
della  chiesa. 

NOVENA ,  Sacrutn  novendiale, 
Supplicatio  novendialis.  Spazio  di 
nove  giorni  continui  ,  ne'  quali  si 
fanno  delle  divozioni  e  preghiere 
appositamente  composte  in  onore 
della  ss.  Trinità,  di  Gesù  Cristo, 
dello  Spirito  Santo,  della  Beata  Ver- 
gine, dei  ss.  Angeli  e  dei  santi  in 
preparazione  alle  loro  feste,  o  per 
implorare  il  loro  soccorso  ne' nostri 
bisogni.  Sono  accompagnate  queste 
novene,  secondo  che  sono  pubbli- 
che o  private,  da  messe,  prediche  o 
sermoni,  da  oblazioni,  da  austerità, 
da  limosine,  da  sacri  pellegrinaggi 
e  da  altre  pie  pratiche.  Le  novene 
o  supplicazioni  Novendiali  (Fedi), 
cioè  di  nove  giorni,  furono  usate  dai 
pagani  nei  Funerali  (Fedi),  e  ne 
parlai  pure  a  Fepja,  con  che  onora- 
vano l'esequie  de'  morti,  ed  i  giuo- 
chi che  in  tale  tempo  facevansi  si 
chiarhavano  ludi  novendiales  ed  i 
sagrifizi  novendialiaj  e  siccome  ad 
imitazione  de'  gentili  i  primi  cri- 
stiani celebrarono  talvolta  esequie 
novendiali,  per  quanto  solo  riguar- 
dava le  cerimonie  civili,  riprovan- 
done il  superstizioso ,  tuttavolta  s. 
Agostino  nelle  sue  questioni  sopra 
la  Genesi  non  sembra  che  le  ap- 
provasse. Si  celebrarono  novendiali 
esequie  pei  cardinali,  ed  ora  solo 
pel  Pupa.  Il  Berlendi,  Delle  obla- 
zioniy  p.  179,  parlando  degli  anti- 
chi anniversari  de'defunti,  dice  che 
ne'  primi  secoli  della  Chiesa  si 
celebrava  la  messa  nel  terzo  giorno 
della  sepoltura  de'  morti,  cos'i  pure 
nel  giorno  settimo,  nel  giorno  nono, 
nel  trentesimo  e  nel  quarantesimo, 
in  suffragio  de'  medesimi.  Il  giorno 
terzo  si  osservava  per  sollecitare  il 
riposo  a' defunti;  il  settimo,    come 


NOV 

scrive  s.  Agostino,  septenarìus  mi' 
vicrus  propler  sabbaU  sacramento- 
rum  praccìpue  qiiielis  indicìum  estj 
linde  merito  mortnis  tamquam  re- 
quiescr.ntibus  exhibctur.  Del  nono  il 
Durando  ne  rilevò  così  il  niistero: 
Offici um  novem  dìerum,  ut  per  hoc 
off/cium  mortuorum  aniniae  a  poe- 
nis  liberatae  novem  Angelorum  or- 
dinibus  associenliir.  11  trentesimo, 
secondo  l'Amalario  si  celebra ,  per- 
chè Mosè  ed  Aronne  per  trenta  gior- 
ni furono  pianti.  Il  quarantesimo 
vuole  Eustrazio  che  la  Chiesa  lo  ap- 
plichi in  suffragio  de'  defunti ,  in 
memoria  che  il  Redentore  dopo  4o 
giorni  di  sua  resurrezione  ascese  al 
cielo. 

Giustiniano  I  imperatore  avea 
ordinato,  che  hacredes  non  tene- 
rentur  credi toribns  de f aneti  respon- 
dere  ante  novem  dies  ah  obitu  de- 
fiincti;  ne'  quali  giorni  gli  eredi  e 
tutta  la  famiglia  vestivano  a  Lutto 
(Vedi).  Il  p.  Menochio  nelle  Stuorc^ 
centuria  V,  cap.  ^o  :  Che  nelle  no- 
vene che  si  fanno  in  onore  de'santi 
non  ci  è  superstizione,  sembra  che 
già  a  suo  tempo  piaticavansi,  senza 
però  dichiararlo  :  egli  mori  nel  i656. 
Solo  riporta  due  esempi,  la  nove- 
na che  in  Francia  si  fa  al  sepolcro 
di  s.  Marcolfo,  e  quella  che  si  ce- 
lebra in  Andaino  per  s.  Uberto  ve- 
scovo, con  particolari  osservanze.  11 
Sarnelli,  che  morì  nel  1724,  nelle 
Leu.  eccl  t.  IV,  lett.  XI  :  Dell'ori- 
gine delle  sacre  novene,  riproducen- 
do diverse  erudizioni  del  p.  Meno- 
chio,  aggiunge  di  potersi  supporre, 
che  come  la  Chiesa  prorogò  le  fe- 
stività più  celebri  coW Ottava  (Ve- 
di)y  così  introdusse  il  prevenire  tali 
solennità  con  altre  ottave  che  ser- 
vono di  preparazione,  come  avea 
istituito  che  con  particolari  uflìzi 
per  otto  giorni  ci  preparassimo  alla 


INOV  ,39 

festa  del  Natale,  e  con  essi  ricevere 
il  Signore  ;  il  che  diede  motivo  ai 
divoti  di  aggiungere  un  altro  gior- 
no e  far  nove,  in  memoria  de'  no- 
ve mesi  che  il  Verbo  incarnalo  stet- 
te ueir  immacolato  seno  della  Ver- 
gine. Dice  inoltre  che  i  principii  di 
questa  novena,  con  parole  non  oscu- 
re si  trovano  nel  concilio  di  Tole- 
do, celebrato  nel  694,  e  fu  praticata 
dalla  chiesa  Toletana,  la  cui  celebre 
consuetudine  fu  confermala  coll'au- 
torità  di  s.  Idelfonso  suo  arcivesco- 
vo, onde  si  propagò  per  tutta  la 
Spagna  il  divoto  uso  della  novena 
avanti  il  santo  Natale.  Quindi  pas- 
sò in  Italia  ed  altrove.  Il  Cancel- 
lieri nell'erudite  Notizie  intorno  alla 
novena  di  Natale,  nulla  riferisce 
di  sua  origine,  solo  che  in  Roma 
l'introdusse  nella  chiesa  di  s.  Maria 
sopra  Minerva  il  domenicano  e  servo 
di  Dio  p.  Giacomo  Colta  figlio  di  tal 
convento,  il  quale  ho  potuto  conosce- 
re che  ivi  l'istituì  nel  1618  solenne- 
mente, e  poi  si  propagò  per  tulio 
l'orbe  cattolico.  Il  medesimo  Can- 
cellieri a  p.  89  e  io5  delle  Notizie 
istoriche  delle  chiese^  tratta  della  re- 
cita di  4^  Ave  Maria  e  4^  bene- 
dizioni, dal  29  novembre  al  23  di- 
cembre, in  preparazione  alla  festa 
di  Natale,  ad  imitazione  di  s.  Cate- 
rina da  Bologna,  morta  nel  ilfiZ. 

Dal  grande  ed  universale  profitto 
che  si  ricavò  dalla  novena  di  Na- 
tale, s'introdussero  le  altre  novene, 
essendo  il  numero  nove,  numero  di 
lustrazioni,  di  perfezione  e  di  peni- 
lenza,  per  cui  si  giunge  all'allegrez- 
za spirituale  del  decimo,  eh' è  il 
giorno  della  solennità.  Osserva  il 
Sarnelli,  che  chiamandosi  le  feste 
de'  santi  giorni  natalizi,  ne'  nove  pre- 
cedenti si  rappresenta  tutta  la  loro 
vita  mortale  impiegata  ne' combat- 
timenti contro  il  mondo,   il  demo- 


i4o  NOV 

nio  e  la  carim,  essendo  tutta  la  no* 
stra  vita  milizia  e  tentazione,  e  nei 
decimo  si  celebra  il  trionfo  e  la  fe- 
sta; e  come  noi  in  que*  note  giorni 
gì' imitiamo  nelle  orazioni  e  nelle 
opere  buone,  cosi  siamo  partecipi 
della  loro  allegrezza  ricevendo  nella 
festività  le  desiderate  spirituali  con- 
solazioni. Clemente  XI  a'  4  febbraio 
1714,  colla  cosUtuzione  Ad  confo- 
vendam^  ordinò  la  festa  di  s.  Giu- 
seppe sposo  di  Maria  Vergine,  con 
indulgenza  a  quelli  che  nella  chiesa 
di  s.  Ignazio  di  Roma  interverreb* 
Ijero  all'esposizione  del  ss.  Sagra- 
meoto,  nei  nove  giorni  precedenti 
alla  festa  del  medesimo  santo.  Da 
ciò  il  Novaes,  nella  Fiia  dì  Cle- 
mente A'/,  crede  originale  e  intro- 
dotte le  novene  ad  onore  de'  santi, 
delle  •  quali  Lambertini,  poi  Bene- 
detto XIV,  dichiara  non  aver  tro- 
vato memorie  di  altre  novene  pri- 
ma di  questa,  De  canon,  ss.  ììb.  IV, 
par.  2,  cap.  XIII,  n.  8.  Narra  il  p. 
Memmi,  Notizie  ìstor.  dell'  oratorio 
del  p.  Caravita,  p.  228,  che  il  car- 
dinal Giuseppe  Sacripanti  avendo 
edificato  in  s.  Ignazio  una  nobile 
cappella  a  s.  Giuseppe,  dispose  che 
ogni  anno  ivi  se  ne  celebrasse  la 
festa  previa  una  divola  novena,  con 
istruzioni  morali,  esposizione  del  ss. 
Sagramento,  recita  di  alcune  preci, 
discorso  a  lòggia  di  meditazione,  in 
cui  s' innestava  alcuna  virtù  del 
santo  per  muovere  all'imitazione,  il 
canto  delle  litanie  e  benedizione  col 
Venerabile.  Nella  festa  del  santo  fa- 
cevasi  la  comunione,  e  nelle  ore  po- 
meridiane il  panegirico  in  lode  del 
santo  stesso,  con  infinito  concorso 
di  popolo.  Nel  1723  s'incominciò 
in  Roma  a  praticarsi  nella  chiesa 
di  s.  Maria  in  Cosmedin,  la  nove- 
na della  Natività  di  Maria  Verdine, 
e  fu  la  prima  che   in    Roma   tosse 


NOV 

fatta  colla  esposizione  del  ss.  Sagra- 
mento, per  cui  poi  furono  con  si- 
mile rito  introdotte  le  altre  in  pre- 
parazione alle  feste  della  ss.  Ver- 
gine. Nella  Vita  della  serva,  di  Dio 
Lucia  Filippini^  istitutrice  delle  Mae- 
stre pie  {P'edi),  a  p.  i57  si  legge, 
che  pel  tenero  amor  suo  v«rso  la 
Beota  Vergine,  adoperossi  per  ista- 
bilire  nella  città  di  Montellascone 
le  sette  novene  che  precedono  le  di 
lei  principali  feste,  e  vide  prima  del 
1782  esauditi  i  suoi  desiderii.  I  Papi 
col  premio  delle  indulgenze  furono 
assai  benemeriti  della  propagazione 
del  pio  esercizio  delle  novene,  e  di- 
verse concessioni  si  leggono  nel  li- 
bro :  Raccolta  di  orazioni  e  pie  o- 
pere  con  indulgenze.  Sulle  novene 
scrissero ,  Giuseppe  M.  Frola  :  De 
novendialibus  supplicalionibus  in  ho- 
norem sanctorum  i  Romae  1714- 
Rondet ,  Sur  les  prieres  des  heures, 
et  reniarques  sur  l'origine  des  neu- 
vaineSy  t.  5'j  del  Journ.  eccl.  de  Di- 
nouarty  p.  75,  e  t.  60,  p.  175.  Gio- 
vanni Gerson  e  Guglielmo  Marlot, 
in  Hist.  Renten.  ap.  Dan.  Papebro- 
chium  t.  I,  Maii,  Bolland.  t.  I.  Sa- 
verio Vanalesti,  Discorsi  per  le 
novene  y  Venezia.  Liguori,  Brevi 
meditazioni  distribuite  per  novene  ^ 
Monza  1824.  Cav.  Fabi  Montani, 
Costumi  sacri  roniaid ,  fase.  20. 
l\  Tridui  e  Festa. 

NOVENDIALI.  P^.  Funerali,  No- 
vena, Orazioni  funebri. 

NOVIZIO,  Novitius.  Religioso  o 
religiosa  che  non  ha  ancor  fatto  i 
suoi  votij  e  ch'è  nel  suo  anno  di 
prova,  che  chiamasi  noviziato,  du- 
rante il  quale  si  prova  la  sua  vo- 
cazione. Decretò  il  concilio  di  Tren- 
to, che  non  si  devono  ammettere 
i  novizi  alla  vestizione,  se  non  pas- 
sata l'età  della  pubertà.  Le  regole 
generali   stabilite  per  il  noviziato  e 


I 


Nov  frov  i4f 

la  professione  religiosa,  sono  appli-  Sonovi   in  Novogorocl  alcune  grandi 

cabili    tanto    ai    religiosi     che    alle  piazze,  circa    60  e  più  chiese,    ti  ne 

religiose;  ma  per    certe    considera-  conventi,  nna  casa  d'orfani,  un  bel 

zioni  vennero   stabilite  alcune  rego-  bazar,  una  biblioteca  non  molti  mss. 

le  particolari,  concernenti    ia    reli-  gieci,    e  due  slavi  de'secoli  Xlll  e 

giosa    professione   delle   donne.     1^.  e    XIV,  contenenti  i  quattro  evan- 

Frate,  Monaco,    Monaca^  Odiata,  geli;  un  seminario,  e  diverse  istitu- 

e  gli  articoli  relativi.  zioni  elementari.  Le  sue  chiese  nu- 

NOVGOROD,    NOVOGOROD,  merose  coi  loro  campanili,  nella  mag- 

o    VELIRI    NOVOGOUOD  ,   No-  gior  parte  dorati,  e  le  antiche  fortifìc 


vogardia    Magna.    Città    vescovile  zioni  •  danno    ancora   a  questa  città 

della  Russia  europea,  capoluogo  del  un  aspetto  imponente,  e  richiamano 

governo  e  del  distretto  del  suo  no-  alla    memoria  la  grandezza  di  que- 

me,    distante    87    leghe    da  Pietro*  sta  antica  metropoli  degli  slavi,  che 

borgo  e    i\i  da  Mosca,,  sul   Wol-  prima    del    secolo   XV    si  pretende 

kov,    attraversato  da  un  bel   ponte  avesse    quattrocento    mila    abitanti, 

di    legno,   presso    l' uscita    del    lago  che    oggi  ascendono  a  più  di  venti 

llmen.    E    la    residenza  del  gover-  mila.    Fa  un  commercio  assai    atti- 

natore    militare  di  Novogorod  e   di  vo  con  Pietroburgo,  e  presso  la  ri- 

Tver,    di    un    governatore   civile,   e  va  dell'  llmen  vi  è  il  monastero  di 

sede    di    un    arcivescovo    greco.  Si-  s.  Sergio. 

tuata  in  una  bella  pianura,  è  di-  JVovogorod  soprannominata  Veliki 
visa  in  due  parli  dalla  riviera;  quel-  ossia  la  grande,  onde  distinguerla 
la  della  riva  destra  si  chiama  Tor-  dalle  altre  dello  slesso  nome,  è  una 
govaia  o  del  Mercato,  e  quella  del-  delle  città  più  antiche  e  celebri  del- 
la sinistra  Sophiiskaia  o  quartiere  la  Russia.  Sembra  probabile  che 
di  s.  Sofia.  Quest'ultima  vedesi  cin-  sia  stata  fondala  dagli  slavi  nel  V 
fa  da  un  bastione  di  terra  altissi-  secolo,  presso  poco  all'epoca  stes- 
mo,  e  da  una  fossa  profonda.  Rin-  sa  di  Kiovia  (f^edì).  Si  governò 
chiude  il  Kreml,  antica  fortezza  eret-  per  lungo  tempo  in  repubblica 
la  nel  io44  ^^^  granduca  Uladimi-  e  divenne  possente,  ma  lacerata 
ro  laroslavitch ,  e  dove  si  trovano  da  interne  dissensioni  ,  passò  ad 
il  palazzo  deir arcivescovo,  il  conci-  essere  tributaria  de' varegui  ;  qual- 
storo,  il  tribunale,  e  la  cattedrale  che  tempo  dopo  ne  scosse  il  gio- 
di  s.  Sofia,  grande  edifizio,  uno  dei  go,  ma  ricominciati  i  torbidi  civi- 
più  antichi  dell'impero,  in  cui  sono  li  chiamò,  al  suo  governo  nell' 862 
le  famose  porte  di  bronzo,  e  si'  ve-  tre  principi  \areguo-russi.  Ruric, 
dono  i  sepolcri  di  molti  sunti  e  uno  di  essi,  rimase  il  solo  sovrano 
de' principi  russi  che  regnarono  in  per  la  morte  de' suoi  fratelli,  in- 
quesla  città;  vi  si  conservano  pure  grandi  questa  città,  e  la  fece  capi- 
parecchie  curiose  antichità,  e  fra  le  tale  de' suoi  slati^  ma  il  figlio  Igor 
altre  de' quadri  la  cui  esistenza  si  tosto  l'abbandonò  preferendo  Rio- 
erede  anteriore  al  rinascimento  del-  via.  Nondimeno  continuò  a  gover- 
le  arti  in  Italia.  La  Torgovaia  è  narsi  repubblicanamente,  ed  i  gover- 
irregolarmente  fabbricata  in  legno,  natori  o  viceré  inviativi  sino  al 
e  contiene  il  vecchio  palazzo  dei  970,  non  vi  esercitavano  che  una 
czar,   ora  occupato  dal  governatore,  autorità   assai    limitala;   essa  i\i  al- 


i4»  NOV 

loi-a  data  in  appannaggio  ad  un  prin- 
cipe (Iella  famiglia  dei  sovrani  di 
Kiovia.  Gli  immensi  possedimenti 
che  si  avea  acquistato  col  mezzo 
delle  armi,  e  che  dicesi  si  estcnde- 
irano  all'  ovest  sino  in  Livonia,  ed 
all'est  sino  alla  frontiera  della  Si* 
beria,  la  sua  grandezza  e  magnifi- 
cenza, e  la  estensione  considerabile 
del  suo  commercio,  che  possedeva  i 
primi  banchi  delle  città  anseatiche, 
impressero  ne* suoi  vicini  una  tale 
idea  della  sua  potenza,  che  si  disse 
in  proverbio  :  Chi  può  resistere  a 
Dio  ed  alla  grande  Novgorod?  I 
granduchi  di  Russia  videro  que- 
sto stato  prosperissimo  con  pena,  e 
risolsero  di  farle  sentire  più  diret- 
tamente la  forza  del  loro  potere. 
Nel  1471  i'  granduca  Ivan-Vasi- 
lievitch  fece  la  guerra  ai  novgoro- 
di  per  forzarli  a  riconoscere  la  sua 
autorità,  e  gli  sconfisse  in  due  re- 
golari battaglie  ;  questi  però  non 
tardarono  a  ribellarsi  contro  il  go- 
vernatore e  le  truppe  che  quel 
principe  avea  loro  inviate;  la  città 
fu  ripresa  una  seconda  volta,  la  re- 
pubblica abolita,  ed  i  cittadini  più 
ricchi  e  distinti  furono  trasportati 
a  Mosca  e  in  altre  città  dell'impe- 
ro. Una  ultima  rivoluzione  nel  1^69 
si  prolungò  sino  al  1578,  in  cui 
la  città  fu  presa,  abbruciata  e  qua- 
si interamente  distrutta.  Essa  si  ri- 
stabilì a  poco  a  poco  pel  suo  com- 
mercio, ma  nel  161 1  gli  svedesi  se 
ne  impadronirono,  la  saccheggiaro- 
no per  intero,  e  da  quell'epoca  la 
erezione  di  Pietroburgo  dando  al 
commercio  del  Baltico  una  nuova 
direzione,  le  portò  un  colpo  da  cui 
non  si  rialzerà  mai  più.  F.  Russia. 
La  sede  vescovile  fu  eretta  in 
"vescovato,  e  nel  XI  secolo  in  me- 
tropoli del  patriarcato  di  Mosca 
{f^edi),  con  dignità  onoraria  di  me* 


NOV 

tropolilano,  che  pretese  a  quella  di 
prototrono,  secondo  Commanville. 
Il  p.  Mirco,  citando  il  p.  Possevino, 
dice  che  sotto  Mosci\  furono  eretti 
due  arcivescovati,  Rostow  e  Nov- 
gorod.  Altri  dicono  che  il  vescovato 
fu  istituito  dal  metropolitano  di  Kio- 
via, e  divenne  metropolitana  quan- 
do fu  istituito  il  patriarca  di  Mo- 
sca, con  Ladoga  e  Korel  per  suf- 
fraganei  :  venne  pure  stabilito  che 
fra  i  prelati  di  Russia,  quello  di 
Novgoi-od  occuperebbe  il  secondo 
rango  dopo  il  metropolitano  di  Kio- 
via, ed  il  terzo  dopo  il  patriarca. 
La  chiesa  di  Velikiè-Louki  o  Ve- 
liki-Luki,  città  considerabile  di  Rus- 
sia, anticamente  sede  d'un  vesco- 
vo, essendo  in  oggi  unita  a  quella  di 
Novgorod  la  grande,  i  prelati  prepo- 
sti al  governo  di  quelle  chiese  as- 
sumono il  titolo  di  arcivescovi  di 
Novgorod  e  di  Velikiè-Louki.  Ne 
furono  vescovi:  Barlaam,  onorato 
come  un  santo,  come  anche  il  suc- 
cessore Filoteo,  celebrando  i  mosco- 
viti la  festa  del  primo  a' 6  novem- 
bre, e  del  secondo  a*i5  settembre. 
Nifone,  poscia  Teofilo,  occuparono 
questa  sede,  quando  Basilio,  o  suo 
figlio  Giovanni  Basilide  duca  di  Mo- 
sco via,  faceva  la  guerra  nel  princi- 
pato di  Novgorod.  N.  intruso  da 
Giovanni  Basilide  ;  Cipriano  ne  oc- 
cupava la  sede  allorché  Stefano  re 
di  Polonia  impadronivasi  della  cit- 
tà di  Polotsk.  N=  verso  l'anno  iSyo; 
Alessandro  sotto  Geremia  II  patriar- 
ca di  Costantinopoli;  N.  sotto  il  pon- 
tificato di  Gregorio  XIII;  Teodosio 
nel  17 18,  sotto  Pietro  I  czar  di 
Moscovia,  deposto  nel  177.5  per  de- 
litti di  cui  venne  accusato  e  con- 
vinto; Teofane  Procopowiz  succe- 
dette a  Teodosio,  già  arcivescovo 
di  Pleskof  o  Pleskow.  Oriens  chrisi. 
t.  I,  p.   i3o4. 


NOV 
NOVGOROD,   o   NIJNI    NOV- 
GOROD,    o  NIJL  GOROD.  Città 
vescovile  della  Russia    europea,  ca- 
poluogo    del    governo,    e    distretto 
del  suo   nome,  a  94  leghe  da  Mo- 
sca   e    200    da    Pietroburgo ,    sulla 
destra  del  Volga  che  vi  riceve  l'Oka. 
È  residenza  de'governatori  civile  e 
militare   dei    governi  di    Nijni-Nov^ 
gorod    e  di  Penza,  e  dell'arcivesco- 
vo di  Nijni-Novgorod    e  di  Alatyr. 
E  divisa  in  due  parti:  la  città   al- 
ta,   situata    sopra    un    promontorio 
scosceso,   ha   la  fortezza  di    Rreml, 
cinta    da    grosse    mura    e    di  torri, 
costrutta    nel     i5o8,   contenente    il 
palazzo  del  governatore  e    due  cat- 
tedrali sul  modello  di  quella  di  Mo- 
sca ;    in   quella  della  Trasfigurazio- 
ne   si    vedono  le  tombe  del  prepo- 
sto   Cosmo  Minimo,  e  del  principe 
Dmitri  Pojarski,  che  sì  sacrificaro- 
no   per  la  difesa  della  loro   patria, 
ed  ai  quali  l'imperatore  Alessandro 
fece    innalzare    un    superbo    monu- 
mento   in   bronzo.    La    città    bassa 
contiene   diversi    importanti   edifizi. 
Questa  città  delta  Novgorod  la  pic- 
cola,  ha    26    chiese,  due  convcHtr, 
seminario,  collegio,  due  case  di  ca- 
rità, scuola  militare    e  fabbriche;  è 
commerciante,  e  nel  1817  vi  si  tras- 
portò   la  famosa  fiera  di  Makariev. 
Fu  questa  città  fondata  nel   1222  o 
nel    1227  da  Jori  o  Giorgio  Vsevo- 
lodovitch  III,  e  fu  per  molto  tempo 
la    residenza  de'  principi    di  Suzdal 
e  Nijni  Novgorod.  Dal  i3i7  fu  sac- 
cheggiata   e  abbruciata    molte  vol- 
te   dai    tartari.  Molto  soffrì  nel  se- 
colo XV  per  fame    e  frequenti   in- 
cendi.   Si    pretende  che  Pietro  I    il 
Grande  avesse  in  pensiero  farla  ca- 
pitale dell'impero.   Oriens  christ.  t. 
I,   p.    l32l. 

NOVGOROD  oNOVOGRODEK. 
SIEVERSKOI.  Città  vescovile  dcl- 


NOY  143 

la  Russia  europea,  a  1 06  leghe  da 
Mosca,  capoluogo  di  distretto  sulla 
riva  destra  del  Desna.  Ha  molte 
chiese  ed  un  convento.  Sino  al  i523 
fu  la  capitale  d'un  principato  dei 
sovrani  di  Kiovia.  Successivamente 
presa  dai  tartari,,  lituani  e  polac- 
chi, fu  definitivamente  riunita  alla 
Russia  pel  trattato  di  Deulina.  Nel 
1604  il  principe  Trubetzkoì',  alla 
testa  di  un'armata  moscovita,  scon 
fìsse  sotto  le  sue  mura  le  truppe 
del  celebre  Dmitri,  GrÌ!>ka  Otre- 
piev.  Le  chiese  di  Novgorod  o  No- 
vogrodek  e  di  Tcliernigow  sono 
governate  dal  medesimo  prelato. 
Oriens  christ.  t.  I,  p.    i32o. 

NOYON,  Novìodunum.   Città  ve- 
scovile di  Francia,     nella    Picardia, 
dipartimento  dell'  Oise,  circondario 
e  capoluogo  di  cantone,  sulla    Vor- 
se^  che  vi  si  divide  in  due  rami   e 
va    ad  unirsi  all'Oise,  al  pendio  di 
una   collina  in  situazione  vantaggio- 
sa ed  amena,  a  25  leghe  da  Pari- 
gi. Ben  fabbricata  e  distribuita,  tro- 
vasi decorata  di  belle  fontane  pub- 
bliche.   Sono    osservabili    gli  edifizi 
della  cattedrale  dedicata  alla  Beata 
Vergine,    eretta    da    Pipino    e   da 
suo  figlio  Carlo  Magno,  dell'antico 
palazzo    episcopale,    la    chiesa   di  s. 
Eligio    già    abbazia    de' benedettini 
della  congregazione  di  s.  Mauro,  e 
gli  ameni  passeggi.  Evvi  un    picco- 
lo  seminario    ed    un    ospedale.    È 
patria    di    Antonio  le  Conte    giure- 
consulto, dell'avvocato   Bonaventura 
Fourcroi,    di    Francesco    Maucroix, 
dello    scultore    Giacomo    Sarraziu, 
di  Calvino,  del  console  Lebrun,  del 
ministro   Pioland,  del  generale    Du- 
mouriezj  e  di  altri  personaggi,    es- 
sendo   nati    a    poca  distanza  i   due 
fisici  Nicola  le  Cat  e  Nollet.    I  din- 
torni   sono    coperti    di  bei  giardini. 
Questa  antichissima  città,  delta  au- 


i44  NOY 

die  Noviomagiun  Bel^ariim  e  No- 
viornagu.i  yaldicassìuin^  non  era  mol- 
lo considerabile  duranle  l' impero 
romano,  e  fu  rovinata  dai  haihai'i. 
Chilperico  II  fu  quivi  sepolto  nel 
7215  e  Carlo  Magno,  secondo  al- 
cuni, fattosi  coronare  in  Noyon,  per 
qualche  tempo  la  fece  capitale  del 
suo  vasto  impero.  Nell'859  fu  sac- 
clieggiata  dai  normanni,  ed  abbru- 
ciala nel  ii3i,  I  i52  e  1228.  Ugo 
Capeto  vi  si  fece  proclamare  nel  987, 
e  divenne  la  capitale  dell'antico  pae- 
se delNoyonnais.  Gli  spagnuoli  l'ab- 
bruciarono totalmente  dopo  la  fa- 
mosa battaglia  di  s.  Quintino.  Nel 
i5i6  Francesco  I  e  Carlo  V  vi 
conclusero  un  trattalo  di  pace.  En- 
rico IV  la  tolse  alla  lega  a'28  ago- 
sto iSgr  ;  il  duca  di  Mayenne  la 
riprese  ne' primi  del  1598  col  soc- 
corso degli  spagnuoli,  comandati  da 
Carlo  conte  di  Mansfeld.  Assediata 
di  nuovo  da  Enrico  IV  nel  settem- 
bre i594>  se  ne  impadronì  a' 18 
ottobre. 

La  sede  vescovile  di  questa  chie- 
sa era  dapprima  Vermand,  capitale 
del  Vermaudese,  detta  Augusta  P^i- 
romanduorunif  eretta  nel  3i4  suf- 
fraganea  di  Reims;  ma  essendo  sta- 
ta quella  città  distrutta  dai  barba- 
ri nel  53o  o  53 1,  la  sede  vescovi- 
le fu  trasferita  a  Noyon.  I  vescovi 
di  Noyon  avendo  altresì  governata 
la  chiesa  di  Tournay  unitamente  a 
quella  di  Noyon,  furono  litolari  del 
nome  di  ambedue  le  chiese  fino  al 
I  14^.  Il  vescovo  di  Noyon  era  con- 
te di  Noyon  e  pari  di  Francia,  e 
portava  il  cingolo  della  spada  nel- 
la consecrazione  del  re.  Ilario  fu  il 
primo  vescovo  di  Vermand  ,  cui 
successero  Martino,  Germano,  Mas- 
simo o  Massimino,  Fossonio  o  Co- 
Ionio,  Alterno,  ec.  fino  ad  Ailome- 
ro,    dopo   il    quale  la  sede  di  Ver- 


NOY 

mand  fu  trasferita  a  Noyon  .  Il 
primo  vescovo  di  Noyon  fu  s.  I^Ic- 
dardo  vescovo  di  Vermand  nel  53o, 
che  trasferì  la  sede  nel  53 1  a- No- 
yon, cui  nel  532  unì  il  vescovato 
di  Tournay;  morto  nel  545,  secon- 
do il  p.  le  Cointe;  ma  il  p.  Pagi 
fissa  la  di  lui  morte  nel  56 1,  ed 
il  Chenuj  Series  epìsc.  Noviodu- 
neiisis^  nel  556.  Faustino  o  Agosti- 
no gli  successe,  indi  Gundulfo,  Ebrul- 
fo,  IJertundo  ,  nel  633  s.  Asca- 
ri o  ,  nel  645  s.  Eligio  prima  o- 
refice  ,  onde  n'è  il  patrono;  con- 
corse alla  fondazione  delle  mona- 
che di  s.  Eligio  (Fedi),  e  die  il 
sacro  velo  a  s.  GodeberLa  (Fedi). 
Ne  fu  successore  nel  659  o  664 
s.  Mumnoleno  di  Costanza,  morto 
nel  685  ;  altro  santo  fu  s.  Enuzio 
del  74  ^  morto  nel  744*  Verso  il 
II 46  la  chiesa  di  Tournay  ricupe* 
rò  il  suo  vescovato  particolare,  per 
decreto  di  Eugenio  III,  essendo  ve- 
scovo di  Noyon  e  Tournay,  Simone 
figlio  di  tlgo  il  Grande  conte  del 
Vermandese,  il  quale  condiscese  im- 
mediatamente a  quella  separazione; 
morì  Simone  nel  1 148  in  Seleucia, 
durante  il  suo  viaggio  per  Terra- 
santa,  intrapreso  col  re  di  Francia 
Luigi  VII.  Nel  I  148  succedette  Bal- 
dovino di  Boulogne,  e  morì  nel 
1167.  Stefano  d'Albert  o  Aubert, 
fatto  vescovo  di  Noyon  nel  i337 
da  Benedetto  XII,  rifabbricò  dai  fon- 
damenti la  cattedrale;  dopo  tre  an- 
ni trasferito  a  Clermont,  nel  i342 
creato  cardinale,  e  Papa  nel  i352 
col  nome  à' Innocenzo  VI  (Fe^i). 
Quanto  agli  altri  vescovi,  sino  a 
Giovanni  Francesco  de  la  Cropte 
de  Bourzac  di  Parigi  del  1733,  mor- 
to nel  1765,  vedasi  la  Gallia  cìirist. 
t.  IX,  p.  978  e  seg.  Ne  furono 
ultioii  vescovi  :  1766  Carlo  de  Bro- 
glie  della  diocesi  di  Lisieux;    1778 


NUB  NUB                   10 

Lodovico  AiKÌrea  de  Grimaldi  del-  gn'zia,    ircll*  Etiopia  (Fedi).  Questo 

ì»  diocesi  di  Vence,  traslato  da  Le  paese  formava  anticamente  una  pro- 

Mans,  che  per  esseie  stato  soppres-  vincia    ecclesiastica    nel    patriarcato 

so    nel    1801    il  vescovato  dal   con-  ò* Alessandria,  e  vuoisi  che  s.  Mat- 

cordalo,  morì  in   Londra  nel  1806.  teo  vi  abbia  predicato  il  cristianesimo, 

I  canonici  regolari  di    s.  Genoveffa  che  vi  si  mantenne  sino  circa  al  secolo 

dirigevano   il  collegiOj    e  vi  aveano  XVL  Altri  dicono  che  il  cristianesimo 

l'abbazia  di  s.  Bartolomeo.  Il  vesco-  vi  fu  stabilito  nel  IV  secolo,  ma  oggi 

ve  godeva  25,ooo  lire  di  rendila.  vi    domina  il  maomettismo,  e  que- 
sto   alterato,    essendo    le  cerimonie 

Conciliì  di  Noyon,  degli  abitanti  miste  di  cristianesimo, 

giudaismo    e    maomettismo .    Ecco 
Il  primo  fu  tenuto  neir8i4  per  alcuni  metropolitani  della  Nubia,  re- 
regolare   i    confini    de'  vescovati    di  gistrati    dal    p.    Le    Quien,    Oiiens 
IVoyon   e  di  Soissons.  Reg.    t.  XX;  christ.  t.  II,  p.  662.  Ciriaco  o    Sì- 
Labbé  t.  VII;  Arduino  t.  IV.  riaco    ne    occupava    la    sede    sotto 
Il  sev^ondo  nell'SSi,  vi  fu  depo-  Chail    I    patriarca    d'Alessandria: 
sto    Gessè    vescovo    d'Amiens,    reo  Abramo    re  di    Nubia   concepì   tale 
di  delitto  di  lesa  maestà.  Labbé  t.  odio   contro   Ciriaco,    che    minacciò 
VII;  Arduino  t.  IV.  il    patriarca   d'introdurre   l'idolatria 
Il     terzo  nel    i23i     0    1233   in  he' suoi  stati,  se  non  nominava    ai- 
favore    di  Milone  vescovo  di  Beau-  tro   metropolitano.    I    vescovi    della 
vais,    il   quale  pretese  che  s.   Luigi  provincia    perciò    essendosi    riuniti, 
IX  avesse  violati     i    diritti  di    sua  fu  deciso  il  ritiro  di  Ciriaco  in  mo- 
chiesa,     onde    i  vescovi  scagliarono  nasteroj  e  Giovanni  fu  eletto  a  sue- 
l'interdetto,  rivocato  poi  nel  concilio  cessore.  N.  era  metropolitano  di  Nu- 
di   s.  Quintino,    perchè    non   intesi  bia  nel    1173,  quando  fu    condotto 
i  capitoli    della  provincia.  Labbé  t.  prigioniero   in    Egitto    dal    fratello 
XI  ;    Arduino  t.   VIL  del     sultano.  La  Nubia  è  poco  po- 
li quarto  nel    1271   o   1272   per  polata  riguardo  alla  sua  estensione; 
la  libertà  della  chiesa.  Labbé  t.  XI.  il    maggior    numero    degli    abitanti 
Il  quinto  nel   i  280  in  cui  si  prò-  sono    discendenti    da    arabi,   di  cui 
clamarono  regolamenti  sui  processi,  parlano  in  generale  la  lingua,  tran- 
sulle  usure,  sui  giudici    e  sugli  av-  ne    quelli  della  parte  settentrionale 
vocati.  Arduino  t.  Vili.  del  Nilo  che  parlano  due  particola- 
li    sesto    nel    i344    ^'26  luglio,  ri    dialetti,   il  scialleli    e  il    nubah^ 
presieduto  da  Giovanni  arcivescovo  Nella  Nubia  sonovi  alcune  tribù  pa- 
di    Reims  :    furonvi    fatti  diciassette  gane,  e   fra    i    maomettani  esistono 
canoni  relativi  alla  giurisdizione  ec-  alcune    specie    di  santoni,  che  si   ri- 
clesiastica    continuamente    lesa,   alla  guardano  come  gente  illuminata,  e 
celebrazione  dell' uffizio  divino,  alla  che    s'impiegano    come    giudici  nei, 
superstizione    di    alcuni     barcaiuoli,  processi.  La  Nubia  corrisponde  alla 
alle  esazioni  esorbitanti,  ec.    Labbé  parte   settentrionale   dell'Etiopia    al 
t.  XI;   Arduino  Vili.  di  sopra  dell'Egitto,  chiamata    pae- 
NOZZE,   F.  Matrimonio.  se    di    Chus    nella  sacra  Scrittura  : 
NUBIA.  Contrada  òeW /africa,  che  in    questa  contrada,  Cambise  re  di 
confina  coW Egitto,  V Albissima,  la  Ni-  Persia,   dicesi  fondò  Meroe  capitale 
voL.  xivni.  I  o 


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i46  NUM 

dì  possente  stato.  Nella  l'egione  si 
trovano  magnifici  avanzi  di  antichi- 
tà. Pare  che  nel  secolo  VII,  poco 
iJopo  l'era  maomettana,  gli  arabi 
Ti  si  stabilissero.  I  diversi  suoi  sta- 
ti o  paesi  sono  in  generale  gover- 
nati da  un  capo  indipendente  asso* 
luto,  che  prende  d*  ordinario  il  ti- 
tolo di  malek.  L'attuale  viceré  d'E- 
gitto Mehemet  Aly,  nel  1820  confi- 
dò al  figlio  Ismail  una  spedizione 
in  Nubia,  ma  peri  assassinato  nel 
1822,  e  fu  vendicato  da  una  se- 
conda spedizione. 

NUDI-PIEDI.  Eretici  albigesi,  che 
dicevano  bisognar  camminare  a  pie- 
di nudi  per  salvarsi,  errore  che  fu 
sostenuto  da  vari  fanatici,  come  da 
molti  anabattisti  che  comparvero  in 
Moravia  sul  finire  del  secolo  XVI. 
Non  portavano  essi  ne  calze,  ne 
scarpe;  vivevano  poverissimi  nelle 
campagne,  e  facevano  professione 
d'imitare  la  vita  degli  apostoli.  Fu- 
rono chiamati  anco  spirituali  o  se- 
parati. 

NUHADRA  o  BETA  NUHA- 
DRA.  Sede  vescovile  sotto  il  ma- 
friano  de'giacobiti,  situata  ai  confi- 
ni di  Babilonia;  e  trovasi  anche 
tra  i  vescovati  della  diocesi  de' cal- 
dei, prima  sotto  la  metropoli  d'A- 
diabena^  poi  di  Mosul.  Di  quella 
de'giacobiti  furono  vescovi,  Daniele 
del  63o,  Giovanni  del  759,  Atana- 
sio del  1265,  e  Giovanni  del  1284. 
Oriens  christ.  t.  Il,  p.  i233  e  1592. 

NUMAI  Cristoforo,  Cardinale, 
Cristoforo  Numai,  nato  di  ricca  e 
cospicua  famiglia  in  Forlì,  cioè  da 
Francesco,  e  da  Cassandra  Herco- 
lani,  dotato  di  uno  spirito  straor- 
dinario, ammaestrato  nelle  scienze 
in  Bologna  vi  fece  mirabili  pro- 
gressi. Quindi  disgustato  del  mon- 
do ,  ivi  vestì  l'abito  francescano , 
donde  trasferitosi  in  Francia   per- 


NUM 
fezionò  i  suoi  studi  in  Parigi  con 
riportare  la  laurea  dottorale  nell'u- 
niversità della  Sorbona  ;  e  come  di 
rara  prudenza  fornito,  non  meno  che 
di  eccellente  dottrina  e  santità  di 
vita,  fu  sollevato  alle  prime  cari- 
che della  religione,  e  finalmente 
nel  capitolo  tenutosi  in  Roma  nel 
i5i7  a  quella  di  generale  di  tut- 
to l'ordine.  A  Francescano  ordi- 
re dissi  come  fu  l'ultimo  generale 
dell'intiera  religione  serafica,  divi- 
sa quindi  in  minori  osservanti  e 
conventuali.  Essendo  in  gran  con- 
cetto presso  Francesco  I  re  di  Fran- 
cia, e  alla  regina  Claudia  sua  mo- 
glie, che  lo  scelse  in  direttore  del- 
la propria  coscienza,  (altri  preten- 
dono che  lo  fu  della  madre  del 
re  ),  ed  essendo  pure  per  le  sue 
sublimi  virtù  in  favore  di  Leone 
X,  questi,  senza  che  neppure  se  lo 
immaginasse,  nel  primo  luglio  i5i7 
lo  creò  cardinale  prete  di  s.  Bar* 
tolomeo  all'Isola  o  di  s.  Matteo  in 
Merulanaj  essendo  nera  calunnia 
dell'empio  Lutero,  che  temeraria- 
mente asserì  aver  egli  sborsato 
trenta  mila  fiorini  per  conseguire 
il  cardinalato;  mentre  l'Oldoino  e 
il  Wadingo  affermano,  che  per  in« 
durlo  ad  accettarlo  vi  fu  biso- 
gno dell'espresso  comando  del  Pa- 
pa. Nell'istesso  anno  lo  fece  ve- 
scovo d' Alatri,  a  cui  nel  i522 
Adriano  VI  aggiunse  la  chiesa  d'I- 
sernia.  Il  Marchesi  nel  suo  libro  dei 
Protonotariy  confondendolo  con  Ales- 
sandro Numai  protonotario,  dice 
che  fu  pure  vescovo  di  Forlì,  e 
senza  badare  alla  notabile  distanza 
delle  epoche,  che  Paolo  II  gli  die 
la  legazione  dell'  Umbria,  e  Sisto 
IV  quella  all'  imperatore  Federico 
III  (ciò  che  realmente  eseguì  Ales- 
sandro), che  pacificò  col  duca  di 
Borgogna  mentre  stavano  per  guei'- 


I 


NUM 

regglare,  ma  giustamente  il  Cardel- 
la  dubita  assai  di  tali  notizie,  ed 
il  Fleury  narra  che  dopo  la  pro- 
mozione fece  un  viaggio  in  Fran- 
cia. Questo  fu  per  la  legazione  a 
Francesco  I,  per  esortarlo  a  pren- 
dere le  armi  contro  il  turco.  Altri 
eziandio  lo  dissero  vescovo  di  Reg- 
gio di  Calabria,  ma  ne  di  questo 
ne  di  quello  di  Modena  si  vede 
registrato  nell'Ughelli.  Leone  X  lo 
investì  del  dominio  temporale  di 
Bertinoro,  che  poi  rinunziò  con 
pontificia  facoltà  al  fratello  Nico- 
lò. Nel  funesto  sacco  di  Roma,  non 
potendo  ritirarsi  in  luogo  sicuro  es- 
sendo impedito  dalla  podagra,  soffri 
con  invitta  pazienza  e  fortezza  d'ani- 
mo obbrolDri  e  contumelie  atro- 
cissime dagli  eretici,  é  a  grande 
sterno  potè  campare  la  vita  con 
dar  loro  quanto  avea.  Tuttàvolta 
condotto  in  carcere,  solo  ne  fu  tol- 
to quando  di  lui  si  rese  malleva- 
dore Cesare  Hercolani  suo  affine  e 
concittadino.  Il  cardinale  per  non 
essere  testimone  di  ulteiiori  scelle- 
ratezze, e  ristorare  l'abbattuto  ani- 
mo suo,  passò  in  Ancona.  Interven- 
ne ai  conclavi  di  Adriano  VI  e  Cle- 
mente VII,  morendo  in  Ancona 
nel  i528  a'  21  marzo,  non  nel 
i52g,  e  trasferito  in  Roma  fu  tu- 
mulato nella  chiesa  di  s.  Maria  di 
Araceli,  allora  suo  titolo,  senza  fu- 
nebre memoria. 

NUME,  Numen.  Deità.  F.  Idolo. 

NUMERO,  Numerus.  Raccolta 
di  più  unità.  L' aritmetica  è  l' ar- 
te o  scienza  che  insegna  a  partire 
i  numeri.  Numero  pigliossi  per  le 
figure  aritmetiche  o  d' abbaco,  e 
numero  si  disse  l'  armonia  del  ver- 
so. Gli  antichi  che  assai  poco  si 
accordarono  sulT  origine  de'  nume- 
ri, ne  attribuirono  V  invenzione  a 
Minerva  0  a  Mercurio,  o  a  Pilago- 


NUM  147 

ra  di  Samo.  Il  Vossio  pretende  che 
gli  egizi  sieno  stati  gl'inventori  dei 
numeri,  che  Abramo  gli  abbia  im- 
parati presso  quel  popolo,  e  che  di 
là  sieno  passati  alle  altre  nazioni. 
Le  figure  destinate  a  segnare  o  in- 
dicare i  numeri,  furono  differenti 
presso  i  greci  e  presso  i  romani, 
I  greci  inventarono  da  prima  una 
aritmetica  molto  semplice.  Consi- 
steva questa  in  sei  lettere  dell'al- 
fabeto e  colla  loro  combinazione 
formavano  il  valore  di  tutte  le  ci- 
fre. In  appresso  si  servirono  delie 
lettere  secondo  la  serie  e  l'ordine 
dell'  alfabeto;  finalmente  divisero 
i  greci  le  loro  lettere  in  tre  classi, 
delle  quali  la  prima  è  quella  del- 
l'unità, la  seconda  quella  delle  de- 
cine e  la  terza  quella  delle  centi- 
naia. I  primi  romani  non  ebbero 
alcuna  specie  di  aritmetica,  il  che 
viene  provato  dal  chiodo  che  ogni 
anno  attaccavano  alla  muraglia  del 
tempio  di  Giove  sul  Campidoglio, 
per  indicare  il  corso  e  il  numero 
degli  anni.  Ma  in  appresso  forma- 
ronsi  un  modo  di  conteggiare,  eh' è 
una  conseguenza  dell'  aritmetica  di- 
gitale, perchè  non  adoperarono  in 
essa  se  non  che  cinque  lettere,  colla 
combinazione  delle  quali  essi  espri- 
mevano tutti  i  numeri,  cioè  :  I . 
V. X.L.C.  Per  ciò  che  riguarda 
le  nostre  cifre  arabiche,  esse  non 
appartengono  né  ai  greci  né  ai  ro- 
mani: tutti  sono  ora  d'accordo  che 
tali  cifre  sono  state  inventate  o  a  noi 
pervenute  dagli  orientali,  primiei-a- 
mente  perchè  quando  due  o  un  piti 
gran  numero  di  queste  cifre  sono 
unite  insieme  si  comincia  a  com- 
putare dal  Iato  destro  volgendo 
verso  il  sinistro,  il  che  era  in  uso 
neir  oriente  ;  poi  perche  si  fece  uso 
anticamente  di  quei  caratteri  per 
indicare  i  segni    del  zodiaco  e  dei 


i48  NUM 

pianeti,  che  piimi  a  noi  trasraisero 
gli  arabi.  Gli  antichi  scrittori  attri- 
buiscono anche  a  Pitagora  l' aver 
scoperte  alcune  virtù  divine  ne*  nu- 
meri. Si  crede  che  gli  ebrei  tras- 
mettessero ai  primi  cristiani  d'A- 
lessandria la  dottrina  della  fatalità 
de*  numeri.  Da  questo  trasse  ori- 
gine in  gran  parte  la  cabala  dei 
rabbini  sulle  combinazioni  numeri- 
che. Tuttora  sussiste  presso  alcuni 
il  riferire  ai  numeri  gli  avvenimen- 
ti sgraziati  e  felici.   J^edi  Epoca. 

I  segni  co' quali  si  esprìmono 
ordinariamente  i  numeri  chiamansi 
cifre.  L*  invenzione  de'  caratteri  nu- 
merici è  antichissima,  e  gli  egizi  li 
aveano  immaginati  avanti  l' epoca 
in  cui  conobbero  i  caratteri  alfa- 
betici .  Vedi  Lettera.  Tuttavolta 
r  origine  delle  cifre  numeriche,  det- 
te comunemente  cifre  o  numeri  a- 
rabici,  si  ravvolge  nella  più  cupa 
antichità.  Il  nome  che  si  dà  loro 
di  arabici  deriva  dall'  opinione  ge- 
neralmente accolta  in  occidente  che 
siano  stati  trasportati  dall'oriente  e 
che  l'Europa  gli  abbia  ricevuti  dagli 
arabi  o  dai  saraceni.  -Si  volle  inoltre 
attribuirne  1'  origine  ai  greci^  ai  ro- 
mani, ai  celti,  ai  cartaginesi,  agli 
sciti,  agli  egizi.  Tuttavia  la  mag- 
gior parte  degli  scrittori  moderni 
attribuisce  agl'indiani  l'invenzione, 
che  forse  la  riceverono  dagli  arabi 
e  a  noi  la  trasmisero.  11  tempOj 
che  tutto  altera  e  sconvolge,  portò 
qualche  differenza  anche  tra  i  no- 
stri numeri  e  quelli  degli  arabi, 
che  ciedonsi  nostri  maestri,  o  pure 
tra  le  cifre  degl'  indiani  e  quelle 
degli  arabi,  cosicché  in  oggi  la  for- 
ma o  la  situazione  pnmiliva  di 
alcune  cifre  numeriche  si  trova  in- 
teramente cangiata.  Dicesi  che  Leo- 
nardo Fibonacci  pisano  introdu- 
cesse nei   1202  in    Italia  i  numeri 


NUM 

e  le  cifre    arabiclie;     »hn  ne  asse-* 
gnano  il  merito  al  monaco  greco  Ph»- 
nude  ;   altri  nel  secolo  X  a  Gerbcrto 
poi   Silvestro  II;  gli  spagnuoli  l'aUri- 
buiscono  al  re  Alfonso  X;  certo  è  che 
le  cifre  arabiche  erano    in  Europa 
conosciute    avanti    la   metà    del  se- 
colo XIII,  e  l'uso  adottossi  a  poco 
a  poco,    ma  con    altre  forme.  Per 
riguardo  de'  numeri  romani,  le  no- 
zioni sono    troppo   note,  e  diffusa- 
mente ne  trattò  Bonel,  Tesoro  del- 
le ricerche.    Il    Buonarroti,  De  vetri 
amichi  p.   89  e    90,  parla    de'nu- 
meri,  loro  mistiche    allegorie  usate 
dai  padri  nelle    omelie  al    popolo; 
del  numero  centesimo  dato  antica- 
mente ai  martiri  e    da  s.     Girola- 
mo attribuito   alle  veigini;  del  ses- 
santesimo   riferito     dal     medesimo 
santo  alle     vedove;    e  il    trigesimo 
già    delle     vedove    applicato     dallo 
stesso  alle  maritate,  quanto  al  frut- 
to e  merito  d'ognuno  de' nominati 
stati.    Vedi  il  Cerlendi  :  Cabalonia' 
chi  a:  hoc  est  artis  cahaUstìcae  op- 
piignatio  ;  e  l'articolo  Lotto.  Tra 
quelli  che  riputarono  le  cifre  ara- 
biche romane,    nomineremo    il    p. 
Calmet,    Ricerche  sult  origine  delle 
cifre  d^  aritmetica  j  ed  il  conte  Zi- 
nannì,  Dissert.  de  numeraliiiin  no- 
tarum  minuscularum  origine^  affer- 
mando che    l'introdusse    nell'arit- 
metica Marco  Aurelio,  e  dall'  Italia 
passarono  per    tutto     il     resto    del 
mondo.  Eruditissime  notizie  biblio- 
grafiche de'  misteriosi    attribuii  dei 
numeri  ternario  e  settenario,  ripor- 
ta il  Cancellieri    §  XIII:     Le    sette 
cose  fatali  di    Roma.  Giuseppe  de 
Mattheis  :    SidV  origine   de'  numerì 
romani  dissertazione,  Roma.   Vedasi 
Novena,  OTTAVARro  e  Tridui. 

NUMERO  AUREO,  o  CICLO 
LUNARE.  Vedi  Calendario  e  Ci- 
clo Pasquale. 


NUM 
]VUM1DIA.  Vasta    contrada  del- 
l' Africa ,    «lilla    costa    seUcnlrionale 
che  eslendevasi  daW  j^frica  propria 
air  oriente ,    sino    alla     Alauritiana 
all'occidente,  venendo  separata  dal- 
l'una e  dall'altra  dal  monte  Atlan- 
te,   e    confinando    colla    Libia  dal- 
ia parte  del  mezzodì    e    col    Medi- 
terraneo a  settentrione.    La    iNumi- 
dia  corrisponde  parte ,    secondo  al- 
cuni,   a     ciò    che    poscia    chianiossi 
Biledulgerid;  la  maggiore  e  più  oc- 
cidentale parte  di  essa    corrisponde 
però  allo  slato  di    Algeri ,    in    cui 
Gregorio  XVI  eresse  la  sede  vesco- 
vile. Tutta  la  JN'umidia  eia  abitata 
da  molti    piccoli    popoli ,    de'  quali 
erano  i  principali  i  massili  o  inas- 
syli  e  i   massoesyli ,    che    al    tempo 
della  guerra    del    Peloponneso    cia- 
scuno aveva   il  suo  sovrano.  Poscia 
fu  in   parte    sottomessa    ai    cartagi- 
nesi, e  per  un  tempo    ad  Agatocle 
tiranno  di  Siracusa.  I  principali  so- 
vrani furono  gli  avi  di  Siface  e  di 
Giugurta;  i  primi  tenevano  la  cor- 
te in  Siga  ,  gli  altri    in  Zama.    Al 
tempo  della  seconda  guerra  punica 
regnavano  Gala  padre  di    Massinis- 
sa,  e  Siface  col  quale  si  coUegaro- 
no    i    due    romani    Scipione ,    onde 
opporre  a  Cartagine  un  nemico  sul- 
le frontiere.     I    cartaginesi  si  col  le- 
garono con   Gala,  ad  istigazione  di 
Massinissa,  il  quale  fugò  Siface.  Que- 
sto divenne  poi  sì  terribile  ai  carta- 
ginesi che  per  staccarlo  dai  romani 
gli  dierono  in  isposa  la  bella  Sofonis- 
ba  già  promessa  a  Massinissa.  Allora 
il  deluso  principe ,    per  vendetta  si 
gittò  nel  partito    romano  e  sosten- 
ne gloriosamente  e  con   pochi   mez- 
zi terribili  guerre  con  Siface,  e  fu 
di  gran  vantaggio  ai    romani ,    che 
videro    per    lui    ritornare  Annibale 
in  Africa.  Massinissa    cacciò    tutti  i 
piccoli  re  di  Numidia,  e  piesa  Cir- 


NUM  i49 

ta  (Vedi),  vi   trovò  Sofonisha,  che 
in    vece    di    cederla    ai    romani    le 
somministrò  il   veleno  di  cui   morì. 
I  romani  gli  diedero    la    Numidia , 
che  così    fu    riunita    sotto    un  solo 
sovrano,  e  procurò  civilizzarla.  Do- 
po di  lui  regnò    il    figlio    Micipsa , 
che  dichiarò  eredi  i  suoi    due  figli 
e  il  nipote   Giugurta ,    il  quale  poi 
nelle  guerre  co'  romani  divenne  lo- 
ro   prigioniere,    onde    la    Numidia 
passò  nel  dominio  di  Roma ,  tran- 
ne una  porzione  data    al  re  Bocco 
li-adilore  del   vinto  e  prode    re,  la 
quale    fu    chiamata    nuova    Mauri - 
tiana,  e  poscia  tutta  la  Numidia  fu 
riunita  all'  impero.  Tuttavolta    Au- 
gusto   restituì    a    Juba    li  il  regno 
di  parte  della    Mauritiana    del  suo 
padre  Juba  1,  dopo    la    cui    morte 
non  ebbe  più  re  la  Numidia  e  ri- 
mase ridotta    a    provincia    romana. 
A*  nostri    giorni    fu    paragonato    a 
Massinissa     e    Giugurta     il     famoso 
Abd-el-Kader,   di  cui  fieci  cenno  nei 
voi.  XLII,  p.  289,  e  XLIII,  p.  109. 
Egli   nel    dicembre     1847    si    sotto- 
mise alla   Francia,  ed  in    questa  fu 
trasportato    colla     famiglia.    Ora   si 
pretende    che    l'ex   emiro    Abd-el- 
Kader  non  sia    nato    maomettano , 
ma   originario  da   famiglia  spagnno- 
la  di   Valenza,  i  cui  parenti    colla- 
terali   ancora    vi    abitano,    e  fatto 
prigioniero  essendo  fanciullo  dai  pi- 
rati ,  fu   portato  in  Africa  colla   ta- 
miglia. 

La  religione  cristiana  vi  fece  mi- 
rabili progressi  ;  nel  IV  secolo  Gir- 
la era  metropoli  della  provincia 
ecclesiastica  di  Numidia  ,  con  cento 
trentaquattro  sedi  vescovili  suffra- 
ganee,  molte  delle  quali  assai  illu- 
stri, registrate  da  Commanville  a 
pag.  i53  e  seg.  HisL  des  archév  , 
e  descritte  dal  Morce Ili, /^/nc«  Chri- 
stiana, e  da  noi  brevemente  ai  loro 


i5o  NUM 

articoli,  in  un  ai  concflii  che  vi  fu- 
rono celebrati.  Dipoi  i  vandali  con 
Genserico  invasero  la  Numidia  e  vi 
fecero  strage,  con  immenso  danno 
delle  sedi  vescovili  e  del  cristiane- 
simo. Ricuperala  da  Giustiniano  F, 
nei  primi  anni  del  VII  secolo  gli 
arabi  e  mori  maomettani  la  con- 
quistarono, vi  distrussero  la  cri- 
stiana religione  e  introdussero  il 
maomettismo,  e  dilHcilmente  talvol- 
ta vi  penetrarono  missionari,  ben- 
sì gli  ebrei.  Gregorio  XVI  istituì 
il  vicariato  apostolico  di  Gallas ,  e 
nel  maggio  1846  quello  dell'Afri- 
ca centrale,  come  dissi  nel  voi.  XLV, 
pag.  249»  ove  feci  pur  cenno  del- 
la missione  del  celebre  gesuita  p. 
nyllo,  ora  in  Tarfur  sede  del  secondo 
vicariato,  dal  medesimo  Papa  man- 
dato nei  paesi  dell'Africa  centrale. 

Concila  di  Numidia. 

ti  primo  nel  348  dai  capi  dei 
donatisti,  per  far  cessare,  come  di- 
cevano essi,  le  violenze  di  Macario, 
il  quale  era  andato  in  Egitto  per 
distribuir  a*  poveri  l'elemosine  del- 
l'imperatore Costanzo  I,  trovando- 
si invece  costretto  farsi  accompa- 
gnar dai  soldati,  per  difendersi  dai 
donatisti.  Mansi,  Suppl.  t.  I,  p.  217. 

Il  secondo  nel  4^2  o  4^3.  An- 
tonio mandato  vescovo  a  Fussala , 
dopo  che  gli  abitanti  ebbero  abiu- 
rato lo  scisma  dei  Donatisti  (Fedi), 
fu  privato  d'ogni  giurisdizione  so- 
pra i  diocesani ,  venendo  accusato 
di  molti  delitti.  Ma  il  vescovo  a- 
vendo  impegnato  il  metropolitano 
di  Numidia  perchè  scrivesse  al  Pa- 
pa s.  Bonifacio  I  in  suo  favore, 
quindi  essendosi  portato  in  Roma 
per  far  riformare  la  sentenza  del 
concilio,  s.  Agostino  vescovo  d' Ip- 
pona  (Vedi)  scrisse  al  Papa  s.  Ce- 


NUN 
le«tluo  r  la  lettera  209,  per  avver- 
tirlo delle  imposture  d'  Antonio  e 
per  dimostrargli  che  il  concilio  avea 
agito  conformemente  agli  usi  della 
chiesa  d'Africa.  Mansi  p.  3og. 

Il  terzo  nel   592,  rigettato  da  s.     1 
Gregorio  I.  Arduino  t.   111. 

Il  quarto  nel  604,  contro  i  si- 
moniaci. Reg.  t.  XVI;  Labbé  t.  V. 

Il  quinto  nel  646  contro  i  mo- 
noteliti.  Ibidem. 

NUMIDIA.  Sede  vescovile  della 
Mauritiana  Cesariana,  nell' Africa 
occidentale ,  sotto  la  metropoli  di 
Cartagine.  NumidJa,  Nuniidien,  e  un 
titolo  vescovile  in  partibiis ,  sutfra- 
ganeo  di  Cartagine ,  che  conferisce 
la  santa  Sede.  Per  ultimo  ne  furo- 
no decorati  Severino  Maria  Castelli, 
e  per  sua  morte  Leone  XII  nel 
concistoro  de'  28  gennaio  1828  lo 
die  a  monsignor  Stefano  de  Blan- 
quet  de  Resuville  di  Mandes,  già 
vicario  generale  di  Chartres  e  di 
Reims. 

NUNILONA  ed  ALODIA  (ss), 
sorelle,  vergini  e  martiri.  Vivevano 
nel  secolo  IX,  sotto  il  regno  di  Ab- 
derameno  II  re  de'  mori  o  sarace- 
ni ,  in  Ispagna.  Il  loro  padre  era 
maomettano  e  la  madre  cristia- 
na ,  la  quale  rimasta  vedova ,  ri- 
maritossi  ad  un  altro  maomet- 
tano. Allevate  nella  religione  cri- 
sliana  ,  ebbero  molto  a  soffrire  a 
cagione  della  brutalità  del  loro 
padrigno ,  il  quale  avea  un  uffi- 
zio ragguardevole  in  Castiglia.  Co- 
stui cercò  d' indurre  le  due  sante 
a  maritarsi;  ma  invano,  percioc- 
ché si  avevano  posto  in  cuore  di 
servire  a  Dio  nella  virginità.  Fi- 
nalmente ottennero  la  permissione 
di  ritirarsi  in  casa  di  una  zia,  cri- 
stiana assai  fervorosa ,  presso  la 
quale  si  dierono  liberamente  agli 
esercizi  della  loro  religione.  La  cit- 


NUN 
tà  nella  quale  stanziavano  chiama- 
vasi  Barbila  o  Nerveta,  che  erede- 
si  essere  Castro-Viejo  presso  Naja- 
ra  in  Castiglia,  sulle  frontiere  della 
Navarra.  Questa  città  era  sommes- 
sa ai  saraceni  allorché  Abderameno 
fece  pubblicare  i  suoi  editti  contro 
i  cristiani.  Nunilona  ed  Alodia  era- 
no troppo  conosciute  per  la  loro 
nascita,  pel  loro  fervore  e  pel  loro 
Belo,  e  non  poteano  non  venire 
prese  le  prime.  Condotte  dinanzi 
al  giudice,  mostrarono  ferma  co- 
stanza, resistendo  ad  ogni  lusinga 
e  minaccia.  Vennero  consegnate  ad 
alcune  empie  donne,  nella  speranza 
che  queste  sarebbero  venute  a  capo 
di  pervertirle  ;  la  qual  cosa  non 
essendo  riuscita,  le  due  sante  ver- 
gini furono  condannate  ad  essere 
decapitate  nella  prigione  in  cui  e- 
rano  state  rinchiuse.  La  sentenza 
fu  eseguita  il  22  ottobre  dell'SSi, 
altri  dicono  nell'  840.  11  martiro- 
logio romano  segna  la  loro  festa 
nel  detto  giorno  ;  e  la  maggior 
parte  delle  loro  reliquie  si  custo- 
disce nell'abbazia  di  s.  Salvatore  di 
Lejer  in  Navarra. 

NUNZIO  APOSTOLICO.  Nun- 
ciiis  apostolìcuSj  ApocrisariuSy  Le- 
gatus.  Prelato,  vescovo  ,  o  arcive- 
scovo, o  patriarca  benché  rara- 
mente, ambasciatore  del  Papa,  rap- 
presentante la  sua  persona  appresso 
gli  imperatori,  i  re,  i  grandi  princi- 
pi o  repubbliche,  a  cui  è  inviato  per 
ordinaria  delegazione,  e  per  affari 
straordinari,  comunemente  con  po- 
destà di  Legato  (Fedi).  A  quell'ar- 
ticolo dicemmo  però  della  diversità 
che  passa  tra  esso  e  il  nunzio ,  e 
riportammo  moltissime  cose  che  e- 
spressamente  riguardano  i  nunzi  del- 
la santa  Sede,  non  che  le  altre  spe- 
cie di  nunzi  ordinari  o  straordinari, 
destinati  presso  le  corti   sovrane  o 


NUN  i5i 

governi  di  repubbliche,  in  un  alle 
loro  prerogative,  facoltà  e  giurisdi- 
zioni, con  titolo  di  Delegato  apo- 
stolico, InternunziOj  Incaricato  d! af- 
fari. Inviato  straordinario  (Vedi)  e 
talvolta  ancora  di  Ambasciatore. 
Al  presente  esistono  propriamente 
nunziature  apostoliche  con  nunzi 
pontifìcii,  in  Briisselles  pel  Belgio, 
in  Lisbona  pel  Portogallo,  in  Lu- 
cerna per  la  Svizzera,  in  Madrid 
per  la  Spagna,  in  Monaco  per  la 
Baviera,  in  Napoli  pel  regno  delle 
due  Sicilie,  in  Parigi  per  la  Fran- 
eia,  in  Torino  per  gli  stati  del  re 
di  Sardegna,  in  Vienna  per  quelli 
dell'imperatore  à' Austria,  ai  quali 
articoli  parzialmente  ne  trattiamo  ; 
come  ai  precedenti  di  quei  ministri 
e  rappresentanti,  che  con  tali  de- 
nominazioni rappresentano  il  som- 
mo Pontefice  negli  stati  e  regni  in 
essi  enumerati.  Non  più  esistono  le 
nunziature  e  i  nunzi  di  Venezia, 
Polonia,  Inghilterra,  Colonia,  per 
que'  motivi  detti  ai  loro  articoli  ; 
altre  nunziature  invece  del  nunzio 
hanno  quel  rappresentante  intitola- 
to delegato,  internunzio,  incaricato 
e  inviato,  ma  non  tutti  decorati  del 
carattere  vescovile.  Anticamente  non 
sempre  i  nunzi  erano  insigniti  della 
dignità  episcopale,  per  cui  molte  vol- 
te i  nunzi,  principalmente  quelli  in- 
viati in  remote  parti,  furono  sacer- 
doti o  diaconi  secolari,  o  religiosi, 
ed  i  minori  francescani  e  i  domeni- 
cani contano  molti  nunzi  apostolici 
tra  i  loro  alunni.  Ordinariamente 
il  Papa  conferisce  ai  nunzi  un  ti- 
tolo arcivescovile  in  partibus,  ed 
anche  patriarcale  come  l'ebbe  il 
Macchiavelli  nunzio  di  Colonia  e  poi 
cardinale;  talora  i  nunzi  sono  ve- 
scovi di  chiese  residenziali.  Innu- 
merabili  poi  sono  i  nunzi  straordi- 
nari, che  la  Sede  apostolica  in  ogni 


tempo  e  in  tutte  le  parti  del  mondo 
lia  spedito  per  gravi  affari  della 
Chiesa  e  della  repubblica  cristiana, 
per  comporre  le  discordie  degli  stati 
e  de*  principi,  per  formare  allean- 
ze, per  conchiudere  leghe,  massime 
qontro  gl'infedeli  e  altri  nemici  del 
cattolicismo,  per  assistere  alle  ele- 
zioni degl'  imperatori  romani,  re  di 
Polonia  e  altri  sovrani,  per  presen- 
tare le  Fascie  benedette ,  la  Rosa 
ctoro  benedetta,  lo  Stocco  e  berret- 
tone benedetti  (Fedi),  o  altri  sacri 
donativi;  per  incontrare  sovrani  nei 
loro  Ingressi  in  Roma  (P^edi),  e  per 
altre  circostanze,  e  di  tutto  se  ne 
tiene  proposito  ai  citati  ed  altri  re- 
lativi articoli,  biografìe,  ec.  Ivi  pure 
sì  parla  degli  affari  trattati  dai  nun- 
zi, quali  rappresentanti  del  Papa , 
coùie  capo  della  Chiesa  e  sovrano 
temporale,  e  le  vertenze  insorte  in 
cui  furono  esposti  e  compromessi 
questi  ministri  pontificii.  Che  dai 
primi  tempi  della  Chiesa  ebbero  ori- 
gine i  legati  o  inviati  dal  romano 
Pontefice,  lo  dissi  a  Legato  e  ne 
produssi  gU  esempi  ;  ma  il  vocabolo 
propriamente  di  nunzio,  equivalente 
a  quello  di  ambasciatore  o  messag- 
giere,  cominciò  ad  essere  in  uso  ge- 
neralmente verso  la  metà  del  secolo 
XIV,  sussistendo  però  qualche  an- 
teriore monumento  con  tal  nome. 
La  residenza  del  nunzio,  il  suo  tri- 
bunate,  la  sua  cancelleria,  l'eserci- 
zio dell'officio  di  nunzio  venne  chia- 
mato nunziatiiray  legatio,  legazione, 
ambasceria,  carica  o  funzione  di  le- 
gato. 

Il  Muratori  ,  Rer.  ital.  tom.  I, 
diss.  9,  parlando  de'  messi  o  nunzi 
della  curia  e  del  loro  ofifìzio,  li  chia- 
ma :  Missi  discurrenteSf  AI  issi  do- 
minici, regii  legati  (alia  nomina 
praelermitto  )  appellantur,  e  dice  di 
essere  stati  nelle  repubbliche  per  lo- 


NUN 
ro  bene  e  per  conservazione  della 
giustizia  fra' popoli  stabiliti,  ed  olire 
i  duchi ,  marchesi ,  conti  ed  altri 
magistrati,  si  pensò  a  provvederle 
di  altro  soccorso  con  destinare  i 
messi  o  nunzi,  i  quali  andavano  gi- 
rando per  le  prò  vi  noie  e  pei  con- 
tadi, affine  di  ricever  le  querele  e 
le  istanze  de'  popoli  ,  per  ristoro 
dell'oppressa  giustizia,  con  ampie  fa- 
coltà di  correggere  gli  stessi  conti  e 
giudici  ;  che  perciò  non  avevano  fer- 
ma sede,  detti  perciò  Missi  discur- 
rentes.  Che  questi  messi  li  aveva 
anche  il  Papa,  che  questi  talvolta 
invitò  i  re  e  gl'imperatori  a  man- 
dare i  loro  nelle  terre  delia  Chiesa, 
e  della  loro  autorità  come  regola- 
ta, lo  riferisce  il  Borgia,  BrcK>e  isto- 
ria del  dominio  temporale  della  se-, 
de  apostolica,  p.  4^?  mentre  a  p. 
3 16  discorre  della  promissione  che 
faceva  il  nuovo  Papa,  alla  presenza 
de'  messi  regi  e  imperiali,  cioè  di 
amministrare  rettamente  la  giusti- 
zia, e  di  governare  con  placidezza  i 
popoh  soggetti  alla  Chiesa  romana. 
De'  legati  missi,  nunzi  o  internun- 
zi,  facemmo  parola  nel  voi.  XXXVII, 
p.  268  e  277  del  Dizionario.  Tal- 
volta nunzi  o  o  inlernunzio  fu  det- 
to anche  l' ambasciatore  di  qualche 
sovrano  secolare  (  come  quello  del- 
l'imperatore  d'  Austria  presso  la 
Porta  ottomana),  ma  piti  partico- 
larmente si  diede  questo  nome  a 
quello  del  Papa  alla  corte  d'un  prin-t 
cipe  o  presso  uno  stato  cattolico , 
ovvero  che  assiste  a  nome  del  Pon- 
tefice ad  una  assemblea  o  congres- 
so di  molti  ambasciatori.  Quanto  ai 
Consoli  pontificii,  veggasi  tale  ar- 
ticolo. 

I  nunzi  pontifìcii  prima  del  con- 
cilio di  Trento  giudicavano  in  pri- 
ma istanza  delle  cause  che  sono 
della  giurisdizione  ecclesiastica;  miv 


NUN 
dopo  quel  concilio  non  possono  i 
nunzi  essere  che  giudici  d'appello 
per  le  sentenze  date  dagli  ordinari 
de*  luoghi  soggetti  alla  disciplina 
delle  decretali  e  del  concilio  di 
Trento;  giacché  pei  regni  che  non 
sonovisi  assoggettali,  come  quello 
di  Francia,  i  nunzi  non  vi  hanno 
autorità,  ne  giurisdizione,  e  vengo- 
no considerati  come  ambasciatori. 
V.  Cono.  Trid.  sess.  24,  cap.  20, 
dereform.;  Van-Espen,  Juris  eccles. 
t.  I,  p.  217.  Che  i  nunzi  aposto- 
lici fuori  di  provincia  non  hanno 
alcuna  giurisdizione,  e  che  non  pos- 
sono conferire  con  diritto  di  lega- 
zione in  provincia  alcun  benefizio , 
lo  si  ha  dalla  Leg.  ult.  ff-  de  jn- 
risdict.  cap.  i  in  6.  11  Lunadoro , 
commentato  dal  Zaccaria,  Relaz. 
della  corte  di  Roma,  par.  2,  cap. 
38,  de'  nunzi  apostolici,  ecco  quan- 
to dice.  M  I  nunzi  o  sieno  que'  le- 
gati apostolici,  che  rimangono  in 
paese  di  straniero  dominio  per  ivi 
accudire  ancor  agl'interessi  de'som- 
tni  Pontefici;  quantunque  abbiano 
facoltà  di  esaminare  le  controversie 
civili  e  miste,  e  d'ingerirsi  in  tut- 
tociò  che  riguarda  lo  spirituale  go- 
verno; nondimeno  però  esercitare 
non  possono  una  liberissima  giuris- 
dizione, come  i  legati  a  lalere;  do- 
vendo eglino,  se  non  sono  provve- 
duti de'  necessari  mezzi  per  punire 
i  trasgressori,  servirsi  dell'aiuto  dei 
vescovi  locali,  ed  implorare  ancora 
se  sia  d'uopo  il  braccio  secolare  per 
mandare  ad  esecuzione  i  propri  de- 
creti. Dauielli,  Ree.  prav.  Rom.  cur. 
p.  186.  Credesi  da  molti  che  agli 
antichi  apocrisari  e  responsali  sie- 
no successi  i  legati  ovvero  i  nunzi 
apostolici,  esecutori  degli  ordini  e 
delle  risposte  pontificie".  Si  chiama- 
rono conimonitorie  e  memoriali  le 
lett^i-^  che  si  spedivano    ai    le^li , 


NUN  i53 

apocrisari  o  nunzi,  ed  in  esse  si 
prescriveva  loro  come  si  dovevano 
portare  nell'odicio  della  loro  lega- 
zione o  nunziatura. 

Giovanni  XXII  nell'extra  vagante, 
Super  gentes,  de  constit. ,  ingiunge 
la  pena  di  scomunica  a'  principi  che 
non  vogliono  ricevere  i  legati  e  nun- 
zi della  santa  Sede.  Gregorio  XI  ai 
patriarchi,  arcivescovi  e  vescovi  proi- 
bì farsi  precedere  dalla  croce  in 
presenza  de' nunzi  apostolici,  y.  Cro- 
ce PONTIFICIA.  A  Croce  pettorale 
riportammo  la  lettera  di  Benedetto 
XIV,  in  cui  dichiara  doversi  por- 
tar sempre  scoperta,  contro  le  pre- 
tensioni de'  patriarchi  di  Lisbona, 
che  sostenevano  dovessero  i  nunzi  te- 
nerla occulta.  Tutti  i  nunzi  apostolici 
godono  da  tempo  antichissimo  in  tut- 
te le  corti  la  preminenza  sul  corpo 
diplomatico,  come  confermò  il  ce- 
lebre congresso  di  Vienna,  a'  io 
giugno  18  i5,  che  li  riconobbe  quali 
ambasciatori  di  primo  rango,  e  pri- 
mi tra  gli  ambasciatori  e  ministri 
delle  altre  corti.  K.  Ambasciatori  e 
Diplomazia.  Questa  preminenza  pur 
godono  anche  gli  altri  rappresen- 
tanti pontificii  di  grado  inferiore , 
bene  inteso  che  questa  preminenza 
r  hanno  ciascuno  sui  colleghi  dei 
rispettivi  gradi  diplomatici.  Nel  lo- 
dalo congresso  fu  pure  convenuto 
che  ciascun  diplomatico  prenda  il 
posto  a  seconda  della  data  della  pre- 
sentazione di  sue  credenziali,  senza 
distinzione  alcuna  tra  ministri  cat- 
tolici e  ministri  protestanti,  in  tutte 
le  corti  compresa  quella  di  Roma. 
Nelle  corti  acattoliche  eziandio  i  nun- 
zi pontificii  godono  la  precedenza 
sugli  ambasciatori  degli  altri  sovra- 
ni senza  eccezione  alcuna  :  in  quella 
di  Pietroburgo  il  nunzio  Archetti 
ebbe  sempre  la  precedenza  sull'am- 
basciatore di  Giuseppe  II,  senza  k 


i54  NUN 

menoma  difficoltà.  Si  è  oonsideroto 
questo  speciale  onore  come  un  omag» 
gio  renduto  al  capo  della  religione 
«ialtolica  nella  persona  de'  suoi  rap- 
presentanti. Godono  essi    di   questa 
prerogativa    da    un    tempo    imme- 
morabile, senza   contestazione   alcu- 
na per  parte  degli  ambasciatori  che 
lianno  risieduto  simultaneamente  eoa 
essi  nella  medesima    corte.    Quindi 
i  nunzi  rimangono    in   possesso  del 
primo  posto  in  tutte    le   cerimonie 
ed  occasioni  solenni,    nelle   quali  il 
corpo  diplomatico  trovasi  riunito.  In 
Francia  il  nunzio  del  Papa,  od  in 
mancanza  di  lui  l'anziano  degli  am- 
basciatori, volge  un  complimento  al 
re  in  nome  del  corpo  diplomatico, 
nel  primo  giorno  dell'  anno ,    e  nel 
suo  giorno  onomastico.  Vedasi  il  cav. 
Artaud,  Storia  di  Leone  XIIj  t.  Ili, 
cap.   43.  Nel  gran  convito  che  nel 
i838  si  fece  in  Milano  per  l'inco- 
ronazione dell'imperatore  Ferdinan- 
do I,  del  corpo  diplomatico  il  solo 
nunzio  apostolico  vi  fu  ammesso,  al 
modo  detto  nel  voi.  XVII,  p.    100 
del  Dizionario. 

Ai  nunzi  si  dà  il  titolo  di  Eccel- 
lenza; essi  vestono  come  i  prelati 
domestici,  hanno  però  l' uso  della 
mozzetla,  perchè  devono  incedere 
col  rocchetto  scoperto  in  segno  di 
giurisdizione.  Al  cappello  usano  la 
fettuccia  e  il  fiocco  di  seta  verde, 
se  vescovi,  0  del  colore  del  loro  gra- 
do prelatizio,  con  oro  frammischiato. 
Nella  biografia  del  cardinal  Giraiid 
(Vedi)  dicemmo,  che  essendo  nunzio 
di  Parigi,  venne  autorizzato  da  Cle- 
mente XIV  a  ricevere  in  suo  nome 
la  professione  religiosa  della  figlia  del 
re,  vestito  di  abiti  cardinalizi,  ben- 
ché non  ancor  fregiato  della  digni- 
tà. La  porpora  si  vuole  usata  anti- 
camente dagli  apocrisari  o  nunzi  di 
Costantinopoli.  I  nunzi    di  Vienna, 


NUN 
Parigi,  Madrid  e  Lisbona  al  termi- 
ne della  loro  nunziatura  sono  creali 
cardinali:  l'avviso  e  il  berrettino  glie- 
li porta  una  guardia  nobile;  la  Ber- 
retta cardinalizia  (Fedi)    un  Alle- 
gato  apostolico   (Fedi):  nelle  par- 
ti   lontane    si  suole    nominare   dal 
Papa  ablegato  l'uditore  della  nun- 
ziatura. 11  sovrano    impone  la  ber- 
retta al  nunzio  elevato  al  cardina- 
lato,    con    quel  cerimoniale  descrit- 
to   a  Berretta  cardinalizia   e   nel 
voi.  IX,  p.  3io  e  3ii   del  Diziona- 
rio. Gli  ultimi  nunzi  che  hanno  ri- 
cevuto la  berretta  cardinalizia  dalle 
mani  de*  sovrani  presso  di  cui  era- 
no accreditati,  sono  i  seguenti.  1826 
il  cardinal  Macchi  in  Parigi  dal  re 
Carlo  X,  in  cui  fu  ablegato    mon- 
signor Nevi  uditore  della  nunziatu- 
ra, poi  minutante    di  segreteria  di 
stato  ed  uno  de'migliori  compilatori 
dei  dispacci  diplomatici  della  santa 
Sede.   1882  il  cardinal  Tiberi  in  Ma- 
drid dal  re  Ferdinando  VII.    1882 
il  cardinal  Alessandro  Giustiniani  in 
Lisbona  dal  re  d.  Michele  I,  in  cui 
fu  ablegato  monsignor  Minardi  udi- 
tore della   nunziatura.    i845»   il  car- 
dinal  Altieri  in  Vienna    dall'impe- 
ratore Ferdinando  I,  in  cui  fu  able- 
gato monsignor  Bedini  uditore  della 
nunziatura  :  la  funzione  si  legge  nel 
numero  89  del    Diario    di   Roma. 
Talora  i  nunzi  creati  cardinali    re- 
stano alcun  tempo  presso  la  rispet- 
tiva coite,  col  titolo  di  pro-nunzio. 
Nel  t.  XI,  p.  240  del  Bull.    Roni, 
coni,  si  legge  un  breve  di  Pio  VII 
diretto  al  cardinal  Pacca  in  Porta- 
galliae  et  Algarbioriun  regni  ^nostro 
et  apostoUcae   sedis   pro-nuncio.    Il 
cardinale  de  Luca,  //  cardinale  pra- 
tico cap.  XVI,  n.  i4>  su  questo  pun- 
to scrive  cosi.  «  Porta  il  caso,  alle 
volte,  che  i  cardinali    esercitano  la 
carica  di  nunzio  apostolico  appresso 


NUN 
qualdie  re  ;  ma  ciò  segue  per  acci- 
dente e  provvisoriametite,  in  quel 
modo  che  in  alcune  cariche  della 
corte  segue,  conforme  si  è  accennato 
nel  capitolo  XIV  (prò- tesoriere,  prò* 
governatore,  ec.  )  ;  cioè  che  quello 
ii  quale  si  trova  già  nunzio  sia  in 
quello  stato  creato  cardinale,  perlo- 
chè  continua  nell'esercizio  della  ca- 
rica fino  alla  partenza,  o  veramen- 
te fino  all'arrivo  del  successore,  ma 
provvisoriamente,  non  dandosi  il  ca- 
so che  quello  il  quale  è  già  car- 
dinale assuma  la  carica  dì  nunzio; 
COSI  nell'uno  come  nell'altro,  cioè 
che  il  cardinale  faccia  da  nunzio  o 
rispettivamente  da  ambasciatore ,  i 
trattamenti  sogliono  essere  diversi, 
conforme  ne*  cerimoniali  delle  corti 
si  dispone  *'.  Il  Parisi  nelle  Istruzio' 
ni,  tratta  dei  nunzi  :  a  chi  danno 
parte  della  loro  destinazione,  ed  a 
chi  rispondono  ;  che  si  accompagna- 
no con  diversi  brevi  o  lettere  cre- 
denziali; della  loro  entrata  pubbli- 
ca, riportando  il  cerimoniale  del- 
l'ingresso fatto  dal  nunzio  Amalteo 
nel  1592  nella  capitale  della  Tran- 
silvania  ;  della  precedenza  sugli  am- 
basciatori; se  i  nunzi  sieno  i  primi 
a  fare  o  ricevere  le  visite  ;  come  si 
concepiscono  le  parlate  che  fanno 
Della  prima  udienza  pubblica,  e  dei 
titolario  per  la  segreteria  d'un  nun- 
zio, rimettendo  pel  resto  a  quanto 
ampiamente  insegna  il  Wicquefort  ; 
V amhassadeur^  et  ses  fonctions,  ed 
alle  istruzioni  particolari  che  dà  a 
ciascuno  la  segreteria  distato.  Ripor- 
ta il  sentimento  del  Navagero  sull'of- 
fizio  di  un  buon  ministro  nelle  corti 
estere,  diviso  in  tre  parti:  neirin« 
tendere  ed  avvisare,  nel  che  è  neces- 
saria la  diligenza  ;  nel  negoziare,  al 
che  giova  mirabilmente  la  destrez- 
za ;  nel  confeiire,  ove  il  giudizio  im- 
porta grandemente. 


NUN  i55 

Nothie  sopra  gli  antichi  apocrisa- 

ri  ed  i  nunzi  apostoliciy    loro  a- 

rigine    e   principali    avvenimeMi 

delle  nunziature» 

I  vantaggi  che  agli  stati  e  regni 
cristiani  derivarono  dalle  nunziatu- 
re sono  innumerabili,  sia  pel  bene 
e  incremento  della  religione,  prin- 
cipale loro  scopo ,  sia  per  quello 
della  civile  società,  poiché  sempre  i 
Papi  furono  di  ciò  solleciti.  Alle 
nunziature  ordinarie  e  permanenti 
in  molle  regioni  sì  deve  la  fede  con- 
servata, la  disciplina  ecclesiastica  ri- 
storata e  mantenuta,  e  la  salute  e 
prosperità  delle  repubbliche,  de' go- 
vernanti e  de'  sudditi.  I  delegati  mi- 
nistri della  santa  Sede,  sebbene  e- 
guali  nella  rappresentanza  con  mag- 
giore o  minor  grado  e  facoltà,  se- 
condo i  tempi  e  la  disciplina  della 
Chiesa,  variarono  nel  nome  e  nel- 
l'esercizio di  giurisdizione ,  laonde 
ne'  prinai  secoli  si  chiamarono  apo- 
crisari  e  responsali,  nell'età  di  mez- 
zo legati,  quindi  nunzi  apostolici. 
All'articolo  Apocrisario  dicemmo  che 
fino  dai  primi  secoU  della  Chiesa 
deputarono  i  responsali  o  legati,  cosi 
detti  dal  portare  agl'imperatori  le 
risposte  di  quelli  da  cui  ricevevano 
la  missione,  e  con  voce  greca  de- 
nominati apocrisariy  vescovi  e  più 
comunemente  diaconi  (il  perchè  lo 
dissi  a  Diaconi,  parlando  dei  cardi- 
nali diaconi  elevati  all' apocrisariato), 
i  quali  dimoravano  nella  corte  impe- 
riale di  Costantinopoli  per  trattare  i 
negozi  della  Chiesa  universale,  e  molti 
furono  assunti  al  pontificato  quando 
a  questo  influivano  gli  augusti  gre- 
ci. Secondo  il  Macri,  cominciò  tale 
offizio  residenziale  nel  trasferimento 
della  sede  imperiale  a  Costantino- 
poli sotto  Costantino  il  Grande,  e- 
sercilato  prima  dai  vescovi,  poi  dui 


i56  NUN 

cardinali  diaconi,  perchè  i  cardinali 
preti  erano  tenuti  risiedere  ne'  loro 
titoli.  Della  loro  autorità,  tratta  il 
Zaccaria,  Ariti- Fehbrotiìo  par.  Il,  p.  4 
e  seg.,  negli  occorrenti  negozi  o  dom- 
inatici o  canonici  come  rappresen- 
tanti la  persona  del  Papa ,  confu- 
tando Febbronio  che  parlò  con  dis- 
prezzo de*  nunzi  apostolici,  pei  mo- 
livi che  si  dissero  alla  biografìa 
HoNTUEiM.  Abbiamo  dal  Galletti,  Dt^L 
primicero  p.  98,  che  l'imperatrice 
Galla  Plucidia,  morta  nel  4^o,  per 
la  sua  pietà  fabbricò  in  Costanti- 
nopoli un  palazzo  per  uso  de' Papi 
e  de'  loro  nunzi  quando  vi  si  re- 
cavano. Il  Pontefice  s.  Liberio  del 
35^  spedi  due  legazioni  all'  impe- 
ratore Costanzo  per  la  convocazione 
del  concilio,  e  s.  Leone  I  nel  4^^ 
costituì  Giuliano  vescovo  di  Coo 
suo  perpetuo  apocrisario  o  legato 
alla  corte  dell'imperatore  Marciano, 
perchè  con  ordinaria  potestà  soste- 
nesse le  sue  veci  e  adoperasse  la 
più  squisita  cura  e  diligenza,  affin- 
chè non  ripullulasse  l'eresia  di  Ne- 
storio  e  di  Eutiche  ,  e  mantenesse 
nelle  chiese  orientali  la  pace,  alla 
cui  custodia  le  avea  affidate.  Da  que- 
sta pontificia  legazione  di  s.  Leone 
]  ,  alcuni  riconoscono  la  primaria 
origine  dei  nunzi  apostolici  appresso 
i  principi.  Vedasi  De  Marca,  De 
concord.  lib.  5,  cap.  i5;  Quesnello, 
Disstrt.  in  oper.  s.  Leonìs  p.  167, 
499  ;  Orsi,  Storia  eccl.  t.  XIV,  lib. 
33,  n.  1 19;  Du  Mesnil,  Doct.  et  disc, 
eccl.  t.  Ili,  lib.  25,  n.  22.  Il  Du  Gan- 
ge crede  che  solamente  sotto  Giu- 
stiniano 1  abbiano  i  Papi  cominciato 
a  mandare  agi'  imperatori  gli  apo- 
crisari,  ma  ciò  devesi  intendere  piut- 
tosto il  loro  ripristinamento.  Poiché 
invasa  l'Italia  nel  49^  tlai  goti,  fu- 
rono costretti  i  Pontefici  di  maneg- 
giare i  più  iiBportauti    negozi    alla 


NUN 
corte  occidentale;  ma  debelkili  da 
Giustiniano  I  que'  barbari  verso  il 
537  e  liberala  Italia  dalla  loro  ser- 
vitù, ritornarono  nuovamente  gli  a- 
pocrisari  a  Costantinopoli.  Infatti, 
prima  di  questo  tempo,  costretto 
Papa  s.  Agapito  I  da  Teodato  re 
de'  goti  a  portarsi  in  Costantinopoli, 
onde  Giustiniano  I  richiamasse  il 
suo  esercito  dall'Italia,  in  partire  da 
quella  metropoli  costituì  suo  apo- 
crisario Pelagio  suo  diacono  cardi- 
nale, poi  Pontefice  Pelagio  I,  come 
affermano.  Liberalo  in.  Breviar,  cap. 
21  e  22,  ed  il  citato  de  Marca,  lib. 
3,  cap.  16,  dove  tratta  dell'origine 
e  dell'  uffizio  degli  apocrisari.  Che 
Giustiniano  1  promulgò  alcune  leggi 
intorno  agli  apocrisari,  si  ha  dalla 
Novella  VI,  e.  2,  3. 

Inoltre  s.  Agapito  I  lasciò  in  Co- 
stantinopoli per  apocrisario  anche 
Vigilio  diacono  cardinale,  per  cui 
alla  morte  di  quel  Papa,  bramoso 
di  salire  al  pontificato,  per  le  sue 
brighe  fu  esiliato  da  Roma  il  nuo- 
vo eletto  s.  Silverio,  cui  successe 
Vigilio.  Questo  delegò  all'apocrisario 
Pelagio  la  cognizione  di  Paolo  pa- 
triarca d'  Alessandria,  convinto  d'  o- 
micidio,  tenendo  l'apocrisario  in  cor- 
te molta  potenza  e  autorità,  onde 
costrinse  Giustiniano  I  a  condan- 
nare le  non  sane  dottrine  di  Ori- 
gene, e  benché  l'imperatore  voleva 
revocare  la  destituzione  di  Paolo,  il 
Papa  si  rifiutò  contraddire  alla  sen- 
tenza del  suo  apocrisario.  Pelagio 
Il  nominò  apocrisario  presso  gl'impe- 
ratori Tiberio  11  e  Maurizio  s.  Grego- 
rio diacono  cardinale,  che  del  secon- 
do divenne  compare,  poi  s. Gregorio 
I  Magno.  11  zelante,  dotto  ed  eloquen- 
te apocrisario,  convinse  l'eresia,  ve- 
gliò al  mantenimento  della  disciplina 
ecclesiastica,  che  non  si  violasseio  i 
canoni,  né  si  recasse  oltraggio  alla  se- 


NUN 
<^e  npostollca;  come  pure  facendosi  av- 
vocato coll'imperalore  delle  provin- 
cie  occidentali,  noo  solo  impedì  che 
tutta  Italia  divenisse  preda  de'  lon- 
gobardi ,  ma  si  fece  a  difendere  i 
poveri  dalla  cupidigia  de'prefetti  e 
dalle  calunnie  e  oppressioni  de'  pò» 
tenti.  Pei  loro  grandi  servigi  gli  a- 
pocrisari  divennero  sommamente  cari 
agl'imperatori,  per  cui  Foca  reduce 
dalla  guerra  in  Costantinopoli,  non 
avendo  trovato  nel  suo  palazzo  l'a- 
pocrisario,  secondo  l'antica  consue- 
tudine, dolcemente  se.  ne  lagnò  con 
s.  Gregorio  I,  il  quale  rispose  ciò 
avvenuto  non  per  negligenza ,  ma 
per  l'acerlJttà  de'  tempi  che  aveva 
impedito  ai  ministri  della  romana 
Chiesa  di  trasferirsi  a  Costantino- 
poli, come  riferisce  il  citato  Galletti 
a  p.  i53;  e  successivamente  gli  man- 
dò per  apocrisari  Sabiniano  e  Bo- 
nifacio diaconi  cardinali,  che  ambe- 
due occuparono  la  sua  sede ,  e  il 
secondo  col  nome  di  Bonifacio  IH, 
avendo  questi  ottenuto  dall'impera- 
tore Foca,  che  solo  al  Papa  appar- 
tenesse il  titolo  di  vescovo  wiiver' 
sale.  Osserva  il  Baronio,  an.  607, 
n.  1,  che  gli  apocrisari  alla  corte  di 
Costantinopoli  più  facilmente  veni- 
vano in  quel  tempo  assunti  al  pon- 
tificato; perocché  essendo  invalso 
l'abuso  che  il  clero  romano  aspet- 
tasse il  consenso  imperiale  pel  nuo- 
vo eletto,  esso  procurava  eleggere 
quello  che  sapevano  conosciuto  e 
grato  all'imperatore  d'oriente.  Il 
Galletti  poi  dice,  che  solevano  man- 
darsi i  diaconi  per  apocrisari,  per- 
chè essi  dovendo  trattare  anco  quan- 
to riguarda  i  beni  e  le  cose  tempo- 
rali della  santa  Sede,  erano  repu- 
tati poter  meglio  de'sacerdoti  accu- 
dire al  ministero  di  nunzi.  Dovendo 
gli  apocrisari  sostenere  anche  la  reli- 
gione e  la  pace  della  Chiesa,  erano 


NUN  1.-T7 

ordinariamente  segno  all'otlio  degli 
eretici,  i  quali  spesso  procurarono 
allontanarli  anche  con  violenze,  co- 
me avvenne  per  l'eresia  de'  mono- 
teliti  protetti  da  Costante  II  coll'e- 
ditto  tipo.  Condannali  nel  concilio 
VI  generale,  fatto  celebrare  da  Pa- 
pa s.  Agatone  e  dalKimperatore  Co- 
stantino III  PogonatOj  da  questi  fu- 
rono richiamati  gli  apocrisari  ,  che 
s.  Leone  II  eletto  nel  682  rimandò, 
e  vi  rimasero  sino  all'  eresia  degli 
iconoclasti,  ed  allo  scisma  di  Fozio 
per  ultimo.  Ammaestrata  la  sede 
apostolica  da  tanti  esempi  della  fe- 
de greca  e  del  loro  orgoglio,  cessò 
per  sempre  dal  mandare  i  suoi  a- 
pocrisari  a  Costantinopoli.  Notere- 
mo che  gli  apocrisari  nella  gerar- 
chia ecclesiastica  prendevano  luogo 
dopo  i  vescovi,  ma  se  decorati  col 
nome  e  autorità  di  legati,  precede- 
vano anche  i  patriarchi. 

Minacciando  i  longobardi  d'inva- 
dere i  dominii  della  Chiesa  roma- 
na, s.  Gregorio  III  ricorse  all'aiuto 
di  Carlo  Martello  re  di  Francia  con 
due  ambascerie,  dalle  quaU  ebbero 
origine  i  nunzi  apostolici  presso  quei 
re,  ai  quali  proseguirono  a  man- 
darsi dagli  altri  Papi.  Le  Cointe , 
Annal.  eccl.  Frane,  ad  an.  740,  n.  7, 
aggiunge  che  i  Pontefici  non  rare 
volte  elessero  per  nunzi  in  quella 
corte  gli  arcicappellani  della  cap- 
pella reale.  Illustri  apocrisari  in 
Francia  furono  Fuirado  apocrisario 
di  Stefano  III,  Agilrarao  sotto  Carlo 
Magno,  e  Drogone  come  il  prece- 
dente vescovo  di  Metz,  sotto  Lodo- 
vico I,  quali  resero  eminenti  servi- 
gi alla  religione  e  al  regno.  Ne' suc- 
cessivi secoli  di  barbarie  cessò  il 
ministero  degli  apocrisari,  che  passò 
nei  legati  a  latere  spediti  dai  Papi 
con  amplissima  giurisdizione  in  tutti 
i    regni    cristiani,    per    quel   tempo 


i58  NLN 

die  richìwleva  la  loro  missione,  di 
che  trattiamo  a'  loro  luoghi,  come 
degli  affari  e  negozi  da  essi  con- 
cliiusi.  Udo  di  essi  e  più  celebri  fu 
Ildebrando,  nel  1078  s.  Gregorio 
VII,  il  quale  fu  assai  benemerito 
delle  legazioni  a'  principi,  come  de- 
scrivemmo alla  sua  biografìa,  che  in 
processo  di  tempo  molti plicaronsi , 
ciò  che  rilevammo  pure  nel  volume 
XXXVII,  p.  279,  280  del  Diziona- 
rio. Dalle  turbolenze  nate  in  tempo 
d'Enrico  IV  e  s.  Gregorio  VII,  per 
l'investiture  ecclesiastiche,  derivò  nei 
sovrani  il  costume  di  mandare  a 
Roma  ambasciatori  d*  obbedienza. 
Verso  il  1079  s.  Gregorio  VII  man- 
dò per  legato  nella  Spagna  il  car- 
dinal Riccardo  vescovo  d'Albano,  il 
quale  fu  il  primo  a  stabilire  il  mi- 
nistero pontificio  in  quel  regno,  co- 
me si  ricava  dal  Riccy,  Storia  di  Al' 
hano  p.  196.  Gelasio  II,  eletto  nel 
II  18,  per  quarant'anni  avea  servi- 
to egregiamente  da  nunzio  i  suoi 
predecessori,  ciò  che  rilevò  Orderi- 
00  Vitale,  Hist.  eccl.  p.  842.  Nel 
celebre  pontificato  di  Alessandro  III, 
rinomata  fu  la  legazione  di  s.  Pie- 
tro vescovo  di  Tarantasia,  che  pa- 
cificò i  re  di  Francia  e  d*  Inghil- 
terra, con  infinito  vantaggio  de'ioro 
popoli.  Alla  biografia  del  glorioso 
Innocenzo  III  enumerammo  le  tante 
legazioni  da  lui  inviate  in  tutte  le 
parti  con  eccellenti  risultati  :  ne  imi- 
tò lo  zelo  il  nipote  Gregorio  IX, 
ed  egli  e  i  suoi  successori  impiega- 
rono legazioni  per  pacificar  le  ter- 
ribili fazioni  de' guelfi  e  ghibellini, 
anche  nelle  provincie  pontificie:  qui 
noteremo  che  prima  i  cardinali  le- 
gati, vice-legati  e  governatori  de'do- 
minii  della  Chiesa,  batterono  mone- 
ta, e  di  molte  ne  fa  il  novero  lo 
Scilla  a  p.  368  e  seg.  delle  Monete 
pontificie.  Trn  le  tante  legazioni  e- 


NUN 
sercitatc  dai  regolari,  sono  celebri 
quella  del  b.  Giovanni  da  Parma 
francescano,  inviato  da  Innocenzo  IV 
all'imperatore  e  patriarca  di  Costan- 
tinopoli per  l'unione  della  chiesa  gre- 
ca alla  latina,  in  cui  riuscì  felice- 
mente; e  quella  di  quattro  france- 
scani spediti  da  Gregorio  X  all'im- 
peratore Michele  Paleologo  per  la 
medesima  unione,  per  loro  effettua- 
ta nel  concilio  di  Lione  II.  Quin- 
di nel  secolo  XIV,  trasmutatasi  a 
poco  a  poco  la  disciplina  della  Chie- 
sa, alle  missioni  de*  legati,  che  fu- 
rono d'ordinario  cardinali,  incomin- 
ciarono a  sottentrare  i  nunzi  apo- 
stolici, e  nel  seguente  secSlo  ebbero 
orijgine  molle  stabili  nunziature,  e 
meglio  nel  XVI.  Guglielmo  Gri- 
moardi  abbate  cluniacense,  da  Inno- 
cenzo VI  fu  da  Avignone  inviato  a 
Napoli  a  Giovanna  I,  non  che  nun- 
zio ai  Visconti  signori  di  Milano,  e 
mentre  era  assente  dalla  nunziatura 
napoletana,  come  scrive  il  Novaes , 
benché  non  fosse  cardinale,  nel  i362 
fu  eletto  Papa  Urbano  V.  Il  Fer- 
rari, Bibl.  verbo  Nunciuf,  rileva  che 
nel  secolo  XIV  eranvi  in  Napoli 
nunzi  apostolici,  ma  dipoi  furono 
interrotti.  Il  medesimo  Novaes  at- 
testa che  Urbano  V  spedi  due  nunzi, 
domenicano  uno,  francescano  l'altro, 
a  Giovanni  I  Paleologo  imperatore 
d'oriente,  per  la  riunione  della  chie- 
sa greca  alla  latina,  onde  l'augusto 
si  recò  in  Roma  e  abiurò  lo  scisma. 
Quindi  molti  nunzi  inviarono  nel 
grande  scisma  i  Pontefici  e  gli  an- 
tipapi alle  nazioni,  per  confermar- 
le o  guadagnarle  alla  loro  obbedien- 
za, da  Urbano  VI  a  Martino  V 
in  cui  ebbe  termine. 

Martino  V  creò  cardinale  Do- 
menico Capranica,  che  sostenne  do- 
dici gloriose  legazioni  per  la  santa 
Sede,  ed  Eugenio  IV  promosse  a  tal 


NUN 
dignità  Giovanni  CarvajaI,  illiishe 
per  le  sue  trentalre  legazioni.  Nel 
pontificato  di  Eugenio  IV  il  vesco- 
vo d'Urbino  Antonio  di  s.  Vito 
diocesi  di  Concordia,  con  Ambro- 
gio priore  generale  de' camaldolesi, 
»  furono  mandati  nunzi  in  Germa- 
nia per  l'elezione  dell'imperatore 
Alberto  II  ;  indi  il  Pontefice  l' in- 
viò nunzio  nella  Scozia  e  poi  in 
Francia.  Inoltre  Eugenio  IV  inviò 
fr,  Alberto  da  Sartiano  francescano 
air  imperatore  d' oriente,  che  seco 
guidò  al  concilio  di  Firenze,  da 
dove  fu  rimandato  ai  giacobiti  e 
al  re  d'Abissinia,  dei  quali  condus- 
se gli  ambasciatori  al  concilio.  Mol- 
te legazioni  e  nunzi  spedì  Nicolò 
rV  del  i447  ^^^  s"o  memorabile 
pontificato,  anche  per  salvar  Co- 
stantinopoli dai  turchi.  Pio  II  de- 
putò nunzio  a  Napoli  Nicolò  For- 
tiguerri,  che  ottenne  dal  re  Ferdi- 
nando I  d'Aragona  la  restituzione 
di  Benevento  e  Terracina,  oltre  la 
conclusione  del  matrimonio  del  ni- 
pote del  Papa  colla  nipote  del  re, 
per  cui  in  premio  fu  creato  car- 
dinale: a  questa  dignità  Pio  II  e- 
levò  ancora  Bartolomeo  Roverella, 
benemerito  nunzio  in  Inghilterra  e 
al  detto  re  di  Napoli,  e  Giovanni 
Geoffroy,  il  quale  essendo  ambascia- 
tore di  Luigi  XI  re  di  Francia 
presso  la  santa  Sede  ,  il  Papa 
lo  mandò  col  carattere  di  nunzio 
apostolico  allo  stesso  re^  e  n'ebbe 
in  premio  il  cardinalato,  rimune- 
razione che  divenne  ordinaria  ia 
questi  ministri  della  Sede  apostolica. 
Quanto  i  nunzi  creati  poi  cardina- 
li fecero  nelle  loro  nunziature,  si 
può  vedere  alle  rispettive  biogra- 
fie. Sisto  IV  nel  i473  creò  cardi- 
nale Antonio  Veniero  nunzio  di 
Pio  II  al  re  di  Spagna,  il  quale 
lo  mandò  per  ambasciatore  a  Pao- 


NUN  i59 

Ioli,  e  questi  impiegò  i  suoi  rari 
talenti  in  altre  nunziature.  Da  tut- 
tociò  rilevasi  che  le  nunziature  di 
Germania,  Napoli,  Inghilterra,  Fran- 
cia e  Spagna  andavano  meglio  for- 
mandosi, oltre  quelle  di  Polonia  , 
di  Portogallo  ed  altre,  ed  oltre  le 
straordinarie.  Con  questo  stabili- 
mento delle  nunziature,  ebbero  pre- 
cipuamente in  mira  i  romani  Pon- 
tefici, di  collocare  nelle  diverse  na- 
zioni cattoliche  un  tribunale  ec- 
clesiastico ordinario  con  facoltà 
pontificie,  per  togliere  ai  vescovi 
ed  ai  fedeli  l' incomodo  di  ricorre- 
re in  molte  cose  a  Roma,  e  me- 
diante lo  zelo  e  valore  de' nunzi 
vegliare  al  mantenimento  della  fe- 
de e  della  pace,  prevenire  i  mali 
della  Chiesa  e  degli  stati,  e  frenare 
gli  sforzi  dell'  eresia,  massime  nel  se- 
colo XVI,  in  cui  quasi  per  lutto 
si  propagarono  lo  spirito  funestis- 
simo delle  pretese  riforme  religiose, 
ed  i  più  deplorabili  errori  pel  pri- 
mo seminati  da  Lutero.  Infiniti 
perciò  furono  i  travagli  e  le  bene- 
merenze de*  nunzi,  che  i  Pontefici 
furono  solleciti  deputare  in  tanti 
luoghi,  città,  stati,  diete,  oltre  quelli 
spediti  per  la  celebrazione,  prose- 
guimento e  fine  del  concilio  di 
Trento.  Marino  Caracciolo  nunzio 
di  Leone  X  a  Carlo  V^  a  questi 
tanto  piacque,  che  lo  inviò  suo  am- 
basciatore in  diverse  corti  e  poi  lo 
riebbe  per  nunzio,  poscia  compen- 
sato col  cardinalato.  Quando  Adria- 
no VI  nel  i522  lasciò  la  Spagna, 
di  cui  era  governatore  generale  al- 
lorché fu  eletto  Papa,  nominò  suo 
vicario  generale  in  quel  regno  con 
titolo  di  nunzio  apostolico  Bernar- 
dino Pimentel  ammogliato,  per  la 
qual  novità  d'  esempio  se  ne  fece- 
ro molte  dicerie,  essendo  a  difesa 
della     determinazione    1*  onestà    e 


iGo  NUN 

probilh  del  Piinculel.  A  iNGniiTEURA. 
narrammo  lo  scisma  d'Enrico  Vili 
e  il  termioe  di  quella  nunziatura, 
come  del  collettore  apostolico,  al- 
tro ministro  pontificio  incaricato  di 
riscuotere  il  Denaro  di  s.  PìeO'O 
{f^edi),e\o  ebbe  pure  il  Portogal- 
lo pei  tributo  che  anch'  esso  paga- 
va alla  romana    chiesa. 

Commendone  in  tempi  difficilissimi 
si  rese  glorioso  per  le  nunziature  sos- 
tenute valorosamente  sotto  Giulio 
III,  Paolo  IV  e  Pio  IV  che  lo  creò 
cardinale,  nunzio  di  sua  patria  Ve- 
nezia, all'imperatore,  ed  in  Polonia 
ove  si  fece  immenso  onore,  avendo 
in  Germania  impedito  il  libero  e- 
sercizio  della  confessione  Augusta- 
na  ;  s.  Pio  V  inoltre  l'adoperò  per 
stabilire  la  confederazione  tra  i  prin- 
cipi cristiani  contro  i  formidabili 
turchi,  che  fruttò  la  famosa  vitto- 
ria di  Lepanto.  AH'  articolo  Lega- 
to non  solo  producemmo  gli  av- 
vertimenti di  s.  Bernardo  ai  legati, 
la  risposta  che  fece  il  Cervini  nun- 
cio  di  Paolo  III  a  Carlo  V,  quan- 
do a  questi  ricusò  1*  offertagli  pen- 
sione, e  la  costituzione  di  Pio  IV 
che  proibisce  ai  legati  e  nunzi  di 
procurar  vantaggi  e  dignità  per 
loro  o  pei  propri  parenti  ;  anzi  ab- 
biamo dal  Cardella,  Mem.  stor. 
t.  V,  p.  35,  che  volendo  Pio  IV 
pubblicare  una  costituzione  contro 
i  nunzi  della  santa  Sed€,  eh'  estor- 
cevano lettere  commendatizie  dai 
principi  a  fine  di  essere  promossi 
al  cardinalato,  destinò  per  V  esten- 
sione di  detta  bolla  i  cardinali  Mo- 
roni,  Capizucchi  ed  Amulio.  Quan- 
to al  Cervini,  fu  in  pari  tempo 
fatto  vescovo  di  Nicastro,  ma  non 
volle  consecrarsi,  contentandosi  d'  e- 
sercitare  nella  diocesi  la  giurisdizio- 
ne vescovile  senza  quella  dell'  ordi- 
ne :  trovandosi  nunzio  in  Germania 


con  facoltà  di  legalo,  Paolo  ITI  nel 
crearlo  cardinale,  per  singoiar  di- 
stinzione gli  mandò  il  cappello  e 
l'anello  cardinalizio,  e  lo  dichiarò 
con  la  bocca  aperta,  benché  assen- 
te, per  interloquire  in  qualunque 
affare,  indi  nel  i555  divenne  Mar- 
cello II.  Paolo  HI  fece  pure  cardi- 
nale Ghinucci,  già  nunzio  al  suddet- 
to Enrico  Vili.  Avendo  i  venezia- 
ni accettato  prontamente  il  conci- 
lio di  Trento,  riferisce  Uiedo,  Sto- 
ria della  rep,  di  Fenezia,  t.  II, 
lib.  5,  p.  196,  che  Pio  IV  li  col- 
mò di  lodi, e  per  dimostrargli  quan- 
to avrebbe  stimato  la  continua  as- 
sistenza d'  un  loro  ambasciatore  in 
Roma,  a*  IO  giugno  i564  donò  alla 
repubblica  il  Palazzo  di  s.  Marco 
(F^edi)  (il  quale  appartiene  all'am- 
basciatore d'Austria,  dopo  che  a 
questa  passarono  gli  stati  veneti),  al 
qual  donativo  corrispose  la  slessa  re- 
pubblica con  altro  maestoso  palazzo 
ch'era  della  famiglia  Gritti  in  Vene- 
zia, donato  al  Papa  per  residenza  or- 
dinaria de'suoi  nunzi,  ciocché  con- 
ferma Morosini,  Stor.  J^en.  lib.  8, 
an.  i564>  p.  Bog.  In  Germania  la 
più  antica  nunziatura  è  quella  di 
Vienna,  come  dissi  nei  voi.  Ili, 
pag.  i36  ,  e  XXIX,  pag.  164 
del  Dizionario  ,  mentre  a  Colo- 
nia  (Vedi)  parlai  di  quella  isti- 
tuita da  Gregorio  XIII  per  le  pro- 
vincie  del  Reno,  qual  propugnaco- 
lo validissimo  della  fede  contro  gli 
assalti  de'suoi  nemici.  Di  Vienna 
si  vuole  il  primo  nunzio  stabile 
Stanislao  Osio  vescovo  di  Warinia, 
spedito  da  Pio  IV  all'  imperatore 
Ferdinando  I  per  la  continuazione 
del  concilio  di  Trento,  e  per  di- 
mostrare al  suo  figlio  Massimiliano 
II  re  di  Boemia  la  falsità  delle 
nuove  sette:  neir  esercizio  della  nun- 
ziatura Pio  IV  lo   creò    cardinale. 


ì 


NUN 
Di  Colonia  il  primo  nunzio  ordi- 
nario al  trattato  del  Reno  fu  Gio. 
Francesco  Bonomo  vescovo  di  Ver- 
celli, morto  in  Liegi  dopo  aver  pre- 
sentato ad  Alessandro  Farnese  lo 
stocco  e  berrettone  benedetti  da 
Gregorio  XIII.  Questo  Pontefice 
nel  i58o  l' avea  deputato  nunzio 
agli  svizzeri,  però  la  nunziatura  el- 
vetica è  antichissima,  perchè  il  nun- 
zio Scotti  neir  Eh'etia  sacra,  ne 
comincia  la  serie  da  Ottone  vesco- 
vo del  i23i  residente  in  Basilea, 
indi  maestro  Filippo  d' Asisi  del 
1233,  Girolamo  Franco  del  i449» 
Gentile  da  Spoleto  del  i479,  ^^^ 
durò  sino  a  Giulio  II  e  conchiuse 
la  prima  confederazione  tra  i  can- 
toni svizzeri  e  la  SQi\e  apostolica. 
Sotto  Gregorio  XIII  ebbero  origi- 
ne gli  inquisitori  di  Malta  (Fedi), 
specie  di  nunzi  rappresentanti  del- 
la santa  Sede,  o  megjio  di  Visita- 
tori apostolici.  Del  nunzio  p.  Pos- 
sevino  gesuita,  da  lui  spedito  in 
Svezia  e  Russia  parleremo  a  que- 
gli articoli. 

Sisto  V  malcontento  del  nun- 
zio di  Parigi  Ragazzoni,  che  non 
avea  promulgato  la  bolla  contro 
Enrico  IVi  lo  richiamò,  destinan- 
do a  sostituirlo  Mirto  arcivesco- 
vo di  Nazareth  ,  già  nunzio  di 
Francia  sotto  s.  Pio  V,  e  siccome 
r  ambasciatore  di  Francia  in  Roma 
lo  ricusò  supponendolo  contrario 
ad  Enrico  IV,  come  suddito  del  re 
di  Spagna,  adiralo  Sisto  V  per  tal 
risposta,  così  parlò  all'  ambasciato- 
re: Sinché  avremo  fiato  non  sop- 
porteremo mai  di  mandare  i  no- 
stri nunzi  ad  arbitrio  degli  altri. 
Abbiamo  destinato  il  Mirto  e  vo- 
gliamo ch'esso  vada  in  Francia.  Se 
poi  non  sarà  ricevuto,  allora  noi 
e  non  altri  lo  faremo  ritornare  a 
Koma,  e  poi    sapremo   cosa  dovre- 

VOL.    XI.VHI. 


NUN  i6t 

mo  risolvere.  Non  fu  in  effetto  ri- 
cevuto il  prelato  in  Francia,  e  re- 
candosi r  ambasciatore  dal  Papa 
per  fare  le  scuse  del  re,  gli  venne 
dalle  guardie  negato  l' ingresso  in 
palazzo,  quindi  poco  dopo  inlimato 
d'  uscire  nel  medesimo  giorno  da 
Roma  e  sollecitamente  dallo  stato 
ecclesiàstico.  Queste  gravi  differen- 
ze non  furono  aggiustate  finche  il 
re  di  Francia  non  si  piegò  a  rice- 
vere onorevolmente  il  nunzio  Mirto, 
ed  allora  Sisto  V  richiamò  l' am- 
basciatore. Clemente  Vili  spedì  nel 
i6oi  Maffeo  Barberini,  poi  Urba- 
no Vili,  nunzio  straordinario  in 
Parigi  colle  fascie  benedette  pel 
delfino,  dipoi  lo  fece  arcivescovo 
di  Nazareth  e  nunzio  ordinano 
alla  stessa  corte.  Lo  stesso  Ponte- 
fice istituì  la  nunziatura  di  Fian- 
dra con  residenza  del  nunzio  in 
Brusselles,  togliendo  dal  nunzio  di 
Colonia  la  giurisdizione  sulle  missio- 
ni del  Belgio  e  di  Olanda,  e  confe- 
rendogli quella  delle  missioni  d'In- 
ghilterra. A  Germania  narrammo 
le  agitazioni  dell'  impero  sotto  Pao- 
lo V  per  la  morte  dell'  imperatore 
Mattia,  e  le  ribellioni  della  Boemia, 
Moravia  e  Ungheria  per  le  mene 
de'  protestanti  ;  ma  il  valore  del 
nunzio  Ascanio  Gesualdo  arcivesco- 
vo di  Bari  sopì  le  gravi  differenze, 
procurò  la  sollecita  convocazione 
della  dieta  e  provocò  con  energica 
scrittura  l' elezione  di  Ferdinando 
li.  Altro  celebre  nunzio  di  Paolo 
V  fu  il  Bentivoglio,  da  lui  inviato 
nelle  Fiandre  ove  ardevano  quelle 
ostinale  guerre  civili,  eh'  egli  mira- 
bilmente descrisse  nelle  sue  famige- 
rate Memorie f  e  riparò  i  danni  recali 
alla  religione  e  che  desolato  avevano 
quel  fiorentissimo  paese,  per  le  cui 
cure  potè  conservare  incontaminata 
la  fede,  benché  sotto  dominazione  di 
1  I 


i62  NLN 

principi  acallolìci  .  Paolo  V  nel 
1616  creò  cardinale  Ladislao  d'A- 
quino, già  suo  nunzio  agli  svizzeri, 
e  al  duca  di  Savoia,  che  però  noi 
ricevette  per  essere  suddito  spa- 
gnuolo,  onde  Io  nominò  collettore 
in  Portogallo,  che  non  accettò  per 
r  avanzata  età.  Invece  Paolo  V 
mandò  nunzio  in  Savoia  Alessan- 
dro Ludovisi,  ch'essendo  felicemen- 
te riuscito  nel  pacificarla  colla  Spa- 
gna, r  elevò  al  cardinalato  e  gli 
successe  col  nome  di  Gregorio  XF 
(Vedi).  Adolfo  I  conte  d' Althann 
boemo,  maresciallo  dell*  imperato- 
re Ferdinando  II,  per  divozione 
alla  Sede  apostolica^  gli  donò  un 
suo  palazzo  in  Vienna  per  uso  dei 
nunzi  pontificii. 

Urbano  Vili    nominò    nel    suo 
lungo  pontificato  moltissimi  nunzi, 
tra'  quali    principalmente  si  distìn- 
sero i  tre  seguenti.    Pier  Luigi  Ca- 
rafa  vescovo    di    Tricarico    nunzio 
di   Colonia,  che   infiniti     beni   recò 
alle  Provincie    renane  ,    come  rile- 
vasi dalla  sua    bella     relazione  nel 
1634  pubblicata  in  Liegi  :  Legatio 
apostolica.    Libro    utilissimo,   come 
quello  del  Bentivoglio,  a   qualunque 
prelato  che    intraprende    la  gelosa 
e  onorevolissima  carriera  delle  nun- 
ziature. Ad  onta    di    sue    beneme- 
renze,  solo    Innocenzo    X  lo    creò 
cardinale.    Il    secondo    nunzio     fu 
Fabio  Chigi,    poi  Alessandro    VII, 
▼escovo  di  Nardo  ed  inquisitore  di 
Malta,  indi  nunzio  ordinario  di  Co- 
lonia e  contemporaneamente    stra- 
ordinario  al    famoso    congresso    di 
Munster  (Vedi),  dove    acquistò  fa- 
ma di  uomo    eminente    in  politica 
e  nel  maneggio    degli   affari  i    piìi 
spinosi.  Avendo  impiegato  con  pro- 
fìtto la  sua    destrezza,  per  la  con- 
cordia dì  molte  differenze,  l'impe- 
ratore Ferdinando  III,  obbligato  al- 


NUN 
le  sue  cure,  in  segno  di  gratitudi- 
ne, con  lettera  cortesissima  gli  offrì 
una  credenza  di  argenti  del  valore 
dì  scudi    diecimila,    ch'egli  sempre 
ricusò,  finche    Innocenzo  X  lo  co- 
strinse ad  accettarla.  Cos'i  pure  vir- 
tuosamente ricusò    sei  cavalli    del- 
l'elettore di    Magonza,  a  cui    avea 
già  rifiutato  alcune  migliaia  di  scu- 
di, per  avergli  flitto   nella    qualità 
di  nunzio  il  consueto  processo  nel- 
r  elezione.  Il  terzo    nunzio    di  Ur- 
bano Vili  fu  Giulio  Rospigliosi  arci- 
vescovo di  Tarso,  nunzio  in  Spagna, 
'  ricolmato  di  favori    dal  re;  ma  ri- 
chiamato in    Roma   da    Innocenzo 
X,  per  l'opinione  che  troppo  defe- 
risse per  la  corte,    passò    il  di  lui 
pontificato  senza  carica  :  indi   Ales- 
sandro VII  lo    fece    segretario    di 
stato,  cardinale,  e    l'ebbe  a  succes- 
sore col  nome  di  Clemente  IX.  Al- 
tro nunzio  da  Innocenzo  X  richia- 
mato dalla    Spagna    fu    Francesco 
Gaetani,  per   le  querele  avute  nel- 
r  esercizio  del  tribunale  della  nun- 
ziatura e  per  non  secondar  le  sue 
premure  pel  cardinal  Barberini,  sur- 
rogandogli Camillo  Massimi  (Vedi) 
confidente  di  sua   fognata  d.  Olim- 
pia, che  però  non    fu    riconosciuto 
dall'  ambasciatore    in  Roma    cardi- 
nal Trivulzio,  per  essersi  deputato 
senza  il  consenso  del  re.    Tuttavia 
il  Papa  negando   che  ciò  fosse  co- 
stume o  obbligo,  volle  che  il  pre- 
Iato  partisse.     Giunto  a  Barcellona 
trovò    r  ordine   di    non  inoltrarsi , 
poiché  gli  fu  detto    che    quantun- 
que sia  in    libertà    de'  principi    la 
destinazione  degli  ambasciatori,  es- 
sendo il  nunzio  di  Spagna  insieme 
ambasciatore   e    amplissimo    magi- 
strato, non    potevasi    accettare  per 
le  sue    aderenze  ai    Barberini  mal 
veduti  dagli  spagnuoli.    Sospettando 
Innocenzo  X  che  ciò  derivasse  dal 


NUN 
Gaetani  per  prolungare  il  suo  trat- 
tenimento a  Madrid,  gli  tolse  ogni 
giurisdizione  e  fece  chiudere  il  tri- 
l3unale  della     nunziatura,    ma  non 
ottenne  che  Massimi    fosse  almeno 
ricevuto  per  nunzio     straordinario. 
Dipoi  ad  Alessandro  VII  riuscì  che 
fosse  ricevuto,  ma    non  gli  fu  per- 
messo riaprire  il    tribunale.  Tanto 
narra  il  Novaes,    mentre  alla    bio- 
grafia del  Massimi  procedemmo  col- 
r  autorità  del  Cardella,  che  ad  altri 
motivi  attribuì  il  suo  richiamo.  In- 
nocenzo X  a  difesa  de'  cattolici  d'Ir- 
landa   gì*  inviò   per  nunzio    Pùnuc- 
cini  arcivescovo    di  Fermo,    mosso 
dalle  querele  del  celebre  annalista  p. 
Wadingo,  perciò  mandato  a  Roma. 
Nd  1844^"  Firenze  si  pubblicò  dal- 
l'Aiazzi  :  Nunziatura  in  Irlanda  di 
monsìg.  Gio.  Battista  Rinuccini  arci- 
vescovo di  Fermo  negli  anni  1 64^  e 
1649.    Rinuccini    dimorò  tre  anni 
in  Dublino,  ove  sparse  onorati  su- 
dori a  prò  di  quell'  isola  de'  Santi. 
Nel  voi.  II,  p.  iS5  del  Dizionario 
parlai  dell'archivio  de' nunzi  stabi- 
lito da  Alessandro    VII  in  Vatica- 
no; e  nel  voi.  VI,  p.  62,  come  il 
nunzio  di  Spagna  Federico  Borro- 
meo restaurò    a  Madrid  {Vedi)  il 
palazzo  della  nunziatura  e  la  chie- 
sa contigua.  A  Lisbona,  Napoli,  ec. 
parlando   di    quelle    nunziature,  si 
fece  cenno  della  chiesa    della  nun- 
ziatura, e  della  giurisdizione  che  vi 
esercita  il  nunzio.    A  Vienna  suole 
il  nunzio  celebrare  le  prii^cipali  fun- 
zioni sacre  nella  cappella  imperiale 
alla  presenza    dell'imperatore,  im- 
peratrice, arciduchi  e  corte. 

Alessandro  Vili  per  dimostrare 
il  suo  affetto  alla  repubblica  di  Ve- 
nezia sua  patria,  mandò  al  doge  lo 
stocco  e  berrettone  benedetti,  a  mez- 
zo di  Michelangelo  Conti  poi  Innocen- 
zo XUIj  indi  fu  destinato  nunzio  agli 


NUN  iG3 

svizzeri,  e  per  dodici  anni  a  Lisbona, 
e  quando  Clemente  XI,  lo  creò  car- 
dinale non  fece  motto  alcuno  sulla 
qualità   sua  di  nunzio  di  Portogal- 
lo, acciò  non  sembrasse  che  1*  esal- 
tava   alla    porpora  come    nunzio  a 
quella  corona,  che  ancora  non   go- 
deva la  prerogativa  che  i   suoi  nun- 
zi fossero  creati  cardinali,  come  ri- 
flette   rOttieri,  Storia  d'Europa  t. 
IV,  p.  399.  Antonio  PignatteUi  suc- 
cessivamente fu  vice-presidente  d'Ur- 
bino, inquisitore  di  Malta,  governa- 
tore di  Viterbo,  nunzio  di  Firenze, 
di  Polonia  e  di  Vienna,  e  pure  eb- 
be   solo  nel  ritorno  a  Roma  il  ve- 
scovato di  Lecce,  indi  segretario  dei 
vescovi  e  regolari  e  maestro  di   ca- 
mera ;    finalmente  creato  cardinale, 
meritò  divenire  Innocenzo  XII {Ve- 
di). Per  sì  lunga  carriera,  prima  di 
giungere  al  cardinalato,  tra  i    mol- 
tissimi esempi,  il  cardinal  Pacca  sta- 
to   nunzio  di  Colonia,  onde  ci  die- 
de   le  Memorie  storiche  della  nun- 
ziatura,   poi    di    Portogallo    di  cui 
pubblicò    le    Notizie  sul  Portogallo 
con  una    breve  relazione  della  nun- 
ziatura  di  Lisbona,  nella  prima  ope- 
ra   a    p.  254  rimarcò  in  proposito 
di  que'prelati  che  dopo  pochi   anni 
aspirano    a   cariche  che  portano   al 
cardinalato,  che  Fabrizio  Serbelloni 
fece  un  lunghissimo  corso  di  mini- 
steri diplomatici,  come  d'inquisitore 
a  Malta  e  nunzio  di  Firenze,  Colo- 
nia, Varsavia  e  di  Vienna^  dove  fu 
'  promosso  alla  porpora  da  Benedet- 
to XIV:  era  slato  ancora  vicelega- 
to di  Ferrara  e  governatore  di  Lo- 
reto. Clemente  XI  riprese  gravemen- 
te   r  elettore   e  arcivescovo    di  Ma- 
gonzajcon  breve,  Epist.  t.  II,  p.  gS, 
per    aver  negato  la  precedenza    ed 
i  consueti  atti  di  onore  ad  Anniba- 
le   Albani  "nunzio  straordinario  alla 
dieta  di  Francforl  per  l'elezione  del- 


i64  NUN 

!'  imperatore   [P^cfh),    e    gli  ordinò 
che  subito  ad  esso  li  prestasse  qua- 
li dai  suoi   predecessori  elettori  era- 
no stati  resi  agli  altri  nunzi  aposto- 
lici,   principalmente  a  Sanfelice   ar- 
civescovo di  Cosenza,  allorché  Ales- 
sandro VII  lo  mandò  nunzio  all'ele- 
zione di  Leopoldo  I.  A  p.   i33  lo- 
co  citato    si    legge    il    breve  scritto 
da    Clemente   XI    all'arcivescovo  di 
Gnesna,   in   cui  gli  dichiarò  stimar 
giusto   e   conveniente    che    pel  pri- 
mo rendesse  l'onore  della  visita  al 
nunzio  di  Polonia,  esortandolo  a  ob- 
bedir prontamente.  In  tempo  di  Ales* 
Sandro    Vili    pretese    l'imperatore 
Leopoldo    I    con   altri   sovrani,  che 
prima    di   essere   ad    essi  inviato  il 
nunzio,    dovesse  il  Papa  mandargli 
la    lista    di  quelli  che   proponeva  a 
tal  ministero,  acciò  niuno  fosse  spe- 
dito senza  l'approvazione  della  cor- 
te,   affinchè    riuscisse    ben     accetto 
il  prescelto  e  si  evitassero  le  ripul- 
se ed  il  malcontento.    Ricusò  Ales- 
sandro Vili  acconsentire  a  tal  pre- 
tensione, ma  il  successore  Innocen- 
zo  XII    r  accordò  ;   però   era    stato 
vittima   del    rifiuto  del  primo    Lo- 
renzo Corsini  poi  Clemente  XII,  no- 
minato nunzio  di  Vienna  senza  pò- 
tervisi    recare,  onde  Innocenzo    XII 
nel  sostituirgli  altro  lo  fece  tesorie- 
re.   Quindi    Clemente    XI  inviò  al 
re   di    Portogallo    Giovanni    V   nel 
1709    la    nota  de'soggetti  che  pro- 
poneva per  nunzi  e  pel  primo  Vin- 
cenzo  Bichi    nunzio  agli  svizzeri,  il 
quale    accettò    per  le  premurose   i- 
stanze  del  Pontefice.  Dopo  un  anno 
che  il  nunzio  era  in  Lisbona  vedu- 
to   di    cattivo  occhio,  il  re  per  di- 
verse   accuse    ne  provocò  il  richia- 
mo. Intanto  il  prelato  potè  far  ri- 
trattare il  re  dalle  deposte  false  in- 
colpazioni, che  inoltre  pregò  il  Pa- 
pa a  lasciarglielo  nella   nunziatura. 


NUN 
Però  Clemente  XI  dispiacente  che 
Bichi  non  avea  subito  obbedito  al 
richiamo,  in  vece  di  compiacere  il 
re,  gli  spedì  per  nunzio  Giuseppe 
Firrao  ch'era  stato  suo  nunzio  stra- 
ordinario alla  stessa  corte  per  le  fa- 
sce benedette,  e  ordinario  degli  sviz- 
zeri; egli  non  fu  ricevuto,  restò  ai 
confini  del  regno,  ed  il  re  anzi  pre- 
tese che  Bichi  non  dovesse  richia- 
marsi, se  non  dopo  creato  cardina- 
le, come  si  praticava  coi  nunzi  di 
Vienna,   Parigi  e  Madrid. 

Frattanto  nel    1721   fu  eletto  In- 
nocenzo XIII,  già  nunzio  e  poi  pro- 
tettore del  Portogallo,  per  cui  Gio- 
vanni V  tenne  certa  la  rivocazione 
della    chiamata    del  Bichi.   In    vece 
il    nuovo    Papa  quando  l'ambascia- 
tore Andrea  de  Mello    gliene    par- 
lòj    rispose  sempre:    il    nunzio    ob- 
bedisca.    Finalmente    1'  ambascia- 
tore gli  minacciò  di  partire  da  Ro- 
ma   se   non    veniva    esaudito  ;    ma 
Innocenzo    XIII     con     rispondergli, 
farà    benissimo,    dovendo  i   ministri 
obbedire  alle  istruzioni  de'Ioro  prin- 
cipi,  sventò    lo    stratagemma.    La 
differenza  continuò  ancora  sotto  Be- 
nedetto   XI li,  al  quale  il  re  rivol- 
se  le   sue    richieste  di  elevare    alla 
porpora   il   nunzio^    ma    avendo    il 
Papa  consultato  una   congregazione 
di    cardinali,    fu    deliberato    che    la 
santa  Sede    doveva    a    suo  piacere 
richiamare  i  nunzi,  e  non  dare  ad 
altre  corti  l'esempio  di  domandare 
che  anco  i  loro  nunzi  fossero  crea- 
ti   cardinali,    e    prendere    rango  le 
loro    nunziature    fra  le  tre    prima- 
rie,   rigettandosi   la  promozione  del 
Bichi.   Il  re  andò  nelle  furie,  richia- 
mò da  Roma  l'ambasciatore,  il  car- 
dinal Pereira    e  gli  altri   nazionali, 
fece    partire    dai    confini  il  Firrao, 
ritenne  il  Bichi  a   fronte  delle  cen- 
sure minacciate  in  caso  di  disobbe* 


NUxN 

dienza  al  prelato,  vietò  ai  sudditi 
di  recarsi  nello  stalo  pontifìcio,  e 
di  rivolgersi  a  Roma  per  benefizi 
etl  altro.  Benedetto  XIII  invocò  la 
niediazione  del  re  di  Spagna,  e  po- 
co dopo  mon.  Clemente  XII  che 
nel  lySo  gli  successe,  considerando 
che  il  re  benché  avesse  preso  il 
lutto  d'  un  mese  per  la  morte  del 
predecessore,  avea  respinte  le  lettere 
di  partecipazione  del  sacro  collegio, 
e  vietato  ai  cardinali  portoghesi  di 
recarsi  al  conclave ,  risolvette  di 
compiacere  Giovanni  V,  con  stabili- 
re che  i  nunzi  di  Lisbona  sarebbero 
creali  cardinali,  e  nel  1731  creò 
cardinali  il  Bichi  e  Firrao,  dopo 
che  il  primo,  portatosi  a  Firenze, 
giustificò  la  sua  condotta.  La  con- 
cordia in  parte  si  ristabib,  ma  il 
nuovo  nunzio  Gaetano  Cavalieri  non 
ricuperò  la  sospesa  giurisdizione  del- 
la nunziatura,  che  quando  il  Papa 
promise  che  i  patriarchi  di  Lisbo- 
na sarebbero  anch'essi  promossi  alla 
dignità  cardinalizia.  Inoltre  Clemen- 
te XII  richiamato  a  Boma  Delci 
nunzio  di  Parigi  senza  farlo  cardi- 
nale, più  tardi  tale  lo  dichiarò; 
così  fece  con  Passione!  nunzio  di 
Vienna,  che  nominò  segretario  dei 
brevi,  indi  cardinale,  ed  era  sta- 
to nunzio  segreto  in  Olanda  per 
difendere  gli  interessi  della  santa 
Sede,  e  ordinario  agli  svizzeri.  Nel 
pontificato  di  Benedetto  XIV  il  re 
di  Sardegna  fece  replicate  doman- 
de perchè  il  nunzio  di  Torino  Lo- 
dovico Merlini  arcivescovo  d'Atene 
fòsse  aggregato  al  sacro  collegio, 
perchè  come  il  Portogallo  voleva 
che  i  suoi  nunzi  avessero  il  mede- 
simo onore,  al  che  vivamente  si 
opposero  le  altre  corti,  massime  quel- 
le di  Polonia  e  di  JVapoli  che  non 
ne  godevano  la  prerogativa,  doman- 
daudo  egual  Irallameulo»  come  pu« 


NUN  i65 

re  protestarono  le  quattro  che  n'era- 
no in  possesso,  onde  non  si  conce- 
desse né  al  re  di  Sardegna,  né  ad 
altri  sovrani  tal  privilegio.  Non  ve- 
dendosi questi  appagato,  fece  chiu- 
dere la  nunziatura  di  Torino,  l'udi- 
tore ne  calò  l'armi  pontificie,  e  Mer- 
lini  si  ritirò  a  Forlì  sua  patria,  e 
solo  fu  fatto  cardinale  da  Clemen- 
te XIII  come  presidente  di  Urbi- 
no, onde  in  Torino  i  ministri  del- 
la santa  Sede  non  ebbero  più  il 
nome  e  carattere  di  nunzio  sino 
ai  nostri  giorni,  anzi  nelle  annuali 
Notizie  di  Roma  non  si  legge  al- 
cun rappresentante  pontifìcio  pres- 
so la  corte  sarda  fino  al  pontifica- 
to di  Pio  VI,  come  diremo.  Gio. 
Francesco  Stoppani  milanese  inqui- 
sitore di  Malta,  e  successivamente 
nunzio  di  Firenze,  Venezia  e  del- 
l'iraperator  Carlo  VII  di  Baviera, 
per  la  cui  morte  Benedetto  XIV 
lo  nominò  nunzio  straordinario  al- 
la dieta  di  Francforte  per  l'elezio- 
ne del  successore.  In  essa  promosse 
le  parti  della  casa  di  Baviera,  per 
cui  l'eletto  Francesco  I  di  Lorena, 
marito  di  Maria  Teresa  d' Austria, 
non  lo  volle  nunzio  a  Vienna,  on- 
de il  Papa  lo  fece  presidente  d'Ur- 
bino. Il  cardinal  Millini  ministro 
di  Maria  Teresa  in  Roma,  in  suo 
nome  fece  a  Benedetto  XIV  ener- 
giche rappresentanze  perchè  l'esclu- 
desse dalla  porpora.  Considerando 
il  Papa  non  convenire  mostrarsi 
condiscendente,  altrimenti  insorge- 
rebbe nelle  corti  pretensione  di  da- 
re V Esclusiva  (Fedi)  anche  a  chi 
doveva  far  parte  del  collegio  car- 
dinalizio, e  che  d'altronde  le  pro- 
teste fatte  nella  dieta  contro  l'elet- 
to erano  state  imposte  da  lui,  nel 
1753  lo  creò  cardinale.  Nel  seguen- 
te anno  si  riaprì  la  nunziatura  «li 
Firenze^  e  Benedetto  XIV  vi  muti- 


i66  NUN 

dò  nunzio  Antonio  Biglia  milane- 
se arcivescovo  di  Corinto:  essa  era 
restata  priva  del  nunzio  nel  1746, 
pei  trasferimento  del  nunzio  Ar- 
di iuto  in  Polonia,  e  perchè  non  fu 
riconosciuto  il  nunzio  Bonaccorsi, 
per  le  vertenze  insorte  tra  la  To- 
scana e  la  santa  Sede. 

Clemente  XIII  per  le  promozio- 
ni al  cardinalato  de'nunzi  dì  Vien- 
na, Francia,  Madrid  e  Lisbona,  da 
altre  nunziature  ne  trasferì  i  suc- 
cessori, ed  i  nuovi  nunzi  ordinò  e 
consagrò  nel  1759.  Clemente  XIV 
con  breve  de*26  marzo  1 77  i,  pri- 
vò r  uditore  del  nunzio  apostolico 
di  Spagna  della  giudicatura  sulle 
cause  dei  regolari,  e  la  conferì  alla 
rota  della  nunziatura  di  Madrid. 
Pio  VI  istituì  per  la  Baviera  la 
nunziatura  di  Monaco  (Fedi),  con- 
irò  la  quale  e  contro  quella  di  Co- 
lonia insorsero  gli  Elettori  (Fedi) 
ecclesiastici  di  Magonza,  di  Colonia, 
di  Treveri,  ed  altri  prelati,  pel  qua- 
le proponimento  non  dubitarono 
dare  inaudito  scandalo  ai  fedeli, 
portando  in  mezzo  alle  diete  impe- 
riali le  indegne  loro  querele,  e  di 
tenere  il  conciliabolo  à'Enis  (Fedi), 
non  che  offendere  la  maestà  di  Pio 
VI,  nella  pretensione  di  riconosce- 
re i  nunzi  pontificii  quali  semplici 
ministri  della  corte  di  Roma,  egua- 
li  a  quelli  de*sovrani  secolari,  ago- 
gnando la  soppressione  delle  nun- 
ziature di  Germania.  Ciò  sollecitan- 
do l'arcivescovo  di  Salisburgo  alla 
dieta  di  Ratisbona  con  una  memo- 
ria. Pio  VI  per  sostenere  le  prero- 
gative della  Sede  apostolica,  e  in  ri- 
sposta all'autore  anonimo  De  lega- 
tis,  fece  compilare  dal  cardinal  Fi- 
lippo  Campanelli:  SS.  D.  N.  Pii 
Papae  Sexti  responsio  ad  metropo- 
litanos  Moguntinwn,  Trevirensenij 
Colonicnscnij  et  Salisburgensem,  su- 


NUN 
per  nunciaturis    apostollcis.    Editio 
allora:  addilis  hinis    litleris  ad  ar' 
chiepiscopunij  et  ad  capituluni    Co- 
loniacy    Romae    1790.   Quest'opera 
è  piena  di  erudizione,  argomenti  e 
prove  incontrastabili  dell'uso  imme- 
morabile   de'  Pontefici,  di  spedire  i 
loro    apocrisari    o    nunzi,  con  rive- 
stirli di  ampie  facoltà,  non  solo  nel- 
lo spirituale,  ma  ancora  nel  tempo- 
rale;  e   Pio    VI    l'accompagnò  con 
breve    ai    nominati  elettori    e  arci- 
vescovo, esortandoli   a  tralasciare  di 
rendersi   autori    d' un  sì  scandaloso 
attentato   contro   il    vicario  di  Cri- 
sto,   laonde   poi    i  detti  prelati  so- 
spesero   le  loro  insistenze  presso  la 
dieta  di  Ratisbona,  e  la  nuova  nun- 
ziatura di  Baviera  restò  nel  suo  pie- 
no   vigore.  A  Mohilow  ed  a   Rus- 
sia si  dice  del  nunzio  Archetti  spe- 
dito da  Pio  VI  in  Russia,  e  de'suoi 
successori,    come    di  quanto   opera- 
rono.   Per  le  vicende  politiche   de- 
gli   ultimi    anni    del    secolo    XVIII 
ebbero  termine  le  nunziature  di  Po- 
lonia, Venezia  e  Brusselles:  della  pri- 
ma fu  ultimo  nunzio  Lorenzo  Litta 
arcivescovo  di  Tebe  ,  della  seconda 
Gio.    Filippo    Gallerati  Scotti  arci- 
vescovo di  Si  da,  della  terza  Cesare 
Brancadoro    arcivescovo    di    Nisibi. 
Neir  epoca  repubblicana,  come    di- 
chiarai a  Francia  ed  altrove.  Pio  VI 
fu    costretto  inviare  de' secolari  per 
suoi  ministri  a  Parigi,  prima  e  nel 
1 796  il  conte  Pieracchi  col  grado  di 
internunzio  per  l'eccidio  di  Basvillej 
poi  il  marchese  Camillo  Massimi  colla 
qualifica  di  ambasciatore,  dopo    es- 
sere   stato    suo    plenipotenziario    al 
trattato  di  Tolentino  (quindi  posto 
dai  napoletani  alla  testa  del  gover- 
no   di  Roma   nel   dicembre    179B, 
morto    nel    1801),    ed  a  Milano  il 
cavalier    Antonio   Bussi,   mentre    in 
Torino  deputò  l'ab.  Modestino    Pe- 


NUN 
licani.  Quando  Pio  VI  nel  1798 
fu  dai  francesi  imprigionato  e  por- 
talo in  Siena,  i  re  di  Spagna,  Por- 
togallo e  Sardegna  ordinarono  ai 
loro  ministri  risiedere  ove  si  ferma- 
va ,  ma  l'impedirono  i  nemici.  11 
nunzio  di  Firenze  Odescalchi  si  re- 
cò presso  il  Papa ,  funse  V  officio 
di  segretario  di  stato,  e  prese  la 
corrispondenza  coi  nunzi  pontificii, 
con  Albani  che  Pio  VI  avea  spe- 
dito ablegato  a  Vienna,  e  con  Er- 
skine  suo  ministro  a  Londra. 

L' ultimo    nunzio    di    Colonia  fu 
Annibale  dalla    Genga    arcivescovo 
di  Tiro,  poi  Leone  XII  (Vedi).  Nel 
Tol.  XXVIII,  p.    252  e  seg.,    nar- 
rammo le  importanti  nunziature  da 
lui    sostenute,    e  quanto     operò  in 
Colonia,  che  fece  le  veci  anche  del 
nunzio  di  Brusselles,  e  perciò  eziandio 
soprintendente     interino    delle    mis- 
sioni    inglesi  e  superiore  delle  mis- 
sioni d'Olanda  ;  che  supplì  a  quel- 
lo   di    Monaco,    amministrando     le 
nunziature  di  Germania,   e  nel  1807 
Pio  VII  lo  destinò  nunzio  alla  die- 
ta   di    Ratisbona,    ove    era    stata 
trasferita  la  sede  di  Magonza  (Ve- 
di),  e  finalmente  a  Parigi.  Ora  no- 
teremo   le  variazioni    di    titoli    dei 
ministri  della  santa  Sede  in  alcune 
nunziature,    e  l'erezione  delle  nuo- 
ve, nel  corrente  secolo  sino  ad  og- 
gi.   Nel   1800  Pio  VII  nominò  su- 
periore delle  missioni  d'Olanda  Lui- 
gi Ciamberlani  protonolario  aposto- 
lico, carica  che  disimpegnò  per  mol- 
ti anni.  Nel    1802  trasferì  alla  nun- 
ziatura di  Spagna   Gravina  [F€di\ 
ove  si  disse  quanto  di    memorabile 
operò.  Deportato  Pio  VII  nel   1809, 
e  restituito  alla  sede  nel  18 14,  solo 
nel  1818  s'incominciò  a  nuovamente 
pubblicarsi  le  Notizie  di  Roma,  donde 
ricavo  le  seguenti  nozioni.  Nel  i8i8 
in  Firenze  eravi  un  uditore  della  nun- 


•     NUN  167 

zìatura:  nel  Brasile  Gio.  Francesco 
Compagnoni  Marefoschi  di  Macera- 
ta, fatto  arcivescovo  di  Damiata  ai 
29    aprile    18 16,    nunzio  residente 
a  Rio  Janeiro,  ma  dopo  di  lui  va* 
co  per  diversi  anni:  Torino,  incari- 
cato d'affari  senza  grado  prelatizio. 
Leone    XII  nel    1826  spedi  a  Pie- 
troburgo   per   ambasciatore   monsi- 
gnor Bernetti  poi  cardinale,  per  as- 
sistere all'incoronazione  dell'impera- 
tore  Nicolò    I    a  Mosca.  Nel   1829 
si    riaprì  la  nunziatura  di   Brussel- 
les   con  un  internunzio,  nella   per- 
sona di  Francesco  Capaccini  poi  car- 
dinale ;  in  Rio  Janeiro  subentrò  un 
nunzio    arcivescovo.   Nel   i83o  Pio 
Vili    nominò    nunzio    di    Firenze 
un   arcivescovo.    Gregorio  XVI  nel 
i83i     destinò    un  incaricato    d'af- 
fari in  Rio  Janeiro;  ed  in  Brussel- 
les un  incaricato  d'affari  e  vice-su- 
periore delle  missioni  d'Olanda  :  nel 
i832   istituì  la  nunziatura  per  l'O- 
landa, con    incaricato  d'affari  e  vi- 
ce-superiore delle  missioni  d'Olanda 
residente   in    Aia,  nominandovi    pel 
primo  monsignor  Antonio  Antonucci 
cameriere  d'onore;  in  Firenze  man- 
dò un  incaricato  d'affari:  nel  i834 
destinò    per    Brusselles  un   prelato 
internunzio    apostolico  ;    nel     i835 
spedì  a  Vienna  per  complimentare 
l'imperatore  Ferdinando  I,  pel  suo 
fausto  avvenimento  al  trono,   mon- 
signor della  Genga  Sermaltei  arci- 
vescovo di  Ferrara  e  nipote  di  Leo- 
ne XII,  che  creò  poi  cardinale.  In- 
oltre Gregorio  XVI  nel  i836  istituì 
la  nunziatura  della  Nuova  Granata 
nell'America  meridionale^  nominan- 
dovi primo  internunzio  e   delegato 
apostolico    monsignor  Gaetano  Ba- 
luffi  vescovo  di  Bagnorea,  ora   car- 
dinale ;  e  consagrò  arcivescovo  d'E- 
feso monsignor  Altieri,  che  nominò 
nunzio  di  Vienna  e  poi  creò  cardinale  : 


i68  NUN 

nel  1 837  mandh  a  Biusselles  un  iiicn- 
rìcato  d'atraiì:  nel   iBSg   ristabilì  il 
nunzio  di    Torino    nella  persona  di 
monsignor  Vincenzo  Massi  ^  di  che 
parlammo  nel  voi.  XXXIII,  p.  176 
del    Dizionario:    nel     1840    nella 
Nuova  Granata  spedi  un  incaricato 
d'alTari    prelato   di    mantellone;    in 
Rio  Janeiro  un  iuternunzio  aposto- 
lico inviato  straordinario:  nel  i84( 
finalmente  Gregorio  XVI   stabilì  in 
Brusselles    un    nunzio    arcivescovo. 
A  Gregorio  XVI,  oltre  gli  ambascia- 
tori ottomani  ed  altri,  di  cui    par* 
lai  a  Missioni  pontificie,  la  Nuova 
Granala,  il  Messico,  le  repubbliche 
dell'Equatore  e  del  Chili  gli   man- 
darono rappresentanti,  favoreggian- 
do in  ogni  guisa  l'universale  ritor- 
no delle  nazioni  verso  la  papale  au- 
torità, e  influì  singolarmente  a  ren- 
derla  gradita,  ammirata  ,    ricercata 
e  temuta,  pel  suo  magnanimo  e  con- 
ciliativo   procedere,     col  quale  non 
pretermise  giammai  di  cattivarsi  l'a- 
nimo de'dominatorij  anco  di  lonta- 
nissimi popoli,  a  vantaggio  della  reli- 
gione e  gloria  della  santa  Sede.  Altre 
sostanziali   innovazioni  fino  ad  oggi 
non  sono  avvenute  tra  i  nunzi  apo- 
stolici, internunzi  ed  incaricati  della 
santa  Sede;  e  le  altre  nunziature  esi- 
stenti   sono  quelle  di  Lisbona,  Lu- 
cerna, Madrid,  Monaco,  Napoli,  Pa- 
rigi e  Vienna.  Avendo  l'attuale  sulta- 
no Abdul-Medjid  commesso  al  suo 
ambasciatore  alla  corte    di  Vienna 
Chekib-Effeodi,  recarsi  a  Roma  per 
felicitare  il    regnante     Pio  IX    per 
la    sua    elevazione     al     pontificato, 
questi   nel  dicembre   1847  spedi  in 
Costantinopoli  per  ambasciatore  pon- 
tificio alla  Porta    ottomana,    mon- 
signor Innocenzo  Ferrieri  (già  inca- 
ricato d'aiiari    di   Gregorio  XVI  al 
re  iì&  Paesi  Bassi),  da  lui  consagra- 
to arcivescovo  di  Sida  in  parliùus, 


NUO 

per  ringraziare  quel  sovrano  dell'alto 
gentile  ed  offrirgli  alcuni  donativi. 
11  prelato  ambasciatore  col  suo  se- 
guito e  sul  vapore  da  guerra  il 
Tripoli,  posto  a  di  lui  disposizione 
dal  re  di  Sardegna  Carlo  Alberto, 
giunse  a  Costantinopoli  li  16  del 
1848,  e  venne  ricevuto  con  tulli 
gli  onori  e  trattato  come  gli  am- 
basciatori stranieri.  Ma  di  questo 
memorabile  avvenimento,  che  sarà 
ferace  di  utili  conseguenze  pel  cat- 
tolicismo  in  oriente,  meglio  se  ne 
parlerà  a  Turchia. 

Sopra  questo  argomento  si  possono 
leggere.    Emanuelis   Alvarez  Pegas  : 
TracLalus  de  competeiUiis  iiiter  ar- 
chiepiscopoSj  episcoposve,  et  nunliuni 
apostoLicum  cum  potesUili  legati  a  la- 
tene,  et  de  eorum  potestale  de  foro 
etiarn  exemptoruniy  et  ubi  coiiveniri 
debeantj  Lugduni    1675.  Opera  lo- 
dala dal  Parisi,   poiché  tratta  della 
istituzione   de*  legati  a  lalere  e  dei 
nunzi     apostolici  ,    dilucida     molte 
questioni  circa  l'onoranza  e    prero- 
gative dovute  a'  nunzi.  Canonico  d. 
Celestino  Masetli  :   Dei  vantaggi  ar- 
recati alle  nazioni  cristiane  dai  ro- 
mani Pontefici  per  mezzo  delle  nun- 
ziature apostoliche,  dissertazione,  Ro- 
ma 1842.  Se  ne  parla  nel  voi.  Xlll, 
p.     11 5  degli  Annali  delle    scienze 
religiose.    Il    cardinal    Pacca     nelle 
importanti   Mem.  storiche,  oltre  che 
nella    dedicatoria    rimarca    le    dilli - 
colta    e    travagli  che  debbono   sos- 
tenere   i    nunzi    a    confronto    degli 
altri   prelati   addetti   al  servizio  del- 
la santa  Sede  in  lloma,  a  p.  187    in 
tredici  articoli  dà   utilissimi   consigli 
e  preziosi  suggerimenti  a  quelli  che 
intraprendono  l'onorevolissimo  cor- 
so delle  nunziature,  in  un  ministero 
quanto  luminoso  altrettanto  scabioso. 
NUOVA    ORLEANS     (   Noi'ae 
Aureliae).    Città  con  residenza    ve- 


NUO 

scovile  negli  Stati  Uniti  irAmerica,  la 
più  grande  dello  stalo  di  Luigiana, 
capitale  dello  stato  del  suo  nome, 
a  340  leghe  da  Washington  ,  sul- 
la riva  sinistra  del  Missisipi,  e  cir- 
ca 35  leghe  dalla  sua  imboccatura 
nel  golfo  del  Messico.  Si  trova  si- 
tuata sulla  costa  dell'  isola  formata 
dal  ramo  principale  del  Missisipi , 
da  un  braccio  di  questo  fiume  chia- 
malo Iberville  e  da  diversi  laghi. 
È  fabbricata  in  una  pianura  ter- 
minata da  paludi  malsane,  garan- 
tita da  una  diga  dalle  inondazioni 
del  fiumCj  e  presenta  un  superbo 
colpo  d'occhio,  con  diversi  sobbor- 
ghi. Le  fortificazioni  furono  distrut- 
te al  tempo  dell'unione  della  città 
agli  Stati  Uniti.  Le  strade  sono  la 
notte  illuminate,  e  la  maggior  par- 
te attraversate  da  limpidi  ruscelli. 
Uella  è  la  piazza  d'armi  che  serve 
di  pubblico  passeggio ,  circondata 
da  magnifica  grata  di  ferro;  la 
spianata  è  un  altro  passeggio  prin- 
cipale. In  generale  le  case  sono  so- 
lide, e  molte  con  ameni  giardini. 
La  cattedrale,  sotto  l'invocazione  di 
s.  Luigi,  è  bella,  spaziosa,  imponen- 
te, provveduta  a  dovizia  d'ogni  co- 
sa, e  riccamente  dotata.  Ad  altra 
gran  chiesa  è  congiunto  convene- 
vole fabbricato,  ordinaria  residenza 
del  vescovo.  Nel  palazzo  comunale 
si  osserva  la  facciata  adorna  di  co- 
lonne; sono  rimarchevoli,  il  pre- 
sbitero pel  consiglio  supremo  del- 
la Luigiana  e  la  corte  criminale , 
la  chiesa  presbiteriana,  l'ospedale 
grande  e  bello  stabilimento  ben  te- 
nuto; evvi  un  tempio  per  gli  epi- 
scopali ed  altro  pei  metodisti,  e 
presso  il  primo  fu  eretto  un  mo- 
numento funebre  al  general  Calay- 
borne.  Vi  sono  pure  due  teatri  , 
uno  francese,  l'altro  inglese  ;  una 
sala  di  ridotto^  la  sola  degli  Stati  U- 


INUO  169 

niti,  ove  si  danno  balli  mascherati 
nel  carnevale;  de' tre  mercati,  quel- 
lo in  città  è  coperto.  Gii  stabili- 
menti d' istruzione  e  di  pubblica 
utilità  consistono  in  molte  istitu- 
zioni particolari  e  scuole  elemen- 
tari. Vi  si  pubblicano  otto  giorna- 
li in  francese^  inglese  e  spaglinolo^ 
e  sonovi  pure  stabilimenti  indu- 
striali. La  Nuova  Orleans  è  essen- 
zialmente commerciale,  ciò  ch'essa 
deve  alla  sua  felice  situazione  in 
un  paese  fertilissiaio,  e  quasi  alla 
imboccatura  d'uno  de' più  gran  fiu- 
mi del  mondo;  moltissimi  sono  i 
navigli  ch'escono  dal  suo  porto,  il 
più  sicuro  di  tutta  l'unione.  E  la 
residenza  di  molti  consoli  stranieri; 
vi  esistono  quattro  banchi  e  cinque 
compagnie  di  assicurazione.  Com- 
pongono la  popolazione,  oltre  gì'  in- 
digeni e  i  creoli  discendenti  dai  fran- 
cesi, molti  di  questi,  inglesi,  scozzesi  e 
irlandesi  :  la  popolazione  si  aumen- 
ta rapidamente,  malgrado  le  stra- 
gi della  febbre  gialla,  che  però  ha 
perduto  molto  di  sua  malignità,  pel 
progressivo  diseccamento  delle  pa- 
ludi. 

Questa  città  fu  fondata  nell'anno 
1717  sotto  la  reggenza  del  duca 
d'Orleans,  e  perciò  venne  a  lui  in- 
titolata. Fu  ceduta  alla  Spagna  nel 
1763  col  restante  della  Luigiana; 
gli  spagnuoli  intrapresero  di  pren- 
derne possesso  soltanto  nel  1768, 
ma  il  loro  generale  O'Reilly  si  per- 
mise atti  di  riprovevole  violenza  La 
Nuova  Oileans  ritornò  alla  Fran- 
cia nel  i8or,  ed  in  fine  nel  i8o3 
fu  rimessa  agli  Stati  Uniti.  Gì'  in- 
glesi i'  attaccarono  nel  dicembre 
18 14?  ma  furono  respinti  dagli  ame- 
ricani, sotto  gli  ordini  del  generale 
Jackson.  La  Nuova  Orleans  fu  il  ca- 
poluogo della  Luigiana  sino  al  1829, 
cpocu  in  cui  la  sede    del  governo  fu 


lyo  NUO 

trasferìla  a  Donaldson  ville,  da  cui 
è  distante  2  5  leghe,  indi  vi  ritor- 
nò. La  Luigiana  conservò  il  nome 
dell'estesissima  contrada  che  i  fran- 
cesi possedettero  nell'America  Nord, 
e  che  ad  onore  di  Luigi  XIV  fu 
cosi  chiamata.  Si  vuole  che  pel 
primo  nel  i54i  vi  approdasse  Fer- 
dinando de  Solo  spagnuolo,  ma  re- 
stata senza  effetto  la  scoperta,  me- 
glio si  conobbe  nel  iGyS  dal  ge- 
suita Giuseppe  Manpette  e  da  Jo- 
lyet,  indi  si  perfezionò  per  Fron- 
tenac  e  R-oberto  de  la  Salle  nel 
1684,  ^  cui  disputa  tale  onore  il 
francescano  belga  Luigi  Hennepin. 
Poscia  aumentarono  la  conquista  i 
fratelli  Lemoyne  di  Serigny,  Cro- 
zat  ed  altri.  Nel  1800  la  Spagna 
restituì  alla  Francia  la  Luigiana 
pel  regno  d'Etruria  accordato  al 
duca  di  Parma,  e  nel  i8o3  ne  fe- 
ce acquisto  l' unione,  e  fu  allora 
divisa  in  due  territori!:  il  meridio- 
nale si  disse  d'Orleans j  il  setten- 
trionale Luigiana;  quando  il  terri- 
torio del  primo  si  eresse  in  islato 
assunse  l'antico  nome  di  Luigiana, 
e  l'altro  territorio  si  suddivise  nel 
territorio  di  Missouri,  che  poi  di- 
venne slato,  ov'  è  la  sede  vescovile 
di  s.  Louis,  ora  dichiarata  arcive- 
scovile dal  Papa  che  regna  ,  pure 
nell'America  settentriouaje,  forma- 
ta con  parte  della  diocesi  di  Nuova 
Orleans. 

La  sede  vescovile  immediatamen- 
te soggetta  alla  santa  Sede,  fu  e- 
retta  nel  1793  da  Pio  VI,  e  si 
estende  la  diocesi  a  tutto  lo  stato 
della  Luigiana,  con  160,000  cat- 
tolici, essendo  il  totale  della  popo- 
lazione 353,000.  I  vescovi  riporta- 
li nelle  Notizie  di  Roma  sono  i 
seguenti.  1794  Luigi  Penalver  y 
Cardenas  di  s.  Cristoforo  de  Ava- 
na. Nelle  Notizie  del   1808  si   leg- 


NUO 

gè  airarlìcolo  Orleans  nuova^  Ve- 
di s.  Cristoforo  d' Avana ^  di  cui 
era  vescovo  Gio.  Giuseppe  Diaz  de 
Espada,  fatto  vescovo  nel  1800.  In 
dette  Notizie  non  è  riportato  Carlo 
Nerick  amministratore  a  piacimento 
dell'arcivescovo  di  Baltimore,  con- 
sagrato nel  1808.  18 15  Lodovico 
Guglielmo  Dubourg  fatto  da  Pio 
VII,  il  quale  nel  1823  gli  die  per 
coadiutore  con  futura  successione 
Giuseppe  Rosati;  traslato  il  primo 
nel  1826  da  Leone  XII  a  Mon- 
tauban ,  il  Rosati  fu  fatto  primo 
vescovo  di  s.  Louis  (Fedi)^  ed  am- 
ministratore apostolico  della  Nuova 
Orleans.  Pio  Vili  nel  1829  no- 
minò vescovo  Leone  de  Nekere 
fiammingo,  della  congregazione  del- 
la missione,  cui  Gregorio  XVI  die 
nel  1834  per  successore  monsignor 
Augusto  Jeanjean,  che  ricusò  il  ve- 
scovato, ed  a  questi  il  19  giugno 
i835  l'odierno  monsignor  Antonio 
Blanc,  che  sino  dal  i832  aveva 
fatto  vescovo  d'Apollonia  in  par- 
iibiis  e  coadiulore  di  Nuova  Or- 
leans. 

Ecco  lo  stato  di  questa  dio- 
cesi, secondo  recenti  relazioni.  In 
città  le  chiese  di  s.  Maria,  di  s. 
Patrizio,  di  s.  Antonio,  di  s.  Clau- 
dio. Sacerdoti  53,  stazioni  22,  com- 
prese le  quali,  in  tutto  si  contano 
42  chiese.  Seminario  diocesano,  di- 
retto dai  sacerdoti  della  missione, 
nel  Bayou  la  Fourche.  Collegio 
de'gesuiti  in  Opelleusas,  i  quali  han 
pure  due  parrocchie,  quattro  delle 
quali  amministrano  i  detti  sacer- 
doti della  missione.  Sei  monasteri 
di  religiose,  cioè  le  orsoline  con 
scuola,  il  piti  antico  monastero  degli 
Stati  Uniti,  perchè  fondato  da  mo- 
nache francesi,  quasi  contempora- 
neamente alla  città,  in  terra  vasta 
che  occupava  due    isole    e   chiude- 


NUO 

va  una  strada  :  le  autorità  civili 
le  obbligarono  ad  aprir  la  strada, 
e  trovandosi  così  le  monache  mol- 
to ristrette,  comprarono  un  gran 
terreno  ne'  sobborghi,  vi  fabbrica- 
rono un  monastero  vastissimo  ed 
una  beila  chiesa,  e  si  trasportaro- 
no ad  abitarlo.  Fecero  donazione 
al  vescovo  dell'antico  monastero  e 
chiesa,  e  cosi  resero  un  gran  ser- 
vigio alla  diocesi  :  la  religione  nel- 
la Luigiana  deve  molto  a  questo 
monastero,  ove  le  donzelle  han  ri- 
cevuto e  ricevono  educazione  cri- 
stiana, ed  è  mollo  ricco.  Gli  altri 
monasteri  sono,  delle  religiose  del 
sacro  Cuore,  con  scuola,  orfanelle 
ed  educande,  in  Còte  d'Acudie;  al- 
tro del  sacro  Cuore  in  Opelleusas; 
delle  religiose  del  Monte  Carmelo 
a  s.  Claudio  in  città,  per  le  ragaz- 
ze nere  e  di  colore  ;  orfanotrofio 
di  s.  Patrizio  in  Nuova  Orleans 
tenuto  dalle  sorelle  della  Carità  con 
orfanelle;  delle  sorelle  della  Carità 
in  Emmittisburgo  ed  all'  ospedale 
della  carità  in  Nuova  Orleans,  o- 
spedale  grande,  mantenuto  dal  pub- 
blico. Inoltre  in  Nuova-Orleans  vi 
sono,  orfanotrofio  pei  ragazzi;  asilo 
per  le  vedove  ;  associazione  pel  man- 
tenimento del  seminario;  altra  pel 
soccorso  de'  poveri  infermi  ;  la  pia 
opera  della  propagazione  delia  fe- 
de; la  società  di  temperanza.  La 
cattedrale  e  le  chiese  della  diocesi 
stanno  sotto  l'amministrazione  dei 
fabbricieri  eletti  dai  parrocchiani, 
e  per  insorti  abusi  Leone  XII  vi 
provvide  con  un  breve.  Nel  i825 
la  congregazione  di  propaganda 
fide,  dalla  cui  giurisdizione  dipen- 
de il  vescovato,  gli  accordò  la  di- 
chiarazione di  Benedetto  XIV  sui 
jiialrimoni  d'Olanda,  e  la  estese  a 
tutta  la  Luigiana,  il  cui  stato  com- 
prende quattro  diocesi. 


NUO  171 

NUOVA  PAMPLONA  (  Ne.o 
Pampilonen  ).  Città  con  residenza 
vescovile  nell'America  meridionale, 
dipartimento  di  Boyaca  nella  Nuo- 
va Granata,  capoluogo  della  pro- 
vincia del  suo  nome,  sul  rio  dì 
Pamplona,  affluente  della  Sulia,  a 
80  leghe  da  s.  Fede  di  Bogota,  in 
una  pianura,  cinta  da  alte  monta- 
gne che  vi  mantengono  la  tempe- 
ratura, ma  vi  cagionano  delle  neb- 
bie che  oscurano  quasi  sempre  il 
cielo.  E  assai  regolarmente  fabbri- 
cata, con  molte  piazze  pubbliche 
ed  un  gran  numero  di  chiese  e 
conventi,  essendo  quella  de'religiosi 
di  s.  Francesco  riccamente  adorna 
e  decorata  del  quadro  di  tal  santo 
attribuito  a  Velasquez.  Evvi  un  o- 
spizio  con  officine,  un  collegio  ,  o- 
spedale,  confraternite  :  quasi  tutti 
gli  abitanti  sono  affetti  dal  gozzo. 
Il  suolo  del  territorio  è  fertile  e 
ben  coltivato,  e  nella  parrocchia  di 
Rio  Negro  si  scuopri  uu'  abbondan- 
te mina  d'ambra  gialla.  Una  delle 
principali  ricchezze  della  provincia 
sono  le  miniere  d'oro,  d'argento,  di 
rame  e  ferro.  Il  commercio  vi  è 
assai  considerabile.  La  sede  vesco- 
vile fu  eretta  da  Gregorio  XVI, 
colla  bolla  Coelesleni  ogricolam  in 
cunclis ^  del  16  settenjbre  i835, 
dichiarandola  suffraganea  dell'  arci- 
vescovo di  s.  Fede  di  Bogota  (Fe- 
di) .  Per  primo  vescovo  nominò 
l'attuale,  nel  concistoi'o  de'  1  r  di- 
cembre i836,  monsignor  Giuseppe 
Giorgio  de  Torres  y-  Estans  di  Car- 
tagena,  prebendato  di  detta  me- 
tropolitana, rettore  del  seminario, 
visitatore  delle  pie  istituzioni  e  vi- 
cario capitolare.  La  cattedrale  è 
dedicata  a  s.  Maria  della  Neve,  e 
sotto  l'invocazione  di  s.  Pietro  prin- 
cipe degli  apostoli,  edifizio  ampio 
e  buono  con  battisteri©  e  parroco, 


,72  3VUO 

Il  capitolo  si  compone  di  quattro 
dignità,  prima  delle  quali  è  il  de- 
cano, e  di  altri  preti  e  chierici  in- 
servienti alla  uilìzialura.  Fu  stabi- 
lita l'erezione  dell'episcopio,  del  se- 
minario e  del  monte  di  pietà.  In 
città  Ti  è  altra  chiesa  parrocchiale, 
essendo  quelle  della  vasta  diocesi 
(juarantasei.  Tre  sono  i  conventi 
tie'religiosi,  ed  uno  il  monastero  di 
monache.  Ogni  nuovo  vescovo  è 
tassato  ne'libri  della  camera  apo- 
stolica in  fiorini  33,  essendo  le 
rendite  del  vescovo  scudi  quattro* 
mila   di   quelle  parti. 

NUOVA  SEGOVIA  (Nome  Se- 
f^ovìae).  Città  con  residenza  vesco» 
vile  nell'isola  di  Lusson,  una  delle 
Filippine,  nell'Indie  orientali,  a  90 
leghe  da  Manila  a  settentrione,  sulla 
sponda  destra  del  fiume  Tajo.  E 
capoluogo  della  più  boreale  provin- 
cia di  Cagayan ,  i  di  cui  abitanti 
cattolici  filano  canape  e  cotone ,  e 
fanno  traffico  di  cera  ;  è  riservato 
all'alcade  il  commercio  della  polvere 
d'oro.  E  protetta  da  un  forte,  e  da 
qui  partono  i  missionari  per  con- 
vertire i  bataui  montanari.  Si  chia- 
ma pure  Segobìa  No\>a ,  Segovia 
Nuevao  Gagayan,  e  Ferdinandina. 
La  cattedrale  di  recente  struttura, 
con  baltisterio,  è  sotto  l'invocazione 
de'  ss.  Pietro  e  Paolo,  avente  con- 
tiguo l'episcopio,  moderno  e  solido 
edificio.  Non  avvi  oltre  la  cattedrale 
altra  chiesa  parrocchiale,  e  per  le 
vicende  de'  tempi  non  ha  più  i  con- 
venti, i  monasteri,  il  seminario  e  il 
monte  di  pietà  :  i  domenicani  vi 
fondarono  un  bel  convento.  La  sede 
vescovile  fu  eretta  da  Clemente  Vili 
nel  160  T,  e  da  Paolo  V  nel  i6o5 
fitta  suffraganea  di  Manila,  di  cui  lo 
è  ancora.  Le  Notizie  di  Roma  fa  il 
novero  de'soguenti  vescovi.  ly.^o  fr. 
Giovauui  de    Arcchederra    domeni- 


NUO 

cano  di  Caraccas.  17^3  Giovanni 
de  la  Fuenle  Yepez  della  diocesi  di 
Manila.  1763  fr.  Bernardo  Ustariz 
domenicano  della  diocesi  di  Tarra- 
gona.  1768  fr.  Michele  Garcia  do- 
menicano della  diocesi  di  Cuenca. 
1784  fr.  Giovanni  da  s.  Agostino, 
agostiniano  scalzo  della  diocesi  di 
Piacencia.  1806  Gaetano  Pallas  del- 
la diocesi  di  Lerida.  1817  fr.  Fran- 
cesco Alban  domenicano  della  dio- 
cesi di  Tuy.  Dopo  lunga  sede  va- 
cante, Gregorio  XVI  nel  concistoro 
de*  ig  gennaio  1846  nominò  l'at- 
tuale vescovo  monsignor  Raffaele 
Masolivier  domenicano  spagnuolo, 
già  provinciale  e  maestro  di  teolo- 
gia nel  suo  ordine.  Nella  cattedrale 
non  vi  sono  più  dignità ,  canonici 
e  beneficiati,  solo  alcuni  preti  e  chie- 
rici per  l'uffiziatura,  col  parroco.  La 
diocesi  è  ampia ,  contiene  quattro 
isole  ed  altri  luoghi,  con  duecento 
parrocchie  munite  di  battisterio.  O- 
gni  nuovo  vescovo  è  tassato  io  fio- 
rini 33,  e  l'erario  spagnuolo  som- 
ministra al  vescovo  tremila  monete. 
NUOVA  YORK  (  Neo-Ebora^ 
censis).  Città  con  residenza  vesco- 
vile degli  Stati  Uniti,  nell'America 
settentrionale,  nello  stato  del  suo  no- 
me, capoluogo  di  contea,  a  3o  le- 
ghe da  Filadelfia,  all'estremità  me- 
ridionale della  piccola  isola  Manhat- 
tan o  di  New- York.  Si  divide  in 
i4  quartieri  ,  e  dal  mare  presenta 
un  magnifico  colpo  d'occhio,  essen- 
do la  parte  settentrionale  di  mag- 
gior gusto,  come  di  più  recente  co- 
struzione, con  strade  larghissime  in 
linea  retta.  In  generale  ben  fabbri- 
cata e  in  qualche  punto  magnifica, 
ha  il  bel  passeggio  pubblico  chia- 
mato la  Batteria,  oltre  quello  del 
Parco  in  faccia  al  palazzo  comunale. 
Gli  edifizi  sono  in  generale  molto 
più  belli  che  iu  altra  città  dell' u* 


NUO 

iiione;  il  palazzo  della  città,  il  più 
iiìngnifico  di  tntli,  è  in  parte  fab- 
bricato in  marmo  ;  st^ipendo  è  quel- 
lo della  direzione  postale;  si  distin- 
guono poscia  le  chiese  di  s.  Gio- 
vanni, di  s.  Paolo,  di  s.  Pietro,  di 
Cristo,  comprata  dai  protestanti,  di 
s.  Giacomo ,  della  Trinità  e  della 
Grazia,  la  cattedrale  cattolica,  gran- 
de, solida  e  bella,  fabbricata  in  pie- 
tra, sotto  l' invocazione  di  s.  Patri- 
zio, con  cimiterio  annesso,  e  molte 
altre.  L'ospedale,  vastissimo  stabili- 
mento, riccamente  dotato  e  bene 
amministrato,  con  luoghi  pei  pazzi 
e  per  le  partorienti.  Vi  è  la  biblio- 
teca ;  la  prigione  di  stato,  sulla  riva 
d'Hudson,  edificata  in  pietra  e  cinta 
d'alto  muro;  casa  di  beneficenza 
con  vasto  fabbricato  in  pietra.  Nuo- 
va \ork  possiede  79  chiese  o  tem- 
pli pei  diversi  culti ,  cioè  cattolici , 
episcopali,  metodisti,  presbiteriani, 
riformati,  anabattisti  e  luterani.  Evvi 
una  casa  penitenziale,  l'ospizio  pegli 
orfani,  prigione,  casa  di  correzione, 
arsenale,  cinque  teatri,  due  de'quali 
bellissimi,  un  museo,  undici  banchi, 
ventuna  case  di  assicurazioni  e  otto 
mercati.  L'università,  chiamata  col- 
Jegio  di  Columbia,  ha  edifizi  vasti 
e  belli,  con  biblioteca,  collegio  di 
medicina,  museo  anatomico,  elabo- 
ratorio chimico ,  gabinetto  minera- 
logico, museo  d'istoria  naturale,  ed 
un  giardino  botanico.  Il  collegio 
liutgers  per  la  medicina,  seminario 
teologico  fondato  nel  i8o5,  islitu- 
zione  de'sordo-mutij  società  biblica 
e  ateneo  fondato  nel  1824.  Un  gran- 
de e  bello  stabilimento,  chiamato 
New-  York  in stitution  ,  co m  pr en d e 
molti  stabilimenti;  ha  società  lette- 
raria e  filosofica  ,  non  che  isterica 
con  biblioteca  ;  1'  accademia  ameri- 
cana di  belle  arti  con  preziosa  col- 
lezione di  quadri  ;  il  liceo  con  ricco 


NUO  173 

gabinetto  di  storia  naturale  e  pre- 
giata collezione  di  raccolte  scientifi- 
che, oltre  il  museo  americano  con- 
tenente considerabile  collezione  di 
oggetti  rari  e  curiosi.  Si  contano 
molte  altre  società  letterarie  e  dotte, 
ed  un  gran  numero  di  benefiche 
associazioni.  La  stampa  vi  è  attivis- 
sima, e  considerevole  il  commercio 
librario.  Vi  sono  molte  fabbriche, 
ed  il  porto  eccellente  è  formato  da 
un'ampia  baia  dell'Atlantico  che  si 
estende  al  sud  della  città:  tanto 
questa  che  il  porto  sono  difesi  da 
varie  fortificazioni.  Il  suo  ancorag- 
gio sicuro  vi  riceve  le  navi  di  mag- 
gior portata,  a  cui  il  fiume  Hudson 
permette  eziandio  di  risalire  per  \\w 
buon  tratto  nell'interno,  e  pone  la 
città  pei  canali  in  comunicazione 
coi  grandi  laghi  del  settentrione, 
col  s.  Lorenzo.  Nuova  York  tiene 
così  le  chiavi  più  importanti  del- 
l'immenso commercio  interno  del- 
l'unione. Havre,  il  primo  porto  fran- 
cese dell'Oceano,  e  Li  verpool  il  primo 
interposilo  dell'  Europa  pei  cotoni 
e  per  le  altre  grandi  materie  prime 
dell'unione  americana,  vi  hanno  gran 
commercio.  La  città  è  la  più  com- 
merciale degli  Stati  Uniti,  situala  in 
un  paese  ben  popolato  e  fertilissi- 
mo è  delle  più  vantaggiose.  Circa 
cento  battelli  a  vapore  fanno  il  ser- 
vigio di  questa  città  in  direzioni  di- 
verse. L'accrescimento  della  popo- 
lazione fu  rapido,  ed  ora  si  fa  ascen- 
dere a  circa  36o,ooo  ;  nel  1750 
era  appena  composta  di  10,000, 
e    nel    1800  di   60,000. 

Ad  Enrico  Hudson  inglese  .  è 
dovuto  lo  scoprimento  della  regio- 
ne nell'anno  1609,  quando  col- 
le navi  olandesi  della  compagnia 
dell'indie  orientali  discoprì  la  foce 
del  fiume  da  lui  denominato,  e  ri- 
montandone la    sorgente    introdusse 


174  NUO 

in  quel  suolo  i  primi  coloni.  Al  suo 
ritorno  in  Amsterdam    gli    olandesi 
comprarono    da    Hudson    la   nuova 
provincia.  Malgrado  le  proteste    ed 
i  coulrastì  di  Giacomo    I    re    d'In- 
ghilterra,   la    repubblica  baiava    si 
appropriò  il  territorio  e  lo  chiamò 
Nuova  Berga  o  Nuova  Olanda,  edi- 
ficando gli   olandesi   per   loro    pro- 
pugnacolo, nel    i6io,   il    Fort- Am- 
sterdam, nel  luogo  ove  sorge  questa 
gran    città.    Allorché    gì'  inglesi    co- 
mandati dal  duca  di  York  e  d'Alba- 
ny  grande  ammiraglio,  ruppero  guer- 
ra all'Olanda  sotto  Carlo  II,  e  nel 
i665  disfecero  la  flotta  dell'ammi- 
raglio olandese  Opdam,  il  colonnello 
Nicliois  sbarcò  tremila  uomini  sulla 
Nuova  Berga  e  l'occupò  facilmente. 
La    pace   di    Breda    ne    assicurò  il 
possesso  nel    1667    pel    cambio   del 
Surinam  agli  inglesi,  ed  il  re  Gia- 
como II  die  in    proprietà    il    paese 
al    fratello    duca    d' York  ;    ma  nel 
1673  gli  olandesi  vi  rientrarono,  e 
finalmente  con    nuovo    trattato    ce- 
derono  il  paese  all'Inghilterra  ,  che 
ritenne    allora    il    nome    di    Nuova 
York    in    un    alla  città,  che  già  il 
duca  di  York  poi    Giacomo    II    gli 
avea  dato,  e   migliaia  d'inglesi  con- 
corsero   a    popolare    il    paese    e  la 
città,  oltre  gli  olandesi  :    più    tardi 
vi  si  aggiunsero  i  tedeschi  scacciati 
dal  Palatinato   e  da  altre  parti  per 
contese    religiose,  come    francesi  ed 
altri,  che  concorsero  al  suo   rapido 
e  mirabile -ingrandimento.   La  città 
fu  bruciata  in  parte  durante  la  guer- 
ra dell'indipendenza  nel    1776,  per 
la  quale  fu  una  delle  prime   a  in- 
sorgere,  e    rimase    in    potere    delle 
truppe  britanne  da  detto  anno  fino 
al  1783.  Quivi  si  tenne  il  congresso 
ove  si  diede    il    giuramento   per  la 
sistemazione  della  costituzione  fede- 
rale^ il  3o  aprile   1789,  ed  il  cele- 


NUO 

brc  generale  Washington,  che  vi  avea 
fatto  il  solenne  ingresso,  fu  eletto 
presidente,  dopo  la  proclamazione 
della  nuova  costituzione.  Mollo  sof- 
frì per  la  febbre  gialla  nel  17900 
i8o3.  Quivi  gli  sgraziati  coloni  ri- 
fuggiti dalle  stragi  di  s.  Domingo, 
nel  1793  trovarono  tutta  l'ospita- 
lità e  tutti  i  soccorsi.  Nuova  York 
è  chiamata  dai  geografi  l'opulento 
emporio  del  nuovo  emisfero,  la  re- 
gina del  litorale  americano,  il  prin- 
cipal  focolare  dell*  industria  anglo- 
americana, la  più  popolosa  e  traf- 
ficante città  dell'unione  americana, 
il  convegno  commerciale  della  mer- 
catura de'  due  mondi  ,  nata  quasi 
d'incantesimo  su  d'umile  sasso  che 
varie  isolette  circondano.  Il  suo  com- 
mercio esterno  ha  triplicato  dal  1 820 
in  qua  ;  la  sua  suppellettile  marit- 
tima che  allora  non  contava  che 
75,000  tonnellate,  ne  conta  oggi 
25o,ooo;  quella  delle  sue  pesche  e 
della  sua  navigazione  costiera  è  cre- 
sciuta in  maggior  proporzione  an- 
cora, poiché  Nuova  York  è  stupen- 
damente situata  sì  per  le  operazio- 
ni marittime,  che  pel  commercio 
interno.  Essa  è  l'intermedio,  il  prin- 
cipale interposito  del  commercio  del- 
l'Europa cogli  altri  porti  americani, 
o  piuttosto  colle  due  Americhe  :  tut- 
to deve  alle  numerose  linee  di  fer- 
ro e  di  canali,  ed  all'apertura  prin- 
cipalmente del  canale  Eriè  ,  vera- 
mente sorprendente,  perchè  la  pone 
in  contatto  con  molti  altri  centri 
industriali  dell'  unione.  Per  questo 
canale  l'occidente  versa  nel  porto 
di  Nuova  York  la  massa  de'  suoi 
prodotti  agricoli  e  forestali. 

La  sede  vescovile  fu  eretta  da  Pio 
VII,  col  breve  Ex  debito  pastoralis 
offìcdy  degli  8  aprile  1808,  Bull, 
de  prop.fidei,  IV,  p.  339,  ^^^  (\^^^Q 
istituì  pure  i  v^escovali  di  Filadelfia, 


NUO 

■Boston  e  Bardstown,    dichiarandola 
suffraganea  di  Baltimora,  che  nello 
stesso  giorno  elevò  ad  arcivescovato. 
Il  primo  vescovo  fu  Riccardo  Con- 
cannen  domenicano,    consagralo  nel 
1808.  Le  Notizie  di  Roma  registra- 
no i  seguenti  vescovi.  i8i4  Giovan- 
ni  Connolly    irlandese    domenicano. 
1826    Giovanni    du    Bois    francese 
sulpiziano,  al  quale,  per  la  sua  ca- 
gionevole salute,  Gregorio  XVI  agli 
8  agosto   1887   die  per    coadiutore 
con    futura    successione    monsignor 
Giovanni  Hughes  che  fere  vescovo  di 
Basilopoli  in  parlibus.  Essendo  egli 
nel    1842  succeduto  al  predecessore, 
ora  governa  la  diocesi.  Il  medesimo 
Papa  a'  2  1  novembre  elesse  l'attuale 
coadiutore  con    futura    successione, 
monsignor  Giacomo    MacCoskey    e 
vescovo  Axierense  in  partibus.    Di- 
cemmo nel  voi.  XXXII,  p.  3^5  del 
Dizionario^  che  Gregorio  XVI  con 
lettera    enciclica ,    che    si    legge  nel 
suppl.  del  n."  ^1  del  Diario  di  Ro- 
ma, proscrisse  la  società  òe\V Allean- 
za cristiana  formala  in  Nuova  York, 
il  cui  fine,  ad  onta  di  un  titolo  così 
specioso,  era  disseminare    il   prote- 
stantismo e  la  libertà  religiosa   non 
solo  nelle  vaste  regioni    dell'Ameri- 
ca, ma  nell'Italia  e  perfino  nel  cuore 
stesso  di  R.oma.  Nel  voi.  XVII,  p.  4? 
degli  Annali  delle  scienze    religiose 
si  parla  del  primo  sinodo  diocesano 
nel  1842  tenuto  in  Nuova  York  dal 
degno  e  zelante  monsignor  Hughes, 
pubblicato  ivi  colle  stampe  coi    33 
decreti  ordinati  al  decoro  e  al  man- 
tenimento della  fede  e  della  discipli- 
na; e  della  sua  lettera  pastorale  al 
clero  ed  ai  fedeli  della  diocesi,  con 
cui  lo  promulgò;  come  ancora  della 
trionfante  apologia  con  la  quale  il  dot- 
to prelato  confutò  quattro  individui 
di  altre  religioni, che  osarono  combat- 
tere le  sante  determinazioni  del  sinodo. 


NUO  175 

Ecco  lo  sialo  di  questa  dioce- 
si, secondo  le  ultime  relazioni.  Lo 
stato  di  Nuova  York  e  la  parte 
orientale  di  quello  di  Nuova  Jersey 
o  Nuova  Cesarea  formano  questa 
diocesi ,  con  74  preti,  compreso  il 
vicario  generale.  I  pii  stabilimenti 
sono  :  seminario  di  s.  Vincenzo  de 
Paoli  in  Lafasgevilìe,  diretto  dai  sa- 
cerdoti della  missione.  Scuola  di  s. 
Maria  per  le  donzelle,  con  educan- 
de, delle  sorelle  della  Carità.  Scuola 
dis.  Giuseppe  per  le  donzelle,  di  sole 
educande ,  diretta  da  dette  suore. 
Orfanotrofio  per  le  ragazze,  delle 
sorelle  della  Carità.  Orfanotrofio  per 
le  orfane  d'un  solo  de'  genitori,  go- 
vernato dalle  medesime  religiose , 
dalle  quali  sono  dirette  pure  le 
scuole  gratuite  di  s.  Patrizio  e  di 
s.  Pietro,  e  quella  pur  gratuita  di  s. 
Giacomo.  Altre  scuole  gratuite  sono 
quella  di  s.  Nicola  pei  ragazzi  te- 
deschi, quella  della  Trasfigurazione, 
quella  di  s.  Giuseppe.  In  s.  Maria 
in  Brooklin  l'orfanotrofio  delle  suore 
della  Carità  e  la  scuola  gratuita  di 
s.  Giacomo.  In  Albany  orfanotrofio 
e  scuola  gratuita  di  s.  Giuseppe,  delle 
stesse  suore.  In  Utica  l'orfanotrofio 
e  scuola  di  s.  Giovanni,  da  loro  di- 
rette. Il  lodato  pastore  occupandosi 
allo  stabilimento  d'un  seminario  dio- 
cesano e  d'un  collegio  pei  giovanetti 
secolari  in  Rose-Hill,  vi  riuscì  feli- 
cemente: pel  seminario  la  congre- 
gazione di  propaganda  Jìde  contri- 
buì diecimila  scudi.  Tutte  le  chiese 
della  diocesi  sono  state  finora  sollo 
l'amministrazione  de'  fabbricieri,  che 
come  in  altre  parti  dell'  America 
cagionarono  molti  disturbi.  Ad  ov- 
viarne gì'  inconvenienti,  i  sinodi  di 
Baltimora  e  Nuova  York  fecero  uti- 
lissimi decreti.  I  cattolici  di  tutta  la 
diocesi  si  fanno  ascendere  a  200,000. 
Chiese   e    cappelle  90,   mentre  nel 


176                  NUO  NUS 
1783  non  vi  era  in  ci  Ita  nemmeno  dal  cjovernntore    del  Rn<?<?0    Canada 
una  chiesa;  stazioni    5o,    società  di  o    sia  di  Qaebech,  mentre  i   Iribu- 
leniperanza  20,    e    casa  delle  reli-  nali  di  ognuna  delle  otto  provincie 
giose    del    sacro    Cuore    in    Nuova  o  contee  sono  dipendenti  da   un'al- 
York  con  educande.  Nella  diocesi  vi  ta    corte    di    giustizia,    e  vi  è  pure 
sono  diverse  tribù  selvaggie.  il  giuri  per  le  cause  criminali.  Alla 
NUOVO  BRUNSWICK  (ISovae  popolazione  di  circa  60,000   indivi- 
Brunopolis).  Città  con  residenza  ve-  dui,    si   devono    aggiungere    più   di 
scovile    dell'  America    settenlrionalej  2000    algonquini,    che    nell*  interno 
ne'  possedimenti    inglesi    del    Basso  esercitano   la   caccia  e  la  pesca,    ne 
Canada,  nel  Nuovo  Brunswick,  trat-  ricusano    la    civilizzazione,    e    molti 
to  di  paese  tra  il  fiume  s.  Lorenzo  abbracciarono    il   cristianesimo.     La 
e    la   gran    baia    di  Fundy,  per  la  regione    fu   scoperta    nel    i524   da 
quale  vien  diviso  dalla  Nuova  Sco-  Giovanni    Verazzani    fiorentino,    pel 
zia.    Aspro    n*  è    il  clima,  incolte  e  re  Francesco  I.  Il  Nuovo  Brunswick, 
selvose    le    terre   interne;    le    coste  ha   le    seguenti  quattro    città.  Fre- 
meridionali   e    le    rive    de'  fiumi  si  dericktown    capitale    e    della    pro- 
coltivano:   molto  bestiame  si  alleva  vincia  o  contea  di  York,  con  chie- 
nelle  fi-equenti  ed  estese  praterie,  e  sa  cattolica   e  templi  pei  dissidenti , 
t^gguardevole  n'è  la  pesca  ;  il  com-  collegio  e  società  d'agricoltura.   San 
mercio   vi    fa    progressi.    I    francesi  Giovanni,    ragguardevole  per  essere 
nel    16 16  dal  Canada  si  estesero  ad  il    centro  del  commercio,  con    am- 
occupare    le  terre  orientali  sino  al-  pio    e  sicuro  porto,  scuole    e  lette- 
r Atlantico,  ed  imposero  alla  regio-  rari  stabilimenti.  S.Andrea,  di   flo- 
iae    il    nome   di  Nuova  Acadia.   La  ridissimo  commercio,  con  buon  por* 
tolsero  gl'inglesi  quasi  subito  ai  pri-  to   ed  uffizi  doganali.  Newcastle,  ito- 
mi possessori^  e  il  conte  di  Sterling  portante    pei    vicini    cantieri  per  la 
ne  fu  nominato  feudatario.  Ma  tor-  costruzione  delle  navi,  donde    deri- 
narono  poi  i  francesi  a  goderne  Vi'  va   al  paese  prosperità  ed  opulenza. 
no    alla    pace    d'  Utrecht ,    che    nel  Gregorio   XVI,  a  me7,zo  delia  con- 
1713   ne  aggiudicò  alla  Gran    Bre-  gregazione  di  propaganda  y^<^e,  dis- 
tagna lo  slabile  dominio,  benché  la  membro    il    nuovo  Brunswick  dalla 
sorte    politica    meglio  fu  fissata  nel  diocesi  di  Charlottetown  (Fedì)^  me- 
1784.    Allora    si    divise  in  due  go-  diante    l'assenso   del    vescovo,    e  Io 
verni  la  contrada  :   Nuovo  Brjunswick  eresse    nel    settembre    1842  in  ve- 
si     chiamò     1'  occidentale    onde  at-  scovato,  nominandovi  a'3o  di  detto 
trarvi    gli    emigrati    tedeschi,  deno-  mese    per    primo    vescovo    l'attuale 
minandosi  l'altra  Nuova  Scozia,  con  monsignor  Guglielmo  Dolleard.  Ul- 
Halifax   [Vedi)    per   capitale,    in  timamenle   si   stava   trattando,    per 
cui    Gregorio    XVI   eresse    la    &QàQ  far  divenire  il  vescovato  di    Nuovo 
vescovile.    Il  governatore  venne  in-  Brunswick  suffiaganeo  della  metro- 
vestito    del    potere  esecutivo  in  no-  politana  di  Quebech. 
me    del    re,    e   la    costituzione  e  le  NUSGO  (Nuscan)>  Città  con  re- 
leggi inglesi  vi  si  adottarono.  Il  re-  sidenza    vescovile     nel    regno    delle 
gio  consiglio  formasi  di  nove  mem-  due  Sicilie,  nella  provincia  del  Prin- 
bri,  e  di  dodici  la  camera  de'deputati.  cipato  Ulteriore,  a  due  leghe  da  s. 
L*  organizzazione    militare    dipende  Angelo    de'  Lombardi ,   distretto.   E 


NUS 
posta  nella  diramazione  occidentale 
del  monte  Irpino,  e  bagnata  da  una 
sorgente,  che  rapida  corre  a  ingros- 
sare il  Lombardo,  nel  circondano 
di  Bagnoli,  ed  è  antica,  con  titolo 
di  contea.  La  cattedrale,  buon  edi- 
fìzio  con  battisterio,  è  sotto  l'invo- 
cazione dì  s.  Stefano  protomartire, 
di  cui  si  venera  un  braccio,  insie- 
me al  corpo  di  s.  Amato,  vescovo, 
cittadino  e  compatrono  della  città: 
incontro  esiste  l'episcopio.  Vi  sono 
due  altre  chiese  parrocchiali  senza 
il  battisterio,  alcune  confraternite, 
monasteri,  ospedale,  monte  di  pietà 
e  seminario.  La  sede  vescovile  fu 
eretta  verso  l'anno  io4B  suffra- 
ganea  dell'arcivescovo  di  Salerno , 
di  cui  lo  è  ancora.  Pio  VII  nel 
1818  con  la  lettera  apostolica  De 
utiliorij  vi  unì  la  diocesi  di  Monte 
31  arano  (Fedi), 

Il  primo  vescovo  fu  s.  Amato 
nobile  di  Nusco,  ornato  di  dottrina, 
e  arciprete  della  chiesa  maggiore , 
consacrato  nel  io58  dall'arcivesco- 
vo di  Salerno  :  si  occupò  partico- 
larmente della  riparazione  delle  chie- 
se antiche,  facendone  altresì  costrui- 
re delle  nuove,  cioè  quella  di  s.  Lo- 
Prenzo  e  quella  della  Madonna  di 
Fontignano,  che  cedette  ai  bene- 
dettini col  monastero  fondato  nel 
medesimo  luogo.  Dai  fondamenti  ri- 
fabbricò la  chiesa  principale  e  la 
dedicò  in  onore  di  Dio  e  di  s.  Ste- 
fano, e  dotò  coi  suoi  beni.  La  pu- 
rità de'  costumi  e  lo  splendore  dei 
miracoli  resero  celebre  s.  Amato,  il 
quale  morì  santamente  nel  logS. 
Indi  gli  successero,  nel  i  io4  Guido, 
Roggero  del  11 43,  Guglielmo  del 
1164,  Roggero  II  che  viàse  sotto  il 
Papa  Celestino  III,  ornò  la  catte- 
I  drale  ed  in  luogo  più  decoroso  col- 
I  locò  il  corpo  di  s.  Amato.  Luca  del 
I        1 200,  Giacomo  francescano  del  1 285, 

I  VCL.     XLVIII, 


NUS  177 

Pietro  0 Paolo  del  1 296,  Roggero  Ge- 
sualdo napoletano,  morto  nel  i35o; 
Francesco  canonico  di  Sorrento,  nel 
i365  traslato  a  Sorra  in  Sardegna, 
il  vescovo  della    quale   Arnoldo   fu 
in  vece  trasferito  a  Nusco.  Nel  1894 
da  Ceneda    vi    fu    traslato    Marco, 
nel   iSgG  Bernardo,  nel    1399  An- 
gelo Bersilli  di  Lavellino,    Gugliel- 
mo morto  nel   i4i9>  Antonio  arci- 
prete   della    cattedrale    morto    nel 
1435,  Paoluccio  morto  nel    i436, 
fr.  Jannuccio  Pascasi©  francescano , 
sotto  il  quale  Pio  II  nel  1461  uni 
alla  mensa  del  vescovo  l'abbazia  di 
Fontignano,  a  di  lui  istanza    e    di 
Giovanni  Cola  conte  di  Nusco.  Nel 
1471   divenne  vescovo  della   patria 
Stefano  Muscatelli;  nel   i485  Anto- 
nio Maramaldi  napoletano,  nobile  e 
chiaro  per  virtù,  cui  Leone  X  die 
in  coadiutore  Marino  de  Acciabianca 
o  Dazio  che  nel   i523    rinunziò,  e 
gli  successe  Girolamo  de  Acciabianca. 
Nel  i538  Pietro  Paolo  Parisio  (Fe- 
di) ^  poi  cardinale;  nel  1 545,  per  sua 
morte.  Luigi    Cavalcanti    nobile   di 
origine  toscano,  lodato  per  virtù,  e 
nel   i563  trasferito  a  Bisignano.  In- 
di Alessandro  Gadaleta  di  Molfetta, 
di  egregie  qualità;  Pietro  o  Persio 
de  Filiis  di  Terni  nel    1578,    vir- 
tuoso e   difensore    de'  diritti    eccle- 
siastici. Nel    1578    Patrizio    Lunati 
o  Laosio  di  Cassiano,  imitatore  del 
predecessore;  nel   1602  fr.  Lazzaro 
Pellizario  domenicano ,   trasferito  a 
Modena;    nel    1607    Gio.    Battista 
Zuccati  modenese,  abdicò  nel  161 5; 
Michele  Resta  traslalo    da  Stagno, 
poi  ad  Ascoli  di  Puglia   nel   lóSg, 
lodato  ;    Francesco  Arcudio   greco  , 
erudito  nelle  lettere  anche    latine  ; 
nel   1642  fr.  Gio.  Mauro  di  Fratta 
conventuale,   sempre    infermo;  nel 
1645  Anello  Campagna  napoletano; 
nel  1649  Pietro  Paolo  Rossi   della 
12 


178  NUZ 

diocesi  di  Gonza;  nel   i658  fr.  Be- 
nedetto de  Roocì  carmelitano  mila' 
nese;  nel   1662  Angelo  Picchetti  di 
Monticelli  ;  nel    1 669  fr.  Fulgenzio 
Aiminio  Monforle  nobile  d*  Avelli- 
no ,    predicatore    agostiniano  ;    nel 
1680    Benedetto    Giacinto   Sanger- 
mano  di  Bisiguano;  nel  lyo'i  Gia- 
cinto  Dragonetti    nobile   aquilano  , 
predicatore  filippino.  Con  questi  nel- 
r  Italia  sacra  dell'Ughelli  t.  VII,  p. 
532,  si  termina  la  serie  de' vescovi, 
che  compiremo  colle  Notizie  di  Ro- 
ma.  1724  Nicolò  Tupputi   di  Bar- 
letta, 1741   Gaetano  de  Arco  napo- 
letano, traslato  da  Strougoli.    1753 
Francesco  Antonio  Bonaventura  di 
Barletta.  Dopo  sede  vacante ,    1 792 
Francesco  Saverio  de  Vivo    di  Sa- 
lerno, trasferito  da  Lanciano.  Dopo 
altra  sede  vacante,   1820   Pasquale 
de    Nicolais    della   diocesi  di  Bene- 
vento. A  questi  Gregorio  XVI  die- 
de per  amministratore  della  chiesa 
monsignor    Marino    Paglia    arcive- 
scovo   di    Salerno.    Per   morte   del 
vescovo,  il  medesimo  Papa  nel  con- 
cistoro de'  2  ottobre  1887  dichiarò 
successore  l'odierno  monsignor  Fran- 
cesco Paolo  Mastropasqua    di  Mol- 
fetta,  ove  fu  canonico  e  rettore  del 
seminario,  vicario  generale  di  Gonza 
e  Campagna,  di  Nusco  e  di  Gastel- 
lamare.  il   capitolo   si    compone  di 
quattro  dignità,  l'arcidiacono,    l'ar- 
ciprete, il  primicero    maggiore  e  il 
primicero  minore,  otto  canonici,  sei 
ebdomadari  soprannumerari,  ed  al- 
tri preti  e  chierici.  L'arciprete,  con 
tre  parrochi    canonici    onorari ,    ha 
cura  della    parrocchia    della    catte- 
drale.  La  diocesi  si  estende  per  die- 
ci miglia  di  territorio  e  contiene  tre 
luoghi.  Ogni  nuovo  vescovo   è  tas- 
sato in  fiorini  5o,  essendo  le  rendite 
2000  ducali. 
JN'UZZi  Ferdinando,    Cardinale, 


NUZ 
Ferdinando  Nuzzi,  o  Nuzzìo  o  Nu- 
ptio  da  Orle,  recatosi  in  Roma  in 
tenera  età  di  nove  anni,  diedesi  di 
proposilo  allo    studio    della    giuris- 
prudenza e  vi  fece  tali  avanzamen- 
ti   che    seppe    distinguersi     tra    gli 
avvocali    della    curia   romana.    In- 
nocenzo XI,    conosciuta    la    di    lui 
abilità,  lo  dichiarò  commissario  del- 
la camera,  e  poco  dopo  gli  conferì 
un   canonicato    di   s.    Pietro.  Ales- 
sandro VIII,  informalo  appieno  del 
suo  distinto  merito,  lo  avrebbe  pro- 
mosso se  la  morte  non  l'impediva. 
In  sede   vacante  il  sacro  collegio  lo 
dichiarò  prò- tesoriere  in  luogo    del 
defunto    Raggi.    Innocenzo  XII    lo 
nominò    segretario    del   concilio,    e 
nei    primi    del    1700  assessore    del 
s.  offizio.    Clemente    XI    lo    anno- 
verò tra  i   chierici  di  camera  colla 
presidenza    dell'  annona,    e  gli  die 
luogo    tra    i  consultori  del  s.  ofli- 
zio    e    tra    i  votanti  di  segnatura , 
colla  segreteria    della    congregazio- 
ne   delle  acque.  Con  tanti    titoli  e 
prerogative  pure  si  vedeva  lontano 
dalla  porpora ,    che    ad    altri    per 
conseguirla    era    bastato   1'  esercizio 
d' una    delle   sue  cariche.  Ciò  non 
pertanto   con    edificante    rassegna- 
zione, portando  in   pace    l' avverso 
destino,    soddisfece  pienamente  alle 
indossategli    incombenze,   non    solo 
colla  sua  condotta  lodevole,  ma  co- 
gli scritti  ancora,  avendo  dato  alla 
luce,  quando  era  presidente   dell'an- 
nona,   un     libro    intitolato  :    Della 
coltura  dell'agro  romano.  Dopo  es- 
sere   stato  di  nuovo  per  breve  in- 
tervallo   di    tempo  surrogato  nella 
carica    di    pro-tesoriere,   fu    consa- 
grato arcivescovo  di  Nicea,  e  fallo 
segretario    de' vescovi    e  regolari    e 
correttore    della    penitenzieria.    Fi- 
nalmente   con    applauso    di    tutta 
Roma,    avendo    con    raro  esempio 


NUZ 

esercitato  le  più  consiclerahili  ma* 
gislratiire  della  curia  romana,  Cle- 
mente  XI  a'i6  dicembre  lyiS  lo 
creò  cardinale  prete  di  s.  Puden- 
fiana  e  vescovo  d'  Orvieto.  Ma 
dopo  2  3  mesi  di  cardinalato  compi 


NUZ  179 

la  laboriosa  carriera  dì  sua  vita  in 
Orvieto  nel  17 17,  e  rimase  sepol- 
to in  quella  cattedrale,  con  elegan- 
te e  ben  intesa  iscrizione,  postavi 
da  Innocenzo  Nuptio  suo  nipote. 


\ 


I 


i8o 


OBE 


OBE 


O 


a 


ASI,  Oasis  Magna,  Sede  ve- 
scovile della  prima  Tebaide  ia  E- 
gilto,  nel  patriarcato  di  Alessandria, 
sotto  la  metropoli  d'  Antinoe,  eret- 
ta nel  V  secolo,  detta  anche  Casus. 
Neil*  Egitto  le  Oasi  sono  fertili  can- 
toni circondati  di  sabbie  e  somi- 
glianti alle  isole  collocate  in  mezzo  ai 
deserti.  La  grande  Oasi  fu  da  Ero- 
dato situata  nella  Libia,  7  leghe  da 
Tebe,  e  chiamala  dai  greci  isola 
de  beali  j  ma  Slrabone  meglio  la  de- 
scrisse rimpetto  ad  Abido.  Orìens 
diri  si.  t.  II,  p.  60  3. 

OAXACA.  Cina  con  residenza 
vescovile  nel  Messico,  chiamata  an- 
che Antequera  {Vedi).  L'attuale 
■vescovo  monsignor  Antonio  Mante- 
con  d'  Antequera,  fu  nominato  da 
Gregorio  XVI  nel   i844« 

OBBEDIENZA.   P^edi   Ubbidien- 

ZA. 

OBBEDIENZIARIO,  Obedientia- 
rius.  Nome  della  prima  dignità  del- 
l' antico  capitolo  di  s.  Giusto  di 
Lione  ;  e  religioso  mandato  dal  suo 
superiore  per  amministrare  un  be- 
nefìzio, che  ivi  viveva  come  in  mo- 
nastero, in  compagnia  di  due  o  tre 
altri  religiosi.  Obbendienziale .  si 
chiamò  V  ufiiziale  incaricato  alle  di- 
stribuzioni ai  canonici  presenti  in 
coro. 

OBELISCHI  DI  ROMA.  L* obe- 
lisco, obeliscits,  dìcesi  anche  agu- 
glia,  guglia  o  piramide.  È  una  mo- 
le di  pietra  fatta  tutta  d' un  pezzo, 
quadrata  nella,  base,  ma  di  forma 
bislunga  molto,  con  una  punta  o 
piramide  smussata.  Gli  antichi  di- 
cono che  l'obelisco  fu  inventato  da- 
gli egizii  per  simboleggiare  il  rag- 


gio del  sole,  entro  il  quale  o  so- 
pra al  quale  scolpirono  i  loro  ge- 
roglifici, o  scrittura  simbolica  for- 
mata di  figure,  di  cui  trattò  War- 
burthon  nel  Saggio  sopra  i  gerogli- 
fici degli  egiziani.  È  da  vedersi  la 
lettera  del  marchese  Maffei  del 
174B,  riportata  nel  t.  XIV  della 
Raccolta  Calogerana,  sul  fine  per 
cui  furono  inventati  ed  eretti  gli  o- 
belischi  in  Egitto.  Il  nome  di  o- 
belisco  deriva  dal  greco  e  significa 
propriamente  raggio  solare,  aguglia 
o  cosa  che  termina  in  punta^  co- 
me pure  dardo,  saetta,  fulmine,  tol- 
ta r  idea  di  un  corpo  fino  relati- 
vamente all'altezza,  ed  aguzzo  in 
cima.  Questi  massi  monoliti,  fatti 
di  una  sola  pietra  con  quattro  fac- 
cie,  d' ordinario  i  quattro  lati  sono 
ornati  de'  suddetti  geroglifici,  di  cui 
si  fece  pur  parola  a  Egitto  ed  al- 
trove, e  si  collocano  per  lo  piti  so- 
pra un  semplice  piedistallo  quadra- 
to, piti  largo  deir  obelisco  medesi- 
mo. La  maggior  parte  sono  di  gra- 
nito tratto  dalle  cave  dell'alto  E- 
gitto.  Diodoro  Siculo,  Erodoto  e 
più  di  tutti  Plinio  e  Ammiano 
Marcellino  presentano  descrizioni  e 
notizie  de'  monumenti  di  questa  spe- 
cie. 11  primo  tra  i  monarchi  egi- 
ziani che  pensò  a  far  tagliare  si 
maestose  pietre,  secondo  Plinio,  fu 
Mestres,  in  venerazione  e  pel  cullo 
del  Sole  e  per  tenere  impiegati  i 
popoli  in  tali  opere^  sviscerando  le 
montagne  di  Tebe  e  di  altri  luo- 
ghi dell'Egitto  e  specialmente  di 
Syene,  onde  tal  sorla  di  pietra  gra- 
nila con  macchie  rosse  fu  appella- 
ta synéithe^  detto  in     latino   lapis 


I 


OBE 

aegyptiiis.  Quindi  i  di  lui  successori 
De  seguirono  l' esempio  fino  a  Psam- 
melico,  sotto  il  quale  assalito  V  E- 
gitlo  da  Cambise,  perirono  allora 
in  esso  quasi  tutte  le  arti  e  le  scien- 
ze. Dopo  tale  invasione  niun  mo- 
narca d'Egitto,  tranne  Nettabis, 
fece  più  fabbricare  sì  fatti  obeli- 
schi. I  re  d'Egitto  li  consacrarono 
ad  onore  degli  dei,  e  solevano  eri- 
gerli dinanzi  al  pilone  de'  templi, 
finche  i  costumi  non  vennero  altera- 
ti per  la  dominazione  degli  stranie- 
ri. Sono  coperti  di  geroglifici  da 
tutte  le  parti,  contenenti  la  inter- 
pretazione della  natura  delle  cose 
secondo  la  filosofia  degli  egizii,  ma 
che  mostravano  i  votij  o  fatti  o 
adempiti  dai  re,  non  che  leggende 
ampollose  contenenti  i  benefizi  ac- 
cordati dal  sole  sotto  varie  deno- 
minazioni ai  re,  ed  i  titoli  di  que- 
sti con  tutt^Ei  la  pompa  orientale. 
Strabone  ci  avvisa,  che  negli  obe- 
lischi collocali  ai  sepolcri  de' sovra- 
ni di  Tebe,  era  descritto  l'imperio, 
la  potenza,  le  loro  ricchezze^  i  tri- 
buti eh'  esigevano  e  gli  eserciti  che 
comandavano.  I  romani  divenuti 
padroni  deli'  Egitto  e  gelosi  di  or- 
nare magnificamente  le  loro  piazze 
pubbliche  o  circhi,  i  sepolcri,  gli 
orti  ed  ali  ri  luoghi  con  questa 
sorta  di  monumenti,  non  rispar- 
miarono ne  fatica  ne  spesa  per  far- 
ne passare  buon  numero  nella  ca- 
pitale del  loro  impero,  o  rimoven- 
doli dai  luoghi  ove  li  trovarono,  o 
facendoli  tagliare  durante  la  loro 
dominazione.  Perciò  Roma,  dopo 
l'Egitto,  è  la  città  che  presenta  il 
maggior  numero  di  obelischi,  di 
tutte  l' epoche  e  di  tutte  le  gran- 
dezze. Il  Novaes  nella  Vita  di  Sisto 
F,  dice  che  gl'imperatori  n'eresse- 
ro in  Roma  quarantadue  tra  gran- 
di e  piccoli  ;  ed  il  Guattani,  Roma 


OBE  i8i 

antica  t.  I,  p.  122,  parlando  degli 
obelischi,  che  chiama  piramidi  lun- 
ghe e  strette,  riferisce  che  20,000 
uomini  furono  impiegati  a  tagliar 
quello  della  piazza  Lateranense;  di 
più  osserva,  che  tal  genere  di  de- 
corazione è  meravigliosa,  ma  n'  è 
migliore  l'effetto  se  collocati  sulla 
verdura  e  fra  gli  alberi.  Dodici  se 
ne  vedono  ancora  in  piedi  sulle 
sue  piazze  principali  ed  in  alcuni 
de'  suoi  giardini,  fra'  quali  primeg- 
gia per  antichità  e  per  mole  quel- 
lo di  s.  Giovanni  in  Laterano  ;  se- 
guono gradatamente  diminuendo  per 
mole,  quello  del  Vaticano,  quello 
di  piazza  del  Popolo,  quello  di  Mon- 
te Citorio,  quello  di  piazza  Navo- 
na,  quello  della  tribuna  di  s.  Ma- 
ria Maggiore,  quello  del  Quirinale, 
quello  della  Trinità  de'Monti,  quel- 
lo del  Monte  Pincio,  quello  del 
Pantheon,  quello  della  Minerva  e 
finalmente  quello  di  villa  Mattei. 
Ninno  di  essi  conserva  la  integrità 
primitiva,  ninno  il  posto  come  ven- 
ne trasportato  in  Roma,  ad  eccezio- 
ne del  Vaticano  e  di  quello  della 
Minerva  rinvenuti  vicini  al  luogo 
ove  sono. 

Non  tutti  gli  obelischi  di  Roma 
hanno  geroglifici,  poiché  ne  sono 
privi  quelli  del  Vaticano,  del  Qui- 
irinale  e  di  s.  Maria  Maggiore;  e 
siccome  V  oggetto  della  loro  istitu- 
zione ed  il  fatto  di  quelli  ancora 
esistenti  in  Egitto  dimostrano  che 
tutti  dovrebbero  averne,  perciò  sem- 
bra che  quelli  che  non  hanno  iscri- 
zione sieno  stati  tagliati  dai  romani, 
che  non  li  riguardarono  se  non  co- 
me meri  ornamenti,  e  fatti  ad  imita- 
zione de'  più  antichi,  come  il  Vati- 
cano che  fu  fatto  ad  imitazione  di 
quello  eretto  da  Nuncoreo  figlio  di 
Sesostri.  Gli  altri  tutti  hanno  ge- 
roglifici, ma  neppure  essi  sono  tutti 


iSa  OBE 

dell'epoca  antica  dell' Egitto,  alla 
quale  tre  soli  de' grandi  ed  uno 
de'  piccoli  appartengono,  cioè  quello 
del  Latcrano,  quello  di  piazza  del 
Popolo  e  quello  di  Monte  Citorio 
fra*  primi,  quello  della  Minerva  fra 
ì  secondi  j  gli  altri  cinque  sono  sta- 
ti tagliati  durante  la  dominazione 
romana  in  Egitto,  dopo  la  conqui> 
sta  fatta  di  quel  regno  da  Augusto. 
Nella  piazza  avanti  alla  basilica  o 
Chiesa  di  s.  Bartolomeo  all'  isola 
{P^edi)y  vicino  al  portico,  sta  eretto 
un  frammento  d' obelisco  scolpito 
co'  geroglifici  egiziani,  ivi  ritrovato 
nel  1676,  ed  avanzo  di  quello  in- 
nalzato in  queir  isola  del  Tevere 
formata  a  guisa  di  nave,  affmchè 
gli  servisse  come  di  antenna  nel 
mezzo,  come  riferisce  il  Marangoni, 
p.  364,  I^^ll^  cose  gentilesche  e  pro- 
fane trasportate  ad  uso  e  adorna- 
mento delle  chiese.  Egli  tratta  nel 
cap.  67  degli  obelischi  o  guglie 
consagrati  all'idolatria,  poscia  dedì» 
cati  alla  Croce  e  convertiti  in  ador- 
namento de'  prospetti  delle  chiese, 
dicendo  che  gli  egizii  gli  eressero  nei 
templi  e  fuori  di  essi  e  nei  pubbli- 
ci luoghi  in  onore  delle  loro  deità, 
e  perciò  vi  scolpirono  con  caratteri 
simbolici  le  cose  sacre  e  misteri  reli« 
giosi;  e  gì*  innalzavano  sopra  molti 
gradini  tutti  ripieni  d'idoli,  per  cui 
gli  appellavano  are  ed  altari.  Fu 
Augusto  il  primo  a  trasportare  que- 
ste moli  in  Roma,  innalzandone  u- 
na  in  mezzo  della  spina  del  circo 
Massimo,  in  luogo  della  trave  o  an- 
tenna di  legno  che  prima  vi  era, 
e  r  altra  nel  campo  Marzio,  perchè 
servisse  di  gnomone:  ambedue  li 
rimosse  dal  tempio  del  Sole  in  Elio- 
poli,  città  del  Basso  Egitto,  perchè 
meno  aveano  sofferto  dalla  mania 
di  Carabise  ;  Caligola  trasportò 
U  Vaticano    a  ornamento  del   suo 


OBE 
ciroo.  Altri  tre  posteriormente  por- 
tati in  Roma  furono  collocali  nei 
giardini  e  circo  di  Sallustio,  e  i  due 
del  Mausoleo  di  Augusto.  A  que- 
sti debbonsi  aggiungae  quelli  del- 
l'Iseo  Carapense,  quello  dell*  Iseo 
Capitolino  e  quelli  del  circo  Va- 
riano o  Eliogabalo,  del  circo  di  Ro- 
mulo,  ed  il  secondo  del  circo  Mas- 
simo eretto  da  Costanzo  nel  357 
di  nostra  era,  che  fu  i*  ultimo  ad 
essere  trasportato,  e  che  die  moti- 
vo ad  Ammiano  di  parlar  di  que- 
ste moli  e  particolarmente  come 
venissero  trasportate .  Plinio  poi 
narrò  le  difficoltà  per  rimovere  e 
trasportare  questi  monoliti,  e  come 
fu  d'  uopo  costruire  mirabili  basti- 
menti di  sorprendente  grandezza, 
rimontando  il  Tevere  fino  a  Roma. 
Ne'saccheggi  e  rovine  della  città, 
fatti  dai  barbari,  essendo  caduti  gli 
obelischi  e  la  maggior  parte  rotti 
in  più  parti,  giacquero  sepolti  tra 
le  rovine,  finché  il  gran  Sisto  V 
pel  primo  pensò  di  toglierli  dal- 
l' oblivione  e  dalla  superstizione  lo- 
ro antica,  e  co*  sacri  riti  dedicarli 
al  trionfante  vessillo  della  Croce, 
disponendo  che  servissero  di  nubi- 
lissimo ornamento  delle  pi  li  insigni 
basiliche,  ed  il  p.  Bonanni,  Numis. 
Pont.y  riporta  sette  medaglie  di  Si- 
sto V ,  cogli  obelischi  e  il  dise- 
gno de*  quattro  da  lui  eretti  . 
In  ciò  quel  Papa  fu  imitalo  dai 
successori  Innocenzo  X,  Alessan- 
dro VII,  Clemente  XI,  Pio  VI  e 
Pio  VII.  Diversi  dotti  illustraro- 
no gli  obelischi,  quali  preziosi  raris- 
simi monumenti,  de'quali  più  antichi 
non  si  trovano  sulla  terra,  e  ne  ram- 
menteremo i  principali,  oltre  gli  a- 
naloghi  autori  riportati  ad  Egitto^ 
e  quelli  di  cui  parleremo  ai  seguen- 
ti articoli.  Michele  Mercati ,  Degli 
obelischi  di  Roma,  ivi  1589.  Con- 


OBE 

siderazioni  sopra  gli  avverùmeuti 
di  Latino  Latini  intorno  agli  ohe- 
iìschi  di  Romay  ivi  iSgo.  Pehus 
G  a  lesi  ni  US,  Ordo  dcdicationis  obe- 
lisci,  quem  D.  N.  Sixti  V.  P.  M. 
ili  foro  Faticano  ad  limina  Jpo- 
stolornm  erexit,  et  hencdictìonis  i- 
teni  crucis y  qiiam  in  ejus  Jastigio 
collocavitj  Romae  iSS'j.  Giorgio 
Zoega  ,  De  origine  et  iisu  obelisco- 
rum,  Romae  1787.  Malepeines,  nel 
t.  II  del  Saggio  intorno  ai  gero- 
glifici egiziani  di  M.  IVarburthon^ 
riporta  il  parere  di  monsignor  Bian* 
chini  intorno  agli  obelischi .  Sui 
dodici  obelischi  egizii  che  adornano 
la  città  di  Roma,  ragionamento  di 
Ciò.  Battista  Cipri  ani  corredalo 
di  quattordici  tavole  dal  medesimo 
disegnate  ed  incise  in  rame,  Roma 
1823.  J.  A.  de  Goulianof:  Archeo- 
logie égyptienne,  ou  recherches  sur 
r  espression  des  signes  hìéroglyphi- 
ques,  et  sur  les  élémens  de  la  lan- 
guc  sacrée  des  égfptiens,  Lipsia  e 
Parigi  1839.  Interpretatio  obelisco- 
rum  Urbis  ad  Gregorium  XVI.  P. 
M.y  digesta  per  Aloysium  M.  Un- 
garelium  sodalem  bamabitam,  Ro- 
mae 1842,  con  tavole.  Di  que- 
sta dotta  opera,  che  ragiona  pu- 
re de*  due  obelischi  di  Benevento, 
si  fa  r  elogio  al  n.°  36  del  Diario 
di  Roma  iS/^-i,  e  neh*  Album  an- 
no   XIII,  p.    126  e  375. 

Obelisco  Laleranense.  Nella  piaz- 
za del  Laterano  (Fedi),  di  faccia  al 
prospetto  minore  della  basilica,  si  am- 
mira  questa  mole  che  sorpassa  le  al- 
tre in  antichità,  e  le  supera  in  gran- 
dezza  e  perfezione  di  lavoro,  ed  è  l'ul- 
tima che  fu  trasportata  in  Roma, 
Secondo  il  Rossellini,  non  Rami- 
ses,  ma  Thoutmes  IV  l'innalzò 
verso  l'anno  1740  avanti  l'era 
volgare,  dinanzi  ol  tempio  grande 
di  Tebe,    ed  ivi  rimase  sino  a  Co- 


OBE  i83 

slanllno  imperatole,  il  quale  lo  fe- 
ce pel  Nilo  trasportare  in  Alessan- 
dria, destinandolo  ad  ornamento  non 
di  Roma  ma  di  Costantinopoli.  Sul 
punto  che  dovea  imbarcarsi,  egli 
morì,  e  n'esegui  in  parte  il  volere 
Costanzo  I  suo  figlio,  che  lo  fece  con- 
durre a  Roma.  La  nave  su  cui  era 
caricato  pel  Tevere  lo  pose  a  terra 
nella  via  Ostiense,  vicino  al  confluen- 
te delle  Acque  Salvie  col  Tevere. 
Ivi  messo  sopra  lo  strascino,  per 
mezzo  di  curoli  fu  portato  in  Ro- 
ma, e  innalzalo  nel  circo  Massimo. 
Sulla  sommità  fu  posta  ad  orna- 
mento una  sfera  di  bronzo  dorato, 
che  colpita  dal  fulmine  le  fu  sosti- 
tuita una  face  di  bronzo  dorato.  Ca- 
duto al  suolo  per  un  incendio,  nel 
1587  Sisto  V  lo  fece  disolterrare  e 
rialzare  da  Domenico  Fontana,  ma 
bisognò  tagliarne  circa  quattro  palmi 
ueir estremità  inferiore.  Venne  re- 
stauralo col  granito  del  piedistallo, 
sul  quale  era  l'iscrizione  divisa  in 
quattro  faccie,  che  si  legge  nel  Gru- 
terop.  i86,  e  nel  Marangoni  p.  36  r, 
ed  in  tali  pezzi  vennero  grossola- 
namente incisi  i  geroglifici.  L'obe- 
lisco è  allo  ora  i44  palmi  ossia 
108  piedi,  altezza  cui  non  giunge 
alcun  altro  obelisco  si  di  Roma  che 
di  tutto  il  mondo.  Fontana  lo  innal- 
zò sopra  un  gran  piedistallo,  lo  ador- 
nò in  cima  cogli  emblemi  di  Sisto  V, 
cioè  quattro  leoni  ed  i  monti  sor- 
montati dalla  croce,  e  così  l'altezza 
tutto  compreso  ascende  a  circa  i5o 
piedi.  Del  bronzo  impiegatovi  da 
Lodovico  Torrigiani  e  Gio.  Batti- 
sta Laurenziani  tratta  il  Fea,  Mi- 
scellanea t.  n,  p.  4j  quanto  alle 
spese  dello  scavo,  trasporto  ed  ere- 
zione, ascesero  a  circa  25,ooo  scudi. 
Il  Novaes  dice  che  il  Papa  lo  fe- 
ce consacrare  alla  ss.  Croce  a'  io 
agosto   i588.  Lo  stesso  Sisto  V  di- 


i84  OBE 

nanzi  airobelisco  edificò  pel  Fonta- 
na il  fonte  con  parecchi  mistici  or- 
namenti, e  la  statua  marmorea  di 
s.  Gio.  Evangelista  scolpila  da  Tad- 
deoLandini,  di  cui  pure  sono  l'aqui- 
la ed  i  delfìni  sgorganti  Tacqua  Fe- 
lice, cose  tutte  guaste  assai  dal  tem> 
pò.  Il  fonte  si  descrive  dal  Cassio, 
Corso  delle  acque,  t.I,  p.  SSy,  §  1 1. 

Obelisco  Liberiano  o  di  s.  Ma- 
ria Maggiore.  Sorge  sull'Esquilino 
dietro  la  tribuna  della  basilica  e 
Chiesa  di  s.  Maria  Maggiore  (Fé- 
di),  ed  è  liscio  e  rollo  in  più  pez- 
zi, come  il  suo  compagno  del  Qui- 
rinale, poiché  ambedue  furono  tro- 
vati caduti  e  spezzati ,  dietro  la 
chiesa  di  s.  Rocco,  presso  T  antico 
ingresso  del  Mausoleo  d'Augusto.  Si 
fa  Claudio  autore  de'due  obelischi, 
ma  vi  ripugna  il  Nibby,  Roma  nel 
i838,  par.  11,  antica,  p.  261,  che  li 
attribuisce  a  Domiziano;  laonde  non 
pare  che  fosse  fatto  per  ordine  di 
Smarre  ed  Efre  re  d'Egitto.  Sisto 
V  nel  1587  ^o  fece  trasportare  e 
collocare  da  Domenico  Fontana,  il 
quale  lo  mise  sopra  piedistallo,  e 
Tornò  di  monti,  d'una  stella  e  di 
una  croce  di  metallo,  colla  spesa  di 
scudi  2988.  Come  oggi  si  trova  ha 
circa  85  piedi  di  altezza,  ma  soli 
49  ne  ha  l'obelisco.  Il  Papa  l'eres- 
se e  dedicò  ad  onore  della  Croce, 
trofeo  di  nostra  religione,  con  quel- 
le quattro  iscrizioni  che  leggonsi 
nel  Marangoni  p.  862.  Nel  piedi- 
stallo è  una  fontanella  pubblica,  e 
nel  1847  f^*  selciala  la  strada  che 
dal  clivo  conduce  all'obelisco  e  lo 
circonda. 

Obelisco  della  Minerva.  Si  vede 
sulla  piazza  della  Chiesa  di  s.  Ma» 
ria  sopra  Minerva  (Fedi),  dietro 
la  quale  fu  il  tempio  d'Iside,  di 
culto  egizio,  fra  i  cui  ornamenti 
eranvi  questo  obelisco   e  quello  del 


OBE 

Pantheon,  ambedue  di  granito  ros- 
so, ma  diversi  per  tuono  di  colo- 
re, per  stile,  per  epoca  e  per  di- 
mensione. L'olDelisco  fu  disollerra- 
to  nel  giardino  de'domenicani  con- 
tiguo alla  chiesa,  nel  i665  nel  pon- 
tificato di  Alessandro  VII,  e  fornì 
nuovo  argomento  al  p.  Kircher  di 
pubblicare  l'opera  criticata:  Inter- 
preta tio  hieroglyphica  ohelisci  aegy^ 
ptiacij  Romae  1666.  Questo  obe- 
lisco è  tutto  di  un  pezzo,  ed  il  più 
piccolo  in  dimensione  tra  gli  obeli- 
schi di  Roma,  poiché  senza  gli  or- 
nati é  alto  17  piedi.  Lo  fece  Ho- 
phre  re  d'Egitto,  l'Apries  de' greci, 
contemporaneo  di  Tarquinio  Prisco 
quinto  re  di  Roma,  e  probabilmen- 
te in  questa  città  fu  trasportalo  da 
Sais,  allora  metropoli  dell'Egitto 
celebre  pel  tempio  di  Neith,  la  Mi- 
nerva egizia,  particolarmente  nobi- 
litalo da  Hophre.  Avendo  Alessan- 
dro VII  nel  1667  data  la  commis- 
sione al  Remino  di  erigerlo  in  que- 
sto luogo,  l'architetto  scultore  im- 
maginò di  farlo  sostenere  dal  mas- 
so colossale  d'  un  elefante  di  mar- 
mo, sopra  un  alto  piedistallo  che 
uniti  insieme,  e  compresa  l'altezza 
della  croce  che  lo  sovrasta  e  l'obe- 
lisco, il  tulio  è  allo  4^  piedi.  Die 
il  Bernini  un  elefante  per  sostegno 
air  obelisco,  poiché  recandosi  egli 
da  Luigi  XIV,  nel  viaggio  avea 
preso  il  soprannome  di  elefante,  e 
per  la  sua  rinomanza  molti  accor- 
revano a  vederlo  nel  passaggio.  Il 
Marangoni  a  p.  363  ne  riporta  le 
due  iscrizioni  in  onore  della  divina 
Sapienza  e  della  Beata  Vergine.  Il 
p.  Bonanni,  Numismata  Pont.  t.  II, 
p.  701,  riporta  la  medaglia  che  ne 
fu  coniala,  e  la  descrizione  dell'obe- 
lisco, insieme  a  quelle  pegli  obeli- 
schi eretti  da  Sisto  V  ed  Innocen- 
zo X. 


OBE 

Obelisco  di  31  onte  Cilorio.  Sulla 
piazza  di  tal  nome,  di  cui  parlai 
nel  voi.  XIX,  p.  ^i  e  seg.  del  Di- 
zionarìoj  sì  eleva  questo  obelisco,, 
uno  de' due  trasportati  in  Roma 
da  Augusto,  preso  da  Eliopoli,  ove 
era  stato  eretto  ad  onore  del  Sole, 
ivi  principalmente  adorato ,  e  da 
lui  collocato  nel  campo  Marzio  per 
servirvi  di  gnomone,  ed  a  tal  uopo 
fu  fatta  una  linea  meridiana  di  mar- 
mo con  striscio  di  bronzo  indican- 
ti i  mesi  ed  i  giorni,  coi  venti  ne- 
gli angoli  espressi  in  mosaico,  e  sul- 
r  apice  pose  una  palla  di  rame  o 
bronzo  dorata  per  raccogliere  le 
ombre,  e  fu  detto  perciò  obelisco 
orario  e  solare;  ma  questo  orolo- 
gio, insieme  solare  e  lunare,  come 
Io  chiamano  alcuni,  ben  presto  sof- 
frì. Plinio  lo  attribuì  a  Sesoslri  o 
Ramses  III,  ma  nei  cartelli  dell'obe- 
lisco si  legge  il  prenome  e  il  no- 
me di  Psametik  o  Psammetico  1  : 
i  lavori  di  questo  obelisco  sono  giu- 
dicati superiori  agli  altri,  essendo  i 
geroglifici  eccellentemente  scolpiti. 
L'obelisco  andò  soggetto  ad  un  in- 
cendio, cadde,  e  ne  perì  una  gran 
parte,  forse  sotto  s,  Gregorio  VII, 
quando  nel  1084  Roberto  Guiscar- 
do pose  a  ferro  e  fuoco  tutta  la 
contrada  del  campo  Marzio,  indi 
restò  coperto  dalle  grandi  rovine 
delle  fabbriche  adiacenti.  R^imase  di- 
menticato sino  al  i463,  in  cui  fu 
trovata  presso  la  chiesa  di  s.  Lo- 
renzo in  Lucina  parte  della  meri- 
diana, nello  scavare  i  fondamenti 
per  l'erezione  della  cappella  del  car- 
dinal Calandrini,  facendosi  altre  sco- 
perte nel  i5o2;  quindi  Sisto  V  con 
tali  indizi  nel  iSBy  incaricò  il  Fon- 
tana d'esaminare  se  poteva  eslrarsi, 
ma  avendolo  trovalo  sfaldato  e  mal- 
trattato dal  fuoco,  decise  lasciarlo 
stare.   Finalmente  nel    174^    Bene- 


OBE 


i8i 


detto  XIV  Io  fece  scavare,  ed  al- 
lora fu  scoperto  il  piedistallo  colla 
iscrizione,  ed  Angelo  Maria  Bandi- 
ni  vi  scrisse  un'opera:  De  obelisco 
Cesaris  '  Augusti  ^  campi  Marlii 
riideribus  niiper  erupLo,  commenta- 
riusy  Romae  lySo.  La  pubblicò  pu- 
re io  italiano,  ed  il  Zaccaria  ce  ne 
die  l'estratto.  Storia  leti.  t.  II,  p. 
33o,  narrando  di  altre  opere  per- 
ciò pubblicate,  come  della  disserta- 
zione stampata  nel  1706  di  Gior- 
gio Cristoforo  Muller  :  De  obelisco 
gnomone  Augusti  Caesaris.  Un'iscri- 
zione posta  nella  contrada  dell'Im- 
presa de  Lotti,  ricorda  il  sito  preci- 
so ove  fu  rinvenuto  al  posto  il  pie- 
distallo, che  determina  il  punto  del- 
l'obelisco.  Il  celebre  Nicolò  Zaba- 
glia  fu  quello  che  Io  estrasse.  Noa 
fu  però  innalzato  e  quasi  dispera- 
vasi  di  poterlo  fare,  pei  gravi  dan- 
ni ricevuti  dal  fuoco;  finché  Pio 
VI  nel  1792,  servendosi  delf  archi- 
tetto Giovanni  Antinori,  dopo  aver- 
lo fatto  restaurare  col  granito  del- 
la colonna  di  Antonino,  di  che  feci 
parola  nel  voi.  XIV,  p.  3r4  del 
Dizionario  ed  altrove,  ^rimosso  il 
piedistallo  di  essa  (  che  Gregorio 
XVI  ha  collocato  nel  giardino  del 
Palazzo  y alleano j  Fedi^  Io  fece 
innalzare  sulla  piazza  di  Monte  Ci- 
torio,  ornandone  la  sommità  col 
globo  e  col  radio  o  raggio  di  bron- 
zo, per  allusione  all'  uso  originale 
di  gnomone,  ed  alla  palla  che  Io 
sormontava.  Si  può  vedere  il  Do- 
nati, De' dittici  p.  3. 

Obelisco  di  Piazza  Navona.  Si 
vede  sopra  la  magnifica  fontana  in- 
torno la  Chiesa  di  s.  Agnese  (^e- 
di),  in  mezzo  alla  piazza  del  Mer- 
cato (^Fedi).  L'obelisco  fu  tagliato 
e  coperto  di  geroglifici  sotto  Do- 
miziano, forse  per  ornamento  della 
sua   villa    Albana,  donde  Massenzio 


i86  GB  E 

r  ;mno  3 1 1  dell'era  nostra  lo  fece 
trasporta l'o  nel  circo  da  lui  dedi- 
ciilo  ad  onore  del  suo  figlio  Ro* 
mulo  presso  la  via  Appia,  forse  an- 
negato nel  Tevere  :  fu  detto  im- 
propriamente circo  di  Adriano,  di 
Caracalla  e  di  Gallieno.  Rimase 
abballulo  nella  rovina  di  quella 
\illa  imperiale,  probabilmente  dopo 
la  caduta  di  Massenzio  l'anno  3i3. 
11  Mercati  propose  a  Sisto  V  di 
erigerlo  innanzi  la  chiesa  di  s.  Se- 
bastiano, ma  il  progetto  non  ebbe 
elfetto,  e  restò  rotto  in  cinque  pez- 
zi e  sfaldato,  giacente  fino  ad  In- 
nocenzo X  Pamphilj.  Questi  nel 
i65i  con  architettura  del  Bernini 
lo  fece  trasportare  e  restaurare  nel- 
l'antico circo  d'Alessandro,  oggi  piaz- 
za Navona,  e  drizzare  sulla  fonta- 
na maggiore,  ornandone  la  sommi- 
tà con  giglio  e  colla  colomba  por- 
tante l'olivo  di  metallo,  stemma  dei 
Pamphilj.  Il  fusto  è  alto  54  piedi, 
ed  insieme  alla  fontana  quasi  loo. 
Dipoi  trovaronsi  tre  frammenti  del- 
la cuspide,  che  illustrò  Zoega,  ed 
acquistati  dal  cardinal  Borgia,  nel 
i8i4  passarono  nel  museo  di  Na- 
poli. Altri  frammenti  di  questa  mo- 
le, ed  una  gran  scheggia,  il  duca 
d.  Giovanni  Torlonia  li  donò  al  re 
di  Baviera  che  li  collocò  nel  musco 
di  Monaco.  Il  Marangoni  a  p.  363 
riporta  le  quattro  iscrizioni  del  pie- 
distallo. Il  p.  Rircher  nel  i65o  pub- 
blicò in  Roma:  Obelìscus  Pam  più- 
lins,  opera  criticata.  In  questa  piaz- 
za sono  tre  fontane  bellissime,  e 
nel  centro  la  sontuosa  coU'obelisco. 
Nel  medesimo  luogo  Gregorio  XI li 
avea  collocato  una  vastissima  conca 
rotonda  di  marmo  mischio  orienta- 
le con  acqua  di  Trevi.  Innocenzo 
X  dopo  aver  rompilo  la  nominala 
chiesa  e  contigui  palazzo  e  colle- 
gio,   volle   accrescere   lo    splendore 


OBE 
della  piazza  con  erigervi  la  maesto- 
sa fonte  coU'obelisco.  Nella  cona)r- 
renza  de'uiigliori  artefici,  pel  patro- 
cinio dei  principe  Nicolò  Ludovisi,  e 
al  modo  detto  nel  voi.  XL,  p.  i  io, 
venne  preferito  il  Bernini,  il  cui  mo- 
dello colpì  il  Papa.  La  fontana  si 
compone  d'uno  scaglione,  o  gran  ton* 
do  di  circa  io6  palmi  di  diametro, 
cinto  di  colonnette  di  granito  co« 
isbarre  di  ferro.  Questo  scaglione 
contiene  una  gran  vasca,  nel  cui 
mezzo  s'innalza  uno  scoglio  compo- 
sto di  travertino,  che  dai  lati  è  tra- 
forato, onde  da  quattro  bande  la- 
scia libero  per  entro  quelle  aper- 
ture il  luogo  per  cui  la  piazza 
si  vede.  Mediante  tali  aperture 
>iene  lo  scoglio  ad  aprirsi  in  quat- 
tro parti,  che  nella  sommità  re- 
stano unite,  e  sono  fatte  per  rap- 
presentare le  quattro  parti  del  mon- 
do. Negli  angoli  siedono  quattro 
grandissimi  giganti  di  marmo  bian- 
co, rappresentanti  i  quattro  princi- 
pali fiumi,  cioè  il  Danubio  per  l'Eu- 
ropa, scolpito  d'Andrea  detto  il  Lom- 
bardo; il  Gange  per  l'Asia,  opera 
di  M.  Adamo;  il  Nilo  per  l'Africa, 
di  Jacopo  Antonio  Fancelli;  ed  il 
Rio  della  Piata  per  l'America,,  scul- 
tura di  Francesco  Baratta,  coi  loro 
attributi,  reggendo  il  Nilo  l' arme 
d' Innocenzo  X.  La  figura  del  Rio 
della  Piata  guarda  la  cupola,  fac- 
ciata e  campanili  della  chiesa,  e 
come  spaventata  si  arretra  e  alza 
una  mano,  per  censurare  Borromi- 
no,  emulo  di  Bernini,  autore  della 
facciata  slessa  coi  campanili  e  della 
cupola,  che  sembra  minacci  rovi- 
nare. Al  piano  dell'acqua  della  va- 
sca vedonsi  alcuni  grossi  pesci  guiz- 
zanti, uno  de'quali  ne  ingoia  il  su- 
perfluo. Cadono  le  acque  in  abbon- 
danza e  con  fragoroso  mormorio, 
ammirandosi  questo  nobilissimo  fon- 


OBE 

te  ({\m\e  copolavoro  tlell'arto.  Aven- 
do Bernini  ommesso  fare  nell'acqui- 
tlotto  i  necessari  sfiatatoi,  Borrorai- 
no  andava  dicendo  clie  l'acqua  non 
comparirebbe,  ciò  che  [ponendo  in 
apprensione  Bernini,  gli  riuscì  per 
una  fantesca  conoscere  lo  sbaglio,  e 
si  corresse,  ciò  che  produsse  la  mor- 
te dell'emulo  ;  poiché  mentre  que- 
sti credeva  che  l'acqua  non  venisse, 
l'acqua  sgorgò  prontamente  fra  i 
plausi  del  Papa,  della  corte  e  del- 
la moltitudine.  Caduto  Borromino 
in  malinconia,  si  tolse  poi  la  vita 
colla  propria  spada.  Il  Cancellieri 
eruditamente  tutto  descrive  nell'ope- 
ra :  //  Mercato  j  il  lago  de  Inacqua 
Fergine,  ed  il  Palazzo  Pamphiliano, 
La  seconda  fontana  che  si  vede  sul- 
la piazza  è  quella  de'  Tritoni,  che 
resta  nell'angolo  meridionale,  fatta 
erigere  da  Gregorio  XIII  Boncom- 
pagno,  cui  aggiunse  Innocenzo  X 
la  bella  statua  di  mezzo  scolpita 
da  Bernini.  Si  forma  d' una  vasca 
di  marmo  bianco  di  figura  ottago- 
na:  in  mezzo  è  una  gran  conca  di 
forma  simile  di  porla  santa.  Sul 
labbro  eshemo  di  esso  sono  poste 
ili  giro  quattro  teste  di  mostri  ver- 
santi acqua  nella  vasca,  ai  lati  dei 
quah  sono  due  delfini,  e  per  di  die- 
tro aquile  e  draghi  alternativamen- 
te, stemmi  de'Boncompagno,  che  del 
pari  sgorgano  acqua  nella  conca.  Le 
dette  quattro  faccie,  che  sono  di 
marmo  bianco,  si  vedono  intramez- 
zate da  quattro  Tritoni  o  Glauchi 
accosciati  su  d'una  conchiglia,  i  qua- 
li accostansi  alla  bocca  due  buc- 
cine per  ciascuno,  da  dove  esce  un 
zampillo  d'acqua;  essi  furono  scol- 
piti da  Leone  da  Sarzana,  Flami- 
nio Vacca,  Siila  Longo  da  Vigili  e 
da  Taddeo  Landini  che  si  stima  il 
migliore.  Nel  centro  della  conca  s'in- 
nalza   la  stàtua  semi -colossale  d'uu 


OBE  187 

etiope  o  moro  su  d'una  gran  chioc- 
ciola marina,  e  colle  mani  tiene  per 
la  coda  un  grosso  delfino,  che  pas- 
sandogli il  capo  fia  le  gambe,  dal- 
la bocca  spande  l' acqua  a  foggia 
d'un  ventaglio.  Questa  statua,  ope- 
ra lodata  del  Bernini,  è  molto  en- 
comiata SI  per  la  sua  fiera  moven- 
za, che  per  l'intendimento  con  che 
sono  lavorate  le  parti  muscolose  e 
gagliarde,  molto  ritraenti  dal  natu- 
rale. Questa  fontana  de'  Tritoni  fu 
mollo  restaurata  nel  1708  da  Cle- 
mente XI,  ed  altri  restauri  vi  si 
operarono  a' nostri  giorni.  Simi- 
le in  tutto  e  per  tutto  nel  di- 
segno e  nella  qualità  delle  pie- 
tre è  la  terza  fontana  di  piazza 
Navona,  posta  nella  sua  estremila 
settentrionale,  e  fatta  erigere  da 
Gregorio  XIII  nel  tempo  stesso  che 
la  precedente.  In  essa  però  non  vi 
sono  le  decorazioni  di  statue,  e  l'ac- 
qua vi  sgorga  per  quattro  gitti  dop- 
pi, situati  ai  lati  della  conca  di  por- 
la santa,  e  sgorganti  da  una  parte 
in  questa  e  dall'altra  nella  vasca 
sottoposta.  Vi  sgorga  ancora  dalla 
cima  d'una  mezza  colonna  di  mar- 
mo bianco  terminata  da  una  palla, 
collocata  nel  centro  della  conca  stes- 
sa. Inoltre  Gregorio  XIII,  fra  que- 
sta fontana  e  la  grande  fece  un  abbe- 
veratoio pubblico,  che  si  compone 
d'ampia  urna  antica  di  marmo  pen- 
telico,  trovata  nella  casa  de' Galli, 
esistente  già  nel  vicolo  Leutari,  del- 
la qual  casa  parla  il  Cancellieri, 
nelle  Dissert.  epist.  p.  269.  Il  Cas- 
sio, Del  corso  delle  acque  t.  I,  p. 
290  e  seg.  e  p.  297  e  seg.  descri- 
ve le  fonti  che  abbelliscono  la  va- 
stissima Piazza  Navona  (Fedi). 

Obelisco  della  Rotonda  o  piazza 
del  Pantheon.  Si  eleva  il  famoso 
Pantheon  ora  Chiesa  di  s.  Maria 
ad  Martyres  (Fedi),  detta    la  Ho- 


i88  OBE 

tonda,  nella  piazza  che  Eugenio  IV 
lece  sgombrare  dalle  rovine.  Ivi  Gre- 
gorio XIH  con  disegno  di  Giacomo 
della  Porta  o  di  Onorio  Longlii  vi 
eresse  un  fonte,  e  Clemente  XI  nel 
1711  lo  rifece  colTopera  dell'arclii- 
tetto  Filippo  Barigioni.  Esso  è  for- 
mato d'una  gradinala  di  travertino, 
composta  di  sei  scaglioni  e  circon- 
dala da  basse  colonne  con  isbarre 
di  ferro.  Su  di  essa  sì  eleva  una 
vasca  molto  ampia  di  marmo  bigio, 
ad  otto  faccie,  ma  cogli  angoli  acuti. 
Ai  quattro  punti  principali  sono 
altrettanti  bizzarri  gruppi,  consistenti 
in  una  maschera  con  ai  lati  due 
delfini  e  dietro  un  drago  alalo,  dai 
quali  gruppi  escono  più  bocche  di 
acqua  di  Trevi.  Nel  centro  della 
\asca  è  posta  una  scogliera  di  Fran- 
cesco Pincellotti ,  la  quale  serve  di 
sostegno  ad  un  imbasamento  pira- 
midale di  marmo  bianco  con  sue 
cornici  centinate  ;  agli  angoli  di  essi 
sono  quattro  grossi  delfini  scolpiti 
da  Vincenzo  Felici,  i  quali  tengono 
il  capo  volto  in  basso,  e  dalla  bocca 
versano  acqua  in  copia.  Il  basamen- 
to ha  in  due  faccie  l'arma  di  Cle- 
mente XI,  e  nelle  altre  due  iscri- 
zioni. Su  tal  basamento  s'erge  la 
guglia,  terminata  in  cima  da  un 
ornamento  di  fogliami,  e  sormon- 
tata da  una  stella,  parte  dello  stem- 
ma di  detto  Papa,  in  cui  è  posta 
la  croce,  il  tutto  gittato  in  metallo. 
Questo  obelisco  di  granito  rosso  egi- 
ziano, intagliato  a  geroglifici,  è  alto 
circa  20  piedi  nel  fusto,  ed  insie- 
me alla  fontana  e  croce  49  •  orna- 
va il  tempio  d'Iside  con  quello  della 
Minerva,  e  credesi  eretto  per  voto 
da  Pompeo.  Da  molto  tempo  gia- 
ceva negletto  accanto  la  chiesa  di 
s.  Maculo,  di  cui  si  parlò  ne'  voi. 
XIV,  p.  181  e  182,  e  XIX,  p.  Sg 
del   Dizionario  j    sostenuto   da    un 


OBE 

monte  di  mal  connesse  pietre ,  per 
cui  si  chiamò  guglia  di  s.  Maculo. 
Si  pretende  che  Paolo  IV  lo  eri- 
gesse nella  piazzetta  tra  il  convento 
de*  domenicani  e  la  chiesa  di  s.  I- 
gnazio;  ma  altri  dicono  che  il  Mer- 
cati insinuò  a  Sisto  V  d'innalzarlo 
ove  l'abbiamo  descritto,  ovvero  in- 
nanzi la  chiesa  della  Minerva  ;  fi- 
nalmente altri  col  Trotti  vogliono 
che  Paolo  V  l'erigesse  in  detta  piaz- 
zetta :  per  queste  dilferenti  opinioni 
si  può  leggere  il  Cassio,  Corso  del- 
le  acque,  t.  I,  p.  298,  3oi  e  seg., 
ed  il  Nibby,  Roma  nel  i838,  par. 
II,  antica,  p.  272.  Certo  è  che  Cle- 
mente XI  qui  lo  fece  trasportare 
ed  elevare,  ed  alcuno  riferisce  col- 
l'opera  di  Carlo  Fontana.  Decorata 
così  la  piazza,  appianata  e  regola- 
rizzata, il  Papa  per  memoria  ordi- 
nò la  coniazione  d' una  medaglia. 
Dipoi  Pio  VII  nel  i8o4  fece  restau- 
rare il  fonte,  e  più  tardi  fece  to- 
gliere le  baracche  che  ad  uso  di 
mercato  di  pesce  occupavano  la  par- 
te più  alta  della  piazza  ,  e  la  fece 
di  nuovo  lastricare;  edificandosi  in 
vece  la  pescheria  presso  la  chiesa 
di  s.  Salvatore  delle  coppelle. 
Obelisco  del  Pincio.    /^.    Monte 

PlNCIO. 

Obelisco  del  Popolo.  Nobilita  e 
rende  magnifico  il  principale  ingres- 
so di  Roma,  della  Porla  Flaminia 
{^Fedi)y  e  fu  uno  de'  due  primi  con- 
dotti dalla  città  di  Eliopoli,  Tanno 
di  Roma  744  pei'  le  cuVe  d'Augu- 
sto, che  destinò  questo  ad  ornamen- 
to della  spina  del  circo  Massimo. 
Ne  fu  autore  Ramses  III  o  Sesostri 
re  d'Egitto,  fiorito  verso  l'anno  i565 
avanti  la  nostra  era,  le  cui  leggende 
egizie  riporta  il  Nibby  a  p.  277  di 
Roma  nel  i838j  par.  II,  antica,  con 
titoli  ampollosi  riguardanti  il  re  ed 
il  Sole  a  cui  era  stato  eretto.   Tali 


OBE 

iscrizioni  servono  di    guida  a  cono- 
scere quelle    degli     altri    obelischi, 
massime  del  Pantheon  e  della  Tri- 
nità de*  Monti.  Le  vicende  di  que- 
sto obelisco   sono  comuni  col  Late- 
ranense  :  esso  fu  trovato  come  l'al- 
tro da  Matteo  da  Castello,  dieci  pal- 
mi sotterra,  e  come  l'altro  per  or- 
dine di  Sisto  V    risarcito,   traspor- 
tato ed  eretto  da    Domenico  Fon- 
tana nel   1587,    mediante  la  spesa 
di  scudi    10,229.  Era  rotto  in  due 
pezzi,  ed  insieme  con  questi  fu  tro- 
vato il  piedistallo  antico,  sul  quale 
venne  innalzato  di  nuovo  sulla  piaz- 
za del  Popolo.   È  alto  circa  79  pie- 
di, e  compresa  la  base  e  la    croce 
di  bronzo  1 18. 11  Marangoni  p.  36 1 
nel  descriverlo    dice    che    Sisto    V 
l'innalzò  ad  onore    della    Croce  e 
per  decorare  il  prospetto  della  Chie- 
sa di  s.  Maria  del  Popolo  [Vedi); 
ne  riporta  le  due  iscrizioni  e  quel- 
la d'Augusto.    Oltre  a  ciò  Sisto  V 
fece  dal  Fontana  erigere  sulla  piaz- 
za una  bella  fonte,  secondo  alcuni; 
ma  il    Cassio,   Corso    delle    acque 
t.  I,  p.  286,  riferisce  che  Gregorio 
XllI  nel   mezzo    della    piazza  fece 
alzare  un  fonte  saliente  con  acqua 
Vergine,  disegnato   da  Jacopo  della 
Porta  nel   i574  con  tazza  o  conca 
d'antico  marmo  salino,  formata  da 
una  base  di    colonne    che  sostene- 
vano il  frontespizio  della  casa  Au- 
rea di  Nerone.  Siccome  però  la  fon- 
lana    rimaneva    presso    Y  obelisco , 
quando  questo   d'ordine  di    Leone 
XII  fu  circondato    da    una  gradi- 
nata quadra,    venne    tolta    via,  ed 
in  sua  vece  si  sostituirono  ai  quat- 
tro angoli  quelle  che  vediamo,  con 
disegno  del  cav.  Giuseppe  Valadier. 
Esse  si    compongono    d' una  \asca 
rotonda  di  travertino  in  cui  cadde 
l'acqua  che  viene  versata  dalla  hoc- 
c^  di  un  leone  di    marmo  bianco, 


OBE  189 

scolpilo  sullo  stile  egiziano  e  collo- 
calo su  d'  un  imbasamenlo  pirami- 
dale formato  di  selle  gradini  qua- 
drilunghi .  Il  medesimo  Valadier 
diede  i  disegni  delle  altre  due  gran- 
di fontane  che  adornano  la  piazza 
stessa,  e  sono  collocate  nel  centro 
de'  due  vasti  semicerchi  che  la  chiu- 
dono da  oriente  e  da  occidente. 
Quella  della  parte  orientale,  \erso 
il  Monte  Pincio  [Vedi),  ha  nel  pia- 
no una  vasca  semicircolare  assai 
ampia  di  travertino ,  appoggiata 
dentro  una  parete  murata  a  bugne 
grosse.  Entro  la  vasca  s' alza  una 
grandissima  conchiglia  di  marmo 
tiburtino,  conlenente  una  piccola 
tazza  in  cui  sgorga  1'  acqua  per  una 
apertura  praticala  nella  parete,  e  da 
essa  si  versa  nella  conchiglia,  da  dove 
piove  poscia  nella  vasca.  La  parete 
a  bugne  è  terminata  da  una  ringhie- 
ra o  balaustrato  di  marmo,  nei  cui 
Iati  veggonsi  entro  una  conchiglia 
due  delfini  aggruppali  e  colle  code 
in  su  rivolte.  Nel  mezzo  poi,  in 
corrispondenza  della  fontana,  sono 
alquanti  scogli,  sopra  i  quali  pose 
la  statua  colossale  di  Roma,  aven- 
te a  lato  la  lupa  coi  gemelli  Ro- 
molo e  Remo  ;  laterali  sono  le 
statue  gigantesche  del  Tevere  e  del- 
l'Aniene  co' loro  attributi,  tutte 
sculture  eseguite  in  marmo  da  Gio- 
vanni Ceccarini.  L'altra  fontana 
nel  semicerchio  occidentale  è  in  lut- 
to e  per  tutto  simile  alla  descritta, 
se  non  che  le  statue  che  l' adorna- 
no, scolpile  dallo  stesso  artista,  sono 
differenti.  In  essa  si  osserva  la  fi- 
gura colossale  di  Nettuno  col  tri- 
dente sopra  una  scogliera.  Ai  Iati 
sono  due  grandi  delfini  condotti  da 
due  tritoni  ;  il  delfino  a  sinistra  di 
chi  guarda  imbizzarrisce,  per  cui 
il  tritone  che  lo  guida  lo  tiene  af- 
ferrato nella  bocca  e  minaccia  per- 


190  OBE 

cuoterlo  ;  1*  altro  proce<le  tranquìl- 
lamentej  per  cui    la  sua    guida  lo 
cinge  col  braccio  destro  e  col  sini- 
stro accosta  alla    bocca  la    buccina 
a  cui  par  che  dia    flato  gagliarda- 
mente. Le  due  ale    poi    di    muro 
che  in    semicerchio    circondano  la 
sorprendente  piazza,  sono  pure  ab- 
bellile  di   varie    sfingi     di     marmo 
bianco,  cioè  otto    per  semicerchio, 
e  contengono  le    due    fontane;  alle 
quattro  estremità  sonovi  altrettante 
statue  eseguite  in    marmo    bianco, 
che    rappresentano    le    stagioni.    Il 
semicerchio  che  dà   adito  alla  pas- 
seggiata del  Pincio,    ha  la    Prima- 
vera del  Gnaccherini  e  l' Estate   del 
Laboureur;  in    quello  incontro  ha 
l' Inverno  del    Baini  e    l' Autunno 
dello  Stocchi,  vedendosi  nella  parte 
posteriore  de'  folti  cipressi  che  cuo- 
prono  la  deforme  veduta  di  alcuni 
fienili,    e  i  due    ingressi  chiusi  con 
cancelli  di    ferro    forse     serviranno 
per  l'adito  ad   un  ameno  passeggio 
sul   fiume  Tevere,  formato  nel  pon- 
tificato di   Gregorio  XVI.  Le  deco- 
razioni della  piazza  si  devono  a  Pio 
VII,  ed  il  compimento  a  Leone  XII. 
Obelisco    del    Quirinale.  È  uno 
de'  due  innalzati    avanti     V  ingresso 
del   mausoleo  d'  Augusto,  probabil- 
mente da    Domiziano    meglio    che 
Claudio,  con  quello  ora  di  s.   Ma- 
ria Maggiore;    ambedue  caduti  nel 
VI  secolo  per  un  terremoto  e  rotti, 
furono    discoperti  verso    il     i527, 
cavandosene  uno  che  fu  lasciato  gia- 
cente avanti  la  chiesa  di  s.  Rocco, 
finche  Sisto  V    lo    innalzò    sull'E- 
squilino.    L*  altro  rimasto    sotterra 
fino  al    1781,    quando   Pio    VI  lo 
fece  estrarre    nel    1782,  cioè  uno 
de' suoi  tre    pezzi,    poiché  gli  altri 
due  furono  tolti  nell'ottobre  i78f>, 
coir  opera    dell'architetto  Giovanni 
Antinori,  che  avendolo  fatto  restau- 


OBE 

rare,  nel  17B7  lo  oollooh  tra  i  due 
famosi  e  sorprendenti  colossi  dei 
Cavalli  che  dierono  nome  alla  piaz- 
za e  al  monte.  Il  fusto  deU'olxy- 
lisco  è  alto  49  piedi  e  nell'  insie- 
me circa  85,  però  dal  piano  del- 
la strada  fino  alla  sommità  della 
croce  di  bronzo  piedi  96.  In  me- 
moria di  questa  erezione  fu  co- 
niata una  medaglia  monumentale. 
Nell'anno  precedente  il  medesimo 
architetto,  con  ardita  e  felice  ese- 
cuzione, per  dar  luogo  al  colloca- 
mento della  guglia,  d' ordine  di  Pio 
VI  rivolse  sulla  propria  base  verso 
i  lati  opposti  i  delti  due  colossi. 
Questi  si  formano  di  due  bellissi- 
mi cavalli,  con  due  giovani  nudi 
di  gigantesca  figura  in  atto  di  reg- 
gerli, di  marmo,  rappresentanti  Ca- 
store e  Polluce,  già  creduti  rappre- 
sentare Alessandro  il  Grande  in  at- 
to di  domare  il  suo  famoso  Buce- 
falo, e  che  fosse  opera  dei  sommi 
scultori  Fidia  e  Prassitele,  come 
leggesi  nell'epigrafi  dei  piedistalli  : 
su  questo  punto  si  può  leggere 
quanto  osserva  il  Novaes  nella  vi- 
ta di  Sisto  V,  5  io3.  I  due  co- 
lossi si  trovarono  nelle  terme  Co- 
stantiniane, poste  nella  regione  me- 
desima del  Monte  Quirinale  (Ve- 
di)j  e  fabbricate  dall'  imperatore 
Costantino  presso  il  giardino  dei 
Colonna  [Vedi):  alcuni  dicono  che 
quell'imperatore  fece  ivi  tras[X)rta- 
re  dalla  Grecia  i  due  cavalli  colle 
due  figure,  altri  che  li  tolse  dalla 
casa  Aurea  s\x\  Monte  Palatino.  Si- 
sto V  li  fece  ristorare  colla  dire- 
zione di  Domenico  Fontana,  e  col- 
locare dove  si  ammirano  avanti  il 
palazzo  pontificio,  dopo  aver  diroc- 
cato un  masso  enorme  di  antica 
fabbrica  ch'era  nel  mezzo  delia 
piazza.  Su  di  che  può  leggersi  il 
Fea,  Storia  delle  acque  antiche  p. 


OBE 

i3i   e  seg.,  il  quale  non    solo  ri- 
porta le  iscrizioni  dei  colossi  e  del- 
l'obelisco,    ma    parla    dell'antica  e 
della    altuale  fontana,  e  vuole  che 
i  due  gruppi    stassero    prima    alla 
porta  non  delle  terme  di  Costanti- 
no, ma  del    famigerato  tempio  del 
Sole,  opera  di  Traiano  o  Adriano, 
e  lavorati  per  esso,  forse  tratti  da 
qualche  classico  originale  in  bronzo, 
rappresentante  probabilmente  Ales- 
sandro   Magno.  Noteremo,  che  al- 
cuni riferiscono  che  nella  falda  del 
Quirinale  presso  il  vico  de' Corne- 
lia   esistette    un   tempio    del    Sole- 
Serapide  ;  il    Panciroli    poi    scrisse 
che  i  colossi    li  donò   Mitridate  re 
d'Armenia    a  Nerone,    e    che  Co- 
stantino   li    collocò    nelle   sue    ter- 
me.   Narra   il    Cassio,  Corso    del- 
le  acque  tom.  1,  pag.  34o,  che  Si- 
sto  V    tra    i    due    colossi    innalzò 
vaga  fonte  per  la  sua  acqua  Felice, 
con  tazza  e  conca  ornata  ai  quat- 
tro lati  col  suo    stemma.    Però  la 
fontana  fu  rimossa  da  Pio  VI  nel- 
r  erezione    dell*  obelisco,    per  darvi 
luogo  innanzi  ad  altra  più  magni* 
fica,  destinandovi  la  vasta  conca  di 
bel  granito    rosso,   posta    nel    fine 
del  secolo  XVI   per  beveratoio  nel 
Foro  boario  sulle   rovine  del  tem- 
pio di    Castore  e  Polluce,  resa  ivi 
quasi  invisibile  dalle  terre  accumu- 
late intorno.  Nel     1817     Pio    VII 
mandò    ad    effetto  il    disegno    del 
predecessore,  per   l'architetto  Raf- 
faele Stern  ;  fece  restaurare  la  taz- 
za rotta  in  due    pezzi  con  76  pie- 
di di   circonferenza,    le   aggiunse  il 
suo  piede  antico    e  scanalato,   tro- 
vato ad  essa   vicino,  e  nel    1818  la 
collocò  avanti  all'obelisco.  La  taz- 
za poggia  sul  piede   di  marmo  ba- 
celiato,  con  suo  dado  sotto  di  tra- 
vertino, e  dal  centro  sgorga  in  al- 
to un  grosso  capo  d' acqua  formaa- 


OBE  191 

te  un  liei    fiocco.    La  tazza  inoltre 
è  collocata  entio  un  bacino  roton- 
do, assai  più    ampio,  di  pietra  ti- 
burtina,   che    riceve     le  acque  che 
rigurgitano  dalla  tassa,  essendo  cir- 
condato da  dodici  colonnine  di  gra- 
nito bigio,  con  ispranghe  di  ferro. 
Obelisco  della   Trinità  de*  Monti 
o  Sallustiano.  Si  vede  sull'alto  del- 
la vaga  scalinata  che  conduce  alla 
Chiesa  della  ss.    Trinità  al  Monte 
Pincio  (Vedi)y    e  avanti     ad     essa. 
Questo  obelisco  fu    uno  di    quelli 
portati  in  Roma    dopo  Augusto,  e 
venne  drizzato  negli  orti  Salluslia- 
ni,  cioè  tra  essi  e  il  circo.  E  una 
informe  imitazione    di     quello     del 
Popolo,  poiché   r  inetto  intagliatore 
ha    perfino    capovolti  i    geroglifici , 
probabilmente     lavorati     sotto    gli 
Antonini    o    Comraodo.     Incendiali 
quei  giardini    imperiali    al    primo 
furore  de'  goti  nel  4^9»  allora  pel 
fuoco  crollò  pur   V  obelisco,  e  rotto 
in  due  parti  restò    abbandonato  e 
seminterrato  nella    convalle  del  cir- 
co. Sisto  V   avea    divisato  erigerlo 
avanti  la  chiesa  di    s.  Maria  degli 
Angeli,  dove  al  tempo  stesso  avreb- 
be fatto  ornamento  alla  piazza  che 
aprì  dinanzi  la  sua  magnifica  villa 
Peretti  oggi  Massimo  :  la  morte  dei 
Papa  fece  andare    a    vuoto  il  pro- 
getto.  Essendo    l'obelisco     coli' an- 
dar del  tempo    racchiuso  nella  vi- 
gna Vettori,    comprata    questa  dai 
Ludovisi,   fu  compreso     nella     loro 
villa,  così  nel    lySS  lo  richiese  Cle-  ' 
mente  XII  alla  principessa  Ludovisi 
per  innalzarlo  avanti  la  facciata  prin- 
cipale della  basilica  La  teranense da  lui 
magnificamente  eretta,   ed  essendo- 
gli   stato  donato,    lo  fece  trasporta- 
re a  tal  uopo  presso  la  scala  santa. 
Riconosciuto  di  troppo  piccola  mole, 
vi  restò  abbandonato  sino  ni   r7tS8, 
quando  Pio  VI  ne  affidò  il  irasppr- 


iga  OBE 

to,  il  restauro  e  il  collocamenlo  so- 
piti gran  piedislallo  di  marmo  biaii* 
co,  airarchilello  Giovanni  Antinori. 
E  sormontato  con  una  croce  di  me- 
tallo, contenente  le  reliquie  della  ss. 
Croce,  di  s.  Giuseppe,  de*  ss.  Pietro 
ePaolo,  di  s.  Pio  V,  di  s.  Agostino  e 
di  s.  Francesco  di  Paola,  come  narra 
il  Cancellieri  che  tratta  erudita- 
mente di  questo  obelisco  nel  suo 
Mercato.  Il  fusto  dell'  obelisco  è  al- 
to piedi  43  e  mezzo,  e  100  com- 
preso il  piedistallo  e  la  croce.  Nel 
1789  in  Roma  si  pubblicò:  Anno- 
tazioni storico-critiche  siili*  obelisco 
Sallustiano,  del  p.  Tommaso  Ga- 
brini,  delle  quali  se  ne  legge  un 
sunto  neW  Effem.  lett.  di  Roma 
n.  23;  rimarcandosi  che  l'obelisco 
ritornò  sul  colle  Pincio,  benché  in 
altra  parte  e  dove  terminavano  i 
famosi  orti  Lucullani. 

Obelisco  Faticano.  11  piti  gran- 
de di  quelli  che  sono  in  Roma^  do- 
po il  Lateranense,  si  erge  nel  cen- 
tro della  magnifica  piazza  della  ba- 
silica o  Chiesa  di  s.  Pietro  in  Fa- 
ticano (Fedi).  È  il  solo  che  siasi 
conservato  di  un  sol  pezzo,  poiché 
fino  al  suo  trasporto  ebbe  la  ven- 
tura di  rimaner  sempre  in  piedi 
sulla  spina  del  circo  di  Caio  Cali- 
gola detto  pur  di  Nerone.  Il  Guai- 
talli,  Roma  antica  t.  II,  p.  yS,  di- 
ce che  l'obelisco  si  ruppe  in  Egit- 
to in  due  pezzi,  e  che  manca  il  più 
grosso  lungo  100  .cubiti,  citando 
Plinio  :  anche  il  Novaes  afferma  che 
si  dimezzò,  ed  ambedue  fanno  au- 
tore dell*  obelisco  Nuncoreo  figlio 
di  Sesostri.  Fu  trasportato  in  Roma 
da  Caligola  e  consacrato  ad  Augu- 
sto e  Tiberio,  come  si  rileva  dal- 
r  iscrizione  nella  parte  inferiore  di 
esso.  Non  è  di  lavoro  egizio,  ma 
imitazione  romana  di  quello  del 
figlio  di  Sesostri    Nuncoreo,    come 


OBE 

con  altri  dice  Nibby,  ed  è  privo  di 
geroglifici.  La  nave  che  lo  portò 
fu  di  tale  grandezza  che  per  zavor- 
ra vi  andarono  120,000  moggia  di 
lenticchia,  cioè  due  milioni  880 
mila  libbre;  era  tale  la  lunghezza 
eh'  essendo  stata  da  Claudio  affon- 
data per  servire  di  fondamento  al 
molo  del  suo  porto  d'  Ostia,  sosten- 
ne una  gran  parte  del  lato  sinistro, 
dove  furono  innalzate  come  tre  tor- 
ri ed  una  a  somiglianza  del  Faro 
Alessandrino;  l*  albero  maestro  di 
abete,  era  di  tal  grossezza  che  ap- 
pena quattro  uomini  potevano  ab- 
bracciarlo. Questa  è  una  prova  che 
i  romani  si  servivano  di  navi  per 
trasportare  tali  moli  e  non  di  zat- 
tere. Nel  voi.  XLI,  p.  182  del  Di- 
zionario dicemmo  che  \st  casa  del 
maestro  del  sacro  ospizio  trovan- 
dosi presso  r  obelisco,  si  disse  Do- 
musagidiacy  e  vicina  alla  chiesuo- 
la di  s.  Andrea,  poi  compresa  nel 
nuovo  tempio  Vaticano  :  nel  suolo 
della  sua  sagrestia,  una  pietra  ri- 
corda il  sito  primitivo  dov'era  l'o- 
belisco. Nicolò  V  divisava  di  porre 
questo  obelisco  sugli  omeri  di  quat- 
tro statue  colossali  rappresentanti 
gli  evangelisti,  e  di  collocare  sul  ver- 
lice  una  statua  di  bronzo  del  Sal- 
vatore colla  croce  in  mano.  Dipoi 
Paolo  II  trattò  coli' architetto  Ari- 
stotile di  farlo  trasportare  nella 
piazza  Vaticana;  Paolo  III  ebbe 
l' istessa  idea  e  ne  consultò  Buo- 
narroti che  non  volle  accettarne 
l'assunto,  per  l'eccessiva  spesa  a 
ciò  necessaria  e  pel  pericolo  di 
romperlo.  Indi  nel  pontificato  di 
Gregorio  XIII  e  nel  i583  Ca- 
millo Agrippa  milanese  fece  un  mo- 
dello, e  stampò  in  Roma  un  trat- 
tato sul  trasporto  dell'  obelisco  sen- 
ra  piegarlo  a  terra,  poiché  trova- 
vasi  nella  parte    inferiore  in  parte 


OBE 

sepolta;  ma  la  difllcoltà  dell'  impre- 
sa spaventò,  riferendo  il  Novaes  che 
i  romani  per  quest'  obelisco  impie- 
garono 20,000  uomini  con  macchi- 
ne di  sommo  dispendio.  Fino  al- 
l'epoca  del  traslocamento,  sull'o- 
belisco nella  cuspide  eravi  un  globo 
di  bronzo  dorato,  e  siccome  nell'i- 
scrizione della  parte  inferiore  si 
legge  il  titolo  di  Cesare  dato  ad 
Augusto  ed  a  Tiberio,  non  che 
quello  di  Dù'o  Caesari  Divi  Juliì, 
il  volgo  credette  che  la  palla  di 
bronzo  contenesse  le  ceneri  di  Giu- 
lio Cesare;  ma  il  globo  fu  trovato 
massiccio  e  colpito  da  palle  di  ar- 
chibugio nel  i527,  quando  fu  pre- 
sa Roma,  allorché  fu  spogliato  dei 
leoni  di  bronzo.  Era  riserbata  la 
gloria  della  sua  remozione  e  innal- 
zamento nel  luogo  ove  si  ammira, 
al  genio  intraprendente  di  Sisto  V, 
che  quando  era  frate  nel  portarsi 
a  s.  Pietro  sempre  lo  visitava,  di- 
cendo che  se  diventava  Papa  subi- 
to r  avrebbe  trasportato  in  mezzo 
della  piazza  Vaticana.  Sparsa  la 
fama  di  questa  risoluzione,  compa- 
rirono in  Pioma  circa  cinquecento 
architetti  e  altre  persone  con  pro- 
getti e  modelli,  alla  presenza  di  Si- 
sto V  quindi  ognuno  facendo  le 
sue  osservazioni,  fra'  quali  Bartolo- 
meo Ammannati  mandato  dal  gran- 
duca di  Toscana.  Interrogato  dal 
Papa  quanto  tempo  pensasse  im- 
piegarvi, rispose  che  per  ideare  e 
disporre  le  macchine  e  i  ferramenti 
non  ci  voleva  meno  d'  un  anno . 
Un  anno  !  replicò  Sisto  V,  un  anno  I 
andate,  andate,  che  non  fate  per 
noi  :  COSI  narra  il  Novaes,  ma  di- 
versamente il  Cancellieri  nella  De- 
scriz.  della  basilica^  in  cui  erudita- 
mente parla  dell'  obelisco  e  del  suo 
meccanico  trasporto.  Dopo  aver  Si- 
sto V  consultalo  gli  architetti  e  i 
voL.  xiviir. 


OBE  J93 

matematici  del  suo  tempo,  ed  aver 
esaminato  i  modelli  e  progetti,  ab- 
bracciò quello  di  Domenico  Fon- 
tana di  Como,  al  quale  eziandio 
commise  la  direzione  del  lavoro. 
Si  calcolò  il  peso  dell'obelisco,  com- 
presa r  imbracatura  per  calarlo  ed 
alzarlo,  ad  un  milione  e  mezzo  di 
libbre.  L'operazione  cominciò  a'  3o 
aprile  i586,  e  nel  rimoverlo  si  vide 
che  poggiava  sopra  quattro  dadi  di 
bronzo,  due  impernati  che  pesava- 
no 800  libbre  ciascuno,  due  sciolti 
del  peso  di  600.  Vi  operarono  44 
argani,  75  cavalli  e  circa  900  ope- 
rai, che  nella  mattina  di  buon'  ora 
avevano  ricevuto  la  ss.  Eucaristia 
nella  basilica  Vaticana  :  l'  architet- 
to situato  in  posto  eminente  con 
una  tromba  die  i  segni  pel  movi- 
mento degli  argani  ,  mentre  eoa 
quello  dei  timballi  regolava  le  po- 
sate, o  della  campana  come  ditono 
altri.  Con  dodici  sole  mosse  si  al- 
zò l'obelisco  con  giubilo  del  foltis- 
simo popolo  spettatore  e  degli  ope- 
rai, che  pigliando  di  peso  il  Fon- 
tana in  alto  lo  portarono  in  giro 
fra  il  suono  de'  tamburi  e  di  tutte 
le  campane  di  Roma  e  lo  sparo 
delle  artiglierie  di  Castel  s.  Angelo. 
Dopo  sei  giorni  di  riposo,  l' obeli- 
sco eh'  era  stato  sbarbicalo  da  ter- 
ra e  sollevato  diritto,  fu  piegato 
verso  terra  ;  a*  7  maggio  venne  po- 
sto sullo  strascino  e  dovè  percor- 
rere una  distanza  di  863  piedi  e 
mezzo,  e  questo  spazio  percorse  ai 
i3  giugno.  Nell'estate  fu  collocato 
il  piedistallo  e  furono  fatti  tutti  i 
preparativi  necessari,  ed  ai  io  di 
settembre  per  mezzo  di  i4o  caval- 
li e  800  uomini  venne  in  presenza 
del  Papa,  della  corte  e  di  popolo 
immenso  venuto  pure  di  fuori,  in- 
nalzato dove  oggi  trovasi  :  compre- 
so il  piedistallo  e  gli  altri  orna- 
i3 


194  OBE 

menti  moderni,  questo  monumefnlo 
ha  i35  piedi  di  altezza,  ed  il  solo 
monolito  antico  85.  Per  questa 
grandiosa  operazione,  i  lavoranti  fe- 
cero prima  come  nell'altra  la  san- 
ta comunione,  e  ad  ore  17  co- 
minciò al  segno  di  tromba  del 
Fontana^  ed  ebbe  compimento  con 
52  mosse  degli  argani,  a  ciascuno 
de*  quali  erano  quattro  cavalli  e 
venti  uomini,  piombando  egregia- 
mente r  obelisco  sui  quattro  leoni 
di  bronzo  dorato,  parte  dello  stem- 
ma  di  Sisto  V. 

Nei  voi.  I,  pag.  194,  e  XXXV, 
pag.  189  del  Dizionario  narram- 
mo come  Bresca  per  aver  grida- 
to opportunamente  acqua  alle  cor- 
de ^  che  s'incendiavano  per  l'at- 
trito (  il  Cancellieri  dice  che  le 
corde  furono  sostituite  ai  cerchi  di 
ferro  che  nella  prima  operazione 
restarono  o  storti  o  spezzati),  non 
curando  la  pena  di  morte  decre- 
tata a  chi  rompeva  il  silenzio  ne- 
cessario e  voluto  dall'architetto,  in 
vece  di  castigo  n'ebbe  in  premio  da 
Sisto  V  la  privativa,  estesa  ai  di- 
scendenti, di  provvedere  le  Palme 
(Fedi)  al  palazzo  apostolico,  il  ti- 
tolo di  capitano  onorario  al  capo 
della  famiglia,  ed  il  diritto  d'innal- 
zar bandiera  pontificia  al  bordo  del 
suo  bastimento.  Il  Bresca  come  ca- 
pitano di  un  bastimento  genovese, 
non  ignorava  che  le  gomene  poste 
verticalmente  si  restringono  quando 
vengono  bagnate,  e  naturalmente 
alzano  il  peso  ch'è  loro  raccoman- 
dato, con  che  impedì  la  rottura 
dell*  obelisco  e  lo  schiacciamento 
degli  opera'h  Sembrò  a  qualcuno 
che  il  suggerimento  di  bagnar  le 
corde  fosse  dato  non  perchè  le  fu- 
ni per  l'attrito  negli  sforzi  si  accen- 
dessero, ma  perchè  non  essendo  sta- 
to ben  calcolato  l'allungameato  lo- 


OBE 
ro  cagionato  dal  peso,  ed  il  can.ip« 
bagnato  restringendosi  ed  accorcian- 
dosi, questo  raccorciamento  veni- 
va a  compensare  l'allungamento,  e 
le  corde  così  ridotte  alla  conve- 
niente lunghezza  portarono  a  fe- 
lice compimento  la  grand'opera.  Il 
Fontana  trepidando  pel  successo, 
per  le  minacce  di  Sisto  V,  e  per  la 
forca  piantata  sulla  piazza  per  chi 
avesse  sturbato  l'operazione,  teneva 
pronti  ì  cavalli  a  porta  Angelica 
per  fuggire;  ma  per  la  felice  riu- 
scita ebbe  dal  Papa  5ooo  scudi 
d'oro,  una  pensione  di  2000  scudi 
trasferibili  ai  suoi  eredi,  dieci  ca- 
valierati lauretani  vacabili,  tutto  il 
materiale  servito  nelle  operazioni, 
che  si  valutò  più  di  ao,ooo  scudi; 
lo  creò  cavaliere  dello  speron  d'oro 
e  nobile  romano,  ed  in  suo  onore 
coniaronsi  due  medaglie.  Secondo  i 
conti  riprodotti  dal  Fea,  Misceli. 
t.  II,  p.  5,  il  trasporto  e  l'innalza- 
mento di  questo  obelisco  costò  al 
tesoro  pontificio  87,000  scudi,  ol- 
tre 10,812  libbre  di  metallo  per 
gli  utensili  e  ornamenti,  opere  di 
Orazio  Censore  e  Domenico  Fer- 
rari, tranne  i  leoni  di  Prospero  Bre- 
sciano. Alcuni  col  Bonanni,  De  tem- 
pio Faticano^  hanno  creduto  che 
Sisto  V  avesse  collocato  nella  croce 
una  particella  del  santo  Legno  ai 
26  settembre  i586,  perchè  conces- 
se  r  indulgenza  perpetua  di  dieci 
anni  ed  altrettante  quarantene  a 
chiunque,  passando  avanti  l'obelisco, 
la  venerasse  recitandovi  un  Pater 
ed  Ave;  ma  in  occasione  di  restau- 
rare la  croce,  si  trovò  che  non  vi 
era  la  reliquia.  Certo  è  che  a*  12 
aprile  1740  ^i  ^^  posta  e  presa  da 
un  reliquiario  della  basilica  di  s. 
Pietro,  già  di  quella  di  s.  Croce  in 
Gerusalemme.  Vedasi  Domenico  Fon- 
tana, Della  trasportatioiie  deWobc' 


OBE 

lisco  Vaticano^  Roma  1590  e  Na- 
poli i6o4-  Pompeus  Ugonius,  De 
truce  ss.  Obelisci  Vaticani  poema- 
ta,  Romae  iSSy.  Diversi  scrittori 
contemporanei  riportati  da!  Cancel- 
lieri citalo,  a  p.  20  e  21,  descrisse- 
ro tutti  i  particolari  di  questa  gran- 
de opera,  ed  una  pittura  nella  bi- 
blioteca Vaticana  ce  ne  ha  conser- 
vato il  modo  come  segui,  dandoci 
pure  la  forma  della  piazza  e  della 
basilica  d'allora.  Il  Fontana  eresse 
pure  d'ordine  di  Sisto  V  gli  altri 
tre  summentovati  obelischi  Latera- 
nense,  Liberiano,  e  Flaminio  o  del 
Popolo,  e  le  sue  principali  opere 
noverò  il  cav.  Belli,  parlando  della 
casa  da  lui  abitata  in  Roma,  nel  n. 
loi  del  Diario  di  Roma  1846.  Il 
Marangoni,  Delle  cose  gentilesche  p. 
35g,  riporta  le  iscrizioni  fatte  scol- 
pire da  Sisto  V  nella  base  dell'obe- 
lisco^ in  un  al  nome  dell'architetto 
encomiato,  e  siccome  il  Papa  lo 
dedicò  al  trionfante  vessillo  della 
Croce,  narra  che  nella  vicina  basi- 
lica, drizzato  che  fu  l'obelisco,  si 
celebrò  pontificalmente  da  un  ve- 
scovo la  messa  della  Croce^  e  dopo 
di  essa  uscì  tutto  il  clero  verso 
l'obelisco,  a  pie  di  cui  stava  eretto 
un  altare,  e  sopra  di  esso  la  gran 
croce  di  bronzo,  quale  essendo  sta- 
ta benedetta,  fu  indi  portata  e  col- 
locata sulla  punta  dell'obelisco  stes- 
so, adorandola  tutti  genuflessi,  e  al 
canto  de'  cantori,  suono  di  trombe 
e  sparo  d'artiglierie  di  Castello.  Di- 
poi Innocenzo  XIII  nel  1723  ag- 
giunse intorno,  nel  basso  dell'obeli- 
sco, gli  ornati  in  bronzo  dorato  di 
festoni  ed  aquile  scacchiate  suo  stem- 
ma, e  con  sedici  colonnette  di  gra- 
nito, avanzi  di  quelle  della  vecchia 
basilica,  con  sbarre  di  ferro,  cinse 
l'area  intorno  all'obelisco,  rimoven- 
do le  dodici  di  piccolo  diametro  che 


OBL  19I: 

vi  erano.  Monsignor  Lodovico  Sei'- 
gardi  economo  della  fabbrica,  che 
diresse  tali  lavori,  nel  ly-zS  pub- 
blicò in  Roma  con  rami:  Discorso 
sopra  il  nuovo  ornato  della  guglia 
dì  s.  Pietro.  Finalmente  nel  18 17, 
come  meglio  dissi  nel  voi.  XII,  pag. 
272,  per  cura  e  direzione  di  mon- 
signor Gilii  astronomo  vaticano,  ven- 
ne disegnata  una  meridiana  pei  mo- 
vimenti mensili  e  giornalieri  del 
sole  all'ora  del  meriggio,  nell'area 
della  piazza  verso  il  palazzo  pontifi- 
cio, alla  quale  questo  obelisco  ser- 
ve di  gnomone.  A  poca  distanza  e 
marcato  con  due' pietre  bianche,  è 
il  punto  donde  guardandosi  uno 
de' lati  del  portico,  non  si  vede  che 
una  sola  delle  quattro  linee  di  co- 
lonne di  cui  è  composto. 

Obelisco  Mattel.  V,  Villa  Mat- 
tel 

Obelischi     Torlonia.     V.    Villa 

TORLONIA. 

OBIZI  Ugobaldo,  Cardinale.  VqO' 
baldo  degli  Obizi  da  Lucca,  fu  da 
Stefano  X  del  io57  creato  cardi- 
nale prete,  e  si  crede  che  abban- 
donato s.  Gregorio  VII,  si  gittasse 
al  partito  dell'  antipapa  Clemente 
HI,  morendo  nel  pontificato  di  Ur- 
bano II. 

OBLATA.  r.  Oblazione,  Gela- 
te, Oblato. 

OBLATE  od  OBLAZIONI.  Pani 
che  nell'antica  liturgia  servi vansi 
nel  sagrifizio  della  Messa  (Fedi). 
Eranvi  due  sorta  di  oblate,  le  une 
per  consacrare,  e  le  altre  per  l'uso 
comune,  e  che  si  distribuivano  al 
popolo,  come  in  oggi  il  Pane  bc' 
nedetto  (Vedi).  Quelle  che  si  con- 
sagravano si  chiamarono  pure  cor- 
rottamente Oblie  ed  Ostie  (Vedi), 
ed  anche  Eulogie  (Vedi).  Sì  chiamò 
ohlatorio  il  ferro  col  quale  antica- 
mente si  cuocevano  le  oblate  o   0^ 


ìg6  OBL 

stie,  impiimendo  su  di  esse  qual- 
che figura.  Tra  i  (empi  destinati  a 
làr  le  oblato,  si  distinguevano  la 
vigilia  di  Natale  e  quella  di  Pa- 
squa. Sceglievasi  grano  per  grano 
il  frumento  di  cui  volevano  servir- 
si, quindi  si  macinava  con  tutto 
il  riguardo,  si  passava  la  farina  con 
un  vaglio,  s'impastava  con  acqua 
fredda  acciò  le  oblale  diventassero 
più  bianche,  poi  si  cuocevano  sul- 
l'oblalorio.  Non  solo  si  chiamò  obla- 
ta  il  pane  adattato  per  uso  del  sa- 
grifizìo,  ma  ancora  il  pane  già  con- 
sacrato nello  slesso  sagrifizio;  quin- 
di s.  Sergio  I  Papa  presso  Grazia- 
no, De  cons.  dist.  a,  cap.  22,  osser- 
vò che  pars  ohlatae  in  calìcem  niis- 
sa  Corpus  Christi,  quocl  jani  resiir- 
rexit  monstrat.  Chiamasi  oblazione, 
oblaih,  oliata^  ohlalum^  l'offerta  che 
il  sacerdote  fa  a  Dio  del  pane  e 
del  vino,  prima  che  siano  consacra- 
ti, coll'orazione  che  chiamasi  secre- 
ta,  o  super  oliata,  per  prepararsi 
quasi  per  gradi  ad  essere  cangiali 
nel  corpo  e  nel  sangue  di  Gesù 
Cristo.  In  che  differiscano  le  obla- 
zioni dalle  oblate,  lo  dice  il  Sarnel- 
ii  nelle  Lett.  eccl.  t.  VI,  lett.  18; 
imperocché  oblazioni  diconsi  tutte 
le  cose  offerte  a  Dio  ;  oblale  quel- 
le solamente  che  si  offiono  pel  sa- 
grifizio, come  il  pane  ed  il  vino, 
henchè  anco  queste  dicevansi  antica- 
mente oblazioni.  11  pane  ed  il  vino 
sì  offiiva  dal  popolo  pel  sagrifizio, 
e  ponevasi  sull'altare  quanto  potes- 
se bastare  al  sacerdote  e  al  popolo 
che  comunicava,  il  rimanente  re- 
stava in  beneficio  dello  stesso  sacer- 
dote e  del  ministro.  F'.  Oblaziona- 
»io.  Le  oblate  sono  propriamente 
le  ostie  di  cui  si  fa  uso  per  consa- 
grare V Eucaristìa  [Fedi),  e  dare  la 
comunione  ai  fedeli;  venne  questo 
nome   perchè   antiGamcute    il  pane 


OBL 

destinato  per  la  consagrazione  era 
offerto  dal   popolo. 

OBLATE  RELIGIOSE.  Donzcl- 
le  di  diversi  istituti,  viventi  in  mo- 
nasteri o  pie  case  coU'abito  religicv 
so,  che  ordinariamente  non  hanno 
voti  solenni,  né  clausura  ;  alcune 
possono  ritornare  al  secolo,  ed  an- 
che maritarsi.  Si  chiamano  oblate 
le  religiose  di  questi  istituti,  perchè 
invece  di  professione  fanno  una  sem- 
plice oblazione  ed  offerta  di  loro 
stesse  a  Dio,  ed  anco  perchè  la  for- 
mola  di  loro  professione  è  concepi- 
ta in  forma  e  con  parole  di  obla- 
zione. Altre  oblate  sono  le  mona- 
che Oblate  di  s.  Francesca  Roma' 
na  dette  dì  Ter  da' Specchi  (Fedi)  j 
le  monache  Oblate  de'  sette  dolori 
(Fedi),  le  monache  del  Banibin  Ge- 
sù ,  le  Filippine ,  ec.  ed  altre  di 
cui  si  parla  ai  loro  articoli  secon- 
do le  denominazioni,  cos\  in  quelli 
delle  oblate  ospedaliere,  come  di 
quelle  della  Carità  o  Misericordia. 
Dal  Torrigio,  p.  182,  Hist.  nar.,  si 
rileva  che  anticamente  la  basili- 
ca Vaticana  avea  delle  oblate  che 
spontaneamente  servivano  la  basi- 
lica in  tutte  le  cose  (forse  una  spe- 
cie di  Diaconesse j  Fedi),  di  più 
il  capitolo  teneva  un'  ospitaliera  in 
servigio  degl'infermi.  La  diff*erenza 
che  passa  tra  le  oblale  e  l*  Oblato 
si  dice  a  quell'articolo,  ed  a  Monaca. 

OBLATE  DI  S.  FRANCESCA 
ROMANA  dette  di  Tor  de'  Specchi, 
Congregazione  di  oblate  terziarie  be- 
nedettine olivetane,  fondata  in  Roma 
da  s.  Francesca  Romana  (Fedi),  che 
col  consenso  del  marito  abbracciò, 
second'alcuni,  il  terz' ordine  di  s. 
Francesco,  ed  ebbe  anche  a  confes- 
sore e  direttore  fr.  Bartolomeo  Bon- 
dii  minore  osservante,  uno  de' coa- 
diutori all'opera,  essendo  gli  altri 
d.  Giovanni  Mattiotti  altro  suo  con* 


OBL 
fossore,  e  d.  Ippolito  olivetano.  Per 
l'esercizio  delle  sue  virtìl,  il  consor- 
te concepì  per  questa  nobilissima 
matrona  tanta  stima  e  venerazione, 
che  volendola  considerare  come  so- 
rella, gli  accordò  piena  libertà  di 
attendere  alle  opere  spirituali,  come 
splendido  ornamento  delle  dame  ro- 
mane, ed  emula  delle  Silvie,  delle 
Paole,  delle  Galle,  delle  Placidie, 
delle  Lucine,  per  tacere  di  tante 
altre.  Prevalendosi  la  santa  della 
vita  continente  accordatagli  dal  ma- 
rito, nel  14^5  si  fece  oblata  oli  ve - 
lana,  e  si  assoggettò  alla  direzione 
de'monaci  di  quella  benedettina  con- 
gregazione, con  semplice  oblazione 
di  se  a  Dio .  Ma  poiché  s.  Fran- 
cesca non  solo  cercava  la  salute  del- 
ronìma  propria,  ma  ancora  quel- 
la del  suo  prossimo,  volle  istituire 
in  Roma  una  congregazione  di  fan- 
ciulle e  di  vedove  nobili,  le  quali 
vivessero  in  comune  sotto  l'obbe- 
dienza d'  una  superiora,  e  soggette 
alla  giurisdizione  de'  monaci  Olive- 
tani (Fedi),  con  semplice  oblazione 
a  Dio.  Quindi  avendo  radunato 
molte  di  esse,  e  superate  alcune  dif- 
ficoltà, nel  giorno  della  ss.  Annun- 
ziata del  1433  r  introdusse  in  una 
casa  detta  di  Tor  de' Specchi  a  pie 
del  Campidoglio  e  alla  rupe  Tar- 
pea,  nel  rione  di  Campitelli,  e  loro 
diede  da  osservare  la  regola  di  s. 
Benedetto  con  particolari  costituzio- 
ni. Questa  fondazione  fu  approvata 
da  Eugenio  IV,  che  permise  alle 
religiose  di  abitare  detta  casa  fin- 
ciiè  se  ne  trovasse  una  più  como- 
da; ma  siccome  ivi  ebbe  principio 
la  congregazione,  venendo  poi  am- 
pliata con  l'aggiunta  di  nuove  fab- 
briche ,  le  oblate  vi  si  stabilirono 
e  seguitano  ad  abitare,  avendo  for- 
mato la  piazza  colla  demolizione  di 
case    da   loro  acquistate.  A    questa 


OCL  u^j 

casa  dopo  la  morte  del  marito  e 
dopo  aver  dato  sesto  agli  affari  do- 
mestici, s.  Francesca  nel  i436  o 
1437  a'ar  marzo  vi  si  portò  sta- 
bilmente per  tutta  consagrarsi  a 
Dio  in  compagnia  delle  sue  religio- 
se, tra  le  quali,  benché  fondatrice, 
genuflessa  ai  loro  piedi  supplicò  eoa 
indicibile  umiltà  di  essere  ammes- 
sa. Ricevuta  pertanto  con  somma 
allegrezza  e  contento  di  tutta  la 
comunità  in  quel  santo  luogo,  non 
e  a  dire  quanti  alti  umilianti  e 
quante  virtù  in  pubblico  e  privato 
ella  praticasse,  divenuta  di  queste 
specchio  ed  esempio  luminosissimo, 
non  solo  alle  sue  figlie  e  compa- 
gne, ma  ancora  a  tutta  Roma,  che 
attonita  l'ammirò  ed  encomiò  con 
alte  lodi.  Fu  da  Dio  favorita  di 
speciali  doni  e  virtù,  come  della 
profezia,  de'miracoli,  e  singolarmen- 
te della  familiare  e  visibile  conver- 
sazione del  suo  angelo  custode^  on- 
de suole  rappresentarsi  con  un  an- 
gelo a  fianco.  L' arcangelo  manda- 
tole da  Dio  per  suo  conforto,  dife- 
sa e  compagnia,  stette  al  suo  fian- 
co finché  visse,  involto  in  una  lu- 
ce, e  ne  ricevette  di  continuo  aiu- 
ti e  benefizi  segnalati.  Dopo  il  suo 
ingresso  in  Tor  de'  Specchi,  Dio  le 
cambiò  l'arcangelo  dopo  24  anni 
che  l'assisteva,  in  un  altro  di  gra- 
do superiore,  con  ordine  di  pren- 
derne speciale  cura,  indi  nel  i439 
glielo  mutò  in  altro  più  mirabile.  La 
sua  cugina  Agnese  de  Lelli  superiora 
e  prima  presidente  della  casa,  vole- 
va cederle  tal  grado,  ma  la  santa  aman- 
do più  obbedire  che  comandare,  non 
volle  accettarlo,  finché  a'25  di  det- 
to mese  fu  costretta  cedere  alle  co- 
muni istanze  e  preghiere  delle  re- 
ligiose, che  per  poco  tempo  ebbero 
la  consolazione  di  essere  governate 
da  essa,  poiché  consumata  dalle  fa- 


19B  OBL 

lidie  e  penitenze,  volò  al  cielo  ai 
9  marzo  i44^  nella  stessa  casa  di 
Ter  de'Specchi. 

Noteremo  che  il  cav.  Belli  nel 
u.  1 4  delle  Notizie  del  giorno  184 3, 
parlando  del  palazzo  Ponziani  in 
Trastevere,  oggi  pia  casa  d'esercizi 
e  Scuola  di  s.  Pasquale  {f^edi)^  co- 
me già  abitazione  di  santa  France- 
sca, dice  ch'è  tradizione  che  ivi  la 
santa  morisse:  il  medesimo  eh,  ca- 
valiere nel  n.  3o  delle  Notizie  del 
giorno  1846,  aggiunge  altre  noti- 
zie della  santa,  e  che  abitò  presso 
il  Ponte  rotto  nella  detta  casa,  do- 
ve oggi  si  danno  alla  classe  infe- 
riore gli  esercizi  spirituali,  avendo- 
vi abitato  anco  il  principe  degli  a- 
postoli  s.  Pietro.  Il  suo  corpo  si 
venera  nella  Chiesa  di  s.  Francesca 
Romana  (Vedi)j  le  memorie  poi  e 
reliquie  della  santa  matrona  esisto- 
no nella  chiesa  interna  delle  oblate  ', 
venerandosi  pure  altre  reliquie  in 
diverse  chiese  di  Roma,  come  in  s. 
Maria  d'Araceli  dov'è  la  cappella 
della  santa  :  altra  chiesa  sotto  l'in- 
vocazione della  santa  è  quella  del 
Conservatorio  di  s.  Francesca  ro^ 
mana  (Fedi).  Dicemmo  alla  sua  bio- 
grafia, che  Paolo  V  la  canonizzò, 
indi  Urbano  Vili  nel  1622  con^ 
cesse  il  suo  uffizio  per  Roma  ad 
libitum  con  rito  doppio,  e  semidop- 
pio fuori  di  Roma  a'  i  o  marzo  ; 
essendo  impedito  il  giorno  di  sua 
morte  per  la  festa  de'ss.  Quaranta. 
Poscia  Innocenzo  X  ad  istanza  di 
sua  sorella  Agata  Pamphilj  oblata 
di  Tor  de'  Specchi,  ordinò  lo  stesso 
uffizio  doppio  di  precetto  in  tutta 
la  Chiesa  ai  9  marzo,  dal  quale 
trasferì  al  seguente  giorno  la  festa 
de'  detti  santi.  La  vita  di  s.  Fran- 
cesca romana  la  scrissero  :  Giovan- 
ni Matteotti  suo  confessore,  canoni- 
co curalo  di  s.  Maria  in  Trasteve- 


OCL 
re;  suor  Maria  Maddalena  AnguiU 
lara  presidente  di  Tor  de'  Specchi, 
alla  quale  fu  data  dal  gesuita  Fu- 
ligatti,  ch'erasi  forse  giovato  di  (jueU 
la  dell'altro  gesuita  Cepari  ;  Flami- 
nio Figliucci;  Filippo  Landi  colla 
storia  della  congregazione,  novero 
delle  presidenti  e  delle  monache 
che  vi  fiorirono  in  concetto  di  gran 
perfezione,  e  de'  Papi  che  arricchi- 
rono l'istituto  con  indulgenze  e  pri- 
vilegi singolari,  Lucca  1771.  Nel 
1829  la  pubblicò  in  Roma  d.  Lo-f 
dovico  Ponzileoni,  ora  canonico  va- 
ticano :  f^ita  di  s.  Francesca  ro- 
mana fondatrice  delle  signore  oblate 
di  Maria  vergine  in  Torre  de'S/jcc' 
chi.  Degli  scrittori  della  vita  della 
santa,  dell'  invenzione,  collocazione 
del  suo  corpo,  reliquie,  miracoH  ed 
altre  erudite  notizie,  tratta  il  Cancel- 
lieri nelle  Campane,  Nel  voi.  XIX, 
p.  i36  del  Dizionario  descrivemmo 
la  cappella  cardinalizia  che  ogni  an-> 
no  celebrasi  per  la  festa  di  s.  Fran- 
cesca Romana  nella  chiesa  ove  ri- 
posa il  suo  corpo,  dell'  antico  suo 
culto,  e  della  parte  che  vi  hanno 
le  monache;  poiché  la  presidente  a 
mezzo  de'  deputati  del  monastero 
domanda  licenza  al  Papa  per  la 
celebrazione  della  cappella  cardina» 
lizia,  indi  ne  dà  avviso  al  senato 
romano,  e  per  esso  al  priore  de'ca- 
porioni  finché  esìstette,  ed  ora  ad  al- 
tro del  senato,  il  quale  combina  l'ora 
col  cardinale  protettore  degli  Oliveta- 
ni, indi  la  partecipa  al  cardinal  deca- 
no per  l'approvazione,  ec.  Inoltre 
la  presidente  invita  il  vescovo  che 
deve  pontificarvi  la  messa,  o  la  com- 
pieta se  la  mattina  è  impedita  da 
cappella  pontificia,  o  dalla  predica 
che  si  fa  nel  palazzo  apostolico,  otl 
anche  dalla  congregazione  del  s.  of^ 
fizio  avanti  al  Papa,  come  talvoUc\ 
è  accaduto. 


OBL 

Cinque    mesi   dopo  la   morte  di 
s.  Francesca,  le  sue  oblate  restaro- 
no esenti  dalla  giurisdizione  de'nao- 
naci  Olivetani,  ri nu oziandola  il  loro 
generale  con  atto  de  16  luglio  i44o> 
onde  ricorsero  ad  Eugenio  IV  per 
provvedersi  di  confessori,  e  l'otten- 
nei'o,    in    un    ad    essere    dichiarate 
sotto    r  immediata  protezione  della 
santa  Sede,  ed  esenti  da  qualunque 
giurisdizione.    Benché  queste  oblate 
non    si   leghino     con     voti   solenni, 
essendo  considerate  come  dame   ri* 
tirate,  al  dir  del  p.  da  Latera,  Sto- 
ria   degli  ordini  t.  I^  p.    i6i  ,  che 
possono    uscire    dalla  congregazione 
anche    per  maritarsi,  come  sortono 
hberamente  quando  occorre  dalla  pia 
casa  ove  vivono,  per  andare  alla  vi- 
sita   delle   chiese   o   a   modesto  di* 
porto,  ed    alla     visita   dei    parenti 
massime  infermi,  per  non  essere  nep- 
pure obbligate  alla  clausura,  nondi- 
meno si  debbono  annoverare  tra  le 
congregazioni  benedettine,  si  per  se- 
guir la  regola  di  s.  Benedetto,  che 
per  essere  state  soggette  alla  giuris- 
dizione degli  Olivetani.     La  congre- 
gazione è  sotto  il  titolo  dell'Annun- 
ziazione  e  la   protezione   di  s.  Pao- 
lo apostolo  che  dettò   le  l'egole  alla 
santa    per  le    sue  oblate,  di    s.  Be- 
nedetto   e  di  s.  Maria  Maddalena: 
ba    la    sola    memorata  casa,  in  cui 
non  si  ricevono  in  qualità  di  obla- 
te, se  non  donne  della  primaria  no* 
biltà,  le  quali  hanno  delle  conver- 
se   per    loro    particolare   servizio    e 
della    casa.    Prendono    il    titolo    di 
suore,  e  quando  vestono  l'abito  pro- 
mettono obbedienza    alla    superiora 
secondo  la  consuetudine:  per  abito 
le  costituzioni  prescrivono  veste  bian- 
ca,  e    sopra    di  essa  altra  nera    di 
panno   grosso  ;    il  velo  del  capo  di 
cambraia    pura   e   bianca,  sorte    di 
tela    che  forse  prese  il  nome   dalla 


OBL  199 

città  di  Cambray:  questo  abito    ha 
la    forma    di  quello    che    usavano 
anticamente    le    nobili  vedove   ma- 
trone romane.  Ne  riporta  la  fìguiti 
il  p.  Bonanni,  Catalogo  degli  ordi- 
ni  par.  2,  p.  79.  Fanno  le    oblate 
un  anno  di  prova,  e  terminato  que- 
sto si  offrono  a  Dio  nella  chiesa  di 
s.    Maria  Nuova  detta  di  s.    Fran- 
cesca Romana  degli  Olivetani,  avan- 
ti il  sepolcro  dell'istitutrice.  La  su- 
periora che  ha  titolo  di  presidente, 
è   perpetua,  e   non  dipende,  in    un 
alla   congregazione  e  alla  casa,    da 
tribunale  o  superiore  alcuno^  onde 
graziosamente    Pio  VII  e   Gregorio 
XVI  solevano  chiamarla  la  madre 
indipendente.  La  presidente  si  eleg- 
ge per  maggioranza  di  voti  da  tut- 
te le  oblate,  coH'intervento  del  car- 
dinal   vicario  che    presiede   all'ele- 
zione  come  delegato  del  Papa.   La 
piesidente  elegge  tre  consiglieri  co- 
me   coadiutori    e  procuratori   della 
congregazione,  per  gli  affari  di  mag- 
gior    riUevo  circa  il    governo  della 
casa.    Il  concilio  di  Trento  dai  de- 
creti di  riforma  fatti  sopra  i  corpi 
regolari  dell'uno    e  dell'altro  sesso, 
solo    eccettuò    i    gesuiti  e  le  oblate 
di  Tor  de'Specchi.  Tre  volte  la  set- 
timana a  pranzo  mangiano  la  car- 
ne, digiunano  nell'avvento,  più  dal 
terzo  giorno  dell'ottava  dell'Ascen- 
sione   fino  alla  Pentecoste,  dal  pri- 
mo di  agosto  fino  alla  festa  dell'As- 
sunta, ed  in  tutti  i  venerdì  e  sabba- 
ti dell'anno  ;  dai  quali  digiuni   però 
la  madre  presidente  può  dispensar- 
le  quando    lo   giudica  necessario  o 
opportuno.  Quando  muoiono  le  obla- 
te, i  loro  cadaveri  accompagnati  per 
antica  consuetudine  dai   francescani 
minori    osservanti    d' Araceli,    sono 
portati  alla  detta  chiesa  di    s.  Ma- 
ria Nuova,  dove  hanno  una  cappel- 
la e  la  sepoltura.    Nella  festa  di  s. 


tn^  OliL 

Fiaocesca  e  per  tutta  l'ottava  fan- 
no   entrare   nella    lor    casa  di  Tor 
de'Specchì  sacerdoti  secolari  e  rego- 
lari   per  celebrare  le  messe  in   una 
delle  due  cappelle  interiori,  o  nella 
più  moderna  ricca  e  magnifica,  gran- 
de quanto  una  chiesa,  o   nell'altra 
antica    molto  divota  in  cui  si  con- 
servano  diverse    reliquie   e    memo- 
rie di  s.  Francesca  :  la  prima  viene 
chiamata    chiesa  superiore   dell' An- 
nunziata ;  la  seconda  chiesa  di  sot- 
to, e   con    magnificenza  vi  si  fa  la 
funzione    del   sepolcro,    con   famosi 
parati    di   paglia.   In    queste  chiese 
vi  entrano  pure  in  detti  giorni   no- 
bili,  dame  e  altre  persone  distinte 
per  la  loro  divozione,  e  per  visita- 
re le  signore  oblate,  che  si   distin- 
guono eziandio  nella  educazione  del- 
le   fanciulle   nobili,   commesse    alla 
loro   cura.    Fanno   copiose  limosi  ne 
a  diversi  poveri,   e  particolarmente 
ai  carcerati,  ai  quali  somministrano 
da    mangiare    nelle  feste  solenni    e 
in  altri  giorni  dell'anno.  Nella  sera 
precedente    alla  festa  di  s.  France- 
sca, non  avendo  campane  pubbliche, 
se  ne  dà  il  segno  con  quelle   della 
vicina  chiesa  d'Araceli,  e  perciò  nel 
dì    seguente    mandano  il  pranzo  a 
chi  le  ha  suonate,  come  ancora  al 
predicatore  quaresimale  della  stessa 
chiesa,  pel  panegirico  che  ivi  reci- 
ta  della   loro    santa,  e  delle   paste 
dolci  e  del  vino  per  tutti  i  religio- 
si del  convento.  Altre  paste  per  la 
festa  stessa  in  copia   decorosamente 
umiliano  al  Papa,  che  suole  nell'ot- 
tavario  visitare  la  loro  chiesa  e  mo- 
nastero, ammettendo  le  oblate  e  le 
altre  al  bacio  del  piede. 

Il  Panciroli,  Tesori  nascosti  p. 
5/^2j  riferisce  che  s.  Francesca  donò 
a  questo  istituto  la  casa  ove  abita- 
rono le  prime  oblate,  poscia  aumen- 
tata Dobiloieute  e  resa  vasta.  Ghia- 


OBL 

masi  il  luogo   Tor  do^ Specchi ,  Tur» 
ris  specidorwn,  colla  qual  denomi- 
nazione si  chiamarono  le  chiese,  non 
più    esistenti,  di  s.  Maria  de  Corte 
e  di  6.  Maria  del  Sole,  poste  pres- 
so questo  luogo,  come  attesta  Mar- 
tinelli,   Roma    ex  ethnica  sacra  p. 
371  e  375.  Il  Cancellieri  nella  men- 
tovata opera  delle   Campane,  ripor- 
ta  il  favoloso  racconto  che  nel    vi- 
cino Campidoglio  eravi  altissima  tou- 
re,  ove  di  notte  splendeva  una  lu- 
cerna ardente,  il  cui  lume    vedeva- 
no da   lungi  i  naviganti,  e  dov'ei*a 
congegnalo    uno    specchio,   da    cui 
scuoprivasi  ciò  che  si  faceva  pel  mon- 
do.   Il    Bernardini,  Rioni  di   Roma 
p.    i6'jy  dice  che  la  contrada  prese 
il  nome  di  Tor  de  Specchi^  da  quel- 
la appartenente  ad  una  famiglia  di 
tal    cognome  ,    nell*   abitazione    dei 
marchesi  Cavalieri,  incontro  il  mo- 
nastero  delle    oblate.    Apprendiamo 
dal   Nardi  ni,   Roma  antica  p.  32  5, 
che    nel  sito  del  monastero  o  poco 
lungi  gli  antichi  romani  vi   ebbero 
il    tempio    di  Bellona,  ove  si   radu- 
nava il  senato  per  la  guerra,  avan- 
ti   al  quale  eravi   la  colonna  Belli- 
ca, cioè  verso  la  via  della  Tribuna 
di  Tor  de'Specchi.  Nella  Roma  sa- 
cra  e   moderna   del    Panciroli ,  ac- 
cresciuta   da  Posteria  nel    1707,  si 
chiama  questo  monastero   princìpa- 
lissimo    tra    quei  di  Roma,  con    in- 
terna  chiesa    della   ss.    Annunziata, 
ricchissima    di    sacre  suppellettili,  e 
che  le  nobili  religiose,  benché  obla- 
te, sono  osservanti  della  vita    rego- 
lare. Il  Venuti,  Roma  moderna^  p. 
825,  scrive  che  questo  sacro    ritiro 
s.  Francesca  lo  fondò  in  principio  per 
le   nobili    vedove,  e  che  la  piccola 
chiesa  interna  dedicata    all'Annun- 
ziazione,  è  fornita  di  preziosi  arre- 
di,  per   uso   privato  delle   religiose 
vedove  e  vergini  oblate  non  obbii- 


OBL 
gate  da  voti,  e  viventi  sotto  la  re- 
dola dell' istitutrice.  Magnifico  n'è 
i  altare,  nobili  gli  stalli  di  noce,  ric- 
clii  gli  stucchi  e  le  dorature,  bel- 
lo Torgano,  e  il  pavimento  di  buoni 
marmi.  L'immagine  della  ss.  An- 
nunziata con  r  angelo  dipinta  in 
tela,  vuoisi  collocata  in  essa  nel  prin- 
cipio della  congregazione,  e  traspor- 
tata poi  nell'altare  dall'ingresso  del- 
la casa  ove  era  stata  dipinta,  in  me- 
moria del  giorno  in  cui  fecero  l'in- 
gresso le  oblate  in  questa  casa.  Dive- 
nuta la  sacra  immagine  in  gran  vene- 
razione pei  miracoli  operati,  a*3o  di- 
cembre i635  la  coronò  il  capitolo 
vaticano  con  corona  d'oro,  al  modo 
che  .descrive  il  Bombelli ,  Raccolta 
delle  immagini  ornale  di  corona  d'oro 
t  IV,  p.  5,  riportandone  le  imma- 
gini, li  medesimo  a  p.  9  riproduce 
l'altra  esistente  nella  cappella  o  chie- 
sa minore  e  più  antica  del  mona- 
stero, rappresentante  la  Beata  Ver- 
gine sedente  in  trono  col  divin  Fi- 
glio in  seno,  dipinta  in  muro.  Si 
crede  l'esistenza  sua  contemporanea 
alla  fondatrice,  la  cui  divozione  si 
aumentò  quando  Carlo  Leonini  fan- 
ciullo di  cinque  anni  e  nipote  di 
suor  Plautilla,  credulo  morto  per 
la  caduta  nel  cortile  del  monastero 
da  4o  palmi  d'altezza  nel  1627, 
fu  riposto  sull'altare  della  B.  Ver- 
gine, ove  rinvenne  e  tornò  a  casa 
sano*  Molte  perciò  furono  le  offer- 
te fatte  alla  sua  prodigiosa  imma- 
gine, che  quindi  il  capitolo  vatica- 
no coronò  a' 17  giugno  1687  eoa 
corona  d'oro,  essendo  presente  alla 
funzione  i  canonici  Mattei  e  Ricci. 
La  chiesa  dell'Annunziata  e  la  no- 
minata cappella  sono  aperte  al 
pubblico  culto  a*  9  marzo  festa 
di  santa  Francesca ,  a'  25  detto 
per  q«ella  dell*  Annunziazione  ,  e 
nella    sera  del   giovedì    santo    per 


OBL  2ot 

la  decorosa  esposizione  del  santo  Se- 
polcro. 

Tutti  narrano  che  Giulio  III  nel 
i55o  a'25  agosto  alle  oblate  di  Tor 
dei  Specchi  concesse  il  monastero  e 
chiesa  di  s.  Maria  Liberatrice,  posti 
nel  medesimo  loro  rione  di  Campi- 
telli,  nel  foro  romano,  alle  radici 
del  monte  Palatino,  che  tuttora  ne 
hanno  il  governo,  e  vi  mantengo- 
no il  rettore  e  molti  cappellani.  Ma 
Giulio  in  non  fece  che  conferma- 
re quanto  avevano  donato  i  capo- 
rioni e  uomini  de'  rioni  Pigna  e 
Campi telli  radunati  in  pubblico  con- 
siglio nella  chiesa  di  s.  Maria  sopra 
Minerva,  insieme  a  tutte  le  prero- 
gative e  beni  della  chiesa  e  mona- 
jilero  8*29  aprile  1^4^-  Pi'ima  la 
chiesa  apparteneva  alle  benedettine, 
il  cui  monastero  nel  sacco  di  Roma 
del  1527  fu  spogliato  da  certo  Pie- 
tro Giovanni  corso,  il  quale  fu  per- 
donalo dalla  superiora  Camilla  dei 
Trinci.  Le  benedettine  abbandonan- 
do il  monastero  per  l'insalubrità  del- 
l'aria,  si  riunirono  a  quelle  di  s. 
Anna.  La  chiesa  fu  intitolata  a  s. 
Maria  Liberatrice,  poiché  è  tradi- 
zione, che  ne'primi  secoli  della  Chie- 
sa, vicino  alle  tre  colonne  scanala- 
te che  le  stanno  quasi  rimpetto, 
eravi  una  profonda  caverna,  entro 
la  quale  si  vuole  che  il  Papa  s.  Sil- 
vestro I  colle  sue  preghiere  confi- 
nasse un  feroce  dragone,  il  quale 
col  pestilente  suo  fiato  infettando 
l'aria  dava  morte  a  molte  persone. 
Il  summentovato  Posteria  parlando 
di  s.  Maria  Liberatrice,  e  narrando 
il  tatto,  dice  che  alcuni  la  chiama- 
rono libera  nos  a  pesle^  e  che  alla 
chiesa  i  Papi  concessero  molle  in- 
dulgenze. Vogliono  alcuni  autori 
che  qui  esistesse  giù  l'antica  chiesa 
detta  s.  Salvatore  in  Lacu,  per  Ih 
vicinanza  del  luogo  chiamato  il  la» 


aoi  OBL 

go  di  Giuturna;  ma  il  Marangoni 
neW  Ist.  de'ss.  Sancloriwiy  nel  ri- 
portare il  catalogo  delle  cliiese  de- 
dicale in  Roma  al  ss.  Salvatore,  non 
ne  fa  parola,  solo  ricorda  quelle  vi- 
cine di  s.  Salvatore  de'Massiini  sul 
Campidoglio  presso  il  tempio  di  Gio- 
ve, e  di  s.  Salvatore  in  Tcllude  o 
Tellure  non  lungi  dal  palazzo  dei 
conservatori  in  Campidoglio.  Il  Can- 
cellieri r\e  Possessi  p.  Syo,  racconta 
che  nel  1702,  dietro  la  tribuna  di 
s.  Maria  Liberatrice,  si  scuopri  al- 
ti'a  antichissima  tribuna  d'una  chie- 
sa, con  pitture  del  Salvatore  Cro- 
cefisso, e  di  molti  santi,  fra'  quali 
di  Papa  s.  Paolo  I  col  diadema  qua- 
dro, in  segno  che  viveva  quando 
fuvvi  dipinto,  e  ne'muri  laterali  si 
vedevano  effigiati  i  fatti  della  vita 
di  Gesù  Cristo.  Si  crede  essere  sta- 
ta o  l'antica  chiesa  di  s.  Maria  de 
inferno,  o  quella  di  s.  Maria  de  Ca- 
neparia.  Il  Zacagni,  presso  lo  Spi- 
cilegìiim  romanuin  del  cardinal  Mai, 
nel  catalogo  delle  chiese  di  Roma, 
prova  che  s.  Maria  de  inferno,  o 
de  poenis  inferni,  o  liheratricis  è 
una  stessa  chiesa,  contro  il  Fabri- 
cio  e  il  Boissard.  Di  s.  Maria  Li- 
beratrice, o  libera  nos  a  poenis  in' 
fcrni,  feci  parola  ali*  articolo  Infer- 
mo, come  della  tradizione  che  cele- 
brandovisi  messa  si  liberi  un'anima 
dal  purgatorio,  onde  i  fedeli  vi  han- 
no molta  divozione.  Il  succitato  Bom- 
belli  nel  t.  I,  p.  i33,  riportando 
l'immagine  di  s.  Maria  Liberatrice 
col  santo  Bambino  in  braccio  dipin- 
ta in  muro,  ci  dà  queste  notizie. 
Egli  dice  che  la  chiesa  si  chiamò 
ancora  di  s.  Silvestro  in  Lago,  per 
]a  palude  vicina,  creduta  da  alcuni 
il  lago  o  voragine  ove  si  gittò  Cur- 
zio. In  un  aliare  laterale  dedicato 
a  quel  Papa,  si  esprime  con  bellis- 
sima  pittura    di   scuoia    veuemaa 


OBL 
ciò  che  die  motrvo  alla  chiesa  e 
all'immagine  di  chiamarsi  al  modo 
detto;  poiché  per  testimonianze  del 
Baronio  e  del  Bosio,  una  memoria 
della  quale  la  trasse  dall'archivio 
di  s.  Maria  ad  Martyres,  ivi  nella 
caverna  gl'idolatri  romani  prestava- 
no culto  ad  un  serpente  o  dragone, 
ch'estinse  il  Pontefice  in  nome  del- 
la ss.  Trinità:  la  pittura  però  lo 
rappresenta  in  atto  di  legare  la  boc- 
ca al  dragone,  alla  presenza  di  Co- 
stantino. Poscia  edificò  la  chiesa,  e 
vi  collocò  reffigie  di  Maria  coll'epi- 
grafe:  s.  Maria  libera  nos  a  poenis 
inferni,  che  poi  compendiosamente 
8Ì  disse  Liberatrice:  l'immagine  con- 
sunta dall'età  fu  ristorata,  e  per  la 
gran  venerazione  che  riscuoteva  per 
grazie  concesse,  il  capitolo  vaticano 
la  coronò  a'4  agosto  i653  con  co- 
rona d'oro,  ad  istanza  delle  oblato 
di  s.  Francesca,  avendo  già  Grego- 
rio XV  con  breve  de'aS  settembre 
1621  dichiarato  privilegiato  quoti- 
diano perpetuo  il  suo  altare  di  Ma- 
ria Vergine.  Tanta  è  la  singolare 
divozione  del  popolo  verso  questa 
sacra  immagine  e  la  chiesa,  che  non 
essendo  sufficiente  il  detto  altare  a 
dare  sfogo  alla  celebrazione  delle 
messe,  fu  accordato  lo  stesso  privi- 
legio all'altare  maggiore  del  ss.  Cro- 
cefisso. Alla  biografia  del  cardinal 
Marcello  Lante  dissi  ch'egli  restau- 
rò la  chiesa  nel  161 7  coi  disegui 
di  Onorio  Longhi,  perchè  dai  fon- 
damenti nel  i583  l'aveva  rifabbri- 
cata il  fratello  Michele  non  l'avo, 
come  scrissero  alcuni.  La  cappella 
di  s.  Francesca  Romana  fu  in  se- 
guito ornata  con  pitture  e  stucchi, 
e  con  architetture  di  Francesco  Fer- 
rari; le  pitture  sono  di  Stefano  Par- 
rocel  pure  autore  del  quadro  del- 
l'altare, e  gli  stucchi  sono  lavori  di 
Giaciuto  Ferrari,  Dequadri  laterali 


OBL  OBL                   ao3 

air  altare  maggiore,  quello  a  sini-  verse  fanciulle  nobili,  altri  dicono 
stra  è  del  Gramiccia,  e  V  altro  a  che  vi  trasferisse  quelle  di  La- 
dritta  di  Sebastiano  Ceccarini,  di  cui  tera,  dimorando  essa  nella  vicina 
sono  pure  tutti  i  quadri^  della  cappel-  Farnesina  proprietà  de  Farnese  (Fé- 
la  di  s.  Michele  arcangelo.  Le  pitta-  di).  Riuscendo  tal  casa  angusta,  ne' 
l'è  della  sagrestia  sono  del  Parrocel.  i655  Camilla  passò  colle  donzelle 
OBLATE  DE'SETTE  DOLORL  ad  abitare  il  propinquo  luogo  alle 
Congregazione  di  monache  ossei-  falde  del  monte  Gianicolo,  dove  fin 
vanti  la  regola  di  s.  Agostino,  fon-  dal  i643  avea  dato  principio  alla 
date  in  Roma  da  d.  Camilla  Vir-  fabbrica  del  monastero,  che  chia- 
ginia  Savelli  Farnese  duchessa  di  mò  di  Latera  sotto  s.  Pietro  Mon- 
Latera,  verso  il  1659,  sotto  l'in-  ioWo,  in  adempimento  al  voto.  Com- 
vocazione  de'  sette  dolori  di  Maria  pilo  le  costituzioni  e  le  rimise  alla 
Vergine,  acciò  fossero  onorati  con  revisione  e  riforma  del  p.  Frauce- 
parlicolar  divozione.  Nata  nel  1601  sco  Guinigi  generale  de' chierici  re- 
in  Palombara  dal  marchese  della  golari  della  Madre  di  Dio,  i  quali 
terra  Giovanni  Savelli  e  da  Li-  pregò  della  direzione  e  cura  spiri- 
via  Orsiiii,  di  venti  anni  si  spo-  tuale  di  sue  oblate.  Ricusata  tal 
so  a  Pietro  Farnese  ultimo  duca  direzione,  perchè  vietata  dal  loro 
di  Latera,  discendente  dal  zio  pa-  fondatore,  si  contentò  Camilla  che 
terno  di  Paolo  III,  ed  ebbe  a  co-  detti  chierici  ne'  d'i  festivi  si  por- 
gnata  la  fondatrice  delle  france-  tasserò  nel  monastero  de'  sette  do- 
scane  farnesiane,  come  dicesi  nel  lori,  cosi  nomato  dal  titolo  della 
Tol.XXVI,  p.  1 85  del  Dizionario,  chiesa  annessa,  a  predicare  e  udir 
Essendo  Camilla  molto  inclinata  le  confessioni  delle  suore,  ciò  che 
alla  pietà,  animò  la  parente  alle  durò  per  qualche  anno.  Intanto  A- 
fondazioni  che  fece,  quindi  per  i-  lessandro  VII  approvò  le  costituzio- 
iiiitarla  si  propose  di  fondare  an-  ni  a' 16  giugno  1 663,  essendo  Camil- 
ch'  essa  in  Latera  nello  stato  di  la  restata  vedova  nel  precedente  an- 
Caslro  e  diocesi  di  Montefìascone  no  senza  figli  e  perciò  erede  di  alcu- 
im  monastero  di  vergini,  onde  ra-  ne  fortune  :  il  marito  fu  V  ultimo 
dunate  ivi  molte  fanciulle  le  man-  duca  di  Latera  e  la  linea  si  estin- 
tcneva  in  una  casa.  Mentre  dispo-  se  col  fratello  cardinal  Girolamo 
neva  l'  erezione  d'  un  monastero  il  Farnese.  Avendo  la  fondatrice  per- 
inarito  le  impedì  proseguir  nell'im-  duto  la  madre,  ne  ereditò  i  beni,  e 
presa,  ciò  che  le  recò  grave  ram-  questi  assegnò  al  monastero,  dispo- 
inarico  per  le  promesse  fatte  a  Dio.  sizione  che  approvò  il  cardinal  Gi- 
A  suo  conforto  passò  in  Viterbo  netti  a'  6  ottobre  1667,  dopo  che 
da  s.  Giacinta  Marescotti  sua  pa-  Clemente  IX  avea  confermato  le 
rente  per  consiglio,  ed  essa  la  sol-  costituzioni.  Essa  non  vesti  l' abito 
levò  col  persuaderla  che  bastava  religioso,  e  ricca  di  meriti,  morì  in 
per  adempimento  del  promesso  il  una  casa  contigua  a*  i5  novembre 
fondare  un  monastero  ove  avesse  i668  di  circa  anni  68,  lasciando 
potuto.  Quindi  si  determinò  etfet-  il  monastero  erede  universale  del 
tuare  il  divisameiito  in  Roma,  ove  suo  patrimonio.  Fu  sepolta,  come 
portatasi  cominciò  a  radunare  in  il  duca  consorte,  nella  chiesa  del 
una  casa   a  Porta    Settimiana    di-  monastero. 


ao4  OBL 

Quando  la  fondatrice  dotò  il  tno- 
uastero,  eranvi  63  oblate,  cioè  /\3 
da  coro,  IO  coadiulrici  e  io  con- 
verse, mentre  altre  dieci  elavano 
per  entrare.  Clemente  X  a*  i5  mar- 
zo 1671  ne  confermò  le  costituzio- 
ni. Queste  oblate,  che  sono  tutte 
nobili^  tranne  le  converse,  non  han- 
no che  il  monastero  di  Roma  ; 
professano  la  regola  di  s.  Agostino, 
ed  il  fine  principale  dell'  Istituto  è 
di  ricevere  quelle  che  per  una  qual- 
che infermità  non  possono  entrare 
in  altri  monasteri,  purché  non  sieno 
infètte  di  mali  contagiosi  o  che  lo- 
ro impedir  possano  le  osservanze 
della  comunità.  Chi  entra  in  mona- 
stero per  vestir  V  abito,  dopo  alcu- 
ni mesi  è  ammessa  al  noviziato 
che  dura  un  anno,  finito  il  quale 
fa  la  sua  oblazione  con  promettere 
obbedienza  secondo  le  costituzioni, 
e  consuetudini  del  monastero,  e  per- 
manenza perpetua  nella  congrega- 
zione, sebbene  può  uscirne,  non  ob- 
bligando gli  statuti  a  peccato  alcuno 
neppur  veniale,  non  facendo  le  re- 
ligiose voti  ne  solenni  ne  semplici. 
Praticano  tutte  le  osservanze  re- 
golari, come  fossero  vere  religiose, 
poiché  recitano  T  uffizio  divino,  fan- 
no ogni  giorno  un*  ora  e  mezza  di 
orazione  mentale,  la  disciplina  in 
alcuni  giorni,  da  cui  sono  dispen- 
sate per  indisposizione  dalla  supe- 
riora, ed  una  volta  all'anno  gli  e- 
sercizi  spirituali  ognuna  da  se.  Os- 
servano il  silenzio,  con  parlare  del- 
le sole  cose  necessarie,  nelle  vigilie 
delle  sette  principali  feste  della  Ma- 
donna, del  ss.  Sagramento,  di  s. 
Agostino,  ne' tre  giorni  primi  di 
quaresima  e  ne'  tre  dì  che  prece- 
dono la  Pentecoste  e*Natale.  Vivo- 
no vita  comune,  onde  la  comunità 
fa  loro  le  vesti.  Ai  digiuni  prescrit- 
ti dalla    Chiesa    aggiungono,    oltre 


OBL 
quelli  delle  liferite  vigilie,  quelle 
de'  ss.  Teresa,  Domenico  e  France- 
sco, come  protettori  del  monastero, 
digiuni  che  può  dispensar  la  supe- 
riora. Non  hanno  clausura  e  per- 
do possono  uscire  ([uando  vogliono 
con  licenza  della  superiora^  ma  non 
è  loro  permesso  andar  fuori  di  Ro- 
ma neir  anno  santo,  dispensate  ne- 
gli altri  dai  superiori  e  visitatori 
apostolici.  Quando  escono  non  pos- 
sono andare  in  casa  de'  secolari , 
meno  i  parenti  più  stretti  e  in  ca- 
so d' infermità.  Alle  dame  è  per- 
messo r  ingresso  in  monastero,  agli 
altri  nelle  stanze  destinate  per  par- 
latorio. L*  abito  è  di  scotto  nero, 
cioè  tonaca  di  lana  con  cingolo  si- 
mile, velo  e  soggolo  di  tela  che  si 
accosta  al  color  giallo,  senz*  amido 
e  poco  arricciato.  Quando  escono 
di  casa  portano  un  manto  che  le 
cuopre  da  capo  a  piedi,  e  ripiega- 
no alla  cintura  le  due  estremità 
delle  parli  anteriori  del  medesimo. 
Ne  riporta  la  figura  il  p.  Bonnani 
nella  par.  2,  p.  98  del  Catalogo 
degli  ord.  reg.^  che  le  dice  fondate 
ad  imitazione  di  quelle  istituite  da 
s.  Filippo  Benizi,  di  che  non  fa  pa- 
rola il  p.  Annibale  da  Latera,  Sto- 
ria degli  ordini  regolari  par.  3, 
p.  260,  delle  oblate  de'  sette  dolori. 
La  chiesa  si  trova  col  monastero 
a  dritta  ascendendo  ilGianicolo,  e 
fu  edificata  con  disegno  del  Borro- 
mino,  con  facciata  non  finita,  e  di 
lui  è  pure  il  contiguo  monastero. 
L'interno  ha  tre  altari;  il  maggiore 
con  quadro  di  Gesù  Cristo  morto, 
riputato  del  veneto  Cicognini  ;  il  s. 
Agostino  in  uno  de' laterali,  opera 
del  Maratta  ;  e  1'  Annunziata  nel- 
r  altro  è  copia  d*  un  originale  di 
Firenze.  Il  quadro  colla  Vergine 
Addolorata  sopra  la  porta  è  lavoro 
del  cav.  Benefial. 


OBL 

OBLATI.  Fedi  Oblato. 

OBLATO,  Oblatus.  Religioso  che 
senza  professare  i  voli  osserva  la 
regola  monastica  o  regolare  nel 
convento  o  monastero  in  cui  è  sla- 
to ammesso,  vestendone  1*  abito  ed 
essendo  in  libertà  di  deporlo  per 
uscire  dalla  congregazione  in  cui 
bramò  entrare.  Oblato  e  condona- 
to furono  due  sorta  di  monaci,  ì 
primi  amministravano  le  cure  di- 
pendenti dalle  abbazie  in  cui  ave- 
vano fatto  professione;  i  secondi 
erano  quelli  che  dimoravano  vicino 
ai  monasteri  di  religiose,  da  cui 
ricevevano  le  cose  necessarie  alla 
vita,  e  alle  quali  amministravano  i 
sagramenti.  Oblato  si  chiamò  anti- 
camente quel  figlio  che  i  genitori 
offrivano  a  Dio  per  essere  religioso 
in  un  Monastero  (Fedi)^  benché 
in  tenera  età.  La  stima  singolare 
che  ne'  bassi  tempi  aveasi  concepi- 
ta per  lo  stato  religioso,  la  difficol- 
tà di  gustare  altrove  la  quiete  e 
di  allevare  cristianamente  i  fanciulli 
nel  mondo,  obbligarono  i  genitori 
a  mettere  nei  monasteri  i  loro  fi- 
gliuoli, affinchè  per  tempo  ivi  fos- 
sero istruiti  e  diretti  nella  pietà  e 
nelle  lettere  :  molti  credettero  dar 
loro  il  maggior  segno  di  tenerezza 
consecrandoveli  per  sempra  Un  o- 
blato  si  credeva  obbligato  per  sua 
propria  volontà,  egualmente  che 
per  la  divozione  de' suoi  genitori,  e 
si  considerava  come  apostata  se 
l'abbandonava.  Ciò  si  fondava  sul- 
r  esempio  di  Samuele  ed  altri  de- 
dicati a  Dio  dalla  madre  sin  dal 
suo  nascere,  e  sull'esempio  de' nali- 
nei  incaricati  del  servigio  del  ta- 
bernacolo e  poscia  del  tempio  pres- 
so gli  ebrei  ;  ma  questi  non  erano 
obbligati  per  voto  né  al  celibato, 
ne  alle  altre  osservanze  monastiche. 
I     11  concilio  di  Trento  decidendo  che 


OBL  2o5 

la  professione  religiosa  fatta  prima 
di  sedici  anni  compiuti  e  senza  a- 
ver  fatto  un  anno  di  noviziato,  sa- 
rebbe assolutamente  nulla,  ha  sop- 
presso per  sempre  tali  oblati.  L' e- 
same  che  fanno  i  superiori  de' gio- 
vani che  si  destinano  alla  profes- 
sione religiosa,  previene  il  pericolo 
di  una  falsa  vocazione  che  loro  po- 
trebbe ispirare  l'educazione  avuta 
in  convento.  Appella  vasi  pure  obla- 
to ovvero  dato  e  oblato  o  oliata^ 
quegli  o  quella  che  dedicava  la  sua 
persona  e  i  suoi  beni  a  qualche 
convento,  colla  condizione  di  esser- 
vi alimentato  e  mantenuto  dai  mo- 
naci. Tullavolta  davano  intieramen- 
te se  stessi  in  servitù,  coi  loro  be- 
ni, coi  loro  figli  e  coi  loro  discen- 
denti. Ricevevansi  questi  mettendo 
loro  al  collo  le  corde  delle  campa- 
ne della  chiesa,  e  per  contrassegno 
di  servitù  si  mettevano  sulla  loro 
testa  alcune  monete,  altri  pren- 
devano quelle  monete  e  le  pone- 
vano suU'  altare.  Questi  oblati  era- 
no considerati  servi  di  divozione, 
ma  diversi  dai  Conversi  o  Donati 
(Fedi)y  essendo  questi  religiosi  e 
vestendone  V  abito,  mentre  siffatti 
oblati  non  erano  religiosi  e  non  ne 
vestivano  l'abito,  od  almeno  non  ne 
portavano  uno  simile  a  quello  de- 
gli altri  religiosi.  Alcuni  poi  dava- 
no i  loro  beni  ai  monasteri,  colla 
condizione  di  godere  dell'usufrutto 
in  tutta  la  loro  vita,  mediante  un 
piccolo  livello  ;  e  i  beni  così  dati 
si  chiamavano  oliata.  Il  Crescim- 
beni,  Istor.  di  s.  Gio.  a  porta  Latina ^ 
a  p.  3o2  e  3o3  riporta  due  for- 
mole  delle  oblazioni  fatte  da  oblati, 
in  cui  si  esprimono  i  beni  da  loro 
donati.  In  Francia  un  oblato  era 
anche  un  monaco  laico  che  il  re 
collocava  nelle  ricche  abbazie  o 
priorati  di    sua    nomina,  perchè  vi 


206  OBL 

(osse  alimentato,    all^ergato,  ▼cstlto 
ed  anche    pensionato  ;     questo    era 
un  modo  di    fare  Io    stipendio    ad 
un  soldato  vecchio,  impedito  o  fe- 
rito; suonava  le  campane,  spazzava 
la  chiesa  e  faceva    gli  altri  minuti 
servigi.    Tutti    questi    oblati    sotto 
Luigi   XIV    furono  trasferiti     nella 
casa  degli     invalidi  colle  loro  pen- 
sioni. Questi  oblati  si  dice  che  co- 
minciarono dai    re  Capeti,  quando 
i  sovrani   rinunziando  al  diritto  di 
assistere  all'  elezione  degli  abbati,  si 
riservarono  il  privilegio  di  destinare 
un  posto  di  religioso  per  un  pove- 
ro soldato  invalido,  o  per  una  po- 
"vera  donna  ne'monasteri  di  religio- 
se. Ogni  laico  che  otteneva  dal  re 
la  pensione  sopra  un  benefizio  era 
pure  chiamato  oblato.  Quanto  agli 
oblati  costituiti  in  congregazioni  se- 
colari   e   regolari,    de' frati,    mona- 
ci e  chierici    regolari,  se    ne  parlai 
ai  loro  articoli,    secondo  le   rispet- 
tive  denominazione  ;    qui    appresso 
diremo  solo  degli  oblati  di  s.   Am- 
brogio   e  di  quelli   di  Maria  Ver- 
gine di   Pinerolo. 

Oblati  di  s.  Ambrogio.  Congre- 
gazione di  preti  secolari  fondata 
dal  cardinal  s.  Carlo  Borromeo  ar- 
civescovo di  Milano  (Vedi).  Aven- 
do egli  riconosciuto  essere  molto 
difficile  mantenere  nella  sua  dioce- 
si la  disciplina  ecclesiastica,  e  il 
farvi  eseguire  le  sante  provvidenze 
da  lui  statuite,  il  governar  i  col- 
legi, i  seminari  e  gli  altri  luoghi 
pii  da  lui  fondati,  senza  l'aiuto  di 
buoni  operai,  che  liberi  dagli  im- 
barazzi del  mondo  si  applicassero 
unicamente  al  governo  delle  chiese 
che  loro  si  affiderebbero;  sapendo 
ancora  quanto  fosse  grande  il  bi- 
sogno di  buoni  pastori  nelle  par- 
rocchie vicine  ai  paesi  infetti  d'  e- 
resia,  e  come   giovasse  il    cambiar 


or.L 

de*  pnrrochi  e  trasferirli  in  altre 
cure,  precipuamente  in  quelle  ab- 
bandonate, dopo  aver  nel  rSyS  ce* 
lebralo  il  quinto  sinodo,  risolvette 
di  fondar  una  congregazione  di  pre- 
ti secolari,  i  quali  essendo  uniti  a 
lui  come  a  loro  capo,  fossero  ob- 
bligati ai  suoi  ordinamenti  pel  go- 
verno della  stessa  diocesi.  A  tale 
effetto  elesse  ecclesiastici  forniti  del- 
le qualità  necessarie,  cui  si  aggiun- 
sero molti  altri  che  si  offrirono 
spontaneamente,  e  pose  la  congre- 
gazione sotto  la  protezione  di  Ma- 
ria Vergine  e  di  s.  Ambrogio,  di  cui 
diede  loro  il  nome,  al  quale  ag- 
giunse quello  di  oblati,  per  essersi 
eglino  stessi  offerti.  Principiata  la  , 
pia  società  a' 6  agosto  iSyB,  ven- 
ne approvala  da  Gregorio  XIH, 
che  le  concesse  molte  grazie  spi- 
rituali ,  ed  alcune  rendite  apparte- 
nenti già  al  soppresso  ordine  degli 
umiliati.  Indi  s.  Carlo  assegnò  agli 
oblati  la  chiesa  del  s.  Sepolcro 
(fondata  nel  io3ij  restaurala  nel 
1608,  e  abbellita  nel  184^)  in 
grandissima  venerazione  in  Milano, 
ed  acquistò  delle  case  vicine  per 
loro  abitazione.  Dipoi  il  santo  pre- 
scrisse loro  opportune  regole,  di 
cui  erano  le  principali  il  voto  sem- 
plice d' obbedienza  nelle  mani  del- 
l'arcivescovo, riconoscendolo  per  su- 
periore, assistendolo  nella  direzione 
e  governo  della  diocesi  milanese,  e 
sostenendo  con  zelo  lutti  gl'impie- 
ghi ne' quali  li  applicherebbe;  co- 
me visitar  la  città  e  la  diocesi,  an- 
dar in  missione  ad  esempio  degli 
apostoli  ne*  luoghi  più  bisognosi 
d' istruzione,  servir  le  cure  vacanti, 
dirigere  i  collegi,  i  seminari,  le 
scuole  della  dottrina  cristiana  e  le 
confraternite.  Gli  oblati  furono  di- 
visi in  due  ordini;  gli  «mi  risiede- 
vano sempre    nella  detta    casa  del 


OBL 

s,  vSepolcro,  senia  cssei'e  obbligali 
ad  alcun  lienefizio  per  esser  più  li- 
beri ad  impiegarsi  ne*  propri  eser- 
cizi; gli  altri  erano  dispersi  per  la 
città  e  diocesi  ne'  luoghi  ove  veni- 
vano mandati.  Divise  altresì  s.  Car- 
lo la  congregazione  in  sei  adunan- 
ze o  comunità,  deIJe  quali  due  nel- 
la città  di  Milano  e  quattro  sparse 
per  la  diocesi,  a  ciascuna  delle  qua- 
li die  un  superiore  e  un  direttore 
per  lo  spirituale,  ordinando  ad  es- 
se si  radunassero  ogni  mese.  Volle 
ancora  che  in  tali  adunanze  si  leg- 
gesse la  regola  degli  oblati,  onde 
potessero  sempre  praticarla  fedel- 
mente. Così  gli  oblati,  benché  in 
diversi  luoghi  della  città  e  diocesi 
dispersi^  non  lasciavano  d' essere 
sempre  strettamente  uniti  dai  vin- 
coli d^  un  medesimo  spirito  e  carità 
fraterna,  pronti  a  ricevere  dall'  ar- 
civescovo loro  capo  i  lumi  neces- 
sari per  dirigere  se  stessi  e  i  popoli 
loro  affidati.  In  seguito  pegli  eser- 
cizi spirituali  fu  ad  essi  destinata 
la  casa  di  Ro,  tenendosi  al  s.  Se- 
polcro ogni  anno  il  capitolo  gene- 
rale ;  ebbero  poi  anche  la  chiesa 
della  Rosa,  e  a  s.  Dalmazio  tene- 
vano una  specie  di  direzione  delle 
scuole  della  dottrina  cristiana.  Sop- 
pressa la  congregazione,  nel  iB44 
sopravvivevano  sedici  degli  antichi 
oblati. 

Oblati  di  Maria  Vergine  di  Pi- 
nerolo.  Congregazione  di  preti  se- 
colari fondata  dal  p.  Pio  Brunoue 
Lanieri  di  Pinerolo  nel  Piemonte, 
nella  qual  città  nacque  nel  1759. 
Educato  nel  santo  timor  di  Dio  , 
nell'amore  allo  studio  e  nella  di- 
vozione alla  ss.  Vergine  dal  dotto 
fisico  suo  genitore,  dotato  di  felice  e 
penetrante  ingegno  fece  negli  studi 
rapidi  progressi,  vivendo  ritirato. 
D'illibati  costumi  e  d'una  fervida 


OBL  9.07 

pietà,  ben  presto  ebl^e  vocazione 
per  lo  stato  religioso,  onde  entrò 
ne' certosini,  ma  per  la  gracile  com- 
plessione dovette  uscirne  e  si  deter- 
minò pel  sacerdozio,  e  giuntovi  ri- 
cusò i  benefizi  ecclesiastici  che  gli 
si  offrivano,  per  essere  libero  in  tut- 
to a  quello  che  Dio  volesse  da  lui. 
Per  l'esempio,  istruzione  e  direzio- 
ne del  celebre  gesuita  p.  Diessbach 
si  formò  Lanieri  alla  scienza,  alla 
virtù  e  allo  zelo  che  lo  resero  vera- 
mente ministro  fedele  di  Gesù  Cri- 
sto, affezionandolo  a  quello  delle 
confessioni.  Venuto  in  cognizione 
dell'  immenso  male  che  produce- 
vano i  libri  cattivi,  travagliò  per 
tutta  la  vita  a  raccoglierli,  ed  in 
vece  a  far  ristampare  i  migliori  e 
dilatarli.  In  compagnia  del  p.  Dies- 
sbach, indefesso  operò  per  la  salu- 
te delle  anime  con  molto  successo, 
servendosi  principalmente  dell'  au- 
reo mezzo  degli  esercizi  di  s.  Igna- 
zio, ed  in  questi  egli  mirabilmente 
si  approfondì  ;  e  cercando  del  loro 
studio  invogliarne  gli  altri  ecclesia- 
stici, a  tal  fine  ne  raccolse  in  pia 
adunanza  in  sua  casa,  che  prese  il 
nome  di  pia  unione  di  s.  Paolo. 
Non  solo  gl'individui  che  la  com- 
posero si  esercitavano  in  essi,  ma 
ove  era  maggiore  il  bisogno  si  re- 
cavano a  predicare  e  confessare , 
come  pure  recavansi  agli  spedali , 
alle  prigioni  e  ai  quartieri  de'  mi- 
litari,ed  ancora  nelle  altre  città  e 
ville,  con  immenso  frutto.  Allorché 
la  Germania  aspirò  a  pretese  rifor- 
me che  mossero  Pio  VI  a  recarsi 
a  Vienna,  il  Lanieri  col  p.  Dies- 
sbach da  Torino  lo  precedettero  in 
quella  capitale  per  risvegliare  il  fer- 
vore ne'  buoni,  la  fede  ne'  deboli , 
e  la  venerazione  del  popolo  verso 
il  Papa,  temendo  che  i  nemici  del- 
la Chiesa   ne  impedissero  il  frutto, 


2o8  OBL 

siooome  in  fatti  fecero  anche  coi 
noti  pestiferi  libri.  Ritornato  il 
Lanieri  a  Torino,  si  divise  dal  suo 
diletto  p,  Diessbach  che  passò  al- 
trove; indi  nella  carità  di  assistere 
i  militari  francesi  e  tedeschi  che  le 
vicende  politiche  vi  avevano  porta- 
ti, si  diede  a  rianimar  la  pia  unio- 
ne per  gli  spirituali  esercizi,  ed  a 
moltipliccirne  l'edizioni:  nella  pro- 
pria casa  ne  aprì  un  corso,  raccoglien- 
dovi il  flore  de'  giovani  e  degli  ec- 
clesiastici, con  immensi  spirituali 
vantaggi.  Imperversando  i  fatali  er- 
rori contro  la  religione,  egli  rad* 
doppiò  gli  sforzi  del  suo  apostolico 
ministero^  massime  coi  militari,  aiu- 
tato dai  suoi  allievi,  procurando 
pieno  di  zelo  d' illuminare  i  prela- 
ti delle  inique  trame  ordite  contro 
la  Chiesa,  e  difendere  il  venerabile 
capo  di  essa  ;  facendo  circolare 
molli  libretti  in  difesa  del  pontifi- 
cato, quando  Pio  VII  era  prigione 
de'  francesi.  Questo  lodevole  conte- 
gno però  provocò  la  rigorosa  at- 
tenzione del  governo  straniero,  dal- 
la quale  Dio  lo  salvò,  onde  solo 
fu  esiliato  da  Torino,  allora  prin- 
ci  pai  campo  delle  sue  operazioni 
apostoliche.  Ritornato  Pio  VII  al- 
la sua  sede  ,  pei  corrotti  costumi 
e  per  le  guaste  opinioni  ed  errori 
lasciati  ed  accresciuti  ne' passati  di- 
sordini, intorno  al  domma  e  alla 
morale  di  Gesù  Cristo,  il  Lanieri 
vegliò  sui  sistemi  teologici  che  dal- 
la Fiandra  e  Francia  usciti,  cor- 
rompevano non  pochi  ecclesiastici 
d'Italia  col  giansenismo;  ad  og- 
getto di  rimediar  ad  ogni  seduzio- 
ne fece  di  tutto  per  propagar  le 
opere  di  s.  Alfonso  Liguori.  Frat- 
tanto Dio  ispirò  al  Lanieri  1*  isti- 
tuzione d' una  congregazione  che 
si  occupasse  a  promuovere  e  pre- 
dicare dovunque    gli  esercizi    di  s. 


OBL 
Ignazio,  e  che  rivolgesse  i  suoi  stu- 
di contro  i  funestissimi  errori  del 
giansenismo  e  contro  tutti  gli  altri 
rinascenti,  e  perciò  dilatasse  ezian- 
dio libri  buoni  e  scelli,  secondo  la 
necessità  de*  tempi.  A  tale  effetto 
scelse  alcuni  idonei  compagni  per 
r  impresa,  tra'  quali  nomineremo 
Giovanni  Regnaudi  e  Giuseppe  Log- 
gero  piemontesi,  come  più  bene- 
meriti ;  indi  a  fronte  di  sua  avan- 
zata età  e  logora  sanità  si  recò  a 
Roma  col  valido  patrocinio  del  re 
di  Sardegna  Carlo  Felice  e  del  ve- 
scovo di  Pinerolo,  che  a  profitto 
del  gregge  ivi  desiderava  la  con- 
gregazione per  gli  spirituali  vantaggi 
che  ne  sarebbero  derivati.  Leone 
XII,  cui  èrano  note  la  dottrina,  pie- 
tà ,  zelo  e  sante  operazioni  del 
Lanieri,  1'  accolse  benignamente,  e 
canonicamente  approvò  l' istituto 
colla  lettera  apostolica  Elsi  Dei 
Fi  li  US  suam  ecclesiam^  del  primo 
seltembi'e  1826,  avendone  filiti  esa- 
minare gli  statuti  dal  cardinal  Pac- 
ca. Il  tìtolo  si  fu  congregazione 
degli  oblad  della  Beata  F ergine 
Maria,  formata  di  preti  secolari, 
della  quale  ragiona  anco  il  cav. 
Artaud,  Storia  di  Leone  XII,  t. 
IH,  cap.  4^'  Ottenuta  la  pontifìcia 
sanzione,  il  Lanieri  in  Pinerolo  si 
die  a  stabilire  e  propagare  la  sua 
congregazione^  resistendo  alle  con- 
traddizioni e  alle  calunnie  che  su- 
scitò il  demonio,  e  santamente  come 
era  vissuto,  morì  a'5  agosto  j83o, 
essendone  stato  il  primo  rettore 
maggiore.  Lo  splendido  novero  di 
sue  virtù  furono  degnamente  loda- 
te in  Pinerolo  nel  giorno  trigesi- 
mo del  suo  decesso,  con  bella  ora- 
zione funebre,  da  d.  Gio.  Battista 
Rubino  istitutore  delle  Luigine  del- 
la Morra. 

La  congregazione  degli  oblati  è 


OBL 

una  pia  unione  di  ecclesiastici  con- 
secrati  a  Dio  per  mezzo    di  Maria 
Vergine,  per   attendere    alla  salute 
e  perfezione    propria  e  del    prossi- 
mo. N'  è  scopo    il    consecrarsi  par- 
ticolarmente a  dare  i    santi  eserci- 
ti   col  metodo    proposto  da    s.  I- 
gnazio,  quando   sono  chiamati,  col 
consenso  degli  ordinari,  sia  in  pub- 
blico, che  in  privato,  sempre  gratis 
e  senza    retribuzione.  Concorrere  a 
formare  buoni    parrochi  ed  operai 
nella  vigna  del  Signore,  pertanto  si 
accettano   convittori  ecclesiastici  per 
fare  ,i  loro  esercizi    o  per  com por- 
sene una     muta,  o    per    attendere 
allo  studio    della    morale    ed  abili- 
tarsi alle  parrocchie  ed  altri  impie- 
ghi ecclesiastici.    La    congregazione 
combatte  altresì  gli  errori   correnti, 
per  cui  si  fa  uno    studio  serio  per 
conoscerli  e  confutarli,  e  per    non 
errare  si  pregia    professare  inviola- 
bile obbedienza  intiera  all'  autorità 
della  santa   Sede,    ed  un    attacca- 
mento senza  eccezioni  al  di  lei  in- 
segnamento ,    professando    eziandio 
tutta     1'  uniformità    al    sentimento 
della    medesima    negli    articoli  sui 
quali   essa  tollera    diverse  opinioni, 
essendosi  perciò  eletto  per  suo  par- 
ticolar  protettore  s.  Pietro.  Si  pro- 
pone   finalmente    la    congregazione 
di   far    conoscere  e    spargere    libri 
buoni,  poiché    osservò   che  fin  dal 
1825    si  contavano  già  tre  milioni 
di  volumi,  libri  i   più  infami  spar- 
si nella  sola  Francia,  ed  in  Parigi 
solo    eranvi     trecento    gabinetti     di 
lettura    aperti  ,    ove     con     cinque 
centesimi  la  gioventti  d'  ambi  i  sessi 
andava  ad  avvelenarsi.    Gli    oblati 
di  Maria  ss.  fanno  i  voli  semplici  di 
povertà,  castità,  obbedienza  e  quel- 
lo di  permanenza,  dispensabili    dal 
Papa  e  dal  rettore  maggiore  eh'  è 
il  titolo  del  superiore  della  congre- 

VOL.     XLVIII. 


OBL 


209 


gazìone.    Vivono    perfettamente  in 
comune  ed  in  ogni    cosa  uniformi. 
Professano  in    tutto  la  povertà,  né 
accettano  alcuna  dignità,  beneficio 
ed  ufficio  di  qualunque  sorta  fuori 
della    congregazione.    Professano  e- 
ziandio     obbedienza    agli    ordinari 
neir  operare,  per  quanto  é  compa- 
tibile colle  loro  regole  e  costituzio- 
ni. Sono  promossi  agli  ordini  sacri 
a  titolo  di    patrimonio  proprio,  se- 
condo la  tassa  di    ciascuna  diocesi. 
Non  essendo  in    sostanza  gli  oblati 
di  Maria  Vergine,  che  una  pia  u- 
nione   di    ecclesiastici    secolari,  che 
vivono  sotto  regole  adattate  al  loro 
istituto    e    spirito    che    professano, 
così  essi  ritengono   sempre  la  pro- 
prietà de*  loro    beni  e  tutte  le  ca- 
pacità che   secondo    le    leggi    dello 
stato  hanno  e    godono  gli  ecclesia- 
stici secolari.    Quegli     che  presiède 
a  tutta    la    congregazione  è  perpe- 
tuo, cioè  il  rettore  maggiore,  men- 
tre   il    superiore    di    ciascuna    casa 
chiamasi  rettore  locale.  Si  fa  un  an- 
no   di    noviziato,    ed   i    fratelli    ne 
flìnno  due.    Secondo    le   regole,  gli 
oblati  si  esercitano    in  varie  opere 
di  pietà  per  loro  santificazione.  At- 
tendono allo  studio    della  domma- 
tica  e    morale  ;  il    loro    maestro  è 
s.  Tommaso;  la  loro  dottrina  quel- 
la della  chiesa     romana,  abborren- 
do  ogni  spirito  di   partito  e  di  no- 
vità ;  più  volte  alla  settimana  ten- 
gono   conferenze    morali.   Ciascuno 
compone   una    muta  d'esercizi,  se- 
condo il    metodo    di    s,  Ignazio,    e 
ninno  ricusa    darli    se    viene  a  ciò 
destinato    dal    superiore  ;  è    questo 
il  solo  genere    di    predicazione  che 
abbracciano,  salvo  nella  loro  chiesa. 
Attendono    indefessamente    al  con- 
fessionale, promovono  la   frequenza 
de*  sagramenti  e  la  lettura  di  libri 
buoni.  Questa    congregazione  fiori- 

■4 


3IO  OBL 

sce,  e  da  Pinerolo,  ove  fu  fondala, 
si  dirami)  in   vane  cìUà  degli  stali 
sardi.  Nel  numero    6t    del  Diario 
di  Roma  1842  si  legge  »  che  la  con- 
gregazione non  paga    del  bene  che 
tiittogiorno    va  facendo    alle  anime 
coir  ecclesiastico  ministero,  col  dare 
gli    esercizi    spirituali,    coli'  istruire 
il  giovane  clero,  apresi  ora  un  nuo- 
vo e  largo  campo  al    suo  zelo  nel- 
le straniere  nazioni.  Offertasele  dal- 
la   sacra    congregazione    di    propa- 
ganda fide  la    missione    di    Ava    e 
Pegìi  nelle  Indie   orientali  (Vedi)  , 
e  nello    impero    Birmano,  non  ha 
esitato    ad  accettarla.    Ad  onta  del 
numero    di  poco    più  di    cento  in- 
dividui, di  cui  al  presente    essa    è 
composta  ,  e    non    compresi    i    tre 
soggetti  che  già   in    altra  occasione 
avea    spediti  ,  altri    dodici    in    og- 
gi ne  manda.    Monsignor  Giovanni 
Ceretti  da    Alice    diocesi    d' Ivrea  , 
della  medesima  congregazione  degli 
oblati,  è   stato  dal  Papa    Gregorio 
XVI  fatto  vescovo    d'Autinopoli  in 
parlibus  a'5  luglio,  e  destinato  su- 
periore   della    missione    in    qualità 
di  vicario  apostolico,  consecrato  in 
Roma  dal  cardinal  Fransoni  ". 

OBLAZIONARIO,  Oblationarius. 
Diacono  o  suddiacono  che  riceveva 
le  oblazioni  de' fedeli  del  pane  nel- 
la messa  ;  di  questo  ministro  se  ne 
fa  spessa  menzione  nell'  Ordine  ro- 
mano. L*  oblazionario  porgeva  al- 
l'arcidiacono le  oblate,  cioè  pane  e 
vino,  ch'erano  preparate  pel  sacri- 
fizio che  doveva  celebrare  il  Papa. 
Giovanni  III  del  56o,  avendo  re- 
staurato! cimiteri,  determinò  che  nei 
cimiteri  di  Roma,  ne'giorni  delle  fe- 
ste de'  santi,  1'  oblazionario  recasse 
dal  patriarchio  luminari  per  farvi  le 
vigilie,  e  le  oblate  per  celebrarsi  la 
messa  dal  sacerdote  destinalo  dal 
Pontefice.    Tale   uso   lo  rinnovò  s. 


OBL 

Gregorio  III  del  78 1.  Kella  basilica 
di  s.  Paolo  si  offrivano  ogni  giorno 
quattro  oblate  per  altrellante  inces- 
se, e  due  per   quella  che    celcbra- 
vasi   nell'  altare  maggiore.   I  diaco- 
ni   oblazionari    ricevevano    dal   po- 
polo offerente  il  vino,  ed  i  suddia- 
coni oblazionari  il    pane.    Vedi  O- 
BLATE  e  Oblazioni.    Gli   oblazionari 
della    chiesa     romana     avevano    il 
priore  e  il  sottopriore,  ed  erano  uf- 
fìzi   distinti  :    parla  dei    loro    uffizi 
e  di  alcuni    oblazionari  il  Galletti, 
Del  prìniicero  p.  16  e   119.  Allor- 
ché Clenìente   II    coronò    in   Roma 
l'imperatore    Enrico  III  e  l'impe- 
ratrice   Agnese,    il    priore  e    sotlo- 
priore    degli    oblazionari  presero  la 
corona  dell'  eletto  imperatore  e  del- 
la   regina,  e  la  riposero  sull'  altare 
di  s.  Maurizio    martire.    Dalle  bio- 
grafie de' cardinali  si  rileva  che  an- 
ticamente diversi  portavano  il  tito- 
lo di  cardinali    oblazionari,     massi- 
me i  diaconi,  ^f?^// Oblazione.  Quan- 
tunque la  disciplina  che  la  primitiva 
Chiesa  osservava,  di  offerirsi  dal  po- 
polo il  pane  ed    il   vino    da  essere 
consacrato  nel  sacrifizio,  abbia  ovun- 
que  cessato,    venne    però    ritenuta 
nella   nielropolilana  di  Milano  (Ve- 
di), e  fu  ciò  che  diede  motivo  alla 
istituzione  degli     Oblazionari  della 
scuola  di  s.  Ambrogio.  Consiste  que- 
sta scuola    in    due    comunità,    una 
di  uomini  avanzati  in  età,  chiama- 
ti vecchioni,  e  l'altra  di  donne  at- 
tempate,  dette  vecchione,  di  cui  si 
parlò    a    Diaconesse:    ciascuna    co- 
munità é  composta  di  dieci  perso- 
ne.  Il  più  vecchio  degli  uomini  ha 
il  titolo  di  priore,  e  la  più  vecchia 
delle  donne  quello  di   priora:  nero 
è  il  loro  abito,    ed  il    p.    Bonanni 
nel   Catalogo  degli  ordini  rei.  non 
solo  parla  delle   due  comunità,  ma 
riporta  quattro  figure  di  vecchioni 


I 


OBL 
esercitanti  ì  diversi  minìslcrij  e  quat- 
tro di  vecchione.    Gli    uni    qunnto 
le  altre  nelle  processioni  vanno  die- 
tro la  loro  particolare  croce.  Quan- 
do presentano  l' offerta  ciascuno  dei 
due  vecchi  destinati  ha  sulle  spalle 
una    tovaglia    bianca,    con  cui  uno 
di  essi  tiene  tre  ostie  e  l'altro  un 
vaso  pieno  di  vino  bianco,   e  sopra 
questa  tovaglia  pongono  un  ampio 
cappuccio    che    finisce    in    punta  e 
dalle  cui  estremità  pende  un  gros- 
so fiocco,  che  scende  per  di  dietro 
fino  all'estremità    della  colta.  Due 
donne  con  una  somigliante  tovaglia 
ed  un  piccolo  velo   nero  presenta- 
no   altrettanto    pane    e    vino;    ma 
agli  uomini    solamente    è  permesso 
entrare  in  coro  ed  accostarsi,  come 
fanno,  fino    ai    gradini  dell'altare, 
giunti  al    quale,    offì'endo    al    cele- 
brante ciò    che    portano,  a  lui  di- 
cono:  Benedicite  Pater  reverende  j 
ed  egli  risponde  :  Benedicat  te  Deus 
et  hoc  tiiiim  munus.  In  nomine  Pa- 
tris  ec,  e  dà  loro  a  baciare  il  ma- 
nipolo; Io  che  fatto  va  a  ricevere  le 
offerte  delle  donne    alla  porta    del 
coro.   Sono  questi  oblazionari  man- 
tenuti con  rendite  ecclesiastiche.  E 
incerto  se  questa   scuola    sia    stala 
istituita  da  s.  Ambrogio,    poiché  a 
suo  tempo  il   popolo    stesso  faceva 
r  oblazione    alla    messa.    Probabil- 
mente neirVIII  o  IX    secolo  qual- 
che arcivescovo  di  Milano,  vedendo 
che  tal    disciplina   andava  ad  alte- 
rarsi ,    per    mantenerla    istituì    la 
scuola  di    s.    Ambrogio.  Si  chiamò 
ohlazionario  dall'Ordine  romano,  e 
Protesis    dai    greci,    quel    luogo    o 
mensa  vicino  all'  altare,  ove  si  col- 
locavano le  offerte.  Osserva  il  Can- 
cellieri   ne*  Pontificali ^  che  le  obla- 
zioni intermesse  sono  ricordate  dai 
vasi  e  piatti  d'  argento^  che  soglio- 
no    mettersi    adesso  per    puro  or- 


OBL  211 

namento  nelle  credenze  dell'altare 
e  ad  pompavi,  oltre  i  necessari. 

OBLAZIONE.    Fedi    Oblate    e 
Oblazioni. 

OBLAZIONE,  OFFERTA,  ohla^ 
tìOy  ohlatum^  donariuni.  Vocabolo 
che  prendesi  in  generale  per  qua- 
lunque dono  volontario  fatto  a  Dio 
nella  persona  de' suoi  ministri  e 
per  uso  della  sua  Chiesa  ;  in  que- 
sto significato  si  possono  chiamare 
oblazioni  le  Decime  (Fedi)^  le  pri- 
mizie, ed  in  generale  tutto  ciò  che 
i  fedeli  offrono  volontariamente  al- 
la Chiesa  ed  a'  suoi  ministri.  In 
significato  più  particolare  intendesi 
per  oblazione  quella  fatta  all'altare, 
uso  antichissimo  di  cui  s.  Cipriano 
ne  parla  nel  suo  trattato  dell'ele- 
mosina. Quindi  le  oblazioni  si  di- 
stinsero in  quelle  che  si  facevano 
ai  sacri  altari,  in  quelle  che  riguar- 
davano direttamente  la  materia  del 
sacrifizio  ed  in  quelle  che  riguar- 
davano il  mantenimento  del  Clero 
(Vedi).  Imperciocché,  non  avendo 
la  Chiesa  ne*  suoi  principii  né  fon- 
dì,  né  rendite,  era  a  lei  impossi- 
bile di  far  le  necessarie  spese  del 
pane  e  del  vino  per  la  celebrazio- 
ne della  messa,  tanto  piìi  che  in 
essa  si  comunicavano  tutti  i  fedeli, 
e  che  ciò  che  non  era  stato  con- 
sagrato veniva  portato  a  queUi  che 
non  aveano  potuto  assistere  al  sa- 
crifizio ;  conveniva  quindi  che  i  par- 
ticolari si  addossassero  una  tal  spe- 
sa, principalmente  quelli  che  dove- 
vano comunicarsi.  Dalla  sacra  Scrit- 
tura rilevasi  l' antichità  delle  sacre 
offèrte,  obbligazione  imposta  all'uo- 
mo dalla  legge  naturale,  non  meno 
che  dalla  legge  scritta,  perché  aves- 
se cosi  a  riconoscere  nel  suo  Dio, 
il  suo  creatore  e  il  suo  conservatore 
provvidentissimo.  Quantunque  con 
la  venula  di  Gesù  Cristo  cessarono 


112  OBL 

le  vittime  e  i  sagrifizi,  pure  aven- 
do voluto  Dio  che  col  sacrifizio 
della  Messa  (f^edi)  restasse  ne'cri- 
stiani  perpetua  memoria  di  sua 
tnorte,  così  in  essi  non  cessò  l'  obbli- 
gazione di  apprestare  tuttociò  che 
si  rendeva  necessario  per  la  cele- 
brazione della  messa,  onde  i  fedeli 
riputarono  religioso  dovere  V  adem- 
pirla, finché  la  loro  pietà  non  eb- 
be a  ciò  stabilmente  provveduto 
con  elargizioni  e  vistosi  donativi, 
di  che  si  parla  anche  a  Beneficio 
e  Bewi  di  Chiesa;  ed  è  ragionevo- 
le che  chi  serve  l' altare  viva  del- 
l'altare,  mentre  altrove  parlammo 
contro  i  declamatori  delle  ricchez- 
ze del  clero,  mostrando  V  utilità  che 
alla  società  ridonda  dalle  ricchezze 
del  sacerdozio.  Le  oblazioni  comu- 
ni, che  dai  fedeli  anticamente  si  pre- 
sentavano all'altare, si  cambiarono 
nell'offerta  particolare  dello  stipen- 
dio, chiamata  anche  onorario,  che 
ancora  si  dà  ai  sacerdoti  per  la 
celebrazione  particolare  della  messa, 
a  tenore  della  concepita  intenzione 
dell'offerente,  e  che  fu  una  conti- 
nuazione dello  stesso  antico  rito, 
benché  sotto  foggia  diversa.  Il  Ma- 
billon,  in  Praefat.  ad  saec.  III  Be- 
ned.  n.  62,  perciò  scrisse  :  Oblatio- 
nìs  panìs  et  vini  a  laicis  anliquilua 
fieri  solitaey  successiù  eleemosyna 
pecuniaria^  presbytero  facta^  quam 
stipendium  vocant.  Le  oblazioni  co- 
muni riguardavano  non  meno  la 
materia  del  sacrifizio,  che  il  man- 
tenimento del  clero  sino  dal  comin- 
ciamento  del  cristianesimo,  con  che 
si  provvidero  le  chiese  e  gli  eccle- 
siastici con  r  istituzione  de'  benefi- 
zi ;  ad  esse,  il  ripetiamo,  successe- 
ro le  oblazioni  particolari  o  sia  lo 
stipendio  della  messa,  argomento 
dottamente  trattato  dal  teatino  p. 
Francesco  Berlendi,  e  meglio  colla 


OBL 
seconda  edizione  piìt  corretta  e  ac- 
cresciuta con  nuove  ricerche,  osser- 
vazioni e  figure,  opera  di  cui  prin- 
cipalmente ci  gioveremo  in  questo 
breve  articolo,  ed  eccone  il  titolo: 
Delle  oblazioni  ali*  altare  antiche 
e  moderne^  0  sia  la  storia  intera 
dello  stipendio  della  messa,  disser- 
tazione storico 'teologica,  Venezia 
1736. 

La  pratica  delle  oblazioni  che 
gì'  israeliti  portavano  al  tempio 
ed  offrivano  ai  sacerdoti,  non  fu 
un  semplice  rito  dell'antica  sinago- 
ga, ma  un'ombra  e  una  figura  di 
ciò  che  con  la  venuta  del  promes- 
so Messia  doveasi  praticare  nella 
Chiesa.  In  quelle  oblazioni  restaro- 
no simboleggiate  le  nostre,  muta- 
te solamente  nella  specie  in  ordi- 
ne agli  offerenti,  perchè  le  une  pre- 
sentate dai  servi,  ch'erano  gli  e- 
brei,  e  le  altre  dai  liberi,  che  sia- 
mo noi  cristiani:  ma  nel  genere 
erano  le  medesime,  avendo  la  Chie- 
sa e  la  sinagoga  nell'offrire  lo  stes- 
so fine  di  religione,  ch'è  ad  onore 
dello  stesso  Dio.  Perciò  nella  ma- 
niera che  le  une  in  segno  di  re- 
ligioso omaggio  a  Dio  furono  con 
precetto  agi'  israeliti  incaricale,  nel- 
la stessa  le  altre  a  noi  cristiani  lo 
sono.  A  questo  presente  fatto  al- 
l'altare fu  con  proprietà  dato  il 
nome  di  oblazione,  non  solo  perchè 
ciò  che  presentasi  a  Dio  dicesi  of- 
ferta, ma  anche  perchè  non  po- 
tendosi dare  a  Dio,  ch'è  il  padro- 
ne di  tutto,  cosa  che  non  sia  sua, 
non  abbiamo  di  nostro  se  non  l'a- 
zione di  offrirla.  Il  concilio  di  Ma- 
gonza  dell' 8 13  dichiarò  che  l'o- 
blazione è  pei  cristiani  un  gran  ri- 
medio alle  anime  loro  e  a  quelle 
de'loi*o  prossimi.  Questo  nome  ge- 
nerico di  oblazione  può  considerar- 
si  come    diviso  in    tre    specie;    la 


OBL 

priiiìa  e  piti  ampia  compieiHÌe  lut- 
to ciò  cìie  si  oifre  al  divin  culto, 
e  racchiude  anche  le  decime  e  le 
primizie,  la  quale  è  chiamata  obla  • 
(IO  rei  inltr  vivos  facta  Deo  vel 
Ecclesia;  la  seconda  denota  qual- 
sivoglia donazione  o  legato  testa- 
mentario in  favore  delle  chiese  o 
luoghi  pii,  e  viene  delta  donatio 
causa  mortisj  aut  alia  ultimae  vo- 
luntatis  disposi tio  j  la  terza  specie 
di  ohlazione  è  presa  secondo  il 
suo  stretto  significato,  ed  importa 
quanto  da' fedeli  si  offre  all'aliare 
iu  ordine  al  sacrifizio,  e  sì  deno- 
mina ohlatio  usualis,  quae  ad  al- 
tarCy  vel  ad  manus  sacerdotis  fu. 
A  questa  oblazione  fu  pur  dato  an- 
ticamente il  nome  di  firlo^  secon- 
do che  leggesi  in  s.  Isidoro  di  Si- 
viglia nel  VI  secolo,  al  che  cor- 
risponde quanto  si  legge  nella  li- 
turgia de'maroniti ,  ferie  ohlalio- 
nes,  essendo  il  verbo  cangiato  in 
nome,  e  di  due  parole  fatta  una 
vsola,  ferUuii.  Da  s.  Cipriano  è 
chiamato  Sacrifizio,  giacche  da  tale 
oblazione  si  prendeva  la  materia 
pel  medesimo.  Alcuni  pensano  che 
queste  oblazioni  al  sacrifizio  sieno 
slate  sostituite  a  certe  decime  del- 
la vecchia  legge,  che  ciascuna  se- 
parava e  custodiva  per  consumar- 
le nel  vestibolo  del  tempio  di  Ge- 
rusalemme, convocali  a  mensa  i  sa- 
cerdoti ed  i  leviti.  Dalle  tre  dette 
specie  di  oblazione  si  ravvisa  quanto 
leggesi  ne'capitolari  di  Carlo  Magno, 
che  non  soliun  sacrificia  quae  a 
sacerdotibus  super  altare  Domino 
consecrantur  ,  ohlaliones  fideliwn 
dicuntur,  sed  quaecumque  et  a  fi- 
delibus  offeruntm\  Veggasi  il  Ma- 
machi,  De'costuini  de' primitivi  cri' 
stiani  t.  II,  par.  II,  sulle  loro  antiche 
oblazioni.  Delle  altre  specie  di  o- 
blazioni  parleremo  in  fine. 


OBL  2i3 

Le  oblazioni  offerte  nella  chiesa 
all'altare,  quantunque  si  dovessero 
presentare  da  ciascuno  de'  fedeli 
per  uno  slesso  fine  religioso,  do- 
vuto e  indispensabile  ossequio  a 
Dio,  doppio  tuttavìa  rìcercavasì  e 
dovea  essere  il  loro  uso;  l'uno  ser- 
viva di  materia  al.  sacrifizio,  l'al- 
tro di  mantenimento  al  clero,  co- 
me si  deduce  dal  canone  g3  del 
concilio  IV  o  V  di  Cartagine  del 
398.  Tali  oblazioni  ne' tempi  più 
antichi  si  offrivano  da'fedeli  all'al- 
tare tulle  due  unite,  ma  poscia  re- 
stò determinato  che  quelle  desti- 
nale a  beneficio  degli  ecclesiastici 
si  offerissero  innanzi  la  messa  o 
almeno  all'evangelo,  e  sì  mettesse- 
ro anche  in  luogo  distinto,  che 
chiamavasi  Gazofilacio  (Fedi)^  e 
quelle  in  ordine  al  sacrifizio  si  pre- 
sentassero tra  la  messa  al  luogo  det- 
to perciò  Offertorio  (Fedi)  e  si 
collocassero  nel  sacrario.  Alcuni  per 
vanagloria  e  per  attirarsi  gli  ap- 
plausi del  popolo,  presentavano  do 
ni  straordinari  all'altare  per  senti- 
re pronunciare  i  loro  nomi  da' sa- 
cri ministri  e  le  cose  offerte.  Sì 
ordinò  pertanto  che  le  oblazioni  a 
prò  de'chierici,  de'poveri  e  delle 
vedove,  si  facessero  a  parte  avanti 
la  messa,  o  almeno  prima  della 
lettura  dell'evangelo,  e  quelle  che 
dovevano  servir  di  materia  al  sacri- 
fizio si  offrissero  al  tempo  dell'ofier- 
torio  o  oblazione.  Le  oblazioni  clie 
servir  doveano  di  materia  al  sacri- 
fizio, consistevano  nella  sola  offer- 
ta del  Pane  e  del  Fino  (Fedi),  e 
ciò  per  due  ragioni:  una  affinchè 
la  nostra  gratitudine  facesse  all'al- 
tare un  presente  di  que'doni  che 
la  divina  beneficenza  ci  avea  pel 
nostro  mantenimento  donati;  l'al- 
tra per  uniformarsi  alla  qualità 
sjessa  delle  oblazioni  di  Cristo,  chtj 


214  OBL 

cangiò  il  pane  e  vino  nel  di  lui 
tlivin  corpo  e  sangue.  V.  Odlate 
e  Ostia.  Sebbene  fossero  tutti  i  fe- 
deli chiamati  alle  oblazioni  pel 
sacrifizio,  però  ne'primi  secoli  del- 
la Chiesa  non  era  ciascuno  ludif- 
ferentemente  ammesso,  poiché  si  avea 
riguardo  alla  qiKilità  degli  offerenti, 
ne' quali  ricercava  la  Chiesa  una 
carità  che  non  avesse  offeso  alcu- 
no, onde  nella  chiesa  d'oriente  al 
cominciamento  delle  oblazioni  si 
praticava  il  bacìo  di  pace  recipro- 
co tra'  fedeli,  al  quale  erano  invi- 
iati  dal  diacono;  una  coscienza  in- 
conlaminata  ed  una  vita  esempla- 
re, poiché  anco  presso  i  gentili  si 
avea  somma  gelosia  di  non  volersi 
presenti  al  sacrifizio  i  contumaci  e 
gl'indegni.  La  Chiesa  fu  sempre  ge- 
losa nel  ricusare  le  offerte  di  quel- 
le persone  che  ad  essa  non  appar* 
tenevano,  non  avendo  riguardo  né 
alle  persone  che  le  offrivano,  né 
alla  preziosità  degli  oggetti  offerti; 
quindi  erano  esclusi  dalle  oblazio- 
ni gli  scomunicati,  energumeni,  ca- 
tecumeni, penitenti  e  tutti  quelli 
che  ancora  non  erano  ammessi  al- 
la comunione;  i  poveri  erano  dis- 
pensati dalle  oblazioni,  stante  la 
loro  povertà.  Il  concilio  di  Carta- 
gine del  398  decretò  :  non  si  rice- 
veranno le  oblazioni  di  quelli  che 
sono  in  discordia,  né  di  quelli  che 
opprimono  i  poveri.  Essendo  nella 
Chiesa  due  k  oblazioni,  una  pel 
sacrifizio,  l'altra  per  gli  ecclesiasti- 
ci ;  due  anche  erano  le  Comunioni 
(Fedi)y  una  nelle  orazioni,  l'altra 
nel  sacrifizio^  e  i  fedeli  talvolta 
potevano  partecipare  dell*  una  e 
non  dell'altra.  Quelli  che  stavano 
al  quarto  grado  de'peni tenti  ,  e 
chiamavansi  consistenti,  benché  pri- 
vati dell'Eucaristia,  potevano  far  le 
ablazioni    che  servivano  al  mante- 


OBL 

nìmenlo  degli  ecclesiastici,  e  per 
conseguenza  star  presenti  al  sacri- 
fizio e  comunicare  nelle  orazioni, 
ma  non  potevano  far  quelle  pel 
sacrifizio.  Non  potevano  in  verun 
modo  essere  ammessi  ad  offrire, 
quelli  ch'erano  nel  primo,  secondo 
e  terzo  grado  de' penitenti,  cioè  i 
lacrimanti  che  si  trattenevano  sot- 
to l'atrio  e  non  entravano  in  chie- 
sa ;  gli  ascoltanti  che  assistevano 
solamente  alla  lettura  e  ai  discor- 
si ;  ed  i  prostesi  o  prostrati,  sopra 
i  quali  si  facevano  le  preghiere 
dopo  le  lezioni;  i  quali  tutti  era- 
no congedati  dal  diacono  prima  di 
cominciarsi  la  messa  de' fedeli,  che 
principiava  solo  all'offertoiio.  Que- 
sta disciplina  di  tener  lontani  dai 
divini  misteri  i  penitenti,  si  prati- 
cava benché  fossero  slati  moribon- 
di, nel  qual  tempo  alcune  chiese 
nel  ricevere  le  loro  oblazioni  ed 
ammetterli  con  ciò  alla  comunione, 
erano  piìi  miti,  ed  altre  più  severe. 
La  detta  messa  de'fedeli  comin- 
ciava dalla  presentazione  delle  obla- 
zioni, dopo  il  canto  del  simbolo,  e 
facevasi  col  nome  di  ciascun  offe- 
rente r  oblazione  del  pane  sopra 
candide  tovaglie  dette  fanoni^  di 
lino  e  anche  di  seta,  e  piìi  tardi 
in  vasi  concavi  d'argento  o  d'oro, 
detti  pure  scodelle  e  catini.  All'o- 
blazione del  pane  seguiva  quella 
del  vino,  il  quale  dal  popolo  sì 
presentava  nelle  ampolle  chiamate 
amule,  vasi  che  per  lo  più  erano 
d'argento,  specialmente  nella  chiesa 
romana;  eranvi  pure  le  ame^  am- 
polle di  struttura  più  piccole,  per 
mettervi  il  vino  offerto  che  si  ri- 
fondeva poi  nel  calice,  e  nelle  sta- 
zioni, pel  maggior  concorso  del  po- 
polo essendo  più  abbondante  l'of- 
ferta del  vino,  si  portavano  molle 
aniey  che  in    alcune   chiese   erano 


OBL 
pure  d'oro.   V,  Ampolle,  ove  si  dis- 
se del  colatoio    o  cucchiaio  foralo, 
con   cui  si  passava   il  vino,    benché 
purissimo,  prima  di  apprcslarlo  al- 
l'aliare.  Se  queste  oblazioni  del  pa- 
ne  e  del  vino  presenlavansi  da  prin- 
cipi, questi  talvolta  le  offrivano  egli- 
no   slessi  all'altare.  Allorché  le   fe- 
cero gl'imperatori,  il  Papa  riceve- 
va l'oblazione  del  pane,    e    l'arci- 
diacono quella  del   vino,  che  Io  ri- 
fondeva nel  calice  maggiore  tenuto 
dal   suddiacono  regionario.  Come  il 
popolo  presentava  le   oblazioni    so- 
pra   candidi  lini,  cosi  i  principi  in 
vasi  preziosi.  Le    oblazioni  poi    de- 
gli   altri    fedeli,    secondo   la   prima 
disciplina,  erano  da  essi    medesimi 
portate  ed  offerte  al   vescovo,  o  in 
sua  assenza  al  sacerdote  celebrante, 
e  ne'primi  tempi  era  anco  permes- 
so   alle    donne,  ma   presto  si  andò 
a  riceverle  al  loro  luogo:   in  alcu- 
ni   luoghi    le    donne    offrivano  pei 
loro  mariti  e  per   tutta  la  famiglia. 
Quando  in  appresso  il  popolo  non 
più    fu    ammesso  all'altare  per  of- 
frire, essendosi  stimato  non    conve- 
nire   avvicinarsi    al    Laico    (Vedi), 
s'introdusse   nelle  chiese  una  prati- 
ca diversa,  ricevendole  i  diaconi   e 
suddiaconi  chiamati  Oblazìonari (Ve- 
di); per  l'imperatore  il  concilio    in 
Trullo  accordò  il  privilegio   di  far 
l'oblazione  all'altare.  Mentre  si  pre- 
sentavano   e  ricevevano  le  oblazio- 
ni, dal  clero  congregato  nel  coro  si 
cantava    1'  antifona  detta  offertorio, 
composta    di    alcuni    versetti    tratti 
dalla  sacra  Scrittura;  varie  poi  fu- 
rono   le    liturgie    delle    chiese   nel 
presentare    e  ricevere    le  oblazioni. 
Come  le  riceveva  il  Papa  dai  prin- 
cipi,  dalle  matrone    e  dal    popolo, 
dai    preti  ebdomadari,    dai  diaconi 
e  dai  primiceri,  lo  descrive    il  Ma- 
cii  verbo  Oblatio,  nella  Not,  de'vo- 


OBL  txi5 

cab.    Appartenendo   alla    disciplina 
dell'  arcano   le    formole    con   cui    i 
primi  cristiani  presentavano  le  obla- 
zioni all'altare,  veramente  s'ignora- 
no,   e    forse  senza  espressioni  della 
lingua,  ma  colla  sola  divozione  del 
cuore  si  offrivano,  almeno  ne'  primi 
quattro   secoli   della  Chiesa.    Dopo 
tale  epoca  si  conoscono  registrate  ne- 
gli antichi  messali,  tanto  quella  pro- 
nunziata dall'offerente  o  dal  popo- 
lo, che  dal  ricevente.  Fatte  le  obla- 
zioni del  pane    e  del  vino,  si  face- 
va   poscia  quella  dell'acqua  da  in- 
fondersi col  vino  nel  calice  median- 
te  il    Cucchiaro    (Vedi),  che  serv\ 
ancora  per  raccogliere  i  frammenti 
delle  oblazioni.  Questa  si  faceva  dai 
chierici  cantori,  che  la  offrivano  al 
suddiacono,  essendo  stati  dal  canto 
dell'offertorio  impediti  ad  offrire  co- 
gli  altri,  con  l'acqua  presa  dalla  vi- 
cina Fontana  (Vedi).  Si  vuole  che 
V Oi ale  fratres  (Vedi)  abbia   avuto 
origine  dal  richiamare  il  popolo  dopo 
le  oblazioni  al  raccoglimento  e   al- 
l' orazione.    Presentate    le  oblazioni 
dai    fedeli,   e    poste  sopra    T  altare, 
per  custodirle  con  rispetto,  special- 
mente   dopo    la    consagrazione,  co- 
perte   con    un  velo,  il  quale  era  o 
di  seta  o  d'oro  distinto  di  gemme, 
nella    comunione    erano    distribui- 
te   a  chi    le  avea  offerte,  converti- 
te nel  divin  corpo    e  sangue,  rice- 
vendo ciascuno  ne'primi  tempi  quel- 
le   medesime  oblazioni  in   parte    o 
intere,  secondo  la  loro  quantità,  che 
egli    avea    presentate,  onde   furono 
rimproverati  quelli  che  si  presenta- 
rono a  ricevere  la  comunione,  sen- 
za   aver    fatta    prima  la   necessaria 
oblazione.   A' loro   luoghi   dicemmo 
fino  a  quando  i  fedeli  coWEiicari- 
stia    (Vedi)  riceverono    anco  il  di- 
vino sangue. 

Dal    promiscuo    uso  della  chiesa 


!2i6  OBL 

latina,  di  presentare  all'  altare  non 
meno  il  Pane  (Vedi)  azimo  che   il 
fermentato,  ne  nacquero  poscia  due 
gran    disordini,  l'uno  da  parte  dei 
fedeli  di  non  sempre  offrire  il   pa* 
ne  con  diligenza  manipolato,  o  avan* 
zato  ai  domestici;  l'altro  da  quella 
de' celebranti,    che  senza  verun    ri- 
guardo   e   con    irreligiosa  disatten- 
zione   era  da  loro  anche  consecra- 
to,  benché  non  fosse  intero,  ne  aves- 
se   quella  mondezza  che  ricerca    la 
sublimità    del    sacrifizio,    contro   il 
prescritto  dai  concilii  che  tanti  ca- 
noni   statuirono  sulle  oblazioni.   Ad 
eliminare  tanta  inconvenienza  «'in* 
trodusse  in  qualche  chiesa  in    vece 
del    pane  ad  offrire  la  farina,    che 
manipolata   in   pane   dai    sacerdoti, 
questi    poscia  pel  popolo   all'altare 
offrivano,  e  ciò  molto  innanzi  il  se- 
colo XII.  In  alcuni   luoghi    dell'o- 
riente, dice  il  Berlendi,  che  i    par- 
rocchiani offrono  la  farina  per  for- 
mare  le   ostie    da   consagrarsi,  per 
mano    delle  sacre  vergini    e  di  di- 
vote   matrone,  e  con  gran   venera- 
zione dai   monaci.  Le  provvide  or- 
dinazioni della  Chiesa  sul  pane  of- 
ferto, furono  provocate  anco  dall'em- 
pietà degli  eretici,  che  sacrilegamen- 
te vi  mescolavano  estranee  materie, 
onde  convalidare  i  loro  errori.  Quan- 
to alle  oblazioni  pel  mantenimento 
degli    ecclesiastici,    alcune  erano   il 
residuo  di  quelle  che  si  erano  con- 
sagrate all'altare,  giacche  non  tutto 
il    pane  e  il  vino    ofièrto    da'  fedeli 
era    necessario  al  sacrifizio,  per    la 
loro  copiosa  quantità.   Le  oblazioni 
che   restavano     dalle    separate     dal 
diacono,    per  consacrarsi  dal  sacer- 
dote, e  dal  benedirsi  per    V  Eidogie 
(V.edi)f    si  raccoglievano    e  dispen- 
savano tra  il  clero  :  ebdomadali  era- 
no   chiamale  le  offerte  dal    popolo 
per  ciascuna  settimana,  ed  il  gior- 


OBL 

no  più  prnticato  per  presentarle  era 
la    domenica,    secondo    l'uso    della 
Chiesa  primitiva,    facendosi  ancora 
nelle    feste   de' martiri.    Le    antiche 
oblazioni  pel  clero  consistevano    in 
pane,    vino,    cera,  denaro  ed    altra 
cose  manuali  concernenti  il  vitto  e 
il  vestito  degli  ecclesiastici,   le  quali 
erano  offerte  all'altare.    Similmente 
quando  le  dette  oblazioni  comincia- 
rono a  farsi  dai  fedeli  con  possessio- 
ni e  utili  diritti  in  favore  della  Chie- 
sa, si  presentavano  pure  con  carte  di 
donazioni  sugli  altari,  specialmente 
se  i  benefìittori  erano  lontani:  a  Li- 
mi» a  Apostolorum  dicemmo  di  quel- 
le   fatte    sulla  tomba  di  s.    Pietro, 
alla  quale  talora  si  portarono   prò- 
cessionalmente    dal    clero    le   olila- 
zioni   fatte  da  principi  e  personaggi 
ragguardevoli.     Gli    scrittori   ne  ri- 
portano le  formole,  che  noi  produ- 
cemmo  altrove,  solendosi  involgere 
colla   tovaglia    dell'altare,   per  dar 
loro  tutta  la  validità  e  per  mostrar 
neir  offerente    ogni    diritto  perduto 
per  potere  piti  ripeterle.  Queste  let- 
tere o  carte  di  oblazioni  si  accom- 
pagnavano   con   guanti    riccamente 
guerniti,  perché  rappresentassero  al- 
l'altare le  mani  degli  assenti  che  le 
offrivano.    Benché    non   considerate 
per  vere  oblazioni,  se  ne  accettaro- 
no da  persone  che  non  conveniva- 
no   nella    cattolica    credenza,    rice- 
vendosi quai   semplici  presenti   det- 
ti   munera,   poiché    le  oblazioni    la 
Chiesa  talvolta  le  restituì  a  chi  era 
divenuto  eretico.  Le  legittime  obla- 
zioni   s' incorporavano    nella   massa 
comune,  costume  praticato  da  Cri- 
sto e  dagli    apostoli,  ch'era  il  fon- 
do   destinato  al   mantenimento    dei 
sacri    ministri.   Gol  crescer  poi    dei 
fedeli,  aumentate  le  oblazioni,  n'eb- 
be la  custodia  il  Saccellario  (Vedi), 
chiamandosi  gazoUlacio  la  cassa  che 


OBL 

le  conteneva,  al  qual  articolo  e  a 
Diacono  parlammo  della  corbona, 
altra  arca  in  cui  meltevausi  le  obla- 
zioni, le  quali  perciò  furono  chia- 
male corban,  dono,  nome  con  cui 
gli  ebrei  appeJlavano  le  oblazioni. 
JVei  primi  tempi  i  diaconi  furono 
costituiti  ricevitori,  custodi  e  ri  par- 
lilori  delle  oblazioni,  economato  che 
poi  fu  promiscuo  ai  preti,  segnata- 
mente in  oriente,  e  presieduto  da- 
gli arcidiaconi.  Le  oblazioni  che  si 
facevano  all'altare,  e  pel  manteni- 
mento degli  ecclesiastici,  verso  il  V 
secolo  s'incominciarono  a  tralascia- 
re, e  secondo  alcuni  per  le  posses- 
sioni e  beni  cui  erano  state  ar- 
ricchite le  chiese  dalla  pietà  del  po- 
polo e  dalla  munificenza  de*  prin- 
cipi. A  Elemosina  e  in  altri  arti- 
coli si  disse  come  si  dividevano  le 
oblazioni,  cioè  al  vescovo,  al  clero, 
alla  chiesa  per  la  fabbrica  e  manteni* 
mento,  pei  pellegrini  e  pei  poveri. 
Quanto  alla  durata  di  tale  disci- 
plina, feci  cenno  a  Palazzo. 

In  progresso  di  tempo  le  obla- 
zioni comuni  de'fedeli  all'aliare  per 
materia  del  sacrifizio  e  manteni- 
mento del  clero,  che  a  prò  degli 
offerenti  applicava  le  messe,  si  cam- 
biarono in  particolari,  che  dipoi 
cominciaronsi  dare  a*  sacerdoti  per 
r  applicazione  particolare  de*  loro 
saci  ifici ,  alle  quali  fu  indi  dato  il 
nome  di  onorario  e  di  stipendio,  e 
più  tardi  quelli  di  limosine  e  mer- 
cedi, ora  considerati  questi  stipen- 
di spontanei,  ora  obbligati.  Per  qual- 
che secolo  i  fedeli  aveano  presen- 
tale le  oblazioni  senza  previa  ob- 
bligatoria condizione,  ciascuno  con- 
tento d'essere  unito  cogli  altri  nel- 
la raccomandazione  comune,  senza 
ricercare  dal  sacerdote  per  se  solo 
l'applicazione  particolare  del  sacri- 
fizio, mentre  colle  oblazioni  e  assi- 


OBL  317. 

stenza,  senza  speciale  applicazione 
ne  partecipavano,  facendosi  prima 
solo  memoria  de'defunti .  P^.  Dit- 
tici e  Memento.  Si  può  leggere  il 
Martinetti,  Eionomia  t.  I,  p.  lya, 
delle  oblazioni  e  sagrifizi  espiato- 
rii.  Le  donazioni  posteriori  quasi  fi- 
no al  secolo  XI 1  non  ebbero  ob- 
bligazioni di  messe,  solo  generali 
formole  per  essere  raccomandati  nei 
sagrifizi  e  orazioni  degli  ecclesiasti- 
ci, e  secondo  la  pia  costumanza  di 
que' tempi,  prò  retìwdh  animae  meae^ 
cioè  in  remissione  de'peccati,  ovve- 
ro prò  redemptione  animae  meae. 
Con  queste  e  simili  formole  si  ac- 
compagnarono dagli  offerenti  le  do- 
nazioni ne' bassi  tempi.  Divenute, 
neglette  le  antiche  oblazioni,  i  Pa- 
pi ed  i  concilii  co' loro  decreti  sti- 
molarono i  fedeli  a  presentarle,  per 
espiare  i  loro  peccati  e  meritare  le 
ricompense  riportate  da  Abele  e 
dagli  altri  giusti  per  le  loro  offer- 
te fatte  a  Dio  ;  ma  con  poco  o 
niun  successo,  il  che  diede  cagione 
che  chi  bramava  di  essere  parteci- 
pe del  sacrifizio,  giacché  non  era- 
no raccomandati  che  i  soli  offeren- 
ti, dasse  denaro  o  altra  oblazione 
particolare,  onde  ne  fosse  fatta  al- 
l'altare  l'applicazione  distinta  per 
lui.  In  tal  maniera  la  trascuranza 
di  presentare  le  oblazioni  comuni 
die  impulso  a  questa  nuova  disci- 
plina delle  oblazioni  particolari,  per 
la  particolare  applicazione  del  sa- 
crifizio, la  quale  dipoi  con  essersi 
introdotta  l'ordinazione  di  piìi  pre- 
ti ad  uno  stesso  titolo,  e  la  consa- 
crazione di  più  altari  in  una  stes- 
sa chiesa  nel  V  e  YI  secolo,  die- 
de a'fedeli  tutta  la  facihtà,  col  po- 
ter avere  molte  messe,  per  viep- 
più costumarla,  quali  offerenti  di- 
stinti e  specialmente  raccomandati. 
Altro   motivo    può.  essere    stato  la 


ai8  OBL 

iiioncanza  cVi  divozione,  nel  ricerca- 
le come  più  brevi  le  messe  priva- 
le, come  accadde  veiso  il  fine  del 
secolo  IV  e  nel  principio  del  V 
nelle  chiese  greca  e  Ialina,  ed  a 
ijuesle  si  olTrirono  le  oblazioni,  ac- 
ciò fossero  celebrate  a  norma  di 
particolari  intenzioni,  essendo  vene 
esempi  del  VII  secolo.  Al  maggior 
comodo  de*  fedeli  successe  il  mag- 
gior vantaggio  de'sacerdoti  per  con- 
tinuare tal  pratica,  per  i'emolumen* 
to  particolare  de' celebranti,  essen- 
dosi oQerto  denaro  in  vece  del  pa- 
ne, del  vino  e  della  farina,  tras- 
curate le  miserie  de'poveri  che  ne 
erano  partecipi  ;  costume  che  si  di- 
slese e  dilatò  per  tutta  la  Chiesa, 
Alcuni  con  Tomassini  e  Mabil- 
lon  non  riconoscono  la  pratica  del- 
lo stipendio  per  la  messa  più  anti- 
ca dell' VI  11  secolo,  cioè  del  suo  sta- 
bilimento, poiché  non  mancano  an- 
teriori esempi  riportati  dal  Berlen- 
di.  Queste  limosine  o  oblazioni  par- 
ticolari, potendo  essere  fomento  al- 
l'altrui  avidità^  convertendo  ezian- 
dio in  abuso  la  pratica  d'un  rito 
che  nella  Chiesa  talvolta  la  necessi- 
tà legittimava  nelle  messe  secche, 
con  che  ingordi  sacerdoti  a  loro  ar^ 
Litrio  moltiplicavano  la  celebrazio- 
ne di  messe  per  soddisfare  i  moU 
tiplici  obblighi  contratti  per  amor 
di  guadagno,  restando  così  deluse 
le  volontà  de'defunti  dai  quali  l'avea- 
no  procurate  con  importunità  nel- 
l'agonia; questi  ed  altri  abusi  ri- 
gorosamente provocarono  le  prov- 
videnze de'  Papi  e  de'concilii.  Ma 
delle  limosine  o  stipendio  della  mes- 
sa ne  trattammo  ancora  nel  voi. 
XLIV,  p.  279  e  280  del  Diziona- 
rio. Le  oblazioni  pecuniarie  dal  se- 
colo IX  in  poi  ricevettero  il  mag- 
gior accrescimento,  onde  la  Chiesa 
ne    regolò    la    disciplina,    al    modo 


ODL 
dotto  ai  loro  luoghi.  Le  oblazioni 
in  denaro  si  fecero  airolTerlorio,  men- 
tre i  ministri  offrivano  al  sacerdo- 
te le  ostie;  talvolta  fuori  de  11 'offer- 
torio e  nell'alto  medesimo  di  comu- 
nicarsi, ciò  eh'  ebbe  sembianza  di 
sacrilega  venalità,  onde  fu  riprovato 
dai  concilii,  quasi  che  quel  denaro 
offerto  fosse  il  prezzo  dell'ostia  sa- 
cra. Queste  oblazioni  si  presentaro- 
no ora  avanti,  ora  dopo  la  messa, 
come  noi  ancora  costumiamo.  Vi 
furono  ancora  ne'prirai  tempi  della 
Chiesa  oblazioni  superstiziose,  che  al- 
cune donne  facevano  a  Maria  Ver- 
gine, con  culto  che  partecipava  del- 
l'idolatria, per  cui  presto  restarono 
condannate.  Ne'primi  secoli  si  offri- 
vano varie  cose,  delle  quali  alcune 
erano  destinate  all'uso  del  sacrifizio, 
ed  altre  a  quello  de*  ministri  della 
Chiesa,  le  quali  si  ponevano  tutte 
sull'altare.  Ma  i  canoni  apostolici 
proibiscono  di  offrire  le  altre  cose 
che  non  possono  servir  di  materia 
al  sacrifizio,  tranne  le  spighe  no- 
velle, i  novelli  grappoli  che  si  be- 
nedicevano, l'olio  per  le  lampade, 
l'incenso.  Si  fecero  altresì  offerte  di 
latte  e  di  miele,  che  fino  dai  tem- 
pi apostolici  era  distribuito  ai  no- 
velli battezzati,  perchè  dalla  dolcez- 
za di  quello  venissero  a  conoscere 
la  soavità  della  religione,  cui  avea- 
no  la  sorte  di  essere  ascritti  :  nel 
sabbato  santo  nella  basilica  Latera- 
nense  si  offriva  latte  e  miele.  In 
alcune  circostanze  si  offrirono  al  sa- 
cro altare  le  nuove  frutta,  e  Papa 
s.  Eutichiano  del  275  ordinò  la 
benedizione  de' rami  d'alberi  e  dei 
frutti.  Assurde  poi  sono  le  accuse 
de' greci,  e  specialmente  di  Fozio, 
contro  la  chiesa  romana,  quasi  che 
con  rito  giudaico,  col  pane  e  col 
vino  nella  Pasqua  avesse  sull'altare 
coqsagrato  anche  l'agnello  pasqua» 


OBL 

le.  Diede  un'aperta  mentila  a  tali 
bugiarde  invenzioni  il  Papa  s.  Ni- 
colò I;  poiché  la  chiesa  romana 
benediceva  in  tal  giorno  l'agnello 
non  airolFertorio,  ma  dopo  la  messa, 
o  almeno  dopo  la  comunione,  e  non 
si  poneva  sull'altare,  solo  presen- 
tandosi al  sacerdote,  che  dall'altare 
lo  benediceva,  e  ciò  per  riassume- 
re con  la  benedizione  della  Chiesa 
il  mangiar  d^^lle  carni  sospeso  in 
quaresima;  e  perciò  nell'Ordine  ro- 
mano, dopo  la  benedizione  dell'agnel- 
lo pasquale,  viene  descritta  quella 
delle  altre  carni  :  benedictìo  alia- 
rum  carnìiim.  Questa  costumanza 
col  correre  degli  anni  si  mutò,  e 
non  più  in  chiesa,  né  alla  messa, 
ma  fuori  di  chiesa  e  della  messa, 
in  una  sala  della  basilica  Leoniana 
al  Laterano,  si  benediceva  nel  gior- 
no di  Pasqua  un  agnello  arrostito, 
e  dal  Pontefice  una  piccola  parte, 
panini  de  agno,  mette vasene  in  boc- 
ca de' cinque  cardinali^  de' cinque 
diaconi  e  del  primicero,  ed  altri 
assistenti  ivi  seduti  per  rappresen- 
tare la  cena  del  Signore,  come  si 
ha  dall'Ordine  romano  di  Benedet- 
to canonico  di  s.  PieU'o,  scritto  ver- 
so il  1 143,  e  in  quello  del  cardi- 
nal Cencio  del  1 1 92  circa.  Questa 
cerimonia  restò  poi  abolita,  non  tro- 
vandosene menzione  nei  posteriori 
Ordini  romani.  Nella  Chiesa  di  s. 
yégnese  fuori  le  mura  (Vedi),  per 
la  sua  festa  si  fa  l'oblazione  di  due 
agnelli,  della  cui  lana  si  formano  i 
palili,  benedicendosi  nella  messa  so- 
lenne al  canto  dell'  Agnus  Dei  j 
questa  oblazione  e  benedizione  ben- 
ché fatta  all'altare,  non  può  cade- 
re sotto  alcuna  censura,  perché  non 
tiene  riguardo  alcuno  al  sacrifizio, 
essendo  solamente  una  semplice,  di- 
vota e  religiosa  cerimonia  j  come 
rilevasi    dall' orazione  eoa  cui  delti 


OBL  219 

agnelli    sì  benedicono,  che  si  legge 
nel  Berlendi. 

Il  p.  Chardon,  Storia  de*  sagra- 
mentiy  l.  I,  lib.  3  ,  cap.  2  e  3,  par- 
lando delle  antiche  oblazioni,  ripor- 
ta qualche  vestigio  di  esse  in  alcu- 
ne chiese  e  in  tempi  determinati. 
Di  quelle  che  hanno  luogo  nella 
metropolitana  di  Milano,  lo  dicem- 
mo a  Oblazionario.  Di  quelle  che 
fa  il  Papa  nella  funzione  del  suo 
possesso,  e  il  venerdì  santo  con  al- 
tri all'adorazione  della  croce,  si  pos- 
sono vedere  i  voi.  Vili,  p.  173, 
i85,  3o8  e  seg.,  e  XVIH,  p.  239, 
240  e  2^2  del  Dizionario.  Delle 
diverse  oblazioni  sussistenti  nel  bat- 
tesimo, neir  ordinazione  de'sacerdo- 
ti,  nella  consacrazione  de'  vescovi, 
nelle  canonizzazioni,  se  ne  tratta  ai 
loro  articoli,  e  se  ne  fa  menzione 
nel  voi.  VII,  p.  3o5  e  3o6,  parlan- 
dosi delle  ultime,  in  un  all'origine 
delle  oblazioni  e  loro  diverse  spe- 
cie. Oltre  quanto  dicemmo  a  Ca« 
NONizzAzioNE,  sullc  divcrsc  oblazioni 
e  loro  mistici  significati,  si  possono 
consultare  il  Chiapponi,  Jcta  can. 
sanct.  p.  2  33  e  seg.  e  2  56  e  seg., 
riportando  pure  erudizioni  sulle  al- 
tre oblazioni;  dell'opera  del  Chiap- 
poni parlò  il  Cancellieri  nelle  No- 
tizie della  chiesa  de  bolognesi,  p. 
69  e  seg.,  facendo  menzione  degli 
autori  che  scrissero  sulle  oblazioni 
delle  canonizzazioni.  Costanzi,  VOs- 
serbatore  di  Roma,  suppl,  al  t.  II, 
g  8,  delle  offerte  che  riceve  il  Pa- 
pa terminala  la  canonizzazione.  Del- 
le oblazioni  fatte  dagl*  imperatori 
nelle  loro  coronazioni,  se  ne  parla 
in  diversi  luoghi,  come  ne' voi.  XVII, 
p.  220,  222,  224,  ^36;  XIX,  p. 
3o5;  XXXIV,  p.  146;  e  XXXVI 11, 
p.  18  del  Dizionario.  Delle  obla- 
zioni che  fa  il  senato  romano  con 
calici  e  patene    d'argento  e   torcie 


I 


aao  OBL 

iìi  cera  alle  Chiese  di  Roma  (  f^e- 
di),  parlando  di  quello  che  le  go- 
dono non  mancai  rimarcarlo,  e  ciò 
in  conformità  del  breve  di  Bene- 
detto XIII,  dei  chirografi  di  Cle- 
mente XI 11  e  Clemente  XIV,  e 
de* rescritti  di  Pio  VII,  Leone  XII 
e  Gregorio  XVI.  Il  senato  romano 
allorché  si  porta  a  fare  dette  obla- 
zioni od  assistere  a  messe  votive, 
viene  ricevuto  dagli  ecclesiastici 
delle  rispettive  chiese,  e  da  uno  in 
cotta  riceve  l'acqua  benedetta  col- 
l'aspersorio,  mentre  suonano  le  cam- 
pane e  l'organo.  Se  assiste  alla  mes- 
ta, siede  in  un  banco  con  gradini 
paralo  a  cortili  evangcliìyed  ascende 
la  predella  dell'altare  per  consegnare 
ul  celebrante  il  calice  e  le  lorcie  prima 
dell'olfertorio.  Nelle  messe  solenni 
riceve  l'incensazione  d^I  diacono  e 
la  pace  dal  suddiacono.  Il  senato 
fa  suonare  le  proprie  trombe  nel- 
Tatto  che  smonta  dalla  carrozza  e 
vi  rimonta,  non  che  in  quello  del- 
l'offerta. Come  questa  ricevasi  nel- 
la basilica  Vaticana,  lo  dissi  nel 
voi.  XLII,  pag.  i5o.  Finalmente, 
abbiamo  dal  diritto  canonico,  che 
l'oblazione  specialmente  considerata 
è  tutto  quello  che  dai  fedeli  spon- 
taneamente si  dà  de' propri  beni, 
lecitamente  e  giustamente  acquista- 
li, pel  divin  culto,  ad  onore  di  Dio, 
della  Beata  Vergine,  de'suoi  santi, 
della  Chiesa,  ed  in  sollievo  de' fra- 
telli defunti  nella  pace  del  Signo- 
re. Queste  oblazioni  in  più  aspetti 
si  considerano  ;  quando  spontanea* 
mente  si  dona  a  Dio  e  alla  Chiesa 
tra  vivi;  allo  stesso  Dio  e  alla  Chiesa 
per  causa  di  morte,  che  al  presente 
sarebbero  i  pii  legati  che  si  lascia- 
no per  r  anima  propria  o  dei 
morti;  e  quelle  quotidiane  oblazio* 
ni  che  dai  fedeli  si  fanno  al  pro- 
pria paiToco  per  la  cura  delle  aiil- 


OCA 

me,  e  die  si  offrono  all'aliare  in 
occasione  di  celebrare  la  messa,  be- 
nedizione, predica  e  altre  funzioni 
ecclesiastiche,  e  tali  oblazioni  sono 
volontaria  e  regolate  dalla  pietà 
e  divozione  de' fedeli. 

OB RINO,  or^/me  equestre^.  A  con- 
siglio d'un  vescovo  e  de' principali 
di  sua  corte,  lo  fondò  Corrado  du- 
ca di  Masovìa  e  di  Cuiavia,  o  se- 
condo altri  duca  di  Polonia,  per 
difendere  i  suoi  stati  dalle  scorre- 
rie de' prussiani  idolatri,  che  com- 
mettevano orribili  crudeltà.  Gli  die 
il  nome  di  Gesù  Cristo ^  e  ai  cava- 
lieri per  divisa  mantello  bianco, 
con  croce  rossa  ed  una  stella  a  so- 
miglianza de*  cavalieri  di  Livonia 
[Vedi\  de*  quali  assegnò  la  regola. 
11  vescovo  vesti  con  tale  abito  il 
gran  maestro  Bruno  e  tredici  ca- 
valieri; ed  il  duca  per  la  loro  re- 
sidenza edificò  la  fortezza  d'Obrino 
nella  terra  di  Cedeliz  in  Cuiavia, 
onde  i  cavalieri  ne  presero  il  no- 
me, avendogli  il  duca  consegnato 
il  forte  e  la  terra.  Avendo  saputo 
i  prussiani  che  i  cavalieri  volevano 
conquistar  le  loro  terre,  cinsero  d'as- 
sedio Obrino;  e  il  duca  vedendo 
che  non  poteva  trarre  profitto  da 
questi  cavalieri,  chiamò  quelli  teu- 
tonici per  esser  difeso  dai  prussia- 
ni, concedendo  perciò  al  loro  gran 
maestro  Herman  de  Salza  le  pro- 
vince di  Culma  e  Lubonia,  e  quan- 
to conquistassero  sui  nemici,  con 
approvazione  di  Papa  Gregorio  IX 
del  1227.  I  cavalieri  d'Obrino  es- 
sendo passati  tra  i  teutonici,  il  lo- 
ro ordine  terminò. 

OCA  o  OCCA.  Sede  vescovile 
dell'Ellesponto  nell'esarcato  d'Asia, 
sotto  la  metropoli  di  Cizico,  eretta 
nel  V  secolo.  Ne  furono  vescovi 
Alessandro  che  intervenne  al  con- 
cilio di  Calcedoaia,  Simeone  che  fu 


occ 

ai  VII  generale,  e  Slrategio  die 
si  trovò  a  quello  di  Fozio.  Orìens 
ckr.  t.  l,  p.    i6g, 

OCBAHA  o  bCBAS.  Sede  ve- 
scovile di  Babilonia,  nella  diocesi 
de'caldei,  sul  Tigri  presso  Mossuh 
ebbe  cinque  vescovi,  ed  Elia-Ebn- 
Cherit  del  1224  fu  l'ultimo.  Orìens 
christ.   t.  II,  p.    1175. 

OCCHIALE,  Conspìcillum.  Stru- 
mento  di  cristallo  o  di  vetro  che 
si  tiene  davanti  agli  occhi  per  aiu- 
tare la  vista.  L'arte  di  fare  occhiali 
è  una  delle  migliori  e  più  utili,  una 
delle  più  necessarie,  e  vantaggiose 
del  mondo,  di  cui  a  ragione  vanta 
ritalia  la  sua  invenzione,  poiché 
tale  strumento  meravigliosamente  va- 
le a  rinforzare  e  confortare  la  po- 
tenza visiva  dell'uomo,  onde  non  è 
facile  a  calcolarne  le  infinite  felici 
conseguenze  che  ha  prodotto  que- 
sto ritrovamento,  ed  il  merito  som- 
mo di  chi  ne  fu  il  fortunato  in- 
ventore sarà  in  eterna  benedizione. 
E  noto  che  i  miopi  sono  coloro  i 
quali  hanno  la  cornea  (una  delle 
tuniche  componenti  l'occhio)  con- 
versa o  al  contrario,  sia  per  con- 
formazione viziosa  dell'occhio,  sia 
per  abitudine  contratta;  e  in  tal 
maniera  i  raggi  della  iucej  conver- 
gono prima  di  toccare  la  relina , 
eh'  è  quel  pannicolo  nervoso  che 
quasi  a  foggia  di  rete  circonda  l'u- 
mor vitreo  dell'occhio;  ed  i  miopi 
perciò  vedono  distintamente  soltanto 
gli  oggetti  vicini  e  confusamente  i 
lontani  ;  mentre  all'opposto  i  pres- 
biti, che  hanno  il  difetto  contra- 
rio, veggono  soltanto  distintamen- 
te gli  oggetti  lontani  e  confusa- 
mente i  vicini.  Per  queste  due  im- 
perfezioni dell'  occhio,  o  per  la 
vista  affaticata,  si  dovettero  tro- 
vare occhiali  con  lenti  concave,  on- 
de vedere    gli    oggetti     lontani ,    e 


OCC  221 

occhili  di  lenti  con  resse  per  di- 
stintamente vedere  le  coso  vicine,  ed 
ognuno  lo  sa,  e  non  sarebbe  ne- 
cessario il  dirlo,  che  la  concavità  è 
contrario  e  opposto  di  convesso.  Es- 
sendo le  cose  in  origine  sempre  vot- 
re,  i  primi  occhiali  erano  assai  ben 
diversi  degli  odierni,  tanto  nella  co- 
modità   che    neir  eleganza.    Coloro 


che 


cominciarono 


a  portare  gli  oc- 


pori... ..  ^. 
chiali  non  li  ponevano  sul  naso,  ma 
li  assicuravano  dinanzi  agli  occhi  col 
mezzo  di  un  berrettino,  al  quale 
era  attaccata  una  pelle  od  un  na- 
stro scendente  dalla  fronte,  e  lungo 
sarebbe  il  rammentarne  le  altre  di- 
verse forme.  Secondo  alcuni,  fu 
verso  il  i45to,  che  profittandosi  del 
comodo  della  natura,  s'incominciò  a 
metterli  sopra  il  naso.  Col  succe- 
dere degli  anni  si  andarono  perfe- 
zionando gli  occhiali,  e  non  aman- 
dosi più  averli  inforcati  sul  naso  ^ 
incominciossi  a  trovare  mezzo  di  te* 
tierli  sospesi  in  modo  più  sicuro,  e 
così  ne  vennero  tutti  quegli  ordi- 
gni che  usiamo  comunemente,  gii 
occhialini  con  una  odue  lenti.  Quin- 
di anche  il  lusso  e  la  moda  saltò 
nella  forma  degli  occhiali;  comin- 
ciarono ad  essere  legali  in  oro,  in 
argento,  in  altri  metalli,  in  avorio^ 
in  osso  e  in  altre  materie.  Così  gli 
occhiali  divennero  una  galanteria,  e 
i  portatori  degli  occhiali  crebbero 
ogni  giorno,  desiderando  o  volendo 
comparire  d'essere  miope  e  di  eat- 
tiva vista.  Quindi  occhiali  con  lenti 
azzurre,  verdi,  semplici,  doppi,  pel 
sole,  per  la  polvere,  pel  giorno  e  per 
la  notte. 

Gli  antichi  ch'ebbero  conoscenza 
del  vetro,  che  l'usarono  e  lavora- 
rono in  varie  maniere,  e  di  sfere  ri- 
piene d'acqua  giova vansi  ad  ingros- 
sare e  rendere  leggibili  le  lettere 
più  minute,  sembra  quasi  cosa  im- 


222  OCC 

possil)ile,  che  non  pervenissero  ad 
inventare  gli  occhiali,  strumenti  tan- 
to necessari,  senza  l'aiuto  dei  quali 
dal  luglio  184»  avrei  con  pena  e 
stento  letto  e  scritto,  per  l'indebo- 
lita Vista  cagionata  dal  molto  che 
sempre,  e  dalla  piìi  tenera  età,  lessi 
e  scrissi.  Cosi  la  benefica  natura  e 
Dio  autore  di  essa,  ci  tratta  da  figli 
dandoci  da  una  parte  quello  che  ci 
leva  dall'altra.  Se  ne  fece  da  al- 
cuni ritrovatore  degli  occhiali  l'in- 
glese Ruggero  Bacone  frate  minore 
di  acutissimo  ingegno;  ma  Montu- 
cla,  Hist.  des  mathem.  t.  I,  p.  42,  e 
Smith,  Traile  (Vopt.  traci,  par  le 
P.  Pezenaa,  t.  I,  p.  57,  gli  negano 
simile  vanto;  anzi  dal  secondo  si 
adduce  un  luogo  di  Bacone  mede- 
simo, in  cui  volendo  insegnare  come 
si  possono  ingrandire  le  lettere  per 
leggere  più  facilmente,  propone  un 
segmento  (parte  di  un  cerchio  com- 
posto tra  qualsivoglia  arco  e  la  sua 
corda)  di  sfera,  di  vetro  o  di  cri- 
stallo posto  sulle  lettere  stesse,  eh 'è 
ad  un  dipresso  quanto  in  ciò  dagli 
antichi  si  praticava.  Per  lo  che  di- 
rettamente confessa  il  Montucla,  che 
la  prima  menzione  degli  occhiali  tro- 
vasi soltanto  in  Italia  verso  la  fine 
del  secolo  XIII.  Primo  a  discoprir- 
ne r  antichità  fu  il  Redi ,  che  ne 
parlò  non  brevemente  in  due  let- 
tere scritte  la  prima  a  Carlo  Dati, 
e  la  seconda  a  Paolo  Falconieri.  In 
una  cronaca  di  fr.  Domenico  Pec- 
cioli  e  di  fr.  Bartolomeo  di  s.  Con- 
cordio,  del  convento  domenicano  di 
s.  Caterina  in  Pisa,  scritta  successi- 
vamente da  vari  autori  contempo- 
ranei, egli  lesse  l'elogio  di  fr.  Ales- 
sandro Spina  di  quell'ordine,  morto 
nel  i3i3  secondo  lo  stile  pisano, 
che  corrisponde  al  i3i2  di  stile 
romano,  nel  quale  elogio  a  dimo- 
strare di  quanto  ingegno  fosse  for- 


OCC 

nito  lo  Spina,  si  dice,  che  avendo 
udito  essere  stati  da  un  tale  inven- 
tati gli  occhiali,  e  non  potendo  da 
lui  ottenere  che  gliene  scoprisse  l'ar- 
lifìcio,  da  se  medesimo  il  trovò  e 
fece  pubblico.  Dal  che  non  ricavasi, 
come  fece  falsamente  alcuno ,  che 
lo  Spina  inventasse  gli  occhiali,  ma 
piuttosto  che  senza  maestro  e  mo- 
dello ne  lavorò,  dopo  ch'ebbe  udito 
avere  altri  trovato  il  modo  di  farli. 
Che  poi  questo  intervenisse  sulla  fi- 
ne del  XIII  secolo  e  sull'entrare  del 
XIV,  viene  eziandio  provato  dal 
Redi  che  reca  l'autorità  d'un  Trat- 
talo del  governo  della  famiglia ,  scrit- 
to nel  1299  da  Sandro  di  Pipozzo 
di  Sandro  fiorentino,  nel  proemio 
del  quale  si  dice.  «  Mi  trovo  cosi 
gravoso  di  anni  che  non  avrei  va- 
lenza di  leggere  e  scrivere  senza 
vetri  appellati  okiali  trovati  novel- 
lamente per  commoditate  delli  po- 
veri vecchi  quando  afFieboIano  del 
vedere'*.  Meglio  ancora  il  tempo  di 
questa  invenzione  viene  determina- 
to nella  predica  del  b.  Giordano  da 
Rivalta  domenicano,  da  lui  detta  in 
Firenze  a*  23  febbraio  i3o5,  dinan- 
zi alla  chiesa  di  s.  Maria  Novella, 
poiché  si  hanno  in  quella  le  se- 
guenti parole.  «  Non  è  ancora  ven- 
t'anni  che  si  trovò  l'arte  di  far  gli 
occhiali,  che  fanno  veder  bene,  eh 'è 
una  delle  migliori  arti  e  delle  più 
necessarie  che  il  mondo  abbia  ". 
Di  più,  in  un  coelica  di  questa  pre- 
dica citato  dal  Manni ,  si  aggiunge 
la  seguente  notizia.  »  E  disse  il  let- 
tore, io  vidi  colui  che  prima  la  tro- 
vò e  la  fece,  e  favellaigli  ".  Donde 
ricavasi  che  l'invenzione  degli  oc- 
chiali avvenne  quindici  anni  prima 
del  compiersi  il  secolo  XIII. 

Il  fortunato  trovatore  degli  oc- 
chiali fu  il  fiorentino  Salvino  figlio 
d'Armato  degli  Armati,   morto  nei 


occ 

iSiy.  DI  questo  insigne  suo  TYierifo 
dobbiamo  la  prima  conlezza  a  Leo- 
poldo del  Migliore,  antiquario  fio- 
rentino, che  in  un  antico  sepolcro 
attesta  di  aver  letta  di  ciò  iscrizio- 
ne, che  prima  era  nella  chiesa  di 
s.  Maria  Maggiore  di  Firenze ,  e 
riportala  ancora  dal  p.  Richa,  Not. 
delle  chiese  fiorentine  t.  Ili,  p.  284, 
e  dal  Cancellieri  nella  Lelt.  al  cìott. 
Korejf  p.  292,  il  quale  parla  di  al- 
cune erudizioni  bibliografiche  sugli 
occhiali.  Laonde  il  Tiraboschi,  Storia 
della  lelt.  ital.  voi.  VII,  lib.  2,  p. 
293  e  seg.  conchiude  saviamente. 
«  Testimonio  migliore  di  questa 
iscrizione  sembra  che  non  possa  re- 
carsi a  render  certissimo  che  Salvi- 
no degli  Armati  fu  l'inventore  degli 
occhiali.  L'iscrizione  non  può  esse- 
re più  conforme  alle  parole  del  b. 
Giordano.  Un  uomo  morto  nel  i  3  17 
poteva  facilmente  avere  trovato  gli 
occhiali  verso  l'anno  I285.  Poteva 
perciò  il  b.  Giordano  dir  giusta- 
mente che  questa  invenzione  era  mo- 
derna di  soli  venl'anni  in  circa;  chi 
raccolse  dalla  bocca  dello  stesso 
beato  la  predica,  e  la  distese  in 
iscritto,  potea  facilmente  aver  co- 
nosciuto l'inventore,  e  con  lui  ave- 
re favellato  ".  Il  Muratori  nel  fine 
della  disserL^^VW  riferisce  che  non 
mancarono  eruditi  a' quali  sembrò 
trovare  presso  gli  antichi  romani  uno 
strumento  tale  da  aiutare  la  vista, 
ma  dubbi  sono  i  fondamenti  di  tali 
opinioni.  L'iscrizione  del  Grutero 
d'un  faber  ocidariarius  o  ocula- 
riiis,  non  fabbrica tor  d'occhiali  si- 
gnifica, ma  formatore  d'occhi  d'ap- 
pendere ne'  templi  per  la  ricupe- 
rata sanità  degli  occhi,  o  pure  da 
mettere  nelle  statue  degli  dei.  Gli 
egiziani  collocavano  ne'  templi  occhi 
d'oro    e    d'argento  per  significare, 

Ìeum  omnia  videre.  Riporta  il  Mu- 


OCC  11^ 

ralorì  altri  analoghi  sentimenti,  che 
non  provano  l' uso  degli  occhiali 
presso  gli  antichi,  e  conviene  col 
Manni  che  a  Salvino  si  deve  l'in- 
venzione degli  occhiali.  Quanto  allo 
Spina  egli  altro  non  fece  che  per- 
fezionare il  ritrovato  di  Salvino. 
Dello  Spina  ne  abbiamo  l'elogio  nel 
t.  Ili  delle  Prose  del  p.  Canovai , 
Firenze  1817,  il  quale  ha  prodotto 
su  questa  scoperta  nuove  e  interes- 
santi notizie.  L'elogio  del  Salvini  si 
legge  nei  trattatisti  degli  occhiali. 
11  Petrarca,  che  visse  nel  XIV  se- 
colo, nel  libro  li  De  remediis  iitriuS' 
que  forlunae,  dialog.  93,  parlò  del- 
l'invenzione come  cosa  moderna, ed  e- 
gli  stesso  ne  fece  uso,  dicendo  la  crona- 
ca, che  fu  il  primo  a  portarli  a  Milano. 
Il  Sarnelli ,  Lettere  eccles.  tom. 
IV,  lett.  69  :  Dell'uso  degli  occhiali 
nella  celebrazione  della  messa ,  e 
dell'invenzione  de'  medesimi ,  oltre 
diverse  notizie  sull'argomento,  ri- 
sponde alla  domanda  sull'  uso  degli 
occhiali  nella  celebrazione  del  sacri- 
fizio. i.°  Che  chi  ha  la  necessità  di 
adoperarli  ,  non  li  metta  sopra  il 
calice  che  si  porta  all'altare.  2.°  Che 
dovendo  dire  il  saluto  Dominus  vo- 
bisciinij  deponga  prima  gli  occhiali, 
e  così  faccia  ogni  volta  che  si  ri- 
volge al  popolo.  3."  Che  gli  occhiali 
si  depongano  sull'altare,  ma  non  sul 
corporale.  4-"  Chi  può  non  gli  ado- 
peri dalla  consagrazione  fino  alla 
comunione,  e  se  non  può  farne  di 
meno,  quando  li  prende  li  tenga 
ha  l'indice  e  il  dito  di  mezzo.  Vedi 
il  Gavanto,  par.  2,  tit.  5,  de  oratio- 
ne  ch'egli  chiama  Perspicilln ;  ed  i 
Commentari  dello  stesso  Sarnelli , 
intorno  al  rito  della  messa  par.  2, 
§  I  e  25,  n.**  ultimo.  Quanto  all'im- 
proprietà de' pittori  che  li  attribui- 
scono ai  santi  che  fiorirono  prima 
dell'invenzione  degli  occhiali,  il  Ghir- 


224  OGC 

landaio  fu  il  primo  a  dipiiig^ere  im* 
propriauienle  il  dottore  g.  Girola- 
mo cogli  occhiali.  Gaspare  Van-Vitel 
valente  pittore,  per  aver  la  vista  as- 
sai delicata,  fece  uso  degli  occhiali, 
onde  per  soprannome  fu  detto:  Ga- 
spare  degli  occhiaii.  Per  aver  pèr- 
duto un  occhio,  continuò  a  dipin- 
gere, però  di  sua  invenzione  e  in 
grande.  Abbiamo,  Domenico  Maria 
JManni  ;  Trattalo  degli  occhiali  da 
naso.  Ragionamento  degli  occhi  ali 
da  naso  inventati  da  Salvino  Ar- 
mati, Firenze  1788.  Francesco  Re- 
di :  Lettere  intorno  aU  invenzione 
degli  ocdiiàli^  nel  t.  II  delle  sue 
Opere j  Venezia  1742-  Carlo  Dati: 
Veglia  in  cui  ragionasi  sopra  l'in- 
venzione  degli  occhiali  da  naso,  nel 
t.  I  delle  Notizie  degli  aggradimenti 
delle  scienze  fisiche.  Gianfrancesco 
Rambelli:  Lettere  intorno  invenzio- 
ni e  scoperte  italiane.  Lett.  27.  In- 
venzione degli  occhiali.  Lett.  35.  Il 
telescopio.  Lett.  36.  Microscopio. 
Lett.  86.  Ottica. 

OCCIDENTE,  Occidens,  Occa- 
sns.  Punto  in  cui  il  sole  tramonta. 
La  terra  propriamente  detta,  ossia 
la  porzione  solida  ed  asciutta,  com- 
presi però  in  essa  gli  spazi  occupati 
dai  laghi  e  dai  fiumi,  non  eccede 
la  quarta  parte  dell'intera  super- 
ficie del  globo.  I  due  continenti  o 
gran  tratti  di  terraferma  sono  il 
vecchio  ed  il  nuovo,  ed  hanno  pu- 
fé  il  nome  di  Orientale  ed  Occi- 
dentale^  desunto  dalla  posizione.  Il 
continente  orientale,  ch'è  il  più  va- 
sto, compi endesi  nell'emisfero  an- 
tico e  suddividesi  in  tre  parti,  cioè 
Asia,  Europa,  Africa.  11  continen- 
te occidentale  è  posto  nell*  emisfero 
che  dicesi  nuovo,  perchè  fu  ignoto 
agli  abitatori  dell'altro  fino  al  149^» 
ed  è  distinto  in  due  parli,  cioè  A- 
merica    settentiionalc   o  Colombia, 


OCG 

é  A  inerica  meridionale.  La  moltitu- 
dine d'isole  situale  nel  lato  piti 
ampio  dell'Oceano,  una  delle  quali 
aspira  ad  ottenere  il  nome  di  ter- 
zo continente,  costituisce  una  nuovis- 
sima e  men  nota  parte  del  globo, 
che  prima  fu  chiamata  Polinesia, 
Australasia,  Notasia,  ed  ora  più  u- 
niversalmente  si  ravvisa  sotto  il  no- 
me di  Oceania.  A  Indie  occide:»- 
TAii  e  Indie  orientali  facemmo  la 
distinzione  che  passa  tra  loro,  le 
regioni  che  contengono,  in  un  alle 
sedi  vescovili  ;  e  néll'  altro  articolo 
Indie  occidentali  del  titolo  pura- 
mente onorifico  di  patriarca  di 
tale  denominazione.  Le  Indie  occi- 
dentali è  il  vasto  arcipelago  del- 
l'America settentrionale ,  e  l' Indie 
orientali  è  il  vasto  paese  dell'A- 
merica meridionale.  A  Impero,  oltre 
la  sua  origine,  sono  riportate  le 
distinzioni  suU'  impero  greco  d'  o- 
riente  e  romano  d' occidente,  dopo 
la  loro  divisione  dall'  antico  roma- 
no impero  nel  IV  secolo  ;  le  pro- 
vi nei  e  che  costituirono  gì'  imperi 
occidentale  ed  orientale;  l'estinzione 
di  quello  d' occidente  operata  dai 
barbari  nel  476,  ed  il  ristabilimen- 
to fattone  dal  Papa  s.  Leone  III 
neirSoo,  durato  siùo  al  1806,  in 
cui  ebbe  termine  la  dignità  d'im- 
peratore del  sacro  romano  impero. 
Inoltre  a  Impero  si  dice  dei  limiti 
de'  due  imperi  d'  oriente  e  d'  occi- 
dente dopo  il  rinnovamento  del  se- 
condo. La  serie  degli  antichi  im- 
peratori romani  si  può  leggere  a 
RoMAj  quella  degl'imperatori  gre- 
ci d'oriente  a  Costantinopoli,  ove 
sono  notizie  de'due  imperi,  le  qua- 
li pur  si  riportano  a  Italia  (ove  an- 
cora si  dice  delle  dignità  dell'im- 
pero d'  occidente  e  d' Italia),  Fran- 
cia, Germania  ed  altri;  l'impero 
greco  orientale  si  estinse  nel   i4^3 


occ 

per  1'  occupazione  di  Costantinopoli 
iiilta  dai  turchi.  Ecco  quella  degli 
imperatori  romani  d'occidente  :  3c)5 
Onorio,  4^4  Valentiniano  111,455 
Petronio  Massimo,  ^55  Avito,  45? 
Majoriano,  4^  i  Severo  IH,  ^65  a 
467  interregno;  4^7  Antemio,  4? 2 
Olibrio,  4?^  Glicerio,  474  Giulio 
Nipote,  47^  Pvomolo  Momillo  Au- 
gustolo,  deposto  da  Odacre  re  de- 
gli eruii  nel  476.  La  serie  degli 
esarca  vicari  o  prefetti  dell'  impe- 
ratore d' oriente  in  Italia,  si  legge 
a  Esj\bca;  quella  de'  re  d' Italia,  an- 
che imperatori,  a  Italia  ;  cosi  a 
Longobardi  quella  de're  longobardi. 
Da  Carlo  Magno  a  Francesco  II,  pri- 
mo e  ultimo  imperatori  romani  d'oc- 
cidente, franco  e  germanico,  la  lo- 
ro serie  con  analoghe  notizie  si  ri- 
portano a  Francia,  Germania  ed 
altri  lelativi  articoli.  De'  brevi  im- 
peri Latino  degl'  imperatori  fran- 
chi a  Costantinopoli,  e  di  Nicea 
degl'  imperatori  greci^  a  quegli  ar- 
ticoli se  ne  tratta. 

Quanto  alla  religione  cristiana, 
le  chiese  d' occidente  furono  fon- 
date da  s.  Pietro  e  dai  Pontefi- 
ci suoi  successori.  Antichissimo  e 
del  tempo  degli  apostoli  è  il  di- 
ritto che  i  Papi  godono  su  tutto 
l' occidente  di  cui  sono  patriarchi, 
ed  in  principio  anche  con  dirit- 
to metropolitico  ,  poiché  per  qua- 
si quattro  secoli  il  solo  romano 
Pontefice  fu  eziandio  il  metropoli- 
tano d'occidente,  tranne  l'Africa, 
ove  però  ninno  poteva  ordinarsi 
vescovo  senza  sapula  della  sede  a- 
poslolica,  come  niuno  senza  la  sua 
intesa  potevasi  deporre.  Dopo  l'i- 
stituzione de'metropolitani,  la  santa 
^  Sede  sempre    su  di    loro    esercitò 

I autorità,  comprensivamente  alla  de- 
posizione, avendo  essa  stabiliti  i  ve- 
scovati e  gli  arcivescovati.  Sebbene 


OCC  225 

i  sommi  Pontefici  in  principio  non 
s' ingerivano  nelle  elezioni  e  ordi- 
nazioni de'  vescovi  orientali,  lascian- 
done ai  metropolitani  la  cura,  non- 
dimeno esigendolo  il  bene  della 
Chiesa  mandarono  in  oriente  lega- 
ti apostolici,  con  piena  potestà  di 
costituir  vescovi ,  preti  e  diaconi 
nelle  città  dei  patriarcati  orientali. 
L'  occidente  comprendeva  l' lUirio 
(che  i  Papi  conservarono  nella  lo- 
ro giurisdizione  quando  fu  compre- 
so neir  impero  d'  oriente,  finché 
l'empio  imperatore  Leone  l' Isau- 
rico  tolse  le  chiese  dell' lllirio  a  s. 
Gregorio  II  per  unirle  al  patriarca 
di  Costantinopoli),  le  Gailie,  la  Bre- 
tagna, le  Spagne,  1'  Africa  e  l' Ita- 
lia. Avverte  1'  annalista  Rinaldi  che 
la  distinzione  delle  chiese  dell'orien- 
te e  dell'  occidente  non  si  prese 
talvolta  secondo  la  descrizione  dei 
cosmografi,  ma  conforme  alla  divi- 
sione dell'  impero,  onde  avvenne 
che  talora  le  chiese  le  quali  si  do- 
vevano piuttosto  collocare  a  mezzo- 
dì, si  trovano  annoverate  fra  le  o- 
rieutali,  come  quelle  di  Libia,  di 
Cirene,  di  Penlapoli  e  di  tutto  l'E- 
gitto, non  per  altra  ragione  che 
per  essere  parte  dell'  impero  orien- 
tale, il  che  é  manifesto  pel  modo 
comune  di  parlare  delle  cose  eccle- 
siastiche e  civili,  e  per'  l'autorità 
di  s.  Agostino,  De pastoribus,  in  fine. 
Il  Papa  vicario  di  Gesù  Cristo  non 
solo  è  patriarca  d'  occidente,  ma 
metropolitano  della  provincia  ro- 
mana, primate  d'Italia  e  padre  co- 
mune de'  fedeli  :  la  serie  de'  roma- 
ni Pontefici  é  a  Cronologia  de' ro- 
mani Pontefici,  non  molti  essendo 
gli  orientali.  Nell'occidente  vi  sono 
ancora  i  patriarchi  di  Venezia  e 
quello  di  Lisbona,  oltre  quelli  tito- 
lari d'  oriente  e  quello  pur  titola- 
re delle  Indie  occidentali  summen* 
i5 


1^6 


OCE 


tovato.  A  Gerarchia  ecclesiastica 
feci  [>arola  di  quelle  d'  oriente  ed 
occidente  ;  e  a  Diocesi  riportai  quel- 
le di  tutto  il  mondo,  occidentali 
ed  orientali;  mentre  a  Chiesa  si  dis- 
se della  chiesa  orientale  o  greca, 
della  quale  è  a  vedersi  anche  Gre- 
cia e  Costantinopoli,  e  della  chiesa 
occidentale  o  latina,  anco  per  le 
unioni  e  disunioni  delle  due  chiese. 
1  diversi  cleri  secolari  e  regolari 
di  oriente  e  occidente,  come  pure 
le  loro  monache  e  religiose,  hanno 
articoli  in  questo  mio  Dizionario; 
dovendosi  all'oriente  l'origine  de- 
gli ordini  religiosi  anche  militari, 
ospitalieri  ed  equestri  ;  ed  a  Litur- 
gia si  dice  delle  liturgie  delle  chie- 
se orientali  e  delle  liturgie  delle 
chiese  occidentali  o  latine  ;  de'  prin» 
cipali  santuari  se  ne  parla  a*  loro 
luoghi.   Fedi   Oriente. 

OCEANIA,  OCEANICA,  Ocea» 
niae  o  Mondo  marittimo.  La  quin- 
ta parte  del  mondo,  composta  d' i- 
sole  quasi  innumerevoli,  dette  ocea- 
niche, situate  nel  grande  Oceano, 
o  Oceano  Pacifico,  o  mare  del  Sud, 
pressoché  senza  limiti,  che  divide 
l'America  dall'  Asia  e  che  abbrac- 
cia un'  estensione  di  3,ooo  leghe , 
fra  esso  e  1'  Oceano  Indiano,  al  sud- 
est dell'Asia,  ed  all'ovest  dell'A- 
merica. La  più  considerabile  di  que- 
ste isole  è  la  Nuova  Olanda  ossia 
Australia,  che  può  meritare  per  la 
sua  estensione  la  denominazione 
di  nuovo  continente.  Sì  considera 
queste  terre  come  una  quinta  par- 
te del  mondo,  compresa  fra  91" 
di  longitudine  orientale  e  loS"  di 
longitudine  occidentale,  latitudine 
tra  35''  boreale  e  36°  australe;  la 
loro  superfìcie  è  di  5, 100,000  mi- 
glia. Si  divide  comunemente  l' O- 
ceania  in  tre  parti  ;  la  piti  piccola 
al  nord -est  è  l'arcipelago  Asiatico 


OCE 

o  di  Notasia,  detta     Oceania  octì- 
dentale  o  meridionale    ossia  Male- 
sia j   V  Australia  o  Austrasia  o  Au- 
stralasia  al  sud,  delta  Oceania  cen- 
trale  ossia    Melanesia  j  e  la  Poli- 
nesia all'  est,  delta   Oceania  orien- 
tale.  La  prima,  Notasia  o  Oceania 
occidentale  o  meridionale,  o  Male- 
sia, arcipelago  Asiatico   diviso    dal- 
l'Indo-Cina    e    dall'impero    cinese 
per  lo  stretto  di  Malacca  ed  il  mare 
della  Cina  ;  vi  si  rimarcano  le  iso- 
le della  Sonda,  cioè  Sumatra,  Java, 
Borneo,  Celebe^   Timor,  le  Mol ac- 
che e  le  Filippine.  La  seconda,  l'Au- 
stralia o    Oceania    centrale,  o  Me- 
lanesia, comprende  la  Nuova  Olan- 
da, isola  immensa,  la  Nuova  Galles 
meridionale,    la    terra    di  Van-Die- 
men,  la  Nuova    Guinea,  gli  arcipe- 
laghi della    Luisiade,    della    Nuova 
Bretagna,  le  isole  di  Salomone,  del- 
la Regina  Carlotta,  gli  arcipelaghi  di 
Santa  Cruz    e  delle  Nuove    Ebridi 
0  dello    Spirito    Santo  ,    la    Nuova 
Caledonia  e    la  Nuova  Zelanda.  La 
terza,  Polinesia  o  Oceania  orienta- 
le, prende    il    nome    dalla    grande 
quantità  d' isole    sparse  pel  grande 
Oceano,  che  si   presentano  tanto  in 
arcipelaghi  come  isolate,  fra  le  qua- 
li   distinguonsi    gli     arcipelaghi    di 
Mendana,  Pericoloso,  del  Mar-Cat- 
tivo, della  Società,   di  Harvey,  dei 
Navigatori,  degli  Amici,  Fidji  o  me- 
glio Viti,  Mulgrave,  delle  Caroline, 
Pelevr,  dei  Ladroni  o  Marianne,  di 
Magellano,  di    Anson    e  Sandwich. 
Altri  geografi  dividono  la  Polinesia 
in  Micronesia  o  parte  settentrionale 
dell'  Oceania,  che  il  suo  nome  de- 
nota la    picciolezza    delle  sue  isole, 
ed  in  Polinesia,  spazio   della  Ocea- 
nia che  comprende  il    lato  orienta- 
le,  cui  da  lungo  tempo   le  molle  i- 
sole  ha  dato  il  generico  nome.  Nel- 
la prima    pongono    gli    arcipelaghi 


I 


OCE 

di  Magellano,  delle  Marianne,  di 
Pelew,  delle  Caroline,  d'Anson,  del- 
le Mulgrave  ed  altri.  Nella  seconda 
pongono  gli  arcipelaghi  di  Sand- 
wich, o  meglio  e  più  giustamente 
di  Hawaii,  Tonga,  Hamoa,  Tahiti 
o  Taiti,  Paumotou,  Mendana,  isole 
Marchesi,  Tasmania  due  isole  gran- 
di dell'  Oceano  australe,  le  Spora- 
di  e  l'arcipelago  Gallapagos.  Final- 
mente altri  geografi  in  tre  parti 
dividono  V  Oceania,  cioè  in  Notasia 
suddivisa  in  Malesia  e  Micronesia, 
in  Australia  ed  in  Polinesia.  Ma  la 
esatta  descrizione  dell'  Oceania  in- 
tera attende  dalla  perfezione  della 
scienza  notabili  miglioramenti  e  si- 
cure rettificazioni.  Questa  parte  di 
mondo  si  presenta  come  gli  avan* 
zi  di  un'immensa  porzione  di  e- 
misfero  abitabile  sommerso  dalle 
onde  dell'  Oceano.  Nel  nostro  secolo 
particolarmente  1'  Oceania  è  il  sog- 
getto   de'  viaggi,    esplorazioni  e  vi- 


ite  d< 


eur 


opei 


ed  i! 


ipo 


proficuamente  il  cristianesimo  spar- 
ge i  suoi  benefici  fruttiferi  semi  di 
religione,  di  morale  e  d'  incivili- 
mento. 

Si  possono  prendere  diverse  gran- 
di direzioni  orografiche  attraverso 
queste  catene  d'  isole,  questi  grup- 
pi, queste  terre  isolale,  che  forse 
furono  un  tempo  riunite  ;  la  più 
importante  è  quella,  che  dividendo 
il  bacino  del  grande  Oceano  da 
quello  dell'  Oceano  Indiano,  sembra 
formare  proseguimento  alle  monta- 
gne di  Malacca,  e  non  essete  che 
un  prolungamento  del  grand'  an- 
golo sud-est  dell'Asia,  percorre  le  iso- 
le di  Sonda,  la  Nuova  Guinea,  la 
Nuova  Galles  meridionale  o  parte  o- 
rientale della  Nuova  Olanda,  e  sotto  il 
nome  di  montagne  Azzurre  attraver- 
sa lo  stretto  di  Bass,  e  va  a  termina- 
re all'estremità  meridionale  di  Die- 


OCE  a27 

men.  Questa  catena  non  sospinge 
al  suo  versatolo  sud-  ovest  alcun 
ramo  osservabile,  se  ciò  non  sìa  for- 
se nella  Nuova  Olanda,  il  cui  in- 
terno è  ancora  sconosciuto  :  spinge 
al  nord  tre  rami  principali  per  Su- 
matra, per  Flores  e  per  le  Moluc- 
che.  Una  grande  ramificazione  è 
sospinta  air  est  per  la  Nuova  Gui- 
neai  Nuova  Bretagna,  Salomone,  s. 
Ciuz,  Nuove  Ebridi,  Nuova  Cale- 
donia,  avviluppando  colla  costa  del- 
la Nuova  Olanda  un  mare  semina- 
to di  scogli,  detto  qualche  volta  del 
Corallo.  La  Polinesia  tutta  intera, 
astrazione  fatta  delle  isole  Hawaii 
o  Sandwich,  isolate  al  nord -est, 
non  forma  che  una  sola  catena, 
diretta  in  generale  dal  nord-ovest 
al  sudest,  e. le  cui  punte  estreme 
sono  le  isole  Moninsima  nell'arci- 
pelago di  Magellano  e  V  isola  di 
Pasqua.  Non  evvi  nell'  Oceania  al- 
cun corso  d' acque  considerabile  j 
i  più  osservabili  sono  nella  Nuova 
Olanda  il  Macquarie  ed  il  Lachlan, 
la  Brisbane,  il  Paterson,  l' Haw- 
kesbury;  nel  Sumatra  1' Andragiri 
ed  il  Palembang  ;  e  nel  Borneo  il 
Pontianak  ed  il  Bandermassin.  L'a- 
spetto generale  ed  il  suolo  di  que- 
sta parte  di  mondo  offrono  una 
grande  varietà.  Dice  Malthe-Brun: 
Qui  il  zoofito  crea  un  circuito  di 
roccie  calcari  intorno  al  banco  che 
Io  vide  nascere  ;  più  lunge  evvi  un. 
tetro  vulcano,  ed  a  lato  brilla  una 
rapida  e  superba  vegetazione.  Le 
terre  più  estese  presentano  scene  an- 
cor più  vaste  :  ora  l' inesplicabile 
basalto  maestosamente  s' innalza  in 
colonne  prismatiche,  o  copre  la  ri- 
va solitaria  de' suoi  pittoreschi  ri- 
masugli; ora  gli  enormi  picchi  gra- 
nitici si  lanciano  con  audacia  verso 
le  nubi,  mentre  sospesa  sui  loro 
fianchi    la  cupa  foresta  di  pini  con- 


■ 


228  OCE 

trasta  tristamente  con  l'immenso 
vuoto  di  questi  deserti.  Più  lunge 
una  costa  bassa,  coperta  di  salici , 
si  estende  in  malfidi  bassi  fondi^ 
in  mezzo  a  cui  le  onde  coprono  le 
nere  roccie  colla  loro  spuma  cri- 
stallina. Altrove  s'innalza  un  anfi- 
teatro di  verzura  ;  vari  folti  bo- 
schetti mescolano  le  loro  foglie  o- 
scure  al  chiaro  smalto  delle  prate- 
rie .  Una  continua  primavera  ed 
un  autunno  perpetuo  vi  fanno  co- 
gliere i  fiori  e  maturare  le  frut- 
ta. Un  dolce  e  squisito  profumo 
imbalsama  V  atmosfera  eh'  è  di  con- 
tinuo rinfrescala  dai  venti  salutari 
del  mare. 

Però  in  nessun' altra  parte  del 
globo  si  trova  un  si  gran  nume- 
ro d' isole  basse  o  di  approdo  pe- 
ricoloso, quanto  nella  Polinesia  e 
neir  Australia  ;  queste  isole  hanno 
d'ordinario  per  base  una  scogliera 
di  corallo  disposta  in  forma  circo- 
lare, e  lo  spazio  di  mezzo  è  spesso 
occupato  da  una  laguna.  Special- 
mente nelle  isole  della  Notasia  ed 
in  quelle  del  nord-est  della  Poli- 
nesia si  riscontrano  i  vulcani  ;  le 
piccole  isole  che  li  rinchiudono  so- 
no verso  il  mezzo,  alte  e  sterili , 
ora  regolarmente  coniche,  ora  scre- 
polate e  stiacciate.  La  Nuova  O- 
landa  ha  una  temperatura  meno 
elevata  ;  l' inverno  non  vi  è  mai 
rigoroso,  ma  osservabile  pei  venti 
frequenti  e  tempestosi  ;  i  freddi  non 
sono  mai  di  lunga  durata,  e  l'e- 
poche delle  stagioni  vi  si  trovano 
opposte  a  quelle  d'Europa.  La  Nuo- 
va Zelanda  ha  un  clima  assai  tem- 
perato, ma  umido  ed  esposto  a  vio- 
lenti uragani.  Le  parti  attraversate 
dalla  linea  equinoziale,  come  Suma- 
tra, Borneo,  Celebe,  le  Molucche, 
non  sono  soggette  ai  grandi  calori 
che  si  dovrebbero    aspettare    sotto 


OCE 

una  tale  latitudine;  l'aria  è  quasi 
di  continuo  rinfrescala  dalle  mon- 
tagne dell'interno  e  dai  regolari 
venticelli  marini,  tranne  molti  pun- 
ti insalubri.  La  vegetazione  del- 
l' arcipelago  di  Notasia  riproduce 
tutte  le  ricchezze  del  sud-est  del- 
l' Asia,  a  lato  di  altre  produzio- 
ni che  gli  sono  particolari.  Il  le- 
gno vegetale  della  Nuova  Olanda 
offre  vari  caratteri  tutti  affatto  spe- 
ciosi. 11  regno  animale  presenta  pur 
anco  in  questo  continente  un  aspetto 
più  speciale  e  bizzarro,  che  quello 
della  botanica.  Si  vedono  nell'  isole 
della  Notasia  presso  a  poco  tutti 
i  principali  quadrupedi  dell'  Asia 
meridionale.  I  vezzosi  uccelli  di  pa- 
radiso non  si  vedono  quasi  che 
nella  Nuova  Guinea  e  in  qualche 
isola  vicina.  L' arcipelago  Asiatico 
nodrisce  de'  rettili  enormi.  Le  tar- 
tarughe abbondano  nella  maggior 
parte  dell'  Oceania  ;  gli  insetti  sono 
numerosi  e  curiosi,  massime  le  gros- 
se formiche.  Su  quasi  tutte  le  coste 
si  fanno  buone  pesche.  Nessuna 
parte  del  globo  conta  una  sì  gran- 
de quantitèi  di  conchiglie  e  di  zoo- 
fili o  fossili  avvicinantisi  per  la 
forma  loro  ad  alcuni  vegetabili. 
L'  arcipelago  Asiatico  sembra  so- 
lo avere  delle  preziose  ricchezze 
minerali  ;  Borneo  possiede  i  dia- 
manti, e  r  isola  stess»  e  Sumatra 
hanno  miniere  d'oro,  rame  e  ferro; 
lo  stagno  soprattutto  abbonda  a 
Banca.  L'  Australia  meridionale  of- 
fre immense  incalcolabili  ricchezze 
per  le  sue  meravigliose  miniere. 

Se  al  presente  noi  diamo  un  col- 
po d'  occhio  sulla  razza  di  uomini 
che  popolano  la  Oceania,  vediamo 
sparsi  nella  maggior  parte  dell'ar- 
cipelago e  della  Polinesia,  e  nella 
parte  orientale  dell'  Australia,  gli 
uomini    di    tinta    oscura,    chiamati 


OCE 

malesi j  che  sembrano  oriundi  di 
Sumatra;  hanno  i  capelli  neri,  mol- 
li, folli  e  crespi,  la  testa  leggermen- 
te ristretta  alla  sommità,  la  fronte 
un  poco  convessa,  le  pomelle  delle 
gotte  rotonde,  ma  poco  sporgenti, 
la  mascella  superiore  un  poco  spor- 
ta in  fuori,  ed  il  naso  grosso  e 
schiacciato;  per  la  maggior  parte 
sono  vivaci,  audaci,  bravi,  ma  fe- 
roci e  vendicativi.  La  loro  lingua 
si  distingue  per  la  sua  eguaglianza 
e  dolcezza.  La  seconda  razza  com- 
prende i  negri  oceanici,  che  abita- 
no specialmente  la  Nuova  Guinea, 
ove  sono  chiamati  papus  ;  il  loro 
aspetto  è  orrido;  hanno  la  pelle 
di  un  nero  lucido,  e  spesso  sfigu- 
rata da  cicatrici,  o  da  marche  si- 
mili a  quelle  della  lebbra,  il  naso 
piatto,  la  bocca  grandissima,  il  lab- 
bro superiore  assai  grosso,  i  capel- 
li lanuti  nerissimi,  o  di  un  rosso 
vivo,  che  rannodano  sulle  loro  te* 
ste  in  grosse  ciocche  ;  le  donne  han- 
no mammelle  enormi  e  pendenti. 
Gli  indigeni  della  Nuova  Olanda 
sono  di  un  colore  meno  nero;  la 
maggior  parte  hanno  membra  gra- 
cili poco  complesse,  e  in  apparen- 
za di  lunghezza  sproporzionata  ;  la 
loro  capigliatura  è  dura,  nerissima 
ed  abbondantemente  folta  ;  il  loro 
volto  schiacciato,  il  naso  larghissi- 
mo, le  narici  quasi  trasversali,  le 
labbra  grosse,  una  bocca  estrema- 
mente spaccata,  denti  un  poco  pro- 
clivi, orecchi  concavi  assai  distesi, 
daimo  alla  loro  fìsonomia  un  aspet- 
to selvaggio  e  ributtante.  Il  loro 
linguaggio  differisce  da  tribù  in 
tribù,  e  non  vi  si  può  riconoscere 
qualche  analogia  in  veruna  parte. 
La  loro  stupidezza  morale  è  estre- 
ma, e  sono  nello  stato  della  barbarie 
la  più  profonda  in  cui  possa  mostrar- 
si la  specie  umana  ;  tuttavia  non  vie- 


OCE  229 

ne  loro  rimproverata  l'abitudine  del- 
l'antropofagia, che  si  rimarca  in  al- 
cune parti  dell'Australia  orientale  e 
della  Polinesia;  in  quest'ultima  par- 
ticolarmente si  cominciò  a  sparger- 
si r  orribile  costume  di  sacrificare 
vittime  umane.  Secondo  le  relazio- 
ni de' missionari  cattolici,  che  me- 
ritano pieno  credito,  i  costumi  de- 
gli isolani  dell'Oceania  non  sono  i 
più  depravati,  se  si  eccettuino  i  con- 
dannati nominati.  Essi  sono  facili 
alla  conversione  e  desiderano  esser- 
ne informati.  Non  sono  che  i  re  e 
qualche  capo  di  tribù,  cui  si  per- 
mette la  poligamia;  per  cui  resta 
tolto  un  grande  ostacolo  per  abbrac- 
ciare la  religione  cattolica  ;  l'impe- 
dimento più  grande  proviene  dai 
metodisti  che  da  più  anni  vi  si 
trovano  stabiliti,  più  numerosi  dei 
missionari  cattolici,  e  che  per  riu- 
scire nel  loro  intento  non  arrossi- 
scono d' inventare  le  più  nere  ca- 
lunnie contro  i  cattolici. 

Gli  inglesi,  olandesi  e  spagnuoli  so- 
no gli  europei  che  principalmente  pos- 
seggono colonie  e  stabilimen^ti  in 
questa  parte  di  mondo.  I  primi  han- 
no nella  Nuova  Galles  meridionale 
un'importante  colonia,  ove  si  depor- 
tano i  condannati  ;  la  terra  di  Die- 
men  trovasi  in  gran  parte  coltiva- 
ta da  essi,  e  vengono  a  stabilirsi 
sulle  rive  del  Swan-river,  nella  par- 
te occidentale  della  Nuova  Olanda  ; 
Sydney  sulla  costa  orientale  di  que- 
sto continente  è  la  loro  città  prin- 
cipale nel  Mondo  Marittimo.  I  Pae- 
si Bassi  ossia  l'Olanda  possedono 
neir  arcipelago  Asiatico  la  maggior 
parte  di  Java,  ov'è  Batavia  capitale 
de'ioro  possessi  di  Oceania  ;  hanno 
pur  Banca  e  Billiton,  alcune  por- 
zioni di  Sumatra,  di  Borneo  e  di 
Celebe,  e  parecchie  delle  isole  Mo- 
lucche,    da  dove  ritirano  una    im- 


»3o  OCE 

mensQ  quantllh  di  speoierie  o  aro- 
Diati.  La  Spagna  ò  padrona  d'una 
parte  delle  Filippine,  ove  Manila 
nell'isola  di  Lusson  è  la  capitale 
de'suoi  stabilimenti.  Nelle  isole  Sand* 
wich  cioè  di  Hawaii,  e  della  So- 
cietà, gli  americani  e  gì'  inglesi  ac« 
quistarono  una  grande  influenza 
morale,  pel  zelo  de'loro  missionari, 
che  convertirono  al  cristianesimo 
molti  indigeni,  e  sparsero  fra  loro 
i  benefizi  della  civiltà  e  della  istru- 
zione elementare,  come  pur  fecero 
i  missionari  nelle  altre  parti.  La 
totale  popolazione  dell'Oceania,  che 
sin  qui  fu  incerta  e  su  poche  si- 
cure basi  calcolata,  secondo  le  ul- 
time osservazioni  e  le  progressive 
investigazioni,  può  approssimativa- 
mente stabilirsi  a  venti  milioni  di 
abitanti,  se  deve  credersi  ai  geogra- 
fi: ma  per  le  relazioni  dei  missio- 
nari molto  maggiore  ne  sarebbe  il 
numero,  poiché  stando  alla  loro  te- 
stimonianza, ascendono  a  quasi  ven- 
ti milioni  i  soli  abitatori  delle  isole 
che  anni  addietro  costituivano  il 
vicariato  apostolico  occidentale,  sen- 
za comprendervi  i  vicariati  orien- 
tale e  meridionale .  Può  dunque 
dirsi  che  la  popolazione  dell'Ocea- 
nia è  assai  numerosa,  e  fissar  non  si 
può  sino  a  pih  certe  notizie. 

I  limitati  confini  del  mondo  an- 
tico non  potevano  nemmeno  in  em- 
brione dar  contezza  dell'Oceania, 
ed  i  greci  e  romani  non  ne  conob- 
bero alcuna  parte,  se  forse  non  fos- 
se Sumatra,  che  Tolomeo  sembra 
disegnare,  almeno  in  parte,  sotto 
il  nome  di  Jaha-Diu.  Le  prime  po- 
sitive notizie  sull'arcipelago  Asiati- 
co furono  somministrate  dai  por- 
toghesi, che  vi  penetrarono  nel  1 5 1  o, 
e  nel  seguente  anno  discoprirono 
la  Nuova  Guinea.  11  portoghese  Fer- 
dinando Magellano,  con  attraversare 


OCE 

lo  strolto  che  da  lui  ebbe  nome,  vi- 
de e  in  parte  percorse  il  quadro 
ammirevole  della  Polinesia,  ed  ap- 
prodò nel  i52o  o  i5:ji  alle  Fi- 
lippine. Mendana  toccò  e  denomi* 
nò  nel  i595  1*  arcipelago  da  lui 
scoperto,  il  quale  perciò  porta  il 
suo  nome.  GU  olandesi  «copersero 
il  continente  della  Nuova  Olanda 
nel  i6o5,  e  cosi  l'appellarono:  di 
essa,  come  di  altre  parti,  ne  ripar- 
leremo nel  descrivere  i  vicariati 
apostolici  dell'Oceania.  Verso  l'epo- 
ca stessa  Quiros  visitò  la  Polinesia 
e  l'Australia  orientale.  Un  poco  piìi 
tardi  gli  olandesi  Direk-lìartighs, 
Nuyts,  Schouten,  Le  Maire  e  Tas- 
man  fecero  varie  scoperte  interes- 
santi. Dampier  viaggiò  nella  parte 
sud-ovest  verso  la  fine  del  secolo 
XVIIi  e  nel  XVIII  illustri  e  nu- 
merosi navigatori  percorsero  l'Ocea- 
nia in  tutti  i  lati:  conviene  citare 
principalmente  Bering,  Anson,  che 
attraversò  1'  Oceano  Pacifico  nel 
1743,  Byron,  Bougainville,  Cook 
celebratissimo  che  morì  in  Kara- 
kau,  Furneaux,  Carteret,  Marchand, 
Vancouver,  La  Perouse,  che  trovò 
la  morte  nell'  arcipelago  di  Santa 
Croce,  ed  Eutrecasteaux  che  andò 
alla  ricerca  di  tal  uomo  celebre. 
Nel  secolo  presente  i  viaggiatori 
più  segnalati  sono  i  capitani  Flin- 
ders,  Baudin,  Luigi  di  Freycinet, 
Krusenstern  ,  Duperrey  ,  Dumont- 
d'Urville,  Dillon  e  King,  tutti  be- 
nemeriti. Nel  184^  la  Francia 
per  mezzo  di  Du  Petit -Thouars 
prese  possesso  dell'  arcipelago  che 
comprende  le  isole  Marchesi,  e  quel- 
le di  O-Taiti.  Però  ora  si  è  sco- 
perto da  un  monumento  dell'  isola 
di  Nuka-Hiva,  una  delle)  Marchesi, 
che  nel  marzo  1792  il  capitano 
Marchand,  comandante  la  nave  fran- 
cese   il   Solide,   visitò  l'isola,  e  ne 


OCE 

prese  possesso  in  nome  della  Fran- 
cia. Questo  immenso  trailo  di  ma- 
re pel  primo  MallheBrun  lo  chia- 
mò Oceania  o  Mondo  Marillimo,  in 
che  fu  seguilo  da  altri  geografi, 
specialmente  dal  Balbi. 

Sì  innumerabile  popolazione  di 
infedeli  abbandonala  alT  idolatria 
più  o  meno  rozza,  altri  quasi  de- 
stiluili  da  ogni  sentimento  dell'Es- 
sere supremo,  nspeUavano  il  ri- 
scatto dalia  più  deplorabile  mi- 
seria in  cui  possa  precipitare  l'u- 
manità .  I  proprietari  di  queste 
lene,  essendo  nella  maggior  par- 
te divisi  pel  loro  scisma  dalla 
Chiesa  cattolica,  se  ne  occupavano 
in  proporzione  degli  interessi  di 
commercio,  nulla  curando  l'illumi- 
nazione dell'anima.  Così  giacque 
questa  nuova  parte  del  mondo  im- 
mobile nel  pacifico  possesso  delle 
potenze  tenebrose  sino  olla  metà 
del  secolo  passato,  quantunque  non 
furono  di  ciò  propriamente  cagio- 
ne gli  stali  apostati  dominatori,  ma 
una  setta  particolare  che. s'imma- 
ginò di  poter  bealificaie  queste  im- 
mense lince  di  terra  col  vangelo 
di  sua  fattura.  I  Melodisti  (Fedi) 
inglesi  e  americani  si  procurarono 
l'adito  in  alcune  isole  australi,  spe- 
cialmente nelle  isole  d'Hawaii  det- 
te impropriamente  Sandwich,  ed 
approfittarono  della  interessala  spon- 
taneità di  alcuni  capi  per  estorce- 
re una  colai  ombra  di  conversio- 
ne. Tutti  consentono  che  tali  mis- 
sionari hanno  effettuato  questa  pre- 
tesa conversione  di  un  popolo  be- 
nevolo, non  tanto  con  istruirlo, 
quanto  coU'assoggettarlo  alla  schia- 
vitù, cioè  a  dire  gli  hanno  impo- 
sto una  religione  tenebrosa,  la  qua- 
le ben  lungi  dal  sublimarlo,  lo  ha 
peggiorato.  La  antica  serenità,  la 
schietteeta    e  persino    1*  attività    di 


OCE  23£ 

queste  tribù  si  sono  perdute,  ed 
in  luogo  di  esse  presero  sede  l'a- 
stuzia, la  slealtà,  l'ignoranza  e  la 
tardità  d' ingegno.  Questi  sedicenti 
missionari  lautamente  stipendiati, 
carichi  di  famiglia  e  di  donne,  avea- 
no  utilizzato  l'ozio  del  loro  como- 
do apostolato  per  ottenere  poderi 
e  autorità,  sognando  di  trasmette- 
re alla  loro  posterità  una  specie 
di  feudale  signoria,  tanto  nello  spi- 
rituale che  nel  temporale.  Per  l'op- 
posto i  missionari  della  fede  catto- 
lica introdottisi  nell'Oceania,  prova- 
rono col  fatto,  che  quella  chiesa 
romana  che  gli  avea  spediti,  avea 
sola,  perchè  una,  il  diritto  di  man- 
dare gli  apostoli,  smentendo  ancora 
la  superba  previdenza  de'seltari  prò- 
feteggianti  che  non  avrebbero  tro- 
vato proseliti.  Siccome  il  culto  del- 
la chiesa  cattolica,  qui  più  che  al- 
trove, ben  presto  comandò  le  sim- 
patie degli  abitanti,  cosa  che  non 
accadeva  degli  oratorii  protestanti, 
dove  i  miseri  oceanici  giacevano 
nell'inerzia  della  mente,  del  cuore 
e  de'sensi;  il  quale  elemento,  accop- 
piato colla  luminosa  virtù  de'  mis- 
sionari cattolici ,  produsse  che  que- 
sti veri  apostoli  ottennero  grandi  e 
rapidi  progressi,  ed  eccitarono  quin- 
di l'invidia  de'seltari.  Gli  isolani 
seppero  benissimo  istituire  il  para- 
gone fra  i  missionari  metodisti  e  i 
cattolici,  onde  in  breve  tutti  cre- 
dettero ai  modi  amorevoli  e  digni- 
tosi de'  tanto  calunniati  papisti,  af- 
fermando che  i  metodisti  erano  po- 
tenti mentitori.  La  rabbia  de' me- 
todisti crebbe  al  segno  dì  cacciare 
tutti  i  missionari  cattolici,  e  di  sor- 
vegliare che  ninno  vi  rimettesse  il 
piede.  Per  tal  modo  la  vera  fede 
sarebbe  stata  impedita  di  meglio 
compenetrare  e  stabilirsi  ancora 
nella  vasta  Oceania,  se  il  capitano 


93a  OCE 

di  un  vascello  francese  di  linea  giun- 
to in  questi  paesi,  non  avesse  do- 
mandato e  ottenuto  giustizia  pei 
missionari  cattolici.  Da  quell'epoca 
ebbero  la  libertà  di  predicare  la 
fede,  e  questo  solo  fatto  bastò  per 
assicurare  ad  essa  il  trionfo,  e  van- 
taggi immensi  agli  abitanti.  Questo 
trionfo  fu  comune  alle  isole  Hawaii 
e  nelle  altre  australi,  come  nella 
Nuova  Olanda,  nella  Nuova  Zelan- 
da ,  neir  isola  Wallis  ed  altrove. 
Ora  passiamo  ad  accennare  l'intro- 
duzione della  fede  cattolica  nell'O- 
ceania. 

Stabiliti  gli  spagnuoli  nel  secolo 
XVI  nelle  Filippine,  il  cristianesi- 
mo vi  fu  subito  bandito  da  zelan- 
ti missionari.  Gregorio  XIII  v'isti- 
tuì la  sede  vescovile  di  Manila,  in- 
di si  fondarono  ancora  i  vescovati 
di  Caceres,  Nome  di  Gesù  o  Ze- 
hhj  e  Nuova  Segovia  che  Paolo  V 
dichiarò  suffraganea  di  Manila,  quan- 
do elevò  questa  ad  arcivescovato. 
Tutte  e  quattro  queste  sedi  sussi- 
stono e  fioriscono,  e  per  ultimo 
provvedute  di  vescovi  da  Gregorio 
XVI  a' 19  gennaio  1846,  come  di- 
cesi ai  loro  articoli:  quello  di  Ca- 
ceres è  monsignor  Vincenzo  Barrei- 
ro  agostiniano  spagnuolo.  Nella  No- 
tasia  in  remotissimi  tempi,  c^oè  do- 
po il  i5ii,  in  alcuni  punti  delle 
sue  isole,  specialmente  in  quelle  che 
erano  soggette  alla  corona  di  Por- 
togallo, vi  si  conobbe  la  religione 
cattolica,  quindi  bandita  dagli  olan- 
desi dopo  il  1 596.  Nell'isola  di  Bor- 
neo  il  re  di  Benjarmassen,  avendo 
più  volte  fatto  premurosissime  istan- 
ze ai  portoghesi  di  Macao,  perchè 
gli  dassero  un  sacerdote,  solo  nel 
1689  e  dal  p.  Paolo  prefetto  delle 
missioni  de'teatini,  ebbe  il  p.  Ven- 
timiglia  con  gran  profitto,  poiché  in 
meno  di  due  mesi  battezzò  più  di 


OCE 

quindicimila  popolazioni  (forse  per- 
sone), e  tra  queste  il  loro  principe 
Daman  con  tutta  la  sua  famiglia, 
e  vi  eresse  una  chiesa.  In  tal  con- 
versione accaddero  grandissimi  mi- 
racoli, per  cui  avutane  relazione  la 
congregazione  di  propaganda  fìdc.^ 
a'i4  gennaio  1692  dichiarò  l'isola 
di  Borneo  missione  de'teatini.  Ma 
venuto  a  morte  il  p.  Ventimiglia 
nel  1693,  incominciò  a  patire  mol- 
to la  missione,  e  indi  a  poco  a  po- 
co rimase  senza  operai  ;  per  il  che 
nel  1706  vi  furono  mandati  altri 
religiosi  teatini  con  isperanza  che 
coltivassero  l' amore  alla  cattolica 
religione.  La  medesima  congrega- 
zio)ie  nel  1704  e  1706  eccitò  il 
re  di  Spagna  a  promovere  la  reli- 
gione nelle  Caroline,  ad  istanza  del 
p.  Andrea  Serrano  gesuita  spagnuo- 
lo. Nel  17 IO  vi  furono  spedili  due 
missionari,  un  interprete  e  pochi 
spagnuoli.  Distrutta  la  nave  da  una 
tempesta,  e  nella  seconda  spedizio- 
ne essendo  perito  per  un  naufra- 
gio ristesso  p.  Serrano,  non  si  eb- 
be altre  notizie  della  religione  in 
dette  isole.  Quindi  sino  al  princi- 
pio del  corrente  secolo,  tranne  le 
Filippine,  dell'Oceania  non  si  han- 
no notizie  ecclesiastiche.  Per  buo- 
na ventura  verso  tale  epoca  il  fran- 
cese Rives  di  Bordeaux  entrò  nel- 
la corte  del  re  delle  isole  Hawaii 
dette  Sandwich,  in  qualità  di  se- 
gretario particolare  del  principe.  Su- 
scitatesi turbolenze  nell'isole,  il  re 
fu  deposto  dalla  corona,  e  si  ritirò 
in  Inghilterra  verso  il  1820,  dove 
non  molto  dopo  morì.  Rives,  che 
l'avea  seguito  ,  si  restituì  in  pa- 
tria. Fermo  nel  pensiero  di  fa- 
re ritorno  nell'Oceania,  pieno  di 
probità  e  di  fede,  propose  la  spe- 
dizione ad  Hawaii  nella  Polinesia 
boreale    di  missionari  per  portarvi 


I 


OCE 

]a  luce  dell'evangelo  ai  popoli  che 
adorovano  idoli,  e  appena  avevano 
cessato  dal  sacrificare  vittime  uma- 
ne.   Sparsosi  facilmente  per    Parigi 
questo  felice  progetto,  presto  giun- 
se all'orecchio  del  sacerdote  Pietro 
Maria  Giuseppe  Coudrin  della  dio- 
cesi di  Poiliers,  superiore  della  con- 
gregazione   de' ss.  Cuori  di  Gesìi  e 
IMaria,  detta  dePicpus  (poi   vicario 
generale  del  cardinale  de  Croy  ar- 
civescovo   di  Rouen,  e  suo   concla- 
vista nel  conclave  1829,    nel    qua- 
le   potè    ben     istruire     il    cardinal 
Cappellari  dello  stato  della  regione 
e  con  mirabile  successo  per  1'  impe- 
gno che  il  secondo  ne  prese).  Siccome 
ecclesiastico    pieno  di  zelo,  e  avido 
di    mettere    alla  nuova  cultura    di 
que' campi   i  suoi  alunni,    cominciò 
a    trattarne    colla  congregazione   di 
propagandante.  Preso  da  questa  in 
considerazione  il  progetto,  e  proce- 
dendo   con    cautela  ,    sentili  i    pa- 
reri   altrui    ed  esaminate  le   circo- 
stanze,   affidò    nel     1826    al    detto 
Coudrin  la  novella  missione   eretta 
in  prefettura  apostolica,  essendo  pre- 
fetto di  propaganda  il  cardinal    d. 
Mauro  Cappellari,  il  quale  nell'eser- 
cizio di  tal  carica    e  divenuto  Pa- 
pa   Gregorio    XVI  si  rese  eminen- 
temente benemerito  della  religione 
cattolica  nell'Oceania,  per  le  copio- 
se   e  ubertose  missioni     che  vi   de- 
stinò e  per  i  sette  vicariati  aposto- 
lici che  vi  eresse,  oltre   un  arcive- 
scovato e  due  vescovati. 

Capo  della  missione  de'picpus  fu 
il  p.  Alessio  Gio.  Agostino  Bache- 
lot,  e  missionari  a  lui  subordinati 
i  pp.  Abramo  Antonio  Armod,  e 
Patrizio  Pietro  Sohort,  seguiti  da 
tre  fratelli  laici,  uno  de'quali  esper- 
tissimo meccanico.  Partili  da  Ila- 
vrea'i6  novembre  1826,  giunsero 
in    Sandwich     o    liaw'^ii    nell'anno 


OCE  233 

seguente,    e  la  prima  loro  cura  fu 
di  apprendere  la  lingua  benché  dif- 
ficile.   Indi  fondarono  una  cappella 
dentro    la    loro    abitazione,  e   inco- 
minciarono   con  le  istruzioni  a  far 
proseliti.   Aveano  però  essi   a  com- 
battere l'idolatria    e  l'eresia.  Quan- 
do approdarono  in  dette  isole,   già 
fatalmente  da  molli  anni  vi  si  era- 
no, come  dicemmo,  portati  i  meto- 
disti inglesi    e  americani,  ed  anche 
calvinisti   pur  d'America,  ed   aperti 
tre  templi   per  predicarvi  le  dome- 
niche, ma  con  sterili  successi,  essen- 
do molto  ignoranti    e  occupati  nel 
traffico.    Questi    mal  solfrirono   che 
fosse  alle  loro  fàuci  tolta  la  preda, 
e    spalleggiati    dai    consoli,  special- 
mente americano  e  britannico,  pre- 
valendosi    dell'acquistata    influenza 
presso  il  governo,  questo  ad  istiga- 
zione   della    vecchia  regina  decretò 
l'espulsione  de' missionari   cattolici, 
che    fatti    imbarcare    fece  condurre 
nelle  coste  della  California.  Piacque 
in    fine    dopo  molti  anni  alla  divi- 
na   provvidenza    porre  un   termine 
alla  persecuzione  di  Sandwich.  La- 
place capitano  francese  del  vascello 
l'Artemisia,  portandosi  in  quelle  ac- 
que,   volle  vendicare  il  torto    fatto 
ai    missionari    cattolici,    obbligando 
colle  sue  armi  il  governo    sandAvi- 
chiano  a  richiamare  gli  esuli,  ed  a 
permettere    a    questi    la    libertà   di 
predicare  il  vangelo,  come  abbiamo 
accennato  disopra.  Ritornati  essi  in 
Sandwich  dalle  coste  della  Califor- 
nia,   e    riaperta    la    missione,  vi   si 
mantengono    con    brillanti    religiosi 
successi.    Circa    il  fine  del    1828  il 
sacerdote  Pastre  rinunziò  la  prefet- 
tura dell'isola  di  Bourbon,  onde  il 
sacerdote    Solages    vicario    generale 
di   Pamiers,  commendabile  per  na- 
scita,   virtù  e  sapere,  gli   era    stato 
designato  successore  dalla  congrega- 


a34  OCE 

tione  di  propaganda.  Egli  propone- 
va»! di  portare  la  religione  nell'iso- 
le dell'Oceania  meridionale,  ed  era 
animato  a  questa  grande  impresa 
dall'irlandese  Dillon,  che  per  tanti 
anni  avea  navigato  que'mari  e  co* 
nosceva  quelle  isole.  Voleva  egli  es- 
sere dichiarato  prefetto  di  tutte  le 
terre  contenute  tra  l'Equatore  e  il 
Polo  Antartico,  tra  l'isola  di  Pa- 
squa ad  oriente,  e  la  Nuova  Ze- 
landa ad  occidente  complessivamen- 
te. Nella  congregazione  di  propa- 
ganda, tenuta  in  dicembre  1829, 
furono  appagati  i  voti  del  Solages; 
gli  fu  conservata  la  prefettura  di 
Bourbon,  ed  aggiunta  quella  dell'O- 
ceania meridionale  nel  pontificato 
di  Pio  Vili.  Propone  vasi  egli  di 
toccare  il  Brasile  e  il  GhiPi,  di  vi- 
sitare  le  isole  poste  sotto  la  sua  giu- 
risdizione, fermarsi  alla  Nuova  Ze- 
landa e  di  là  condursi  alla  Borbo- 
nica. Ma  imponenti  circostanze  ri- 
tardarono o  a  meglio  dire  impedi* 
lono  il  suo  piano,  onde  a  lui  non 
resta  di  quest'opera  che  il  merito 
dell'invenzione.  Il  ministro  delia  ma- 
rina di  Francia  volea  aflidata  la 
direzione  marittima  della  spedizio- 
ne ad  un  capitano  francese,  però  il 
Solages  preferiva  Dillon  pei  rap* 
porti  d'amicizia  che  avea  cogl'  iso- 
lani :  l'irremovibile  carattere  di  So- 
Jages,  qualche  impedimento  del  se- 
minario delle  colonie,  le  vicende 
politiche  di  Francia  del  i83o  po- 
sero termine  ad  ogni  trattativa,  ed 
il  Solages  sollecitato  dalla  congre- 
gazione di  propaganda  andò  al  suo 
destino  nell'isola  di  Bourbon,  Nel 
tempo  in  cui  successero  le  narrate 
cose,  Coudrin  vicario  generale  di 
Bouen  e  superiore  de'  picpus  fece 
istanza  perchè  ai  suoi  alunni  fos- 
se affidata  la  cura  di  evangelizzare 
le  isole  della  Puliuesia  australe,  co- 


OCE 

me  ^\h  evangelizzavano  quelle  del- 
la boreale.  Per  plausibili  ragioni 
allora  non  fu  esaudita  l'istanza,  ma 
questa  rinnovata  dopo  cinque  unni, 
si  prese  in  considerazione  da  pro- 
paganda. 

Erano  slati,  come  si  è  detto,  e- 
spulsi  da  Sandwich  i  missionari  cat- 
tolici, e  non  vi  appariva  speranza 
che  vi  potessero  ritornare,  chiese  dun- 
que Coudrin  che  quelli  potessero 
usare  nella  Polonia  australe  le  fa- 
coltà che  aveano  ricevuto  per  la 
boreale.  Aggiunse  egli  che  avea 
ollri  cinque  sacerdoti  in  pronto,  e 
che  molti  chierici  erano  disposti  ad 
abbracciare  il  partito  di  portarsi 
colà.  Nasceva  quindi  la  necessità  di 
avervi  un  vicario  apostolico  vesco- 
vo in  pardbus  per  promuovere  agli 
ordini  sacri,  al  quale  si  sottopone» 
va  il  prefetto  delle  isole  di  Sand- 
wich e  qualunque  altro  superiore 
si  venisse  a  stabilire  negli  arcipe- 
laghi della  Polinesia.  Conveniva  in- 
terpellare il  Solage,  il  quale  avea 
ancora  le  facoltà  sopra  le  isole  che 
chiedeva  Coudrin.  Essendo  il  pri- 
mo infermo  e  considerandosi  che 
mai  avrebbe  potuto  reggere  tanti 
popoli  remoti  e  cos'i  lontani,  per 
ciò  fu  divisa  in  due  la  giurisdizio- 
ne ecclesiastica  dell'Oceania.  Tirata 
una  linea  perpendicolare  dall'isola 
più  occidentale  di  Sandwich  al  Tro- 
pico Antartico,  vicino  al  meridiano 
159  orientale  di  Parigi,  tutte  le  iso- 
le dell'Oceano  Pacifico  tanto  setten- 
trionale che  meridionale,  dall'isola 
di  Pasqua  all'arcipelago  di  Rogge- 
wein  inclusive,  e  dall'isola  di  Sand- 
wich al  Tropico  del  Capricorno, 
furono  date  dalla  congregazione  di 
propaganda  ai  picpus,  e  costituiro- 
no il  vicariato  orientale,  ed  al  So- 
lage per  interim  fu  conservata  la 
giurisdizione   nelle  isole    tra  l'arci- 


I 


OCE 

pelago  di  Mangea  e  la  Nuova  Ze- 
landa inclusive,  e  tra  l'Equatore  e 
il  Tropico  Antartico.  Questa  divi- 
sione con  autorità  apostolica,  fu 
approvata  da  Gregorio  XVI,  e  fu 
diviso  il  vicariato  orientale  a*  3o 
maggio  i833  in  due  prefetture  bo- 
reale e  australe  o  meridionale,  cioè 
nel  vicariato  apostolico  dai  Papa  i- 
stituito  deìV Oceania  orientale  cel- 
la Polinesia,  col  breve  In  sublimi 
Principis  Jpostoloruni  Cathedra^  dei 
14  giugno,  Bull,  de  prop.  fide^  t, 
V,  p.  97.  Ai  i4  giugno  stesso  Gre- 
gorio XVI  ne  dichiarò  vicario  apo- 
stolico e  vescovo  di  Nilopoli  in  par- 
tihus  monsignor  Stefano  Rouchou- 
ze  della  congregazione  de'picpus,  il 
quale  partito  di  Francia,  toccò  il 
Brasile,  giunse  nel  febbraio  i835 
a  Valparaiso,  e  nel  maggio  i835 
nel  vicariato  con  tre  sacerdoti  e 
tre  catechisti.  Lo  avevano  precedu- 
to i  missionari  p.  Francesco  d'Asi- 
si  Carel,  Lavai,  ed  il  catechista  Co- 
lomban,  sbarcati  alle  isole  Gam- 
bieres,  in  Akena  e  Ramarci,  e  già 
alternavano  con  frutto  le  loro  apo- 
stoliche fatiche,  istruendo  i  fanciulli 
e  battezzando  i  bambini  in  perico- 
lo. Inoltre  Gregorio  XVI  a'  3  giu- 
gno 1834  istituì  il  vicariato  apo- 
stolico della  Nuova  Olanda  o  Au- 
stralia, col  breve  Pastoralis  officili 
presso  il  citato  Bull.  p.  109,  no- 
minandone vicario  apostolico  e  ve- 
scovo dì  Gerocesarea  in  parlibus 
monsignor  Giovanni  Beda  Polding 
della  congregazione  anglobenedetti- 
na,  della  quale  parlammo  a  Inghil- 
terra. Quindi  Gregorio  XVI  eres- 
se il  vicariato  apostolico  àéV Ocea- 
nia occidentale,  col  breve  Pastora- 
le offìcium  nohiSj  de'  1 3  maggio  1 836, 
Bull,  citato  p.  139,  dichiarando  vi- 
cario apostolico  e  vescovo  di  Mar- 
roocfi   in  pariibus   monsignor  Gio. 


OCE  a35 

Battista  Pompellier  di  Lione  della 
congregazione  àa'  Maristi.  Dipoi  il 
Papa  aggiunse  a  questi  tre  vicaria- 
ti apostolici  le  prefetture  di  Bata- 
via  e  di  Mindanao  nelle  Filippine; 
della  prima  sino  dal  i83i  ne  avea 
fatto  prefetto  d.  Gio.  Enrico  Scholten, 
della  seconda  fr.  Bernardo  Raba- 
scall  de' serviti.  Gregorio  XVI  a'i5 
febbraio  1842  divise  il  vicariato  del- 
la Nuova  Olanda  o  Australia,  ele- 
vandolo a  provincia  ecclesiastica, 
nell'arcivescovato  di  Sydney  e  nei 
vescovati  di  Adelaide  e  d'  Hobar- 
town  da  lui  istituiti  con  facoltà  di 
vicari  apostolici  :  al  primo  vi  tra- 
sferì monsignor  Polding,  a'22  apri- 
le fece  vescovo  del  secondo  monsi- 
gnor Francesco  Murphy,  e  del  ter- 
zo monsignor  Roberto  Wilson  del- 
la congregazione  anglo  benedettina. 
Poscia  a' 2 3  agosto  1842  Gregorio 
XVI  istituì  il  vicariato  apostolico 
ì\g\V  Oceania  Centrale,  ed  in  egual 
tempo  nominò  vicario  apostolico 
e  vescovo  d'Enio  in  parlibus  mon- 
signor Pietro  Baltaillon,  facendo  suo 
coadiutore  e  vescovo  d'Amala  in 
partibus  monsig.  Guglielmo  Dovarrc: 
di  che  dammo  un  cenno  nel  voi. 
XVI,  p.  25o  del  Dizionario,  con 
analoghe  notizie ,  secondo  la  ripar- 
tizione allora  vigente  de'  vicariati 
apostolici  dell'Oceania.  A'20  settem- 
bre dello  stesso  anno  Gregorio  XVI 
elevò  la  prefettura  di  Batavia  iti 
vicariato  apostolico,  ed  elesse  vica- 
rio apostolico  e  vescovo  di  Canea 
in  partibus  monsignor  Giacomo 
Groff.  Nel  i844  '^  Papa  eresse  i 
due  vicariati  apostolici  della  Mela- 
nesia e  Micronesia  li  16  luglio,  e 
di  Sandwich  li  i3  agosto:  del  pri- 
mo creò  vicario  apostolico  e  ve- 
scovo di  Sionne  in  partibus  mon- 
signor Gio.  Battista  Epalle;  del  se- 
condo vicario  apostolico    e  vescovo 


!i36 


OCE 


d'Arata  in  partibns  monsignor  Sin- 
fonano  Duboise.  AI  vicario  aposto- 
lico i\e\\*  Oceania  orientale.  Grego- 
rio XVI  a'i3  agosto  1844  die  in 
coadiutore  monsignor  Giuseppe  Bou- 
dichoii  che  fece  ancora  vescovo  in 
pariibus  di  Basilila;  e  nel  seguen- 
te anno  a'7  febbraio  dicliiarò  coa- 
diutore del  vicario  apostolico  del- 
l' Oceania  occidentale  e  vescovo 
d'Orlhosia  in  pariibus  monsignor 
Filippo  Giacomo  Viard.  Finalmen- 
te Gregorio  XVI  a' 19  febbraio  1846 
nominò  monsignor  Giorgio  Collomb 
vescovo  d' Antifelle  in  pariibus  e 
coadiutore  del  vicario  apostolico 
della  Melanesia  e  Micronesia  cui 
già  successe;  ed  agli  1 1  agosto  184G 
il  regnante  Pio  IX  elesse  vicario 
apostolico  di  Sandwich  e  vescovo 
d'Arata  in  pariibus  monsignor  Lui- 
gi Maigret.  Laonde  Gregorio  XVI 
uel  suo  pontificato  eresse  nell'Ocea- 
nia sette  vicariati  apostolici  che 
fioriscono  ubertosamente,  cioè  Ba- 
tavia  ,  Melanesia- Micronesia y  Nuo- 
va Olanda  o  Australia^  Oceania 
occidentale,  Oceania  orientale^  Ocea- 
nia centrale^  e  di  Sandwich^  i  quali 
collo  slesso  ordine  alfabetico  andia- 
mo a  brevemente  descrivere;  e  per 
l'ardente  religioso  zelo  di  Gregorio 
XV'I,  in  tutte  le  parti  della  vastis- 
sima Oceania  passeggia  glorioso  e 
inviolato  lo  spirito  vittorioso  della 
Cattolica  chiesa,  e  tutti  i  popoli  so- 
no unicamente  benedetti  nello  spi- 
rito di  essa,  nella  di  lei  fede  e  nel- 
la di  lei  carità.  Cosi  il  pontificato 
di  Gregorio  XVI  riuscì  anche  per 
questa  quinta  parte  del  mondo  il- 
lustre e  benefico,  e  gli  oceanici  ter- 
ranno il  suo  venerato  nome  in  eter- 
na benedizione,  per  le  incessanti 
sue  cure  a  vantaggio  della  loro  spi- 
rituale salute  ed  incivilimento. 


OCE 

Notizie    sul  vicariato  apostolico 
di  Balavia, 

Questo  vicariato  apostolico  fu 
eretto  da  Gregorio  XVI  nel  184^, 
elevandolo  da  prefettura  apostolica, 
cui  già  l'avea  costituito,  nella  No- 
tasia  o  Oceania  occidentale  o  me- 
ridionale, chiamata  pure  Malesia, 
nome  preso  dalla  razza  malese  on- 
de è  popolata.  Le  isole  principali 
sono  Java,  Sumatra,  Borneo,  Cele- 
bes,  Timor,  le  Molucche;  tulle  in 
grandissimo  numero,  per  la  massi- 
ma parte  sotto  il  dominio  olande- 
se. La  popolazione  supera  i  quindi- 
ci milioni,  e  si  compone  di  selvag- 
gi, maomettani,  idolatri,  antropofa- 
gi  specialmente  in  alcuni  punti  del- 
l'isola di  Sumatra,  e  di  cattolici.  La 
religione  cristiana  vi  si  sparse  nei 
primordi  del  secolo  XVI,  principal- 
mente ne'luoghi  soggetti  ai  porto- 
ghesi, come  nelle  Molucche;  fiori 
nell'isola  di  Borneo  e  in  quella  di 
Sumatra.  Gli  olandesi  avendo  co- 
mincialo a  conquistare  la  regione 
nel  1596,  come  caldi  eretici^  dis- 
cacciati coi  portoghesi  anco  i  mis- 
sionari, profanarono  e  distrussero 
le  chiese;  si  perde  il  frullo  de'tan- 
ti  sudori  sparsi  felicemente  e  per 
lungo  tempo  dagli  operai  evangeli- 
ci, e  di  cattolicismo  non  ne  rimase 
vestigio.  Non  fu  che  nel  principio 
del  presente  secolo,  che  dalie  cene- 
ri dell'estinta  fede  ne  tornò  in  vita 
una  scintilla  nell'isola  di  Java.  Se 
ne  deve  la  gloria  a  due  missionari 
olandesi,  Giacomo  Nelissen  e  Lam- 
berto Prenfen,  che  nel  1808  si  por- 
tarono in  Batavia,  e  ne  furono  poi 
superiori  o  prefetti  della  missione: 
essi  cominciarono  ad  esercitare  i  di- 
vini uffizi  nella  casa  di  un  pio  cat- 
tolico. Ebbero  quindi  in  dono  una 
cadente  chiesa  di  calvinisti  dal  gover- 


OCE 
tiatore  degli  stabilimenti  olandesi,  il 
quale  in  seguito  donò  pure  spazio- 
si terreni  e  mezzi,  co'quali  si  fab- 
bricò la  grande  e  bella  chiesa  della 
Beata  Vergine  Assunta,  che  fu  be- 
nedetta a'6  novembre  1829.  Parle- 
remo solo  dell'isola  di  Java,  poiché 
sono  ancora  poco  conosciute  le  no- 
tizie de' cattolici  delle  altre,  tranne 
l'isola  di  Timor  in  quella  parte  che 
spetta  al  Portogallo,  dove  si  trova- 
vano non  pochi  ministri  evangelici, 
prima  delle  politiche  vicende  cui 
andò  soggetta  la  contrada  :  il  pro- 
gresso del  cattolicismo  poteva  esse- 
re maggiore,  se  meno  contrariato 
dagli  olandesi.  L'isola  di  Java,  co- 
me si  disse  superiormente,  fu  cono- 
sciuta dagli  antichi  sotto  il  nome 
di  JabaDiu,  che  significa  V Isola 
delV  orzo ,  che  quivi  alligna  assai 
bene,  sebbene  i  naturali  del  paese 
in  preferenza  vi  coltivano  il  riso.  I 
primi  a  scuoprirla  furono  gli  abi- 
tanti dell'  isola  di  Borneo,  ma  se- 
condo l'opinione  più  comune  que- 
sto vanto  devesi  ai  portoghesi,  che 
nel  i5io  al  loro  arrivo  la  trova- 
rono divisa  fra  molli  sovrani  indi- 
pendenti, sempre  in  guerra  tra  lo- 
ro, e  de'quali  i  più  possenti  erano 
i  re  di  Jacatra.  Èssi  vi  fondarono 
qualche  stabilimento  che  nel  decli- 
nar del  secolo  XVI  venne  loro  tol- 
to dagli  olandesi.  Questi  dopo  aver 
vinto  i  principi  indigeni,  lasciando- 
ne sussistere  due  con  tributo,  s'im- 
padronirono di  Java  e  ne  fecero  nel 
16 19  il  centro  del  loro  commercio 
e  del  loro  dominio  in  questa  parte 
del  globo  oceanico.  Batavia  è  la 
principale  provincia  dell'isola  di  Ja- 
va, che  risponde  in  parte  all'antico 
reame  indigeno  di  Jacatia  o  Jaxa- 
tra,  ma  a  cagione  dell'aria  malsa- 
na acquistò  il  paese  la  trista  rino- 
manza di  tomba  degli  europei.  Ba- 


OCÈ  237 

tavia  è  città  metropoli  dell'isola  di 
JfiVa,  capitale  di  tutti  i  possedimen- 
ti olandesi  nelle  Indie  orientali  e 
residenza  del  governatore  di  essi, 
come  del  vicario  apostolico.  Bella 
e  ricca  città  molto  popolata,  nella 
quale  è  assai  diffuso  il  maomelta- 
nismo.  Occupa  l'area  dej l'antica  cit- 
tà di  Jacatra,  in  fondo  di  una  va- 
sta baia,  divisa  dal  fiume  Tjiliwong. 
E  il  centro  del  commercio  olande- 
se colla  Cina,  il  Giappone,  l'India 
e  con  tutta  la  Malesia,  nella  quale 
alcuni  geografi  comprendono  le  Fi' 
lippine  [Fedi).  Non  manca  di  con- 
venienti edifizi,  sontuoso  è  il  pa- 
lazzo del  governatore  generale.  Fra 
i  migliori  fabbricati  si  novera  la 
chiesa  della  Croce,  tutta  in  pietra, 
eretta  dagli  olandesi  nel  1640,  due 
altre  chiese  minori  cristiane,  alcune 
moschee  e  templi  cinesi,  uno  spa- 
zioso ospedale,  altro  per  gli  orfani, 
e  il  grande  arsenale  costruito  nel 
i636.  L'edificio  dell'Armonia  è  ri- 
marchevole per  le  sale  ove  si  dan- 
no feste  pubbliche;  dappresso  vi  è 
la  celebre  società  d'arti  e  scienze, 
e  non  lunge  il  teatro  con  sala  di 
squisito  gusto.  La  rada  di  Batavia 
è  sicura,  vasta  e  assai  bella,  semi- 
nata d'isolette,  avendo  la  principale 
magnifici  cantieri.  Il  porto  franco 
di  IJatavia  è  quasi  sempre  ricoper- 
to di  navi,  procedenti  da  tutte  le 
parti  del  globo.  Il  generale  Koen, 
distrutta  Jacatra ,  fondò  Batavia  e 
la  munì  di  validi  propugnacoli  do- 
po il  16 19;  la  sua.  floridezza  gli 
meritò  il  titolo  di  regina  dell'Orien- 
te sino  al  181 1  in  cui  l'occuparo- 
no gl'inglesi,  che  nel  18 16  la  re- 
stituirono agli   olandesi. 

I  cattolici  hanno  in  Batavia  la 
memorata  chiesa  dell'Assunta.  Il  vi- 
cariato apostolico  si  divideva  in  quat- 
tro Provincie  ecclesiastiche,  secondo 


938  OCE 

le  ultime  notizie,  r."  Batovia,  a."  Sa- 
ninrang,  3.°  Soerabaya,  4.**  Borneo, 
Cebeles  ed  altre  parti.  Alla  parroc- 
chia di  Batavia  spettano  Serang 
con  residenza  d'un  parroco,  che  ha 
pure  cura  delle  missioni  d'Anjer, 
più  otto  hioghi.  L'isola  di  Noussa- 
combangan,'^,  e  Parlang  neir  isola 
di  Sumatra  :  i  missionaii  residenti 
in  Batavia  devono  aver  cura  anco- 
ra de'catlolici  di  Tangerang  e  Bui- 
tenzorg.  La  seconda  divisione  com- 
prende Saaiarang,  Pekalongang  re- 
sidenza del  missionario  con  altri 
quattro  luoghi,  Soreakarla  resi- 
denza del  missionario  da  cui  di- 
pendono otto  luoghi.  Sarebbero  da 
ibrmarsi  otto  parrocchie,  una  in  So- 
reakarta,  ed  al  parroco  spettereb- 
bero oltre  sei  luoghi  con  Bagaleen 
residenza.  Altra  parrocchia  vi  è  in 
Rembang  con  cinque  luoghi  e  Ja- 
])ara  residenza.  In  Samarang,  secon- 
da città  dell'isola  di  Java,  grande 
e  in  fondo  d'ampia  baia,  vi  sono 
begli  edifizi,  e  molto  assomiglia  alla 
■vecchia  Batavia.  Vi  è  una  casa  li- 
servata  alle  orfane  cattoliche,  e  una 
cappella.  Rembang  è  grosso  borgo 
con  cliiesa  però  comune  ai  prote- 
.«ilanti.  Nella  piccola  città  di  Soera- 
bnya  vi  è  una  bella  chiesa.  In  Ti- 
mor vi  sono  diversi  missionari  nel- 
la parte  portoghese.  La  terza  parte 
della  missione  abbraccia,  Soerabay 
residenza  del  missionario,  Grisse,  il 
forte  d*  Grange,  l'isola  di  Madura, 
Passarocang  residenza  del  missiona- 
rio, ed  altri  due  luoghi.  La  quarta 
parte  comprende  Boineo,  in  cui  ed 
in  Sumatra  fu  già  la  missione  dei 
teatini  con  prefetto,  Celebes,  Am- 
boina  :  le  piccole  isole  circostanti 
Magassar  e  Amboitìa  hanno  la  re- 
.«iidenza  del  missionario;  in  Padang 
nell'isola  di  Sumatra  vi  è  una  chie- 
sa. Sono  i  javani  ó  giovani  super- 


OCE 

stìziosi,  pi'estano  fede  ai  presagì, 
studiano  la  magia,  credono  che  i 
monti,  le  piante  e  le  selve  siano 
abitate  da  uno  spirito.  Nell'isola  ò 
in  uso  la  poligamia.  Si  calcolano 
esistere  in  questo  vicariato  più  di 
10,000  cattolici.  Oltre  il  vicario 
apostolico  da  ultimo  eranvi  circa 
dieci  preti. 

Quanto  agli  altri  memorali  luo- 
ghi principali  della  missione  e  vi- 
cariato, ci  limiteremo  ai  seguenti 
brevi  cenni.  Sumatra  è  la  maggio- 
re e  più  occidentale  fra  le  isole 
che  si  dissero  già  della  Sonda,  pren- 
dendo il  nome  dal  mare  nel  quale 
sono  sparse,  che  si  chiama  Mare 
della  Sonda  e  che  fa  parte  del  gran- 
de Oceano  equinoziale.  E  attraver- 
sata da  una  catena  di  montagne, 
ed  alcune  sono  vulcaniche.  Nell'in- 
terno trovansi  grandi  e  bei  laghi 
e  clima  temperato,  nel  resto  è  va- 
ria come  la  sua  superfìcie.  I  terre- 
moti sono  violenti,  cos\  le  alterazio- 
ni dell'atmosfera.  Vigorosa  è  la  ve- 
getazione, ma  alcune  coste  sono  co- 
perte di  paludi.  Cospicua  è  la  di- 
versità di  frutti  squisiti;  Toro  e  lo 
stagno  formano  le  principali  ric- 
chezze minerali;  in  diversi  luoghi 
vi  sono  manifatture,  e  nel  regno 
d'  Achen  fonderie  di  cannoni,  nel 
paese  di  Battas  stoffe  e  diversi  or- 
namenti e  strumenti,  nel  regno  di 
Manangkabò  fabbricansi  fucili  e  pu- 
gnali ricercati,  e  superbe  opere  di 
iilagrana  d'oro  e  d'argento.  I  na- 
tivi sono  appassionati  per  la  musi- 
ca, ed  hanno  più  sorta  di  strumen- 
ti. Popoli  d'origine  differente  abi- 
tano quest'isola,  in  parecchi  piccoli 
Stati  indipendenti  e  governati  dai 
loro  particolari  capi,  su  de' quali 
gli  olandesi  esercitano  la  massima 
influenza,  anzi  la  maggior  parte  com- 
ponesi    di    loro  vassalli.  Vi    sono  i 


OCE 

ivgni  d'Achem,  di  Siak,  di  Palem- 
bang,  di  Menangkabò,  ec.  I  ballas 
sono  anlropofagi,  essendo  la  religio- 
ne un  misto  di  paganesimo  e  d'i- 
slamismo. Gli  olandesi  cominciaro- 
no a  dominar  la  contrada  nel  i5g9. 
Samarang  è  una  considerevole  pro- 
vincia di  Batavia,  con  grande  città 
del  suo  nome  in  fondo  d'ampia  ba- 
ia; vi  è  l'osservatorio  fatto  di  bam- 
bìi,  e  presso  alcuni  villaggi  veggon- 
si  tombe  de'principi  giavanesi  con 
recinto  di  pietre;  fertili  sono  le 
terre,  salubre  l'aria.  Soerabaya  o 
Surabaja  è  una  vasta  provincia  di 
Batavia  con  clima  sanissimo  e  fe- 
race suolo.  Tra  le  sue  impenetra- 
bili foreste  trovansi  i  ruderi  di  Ma- 
japahit,  antica  capitale  dell'  impero 
giavanese  o  di  Java ,  con  tombe 
di  diversi  duci  custodite  da  sacer- 
doti: la  città  di  Surabaja  é  bella, 
con  porto,  e  tra  gli  edifìzi  si  di- 
stingue il  palazzo  della  zecca.  Bor- 
nèo  è  la  più  vasta  isola  del  grande 
Oceano,  se  l'Australia  si  eccettui, 
cui  si  dà  il  titolo  di  continente  :  i 
compagni  di  Magellano  la  cbiama- 
rono  isola  Bunnè  nel  i52i,  ed  i 
portoghesi  nel  i53o  Bornèo,  seb» 
bene  gl'indigeni  l'appellano  Vara- 
ni e  Rlematan.  È  in  gran  parte 
montuosa,  con  vulcani  estinti,  aven- 
te nelle  coste  porti  eccellenti;  il 
clima  è  temperato,  ma  la  terra  è 
soggetta  a  frequenti  scosse.  Questo 
paese  sorpassa  ogni  altro  per  la 
prodigiosa  quantità  de' suoi  uccelli. 
Abbonda  di  pepe  e  d'oro;  minie- 
re di  diamanti  sono  ne'  regni  di 
Pontiana  e  di  Bandermassin.  Il  ra- 
diah  di  Mastan  possiede  uno  de'piÙL 
grossi  diamanti  che  si  conoscano, 
mentre  pesa  grezzo  56y  carati,  e 
ne  peserebbe  i83  ridotto  a  bril- 
lante. A  tre  milioni  si  fanno  ascen- 
dere gli  abitanti,  composti  di  molti 


OCE  239 

popoli  d'origine  e  costume  diversi. 
Bornèo  si  divide  in  un  gran  nume- 
ro di  stati,  i  cui  sovrani  portano 
il  nome  di  radiah,  o  sultani  quan- 
do sono  mussulmani.  Credono  al- 
cuni che  Bornèo  sia  la  gran  Java 
di  Marco  Polo.  Gli  olandesi  nel 
1643  vi  eressero  il  primo  stabili- 
mento, e  nel  181  3  s'impadronirono 
della  metà  sud-ovest  dell'isola;  in  pari 
tempo  riuscì  agi'  inglesi  di  slabi- 
lirvisi.  Bornèo  pure  si  chiama  la 
capitale,  con  ottimo  e  frequentato 
porto  :  la  casa  del  sultano  si  di- 
slingue per  ampiezza  e  pe'suoi  giar- 
dini ;  è  la  pili  commerciante  del- 
l'isola. L'arcipelago  e  grande  isola 
di  Timor  fa  parte  dell'arcipelago 
della  Sonda.  L'isola  è  attraversata 
da  una  catena  di  montagne,  con 
clima  vario.  Avvi  gran  copia  d'al- 
beri fruttiferi  e  di  le^ni  da  costru- 
zioni  navali,  prodigiosa  quantità  di 
api;  ne' fiumi  e  laghi  sonovi  pesci 
squisiti.  La  sovranità  si  divide  tra 
gli  olandesi  e  i  portoghesi;  la  sede 
del  governo  de*  primi  è  al  porto 
Concordia  di  Cupang,  ed  a  Dielly 
quella  de'secondi.  11  paganesimo  è 
la  religione  di  Timor,  benché  la 
maggior  parte  de' principi  preten- 
dano di  essere  cristiani.  Si  compo- 
ne di  cinque  nazioni  e  di  sessanta- 
tre principati,  quasi  tutti  con  vas- 
sallaggio fra  l'Olanda  e  il  Porto- 
gallo. Celebes  o  Macassar  è  un'iso- 
la dell'arcipelago  della  Sonda,  con 
diversi  gruppi  di  circostanti  isole 
minori,  ossia  nel  grande  Oceano 
equinoziale.  Le  vaste  baie  la  divi- 
dono in  quattro  penisole;  il  suo 
interno  è  montagnoso,  con  vulcani 
attivi  e  numerosi  corsi  d'acqua. 
L'aria  è  generalmente  sana,  i  calo- 
ri sono  ardenti  ;  con  suolo  fertile  e 
ben  coltivato,  foreste  che  danno  le- 
gno prezioso,  e  quasi  tutti  gli  ani- 


I 


i4o  OCE 

mail  domestici  d'Europa  vi  si  Irò- 
vano.  E  l'isola  ricca  di  miniere 
d'oro,  divisa  in  gran  numero  di 
piccoli  stali,  de' quali  i  principali 
sono  Bony  e  Macassar,  il  primo 
governalo  da  un  sultano,  il  sccon- 
do  appartiene  agli  olandesi.  I  po- 
poli hanno  tinta  di  color  di  rame, 
sono  forti  e  molto  agili,  assai  intelli- 
genti nella  coltivazione  e  nelle  arti 
meccaniclie  ;  erano  idolatri,  ma  il 
maomettismo  introdotto  dopo  il  se- 
colo XVI  è  la  religione  del  mag- 
gior numero,  esercitandovi  i  muftì 
un  impero  possente.  Le  leggi  sono 
severe  contro  i  colpevoli.  I  portoghesi 
si  stabilirono  in  Celebes  nel  iSiSy 
poscia  gli  olandesi,  finalmente  le 
Molucche  è  un  arcipelago  bagnato 
ni  nord  dal  grande  Oceano  equi- 
noziale. Le  piccole  isole  Molucche 
sono  Ternate,  Makian,  Motir,  Bat- 
chian  e  Tidore;  le  grandi  sono 
più  numerose,  contandosi  fra  le  prin- 
cipali  Gilolo,  Gerani,  Bouro,  Am- 
boina,  e  le  isole  di  Banda  che  so- 
no le  pili  meridionali.  E  coperto 
da  montagne  boschive  o  di  nude 
rocce,  con  vulcani  quasi  tutti  estin- 
ti. La  maggior  parte  di  queste  iso- 
le è  assai  pittoresca;  l'aria  è  sì  bol- 
lente che  non  si  potrebbe  soffrirla 
senza  le  pioggie;  si  provano  fre- 
quenti terremoti  che  rendono  la 
navigazione  pericolosa  ;  per  l'abbon- 
danza delle  spezie  che  producono 
le  isole,  le  Molucche  si  dissero  Iso- 
le delle  spezie.  Gli  uccelli  vi  sono 
numerosi  e  molti  di  rara  bellezza, 
come  quelli  del  paradiso.  I  natura- 
li rassomigliano  a  quelli  di  Java  e 
di  Sumatra,  ne'costumi,  usi  e  mo- 
di di  vivere;  sono  di  colore  neric- 
cio carico,  di  carattere  dolci  e  de- 
stri, ed  insieme  sospettosi,  infingar- 
di e  fieri.  I  cinesi  furono  i  primi 
a  scoprir  le  Molucche,  indi  vi  s'in- 


OCE 

trodusscro  quei  di  Java,  i  malesi,  i 
persiani  e  gli  arabi  che  vi  porta- 
rono fra  le  pratiche  dell'  idolatria 
le  superstizioni  del  maomettismo.  I 
portoghesi  le  visitarono  nel  i5io: 
sotto  il  comando  di  Francesco  vSera- 
no,  il  che  motivo  la  spedizione  di 
Magellano,  il  quale  se  ne  impadro- 
nì, e  questo  possesso  fu  il  soggetto  di 
grandi  dispute  cogli  spagnuoli;  ma 
dipoi  gl'isolani  appoggiati  dagli  olan- 
desi scacciarono  del  tutto  i  porto- 
ghesi nel  1607.  Avendone  gl'ingle- 
si reclamata  una  porzione,  nel  1629 
venne  stabilito  che  le  Molucche  ap- 
parterrebbero loro  per  un  terzo,  e 
per  due  terzi  agli  olandesi,  ai  fjuali 
riuscì  presto  di  restar  soli  padroni 
delle  immense  ricchezze  di  questo 
snolo.  Essi  attualmente  sono  pieni 
padroni  delle  isole  di  Amboine  e 
di  Banda,  essendo  le  altre  gover- 
nate da  sultani,  più  o  meno  però 
dipendenti  dagli  olandesi. 

Notizie  sul   vicariato  apostolico 
di  Melanesia-Micronesia. 

Questo  vicariato  apostolico  fu  e- 
retto  da  Gregorio  XVI  nel  i844> 
nella  Notasia  e  Micronesia  o  parte 
settentrionale  dell'  Oceania.  Per  la 
recente  sua  istituzione  poco  cognite 
sono  le  sue  parti;  per  quanto  ri- 
guarda la  Melanesia,  siccome  il  se- 
guente vicariato  di  Nuova  Olanda 
anch'esso  trovasi  nella  Melanesia, 
alcune  sue  provincie  probabilmente 
debbono  fare  partedi  questo  vicariato, 
laonde  parleremo  di  quella  porzione 
che  è  compresa  nella  Micronesia. 
L'immenso  tratto  di  mare  che  ad  o- 
riente  ha  per  confine  la  Polinesia  e  ad 
occidente  la  Cina,  viene  oggi  chiama- 
to Micronesia.  Sono  quasi  infinite 
di  numero  le  isole  che  vi  si  vedo- 
no sparse.  Comprende  le  Filippine, 


OCE 

le  Caroline  e  le  Marianne.   Delle  Fi- 
lippine se  ne  tratta  al  suo  articolo, 
COSI  di  Manila i   Cacerts,  Nome  di 
Gesù  e  Nuova  Segovia.  La  religio- 
ne cattolica   vi  è  diffusa  :  vi  è  una 
provincia  di    minori  osservanti,  da 
cui  escono  molti   missionari;  degna 
è    pure   di    particolar    menzione  la 
provincia    de'  domenicani    che    ha 
cura  della  religione    non  solo  nelle 
Filippine,  ma  nella  Cina  e  nel  Ton- 
kino,  e  nell'arcivescovato  di  Manila 
la  missione  di    Vinan    detta    di    s. 
Rosa  di  Lima.  Il  vescovo  della  Nuo- 
va Segovia  ha    tre    provincie,  Pan- 
gasian,    Cagayan  e  sue  missioni,  e 
Je  isole    Batames.    Le    Caroline    o 
nuove  Filippine  sono  in  molto  nu- 
mero, ma    di  poca    popolazione    e 
di    piccola    estensione.    Ruy    Lopez 
di  Villalobos  le  scuoprì  nel    i543. 
Furono  obliate  per  più  d'  un  secolo 
e  non  fu  che  nel  i636  che  ne  pre- 
sero possesso  gli  spagnuoli,  chiaman- 
dole  Caroline  in  onore  del  loro  re 
Carlo   IL  La  congregazione  di  pro- 
paganda nel    1704  o    1706  si  pre- 
se cura  della  religione,  al  modo  in- 
dicato  di  sopra.  1  gruppi  principali 
di    queste    isole  si  ^^chiamano    Yap, 
Lamursek,    Hogo-leu,    Punipet    ed 
Oualan.  Gli   abitanti  hanno  fìsono- 
mie  dolci    e   piacevoli,  sono    destri 
e  agili  al  nuoto,  ed    abbruciano  i 
loro  morti.    Ciascuna    isola    ha  un 
capo  particolare,    ma   tutti  obbedi- 
scono ad  un  capo  supremo.  Le  Ca- 
roline hanno  un  clima  delizioso,  ma 
sono  soggette    a    uragani     terribili. 
Le  Marianne    o    isole    de'  Ladroni 
furono  scoperte    da  Magellano    nel 
i5io.  Gli     abitanti     con    destrezza 
singolare  avendo    rubato  molti  og- 
getti di  ferro  ne'  vascelli  dello  scuo- 
prì tore,  questi  le    chiamò  Isole  dei 
Ladroni.  In  appresso  ebbero  nome 
di  Filippine  da  Filippo  II  re  di  Spa- 

VOL.    XLVIII. 


OCE  24t 

gna,  quando  a  suo  nome  ne  prese 
possesso.  Un  tal  nome  però  fu  poi 
cambiato  in  quello  di  Marianne  da 
Filippo  IV",  in  onore  di  Maria  An- 
na d' Austria  madre  di  Carlo  II, 
che  vi  mandò  de'  missionari  :  in  es- 
se e  nelle  altre  isole  della  Microne- 
sia  prosperarono  le  missioni  de'  fran- 
cescani, domenicani,  gesuiti,  e  ago- 
stiniani eremitani  e  scalzi.  Le  più 
grandi  tra  le  isole  Marianne  sono 
Rota,  Tinian,  Saypan,  Anatajan , 
Sariguan,  Alamaguan,  Pagu,  Gri- 
gan ,  Mangs ,  1'  Assunzione  e  Ura- 
cas.  Eccettuata  Guam,  sono  tutte 
di  un  aspetto  triste  e  sterile.  Gli 
abitanti  numerosi  prima  della  sco- 
perta, furono  quasi  tutti  sterminati 
o  obbligati  a  fuggire.  Furono  visi- 
tate dall'  ammiraglio  Anson,  che 
giunse  a  Tinian  nel  174^  e  ne 
fece  una  descrizione  bellissima  ;  qual- 
che tempo  dopo  vi  si  sbarcò  By- 
ron  e  le  trovò  deserte  per  la  fer- 
rea amministrazione  spagnuola,  ma 
dopo  il  1772  essendo  essa  divenu- 
la più  mite,  gì'  isolani  a  poco  a 
poco  si  accostumarono  a  coltivare 
le  terre. 

Notizie  del  vicariato  apostolico  della 
Nuova    Olanda  o  Australia. 

Questo  vicariato  apostolico  fu  e- 
retto  da  Gregorio  XVI  nel  i834, 
nella  Melanesia,  cioè  nell'Australia 
o  Oceania  centrale,  e  comprende  la 
metà  orientale  dell*  Australia,  ossia 
del  continente  australe,  la  Nuova 
Olanda,  la  Diemenia  ed  il  gruppo 
di  Norfolk.  L'  Inghilterra  cominciò 
la  sua  prima  colonia  della  Nuova 
Galles  australe  in  questa  parte  del 
mondo  nel  1788,  inviandovi  dei 
condannati  al  bando,  tra*  quali  v'e- 
rano de' cattolici  :  di  questi  non  po- 
chi, specialmente  irlandesi,  non  e*» 
16 


24^  oc  E 

rano  rei  di  altro  delitto  che  di  pro- 
fessare la    religione    de'  loro    padri 
e    di    essere    fermamente    attaccati 
alla  Chiesa  cattolica.   Fino  al    i8o5 
non  fu  permesso  ad  alcun  prete  cat- 
tolico di  loro    amministrare  le  con- 
solazioni  della    religione  :  allora    si 
concesse  a  due    sacerdoti  di  eserci- 
tare a  loro  prò  le    funzioni  del  sa- 
cro ministero,  ma  con  certe  restri • 
zioni.  Nel   1808    sotto  alcuni    pre- 
testi i  due  preti  furono  costretti  a 
partire,  ed  i  cattolici  restarono  sen- 
za pastore  per  lo    spazio    di    dieci 
anni.  Nel    1 8 1 7   un  sacerdote  irlan- 
dese, l'abbate  Flinn,  che  si  era  por- 
tato alla  Nuova  Galles,  dopo  breve 
dimora  fu  obbligato  a  partire.  Nel 
1820  alla  fine  il  governo  Vi  man- 
dò  due   preti,  i  quali    avendo    col 
loro    zelo    apostolico    ottenuto    un 
cambiamento     meraviglioso    ne*  co- 
stumi del  loro   gregge,  il    governo 
non  solo    assegnò    loro  vistoso  an- 
nuo sussidio,  ma  si  continuò  a  per- 
mettere l'esercizio   libero  della  re- 
ligione cattolica,  ed  il  numero  dei 
missionari  fu  progressivamente  ac- 
cresciuto con  molto  frutto  di  quel- 
le anime  e  vantaggio  della  colonia. 
Ciò  segui  nel  1829,  insieme  ad   un 
domenicano,  e  le  autorità  civili  do- 
narono loro  terreno   e    sussidi    pe- 
cuniari per  fabbricarvi  una  chiesa. 
Dopo  che  Gregorio  XV 1  vi  nomi- 
nò primo  vicario  apostolico  monsi- 
gnor Polding,  mercè  le  copiose  be- 
nedizioni date  dal  Signore  alle  fa- 
tiche veramente  apostoliche  di  que- 
sto zelantissimo    prelato  e  de'  suoi 
degni  collaboratori    in  quelle    fati- 
cose missioni,  la   nostra  santa  reli- 
gione avendo  fatto  notabili  progres- 
si in   quelle    regioni,    il    medesimo 
Papa  giudicò  espediente  di  formare 
del  vicariato  apostolico  una  provin- 
cia ecclesiastica.    Quindi    eresse  un 


OCE 

arcivescovato  nella  città  di  Sidney 
(Vedi)  e  due  vescovati  suffraganei 
in  Hobartown  {Vedi)  ed  in  Adelai' 
de  che  descriveremo.  Quindi  la  giu- 
risdizione ecclesiastica  della  Nuova 
Olanda  e  della  terra  ed  isola  di 
Van-Diemen  venne  ripartila  in  tre 
vicariati  :  uno  è  costituito  nella 
Nuova  Galles  meridionale,  al  quale 
fu  riunita  interim  anche  1'  Austra- 
lia occidentale  ;  il  secondo  nelT  Au- 
stralia meridionale  j  il  terzo  nel- 
l'isola di  Diemen.  Il  vicario  aposto- 
lico della  Nuova  Galles  è  anche  ar- 
civescovo di  Sidney;  il  vicario  a- 
postolico  di  Norfolk  è  vescovo  d'A- 
delaide; il  terzo  è  ordinario  di 
Hobartown.  L'  Australia  o  Nuova 
Olanda,  isola  forse  la  più  grande  di 
quante  ne  esistono,  o  piuttosto  con- 
tinente, si  può  dire  che  ancora  in- 
teramente non  si  conosce,  perchè 
gli  europei  ne  visitarono  princi- 
palmente le  coste  e  le  dune  lito- 
rali. La  popolazione  quindi  non  si 
conosce  bene,  ed  è  divisa  in  tribù 
senza  legami  fra  loro:  nel  i836  vi 
si  stabilirono  10,000  europei.  Qui 
somma  è  la  barbarie,  completa  la 
ignoranza,  estrema  la  miseria;  sen- 
za modestia  e  pudore  si  fanno  i 
matrimoni  col  ratto;  si  serve  alla 
superstizione  e  si  sente  orrore  ad 
ogni  idea  d' incivilimento  e  di  a- 
bitudini  sociali.  Quanto  al  vesco- 
vato d'Adelaide,  Addaiden^  nell'Au- 
stralia meridionale  e  sua  capita- 
le, esso  comprende  Norfolk  e  la 
terra  di  Diemen,  mentre  Hobar- 
town occupa  r  isola  di  Van  Die- 
men o  Tasmania  nella  parte  me- 
ridionale. Norfolk  è  un'isola  del 
grande  Oceano  australe  fra  la  Nuo- 
va Caledonia  e  la  Tasmania,  sco- 
perta da  Cook  nel  1774»  ^^^  »''co» 
nosciula  da  La  Perouse  nel  1788, 
e  visitala  nel    1801    da  Turubull. 


OCE 

Kelazioni  soddisfacenti  determinaro- 
no 1'  Inghilterra  a  prenderne  pos- 
sesso nel  1788,  trasportandovi  vari 
coloni  da  Porto  Jakson,  indi  nel 
j8o5  la  trascurarono  per  meglio 
stabilirsi  nella  Diemenia.  Dipoi  vi 
lislabilirono  l'antica  colonia,  la  qua- 
)e  dipende  dal  governo  di  Sydney. 
11  piccolo  gruppo  di  Norfolk  ha  le 
ìsole  di  Nepean  e  Philip.  La  baia 
eli  Norfolk  sulla  costa  sud-est  della 
terra  di  Diemen,  fu  cos'i  chiamata 
nel  1799  da  Flinders  e  Bass;  Bau- 
din  però  nel  1802  cangiò  questo 
nome  in  quello  di  porto  di  Buache. 
Il  vescovo  e  il  clero  di  Adelaide  non 
lianno  alcun  sussidio  dal  governo,  vi 
è  libero  l'esercizio  del  culto,  ma 
essendovi  stabilite  tutte  le  sette, 
esse  covano  odio  implacabile  con- 
tro i  cattolici,  i  quali  in  tutto  il 
•vicarialo  della  Nuova  Olanda  su- 
perano i  5o,ooo. 

La  Melanesia  o  parte  meridiona- 
le dell'  Oceania,  comprende  la  grana- 
rie isola  o  continente  dell' Australia 
o  Nuova  Olanda,  che  ne  costituisce 
il  perno  principale.  Queste  terre 
ri  mote  sono  ricche  di  memorie  glo- 
riose per  la  Francia,  per  le  ricer- 
che felicissime  operale  dai  francesi. 
Poche  contrade  offrono  un  più  gran 
numero  di  porti  spaziosi  e  sicuri 
quanto  la  Nuova  Olanda.  Dalla  ca- 
tena delle  montagne  Azzurre  han- 
no sorgente  i  principali  corsi  d' ac- 
qua conosciuli,  cioè  r  Havp-Kjesbury, 
il  Paterson,  il  Lachlan  e  il  Mac- 
quaria.  Singolari  e  senza  numero 
sono  le  naturali  produzioni.  Le  sta- 
gioni sono  opposte  a  quelle  di  Eu- 
lopa  e  io  ordine  inverso.  L'  aspet- 
to generale  della  Nuova  Olanda  ha 
una  fisonomia  propria,  la  natura 
creando  questa  contrada  le  impres- 
se un  carattere  speciale,  di  cui  nien- 
te può  dare   un'  idea,   avendo  nu- 


OCE  243 

merosi    vulcani    estinti.   La    Nuova 
Olanda  non  fu  scoperta  che  succes- 
sivamente, e  le  sue  coste  occidenta- 
li furono  le  prime  che  gli  olandesi 
riconobbero    e    nominarono  :    tutta 
la  costa  orientale  porta  il  nome  di 
Nuova  Galles  del    sud.    Gli  inglesi 
si  arrogarono  il  diritto  d'impadro- 
nirsi della  maggior  parte  della  Nuo- 
va Olanda,  perchè   Cook  avea  sco- 
perto   tutta  la    costa    orientale  :  la 
chiamarono  Nuova    Galles  del  sud, 
abbandonando    l'altra    metà    della 
regione,  e  la  più  inferiore  io  pregi, 
ai  primi  scuopritori,  lasciandogli  il 
nome  di   Nuova  Olanda.  Gli  olan- 
desi scoprirono  i    primi    nel    i6o5 
le  coste  di  questo    vasto  paese,  ma 
in  modo  imperfetto    per  mancanza 
di  provvisioni  ;  nel  16 16  il  coman- 
dante di  un  vascello  olandese  Direk- 
Hartighs  scuopri  le   coste    occiden- 
tali, e  nel  1627   Pietro  Nuyts  sco- 
perse la  costa  sud,  quindi  nel  1628 
molti   vascelli  olandesi  visitarono  la 
costa  occidentale.  Nel  1642  la  com- 
pagnia olandese    delle  Indie  orien- 
tali inviò  Abel    Tasman  che  visitò 
le  coste  nord  della  Nuova  Olanda, 
e    che    chiamò    terra    di    Anthony 
Wan- Diemen,  per  distinguerla  da 
quella   di     PVan    Diemen    al    sud. 
Nel    1644  Tasman    visitò    la  costa 
occidentale,  e    l'isola    nel    1688    e 
nel    1699  vide  il  capitano  Dampier. 
La  costa  orientale  fu  nel    1770  ri- 
conosciuta da  Cook;  nel  1773  Fur- 
neaux  riconobbe    la    D  emenia  dal 
punto  sud.    Nel     1791     Vancouver 
visitò  la  costa  sud,  che  più  accura- 
tamente   vide    Bruny    d'  Entreca- 
steaux  e  fece  molte  scoperte  cui  die 
il  suo  nome.  Gli  inglesi  poscia  com- 
pletarono r  esame   delle    coste  del- 
l' isola,  ed    il    governo    francese    vi 
mandò    il    capitano    Baudin.    Que- 
ste  spedizioni  fecero  conoscere  tut- 


i44  OCE 

ta  h  costa  delia  Nuova  Olanda 
e  delia  Diemenia;  ma  di  tutti  i 
viaggi  il  più  importante  é  quello 
del  capitano  King  che  ne  pubbli- 
cò i  risultati  in  Londra,  chiaman- 
do tali  coste,  Coste  di  ferro. 

Notizie  del  vicariato  apostolico 
dell*  Oceania  occidentale. 

Questo    vicariato     apostolico    fu 
eretto  da  Gregorio  XVI  nel  i836 
neir  Australia    o   Oceania    o    Poli- 
nesia centrale,  e  comprende  le  due 
isole  della  Nuova    Zelanda,    capaci 
a  dividersi  in    due    grandi    diocesi 
per  essere  lunghe   looo  miglia.  La 
giurisdizione  per   altro    del  vicario 
apostolico  si  estende  molto  di  più. 
Salisce  sino   all'Equatore,  e  sue  so- 
do la  Nuova  Irlanda,  la  Nuova  Bre- 
tagna ,   r  arcipelago    di    Salomone 
fino  ai  confini  assegnati  al  vicaria- 
to centrale  dell'  Oceania.  La  popo- 
lazione cattolica  della  Nuova  Zelan- 
da consisteva  già  nel   i838  in  i5o 
europei  e  6000  indigeni  ;  nel  1841 
erano  i   cattolici    1765,    cioè    stra- 
nieri cattolici    6^5  e    neofiti    indi- 
geni 1000,  ed  i  catecumeni  451,000, 
e  già    vi    sorgevano    mirabilmente 
ovunque  chiese  e  cappelle;  le  chie- 
se ascendevano  a  26  e  le  cappelle 
a  80,  essendo  straordinari  i  progressi 
del  cattolicismo  in  queste  contrade. 
11  vicariato  è  diviso  in  stazioni.  La 
stazione  di  Kokianga  ha  per  patro- 
ni s.    Giuseppe  e  s.    Francesco    di 
Sales,  con    diecinove    luoghi  o  tri- 
bù, de'quali    Waima  ha    una  cap- 
pella e    Ahipara    tre.    La    stazione 
della  Baia  dell'  Isole   ha  per  patro- 
ni i  ss.  Pietro  e  Paolo,  con  dodici 
luoghi,  de'quali  Manawape  con  due 
cappelle  e  Waimate   con  tre  :  vi  è 
la  casa    pel    vicario    apostolico,    la 
casa  pei  missionari,    le  scuole,  col- 


OCE 
legio  e  ospedale.  La  stazione  di 
Wangaroa  è  sotto  1'  invocazione 
dell'Epifania  e  de*  ss.  Re  Magi,  e 
comprende  Wangaroa  e  Mongonui 
con  cappella.  La  stazione  di  Kai- 
para  sotto  T  invocazione  del  ss.  Ro- 
sario, ha  Kaipara  ,  Wanquari  e 
Wangarum,  ognuno  con  due  cap- 
pelle. La  stazione  di  Auckland  ha 
per  patroni  i  ss.  Patrizio  e  Giu- 
seppe, con  Waitemata  e  Auckland 
capitale,  residenza  del  governatore, 
e  tre  altri  luoghi  :  si  fabbricarono 
chiese,  scuole^  residenza  pel  missio- 
nario e  cimiterio.  La  stazione  di 
Tauranga  venera  in  protettore  s. 
Tommaso  d'Aquino,  con  sei  luoghi: 
hanno  cappella  Naungatapu  e  Mn- 
tuhoa,  con  casa  pel  missionario.  La 
stazione  di  Melomata  e  di  Waihalo 
unite,  sotto  V  invocazione  di  s.  An- 
gelo, con  dieciotto  luoghi.  La  sta- 
zione di  Meketuche  ha  in  protettore 
s.  Gioacchino,  con  otto  luoghi  :  un 
capo  principale  degli  indigeni  ha 
dato  il  terreno  per  la  residenza  del 
missionario.  La  stazione  di  Opotiki, 
sotto  la  denominazione  della  ss. 
Annunziata,  contiene  Opotiki  con 
una  gran  cappella,  e  tre  luoghi  :  vi 
fu  assegnato  qualche  terreno  pel 
culto  ecclesiastico.  La  stazione  di 
Terakako,  dedicata  alla  Presenta- 
zione di  N.  S.,  neir  interno  vi  sono 
tribù,  ma  non  vi  risiede  stabilmen- 
te il  missionario.  Porlo  di  Nicklson, 
stazione  denominata  la  Natività  di 
N.  S.  :  vi  si  trovano  4^0  cattolici 
europei,  vi  fu  benedetto  il  cimite- 
rio e  venne  promesso  il  terreno 
per  fabbricar  chiesa,  scuola  e  resi- 
denza pel  clero.  Finalmente  la  sta- 
zione di  Akoroa,  sotto  la  prote- 
zione de' ss.  Filippo  e  Giacomo,  ha 
quattro  luoghi,  una  cappella  e  casa. 
Sono  pii  stabilimenti  la  missione 
di  s.  Maria  della  Pace,  e  quelle  scuo- 


I 


OCE 

le,  ospedali,  chiese  e  cappelle  che 
doveansi  aggiungere  alle  preesisten- 
ti. Questo  vicariato,  come  quello 
dell'Oceania  centrale,  è  attldalo  alla 
congregazione  de'  maristi.  Non  sono 
meno  di  60  i  missionari  ed  i  ca- 
techisti che  in  cinque  anni  fecero 
tela  dalla  Francia  per  l' Oceania 
occidentale.  Il  merito  di  aver  pro- 
posto questa  missione  è  del  france- 
se Solages  e  dell'  irlandese  Dillon. 
Nel  1841  eranvi  i3  preti,  io  mis- 
sionari e  16  catechisti.  Nella  Nuo- 
va Zelanda  non  \ì  si  trovano  ido- 
li materiali,  ma  vi  sono  in  vene- 
razione gli  spiriti. 

La  Nuova  Zelanda  sono  due  gran- 
di isole  del  grande  Oceano  australe, 
nel    sud-est    dell'Australia,    attra- 
versata   da    una    lunga    catena    di 
montagne  elevatissime  e  coperte  di 
nevi  perpetue,  parecchie  delle  qua- 
li sono    vulcaniche.    Vi  sì    trovano 
fonti  ahbondanti   e  fiumi  con  ma- 
gnifiche cascate.  Il    clima   è  tempe- 
rato, la  vegetazione  superba,  i  pesci 
abbondano  sulle  coste,  ed  il  regno 
minerale  non  lascia  d'  essere  impor- 
tante. I    nativi    appartengono    alla 
razza  polinesiaca,  hanno  colore  bru- 
no, sono    ahi  e    parlano    come  gli 
otaitani  ;  sono     indifferenti    per    la 
vita  e  sfidano  la  morte,  e  trattano 
le  donne  da  schiave.  Il  loro  sacer- 
dote  si    chiama    arikì;  si    professa 
ai  defunti  il  rispetto  il  più  religio- 
so   e  s'  imbalsamano    ron    miglior 
metodo  degli    egiziani.   Ogni    tribù 
forma  una  repubblica  e  ogni  indi- 
viduo è  indipendente.  Niun  popolo 
come    i    nuovo-zelandesi    esercitano 
l'antropofagia,  onde   molti  naviga- 
tori   furono    da    essi    divorati.    La 
Nuova     Zelanda'    fu    scoperta    nel 
1642  dall'olandese  Abele  Tasman. 
Sotto  il  nome    di  Nuova  Bretagna 
$ì  comprende  un  ragguardevole  ar< 


OGE  a45 

cipelago    deir   Oceano    Pacifico  :    i 
gruppi  principali    delle    isole    sono 
la  Nuova    Bretagna,  il    Nuovo  An- 
nover,    l'  isole    dell'  Ammiragliato  , 
di  Portland,  ec.   Nel    1700    Dam- 
pier  scuoprì  nel  Capo- William  deU 
la  Paupasia  lo    stretto  che    ne  ha 
ereditalo    il  nome,  e  cosi    vide    la 
Nuova  Bretagna    0  Birara,  isola  la 
più  meridionale   di   detto  arcipela- 
go. Il  terreno  è  ferace,  abbonda  a- 
te  la   pesca,  gli  indigeni  sono  negri 
e   numerosi.    La    nuova    Irlanda  o 
Tombara,    isola    di    poco    inferiore 
alla  precedente    in    grandezza.    Gli 
abitanti    sono  i    meno    incolti    del- 
l' arcipelago,  ed  hanno  templi  con 
idoli  di  figura  umana  :  suonano  le 
siringhe  o  flauti  di  Pane.  E  mon- 
tuosa e  coperta  di  foreste  popolate 
d'  una  moltitudine  d'  uccelli   di  spe- 
cie diversa.  Fu  scoperta  da  Carte- 
ret  nel   1767,    che    rese  il    popolo 
subito  mansueto  e  amico;  Entreca- 
steaux  ne  compì  la   conquista.  Salo- 
mone è  il    nome    d' un    arcipelago 
del  grande  Oceano   equinoziale.  Si 
chiamò  prima  il  gruppo  delle  isole 
Arsacidi,  poi    Nuova    Giorgia,  indi 
prevalse  quello  di    Salomone  come 
più  antico.    L' interno    ha    monta- 
gne boschive  e    alcune    vulcaniche. 
Gli  abitanti  sono  in  continua  guer- 
ra coi  loro  vicini,   ed  i  capi  vi  e- 
sercilano  un    potere    dispotico.    Le 
isole  furono  scoperte   nel   1567  da 
Mendana,  e  le  principali  che  sepa- 
rano la  Melanesia  dalla   Micronesia 
e  dalla  Polinesia    sono  :  s.  Isabella, 
la  più  grande  e  la  principale,  posta 
quasi  nel  centro  dei  gruppo,  Choi- 
seul,  Bougainville,  Georgia,  Maiayta 
o  Carteret,    Arsacidi  e   s.    Christo- 
vai. 


246  OCE 

Notizie    del  vicariato   apostolico 
dell'  Oceania    orientale. 

Questo  vicariato  apostolico  fu  e- 
i-ello  da  Gregorio  XVI  nel  i833, 
nella  Polinesia  orientale,  già  pre- 
fettura apostolica  pure  da  lui  isti- 
tuita. Comprende  gli  arcipelaghi 
della  Società,  delle  Marchesi,  del  iVlar 
Cattivo,  del  Mare  Pericoloso,  delle 
ìsole  Gambieres  che  sono  sei  e  due 
senza  abitanti,  altri  dicono  che  le 
abitabili  sono  quattro.  Mangareva 
residenza  reale,  Tara  vai,  Akamani, 
Akena,  Takanta  o  s.  Cristina.  In 
Akena  nel  iSSg  il  vicario  apo- 
stolico aprì  e  benedl  una  bella  chie- 
sa in  pietra  ;  in  Mangareva  si  sla- 
va fabbricando.  I  missionari  picpus 
erano  i6,  i  catechisti  8,  ed  il  p. 
Francesco  d' Asisi  Caret  vice- pre- 
fetto. In  Jaravai  vi  è  la  casa  della 
missione  della  Pace;  in  Vakitaku 
■vi  è  la  casa  pei  missionari.  Le  po- 
polazioni di  queste  isole  mostrano 
molta  disposizione  per  la  coltura 
e  migliore  per  la  pietà.  I  fedeli 
assistono  ai  divini  o^ici  con  quella 
modestia  che  talvolta  si  desidera 
nelle  chiese  delia  cristianità.  Il  pri- 
mo prefetto  di  questa  missione,  il 
p.  Cristoforo  Liausu,  rimasto  in 
Valparaiso  nello  stabilimento  avuto 
in  dono  dalia  missione,  dopo  molto 
tempo  vi  morì  ;  ivi  è  la  procura 
della  missione  di  questo  vicariato, 
affidato  alla  congregazione  dei  pie- 
pus.  Il  vicario  apostolico  ebbe  am- 
plissime facoltà  :  fra  queste  avea 
quella  di  poter  autorizzare  i  pre- 
fetti e  i  missionari  ad  esercitare 
le  ricevute  facoltà  non  solo  nella 
missione  loro  assegnata,  ma  in  qua- 
lunque terra  o  isola  li  avesse  o  de- 
portati la  violenza,  u  condotti  la 
necessità,  per  il  tempo  che  vi  si 
fermassero  ;  se  ivi    non  fosse  alena 


OCE 
missionario  o  non    dipendessero  da 
altro  prelato.   Il   re  e  le  principesse 
scrissero  nel    i83c)    una    lettera  al 
Papa  Gregorio  XVI,  il  quale,  come 
diremo,  rispose    e    donò    di  meda- 
glie benedette  da  lui.   In  Mangare- 
va fu  innalzata  la  statua  della  Ma- 
donna del  Rosario  donata  dal  Pon- 
tefìce  stesso.  In   queste    isole  è  in- 
valso l'abuso    che  i  coniugi  scam- 
bievolmente   annoiatisi,  gli    uomini 
si  cercano  altre    mogli  e  le    mogli 
altri   mariti;   e  questo  presenta    un 
grave  ostacolo  alle  conversioni.  Nel- 
le   isole    Gambieres    eranvi    4oo<* 
neofiti  e  5oo  nelle    isole  Marchesi. 
Mentre  i  sacerdoti  cattolici  della  so- 
cietà de' picpus  aspettavano  in  Val- 
paraiso, città  e  principal   porto  del 
Chili  sul  grande    Oceano    australe, 
il   vicario  apostolico    per   tragittare 
neir  Australia,    sentendo    che  nelle 
isole  Gambieres  il  propagamento  del 
cristianesimo  non   poteva  essere  tra- 
versato dall'odio  eretico,  pensarono 
d'impossessarsi     di    questo     campo 
prima  che  fossero  prevenuti  dai  set- 
tari.   Con     molto    stento    e  denaro 
indussero  il    capitano    d'una     nave 
a  trasportarli  in    quelle    isole    non 
visitate  da    commercianti.    Appena 
giunti  non  dubitarono  di  por  pie- 
de in  Mangareva  la    più  grande  di 
esse,  che  domina  le  altre  tre,  Ake- 
na, Akamani    e    Taravaì'.    La  pri- 
ma difficoltà  che  incontrarono  si  fu 
quella  dell'  idioma,   ma  ben    presto 
lo  superarono    col  mezzo  d'  un  in- 
terprete   datogli     da     un     capitano 
francese,   onde  si  misero  subito  al- 
l'evangelizzaraento     delle    isole,  co- 
minciando da   Akena,   per  avere  a- 
vuta  sterile    accoglienza  da  Mapu- 
teo    principe    di    Mangareva,    nella 
quale  un'altra    volta  corsero  peri- 
colo di  essere    bruciati  per  avere  ri- 
cusato le  donne  che  gli  erano  state 


OCE 

mandate  da    Maputeo.    Da    Àkena 
la  religione  propagossi  nell' isola  di 
Akamani  ed  appresso  nelT  isola  Ta- 
ravai,  nelle   quali    ben    presto    da 
per  lutto  si    cantarono     le  lodi    di 
Dio,  ed  i  suoi  aiisten  compendiati 
fecero  eerbeggiare  sì  fortunale  isole. 
Finalmente   la  ostinata    Mangareva 
cedette  allo  zelo  de'  missionari   cat- 
lr»lici     nel    i836.    L   arci-sacerdote 
Matua,  colpito  dalla  divina  grazia, 
si  sottomise  ai  missionari,  e  lo  stes- 
so Maputeo  scosso   da  eguale  favo- 
re e  vinto  dalla  voce  suprema  che 
Io  chiamava  al  cristianesimo,  imitò 
l'esemplo  de' suoi   isolani,  e  si  pie- 
gò alla  Croce.   Caddero  così  in  que- 
ste  isole  gì*  idoli  atterrati,  distrutti 
con  sommo   giubilo  e    fra    gli  atti 
di  dileggio,  e  furono  surrogati  dal 
vessillo  vittorioso  della  croce  di  Ge- 
sù Cristo  :  perciò    in  breve  tempo 
nelle  isole  non  si  videro  più  pagani. 
11    re    Maputeo    nel    ricevere  il 
battesimo  nel  1887  s'impose  il  no- 
me del    Papa    Gregorio   XVl,    per 
venerazione  a  questi,  ed  aumentan- 
dosi il  suo  zelo    per    T  abbracciata 
religione,  a  mezzo  de*  missionari  gli 
umiliò  il  suo  filiale  ossequio,  e  gli 
mandò    l' idolo    deforme    di    legno 
chiamato  Tu  o  Mainaiage,  con  al- 
cuni donativi    di    rozzo    lavoro  :  il 
tutto  con  altri  oggetti  oceanici  por- 
tati in  Roma  dal  vicario  apostolico 
monsignor  Rouchouze,  il   Papa  po- 
se nel  museo  di    propaganda,  onde 
li  descrivemmo    nel  voi.    XIV,    p. 
i?t'j  del  Dizionario.  Ad  istanza  del 
p.    Caret,     Gregorio    XVI     mandò 
neir  Oceania    in    regalo  al  re  Gre- 
gorio  Maputeo,    una    statuetta    di 
bronzo  dorato  della  Beata  Vergine 
del  Rosario  col  s.  Bambino,  le  re- 
liquie del   velo  della  prima  e  della 
culla  del  secondo;  diverse  medaglie 
benedette    ed   altre   col  suo  ritrai- 


OCE  247 

to,  oltre  la  slessa  propria  effigie  in 
pittura  ;  un  abito  reale  alla  forma 
degli    antichi    romani,    altro  simile 
per  la  regina    Maria    Eudosia    sua 
moglie,  ed  altro  pel  zio  del  re  Ma- 
ria Stefano,  tutti  di  belle  stoffe  e- 
legantemente  lavorate;  molte  coro- 
ne e  medaglie   con   indulgenze  pel 
popolo.  Questi  donativi  furono  im- 
mensamente graditi,  ed  il  re  dichia- 
rò nel    1840  la    sua    viva    ricono- 
scenza al  Pontefice,  con  lettera  che 
tradotta   fu  riportata  nel  n.^Si  del 
Diario  di  Roma,    del  seguente  te- 
àiore.  «  Nostro  Padre  !  Io  sono  pas- 
sionato per  voi,    come  voi  lo  siete 
moltissimo  per  noi.   Permettetici  dì 
indirizzarvi  i  nostri    omaggi  ;    per- 
chè noi    amiamo    Dio  ed    amiamo 
ancora  voi.  E  per  verità  voi  avete 
inviato   un    vescovo  ed  i   sacerdoti 
per  insegnare  a  Mangareva  la  santa 
parola  di  Gesù    Cristo .    Voi    siete 
il  sommo  Pontefice  della  Chiesa  e 
voi  beneditene  noi,    che  ora  amia- 
mo veramente  Iddio.  Poco  fa  somi- 
gliavamo   all'  uccello    abbandonati 
a  noi  slessi  ;    eravamo    un    popolo 
malvagio;  in    somma  non  uomini, 
eravamo  simili  ai  bruti.  Egli  è  po- 
co   tempo    che    siamo    addivenuti 
buoni  sotto  il   regno  di    Dio.  Ora 
siamo  vostri  figli  e  figli  della  Chie- 
sa.  Qual   felicità  che  abbiate  a  gra- 
do di  volgere  a  noi  il  vostro  pen- 
siero !  Noi  siamo  esultanti  nella  be- 
nedetta Maria  !  Possediamo  a  Man- 
gareva la     nostra    Madre,    ed    è  il 
missionario  Caret  che  ce  ne  ha  re- 
cato la  statua.  Amiamo  molto  Ma- 
ria, ed  a  lei    è   slato    questo  paese 
dedicato.  Maria  dunque  è  il  nostro 
amore   e    noi    siamo  i    suoi    figli, 
Mangareva  ha    celebrato  una  festa 
in  onore  di  lei  ;  la  qual  cerimonia 
è  stata    assai    bella.  Ella  è    la  no- 
stra più  cara    predilezione.    Amia- 


243  OCE 

mo  poi   moltìssioio   Gesh    Cristo  e 
V  amiamo  sopra  ogni  cosa.  Ora  pei' 
lui  stiamo  eilincaiiclo  una  chiesa  in 
pietra.  Come   similmente  sostenem- 
mo un  lungo  cammino  (  nella  prò* 
cessione  del    Corpus    Domini)  per 
tenerezza  di    Gesù.    Abbiamo    por- 
talo in    processione    Gesù    Cristo  e 
l'abbiamo    solennemente     esaltato. 
Questi   sono    giorni  di  grazia.    Noi 
amiamo  sinceramente  Iddio  :  il  ve- 
ro nostro    studio  è   di    aspirare  al 
cielo;    onde   siamo    fatti    degni    di 
accostarci  alla  comunione.   Voi  in« 
tanto  ne  avete    fatto    un     presente 
di  beili    abiti,  i    quali    saranno  da 
me  conservati  con  gran  cura  e  de* 
stinati  per  le  grandi  solennità.  11  re 
di    Francia    mi  ha    similmente  in- 
viata una    spada    bellissima,    ed  io 
con    gran    cura    la     serberò  per  le 
grandi    cerimonie.    Tengo  in    gran 
pregio  1'  abito  che  mi  avete  rimes- 
so :    io    trovo    assai    bello.    Egli  è 
qualche  tempo  che  i  missionari  so- 
no   a  Mangareva.    Pensavamo    che 
Charet  e    Karal    non    fossero  che 
stranieri  .  Sono    però    questi     due 
che  hanno  insegnato  la  buona  pa- 
rola al  popolo  di  Mangareva.    Pre- 
gate per  ottenerci  delle  grazie;  altra 
volta    noi  eravamo  presso  che  pri- 
vi di  nutrimento;  non  avevamo  che 
il  mais  (formentone  ossia  grano  d'In- 
dia); ora  questo  è  di  molto  accresciu- 
to e  ne  possediamo  di  più  specie.  Era- 
vamo infingardi,  ed    ora  siamo  la- 
boriosi.  Furono  i  missionari  che  ci 
confortarono    alla    fatica.  Voi  siete 
assai  clemente;  e  tale  vi  addimo- 
strate verso  un    popolo  circoscritto 
da  questi  mari.  Il  mio  cuore  è  pos- 
seduto da  Gesù    Cristo;  ed  io    so- 
no uno  di  quelli    che  fanno  la  co- 
munione,   Cipriano  è    il  mio    con- 
fessore.  Noi  siamo    tenaci  della  pa- 
rola di  Gesù  Cristo^  e  i  missiona- 


OCE 
ri  ci  hanno  eccitato  alla  virtù.  So^* 
toscritto  :  Per  Gregorio  Slanislao, 
Mattia  a  Kao  de  G.  S.".  In  mez- 
zo alle  gravi  e  luttuose  vicende 
della  Chiesa,  l'instancabile  zelo  di 
Gregorio  XVI  per  la  propagazione 
e  mantenimento  della  fede,  ricevet- 
te queste  religiose  confortanti  con- 
solazioni. Con  l'effusione  del  paterna 
suo  animo  rispose  al  re  Gregorio 
Stanislao,  col  breve  Quo  cor  no- 
strum gaudio,  de'4  novembre  1 840, 
Bull,  de  prop.  fide-  l.  V,  p.  2 1 9. 
Si  congratulò  della  conversione  sua 
e  di  quella  del  popolo  alla  catto- 
lica fede,  di  quanto  faceva  esem- 
plarmente in  essa,  gli  donò  tre 
medaglie  d'argento  coli' effigie  dei 
cinque  santi  da  lui  canonizzati,  e 
tre  d' oro  coli*  immagine  del  Sal- 
vatore che  lava  i  piedi  a  s.  Pie- 
tro; due  per  lui  ed  una  per  la 
consorte  ;  ad  essi  ed  al  popolo  af- 
fettuosamente comparti  1'  apostolica 
benedizione. 

Le  isole  Gambier    o    Gambieres 
sono    un    gruppo    di  piccole    isole, 
quattro   delle    quali    soltanto    sono 
abitabili,  che  il  geografo  Balbi  ha 
separato  dall'  arcipelago  di  Gaumo- 
tou  o  Paumotou  ossia    dalle   isole 
Basse:    vi  si  elevano  i   due    picchi 
del   monte  Duff,    cosi    denominato 
dal  naviglio  del    capitano    W^ilson, 
che  discopri  il    gruppo    nel    1797. 
Abbonda  di  acqua  potabile,  ed  of- 
fre   un  sicuro  porto  e  forse   il  mi-- 
gliore  della  Polinesia.  Tutto  il  grup- 
po è  circondato  da  una   catena  di 
scogli  di  corallo,  e   per  tre    canali 
i  bastimenti  possono  entrare  a  get- 
tar l'ancora.  Queste   isole  sono  go- 
vernate da  un  solo  re,  il  quale  ri- 
siede   nella    più    grande    chiamata 
Mangareva.  Dopo  l'introduzione  dei 
missionari,  la  rjudità  comune    nel- 
l'Oceania è  quivi  sparita;  sono  di*» 


OCE 

venuti  gli  abitanti  ospitalieri,  agri* 
coltori  e  industriosi;  il  re  de'fran* 
cesi  Luigi  Filippo  donò  al  re  Gre- 
gorio Stanislao,  anche  un  canno- 
ne. Nei  1842  la  Francia,  al  modo 
che  andiamo  a  dire,  prese  possesso 
dell*  arcipelago  dell'Oceano  Pacifico 
a  mezzo  della  spedizione  del  con- 
trammiraglio Du  Pelit-Thouars  , 
che  ricevè  la  più  distinta  acco- 
glienza dagli  isolani  e  dal  re.  Ap- 
partiene pure  a  questo  vicariato 
l'arcipelago  di  O- Tahiti  o  Tahi- 
ti, all'est  dell'arcipelago  di  Paurao- 
tou  coir  altro  di  Nukahiva.  Cook 
più  volte  visitò  Tahiti,  recando  a- 
gl' isolani  gli  animali  ed  i  vegeta- 
bili delle  altre  antiche  parti  del 
globo,  quando  l'America  in  con- 
fronto di  queste  isole  poteva  dir- 
si antica.  Fu  Cook  che  nel  1769 
inaugurò  alla  Società  reale  di  Lon- 
tli'a  questo  gruppo,  chiamandolo 
Isole  della  Socielàj  ma  hanno  buon 
diritto  i  bravi  e  intelligenti  isola- 
ni di  rivendicare  l'antico  nome  di 
Tahiti  ovvero  O- Tahiti  .  Ancor 
quest'isole  hanno  siepe  insuperabi- 
le di  corallo  all'incontro,  con  ta- 
luni passaggi  che  accrescono  la  si- 
curezza delle  navi,  quando  si  sono 
superati  :  la  svariata  vegetazione  dà 
a  queste  terre  il  più  florido  aspet- 
to. Nell'isola  di  Tahiti  la  religione 
era  il  politeismo,  onorandosi  per 
divinità  Horo;  si  credeva  all'im- 
mortalità dell'anima ,  mentre  il 
culto  era  pieno  di  grossolane  su- 
perstizioni, ammettendosi  i  sagri- 
fki  umani ,  giacché  un  tempo  i 
taitaui  Furono  antropofagi  ;  tutta- 
via riconoscevano  un  Dio  superio- 
re a  tutti  gli  altri  dei.  Questa  de- 
liziosa isola  in  mezzo  ai  flutti 
dell'Oceano  Pacifico,  sembra  un 
paradiso  terrestre,  facendosi  ascen- 
liere  un  tenofo  gli  abitanti  a  i5o,ooo 


OCE  249 

cirf:a,  ora  però  infinitamente  dimi- 
nuitl  per  le  tante  guerre  e  politiche 
vicende.  Sebbene  le  forme  degli 
abitanti  non  diftèriscano  dagli  altri 
polinesiaci  de'vicini  arcipelaghi,  pure 
hanno  questi  tuttora  un  carattere  di 
docilità  e  pieghevolezza^  che  li  ha 
resi  alti  ad  apprendere  la  civiltà 
e  progredire  in  tutte  le  arti  e  me- 
stieri, ed  entrare  nello  spirito  del- 
la cristiana  leligione,,  che  con  più 
di  fervore  abbracciarono  sino  dal 
1797.  11  re  Pomarè  II  comanda- 
va per  lo  innanzi  a  tutto  1'  arci- 
pelago, ma  ora  l'impero  è  suddi- 
viso in  vari  capi.  Anticamente  i 
placidi  ta'i'tani  erano  organizzati  in 
glandi  tribù,  i  capi  de' quali  so- 
migliavano ai  patriarchi,  ed  inte- 
ressanti sono  i  racconti  di  Cook  e 
Bougainville,  che  studiarono  eoa 
passione  i  loro  costumi.  La  principa- 
le isola  è  Tahiti  e  le  altre  notevoli 
sono  Eimeo,  Huaheine,  Bajatea, 
Otaha,  Bolabola,,  e  vengono  poi  le 
minori,  oltre  l'arcipelago  di  Cook, 
ove  la  più  gran  parte  degli  ahi- 
tanti  abbracciò  il  cristianesimo.  Man- 
gia o  Maìtia  essendo  la  primaria  sua 
isola.  Tahiti  la  maggiore  isola  del- 
l'arcipelago Tahitano  si  compone  di 

due  isole  che  un  istmo  congiunse: 

o        o 

la  maggiore  è  detta  Opureonou,  la 
minore  Tiarrabau.  La  baia  di  Ma- 
tavai  offre  nella  buona  stagione  ot- 
timo ancoraggio,  ed  il  porto  di 
Langara  porge  sicura  stazione  al 
navile  in  ogni  tempo.  Numerosi 
corsi  d'acqua  discendono  dai  colli, 
e  nel  centro  de'monti  stagna  uq 
lago  di  acqua  dolce.  La  modera- 
zione della  temperatura  e  la  indi- 
cibile feracità  del  suolo  accrescono 
il  pregio  di  quest'isola,  ove  quasi 
tutte  le  vegetabili  produzioni  del- 
l'Oceania sono  abbondanti.  La  ci- 
viltà vi  ha  introdotto  anche  la  col- 


25o  OCE 

tura  d'ogni  germe  straniero  con 
molto  successo.  Le  piante  de'bo- 
scili  (fanno  legname  prezioso.  Sono 
i  tiiìlani  di  colore  olivastro^  con 
naso  schiacciato,  capelli  lunghi  e 
«eri.  Le  dette  isole  sono  di  forma- 
EÌone  vulcanica,  e  nelle  denomina- 
rioni  sono  dii>crepanli  i  geografi, 
finché  non  si  stabiliranno  con  più 
precise  cognizioni. 

L'isola  di  Tahiti,  con  altra  picco- 
la isola  a  borea,  che  dicesi  Tetu- 
loa,  formano  il  regno  di  Tahiti, 
ove  comanda  attualmente  la  regi* 
na  Pomarè  Aimata,  sorella  di  Po- 
ma rè  III,  che  morì  nel  1827.  La 
scoperta  di  Tahiti  si  deve  a  Fer- 
dinando Quiros  che  la  visitò  nel 
1606  e  chiamoila  Sagittaria;  indi 
Wallis  nel  1767  la  denominò  Iso- 
la di  Giorgio  III;  nel  seguente 
anno  Cougainville  la  disse  Nuova- 
Citerà^  e  gli  spagnuoli  chiamaron- 
la  Amai.  Tahiti  può  essere  l'At- 
lantide d'Eldorado,  e  venne  chia- 
mata la  Regina  dei f  Oceano  Paci- 
fico, poiché  ia  natuva  sembra  aver 
fatto  tutto  per  quest'isola  felice.  Ma 
il  nome  nativo  di  Tahiti  fu  sco- 
perto da  Cook,  e  su  tutti  gli  altri 
giustamente  prevalse  ed  a  tutto 
l'arcipelago  si  estese:  dopo  Cook 
quest'isola  fortunata  divenne  il  luo- 
go di  riposo  per  tutti  i  vascelli 
che  veleggiavano  nel  mare  del  Sud. 
L'idolatria,  i  sagrifizi  umani,  e  al- 
tri depravati  costumi  disparvero  si- 
no dal  1797  colla  inlroduzione  del 
cristianesimo.  La  loro  lingua  è  dol- 
cis>iraa,  e  l'alfabeto  si  compone  di 
dodici  lettere.  Il  governo  è  mo- 
narchico ereditario;  la  schiavitù  e 
la  poligamia  sono  bandite;  una 
nobiltà  ereditaria  è  proposta  al  go- 
verno dei  singoli  distretti,  ed  il 
parlamento  tahitano  gode  del  po- 
tere   legislativo.    Nel  principio  del 


OCE 

presente  secolo  fatalmente  le  socie- 
tà bibliche  e  metodiste  d'Inghilter- 
ra vi  mandarono  alcuni  loro  mis- 
sionari, che  come  buoni  meccanici 
ed  esperti  artigiani,  prese  sotto  la 
sua  protezione  il  re  Pomarè  1.  Alla 
sua  morie  nel  i8o3,  Potnarè  li  o 
Otow  di  lui  figlio  fu  cacciato  da  una 
possente  fazione  ad  Eimeo,  uno  dei 
punti  più  in)portanti  xlella  Poli- 
nesia; vi  si  inaugurò  la  prima  ti- 
pografìa di  quella  regione,  ed  il 
suo  collegio  ha  il  titolo  di  accade- 
mia del  mare  del  Sud,  fondato  dai 
ministri  anglicani.  I  missionari  an- 
glicani resero  più  micidiale  la  guerra 
civile;  uno  di  essi,  Nolt,  però  con- 
vertì al  cristianesimo  il  re,  che 
traendo  forza  e  coraggio  dalla  sua 
nuova  credenza,  sconfisse  i  nemici, 
ritornò  a  Tahiti,  e  si  fece  sovrano 
assoluto  di  tutto  l'arcipelago;  e  in 
poco  tempo  i  sudditi  abbandona- 
rono Horo  e  l'idolatria  e  abbrac- 
ciarono la  sua  religione,  laonde  le 
isole  della  Società  si  trovarono  sot- 
to la  piena  influenza  de' metodisti, 
ed  il  re  nell'isola  di  Belvedere  tra- 
dusse la  Bibbia  dall'idioma  inglese 
nel  taitano.  Morto  nel  1821,  gli 
successe  Pomarè  IH,  già  dominato 
sino  dalla  fanciullezza  dai  metodi- 
sti, i  quali  governavano  soli  da 
padroni  l'isola,  ma  con  impolitica 
severità,  abolendo  i  loro  costumi 
e  introducendo  un  governo  rap- 
presentativo. Governando  i  meto- 
disti da  padroni  l'isola,  senza  ri- 
guardo ui  più  antichi  usi  degli  a* 
bitanti,  affatto  fecero  sparire  il  go- 
verno patriarcale  e  paterno:  ma 
chi  vuol  troppo  tirar ,  spezza  la 
corda.  Nel  1828  Tahiti  procla- 
mò la  sua  indipendenza,  ed  al- 
la bandiera  inglese  fu  surrogato 
lo  stendardo  nazionale  rosso  con 
una    stella    bianca.    Nel     1827     a 


OCE 

■Pomarè  TU  successe  la  regina  Po- 
marè  ,  divenuta  famosa  per  le 
sue  vicende  e  disavventure,  men- 
tre regna  sotto  la  piena  domina- 
zione francese  ,  essendosi  da  ulti- 
mo sedate  le  gravi  vertenze  tra 
la  medesima  e  la  Francia.  Intan- 
to nell'anno  i836  la  società  delle 
missioni  cattoliche  inviò  a  Tahiti 
due  missionari  francesi,  mentre  la 
chiesa  protestante  Tahitana  era  di- 
visa dallo  scisma,  che  però  si  riu- 
m  per  scagliarsi  contro  di  loro 
protetti  dalla  regina.  Sarebbero  sta- 
ti uccisi  se  Morenhoet  incaricato 
d'allàri  degli  Slati  Uniti  non  li  a- 
vesse  difesi  coi  francesi  stabiliti 
neir  isola^  onde  perchè  venne  de- 
stituito dal  suo  governo,  la  Fran- 
cia lo  dichiarò  suo  rappresentan- 
te, e  inviò  alcuni  legni  da  guer- 
ra a  chiedere  riparazione  degli  ol- 
traggi fatti  ai  suoi  sudditi.  Una 
multa  fu  imposta  e  pagata,  ma 
appena  partita  la  spedizione  fran- 
cese, ricominciarono  più  violenti  le 
vessazioni.  La  Francia  non  tardò 
a  spedire  una  seconda  squadra  a 
Tahiti,  e  tra  le  altre  cose  che  ot- 
tenne fu  l'accesso  libero  a  qualsia- 
si francese  sacerdote  o  secolare^  ed 
il  locale  per  edificarvi  una  chiesa 
cattolica,  e  che  i  sacerdoti  potes- 
sero esercitare  il  loro  ministero. 
Tuttavolta  queste  concessioni  ven- 
nero quasi  subito  violate.  Per  cui 
nel  novembre  1842  il  suddetto 
ammiraglio  Du  Petit,  ricomparve 
nella  baia  di  Pepiti  per  dowianda- 
re  per  la  terza  volta  in  nome  del- 
la Francia  riparazione  ai  torti  fat- 
ti ai  suoi  nazionali.  L'isola  era  di- 
visa in  due  partiti,  inglese  e  fran* 
cese,  pel  primo  pendeva  la  regina 
Pomarè,  come  dominata  dai  missio- 
nari protestanti;  ma  il  partito  lian- 
prevalse  e    obbligò    la    regina 


OCE  a5i 

a  pregare  l'ammiraglio  a  ricevere 
lo  slato  di  Tahiti  o  Tai'Li  sotto  la 
protezione  della  Francia  che  accet- 
tò il  protettorato.  Cosi  la  Francia 
colla  recente  conquista  delle  isole 
Marchesi  e  col  possedimento  delle 
isole  della  Società ,  regna  adesso 
sulla  più  bella  porzione  della  Po- 
linesia. 

Finalmente  appartengono  a  que- 
sto vicariato  le  isole  Marchesi,  qua- 
si nell'arcipelago  Paumotou,  nel 
quale  si  comprendono  tutte  le  iso- 
le un  tempo  contenute  nell'arcipe- 
lago o  Mare  Pericoloso,  e  nel  Ma- 
re Cattivo,  che  complessivamente 
poi  si  dissero  isole  Basse,  che  per- 
corsero pei  primi  nel  1606  e  1616 
Quiros.  Le  Maire  e  Schoulen,  e 
tra  gli  ultimi  Cook,  che  gli  abitan- 
ti tengono  per  un  Dio;  essi  sono 
di  colore  più  o  meno  bruno.  In 
vicinanza  di  tali  isole  si  trovano  i 
Morai,  necropoli  con  tombe  in 
pietra  quadrate  molto  simili  ai  se- 
polcri europei,  ciò  che  prova  che 
sebbene  vario  nome  diano  gì'  isola- 
ni alle  loro  divinità,  non  differisco- 
no sul  modo  del  culto,  di  cui  sem- 
brano avere  attinto  le  idee  da 
universale  tradizione.  In  tutta  la 
Polinesia  vi  sono  i  Morai,  ed  ogni 
famiglia  ha  il  suo  particolare,  per 
Io  più  situati  ne'  monli^  che  con- 
siderano gli  abitanti  come  ultimo 
soggiorno  de'  morti.  I  templi  delle 
isole  Marchesi  sono  chiamati  Mini, 
che  significa  consecrati.  Nella  Nu- 
kahiva  sono  in  uso  i  sàgrifizi  u- 
mani,  e  l'antropofagia  sussiste  in 
alcuni  luoghi,  I  progressi  del  cat- 
tolicismo  e  dell'  incivilimento  fran- 
cese elimineranno  s\  barbare  co- 
stumanze. I  missionari  senza  suc- 
cesso, almeno  sino  agli  ultimi  tem^ 
pi  ,  tentarono  convertire  gì'  iso» 
lani  al    cristianesimo.    Nel    gruppo 


a5a  OCE 

boreale  che  si  disse  lungamente  ar- 
ci pelago  di  MeDdana  e  poi  di  Nu- 
kahiva,  suddiviso  fra  le  isole  Mar- 
chesi e  quelle  di  Washington,  for- 
mano l'appendice  di  quello  di  Pau- 
motou.  Tatui  va  o  Magdalena  è  la 
più  meridionale,  che  vide  Alvaro 
Mendana  allorché  le  scoprì  nel 
1606,  da  lui  chiamate  Marchesi 
dal  marchese  di  Mendoza,  allora 
viceré  del  Perù:  il  miglior  porto 
è  formato  da  una  comoda  baia 
sulla  spiaggia  australe.  Tauwatte 
o  s.  Cristina  è  l'isola  più  frequen- 
tata dai  navigatori,  con  bel  por- 
to che  si  denominò  Madre  de 
Dios.  Hiliahoa  o  Dominica  è  la 
più  grande  isola  delle  Marchesi  , 
interamente  boschiva  con  colline. 
Gli  abitanti  dal  più  moderno  no- 
me dell'  arcipelago  sono  chiamati 
nukahiviani,  sono  bellissima  gente 
sia  moraltneute  che  fisicamente  ; 
sono  molto  amanti  del  patriotti- 
smo e  del  suolo  che  racchiude  le 
ceneri  de'  loro  avi  e  congiunti.  Vi 
è  un  re,  ed  i  suoi  sudditi  sono 
sottomessi  egualmente  all'  autorità 
tutta  patriarcale  d'un  cèrto  nume- 
ro di  capi,  l'influenza  de' quali  è 
dolce  e  benevola;  la  popolazione 
è  divisa  in  tribù,  e  molte  sono  po- 
co note,  come  si  apprende  dalle 
narrazioni  di  d'Urville,  di  Du  Pe* 
tit-Thouars,  non  che  dell'  ammi- 
raglio russp  Krusenslern.  I  figli  ed 
i  nipoti  del  re  sono  trattati  come 
divinità.  Hanno  diverse  eleganti 
manifatture.  Il  clima  delle  isole 
Marchesi  è  caldissimo,  e  ciò  non 
ostante  molto  salubie.  L'aspetto  del 
paese  è  estremamente  pittoresco;  la 
fertilità  del  suolo  è  grandissima; 
la  vegetazione  è  vigorosa  e  varia- 
ta. I  forti  che  hanno  stabihta  la 
presa  di  possesso  delle  isole  Mar- 
chesi per  la  Francia,  sodo  slati  eret* 


OCE 

li  sui  punti  più  rimarchevoli  dei 
due  gruppi  dell'arcipelago.  La  co- 
gnizione del  gruppo  di  tali  isole  è 
interessantissima  pei  naviganti,  so- 
pra tutto  per  quei  che  dai  porti 
d'Europa,  passato  il  capo  Ilorn,  si 
recano  alla  spiaggia  nord- ovest  del- 
l'America, ed  offrono  più  vantaggio 
dell'isole  della  Società  o  di  Tahiti, 
per  la  maggior  sicurezza  e  brevità 
della  navigazione;  riflessioni  che  di- 
vengono più  importanti  nella  sup- 
posizione del  taglio  dell'istmo  di 
Panama. 

Notìzie  del  vicariato  apostolico 
dell'  Oceania  centrale. 

Questo  vicarialo  apostolico  fu 
eretto  da  Gregorio  XVI  nel  184^, 
nell'Auijtralia  o  Oceania  o  Poline- 
sia centrale,  e  come  giacente  nel 
centro  dell'  Oceania^  si  estende  a 
tutte  le  isole  comprese  tra  l'Equa- 
tore al  nord,  ed  il  tropico  del  Ca- 
pricorno al  sud.  Ira  il  Meridiano 
che  passa  per  Mangea  all'est,  ed 
il  Meridiano  che  passa  per  la  pun- 
ta orientale  di  s.  Christoval  nell'ar- 
cipelago di  Salomone  all'ovest.  Le 
isole  che  meritano  particolare  men- 
zione sono  Wallis,  Morella  o  Ou- 
rea:  la  popolazione  di  Wallis  è  di 
3ooo  quasi  tutti  cattolici,  tranne  il 
re;  Futuna  nell'isola  di  Horn,  gli  arci- 
pelaghi di  Jonga  o  Tonga,  Hamoa, 
Fidgi,  Viti,  la  Nuova  Caledonia,  le 
Nuove  Ebridi,  Nukutea,  piccola  iso- 
la dov'è  stata  fabbricata  una  chie- 
sa e  residenza  de'raissionari.  Que- 
sto vicariato  è  affidato  ai  maristi, 
e  nel  corso  di  pochi  anni  non  me- 
no di  60  alunni  di  quella  congre- 
gazione si  sono  portati  nell'Ocea- 
nia per  procurare  la  conversione 
degli  isolani.  Pietro  Chanci  di  Bel- 
ley,  uno  de'primi  missionari  che  si 


OCE 

recarono  in  queste  remotissime  iso- 
le, è  stato  ii  primo  a  versare  il 
sangue  per  la  fede  di  Gesù  Cristo 
a' 26  maggio  1841.  Ultimamente 
era n vi  circa  dieci  missionari,  oltre 
i  prelati  vicario  apostolico  e  suo 
coadiutore.  La  stazione  di  Wallis  è 
s.  Gio.  Battista,  e  la  residenza  dei 
missionari  è  nel  recinto  dell'abita- 
zione del  re.  In  Futuna  evvi  altra 
stazione;  in  meno  di  dieci  mesi  i 
missionari  vi  battezzarono  molli  in- 
dividui e  fecero  mille  catecumeni. 
Nell'isola  Wallis  l'esercizio  del  cul- 
to cattolico  è  libero^  e  non  si  de- 
siderava che  la  conversione  del  prin- 
cipe. Nel  1846  tutti  ì  missionari 
della  Nuova  Caledonia  furono  bar- 
baramente uccisi  dai  nativi  selvag- 
gi, per  piantarvi  con  eroico  zelo 
l'evangelo.  L'isola  Wallis  o  Urea 
deve  la  conversione  degli  isolani  al 
p.  Balaillon  ora  vicario  apostolico, 
il  quale  però  non  giunse  a  conse- 
guire il  sublime  scopo  prefissosi,  se 
non  dopo  molte  fatiche ,  pazienza 
e  prudenza  nel  iBSy.  Allorché  po- 
se piede  nell'isola  Nukutea  fu  con- 
siderato dagli  abitanti  come  uno 
di  quegli  avventurieri  vomitali  sul- 
le spiaggie  dalle  navi  baleniere,  ed 
avidi  di  far  fortuna  in  incogniti 
paesi.  Senza  usare  alti  di  violenza, 
si  contentarono  chiamarlo  coi  nomi 
i  più  villani,  allontanandosi  da  lui. 
11  buon  missionario  rassegnalo  alla 
sua  sorte,  sopportò  con  calma  eroi- 
ca tali  patimenti,  celebrando  la  mes- 
sa ora  in  mezzo  a  boscaglie  impe- 
netrabili, ora  cit  :ondato  da  oziosi 
e  curiosi.  In  breve  apprese  le  prin- 
cipali espressioni  della  lingua,  e  po- 
tè facilmente  intendere  le  impreca- 
zioni delle  quali  era  il  soggetto,  ma 
non  vi  rispondeva  che  con  conte- 
gno esprimente  la  serenità  dell'am- 
ino e  la  pietà  che  gl'ispiravano  que- 


OCE  253 

gli  infelici.  Dopo  qualche  mese  la 
dolcezza  del  suo  carattere  gli  gua- 
dagnarono l'amicizia  di  otto  o  die- 
ci naturali  delTisoletta,  ove  risiede 
il  capo  Laugahalaj  il  quale  si  di- 
chiarò di  lui  protettore,  ed  esorlò 
la  sua  tribù  ad  ascoltarlo,  onde  fe- 
ce molte  conversioni.  Erano  decor- 
si due  anni,  ed  il  piccolo  gregge 
divenuto  più  numeroso,  mostrava 
avanti  i  suoi  fratelli  persecutori  pa- 
gani, costanza  e  rassegnazione  ve- 
ramente cristiana.  Le  tribù  pagane 
posero  a  sacco  i  loro  campi,  e  quan- 
do i  nuovi  cattolici  si  disponevano 
trarne  vendetta,  il  missionario  ten- 
tò con  una  pacifica  crociata  la  si- 
multanea conversione  di  quegl'ido- 
latri.  Presa  una  bandiera  coli' im- 
magine di  Maria  Vergine,  si  recò 
nell'isola  principale  ove  risiedeva 
il  re  Lavelòa,  cantando  le  divine 
lodi  coi  cattolici,  onde  a  poco  a  po- 
co si  riunirono  tutti  sotto  il  reli- 
gioso vessillo  ;  il  trionfo  fu  com- 
pleto, seguì  la  pace,  e  moltissimi  si 
fecero  cristiani,  e  in  progresso  se  ne 
aumentò  il  numero  che  rese  florida 
la  missione  da  meritare  l'erezione 
in  vicariato  apostolico. 

Wallis  o  Urea  gruppo  d'isole  nel 
grande  Oceano  equinoziale ,  non 
lunge  dalle  isole  de' Navigatori,  nel- 
la Polinesia  centrale,  fu  scoperto 
dal  capitano  Wallis  nel  1767.  Cin- 
to da  una  zona  di  scogliere,  vi  si 
trovano  alberi  di  cocco:  i  nativi 
robusti  ed  operosi,  andavano  qua- 
si interamente  nudi,  ed  erano  pa- 
gani. L'isola  di  Horn,  che  contiene 
Futuna  nel  detto  Oceano,  fu  sco- 
perta con  altra  dello  stesso  nome 
da  Le  Maire  e  Schoulen  nel  1616, 
allora  comandate  da  un  capo.  Gli 
abitanti  abili  nuotatori  sono  color 
di  rame,  con  capelli  lunghissimi, 
che    intrecciano    minutamente    con 


a54  OCE 

moltissima  cura  ;  maggiore  è  quel- 
la che  vi  hanno  i  capi,  la  cui  ac- 
conciatura forma  una  zazzera  rag- 
giante, e  chi  la  fa  occupa  una  ca- 
rica assai  onoriHca.  Uomini  e  don 
iie  vanno  nudi  sino  alla  cintura. 
L'arcipelago  di  Jonga  o  Tenga  è 
presso  al  tropico  di  Capricorno,  ed 
è  composto  da  una  moltitudine  d'i- 
solotti o  atolloni.  Gli  abitanti,  del 
color  di  rame  carico,  sono  osserva- 
bili pei  loro  lineamenti,  regolare 
struttura  e  bellezza  ;  la  simulata 
loro  dolcezza,  con  cui  viene  inor- 
pellata la  proclività  al  furto,  illuse 
nel  1773  Cook  che  chiamò  la  re- 
gione, Isole  degli  amici,  dicendosi 
pure  Isole  de* navigatori.  Il  loro  di- 
scopritore fu  il  capitano  olandese 
Tasmaii  nel  i643.  Amano  gl'isola- 
ni molto  la  musica,  la  danza  e  i 
sollazzi  ;  il  popolo  vi  è  quasi  schia- 
•vo,  prevalendo  i  nobili  ed  i  mini- 
stri del  culto  superstizioso,  per  una 
specie  di  feudalismo.  Molte  divinità 
sono  in  venerazione,  e  persino  le 
famiglie  vantano  un  genio  tutelare: 
la  dea  de'venti  Filatonga  ha  pub- 
blico culto;  è  pure  in  gran  ripu- 
tazione il  Dio  degli  inglesi,  per 
aver  essi  insegnato  loro  a  lavorare 
armi,  navi  e  tele.  Queste  isole  tut- 
te unite  furono  dominate  da  Fi- 
iiow  I,  ma  oggi  vi  comandano  pa- 
recchi capi  indipendenti.  Nell'arci- 
pelago d'  Hamoa,  tra  le  numerose 
sue  isole,  sette  si  possono  conside- 
rare importanti  e  rette  da  capi  in- 
dipendenti. Gli  abitanti  non  sono 
estranei  alla  civiltà,  alle  arti  e  al- 
l'agricoltura, e  si  vantano  lodati 
lavori  prodotti  dalle  loro  mani.  La 
Perouse  nel  1781  visitò  le  mag- 
giori isole,  e  il  capitano  Edward  vi 
approdò  dieci  anni  dopo.  Fidgi  ar- 
cipelago del  grande  Oceano  equi- 
noziale ha  isole  geueralmente  ferti- 


OCE 

li,  i  cui  abitanti  hanno  tinta  nera, 
sono  antropoHigi  e  feroci:  dipendo- 
no da  più  capi  indipendenti,  e  so- 
no sovente  in  guerra  tra  loro.  Abe- 
le Tasraan  scoprì  questo  arcipelago 
nel  1643,  e  le  chiamò  Isole  del 
principe  Gugl'elmOj  mentre  altri  le 
nominarono  Fitì  o  TViù  ^  ma  il 
nome  di  Fidgi  ha  generalmente  pre- 
valso. La  Nuova  Caledonia  è  una 
grande  isola  dell'  Oceano  Pacifico, 
e  con  molla  pena  si  giunge  a  pe- 
netrarvi ;  è  attraversata  da  una  ca- 
tena di  montagne,  con  alcuni  tor- 
renti. 11  terreno  è  generalmente  po- 
co fecondo,  tranne  le  pianure.  Gli 
abitanti  hanno  nero  il  colore,  sono 
tristi  e  taciturni  :  le  donne  s'immer- 
gono nell'acqua  per  la  pesca  delle 
conchiglie,  che  forma  parte  del  lo- 
ro alimento.  11  celebre  Cook  scuo- 
pri  la  Caledonia  nel  1774  e  diede 
fondo  nel  porto  di  Balade  ;  Enlre- 
casteaux  la  visitò  nel  1793  e  1794 
attentamente,  e  chiama  gì'  isolani 
barbari  e  antropofagi.  Gli  inglesi 
e  i  francesi  vi  seminarono  dei  gra- 
ni, e  dipendono  geograficamente 
dall'isola  quelle  chiamate  lOsser- 
vatorio,  Beauprè,  Loyally,  Botani- 
ca, Huhohua  e  de'Pini.  L'arcipela- 
go Quiros,  così  detto  nel  1 5o6  dal 
suo  discopritore  spagnuolo,  egli  lo 
chiamò  Spirilo  Santo,  benché  con 
maggiore  proprietà  si  dissero  le  iso- 
le Nuove  Ebridi.  E  montuoso  con 
vulcani,  e  lìertile.  Diverse  razze  abi- 
tano queste  isole,  ed  alcune  souo 
delle  più  sozze  e  di  color  nero, 
attive  ed  agili  ne.  maneggio  delle 
armi  :  le  donne  sono  trattale  come 
bestie  da  soma,  mentre  gli  uomini 
restano  oziosi.  Cook  nel  1773  sco- 
prì molte  isole  dipendenti  da  que- 
sto gruppo,  e  le  disegnò  sotto  il 
nome  di  Nuove  Ebridi  :  sono  le  prin- 
cipali, Espiritu  Sancto  la  più  gran- 


OCE 

de  di  tutte,  Malicollo,  Snndwich, 
EiTomango  al  cui  conquisto  nel 
1829  mosse  con  spedizione  navale 
il  re  d'Hawaii,  e  Tanna  nella  quale 
arde  un  permanente  vulcano. 

Notizie  del   vicariato  apostolico 
di  Sandwich. 

Questo  TJcanalo  apostolico  fu  eret- 
to da  Gregorio  XYI  nel  i844>  "c^- 
]a  Polinesia  o  Oceania  orientale, 
già  prefettura  apostolica  sino  dal 
i8a6,  indi  nel  i833  entrò  a  far 
parte  del  vicariato  orientale  dell'O- 
ceania. Sono  quattordici  le  isole  di 
Sandwich  nell'arcipelago  Hawaii,  e 
formano  un  regno.  Honolulu  o  Woa- 
hou  è  la  capitale:  in  Oaliu  vi  è 
una  cappella,  ed  altra  nella  prece- 
dente, ov'erano  36oo  cattolici.  A. 
questa  missione  fu  donato  in  Val- 
paraiso  uno  stabilimento  attissimo 
a  mantenere  le  comunicazioni  colla 
Francia,  e  vi  risiedono  sempre  due 
padri  della  congregazione  de'picpus, 
alla  quale  fu  affidato  il  vicariato 
della  Polinesia  boreale  ed  australe. 
In  tempi  che  i  missionari  furono 
rilegati  nella  California,  restarono 
per  conforto  de'converliti  in  Sand- 
wich, ch'erano  100,  i  catechisti.  I 
ministri  evangelici  nelTessere  espul- 
si dall'  isola  lasciarono  ai  fedeli  ia 
ss.  Eucaristia,  le  dì  cui  specie  fu- 
rono ritrovate  intatte  dopo  un  lun- 
go lasso  di  tempo.  Vi  si  gode  per- 
(ètta  pace  fin  dal  tempo  in  cui  il 
capitano  francese  dell'Artemisia,  La 
Place,  nel  luglio  1889  approdò  qui- 
vi, e  domandò  al  governo  risarci- 
mento dell'ingiuria  e  del  danno  re- 
cato con  quell'espulsione,  e  minac- 
ciò di  dar  principio  alle  ostilità  fra 
due  giorni,  se  il  re  non  calava  ad 
un  accordo  che  guarentisse  la  liber- 
tà del  culto  cattolico  ai  nativi  non 


OCE  -^5^ 

meno  che  ai  forestieri  :  ì  missiona- 
ri pure  pel  suo  risoluto  contegno 
vi  ritornarono.  Però  i  melodisti  in 
queste  isole  stanno  in  confronto  ai 
cattolici  come  uno  a  dieci.  Non  è  co- 
sa singolare  che  solo  i  ministri  angli- 
cani abbiano  grandi  poteri  spiiitua- 
li,  ma  è  incomprensibile  che  li  abbia- 
no eziandio  le  loro  mogli.  Dell'inef- 
ficacia tuttavolta  delle  Missioni  dei 
Missionari  protestanti  parlammo  a 
tali  articoli,  e  pei  loro  fini  più  che 
mondani,  è  a  vedersi  V  Oceania  del 
Rienzi.  Questi  assicura  che  il  prin- 
cipale scopo  de'  missionari  inglesi 
nell'Oceania,  sia  d'indurre  que'  po- 
poli a  vestirsi  di  slolìe  inglesi.  {. 
missionari  protestanti  sono  stati  poi 
anche  qui  acerrimi  persecutori  del- 
la religione  cattolica  e  de'suoi  mi- 
nistri ;  furono  essi  che  ottennero 
dal  re  di  Sandwich  la  proibizione 
ai  sudditi  d'intervenire  alle  funzio- 
ni del  culto  nelle  cappelle  cattoli- 
che, e  di  ciò  non  pughi  lo  indus- 
sero a  cacciar  da'suoi  stati  tutti  i 
sacerdoti  cattolici. 

L'arcipelago  Hawaii  è  nella  estre- 
mità boreale  della  Polinesia,  attra- 
versato dal  tropico  del  Cancro,  e  si 
estende  sull'Oceano  per  lo  spazio  di 
200  leghe.  Questo  importante  ra- 
dunamento d'isole  si  chiamò  sin  qui 
di  Sandwich,  in  onta  del  suo  pri- 
mitivo nome,  come  avvertì  i!  Balbi. 
Furono  denominate  di  Sandwich  , 
in  onore  del  conte  di  Sandwich, 
primo  lord  dell'ammiragliato  d'In- 
ghilterra, quando  il  capitano  Jaco- 
po Cook  le  scopri  nel  1778  nell'ul- 
timo suo  infelice  viaggio.  Le  isole 
Hawaii  sono  destinate  a  rappreseti* 
tare  nella  Polinesia,  e  forse  nell*  in- 
tera Oceania,  tutto  il  trionfo  della 
civilizzazione.  La  loro  posizione  lun- 
go il  gran  cammino  marittimo  che 
unisce  tre  parti  di  mondo,  l' eccel- 


5%  oc  E 

lenza  clc'Ioro  porti  ed  il  cnratlcre  in- 
traprendente degl'isolani  fanno  pre- 
sagire a  questa  regione  alti  destini. 
In  fatti  sebbene  fossero  vedute  da- 
gli anticbi  navigatori  spagnuoli,  non 
vennero  esse  indicate  all'  Europa 
ctie  da  Cook  e  da  King  nel  177^^, 
ed  io  meno  di  mezzo  secolo  posse- 
devano già  una  flottiglia  ben  mon- 
tata ed  una  marina  mercantile,  col 
quale  navile  fanno  viaggi  alla  co- 
sta nordovest  d'America,  a  Canlon, 
e  ne'  vari  porti  dell'Oceania.  Quan- 
do le  colonie  spagnuole  si  levarono 
a  indipendenza,  le  isole  Sandwich 
acquistarono  importanza  assai  mag- 
giore, come  posizione  marittima  e 
commerciale.  Gli  europei  stabiliti 
nelle  isole  principali  v'  introdussero 
i  più  indispensabili  mestieri,  la  reg- 
gia del  monarca  ed  i  palazzi  dei 
grandi  sono  mobiliati  con  qualche 
lusso.  Un  forte  regolare,  munito  di 
trenta  cannoni,  difende  il  gran  porto 
di  Hanaruru  nell'isola  Woahou,  ch'è 
la  stazione  dei  legni  da  guerra,  ed 
altro  forte  di  ottantaquatlro  canno- 
ni è  propugnacolo  della  reggia.  Nel 
1820  i  missionari  anglo-americani 
convertirono  gran  parte  degli  abi- 
tanti al  cristianesimo,  deturpato  però 
dagli  errori  della  pretesa  riforma  ; 
per  altro  lo  zelo  de' missionari  fran- 
cesi, con  successo  in  parte  separa- 
rono il  buon  frumento  dal  loglio, 
loUiim  tumulentum  di  Linneo.  Le 
scuole  elementari  ed  i  collegi  in- 
trodottivi dai  primi  contano  più 
migliaia  di  allievi,  ed  una  tipogra- 
fia stampa  libri  ascetici  e  morali 
nella  lingua  nativa.  Dal  1787  al 
1 8  1 9  tutto  l'arcipelago  fu  assogget- 
tato al  celebre  Tamehamea  I,  che 
assunse  anche  l'offizio  di  sommo  sa- 
cerdote, il  quale  gì*  inglesi  onora- 
rono coi  titoli  di  Alfredo  é  di  Pie- 
tro il  Grande  dell'Oceania  :    paven- 


OCE 

landò  che  gli  americani  ed  i  russi 
volessero  stabilirsi  in  rpialche  isola, 
pose  la  sua  indipendenza  sotto  il 
patrocinio  della  Gran  Bretagna.  Alla 
sua  morte  il  potere  passò  nelle  mani 
di  Riho-Riho  o  Rikoviko  suo  fi- 
gliuolo, ossia  Tamehamea  li,  e  fu 
questi  che  distrusse  la  grossolana 
idolatria ,  inchinandosi  al  vangelo 
e  distruggendo  il  terribile  tahou  o 
sistema  superstizioso  predominante 
da  tempo  immemorabile  nelfOceano 
Pacifico,  di  che  forse  non  si  ha  e- 
sempio  fuori  della  Polinesia.  Consi- 
steva il  taboH  in  una  legge  arbi- 
traria di  divieti,  privazioni  e  pati- 
menti che  opprimeva  ogni  classe 
d'individui  e  precipuamente  le  classi 
minori,  e  le  donne  cui  era  vietato 
la  promiscuità  de' cibi  e  di  man- 
giare in  presenza  degli  uomini.  Que- 
sta felice  rivoluzione  però  e  l'atter- 
ramento dell'antico  culto  non  furo- 
no senza  sangue;  fortunamente  Rri- 
maku  primo  ministro  del  re  aven- 
do appreso  dagl'inglesi  l'arte  mili- 
tare, giunse  a  togliere  ai  russi 
ausiliari  del  tributario  Ti  muri  re 
dell'  isola  Atui  il  forte  da  qiielli 
edificato,  colla  prigionia  ed  eccidio 
dello  stesso  Ti  muri,  cui  fu  tomba 
l'Oceano.  L'infelice  spedizione  di 
Erromanga  oscurò  i  trionfi  degl'i- 
solani, e  menomò  il  traffico  del  san- 
dalo, che  in  Cina  si  arde  come  in- 
censo. Memore  del  vassallaggio  giu- 
rato a  Vancouver  nel  1792  in  fa- 
vore del  re  della  Gran  Bretagna, 
e  desideroso  di  acquistare  maggiori 
cognizioni  in  Europa,  Tamehamea  li 
insieme  colla  regina  sua  sposa  si 
recarono  a  Londra,  ove  morirono 
nel  1821  di  rosalia.  La  corona  ven- 
ne ereditata  dal  fratello  Kauikeouii, 
e  funebri  onori  furono  resi  ai  reali 
sposi,  quando  il  corteggio  ne  riportò 
le  spoglie  in  patria.  11  clima  di  que- 


OCÉ 

Ib^o  arcipelago  è  dolce,  e  la  collurd 
s\ipplisce  ove  non  è  ferace  il  suolo. 
Le  isole  hanno  aspetto  montuoso  e 
vulcanico.  La  stalurjl  degli  indige- 
ni è  vantaggiosa,  le  forme  regolari, 
il  colore  bruno,  la  fisonomia  gra- 
ziosa ;  parlano  \'à  lingua  propria  de- 
rivata dalla  malese,  ed  hanno  in- 
dole franca  ed  allégra;  voglionsi  d'o- 
rigine asiatica.  Oia  vestono  ed  os- 
sei'vanò  varie  costumanze  europee. 
L'isola  Woahou  gode  il  primato 
politico  e  atnminiStrativò  sulle  al- 
tre ;  essendovi  copia  di  tutte  le  più 
squisite  frutta  tropicali,  si  meritò  il 
titolo  di  giardino  dell'Hawaii.  Ho- 
iloluu  o  Hatiarurii,  vaga  città  con 
il  miglior  porto  dell'arcipelago  di- 
feso dà  due  forti,  è  la  capitale  del 
regno.  La  reggia  fu  edificata  in  piè- 
tra nel  1824J  ^*  sono  case  di  com- 
mercio, alberghi,  atnpio  mercato; 
vi  si  pubblica  una  gazzetta  inglese 
e  pariBcchi  giornali  letterari^  ed  uno 
in  lingua  hawiana.  L'isola  Hawaii, 
tianne  la  Tasmania,  è  là  maggiore 
dell'arcipelago:  quivi  la  fertilità  del 
suolo  è  lussureggiante,  e  sussiste  una 
mitologia  tutta  speciale.  Rarakau  cori 
tósa  regia  e  forte,  è  celebre  per  la 
ihfelice  morte  di  Cook  nel  1779; 
gli  uccisori  si  disputarono  a  brani 
il  cadavere,  divido  fra  i.  più  rino- 
mali guerrieri  dell'  isola ,  tìella  su- 
perstiziosa credenza  di  ereditarne  le 
c|ualità  ;  cagione  dell'assassinio  fu  la 
ricupera  che  Cook  voleva  fare  degli 
oggetti  rubati  dagli  abitanti,  i  quali 
l'avevano  ricolmato  di  distinzioni.  I 
pochi  avanzi  furono  onorati  di  mi- 
litare sepoltura  è  mouumerito.  Di- 
poi gì*  isolani  lo  piansero  ariiarametì- 
ttj  credendo  in  lui  il  re  Crono  le- 
W^.  di  vivo,  e  gli  porsero  voti  sino  al- 
l'epoca della  religiosa  riforma.  Le 
ài  tre  principali  isole  Sono  Mowi  po- 
jyolosa,  Atowai  o  Atui  fertile,  e 
voi.  XLvin. 


OCR  iSj 

Onihau  ben  popolata.  Nel  1846  il 
re  delle  isole  Sandwich,  dopo  aver 
dato  a'  suoi  stati  il  sistema  rap- 
presentativo, emanò  un  decreto  per 
costituire  il  suo  gabinetto  all'  eu- 
ropea, nominando  i  ministri  della 
guerra,  deirinterrio,  degli  affari  este- 
ri ,  della  giustizia ,  delle  finanze  é 
del  commercio  .  Il  ministro  del- 
la guerra  è  presidente  del  coiisi- 
glio.  Il  ré  ha  pure  mandato  uri 
suo  agente  diplomatico  a  risièdere 
in  Parigi. 

OCRA.  Tommaso,  Cardinale.  Toni- 
ihaso  della  nobilissima  famiglia  di 
Ocra,  così  detta  da  un  feudo  che 
possedeva  nel  Samnio,  provincia  del-  . 
r  Abruzzo,  altri  scrivono  in  Tera- 
mo, fino  dai  verdi  suoi  anni  si  de- 
dicò a  Dio  neir  ordine  de'  celestini. 
Ove  divenne  chiaro  per  santità  di 
vita,  ed  abbate  di  s.  Giovanni  in 
Piano.  Il  fondatore  del  sUo  ordine 
S,  Celestino  V  nel  settembre  1294, 
contro  di  lui  vogliaj  lo  creò  cardi- 
nale prete  del  titolo  di  s.  Cecilia 
e  camerlengo  di  s.  Chiesa.  Inter- 
venne al  conclave  di  Bonifacio  VIII, 
e  passò  agli  eterni  riposi  in  Napo- 
li nel  i3oo,  e  nella  metropolitana 
restò  onorevolmente  sepolto.  Boni- 
facio VIII  die  al  cardinale  in  com- 
mehda  il  monastero  di  s.  Giovan- 
ni in  Venere  nella  diocesi  di  Chieti, 
ed  alla  sua  industria  e  sollecitu- 
dine appoggiò  r  incarico  di  fare  i 
convenienti  funerali  a  s.  Celestino 
V,  benché  avesse  riùunziato  il  pon- 
tificato. 

OCRIDA  o  ACRIDA.  Sede  arci- 
vescovile di  Macedonia,  esarcato  di 
Dacia,  nella  Bulgaria,  cori  Gastòriaì 
ed  altri  vescovati  suffragànei.  Ocrì- 
da,  Acridan^  è  ora  un  titolo  arci- 
vescovile in  parlibus  cori  Càstorìai 
pure  in  parlibus  per  suffiaganéli; 
titoli  che  conferisce  là  sanità  S'irfè'/ 


258  OCZ 

Fedi  A  GRIDA,  Bulgaria,  Dacia,  Tl- 
iiRiA,  Mesi  A. 

OCZRO  Tommaso  Giovanni,  Cnr- 
dinnle.  Tommaso  Giovanni    Oc7ko 
o  Ocsko,  nato  dalla  nobile    ed  an- 
tica famìglia   Ularsinia  o  Ulassinia, 
meglio  Wlassim,  nella  Boemia,  es- 
sendo proposto    della  collegiata  di 
tulli  i  Santi   della   rocca  di   Praga, 
segretario  e    consigliere    dell'  impe- 
ratore Carlo  IV,   fu  nominato  alla 
chiesa  d'Olmiitz,  quindi  ad  istanza 
di  lai  principe  e  contro  sua  volon- 
tà, venne  trasferito  all'arcivescovato 
di  Praga.  Urbano  VF  a'9  febbraio 
1879  Io  creò  cardinale  prete  de'ss. 
XII  apostoli,  e  legato  rt  la/ere  d\  tut- 
ta la  Boemia,  a  cui  il  Papa  contro 
il  costume  gli    trasmise  per  distin- 
zione le    insegne    cardinalizie    e  la 
croce  della  legazione.  Il   pio  cardi- 
nale dopo    avere    provveduto    alle 
necessità  de*  poveri  e  al  decoro  del- 
le chiese,  rivolse  le  sue  mire  a  sol- 
levare le  persone    cadute  in  bassa 
fortuna,    ed  i  pellegrini  che  si  por- 
tavano in    Terrasanta,  a    beneficio 
de*  quali    fondò    in    Vesgrado    un 
ampio  e  comodo  ospedale,  e  dotollo 
di  pingui  e  copiose  rendile,  ed  un 
altro  ne  fabbricò  in  Praga  per  man- 
tenimento delle    persone  cadute  in 
povertà.   Dopo    aver    accresciuto  il 
palazzo  arcivescovile  e  ornato   ma- 
gnificamente la  sua  chiesa  di  Pra- 
ga, vi  fece    costruire  due  sontuose 
cappelle,  una  in  onore  della  Beata 
Vergine,  1*  altra  alla  memoria  della 
passione  del    Redentore.    Ebbe  un 
grande  ascendente  sullo  spirito  del 
re  Venceslao,  il  quale  a  di  lui  in- 
sinuazione moderava  talvolta  alcun 
poco  il  furore  delle  brutali  sue  pas- 
sioni, dalle    quali    si  lasciava    tras- 
portare,   essendone  pur    vittima  s. 
Giovanni    JVepomuceno.     Consagrò 
io  arcivescovo  di  Magonza  l' eletto- 


ODD 

re  Adolfo,  e  i^ccolli  i  cadaveri  dei 
vescovi  defunti,  li  face  collocare  in 
vasto  sepolcro  di  marmo  bianco. 
E  fama  che  la  Beata  Vergine  gli 
apparve  nella  fortezza  di  Radwile  ; 
e  finì  santamente  i  suoi  giorni  in 
Praga  nel  i38o,  restando  sepolto 
nella  chiesa  dei  ss.  Ottola  ed  E- 
tardo  in   un  magnifico  avello. 

OD  ALDO,  Cardinale.  Odaldo 
cardinale  prete  del  titolo  di  s.  Bai- 
bina,  intervenne  ad  una  concessione 
che  nel  11  ^3  fece  Calisto  li,  a  fa- 
vore del  monastero  di  s.  Remigio 
di  Provenza,  e  ne  sottoscrisse  la 
bolla. 

ODDI  Jacopo,  Cardinale.  Jacopo 
Oddi,  nato  a*  12  novembre  1679 
da  illustre  e  antica  stirpe  in  Pe- 
rugia, nipote  del  cardinal  Antonio 
Banchieri  per  canto  di  madre,  lau- 
reatosi in  patria  in  ambedue  le  leg- 
gi sul  cominciare  del  1702,  ed  an- 
noverato nel  1709  tra  i  dottori 
del  collegio  dell'università,  si  tras- 
ferì in  Roma  e  meritò  di  essere 
ammesso  in  prelatura,  indi  fu  a- 
scritto  tra'  referendari  di  segnatura 
e  nel  collegio  de'  protonotari  par- 
tecipanti. Venne  quindi  occupato 
da  Clemente  XI  nel  reggimento 
de*  popoli  soggetti  al  dominio  della 
Chiesa,  tra'  quali  si  contano  quei 
di  Sabina,  di  Rimini,  di  Fabriano, 
d' Ancona,  di  Civitavecchia  e  di 
Viterbo.  Avendo  in  questi  gelosi 
impieghi  dato  prove  de'  suoi  talen- 
ti, e  col  carattere  di  commissario 
apostolico  composte  con  piena  sua 
lode  le  differenze  insorte  tra  la 
santa  Sede  e  la  corte  di  Parma, 
fu  nel  1733  da  Clemente  XII  fat- 
to arcivescovo  di  Laodicea  in  par- 
tihus  e  destinalo  alla  carriera  del- 
le nunziature  apostoliche.  Compite 
con  somma  riputazione  quelle  di 
Colonia  e  di   Venezia,    passò    nel 


1 


ODD 

1739  a  risiedere  qual  nunzio  di 
Lisbona  piesso  Pietro  li  re  di  Por- 
togalloj  dove  merilossi  lulla  la  sti- 
ma di  quel  sovrano  e  di  Benedetto 
XIV.  Questo  Papa  a'  9  settembre 
1743  lo  creo  cardinale  prete  e  per 
titolo  gli  conferì  la  cbiesa  di  s. 
Girolamo  degli  Scbiavoni;  indi  suc- 
cessivamente lo  fece  legato  di  Urbi- 
no e  Pesaro,  e  poi  di  Ravenna,  qua- 
li Provincie  governò  come  amorosis- 
simo padre  e  giustissimo  principe. 
D' una  iscrizione  pubblicata  come 
legato  di  Ravenna,  si  può  vedere 
Zaccaria,  Storia  lett.  d'Italia  voi. 
Il,  pag.  294.  Nell'anno  1749  o  nel 
1750  fu  fatto  vescovo  di  Viter- 
bo, dove  tra  le  altre  cose  compar- 
ii segnalati  benefìzi  allo  spedale  de- 
gli orfani  e  fondò  poco  distante 
dalla  città  una  pia  casa  pel  ritiro 
degli  ordinandi,  onde  occuparsi  ne- 
gli esercizi  spirituali  di  s.  Ignazio, 
e  gli  altri  sacerdoti  a  loro  arbitrio, 
e  la  fornì  di  tutto  il  bisognevole. 
Edificò  parimenti  ad  uso  de*  vesco- 
vi un  palazzo  fuori  della  città  in 
luogo  delizioso  ed  ameno,  detto  la 
Palenzana.  Impiegò  somme  immen* 
se  di  denaro  negli  arredi  sacri  del- 
le chiese,  nelT  atto  singolarmente 
di  visitare  la  sua  diocesi,  in  cui  si 
occupava  sovente,  mostrandosi  im- 
pegnatissimo  pel  decoro  della  casa 
del  Signore  e  per  l' esatta  osser- 
vanza de' sacri  riti  e  delle  ecclesia- 
stiche cerimonie.  Nel  1762  convo- 
cò il  sinodo  diocesano,  pel  quale 
incontrò  in  Roma  diverse  contrad- 
dizioni, ma  dopo  maturo  e  diligen- 
te esame  tenuto  da  una  congrega- 
zione  a  tale  effetto  deputata  da 
Clemente  XIII,  ne  uscì  glorioso  e 
trionfante.  Dimesso  il  primo  titolo, 
ottenne  successivamente  quello  di 
s.  Lorenzo  in  Lucina,  quando  di- 
venne il  primo  cardinale  dell' ordi- 


ODD  2% 

ne  de*  preti.  Avendo  contribuito  col 
suo  suffragio  all'elezione  di  detto 
Papa,  questi  a  di  lui  istanza  asse- 
gnò alla  sagrestia  della  sua  catte- 
drale 1'  annua  pensione  di  scudi 
cinquanta,  da  pagarsi  in  perpetuo 
dalla  mensa  vescovile.  Attesa  la  sua 
estrema  vecchiezza  non  potè  inter- 
venire al  conclave  in  cui  uscì  elet- 
to Clemente  XIV.  Dopo  avere  san- 
tamente per  quattro  lustri  gover- 
nata la  chiesa  viterbese,  portatosi 
a  persuasione  de'  suoi  congiunti  in 
patria,  dopo  breve  tempo  morì  a' 2 
maggio  1770  d'anni  91  non  com- 
piti e  27  di  cardinalato,  e  fu  se- 
polto nella  chiesa  del  GesCi  de'ge- 
suiti,  non  onorevole  iscrizione,  al  de- 
stro lato  della  cappella  del  ss.  Cro- 
cefisso, conforme  egli  avea  disposto. 
Questo  cardinale  oltre  la  dottrina 
ed  una  singolare  pietà  di  cui  era 
fornito,  ebbe  un  cuore  grande  e 
generoso,  perdonando  sinceramente 
ai  suoi  nemici  e  calunniatori.  In- 
verso ai  poveri  si  mostrò  così  li- 
berale e  profuso,  che  per  sollevare 
le  loro  miserie  giunse  più  d'  una 
volta  a  vendere  le  proprie  argente- 
rie. Appartenne  alle  congregazioni 
de'  vescovi  e  regolari,  di  consulta, 
della  disciplina  regolare,  e  della  ce- 
remoniale.  Fa  protettore  della  cit- 
tà di  Perugia,  di  Bertinoro  e  di 
Bolsena  ;  del  collegio  dell'  Umbria 
e  Nrceta  Lassi  in  Roma  ;  delle  con- 
vittrici  del  Bambin  Gesù  d*  Ascoli  ; 
della  collegiata  di  Modigliana  ;  dei 
monasteri  di  Monte  Luce  e  delle 
cappuccine  di  Perugia^  come  di 
quello  di  s.  Daniele  di  Fano  ;  del- 
le confraternite  di  s.  Gio.  Battista 
di  Loano  e  di  quella  colf  ospedale 
della  disciplina  di    Ronciglione. 

ODDI  Nicolò,  Cardinale.  Nicolò 
Oddi  nobile  di  Perugia,  ivi  nacque 
a' 27  settembre   1715.  Sotto  la  di- 


a6o 


ODD 


rezione  del  cardinal  Jacopo  suo  zìo, 
ricevette  un'  educazione  civile,  nio- 
vQÌe  e  letteraria  conveniente  al  suo 
grado.  Ne  fece  lodevole  profìtto  e 
si  distinse  per  le  sue  amabili  qua- 
lità. Conoscendone  il  merito  Bene- 
detto XIV,  a'  i4  gennaio  1754  lo 
fece  arcivescovo  di  Traianopoli  m 
parùbus  e  nunzio  apostolico  di  Co- 
lonia. Giunse  al  suo  destino  a'  9 
agosto,  ed  ebbe  in  suo  uditore 
Giambattista  Donati,  poi  vescovo  di 
Cervia,  ed  in  segretario  Filippo 
Evangelisti,  in  seguito  capo  cifra 
della  segreteria  di  stato.  Clemente 
XIII  Io  trasferì  alla  nunziatura  di 
Lucerna  nella  Svizzera,  per  la  qua- 
le partì  a'  16  agosto  1760.  Il  me- 
desimo Pontefice  nel  1764  lo  no- 
minò nunzio  straordinario  alla  die- 
ta elettorale  in  Francfort  per  re- 
iezione deir  arciduca  Giuseppe  II 
in  re  de'  romani,  con  amplissime 
facoltà.  Come  zelante  del  decoro 
della  santa  Sede  e  peritissimo  neU 
la  diplomazia,  in  questa  circostan- 
za abilmente  rivendicò  diversi  di- 
ritti e  privilegi  alla  romana  Chiesa, 
fra'  quali  quello  di  godere  i  nun- 
zi apostolici  la  precedenza  e  il  pri- 
mo posto  nel  corpo  diplomatico. 
Nella  stessa  dieta  T  illustre  prelato 
oppose  petto  forte  e  sacerdotale  ai 
maneggi  de*  nemici  della  Sede  apo- 
stolica, che  cominciavano  a  trama- 
re quelle  innovazioni  tendenti  allo 
scisma,  che  si  manifestarono  poi  nel 
conciliabolo  d'Ems  e  negli  ultimi 
anni  del  troppo  famoso  secolo  pas- 
sato. Per  dare  degna  ricompensa 
alle  sue  grandi  benemerenze,  giù 
Clemente  XIII  a' 20  febbraio  del 
mentovato  anno  lo  avea  traslocato 
alla  sede  arcivescovile  di  Ravenna, 
quindi  nel  concistoro  de'  26  set- 
tembre 1766  lo  creò  cardinale  del- 
l' ordine  de'  preti,  conferendogli  per 


ODE 
titolo  la  chiesa  dì  s.  Maria  in  A* 
raceli.  Lo  ascrisse  alle  congrega* 
zioni  della  concistoriale,  di  propa- 
gandaj  dell*  immunità  e  della  ceri- 
moniale, e  lo  nominò  legato  apo- 
stolico di  Romagna,  onde  si  videro 
riunite  in  lui  le  dignità  eminenti 
di  legato  ed  arcivescovo  della  me* 
desima  cospicua  provincia.  Ma  po- 
co potè  godere  di  sì  grandi  onori, 
sorpreso  da  immatura  morte  eoa 
dolore  de'buoni,  a*  25  maggio  1767, 
nel  collegio  de*  gesuiti  d' Arezzo, 
ove  trova  vasi  di  passaggio,  quando 
Roma  e  la  Chiesa  avevano  sopra 
di  lui  fondate  le  più  giuste  spe- 
ranze pe'suoi  talenti,  dottrina,  pru- 
denza e  probità.  I  funerali  si  ce- 
lebrarono nella  chiesa  de'  gesuiti  ^ 
ed  ivi  restò  sepolto. 

ODENSEE  o  ODENZEE,  OihU 
nia^  Ottonia  .  Città  vescovile  di 
Danimarca,  capoluogo  della  diocesi 
e  dall'isola  di  Fionia,a  3o  leghe 
da  Copenhagen^  sulla  riviera  del 
suo  nome^  residenza  di  un  vescovo 
protestante.  Amenamente  situata  e 
regolarmente  fabbricata,  ha  tre 
piazze  pubbliche,  il  vecchio  episco- 
pio, la  biblioteca.  La  cattedrale 
rinchiude  le  tombe  di  molti  re  da- 
nesi e  specialmente  di  s.  Canuto 
IV,  quivi  ucciso  nel  1086,  e  che 
conservasi  in  una  ricca  cassa.  Vi 
sono  altre  sette  chiese,  ed  una  so- 
cietà patriottica;  commercia  di  pel- 
li e  birra.  La  città  comunica  col 
mare  mediante  il  canale  di  Oden- 
se.  Vi  si  parla  con  purezza  la  lin- 
gua danese,  e  tra'  suoi  uomini  il- 
lustri citeremo  Giacomo  Benigno 
Winslow  medico  e  Tommaso  Ban- 
gias  teologo.  Questa  città  si  tiene 
per  la  più  antica  della  Danimarca,  fa^ 
cendosene  risalire  la  fondazione  a  O- 
dino;  secondo  altri  le  fu  dato  il  nome 
in  memoria    dell'imperatore  Otto- 


I 


ODE 

pe  I,  dal  re  Aroldo  che  la  fece 
(iibbi  icare.  li  ci'istianesimo  vi  fu 
stabilito  verso  il  gSS,  e  circa  tal 
tempo  venne  eretta  la  sede  vesco- 
vile sulFraganea  di  Lunden  [Fedi). 
I  vescovi  del  regno  vi  si  raduna- 
rono nel  1257  onde  difendere  la 
dignità  ecclesiastica,  e  vi  fecero  dei 
regolamenti  confermati  dal  Papa 
Alessapdro  IV  in  Viterbo.  Nel 
i528  vi  si  tenne  una  dieta,  nella 
quale  si  stabili  la  disciplina  della 
chiesa  danese,  secondo  la  introdot- 
ta pretesa  riforma  e  soppressione 
del  cattolicismo. 

ODERICQ  (beato).  Nacque  a 
Porto-Naone  nel  Friuli,  ed  entrato 
assai  giovine  nell'ordine  di  s.  Fran- 
cesco, diedesi  a  sorprendenti  auste- 
rità. Poscia  ch'ebbp  fatto  professio- 
ne passò  qualche  tempo  in  un  ro- 
mitorio, qijindi  col  permesso  dei 
superiori  si  recò  nella  parte  delle 
Indie  orientali  allor  conosciuta,  per 
adoperarvisì  nella  conversione  de- 
gl'  infedeli.  Nello  spazio  di  dicias- 
sett'  anni  che  vi  dimorò,  converti 
^  battezzò  piìi  di  ventimila  perso- 
ne. Ritornò  in  Italia  per  procurar- 
si degli  opprai  evangelici,  i  quali 
potessero  aiutarlo  nella  sua  missio- 
ne ;  ma  logoro  dalle  fatiche  e  dal- 
la penitenza,  cadde  malato  a  Pisa, 
donde  si  fece  trasportare  ad  Udi- 
pe;  ed  ivi  mori  li  i4  gennaio  del 
i33i.  U  spo  corpo  visitato  qualche 
tempo  dopo  la  sua  morte  dal  pa- 
triarca d' A  quileia,  fu  trovato  cosi 
fresco  e  flessibile,  come  se  fosse 
stato  viyo.  Questo  sqnto  religioso 
è  onorato  il  3    di    febbraio. 

ODERZO,  Opitergium.  Città  ve- 
scovile del  regno  lombardo- vene- 
to, nella  provincia  di  Treviso  da 
9ui  è  distante  11  miglia,  non  mol- 
lo lunge  dal  mare,  iu  un'  amena 
pianura  di  oltimQ  china,  sul  JVfou< 


ODE  261 

ticano,  fra  la  Livenza  ed  il  Piave, 
i  quali  facilitano  il  trasporto,  sin- 
golarmente per  Venezia,  de'  pro- 
dotti del  suo  territorio,  assai  uber- 
toso di  vini  e  grano.  Regolar- 
mente fabbricata,  vedonsì  de'  rag- 
guardevoli palazzi,  spaziose  strade 
e  buone  piazze,  meritando  fra  i 
pubblici  edifizi  essere  ricordato  quel- 
lo del  comune  con  annesso  teatro; 
la  chiesa  già  collegiata  di  s.  Gio. 
Battista  con  magnifico  altare  mag- 
giore j  diversi  benefici  e  scientifici 
stabilimenti  ;  alcuni  buoni  ponti. 
Fra  i  privati  edifizi  nomineremo 
quello  de'Saccomani  con  delizioso 
giardino  e  quello  de'  Tomitani  e 
Amai  tei,  ricchi  di  biblioteche  scelte 
e  mss.  rari,  non  che  di  pregiate 
raccolte  numismatiche.  Di  non  po- 
chi valenti  uomini  Oderzo  fu  pa- 
tria, e  fra  i  tanti  rammenteremo 
i  fratelli  Gio.  Battista,  Girolamo 
e  Cornelio  Amaltei,  celebri  per  di- 
gnità e  per  dottrina,  Attilio  figlio  di 
Girolamo,  fatto  arcivescovo  d'Atene 
da  Paolo  V,  ed  il  chiarissimo  To- 
mitano,  da  non  molto  rapito  alle 
lettere.  Oltre  il  sobborgo,  il  suo 
distretto  è  composto  di  dieci  co- 
piuni  :  il  suo  traffico  è  importante, 
anche  di  sete,  e  principalmente  di 
legname,  proveniente  dal  Bellunese 
e  dal  Cadore. 

Di  Oderzo,  una  delle  più  anti- 
che celebrate  città  d' Italia,  s*  igno- 
ra r  epoca  della  precisa  sua  origi- 
ne. Ebbe  il  nome  di  Opitergio  for- 
se per  la  feracità  del  suolo,  allusi- 
vo all'  Opi  simbolo  allora  dell'  ab- 
bondanza ;  e  pare  che  già  esistesse 
alla  venuta  nella  contrada  degli 
heneti  e  dei  veneti.  Fu  compresa 
nei  dominii  romani  o  per  dedizio- 
ne o  per  la  forza  delle  armi.  Di- 
venne in  seguito  colonia  romana  q 
niunicipioj  con   propri    magistrati  ^ 


nGi  ODE 

usi,  feste,  leggi,  ed  i  costumi  di 
Koma  stessaj  di  che  esistono  mol- 
te memorie  nelle  superstiti  iscrizio> 
ni  e  antichità,  e  se  ne  scavano  nel 
suo  antico  Pomerio.  Il  tribuno  Vul- 
teio  persuase  mille  opitergini  a  se- 
guirlo sopra  una  nave  armata  a 
favore  di  Cesare,  e  di  uccidersi  vi- 
cendevolmente anziché  arrendersi 
ai  Pompeiani  nelle  acque  di  Cur- 
Zola.  Tranquilla  Opitergio  sotto  il 
dominio  imperiale,  ebbe  il  collegio 
degli  augustali,  i  seviri,  i  quatuor- 
"viri,  ec.  Verso  il  87 3  venne  per 
la  prima  volta  manomessa  dal  fu- 
rore de*quadi  marcomani  ed  altre 
nordiche  genti,  che  estesero  le  loro 
scorrerie  fino  alla  Piave.  Fu  suc- 
cessivamente distrutta  dagli  unni 
nel  4512,  e  quindi  rifabbricata  sotto 
Teodorico  re  degli  ostrogoti.  Ro- 
tari  re  de' longobardi  l'abbruciò 
nel  64I)  e  Grimoaldo  la  prese  nel 
667,  ciò  che  pur  fece  Pietro  Can- 
diano  IV  doge  di  Venezia  nel  971. 
Da  tanti  disastri  gli  opitergini  ram- 
minghi  edificarono  Eraclea.  In  se- 
guito Oderzo  divenne  proprietà  dei 
•vescovi  di  Belluno,  investiti  da  Fede- 
rico I.  Il  vescovo  Everardouel  1 193 
ne  dispose  a  favore  della  famiglia 
Camino,  dal  dominio  della  quale  pas- 
sò agli  Eccellini,  e  da  loro,  dopo 
il  miserando  fine  degli  stessi,  la  ra- 
gione del  più  forte  la  fece  attacca- 
ta ai  trevigiani;  indi  per  le  guerre  dei 
Carraresi  e  degli  Scaligeri  col  comu- 
ne di  Treviso,  passò  in  potere  ora  di 
quelli,  ora  di  questi,  finche  nel  i335 
i  veneziani,  scacciando  gli  uni  e  gli 
altri,  ne  rimasero  soli  padroni,  si- 
no air  estinzione  della  loro  repub- 
blica, di  cui  ne  seguì  i  destini. 

La  sede  vescovile  alcuni  la  fau- 
no originata  dai  tempi  apostolici, 
suffiaganea  di  Aquileia,  poiché  la 
fede  vuoisi  predicata  in  Oderzo  dai 


ODE 

seguaci  dell'evangelista  s.  Marco  e 
da  s.  Prosdocimo  discepolo  di  s. 
Pietro^  che  convertì  il  tempio  di 
Marte  nella  chiesa  di  s.  Giovanni 
Battista.  Non  si  conoscono  i  primi 
vescovi,  onde  V  Ughelli,  Italia  sacra 
t.  X,  p.  i5i,  incomincia  la  serie 
da  Epodioi,  che  nel  ^21  assistette 
alla  consagrazione  della  chiesa  di 
s.  Giacomo  di  Rivoalto.  Marziano 
intervenne  al  concilio  di  Grado  nel 
579  sotto  il  patriarca  Elia.  S.  Flo- 
riano o  Fiorano,  che  rinunziò  al 
vescovato  per  andar  a  predicare  la 
fede  di  Gesù  Cristo  agi'  infedeli  ; 
e  credesi  che  sia  stato  martirizzato 
in  Polonia  Tanno  620.  S.  Tiziano 
nobile  di  Eraclea,  economo  della 
chiesa  d'Oderzo,  il  clero  e  il  po- 
polo io  acclamò  successore;  morì 
santamente  verso  la  metà  del  se- 
colo VII,  e  la  sua  festa  si  celebra 
a'  16  gennaio.  Gli  successe  s.  Ma- 
gno, clie  per  essere  stata  distrutta 
Opitergio  dai  mentovati  re  longo- 
bardi, trasportò  la  sede  in  Eraclea, 
poi  Ciltà  Nuova  (P^edi),  fabbricata 
dagli  opitergini,  e  vi  fissò  la  sua 
dimora  tra  la  nuova  veneta  società, 
donde  poi  ebbe  vita  quella  fami- 
gerata repubblica  e  la  sede  diven- 
ne eziandio  del  primo  doge  Pao- 
kiccio  Anafesto,  elettosi  nel  697 
dopo  il  governo  de'  tribuni.  Il  san- 
to vescovo  eresse  nella  nuova  città 
di  Venezia  otto  chiese,  e  poi  il  suo 
corpo  fu  traslato  nella  cliiesa  di  s. 
Geremia  in  Venezia,  eleggendolo  il 
senato  a  patrono;  il  martirologio 
romano  ne  fa  menzione  ai  6  ot- 
tobre. Il  vescovo  Benenato  sotto- 
scrisse la  lettera  del  Papa  s.  Aga- 
tone nel  680.  Trevisano  occu- 
pava la  sede  d' Oderzo  nel  789. 
Dopo  di  lui  non  si  fa  menzione  di 
altri,  e  la  diocesi  fu  divisa  tra  i  ve- 
scovi di  Geneda,  Treviso  e  di  Foro 


ODE 
Giulio,  ed  i  beni  tra  i  due  primi 
e  il  patriarca  d' Aquileia,  reslundo 
l' insegna  della  mitra,  dell'  anello 
e  del  bacolo  alla  principale  digni- 
tà della  chiesa  maggiore  di  dello 
santo  Precursore.  Quando  Paolo  V 
la  dichiarò  collegiata,  il  capitolo  si 
compose  del  decano,  di  sei  cano- 
nici e  di  quattro  mansionari.  JNel- 
r  Ughelli  si  legge  la  serie  de'  de- 
cani, da  Cristoforo  Piegini  nobile 
di  Feltre  e  protonotario  apostolico 
del  i6i5,  a  Giulio  Marcellotto  di 
Oderzo,  eletto  nel   iji^. 

ODESCALCHI,  Famiglia.  La  no- 
bilissima famiglia  Odescalchi  roma- 
na, oriunda  di  Como  in  cui  ebbe 
origine  da  un  capitano  francese,  il 
quale,  come  riferisce  il  Campana, 
Delle  famiglie  illustri  d'Italia^  ven- 
ne in  Italia  con  Carlo  Magno  nel* 
J'8oi,  quindi  fiorì  per  uomini  illu- 
stri. Sono  degni  di  memoria  per  la 
loro  pietà,  Bernardo  Odescalchi,  per 
l'industria  del  quale  entrarono  i  ge- 
suiti in  Como.  Bernardo  Odescal- 
chi gesuita,  spedilo  da  Gregorio  XllI 
in  Polonia  e  Transilvania,  per  in- 
segnare le  \erilà  cattoliche  a'  prin- 
cipi di  quelle  nazioni.  Pietro  Gior- 
gio Odescalchi,  vescovo  prima  d'A- 
lessandria, poi  di  Vigevano,  del  qua- 
le i  gesuiti  Francesco  Baertio  e  Cor- 
rado Gianni ngo  scrissero  molte  me- 
morie nel  Propylaeo  ad  Ada  ss. 
Mail,  per  la  sua  futura  canonizza- 
zione. Giulio  Maria  Odescalchi,  u- 
ditore  della  camera,  spedito  da  s.  Pio 
Y  a  benedire  la  battaglia  di  Lepan- 
to. Il  maggior  lustro  che  ricevette 
questa  cospicua  famiglia ,  lo  deve 
al  venerabile  e  gran  Pontefice  In- 
nocenzo XI  (Vedi).  A  quell'artico- 
lo narrammo  quanto  qui  accenne- 
remo. Benedetto  fu  il  suo  nome 
battesimale ,  e  dopo  varie  cariche 
prelatizie,    nel   i645   venne  creato 


ODE  263 

cardinale  da  Innocenzo  X,  legato 
di  Fenara  e  vescovo  di  Novara 
(Fedi),  sede  che  cede  al  fratello  d. 
Giulio.  Nel  1676  meritò  d'essere 
elelto  Papa,  e  subito  inculcò  mo- 
derazione a  d.  Livio  Odescalchi  uni- 
co figlio  del  fratello  d.  Carlo,  e  che 
non  si  frammischiasse  nel  governo, 
cedendogli  i  suoi  beni  patrimoniali, 
i  quali  con  quelli  che  possedeva , 
rendevano  annui  scudi  quarantami- 
la. Narrammo  ancora  quanto  In- 
nocenzo XI  contribuì  alla  famosa 
liberazione  di  Vienna  assediata  dai 
turchi,  e  quanto  somministrarono  d. 
Giulio  e  d.  Livio;  che  il  suo  parente 
e  conclavista  sacerdote  d.  Marcanto- 
nio Odescalchi  istituì  l'ospizio  o  ospe- 
dale di  s.  Galla,  poi  ingrandito  e 
mantenuto  dalla  famiglia,  che  ne 
ha  il  patronato,  concorrendovi  il  Pon- 
tefice e  l'altro  suo  parente,  che  fe- 
ce elemosiniere  guardaroba,  e  cano- 
nico vaticano,  d.  Carlo  Tommaso 
Odescalchi,  con  d.  Livio;  che  lo  stes- 
so d.  Carlo  Tommaso  incominciò  il 
celebre  ospizio  apostolico,e  meglio  di- 
remo parlando  di  quegli  stabilimenti; 
che  elevò  al  cardinalato  il  parente 
Ciceri,  fatto  pur  vescovo  di  Como 
comune  patria;  finalmente  come  dis- 
pose in  morte  centomila  scudi  in 
opere  pie,  e  quanto  fu  moderato 
con  d.  Livio,  pel  quale  solo  eresse 
in  ducato  il  feudo  di  Ceri  (Vedi), 
che  il  nipote  avea  acquistato  :  e 
questo  fu  il  tutto  che  Innocenzo 
XI  operò  in  favore  de' suoi,  come 
rilevò  il  Guarnacci,  Vitae  et  res 
gestae  Pontif.  1. 1,  in  Inn.  XI.  L'im- 
peratore Leopoldo  I,  grato  a  quanto 
Innocenzo  XI  avea  fatto  per  la  sal- 
vezza de'  suoi  dominii,  prese  sotto 
la  sua  protezione  la  famiglia  Ode- 
scalchi,  e  pochi  giorni  dopo  la  di 
lui  morte,  a' 29  agosto  1689,  spe- 
di a  d.  Livio  il  diploma  di  principe 


^H  ODE 

^leirimpero,  titolo  esteso  anco  ai  di 
lui  discendenti,  come  riporta  il  No- 
vaes  nella  Fila  d'Innocenzo  XI, 
mentre  altri  danno  a  tal  diploma 
la  data  de'  2$  maggio.  Nella  sede 
vacante,  il  sacro  collegio  edificato 
dall'estrema  riservatezza  e  modera- 
zione esercitata  da  d.  Livio  nel  pon- 
tificato dello  zio,  lo  nominò  gene- 
rale della  Chie$a.  Veggasi  Les  gè- 
ntalogies  hìstoricfjies  avec  lesfaniil- 
les  PapaleSy  t.  II,  dans  Innqc.  XI. 
D.  Livio  comprò  ancora  il  du- 
cato di  Bracciano  (Vedi)  eh*  era 
degli  Orsini  (Vedi),  uno  de'  super- 
stili  feudi  dello  stalo  pontificio,  del- 
le cui  acque  parlammo  a  Fontani? 
DI  Roma,  e  sotto  gli  Odescalchi  fu 
arricchito  ci»  nuovi  fabbricati  e  ali- 
mentata la  popolazione,  favorendo  il 
commercio  della  carta,  ^  molto  pi^ 
del  ferro  che  vi  si  lavora  :  Roncor 
freddo  marchesato,  comune  sogget- 
to al  governo  di  Sogliano  nella  dio- 
cesi e  distrettp  di  Cesena,  nella  le- 
gazione di  ForPi,  ora  con  piì;  di 
2000  abitanti  ;  l'etimologia  provie- 
ne da  un'altissima  torre,  che  quivi 
esisteva  ne'primi  tempi,  che  dice- 
vasi  la  E,occa  fredda  per  la  sua 
altezza;  ivi  fu  assassinato  a  mensa 
il  conte  di  Chiazzolo  dallo  zio  Pan- 
dolfo  Malatesta  nel  \Zi^'.  Montia- 
no,  contea,  comune  soggetto  alla 
diocesi  e  distretto  di  Cesena,  nella 
legazione  di  Forlì,  ora  con  circa  900 
abitanti;  ha  molti  e  antichi  fabbri- 
cati cinti  di  mura  con  piacevole 
borgo;  nella  chiesa  de'minori  osser- 
vanti vi  è  un  Crocefisso  di  antica  scul- 
tura in  molta  venerazione;  e  Palo 
signoria  sul  Mediterraneo  annessa 
a  Civitavecchia,  soggetta  a  quella 
Relegazione  e  distretto,  diocesi  di 
Porto  e  s.  Ruffina  con  pochi  abi- 
tanti. Palo  vuoisi  l'antico  Alsio^  cit- 
\di  fondata  dai  pelasgi    ed   insieAie 


ODE 

agli  aborigeni  abitata,  e  cos'i  forsd; 
detta  da  Aleso  argivo.  Nel  5o6  di 
Roma  vi  fu  dedotta  una  colonia 
romana  marittima,  la  quale  eresse 
una  statua  per  beneficii  ricevuti,  ad 
Antonino  Caracalla.  Per  la  traslazio- 
ne dell'impero,  questa  spiaggia  sog- 
giacque alla  prima  scorreria  de'  go- 
ti; nondimeno  Alsio  si  sostenne  si- 
no alla  metà  del  secolo  VI,  ma  beo 
presto  incontrò  nuove  sciagure  dai 
longobardi  e  poi  dai  saraceni  dal 
canto  del  mare,  e  per  le  loro  de- 
vastazioni scomparve  .  Pervenuto 
il  luogo  in  potere  de'  monaci  di 
s.  Sabba,  vi  edificarono  un  ca- 
strum  ed  una  rocca,  ed  allora  pev 
la  prima  volta  comparisce  col  no- 
me odierno  di  Palp.  Da  essi  nei 
primi  del  secolo  XIV  l'acquistò  pei* 
due  porzioni  Bertoldo  Orsino,  e  nel 
seguente  secolo  per  le  guerre  il  ca- 
stello fu  diroccato.  Nel  i52i  la  par- 
te res(at^  ai  monaci  fu  data  in  en- 
fiteusi €^gli  Oji'sini,  i  quali  vendero- 
no nel  iSyS  Palo  per  2 5,ooo  scu- 
di, al  cardinal  Guido  Ascanio  Sfor- 
za con  patto  di  redimerlo,  come  in 
fatti  fecero  nel  1662.  Gli  Orsini 
quindi  lo  ampliarono  e  restauraro- 
no, e  da  es?i  nel  i  GgS  l'acquistò  d- 
Livio  per  120,000  scindi.  In  seguito 
gli  Odescalchi  lo  venderono  ai  Gril- 
lo, e  questi  nel  1763  ai  Loffredo,  dai 
quali  gli  Odescalchi  lo  ricuperaro- 
no nel  1780.  Questo  borgo  è  lun- 
ge  da  Roma  22  miglia,  con  b^l 
bosco  e  castello  formato  da  un  forte 
di  costruzione  del  secolo  XV;  il 
recinto  esterno  è  difeso  da  torri  qua- 
drate, essendo  bastionato  il  muro 
verso  il  mare.  Dentro  questo  rq- 
cinto  è  il  palazzo  ampio,  difeso  agli 
angoli  da  quattro  torri  rotonde,  dgi 
tempi  di  Pio  II.  Dinanzi  al  castelj- 
lio  sul  mare  sono  i  moli  del  piccolo 
porto  interrato,  e  verso  oriente  um^ 


ODE 

piccola  darsena.  Neil'  agro  Alsìense 
vi  ebbero  ville  Pompeo  e  Marco 
Emilio  Porcma,  e  se  ne  vedono  i 
ruderi.  Tratta  di  Pqlo  il  IS'ibby , 
j4nnlisì  de'  dintorni  di  fioma,  t.  JJ, 
p.  523;  ed  il  Piazza,  Gerarchia  car- 
dinalizia p.  75,  il  quale  parlq  della 
cbiesa  dell?»  ss.  Annunziata,  e  che 
f3.  Livio  nel  1698  vi  ricevette  coii 
regia  magnificenza  Innocenzo  XII. 
Dipoi  Benedetto  XIV  a'  26  aprile 
1747  recandosi  a  Civitavecchia  (Fé- 
(li),  pernottò  nel  palazzo  ducale, 
ricevuto  pel  duca  Grillo  dql  vicer 
duca  Calsqmiglia  e  dal  sergente 
generale  Manfroni,  fya  gli  spari  del 
forte.  Vi  ascoltò  la  messa  e  pranzò 
alla  presenza  di  due  cardinali  e: 
della  camera  segreta  ;  nelle  ore  po- 
ineridiaqe  visitò  la  suddetta  cbiesq, 
e  nella  sera  vi  fqrono  illuminazio- 
ni e  fuochi  d'artifizio,  con  lauta  ce- 
na. Nel  seguente  giovedì  il  Papa 
partì  per  Civitavecchia ,  dopo  uq 
montuoso  rinfresco,  e  fra  le  salve 
dell'  artiglieria.  Indi  mercoledì  4 
piaggio,  reduce  da  tql  città.  Bene- 
detto XIV  giMnse  ad  ore  sedici  q 
palo,  salutato  dal  forte  e  dalle  quat- 
tro galere  pontificie  che  cpsteggia- 
vano  la  spiaggia,  dirette  dal  coman- 
dante Bussi.  Vi  pranzò  e  poi  visitò 
Ja  chiesa  dpUa  ss.  Annunziata ,  fa- 
cendo un  giro  per  V  antico  porto, 
JNella  sera  vi  fu  vin fresco,  fuoco  ar- 
tifiziale,  illuminazione  al  palazzo  e 
?ulle  galere  ;  e  nel  dì  seguente  dopo 
la  messa  e  la  colazione ,  il  Papq 
proseguì  il  viaggio  per  Roma  ,  di- 
chiarandp  il  suo  gradimento  a^  vice- 
duca.  Nel  1762  Clemente  XIII  re- 
candosi a  Civitavecchia ,  lunedì  26 
aprile  si  fermò  in  Palo,  visitò  il  ss. 
Sagramento  nella  chiesa  parrocchia- 
le, accolse  un  dono  di  comme^libih 
fla  Battisti  ministro  dell'eredità  Gril- 
lo, e  passato   al    palazzo    ducale  vi 


ODE  265? 

dormì  la  notte,  e  nel  seguente  gior- 
no s'incamminò  per  Civitavecchia. 
Da  ^questa  ritornò  a  Palo  sabba  to 
7  maggio,  vi  pranzò,  e  poscia  pas;- 
sò  a  Roma.  Gregorio  XVI  onorò 
di  sua  presenza  Palo  ed  il  palazzo 
pel  settembre  1842  di  ritorno  d^ 
Civitavecchia.  Che  d.  Livio  acquistò 
eziandio  la  villa  Montalto  o  c^i  Brac- 
ciano in  Frascati,  che  nel  i838  la 
comprò  dagli  Qdescalchi  la  congre- 
gazione di  propaganda,  con  patto  re- 
dirnendij  lo  dicemmo  nel  voi.  XXVIIj 
p.  i56  del  Z?/zfprtar/p^  descrivendq 
|a  villa. 

y  imperatore  Leopoldo  I  a  di- 
mostrare la  sua  particolare  ricono- 
scenza al  defunto  Innocenzo  XI  e 
la  sua  singolare  benevolenza  al  de- 
gno nipote  d.  Livio ,  con  sovrana 
munificenza  con  diploma  de'  21  a- 
gosto  1697  (altri  dicono  nel  1694) 
l'investì  del  ducato  del  Sirmio  ne|- 
l'^Jugheriq  meridionale  con  titolo  di 
altezza,  come  niaggiorasco  in  favo- 
re della  famiglia  Qdescalchi.  Indi 
eon  altro  diploma  imperiale  degU 
1 1  dicembre  1 698,  Leopoldo  I  con- 
fermò questa  investitura,  ed  aggiun- 
se al  titolo  di  duca  del  Sirmio , 
quelli  di  conte  supremo  ereditario 
e  di  palatino,  con  altri  privilegi. 
Fra  questi  evvi  il  singolarissimo,  col 
quale  dichiarò  principi  dell'impero, 
lutti  gì'  individui  della  famiglia  O- 
descqlchi  compresi  i  cadetti.  Tali 
diplomi  furono  pubblicati  da  Giu- 
seppe Avanci  d»  Fermo:  Geografia 
istorica  del  ducato  e  provincia  del 
Sirmio,  conferito  da  Leopoldo  I  im- 
peratore a  d.  Livio  O descalchi,  Ro- 
ma 1700  per  l'Ercole.  V.  Sirmio, 
ove  parleremo  della  sede  vescovile 
unita  a  quella  di  Bosnia  (Vedi), 
La  regina  Maria  Casimira  vedova 
di  Giovanni  III  re  di  Polonia,  vo- 
lendo stabilirsi  ini  Roma,  vi  giunse 


a66  ODE 

n'a4  marzo  1699,  e  fu  con  mflgiii- 
ficenza  ricevuta  nel  palazzo  del  prin- 
cipe il.  Livio  duca  di  Sirmio  e  di 
l3raccìano,  limpelto  alla  chiesa  di 
S.  Maria  in  via  Lala  ed  a  quella 
de*  ss.  XII  Apostoli,  da  lui  adorna- 
to con  mobili  preziosi,  e  del  museo 
della  regina  di  Svezia  Cristina.  Ma- 
ria Casimira  verso  il  1702  passò  ad 
ohitare  alla  Trinità  de*  Monti  nel 
casino  de*  Torres  da  lei  comprato 
colle  case  contigue,  e  in  quello  dei 
Zuccari  dalla  medesima  abbellito  e 
imito  con  un  ponte.  Per  alcune  dif- 
ferenze tra  i  menibri  della  celebre 
accademia  d'Arcadia,  una  parte  si 
pose  sotto  la  protezione  di  d.  Livio 
amatore  delle  arti  e  delle  scienze , 
il  quale  die  loro  ricetto  nella  sua 
\illa  fuori  di  porta  del  Popolo,,  ove 
si  recarono  a  celebrare  le  accade- 
mie, in  memoria  di  che  nel  17  13 
vi  fu  collocata  onorevole  iscrizione 
pel  mecenate,  che  il  Cancellieri  ri- 
porta a  p.  128  del  suo  Mercato, 
Il  principe  d.  Livio  I  morì  senza 
moglie  e  prole  a*  7  venendo  T  8 
settembre  171 3,  istituendo  suo  ere- 
de universale  d.  Baldassarre  marche- 
se Erba,  figlio  di  Lucrezia  Odescal- 
chi  sua  sorella  maggiore,  e  di  Be- 
nedetto Erba  senatore  di  Milano , 
famiglia  che  ivi  tuttora  fiorisce;  con 
espressa  condizione  di  assumere  l'ar- 
ma, il  cognome  e  i  titoli  degli  O- 
descalchi  :  il  corpo  di  d.  Livio  fu 
portato  in  ss.  Apostoli,  e  dopo  so- 
lenne funerale,  vi  fu  sepolto.  Nello 
stesso  anno  Clemente  XI  creò  car- 
dinale Benedetto  Odescalcìd  Erba 
(Vedi).  Baldassarre  I  Erba  Odescal- 
chi  a*  3o  marzo  17 14  ottenne  la 
dignità  di  principe  delTimpero  per 
lui  e  per  la  sua  discendenza  masco- 
lina per  diritto  di  primogenitura  ; 
ed  ottenne  pure  la  conferma  del 
titolo  e  ducato  di  Sirmio  dairim- 


ODE 
peralorc  Carlo  VI,  e  la  relativa  in- 
vestitura per  lui  e  discendenti  coi 
privilegi  concessi  al  suo  padre  adot- 
tivo Livio  I.  A*  7  gennaio  17 17 
prese  per  moglie  d.  Flaminia  Bor- 
ghese, dama  celebre  per  le  sue  poe- 
sie, che  dal  Recanati  furono  pub- 
blicate nella  Raccolta  delle  poetes- 
se  italiane  t.  III.  Essendo  morta 
d'anni  ventisei,  nel  parto  di  due  ge- 
melli, a'6  novembre  1718  d.  Bal- 
dassarre I  prese  in  seconde  nozze 
Maria  Maddalena  Borghese  sorella 
tlella  prima,  da  cui  nacque  a*  16 
febbraio  1725  d.  Livio  II:  nel  1728 
comprò  il  palazzo  degli  Orsini  a 
Pas(piino,  vendutogli  dalla  duches- 
sa di  Carbognano  ,  in  concorrenza 
del  principe  Santobuono  Caracciolo, 
ma  questi  movendogli  lite  l'ebbe 
per  sé,  e  poi  nel  1790  passò  ai 
Braschi.  Nel  1788  d.  Paola  Ode- 
scalchi  figlia  di  d.  Baldassarre  I, 
sposò  il  principe  d.  Domenico  Or- 
sinij  che  restatone  vedovo.  Benedet- 
to XIV  nel    1743  creò  cardinale. 

Nel  174^  d.  Baldassarre  I  com- 
prò dalla  casa  Chigi  il  bellissimo 
palazzo  sum mentovato,  sulla  piazza 
de*  ss.  Apostoli,  che  tuttora  appar- 
tiene alla  nobilissima  famiglia  Ode- 
scalchi,  una  signora  della  quale,  d. 
Flaminia,  avendo  sposato  il  principe 
d.  Sigismondo  Chigi,  fu  madre  del 
vivente  principe,  e  in  morte  le  fu 
eretto  un  magnifico  monumento  nel- 
la Chiesa  di  s.  Maria  del  Popolo 
(Fedi).  Quanto  al  palazzo,  di  cui 
fece  la  pianta  Carlo  Maderno,  anti- 
camente appartenne  ai  Colonna  si- 
gnori di  Gallicano,  dai  quali  Io  acqui- 
stò il  cardinal  Fabio  Chigi,  nel  pon- 
tificato dello  zio  Alessandro  VII,  e 
lo  riedificò  coi  disegni  del  Bernini, 
che  trovatolo  mancante  di  corrispon- 
dente facciata,  in  quella  che  vi  fece 
cercò  d'imitare  i  palazzi  laterali  di 


ODE 
Campidoglio.  Il  cardinale  rarnccli\ 
di  statue  e  di  quadri,  che  la  fami. 
glia  Chigi  nell'alienarlo  trasferì  al- 
l'altro suo  palazzo  a  piazza  Colonna  , 
tranne  alcune  statue.  D.  Baldassarre  I 
Io  rese  più  sontuoso,  con  ampliarlo 
più  del  doppio,  coll'opera  di  Nicolò 
Salvi  e  Luigi  Vauvitelli ,  seguendo 
il  primitivo  disegno  del  Bernino.  Se 
ne  legge  la  descrizione,  con  quanto 
di  splendido  conteneva,  nel  Venuti, 
Roma  moderna  p.  2^4  e  seg.  La 
facciata  di  questo  stupendo  edilìzio 
è  ornata  di  altissimi  pilastri,  che  si 
alzano  per  disopra  a  un  basamento 
assai  elevato,  in  cui  ricorre  il  pian 
terreno.  Tramezzo  ai  pilastri  apron- 
si  tre  ordini  di  finestre  di  bella 
forma.  Il  portone  ha  sopra  una 
loggia,  ed  un  vestibolo  mette  nel 
portico  che  circonda  la  corte,  il 
quale  ha  soli  tre  lati,  poiché  la  fab- 
brica non  è  compita  dalla  parte  dì 
occidente.  Il  portico  è  assai  spazioso, 
con  arcate  rette  da  colonne  doriche, 
avendo  per  disopra  una  loggia  chiusa 
e  adorna  di  pilastri  ionici.  Sotto  al 
portico  sono  le  statue  degl'  impe- 
ratori Claudio  e  Massimi  no  ;  nel 
primo  ripiano  della  scala  nobile  tro- 
vansi  due  basi  con  figure  in  rilievo, 
esprimenti  due  provincie  romane,  si- 
mili a  quelle  di  Campidoglio,  tro- 
vate già  presso  la  dogana  a  Piazza 
di  pietra.  Negli  appartamenti  am- 
miravansi  già  alcune  famose  colle- 
zioni di  quadri  delle  principali  scuo- 
le, molte  antiche  sculture,  superbe 
tappezzerie  fatte  sui  cartoni  di  Raf- 
faello, di  Giulio  Piomano  e  di  Ru- 
bens, ed  anco  il  ricco  medagliere 
antico  e  moderno  della  nominata 
regina  di  Svezia,  famoso  soprattutto 
per  la  raccolta  de*  medaglioni  anti- 
chi e  gemme;  raccolta  che  pubbli- 
cò Nicola  Galeotti  con  rami  incisi 
dal  BartoU  e  note  del  Bussi:  Mu- 


ODE  267 

seiim  Odescìialcum,  sive  thesaurus 
antiquarum  gemmaruni,quae  a  Chri- 
stina svecoruni  regina  collectae  in 
museo  Odeschalco  asservanlur,  Ro- 
inae  lySi.  Ora  però  tutte  queste 
rarità  sono  passate  a,  far  parte  di 
altri  musei  e  gallerie.  A  d.  Baldas- 
sarre I  successe  d.  Livio  II,  signore 
fornito  di  tutte  le  belle  qualità,  cui 
r  imperatrice  regina  Maria  Teresa 
rinnovò  l'investitura  nel  iJ^S,  di- 
minuendo dal  ducato  di  Sirmio  un 
distretto  considerabile ,  che  aggiun- 
se ad  un  governo  adiacente.  A*  io 
aprile  174?  *>i  sposò  a  d.  Maria 
Vittoria  Corsini  di  spirili  elevati, 
morta  poi  nel  1797  in  Firenze,  e 
tumulata  in  Roma  nella  sepoltura 
gentilizia  in  ss.  Apostoli,  nella  quale 
d.  Baldassarre  I  avea  eretta  la  ma- 
gnifica cappella  di  s.  Antonio  di 
Padova,  ornata  di  pietre  fine  e  di 
otto  grandi  colonne,  quattro  di  brec- 
cia paonazza  e  quattro  di  breccia 
rossa  con  strisce  di  metallo  dorato, 
oltre  i  dipinti.  Clemente  XIII  nel 
1759  creò  cardinale  Antonio  Maria 
Erba   O descalchi  (Fedi). 

D.  Livio  II  nel  17^4  cede  alla 
casa  Erba  la  metà  delle  sue  pos- 
sessioni, morì  in  Roma  a' io  luglio 
i8o5,  e  fu  sepolto  nella  detta  cap- 
pella di  s.  Antonio.  Gli  successe  il 
figlio  d.  Baldassarre  II,  che  sino  dal 
1777  erasi  congiunto  in  matrimo- 
nio con  d.  Caterina  Giustiniani  dei 
principi  di  Bassano.  Ornato  delle 
più  belle  virtù,  coltivò  le  lettere  e 
la  poesia,  fu  protettore  degli  artisti 
e  de' letterati,  esempio  di  paterna 
sollecitudine,  e  die  alle  stampe  di- 
verse sue  opere,  tra  le  quali  :  Me' 
morie  istorico- critiche  deW  acca* 
dcniia  de  Lincei f  e  del  principe  Fe- 
derico Cesi  duca  d'Acquasparta, 
fondatore  e  principe  della  medesi' 
ma^    Roma  1806.  Morì  compianto 


a68  ODE 

fi*3o  agosto  1810,  e  ne  fece  l'elo- 
gio il  cognato  cardi nai  Giacomo 
Giustiniani f  die  si  legge  nel  t.  72 
del  Giornale  arcadico:  da  ultimo  ne 
pubblicò  neW/Jlhuni  n."  12  del  i838, 
Vina  bella  biqgra(]a  il  cl^  cay.  F. 
Fabi  Montani,  col  ritratto.  Del  di 
lui  fii^tello  Antonio  Mariq  Odescal- 
chi  vescovo  di  Jesi,  parlai  nel  voi. 
XLIj  p.  187  del  Dizionario  ed  al- 
trove, poiché  servì  con  moltissimo 
^e\o  Pio  VI  quando  era  nunzio  di 
Firenze,  e  quanc^o  il  Papa  fu  portato 
prigione  in  Toscana ,  gli  fece  da 
segretario  di  stato.  Pio  VII  lo  vole- 
va creare  cardinale,  ma  egli  aven- 
do perduto  la  pingue  abbazia  di 
X^ombardia,  toltagli  dallq  repubbli- 
ca Cisalpina,  per  non  aggravare  la 
casa  pregò  U  Papa  a  dilazionare,  e 
perseguitato  dai  nemici  della  roma- 
na chiesa,  fu  deportato  in  Milano, 
ov*è  sepolto  nella  metropolitana  trg^ 
}  canonici.  \\  principe  d-  Baldassar- 
re li  lasciò  i  seguenti  figli,  i."  D,. 
Innocenzo,  che  gli  successe  nelle  si- 
gnorie. 2.°  D.  Maddalena  n^aritala 
ai  principe  Bpncon\pagno-Ludovisi. 
3.°  D.  Maria  Tevesa  maritata  al 
marchese  Theodoli.  4°  ^'  Carlo, 
Odescalcid  (^P^edi),  creato  cardinale 
da  Pio  yil,  che  con  universale  am- 
mirazione rinunziò  poi  la  porpora. 
5."  Principe  d.  Girolamo,  fatto  da 
Gregorio  ^VI  presidente  del  rione 
Monti.  6.°  Principe  d.  Pietro,  fat- 
to da  Gregovio  XVI  vice-presic|en- 
Xe  cjella  comuiissione  de'lavori  pub- 
t)lici  di  beneficenza,  gran- croce  del- 
Y  ordine  di  s.  Gregorio  Magno,  e 
presidente  de'rioni  Trevi  e  Pigna: 
dal  1819  presiede  al  Giornale  ar- 
cadico, al  modo  lodato  nel  voi.  XX, 
p.  9  del  Dizionario  ;  fu  presiden- 
te dell'accademia  di  archeologia;  ed 
ammirato  per  dottrina,  die  alla  lu- 
99  vari  opere,  fra  le  quah  nomine- 


ODE 

remo  :  /  frammenti  de  sei  libri  deh 
la  Repubblica  di  Cicerone  i>olgariZf 
zali  ;  Istoria  del  ritrovamento  del 
le  spoglie  mortali  di  Raffaello  San 
zioj  Elogio  del  cardinal  Zurla  j 
Elogio  del  principe  d.  FrancescQ 
Borghese  Aldobrandini  j  Elogio  del- 
la principessa  Guendalina  Borghe- 
se ;  Descrizione  de^ nuovi  lavori  ese- 
guiti nella  diaconia  de*  ss.  Vito  e 
Modesto;  Elogio  del  p.  Petrucci 
gesuita;  Orazione  per  la  distribu- 
zione de' premi  Balestra;  Elogio 
di  monsignor  Nicolai.  7."  D.  Ce- 
qilia  maritata  al  marchese  Lon- 
ghi.  8.°  D.  Flaminia  rparitata  al 
marchese  Capranic^.  9.°  D.  Vitto- 
Via  maritata  al  corate  Connestabi- 
li  dellq  Staffq,  Il  principe  d.  In- 
nocenzo duca  del  SiirmiQ,  grande 
di  Spagna  di  primj^  classe,  consi- 
gliere dell'imperatore,  gran  n^ag- 
giordomo  della  regima  d'  Ungheria, 
gran  croce  de'ss.  Maurizio  e  Lazza- 
ro, mori  ia  Meidling  d^iZ  setten^- 
bre  i833  :  il  suo  elogio  e  la  de- 
scrizione deTunerali  celebrati  in  ss. 
Apostoli  di  Roma,  qv'era  nato,  sì 
leggono  nel  n.  8,i  del  Diario  di 
Roma  e  nel  suppleniento.  del  n.** 
87.  Dall^  sua  prima  consorte  d.  An- 
na Luisa  Barbe  contessa  Keglevics. 
Buzin,  gli  nacquero:  j."  d-  Livio 
ni  Ladislao;  2.°  d.  Augusto;  3.** 
d.  Cecilia;  4-"  J-  Paolina;  5.'^  d. 
Vittoria.  Dx^lla  seconda  moglie  d. 
Jinrichetta  contessa  de  Zichy  Fer- 
raris, Vittorio  Innocenzo.  Il  prin- 
cipe d.  Livio  IH  Ladislao  che  gli 
sviccesse  nelle  signorie,  fu  decorato 
da  Gregorio  XVI  della  grancroce 
4i  s.  Grregorio  Magno,  ed  è  duca 
^el  Sirmioj  del  feudo  di  Bracciano 
(ricomprato  nel  maggio  1847,  rient 
trandone  in  possesso  nell'  ottobre), 
di  Ceri  (benché  alienato  senza  patn 
io  redimendi)^  signor^  eli  Palo^  m£^v% 


ODE 

(illese  di  Roncofreddo,  conte  di  Mon- 
tiano,  gratide  di  Spagna  di  pri- 
ma classe,  e  ciamberlano  dell'im- 
peratore d'Austria.  Risiede  in  Vien- 
na e  in  Roma,  e  nel  1841  si  ma- 
ritò alla  principessa  d.  Sofia  Cate- 
rina Rosa  contessa  Branicka  di  Rus- 
sia, che  nel  i844  lo  fece  padre  di 
d.  Baldassarre  III  Ladislao,  e  nel 
1846  di  d.  Stanislao. 

ODESCALCHI  Benedetto,  Car- 
dinale.  V.  Innocenzo  XI  Papa. 

ODESCALCHI  ERBA  Benedet- 
to, Cardinale.  Benedetto  Odescal- 
chi  della  nobile  famiglia  Erba  mi- 
lanese, pronipote  per  canto  di  fem- 
mina del  ven.  Innocenzo  XI,  intro- 
dotto appena  nella  prelatura^  ven- 
ne destinato  da  Clemente  XI  alla 
vice-legazione  di  Ferrara  e  di  Bo- 
logna, da  cui  fece  passaggio  alla 
nunziatura  di  Polonia,  dove  diede 
illustri  riprove  di  sua  liberalità  e 
religione,  col  contribuire  generosa- 
mente una  somma  considerabile  di 
denaro  per  supplire  ai  bisogni  del- 
la guerra  contro  il  turco  ;  dal  cui 
preclaro  esempio  stimolali  gli  altri, 
contribuirono  coi  loro  aiuti  a  te- 
ner lontano  da  quelle  provincie  il 
comune  nemico.  Vacata  frattanto 
la  chiesa  di  Milano  per  morte  del 
cardinale  Archinto,  gli  fu  conferita 
nel  17 12  da  Clemente  XI,  che  po- 
co dopo  a'3o  gennaio  1718  lo  creò 
cardinale  prete  del  titolo  de'ss.  XII 
Apostoli,  e  lo  ascrisse  alle  congre- 
gazioni de'  vescovi  e  regolari,  del 
buon  governo,  di  propaganda  ed 
altre.  Generoso  in  sommo  grado 
coi  poveri  e  colle  chiese,  ne  arric- 
chì alcune  di  preziose  suppellettili^ 
altre  ne  risarcì,  ad  altre  accrebbe 
le  rendite,  e  due  ne  fondò,  una 
assai  magnifica  delta  s.  Maria  Ful- 
corina,  e  l'altra  nel  castello  di  Cli- 
tato.   Introdusse  in  Milano  le  mo- 


ODE  i&ij 

nache  salesiane,  con  assegnar  loro 
il  monastero  di  s.  Sofia,  ed  i  chie- 
rici regolari  della  Madre  di  Dio, 
con  gran  vantaggio  delle  auime  ei 
avanzamento  negli  sludi^  ed  a  que- 
sti die  la  chiesa  di  s.  Pietro  nel 
campo  di  Lodi.  Non  vi  fu  condi- 
zione di  persone  che  sfuggisse  agli 
occhi  perspicaci  della  sua  carità,  e 
fece  in  modo  che  i  poverelli  fosse- 
ro istruiti  ne'divini  precetti  e  nei 
misteri  della  fede.  Rivolse  la  sua 
cura  pastorale  ai  servi,  agli  amma- 
lati negli  ospedali,  ai  fornari  e  fino 
ai  birri,  che  faceva  radunare  in  un 
determinato  giorno  della  settimana 
in  una  chiesa  a  tal  uopo  destinata^ 
dove  dava  loro  agio  di  ascoltare  la 
divina  parola.  Dopo  essersi  trovato 
presente  ai  conclavi  d'Innocenzo Xlllj 
di  Benedetto  XIII  e  di  Clemente 
XI  Ij  e  di  essere  stato  assente  da 
quello  di  Benedetto  XIV,  morì  in 
Milano  nel  1740  d'anni  71,  e  ri- 
mase sepolto  nella  chiesa  di  s.  Gio- 
vanni in  Conca,  innanzi  l'altare  mag- 
giore, con  breve  iscrizione.  I  mise- 
rabili, le  vedove,  i  pupilli,  e  quan- 
ti furono  o  poveri  o  luoghi  pii  in 
Milano,  ebbero  nel  cardinale  un 
amorosissimo  padre,  essendo  la  viriti 
predominante  in  lui  la  misericordia 
verso  i  poverelli,  calcolandosi  che 
distribuisse  loro  un  milione  e  cen- 
tomila lire  imperiali  in  elemosina, 
senza  le  altre  che  s' ignorano.  Lo 
zelo  parimenti  di  cui  ardeva  per 
la  disciplina  del  clero  fu  mirabile, 
non  perdonando  ne  a  spese  né  a 
fatiche  per  formarsi  operai  e  mini- 
stri del  santuario.  Ne  descri^sse  Iti 
gesta  il  Sassi,  nella  serie  degli  ar- 
civescovi di  Milano. 

ODESCALCHI  ERBA  Antonio 
Maria,  Cardinale.  Antonio  Maria 
Erba  Odescalchi,  nacque  da  nobi- 
lissima famiglia  in  Milano  a'  1 2  geii- 


270  ODE 

naio  1712,  e  fu  educato  nella  pie- 
tà e  nelle  scienze,  nelle  quali  Hi- 
cendo  profillo,  dichiarò  fallo  adul- 
to di  voler  abbracciare  lo  stalo  ec- 
clesiastico e  di  servire  alla  santa 
Sede.  Recatosi  in  Roma,  fu  ammes' 
so  nel  collegio  de'protonotari  apo- 
stolici partecipanti  e  ne  divenne  il 
decano.  Benedetto  XIV  lo  fece  se- 
gretario della  congregazione  delle 
indulgenze  e  sacre  reliquie.  Clemen- 
te XUI  nel  1758  lo  promosse  a 
suo  maestro  di  camera,  e  nel  con- 
cistoro de*  24  settembre  17^9  lo 
creò  cardinale  dell'ordine  de'preti, 
e  poi  per  titolo  gli  conferì  la  chie- 
sa di  s.  Marcello,  e  lo  annoverò 
alle  congregazioni  del  s.  offizio^  del 
concilio,  dell'esame  de'vescovi,  del- 
la disciplina  regolare,  delle  indul- 
genze e  sacre  reliquie.  Per  morte 
del  cardinal  Guadagni,  lo  stesso  Cle- 
mente XIII  a'28  settembre  fjSg 
lo  fece  vicario  di  Roma,  a  tale  ef- 
fetto lo  consacrò  arcivescovo  in  par* 
tìhiia  di  Nicea,  a  Castel  Gandolfo, 
a' 1 4  ottobre,  nella  chiesa  principa- 
le, ed  eVjbe  in  dono  dal  Papa  una 
pianeta  assai  ricca  di  lama  d'argen- 
to ricamata  d' oro,  lenendolo  poi 
seco  a  mensa  cogli  altri  cardinali  ; 
quindi  gli  conferì  la  prefettura  del- 
la residenza  de'vescovi  e  le  seguen- 
ti proteltorie.  Accademia  teologica, 
benefratelli,  scolopi,  eremiti  a  por- 
ta Angelica,  seminario  romano,  col- 
legio nazareno,  a  rcicon  fraterni  la  del- 
la dottrina  cristiana,  monastero  del- 
le Scalette;  conservatorii  di  s.  Pa- 
squale, dell'Assunta,  mendicanti,  s. 
Maria  del  R.efugio  a  s.  Onofrio;  ar- 
ciconfraternile  delle  Stimmate,  di  s. 
Lorenzo  in  Lucina,  del  ss.  Cuore 
di  Gesìi,  del  ss.  Sagramento  in  s. 
Nicola  in  Arcione,  di  Gesìi  e  Ma- 
ria, e  dell'università  de'cappellnri. 
Ma   fatalmente  poco  godè  di   tanti 


ODE 

onori,  e  morì  in  Roma  d'anni  ^i 
non  compiti,  a'28  marzo  1762.  I 
funerali  fmono  celebrnli  nella  sua 
chiesa  titolare,  indi  sepolto  nella  sua 
parrocchiale  de'  ss.  Apostoli,  nel- 
la tomba  gentilizia  de' suoi  illustri 
parenti.  Il  Ponzetti,  Elencus  vìca- 
rionun  p.  55,  lo  chiama  principe 
magnanimo,  probo,  modesto,  uma- 
no, celebre  per  la  sua  liberalità 
verso  i  poveri,  e  per  altre  qualità 
lodatissimo. 

ODESCALCHl  Cario,  Cardina- 
le. Carlo  Odescalchi  nacque  in  Ro- 
ma a'5  marzo  1786  da  d.  Baldas- 
sarre  duca  del  Sirmio  e  dalla  prin- 
cipessa Caterina  Giustiniani.  Fin  da 
giovinetto  fu  la  gioia  de'suoi  illu- 
stri parenti,  e  dello  zio  poi  cardi- 
nal Giustiniani,  sì  pel  profitto  che 
faceva  negli  studi,  come  per  la  sua 
indole  soavissima.  Fu  sempre  incli- 
nato a  servire  la  Chiesa,  massime 
alla  predicazione,  alla  missione  ed 
agli  esercizi  spirituali,  e  siccome 
predicava  con  vivo  fervore  ed  un- 
zione, concorreva  ad  ascoltarlo  im- 
mensa moltitudine,  e  la  sola  sua  pre- 
senza sempre  mosse  a  divozione, 
essendo  bello  e  soave  nella  perso- 
na .  Pio  VII  lo  fece  prelato  do- 
mestico, a'24  novembre  181 5  udi- 
tore di  rota,  e  come  dissi  nel  voi.  IX, 
p.  3 1 3,  lo  inviò  ablegato  apostolico 
a  Vienna,  a  portare  la  berretta,  il 
cappello  e  le  altre  insegne  cardina- 
lizie al  fratello  dell'imperatore,  car- 
dinal Rodolfo  d'Austria  nel  18 19; 
indi  Io  dichiarò  uditore  santissimo,  e 
canonico  di  s.  Pietro  nel  1820,  e  nel 
1823  lo  fece  con  biglietto  avvisare 
perchè  si  preparasse  pel  cardinalato. 
Siccome  egli  avea  una  gran  vocazio- 
ne di  entrare  nella  benemerita  com- 
pagnia di  Gesù,  ne  consultava  spes- 
so il  ven.  Strambi,  il  quale  lo  assi- 
curava  sempre  che  si  sarebbe  fatto 


ODE 

gesuita.  Quando  ricevette  tal  bi- 
glietto ne  restò  perciò  sorpreso,  e 
stette  titubante  di  accettare,  perchè 
teneva  le  parole  di  quel  servo  di 
Dio  per  profetiche  e  quale  oraco- 
lo. Subito  lo  interpellò,  e  n'ebbe 
in  risposta,  che  accettasse  pure  la 
dignità,  che  questa  non  gli  avrebbe 
impedito  di  essere  a  suo  tempo  ge- 
suita e  tale  morire.  Chinò  il  capo 
per  obbedienza,  non  senza  violenza 
del  suo  animo,  nel  quale  la  religiosa 
Tocazione  avea  messo  profonde  ra- 
dici sino  dal  i8i4,  in  cui  avea  ot- 
tenuto dalla  compagnia  lettera  di 
accettazione  per  entrare  in  novizia- 
to, ciò  che  venuto  in  cognizione  ad 
una  sua  stretta  parente  (dicesi  la 
sorella  d.  Vittoria  che  svisceratamen- 
te lo  amava  ),  tanto  si  adoprò  coi 
prelati,  cardinali  e  col  Papa,  che 
ne  frastornò  il  pio  divisamenlo.  A- 
dunque  nel  concistoro  de' io  mar- 
zo 1828  lo  creò  cardinale  dell'or- 
dine de'preti,  assegnandogli  per  ti- 
tolo la  chiesa  de'ss.  XII  Apostoli, 
non  che  arcivescovo  di  Ferrara, 
dondolo  richiamò  Leone XII, aman- 
do di  averlo  in  Roma,  nel  luglio 
1826,  e  nel  1827  lo  nominò  pre- 
fetto della  congregazione  de'  vesco- 
vi e  regolari.  Intanto  per  gl'il- 
libati suoi  costumi,  per  la  sua 
edificante  pietà,  singolare  carità,  on- 
de talvolta  per  mancanza  di  dena- 
ro die  per  limosina  le  proprie  ve- 
sti, fatto  tutto  a  tutti,  a  ninno 
ricusando  il  suo  patrocinio,  diven- 
ne uno  de*  principali  ornamenti  del 
sacro  collegio,  che  con  reputazione 
ne  valutò  i  consigli  ne' conclavi  per 
le  elezioni  di  Leone  Xll,  Pio  Vili 
e  Gregorio  XVI.  Ad  ognuno  di  es- 
si fu  assai  caro,  e  massimamente 
all'ultimo  che  lo  amò  con  tenerez- 
za, e  spesso  lo  volle  compagno  nel- 
le villeggialuFe  dì  Castel  Gandolfo 


ODE  271 

e  Civitavecchia,  onde  sollevarne  lo 
spirito  che  vedeva  concentralo.  Pri- 
mieramente Gregorio  XVI  nel  i83'2 
lo  dichiarò  arciprete  della  basilica 
Liberiana,  indi  nell'aprile  i833  lo 
preconizzò  vescovo  suburbicario  di 
Sabina,  e  lo  elevò  alla  cospicua 
dignità  di  vice-cancelliere  di  s. 
Chiesa,  la  quale  rinunziò  colla  pre- 
fettura de'  vescovi  e  regolari  nel 
seguente  anno  ,  quando  il  Papa 
lo  elesse  vicario  di  Roma.  Succes- 
sivamente divenne  presidente  del- 
la visita  apostolica ,  prefetto  del- 
la residenza  de'  vescovi,  visitatore 
apostolico  delle  confraternite  della 
ss.  Annunziata  e  di  s.  Piocco,  dei 
pii  stabilimenti  de*  catecumeni  e 
della  chiesa  degli  illirici;  membro 
delle  congregazioni  del  s.  offizio, 
vescovi  e  regolari,  disciplina,  riti, 
indulgenze  e  sacre  reliquie,  esame 
de'vescovi  in  teologia  e  in  canoni, 
acque,  economica,  affari  ecclesiastici 
straordinari  e  degli  studi.  Quasi  lut- 
ti bramandolo  per  protcttorCj  lo 
fu  de'  scolopi  e  collegio  nazareno, 
de'carmelilani,  serviti,  minimi,  gi- 
rolamini  del  b.  Pietro  da  Pisa  ; 
delle  chiese  de'ss.  Ambrogio  e  Car- 
lo de*  lombardi,  e  di  s.  Bartolomeo 
de'bergamaschi  ;  delle  arciconfrater- 
nite  del  ss.  Nome  di  Maria,  della 
dottrina  cristiana,  del  ss.  Crocefis- 
so, degli  agonizzanti  presso  s.  Isidoro, 
e  di  s.  Girolamo  della  Carità;  delle 
confraternite  di  Campo  Santo, de'coc- 
chieri,  de' bresciani,  de'cuochi,  e  di 
altre  dieci  dello  stato  pontificio;  del 
seminario  di  Visso,  delle  congre- 
gazioni di  s.  Cecilia  e  di  s.  Ivo,  e 
del  collegio  de'  barbieri  ;  de*  mona- 
steri di  s.  Giacomo,  delle  carme- 
litane di  Fano,  della  s.  Famiglia  di 
Sezze,  di  s.  Caterina  di  Monte  Leo- 
ne, dì  s.  Margherita  di  Narni,  e 
de'cinque  farnesiani;  de'conservatorii 


^7^  ODE 

della  Provvidenza,  del  RcFugio,  del- 
le Scalette,  del  p.  Bussi,  e  di  s. 
Maria  Lametana,  e  delle  orfatie  di 
Terni;  delle  città  di  Segni,  Mon- 
tefiascone,  Sassofeirato,  Ischia,  Je- 
si, e  delle  terre  di  Ceri  e  di  Cai» 
vi,  e  dèlie  orsoline  di  tal  luogo. 
Tante  preminenze  di  onori  non  ba- 
starono a  fargli  lafFreddafe  la  sua 
vocazione  religiosa,  che  sostenne  inve- 
ce continui  interni  contrasti,  quali  più 
l'univano  di  alFetto  alla  ben  ama- 
ta compagnia.  Nel  iSSy  non  po- 
tendo ulteriormente  sostetìere  là 
fiera  lotta,  apri  il  suo  cuore  al 
Pontefice  Gregorio  XVF,  supplican- 
dolo accettar  la  rinunzia  di  sue 
dignità  e  concedergli  etìtrat'e  in 
queir  istituto  che  sospirava  da  ven- 
titre antìi.  Iddio  permise  per  di 
lui  maggior  merito,  e  per  speri- 
mento d'  invitta  eroica  costanza, 
che  non  fosse  esaudito.  Il  Papa  die 
a  esaminare  le  di  lui  istanze  a 
quattro  cardinali,  e  la  risposta  fu 
che  il  bene  pubblico  prevalesse  al 
bene  privato,  e  però  non  potersi 
permettere  la  rinunzia  agi*  impot'- 
tantissimi  servigi  che  prestava  alla 
Chiesa  universale,  è  che  si  rasse- 
gnasse al  volere  di  Dio  col  sacri- 
fizio di  sue  brame.  Tuttavolta  il  car- 
dinale non  si  quietò  e  più  forti  pro- 
vò le  angustie  di  spirito,  quando  nel- 
r  ottobre  1 838,  dopo  lunghe  ora- 
doni  e  consulti  de'màestri  di  spi- 
rito, si  convinse  della  verità  della 
divina  chiaimata,  mentre  venne  con- 
sigliaito  a  passare  qualche  giornof 
a  Perugia  presso  d.  Vittoria  sua 
Sorella  ivi  maritata.  Allora  fu  che 
prese  la  risoluzione  di  scrivere  uni 
Iimgo  foglio  al  Pontefice,  in  cui  con 
tal  convincimento  di  fatti  e  dì 
argomenti  si  espresse,  mostrando 
ad  evidenza  come  il  Signore  lo 
doleva  nella    compagnia    di    Gesù, 


ODE 

che  il  santo  Padre  al  solo  Icggei'- 
lo,  e  più  nel  ponderarlo  fUor  di 
ogni  dubbio  e  sospensione,  si  con- 
fermò di  assolutamente  aderire  al- 
l'inchiesta, pei-  non  aggravare  sua 
coscienza,  essendo  Ormai  manifestò 
il  volere  del  cielo.  Frattanto  fatto 
consapevole  il  cardinale  del  buon 
esito  della  Supplica,  pieno  d*  inde- 
scrivibile giubilo  ritornò  in  Roma, 
che  per  condurre  a  felice  tèrmine 
negozio  sì  delicato  dovè  dissimula- 
re. Con  scrupolosa  segretézza  fu- 
rono plepai'ati  i  necessari  atti  per 
la  regolare  accettazione  di  sua  ri- 
nunzia al  cardinalato  ed  a  tutte 
le  dignità.  Il  cardinale  per  torsi 
da  ogni  imbarazzo,  nomitiato  il 
suo  procui'atore  per  rappresentarlo 
in  concistoro,  si  umiliò  pieno  di 
i'iconoScenza  al  Papa,  e  fra  le  la- 
grime ricevuta  la  sua  apostolica 
benedizione,  ai  20  di  novembre 
nascostamente  parti  da  Roma,  è 
per  Firenze  giunse  in  Modena  a'i 
dicembre  nel  collegio  di  s.  Barto- 
lomeo de'gesuiti,  per  attendere  la 
notizia  officiale  del  concistoro  dei 
3o  novembre,  nel  quale  fu  accet- 
tata da  Gregorio  XVI  con  spleri- 
dido  elogio  la  Sua  rinunzia,  con 
quelle  formalità  che  riporteremo  a 
Porpora  cardinalizia,  parlando  di 
quelli  che  la  rinunziarono.  In  Ro- 
ma tutti  restarono  sbalorditi  del 
grande  atto,  e  commossi  di  tenera 
venerazione  pei*  tanto  sublime  e- 
roismo,  che  ben  presto  la  fama 
sparse  tra  lo  stupore  per  tutto  il 
mondo,  propagandosi  ovunque  il 
buon  odore  delle  eminenti  virtù 
del  servo  di  Dio;  ed  il  Pontefice 
provvide  benignamente  alla  sussi- 
stenza della  sua  domestica  famiglia 
con  pensioni  sì  agli  ecclesiastici  che 
a' laici,  essendo  stato  benefico  an- 
co con  quella   di    parentela,    caaSé 


ODE 

ho  detto  a  Odescalchi  Famiglia. 
Giunta  la  sospiratissima  lettera 
pontifìcia  in  forma  di  breve  del- 
l'accolta rinunzia,  Carlo  Odescalchi 
in  leggerla  ne  provò  un'  allegrez- 
za, una  commozione,  una  ricono- 
scenza verso  il  Papa,  che  si  può  im- 
maginare, non  abbastanza  esprime- 
re, esclamando  :  Dimpistiy  Domine, 
rincula  mea:  ubi  sacriflcabo  ho- 
stinm  laudis.  Depose  in  un  subito 
lietamente  le  insegne  episcopali  e 
cardinalizie,  e  compari  innanzi  ai 
gesuiti  in  atto  di  semplice  sacerdote, 
traendo  da  tutti  lagrime  d'una 
non  mai  provata  tenerezza.  Prima 
di  spogliarsi  degli  abiti  cardinalizi, 
daivdo  l'ultima  vescovile  benedizio- 
ne ai  suoi  nuovi  fratelli,  con  san 
Luigi  Gonzaga  ripetè  più  volte:  E 
che  farà  la  compagnia  di  me  ? 
Anelando  il  punto  di  vedersi  una 
volta  vestito  dell'abito  religioso, 
ben  presto  si  rimise  in  viaggio  ac- 
compagnato dal  p.  rettore  ai  5  di- 
cembre, e  sul  farsi  notte  del  6,  a 
tutti  inaspettato,  entrò  nella  casa 
di  probazione  di  Verona,  benché 
il  suo  ingresso  nella  compagnia 
devesi  contare  dal  3o  novembre. 
Entrato  nel  noviziato  agli  8,  festa 
dell'Immacolata  Concezione  di  cui 
sempre  avea  promosso  il  culto,  il 
p.  Odescalchi  vestì  il  tanto  deside- 
rato abito  della  compagnia,  e  di- 
stribuì la  comunione  a  tutti  i  suoi 
confratelli  novizi  :  in  quel  giorno 
scrisse  a  Roma:  Io  sono  felicissi- 
mo, e  il  gaudio  che  oggi  prova 
il  mio  spirito  non  può  descriversi. 
Ammiratore  per  molti  anni  da  vi- 
cino delle  angeliche  sue  qualità , 
nel  scrivere  questo  breve  cenno 
biografico,  più  volte  lagrimai  di 
tenera  edificazione  e  spesso  dovetti 
fermarmi  per  riprendere  il  respiro 
che  mi    mancava,  per  il  dolce  cu- 

VOL.    XLVIII. 


ODE  273 

mulo  delle  religiose  sensazioni  che 
provai,  e  per  la  pena  che  a  ca- 
gione delia  natura  di  questo  mio 
Dizionario  sono  obbligato  al  più 
stretto  laconismo.  La  notte  seguen- 
te alla  professione,  il  p.  Odescalchi 
dormi  cinque  ore  di  seguito,  e  dis- 
se che  da  moltissimi  anni  non  avea 
mai  fatto  un  sonno  cosi  tranquillo 
e  cosi  lungo.  Fece  la  professione 
solenne  il  giorno  2  febbraio  1840, 
fuori  del  costume  della  compagnia, 
ove  come  dissi  a  Gesuiti  si  fa  do- 
po i  dieci  o  dodici  anni  di  religio- 
ne. Quanto  dovrei  dire  sulla  di  lui 
vita  esemplare  e  sue  opere  di  mi- 
nistero religioso,  esercitate  con  sin- 
goiar zelo  nella  compagnia  di  Gesù  ; 
della  grande  stima  in  cui  fu  appres- 
so tutti;  della  umiltà  e  dispregio  di 
se  medesimo  ;  di  sua  mortificazio- 
ne continua  e  mansuetudine;  della 
perfetta  osservanza  de*  tre  voti  re- 
ligiosi, come  modello  e  regola  d'in- 
terissima  perfezione;  del  suo  amor 
verso  Dio  e  dell'affetto  e  divozio- 
ne alla  Beata  Vergine  ;  ma  vi  sup- 
pliscano i  molti  libri  che  tuttociò 
riferiscono,  e  in  fine  citerò  quel- 
li che  posseggo.  Solo  dirò,  che  il 
meraviglioso  complesso  di  sue  vir- 
tù in  grado  eminente  e  sopra  tut- 
to la  sua  umiltà  formò  la  conso- 
lazione de'gesuiti.  Novizio  ancora 
di  pochi  mesi  già  sembrava  un  re- 
ligioso veterano  accomodatosi  in 
tutto  e  per  tutto  alle  regole  non 
solo,  ma  alle  consuetudini  più  mi- 
nute, provando  dispiacere  grandis- 
simo d'  ogni  più  menoma  distinzio- 
ne che  gli  si  facesse.  Offrivasi  poi 
a  tutto  ben  volentieri,  e  solca  dire 
che  il  Sacrifizio  della  volontà  gli 
era  la  cosa  più  cara.  Quanto  alle 
opere  esercitate  nella  compagnia, 
non  furono  troppe,  sì  pel  riguardo 
che  doveasi  alla  sua  delicéita  com- 
18 


274  ODE 

plessione,  che  pel  brevissimo  tem- 
po che  visse  Ira  i  gesuiti.  Infinite 
furono  le  richieste  da  ogni  par- 
te del  p.  Odescalchi  per  dare  eser- 
cizi al  popolo,  ai  cittadini ,  alla 
nobiltà,  al  clero  segnalaniente;  e  il 
doverlo  negare  moltissimi  disgu- 
stò, benché  personaggi  ragguarde- 
voli e  della  compagnia  benemeren- 
ti. Le  città  a  cui  non  si  potè  dai 
superiori  far  a  meno  di  concederlo 
per  qualche  muta  d'esercizi,  sempre 
in  compagnia  di  altri,  furono  Imola, 
Ravenna,  Modena,  Piacenza,  Geno* 
va  e  Verona.  In  questa  città  si  a- 
doperò  anche  in  privalo,  assistendo 
più  vescovi  e  più  persone  distinte 
del  clero  di  quella  e  d'altre  cir- 
convicine città,  che  successivamente 
sì  posero  in  esercizi  sotto  la  sua 
direzione.  L'  avea  egualmente  ri- 
chiesto il  zelante  vescovo  di  Faen- 
za, pel  beneficio  degli  esercizi  spi- 
rituali, ma  ne  impedì  V  esecuzione 
stabilita,  l*  infermità  che  andiamo 
a  raccontare.  Il  vescovo  di  Ragu- 
sa, passando  per  Verona,  il  volle 
più  volte  vedere,  ed  avere  con  lui 
lunghi  ragionamenti,  e  talmente  ne 
restò  ammirato,  che  con  tutta  serie- 
tà disse  al  p.  rettore  :  la  compa- 
gnia si  prepari  a  far  le  spese  del- 
la beatificazione.  Nella  primavera 
del  1841  die  indizio  di  deteriora- 
mento la  sua  salute,  e  sui  primi  di 
luglio  trovandosi  in  visita  a  Vero- 
na, al  p.  provinciale  dichiararono 
i  medici  la  necessità  di  fargU  spe- 
rimentare il  cielo  di  Modena,  come 
più  confacente  al  suo.temperamen- 
to.  Quindi  senza  indugio  fu  accom- 
pagnato a  Modena,  ove  giunse  ai 
6  dello  stesso  mese,  e  incomincian- 
do subito  a  migliorare  in  salute, 
diede  grandi  speranze  di  guarigio- 
ne fino  all'avvicinarsi  della  festa 
del  santo  fondatore.    Allora  fu  che 


ODE 

sopravvenne  il  peggioramento  da 
cui  più  non  si  riebbe.  Comparve 
della  gonfiezza  alle  gambe,  comu- 
nicatasi alla  mano  destra  e  labbro 
superiore;  crebbe  la  tosse  e  l'af- 
fanno, si  diminuirono  l' appetito  e 
le  forze.  Più  medici  chiamati  a 
consulta,  definirono  la  malattia  per 
ingorgo  o  inzuppamento  al  polmo- 
ne, e  ne  dierono  quasi  impossibile 
la  guarigione.  A'i3  agosto  gli  fu 
amministrato  il  ss.  Viatico,  che  ri- 
cevè nuovamente  nella  festa  del- 
l' Assunta,  nel  qual  giorno  gli  fu 
pure  amministrata  l'estrema  unzio- 
ne. Prima  di  ricevere  la  s.  Euca- 
ristia, volle  domandar  perdono  al- 
la comunità  di  tutti  i  mali  esem- 
pi o  della  poca  edificazione  data  , 
segnatamente  nella  troppa  cura  del 
suo  corpo,  e  appresso  ringraziò  tut- 
ti delle  tante  cure  ed  attenzioni 
a  lui  usate.  Al  gran  ciamberlano 
di  Francesco  IV  duca  di  Modena, 
il  quale  assai  l' amava  (  chiaman- 
dolo uomo  singolare,  vero  miracolo 
di  virtù  del  secolo  nostro,  e  san- 
to), allorché  lo  visitò  il  pregò  do- 
mandar perdono  a  quell'  ottimo 
principe  di  tutti  i  mali  esempi  o 
poca  edificazione  da  lui  data  nei 
suoi  dominii.  E  non  potendo  dis- 
simulare la  gran  pace  di  sua  co- 
scienza, si  sforzava  di  coprirla  di- 
cendo, che  per  non  disturbarlo  in 
quegli  estremi  il  Signore  gli  usa- 
va la  misericordia  di  nascondergli 
e  non  lasciargli  più  venire  in  men- 
te i  suoi  peccati.  Finalmente  ve- 
nuto il  giorno  17  agosto  i84i  , 
chiamato  il  p.  rettore  che  stava 
vicino  al  suo  letto,  disse  :  oggi  è 
il  giorno  della  consumazione  del 
mio  olocausto.  Appresso  continuò 
ora  ad  accompagnare  con  gran  se- 
renità i  buoni  sentimenti  e  le  pie 
ispirazioni  dhe  gU   venivano  sugge- 


ODE 
lite,  om  a  tener  gli  occhi  sul  Cro- 
cefisso, e  col  molto  delle  labbra  cla- 
va a  conoscere  di  pregare.  Sugge- 
ritogli rinnovare  i  voti,  lo  fece  su- 
bito con  gran  sentimento  e  con  i- 
speciale  soddisfazione.  In  ultimo 
appressatogli  il  Crocefisso,  ne  dan- 
do egli  più  i  segni  di  prima,  'gli 
fu  domandalo  se  conosceva  chi  a- 
vesse  sotlo  gli  occhi  ;  e  sorridendo 
e  con  serenità  di  volto  rispose  qua- 
si maraviglialo:  oh  questo  sì  lo  co- 
nosco !  E  furono  queste  le  ultime 
sue  parole,  confortato  nel  punto 
estremo  dalla  visione  di  s.  Luigi 
e  della  Madonna,  come  piamente 
credesi.  Morì  in  odore  di  santità 
e. soavemente  alle  ore  io  e  mezza 
della  mattina,  come  erasi  predetto, 
di  soli  anni  56  e  mesi  cinque,  di 
cardinalato  anni  quindici  e  mesi 
nove  meno  dieci  giorni,  e  quasi 
Irentatre  mesi  di  religione.  Cosi  il  p. 
Odescalchi  rese  la  sua  anima  bene- 
delta  a  Gesù,  per  cui  amore  posposti 
tutti  gli  onori,  gli  agi  e  le  grandez- 
ze transitorie  della  terra,  aveva  scel- 
to di  vivere  e  moriva  suo  poverel- 
lo esemplare.  Gli  fu  trovato  il  pol- 
mone destro  quasi  consumato  e  nel- 
la vescica  della  bile  5g  calcoli.  Il 
giorno  dopo  la  morte  gli  furono 
celebrate  dai  suoi  confratelli  le  con- 
suete esequie,  e  nel  dì  seguente  mon- 
signor vescovo  di  Modena,  che  per 
le  mani  del  defunto  avea  ricevuto 
r  episcopale  consecrazione  in  Roma, 
gli  volle  celebrare  presente  cadavere 
il  pontificale,  assistilo  dai  canonici 
della  cattedrale  e  dai  padri  del  col- 
legio, innalzando  maestoso  catafalco, 
ponendogli  gli  abiti  pontificali,  la 
mitra  in  vece  della  berretta,  la  cro- 
ce pettorale  ec,  ed  ai  lati  le  armi 
gentilizie  sormontale  dal  cappello 
cardinalizio,  ordinando  che  in  pari 
tempo  tutte  le  campane  della  città 


ODE  275 

suonassero  a  morto.  Il  concorso 
del  popolo  a  tali  funerali  fu  im- 
menso, come  ne'  tanti  luoghi  in 
cui  pur  si  vollero  celebrare  con  o- 
razioni  funebri  bellissime.  Fu  se- 
polto in  cassa  di  piombo  con  tubo 
simile,  contenente  necrologica  iscri- 
zione, guarentita  da  altre  due  cas- 
se di  legno,  dopo  essere  stati  estratti 
i  percordi  del  cadavere,  e  fu  così 
posto  nella  sepoltura  comune  dei 
gesuiti.  Celebrato  da  tutti  per  san- 
to, il  popolo  anziosamente  toccò  il 
suo  corpo  con  divozionali,  per  con- 
servarli quali  reliquie  ;  le  unghie, 
i  capelli,  le  vesti  e  quanto  eragli 
appartenuto,  divennero  ovunque  og- 
getti di  viva  divozione.  Il  conte 
Boschelti  ottenne  di  poterlo  far 
ritrattare  e  cavare  dal  suo  angeli- 
co volto  la  maschera.  Nel  1841 
stesso  in  Roma  si  pubblicò  questo 
opuscolo  :  Alla  memoria  immorta- 
le dell'esimio  p.  Carlo  Odescalchi 
principe  romano^  gesuita^  già  car- 
dinale della  S.  /?.  C,  terzine  di  G* 
Marocco,  con  una  interessante  no- 
tizia storica  del  medesimo  scritta 
nello  stesso  agosto  da  un  gesuita. 
In  Faenza  si  stampò  :  Elogio  fu- 
nebre del  p.  Carlo  de' prìncipi  O- 
descalchi  della  compagnia  di  Gesii, 
già  cardinale  della  S.  R.  C,  scrit- 
to e  appresso  recitato  da  monsi- 
gnor Gio.  Benedetto  de' conti  Fo- 
llcaldi  vescovo  di  Faenza^  nella 
chiesa  di  s.  Maria  dell'  Angelo  dei 
pp.  gesuiti  all'occasione  del  so- 
lenne funerale j  ricorrendo  il  dì  i  o 
novembre  i84i-  In  Roma  nel  i843 
coi  tipi  del  Salviucci  si  die  alla 
luce  ;  Memorie  edificanti  della  vita 
religiosa  del  servo  di  Dio  p^  Car- 
lo Odescalchi  della  compagnia  di 
Gesìi,  raccolte  da  un  padre  della 
stessa  compagnia.  L'illustre  com- 
pilatore, avendo  praticato  25  mesi 


l'jS  ODE 

contìnui  col  servo  di  Dio,  alla  di- 
mestica, dal  suo  primo  ingi'csso  in 
noviziato,  scrisse  per  ordine  de*  su- 
periori r  aureo  libro,  che  verannen- 
mente  edifica  e  commove  l'  animo , 
e  fu  ristampato  in  Benevento. 

ODESSA  o  ODESSUS.  Città 
vescovile  e  porto  della  Russia  eu- 
ropea, a  1 4o  leghe  da  Costantino- 
poli e  33o  da  Pietroburgo,  sul  mar 
Nero,  fra  le  imboccature  del  Dnie- 
per  e  del  Dniesler.  Costrutta  in 
anfiteatro  e  cinta  di  belle  pianu- 
re, è  di  forma  oblunga,  e  fabbri- 
cata sopra  un  terreno  inclinato,  a 
basso  del  quale  evvi  il  porto,  che 
formato  da  due  gran  moli  è  como- 
do e  sicuro,  potendo  ricevere  3oo 
navigli  :  ad  una  delle  estremità  ev- 
vi la  citladellaj  e  dall'altra  il  ma- 
gnifico lazzaretto,  e  fra  la  città  e 
il  porto  si  trova  una  linea  dì  ca- 
serme, col  faro  sopra  una  punta. 
La  rada  è  vastissima  e  l'ancorag- 
gio sicuro,  perchè  vi  si  sta  alla  difesa 
di  tutti  i  venti,  tranne  quello  di 
sud-est.  Odessa  è  ben  fortificata, 
ha  strade  larghe,  case  fabbricate 
in  pietra,  e  piazze  grandi  con  via- 
li alborati.  La  chiesa  principale  è 
di  stile  nobile  con  bella  cupola;  le 
altre  sono  eleganti.  Tra  i  pubblici 
edifici  si  distinguono  l'ammiraglia- 
to, r  ospedale  civile,  la  dogana,  la 
borsa,  il  teatro  :  sulla  spianata  che 
domina  il  porto  avvi  il  monumen- 
to eretto  al  duca  di  Richelieu.  Vi 
è  pure  una  sinagoga,  l'ospedale  mi- 
litare, r  ospizio  d'  orfani,  il  bazar, 
il  giardino  pubblico,  numerosi  e  va- 
sti magazzini  di  commercio,  e  gran 
bacini  d'acqua  per  la  quale  fu  co- 
strutto.un  acquedotto.  Gli  stabilimen- 
ti d'istruzione  e  di  pubblica  utili- 
tà sono:  il  liceo  Richelieu  fondato 
nel  1818  e  considerato  come  una 
delle  migliori  scuole  d'Europa  ;    la 


ODE 
scuola  militare  istituita  nel  1824 
dall'imperator  Alessandro  I;  le  scuo- 
le di  navigazione  e  di  commercio, 
oltre  molte  elementari,  ed  un  mu- 
seo eretto  nel  i8o5  per  le  antichi- 
tà della  Russia  meridionale  ;  un 
comitato  di  sanità,  e  la  banca  di 
socrcorso  sul  piede  di  quella  di  Mo- 
sca. L'industria  vi  conta  moltissi- 
mi stabilimenti,  ed  il  commercio, 
dopo  che  nel  180 3  il  duca  di  Ri- 
chelieu fu  nominato  governatore 
generale,  prese  un'importanza  stra- 
ordinaria, e  le  sue  relazioni  si  esten- 
dono alle  più  rimote  distanze,  rice- 
vendo da  tutti  i  punti  prodotti  ter- 
ritoriali o  manifatturieri,  che  tras- 
mette alla  Russia,  Germania  e  al- 
tre contrade  :  un  terzo  del  com- 
mercio si  fa  dagli  inglesi,  e  quasi 
la  metà  dai  russi.  Il  clima  è  dolce 
e  pura  l'aria,  ma  la  peste  più  vol- 
te vi  s'introdusse.  Il  soggiorno  di 
Odessa  è  talmente  delizioso,  che 
molti  ricchi  polacchi  vi  passano 
l'estate.  La  vicina  campagna  è  ben 
coltivata  e  somministra  in  abbon- 
danza erbaggi  eccellenti ,  frutti  e 
buone  uve.  Le  antichità  scoperte 
sul  terreno  che  occupa  Odessa,  di- 
mostrano che  occupi  il  silo  ove  fu 
una  colonia  greca,  che  vi  avea  il 
porto  chiamato  dagli  antichi  Istria- 
noruni  porUis.  Strabone  pose  Odes- 
80,  OdessuSf  vicino  al  Mar  Nero, 
di  qua  all'imboccatura  del  Danu- 
bio; altri  dicono  che  si  chiamò  an- 
che Bares  e  che  forse  corrisponde 
al  luogo  chiamato  Lemano.  Òdesso 
fu  città  vescovile  della  Mesia  se- 
conda, neir  esarcato  di  Dacia,  sotto 
la  metropoli  di  Marcianopoli,  eretta 
nel  V  secolo,  detta  Tiberiopoli  o  Var- 
na  da  Commanville;  ma  Baudrand 
avverte,  che  Varna  e  Lemano  so- 
no luoghi  diversi  da  Odesso,  di  cui 
furono   vescovi:  Amplia  mentovato 


ODE 

da  s.  Paolo  nell'epistola  ai  romani, 
che  dicesi  ordinato  vescovo  di  Odes- 
sa da  s.  Andrea;  Ditta  sottoscrisse 
la  lettera  all'imperatore  Leone;  Gio- 
vanni firmò  la  relazione  del  conci- 
lio di  Costantinopoli,  contro  Severo 
e  altri  eretici  ;  Leone  si  trovò  al 
VII  generale;  Basilio  a  quello  di 
Fozio;  Metrofane  nel  1612  sotto- 
scrisse la  risposta  che  diede  ai  cal- 
vinisti Dionigi  patriarca  di  Costan- 
tinopoli :  così  il  p.  Le  Quien,  Oriens 
christ.  t.  I,  p.  1224.  Altri  geogra- 
fi chiamano  Odessus,  città  situata 
sulla  parte  occidentale  e  sulla  riva 
del  Ponto  Bussino,  verso  la  princi- 
pale base  del  monte  Haemus,  ul- 
tima colonia  de*milesii. 

Quivi  prima  del  1792  eravi  un 
villaggio  tartaro,  chiamato  Hadji- 
Ley;  ma  dopo  la  cessione  della  Bes- 
sarabia,  alia  pace  di  Jassi,  Caterina 
II  conoscendo  gl'inconvenienti  del 
porto  di  Rerson  o  Cherson,  uno 
de'  quattro  principali  che  la  Russia 
ha  sul  mar  Nero,  e  desiderando 
procurare  alle  sue  nuove  provincie 
di  Polonia  uno  sbocco  più  vantag- 
gioso pei  loro  prodotti,  scelse  la 
baia  di  Hadjibey,  che  fu  ricono- 
sciuta idonea  ad  adempiere  alle  sue 
viste.  Confidò  all'ammiraglio  Ribas 
la  cura  di  questo  stabilimento,  al 
quale  diede  nel  1796  il  nome  di 
Odessa^  in  memoria  della  memora- 
ta antica  colonia  milesia  di  OdeS' 
suSy  sulla  riva  sinistra  del  Dniester. 
I  diversi  privilegi  che  Caterina  li 
gli  accordò,  vi  attrassero  prontamen- 
te una  popolazione  assai  numerosa; 
dalla  quale  epoca  all'assunzione  al 
trono  di  Alessandro  I,  Odessa  non 
fece  grandi  progressi.  iVel  1802  i 
francesi,  e  dopo  di  essi  gl'inglesi, 
olandesi,  prussiani,  spagnuoli,  na- 
poletani ed  altri,  avendo  ottenuto 
libero  passaggio  nel  mar  Nero,  Odes- 


ODI  277 

sa  acquistò  una  grande  importanza, 
che  prodigiosamente  si  accrebbe  per 
le  cure  in  vero  paterne  del  duca 
di  Richelieu,  al  quale  era  stato  af- 
fidato il  suo  governo,  e  nel  1817 
fu  dichiarata  porto  franco.  A  Mo- 
HIL0V7  dicemmo  che  Pio  VII  vole- 
va erigervi  un  vescovato  di  rito 
latino.  Il  luogo  apparteneva  alla 
Bessarabia,  provincia  turca  che  nel 
181 2  pel  trattato  di  Bukarest  fu 
riunita  alla  Russia,  i  cui  abitanti, 
di  religione  greca  nella  maggior 
parte,  dipendono  dal  vescovo  catto- 
lico di  Kichenau  capoluogo.  Ecco 
le  notizie  riguardanti  le  missioni 
cattoliche  di  Bessarabia  e  Odessa  : 
la  prima  conta  80,000  abitanti  cir- 
ca, la  seconda  più  di  4<>>ooo>  ed 
i  latini  cattolici  sono  in  numero 
ragguardevole,  per  esservi  stabiliti 
gli  spagnuoli,  i  francesi,  i  tedeschi,  i 
polacchi,  gl'italiani  ec.  È  una  vicaria 
apostolica  dipendente  dalla  congre- 
gazione di  propaganda,  e  da  ulti- 
mo n'era  vicario  il  p.  Vincenzo  da 
Urbania  cappuccino.  I  cattolici  apri- 
rono una  bella  chiesa  in  Odessa, 
ed  i  cappuccini,  cui  è  affidata  la 
missione,  godono  ampie  facoltà.  Nel 
1846  la  scuola  parrocchiale  fu  com- 
pletamente riorganizzata,  e  stabilito 
un  consiglio  di  sorveglianza,  nomi- 
nato dai  parrocchiaai  cattolici  e 
presieduto  dal  sacerdote  Giorgio 
Rasutovicz  superiore  della  chiesa 
parrocchiale.  Evvi  pure  un  consi- 
glio di  dame  patronesse  pel  ripar- 
timento  delle  fanciulle.  Ne'primi  di 
luglio  1847  ebbero  luogo  gli  esa- 
mi scolastici  con  soddisfazione  ge- 
nerale, e  la  distribuzione  de'premi, 
con  commovente  funzione  solenne. 
Nella  provincia  si  trovano  molti 
armeni,   f^.  Russia. 

ODIAMPER     o     ODEYPOUR. 
Città  deirindostan,  capoluogo  dello 


27»  ODI 

stato  del  suo  nome  :  vi  fu  tenuto 
un  concilio  sui  cristiani  del  Maia- 
lar di  rito  siro-caldeo,  riforuìato 
da  esso.  Ne  parlammo  a  Diaviper. 
ODILONE  o  OLONE  (s),  ab- 
bate  di  Clugin.  Trasse  i  natali  dal- 
la famiglia  dei  signori  di  Mercoeur, 
una  delle  più  notabili  d'Alvergna. 
Inclinato  sin  dalla  fanciullezza  alla 
pietà,  tosto  che  gli  parve  poter  dis« 
porre  di  se,  ritirossi  nel  monaste- 
ro di  Giugni,  e  vi  prese  l'abito  da 
s.  Maruolo,  che  Io  fece  suo  coadiu- 
tore nel  991,  sebbene  non  avesse 
che  ventinove  anni.  Morto  tre  an- 
ni appresso  s.  Maiuolo,  s'incaricò 
Odilone  del  governo  della  badia. 
Egli  castigò  la  sua  carne  coi  più 
rigorosi  digiuni  ed  aspri  cilizi.  A- 
vendo  accompagnato  a  Roma  l'im- 
peratore Enrico  II  per  la  sua  in- 
coronazione, si  recò  a  visitare  Mon- 
tecassino,  ove  chiese  in  luogo  di 
grazia  di  baciare  i  piedi  a  tutta  la 
comunità.  Intraprese  frequenti  viag- 
gi per  la  riforma  di  parecchie  case 
del  suo  ordine  che  aveano  degene- 
rato dalia  prisca  santità  del  loro 
istituto.  Pieno  di  carità,  distribuì 
immense  limosine  a'poveri  durante 
la  gran  carestia  del  io  16;  ed  esau- 
riti i  suoi  capitali,  per  continuare 
ad  assistere  i  bisognosi,  fece  fonde* 
re  i  vasi  sacri,  e  vendette  la  coro- 
na d'oro  che  s.  Enrico  imperatore 
avea  donato  alla  chiesa  di  Giugni. 
La  sua  carità  estende  vasi  anche  ai 
morti,  per  le  anime  de'quah  faceva 
frequenti  preghiere,  e  raccomanda- 
va agli  altri  tale  pia  pratica.  Isti- 
tuì in  tutte  le  chiese  del  suo  ordi- 
ne la  Commemorazione  de^edeli  de- 
funti (Fedi),  che  poi  fu  adottata 
dalla  Ghiesa  universale.  Altri  rife- 
rj^ono  che  questo  pio  uso  erasi 
già  introdotto  nella  Ghiesa,  e  rico- 
Tiosciuto  da  Silvestro  li  del  999  e 


ODO 

dal  successore  immediato  Giovanni 
XVI  detto  XVll  e  meglio  XVIII, 
il  quale  ad  istanza  di  s.  Odiloiie  con- 
fermò la  commemorazione.  Si  adope- 
rò pure  per  far  accettare  nella  N  eu- 
slria  la  Tregua  dì  Dio  ;  ma  in  mez- 
zo a  tutte  le  faccende  esteriori  in 
cui  si  occupava  pel  bene  del  pros- 
simo, non  perdette  mai  lo  spirito 
di  raccoglimento,  perocché  di  buon* 
ora  erasi  avvezzato  all'esercizio  del- 
la contemplazione.  Diede  prova  di 
sua  umiltà  col  rifiutare  nel  io3i 
l'arcivescovato  di  Lione,  e  di  sua 
pazienza  nel  soffrire  le  dolorosissi- 
me infermità  con  cui  fu  travaglia- 
to negli  ultimi  cinque  anni  di  sua 
vita.  Finalmente  dopo  essere  stato 
abbate  per  ben  cinquantasei  anni, 
mori  nel  1049,  nel  priorato  di  Sou- 
vigny  nel  Borbonese,  in  età  di  ot- 
tantasette anni.  Durante  le  sue  ago- 
nie si  fece  portare  nella  chiesa,  ed 
esalò  lo  spirito  sopra  un  cilicio  co- 
perto di  cenere.  La  sua  festa  è  se- 
gnata il  giorno  primo  di  gennaio. 
In  Bollando  e  nella  Bìblioleca  di 
Clugnì  trovansi  due  vite  di  s.  Odi- 
Ione:  l'una  è  di  Lotsaud,  l'altra 
del  b.  Pietro  Damiani.  Abbiamo  di 
s.  Odilone  parecchi  sermoni  sopra 
le  feste  di  Nostro  Signore  e  della 
Beata  Vergine,  delle  lettere  e  delle 
poesie.  Egli  scrisse  inoltre  la  vita 
di  s.  Adelaide  e  quella  di  s.  Ma- 
iuolo. 

ODOARDO  o  EDOARDO  lì,  il 
martire  (s.),  re  d' Inghilterra.  Suc- 
cedette nel  975  a  suo  padre  Edgaro, 
non  avendo  ancora  tredici  aimi. 
Egli  si  lasciò  in  tutto  guidare  dai 
consigli  di  s.  Dunstano,  e  il  suo  re- 
gno fu  quello  di  tutte  le  virtù.  Si 
rese  soprattutto  commendevole  per 
l'illibatezza  de'suoi  costumi,  per  la 
pietà,  modestia,  clemenza,  e  per  1 
l'amore  ai  poveri.  La  sua  matrigna 


ODO 

Elfrida,  che  avea  cercato  luUi  ì 
mezzi  per  far  eleggere  invece  di 
Ini  il  proprio  figlio  Etelredo  II,  che 
avea  avuto  da  Edgaro  e  che  era 
solo  ne*  seti' anni,  concepì  un  odio 
implacabile  contro  Odoardo  e  risol- 
vette di  perderlo.  Sebbene  il  giova- 
ne re  conoscesse  i  sentimenti  della 
matrigna,  non  tralasciava  per  que- 
sto di  darle  le  prove  più  sincere 
del  suo  rispetto  e  della  sua  bene- 
volenza ;  ma  ella  non  ne  fu  com- 
mossa. L' ambizione  e  la  vendetta 
le  fece  mettere  sotto  a'piedi  le  sa- 
cre leggi  della  natura  e  della  reli- 
gione; ed  un  giorno  che  Odoardo 
si  recò  a  visitarla  a  Corfecastle,  Io 
fece  inumanamente  pugnalare nelgyS 
o  979  da  uno  de'suoi  servitori.  Il  cor- 
po dell'infelice  principe,  ch'era  stato 
gettato  in  uno  stagno,  fu  scoperto, 
e  Dio  Io  onorò  di  molte  miracolose 
guarigioni.  Fu  sepolto  nella  chiesa 
di  Nostra  Donna  di  Wareham,  e 
Ire  anni  dopo  traslocato  nel  mona- 
stero di  Shaftsbury.  Molte  chiese 
domandarono  ed  ottennero  qualche 
porzione  delle  sue  reliquie.  S.  Odoar- 
do avea  regnato  soli  tre  anni,  e  la 
sua  morte  avvenne  a*  18  di  marzo, 
giorno  in  cui  è  nominato  nel  mar* 
tirologio  romano. 

ODOARDO  III,  il  confessore  (s.), 
re  d*  Inghilterra.   F.  Eduardo  (s.). 

ODOLFO  (s.).  Nacque  da  geni- 
tori  francesi,  ed  avanzatosi  molto 
bene  nella  virtù  e  nelle  lettere,  ven- 
ne ordinato  prete.  Fatto  curato  di 
Oresscoth  nel  Brabante,  si  unì  po- 
scia a  s.  Federico  per  travagliare 
con  lui  alla  riforma  dei  costumi  dei 
frisoni,  in  cui  si  adoprò  con  mera- 
vigliosa pazienza,  dolcezza  e  carità. 
La  contemplazione  e  la  preghiera 
lo  sorreggevano  in  mezzo  alle  fati- 
che e  alle  tribolazioni.  Nella  sua 
vecchiezza   fermò    il  suo  soggiorno 


ODO  279 

ad  Utrecht,  ov*  era  canonico  ;  né 
mai  volle  scemare  i  suoi  ordinari 
esercizi,  anzi  raddoppiava  il  fervore 
a  misura  che  si  avvicinava  al  suo 
fine.  Mori  nel  secolo  IX,  ai  la  di 
giugno,  giorno  in  cui  è  onorato  ad 
Utrecht  ed  in  Staveren. 

ODONE  (s.),  abbate  di  Giugni. 
Nato  a  Tours  neir879,  da  Abbo- 
ne  signore  di  alto  grado,  passò  i 
suoi  primi  anni  presso  Falcone  con- 
te di  Angiò,  e  presso  Guglielmo 
conte  di  Alvergna  e  duca  di  Aqui- 
tania,  che  fondò  poscia  la  badia  di 
Giugni.  All'età  di  diciannove  anni 
ricevette  la  tonsura,  e  fu  nomina- 
to ad  un  canonicato  della  chiesa 
di  Tours.  Da  quel  tempo  egli  più 
non  si  occupò  che  dei  doveri  del 
suo  stato  e  dello  studio.  Passati 
quatti* anni  a  Parigi-  per  farvi  il 
corso  della  teologia,  tornò  a  Tours, 
e  sì  rinchiuse  in  una  celletta  per 
darsi  unicamente  all'orazione  ed  al- 
la meditazione  de'lihri  santi.  Rinun- 
ziò poi  il  canonicato,  e  prese  l'abi- 
to benedettino  nel  monastero  di 
Baume,  nella  diocesi  di  Besanzone, 
Tanno  909.  Dopo  la  morte  del  san- 
to abbate  Bernone,  avvenuta  nel 
927,  i  vescovi  del  paese  strinsero 
Odone  a  prendere  la  direzione  dei 
monasteri  di  Giugni,  Massay  e  Deols. 
Egli  fece  la  sua  residenza  nel  pri- 
mo, e  vi  stabili  l'osservanza  della 
regola  di  s.  Benedetto  in  tutta  la 
sua  purezza.  Parecchi  monasteri  di 
vari  paesi  abbracciarono  la  sua  ri- 
forma, e  si  assoggettarono  alla  sua 
giurisdizione,  per  modo  che  la  con- 
gregazione di  Giugni  divenne  in  po- 
co tempo  assai  numerosa  e  fioren- 
tissima.  I  Papi  e  i  principi  aveano 
posto  una  grande  confidenza  nel 
santo  abbate,  e  lo  incaricarono  di 
molti  affari  importanti,  che  la  sua 
prudenza  e  pietà  seppe  condurre  a 


28o  ODO 

buon  fine.  Morì  a  Tours  a*i8  no- 
vembre 942,  e  fu  seppellito  nella 
chiesa  di  s.  Giuliano  :  gli  ugonotti 
bruciarono  la  maggior  parte  delle 
sue  reliquie.  La  sua  vita,  scritta  da 
Giovanni  suo  discepolo,  fu  pubbli- 
cata nella  Biblioteca  di  Clugiàj  e 
il  p.  Mabillon  la  fece  ristampa- 
re nel  Secolo  V  Benedettino  , 
con  altre  cose  relative  alla  storia  del 
santo. 

ODONE  (s),  arcivescovo  di  Can- 
torbery.  Nacque  nella  provincia  di 
Est-Anglia,  da  ricchi  genitori  pa- 
gani, danesi  di  origine.  Fino  dalla 
sua  fanciullezza  si  dimostrò  inclina- 
to al  cristianesimo,  e  ne  frequenta- 
va le  chiese,  laonde  venne  cacciato 
di  casa  e  diseredato.  Odone  si  re- 
putò felice  di  essere  spogliato  di 
tutto  ciò  che  avrebbe  potuto  legarlo 
nel  mondo,  e  colla  protezione  del 
duca  Atelmo,  che  lo  fece  battezza- 
re, s'iniziò  nello  stato  ecclesiastico. 
JVeirSSy  fece  un  pellegrinaggio  a 
Roma,  e  vi  portò  le  elemosine  del 
re  Alfredo  e  de'  sassoni  occidentali. 
Poscia  questo  re  lo  prese  per  suo 
confessore,  e  tanto  esso,  quanto  il 
suo  figlio  e  successore  Odoardo  il 
Vecchio  lo  adoperarono  in  affari 
importanti.  11  re  Atelstano  volle  an- 
ch'egli  averlo  al  suo  fianco,  lo  fece 
suo  cappellano,  e  Io  destinò  poi  a 
riempire  la  sede  di  Wilton;  ma  tut- 
tavia Odone  non  potè  abbandonare 
la  corte,  ed  era  sovente  astretto  a 
seguire  il  re  ;  anzi  trovossi  egli  pre- 
sente alla  battaglia  di  Brunambur- 
go,  nella  quale  il  re  incalzato  dai 
nemici  corse  pericolo  della  vita,  e 
si  assicura  che  siane  andato  salvo 
per  un  miracolo  del  santo  vescovo. 
Essendo  morto  Atelstano  nel  941, 
Edmondo  I  suo  fratello  montò  sul 
trono  d'Inghilterra,  ed  esso  pure 
ebbe  gran  fidanza    nei    consigli    di 


ODO 

Odone,  che  nel  942  fu  trasferito 
alla  sede  di  Cantorbery,  ma  dopo 
molta  sua  resistenza  ,  e  dopo  aver 
preso  l'abito  benedettino.  Assunto 
quindi  il  governo  della  sua  chiesa, 
vegliò  incessantemente  sul  suo  greg- 
ge, non  che  su  tutti  gli  altri  pastori 
del  regno.  Avendo  alcuni  del  suo 
clero  promosso  dei  dubbi  sulla  pre- 
senza reale  di  Gesù  Cristo  nell'Eu- 
caristia, il  santo  impiegò  tutto  il  suo 
zelo  per  guarentire  il  suo  popolo 
dal  veleno  di  questa  nuova  eresia. 
Tenendo  il  re  Edwy  o  Edvino,  pri- 
mo de'  figli  di  Edmondo  I,  una  tre- 
sca disonesta  con  Etelgiva  sua  pa- 
rente, s.  Odone  ordinò  a  s.  Dun- 
stano  abbate  di  Glastenbury  di  am- 
monirlo ;  il  santo  abbate  fu  per  ciò 
esiliato,  e  i  suoi  religiosi  vennero 
cacciati  daf  monastero.  S.  Odone 
scaricò  il  suo  zelo  contro  Etelgiva, 
la  quale  si  ritirò  a  Glocester ,  ove 
il  re  non  ebbe  vergogna  di  seguir- 
la; ma  esso  finalmente  fu  detro- 
nizzato per  le  sue  infamie ,  e  ven- 
ne proclamato  re  suo  fratello  Ed- 
gardo, il  quale  richiamò  s.  Dunsta- 
no  ed  ebbe  in  sommo  onore  s.  O- 
done,  che  sempre  instancabile  nel 
suo  ministero  mori  nel  961,  in  età 
assai  decrepita.  11  suo  nome  è  ce- 
lebre in  "tutti  i  martirologi  d'Inghil- 
terra, e  trovasi  menzionato  a*  4  ^' 
luglio.  Per  la  sua  virtù  fu  appel- 
lato, mentre  era  vivo.  Odo  Segodj 
cioè  il  Buono.  Le  sue  reliquie  era- 
no anticamente  in  una  cassa,  e  pare 
che  al  tempo  della  pretesa  riforma 
fossero  poste  sotto  una  piccola  tom- 
ba nel  luogo  ov'era  la  cassa  me- 
desima. Abbiamo  di  lui  alcune  co- 
stituzioni, che  vuoisi  fossero  le  istru- 
zioni ch'egli  dava  al  suo  clero.  Si 
risguarda  per  principale  autore  del- 
le leggi  di  Atelstano,  di  Edmondo  F 
e  di  Edgardo,  pubblicale  nelle  as- 


OEN 

semblee  generali ,   e   concernenti  lo 
slato  e  la  Chiesa. 

ODONE,  Cardinale.  Odone  o  U- 
tlone  primicerio  di  Tulle,  cancel- 
liere e  bibliotecario  di  s.  romana 
Chiesa,  si  trova  sottoscritto  nella 
bolla  di  Leone  IX  del  1049,  ri- 
guardante la  consagrazione  della  chie- 
sa Hochemburgense  fatta  da  quel 
Papa,  onde  il  Cardella  dice  che 
probabilmente  fosse  ancora  cardi- 
nale. 

ODONE,  Cardinale.  Odone  car- 
dinale vescovo  di  Albano  ,  succes- 
sore di  s.  Pietro  Igneo ,  visse  nel 
pontificato  di  Urbano  II,  e  nel  1092 
sottoscrisse  una  di  lui  bolla  in  fa- 
vore del  monastero  della  ss.  Trinità 
della  Cava. 

ODONISTI.   y.  EuDisTi. 

ODUALDO  (s.),  abbate  nella  Sco- 
zia. Uscito  da  una  famiglia  assai 
ragguardevole  della  Scozia,  divenne 
governatore  della  provincia  di  Lau- 
don  ;  ma  rinunziò  a  tutti  i  vantaggi 
del  mondo  per  ritirarsi  nella  badia 
di  Meiros.  Egli  si  consacrò  con  som- 
ma allegrezza  al  servigio  di  Dio,  il 
suo  fervore  andò  sempre  crescendo, 
e  possedette  nel  più  sublime  grado 
lo  spirito  di  orazione.  La  sua  beata 
morte  avvenne  nell'anno  698,  ed  è 
onorato  a'  26  di  maggio. 

OENOANDA  o  ENEANDA.  Se- 
de vescovile  della  provincia  di  Li- 
cia, sotto  la  metropoli  di  Mira,  esar- 
cato d'Asia.  Ne  furono  vescovi:  Pa- 
trizio che  intervenne  al  primo  con- 
cilio generale  di  Costantinopoli;  Ciu- 
no  che  sottoscrisse  la  lettera  del  con- 
cilio di  Licia  all'imperatore  Leone; 
Palmato  che  sottoscrisse  la  relazio- 
ne del  concilio  di  Costantinopoli  a 
Papa  s.  Ormisda;  Paolo  che  fu  al 
concilio  di  Costantinopoli  sotto  il 
patriarca  Menna;  Giorgio  I  si  recò 
al  VI  generale;  Giorgio  II  al  VII; 


OFF  281 

Nicola    a    quello    di  Fozio.    Orìens 
christ.  t.   I,  p.   989. 

OFFERTA.   F.  Oblazione. 

OFFERTORIO,  Ofertorium.  Spe- 
cie di  antifona  composta  di  alcuni 
versetti  de'  salmi,  tratti  dalle  sacre 
scritture  dai  Papi  s.  Eutichiano  o 
s.  Celestino  1  o  s.  Gregorio  l  ;  nel 
tempo  di  s.  Agostino  certamente  era 
in  pratica  nella  chiesa  di  Cartagine: 
fu  chiamata  anche  qfferenda.  Prese 
tal  nome  dal  cantarsi  nel  tempo 
óeW  Oblazione  (Fedi),  mentre  il  po- 
polo offriva  il  pane  e  il  vino  ad 
imitazione  degli  israeliti.  Offertorio 
si  disse  ancora  la  tovaglia  e  il  vaso 
nei  quali  i  diaconi  ricevevano  le 
oblazioni  o  offerte  de'  fedeli.  Da 
questo  costume  trasse  il  nome  quella 
parte  della  Messa  [Vedi)  che  sie- 
gue  dopo  il  simbolo  della  fede,  o, 
se  non  si  dice^  dopo  l'evangelo  e  il 
Doniinus  vohìscuni  e  V  Oremus.  Si 
recita  l'offertorio  dal  celebrante,  e 
nelle  messe  cantale  si  canta  pure 
dal  coro  anco  con  accompagnamen- 
to dell'  organo ,  nel  tempo  che  si 
prepara  il  pane  e  vino  per  offrirli 
a  Dio  ;  e  come  dicemmo  a  Obla- 
zione, mentre  questa  si  fìiceva  do- 
veano  uscire  dalla  chiesa  coloro  che 
non  erano  ammessi  alla  comunione, 
così  nel  1494  P^i'  '^  coronazione 
di  Alfonso  II  re  di  Napoli,  essendovi 
presenti  molti  ambasciatori,  quello 
de'  turchi  fu  avvisato  di  uscir  dalla 
chiesa  all'oflertorio.  Il  Berlendi,  Delle 
oblazioni  p.  74)  dice  che  mentre  si 
presentavano  e  ricevevano  le  obla- 
zioni, dal  clero  congregato  nel  coro 
si  cantava  l'antifona  detta  offerto- 
rio, canto  che  eziandio  era  una  lo- 
devole costumanza  della  legge  an- 
tica, a  fine  di  dar  tempo  agli  ofl'e- 
renli  ;  ch'era  perciò  assai  più  lunga 
della  nostra,  perchè  talvolta  si  canta- 
va uu  intero  salmo,  ed  a  ciascun  ver- 


a8a  OFF 

setto  si  ripeteva  V  offertorio  ,  o  di 
altri  libri  delia  Scrittura;  ripetizio- 
ne di  versi  che  sebbene  in  alcune 
messe  ancora  pratichi  la  chiesa  di 
Lione ,  la  romana  tolse  al  cessar 
delie  oblazioni.  Nella  messa  del  sab- 
Lato  santo,  la  quale  ne'  secoli  anti- 
chi si  celebrava  di  notte  venendo 
la  domenica,  non  si  cantava  l'offer- 
torio, come  non  si  canta  al  presente, 
benché  si  celebri  nel  mattino,  o  per- 
chè al  dire  del  Macri  non  si  face- 
vano le  oblazioni  per  non  essere 
ancora  risuscitato  il  Salvatore,  o  per 
denotare  il  silenzio  delle  Marie  o 
donne  quando  andarono  cogli  aro- 
mi al  sepolcro  per  offrirli  al  Re- 
dentore; laonde  le  oblazioni  in  quel- 
la notte  si  presentavano  senza  can- 
to e  con  silenzio,  secondo  il  Ber- 
lendi.  11  Sarnelli,  Leti.  eccl.  t.  IH, 
lett.  4^  :  Spiegazione  dell'offertorio 
della  messa  de'  fedeli  defunti ,  ren- 
de ragione  delle  notissime  parole 
che  in  esso  si  dicono,  e  di  tal  mo- 
do di  pregare.  Nel  t.  X,  lett.  5i  : 
Dell'offertorio  della  santa  messa  se- 
condo il  rito  romano ,  suoi  diversi 
modi  e  signifìcati  ;  nella  lett.  80  poi 
parla  dell'offertorio  secondo  il  rito 
greco.  A  Dittici  dicemmo  che  con- 
tenevano i  nomi  degli  offerenti  e 
benefattori,  facendosene  commemo- 
razione nella  messa  benché  defunti, 
o  con  generale  menzione  o  con  spe- 
ciale de'  pili  benemeriti  o  qualifi- 
cati per  grado  eminente,  accresciu- 
to il  numero  degli  offerenti  in  mo- 
do che  la  lettura  sarebbe  riuscita 
lunghissima,  s'introdusse  il  costume 
di  porre  i  dittici  sull'altare  colle  re- 
liquie, in  tempo  che  facevansi  le 
oblazioni.  Tuttora  nella  basilica  La- 
teranense,  negli  anniversari,  dopo  l'of 
fertorio  si  legge  il  nome  del  testa- 
tore, al  modo  detto  nel  voi.  XII, 
p.  4 1  del  Dizionario,  11  Macri,  NoU 


OFI 

tìtvoc.  eccl.^  dice  che  con  la  tova- 
glia o  velo  con  cui  si  ricevevano 
le  oblazioni,  l'arcidiacono  sollevava 
il  calice  prima  che  si  recitasse  il 
Pater  nostttr^  come  fa  ora  il  cele- 
brante colle  proprie  mani  alzando 
l'ostia  e  il  calice.  Cercano  i  litur- 
gici, se  finito  l'offertorio  e  portan- 
dosi una  particola  per  la  comunio- 
ne di  qualche  laico,  si  possa  con- 
secrare  lecitamente  :  il  Diana  affer- 
ma potersi  fare,  purché  non  sia  co- 
minciato il  prefazio,  nel  qual  caso 
il  sacerdote  potrà  con  la  mente  of- 
frire la  particola.  Quando  il  cele- 
brante offre  l'ostia,  nel  pronunziare 
le  prime  parole  alza  gli  occhi  e  su- 
bito li  abbassa;  l'occhio  essendo  sim- 
bolo della  retta  intenzione,  si  deve 
drizzare  verso  Dio  per  essere  il  sa- 
grifìzio  atto  di  latria ,  dovuto  sola- 
mente alla  divinità,  come  insegna 
Suarez,  che  aggiunge  doverli  abbas- 
sare, perché  nomina  sé  stesso  pec- 
catore, imitando  il  penitente  pub- 
blicano. Il  celebrante  nel!' offrire  il 
calice  tiene  gli  occhi  fissi  verso  il 
Crocefisso,  perché  fa  menzione  del 
soavissimo  odore  del  prezioso  san- 
gue di  Cristo;  anzi  nelle  messe  so- 
lenni il  diacono  sostiene  colla  ma- 
no il  calice,  proferendo  in  compa- 
gnia del  celebrante  la  medesima  o- 
razione,  ciò  significando  come  Cri- 
sto per  mezzo  del  proprio  sangue 
promulgò  l'evangelo.  J^.  Ostia  e  Ca- 
lice. 

OFFIZl  DIVINI,  r.  Divini  uf- 
fizi. 

OFFIZIO  DIVINO.  F,  Uffizio 
DIVINO  e  Breviario. 

OFFIZIO  SANTO,  r.  Congre- 
gazione DELLA  S.  R.  ED  UNIVERSALE 
INQUISIZIONE  DEL  S.  OFFIZIO,  ed  INQUI- 
SIZIONE. 

OFITI,  OFIOMORFITI.  Eretici 
del  secondo  secolo,  ramo  de*  gnosti- 


OGL 

ci,  COSI  delti  dalla  parola  greca  ophis, 
serpente,  perchè  adoravano  con  cul- 
lo superstizioso  un  serpente,  che 
tenevano  nascosto  in  una  caverna 
dietro  il  loro  altare,  credendo  che 
Gesù  Cristo  fosse  il  serpente  che 
avea  ingannato  Eva  e  sedotto  Ada- 
mo colla  cognizione  del  bene  e  del 
male,  e  non  offrendo  a  Dio  altra 
materia,  fuorché  quella,  intorno  alla 
quale  erasi  attortigliato  il  serpente, 
mentre  celebravano  i  loro  misteii, 
come  la  sola  grata  al  Signore.  Eb- 
bero per  capo  Eufrate  egiziano  che 
insegnò  si  euoruii  errori  verso  l'an- 
no 180 ,  riproducendo  quelli  di 
Valentino'  capo  de'  Faltntìniani 
(Vedi). 

OGLIASTRA  (Oleastren).  Città 
con  residenza  vescovile  in  Sardegna, 
o  contrada  montuosa  lungo  la  costa 
est,  con  piccola  isola  dello  stesso 
nome,  abbondante  di  legname  buo- 
no per  marina:  il  vescovo  propria- 
mente ha  sede  nella  piccola  città 
di  Tortoli,  divisione  del  Capo  Ca- 
gliari, distretto  presso  il  golfo  del 
suo  nome,  formato  dal  mare  Tir- 
reno, sul  quale  tiene  un  porto,  ed 
a  poca  distanza  dalia  sinistra  spon- 
da del  Tortoli.  E  residenza  ancora 
d'un  subdelegato,  e  vi  s'imbarcano 
molli  vini  e  formaggi ,  particolar- 
mente per  Genova,  mentre  gli  abi- 
tanti sommano  a  circa  i4oo.  La 
cattedrale  è  un  buon  edifizio  con 
battisterio,  sacra  a  Dio  sotto  l' in- 
vocazione di  s.  Andrea  apostolo  : 
non  avvi  in  città  altra  chiesa  par- 
rocchiale; vi  è  il  convento  degli  a- 
gostiniani,  alcune  confraternite,  il 
monte  di  pietà  ;  il  seminario  tro- 
vasi a  Lanusei,  capoluogo  di  pro- 
vincia e  di  distretto,  sede  d'  una 
prefettura  di  giustizia.  Il  vescovo 
non  ha  episcopio,  ma  decente  abi- 
tazione.   Sino    dal    1797    il    re   di 


OGL  a83 

Sardegna  Carlo  Emmanuele  IV  era 
intenzionato  di  erigere  questa  dio- 
cesi, e  già  Pio  VI  ne  avea  stabili- 
to il  territorio;  ma  le  disastrose 
politiche  vicende  che  vi  succedet- 
tero ritardarono  l'esecuzione  di  que- 
sto progetto  sino  agli  8  novembre 
1824,  epoca  in  cui  ad  istanza  del 
re  Carlo  Felice  1  venne  con  bolla 
speciale  da  Leone  Xll  canonica- 
mente eretta,  con  smembrare  il  ter- 
ritorio dell'  arcidiocesi  di  Cagliari , 
al  cui  arcivescovo  fu  dichiarata  suf- 
fraga nea  la  sede  di  Ogliastra.  Leo- 
ne Xll  nel  concistoro  de'  20  di- 
cembre dichiarò  primo  vescovo  mon- 
signor fr.  Serafino  Carchero  cap- 
puccino, nato. in  Cuglieri  diocesi  di 
Bosa,  consagrato  in  Cagliari,  e  nel 
1834  traslato  da  Gregorio  XVI  a 
Cisarchio  in  Sardegna  stessa.  Quin- 
di questo  Papa  a'  19  maggio  1887 
gli  die  in  successore  monsignor  Vin- 
cenzo Fois  della  diocesi  di  Bisar- 
chio,  canonico  e  parroco  della  me- 
tropolitana di  Cagliari,  il  quale  ri- 
nunziò senza  neppure  essere  conse- 
crato,  e  mori  nel  dicembre  i838. 
Lo  stesso  Gregorio  XVI  a'  i3  set- 
tembre i838  preconizzò  vescovo 
monsignor  Giorgio  Manurita  di  Tem- 
pio, già  curato,  esaminatore  pro- 
sinodale e  convisitatore  nell'arcidio- 
cesi  d'Oristano,  consagrato  in  Ca- 
gliari e  morto  nel  1844  j  onde  al 
presente  la  sede  è  vacante.  Il  ca- 
pitolo si  compone  della  dignità  del- 
l'arciprete,  di  sei  canonici  colle 
prebende  del  teologo  e  penitenzie- 
re, di  quattro  beneficiati,  e  di  altri 
ecclesiastici  per  l' uflìziatura.  L'  ar- 
ciprete aiutato  da*  canonici  ha  cura 
delle  anime  della  cattedrale.  La  dio- 
cesi è  suflìcientemente  vasta,  con- 
tenendo trenta  luoghi  e  vent'olto 
parrocchie.  Ogni  vescovo  è  tassato 
ÌQ  fiorini  4^0?  ascendendo    le  rea- 


284  OGN 

dite  a  io,4oo  libras  pedemontanas^ 

senza  oneri. 

OGNISSANXr.   Festa   di   lutti  i 
santi    che    si    celebra  il   primo  no- 
vembre.   Il    Papa    s.    Bonifacio  IV 
die  origine  a  questa  festa   coi  con* 
sagrare  alla  Beata  Vergine   e  a  tutti 
i    santi    martiri     il    celebre  tempio 
di  Roma  detto  il  Pantheon  nel  608 
o  610  circa,  dopo  averlo  fatto  pu- 
rifìcare ,  che  perciò  chiamò   Chiesa 
di  s.  Maria  ad  Martyres    (Fedi), 
istituendo    tal   festa    per    Roma  da 
celebrarsi  a'    i3  maggio,  giorno  in 
cui  solennemente    dedicò  la   chiesa. 
Dicesi  che   s.    Bonifacio    IV   in  far 
ciò,  esegui  le  intenzioni   del  prede- 
cessore s.  Gregorio  J.  Dipoi  s.  Gre- 
gorio III  del  73 1  nella  basilica  Va- 
ticana consagrò  una  cappella  in  o- 
nore  di  lutti  i  santi,  o  per  dir  me- 
glio per  opporsi  agli  iconoclasti  che 
disprezzavano    il    culto    delle    sacre 
immagini  e  reliquie  de*  santi,  pose 
in    detta    basilica    nell'oratorio    da 
lui    edificato    le  immagini    del  Sal- 
vatore, di  Maria,  e  le    reliquie  de- 
gli apostoli    e    di    molti  altri  santi 
e  sante,  eh' erasi  procurato  da    di- 
verse parti  del  mondo,  esponendole 
verso  il   fjSj  con  solenne  culto  alla 
venerazione  del   popolo,  onde  si  au- 
mentò la  divozione  in  Roma  di  ce- 
brare   la    festa    di    lutti  i  santi.  In 
seguito  Gregorio  IV  nell' 834    fece 
promulgare  per  lutto  l'occidente  la 
festa  di  lutti  i  santi  e  sante,  da  ce- 
lebrarsi nel  primo  novembre  e  con 
ottava.  Dilatò  lai  celebrazione,  per- 
chè   avendo    per    essa    s.  Bonifacio 
IV  concesso  l'indulgenza    plenaria, 
per  la  rarità  del  beneficio  spiritua- 
le ,    era    sì    grande    il    concorso  in 
lioma    per    lucrarla ,    che    talvolta 
vi  mancarono  i  necessari  viveri.  Inol- 
.ire  Gregorio  IV  dedicò  la  chiesa  di 
s.  Maria  ad  Martyres  anche  a  lutti 


OGN 

i  santi,  nella  quale    già    nel    primo 
di  maggio  si  celebrava    la    festa  di 
lutti  gli  apostoli.  Nelle    litanie    in- 
vochiamo la  Beata  Vergine  :     Regi- 
na  martyruin.    Regina    sancloruni 
omnium.    Narra    il    Rinaldi  all'  an- 
no 835,  n."  4^5  che    Gregorio  IV 
avvisò  l'imperatore  Lodovico  I,  che 
si  dovesse    celebrare    in    Francia  e 
Germania   la    festa    d' Ognissanti  il 
primo    di    novembre,    il   quale  or- 
dine   dall'  imperatore    e    da  tutti  i 
vescovi  di   tali  regioni  fu    ricevuto, 
e  con  mirabil  consenso  e  allegrezza 
mandato    in    esecuzione  .     Aggiun- 
ge essersi    determinato    il    Pontefi- 
ce   di  far  celebrare  per   tutto    del- 
la solennità,  onde  supplire  a  quello 
che  per  ignorani^a  o  per  negligenza 
nelle  feste  particolari    si  fosse  man- 
cato. Pretese  il  p.  Menardo    di  ri- 
ferire  che    prima    di    Gregorio  IV 
la  festa,  oltre  in  R.oma,    era    stata 
introdotta  in  molte  chiese,  ma  non 
lo    prova  :    certo    è    che   dopo    tal 
epoca  la  festa    di    lutti    i  santi    e 
sante  venne  adottata  generalmente 
pel  primo  novembre.  Nell'anno  santo 
i^']^  Sisto  IV  ordinò  che  la  festa 
d'Ognissanti    si    celebrasse    in  tutta 
la  Chiesa  per    otto    giorni.  Questa 
determinazione  la  prese  per  implo- 
rare il  loro  possente  patrocinio,  onde 
liberare  la  cristianità  minacciata  dai 
turchi ,    dopo    la  presa    d' Otranto. 
I  greci  celebrano  questa  festa  nella 
domenica  dopo  la  Pentecoste.  Dice 
il  Boiler,  che  questa  festa    fu    isti- 
tuita per  tutti  i  santi  che  regnano 
in  cielo,    e   che    la    Chiesa  in   essa 
si   propone:    1.°  Di  render  grazie  a 
Dio  pei  benefizi,  di  cui  gli    è    pia- 
ciuto colmare    i  suoi  eletti.    1."  Di 
eccitar  noi  all'imitazione  delle  loro 
virtù ,  mettendoci  innanzi  agli  occhi 
quella  moltitudine  di  santi    d'ogni 
età,    d'ogni    sesso,    d'  ogni    condì- 


OLA 

Eione,  e  facendosi  insiememente  con- 
templare l'indicibile  felicità  di  cui 
essi  godono,  e  alla  quale  noi  pure 
siamo  chiamati.  3.°  Di  sollecitare 
la  divina  bontà  in  prò  de'  suoi  fi- 
gli ,  pei  meriti  di  questi  possenti 
intercessori.  4-°  Finalmente  di  met- 
terci in  istato  di  riparare  le  man- 
canze che  noi  possiamo  aver  fatto 
nella  celebrazione  in  ciascuna  festa 
particolare,  e  di  render  gloria  al 
Signore  ne'  santi  stessi  che  non  ci 
sono  noti  o  che  non  hanno  giorno 
stabilito  tra  i  fedeli.  Vedasi  To- 
massin,  Trattato  delle  feste j  Be- 
nedetto XIV,  De  feslis  in  dioeces, 
Bon.j  e  Smith,  De  hod.  stalu  ec- 
cles.  graecae. 

OLANDA.   F.  Paesi  Bassi. 

OLAO  (s.),  ordine  equestre.  È  sta- 
to istituito  dal  regnante  Oscarre  I  re 
di  Norvegia  e  di  Svezia  a'2 1  agosto 
1 847,  giorno  della  festa  della  regina 
Giuseppina  Beauhainais,  in  comme- 
morazione dell'avere  il  re  s.  Olao  I 
liberata  la  Norvegia  dalla  domina- 
zione straniera,  e  introdotto  nel 
paese  il  cristianesimo,  dichiarandosi 
il  re  signore  e  gran  maestro  di  questo 
real  ordine  cavalleresco.  La  deco- 
razione dell'ordine  consiste  in  una 
stella  d'oro  con  otto  raggi,  sormon- 
tata dalla  corona  reale.  Al  centro 
della  stella  vi  è  uno  scudo  rosso 
diviso  in  due  campi,  uno  de' quali 
porta  il  leone  coronato  degli  stem- 
mi di  Norvegia,  e  stringerne  in  una 
delle  sue  zampe  l'ascia  di  s.  Olao. 
Neil*  altro  campo  vi  è  una  croce 
di  smalto  bianco,  su  ciascun  brac- 
cio della  quale  è  scritto  l'iniziale 
del  nome  del  fondatore  dell'ordine, 
cioè  un  O  di  forma  anglo-sassone. 
Quando  la  decorazione  è  conferita 
ad  un  militare  vi  si  aggiungono 
due  spade  incrociate  immediatamen- 
te sotto  la  corona  che  sormonta  la 


OLA  285 

stella.  Il  cordone  dell'  ordine  è  di 
colore  rosso  ondalo  con  un  orlo 
bianco  e  l'altro  giallo.  L'ordine  ha 
il  cancelliere,  il  tesoriere  ed  il  se- 
gretario eh'  è  pure  maestro  di  ce- 
rimonie, ed  è  diviso  in  tre  gradi  ^ 
cioè  gran  croci ,  commendatori  e 
cavalieri.  Il  primo  capitolo  tenuto 
dal  re  fu  in  Cristiania  a'  28  ago- 
sto, in  cui  nominò  undici  gran  croci, 
ventidue  commendatori  e  quaran- 
tasei cavalieri. 

OLAO  I  (s.),  martire,  re  di  Nor- 
vegia. Figlio  di  Araldo  Grenscio 
principe  di  Westfold  in  Norvegia , 
liberò  il  suo  paese  dal  giogo  degli 
svedesi,  e  nel  ioi3  s'imbarcò  per 
l'Inghilterra,  ove  rese  importanti 
servigi  al  re  Etelredo  contro  i  da- 
nesi. Inseguito  feccia  guerra  a  Olao 
III  Skoet-Konung  re  di  Svezia;  ma 
avendo  fatto  con  lui  una  pace  van- 
taggiosa, ne  sposò  la  figlia  :  questi 
due  principi  introdussero  circa  lo 
stesso  tempo  il  roniescot  o  annuo 
tributo  che  si  pagava  alla  santa 
Sede.  S.  Olao  I  fece  venire  d'Inghil- 
terra degli  ecclesiastici  e  dei  mo- 
naci commendevoli  per  la  loro  scien- 
za e  pietà,  fece  ottime  leggi ,  ras- 
sodò la  pace  in  tutti  i  paesi  di  sua 
obbedienza,  e  si  adoperò  ad  estir- 
pare le  superstizioni  dell'  idolatria  , 
non  solo  nella  Norvegia,  ma  ezian- 
dio nelle  isole  di  Orkeny,  di  civi 
erasi  impadronito,  e  nell'  Islanda  , 
facendo  demolire  in  molti  luoghi  i 
templi  eretti  agli  idoli.  I  pagani 
sostenuti  dai  soccorsi  che  il  re  Ca- 
nuto mandò  loro  dall'Inghilterra, 
attaccarono  il  santo  re,  lo  vinsero 
e  scacciarono  dai  suoi  stati.  Olao  I 
riparò  in  Russia,  donde  tornò  qual- 
che tempo  dopo,  e  levò  un  eserci- 
to per  ricuperare  il  suo  regno;  ma 
fu  ucciso  nella  battaglia  che  succes- 
se ai   29  di  luglio    io3o    a    Sticli* 


i86  OLB 

stadt,  tlojK)  un  regno  di  sedici  nn- 
ni.  L'nnno  seguente  il  vescovo  <li 
Di'ontheim  o  Nìdrosia,  ove  il  san- 
to re  era  stato  sepolto,  lo  fece  o- 
Tìorare  nella  sua  chiesa  con  pub- 
blico cullo  e  col  titolo  di  mar- 
tire. Dio  illustrò  la  sua  tomba  con 
vari  miracoli,  e  la  cattedrale  di 
Nidrosia  o  Drontheim  ,  magnifica- 
mente rifabbricata,  lo  scelse  per  suo 
patrono  titolare.  Nel  T098  il  di  lui 
corpo  fu  trovato  senza  alcun  segno 
di  corruzione,  ed  era  ancora  nello 
sfesso  stato  quando  nel  i54i  i  lu- 
terani saccheggiarono  la  cassa  pre- 
ziosa che  lo  conteneva.  S.  Olao  I 
fu  protettore  di  un  gran  numero  di 
chiese  in  Inghilterra  e  in  Iscozia  , 
ov'era  onorato  sotto  il  nome  di  s. 
Olao  e  di  s.  Toley.  La  sua  festa 
fu  stabilita  il  29  di  luglio ,  ed  è 
menzionato  come  martire  nel  mar- 
tirologio romano. 

OLB  A ,  Olhaaa.  Sede  vescovile 
d'Isauria,  diocesi  d'Antiochia,  sotto 
In  metropoli  di  Seleucia,  eretta  nel 
V  secolo.  Ebbe  per  vescovi  Euse- 
bio che  assistette  al  primo  concilio 
di  Costantinopoli  ;  Differenzio  che 
nel  44^  sottoscrisse  la  condanna  di 
Eutiche;  Paolo  che  sottoscrisse  la 
lettera  de'  vescovi  d' Isauria,  e  Teo- 
doro che  trovossi  al  VI  concilio  ge- 
nerale. Oriens  christ.  t.  II,  p.  io3o. 
Nella  Siria  sacra  p.  I23  si  parla 
d'Olba  e  del  tempio  ivi  eretto  a 
Giove,  abbattuto  da  Costanzo  im- 
peratore, sode  vescovile  di  Cilicia, 
Olba,  Olbanen,  al  presente  è  un 
titolo  yescoyWe  in  partibusy  solto  trar- 
ci vescovato  pure  in  partibiis  di  Se- 
leucia, che  conferisce  la  santa  Sede. 

OLBIA.  Sede  vescovile  della  Li- 
bia Pentapoli,  nel  patriarcato  d'A- 
lessandria, sotto  la  metropoli  di  Ci- 
rene, eretta  nel  secolo  V.  Ne  fu- 
rono   vescovi  Atanasio,    Antonio,  e 


OLD 

Puì)lio  che  assistette  al  concilio  ge- 
nerale d'Efeso  L  Oriens  chr.  t.  If, 
p.  63o. 

OLDOINl  Agostino.  Nacque  nel 
16 12  in  Spezia  nel  Genovesato,  e 
professò  in  Napoli  nella  compagnia 
di  Gesù, 'ed  ivi  insegnò  belle  let- 
tere. Fu  rettore  in  vari  collegi ,  e 
fu  erudito  e  laborioso  istoriografo 
ed  autore  di  molte  opere ,  di  cui 
citeremo  le  principali,  i.**  Athc- 
naeuni  Angustunt  in  quo  Periisino- 
rum  scripta  puhlice  exponunlur , 
Perusiae  1678.  2.°  Necrologinm  Pon- 
iìficum  ac  pseudoponti ficuni  Ronia- 
minij  cuni  notis ^^orad^e  167  i.  3.°  A- 
thenaeuni  Ronianum  in  quo  Summ. 
Ponlif.  ac  pseudopont.  nec  non  S. 
R.  E.  cardinalium  ac  pseudocar- 
dinalium  scripta  puhUce  exponun- 
tur,  Perusiae  1676.  È  una  storia 
de'  Papi  e  de*  cardinali  che  ci  la- 
sciarono qiialche  opera ,  con  una 
notizia  intorno  ad  esse.  4-"  Clemen- 
tis  tìtulo  sanctitalis  vel  morum  san- 
ctimonia  illustres  cum  animadver- 
sionibus,  Perusiae  1675.  5°  Alhe- 
naeum  Ligusticuni  seu  syllabus  scri^ 
ptoruni  ligurunt,  nec  non  sarzanen- 
siuni  ac  cyrnensiuni  reipublicae  Gè- 
nuensis  subdilorum,  ivi  1680.6.°  Le 
vite  de'Papi  e  cardinali  fino  a  Cle- 
mente IX  di  Ciacconio,  la  terza 
edizione  con  sue  note,  Roma  1677 
tomi  4  con  figiu'p.  Questa  è  la  mi- 
glior storia  de'  Pontefici  e  de'  car- 
dinali, ma  non  senza  errori^  come 
suole  avvenire  in  ogni  opera  di  este- 
so argomento:  le  note  marginali  il 
Placci  le  crede  di  Cesare  Becilli  ur- 
binate. 7."  Catnlogus  eoruni  qui 
de  roninnis  Ponti ficibus  scripserunt. 
Francofurti  1732.  Oldoini  lasciò  mss. 
V Alhenanun  Pisloriense^  migliorato 
e  pubblicato  dal  p.  Zaccaria;  Atlie- 
naeuni  italicumj  De  titulis  cardi" 
naliuniy  ed  altre  opere  di  biografìa. 


OLE 

Si  critica  per  la  poca  esaltezza , 
lullavolta  si  può  consultare  con  fruì- 
te,  come  fecero  molti,  massime  bio- 
grafi. 

OLEARIO  Bartolomeo,  Cardi- 
nale, Bartolomeo  Oleario  o  Uliario, 
nato  di  civile  ma  povera  condizio- 
ne nella  città  di  Padova ,  professò 
neir  ordine  de*  minori  conventuali, 
dove  fiorendo  per  singoiar  santità 
di  vita,  e  profonda  scienza  nelle 
teologiche  e  divine  scritture,  di  cui 
nelle  cattedre  dell'  ordine  divenne 
professore,  i  suoi  superiori  fecero  a 
gara  per  sollevarlo  ai  primi  posti 
della  religione.  Acceso  dallo  zelo 
della  divina  gloria  e  della  salute 
delle  anime,  non  ebbe  difficoltà  d'in- 
traprendere lunghi  e  disastrosi  viag- 
gi a  fine  di  predicare  il  vangelo  ai 
popoli  e  sostenere  i  donimi  della 
cattolica  religione.  Urbano  VI  nel 
i38i  lo  promosse  a  vescovo  d'An- 
cona, e  Bonifacio  IX  dopo  averlo 
nel  i386  o  iSSy  trasferito  alla 
chiesa  di  Firenze,  a'  i8  dicembre 
1389  Io  creò  cardinale  prete  del 
titolo  di  s.  Pudenziana,  per  cui  ri- 
nunziò la  detla  sede  vescovile.  Il 
Papa  si  prevalse  utilmente  di  sua 
opera  nella  legazione  di  Napoli  e  di 
Sicilia ,  per  quietare  le  turbolenze 
insorte  in  quel  regno,  eh' e  rasi  ri- 
bellato alla  Chiesa  romana,  col  git- 
tarsi  nel  partito  dell'  antipapa  Cle- 
mente VII,  non  che  a  Ladislao  suo 
legittimo  re;  e  colla  sua  prudenza 
e  dolcezza  tutto  felicemente  otten- 
ne. Oltre  a  ciò  fu  incaricato  dal 
governo  di  Sicilia,  ove  fece  spicca- 
re la  sua  integrità  e  valore.  Dopo 
tante  egregie  aziorii  morì  in  Gaeta 
nel  1396,  e  fu  sepolto  nella  chiesa 
de*  frati  minori  in  un  avello  di  mar- 
mo col  suo  stemma  cardinalìzio  ed 
elegante  iscrizione  in  versi. 

OLENO,  Oleniim.  Sede  vcscovi- 


OLE  187 

le  d'Acaia  nel  Peloponneso ,  forse 
Camimtza  (^f^edi),  che  vuoisi  occupi 
il  luogo  della  città  di  Oleno  sul 
fiume  Piro.  Ne  furono  vescovi  Gu- 
glielmo di  Pontoise  cluniacense  del 
i25o,  morto  nel  1268,  e  successo 
da  que'  registrati  neWOriens  chtist. 
t.  HI,  p.  1042,  sino  a  Raimondo 
Lizoli  milanese  domenicano,  vicario 
apostolico  della  Cina  nel  1696.  Nel 
i564  fioriva  un  vescovo  greco  di 
Oleno,  che  sottosciisse  la  deposi- 
zione del  patriarca  Joasaph.  Al  pre- 
sente Caminitza,  Olenen^  è  un  titolo 
vescovile  in  partihus,  soUo  Tarcive- 
scovato  pure  in  parlihus  di  Patras- 
so, che  conferisce  la  santa  Sede,  e 
Gregorio  XVI  a*  3o  luglio  i833 
nominò  vescovo  Olenense  e  vicario 
apostolico  del  distretto  di  Londra, 
monsignor  Tommaso  Griffiths. 

OLEKON,  Elorona.  Città  vesco- 
vile  di  Francia  in  Guascogna,  di- 
partimento de'  Bassi  Pirenei,  capo- 
luogo di  circondario  e  di  cantone, 
a  5  leghe  da  Pau  e  216  da  Pa- 
rigi, al  confluente  dei  Gave  d'Aspe 
e  d'Ossau,  con  tribunale  di  prima 
istanza  ed  altre  magistrature.  Divisa 
in  alta  e  bassa  ;  la  prima  sopra  alta 
montagna  ha  una  chiesa  vecchia  e 
il  mercato  ;  la  seconda  è  divisa  in 
due  dal  Gave  d' Ossau,  ha  diverse 
fabbriche  e  fa  un  comniercio  atti- 
vo di  lane  del  paese.  E  il  deposilo 
generale  de*  legnami  per  uso  della 
marina  reale.  Nel  borgo  di  s.  Ma- 
ria è  la  cattedrale,  il  cui  capitolo 
componevasi  dell'arcidiacono,  di  do- 
dici canonici  e  di  otto  cappellani. 
Questa  città  dal  territorio  degli  an- 
tichi popoli  tarbelii  fu  diversamen- 
te chiamata  coi  nomi  d' Iluro,  di 
Illuronaj  Laronensium^  Ellorensiiun 
e  Giare:  da  Iluro  si  disse  Eloro^ 
poi  corrotto  in  Oloro  o  Oloron. 
Saccheggiata     prima    dai    saraceni 


288  OLI 

liei  782,  fu  interamente  rovinala  dai 
normanni  nel  IX  secolo.  Verso  il 
1080  Centuilo  visconte  del  lìearn 
la  fece  rifabbricare.  La  sede  vesco- 
vile fu  eiella  ne' primi  del  VI  se- 
colo, nel  Bearn  in  Guascogna,  e  fat- 
ta sulfraganea  d'  Auch.  Ne  fu  pri- 
mo vescovo  Grato  che  assistette  nel 
5o6  al  concilio  di  Agde:  quanto 
ai  successori  sino  a  Giuseppe  Ré- 
vol,  fatto  nel  170.5,  vedasi  la  Cwall. 
Clirìst.  t.  I,  p.  i!264.  Ultimi  ve- 
scovi furono:  1729  Gio.  Francesco 
de  Calbeiart  de  Montillet.  1742 
Francesco  de  Resol  della  diocesi  di 
Vienna.  1788  Gio.  Battista  Augusto 
de  Villoutreys  de  Faye,  delia  dio- 
cesi di  Clermont.  Pio  VII  soppres- 
se la  sede  pel  concordato  del  1801. 
JI  vescovo  era  il  primo  barone  del 
Bearn  e  godeva  i3,ooo  lire  di  ren- 
dite. Nella  diocesi  eranvi  due  con- 
venti, due  monasteri  e  209  par- 
rocchie. 

OLGA  (s.).  Fedi  Elen.i  (s.). 
OLIMPIA  o  OLIMPIADE  (s). 
Nacque  circa  l'anno  368,  di  ricchi 
e  nobili  genitori,  di  cui  rimase  pri- 
va in  età  ancor  tenera.  Teodosia, 
sorella  di  s.  Anfiloco,  si  prese  cura 
di  sua  educazione.  Procopio  gover- 
natore di  Costantinopoli,  suo  zio  e 
tutore,  la  marita  a  Nebridio,  am- 
ministratore dei  beni  particolari  di 
Teodosio  I  il  Grande,  il  quale  fu  per 
alcun  tempo  prefetto  di  Costanti- 
nopoli ;  ma  dopo  venti  mesi  di  ma- 
trimonio restò  vedova.  Parecchie 
persone  d'alto  rango  la  richiesero 
in  isposa,  e  Teodosio  medesimo  la 
eccitò  a  maritarsi  con  Elpidio,  suo 
prossimo  parente  ;  ma  essa  non 
volle  giammai  acconsentire  alle  se- 
conde nozze,  e  solfri  anche,  per 
qualche  tempo,  la  privazione  dei 
propri  beni  ;  finché  Teodosio,  con- 
vinto della  sua    virtù,    gliene  fece 


OLI 

restituire  la  libera  amministrazione 
nel  891,  e  non  le    recò  più  mole- 
stia alcuna  circa  la  sua  maniera  di 
vivere.  Olimpia  ne    fece    un  santo 
uso,  e  si  applicò  con  ardore  alle  o- 
pere  di  carità,   come    agli   esercizi 
dell*  orazione  e    della  penitenza.  S. 
Gio.   Grisoslomo    paragona    le  sue 
limosine  ad  un  fiume  aperto  a  tut- 
ti, il  quale  scorreva  infino  all'  estre- 
mità della    terra   e  la    cui    abbon- 
danza  arricchiva    anche    l' Oceano. 
Ella  fu  successivamente  in  preda  a 
malattie  dolorose,  a  nere  calunnie, 
ad  ingiuste  persecuzioni  ;  ma  la  sua 
virtù  destava  l'ammirazione  di  tut- 
ta la  Chiesa,  e  i  più  gran  vescovi 
di  quel  secolo    non    parlavano     di 
lei  senza  grande    rispetto.    Nettario 
arcivescovo  di  Costantinopoli  la  fe- 
ce diaconessa  delia  sua  chiesa,  e  s. 
Gio.   Crisostomo,  che    a  quegli  suc- 
cesse, non  ebbe    minore    stima  per 
lei,  e  fu  sempre  il  suo  direttore  spi- 
rituale. Olimpia  fu    una  delle  per- 
sone che  furono  le  ultime  a  sepa- 
rarsi dal  santo  dottore,  quand'  egli 
andò  in  esilio  nel  ^o^;e  venendo 
poscia  i  suoi  amici    perseguitati,  fu 
essa  pure  condotta  dinanzi  ad  Ot- 
tato  prefetto    della    città,    pagano, 
presso  il  quale    si  giustificò    di  ciò 
ehe  le  era  stato    apposto,    ma    di- 
chiarò francamente  che  nulla  avrel> 
be  mai  potuto    indurla  a  comuni- 
care con  Arsacio,    che  avea    usur- 
pato la  sede  di  s.  Gio.  Grisostomo. 
Essendole    stato   ordinato  di  uscire 
della  città,  andò    vagando  in  diver- 
se parti.    Ritornata  in    Costantino- 
poli,   fu    condannata  a    gravosa  e- 
menda  e  furono  venduti  pubblica- 
mente i  suoi  beni.  Venne  più  volte 
condotta  davanti  ai  tribunali,  soffri 
degl'  insulti,    i  suoi   poderi     furono 
messi  a  sacco  dal    popolaccio,     ed 
Attico  successore  d' Arsacio  disperse 


OLI 

e  bandì  la  comunità  delle  vergini 
di*  erano  sotto  la  di  lei  guida.  S. 
Gio.  Crisostomo  scriveva  sovente  a 
s.  Olimpia  per  consolarla,  e  rice- 
veva da  lei  ciò  eh'  eragli  necessa- 
rio per  provvedere  a'  suoi  bisogni, 
per  riscattare  i  prigioni  e  per  sol- 
levare i  poveri  delle  deserte  con- 
trade eh'  egli  abitava.  Questa  santa 
vedova  morì  verso  l'-anno  4'^*^-  ^ 
greci  l'onorano  a' 25  luglio,  ma 
nel  martirologio  romano  è  nomi- 
nata a'  17   dicembre. 

OLIMPO,  Olympus.  Sede  vesco- 
vile di  Licia  neir  esarcato  d'  Asia, 
sotto  la  metropoli  di  Mira,  eretta 
nel  V  secolo,  e  fu  già  gran  città,  fra 
Phaselis  e  il  promontorio  Hieron.  Ne 
furono  vescovi,  Metodio  che  lo  fu 
pure  contemporaneamente  di  Patara, 
poi  trasferito  a  Tiro,  e  soffrì  il  mar- 
tirio nella  Calcide,  nella  persecuzio- 
ne di  Diocleziano  :  s.  Girolamo  nel 
suo  Catalogo  cita  molte  opere,  di 
tal  santo.  Arislocrito  assistette  al 
concilio  d'Efeso  I;  Anatolio  sotto- 
scrisse nel  4^7  la  lettera  del  con- 
cilio di  Mira;  Giovanni  firmò  la  re- 
lazione del  concilio  di  Costantino- 
poli su  Severo  d'Antiochia.  Oriens 
'Chrisf.  t.  I,  p.  975.  Olimpo,  Olym- 
pen,  è  un  titolo  vescovile  in  parti' 
bus,  e  Leone  XII  a*  2  3  dicembre 
1828  lo  conferì  a  Daniele  Mac 
Donnell,  da  lui  fatto  vicario  apo- 
stolico dell'Isola  della  Trinità  nelle 
Antille  inglesi. 

OLINDA  (de  Olìnda).  Città  con 
residenza  vescovile  nel  Brasile  iti 
America,  nella  provincia  di  Fernam- 
buco ,  capoluogo  di  comarca,  di- 
stante una  lega  da  Recife,  presso 
l'Atlantico.  D'ordinario  si  nota  sot- 
to il  nome  di  Fernambuco  le  due 
città  di  Olinda  e  di  Recife ,  ed  il 
vescovato  chiamasi  di  Olinda  e  Fer- 
nambuco .    Recife    altro    capoluogo 

VOL.     XLVIir. 


OLI     .  289 

di   tal    provincia,   componesi  di   tre 
parti,  con  chiese,   conventi,  bellissi- 
mo  episcopio    ed    altri    edifìzi:  ha 
due  porli,  Mosqueiro  e  Poco,  ed  è 
difesa    dal  piccolo  forte    di    Bom- 
Jesu  e  dal  gran   forte  CineoPontas. 
Il  commercio    rese    Recife    ricca  e 
fiorente,  con    più    di    2^,000    abi- 
tanti. I  dintorni  sono  ameni,  i  ven- 
ticelli temperano  il    focoso    calore. 
Fu  presa  nel   i63o  dagli    olandesi 
che  la    conservarono  24    anni.  O- 
linda  è  amenamente   situata  in  un 
delizioso  paese,    sopra  una    collina, 
da  dove  si  gode  la    vista  estesa  del 
mare  e  dintorni.    Le    case    hanno 
belli  giardini  ;    vi  è  il  palazzo  ve- 
scovile non  molto  distante  dalla  cat- 
tedrale, e    quello   in  cui     risiedeva 
per  sei  mesi  il  governatore.  La  cat- 
tedrale dedicata  al  ss.    Salvatore  è 
di  antica  ed  elegante  struttura,  con 
cura  d' anime   aflidata  al     parroco. 
Vi  sono  ancora  altre    cinque  chie- 
se parrocchiali    con     battisterio,  ed 
altre  belle  chiese  ;  sei    conventi  di 
religiosi,  diverse  confraternite,  T  o- 
spedale,  il    seminario  e  il  giardino 
botanico.  Ora  conta   più    di   4>ooo 
abitanti,  ma  fu  già  molto  più  con- 
siderabile  la  città.  Dopo  che  gli  o- 
landesi  la  presero  nel     i63o  inco- 
minciò a  decadere,  ed  il  suo  com- 
mercio    e    industria    passarono    à 
Recife. 

La  sede  vescovile  Fu  eretta  ad 
istanza  di  Pietro  II  re  di  Porto- 
gallo, da  Innocenzo  XI,  colla  costi- 
tuzione Adsacram,  de' 22  novem- 
bre 1676:  la  chiamò  Olìnda  di 
Fernambuco  dell'Indie  occidentali, 
la  dichiarò  suffraganea  di  s.  Sai-; 
valore  da  lui  elevata  a  metropoli,  e 
dispose  che  i  re  di  Portogallo  pa- 
gassero al  vescovo  mille  scudi  an- 
nui. Nelle  Notizie  di  Roma  si  re- 
gistrano i  seguenti    vescovi;   1738 


290  OLI 

fr.  Lodovico  di  s.  Teresa  carmeli- 
tano ecalzo,  a  cui  Benedello  XIV 
nel  1754  die  per  coadiutore  con 
futura  successione  Francesco  Save- 
rio Aranha  della  diocesi  di  Miran- 
da, vescovo  di  Termopoli  in  parti- 
hus.  1774  ft''  Tommaso  dell' incar- 
nazione, del  ss.  Salvatore.  1785  fr. 
Diego  da  Jesìi  Jardim  girolamino 
della  diocesi  di  Mariana.  1794  Giu- 
seppe Gioacchino  de  Cunlia  de  A- 
zeredo  Coutliino,  di  s.  Sebastiano 
di  Rio.  1806  Giuseppe  Maria  A- 
raujo,  di  Porto.  181 5  Antonio  da 
s.  Giuseppe  Bastoz  monaco  bene- 
dettino, di  Rio  Janeiro.  1821  Gre» 
gorio  Giuseppe  Viegas  del  terzo 
ordine  di  s.  Francesco,  di  Lisbona. 
1828  Tommaso  de  Noronha  do- 
menicano, traslato  da  Goccino.  Per 
sua  dimissione  Gregorio  XVI  nel 
concistoro  de*  28  febbraio  i83i 
nominò  l'odierno  monsignor  Gio- 
Tanni  Marquez  Perdigalo  di  Por- 
togallo, prelato  della  cappella  del- 
l' imperatore  del  Brasile.  II  capito- 
lo si  compone  di  quattro  dignità^ 
la  prima  delle  quali  è  il  decano,  di 
sedici  canonici  colle  prebende  del 
teologo  e  penitenziere,  di  altri  pre- 
ti e  chierici.  La  diocesi  è  ampia 
e  contiene  molti  luoghi.  Ogni  ve- 
scovo è  lassato  in  fiorini  ii6,  a- 
scendendo  la  mensa  a  12,000  cro- 
ciati lisbunesi. 

OLIO,  Oleum.  Liquore  che  si 
cava  dall'oliva,  frutto  e  coccola 
della  pianta  olivo.  Siccome  l' olio 
serve  di  nutrimento,  e  mescolato 
coi  profumi  è  usato  come  rimedio, 
si  spande  faciloienle,  penetra  i  cor- 
pi solidi,  si  accende  ed  illumina , 
cosi  queste  ed  altre  proprietà  die- 
l'ono  luogo  a  diverse  metafore,  gra- 
vi misteri,  simboli  e  significazioni. 
Quindi  l'olio  fu  consideralo  còme 
un  sim]x)b  della  grazia  divina  che 


OLI 

s'insinua  facilmente  nell'anima  no- 
stra,, la  rallegra  e  consola,  ne  gua- 
risce le  infermila,  la  fortifica,  l' il- 
lumina e  fa  risplcndere  la  sua  vir- 
tù: l'olivo  donde  sì  trae  è  simbo- 
lo di  pace,  onde  con  ragione  Dio 
e  la  Chiesa  lo  destinarono  ad  uso 
sacro,  ed  appellandosi  Cristo  luce 
del  mondo,  convenevolmenle  ado- 
perasi l'olio  sì  per  denotare  chi 
arrecò  la  pace  al  mondo,  che  per 
ricordare  gli  effetti  prodotti  dal- 
la predicazione  evangelica  sulla  fac- 
cia della  terra.  Nella  sacra  Scrit- 
tura pure  r  olio  prese  un  sen- 
so figurato,  onde  significò  altre- 
sì la  fertilità,  1'  abbondanza,  la  co- 
pia de'  doni  e  benefizi  di  Dio  e 
quella  delle  grazie  soprannaturali. 
Gli  orientali  hanno  fatto  sempre 
grandissimo  uso  delle  essenze  e  de- 
gli olii  odorosi,  profumandosene 
principalmente  ne' giorni  di  festa  e 
d'allegria,  dal  capo  fino  a'  piedi , 
astenendosene  in  quelli  di  lutto  e 
di  tristezza.  Siccome  lo  spandere 
profumi  su  d'alcuno,  fino  cfalla  più 
remola  antichità  fu  distinzione  di 
onore  e  di  rispello,  cosi  l'unzione 
d'  olio  profumato  rese  come  sacra 
la  persona  che  la  riceveva,  il  quale 
allo  naturalmente  divenne  un  sitn- 
bolo  di  Consacrazione  (Fedi),  an- 
che per  le  cose  inanimate,  onde  fu 
praticalo  dagli  ebrei  e  dai  pagani. 
Nella  Scrittura  sacra,  una  persona 
unta  è  sacra,  e  ciò  si  legge  de'  sa- 
cerdoti, de* profeti  e  de' re.  L'olio 
d'  unzione,  profumo  che  Mosè  avea 
composto  per  consecrare  i  sacei'do- 
ti  e  i  re,  i  vasi  e  gV  istru menti 
del  culto  divino,  di  cui  gli  ebrei 
si  servirono  nel  tabernacolo,  poscia 
nel  tempio,  era  composto  di  diversi 
aromi,  cioè  di  mirra,  di  cinnamo- 
mo, di  carma  odorosa,  di  cassia  e 
d'  olio    d'  olivo,  il    tultó  mescolato 


OLI 

con  arte  dal  profumiere.  Dio  disse  i 
tutte  le  cose  che  verranno  unte  col 
detto  olio  saranno  consacrate,  e 
chiunque  le  toccherà  sarà  santifi- 
cato. I  re  non  ricevevano  tutti  que* 
st'  unzione,  ma  soltanto  il  capo  di 
una  famiglia  che  saliva  al  trono; 
ed  era  egli  consecrato  tanto  per  sé, 
quanto  per  tutti  i  successori  di  sua 
stirpe.  Questi  però  chiamavansi  e- 
gualmente  unti  del  Signore,  perchè 
J'  unzione  e  la  dignità  reale  consi- 
deravansi  come  si  noni  me.  Ma  cia- 
scun sommo  sacerdote  riceveva  la 
unzione  prima  d'incominciar  l'e- 
sercizio di  sue  funzioni  ;  cosi  era 
del  sacerdote  che  ne  faceva  le  veci 
al  campo  in  tempo  di  guerra.  I 
vasi  e  gli  strumenti  consecrati  con 
l'olio  d'  unzione  tra  gli  ebrei  furo- 
no r  arca  dell'  alleanza,  l' altare  dei 
profumi,  la  mensa  de' pani  di  pro- 
posizione, il  candelabro  d'  oro,  l'  al- 
tare degli  olocausti,  la  conca  di 
bronzo  per  la  lavanda  de'sacerdoti, 
i  vasi  e  gli  utensili  che  servivano 
per  loro  uso.  Vedi  Coronazione  dei 
UE.  Nel  tempio  si  custodiva  in  due 
corni  V  olio  per  1'  unzione  de'  re  e 
per  quella  de'  sacerdoti.  È  disputa 
fra  i  sacri  interpreti  se  vi  sia  sta- 
ta sempre  differenza  fra  l'  olio  con 
cui  si  ungevano  i  re,  e  quello  di 
cui  si  servivano  per  ungere  i  sa- 
cerdoti; sembra  che  i  più  asserisca- 
no che*  servisse  il  medesimo  olio 
per  tutti  e  due.  Dice  il  Macri  , 
ISot.  de' V  oc  ah.  eccl.,  che  con  l'olio 
de'  catecumeni  si  consagrano  i  re 
nel  capo  per  santificarne  i  pensieri, 
poi  nel  petto  con  conferirgli  un  ar- 
dimento costante,  quindi  nelle  spal- 
le per  renderli  pazienti,  finalmente 
nel  braccio  destro  per  imprimervi 
la  fortezza  cristiana.  Le  regine  però 
si  ungono  solamente  nelle  spalle  e 
nel  braccio.  Vedasi  il  Sarnelli,  Lete. 


OLI  2gi 

eccl.  t.  ITT,  lelt.  36.  Come  sì  pos- 
sano intendere  quelle  parole  nel 
Pontificale  per  la  benedizione  degli 
olei  per  gì'  infermi  e  del  crisma , 
unde  unxisti  sacerdotes,  reges,  prò- 
phetas  et  martyres. 

L' olio  come  il  più  antico  ali- 
mento de'  Lumi  (Fedi),  si  usò  nel 
tempio  degli  ebrei  e  passò  poscia 
in  quello  de'  cristiani,  argomento 
che  trattammo  pure  a  Lampada,  a 
Lucerna  dicendo  ancora  dell'  olio 
preso  da  esse  per  divozione  de'  fe- 
deli ;  poiché  Dio  talvolta  e  pel  pa- 
trocinio de' santi  cui  si  ricorre,  pre- 
mia la  fede,  e  se  i  discepoli  di  Ge- 
sù Cristo  ungevano  d'  olio  i  malati 
e  li  guarivano,  non  era  la  virtù 
naturale  dell'  olio  che  produceva 
r  effetto,  ma  il  potere  divino  dato 
loro  dallo  stesso  Gesù.  In  più  luo- 
ghi dicemmo  degli  oliveti  donati 
alle  chiese  pel  mantenimento  de' lu- 
mi, dell'olio  che  faceva  parte  delle 
oblazioni  de'  fedeli,  come  dell'  olio 
miracoloso  scaturito  anche  dalle  os- 
sa de' santi.  Il  Sarnelli,  Lett.  eccl. 
t.  IV,  lett.  i5:  Perché  nell'antico 
tempio  si  adoperasse  l'olio,  non  la 
cera,  ragiona  altresì  delle  otto  pro- 
prietà dell'  olio  e  qual  é  il  miglio» 
re.  P'^edi  Candela.  L' olio  fu  sem- 
pre una  sostanza  tenuta  saviamente 
in  ispecial  considerazione  dalla  Chie- 
sa, perché  sembra  che  Gesù  Cristo 
medesimo  l'abbia  voluta  nobilitare, 
determinandola  come  materia  re- 
mota di  quattro  sagramenti,  cioè 
Battesimo,  Confermazione,  Estrema 
unzione  e  Ordine  sacro  (Fedi),  ed 
in  molte  altre  consecrazioni  di  co- 
se inanimate,  secondo  i  riti  degli 
ebrei,  che  trovò  conveniente  segui- 
re. Il  perché  essa  ha  sempre  ado- 
perato, sull'  esempio  degli  apostoli, 
anche  l*  olio  usuale  benedetto  dal 
semplice    sacerdote,    all'  oggetto    di 


99^  OLI 

ottenere  da  Dio  guarigione  o  con' 
folto  agi'  infermi,  e  alcune  volte 
impiegò  a  questo  fine  quello  anco- 
ra che  ardeva  dinanzi  al  sepolcro 
óe  Martìri  (l^cdi),  come  afferma 
anco  Fleury,  Moeurs  de.s  direi. 
chap.  22  ;  cosicché  in  seguito  si  è 
tenuto  come  benedetto  l'olio  che 
arde  dinanzi  al  ss.  Sagramento,  alle 
immagini  e  reliquie  della  Beata 
Vergine  e  de'  santi.  Dalle  opere  di 
Tertulliano  si  rileva  che  s.  Proco- 
lo segnò  e  curò  con  olio  benedetto 
Severo  imperatore,  ad  scapala  :  s. 
Gerolamo  nella  vita  di  s.  llarione 
assicura,  che  questo  eremita  con 
olio  stesso  guariva  coloro  eh'  erano 
slati  morsi  dai  serpi  e  da  altri  a- 
nimali  velenosi.  Tutti  i  padri  dei 
più  remoli  tempi  riferiscono  fatti 
di  questa  specie.  Dalla  pratica  di 
accendere  i  lumi  avanti  le  sante 
immagini  e  sacre  reliquie  de*  santi 
si  vuol  significare^  non  eh'  essi  ab- 
biano bisogno  di  tali  lumi,  ma  che 
si  serbarono  illesi  dalla  corruzione 
del  secolo,  risplendendo  qual  face 
ardente  tra  i  popoli  che  vivevano 
nelle  tenebre.  La  Chiesa  riconobbe 
sempre  questo  purissimo  e  sempli- 
cissimo liquore  adatto  ai  suoi  riti 
ed  alle  sue  significazioni,  poiché  lo 
benedice  e  lo  consacra,  e  ne  usa 
nelle  benedizioni,  nelle  consecrazio- 
ni  e  nell'amministrazione  de'  ricor- 
dali sagramenli  ;  pel  cui  mezzo  o 
si  destina  un  qualche  oggetto  per- 
petuamente al  culto  di  Dio,  o  si 
vuol  significare  la  grazia  santifican- 
te che  si  diffonde  sull'  anima  e  si 
spande  a  guisa  dell'olio;  ovvero 
voglionsi  esprimere  gli  effetti  de'sa- 
gramenti  stessi^  come  nel  battesimo 
per  denotare  la  mondezza  che  ne 
deriva  all'anima  di  chi  lo  ha  ri- 
cevuto ;  nella  confermazione  per  in- 
dicare la    vigoria  in    resistere    alle 


OLI 

suggestioni  maligne,  le  quali  snnfi 
d'impedimento  alla  via  che  C(jndii- 
ce  al  cielo  ;  e  come  ne  usa  per  cou- 
secrare  i  re,  cosi  nella  sacra  ordi- 
nazione e  nelle  consecrazioni  de'  ve- 
scovi, in  quella  per  dimostrare  che 
perpetuamente  consacrasi  al  Signo- 
re r  ordinalo,  ed  in  queste  per  la 
pienezza  della  grazia  sacerdotale;  e 
finalmente  nelT  estrema  unzione  eoa 
cui  si  dà  forza  all'  infermo  di  re- 
sistere alle  tentazioni,  che  più  forti 
e  più  gagliarde  sono  in  quei  mo- 
menti estremi.  Nella  benedizione  de- 
gli olii  santi  il  vescovo  ed  i  sacer- 
doti assistenti  salutano  con  rive- 
renza il  sacro  crisma  e  l'olio  dei 
catecumeni,  dicendo  :  Ave  sanctum 
Oleum y  ave  snncLwn  Clirisuia,  ri- 
conoscendo che  quella  creatura  con- 
segrata  a  Dio  è  divenula  un  istru- 
mento  atto  a  santificare  le  anime. 
Se  queste  cerimonie  sembrano  ai 
protestanti  troppo  minute  o  ridi- 
cole, si  ricordino  quanto  dice  s. 
Agostino.  «  Se  esse  si  risguardano 
coir  occhio  della  pietà,  si  vedrà  die 
nulla  hanno  che  non  edifichi  e  non 
innalzi  le  nostre  menti,  nulla  che 
non  renda  mirabili  le  meraviglie 
della  sua  grazia  ".  Da  tultociò  ap- 
pariscono i  sublimi  significati  ed  i 
simboli  santissimi  che  la  Chiesa  ha 
attribuito  e  riconosciuto  nell'olio, 
conservandone  inviolabilmente  l'uso 
dal  suo  principio.  L' olio  con  ali- 
mentar la  fiamma  del  lucignolo , 
concilia,  mantiene  e  conserva  col 
suo  lento  e  misterioso  splendore 
quel  di  voto  sentimento  religioso,  il 
quale  forma  l'anima  della  preghie- 
ra, che  accompagnata  da  una  sin- 
cera umiltà,  s' innalza  sino  al  trono 
di  Dio.    P'edi  Olio    Santo. 

OLIO  SANTO,  Oleum  sanctum. 
Olio  consacrato  dal  vescovo  nel  gio- 
vedì  sauto,    in   tre    separate    am- 


OLI 

polle  o  vasetti  ordinariamente  d  ar- 
i^ei)to,ed  è  di  tre  specie,  le  quali  ser- 
vono all'amministrazione  di  quat- 
tro sacra n)en ti,  Battesimo^  Cresima 
o  Confermazione^  Estrema  Unzio- 
ne e  Ordine  (Vedi);  di  maniera 
che  dalla  sostanza  dell'olio,  eh' è 
una,  ne  risultano  diversi  sagramen- 
ti  ;  mentre  adombrandosi  nell'olio 
lo  Spirito  Santo,  egli  è  uno  nella 
essenza,  ma  differente,  diviso  e  mol- 
tiplicato ne' doni  suoi.  La  prima 
specie  è  l'olio  pel  Crisma  (Fedi), 
oleum  ad  sanctum  crisma,  chiama» 
to  con  diversi  nomi,  mescolato  con 
balsamo  naturale,  e  benedetto  so- 
lennemente dal  vescovo,  che  serve 
pei  sagramenti  della  confermazione 
e  dell'ordine,  per  ungere  i  battea- 
7ati,  gli  adulti,  i  sacerdoti  ed  i  ve- 
scovi, le  chiese,  gli  altari,  i  calici 
ec.  ;  la  quale  mescolanza  deriva  dai 
tempi  apostolici ,  e  vuoisi  che  la 
Chiesa  ne  apprese  il  modo,  da 
quello  prescritto  da  Dio  nell'Eso- 
do: la  voce  greca  Crisma,  suona 
unzione  di  balsamo,  e  die  origine 
all'italiana  di  Cresima.  La  seconda 
è  l'olio  ìXq  Catecumeni  (Vedi) j  oleum 
catechumenorum,  di  cui  si  usa  nel- 
l'amministruzione  del  battesimo,  af- 
linchè  prima  di  ricevere  l'acqua 
battesimale  sieno  i  ballezzandi  ben 
purgati,  e  rinvigoriti  ne' loro  spiri- 
tuali cimenti;  di  più  serve  per  con- 
bacrare  le  chiese  e  gli  altari,  cioè 
prima  che  sieno  consagrati  col  cri- 
sma, sono  unti  con  questo  santo 
olio,  e  con  questo  medesimo  olio 
si  consagrano  i  re  e  le  regine.  La 
terza  specie  è  l'olio  degli  infermi, 
oleum  infirniorum,  col  quale  si  un- 
gono gli  ammalati  adulti,  che  so- 
no per  morire,  nel  sagramenlo  del- 
l' estrema  unzione.  Quanto  ai  di- 
versi misteri  e  simboliche  signifìca- 
zioui  e  proprietà  deli'  Olio,  a  que- 


OLI  293 

sto  ed  ai  citati  e  altri  analoghi 
articoli  ne  ragionammo.  Venne  scel- 
to il  giovedì  santo  per  la  consacra- 
zione degli  olii  santi,  non  solamen- 
te perchè  questo  tempo  è  più  adat- 
to alla  circostanza  dell'amministra» 
zione  solenne  del  battesimo,  che  si 
faceva  e  si  fa  nel  sabbato  santo, 
ma  sì  ancora  perchè  in  questo  gior- 
no Gesù  Cristo  agnello  immacolato 
andò  a  spargere  il  suo  sangue  per 
la  nostra  salute,  ed  istituì  il  più 
grande  mistero  collo  stabilire  per 
tutta  la  durata  de* secoli  il  sagra- 
menlo adorabile  dell'Eucaristia.  E 
dubbio,  secondo  alcuni,  che  il  Papa 
s.  Fabiano  del  2 38  ordinasse  che  nel 
giovedì  santo  si  bruciasse  l'olio  santo 
vecchio,  e  si  benedicesse  il  nuovo  :  il 
concilio  di  Toledo  del  4^^  decretò 
essere  lecito  al  vescovo  farne  in  ogni 
tempo  la  benedizione,  la  quale  sem- 
bra che  propriamente  incomincias- 
se a  farsi  nel  giovedì  santo  alla 
metà  del  V  secolo.  Ab  antico  i 
santi  olii  erano  consagrati  nel  sab- 
bato santo,  immediatamente  prima 
dell'amministrazione  del  solenne  bat- 
tesimo. In  progresso  la  cerimonia 
fu  trasferita  al  giovedì  precedente, 
perchè  gli  olii  consagrati  potessero 
essere  spediti  a  ciascuna  parrocchia, 
e  tutti  i  parrochi  se  ne  potessero 
servire  per  benedire  il  Baltisteria 
o  Fonte  sacro  (P'edi),  nella  qual 
funzione  si  frammischiano  alle  acque 
alcune  goccie  del  crisma  e  dell'olio 
de' catecumeni,  e  si  amministra  poi 
solennemente  il  battesimo.  La  con- 
sagrazione  degli  olii  santi  si  fa  dal 
vescovo  nella  messa,  con  esorcismi, 
con  diverse  orazioni,  con  molti  se- 
gni di  croce,  col  fiatarvi  sopra  mol- 
te volte  e  con  molte  benedizioni, 
vestito  cogli  abiti  pontificali  bian- 
chi, e  assistito  da  dodici  sacerdoti, 
da  sette  diaconi,  da  setlt;  òuddiaco^ 


394  OLI 

ni  e  da  altri  mioistri,  non  gih  oo* 
me  coDSacratori,  ma  testimoai  del' 
la  cerimonia.  11  numero  degli  assi- 
stenti fu  da  prima  indeterminato  : 
quello  de'dodici  sacerdoti  è  in  me- 
moria de'  dodici  apostoli  stabilito, 
mentre  quello  de' sette  diaconi  è 
in  memoria  dei  sette  diaconi  ordi- 
nati dagli  apostoli,  e  quello  dei  set- 
te suddiaconi  aggiunti  per  eguagliar- 
li. Celebrandosi  anticamente  nel  gio- 
vedì santo  tre  messe,  una  era  per 
la  benedizione  del  crisma,  e  sicco- 
me ora  una  sola  se  ne  celebra,  in 
essa  si  fa  la  benedizione  degli  olii 
santi. 

Queste  molte  sacre  e  misterio- 
se cerimonie,  le  une  sono  auto- 
rizzate dall'esempio  del  Redentore 
quando  soffiò  sopra  gli  apostoli  nel 
dir  loro,  ricevete  lo  Spìrito  Sanloj 
le  altre  dalla  pratica  della  Chiesa 
sino  dai  tempi  apostolici^  come  il 
segno  della  croce,  senza  il  quale 
nessun  rito  sacro  si  fa  legittima- 
mente dalla  Chiesa.  Vedasi  il  Pon- 
tificale romanum  par.  3,  de  offi- 
cio in  feria  quinta  Coena  Domini 
cimi  benedicilur  oleum  catechume- 
noruni  et  infirnioruniy  et  conficiuir 
chrismaj  ed  il  Cecconi,  Il  sacro  ri' 
tQ  di  consacrare  le  chiese^  capo  XX, 
che  ne  fa  un'esatta  descrizione,  no- 
tando che  gli  olii  santi  avanzati  dal 
precedente  anno,  si  pongono  nelle  lam- 
pade della  chiesa^  che  ardono  avan- 
ti il  ss.  Sagramento,  acciò  resti  con- 
sumato, purgandosi  i  vasetti  o  pis- 
sidi che  li  contenevano  con  bamba- 
gia, la  quale  gettasi  nel  fuoco;  inol- 
tre il  vescovo  dopo  la  messa  ser- 
moneggia sulla  sacra  funzione,  in- 
culcando specialmente  a' sacerdoti, 
affinchè  secondo  le  prescrizioni  dei 
sacri  canoni  custodiscano  diligente- 
mente dette  sacre  ampolle.  Prima 
§i  fa    la   benedizione  dell'  olio  per 


OLI 

gl'infermi,  la  cui  istituzione  è  prove- 
nuta immediatamente  dagli  apostoli 
e  da  Gesìi  Cristo,  dandone  poi  le  nor- 
me i  Papi  ed  i  concili!,  dopo  cioè  che 
il  vescovo  ha  fatto  la  consagrazio- 
ne  del  Corpo  e  Sangue  di  Gesù 
Cristo.  Poi  si  fa  la  benedizione  del- 
l'olio crismale,  in  cui  il  vescovo  e 
i  dodici  sacerdoti  tre  volte  vi  fia- 
tano, ad  imitazione  di  ciò  che  fa- 
ceva il  Bedentore  sugli  apostoli , 
con  dirgli  occipite  Spiritum  San^ 
cium,  adombrandosi  in  esso  un  sa- 
gramento e  la  persona  di  Cristo. 
Si  fa  quindi  la  terza  benedizione 
dell'olio  de' catecumeni,  unendovisi 
gli  esorcismi  ond'è  detto,  oleum 
exorcizatum,  la  cui  efficacia  forte^ 
mente  teme  il  demonio,  dandosi  ai 
fedeli  in  virtù  di  questo  santo  olio 
tutta  la  certezza  e  speranza  del- 
l'eterna beatitudine.  Beroldo  nel» 
VOrdo  et  cerimoniae  ecclesiae  Ani' 
brosianae  Medìolanensis,  descrive  la 
consagrazioue  degli  olii  giusta  il  ri- 
to praticato  nella  chiesa  Ambrosia- 
na in  principio  del  secolo  Xll.  la 
essa  risulta  da  vari  sagramentari 
ambrosiani,  che  i  semplici  parrochi 
potevano  in  caso  di  necessità  avan- 
ti di  conferire  il  battesimo,  conse- 
crare  l'olio  pei  catecumeni,  come  an- 
che r  acqua  del  fonte  colle  stesse 
cerimonie  praticate  dall'arcivescovo. 
Vedasi  il  Fumagalli,  Saggio  inlor- 
no  la  messa  Ambrosiana.  Nel  voi. 
I  degli  Annali  delle  scienze  relig. 
p.  3o4,  è  riportata  la  risposta  del- 
la pia  unione  di  s.  Paolo  a  un  dub- 
bio circa  la  validità  del  sagramen- 
to dell'estrema  unzione,  i.'  Che  il 
sagramento  dell'estrema  unzione  am- 
ministralo con  olio  non  benedetto 
dal  vescovo  è  praticamente  dubbio  j 
2.°  che  nel  caso  di  estrema  neces- 
sita  spirituale  del  moribondo  potrà 
amministrarsi  lo  stesso  sagramento 


OLI 

nel  motlo  indicalo  sub  conili lìoiìe  j 
etl  alcuni  aggiunsero  che  dovrebbe 
benedirsi  l'olio  dallo  slesso  sacerdo- 
te prima  d'amministrare  il  sagra- 
mento.  Ma  questa  risoluzione  essen- 
do in  opposizione  ad  un  decreto 
del  s.  oflizio  del  i6i5,  fallo  avan- 
ti Paolo  V,  la  slessa  congregazione 
del  s.  oflizio  lo  confermò  nel  1842, 
e  Gregorio  XVI  l'approvò,  al  modo 
riportato  nel  voi.  XV,  p.  4^^  tli 
delti  Annali,  Si  può  consultare  il 
Sarnelli,  Lett.  eccL  t.  VI,  lelt.  XX: 
Se  nelle  sacre  unzioni  si  adoperas- 
se per  errore  un  olio  benedetto  per 
l'altro,  che  si  deve  fare  ;  poiché  gli 
olii  santi  alle  volte  si  adoperano  co- 
me sagramentali  solamente,  il  che 
accade  nel  battesimo,  nell'unzione 
delle  mani  de'sacerdoti,  e  simili  ; 
altre  volte  si  adoperano  come  ma- 
teria de'sagramenti,  come  nella  cre- 
sima e  nella  estrema  unzione.  Ri- 
sponde il  Sarnelli  con  vari  argo- 
menti, e  conchiude,  che  usando  la 
chiesa  romana  in  ungendo  i  novel- 
li sacerdoti  V  olio  de'catecumeni,  se 
per  errore  si  fosse  adoperato  il  cri- 
sma, se  si  può,  si  debbono  di  nuo- 
vo ungere  le  loro  mani  coll'olio  dei 
catecumeni;  se  non  si  può,  tanto 
nell'ordinazione  che  nel  battesimo, 
stima  doversi  deporre  lo  scrupolo 
per  le  ragioni  da  lui  addotte. 

A  Crisma  si  disse  de' riti  riguar- 
danti l'olio  santo,  mistici  signilìcati 
e  nozioni  relative,  ed  ancora  di  che 
si  compone  e  di  sua  consagrazione, 
g)  e  di  quanto  praticano  i  greci  ed 
orientali,  e  nel  voi.  Vili,  p.  287 
del  Dizionario  parlai  della  beuedi- 
EÌone  degli  olii  santi  fatta  da  Be- 
nedetto XIII,  e  siccome  questo  Pa- 
pa consagrò  moltissime  chiese,  alta- 
ri e  vasi  sacri,  per  allusione  nel  1726 
fu  coniata  una  medaglia  ove  si  ve- 
de espresso  Giacobbe  che  unge  con 


OLI  291: 

olio    la  pietra  da  lui  eretta  in   al- 
tare. Mentre  Pio  VII  era  deportato 
fuori  di  Roma,  in  questa  città   nel 
gran  salone  annesso  alla  privata  cap- 
pella del  palazzo  de'marchesi  Pen- 
lini  (ne  dammo  un  cenno  nel  voi. 
XI,  p.    i36),  nel  giovedì  santo   11 
aprile   18  f  i  da  monsignor  Bonaven- 
tura   Carenzi   vescovo  di   Moldavia, 
con  l'assistenza  de'ministri  occorren- 
ti, e  i  cerimonieri  Zucche  e  Carto- 
ni, il  primo  pontificio,  il  secondo  la- 
teranense,  cui  intervenne  la  sola  fa- 
miglia   Pentini,  fu  fatta  la  solenne 
consagrazione   degli    olii    santi,   che 
dovea  farsi  nella  basilica  Lateranen- 
se  per  la  città  di   Roma,  e  separa- 
tamente per  antichissimo    privilegio 
in  quella   Vaticana  (di  che  si    trat- 
ta a  quelle   Chiese).  Le  due  basili- 
che   somministrarono    i    nobili   vasi 
che  servono  alla  consagrazione  degli 
olii  e  quelli  destinati  a  conservarli, 
e    vi    furono    inoltre    consagrali  gli 
olii  per  le  diocesi  di  Tivoli    e  Sa- 
tri :   tutto  l'occorrente  per  l'appara- 
to e  celebrazione    della  funzione,  fu 
somministrato  dai  Pentini,  meno  il 
piccolo    calice    e  spatole  pel   balsa- 
mo, che  si  mandò  dalla  chiesa  La- 
teranense.   Ivi   nel  successivo  sabba - 
lo    santo  si  fece  ancora  la    solenne 
ordinazione  di  tutti  quei   d^l  clero, 
che  doveano  ordinarsi  nelle  delle  due 
basiliche.  Del  motivo  perchè  ivi  si  fece 
la  consagrazione  degli  olii,  e  Voi  dina' 
zione^  a  questo  articolo  lo  diciamo, 
così  di  quelle  fatte  nella  casa  della 
Missione.    Nel     1792    il  vescovo  di 
Derry  nell'Irlanda,  ottenne  da    Pio 
VI  la  facoltà  di  consagrare  gli  olii 
santi   nell'ottava    dell'Ascensione,  a 
forma    di    quella    concessa  già  dal 
medesimo  Papa  al    vicario    aposto- 
lico del  distretto  settentrionale  d'In- 
ghilterra a'20  agosto    1775.  A  Cri- 
sma   dicemmo    pure    come  il    dare 


29^  OLI 

gli  olii  santi  importi  giurisdizione, 
e  come  il  Papa  prima  dello  scisma 
de' greci  mandava  il  crisma  a  Co- 
stantinopoli. Dice  il  Macri,  che  in 
caso  di  necessità  si  può  adoperare 
l'olio  santo  vecchio  dell'anno  pre- 
cedente, non  trovandosi  del  nuovo, 
e  ciò  secondo  il  decreto  della  con- 
gregazione de' vescovi,  de'20  maggio 
1590.  li  crisma  si  forma  d'olio  d'olivo 
e  di  balsanio  arabo  giudaico  d'En- 
gaddi,  o  del  Toletano  o  Tolutano 
come  più  somigliantie  ad  esso,  ed 
anche  con  balsamo  d'altri  luo- 
ghi. Al  citato  articolo  dichiaram- 
mo le  diffeienze  tra  la  chiesa  lati- 
na e  la  greca  nel  formare  il  cri- 
sma, notando  che  la  seconda,  oltre 
l'unione  del  balsamo  all'olio,  vi  ag- 
giunge pure  degli  aromi  e  del  vi- 
no, la  quale  composizione  si  va  pre- 
parando nel  tempo  quaresimale,  per 
usarne  nella  suddetta  feria  quinta 
della  settimana  santa,  nel  qual  gior- 
no il  vescovo  consagra  ancora  l'olio 
degli  infermi,  e  con  esso  unge  pri- 
ma sé,  quindi  tutti  i  fedeli  che  si 
accostano  alla  sacra  mensa.  Quan- 
tunque però  l'olio  degli  infermi  sia 
stato  nel  giovedì  santo  consagrato 
dal  vescovo,  nondimeno  il  parroco 
prima  di  amministrare  il  sagraraen- 
to  dell'estrema  unzione  ai  moribon- 
di, benedice  l'olio,  siccome  benedice 
ancora  quello  de'catecumeni,  per  cui 
presso  i  greci  il  ministro  della  be- 
nedizione di  questi  due  olii  è  il  sem- 
plice sacerdote;  consuetudine  che 
■venne  confermata  da  Clemente  Vili 
nella  istruzione  fatta  ai  vescovi  la- 
tini che  nelle  loro  diocesi  aveano 
de'preti  greci.  Il  ministro  della  me- 
tropolitana di  Costantinopoli  che 
avea  in  custodia  gli  olii  santi,  che 
doveva  dispensare  a  richiesta  del 
patriarca,  chiamavasi  Mirodoto,  My- 
Fodotes.    Dopo  il  sagramento    e   il 


OLI 

sagrifizio  del  corpo  adorabile  di  Ge^ 
sii  Cristo,  com'anche  dopo  gli  altri 
sagramenti  considerati  nell'atto  del- 
la loro  amministrazione,  nessuna 
cosa  è  risguardata  come  più  sacra 
del  sauto  crisma  e  degli  olii  santi, 
per  cui  si  custodisce  nelle  chiese  par- 
rocchiali in  armadio  o  apposito  luo- 
go, ordinariamente  presso  il  batli- 
sterio.  Degli  altri  usi  dell'  olio  san- 
to se  ne  discorre  ai  loro  articoli, 
come  Jgnus  Dei  benedetti,  i  quali 
si  pongono  ne'bagni  d'acqua  bene- 
detta, ove  s'infonde  il  balsamo  e 
il  crisma;  e  Campane,  che  si  segna- 
no di  croce  coH'olio  degl'infermi. 

OLIVA  Alessandro  ,    Cardinale. 
Alessandro    Oliva  nato  di  poveri  e 
miserabili    genitori   in    Sassoferrato, 
preservato  da  bambino  di   tre  anni 
con    evidente  miracolo  della  Beata 
Vergine  dalla  morte,  per  essere  sta- 
to sommerso  in  un  fonte  per  nove 
ore,  nell'alto  che  andava  raccoglien- 
do i  fiori  nel  villaggio  di  Bucellino 
presso    Sassoferrato;    estratto    dalle 
acque   da    sua    madre,    questa    fece 
voto    alla    Beata    Vergine    di     farlo 
frate  se  glielo  rendeva  vivo  ;  ma  il 
Panfilio  nella  sua  cronaca    racconta 
che  Alessandro  appena  caduto  nel- 
l'acqua, fu  veduto  da  una  sua  pic- 
cola sorella,  alle    cui   grida   accorse 
una    donna  a  liberarlo.   In    seguito 
cresciuto  coll'età  abbracciò  l'istituto 
dei  romitani   di  s.   Agostino,  dove  i 
suoi  meriti  lo  innalzarono  prima  al 
governo    della  provincia    dell'   Um- 
bria, e  poi  a  procuratore  generale  del- 
l'ordine, fatto  da  Eugenio  IV,  e  che 
egli    santamente  ne  funse    l'offizio. 
Quanto    più  fuggiva  le  preminenze 
e    le  dignità,  tanto  più  eravi    pro- 
mosso.   Prima  fu  fatto  vicario    ge- 
nerale, e  nel    i4^9  »^el  capitolo  te- 
nutosi in  Tolentino,  contro  sua  vo- 
lontà fu  eletto  a  pieni  voti  ge^nerai 


OLI 

le  di  lutto  l'ordine,  nel  quale  di- 
venne insigne  e  zelante  oratore.  Col- 
le fervorose  sue  prediche  percorse 
la  naaggior  parte  d'Italia,  e  singo- 
larmente Napoli,  Siena,  Firenze,  Bo- 
logna, Mantova,  Ferrara  e  Vene- 
zia, operando  prodigiose  conversioni. 
Mentre  cogli  esempi  di  una  vita  in- 
signemente umile  e  penitente,  stu- 
diavasi  d'infiammare  i  cuori  altrui 
al  desiderio  deirevangelica  perfezio- 
ne, e  di  riconciliare  insieme  i  po- 
poli fra' quali  ardevano  intestine  di- 
scordie, e  tra  gli  altri  i  sanesi  che 
erano  fra  loro  in  aperta  dissensio- 
ne, ed  i  fiorentini  che  sovente  acre- 
mente contrastavano,  Pio  II  a'  5 
marzo  1460  lo  creò  cardinale  prete 
del  titolo  di  s.  Susanna,  senza  che 
ne  egli,  ne  altri  ne  avessero  prima 
indizio,  per  cui  non  è  a  dire  quan- 
ta gioia  e  ammiiazione  destasse  tal 
promozione  per  l'Italia,  laonde  mol- 
te persone  a  cui  era  nota  la  po- 
vertà religiosa  del  cardinale,  gli 
mandarono  magnifici  presenti,  e 
molte  città  lo  ascrissero  alla  loro 
cittadinanza.  Dallo  stesso  Papa  ot- 
tenne in  amministrazione  la  chiesa 
di  Camerino  nel  declinar  del  i/[6i. 
Asceso  alla  sublime  dignità  cardi- 
nalizia, accrebbe  lo  splendore  di  sue 
virtù.  Ati'abile  ,  mansueto  ,  muni- 
fico verso  le  chiese,  profuso  e  jì  po- 
veri, amico  affettuoso,  se  non  pote- 
va giovare  col  danaro,  suppliva  col- 
le promesse  e  con  far  sicurtà,  lo 
stesso  facendo  cogli  uomini  eruditi  e 
letterati,  de'quali  era  mecenate;  gli 
aiutava,  e  conosciuti  i  loro  bisogni, 
senza  neppure  esserne  richiesto  li 
sovveniva;  liberale  coi  famigliari, 
nelle  feste  ragionava  loro  delle  co- 
se divine,  e  gli  somministrava  più 
di  quello  che  domandavano.  Man- 
teneva in  R.oma  quattro  povere  fa- 
miglie,   e  lo  slesso  faceva    co' greci 


OLI  297 

e  con  quelli  di  altre  nazioni  con- 
vertiti alla  fede.  Ammetteva  chiun- 
que si  fosse  con  estrema  facilità  al- 
l'udienza, e  sentiva  tutti  con  incre- 
dibile benignità;  era  per  lo  con- 
trario rigido  e  severo  con  se  me- 
desimo, scarso  il  suo  ristoro,  e  sem- 
pre accompagnato  con  lettura  dei 
libri  sacri;  breve  e  disagialo  il  suo 
notturno  riposo,  mai  usando  panni 
di  lino,  che  anzi  domava  il  suo 
corpo  colle  vigilie  e  col  cilicio.  In 
tutti  i  sabbati  avea  per  invariabile 
costume  di  visitare  la  basilica  Li- 
beriana e  la  chiesa  di  s.  Maria 
del  Popolo.  Lo  stesso  Pio  II  gli 
diede  la  commissione  di  portarsi  in 
Perugia  per  sedare  le  civili  discor- 
die, e  togliere  gli  odii  privati  che 
affliggevano  la  città,  come  eseguì,  e 
poi  gì' ingiunse  di  trasferirsi  nella 
Marca,  e  tutto  mettere  in  opera 
per  richiamare  all'obbedienza  della 
santa  Sede  la  città  d'Ancona,  dove 
si  condusse  col  carattere  di  legato 
a  latcre  per  ricevere  dal  despota 
del  Peloponneso  la  testa  di  s.  An- 
drea apostolo,  che  prima  ricono- 
sciuta diligentemente,  colla  dovuta 
venerazione  la  recò  a  Narni ,  don- 
de fu  trasferita  a  Roma  nel  1462 
ed  ivi  accolta  con  solenne  pompa 
ecclesiastica.  JNelTesercizio  di  sua  le- 
gazione non  solo  ricusò  regali  ma- 
gnifici e  considerabili  che  da  ogni 
pnrte  gli  venivano  offerti,  ma  an- 
cora i  più  minuti  e  di  minor  con- 
to, e  consistenti  in  cose  spettanti 
al  vitto.  Dopo  di  aver  predetto 
chiaramente  la  sua  morte,  la  incon- 
trò in  Tivoli,  quale  si  conveniva  ad 
un'anima  giusta  che  sempre  l'aspet- 
ta, nel  1463  d'anni  55,  come  si 
legge  scolpito  nella  sua  tomba  nel- 
la chiesa  del  suo  ordine  in  Roma, 
ove  il  cadavere  fu  trasferito.  Ivi 
alla  sua  memoria  fu  eretto  un  avel- 


sqB  oli 

Jo  di  marmo  presso  la  sngresllnj 
colla  statua  del  cardinale  vestilo  in 
abili  pontificali,  giacente  sull'urna 
sepolcrale,  con  onorevole  elogio.  Pio 
li  ne'suoi  Commentari  l'esaltò  con 
sommi  elogi,  chiamandolo  insigne 
per  santità  e  dottrina,  ed  alcuni  sto- 
rici contemporanei  gli  attribuirono 
il  titolo  di  beato.  Scrisse  alcune 
opere  delle  quali  (esse  il  catalogo 
l'Ossinger  nella  sua  Biblioteca  agO' 
stininna  p.  64».  Da  un  passo  del 
Wadingo  si  rileva  che  intervenne 
al  concilio  di  Basilea.  Il  Campano 
ne  recitò  1*  orazione  funebre,  che 
Igiene  riportata  dal  Ciacconio,  e  nel 
Dattichy,  Fiori  della  storia  del  sa- 
ero  collegio  de' cardinali.  Il  Torri - 
gio  registra  delle  opere  di  questo 
cardinale  :  Sermones  centum  de 
Chrisii  ortu.  De  coena  cwn  apo' 
stolis  facta.  De  peccato  iti  Spiri- 
turn  Sanctum.  Orationum.  Ubruni 
unum,  et  alia. 

OLIVARIO  RAZALIO  Serafino, 
Cardinale.  Serafino  Olivaiio  Raza- 
lio  o  Rezali,  sorti  i  suoi  natali  iri 
Lione  di  Francia  da  nobili  genito- 
ri che  traevano  la  loro  origine  dal- 
l'Italia. Innanzi  però  che  venisse  al- 
la luce  perde  il  padre,  onde  restò 
sotto  il  governo  e  tutela  della  ma- 
dre, che  ne  prese  molla  cura  per 
bene  allevarlo  ed  .istruirlo  nelle 
lettere,  ed  egli  ebbe  per  essa  som- 
mo rispello,  protestandosi  poi  che 
perciò  il  Signore  lo  avea  esaltato, 
ripetendo  sovente  colle  lagrime,  qui 
matreni  honorat  thesaurus  congrc 
gat.  Fornito  dalla  natura  di  straor- 
dinaria perspicacia  d'intendimento, 
applicatosi  di  buon'ora  allo  studio 
in  Tournon,  in  essi  fece  rapidi  avan- 
zamenti, che  quantun([ue  giovinetto 
aveasi  acquistata  una  perfètta  co- 
gnizione della  lingua  greca  e  lati- 
na.   Trasferitosi  iu  Bologna  d'agni 


OLI 

i5  per  apprendere  le  leggi,  di()OÌ  a 
preferenza  di  molti  dotti  uomini  e 
dì  provetta  età,  fu  sostituito  nella 
cattedra  vacata  nell'università,  a  ca- 
gione del  suo  sapere  e  vasta  eru- 
dizione. Appena  assunto  al  pontifi- 
cato Pio  IV,  che  lo  avea  conosciu- 
to in  Bologna,  si  recò  a  Roma,  ove 
col  consenso  di  Carlo  I X.  re  di  Fran- 
cia fu  ammesso  nel  tribunale  della 
rota,  in  cui  perseverando  per  qua- 
rant'anni,  ne  divenne  decano,  cou 
tal  credito  e  reputazione,  che  la  sua 
casa  era  sempre  piena  di  avvocati, 
di  curiali,  e  di  altri  dotti  e  lette- 
rati, che  a  lui  ricorrevano  come  ad 
oracolo,  per  sentire  i  suoi  consigli 
e  giovarsi  de'suoi  lumi  nelle  con- 
troversie più  difficili.  Ne  minore 
estimazione  ebbe  dalla  repubblica 
letteraria,  come  quello  che  in  un 
alla  giurisprudenza  tutte  le  altra 
scienze  profondamente  possedeva  e 
professava;  come  pure  si  dilettò  del- 
le arti  liberali,  e  le  protesse  e  sem- 
pre beneficò,  amandone  e  favoren- 
done i  professori  di  esse.  A  sollie- 
vo di  sue  occupazioni,  si  dilettava 
pure  della  musica,  onde  i  cantanti 
ne  sperimentarono  ancor  essi  il  pa- 
trocinio. Gregorio  XIII  lo  man- 
dò nunzio  ad  Enrico  III  re  di 
Francia,  a  congratularsi  per  l'as- 
sunzione al  trono  di  Polonia,  e  Si- 
sto V  lo  deputò  in  Francia  a  quie- 
tare le  turbolenze  del  regno  cagiona- 
te dalla  morte  di  detto  re  ;  ma  suc- 
ceduta quella  del  Papa,  i  successo- 
ri presero  altri  spedienti.  Clemente  \ 
Vili,  già  suo  compagno  in  rota,  che 
ne  conosceva  il  vero  talento,  e  mol- 
to godeva  di  trattenersi  per  più  ore 
in  discorso  con  lui,  dopo  averlo  fat- 
to patriarca  d'Alessandria  in  parti» 
bus  nel  1602  o  i6o4,  lo  promosse 
al  vescovato  di  Rennes,  vacato  per 
la    traslazioue    del  cardinal  d'Ossat 


OLI 

aJla  diiesa  di  Bajeux,  al  dire  dei 
Sammartani;  mentre  invece  i  con- 
tinuatori del  Ciacconìo  affermano 
che  prima  di  prenderne  possesso  ne 
fece  spontanea  rinunzia  a  France- 
sco Lachiver,  ma  non  è  vero.  Inol- 
tre Clemente  VII!  gli  conferì  l'uf- 
fizio di  dateria  detto  del  Conces- 
suin,  e  poi  ad  istanza  d'Enrico  IV 
a*9  giugno  i6o4  Io  creò  cardinale 
prete  del  titolo  di  s.  Salvatore  in 
Lauro.  Per  l'esimia  sua  pietà,  dot- 
trina, prudenza  e  gratitudine  ver- 
so i  suoi  benefattori,  fu  largamen- 
te commendato  ;  e  sono  celebri  le 
sue  i5oo  decisioni,  che  col  nome 
di  decisioni  del  Serafino  furono  da- 
te alla  luce  da  Vitale  Amico,  oltre 
un  volume  mss.  di  risposte  da  lui 
compilato.  Dopo  essere  intervenuto 
ai  comizi  di  Paolo  V,  terminò  i 
suoi  giorni  in  Roma  nel  1609  d'an- 
ni 76,  ed  ebbe  sepoltura  nella  chie- 
sa della  ss.  Trinità  al  Monte  Pincio. 
OLIVETANE  monache.  Religio- 
se dell'ordine  de'monaci  Olivetani 
^P^edi),  dì  cui  se  ne  ignora  preci- 
samente l'origine.  Il  p.  Secondo 
Lancillotto  neir  HisLoria  olivetana, 
lib.  2,  cap.  25,  riferisce  che  il  b. 
Giordano  abbate  generale  della  con- 
gregazione olivelana,  verso  il  i4^9 
fondò  in  Padova  due  monasteri  o- 
livetani,  uno  di  monaci,  l'altro  di 
monache.  Altri  dicono  che  ne  fos- 
se prima  monaca  Francesca  Lefan- 
la  di  Palermo,  la  quale  essendo 
religiosa  delle  orsoline  di  s.  Chiara, 
ed  avendo  fatto  edificare  un  mona- 
stero, nel  1 5 15  abbracciò  con  alcune 
compagne  l' istituto  olivelano  con 
licenza  di  Leone  X,  che  la  dichia- 
rò abbadessa  perpetua  dello  stesso 
monastero,  in  cui  mori  con  fama 
di  santità.  II  p.  Bonanni  nel  Ctìt- 
talogo  degli  ordini  par.  2,  pag.  80, 
uè  riporta  la  figura,  e  dice  che  le 


OLI  299 

monache  vestono  la  tonaca  e  lo 
scapolare  bianco,  con  velo  bianco 
e  nero  in  capo,  ed  in  coro  assu- 
mono la  cocolla. 

OLIVETANE.  F.  Oblatb  di  s. 
Fbancesca  Romana  dette  di  Tor 
de* Specchi,  benedettine  olivetane. 

OLIVETANI.  Congregazione  mo- 
nastica dell'ordine  di  s.  Renedetlo 
della  di  lìlonte  Uliveto,  istituita 
dal  b.  Bernardo  Tolomei  (Fedi) 
gentiluomo  sanese,  il  quale  nel  bat- 
tesimo fu  chiamato  Giovanni.  Essen- 
do molto  dotto  e  professore  di  fi- 
losofia in  patria,  un  giorno  alla 
presenza  degli  scolari  all'improvviso 
divenne  cieco  in  iscuola.  Avendo 
qualche  tempo  dopo  per  intercessione 
della  Beata  Vergine  riacquistata  la 
vista,  fece  voto  di  abbandonare  il 
mondo,  e  di  dedicarsi  tutto  al  di- 
vin  servigio.  Quindi  salito  sulla 
cattedra,  alle  molte  persone  da  lui 
invitate  per  cose  scientìfiche,  fece 
loro  un  discorso  sulle  vanità  del 
mondo  e  sulle  cose  celesti  con  tan- 
ta efficacia,  che  molti  degli  uditori 
determinarono  di  mutar  vita,  e  di 
darsi  alla  penitenza  e  all'acquisto 
del  cielo.  Fu  egli  il  primo  a  dar- 
ne l'esempio,  abbandonando  nel 
i3i3  i  parenti  e  gli  amici,  e  riti- 
randosi in  un  luogo  solitario,  al- 
lora chiamato  Acona  nella  valle 
dell'  Ombrone,  quindici  miglia  circa 
distante  da  Siena,  in.  compagnia  dei 
bb.  Ambrogio  Piccolomini  e  Pa- 
trizio Patrizi  senatori  di  quella  cit- 
tà. Quivi  Tolomei  divenne  esem- 
plare di  tutte  le  virtù,  onde  collo 
splendore  di  queste  allettò  altri 
molti  a  seguirlo,  ed  a  mettersi  sot- 
to la  sua  direzione.  Benché  questi 
santi  eremiti  ad  altro  non  atten- 
dessero che  alla  loro  eterna  salu- 
te,  orando  continuamente  e  mor- 
tificando il  proprio  corpo    eoo  di' 


3oo  OH 

giiini,  vigilie,  cilizi,  e  con  ogni  sor- 
ta di  asprezze,  vi  furono  de'  mali- 
gni che  li  accusarono  per  novato- 
ri a  Papa  Giovanni  XXII.  Questi 
nel  ,i3i9  li  chiamò  a  se  in  Avi- 
gnone, ed  essendosi  purgati  della 
calunnia,  il  Fonlefìce  avendoli  tro- 
vali non  solo  innocenti,  ma  ottimi 
religiosi,  permise  loro  di  perseve- 
rare nella  solitudine,  e  comandò 
che  si  portassero  da  Guido  vesco- 
vo d'Arezzo,  scrivendogli  che  dasse 
loro  da  osservare  una  delle  regole 
approvate  dalla  Chiesa.  Ubbidiro- 
no essi  e  presentarono  le  lettere 
pontifìcie  al  vescovo,  il  quale  avea 
in  una  visione  veduto  la  ss.  Ver- 
gine, che  porgendogli  una  veste 
bianca  e  la  regola  di  s.  Benedet- 
to, gli  ordinava  di  darla  ad  alcu- 
ne persone  che  stavano  alla  sua 
presenza.  Appena  il  vescovo  vide 
i]uesti  eremiti,  li  accolse  con  amo- 
re, intendendo  allora  la  visione,  e 
dopo  il  digiuno  di  tre  giorni,  si 
portò  nello  stesso  iSig  alla  valle 
d'Acona,  la  quale  era  in  quel  tem- 
po in  sua  diocesi,  poi  di  Pienza, 
e  vesti  dell'abito  bianco  tutti  quei 
solitari  che  vi  dimoravano,  pre- 
scrivendo loro  la  regola  di  s.  Be- 
nedetto. Volle  inoltre  che  il  nuo- 
vo ordine  fosse  sotto  la  protezione 
di  Maria  Vergine,  in  memoria  del- 
Tultima  partenza  da  lei  fatta  dal 
Monte  Oliveto,  dal  suo  divin  Fi- 
gliuolo, e  per  la  vicina  montagna 
coperta  di  olivi,  e  che  si  chiamas- 
se di  Monte  Olivclo,  altri  dicono 
secondo  il  comando  delta  Madon- 
na. In  questa  medesima  occasione  il 
fondatore  mutò  il  nome  in  quello  di 
Bernardo,  ed  eletto  generale,  rinun- 
ziò, e  gli  fu  sostituito  il  b.  Patrizi,  che 
tenne  la  carica  per  un  anno,  indi 
fu  conferita  al  b.  Ambrogio,  quin- 
di a  Simone  de  Thuie,  e  iìuulmeu- 


OLI 

te  nel  i3?.2  allo  stesso  b.  Bernar- 
do, che  fu  costretto  ad  accettarla 
ed  a  ritenerla   per   27   anni. 

Le  mortificazioni  e  penitenze  di 
questi  religiosi  in  que'  tempi  erano 
grandissime ,  poiché  ai  digiuni  co- 
mandati dalla  Chiesa  e  dalla  regola 
di  s.  Benedetto  ne  aggiungevano  al- 
tri, e  molti  in  pane  ed  acqua;  si 
astenevano  dal  vino  e  dalle  carni , 
dormivano  pochissimo  sopra  sacco- 
ni di  paglia  sul  pavimento  e  senza 
coperte,  e  dopo  aver  detto  di  notte 
il  mattutino  impiegavano  nell^  ora- 
zione il  tempo  che  restava  fino  al- 
l'ora prima.  Il  loro  abito  era  di 
panno  grosso  e  portavano  i  zoccoli, 
e  avendoli  di  poi  lasciati  i  professi, 
al  Monte  Oliveto  capo  dell'ordine, 
si  fecero  portare  ai  novizi.  La  vita 
straordinaria  del  b.  Bernardo  e  dei 
suoi  compagni,  fece  sì  che  la  con- 
gregazione si  dilatasse  non  poco  e 
meritasse  di  essere  approvata  a'  1 7 
maggio  l'òo^i  da  Giovanni  XXH,  e 
confermata  da  Clemente  VI  nel  i344' 
Intanto  una  fiera  peste  venuta  dal- 
l'Asia facendo  strage  in  Italia,  il  b. 
Bernardo  animato  e  mosso  dalla 
carità,  esortò  i  suoi  religiosi  ad  usci- 
re dalla  solitudine  per  assistere  gli 
appestati,  predicendo  che  molti  di 
essi  sarebbero  morti ,  come  avven- 
ne, ed  egli  stesso  per  muoverli  col- 
Tesempio,  si  portò  a  Siena  ove  il 
contagio  più  crudelmente  infieriva, 
seguito  da  ottanta  di  loro.  Quivi  si 
abbandonò  al  servigio  degi'  infermi, 
somministrando  sì  di  giorno  che  di 
notte  tutti  i  soccorsi  temporali  e  spi- 
rituali, e  seppellendone  i  cadaveri. 
Fu  attaccato  perciò  dafla  peste,  onde 
munito  de'sagramenti,  ricco  di  meri- 
ti e  martire  della  carità,  onde  è  ve- 
nerato protettore  degli  appestati,  di 
anni  settantasei  volò  al  cielo,  a' 20 
agosto  i34^>  beochè  la  sua  tèsta  si 


OLT 

cplebrJ  a'  1 8  detto,  ed  a'  !X  T  è  re- 
t;istrato  nel  martirologio.  Dipoi  In- 
nocenzo X  a' 4  dicembre  i6/\.5  con- 
fermò i  due  decreti  della  congre- 
gazione de'  riti,  co'  quali  fu  appro- 
vato il  culto  immemorabile  del  b. 
Bernardo  Tolomei.  Indi  Clemente 
X  col  breve  Apostolici^  de'3o  ago- 
sto 1675,  concesse  all'ordine  olive- 
tano  e  all'oblate  di  Tor  de'  Specchi 
di  poter  fare  a'  io  agosto  l'uHizio 
e  messa  con  rito  doppio  del  beato. 
Clemente  XIII  a' 29  gennaio  1766 
permise  che  si  potesse  procedere  alla 
sua  canonizzazione,  ed  a'  3 1  agosto 
1768  ne  approvò  le  virtù  in  grado 
eroico,  per  quindi  anco  procedere 
all'esame  di  quattro  miracoli.  La  di 
lui  vita  del  p.  Gregoiio  Lombar- 
delli domenicano,  fu  stampata  nel 
i584;  quella  di  Paolo  Carpentieri 
in  latino  venne  pubblicata  in  Na- 
poli nel  1642;  altra  mss.  del  ven. 
p.  Mariano  Sozzini  filippino,  si  con- 
serva in  Siena  presso  la  nobile  fa- 
miglia Tolomei. 

Dopo  la  morte  del  fondatore  l'or- 
dine fu  molto  favorito  dai  Papi,  e 
gli  fu  data  in  Roma  la  ^Chiesa  di 
s.  Maria  Nuova  (Vedi),  detta  di 
s.  Francesca  Romana,  che  i  monaci 
ristorarono  interamente,  dopo  aver- 
vi edificalo  il  contiguo  monastero, 
residenza  del  procuratore  generale 
della  congregazione,  che  ora  è  il 
p.  abbate  d.  Giuseppe  Lynch  ,  es- 
sendo vicario  generale  il  p.  abbate 
d.  Ignazio  di  Negro.  Urbano  V  nel 
1870  confermò  questa  congregazio- 
ne e  le  concesse  privilegi,  ciò  che 
pur  fece  Gregorio  XI  nel  1 3^  i  ;  e 
Pio  II  nel  1462  le  accordò  quelli 
de'  cassinesi  ;  indi  Paolo  III  permise 
a  questi  monaci  di  prendere  il  ti- 
tolo di  don,  chiamandosi  fino  allora 
frali  ere  ini  ti  di  Monte  Oli  veto.  An- 
che molti  principi  secolari  favoriro- 


OLT  3oi 

no  rm'dinc.   Nel    i433  vi    si  sotto- 
misero   le    Oblale  di    s.  Francesca 
Romana  (Fedi),  al    quale    articolo 
parlammo  della    cappella    cardinali- 
zia   che    si    celebra    nella    suddetta 
chiesa,   poi  nel    1 44<^  '^  generale  de- 
gli Olivetani  rinunziò  la  giurisdizio- 
ne su   tali  olivetane.  Altre  monache 
Olivetane  (P'edi)  furono  istituite  ver- 
so il    i4^9'  Gregorio  XIII  ad  istan- 
za del   p.   Gio.   Battista    Vallati  da 
Foligno  generale  degli    Olivetani  ,  a 
questi  unì    l'  ordine  dei  monaci  del 
Corpo  di  Gesìi  Cristo  (Vedi) ,  ed  il 
successore    p.  Pio    Nuli  sanese    nel 
1 583  prese  possesso  de'Ioro  monasteri 
superstiti,  altri  avendone  ricevuti  al- 
tri ordini.  Tra  quelli  che  si  unirono 
agli  Olivetani,   ve  ne  fu    uno    anco 
di   monache,  eretto    in  Foligno  nel 
1879  sotto  il   titolo  della  Madonna 
di     Betlemme.     Propagandosi  l' or- 
dine  furono  fondati  altri  monasteri 
in   Italia,  fino  ad  ottanta,  fra' quali 
quelli   magnifici  di  Napoli  e  di  Bo- 
logna. Il   principale    però    è    quello 
di  Monte   Oliveto,  residenza  dell'ab- 
bate   generale.    Questo    arcicenobio 
incominciò  a  sorgere    nel    i320,  e 
divenne  celebre    per    la    vita  peni- 
tente   che  vi   menò  il    b.  Bernardo 
che  l'edificò  e  i  suoi  compagni,  non 
che  per  la   magnificenza    e  bellezza 
cui   furono  in    progresso    ridotte    le 
numerose  sue  fabbriche,  per  lo  zelo 
che  gli  Olivetani  ebbero  per  le  arti 
liberali,  per  le  scienze  e  per  l'agri- 
coltura,   ivi    accogliendo    molti    ad 
ospizio    ed    asilo.    Ai    roveti    sterili 
sostituirono  coltivazioni  dispendiose, 
in   tempo  che  nel   monastero  e  sua 
magnifica  chiesa    vi    andavano  riu- 
nendo le  opere  de'  migliori  pennelli 
sanesi    e  di  altri    eccellenti    pittori. 
Ne  restò  sorpreso   Io   stesso    Pio  II 
quando    nel    i4^9    ^»  «»    trattenne 
con  seguito  numeroso  tre  giorni,  e 


3o2  OLI 

ne'  suoi  Commentari  ne  descrisse  le 
località;  e  siccome  Ta^tinenza  vi  si 
osservava  con  rigore,  il  Papa  violò 
a'  suoi  faaiigliari  mangiarvi  carne. 
All'incremento  di  questa  abba/ia  e 
monasleio  concorse  la  famiglia  Pic- 
colomini,  con  cedere  i  vicini  pos- 
sessi di  Avena  e  di  Clatina.  Il  tem- 
pio attuale,  che  può  contarsi  fra  i 
più  belli  per  eleganza,  proporzioni 
delle  parti  e  pregi  di  ornati,  venne 
innalzalo  nel  principio  del  secolo 
XV,  ed  accresciuto  nel  1777  ^^"^ 
parte  della  tribuna,  con  disegno  del 
"Valente  architetto  Giovanni  Anlino- 
ri.  11  quadro  dell'  altare  maggiore 
e  la  tela  circolare  posta  nella  volta 
della  crociala,  sono  opere  del  vero- 
nese Ligozzi:  lo  sfondo  è  dipinto  a 
fresco  da  Costantino  romano.  Le 
altre  pitture  quasi  tutte  sono  di 
Francesco  e  Raffaele  Vanni  e  dei 
fratelli  Nasini.  Il  vago  coro  ha  qua- 
rant'otto  seggi  mirabilmente  lavo- 
rati di  tarsia  verso  il  i5o3,  dal 
converso  olivetano  fr.  Giovanni  da 
Verona.  Sotto  l'altare  maggiore  ev- 
tì  la  confessione,  che  il  Vasari  chia* 
mòParadisOf  con  diversi  piccoli  al- 
tari. Il  Sodoma  e  il  Signorelli  vi 
operarono  begli  affreschi;  il  refet- 
torio fu  tutto  dipinto  nel  1620  da 
fr.  Paolo  Novello  converso  oliveta- 
no, mentre  in  pari  tempo  l'altro 
converso  danese  Antonio  Muller, 
lavorò  alla  volta  del  vestibolo  della 
libreria.  I  libri,  i  codici,  come  i  su- 
perbi libri  corali,  andarono  dispersi 
sotto  il  regime  francese.  Nella  selva 
intorno  al  monastero  sono  sparse 
diverse. cappelle,  essendo  la  più  rag- 
guardevole quella  costruita  nel  de- 
clinar del  passato  secolo,  óv' è  la 
grotta  del  b.  Bernardo,  colorita  a 
fresco  dal  cav.  Apollonio  Nasini  , 
ornata  di  statue  di  stucco  del  bo- 
lognese Sculellari,  oon  una  à\  mar- 


OLI 

mo  del  genovese  Bocciardi.  Ti  ce- 
lebre naturalista  Baldassani  medico 
del  monastero,  vi  riunì  copiosa  col- 
lezione di  naturali  prodotti  del  ter- 
ritorio sanese,  indi  accresciuta  e  in 
qualche  modo  classificata,  fu  dispo- 
sta intorno  la  sala  del  palazzo  al- 
l'ingresso della  clausura  dal  p.  Ro- 
sini  veneziano.  Ad  esempio  di  Be- 
nedetto XIV  non  solo  Clemente  XI li 
accordò  privilegi  agli  Olivetani,  ma 
con  la  costituzione  Credila  divini- 
tus  Romano  Pontifici ,  de'  1 6  feb- 
braio 1766,  Bull.  Reni.  Continiialio 
t.  Ili,  p.  167,  esentò  questo  arci- 
cenobio  dalla  giurisdizione  ordina- 
ria del  vescovo  di  Pienza,  lo  sta- 
bih  capo  dell'ordine,  lo  pose  sotto 
l'immedinta  protezione  della  santa 
Sede,  e  lo  dichiarò  abbazia  nulJius 
dioecesis.  L' ab.  Giulio  Perini  ne 
fece  la  descrizione,  come  del  Mon- 
te Oliveto  e  del  vicino  castello  di 
Buon  Convento,  e  pubblicò  in  Fi- 
renze nel  1788  con  questo  titolo: 
Lettera  sopra  V archicenobio  di  Mon- 
te Oliveto  Maggiore  a  Giovanni  Ru- 
cellai. 

I  monaci  Olivetani ,  secondo  le 
costituzioni,  devono  levarsi  di  notte 
per  dire  il  mattutino ,  e  dopo  le 
laudi  andare  al  capitolo,  e  starsene 
quivi  prostrati  avanti  al  superiore, 
finche  non  abbia  loro  imposta  qual- 
che penitenza  e  dato  il  permesso 
di  alzarsi.  In  tutto  l'anno  non  pos- 
sono mangiar  carne,  se  notr  tre  volte 
alla  settimana ,  e  se  ne  astengono 
pure  in  tulio  il  tempo  del  ci  piloto 
generale,  che  celebrano  ogni  cinque 
anni  nel  monastero  di  Monte  Oli- 
veto,  detto  maggiore  per  essere  ca- 
po della  congregazione,  e  per  di- 
stinguerlo dagli  altri  di  tal  nome. 
Sono  tenuti  a  digiunare  in  tutti  i 
sabbati  dell'anno,  e  nelT autunno 
anco  ne'  giorni  di  lunedì,  mercole- 


OLI 

d\  e  venercTi.  Il  loro  abito  è  una 
tonaca  bianca,  cinta  con  fascia  dello 
stesso  colore,  scapolare  sciolto  con 
cappuccio  lutto  increspato ,  ed  in 
coro  e  talvolta  per  la  città  porta- 
no la  cocolla  pure  bianca ,  della 
forma  di  quella  degli  altri  benedet- 
tini, il  tutto  di  scolto.  I  conversi 
vestono  tonaca  alquanto  corta  le- 
gala con  fascia ,  senza  scapolare  e 
cappuccio,  e  per  la  città  usano  il 
mantello  increspato  tutto  bianco.  Ne 
riporta  la  figura  il  p.  Bonanni,  Ca- 
talogo degli  ordini  par.  I,  p.  126, 
il  quale  narra  che  il  b.  Bernardo 
e  compagni  ebbero  in  principio  una 
visione,  in  cui  videro  una  scala  che 
dalla  terra  giungeva  al  cielo ,  per 
la  quale  gli  angeli  conducevano  mo- 
naci vestiti  di  bianco,  appiedi  di 
Gesù  Cristo  e  della  Beata  Vergine. 
In  quest'ordine  hanno  fiorito  al- 
cuni beati  e  vari  personaggi  il- 
lustri per  pietà  e  virtù.  Ha  in- 
oltre dato  alla  Chiesa  i  cardina- 
li Pietro  de  Tartari  e  Giorgio 
Martinusìo  (Vedi),  molti  vescovi  e 
prelati,  ed  altri  uomini  insigni  per 
le  scienze  e  per  la  nobiltà  de*  na- 
tali. Abbiamo  :  Regula  d.  patris  Be- 
nedicti  et  constitidiones  congregai. 
Montis  Oliveti,  Romae.  Scrissero  di 
quesf'ordine,  il  Terrario,  nel  Cata- 
logo de" santi  ;  l'Azorio,  Jnstit.  nior. 
lib.  12,  oltre  il  Chronicon  Montis 
Oliveti.  11  p.  da  Lalera  ,  Compen- 
dio della  storia  degli  ordini ,  ne 
traila  nella  par.  I,  cap.   3o. 

OLIVIER  o  OLIVIERO,  Car- 
dinaie.   V.  Longijeil  Riccardo. 

OLIVIERI  Fadio,  Cardinale.  Fa- 
bio  Olivieri  nacque  da  nobile  fa- 
miglia in  Pesaro,  ed  ebbe  o  com- 
pagno de'  suoi  sludi  e  nella  vita 
j)rivata  il  suo  cugino  Gianfrancesco 
Albani  poi  cardinale  e  Papa.  Per 
suo  mezzo  ebbe  un  beneficialo  nella 


OLM  So3 

basilica  Vaticana,  della  fabbrica  del- 
la quale  l'Albani  era  giudice  e  vi- 
cario della  chiesa  :  indi  divenuto 
segretario  de'brevi,  lo  prese  per  suo 
aiutante  di  studio,  e  divenuto  Pon- 
tefice, gli  conferì  la  detta  carica,  col- 
la ritenzione  del  beneficio,  che  poi 
permutò  con  un  canonicato  di  s. 
Giovanni.  Lo  fece  ancora  prò- mag- 
giordomo, ed  a'  3o  gennaio  171 3 
lo  creò  cardinale  diacono  de'  ss.  Vi- 
to e  Modesto,  ascrivendolo  alle  con- 
gregazioni de'  riti,  del  buon  gover- 
no, delle  indulgenze,  di  propagan- 
da ed  altre,  colla  proteltoria  dei 
silvestrini  e  de'  trinitari.  La  madre 
seppe  la  promozione  del  figlio  in 
Pesaro,  mentre  avea  novantasei  an- 
ni. Fu  ai  conclavi  d'Innocenzo  XIII, 
di  Benedetto  XllI  e  di  Clemente 
XII,  nel  pontificalo  del  quale  per- 
severò nell'antica  carica  di  segreta- 
rio de'  brevi  fino  alla  morte,  che 
lo  sopraggiunse  in  Roma  nel  lySS 
d'anni  ottanta,  ed  ebbe  tomba  nel- 
la sua  diaconia,  con  magnifico  elo- 
gio che  vi  pose  il  nipote. 

OLMUTZ  (Olonuicen).  Città  con 
residenza  arcivescovile  nella  Mora- 
via, capoluogo  di  circondano,  a  1 5 
leghe  circa  da  Briinn,  4o  da  Vienna, 
e  47  da  Praga,  in  un  terreno  piutto- 
sto paludoso  alla  destra  della  March 
o  Morava,  un  braccio  della  quale  la 
circonda  al  nord,  all'est  e  al  sud. 
Le  fortificazioni  che  cingono  questa 
piazza  sono  assai  estese;  ha  cinque 
sobborghi,  e  vi  si  entra  per  quat- 
tro porle.  Si  divide  in  città  pro- 
priamente detta,  ed  in  quartiere  del 
duomo,  detto  Dom.  Assai  ben  fabbri- 
cata, le  suestradesono  larghe  e  dirit- 
te, ma  le  case  essendo  assai  alte  e 
sostenute  da  gran  portici,  le  d^in- 
no  un  aspetto  grave.  Tia  i  suoi 
édifizi,  alcuni  de*  qwnlj  sono  decorati 
al  cliKiori    di  pitture,    nomineremo 


3o4 


OLM 

il  palazzo  civico,  il  teatro  e  Tnrse* 
naie:    la    piazza    ^    ornata    da  cine 
zampillanti  fontane.  È  rimarchevole 
Ja   cattedrale,  per    essere   in    parte 
gotica  e  in  parte  di  recente  struttu- 
ra, bella  assai,  con  battisterio  ;  è  sot- 
to 1*  invocazione    di    s.    Wenceslao 
duca  di  Boemia  martire ,    e    tra  le 
insigni  reliquie  che  ivi  si  venerano 
nomineremo  il  corpo  di  s.  Cordula 
vergine  :  l'episcopio  è  poco  distante. 
II    sacro    fonte    è    pure  nelle  altre 
due  chiese  parrocchiali.  Vi  sono  due 
conventi  di  religiosi,  un  monastero 
di   monache,  il  seminario  con  alun- 
ni e  l'ospedale    per    le    puerpere  e 
gli  orfani.  Il  suo  liceo  ed  università 
fu  elevato  nel   1828,  ed  abbraccia 
Io  studio  della  teologia  ,  medicina  ^ 
filosofia  e  del  diritto.  Ha    pure  un 
ginnasio,  un'accademia  di  equitazio- 
ne ed  una  ricca    biblioteca.    Vi    si 
stabih  la  direzione    dell'istituto  ge- 
nerale delle  vedove   e   degli    orfani 
per  la  monarchia  austriaca,  lo  spe- 
dale per  gl'invalidi,  lia  scuola  de'  ca- 
detti, oltre  sjltri  stabilimenti  d'istru- 
zione e  beneficenza.  Ebbe  già  un'al* 
tra  rinomata  università  che  nel  1778 
si    trasferì    a  Briinn,    capitale    della 
Moravia,  e  fu  quindi  soppressa.  Fra 
i  collegi  che  Gregorio    XIII    istituì 
in  diverse  parti  per  la  propagazio- 
ne e  mantenimento  della  fede,   vi  fu 
quello  d'  Olmiitz  eretto  colla    bolla 
Clini   spiritnaliiim  fructuiim   copia, 
idibus  martii    i58o,  Bull,  de  prop. 
fide,  Append.  t.  I,  p.   7-2.   Lo  fon- 
dò il  Papa  per  le  missioni  di  Prus- 
sia ,   Svezia  e  Danimarca ,    affidan- 
dolo alla  direzione    de'  gesuiti;    gli 
alunni    erano    venti ,    tre   de'  quali 
monaci  di  s.  Paolo  primo  eremita, 
e  due  ruteni.  Riceveva  annualmen- 
te   dalla    santa    Sede   scudi    i38o, 
ma   Benedetto  XIV  a  questo  ed  al- 
tri collegi  sospese  gli  assegnamenti. 


OLM 

OlmUtz  fu  patria  di  molti  uomini 
illustri  ;  ha  fabbriche  diverse,  e  fa 
un  attivo  commercio  di  bestiami 
importati  dalla  Russia  e  dalla  Mol- 
davia. La  popolazione  è  di  circa 
12,000  individui. 

Credono  alcuni  che  Olmiiti,  Ol- 
mitzo  Holomauc,  Olomuciiini,  cor- 
risponda ad  Bburunij  antica  città 
de'  quadi,  di  cui  parla  Tolomeo.  Era 
un  tempo  la  capitale  della  Moravia, 
e  divenne  celebre  anche  pei  diversi 
avvenimenti  di  guerra  a  cui  andò 
soggetta  ,  seguendo  i  destini  del 
margraviato  di  Moravia  (J^edi)^ 
essendo  stata  la  residenza  de'  raar-^ 
gravi  di  Moravia^  della  qual  digni- 
tà pnrtai  a  Margravio.  Prima  della 
metà  del  secolo  XIII  i  taitari  o 
mongoli  devastarono  la  Slesia  e  la 
Moravia  e  posero  l'assedio  a  Olmiitz. 
Gli  svedesi  l'occuparono  nel  1 64^  e 
restò  in  loro  potere  sino  alla  pa- 
ce di  Munster  conchiusa  nell'ottobre 
1648.  I  prussiani  la  presero  nel 
1741  ,  ma  furono  obbligati  ab- 
bandonarla l'anno  seguente.  Co- 
mandati da  Federico  II,  l'assedia- 
rono nel  1758;  ma  gli  sforzi  de- 
gli abitanti  e  la  vicinanza  d'una 
armata  austriacaj  sotto  il  marescial* 
lo  Daun,  li  obbligarono  a  ritirarsi. 
Nel  179,3  il  general  La  Fayette  ed 
i  suoi  compagni  furono  rinchiusi 
nella  sua  cittadella,  ove  rimasero 
per  qualche  tempo.  Nel  i8o5  di- 
morò il)  Olmiitx  l'imperatore  Fran- 
cesco I  con  tutta  la  famiglia  im- 
periale, durante  V  occupazione  del- 
la sua  capitale  Vienna,  Il  vescovo 
fu  già  signore  e  principe  temporale 
della  città;  e  l'arcivescovo  è  uno 
de' più  distinti  prelati  della  monar- 
chia austriaca,  e  la  cui  arcidiocc^i 
vastissima  comprende  tutta  la  Mo- 
ravia e  parte  delia  bella  e  fertile 
provincia  di  Slesia,  con  molli  luo- 


OH 

glii,  cioè  quella  porzione  di  Slesia 
spettante  all'  irapero  austriaco,  seb- 
bene un  tratto  continui  a  dipen- 
dere dal  vescovo  di  Breslavia.  La 
congregazione  di  propaganda  fide, 
piì^i  volte  concesse  a  questo  arcive- 
scovo facoltà  e  dispense.  Creinsier 
oKiemsieì\  Crernsirium,  città  forte  e 
ben  costruita  sulle  sponde  della  Mo- 
rava nel  circolo  di  Weisskirchen  j 
appartiene  all'arcivescovo  d'Oliniltz 
che  vi  fa  l'ordinaria  sua  residenza: 
il  suo  castello  contiene  una  biblio- 
teca ricca  di  piti  di  So^ooo  volu- 
mi, ed  una  preziosa  galleria  di  qua- 
dri. Vi  è  un'  insigne  chiesa  colle- 
giata, il  ginnasio,  altri  stabilimenti 
e  circa  4,ooo  abitanti. 

La  fede  fu  predicata  in  Olmiilz 
ed  in  Moravia^  come  si  disse  a 
quell'articolo,  nel  396,  indi  per 
primo  apostolo  tutlavia  si  ritiene 
Urolfo  arcivescovo  di  Lordi  (Fedi) 
che  verso  1'  824  di  nuovo  promul- 
gò l'evangelo,  per  essere  i  popoli 
unni  e  moravi  ricaduti  nel  culto 
degl'  idoli  ;  tra  i  quattro  suoi  ve- 
scovi suffraganei  alcuni  pongono 
Specolo  Juliura  od  Olmiitz.  Dopo  di 
lui  per  apostoli  degli  slavoni  e  pa- 
troni principali  d'  Olmiitz  si  vene- 
rano i  fratelli  ss.  Cirillo  e  Metodio 
introduttori  della  liturgia  slava,  e 
come  i  primi  della  serie  de'  vesco- 
vi d' Olmiitz  tra  gli  anni  863  e 
894  ;  il  primo  deputato  da  s.  Ni- 
colò I  Papa  vescovo  di  Velogra- 
dum  in  Moravia,  sede  che  da  lui 
rinunziala  passati  cinque  anni  circa, 
il  Pontefice  Adriano  II  conferì  poi 
a  s.  Metodio,  il  quale  fu  da  Gio- 
vanni Vili  dichiarato  arcivescovo 
di  Moravia,  assegnandogli  per  suf- 
fraganeo  Wichino  che  fece  vescovo 
di  Nitria.  Noteremo  con  Comman- 
ville,  Hist.  des  ardi,  et  éves.^  che 
Velogradum  o  Welchard  o  Welle- 

VOL.    XLVIIl. 


OLI  3o5 

grad,  sede  vescovile  iu  Moravia,  ces- 
sò di  esserla  quando  nel  907  fu 
trasferita  nella  chiesa  de'  ss.  Pietro 
e  Paolo  di  Palescowitz  (  o  Poles- 
sowicz  o  Kuuovicz),  altra  città  mo- 
rava, la  quale  nel  1091  fu  riunita 
a  Olmiitz;  e  che  Specolojuliuua,  cit- 
tà di  Moravia  e  antica  residenza 
nel  IX  secolo  degli  arcivescovi  di 
Moravia,  nel  X  terminò  di  avere 
tale  onore,  per  essere  stata  traslo- 
cata a  Olmiitz,  che  registra  nella 
provincia  ecclesiastica  di  Praga  ca- 
pitale di  Boemia.  Dice  inoltre  che 
il  vescovato  di  Olmiitz  eretto  dal- 
l' apostolo  de'moravi  s.  Cirillo,  que- 
sto ne  stabili  la  sede  a  Bialogrod, 
donde  fu  trasportata  a  Palescowitz 
nel  907  ;  quindi  fu  unita  al  vesco- 
vato di  Piatisbona,  poi  a  quello  di 
Praga,  nel  io63  ristabilita  a  Pa- 
lescowitz, finalmente  trasferita  a 
Olmiitz  nel  1091.  Dobbiamo  pri- 
ma di  proseguire  colla  serie  degli 
arcivescovi  di  Moravia  e  vescovi  dì 
Olmiitz,  dichiarare  come  avvenne 
r  unione  di  Olmiitz  a  Praga,  es- 
sendo incerta  quella  di  Ratisbona, 
e  come  si  separò,  con  altre  noti- 
zie, benché  gli  scrittori  sono  di  di- 
versi sentimenti,  che  lungo  sarebbe 
il  riportare. 

Nel  voi.  XXXI  l,  pag.  2o5  del 
Dizionario  facemmo  parola  come 
san  Gregorio  VII  verso  il  1074 
compose  le  turbolenze  suscitate  fra 
Gebardo  vescovo  di  Praga,  fratel- 
lo di  Wratislao  re  di  Boemia,  e 
Giovanni  l  vescovo  d'  Olmiitz,  ram- 
pognando Sigefredo  di  Magonza 
eh'  erasi  voluto  costituire  loro  giu- 
dice, quale  metropolitano  e  conse- 
gratore  di  Giovanni  I.  Queste  tur- 
bolenze ebbero  motivo  dalle  pre- 
tensioni del  vescovo  di  Praga  su 
quello  di  Olmiitz,  perchè  il  vesco- 
vato d' Ohniitz,  già  da  moltissimi 
20 


3o6  OLI 

anni  incorporato  a  quello  di  Pra- 
ga, n'era  stato  disgiunto  per  le  pre- 
mure del  re  Wratislao,  col  consen- 
so di  Severo  predecessore  di  Ge- 
bardo  morto  nel  1067.  Quindi  Ge- 
bardo  nelle  sue  viste  d'ingrandi- 
mento, pretese  che  Severo  non  a- 
Tesse  diritto  di  pregiudicare  ai  do- 
minii  de'  suoi  successori  ;  e  Wra- 
tislao avendo  preso  a  sostenere  Gio- 
vanni I  contro  il  fratello,  questi 
mosse  le  armi  a  danno  del  vesco- 
vo d' Olmùtz,  il  quale  trovandosi 
oltraggiato  ricorse  al  Papa  per  tali 
violenze  e  n'ebbe  ragione,  dopo 
cbe  i  due  vescovi  trattarono  la  loro 
causa  in  persona  avanti  i  tribuna- 
li di  Roma.  In  seguito,  al  dire  di 
Novaes,  Olmiitz  divenne  sulfraganea 
di  Magdeburgo,  ma  non  è  vero,  per 
quanto  diremoj  essendolo  di  Magon- 
za  fino  al  i343.  Nel  i  i3i  ebbe  luo- 
go la  celebre  traslazione  della  chie- 
sa madre  e  cattedrale  di  Olmiitz 
e  sua  provincia,  dalla  chiesa  subur- 
bana di  s.  Pietro,  o  ss.  Pietro  e 
Paolo,  in  quella  eretta  in  città  da 
Wratislao  duca  di  Boemia  padre  di 
s.  Wenceslao,  sotto  la  cui  invoca- 
zione fu  poi  dedicata  :  nel  luogo 
dell'antica  cattedrale  suburbana  e- 
siste  un  ospitale.  Ciò  fece  per  mag- 
gior dignità  il  vescovo  d' Olmiilz 
Enrico  I,  col  consenso  di  Adalber- 
to arcivescovo  di  Magonza  metro- 
politano, del  re  di  Boemia  Sobie- 
slao  I,  e  conferma  del  Papa  Inno- 
cenzo II  :  quindi  nella  nuova  cat- 
tedrale fu  costituito  il  capitolo  del- 
la dignità  del  decano  e  di  dodici 
canonici,  in  onore  di  Gesù  Cristo 
e  de' dodici  apostoli.  Nel  privilegio 
del  vescovo  su  tale  traslazione  so- 
no registrati  ì  luoghi  della  diocesi 
Olomucense.  Nel  i343  Clemente 
VI  elevò  Praga  in  metropoli  e  ne 
dichiarò  suiFraganea  Olmiitz,  dopo 


OLI 
averla  assoluta  dal  jure  metropoli- 
tico di  Magotjza.  Pio  VI  ad  istanza 
dell'imperatrice  regina  Maria  Teresa 
marchesa  di  Moravia,  colla  bolla 
Suprema  disposilione^  de'3  novem- 
bre 1777,  Bull.  Roni.  Conti nuatio 
t.  V,  pag.  426,  elevò  Olmutz  (che 
chiama  sede  vescovile  immediata- 
mente soggetta  alla  santa  Sede) 
al  grado  di  arcivescovato  e  metro- 
politana immediatamente  dipenden- 
te dalla  Sede  apostolica,  assegnan- 
dogli per  sufìfraganee  le  chiese  di 
Brunn (f^edi) eh' evesse  in  vescovato, 
di  Troppau  che  divisava  erigere 
in  sede  vescovile;  ma  non  avendo 
avuto  effetto,  Olmutz  ha  solo  Briinn 
in  sulfraganea.  Troppau  o  Troppa- 
via,  città  forte  e  primaria  della  Sle- 
sia austriaca,  nel  1820  si  rese  ce- 
lebre per  avervi  tenuto  le  potenze 
alleale  le  conferenze  preliminari  al 
congresso  di   Lubiana. 

A  s.  Melodio  primo  arcivescovo 
di  Moravia  nel  900  successe  Gio- 
vanni I,  in  tempo  del  quale  sem- 
bra che  r  arcivescovato  di  Moravia 
avesse  sette  suffraganei:  s.  Wence- 
slao duca  di  Boemia  fu  ucciso  dal 
fratello  empio  Boleslaoj  terzo  arci- 
vescovo fu  Silvestro  del  94^,  dopo 
la  cui  morte  circa  il  961,  la  sede 
episcopale  fu  unita  a  quella  di  B.atis- 
bona,  pure  nel  976  si  nomina 
Wracen  arcivescovo  di  Moravia. 
Poscia  a  tempo  di  Benedetto  VII, 
Papa  del  975^6  di  s.  Alberto  ve- 
scovo di  Praga,  a  questa  chiesa  fu 
unita  la  sede  di  Moravia,  unione 
che  durò  92  anni  sotto  i  vescovi 
di  Praga  s.  Adalberto,  Deodato, 
Ecchardo,  Izo  e  Severo  ;  venne  re- 
stituito ai  moravi  r  arcivescovo  con 
approvazione  del  Papa  Alessandro 
II,  e  r  assenso  del  vescovo  Severo 
suddetto.  Laonde  nel  io63  fu  e- 
letto  vescovo  Giovanni  I  come  ve- 


OLI 

scov®  d'Olmiitz,  e  II  come  succes- 
sore degli    arcivescovi    di  Moravia, 
che  fu  segno    alle    ricordate  perse- 
cuzioni di  Gebardo   di    Praga    che 
invase  il  castello  di  Podiwin  o  Co- 
stai: egli  era    monaco  benedettino, 
ed  a  questi  presso    Olmiitz  edificò 
il  monastero  Gradicense,  ristabilen- 
do la  sede  di  Olmiitz  nella  chiesa 
di  s.  Pietro,  per  cui    gli    si  dà  il 
numero  di  I,  benché  secondo  di  tal 
nome,  e  con    questo  ordine  prose- 
guiremo a  nominare    i  successori , 
dovendosi  intendere  sempre  un  nu- 
mero di  più  come  vescovi  moravi, 
onde  l'ultimo  de'Giovanni  mori  nel 
1687    e    si  chiamò   Giovanni  XVI 
vescovo    di     Olmiitz,    di     Moravia 
XVII.    L'  imperatore    Enrico    IV 
dichiarò   Giovanni  I  principe    del- 
l' impero.  Dopo   la  sua    morte  nel 
1086  vacò  la    sede,  che  fu    occu- 
pata da    Gebardo   di    Praga,    sino 
al    1 09 1    per    prepotenza  ;    indi  fu 
vescovo  Andrea  consagrato  da  quel- 
lo di  Magonza  e  sotto  di  lui  Wra- 
tislao  re  di  Boemia  trasferì  la  sede 
episcopale  dalla    cattedrale    di  Po- 
lessowicz  o  Kunow^itz  presso  Wele- 
grad,  in    Olmiitz  e  nella  suburba- 
na cattedrale  de'  ss.  Pietro  e  Paolo 
col  consenso  di  Papa  Urbano  II  iti 
detto  anno   1091.  Nel  1097  fu  fat- 
to vescovo  moravo    d'  Olmiitz  Pie- 
tro I  canonico  regolare  premostra- 
tense   del    monastero    di    Syon    o 
Strahow,  dal  quale  per     io5  anni 
uscirono  i    vescovi   d'Olmiitz  e  di- 
versi vi  furono    sepolti  ;  poiché  es- 
sendo stato  tal    vescovo  eletto  con 
approvazione   di   Bretislao  II  figlio 
di  Wratislao,  quel  principe  stabilì 
che  sempre  per  vescovo  si  dovesse 
eleggere    un    canonico  di  detto  ce- 
nobio, e  ciò  lo  fece  in  disprezzo  del 
vescovo  e  canonici  di  Praga,  i  quali 
per  violenza   si    sforzavano  di    ap- 


OLI  307 

propriarsì    1*  elezione    del    pastore 
della  chiesa  d' Olmiitz.  Indi  diven- 
ne vescovo  nel   11 04,  Giovanni  II 
Ventrosus    premostratense  di  Stra- 
how, che  acquistò  da  Ottone  mar- 
chese  di  Moravia    Kremsier     colle 
sue  giurisdizioni    per  3oo    marche 
d' argento,   e  lo  unì  ai    beni    della 
chiesa  Olomucense,   e  fu    beneme- 
rito   pastore.  Nel     11 26    Enrico  I 
Zdik  fratello  del   duca  di  Boemia, 
forse  premostratense,  di  santa  vita, 
al  quale  ampliò  l'episcopio  W^ence- 
slao  marchese  di    Moravia,  che  co- 
me dicemmo  trasferì   in  città  la  cat- 
tedrale, essendo  angusta  la  subur- 
bana, con  grande  solennità,  e  per  le 
sue  gloriose  azioni  fu  chiamato  dai 
Papi  e    dagl'  imperatori,  colonna  e 
lucerna    di  Moravia  e  di  Boemia  : 
Corrado  III  imperatore  gli  confer- 
mò i    privilegi  e    la    giurisdizione 
anche    temporale    sul    castello    di 
Podwin  e  sue  pertinenze,  contro  le 
pretensioni  del  vescovo  di  Praga,  e 
che  nel  medesimo  egli  e  successori 
potessero  coniar    moneta,  concedi- 
mus  et  confirmaniusj  il    quale  ca- 
stello con  diploma    era  stato  resti- 
tuito al  vescovo  Enrico  da  Wladi- 
slao  II  re  di  Boemia,  il  quale  con 
altro  gli  confermò    la  giurisdizione 
Sul  circolo  di  Lubach.     Nel     ii5i 
Giovanni  III  premostratense  degnis- 
simo, al  cui  tempo    gli    errori  dei 
valdesi    si    propagarono    fatalmente 
tra  i  boemi  e  moravi.  Gli  successe 
nel   1157  Giovanni    IV  Calvo  pre- 
mostratense,   di    singoiar  prudenza 
e  generosità,  eletto    nel  coro  della 
cattedrale  di  Praga    per    volere  di 
Ottone  duca    di     Moravia  e    della 
chiesa  Olomucense.  Allora  spettava 
al  vescovo  di  Praga  condurre  l'e- 
letto alla  curia  imperiale  per  T  in- 
vestitura delle  regalie:   a  Giovanni 
IV  e  successori  X  imperatore  Fede- 


3o8 


OLI 


rico  I  conoesse  il   privilegio  di  co- 
ronare col  vescovo   (li    Praga  i  re 
di  Boemia.  Nel   1172    divenne  ve- 
scovo Oìetlebo  premoslratense,  che 
bene   amministrò  e  ricevette  diversi 
beni  per  la  sua  chiesa,  e  dopo  un 
anno  di  sede  vacante,  perchè  il  ve- 
scovo di    Praga  e  il    capitolo    suo 
pretendendo  di  eleggere  il  vescovo 
non  volevano  premostratensi,  il  du- 
ca Federico  di  Boemia  designò  ve- 
scovo e  detto  capitolo  dovè  eleggere 
in  coro  nel    1182    Pellegrino  pre- 
moslratense, integerrimo  e  pio;  in- 
di per  le  solite  pretensioni  del  ca- 
pitolo di  Praga,  vacata  la  sede,  fu 
eletto  solo  nel   11 83,  ad  onta  delle 
opposizioni  del    vescovo  e  canonici 
di  Praga,  Cayn  o  Raim  premostra- 
tense  a  premura  di   Corrado  mar- 
chese di  Moravia,  modesto,  religio- 
so e  liberale.  Nel  1 194  Engelberto 
del  Brabante  premostratense,  vene* 
rando  e  di  gran  consiglio,    cuopri 
la  cattedrale  di  piombo;  nel  1199 
Bavaro  nobile  boemX)  e  premostra- 
tense,   r  ultimo    del    monastero  di 
Slrahow,    d'infelice    memoria;  nel 
1201   Roberto    inglese,  cisterciense, 
dotto  e  di  gravi    costumi,    che  ri- 
storò la  cattedrale  danneggiata  dal 
fuoco  e  r  arricchì  di  reliquie  e  pre- 
ziose suppellettili;   vi  fondò  la  di- 
gnità del  prevosto,  alla  quale  con* 
cesse  il  titolo    di    supremo  cancel- 
liere di  Moravia   Premislao    re  di 
Boemia,  il  quale  ad  istanza  deiril- 
lustre  vescovo    confermò  e  aumen- 
tò i  privilegi  e   la    esenzione  della 
chiesa  Olomuceuse,  quali  poi  ampia* 
mente  confermò  e  corroborò  il  Pa- 
pa Urbano  IV,  insieme  alla  prero- 
gativa del  capitolo  e    canonici    di 
eleggere  il  vescovo   di  Olmiitz.  In- 
oltre Roberto    col    marchese  Wla- 
dislao  fratello    del  re,    trasferì    in 
altro  luogo  magnifico  il  monastero 


OLI 

di  Welegrad,  la  cui  chiesa  solenne- 
mente consacrò  in  onore  di  Dio, 
di  Maria  Vergine  e  de' ss.  Cirillo 
e  Metodio,  aiutato  dal  vescovo  di 
Nitria. 

Nel    1236  il  capitolo  elesse   Fe- 
derico, prudente    e  dotto;  dopo  la 
sua    morte    il    capitolo   gli    sostituì 
Guglielmo   degno,    cui    però  si  o[>- 
pose  Wenceslao  IH  re  di  Boemia,  e 
s'intruse    Corrado  de    Friedebergh. 
Si    recò  quindi  a  Roma  il  decano, 
alcuni    canonici    e    Guglielmo    per 
difendere  l'elezione:  Guglielmo  esem- 
plarmente rinunziò  a  Innocenzo  IV, 
il    quale  confermò  Bruno  conte  di 
Schoemberg    o  Schaumburg  sasso- 
ne nel   1241,  con  unanime  consen- 
so  in    vece  eletto,   come  dotato   di 
molte  virtù  e  sapere,  refugio  de*po- 
veri,    e  consolatore  delle  vedove    e 
de'pupilli,  magnifico  in  tutte  le  sue 
azioni.  Sì  rese  assai  benemerito  del- 
la diocesi  per  quanto  splendidamen- 
te operò;  in  Rremsier  eresse  torri, 
fortificazioni    e    circondò   di    muro, 
erigendovi   la  collegiata  di  s.  Mau- 
rizio dai  fondamenti,  con  preposito, 
decano    e  canonici,  e  poi   vi  fu  se- 
polto; aggiunse   alle    possessioni   di 
sua  chiesa  altre  terre  e  castella  feu- 
dali.   Ottenne  molte  prerogative    e 
giurisdizioni  concesse  da  Wenceslao 
IV  re  di  Boemia,  e  la  conferma  dei 
privilegi    della    chiesa    Olomucense 
da  Premislao  marchese  di  Moravia. 
Sotto    di  lui  fu  assunto  all'impero 
Rodolfo  d'Habsburg,  che   vinse  Ot- 
tocaro  II  re  di  Boemia  e  duca  d'Au- 
stria,  il  qual  re    in  solenne    testi- 
monianza  di    amore,    nell' edificare 
una  città,  dal  suo  nome  la  chiamò 
Brunsperg.   Il  testamento  di  Bruno 
è    un    monumento  importante    per 
le  giurisdizioni    e  beni  della  chiesa 
Olomucense.  Dopo  la  morte  di  que- 
sto glorioso  vescovo  Bruno^nel  1281 


OLI 

successe  Teodorico,  dal  defunlo  rac- 
comandato ai  canonici,  chiaro  per 
innocenza  di  vita  e  religione,  che 
istituì  nella  cattedrale  la  messa  can- 
tata avanti  l'aurora,  in  onore  della 
Beala  Vergine,  ed  aumentò  i  red- 
diti ecclesiastici.  Nel  i3o2  Giovan- 
ni V  Waldestein,  prudentissimo  e 
benemerito;  indi  nel  i3ii  Pietro 
Il  Brada vicze  lodato,  celebrò  nel 
i3i2  il  sinodo  in  Riemsier,  in  cui 
statuì  ottime  leggi  pei  chierici  e 
contro  i  concubinari;  in  sede  va- 
cante col  gius  metropolitico  visitò  Ja 
cattedrale  e  la  diocesi  l'arcivesco- 
vo di  Magonza.  Nel  i3i6  Corrado 
I,  benché  di  bassa  condizione  e  pic- 
colo di  corpo,  fu  crealo  vescovo,  es- 
sendo magnanimo  per  le  qualità, 
onde  aumentò  i  beni  di  chiesa,  cìn- 
se di  mura  e  fortilizi  i  castelli,  for- 
mò salutari  costituzioni  pel  clero, 
ed  aggiunse  ornamenti  alla  catte- 
drale, difendendo  le  immunità  e 
privilegi,  dotto  e  zelante  della  di- 
sciplina, nel  i3i8.  Dopo  la  festa 
di  s.  Maurizio  celebrò  il  sinodo  dio- 
cesano in  Rremsier,  ove  confermò 
gli  statuti  del  precedente,  ed  altri  ne 
decretò  utilissimi.  Ad  istanza  di  Gio- 
vanni re  di  Boemia,  il  Papa  Gio- 
vanni XXII  nel  i327  f^^ce  vescovo 
d'OImlitz  Enrico  II  Berka  dell'  in- 
signe famiglia  Duba,  il  quale  vendicò 
le  ragioni  di  sua  chiesa,  che  santa- 
mente resse.  Gli  successe  nel  i334 
il  figlio  di  Wenceslao  VI  re  di  Boe- 
mia, Giovanni  VI  Wolko,  che  pel 
suo  zelo  fondò  e  dotò  il  monaste- 
ro di  Pustimir  per  le  monache,  e 
vi  restò  sepolto,  lo  arricchì  di  do- 
ni, e  gli  ottenne  privilegi  dal  suo 
parente  marchese  di  Moravia  poi 
imperatore  Carlo  IV,  il  quale  fu 
largo  di  conferme  ed  esenzioni  col- 
la chiesa  Olomucense.  *  Nel  i35i 
diventò  vescovo  Giovanni  VII  det- 


OLI  3o9 

io  OczJio  della  chiara  famiglia  "Wlas- 
sim,  segretario  e  consigliere  di  Car- 
lo IV,  dal  quale  ottenne  nuova  con- 
ferma ai  privilegi  di  sua  chiesa:  Er- 
nesto arcivescovo  di  Praga  lo  con- 
sagrò, il  quale  per  l'esercizio  del  jus 
metropolitico  già  avea  visitato  que- 
sta diocesi.  Nel  i364  fu  traslato  al- 
l'arcivescovato a  postulazione  del 
capitolo,  e  nel  1379  fu  creato  car- 
dinale. Le  notizie  de' vescovi  d'Ol- 
niiitz  cardinali  sono  riportate  alle 
biografie. 

Giovanni  VIII  de  Novo  Foro  in 
Slesia,  già  vescovo  Lythomysliense  o 
di  Leitmeritz,  di  oscuri  parenti,  ma 
degno  per  virtù  e  dottrina,  fu  tra- 
sferito a  quesla  chiesa,  dopo  aver 
eretto  e  dotato  nell'altra  il  conven- 
to degli  agostiniani,  ove  in  morte  fu 
sepolto.  Era  cancelliere  di  Carlo  IV, 
il  quale  nel  i365  dichiarò  lui  ed  i 
successori  vescovi  d'OImlitz  .conti  e 
principi  della  regia  cappella  di  Boe- 
mia. Con  praeceptatii)  il  vescovo 
nel  1376  ordinò  al  clero  l'osservan- 
za delia  rubrica  diocesana.  Nel  i38o 
avendo  incendiato  la  cattedrale  e 
l'episcopio  un  famigliare  di  Jodoco 
marchese  di  Moravia,  il  vescovo  li 
restaurò  ;  indi  nella  feria  terza  dopo 
la  festa  della  ss.  Trinità  celebrò  il 
sinodo  diocesano  in  Rremsier,  in 
cui  statuì  eccellenti  leggi,  segnata- 
mente contro  i  concubinari,  e  per 
la  celebrazione  delle  feste  nella  dio- 
cesi, e  con  particolarità  per  quella 
de'  ss.  Cirillo  e  Melodie,  lasciando 
diverse  opere.  Nel  i38o  Pietro  IH 
Gclyto  boemo,  insigne  per  sapere 
ed  egregie  doti,  fu  traslato  da  Coi- 
rà e  da  Magdeburgo;  edificò  con 
magnificenza  il  monastero  de' cano- 
nici regolari  di  Landskrona^  ove  fu 
tumulato,  e  lo  dotò.  Eresse  nella 
cattedrale  l'altare  di  s.  Briccio,  e 
Wejiceslao  VI  re  di  Boemia  e  im- 


3io  OLI 

peratore  gli  concesse  Drzewiczlz  e 
Popowicz  per  sé  e  successori.  Nico- 
la© di  Brisgovia  nel  iSSy  y\  fu 
trasferito  da  Costanza,  dissipatore 
de'beni  ecclesiastici,  raa  gravemente 
ammom  il  capitolo  ad  essere  dili- 
gente nell'uffìziatura,  sotto  pena  del- 
le censure.  Gli  successe  nel  iSgS 
Giovanni  IX  Mraz,  traslato  dalla 
chiesa  Labucense  ;  curò  la  riforma 
del  clero,  ma  prodigo  eccessivamente 
delle  cose  ecclesiastiche  in  un  al  vica- 
rio generale  ed  altri.  Assunto  nel  i4o3 
al  vescovato  Ladislao  di  Krawarz  o 
Laczko,  ricuperò  i  castelli  dal  pre- 
decessore alienati,  e  fu  sepolto  in 
s.  Maurizio  di  Kremsier,  morto  di 
veleno.  Corrado  II  de'conti  di  Ve- 
cìiia  westpalio,  nominato  vescovo  di 
Verdun,  nel  i4i8  lo  fu  d'Olmiitz, 
uomo  vano,  prodigo,  dedito  alia  ne- 
gromanzia, secondo  alcuni  dilapida- 
tore di  sua  chiesa  :  tutlavolta  col 
favore  di  Wenceslao  VI  fu  trasferi- 
to a  Praga  nel  i4i2,  ed  apostatò 
seguendo  i  perniciosissimi  errori  de- 
gli ussiti  e  vriclefisti  che  tanto  stra- 
zio recarono  alla  Moravia.  Gli  fu 
surrogato  Wenceslao  Kralik  nobile 
boemo,  patriarca  d'Antiochia,  come 
commendatario,  vanaglorioso:  subi- 
to tenne  un  sinodo  in  Wischowiae 
j>er  correggere  i  costumi  del  clero 
^  per  opporsi  alle  nominate  eresie, 
con  salutevoli  regolamenti  :  donò 
alla  cattedrale  la  reliquia  di  s.  Lon- 
gino, ricuperò  due  castelli  oppigno- 
rali, e  ristorò  ed  abbellì  il  vecchio 
episcopio,  riformando  gli  statuti  della 
collegiata  di  Briinn.  Venne  calun- 
niato di  aver  impiegato  il  denaro 
in  vanità,  e  si  portò  al  celebre 
concilio  di  Costanza,  ov'ebbe  termi- 
ne il  lungo  scisma.  Nel  i4i7  il  ve- 
scovo di  Leitmeritz  Giovanni  X  Bac- 
ca da  Praga,  postulato  per  Olmiilz, 
nelle   due  chiese  venne   confermato 


OLI 

da  Martino  V  contro  Also  favorito 
dagli  eretici,  e  poi  nel  14^6  lo 
creò  cardinale;  era  stato  premostra- 
tense  di  Strahow^;  alacremente  im- 
pugnò gli  ussiti,  ed  al  suo  tempo 
fu  il  clero  sommamente  perseguita- 
to dal  popolo  in  Boemia  e  Mora- 
via. Ebbe  in  commenda  la  chiesa 
di  Praga,  tolta  a  Corrado,  ed  an- 
cora il  vescovato  di  Vaccia.  Bene- 
merito della  chiesa  che  sempre  di* 
fese  dall'eretica  pravità,  degno  d'ogni 
lode  anche  per  le  opere  da  lui  com- 
poste. 

Per  sua  morte  del  i43o  fu  ve- 
scovo d'Olmiitz  Corrado  III  Kenzo 
de  Zwola  moravo,  uditore  di  rota  ; 
nel  i43r  celebrò  in  Briiim  il  sino- 
do per  la  riforma  del  clero  e  del 
popolo,  massime  sulla  simonia  e 
sulla  continenza:  fu  pure  ammini- 
stratore di  Praga,  si  recò  al  conci- 
lio di  Basilea,  e  cessò  di  vivere  in 
Ulma  nel  i434.  Nel  seguente  anno 
il  decano  e  capitolo  elessero  Paolo 
di  Miliczin  nobile^  per  la  sua  pro- 
bità confermalo  da  Eugenio  IV,  e 
consacrato  in  Briinn  nella  collegiata 
di  s.  Pietro,  ove  poscia  fu  seppelli- 
to, alla  presenza  di  Sigismondo  im- 
peratore e  marchese  di  Moravia, 
indi  fu  secondo  il  consueto  installa- 
to dal  decano  d'Olmiitz  nella  cat- 
tedrale. Erudito  nelle  sacre  lettere, 
di  singolare  prudenza,  rivendicò  i 
beni  di  sua  chiesa,  e  fu  segno  alle 
gravissime  persecuzioni  degli  ereti- 
ci, che  anco  colle  armi  vessavano  i 
cattolici  iniquamente  :  coronò  Alber- 
to duca  d'  Austria  e  marchese  di 
Moravia  in  re  di  Boemia,  e  n'ebbe 
conferma  a'suoi  privilegi.  Nel  i45io 
Giovanni  XI  Haz  patrizio  di  Briinn 
eccellente  e  virtuoso,  coronò  re  di 
Boemia  Wladislao  IV,  al  cui  tempo 
s.  Giovanni  da  Capistrano  predicò 
in    Briinn,    in    Olraiitz    e   Moravia 


OLI 

con  successo  e  contro  la  comuiMO- 
ne  sotto  le  due  specie,  commissario 
generale  e  inquisitore  di  Nicolò  V 
in  Germania,  con  facoltà  di  fondar 
conventi  del  suo  ordine  francescano 
in  Boemia,  Moravia  ed  Austria,  e 
di  combattere  gli  eretici  che  immen- 
si danni  recavano  alla  Chiesa,  onde 
il  vescovo  gli  permise  fondarne  due 
iu  Briinn  ed  Olmiitz.  Divenne  ve- 
scovo nel  i4^4  Bohussio  de  Zwo- 
la  nobile  moravo,  decano  d'Olmiilz; 
ricuperò  Rremsier  con  8000  mone- 
te d'oro  ch'erasi  oppignorato,  e  per 
odio  degli  eretici  mori  di  veleno. 
Gli  successe  nel  14^7  Protasio  de 
Czernahora  de'nobili  Boskowic,  do- 
tato di  belle  qualità  e  di  eloquen- 
za. Coronò  Giorgio  suo  cognato  in 
re  di  Boemia,  il  quale  fu  dichiara- 
to eretico  da  Paolo  li  in  concisto- 
ro, per  cui  il  Papa  scrisse,  che  per 
tale  io  denunziasse  il  vescovo.  Mor- 
to questi  di  peste  nel  1482,  restò 
vacante  la  sede  i5  anni,  e  fu  am- 
ministrata nello  spirituale  e  nel  tem- 
porale dai  membri  eletti  dal  capi- 
tolo, oltre  il  vescovo  di  Varadino 
Giovanni  XII  Wilicz  moravo,  de- 
stinato dai  re  Mattia  nel  1482  stes- 
so, e  a  lui  carissimo,  come  segreta- 
rio e  cancelliere,  ornato  di  singola- 
ri meriti  e  di  splendide  qualità.  La 
sua  amministrazione  episcopale  fu 
corrispondente,  e  tra  le  altre  sue 
magnificenze  eresse  il  monastero 
d' Ognissanti  presso  Olmiitz,  e  lo 
dotò  pei  canonici  regolari;  tuttavia 
la  calunnia  degli  eretici  lo  accusò 
a  Innocenzo  Vili  Papa,  il  quale  fe- 
ce amministratore  il  cardinal  Ardi- 
cino  della  Porta,  ed  Alessandro  VI 
die  la  chiesa  in  commenda  al  suo 
nipote  cardinal  Giovanni  Borgia. 
Nel  1497  per  rinunzia  del  Borgia, 
il  capitolo  avendo  riacquistato  il  di- 
ritto di  eiezione,  non  avendo  Ales- 


OLI  3ii 

Sandro  VI  approvalo  il  canonico 
Bohuslao  Lubhowizio  da  esso  no- 
minato, sostituì  Stanislao  I  Thurzo 
nobile  ungaro,  probo  e  prudente, 
che  fu  confermato.  Nel  1498  cele- 
brò il  sinodo  in  Wiscovia  per  la 
riforma  e  riordinamento  del  clero, 
e  pieno  di  zelo  si  oppose  agli  ere- 
tici valdesi  e  picardi,  che  tanto  de- 
solarono la  Moravia.  Impose  la  co- 
rona a  Luigi  re  di  Boemia,  che 
poi  alloggiò  magnificamente  in  Rrem- 
sier, e  pili  tardi  coronò  la  regina 
sua  moglie,  e  nel  1527  il  re  Fer- 
dinando I  dipoi  imperatore,  col  qua- 
le la  corona  boema  restò  unita  al- 
l'imperiale casa  d'Austria.  Le  lagri- 
mevoli  novità  di  Lutero  rapidamen- 
te essendosi  sparse  nella  Boemia  e 
Moravia,  prontamente  questo  vesco- 
vo ne  proscrisse  la  setta,  e  dovette 
virilmente  opporsi  eziandio  all'altra 
pestifera  degli  anabattisti,  ed  alle 
tante  altre  insorte  colle  più  strane 
denominazioni  e  abberramenti.  Ot- 
tenne la  conferma  de'privilegi  alla 
sua  chiesa,  ebbe  a  cancelliere  Gio- 
vanni Dubravio  boemo,  lodato  sto- 
rico della  Boemia,  poi  vescovo,  ed 
a  lui  dedicò  il  catalogo  de' vescovi 
d'  Olmiitz  il  dotto  Agostino  Olomu- 
cense. 

Al  lunghissimo  vescovato  di  Sta- 
nislao I  successe  nel  i54o  il  bre- 
vissimo di  Bernardo  Zubeck  de'no- 
bili Zdetin,  illustre  scienziato  e  fa-» 
condo,  vicario  del  predecessore;  in- 
di nel  i54i  Giovanni  XIII  Skala 
Dubrawsky  o  Dubravio  de  Pilsna 
o  Pilsen  arcidiacono  d' Olmiitz,  di 
gran  dottrina,  esperienza  ed  erudi- 
zione, confermandone  l'elezione  ca- 
pitolare Paolo  III;  fu  caro  a  Fer- 
dinando I,  che  aiutò  contro  i  tur- 
chi che  assediarono  Vienna  sotto 
Stanislao  I,  le  cui  truppe  condusse, 
ed  altresì  contro  gli  eretici  che  te- 


3ra  ÒLI 

nevano  a  soqquadro  la  Moravia  ; 
migliorò  l'episcopio  e  la  cittadella , 
e  lasciò  diverse  opere,  essendo  la  piii 
imporlante:  Hisloria  regni  Bohe- 
miae  ab  inilio  hoheniorum.  Nel  1 553 
gli  successe  Marco  Ruenius  d*  Ol- 
miitz,  canonico  d'integra  vita  e  dot- 
to, la  cui  conferma  impetrarono  in 
Koma  due  colleghi,  vigile  pastore, 
propugnatore  dell'eresia  e  degli  ere- 
tici picardi  e  fratelli  boemi.  Indi 
fiorì  nel  i565  Guglielmo  Prossi- 
nowski  Wiczkow  nobile  moravo,  pre- 
vosto di  Briinn  eLeitmeritz;  e  per 
avere  un  valido  aiuto  contro  gli  e* 
retici ,  fondò  un  collegio  ai  gesuiti, 
e  nella  loro  chiesa  volle  essere  se- 
polto, invocandone  V  approvazione 
dalla  santa  Seàe  e  da  Massimilia- 
no 11  coi  privilegi  di  università,  con 
vantaggiosissimi  risultali.  Morì  non 
senza  sospetto  di  veleno  propinato 
dagli  eretici,  e  nel  1572  gli  succes- 
se Giovanni  XIV  Grodecky  nobile 
di  Slesia,  eruditissimo  e  perito  nelle 
lingue,  canonico  d'Olmiilz  e  pre- 
vosto di  Briinn  ;  nata  discrepanza 
di  pareri  nell'elezione  perchè  l'ar- 
civescovo di  Praga  postulava  la  se- 
de pel  canonico  Antonio,  il  capitolo 
si  rimise  all'arbitrio  di  Massimilia- 
no imperatore  e  re  di  Boemia,  che 
si  dichiarò  per  Grodecky  confer- 
mato da  Gregorio  XIII  ;  col  fra- 
tello Wenceslao  decano  fondò  in 
Briinn  la  casa  di  probazione  ai  ge- 
suiti. Più  breve  fu  V  episcopato  di 
Tommaso  Albino  Helfenberg,  cano- 
nico di  Praga  e  d'Olmiitz,  che  suc- 
cedendolo Jiel  i574,  morì  nel  i575, 
onde  nel  1576  venne  surrogato  Gio- 
vanni XV  Mezon  de  Telz  decano 
d'Olmiitz,  già  alunno  del  collegio 
germanico  di  Roma,  dall'imperato- 
re e  dal  nunzio  apostolico  di  Vien- 
na in  luogo  de' due  eletti  dal  ca- 
pitolo discrepante,  perito  nelle  scien- 


OLI 

ze  e  di  altre  doti  ornato,  ma  poco 
dopo  morì  di  veleno  nel  1578.  Al- 
tro alunno  di  detto  collegio  nel  i579 
occujX)  la  sede,  Stanislao  li  Paw- 
lowsky  de  Pawlowitz  polacco,  pie- 
vosto  di  Brown,  di  somma  estima- 
zione per  le  sue  rare  virtù:  l'im- 
peratore Rodolfo  II  dichiarò  il  ve- 
scovo e  isuccessori  duchi  e  principi 
del  sacro  romano  impero,  con  due 
aquile  per  istemma,  rinnovando  la 
prerogativa  di  conti  della  cappella 
regia  di  Boemia,  e  confermando  le 
giurisdizioni  feudali,  esentando  i  suoi 
vassalli  dai  tribunali  provinciali.  Nel 
1591  tenne  il  sinodo  in  Rremsier 
per  la  ristorazione  della  disciplina 
ecclesiastica,  a  norma  del  concilio 
di  Trento,  e  riuscì  decoroso  e  di 
molta  utilità,  con  numeroso  inter- 
vento di  prelati  diocesani,  massime 
per  le  provvidenze  riguardanti  gli 
acattolici  :  benché  erigesse  la  ma- 
gnifica cappella  di  s.  Stanislao  in 
cattedrale,  fuori  di  essa  volle  esser 
tumulato.  Nel  1599  venne  eletto 
Francesco  di  Dietrichstein,  giài  alun- 
no del  collegio  germanico,  canoni- 
co d'Olmiitz  e  di  altre  chiese,  e 
cai'dinale;  fu  eletto  vescovo,  ma  non 
lo  era  stato  di  Marck  come  dicem- 
mo nella  sua  biografia  seguendo 
Cardella ,  il  migliore  biografo  dei 
cardinali.  Eresse  il  magnifico  coro 
della  cattedrale  che  arricchì  di  sup- 
pellettili, e  otto  case  religiose;  con- 
giunse in  matrimonio  tre  impera- 
tori, e  Mattia  coronò  come  re  di 
Boemia  ;  nella  ribellione  della  Mo- 
ravia s'interpose  pel  perdono  con 
Ferdinando  II,  il  quale  Io  fece  di 
essa  governatore  generale ,  e  ricu- 
però il  gius  di  battere  moneta  che 
l'imperatore  Corrado  III  avea  con- 
cesso ai  vescovi  d'Olmiitz.  Alla  col- 
legiata di  s.  Wenceslao  aggiunse  il 
seminario,  ampliò  i  feudi,    restaurò 


OLI 

diversi  edifizi,  fabbricò  chiese,  con- 
vertì molti  eretici ,  e  benemerito 
della  Chiesa  e  della  patria,  da  lutti 
fu  teneramente  compianto  per  le 
sue  sante  e  magnanime  azioni,  la- 
sciando alcune  opere  che  attestano 
la  sua  dottrina. 

Nel  1637  occupò  la  sede  Gio- 
vanni XVI  Ernesto  Platisius  de  Plat- 
teslein  d'illustre  famiglia  ,  canonico 
d'Olmùtz  e  di  altre  chiese,  prela- 
to domestico,  vicario  generale  d'Ol- 
mùtz e  consigliere  aulico,  propugna- 
tore degli  eretici  e  della  comunio- 
ne del  calice  che  rimosse  intera- 
mente, ottimo  pastore  ,  morì  pri- 
ma che  arrivasse  la  pontifìcia  con- 
ferma. Nello  stesso  anno  gli  fu  so- 
stituito Leopoldo  Guglielmo  arci- 
duca d'Austria  figlio  di  Ferdinando 
II,  lodatissimo  per  molte  virtù,  al 
cui  tempo  gli  svedesi  desolarono  la 
diocesi;  fu  governatore  del  Belgio, 
e  coronò  il  nipote  in  re  di  Boe- 
mia. Nel  i663  Carlo  I  Giuseppe 
arciduca  d'Austria,  nipote  del  pre- 
cedente gli  successe  anche  nelle 
altre  dignità  ecclesiastiche,  angelo 
di  costumi,  morì  nel  1664  d'anni 
i5.  Gli  fu  sostituito  Carlo  li  con- 
te di  Lichtenslein  del  Tirolo,  già 
alunno  del  collegio  germanico  e 
canonico  d'Olmiitz  ;  lodato  pel  zelo 
che  pose  in  estirpare  gli  eretici,  in 
restaurare  la  disciplina  ecclesiastica, 
nel  promuovere  il  culto  divino,  nel 
riparare  e  riedificare  edifizi ,  ospe- 
dali e  l'episcopio  nobilmenfe ,  nel 
dotare  il  seminario  e  la  biblioteca 
con  la  spesa  d'immense  somme,  che 
pure  impiegò  a  sollievo  de'  poveri. 
Nel  1695  gli  successe  Carlo  IH 
de'duchi  di  Lorena  e  Bar,  coadiu- 
tore del  predecessore, degnissimo,  pa- 
dre de'  poveri ,  curò  l' incremento 
della  religione  e  de'  suoi  edifizi  ,  e 
meritò  nel   17 io  d'essere  elevato  a 


OLI  3i3 

elettore  di  Treveri.  Nel  1711  fu 
nominato  Wolfango  Annibale  conte 
de  Scìirattenhach  di  Sliria,  cano- 
nico di  Salisbm'go  e  d'Olmiitz,  crear 
to  cardinale  da  Clemente  XI,  gl'ira- 
pose  la  berretta  cardinalizia  Carlo 
VI,  fu  benemerito  e  zelante  pastore. 
Nel  1738  Giacomo  Ernesto  conte 
di  Lichlenslein,  canonico  d'Olnjìitz 
e  Salisburgo,  traslato  da  Secovia,  fu 
confermato  da  Clemente  XI F,  e  ri- 
cevette l'investitura  feudale  del  prin- 
cipato da  Carlo  VI,  la  cui  figlia 
Maria  Teresa  coronò  regina  di  Boe- 
mia ;  si  meritò  la  stima  di  Fede- 
rico II  quando  invase  la  Moravia, 
abbellì  l' episcopio  e  la  cattedrale, 
ove  costruì  due  organi,  fondò  una 
casa  agli  scolopi,  la  spezieria  del  se- 
minario, e  da  Kremsier  trasferì  la 
biblioteca  per  uso  del  pubblico. 
Traslato  a  Salisburgo  nel  1 74^ , 
venne  eletto  vescovo  Ferdinando 
Giulio  conte  de  Troyer;  ricevette 
l'investitura  da  Maria  Teresa,  e  Be- 
nedetto XIV  lo  creò  cardinale,  ri- 
mettendogli la  berretta  cardinalizia 
per  Benedetto  Passionei ,  e  gliela 
impose  Francesco  I,  che  poi  ospitò 
coir  imperatrice  in  Kremsier  e  in 
Olmlitz  ;  incendiatosi  il  castello  di 
Kremsier  lo  restaurò ,  ma  vi  perì 
la  biblioteca  e  molte  suppellettili 
preziose.  Gli  successe  nel  1758  Leo- 
poldo Federico  conte  d'Egkh  e  Hun- 
gersbach  d'Amburgo,  arcidiacono  di 
Olmiitz  e  preposto  di  Kremsier,  di- 
gnità che  ritenne  con  facoltà  pon- 
tificia, zelante  predicatore;  rifece  la 
cappella  della  Beata  Vergine,  au- 
mentò le  rendite  del  seminario ,  e 
fra  le  pie  fondazioni  nomineremo 
due  cerimonieri  nella  cattedrale,  e 
fu  sepolto  nella  cappella  della  Bea- 
ta Vergine  Addolorata  di  Kremsier. 
Nel  1761  Massimiliano  conte  d'Ha- 
mikou  oriunda  di  Scozia,  nativo  di 


3i4  OLI 

Monaco,  canonico  d'  Olmrttz,  limo- 
siniere,  e  d'integra  vita;  visitò  la 
diocesi,  in  Kremsier  restaurò  l'au- 
la episcopale  ed  altri  edifìzi  nella 
diocesi,  aumentò  la  biblioteca. 

Indi  nel  1777  <^^i^cnne  vescovo 
Antonio  Teodoro  de'  conti  di  Col- 
loredo  e  Waldsee,  già  convittore 
del  collegio  nazareno  di  Roma  e  lau- 
realo in  Padova,  e  fu  il  primo  ar- 
civescovo d'Oiiniitz,  ricevendone  il 
sacro  pallio.  Visitò  l'arcidiocesi,  ri- 
cevette l'investitura  da  Maria  Te- 
resa, restaurò  la  torre  di  Kremsier 
ed  ornò  l'anlicamera  della  bibliote- 
ca ;  aprì  l' istituto  de*  poveri ,  Fece 
ima  provvida  divisione  della  diocesi, 
ricuperò  alcuni  feudi  da  Leopoldo  li, 
e  nel  i8o3  fu  creato  cardinale: 
ebbe  in  suffraganei  Carlo  de  Ro- 
sental  boemo  e  Luigi  Krakowiskz 
a  Collowart  di  Praga ,  vescovi  di 
Cafarnao  e  di  Sarepta  in  parlibus. 
Morto  l'arcivescovo  nel  181  i  il 
coadiutore  di  esso  Rodolfo  Giovan- 
ni Giuseppe  Ranieri  arciduca  d'Au- 
stria, cbe  tale  era  sino  dal  i8o5, 
benché  deputato  con  futura  succes- 
sione, cede  il  suo  diritto  al  vesco- 
vo di  Ronigsgratz  Maria  Taddeo 
conte  Trautmannsdorf'  FFeinsberg , 
confermato  e  creato  cardinale  da 
Pio  Vn.  Morendo  a'  20  gennaio 
i8ig,  fu  postulato  il  degnissimo  ar- 
ciduca, gran  croce  di  s.  Stefano,  di 
s.  Uberto  di  Baviera  e  della  Coro- 
na di  Sassonia,  e  Pio  VII  mentre 
nel  suo  palazzo  Quirinale  avea  a 
graditissimo  ospite  l'imperatore  Fran- 
cesco 1  di  lui  fratello,  nel  concistoro 
tenuto  nello  stesso  palazzo  a'4  giu- 
gno 18 19  lo  preconizzò  arcivesco- 
vo d'Olmiltz  e  creò  cardinale  con 
le  particolari  distinzioni  narrate  al- 
la sua  biografia  nel  voi.  IX,  p.  3i3, 
ed  altrove,  e  con  apposita  allocu- 
zione che  si  legge  nel  eh.  d.  Giovanni 


OLI 

Bcllomo,  Coni,  ddla  stor.  del  crisi. 
voi.  II,  p.  igT.  Questo  amplissimo 
pastore  zelante  del  decoro  del  di- 
vin  culto,  rifuse  e  solennemente  be- 
nedì  la  campana  della  cattedrale, 
e  lasciò  la  sua  memoria  in  bene- 
dizione, anche  per  aver  ottenuto  dal- 
l'imperatore fratello  nel  1828  l'e- 
rezione in  università  del  liceo  d'Ol- 
miitz.  Il  capitolo  e  canonici  elesse- 
ro a  successore  Ferii iuando  Maria 
conte  di  Clotek,  traslato  da  Tarno- 
via  da  Gregorio  XVI  a'  24  febbraio 
18  32,  mentre  nel  precedente  anno 
r  avea  trasferito  da  Tolemaide  in 
parùibus  a  Tarnovia,  titolo  vesco- 
vile che  avea  ricevuto  nel  1817  da 
Pio  VII,  allorché  Io  destinò  sulFra- 
ganeo  d'Olmiltz,  e  lo  fu  dei  due 
suoi  immediati  predecessori.  Per  sua 
morte  il  capitolo  e  canonici  elesse- 
ro l'odierno  arcivescovo  monsignor 
Massimiliano  Giuseppe  Goffredo  li- 
bero barone  de  Semeran-Beekh  di 
Vienna,  canonico  e  prevosto  d' 01- 
miitz,  e  Gregorio  XVI  lo  confermò 
e  preconizzò  nel  concistoro  de'  19 
maggio  1837;  quindi  in  quello  dei 
23  maggio  1842  dichiarò  in  di  lui 
suffraganeo  l'attuale  monsignor  Ro- 
dolfo libero  barone  di  Thysebaert 
di  Salisburgo  e  vescovo  di  Tiberia- 
de  in  parlibus,  decano  e  parroco 
della  chiesa  collegiata  di  Kremsier 
e  canonico  della  prelatura  scolasti- 
ca nella  cattedrale.  Il  capitolo  si 
compone  di  quattro  dignità,  cioè  il 
decano,  il  prevosto,  l'arcidiacono,  lo 
scolastico;  di  otto  canonici  residen- 
ziali, di  undici  canonici  domicellari, 
di  dodici  vicari  capitolari,  e  di  altri 
preti  e  chierici  addetti  al  servigio 
divino,  ed  il  vicario  del  capitolo 
funge  l'uffizio  di  parroco  nella  me- 
tropohtana.  Questo  nobilissimo  ca- 
pitolo è  assai  ricco,  gode  molti  pri- 
vilegi e  l'onorevole  titolo  dì  fedele. 


OLY 

Ogni  nuovo  arcivescovo  è  tassato 
ne'  libri  della  camera  apostolica  in 
fiorini  22  1 5,  ascendendo  le  rendite 
della  mensa  a  fiorini  33,ooo  mo- 
neta convenzionale.  Vedasi  l'impor- 
tante libro  :  Aiigustini  Olomucensisy 
Epìscoporiim  Olomucensium  series, 
quam  recensiate  conlinuavit,  nolisque 
hìslorico  -  chronologìcis  illustravii 
Franciscus  Xa\f.  Richterj  ss.  theo- 
logtae  bacalaureus,  hìstorìae  iiniver- 
salis  professor  emeriuis^  nunc  cae- 
sareo  regiae  wiiversilalis  Oloniucen- 
sis  hibliothecarius  et  architpisc.  cori' 
sist.  consil.  Olomucii  characteribus 
Aloysii  Skarnitzl,   i83i. 

OLOCAUSTO,  Holocaustum.  Sa- 
grifizio  a  Dioj  nel  quale  tutta  la 
vittima  o  osila  che  s' immolava , 
era  consumata  dal  fuoco  sull'altare; 
era  perciò  distinto  da  tutti  gli  altri 
sagrifizi,  ne'  quali  la  carne  era  man- 
giata dagli  astanti.  L'oggetto  del- 
l'olocausto era  di  riconoscere  ed  at- 
testare il  supremo  dominio  di  Dio 
sopra  tutti  gli  esseri  viventi.  Non 
ne  consegue  da  ciò,  che  coloro  i 
quali  roffrivano  si  persuadessero  che 
la  divinità  era  alimentata  o  lusin- 
gata dal  fumo  e  dall'odore  delle 
carni  bruciate.  Questo  grossolano 
errore  de'  pagani  non  entrò  mai  in 
capo  degli  adoratori  del  vero  Dio, 
che  anzi  è  formalmente  condanna- 
to ne'  libri  santi,  in  cui  si  ripete 
che  Dio  non  tiene  conto  che  dei 
sentimenti  del  cuore.  Il  vocabolo 
olocausto  talvolta  è  preso  in  signi- 
ficato di  qualunque  specie  di  offerta 
e  di   culto.   J^.  Altare  e  Sacrifizio. 

OLYNITZ  o  OLENISTl  Sbigneo, 
Cardinale.  Sbigneo  Olynitz  o  Ole- 
nisti  nobile  polacco,  applicossi  fino 
dalla  gioventù  allo  studio  delle  let- 
tere, senza  però  tralasciare  di  ad- 
destrarsi neir  arte  militare ,  nella 
quale  diede  ohiaie  prove  di  segna- 


OLY  3i5 

lato  valore,  e  in  una  famosa  balta- 
glia  salvò  la  vita  a  Uladislao  Ja- 
gellone  re  di  Polonia,  che  lo  spedi 
suo  oratore  di  obbedienza  a  Gio- 
vanni XXIII  e  poi  air  imperatore 
Sigismondo.  Il  medesimo  Ladislao 
lo  trascelse  a  suo  segretario,  o  se- 
condo alcuni  a  vice-cancelliere  del 
regno  ,  e  dopo  avergli  conferito 
un  canonicato  nella  cattedrale  di 
Cracovia ,  lo  nominò  al  vescovato 
di  detta  chiesa.  Alla  fine  in  ricom- 
pensa delle  sue  esimie  virtù  ed  e- 
minente  letteratura,  Eugenio  IV  ai 
i8  dicembre  14^9  lo  creò  cardi- 
nale prele  del  titolo  di  s.  Prisca. 
Siccome  difensore  acerrimo  dei  di- 
ritti e  libertà  della  Chiesa,  riprese 
acremente  Ladislao  re  di  Polonia , 
che  donava  agli  ottimati  del  suo 
dominio  i  beni  delle  chiese,  e  pre- 
sto gli  fece  cambiare  sentimenti  e 
condotta.  Essendo  stati  gli  amba- 
sciatori degli  eretici  boemi  ammes- 
si all'udienza  del  re  di  Polonia,  nel 
partire  che  fecero  vollero  passare 
per  Cracovia;  lo  che  saputosi  dal 
cardinale,  ordinò  che  in  tutto  il 
tempo  di  loro  permanenza  in  quel- 
la città  si  sospendessero  tutte  Tec- 
clesiastiche  funzioni  e  divini  uffizi 3 
del  che  forte  sdegnati  fecero  gran 
minacele  contro  di  lui,  il  quale  però 
non  ne  mostrò  alcun  timore,  pio- 
testandosi  apparecchiato  a  perdere 
la  vita  per  motivo  e  causa  di  re- 
hgione.  Che  anzi  essendo  di  nuovo 
avvenuto  lo  stesso ,  ordinò  altret- 
tanto, ed  intrepido  non  curò  le  mi» 
naccie  del  re  irritato  contro  di  lui; 
gli  rispose  con  apostolica  franchez- 
za, ed  affrontò  il  suo  sdegno  e  fu- 
rore ;  e  quantunque  fosse  avvisalo 
a  guardarsi  la  vita  che  correva  ri- 
schio di  perdere,  non  volle  usare 
alcuna  cautela.  Né  minor  zelo  mo* 
sti^    quando    radunati    i   vescovi  e 


3.6  OLY 

palatini  del  regno  in  pubblica  dieta, 
volle  riprendere  i  vizi  del  re,  rin- 
fjicciandogli  con  sacerdotale  inlre- 
j)idezza  le  sue  oscenità  e  concussio- 
ni, con  grave  ed  eloquente  orazio- 
ne; per  cui  rientrato  in  se  stesso 
il  sovrano,  cambiò  costumi  e  ri- 
guardò d'allora  in  poi  con  maggior 
venerazione  il  vescovo  di  Cracovia, 
ni  quale  in  morendo  lasciò  lanello 
nuziale,  e  gli  raccomandò  i  propri 
ligli.  Quale  amico  di  s.  Giovanni 
(la  Capistrano,  l'invitò  più  volte  in 
l*oionia,  dove  finalmente  condottosi 
il  santo  a  fine  di  comporre  la  con- 
troversia nata  tra  l'arcivescovo  di 
Gnesna  primate  della  Polonia,  e  il 
cardinal  vescovo  di  Cracovia,  in- 
torno a  chi  di  loro  dovea  assistere 
ni  matrimonio  del  re  Casimiro  con 
Elisabetta  figlia  dell'imperatore  Al- 
])erto,  fu  deputato  di  comun  con- 
senso delle  parti  per  tal  funzione  il 
nominato  s.  Giovanni,  con  che  ri- 
inase  sopita  ogni  controversia.  Il 
Dattichy  però  scrive,  che  non  sa- 
pendo il  santo  ne  la  lingua  polac- 
ca, ne  la  tedesca,  fa  per  di  lui  sen- 
timento destinato  il  cardinale  alla 
funzione  delle  nozze ,  e  il  primate 
venne  deputato  per  ungere  e  co- 
ronare la  nuova  regina.  Intento  al 
sollievo  delle  vedove  e  de*  pupilli, 
diede  loro  più  volte  in  un  giorno 
fino  a  duemila  scudi  per  volta ,  e 
compassionando  i  giovanetti  mise- 
rabili applicati  allo  studio ,  fondò 
per  essi  un  celebratissimo  collegio 
in  Cracovia,  a  cui  lasciò  tutti  i  suoi 


0MB 
beni.  Edificò  in  tal  citta  ad  insi- 
nuay.ione  del  nominato  santo  un  con- 
vento a*  frati  minori ,  con  chiesa 
sotto  l'invocazione  di  s.  Bernardino, 
e  lasciò  per  testamento  somme  per 
compirlo,  inlroducendosi  cos\  l'or- 
dine francescano  in  Polonia.  Stabi- 
fi  in  Saudocia  un  insigne  collegio 
di  sacerdoti  secolari  con  una  pre- 
positura, e  assegnò  loro  larghe  ren- 
dite. Tuttavolta  questo  degno  car- 
dinale ebbe  la  disgrazia  di  precipi- 
tare nello  scisma  dell'antipapa  Fe- 
lice V,  che  lo  annoverò  tra  i  suoi 
anticardinali ,  e  per  suoi  messi  in 
Basilea  fece  ringraziarlo  nel  i44^> 
sebbene  il  Dattichy  dice  che  si  ten- 
ne neutrale  tra  Eugenio  IV  e  Fe- 
lice V.  Ravvedutosi  però  del  suo 
grave  errore  nel  i44^>  ^^  ^^  ^'* 
colò  V  all'antica  dignità  restituito. 
Dopo  aver  santamente  governata  la 
propria  chiesa  per  lo  spazio  di  tren- 
tadue anni,  estenuato  dal  rigoroso 
digiuno  da  lui  guardato  nella  qua- 
resima, e  dalle  immense  fatiche  sos- 
tenute in  prò  del  suo  gregge,  pie- 
no di  meriti  fu  chiamato  a  miglior 
vita  in  Sandomira  nel  i4^5  d'an- 
ni sessantasei,  e  rimase  sepolto  nella 
sua  chiesa  con  epitaffio  in  versi. 

OMBI.  Sede  vescovile  della  se- 
conda Tebaide,  nel  patriarcato  d'A- 
lessandria ,  chiamata  pure  Oniboc, 
sotto  la  metropoli  di  Tolemaide, 
eretta  nel  V  secolo.  Ebbe  per  ve- 
scovi Silvano  e  Ver  re.  Oriens  christ. 
t.  II,  p.  614. 


FINE   DEL   VOLUfl^E    QUADRIGESIM  OTTAVO, 


286094 


BX  841  .M67 

sncR 

1840 

fioroni  ,  Gaet 
1802-1883. 

ano. 

Dizionario  d 

i  erud 

izione 

storico-eco lesias 
AFK-9455  (awsk) 

t  ica