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DIZIONARIO
DI ERUDIZIONE
STORICO-ECCLESIÀSTICA
DA S. PIETRO SINO Al NOSTRI GIORNI
SPECIALMENTE INTORNO
AI PRINCIPALI SANTI, BEATI, MARTIRI, PADRI, AI SOMMI PONTEFICI, CARDINALI
E PIÙ CELEBBl SCRITTORI ECCLESIASTICI, AI VARH GRADI DELIA GERARCHIA
DELLA CHIESA CATTOLICA, ALLE CITTA* PATRIARCALI, ARCIVESCOVILI E
VESCOVILI, AGLI SCISMI, ALLE ERESIE, AI CONCILI!, ALLE FESTE PIÙ SOLENNI,
Al RITI, ALLE CERIMONIE SACRE, ALLE CAPPELLE TAPALI , CARDINALIZIE E
PRELATIZIE, AGLI ORDINI RELIGIOSI, MILITARI, EQUESTRI ED OSPITALIERI, NON
CHE ALLA CORTE E CURIA ROMANA ED ALLA FAMIGLIA PONTIFICIA, EC. EC. EC .
COMPILAZIONE
DEL CAVALIERE GAETANO MORON1 ROMANO
SECONDO AIUTANTE DI CAMERA
DI SUA SANTITÀ PIO IX.
VOL. LXXX.
IN VENEZIA
DALLA TIPOGRAFIA EMILIANA
MDCCCLVL
ri
La presente edizione è posta sotto la salvaguardia delle leggi
vigenti, per quanto riguarda la proprietà letteraria, di cui
l'Autore intende godere il diritto? giusta le Convenzioni
relative.
DIZIONARIO
DI ERUDIZIONE
STORICO-ECCLESIASTICA
T
TRE
TRE
1 RE VERI (Treviren). Qllà con re-
sidenza vescovile celebre e antichissima,
negli stali occidentali del re di Prussia,
nella provincia del Basso-Reno, capoluo-
go di reggenza e di due circoli, distante
26 leghe d' Aquisgrana, 2 t da Coblentz
e y4 da Parigi, in fondo fra due monta-
gne , sulla destra sponda della Mosella,
che quivi accoglie il piccolo ruscello di
Weberbach, e vi si varca sopra un vec-
chio ponte di pietra. S' innalza nel bel
mezzo di pittoresca valle, e le danno or-
namento le vie spaziose e ben lastricate,
ed i solidi edilìzi di grandi pietre quadra-
le composti. Vi si distinguono il palazzo
elettorale, che serve ora di caserma, e le
chiese della B. Vergine, di s. Simeone, e
la vasta cattedrale. Questa di antica e
gotica struttura è sotto l'invocazione di
s. Pietro principe degli Apostoli, e tra le
reliquie vi si venera e gelosamente custo-
disce, quale inestimabile sagro tesoro, la
ss. Tonaca o Tunica inconsutile di Ge-
su Cristo {V.). Le divote processioni e i
sagri pellegrinaggi de'cattolici alla catte-
drale per venerarvi la ss. Tonaca, allorché
d'ordine dell'attuale zelantissimo vescovo
mg.r Arnoldi si espose alla pubblica ve-
nerazione nell'agosto e settembre 1 844-»
dierono occasione e pretesto di manifesta-
re i suoi riprovevoli errori, all'apostata
Gio vanniRongecaposetta di nuovo scisma
e di quegli infelici eterodossi seguaci del
Razionalismo e Socialismo (J^.)t che o-
riginati in Posnania (f.), furono tosto
colpiti dallecensure apostoliche di Grego-
rio XVI, e di mg.r vescovo di fVratisla-
via (F.) o Breslavia. In tali articoli de-
plorai l'audacia dell'indegno Ronge, che
sfrontatamente ardi di pubblicare violen-
ta scrittura contro le ss. Reliquie, contro
la s. Sede, e contro I' ottimo vescovo di
T reveri; e rimarcai che il Rongianismo fu
riprovato ancora dal regnante Pio IX. Il
capitolo della cattedrale si compone del-
la 1 /dignità del preposto e di quella del
decano, di 8 canonici numerari e di4o-
norari , di 6 vicari prebendati; desunt
praehendae theologalis et poenitentia-
ria, dice l'ultima proposizione concisto-
riale. Tuttora, in vigore d'iudulto aposto-
lico, il capitolo e i canonici eleggono il
4 TRE
vescovo, che conferma la s. Sede. Uno dei
canonici esercita nella cattedrale la cura
dell'anime, però il battisterio esiste nel-
la vicina chiesa della B. Vergine. Antica-
mente il capitolo maggiore era composto
di 4° canonici, di cui \6 capitolari e 16
domiciliari, tutti nobili. Egualmente pros-
simo alla cattedrale è il conveniente epi-
scopio. Oltre la cattedrale nella città vi
sono altre 5 chiese parrocchiali, munite
del s. fonte, due monasteri di monache,
diversi sodalizi, l'ospedale a cui assistono
le sorelle della Carità, il monte di pietà,
il seminario cogli alunni, il liceo, una dot-
ta società, e la pubblica biblioteca ricca di
più di 70,000 volumi. Sotto il romano
impero ;issai fiorirono le lettere nelle Gal-
lie, perchè i romani vi stabilirono molte
scuole, e tra quelle di maggior grido pri-
meggiano le scuole di Marsiglia, Tolosa,
Bordeaux, A utun,Lione,e Treveri la qua-
le meritò d'essere visitata, oltre altre, dal
dottore massimo s. Girolamo poco dopo
il 370.L'imperatoreGrazianochenel 375
salì all'impero, dotto protettore delle
scienze,assegnòuna rendita stabile a'mae-
stri pubblici di rellorica , come anco a
quelli che insegnavano nelle grandi città
le lettere greche e Ialine. Accordò parti-
colari privilegi alle scuole delle Gallie, e
soprattutto a quelle di Treveri, i profes-
sori delle quali aveanopiù grossi stipen-
di che quelli di tutte le altre. Fece veni-
re Ausonio di Bordeaux in questa città,
e persuaso che le scienze non ponno che
divenir nocive senza la virtù, fece sagge
regole per mantenere il buon costume
tra gli studenti, e loro proibì di andare
a'teatri e di trovarsi alle pubbliche feste.
La scuola di Treveri avea per professori
di eloquenza Armonio e Ursucula , dei
quali Ausonio fa i maggiori elogi. Papa
Nicolò V in considerazione di quanto a-
veano fiorito le scienze in Treveri, v'isti-
tuì l'università e lo studio generale, l'or-
nò di molti privilegi e singolari preroga-
tive, non che di benefìzi ecclesiastici, col-
le bolle fnlcr e ade ras felicitatesi Ho-
TRE
manum decet Ponti/icem, de'a e 1 1 feb-
braio 1 4^4» altri benefìzi ecclesiastici unì
all'università Sisto IV, colla bolla In su-
premae dignitatis, de' 26 maggio 1 4?4>
che confermò Clemente VII, conceden-
dole altre grazie, mediante la bolla Quo*
ni ani per lilerarum,At\Y% ottobre 1 532;
le quali bolle Gregorio XV confermò col-
la sua, Unìversalis Ecelesiae regimini,
de' 17 luglio 1621, Bull. Rorn. t. 5, par.
4> p. 36 1, ove si leggono tutte. Inoltre in
Treveri viHfu eretto u\\ collegio per le mis-
sioni apostoliche, e perciò dipendente dal-
la congregazione di propaganda fide , e
diretto da'gesuiti. Ma per le vicende po-
litiche de'tempi, tanto l'università che il
collegio restarono soppressi. Treveri è
patria di molti illusili, fra 'quali ricorde-
rò s. Ildegarda badessa, d'una illustre
famiglia della contea di Spanheim; Sal-
viano prete di Marsiglia del V secolo, che
pure vuoisi originario di Treveri, aulore
di due trattati, 1' uno sulla provvidenza
di Dio, e l'altro sull'avarizia; del celebre
cardinale Amalario F 'or lunato , arcive-
scovo della patria; del famoso cardinal Ni-
colò di Casa, nato presso la Mosella nel-
la diocesi di Treveri da un pescatore, pre-
posto di s. Fiorino di Coblentz, il cui cuo-
re fu portato a Cusa sua patria e depo-
sto nell' ospedale da lui fondato. Treve-
ri fu pure patria del letterato Corrado
Fleisch e di altri. Vi sono manifatture
di panni, di tappeti, di tele tli lino, d'in-
diane, di calze, di cappelli, di sapone, di
candele, di tabacchi e carte dipinte; fon-
derie, fabbriche di terraglie e concie di
pelli, formano la sua principale industria,
e tra dica di vini della Mosella, grani e le-
gname. Poche contrade al pari di questa
ridonda d'antichità romane, poiché si ri-
tiene forse la più antica città eli Germa-
nia, ed una fra le più celebri della regio-
ne. Considerevoli sono le rovine de'soo-
tuosi bagni, ma rare vestigia si conserva-
no del circo e dell'anfiteatro; è rinoma-
la la così eletta porta nigra. Anche le pie-
tre del ponte che attraversa la Mosella, e
TRE
«Iella piazza del Mercato, sono opera ro-
mana, dacché Treveri era imo de' prin-
cipali loro empori, e capitale della Gal-
lici Belgica. 1 dintorni racchiudono fer-
ro, rame, argento e piombo, e vi si at-
tende particolarmente alla coltivazione
della vite e del lino. Conta circa 18,000
abitanti, e la reggenza del suo nome più
di 32o,ooo, formante la parte meridiona-
le della provincia del Basso-Reno, il qua-
le comprende l'antico slato sovrano del-
l'Elettorato ecclesiastico di Treveri, al-
tre sue reggenze essendo quelle d' At/ui-
sgrana e Coblentz. 11 territorio elettora-
le conteneva 280,000 abitanti, e capita-
le n'era la città di Treveri, fregiata pure
del grado di città imperiale. Dimorava
ancora in Coblentz (V.) e nella fortezza
d'Ebrenbreinsteiu che la difende. L'arci-
vescovo elettore era cancelliere dell'//«-
pero per le Gallie e pel regno d'Arles; era
il 2.0 degli elettori ecclesiastici, ma vota-
va pel i.° per l'elezione dell'Imperatore
{V.). Di sue particolari prerogative, qua-
le Elettore del s. Romano Impero, e del
titolo d' Eminenza e altri titoli, in tali ar-
ticoli ne ragionai. Avea la propria zecca
e batteva monete, alcuni arcivescovi e-
lettori avendo fatto coniare anche i fio-
rini d'oro simili a quelli della repubblica
fiorentina, con l'ellìgie di s. Gio. Batti-
sta, e per distinzione sopra la mano de-
stra del santo, in atto di benedire, vi
ponevano l'aquila di due teste; nel rove-
scio il giglio era poco diverso da quello di
Firenze, ed intorno il nome dell'arcive-
scovo, come N. Archiepiscopus Treviren-
sis. lu alcuni fiorini, invece del giglio, è
lo stemma gentilizio dell'arcivescovo che
li fece coniare. Alcune di queste monete
si potino vedere nel Vettori, Il Fiorino
d'oro antico illustrato. Un tempo l'ar-
civescovo di Treveri fu legato o vicario
della Sede apostolica in tutta la Gallia
e la Germania. In Roma anticamente gli
arcivescovi di Treveri godevano, secon-
do alcuni, la Chiesa de'ss. Quattro Co-
roiiati (f^.Jf 0 meglio l'oratorio poi degli
TRE 5
Scultori [V.) e scarpelliui, colla contigua
abitazione per risiedervi nella loro venu-
ta in Roma, poi rifabbricato e divenuto
Palazzo apostolico de'ss. Quattro, sic-
come edificato con magnificenza da Pa-
squale li, allorché riedificò la chiesa col-
l'abitazione rovinata da Roberto Guiscar-
do allorquando si portò nel 1080 a Ro-
ma a liberare s. Gregorio VII dal perse-
cutore Enrico IV; palazzo in cui allog-
giò l'imperatore Sigismondo nel recarsi 111
Roma nel 1 4-33 per ricevere la corona im-
periale. Nel citato articolo, col Martinel-
li e col Piazza, dissi la concessione fitta
da Leone Vili all'arcivescovo Teodorico,
ma ora trovo nel Bull. Rom. 1. 1, p. 276,
cheappartiene a Papa Benedetto VII; for-
se l'antipapa Leone Vili, intruso da Ot-
tone I e morto nel q65, l'avrà eseguita,
e il legittimo Benedetto VII resa valida,
anzi in tempo dell'antipapa l'arcivesco-
vo era Enrico, che intervenne al concilia-
bolo di Roma (F.) del 963, in cui sacri»
legamente fu deposto il Papa Giovanni
XII per sostituirgli il pseudo Leone Vili.
Però dalla bolla de'28 gennaio 975 di ciò
nulla si dice; solo quanto alla data del me-
se vi è una variante, poiché i cronologi
dicono Benedetto VII eletto prima de'
25 marzo. Come un monumento impor-
tante, per provare 1' asserta rettificazio-
ne, e per quanto dovrò dire, reputo con-
veniente il riprodurla. » Benedictus Epi-
scopus Servus Servorum Dei, carissirais
nobis in Christo fratribus, universis Epi-
scopis, ac totius dignitatis, et ordinis Ca-
tholicis viris praesentibus scilicet et futu-
ris perpetuam salutem. Quia licei indi-
gni, divinae tamendigoatiouisgratiae di-
sponente, B. Pelri apostolorum princi-
pissacratissimaui Sedem,pastoralemque
in corani dominici gregis ministeriumsu-
scepimus juxta apostolicam doctrinam,
sicut malis terrori, ne desideria pravi ta-
li* suae perfìciant nos oportet existere ,
ita sanctae Dei universale Ecclesiae filios
in religionis piaeque devotionis profe-
ctu pateinae gratiaebenedictione fovere:
6 TRE
maximeque eos, qui iu s. Romanam Ec-
clesia m, B. Petruni apostolorum princi-
peni cauteri* devotiores probantur; qua-
tenus eis, pia sui devotio, et iti piaesenti
benignitatis couferat consolalionein, et iti
futuro aeternam ipso intercedente remu-
nerationem. Unde omnium tam praeseu-
tium quam futuroruinsanctitalem, el iu-
duslriam nosse volumus, de saucla fralris
nostri Tbeodorici s. Trevirensis Ecclesiae
Archiepiscopi, Primatisque nostra prae-
decessorumque nostrorum , ab esordio
Chrislianitatis perB. Petruui constilutio-
jie, tolius Galliae ac Germaniae, in eum-
dero Apostoloruin principem devotione,
qui in sua sede, Ecclesiali) Cimati glorio-
sus gubernando multa moiuisteiioium >
quae usque in sua tempora manserunt
deserta, restaurando, bealoruni Aposto-
lurum Limiiiii caeterissaepius, nullo I o 1 1
gioris viae periculo , seu labore tenitus,
libéralissime visitando, tiubis usque eo
complacuit, ut eidem Theodorico, et i-
psiu* Ecclesiae possidenda in perpetuutn
aliqua conferì e justum ducereuius; qua-
terna, ut pracfali sumus , pio tanta sui
devotione, a nobisgratiam, et benedictio-
nem in praeseuli,et iu futuro a Deo bea-
tisque Apostoli ceuluplicatam in coele-
btibus reci perei gloriati). Quapropter o-
tnnium tam praesenlium quam futuro-
rum notum fieri volumus iiulustriae, uos
cuti) auctoi itale 1j. l'eli i apostoli n uni priu-
cipis,gi aluitoque sacerdotuiu,clericorum,
totius(|ue romanae plebis assensu, eidem
fc.Trevirensi Ecclesiae Cellam (par chia-
ro cbe delibasi intendere l'oratorio, e pel
•uo ospizio la contigua abitazione e pos-
sessioni, poiché la chiesa giàera tilolocar-
dinalizio e lo è tuttora; può darsi chela
Cella o abitazione fosse diversa dal pa-
lazzo de'lilolari, e cbe forse desso fu il ri-
fabbricato da Pasquale 11) Quatuor Co-
ronatoi uni condonasse in perpetuo pos-
sidendam,cum oimi'ìbmslppendùiis suis,
aquis sei licei , aquarumque decursibus,
pratis, pascuis, viueU, sii vis, cullis el iu-
cultis, cuililibus el mansis. Quae omnia
TRE
eidem fralri nostro Theodorico s. Tievi-
rensis Ecclesiae Archiepiscopo, Vicario-
que nostro carissimo in partibus tolius
Galliae el Germaniae, ac per euni cun-
ctis successoribus inperpetuuoi possiden-
da, teueuda, ac ordinanda, per hiijusno-
straeApostolicae praeceptionisseriem tri-
buimus, quaecumqueeadem Cella ex di-
versa fideliuin donatiotiibus autentice se-
cundum legem romauuui possidet , vel
jam possidere debet, data videlicel,et us-
que in fi tieni saeculi quoquo pactodan-
da, seu per violenliam iniuncorum eidem
Cellac ubiate, seu per incuriam cornino -
ranlium in eadem Cella perdila, ex in-
tegro, et ad integrum eidem fi atri nostro
Theodorico s. Tievirensis Ecclesiae Ar-
chiepiscopo, dignissiuioque nostro Vica-
rio iu partibus tolius Galliae el Germa-
niae, universisque successoribus suis per
eum a piaesenti die indictioueque lertia
B. Petri apostolorum principi* uoslraque
permittimus auctorilate. Contra quam si
quis hominem quolibet modo agereprae-
sunipserit, et quod jusle, ac canonice a
uobis decretimi est, in aliquo infringere
tentaverit, sciai se ex Dei omnipotenlis
et piaedicti B. Apostolorum principis o-
tnniumque Sanctorum, ac deinde nostra
:i net or i la le da in na udii m, a na t Ilenia liza il-
ei uni, et cum omnibus impiis aeteruo sup-
plicio deputandum. Qui vero hoc ipsuin
nostrum privilegium, observare, custodi-
re, adimplere fideliler studueril benedi-
ctionis gratiam, el misencordiae plenitu-
iliiieu) iu coeleslibus castri», inter eleclo-
runi iiuinei uni ellicaciler a Domino Deo
consequi mereatur. Scriptum per inanuui
Stephaui notarii, el regionai ii, et scrina-
rli s. Sedis aposlolicae, mense januario,
Indictione III. Data xv kal.febr. per ma-
num Widonis Episcopi, el bibliolhecarii
s. Sedis apostolicae anno Deo propitio ,
PontiOcalus Domini nostri Benedicti san-
clissiuii VII Papaeprimo. Imperante Du-
mino piissimo imperatore Augusto Otto-
ne, a Deo coronato, magno, anno vili
ludictioue tertia ".
TR E
L'origine di Treveri si perde nel buio
de'teuipi, ed è cerio anteriore all'entrata
de'romani nelle Gallie: costituisce la ca-
pitale della provincia omonima, che altre
volte avea per confini all'oriente il Reno,
a ponente la Mosa o M osella, a mezzogior-
no il paese de'Mediomalrici o de'Messi-
ni, ed al settentrione il paese de'Petnani,
Cere*i,Segnienie Condrosieni,clie esteu-
devasi dalla Musa e vicinanze di Nerviens
tino al Reno. I treviresi, germani di origi-
ne, erano il più celebre popolo della Bel-
gica, e Pomponio Mela dice di loro: Cla-
rissimi Belgarum Treviri, urbesque in
Treviri» opulentissimae Augusta. Nel-
l'anno 58 prima dell'era corrente, i tre-
viresi vedendo die Giulio Cesare avea do-
mati gli elvezi, cercarono la di lui ami-
cizia meno pei* inclinazione che per ti-
more; allora Treveri era già molto im-
portante e capoluogo de'Treviri. Questi
avvertirono il duce romano, che gli sve-
vi stanziati sulla riva destra del Reno si
disponevano a passar questo fiume per in-
vadere il loro paese e quelli de'loro vi-
cini; ma gli eventi provarono tostamente
quanto poco solida t'osse questa loro al-
leanza. Nel seguente anno avendo quasi
tutte le Gallie cospirato contro il generale
romano, egli mosse alla volta dell'inimico
accani patoaRemois,ed a veudolo sconfìtto
sulle sponde dell'Aisne, lo perseguitò fi-
no al paese de'Nerviensi. 11 nemico, ria-
vutosi prontamente da tale rovescio e fat-
tosi forte coll'uuione de'vermandesi e de-
gli atrehati, venne ad una 2." battaglia,
in cui Cesare fu costretto a prender la fu-
ga. A tal nuova i treviresi, die accorre-
vano in soccorso de'romani, rifacendo i
passi loro se ne tornarono alle proprie ca-
se. Nel 56 fatto Cesare consapevole, che
i belgi venivano eccitando i germani a se-
co loro congiungersi, spedì il suo luogo-
tenente T. Labieno a Treveri con un cor-
po di cavalleria per contenerli al dovere.
Giunse egli medesimo due anni dopo in
questo paese con 4 legioni e 800 cavalli,
poiché avea inteso come i treviresi non
TRE 7
solamente ricusarono di trovarsi all' as-
semblee generali da lui convocate, ma te-
ne vano eziandio corrispondenza co' ger-
mani situali di là del Reno, per indurii
a irrompere nelle Gallie. Die motivo a tali
movimenti la controversia tra Iuduzio-
111,110 e Cmgetoi uno di lui genero, i quali
si contrastavano fra loro il principato di
Treveri, e ili cui il 1." essendo prevaluto
al ?.. , avea tatto porre all'incanto i suoi
beni, luduziomaro, dopo essersi adopera-
to di forza per indurre Cesare a prestar-
gli appoggio mercè le finte sue sommis-
sioni, vedendo che il generale romano di
lui punto non si fidava, levossi la masche-
ra , ed alla testa ti' un corpo di genti si
pose a bersagliare Mauu posa il campo di
Labieno. In mezzo a queste ostilità, egli
venne ucciso nel 54 mentre guardava la
Mosa. La perdita del loro capitano non
rese più sommessi que' di Treveri ; essi
continuarono la cominciata guerra,nè de-
posero le armi die dopoessere slati vinti
da uno stratagemma di Labieno, il quale,
entrato pochi giorni dopo a Treveri, ne
cacciò i congiunti d'Induziomaro, e rista-
bilì Cingeloricio nel suo principato sullo
la dipendenza de'romani. Nel sottoporli
i treviresi a'romaui, uè adottarono la lin-
gua in luogo della celtica, che a veauo fi-
no allora parlata. Indi Augusto piantan-
do a Treveri una colonia romana, le die
il titolo d'Augusta Trevirorurnte diven-
ne la capitale della 2/ Belgica. Molti im-
peratori tennero in essa più o meno lun-
go soggiorno, come Costanzo Cloro, Mas-
simiano Ercole, Costantino I il Grande,
che pare le desse il titolo di metropoli
delle Gallie, o almeno tale riguardavasi
nel IV secolo di nostra era, a cagione della
quasi ordinaria residenza che vi teneva-
no gl'imperatori, e perchè divenne essa
la sede de'prefetti del pretorio delle Gal-
lie. Vi soggiornarono pure Costante I e
Costanzo, Giuliano, Valentiniano I, Va-
lente, Graziano, Valentiniano II, Mas-
simo con Vittore di lui figlio, Teodosio
I il Grande,ed Avito, seuza parlare de'
8 TRE
tiranni più antichi. Postumo sotto Gal-
lieno, Villorino e due tiranni sotto Aure-
liano. Fiuoda'tempidi questo ultimo im-
peratore, ed anche prima, eravi in Tre-
veri un senato illustre e un ordine eque-
stre; in essa fiorirono egualmente le scien-
ze e il commercio. Gio. Paolo Mazzuc-
chelli nella Dissertano apologetica,Me'
diolanum secunda Roma, presso il Ca-
logeri, Opuscoli t. 8, chiama pure Tre-
veri seconda Roma o altra Roma, per-
chè per più anni vi tennero sede stabile
gl'imperatori romani, come dichiararo-
no Browero, e Jacopo Massonio, Antiq.
et A final. Trcvir. t . i , p. i o 1 , seri vendo:
Trcveris Romanorum, ut mcinininius,
liuperalorumoccidentalisin Galha se-
des, Roma altera, et Augusta Treviro-
rum urbs est nuncupala. Inoltre il Maz-
zucchelli osserva, che anco Arles fu det-
ta seconda Roma per avervi stabilitola
sede alcuni imperatori; come pure Aquis-
grana fu appellata seconda Roma, quod
ibi Carolus Alagnus sederli sibi Juluris-
(file occidenti s Imperatoris perpetuata
decreto consti tuit. Per la residenza che vi
fecero i regolie longobardi, Pavia fu chia-
mata altra Roma, e finalmente Costan-
tinopoli si disse Nuova Roma per aver-
vi Costantino I trasferita la sede dell'im-
pero. L' irruzioni de' barbari nella Bel-
gica cambiarono aTreveri l'aspetto del-
le cose : i vandali essendosene impadro-
niti 1' abbandonarono al saccheggio nel
cominciar del 3<)(j, e vi ritornarono sul
finir dell' armo slesso, commettendovi
novelli guasti. 1 franchi nel \i i o nel
seguente, avendola ancor trovala forte
abbastanza per sostenere un assedio, la
piesero dopo gravissimi sforzi, e vi eser-
citarono senza moderazione i diritti del
vincitore. Treveri ebbe a patire nuovi sac-
cheggi nel 4^0» e verso il 44° Per Pa,l°
degli unni. Scorgendo i romani che il fiu-
me Urno, il «piale avea fino allora servi-
to di barriera all'impero, non poteva più
difendersi contro i barbari, aveauo pre-
so il partito di Udskruc uellu città d'A.i>
TRE
les la prefettura delle Gallie, il che fu re-
golalo nel 4°2 con editto d'Onorio e di
Teodosio 11. Essendosi i franchi già sta-
biliti in una parte delle Gallie, un'orda
di essi , dopo aver posto iu fuga Egidio
o Gitone generale romano, s' impadronì
di Treveri e di Colonia verso il 4^4 > e
fondò in queste contrade un regno parti-
colare e separato dalla dominazione del
resto de'frauchi; regno che fu nominalo
de'Ripuari, a motivo della riva del Reno,
che si obbligarono co'romani a difende-
re contro i germani non meno che contro
i popoli stanziali sull'altra riva di detto
fiume. Questi avendo presto estese le lo-
ro conquiste (ino all'Escaut dal lato d'oc-
cidente, e fino a Magonxa da quello d'o-
riente, si crearono un re e costituironsi nel
5i i per comando di Thièrri I figlio di
Clodoveo 1 una raccolta di leggi, nelle qua-
li viene di sovente fatta menzione de' ro-
mani; il che fa credere, che presso i ri-
paini rimanessero più romani di quello
che presso degli altri barbari, e che le me-
desime leggi fossero comuni a questi due
popoli. Treveri però di questo regno non
formò che la 2," città, mentre Colonia n'e-
ra la capitale. Quindi Treveri fece parte
dell' Austrasia, ed i re franchi di tal regno
vi eressero un palazzo e l'abitarono. In-
tanto il cristianesimo, prima ancora del-
l'irruzione de' barbari, erasi introdotto
nella contrada, sebbene sieno discordi le
opinioni quanto alla precisa epoca sulla
predicazione del vangelo. Diverse auliche
tradizioni attribuiscono a' discepoli di s.
Pietro la fondazione delle chiese di Tre-
veri, Colonia, Tongres, Spira e Strasbur-
go. III. "vescovo di Treveri fu s. Eucario
o Euclierio, uno de'72 discepoli di Gesù
Cristo, da Roma inviato da s. Pietro, con
s. Valerio diacono e s. Materno suddia-
cono, dicendo la tradizione che lo consa-
grò e gli consegnò il proprio bastone o
/Incoio pastorale (/'.), che si conserva
con venerazione in Treveri; perchè si vuo-
le die iu virili di esso il sauto risuscitò
il suo compagno s. Materno, come uar-
T R E
ra Cristoforo Browero, m Annal. Trevir.
ad ari. 5o, ed Onorio Augustodunense,//*
Scini.de Vetro et. Paulo. Osserva ilCan-
cellieti ne' Pontificali e nelle Memorie
delle ss. Teste, che siccome d'allora in
noi s. Pietro e i successori non più ado-
perarono il bacoloj ed in sua vece la Cro-
ceastata di cui riparlai nel voi. LXXV1I,
p. 124, se i Papi si recassero a Treveri
tornerebbero ad usare quello del principe
degli A postoli e 1 ."Pontefice roma uo;e che
la parte superiore si custodisce in Colonia,
e altra parte in Praga. Vedasi Giovanni
Ciampiui, Dissertalo his lorica an Von-
tifex lìoiìumus Bacalo Pastorali uta-
^/•.^RoinaeiGgo, e nelle sue Oderei. 3,
p. 209, Roma 1 747. H dotto Ciani pi ni so-
■tiene, che i Papi usassero il bacolo pasto-
rale,parlando de'tempi antichi. Poche no-
tizie si hanno di s. Eucario, bensì dice s.
Gregorio di Tour», che il suo culto eia già
celebre nel VI secolo,perchè preservòTre-
vei i dalla peste, molto dopo la sua morte:
il martirologio ne fa menzione l'8 dicem-
bre. Altri ritardano la missione di s.Eu-
cario, così quella dis. Valerio che gli suc-
cesse, come mandalo da Roma sul finire
del IH secolo, insieme a lui ed a s. Ma-
terno, il (piale pure si ritiene per disce-
polo dis. Pietro. Notai aToNGRES, parlan-
do del santo, che con Colonia e l'Alsazia
lo riguarda per suo apostolo, e così i Pae-
si-Bassi, non essere raro nell'antichità, la
quale di sovente die la qualità di disce-
poli di s. Pietro a'primi vescovi delle cit-
tà fiuo al principio del IV secolo , preci-
puamente nelle Gallie e in Ispagna. Fu
s. Materno successivamente vescovo di
Treveri, di Colonia e di Tongres, e mor-
to in Colonia verso il 347 s' pretende che
il suo corpo fosse trasportato in Treveri e
deposto presso quello dis. Eucario. Inol-
tre da alcuni si crede, che il Vallio(V.)
introdotto dagli Apostoli (anzi riparlan-
done a Triregno, lo dissi con altri dallo
stesso s. Pietro e da lui lascialo a'succes-
sori), da s. Pietro fu conferito a Mater-
ico vescovo di Tieveri. Quanto appai-
T R E 9
tiene alle contrastale notizie di s. Mater-
no, lo trattò bene Grandidier nella Sto-
ria della chiesa di Strasburgo. Ripe-
terò, secondo l'opinione d' alcuni scrit-
tori, che il vescovato de'ss. Eucario, Va-
lerio e Materno di mollo viene anticipa-
to, dicendosi morto il 1. "nell'anno 7 3, il
2."neU'88, il 3. "nel 1 4-3- Meglio è il con-
cludere, di non potersi accertare il tempo
in cui fiorirono i primi 3 vescovi di Tre-
veri, e che anco tra'luro primi successori
non sono d'accordo «li scrittori. Si può ve-
dere la Gallia Christiana, I. 1, p. 71 3:
Trevirens Archiepiscopi etprincipes )$a*
cri Romani Imperli Eleetores. Io segui-
rò nella serie \ Arte di verificar le da/e,
perchè essa riprodusse quella di Ilon-
theim, alla cui biografia parlai delle sue
lodale opere sulla storia di Treveri civi-
le ed ecclesiastica. Il 1. "vescovo che dopo
s. Materno ci presentano gli antichi docu-
menti, ès. Agricio o Agroecio, ma la Gal-
lia Christiana avanti a lui e dopo s. Ma-
terno ne nomina 22, e sono: s. Auspicio,
S.Celso, Felice, Mansueto, Clemente, Ilo*
sé, s. Martino I,s. Anastasio, Andrea, Ru-
stico I, Autore, Fabrizio, Cassiano, Mar-
co, s. Navi lo, s. Marcello, Melropolo, Se-
verino, Fiorentino, Martino II, Massi mi-
no e Valentino. Il nome di s. Agricio tro-
vasi fra'sottosci itti al concilio tenutosi in
Arles nel 3 1 4-- Si pretende che appunto
da lui fu convertito in chiesa il palazzo
che s. Elena, madre dell'imperatore Co-
stantino I, possedeva a Treveri, e che la
consagrasse sotto l'invocazione dis. Pietro.
Altri lo dicono già vescovo d'Antiochia
e cacciato dagli ariani, e che fu messo sul-
la sede di Treveri da Papa s. Silvestro \,
il quale ad istanza di s. Elena lo creò ar-
civescovo e primate delle Gallie; onde si
crede il 1 ."arcivescovo di Treveri, la cui
metropolitana ebbe a sutfragauee le chie-
se vescovili di Metz, Toul e Verdun in
Francia. Morì s. Agricio nel 335 a' i3
gennaio, sebbene l'anno non è certo, e fu
tumulalo co'suoi predecessori nell'antica
abbazia di s. Matteo, che sembra sia sia*
io TRE
la la sede de'primi prelati ili Treveri. Il
successore s. Massimino di Poiliers e di
lui allievo, si pone Ira il 33o e il 335,
poiché al cominciare ilei febbraio segnan-
te egli accolse nella sua chiesa il grande
s. Atanasio patriarca d 'Alessandria, ri-
legalo a Tre veri mercè un ordiue di Co-
stantino I, chi: gli ariani aveano carpito
aita di lui religione. Da s. Massimino fu
accolto come un confessore glorioso di
Cristo, e stimò a sua ventura il convivere
due anni e alcuni mesi con un santo così
illustre; nulla obbliando per addolcire al
suo ospite la sventura dell'esilio. Anche
Costantino II lìgho dell'imperatore, che
comandava nelle Gallie e risiedeva inTre-
veri, trattò s. Atanasio con molto onore,
somministrandogli abbondantemente o-
gui cosa necessaria alla vita. Massimino
praticò la stessa ospitalità, 4ovve|'° 5 au-
ni dopo, verso l'altro confessore della di-
vinità del Verbo, s. Paolo vescovo di Co-
stantinopoli, cui gli ariani aveano depo-
sto in un concilio, ed al quale Costantino
I nel cacciarlo non avea fissato il luogo
dell'esilio. Essendosi s. Paolo rifugiato nel-
le Gallie, il vescovo di Tre veri dopo es-
sersi accertato della purità di sua fede, gli
aprì un asilo nella propria chiesa, lo trat-
tò con onore, e poi lo lasciò andare a Ro •
ma per ivi trattare la sua causa dinanzi
il Papa s. Giulio 1. Nellostesso tempo che
tenevasi a Roma un sinodo per esaminar
l'alfa re di s. Atanasio e quello di s. Pao-
lo, i vescovi ariani essendosi adunati in
Antiochia confermarono la condanna del
i .°jed avvertiti in seguilo ch'egli era tor-
nalo in occidente, spedirono 4 di loro al-
l'imperatore Costante 1, che trova vasi a
Treveri , per prevenirlo contro I illustre
perseguitato; ma lo zelo di s. Massimino
rese infruttuosa la deputazione. Ammae-
strato da quesl* arcivescovo intorno l'in-
nocenza di s. Atanasio, l'imperatore non
volle ascoltare i suoi accusatori e gli li-
cenziò coperti di confusione. Nel 345 s.
Massimino si recò al concilio di Milano,
nel quale nuovamente si distinse contio
t a E
gli eusebiani, presente il medesimo im-
peratore, e due anni appresso interven-
ne all'altro concilio di Sardica, del quale
fu uno de'più validi appoggi. Tanto co-
raggio contro gl'implacabili nemici del-
l'innocenza e della verità non poteva re-
starsi impunito. Infatti gli ariani avendo
inutilmente tentalo la condanna di s. A-
tanasio, tennero un conciliabolo iuFilip-
popoli, nel quale prelesero di scomunica-
re Massimino con altri loro avversari più
rinomati. Morì s. Massimino nel 348 o
nel 349 nel Poitou, fu sepolto presso Poi-
tiers, e poi il suo corpo dal successore fu
trasferito a Treveri, e deposto nel luogo
ovesi fondò la celebre abbazia del suo no-
me. Nel 349 circa gli successe s. Paolino
aquilano, che poco dopo si recò a Roma
da s. Giulio I pel ristabilimento della pa-
ce nella Chiesa. Allora s. Atanasio erasi
già dall'esilio richiamato da Costanzo im-
peratore, sicché i vescovi che l'aveano de-
relitto si all'iettarono di riconciliarsi con
lui. Ursacio e Valente, suoi spiegati ne-
mici, si trovarono pur essi in lai numero,
e gl'inviarouo d'Aquileia la loro ritratta-
zione, a mezzo di s. Paolino. Avendo s.
Atanasio perduto nel 35o il suo protet-
tore Costante I, 1 suoi alfa ri cambiarono
aspetto, e l'odio de' suoi nemici ripigliò
novello vigore. Costanzo nel 353 fece a-
duuare il concilio d'Arles, ove quasi lut-
ti i prelati assisterono alla condanna del
sauto, tranne s. Paolino che rifiutò di sot-
toscrivere al risultamelo di quest' as-
semblea. Gli ariani però si vendicarono
di tale resistenza, facendolo esiliare nel-
la Frigia, e pe' mali che vi soffrì meri-
tò il titolo di confessore, quando morì
nel 358, onorandolo la Chiesa a'3 1 ago-
sto. Gli successe s. Bouoso, di cui il mar-
tirologio registra la festa a' 17 febbraio.
Indi s. Brillono o Brictone, o Britanno o
Veterano, che nel 3y4 fu al concilio di
Valenza e nel 38-2 a quello di Roma, mor-
to nel 384 a'5 maggio, giorno nella chie-
sa di Treveri consagrato alla sua memo-
ria. Fu eletto a successore s. Felice, del
T B E
clero lievi tese e adorno di specchiate vir-
tù, dal concilio de'vescovi itacensi o ita-
ciani, mccolli in questa città dall'impe-
ratore Massimo. E noto come $ Itaci a-
m, seguaci d'Itaeio vescovo di Silves o Os-
sonoba, e d'Idace vescovo di Merida, per
eccessivo zelo verso la fede cattolica per-
seguitassero i P 'ri sci III 'finis ti, per cui il ti-
ranno Massimo residente in Ti everi con
dannò a morie Vi iscilliano con 4 suoi di-
scepoli. Il detto concilio approvò la con-
dotta dc'sauguinari prelati, e s. Martino
di Tours, sopraggiunlo a Tieveri men-
tre si celebrava, dovè dar segni di comu-
nione, per salvar la vita agli altri priscil-
lianisti, altrimenti sarebbero periti. Del-
lo stesso sentimento di s. Martino era pu-
re s. Felice, ed egualmente che lui dete-
stava la violenza che usavisi contro quei
sellarijtultavia egli fu lenutoilaciano nel-
la mente d' un gran numero di prelati
cattolici e moderali , i (piali per conse-
guenza si separarono dalla sua comunio-
ne, fi a'quali si credono anche Papa s. Si •
ricio e s. Ambrogio, riguardando Felice
come scomunicalo. 1 critici osservano die
il Felice di cui si parla non fosse l'arcive-
scovo, ma un compagno dell'eretico Gio-
viuiaiio. Tuttavolla nel cominciar del se-
colo Via chiesa di Tieveri non era in cal-
ma, per cui s. Felice vedendo non poter
ovviare la procella insorta contro di lui,
rinunziò nel 3gS e si chiuse in uti mona-
stero di Treveri , che in seguito prese il
nome di s. Paolino , ove cessò di vivere
nel 4oo e fu seppellito a'26 marzo, nel
qual giorno la Chiesa ne onora la memo-
ria. Maurizio è incertose morisse nel 407.
Leonzio o Legouzio si ponea'ag febbraio
nel novero de'santi. Auturo governò san-
tamente e morì verso il 44^. Salì sulla
sede di Tieveri s. Severo discepolo di s.
Lupo di Troyes.e compagno nel 2.0 viag-
gio di s. Germano vescovo d'Auxerre in
Inghilterra, perciò zelante per la propa-
gazione della fede; morto nel 445>sice-
iebra la festa a' i5 ottobre. Gli successe
t. Cirillo, che tliccsi a ver ristabilita la chie-
T RE 11
sa dis. Eucario, e cessò di vivere nel 458.
Jamblico oGiannerioo Jamnecio virtuo-
so e lodalo, vivea ancora nel 4? 5, come
si ha da una lettera scritta ad Arbogasto
conte di Treveri: a suo tempo già l'arci-
vescovo esercitava i diritti metropolitici
sui suddetti suffraganei di Metz, Toul e
Verdun. Successivamente furono vescovi
di Treveri, Evemero o Emero, Maro, Vo-
InsienOjMileto, Modesto, Massimiano, Fi-
hicio o Felice, Kusticoed Aprunculo mor-
to nel 527. Il clero avendo scello a suc-
cessore Gal, il re d'Austrasia Tierrico I
o Teodorico die la preferenza a s. Nice-
zio o Niceto abbate d'un monastero del-
la diocesi, tanto per l'eminenti sue virtù,
che per lo splendore de'suoi natali. Lun-
gi dal bassamente lusingare le passioni dei
principi, nella corte liberamente riprese
i vizi del reedel figlio Teodeberto I, i qua-
li invece d offendersene ne concepirono
un maggior rispetto. Non cosi Clotario I
re di SoWsdnl accolse le rimostranze del
santo per l'incestuoso suo maritaggio, e
vedendosi separato dalla comunione dei
fedeli e colpito dalla scomunica minore,
cacciò dalla sede s. Nicezio. Morto il re
nel 56 1 , il figlio Sigeberto 1 re d Austra-
sia lo restituì alla sua chiesa. Eloquente,
zelante, caritatevole, fu a diversi condili,
fece costruire una ragguardevole fortezza
sulla Mosella per difesa del suo popolo,
e colmo di melili morì verso il 566 a'5
dicembre. Il discepolo s. Magnerico gli
successe, intimo amico di s. Gregorio di
Tours: Childeberto II re d'Austrasia, per
la slima che ne faceva, gli commise bat-
tezzare Teodeberto 11 suo figlio. Del fa-
vore che godè nella corte si giovò per di-
fender gli oppressi e procacciare qualche
sollievo al suo popolo , che assai amò e
ammaestrò nella pietà. A suo tempo fio-
rirono s. Goare prete solitario della dio-
cesi, e l'altro solitario della medesima s.
Eufronio d'origine lombardo.Morto a'2 5
luglio 596 s. Magnerico, ebbe a succes-
sori Gunderico o Gungerico, Sebando, e
Severino morto verso il 622. In questo
li TRE
circa fu eletto s. Modoaldo, fratello del-
la b. Illa moglie del prefetto Pipino e ma-
dre di s. Geltrude badessa di Nivelle. Per
la benevolenza del re Dagoberto ricevè
in dono il proprio palazzo d' Hoeren iti
Treveri, perchè ne facesse un monastero
di vergini. Oltre a ciò sulle sponde della
Mosella fondò l'altro monastero di s.Sin-
foriano, che atlìdò alla sorella Severa, ove
fu sepolto quando morì nel 64o. Il suc-
cessore s. Numeriano, con diploma indi-
rizzato a' vescovi di Metz, Toul e Verdun,
confermò la fondazione del monastero di
Jointures eretto nelle Vosges da s. Deo-
datoo Die dopo aver lasciato il vescova-
to di Nivers. Morto nel 666, la chiesa di
Treveri ne celebra la festa a'5 luglio. Gli
fu sostituito s. Idulfo monaco e abbate di
s. Mattinino di Treveri, monastero fon-
dalo nel IV secolo colle norme di quelli
d'oriente; ed egli v' introdusse la regola
di s. Benedetto, lo ridusse a meraviglia,
indi divenne uno depili celebri di Ger-
mania. Sospirando di ritirarsi in esso, ri-
nunziò nel 671 la sede, ma vedendo che
non gli era concesso di starsene celato, si
retò nelle Vosges, ove fondò sul continen-
te di due fiutnicelli l'abbazia di Moyen-
Moutier, così chiamata perchè circonda-
ta da alti e 4, e ivi cessò di vivere nel 707.
L'abbate del monastero di s. Massiuiino,
s. Basino, e non Veomado che lo fu più,
tardi, ch'era stato surrogalo a s. Idillio,
dopo aver santamente governato 24 anni,
abdicò nel 6g5 per tornarsene al suo mo-
neterò, ove morì circa il 704. H suo ni-
pote vedovo con un figlio, Luitwin o Leot-
wino gli successe, e fondatore del mo-
nastero di Merloco Mettine sulla Saare,
ove già avea passato qualche tempo nel-
la vila monastica. Morendo nel 7 1 3 san-
tamente, onde è onorato per santo a' 4
marzo, il suo figlio Miloue semplice chie-
rico ne occupò la sede, ed usurpò egual-
mente (|uella di Reims, della quale però
venne spogliato nel 744 dal concilio di
Soissous. Si crede che nel 753 restasse
ucciso alla caccia da un cinghiale, in una
TRE
foresta vicina a Treveri, la quale ancora
ne porta il nome. Nello slesso anno Voe-
mado o Wiomado abbate di s. Massimi-
110 e di Merloc, sotto il quale la chiesa di
s. Pietro venne affrancata dalla giurisdi-
zione di qualsiasi giudice secolare in tulli
i suoi beni e dipeudenze,con diploma del
re Pq>ino, che poi confermòCat lo Magno.
Cessò di vivere probabilmente nel 791,0
fu arcivescovo Ricboldo o Pucbodone, di-
scepolo del celebre Alenino, che fece rifio-
rire le scuole cadute in deperimento; nel-
l'accademia di Carlo Magno, ove i mem-
bri portavano nomi diversi dalle famiglie
cui appartenevano, prese il nome ili Ma-
cario, e morì nell'8u4- Wazone abbate di
Merloc nel seguente anno intervenne al-
l'assemblea diThionville,e mori nell'809.
In questo divenne arcivescovo Amalario
Fortunato allora monaco di Merloc e
discepolo d'AIcuiuo. Nato in Treveri, fia
da fanciullo con frode fu portato a Co-
stantinopoli , indi restituito alla patria,
apprese la vita monastica e le lettere nel
celebre monastero benedettino di Luxe-
vil nella Borgogna; e poi passato in quel-
lo di s. Martino di Tours sotto il magi-
stero d'Alcuino, si avanzò talmente nel-
la pratica delle religiose e cristiane vir-
tù, e nella cognizione delle scienze e del-
la lingua greca, che divenne del pari san-
to e dotto cenobita. Perciò s. Leone HI
mosso dalla fama che lo celebrava, ver-
so P800 lo creò cardinale prete e poi ar-
civescovo di Treveri,secondoil Merseonel
Catalogo degli arcivescovi di Treveri,
ed altri; ma alcuni scrittori attribuiscono
a Gregorio IV la dignità cardinalizia, ed
nitri con Ciaccolilo a Sergio li dèll'844i
come lo registra il Cardella. Pochi vesco-
vi de'suoi tempi nelle Gallie l'eguaglia-
rono in sapienza e in virtù, per cui l'im-
peratore Carlo Magno, conoscitore del ve-
ro merito, l'onorò d'una stima ringoiare;
e uell'81 1 l'inviò a predicare la fede ai
sassoni al di là dell'Elba, ed allora vuoisi
che fondasse il vescovato d' Amburgo nel-
la bassa Sassonia. Il seguente auuo lor-
TRE
nato dalla sua missione, compose un li-
bro intorno al Battesimo, per risponde-
re alle domande che Carlo Magno gli a-
vea fatte sul modo con cui s'istruivano i
popoli, sulla natura ed effetti del sagra-
mento. Attribuito il libro da alcuni bi-
bliografi ad AlcuinOjSirmond e le Cointe
ne dimostrarono autore Amalario. Nel-
l'8 i 3 Carlo Magno l'inviò ambasciatore
in CostantinopoIijCon Pietroabbate diNo-
nanlola, all'imperatore Michele 1 Curo-
palata, per trattarla pace fra'due impe-
ri.L1 ' Arte di verificar le date lo dice mor-
to nell'S i4>cne 'n st,rt «Menta ebbe a co-
repiscopo il celebre Tegano ed Adalma-
ro, e che lasciò pure alcune lettere piene
d'erudizione sagra e profana. La Gallia
Christiana ne ritarda la morte all'822. Il
Cardella nelle Memorie sloriche de" Car-
dinali, riferisce che Amalario giunto in
Costantinopoli trovò morto Michele I, ed
a lui succeduto Leone V l'y^/v/7r//o,il qua-
le l'accolse con somma benignità e cor-
tesia; e nel seguente anno lo rimandò coi
suoi ambasciatori a Carlo Magno, che es-
sendo passato all'altra vita, furono rice-
vuti in Aquisgraua dal figlio Lodovico I
il Pio. Che circa questo tempo Amalario
compose i 4 Sl,°i ''bri degli Ufììzi eccle-
siastici che intitolò al detto imperatore,
ma alcuni giudicano averli composti Al-
enino, o Amalario diacono di Metz, su di
che può vedersi quanto riportai nel voi.
XX.X1X, p. 7 1 . Aggiunge Cardella, «he
Lodovico 1 Io mandò ambasciatore a Pa-
pa Gregorio IV dell'827, affinché impa-
rane è supplire ciò che mancava nella sua
opera degli Uffìzi ecclesiastici '/lallaChie-
sa romana , madre e maestra di tutte le
chiese del mondo cattolico. RaccolseA ina-
lano e ordinò V l fjìzio de' morti, affin-
chè i cattolici avessero una noi ma costan-
te e sicura, onde piegare pe'fedeli defun-
ti, e scrisse altre dotte opere. All'assidua
applicazione pegli studi, seppe unire l'e-
sercizio delle cristiane virtù, macerando
la propria carne con digiuni e vigilie, col-
la lettura e meditazione delle divine Scrii-
TRE i3
ture e colla pratica d'assidue preghiere,
essendo inoltre assai divoto della B. Ver-
gine. Il Cardella dice incerta l'epoca di
sua morte, ina che vi vea nell'S {o, e l'Eggs
lo dice morto circa P846,mentie il Ld>-
bé scrive 1*8 1 4-- H Coeleo fece d' A mala-
rio questo elogio.» Quest'antico difensore
della vera credenza e della sincera pietà,
e dottore della Chiesa, il quale non solo
in Ti everi, ma anche in Roma e Costan-
tinopoli si rendè veramente venerabile
presso i sommi Pontefici ed i più ginn
principi , è degno d' essere imitato qual
modello di perfezione da'prelati e pasto-
ri del le chiese". L' Arte di verificar le da -
te registra nell'S 1 4 per successore Ilei ti
o Eltone o lletting abbate di Epternac
ovvero di Merloc, arcicappellano di Lodo-
vico I, il quale lo pose eziandio nel nu-
mero degl'incaricati generali ossia Udissi
Dominici, istituiti per vegliare alla con-
servazione del buon ordine e all'ammini-
strazione della giustizia, ciascuno nel di-
partimento assegnato. Fu appunto con
questo carattere che nell'817 intimò a
Frotario vescovo di Toul d'avvertire
quelli ch'erano tenuti al militare servigio
verso l'imperatore, di stare apparecchia-
ti per la spedizione d'Italia ch'egli stava
meditando contro il re Bernardo suo ni-
pote ch'erasi ribellato. Nell'819 commi-
se a Frotario di vegliare sull'esecuzione
degli statuti che il concilio d'Aix. la Cha-
pelle ave* emanati sulla riforma de' ca-
nonici. Neil' 822 trovossi al concilio di
Thion ville, e nell'S2ga quello di Magon-
za. Assistè negli estremi momenti Lodo-
vico I, morì nell'847 e fu sepolto in s. Eu-
eariodi Treveri. Il nipote Tcutgaldo gli
successeci cui tempo Treveri ut incorpo-
rata al regno di Lorena, dopo i diversi
smembramenti a cui soggiacque la Fran-
cia sotto i successori di Lodovico I. Nel-
l'85c)fu al concilio di Savonnieres. Fa vo-
li il divorzio di Lotario 1 re di Lorena con
Tietberga, e indusse ad annullarne il ma-
trimonio Gontiero arcivescovo ili Colo-
nia, autorizzando così Lotario I a sposare
r4 TRE
Valdrada sua concubina; fallo che con-
fermò nel concilio di Metz, ad onta che
riprovavano il divorzio i legati del Papa
s. Nicolò I, ed inutilmente con Gontiero
si recò a Roma per persuadere il Papa,
che nel conciliodi Luterano annullò quel-
lo di Meli, e destituì i due prelati e gli al-
tri padri dell'assemblea. Gontiero osò fa-
re un'insolente protesta, ma Teulgaldo
meno esaltato tornato a Treveri si guar-
dò bene dal l'esercita re le funzioni vesco-
vili. Egli intraprese in seguito sino a 3
■viaggi per Roma per ottenere la sua ria-
bilitazione, ma non vi potè mai riuscire.
Anzi nell'ultimo suo ritorno, passando da
Roma alla Sabina, fu ucciso insieme con
tutti i suoi sul finir dell'868. Altri lo dico-
no morto in Roma, da una malattia che
rapì la più. parte de'suoi compagni, fra i
quali Gontiero, che nel 869(0 ammesso
alla comunione secolare, dopoché Papa
Adriano 11 si riconciliò con Lotario I nel
riprendere la sua legittima moglie. Nel-
l'86q O 870 Carlo 1 il Calvo nominò a
questa sede Rei lolfo abbate di IMerloc, in
grazia alle raccomandazioni del suo pa-
rente A vvenzio vescovo di Metz, il quale
lo avea coronato re di Lorena dopo la
inortedel fratello Lotario I. INI a Lodovico
il Tedesco imperatore, riguardando il re
gno di Lorena come un'usurpazione in
mano di Carlo I a suo pregiudizio, elesse
dal canlo suo il monaco Waltone o Wal-
done ad arcivescovo di Treveri. Queste
i\ue nomine cagionarono uno scisma tan-
to più pernicioso, in quanto che essendo
la thiesa di Treveri senza verun pasto-
re, propriamente parlando, dopo la de-
stituzione di Teulgaldo, avea già lunga-
mente sofferto a motivo di una tale pri-
vazione. Siccome 5 vescovi aveauo ordi-
nato Berlulfo , 6 arcivescovi scrissero a
Lodovico II per indurlo a ritirare la pro-
tezione di Waltone, e gli esaudì; quindi
Wultone si ritirò, e Bertulfo intervenne
a diversi concilii,fra'qnali a quello di Co-
lonia 8*26 ottobre 87 3, ove si conferma-
rono gli statuti dell'arcivescovo riguar-
T R E
danti i monasteri de'eanonici, e fu pre-
sente il giorno appresso alla consagrazio-
ne di quella metropolitana. Nell'878 fu
in vitato al concilio di Troyes da Papa Gio-
vanni Vili, ma non trovasi che v'inter-
venisse. Avendo il Papa a'6 settembre ac-
cordato il pallio a Walone vescovo di
Metz sua vita durante, senza consultare
il suo metropolitano Berlulfo, questi se
ne offese come d'un'usurpazione a'propri
diritti; e citato quindi Walone nell'879
a Treveri, gli vietò di far uso del privi-
legio. Inutilmente Walone gli dichiarò,
che senza contraddizione l'aveano godu-
to 4 suoi predecessori, cioè Urbico, Cro-
degando, Angelramo, e Drogone figlio di
Carlo Magno; il metropolitano persistè
nella sua difesa, e Walone si ritirò senza
sottomettersi. Incmaro arcivescovo di
Reirns riconciliò i due prelati, con persua-
dere il vescovo di Metz di rinunziare per
amore della pace al favore da Giovanni
Vili ricevuto. Mentre Treveri fino dal-
1^70 era passala sotto il dominio di Lo-
dovico il Tedesco come re di Germania,
i normanni se ne impadronirono,e nel gio-
vedì santo a'5 aprile 882 la ridussero in
cenere. Bertulfo corretto alla fuga, tornò
poi contro di loro accompagnato da Wa-
lone vescovo di Metz e dal conte à dalai"-
do alla testa d'un buon esercito. Ma i bar-
bari restarono vincitori alla battaglia che
gli presentarono, e Walone vi perde la
vita. Bei tulfo poco sopravvisse all'infortu-
nio, e morì a' io febbraio 88 3. Nello stes-
so mese gli successe Rathodo abbate di
Merloc o d'Epteruac, che nell' 888 pre-
siedè al concilio di Metz. NeH'8g5 crea-
lo re di Lorena Zuenliboldo, questi lo
nominò suo arcicancelliere; indi il re con
diploma i\e'5 febbraio 898 eresse il pae-
se di Treveri in particolare contea im-
mediatamente soggetta alla regia auto-
rità, e la die in governo all'arcivescovo
di Treveri o per se medesimo o per via
del suo avvocato e difensore; la qual con-
cessione Zuenliboldo confermò con altro
diploma nell '899 : tale è l'origine della
TRE
Mipremazia territoriale degli arcivescovi
di Tre veri. Fuco dopo Ralbodo entrò in
disgrazia del re, il quale in un accesso di
collera giunse fino a sacrilegamente per-
cuoterlo: questo ti'atfo di brutalità fu sen-
za dubbio uno Ira quelli ebe determina-
rono i signori della Lorena a scuotere il
giogo di questo principe. Nel 902 Ratbo-
do ottenne da Lodovico IV re di Germa-
nia e di Lorena , la conferma del privi-
legio accordato già all'arcivescovo Wio-
mado dal re Pipino, di andar esente dal-
la giurisdizione d'ogni giudice secolare.
Nel 91 3 il redi Francia Carlo HI il Sem*
alice, divenuto signore della Lorena do-
po la morte di Lodovico IV, con diplo-
ma de' 1 3 agosto statuì clie l'elezione de-
gli arcivescovi di Treveri si dovesse com-
piere dal clero e dal popolo. Morto Ratbo-
rio nel 9 1 5, gli snccesseRoggero oRuolge-
10, il quale nel 92 1 fu presente al trat-
tato tra Carlo III ed Enrico I imperato-
re, concluso in Bonn rispetto alla Lore-
na, pel quale, al dire d'Alberico di Tre
Fontane, la chiesa di Treveri che co'suoi
suffragane*! era stata fino allora sotto la
dominazione de're francesi, fu ceduta al
redi Germania; ciò che i fatti riferiti più
avanti non ne permettono , quanto alla
proposizione incidente, di ammettere sen-
za eccezione. Roggero dopo essere stato ar-
ncancelliere di Carlo 11] nel la Lorena, mo-
rì nel f)2Cj.In queslooncli)3o fu eletloRo-
berto, ebe si vuole figlio di Rodolfo II re
d'Arles 0 di Thierri duca di Sassonia; in-
tervenne a diversi cnncilii e presiedè quel-
lo di Verdun nel 94 7, nel quale anno ot-
tenne da Ottone I redi Germania la con-
ferma del privilegio d'esenzione già con-
resso alla sua chieda da Ztientiboldo oda
Lodovico IV. Morì di peste, durante una
grande assemblea di signori .tenutasi a Co-
lonia nel 956, e il suo cadavere portato
a Treveri, fu sepolto nella chiesa di s. Pao-
lino. Subito gli fu sostituito Enrico I pa-
rente d'Ottone I, che seguì poi neUfi sua
discesa in Italia e andata a Roma, ma nel
ritorno morì di peste a Parma nel 964,
I B E 1 5
data ebe soffre eccezione per un diploma
sottoscritto in Treveri a' 17 settembre.
Sotto di lui Ottone I concesse il titolo di
cappellano dell'imperatrice all'abbate di
s. Massimino di Treveri. Nel 96.5 Teo-
dorico I o Thierri prevosto di Magonza
e arcidiacono di Ti e veri, indi nel 969 a-
veudo intrapreso un pellegrinaggio a Ro-
ma, ottenne dal Papa Giovanni XIII la
primazia sui vescovati della Gallia e del-
la Germania, mercè una bolla nella qua-
le dichiarò non fine che confermare l'an-
tico diritto della chiesa di Treveri. Nel
9^5 un altro viaggio ch'egli intraprese
in quella città gli procacciò presso Rene-
detto VII una nuova bolla , che confer-
mando quella di Giovanni XIII vi aggiun-
se altre prerogative, come l'oratorio e la
cella de'ss. Quattro Coronati. Siccome Ift
riportai di sopra, in es«a non è espresso
quanto si dice dall'or /e di verificare le
date, che procede con Hontheim, cioèchu
permise all'arcivescovo di Treveri di far
portare la croce dinanzi a se, come al-
l'arcivescovo di Ravenna (T\), l'uso del-
la dalmatica a'preti ea'diaconiche lo ser-
vivano all'altare, ec. Tornato Teodorico
I alla sua sede, morì in Magonza a'5 lu-
glio, e venne sepolto nella chiesa di «.
Gengoulda lui eretta con 1 2 canonici. Sot-
to il suo governo i canonici della catte-
drale rinunziarono alla vita comune che
fino allora aveano tenuta. Xel 97$ gli suc-
cesse Egberto figlio di Thierri 11 conte
d'Olanda, che fece rivendere le pasto-
rali sue virtù, al quale scrisse il famoso
Gei berlo, che insegnava le lettere in Lom-
bardia, poiSilveslto 11, esortandola man-
dargli degli alunni. Intanto Ottone III re
di Germania, all'impero ebbe ad antago-
nista Enrico il Litigioso duca di Bavie-
ra, nel cui partito Egberto si lasciò tra-
scinare, insieme con Warino arcivescovo
di Colonia ePoppone vescovo d'Utrecht.
Profittando di queste turbolenze Lota-
rio re di Francia, invase la Lorena, e
impadronitosi di Verdun fece prigioni il
conte Godofredo e Io zio Sisefredo conto
i6 TRE
ili Lnxemhurgo, i qunli la difendevano.
Morto nel 986 Lotario, e succedutogli
Luigi V, si fece la pace, se pure già era
stata conclusa. Il Novaes nella Storia di
Giovanni XVI, dice che questo Papa nel
990 per mezzo di Leone vescovo di Tre-
veri, da lui mandato in Inghilterra per
legato, ottenne di pacificare il re d'Inghil-
terra col duca di Normandia. Ma allora
Egherto sedeva, ed inoltre i nomi del re
Elebredo e del duca Riccardo non cor-
rispondono a quelli che allora regnava-
no sull' Inghilterra e sulla Normandia.
Morto nel 993 Egherto, nel 994 gli suc-
cesse Ludolfu di Sassonia chiamato il dot-
to. Gli scriltoriche attribuiscono l'isti t u-
zionedel collegio degli Eiettori del s.Ro-
mano Impero al 99H, per opera di Pa-
pa Gregorio V, e dell'imperatore Otto-
ne III, riferiscono a quest'ultimo l'avere
rivestito Ludolfo e i suoi successori della
dignità di elettore ecclesiastico, gli altri
due elettori ecclesiastici essendo gli arci-
vescovi di Colonia e di M 'a gonza (V .).
Successe a Ludolfo nel 1008 Megin-
galdo o Meiugaldo prevosto di Magonza,
nominato da s. Enrico II re di Germa-
nia, del quale era cancelliere oprimiscri-
nio. senza riguardo all'accettata elezione
del capitolo nella persona d'Adaiherone
di lui cognato, figlio di Sigefredo conte
di Luxemburgo, il cui merito consisteva
neh 'esser fratello della regina. Ciò origi-
nò uno scisma, die produsse poi conse-
guenze funeste. Adalherone appena eletto
si fece prestare giuramento dalle milizie,
s'impadronì del palazzo della città, e for-
tificò con torri il ponte sulla Mosella. Me-
gingillilo reca tosi a prender possesso di sua
sede, e trovate chiuse tutte le vie,raccolse
nlcune milizie, e imprese a cacciarne il ri-
vide, ma i suoi sforzi cagionarono molli
mali senza alcun frutto. Il re saputa la re-
sistenza fatta d'Adaiherone, a capo d'un
esercito strinse d'assedio il palazzo diTre-
veri nella 1* domenica di Pasqua 1 008,
mala vigorosa opposizione degli assediali
l^bldigò nel i."sellembi e ad abbandonar
TRE
l'impresa, dopo sofferte perdile non in-
differenti. I Irev'uesi forzati dalla fame, e
per l'assottigliamento delle loro forze in-
capaci di più lunga difesa, erano tlisposti
ad arrendersi, se non che Enrico duca di
Baviera li distolse e con iscaltrezza indus-
se il re a levar l'assedio ed a permetter
loro di ritirarsi senza alcun male. Però
s. Enrico II prima di lasciar Treveri, fe-
ce distruggere il ponte fortificato, e con-
fermata la nomina di Megingaldo die-
degli a stanza il castello di Coblentz, don-
de questi governò la diocesi fino al ter-
mine de'suoi giorni nel 1 o 1 5 o nel 1 o 1 G:
il cadavere trasportato a Treveri fu se-
polto nella tomba de'suoi maggiori. Nel
1 o i6s. Enrico II elesse arcivescovo Pop-
pone figlio di Leopoldo margravio d'Au-
stria e preposto di Bamherga, conferma lo
pel suo merito dal clero e dal popolo. Per
mettersi in possesso della sua sede fu ob-
bligalo a prendere le armi, e costrinse A-
dalberonea cedergli il palazzo diTreveri,
non meno che tulli i castelli dipendenti da
questa chiesa, ed a tornarsene nella chiesa
collegiata o monastero di s.PnolinodiTre-
veri di cui era preposto. A'6 gennaio 1 o 1 7
Popponefu consagralo arcivescovo, e l'8
aprile Papa Benedetto Vili gl'invio il pal-
lio. Nel 1 o 1 8 s. Enrico gli donò il suo pa-
lazzo di Coblentz con tutte le dipenden-
ze, e con diploma confermò l'immunità
della chiesa di Treveri. Verso il io n)Pop-
pone riedificò la chiesa di s. Pietro dive-
nuta rovinosa, e le die nuova forma. Nel
1 028 intraprese il pellegrinaggio di Ter-
ra Santa, con s. Simeone solitario di Tre-
veri, ma nativo di Siracusa: durante la
sua assenza , Gilberto conle di Luxem-
burgo invase le terre della chiesa di Tre-
veri e le pose a sacco. Nel 1 o36 TielVrido,
protettore e difensore della chiesa di Tre-
veri, sposò contro i canoni una sua pa-
rente in 5.° grado, e volendo ritenerla ri-
corse ali arcivescovo per la dispensa , e
I' ottenne colla condizione di ilare alla
chiesa di Treveri 12 manse, mansos. Era
la inausa quella quantità di terra che un
TRE
giogo di buoi può lavorare in un anno,
o che basta al mantenimento d'una fa-
miglia di conladini; ciò che dicesi corri-
spondere a 64arpenli. Nelio38 Poppo-
ne scrisse a Papa benedetto IX chieden-
dogli un vescovo sulhaganeo, siccome da
troppi affari caricato; e il Papa gli man-
dò un uomo di dolcissimi costumi come
I' indicava il nome, e si crede che fosse
quel Graziano arciprete di s. Giovanni a
Porta Latina, il quale in seguito esortati
Benedetto IX e il suo competitore Silve-
stro III a por fine allo scisma, nel i o ( [
mercè la rinunzia loro fu egli eletto col
nome di Gregorio VI^V.). Inoltre Pop-
pone pregò pure a canonizzare il solita-
rios. Simeone, morto nel io35aTreveri,
ed il Papa vi aderì con bolla dell'8 set-
tembreio42. E questo il 2. "esempio di
solenne e formale Canonizzazione, fatta
dalla s. Sede, come notai nel voi. VII, p.
283. Benedetto IX dice nella sua bolla
aver fatto la ceremonia in una grande as-
semblea del clero romano, o sinodo co-
me crede 1' Arte di verificare le date ,
poiché essa osserva col p. Lupi: d'allora in
poi chei Papi s'erano riservato il diritto
di canonizzare i santi, non ne fecero uso
che in un Sinodo, fino ad Eugenio III,
il quale contentassi d'unire un semplice
Concistoro per la canonizzazione dell'im-
peratore s. Enrico li, fondandosi sopra
la ragione che 1' autorità della Chiesa
romana e il fondamento di tutti i conci'
Hi. In Tre veri la canonizzazione si cele-
brò solennemente a' 17 novembre dello
stesso anno. Poppone eresse in Treveri
in onore del santo una chiesa, ponendovi
de'canonici generosa mente dotati; e com-
mendevole per la severità, il sapere e le
virtù sue, mori nel 1047. In questo il cle-
ro e il popolo elesse Eberardo figlio di
Ezzelino conte di Svevia, e preposto di
Worms.Divotodella s.Sede fece frequenti
pellegrinaggi a Roma, in uno de'quali ot-
tenne da Papa s. Leone IX la conferma
della supremazia della chiesa di Treveri
nelle Gallie ed in Germauia.Essa fu de-
T R E 17
cisa in un sinodo di Roma lenulodal Pa-
pa^ giorni dopo Pasqua del 1049, co-
me porta la sua bolla, alla quale però sot-
toscrisse l'arcivescovo di Lione con que-
sta clausola: Salva Ecclesiae Lugdunen-
sis a uclor itatele, condizioni per le quali
il Papa accordò tal favore, furono che gli
arcivescovi invierebberoogni anno depu-
tati alla s. Sede, e ch'essi medesimi vi si
recherebbero ogni 3 in persona. Sulla pri-
mazia di Treveri si può consultare la Gal-
Ha, Christiana t. i,p. 7 i4- Cominan ville,
Histoire de lous Ics Archeveseliez, chia-
ma Treveri metropoli della premicreBel-
già uè, et de l' Exarcat des Gaules . . .
et à ce quon dit, la plus ancienne gran-
de ville de l'Europe: Elle eut des prelats
des le premier siede, et on la pretend
vicine Primatiale des deux Belgiques
et des deux Germaniques dans lecinq
elsixu'me.VoY\am\oi\ nello stesso annoil
Papa a Reims, l'arcivescovo ve lo accom-
pagnò, e nel concilio che vi celebrò pre-
tese in virtù della propria supremazia oc-
cupare il 1 .° posto appresso il sommo Pon-
tefice. I suoi chierici lo sostennero con tut-
te le forze; ma l'arcivescovo di Reims, so-
stenuto per sua parte da'prelati francesi,
rifiutò cedergli il primato. Non volendo
s. Leone IX decidere allora questa diffe-
renza, fece disporre le sedie nell'assem-
blea in maniera che tutti furono contenti.
Nel 1060 circa o meglio nel 1061 aven-
do Corrado conte di Luxemburgo fatto
rivivere le querele de' suoi predecessori
colla chiesa diTreveri,ne venne a tale ec-
cesso, che avendo preso l'arcivescovo E-
berardo mentre faceva la visita di sua ar-
cidiocesi, gli stracciò le vesti pontificali,
sparse gli olii sagri e lo condusse prigio-
ne. Uditosi in Treveri 1' empio avveni-
mento , si ce*sò dal celebrare il servigio
divino, finché avesse deciso sopra questo
grave attentato il nuovo Papa Alessan-
dro II. Questi adunato appositamente un
sinodo vi scomunicò il conte, lasciando al-
l'arci vescovo il potere d'assolverlo. In for-
za di ciò Coi rado restituì la libertà al pie-
voi,. LXXX.
i8 TRE
lato dopo averne ricevuto ostaggi; ma po-
co dopo essendo giunta da Roma la sen-
tenza di scomunica, rientrato Corrado in
se slesso, s'umiliò all'arcivescovo, il quale
gl'itnpose d'intraprendere il pellegrinag-
gio di Terra Santa. Nel io65 circa Ebe-
rardo ebbe un contrasto con Thierri ab-
bate di s. Massi mi no, ebe imprese a de-
cidere colle armi; sembra però che dopo
qualcheostilità, ambedue si riconciliasse-
ro, e l'arcivescovo nella chiesa di s. Mas-
siccino fondò il suo anniversario. Lodato
per probità, consiglio e prudenza, cessò
di vivere dopo l'uffiziatura del sabato san
to 1 066. Gli successe Conone I o Corrado
Pfulingen nobile svevo, primicerio e poi
preposto di Colonia, dal coi arcivesco-
vo Annone reggente del regno di Germa-
nia, venne innalzato alla sede di Treveri,
senza richiedere prima il consenso del cle-
ro e del popolo. Annone conoscendo co-
ni' egli a Treveri incontrerebbe opposi-
zione, gli die una scorta per farsi intro-
nizzare colla forza. Adirati i trev'uesi per
simile atto di autorità, colsero armati in
traccia di Conone I , guidato dal conte
Thierri vidamo (forse magistrato o capi-
tano o meglio vicedominó) di Treveri fi-
no a Biedburgo lungi 16 miglia, affine di
respingerlo, ed assalita la casa ove s'era
rinchiuso, dopo avere ucciso non poche
di sue genti, ne forzarono le porte e s'im-
padronirono della persona.Thien'i lo tra-
dusse stretto in ceppi nel castello d'Urt-
zich, ove dopo averlo tormentato per «4
giorni, gli die la morte precipitandolo da
una roccia il t.° giugno 1 066. 11 suo cor-
po fu seppellito nell'abbazia di Tholcy,
e dopo gli si attribuirono de' miracoli ,
per cui fu posto nel novero de' martiri.
11 clero e popolo di Treveri nel 1067 scel-
se a pastore Ldoue o Eude svevo, figlio
d'Everardo conte di JNelleniburg, dopo-
ché si pacificò la collera del redi Germa-
nia Enrico IV, che ovea giurato vendi-
rar (>onoue colla rovina della città. Cor-
tese ed eloquente, nel 1074 ricevè com-
missione dal Papa s. Gregorio VII , di
TRE
terminar la controversia ira Thierri ve-
scovo di Verdun e l'abbate di s. Michele;
non che l'esame del contrasto insorto tra il
vescovo di Toni e un chierico di sua dio-
cesi. Nelle gravi vertenze tra s. Gregorio
VII e il suo persecutore Enrico IV, U-
done nel 1076 intervenne all'assemblea o
conciliabolo, in cui il re pretese far de-
porre il santissimo Pontefice, al quale ri-
provevole atto sottoscrisse cogli alni pre-
lati, nella più parte ripugnanti. Contra-
stando R.odolfodi Svevial'imperoad En-
rico IV, si formarono due fazioni, di pa-
pisti sostenitori del i." e di enriciaui par-
tigiani del 2.0, poi chiamate guelfi e ghi-
bellini. Il Papa nel sinodo di Roma del
[078 fece trattare l'affare de'due preten-
denti, e fu deliberato l'invio di legati in
Germania per conoscere le loro ragioni.
Indi s. Gregorio VII a' 9 marzo scrisse
un'enciclica a'vescovi di Germania, con-
sigliandoli di sentire l'arcivescovo di Tre-
veri che pendeva per Enrico IV, ed un
altro vescovo aderente di Rodolfo, per de-
cidere del luogo e del tempo per radu-
nare una nuova dieta. Il Papa scrisse a
Udone esortandolo di adoperarsi per la
pace, e l'invitò a Roma; ma l'arcivesco-
vo già era stato trovalo morto nel suo let-
to all' assedio di Tubinga, ove avea ac-
compagnato il re. A'6 gennaioioyg per
la prepotenza d'Enrico IV fu eletto arci-
vescovo, e da lui investilo coll'anello e il
pastorale, Engilberto o Egilbérlo bava-
rese, preposto e teologo di Passavia, del
parlilo de'scismatici sostenitori de'concu-
binari e delle condannate laicali Investi-
ture ecclesiastiche (1 .), già separato dal
suo vescovo dalla comunione de'fedeli. Il
clero e popolo trevirese mal soffrendo il
sopruso che loro si praticava, pregarono
i vescovi suffragane) ch'eransi recali a Tre-
veri per l'elezione, di non consagrare En-
gilberto, come non canonicamente eletto.
Scorsero i\ue anni senza ch'egli Irovauc
un consagra tore,tna nel 1080 avendo En-
rico IV scritto a Thierri vescovo di Ver-
dun, che avea assentito alla destinazione
TRE
d' Engilberlo, per indurlo a eseguir tal
funzione, tutlavolta il vescovo si credè in
dovile avvertirne s. Gregorio VII, dimo-
strandogli quanto fosse rilevante provve-
dere del pastore la chiesa di Treveri e ne-
gare la consngrazione a colui oh* egli cre-
deva canonicamente eletto. Non si cono-
sce la risposta di s. Gregorio VII; certo
è, che nel i 084 Enrico IV tanto fece che
indusse il vescovo di Verdun a c/>n sagrar
Engilberlo. Però tornalo questi a Tieve-
ri , ritrovò la medesima opposizione in
una parte del clero, la quale anzi gli mani-
festò che non poteva riguardarlo qual ve-
scovo, perchè avea ricevuto l'investitura
da mano laica. Gli mancava ancora il pal-
lio, e subito l'ottenne dall'antipapa Cle-
mente III, da Enrico IV fatto intrudere
contro s. Gregorio VII. D' ordine d'En-
rico IV, Engilberlo a' i 5 giugno 1 086 nel-
la metropolitana di Praga consagrò Vra-
tislao II primo re di Boemia. Nel iog3
Poppone e Richero, mio vi vescovi di Metz
e di Verdun, avendo ricusato di farsi con-
sagrare da Eogilberto, perchè avea rice-
vuto il pallio dall'antipapa, furono da lui
scomunicati; ma i loro cleri prend endo le
parti de' rispettivi pastori, dichiararono
ul metropolitano di non voler più comu-
nicare con lui. Engilberlo palesò molto
fervore per la potenza temporale di sua
chiesa , e difendendo le terre donate da
Adele vedova del conte d'Arlou, contro
Enrico conte di Luxemburgo che le pre-
tendeva, dopo aver impiegalo le armi per
respingere quelle del conte, lo scomuni-
cò; indi segni tra loro un componimento,
morendo Engilberlo neh 101 e fu sepol-
to nella cattedrale. Nelle feste di Natale
Enrico IV nominò successore Brunone
de'conli Bredeheim, preposto di Treveri,
di Spira e di s. Fiorent di Coblentz, ad
istanza del clero e del popolo, e nel se-
guente febbraio fu ricevuto in Treveri
con acclamazioni. Nel 1 1 o4 si recò a Ro-
ma per visitare Pasquale II, che l'accolse
onorevolmente e l'ammise nel sinodo di
Luterano che celcbiava; ma venuto meo-
TRE i0
gnizione ch'era stato investilo del pasto-
rale e dell'anello da Enrico IV, e che sen-
za avere ricevutoli pallio avea consagrato
chiese e conferiloordini, lodepose dal ve-
scovato; scorgendo poi in lui pentimento,
poco dopo lo ristabilì nel grado, gli con-
cesse il pallio, imponendogli soltanto hi
penitenza d'astenersi dall'uso della dal-
matica per 3 anni. Su di che può vedersi
il voi. XXXVII, p. 148. Morto Enrico
IV nel 1 1 06, il figlio Eurico V lo lece suo
ministro e consigliere aulico, non giada'
principi dell'impero nominato, come pre-
tende l'autore delle Gcst. Trcvir. Eni*
scop. presso il Marteue. Ma le contrad-
dizioni che gli fece provare il cancelliere
Adalberto, poi arcivesovo di Magonza ,
lo disgustarono in modo dell'uflitio che
Io rinunziò. Nel r 107 formò parte del-
l'ambasceria da Enrico V spedita a Pa-
squale II a Chalons-sur-Mai ne per con-
ferire sull' investiture ecclesiastiche, in-
sieme a'vescovi d'Halberstadt e di Muti-
ster, ed altri duri e intrattabili. Il solo
arcivescovo che prese a ragionare si mo-
strò eloquente, urbano e saggio, ma se-
condo le pretensioni dell'imperatore. Dis
se pertanto, che fino da'tempi di s. Gre
gorio I e di vari altri Papi , era diritto
dell'imperatore che prima di pubblicassi
l'elezione d'un vescovo, si dovea portai la
alla di lui conoscenza, affinchè se la scella
gli aggradiva, vi prestasse consenso; e che
in seguitoconsagratosi l'eletto liberamen-
te e senza simonia, si recava alla corte per
ricevere dal principe l'investitura del pa-
storale e dell'anello, e per giurare a lui
fedeed omaggio. Aggiunse poi, che se sua
Santità bramava di conservare quest'uso
così ragionevole e antico, la pace era fatta,
e la Chiesa e l'Impero sarebbero ormai
perfettamente d'accordo. Il Papa gli le-
ce rispondere da Addo vescovo di Piacen-
za. Questi con franco parlare , sostenne
la Chiesa riscattala e posta in libertà dal
sanguediGesù Cristo, non dover più rien-
trare in isehiavitù,come avverrebbe nel
caso che non potesse scegliere un prelato
2o TRE
senza consultare il principe; essere un at-
tentalo contro la Divinità, che un laico
conferisca l'investitura colla verga e l'a-
nello, spettanti all'altare, e che i vescovi
ed i sacerdoti deroghino alla loro unzio-
ne, ponendo le mani loro consagrate dal
Salvatore fra quelle secolari insanguina le
colla spada. Le grida indiscrete degli a-
Jt inaimi non gli permisero di prosegui-
re, onde le conferenze furono sciolte, do-
po avere Bruitone operato per un felice
risultato. Neh 109 Brunone fu inviato a
Roma coll'arcivescovo di Colonia da En-
rico V per la stessa controversia, ma sen-
za successo. Nel 1 1 1 3 Brunone scrisse a
R.aule arcivescovo di Reims, per ricor-
dargli l'antica unione delle loro chiese,
che traltavansi da sorelle, come appari-
sce da vari documenti; in conseguenza del-
la quale neli 1 i5 pregò Raule d'impie-
gare la sua autorità e quella de'suoi suf-
fragane'! , contro i diocesani devastatori
de'beni dell'abbazia d'Hoeren,che Tre-
veri possedeva in Francia. Accompagnò
poi Enrico V in Italia, e più volte com-
battè alla testa di sue genti. Neh 120 si
recò a visitare Papa Calisto II in Cluny,
il quale riguardandolo benignamente, gli
concesse due brevi a'3 gennaio: coli.°lo
dichiarò esente dalla giurisdizione d'o-
gni legato, eccetto quello a latere,e ciò
per far fronte alle violenze d'Adalberto
arcivescovo di Magonza, il quale baldan-
zoso del suo titolo di legato, se ne vale-
va per inquietare l'arcivescovato di Tre-
veri; col 1° confermò il suo diritto me-
tropolitano sui 3 vescovati di Metz, Toul
e Verdun. Di quest'ultimo breve fu ca-
gione Stefano vescovo di Metz e nipote
del Papa, perchè avendo ottenuto dallo
zio l'onore del pallio, come aveano go-
duto 5 suoi predecessori, si riguardava
per metropolilano e non intendeva d'es-
ser più soggetto all' arcivescovo di Tre-
veri. Avendo Guglielmocontedi Luxem-
burgo fatte saccheggiare in questo tem-
po le terre della chiesa di Treveri, Brìi-
none scomunicò gli autori e il conte, eoa
TRE
efficace effetto, poiché sbigottito Gugliel-
mo chiese umilmente l'assoluzione e pro-
mise riparare il malfallo. Morì neh 124
e gli successe Gotifredo di Liegi e decano
di Treveri, mercè gl'intrighi di Federi-
co conte di Toul; però dopo un anno vari
membri del clero scontenti del suo go-
verno, insorsero contro di lui, sostenendo
che il suo ingresso nella sede fosse irre-
golare. Indi gli spiriti vieppiù si esacer-
barono, onde Gotifredo vedendo il carico
superiore alle sue forze abdicò nel 1 127,0
fu deposto nel concilio tenuto nella città, e
morì nel seguenleanno. Nel giugno 1 127
il clero gli surrogò Meginero nobile di
Liegi, che tosto dovè prender l'armi con-
tro Guglielmo conte di Luxemhurgo, il
quale ohbliando le promesse fatte a Urli-
none, a vea devastato nuovamente le terre
della chiesa diTreveri;e l'incalzò così viva-
mente che Io ridusse a chieder pace. Nel
I 128 parli per Roma, dove ricevè dalle
mani d'Onorio II la consagrazione e il
pallio. Di costumi severi, imprese a rifor-
mare il clero, e infierì massime contro i
concubinari; il suo zelo mancante di di-
screzione, irritòi colpevoli egli rese molti
avversi. Neh 129 vedendosi quasi abban-
donato, fece nel novembre un 2. "viaggio
a Roma, affine di partecipare al Papa i
suoi disgusti. Trovavasi in Italia Corra-
do 111 duca di Svevia, competitore di Lo-
tario 11 all'impero, e sdegnalocoutro Me-
ginero che lo avea scomunicato d'ordine
del Papa, lo fece arrestare presso Parma
e lo cacciò uelle prigioni della città, ove
morì di dolore ih. "ottobre 1 i3o,dopo a-
ver perduta la vista : il vescovo di Par-
ma lo fece seppellire nella cattedrale. Nel
I I 3 1 pe'dispareri nell'elezione del suc-
cessore, i canonici scelsero Alberone o A-
dalherone o Adalberto di Monslerol o
Moutreuil loreuese, arcidiacono di Toul
e Verdun, e primicerio di Metz; ma per
l'inasprimento de' partili e il furore po-
polare, Lotario li per non fomentare la
•edizione rifiutò di ratificare I' elezio-
ne, e rimise l'affare alla sauta Sede. In-
T R E
nocenzo TI la confermò, ma rifiutando-
si <li accettare Alberone, come già avea
fitto delle prelature di Magdeburgo e
d'Halberstadt, a punirlo della resistenza
lo privò de' benefizi. Celebrando il Papa
nello stesso anno un concilio a Reims, o-
ve recossi Alberone con alcuni canonici,
si sottopose al volere d'Innocenzo II, cbe
fattolo rivestire d'una cappa lo collocò tra
gli arcivescovi, e condottolo seco a Vien-
na ivi lo consagrò, e rimandò alla diocesi
col titolo di legato per procurargli rive-
renza maggiore. Fu ricevuto con accla-
mazioni, ma Lotario li si ricusò d'inve-
stirlo delle regalie, perchè prima di ri-
cevere l'investitura erasi fatto consagra-
re; dipoi ne ricuperò In grazia e con essa
le regalie. Alberone dotato di meravi-
gliosa sagacità, ferino nelle sue risolu-
zioni, dolce e umano, riuscì d' umilia-
re l'arrogante e orgoglioso vidamo Lui-
gi, cbe rivestito di tale carica sotto i due
predecessori, I' esercitava con tale indi-
pendenza e dispotismo, che avea concen-
trata nella sua persona tutta la civile au-
torità e ridotti gli arcivescovi alle sole
funzioni ecclesiastiche. Sotto colore di
mantenere la loro casa erasi impadroni-
to di tutte le rendite, e somministrava
loro appena il necessario; essendosi pu-
re appropriato il palazzo, ostenta va \l lus-
so e il fasto proprio d' un principe. Al-
berone ricuperò il palazzo, e abbaitela
tirannide di quest' olliciale, che corse a
gittaisi a'suoi piedi. Sostenne guerra con-
tro Simone 1 duca di Lorena vessatore
dell' abbazia di s. Die o Deodato, e nel
n 3 2 lo scomunicò inAquisgrana nel gior-
no di Pasqua durante i santi misteri, al-
la presenza del cognato Lotario li, co-
stringendo il conte a uscir dalla chiesa:
indi per raccomandazione d' Innocenzo
li, l'assolse in una grande assemblea o
concilio tenuto a Thionville, prometten-
do Simone l che non avrebbe più. inquie-
tato la chiesa di s.Die. Colla slessa ener-
gia difese i religiosi di Senones dalle pre-
potenze d'Enrico conledi Suini. Nel 1 1 36
TRE 2i
accompagno Lotario II in Italia, per rein •
tegrare la s. Sede delle terre usurpate da
Ruggero I re di Sicilia, e fu allora che
Innocenzo II a'2 ottobre nominò l'arci-
vescovo di Treveri suo legato negli ar-
civescovati di Treveri, Magonza, Colo-
nia, Salisburgo, Rrema e Magdeburgo.
Nelii3c) il re de' romani Corrado III,
pressato dalle sue istanze, gli cede il pa-
dronato dell'abbazia dis. Massimino, che
da tempo immemorabile era immediata-
mente soggetta al capo dell'impero. I mo-
naci si appellarono al Papa Innocenzo II
contro la concessione, e ricorsero ad En-
rico 1 1 conte di Namur loro avvocato, che
mosse guerra all'arcivescovo: tutto fini
colla pace e transazione, che nel 1 1 47 Al-
berone fece confermare da Papa Euge-
nio III, nel recarsi a visitarlo in Parigi.
Sul finir dell'anno, cioè a'2Q novembre,
l'arcivescovo accolse Eugenio III nella
sua capitale, ove tenne un concilio ed a'
3i gennaio 1 1 4<3 consagrò la basilica di
s. Mattia, indi sul fine di febbraio partì
per Reims. Morì Alberone a' 1 5 gennaio
1 1 52 in Coblentz, ed il suo cadavere im-
balsamato, dopo solennissimi funerali fu
trasferito con gran pompa in Treveri, e
depositato per un giorno intero in cia-
scuno de' monasteri, indi venne sepolto
nella cattedrale. A'27 di detto mescgli
successe filino Fallemagne decano di su 1
chiesa, che recatosi a Francfort influì al-
l'elezione di Federico lini pera tore,il qua-
le l'inviò col vescovo di Bamberga ad Eu-
genio III, per partecipargli la sua esal-
tazione. Il Papa consagrò Illino, e gl'ira-
pose il pallio col titolo di legato. Nel ri-
torno trovando le frontiere di sua dio-
cesi saccheggiate da'conti di Nauiur e di
Vianden, gli riuscì pacificarsi con van-
taggio; e colla mediazione di s. Bernar-
do abbate di Chiaravalle, riconciliò quel-
li di Metz con alcuni signori vicini, che
uniti a Rinaldo II conte di Bar facevano
loro aspra guerra. Scrisse a s. Ildegarda
perchè lo mettesse a parte de'stioi lumi
intorno alla vita interiore, e dalla rispo-
22 T R E
Ma trasse profitto anche sul modo di
reggere il suo gregge. Nel i i5>j recato-
si Federico I a Treveri, con diploma con-
fermò all' arcivescovo il padronato del-
l'abbazia di s. Massimino, e il Papa A-
driano IV Io creò suo legalo in tutta l'e-
stensione del regno germanico, L'impe-
ratore che ne avea gran stima e in gran
conto teneva la sua dignità di primate,
lo ricevè graziosamente in Worms. lib-
ilo neh i5q mercè un cambio fatto colla
chiesa di Worms, acquistò il castello di
Nassau colle sue pertinenze: Lotario II
avea rimessa la chiesa di Worms in pos-
sesso di questa piazza, già toltale col-
la forza da'conti di Luxeuiburgo; quindi
lllmo la cede in fendo a' discendenti di
tale casa. Allorché l'imperatore persegui-
tando la Chiesa e il Papa Alessandro III,
fece riconoscere nel conciliabolo di Pa-
via l'antipapa Vittore V, lllinofu il solo
tra' vescovi di Germania che ricusò di
sottoscrivere gli atti di tale assemblea, e
solo per procuratore firmò la lettera in-
dirizzata a vescovi assenti. Già da qualche
tempo i treviresi s'erano divisi in tribù,
che arrogatisi ciascuna alcuni privilegi
sullo un capo appellato maitre, costituì
'.ino insieme un'associazione somiglian-
te a 'comuni; ma la licenza che sorse da
tale istituzione determinò l'imperatore ad
abolirla con sue lettere del i 1 6 1 . Questo
diploma erasi redatto, anche per ricon-
ciliare l'arcivescovo con Corrado palati-
no del Reno, rispetto a'di lui diritti qual
protettore della chiesa di Treveri. Cor-
rado, tlopo essersi accomodato con lllino,
esortò i treviresi ad astenersi da qualsia-
si innovazione. Morto lllino neh 169, il
clero e il popolo gli surrogò Arnoldo 1 de-
cano di s. Andrea di Colonia, ad istanza
di Federico 1. Neh 172 assalito da Mat-
teo 1 duca di Lorena e «lai figlio Ferri,
cogli Muli del fratello del conte di bar,
li vinse e fece prigioni, « ostringendoli a
MllergU il castello di Siisberg e le pre-
tensi.un mi quello ili Norherch.Neh 174
fece parie ili Ila spedizione dell'impcru-
TRE
love in Lombardia, e trovossi alla tenta •
ta espugnazione d'Alessandria della Pa-
glia. Morì Arnoldo 1 a'i5 maggio I 1 83,
e fu sepolto nella sua cattedrale. La sua
morte fu seguita da lungo e funesto sci-
sma; poiché i canonici si proposero di e-
leggere arcivescovo Rodolfo preposto di
s. Pietro, quando l'arcidiacono Folma-
ro o Vohnaro vi si oppose coll'appoggio
d'Enrico duca di Limburgo, e tumultua-
riamente fu da'suoi partigiani proclama-
to pastore. Federico I citò le parti a Co-
stanza, e senza scegliere altri, come l'au-
torizzava l'uso in simili casi, ordinò una
nuova elezione. Folmaro invece appellò
al Papa Lucio HI, e uscì clandestinamen-
te da Costanza. Nondimeno si procede
all'elezione in presenza dell'imperatore,
da que'pochi che aveano accompagnato
Rodolfo, sul quale di nuovo ricadde la
scelta, e Federico I gli die l'investitura e
lo inviò a prender possesso di sua chie-
sa. Folmaro avendolo prevenuto coll'oc-
cupare la cattedrale, Rodolfo si fece in-
tronizzare nella chiesa di s. Simeone.l due
pretendenti si recarono a Roma, ma tro-
varono che Lucio IH eia morto a Vero-
na a'2 5 noveod^re 1 1 85, e ch'eragli ivi
successo Urbano 111 avverso a Federico I.
In Verona il nuovo Papa nel sabbaio di
Pentecoste! 186 creò Folmaro cardina-
le, e nel giorno appresso cousagrollo ar-
civescovo, rigettando Rodolfo peravnu
ricevuta l'investitura dalle mani dell'im-
peratore. Per questo procedere Federica
1 si affrontò, e divenne aperto nemico del
Papa. Folmaro volle tornare a Trevei 1,
ove trovavausi tuttavia le truppe impe-
riali, condottevi da Enrico figlia di Fe-
derico l, che avea angarialo in mille mo-
di i suoi aderenti. Travestito Folmaro da
stalliere, dopo superati nel viaggio un'in-
finità d'ostacoli, giunse da Tebaldo con-
te di Rriey, che gli die ospizio nel mo-
nastero di s. Pietro di Monte, ove (issò il
suo soggiorno, esercitando l'autorità ur-
ei vescovile nella diocesi di Treveri. Sco-
municò i partigiani di Rodolib, i quali in-
T li E
vece si accrebbero, prestando occasione
■'nobili di mettere sossopra i beni del cle-
ro. Reduce l'imperatore dall'Italia, rac-
colse una dieta ove si presentarono i de-
putali di Treveri, e convennero di rico-
noscere Rodolfo, senza avere alcun ri-
guardo al giudizio del Papa, Intanto Fol-
maio erasi ritirato nella diocesi di Reims,
ove l'arcivescovo Guglielmo di Sciampa-
gna gli aprì un asilo. Munito del titolo
di legato, a lui dal Papa Gregorio Vili
concesso, convocò a Moussbn (l' •) un
concilio, invitandovi tutti i suoi soffra-
ganci e il clero di Treveri; l'assemblea
si tenne nella quaresima i 187, ma fra'
vescovi della provincia v'intervenne solo
quello di Metz, con alcuni prelati fran-
cesi, a 'quali s'unirono pure altri del 2.°
ordiuedelclerodi Treveri. Fol maro spie-
gando ivi tutta la sua autorità, pronun-
ciò sentenza di scomunica contro il ve-
scovo di Toul e depose quello di Verdun,
esercitando eguale rigore contro la parte
del suo clero a lui ribelle, Irritato l'im-
peratore da questo procedere, risolvè di
cacciare dal suo asilo il prelato; e stretta
quindi alleanza cól re di Francia Filip-
po 11, indusse questo principe a privar di
sua proiezione Folmaro, cbe videsi per-
ciò costretto od uscir dalla Francia. Pas-
sò in Inghilterra, ove il re Enrico II ac-
coltolo per rispetto del Papa, gli assegnò
per svio ritiro la città di Tours. Gregorio
Vili avvertito dal vescovo di Toul, cbe
Folmaro avealo scomunicato senza aver-
lo interpellato, e cbe parimenti altre sco-
inuuicbe avea lanciate contro i suoi av-
versari, restrinse il di lui potere e gli vie-
tò di colpire alcuno colle censure eccle-
siastiebe, senza prima consultare la s. Se-
de. Mentre si operava all'estinzione dello
scisma di Treveri, morì Gregorio Vili,
ed a'20 dicembrer 187 gli successe Cle-
mente III, il quale la condusse ad elìcilo,
Folmaro e Piodolfo vennero destituiti nel
1 189 nella dieta cbe Enrico VI re di Ger-
mania tenne in Treveri alla presenza del
cardiual Goffredo Guelani legalo, dopo
TRE 23
la partenza di Federico I suo padre per
la Siria. Folmaro si ritirò in Ingbilterra,
ove nello stesso anno cessò di vivere e fu
sepolto aiVorlbampton. Quindi nella stes-
sa dieta, ad insinuazione d'Enrico V, fu
eletto ad unanimi voli il suo cancelliere
Giovanni I, cbe di carattere pacifico gli
riuscì di riconciliare gli spiriti già discordi.
Ristabilita la concordia, rivolse ogni cu-
ra per mettere la sua diocesi in salvo'da-
gl'insulli de'vicini; e come la città di Tre*
veri era stata sino allora senza mura né
porle, la fece cbiudere da buona cinta con
alcune torri in distanza, al modo delle
piazze fortificate. Inoltre rialzò i castelli
già caduti in rovina, e ne costruì de'nuo-
vi. Neh 193 l'arcivescovo fu arrestato e
cacciato in prigione, da Federico conte
di Vianden, ma prontamente fu liberato
dal conte palatino del Reno Enrico III,
e nelle posteriori guerre Federico ebbe la
peggio, Nel 1 197 ildettoconteEnrico III
vendè all'arcivescovo Giovanni I il suo
diritto d'avvocazia della città e cbiesa di
Treveri. Nella gara insorta neh 198 per
l'impero, tra Ottone IV di Brunswick e
Filippo di Svevia, fratello del defunto
Enrico VI, l'arcivescovo dopo essersi di-
cbiarato pel 2.0, colla promessa in pre-
mio di 2000 marebe d'argento, si ricusò
di coronarlo, atteso il rifiuto dell'arcive-
scovo di Colonia. Avendo poi abbando-
nalo Filippo, nel 1200 partì per Roma
ben accolto da Innocenzo III, cbe favoi i -
va Ottone IV. Ma al suo ritorno a Tre-
veri si dichiarò nuovamente per Filippo,
ciò cbe gli tirò addosso la scomunica del
Papa, onde per farsi prosciogliere dall'a-
natema dovè riconciliarsi con Ottone IV.
Nel 1209 accompagnò quest'imperatore
in Italia, e inimicatosi Ottone I V con In-
nocenzo III, l'arcivescovo tornò ad ab-
bandonar il suo partilo, per rivolgersi da
quello di Federico II (iglio d'Enrico VI,
ma i treviresi rimasero fedeli all'impera-
tore. Morì nel 1212 e fu .sepolto nell'ab-
bazia d'Huuuierodo, di cui Ili insigne be-
nefattore, lasciando la sede di Treveri o-
24
TRE
pulente per i miglioramenti e acquisti ila
lui fatti. Gli successe Teodorico II conte
di Weda,arcidiaconoepreposlodis. Pao-
lino. Dichiaratosi per Federico 11, dal par-
tito del rivale gli fu teso un agguato, e
scampò la morte perchè Alberto di Co-
blenlz nel frapporsi ricevè il colpo mor-
tale a lui diretto. Nel I2i5 dopo avere
d'ordine d'Innocenzo III slaccati que'di
Cohonia dal partito d'Ottone IV e ricon-
ciliati con Federico li, si recò al concilio
generale di Laterano IV. Fece un pelle-
grinaggio in Terra Santa, nel 1223 in-
trodusse i domenicani in Treveri, e nel
12^5 per l'assassinio d'Engilberto arci-
vescovo diColonia,assunse la cura di quel-
la chiesa, e fece eleggere a successore En-
rico di Molenaixk. Avendo scoperto in
Treveri 3 scuole di albigesi, perseguilo
questi eretici e ne fece condannare alcu-
no alle fiamme. Colle armi e le censure
represse gli attentati de' signori di Poil-
vache e di Mailberg, e per frenar quelli
del 2.° eresse nel «289 il castellodiK.il-
burgo, finché la pace nel 1240 ricompo-
se l'ordine. Recatosi nel 1 242 Corrado I V
figlio di Federico II a Treveri, lo accom-
pagnò a Cobientz, ove l'arcivescovo cessò
di vivere a'28 marzo; il cadavere trasfe-
rito a Treveri fu tumulato nella catte-
drale. Durante il suo governo stabili la
riforma di vari monasteri, altri ne fondò
di nuovo, altri ne restaurò. Il suo nipote
Arnoldo II d'Iseruburgo gli successe, già
preposto di s. Pietro, per l'elezione fat-
ta dalla maggiore e più saggia parte del
clero, senza partecipazione de'laici. Adi-
rata la nobiltà perchè, com'era costume,
non si fosse chiamata a parte dell'elezio-
ne, scelse dal canto suo Rodolfo di Pont
preposto di s. Paolino, e pigliò le armi
per sostenerlo; ma non secondata dalle
guarnigioni delle piazze dell'arcivescova-
to, fu costretta di rimanere nell'inazione.
Corrado IV in Cobientz conferì V in ve-
stitura ad Arnoldo li; menile il duca di
Lorena Matteo li, ed i conti ili Lnxem-
burgo e di Sayu parteggiarono per Ru-
TR E
dolfo. Le loro truppe penetrate in Tre-
veri, saccheggiarono le case de'canonici
propensi ad Arnoldo II, formarono una
piazza d' armi della cattedrale, ed asse-
diarono senza successoli palazzo arcive*
scovile, ove i canonici eransi rifugiali. Re-
catisi in seguito ad* assalir le diverse piaz-
ze della diocesi, rimasero perdenti dinan-
zi a tulle, tranne Saarburgo di cui s'impa-
dronirono con inganno. Pel deplorabile
scisma, frappostesi varie persone dabbe-
ne e potenti, Rodolfo si mosti ò condiscen-
dente a desistere dalle sue pretensioni ,
chiedendo per suo asilo la città di Saar-
burgo: gli fu concessa, e dopo qualche
giorno morì. Neh 243 Arnoldo 11 otten-
ne il pallio da Innocenzo IV, e fu consa-
grato dagli arcivescovi di Magonza e di
Colonia. L'arcivescovo nel 1 245 si spie-
gò contro Federico II, già scomunicalo
e deposto dal concilio di Lione I. Essen-
dosi i 3 arcivescovi del Reno,Treveri, Ma-
gonza e Colonia, recali nel maggio o nel-
l'agosto 1246 ad Hocheim pei l'elezione
d'un nuovo capo dell'impero, il giovane
Corrado IV corse ad assalirli con un'ar-
mata di svevi; ma essi avendo alla testa
loro il landgravio di Turingia Enrico ,
che allora a proposizioned'lnnocenzo IV
aveano eletto re de' romani, mossero con-
tro il principe, gli presentarono battaglia
e lo posero in rotta. Nel 1247 morto Eli •
lieo, l'arcivescovo di Treveri si adoperò
insieme al legalocardinal Capocci per l'e-
lezione del nuovo re de' romani, sicché
avendo essi radunati a Woeringen, nel
paese di Colonia, gli elettori, a* 2q set-
tembre o meglio a'3 ottobre ad unanime
voto fu scelto Guglielmo conte d'Olanda.
Questo principe nel 1 25 1 fu accompagna-
to a Lione per trattare degli all'ari del-
l'impero con Innocenzo IV; il quale a-
vendo nel venerdì santo predicato nella
propria lingua, l'arci vescovo ch'era a ban-
co del re, a lui e alla sua corte tradusse
il discorso in lingua alemanna. Avendo
il popolo di Cobientz commesso delle o«
stilila contro l' esercito crocialo per re-
TRE
primere i partigiani di Federico IT, ne fu
incolpalo motore l'arcivescovo, percui il
cardinal Ugo di s. Caro legato di Germa-
nia, fu incaricato di prenderne cognizio-
ne. Ucciso sul cominciar del ii56 Gu-
glielmo, né trovandosi disposto a succe-
derlo alcun principe di Germania, due
stranieri, cioè Alfonso X re di Leon e di
Castiglia, e Riccardo contedi Coruova-
glia e fratello del re d'Inghilterra, « po-
sero fra 'concorrenti al soglio vacante. Gli
elettori, che allora erano numerosi, tro-
varonsi tra loro divisi, e Riccardo molli
ne avea fatti suoi col denaro, non pelò
Arnoldo 11 a cui offrì i 5,ooo marchi di
sterlini, giudicando più degno lo spaglino-
lo. Questa scelta adottata dal maggior nu-
mero degli elettori, fu applaudita da una
parte di Germania e dagli stati d'Italia;
ma Alfonso X contento del titolo im-
periale, non si mosse dalla Spagna, sic-
come occupato in guerreggiare i mori.
Arnoldo 11 vedendo che non cedeva a're-
plicali invili fattigli, lo abbandonò, e pa-
cificatosi con Riccardo, mercè la media-
zione di Francia, lo riconobbe per re de'
romani. Rivestito Corrado arcivescovo di
Colonia del carattere di legato, voleva e-
sercitar le sue funzioni nella diocesi di
Treveri, ma Arnoldo II spedita una de-
putazione a Roma, ottenne di non rico-
noscere che la giurisdizione d'un legato
a Intere; indi morì nel i 25g nella citta-
della di Tabor da lui innalzata, e il suo
corpo fu portato nella metropolitana. Fu
tacciato d'essersi usurpati i beni delle chie-
se di sua diocesi, d'aver tralasciato la ce-
lehrazioue degli annuali sinodi diocesa-
ni di primavera e d'autunno, di violen-
ze commesse da' suoi ulliziali verso vari
membri del clero, e d'aver fitto l'ordi-
nario suo soggiorno nel suo Castel lo d'Eli-
renhreitslcin. Nel l a6o Papa Alessandro
IV dopo aver annullata la doppia elezio-
ne fitta dal capitolo dc'due arcidiaconi
di Treveri Enrico e Arnoldo, in Roma
nominò a' 18 novembre Enrico I di Fi-
sliug o Wiuslingeu nobile di Lorena e
TRE 25
decano di Metz, non senza aver brigato
per essere arcivescovo. Nondimeno giun-
to a Treveri, vi fu accolto dal clero colla
massima acclamazione; ma breve fu la
gioia, e tosto la Chiesa dovè querelarsi di
lui, pel carattere altero, violento e ven-
dicativo. Perseguitò Thierri abbate di s.
Mattia pressoTreveri,e gli destinò un suc-
cessore. L'abbate ricorse a Papa Urbano
IV, già adirato contro l'arcivescovo per
la sua condotta, e perchè eseguiva le fun-
zioni senza avere ricevuto il pallio. L'ar-
civescovo vessò pure i commissari pon-
tificii,inviati per informarsi sul luogo del-
lo stato delle cose, e rimosse pure l'ab-
bate Hobertodis. Maria de'Martirie fra-
tello di Thierri. Il Papa ristabilì i dueab-
bali, e chiamò l'arcivescovo a Roma per
giustificarsi. Morto frattanto UibanoIV
e succedutogli Clemente I V, questi lo ri-
tenne in Roma per aver fatto imprigio-
nare l'abbate Thierri. iNella sede vacan-
te profittò per evadere da Roma, e poi
sentendo che l'abbate si recava in Orvie-
to da Gregorio X lo seguì, ma il Papa li
fece riconciliare a mediazione di due car-
dinali. Nell'ottobre i 273 Enrico I con uà
corteggio di 1 800 uomini si portò aFranc-
fort per l'elezione del re de' romani, e
contribuì col suo voto a quella di Rodol-
fo I d'Habsburgo. Poco applicandosi agli
alfari spirituali, fu tutto dedito a risto-
rare le fortezze e a costruirne di nuove.
Morì nel 1286 a Boulogne, nel pellegri-
naggio a s. Josse di Pkardia, impreso
per le malatlieche l'affliggevano, e fu por-
tato nella sua cattedrale. Diviso il capi-
tolo ne'pareri, elesse 3 individui, e pre-
valse Boemondo 1 di Warnesherg, pre-
vosto e arcidiacono di Treveri, perchè
Papa Nicolò IV nel 1289 lo nominò, e
consagrò in (piatesi rna.con Cerai do d'Ep-
penslein arcivescovo di Magonza, dando
loro solennemente il pallio nella dome-
nica delle Palme. Intanto avendo il Pa-
pa eletto a preposto e a cantore di Treve-
ri due soggetti d'oneste famiglie e com-
mendevolipel merito loi 0,1! maggior nu-
26 TRE
mero cle'canonici ardì di rigettarli, come
non nobili; questa frivola vanità da essi
fu sostenuta come prerogativa del capi-
tolo, ed alle ammonizioni e minacce del
Papa restarono inflessibili. Pertanto Ni-
colò IV li scomunicò e pose l'interdetto
alla chiesa di Treveri, che durò per tutto
jl vescovato di Boemoudo I. A vergogna
de' ricalcitranti, avvenne i5 anni dopo,
che Pietro Aichspalter, uno de'due scelti
ale dette dignità, fu innalzato alla sede
di Magonza. Boemondo I giustificò l'e-
lezione del Papa, perchè dolce di carat-
tere e amatore della pace; caro all'im-
peratore Rodolfo 1, lo fu egualmente ad
Adolfo di Nassau suo successose, al cjua-
le restò sempre fedele, a differenza di qua-
si tulli i principi di Germania, anzi nel-
lesue strettezze gli somministrò conside-
revoli somme, ricevendo in ipoteca il ca-
stello di Cochem. Alberto I d'Austria, di-
venuto imperatore nel 1198, serbò gli
stessi senlimenti per l'arcivescovo? tanto
potere, per lo più, ha la virtù sugli ani-
mi, non ostante la diversità del loro pen-
sare! Alberto I lungi dal ritirargli il ca-
stello di Cochem, gliene concesse la pro-
prietà. Questo degno prelato, che edificò
la diocesi colla purezza de'costumi, e col-
la diligenza nell'adempierc a tutti i do-
vei i del suo ministerOjlerminòisuoigior-
ni a' 9 dicembre 1 299, e fu sotterrato
nella metropolitana.
Papa Bonifacio Vili senza valutare l'e-
lezione falla dal capitolo d'Enrico di Vir-
neburgo, nel i3oo nominò fr. Ditero o
Didero di Nassau teologo domenicano,
fratello del defunto Astolfo re devonia-
ni, foise coll'iutenzione di pone a fronte
del suo uccisore Alberto 1, un nuovo ne-
mico. Trovandosi i treviresi in guerra col
coute di Luxemburgo, nel pacificarsi gli
accordarono il dirittodiciltadinanza,3oQ
lire di pensione e il palazzo dell'Aquila 111
Treveri, poi palazzo Retile. Dei paese di
Luxemburgo e de'suoi signori ragionai
ne'molti articoli relativi, come a Paesi-
Bassi e (ìebmama. Neli3o3 i cittadini di
TRE
Treveri si sollevarono contro l'arci vesco^
vo, per affrancarsi dalla tassa personale
ch'egli esigeva, non che dalla giurisdizio-
ne de'magistrati scelli dallo stesso predir
to. Scorgendo Ditero esser eglino soste-
nuti da molti potenti, acconsentì che e-
leggessero alcuni consiglieri tratti dal pro-
prio ceto, affine d'amministrarla giusti-
zia insieme col pretore e cogli scabini del-
l'arcivescovo. JNeh3o5 i treviresi essen-
dosi impossessati del diritto di concedere
la cittadinanza a personaggi distinti sen-
za consultar l'arcivescovo, ammisero nel-
la società loro il conte di Sponheim, col-
la condizione che avesse a proteggere le
loro mogli e figli, e permettere ad essi il
libero passaggio sulle proprie terre, ed in
caso di bisogno accorrere con 1^ de'suoi
in loro soccorso contro ciascun nemico,
ad eccezione del re de'romani, del proprio
arcivescovo, e de'conti di Luxemburgo e
di Veldenz; di più promisero al conte
3ooo lire treviresi e r 00 lire annue fino
al pagamento delle medesime. Queste as-
sociazioni, aumentandole forze de'cilta-
dini, sminuivano l'autorità arcivescovile,
nel temporale. Ditero strinse d'assedio Co-
blentz, i cui abitanti volevano sottrarsi
dalla sua soggezione, e li costrinse a chie-
der pace. Pel i ." arcivescovo di Treveri
s'intitolò colla forinola: D. Archita, Tre-
i'ir, Dei et aposto licae Sedis gratta, Mo-
rì a'i3 novembre 1 307 e fu sepolto nel-
la chiesa del suo ordine, Nel dicembre fu
eletto Baldovino 1 de'conti di Luxembur-
go preposto di Treveri, mentre studiava
all'università di Parigi, ed i deputali che
gliene recarono l'annunzio, di là si reca-
rono a Portiera da Papa Clemente V, che
uvea stabilita la sua residenza iu Plan-
cia, per chiedergli la conferma, e poi l'i 1
marzo i3o8 dalle sue mani fu consacri
to. il suo amore per la pace si palesò nel-
la transazione conclusa co' treviresi, ri-
guardante le innovazioni introdotte nel-
la città sotto il predecessore. Il suo fratel-
lo Enrico VII, innalzato all'impero, si val-
se poi ulilmeule de'suoi cousigli e in qual-
T 11 E
che parte lo associò al suo governo. Cle-
mente V approvò l'elezione di Enrico VII
di Luxemburgo, in Avignone ricevè dai
suoi commissari il giuramento di fedeltà,
e lo fece incontrare a Losanna dallo stes-
so Baldovino I e da Giovanni di Molans
canonico di Toul,onde loro rinnovasse il
giuramento nel recarsi a prendere la co-
rona imperiale in Roma.'Emico Vll.fat-
to eleggere il suo primogenito Giovanni
in re di Boemia, e concertata col fratello
la spedizioned'ltalia, l'arcivescovo vi con-
tribuì più d'ogni altro in uomini e in de-
naro. Essi partirono insieme da Colmar
neh 3 io, e comparteciparono a'buoni e
a'ti isti successi delle 3 campagne fatte ol-
tre l'Alpi, perchè si risvegliarono con più
furore alla venuta d'Enrico VII le fazio-
ni de'guelfi e de'gliibellini, de'quali ulti-
mi l'imperatore eia gran sostenitore. Mor-
to Enrico VII nell'agosto i 3 i 3 presso Sie-
na, mentre il fratello erasi portato in Ger-
mania per far leva di nuove truppe, ri-
tornò quindi a Treveri, ove per qualche
tempo accudì agli affari di sua chiesa. Es-
sendosi sparsa voce che Enrico VII fosse
stato avvelenato da Bernardino da Monte
Pnlciano suo confessore, l'arcivescovo lo
di lese pubblicando uno scritto. Neil 3 i4
Baldovino I si trovò nel numero de'5 e-
lettori, che a'20 ottobre in Franeforl die-
timo il volo a Lodovico V il Bavaro nel-
la successione all'impero; e questo princi-
pe per gratitudine gli rilasciò a'3 dicem-
bre un diploma, col quale gli confermò
il titolo d'arcicancelliere dell'impera nel-
le Gallie, ossia nelle provmcie che altre
volte aveauo formato parte del regno di
Lorena. Intorno a che giova osservare.che
gli arcivescovi di Treveri aveauo eserci-
tato l'uffizio d' arcicancelliere di Lorena
fino al tempo dell'imperatore Ottone I,
e che essendo itala dipoi loro sottratta tal
dignità, venne in seguito a'medesiiui re-
stituita da Rodolfo 1 d'Hahsburgo con e-
slensione anche sul regno ù'Arles. Prima
di Lodovico V già l'arcivescovo nell'at-
to dell 'elezione del fratello erasi iutilola-
T K E 27
to arcicancelliere dell' impero nel regno
d'Ai les. A'di lui successori venne poi con-
fermala la medesima dignità, mercè aU
tri diplomi degl'imperatori successivi, e
specialmente mercè la bolla d'oro di Car-
lo IV; dignità di cui fecero uso più volte,
come prova d' Honlheim, contro i mo-
derni che lo pretesero un titolo meramen-
te immaginario. Baldovino I accompagnò
Lodovico V in Aquisgrana pel suo coro-
namento, che spera va di esegui re, ma l'ar*
civescovo di Magonza la vinse in suo con-
fronto, sostenendo che tale funzione a lui
solo spettasse per antico diritto. Si credè
alla sua parola, ma fu obbl igato poi a som?
ministrar le prove dentro un mese; non
avendo potuto presentarle, venne in se-
guito rigettata la sua pretensione, e l'o-
nore di coronare in Aquisgrana il re
dei romani MI mancanza dell'arcivesco-
vo di Colonia, venne assegnato a que-
sto di Treveri. Si può anco vedere l'ar-
ticolo Imperatore, ove dissi che se la co-
ronazione del re de' romani avea luogo
nella diocesi dell'arcivescovo di Treveri,
a questi ne spettava la consagrazione. Nel
i3i5 Baldovino I mosse alla testa della
nobiltà di sua diocesi, in aiuto del nipo-
te Giovanni re di Boemia contro i suddi-
ti ribelli di questo principe, i quali furo?
no sottomessi, in unione all'arcivescovo
di Magonza che si unì al re per combat-
terli. Contro Lodovico V insorse Fede-
rico III il Dello duca d'Austria; ed il Pa-
pa Giovanni XXH •' inimicò in segui-
to coli.°per trattarsi da imperatore pri-
ma della pontificia conferma, per ricu-
sare il giudizio della s. Sede nella questio-
ne col competitore, e per difendere gli e-
relici. Intanto nel i3i6 1' arcivescovo si
portò ad aiutare Lodovico V, nella san-
guinosissima battaglia di Neere , contro
Federicol 1 1 , il cui fratelloLeopoldo d'Au-
stria avendo chiuso presso Spira l'avver-
sario, questi fu tratto dal pericolo pei soc-
corsi dell'arcivescovo. Nel 1 3 1 7 soccorse
pure Gerardo VI conledi Juliers,che qua-
le aderente del Bavaro era guerreggiato
28 TRE TRE
dall'alci vescovo di Colonia, e rie uscì vit- bidiente al Papa. Dicesi che vi ebbe par-
torioso. Tuttavolta nella guerra tra Far- te l'interesse eli sua famiglia, scorgendo
ci vescovo di Colonia e i suoi sudditi, tìro- con assai compiacenza l'imperiai corona
curò di giovarealcollega. Vacata nel i 3io prossima a passar colla deposizione ilei
Ja sede di Magonza, i canonici volsero lo Bavaro, sul capo del suo pronipote Carlo
sguardo su Baldovino I, ina questi essen- IV ili Luxemburgo. Infiliti Baldovino I
dosi riportato al Papa, fu invece da Gio- fu nel numero de'5 elettori che a' io Iti-
vanni XXII nominato Mattia religiosodi glio crearono a Rentz sul Reno Carlo IV
Morbach. Baldovino I generosamente voi- di Luxemburgo re de' romani, ed aven-
le mettere l'eletto in possesso della chie- dolo condotto a Bonn, nel novembre io-
sa di Magonza, determinando il capitolo terveone alla sua coronazione. A vendoBal-
a bene accoglierlo. Dopo aver colle armi clovino I quasi sempre trattato le armi, nel
felicemente sostenuti de'coutrasti co'vici- i35o pensò di passare il rimanente dei
ni, neh 324 portola guerra col re di Boe- suoi giorni in riposo, e con tal mira con-
mia suo nipote nel paese di Metz, asse- eluse la pace co'vicini e co'vassalli, anche
diando la capitale ribellatasi a Lodovico con accordar loro favorevoli condizioni;
V. Volendo innalzare un castello a Bir- nondimeno non potè goderne, perchè Ja-
chenfeld nel territorio del conte di Star- eppo di Montclair fece lega contro di lui
kemburgo, fu fallo prigione, onde dovè cogli scabini,colsenatoe col popolo diTre-
pagare forte riscatto e promettere di la- veri, promettendo d'aiutarli nella ribel-
sciar l'impresa. Morto neh 328 Farcive- lioneed'accoglierli ne'suoi castelli. Il pre-
scovo di Magonza, di nuovo fu eletto a tal lato, dopo inutili ammonizioni, l'assediò
dignità Baldovino I, ma avendola rifiuta- nel castello di Montclair, se ne impadro-
ta, il Papa contro il voto de'canonici vi ni e lo rase al suolo; dopo di die fece e •
nominò Enrico di Virneburgo. Le oppo- rigeredirinipetto, sulle sponde della Saa-
sizioni durarono 3 anni, ne'ijuali Baldo- re, il castello di Sarenstein. Dopo aver se-
vino I fu incaricato dell'amministrazio- dato altri movimenti de'lreviresi, morì ai
ne di Magonza, oltre quella de' vescovati 2 1 gennaio 1 354, onorando i funerali nel-
di Spira e di Worms che allora gli furo- la cattedrale, ove fu sepolto, l'imperato*
110 allidati. Nel i33o fondò la certosa di re Carlo IV, ed un gran numero di prin-
Tre veri, e nel 1 33 1 fece rientrare al do- cipi e di prelati. Appena gli successe Bue-
vere i nobili del paeselli Treveri. Neh 338 inondo li de'signori d'Etendorf arcidia-
gli elettori dell'impero, e pe'primi gli ar- cono di Treveri, che i treviresi lo costruì-
civescovi di Treveri e Magonza, scrissero seco a confermare i loro privilegi e adac-
con risenlimento a Papa Benedetto XII crescerli; dall'altro lato molli signori che
in favore dell'ini munita germaniche, ac- aveano vendute le loro terre al predeces-
ciò annullasse la scomunica e deposizio- sore, presero Farmi per ricuperarle.il pre-
tte sentenziate dal predecessore Giovanni lato, non ostante il pacifico suocaratte-
XXII contro Lodovico Vjmail Papa che re, si vide costretto ad opporre la forza
ad esso aveagli spedito nunzi perchè tor- alla forza, ed il fece con buon successo,
nasse all'ubbidienza della s. Sede, veden- Neh 357 acco'se '" Treveri l'imperato*
do ch'erasi unito all'Inghilterra contro re Carlo IV colla sua sposa econ Wen-
Fraucia, lo dichiarò nuovamente incorso cesìao suo tiglio; enei 1 3 58 imprese a
nella scomunica, anche come usui palore costruire presso il Beno i castelli di Pe-
dell' impero. 11 successore Clemente VI lersberg e Peterseck, per porre in salvo
neh 34G sollecitò l'arcivescovo a rinun- Wesel e Boppard che la chiesa di Treve-
ziareall'allaccamen>ofìuo nllora mostra- ri teneva in feudo dall'impero. Neh 3(>o
toal Bavaro, e Baldoviuo 1 si mostrò ub- la nobillù di Treveri rinnovò i suoi sedi-
TRE
ziosi movimenti, ed in pari tempo Filip-
po d'Isemberg signore di Grensau, a di-
spetto dell'arci vescovo,eresse presso la sua
residenza di Vilmar il caslel lo di Greten-
Stein, chiamandovi alcuni nobili del Pa-
latinato per esercitar impunemente il la-
droneccio sulle terre della chiesa di Tre*
veri. Il prelato, le cui infermila si anda-
vano cogli anni aumentando, pensò di co-
stituirsi un coadiutore che lo sostenesse
nel procelloso governo, e colPassenso del
capitolo scelse nel i 36 1 Conone Falken-
Stein canonico di Magonza, giovane do-
tato più di valore checompreso dello spi-
rito del proprio stato, e che già avea re-
so molti rilevanti servigi a Gerlac suo ar-
civescovo contro gli aggressori che deva-
slavanola diocesi di Magonza. Dopo l'ap-
provazione pontificia, Conone corse ad as-
sediare Gretenstein , Io prese e fece pri-
gione Filippo d'Isemberg, che si riconob-
be vassallo della chiesa di Treveri. Nel
i36i Boemondo li rinunziò il vescova-
to a favore di Conone, e con permesso
d' Innocenzo VI lo fece consagrare e ri-
vestì del pallio, e indi si ritirò a Saarbur-
go,ove mori neh 368. Avendo Papa Ur-
bano V nominalo arcivescovo di Colonia
Adolfo della Marcii, e differendo di farsi
ordinare, neh 363 die l'incarico a Cono-
ne di amministrar quella chiesa, incarico
che continuò dopo l'abdicazione d'Adol-
fo e per tutto il tempo in cui durò il ve-
scovato del successore Engilberto,che mo-
ri neh 368. Ma intanto che Conone ve-
gliava sugli affari altrui, la città di Tré-
veri fece rivivere le sue prelese, e imma-
ginandosi d'aver inleramenteescluso l'ar-
civescovo dal governo civile, volle ezian-
dio privarlo del pedaggio della Mosella
per appropriarselo. Dopo qualche atto di
reciproca ostilità, le parti si rimisero al-
l'arbitrio dell' imperatore Carlo lV,il qua-
le die vinta la causa all' arcivescovo nel
i364, con proibizione a'treviresi di con-
cludere verun trattato senza il permes-
so del prelato. Nel 1 3 7 i Conone ricusò
l'arcivescovato di Magonza, e poi quel di
TUE 29
Colonia che amministrava da 7 anni, fa-
cendovi eleggere il nipote Fdippo Saar-
"Werdeii o Saverdun (nel quale articolo
dissiche ricusò di accettare la dignità car-
dinalizia^ siccome furouoommesse le pa-
role nipote dell', pare ch'egli fossearcive-
scovo di Treveri.il che noi» è); e nel 1 3y6
ottenne da Carlo IV un diploma de' 3i
maggio,col quale rinnovò e confermò tut-
te le regalie spettanti alla chiesa di Tré-
veri, non che tutti i privilegi e prerogati-
ve che godeva, e la dignità d'arcicancel-
liere del regno d'Arles che avea l'arcive-
scovo. A ciò fu aggiunto, che nell'elezio-
nedel re de'roiuani e negli altri alfari del-
l'impero, da trattarsi dagli elettori, ili."
suffragio verrebbe dato da quello di Tre-
veri. Tornata a stabilirsi la residenza pon-
tifìcia in Roma da Gregorio XI, alla sua
morie nel 1378 gli successe Urbano Vf,
contro il quale insorse il grande Scisma
(V.) d'occidente per l'antipapa Clemen-
te VII, che recandosi in Avignone vi sta-
bili una cattedra di pestilenza. La Ger-
mania seguì nell'ubbidienza il legittimo
Urbano VI, così Conone. Il Papa veden*
dosi particolarmente amalo da'tedeschi,
dopo la congiura d'alcuni cardinali, nel
dicembre 1 38 1 creò cardinale Falken-
stein, il quale, come altri tedeschi e gli e-
lettori di Colonia e di Magonza , ricusò
anch'esso la dignità pe' turbolenti tempi
dell'orribile scisma. Ad Urbano VI e al-
la Sovranità della s. Sede (F.), Enri-
co landgravio d'Assia donò diversi suoi
castelli, posti nelle diocesi di Treveri, Ma-
gonza ed Erbipoli. Conone per le sue in-
fermità, congiunte al peso degli anni, nel
1 388 abdicò al suo pronipote Werniero
diFalkenstein-Roenigstein arcidiacono di
Treveri, preposto di s. Paolino e di s. Fio-
rino di Coblentz, col permesso d'Urbano
VI e l'assenso del suo capitolo. Ritirato-
si nel castello di Webnich sul Reno, co-
minciato dal predecessore e da lui com-
pito, vi morì a'2 1 maggio dello stesso an-
no, ed il cadavere portato in Coblentz fu
sepolto nella chiesa di s. Castore. Loda-
3o T R E
lo come principe temporale, per In sua
grande attitudine a ben governare , pel
suo coraggio col quale represse gl'indoci-
li vassalli e le violenze de'vicini, ricupe-
rando alla sua chiesa i beni alienali, e au-
mentando con nuovi acquisii i propri do^
minii. Ma qunnlo alla sua episcopale con-
dotta, sembra che la cura dello spiritua-
le tenesse il 2.0 luogo nel cumolo di sue
occupazioni. Si dice ch'egli fu uno degli
scrittori continuatori delle Gesta degli
arcivescovi di Trcvcri. Rinnovò la chie-
sa di s. Beato, e la fece consagrare in o-
nore della B. Vergine, e de'ss. Gio. Bat-
tista, Siivazio e Beato confessori, e del-
le ss. Oiìicia e Noilburgia vergini. Wer-
niero trovò gli scrigni dell'arcivescovalo
ripieni, attesa l'economia del pro-zio, ma
tali tesori furono contrastati da'congiuii'
ti del defunto. Nel 1 38g fu costretto as-
sediar la città di Wesel,ch'erag!isi ribel
lata; indi mosse in aiuto di Federico ar-
civescovo di Colonia, che avea a fronte
il conte della Marck Engilberto III. Nel
i3g3 fu assali toda'eon ti d'Aremberg e di
iSolms,e 3 anni durò In guerra. L'impero
trova vasi a que'giorni in una specie d'a-
narchia, attesa la noncuranza del crude-
le imperatore Wenceslao di Luxembur-
go figlio di Carlo I V,occupato Interamen-
te e immerso a Praga nelle dissolutezze.
Nel i4°o essendosi radunati ad Ober-Lah-
nestein i 3 elettori ecclesiastici di Treveri,
Mngonza e Colonia, e Roberto elettore
Palatino, presero il partito di destituirlo,
e il giorno appi esso nominarono in di lui
vece lo stesso Roberto. Quesli restituito-
si a Treveri neh4o3, dopo la sua infeli-
ce spedizione d'Italia, confermò i privile-
gi di questa città, che di giorno in gior-
no divenne più florida, dopo l'alleanza
contratta co'duchi di Lorena e di Lussem-
burgo. Notai a Germania, che in questo
tempo come la cristianità avea 3 Popi,
cioè il legittimo Gregorio XII, Giovanni
XX 1 1 1 eletto contro <li Ini nel Sinodo di
Pisa, e l'antipapa Benedetto Xlll; così
l'impero e la Germania ebbe 3 impera-
TRE
• ori , Wenceslao pei- le sue pretensioni,
Josse marchese di Moravia eletto nel 1 4'«
per morte di Roberto da una parte degli
elettori, che comprato da Wenceslao il
ducato di Luxemburgo lo vendè al duca
d'Orleans fratello del re di Francia, e Si-
gismondo di Luxemburgo fratello di Wen-
ceslao, che per invito di Giovanni XXIll
neli4' t eia slato eletto da un'altra par-
te di elettori, e poi prevalse, perchè Jos-
se mori l'8 gennaioi4i '• Nel 1 4- ' 4- a7
gennaio Werniero acquistò in nome del-
la sua chiesa la signoria di [Amburgo (di
cui riparlai a Paesi Bassi), da Gerla»: de-
.cano di Treveri ed erede di Giovanni di
Limburgo suo fratello morto nel i4o6.
Frattanto nel concilio di Costanza, di cui
riparlai a Svizzeea, ebbe termine lo sci-
sma deplorabile, coll'elezione di Martino
V nel 1 4 ' 7- Essendosi Colonia ueh4i8
ribellata contro Thierri suo arcivescovo,
Werniero fece leva di truppe e accorse in
sua difesa, ma poco dopo mancò a' vivi
nel costello di Buremberg a'4 ottobre, e
fu sepolto a Coblenlz presso il pio-zio Co-
none. Lasciò vuoti i suoi scrigni, quanto
li avea trovati pieni. Già da tempo im-
memorabile i suoi predecessori, dopo II-
dttino, in forza d'indulto concesso da Eu-
genio Illa questo prelato, aveano il co-
stume d'impadronirsi degli Spogli eccle-
siastici, ossia delle successioni di tutti gli
ecclesiastici di loro diocesi, che morivano
intestati j ma Werniero nel 1 3q7 con at-
to formale rinunziò a tal diritto. Però Bo-
nifacio IX lo reintegrò in altro modo, con-
cedendogli il i.°iiiiiio della rendila di tut-
ti i benefizi. Ad onta di sue belle prero-
gative.Werniero non avea saputo (arsi a-
marc dal suo capilolo,qniudi colto da gra-
ve malattia dopo il 1 3q8, ed essendo usci-
to di senno,! canonici ne profittarono pe r
ottener da Bonifacio IX in coadiutore Fe-
derico di Blankenheim vescovo d'Utrecht,
e la revoca della seguita unione dell'ab-
bazia di Pruimalln mensa arcivescovile;
ma guarito Werniero rigetti) il coadiu-
tore. Contro sua voglia uell4<@ fu clct-
TRE
to Oltone de'conti di Ziegenbayn prepo-
sto di Treveri, e prima sua cura fu ili ri-
conciliar Colonia col suo arcivescovo, riu-
scendo nell' mietilo. .Però non fu egual-
mente fortunato nell'impresa di riformar
i costumi del proprio clero. Avendo nel
i4"2o preso le armi contro i furiosi ere-
tici Ussiti) ad istanza di Martino V, par-
tì per la Boemia con ragguardevole eser-
cito, e ivi congiuntosi col duca di Sasso-
nia e col marchese di Brandeburgo, as-
sediarono Meyssen; ma un'improvvisa ir-
ruzione del nemico gli fece prendere ver-
gognosa fuga. Raccolte nuove genti per
riparare l'onta, provarono una ».* perdi-
ta non meno umiliante. Nel 1422 volen-
do Ottone restituire la disciplina mona-
stica nell'ordine di s. Benedetto, raccolse
a s. iMassiminonn capitolo generale di 5f
abbati delle provincie germaniche situa-
te oltre il Reno : vi furono stabiliti tali
regolamenti, che servirono poscia di fon-
damento alla congregazione di Bursfeld.
Tornato nel 1426 dal pellegrinaggio di
Terra Santa, assistito dal legato cardinal
Beuufort o Beaufort, detto Vinton,pose
in opera nuovi tentativi contro gli ussiti,
che riuscirono infruttuosi. Morto nel 1 43o
in Coblentz, fu deposto nella cattedrale di
Treveri, con epitaffio in lode di sua mo-
destia, carila, zelo, giustizia e pace. Nel-
lo slesso anno Martino V annullate l'e-
lezioni fatte dal capitolo d'Udalrico con-
te di Manderscheid decano di Colonia e
di Jacopo di Sirck teologo di Treveri, no-
minò ltabanode'sigiioridTlelmstadt, già
vescovo di Spira, e sebbene Io confermas-
se nel i43 1 Eugenio IV, fu male accolto
in Treveri, ove la maggior parte del cle-
ro e della nobiltà, sostenuti dagli arcive-
scovi di Colonia e di Magonza, tenne fer-
mo per Udalrico. Eugenio IV per tale re-
sistenza colpì di scomunica Udalrico e i
suoi fautori; ma segli uni restarono atter-
rili , gli altri s' irritarono. La città di
Coblentz si sottomise al Papa, e Treveri
restò divisa fra Udalrico e Rabano, ili.0
de'quali dichiarò guerra al competitore
T 11 E 3 1
a'6 gennaio 1 433, desolando il suo ter-
ritorio, e facendo prigionieri tutti quelli
che potè prendere. A' 1 8 gennaioil senato
di Treveri inviò i deputati al concilio di
Basilea per rappresentargli i funesti ef-
fetti dello scisma , e supplicarlo a porvi
un pronto rimedio;equesto indusse l'im-
peratore Sigismondo a interporre la pro-
pria autorità per isviare l'assedio, di cui
Treveri era minacciata. Udalrico parve
in sulle prime disposto a cedere al sovra-
no comando, ma ripreso il suo diseguo si
presentò innanzi alle mura di Treveri, co-
minciando l'assedio a' 3 1 marzo. Erano
suoi alleati gli arcivescovi di Magonza e
di Colonia, i duchi di Berg, Juliers e di
Baviera, con altri principi; tuttavia la re-
sistenza degli assediati li costrinse a riti-
rarsi circa 52 giorni dopo. Rabano in lu-
glio fece il solenne ingresso in Treveri,
dove accolse gli omaggi degli abitanti, do-
po aver loro assicurata la conservazione
de'propri privilegi. Bica tapi a Coblentz
incontrò cpialche difficoltà per parta dei
popolani, cui poi guadagnò. IV lagni di
Treveri, il concilio di Basilea fece citare
Udalrico , il quale essendovi comparso,
non tardò a fuggire per l'avversione del-
l'assemblea, onde il concilio sentenziò in
favore di Rabano, morendo Udalrico nel
i436 a Torgau. R.iibano nel i438 elesse
a coadiutore, colla permissioned'Eugeuio
IV, Giovanni d'Heinsperg vescovo di Lie-
gi, a ciò costretto dalle lagnanze del eie-
io perle frequenti alienazioni che anda-
va facendo de'migliori fondi di sua men-
sa, avendo venduto per 55,ooo'scudi d'o-
ro 5 delle più considerevoli piazze di sua
chiesa, per farsi suo il conte di Virnebur-
go gran partigiano d'Udalrico. Al giun-
gere del coadiutore trasferì la sua residen-
za a Spira , di cui riteneva la sede. Nel
i"43g cede per circa 100,000 fiottai d'o-
ra l'arcivescovato di Treveri a Jacopo di
Sirck,e indusse il coadiutore per 60,000
a spogliarsi dell'uffizio. Rabano per la vec-
chiezza abdicò pure il vescovato di Spira
e morì poco dopo. Jacopo dopo aver fat-
32 T R E
lo approvar da Eugenio IV la rinunzia
di Rabauo, si fece cousagrare nel castel-
lo di Mensburgo. Di grande attitudine a-
gli affari, dettava in pari tempo a vari se-
gretari sopra diverse materie; e Renato
d' Angiò duca di Lorena, e pretendente al
regno di Napoli, di cui s'intitolava re, Io
creò suo cancelliere, onde destramente ter-
minò le differenze insorte tra lui e il Pa-
pa. Col suo ingegno riconciliò i canonici
co'cittndini, inducendoli a pagarl'imposta
sul vino. Nel i44° dopo l'elezione di Fe-
derico HI re de'romani, a cui egli pure
•dcri| l'assemblea l'inviò deputato a que-
sto principe per comunicargli l'esaltazio-
ne e condurlo ad Aquisgrana per coro-
narsi. Neh442 ';| ©ttà sempre intenta a
estendere la sua libertà, soppresse il pre-
fetto degli scabini, che esisteva da epoca
immemorabile, ed a tal magistrato sosti-
tuì due annui borgomastri/istituzione che
si mantenne. L'arcivescovo credè lesa la
sua autorità pel cambiamento fatto, e si
acquietò alle proteste del senato di non
aver agito che pel pubblico bene, senza
aver inteso d'offendere il supremo suo di-
ritto. Divenuto il concilio di Basilea ini-
quo concilia bolo, elesse con troEugenio IV
l'antipapa Felice V di Savoia. Jacopo eb-
be la debolezza di aderire allo scisma, e
volle riconoscersi, del pari die l'arci vesco-
vo di Colonia, soggetto all'antipapa, il qua-
le lo ricompensò con i o}ooo fiorini d'oro
da prendersi dalle decime e da altre ren-
dite della s. Sede in Sassonia. Irritato Eu-
genio IV della riprovevole condotta dei
«lue arcivescovi, a' g febbraio 1 44-^ f"l-
minò contro di loro sentenza di deposi-
zione, e destinò in loro vece duo nuovi
prelati a occuparne le sedi , per Treveri
Giovanni vescovodi Cambray fratellodel
duca di Borgogna, per Colonia Adolfo di
Cleves nipote di detto duca. Questo gra-
ve alto punse i principi dell'impero, on-
de il collegio elettorale radunato a Frane-
fori nella quaresima 1 44°» stabili di sot-
traisi dall'ubbidienza d'Eugenio IV se e-
gli non conveniva a diverse condizioni, cs-
T R E
sendo le 3 principali: i.°di rivocare il de-
creto contro i due arcivescovi elettori; 2.°
di rendere giustizia a'torti ricevuti dalla
nazione germanica; 3. °di riconoscere l'au-
torità de'concilii generali, quale era sta-
ta riconosciuta da quello di Costanza.
Frattanto la nobiltà di Treveri, pel de-
creto pontificio voleva insorgere contro
l'arcivescovo, il quale energicamente l'im-
pedì. Ria portatosi in Roma il Piccolorni-
ni, poi Pio 11, ambasciatore di Federico
III, persuase l'ottimo Eugenio IV a rein-
tegrare i due arcivescovi per amore della
pace, la quale fu conclusa dal celebre Car-
vajal e da Parentucelli, che ambedue il
Papa creò cardinali e il 2.°gli successe col
nome di Nicolò V. Tornati gli arcivesco-
vi all'ubbidienza d'Eugeniol V, questi con
bolla de' 5 febbraio 1 44? '• ristabilì nella
dignità. Nell'anno santo i 45o Jacopo si
recò in Roma, ove ottenne da Nicolò V,
oltre l'indulgenza del giubileo per la sua
diocesi, i redditi della cura diCreutzenach,
e l'aspettativa del vescovato di Metz. Nel
i 4^2 un nuovo ammutinamento de'no-
bili, funestò l'ordine pubblico in Treve-
ri, ed il più difficile a domare fu Hurta
per le scorrerie che fece nelle terre del-
l'abbazia di Pruim. I favori ricevuti dal-
la s. Sede non valsero a Jacopo a render-
lo costantemente divoto, poiché sotto Ca-
listo III non dubitava d'unirsi con quei
principi che pretendevano di restringere
1 ascendentedella curia romana nelle ma-
terie formanti l'oggetto del Concordato
Germanico (P7.) concluso fra Nicolò V e
Federico 111; tuttavia questo biasimevole
disegno non sortì alcun effetto, per le ra-
gioni espresse nelle diete e coll'imperato-
re, dal nunzio Piccolomini. Tornando Ja-
copo dalla corte di Federico III, nel finir
di settembre i455 fu preso da malattia
di languore, ch'egli attribuì a veleno, mo-
rendo nel seguente maggio. Gli si rimpro-
vera la sua profonda simulazione, l'aver
esaurito i tesori di sua chiesa e ammassa-
to quanto potè per arricchire i parenti; e
si loda per molte cose com tnendevoli, poi-
T RE TRE 33
che ristabilì la disciplina ne* monasteri C diante riconciliazionecon Filippo il Buo-
ne riparò i caduti, favori i letterati e do- no «luca di Borgogna e di Luxemburgo,
Riandò l'autorizzazione da Nicolò V per A'iG marzo i 4-7-5 finalmente si ell'ettnò
fondar l'università, il che ebbe elfetlo do- l'isti tutione dell'università diTreveri; M
DO la sua morie; e ne'primi anni ili Fede- furono dichiarati, l'arcivescovo cancelli*:
lieo III, a istanza dell'arcivescovo di Ma- re perpetuo, l'abbate di s. Mattia e il orto-
gonza, esercitò le sue funzioni d'arcican- re delle certose conservatori de'suoi pri-
celliere dell'impero. Per compromesso fu vilegi. Nel settembre ebbe luogo in Tre-
eletto Giovanni 11 de'marchesi di Bade, veri una conferenza tra Carlo il Temerti*
e siccome per le sue virtù fu preferito a rio duca di Borgogna, e l'imperatore Fé-
molti candidali potenti, Calisto III locon- derico 111, accompagnalo dal figlio Mas-
fermò e gli concesse i! pallio in ottobre, similiano , per trai tare il matrimonio di
4 mesi dopo; indugio frapposto dail'op- questo con Maria figlia ereditiera di Car-
posizione di Dietero d'Isemburgo, favo- lo. Nel 1476 l'arcivescovo ottenne da Si-
rito da porzione del capitolo. Giovanni II sto IV la stallile riunione alla sua mensa,
con decreto imperiale fece annullare la di quella abbaziale di Pruim, grazia che
confederazione stretta nella malattia del il Papa poi rivocò come avea fatto Boni-
predecessore, e formata da'uobili filladi- facto IX. Neil 477 accompagnò l'arcuiti -
ni di Tre veri sull'elezioni degli arci vesco- ca Massimiliano a Ganci, per sposare Ma*
vi, siccome contraria al disposto dalla boi- ria erede di Borgogna; e nel i4<^9 prese
la d'oro; il che non impedì chei nobili e parte alla famosa lega di Svevia, costituì-
le città della provincia di Treveri poi la ta sotto gli auspicii di Federico III e di
rinnovassero nel 1 5o2,nel finir del suo go- Massimiliano, fraprìncipi di Germania,
verno. Nel 14^7 enti ò nell'unione forma.- i conti e i prelati, onde reprimere chi a-
tasi tra gli elettori perle differenze col lJa- resse turbalo la pace dell'impero. Dopo
pa, per decretare che gli affari dell'impe- aver posto termine ad alcune guerre, ac-
ro dovessero deciderai coll'assenso degli cudì al ristabilimento della disciplina del
elettori, per impedir le alienazioni de'do- clero secolare e regolare di sua diocesi.
mólti dell'impero, e por fine amichevol- La città di Boppart sul Beno a 3 leghe da
mentealle controversie che sorgevano tra Coblentz, già data in pegno agli arci ve-
gli elettori medesimi. Questa fu la 5.a Ira scovi di Treveri da Carlo I V, neh 4q5 ol-
le confederazioni formatesi dagli elettori tenne nella dieta di Wornis i\a Massi mif
dell'impero. Meli 458 coll'arcivescovo di liano I re de'romaui alcuni privilegi che
Colonia, Giovanni II fece una particolare la resero quasi indipendente. Ma l'arci-
uuione contro i nobili di loro diocesi, poi- vescovo Giovanni II, senza cui saputa e-
chè ormai eransi sottratti dalla loro gin- rasi operato, li fece rivocare; laonde in-
risdizione o sia da'tribunali ordinari. Fi- sorta sedizione in Boppart, fu cacciato lo
nahnente l'arcivescovo fece il suosolen- sculleto luogotenente dell'arci vescovo,ed
ne ingresso in Treveri nel 1460, alla te- i cittadini assediarono inoltre la ciltadel-
sta di 25oo cavalli, ritardato per le con- la difesa da debole guarnigione. Avendo
tese Ira lui e i cittadini per la nomina dei poi l'arci vescovo chiamato io soccorso l'è-
magistrati, essendosi convenuto che tran- lettore Palatino, il landgravio d'Assia, d
ne gli scaferai ed i 3 prefelli delle tribù, la marchese di Bade e altri principinoli una
città eleggerebbe gli altri capi delle ma- armata di 12,000 uomini pose l'assedio
gistrature. Nel 1464 fi» poi consagrato dal dinanzi a Boppart a' 24 giugno 1 407» e
fratello Giorgio vescovo di Metz. Indi fu la costrinse a rendersi a'3 luglio perca-
ristabilito nel 1 465 l'interrotto cnminer- pilolazione, nella quale convenne, li cillù
ciofia'treviresieque'diLuxemburgo, me- di rientrare sotto la giurisdizione dell'ar-
VOI» i.xxx. 3
34 TRE
civescovo. Indi volendo Giovanni II con-
servare l'arci vescovato nella sua famiglia,
ottenne da Papa Alessandro VI per coa-
diutore, insciente il capitolo, Jacopo III
di l'ade suo nipote, assai conosciuto nel-
la corte pontificia: vi aveasoggiornatoan-
clic nel pontificalo d'Innocenzo V III, uni-
camente occupato nelle lettere, cheavea
apprese in Bologna sotto il celebre Beroal-
do. Allorché però la bolla venne a cogni-
zione del capitolo, il decano e molti ca-
nonici».! opposero all'esecuzione; ed il Pa-
pa ucl 1 5o i , per farli desistere dall'oppo-
sizione , minacciò loro la scomunica; gli
oppositori non tencndoneconto, Alessan-
dro VI l'effettuò. L'arcivescovo mori nel
suo castello d' Ehreubreilsleiu, ed ebbe
tomba nella cattedrale. Lodato per giu-
stizia e liberalità, ebbe ingrati ne'bene-
fìcati o malcontenti in quelli che noi fu-
rono. Lasciò molti debiti, cagionati dalla
sua naturale beneficenza, dalle gì a vi spe-
se per la guerra contro Bopparl, e dalla
sua inclinazione per l'alchimia; oltre lo
speso ne'restauri e ricostruzioni ne'tein-
pli,ne'palazzi e nelle fortificazioni dell'e-
lettorato. Egli fu il i.Mie nelle sue lette-
le assunse il titolo di Elettore, sebbene
gl'ini pera tori lo avessero dato anche pri-
niii di lui agli arcivescovi di Treveri. Ja-
copo 111 venne scello a succedergli da una
parte del capitolo, menile, l'altra col de-
cano eleggeva Giorgio de' conti Palatini
del Beno e prepoti o ili Magonza. La dio-
cesi pure si divise lia'due rivali, ma la s.
beati anche a istanza di Massimiliano 1 si
dichiarò per Jacopo 111. onde Giorgio si
diinisesponlaneamenle. L'arcivescovo ri-
volse tutta la sua applicazione al benespi-
i iluale e temporale eli sua chiesa; e quan-
do .si sperava che l'avi ebbe ristabilita nel
fcuo primo splendore, fu collo dalla mor-
te nel i5i i in Bologna, ove l'atea spedi-
lo Massimiliano I, per pacificare i citta-
dini col senato, l'orlalo il suo cadavere u
Ciihlcnlz.fuhcpo Ilo nella chiesa dis. Fio-
rili' . bell'assenza dell'arcivescovo di Ma-
gonzo, amministrò la cancelleria dell'ini
TRE
pero, ed esercitò l'uffizio di supremo giu-
dice o presidente della camera imperiale.
Gli successe il cantore della chiesa di Tré-
veri, Riccardo di Greilfenclau di Volralh,
eneh5i2 accolse Massimiliano I seguilo
da gran corteggio di principi, prelati e si-
gnori, il cui viaggio avea per iscopo di te-
ner una dieta a T reveri intorno agli all'a-
ri dell'impero. Una parte di coloro che
doveano comporlo essendosi fatta lun-
gamente aspettare, in quest'intervallo di
tempo Massimiliano I visitò l'abbazia
d'Epternace di altri luoghi vicini; e Ric-
cardo in di lui assenza fu consagralo nel-
la Pentecoste a'3o maggio. L'affluenza dei
ori
forestieri, che la promessa fatta dall'ar-
civescovo di mostrare alla diela la Tona-
rti incon .siili le di Gesù Cristo avea richia-
mati a Treveri, vi cagionò la peste e fe-
ce sì che l'assemblea fosse trasferita a Co-
Ionia neh' agosto. Alla diela tenuta ili
Franclort a'28 giugno i 5 19 per l'elezio-
ne del nuovo imperatore Carlo V, a fa-
vore del suo rivale Francesco 1 re di Fran-
cia l'arcivescovo tenne un discorso infrut-
tuoso. Nella diela celebrala a W01 nis il
6 gennaio 1 5 2 1, in cui si tra Ito de'nasce li-
ti errori di Lutero, l'arcivescovo condus-
se seco Giovanni d'Eck o Eckiussuo uf-
ficiale, che arringò contro l'eresiarca con-
futando tulle le sue sottigliezze, senea pe-
rò vincerne l'ostinazione. Neh 52?. Fran-
cesco di Sickingen gentiluomo del Pala-
linaio, ardente luterano, dopo aver mes-
so a ferro e fuoco diverse provincie del-
l'impero, cullò nel paese di Treveri, ne
devastò le campagne, prese parecchie cit-
tà e strinse d'assedio la capitale. L'arcive-
scovo gli pose a fronte le proprie genti ca-
pitanale ila Gerlac d'Isemburgo, a cui
vennero poi in aiuto, e guidale da' loro
sovrani, quelle d'Assia e dell'elettore Pa-
latino. Sickingen levò vergognosamente
l'assedio, dopo aver saccheggialo e incen-
dialo l'abbazia di s. Massimiuet insegui-
to da' collegali, nel i/)23 \u assediarono
nella sua principale forte/za diLandstubl,
ove fei ilo ne morì poi. L'arcivescovo Rie-
TUE
cardo colla preda riportata in questa guer-
ra, eresse il castello d'IIermanstein ri OS
petto a Coblentz. Nel i5ì5 soccorse' l'è-
lettore Palatino e il landgravio d' Assia
contro gli eretici anabattisti, che devasia-
vano i loro stati; e nel i 53 i contribuì in
Colonia col suo volo all'elezione di Fer-
dinando I re de'romani, nel ritorno mo-
rendo a Willlieb, piccola città della dio-
cesi, non senza sospetto di veleno, il cada-
vere venendo trasferito alla cattedrale. A
rara prudenza e non comune facondia,
Riccardo congiunse grande amore per la
religione e pel pubblico bene, e con tali
prerogative egli si distinse nelle molte die-
te tenute a'suoi tempi. Unanimementefu
eletto a successore Giovanni III diMetzen-
hausen preposto di Treveri, in ricompen-
sa de' servigi da lui resi alla sua chiesa,
avendole fatti confermare nel i 5 i 6 tutti
i suoi privilegi da Leone X quale amba-
sciatore di Massimiliano I. Si collegò col-
l'elettore di Magonza, col l'elettore Pala-
tino, col landgravio d'Assia e col duca di
Lorena. Nel i534 soccorse il vescovo di
RI mister contro gli anabattisti ch'eremi
impadroniti della città, la quale fu loro
tolta, i vincitori mettendo a brani con te-
naglie roventi il condottiero e fanatico
Giovanni di Leyde. L'arcivescovo tornan-
do nel i 54o dalla dieta d'Ilaguenaa, tenu-
tasi da Ferdinando I intorno a varie con-
troversie religiose, mancò a' vivi nel ca-
stello di Daensteim. Il successoreGio. Lui-
gi di Ilagen preposto di Treveri, moiì nel
1 547 senza aver neppure ricevuto l'oidi-
nesacerdotale.Nondiroeno ebbe moltoze-
lo contro i nuovi sellarli, e chiamò da Pa-
rigi Bartolomeo Latomo professore d'elo-
quenza, perchè ne combattesse 1' eresie,
incarico disimpegnato con assai buon suc-
cesso. Pubblicò un regolamento per la ri-
forma de'costumi del clero; seguì le par-
ti di Carlo V contro i francesi, e riunì al
suo vescovato la terra di Montreal già di-
pendente dalla chiesa di Treveri, dopo
la morte dell' ultimo conte di Virne-
burgo.
TRE 3 >
Ne! 1 />47 medesimo fu scelto a succes-
sore Giovanni IV d'Jembtirgo-Grensau
arcidiacono di Treveri, restando coll'or-
dine diaconale di cui era insignito. Nel
i54«S successe per coadiutori» all'abba-
zia di s. Massimino, che resse con cura
paterna nello spirituale e nel tempora-
le, difendendola dagli eretici, avidi sem-
pre d'invadere i beni ecclesiastici. Inter-
venne nel i 55o alla dieta d'Augusta, ove
si trattò de'nvezzi per ripigliare le inter-
rotte sessioni del conciliodi Trento, e vi
si recò neh vii coll'arci vescovo di Ma-
gonza il 1. "settembre.il posto • re si collo-
carono quali elettori, fu immediatamen-
te vicino al legalo ed a'suoi colleghi;colla
medesima distinzione si trattò pure l'ar-
ci vescovo diColonia sopraggiunto più tar-
di. Mentre essi ivi si occupavano degli af
fari della Chiesa, l'elettore di Sassonia,
caldo luterano, riaccendeva la guerra in
Germania; per cui i 3 arcivescovi avver-
titi che le provincie vicine al Beno era •
no da lui minacciate, ritornarono ue'pro
pri stali per vegliarne alla sicurezza. In-
vano Carlo V gli esorlò a rimanere; eGio
vanni IV, la cui salute andavasi alteran-
do, più frettoloso degli altri usci da Tren-
to a'i 4 marzo 1 552. Giunto alla diocesi,
tosto fu liberato dalla paura dell'elettore
di Sassonia pacificatosi coll'imperatore.
Però un nuovo nemico insorse neh' ere-
tico marchese di Brandeburgo Alberto,
che spalleggiato da' francesi si gettò sulle
terre di Magonza, e poi su quelle di Tre-
veri. presentandosi avanti la capitale a'
28 agosto. Non potendosi resistergli e in
assenza dell'arcivescovo, gli vennero spa-
lancale le porle, ed il marchese forman-
done la sua piazza d'armi cominciò a im-
porre contribuzioni a lutti i luoghi de'
contorni. Nell'avvicinarsi l'armata impe-
riale, si disponeva a ritirarsi, dopo aver
appiccato il fuoco alla citlà; n)a l'arcive-
scovo si riscattò da questo flagello con una
somma considerevole. Ria in ontaallo stes-
so trattalo, perfidamente il marchese in-
cendiò nel partire la chiesa di s. Paoli-
36 T R E
no e l'abbazia di s. Massimino. L' ìmpe-
ralore non potè perdonare a'treviresi di
aver aperto le porte al suo nemico, sen-
za fare fertili caso de'piccoli soccorsi che
loro avea spediti; sicché le sue truppe lo
vendicarono dell'affronto colla condotta
tenuta uel passare per lo stato di Treveri,
aflìne di recarsi all'assedio di Metz. Es-
sendo Carlo V rimasto vinto dinanzi a
quella fortezza con notevole perdita, una
parte degli avanzi di sua armata venne
a rifarsi sopra Treveri, ove per difetto di
paghe si sollevò contro i capi e tutta la
città misesossopra. Malato Giovanni IV
di languore, neh 555 si elesse a coadiu-
tore Giovanni V della Pierre o Von-Der-
Leyen, e morì nel 1 556 aMontabaur,don-
de il corpo fu portato a s. Fiorino di Co-
blents, venendo solennemente inaugurato
il successore in Treveri. Ottenne da Carlo
V che richiamasse la guarnigione che vi
teneva dal i 553, e nel i 558 si recò in feb-
braio a Francforl per sanzionare la di lui
abdicazione all'impero, in favore del fra-
tello Ferdinando 1, passando nel seguen-
te anno alla dieta d'Augusta, ch'ebbe fi-
ne nell'agosto. Durante la di lui assenza
avvenne che il senato di Treveri, senza
consultare il rettore dell'università, per-
mettesse al giovine trcvirese Gaspare O-
leviano d'aprire una scuola di dialettica.
Oleviano, che avea percorsa una parte de'
suoi studi a Parigi e l'altra aGinevra sotto
professori calvinisti, essendosi imbevuto
delle loro ereticali dottrine, le insinuò nel-
le sue lezioni, e le predicò eziandio aper-
tamente il giorno di s. Lorenzo in un di-
scorso accademico, cui avea invitato l'in-
tera città. Questo discorso, ed altri che
in seguito pronunciò il nuovo settario, gli
formarono un gran numero di proseliti,
alla testa de'quali si IrovòGiovanniSleuss,
uno de'borgoujastri in carica. L'arcive-
scovo dunque al suo ritorno trovò la ca-
pitale divisa in due ftttiofti fortemente ac-
cese l'unn contro l'altra in fatto di reli-
gione. Erusi già preso il partito di non ri-
ceverlo, se primi» uou concedeva la li-
TllE
berta religiosa; egli tuttavia entrò nella
città senza sottostare a questa riprovevole
condizione. Ma poco dopo , l' insolenza
d' una parte de' cittadini lo costi inse ad
uscirne di nuovo. Egli però non rimase
ozioso nel suo esilio, ma risoluto di do-
mare i ribelli s'insignorì di lutti gli aditi
che mettevano a Treveri per terra e per
acqua, aflìne d' impedire che vi entras-
sero vettovaglie. Allora la carestia ria-
nimò il coraggio de' cattolici, i quali ve-
dendosi in maggior numero, s'impadro-
nirono dell'arsenale e delle chiavi del-
la città; indi scagliatisi contro gli autori
della sedizione, li rinchiusero nelle car-
ceri sotto la guardia del corpo de'botl.ai.
Ciò fatto richiamarono l'arcivescovo, che
rientrato nella città condannò al bando
la plebaglia ribelle. Fu aperto in seguito
il processo a'principali rivoltosi, ina attesa
la mediazione del duca di Due Fonti, che
loro avea spediti alcuni soccorsi sul co-
minciar della sollevazione.deH'eletloi Pa-
latino e del landgravio d'Assia, non che
d' altri principi protestanti, si contentò
Giovanni V di cacciarli come gli altri
dalla città, e per tal modo la pace fu in
Treveri ristabilita verso il fine del i 55g.
In Magonza nel 1846 fu stampato: Ga-
spare Oleviano o il Calvinismo in Tre-
veri nell'anno i55c), Memorie da ser-
vire alla storia della riforma in Ale'
magna di J. Marx prof, nel seminario
vescovile di Treveri. !Neli56o l'arcive-
scovo chiamò in Treveri i gesuiti per ri-
stabilirvi gli sludi, e raffermarvi le sane
dottrine. Milenendosi Coblentz per città
imperiale, licusò d'ubbidire a Giovanni
V, che perciò si trovò costretto ad asse-
diarla nel i56i: i cittadini incalzati do-
vunque e spogli di qualsiasi soccorso, do-
vettero sottomettersi all'arcivescovo, che
li trattò con dolcezza. Nel 1 566 un nuo-
vo tentali vodi Treveri per sottrarsi al do-
minio dell 'arcivescovo,^ domato co' mez-
zi della carestia. Morì l'arcivescovo inCo-
blentz nel 1 567 e fu sepolto nella chiesa ili
s.l'lurino.Trovandosi i canonici nelcaslel-
TRE
lo di Witllich, per nuova sollevazione de"
treviresi,elesseroil loro decano Jacopo III
di Ellz. La città di T reveri però non volle
accogliere il nuovo pastore,che sotto cer-
te condizioni, le quali derogavano alla sua
autorità temporale. Egli fu quindi co-
stretto ad assediarla nella primavera del
l 568, ma non amando prenderla d'assal-
to, si limitò d'intercettarne i viveri. Essen-
dosi però 1' imperatore Massimiliano II
offerto qual mediatore, l'arcivescovo e i
cittadini convennero di riportarsi al giu-
dizio del consiglio imperiale intorno alle
rispettive loro pretensioni. L'arcivesco-
vo fece quindi il suo ingresso a Tre veri il
1 5 agosto. Egli poi ottenne nel i 570 dal-
la camera imperiale di Spira un decreto
provvisorio contro l'abbazia di s. Massi-
mino, la quale si pretendeva immediata-
mente soggetta all'alto dominio dell'im-
pero, ma questo giudizio non pose ter-
mine alla contesa. A' i<) aprile con suo
diploma eresse il collegio de' gesuiti iu
Traveri. Portatosi alla dieta di Spira, l'im-
peratore l'incaricò d'accompagnare la fi-
glia Elisabetta a Meziers, per consegnar-
la allo sposo Carlo IX re di Francia. Nel
1571 scorgendo i tre vi resi d'esser con-
dannati dal tribunale imperiale riguar-
do alla controversia coll'arcivescovo, in-
vocarono il 1 ,° loro compromesso e do-
maudarouo a loro giudici il collegio elet-
torale con altri principi; però la domati-
da fu rigettata. Jacopo 1 1 1 vedendo le vio-
lenze ebe si usavano a' suoi aderenti, a'
22 dicembre allontanò da Treveri i ca-
nonici della cattedrale, per metterli in sal-
vo dagl'insulti de' rivoltosi. Mei 1 572 con-
lèrì l' investitura delle regalie a Mattia
nuovo abbate di s. Massimino, ricevendo
il giuramento di fedeltà. L' arcivescovo
nel 1 5j5 ottenne da Massimiliano II l'u-
nione in perpetuo, già dal Papa eseguita,
dell'abbazia di l'unni all'arcivescovato di
Treveri, riunione poi confermata da Gre-
gorio XIII nel «579; nel quale anno fu
fra'4 commissari deputati dall'imperato-
re Rodolfo II ad assistere al congresso di
TRE 37
Colonia, per pacificare le turbolenze in-
sorte ne'Paesi Bassi. Finalmente Rodolfo
1 1 con decreto de' 1 8 marzo 1 58o pose ter-
mine alla controversia dell'arcivescovo e
de'cittadini, con vantaggio deli.0, a cui
l'utile e il diretto dominio di Treveri fu
confermato,insiemecon tutti i diritti spet-
tanti alla sovranità. Jacopo III cb'erasi
ritirato a Wittlich, accolse l'ambasceria
della sua capitale, che assicurandolo della
propria sommissione l'invitò a ritornarvi;
ed egli a'2 \ maggio entrò trionfante in
Treveri, ove cacciato via il senato, e fat-
tosi prestare il giuramento di fedeltà da
tutto il popolo, in mezzo alla pubblica
piazza creò i nuovi magistrati. Lodalo pel
suo zelo nella riforma de' costumi e pel
suoattaccamenloa ogni dovere,dopo aver
dato alla sua chiesa un martirologio e il
nuovo rituale chiamato d gerirla, movi nel
i 58 (. In questo gli successe Giovanni VI
di Schoenfemberg o Schoenberg d'Har-
telsteiu, preposto di Treveri, governato-
re della città e rettore dell'università. Fu
consagrato nella dieta d'Augusta dal car-
dinal Madrucci legato; e ricevè le rega-
lie dall'imperatore, che in segno della sua
investitura gli pose in mano una spada.
A\ suo ritorno si adoperò, benché inu-
tilmente, a ricondurre l'infelice apostata
Gebardo Trucbses arcivescovo di Colo-
nia alla fede cattolica , e dopo la senten-
za di destituzione di Gregorio XIII, in-
dusse il capitolo di Colonia a sostituirgli
Ernesto di Baviera vescovo di Liegi. E-
manò un editto per l'accettazione del ca-
lendario Gregoriano; nell584si adope-
rò col duca di Sassonia ad estinguere le
turbolenze ebe l'amore di novità avea
eccitate iu Aquisgrana; eneliogi pub-
blicò un regolamento sul modo di pro-
cedere contro i maghi e gli ammaliatoli,
poiché la sterilità che da più anni afflig-
geva il paese avea fatto credere al popolo
esser l'effetto di qualche sortilegio. Pie-
nodi tal pregiudizio chiese tumultuaria-
mente e con clamori, che si ricercassero
i maghi e gli ammaliatoli, e venissero dati
38 T R E
alle fiamme; allora successero inquisizio-
ni e confische, accusatori e carnefici che
trascinavano dinanzi u'tribunali persone
d'ambo i sessi, quali colpevoli di magia,
e ioghi accesi per incenerire queste vit-
liineLleli'odio,deH'aviirizia e della super-
stizione, fochi scamparono il supplizio,
ne si risparmiarono le persone più rag-
guardevoli di Treveri; il pretore, 2 con-
soli, 2 scabini e vari senatori furono in-
viluppati in questo disastro, il quale noti
fini che col freno del regolamento arci-
vescovile. Dopoa ver emanato disposizio-
ni per incoraggiare lo scavo de' metalli
d'ogni specie, che trovavansi uelle mon-
tagne della diocesi, morì Giovanni VI nel
i 599 in Cobleutz, assai lodalo per pietà,
prudenza, dolcezza e modestia. Gli suc-
cesse Lotario di Mettermeli nipotedi Gio-
vanni V, e canonico teologo di Treveri.
Nel 1609 essendosi i 3 elettori ecclesia-
stici radunati in Coblentz, ivi formaro-
no una lega contro i protestanti, alla cui
testa da e»si fu posto il duca di Baviera.
Questa venne tonto assodata coll'appi-o-
vazione pontificia di Paolo V e dell'impe
latore Rodolfo il, ecoll'adesione di qua-
si lutti i vescovi dell'impero. Lotario nel
1610 intervenne all'assemblea di Colo-
nia,per dar termine alia controversia (Va'
diversi aspiranti alla successione di Gio.
Guglielmo, ultimo duca di Juliers e di
Gleves.seuza successo. Nel 1612 recatosi a
Francfort per l'elezione del nuovo impe-
ratore, contribuì a collocare l'arciduca
Mattia sul trono imperiale, e lo incoronò
insiemecoll'arci vescovo di Magonza. Tor-
natone! f 6 1 Hdalla dieta diPiatisbona fon-
dò un convento di cappuccini a Treveri;
nel 16 19 concorse all'elezione di Ferdi-
nando II imperatore; neh 622 fece leva
di truppa per tutelare il suo paese, contro
la lega de' protestanti, che pretendevano
insignorirsi delle rive della Mosella e del
Beno; e morì inTreveri nel 162 3, venendo
il corpo sepolte» nella cattedrale, e il cuo-
re nella chiesa de'gesuili che tanto amò
e stimò. Eruditissimo, conosceva varie
T R E
lingue, e governò saggiamente la propria
diocesi. Gli fu surrogato Filippo Cristo-
foro di Soteren o Soeltereu, d'antica fa-
miglia trevitese, già preposto della me-
tropolitana e allora vescovo di Spira, di
piccolo e brutto corpo, con fisonomia te-
tra e minaccevole; al sentirne l'elezione
l'arcivescovo di Colonia, disse al deputato
di Treveri: Voi avete scelto un uomo pe-
ricoloso e per voi e per l'impero ! Con bol-
la d'Urbano Vili ottenne l'amministra-
zione dell' abbazia di s. Massi mino, con
danno dell'eletto dal capitolo, che difeso
dall' imperatore e dagli spagnuoli dovè
rinunciar ueliGiS, e nondimeno l'arci-
vescovo ne conservò il possesso. Gliavea-
no gli stati decretato per dono 1 00,000
fiorini d'oro, ma non contento gl'impose
tributi per costruire un forte presso l'im-
boccatura della Mosella, per compiere il
palazzo arcivescovile di Treveri comin-
ciato dal predecessore, e per far leve di
truppe indipendentemente da quelle del
la lega cattolica, per porre in salvo il pae-
se dall'incursioni de'francesi esvedesi. Es-
sendosi gli stali di Treveri opposti a tale
esazione, il prelato, dopo che furono sciol-
ti, ne fece imprigionare 1 capi, e li costi in-
se a desistere dalla loro opposizione. Il ca-
pitolo rnetropolitanoallora reclamò i pro-
pri diritti violati dall'elettore, per impor-
re tributi senza il suo consenso. Per ope-
rare una diversione, l'arcivescovo accusò
come rei di peculato i due fratelli Met-
termeli, Carlo arcidiacono ed Emmerico
teologo, che aveauo amministrato le fi-
nanze sotto il governo dello zio Lotario.
Nel 1627 gli slati provinciali fecero rimo-
stranze sul riparti manto dell'imposte, e ri-
cusando l'arcivescovo di far loro giustizia,
appellarono all'imperatore; egli però tro-
vò il modo d'indurre ciascuna città a ri-
vocar l'appello,tranne Treveri. Nel 1 629
chiamò a se alcune truppe della lega cat-
tolica, per ricondurre alla sua volontà i
treviresi ; ma avendo questi invocato il
soccorso degli spaglinoli, che occupava
no il Luxemburgo, consegnarono ad ess.
TRE
la ci! là , cacciando le truppe della kg».
Nel 1 63o Filippo, come il solo fi a'3 elei-
tori ecclesiastici che avesse l'ordine sacer-
dotale , coronò f imperatrice Eleonora
moglie di Ferdinando 11. Sempre in di-
scordia col capitolo, nel i 63 t stabiliva li-
na visita aOiiie di ridurlo al dovere per
le vie canoniche, ma i fratelli Mettermeli
e i loro partigiani contro questa proces-
sila appellarono al Papa e all'impera-
tore; e il prelato li colpì invece colla sco-
munica. Intanto i due elettori di Colo-
nia e di Baviera, nominati già dall'im-
peratore (piali giudici arbitri delle con-
testazioni dell'arcivescovo contro i suoi
sudditi, pronunciarono il giudizio,diclùa-
rando ingiusto e vessatorio il modo sta-
bilito sull'esazione delle nuove imposte;
egli però non cessò dall'esigerle con me-
no rigore. I progressi del redi Svezia ver-
so il Reno, dierono a Filippo il pretesto
d'implorare la protezione di Francia, per
porre il paese in salvo dalle loro incur-
sioni, e consegnò a' francesi nel i632 il
castello d'Ehrenbreilsteiu. 11 capitolo ac-
cusò l'elettore di tradimento verso l'im-
pero, e pregò il Papa a spogliarlo del go-
verno temporale e di affidarne a lui l'ani»
miuistrazione; ina Urbano Vili approvò
l'operato dell'arcivescovo. Intanto glisve-
desi penetratine! paese di T reveri, si riu-
nirono a'francesi; e l'arcivescovo levan-
dosi la maschera, a'?, luglio consegnò lo-
ro Coblentz. Indi si fece ad esigere nuovi
sussidii pel mantenimento di queste genti,
non ponendo differenza tra cittadini e cle-
ro; e gli esattori colle vessazioni ridusse-
ro deserti molle chiese e monasteri. Nel-
l'agosto il maresciallo d'Estrees co' suoi
francesi a'20 obbligòTreveri a capitolare,
ed u licenziare la guarnigione spagnuola.
JNeli633 il capitolo si ritirò nel Luxem-
burgo, ma l'arcivescovo avendolo citato
a ritornare, molli de'suoi membri ubbidi-
rono, e gli aliti spogliò de'benefizi. Le ar-
mi imperiali frattanto riacquistarono nel
1 634 la superiorità, e l'elettore lungi dal-
lo sgomentarsi, costrinse il capitolo ad e-
t a e 39
leggere i beneficiati vacanti, nonostante
l'opposizione del nunzio pontifìcio Ca-
raffa. L'arcivescovo imprese a scegliersi
per coadiutore il celebre cardinal [iiclie-
lieui." ministro di Francia, ma i canonici
alto reclamarouoe tutti i principi dell'im-
pero si unirono a loro. Insignoritisi poi
gli spaglinoli per sorpresa di Treveri a'
16 marzo 1 635, l'arcivescovo venne ar-
restato nel proprio letto, e condotto pri-
gione a Tervuren presso Brusselles, dopo
aver veduto i suoi mobili più preziosi pre-
da de'soldati; nuli fu trasportato ad An-
versa e poi a Linlz. Il capitolo nominò il
preposto, il decano e l'aucidiacono Met-
termeli, che avea fatto arrestar l'arcive-
scovo, governatori dell'elettorato duran-
te la sua cattività. Nella dieta di Ratisbo-
na, Ferdinando li nel 1 636, sebbene as-
senti gli elettori ili Treveri e Palatino ,
dagli altri 5 fece eleggere re de' romani
il figlio Ferdinando III: il capitolo di Tre-
veri vi avea deputato 3 de'suoi membri,
che rappresentassero il suo elettore, ma
furono rigettali, perchè la cosa non avea
esempio. A'7 giugno 1637 gl'imperiali,
dopo lungo assedio, costrinsero i francesi
a sgombrare il castello d'Ehrenbreitstein,
unica piazza che loro restava nell' elet-
torato. Urbano Vili si adoperò alla libe-
razione dell'arcivescovo, e dietro le que-
rele che mosse al nuovo imperatore Fer-
dinando III, perchè tratteneva in carce-
re un [irei. ito iiuaiediulaniente soggetto
alla s. Sede, questo principe Io fece con-
durre in Vienna per esservi custodito dal
legato pontificia come principe ecclesia-
stico^ come elettore prigione del capo del-
l' impero. Nel 1 64 1 1 arcivescovo, dopo
molti inutili tentativi per la propria li-
berazione, scomunicò gli amministratoli
dell'elettorato, quali usurpatori di sua
autorità, mentre gli serbavano ogni ri-
guardo, e dal carcere gli facevano dispor-
re di tutte le cariche e benefizi che ri-
manevano vacanti; e trovandosi signo-
reggiati dagli spaglinoli, dovendo aggra-
vare il paese con tributi, perciò il clero
4o TRE
si sollevò contro di essi, e richiese il ri-
torno dell'arcivescovo, ovvero un coa-
diutore. Finalmente nel i645 nelle con-
ferenze ili Munsler per la pace, i pleni-
potenziari francesi esigerono la libertà
dell'elettore di Tre veri, e perciò gli fu re-
stituita sul finir d'aprile Portatosi prima
alla dieta di Francfort e poi a Coblentz,
ricevè ambascerie di Treveri, per invitar-
lo a tornare, ed egli l'effettuò da vinci-
tore alla testa de'fVancesi del visconte di
Tnrenna, e ad essi ne affidò la custodia,
dopo aver licenziata la guarnigione spa-
glinola die l'occupava. Determinato di
vendicarsi de'suoi nemici, innalzò 3 forti
alle 3 estremità di Treveri aitine di te-
nerla in soggezione. Indi perseguitò qua'
del capitolo che riguardava autori di sue
disgrazie, nel nuovo tribunale da lui isti-
tuito, e nel 1 646 li scomunicò e privò de'
benefìzi, mentre erausi rifugiali in Co-
lonia. Nel 164^ poco soddisfatto di ciò
ch'erosi disposto sul conto suo nelle con-
ferenze di Munsler, accusò i suoi pleni-
potenziari d'aver tradito il dover loro^ e
li castigò colla pi 'inazione delle loro ca-
1 iche; e similmente trattò i suoi ufficiali.
.Nei 1 6/\x) vedendo di non riuscire a farsi
eleggere un coadiutore francese, scelse
Filippo Luigi barone di Reilfemberg, che
avea fatto preposto; seguì l'elezione col
solo voto dello slesso candidalo e d' un
altro capitolare. 11 capitolo ed i canoni-
ci allora compresero die mal sarebbe an-
data per essi se non si assicuravano della
persona dell'arcivescovo, e non gli to-
gliessero l'appoggio de'fraucesi. Quindi
due canonici Carlo Gaspare della Pierre
e Evrardo di Cratz, uomini d'ingegno e
pieni d'espedienti, avendo fallo leva di
truppe, le condussero a Treveri e costrin-
sero i francesi a sgombrar la piazza a* 1 o
giugno. Allora l'arcivescovo trincieratosi
pel suo palazzo, chiamò a se nuove gen-
ti di Francia; 1 canonici dal Iato loro ot-
tennero quelle del duca di Lorena. Fu
inno proposte al prclito alcune vie di ri-
conciliazione, che vennero rigettale ; io
TRE
fine i francesi, detestando la sua ostina-
zione si ritirarono, lasciando a' principi
dell'impero la cura di por fine alle di-
scordie che passavano fra lui e il capito-
Io. A questa operazione nel 1 65 1 la die-
ta di Norimberga destinò gli elettori di
Colonia e di Magonzacol vescovo di Bam-
berga. A' i 3 aprile essi pronunziarono il
loro giudizio, con ristabilire nelle prime
cariche e benefìzi i canonici e le altre per-
sone destituite dall'elettore; moderarono
la sua autorità, e gì 'impedirono stabilir
nuove imposte senza il consenso degli
stati. Pubblicatasi questa pace, fu ristabi-
lita la tranquillila nell'elettorato di Tre-
veri, restando eletto coadiutore Carlo Ga-
spara di Leyen o della l'iene già gover-
natore, confermato dal Papa e dall'im-
peratore. Di che l'elettore n'ebbe tanto
dispetto, ebe formò il disegno di sottrar-
re l'elettorato all'impero ed'assoggettar-
lo alla Francia. I canonici perciò doman-
darono la sua destituzione alla dieta di
Norimberga, ed era voto de'3 collegi che
si effettuasse; ma il deputalo dell'eletto-
re di Magonza vi si oppose, dicendo che
la destituzione d'un elettore spettava al
collegio elettorale. Finalmente il turbo-
lentissimo arcivescovo morì a'7 febbraio
1 65^, d'85 anni, dopo aver eretto il ca-
stello di Philippeval, presso la foce della
Mosclla, elafamosa piazza di Philipsbur-
go all'imboccatura della Salita nel Re-
no, del suo vescovato di Spira die avea
ritenuto e governato 4^ anni. 11 nuovo
arcivescovo fu sollecito di curare la rie-
dificazione o l'istauro degli edilizi della
città, distrutti o danneggiali in laute de-
plorabili vicende. Sebbene dopo la guer-
ra de'3o anni la tranquillità fosse stata
restituita alla Germania mercè la pace
di Munstero fi estphalia, tuttavia con-
tinuando le ostilità tra Francia e Spagna,
le proviucie di qua dal Reno mollo sol*
frendo |iel passaggio di loro truppe e quai
lieri d'iuveiuo, l'elettore per difendersi
da tali vessazioni neh 654 si collegò con
qucllu di Magonza, col vescovo di IVJun
T R E
sler e col conte palatino eli Neuburgo, il
che nel iG58 die luogo all' alleanza più
estesa del Reno. Nel precedente anno l'ar-
civescovo ottenne dalla Francia che non
fosse impedito l'esercizio del proprio di-
ritto metropolitico su Metz, Toul e Ver-
dun, purché dalla Spagna facesse mimi-
le di salvocondolto que'che si recavano
per le appellazioni delle cause di giuris-
dizione ecclesiastica al tribunale metro-
politano di Treveri. Nel 1661 l'arcive-
scovo concluse un trattato con Francia
per demolir il castello di Moutclair, che
il re avea per metà acquistalo dal duca
di Lorena, e per esercitare la sua dioce-
sana giurisdizione sulle terre del Luxem-
burghese e altre vicine che di nuovo era-
no stale riunite al regno. Indi stabilì il
modo d'esercitare la giurisdizione eccle-
siastica neilecoutee diWirueniburgo.Nel
1667 Ferdinando barone di Buchollz
dispose che la sua baronia d'Orey servis-
se per la fondazione in Treveri d'un col-
legio di nobili ecclesiastici ; e nel 1669
l'abbate e il capitolo di s. Massimino rico-
nobbero l'autorità civile del consiglio au-
lico dell'elettorato, l'abbate presiedendo
in qualità di primate gli stati ecclesiasti-
ci dello stesso elettorato. L'arcivescovo
nel 1 6y3 fondò 1 "ì posti nel suo semina-
rio diretto da'gesuili, e vide con mera-
viglia nell'agosto assalita Treveri da'fran-
cesi in guerra cogli olandesi, essendo loro
necessaria per entrare sulle terre della re-
pubblica d' Olanda, e convenne capito-
lare col conte di Rocheforte l'8 settem-
bre. Il conte di Vignori creato governa-
tore della piazza, le cambiò tostamente
l'aspetto coli' immense opere che vi fe-
ce erigere per porla in salvo dalle olle-
se nemiche e da' tradimenti de' cittadi-
ni, con mezzi che ne rese odiosa la me-
moria. Tutti gli abitanti della città e del-
la campagna furono forzali a contribuir-
vi con rigore, onde molti emigrarono.
Tulli gli edilizi prossimi alla città furo-
no distrutti, senza distinzione di sagro o
di pioiuuo. La celebre abbazia di s. Mas-
T R R 4 r
rimino, già rispettata da' barbari e spesso
anche da' furibondi ugonotti nelle loro
incursioni, la collegiata di s. Paolino, non
che altre chiese de'sobborghi furono ab-
battute, non meno che molti villaggi e
caselli campagna. Queste precauzioni for-
se dettate dal maresciallo diTurenna,non
impedirono che Treveri due anni dopo
cadesse in potere degl'imperiali, coman-
dati da 'uri nei pi di Luneburgo-Zell. Rien-
trato l'arcivescovo in città, istituì un'an-
nua processione all'abbazia di s. Mattia
nella festa della Natività della B. Vergi-
ne, in rendimento di grazie a Dio, e mo-
rì nel seguente 1676. Gli successe il suo
nipote e coadiutore Gio. Ugo d'Orsbeck
di Juliers, vescovo di Spira, sede die ri-
tenne. Il maresciallo di Crequy che nel
1675 era sialo fatto prigioniere in Tre-
veri, ripresa neh 68 1 la città, e mentre
assediava Luxcniburgo nel 1 684 la fece
smantellare, e tagliar 1) ponte di Contar*
bruck, ov'era rimasto sconfìtto, per im-
pedire agli spngnuoli e olandesi di reca-
re soccorsi alla piazza. Nel 1690 l'arci-
vescovo emanò un editto contro i chie-
rici concubinari, ingiungendo loro il ce-
libeto giusta il decreto rinnovato nel con-
cilio di Trento, sotto pena di privazione
de'benefizi, e d'allontanar le donne so-
spette dalle loro case. Nel 169?. si unì agli
elettori di Colonia e Palatini per opporsi
all'elezione d' un nuovo elettorato; nel
1702 si alleò con l'Inghilterra e l'Olan-
da contro Francia, e morì nel 1711 dopo
aver veduto nel precedente nuovamente
invasa da'francesi Treveri, per cui il ca-
pitolo metropolitano passò a Coblentz.
Venne succeduto dal coadiutore Carlo di
Lorena figlio del duca Carlo V, che nel
1 7 1 4 potè rientrare nella sua capitale, re-
stituitagli in forza della pace di Rasladt.
In tale anno Papa Clemente XI esortò
vivamente l'imperatore, perchè si oppo-
nesse agli eretici, i quali macchinavano
di bandire dal principato d'Adamar l'or-
dinaria giurisdizione dell'arcivescovo di
TreveiijC insieme il culto cattolico. Mov-
4i T R E
to nel 1713 Carlo in Vienna, nel 1716
gli fu surrogalo Francesco Luigi figlio
dell' elettore Palatino di Neuburgo, già
vescovo diWratisIavia e di Worms, gran
maestro dell'ordine Teutonico e coadiu-
tore dell'elettore di M.igonza. Papa Cle-
mente XI confermò l'elezione e gli ac-
cordò la chiesta dispensa di conservare gli
altri suoi benefizi. Indi nel 17 19 il Papa
gli raccomandò di persuadere il fratello
Carlo elettore Palatino, a cui pure avea
scrino, di far restituire acattolici la chie-
sa principale d'Heidelberga, e non per-
mettere in verno modo, che fosse osser-
valo il Precesso di religione per l'inferio-
re Palalinalo pubblicato nel 1 7o5dall'al-
tro frateilo Gio. Guglielmo, e dalla sua
pontificia autorità condannato. Aggiunse
all'arcivescovo, che i trattati di Worms
e di Alt-Rastadt, nel 1 707 conclusi circa
tale Recesso, non dovessero avere alcun
effetto nella sua diocesi. E siccome la chie-
sa d'Heidelberga fu di fa Ito restituita a'
cattolici, Clemente XI impegnò l'impe-
ratore a proteggere i medesimi e l'elet-
tore Carlo, dalle vessazioni che loro mi-
nacciavano i principi eretici. Nel 1721 l'ar-
ci vescovo ottenne dall'imperatore Carlo
VJ la conferma del privilegio illimitato
de non appellando, comune a tulli gli
elettori, ma negletto da'suoi antecessori,
che avea no consentito il privilegio slesso
fosse ristretto alla somma di soli 5oo fio-
rini. Avendo un incendio neli7t7 con-
sumalo buona parte della metropolita-
na, si die la cura di restaurarla ; e pari-
menti si dedicò a rialzar le mura e le for-
tificazioni di Treveri, distrutte da'fran-
cesi. Nel 1729 Francesco Luigi si spogliò
della dignità arcivescovile di Treveri, per
passare a'3 marzo a quella di Magouza,
vacata per morte di Lotario Francesco
di Schoenborn. A'2 maggio venne scello
a successore Francesco Giorgio de'conti
di Schoenborn preposto di Treveri, teo-
logo di Colonia, decano dì Spira, ec. Do-
po aver ottenuto la conferma di sua ele-
zione dal fratello Federico Carlo vescovo
TRE
di Baniberga e di Wurlzburgo, fu ordi-
nato sacerdote e vescovo; venendo fatto
anche vescovo di Worms nel 1732. Il re
di Francia avendo nel i y 33 intimata
guerra all'imperatore, una parte del pe-
so di essa cadde sopra l'elettorato di Tre-
veri, che fu posto a gravissime contribu-
zioni da' francesi per due anni. Intanto
ritornato al grembo della religione cat-
tolica Maurizio Adolfo, ultimo rampollo
maschile della linea ducale di Sassonia-
Zeitz, per la sua straordinaria vocazione
allo stato ecclesiastico, posponendo ogni
terreno splendore, neh 730 fu consagra-
to vescovo di Farsaglia in partibus, indi
vescovo di Ronigsgratz, poi di Leime-
ritz nel 1732, e poco dopo fu fitto am-
ministratore dell'arcivescovato di Treve-
ri; avvenuta in questo esercizio la sua
morte, lasciò fama di piissimo e di mo-
dello perfetto de' vescovi. Nel (7 {.8 Be-
nedetto XIV dichiarò vescovo ìn< parti-
bus di Miriofidi Gio. Nicola de Tfonlhciiii
(V.) di Treveri, sulfrag meo del l'arcive-
scovo di Schoenborn, che neh y 54 fece
eleggere in proprio coadiutore Gio. Fi-
lippo di Lorena de' baroni di Walder-
dorff;e per mortedell'arcivescovo gli suc-
cesse neh 7 56. Gio. Filippo nel 1 763 fu
eletto vescovo di Worms. In tale anno
il sulfragaueo dTIouiheini soflo l'infeli-
ce e fiuto nome ili Giustino Febrouio
pubblicò la Mia pestifera opera: De stala
praesenti Ecclesiaetpv\acipa\ mente con-
tro il Primato (/x.) ilei sommo Pontefi-
ce, condannato perciò da Papa Clemen-
te XIII neh 764, il quale scrisse a'3 e-
lettori ecclesiastici perchè si opponessero
alla diffusione dell'empio libro che pose
all'indice de'libri proibiti, contro il qua-
le dottissime penne ne fecero trionfili con-
futazioni. Morto nel 1768 l'arcivescovo
WalderdoilFinCoblenlZjgli successe Cle-
mente Wenceslao di Sassonia, figlio di
Augusto II re di Polonia ed elettore di
Sassonia, vescovo di Frisinga e di Rati -
sbona, chiese che allora dimise; indi nel
1 j6t) fatto vescovoammiuishatore d'Au-
TRE
gusta, e nel 1781 principe e preposto ili
s. Vitod'Elwangen. A questo prelato Cle-
mente XIII nel 1764 avea indirizzato il
breve di condanna dell'opera d' Hon-
tlieim,confermata daClemente XI V. Per-
tanto divenuto arcivescovo di Treveri,
cercò di ricondurre al ietto sentiero ed
all'abiura de'suoi errori il suffìagaiieo, e
compitamente l'ottenne nel 1778, rice-
vendola con religiosa gioia il Papa Pio
VI. Nel quale anno il Papa dichiarò ve-
scovo d'Ascalona in partibus Gio. Ma-
ria d'Herbain d'Argentina, altro sufTraga-
neodeH'arcivescovo, continuando l'Hot»-
theim ad esserlo lino alla morte. Pio Vi
reduce da Vienna nel 1782, a' a maggio
partì da Monaco per Augusta, ricevuto
con ogni venerazione dall'elettore di Ba-
viera. Vi si recò ad ossequiarlo l'arcive-
scovo di Treveri, che celebrò pontificai-
mente nella cattedrale alla loro presen-
za, del vescovo di Costanza mg. r de Piodl,
di altri vescovi e distinta nobiltà; indi nel-
la solenne benedizionecompartita dal Pa-
pa al popolo dall'episcopio, l'arcivescovo
di Treveri pubblicò la forinola della con-
cessa indulgenza plenaria. In compagnia
dell'arcivescovo di Treveri, Pio VI a' 6
maggio passò a pernottare nel celebre
mouasterodi Fuessen,e nel seguente gior-
no separandosi dall'arcivescovo, con te-
stimonianze di singolare stima ed alletto,
proseguì il viaggio per Innsbruck. Nel
1784 1' arcivescovo concluse colla parte
cattolica d'Augusta, ove teneva per suf-
fraganeo Gio. Nepomucenode Ungelter
di Hochstad vescovo di Pella in partibus,
una convenzione perchè avessero termi-
ne le differenze intorno a'Iimiti di giuris-
diziouecivile ed ecclesiastica. Per ispirito
di tolleranza abolì ad Augusta i sermo-
ni di controversia che talvolta, dicesi ,con-
tenevano ingiurie contro i protestanti,
non che soppresse nelle chiese della stes-
sa città parecchie ceremonie superstizio-
se e ridicole. Intanto Pio VI per secon-
dare i premurosi desideni del duca Pa-
latino Carlo Teodoro elettore di Baviz*
T il E 43
va, nel 1785 istituì la nuova nunziatura
di Monaco (^7.), la quale fu subito con-
testata, principalmente dagli elettori di
Ma gonza e di Colonia, e dall'arcivesco-
vodi Salisburgo, i quali ricorsero all'im-
peratore Giuseppe li. Questi, innovatore
delle cose religiose,subito soppresse la giu-
risdizione delle nunziature di Germania,
compresa quella di Colonia destinata pe'
3 elettori ecclesiastici, e scrisse a questi
per animarli a conservarsi con tutto l'ini-
peguonelleloro pretese prerogalive,ch'e-
gli pure avrebbe difeso ; avvisando 1' e-
lettore Palatino, che il nunzio presso la
sua corte si dovesse riguardare come sem-
plice inviato del Papa e senza giurisdi-
zione, ma l'elettore volle invece che tut-
ta l'esercitasse. Perciò i 3 elettori eccle-
siastici, massime quello di Colonia, risol-
verono di non riconoscere i nunzi apo-
stolici, se non come semplici inviali del
Papa e ministri della coi te di Uoma. Pe-
rò il nunzio di Colonia Pacca, con sua
circolare del 1 786 d'ordine di Pio VI, no-
tificò a'parrochi e prelati subalterni del-
le diocesi de' 3 elettori ecclesiastici, che
avrebbe continuato ad esercitare la con-
sueta giurisdizione, dichiarando nulle le
dispense accordate da alcuni de'detti ar-
civescovi in differenti gradi di parentela,
come non comprese nelle facoltà da loro
ottenute dalla s. Sede, alla quale da tem-
po immemorabile i 3 elettori ecclesiasti-
ci solevano domandarle ogni 5 anni, me-
diante indulti quinquennali. Alla circo-
lare protestarono gli elettori di Colonia
e di Magonza, e di Treveri a'20 dicembre
1786, con proteste tutte piene di con-
traddizioni, inclusi vanienle- a quella del-
l'arcivescovo di Treveri, per avere an-
teriormente dichiarato a' 18 gennaio, di
non voler accedere alle richieste de'col-
leghi e dell' arcivescovo di Salisburgo,
contro la nunziatura di Monaco, per la
sua singoiar divozione alla s. Sede, e poi
si unì con essi per affiggerla. Questo con-
tegno dell'arcivescovo di Treveri destò
maggiore sorpresa, imperocché non sola-
|4 TRE
mente avea consolato Pio VI coll'avvi-
sarlo della ritrattazione d'Hontheim, ina
nel i 782 avea edificato il cattolico mon-
do, con lettera pastorale, che tradotta in
tedesco e in francese fu pubblicata a Pa-
rigi, ed in italiano e arricchita d'annota-
zioni da Francesco Serra, comparve in
Roma nel 1791 co' tipi del Cannelli. In
rpiesla pastorale dell'elettore di Treveri,
egli si espresse: » I nemici della Chiesa,
coperti della pelle di agnello, si riunisco-
no per deprimere i suoi pastori, e per sor-
prendere la semplicità de' fedeli sotto il
prelesto di riforma e di zelo. Fingendo
di voler correggere gli abusi (ahimè! sem-
bra che voglia intendere i sovrani rifor-
matori), essi fanno delle mine a' fonda-
menti della s. Sede, ch'è il centro dell'u-
nità. Ma ciò che noi noti sappiamo ba-
stantemente compiangere, è il veliere die
quelli, i quali si vantano figli della Chie-
sa, si uniscono co' suoi nemici, per fine
rivivere le loro iuvettivecontro il sovrano
Pontefice, e ripetere delle calunnie tan-
te volte confutate". Ma è egli questo e-
Jeltore, in quesla pastorale, conforme a
he stesso nella ricordala sua prolesta? I
3 elettori ecclesiastici, coll'arcivescovo di
Salisburgo, nell'agosto 1 786 eransi adu-
nati con altri vescovi in Aschaffembur-
go, per formare una lega ben stravagan-
te contro P autorità pontifìcia, in virtù
della quale spedirono i loro 4 deputati a
Ems (ì.) per tenervi quel conciliabolo,
che i vescovi di Germania riguardarono
come contrario alle leggi canoniche, poi-
ché vi stabilirono un piano più atto a for-
mare lo scisma, che a render la pace alla
Chiesa. Ma risentendosi Pio VI partico-
larmente per ciò che riguardavano le di-
spense quinqucnualimatritnouiali,di cui
il concilio di Trento avea lascialo la cu-
ra al Pupa, l'arcivescovo di Treveri do-
mandò tali indulti per la sua arcidiocesi,
non permettendogli la sua pietà di acce-
Darti ulteriormente sulle viste desìi au-
tori del nuovo codice di disciplina, e do-
mandò al Papa anche la sanatoria, per
TRE
riparare all'errore delle dispense che a-
vea accordate; ed altrettanto praticò Pe-
leltore di Magonza, onde non restarono
nella lega che gli arcivescovi di Colonia
e di Salisburgo. I torbidi del Brabanle,
la morte del riformatore Giuseppe II, e
soprattutto la terribile rivoluzione fran-
cese, distrussero la lega d'Ems, e quelli
che Paveano conclusa espiarono col de-
predamento de'loro stati e perdita della
sovranità temporale, le ambiziose preten-
sioni concepite con tanto ardore, a dan-
no della pace della Chiesa e de'diritli del
suo augusto capo. Pio VI nel 1 70.4 dichia-
rò vescovo di Dioclezianopoli inpartibus
Michele Giuseppe de Pidoll di Treveri,
che P elettore Clemente avea nominato
suo suffraganeo.Quesi'arci vescovo nel co-
minciar della rivoluzione francese die a-
siloa'principi di quella nazione che avea
no abbandonata la patria; e ne'suoi stati
seguirono i primi armamenti degli emi-
grati, cui l'imperatore, sulle lagnanze di
Francia, indusse l'elettore a far cessare;
ma allorché poi l'imperatore Francesco
11 entrò in campagna, continuò Coblentz
ad essere il soggiorno de'principali emi
grati. A'9 agosto 1 794 le truppe francesi
occuparono Treveri, e l'elettore fu ob-
bligato di riparare in Germania. Lo sta-
lo elettorale di Treveri fu riunito all'an-
tica madre patria la Francia, da cui era
stato da sì gran tempo separato, e Tre
veri fu fatta capoluogo del dipartimento
francese della Sarre, nome che prese dal
fiume Sarre oSaar. Inconseguenza della
pace di Luneville. de' 9 febbraio i8or,
tra la repubblica francese, Francesco 11
imperatore, ed i principi della riva sini-
stra del Reno, la sovranità dell'elettora-
to di Treveri fu soppressa, per quanto
narrai a Germania. L'arcivescovo Cle-
mente Venceslao di Sassonia, u llinio elet-
tore, dovette rinunziare anche la dignità
arcivescovile, ottenne nel i8o3 una pen
sione e fece il suo soggiorno ad Augusta
fino alla sua morte avvenuta nel l8ia,
Iu conseguenza poi del Concordato fra
TRE
Pio FU e la Repubblica francese, lo
slesso Papa colla bolla Qui Chris ti Do-
mini, de'20, novembre i 80 1, Ridi. Roni.
coni. 1. 1 1, p. 25 1} soppresse la sede me-
tropolitana di T reveri, che oltre a'3 suoi
antichi vescovi suffragane! allora avea an-
che quelli di Nancy e s. Diez, dichiarò
la sede semplicemente vescovile e la sot-
toposequal sufTraganea alla metropoli di
Malines, facendo altrettanto di Magon-
za. Indi Pio VII nel concistoro de'7 lu-
glio 1802 dichiarò vescovo di Treveri
Carlo Mauoy della diocesi di Clermont.
Siccome Napoleone 1 a' 18 maggio i8o4
assunse il titolo d'imperatore de'fi ance-
si, l'imperatore Francesco li l'i 1 agosto
si dichiarò imperatore d'Austria eredita-
rio col nome di Francesco I, indi rinun-
ziò la dignità d'imperatore de'romani a'
6 agosto 1806, restando così del tutto
sciolto l'impero Germanico. Gli avveni-
menti di Francia ( / .) del 1 8 1 4 e la de-
posizionediNapoleone 1, nuovamente tol-
sero alla Francia Treveri e la sua pro-
vincia, mediante il trattato di Parigi, dal
congresso di Vienna confermato, e ven-
ne ceduta al redi Prussia^.). Nella cir-
coscrizione di diocesi di questo regno, Pio
VII colla bolla De salute, ahimarum , de'
1 6 luglio 1821, Bull. cit. I.i 5, p. 4°3,
stallili pure questa vescovile di Treveri,
la sottrasse dalla metropolitana di Ma-
lines, eia fece sufTraganea di quella di Co-
lonia. Successivamente furono vescovi di
Treveri,GiuseppedeHommerdiCob!entz
preconizzalo da Leone XII nel concisto-
ro de'3 maggio 1824, dichiarando indi
a''i3 giugno vescovo di Sion in partibus
GugliehnoGunlherdi Coblentzdi lui suf-
raganeo; e poi a'iq dicembre 1825 l'al-
tro sufTraganeo Enrico Milzdi Coblentze
vescovo di Sarepta ìnpartibus. Per mor-
te del vescovo, il capitolo elesse a succes-
sore l'attuale mg. 'GuglielmoArnoIdi del-
la diocesi di Treveri, già professore di lin-
gue orientali nelseminariodiocesano, par-
roco in diverse chiese e della cattedrale,
che trovatolo degnissimo e canouicameu-
T R E 4*
te eletto, Gregorio XVI nel concistoro de'
22 luglio 1842 lo promulgò vescovo di
Treveri. DipoiGregorioX VI nel concisio-
ni de'22 luglio 1844 Fece vescovo di Tutti
maco in partibus e sufTraganeo di Tre-
veri mg.' Giorgio Mueller d' Artzheim
diocesi di Tfeveri , già pai roco, canonico
della cattedrale e vicario generale. At-
tualmente è suffranaueo m<i.r Codardo
Unum della diocesi di Treveri, canonico
decano della cattedrale, dichiarato ve-
scovo di Callinico in partibus, eolla riten-
zione di della dignità, dal regnante Pio
IX nel concistoro di Gaeta de' 2 apule
1849. Ogni nuovo vescovo di Treveri è
tassalo ne libri della camera apostolica in
fiorini 666, ascendendo le rendite della
mensa a 8000 talleri prussiani, pari a
scudi romani 5 19.0, senz'ideilo gravame
di pensione. Ampia è la diocesi e contie-
ne 634 parrocchie.
Concilii di Treveri.
III. "fu celebralo nel 385 o nel 386, e
vi fu dichiaralo innocente Itaeio vescovo
ili Spagna, accusalo d'aver dato occasio-
ne alia morte dell'eresiarca Prisciliiano.
Il 2.° fu tenuto verso il 666 in favore «lei -
l'esenzione del monastero di Val-de-Ga-
lilee nella Lorena fondato da s. Diedo. Il
3." circa l'anno 927, in cui l'arcivescovo
Roggero che lo presiedè vi fece ricevere
la raccolta de'canoni da lui compilati. Il
4. "nel c)48,nel quale il legato Marino, l'ar-
civescovo di Treveri , e molli vescovi di
Francia vi scomunicarono Ugo conle di
Parigi per la sua ribellione e pe'suoi sac-
cheggi, e finché non si ravvedesse: vi fu-
rono pure scomunicali due pretesi vesco-
vi ordinali da Ugo arcivescovo di Reiins,
nipote del conle Ugo. Anatemi rinnova-
li da'concilii d'Ingcllieim e di Roma. Inol-
tre si citò Eberlo, fratello dell'arcivesco-
vo Ugo, perchè rendesse soddisfazione
de' mali ch'egli faceva a' vescovi. Il 5.° nel
1070 relativamente ad un ecclesiastico
ingiustamente privalo del suo benefizio.
Il 6.° nel I 1 27Sopra la disciplina ecclesia-
slica,come riferisce Marlene nella Collect.
46 T R E
t. 7; mentre Schannat nella sua Storia di
J-VoMìs^nw 3, dice che in esso fu depo-
sto Godifredo arci vescovo di Treveri, per
aver occupato il vescovato per simonia,
che si celebrò nel maggio e lo presiedè il
cardinal Pietro legalo in Francia. Il 7.0
neh iz[o adunato da Adalbefone arcive-
scovo di Treveri, a cagione d'un monaco
dello e confermato abbate, contro il vo-
to di lai prelato. L'8.° nel gennaio 1 148
presieduto dal Papa Eugenio III, e assi-
stilo da 18 cardinali, da molti vescovi e
da parecchi abbati. Visi esaminarono gli
scritti e le rivelazioni di s. Ildegarda ba-
dessa di s. Ruperlo presso Bingh. Il Pa-
pa gli lesse egli stesso alia presenza di lut-
to il clero; tulli gli astanti ne resero gra-
zie a Dio, e particolarmente si mostraro-
no grati a s. Bernardo abbate di Chiara-
valle, il quale gli avea giù letti e approva-
ti, per aver conosciuto nella santa lo spi-
rilo profetico. Il Papa ne scrisse a s. Il-
degarda raccomandandole di conservare
coll'umillà la grazia che avea ricevuta da
Dio, l'autorizzò a continuare a scrivere
le sue rivelazioni , e di manifestare con
religiosa prudenza quanto le sarebbe ri-
velato e ispirato. La santa non avea an-
cora pubblicato che una parte delle sue
rivelazioni, cheavea cominciato a scrive-
re nel 1 1 4 1 e finì nel 1 t 5 1 . Nel 3.° libro
delle sue Rivelazioni, ci sono cose incer-
te e immaginate dopo il fallo, le quali fu-
rono aggiunte da altra mano. Il g.° con-
cilio fu celebrato neh \5i in favore del
capitolo di Remiremont nella Lorena:
Matteo I duca di Lorena, irritato prima
contro quel capitolo, pacifico**! e riparò
a tutti i suoi torti verso di esso. Ilio." nel
1 22 1 fu tenuto per rimediare alle deva-
stazioni che facevano in Germania gli al-
bigesie altri eretici. L'i i.° nel 1227 ih.0
marzo tenuto dall'arcivescovo Teodorico
li per la riforma di vari abusi. Il 1 2. ° nel
12 38 radunato a'2 1 settembre dallo stes-
so Teodorico 11, per provvedere «'mez-
zi di reprimere i ladronecci ed i guasti
che faceva Walcrano di Liuiburgo siguo-
T RE
re di Poilrache, con Rodolfo signore di
Mailberg, sulle terre della chiesa di Tre-
veri; i vescovi e altri padri provinciali sot-
toposero ambedue all'anatema. 1 1 1 3.° nel
1277, i cui atti sono contenuti in 1 7 ca-
pitoli: i primi 5 hanno per oggetto i sa-
gramenli; il 6 le chiese; il 7 i canonici e i
beneficiati; l'8 i decani; il q i sacerdoti e
i chierici; ilio gli usurai; l' 1 1 i nobili e
gli avvocati; gli ultimi 6 i religiosi e le
religiose. 11 1 4-°nel 1 3 losui beniecclesia-
stici, e sopra le calunnie contro l'ordine
de' Templari, che il concilio assolvè co-
me riconosciuti innocenti; ma il concilio
generale di Vienna nel 1 3 1 1 abolì l'ordi-
ne. Ih 5.° nel i423 a'26 aprile, adunato
dall'arcivescovoOttone co'suoi provincia-
li, ove si ordinarono 6 statuti, il i.° dei
quali è contro gli eretici ussiti, e gli altri
riguardano la disciplina ecclesiasticajque-
sii però non produssero alcun elfetto. Il
I 6.° nel 1 548 provinciale e convocato ai
23 maggio dall'arcivescovo Giovanni IV,
per rinnovare gli antichi statuti, farvi ac-
cettare quelli decretati sulla riforma del
clero e fitti nel sinodo diocesano del 1 547,
e per formarne de'nuovi. Vi si fecero 1 o
statuti sinodali. Il 1 .° concerne l'ubbria-
chezza de'chierici, che trattasi di peccato
vergognoso; titolo ne'Iaici come ne'preti.
II 2.0 contro i chierici concubiuari.il 3.°
pi escrive la pena che si deve impor loro.
11 4° palla delle concubine, le quali la-
sciando il vizio vogliono fare ritorno al-
le loro famiglie e in casa de'loro parenti.
Il 5.° è sopra i concubinari, che dopo a-
ver abbandonato il peccato vi ricadono.
Il 6." pe'sacerdoli e laici, che impiegano
la magia e i sortilegi nelle loro supersti-
zioni e altro. Il 7.0 degli apostali. L'8.
contro i protettoli degli stessi apostati. Il
r).°di quelli che si maritano dopo aver fat-
lo il voto solenne di castità. Il io." del-
l'esame che si deve far di quelli che si am-
mettono agli ordini sagri, e di quelli che
devono esserne esclusi per sempre. Tut-
ti questi capitoli sono seguiti da alcuni
avvertimenti al clero, e da un editto del-
!
T RIE
l'elellore arcivescovo conilo i preli con
cui/mari, i quali comanda clic sieno de-
posli e privati de'Ioro benefìzi. Finalmen-
te il concilio è terminato da uno statuto
contro i violatori della libertà ecclesiasti-
ca, e die attentano contro i beni e i di-
ritti della chiesa. Inoltre cogli accennali
canoni si provvide alia scelta de'predica-
tori e al modo di predicare; si prescrisse-
ro leoredella celebrazione dell'uilizio pei
canonici; l'enumerazione delle feste da os-
servarsi nella città e diocesi di Treveri;
molti regolamenti sui religiosi e religiose;
ordinandosi per ultimo la pubblicazione
degli statuti del concilio, e obbligando tut-
te le chiese ad averne una copia, unita ad
\m esemplare degli altri concilii della pro-
vincia Regia, t. 3, 2.5, 27, 35. Labbé, t.
2. (). 1 4. Arduino, 1. 1, (3, g.MansijiVK/y;/.'
t. 1,2, 3.
TREVI , TREBA, Troiana. Antica
città vescovile d'Italia nel Lazio, ora ri-
spettabile terra della delegazione di Fio-
.sinone, ove la descrissi, nella diocesi ab-
ballale di Siibiaco, nel quale articolo ne
ri parlai, cioè nel voi. LXX, p. 2 1 7, 2 19,
22 1,222, 242, 2 56, 25c),poicbè un tem-
po appartenne anche al suo dominio tem-
porale; rinomata pure perchè ne'suoi diu-
turni scaturisce il celebre fiume Amene,
come nel descriverlo a Tivoli rilevai nei
voi. LXX, p. 242, LXX VI, p. 1 19 e seg.,
vale a dire nel propinquo territorio di Fi-
lettino, paese che derivò dagli abitanti di
Treba, che vi formarono il castello e gli
dicrono porzione del proprio agro. Trevi
ab antiquo signoreggiato dagli equi, e poi
unitosi alla lega latina contro R.oma in
favore di Tarquinio il Superbo, fu con-
quistato da G. Marcio Coriolano,e diven-
ne colonia e municipio de' romani; sog-
giacque all'invasioni barbariche, e dopo
essersi rettoa repubblica esostenuteguer-
re contro gli abbati potenti di Subiaco,
cadile nel dominio feudale di vari baro-
ni, (inchè nel i47 3 SistoIV sottomise Tre-
vi al governo temporale dell'abbatecoin-
mendatario di Subiaco, anticamente es-
T R E 47
tendo pure stato dominalo dagli abbati
monastici. Si"nore""iò Trevi vari Castel-
O OD
h, e principalmente Filettino di Frosino-
ne, Valle Pietra, Jenne o Genna, e Mon-
te Preclaro o Porcario di Subiaco, come
descrissi in tali articoli. L'antica Treba di-
strutta, com'è fama da Sezze, al riferire
di Ciammarucone nella Descrizione di
Sezza, perchè i trebani infestavano i se-
llili, le successe l'odierno comune. I tre-
bani uniti a que'diP//jc/7/o, più volte dan-
neggiarono il territorio di Sezze (l .), co*
menarca il Marocco, ne' 'Monumenti del-*
lo stato Pontificio, t. 6, p. i§, ed a p. 34
riporta la conferma di Bonifacio IX sul-
la comprila del castello di Trevi, fatta per
1 òoo fiorini d'oro da Onorato Caetani
conte di Fondi, salvi i diritti di alcuni
possidenti trebani a selini, de'quali ulti-
mi ne parla anche il Corradini, De Ci-
vita te et Ecclesia Se lina, p. 70 e seg.,
con altre analoghe nozioni. Ma Ala rocco
sospetta che la Treba distrutta da'>elini
fosse un aulico luogo de'bassi tempi di si-
imi nome, che sorgeva sul monte incon-
tro a Sezze. Inoltre il Marocco, nel t.10,
p. 26, riporta la dettagliata descrizione
di Trevi, le sue notizie storiche, le lapi-
di che possiede avanzi di sua antichità,
e discorre dell'anticaglie trovate ne'suoi
scavi. Ne loda gli abitanti pe'loro pregi,
onde ne uscirono più illustri, come Len-
itilo di cui feci paiola nel voi. LXX, p.
2 3 1; fr. Tommaso francescano di vita pe-
nitente; Tommaso Si villa o Sibilla nobi-
le soldato, che donò al s. Speco di Subia-
co 5oo fiorini d'oro perla fondazione del-
la cappella di s. Nicola; Maestro Onofrio
decano di Meaux e cappellano di Clemen-
te V, da cui fu spedito legato apostolico
con Arnoldo abbate Tutelense a ricu-
perare Ferrara alla s. Sede; Raimondo
Commendatore di s. Spiritoj Giovanni
preposto della cattedrale d'Anagni; Gior-
dano nobile e potente, benemerito della
palria;Giovanni Angucci piissimo, magni-
fico donatore di numerose possessioni nel
tei ritoi iodi Trevi al s. Speco; fr. Giovau-
48 T R E
ni agostiniano; Nicola de Leliis canonico
di Girgenli, dulia cui famiglia fiorirono
talenti medici; come da'Ballaglini uscirò
ito diversi minori osservanti insigni per
pietà e per dottrina; Pietro Paolo Jaco-
bucci giureconsulto; d. Benedetto di tal
casato fu abbate di s. Teodoro, dotto nel-
le discipline teologiche; Domenico Caran-
zetli chiaro medico; Antonio Ricci valen-
te medico, poi canonico dell'insigne pa-
tria collegiata; fr. Nicola Ricci minore ri-
formalo di santa vita; fr. bernardino Ric-
ci dello stesso ordine, dotto scrittore e fi-
losofo; Francesco Aureli oratore egregio,
filosofo e teologo, il cui fratello fr. Ago-
slino cappuccino menò vita esemplare;
Pietro Pecci lodato pittore; fr. Cherubi-
no Agostini minore riformato, teologo e
filosofo; fr. Celso Cherubini confessore del
celebre cardinal Borghese nipote di Pao-
lo V; Giovanni Allegrilo musico eccellen-
te, allievo del celebre Giacomo Carissimi
di Marino; dalla nobile famiglia Speran-
za fiorirono dotti medici, come Felice e
Giuseppe Maria, oltre Pietro Stefano ve-
scovo il' A latri esemplare e benefico. 1 1 tre-
bano p. Pietro d' Antoni gesuita, di cui
parlai altrove, fu un gran raccoglitore
d'antichità nel secolo XVII; copiò laCro-
naea di Subìaco del Minio, il poema La
falle Sagra del Contestabile, compose
Gli sagri secoli Sul>laeensi,V Aniene il-
lustrato, la Fila dis. Chelidonia, la Vi-
ta dì s. Pietro eremita patrono di Tre-
vi, oltre altre notizie non tutte critiche:
si conservano nell'archivio della collegia-
ta. Rilevai nel voi. LXX, p. 242, che di
Trevi è l'attuale vescovo di Monte Fiasco-
ne,mg.r Luigi Jona promosso dal regnan-
te Pio IX nel i854. Rannodai qui i luo-
ghi ove ragionai di Trevi, con alcuni cen-
ni di giunta, anche per avvertire, che non
s» deve confondere questo Trevi del La-
zio, con Trevi (P.) dell'Ombrìa, altra se-
de vescovile, uè con Trebula Mutusca ,
uè con Trebula Suffena di Sabina ( V.).
Quanto alla sede vescovile, se ne ignora
l'origine, come non si conoscono i vesco-
TRE
vi che la governarono. Per la scarsezza
«Iella popolazione, e per le ristrette ren-
dite della mensa cessò Trevi di avere il
proprio vescovo nel pontificato di Vitto-
re Il delio55, il quale perciò ne racco-
mandòla chiesa al viciniore vescovod'A-
nagni Rainaldo o Rinaldo, come in ap-
presso fecero Nicolò II, Alessandro li, a,
Gregorio Vile Vittore III. La mancan-
za de' vescovi die origine alla creazione
dell'abbate di s. Teodoro martire, sotto
la cui invocazione era la cattedrale dichia-
rala chiesa abbaziale,che esercitò una giu-
risdizione quasi episcopale senza punto
dipendere dal vescovo d'Allagai, tanto su
Trevi che sui paesi soggetti e formanti
l'antica diocesi, cioè Filettino, Valle Pie-
tra,Jenne,Collallo,Moiitc Antonino, Mon-
te Preda ro,Com miniaceli io, Ursa no eCe-
sarene. Ma da Urbano II del 1088 col-
la bolla Po testatela anelare Dea, de'2.3
agosto, che si conserva nell'archivio capi-
tolare d'Anagni, fu soppresso il vescova-
to e in perpetuo definitivamente venne
unita la diocesi Trebense alla chiesa ve-
scovile d'Anagni, nel vescovato di s. Pie-
tro successore di Rainaldo, trasferendo-
si ad esso tutta l'autorità, il che confer-
marono poi.Pasipiale 11 ed Alessandro IH
deli i5c). Neh 162 Landinolfodi Treha
donò alla chiesa e al vescovo d' Anagni,
Trevi ed i 5 castelli che ne formavano il
territorio. Nondimeno ripugnando l'ab-
bate di s. Teodoro che la sua chiesa catte-
drale dipendesse dal vescovo d'Anagni,
ed essendo insorte dell'ostinate vertenze
giurisdizionali sotto Innocenzo 111 del
1 i«)8, ad onta che il successore Onorio
III avesse autenticala e confermata la bol-
la d'Urbano II colla bolla Cimi Chris lux,
il suo nipote Gregorio IX volle compor-
le colla bolla Licei sollicitudinis nostrae,
de'l3 settembre 1227, presso ITJghelli,
[lidia saera, t. 1, p. 3»0, con dare al-
l'ahbate dis. Teodoro, di già assoggetta lo
al vescovo d' Anagni Alberto, la premi-
nenza su tutti i prelati e dignità della ili
lui diocesi, e le nomine de'beuaiÌM eccle-
T R E
Mastici di s. Lorenzo e di s. Nicola, am-
bedue chiese rurali poco distanti e all'o-
riente di Trevi. Sorgeva la chiesa catte-
drale di s. Teodoro, col contiguo palazzo
vescovile, prossima al pomerio; la campa-
na della chiesa di s. Teodoro, posta den-
tro Trevi, si vuole tolta dalla cattedrale.
L'edifizio intero esisteva ancora nel i 260,
giacché dimorandovi il celebre cardinal
Ugo di s. Caro, vi tu visitato dal patriar-
ca di Gerusalemme Jacopo Pantaleone,
che nel 1*261 fu Papa Urbano IV. Dipoi
nel 16 10 la ricostruzione della collegiata
di s. Maria atterrò quasi tutto il super-
slite fabbricato. Finalmente Urbano Vili
co'brevi de'i5 dicembre! 638 ede'22 ot-
tobre 1 639, smembrò Trevi dalla giuris-
dizione del vescovo d' Anagui, e l'aggre-
gò all'abbazia di Subiaco , il cui abbate
commendatario e ordinario obbligò a pa-
gare annualmente al vescovo d' Allagai
60 scudi, e tuttora l'eseguisce. Con que-
ste disposizioni l'abbate di s. Teodoro non
perde i suoi antichi privilegi, per cui nel
sinodo Sublacense celebralo nella basili-
ca del monastero di s. Scolastica nel 1 674
dal cardinal Carlo Barberini, ebbe ili."
posto su tutti i capitoli e clero della dio-
cesi abbaziale, e fin anchesull'istesso pre-
posto della chiesa collegiata di s. Andrea
di Subiaco, come può rilevarsi dagli atti
sinodali e dall'archivio de' canonici del-
l'insigne collegiata di s. Maria di Trevi,
i quali usano l'insegna corale dell'almu-
zia foderata di pelli d'armellino, distin-
guendosi l'abbate col rocchetto e tnozzet-
ta di seta cremisi. Nel voi. LXXVI,p. 1 85,
ricordai, che nello spirare del secolo pas-
sato vi si ritirò il famoso capitano napo-
letano Caponi, che fece resistenza a'i'ran-
cesi repubblicani, ne risarcì le mura eia
fortificò, e fermandovi il domicilio vi mo-
rì in avanzata età.
TUE VI, Trcbia. Città vescovile del-
l' Umbria con governo, del distretto e de-
legazione di Spoleto, alla cui arcidiocesi
appartiene, egli è distante 5 leghe al nord,
secondo l'aw. Castellano, e 12 poste da
voi. iaxx.
TRE
49
Roma al dire del Caliudri. Trovasi in bel-
la situazione per arte e per natura, sul-
lo scosceso pendio dell' estremo coutraf-
forte del monte Petino o Pitiuo, verso gli
A pennini. Sorgendo quasi in cima al mon-
te e gradatamente giungendo a metà del
medesimo fa vaga mostra di se, come po-
sta in lunga ringhiera che si affaccia al-
la strada nazionale fra Spoleto, e Foli-
gno alla sua dritta, rim petto a Bettona o
Vettona di cui riparlai nel voi. LII, p. 1 34-
Il suo fabbricato di non piccolo circuito
e aperto da 5 porte, è cinto di forti e ben
munite mura, contieue molti palazzi lo-
devolmente architettati, e molte comode
e polite abitazioni, una bella foute, una
gran torre. Diversi palazzi posseggono stu-
pendi quadri e altre cose d' arte prege-
vole nelle volte del palazzo de' conti Car-
rara Rodiani sonovi belle pitture. La prin-
cipale chiesa è pei insigne collegiata con
capitolo di canonici (iu questi ultimi anni
aumenta ti di due a Uri) e la dignità di prio-
re, che indossano le iusegne corali come
i canonici di Spoleto, cioè cappa magna
e mozzetta per concessione di Benedetto
XIV: ne fu canonico Ugo Boncouipagoi
poi Gregorio XIII. E sotto l'invocazio-
ne di s. Emiliano martire r. "vescovo del-
la città, di cui è principale protettore, es-
sendone comprotettori i fratelli s. Vin-
cenzo vescovo di Bevagna e s. Benigno
diacono, ambedue nativi di Trevi. Il Ca-
stellano la dice costruita su -d'irregolare
disegno, però ha 3 altari disegnali e scol-
piti neh 522 in modo veramente singola-
re. La chiesa suburbana della Madonna
di Pietra rossa ha pitture antichissime; e
quella di s. Croce si distingue per un af-
fresco bellissimo di Giotto da Vespigna-
no. Altre chiese sono quelle delle esisten-
ti monache benedettine di s. Lucia, e del-
le francescane di s. Chiara, co'loro con-
tigui monasteri; la chiesa di s. Domenico,
ove già stanziarono i domenicani, della
quale e del convento scrisse il p. Fontana,
De romana provincia ord. praedicato-
ritm, Conventus s. Dominici. La chiesa
4
5o TRE
eli s. Francesco, beli' edifìzio, già de'mi-
noii conventuali, fino da'primi esordi di
loro istituzione, anzi uno de'pri mi conven-
ti fondali dal medesimo islitutores. Fran-
cesco d'Asisi, ed anticamente ei avi in es-
so l' inquisizione; nel cui chiostro molto
dipinse a fresco il cav. Gagliardi da Città
di Castello, il quale in tali pitture supe-
rò se stesso, come afferma il Irevano d.r
Clemente Bartoliui a p. 22 de'suoi Cen-
ni storici sulle pitture classiche di Tre-
vi, FoIignoi837. Nel convento vi fu tra-
sferito il ginnasio comnnnleo scuole pub-
bliche, ed il collegio Lucnrini per segna-
lato benefizio e incessanti cure del cardi-
nal Emmanuele de Gregorio, che qua-
le prefetto della Congregazione cardina-
lizia del concilio, dalla cui direzione e
dal cardinal prefetto prò tempore dipen-
da la protezione del collegio, ne fu assai
benemerito per quanto rilevai nella bio-
grafia; riducendo il convento in forma di
collegio, con eleganza e magnificenza di
disegno, ed insieme solidità, mediante l'o-
pera del celebre architetto cav. Valadier,
dal cardinale portato appositamente in
Trevi, il tutto venendo eseguilo con esal-
ta prontezza in circa 18 mesi, llch.com-
mend. Bai luz/.i nell' Elogio storico del
cardinal de Gregorio, 11 p. 3 1 , celebrò il
suo protettorato del collegio di Trevi, e-
aercilalo fino al 1 834, co" qneite paiole.
» IH quest'antica città dell' Umbria, eh 'eb-
be il nome di Trr-bia sul fiume Clilun
no,eresseil benemerito cittadino Lncarini
quell'edilìzio, che per l'impeto del terre-
moto fu quasi distrullo. A li vendicare un
sì utile stabilimento, rivestilo che fu il de
Gregorio dal regnante Pontefice (Grego-
rio XVI) dell'autorità di visitatore apo-
stolico, più volte colà si condusse, e tan-
to oprò che pervenne in breve tempo a
riedificarlo e ad ampliarlo, aggiungendo-
vi il convento di s. Francesco da lui ac-
quistato, e che già da molti anni per le vi-
cende de'tempi era abbandonato. Lo aprì
nuovamente, e con molto accorgimento e
jaggezza di regolamenti. Celebrò con so
TRE
tenni tà di eeremonie l'ingresso di un nu-
meroso stuolo di alunni, che a scarso nu-
mero ridotti nella famiglia del conte Va-
lenti si riparavano". Cioè nel palazzo del
conte Paolo, perciò lodato per patria ge-
nerosità, uno de'pochi dal terremoto ri-
spettati, massime nella terribile scossa ilei
l3 gennaio 1 83?.: contribuirono alle be-
nefichesolieriludinidel cardinale, il gon-
faloniere della città Francesco l'arriani
e il rettore del collegio d. Fausto Bottac-
ci di Recanali. Il 26 ottobre 1 834 ^' d
giorno dedicato alla solenne mangili azio-
ne e benedizione del luogo, del collegio e
delle scuole, e dopo il Te iJeum terminò
la funzione coli' allocuzione diretta dal
cardinal de Gregorio a tulli i suoi colle-
giali. Nel seguente giorno con due ulte-
riori solennità fu compiuta la decorosa a-
pertura del nuovo collegio, ove nell'aula
maggiore, sedente il cardinale in trono,
circondato da' maestri, dal magistrato e
dal governatore, l'encomiato rettore re-
citò un'erudita orazione inaugurale, nel-
la quale i pia moderni fasti dello slabili-
meulo e le sue vicende compendiò. Seguì
q uindi la premiazione, che il cardinale fe-
ce agli studenti che nel decorso anno sco-
lastico si erano sopra gli altri distinti. Nel-
la sera lo stesso porporato e nella mede-
sima aula assistè ad un'accademia di va-
rie discussioni logiche e metafisiche, io cui
fu lecito argomentare a chiunque, oltre
la declamazione di poetici componimen-
ti. Tanto ricavo dall'erudita e dettaglia-
ta relazione del Bartoliui, pubblicala dal
n.°i8 dell' Omologia deli 834, giornale
letterario di Perugia. Fondatore del col-
legio fu il Irevano Virgilio Lncarini, pro-
touotario apostolico e canonico di s. Gior-
gio in V elabro. Egli con testamentaria di"
sposizione del 1 644 lasciò tutto il suo pin-
gue patrimouio, per dotare 6 trevauecon
scudi loo per ciascuna; per fondare un
monte frumenlario; e per stabilire un col-
legio nella sua casa, onde educare quel nu-
mero di giovani che le residuali sue reo
dite potessero mantenere, con un retto-
TRE
re, un ripetitore ed un servo. Ne effettuò
le disposizioni il fratello fi-. Reginaldo, poi
vescovo di Città della Pieve, suo erede
Usufruttuario. Dopo la di lui morte fu a-
perto il collegio nel 1674 sotto la prote-
zione del cardinal prefetto del concilio
prò tempore, secondo il desiderio del be-
nefico testatore, ed oggi conta circa 3o
giovani convittori. Inoltre nella città vi
sono 6 confraternite colle Imo chiese, I o-
spedale, il monte di pietà uno de'più an-
tichi d'Italia comechè fondato nel 1 4^9>
il monte frumentario, ed altri pii e bene-
fici stabilimenti, come le maestre pie per
l'istruzione delle giovanotte e ricovero del-
l'orfane; l'ospedale esistente è nell'antico
convento di s. Domenico. Ora si va ad a-
prire un asilo pe' vecchi inabili a) lavoro.
Nel suburbio vi è la chiesa di s. Marlino
e il convento de'iuinori osservanti rifor-
mati, l'ima e l'altro posti in deliziosa e-
mineiiKa,e descritti dal p. Antonio da Or-
vieto, nella Cronologia della provincia
Serafica riformata dell' Umbria. Nell'al-
tare maggiore si ammira il grande dipin-
to in tavola rappresentante la Coronazio-
ne della Regiup del Cielo, che la comu-
ne opinione attribuì al celebre Spagna
(cioè Giovanni Spagnuolo, considerato di
Spoleto per gl'intimi rapporti di paren-
tela, di stato civile e di domicilio contrat-
ti con quella città, genioed emulo non o-
scuro del gran Raffaele, col quale ebbe co-
mune il maestro), esimio allievo di Pie-
tro Vannucci Perugino; ma il Bartolini
ue'ricordali Cauri avverte, che con più.
di ragione gl'intendenti lo dichiarano o-
pera della scuola de! Perugino, insieme
u' soprapporli degli aditi che conducono
al coro, e della lunetla situala sulla porta
d' ingresso della chiesa, senza potersene
stabilire l'artefice, non mai però Raffae-
le. Dichiara pure, che però non entrano
nella categoria della scuola Perugina i due
affreschi esiste»?» negli altari laterali al
maggiore, perchè evidentemente più anti-
chi del Perugino, d'autore incerto, e mol-
lo danneggiati da' •estauratore; così an-
TRE 5i
cora prova co'nomi degli autori, che noti
sono della scuola Perugina l'esterne pit-
ture a fresco esprimenti la bellissima Ma-
donna col divin Figlio e due Angeliche
l'adorano. Riconosce poi per uno de'ca-
polavori dello Spagna le belle pitture ;»
fresco della cappella presso la porta del
convento, rappresentanti la ss. Vergine,
forse l'Immacolata Concezione , ritta in
piedi, di vaghissime forme, coli' aureola
sulla testa, circondata da una larga zona
sferoidale formata da' colori dell' iride e
tempestala di stelle, in mezzo alle quali
campeggiano le leste de'cherubini. A'iati
sono due Angeli alati di forme veramen-
te angeliche, e sul davanti si vedouo ge-
nuflessi due per lato e in atto di venera-
re questa mirabilissima immagine s. Gio.
Battista, s. Francesco d'Asisi,s. Girolamo
e s. Antonio di Padova, tutti di stupen-
do lavoro, per cui la pittura dal suddet-
to p. Antonio fu attribuita al maestro del-
l'autore, che l'eseguì nel 1 5 12. Questa pre-
ziosa Concezione dello Spagna prima non
si godeva, per avere i frali formato nel
luogo ov'è la cappella il cimiterio nel de-
corso secolo, senza esterno ingresso; ma
ad istanza de' trevani il p. Leonardo da
Piedilama guardiano del convento, tra-
sportato altrove il cimiterio, rese accessi-
bile a chiuncjue la cappella nel 1837, ed
all'ammirazione pubblica il superboaffre-
sco. I cappuccini hanno la suburbaua chie-
sa di s. Antonio abbate eretta nel 1 6 1 6 e
col convento posta in amena altura. Qua-
si in mezzo alla deliziosa valle di Spole-
to (f\) trovasi il sontuoso monastero e
la magnifica chiesa e santuario di s. Maria
delle Lagrime, che l'avv. Castellano, Lo
stato Poh lifìcio, disse de'monaci Oliveta-
ni, seguito da altri. Primamente essi non
più esistono in Trevi, e poi il loro mona-
stero era l'abbuila di s. Pietro di Bovara,
antichissimo edilizio. La canonica delle
Lagrime e la chiesa fu de'cauouici rego-
lar" La lei anelisi, ed essendone stato ab-
bate per molti anni il p. d. Pietro Gior-
getli di Ravenna scrisse il Breve istori-
5-2 TRE
co compendio dell'immagine miracolo-
sa di Maria ss. detta delle Lacrime, ve-
nerata alle falde di Trevi nell' Umbria,
nel suo magnifico tempio spettante a' ca-
nonici regolari della congregazione La •
leranense. Dedicato agl'Illustrissimi si-
gnori Priori e Comunità dell'antichis-
sima città di Trevi, Todi 1 782. Col me-
desimo e col Bartolini ne darò un cenno,
incominciando dalla miracolosissima im-
magine di Maria ss. delle Lagrime, spe-
ciale e benefica patrona di Trevi, alla qua-
le la fervorosa pietà trebana con muni-
ficenza eresse il maestoso tempio. Esiste-
va alle falde di Trevi, nella costa detta
di s. Costanzo e dalla parte che guarda
il monte e la strada che viene da Spole-
to, vicino al fosso de'Gambarelli, una ca-
sa di Diotallevio d'Antonio, e nella sua
facciata eravi dipinta quasi al naturale
l'immagine della B. Vergine col suo Fi-
glio divino al sinistro braccio appoggiato.
Veniva essa venerata non solo dalla fa-
miglia Diotallevio, ma da que'che vi pas-
savano innanzi. Ora un giorno fu osser-
vato, che dagli occhi della B. Vergine sor-
tivano tante gocciole a guisa di lagrime.
Sparsasi la notizia, cominciarono ad ac-
corrervi molti per certificarsi del fatto; ed
n'5 agosto 1 485 si scoprirono le lagrime
più visibili, e comparvero prodigiosamen-
te quasi di color sanguigno, facendone pie-
na fede i pubblici registri municipali , e
ne'suoi annali mss. il contemporaneo p.d.
Francesco Mugnoni oli velano, che riti-
ratosi nel monastero dell'ordine a un mi-
glio da Trevi, probabilmente ne fu testi-
monio oculare. Non può esprimersi lo stu-
pore e la meraviglia che cagionò in Tre-
vi la portentosa effusione di lagrime usci-
te dagli occhi della ss. Immagine, e quin-
di il concorso per accertarsene di tutti gli
abitanti, non meno che de'luoghi circo-
stanti; i quali compunti per lo stupendo
miracolo e trepidanti pel manifesto avvi-
so che sovrastavano loro e all' Umbria
pubblici infortuni-!, oltre la guerra e la pe-
Me che desolava la provincia, con fiducia
TR E
ricorsero all' efficacissima protezione di
questa ss. Immagine, che cominciarono a
chiamare Maria. ss. delle Lagrime, e to-
sto ne provarono mirabilmente gli effet-
ti benefìci. Lo storico riporta le diverse
opinioni degli scrittori che anticipano o ri-
tardano l'avvenimento,e tulle rigetta, sta-
bilendo il 5 agosto 1 485, giorno anniver-
sario di s. Maria della Neve, che in Ro-
ma die originealla patriarcale basilica Li-
beriana. Tuttora Trevi ne celebra solen-
nemente la festa commemorativa dell'Ap-
parizione in detto giorno, in cui pure ri-
corre la pubblica fiera, la quale da'diu-
torni del tempio, fu poi trasferita al pia-
no superiore di Trevi fuori della porta del
Lago, come luogo più capace al gran con-
corso di popolo, ed all'abbondanza delle
mercanzie e specialmente di bestiame. Al-
tra festa da'eanonici regolari Lateraneu-
si fu stabilita con molte solennità a' 25
marzo, in cui ricorre quella dell'Annuo
Mozione. Divulgatasi rapidamente sempre
più la fama del prodigio per le convicine
provincie, in breve somma divenne la ve-
nerazione de' trevani, e degli accorrenti
privatamente e in processioni, per la ss.
Immagine, la qualesi mostrò fonte di ini-
sericordia,di consolazione e di grazie,spar-
gendo sopra i suoi di voti inesauste bene-
ficenze. Varie grazie e prodigi, di cui fu
testimonio il p. Mugnoni allora dimoran-
te in Trevi, registrò ne'ricordati annali;
e diverse ne riporta il p. Giorgelti. Quin-
di i fedeli per omaggio di gratitudine al-
le grazie ricevute e di tenera divozione,
fecero alla ss. Immagine copiose offerte,
tabelle votive e limosine. Queste oblazio-
ni formarono presto un incredibile cumu-
lo di monete, di argento e oro, di gioie,
di drappi maguifici, e persino di bianche-
ria, di vesti, di grano, di vino, di olio, di
cera e di altre cose offerte dalla pietà tre-
vana e degli altri. Tra le comuni offeren-
ti si distinsero quelle di Trevi, di Monte
Santo, di Castel Ritaldi, di Cannala, di
Spoleto per essere stata liberata dalla mi-
nacciante pestilenza e mediante basson-
TRE
ievo d' argento rappresentante la città
colla rocca. Alcune trevane fecero le co-
rone d'argento alla B. Vergine e al divin
Figlio, e madonna AI archesina di messer
Natinbene Valenti donò un superbo re-
liquiario con una ss. Spina con cui fu co-
ronato il Redentore. Aumentandosi quo-
tidianamente il numero tle'pii donativi,
il consiglio della comunità di Trevi de-
stinò probe persone, perchè li raccoglies-
se e fedelmente custodisse, inclusivamen-
te al Diotallevio proprietario della casa
ov'era dipinta la ss. Immagine. Questi de-
putati con licenza del vescovo di Spoleto
eressero innanzi alla medesima una cap-
pella di legno, vi fabbricarono l'altare, e
per la i . 'volta si celebrò la messa a'2 1 a-
goslo 1 4 co da d. Costantino di Contiael-
lo, il più antico canonico della collegiata
di s. Emiliano; indi vi destinarono due
cappellani, perchè ogni giorno vi celebras-
sero il s. Sagrifizio. Tale fu l'origine del-
la primitiva piccola chiesa di s. Maria del-
le Lagrime, la quale a'26 luglio i486 fu
eletta in singoiar prolettrice di Trevi e
suo territorio. Pier Francesco Lucarini,
uno de'deputati custodi della ss. Imma-
gine, l'ornò con bel contorno di pietre la-
vorate, e fu uno de'principali promotori
perchè le si erigesse un nobile tempio.
A tale effetto tra 'disegni fu scelto quello
di maestro Antonio Fiorentino di speri-
mentata capacità, e se ne fece contratto
a'2 giugno i486. Acquistata l'area neces-
saria per la fabbrica, si cominciò lo sca-
vo de'fondamenti a'27 marzo 148 7, ope-
razione ch'ebbe pronta esecuzione per a-
vervi cooperalo gli uomini delle ville del
lerritorio,per cui a'26 maggio,previa pro-
cessione del clero secolare e regolare, dei
priori e del podestà, d. Marcello Petratti
priore della patria collegiata vi gettò la
1/ pietra con diverse monete. lu meno
d' un anno si vide innalzato il maestoso
tempio sino al piano delle fineslre,restan-
done sospeso il compimento. Intanto il
consiglio di Trevi volendo affidare ad al-
cuna comunità religiosa lu custodia di s.
TRE 53
Maria delle Lagrime, concesse la chiesa
a'monaci Olivetani del vicino monastero
di s. Pietro di Bovara,che ne presero for-
male possesso I' 8 marzo 1489; ma non
essendosi mai recali a officiarla, il consi-
glio pensò a consegnarla ad altri religio-
si. Però non accordandosi sulla scelta, ri-
solse d' inviare sulla non molto lontana
strada romana due deputati,acciò l'offris-
sero al 1 ."religioso che per ventura incon-
trassero. La provvidenza permise che fos-
se il p. d. Giacomo da Cremona canoni-
co regolare Lateranense, che qual procu-
ratore generale di sua congregazione re-
cavasi al capitolo generale di Piacenza, t
deputati pertanto in nome del comune gli
offrirono il santuario, e il canonico pro-
mise che ne avrebbe falla proposizione al
capitolo. Reduce da questo con facoltà
d'accettare, si recò in Trevi a combinarne
gli accordi, onde a'6 giugno i5oo co'ca-
nonici regolari uè fu stipulato islrumeu-
to possessorio, oltre la concessione d'am-
pio spazio di terra per compiere l'erezio-
ne della canonica con cinta di mura; e poi
con l'aiuto della congregazione, ed i soc-
corsi del comune, di pii legati e limosi ne,
ridussero il tempio all' attuale magnifi-
cenza. Eretta allora la canonica in pre-
positura, più tardi divenendo abbazia, uè
fui. "preposi to il nobile veneto d. Silva-
no Morosini, già due volte rettore gene-
rale di sua congregazione, incominciando
i canonici regolari a custodire il santuario
dopo un mese a'6 luglio. Neli5oi con
breve d'Alessandro VI, alla preposi tuni
di s. Maria delle Lagrime fu unita la chie-
sa di s. Giovanni della Piazza di Trevi,
padronato del comune; e uel 1 5o8 fu data
agli stessi canonici la chiesa di s. Tomma-
so con l'ospedale. La chiesa di s. Giovan-
ni, alla quale dipoi venne unito il detto
ospedale,in appressol'ebbe in enfiteusi la
compagnia della Misericordia eretta nel-
la medesima, mediante canone.Nella chie-
sa di s. Maria fu istituita una numerosa
confraternita, la quale uel 1 6 1 8 fu aggre-
gata all'ai ciconfraleruita della Dottrina
54 T II E
Cristiana di Rotini, di s. Moria del Piati-
lo, così della per quello copioso versalo
dalla miracolosa sua immagine nell'atto
che venne ferito dinanzi ad essa un suo
tlivoto, ma in seguito si estinse. La chie-
sa di s. Maria delle Lagrime è di vago e
maestoso disegno, con la facciata princi-
pale ov'è la porta maggiore lavorata di
pietre quadrale, e dopo il terremoto del
jyo3 si dovè alquanto ahhassare. L'or-
namento marmoreo ed elegante della por-
la principale , egregiamente scolpito da
Giovanni di Gio. Pietro da Venezia nel
1 49^> e quello pure bellissimo della por-
ta laterale, hanno gli slemmi della città
e dell'illustre famiglia l'elioni che contri-
buì con 100 fiorini olla costruzione d'am-
bedue. L'interno della chiesa ha 7 altari
compreso il maggiore, vicino al quale è
un piccolo altare fatto da' Valenli e col
loro slemma, con nicchia chiusa con cri-
stalli, nella quale si venera un divotissi-
ino Crocefisso. Quello ove si venera la ss.
Immagine è nella cappella ri m petto la
porta laterale, con bella facciata decora-
la di colonne e statue con diverse dora-
ture, fatte nel 1621 dalla pietà de'capita-
111 Pompeo e Francesco Benenati, che in-
oltre dotarono l'aliare di diverse messe
e pii legati. Nella crociera della porta la-
terale souo i)ììc grandi aliati, uno dedi-
cato a s. Carlo con bel quadro; e l'altro
iuconlroas. Francesco, con pittura al mu-
ro esprimente la Deposizione dalla Cro-
ce nel sepolcro del Salvatore, che il Gior-
getti crede di Pietro Perugino. Ma il Bar-
lolini ne'suoi Ceniti sulle pitture classi-
che di Trevi, sebbeue convenga merita-
le tulio la fede tale scrittore, dubita che
il magnifico affresco sia del Perugino, poi-
ché tale singolarissima pittura gl'inten-
denti la giudicarono piuttosto dello Spa-
glia di lui discepolo, il quale talvolta giun-
se ad emulare Raffaele, altro allievo del
Perugino. Questo quadro stupendo e sin-
golarissimo rappresenta una scena con ve-
ramente tragico pennello trattala, per cui
desta uè figliai dnuli sensi di terrore e di
T B E
pietà; l'alio cioè col quale i ss. Giovanni,
Giuseppe d'Arimatea e JNicodetno, tolto
dalla croce Gesù. Cristo nella sagra sin
done lo trasportano al sepolcro. Si vedo-
no pure la B. Vergine, la Maddalena e le
due Marie seguire il feretro penetrate di
dolore, Ultimo spettatore della scena è s.
Francesco, figura che forse die il titolo suo
alla cappella. Nelle facciate laterali del-
la medesima sono effigiati s. Giuseppe
sposo della ss. Vergine, e s. Ubaldo ve-
scovo di Gubbio e canonico Lateranen-
se; e nella lunetta superiore sono delle fi-
gure e ornati bellissimi , ma deperiti in
buona parte. Nella maestosa crocerà o na-
ve di mezzo vi sono 4 bellissimi altari, il
t.°a destra dedicato al ricordato s. Ubal-
do , fallo da buona mano dipingere sul
muro, co'di versi miracoli dal santo ope-
rati, dal trevano Pier Costanzo Ricci, che
inoltre donò alla chiesa uno de' superbi
vasi per l'acqua santa e col suo stemma;
la sua famiglia dotò l'altare, e Benedetto
XIV lo dichiarò privilegiato perpetuo. Il
2.0 altare dalla stessa parte è sagro all'A-
dorazione de' ss. Magi nel Presepio, con
pitture laterali, tutte opere del Perugino,
Da principio l'altare fu acquistato dal co-
mune di Bovara, che lo dotò per avervi
il jus di seppellirvi iunanzi i suoi defun-
ti; indi nel 1679 fu concesso a una delle
nobili famiglie Valenti. Il Barlolini de-
scrive il lodatissiruo affresco dell'Adora-
zione, espressa colla B. Vergine col suo
divino Infante nelle braccia in alto d'e-
sporlo alle adorazioni de' circostanti, a-
Ven te alla sinistra s. Giuseppe. I tre re Ma
gi e il loro seguilo, rappresentati da 12
bellissime figure, riempiono il davanti del
quadro. E costante opinione, che in uno
ilei seguaci de're,dipintoalla sinistra deli*
Madonna , il Perugino ritrattasse il suo
prediletto allievo Raffaele. Tutto è stu-
pendo in questo quadro, nel quale la na-
tura vi fu copiata colla maggior fedeltà.
Le pareti interne e laterali della cappella
dell'Adorazione o Presepio sono adornate
dalle immagini de'ss. Pietro e Paolo, eco-
TRE
e4itaiscono un complesso di pitture am-
mirabili del Perugino, che nella cornice
inferiore del quadro di mezzo viene ricor-
dato dall'epigrafe: Petrus de Castro Pie-
bis pinxit. Dalla parie sinistra della na-
ve in discorso, incontro l'altare di s. Ubal-
do, è la cappella della Pietà, sul cui alta-
re adornato da mg.r Benedetto Valenti,
da questi fu posta l'eccellente tavola da
lui ricevuta in donoda Clemente VII, che
arricchì l'altare di copiose indulgenze, ed
al quale assegnarono legatiAlfonso Valen-
ti e Lucrezia Lucarini.ll Barlolini osserva,
che negli arabeschi die adornano il fon-
do de' pilastri esterni della cappello della
Pietà, si trovano i segni della scuola Raf-
faellesca e non della Perugina, secondo al-
cuni; eil anche le ligure dipinte a fresco
nella lunetta superiore le trovano di sti-
le più moderno, e nel lutto insieme più
probabile per qualcuno de'non migliori
successori di Raffaele, che di Pietro. De-
gli altri poi opinano diversamente, soste-
nendo che anco Pietro Perugino dipin-
geva gli ornati in quella forma, e che il
gran Raffaele da questo suo maestro ne
apprese i disegui,. e non nelle Terme di
77/7o (/^.), come il volgo presumeva. Pro-
testando il Barlolioi di non essere in gra-
do da poter sciogliere sì ardui dubbi, e
lasciando stare il quadro di provenienza
pontificia dove sta , senza pretendere di
decidere se sia veramente di fra Sebastia.
no del Piombo, come si è sempre e*ge-
neralmente creduto , ovvero di qualche
suo bravo allievo; conclude, che le pittu-
re al muro ebbero onninamente vita pri-
ma del i 54 1 , poiché in quell'anno finì di
vivereil prelato Valenti, e perciò più pro-
babile della scuola di Raffaele che del Pe-
rugino; tanto più che nel mezzodella cap-
pella vi è dipinto lo stemma di Clemen-
te VII, il che concorre a far crederle ese-
guite nel suo pontificalo. Le figure dipin-
te consistono in due Sibille maestosamen-
te assise nelle pareti laterali della volta,
ed in un quadro che abbraccia tutto il
fondo della cappella dall'impostatura dei-
TRE U
la volta in su, nel quale viene espressa la
Resurrezione del Signore co' custodi del
sepolcro esterrefatti, con pensiero eguale
a quello lodato esistente in s. Pietro di
Perugia, opera d'Orazio Alfani, uno dei
buoni alunni di Pietro; laonde sembra in
clinare, che mg.1 Valenti facesse esegui-
re le pitture da uno scolare del Perugino,
invitando però gl'intendenti a giudicar-
ne e quindi attribuirle a chi spettano ve-
racemente. Rimpetto all'altare del Pre-
sepio trovasi l' altare di s. Caterina ver-
gine e martire, il cui quadro rinnovò il
ravennate p. d. Matteo Nabruzzi che per
più anni governò la canonica di Trevi.
L'ornato però dell'altare e con dotazio-
ne di qualche legato, già l'avea fatto Lu-
crezia Valenti-Gemma. Nelle pareli late-
rali della cappella sono dipinte in tela le
ss. Cecilia e Caterina, che il Bartolini con
alcuni bravi periti crede dello Spagna e
perciò sue opere rarissime, perchè poche
sue pitture ili tela si trovano. Aggiunge
che molti di que'quadretti o tabelle vo-
tive, offerti in volo a s. Maria delle La-
grime nel fine del secolo XV e negli e-
sordi del XVI, da'divoti che impetraro-
no o riceverono le sue grazie, invece del-
l'odierne lastre di argeuto,copie delle qua-
li per la loro eleganza andarono ad ab-
bellire le gallerie di Frauda e di Germa-
nia, perchè i pittori viaggiatori credero-
no di aver copiato pitture del Perugino
e dello Spagna, odi altri di quella cele-
bre scuola; gli originali esistendo ancora
nel coro di questa chiesa, ina mal con-
servati. Questi sono circa 1 00, tutti iu ta-
vola, però non tutti dipinti a olio, esseu-
dovene alcuni fatti a guazzo, altri deli-
neali anche a penna sulle carte alle tavo-
lette applicate. Contengono tutti la ss. Im-
magine della Madonna delle Lagrime, e i
ritratti de'divoti che li presentarono. Fra
i voti dipinti a olio sembra d'ottima ma-
no il voto di Corali to da Norcia, con iscri-
zione interessante la medicina e la mo-
rale. Fra quelli dipinti ad acquarella più
stupendo de'compàgni pare quello rap-
56 TRE
presentante in alto la B. Vergine delle La-
grime, con due belle giovani prostrate con
macchie della patita peste bubonica, con
versi die dichiarano la liberazioue dal
morbo. Termina il p. Giorgetli la descri-
zione elei tempio e celebre santuario di
s. Maria delle Lagrime, con riferire che
lo nobilitano 7 ben intesi e vaghi depo-
siti dell' illustre famiglia Valenti, tanto
benemerita della chiesa e della canonica,
riportandone le iscrizioni sepolcrali e no-
tando quelli decorati da busti in marmo,
il più ricco e bello essendo quello del car-
dinal Erminio posto nella cappella della
ss. Immagine. Alla restaurazione del tem-
pio nel 1 733 concorse Clemente XII, ad
istanza di mg.r Lodovico Valenti poi car-
dinale. Nell'antica canonica il 1. "settem-
bre 1 855 passarono a stabilirsi i Reden-
lorisli o Li gito ri ni (?'•) di Spoleto. A
tale articolo narrai che ve V introdusse
Leone XII, affidando la loro chiesa e par-
rocchia di s. Ansano, sebbene per istitu-
to non ponno amministrare cure parroc-
chiali. Neil 855 il municipio di Trevi a-
■vendo loro offerto il tempio di s. Maria
delle Lagrime, la cui divozione e straor-
dinario concorso del popolo è sempre e-
dificante, la casa annessa, la cappellania
della medesima, il suo recinto, non che
la chiesa e beni della Madonna di s. Ar-
cangelo, i redenloristi per esonerarsi dal-
la cura d'anime che tenevano a Spoleto,
tutto accettarono mediante autorizzazio-
ne e scioglimento dal vincolo, del breve
apostolico Exponendian curavìt, emana-
to dal regnante Pio IX a' 12 giugno 1 855;
e quindi il 1 ."del seguente settembre i re-
dentoristi presero formale e solenne pos-
sessodel santoni io, casa e sue appartenen-
ze, coll'intervento della magistratura co-
munale. Siccome la benemerita congre-
gatone del ss. Redentore, fondata da s.
Alfonso de Liguori , dopoché pubblicai
quell'articolo, ha ricevuto maggior lustro,
profìcuo ordinamento e incremento, tro-
vo opportuno di qui narrarlo in breve e
così completarlo sino a oggi. La congrc-
TRE
gazione istituita nel regno di Napoli da s.
Alfonso nel 1732 e approvata nel 1749
da Benedetto XIV, venne quindi gover-
nala da un rettore maggiore residente in
detto regno sino ali 853. Se si prendono
nd esame gli atti della s. Sede e il pen-
siero del, santo fondatore dei liguorini,
chiaro apparisce essere disegno della di-
vina Provvidenza stabilire il centrale go-
verno dell'istituto in Roma, ove tutti gli
ordini regolari convengono quasi al fonte
perenne di unità, per attingervi indivisa-
mente il bene e la stabilità necessaria ad
ogni cattolica istituzione religiosa; cosa
tanto desiderala da s. Alfonso , il quale
nella sua lettera de'3o maggio 1776 di-
chiarò: Se la mia congregazione non si
stabilisce fuori del regno ili Napoli, non
sarà mai congregazione. Laonde Pio VI
con bolla del 1 780 creò un superiore ge-
nerale dell'ordine, con residenza in lio-
roa, ove rimase sino al 1793. In quell'e-
poca fu nuovamente celebrato nel regno
di Napoli il capitolo generale per l'elezio-
ne del novello rettore maggiore, che pe-
rò non tornò a risiedere in boma. In se-
guito di che vi fu sempre \\n vicario ge-
nerale per le provincie transalpine, però
dipendente dal rettore maggiore di Na-
poli. Poco prima e vivente ancora s. Al-
fonso, nel sapere che ripartivano pel set-
tentrione i due primi transalpini recati-
si in Roma ad ascriversi alla sua congre-
gazione , ne fu tanto lieto che esclamò :
Non mancherà Dio dal propagare per
mezzo di questi la sua gloria iti quelle re-
gioni. Questa predizione si velifici) piena-
mente, imperocché nel giro di pochi an-
ni la congrega/ione del ss. Redentore ven-
ne meravigliosamente diffusa e propaga-
la, per mezzo de'suoi vicari generali, nel-
la massima parte degli stali d' Europe e
persino in America. Per mirabile dispo-
sizione della divina Provvidenza avveu-
ncil dilatamento dell'istituto, adonta del-
le persecuzioni ch'esso di mano in mano
pativa, come essere espulso du Fi'Biicin,
Russia, Polonia, Germania, Portogallo e
TRE
Svizzero; giacché ia possente mono di Dio
in breve lo ricondusse nella più parte di
tali regioni, cou vantaggio immenso dei
fedeli, alla cui spirituale cura e con lode-
vole zelo si consagrarono i degni figli di
s. Alfonso. Gregorio XVI, che canonizzò
solennemente il santo fondatore , stabi-
lendo nel i 84 ! » secondo la di lui mente,
in tutta la congregazione le provincie coi
superiori provinciali; e il successore Pio
IX, neh85o regolando nella congrega-
zione altri rilevantissimi affari, aperta-
mente dimostrarono di voler (issare in
Roma il capo supremo della medesima,
se uon che per allora circostanze partico-
lari l'impedirono. Finalmente, conside-
rando il Papa Pio IX che colla unione del-
le case esistenti nell'alta Italia e della pro-
vincia romana alla congregazione tran-
salpina, si otteneva che tutte le provincie
bell'istituto sparse nell'orbe cattolico ve-
nivano rette dal vicario generale, tranne
le case poste nel regno delle due Sicilie,
a'6 settembre 1 853 decretò, che le case
di tale reame conserverebbero il loro ret-
tore maggiore, ma che desso non più a-
vrehbe alcuna giurisdizione e autorità sul-
le altre case della congregazione Liguo-
rina. Di conseguenza, volendo il Ponte-
fice con paterna cura e sollecitudine prov-
vedere al bene dell'intero corpo, cambiò
il vicario generale nel superiore generale
residente in Roma, e l'8 ottobre dello
stesso 1 853 ordinò, i .°Che una casa della
congregazione transalpina del ss. Pieden-
tore fosse stabilita in Roma. 2.° Che il su-
periore generale della medesima avesse a
risiedere nella metropoli del caltolicismo.
3.° Che il capitolo generale si avesse a te-
nere nella slessa città. La congregazione
del ss. Redentore possedeva già in Ro-
ma la chiesa di s. Maria in Monteroni con
annesso convento, che descrissi in quel-
l'articolo; ma l'ima e l'altro riuscendo
dopo tali pontifìcie disposizioni troppo
angusti, la congregazione in ubbidienza
a'volei i del Papa, per scudi 4<>,ooo acqui-
no il Palazzo Gattoni o Cattaui o Ca-
T R E 57
serta [V.) colla villa , posti sull' amena
sommità del celebre Mò/ite Esquilìno, tra
lai. ''chiesa del mondo e la maggiore ba-
silica sagra alla Madre di Dio; il palazzo
mutando in casa generalizia colla spesa di
circa 8ooo scudi, e dando eziandio pron-
ta opera all' edificazioue dell'adiacente
chiesa dedicata al ss. Redentore, ed in o-
n ore di s. Alfonso de Liguori. In questo
luogo i liguori ni nel maggio 1 855 ten-
nero il i. "capitolo generale di Roma, e vi
elessero il superiore generale r.'no p, j\jj_
colò Mauron, i r.mi pp. consultori, ed il
r.mo p. Brixio Queloz in procuratore ge-
nerale, tutti ad vilamì il che celebròan-
co la Civiltà cattolica a p. 58 i del t. i
della 3/ serie. Così e mercè dell' essersi
stabilito nell'alma ed eterna Roma il capo
della congregazione, e mei ce della fonda-
zione d'un noviziato romano, già in pie-
no vigore nel novello convento Esquili-
no, e posto alla benefica ombra della s.
Sede, uon è dubbio che i pp. redentoristi
avranno abbondanza di evangelici operai,
ispirati dal glorioso Sepolcro de'Princi-
pi degli Apostoli, per quelle altre fonda-
zioni, che sì ne'dominii temporali ponti-
fìcii, e sì negli stati italiani istantemente
vengono richieste. Le provincie della con-
gregazione sono: la Romana, la Gallica,
l'Austriaca, la Belgica, l'Americana, l'O-
landese e Inglese, e le case de'regni di Na-
poli e di Sicilia dovrebbero formare due
altre provincie, secondo il decretato nel
1 84- • da Gregorio XVI. Il superiore del-
le provincie di dette due Sicilie chiama-
si rettore maggiore, mentre quello di tut-
ta la congregazione s'intitola superiorege-
nerale e rettore maggiore, residente nel-
la casa Esquilina, la quale appartiene al-
la congregazione medesima, in uno a quel-
la e colla chiesa di s. Maria in Montero-
ni, residenza del procuratore generale del-
la stessa congregazione; di più in essa vi
dimora il procuratore delle case delledue
Sicilie. A voler poi far cenno della deco-
rosa chiesa Esquilina in costruzione assai
avanzata, e congiunta al uuovo couveu-
58 TRE
(o, la quale precisa mente sorge nellospa-
zio che resta a sinistra di chi passato il
muro di cinta vada verso la casa religio-
sa, già palazzo de'Caetani, dirò solamen-
te, che ne <liè i disegni l' inglese Giorgio
Wagley, di gusto semi-gotico , per quei
motivi che notai a Tempio, e al suo com-
pimento non lontano, dicesi che sarà co-
stato 1'edifizio, co'suoi accessorii, decora-
zioni e suppellettili, quasi 5o,ooo scudi.
La fabbrica è già per intero murata, on-
de se ne può con precisione indicare le
precipue parti. Vi si giunge per una gra-
dinata, ed il prospetto esterno ha quel-
l'eleganza che si addice alla maniera ogi^
vale prescelta, avendo una sola porta nel
suo mezzo. Nell'interno la chiesa è lun-
ga palmi 200 e larga 80 , con una sola
navata e avente lateralmente 6 cappelle
sfondale per parte, le cui pareti supe-
riori avranno pitture a fresco esprimen-
ti i principali fatti della feconda vita di
s. Alfonso. Negli altari invece di quadri
vi saranno sculture marmoree, e di già
furono allogate quelle rappresentanti la
Immacolata Concezione di Maria Ver-
gine, il suo sposo s. Giuseppe, s. Alfonso
de Liguori, s. Teresa, s. Francesco d'A-
sisi, la sacra Famiglia, ec. Riceve lume
da 4° finestre a sesto acuto, con vetria-
te dipinte, disposte in due ordini tan-
to nella nave che nell'apode, la quale è
terminata da un calino, a imitazione del-
l'altre chiese di Roma, e nel quale sarà
dipinto a fresco il Salvatore a imitazione
delle romane basiliche. L'altare maggio-
re è isolalo iti fondo alla nave: à'stioi la-
li sonoduecoreltijenell'emicielo dell'apsi-
de trovasi il coro cogli stalli pe'religiosi.
Dalla chiesa, traversando la sagrestia, si
passa nel convento.
Dal descritto santuario, lo sguardo si
estende nella sottoposta fiureulissima pia-
nura, attraversala dalla via Flaminia, e
presso la stazione postale delle Vene, nel-
la comune di Campi-Ilo (come nel parlar-
ne rilevai nel voi. LX.IX, p. 23), scatu-
riste il copioso fonte fracassi, oud'ò fui»
T II E
unito il Clituuno, che si getta poi nel To-
pino, e vi sorge un antichissimo tempiet-
to consagrato al fiume istesso, cui i pa-
gani prestarono culto, e del quale parlai
nel citato voi. LXIX , p. 63, convertito
quindi al culto cristiano, e poscia in par-
te diroccato dal lucchese fr. Paolo romi-
to di Monte Luco, custode della chiesa e
del benefizio in essa fondato, verso ili y3o
vendendo il cornicione in parte caduto pel
terremoto, e le colonne che a Spoleto or-
nano l'altare di s. Filippo, il che rilevai a
p. 57, parlando di sua chiesa. Da chi fu
impedito continuasse il frate le fatali de-
molizioni, lo dirò celebrando gì' illustri
trevaui. L' encomiato trevano Bartolini
scrisse un erudito articolo sul Clitunno,
del quale vado a farne cenno, e intitola-
lo: Il Clitunno fiume dell'Umbria. Pic-
ciolo d'onde e di valor gigante, fu det-
to up altro italico fiume dal principe del
Parnaso italiano del nostro secolo, e sem-
bra per giuste ragioni, ed altrettanto po-
tersi ripetere del Clitunno pe'rari suoi at-
tribuii e come celebralo per la chiarez-
za e freschezza di sue acque, e per la lo-
ro qualità dealbante a segno che bianchi
come neve trasforma i bovi di pelo anche
nerissimo che per un anno circa ne beva-
no. Questa non è una fola di Virgilio, di
Plinio e di altri antichi scrittori, ma un
fatto confermato dall'esperienza conti-
nuata, e riconosciuta a' nostri giorni dal
prof. Monchini nella bella analisi chimi-
ca delle celebri acque di Nocera. Il corto-
ne»e ab. Ridolfiuo Venuti, Osservazio-
ni sopra il filane Clitunno, detto in og-
gi le Pene, situato tra Spoleto e Foli-
gno , del suo cullo e antichissimo tem-
pio, e dello stato suo pi-esente, ec, Ro-
ma 1 753, provò con illustrazioni storico-
archeologiche, essere etrusca l'origine del
suo nome, per cui tal sua denominazione
risale per lo meno all'epoca delle conquiste
fatte dagli etruschi sopra gli umbri, cioè
a dire 3oo anni circa prima della fonda-
zione di Roma. Non risulta per altro ab-
bastanza se di costruzione etnisca fosse ve*
T R E
ramenle l'antichissimo e restaurato gua-
sto tempio, che si vede ancora poco ni di
qua della sua sorgente, ove per più seco-
li risposero quegli oracoli , che secondo
Fontanelle e per testimonianza di Plinio
il Giovane, si ostinarono anche dopo la
venuta del Salvatore ad ijludere i popo-
li di questa regione. Il Bowirium de'ro*
mani, ove si serbavano le mandredi bo-
vi per farne ecatombe a Giove, dopoché
da quelle acque era stalo imbiancato il
loro pelo, stava appunto dove ne'tempi
bai bari sorse l'abbazia de' monaci di s.
Pietro, ove oggi è la villa Bovara, sempre
compresa nel distretto comunale di Tre-
vi , ed abitata da circa 5oo coltivatori.
Nasce il Clitunno nella suddetta comune
di Campetto e percorre quindi tuttoil ter-
ritorio di Trevi, della qua] città bagna-
va le mura, e fino al secolo passato ap-
parteneva al territorio medesimo prima
die fosse rotabilmente ristretto, Cambia
il suo nome con quellodi Timia o Tenia
nel territorio di Foligno, ed unito poi ad
altri corsi si scarica nel Tevere. Antica-
mente il Clitunno era navigabile, come
a'tempi dell'imperatore Caligola diesi re-
eòa visitarlo/cessando d'esserlo per l'ab-
bassamento di sue acque , derivato ila
Quella lunga serie di terremoti che minac-
ciarono di subbissare il globo terracqueo
nel 446 di nostra era, i quali o ne sollb-
carono la sorgente o per sempre l'impic-
ciolirono , senza però alterare la virtù
dealbante o imbiancatrice di sue acque,
e senza attenuare le sue storiche e mito-
logiche rimembranze, imperocché die il
nome al dipartimento di cui Spoleto fu
capoluogoall'epocadel governo repubbli-
cano del 1798. Anche al presente quella
stessa contrada con tanta eleganza descrit-
ta da Properzio e da altri poeti e pro-
satori, la sorgente del Clitunno, il suo an-
tichissimo tempio, tuttora chiesa con be-
neficio semplice, sono continua cagione
di fermata per tutti i viaggiatori dotti e
illustri che vi sono di passaggio. E cosi gli
abitanti di Trevi e le vicinanze vedono
TUE 59
anche oggidì in qualche modo venerati
que'luoghi, celebri per gl'imperituri fasti
romani, ed ove per troppa venerazione i
lontani loroautori restavano illusi da'bu-
giardi oracoli della pagana superstiziosa
credulità. I luoghi soggetti al governo di
Trevi, comprese lecomuni di Monte San-
to e Sellano, li notai nel voi. LXIX, p.
29: tutti i loro abitanti, in uno a que'di
Trevi e del suo Borgo, ascendono a qua-
si 6000. Sono ricchi i settimanali merca-
ti di Trevi, come le molte annuali sue fie-
re, ferace essendone il territorio, situato
in colle e aria buona, ed in clima tempe-
rato. Abbondanti sono le acque in modo,
che fino dal 1 760 fi istituita in Trevi una
prefettura municipale che presiede a'suoi
11 pubblici canali. [fa pure mulini da gra-
no e da olio sul Clitunno, ove ponno agire
f) macine,oItre3o da olio nella città e tei ri-
torio,mosse da forza animale.Ora si sta co-
struendo una nuova strada adagialissima,
e magnifica per la vista che presenta della
sottoposta e celebre valle Umbra. Del mu-
seo e delle antichità riunite nella casa Va-
lenti vado a parlare, dicendo degli uomini
più illustri della città, col libra intitolato:
Le antichità talentine, dialoghi due di
Francesco Alighieri e Sanie Ponzio,
nuovamente pubblica ti e di preliminare
illustrazione muniti da Clemente Bar-
tolini patrizio di Trevi, Perugia 1828.
Attesta Calindri, nel Saggio statistico-
storico del Pontificio stato, che nel ter-
ritorio sono le vestigia dell'antica città,
eche vi si scavano lapidi, medaglieefran-
tumi di vetusti monumenti, essendovi
pure un tempio cristiano ili antica d ita,
forse quello già di Clitunno. Trevi ebbe
sempre un cardinal protettore, e 1' ulti-
mo fu il cardinal Giovanni Serafini mor-
to nel 1 855. Degli illustri trevani per san-
tità di vita, per dignità, per dottrina e
per valore militare, tratta ancora il Gior-
gelti, e di lui pure mi gioverò, dicendo
che Trevi sempre vantò illustri e nobili
fatniglietlecoratedi titoli onorifici, di no-
biltà generosa, già signore di feudi, ed
60 TRE
alcune insignite degli ordini equestri, in-
clusivaniente a quelli di Malta, de' ss.
Maurizio e Lazzaro, della Milizia di Ge-
sù Cristo, e degli ordini pontifìcii. Nel ri-
cordalo libro si tratta delle primarie an-
tiche famiglie che fiorirono o tuttora sus-
sistono in Trevi, e dalle quali uscirono
diversi celebri personaggi, come la Pe-
troni, la Veri, la Palazzi, la Ponzia cosi
delta come originaria di Ponze (villag-
gio che sempre ha fallo parie del con-
tado di Trevi) e dalla quale derivarono
la Valenlini e la Bartolini; la Nalalucci,
la Locarmi, l'Ui igo o Origo originata in
Trevi donde passò a Roma, e principal-
mente la Valenti, divisa in diversi rami,
che tanti diritti ha alla patria riconoscen-
za e tanto decoro fece ad essa pel copioso
novero de'suoi illustri che in ogni epoca
luminosamente fiorirono, per aver con-
tribuito ad estinguervi la fazione ghibel-
lina, che funestò anche Trevi per l'av-
versione -a guelfi, fedeli e divoti a' Papi,
onde su solide basi potè stabilirvi la vera
pace, per cui vieppiù ebbe incremento la
loro fortuna e splendore, sempre affezio-
nata alla corte romana, che ognora sep-
pe servire lealmente e con zelo. In com-
pagnia del vescovo s. Emiliano nella per-
secuzione di Massimiano moltissimi tre-
vani dierono la vita per Gesù Cristo ;
martiri egualmente furono i ss. fratelli
Vincenzo vescovo di Bevagna e Benigno
diacono; trevani sono s. Costanzo protet-
tore di Perugia, decapi tato poco lungi da
Trevi, dove esiste ancora un' antichissi-
ma chiesa, ma abbandonata; s. Concor-
dio martire, seppellito presso Trevi, cosi
i ss. Dionisio, Ermippo e Italiano mar-
tiri ; il b. Tommaso da Napoli eremita
dell'istituto di s. Celestino V; il b. Ciac-
caro o Zaccaro; il b. Ventura eremita; i
venerabili fr. Bernardino e fr. Gregorio
cappuccini; i venerabili fr. Mario e fr. O-
nofrio minori osservanti riformati, ed il
2.° morto in 8. Martino; il ven. Teobal-
do. Vanta Scardinali, cioè Paolo Lam-
bardi, che però noti trovo con questo co-
T R E
gnome ne'biografi de' cardinali, e siccome
i trevani lo dicono creatoda Celestino ili
e del titolo di s. Anastasia, feci apposite
ricerche e trovai che quel Papa non con-
ferì tale titolo. Il Cappello, che scrisse le
Brevi notizie dellaehiesa di s. Ano sta -
sia, comincia la serie de* titolari dal i4^9-
lo non pretendo di togliere aTrevi un car-
dinale, solo giustificarmi perchè non ne
feci la biografia. Pretendesi ancora treva-
no il cardinal Alessandro Oliva, ma nel-
la biografia lodissi'di Sassoferrato, così
in quell'articolo. Sono cardinali Irevani
e celebri, Erminio Valenti; Lodovico
Valenti (di questo cognome e mantova-
ni abbiamo i cardinali Silvio e Luigi Va-
lenti- Gonzaga) y Curzio Origoj cui bio-
grafi lo dicono patrizio romano, belivi co-
me notai di famiglia antica di Trevi, a-
vemlo il Bartolini fallo pure onorevole
menzione del marchese Giuseppe che si
distinse qual colonnello,direttore coman-
dante de' Pompieri (V.), del qual corpo
fu benemerito, e di Roma anche per aver
impedito che sotlo il governo francese si
trasportasse la famosa statua del Trito-
ne di Piazza Barberini. Molti vescovi e
prelati furono trevani, come Romolo Va-
lenti dopo distinte magistrature vescovo
di Conversano, intervenuto al concilio di
Trento, e che ricevè onorifica tomba in s.
Maria delleLagrime.Fr.Reginaldo Luca-
rioi domenicano, maestro del s. palaz-
zo, vescovo di Città della Pieve. Seba-
stiano Valenti vescovo di Terni. Il pre-
lato Marcello Lombardi. Il prelato Ales-
sandro Gentili. Monte Valeuti,di cui mol-
ti sono i fasti, qual preside di Romagoi
e di Ravenna, governatore di Perugia e
dell'Umbria, governatore di Roma per
s. Pio V e Gregorio XI 11, indi governa-
tore di Bologna, a cui il degno figlio Al-
fonso eresse una superba tomba con di-
stinto epitaffio nella chiesa delle Lagri-
me. Alessandro Valenti pi'otonotario a-
poslolico e conte palatino, a cui s. Pio V
confermò a lui ed a' discendenti rinve-
stitura della contea di R-ivo Socco, che a'
T R E
suoi maggiori era stala concessa da Giu-
lio III e Fio IV. Il celebratissimo Bene-
dello Valenti dotto giureconsulto, pre-
letto della camera apostolica e avvocato
lìscale della medesima, caro a Clemente
VII e Paolo 111, ed all'imperatore Carlo
V, alla cui coronazione assistè^ fu aggre-
galo co'discendenli al patriziato di Spo-
leto e alla nobiltà di Perugia, oltre l'es-
serlo già la famiglia di quella di Todi. Di-
stinse il sommo merito di questo illustre
trevano, il suo buon gusto verso le scien-
ze e belle arti, ed il favore e protezione
largamente spiegati per incoraggiarne i
cultori. Di questo suo principalissimo me-
rito uè fanno fede, mg.' Magalotti, già go-
vernatore di Roma, nel suo trattato De
sal\'o:conductoa lui dedicato, nonché gli
scrittori de' dialoghi ristampati dal Bar-
lolini nell'Antichità Fralentineide'sum-
mentovati Alighieri e Ponzio. 11 fiscale
Aralenti raccolse nel suo palazzo di Trevi
un vistoso numero di lapidi, busti e altri
marmi, co'quali formò una specie di mu-
seo; onde ilTiraboschi, nella Storia del-
la letteratura italiana, lo celebrò per
uno de'primi,che ad opera tanto utile al-
la storia ed alle belle arti si cimentasse, e
ne riscosse incancellabile fama. Per com-
pletar poi l'opera intrapresa, permise che
la sua galleria fosse illustrata dalle peri-
te penne di Francesco Alighieri, nipote
del gran padredi nostra lingua, edi Sante
Ponzio trevano, impegni che essi esegui-
rono con pubblicare neh 537 m R°ma :
l' A idi qui tate s V aleuti nae archeologica
dìssertatio Fr. Aligeri Dantis IlIJilii:
Primus Dialogus deAidiquitatibus P a-
lentiiiis : Secundus Dialogus de Anti-
quitatibus Valcnlinis.ll Alighieri veden-
do che il museo formato da Benedetto re-
clamava un'illustrazione, vi si accinse ed
ebbe a collaboratore il Ponzio. Interpre-
tò quindi tutte le lapidi romane e l'epi-
grafi mortuarie, lavoro che costituisce la
i. 'parte deh .'opuscolo ; coadiuvato poi
dal Ponzio, procederono insieme all'illu-
stiazioue de'busti, leste e altri marmi, di
TRE 61
cui era ricco quel museo, e questo i.° la-
voro forma la 3.* parte dell'opuscolo. Di-
poi il prelato Valenti, avendo da Roma
portato al suo museo un altro assortimen-
to di marmi, formarono l'oggetto del l.Q
dialogo. Questi eruditi opuscoli divelluti
rari, il trevano Cartolili! volle riprodurci,
ed in essi sono le iscrizioni raccolte nel
museo Valenti, tuttora esistente nel pa-
lazzo omonimo, eseguendolo con prelimi-
nari eruditi e importanti patrie illustra-
zioni, nell' epilogo storico di mg.r Bene-
detto Valenti e sua agnazione, e colle Me-
morie di Francesco Alighieri figlio di
Dante III e dell'opere sue, e le Memo-
rie storiche di Sante Ponzio di Trevi e-
ruditissimo e di elevato ingegno. Quindi
il tutto dedicò al virtuoso e da lui enco-
miato con singolari elogi, conte Giacomo
Valenti, benemerito gonfaloniere di Tre-
vi, proprietario del museo e del ricco ar-
chivio di sua nobilissima famiglia, che fe-
conda di uomini illustri, ne vado ricor-
dando i nomi de'principali,rica vandoli da
quantodiluisameule nescrisseil Barlolini
nelle belle memorie biografiche,che si pos-
sono dire la storia della famiglia Valenti, e
l'elogio de'più celebri suoi concittadini.
Gio. Battista fratello del lodato Benedet-
to, fu giudice generale della Marca, go-
vernatore di varie città e perpetuo di
Gualdo-Tadino, e dovrò riparlarne. Il lo-
ro prozio d.r Natimbenepel suo gran me-
rito contribuì col fratello Giovanni alia
riforma dell'antico Statuto di Trevi , il
quale meritò gli encomi de'Papi nell'ap-
provarlo, e fu lodato da'giureconsulti, fra'
quali il cardinal de Luca. Trovandosi Na-
t iinbene fin dal i4^9 aggregalo alla cit-
tadinauza romana, tu anche uno de' ri-
forma lori dello Statuto di Roma sotto
Paolo 11, come sapiente e famoso dotto-
re in legge, e collaterale di Campidoglio.
Inoltre i Valenti ebbero, Gaetano cele-
bre capitano generale pontifìcio nell'Au-
stria e nell'Ungheria. Ferdinando dotto
e celebre avvocato concistoriale e del fì-
sco della rev, camera apostolica, fregiato
62 TRE
di molle virtù, autore di elaborale ope-
re legali stampate in Roma neh 744 hi
7 grandi volumi col titolo : Opera o-
ìnnia selectiora. Andrea Angelo dotto e
■virtuoso. Fausto protomedicodi Roma e
dello slato, cheedificò ecinse di gran mu-
ro la bella villa sotto Trevi detta la Fan-
stana dal di lui nome, ebe per la sua va-
ghezza venne dipinta nel palazzo Valica-
nocoll'iscrizione: Filla Faustana de'no-
bili l 'alenti di Trevi. 11 quale subn rim-
ilo grandioso fondo pervenne nel patri-
monio privatodiLeoneXll. Cornelio pe-
ritissimo nelle leggi. Quintiliano valoro-
so capitano d' Urbano Vili , e tesoriere
generale della Marea. Gio. Battista prò-
tonotario apostolico e reputato avvocato
in Roma, rettore dell'abbazia di s. Carlo
di Trevi, caro al cardinal Aldohraudini
ed internunzio di Napoli: favorito dalia
sorte, molle sono le luminose prove di
di sua pietà, munificenza egeuerosilà,con
cui si distinse in vita e in morte. Fu o-
pera sua il palazzo edificato nella piazza
delta della Rocca tliTrevi3poi incorporalo
lidia mensa della prelatura Valenti, alla
quale apparteneva fino al decorso secolo.
Filippo tesoriere di Luigi XIV in Italia, e
del sagro collegiode'cardinali: istituì una
primogenitura di 100,000 scudi, ed una
prelatura pel secondogenito ili sua agna-
zione eollalerale.coslituila da un capitale
di circa 60,000 scudi, poicliè non ebbe
né moglie, uè figli. L'insigne collegiata di
Trevi, che cattedrale fu sicuramente ne'
tempi antiihi,dcvealla sua pietà il nobile
altare di s. Emiliano, e la dotazione di cui
in ai (icrlnla quella cappella. Il suo fratello
Romolo, recatosi a Parigi, ivi die origine
ad un laiuo de' nobili Valenti francesi,
dal (piale dei ivo una discendenza gene-
rosa. Giacomo prode milite, fu eccellente
in ogni vii tu cavalleresca e specialmente
nella cavallerizza, per cui d. Mattia li .1
fello del granduca di Toscana lo fece suo
caviilli-nz/o maggiore. Venne co'discen-
denti aggn gaio alla nobiltà di Foligno e
di Messina, non che ul pali iziato di Velie-
T R E
tri. Tornato in patria vi eresse e montò
a proprie spese una compagnia di coraz-
ze per servizio della s. Sede, nel ponti-
ficato d' Alessandro VII. Entrato tra le
milizie papali, percorse i gradi maggiori,
governatore dell' armi di Marittima e
Campagna, indi del ducato d'Urbino, li
suo figlio Filiberto , nominato capitano
della compagnia de'corazzien eretta dal
padre, e da Clemente XI fu fatto vice-
governatore d'armi nell'Umbria, al cui
tempo e nel 1706 il senato romano an-
noverò al suo patriziato la famiglia Va-
lenti e loro discendenti. Anton France-
sco di sommo ingegno e celebre avvocato
in Roma, divenne prelato solto-dalatio,
canonico Laterauense, votante di segna-
tura di giustizia, arti vescovo di Teodo-
sia in partib us, uditore di rota, quindi
nominato datario da Clemente XII, per
cui sarebbe stato elevato alla porpora, se
la morte uon troncava la sua carriera, do-
po aver impinguato e nuovamente eretto
la prelatura Valenti da lui goduta. Ad
essa successe Filippo canonico Vaticano,
volante della segnatura di giustizia , lo-
dato dall' Amaduzzi nell'erudita lettera
colla quale gli dedicò il 1° de' dialoghi
sulle Antichità /'ale/itine. Al suo fratello
Giacomo molto devono tutte le famiglie
Valenti per l'enormi spese e fatiche affron-
tate, onde riunire in 9 grandi voi. le Me-
mòrie talenti yàoè tuttelememurie gen-
tilizie di sua nobilissima agnazione, colle
quali giunse a formare l'ordinalo e do-
vizioso archivio. Col suo zelo impedì Fi ai-
terà demolizione del vetustissimoe già ce-
lebralo tempio di diluitilo posto nel ter-
ritorio di l'issiguano, che fece parie del
contado di Trevi fino al 1 /j 3ij almeno, se-
condo il Bartolini. Questi inoltre aggiun-
ge, chese del tempio resta ancora tanto ih
formare l'ammirazione de'dolli e de'pci -
sonaggi che transitano per la provincia,
di cui probabilmente è l'opera più anti-
ca che esista, e. che quasi intero era nel
principio del secolo XVIII, è merito del
conte Giacomo, dei prelato fratello, e del
T R E
chiarissimo Duraslante Nata lucci anti-
quario infaticabile nel giovare la sua pa-
tria tanto co'suoi scrini, che colle sue n-
pere. Le benemerenze de'3 trevani per
la conservazione del fumoso tempio di
Clitunuo, le narrò il Venuti ne\Y Osser-
vazioni, e di recente prima che man-
casse a'vivi il prof. Carlo Guzzoni degli
Aiuai ani ne riprodusse il documento nel-
V Historiae Umbrae Monumenta, Fio-
rentine 1 85 1; opuscolo dedicato al nobile
M. Tiberio Nalalucci, che loda per virtù,
gentile coltura, caldoamor patrio, e quale
onorato e valoroso maestro di musica. E
per non dire di altri illustri Valenti, mas-
sime militi, ricorderò Gio. Paolo giure-
consulto, Filiberto letterato e scienziato,
e Fulvio votante di segnatura, encomia-
to dal principe d. Pietro Odescalchi nel-
Y Elogio del prof Ruga, uditore del pre-
lato. Altri illustri trevani sono Berardo
o lìernardo Mazzieri medico di Eugenio
IV e Nicolò V, calunnialo d'aver dato il
veleno a istanza de'folignali a Malalesta
taglione di Pandolfo; ma apprendo dal
Marini, Degli Archiatri pontificii, che
il buon uomo si puigò di quest'accusa,
e prima di morire ordinò che i suoi libri
si tenessero a bene pubblico nel convento
di s. Francesco della sua patria, e lasciò
fondi per mantenére due giovani di Tre-
vi , che aves>ero per 5 anni studiato in
canoni e medicina. Giovanni daTrevi pro-
curatoi e generale de'minori con ventilali,
poi ministro provinciale e vicario gene
rale della Sicilia, autore di quell'opere re-
gistrale dal Jacobilli nella Dibliotheea
Lmbiiae, nella «piale si ponno trovare
le notizie di molti illu>tii trevani. Pelro
nio Petroui. Gregorio felloni illustre e
zelantissimo cittadino pel pubblico bene.
Muzio Petroui antico e veridico patrio i-
storico, autore delle Cronache e Memo-
rie cronologiche di (Trattimi., della vita
e mariti io di s. Emiliano e suoi compa-
gni,non the ilei p. Ventura di Trevi, pub
blicale colle slampe a Perugia ne! i 5g2,
e la vita dilla b. Chiara da Monte Falco,
TRE 63
dedicata nel 1607 al cardinal Erminio
Valenti, e nel 1609 stampata a Perugia;
mentre Tolomeo Petrelli Lucarini dipoi
tradusse in italiano le dette vile de'ss. E-
miliano e compagni, e del b. Ventura,
pubblicandole in Foligno nel i6q4-Ne'
mss. del Muzio vi è l'elenco de* trevani
letterati, che per la loro eccellenza nel-
l'arte oratoria e nella poesia aveano de-
corato e illustrato la patria. Tali sono Gio.
Andrea Cerasio, Ovidio Lutio, Giulio Ac-
romo, Vincenzo Valenti, Ermodoro Mi-
nerva, Antimo Chino, Petronio Petroli»,
Fonteo Palazzi, Santi Ponzio, Fabio Ce-
rasio. Il Bar (olirti caldo amatoredella pa-
tria e autore dell'opere di cui vado pro-
fittando, fu anch' egli illustre trevano e
benemerito gonfaloniere. Loda partico-
larmente per la dottrina Fonteo Palaz-
zi; Sante Ponzio d'elevato ingegno, eru-
ditissimo illustratore del museo Valenti;
Duraslante Natalucci antiquario indefes-
so.auloi e di elaborati e voluminosi scritti,
co'quali si studiò di vieppiù nobilitare e
accrescere splendore a Trevi, onde tanti
diritti acquistò alla perenne riconoscen-
za della patria. Aggiunge il Bartolini, che
Durastaute Nalalucci, 5.° di questo nome
nella sua illustre genealogia, appartenne
ad una delle famiglie antiche , che con
piacere vedono conservale gli amanti del-
la patria, e principalmenle fu autore del-
le Memorie storiche di Trevi riunite in
un voluminoso codice mss., ove molto e
per sempre egli si rese benemerito di Tre-
vi; e di alilo codice, ove riunì gli alberi
e le memorie genealogiche di tulle le fa-
miglie più auliche e più illustri di Trevi,
travaglio alla patria utilissimo. In una pa-
rola, le voluminose memorie sloriche di
Trevi, raccolte e scritte da Durastaute pe-
rito nella lettura delle pergamene e carte
antiche, ma vi perde la vista, si può due
essere 1' unico e sicuro fonte delle noti-
zie patrie, specialmente dopo la disper-
sione degli antichi archivi, e n'è possesso-
re il nipote lodato Tiberio Natalucci con
1' archivio domestico; conservando così
64 TRE
Durastnnle allu patria molte memorie
cronache che versavano sull'orlo dell'o-
blio. Della medesima famiglia fu il lette-
rato Gio. Battista N'ala lucci de Trevio
•Scribae, da Alfonso il Magnifico re d'A-
ragona e delle due Sicilie onorato con
quel diploma e privilegio pubblicato dal
citato Guzzoui ne' Monumenta , in cui il re
encomia le sue virtù e benemerenze, e gli
accorda la regia protezione ed esenzioni,
poiché fu suo segretario e poscia in tal
qualifica entrò al servizio del Papa.
Trevi dell' Umbria non deve confon-
dersi con l'altre città dello slesso nome,
di Sabina e del Lazio, di cui parlai nel
precedente articolo , ed i suoi popoli si
chiamarono Trebiates. Il principio del-
l'antica è nel buio de'secoli, e per le vi-
cende de'tempi venendo demolita, poco
lungi i popoli avanzati dall'eccidio eles-
sero per abitazione il vicino luogo dell'o-
dierna, ove allora era un solo forte, al ri-
ferire di Calindri; ma mentre dice igno-
rarsi l'origine,crede però che fosse eretta
in città nel 45° prima di Roma. Plinio
attesta di sua floridezza, e chiama i suoi
abitanti, Trebiates timbrine populi. Se-
condo alcuni tuttavia la città chiamavasi
Lucana Trivii, o Lucana Tr evie risi s ,
e ciò pel culto che rendevasi a Diana. Il
Giorgetti narra che Trevi aulicamente
era situata nel piano delizioso della valle
di Spoleto o dell' Umbria, vicino al fiu-
me Clitunno, e presso la chiesa della Ma-
donna di Pietra rossa, che vuoisi già tem-
pio della dea Giunone, di che fanno pie-
nissima fede i geografi, e meglio lo com-
provano i vestigi di antiche mura e di fab-
briche, strade selciate di larghe pietre,
che si trovarono negli scavi de'dintorni,
da'quali si trassero diverse iscrizioni, che
nella prima metà del secolo passato si con-
servavano nel portico di detta chiesa. In
principio si governò in forma di repub-
blica e colle proprie leggi, come si rica-
va da un'antichissima iscrizione riportata
dal Marangoni , nel cui titolo si legge :
Cur, IL 1*. Trebianorumj cioè come il
TRE
medesimo spiega: Curatori Rei-Publi-
cae Trebianorum. Strinse quindi Trevi
alleanza e amicizia colla repubblica ro-
mana , e gli abitanti furono ascritti alle
principali tribù di Roma. Di che dà in-
dìzio Svetonio, nella vita di Tiberio, al-
lorché diceaver ottenuto i trevani da Ro-
ma un sussidio e u\i legato per l'erezio-
ne d'un nuovo teatro: Treliianis lega
tum in opus novi Tlieatri. Laonde non
solo per relazione di quesl' istorico pai-
sà va buona corrispondenza e amicizia Ira
Trevi e R.oma, per cui quella da questa
potè ottenere il legato per il teatro, ma
dall'essersi altresì eretto in Trevi il tea-
tro, si deve concludere ch'era la città di
qualche considerazione e credito; poiché
i teatri e gli anfiteatri non si erigevano
allora che nelle città più ragguardevoli e
popolose. Pretese alcuno, che dal passo
di Svetonio non si prova ch'egli parlasse
di 7reZ>i7zd'Umbria;peròil Giorgetti non
trova altra che meritasse l'onore del tea-
tro^ che vi contribuisseRoma.Egli quin-
di crede doversi tenere,che Svetonio par-
ti dell'umbra Trevi, a motivo del famoso
piedistallo con iscrizione trovato a Monte
Falco, dove forse nel tempo della distru-
zione di Trevi antica sarà stato trasporta-
tOjCome luogodaessa non mollo distante,
e poi collocato nel chiostro de'minori os-
servanti. Nell'iscrizione si fa menzione di
Lucio Succonio, uomo nobilissimo e della
tribù Palatina, e decurione di Trevi, Tre-
bis Decurioni yal quale i presidenti anziani
del teatro, Scabillarii veteres a scaena,
o deputali agli scanni del teatro,gli eresse-
ro una statua ch'era posta sopra il detto
piedistallo. Osserva Giorgetti che questo
monumento combina col riferito da Sve-
tonio sul legato del nuovo teatro di Trevi,
e perciò sembrare verosimile, che Sveto-
nio parlasse di Trevi umbra, e che in essa
si erigesse il nuovo teatro, onde Lucio
Succonio Palatino decurione di questa
Trevi, fu appunto quello che ottenne in
Roma il legato pel teatro; perciò si meri-
lòjCOinc generoso proiettore e benefattori:
TRE
del teatro, gli venisse creilo la stallia col
piedistallo e isciizione , che si legge nel
Giorgetti. In tale onorevole stalo pertan-
to trova vasi Trevi ne'primi secoli dell'e-
ra cristiana, e veniva chiamata cui nome
di città, come viene appellata nel fumo-
so itinerario Gerosolimitano, fatto a'tem-
pi di Costantino I. In questo itinerario
si nominano le città, che s' incontrano
da Roma a Milano, e tra le città di Spo-
leto e di Foligno si legge Civita* Tre-
\'is, distante 4 miglia da Foligno; il che
vieppiù persuade l'antica situazioni di
Trevi nel piano di Pietra Rosta, giac-
che da quel luogo e dintorni sino a Fo-
ligno vi è appunto tale distanza. Già in
Trevi vi si era introdotta fin dal suo na-
scere la fede cristiana , come nelle altre
città dell' Umbria, ed i Bollatidisti rife-
riscono che vi si recò neliqqs. Felicia-
110 vescovo e protettoredi Foligno, il qua-
le reperii incoia.? mire dedito* supersli*
tioiiilnis Dianae cui velut urbis suae ti-
tulrui diva e. ingens Fanum celi fica rimi j
tempio che al santo riuscì di fare atter-
rare, ed in sua vece innalzarne nitro alla
ss. Trinità. Ma non per questo gli fu
subito dato il proprio vescovo, il quale
soltanto lo ricevè alla fine del secolo ili,
quando Papa s. Marcellino del 296 con-
sagrò peri.0 vescovo s. Emiliano, uomo
santissimo venuto poc'anzi nell'Umbria,
che altri pretesero consagrato da s. Cri-
zio invialo da s. Pietro nell'Umbria a ban-
dir 1' evangelo, onde ne divenne l'apo-
stolo e il i.° vescovodi Spoleto. Si appren-
de da'leggendari che s. Emiliano era ar-
meno, ed appena arrivato ncll' Umbria
si esercitò colla santità di sue virtù a van-
taggio de'fedeli della chiesa di Spoleto ,
finché la fama avendolo fatto ammirare
anche da'trevani, fu proclamato loro pa-
store, e portatolo in Roma lo fecero con-
sagrare vescovo della loro città. Lodovi-
co Jacobilli nelle Vite de Santi e Beati
dell' Umbria, riferisce essere ciò avvenu-
to nel 298. Indi s. Emiliano nell'aposto-
lico ministero ebbe a suoi colleghi i fcr-
VOL. LXXX.
T RE fi 5
vorosi irevnni Dionisio, Ermippo e Pana-
no. Dopo pochi anni scoperto da'perse-
cutori gentili, fu imprigionato esoltopo-
slo alle più dure prove e a'più tormen-
tosi supplizi. L'eroica sua costanza servi
a mirabilmente convertire al cristianesi-
mo cjuasi mille idolatri, i quali sostenne-
ro il martirio nella persecuzione degl'im-
peratori Dioclezianoe Massimiano. Le lo-
ro gloriose spoglie rimasero alcuni giorni
insepolte fuori le mura di Trevi, finché
la pia matrona*. Abbondanza te raccolte
e portò nel suo cimiterio a Spoleto. Quin-
di anche s. Emiliano ricevè la corona del
martino, a*28 gennaio, giorno in cui se
ne celebra la festa, forse nell'anno 3o2,
ed il suo venerabile corpo raccolto segre-
tamente da' cristiani, fu deposto onore-
volmente nel luogoovesolevano adunarsi
ad orare. In seguilo il beato corpo fu oc-
cultalo o per involarlo dalle rapine de'
barbari o per altra disposizione divina,
e rimase celato in modo che ignoravasi
propriamente il luogo ove riposava; solo
la tradizione faceva credere che fosse in
una piccola chiesa situata in un cupo fos-
so sopra la villa di Carpiano,ove negli an-
tichi tempi i fedeli andavano nascosta-
mentea celebrare i divini uffizi. Ma la tra-
dizione non era vera, poiché nell'aprile
1660 fu trovato presso la maggiore tri-
buna della cattedrale di Spoleto, mentre
si restaurava dal vescovo cardinal Fac-
chinelti, alla presenza del suo vicario ge-
nerale, chiuso in urna marmorea : den-
tro di essa erano accanto alle sanie ossa
due scorpioni di ferro intrisi di sangue,
un'ampolla di vetro col sangue conden-
sato, ed una lamina di piombo su cui era
incisa l'iscrizione: Ossa s. Miliani Mar*
tyris. L' urna con porzione delle vene-
rabili ossa fu concessa dal cardinale alla
chiesa collegiata di Trevi nel recarsi a
Spoleto, ed il resto rimase nella cattedra-
le di Spoleto. La collegiata di Trevi era
slata edificata in suo onore sino da rimo-
fissimi tempi, e fu la cattedrale sinché du-
rò la sede vescovile. Leggo nel GiorgcUi,
5
f>6 T R E
che n «.Emiliano successero nitri vescovi,
e circa 60 anni dopo la sua morte a'iem-
pi dell'imperatore Giuliano l'Apostata
(regnò dal 36 1 ni 363 ); seguì la totale
distruzione dell' antica Trevi (forse dal
Terremoto, per quelli inauditi che regi-
strai al 365, però il breve Apostolicac
di l'io Vi dice: Cam antan oh rerum liti-
monarum vicissitudines, ae barbari* I*
taliae ineu/nbentibus solo pene fuerint
acquata); ma i trevani che sopravvisse-
ro, essendosi la maggior parte ritirali nel
monte vicino, che sai a stata forse la roc-
ca della vecchia Trevi, fermarono quivi il
raggiorno, e continuarono a godere l'an-
tiche loroonorificenze e il proprio vesco-
vo. Le devastazioni di Trevi sembrano
avvenute sotto Giuliano e sotto Valente
del 364. ahi'a per parte di Totila re de'
goti nel 546. Forse fin dalla 1 /rovina gli
abitanti della Lucana Treviensis a vea li-
si fabbricato nella prominenza del so-
vrapposto nomi nato colle un castello mu-
nito di validissime mura di pietre tagliate,
e tali che anco di presente offrono una
straordinaria solidità. Se I' ingiuria de'
tempi non avesse consumato le memorie
ancora della nuova Trevi, si troverebbe
il catalogò de'vescovi che per più secoli
vi risiederono, e si leggerebbero monu-
menti forse gloriosi della città. Appena
per buona ventura negli alti sinceri de'
più antichi concilii, si trovano notati g
vescovi di Trevi successori di s. Emilia-
no, che come tali ad essi intervennero e
si sottoscrissero. Ne riporta i nomi, in uno
ad alcune notizie dell'antica Titbia e di
s. Emiliano, il Coleti continuatore e an-
notatore dell'Ughelli: Italia sacra 1. 1 o,
p. 175, Trebias Episcopato*, Costanti-
no Trebias antistes, intervenne al con-
cilio romano di s. Felice ili del 487. Lo-
renzo Trebicnsis episcopus, fu al sinodo
minano di Papa «.Simmaco nel 4<)<> Po-
to «lopo gli successe Propinquo Trebias
ci I rebiensis autiste.', il (piale SÌ recò a
Roma ne'sinodi tenuti dallo stetto s. Sim-
maco negli unni 5oi , 5ai , 5o3, 5o4-
T R E
Frattanto Ti evi soggiacque alle barba-
riche invasioni degli ertili , ck*' ricordali
goti e de' longobardi, e ubbidì a' nuovi
dominatori; fece quindi parte del ducato
di Spoleto (1 J, ila'longobardi incomin-
ciato nell' Umbria, e ne seguì le politi-
che vicende. Laonde dopo esecrai igno-
rato chi successe al vescovo Propinquo,
trovasi nel 743 Griso o Prisco intervenu-
to al concilio romano di s. Zaccaria, in
tempo del qnal Papa già la s. Sede eser-
citava la sovranità nell'Umbria, e Io stes-
so ducalo di Spoleto era sotto la sua pro-
lezione, per cui sembra a tale epoca do-
versi attribuire il principio ilei dominio
temporale su Trevi della romana chiesa,
ossia l'alia signoria, estende governala
da'eonti o gaslaldi. Va lettino vescovo di
Trevi nel 769 fu al concilio LateranenM
celebrato da Stefano 1 1 1 detto 1 V.ftel 770
le genti del ducato di Spoletisi recarono a
Roma per giurare fedeltà a s. Pietra e ad
Adriano 1, ricevendo la tonsura alla fog-
gia romana; a questa ulteriore dedizione
seguì ladonazionedi Carlo Magno del du-
cato di Spoleto alla Sovra/zita della s.
Sede. lNell'826 il vescovo Paolo fu al con-
ciliodi Roma di Papa Eugenio 1 1; e mollo
Soffrì la città nell'io per l'irruzione de'
saraceni. Crescenzio vescovo si trovò ha'
padri nel sinodo romano di s. Leone IV
nell'853. Vogliono alcuni che i saraceni
profittando della lontananza di Guido II
duca di Spoleto, invasero l'Ombrìa nel -
l'8(S 1 circa, e sterminarono Trevi. Dopo
tali scorrerie gli abitanti di mollo ne di
latarono la cinta con murato assai forte,
e la riempirono di case, molte delle quali
ancora sussislonocon sesto gotico alle por-
te e di gusto moresco. Gli angari nel 9 1 J
e nel qi^ portarono la desolazione m
queste parli , e ne pali ambe Trevi. ti,
Tribiénsis episropusfa presente al con-
ciliabolo tenuto nel q63 in Roma dalla
prepotenza dell'imperatore Ottone I, che
pretese deporre Giovanni XII. J. Tre-
bfusis cpiscopus intervenne nello
concilio romano di Nicolò 11. Dice il Gioì
T II E
getti che questo Vescovo, l'ultimo che si
conosce, fu Giovanni sottoscritto al det-
to sinodo di Lalerano, ch'egli crede ilei
1060; indi soggiunge, s'è vero, come lo
creile verissimo , il privilegio che dicesi
accordato da Enrico III imperatole nel
io5o ad Eriberto vescovo di Spoleto di
nazione tedesco, cioè che i vescovi di Tre-
vi, Spello, Bevagnct) Marta o Maria-
na,e di Norcia fossero suoi sulfraganei,
si prova con ciò ad evidenza, chesino al-
meno a que'tempi, Trevi era ancora te-
nula per città, ed a vea il suo vescovo. Che
poi questo privilegio possa essere vero,
benché forse più. non si trovi l'imperia-
le diploma, per gl'incendi patiti dall'ar-
chivio vescovile di Spoleto, ove doveami
conservare,alGiorgetli lo persuadono due
riflessioni: i.° che essendo Eriberto ami-
co e connazionale d'Enrico III. è vero-
simile che gli procurasse le maggiori o-
norificenze; 2. "che essendo composta lu
diocesi di Spoleto di tutti questi luoghi»
tranne Spello ila pochi anni assegnato al
vescovo di Foligno, benché tra loro di-
stanti edispersi, per <pieslo solamente può
essere avvenuto, che mancati a Trevi i
propri vescovi, già sulfraganei del vesco-
vo di Spoleto, assunse egli in appresso il
governo .spirituale di tali città, e forma-
rono esse la ben vasta diocesi di Spoleto.
Mi occorre osservare, che Eriberto, ovve
ro N. tedesco, fu più tardi e da Enrico IV
intruso nella sede di Spoleto, e perciò de-
posto e scomunicato nel 1076 da s. Gre-
gorio VII; e che Spoleto divenne metro-
politana e senza sutlraganei soltanto nel
1 82 1 , per cui penso che la sede di Trevi
appartenente al vicariato romano, fosse
immediatamente soggetta alla s.Sede, co-
me Io sono tuttora Foligno, Norcia, Pe-
rugia, Terni ec, tutte città umbre. Os-
serva inoltre il Giorgetli, che al perdere
Trevi il proprio vescovo, perde allora an-
che il nome di città, e cominciò a nomi-
narsi lena; ma non perde però quelle in-
trinseche ed estrinseche qualità che for-
mano i pregi onore voli, ed i requisiti più
TUE G7
chiari d'un'illustre città, sia che s'abbia
riguardo al materiale, sia al formale del-
la medesima, e dell'una e dell'altra nulla
ne mancava Trevi; ripetendo con Coleti,
che Trevi munita del presidio di s. Emi-
liano, piena di clero e di popolo, conser-
va ancora la forma d' una ben regolala
città. Cessata dunque la cattedra vesco-
vile, l'antica chiesa di s. Emiliano diven-
ne collegiata, racchiudendo il circonda-
rio di Trevi »5 parrocchie. Lo stato ec-
clesiastico di Trevi e suo circondario nel
secolo passato, ecco come lo descrisse il
Coleti, dopo aver registrato l'ultimo suo
vescovo. Nec ulterior mila Trcbiensis
Episcopi se se oblulit (jiiaerenli mentio.
Treìiia vero. ». . {emiliani minata prae-
sidiis, elero^populoque referta, bene in-
slruclae eìvilalis adhuc formarli serva t.
Flore ut in ea nonnullae nobilitate eia-
raefamiliae, e qui/ms prodiil Frminius
de Falentìbus a Clemente Fili P. M.
clatus ad Faticanae purpurae digni-
tatem. Collegiatarn liabet Ecclesiam,
vetustatecommendabilem,in (jua sacris
operantur jirior , undecim canonici ,
praebeiidatus vicecuratus, duo sacri-
stae, aliirjue sacerdoles, et clerici. Ex
hoc canonicorum collegio emersissefe-
runt Gregoriurn XIII sui iiinum Ponti-
ficati. Practcr collegiatarn vero altera
hic adest parochialis ecclesia, (jiialuor
sttcrarum virginum sepia, sex regala-
riunì coenobia, dominicanorwn sciliccl,
conventualium , minorimi reformato-
rum, capuccinorum, canùnicorum La-
tcranensium, etmonachorum montis O-
liveli, ho spi tale, ad alendos pauperes,
mons pietatis, nonnullique montis fru-
mentarii ,plura laicorum sodali tia cimi
suis oratoriis, et ad juventutem bonis
morìbus litterisque imbiiendam semina-
rium. Subest spirituali Spoletani prae-
sulis dominio. Trevi più volte fu signo-
reggiata dalla prepotenza degl'imperato-
ri, come da Federico I ed Enrico VI suo
figlio. Papa Innocenzo] Il con tutta l'Um-
bria la restituì all'ubbidienza della Cine-
68 TRE
su, alla quale pochi anni dopo volle sot-
trai la I' ingrato imperatore Ottone IV,
favorito dalla fazione imperiale de' ghi-
bellini. Trevi ebbe a sostenere danni gra-
vissimi, sacco e incendio per parie degli
spulcimi nel 1214, giacché il loro duca
Leopoldo o Diopoldo, con atto del pre-
cedente anno uvea promesso a'consoli di
Spoleto di donargli tolum territorium
Treviensis et specialiter turrim s. Be-
nedicti, et Castrimi cimi Colle, Acza-
num, Lapigum, Piscignanum et Clari-
gnanitm. Dopo tale infortunio, Innocen-
zo 111 unì Trevi a Foligno, mentre le fa-
zioni de'ghibellini erano in moto. Questi
vieppiù inorgoglirono sotto l'imperatore
Federico II, altro persecutore de'Papi e
occupatole de' loro domimi, anche nel*
l'Umbria. Siccome però i trevani segui-
rono letnpit la porle guelfa della Chiesa,
quando Foligno cede a Federico li, e si
ribellò ad Innocenzo IV, secondo il suo
breve del i ."novembre 1246, i ti evani si
dislaccarono da Foligno e si unirono a
Perugia. Continuando Federico II a si-
gnoreggiare l'Umbria, poi vi esercitò la
tirannia pure il suo naturale Manfredi;
ina Cibano IV neli263 co'crocesignali
cacciò i saraceni di Manfredi, e recupe-
ravit Castrimi Trebarum, Forentini,
Castrimi Prandi parimi a Spoleto di-
s/ans,aitodsolebat spole taiiorimioeulus
appellali, et ì allis Pelri in falle Spo-
le lana: castrimi construjcit nobile et mu-
nitimi, in Castro Trebis, come riferisce
Cohellio nella Notitia. Neh3o5 stabili-
tasi dà Clemente V la residenza papale
in Francia, insorsero vari signorotti a do-
minare le terre della Cliiesa,guerreggian-
do guelfi e ghibellini. Nel 1 3 1 o Trevi ac-
colse i guelfi di Spoleto, Massiolo di mes-
ser Giovanni Ancajani, e Carlo di messer
Manente de Domo. Il bellini, nc\V f/isto-
ria ili Perugia, riporta la lega fatta da
quella con Trevi, per difendere i guelfi
della parte ecclesiastica contro gli spole-
lini e lodini della lega gin bellina. Nel 1 3 1 1
Perugia chiese a Camerino uu soccorso
TRE
per tener munita la terra di Trevi, af-
finchè non andasse in potere degli spole-
tini. Indi i trevani nel 1 3 1 2 colle forze
perugine fecero strage de'ghibellini, e nel
1 3 1 5 entrarono in lega co' bolognesi a
favore del Papa; e nuovamente nel 1 322
sconfissero i ghibellini. Nel quale anno
GiovanniXXlI ricercòTrevi di aiuto con-
tro Federico, Ugone e Speranza conti di
Monte Feltro, che dichiarò eretici e sco-
municati. Tale fu la costanza di Trevi in
favore de'Papi, che ne' libri delle rifor-
ma nze del secolo XIV si legge, che face-
va giurare a'podestà di operare in favo-
re della fazione guelfa; proibiva che si la-
vorassero le terrede'gliibellini,chesi par-
lasse o facesse tregua con essi. Il Dnna-
tis, nel libro : I felicissimi martìri Vin-
cenzo vescovo di Beva gna e Benigno suo
fratello restituiti a Trevi, Foligno 1 65o,
narra che mentre altri luoghi si ribella-
vano alla Chiesa, Trevi si fortificò in asi-
lo della medesima ed a terrore de' suoi
nemici; indi riporta de' versi che attribui-
scono a Urbano V, che il Cohellio disse
spettare a Urbano IV, l'erezione del Ca-
strum nobile, forte satis, huic Trcbinm
nornen, quod structuni maiisit asilitm
Ecclesiae Aerror hostibus ejus crai. Per
la divozione de' trevani al dominio di s.
Chiesa, Gregorio XI con breve dato in
Avignone nel 1 3*/ 3, accordò loro de'privi*
legi nella giudicatura delle eause civili e
criminali. Bonifacio IX nel 1 389 con al-
tro breve concesse a Trevi la facoltà di
potersi governare in vicariato indipen-
dente, e immediatamente soggetto al la s.
Sede, con indulto di eleggersi ^li ufficiali
tutti, d'imporre tributi e gabelle, di eser-
citare il mero e misto impero, ec. : Sin-
cerile devotionis affectus (piani ad nos
et ad Romana Ecclesia gerilis nec non
inconcussae vestrae fìdrlitatis constali-
tia, promerentes, etc. Tultavolta Boni-
facio IX nel 1 3q2 creò vicario Ugolino II
Trinci de' signori di Foligno, di Trevi,
Bevagna, Nocera, Monte Falco e altri luo-
ghi, coll'annuo censo di 1 000 fiorini d'o-
T R E
ro, vicariato rinnovato dallo stesso Pa-
pa nel i 3g5 e nel i 3g8. Questo dominio
de'Trinci terminò nel 1429, per la ribel-
lione di Corrado II Trinci, onde Euge-
nio IV gl'invio contro a debellai lo il ce-
lebre patriarca Vitelleschi, die s' impa-
dronì di Trevi, Bevagna e degli ali ri luo-
ghi, e per attimo di Foligno che sosten-
ne lungo assedio. Al Trinci eiasi unito il
famoso Piccinino capitano del duca di Mi-
lano, e altro nemico d'Eugenio I V, che
avea costi-etto Trevi e altre terre alla re-
sa. Trevi per punire 1' oltracotanza del
Trinci, avea somministrato al Papa 3oo
cavalli e 200 fanti, sotto il comando del
capitano Melchiorre di Pettino, in aiuto
del Vitellesehi.e riceverono onorifico bre-
ve da Eugenio IV, come altro ne avea
spedito loro il predecessore Martino V.
Nel i434 i trevani erano stali soggetti al
celebreNicolòMauruzi de'conti dellaStac-
ciola, signore di Tolentino (F.), vicario
e governatore di Trevi per la s. Sei\e. Nel
i438 i trevani doverono cedere alle pre-
potenti armi di Francesco Piccinino,edal
1 4i° ali 528 furono governati da' car-
dinali legati dell'Umbria. Giulio II ono-
rò di sua presenza Trevi nel 1 307, quan-
do a*9 marzo reduce da Foligno si recò
a cavallo per visitare il santuario della B.
Chiara in Monte Falco, e fu ospitato nel
palazzo de' marchesi Urigo o Origo, che
ancora ivi stanziavano, come ricavo dal
Bartolini. Trovo poi nel p. Gattico, De
itineribus Rom. Pont., che Giulio II nel
1 5 1 1 pervenuto a' 1 8 giugno in Spoleto,
ricordò che ivi 37 anni innanzi sotto lo
zio Sisto IV: Legafusfuisset, ha/ic ch'i-
tti lem obprivalasfactiones, unde a Pon-
tifico deficere suspicabatur, militibus,
quos plurimo s seenni tnne habeb att di-
ri picndam concessit,prout direptafuit;
et. licci non dubitaverit de aliqua ullio-
tic, lanieri sccurius arbitratus est in Ar-
ce, hospitari, quam in Episcopio com-
modius. Fnernnt,qui dubitarunt, ultio-
nem paruri ridente* tumultuili, qui ha-
bitus fui t apud Trcvium a Spoletanis
T RE 69
cimi Treviensibus: nani inter eos discor-
dia, etcertameii de /'tire confinium ; prò-
pterea certalum utrinque fuit corani
Ponti fice, et multi ex Treviensibus gla-
dio cassi i omnes autem baculis attriti
sunt, et fugati, inconunodeque ajfecli;
similiter a nostri» etiam equitibus tani
balistrariis, quam custodibus in aquas
vicinale» directi, et ab equis oblriti, et
vulneribus caesi fuerunt. Nel 1 532 re-
candosi Clemente VII a Bologna per ab-
boccarsi con Carlo V, leggo nel p. Gat-
tico: Die veneri» 22, in Trivium ultra
Spolettimeli compiacerei Fiscali, Papa
se recepii, cioè si fermò in Trevi nel pa-
lazzo Valenti del celebre mg.r Benedet-
to. Indi neli53T Paolo III portandosi a
Perugia, onorò il suo palazzo e Trevi del-
la maestà di sua pontificia presenza. "Die
mercuri i 8 septemb. infesto gloriosis-
simac Firginis stimino mane audh'i mis-
sani; inde iter coepi versus Fulgiiieimi;
exinde Ponlifex descendens venit ad lo-
cum Abbaliae propc Oppidum Trivii,
in quo Fiscalis procurator ex ilio loco
oriunda» una cum illis hominibus ijecit
magnimi apparatimi prò Ponti/ice, et
tota curia; et ibi praiisus est Papa cum
Curia sua. Questo palazzo ospitò sinché
Clemente Vili, secondo il Bartolini nel-
l'aprile 1 598, nel recarsi a prendere il pos-
sesso di Ferrara. Inoltre il Bui tolini, nel-
le Antichità Falenline, riporta la lapi-
de esistente nel palazzo Valenti in Tre-
vi, ora proprietà del sullodato conte Gia-
como, in memoria dell' ospizio ricevuto
da 3 gran Papi, indicandosi la causa de'
loro viaggi; ma per quella di Clemente
VII non fu per la coronazione di Carlo
V, come ivi è espresso, viaggio già intra-
preso nell'ottobre 1 529, seguendo la fun-
zione nel seguente febbraio,sibbeue per
un altro abboccamento col l'imperatore.
Nel 1 57 1 s. Pio V pose Trevi sotto il go-
vernatore della provincia di Perugia, poi
chiamato preside. Il conte Gio. Battista
Valenti, figlio primogenito del conte Gia-
como, benemerito delle Memorie Falca-
7o TRE
ti e dello conscrvazione-del tempio di Cli-
Imino, noi» che padre del conte Giacomo
a cui il Bartolini dedicò Le (inficiala I a-
tentine, insieme al conte di Rivo Secco
Camillo Va leu ti, ottennero da Pio VI, col
la coopcrazione del suo nipote cardinal
Era sci li protettore cli Trevi, la ripristina-
zione a Trevi del titolo, grado e onorifi-
cenze di città, diritti cessali per le vicen-
de de'tempi, non che la riforma degli an-
tichi statuti. Pertanto Pio VI col breve
Apostolieae Sedis ma/estati, de'28 set-
tembre 1784, Bull. Rom. coiit. t. 7, p.
326 : Reiniegratio terrete Trebii Spole-
tanoe dioecesis ad houores civitatis. I li-
di col breve Nil deeet magis, de' 24 a-
gosto «787, Bull. cit. t. 8, p. 62: Con-
Jirmatio Stalutorum civilatis Trebii.
Ambedue i brevi furono stampati dalla
tipografia carnei ale, come si ha dal Ran-
ghiasci, nella Bibliografia dello Stalo
Pontificio. Breve emanato dalla S. di
N. S. Papa Pio FI per la reintegrazio-
ne di Trevi al titolo ed onore, di città,
Roma 1784: LilUrae apostolicae SS.
D. N. P.Pii f T,cpii bus Civita ti s Trebii
constituitur, Romaei.787. Apprendo in
quest'ultima e nel Bullarium gli statuti
divisi in 8 capitoli. Hi. "riguarda la divi-
sione generale de'ceti, primario, medio e
ultimo, ili. "composto di patrizi o prima-
ri cittadini, il 2.0 di cittadini semplici, il
3." di contadini abitatori del contado cioè
citile ville e castelli: prima Trevi forma-
va un sol corpo politico e una sola comu-
nità colle sue ville. Il »." riguarda il ceto
dc'patrizi, di cui si riporta l'elenco delle
3i fumigliecu'lorogradienomi, e le nor-
me per essere aggregati alla nobiltà. 11
3." riguarda il 2. "ceto de'cittadini, costi-
tuito in 22 famiglie, ed i requisiti per ve-
nirvi ammesso, il 4-° riguarda il 3.° ceto
degli abitanti nelle ville e contado Treva-
00, col novero e prerogativede' i5 comu-
ni ovvero castelli e ville del territorio di
Trevi; i costelli essendo Fabbri, Fratta,
Pietiche,». Lnieiizo, Cannajota s. Luca;
le ville nominandosi Pigge, ho vara, Pel-
TRE
tino, Coste, Ponre, Mandano, s. Maria in
\ alle, Panano eMaligge. Il 5." riguarda
la magistratura che clovea presiedere al
buon regolamento delle cose pubbliche
commutative, nella qualeognuno de'3 ce-
ti dovea aver parte alla rappresentanza,
e composta di 4 priori, il 1 /de" quali di-
stinto col titolo di gonfaloniere. Il 0.° ri-
guarda il consiglio di credenza, da dura-
re un biennio, e compostodi 1 2 individui,
per risolvere gli alluri commutativi nel-
le pubbliche adunanze. Il 7." riguarda il
consiglio generale, composto d'individui
idonei de'3 celi. L'8.° riguarda del bus-
solo e degl'imbussolatori per le magistra-
ture biennali. Seguì quindi Trevi tutte
le vicende di Bontà e di Spoleto , e nel
1814 formò parte della delegazione cli
Spoleto, nella restaurazione del governo
pontificio, col proprio governatore resi-
denziale. Indi Trevi neh 84 1 fu rallegra-
ta dai viaggio che fece nell'Umbria Gre-
gorio XVI, nella cui Narrazione il cav.
Saba lucci notò. Che se Trevi per la sua
topografica posizione non potè essere fra
le sue mura onorata dell'augusta presen-
za dell'immortale Pontefice, allorché ila
Spoleto si recò a Foligno, non lasciò sfug-
girsi il momento di dargli pubblici atte
stali di sua granile divozione. Innalzato
pertanto sulla strada nazionale un gran
dioso arco trionfale a somiglianza di quel
lo di Tito sulla via sagra di Roma anti-
ca, fu con lodevole concepimento (in par
te somigliante al praticato per Pio VI nel-
l'arco innalzatogli presso Arsoli, che de-
scrissi nel voi. LXK VI, p. 17), bei grossa
de'pilastri cavato lo spazio a foggia di due
sale, in una delle quali era collocalo il tro-
no pel Papa, e nell'altra stava l'assembra-
lo quanto di più notabile possedeva la
città nel l'ordine ecclesia slieo e ci vi le; men-
tre al di fuori erasi assestata la popola-
zione,ondenel miglior modo possibile go-
desse della \ista del comune padre e so-
vrano. L'arco era sovrastato dal poiilifi.
ciò stemma sostenuto da due genti, e nel -
l'attico leggevansi due iscrizioni allusive
T R E
al fausto viaggio, ed alla pubblica leli/ia
nel bearsi dell'augusta sua presenza: Taifr
ti Vumìnìs Pracsc/;. Majestate, Beatimi
TtebiateSy Plaudcntib. Univer. Ambe-
due umiliale al Pontefice, ne sono posses-
sore onorevole. Giunto Gregorio XVI in
questo decoralo e festevole luogo, fitta-
gli preghiera di consolare di sua aposto-
lica benedizione il popolo trevano, pron-
tamente discese della carrozza, e con gio-
vialità e paterno affetto corrispose con ef-
fusione ripetutamente al pio desiderio ,
fra indicibili acclamazioni sincere. Quin-
di con particolare benignità si degnò di
ammettere al bacio del piede e ad ono-
revole colloquio il clero, il magistrato ci-
vico e governativo, e molte altre persone
d'ogni celo. Ripreso nuovamente il viag-
gio, godè il Papa di traversare L'amena
e ben colla Valle Umbra, di cui era be-
nemerito , resa in quel giorno più. deli-
ziosa dalla serenità dell'aria e dal concor-
so di popolo, che discendendo da'prossi-
mi castelli s'incontrava a turbe sulla stra-
da , genuflesso e plaudente ad attendere
la benedizione papale. Durante la perma-
nenza di Gregorio XVI in Spoleto e in
Foligno, annunciarono i trevani il lieto
avvenimento alle più lontane parti, poi-
ché in tutte le sere fecero ardere migliaia
di faci sulle merlate mura, sulle torri elici-
le uionlane ville. Oltre i ricordati autori,
scrissero ili Trevi: Domenico Giorgi, nella
sui beila Dissert. de. Cathedrac Fpi.-co-
paliSelina,ove riferisce i concilii m'aita-
li i vescovi di Trevi sono ricordati, e di-
stingueoppoi tunamenle i vescovi di Tre-
vi nell'Umbria, da quelli di Trevi nel La-
zio. Campello, Historia di Spole to. Do-
lio, Istoria de Ila famiglia Trinci di Fo-
ligno, ec. Jacobilli, Discorso della città
di Fuligno. Donnola nelle sue opere ri-
guardanti Spello. De'pregi principali di
Trevi e suo territorio , in versi furono
celebrati da Gio. Battista Lalli di Nor-
cia, governatore di Trevi, pubblicati nel-
l'opuscolo intitolato: Poesie epitalami-
che per le faustissime nozze de' nobili
TUE 7r
signori Angiolo Brunamonti, e Chiara
Par rioni di Trevi, Foligno 1839. Per-
ciò tali poesie si resero piìi interessanti,
poiché generalmente parlando, certe poe-
sie scritte per Sposalizi, per lo più muo-
iono prima di nascere, come rilevò il prof,
Guzzoni (non nelle ricordate per le (pia-
li compose l'Ode,ina ne'rammentati Mo-
numenta) e chiamandole: poetiche upu-
pe, che tanto miserabilmente singhiozza-
no attorno a' talami delle spose.
TRE VICOoTUI VICO o VICO DEL-
LA BARONI A, Trevicuui,Tri\.'icumy Fi-
cus Barouiae. Città vescovile del regno
delle due Sicilie, nellj provincia del Prin-
cipato Ulteriore, in mezzo agli Apennmi,
lungi da Napoli per la via del passo di Mi-
rabella, Grotta e Castello della lì noni 1
2 3 miglia. Dicesi appellata Trevico «lai
tre Fichi uniti insieme, che formano la
città, che pure viene denominata Monte,
di ì ico. Non è situata in elevato munte
quasi inaccessibile, come vuole l'Ughelli,
ma in pianura come nota il Coleti. Il mon-
te le è alquanto distante. Egualmente è
esagerato che trovisi in temperatura fred-
da, ed espo>ta a' venti. E cinta di mura
con 3 porte, di elegante e forte torre, ol-
tre un castello di difesa, eretto dagli an-
tichi re di Napoli. Ma tali edilizi per le
vicende de' lem pi sono degradati. I terre-
moti e le pestilenze fecero rovinare altri
magnifici edilizi. L'antica cattedrale di
conveniente struttura è dedicala alla B.
Vergine Assunta, ed Ita il battistero ch'è
l'unico della città, poiché questa chiesa è
pure la sola parrocchia, in cura dell'ar-
ciprete. Aggiungerò col Coleti, che nel-
l'altare maggiore della cattedrale si ve-
nera il corpo del s. levita e martire Eu-
plio, principale patrono della città; nella
quale pure si venerano altre rei iquie, co-
me il corpo di s. Felice martire, e quelle
insigni di s. Rosalia vergine di Palermo,
altra protettrice di Trevico. Avea l'ospe-
dale pe' pellegrini, e 4 confraternite. Vi
sono due altre mediocri chiese. Il capi-
tolo si compoueva di 4 dignità, iarcidia-
7 2 T a E
cono, rniciprete.il primicerio, il tesorie-
re, di 8 canonici, e di alcuni preti cap-
pellini! titolari. Riferisce 1' Ugheili, Ita-
lia saca, t. 8,p. 379, Trivicaniseu l i-
t ani /episcopi, die la diocesi era piccola,
ul facile unius dici itinere peragri pos-
si t. Si compose di 5 terre: Piumato con
chiesa collegiata, arciprete ei o canonici,
ed il convento de' francescani conventua-
li; Castello della Baronia distante 2000
passi dalla città , dove il vescovo soleva
passate la maggior parte dell'anno; Ca-
rdio; s. Sosso; e s. Nicola. In tutta la dio-
cesi si «onta vano 5 parrocchie, 4 conven-
ti di religiosi, 3 monasteri di monache e
uno di mendicanti. La mensa del vesco-
vo ascendeva a 800 ducati, ed era lassa-
to ne'lihri della camera apostolica in (ìo-
rini 1 7(1. Il Coleti, Italia sacra t. 1 o, p.
347, Addenda et corrigenda ad Tri-
vicanos, riporta interessanti notizie sulla
città, sulla diocesi, sul capitolo, sua men-
sa e indegne corali della mozzelta pao-
nazza. Riprodusse la bolla di Giulio lil
del 1 55o, Cuiii a uobis, diretta al capi-
tolo e sull'elezione de'canonici. La suc-
cessivi» sentenza emanata nel 1571 dal
vescovo d'Aliano, a eiòdelegato da s. Pio
V, per le controversie insorte tra il ve-
scovo e il capitolo, sulla nomina de' ca-
nonici e delle preheiule; e le posteriori
risoluzioni della s. Sede. 1 suoi dintorni
•producono piante medicinali preziose. Vi
nhhonda il frumento, il vino, i frutti, la
cacciagione, gli ottimi pascoli, e le acque
salubri, d'una delle quali trattò il Peno,
De podagra. S'ignora l'origine di Tre-
vico; essa peiò è aulica, e al due del Sar-
nelli, Memorie ricali arcivescovi, di He-
nevenlo pag. 254, "e ^-'ce menzione Ca-
lazio ne' suoi sermoni. Teudimus hinc
recto, Bencvenlum . . . . Incipit e. e ilio
monte 3 yipidia nolos -Ostentare milii,
y«ov lorret dia/màis, et utios- Nun-
(/nani erepsemus, rasino* vicina Trevi-
CÌ I illa 1 ccepissc.l. Trevico segui le vi-
cende politiche degl'illuni del Sannio,e
perciò delie principali città delia legione,
T R E
Avellino, Ariano, s. Angelo de' Lombar-
di, IViixco, Laccdonia, Bisaccia, Conta,
Frigento e /Monte l ergine. Già fu feu-
do e marchesato della nobilissima fami-
glia Loffredi. La sede vescovile fu eretta
Del secolo XII, sutfraganea della metro-
poli di Benevento. 111. "vescovo fu Ama-
to I, Trivicanus seu Vicanus Kpiscopus,
che nel 1 1 35 sottoscrisse hi donazione ri-
portata da Ugheili e fatta da Riccardo
P ìcani Toparchae, al celebre monaste-
ro di s. Maria di Monte /''ergine, della
chiesa di s. Giovanni col casale Ac rpi a-
tae. 11 vescovoRoggero intervenne al coti--
cilio generale di Lati-ratio III nel 1 179,
e con altri sulhaganei di Benevento lo
sottoscrisse. Di Amalo 11 del 1 i83 si fa
menzione nell* istromento riprodotto da
Ugheili, con cui istitiù il rettore della chie-
sa di s. Euplo nella sua diocesi, della qua-
le non al capitolo Vicanum, ma a Gu-
glielmo de Fulzone apparteneva il pa-
dronato: in questo documento Amalo II
s'intitola, Dei gratia Vicanus epis.Rai-
mondo de Zottoni citladiuo e canonico be-
neventano fu eletto vescovo Vicanus nel
1 252 da Innocenzo IV, colla lettera Pe-
titio tua nobis, presso Ugheili. Per circa
90 anni non si conoscono i successori, si-
no a Giovanni che nel 1 34o fu alla con-
sagrazione della chiesa di s. Chiara di Na-
poli. Clemente VI nel 1 344 «lesse fi-, Ge-
rardo domenicano, consagrato in Avigno-
ne dal vescovo di Porto, poi traslato a lì 1-
polla, mentre da Monte Marano vi fu Ira-
sferito nel t 34^, /''""' Trivieauiiineeele-
siain, Ir. Ponzio Excondevilla domenica-
no. Indi Giovanni, MarcucciojDouato del
i4o6, Nicola già arcidiacono nel iJ2 2,
Antonio Morelli arcidiacono Trivicanus
nel i434. Gregorio Attacco trattato nel
1 45o in Orislagno chiesa arci vescovile di
Sardegna, Michele eletto nel 1 4y5 rinun-
ziò nel 1497, Giacomo Torcila, Girolamo
morì nel (52i, Sisto Signazi de Arrivai
liois decano di Cassano ima to nel 1 r> j 1 ,
cui successe Sebastiano d'Ancona dello
di Segui e qui vi trasferito. Nal i54o' Pian-
T II E
cesco de Leo arciprete d'Altavilla dioce-
si di Benevento; neh 562 Agostino Mol-
lignato vercellese, senatore di Torino, o-
retore del duca di Savoia al concilio di
Trento, traslato a Bertiuoro. Nel i 564 *•*•
Girolamo Politi cremonese domenicano;
Del i "j^oBernardiuo Oliva aquilano,mor-
to dopo pochi mesi a Roma e sepolto in
Araceli con epitaffio; neli5y6 fi*. Anto-
nio Calducci foilivese domenicano; nel
i58o Alfonso Pardo. Nel i6o3 fr. Gre-
gorio Servanzi di s. Severino (f^.) dome-
nicano, teologo del cardinal dietro Aldo-
brandini, dotto e valente predicatore, or-
nato di molte virtù. Egli avea avuto il
colaggio di affìggere la scomunica \nFer~
rara, quando devoluta alla s. Sede si pre-
tendeva impedirlo collearmi dal duca Ce-
sare e da'suoi partigiani. Caro a Clemen-
te Vili e da esso occupalo in gravi inca-
richi, volle che nel 1604 accompagnas-
se il suo nipote cardinal Aldobrandiui ri-
cordato a Ravenna, per averlo provve-
duto di quella chiesa, e compilasse il si-
nodo diocesano che si proponeva cele-
brare, come eseguì. Nelle differenze in-
sorte tra la repubblica di Venezia e Pao-
lo V, pubblicò nel 1606 in Bologna: Di-
fesa della potestà et immunità eccle-
fiastìca contro le 8 proposizioni di un
dottore incognito sopra il breve di ceti»
sur e di Papa Paolo /'pubblicate con-
tro li signori veneziani. Egli fu pure au-
tore di altri scritti. Da Ravenna porta-
tosi in Roma, rinunziò nel 1607 la sede
di Trevico; ed avendo la sua salute de-
teriorato, morì inCameriuo nel 1608 e
fu sepolto nella chiesa del suo ordine. Ab-
biamo il Commentario storico-critico
su la vita di nig.r Gregorio Servanzi
domenicano vescovo di Trevico, scritto
dal conte Raffaele Servanzi di Sanseve-
77/20, Macerata 1 84 1 . Nel 1 607 Girolamo
MezzamieodiCastel Bolognese lodato; nel
1 636 Orazio Muscettola dotto napoleta-
no; nel 1 638 Fabio Magnesi, poi traslalo
a Ostimi; nel 1640 Silvestro de Afflitto
napoletano teatino indi di Lucerà ; nel
T RE 7 3
1643 Alessandro Salzilla da Sii vestii, pas-
salo quindi a s. Angelo de' Lombardi; nel
1646 Donato Pascasioceleslino morto nel
Castello della Baronia; nel 1 66 j Mar-
co Vaccina tli A fragola; nel 1672 Luca
Tisbia chierico regolare minore, cessato di
vivere nelCastello della Baronia.Neli6g3
Francesco Proto de'marchesi Speda na-
poletano, celebrò più sinodi nella catte-
drale, e in occasione deli. "tenuto l'8 set-
tembre 1 6q4 con gran concorso di popo-
lo, per essere la festa della B. Vergine det-
ta de Libera dell' immagine d'antichis-
sima venerazione, e per la pubblica lìe-
ra, avvenne un grave disastro. Imperoc-
ché insorto con impeto un terribile ter-
remoto abbattè molti edilìzi, insieme al-
la cattedrale, al suo sagrario e campa-
nile altissimo di più ordini e formato d'e-
leganti marini , e gettato colle campane
sulla piazza della cattedrale , restandovi
sepolte molte vittime. Restaurata la cat-
tedrale e diversi altri edilizi, essendo mor-
to il vescovo nel 1701 nel Castello della
Baronia, durante la sede vacante , altro
terremoto afìlisse la città a' i4 marzo
1702, mentre n'era vicario capitolare il
nobile trevicanoe benemerito Francesco
Colmeta arcidiacono. Nel dicembre diven-
ne vescovo Simeone Viglini napoletano
eruditissimo, predicatore delle s. missio-
ni, con singoiar applauso della diocesi,
eh' egli illustrò col zelo e colle virtù, ri-
pristinando con santissime costituzioni la
pubblica morale, con esperta vigilanza e
la predicazione. Non è dirsi con poche
parole (pianto egli incessantemente ope-
rò, migliorando il clero, soccorrendo i po-
veri , ristorando le rovine prodotte dal
terremoto, inclusivamente alla cattedra-
le e all'episcopio, e migliorando la mensa.
Contribuì alla riedilìcazione della chie-
sa di s. Euplo levila e martire, primario
patrono di Trevico, posta in Acfitarii op-
pidi, ove il duca di Flumaro Giuseppe de
Ponte impiegò rilevante somma per la
fabbrica e per la parrocchia istituita per
la popolazione, e le donò la reliquia del
74 T II E
santo da custodirsi con duplice chiave.
L'ottimo vescovo patì le conseguenze del-
l'insorte dissensioni nelsuo seminario. Nel
sinodo celebrato nella cattedrale a'iq set-
tembre i 704, con gran pompa di vota col-
locò nell'altare maggiore il corpo di s. Eu-
p!o, dopo ricognizione giuridica ; al cui
onore il vescovo elegantemente compo-
se e pubblicò colle stampe e si legge nel-
l' Italia sacra, la sequenza, l'antifona e
I' orazione propria. Traslato a Tricari-
co, anche in quell'articolo ne celebrai le
sue virtù eminenti e la santa vita, e che
fu decoro non meno delle chiese di Tre-
vico e di Tricarico, che di tutta la gerar-
chia ecclesiastica. Nel 1720 gli successe
Domenico Filomarino nobile napoletano
teatino, dotto e zelante pastore, difensore
acerrimo della libertà ecclesiastica. Con
questi nell'Italia sacra si termina la se-
rie de'vescovi, che compitò colle Notizie
di Roma. Nel 1733 Francese' Antonio de
Leonardis della diocesi di Capuajnel 1 739
Mei-nardo Onoralid'lschia; nel 1 774 Giu-
seppe Pasquale Rogani della diocesi di
Rossano; nel i 792 Agostino Gregorio Go-
1 i ni di Giuliano diocesi d'Aversa, che ne
fu l'ultimo vescovo. Imperocché Pio VII,
colla bolla De utiliori dominicae vineae,
de'28 giugnoi8i8, Bull. liom. cont. t.
1 5, p. 56, soppresse la sede vescovile di
Trevico, e in perpetuo I' uni a quella di
Macedonia (^.), tutlora governata dal
vescovo notato in tale articolo.
TREVISO o TliEVIGl o TRIVIGI
(Tarvisin). Città antica e forte della Ve-
nezia terrestre con residenza vescovile, nel
regno Lombardo- Veneto, capoluogo del-
la provincia e del distretto del suo nome,
a 6 leghe da Venezia e 9 da Padova, in
bella pianura. Ha la figura d'un rettan-
golo cinto di buone mura, con bastioni e
niezzelurie fatte costruire tutto all'intorno
ne' primi anni dopo ih 5oo da'veneziani
per opera di fra Giocondo, celebre archi-
letto veronese. Al sud sonovi opere di for-
tificazione con angoli, che per anacroni-
smo si attribuirono alla scuola del Sam-
T R E
nuotiteli, anzi altri reputano anteriori a fra
Giocondo stesso. Ebbe questi propugna-
coli in benemerenza d'essere slata (piasi la
sola città fedele alla possente repubblica
di Venezia, assalita poderosamente da'col-
legati di Gambray. A pie di queste for-
tificazioni entra in città il fiume Silc, di-
stratta parte minore delle sue acque lun-
go la fossa urbana di mezzodì a formar
un canale che anima la regia raffineria ili
nitri e fabbrica di polveri. Nel Site met-
te il [jotteniga o Piavesella, anticamente
detto Cagnauo, che nato come quello a
poche miglia di distanza dalla città, vi ar-
riva sotto un bel ponte che fa parte del-
le mura, e dal nord al sud la irriga con
5 canali artificiali detti volgarmente Ca-
gliarli.Il Sileesce daTreviso navigabile per
le barche di tio,ooo chilogrammi, coi tra-
sporta nelle Lagune di Venezia ed in ma-
re: questa comunicazione fluviale è van-
taggiosa al traffico per le sue acque; da
esse poi sono attivati i numerosi opificii,
mulini, fucine e cartiere, che ne esercita-
no l'industria. Oltre a que'due fiumi la
città ha dovizia di limpidissime fonti, co-
me ha ottimo clima, belli e variati pas-
seggi, e un circondario suburbano riden-
te, seminato di nuove strade, palazzi, giar-
dini, canali minori e roggie ina ni fa Ite, e
però stabilimenti d'industria, de'quali più
abbondano le cartiere e le macine, e più
si distinguono le fàbbriche di stoviglie ed
i laboratori del rame e del ferro. Princi-
palmente la strada chiamila Terragno,
che dalla porta Attilia conduce a Venezia,
non solo è meravigliosa per hi sua solidi-
là, ma ancora perchè adornata ad ogni
tratto da graziosi casini, che colla delizio-
sa varietà le aggiungono vaghezza. Il ma-
teriale della città forma da qualche tem-
po l'oggetto di spese municipali e priva-
te, la maggior parte per togliere le brut-
ture del medio evo, col tagliare le case e
appianare il pavimento; onde diverse con-
trade primeggiano pegli eseguili abbelli-
menti, non clie pe'decorosi ed i fi zi priva
ti e pubblici, notandosi fra 'primi le ino-
,
TRE
ncabitazionidelle nobili famiglie Bre-
scia, Polo, ec. Jnfalti si legge nella dispen-
sa de' i 5 gennaio i 855 della Cronaca di
Milano, del eh. cav. IgnazioGantù.» An-
che la città di Treviso non manca di con-
tinui abbellimenti. La cattedrale fu dian-
zi meglio decorata nella cappella maggio-
re; nella chiesa di s. Nicolò, già de'dome-
nicani, si restaura per intero il tetto, di
questa chiesa istorica che ricorda quel Be-
nedetto XI (che con l'abito di detto or-
dine e il nome di Nicolaus de Tarvisio
eravi stato religioso, e divenuto Papa re-
galò di certe tavolette d' argento ad uso
d'aliare, ed'una croce simile, che poi pas-
sò alle monache, oltre l'indulgenza ple-
naria a chi avesse visitato la chiesa nelle
3 feste di Pasqua di Risurrezione, come
rilevo dalle sue Memorie di fr. Nicolò da
Trevigi de' predicatori), su cui il nostro
bravissimo Giuseppe Bianchetti diede an-
ni sono un eccellente discorso. Qui si prov-
vede anche ad uno spaccio pel pesce in
luogo meno im poi timo che non trovasi
oggi, cioè presso il ponte s. Parisio, luo-
go dimeno, con acque, che cingendo l'elit-
tico edilizio lo rendono continuamente
pulito. E tracciata la ferrovia di qui per
Conegliano; già quasi finiti i manufatti,
che tutta la corrono (ora questa ferrovia
è già in attività). Al ponte sul Sile, la-
voro titanico, si fanno ora le opere di or-
namento, sicché fra poco sarà distrutta
la distanza fra Conegliano e Venezia. Né
possiamo tacere l'edifìzio che qui innalzò
il signor V it torelli per la fabbrica dello
zucchero di barbabietole, il quale, se po-
trà aver conseguenze paria! coraggio, do-
vrà pure ritrarre grandi vantaggi ila que-
sta speculazione. Chi conosce nel borgo
di Treviso la riviera di s. Margherita, ce-
lebre pel suo magnifico tempio, sa che il
precipitevole Sile aggiunge bellezza al
luogo. Ebbene i trevigiani qui crearono
quello di cui aveano desiderio: un pub-
blico passeggio. L'opera risponde al biso-
gno. S'alzarono solidi fondamenti, para-
petti ili ferro; fu acciololalo e selciato il
T R E 75
terreno, ornato con parapetto di ghisr» il
ponte rifatto in pietra; erettivi edilìzi de-
corativi, tutto in somma vi fu reso degno
delloscopoacui deve servire. Né si lasciò
nudo l'esterno della porta s. Tommaso,
che nelle vicende del 1848 perdette i bei
pioppi di cui era ricinta. Ora a' pioppi
subentrarono ipocaslaui , che daranno
tranquille frescure a questi cittadini". La
cattedrale, antichissimo, magnifico e ot-
timo edilìzio, èopcra de'Longohardi, ter-
minata di costruire nel 1 1 4 1 mostra i vi-
zi architettonici di quell'epoca, ma la fan-
no degna d'ammirazione anco perchècon-
tiene pitture di Paris Bordon trivigiano,
di Paolo Veronese, di Tiziano, ed altri va-
lenti dipintori. Il granile atrio, anni ad-
dietro fu eretto nobilmente, e pel quale
olfrì il [."progetto Giordano Riccati, figlio
di Jacopo e fratello di Vincenzo, f miiglia
trivigiano di matematici, per cui l'Italia
non invidia alla Svizzera i suoi Bernoul-
li. E sotto l'invocazione di s. Pietro prin-
cipe degli Apostoli, e possiede molte insi-
gni reliquie, fra le quali nell'altare mag-
giore si venera il vero corpo di s. Libe-
rale di A Itino con fessore,pa trono del la cit-
tà e diocesi. La cura d'anime si esercita
pel capitolo da due preti chiamati sagri-
sti,ma il battistero è nella prossima chie-
sa di s. Gio. battista. Il capitolo si com-
pone di 3 dignità, la 1 /delle quali è il de-
cano, dell'arcidiacono e del piimicero, di
1 4 canonici compresele prebende del teo-
logo e del penitenziere, di due ceremonie-
ri maestri del canto Gregoriano, ili 8 man-
sionari, di 20 prebendati e di altri chieri-
ci addetti ài servigio divino. L'episcopio,
buon edilizio, è prossimo alla cattedrale.
Oltre di questa, nella città vi sono altre
4 chiese parrocchiali munite del s. fonte:
tra le altre più. belle chiese tornerò a ram-
mentare la già ricordala e vasta di s. Ni-
colò, edificala col convento dalla città, che
neh 22 r la consegnò a'doinenicani; indi
nel inchiostro presso la sagrestia nel 1 3 j2
Tommaso da Modena l'adornò colle im-
magini dts'personaggi in dottrina, io di-
7f> T II E
gnilà e in matita fino «Ilota fiorili nel-
l'ordine de' predicatoti, collii serie de'pioi
generali e delle sue provincie, inclusiva-
mente all'effigie ilei b. Benedetto XI co-
ronala di raggi, il quale alcuni scrissero
che edificò la chiesa; forse l'avrà fatta re-
staurare. Ivi è un quadro di Ir. Sebastia-
no del Piombo, e altri di buoni autori. Di
tutti i conventi e monasteri esistenti già
in Treviso, e rammentati ixeW Italia sa~
era , ora secondo I' ultima proposizione
concistoriale per l'odierno vescovo, non
vi è che il convento de'cartnelitani scal-
zi; bensì vi sono diversi sodalizi, il mon-
te di pietà, l'ospizio de'poveri, altri diver-
si luoghi pii, l'ospedale per qualunque ge-
nere d'infermi, il Seminario con nume-
rosi alunni. Rilevai in tale articolo, che
desso fu eretto prima che il concilio di
Trento prescrivesse la fondazione de'se-
miliari vescovili , colla bolla Injunctuin
ìiohis, <\t-ì5 settembre 1 4^7, di Eugenio
IV, presso il Calogeri, Raccolta d'o/)U'
scoli, t. 49. p- 4^^ > mediante I' unione
dell' ospedale di s. Giacomo de Schiriali
de' lebbrosi e la prebenda della vicaria
«Iella cattedrale, perchè s'istituisse un
maestro in dh'inis, che insegnasse a 1 2
scolari chierici la grammatica, il canto 6Ct
clesiastico,e pel loro mantenimento. Ve-
ramente nell' anno precedente Eugenio
] Vavea fatto eguale istituzione in Firen-
ze (/ .), con abitazione vicino alla chiesa,
per cui F annalista Spondano vi osservò
la pratica o forse l'origine de'seoiinari ve-
scovili, aìl'an. 1 4-36, §6. Il monte di pietà
fu stabilito da'ciltadiin nel 1 497>^d è tut-
tora abbondante di mezzi all'uopo, dov'è
un bel dipinto di Giorgioue , fondatore
della scuola Lombarda, ma nato in que-
sto circondario. L'ospedale civile pegl'in-
fermi, la cui origine è deliifii, fu am-
pliato a' nostri giorni con magnificenza,
fiorente di rendile: vi sono pure degli al-
tri speduli. Il comune ha un orto botani-
co e agrario, ed una pubblica biblioteca,
la quale aumentata di alcuni libri dal ca-
pitolo della cattedrale, oltre agli studiosi
TRE
circa 3?., 000 volumi, abbondandodi pre-
ziose edizioni, e specialmente di quelle ni-
tide e appartenenti alla rinomala tipogra-
fia di Treviso de'primi tempi della Stam-
pa, cioè del 1470 e successivi, che pub-
blicò i classici greci, Ialini e italiani, oltre
altre opere importanti. Merita ricordar-
si fra gli antichi palazzi la Canonica nuo-
va,e la sala della Ragione,ora archivio no-
tarile; come deve nominarsi il teatro. Nel-
l'archivio municipale si conservano co-
piosi monumenti, diplomi e carte antiche
ottime ad illustrare la storia civile della
patria: ne pubblicò un importantecatalo-
go il conte Vittore Scotti, mentre il fra-
tello Antonio fece quello per la storia ec-
clesiastica della medesima, di diplomi e
altre carte antiche. Il catalogo di Vittore
lo pubblicò il p. Galogerà nella Lettera
d'un Trevigiano, nel t. 3o, p. io5. Nel
i5io vi fu istituita un'accademia lettera-
ria, che sotto vari nomi vi si è sempre con-
servata; e nel 17 32 vi venne fondata una
colonia d'Arcadia. Vi fiorisce un Ateneo
di scienze e lettere, che stampa i suoi at-
ti, e novera tra 'suoi soci illustri scienzia-
ti, letterati e altri personaggi cultori dei
buoni studi. Pertanto, ed a cagione d'im-
peritura riconoscenza qui dirò, che il co-
spicuo corpo accademico, previo rappor-
to della comtnissionedelegatadalsuocoii-
siglio all' esame e relazione di questa mia
opera, per incoraggiarmi all'ardua im-
presa , ed alle mie laboriose e incessanti
fatiche studiose, nel 1841 si degnò aggre-
garmi al celebrato Ateneo di Treviso qual
socio onorario, colle forme più lusinghie-
re e onorevoli. Inoltre nella città vi sono
scuole secondo il sistema attuale; antica*
mente vi avea un'università, che fu poi
concentrata nella celeberrima della vici-
ni Padova. P reclamisti ruo vanto ha Tre-
viso di aver coltivato con ardore le lette-
re eie scienze Cui dall'annui 200, in cui
già vi era un accreditato ginnasio, che
Federico III il Bello d'Austria, coiilen-
denle all'impero con Lodovico il litwart>,
eresse nella delta pubblica università nel
1-
!
T II E THE 77
*3i8, et! ove sedettero fra'molti illustri za clie alcuni paesi in questo o quel ter*
dottori Pietro d'Abano e Gino da Pisto- ritorio fossero soggetti a un regime feu-
ia. Per lai motivo fu tra le prime città dale. La provincia attuale, costituita nel
venete, che del benefìcio si giovasse del- 18 i 5 colla creazione del regno Lombar-
la stampa, come lo celebrò il Federici nel- do- Veneto, si divide ini o distretti, per-
la sua opera: Sulla Tipografia Trevi* che Noale fu unito a quella di Padova, al-
giana del secolo XP'je Giovanni Boni- la provincia di Venezia venne aggregalo
fìicio di Rovigo nell' Istoria di Trivigi, il territorio di Mestre, oltre il paese di s.
Venezia 1^44' *n Treviso fu già il colle- Dona die prima dipendeva da Oderzo;nel
gio di dottori che costituiva un tribuna- distretto di questo fu compreso queliti di
le d'appello per la Dalmazia e l'Albania, PortobufTolè, e il vasto lei ritorio antico di
ed avea il privilegio di ammettere alla Treviso trovossi suddiviso, cosicché si
professione forense. La fertilità del suo aggiunsero alla provincia di Belluno ai-
territorio costituisce delle sue naturali cune sue ville subalpine, e alla provincia
produzioni una rendita cospicua, e vi si di Venezia quelle prossima alle paludi, e
aggiungono manifatture di seta, di colo- si formarono 3 distretti, Treviso, Monte -
ne e di lana, colla detta fabbrica di fine bellona, Valdobbiadene, sull'esempio del
terraglie, ed altra di armi. La popolazio- 1806 in cui per la i ."volta Monlebclluua
ne della città supera i i4,ooo abitanti, e Valdobbiadene divennero centro d'un
Alla città sono aggregale 7 parrocchie SU- circondario. La provincia è amministra*
balternedi circa 6000 abitatori, ed altra ta da un regio delegato, da cui dipendo-
fiazioni; cioè s. Agnese ora s. Giuseppe, nodirettamente in ogni distretto un regio
s. Bartolomeo, s. Ambrogio della Fiera, commissario, e in Treviso, città regia, la
s. Pancrazio, s. Tommaso, s. Martino, s. congregazione municipale. Evvi inoltre
Lazzaro di Ghirarda, s. Dona, s. Pale e un tribunale civile, criminale e mercan-
s. Antonino; laonde questo comune capo- tiledi provincia, e in ciascun distretto una
luogo ha un eslimo complessivo di più pretura civile. Evvi pure un'intendenza
che 700,000 scudi. E rappresentato da provinciale delle regie finanze e demanii
un consiglio e amministrato da una con- e ogni altro oflizio pe'diritli uniti e un i-
gregazione municipale, la quale è in ili- spettorato postale. La nuova provincia di
retta corrispondenza col regio delegato Treviso ha una popolazione di circa
della provincia; infine monda un suo e- 24°>000 abitanti. Ila la provincia luio-
sctusivo deputato presso la congregarlo- ne strade, ameni e incantevoli punti di
ne provincialedi Trevisoecenlrale di Ve- vista; il clima ò sanissimo; chiara, fesca
nezia. La provincia di Treviso è una «lei- e dolce è l'acqua; il territorio sparso di
le 8 componenti tra il Mincio e l'Isonzo case signorili e brnoli e giardini io pia-
la giurisdizione del governo di Venezia, no ed in collina. Abbonda principalnicn-
Non coincidecol Trevigiano propriamen- le di vini, seta, ferro e legname da costiti-
te dello, ossia la provincia aulica di Tre- zione. La provincia e la città di Treviso
viso quale rimase poco dopo il 1000 e si vanta la nascila di moltissimi uomini il-
inautcnne sino al 1 806; meno colla Mar- bistri in santità di vita, nelle dignità eo-
ca (/'.) Trevigiana costituita al tempo clesiasliche, nelle scienze, nelle arti, ncl-
de' Longobardi. La provincia antica di- l'armi. Il b. Benedetto XI Boccasini , i
videvasiini 1 terrìtorii,cioè quello di Tre- cardinali Teodoro Lelio, Giacomo Mo-
viso ch'era ben due quinti dell'intero Tre- nico patriarca di T eneziaj altri canlina-
vigiano,eque'di Castelfranco,Asolo, JVoa- li li riporlo a quest'ultimo articolo regi-
le, Mestre, Motta, Oderzo, PortobufTolè, .sitando i cardinali veneti, che lotti hau-
Conegliano, Cenedo, Serra valle, non tea- noie biografie, ed a'iuogbi loro parlai del
78 TRE
copioso numero de' vescovi trevigiani e
personaggi di santa vita; ma il b. Euri-
modello di Treviso nacque a Bolzano dio-
cesi di Trento. Venanzio Fortunato fu
dotto e celebre vescovo di Poitiers, e fra
i luoghi che riparlai di lui è a vedersi il
voi. XL, p. cjo. Il filippino Odorico Bi-
natali grandemente benemerito della Sto-
ria ecclesiastica pel compendio degli An-
nali del Baronio e loro eruditissima con-
tinuazione. Tolila re de'goti; le celebri e
potenti famiglie de'Caminesi che domina-
lono il Trevigianojgli Azzoni nobili e an-
tichissimi, originari di Sassonia , che in
ogni tempo si distinsero nell'armi, nelle
letlerec negl'impieghi onorevolmente so-
stenuti; i Tempesta; Paris Bordone, Gior-
gio Bai barelli detto il Giorgione, il Cima
pure pittore, l'architetto Francesco M."
Spreti, Jacopo e i due figli Giorgio e Vin-
cenzo Biccati; i pittori Dario , Antonio,
Giorgio, Girolamo il Secchio forse fra-
tello del celebre letterato Politico Virun-
nio, Girolamo giuuioredaTi'eviso.Si vuo-
le che la famiglia Bonapai te, che die alla
Francia un Napoleone 1 e il regnante ini-
peraloreNapoleoneIH,sia derivata daTre-
viso, donde in diversi rami si trapiantò
in Sarzana, in Toscana, in s. Minialo,
in Ascoli, in Corsica (^.J, e ne riparlai
anchein altri articoli dicendo degl'illustri
di tale stirpe. Che i Bouaparle furono
pure in Ripalransone, di recente lo af-
fermò il eh. marchese Filippo Bruti Li-
berali nella sua erudita : Relazione III
fra Ascoli e Ripatransone, ivi i 855. In
essa pubblicò nozioni riguardanti docu-
menti sul domicilio degli antichi Bonapar-
te, che ponno riuscire utili perla storia
di questa memorabile prosapia. In mol-
ti articoli celebrai il trevigiano sommo
Antonio Canova, il cui nome non può an-
dare disgiunto da quello del nostro seco-
lo, restauratore dell'arti belle, e in quella
della Scultura (V-) emulo d'ogni più
grande antico scalpello. Le illustri ceneri
j iposano in Possagnoove nacque, nel tem-
pio magnificamente da lui architettalo ed
T RE
a *ne «pese mira preso. Morie lui tolse di
<pia prima che potesse condurre a fine il
.suo divisamenlo.di riprodurre cioè ta più
esimia opera de'romani, costruendo l'in-
lernosulla forma del Tempio Pantheon,
e di fregiare il suo tempio di un atrio il
più conveniente imitando il dorico del-
l'attico Partenone. Ma il suo testamento
avendo assicurata la continuazione del-
l'opera valorosa e pia, per le solerti cure
di mg.1 Gio. Ballista Sartori-Canova, suo
ammiratore e fratello uterino, vescovo di
Mincio (f"'.), ne seguì il sontuoso com-
pimento, illustrato da molleerudite pen-
ne e precipuamente neh 833 con tavole,
in cui nulla di più esatto, da Melchiorre
M isti ri ni '.Esposizione del tempio di Pi <s-
sagno eretto da Antonio Canova, Ve-
nezia ì 833, per Giuseppe Antonelli, diso-
li 1 5o esemplari, e sono possessore del XV
di sì magnifica edizione. Varie sue scul-
ture e un dipinto di sua mano rammen-
teranno in questa sua patria ed in que-
sto suo tempio ad ogni sguardo il cele-
bratissimo nome. Una via reale apposita-
mente vi conduce lo straniero a venerare
il monumento che Canova innalzò alla re-
ligione e decorò colle 3 arti sorelle. Pos-
sagno è sulla nuova strada commerciale
«lei Mobiletto, dalla cui roccia non è pil-
lole che si diparta senza aver ritratto l'in-
cantevole prospettiva, alla ridente e in-
dustriosa Bassano, pel cui mezzo l'erario
eli qne'comuni mise in comunicazione il
Piave col Brenta. Forma parte di quella
strada il ponte di pietra che con un solo
arco piantato su due roccie sovrasta allis-
simosulla vallata di Crespano, la cui ulti-
ma ricostruzione, sui disegni e speciale di-
rezione del Casurotti,ne assicura la dura-
la. La strada ferrata congiunge Treviso
a Venezia da \\n lato, ed a Mantova dal-
l'altro. La solenne inaugurazione di que-
sto tronco avvenuta a'i4 ottobre i85i,
la celebrai nel voi. LXX, p. i 66, ripor-
tando parte dell'eloquente discorso pro-
nunziato dall'attuale mg.' vescovo, e con
quale pompa ebbe luogo. Nella sera spèco*
tT R E
a fu la generale illuminazione: il tea-
lio restaurato di lecente, e chiamato ra-
ra gemma della città del Silo, sfolgorò in
tutto il decoro d'una leggiadra apparen-
za. Tutti gareggiarono di emulazione ma-
gnanima a preparare una festa, la quale
IMO ismenlisse per nulla l'antica fama del-
l'ospitalità tri vigiana. Neil 85 2 la via fer-
rata da Treviso a Mestre era stala com-
piuta in tutti i suoi accessori!, come i luo-
ghi dì stazione di arrivo e partenza, in-
siepamento mediante viridi fratte, segna-
lazioni da v viso, telegrafi, case da guar-
diani, non che edifizi ili stazione. Fu an-
che stabilito definiti vomente il confine di
questa via, ed il vei ostato di essa median-
te esalto rilievo. Soltanto l'ingresso ind-
ia città di Treviso abbisognava di miglio»
lamenti fondamenlali, essendo l'esisten-
te porla della medesima alquanto distan-
te, ed oltreciò stretta molto e basai, per
cui fu progettata la costruzione d'un nuo-
vo ingresso immediatamente dallo •bai"
cotoio. Treviso ebbe la sua zecca e battè
le proprie monete. Tra le prime città ita-
liane che da Carlo Magno ebbero la zec-
ca municipale per privilegio, si deve no-
verare Treviso , come rilevò il eh. av v,
Gaetano de Minicis, ne' Cenni numisma-
liti. Riferisce Muratori)nella/^/Vs<7'/.2 7. ",
che il march. MafFei nella Verona illu-
strata, pubblicò uno strumento del 77.3
.scritto nella città di Trivigi. dove è falla
menzione Monetarii, anzi è ricordala la
slessa Moneta pi:ì>l>lica, cioè la zecca ivi
esistente. Perciò fece istanza il Muratori
al dottissimo canonico e patrizio trevisa-
no Antonio Scolli, acciocché usasse dili-
genza per iscoprire alcuna moneta di quei
remoli secoli, e gliene inviò una de'tem-
pi Carolini. Comparisce ivi il monogram-
ma dì Carlo Magno, cioè Karolus, e né!
rovescio Tarvisio. Perciò non resta più
dubbio, che per quasi 1000 anni a Tre-
viso competè il gius di battere moneta, che
servisse pel dui alo del Friuli. Ignora Mo-
latori se poi questo continuò sotto gl'im-
peratori tede-chi, però aiTcì imi che ue'sc-
TRE 79
guenti secoli il diritto della zecca, ed e-
ziandio la cillà medesima fu concedu-
ta a 'suoi vescovi, come attestano le anti-
che memorie. Dipoi si trovò un'altra si-
mile moneta, solamente di differente mo-
dello e colle stesse lettere. Nicolò da Tre»
vigi riprodusse il disegno della moneta,e
la crede battuta in onore di Carlo Magno
quando calò in Italia a distruggere il re-
gno de'longobanli. Leggo nel Vettori, fi
fiorino d'oro, che nel i 3 1 7 in Treviso fu
data una casa ad Angelotto Tintori, per-
chè in essa dovesse fabbricare monete di
più sorle, e particolarmente alcune-, che
non dovessero passare il valore di 3 lire
e mezzo, con l'arine della comunità da
ambedue i lali ecolle paiole intorno: Tar-
visium Civita*, poiché erano pochissime
le monete che correvano in queste parli
di piccolo presso. Il Castellano dice che
Treviso fu una delle 4eillà che godeva-
no in Italia la prerogativa della zecca, ri-
mastale sino al secolo XIV. Sulle antichi-
tà di Treviso, sopra le sue iscrizioni an-
tiche, sui magistrati che la governarono
a tempo de' romani, e del culto idolatrico
da lei prestato alle false divinità, si pon-
ilo leggere nel Calogerà, t.io, p. 4^7, t-
20, p. 291: Ragionamento intorno alle
antiche iscrizioni della città di Treviso,
con alcune osservazioni alla, disserta-
zione fatta sopra una lapide, ritrovata
neli^^o nella villa, di Iiiese nel terri-
torio di Castelfranco: Breve e succinta
notizia della risposta di Antimaco Fi-
htlete al ragionamento intorno le anti-
che iscrizioni della città di Treviso, ec.
Asolo pretende alla maggiore antichità
«li Treviso, su di che si può vedere: Di-
scorso sopra alcune [scrizioni Asola-
ne di Michele Lazzari, riportato dal
Calogerà nel t. \o, p. 337, nel quale si
vuole provare, che la celebre e antica
città di Treviso surse dalle rovine di Ai-
tino (/ .), la cui sede vescovile fu trasfe-
rita a Torcello (V.J: piuttosto è più
credibile, che Treviso aumentasse la mm
grandezza dopo le rovine di Aitino, ili
80 TRE TRE
Concordia e di Oderzo (/ •) r> Cfptter* de da lei pre«e il nome lutto quella regio-
gio. ne, clie per addietro Venezia (/' '.) N no-
Treviso è riputata antichissima, anco mina va. Nel 4 $4 Attila re degli uwtiuet-
da chi stimò favolosa la tradizione che ne tendo in rovina, attesta bella parte d' I-
sia stalo fondatore Osiride: più d'una la- lalia. fuggendo i popoli le sue stragi, die-
pide, sulla cui legittimità i critici si ac- rono principio alla nobilissima città di
cordano, scolpita in tempo della repub- Venezia. Abbenchè i trevigiani si ado-
blica romana, piova ch'era un m unici* pelassero verso Attila molto vantaggio-
pio incontrastabilmente, ePlinio allei ma samente, a mezzo del loro vescovo El vi-
che i tarvisani, che in altro luogo chiama dio o Limando col corpo della città, e il
Taurìsci, furono aggregati alla romana Tempesta uno de'principali o il difènso-
tribù Claudia, perciò ne goderono le pie- re della chiesa, pure la loro città palesa
rogative in uno alla cittadinanza romana, i danni sofferti nelle varie invasioni de'
Dichiara Nicolò daTreviso,doversi Trevi- barbari. Situata in una pianura costante
soscriverein latino Tarvisium, non Tau- tutta all'intorno,il suo terreno nell'in ter •
/•/.57f/m,dovendosi lasciare «'buoni antena- noè riflessibil niente ineguale, prova delle
ti col loro Osiride, anche l'etimologia tolta avvenute distruzioni per cui cagione ve-
dal Toro, e dirla latinamente Tarvìsium, desi rifabbricata inegualmente e con mol-
per insegnamento non solo dell'antiche la- te delle sue strade tortuose, il che rende
pidi, ma per quelle dal Grillerò e da lui più pregevole l'attuale sistema d'illuni i«
prodolle, ed inoltre per quella sepolcro- nazione notturna onde non teme il con-
le venuta dall'Asolano. Sostiene Girala • fronto d'alcun' altra città. Nel 54- eletto
nio da Bologna nel suo Antiquario, do- re de'goti Tolila, che vi ebbe i natali, e
versi scrivere Tarvìsium, ed i popoli Tar- allora la governava, ne restaurò la con»
visoni; distinguendo egli però i cittadini dizione, onde Treviso risplendè nel regno
da que' del territorio, volendo che i pri- gotico, al quale soggiaceva dopoché nel
mi dibbansi dire Tarvisini o Tarvisien- 49^ il re Teodorico ebbe vintogli ertili
ses, i secondi Tarvisani a Tarvisiani , che l'aveano occupala col resto dell'Italia,
giusta l'espressione d'una lapide trovata Frattanto continuando la guerra gotica
in Grado. L'Ughelli riporta: Tarvìsium sostenuta dal prode Belisario, perchè l'im-
antiquàm, speclabileniquej'uisse civita- peratore Giustiniano I voleva cacciar dal-
tem, (juam olim a multi* turribus, qui- l'Italia i goti dominatori, Treviso fu l'ul-
biu propugnandis iiwenibuseingebatur, lima città ad essere espugnala da Beli-
eivitatem Turvium prisci vocarunt. Di- sario, prima del suo richiamo a Costati-
ce il Marchesi, nella Galleria dell'olio- linopoli. Dopo la partenza di quel duce
re, parlando di alcuni illustri trevigiani, i greci vi furono sconfitti. Narsete gli suc-
cile in discrepanza di pareri si trovano gli cesse, la ricuperò all'impero e ne fu De-
scrittori, dell'assegnare a questa città fa- Demerito. Indispettito dalla sua corte,
musa ed insigne i suoi principi i. Chi la chiamò in Italiai longobardi per invader-
ci ede fabbricala da'eompagni d'Anteno- la, ed essi vi calarono con Alboiuo loro re;
re; chi da'troiani fuggiti di Pafiagonia; e eTreviso fu liberalo dalla rovina di (|ue-
chi da Osiride, che passato dal fonte del- sii nuovi invasori, ad istanza di Felice I
I Islro e de'Norici trionfante in Italia, la suo vescovo, che placandone il furore se
chiamasse ///^'//////^.Maconcordano.che Io rese favorevole. Andò incontro ad Al-
dopo In declinazione dell'impero roma- boino e lo trovò al fiume Piave, e pie-
no ubbidì n'unti, eil a' longobardi, i quali gandolodi non fare nocumento alcuno al-
ni essa stabilirono il seggio d'imo de' 4 'a sua chiesa, ottenne dal re la grazia del-
Mar chetati t eretti di qua delle Alpi,on- l'immunità, mediante una sua pragma-
TRE
tica con tutte le facoltà, come riporta l'an-
nalista Rinaldi nel 5G8. Alboino operò
in Treviso alcuni miglioramenti; indi nel
riparto dell' Italia fatto da' longobardi,
creandosi ima Marca o Marchesato nella
regione settentrionale, Treviso le diede
il nome di Marca Trevigiana, e per ri-
siedervi ordinariamente il marchese go-
vernatoredivenne capitale dituttoil pae-
se tra il Mincio, il Benaco, le Alpi, il Ta-
gliamene, le spiaggie della Venezia ed
il Po; cioè confinò col Friuli, col golfo di
Venezia, il Dogado, il Padovano, il Vi-
centino e il Bellunese, poiché si formò del
territorio di Treviso e di Feltre(F.). Ul-
fari ducao marchese di Treviso sotto i lon-
gobardi , non volendo assoggettarsi nel
584, dopo il governo de' 3o ciuchi, alla
nuova podestà regia d'Aulari, fu poi im-
prigionatoda Agilulfocbegli successe nel
5g i nella stessa sua residenza. Quel re pe-
rò, ed i successori suoi ebbero la città di
Treviso in gran pregio, ma la rovinò e
depresse re Rolari verso il 64*2- e vi sfo-
gò tutta la sua rabbia, riempiendola di
stragi. Distrutto nel 773 da Carlo Magno
il regno longobardo, Treviso ne riconob-
be il dominio, e nel 778 vi celebrò le fe-
ste di Pasqua. Carlo Magno non volle che
la nazione longobarda avesse altri re, si
dichiarò egli stesso re d'Italia, e de'loro
ducili permise che sussistessero le 4 prin-
cipali ducee di Spoleto , del Friuli, di
Trevìgi e di Benevento. Papa s. Leone
III essendosi ritirato in Francia nel 799,
nel ritorno Carlo Magno lo fece accom-
pagnare a Roma dagli arcivescovi di Co-
lonia e di Salisburgo, da 4 vescovi e da 3
conti, ricevuto in ogni città come un a-
postolo. Onorò di sua presenza Treviso,
e giunse in Roma a' 29 novembre. Pro-
clamalo da s.Leone ili imperatored'oc-
cidenle Carlo Magno, Treviso riconob-
be a sovrani gl'imperatori Carolingi suoi
successori, e quelli che sederono nel trono
regio d'Italia, inviandovi essi a reggere la
sua Marca un marchese. Col favore de-
gl'imperatori tedeschi, i suoi vescovi la
voi. LXXX.
TRE 81
signoreggiarono nel governo temporale,
benché il reggimento si regolasse colla
creazione de'cousoli, e con una certa spe-
cie di dipendenza, onde si mischiarono
sovente i cittadini nelle guerre compro-
vinciali, e fecero leghe e trattati. Beren-
gario I imperatore e re d'Italia nel 90^
privilegio! vescovi, nella persona di Adel-
bertosuofavorito,colla donazione di mol-
ti dazi, e delle due parli della pubblica
moneta, che a lui si aspettava. Né fu egli
il i.°a fare tali concessioni a'vescovi di Tre-
viso, poiché dichiarò uel diploma di se-
guire in ciò le orme de'suoi predecesso-
ri. Nicolò da Trevigi narra, che il Gol-
dasto asserisce, che i vescovi di Treviso
erano principi del s. romano impero; ed
aggiunge, che se non erano i vescovi si-
gnori assoluti della città, erano perlome-
no destinali dagl'imperatori aldi lei go-
verno, e ne riporta le prove; riferendo le
investiture feudali da loro concesse sino
a 270 feudatari ministeriali, di cui era-
no signori, ducili, conti e marchesi. Dice
di più Nicolò, che della contea Tri r (gia-
lla e luoghi in essa compresi, i vescovi
ne disponevano liberamente; il Mesirino
era tra' suoi confini e giungeva a quelli
dell'Asolano. Nel 1087 Padova ottenne
dall'imperatore Enrico IV il municipale
reggimento, che non avea potuto conse-
guire da Carlo Magno, e sul suo esempio
le altre città si separarono a mano a ma-
no dal regno italico, sicché nel secolo XVI
quali si reggevano da se, quali erano ret-
te da'signori; laonde Treviso, ora come
stilo libero, ora domi nata da' vescovi, ora
sotto la protezione dell' impero, riaiase
al governo del paese propriamente detto
il Trevigiano, ossia l'antica provincia tra'
limiti che sussistevano neli8o5, al nord
le Alpi, al sud il mare ed il Brenta, al-
l'est il Friuli mediante il Noncello e la Li-
venza, all'ovest il Bassanese e il territo-
rio di Cittadella che apparteneva a'pa-
(luvuni. I quali confini corrispondono al
motto che si legge intorno l'arme della
città: Monti Musoni Ponto Dominor-
6
82 TRE
aite Nftoni. L'arme figura ima fortezza e
vi si distinguono 7 torri, che ali iettante
se ne vedevano nella città in epoca non
lontanissima. In allo dello scudo ne fu col-
localo uno minore inquartato; era il se-
gnodelle crociale a cui Treviso avea pre-
so parie. La gran conlessa Matilde, mar-
chesana di Toscana, ebbe a vita in feu-
do il marchesato di Treviso; altri dicono
che fu invertita della signoria nel 1 1 i3
per indulto imperiale d' Enrico V, ma
non potè goderla più di due anni circa,
in capo ■'quali morì. Reggendosi Treviso
a comune, fu una delle prime a concor-
rere nella lega lombarda, contro l'impe-
ratore Federico 1, ed in favore de' loro
diritti e del perseguitato Papa Alessan-
dro III. Molte gare ebbe dipoi co'vesco-
vi di Belluno, di Ceneda, di Fellre e col
patriarca d'Aquileia. Frattanto nella re-
pubblica di Treviso sorsero diversi va-
lorosi nelle armi, che dierono origine a
famiglie illustri, potenti e prepotenti, tra
cui i Camino «liEzzelinod'Onnra.i Tem-
pesta, gli Azzoni, e gli Ordelafli che an-
dati nell'Emilia dominarono per 3 secoli
Fori). La città dovette essere sempre in
guerra, per cui fibbricò Castelfranco nel
1 1 <)(.), come frontiera de'loro confini con-
tro i padovani; e perchè vi fondarono una
colonia e accordarono franchigie a' no-
bili e a'popolani che vi si vollero stabili-
re, gli fu dalo il DOOkC di Castel Franco:
eresse pure Noale ed altri castelli. Fero-
ce fu la contesa del primato fra le due
famiglie da Onora e daCamino,ambedue
d'origine tedesca. Ezzelino 0 Eccelino li
detto il Monaco da'Onara, e più comu-
nemente da Romano, altro castello di sua
giurisdizione nella Marca Trevigiana,
nato da Ezzelino I il Balbo, fu il 1 ."po-
destà di Treviso, che dopo il termine del-
la sua carica, profittando delle popolari
fazioni de' Guelfi e Ghibellini [V.), vol-
le usurpare il supremo potere, e venne
neh i83 mandalo in bando come capo-
parte de'aecondij bianchirlo da Camino
primario tra 'guelfi s'innalzò sulle rovine
TR E
di lui, e divenne signore diTreviso, com-
battendo felicemente per lungo tempo il
competitore. Ezzelino II per le sue ric-
chezze e pel numero grande di castelli che
possedeva sopra i monti Euganei, veni-
va consideralo il più potente cittadino fra
le repubbliche vicine. Cacciato dopo lol-
la anche da Vicenza, e collegato di Sa-
lingnerra da Ferrara, contro il marche-
se d'Estecapode'guelfi, l'imperatore Ot-
tone IV nel i2oq volle riconciliarli, ed
accompagnato dn Ezzelino II a Roma per
la sua coronazione, nel ritorno gli die il
governo di Vicenza qnal vicario impe-
riale. Indi Ezzelino 11 divise i'ra'suoi figli
Ezzelino 111 il Ferùcet od Alberico meno
crudele, i suoi stati : al 1 ."diede lutti i be-
ni situati nello stalo di Vicenza; al 2.°
(pielli che godeva pretto Trevi*o. Ritira-*
tosi tlal mondo si die alle piò duole pra-
tiche, onde fu soprannomato il Monaco;
ma venuto in sospetto d'aver abbraccia»
lo l'eresia de' Patari/ii, Papa Gregorio
IX ingiunse a'figli di consegnarlo al tri*
brinale dell'inquisizione, se non abiura-
va i suoi errori. Ezzelino III signore «li
Banano, di Marostica e di altri camelli
de'monti Euganei, dopo aver manifesta-
to i suoi rari latenti per la guerra, onde
conquistò Verona e si fece consegnar Pa-
dova, al quale articolo parlai di lui e sua
famiglia, non che dell' inaudite crude! *
là da lui commesse, estese le sue conqui-
ste sulla repubblica di Treviso, tiran-
neggiala dal fratello Alberico tino dal
1237. A reprimere le sue barbarie, non
essendo sufficienti le scomuniche de'l'a-
pi, fu bandita contro di lui la crociata,
e rimasto ferito nel combattimento si
squarciò le piaghe e morì nel settembre
i2 5o dentro il suo castello di s. Zenone;
il suo cadavere fu trascinalo e fallo in
brani da indomito cavallo : i 6 figli ma-
schi furono decapitali, la moglie e le due
figlie bruciate vive, giacché per le orri-
bili iniquità commesse da Ezzelino III,
fu chiamato nemico del genere umano, e
si disse generalo dal demonio. Alberico
T R E
suo fratello, dominatore ili Treviso, sic-
come fino simula loie, fìnse a lungo d'es-
sersi inimicalo con lui. e di aderire a'guel-
fi, per guadagnar pratiche Ira 'suoi nemi-
ci, e seminar Ira essi la discordia e la dif-
fidenza.Dopo il tragico fine d'Ezzelino III
fu cacciato da Treviso, e si ri tirò a s. Re-
no ue'monti Euganei, ove l'assediò la le
ga guelfa. Costretto ad arrendersi, fu fal-
li) perire colla sua famiglia, terminando
in lui la casa di Romano. Vedasi la T'ita
di Ezzelino III da Romano, dilli' ori-
gine al fine di sua famiglia, Venezia
l56o: I ita di Ezzelino da fiumano,
con la Cognizione delle gliene della
Marea Trevigiana dal i i io al 1262,
eoin posta da PietroG e r ardo padovano.
Venezia 164^' Dopo le accennate sangui
uose vicende, prevalsero di nuovo in Tre-
viso i signori di Camino, che dominava-
no Feltre e Beli imo, ed erano sostenti
ti da Azzo VII d'Esle. Questi armò ca-
valiere Gliei ai do di Camino, come il più
ragguardevole fra' signori lombardi di
parte guelfa. Gherardo sullo lo specioso
titolo di capitano generale occupò il prin-
cipato della Marea Trevigiana nel 1283,
e lo tenne sinoah3o5. Al suo tempo fu
sublimalo alia cattedra apostolica il car-
dinal Nicolò Boccasini di Trevigi o della
terra di s. Vito lungi 18 miglia, a'22 ot-
tobre! 3o3, e prese il nome di Benedet-
to XI. Conosciutasi l'esaltazione da'tre-
vigiani, esultanti d'allegrezza ne dierono
le dimostrazioni maggiori, ed inviarono
a lui i propri ambasciatori per deporre
a 'suoi piedi i dovuti offici di congratula-
zione. 11 Papa gli accolse con amore pa-
terno e tenerezza d'alletto, e dopo molte
espressioni di stima verso i suoi coucitta-
dini e verso la patria, nell'alto d' acco-
miatarli fece loro il summentovalo do-
nativo, che descrive il suo biografo fr. Ni-
colò da Trevigi. Donò poi in altra occa-
sione alla cattedrale un calice d'argento
dorato con sua patena del peso di 38 on-
cie, ed una pianeta e dalmatica rosse.Mo-
rendo Gherardo, credilo la signoria il fi-
TRE 83
glio Riccardo, dichiaralo vicario impe-
riale anche di Belluno e Feltre: fu ucci-
sone! 1 3 1 2 da un contadino con una ron-
ca, senza che si potesse scoprire qual mo-
tivo l'avesse spinto a tale a t leu tato. A que-
sti fu surrogato il fratello Gucello oGui-
cello, che fu l'ultimo principe di sua e; -
sa, come nel 1 3 1 3 espulso e detronizza-
to da'trevigiani, che tornarono a vivere
colle proprie leggi. La piccola colie de'
signori di Camino fu iusigne per essere
stata di buon'ora l'asilo di nobile acco-
glienza de'lrovatori ede'poeti provenza-
li, ch'erano onorati in Lombardia, prima
che la nazione indiana propriamente u-
vesse ella stessa una lingua poetica, ed
uomini capaci di trarne partito, come si
esprime un moderno scrittore. Tuttavia
su questo particolare va tenuto presente
il ria me rilènto a Sicilia e aTEATRo.Tor-
nato Treviso in libertà, i trevigiani eles-
sero a capitano generale Bamb.ddo con-
te di Collallo. Nel i328 stretti gli ahi
tanti da duro assedio, con 3o,ooo fanti
e 3ooo cavalli da Marsilio Carrara, lo so-
stennero con eroica difesa. Altro lutilo
assedio fece a Treviso Cane della Scala
signore di Eerona, che fomentato da Go-
ccilo Camino volea impadronirsene. Tre
volle loScaligero partì adontatodallesue
mura, ma il timore indusse i cittadini a
darsi volontai iamenle all'imperatore Lo-
dovico V il Bacato, che v'inviò il conle
di Gorizia, il quale però attentando an-
ch'egli a'privilegi loro, gl'indusse a paci-
ficarsi con Cane, e dopo ripetuti sforzi c-
gli vi entrò pomposamente per capitola-
zione a' 18 luglio 1329, e morto in Tre-
viso dopo 4 v°l' giorni, lasciò ad Alberto
e Mastino della Scala suoi nipoti il nuo-
vo rilevante possesso. Dante con allusio-
neal breve periodo del godimento di que-
llo conquisto e al giorno che si compì il
termine mortale di Cane, scrisse: nel qua-
le il Gran Feltro, in Treviso, compie
sua giornata innanzi sera. Narra l'an-
nalista Rinaldi, che 1 trevigiani nel pre-
cedente anno, avendo abbandonato le
84 TRE
porti del Da varo scomunicato da Giovan-
ni XXII, si erano spontaneamente sotto-
messi alla signoria della Chiesa romana,
ond'erano stali dal Papa lodali e ringra-
ziati della divozione dimostrala alla s. Se-
de; per cui ne commise il governo al car-
dinal Bertrando o Bernardo de Poyet o
Poggello legato di Lombardia. Avendo
incorso la scomunica la città e il decano
della cattedrale Guglielmo o Corrado de
Bramasechi, Papa Benedetto XII dichia-
rò delegalo apostolico Giacomo Morosi-
in vescovo di Torcello,a proscioglieredal-
l'interdetto l'una e l'altro, il che eseguì
a'7 settembre 1 33g. 1 trevigiani, benché
ritornati a libertà neli337, pe'patti sti-
pulali in Venezia tra la repubblica ed i
fratelli Alberto e Mastino della Scala, con-
siderando il passato e le patite intestine
discordie, veduto Marsilio Carrara tor-
nato in potere di Padova, ed a lui suc-
ceduto il nipote Ubertino II, per godere
maggiore tranquillità avvisarono al par-
tito di dedicarsi alla signoria di Venezia,
e Io fecero con ispontanea dedizione a'5
febbraio 1 344» mediante solenue tratta-
to. Treviso però fu ne' seguenti anni a-
cerbamente molestala dal patriarca d'A-
quileia, da Luigi I re d'Uugheria, e da'
Carrara, a'quali finalmente pervenne in
conseguenza della guerra di Chioggia. non
potendola difendere la repubblica vene-
ta; per cui lasciata Treviso nella propria
libertà, per salvarsi dal dominio Carra-
rese ricorse a Leopoldo duca d'Austria,
che nel 1 38 1 essendosene impadronito,
da questi invece fu ceduta per un grosso
contante nel 1 384 a c'" ne agognava il
possesso,cioéa Francesco I Carrara signo-
re di Padova. Questo principe poi nel 1 388
consegnò la ciltà al vescovo, ma tosto la
ricuperarono i veneziani, avendovi con-
tribuito Gio. Galeazzo Visconti signore
ili Milano, con guerreggiare Francesco I,
e la spontaneità de'trevigiani di ritorna-
re al veneto dominio. In conseguenza del-
la lega di Cambray del 1 5o<), Treviso so-
stenne lungo e celebralo assedio, e potè
T R E
coprirsi di gloria come sola fra le venete
ciltà che colle proprie forze resistette alle
truppe francesi e dell'imperatore Massi-
miliano 1; indi tornò sotto la repubblica
di Venezia e ne seguì i destini. Per le guer-
re sofferte in varie epoche da Treviso, i
conventi e monasteri subuibani esposti a
replicate rovine, e recando certo danno
alla ciltà col porgere a' nemici comodo
di alzarvi Irinciere e munizioni, a poco a
poco furono trasportali nell'interno del-
la città, ed altrettanto avvenne al mona-
stero delle monache di s. Girolamo, al
modo narrato dal can. Bambaldo degli
Azzoni Avogaro, nelle Osservazioni so-
pra un sigillo della badessa del mo-
nastero, che fu già presso Trevigi di
s. Girolamo, riportate nel t. 48, p. 167
del Calogerà. Il senato veneto per la
delta guerra, onde munire Treviso, nel
i5oc) vi mandò fr. Gio. Giocondo cele-
bre ingegnere veronese.francescanoe non
domenicano ; ma non riuscì lodevolmen-
te nell'impresa, abbattendo spietatamen-
te fabbriche e borghi, e con una vastis-
sima e non utile fossa guastò oltre misu-
ra e deformò la ciltà. Perciò il senato po-
co dopo deliberò di commettere le divi-
sate fortificazioni al valoroso Bartolomeo
d'Alviano, secondo il disegno del quale,
senza rimettervi l'abitazioni esteriori, si
dilatò l'interno circuito della città, spe-
cialmente alla parte del borgo de'ss. Qua-
ranta, e nel 1 56 1 fu l'opera compila. Fu
allora che il monastero di s. Girolamo,
posto da prima fuori e non lungi dalle
vecchie mura della città, fu trasferito den-
tro alla medesima, cambiata l'antica si-
tuazione a mezzo il borgo di nuovo fab-
bricalo, che ritenne il primitivo nome
de'ss. Quaranta. Nel 1782 Treviso fu re-
ligiosamente rallegrata dal passaggio di
Pio VI, nel recarsi a Vienna. Da Ferra-
ra pervenuto a Chioggia, indi l'i 1 mag-
gio a Mestre, vi fu ricevuto nel palazzo
Erizzo dal procuratore Rezzonico, da
mg.r Giustiniani vescovo di Treviso, e da
molli altri vescovi e nobili. Nel seguente
TRE
giorno il Papa ascoltala la messa nella
cappella tiri palazzo, e data la benedizio-
ne al popolo nella sottoposta piazza, a ore
i5 partì per Treviso accompagnato da'
procuratori di s. Marco, Contarmi e Ma-
nin. Giunto Pio VI innanzi alla cattedra-
le di Treviso, al discendere dalla carroz-
za fu incontralo dal vescovo mg.' Giu-
stiniani, dal podestà e capitano di Trevi-
so Marco Zen, dal clero e dalla nobiltà
della città, accolti tutti dal Papa con sin-
goiar gradimento. Adoralo nella chiesa
il ss. Sacramento pubblicamente esposto,
ad istanza del vescovo e del podestà, Pio
"VI fermatosi sulla soglia della chiesa be-
nedì tutto il popolo accorso nella piazza;
indi proseguì il viaggio per Conegliano a
Saeile, ove si trattenne la notte nel pa-
lazzo di mg.r Flangini uditore di rota e
poi cardinale : fu incontrato da mg.r
Marco Zaguiri vescovo di Ceneda, e dal
podestà Nicolò Pizzamano, non che dal
cav. Andrea Renier figlio del doge e da
altri distinti signori. Treviso nel dedi-
carsi alla repubblica di Venezia, conser-
vò i suoi statuti di leggi civili, la sua no-
biltà e le sue furine di rappresentanza
a cui prendevano patte lutti gli ordini
de'ciltadiui. .Nel 1797, rispettando i pri-
mi, alterò dopo 4 secoli e mezzo le secon-
de, ma per pochi mesi dell'invasione del
dominio francese, giacché quelle condi-
zioni furono ripristinate e mantenute dal
governo austriaco a cui fu ceduta fino al
i8o5, al quale erano passati parte degli
stati dell'estinta repubblica. Nel 1 80G ag-
gregate le provincie venete al regno d'I-
talia, Treviso divenne sede d'una prefet-
tura e capo d' un dipartimento che nel
Tagliamento avea nomee confine, ed era
il Trevigiano smembrato di Castel Fran-
co e Noale ceduti a Venezia e a Padova,
coll'aggiunta di molto paese oltre la Li-
venza, sicché la popolazione soggetta al-
la prefettura era alquanto piti che quella
amministrata dalla regia delegazione del-
la provincia d'oggidì, costituita nel 18 [5,
al fondarsi il regno Lombardo Veneto
TRE 85
dall'imperatore d'Austria Francesco T, al
cui impero tuttora appartiene. Durante
il dominio dell'imperatore e re Napoleo-
ne I, questi eresse Treviso in ducato e con-
ferì il titolo di duca di Treviso per ono-
rare Edoardo Adolfo Casimiro Giuseppe
Morlier, maresciallo e pari di Francia,
che intervenne alle battaglie della repub-
blica e dell'impero, potè fuggire dall'e-
splosione del Kremlino, e perì neh 835
in Parigi pe'colpi della macchina infer-
nale esplosa da Fieschi contro il re Luigi
Filippo. Nell'insurrezione del 1848, ces-
sato in Venezia il governo austriaco ci vile
e militare, mediante capitolazione de'23
marzo, del conte Zichy tenente marescial-
lo, comandante di quella città e fortez-
za, col governo provvisorio ivi istituito;
cessò pure in Treviso e sua provincia il
governo ci vile, ed a'2 3 marzo fu istituito
parimenti un governo provvisorio,col po-
destà d.r Giuseppe Olivi per presidente,
cessando pure quello militare col ritiro
delle truppe, non che della guarnigio-
ne di Belluno, che mediante convenzio-
ne col conte Ludolf tenente maresciallo,
onde evitare un inutile spargimento di
sangue, dovè partire senz'armi Irannegli
ulli/.iali, eccettua li ila tale evasione le trup-
pe e gli ufliziali italiani. Nel giugno gli
austriaci, comandati dal feld maresciallo
Radetzki, tornarono nella provincia per
ristabilirvi l'ordine.ed un corpo di circa
10,000 uomini a' 1 3 intimò a Treviso di
tornare all'ubbidienza sovrana; ma il go-
verno provvisorio si preparò a combat-
tere rigettando l'intimazione, mentre fu-
rono riprese Vicenza e Padova. In Tre-
viso i corpi che l'occupavano ostinandosi
alla difesa, tennero poche ore contro il
maresciallo Welden generale comandan-
te dell'armata di riserva, quindi comin-
ciatesi dagli austriaci le ostilità, a' 1 4 giu-
gno capitolò d' ordine del comandante
Zambeccari colonnello di 45oo uomini,
con atto fatto dinanzi alla città, nella fra-
zione di s. Maria dellaRovere in casa Berti,
e sottoscritto dal conte Grenne ville mai:-
£6 T R E
giure, e tln! direttore ile' corpi facoltativi
italiani e della legione romana A. Gari-
l)o!cli maggiore. In conseguenza venne sta-
bilito, che la guarnigione di Treviso, do-
po aver immediatamente cedutele porte
della città all' imperiali truppe, sarebbe
partita nella mattina seguente con armi
e bagagli, obbligandosi di non portar le
armi contro l'imperatore d' Austria pel
peiiododi 3mesi,edi ritirarsi nello slato
pontificio per Monselice e Uovigo a Pon-
te Lagoscuro; lasciando lutto il materiale
da guerra, tranne <\ue cannoni, per cui
nel resto la convenzione fu simile alla ca-
pitolazione di Vicenza; e che la città di-
sarmerà sul momento gli abitanti, rimet-
terà al quartiere generale austriaco lutti»
le armi, e si sottometterà confidando la
sua sorte alla generosità del governo au-
striaco. Gli austriaci vi rientrarono alle
6 pomeridiane del i 4, e gl'italiani ne sor-
tirono alle 6 antimeridiane del i 5, come
rilevai nel voi. LUI, p. 199.
L' evangelo fu predicato in Treviso,
secondo l'antica tradizione, da s. Prosdo-
cimo discepolo di s. Pietro e i.° vescovo
di Padova, dopo la conversione di que-
sta città e verso l'anno 5o. Vi fu ospitato
da Enfiosino milite, la cui figlia illumi-
nò dalle superstizioni pagane, e con essa
anche tutta la famiglia che battezzò. A
Teoflora primaria femmina coll'imposi-
zione delle mani restituì la sanità, onde
si convertì col marito a Cristo, ed a lo-
ro esempio riceverono le acque salutari
del battesimo altri 1 13. Inoltre s. Pro
sdocimo fu l'apostolo e propagò la fede
nel resto della Venezia, in Aitino, Oderzo
e altri luoghi. Riferisce quindi l'Ughelli:
Additatane praetcrea , Prosdocimum ,
curii inorai e tur Tarvisii, de s.Petri mar-
tirio divini t us factum fui sse certiorem,
ideoque (ernplum, quod Deiparae I ir-
gini desti ut: ver al,: kuii seccasse ma gislro,
Tarvisiuosque deinde pi o Divo tutelari
Petrilli! venera tor fuissc , eujiis titillo
Tarvisiiiam cathedralcm nobilitatala
. <■ l 'voi tu ruiii. VV< iiiimts decorc lutic ci
T RE
vi tati sunt totSanc tonai; reliquie/c. rfi/as
fioriorificc ad ppaesen t iss / ni a ni tute la in
asservat,ut corpus s, F.iberalìs de. Alti-
no, quod altinates larvisinis dono dede-
runtyttt Theonistus episcopus, Tabra et
Tabrata. levitarum martyruni aitine/i-
sis dioccesis,qui contea arianos ca titoli-
ce disputantes, lapideo in ponte supraSi-
lium fluinen sunt obtruncati, noctum-
que a tarvisinis deducti ad sepullurani
in ecclesia s. Joannis Baplistae anno
4oo (o più tardi, come dirò), ut ss. Fio
rentinus et Vindemialis episcopi quie-
sccntes in cathedrali, qui ex Africa per-
sequentibus arianis in Italiani descende-
runtj et b. Ilenrici Baucencnsis confes-
soribus, cujus quidc/n Henrki sanguis,
qui de sancto ej'us eorpore Ottava dor-
milionis die ejfluxit, quatuor post sac-
cula stupente natura, admir ante pie tale
rubens adliuc, etjluidus perseverai, in
sacrarum rerum thesauro adservatus,
magnusque habitus inlionore. Aggiunge
iIcommentatoreColeti,/fr///Vit sacra,l. 5,
p. 487 '- Tarvisini Kpi scopi , parlando
della predicazione di s. Prosdocimo in
Treviso. Antiqui ssiniam ej'us cathedra
lem traditur ab codem fuissc ereelam,
b, Petra aposlolorum principi , slatini
ac ej'us reeeii te/11 morte ni eoelitus resci-
vit, dicatam, Quod quidem non oninino
improbabile/li rcddil Iraditioiiem alle-
rarn ,<piae asserii Tarvisinam F.ecles'unn
prillatili fuissc, quae in orbe Christiana
sub invocatone s. Petri fteril sacra-
la. La sede vescovile, istituita nel princi-
pio del IV secolo, divenne sulhaganea del
patriarca d'Aquileia, nel 1 753 Benedetto
XIV la dichiarò dell'arcivescovo d'Udi
ne,e Pio VII nel 1 8 19 l'attribuì al patriar-
cadiVenezia,e tuttora loè.Nell'//^//// sa
cra%\ legge, come prima si costituiva la
diocesi, quanto il capilolodellacattcdrale
eia più numeroso, e quali insegne da Bo
nifacio IX ed altri Papi gli furono accor-
date; che la città conteneva 1 7 parrocchie,
compresa la cattedrale; eli' elativi i do-
menicani, i conventuali, gli agostiniani, i
T Pt E
>i viti,i minori osservanti, i gì rotami ni del
b. Pietro da Pisa, i cappuccini , i cano-
nici regolari Lateranensi , i carmelitani
scalzi, oltre 7 ovvero 8 monasteri ili mo-
nache, de'quali 3 governati da'regolari,
cioè da'camaldolesi, da'minori osservan-
ti e da'conventuali;che in Treviso eranvi
molle chiese, 4 sodalizi, diversi oratorii
e luoghi pii che attestavano la pietà de'
trivigiani. Tutta la diocesi conteneva
20 5 o 214 parrocchie, 3 conventi, 4a'>
bazie, vale a dire 3 di benedettini e una
di cisterciensi, 7 monasteri; i principa-
li luoghi erauo Mirano, Noale, Mestre,
Castel Franco , Asolo già sede vescovile
unita a quella di Treviso. L'Ughelli di-
ce che Treviso contava 1 4,000 anime e
la diocesi 60,000, mentre il Coleli rife-
risce, bis centena ferme, ammarimi mil-
ita. III." vescovo è Giovanni fiorilo nel
320, indi Paolino del 35o, Tiziano fiorilo
circa il 4°°» a' CLU tempo, secondo l'U-
ghclli, dall'Africa si recarono a Treviso
i ss. Fiorentino e Vindemiale vescovi e
confessori, intervenuti al concilio di Car-
tagine tenuto dagli ariani , ed essendo
morti in Treviso, il detto vescovo li sep-
pellì nella chiesa dis. Gio. Battista presso
la cattedrale, in arca marmorea con iscri-
zione. Però avverte Coleli, che i vescovi
Fiorentino d'Utica e Vindemiale di Ca-
psa nell' ariana persecuzione, ovvero in
quella dello scisma de' donatisti, furono
esiliati in Corsica da Unuerico re deman-
dali nel 4$4; 'aont'e '1 vescovato di Tizia-
no forse devesi ritardare, o attribuire al-
l'altro vescovo omonimo la tumulazione
de'beali corpi,come narrerò.G iocondo e-
piscopus rrarvisinus intervenne alla con-
trazione della chiesa di s. Giacomo di
Uivo Aito a'25 marzo 4^1, al cui tem-
po devastando l'Italia Alarico re de'goti,
ne fuggirono la rabbia i padovani e gli
altri popoli cu costanti. In tempo del ve-
scovo Elvidio o Eliuiiudo oElviando, il
ferocissimo Attila devastò Aquileia, Con-
cordia, Aitino, Opitergio, Asolo, Feltre,
Vicenza, adirne mini tabundus Torvi*
T RE 87
suini pessumdatum ibat, Heh'iandus ,
civitatis facta dedi dotte , certissimum
averlit excidium 4^4- Felice I era ve-
scovo quando Alboino re de'longobardi
dalla Pannonia entrò in Italia, ed avvi-
cinatosi a Treviso fu non solo placato dal
zelante pastore, ma gli concesse ancora
maxima urivilegia. Felice 1 fu amico di
Venanzio Fortunato illustre trevigiano,
ed ambedue per intercessione di s. Marti-
no di Tours guarirono da Pule male d'oc-
chi, e Venanziocon ungersicoll'oho della
lampada che ardeva innanzi la sua im-
magine, onde per gratitudine cantò in 4
libri le azioni del glorioso santo. Rusti-
co del 588 intervenne al sinodo di Ma-
rano adunato da Severo patriarca d'A-
quileia. Felice 11 vivea nel 5go e sotto-
scrisse a suggestione de'vescovi scismatici
della Veuezia all' imperatore Maurizio,
per l'affare àe'Tre Capitoli. Qui il Co-
leli riporta Tiziano fiorilo nel secolo VII,
qui eitm Sarraeeni Corsicam subegis-
setit, divino art tts Consilio Ulne se con-
tttlit, et a nautis, lodane incolis, ubi ss.
Florenlìi et P indemialis, qui ab Hun-
nevico rege an. 484 l'i Corsicam rilega-
ti illie mortale* deposuerunt exuvias,
corporei /acereut, edoetus ca inde su-
stulit, Tarvisiumquc diporta\>ittatquc
in basilica s, Jo. Bantu tae honorifice se-
pelh'it. Trivisius del 73t), con Calisto pa-
triarca d'Aquileia, compose la lite fra Gio-
vanni conte di Ceneda e il suo vescovo Va-
lentino. Fortunato del 7gc)ricevè a magni-
fico ospizio il Papa s. Leone III reduce di
Francia, col suo splendido accompagna-
mento. Già nel 780 a tempo di Fortunato
erasi fondato il monastero della B. Vergi-
ne,di s. Croce e dis. Fosca da Gerardo con-
te, in cui si riposero le ossa de'ss. Senesioe
Teopompo martiri, portate dall'oriente.
Dopo la di vaslazioue del monastero, o-
perata dagli unni e ungati neir8gc), i ss.
Corpi furono traslati alia celebre abba-
zia di Nonantola, e l'Cghclli riprodusse
la storia di questa traslazione, non che la
serie degli abbati di Nonaatola . comin-
88 TRE
damlo ila] y^o circa al i632,cioèdÌ79 ab-
bali, fra'quali Rovere divenne Giulio II,
s. Cailo Borromeo e altri cardinali. Il ve-
scovo di* Treviso Lupo Dell' 8 i 4- inter-
venne in Verona alla consacrazione della
chiesa di s. Giorgio. Adeodato nell'826
si recò al concilio di Mantova per le que-
stioni Ira'patriarchi d'Aquileia e di Gra-
do. Domenico vivea nell'866. Landulo
viene quindi registrato. Martino Tarvi-
sìntts episcopus si dice intervenuto nel
961 alla consagrazione delia cattedrale
ili Parenzo. Ciò però fa contrasto con
quanto vado a dire del seguente vescovo.
]i vescovo Adelberto, daColeti chiamato
Alherlo,del quale già dissi superiormente,
che Berengario I nel C)o5 gli concesse que*
privilegi il cui diploma riporta Ughelli,
insieme all'altro diploma di altri privi-
legi alla sua chiesa concessi dal re d'Ita-
lia Ugo nel 926. Alberto nel 967 fu al
concilio di Ravenna, e nel 968 sottoscrisse
la bolla di Giovanni Xlll per l'erezione
di Magdeburgo in arcivescovato, per cui
almeno visse nel vescovato 63 anni. Il suc-
cessore Felice è incerto, o visse pochissi-
mo. Nel 969 l'imperatore Ottone I do-
nò al vescovo Roccio o bozzone il castello
di Asolo, Asylio, colla chiesa di s. Ma-
ria e sue pertinenze. Asolo(F.), Acciaili,
A scellini , A ce cium , A sii uni , Alili uni,
capoluogo di distretto della provincia di
Treviso e già sede vescovile, di cui tratta
il Coleti, Italia sacra 1. 1 o, p. 1 : Acilien-
sis Epitomatiti. Il suoi.0 vescovo che si
conosca, sufi'raganeo del patriarca d' A-
quileia, è Agnello o Angelo de Acilio in-
tervenuto nel 590 al concilio degli sci-
smatici inMarano,chedal Sigonio fu chia-
mato Sai illumini episcopum. Aldo ve-
scovo d'Asolo fu Artemio, il quale por-
tossi al ricordalo concilio di Mantova ncl-
1*826, come si conferma dal documento
pubblicando Coleti. Desolata l'antichis-
sima e illustre città d'Asolo dalle fune-
ste scorrei ie degli unni e ungali nel prin-
cipio del secolo X, a tal epoca sembra che
il suo vescovato venisse umto a quello di
T RE
Treviso, per cui l'imperatore Ottone I, a
istanza della moglie Adelaide, donò il ca-
stello e la cattedrale al vescovo bozzone
che ne avea fatto preghiera. Nell'antica
cattedrale divenuta collegiata, ornala di
pitture pregiate, vi restò il capitolo de'ca-
nonici, il maestro di ceremonie ed i man-
sionari, colia dignità del preposto, ripor-
tando Coleti la loro serie da Luca e da
Pietro del 1 349, a Francesco de Fabris
del 17 15. Allora eranvi un monastero di
religiose, di versi sodalizi e il monte di pie-
tà: fuori della città fiorivano i conventua-
li, i cappucini, i minori osservanti. Nella
chiesa già de'francescani si conservano 3
quadri de'più eccellenti .del Bassano. A-
solo dopo i calamitosi tempi dell' anar-
chia e delle guerre civili cui andò soggetta
nel medio evo, dopo aver patiti infurtu-
nii gravissimi pe'molti tiranni che la do-
minarono, nel 1 337 volontariamente si
sottomise alla repubblica veneta. Diven-
ne sede della regina di Cipro Caterina
Cornalo, vedova di Giacomo 111 Lusi-
gnano,la quale per concessione del gover-
no abitò questo luogo dal 1489 al i5io
in cui morì. Essa, nel tempo di sua di-
mora, vi soleva tenere una corte fastosa
col concorso di molti illustri personaggi
e letterali, fra'quali si distinse il celebre
Bembo poi cardinale, e suo parente. A-
solo cinto di mura merlale e fiancheggia-
to ila torri, ha bei palazzi moderni nella
città e dintorni, abbonda di limpide sor-
genti d'acque, con sanissima aria e dolce
clima. Ma l'ospedale, il ginnasio, sempre
essendovisi coltivate le scienze e le lette-
re. Il territorio abbonda di grani , vini
squisiti, olivi, agrumi, foraggi, animali ,
boschi di roveri e castagni. Vi fiorisce
il lanificio, ha acque salubri e acidule,
e cava di pietre da fabbrica. Il diploma
di Ottone I spedito al vescovo di Tre-
viso Roccio e Rozzone, nel 99 1 fu con-
fermato da altro di Odone Ili, ed am-
bedue sono riportati da Ughelli, insieme
od altro diploma del 996 di Odone IH
per altri privilegi. Inoltre ned' Italia
TRE
sacra si legge il diploma dello slesso ve-
scovo, col quale nel 997 donò a Vita-
le abbate di s. Benedetto il luogo dello
Mogli ano colla chiesa e sne pertinenze;
quello confermaloi io d'Ottone III, ed il
diploma di locazione al doge di Venezia
Pietro Orseolo li del 1001, del vescovo
Rozzone e in nome della sua chiesa di
Treviso, tertiam partem de universo te-
loneo atout ripatico, quoti pcrlinet ad
portimi <lc nostra s. Ecclesia, aU/uc ires
mansioiies, nec non et tantum lerram,
quantum su/fecerit ad tertiam parlem
ad ve s tra s stationes faciendas adversus
noslras, eie. Indi furono vescovi Alme-
rico I, Bloncone, Almerico II del 101 r,
Gregorio, Arnaldo del io i4j '" eui s. En-
rico Il imperatore concesse il diploma
presso Ughelli di conferma a'pi ivilegi de'
suoi predecessori. Il vescovo Rotali nel
i 023 dalla chiesa di s. Gio. Ballista tra-
sferì nella cattedrale i corpi de' SS. Epi-
.scoporum Tlieonisti, Elorentii, et Vin-
demialis, siniul cwn sanctus reliqitiis
beat or uni diaconorum ac tnartyrum
Tabrae et Tabratae, honorifìcentio-
ri loco asservandis. Nel 1026 ottenne
una concessione dall' imperatore Corra-
do 11, riportala da Ughelli in uno al di-
ploma di Enrico 111 del 1 o3y di altri pri-
vilegi. Del successore Raniero non con-
viene Coleti. Al vescovo Volfango nel
1 o65 Enrico IV, con diploma che si leg-
ge in Ughelli, confermò i diritti e le con-
cussioni falle alla sua chiesa: dal mede-
simo si riportano i diplomi del vescovo
Volfango del 10 55 di conferma della con-
cessione del predecessore Rozzone di fo-
gliano «'monaci, e di Papa Vittore II di
ratifica. Mollando oR.otario intruso nello
scisma dell'antipapa Clemente III, nelle
gravi vertenze tra Enrico IV e s. Grego-
rio VII che lo scomunicò e depose nel si-
nodo romano del 1 078. Il Coleti teme che
l'Ughelli abbia confuso 3 vescovi in uno,
cioè Arnaldo o Araldo, Molari o Roti-
lo, e Rollando. Accelino fu vescovo dal
1070 al 1082, che nello stesso anno con-
T R E 89
sagrò la sua chiesa di s. ÌNirola. Enrico
IV con due diplomi del 1 070 e del 1 073,
presso Ughelli, a vea confermato al vesco-
vo Accelino ed al capitolo i privilegi con-
cessi dagli antecessori, a loro ed alla chie-
sa di Treviso. Essendo vescovo Corrado,
nel 1090 Enrico IV si recò a Treviso e
vi fu accolto con incredibili onori e festi-
vi spettacoli, mostrandosi il principe be-
nefico. Adonio vivea verso questo tempo,
ed Oilorico nel 1107. Gombaklo nel 1 1 1 4
ottenne dall'imperatore Enrico V la con-
ferma de'privilegi di sua chiesa. Il vesco-
vo Gregorio neh i3o fece una donazio-
ne, con istromento riprodotto atìY Ita-
lia saera, a'monaci benedettini di s. E-
lena di Tessera; nel 1 i/jo intervenite alla
con^agrazione della chiesa di s. Giorgio
di Verona, e neh 142 ottenne da Corra-
do 111 re de' romani il diploma pubbli-
calo ila Ughelli, confermatorio degli an-
tichi diritti di sua chiesa. Vivea ancora
nel 1 i.jf», come si ha da un istrumenlo
di concessione a' canonici. Il successore
Pietro è incerto. Al vescovo Bonifacio nel
1 1 52 Papa Eugenio 111 spedì l'amplis-
sima bolla Justis fralrum, di conferma
delle prerogative della allieta di Treviso,
Sottoscritta dal Papa e da 1 1 cardinali,
presso l'Ughelli, prendendo sotto la pro-
tezione della s. Sede la cattedrale di s.
Pietro. Blaucone o Biancone o Bianco
deh 1 53, a cui Papa Anastasio IV con-
fermò la bolla dell'antecessore Eugenio
llljel'imperatore Federico I gli concesse
un privilegio. A quatto principe fu fami-
liarissimo il vescovo Ulderico o Oldori-
co, e neh 1 S7 gli spedì un privilegiocon
diverse concessioni, omnem leloneum de
Castro Monti s Bellunae, riprodotto dal-
l'Ughelli. Neh 1 66 concesse l'investitura
di un suburbio di Mestre; e nel 1173 Ez-
zelino I da Romano die una sentenza so-
pra una controversia insorta tra il vesco-
vo e Almerico Buz sul borgo Caurigna-
go, documenti che si ponno vedere nel-
l'Ughelli. Uldarico neh 1 77 intervenne a
Venezia per la pace fra Federico 1 e Pa-
9°
TRE
pa Alessandro 111, Questi neh 170 avea
scritta la lettera apostolica EJfectum ju-
Xta, sottoscritta tla lui e da 1 2 cardinali,
diretta al preposto di s. Pietro, colla quale
prese sotto la protezione della s. Sede i
beni del capitolo; e nel 1 172 con diplo-
ma da lui segnato e da 4 cardinali, pa-
rimenti pose sotto lo stesso patrocinio le
monache di s. Maria di Mogliano: am-
bedue i documenti sono nell'Uglielli. Si-
mile privilegio le monache ottennero da
Clemente 111 nel 1 188. A Ulderico, mor-
to nel 1 1 79, successe Ubaldo o Ottone, e
si dice che in tale anno Federico 1 lo prese
colla ciliìi sotto la sua prolezione. Il ve-
scovo Acillo è contrastalo nell'epoca, e si
crede forse confuso con Accelino. Il ve-
scovo Corrado è nominato nella bolla di
Alessandro 111, Quoties a nobis peti tur,
indirizzata a Dodone decano ed a'cano-
nici della cattedrale neh 18 1 conferman-
dogli la protezione della Sede apostoli-
ca. Indi il Papa Lucio 111 colla bolla Pine
postulutio, deh 1 84> nuovo privilegio e
conferma de'beni fece al decano Oberto
e canonici di s. Pietro di Treviso, ed al-
trettanto loro ratificò nel 1 187 Urbano
III. Inoltre nel 1 1 85 Papa Lucio IH con-
cesse al vescovo Corrado, colla bolla In
eminenti, amplissimo indulto conferma-
torio de'privilegi di sua chiesa. Neh 189
I' imperatore Enrico IV invilo Corrado
ad accompagnarlo nel suo viaggiodaRon-
caglia a Roma peresservi incoronalo. Per-
ciòil vescovo chiamò a parlamento i suoi
feudatari e vassalli ins. Cassano di Quin-
to, uno de'eastelli in cui i vescovi avea-
noassoluto dominio, per imporre loro una
contribuzione per allestirsi a partire con
buon numero di gente armala a tenore
del sovrano comando. Tenne ih.0 luogo
fra questi il conte Rambaldo trivigiano,
il quale promise per tulli, inclusi vamente
agli assenti, che sarebbe pagata la tassa
ingiunta. L'atto co 'nomi de' feudatari si
legge nell'Uglielli, insieme alle ricordale
bolle. Enrico già canonico della cattedra*
le era vescovo ucl 1 1 97, e più alti di sue
TUE
investitine sono rammentali dall'Ughel-
li. Il capitolo neh 199 gli die a successore
Ambrogio, ed anche di lui si hanno mo-
numenti d'investiture datea'suoi vassalli.
A Tito oTisooTisone Tempesta, che g'i
fu surrogato, Innocenzo III interdisse la
temporanea amministrazione e collazio-
ne de'benefìzi ecclesia^ici. In un allo del
1 2 1 o e riportato ue\\' Italia sacra, si ri-
cava che il vescovo di Treviso veniva di-
stinto, come notai di sopra, co' titoli di
signore, duca, conte e marchese plurima
oppidorum, et lerrarum, in eisaue pie*
nani et liberarti juristlietionetn exer-
cere. Nel vescovato di Alberto a' dome-
nicani dal pubblico fu fabbricato nel
122 3 il convento e la chiesa, ludi si ri-
porta il vescovo Odorico forse nel 1 23 1 ,
e Tiso de Vidoro del i23i confermò nel
1 2 32 con suo allo l'istituzione di 4 man-
sionari fatta dal capitolo, e col vescovo
di Pveggio a oneste condizioni con)pose
la pace co' veronesi. Nel 1 2 33 col consenso
del capitolo accordò l'esenzione alle mo-
nache di s. Chiara, prendendone cura i
francescani; ciò che confermò Papa Gre-
gorio IX colla bolla Religionis vestrae,
la quale con detto atto, e colla lettera d'In-
nocenzo IV del 1 244i contro Ezzelino III
da Romano, sono nell' Italia sacra. A •
vendo l'empio l'iranno invaso le castella
e le possessioni della chiesa di Ti eviso,
ritenendole con violenza , determinò il
Papa a rinnovare con tale lettera la sco-
munica contro di lui, chiamando Ezze~
lino HI nemico di Dio e della Chiesa. Mor-
to nel i 24'> TisooTisone Vidoro, gli suc-
cesse fr. Gualtiero della famiglia Irivigia-
na Agnus I >ci, domenicano, nunzio d'Inno-
cenzo IV all'imperatore greco, e concesse
un'in vesti tura aTisone di Cam pò s. Pietro;
nel 1 255 fu traslato a Castello o Venezia,
ma non pare che fosse cardinale. Nota il
Coleli, che il cronista de' francescani pre-
lese che il b. Gualtiero di tale oidi ne, chia-
ro per miracoli, fosse vescovo di Treviso
neh 242, ma noi fu; ed inoltre avverte
che l'ietto Pino vescovo di Custello, cui
T U E
pei' morie successe fr. Gualtiero, non po-
teva paasarea quesiti sede, come volle U-
ghelli chiamandolo Pietro Pierius, Il ca-
pitolo parte elesse fr. Albi-rio l'uccio ira li-
cevano, e parte Bartolomeo die rinun-
ziò. Papa Alessandro IV annullata la vi-
ziosa elezione, nel i 2 ~5 dicliiaiò vescovo
il degnissimo Uiecioo bieco, che edificò la
chiesa di s. Lorenzo martire, e fu zelante
e benemerito pastore, A lui ed al vesco-
vo di Vicenza scrisse Alessandro IV con-
tro Ezzelino III e il suo fratello Alberi-
co, dichiarandoli scomunicati e protet-
tori di eretici. Il vescovo fu poi calunnialo
alla », Sede, ma trovato innocente tornò
alla sua chiesa, ove pacificamente mori
nel i 2 7 5. Di versi documenti clie lo riguar-
dano sono neH'U»hel!i, Tommaso Tra-
versali ed Eurico Contenni veneto non
si trovano vescovi ne' registri vaticani.
Nel 1278 Prosavio Novello Iraslato da
Ceneda,di si ngolai sapienza e di soavi ma-
niere; mortile! 1 29 1 e fu sepolto nella cat-
tedrale con marmoreo epitaffio. Tolleri o
Caccia di Treviso è dubbio. Nel 1291
Acido registrato da Ughelli, viene riget-
t alo da Coleli. Pandolfb vescovo vivea nel
1 3o6 e nel 1 3oq. In questo trovasi Ca-
stellano Salomoui virtuoso e lodato, mor-
to neh 322. Nel seguente da Forlimpo-
poli vi fu trasferito Ubaldo Gabrielli da
Gubbio; Pivebat adirne art, 1 334 0"°
die g martii Nieola ejns vicarius man-
davit Conrado de Bramasechis decano
eathedralis Tarvisinae, ut non oh s tan-
te interdicto, cui fune erat obnoxiacivi-
tas Tdrvisina, sacra pera geret, etdivi-
nis interesse t offìciis juxta praeceptuni
Dominorum de Scala, a quibus eidem,
si obedirerenuisset, mors intendebaluv.
Nello stesso 1 334 f°- vescovo fr. Giovanni
de Benedetti nobile veneto domenicano,
morto in Bologna. Pietro Paolo Costa tri
vigiano, nella cattedrale eresse l'aliare di
s. Gio. Battista e lo consagrò nel i344:
fu sotto di lui che nell'episcopio il vesco-
vo di 'Porcello, alla presenza del suo vi-
cario gcnerale,proscit)lsedal vincolo della
TUE 9.
scomunica il Bramasechiela città. Morto
nel 1 349)gli successe nel 1 3.5o Pielro,incli
nel 1 35 1 Giovanni Malabaila d'Asti, tras
laloalla patria nel 1 354 ('' can.Bima nella
Serie cronologica de* vescovi iV Asti ^Wca
nel 1 364,epoi nel I 376 venne trasferito a
s. Gio. di Moriana). Iti tale anno fu eletto
AzzoMadioodeMauzisodeMagisnobilis-
siino bresciano, esimio dottore in legge.
Morto a'18 luglio 1 3 T7 inVenezia e tumu-
latolo s.Paolo.meulreLuigi I red'CJnghe-
ria stava per irrompere contro la città di
Treviso, nell'islesso anno gli fu soslituilo
il famoso Pileo de' conti di Prata (fr.),
traviato nel 1 309 a Padova e poi cardi-
nale. Gli fu surrogalo Pietro de' conti
Baoui di Padova e canonico di quella
cattedrale, due alice volte postulato rial
capitolo, con alti riferiti dall'Ughelli, ven-
ne fallo vescovo di moto-proprio il.i In-
nocenzo VI; assai lodato per la sua am-
ministrazione, probi là e vita esemplare.
Oi nò la cattedrale e rifece la porta, con-
sagrò l'aliai e di s. Marco e vi collocò mol-
te reliquie, edificò e dotò nella stessa cat-
tedrale l'altare e la cappella della ss. Tri-
nità e vi fu sepolto: aumentò nella piìi par-
te l'edificio dell'episcopio, scrisse la vita
del b. Enrico ila Bolzano, volgarmente
detto di Treviso. Il successore fr. Nicolò
Beruto domenicano, uel i3q4 f(> Iraslato
a Massa Marittima, e nel i4<>4 all'arcive-
scovato d'Orislagno o Arborea, confer-
mandolo il can. Sima. Riferisce il Coleli,
che Bonifacio IX colla bolla Licei /.?, che
riprodusse, nel suo vescovato concesse al-
la cattedrale diverse indulgenze; ma es-
sendo la bolla dell'anno XII del ponti-
ficato, pare meglio doversi ritenere ema-
nata hi quello del successore. Lotto Gam-
bacorta nipote del signore ili Pisa e ar-
civescovo di questa città, esiliato dall'Ap-
piani quando uè usurpò la signoria, Bo-
nifacio IX neli394 lo traslalò a Trevi-
so. L'Ughelli ci diede Tallo del possesso
che prese della sede, in cui si parla del di-
fensore o avogrado per l'avvoca/.ia della
chiesa di Treviso, ancora esistente, per
9i TRE
cui godeva il feudo di varie terre qual
■vassallo del vescovo, nel quale officio a'
Tempesta erano succeduti gli Azzoni, per
elezione fatta innanzi al predecessore dal
clero e da' nobili di Treviso. Lotto eb-
be a suffraganeo e vicario generale fr.
Giacomo di Treviso domenicano, vesco-
vo di Tine e Micone. Moiì Lotto nel
i4oq, ed Alessandro V elesse fr. Giaco-
mo di Treviso, allora chierico di came-
ra, imperocché i trivigiani eransi sottrat-
ti dall'ubbidienza di Gregorio XII, rico-
noscendo invece Alessandro V eletto nel
Sinodo di Pisa. Fr. Giacomo interven-
ne al concilio di Costanza per l'estinzio-
ne del traode Scisma d'occidente, e finì di
vivere nel 1 4- > 8. Martino V lo stesso anno
conferì la sede a fr. Gio.Benedetto veneto
francescano, insigne per virtù, e dottrina,
già generale del suo ordine e arcivesco-
vo di Ravenna , designato di Spalatro
(al quale articolo lo riportai col Fallato,
il quale lo chiama Giovanni Averoldi bre-
sciano, ma neli474> Pel' quanto vado a
dire); Ìu insieme arcivescovo di Tebe in
partibus, benemerito pastore, ed inoltre
si «lice nell'iscrizione sepolcrale, che re-
staurò l'episcopio e la cattedrale, redense
i beni della mensa e fu munifico con tutti.
Morì nel 1 433 e fu sepolto nella cattedra-
le con onorifico epitaffio, che come altri
•si può leggere nell'Ughelli, che riferisce
tali notizie. Varie avvertenze e rettifica-
zioni fa Coleti sul riferito dall' Ughelli.
Chiama il dello vescovo fr. Gio. de Be-
nedetti nobile veneto domenicano, eletto
neh 4 i S dopo avere rassegnato il titolo
di Ravenna a cui l'avea destinato Grego-
rio XII e mai la governò; che vi vea an-
cora nel i435, che fu nunzio apostolico
a Venezia, e morto in Bologna venne de-
posto nella chiesa del suo ordine, con quel-
l'iscrizione che Ughelli riporta al vescovo
fr. Giovanni de Benedetti del 1 334, tu cu'
parlai più sopra. Il vescovo fr. Giovanni o
Za n nel ti no genera le de'miiiori, a rei vesco-
vo di Tebe e di Spalatro, vescovo di Tre-
viso, di cui parlerò, morì ueli483; ma
TRE
l'amanuense o meglio l'oscitanza del ti-
pografo (come rileva Quiriui)avendoom-
messo nella data il numero L scrisse 1 433
come riportai poc'anzi, il che fece quella
gì ave alterazione e confusione che in p;ir-
le corresse Coleti. Il cardinal Angelo M.a
Quirini scrisse le notizie: De Joanne Be-
nediclo patricio veneto ordinis prrredi-
catorum, Episcopo TarvisinOyEpistola.
La pubblicò il Calogerà nel t. 49, p-3 1 9,
ed ivi schiarì tutto quanto riguarda il ve-
scovoBenedelti,riportandoancora la bol-
la Injunctum nobis, che Eugenio IV e-
uianò nel i432 sulle nuove costituzioni
del capitolo di Treviso. Il cardinal Qui-
rini dunque, dichiarando che furono con-
fusi i tempi e le persone, narra su fr. Gio.
de Benedetti veneto domenicano, che nel
i4oo fu promosso da Bonifacio IX al
patriarcato di Grado, dignità che trepi-
dante rinunziò dopo pochi giorni. Indi
diventò priore del suo convento de* ss.
Gio. e Paolo di Venezia; poi fu designato
fra' candidati al vescovato di Padova, e
nel i4 1 6 fraque'pel vescovato di Treviso
a cui fu prescelto. Come eletto, interven-
ne al concilio di Costanza, e ne'primor-
di del pontificato di Martino V o nel 1 4 ' 8
fu da questi promulgato vescovo di Tre-
viso. Fu zelante pastore pel ristabilimen-
to della disciplina ecclesiastica e per l'e-
semplarità del clero, particolarmente per-
seguitando i concubinari. Nunzio d' Eu-
genio IV a' veneti, fu anche al concilio di
Basilea, il quale divenuto conciliabolo,
per evitarne le insidie si recò a Bologna,
ove morì a'i4 aprile 1437, restando se-
polto in s.Domenico. Nel 1 437 medesi-
mo Eugenio IV fece vescovo il parente
Lodovico Barbo nobile veneto, abbate di
s. Giustina di Padova, che accettò ripu-
gnante, come quello che avea istituito la
detta congregazione benedettina, la qua-
le lòrmò la celebre de' Cassi nesifF.). Mo-
rendo nel 1 443 volle esser sepolto nel ca-
pitolo di s. Giustina, con epitaffio in versi
presso Ughelli. A' 17 ottobre gli successe
Ermolao Barbaro nobile veneto e proto-
I R E
notano apostolico, che restaurò con pie-
tre l'episcopio, e lo abbellì, neh 453 tra-
sferito a Verona. DaCattaro nel 1 454 p**-
sò a questa chiesa Marino (che lo slori-
co trivigiano Burchelato appella Lodo-
vico) Contarmi nohile veneto, già luogo-
tenente nel vescovato ih Vicenza pel caldi-
na 1 Bar ho poi Paolo 1 1 .Morto nel i 455, in
questo postrema die abeimfis aprili s, ne
occupò la sede il protonotai io apostoli-
co Pietro Tostara; e nello stesso anno a'
) | dicemhre fu succeduloda Marco Bar*
lo (V.) sapiente e vigile pastoie, dallo zio
Paolo li circa ih 465 traslato a Vicenza,
indi creato cardinale. Gli successe Teo-
doro Lelio, che col Carde! la , Memorie
storiche de' Cardinali, lo dissi tra gl'il-
lustri trivigiani, dignità da alcuno con-
trastala: 1'Lghelli lo chiama pure de Lei-
lis e lo dice nohile di Teramo, uditore di
rota da Pio II, e fatto vescovo di Treviso
da Paolo li; lodato per prudenza e celebre
per dottrina. Pio 11 l'inviò al senato ve-
neto per l'operato da Sigismondo arcidu-
ca d'Austria, nell'arresto del cardinal di
Cusa vescovo di Bressanone, e per la villo-
ria riportata da Luigi XI rediFrania,con-
tro Filippo il Buono duca di Borgogna;
non che lo spedì in Germania per le fu»
neste conseguenze degli eretici ussiti. Tor-
nato a Roma, Pio 11 lo colmò d'onori, riè
minor favore godè presso Paolo li, che
lo impiegò in importanti affari, morto in
Roma uel i/jGG e tumulalo in s. Maria
Nuova con iscrizione, nella quale non si
nomina il cardinalato, ma solo che fu ve-
scovo di Treviso, divini humaniaue ju-
ris consultissimo, ac Pauli II referen-
dario. Questo Papa nel concistoro de' i 7
aprile promosse a questa chiesa, vacante
da 1 7 giornijFrancesco Barocci nobile ve-
neto canonico di Bergamo; per sua mor-
te nel 1 47 1 fui ono vescovi, prima Bene-
detto daUdine,e poi fr. Pietro Riario[V.)
di Savona francescano e nominato dallo
zio Sisto IV, che creatolo cardinale gli la-
sciò questa chiesa in commenda, indi nel
1-475 fece vescovo Lorenzo Zane palliar-
TRE p,3
ca d'Antiochia. Su questi 4 ultimi vesco-
vi va letta l' Italia sacra, ne'documeuli
cheli riguardano, così del successore Gio-
vanni di Savona deh 476, ossia fr. Gio-
vanni Zannettino generale de'francesca-
ni memorato di sopra e confuso col do-
menicano fr. Giovanni de Benedetti ar-
civescovo di Spalatro secondo uno de'ca-
talo»hi del Fallato, bensì arcivescovo di
Tebe. Questo dottissimo teologo fr. Gio-
vanni fu detto da Udine, e da'fondamenti
costruì nella cattedrale la grande cappella
sotto il titolo della Concezione di Maria
Vergine, com'è detto nell'epitaffio sun-
nominato, il quale fu attribuito erronea-
mente al domenicano, e nella medesima
sepolto neh483 per sua morte, avendo
istituito un canonicato per celebrarvi la
messa. Da Parenzo nel 1 486 vi fu trasfe-
rito Nicolò Franchi padovano, funse per
la santa Sede varie legazioni, e l'Ughelli
riporta un epigramma inciso prope Kpi-
scopatus gradits, e l'iscrizione posta nel
marmoreo sepolcro nella cappella del ss.
Sagramenlo della cattedrale, ove fu col-
locato allorché morì neh 499- 'n questo
vi fu traslato da Belluno Bernardo Rossi
di Parma de'conli di Bercelo, che dotalo
di molte virtù, prudenza e integrità, fu
impiegato da' Papi in gravi affiti, onde
fece governare la sua diocesi da altri per
la sua assenza. Nella sede vacante perGiu-
lio 11, il sagro collegio lo fece governa-
tore di Roma, e l'eletto Leone X lo con-
fermò e poi lo mandò preside a Bologna;
nuovamente governò Roma sotto Cle-
mente VII, e mentre dovea crearsi car-
dinale, repentina morte lo tolse a'viveuti
a'28 giugno 1 527, 1' Ughelli riportando
l'epilafliodisua tomba. Nel 1 5^8 Clemen-
te VII die questa chiesa in amministra-
zione al cardinal Francesco Pisani (/ .),
che nel 1 538 la cede al nipote Giorgio
Cornaro nobile veueto,virtuoso e pruden-
te pastore (ma Coleti corregge Ughelli,
dicendo che il cardinale amministrò la
chiesa sino al i5(> j): intervenne al con-
cilio di Trento, i cui decreti promulgò
94 TRE
in Treviso, dedicò la chiesa ile' cappuc-
cini, e nel i5y7 abdicala sede *( seguente
nipote, e morto dopo due anni fu tumu-
lalo nella cattedrale. Francesco Corna-
ta (J7.) a' aq novembre divenne vesco-
vo, nel i 583 restaurò e ingrandì il semi-
nario, e ne curò l'ottima istruzione, da
Sisto V fu fatto chierico di camera, e da
Clemente Vili cardinale; non continuò
B(l amministrare la sua chiesa, poiché nel
i 5q5 l'avea rassegnala, dopo averla be-
neficala col suo animo caritatevole: l'U-
ghelli riporta l'iscrizione sepolcrale di
Roma, e quella eretta in Treviso da 'ca-
nonici. Neli5q5 da Zara vi fu trasferito
il nobileveueto Luigi Molinodi gran pie-
tà e vigilanza; curò l'educazione delle sa-
gre vergini, la frequenza de'sagrumenti
nel popolo, l'esemplarità del clero, ed in
tulle le buone opere volle contribuirvi;
imnlo in Venezia neli6o4 con lagrime
ed elogio funebre fu accolto nella sua cat-
tedrale,e Bai toiomeoBurchelato ne com-
pose l'epitaffi*. Tosto gli -successe Fran-
cesco Giustiniani nobile veneto, abbate
commendatario dibosco, morto nel 1623.
A'i8 dicembre Vincenzo Giustiniani gli
fu sostituito, che neh 633 passò a Bre-
scia, ed in vece fu eletto Silvestro Moro-
sini nobile veneto, nella sua morte avve-
nuta neliG3o, succedendolo Marco Mo-
losini liaslaloaBrescia nel i64'J>.lnnoceu-
zo X nel i 646 nominò Antonio Lupi ber-
gamasco,morlo nel 1 f)C>7,oude nel 1 668da
Concordia vi fu trasferito il nobile veneto
Bartolomeo Gradeuigo, poi vescovo di
Brescia neh 682. Neh 684Gio.BatlistaSa-
nuto patrizio veneto e primicerio di s.Mar-
cOjbenemerito vescovo, poiché celebralo il
sinodo confermò i decreti de'predccessori,
rifece l'episcopio, nella torre contigua alla
cattedrale pose l'orologio, stabilì meglio
la sede del seminario, e dopo un'ultima
amministrazione morì neh 709 e fu de-
posto innanzi l'altare maggiore de' car-
melitani scalzi con onorifica iscrizione.
Nel 1710 gli successe il cassinese d. For-
lunato Muiosini nobile veneto, egregio in
TRE
lettere e pietà, zelando quanto poteva h
re risplendei e la religione e le virtù do'
chierici ; il seminario per lui fiorì nelle
scienze e nel numero degli alunni che
giunsero a 1G0, anche per averlo ingran-
dito e fornito di tulio il bisognevole. Ri-
fece l'episcopio più ampio, con 1* archi-
viò ove riunì lutti i documenti antichi di
sua chiesa. Con questi termina ne\\' Italia,
sacra la serie de'vescovi, che compietelo
eoUe Notìzie di Roma: ilColeli nel 1. 1 o,p.
343 riportò anche pel veseovalo'di Trevi-
so aggiunte e correzioni. Nel 172.3 vi fu
traslato da Cor fu, colta ritenzione del ti-
tolo arcivescovile, Agostino Zacco di Ve-
nezia. Nel 1739 da Ceneda vi passò Be-
nedetto de Luca di Venezia. Nel 1700
fr. Paolo Francesco Giustiniani cappuc-
cino di Venezia, già vescovo di Chioggia.
Nel 1 788 Bernardino Mario canonico re-
golare Lateranense, di Glissa diocesi di
Spalatro. Dopo lunga sede vacante, nel
1822 Giuseppe Gras*er di Bressanone,
poi traviato a Verona, l'io Vili nel con-
cistoro de 1 8 maggio 1829 dichiarò ve-
scovo Sebastiano J Soldati diPadova,zelan-
te della cura delle anime, eloquente pre-
dicalore, e vicario capitolare; grave, pio,
prudente, dotto e ottimo pastore. Per sua
morie il regnante Pio IX nel concistoro
de'3o settembre 18^0 preconizzò, con
I' elogio che si legge nella proposizione
concistoriale, l'odierno vescovo mg.' An-
tonio Farina di Gambellara diocesi di Vi-
cenza, già canonico di quella cattedrale,
maestio in diverse facoltà del patrio se-
minario, curato della parrocchia di s. Pie-
tro, fondatore col proprio peculio della
pia cusa delle don/elle con approvazione
della s. Sede, esaminatore pio-sinodale,
censore e revisore de'hbri, e moderatori
del 1 egio liceo e delle scuole pubbliche/;/ o
jjuellis. Ogni nuovo vescovo è lassalo ne'
libri della camera apostolica in fiorini
4^o,la mensa essendocostituita di 4 lOO
scudi romani non deduc ti 's oucriliis.Xm-
pia è la diocesi, e comprende 209 par-
rocchie.
TR E
TREZENE. V. Tresene.
TRI A Guglielmo, Cardinale. Urta in
Francia di regio sangue e zio di Filippo
di Valois, arcivescovo di Reima nel i 3^8
unse e coronò il nipote in re di Francia
col nome di Filippo VI. A'20 dicembre
1 3 3 1 Giovanni XXII lo creò cardinale
prete, e si vuole inolio nel i334- Il suo
cardinalato però è contrastato, alcuni Taf
fermano, altri lo negano.
TRIADICO. Inno della chiesa greca,
ciascuna strofa del quale terminava in lo-
de della ss. Trinità eòi Maria Vergine.
TRIBÙ' o TRIBO, Tribus. Una delle
parti nellequali anticamente si divideva-
no le nazioni o le città, per distinguere le
stirpi e le famiglie. Sembra die tuttavia vi
sieno ancora antichi popoli divisi per tri-
bù., divisioni però appellate con diversi
vocaboli. Il nome di tribù, o tribo come
pronunziavano questa voce i nostri pa-
dri e maestri della lingua italiana, viene
dal latino tribus che ha il medesimo si-
gnificato, e dalla parola greca tribus che
suona terza parte, perchè il popolo ro-
mano fu nella sua prima origine diviso
in tre parti o tribù, secondo la testimo-
nianza ile' più antichi scrittori. Nell'an-
tichità chiamatasi tribù una certa por-
zione di popolo distribuita in diversi di-
stretti. Vogliono alcuni che per la divi-
sione fatta da Rotnolodi Roma, delle ter-
re delle città e del territorio delio slato
in tre parti, le chiamò tribù, sia a moti-
vo del Tributo (/ .) che ogni parte do-
vea pagare, sia pel numero di tre, il qua-
le formava quella prima divisione del po-
polo, o per qualche altra cagione che s'i-
gnora. Ma prima de' romani il vocabolo
tribù già era stato usalo dagl'Israeliti o
Ebrei discesi da' 1 2 figli di Giacobbe, an-
zi come notai nell'enumerarle in tali ar-
ticoli, co' nomi de'loro capi, quel popolo
fu distinto in i3 grandi famiglie, perchè
Giacobbe adottò per figli prima di morire
i due figli del suo diletto figlio Giuseppe.
Nondimeno la Terra promessa da Dio u
Giacobbe, ed al suo avo e padre, ora Pa-
TRI <>V
testina (T~.) nella Siria (l '.J,vennedisii i-
biuta soltanto in 12 parti, non dovendo I»
tribù di Levi oLeviti( P.)tcoomgtala al Si-
gnore, essere occupata nel coltivare la ter-
ra, ma sempre addetta al servigio del Ta-
bernacolo (/'.) e del Tempio (f7.), perchè
ad essa fu dato il Sacerdozio (I.), per cui
si provvide alla sussistenza di questa tribù
assegnandole delle dimore in alcune città,
come pure ebbe le primizie, le decime e le
oblazioni del tempio. Narrai a Israeliti
e alili articoli come nel deserto la tribù
di Levi era collocata intorno al Taberna-
colo, e le altre 12 com'erano accampale
a tre a tre unitamente, ciascuna secondo
il proprio rango, e da queste posizioni e
dall' insegne delle tribù ebbe origine lo
Stendardo (l .); come procedevano nel-
la Strada in viaggio; come fu loro divi-
sa la Terra promessa o paese di Chanaan,
che d'allora in poi fu detlaTerra d'Israele,
e Terra santa, perchè Dio solo vi era a-
dorato (ma ben ■ giusto titolo i cristia-
ni la chiamarono Terra santa, dacché es-
sa fu santificata dalla nascila di Gesìi Cri-
stoe dtt misteri di nostra avventurosa re-
denzione, ed ove è il Calvario e il s. Se*
polcro, venerandosi in Gerusalcmmeau-
che la culla della nostra ss. Religione); che
dopo la morie di Salomone, dividendoci
Iei2 tribù in due parti, quella compo-
sta delle tribù di Giuda e di Beniamino
formò il regno di Giuda, quindi il pae-
se da loro abitalo prese il nome di Giu-
dea (V.), cioè dopo il ritorno dalla schia-
vitù di Babilonia; mentre quella por-
zione il' israeliti composta delle altre 10
tribù formò il regno d' Israele con Sa-
maria (/'.) per capitale; restando Ge-
rusalemme (l .) capitale del regno di
Giuda, il quale col tempio conservò il pu-
ro culto di Dio. UEfod (I .), ornamen-
to del Sommo Sacerdote, a te» sulle S}>al«
le due giosse pietre preziose sulle quali
leggevasi il nome delle 12 tribù, cioè su
quella della spalla dritta il nome de 6 pri-
mogeniti, e quello de'secondogeniti sulla
sinistra. Nella parte ove l'è lo d s'incroci.»
96 TRI
va sul petto eravi l'ornamento quadralo
detto Razionale (F.), nel quale erano in-
cassate 12 pietre preziose di diverse spe-
cie e colori, su cui erano scolpiti i nomi
delle 12 tribù, uno per gè/?*/»*?. Dio a mez-
zo del sommo sacerdote e del razionale
rese più volte i suoi oracoli, quando fu
consultato. Siccome nelle 1 2 pietre era-
no pure scolpile delle figure, desse e i lo-
ro colori, secondo alcuni, dierono origi-
ne agli Stemmi, nel quale articolo le de*
scrissi, perchè corrispondevano all'inse-
gne delle 12 tribù israelitiche. Di quanto
riguarda le tribù d'Israele in moltissimi
articoli, sebbene qui non rammentali, ne
ragiono.
Atene, di cui riparlai meglio a Gre-
cia, variò nel numero delle sue tribù se-
condo i suoi ingrandimenti : da princi-
pio n'ebbe 4> poco dopo 6, indi nel suo
splendore era divisa in io tribù, che a-
veano ricevuto il loro nome da 1 o eroi del
paese: Demostene ne parla sovente nelle
sue aringhe. Si chiamavano : Scarnan-
ti fie, Anliocliide, Cecropide, Ippotoon-
tiae, Leonilde, Oeneidc, ec. Quelle tri-
bù occupavano ciascuna un quartiere di
Atene, e di fuori alcune città, borghi e
villaggi, in numero di 74: l'adulazione
degli ateniesi ve ne aggiunse poscia altre
3, le quali portarono i nomi di Tolomeo
figlio di Lago o Tolemaide , di Attalo
re di Pergamo o Atalide,e di Adriano
imperatore romano o Adrianide. Presso
i romani il nome di tribù avea due si-
gnificati; si ricevea egualmente per^una
certa parte di popolo, e per una porzione
di terreno che ad esso apparteneva. Non
bisogna confondere la condizione delle
tribù di Roma (V-), sotto i re, sotto i con-
soli e sotto gì' imperatori , giacché esse
cambiarono al tulio di forma nel corso
di questi 3 generi di reggimento, come
rilevai in quell' articolo e negli altri che
ti hanno relazione. Le tribù ponno con-
siderarsi sotto i re come nella loro pri-
uiilivuorigine,soltoi consoli nel loro stato
di perfezione, e sotto gl'imperatori come
T il I
nella decadenza loro, almeno riguardo al
loro credito e nella parte ch'esse a veano
nel governo,poichè gl'imperatori concen-
trarono nelle loro proprie mani tutta l'au-
torità della repubblica, e non ne lascia-
rono più che l'ombra al popolo e al se-
nato. Stabilita e ampliata la nuova città
di Roma da Romolo, ed egli eletto re del-
la medesima, successi vamenle divise in 3
parti il pò polo e perciò chiama te Tribuno-
me pure fece una tri pi ice di visione di tutto
il terreno che possedeva, una delle quali
parti dovea servire per la costruzione de*
templi e pe'ministri sagri, l'altra per gli usi
pubblici, come fori, basiliche, et., e la 3."
riservò pegli usi privati. Quest'ultima 3.a
parte fu nuovamente divisa in 3o parti
decimali eguali per 3o curie, ciascuna
composta di 100 cittadini, ed ogni curia
fu suddivisa in altre io parti dette decu-
rie. Imperocché Romolo avea distribuito
il popolo in tre parti o quartieri o sestieri
o sezioni o Regioni (V.), come le nostre
Parrocchie (V.), dalle regioni derivan-
do poi i Rioni di Roma(V .); le quali parti,
odal Tributo ( V.) che doveano dare(vo-
bolo derivato perchè esige vasi dalle tri-
bù testa per testa), o dal numero terna-
rio, o secondo Plutarco dalla ricordata pa-
rola greca tribus, che presso gli ateniesi
significava la 3." parte, furono dette Tri-
bù j le quali di nuovo si divisero in 1 o cu-
rie. Ciascuna tribù avea per capo il suo
Tribuno (P^.), benché ne' tempi succes-
sivi fu abolito, a riserva del tribuno mi-
litare. Erasi questa divisione stabilita
per la milizia, poiché in que'primi tem-
pi si sceglievano 1000 pedoni da ciascu-
na tribù, da dove derivò la parola Mi-
le.s da mille, al riferire di Dionisio d'A-
licarnasso, e 100 cavalieri. Ciascuna cu-
ria avea i suoi esercizi di religione e il suo
capo; il sacerdote o colui che avea la cu-
ra de'sagrifizi di ognuna di esse chiama-
vasi Curio o Curione , a sacris curandr.
Romolo chiamò curie la divisione delle
tribù, perchè la repubblica con la cura
e opera dc'lribuui loro capi spedisse le seu-
T R I
lenze e i giudizi.che però alcune leggi pub-
blicale da're furono delle Curiale, ed i
«l'elèi ti delle curie del medesimo deno-
minati decurioni. In una parola, ogni cu-
ria era regolata da un curione o centu-
rione in guerra, e da un sacerdote ool no-
me pure di curione in tempo di pace, le
decurie dal decurione. Questa divisione
moltiplicata poi iti centurie, ed applicata
tanto all'ordinamento civile che al mili-
tare, da queste partizioni toglievansi i vo-
ti nelle decisioni dal popolo e da'soUlali.
In tal modo si rese più facile il novero de'
cittadini, e il censimento delle loco pro-
prietà onde regolare le imposte. Aumen-
tatasi anche più la città, tanto rimase Io
stesso numero delle tribù, avendone pe-
rò ottenuto il nome, dimodoché lai." si
diceva Ramnensium. da Romolo re de'
romani; la 2.a Tatìcntiuni, da Tazio re di
Curi capitale della Sabina {T .) e de'sa-
bini; la 3/ Lucer um, della cos'i o dal Lu-
cumone etrusco, come composta di etru-
schi che aveano aiutato Romolo nella
guerra contro Tazio, o dall'asilo stabili-
tosi da Romolo in un boschctlo situato
nel Campidoglio, in Ialino dello Lucus.
Essendo i Tribuni (I'.) sul principio soli
3 e come mandali dalle 3 tribù all'eser-
cito, furono chiamati Tribuni. Crescen-
do maggiormente Roma , il suo 5.°reTar-
quinio PritCO duplicò il numero delle
tribù , ritenendo però le stesse denomi-
nazioni , dicendosi Ramrtenses primi ,
Raninenses secundi, come allesta Festo.
Essendosi poi di molto aumentate le me-
desime tribù , e specialmente la nomi-
nata Lacerimi, il 6.° re di Roma, Servio
Tullio, mutando il detto ordine , divise
le città in 4 porzioni e l'Agro romano (di
cui a Roma) in i5 o i 7, variando sopra di
ciò gli scrittori, come ampiamente si può
vedere nel Grevio, Alcune delle quali si
nominarono Tribù Urbane , cioè della
città, ed altre Tribù Rustiche o Rusti-
cali, della campagna : le urbane, secon-
do il Sigonio, furono la Suburra na, della
ancora Sucusana, YEsqailina, Collina
VOL. IXXX.
T R I 97
e Palatina, così appellate da'luoghi che
abitavano: delle rustiche o suburbane ci
restano i nomi della Romulia, la Fejen-
tina, la Lcmonia, la Pupinia, la Crii-
stamina; le altre col tempo mutarono no-
me. Dipoi in diversi lempi vi furono ag-
giunte altre tribù che arrivarono al nu-
mero «li 35, cioè nell'anno 5i 2 della fon-
dazione di Roma. Le tubane o prime f\
componevano gli abitanti di Roma, le ru-
stiche gli abitanti della campagna snbnr-
baua e portavano il nome di qualche luo-
go da esse abitato o dalle famiglie illustri
che vi erano incorporate; come per dir-
ne di alcune la Cluentina ,Arniese 0 Nar-
mese, /Jllia, Aniensc, Camilla, Scazia,
Fabia, Fa/cria, Troincntina , Sergia,
Lcmonia, Mezìa, Mencnia, Minuzia, O-
criculana, Papi a, Papiria, Pallia, Te-
renlina, Popilia, Pojìinia , Pomptina ,
Oufentina, Fini 'Ha '.Sic Ila lina, Quirina,
Romilia, Sabatina, Felina, ec, discor-
rendone diflissamentfl il Grevio e il Pan-
vinio. Ma le tribù della città, le quali da
principio furono le più stimate e le più
onorevoli , per comprendere la miglior
classe de'cittadini e la più nobile,dipoi nel-
la repubblica essendosi in esse introdotta
ogni classe di persone,di vennero in segui-
lo abbiette; perchè Appio Claudio cen-
sore volendo cattivarsi l'animo della ple-
be, v'introdusse la feccia del popolo fin
dal 44^ di Roma, onde le rustiche di-
vennero in maggióre reputazione. Le an-
tiche e più distinte famiglie della città,
con quasi tutte le famiglie nobili, prefe-
rirono allora di essere annoverate fra le
tribù rustiche o della campagna, o v'era»
no situali i loro beni; donde avvenne, che
la parola Tribù non distingueva più la
dimora di coloro che la componevano, ma
la loro accettazione in una certa parte «lei
popolo;e non vi rimasero che 4 tribù del-
la città, le rimanenti 3 1 erano della cam-
pagna, però le une e le altre furono delle
tribù di Roma oromane. Superando le
tribù rustiche in nobiltà e riputazione le
urbane, da ciò pure derivò l'uso e il gu-
7
c,8 TRI
sto prèso da'grandi eda'più doviziosi cit-
tadini di abitare nella rampogna, ove sta-
bilirono / 'il le (/ .) sontuose ne'loro va-
sti fondi subuibani e vi facevano dimo-
ra, ed alcuni anco per esercitarvi la no-
bilissima agricoltura, come Ira gli altri
fecero M. Curio dopo aver trionfato de'
sanniti, dc'sahini e di Pirro; L. Q. Cin-
cinnalo, che coltivando la terra ricevè
l'annuncia d'essere elevato alla dittatu-
ra ; e Regolo generale romano nella i.*
guerra cartaginese, tornò poi a coltivare
il suo podere; oltre tanti altri che al dir di
Cicerone, ab aratro arcessebantur, qui
conmles fìent. A non ripetere elogi, ba-
sti ricordare cjuelli falli da Virgilio, Pli-
nio, Vairone, Colnmella ed altri molti an-
tichi e classici scrittori. Cicerone nel suo
Catone maggiore invila a leggere sui no-
bili piaceri della vita rustica il libro di
Xenofonte, I' Economico, de titenda re
familiari. Essendo adunque l'arte agra-
ria utile e nobile esercizio de'romani pa-
trizi, quindi è che le tribù rustiche si re-
putarono assai più onorevoli dell'urba-
ne. In esse in falli erano descrii le le più
illustri famiglie, come la Romulia. la Ce<-
monia, la Pnpinia, la Galleria, la Pal-
lia, la T oltinia, la Claudia, V Emilia,
la Cornelia, la Fabia, V Grazia, la Me-
nenia, la Papiria, la Sergia, la Veni-
rla e lante altre. Ecco perchè i romani
volendo piemiare un cittadino, Io rimo-
«eTMIO dalla tribù urbana e alla rustica
l'annoveravano; e per lo contrario volen-
do castigare alcuno, dalla tribù rustica lo
trasferivano all' ui bana. Furono dunque
più onorevoli le tribù rustiche, e forma-
rono esse la distinzione de'primai i citta-
dini. Augusto slesso era ascritto nella ru-
slicale tribù Fabia,come discendente dal-
la famiglia Giulia, per essere stato adot-
talo da Giulio Cesare. Aggiungerò, quan-
to al passaggio d'una tribù in altra, che
i romani potevano fai lo, poiché se un ro-
mano descritto in uno tribù, veniva adot-
talo da famiglia aggregata in altra tribù,
l'adottalo si trasferì vu dalla propria nella
T B I
famiglia dell'adottante, e per questa tra-
slazione molava tribù. Similmente pote-
vano seguire cambiamenti di tribù per
cagione dell'abitazione o del censo, e for-
se anche per allre ragioni, le quali non
avevano luogo ne' municipii e nelle co-
lonie, ognuna delle quali con tulli i suoi
cittadini ad una sola tribù era assegnata.
Nondimeno alcuni scrittori hanno credu-
lo, che alcuna colonia sia stala soggetta
a cambiamento di tribù, per essere slata
più d'una volla dedotta colonia, cioè per
essere condotti in essa nuovi coloni. Il
popolo romano ne' primi anni della fon-
da/ione di Roma, non essendovi per an-
co centurie, ma soltanto 3 tribù, ri con-
vocava per curie; in tal modo si creava-
no i re ed i magistrali; si facevano le leg-
gi e gli statuti; ed amminislravasi la giu-
stizia nell'assemblea delle curie, pren-
dendo i voli de! popolo. In segnilo simi-
li assemblee non si tennero che per crea-
re i flamini, cioè i sacerdoti di Giove, di
Alarle e di Romolo, ed il gran cui ione,
giacché il curione o sagrifkatore era da
ciascuna curia eletto a proprio, giacimeli*
lo. Le assemblee più antiche del popolo
di Roma, ossia le sole ch'ebbe per mollo
tempo,chimavansi Comitia CitriataMoè
assemblee del popolo romano per curie
o quartieri, perchè in esse eranvi solo co-
loro che dimoravano in Roma. Quest'as-
semblee lenevansi in un luogo chiamalo
Comizio, nel Foro di Roma (1 '.), ed eia
presieduto òa' Pontefici {1 .),conie le per-
sone più ragguardevoli di ciascun quar-
tiere o curia. Il comizio, Comitium, eia
in prossimità della Curia Ostilia eretta
da re Tulio Ostilio 3." re di Roma, per le
adunanze del Senato romano[P.), iìa lui
accresciuto dopo la distruzione d' Alba,
fra' Rostri eia Strada sagra, ubicazione
di cui riparlai a Tempio; inoltre Tulio O-
stilio aumentò la tribù dtliannii o ro-
mani con incorporarvi i vinti albani, men-
tre prima di lui alla tribù de' Laceri era-
no stati annessi lutti i popoli chei romani
avevano sottomesso : del comizio, la sua
.
T R I
litichila si trae dalle Leggi (/".) delle
XII tavole, facendosene menzione nella
i.'Il comizio fu uno spazio particolare
del foro romano, dove il popolo si rac-
coglieva pe' comizi curiati e per tratta-
re liti, convenire alcuno di spergiuro, ec;
la sua etimologia deriva a coire, dall' u-
n irsi insieme. Sorgeva sopra gradini in
area grande e scoperta, partedi quella del
foro romano; ma dove più sovente era
un'adunanza permanente. nel. 544 ^i R°~
ma venne coperta per la i." volta con ten-
de,durante l'adunanze legittime del popo-
lo.Nel tempo della repubblica varie statue
si eressero nel comizio, come quelle di Ac-
cio e Navio, d'Ermodoro efesino interpre-
te delle XII tavole, di Pitagora e d'Alci-
biade; ma a'tempi di Plinio solo vi rima-
neva la statua di Orazio Codile. Nel 6y3
di Roma vi fu collocata la celebra pittu-
ra staccata dalle pareti di Lacedemone
con artificiosingolare, trasportandosi l'in-
tonaco entro forme di legno. V'erano poi
nell'area i due famosi alberi di fico il Ru-
minale e il Navio; sotto il i.° essendo sta-
la trovala la lupa lattante i due gemel-
li Romolo e Remo (o così dello dui ru-
minar de'bestiami, che ivi ne'tempi più
antichi pascevano), onde poi vi fu posto
il simulacro della Lupa allattante i due
bambini, in bronzo,ora esistente in Cam-
pidoglio; il fico Navio fu cosi detto per-
chè iti impiantalo da Tarquiuio Prisco
in memoria d'aver l'augure Navio taglia-
to col rasoio la pietra o cote, ed ivi l'uno
e l'altra fece sotterrare, pianta che quan-
do cominciava a inaridirsi se ne pianta-
va un germoglio nuovo, perchè crede-
vano gli aruspici finché 1' albero si fos-
se conservato la libertà del popolo roma-
no rimarrebbe intatta. Contenendo il co-
mizio ricordi del trovamento di Romo-
lo e di sua prima educazione, n'ebbe pu-
re di sua morte, per esservi slati eretti
in memoria due leoni, donde derivò il co-
slume di lodar i morii avanti i rostri; e vi
fu pure posta una pietra nera, per indi-
care il sepolcro destinato a Faustolo edu-
TRI 99
calore di Romolo, ed a Quintiliosuo se-
guaceestipile della gente Quintina oliti-
la a'tempi di Commodo. Tutto il narrato
sul Comizio I' ho ricavalo dal di più che
ne riporta il dotto N'ibby, Roma nel 1 838,
par a.- aulica, p. 67. Si può vedere l'eru-
dita lettera scritta a' 10 aprile 1847 da
Domenico Cacchiatelli, pubblicata nel
Panorama del prof. Mercuri,!. 2, p. 5o:
Sulla scoperta del Comizio al eh. Lui-
gi t'escavali. A darne breve ceuno, dirò
che l'incerta contrastata posizione dello
scomparso suolo, ove il popolo romano si
riuniva in comizio per trattare i più seri
affari dell.» nazione all'epoca de're, il suo
traslocandolo in altra posizioneove i de-
simi del mondo si risolvevano e l'incivili-
mento dell'europee popolazioni, la som ma
importanza di riconoscere questo sito,non
chele tantediverseopinionide'piìi classici
archeologi, mossero ne'primi del 1846 lo
scrittore a occupare di rintracciare la lo-
calità di sì classica superficie. L'esca vazio-
ni eseguite dal Vescovati nel foro romano
nel 1 847,presso i ruderi della curia, lo con-
fermarono sulla posizione da lui stabilita
del comizio, prossimo al Tempio di Ca*
sfere o Polluce (/"'.) e sulla cui area fu
pure eretta la basilica Giulia, il cui pa-
vimento fu scoperto in delle escavazioni
presso la Colonna (/ .) di Foca e adia-
cente al Tempio di Giulio Cesare (T-J-
Perciò dichiara avere il comizio abbrac-
cialo un'area di 7 iugeri in figura di pa-
rallelogramma largoi20 piedi, il doppio
lungo, ossia una superfìcie di 28,000 pie-
di quadrali, circa la 7/ parte di rneuo
della Piazza Navona (V-), e capace di
contenere 60,000 individui. Conviene
che coprì vasi il comizio temporaneamen-
te secondo le circostanze, in modo da con-
tenere un considerabile numero di citta-
dini. Che per l' importanza delle popo-
lari riunioni fu il comizio il più augusto
sito di Roma, e lo fu più ancora per gl'in-
signi pili antichi e più venerati monumen-
ti che conteneva, dequali aggiunge a'ri-
eordatij la spelonca di Pane, che fai ma-
ioo TRI
vh ui) angolo del Manie Palatino, la pros-
sima uni di \ iiltano.il celebre Loto pian-
tato ila Romolo, albero forte e di lunga
vita, forse perchè ivi e sollo il fico Ru-
minale li arrestò la cesta che conteneva
ini e il fratello esposti in balìa del tra-
boccato Tevere (/ .). Che Noma 2.0 re
di Roma stabilì la sua dimora all'estre-
mità del comizio, e unì la sua casa al 2\m-
pio di Presta ( T- .) cust od ito da Mel'esta li.
Clie il tribuno della plebe Caio Licinio
Crasso nel 6og di Roma pel 1 .° trasportò
il popolo dall'antico comizio, ne'Septi sul
Campo Marzo, poi vastissimo edificio. Che
gli avanzi del comizio finirono d'essere di-
strutti nel 1 084 per l'incendio di Roberto
Guiscardo. Essendosi in dette escavazioni
scopertoli suo antico piano, si venne a re-
stituire a Roma e a tritio il mondo un mo-
numento generale dell' universo, essen-
do comparsi sopra di esso gli oratori de'
popoli che anche oggidì si chiamerebbero
di regioni remote del mondo. 1 comizi
curiati furono i più antichi di Roma, co-
me tenuti dal popolo diviso in tribù e cu-
rie : queste essendo 3o ne seguiva, che
quando si avea il voto unanime di 1 6 di
essescioglievasi l'adunanza. Fino a Servio
Tullio 6." re di Roma lutti gli affari ri-
messi ni popolo venivano decisi da'eomi-
zi curiali, e Lex Curiata : appellnvasi la
risoluzione. Quindi Servio Tullio colla
istituzione de' comizi cenluriali, che te-
nevansi nel Campo Marzo, rese meno fre-
quenti i curiati; nondimeno sino al fine
della repubblica rimasero privativa di
questi comizi il conferire il comando de-
gli eserciti, la conferma dell'elezione falla
ne'comizi tributi, l'adozione, i testamen-
ti non conformi alla legge, e la nomina
de'fiamini e del curione massimo. Nicola
Oruchius o Groucy ci die: De ComiH.it
lionwnorum, Parisiisi 555. Nel comizio,
oltre i comizi curiati, vi si tenevano so-
venteanchei comizi Iribnti.così eletti per-
chè i tribuni della plebe e altri magistra-
ti superiori convocavano il popolo per
tribù; e siccome quest'etano 35, la uuu-
TR I
n'unita di 18 bastava per la risoluzione, e
quindi scioglievasi l'adunanza. Questi co-
mizi per tribù furono per lai. volta in-
trodotti nel 264 di Roma nella causa di
Coriolano, e allora furono temili nel fo-
ro romano, ossia nel comizio, parte di es-
so. In que'comizi non solo eleggevano i
magistrali inferiori di Roma, comincian-
do dagli edili curuli e plebei, ed i magi-
strali straordinari, cornei prefetti dell'an-
nona,) duumviri navali, ce., ed ilPontefìce
massimo; ma si trattavano anche cause
capitali, specialmente di stato; questo co-
stume durava ancora al tempo dell' im-
pero. Le leggi si confermavano, ed i ma-
gistrati capitani si eleggevano, dopoché
il senato ne avea fatto proposta. L'auto-
re delle Antichità Romane riferisce, 1 he
le tribù ordinariamente si adunavano nel
Campo Marzo o nel Foro di Roma nel
Comizio, per eleggere i magistrali di 2."
ordine, cioè i tribuni del popolo, gli edili,
i triumviri, i proconsoli, ec; per far le
leggi che chiamavano plebiseita, e per al-
tri simili allari. Tali assemblee per tribù
chiama vansi Comitia tributale, quelle del
popolo per curie, Comitia curiata; uè
altra differenza eravi tra esse, se non che
queste erano composte di soli abitanti na-
turali di Roma, e quelle che i tribuni a-
veano il potere di convocare, in un cogli
abitanti di Roma comprendevano tulli
quelli delle città d'llalia,che vi erano as-
sociale alle tribù., e che aveano ottenu-
to il diritto della cittadinanza romana.
Eia necessario tra'romani, che ogni vero
cittadino di Roma fosse ascritto in qual-
cuna delle 35 tribù. Imperocché siccome
ne'pieni comizi, che si facevano ordina-
riamente in grazia o delle leggi o de'ma-
gislrati, tutte le tribù concorrevano; così
per non confondere i voti ogni cittadino
era in qualcuna di loro nella quale vo-
lava; e la maggior parte de'voti costitui-
va l'opinione di lei, intorno a quelle roa-
lerieche ne'comizi erano proposte. Quin-
di allorché per benefìcio della legge Giu-
lia, lulla {Italia (/".) fu ascritta alla ro-
TR I
mann cittadinanza , e indi la Venezia e
l'Istria, ogni citlà si prescelse la sua. E
così fu ascritta Milano nella tribù Ufen-
lina, Aqtiileia nella felina, Concordia
nella Claudia, Padova nella Faina, Vi-
cenza nella Nerenia, Verona nella Po-
blìcia, e così il rimanente. La necessità
e il privilegio di ascriversi nelle tribù ro-
mane, passò di ragione anche all'Istria, e
fu prescelta la Pupinia. Quali privilegi
godesse una citta ascritta in una delle tri-
bù romane, il Resini al cap. 4 "e fa una
diligente descrizione, e riferisce che ognu-
no il (piale in alcuna delle tribù romane
era ascritto, passando in Roma col suo
domicilio, in quella curia veniva aggre-
gato ov'era posta la sua tribù, ed acqui-
stava il jus Ch'itati.?, con facoltà d' in-
•ervenirea'comizi(ne'quali facevasi la di-
spensa delle cariche principali della re-
pubblica, e l'elezione de'magistrati, con
una riserva però, ch'era obbligato a ri-
nunziare alle particolari leggi patrie, ed
uniformarsi a tuttociò ch'era particola-
re in quella curia o tribù, in cui era sta-
to aggrega to,ciò che non succedeva a que-
gli che dimorava fuori di Roma, che so-
lamente interveniva a'detti comizi e non
era tenuto a rinunziar alle leggi della pro-
pria città. Così pure afferma il Panvinio,
descrivendo l'origine e disposizione del-
le curie e tribù, e la loro autorità, venen-
do al particolare delle Colonie^'.), Mu-
nicipii{V.) e Prefetture (V.) d'Italia. In
una parola, tutte le Città le quali erano
in condizione di colonie o municipiio pre-
fetture o città confederate di Roma, col
corso del tempo goderono il jus Roma-
nuin, ed ebbero la facoltà d'intervenire
ne'comizi, che ogni anno si facevano in
Roma nella dispensa delle cariche e per
giiflffttri.lt) tempo della repubblica lira-
vausi a sorte i nomi di tutte le centurie, e
quella che sortiva la i .Vi chiamava Prin-
cipium e dava lai. "il suo voto; dopo il
Sii di Roma, quando il popolo fu distri-
buito nelle 35 tribù, ed in esse furono
comprese le ceuturie, primamente tira-
TRI i o i
vasi a sorte il nome delle tribù per co-
noscere quella che avrebbe il t.°luogo, in-
di tiravasi quello delle centurie di que-
sta tribù, e quella che sortiva lai/ pro-
nunziava prima delle altre il suo parere;
in seguito chiamavausi tutte le altre cen-
turie della i .", della 2/ e di tutte le altre
classi secondo il loro ordine. Fuvvi un
tempo, in cui i voti per l'elezione de'ma-
gistrati davansi ad alta voce; e tale mi-
sura teneva ne'giusti limiti il popolo, a-
vendo ciascuno vergogna di dare il suo
voto ad un individuo indegno, e capace
di recar nocumento alla repubblica; ma
nel 6 1 4 vi s'introdusse l'uso dello squit-
titilo e de' voti segreti, che favorivano le
cabale de'catti vi soggetti, ed aprivano lo-
ro il cammino alle magistrature eminen-
ti, essendo il popolo molto facile a com-
piacere taluno, senz'essere esposto al ros-
sore di favorire persone immeritevoli.
Quegli che avea l'incarico di proporre al
popolo il punto su che tratta vasi, salito
in aringa proponeva l'aliare, indi tratte-
si a sorte le curie, andavano, secondo l'or-
dine con cui uscivano, ad un chiuso for-
mato di pali, che dicevasi Sejìtum o ()■
vile, perchè, fatto a foggia di parco, ove
da'pastori si racchiudono le greggie. Vi
si entrava ad uno ad uno per assai stret-
to sentiero che metteva a questo chiuso,
nel cui ingresso si trovava chi ricevea il
voto. I ricordati spazi detti Septa,ntìi[\i&-
li si tenevano i comizi e convegni dalle
tribù del popolo per dare i loro voti, era-
no nel Campo Marzo ne'tempi della re-
pubblica, formati con recinto di tavo-
le e diviso in sezioni, dove le tribù e le
centurie adunavausi ne'comizi per dare il
suffragio. G. Cesare formò il progetto per
trasformare questo grossolano scompar-
timento in una costruzione sontuosa, in-
di la mandò ad elìetto Augusto con isplen-
dido portico oblungo,sostenuto da colon-
needa pilastri eadorno di dipinture, con
grandi aree cinte da portici di colonne e
da camere. Agrippa li dedicò in onore di
Augusto, e perciò col nome di Sepia lu-
io* TRI
Ha. Dopo l'abolizione de'comizì, il por-
lieo de Senta servì per spettacoli fino al
secolo V. Sorgevano presso la 7 illa pub-
blica, nell'area ove ora sono il Palazzo
P ampli ilj Dorìa sul Corso ( ''.), la Clde ■
sa di s. Ignazio (fy.) col contiguo orato-
rio del Caravita, ec. Quando si trattava
dell'elezione de' magistrati, bastava all'u-
scir del chiuso dar la sua nomina. Quan-
do poi trattavasi della pubblicazione di
qualche legge, o della condanna capita-
le di qualche reo appellatosi al popolo, si
procedeva diversamente. Le panche sub
le quali si collocavano le arche, ossia ce-
ste,ove getta vausi le tavolette quando da-
masi il voto, si chiamavano in lalinoy?o«-
test per essere molto alle e strette. Ad o-
gni cittadino davansi due di queste tavo-
lette: in una vi erano pel .sì le lettere U.
R. iniziali delle parole idi rogas, le qua-
li denotavano che colui il quale dava il
voto, approvava l'alto proposto dall'ar-
lingatore; nell'altra pel no era vi la lette-
ra A, iniziale della parola antiquo, che
significa abolire/ e metaforicamente au-
nullui e, rigettare, non accettare. Frattan-
to gli scrivani segnavano con punti il nu-
mero de' voti o favorevoli o contrari, e la
pluralità de'medesùni dava la conclusio-
ne dell'affare. Nelle singole curie poi la
pluralità de' voti ne'snoi componenti da-
va il voto della curia. Ogni 5 anni il cen-
sore faceva la rassegna delle tribù, e con-
fei ma va ciascuno nella sua tribù,o da essa
l'escludeva ponendolo per punizione in
altra inferiore, ovvero lo incorporava in
una superiore, in ricompensa di qualche
distinta azione. Può vedersi sulle tribùde'
romani il Sigonio, De aulir/. Jure Jtal,
lib. 3,cap. 3; il cardinal Noris, Cenotaph.
Pisan. Dissert. i , cap. i ; Govik, Inscript.
Etrusch. t. 2, p. 191 ; De Vita, Antiq.
Benevent. p. 48; bosini, Antiq. Roman.
lib. 6, cap. 1 5; Gravina, Originimi juris
p.i 1; Panvinio, De civit. Rom. Reipub.
Roman. Commentarior. p. 307. 1 nomi
di tutte le ti dui si leggono presso Paolo
Manuzio, Antiq. Roman, ile Comitiis
tr r
Rom. in SckL ad Epist. Fani. Veramen-
te nelle lapidi si trovano i nomi di altre
18, ma il Fabretti, Inscript. Antiq. do-
mest. p. 3g5, non le crede distinte dalle
3 5, ma solo dà avarie di queste più nomi
sortiti o in grazia degl'imperatori, o de'
vari paesi aggregali alle medesime. Del-
le tribù di alili popoli parlai a'Ioro luo-
ghi; qui solo dirò che ogni tribù'presso i
germani cbiamavasi Fare, e il loro capo
farones, donde baroni.
TRI BUN k ,F astigiani, Absis .X^a par •
te principale degli edilizi sagri, o di altre
fabbriche insigni. Nicchia grande posta in
capoadun Tempio (/ .), chiamala anche
Apside (V.) o Absida. Tribune dicousi
anche i luoghi in alto, destinali a'Canto-
ri, a'suonatori, e talvolta altresì agli spet-
tatori. Quindi le tribune degli Organi
(f^.). Dicesi tribuna tonda una specie di
volta, la quale non è fatta solamente d'ar-
chi, ma di cornici e cose simili, per il che
non ha bisogno di centina o armatura di
legname. La tribuna degli antichi era il
/W^/Vof/^sulqualesaliva l'oratore nel-
l'assemblee popolari, tualamenteda alcu-
ni confusa co' rostri ch'erano collocati
presso la tribuna medesima, onde parlar
da' rostri dicevasi come parlai* dalla tri-
buna, sebbene i rostri fossero tntt' altra
cosa, cioè le punte degli speroni di bronzo
delle navi prese da' romani a que'd' An-
zio, co'quali adornarono una tribuna co-
strutta nel Foro romano per le concio-
ni pel Comizio delle Tribù (V.) e curie,
la quale perciò ebbe il nome di Rostraj
e quando Giulio Cesare traslocò le con
cioni in altra parte del foro , la tribuna
che perciò edificò fu appellata i Rostri
Giiilii e i Rostri Nuovi, senza demolire
la vecchia che prese il nome di Rostri
freccili. Il Borghini crede il nomee an-
che la forma delle tribune delle Chièse
(V.) , derivanti da quello di Tribunale
(J^.)j giacche aggiunge, ch'egli è hen ve-
ro, che le maggiori chiese e più solenni
nella parte di sopra, dove gli antichi (nel-
le basiliche) aveano il tribunale, che noi
.
T R I
i, ritenuto l'antico nome intero, chia-
miamo tribuna, e la formasi vede anco-
ra mantenuta in molte chiese all'aulica
girata in mezzo al cerchio. Il Nibby, Dis*
scrt. della forma e delle partidegli an-
tichi templi cristiani, parlando dell' ul-
ima parte e più sacrosanta della chiesa,
1 Santuario e Sacrario (f.), che chiu-
sa da veli e cortine sorgeva mollo più al-
ta del Coro, come in tutte le antiche chie-
se di Roma meno alterate si riconosce,
e specialmente in s. Clemente cogli Stal-
li (/'.)o sed\\\ intorno; quindi ascenden-
dovisi pev gradi/ri, da'greci ebbeil nome
corrispondente al latino di Tribunal, da
cui il moderno vocabolo di Tribuna, con
che sogliono chiamar questa parte di chie-
sa, ebbe: origine, ed in mezzo sorge va Val-
tare isolato. Il p. Lu pr, Dissertazioni, t.
i, p. i 3, chiama la tribuna alla testa del-
la navata di mezzo, essenziale alle nostre
antiche Basiliche (P.), anziché integra-
le. Negli edilizi che presso le catacombe
o cimiteri fin du'tempi delle persecuzio-
ni si fabbricarono dagli antichi cristiani,
acciòservissero di chiesa, si trovatole tri-
bune ad uso del clero e del sagro altare;
e sebbene il rimanente dell' edilìzio, ac-
comodandosi all'angustia de' luoghi , in
lutto o in parte sotterranei, non manten-
ga in tali chiese la proporzione e divisio-
ne di navate, che poi fu osservata nelle
basiliche, nondimeno rade volte avvieue,
che in quelle strettezze non si sia ritrova-
lo luogo per la tribuna. Riporta il p. Lu-
pi la testimonianza del \$os\Q)Roma sub-
terranea, di trovarsi le rovine di alcuni
piccoli templi fabbricati sui sepolcri dei
martiri, totalmente dalla figura delle ba-
siliche dissomiglianti , e coll'irregolarità
di figura più conforme a'templi de'gentili,
che a que'de'crisliani. Non per questo, e-
gli sostiene, che ommettessero similmen-
te i cristiani di fabbricar la tribuna nei
luoghi alle loro radunanze destinati pel
Servizio Divino (!''•), quali erano legran-
di basiliche, perchè l' ommettessero nei
piccoli e angusti templi sepolcrali, che ser-
T RI io3
vivano per oratori*, Ora queste tribune,
che nelle basiliche de'gentili servivano per
tribunale, come attesta Vitruvio, lib 5,
cap. i, dove sedevano i giudici a senten-
ziare delle cause, collocata nel mezzo del
semicircolo la sedia conile, insegna della
loro giurisdizione, se fossero magistrati,
o sopra sedili adattati alla centina dello
edifizio, se giudici se»uplici ; sopra multi
gradini si sollevavano dal pavimento, co-
me in Firenze nella gran sala del consi-
glio il luogo pe'magistrati, e alcuni gra-
dini più alto del piano dalla sala; con que-
sta istessa alzata di gradi, co' loro sedili
disposli intorno, furono adoperate da'eri-
stiani ad uso di sedervi e vescovi e clero
per ordine, ludi il p. Lupi con diverse
testimonianze prova P uso di salirsi alle
tribune per gradini , e il sedervi sotto il
clero; costumanza che quando anco tutte
l'autorità mancassero, dalla sola voce Tri-
li unni nel la chiesa latina e nella greca, con
cui tal parte dell'edilìzio si chiama, e dal-
le sedie e banchi di marmo, che in molte
delle romane chiese dentro le tribune mu-
rati si vedono, bastantemente si prò vereh
he. Essere manifesto, per consenso di gra-
vi scrittori, che il nome di tribuna dato
a questa parte di sagre fabbriche, viene
dal nome Tribunal cou eui nelle loro pro-
fane basiliche distinguevano i gentili tal
semicircolo. Un'altra sorte di tribune non
così comuni notò il p. Lupi, non già col-
l'occhio nelle f ibbiiche de' cristiani, ma
sibbeue coll'inlelletto ue'libri degli anti-
chi scrittori. Queste sono tribune a 3 nic-
chie talmente situale, chese quella di mez-
zo vulta il convesso esteriore al ponente,
come solevano quasi tutteappresso gli an-
tichi cristiani, quella ch'è collocata a drit-
ta, lo volterà allo scirocco, quella che oc
cupa la manca , la volterà al maestrale.
Tal fatta di tribune chiamansi con termi-
uè ecclesiastico ZWcor/,da'3 spartimeu-
ti a modo di conchiglie, de'quali è com-
posta; siccome dal numero di 8 nicchie u
lunate, ch'erano nella volta del battistero
ottangolare di s.Tecla in Milano, tal fab
h»4 TRI
brica chiamossi Octachoros nell'iscrizio-
ne attribuita a s. Ambrogio e riferita dal
G intero \\t\Y Inscr. Christ., pare che con
ti illune di Trìcori fosse la triplicata tri-
buna «Iella basilica di s. Felice descritta
da s. Paolino. Ebbe la tribuna Tricora
anche il gran lempiodis. Sofìa di Costan-
tinopoli , e il p. Lupi dubita se l'avesse
pure la chiesa di s. Maria in Cosinedin di
Uonu», male sue 3 tribune non compon-
gono una Tricora. Che tali tribune tri-
plicate abbinilo avuto origine da'genlili,
l'induce a crederlo le rovine della villa A-
driaua presso Tivoli.edi gentili usaronoin
termine d'architettura la sioceTrichorus.
Termina il p. Lupi con ragionare della tri-
buna quadrata di s. Lorenzo fuori delle
mura, della strana basilica fabbricata da
Costantino 1 in Anliochia,ottaugolare sen-
za tribuna e senza navale, e conclude es
sere fuori d'ogni coutrov ersia, che le tri-
bune semicircolari , le tribune li-icore e
le basiliche sono fabbriche ecclesiastiche
copiale dalle pagane. Leggo nella Notizia
de vocaboli ecclesiastici del Magri , che
Tricliorus voce greca significa tre ripo-
stigli o ricettacoli o luoghi, voce composta
da Ter e Lucus, e che erano altari com-
partiti in 3 ripostigli da reliquie. Ivi pul-
si dice, che la maggiore nicchia del Tri-
( ■fioriti; cioè di mezzo, era della Co/iclia,
e le due piccole laterali erano chiamate
Coiicliidae. Su questa voce trovo che il
p. Costadoni, ueW Osservai, .sulla catte-
drale di Torccllo, riferisce essersi chia-
malo il Presbiterio ne'piimi secoli Ausi-
da o Apsida, non che Exedra a motivo
della Cattedrale che gli si die pure anco
il nome di Conca, imperocché la volta di
questo semicirculo viene appunto ad es-
sere la 4- parte d'un globo, la qualedagli
architetti Conca si appella. I gentili che
pure a veauo ne'loro superbi templi un so-
migliante silo ove stavano assisi i magi-
strati co'loro ministri, lo denominavano
Tribù/tale, e perciò du'cristiaui saette tal
voce fu adottala , specialmente dagli o-
ticululi, e tra quegli da'gicci, sebbene lo
T R 1
chiamarono anco Sanata Saiictoruin e
quindi Santuario, ove non era lecito che
a 'chierici lo entrarvi. Il p. Costadoni lo
chiamò antico Presbiterio.. A Todi(y.)
vi è il celebre tempio suburbano di s. Ma-
ria della Consolazione, iu forma di cro-
ce greca cou 4 apsidi.
TRIBUNALE, Tribunal. Luogo do-
ve risiedono i giudici a giudicar le cause
e rendere ragione; luogo dove si ammi-
nistra la giustizia , ed ove risiede il ma-
gistrato quando si aduna. Dicesi giustizia,
virtù per la quale si rende a ciascuno ciò
che gli è dovuto, il tribunale civile e cri-
minale. Il tribunale fu ed è anche detto
Corte e Curia (V .). Il vocabolo tribu-
nale, per comune consenso derivò dalla
Tribuna (V .) delle Basiliche {fy.) degli
antichi romani, ove reca vansi i giudici ad
ascoltare le istanze, a decidere le differen-
ze, a giudicare le liti e altro, nel modo con
cui ne riparlai nel voi. LXX.UI, p. 34"2. 11
severo Milizia, Delle belle arti del dise-
gno, dice che i tribunali non potrebbero
avere miglior forma di quella delle basi-
liche. Il Perotto, Cornucoj). liuguae la-
tiuae, p. 889, n.°3o, così ne spiega l'eti-
inologia; Ite ni a Tribubus Tribunal lo»
ctis excelsus, in quo, quis jus Tribubus
redderet consedebat. Vitruvio, De Ar-
chìt. lib. 5, p. 1 nj, spiega nobilmente co-
me il tribunale era fallo anticamente: /-
lem Tribunal est in ea Aede hemieyeli
scfiema tis, minore curva tur a for mattini j
ejtis attieni lieinicycli in fronte est in ter-
valium, pedina eptadr agilità sex,intror-
sus curvatura pedum quindecìni, itti cos
a pud Magistratus starent, negotiantes
in Basilica ne itnpedirent. In Roma fàb-
brica vati il tribunale nelle basiliche, cioè
nel fondo dell'apside nel luogo detto tri-
buna, e lo attesta pure il Sigonio, De A/i-
tiq.jure P r ovine. \\b.\ i,p. 288; Statuen-
do vero locus juil Basilica, et Tributi, il,
ministri sertbae, praecones, et lictores,
ch'erano i ministri o serventi, che stavi
no intorno al giudice o magistrato, «pian
do erano nel loro tribunale. Seguendo poi
S,
T II I
la descrizione del medesimo, cos'i soggiun-
ge: Tribunal suggestus edilior crai un-
ite conspici /Uagìstratus ab omnibus po-
terai, in quo sella curulisjurisdictionis
insigne, locata erat, ubi sede ns Praetor
cognoscebat, et pronunciabat. Sopra di
quello in Roma rendeva ragione al popo-
lo il Pretore (A'.) a ciò destinato, seden-
te sopra una Sedia (F.) cortile. Altra sor-
la di tribunali eravi in Roma, ma di mi*
nor considerazione, cioè quelli de' Tribu-
ni (P.) della plebe, de' Questori (F.), dei
Triumviri (/ .), nel quale articolo dissi
pure de'giudici Duumviri capitali, giu-
dici luogotenenti criminali che condan-
navano a morte i delinquenti, e dalla lo-
ro sentenza si appellava al popolo, come
quelle del pretore; sentenze che faceva-
no eseguire i Triumviri capitali, an-
ch' essi giudici, ed avenno la custodia
delle carceri. Altro tribunale era quel-
lo degli Edili (de' quali e degli altri ma-
gistrali che ricorderò, ragionai a Roma,
ed ove furono), ed altri, i quali chiama-
vansi subscllia. Tutti questi tribunali
erano situali nelle Basiliche, nei Tem-
pli, sotto de Portici (F.) pubblici, ed al-
cuni in luoghi a cielo scoperto, come di-
rò, ove ascollavano le istanze e decideva-
no le differenze di ciascun particolare. Di
questi tribunali egregiamente ne discor-
re Demptero nelle note al Tomasini,^/j-
liq. lìom. lib. 9 , p. 7 16 : Nani judicia
exercebanlur inBasilicis, Templis,Por-
ticibus, et pr aeterea in subdevalibus lo-
cis, nude lìberrìmus esset coeli prospc-
cius. Dissi a Sagrestia, che il Segretario,
Secrelarium, presso i legisti significa il
luogo nel quale i giudici gentili ricono-
scevano le cause civili e criminali, e le de-
fìnivauo; e che fu pure il luogo contiguo
alle basiliche ove il senato degli antichi
romani si radunava. Che fu cos'i chiama-
to a scernendo i giudici da'rei e dal resto
del popolo, o dal secreto con cui si trat-
tavano i giudicati. Che tutto il silo era
citilo di cancelli e coperto di doppi veli,
ullre i vessilli che pendevano iutornu al
TRI I o 5
tribunale, a cui si ascendeva per gradini,
l'ara essendo nel mezzo. Nel Foro Roma-
110 era l'antico Secretarium del senato.
Che egual nome ebbe presso gli antichi
cristiani, per l'uso di celebrarvi i Sinodi
o Concilii (F.), ch'erano i giudizi che si
pronunziavano dalla chiesa, facendovi i
chierici la parte de' Cancellieri, che cu-
stodivano l'ingresso ùe' Secretarti de'fjiiM*
dici gentili e ne alzavano le cortine; i sa-
cerdoti vi facevano le veci degli onorali
e degli avvocati, che godevano il privi-
legio di sedervi, e i vescovi rappresentan-
do la persona de'giudici, o predicando o
assistendo alle sagre funzioni. I Protono-
tari apostolici (V.) per compilare gli atti
sinceri de'ss. .Martiri, si frammischia va-
no tra gli altri spettatori degli esami e
de' giudizi che si pronunziavano contro
gl'in vini confessori della fede,con condan-
ne a 'tormenti i più atroci e alla morte la
più straziante: essi con grandissima cele-
rità e con note sci iveano quanto a'inar-
liri ivi accadeva, extra eanccllos obdu-
cto velo. Il luogo ove nell'aulica Roma fa-
cevausi i pubblici giudizi, era il Foro Ro-
mano, o il Campo Marzio, o il Campi-
doglio. Nel Foro Romano i giudizi avea-
110 luogo nel Comizio, del quale ripar-
lai e meglio lo descrissi, in uno alla sua
ubicazione, a Tribù, perchè le antiche
tenevano le loro assemblee nel luogo di
dello Foro appellato Comizio. Si disse-
ro Comìlia Curiata le assemblee tenu-
te dal popolo romano diviso in tribù ,
quartieri o cuiie. Si dissero Comizia,
Tri/mia le assemblee tenute dalle tribù
di Roma e d' Italia. Nel citato articolo
tornai a ragionare de' Septa, luogo ove
votavano e davano il proprio suffragio
le tribù. I giudizi pt i vali si facevano nel
Foro alla presenza d'un tribunale, o nel-
le Basiliche, o finalmente sul luogo stes-
so, ov'era convocato il popolo, de plano.
Talvolta i romani innalzavano per tribu-
nale una specie di palco in mezzo alla
piazza, e ue'campi lo formavano median-
te un semplice monlicello di terra. Il In*
io6 T II I
bunale de' romani era un luogo elevalo a
forma di semicircolo, sul quale era col-
locala la sedia curule propria de' magi-
strati, donde veniva 1' espressione, prò-
nunliare de sella, et tribunali, per dire
pronunciare una sentenza, come in Cice-
rone si legge, Verr.i, 38: Palam sella
et tribunali pronuntiavit. Quest' uso fu
introdotto da Romolo, il quale, secondo
Dionigi d'Alicarnasso,provocò tulli i mez-
zi immaginabili per allontanare i suoi sud •
diti dal male, e credette che un tale ap-
parato gli avrebbe tenuti in freno: Mul-
ta ad eam rem paravit, et tribunal ubi
sedens judirabat in fori loco maxime
conspicuo. In seguito i tribunali furono
circondati d'un recinto per separare i giu-
dici dal popolose siccome quel recintoera
pure circondalo di cancelli, da ciò venne
il nome di Cancellieri (F.) dato agli uf-
fìziali, che sedeano in quel luogo cliiuso
da inferriate, per scrivere le sentenze dei
giudici e gli altri atti giudiziari. Il tribu-
nale Aurelium era situato nel foro ro-
mano, ed era stato innalzato da Aurelio
Cotta per servire a'centumviri,i quali se-
dettero poscia nella basilica Giulia, sen-
za dubbio eretta invece di quell'antico
tribunale àaCìcevone gradus Aurelii ap-
pellato. Il tribunale Castrense fu il tri-
bunale di zolle e di erba, da dove il ge-
nerale delle milizie. amministrava la giu-
stizia e i soldati arringava. Dovunque Iro-
vavasi un generale era tosto costrutto un
tribunale di questa specie, sul quale col-
locavasi la sedia curule. Dice Tacito, Ann.
i , 1 8 : Simul congerunt cespites , ex-
truunt tribunalis quo magis conspicua
sedes foret. Il tribunale Editoris era il
tribunale di colui che dava i Giuochi j era
situato nel pò di uni , pogginolo o sporto
del muro che circondava l'arena. Fra'se-
gni d'onore che si accordavano a quello
che sedeva in quel tribunale, come i lit-
tori, la toga pretesta, godeva egli ezian-
dio del diritto di aver la sedia curule, po-
sta in luogo elevato, e da dovepotesseegli
essere veduto. Il tribunale detto Puteal
TR I
di Libo ne era una sponda di Pozzo (V.)
con coperchio nel foro romano, eretto dal
pretore L. Scribonio Libone, per ordine
del senato, onde il luogo non fosse pio -
fanato col camminarvi sopra per esservi
caduto il fulmine, e secondo alcuni vici-
no al Tempio d' Antonino e Faustina,
e presso le statue di Mania e Giano. INel
suo recinto conteneva un altare, una cap-
pella, e poco lungi era un tribunale do-
ve Libone avendo introdotto l'uso d'am-
ministrarvi la giustizia, quindi Puteal di-
veune sinonimo di Tribunal, come si t<ae
da vari scrittori romani, e divenne anco
il sito d'unione degli usurai, massime il
l.°dì del mese quando scadevano i frutti
e i pagamenti, per dare e ricevere il de-
naroad usura (si adunavano pure ne'Gia-
ni, archi e fornici a due e quattro facete,
che particolarmente si costruivano ne'fo-
ri; e come luoghi di transito comune e al
coperto de'raggi solari e della pioggia, si
univano anche i negozianti per trattare
gli affari). Nel recinto del Puteal [ytve an-
che che fosse il convegno òe mercanti, i
quali per commerciare si adunavano e-
ziandio nelle basiliche. In seguito, ivi un
pretore o un centumviro giudicava le li-
ti commerciali, onde vi accorrevano pu-
re i banchieri. Di tali sorta ili tribunali
romani è credibile che anco nelle altre
città fuori di Roma si usassero, imperoc-
ché regolandosi queste a nonna di quel-
la, o almeno cou qualche similitudine, era
di dovere che vi fossero anche in esse i
luoghi destinati per ascoltare le differen-
ze de'sudditi. In ogni città eranvi i suoi
duumviri o qua tuor viri, che facevano la
figura e rappresentavano gli stessi conso-
li di Roma, gli edili, i curatori e altri ma-
gistrati, che certamente a veano i loro tri-
bunali ove più la vansi a rendere ragione
a quelli che loro ricorrevano. Di silfalli
tribunali per rendere nelle provincie ra-
gione a'popoli, parlai in moltissimi arti-
coli, come in altri ragionai de' tribunali
di molte nazioni. Anfìltionia si chiamò il
tribunale supremo, conosciuto sotto il no-
T K I
me dogli Anfittioni, composto de'depufa-
ti delle 12 principali città della Grecia,
che radunavansi due volle l'anno in Del-
fo o alleTeriuopili, per deliberarvi e giu-
dicare in ultima istanza gli affari concer-
nenti la religione, il coniun bene de'po
poli, e le questioni de' particolari. Dava-
si il nome d' A nfìt l'ioni a quelli che com-
ponevano questa specie di dieta genera-
le stabilita da Anflttione figlio di Deuca-
lione 3.° re d'Atene, e di Pirra, il quale
\iveai5 secoli innanzi Augusto. Ciascu-
na città mandava due deputati a questo
tribunale, mala minima infedeltà alla pa-
tria bastava per esserne escluso; i suoi de-
creti erano rispettati quanto gli ordini de-
gli Dei. Prima d'incominciare una deli-
berazione, il coniglio sacrificava un to-
ro al dio di Delfo, e lo tagliava a pezzi,
immagine dell'unione che regnava tra gli
itati della Grecia. Le leggi che stabili van-
si in questa adunanza riguardavano tut-
ti i grandi e piccoli stati della Grecia, e
gli Anfittioni aveano pieno potere di le-
vare delle truppe per costringere i ribel-
li all'ubbidienza. L'Areopago poi era il
celebre tribunale o corte di giustizia de-
fili ateniesi. Traeva il suo nome da Ares,
Marte, e da pagos che significa rocca o
collina. L' Areopago era di fatto situato
in cima alla collina, ove Marte difese la
sua causa, allorché fu obbligato di giu-
stificarsi dell'uccisione d' Allirozio figlio
di Nettuno, come finsero i poeti. Ne'pri-
mi tempi ammettevansi a questo tribu-
nale lutti i cittadini indistintamente, pur-
ché fossero religiosi ed onesti, e di costu-
mi irreprensibili. Gli areopagiti non era-
do da prima che in minici odi 7, ed in se-
guito aumentandosi notabilmente, giun-
sero talvolta ad essere fino a due o tre-
cento. JNou furono ammessi fra loro per
qualche tempo, che quelli i quali erano
stati arconti. Da vasi in Atene questo no-
me a'magistrali annuali che governava-
no sovranamente la repubblica, e dal cui
nome si contavano gli anni in Atene, co-
me a Roma da quello de' consoli. L'as-
TRI 107
«emblea di questo tribunale si teneva sem-
pre di notte, e la severità de'suoi giudizi
li rendeva assai terribili. L'idea chea vea-
si degli areopagiti acquistò loro una ve-
nerazione universale, e le loro decisioni
sì riguardavano come oracoli. Iu faccia
agli areopagiti erauvi due pietre sulle
quali sedevano l'accusatore e l'accusato;
una chiamavasi Anaideias o sedia del-
l'ingiuria, e l'altra Vbreos o sedia del-
l'innocenza. A lato de' giudici vedevansi
due colonne sulle quali erano scolpite le
leggi, dietro le quali essi proferivano i lo-
ro giudizi. L'Areopago, antico quanto A-
tene, fu l'istaurato dal legislatore Solone,
con dargli nuova forma e maggior digni-
tà; ma già prese il nome d'Areopago sot-
to il regno di Crauao, immediatamente
dopo la favolosa contesa di Marte e di Net-
tuno: Cranao vivea in Atene 9 secoli in-
nanzi Solone. Tra tutti i tribunali della
Grecia, l'Areopago credevasi il più seve-
ro e il più incorruttibile; tale almeno è il
sentimento di Cicerone, di Senofonte, di
Pausatila, di Seneca il filosofo e di altri.
Tutti i grandi delitti erano di competen-
za di questo tribunale; la sua giurisdizio-
ne si estendeva persino sulla religione
stessa. Chiunque disprezzava gli Dei, o ne
introduceva di nuovi era severamente
punito. I gravi delitti erano puniti di mor-
te, e gli altri con una multa a profitto del
tesoro pubblico. Ne'pr'uni tempi gli areo-
pagiti tenevano solamente le sessioni ne-
gli ultimi 3 giorni di ciascun me>e, ma in
seguito divennero più frequenti e giorna-
liere. Allorché i magistrati erano aduna-
ti, un banditore faceva allontanare il po-
polo e gl'imponeva silenzio. Ma prima di
tulio facevasi de' sagrifizi , dopo i quali
l'accusatore e l'accusato giuravano sulla
carne delle vittime immolate. Indi dispu-
tavano l'uno dopo l'altro, o da se stessi o
per mezzo de'loro patrocinatori. I giudi-
ci dopo aver ascoltalo ambe le parti, da-
vano segretumenle i loro voti, servendo-
si di pietruzze bianche e nere che mette-
va tisi io due urne, l'urna di rame chiama-
io8 T 11 1
tildi assoluzione, l'altra «lì legnò chiama*
la di morte. Oreste colpevole di parrici-
dio, [ter aver ucciso Giltenestra sua ma-
die, lu giudicato dall' Areopago: i sull'i a-
gi prò e cantra furono trovati eguali ,
quindi uno de'giudici volendo favorirlo,
piopose di dare un suffragio favorevole in
nome della dea d'zMene; il che passò poi
in leggea favore di tutti i colpevoli. Quan-
to agli Ebrei, Mosèavea ordiuatoche fos-
sero stabiliti in ciascuna città, per gli af-
illi i urdinari,de'giudieiede'magislrati al-
le norie della città dette del Signore, ed
in ciascuna tribù per sentenziare sui liti-
gi del popolo con buona giustizia. Ordi-
nò inoltre , che se in qualche negozio si
vedesse della difficoltà, e che vari fossero
i sentimenti de'giudici e de'magislrati, co-
me contese di maggior entità, si dovesse
andare al luogo scelto dal Signore per e-
suiiinai vi le controversie davanti a'sacer-
doti della stirpe di Levi, e avanti il giu-
dice o capo del popolo in quel tempo e-
letto dal Signore, per consultarli e perchè
fossero scorta nel giudicare secondo la ve-
lila; al giudizio poi del giudice che gover-
na va Israele, do vea ognuno rimettersi sot-
to pena di morte. 1 giudici che governa-
rono gl'israeliti per 33g anni da Giosuè
siuoa Sanile i.°loro re, erano nella supre-
ma carica a vita, e d'ordinario Dio li no-
minava e impartiva loro l'autorità. Ac-
cadeva qualche volta, che senza attende-
re una particolare rivelazione del Signo-
re, il popolo sceglieva per giudice d'Israe-
le colui che gli sembrava più atto a go-
vernarlo ed a liberarlo dall'oppressione
dc'suoi nemici. E giacché spesse volle le
oppressioni per le quali ricorrevasi all'e-
lezioni de'giudici non erano universali, il
loro potere non si estendeva su tutti gl'i-
sraeliti, ma soltanto sul paese che avessero
liberalo. Sebbene il potere di questi giu-
dici non era eguale in tutto a quello dei
re, essi decidevano in modo assoluto dei
precetti, delle cose della guerra e della
pace, proteggevano la religione, punivano
il delitto, e vi vcauu del resto senza spleu-
TR I
dorè, senza pompa, senza guardie, senza
seguito e corteggio, a meno che per le lo-
ro ricchezze non fossero in gradodi man-
tenersi nel lustro adequato alla loro ca-
rica. Essi non facevano nuove leggi, non
levavano lasse sul popolo, uè ritraevano
altro lucro dalla loro carica che i dona-
tivi che ad essi venivano fatti. Circa i giu-
dici ordinari tra gli ebrei, al tempo del
Redentore eravi in ciascuna città un tri-
bunale composto di 3 giudici sui delitti
minori, come il furto ec. Eravi un altro
tribunale composto di ?.3 giudici che giu-
dicavano sugli all'ari importanti e crimi-
nali, e le sentenze de'quali erano ordina
riamente capitali. Finalmente il gran Si-
nedrio (I ■) o supremo tribunale degli e-
brei, civile e criminale, risiedeva in Ge-
rusalemme e giudicava sugli a Ilari più im-
portanti della religione e dello stato, e di
quelli concernenti il re e il sommo sacer-
dote. Da questo principale tribunale di-
pendevano i sinedri o tribunali minori.
L'annalista Rinaldi riferisce che gli ebrei
aveauo 3 tribunali civili e criminali. III.0
composto di 3 giudici, che giudicavano le
cause minori; il 2.° di 23 giudici e chia-
malo piccolo, ove si trattavano le cause
capitali; il 3.° di 72 giudici e si diceva il
grande tribunale o sinedrio, nel quale si
discute va no le cause gravissime, come isti-
tuito da Dio: questo era solo in Gerusa-
lemme, mentre le altre due specie di tri-
bunali erano sparsi in ciascuna tribù. Tra
i romani i giudizi ebbero varie nomencla-
ture, poiché per Giudizio si dice il luo-
go dove si giudica e l'atto del giudicare,
Judicatio, Judicium, Criiice. Il giudizio
centumvirale era la seutenza pronunzia-
ta da'cenlumviri, la (piale a vea una for-
ma sua propria. Erano que'giudici scel-
ti da tutte le Tribù, 3 per ciascuna; giu-
dicavano le cause più gravi, uè si poteva
appellai e dal loro giudizio,cssendo riguar-
dalo come il consiglio di tolto il popolo.
Erano distribuiti in 4 tribunali, ■ 'quali
presedeva il pretore della città. Il giu-
dizio curiato era quello dato da' comi/i
TRI TRI 109
radunali in eurie(di cui a Tribù), del qua- no quelle, clie si stabilirono per la con-
le abbiamo un esempio nell'assoluzione cussioue, pel peculato , pel -hroglio e pt:l
ottenuta da Orazio uccisore di sua sorel- delitto di lesa maestà, in latino repetun-
la, e dannato a morte per una legge del dar uni ì peculattts, ambitus,et majesta-
re Nuota. Il giudizio privato o particolare tis. Il giudizio di concussione, de repe-
s'inteudeva dell' esame e della decisione tundis, è quello, mediante il quale i soci
delle controversie clie nascevano Ira 'par- provinciali ripeteano il denaro loroestor-
ticolari. Giudizio prolusoriooproemialesi lo contro le leggi da' magistrati che go»
diceva di quegli atti o parlamenti che pò- vernavano nelle provinole. Ecco perdio
tevano piecedereil giudizio attuale: tale Cicerone nelle sue Verrine chiama quc-
fu la divinazione di Cicerone contro Ver- sta legge sociale. In forza della legge Giu-
re. Il giudizio segreto o tacito si faceva lia poteasi la stessa azione intentare Coo-
per decreto del senato, contro quelli che tro coloro, cui quel denaro era passato,
ambivano le cariche o compravano i vo- obbligandoli a restituirlo: sebbene seni-
li. I pubblici giudizi erano quelli in cui bra che siasi stabilita conilo i concussio-
si trattava di delitti, e si chiamavano pub- nari la pena dell'esilio. 11 giudizio di pe-
lvici giudizi, perchè ad ogni cittadino era culaio, de peculato, è quello in cui talu-
concessa in essi l'azione, l'onno dunque no viene accusato d'aver rubato il dena-
definirsi, giudizi die i giudici.destinatida io pubblico o sagro. Il giudizio pel deli L-
un commissario ebe li presiedeva, prò- lo di denaro ritenuto ha molta affinila
nunziavano per la vendetta de'delitli con- col peculato: l'oggetto suo era di far re-
formemenle alle leggi stabilite contro o- stituire il denaro pubblico rimasto pres-
gni specie di reato. Questi giudizi erano so d'alcuno. Colui che per non legittime
ordinari o straordinari : i primi esercita- vie procurava di guadagnar i suffragi del
vansi da'prelori, ed i secondi da'eommis- popolo, onde pervenire alle cariche, era
sari detti parricida e duumviri ; erano colpevole di broglio, ambitus, l'.cco per-
questi giudici sti aordinai iamente stabili- che il giudizio per questo delitto cessò in
ti dal popolo. Ne' primi tempi ogni giù- Roma, allorquando l'elezione de' magi-
dizio pubblico era straordinario, ma ver- strati fu rimessa al principe, senza piùdi-
soil6o5di Roma si stabilirono delle coni- pendere dal popolo. 11 delitto di lesa mae-
missioni stabili, epiaestiones perpetuae, sta comprendeva ogni delitto commesso
così dette perchè il giudizio contro a leu- contro al popolo romano, ed alla sua si
ni delitti fu assegnato a certi pretori o cui ezza, come il far uscire un'armata da
commissari perpetui, dimodoché non v'e- una provincia: il dichiarar la guerra di
ra bisogno di nuove leggi su tal propo- propria autorità; prendere il supremoco-
sito. Non ostante da quel tempo in poi vi mando senza l'ordine del popolo o del se-
furono delle commissioni esercitate o dal nato; sollevar le legioni, ec. Ma sotto il
popolo stesso nell'assemblee, o da'com- coloralo pretesto di tal delitto, gl'hnpe-
missari creati straordinariamente, e ciò a latori fecero in seguito perire lauti inno-
motivo dell'atrocità o della novità del de- centi, che Plinio nel suo panegirico a Tra-
litio che volevasi punire; come, a cagion iano con molla eleganza disse, che il de-
d'esempio, nell'alare di Milone, accusato litio di lesa maestà sotto Domiziano era
d'aver ucciso Clodio, ed in quello di Ciò- l'unico e particolare delitto di coloro, che
dio stesso accusato d'aver violato i sagri non ne aveano commesso alcuno. A dire
misteri. In tal modo appunto nel 640 di in compendio delle dilferenli specie tli pe-
Roma L. Cassio Longino procede straor- ne ch'erano in uso pressoi romani, esse
dinariamente contro l'incesto delle vesta- o riguardavano i beni, come l'ammenda,
li. Le prime commissioni perpetue furo- in latino da/unum , muleta; o il corpo,
no TRI
come il carcere, il bastone, il taglione; o
finalmente lo stalo civile, come l'ignomi-
nia, l'esilio, la servitù : taluno fu anche
punito di morie. Ne' pi imi tempi l'am-
menda non esigevasi che sui montoni e
sui bovi. Ma come questa pena era ine-
guale, essendo i bovi ed i montoni ora di
un prezzo troppo caro, ora di un assai vi-
le, cos'i in seguito in virtù della legge A'
teria furono tassali i o denari per ciascun
bove, dimodoché la più. glossa ammen-
da in quel tempo era di 3oo assi. Il car-
cere o era pubblico o privato. Il pubbli-
co carcere eia quello, ove ri schiude vanii
gli accusali quando aveano confessato i
loro delilli. Il particolare poi era l'abita*
7.ione de'magistrali, o di distinte persone
privale, alla cui custodia affidavansi gli
accusati. La jlagellazìone, che face vati
con verghe, precedeva l'ultimo supplizio,
cioè la morie. Le bastonale erano più in
uso nell'armata. Il taglione, secondo le
leggi delle XII tavole, consisteva nel ren-
dere ingiuria per ingiuria nel caso d'un
membro rollo, a meno che l'accusalo non
avesse ottenuto dalla parie offesa la re-
missione della pena. L'ignominia era una
marca d'infamia, così chiamata, perchè
non consisteva che nell' offesa del nome,
della reputazione: essa escludeva da tut-
te le cariche, e quasi da tutti gli onori che
si accordavano a'ciltadini. Non si pro-
nunciava per altro il vocabolo esilio,
aliando preterì* tati una tal pena, ma quel-
lo ò'iiilcrdizionc dell'acqua e del fuoco,
la quale eia necessariamente seguita dal-
l'esilio; imperciocché era impossibile che
uno restasse in Roma senza far uso d'ac-
qua e di fuoco. Ma sotlo Augusto a que-
sta pena fu sostituita la deportazione. La
relegazione era una pena meno rigorosa,
giacché quelli che n' erano condannati,
conservavano il diritto di cittadinanza,
di cui privava l'interdizione; ed era ap-
punto la pena. alla quale condannavate le
persone tli condizione. Si vendevano per
essere messi in servitù coloro che non a-
Teano dato nel censo il loto nome, o che
TR I
aveano ricusalo d'inserì versi dopo d'esser-
ne slati chiamati. Coloro ch'erano con-
dannati a morte, o venivano decapitati
con un colpo di scure, dopo aver subita
l'ignominia della frusta, e diceasi che una
tal pena era inflitta more in ajorumjteOQO-
dola pratica degli antichi, o erano stran-
golati nella prigione, o precipitali da un
luogo del carcere dello robur,u finalmen-
te gettali abbasso dalla rocca Tarpeia; ma
pare che questo genere di supplizio fosse
in seguilo abolito. L' ordinario supplizio
degli schiavi era la croce o la forca, ch'e-
rano costretti di portare essi stessi, doud'è
che il nome ih furcifer era comune rim-
provero che faceasi agli schiavi; nondime-
no alcuni pretendono, che questa forca
fosse un patibolo. Qualche volta impri-
meansi sulla fronte degli schiavi certi ca-
ratteri con un ferro rovente. Mentre era-
no condotti al supplizio portavano appe-
so al collo un campanello, aflinchè quelli
chegl'incontravanon caso, non restassero
contaminati pel sinistro incontro. Talvol-
ta ancora per colino d'ignominia, i cada-
veri de'rei, dopo d'essere stati strascina-
li con uncini per la città, venivano pre-
cipitati in certi pozzi detti gemoniac , o
nel Tevere. Eranvi in uso altri generi di
supplizi, i quali erano quasi tulli arbitra-
lied eseguili secondo il capriccio o la cru-
deltà de' principi o de' giudici, come de'
molteplici coi quali furono tormentati i
ss. Martiri.
Il celebre cardinal de Luca riferisce,
che il simbolo ovvero la figura della Giu-
stizia si finge in una donna bella, per de-
notare il candore dell'animo; cogli occhi
bendali, acciò non la muovano le simpa-
tie e le affezioni; e con una bilancia nel-
le mani, la quale stia in totale equilibrio,
per dinotare la sua ind pendenza, e che
il traboccare che faccia più una bilancia
che l'altra, dipenda dal solo giusto ed ap-
provato peso maggiore delle ragioni e dei
motivi, e non da altro pesode'doni e d< 1-
le passioni, ovvero degli altri illeciti ri-
spelli e iuteressi. Quindi soggiunge, che
TRI TRI 1 1 r
però degni di molto biasimo sono quel- tra mano impugna la Spada (7\), sim-
li, li quali per mezzo de' favori, o di al- bolo del j'us giacili e della giustizia stes-
ile cose illecite, esigono da' giudici Par- sa. Tale figura è l'emblema della Segna-
bili io; ma molto più degni sono di bia- tura di giustizia, e quale la descrissi in
simo e di castigo i medesimi giudici, li tale articolo; era il sigillo e l'insegna del
quali credono di poter ciò fare, e diedi Prefetto di Roma, ove riportai altre spie-
(atto lo facciano; dovendo eglino sapere gazioni iconologiche. Nell'annuale foglio
clie la legge distingue l'arbitrio dalla vo- intitolato: Curia liuiu et li tigantium coni-
Ionia, e che a questa solo concede la li- moditatis dies in quibusfil Camera, in
berta uelPeleggere il bene e il male, ma circolo sono riportati gradatamente i no-
nofl all'altro, il quale dev'essere regola- itti del caià\wì\Camcrlengo,i\AFice-Ca-
lo dalla legge e dalla ragione, sicché sia merlengo, del Tesoriere generale, del-
iin' operazione necessaria e non volontà- P Uditore generale dellaCamera^M de-
lia dell'intelletto. Ma perchè l'islessa giù- cauo e de' Chierici di Camera, dell'av-
sliz.ia in astratto ovvero in generale, non vocali) de' Poveri, dell'avvocato generale
è uniforme per essere di due specie, e dal- e del piocuratore del Fisco, e del Coni-
la distinzione delle quali specie dipende vussario generale della camera. In una
ancora la diversità della sua amministra- parola vi è il novero de'persoriaggi coiu-
zioue tra gli accennati suoi opera ri e mi- ponenti il supremo li ibnualedella Carne-
lustri di diverse sfere e qualità. Quindi ra apostolica, e nel centro è il suoslem-
all'eiTetlo di regolar bene l'arbitrio, e di ma del Padiglione (F.) colle Chiavi (F.)
leneie il buono stile in quesl'amministra- incrocia te, antica insegna delluCbieta Ro-
sione, ai deve primieramente riflettere al- inana. Quanto al tribunato degli Uditori
la distinzione di queste diverse specie dei- della s.Rola^u tale articolo parlo de'tuoi
la giustizia; cioè che altra sia la distribu- emblemi. Anche la Storia (F.) è «in tri-
ti v o , e altra la commutativa. La distri bunale: questo tribunale inesorabile èpo-
buliva propriamente e per ordinario vie- sto più allo che le umane passioni, poiché
ne esercitata e amministrata da'principi, giudea con imparzialità le azioni d'ognu-
da' prelati, e da' magistrati grandi della no, e le porta a conoscenza d?lle genera •
i ."specie, cioè che abbiano quest'attlni- sioni. La Giurisprudenza (F.), scienza
Distrazione e la giurisdizione in dominio legale o delle leggi, è giustamente appel-
e nell'abito; e la commutativa viene eser- lata da'dotti, fonte di sapere, e filosofia
cilala ed amministrata da' giudici e ma che consiste nella scienza del giusto; iu-
gi strati ordinari dell'altra specie di quel- lerprcta le leggi e giustamente le appli-
li, i quali abbiano quest'amministrazio- ca ne'giudizi de'tribunali a'easi occorren-
ne inesercizio. I giudici come operali del- ti. In tale articolo parlai de'celebri giu-
la giustiziacummulaliva, nel furoconten- reconsulti Papi e cardinali, di quanto i
zioso e giudiziale, per acquistare il buo- romani Pontefici furono benemeriti del-
rio stile si ricerca primieramente in loro la giurisprudenza , e che col formare il
molte virtù e doli dell'animo, cioè Pin- corpo delle leggi del gius canonico, mi-
legrilà, la fortezza, la dottrina, la pruden- gliorarono il gius civile, e sommi vantaggi
za, il buon giudizio raffinato dalla prati- recarono alla giurisprudenza sì civileche
ca e dall'esperienza. Essi devono essere criminale pe' tribunali, perfezionandola,
bene istruiti nella giurisprudenza, pei giù- Che altri copiarono in gran parte le istitu-
dicare e pronunziar le sentenze secondo zioni legislativepontifìcie, e le produssero
le leggi stabilite. Quanto all' iconologia nelle nazioni come immaginate da loro,
della figura e degli emblemi della giusti- mentre nella Roma cristiana giàcontava-
zia, aggiungerò, che la giustizia con l'ai- no molti luslriesecoli.il Diritto canonico
» . 7. TRI
(/".) o diritto ecclesiastico, è il diritto sta-
bilito dall'autorità ecclesiastica per rego-
lare le azioni ile' cristiani, pel bene loro
spirituale e felicità eterna; nel che diffe-
risce dal diritto civile stabilito dalla po-
tenza secolare per dirigere le azioui de-
gli nomini relativamente alla felicità tem-
porale. Tuttavolta notai in quell'articolo,
che il diritto canonico o gius canonico e
il diritto civile o gius civile, vanno tra lo-
ro di concerto, e sono l'uno all'altro ap-
poggio e ornamento; ma se per caso sono
tra loro in opposizione, si deve seguire il
primo. Col cristianesimo venne la necessi-
tà d'accomodare la legislazione a'principii
della filosofia evangelica; e così più sem-
plice e santo divenne l'antico diritto ro-
mano, perchè purgato dalle laidezze che
lo deformavano, meglio venendo definiti
i diritti personali, e provveduto alla tran-
quillità delle famiglie e al decoro pure del
nodo nuziale. Fu data semplicità alla san-
tità de'giudizi.e moderazione all'acerbi-
tà delle pene. Sorto il foro de' tribunali
ecclesiastici, divenne modello delle proce-
dure nel foro de' tribunali secolari. Per-
ciò in detto articolo celebrai l'utilità che
reca il diritto canonico a' tribunali ed a
tulle le nazioni cristiane; dissi di sua ec-
cellenza come gius divino e pontificio ;
quali sono le sue fonti, e notai la necessità
ne'giureconsulli di conoscere i due dirit-
ti, imperocché la giurisprudenza cano-
nica trae la sua origine dalla creazione
del mondo, ed è basata sulle divine leg-
gi, mende il gius umano ha origine da-
gli uomini e fa parte dell'altro. Sono le
Decretali (V.),\ decreti, i Rescritti (f.),
le Costituzioni e le Lettere apostoliche
(y .) de'lJapi che compongono il i.° vo-
lume del diritto canonico. Indicato ivi
perchè chiamatisi decretali, ricordai «pia-
li sono le tenute apocrife, false pure es-
sendo quelle d' Isidoro Mercatore (/'-),
ntitored'una raccolta diC/z/<o/;/(//.)l tran-
ne alcune epistole e decreti pontificii. In-
filile ragionai a DaCtlTAM , del decreto
di Granano e della collezione delle me-
TR I
desime decretali, inclusi vomente al Sesto
libro delle decretali e successive. Chia-
masi Digesto o Pandette (/ .), lai. "par-
te del diritto romano, ossia il corpo del
diritto civile. Dicesi Codice (f.) il libro
che contiene le leggi dell'antico diritto ro-
mano. La Legge (f.) è la regola stabi-
lita dall' autorità divina ed umana, che
obbliga gli uomini ad alcune cose, e rie
vieta loro alcune altre, per la salute eterna
dell'anime e per la pubblica utilità. Par-
lai ivi della divisione della legge e sue par-
ti, e come il vocabolo si prende anco per
lo studio della giurisprudenza; dell'origi-
ne e dell' antichità delle leggi , presso le
diverse principali nazioni , e particolar-
mente di quelle de'rotnani, delle XII ta-
vole, delle decretate successivamente dai
loro magistrati e imperatori, come della
col lezione e Codice Teodosianoe Giusti-
nianeo, oltre le Istituzioni e Novelle di
Giustiniano I, il cui immortale codice lo
divenne di tutte le nazioni civili. Quindi
dissi delle leggi formate da'franchi e dei
loro Capitolari (/ .). E dichiarai, che se
le leggi non fossero, neppure esisterebbe-
ro diritti, non doveri cittadini, non so-
cietà, ma tutto si troverebbe in confusio-
ne. I Giudici (f.), che hanno l'autori-
tà di giudicare e di pronunziar sentenza,
ebbero varie denominazioni, secondo le
proprie attribuzioni. Si dice giudice an-
che colui che senza pubblica autorità è
scello per arbitro per decidere fra due o
più contendenti. Giudice privato chia-
ma vasi tra'romani uno che veniva asse-
gnato a giudicare privatamente, in luo-
go di assegnare il pretore, che giudicava
e rendeva ragione nel suo tribunale nel
Pretorio (/'.).' pretorio si disse anche il
luogo o palazzo dove risiedeva il preto-
re provinciale e dove i magistrati faceva-
no ragione; in ogni città romana eravene
uno. Si disse giudice pedaneo una specie
di giudice particolare inferiore, che non
avea né tribunale né pretorio. Erano com-
missari eletti dal pretore per giudicare
delle liti di poco rilievo. Chiamavansi co
TR I
sì perchè sedevano sopra una semplice
panca o sedia alquanto bassa, che non li
faceva distinguere da coloro die stavano
in piedi; non aveano né carattere, né ti-
tolo di magistrati. Marc' Aurelio stabi-
lì per l'Italia la carica del giuridico, ed
era quegli che avea la facoltà limitata di
render giustizia; e durò sino sotto Gor-
diano. Dicesi giusdicente, juridicus, co-
lui a cui si spetta amministrar la giusti-
zia; e giustiziere, justitiarius, sorta d'uf-
ficiale, o giudice o mantenitore della giu-
stizia in alcun luogo determinalo; ma non
si deve confondere col giustiziere boia o
carnefice, che eseguisce sopra i condan-
nati dalla giustizia la sentenza estrema
che li condanna a morte, il che dicesi giu-
stiziare, exti emum supplicium. 1 roma-
ni governavano le Provincie dell'impero
pe' Proconsoli, Pretori^ Questori, Lega-
ti (V.) e alìri magistrali, colla giurisdizio-
ne eziandio d'amministrare la giustizia e
la cognizione delle cause. Aveano in aiu-
to per la giudicatura degli affari de'giu-
dici, oltre i Cancellieri e Notori (ì .), e
questi detti pure Scriniari(J'.), capo dei
quali era il Proloscriuiario (P.). In as-
senza e impotenza dc'proconsoli, suppli-
vano i procuratorio Rettori (F.). Degli
avvocati provinciali parlai a Curia, e da
essi si eleggevano i Prefetti (K) e sotto-
prefetti delle provincie. Dice Plinio giù-
niore, che nell'antica [loma eranvi4 tri-
bunali, con più di 3o giudici per ciascu-
no, i quali successivamente poi riforma-
ti si ridussero a 12, come rileva il Derni-
no. // Tribunale della s. Rota romana.
In seguito i giudici si chiamarono Conti,
Governatori, Duchi, Marchesi ( F.),e con
altri vocaboli che descrissi a'Ioro luoghi,
come gli scabini a Conte, introdotti in Ita-
lia da Carlo Magno, e giudici ini. "istan-
za, come assessori de'conti ne' placiti so-
lenni, ed eleggevansi dal popolo ex me-
lioribus civibus. Ne trattano il Muratori,
nelle Dissertazionij il Fatteschi,nelleM?-
morie del ducato di Spoleto , cioè dei
giudici de' tempi di mezzo e de'loro tri*
vol. ixxx.
TRI m3
bunali.Gliscnldasci furono giudici minori
introdotti da'Iongobardi, ne'castelli e al-
tri luoghi popolati ne'territorii delle cit-
tà, i quali furono detti dal conte ohe vi
presiedeva, comitati e contadi ; ivi le-
nendo il conte al.'ri ministri denominati
attori, agenti, centenari, saltari e decani,
i quali lo sollevavano nelle cause di mi-
nore importanza, mantenevano il buon
ordine ne' popoli, senza obbligarli nelle
piccole vertenze diportarsi alla città dui
conte: i decani propriamente erano i giu-
dici minori de'villaggi. Vi furono anche
i castaidi ogastaldi, de'quali riparlai nel
voi. LV1I, p. 210 e altrove, ed a' quali
era affidato il governo civile, politico e
militare di diverse città, e talvolta furo-
no sollevati all'onore di conte. Ammini-
stravano la giustizia e attendevano all'e-
conomia del Fisco (V.), assistiti ne'trihu-
nali giudiziari dagli sculdasci, i qualiren-
devano i piccoli giudizi e soli decidevano
le piccole vertenze ne'castelli e villaggi
più popolati ove risiedevano. A Placito
parlai del giudizio pubblico chiamato con
tal vocabolo e detto anche Mallo, poiché
colla parola niallare intendevano gli an-
tichi citare in giudizio, e perciò il voca-
bolo fu esteso a* placiti. Questi e i malli
furono tenuti ne'secoli di mezzo in Italia,
in faccia al popolo. Tenevano i placiti
anche i Papi, gl'imperatori, i re, i duchi,
i marchesi, i conti, ne' confini della loro
giurisdizione. Vi assistevano i giudici Pa-
latini (V.), gli scabini, gli avvocali, i di-
fensori e altri periti della legge , perchè
più rettamente conforme alla giustizia
ne uscisse la sentenza. Si può vedere M.
Frecheri, Originimi Palatinarnni com-
mentarli^, Heidelbergaer5gg. Ne'placi-
ti si preferiva il disbrigo delle cause dei
Poveri, Orfani e Vedove (F.), dovendo
il conte provvedere alla mancanza del lo-
ro difensore.Giustiniano I nella legge/u°/«
novam,coù. de Judieiis, volle che in tut-
ti i giudizi presente vi stasseil libro de-
gli Evangelii, perchè a norma di essi si
proferissero da'gtudici le sentenze: San-
n4 TRI
ei/nus, otiiiies jùdicest tfve majorcs, si-
ve nn'/iorrs . . .. Non aliter litiuttl pri-
mordiuni arcipcre, nisi prius onte. Se-
dem judicialem Saerosanetae drpoa au-
tor Scripturae, ut line permancant non
solimi in principio lilis, sedetiain in o-
ftinibus cognitionibus, usane ad ip.sitm
f ermineti. ■: ci definitiva e se utenti ne re-
citationem. Carlo Magno proibì i giu-
dizi dopo il pranzo, affine d'allontanare
l'ubbi iachezza dal foro, cb'è il luogo do-
ve si giudica, e si prende per le leggi me-
desime. Dissi inoltre a Placito e altrove,
che si denominavano messi regi i giudici
straordinari , inviati nelle provincie dai
Papi, dagl'imperatori, da'ie, e solevano
essere due, l'uno ecclesiastico e l'altro se.
colare.e muniti delle Tra l 'torte [F '.).()»«•
sii messi decidevano pronlamenle i giu-
dizi, non conoscendosi allora le sottigliez-
ze de'nostri giurisperiti, che ne prolunga-
no la decisione. Ivi ragionai di siffatti giù
ilici, de' vari nomi co'quali furono chia-
mati, com'erano trattati, come alzavano
tribunale, e ila chi erano assistili e (piali
le loro facoltà, inelusivamente alla depo-
sizione degli scabini o guidici malvagi. Nel
medesimo medio evo si dissero Purga-
zioni, Prova e Giudizi di Dio (F-), la
purgazione canonica e la purgazione vol-
gare, per le incolpazioni di qualunque ac-
cusa in prova dell'innocenza. Il cimento
si faceva innanzi a' giudici, per cono-Me-
re la verità intorno a fitti nascosti, con
molte ceremonie solenni, civili e sagre,
quasi che Dio s'interessasse a favore di chi
avesse la ragione dalla sua parte, median-
te il Giuramento t il Ditello (7 .), le pro-
ve dell'acqua fredda o bollente, del fer-
ro infocato, del rogo e con altri esperi-
menti e indagini temerarie derivale da
Superstizione (l''.), pereib poi riprovate
esopprcsse. La calunnia la deplorai in più
luoghi, come a Corte, ed a Memoriale
dicendo dc'libclli anonimi. Alcune ami-
che leggi municipali prescrivono il taglia
della mano a' labari, qui eartham fai-
sani scicuter seripserif, lice valeat Iti'
T R I
terius notariatns officiutn exercere. Ai
falsi testimoni si tagliava il naso, tcstes
vero qui scienter falsimi testiinonitmi
dixerint, nares nasi scindaiilur cisdem:
anche ad essi si recideva la mano, secon-
do altre leggi, ovvero si multavano a pa-
gare una somma di denaro. Inoltre nel me-
dio evo fu stabilita la Treguadì Dio (J .),
per frenare le guerre intestine, nel tem-
po della quale e sotto pene determinate,
civili ed ecclesiastiche, non solo non si po-
teva offendere alcuno e guerreggiare, ma
neppure eseguire le giudiziarie citazioni
de'ci editori, ed agli offensori; e dissi del-
le tregue che per 4o giorni doveano os-
servare i parenti dell'uccisore e dell'uc-
ciso. Ivi parlai anche della pena del Ta-
glione. Dice un moderno scrittore: Crol-
lalo I' impero d'occidente, cambiate le
condizioni civilie polilichedelle cose, sta-
bilite le nuove monarchie e i nuovi costu-
mi,conservò il clero la romana giurispru-
denza a'rnansueti principi! delle cristia-
ne leggi adagiata. Gli efferrati usi de'bar-
bari di mano in mano si mansuefecero,
i duelli giudiziari facendo dismettere, e le
così dette prove e giudizi di Dio. Le as-
surde prove per giuramento, per duello
e altre prove giudiziali, non presero luo-
go al diritto canonico, né a questo sene
deve atti ibuire l'istituzione, sebbene rice-
vessero il nome di purgazione canonica.
Che è fuori d'ogni controversia l'afferma-
re, che nel medioevo all'opera del clero
e al diritto de'cnnoni si deve l'indeboli-
mento e poi il dimettersi le funeste e in-
cessanti guerre privale colle tregue di
Dio, la tutela delle ragioni comunali con-
ilo gli abusi e leongarie signorili del feu-
dalismo , non meno il purgare degli as-
surdi riti che lo contaminavano il foro ci-
vile , e li progressivi miglioramenti di
quanto era restato nelle leggi de'doniina-
tori goti, longobardi e franchi. Nella re-
staurazione della civiltà europea, rinve-
nuto il Digesto e rinvigorendosi gli stu-
di legali, massima e salutare fu l'influen-
za che dal diritto de' canoni derivò nel
T I I
la legislazione e nell'ordine de' giudizi.
Vi furono inoltre nel medio evo de' Tri"
buti (V.) per l'assoluzione delle pene e
devoluti al Fisco , per omicidii anco di
ecclesiastici, ed altri misfatti; solo eccet-
tuandosi il delitto di lesa maestà, pel qua-
le non si ammetteva multa o composi-
zione. Essendo lievi le punizioni e infe-
rociti i costumi, non è a dire la frequen-
za de'delitti, quindi l'impinguamento del
regio fisco. Il costume antico degli ebrei
d'alzar tribunalealle porte delle città, nel
secolo XI si praticava da alcun principe
ini lai ia, poiché rimarcai nel vol.LKX.VII,
p. i83, che la celebre marchesana di Su-
sa Adelaide, con Umberto II suo nipote
principe del Piemonte, amministrava la
giustizia sotto baldacchino alle porle di
Torino. I tribunali ecclesiastici origina-
rono da'precetti degli apostoli, come in-
timamente persuasi che per volere di Dio
le cause de' Chierici (f'.J doveano e deb-
bono giudicarsi da'tribunali ecclesiastici,
quando i chierici vengono chiamati in giù
dizio, per V Immunità ecclesiastica (f\)
che giustamente godei! Sacerdozio (/ .).
La vera origine de'lribunali ecclesiastici
è divina, e s. Paolo fece un solenne pre-
cetto a 'primi cristiani di rispettarli; impe-
rocché disse Gesù Cristo nell'Evangelo :
di aver egli ogni podestà, che com'egli era
slato messo dal divin Padre , cos'i man-
dava i suoi discepoli, de'quali soggiunse:
sederete voi sopra le dodici sedi giudican-
do; ed altrove: non vogliate toccare i miei
tmti.S. Paolo predicandoli volere di Gesìi
Cristo, proclamò ned' Epist. agli ebrei,
cap. 7, v. i i, che fu necessario sorgesse
un chiericato, il quale fosse secondo l'or-
dine di Melchisedeeh e non secondo l'or-
dine d'Aronne; vale a dire secondo colui,
che fu illustre nel giudicale, e come re e
come sacerdote, ovvero secondo colui che
fu sacerdote, ma ebbe come tale anche
il potere di giudicare le cose pure tempo-
rali. Il principe degli apostoli s. Pietro
ripetè le cose medesime o presso a poco
Mmili-, neWEpist. cap. a, i. Inoltre s. Pao
TRI n ~
lo, egli medesimo avviò le magistrato i e
chiericati e diede i regolamenti di proce
dura giudiziaria: proibì che contro un pi e
te non si potesse ricevere l'accusa, se non
venisse corredata dalle deposizioni di due
o Ire testimoni, Epist. a Timoteo, cap. 5,
v.19; giudicò egli le cause, e fra le mol-
te anche quella dell' incestuoso, il quale
dopo aver portato la pena del suo delit-
to fu assoluto dall'islesso apostolo, come
si ha dall' Epist. a'Corinti, cap. i, v. 5; e
finalmente dichiarò, che se i preti potè
vano giudicar gli angeli, perchè non a-
vrebbero potuto giudicar le cose secolo
resche? L'autore delle Costituzioni apo-
sfoliche, sotto il nome di s. Clemente I,
ripete il medesimo precetto di s. Paolo e
fissa lo stesso principio. La storia ricorda
molti tribunali de' vescovi, fino da'tempi
apostolici del I secolo della Chiesa; e s.
Cirillo Alessandrino per se stesso ammi-
nistrava la giustizia tra' litiganti , come
imperfetto magistrato aventegiurisdizio-
ne, ne'tribunali. Dichiara Spanhemio a
pertamente, Dalila' Evangelici , che la
Chiesa realmente ha i suoi tribunali isti-
tuiti da Gesù Cristo con poteri giudizio
li; cose che ripete e insegna Hartman, /><■
relais gestis Christ. sub Apostolist con
tro il sistema d'Obbes e di Spinosa. Siinil
mente confermano altrettanto i primi ss.
Padri e Dottori della Chiesa, e ne parla-
no s. Gregorio Nisseno, nel sermone De
Occurs. Do/ni/i.; s. Epifanio, in JTaeves
55 de Dfelcliised.j s. Gio. Crisostomo, ed
anco Origene eh 'è un testimonio di l'atto,
poiché mal volentieri solili la sentenza
giudizialmente emanata dal vescovo De-
metrio contro di lui. Il nome stesso dei
Vescovi [V.) spiega va fin da que' primi ti -
vi tempi l'origine comedivina de'loro tri-
bunali. Infatti sin dal I secolo i vescovi e-
rano chiamati magislratus^judex^comv.
sostiene S.Gregorio Nazianzeno,scrivendo
neWOiat. i 7, n.°i 5, 1. 1 : T'osquoaia- im-
perio meo ac trono lex C/tristi subjicil.
Imperi um enim nos quoque gcri/nus}ad-
dc eliam praeslantius ac prrfectius. Co-
j.6 TRI
me pure s. Cipriano vescovo di Cartagi-
ne del 111 secolo nel!' Epist. a Cornelio,
nomina la forma de' giudizi, gli accusa-
lori, i testimoni, la sentenza de'giudici ec-
clesiastici, cose tutte per indicare un foro
perfetto. NeW Epist. 69 s. Cipriano dice:
Epi scopimi Judicem a Deo datimi , et
Ecclesiae Gubernatorem .Cos'i il foro ec-
clesiastico Decotta in principio del cristia-
nesimo, e con esso principiò a perfezionar-
si la giurisprudenza civile nel Foro (/ .)
contenzioso, ossia il foro ove si agitano le
liti e le differenze, a distinzione di quello
che chiamasi di coscienza o sagramento
della Penitenza (F.)o foro interno. 1 ve-
scovi ed i santi dal IV al VII secolo con-
servarono le memorie de' loro predeces-
sori, e malgrado tante funeste vicissitudi-
ni , spiegarono in pratica i fatti. Anche
colle leggi imperiali si prova la divina o-
1 igine de'trihunali ecclesiastici. Costanti-
no I il Grande la riconohhe colla cele-
bre costituzione, riportala neh' Extrav.
de Episcopali judieio, Cod. Theod.,vao\-
t'issimi giureconsulti avendo confutatochi
la pretese apocrifa. Costantino I non fece
poi altro chearnpliarela giurisdizione ve-
scovile contenziosa,e la eslese eziandio sui
laici, anche per sapere, non solo che eccle-
siastici debbono essere i giudici che deb-
bono giudicar gli ecclesiastici, ma perchè
le liti innanzi i tribunali ecclesiastici si
terminavano senza tante spese e senza tan-
ti raggiri. Così questa sua legge prova al-
tresì la divina origine del foro clericale.
Poco dopo Valentiniauo I punì con peua
pecuniaria d'applicarsi a'poveri certoCro-
nopio vescovo, condannalo da un sinodo,
perchè s'era appellato al tribunale seco-
lare; e di ciò fece un rescritto a Claudio,
dove cita la sua legge, colla quale vieta-
va, che i chierici non trattassero davan-
ti a'giudici le cause loro, come riferisce
l'annalista Baronio an. 36g, n.°4o. Indi
all'an. 370, n.°i 23, dice per testimonian-
za di s. Ambrogio , che Valentiniauo I
mantenne le ragioni della Chiesa, volen-
do che tulle le cose ecclesiastiche fossa 0
T R I
trattate dagli ecclesiastici. Lasciò scritto
s. Ambrogio nell'A/;/.s7. 3?., n. "27, ch'era
un delitto gravissimo, sei sacerdoti si fa-
cevano giudicare da'diseguali. Teodosio
) il Grande, nella legge 21 ed ult. Cod.
Theodos. deEpisc. et Cler., coma ndò qua-
si le stesse prescrizioni, protestando pure
contro coloro che tentavano di spogliare
i vescovi de'loro diritti, e di assoggettare
i preti all'arbitrio delle podestà tempora-
li ne'tribunali secolari, e apertamente de-
cretando:'» No, non è lecito che i ministri
di Dio siano assoggettati all'arbitrio del-
le temporali podestà". E dunque falsa
l'asserzione di coloro che pretendono che
dalle leggi imperiali avessero origine i tri-
bunali vescovili , e sono pieni gli annali
ecclesiastici delle disposizioni imperiali
per la difesa dell'immunità ecclesiastica.
Gl'imperatori non fecero die riconoscere
il libero esercizio delle giurisdizioni chie-
ricali, e solo ne ampliarono i limiti; essi
non concessero a'ehierici il diritto d'alzar
tribunale, ma soltanto ne riconobbero la
divina origine; ricognizione che pur fece-
ro i successori Arcadio e Onorio co Ila leg.
9, Cod. de Episcop. audienl., l'impera-
tore Marciano colla leg. 1 4-» Cod. eod., e
molti altri. Questi augusti insomma non
fecero che dar protezione , ed opporsi, a
coloro che volevano invaderei diritti al-
trui nel IVe V secolo della Chiesa; essi
non comandarono altro, se non che i tri-
bunali ecclesiastici fossero liberi nell'eser-
cizio de'loro difilli e della loro giurisdi-
zione. Già diversi condili solennemente
aveano riconosciuto e difeso i tribunali ec-
clesiastici. Il i.° concilio generale tenuto
nel 325 in Nicea , riconobbe i tribunali
ecclesiastici come istituiti per decreto di-
vino. Nel concilio diLaodiceu del 367 veli-
ne ordinato. » Si dee reprimere l'orgoglio
de'chierici che non vivono soggetti a'Io-
ro superiori; ma per giudicarli ci vuole
un certo numero di vescovi; 3 per un dia
cono, 6 per un prete, 1 2 per un vescovo".
11 concilio di Cartagine del 3cj7 dichiarò.
» L'accusa iuteulata contro un vescovo.,
,
T R I
deve essere portata al primate della pro-
vincia, a cui si presenterà dentro un me-
se;, e per causa legittima gli si accorderà
la dilazione d'un altro mese: se manche-
rà sarà fuori della comunione finché si
giustifichi. Se l'accusatore mancherà di
presentarsi alquanti giorni dall'accusa, sa-
rà scomunicato, e il vescovo accusato sarà
rimesso : l'accusatore però non sarà am-
messo, se non sia irreprensibile. La stes-
sa forma e gli stessi indugi si devono os-
servare pel giudizio d'un prete e d'un dia-
cono accusato; ma spetta al vescovo di
giudicarli co' vescovi suoi vicini. Egli ne
deve chiamar 5 per un prete, e 2 per un
diacono. L'altre persone le giudica egli so-
lo. Non s'imputerà nulla al giudice eccle-
siastico, la cui sentenza sarà slata annul-
lata sopra l'appellazione del suo superio-
re ecclesiasticOjSe non è egli convinto d'es-
sersi lasciato corrompere dall'animosità
o dal favore". L'altro concilio di Cartagi-
ne del 4°7 decretò.» Chiunque ecclesia-
stico dimanderà all'imperatore de'giudi-
ci laici, sarà privalo della sua dignità; ma
il concilio permette di far istanza all'im-
peratore por essere giudicatoda'vescovi".
il 4.0 concilio generale allunato in Calce-
donia nel 4-5' stabili.» Se un chierico ha
un aifare contro un altro chierico, non
dee lasciar il suo vescovo per rivolgersi
a'tribunalisecolarijma tratterà la sua cau-
sa davanti il suo vescovo, odi suo ordi-
ne davanti a quello, onde le parti saran-
no convenute. Se il chierico avrà qualche
briga contro il suo vescovo o un altro,
sarà giudicalo dal concilio provinciale".
Nel concilio d'Angers del 4^3 si ordinò.
»I chierici nou litigheranno da vanti a'giu-
dici secolari senza il consenso del loro ve-
scovo". Osserva il Baronio.che i padri del
concilio d' Ungerà col riferito decreto si
opposero a quello contrario fatto da Va-
lentiuiano III. Questi avea promulgato
nell'anno antecedente una costituzione in-
degna d'un principe cristiano, togliendo
con essa il tribunale giudiziale de' vesco-
vi, vietando loro di tenervi ragione, fuor-
TRI , 1 7
che di spontaneo consenso delle parti; uè
volle che pe'chierici vi fosse eccezione al-
cuna di foro, e di non giudicare se non le
cose appartenenti alla religione. Ma quan-
to ciò fu tenuto iniquo ed empio, Io di ino-
stra la legge contraria emanata dal suc-
cessore Maiorano.Nè lasciò Dio senza pu-
nizione Valentiniano 111 di eccesso si gran-
de, imperocché Attila distrusse Aquileia
detta la 2." Roma, e altre ragguardevoli
città; ed avrebbe fatto altrettanto di Ro-
ma, se s. Leone I non si fosse interposto col
barbaro re degli unni. Il concilio d'Agile
del 5o6 comandò. » Un chierico non dee
citar nessuno davanti al giudice secolare,
senza permissione del vescovo, principal-
mente in materia criminale; ma deve ri-
spondere s'egli è citato". Il concilio d'E.-
paona del 5 1 7 dichiarò. » I chierici pon-
ilo litigare davanti a'giudici secolari per
difendersi, non per dimandare, se non fos-
se per ordine del vescovo". Il concilio di
Valenza del 524 decretò.» Il chierico con-
vinto di falso testimonio, sarà tenuto reo
di delitto capitale, sarà deposto e rinchiu-
so in un monastero". Nel 585 il concilio
di Macon dichiarò.» Proibizione a'ehie-
rici d assistere a' giudizi di morte e alle
esecuzioni".La stessa proibizione nel 1 075
la fece il concilio di Londra. Il concilio di
Parigi del 6 1 4 o 6 1 5, composto di tutte le
provincie delleC»allie,nuovamente riunite
sotto il re Clotario II, e cornei! più nu-
meroso delle Galliesiuoa quel tempo, co-
sì lu chiamato generale da quello di Rapina
del 6»5, decretòchei giudici secolari nou
dovessero punto conoscere le cause delle
persone di chiesa, come aveauo anterior-
mente dichiarato i ricordati concili) gal-
licani e altri, perchè in Francia già dal
potere temporale erasi riconosciuta la giu-
risdizione ecclesiastica, ed ivi ben si co-
noscevano le costituzioni di Costantino (
ed il codice Teodosiano, e si osservavano
anche a'tempi di Clodoveo I ilei 481. Si
vuole pertanto che la disposizione del con ■
cilio di Parigi fu presa perchè alcuni giu-
dici secolari pretendevano invadere 1 di-
i ! 8 TRI T lì I
ulti de' tribunali vescovili , e cos'i miche ciule". Ne! i 4^4- ne' concilio di Basilea,
in Francia si mantenne saldo il principio sessione 'io, cioè prima che divenisse Con-
dell'origine divina del foro clericale e dei ciliabolo, fu ordinato. » Le appellazioni,
precetti evangelici. Il concilio generaledi chenon tendonocliea tirar in lungo le liti
Luterano IV deliai5 dichiarò. «Quanto siano troncale; e non sarà permesso d'ap-
alla maniera di procedere per punire cer- pellnre ad altro giudice, avanti ehe il pri-
li delitti non solamente contro persoue mo abbia deciso e concluso, Quegli che
private, ma eziandio contro superiori, il appellerà a; quel modo, sarà condanna-
superiore deve informare per uffizio so- to ad un'ammenda dii5 fiorini d'oro",
pia la pubblica diffamazione; ma quegli Neh 438 divenuta delta assemblea con-
conlro il quale egli informa dev'essere pie- ciliabolo, decretò nella sessione 3i.» Le
sente, purché non siasi esentato per con- cause saranno tutte terminate sopra Ino-
uimacia. 11 giudice deve esporgli gli arti- go; toltone le cause maggiori, o quelledel-
coli,sude'quali egli deve informare, onde l'elezioni delle cattedrali e de' monaste-
quegli possa difendersi. Deve manifestar- ri, che per la soggezione loro immediata
gli non pure le deposizioni, ma i nomi dei sono devolute alla s. Sede. Proibizione
testimoni, e ricevere l'eccezioni e le sue d'appellare al Papa, omisso medio, om-
legittime difese. Vi sono 3 maniere di prò- mettendo Y Ordinario, né d'appellare da
cedere in via criminale. L'accusa, che de- qualunque interlocutoria prima della sen
\e essere preceduta da un'iscrizione le- lenza definitiva: e in caso d'appello alla
-itlima; la denunzia, che dev'essere [ire- s. Sede, il Papa commetterà de' giudici
ceduta da un'ammonizione caritatevole; sopra i luoghi, o Commissari delega ti"»
l'inquisizione o inchiesta preceduta da Già Bonifacio Vili avea stabilito le leggi
una pubblica dilfamazione; è però vero, da osservarsi dalla delegazione degnali -
che quest'ordine non dev'essere osserva- ci in partibusj le quali dipoi conferma-
to tanto esaltamente riguardo a' regola- te dal concilio di Trento, questo ordinò
ri". Dal concilio di Tours nel I23(j ven- a'vescovi di scegliere ne' Sinodici .) pro-
ne statuito.'» Gli Arcipreti egli Arridili- vinciali le persone che conoscevano ido-
coni (/ .), ovvero altri giudici ecclesiasti- nee alle delegazioni delle cause ecclesia-
ci, non avranno fuori della città né ofli- stiche, le quali perciò si chiamarono giù*
ciati 9 né luogotenenti, ma eserciteranno dici sinodali, ed ingiunse ad essi di fin
la loro giurisdizione in persona sollo pe- noti alla s. Sede i loro nomi, affinché po-
ni di nullità". Nel i4oS dal concilio di tette valersene nell'occorrenza , per dar ad
Parigi si dispose. » Le Appellazioni si fa- essi la Commissione (/.) di giudicai le
ranno per gradi davanti agli Ordinari cause per le quali erati interposto l'ap
(/'.): daU' Arcidiacono al / escono t dal pcllo alla medesima. De'gi odici delle can-
\esco\oa\V Arcivescovo, dall'arcivescovo se ecclesiastiche, fuori della curia roma-
ai Primate, se vi è; se non vi è, si appel- uà, utilissime provvidenze prete poi be
lerà al Concilio o Sinodo provinciale. In nedello XIV , e le rammentai ne' voi.
caso di appello ad un giudice, che non ha XX XI, p. i 44> e nel voi. LX VI, p. 27G,
superiore, e in aspettazione della tenuta (pianto a 'giudici sinodali. 11 concilio gc-
del sinodo provinciale , l'appellante sco- nera le ili Luterano V nel i5i4 ditpo*
■tunicato potrà ricevere l'assoluzione a se. » Per restringere le appellazioni, è
cautela dal vescovo anziano della provili- proibito di appellare prima della tet)
eia. Se si appella da quello, che ha giù- lenza. La causa di appello deve essere
riedizione sopra gli Esenti, ed il cui ap- proposta davanti allo stesso giudice, iti
pello, secondo il costume, fosse portalo esser lalc, che essendo provata, sia Irò
alla s. Sede, si porterà al sinodo provili- vaia legittima. Se il giudice supeiioic
tT II l
011 trovò l'appellazione ragionevole, de-
ve rimettere l'appellante al giudice in-
feriore, e condannarlo nelle spese. Il giu-
dice può livocare l'interlocutoria, ch'e-
gli avrà pronunziata, nulla ostante l'ap-
pello , che ne fosse slato interposto. La
causa di rifiuto non deve essere proposta
davanti lo stesso giudice, ch'è sospetto al-
la parte, e dev'essere giudicata da arbitri.
L'appellazione frivola,dopo l'ammonizio-
ne canonica, non deve ritardare il proce-
dere, quando il delitto è notorio. Proibi-
zione d'ottenere lettere dal Papa per ap-
pellare una parte in giudizio due giorna-
te distante dalla sua diocesi. Proibizione
a' chierici di pronunziare un giudizio di
sangue, né di farne la esecuzione, ovvero
di assistervi, né di scrivere lettere per nes-
suna esecuzione sanguinosa. Proibizione
agli ecclesiastici ili estendere la loro giu-
risdizione con pregiudizio della giustizia
secolare: ma è altresì proibito a'principi di
fare nessuna costituzione intorno a 'dirit-
ti spirituali della Chiesa. Nessun vescovo
o abbate non potrà essere privalo della »
sua dignità, di qualunque delitto sia egli
accusalo, anche notorio, purché le parti
non siano stale prima ascoltate; e nessu-
no potrà essere trasferito contro sua vo-
glia da un beneficio all'altro, se non per
giuste e necessarie ragioni". Avendo os-
servato i cristiani, che l'autico potere giu-
diziario episcopale, e la procedura de tri-
bunali ecclesiastici era più semplice, più
spellila, più sapiente di quella de' tribu-
nali dell'impero, fece sì che gli accorti so-
vrani e popoli, e tra' primi l'imperatore
Costantino I, ordinasse che i vescovi a-
vessero liberamente diritto di giudicare
le cause pure de' laici. Molti confessano,
che la procedura fu intinitameule più
staggia e più perfetta nelle corti ecclesia-
stiche, che nelle corti laicali. Questo fu il
principale motivo pel (piale i popoli am-
bivano di andare innanzi i giudici sacci-
doli; e late un piacere aveano le genti di
assoggettarsi ali uditorio cicricale,che lu-
louo coitrclli i cousigli municipali di fai e
TRI no
de'precelti di proibizione a'Iaicidi toglie
re le cause e le controversie innanzi a'giu-
dici dell'impero. L'origine dunque del di
ritto e giurisdizione contenziosa de'vesco-
vi di giudicare pure le cause de'laici. con
libero esercizio di esecuzione delle sen-
tenze , fu la perfezione della procedura
clericale, la saviezza della giudiziale pro-
nunzia, la volontà decisa de' popoli. La
forza esecutrice non mancò a'ti ibunali ec-
clesiastici sino dalla loro origine; gli apo-
stoli e soprattutto il loro capo s. Pietro, il
dottore delle genti s. Paolo,ed i successori
emanarono liberamente i giudizi ed eb-
bero piena esecuzione. Per sentenza d'un
tribunale ecclesiastico fu degradalo il sa-
cerdote Marcione nel secolo ll,e Paolo Sa-
mosateno vescovo d'Antiochia versoi!?. 70
fu spogliato del vescovato ex Alttìstiitun
decreto a Pontifici (s. Felice 1) adproba-
toj e così il ricordato e celebre Origene
morto verso il 253. Anzi allorché si fece
ricorsoalle autorità civili non già per man-
canza d'aulorità,ma per vincere una mag-
gior resistenza, questo servì soltanto ali. 1
conferma di quanto erasi decretato. In-
fatti l'audace vescovo antiocheno nomi*
nato, opponendosi alla sentenza della pro-
pria deposizione, implorata l'autorità del-
l'i mpei a loreAureliauo,quesli benché geu-
lile,dalla forza armata fece eseguire quan-
to di già era stalo deciso. I vescovi sino da'
primitivi tempi della Chiesa, sebbene pri-
vi di soldati per l'esecuzione de'loro giu-
dizi, facevano avere pieno effètto alle lo-
ro sentenze o col mezzo de'fedeli addetti
al servigio de'propri tribunali, e con quel
lo eziandio de'soldali dell'imperatore, se
vi era d'uopo vincere una gì a ve resisten-
za, a quella guisa che interviene agli o-
dierni Cursori de' nostri giudici, che se
trovano opposizione ricorrono alla forza
militare. Gli slessi scrittori impugnatoli
degli antichi tribunali vescovili, non san
no negare che la procedura forense fu
sempre più saggia e più perfetta in essi,
che 111 quelli delle coiti Luche, ammetten-
do che aveano la via coattiva, per esegui-
1 2o T R I
re le sentenze ilei tribunale ecclesiastico,
accordata fin dagli antichi imperatori cri-
stiani. Dell'accordare il libero esercizio al-
le giurisdizioni clericali. Anche la Scomu-
nica, l' Interdetto (F.) e altre Pene ec.'
( lesias licite (V.), furono una reale forza
esecutrice anco in tempo di Costantino I
e de'suoi successori. Poiché i tribunali ec-
clesiastici colle dovute cauteIe,dopOiL/om-
to r ii ( F.) e alili atti legali, scomunicavano
le parti che rifiutavano di comparire al-
la curia, e coloro che assoggettali ad una
condanna non ubbidì vano, ed i laici i qua-
li si opponevano a'decreli de'chierici, ed
infine lutti gli altri che non volevano far
dare esecuzione a'giudizi ecclesiastici. In-
oltre la forza esecutrice consisteva altre-
sì nella verga, che s. Paolo minacciò ai
corinti, e diversi Papi l'esercitarono nel-
V Assoluzione dalle censure ecclesiasti-
che (J '.). Più eravi ne'primi secoli il mo-
do di mandare ad esecuzione le sentenze
colle multe pecuniarie (di quelle imposte
a chi non soddisfaceva i Tributi, in tale
articolo ne ragiono), delle quali si par-
la nel concilio di Cartagine del 399; in-
oltre dalla più remota antichità esistono
le Carceri ecclesiastiche (A.), ammesse
altresì dalla legge civile, ove dalla forza
esecutrice si rinchiudevano i delinquenti,
il che è un'altra prova della piena giu-
risdizione contenziosa de'lribunali eeole-
nasliei. Eusebio nella vita di Costantino
1 parla espi essamente dell'autorità di e-
seicilaiela forza esecutrice; Teodorelo ri-
pete la stessa cosa,eSozomeno seri ve che
quell'imperatore permise a'Iitiganti che
si assoggettassero al giudizio de' vescovi, se
volcuno declinare da'inagistrnti civili, e la
loro sentenza si tenesse per ferma, anzi si
stimasse a preferenza delle sentenze degli
altri giudici, come se fosse stata emanata
dall'imperatore. Eguali disposizioni furo-
no pubblicate da'già ricordali imperato*
ji Arcadio ed Onorio. Trovandosi i ve-
scovi sopraccaricati d'affari per la giudica-
tura, ne dieroao l'incombenza a 'loro Ar-
< idiacQfU (/ '.), ed aucUc u qualche sucer-
T R I
dote: questa commissione però era revo-
cabile ad nutuin. Furono questi chiama-
li vicari o officiali, Vicarii generales% Of-
ficiales. In seguito furono divise le loro
funzioni, e chiamaronsi ly icari generali
(/'.) coloro a'quali i vescovi commisero
la giurisdizione volontaria ; ed officiali
quelli a'quali commisero la giurisdizione
contenziosa. Così l'officiale fu il ministro
a cui dal vescovo fu dala ad esercitare la
giurisdizione contenziosa. E opinione co-
mune,che l'uso degli officiali abbia comin-
ciato verso la fine del secolo XIII, perchè
non se ne trova menzione nella raccolta
delle decretali di Gregorio IX. Secondo
il "/."canone del concilio diTours del 1 io3,
e la testimonianza di Pietro di Rlois, gli
officiali furono stabiliti in Francia mol-
lo prima di detto Papa. Quindi nel seco-
lo XI Vera cosa ordinaria, che nelle gran-
di diocesi i vescovi istituissero molti tri-
bunali d'officiali, sebbene quelle diocesi
fossero d'un medesimo dipartimento ogo-
verno.Distinguevansi due sorla d'officiali
in una diocesi, l'ufficiale principale ch'e-
sercitava la giurisdizione ordinaria su tut-
ta la diocesi , e che comunemente avea
sede nella città vescovile; e gli officiali fo-
ranei, sparsi ne'di versi distretti e luoghi
della diocesi , qfjieiales foranei , perchè
esercitavano la loro giurisdizione jbris et
extra civitalis. Gli officiali foranei erano
semplici delegati, giudicavano soltanto le
piccole caute, e polevansi le parti appella-
re da'loro giudizi innanzi all'officiale prin-
cipale. Eran vi altresì degli officiali de' Me-
trottoli tani (V.) e de' Primati (Z7'.), i (pia-
li tentarono non di rado di soggettare i ve-
scovi suffragane! della metropoli alla loro
giurisdizione in materia ili correzione e di
disciplina ecclesiastica, e ciò contro le di-
sposi/.ioni del concilio di Trento e le mas-
sime dellaChiesa. Di diritto comune il ve-
scovo nominava e deponeva gli officia li,
i quali doveano esser preti, coinè dispo-
se il concilio ili 'Louis nel 1 j«S3, e pel de-
cretato da quel di Trento 'doveano esse-
re laureali iu diritto canonico. Chiamava.-
TRI TRI i2.
si Giurisdizione dell' Officiale, il luogo De beni apportati alla giurisprudenza
o tribunale dell' Udienza, e nel quale l'of- da' sommi Pontefici. In questa disserta-
ndole adempiva i doveri di sua carica fu zione dichiara, che prima ilei cristianesi-
ceudo giustizia. Ciascun metropolitano dio eranvi nel mondo barbare costiluzio-
deve nominare un officiale per giudicare ni, leggi che penuettevuno il furto tra gli
l'appellazioni dalle sentenze pronunciate spartani e gli egizi, che favorivano la ven-
ne'tribunali de'vescovi. In Francia nelle detta e la lascivia,che permettevano Pucci-
chiese primaziali, come Lione e Bourges, sioue degli uomini decrepiti e storpi come
l'officiale metropolitano giudicata boo«o- inutili; sussistevano i diritti paterni sulla
baiente le cause d'appello di tutte le dio- vita de'figli, e l'autorità de' padroni per
cesi de' suffragane!, ma anco quelle del- uccidere i servi e gli schiavi. Ora più non
l'appellazioni dall'officiale diocesano del- esistono, e ciò per opera specialmente dei
la metropoli: quindi l'ufficiate primazia- l'api, la religione cristiana avendo abo-
le giudicava in appello le sentenze date lito colla Schiavitù (/ .) tanti assurdi si-
dall'ofliciale metropolitano. 1 vicari gene- sterni legali e tanti barbarismi. Fu dess;i
rali successero agli Arcidiaconi, de'qua- che recò immensi beni alla giurispruden-
li riparlai a Priork de'Diaconi, ed a Co- za, cancellando da'eodici legali tante di-
repiscopi, a' Decani (V.) e agli officiali fcltosissime leggi. A' Papi devesi la for-
successero i Vicari foranei (L '.), i quali inazione del corpo di leggi detto gius ca-
pute hanno quasi tribunale. Tribunali ec- unnico, che migliorò il civile; furono es-
clesiaslici gli ebbero anco \ Nunzi aposto- si che perfezionarono la giurisprudenza,
liei ( / .).ne'luoghi di loro residenza, ove l 'Muovendo i difetti che avea la codifica-
ne riparlai; coni Cardinali Legati aposto- zione imperiale, inclusivamcnle al Giu-
liciff \hecon più estese facoltà. Ma quan- stimane?. Per la correzione delle leggi i
to riguarda la Curia Fcclesiastica e Pat- Papi alto alzarono la voce contro impe-
t naie sua giurisdizione, in quell'articolo latori e re; né risparmiarono di deda-
lo trattai, cioè la giurisdizione spirituale mare anco co're barbari invasori d'Italia,
che esercitano i vescovi sui loro diocesa- acciò fosse purgato e riformato il codice
ni a mezzo de' propri Cancellieri (V .). romano; e Giovanni XXII ammolli il re
Sopra i tribunali ecclesiastici e sopra il lo- di Francia Filippo V il Lungo, a non per-
ro libero esercizio, contro quelli che l'ini- mettere che i tribunali fossero aperti nei
pugnarono, a'nostri giorni eruditamente giorni di festa, essendo la Feria (L.jgìov-
scrisse il prof. Michele de Matlhias, ed io nodi riposo e di vacanza ne'tribuuuli: del
me ne giovai compendiosamente. Fgli vocabolo vacanza e da che derivato feci
dunque pubblicò uagW Aniudi delle scien- parola nel voi. LX, p. 64; dicendosi Fe-
ze religiose, serie i.', nel t. 20, p. 175 : riae Forense» le vacanze e quando sono
Sulla origine de' Tribunali ecclesiasti- chiusi i tribunali. Indi divenuti sovrani
ci, Memoriti, in risposta a' discorsi pub- temporali, i Papi abolirono le leggi slra-
blicati dal d.r Laferriere nella.suaSto- ne, riprovevoli e ingiuste, e migliorarono
ria del diritto francese, e dall' avv. Be- pe'priuii le puniti \ePrigioni(L .). La pr-a-
lime nella sua Dissertazione sulle an- lica criminale e barbara delle torture, fu
fiche Giurisdizioni ecclesiastiche. Nel t. da'Papi a poco a poco eliminata, sceman-
ig, p. 210: Quaestio/ics de Jure Grimi- done primameute le crudeltà de'longo-
num Pioma no, pretesa- tini de, criminibus bardi. Leone X tollerò le modificate pei
cxlraordinariis,scripsil lùluardusPlat- maggiori delitti ; Paolo 111 ordinòche non
ntr. Di ambedue queste opere l'encomia- si facessero ne' detti casi se wonpraevia
toscriltore ne confutò gli errori. Egli inol- indicia su/Jiccnlia ;Pio IV volle che nei
tre ci dui negli slessi AnnalitL l5t fi* 33: medesimi casi 0 si logliessero all'alio opri-
1 1 % TRI
ma «li permetter!* si desse copia del pro-
cesso, allineile il reo ave-.se potuto difen-
di -i -si; Qualmente si tolsero in tutto d'in-
fliggerle col secolo passato. Frenarono l'u-
sura con provvide leggi, e col favorire l'e-
rezione de' Monti di pietà (F.) e frumen-
ti! i. I Papi favorirono Io studio della giu-
risprudenza, massime ne'propri domimi,
nelle Scuole, e nelle Università di Ro-
ma, Bologna, Perugia, Macerata (F.),
ec. Conoscendosi poco il nesso della Me-
dicina (J .) colla legale, Alessandro VII*
da Paolo Zacclmi fece scrivere le Quae-
stionesmcdico-legales,V\o VI,ad istanza
di Maria I regina di Portogallo, emanò la
bolla Justiliae ubique admìnislrandae,
de'2 agostoi^yfj, Bull, Rom. cont. t, 6,
p.124: Ereclio Iribunalis Ecclesiasti-
ci in civitate Lisboneusi. Eressero i Tri-
bunali di Roma (F,) ecclesiastici, civili e
criminali, e indefessamente ne curarono e
curano il perfezionamento secondo i biso-
gni della società. De'principali tribunali
antichi e odierni delle nazioni, supremi, di
appello, civili, criminali, di commercio,
ce. parlai ne' loro articoli. A supplire il
genericamente da me detto sul grave e
vasto argomento de' tribunali , potrà in
parte giovare la seguente erudizione bi-
Litografica. A. Lenti ,Judex locuplel, in
Rubr. Jur. Civil, et annoi, in varios Au*
( lores, Lugdunu 546. T, Kivi, Imo, Ju-
stiniani defensio advers, Alemannutii,
Fratioofbrti 1628. J. Curlii, Farior. Ju-
ris Civ. quaeslionum, Antuerpiaei ><jo.
.1. Penali, De regulis Juris commcnl,,
Lngduni 1 537. J. J. SchoeplFeri,^7io/;.vi.y
Juris privalis Rom. et Forensi*, Fran-
cofurli I »CWU Ducheri, De lalinilale jth
riseonsultorumveterum, Lugduui, bre-
derodii, Re per tori ut n senteuliaruni re'
gularum, defiuitiouuin divisionum dif-
fèrentiarum formular umeìc ex univer-
so juris civili» torpore etglo8M.it colle-
CA0rttfn,FraiMofui ti 1 587.MatÌe02,Z?ere<
fci eudariorum advoealorum judiciutii
tifìicio, Uigni tate, requisitisi Francofurti
i(r.>3. Grotnewergettj De legibus abro*
T R I
gatis et inusi tatis, Lugduni 1649. Dal-
l'Olio, Elementi delle leggi civili roma-
ne, Venezia 1825. Charlario, Praxis in*
ter rogando rum reorum.Nac\.e\dey , Ma-
nuale di diritto romano, Firenze i65i.
Morello, Teorico praxis civilis,crimiu. et
canon., Romae 1 706. Oberlender./».y ho-
diernum,sive epitome juris civilis roma-
«/,Noriinbergaei72o.Deckheri'i,Co/i.«i/-
tationcs forenses , de periculis juxlitiae
supreniae de scrìptis adespolis pseude-
graphis et supposititiis conj e e tur ae: Con-
cordia supremorum Tribuiialium, Wez-
lariae 1 j2-2.Spe\de\,Bibliolhecaj'uridiea
itniversalis sive quaestionum juridiea-
rum omids generis sylloges, Norimber-
gae \ 728. Orsi, De capitalium criminum
absolulione,'^led\o\a\\\ì'j'òo. H. F. Dan-
ti ini, De forensi scribendi rat ione, cui"
ta atque perspicua, Patavii 1 734. G-. A.
Gennaro, Delle viziose maniere del di-
fendere le cause nel Foro, Napoli 1 744-
J. A. Baehii, Historiae Juris prude nliae,
Romae, Lucaei762. J. Wibo, De Inter*
rogadonibus in jure , Lugduni 1766,
Kees, Com, ad Justiniani institutionum
imperialium libros cani appendice con'
finente modum legcndi et scribendi ci'
tatìones utrìusque juris, Lausanne r 769.
E, begeri, Codicis Juslinianei illustra-
tiones, Francofurti 1 767. Pli. Invernizi,
De publicis et criminal, judieihus, Ro-
mae 1 787. S. Mattei, Che ladolcezza del-
le pene sia giovevole al fisco più che l'a-
sprezza, paradosso politico-legale, Na-
poli 1 787. Tortosa, Medicina forense, Vi-
cenza 1 809. Poma, Dizionario aitatomi'
co-medico-legale, Padova 1 834- Dome-
nico Meli, Giurisprudenza medica, Ra-
venna i832, Lorenzo Martini, Manuale
di polizia medica, Milano 1828. Delfico,
Ricerche sul vero carattere della giuris-
prudenza romana e de' suoi cultori, Na-
poli 18 15, Elementi di giurisprudenza
criminale, Ferrnoi8iG. Torricelli, /.'/<
menti di diritto civile, adattali alla CO*
ninne intelligenza, Pesaro 1 825. De' di-
ritti naturale e pubblio delle genti, bo-
1 II 1
logna. Bicherio, Universa civilis et cri*
mìnalis jurisprudentia, Laude Pompe-
ja 1 826. Contali, De* delitti e. delle pene,
Bologna 1827. G. Coiizzi, Saggio mudi'
lieo di giurisprudenza naturale e socia'
le, Perugia 1 833. F, Speroni, Estratto
ragionalo del saggio analìtico di giu-
risprudenza naturale e sociale del prof.
G. Coiizzi, Perugia 1 83G. J. A, Zallinge-
.nis, Insti tutiones naluralis et ecclesia-
stici pub li ci privaticpie t Bomae 1882.
Schmi\\zgniehev,Jus eccles iasticum uni-
versimi, Bomae 1 844* Angelo Carne*
valini , Lezioni di diritto commerciale,
Buina 1 846. Emidio Cesarmi, Prineipii
del diritto commerciale ,Rotna 1 8271 Dei
viti del negozio bancario delle, cambia-
li d'Eineccio, Macerata 1 839: Elementi
di giurisprudenza sul cambio meri ali-
tile d Eincccio, Boma 184^. De' libri
de' commercia liti fallili (V iu neccio, con
note sulla giurisprudenza odierna del
commercio, Roma 1 84-ti Giuseppe Bou-
cogli, Istituzioni di diritto commercia
le ad uso degli studenti di legge e dei
negozianti , Bologna i85i. Filippo M.''
Beuazzi, Ele/ueulajnriserimiiialis, Bo-
maei 802. Giuseppe Bruitati, Critica del-
l'auliche, legislazioni gentilesche, Tori-
no 1824. Ph. Baffi, Dissertata) de pò e -
nis, Bornae i832. Virilio delle genti,
trattalo, Milano 1 8 1 4- J. Rocco, Jus ca-
uonicum ad civilem jurisprudenliam
perficiendam qui attulerit , Pauormi
i83g. F. Lucio Ferrarti*, Prompta Pi-
bliotheca canonica, juridica, moralis,
theologica, ncc non ascetica, polemica,
r ubricis tica,liistorica,T\.oiuae 1 784G io
vanni Patriarca, Compendio delle, pia
note leggi del diritto ch'ile romano, con
l'aggiunta di varie teoriche de' pili ce-
lebri giureconsulti forensi, Boma 1 843.
F. Saverio Muzzi, Discorso sulla ori-
gine e fine delle leggi) Napoli 1824. Fr.
AgoslinoMatleucci, OJ'icialis curiae ce-
< lesiasticae ad praxim prò foro eccle-
siastico, lum sacculari, limi regulari u-
fili ter aplatus, Pvoujae 1709. Lodovico
TRI »23
Valeriani, Leggi delle XI I tavole, Fi-
renze 1 83<).Gio. Battista Martini, Il Pro-
cessatile ossia pratica criminale dimo-
strala in senso de* principii elementari
e generali, con abbondante formolario
degli atti processuali, A ncona ? 852.
TRIBUNALI ECCLESIASTICI, f.
Tribunale, Tribunali di Boma, Curia
ecclesiastica o curia vescovile.
TRIBUNALI DI BOMA, Tribuna-
lium Curiae Romanae. Organi delle gra-
zie e della giustizia del sommo Ponte-
fice, qual supremo capo e governatore
della chiesa romana e universale, e qua-
le sovrano de'dominii temporali della s.
Sede. Essi sono stabiliti nella sua ponti-
fìcia sede e nobilissima residenza di Ro-
ma (E-), metropoli del mondo cristiano
e capitale delio stalo papale. I tribunali
della curia romana tono ecclesiastici, ci-
vili e criminali. Cui mezzo di essi il Papa
con timi ;i mente olire il co ut odo e il vantag-
gio a tutti i cattolici dell'uni verso, ci 1 far
pervenire alla Sede apostolica lesoppli-
cbe,i dubbi,! reclami, Quindi e dopo la giu-
ridica conoscenza delle domande e delie
cause, dopo la loro matura e accurata di-
samina e discussione, rende le risposte, le
decisioni, i decidi a lutto il callulicismo.
Con questi tribunali il Papa spiega non
meno alle vicine die alie lontane provin-
cia la sua mente; non che rende ragione
e giustizia a* particolari sudditi che vi ri-
corrono, col fare eseguire le leggi eccle-
siastiche,civili e criminali. Lasciò scritto
Raterio vescovo di V erotta, che in Boma
si hanno deerelalia Ponlificum, exami-
natio Caiionutu, adprobatio recipien-
dorum, reprobalio sperneudorum. E il
dottissimo Zaccaria qualificò l'alma Bo-
tila , domicilio sagro della verità egual-
mente che del la giustizia, li omolo fonda Io-
re di Bontà vi stabilì la Curia{V.) quan-
do divise la città in 3 parti che chiamò
Tribù (/ .), le quali si adunavano nel
luogo chiamalo Comizio (e di questo
perciò resi ragione al citalo articolo) nel
Foro di Roma, e vi si traila vano le cau-
i*4 TRI
se, così nella propinqua curia dal sena-
to. In Roma vi furono diverse Curie,
delle quali ragionai nel ricordato artico-
lo e ne' luoghi ove sursero. La i.a curia
per comune opinione fu la Calabro, fab-
bricata da Romolo, luo<*o dove non si
trattavano die materie religiose ; cos\
chiamata perchè il Pontefice gentile vi
annunziava al popolo \calabrati,o Gior-
ni delle Caleiulc e delle None. Nel fo-
ro rendendosi giustizia Dell' antica Ro-
ma, indi e aderenti a' diversi fori furo-
no edificale le basiliche con portici desti-
nati a giudizi, i quali poi si resero nella
nicchia granile in forma d'emiciclo inca-
po alle stesse basiliche, denominata Tri-
Luna (/'.), dal qua I vocabolo derivò quel-
lo di Tribunale (f*.), per indicare il luo-
go ove risiedono i giudici a giudicar le
cause e a rendere ragione, con ammini-
strarvi la giustizia secondo la Legge [f^.).
lii uditamente scrisse sul vocabolo Cu-
riti il dotto cardinal de Luca, sia da che
der i valo,sia nei deaeri vere la duplice curia
degli antichi romani, l'uua pe'sacerdoti,
l'altra pel senato e altri magistrati. Una
scilicei , in quo sacerdote* , res divi-
na* j altera vero, in quo senatus, ac po-
pulos , aliique magistralus , public as
res hwnanas tractabatit. Jsto Curiae
vocabulo, derivationem habente a curis
publicis, (juae. in locis praefatis, apud
Deos, et apud ho/nines, seu prò c.oele-
.stibus ac terrestribus negotiis, prò sa-
lute et conservalionc Reipublicac gere-
hanlur. Jdeoquc Curia ista , tenipluiii
sanclitatis, ainplitudinis mentis, consi-
lii public/', caput (ìrbis, ara socionun,
et portai omnium gcnliuia, a Cicerone
appellatili-. Quindi il cardinal de Luca
dimostra, quanto la moderna curia roma-
na ecclesiastica è maggiore dell' antica
profana, in potenza e in estimazione, qua-
le curia delia cristiana repubblica, di cui
è cupo il Papa Vicario supremo di Cri-
sto, che ha tutto il monile- per territorio,
lotiiiiiipie liiiiiiiiinuii genus in spiritila-
libu... oc in tcmporaliùuò habilu subje*
TR I
ctum. De isla vero Curia romanaPapae,
in pr arsenti agi tur, quae , sive in iosa
materiali Romana civitate, sive in alia
qualibet mundi parte sit, dwn ibi Papa
residet , suamque habet sedem semper
Romana dicitur. Talis etcnim dicitur
non ab hujus civilatis praecisa locali-
late,sed ab origine, quod scilicet in ca b.
Petrus cathedram, vel sedem constituit,
ab Antiochena civitate Ulani trasferen-
do, tamquam in loco, in quo totius Orbis
temporalis dominatio sedem habebat, ut
ibi hoc ma j us Imperlimi spirituale orire-
tur, atque (ut idem s. Leo I Papa admo-
net) ea civitas,quae omnium erroruni,ac
gentilium super stitionum mater, ac me-
tropolis erat, pietatis, veraeque Re/i-
gionis, mater ac metropolis efficeretur.
dunque non ipsius civitatis materialis,
sed universac Ecclesiae Catholicae , ac
Papa curia sit,idcirco non materiali !cr,
sed formali ter Curia Romana dicitur
omnis locus in quo Papa resideat , at-
que de ea leges, quae de Curia Roma'
na aguni iute lligendae veniunt. Quem-
admodum etcnim, in singulti Episco-
patibus habemus , ut denomi nationc ni
acceprrint ab ea civitate, in qua ereclio
cathedralis facta est ac sedes Episcopa-
Us ini lio consti tuta, adeo ut Episcopo in
alio dioecesis quantum vis remoto loco
residenliamet Curiam scuTribunal ha*
beute lutei licitumesse reception est rum
dei ■ Lira lionibus,quae in propi -Us sedi!) us
recensentur). Non per hoc tamen Eccle-
siae titulus vel drnomiuatio immutatili'
ita si Ponti fex, qui universum orbem ha-
bet prò dioecesi, vel territorio, in qua-
cuinquc orbis parte resideat. e jusCuriae
priinacvum vocabulum non immulatur
indeque vulgarc prodii 't ;quod Ubi Papa,
ibi Roma. Cum auteni Papa, cujus lm-
perii Aula, seu Curia isla dicitur, qua-
druplicem pluries enunciatala geralseu
representet perso nam. Unum scilicei.
j a ni enunciatala Christi Vicarii gene-
ralis, et Episcopi Ecclesiae universalis.
Alterimi Patri ardine occidentis. Ter-
TRI
liam Epìscopi particularis Romana ci-
viiatis, quaeparticularem dioecesim re-
strie la in habet, attento moderno stala,
actualiter intra ambitimi quadraginla
iiiitliariitm, qui sub dis Ir ictus vocabulo
explicari solet, habitualiter autcm,imo
ad cerlos effeclus, ctiam actualiter, in-
firmi ambitimi cenlum milliarium, ut a-
libi juxla varias contingcntìas adverti-
lur.Et quartam demum Impera toris,vel
Pi incipis temporalis Urbis, illiusque I-
taliae temporalis dilionis, quae sub u-
triusque mediati, ac immediati Status
Ecclesiastici nomine explicatur. Ac e-
tiam Beneventanae civitatis intra visce-
re regni Neapolitani, quodde dictoSta-
tu mediato, ratione directi domimi di-
cilur. Nec non Avenionensis civitatis, et
T'enaisini cornila tus in Gallia. Quin-
di il cardinal de Luca ragiona, come la
curia romana, siccome maggiore, trat-
ta i negozi di qualunque altra curia del
mondo, spiegando il nome di curiale da
che deriva. Curialium autem nomine,
vcniunl omnes qui opera, Consilio, labo-
re, aliove munere, Papae inscrviunt, in
Ecclesiae univa-salis, ac particularis
respeelh'c, vel temporalis domi ni i regi-
mine, ac administrationc, siequeexplu-
ribus generibus, vel ordinibus Curialcs
coitstituunlur. Primus etenim orcio est
Cardinali,^. °Prelati,3.° gli altri Giudici
e Magistrati non prelati, 4-° Avvocati, 5.°
/Vo(///Y7/o/7,6.0 Sollecitatori del foro giu-
diziale, 7.0 Sollecitatori o Spedizionieri
della Dateria e Cancelleria (non si de-
tono confondere ,co' Sollecitatori delle
lettere apostoliche o Giannizzeri, come
può vedersi a'ioro articoli, poiché ne han-
no tutti que' che vado distinguendo col
corsivo), 8.° eorum qui negotia gratiosa
vel extragiudicialia peragunl, rive e-
liam judicialium negoliorum aliquam
habenles curam, apud causidicos as-
sislunt, et qui Agentes vulgo dicuutur
(questi sono que'procmatori particolari
d' affari presso i tribunali ecclesiastici e
le Segreterie della s. Sede), g.° Nola-
TRI is5
ri e altri Scrittori. 1 o.° Aulicorum, qui
Papae et Cardino libus, ac Praelalis in
aula assistunt ac insavicnt,et qui vul-
go, ad differenti ani a liorimi, Corteggia-
ni dicun tur. cioè gli appartenenti alla Fa-
miglia pontificia, ed alla Famiglia de'
Cardinali e de' Prelati. Indi il cardinal
de Luca parla della differenza tra la cu-
ria romana, ed i tribunali e magistrati,
non che delle varie specie delle curie di
Roma esistenti al suo tempo. Eo vero
differcnlia est Inter Curiam Romanam,
et alias saecularium Principimi airias,
quod istarum plures, ex ipso principe
tamquam capile, et ex seiiatibus, aliis-
que. magis/ralibus tamquam membris,
ejì'ormari dicitar principalus prò solo
adii vel exercitio potestà lis, cuj'us habi-
tus penes universum > populum seu ipsam
Rempublicam essedicilur,adeo utomiies
magistratus, ipsam Rempublicam con-
stitue re seu representare dia ;n tur. Al-
que, ( uni debita prnportione, aeque con-
currant ad ipsius Reipulilicacmy stirimi
corpus efformaudum, ipso Principe re-
presentante caput. Aliis vero reliqua
membra. Non sic vero est in Curia ro-
mana, quo tota constitui dìcitur per so-
limi Papaia, qui non apopulo. vel a Re-
p.uì> bica, seda Deo immedia te, in iis quae.
ad Ecclesiae universa lis regimai per-
lincnt, potcstatem mefitur. ideoque lai-
jus Curiac Tribunalibus et Magìslra-
tibus, nomai non congrui t membrorim^
quae idem corpus cum capile aeque ef-
formcnt, sedpotius nomea famulorum,
vel mìaislranlium ci qui unicus est Do-
minus, ac paterfamilias, juxta majo-
riaa. vel minorum numerimi qualìtataa
ut singulorimi magistratuum respective
rubricis advertitur. Quod scilicet, cimi
Domiaus, vel paterfamilias omnia per
se ipsurn administrare non valeat, mi-
nistros , ci operarius adhibet. Ideoque
male aliqui nostri practici suppommt u-
nieum corpus xujus sitcapulPapa. Car-
dinales autem membra j aisi juxta dc~
claraliones de quibus infra disc. 3. Ea-
1 26 T lì I
detti Curia plures hnhet specie t. Alia e-
tenimforensis dici/tir. dune, conlentìosa
vel graliosa negatiti per trami Ics /idra»,
perlraclat, ne decidi t. Alia politica ,
quae ulrittsque ecclesiastici, et propba-
in principatus negotia cani pi-udentiali-
bushel poli liei s regniti potiits a gif. Tei--
tia caerimonialis, circa ea,quae cullimi
divinimi, alias/pie sacerdotalia, vel ec-
clesiastica murila concernuut. Et (piar-
la mere aulica, circa- Aulae temporalis
caerimonias, ac, ritus. De prima vero
tantum specie, meae suntpartes, meu/n-
que insti lutimi agendi, prò fori, seti re-
rum forensium. noti tia, et in.i trite (ione,
et aliqualiter de secunda super ti quae.
pari ter praocì forensi ac negotiorwn di-
ree/ioni congrua, sint. Reliquae auleni
cacrimoniarum magistri, sive ecclesia-
slicoruni riluttili > professoribus, nec non
poli/icis, et aulicis relinqiiuntur, ut o-
m /ics prò sua respective sphera, ea tra-
eteti t quae ad propria m pertinent prò-
jcssioncin^iequc in alienani se ingerant.
Sive (ut juristae diennt) quilibeliu prò-
priam, non autem in alienam messem,
falcetti immiltat. Ideoque obitcr potius
de aliis speciebus quandoque agi con-
tingit. Sui tribunali di Roma preti Ose so-
no le opere vaste e sapiènti del profon-
do giureconsulto cardinal Gio. Battista de
Luca, non meno che per la curia roma-
na e insieme per la giurisprudenza; solo
qui citerò: Tbeatrum veritatis et fusti-
tiae, sive decisivi discursus per inale-
nas,seutitulos distincli,et ad veritùtem
editi in forai sibus coni cover si sca no uicis
et civilibus,in quibus inUrbe advocatus
p'0 una parlìum scripsit, vel co/isulttts
rcspondil, Yeneliis 1706. Ut. i5 com-
prende: \°ParsdeJtidiciis,eldc Pia, ri
Curiae Romanae. 1." Ile lai io /ionia nae.
Cttriae forensis , ejusque-Triiiuiialium
et Cotigregalionum. 3.° Con/lictus le-
gis, et. ratìonis, cimi opuscolo dello siile
legale. In quest'ultimo nel cnp. 1, § l 5:
Della ragione per la quale non si spera
il fruito di quest'opera nell'età corrente,
T R I
ma nella futura, dice le seguenti gravi ve-
rità."Conosce bene lo scrittore, che (pian-
do anche i suoi pensieri sieno ragionevoli
e degni d'esser abbracciali e praticati ,
tuttavia nell'età corrente diU'iedmente sia
per vedersene l'effetto, e per raccoglier-
sene il frutto. E ciò per la ragione, che
le già introdotte e invecchiate usanze dif-
ficilmente si tolgono in quell'età ed in
quelle persone, le quali abbiano per qual-
che tempo in esse vissuto. A somiglianz •
di quelle piante, le quali sieno invecchiato
ovvero indurite nella mala piega. Ed an-
cora perchè, portando il commi distinto
(o istinto) naturale, che tra gli uomini vi
venti, uno non facilmente cede all'altro
nelle parli dell'ingegno. Però diflicihneu-
le e molto di raro si dà il caso, che agli
scrittori vivi s'ubbidisca, cagionandosi la
loro autorità e la venerazione dalla mor-
te e dall'antichità ! " Dell'origine divina
e apostolica de' Tribunali ecclesiastici,
non che della Curia, Ecclesiastica o Cu-
ria, vescovile (/'.), e di quelli dell'antica
Roma pagana, tenni brevemente proposi-
to a Triuu.v aie, articolo che va in questo
tenuto presente, ed a cui si rannoda, an-
co per le accennate nozioni di ginrispru-
denza e delle leggi ecclesiastiche, civili e
criminali, delle quali se ne resero gran
demente benemeriti i romaniPuutefìci, a
seconda dell'ivi narrato. Dell'origine de'
tribunali della Curia /Ionia na\V .)e del
la Sede apostolica {P.), nel quale ar-
ticolo tornai a chiarire il maligno sen-
so che i Novatori tristamente danno al
vocabolo Corte ili Roma {C ■), Bfi ra-
nonni a Presbiterio, a Concistoro, a Se-
gretario ni Stato. Imperocché nel pro-
prio presbiterio, e poi nel concistoro, i Pa-
pi sino da' primi secoli della Chiesa vi
trattarono e giudicarono gli affari del cri-
stianesimo, anche contenziosi e criminali,
i quali a poco a poco nel regolarmente si-
stemarsi I' amministrazione ecclesiastica
e civile del Pontificalo e della Sovranità
della s,Sede\fr.),t\ modo dichiaralo! vi e
a Segretario ut Stato, furono attribuiti
TRI
a'minislri, a'Lribunalied allecongregazio-
ni die successi varnente si anelarono isti-
tuendo. Perciò e come rilevai nel voi. XV,
p. 226, 227 e 228, Sisto V, con aumen-
tare il numero delle Congregazioni car-
dinalizie, rimosse dal Concistoro la trat-
tazione e sentenza di moltissime cause,
e le liti private che si trattavano come si
(a ora ne'tribunali, onde il Papa l'adu-
nava ogni giorno non impedito. Ivi dissi
ancora, che Urbano Vili poi rimosse del
lutto dal concistoro la trattazione delle
cause criminali, che si peroravano, oltre
altre cose gravi della Chiesa, a mezzo de-
gli Avvocali concistoriali (^.), antichi
Difensori della chiesa romana {f7-), che
per memoria dell' antica consuetudine
fingevano la storia d' un atroce delitto,
ed in vece die loro la nobile e religiosa
ingerenza di proporvi le cause per la ca-
nonizzazione de' Servi di Dio (/'.), ol-
tre di fare l'istanza \)e Palili, de' quali
riparlai a Triregno. Dissi a Decretali,
che i decreti e le dichiai azioni delle Con-
gregazioni Cardinalizie (/'.) di Roma
hanno forza di legge ; che alcune di es-
se procedono nella forma giudiziale con-
tenziosa, e molte di delle congregazio-
ni sono anche tribunali, e diverse tribu-
nali universali per tulli i cattolici del mon-
do, con più o meno giurisdizione con-
tenziosa. Dappoiché il Papa che gover-
na la Chiesa, investito del divino Primato
{V.) tanto d'onore che di giurisdizione,
ha il deposito di tolta \a Tradizione (l .),
ed è legittimo giudice supremo della pa-
rola di Dio scritta e tradizionale, non che
è custode e riformatore delta Disciplina
ecclesiastica (/".), a norma delle diverse
circostanze di tempo, e riceve le Appel-
lazioni (J'.J da'giudicati de'tribunali ec-
clesiastici, da tutto il mondo cattolico, e
giusta la sentenza di Ini viene riformato
il giudizio. Perciò il Papa, anche col mez-
zo delle sagre congregazioni, appresta il
modo e vantaggio a tulli i cattolici, di far
pervenire alla Sede apostolica le loro do-
mando equerele; laonde le medesime con-
TRI 127
gregazioni cardinalizie sono l'organo de'
pontifìcii favori e dell'apostoliche risolu-
zioni. Nell'articolo Congregazioni cardi-
NALI7IE le descrissi tutte, cioè tanto quelle
che più non esistono e che furono compe-
ndiale in altre, ovvero le loro preioga-
tive si attribuirono a' diversi ministeri,
quanto quelle che sono tuttora in vigo-
re. Ivi notai l'ordine gerarchico col quale
siedono nelle congregazioni e tribunali
i cardinali, i segretari . i consultori^ e
gli altri membri che le compongono; e
rimarcai eziandio i tenui emolumenti che
si pagano per la Tassa{V.).\ cardinali so-
no giudici nelle sagre congregazioni, ma
nell'intero corpo ed a seconda del dii Ina-
rato e specificato in quell'articolo, sul-
le cause cioè di loro competenza, e ciò lo
rilevai col cardinal de Luca e con altri
giureconsulti della romana curia; gli al-
tri essendo propriamente più relatori o
consultori che giudici. Siringo qui la mia
ricapitolazione dell'articolo in discorso,
con ricordare che ih esso trattando della
giurisdizione e delle prerogative de'car-
diuali, raccontai come aulicamente tulle
le cause, tutti gli all'ari e i negozi si trat-
tavano nel concistoro, tanto spettanti al
governo ecclesiastico, politico e civile del-
l'uno e dell'altro principato del Papa,
spiri tualee temporale, ed anche quale ve-
scovo di Roma, co'cardinali, ed eziandio
in forma contenziosa di tutte le cause e
liti private, come si fa di presente ne'tri-
bunali, tranne alcune specialità, come
di quello siile di cui feci parola nel voi.
XIX, p. 3o, onde il Papa faceva da giu-
dice e da principe. Anticamente il con-
cistoro lenevasi quolidianamenle, eccet-
tuati i giorni impediti da feste e altre fun-
7Ìoni ecclesiastiche. Raccontai nel voi.
Vili, p. 1 2 1, l'antico uso de' Papi di pro-
nunziar le sentenze nella loro cappella,
il che servì poi di occasione a deputare
alla cognizione e giudicatura delle cause
i loro cappellani, poidelti Audilorescau-
sarum palatii apostolici, e uditori di ro-
ta, quindi nello stesso luogo conferma-
jì8 TRI
tn «Ini Papa. L'esempio che addossi è del
i i?.6. Poco dopo e nel i i3o Innocenzo
Il die forma di corporazione o istituì i
Procuratori di collegio dels. Palazzo
apostolico (P •). denominnzione ch'eb-
bero quando i Papi avendo delegale le
cause contenziose a diversi celi ecclesia"
siici addetti al loro servizio, non occor-
rendo più l'opera loia» ne'concistori, ces-
sò ad essi la primitiva denominazione di
Procuratori concistoriali, ed assunsero
quella di procuratori delle cause del s.
Palazzo apostolico (P-), cioè attitnbili
ne' tribunali esercenti nel medesimo per
la cognizione e decisione delle cause con-
tenziose. Tuttora nel palazzo apostolico
ove risiede il Papa si adunano la più par-
te delle congregazioni cardinalizie, ed al-
cuni tribunali, come principalmente del
supremo tribunale della Segnatura, co'
prelati Votanti} delta Congregazione di
Consulta, sì de'caidinali, che de' prelati
Ponenti ; e del tribunale degli Uditori
/Iella s. Rota, e nel luogo chiamato au-
ditorio. Nel citalo articolo Procuratori
riportai la forinola del giuramento ch'essi
faceva no,e prestavano purei giudici e av-
vocali della curia romana. Dalla quale for-
inola ben si scorge la grande rettitudine
e integrità, che in que'tempi ancora si e-
sigeva in chi dovea amministrare la giu-
stizia; mollo più verso i poveri e gli op-
pressi da' prepotenti del secolo, rappre-
sentando essi la persona di Gesù Cristo,
innocente tratto innanzi a' tribunali e dan-
nalo a morte, che insieme è il giudice de'
vivi e de' morti, ed il padre degli orfani,
de'pupilli e delle vedove. In processo di
tempo, per la molteplicità degli all'ari,
provenienti dall' ulteriore e floridissima
propagazione della fede, e perebè pare-
va nel crescente incivilicuentodella socie-
tà , essere il sistema di trattare tutti gli
allari nel concistoro, ormai poco decente
alla maestà del Papa e ni decoro del Sa-
gro r^//(;^ù»(//.), perciò i negozi minori e
le cause contenziose cominciarono a trat-
tarsi dui cui\\\iìn\Ca/ncrlengo di s. Chiesa
TR I
(P~.)> e tosto aumentatesi le sue ingerenze,
venne statato dei Chierici di Gamera{¥!)
e da altri prelati nel civile e nel criminale,
come dal V ice-Camerlengo di s. Chiesa
(I7.), dall' Uditore generale della. Ca-
mera (P~,),ila\ Tesoriere generale [/'.),
e da altri oflìziali della curia romana, i
quali ebbero i loro particolari tribuna-
li, restando il Camerlengo capo del tri-
bunale della Camera apostolica ( I '.).
Oltre l'antichissimo tribunale della s. Pio-
ta, è ignota l'origine di quello della Se-
gnatura di giustizia, che fu detta l'udien-
za o concistoro del principe, bensì già e-
sistevano nel i 24-3 • Referendari di Se-
gnatura (P-), cui spetta riferire nel tri-
bunale le cause e le liti, ed eguale inca-
rico riceverono nel tribunale e congrega-
zione della Segnatura, di grazia (/ .) ,
quando Alessandro VI neli49"2 ne fece
la divisione dall'altra, e si adunò innanzi
al Papa. Colla istituzione de'nominati e
altri tribunali, al concistoro restò la trat-
tazione d'alcuni affari più gravi della chie-
sa universale, degli stali e de' regni del
medesimo orbe cattolico, perorati da'ear-
dinali Protettori (/'.) di essi, e da' mi-
nistri, ambasciatori e altri diplomatici di
Residenza (P.) presso la s. Sede; come
pure si discussero gli affari più importanti
del dominio temporale. Però il numero
de'concistori ordinari ch'arasi ristretto a
due volte la settimana, poi ad una sola,
vennero celebrati due volte al mese, e poi
cessarono di adunarsi in tempi determi-
nati, convocandosi soltanto per gravi ssi-
mecircostanze,eper la prouiulgazionede'
/ escovi e la Promozione de' cardinali.
Tale diminuzione de'freqnenli concistori
ordinari vuoisi insensibilmente derivata,
non solamente con l'incremento de' tri-
bunali di Roma, ina coll'accrescimentode'
ministri della s. Sedc,i (piali nell' Udienza
( P .) die loro fu assegnala dal Papa, in essa
vennero e sono discussi gli all'ari, e prin-
cipalmente colla istituzione e successivo
accrescimento delle discorse Congrega-
zioni cardinalizie, ordinarie e straordi-
TR l
Bai'ie, e loro e altre pubbliche Segrete*
rie della s. Sede (F.). Inoltre in quel-
l'articolo narrai, qualesia la giurisdizione
de' cardinali che la compongono, gli af-
fari e le cose di loro competenza; notan-
do, che per occorrenze gravi il Papa suole
intimare innanzi di se le congregazioni
straordinarie, di maggiore o minor nume-
rodi cardinali a suo beneplacito, olire al-
cune dell' Tiujidsizione e\\e'R.ili. Gli anti-
chi Giudici (^.)della romana curia si dis-
sero anche Palatini (F.yAn formoli colla
quale i Papi facevano i giudici, e gli Seri-
niari ossia Notari, a quell'articolo la ri-
produssi. Il Primicero della s. Sede ( F.),
capo degli u (Tizia li maggiori del s. Palaz-
zo Lateranense, ne' bassi tempi divenne
primicero de'giudici della medesima Se-
lle apostolica. Fra questi talvolta lo fu-
rono gli altri 6 uflìziali maggiori, cioè il
Secondicero, V Arcarlo o Tesoriere, il
Sax-cellario, il Protoscriniario,\\Primi-
cero de' difensori, il Nomenclatore. (V".)
che fungeva l'uffìzio di terminar le cau-
se eh' erano portate al Papa, e ciò face-
va insieme col Saccellario. Dipoi furono
istituiti i giudici inpartibus o Delegati
o Commissari apostolici (F .)pev le Com-
missioni (F.), onde giudicar le cause delle
quali si è interposto l'appello alla s. Sede, i
cui giudicati sono il reformabili, nel rifor-
marle sentenze da qualunque ecclesiasti-
ca autorità pronunciate. In Roma e nelle
provincie. n' Pretori, Conti(F.) e altri giu-
dici de'quali feci menzione a Tribunale,
successero i Podestà, i Luogotenenti, i
Presidenti {V.), ed i giusdicenti minori,
co'loro ministri, Cancellerie e Cursori
(F.); l'istituzione de'quali risale al reNu-
ma , mentre ripete la sua dalla nascente
Chiesa quella de' Cursori apostolici o
pontificii, differenti da'eursori esecutori
tle'lribunalicivili per l'esercizio con tenzio-
so,sia di citazione e sia di atti esecutori!. I
cursori pontificii inlimano le cappelle pa-
pali e i concistori, e fanno le formali ci-
tazioni pe' Censi e Tributi (F.) dovuti
alla s. Scile e non soddisfatti. La fòrza e-
vor.. lxxx.
TRI t4g
iccutrice della legge e delle sentenze ci-
vili e eliminali, anticamente in Roma fu
quella de'lilloii {de'quali ede'loro fasci ri-
parlai nel voi. XLI V,p. 2 5),cni successero
alcuni corpi di Milìzia, poi gli Sbirri(F.),
eda'noslri giorni la milizia politica de'ca-
rabinieriogendarmi. A Giumci,PflETOB.r,
Podestà ec, descrissi il vestiario de'giu-
dici dello stato pontificio, nel quale pri-
meggiano la Berretta di Dottore , e la
Toga forense propria de'legali: in que-
sto ultimo articolo tornai a rilevare la
questione se Cedant Arma Togae? In
Roma anticamente a'eontravventori de-
gli ordini de'giudici era prescritta la pe-
na di stare a cavallo del Leone marmo-
reo tlel Campidoglio, con mitra di carta
in capo e la faccia unta di miele per tutto
il tempo del Mercato. Tale Mitra (F.)
per ischerno si pose in testa a'ehierici de-
gradati, a'ladri,a'cornuli coutenti, a'fal-
sari ec. Nel medio evo i Papi tennero il
giudizio pubblico chiamato Placito (F.},
e con facoltà delegata ne permisero l'e-
sercizio ne'loro domimi temporali a'reed
imperatoli, ed a'Ioro messi regio imperia-
li,giudici straordinari che nelle provincie
inviarono anche i Papi, per ricevere i ri-
corsi contro gl'ingiusti giudicati de'giu-
dici locali e rendere ragione. Aque'tempi
eranvi in Roma i tribunali e curie seco-
lari, cou autorità parimenti delegata dal
Papa,del Patrizio di Roma (F.),óe\ Pre-
fetto di Roma ( T .), del Senatore di Ro-
ma(Fr.),\ì qualeda poco cessò, edel Ma-
resciallo di s. Chiesa (/*.) ed anco que-
sti col proprio carcere a Tor di Nona, ora
Teatro di Apollo (F.), la loro curia es-
sendo chiamata Savelli (F.), Curia Sa-
bellorum , perchè tale dignità fu eredi-
taria in quell'illustre famiglia. Sempre i
Papi indefessamente furono solleciti della
difesa del Povero, contro le angarie de'
prepotenti, nel quale articolo celebrai l'i-
stituzione de' Difensori , dell'avvocato
concistoriale de' Poveri e degli altri pro-
curatori de'medesimi; e tutte le caritate-
voli e benefiche istituzioni in favore de-
9
1 3o T R !
gli oppressi, etl anco tic' rei, sì civili e sì
cri minali; come pure i Pupi costantemen-
te curarono il miglioramento e la vigilan-
za delle Prigioni dello stato e delle Car-
ceri di Roma (fT.),a vantaggio spirituale
e temporale deVei d'ogni età e sesso. I tri-
bunali di Roma e dello stato restarono
chiusi nelle terribili Pestilenze {f7.). Ne'
Piaggi de' Papi^F. .^questi prima d'intra-
prenderli dichiararono, che nella loro as-
senza i tribunali dovessero restare aperti e
proseguiread agire come se essi fossero in
Roma;altri vi aggiunsero la dichiarazione,
che morendo altrove,in/?o///«soltanto,co-
mechè vi rimaneva la curia, si dovesse e-
leggere il successore. Ciò si fece anche per
brevi viaggi, il che praticò Innocenzo XII
con notificazione de'5 maggio i6g6,pi ima
di recarsi a Civitavecchia >e con notifica-
zione de'io aprile 1 697 inuanzi di portarsi
a Nettuno, de'quali luoghi vicini a Roma
riparlai anche a Porti, a Tose an ella e al-
trove.In Sede Jracante(F.)dc\l>i\\)atnon
solamentecessano molte cariche, altre re-
stano sospese, ma cessano interamente di
agire i tribunali di Roma, per le leggi del
Conclave (? .), tranne i tribunali del Ca-
nierlcngo,i\e\\a Penitenzieria^e del Pica-
rio di Roma(l\). L'uditore del tribunale
della Segnatura di giustizia diviene udi*
tor e del conclave. e ne prende il nome, on-
de continuare le cause, quando le giudica-
va, ogli alluri pendenti, innanzi l' Uditore
del Papa ( / .) defunto. Nella sede vacante
pontificia non cessano del tutto le facoltà
delle congregazioni cardinalizie e delle se-
greterie della s. Sede, costumandosi spe-
dire gli affari di poco momento per mez-
zo de' segretari, come di quelli die pri-
ma della morte del Papa erano già ri-
soluti dallecongregazioni, in que'casi pe-
rnii) cui basta la sottoscrizione del segre-
tario. Parlando delle Congregazioni car-
dinalizie che si adunano nella Sede va-
cante (P.)t nel paragrafo Congregazió-
ni straordinarie che tengono tutti i car-
dinali in condurr, e ili quelle partico-
lari del s. Offìzio, dissi come si celebra-
TR I
no in sede vacante dalla Congrega-zio*
ne. della s. Romana e universale iitaui-
sizione,ne\ qttal tempo usa il descritto si-
gillo , e che in sostanza è 1' unica Ira le
congregazioni ordinarie che continua a
procedere nell'interregno pontificio. Des-
sa non solo fu la 1/ ad essere stabilita, ina
lo è pure per dignità e autorità, avendo
il suo tribunale con gli avvocati fiscale e
de'rei, il giudice relatore delle cause cri-
minali profane, il capo notaio, altri mi-
nistri v. carceri proprie. Nella Cirilla
eattolicai'i.''iev\eit. 7,p. 5cj3, dottamen-
te si tratta : Del potere coattivo, della
Chiesa; cioè dopo avere chiarita né' pre-
cedenti quaderni la natura intima dell'au-
torità ; d'aver mostrato questa autorità
viva e indipendente nella Chiesa a fronte
dello stalo; d'aver esposto in qual manie-
ra la padronanza degli averi competa alle
due autorità civile ed ecclesiastica, laon-
de trovò convenientissimo il toccare al-
cuna cosa del potere coattivo, elemento
integrale dell'autorità, e dimostrarne so-
prattutto l'appartenenza alla società ec-
clesiastica, a cui i suoi avversari lo vor-
rebbero togliere per poterla con maggior
agio a lor talento malmenare. Per bre-
vità non intendo dar contezza del bel la-
voro, ma soloqualche generico cenno più
relativo al mio proponimento, e in ag-
giunta all'analogo e riferito nel preceden-
te articolo , che tanta relazione ha con
questo. Incomincia il savio e illuminato
scrittore dal dichiarare: questo diritto ilei
potere coattivo della Chiesa compete alla
società ecclesiastica, eh' è facile addur-
rle evidenti prove, sia che s' interroghi
I' autorità, sia che s' interroghi la ragio-
ne. Nel riportare le prove d'autorità,
ben a ragione comincia. » Che gli etero-
dossi e miscredenti degli antichi tempi ri-
cusassero alla Chiesa (la quale per altro
non lasciava d'usarne liberamente) il po-
tere coattivo, ella è cosa che la storia ci
testimonia, e I' indole del cuore umano
ci mostra naturalissima. E quando mai
il ladro, l'assassino trovò giusto e coni-
T I I
petente quel tribunale, da cui eia certo
ili venir condannato ? Ma clic i miscre-
denti de' giorni nostri, mentre vanta-
no la forza delle loro convinzioni, la lo-
gica severità di loro ragione, I' indipen-
dente imparzialità della loro giustizia, o-
sino poi contendere alla Chiesa il pote-
re coattivo, questo è un aggiungere l'in-
coerenza logica alla miscredenza eretica-
le. In fatti non sono essi coloro, che so-
stengono a spada tratta non darsi ne'go-
verni potere coattivo, né altro qualun-
que diritto d' autorità, se non per con-
sentimento del suddito? Ebbene, se vi è
società i cui poteri immediatamente da
Dio ricevuti, sieno veramente consentiti
da'suddili, ella è proprio la società cat-
tolica. E qual è quel cattolico mediocre-
mente istruito ed educalo nella propria
religione, che non abbia riconosciuto il
potere coattivo della Chiesa con lutti gli
nitri donimi che ella insegna, accettan-
done almeno implicitamente la fedo eolla
personale sua adesione se batte7zavasi a-
dullo; ose infante, ratificando al pruno
lampeggiare di ragione, le promesse del
suo battesimo ? Così avran fatto quegli
sciagurati, che recentemente in Piemon-
te ed altrove nel Perù ambirono l'infa-
me vanto di contristare la Chiesa loro
madre, e scandalezzare i cattolici loro
fratelli: se anch'essi nel dì del loro na-
scimento avranno balbettato la profes-
sione di loro fede, dettata allora dalla te-
nerezza materna, protestando con since-
rità infantile ciò che poi con adulta ipocri-
sia puhblicarono, sé voler credere tutto-
ciò che crede la Chiesa." Queste profes-
sioni di fede si ratificano in diversi luo-
ghi nel far la i." comunione, ordinaria-
mente nelle missioni dal popolo invitato
da zelanti predicatori, da'professori nel
prendere possesso della carica, dal bene-
fiziato nel possesso della prebenda, e dal-
l'ufiìziale quando è insignito di qualche
dignità ecclesiastica, e di tratto iu tratto
da tutti i fedeli nel ripetere l'atto di fe-
de, di credere lutto quello che la Chiesa
TRI 1 3 1
insegna, riconoscendo in lei per conse
guenza i diritti da essa stessa autenticati
con decreti solenni. Dunque il dii ittocoat
livo della Chiesa, che non potè mai ne-
garsi senza errore , oggi non può negarsi
da'progressisli im pugnatori, senz'aperta
e strana contraddizione. I cattolici non
potino ammettere le assurde teorie degli
avversari, e basterebbe a far mutar loro
linguaggio, il ricordare le bolle di Giovau
ni XXII e di Pio VI. Ricordino ancora,
che Dio non avrebbe temporalmente pu
ni lo di morte Anania eZalììra,sea s. Pie-
tro non competeva l'esercizio del diritto
di punizione; ricordino il castigo di Mar-
cione, lacasa tolta a Paolo di Samosata; le
multe ripetutamente imposte da'concilii,
i digiuni, icilizi, le confische, le privazioni
d'onori e gradi; qualità di pene tutte usate
anche dopo il concilio di Trento (^.), nel
quale esse vennerosancite, senza vermi ri-
chiamo de'principi sovrani, che pe'loro le-
gali v'intervennero. Gl'impugnatori della
Chiesa sogliono dedurre essersi l'atto ciò
per delegazione dell'autorità civile; ma se
questo fosse pur vero, tornerebbe l'argo-
mentoaccennatocontroi miscredenti mo-
derni. » Se anche i governi ci vi li non bau
no autorità , se non pel conseuli mento
de'sudditi, la Chiesa che ha l'autorità per
consenso de' principi, ha gli stessi diritti
che il governo civile, ed anche maggiori,
giacché per consenso de'principi coman-
derebbe a'principi stessi." Gl'imperatori
pagani non mai avrebhero conferito tal
diritto alla Chiesa,! principi cristiani non
avrebbero conferito alla Chiesa un diritto
coattivo, ed i sudditi mai non l'avrebbe-
ro consentito al principe, se un tal diritto
non fosse fondalo nell'indole stessa e natu
ra d'ambedue le società, come si dimostra
dall'encomiato autore dell'articolo.Eppu-
re, come rilevai nel ricordato anteceden-
te articolo, non solo sotto i principi cristia-
ni, ma anche sotto i pagani la Chiesa usò
diritti coattivi di multe, digiuni e flagella-
zioni, ed eziandio esclusione dal tempio,
come fece s. Ambrogio con Teodosio I
i32 TRI
imperatore per la strage di Tessalo/tira
(/ '.!, e dalla conversazione o comunione
de 'cattolici, ancorché Sovrani^ come può
vedersi presso il Francolino, De dìscip.
poenit. 1. i «3; il bianchi, Esterna poli-
tica della Chiesa, I. 2 e 4. § 9, ed ali ri.
Si legge fin da'tempi di s. Cipriano e al-
tri, l'uso di regolare i processi, ed istituiti
fin da'. tempi di s. Eulichiano Papa del
275,settequasi inquisitori o censori pub-
blici, clte doveano esaminar la condotta
de'crisliani e riferirla a' prelati, qualora
non corrispondesse all'altezza di loro pro-
fessione ; e se talora i colpevoli preve-
nivano l'accusa, questo dimostra quan-
to poco fosse volontaria a coloro che- ve-
nivano convinti in forma giudiziale, co-
me pretendono sostenere gl'impugnatori
della Chiesa, ripetendo con l'eretico Sai-
masio, che a queste penitenzeÀ fedeli pie-
gavansi volontariamente e non con vera
coazione. Passando lo scrittore alla pro-
va di ragione, onde rendere vieppiù evi-
dente il potere coattivo della Chiesa, e
quanto sia ragionevole nel cristiano l'os-
sequio della fede rispetto al medesimo,
svolse l' argomento con i3 proposizioni.
"Una società indipendente non può sussi-
stere senza potere coattivo; or la Chiesa
cattolica è società indipendente: dunque
non può sussistere senza potere coattivo."
Quanto i Papi furono benemeriti del-
le leggi e della giurisprudenza, ch'è la
scienza di rettamente interpretarle, per
quindi applicarle nel Tribunale, a questo
articolo tornai a riferirlo. Essi migliora-
rono l'antica codificazione romana, col
purgarla dagli assurdi sistemi legali e al-
tri difelli, e colla formazione del corpo
di leggi del gius canonico. Il giurecon-
sulto holognese Giacomo Alberti col suo
libro: DijJ'erentiae in ter jus canonicum
et Jiis civile, notò i85 differenze, tra le
leggi canoniche e quelle del gius civile.
Dacché i l'api furono liberi nell'esercizio
della piena giurisdizione nell'amministra-
zione civile, il che sembra doversi rite-
nere dal pontificato di Adriano 1 del 772,
TRI
proseguirono a perfezionare la giurispru-
denza con opportune correzioni, avendo
già s. Gregorio II, sotto del quale e do-
po il 726 ebhe origine il principato del-
la romana Chiesa, eliminato dalle leggi
longohardiche molte superstizioni. In-
di i successori curarono di migliorare la
giurisprudenza, ne protessero efficace-
mente l'insegnamento, ed emanarono
saggie e provvidentissime leggi. Nel se-
colo XII ne furono benemeriti Innocen-
zo II, Alessandro 111 e Clemente III; nel
XIII il grande Innocenzo III, Gregorio
IX, Innocenzo IV e Bonifacio Vili. Pro-
grediente quindi fu il miglioramento de'
tribunali della curia romana, la quale
per le circostanze politiche de'tempi ne'
secoli XII e XIII talvolta essendo stala
co' Papi in Viterbo, Anagni, Orvieto,
Asisi, Perugia e altre città, dal 1 3o5 al
1376 co' Papi fu traslocata in Francia
e in Avignone. (f.). Altri miglioramen-
ti recarono a' tribunali e alla giurispru-
denza Giovanni XXII e i\l aitino V, il
quale ordinò che si osservassero, median-
te la bolla Romani Pontificis , del 1 424>
Bull. Rovi. t. 3, par. 2, p. 447» anche
dagli uditori di rota, avvocati, procura-
tori e notati della romana curia. Vanno
lodati pure Eugeuio IV, Paolo 11, e Si-
sto IV, il quale confermò le celebri Co-
stituzioni Egidiane, formale nel prece-
dente secolo pel governamento dello sta-
to pontifìcio dal gran cardinal Egidio Al-
bornoz già arcivescovo di Toledo. Urha-
110 VI colla bolla Apostoliaie sollicitu-
dinis, de'28 novembre 1 385,/?»//. Rom.
t. 3, par. 2, p. 374 '• Causarwn Curiac
Apostolieae cognìtionein, et diffìnitio-
iiviii diavi in gradu appellalionis, et in
quibuscuinque instai! tis, Judicibus e/us*
demCuriae tantummodo cacterisRoma-
nae Curiae Judicibus et Offìcialibus prò-
cedendi in causis hujusmodi facilitate
inter dieta, spedare declarat. Eugenio
IV colla bolla Divina in eminenti, dell '8
marzo 1 432, Bull, cit., I. 3, par. 3, p. 7:
Privilegimi! Curia li um sive Ojjìcialiuni
TR 1
Sedis Apostolicae obsequiis cxisten-
ti uni . aliorumquepro cor um negociis ad
eamdcm Sedem venientium,etapudcam
ainmorantiuni, aut inde recedentium,
ne interini extra Romano-m Curiam
conveiiiantur. Sislo IV colla bolla Et si
universis, deli. "gennaio \ ^ ^,Bull. cit.,
j). 1 44 : Privilegiwn Curioliuni toni lai-
corum qua in ecclesiasticorum, libere di-
spone ndi elioni ad favorem incapacium,
de bonis in Alma Urbe, et infra decern
milliario, quainvis ex fructibus bono-
r uni ecclesia.'! ticor innacquisi 'tis.^iaìBul-
lariuni Roinanuni si trovano le bolle ri-
guardanti i tribunali di Roma; io qui ri-
corderò le generiche e quelle riguardan-
ti tutte quelle comprese sotto il vocabolo
di Curiali.ha i /bolla che trovasi nel Bui-
lariitin riguardante la camera apostolica
e il cardinal camerlengo, è quella di Ur-
bano VI, Apostolicae Corner a-e, dell'8
settembre i 3j^,Bull. t. 3,par. 2,p.364:
Jurisdictio Canterani s. Romanae Ec-
clcsiae suiumorie q uaseunique causa in-
teresse Rev. Cam. Apostol. quomodoli~
bet concernentes, cognoscendi. Essa ri-
chiama quella di Urbano V del i 363, A~
postolotus of/ìcium: Jurisdictio Carne-
rarii S.R. E. procedendi contro pira-
tas, nova pedo già impone ntes coque per-
pelrantes, quain in Bulla in Coena Do-
mini vetontur. Appena nel l49? san •!
pontificato Alessandro VI, ad esempio di
s. Luigi IX re di Francia, volle egli stes-
so il martedì d'ogni settimana giudicare
i litigi e le cause del popolo, di cui si con-
quistò l'animo. Giulio II col breve Ex
qucrelis, de' i 5 aprile i 5i 2, Bull, cit., p.
347 J Jurisdictio et /acuitale judicum
Curine Capitola circa causarum Ur~
bis decisionali. Questo Papa nella via
Giulia voleva erigervi un sontuoso edifi-
cio per collocarvi tutti i tribunali di Ro-
ma, e l'avea cominciato, come notai nel
\ol. Ll,p. 326. Taleslrada prima si chia-
mava Magistralis, pegli uffizi che vi te-
nevano i notati, i quali poi si eslesero nel-
la prossima via di Banchi Vecchi vicina
TRI i33
a ponte s. Angelo, inclusivamenlea'no-
tari dell'uditore della camera. Riferisce
il Rufini, nel Dizionario delle strade di
Roma, all'articolo Banchi Vecchi, che
anticamente le cause che riguardavano i
mercanti di bestiami e le liti che fra 'cit-
tadini si agitavano, venivano trattate e
giudicale nella piazza di Campo Vacci-
no, già Foro Romano _,-non bastando poi
questo, vi furonoaggiunteduealtre piaz-
ze con portici all'intorno, al di sotto de'
quali le dette cause si discutevano. Col-
l'andar del tempo si disse Via de Ban-
chi, perchè d'ogni intorno eranvi stanze
in forma di botteghe ove risiedevano i
notali, presso i quali si depositavano gli
atti di tutte le cause. Però dissi a Tosca-
NA,che i mercanti della nazione fiorentina
dimoranti in Roma, ivi esercitavano co'
loro banchi un ricco ed esteso commercio,
per cui probabilmente da questo la con-
trada prese il nome di Banchi. V)\ più nar-
rai che l'uni versila de'fiorentini vi costituì
un console secondo l'ordinanza del cele-
bre Consolalo del Mare originato in Va-
lenza e poi ricevuto in Roma nel 107 5;
e che Leone X concesse all'università fio-
rentina un tribunale privativo e regole
particolari pel disbrigo delle controver-
sie giudiziali, composto del console e di
due consiglieri, col proprio notaro e can-
celliere; che abolito il tribunale da Inno-
cenzo XII, tranne il notaro cancelliere,
questo fu autorizzato da Clemente XII a
fare gli atti giudiziali. Vedasi il cardinal
de Luca, De Consulatu F 'lorentinorum ,
Rei. Rom. Curiae, lib. i5, par. 2, disc.
44. Clemente VII col breve Accepimus
miniere, de'iG ottobre) 528, Bull. t. 4;
par. 1 , p. 77: Cursores Papae, et Man-
dotarii aliar uni Curiamoli Urbis, iti
quibus causis citare, intimare, eie. va-
leant. Paolo III colla costituzione Cuni
nobis, del 1 534, Bull, cit., p. 248: Judi-
ces et OJJiciales Romanae Curine non
concedant transumpta supplicalìoiicin,
ncque corum praelextu mandata adi-
piscendi possessionem benejiciorum vi-
i34 TRI
gore supplicalionum, nisi prias Uteri s
apostolici s desvper ci pedi ti s. Di più
Paolo III fece altre riforme sui tribuna-
li «.Iella curia romana. Giulio III col moto-
proprio Cimi ea, clell'8 luglio 1 55 i,Bull.
p. 2 85: Cursore,? Papae, et Mandata-
rii aliar uni Curiarum almae Urbis, in
quibus causis citare, intimarcene, eie.
possint. In esso sono specialmente nomi-
nati i cursori de'lribunali del Campido-
glio, di Ripa e Hipella, di Tor di Nona
e de' Savelli, di Borgo s. Pietro o Città
Leonina, aitata quibusvis alias almae.
Urbis Curiis siw Tribuna libus. Giulio
III nel i55a creò cardinale Sebastiano
Pighini, e gli conferì la soprintendenza
di tutti i tribunali di Roma, come vica-
rio del Papa. Paolo IV nel i55y istituì
la Congregazione cardinalizia del ter-
rore degli uffìziali di Roma (V.): la com-
pose di 20 cardinoli e 4o prelati in quali-
tà di giudici, per vegliare che i tribunali
e. ministri della s. Sede amministrassero
rettamente la giustizia; egli stabilì inol-
tre di dare una volta al mese udienza pub-
blica a tulli per udire le cpierele, e ren-
deva giustizia secondo il merito della co-
sa. Pio IV in conseguenza del bramato
da'padri del concilio di Trento (Z^.), ri-
formò diversi tribunali di Roma, che no-
vara l'annalista Spondano al i562, ne'
quali eransi introdotti molti abusi, ed io
di lidi riforme ne parlai descrivendo tali
tribunali. Solo ricorderò qui la bolla Cimi
ab ipso, de'3 1 giugno 1 562 e da lui sot-
toscritta, Bull. t. 4» pai'- 2, P- ' 29: Befor-
tnatìo Tribunalium Ordìnariorum et a-
liorum Judicum Bomanac Curiac,qffì-
cique tam Advocali, et Procuratoris
pauperum, qua ni Fisci Bev. Cam. ApO'
stolicae. Come Marcello II, s. Pio V si
occupò con zelo de Giudici pe'tribunali,
fece altri regolamenti, provvedendo i tri-
bunali di giudici di specchiala probità, e
dichiarando di non voler premiare che il
solo merito, non curando il favore e l'in-
tcrc-se. Utili riforme sui tribunali di Ilo
ma fece anche Gregorio XIII, e colla boi-
TR I
la Dani rectae. administrandae, de' 27
gennaio \5r/5, Bull. Boni. I. 4, par. 3, p.
294: BeformatìoCuriaede. Sabellis, Ma-
rescalli Almae Urbis. A prendere un'idea
della giurisdizione de' giudici privati di
Roma, si ponno leggere le seguenti bolle
di Gregorio XIII. A p. 280 la bolla Pro
nosfrimuneris,(\e i 5 luglio j 5y4: Juris-
dictio et facilita tes S. B. E. Card. Pro-
teclorum Collcgii Germanici in Urbe. A
p. 34o la bolla Cum sicuf, de' i3 giu-
gno 1 5 7 7: J uri sdì elio S. B. E. Card. Ar-
ehipresbyteri et Juiliciscausaruni Capi-
tuli canonicorum , et aliarum persona-
rum s. Lateranensis Ecclesiae. A p. 355
la bolla Cupienles Domimi Piani, de' 1 2
febbraio 1 578: Jurisdictio S. B. E. Car-
dinaliuni Protectorum,et Judicum cau-
saruni Doinus Piae ad recipiendas , et
pie alendas mulieres peccalrices poeni-
tenlss, in Urbe insliluta.A p. 35c)la bol-
la Quoniatn divinae, de?23 aprile 1578:
Instilutio Collegii Anglici in Urbe.,Exem -
ptionumque, et Indultoruni concessione,
et S. B. E. Card. Prolecloris, et Judicis
incognoscen. eorum causis j'urisdictione.
Inoltre di Gregorio XIII si ha la bolla Ur-
limi Boinam, de'25 maggio i58o, Bull.
cit. p. 436: Slalutorum Almae Urbiscon-
firma lio , cum declaralione , qttod Sta-
luta ordinatoria in Curia Capitolina oh-
serventur, decisoria vero in omnibus Tri-
bunalibux Urbis ejusque dislrictus , ubi
non exlant particularia Stallila, de eis~
dem casibus disponentia. Segue la bolla
A Imam Urbem: Beiti tegralio Jurisdictio-
nis j et indullorum Universilatum Ar-
tinnì Urbis , praesetvala superioritate.
Gubernatoris et aliorum Judicum. Se-
gue il moto-proprio Ne per praeinser-
tas: Declaratio quod constilutio praein-
serla non praejudicat facultatibus Gu-
bernatoris Urbis, Capilanei Appellatio-
num et aliorum Judicum. L'energico Si •
slo V colla sua memorabile giustizia fu
assai benemerito de' tribunali di Roma,
confermò le antiche congregazioni cardi-
nalizie, e molte altre ne istituì a vontag-
TR I
gio notevole del cattolicismo e de'parti-
colari suoi sudditi. Innocenzo IX del i 5t)i
nflidò la presidenza sopra tutti i tribuna-
li della curia romana, con amplissima fa-
coltà di giudicare e definire tutte le cau-
se, «'cardinali Antonmaria Salviatie Ma-
riano Pierbenedclli. Frattanto in Roma
•venne nel i 6og nuovamente alla luce il
seguente utilissimo libro: Practica Oda-
viani Festrii J. C. forocomeliensis , in
Bomanae A ulne Aclionem et Judiciorum
mores, introductionem toittitietl». //aie
poslremae tditioni accesserunt analyti-
cae annotationes Nicolai Antonii Gra-
vala Brialicensi J. C. etc. Paolo V ap-
plicandosi con indefessa premura al van •
Inscio de'suoi sudditi, volle riformare lut-
ti i tribunati e uffizi della curia romana,
ne ridusse e stabilì I' autorità al conve-
niente dovere, tassò i loro assegnamenti,
e tolse diversi e gravi abusi, ebe fino da
molto tempo erano invalsi. Il tutto di-
spose coli* celebre bolla Universi agri do-
minici curatn, del i .° marzo 1612, Bull.
Boni. t. 5, par. 3, p. i?>:Beformatio Tri-
bunalium Urbis, eo rumane Offìcialium.
In 2 5 paragrafi comprese la memorabi-
le sua riforma , di cui riporterò i titoli,
da 'quali si rileverà il numero de'lribuna-
li di Roma di tale epoca, i quali lutti han-
no articoli. De Signatura gratin eljusti-
lia. De Camerario et Camera apostoli-
ca. De G (ibernatole Urbis, et ejus Tri-
bunalis. De Auditore Camerae, et ejus
Tribunali. De Auditorio Bolae. De Ca-
pilolio , et ejus offìcialibus. De jurisdi-
elione in IJebraeos. De Curia Sabello-
rum, et Turris Nonne. De Curia Bipae,
et Bipettae. De Judicibus criminalibus
Urbis, et pertinentibus ad eos. De Judi-
cibus in causis civUibus. Communia Ju-
diami omnium, lam civiliiim quatti cri-
mi nnlium. DeSportulis seu prò pini s. De
Commissariis. De Advocalis Pauperuni
et Fisci. De Pauperum Procuraloribus.
De Fisci Procuratore, et Substilutis. De
Advocalis, Procuraloribus, etSollicita-
loribus. De Nolariis Tribunalium Ut-
T | I i35
bis. De Begistris Exlraclibus, ti Exem-
plis, seu Copiis. De Cursoribus, et Man -
dalariis. De Baroncellis, et Exequulo-
ribus. De Carceribus, et Carceratis , et
cornai Visilatoribus , el Cuslodibus. De
facullatibus Fisilalorum carcerimi. De
Protomedico , et Aromatariis. Poenae
constitutìonis. Quindi Paolo Vcol moto-
proprio Cimi nos nitpt-r generali refor-
mattoni Tribunalium Urbis incumbentes,
dello slesso 1612, Bull. p. 55, stabilì l.t
Taxa Notarioruin et Offìcialium Urbis.
Vi furono compreso anche le tasse nota-
rioruin civilium et criminaliimi Guber-
naioris Urbis, Iricariì, Burgi,et aliormn
Tribunalium non habenlium propriam
laxamj faxa A 'rchivii jtaxa no tarli ma -
gistrorum Fiarum, etc. Lo stato delle s.
congregazioni, de'tribunali di Romaedel-
la curia romana nella metà dello stesso
secolo XVII. egregiamente edottamente
lo descrisse Jacopo Cohellio orvietano, e
pubblicò nel 1 653 in Roma il degno con-
cittadino Carlo Cartari; decano degli av-
vocati concistoriali, e col titolo: Notilia
Cardinalati^ in qua neduin de S. B. E.
Cardinalium origine,d< gnitate,pr aerini-
nentia tet ' privilegi is ,sed de praecipuis Bo-
manae Aulae Offìcialibus uberrime per-
tractatur, opus nemini in/ucundum,at in
Bomano Foro versan/ibus utilissimum.
Clemente IX colla bolla In hoc primo,
deli.0 settembre 1 667, Bull. Bom. t. 6,
par. 6, p. 184: Coriìtitutio super Befor-
malione jurisdictionis Tribuna lis Burgi,
tolse il tnbunale e la curia civile e crimi-
nale di Borgo o Città Leonina, leggen-
dosi nella bolla l'estensione topografica
ove esercitava la giurisdizione, e riunì al
tribunale del governatoredi Roma la giu-
risdizione criminale, assoggettando la ci-
vde al tribunale dell'A. C. ossia de' luo-
gotenenti dell' Uditore della, camera. Or-
dinò in pari tempo il Papa, che celebran-
dosi il Conclave nel palazzo apostolico Va-
ticano, posto in detta regione, il Gover-
natore (F.) del conclave, finché questo
durasse, lo fosse pure di Borgo , e nella
1 36 T R l
(tarata del conclave vi esercitasse le due
giminli/ioni civile e criminale, mernm-
que et mixtuin ìmperìum, ac gladi i po-
testà lem. Innocenzo XI, mediante una ap-
posita congregazione, riformò i tribuna-
li della curia romana, provvedendo par-
ticolarmente, che l'avarizia non regolas-
se le Sportale {V .) de'ministri e giudici,
ina l'equità solamente e la giustizia, se-
condo il contenuto della bolla DecetRo-
manum Pontificati, de' 28 giugnoi68g,
Bull. Rom. t. 8, p. 527: Confirmantur,
et extenduntur Congregationis Reforma-
tioiiis Trilntnalium. Ecco secondo la bol-
la il novero (\e Judices ordinarli Urbis
di quel!' epoca, le cui notizie ponuo ve-
dersi aluro articoli. Il cardinal Corner-
let/go, e il suo Uditore e i giudici depu-
tati, anche nel criminale. Il cardinal Vi-
rano, il suo Vicegerente, il Luogotenen-
te e altri giudici da lui deputati. I car-
dinali Arcipreti delle tre basiliche pa-
triarcali, i loro vicari, uditori e altri da
loro deputali. I cardinali litolari ne' lo-
ro Titoli cardinalizi (nel (piale artico-
lo riparlai de'cardinali arcipreti) e Dia-
conie di Roma, ed i 6 cardinali Vesco-
vi suburbicari, co' loro vicari, udilori
e altri deputati. I cardinali Protettori dei
Collegi ,iW Monaci, ossia degli Ordini re-
ligiosi, degli Ospedali, de' Pii luoghi, i
loro uditori ed altri giudici e deputati,
Il Governatore di Roma, e i suoi Luo-
gotenenti, e giudice civile e altri. \J Udi-
tore della Camera e suoi Luogotenenti e
giudici deputati, ossia il tribunale dell'A.
C. Il Senatore di Roma e suoi giudici col-
laterali, capitano dell'appellazioni e altri
deputali. Il Tesoriere generale , col suo
uditore e altri giudici da Ini deputati, an-
che nel criminale. 1 Chierici di Came-
ra, Presidenti delle Strade, ilei la Gra-
scia, della Zecca, delle Ripe (ne ripar-
lai meglio a Tesoriere), dell' Annona,
degli Archivi, delle Carceri di Roma,
loro uditori e altri deputati. Il Maggior-
domoj Prefetto de' ss. Palazzi apostolici,
to'suoi udilori, luogolcuculc e altri dc-
TR I
putati, tanto pe'detti palazzi, quanto per
Frascati e Castel Gandolfo. Il commis-
sario delle armi o Milizia pontificia, e i
suoi uditori e deputali. Il "indice o Udi-
tore delle confidenze. Il giudice della Con-
gregazione della rev. fabbrica di s. Pietro.
Il giudice i\e Soldati. 11 giudice di Castel s.
Angelo.W giudice della Marina pontificia
(per questa e per la milizia ponno vedersi
ancheTEVERE,TuRCHi a e Tesori ere). L'as-
sessore degli edili 0 Maestri delle strade.
I consoli dell' Agricoltura (ne riparlai a
Senato romano). I camerlenghi di Ripa.
II protomedico di cui a Medico e Spezia-
le. I consoli dell' Università artistiche. In-
nocenzo XII fu eminentemente beneme-
rito de' tribunali di Roma, oltreché con
applauso universale estinse il Nepotismo,
ed i Vacabili (/'.) o uffizi venali della
curia romana. Primieramente soppresse
e del tutto estinse diverse straordinarie
giudicature, che lino allora intralciavano
l'umiiiitustraziouè della giustizia»; si eser-
citavano da diversi prelati, e rimise tulle
le cause a'giudici ordinari, mentre quel-
li d'altro non si curavano che di proro-
garle con grave danno de' litiganti. Per-
tanto, colla bolla Ad radicilus, de'3i a-
gostoi692, Bull. Rom. t. 9, p. 264.: De-
cretimi parlicularis congregationis, quo
abolenlur omnes Judices particulares , et
Tribunalia Urbis revocantur ad jus co-
mune. Dopo aver con tal bolla approva-
toli decreto della congregazioiie,colla bol-
la Romanus Pontfex Curiae, de' 1 7 set-
tembre i6()2, Bull. p. 271 ; Abolenlur
omnia Ti ibunalia, et Judices particula-
res cum su is facilitai ibus. Di tutti i giu-
dici e tribunali soppressi o riformati da
Innocenzo XII distintamente tratta il car-
dinal ile Luca, lib. 1 5, par. 1.": DeJudi-
ciis , e nella par. 2.': Relalio Romanae
Curiae Forensis, riprovando la moltitu-
dine de'giudici e de'tribunali come dan-
nosa e soggetta a calunnie. Tra le Con-
gregazioni cardinalizie che aveano i giu-
diciogiurisdizione, vanno nominale quel-
le del s, ojftzio, di propaganda fide, del
TU I
buon governo, dell' immunità; l'aveano
molli privilegiati, il Castellano di Castel
s. Angelo j il Generale di s. Chiesa. Al-
tri tribunali di Roma etano quelli della
Congregazione cardinalizia de' Baroni,
degli abbati commendatari d'i Fa rf a, del-
le Tre Fontane, e di Subiaco; il legalo
ti' Avignone, i governatori di Fermo, Tivo-
li, e Capra nica di Viterbo} il cardinal pro-
tettore della città e santuario di Loreto.
Tra 'collegi prelatizi che aveano giurisdi-
zioni e facoltà, nomina il cardinal de Luca
i Protonolari apostolici, gli Abbreviatori
di parco maggiore, i Segretari apostoli-
tic altri officiali di Cancelleria, gli scrit-
tori dell' Archivio, gli Avvocati concisto-
riali, il collegio de' Teologi e Medici, quel-
lo de' Cm/w//' e altri collegi privati, il Col-
legio Romano, i collegi delle arti e pro-
fessioni o Università artistiche, il conso-
lato de'fìorenliui. Così il gran Pontefice
definitivamente estinse tutti i tribunali
e giudici particolari colle loro non utili
facoltà. Considerando poi il grave inco-
modo che aveano i litiganti e i procura-
tori, costretti a girare per Roma affine di
tratiare le cause, fece edificare a Monte
Citot io il Palazzo della Curia Innocen-
ziana (U.), per servire di residenza a'giu-
dici e a' tribunali, e padre munifico dei
poveri, donò il sontuoso edilizio all' (.)■
spizio apostolico di s. Michele (/'.), di cui
fu magnanimo benefattore; e col suono
della gran campana di detto palazzo si
annunzia alla città l'apertura de'tribuna-
li quando agiscono, facendo altrettanto il
campanone di Campidoglio finche esistet-
te il tribunale del Senatore. Non solo vi
fu stabilito nel palazzo il tribunale del-
l'uditore della camera o A. C., ma anco-
ra dalla via de'Canchi Vecchi vi furono
trasferiti gli uffizi notarili del medesimo.
Le iscrizioni che vi furono collocale le ri-
produsse il contemporaneo Piazza , con
analoghe erudizioni,nell'£/wi>o/0g/o Ro-
mano, li alt. i i, cap. i: Del Collegio ov-
vero università de' Notarij Traslazione
e residenza de' No lari e loro uffìzi dai
T I I i37
Banchi al palazzo della Curia Innocen-
ziana. Di più Innocenzo XII colla bolla
Sacerdote Ust et Regia Urbis, de'28 no-
vembre 1692,5»//. p. 279: Confirman-
tur, iniiovnnlur, reforniantur, et exlen-
duntur facultates Tribunalis , seti Ma-
gistrattts Viarwn. Igdi non più. fu an-
nuale né si estrasse a sorteci chierico di
camera presidente delle Strade, ma a be-
neplacito del Papa, cou giurisdizione ci-
vile e criminale. Dopo avere Innocenzo
XII severamente proibito a'giudici di ri-
cevere alcun donativo dalle parti conten-
denti, nèdi giammai avere riguardo a ve-
runo nell'imparziale e libera amministra-
zione della giustizia, emanò la bolla Cir-
cumspecta Romani Pontifici*, de' 4 di-
cembre 1693, Bull. p. 33 j: Confirman-
tur, et declarantur Pii II7, Pauli Pt et
fnnocentii XI constitutiones super Spor-
tulis Judicum,el Tribunalium Urbis} et
confìrmantur cousti tulio super datis , et
promissit prò juxtitia,velgratia. Il suc-
cessore Clemente XI colla bolla Cum ad
aurcs, de' 1 2 giugno 1715, Bull. Rom. t.
1 1, p. 68: Confìrmantur declaraliones,
provisiones, et decreta super Sportiti**,
auae Tribunalibus persolvi debent. Be-
nedetto XIII col moto-proprio, Avendo
Noi, de' 12 luglio 1 724, Bull. Rom. 1. 1 1,
par. 2, p. 327: Instituilur Promolor gc-
neralis Fisci prò patrocinio causarum
Curiarum Ecclesiaslicaritm. Di questa
istituzione, e da chi ora si esercita tal pa-
trocinio, lodissi a Cunu ecclesiastica, lu-
di colla bolla Situimi Aposlolatus, de'5
febbraio 1 726: Stalutintur nonnulla prò
recta juslitia in alma Urbe admnistratio-
ne, et li li ganti um,praeser lini pauperum,
utilitale. Inoltre Denedelto XIII concesse
diverse facoltà giudiziarie al Maggiordo-
mo ; ed avendo il cardinale Annibale Al-
bani rinuuziatoalgovernodi Castel Gnu-
dolfo, il quale per lo passato era sempre
unito al medesimo Prefetto de.' ss. Palaz-
zi apostolici, a questo ne restituì il gover-
no cou piena giurisdizione, indipendente-
tucule da qualsivoglia alli u tribunale. Cle-
i38 T li I
inente XII col breve Nitper, de'3o apri
lei 73?., Bull. Rom. t. 1 3,p. 2y3: Confìr-
inatur decretimi congicgalionis partirti-
larhaSS. D. N. deputarne, super obser-
vantiaconstittitionum Egidianae et Car-
prnsisj et exhibilioneet arrhiviationein-
strumenlorum prò Coinmunitalibusel U-
niversitatìbus provinciae, l\l archine. Col-
la bollo Apostolatus off/cium, de' 5 otto-
bre 1732, Bull. p. 3o2, Clemente XII or-
dinò diverse cose per la buona dire/ione
«lei conclave, e di quanto spetta alla Sede
apostolica vacante, di già ricordate supe-
riormente, come dell'uditore di segnatu-
ra, a cui die le facoltà per proseguir le
cause che pendevano avanti l'uditore del
Papa; la soppressione del governatorato
di Corgo esercitata nella sede vacante dal
governatore del conclave, che anco in tal
tempo attribuì al governatore di Roma,
dichiarando perpetuo governatore del
conclave il maggiordomo. Nella bolla poi
Romanus Pontifex,<\e 1^ tWc.embve 1 735,
Bull. Rom. t.i4, p 5r: Tribunalia Ur-
bis auolibel decennio per aliqueni cardi-
nalem visilanda. benedetto XIV volen-
do confermale l'abolizione fatta da Inno-
cenzo XII de'lribunali e giudici privati di
Roma, e volendo abolire quelli che po-
tessero essere slati dipoi istituiti, ed insie-
me prescrivere i limili delle facoltà e giu-
risdizioni di alcuni tribunali e congrega-
rioni cardinalizie, tutto effettuò colla boi*
la Quantum ad />rocurandam,óe' 1 5 feb-
braio 1-7^-2, Biillarium Benedicti XIV,
t. t, cost. 44- Così egli ridusse all'antica
giurisdizione e rispettive prerogative la
Congregazione cardinalizia del Buon
governo; ordinò che le cause della Con-
gregazione Laurelana e di Loreto, e
le cause civili della Congregazione Fer-
marla e di Fermo, fossero come le altre
giudicate da'giudici ordinari; che il dirit-
to del prefetto del Castel s. Angelo, sui
bombardieri, non si estendesse fuori dei
loro uffizi; ridusse i diritti del cardinal Vi-
cario di Roma alla riforma di Paolo V;
e stabilì che le cause avanti a' tribunali
T R I
de'giudici e non decise fra 6 mesi, fosse-
ro devolute alle curie ordinarie. Inoltre
pel buon regolamento di tutti i tribuna-
li di Roma e loro riforma, le sollecite cu-
re, la dottrina e lo zelo di benedetto XIV,
l'indussero a emanare la bolla Romanac
Curiae praestanliain , de' 2 1 dicembre
1 744> cosl- ' • 5> Bull. cit. 1. 1 : Reforma-
fio Tribunal'mm Urbis jfirmatur atirto-
rita s Judicum Ro manne Curiae, et sin-
gulorum jurisdirlio certi* lìmitibusprae-
//'ni tur , conf/rinantur decreta super ju-
dicum reeusationibus et dcclinationibus
j'am edita; et certa forma serranda prac-
scribitur, lutti in delendis vinrtdis impo-
silis super Loris /ifonlittm, Offlciis Va-
cabiibus, et pccuniis deposi lis eie, Inni
in dee reti s jurisdirtionis voluntariae in
Urbe et Slatti Errlesiastieo intrrponrndis.
Fra le opere dedicate al dottissimo Pa-
pa, arroge che qui faccia memoria della
Notilia Roman/te Curiae alidore Ignatio
Santamaria Beni-venti caussarttm civi-
lium j udire seu vicario temporali, Be-
nedirlo XIV P. M. dicata, Benevenli
i 753. Notai anche a Rom\, che Benedet-
to XIV dichiarò, che il tribunale de'Con-
servatori di Roma e del Senato Romano,
non era compreso nella soppressione de-
gli altri tribunali; poiché Innocenzo XII
avea loro lasciato il diritto di costituire
un prelato della curia romana per giudi-
ce private della camera Capitolina. Be-
nedetto XIV , come altri Papi, riformò
eziandio diversi particolari tribunali; ina
ripeto, di queste speciali provvisioni e ri-
forme ne discorro a' loro articoli. A Giu-
dici raccontai quanto fece Pio VI, ad e*
sempio di Sisto V, per la spedita e retta
amministrazione della giustizia. Nell'Ai*
manacco o Notizie di Roma si pubbli-
ca il novero de' Tribunali di Roma, coi
loro giudici e altri ministri. Rimarcherò
quindi ohe io quelle del 1 798, che furono
l'ultime. dopo le grandi vicende politiche,
che produssero ancora una nuova siste'
inazione di tribunali e di giurisdizioni, si
leggono i seguenti nella categoria Tribù -
T I I
unii: i "Penilenzieria a post olica.i." 'Can-
ee Ilaria apostolica. 3.° Dataria aposto-
lica. 4-°' di lo ri della s. Rota. 5° Chieri-
ci di Camera, ossia il tribunale della ca-
mera apostolica , composto del cardinal
camerlengo, dell' uditore generale della
camera, del tesoriere generale, de' chie-
rici di camera colle loro presidenze e tri-
banali, del presidente della camera apo-
stolica, dell'uditore civile del camerlen-
go, cle'4- prelati di mantelleltone, de'qua
li a Mantellone, cioè l'avvocato de'pove
ri, l'avvocato ficcale, il commissario gè
nerale, il procuratore generale del fisco
il sostituto fiscale generale e giudice cri
minale camerale delle finanze a'conlìni
gli uditori rie' presidenti delle Ripe,Stra
de, Carceri, Grascia e Annona, i quali
davano 1' udienza nella sala della Cuikj
Innocenziana ne'giorni di lunedì, merco-
Jedì e venerdì. Fra quelli appartenenti al-
lo slesso tribunale della Camera, eranvi
il luogotenente criminale camerale e il
luogotenente criminale del cardinal ca-
merlengo, il fiscale del mare, il fiscale del
tribunale della grascia, l'avvocato fisca-
le «Ielle milizie, il giudice del campo del-
le bestie cornute e altre. 6.° Segnatura
di grazia. j.° Segnatura dì giustizia. 8.°
Consulta, ossia Congregazione cardina-
lìzia di Consulta, la quale oltre i prelati
ponenti , due prelati erano assessori di
mg.r governatore e insieme ponenti di
consulta, e due altri prelati assessori di
mg.' A. C. ponenti di consulta. a.0 Buon
governo, ossia Congregazione cardina-
lizia del Buon governo, i o.° Prelati giu-
dici dell' /4. C, tribunale composto de'pre-
lati Uditore generale della camera, del
i.°edel 2.° luogotenente civile, dell'udi-
tore ci vile, del i. "e del 2.° assessore crimi-
nale, dell' avvocato luogotenente crimi-
nale del medesimo tribunale e dell' udi-
torato delle simonie, i i.° Tribunale del
tardinal Ficario. I2.° Cariche del go-
verno e tribunale del Governatore di Ro-
ma, composto di tal prelato, e de'prela-
ti i /assessore pel criminale, 2.° assessore,
TRI i3(j
avvocalo de'poveri.awocato fiscale, pro-
curatore generale del fìsco, deli." luogo-
tenente criminale, del 2.° luogotenente,
di due sostituti luogotenenti, del procura-
tore de'poveri, del procuratore della ca-
rità de'carcerati, del sollecitatore de'po-
veri perla pietà de'carcerati, del solleci-
tatore delle carceri nuove pel sodalizio di
s. Girolamo della Carità, e del luogote-
nente della giudicatura in civile, i 3.° Ca-
riche della camera Capitolina e tribuna-
le del Senatore di Roma, col prelato giu-
dice ordinario privativodella camera Ca-
pitolina, due cavalieri maestri giustizieri,
il giudice assessore, il procuratore fisca-
le, il notaio ec, avendo tribunale anche
i Conservatori di Roma del Senato roma-
no. iZf." Tribunale dell'agricoltura, e ne
riparlai a -Senato romano. Sebbene nelle
ricordale Notizie non collocati tra'tribu-
nali, ponno considerarsi per tali: le Con-
gregazioni cardinalizie della ss. Inqui-
sizione, della rev. Fabbrica di s. Pietro,
dell' Immunità ecclesiastica, di Loreto,
e quelle altre, ed anche segreterie e altri
tribunali particolari, che senza fare tan-
te ripetizióni dirò parlando della Prati-
ca della Curia Romana del Villelti. Pro-
priamente a prendere in breve e nel com-
plesso una giusta idea detribunali e giu-
dici di Roma, civili e criminali, nel pon-
tificato di Fio VI: si può leggere: Lo Sla-
to o sia la Relazione della Corte di Ro-
ma, ivi i 774- Questa utile operetta, pub-
blicata dal cav. Lunadoro nel i 6 j i in
Bracciano e poi ristampata, Andrea Tosi
l'accrebbe, ampliò e quasi rinnovò, pub-
blicandola nel 1765. Imperocché la Re-
lazione ilei Lunadoro era troppo man-
cante, massime di quanto riguarda i tri-
bunali di Roma, né bastantemente sup-
plita poteva essere dalla Relazione della
Curia Romana del cardinal de Luca,
stampata per la prima volta in Colonia nel
1 683, poiché in essa il dottissimo porpo-
rato ommise, secondo il suo proponimen-
to, le principali ceremonie e funzioni, e
per le molte mutazioni occorse dopo di
i.fo TRI
lui (conobbe però e trattò l'operalo da In-
norenzo XII), veni va ad essere mancante
anclie nella parte che spetta a' giudici e
a'tnbnnali; come pure non poteva essere
sufficiente, per le stesse ragioni, il copioso
e importantissimo libro del gesuita p. U-
iioldo l'Ielteiiberg, stampato aHildesheim
nel 1693 con epiesto titolo: Nolitia Coti'
gngatioiium ci Tribunalium Curiae Ro-
unitine. Neppure la riforma operata dal
Tosi e i suoi miglioramenti e aumenti fu-
rono trovati succienti, per cui venne affi-
dalo al celebre gesuita p. Francesc'Anto-
nio Zaccaria di ritoccarla, accrescerla e il-
lustrarla, e di rifarne le note con molta Ol-
ia; tuttavolta egli conlessò occorrere di
;i!lie emendazioni, poiché trattasi di li-
ft .Tire l'origine, la forma, il metodo delle
congregazioni e de' tribunali di Roma, che
sovente sono gli organi co'qtiali il Papa
«piega la sua mente, ed interessa non me-
no a' cattolici tutti, che a' giudici e altri
magistrati per norma del loro regolamen-
to; sfhliene l' F/femeridi letterarie di Ro-
imi deli 773, a p. 2, dichiararono l'ope-
ra la migliore che alloro vi fosse, nell'i-
striti re delle congregazioni e de'tr'ibuna-
li d' una Corte, che insieme è la metro-
poli del cristianesimo, il trono apostolico,
la s. Sede del Vicario di Cristo e del suc-
cessore di s. l'ielro, il centro dell' unità.
Jl dubitare del Zaccaria non deve sor-
prendere, (piando si ponderi la gravità e
vastità dell'argomento, che l'eruditissimo
JMetlcnberg dichiarò inestricabile labe*
liuto, per una Roma ove ha domicelo la
legge, dicendo con Sidonio nel lib. 1 , E-
pisi. 6: et Miti* Cullile, qua e HJater est,
et Magislra caelc.t arimi Curiarum, cu-
jusmodi ab omnibus Orthodoxis recipi-
lur, et honoratur. Nello stesso pontifica-
to di l'io VI nel 1781 fu pubblicata in
Roma dall'. ih. Alessandro Villetti roma-
no, luogotenente criminale del cardinal
camerlengo, la Pratica della Curia Ro-
mutui, 1 he comprende la giurisdizione
de' Tribunali di Roma e dello Stalo, e
l'ordine giudiziario che in essi si ossei-
T R I
va: con una raccolta di costituzioni, edit-
ti, riforme, regiudicate e decreti, che han-
no o variata o stabilita la giurisdizione e
la pratica de' tribunali. Questo è un li-
bro, ([Manto all'argomento, forse più im-
portante del precedente, circa i tribuna-
li romani. Ne die contezza il n.°H iM\' Ef-
femeridi letterarie di Roma del 1782. In
esse si dice, che appai tiene allo studio del-
la politica e delle nazioni, ed in conseguen-
za alla letteratura, la cognizione dell'am-
ministrazione della giustizia civile e cri-
minale d'un qualunque stato, de' magi-
strali a'qualiessa è affidala, della manie-
ra in cui fra questi è distribuita, e delle
procedure infine per le quali essa giunge
ed suo line. Questo riflesso sarebbe suffi-
ciente a rendere commendabile e degnis-
simo d'essere annunciato e riferito il libro
del Villetli, quando anche non si trattas-
se in esso della pratica della Curia Roma-
na, cioè di quella curia che abbraccia tut-
to l'orbe cattolico, ma di qualunque al-
tro più limitato foro. Non mancavano è
vero molti libri su di questo argomento,
ma se ne desiderava ancor uno, il quale
in breve e con chiarezza insegnasse, ciò
ch'era vi di più necessario e importante a
sapersi intorno a questo punto, ed il Vii-
letti vi soddisfece pienamente occultando
per modestia il nome. Egli divise tutti i
tribunali di Roma in 4 classi, cioè: i.'in
ordinarij 2." in que'd' a ppellazione e ri-
corsoj 3." in tribunali di materie parti-
volarij 4." in tribunali superiori. Com-
prese nella 1 ."classe i tribunali dell' Udi-
tore della camera o dell' A. C, di Cam-
pidoglio, del cardinal Sicario , di mg.r
Governatore di Roma. Novera nella 2/,
generalmente parlando, i tribunali degli
Uditori di Rota, ed i giudici Commissa-
rij si è detto generalmente parlando, per-
chè oltre di questi generali tribunali ili
appellazione, ve n' erano altri per cause
particolari, come sarebbero la piena Ca-
mera apostolica per gli affari spettanti al
tribunale della Camera stessa, rassetta-
mento in Campidoglio riguardo alle cuu-
TRI
se della Curia Capitolina, echi* 3.*clas-
se,cioè de'tribunali riguardanti le male-
rieparticolari,èlapiù numerosa: a questa
si riducono i tribunali della Camera a-
poslolica, della Congregazione cardina-
lizia del Buon governo, dell' Agricoltu-
ra, delle congregazioni cardinalizie del-
l' Acque , della Consulta , de' Vescovi e
regolari; delle congregazioni cardinali-
zie e tribunali dell' Immunità, della rev.
Fabbrica di s. Pietro, della s. Inquisizio-
ne o s. Ofjìzioj i tribunali del Maggior-
domo, della Dataria apostolica, del car-
dinal Decano come vescovo e governa-
tore di Ostia e d'i Vellelri, delle congre-
gazioni cardinalizie della Lauretana, e
d' Avignone; a cui ponno annettersi an-
cora alcun'altre congregazioni e segrete-
rie clic hanno particolari ingerenze, come
le congregazioni cardinalìzie de' Riti, di
Propaganda fide, dell'Indulgenze, del-
la Visita, dell' Indice j le segreterie dei
Brevi e de' Meni Oliali. Altri tribunali par-
ticolari erano quelli del rettore dell' Uni-
versità Romana, e dell'Acqua Mariana
o Marrana, della quale riparlai in più
luoghi, composto di due giudici canoni-
ci della patriarcale Chiesa dis. Giovan-
ni in Lalerano, i quali si eleggevano da
quel capitolo, ed aveano la giurisdizione
economica e contenziosa in tulle le cose
che riguardavano il confluente di delta
acqua; si servivano d'un notaio del vica-
riato, e da'loro decreti non polevnsi ri-
correre che all'uditore del Papa. Final-
mente sotto la 4-a classe di tribunali su-
periori vengono considerati i 3 tribuna-
li della Segnatura di Grazia, della Se-
gnatura di Giustizia, dell' Uditore del Pa-
pa. Dopo di questa generale divisione, il
Villelti passa a discorrere paratamente
di ciascuno di questi tribunali in ispecie,
dimostrando la giurisdizione, la natura
delie cause, che dinanzi ad essi ponno o
debbono portarsi, e le procedure infine
colle quali queste cause devono essere at-
tuale; usando in tutlociò tale chiarezza e
precisione, che il praticante del foro vie-
TRI i4t
ne dall' autore quasi guidalo per mano
nell'esercizio di sua professione legale. Si
tenga presente, che ciascuno denomina-
ti tribunali, congregazioni e persone, a-
vendo i propri articoli, in essi ne ragio-
nai, a seconda dell'indicato in corsivo, e
lo stesso metodo proseguirò per quanto
mi resta a dire. Qui però voglio notare,
che dalle mie studiose ricerche trovai :
Che il tribunale dell' A. C. ossia dell' li-
di lare della Camera, veniva considerato
il i ."tribunale del Papa, come primated'I-
talia e patriarca d' occidente: Che il tri-
bunale del cardinal l'icario è il tribuna-
le del Papa come vescovo di Roma: Che
al tribunale della Reverenda Camera A-
postolica, si die la qualìfica di supremo.
Nel declinar del secolo decorso le ar-
male della repubblica di Francia inva-
sero lo stato pontificio, e ad onta dc-'de-
plorabili sagrifìzi convenuti nel famoso
trattalo ili Tolentino (P.), pel quale Pio
FI dovè cedere la Sovranità della s. Se-
de, anche su di Avignone e del contado
Venaissino, nel i 798 consumarono l'oc-
cupazione di lutto lo stato con quella di
Roma, ove e dappertutto proclamarono
la repubblica. Detronizzalo Pio VI, fu
portato prigione in Francia, ove mori glo-
rioso. Intanto limita e lo stato vide tulio
quanlo sconvolto l'ordine pubblico, ezian-
dio de'tribunali civili e criminali di Ro-
ma e dello stato, surrogati da altri demo-
cratici, la notizia de'quali può leggersi nel
Monitore Romano o Foglio nazionale,
del quale riparlai nel voi. LIX.p. 48. Do-
po la metà del 1 799 i francesi furono co-
stretti ritirarsi da Koma e dalle provin-
cie, ed elello nei 1800 Pio FU (F.), gli
fu restituita Roma e alcune provincie del
proprio stato. A restaurare il regime pon-
tificio, pubblicò la celebre bolla Post din-
turnas, de'3o ottobre 1800, Bull. Rota.
continuatio, 1. 1 i,p. 48: Reformatio Cu-
rine Romana e, et nova Tribuna Ha juris-
dictio. Questa fu una reale rifórma so-
pra molti articoli del governo temporale
e assai rilevanti. De publicaeoeconomiae
i4* TRI
adinnislraiione et admnislratoribus. Di-
chiaiò il cardinal camerlengo ministro
privativo della legislazione economica, da
cui perciò dovessero in tale punto dipen-
dere il tesoriere e le presidenze de'cbie-
rici di camera, conservandosi pei allora
al camerlengo le altre sue ingerenze. I
chierici di camera, a somiglianza degli
uditori di rota, doversi radunare in tribu-
nale due volte la settimana, e anco più
spesso a seconda degli affari, tranne le fe-
rie autunnali. Restrinse la giurisdizione
del tribunale delle strade. De/urisdictio-
ne TribiuiaVum civilium fudicis, eo rum-
ane ministri*. Restrinse la giurisdizione
del tribunale de\ maggiordomo j soppres-
se ogni privilegio di foiodepalentati sem-
plici della congregazione cardinalizia
della s. Inquisizione; restrinse il privi-
legio del foro della congregazione cardi-
nalizia Lauretanaj ingiunse cbe le cau-
se d'inadempimento Ait legati pii si por-
tassero al tribunale della congregazione
cardinalizia della rev. Fabbrica di s.
Pietro, sopprimendo il privilegio del fo-
ro a'suoi patentati, tranne que' di ruolo
e nelle sole cause passive, come avea ac-
cordato a Loreto; abolì il privilegio di fo-
ro privativo alla milizia nelle cause civi-
li; ordinò la compilazione d'un codice di
leggi di commercio; abolì qualunque pri-
vativa di foro in Roma e nello slato ec-
clesiastico, rimettendo i litiganti a'giudi-
ci ordinari. Die le norme per la giudica-
tura delle cause dello stato non privile-
giale, e di altre; per quelle del tribunale
camerale, per quelle del buon governo
riguardanti le comunità, per quelle del-
la segnatura j ordinò una moderata ri-
duzione ih ferie nelle curie Innocenziana
e Capitolina; dispose melodi sulle citazio-
ni giudiziarie, sulle tasse e gli onorari,
sulla riforma de'giudizi de'lribunali eccle-
siastici e laici nelle loro curie; frenò le li-
cenze e gli abusi de' difensori nelle loro
scritture, e dispose che i curiali approva-
ti dall' A. C. sieno ammessi in lutti i tri-
bunali, fuorché per quello dcllu roto, dei
TR I
cui procuratori moderò il numero,e prov-
vide alle visite de'tribunali, ed a'eursori.
De jurisdictionibus Tribunalium, etjudi-
cum criminalium, fudiciorum forma, et
ordine 3 nec non de inservienlibus in iis
Tribunalibus. Tutte le cause criminali
provenienti dalle curie vescovili dispose
che si trasferissero dalla curia dell' A.C. al-
la congregazione cardinalizia de'vescovi
e regolari, e tulle l'appellazioni relative
l'accordasse l'uditore del Papa, dovendo-
le difendere innanzi l'A. C, come prima,
il fiscale generale e il suo sostituto fisca-
le generale, al quale in seguito fu priva-
tivamente affidato il medesimo tribunale
criminale dell'A. C. Si tolse a tutti i tri-
bunali di Roma e dello slato, compresi i
camerali e le congregazioni , la podestà
coercitiva ne'delitti comuni. I summen-
tovati e altri patentati non godessero più
il privilegio del foro criminale. Restrinse
la giurisdizione criminale del maggiordo'
ino, alle sole persone de'famigliari di ruo-
lo palatino. Stabilì le norme sulla giu-
risdizione militare ne' delitti comuni, da
giudicarsi dalla congregazione militale.
Conservò alla congregazione cardinali-
zia della Consulta I' appello delle cau-
se dalle curie de' fendi de' baroni, e in-
giunto a' ponenti di consulta a formarsi
uno studio di persone abili, le quali sa-
ranno preferite nel consegui mento del po-
sto di governatore de'luoghi, e degl'im-
pieghi criminali ne' tribunali di Roma.
Proibizione a'baroni di procedere a con-
danne di pene afflittive di corpo, senza il
parere d'una congregazione composta al-
meno di due legali. Statuì il metodo sul-
la competenza del tribunale nell'inquisi-
zione de'delilli, aumentando il compen-
so agli esecutori che carcerano un reo d'o-
micidio odi furto, a carico del delinquen-
te; non doversi avere riguardo nelle cat-
ture alle patenti e stemmi, salva la sola
immunità ecclesiastica de /lire canoni-
co, e quella competente a'ministri esteri
e loro famigliari de jurc gcnlìum, e salvi
pure i superstiti patentati riconosciuti
T R l
Ninna inibizione o citazione, se non se-
gnala dall'uditore del Papa, potrà trat-
tenere il corso dell'inquisizione, della cat-
tura e del giudizio, con norme quanto ab
l'Immunità locale o personale, e quanto
alla cumulativa fra'tribunali ordinari ne'
delitti di misto foro. Si fecero disposizio-
ni sui testimoni, stili' esame delle perso-
ne ecclesiastiche con facoltà dell'ordina-
rio, sul reo negativo die revoca la pre-
cedente confessione, sul giuramento da-
to da un inquisito, e sui difensori de'rei.
La congregazione del tribunale del go-
vernatore di Roma si radunerà almeno
una volta la settimana; che emanala la
condanna di galera, niun giudice o tribu-
nale potrà graziare o permutili- la pena.
Proibizione d'ammettere i rei d'omicidio
é di furto a composizione pecuniaria, a'
quali nou potranno suffragare le nomi-
ne di liberazione deU'arciconfraternite
che ne godevano il privilegio, fuorché di
quella di s. Gio. Decollato di Roma, per-
chè assiste i giustiziati, singolarità che tor-
nai a rilevare nel voi. LXX Vili, p. 65.
Soppresse le ribandizioni de' rei contu-
maci; ordinò la mensile visita formale a
tutte le carceri e de'carcerali di Roma
e dello stato. Ciascun tribunale, che ha
giurisdizione criminale, anche desideri-
ci di camera presidenti, dovrà in luogo
del fiscale tenere il solo sostituto fiscale,
nel criminale dovendo ragguagliare il fi-
scale generale. Compose il ministero par-
ticolare de'tiibunali del governatore, del
vicario, dell'uditore della camera o A.
C, di Campidoglio ossia del senatore j
del tribunale della camera mediante due
luogotenenti^uno pel camerlengo, l'al-
tro pel tesoriere e lutti chierici di came-
ra, di 3 sostilut i processanti e di 3 notali.
Disposizioni Sui requisiti pe'ministeri cri-
minali, e per gli ascensi, non che sugli
assegnamenti, sopprimendosi le ricogni-
zioni straordinarie, tranne i legittimi in-
certi provenienti dalle cause d'appella-
zione a'minislri dell'A. C. Stabilì l'uffizio
di polizia dipendente dal governatore,
TRI li 3
che a tempo de' romani facevano i vigili,
ora pompieri, ed istituzione de' presi de zi-
ti de' rioni di Roma. Inoltre Pio VII col
moto-proprio Per un maggior favore,
de' 3 i ottobre 1800, Bull, cit., p. 76:
Nova praxis j'udiciaria in materia an-
nonaria Romae servanda.l ndi col bre-
ve Quum ex quo, de' 3o marzo 1802,
Bull. c\t., p. 3 1 1 : Confirmatio chirogra-
phi,atque r escripti super causis merce-
nariorum Urbis, quae a sa. me. PioPP.
VI edita [aere. Nuovamente i francesi
d'ordine dell'imperatore Napoleone I oc-
cupai ono lo slato pontificio, e nel 1809
Pio VII venne detronizzato e condotto
prigione a Savona. Roma e le provincie
furono incorporate all' impero francese,
e governale da' suoi tribunali, regolati
dal codice di Napoleone I, compilalo col-
le leggi romane del codice Giusti ni'uneo,
corrette e migliorata da'Papi col diritto
canonico. De'tiibunali di Roma e dello
stalo sotto il regime francese, ne danno
contezza i fogli olliciali ili Roma, che ri-
cordai nel voi. LIX, p. 58, dopo la so-
spensione del Diario di Roma, che trat-
tava lo slesso argomento e pubblicava le
leggi, come fece nuovamente dopo la re-
staurazione del papale governo. Nel 1 8 r 4
furono restituiti a Pio /'//colla libertà
i suoi dominii, onde tornò a Roma trion-
fante a riprendere possesso della sua Sù-
vranità, lutto avendo narrato agi' indi-
cali articoli, e quanto dal Papa e da 'tuoi
ministri si operò nel ripristinare il go-
verno colle precedenti leggi. A'i5 luglio
1 8 1 5 Pio Vll,a mezzo dell'editto del car-
dinal segretario di stalo, stabilì un gover-
no provvisorio, meno alcuni indispensa-
bili cambiamenti, conservando tempora*
neamente l'ordine di cose che vi trovò in-
trodotte; e promise che si sarebbe in-
cessantemente occupalo d'un nuovo si-
stema generale di amministrazione defi-
nitiva, il più conveniente a'veri e solidi
interessi del popolo, con unità e unifor-
mità di sistema, basi solide d'ogni poli-
tica istituzione, senza delle quali diffidi'
144 x R i
inculo si può assicurare la stabilità e sal-
dezza de'governi e la felicità de'popoli;
poiché un governo lauto più può riguar-
darsi come pei fello, quanto più si avvi-
cina a rpiel sistema d'unità stabilita da
Dio tanto nell'ordine della natura, quan-
to nel sublime edifìcio della religione. La
Pratica della Curia Romana, del Vil-
letli, che avea meritalo la ristampa nel
1797, per diligenza del figlio nel 181 5
si pubblicò in Roma la 3." edizione, ed
arricchita di nuove importantissime os-
servazioni, e delle «ostanzialissime varia-
zioni, che la Pratica, subì dopo le pre-
cedenti edizioni, e perciò vieppiù si rese
necessaria per quelli che attendono al fo-
ro. E siccome dopo le precedenti pubbli-
cazioni furono emanate varie governa-
tive disposizioni, si fecero le opportune
giunte da persone idonee. Ivi si dice, che
di 4 specie sono i Tribunali di Roma:
alcuni destinati alla giudicatura ordina-
ria, lanlo civile quanto criminale; altri
hanno l'ingerenza di rivedere i giudicali
in grado d'appellazione o di ricorso; al-
tri esercitano privatamente la giurisdi-
zione di qualche materia particolare; ed
aldi sono tribunali superiori, a'quali so-
no soggetti i tribunali delle altre 3 classi.
I tribunali ordinari che esercitavano la
giudicatura ordinaria erano. i.° Il tribu-
nale dell' Uditore della camera che di-
cesi dell'y^. C. ossia Auditoris Camerae,
0 di Monte Citorio dal colle sul quale e-
levasi il palazzo della curia Inuocenzia-
na. 2.0 Il tribunale di Campidoglio, che
chiamasi Curia Capitolina, ossia del Se-
natore di Roma. 3.11 tribunale di mg.£o-
vcruatoie di Roma, chiamato tribunale
del Governo. 4-° Il tribunale del cardi-
nal Vicario. I tribunali di appellazione
o ricorsi destinati a rivedere in grado di
appellazione 0 ricorso le cause civili agi-
tate in 1. istanza in Roma, erano gene-
ralmente parlando:». "La Rota Romana
de'prelati Uditori di Rota. 2.0 I giudici
Comm issa rio deputali. In particolare poi
eruuvi altri tribunali di appellazione, a'
T R I
quali spellava esaminare in •2." e ulteriore
istanza alcune cause particolari civili, co-
me la piena Camera apostolica rappor-
to aite cause giudicate ne'rispeltivi tribu-
nali de' Chierici di cameni, e V assetta-
mento in Campidoglio riguardo allecau-
se di quella curia. I tribunati, Congre-
gazioni cardinalizie e Segreterie che
riguardavano materie particolari erano :
l.° Il tribunale della Camera (o corpo
camerale, non del tribunale propriamen-
te della camera, il quale componevasi de'
soli 1 2 chierici ili camera, e del presiden-
te che non avea voto), composto del car-
dinal Camerlengo e per lui del prelato
Uditore, del Tesoriere talvolta cardinal
pro-tesoriere, di 12 Chierici di camera^
del Presidente della camera, del Com-
missario della camera, del Fiscale della
camera, di 3 sostituti Commissari. 2.° Il
tribunale o Congregazione del Buon go-
verno. 3.° 11 tribunale dell' Agricoltura.
4-° Il tribunale o Congregazione dell' Ac-
que. 5.° 11 tribunale o Congregazione del-
la Consulta. G.° La Congregazione del
Concilio.'].0 La Congregazione de' Pesco-
vi e regolari. 8.° La Congregazione dei*
r Immunità. g.° Il tribunale o Congre-
gazione del s. Offizio. io.0 Il tribunale o
Congregazione della fabbrica di s. Pie-
tro. 1 r.° Il tribunale del Maggiordomo.
1 2.0 La Dataria apostolica. 1 3.° Il tribu-
nale del cardinal Decano qual vescovo e
governatore di Ostia e di Felletri. i4-
La Congregazione Lati retana. 1 5.° La
Congregazione d' Avi guo'ie(questa di fat-
to era restata soppressa per la narrata oc-
cupazione del dominio temporale; forse
allora se ne sperava la reptazione, per
le solenni proteste fatte da Pio VII nel
congresso di Vienna, per cui fu qui no-
verata). Oltre di questi tribunali e con-
gregazioni, che hanno tutti più o meno
la giurisdizione contenziosa, era 1» vi al-
tre Congregazioni cardinalizie e Segre-
terie che aveano particolari ingerente,
cioè: i.°La Congregazione rie' Riti. a.
La Congregazione di propaganda fide.
TR I
3." La Congregazione dell' Indulgenze.
4-° La Congregazione della Visita. 5.° La
Congregazione dell' Indice. 6° La Con-
gregazione della Disciplina. 7.0 La Se-
greteria de' Brevi. 8.° La Segreteria dei
Memoriali.] tribunali superiori erano: 1 .°
La Segnatura di Grazia. i.° La Segna-
tura di Giustizia. 3." L' Uditore del Pa-
pa. 4-° Rispetto a'tribunali particolari, il
capo rispettivo de'inedesiini, o la rispetti-
va congregazione. 5.° L'assettamento di
Campidoglio nelle cause ili quella curia
del Senato Romano. La Pratica del Vil-
le! ti tratta pure di alcuni tribunali par-
ticolari del Io stato pontificio,de'quali par-
lai negli articoli delle città ove erano o e-
sistono,cbiamando Curie in partibus lut-
ti i tribunali dello slato medesimo fuori
di Roma, e ne ragiona in genere. Dice per-
tanto che nelle Legazioni i cardinali Le-
gali fanno la figura di principe assoluto,
ed hanno due giurisdizioni, una ordina-
ria, l'altra suprema a guisa di quella del-
la Segnatura di Roma. Aveanoil tribu-
nale della Rota le città di Ferrara , di
Macerata, ed io vi aggiungerò Perugia.
Ragiona ancora del Consolalo d' Ancona,
del giudice dell'arte agraria di Corneto,
delle Curie di Benevento, Civilanova e
di Monte Cosaro nella delegazione di Ma-
cerata, de' rescovi e loro Sicari per le
Curie ecclesiastiche. Dopoché a Pio VII
furono restituite le provincie di Bologna,
di Ferrara, della Romagna, delle Mar-
che, di Benevento e di Pontecorvo, distac-
cate da'domiuii della s. Sede per l'occu-
pazione francese, con salutari provviden-
ze volle riformare la pubblica ammini-
strazione de'tribunali di Roma e suo sla-
to , a seconda del precedentemente pro-
messo, per la possibile uniformità del si-
stema in tutto lo stato appartenente al-
la Chiesa romana, la quale mancava, a
motivo di essere stato formato colla suc-
cessiva riunione de'dominii differenti, da-
ti in vicariato feudale; laonde presentava
la legislazione un aggregalo di usi, di leg-
gi, di privilegi fra loro naturalmente dif-
VOL. LXXX.
TRI .4>
formi,cosicchè rendevano benr spe«o una
provincia straniera all'altra, e talvolta di-
sgiungeva nella provincia medesima l'u-
no dall'altro paese. Nondimeno presen-
tava lo stato medesimo un modello di le-
gislazione e di ordine, fondalo com'era
ne' suoi grandi principii sulle invariabili
regole della religione e morale evangeli-
ca , e sulla canonica giurisprudenza , la
quale regolata dalla solida equità e dal
verace diritto della natura, ad onta del-
le calunnie, colle quali è stata attaccala1
in diversi tempi, dovrà sempre riconoscer-
si come quella, che ricondusse l'Europa
allo stalo di civilizzazione, da cui le irru-
zioni de'barbari l'aveano allontanata. A-
dunqtie Pio V 1 1 col celebre molo-proprio,
Quando per ammirabile disposizione. ,
àe'6 luglio 1816, Bull. Rom.cont. t.i4»
p. 47> pubblicò l'organizzazione dell'am-
ministrazione pubblica. Riparli lo stato
in Legazioni e Delegazioni , stabilendo
la giurisdizione de'prefcidi cardinali, pre-
lati e governatori; confermando l'aboli-
zione delle giurisdizioni baronali , nelle
suddette provincie per ultimo restituite,
per le altre facolti/zando i baroni a ri-
nunciarle, anche be'fu turi chiamati e com-
presi nell'investiture feudali, solo conser-
vando loro il l'itolo onorifico. Conservò
integralmente le giurisdizioni del cardi-
na\decano\n Ostiac t'elletri,e del mag-
giordomo in Castel Gandolfo. Col tit. 2:
Organizzazione de' tribunali civili , fu
provveduto eordinato. Il potere giudizia-
rio civile non appartiene a'delegati, ed i
governatori de'luoghi sono giudici com-
petenti. Come sieno appellabili i loro giu-
dicati al tribunale di 1. 'istanza della de-
legazione, e nelle cause d'interesse baro-
nale, ne'superstiti feudi ritenuti, giudica
il governatore più. vicino. Stabilì in ogni
capoluogo di delegazione un tribunale di
1 distanza con giudicati collegiali e nor-
me, e anco in figura di tribunale d'ap-
pellazione in cause determinate co'meto-
di fìssali. Istituì tribunali d'appello, in
Bologna per le cause delle legazioni di
io
i46 T R I
Rolngnn, Ferrara, Ravenna eFoi U;\nMa-
cerata per quelle delle delegazioni di Ma-
cerala, Urbino e Pesaro, Ancona, Fermo,
Ascoli e Canieriuo;tlue in lìoma per tut-
to il resto dello slato, cioè i tribunali tlel-
Y Uditore, della camera o A. C, e degli
Uditori di Rota. Conservò in Roma la
giurisdizione civile del tribunale di Cam-
pidoglio, in i /"istanza e in appellazione; il
tribunale di Segnatura, anche con auto-
rità di giudicare sulla competenza de'tri-
bunali; inoltre in Roma e nella sua Co-
marca continueranno a giudicar le cau-
secamerali di i .a istanza gli uditori del Ca-
merlengo e del Tesoriere, l'appellazione
deferendosi al tribunale della Camera.
Abolì i giudici commissari ed i privativi;
soppresse alcune giurisdizioni in materia
contenziosa de'tribunali particolari e pri-
vilegiali, salvo la giurisdizione degli or-
dinari e de'tribunali ecclesiastici in ma-
teria di loro competenza, e salve ancora
le giurisdizioni delle Congregazioni dei
vescovi e regolari , e della fabbrica di s.
Pietro e suo tribunale, come del tribuna-
le della Dataria: inoltre mantenne le giu-
risdizioni della congregazione del buon
governo, dell' uditore del caroerlengato
[\e Mercati òi Piazza Navona, del presi*
dente della grascia ne' mercati e campi
n lui soggetti, dell'annona, dell' 'agricol-
tura, del tribunale del cardinal Uicario
nelle cause di alimenti , del giudice dei
mercenari, di cui a Senato, perle loro ap-
pellazioni assegnandosi l'A. Ce la Rota.
La nomina de'giudici di tutti i tribunali
fu riservata immediatamente al Papa so-
vrano, provvedendosi alle qualità de'giu-
dici, loro onorario e disciplina, non che
a'iuro attuari e sostituti, baglivi, cursori
e altri messi. Si dichiarò appartenere la
giurisdizione volontaria a'delegati, a'ca-
pi de'tribunali, a' governatori; si conser-
vò ratinale pratica civile, e le leggi e co-
stituzioni vigenti fino alla pubblicazione
d'un nuovo codice legislativo, pel non di-
sposto diversamente in questo molo-pro-
prio. Si promise un sistema d'universale
T R I
legislazione, e si deputarono 3 commis-
sioni per la compilazione de'nuovi codici
legislativi e di procedura ; cioè una pel
codice civile, altra per la formazione di
quello criminale, la 3." perla formazione
delcodicedi commercio. Col tit. 3: Orga-
nizzazione de'tribunali criminalità prò v-
vedulo e ordinato sull'esercizio di questa
giurisdizione. I governatori locali furono
autorizzati a procedere ne'delitti minori,
e come possa appellarsi dalle lorocondan-
ne. Fu istituito in ogni delegazione un tri-
bunale criminale, al quale si faranno le
dette appellazioni; e da (ali tribunali, per
!e legazioni di Rologna, Ferrara, Raven-
na e Forlì, appellasi al tribunale di Bo-
logna j per le delegazioni di Macerata, Ur-
bino e Pesaro, Ancona, Fermo, Ascoli e
Camerino, al tribunale di appello di Ma*
cerata, e per le altre delegazioni alla con-
gregazione di consulta. Si dispose, che i
giudici e officiali della giustizia devono es-
sere contenti dello stipendio fissato dal
governo, le sportole essendo devolute al
pubblico erario. Ne'delitti commessi nei
paesi della Comarca di Roma, il tribu-
nale del governatore sarà il giudice d'ap-
pello, al quale tribunale ed agli altri cri-
minali di Roma si conservarono leappel* •
lattoni. Ne'delitti comuni in Roma pro-
cedono il Governatore, VA. C, il fica-
riaio, e il Campidoglio co'loro tribuna-
li. Ne'contrabbandi e delitti a danno del-
l'erario, procedono gli assessori ilei (eso-
neralo nelle provincia, ed in Roma i tri-
bunali criminali del Camerlengo e del
Tesoriere. Con queste disposizioni si con-
servarono le giurisdizioni criminali delle
congregazioni del s. ollìzio e de' vescovi
e regolari, del Maggiordomo e del tribu-
nale militare, e nulla s'innovò circa il fo-
ro ecclesiastico. Furono però abolite le
altre giurisdizioni criminali di privilegio.
Si stabilironodifensoride'rei efiscali pres-
so ogni tribunale, nominati dal Papa so-
vrano. Abolito in perpetuo l'uso de' tor-
menti o tortura e la corda, già interdetti.
Si limitò la podestà de'giudici nelle pene
TR I
comminale ad arbitrio. Si conservarono
irovvisoriatnente le leggi e la procedura
criminale,finoa)la pnhblicazionedel nuo-
vo codice; le forme attuali de'processicri-
tt) inoli con alcune modificazioni; e si or-
dinò l'osservanza de'canoni e costituzio-
ni soli' immunità ecclesiastica, e il foro
competente agli ecclesiastici. Col tit. 4 :
Disposizioni legislative , si abolirono le
particolari leggi <\e Municipii, eccettuate
le agrarie e simili, e si decretarono nuo-
ve disposizioni legislative sulle successio-
ni, le doti, i testamenti,! h decotti mis«.i. Col
tit. 5: Organizzazione delle Comunità,
si dichiarò uniforme per tot lo lo slato, con
diverti provvedimenti; e si pubblicò la ta-
bella del riparto territoriale dello stato
papale. Finalmente si pubblicarono! re-
golamenti sulla registrazione o archivia-
zione, sul sistemo ipoteca rio, sul bollo del-
la carta, e ««'rendimenti de'conti di tut-
te le congregazioni, tribunali e pubblici
dicasteri che ricevono assegnamento dal-
l'erario, dell'erogazione di esso a' tribu-
nati della camera per la sindacazione.
Col moto-proprio Allorché per divina
provvidenza, de i o settembreiS 1 6, Bull..
cit. p. 209, Pio VII decretò: Novae le-
gc.s servandae in opifìciis ditionis Poti-
tificiae, cioè sulla fabbricazione de'drap-
pi di Lana, e col quale dichiarò: Tribù*
nalis cardinali1! Carnet arii est privali-
vuni in causis artificiali operimi lanifi-
ciorum. Indi il Papa col moto-proprio
Dal primo momento, dei,?» ottobre 1817,
Bull. cit.,p. 39 1 :Novae leges super admi-
nislratione Aquarum et fiarum. Essen-
dosi compiuta la compilazione sul nuovo
codice di procedura civile, col regolamen-
to generale sulla tassa de'giudizi, Pio VI.I
la pubblicò col moto-proprio Nello sta-
bilire, de'22 novembreiSi j,Bull. Rom.
cont. t. 14, p. 444: Beformatio Tribuna-
lium ditionis Ponlifìciae, et Legnili pra-
xeos in Judiciis servandarum. Nel lib. /[:
Della procedura ne' tribunali conservati
in Roma, sono ledisposizioni riguardanti
quelli della Rota, dell'A. C, di Campi-
T R I . i -
doglio, dell'Annona, della Congregazione
del buon governo, dell'Agricoltura, dei
giudice de'mercenari. Nel lib. 5: Delmo-
do di procedere nelle cause d'appella-
zione. Nel lib. 6: Del tribunale della .Se
gnaturae dell' 'Uditore del Papa. In mol-
te cose riguardano eziandio la giurisdi-
zione de'tribnnali, le altre seguenti leggi
emanate da Pio VII. Col moto-proprio
Dopo avere, de' 1 o dicembre 1818, Bull.
Boni. cont. t. 1 5, p. 1 34= Conservavo et
renovatio viarum Urbis. Col molo-pio
prio Lm congregazione de' Catasti, del-
l'8 gennaio 18 19, Bull. cit. p.148: No
vae leges prò conservatione Cathastm
rum. Col molo-proprio Dopo di avere
Noi provveduto per mezzo d' un codice
sanitario m arili imo, de'2 1 gennaio 1 820,
Bull, cit., p.a65: Ordinationes et leges
prò recla administrationePorluum ditto
nis Pontificiae. Pio VII, come avea pre-
veduto, nello stabilimento de'nuovt me-
todi per l'uniformità de'sisleinie pel nuo-
vo codice di procedura civile , dovè poi
rettificarne e migliorarne le disposizioni,
con prowidenzeemariate per organo del-
la segreteria distato, le quali però disti"
cate dall'intero corpo delle disposizioni, e
male interpretate, non portarono i bra-
mati vantaggi. Essendodivenuta necessità
di ricomporre sì vasto edilìzio, indusse lo
zelo di Leone A'//a provvedervi, non ba-
llando alle maggiori spese colle quali si
gravò l'erario pel più felice andamento
della pubblica amministrazione, e per il
più regolareespeditocorso della giustizia.
Col nuovo piano alcune Delegazioni, me
no ample,furono riunite alle altre più vici-
ne, conservate però ciascuna nell'anterio-
re rango: a' tribunali collegiali di 1/ i-
stanza si surrogarono de'giudici singolari
più acconci all'istruzione de' processi; <i
restrinse il numero de' giudici in alcuni
tribunali, altri (ohi del tutto tanto nelle
delegazioni, quanto in Pioma, dove però
fu eretto un particolare tribunale di com-
mercio di cui mancava. Cessarono i giu-
dici supplenti, la cui istituzione era pò-
i48 TRI
tuia sembrare opportuna nel sislema de*
tribunali collegiali; fu facilitato immen-
samente il corso de'giudizi sia per la lo-
ro celerilà, sia pel minor dispendio. Alle
comunità e a'consigli municipali furono
ampliate le facoltà, i consigli meglio e-
(juilihrati tra' diversi ordini di persone.
Si mantenne nel suo pieno lustro e vigo-
re la giurisdizione episcopale, e resti-
tuita alla prerogativa colla quale l'eser-
cizio della medesima era stalo amplia-
to da Benedetto XIV. Quindi con quel-
la uniformità che dev'essere lo scopo
principale d' una savia legislazione, si
dispose che le stesse prescrizioni di pro-
cedura, le stesse tasse, ed uno slesso idio-
ma più nobile e più adatto al corso de-
gli alti giudiziali, cioè il latino,regoleran-
ìio lutti i giudizi tanto nelle curie laiche,
quanto nell'ecclesiastiche, tolto l'uso in-
trodottosi che le cause ecclasiastiche si a-
gi tasserò in un linguaggio, e le cause lai-
che in un altro, onde sovente avveniva
in un medesimo tribunale e in una me-
desima adunanza si parlasseroduediver-
se favelle. Pubblicò il tutto Leone XII
col moto-proprio Dopo le orribili cala-
mità, de' '5 ottobre i 82 4, Bull. Rom. cont.
t.16, p. 128: Reformalio Tribnnalium
Status Ecclesiasticis, codicis judiciarii
et praxeos, cum praefinilione novarum
laxaruni judicialium. Con tale legge fu
inoltre nell' organizzazione de' tribunali
civili soppressa al tribunale del senato-
re la rappresentanza collegiale, e fu abo-
lito l'oflicio del capitano dell'appellazio-
ni e l'assettamento rappresentante la pie-
na segnatura, attribuzioni date alla se-
gnatura di giustizia. Soppresso il tribu-
nale d'appello di Macerata, per le cause
delle 4 legazion i fu assegnato il tribunale
d'appello di Bologna, e quello di Roma
della Rota per tutto il resto dello stato.
Il tribunale della Segnatura si dichiarò
non esistere che per Roma, e composto
di soli 7 votanti. Si soppressero nelle de-
legazioni gli assessori camerali, ed in Ro-
ma il tribunale collegiale camerale. E-
TP, I
gualmente soppressi i giudici commissari,
il tribunale dell' agricoltura, .e la mate-
ria contenziosa della giurisdizione del tri-
bunale dell'annona. Soppressa la giurisdi-
zione contenziosa delle ripe, fu riunita al
tribunale di commercio di Roma, prima
rappresentato dall' A. C. , e si formò di
3 giudici collegiali assistiti da un cancel-
liere. Si vietò ricorrere all'uditore del Pa-
pa nelle materie giudiziali, meno che ne'
giudizi di competenza delle congregazio-
ni cardinalizie e ne'casi di ricorso da una
grazia sovrana. Neil' organizzazione de'
tribunali criminali due ne furono stabi-
liti in tutto lo stato, in Bologna ossia lo
slesso tribunale di appellazione nelle cau-
se civili e perle 4 legazioni, in Roma cioè
la congregazione e tribunale di consulta
per lutto il resto dello stato: ne' delitti
commessi ne'paesi della Comarca il tri-
bunale del governatore fu dichiarato il
giudice d'appello. Restarono abolite colle
disposizioni legislative tutte le leggi e sta-
tuti municipali, tranne quelle riguardanti
la coltura del territorio, il corso dell'ac-
que, i pascoli, i danni dati ne' terreni o
altri simili oggetti rurali; e mediante l'or-
ganizzazione delle comunità I' ammini-
strazione fu prescritta dappertutto unifor-
me.Colla riforma della procedura civile si
provvide alla competenza de'giudici e de'
tribunali, ed alle tasse de' giudizi ed e-
molumenti. Avendo Leone XII intimata
la celebrazione AzW Anno santo del Giu-
bileo, a vantaggio de' Pellegrini e fore-
stieri accorrenti a Roma, col moto-pro-
prio Essendoci sommamente a cuore, de'
20 dicembre 1 82^, Bull. cit.,p. 2^3: Or-
dinano prò expedi ta causa rum et con-
troversiarum cUnlium resolutione adve-
narunij hospìtum et peregrinorum ad-
ventantium Romani anno Jubilaei. Equi
pure ricorderò, ebe i Papi, veri padri co-
muni, con provvide leggi sempre tute-
larono i forastici'!, fino da' tempi anti-
chi in cui aveano luogo i frequenti Pelle-
grinaggi sagri a Roma, ospitando i pel-
legrini, ammettendoli a mensa nel Tri-
T II I
clluio (/ .), facendo loro la Lavanda de
piedi (A'.), servendoli a Pranzo (f^.), il
che rinnovò Leone XII. Dissi a Tributi
quanto i Papi con benefiche leggi opera-
rono a favore de'forastieri naufraghi, e
di que'forastieri che morivano in Roma,
sul diritto d* Allunaggio,* di cui trattai a
Testamento, ossia di quella dura legge e
diritto del fìsco, in forza del quale il fi-
sco succede ue'beni de'forastieri morti iu
un paese senza esservi slati naturalizzati,
ein mancanza di eredi necessari. E quan-
to a'pellegriuaggi aRoma non posso a me-
no di dichiarare l'esultanza religiosa del
mioifnimo, nell'aver letto nel n.°i49del
Giornale di Roma deli 856, che da po-
chi anni fu istituita in Germania la so-
cietà di s. Severino, col santo fine di pro-
muovere i divoti pellegrinaggi a Roma,
per maggiormente stringere e consolidare
i popoli cattolici nell'unità, intorno alla
cattedra di s. Pietro; e che per la sua fe-
sta si recarono nell'alma città 2 3 pelle-
grini tedeschi, nella più parte dell'impe-
ro d'Austria, stalo eminentemente catto-
lico, accolti benignissimamente e graziali
dal Papa che regna. Dipoi Leone XII col
moto-proprio Quurn plurima, degli 1 1
aprile 1826, Bull, cit., t.16, p. 4*7 ' No-
va ordiuatio tribunalis Sigualurae Ju-
stitiae. Col moto-proprio Nel compiere,
de'21 dicembrei827, Bull. Rotti, coni.,
1. 1 7, p. 1 1 3: Codex refortnatorios adtni-
nistrationis Status Ecclesiastici. Col nuo-
vo riparto territoriale Leone XII pub-
blicò nuove disposizioni governative e co-
mmutative, in coerenza alla legislazione,
non meno che a'tnbuuali civili e crimi-
nali da lui riformati, con ulteriori dispo-
sizioni pe'giudizi civili e criminali pe'tri-
buuali di Roma e ne' luoghi tutti dello
stato,couservando le giurisdizioni del car-
dinal decano in Ostia e Velletri , e del
maggiordomo in Castel Gaudolfo, oltre le
altre suramentovate, aggiungendo par-
ticolare giurisdizione al prelato commis-
sario della s. Casa di Loreto, da lui isti-
tuito, iu tultu l'estensione di quel torri»
T R I 149
torio, mediante il breve Laureti civilasui
Picae.no, de'2 1 dicembre 1 827, Bull, cit.,
p. 3o5: Restituito jurisdictionis congre-
gationis Laurelanae super gubemio ci-
vitalis Laureti in Picaeno. Emanò Leo-
ne XII prescrizioni sulla discreta pigione
delle case, in che fu imitato da Gregorio
XVI, come narrai nel vol.L,p. 293, cou
belle provvidenze. Abbiamo di I.T.Spreu-
gero. De f tire aedi ficus et dot/ius ac fa-
ttone aedifìcandi , Francofurti 1 655. Me-
rita che io almeno qui faccia menzione
della celebre e analoga bolla di Grego-
rio XIII, Quae publice utilia, et decora,
essehuic Almae Urbi ratio,de\ 1 ."ottobre
i5j^,Bull. Rom. t. 4, pai". 3, p. 282: De
Aedificiis, etJure Congrui \acjurisdictio -
ne et facultatibus S. R. E. Camerarii et
Magislrorutn Viarum Urbis.Nd 1 8 56 fu
tradotta iu italiano e pubblicata in Ro-
ma. Cou uolificazione del cardinal Gal-
lelli camerlengo, Leone XI l a*2 5 aprile
1828 istituì una camera di commercio
nella città e porto-franco diCi vita vecchia,
come si legge nella Raccolta delle le g^i
di Gregorio X.V l}\.. 1 ,p. 45 1 . Di più Leo-
ne XII operò altre utili riforme, riordi-
nò il pubblico insegnamento, anche della
giurisprudenza, istituì una congregazio-
ne di vigilanza, che infrenasse le gestio-
ni degl'impiegati e vigilasse anco sui giu-
dici, incoraggiasse i buoni ed onesti, pu-
nisse i trascurali, gl'infedeli e i malvagi,
ed istituì ancorala Congregazione delht
revisione de' conti. Leone Xll fu anche
in altro benemerito principe, come nar-
rai nella biografia e ue'lauli articoli che
lo riguardano, quale legislatore ed acer-
rimo propugnatore della giustizia. Il suc-
cessore Pio Vili col chirografo Per rende-
re più spedito, de'28 geuuaio 1 83o, Bull.
Rom. cont., 1. 1 8, p. 81: Reintegralo tri-
bunalis Appellationis in civilate Anco-
naepro causis coinmercialibus. Altra ca-
mera di commercio esisteva in Bologna
da lungo tempo, e Pio VII il i.° giugno
1821 avea cou editto del segretario di
sialo dato il Regolamento provvisorio di
j 5o T R 1 TRI
commercio, presso detta Raccolta a p. reo a Gregorio XVI solennemente, con
3a5. ragionamento Ìli Camillo Polverosi pie
Appena ascese alla veneranda cattedra siderite della medesima, e poetici com po-
di s. Pietro il Papa Gregorio XlrJ,s\mo- n'unenti di altri, onde fu pubblicato Te-
silo energicamente quale propugnacolo legante opuscolo: Adunanza tenuta dalla
dell'ordine pubblico, indi con instancabile Camera di Commercio di Roma per la
alacrità si diede a migliorare tutta quan- solenne dedicazione del busto in marmo
la la cosa pubblica, colln sua incompara- della Santità di N. S. Gregorio XfJ,
bile e imparziale giustizia, senz'allatto ri- Roma 1 836. Dissi a Mercante e altrove,
guardi umani, e colla vasta e profonda che Gregorio XVI riattivò la banca ro-
sila dottrina fu pure insigne e laborioso mona, e permise le istituzioni della cassa
legislatore, nelTuniministrativoe nel giù- di risparmio, la società di assicurazione,
uiziario, sì nel civile che nel criminale, co- introdusse le barche a vapore sul Tcve-
me narrai in tanti luoghi;e tutto può tro- re , e fece altre cose di buon progresso,
vaisi iie'23 voi. della Raccolta delle le g- A'5 ottobre 1 83 l il cardinal Derm-Ui in
gì e disposizioni di pubblica amministra- nome di Gregorio XVI pubblicò il [le-
zione, del pontificato di Gregorio XVI, golamento organico per l' amministra-
e pubblicala dalla stamperia camerale, zione della giustizia civile, pe' giudici e
nella (piale vi sono pure le declaratorie tribunali diRoma edello stalo; culle spe-
e spiegazioni de'dubbi posteriormente e- ciati prescrizioni relative alle cause del fi-
manate, che ponno facilmente rinvenirsi sco; e le disposizioni concernenti le cause
ne'3 indici alfabetico semi-analitico delle ecclesiastiche, i giudici e tribunali, che
inaici ie. Nel citare 1 suoi tomi lo (arò se- dovranno conoscerle e giudicarle, Rac-
conto l'ordine numerico di essi, non del- colla t. 5, p. 1 . Gregorio XVI seguendo
Tanno in cui furono stampati, sembrati- le treccie dell' ordinamento giudiziario
domi più semplice. Qui solo ini limile- promulgalo dal glorioso Pio Vii, volle che
rò ad accennare. Gregorio XVI con edit- quelle istituzioni fossero perfezionale,
lo de Vj luglio 1 83 1 del celebre cardinal (pianto è possibile nelle umane uose, per
Beriielli suo segretario di sialo fece pub- mezzo di nuove provvidenze, che assicu-
blicare T Ordinamento amministrativo macera a'Iitiganti, col minor incomodo,
delle provincie e de' consigli comunilati- giudizi retti e maturi. Questi regolameii-
vi, riportato dalla citata Raccolta t. 6, ti, riuniti a pubblicali ed a 'posteriori, for-
p. 1 19, insieme al Riparto territoriale del- marono un corpo uniforme di stabile le-
lo slato pontificio a lutto il 1 833. Quindi gelazione nel le cose amministra ti ve egiu-
cessò la congregazione cardinalizia del diziarie. Le materie che furono oggello
buon governo di qualunque occupazione di nuove disposizioni derogai olio a qua-
sulle provincie, che uon fosse stata stretta- Innque uso e consuetudine lino allora vi-
meiilegiudiziaria. Coti editto del inedesi- gente. Si abolirono altri giudici e Iribu-
1 n oca rd 1 na le, dell' 8 luglio 1 83 1, Raccolta nuli particolari e pi iva ti vi. come la giuria-
t. i,p.i ot),il Papa istituita camera di coni- dizione contenziosa dell' uditore del Pa-
nie! ciò in Roma, con attribuzioni e pri- paia qualunque Causa e materia. Nel mio
vilegi, e tribunale commerciale con giù- vo impianto del tribunale del senatore di
l'indizione couleuziosa;di[)oi a'22 gennaio Roma, gii lu addetto il giudice delle iiicr
i83^ si pubblicò il Regolamento per la cedi, per le cause di Roma e suo agro. 5i
camera di commercio di Roma, ripro- ripristinò il tribunale d'appello di Ma-
dotlo a j>. ii/\ delia Raccolta. La camera cerala, e alle curie ecclesiastiche si lolsela
di coniineicio per gratitudine nella sua giurisdizione cumulativa nelle cause de'
aula creste una lapide Goti busto marmo- Itici. Quindi a* 3 1 otlobrci83i si pub-
>
T li I
lieo il R-golamento di procedura ne'
giudizi civili, presso la Raccolta cit., p.
54- Ed a' 5 novembre 1 83 1, venne pro-
mulgalo il Regolamento di procedura
criminale, che può leggersi a p. 1 54 della
Raccolta. Il vigile Gregorio XVI volen-
do portare a compimento il sistema or-
ganico de'tribunali, fece compilare le di-
sposizioni tuli' oggetto importantissimo
della giustizia punitiva , a cui è affidata
la tutela dell'onore, della vita e della li-
bertà de'cittadini,onde ovviare. possibil-
mente con melodi fìssi e invariabili con-
tenuti nel regolamento, a gravissimi in-
convenienti. Le regole dirette a verifica
re i delitti accaduti o tentali, ad indaga-
re i colpevoli, ed a pronunciare le pene
stabilite dalla legge, tòrmano l'oggetto di
queste disposizioni di procedura crimina-
le. Ogni delitto dà luogo ad un' azione
penale, l'esercizio della quale appartiene
per dovere di officio a' funzionari desti-
nali a tale effetto dall'autorità sovrana,
Può dare anche luogo all'azione civile per
la reintegrazione delle spese, e pel risar-
cimento del danno cagionato dallo stesso
delitto. A p. 3o5 della Raccolta delle leg-
gi si riporta ancora, egualmente de'5 no-
vembre 1 83 1 ,Y Appendice al regolameli
lo organico e di procedura criminale, per
norma delle curie ecclesiastiche. De'
tribunali ecclesiastici e di giurisdizione
mista. Inoltre a p. 3 1*2 trovansi le Spie-
gazioni intorno all' emanazione de' re-
golamenti della nuova procedura ne'giti-
dizi civili e criminali, emanate nel sud-
detto giorno. Quindi si diramò a'27 di-
cembre 1 83 1 la Circolare della Segre-
teria di stalo a' presidi de' tribunali sul-
l'attivazione del nuovo regolamento di
procedura criminale con istruzione pe'
governatori ^ch'è nella Raccoltaa p.370,
mentre a p, 3y3 trovasi Visti tizio ne pe'
governatori in seguito della cessata giu-
ribdizione criminale de'podrstàj ed a p.
4 1 2 la Pubblicazione della nuova tassa
delle competenze e spese ne' giudizi crimi-
nali pc 'tribunali di Roma e per lutto lo
T IU i5i
stato, de' 18 febbraio 1 832. La Raccolta
riprodusse a p. 5io il Regolamento sui
delitti e sulle pene , emanato con editto
del cardinal Cernetti de' 20 settembre
i832. Dipoi ti pubblicarono: Istituzioni
di diritto criminale dell' avv. Giuseppe
Giuliani prof, del suddetto ramo di giu-
risprudenza e membro del collegio lega-
le, della pontificia università di macera-
la, nelle quali si commentano le sanzio-
ni della nuova legislazione criminale
Gregoriana, Macerala 1 833. Carlo Cara-
melli, Contento al Regolamento penale
Gregoriano, Macerata 1 844- " cardinal
Bcrnelti d'ordine di Gregorio XVI, con
editto de'5 gennaio 1 832 emanò le Mo-
dificazioni intorno alla percezione delle
lasse o diritti di cancelleria ne' giudizi ci-
vili. Si potino vedere nella Raccolta del
medesimo t, 5, p. 386. Indi il Papa vo-
lendo provvedere a'bisogni degli abitanti
de'luoghi ove non risiedono le magislra
tuie giudiziarie, a'7 gennaio 1 832 a mez-
zo del segretario distato pubblicò la no
tifìcazione colle Disposizioni riguardan-
ti i giudici economici, riportata a p. 388
della Raccolta. A'3o giugno 1 832 Gre-
gorioX V I fece notificare dal cardinal Ber-
netti le Nomine colle quali resta mante-
nuto il tribunale temporaneo di commer-
cio stabilito in Sinigaglia durante la fie-
ra, presso il t.i, p. 121 della Raccolta.
Nel 1 833 ebbe luogo la divisione della
Segreteria dì slato (f.), con ([nella degli
;i ilari di stato interni, islituita da Gregorio
XVI n'2ofebbraio,ed attribuì ni cardina-
le segretario della medesima la presiden-
za del governo dello stato pontificio, culla
corrispondenza co'presidi e governatori,
co'presidetiti de' tribunali, co' capi delle
magistrature, e con qualsivoglia autorità
dello stato; non che lodichiaiò prefetto
della congregazione di consulta e della
Lauretana. Gregorio XVI ad introdurre
un sistema più semplice, centrale ed eco-
nomico sulle opere pubbliche d'Acque e
Strade, affidò l'amati Bistrattane de'lavo-
ri pubblici per le medesime alla prefet-
iÓ2 TRI
tura generale di tal nume, da lui poi e isti-
tuita, e presieduta dal cardinal prefètto
della Cangi trazione cardinalìzia del-
l' Acque, col prelato chierico di camera
per presidente, con giurisdizione conten-
ziosa e suo fiscale. Il Regolamento pe* la-
vori pubblici di acque e strade, pubbli-
cato i'8 giugno 1 833, è nel t. 4> P-9 ' del-
la Raccolta, nella quale inoltre trovatisi
le altre relative disposizioni sulla riunio-
ne della congregazione dell'acque e pre-
sidenza delle strade nella prefettura. Co-
li nel t. i4j p- 107 si legge l' Istruzione
per iug.' presidente, onde giudicare sulle
contravvenzioni a'regolamenti di polizia
stradale, e come si procede in appello da'
suoi decieti innanzi al cardinal prefètto.
A'io novembre! 834 Gregorio XVI col
moto-proprio Elevali appena per divi-
no volere, diede allo stato pontificio il ce-
lebre Regolamento legislativo e giudi-
ziario per gli affari civili. Fu stampa-
lo nell'istesso anno a parte dalla tipogra-
fìa camerale, e nella Raccolta delle leg-
gi t.10, p. ij insieme all'editto del cele-
bre giureconsulto cardinal Gamberini 1 ."
segretario per gli aliati di stato interni ,
col quale promulgò l' Ordinamento e di-
sciplina degli uffizi ipotecarli. Questo in-
oltre comprende i titoli: Della discipli-
na de' magistrati ed officiali dell'ordine
giudiziario: Delle spese di giustizia: Del-
le tasse: Disposizioni generati. Prima-
mente dichiarò il Papa nel moto-proprio,
che innalzato al pontificatoci primoepiù
vivo de'suoi desiderii fu quello d'una ri-
forma nel sistema legislativo egiuiliziario,
secondo le molteplici istanze, perchè agli
usi e a' costumi generali si conformasse
il modo d'amministrar la giustizia; onde
eliminare la necessità di ricorrere a'tri-
bunali di Roma da' punti estremi dello
stato; perchè le cause si discutessero da
più giudici collegialmente, e nella lingua
materna (cioè gli atti giudiziali, le sen-
tenze e le difese o allegazioni delle parli
doversi scrivere in lingua italiana, eccet-
tuali i liibuuali della. Segnatura , della
T II I
Rota, e della piena Camera, ne'quali con-
servò l'antico uso della lingua latina); per-
chè le sentenze contenessero le ragioni di
giudicare. Che quindi co' regolamenti de'
5 e de' 3i ottobre 1 83 1, avea appagalo
i voti comuni, riordinando tutto il siste-
ma de'civili giudizi, e dichiarando inol-
tre, che sulle basi del codice di procedura
di Fio VII, si fu ebbe una nuova compila-
zione delle leggi giudiziarie, tolte le inutili,
ed aggiuntevi quelle, che potessero rende-
re più spedilo if corso degli all'ari. » Que-
st'opera , abbenchè incominciata colla
maggior sollecitudine, non poteva com-
piersi nel breve gii odi pochi mesi, siccome
Noi avremmo voluto, bisognava richia-
ma re ad esame tutte le disposizioni di quel
codice, per conoscere quali fossero meri-
tevoli di riforma, quali di cambiamento,
e quali infine dovessero esser rischiarate
e ridotte a tale precisione, che venisse tol-
ta, per quanto il permette la natura del-
l'untane cose, ogni cau sa di dubitare sulla
vera intelligenza ed applicazioue della leg-
ge: e bisognava inoltre supplire al vuoto
che lasciava lo stesso codice in ordine ad
alcuni articolidella legislazione giudizia-
ria; dal che ne nasceva il grande abuso di
protrarre i giudizi, intrudendo nel nuo-
vo edificio legislativo una parte delle vec-
chie forme, abolite appunto perchè ser-
vivano di alimento a forensi cavilli. A.
questo fine avevamo Noi prudentemen-
te stabilito che tulti i tribunali del No-
stro Stato, per mezzo de'loi o capi o pre-
sidenti, ci proponessero i loro dubbi, in-
sieme a quelle riforme o uiigliorazioni
che riputassero utili o necessarie nel si-
stema della civile procedura. Si rese adun-
que indispensabile il fare alcune dichia-
razioni, ed alcune disposizioni suppleto-
rie, generali e speciali, coi rispondenti a'
dubbi ed alleistanze diedi tempo in lem
pò si proponevano; e per tal modo pre-
parare lo stabilimento e la più facile ese-
cuzione degli ordini nuovi, di cui le basi
doveano essere le leggi del glorioso No-
stro Predecessore, e le parziali riforme
T | I
già da Noi pubblicate; l'oggetto poi e Io
scopo, quello di togliere le incertezze, ed
estinguere ogni fonte di arbitrio, ch'è il
som ino de'mali nell'amministrazione del-
la giustizia. Ma l'opera non sarebbe sta-
ta compiuta, se alle nuove istituzioni non
venissero conformate quelle leggi collet-
torie del comune diritto, che con tanta
sapienza promulgò lo stesso Pontefice,
sullo stalo e capacità delle persone, sul-
le successioni, sugli atti di ultima volon-
tà,* sui fedecommessi, sui contratti e sul-
le ipoteche; e che sebbene in parte mo-
dificale dal di lui sucessore Leone XII
di felice ricordanza, tutta volta lasciava-
no a desiderare un qualche miglioramen-
to. Queste leggi pertanto riunite alle leg-
gi che riguardano l'ordinamento giudi-
ziario, ed a quelle di procedura riordi-
nate tutte e rifuse, formano un corpo di
legislazione di cui le singole parti sono fra
loro in armonia, col titolo di Regolamen-
to legislativo e giudiziario per gli a/fari
civili. Avendo Noi sottoposto a rigorosa
censura il progetto di tale Regolamento,
lo abbiamo trovato pienamente confor-
me a'bisogni de'popoli soggetti al dorai-
uio della s. Sede: perlocchè speriamo con
fondamento, che, assecondando i magi-
strali, siccome debbono, la Nostra volon-
tà, si raggiunga il fine a cui furono sag-
giamente dirette le cure di Pio VII nel
promulgare la sua legislazione, di segui-
re, cioè, la grande massima che dichiara
ottime quelle leggi le quali attribuisco-
no a giudici il minimo arbitrio, senza
viole/ilare la loro coscienzaj ed ottimi i
giudici i quali attribuiscono il minimo
possibile arbitrio a loro slessi ". 1 1 Re-
golamento soltanto abbraccia 1806 pa-
ragrafi e 444 pas',ne» Pei" CLn ll0n & c'a
me il darne un qualche fugace sunto, co-
me non è proprio della natura di questa
mia opera; però non mancai in moltissi-
mi articoli di riprodurne non pochi bra-
ni, come in quelli che rimarcherò in cor-
sivo. Dirò solo che il Regolamento divi-
desi iu 3 parli : 1 ," Della legislazione ci-
TRI i53
vìlej a." Dell' ordinamento giudiziario;
3.° Delle leggi di procedura. Quanto al-
l'ordinamento giudiziario si dice, che nel-
le cause civili vi sono 3 gradi di giurisdi-
zione e in alcuni casi ve n'è un 4-°; oe'3
gradi ordinari di giurisdizione e nel 4-%
se avrà luogo, la giustizia civile si ammi-
nistra: da'governalori, e da'tribuuali ci-
vili, di commercio, d'appello, del senato-
re di Roma, dell' A. C, della rota, della
piena camera, del supremo di segnatura,
da'giudici e tribunali ecclesiastici. La Con-
gregazione cardinalizia Lauretana, e le
magistrature che ne dipendono, conti-
nueranno a giudicare le cause loro attri-
buite, a forma delle speciali disposizioni
de'2 1 novembre 1 83 1 e de' 20 febbraio
1 832 : presso la congregazione vi sarà un
prelato assessore, eia prelati Potanti, e
divisi in 4 turni; ili. "per le cause in via
di segnatura ed in grado di restituzione
in intiero, gli altri perle cause di 1 ."istan-
za e di appellazione. Poiché tutte le cause
ecclesiastiche o profane concernenti l'iu-
teresse del santuario di Loreto, che do-
vrebbero introdursi avanti i giudici e tri-
bunali di Roma sia per ragione delle per-
sone che vi dimorano, sia per ragione de'
fondi ivi situati, saranno conosciute e giu-
dicate in Roma nel foro Lauretano. So-
no e rimangono aboliti tutti gli altri tri-
bunali e tutte le magistrature giudizia-
rie, delle quali non si fa menzione. U U-
ditore del Papa non esercita, né può e-
sercitare la giurisdizione contenziosa in
veruna causa e materia (abnegazione ge-
nerosa di Gregorio XVI, che si spogliò di
sì rilevante prerogativa). Non è derogalo
alle altre attribuzioni dello stesso udito-
re del Papa, negli aliati non appartenenti
al foro contenzioso. Non vi sono giudici
particolari o privativi: qualunque legge
che accordasse privilegio di tradurre i li-
tiganti, o di avocale le cause ad altri tri-
bunali, fuori di quelli che sono compe-
tenti, a forma di questo regolamento, ri-
mane abrogata. De' giudici e, tribunali
perle cause appartenenti al foro laico.
1 54 T R 1
lu ogni luogo dello stato, capoluogo d'un
governo, vi è un giusdicente, chiamato
Governatore. Le funzioni giudiziarie at-
ti ibuite a'governatori verranno esercita-
te ne'capiluoghi delle provincie di Bolo-
gna, Ferrara, Forlì, Ravennaj ne'capi-
luoghi dell'altre pruvincie verranno eser-
citate dagli assessori legali. In ogni capo-
luogo di provincia v'è un tribunale civi-
le, che giudica collegialmente, cioè nelle
Delegazioni a Legazioni; nelle nominate
4 città con presidenti, vice-presidenti e 4
giudici, divisi in due turni ;ì tribunali che
risiedono negli altri luoghi sono compo-
rli d'un presidente e di due giudici. Wel-
le città di Bologna, Ferrara, Rimini, Pe-
saro, ancona, Foligno, Civitavecchia e
Roma vi sono tribuna li di coni merciocou
presidenti giureconsulti, e giudici com-
mercianti. 1 tribunali di commercio so-
no tribunali di eccezione. Vi sono due tri-
bunali superiori chiamati d'appello, uno
in Bologna, l'altro in Macerala, con pre-
sidenti e 6 giudici per ciascuno. La giu-
risdizione del tribunale d'appello in Bo-
logna comprende le 4 proviucie di Bolo-
gna, di Ferrara, di Forf^di Ravenna. La
giurisdizione del tribunale d' appello di
Macerata comprende leprov'mcie di Ur-
bino, di Pesaro, di Macerata, d'Ancona,
di Fermo, d'Ascoli, di Camerino, e il di-
stretto di Loreto. In Roma vi sono i se-
guenti tribunali. li tribunale del Stila-
tole di Roma ossia di Campidoglio eser-
cita la giurisdizione,cumulativameute col
tribunale dell'A. C. per le cause laiche,
tra o contro meri laici di Roma e del-
l'Agro romano. Questo tribunale è com-
posto: del senatore di Roma, che ritiene
il titolo di presidente; dedite collaterali;
dell'uditore prò tempore del senatore, del
giudice de' mercenari, d' un giudice ag-
giunto, cioè l'avvocato fiscale della ca-
mera Capitolina. Il giudice de'mercena-
ri conoscerà, come giudice di eccezione,
le cause di Roma e dell'Agro romano non
maggiori di 20oscudi,coucernenti le mer-
cedi campestri, cuparre ec. Il tribunale
T R I
dell'A. C. ossia dell' Uditore della caino
ra, è composto di questo prelato presi-
dente, di 3 prelati Luogotenenti, di 9 to-
gati, 3 de'(|uali col titolo di consiglieri, a
col titolo d'assessori, e \ col titolo di giu-
dici uditori. 11 tribunale degli Uditori di
Rota, che a mezzo de'suoi prelati giudici
conosce e giudica in 2.0 e in 3.° grado di
giurisdizione, ec. Il tribunale della pieua
Camera apostolica è composto di 5 pre-
lati Chierici della medesima, ed è pre-
sieduto dal più anziano o decano. L'óv.
vocato generale del Fisco, ed il Com-
missario generale della camera (di cui
anco a Tesoriere), potranno intervenirvi
per sostenere gl'interessi fiscali. Se la seu-
teiizn è proferita dal tribunale in 2.°gra-
do di giurisdizioneda quella della 1 ."istan-
za, giudica la Rota, così altre, come di
restituzione in intiero e quelle sul valore
de' Rescritti o Chirografi sovrani. Ed in-
oltre le cause della camera degli Spogli
ecclesiastici, per essa la Congregazione
cardinalizia di propaganda fide, ec. il
tribunale supremo della Segnatura di
giustizia è composto del cardinal prefet-
to, di 7 prelati Folanti, d'un prelato £/-
dilore del tribunale, d'un togato uditore
della prefettura. Tutti i giudici e tribu-
nali dello stato, compresi quelli della s.
Rota e della piena Camera, souo soggetti
al tribunale supremo di Segnatura. Souo
addetti al tribunale i prelati Referenda-
ri: questi riferiscono le petizioni e le i-
stanze de'i icori enti, ed hanno il volo me-
ramente consultivo. Il tribunale supre-
moili Segnatura conosce e giudica, in 110-
ine e vece del sommo Pontefice, ec. : e-
sercita inoltre la podestà giudiziaria ec,
De'giudici supplenti. Presso ciascun go-
vernatore, assessore o altro giusdicente vi
sarà un giudice supplente per l'esercizio
delle funzioni giudiziarie. Vi saranno 2
supplenti presso ogni tribunale civile
composto d'uu solo turno; 4 presso i tri-
bunali di 2 turai, e pressoi tribunali d'ap-
pello.I tribunali di commercio non avran-
no suppleuli, in caso di mancanza d' u^
.
T li I
o o più giudici, siederanno nel tribuna-
le uno o più membri anziani della came-
ra di commercio. Il presidente giurecon-
sulto avrà un supplente, cosi il giudice
giureconsulto del tribunale di Roma. Il
tribunale dell' A. C. non avrà supplenti,
in caso di mancanza d'uu assessore, il go-
verno delegherà uno de' giudici uditori.
Il tribunale di Campidoglio avrà 3 sup-
plenti, e lo sarà per le cause d'appello il
fiscali: della camera Capitolina. In man-
canza d'uno o più giudici del tribunale
della piena camera apostolica, il decano
deputerà a farne le veci altri chierici del-
la medesima per anzianità. I supplenti del
tribunale di Segnatura saranno i prelati
referendari chiamali dal cardinal prefet-
to. Esercitando con lode per 5 anni I offi-
cio di giudice supplente, potranno essere
considerati prelativamente ad altri ili e-
guali meriti nella collazione degl'inopie
gin dell'ordine giudiziario. Le funzioni di
giudici supplenti sono compatibili con
quelle d'avvocato o di procuratore. De
giudici e tribunali per le cause appai--
Unenti al foro ecclesiastico, Nelle dio-
cesi rispettive i Vescovi e gli Arcivesco-
vi, e per essi i / icari generali, sono giu-
dici di i .'istanza, ec. Tribunali ecclesia-
stici di Roma. Il tribunale del cardinal
/ ica?-io,\)ev Romae suo distretto, si com-
pone del cardinal vicario di Roma, del
prelato P icegerente, del prelato Luogo-
tenente, i quali prelati per mezzo d' un
privato uditore conoscono e giudicano in
i. 'istanza. Il tribunale deli' A. C. o del-
l' Uditore della camera. Il tribunale de-
gli L ditori di rota. La giurisdizione del
tribunale della Congregazione cardimi-
lizia della rev, Fabbrica di s. Pietro, e il i
cjuello della Congregazione cardinalizia
della s. Visita apostolica, nelle materie
di loro competenza, è interamente con-
servata. Nulla viene innovato relativa-
ineute alle sagre Congregazioni cardi-
nalizie ecclesiaslicbe, ed alle regole e nor-
me die attualmente si osservano dalle
medesime. 11 tribunale supremo della Se
T R I i55
gnatura digiustizia. Della medaglia co-
niata per la riforma del codice civile, fe-
ci parola nel voi. XLVI, p. \ii. Inoltre
Gregorio XVI neh 834 abolì la privati-
va sulle stampe legali nelle provincie,
permettendo a tutti i tipografi delle me-
desime di stampare liberamente le scrit-
ture legali e sommarli, nonostante il di-
ritto privativo da' predecessori attribuito
alla camera apostolica; perciò fece dichia-
rare la limitazione della privativa della
Stamperia Camerale (Z7.), a Roma e sua
Comarca; nel quale articolo riportai no-
zioni analoghe sulle stampe amministra-
tive, governative e delle cause fiscali, col-
le discipline intorno alle stampe legali ;
dicendo pure come nell'odierno pontifi-
cato e neliSTo.a incremento dell'indu-
stria tipografica, fu abolita la detta limi-
tazione che favoriva la stamperia came-
rale, anche perchè i difensori delle cause
con maggior agio e minor dispendio po-
tessero far imprimere le loro difese sì ci-
vili che criminali, fermo però restando il
diritto privativo della stamperia came-
rale di proseguire la pubblicazione della
Raccolta e collezione delle leggi, e di
proseguire ancora a slampare le decisio-
ni de'tribuuali della Rota, della Segna-
tura,(.\tì\>xCamera apostolica, della con-
gregazione di s. Ivo della Curia Roma-'
na, e dell'arciconfrateruita di s. Girola-
mo della Carità: e si dispose eziandio,
che delle dette stampe della Rota e della
Camera si continuasse a deporre nell'ar-
chivio della stamperia camerale un nu-
mero di copie, in uno a tutte le stampe
amministrative ed altre. Le nuove isti-
tuzioni che riguardano i tribunali di com-
mercio, essendo streltameute collegate
coll'esUtenza delle camere commerciali,
a' 3 i gennaio 1 835 Gregorio XVI fece
pubblicare dal cardinal Gangherini: l'Or-
dinanu nto delle Camere pe' tribunali
di commercio, arti e manifatture dello
stato pontificio. Furono classificate iu 3
primarie, cioè di Roma, Bologna e An-
cona; in 2 di seconda classe che risiedo-
1 56 T U 1
no in Ferrara e iu Civitavecchia; in 3 sus-
sidiarie residenti in Rirniui, Pesaro e Fo-
ligno. Inoltre emanò disposizioni intorno
i presidenti, giureconsulti e cancellieri
de'tribunali di commercio. Tutto si leg-
ge nella Raccoltati, 1 i, p. 35. Ivi nel 1. 12,
p. 267 è il Regolamento per Vorganìz'
zazione stabile e disciplina della ca-
mera dicommercio d' Ancona,follo pub-
blicare dai Papa a'b ottobre 1 835. Nello
slesso 1. 12, p. 63 si legge de' 25 luglio
1 835 l'editto ilei cardmalGamber'mi con
l' Ordinamento della giurisdizione con-
tenziosa nelle materie amministrative.
Riguarda le congregazioni governative
delle provinotela congrega/ione del buon
governo, la congregazione camerale, la
congregazione di revisione, il consiglio su-
premo. Di più a p. 128 si trova il dispac-
cio della segreteria per gli affari di stato
interni, de' 1 5 agosto 1 83 5, diretto a mg.r
uditore della camera sulla falsa opinio-
ne introdotta nel foro, che in virtù del
nuovo ordinamento sul contenzioso am-
ministrativo i tribunali debbano ritener-
si incompetenti iu tutte le controversie,
che riguardano in qualunque modo l'in-
teresse diretto o indiretto de'comuni, del-
le proviucie, e della camera apostolica.
Indi a p. i 37 vi è l' editto del cardinal
Gamberini de' 18 agosto 1 83 5, colle Di-
sposizioni riguardanti la repressione de
contrabbandi e di contravvenzioni alle
fcgg/(;rtfnrt//.ConessefiiislitoitoinRoma
il tribunale della rev. camera apostolica,
presieduto da mg.r Tesoriere generale ,
diviso in due sezioni, una per le cause di
1. "grado, l'altra per le cause d'appello.
Con editto del cardinal Tosti pro-teso-
riere generale, de'7 novembre 1839, la
Raccolta delle leggi, nei t. 1 7, p. iq5 ci
diede le Disposizioni dirette alla repres-
sione de' contrabbandi, e quelle sui giu-
dizi contro i medesimi. Mancava un co-
dice penale militare perla Milizia pon-
tificia, ed anco a questo provvide Gre-
gorio XVI. Pertanto si legge nel t. 20,
p. 77 della Raccolta delle leggi da lui e-
TR I
manate, il Regolamento di giustìzia cri-
minale e disciplina militare, pubblicalo
il 1. "aprile 184^ dal celebre cardinal La in -
bruschiui segretario di stato con editto
in cui dice: Che persuaso il Papa, che un
regolamento di giustizia criminale e disci-
plinale militare formato sulle basi delle
varie leggi e consuetudini anteriori, e sul-
le norme generali delle comuni vigenti,
avrebbe provveduto alla più certa, uni-
forme e pronta amministrazione della giu-
stizia medesima,approvò il regolamento.
Ad agevolare il corso delle cause e giu-
dizi criminali e disciplinari militari , il
Papa noti solo confermò al tribunale mi-
litare, suoi giudici e ministri, le facoltà im-
munitarie che gode vano attuai mente; ma
l'esleseancora a tutte le altre, che godeva-
no o fossero per godere iu avvenire i tri-
bunali ordinari comuni e loro ministri.
Quanto poi all' ecclesiastica immunità
persouale, volle Gregorio XVI,che in av-
venire non possa essere ammesso al ser-
vizio militare alcun individuo precedeu-
tementeascritloallostatochiericale; e che
qualora, tacendo il medesimo tale sua qua •
lità, visifaceseammettere, s'intende ipso
facto decaduto da tutti i privilegi cleri-
cali , e debba essere considerato e trat-
tato come persona meramente laica. Che
se attualmente ne'ruoli della milizia pou-
tilicia esistessero individui precedente-
mente insigniti sia della tonsura , sia
degli ordini minori, comandò il Papa,
che possano i medesimi, nel perentorio
termine di 2 mesi, domandare e ottene-
re In loro dimissione del servizio milita-
re, decorso un tal termine e non dimessi
volontariamente, s' intendano decaduti
da'detti privilegi. Comincia il regolamen-
to con dichiarare: La giustizia criminale
edisciplina militare ha per oggetto la re-
pressione de' delitti e delle coutrawen-
zioni disciplinali delle persone militari, e
come tali dalla legge considerati. La par-
tei." tratta: De'tlelitti e pene; delle cou-
travvenzioui disciplinali e punizioni. La
parte a.' uel libro i.° tratta : Della pio-
T II I
cedtira criminale e disciplinale; de' giu-
dizi criminali in genere, ossia de' consi-
gli di guerra di i ." istanza, d'appello, e
speciali straordinari ; de'giudizi crimina-
li in ispecie, vale a dire da chi sono com-
posti e de'loro giudici; del ministero del
tribunale cri minale, composto dall' udi-
tore generale, dagli uditori di divisio-
ne, dagli uditori sostituti, dali.0 attua-
rio, dagli attuari sostituti, dall'archivi-
sta e da altri impiegati subalterni. 11 li-
bro 2.° tratta: Della procedura discipli-
nale. Segue il Bfgohitiiento per l'esecu-
zione delle pene e punizioni militali. Ter-
mina il Regolamento di giustizia crimi-
naie e disciplinare militare, colla ripro-
duzione delle facoltà immunitarie accor-
date da Pio VI neh yg3 al tribunale mi-
litare e suoi ministri, confermate da Pio
VII nel i8?.3, e da Gregorio Ti\ì nel
1 842. L'avv.° della romana curia Pietro
Castellano nel 1837 pubblicando in Ro-
ma: Lo Stalo Pontificio ne'suoì rapporti
geografici, storici, politici, secondo le ul-
time divisioni amministrative, giudizia-
rie ed ecclesiastiche, sui tribunali e giu-
dici di Roma, in breve li dichiarò come
segue (fra parentesi aggiungerò (commis-
sioni più. intrinseche). » Il palazzo prin-
cipale, ove si rende giustizia, è quello di
Monte Cilorio. Gli affari civili sono trat-
tali ini." istanza dall' Uditore d< Ila ca-
mera prelato presidente, da 3 prelati luo-
gotenenti, da 3 togati consiglieri, e da 4
giudici uditori, i quali tutti costituiscono
il tribunale dell' A. C. suddiviso in due
turni, coli' aggiunta di due assessori per
le cause minori (oltre il tribunale crimi-
nale,ch'è uno de'3 di Roma, ed oltre il mi-
litare). Per la città di Roma poi cumu-
lativamente si decidono anche dal tribu-
nale del Senatore e de'suoi collaterali, non
che dall'altro del cardinal Vicario. Essi
conoscono anche gli appelli minori, ma
le gravi cause subiscono nel famoso tri-
bunale della s. Rota residente presso il so-
vrano gli ulteriori gradi di giurisdizione.
La Segnatura di giustizia emana dal pon-
T R I 1 57
lificio palazzo i suoi decreti (cos'i pure al-
tri tribunali e congregazioni cardinalizie:
esisteva senza agire anche la Segnatura
di grazia). V'ha pure un tribunale di
commercio per le questioni mercantili. Il
prelato Governatore di Roma ha la su-
prema direzione di polizia, ed è capo del
tribunale criminale dello delGoveriiOjCol
quale concordano nella città di Roma i
tribunali criminali dell'Uditore della ca-
mera, del Senatore o Campidoglio, e del
Vicario nelle cose di sua competenza. Nel
palazzo Madama, edificato dalla famosa
Caterina de Medici,sino dalla mela del de-
corso secolo venne fissata la sua residen-
za. Per la Comarca poi e per lo stato i
giudicati sono riveduti dalla Congrega-
zione della s. Consulla ( cioè fra le sue
competenze ha la giudicatura criminale
in grado di appello o di revisione, ed è
il tribunale esclusivo per lecause di lesa
maestà; da'prelaii Ponenti componenti il
tribunale vengono tolti i giudici, che di-
visi in due turni o camere formano il su-
premo tribunale di revisione o sia di cas-
sazione, come lo chiamano i francesi, per
le cause criminali ). Molti sono i tribu-
nali di eccezione conservati nell' ultima
restaurazione, ed ha ciascuno i propri li-
miti giurisdizionali, siccome la I. Inqui-
sizione, la Penitenzieria apostolica (la
Cancelleria apostolica), la Dateria, la l\e-
verendaCtfWjf/'tfper gli affari che riguar-
dano il Tesoro (anche con tribunale cri-
minale: i chierici di camera decidono in
2." istanza le cause riguardanti appalti ,
dazi, diritti del fisco eccessi sono uno di
qne'collegi e tribunali prelatizi che si a-
dunano nel palazzo apostolico, come la
Rota, la Consulta ec), la Congregazio-
ne del buon governo per le vertenze co-
munali (ossia per le appellazioni de'co-
muni dellostato nelle loro cause economi-
che in 2/ istanza), e le Congregazioni del
Concilio, de' Vescovi e Regolari, dell' Im-
munità ecclesiastica , della Disciplina
regolare, dell' Indulgenze e s. Reliquie,
de' ss. Riti, ed altre molte (come quelle
. 58 T RI TRI
dello s. Usila apostolica, della rev. Fab- stabilito un regolamento penale perle tni-
brica di s. P/V//o,<lella Laurelana, la pre- tizie: migliorato il piccolo esercito sulli-
fetlnra generaledeH'^r^w e Strade, alla cicute pel buon ordine pacifico degli stati
quale le questioni legali riguardanti i la- della s. Sede; i regolamenti delle vie na-
vori die da essa dipendono, sono portate zionali e provinciali rifusi: meglio ehia-
avanli le congregazioni governative ini.'1 riti quelli de' porti: accresciuta la mai ina
istanza; quindi alti prefettura generale in nazionale. E tutte queste erano reali ri-
appello, e nella disparità di sentenza a- forme, die portarono una reale prospe-
ranti la Congregazione delC Acque in i ita negli stati della Chiesa; imperocché i
gradodefinilivo).Vi è finalmente il prela- fondi pubblici si mantenevano ad unsag*
toche nominasi Uditore Santissimo, per gio altissimo: la circolazione del nume-
di cui mezzo emanano in talune materie ratio in oro ed argento era abbonderò»
i pontificii rescritti, a'quali tulli i tribù- lissima: i capitali ut 'baiti e rustici cresciuti
nati di Roma e dello stato prestano ub- di prezzo: la fabbricazione delle case, an-
bidienza j lJer altre leggi giudiziarie e di che ne' paese! ti più oscurilo incremento."
pubblica amministrazione, decreiate dal- La curia romana e quella dello stato pon-
l'instancabile operosità di Gregorio XVI, tifìcio, sinché regnò Gregorio XVI, fu co-
unitamenle alle declaratorie, l'avverto slituilaal modogenericainenteoccennato.
ancora una volta, tulle quante trovansi Ora riferirò collo slesso metodo le prin-
nella Eaccolta d'ordine suo pubblicala, cipali variazioni avvenute nell'odierno
INel t. 6, p. 276 della Civiltà cattolica si pontilìcatodel Papa Pio IX, al quale ar-
legge questo elogio di Gregorio XVI. »I1 licolo già le indicai e meglio ne' luoghi
pontificalo di Gregorio XVI compren- ove ne parlai, massime delleemanate do-
de tante riforme in ogni ramo governa- pò la pubblicazione deM'articolo,couie ri-
tivo e giudiziario, che vi vorrebbero vo- leverò in carattere corsivo, e terminerò
Inmiadeiiumerarleechiarirle.Sotlo esso con dichiarare gli attuali tribunali e giu-
J'ontefice nuovo scompartimento delle dici.
provincie, nuova legge fondamentale per II regnante Pio IX, tra'più interessane
i muniripii, legge che ampliava il nume- ti oggetti a'quali (ino da'primoi di del suo
ro de'corjsiglieri più che in qualsivoglia pontificato volse la niente pel ben essere
altro reame, che dava non poca indipen- de' suoi sudditi, uno fu quello della sol-
denza a'consigli ed alle magistrature, un lecita e ietta amministrazione della gin-
tal sistema di elezioni da andare assai in- stizia ne'ramicivileecriininale,conosi:ei>-
nanzi nella civile libertà popolare: mio- do appieno che le savie e ben ordinale
va legge per le amministrazioni proviti- leggi sono una delle piìi valevoli guaren-
ciali, che guarentiva alle provincie le lo- tigie pel riposo e per la prosperità della
ro peculiari lavorazioni di strade, di or- civile società; quindi nell'agosto 1846 al
ginature, di canali, di stabilimenti. Sotto cardinal Segretario di stato affidò czian-
esso Pontefice nuovo codice penale più dio gli affini della segreteria di stato in*
conforme alle abitudini e alla educazio- terni, cos'i i tribunali tornarono a dipen-
ne de' popoli, e più allo a frenare la re- dcre dal segretario di stato. Nell'ottobre
cenle novità e corruzione di defitti e di poi non solo confermò la commissione d'a*
inali ai tifìzii. Ma, quel che più monta- bili giureconsulti istituita dal predecesso-
va e che più si richiedevo, sotto Grego- re Gregorio XVI, e incaricata a proporre
rio XVI si ebbe un nuovo regolamento gli occorrenti miglioramenti pel regola-
di procedura criminalee di procedutaci- mento penale e pei' quello di procedura
vile: ripristinata la Congregazione di re- criminale; ma volle eziandio estendete
visione [ter le entrate e le spese dello stato: gl'incombenti della commissione medosi-
T II I
ma dell'esame de'regolamenti legislativi
e giudiziari per gli all'ari ci vili,onde anche
questa pnrte legislativa venisse ulterior-
mente migliorata a norma dell'indicazio-
ni che si fossero avute dall'esperienza di
più armi nella pratica forense sì ne'lribu-
uali diRoma,come in quelli delleprovin-
cie. Alla commissione pertanto che trova-
vasi composta di que'prclati egiurecou-
suiti, i cui nomi si leggono nel n.°89 del
Diario di Roma del 1846. aggiunse di-
versi altri stima bi li ed esperti prelati e giu-
reconsulti, ivi pure nominati. Si appren-
de dal n.°2 del Diario di Roma del 1 847?
che il Papa prendendo a cuore la retta e
spedita amministrazione della giustizia
punitiva . mentre la commissione desti-
nata a esaminarne i regolamenti eia pro-
cedura andava di ciò occupandosi, volle
facilitarne la via profittando dell'oppor-
tunità di talune vacanze avvenute ne'di-
versi tribunali criminali di Roma. Laon-
de coti ordine circolare della segreteria di
stato del 1 ."gennaio, disposedi concentra •
re in uno solo, ma diviso in due turni,
cioè iu quello criminale del governo, pre-
sieduto da mg.r governatore, gli altri due
tribunali pur eliminali, che perciò resta-
rono aboliti, dell' Uditore della camera
e del Senatore di Roma, come stava per
fare Gregorio XV I se la morte non lo ra-
piva al mondo. E perchè le provinole an-
cora risentissero un vantaggio dalle pa-
terne sue cure, giudicò porre quelli del-
le provincie sotto la vigilanza del supre-
mo tribunale della s. Consulta. A questo
inoltre die i mezzi corrispondenti per com-
pilare una periodica statistica criminale,
elemento necessarissimo a prevenire i de-
litti, investigandone le cause, ricercando-
ne il numerOjdonde prender norma a quei
miglioramenti di disposizioni, che le cir-
costanze de'tempi e de'luoghi esigessero.
Aflìnchè tutto corrispondesse alle ponti*
licie sollecitudini, fu accresciuto conside-
inabilmente il numero de' magistrati e
altri in loro sussidio, come i Ponenti alla
s. Consulla, a' quali assegnò uditori già
TU! 1 59
impiegati in altri tribunali, come rilevai
nell'indicato articolo. A' 12 giugno 184?
Pio IX istituì il consiglio de'ministi i. di-
chiarandone precidente il cardinal Segre-
tario di stato ; venendo affidato all' U-
ditore generale della camera il nuovo
ministero di giustizia, colle attribuzioni
che in questa parte esercitava il segreta-
rio per gli affari di stato interni; però fu
dichiaralo che la s. Rota e tutti i tribu-
nali che aveano per capo un cardinale
proseguirebbero a corrispondere colla se-
greteria di stato. Al cardinale camerlengo
si conservò la prefettura del tribunaledel-
la piena camera, e le altre sue preroga-
tive. 1 prelati uditore della camera e go-
vernatore di Roma cessarono dalle fun-
zioni giudiziarie , sì civili che criminali,
comunque esercibilida altri in loro nome
e vece; egualmente mg.r Tesoriere cessò
dall'esercizio della presidenza della con-
gregazione camerale pel contenzioso am-
ministrativo , e del tribunale criminale
dilla camera. Tra gli all'ari da trattarsi
nel consiglio de'ministri, furono compre-
se le nuove leggi e I' interpretazione di
quelle in vigore. All'uditore della came-
ra fu concesso il proporre le nomine dei
presidenti e de'gindici de'tribunali civili
e criminali, de'presidenti e giudici de'tri-
bunali di commercio nelle provinole, de-
gli assessori legali o giusdicenti, de'fiica-
li, de'gindici processanti, dc'difensori ilei
rei, de'cancellieri, di due primari impie-
gati del suo ministero e del direttore delle
statistiche giudiziarie, dovendo la s. Con-
sulta comunicargli gli elementi per la par-
te criminale. Inoltre il moto-proprio di-
ce che sarebbe provveduto con partico-
laridisposizioni alla presidenza del tribu-
nale del governo, alla presidenza del tri-
bunale dell' A. C, all'esercizio della giu-
risdizione ecclesiastica nel medesimo tri-
bunale, alla presidenza delia congregazio-
ne camerale pel contenzioso amministra-
tivo , ed alla presidenza criminale della
camera apostolica, il che venne effettua-
to col narrato nel voi. LXXIV, p. 34".
iGo TRI
Ecco poi l'istruzione circolare emanata
a'26 giugno del cardinal Gi/.zi segretario
di stato, che ricavo dal n.°53 del Diario
di Romaóeì 1847. " Coercntementea' §§
14^4' del moto-proprio sul consiglio e
sulle otti ihuziorii de'ministri, la Santità
di Nostro Signore si è degnata di ordi-
nare, che in via provvisoria e sino a nuo-
ve disposizioni si osservi quanto segue.
§ I. Il tribunale del Governo prenderà il
nome di Tribunale criminale di Roma;
la presidenza attribuita a «ng.r governa-
tore dall'articolo 38 del Regolamento or-
ganico e di procedura criminale e dalle
successive disposizioni, sarà esercitata dal
prelato vice-presidente deh." turno. Lo
stesso prelato eserciterà la giurisdizione
economica specialmente attribuita a mg.
governatore dal § 1 735 del moto-proprio
10 novembre 1 834- per decidere sui ri-
corsi da' decreti de' presidenti di polizia
de'rioni di Roma. § II. Il tribunaledell'A.
C prenderà il nome di Tribunale civile
di Roma; la presidenza attribuita a mg/
uditore della camera dal § 3 1 2 del moto-
proprio 10 novembre i834 verrà eserci-
tata dal prelato , a cui perla medesima
legge compete il dirittodi presiedere il i.°
turno. § III. La giurisdizione ecclesiastica
esercitata in nome e vece di mg.r udito-
re dello camera da un giudice uditore e
da due assessori, dovrà esercitarsi prov-
visoriamente dal prelato attuale 3.° luo-
gotenente che siede come semplice giudi-
ce nel f. "turno; questi giudicherà perso-
nalmente ed in proprio nome le cause e-
nunciate ne' §§ 370, 371,372 del sud-
detto moto-proprio: ne' casi d'impedi-
mento sarà supplito da uno de' prelati
giudici aggiunti della congregazione pre-
latizia. Sederà in di lui vece neh. "tur-
no un giudice uditore, a termine del §
3 16 del citato molo-proprio; nella con-
gregazione prelatizia sederà come 3.°giu-
dice un prelato giudice aggiunto. § IV.
La giurisdizione economica sarà eserci-
tala dal giudice uditore addetto attual-
mente a tng.r uditore della camera; il
T R I
ricorso, quando abbia luogo, si porterà
ni prelato che esercita la presidenza del
tribunale. § V. La presidenza della con-
gregazione camerale pel contenzioso am-
ministrativo, attribuita a mg.r tesoriere
dal §25 dell'editto 2 5 luglio 1 83 "i, sarà
esercitata da mg.r uditore del camerlen-
gato: per compiere il numero de'5 votan-
ti farà parte del la congregazione il toga-
to giudice relatore nella sezione degli ap-
pelli del tribunale criminale della came-
ra apostolica. § VI. Il tribunale criminale
camerale istituito dal § 49 dell'editto i 8 a-
gostoi 835 avrà una sola sezione compo-
sta di 4 giudici, cioè d'un chierico di ca-
mera presidente, di mg.r uditore del ca-
merlengato e di due togati giudici rela-
tori nelle due sessioni attuali di prima
istanza e di appello. § VII. Lo stesso tri-
bunale avrà un giudice processante; que-
sti dipenderà da mg.r commissario della
camera, che eserciterà, o farà esercitare
dal meno anziano di nomina fra 'suoi so-
stituti, le funzioni di fiscale. § Vili. In
conformità del § 54 dell'editto 1 8 agosto,
uno de'cancellieri segretari di camera e-
o
Berci te rà 1' officio di cancelliere presso il
tribunale criminale; esso terrà nella pro-
pria cancelleria e sotto la sua disciplina
gl'impiegati subalterni. § IX. Il tribuna-
le camerale residente in Roma ed i tri-
bunali criminali del le provincie giudiche-
ranno in [.'istanza le cause indicate nell'e-
ditto 18 agosto 1 835, e quelle pure che so-
no contemplate nel successivo editto dei
7 novembre 1839 , abbenchè commesse
al giudizio inappellabile della sezione di
appello. § X. Il tribunale criminale di Ro-
ma giudicherà inoltre in 2.a istanza tut-
te le cause giudicate ini.0 grado da'tri-
bunali delle provincie. §. XI. Dalle senten-
ze del tribunale di Roma si appellerà al
tribunale della s. Consulta; ed allo stesso
tribunale s'interporranno i ricorsi in via
di revisione ne'casi preveduti dagli arti-
coli 1 5 e 1 6 del citato Regolamento orga-
nico e di procedura cri mina le. § X I I.Tu t -
te le cause saranno decise sui risultameli-
ti del processo sci ilio, senza che in vcrun
caso abbia luogo il dibattimento o sia pro-
cesso orale in udienza, (j XIII. Continue-
ranno ad essere osservale le leggi attua-
li in tuttociòche non è contrario al dispo-
sto de' §§ precedenti. § XI V. La presente
istruzione dovrà tenersi affissa in tutti gli
uffizi amministrati vi e giudiziari di Roma
e delle provincie". Col moto-proprio del
i.° ottobre 1847 sull'organizzazione del
consiglio e senato di Roma, Pio IX ri-
pristinò la rappresentanza comunale, sop-
primendo il tribunale civile del Senatore,
di Roma, e quello de'conservatori di Ro-
ma e Senato Romano, cessando la loro
giurisdizione civile e criminale, anche so-
pra i feudi baronali del popolo romano;
e come notai in detto articolo, ragionan-
do del giudice delle mercedi , questo fu
conservato, ed attribuito colla sua cancel-
leria al tribunale civile di Roma. In pa-
ri lem pò cessò deh ni li va mente la Congre-
gazione cardinalizia economica, istitui-
ta per discutere quanto si riferiva ad og-
getti di pubblica economia in via legisla-
tiva, poiché lesueattribuzioni giada mol-
to tempo erano passate alla segreteria per
gli all'ari distalo interni. Col «nolo-proprio
de' i4°llobrei847, il Papacreò una con-
sulta di stato, della quale parlai a Teso-
riere, per coadiuvare alla pubblica am-
ministrazione e risiedere in Roma, e di-
visa in 4 sezioni, lai. "delle quali legale e
legislativa, onde compilare, riformare e
modi 11 care le leggi, qualificati affari dii.°
ordine: presso la consulla di stato fu sta-
bilito un corpo di uditori. Indi Pio IX
col moto-proprio de'29 dicembre 1847
sul consiglio de'ministri, questi da 7 au-
mentò a 9, e dichiarandoli responsabili,
con segretario e uditori : fra le loro at-
tribuzioni fu ingiunta la proposizione
delle leggi. 11 2.°diessi fu il tninistrodel-
l'inlerno, a cui furono riunite le altribu-
zioni della congregazione del buon gover-
no, la qualecessò d'esistere co'prelali suoi
Ponenti. Il 4.°di essi fu il ministro di gra-
zia e giustizia, carica conferita all'uditore
voi. LXXX.
TRI ìCu
della camera, per soprintendere all'ammi-
nistrazione della giustizia civile e cri mina
le dello sialo. Divennero perciò da lui di-
pendenti tutti i tribunali,' ed i giudici ci-
vili e criminali, i governatori perla par-
te giudiziale, le rispettive curie, cancelle-
rie ed officiali ministeriali co' relativi of-
fizi. Gli si attribuirono le domande in gra-
zia dirette al sovrano per condonazione,
diminuzione o commutazione di pena.
Le inchieste di estradizione de'rei, rivol-
gendosi però al mezzo del ministero del-
l'estero ; le domande di abilitazioni alla
difesa fuori del carcere. Il 6.° ministro
ossia il cardinale camerlengo, si diehiarò
quello del commercio, belle arti, indu-
stria e agricoltura, perciòa lui furono sot-"
toposte le camere di commercio. Il 7. tu
il ministrode'lavori pubblici, ossia il car-
dinal prefetto dell'acque e strade, e per-
ciò comprese gì' idraulici e le strade. Il
9." fu il ministro di polizia, cioè il gover-
natore di Roma, per prevenire i delitti e
reprimerli, e fra le altra cose gli si altri -
bui la superiore direzione disciplinare del*
le carceri di Roma. Perciò cessarono gli
antichi titoli ili alcuni ministeri, e nel se-
guente gennaio fu secolarizzato quellodel-
le armi e poi altri nel febbraio. A.'i4"iar-
zoi847 Pio IX pubblicò lo statuto fon-
damentale pel governo temporale degli
stati della s. Sede, con forme di politico
reggimento costituzionale di sistema rap-
presentativo, con due consigli o camere
deliberanti, cioè l'alto consiglio e il consi-
glio de' deputali; frale loro attribuzio-
ni, assegnò quella di proporre, discutere
e votare tutte le leggi in materie civili,
amministrative e governative, dovendo
approvarle il sommo Pontefice per ave-
re forza di legge. Fra gli affari che furo-
no interdetti a' due consigli, si comprese-
ro gli ecclesiastici o misti, le leggi contra-
rie a'eanoni e disciplina della Chiesa, le
relazioni diplomatico-religiose della s. Se-
de all'estero, ec. Inoltre collo statuto il
Papa istituì il consiglio di stato, con un
corpo di uditori, per redigere i progetti
1 1
tfa TRI
di legge e i regolamenti d'amministrazio-
ne pubblica, dicbiarando che con appo-
sita legge gli si poteva conferire il conten-
zioso amministrativo. Nel giugno 1 848 a -
vendo i due consigli deliberanti aperto le
ordinarie, sessioni , cessò l'esistenza della
consulta di slato; e nel settembre furono
ampliatele attribuzioni del ministero del
commercio. Nel novembre scoppiò in Ro-
ma la terribile e vergognosa rivoluzione,
che costrinse a riparare nel regno delle
due Sicilie il Papa Pio IX. L'anarchia
successivamente arrivò al colmo, e finì
con promulgare la repubblica romana ai
9 febbraio 1 849. Quanto precede, accom-
pagnòeseguj la deplorabile epoca, lo rac-
contai ne'ricordali articoli e negli altri ri-
guardanti la Sovranità della s. Sede. I
tribunali civili, criminali ed ecclesiastici
furono soppressi o alterati al modo indi-
cato ne' memorali luoghi , e dettagliata-
mente nel Monitore Romano, giornale
officiale dell'infausta repubblica. Per l'in-
tervento delle potenze straniere Róma e
10 slato fu liberalo da'faziosi dominato-
ri, ripristinando il principato temporale
del Papa Pio IX, il quale nel luglio 1849
affidò a 3 cardinali con titolo di commis-
sione governativa di stato il riordinamen-
to della cosa pubblica, tutta quanta ro-
vesciata e manomessa. La commissione
.ninnilo le leggi e disposizioni emanate
da'ribelli dal 1 6 novembre 1 848 in poi; ri-
pristinò i tribunali e i giudici e altri im-
piegati dimessi dal governo intruso; sciol-
se le autorità municipali, e fece elegge re
dai presidi delle provincie provvisorie
commissioni. 11 Papa che dal suo soggior-
no di Gaeta era passalo a quello di Por-
tici, a'12 settembre 1849 istituì il consi-
glio di stato pe'pareri de'progelli di leg-
ge, e l'esame d'ogni ramo di pubblica
amministrazione; promise riforme e mi-
glioramenti sull'ordine giudiziario; ed ai
12 aprile 18 'io felicemente rientrò in Ro-
ma. A' io settembre \\ cardinal Anlonelli
pro-segretario di stato, con editto riporta-
to dal n.°2(>9 del Giornale di Roma, no-
TR I
tifico nel sovrano nome l'ordinamento dei
5 ministeri per la pubblica amministra-
zione delio stato, cioè dell'interno, di gra-
zia egiustizia, delle finanze, del commer-
cio e lavori pubblici ec, e dell'armi, con
facoltà di proporre le nuove leggi e san-
zionate diramarle, con potere disciplina-
re. Dicbiaròessere il cardinal Segretario
distato l'organo so vrano,anche nell'ema-
nazione degli alti legislativi, e il presiden-
te del consiglio de' ministri; e che i tri-
bunali e giudici di giurisdizione misla e
di giurisdizione ecclesiastica residenti in
Roma e nelle provincie corrispondano col
medesimo cardinale. Al ministro di gra-
zia e giustizia furono confermate le at-
tribuzioni suddescritte, pei l'amministra-
zione della giustizia civile e criminale; la
raccolta periodica delle leggi e atti di go-
verno, da pubblicarsi almeno in ogni tri-
mestre; la polizia e la disciplina dell'or-
dine giudiziario. Rimase addetto al mini-
stro delle finanze, succeduto al Tesorie-
re, il consiglio fiscale per gli affari con-
tenziosi ; ma dovrà prestare l'opera sua
negli affari di tutti i ministeri, se richie-
sto. Esiste ancora la congregazione cri-
minale camerale, presieduta da mg.1 de-
cano de'chierici di camera, comunque il
personale de'giudici togati, e gli addetti
alla cancelleria criminale abbiano subite
molle innovazioni; mentre mancando gli
uni sono in oggi sostituiti per turno dai
giudici togati del tribunale criminale dì
Roma, e gli altri sono stali riuniti al mi-
nistero di cancelleria dello stesso tribu-
nale. Nello slesso giorno 10 settembre il
cardinal Anlonelli pubblicò la legge sul
nominato consiglio di stato, la cui presi-
denza venne attribuita al cardinal segre-
tario di slato; dichiarando che gli adori da
trattarsi dal consiglio riguardavano ma-
terie governa ti ve e animi lustrali ve,e quel-
le dell'amministrativo contenzioso. A'22
novembre 1 85o/Vo / \ fece pubblicare dal
cardinal Anlonelli la legge sul governo e
ri parti mento delle provincie e sull'am-
ministrazione provinciale, avendone da-
TR I
to un cenno Dell'indicato articolo, ripor-
tando l'alto il n.° 272 del Giornale di
Roma del i85o. Ed il n.°274 riprodusse
la legge de* 24 novembre, sui comuni e
rappresentanze municipali dello slato
pontificio, onde ne parlai a Priore. A'3o
furono soppresse le giurisdizioni de' tri-
bunali civili e criminali residenti in Fo-
ligno e Loreto, .venendo riuniti a quelli
di Perugia e.di Macerata. Qui noleròche
nello stesso mese fu separata dal ministe-
ro dell' interno la direzione generale di
polizia, e ripristinata in un prelato l'im-
portante carica di direttore generale di
polizia, indipendente dal consiglio de'mi-
nistri, ma direttamente dal sovrano e dal
cardinalsegretario di stato presidente del
medesimo. Però il direltoredi polizia, clie
per disposizione di legge dipende incer-
to modo dal ministero dell'interno, non
può dilungarsi da tale regolamento, e per
questo mezzo trovasi a contatto col con-
siglio de'ministri, e poi ne fece parte egli
stesso. Al ministro dell'interno restò l'al-
ta direzione della polizia di Roma etici
lo stato intero, come rimasero fra le sue
attribuzioni la nomina di tutti gl'impie-
gati politici. Il prelato direttore genera*
le di polizia, sebbene abbia l'udienza di-
rettamente dal Papa, ed abbia ora luogo
nel consiglio de'ministri, dipende in qual-
ebe modo dal ministro dell'interno, per-
cbè questi sarebbe la competente au-
torità cui dovrebbe ricorrere cbi si tro-
vasse gravato d' una risoluzione presa
dalla direzione generale di polizia. Dipoi
mg.' direttore generale di polizia fu insi-
gnito della qualità di ministro e della ca-
rica di Vice-Camerlengo, z gli fu conces-
sa la residenza nel palazzo della Curia In-
nocenziana,in uno a'suoi uffizi di polizia,a-
\endo cessalo di abitarvi l'uditore genera-
le della camera,ed il ministro delle fìnan-
ze,questo passato co'suoi uffizi nel palazzo
già del governatore, ebe con dettagli de-
scrissi a Tesoriere. A'2 giugno 1 85 1 il car-
dinale Anlonelli pro-segretario di stato
pubblicò l'editto, riportato dal u.° 1 26 del
T R 1 i63
Giornale di Roma, con disposizioni per
porre in armonia colle nuove leggi orga-
niche delle provincie e de' comuni, I' e*-
sercizio della giurisdizione contenziosa ne-
gli affiiri amministrativi, ritenuto il dispo-
sto del § t g della legge de' io settembre
i85o, riguardante le attribuzioni del mi-
nistero dell'interno, che presiede all'am-
ministrazione provinciale e municipale,
le autorità governative delle stesse prò
vincie, ed i governatori, salvo il disposto
del §24 del ministero di grazia e giustizia,
quanto alle funzioni giudiziarie a cui so-
no sottoposti. Pertanto nel cap.i.° si di-
chiara:!! contenzioso amministrativo con-
tinuerà ad essere separato e distinto dal
contenzioso giudiziario/m conformità del-
le leggi vigenti. Gli alluri appartenenti al
contenzioso amministrativo saranno co-
nosciuti e decisi dalle magistrature indi-
cate nel 2.0 capitolo. Il 3.° riguarda il con-
tenzioso amministrativo delle provincie
e de'comuni; il 4-° 'a procedura; il 5.° le
disposizioni speciali; il 6.° le disposizioni
transitorie e generali. Neh 853 al mini-
stero dell'interno fu riunitoti ministero di
grazia e giustizia, e perciò tornò ad esso
l'amministrazione della giustizia civile e
criminale. Gli fu data abitazione e resi-
denza a' suoi uffizi nel palazzo della Cu-
ria Innocenziana. Notai ne' voi. LXVII,
p. 325, e L1X, p. 271, che nell'odierno
pontificato i superstiti baroni rinonziaro-
no alle loro giurisdizioni ebe intralciava-
no l'azione governativa, e lo rimarcai pu-
re ne'di versi luoghi baronali; onde cessa-
rono del tutto le curie e giudicature ba-
ronali del feudalismo nello stato papale.
E che utili miglioramenti, massime mo-
rali e religiosi, si operarono nelle Prigio-
ni, lo rimarcai altrove. Ecco poi Io stalo
presente de' Tribunali di Roma, quale
si offre nelle officiali Notizie di Roma per
Vanno i856. Basta l'indicazione in cor-
sivo, perchè rammenti ove ne trattai, ma
se olire il già fin qui narrato, occorreran-
no schiarimenti, li farò onde supplire n-
gli articoli pubblicati innauzi le discorse
164 TRI
riforme civili e criminali; avendo già ri-
petuta mente narralo quali sono le ron-
gregazìoni cardinalizie e quali le segre-
terie pubbliche di giurisdizione mista,
tanto di criminale che di civile, non che
la giurisdizione del Prefetto de* ss. Pa-
lazzi apostolici ec. , ed oltre gli articoli
che ricorderò, ne riparlai ne'relalivi e in
quelli de'loro magistrali e ofliziali. Ripor-
terò l'ordine de' Tribunali secondo quel-
lo delle stesse Notizie. Tribunali. i ."Tri-
bunale della Penitenzieria apostolica. 2.0
Tribunale della Cancelleria apostolica.
3.° Tribunale della Dateria apostolica.
4-° Tribunale della sagra Rota Romana.
5.° Tribunale della reverenda Camera a-
p).?fo//c77.6. "Tribunale supremo della Se-
gnatura di giustizia. rj.° Tribunale del
cardinal Vicario di Roma. 8.° Tribuna-
le civile di Roma. Si compone: per le cau-
se ecclesiastiche ini." e 2.a istanza, d'un
prelato giudice deputato. In 3/ islanza,
della congregazione prelatizio, la quale
(ormasi del presidente, di due giudici, e
di due giudici supplenti, tutti prelati. Per
le cause civili laicali, 1 .°lurno: del prelato
presidente, e di 4 togati due consiglieri e
due giudici uditori; i.° turno: del prelato
vice-presidente, e di 4 togati due consi-
glieri e due giudici uditori. Assessori e
giudici economici, due togati. Giudice re-
visore economico , il mentovalo prelato
presidente e per esso un togato uditore.
Per le cause delle mercedi un togato. Que-
sto tribunale risiede nel palazzo della Cu-
ria Innocenziana , comechè succeduto a
quello dell'A. C. ossia dell' Uditore gene-
rale della camera. La Civiltà cattolica,
t. 6, p. 427> dìi la seguente nozione del
tribunale civiledi Roma. E diviso in due
sezioni, l'una puramente civile, l'altra ec-
clesiastica e mista. La i.a sezione civile si
divide in due turni, presieduloognuno da
un prelato, e gli altri giudici sono laici.
Questi due turni giudicano semplicemen-
te le cause fra meri laici, e per questo ra-
mo dipendono totalmente dal prelato uii-
uiblro degli allari di sialo micini (l'Ito
TRI
sostituito al ministro di grazia e giustizia
riferito dalla Civiltà neh85i, tempo in
cui esisteva tal ministro), al quale appar-
tiene la nomina di essi giudici laici e di
tutti i subalterni, e soprintende in tulio
e per tulio alla loro disciplina. L'ai Ira se-
zione è di giurisdizione mista ed ecclesia-
stica , e si compone di 3 prelati giudici,
e si chiama non più tribunale dell'A. C,
ma congregazione prelatizia. Due di que-
sti prelati sono presidenti della sezioneci-
vile, ma questo non toglie nulla alla di-
pendenza che in detto ramo civile man-
tengono pienissima dal detto ministro. li
3.° prelato poi, collega de'due presidenti
civili, giudica ini." istanza tutte le cause
ecclesiastiche e miste. Se la somma con-
troversa è inferiore agli scudi 5oo, l'ap-
pello è devoluto alla s. Rota romana. Co-
si le curie vescovili hanno per il lato ci-
vile ini. "istanza un giudice singolare, col
titolo ili vicario generale. Dal giudizio di
questo è dato l'appello ad arbitrio de'soc-
combenti alla curia del metropolitano ri-
spettivo, o a'tribunali di Roma, cioè alla
congregazione prelatizia od alla s. Rota,
giusta il valore della causa appellata. È
di qui che la dipendenza 0 non dipenden-
za de'tribunali dal ministro dell' interno
deriva sempre dal gran principio della
giurisdizione ecclesiastica. Ove la giurisdi-
zione e la materia è puramente civile, qua-
lunque tribunale deve uniformarsi alle
emanazioni, a' rescritti, alle declaratorie
del dello ministro, il quale parla o decre-
ta in ragione dell'udienza sovrana o del
consiglio de'ministri 0 del consiglio di sta-
to. g.° Tribunale di Commercio. Si com-
pone del presidente, di due giudici, e di
due giudici supplenti. Cancelliere e vice-
cancelliere per le cause ecclesiastiche. No-
taro pubblico e vice-cancelliere. Per il 1 .°
e 2.0 turno: cancelliere, vice-cancelliere e
notaro pubblico. Per gli assessori e com-
mercio: cancelliere e vice-cancelliere. Per
le cause in economico e delle mercedi: un
giusdicente. 10. "Tribunale criminale di
Roma. Si compone del prelato prcsiden-
TR I
le e del prelato vice presidente Ponenti
di consulta, e di due turni: il i.° ha 3 giu-
dici togati, oltre il prelato presidente; al-
trettanti il 2.0, oltre il prelato vice-presi-
dente. Procura generale del fisco : il fi-
scale generale, 4 sostituti fiscali generali,
il cancelliere. Procura de'poveri: l'avvo-
cato <\e poveri, 4 procuratori de' poveri,
3 procuratori de'poveri aggiunti, il pro-
curatore de'poveri per la carità, e due
sollecitatori de'poveri. La congregazione
cardinalizia della s. Consulla ora si con» •
pone: del prefetto cardinal segretario di
6talo, e di. altri i a cardinali; di 14 prela-
ti Ponenti, fra'quali il presidente del tri-
bunale> già Segretario di Consulla, il vi •
ce-presidente del 2.0 turno, il presidente
del tribunntecrimìnale di Roma, ed il vi-
ce-pi esidenle di questo; non die di due
prelati supplenti. La detta congregazione
0 tribunale di consulta è il tribunale su-
premo d'appello, ed insieme di revisio-
ne delle materie criminali , ed i prelati
sono giudici nelle cause politiche e di le-
sa maestà: la cancelleria del tribunale ri-
siede nel Palazzo della Consulta. Nello
stato vi sono due altri tribunali d'appel-
io, tanto civili che criminali, uno in Co*
logna e l'altro in Macerata: da questi tri-
bunali si appella a quello supremo della
s. Consulla, in via di revisione. Il tribu-
nale criminale di Roma si aduna nelle
stanze del palazzo della Curia Innocen-
ziana ossia di Monte Citorio; ed il tribu-
nale della s. Consulta per Io più si aduna
nelle stanze del palazzo pure Innocenzia-
110, ed alcune volte nelle stanze del Pa-
lazzo apostolico di residenza sovrana. Ta-
le adunanza in oggi ha luogo due volte
la settimana, cioè il venerdì si aduna il
1 ."turno, ed il martedì il 2.0, quantunque
anticamente il tribunale della consulta
per il disbrigo degli all'ari agiva in tutti
i giorni, eccettuati il solo martedì ultimo
di Carnevale, ed il Venerdì santo. Tali
giorni lepidamente furono chiamati, il 1."
del Demonio, il 2.0 del Signore, a moti-
vo che nel tribunale della Consulta non
T 11 I i65
st conoscevano altre vacanze, neppure per
Pasqua e per Piatale, procedendo in tut-
ti i giorni, tranne i due eccettuali. Impe-
rocché quotidianamente i giudici dovea-
no onninamente recarsi al tribunale per
dare evasione a quelle cause e reclami
che si fossero presentati, per cui dissi a
Feria, che nelledomeniche agivano in Ro-
ma il giudice de'mercenari, e il tribuna-
le della s. Consulta, ma quanto a questa
tralasciai di aggiungere anticamente. In
tale articolo discorsi delle ferie forensi an-
cora e de'tribunali, delle diverse loro spe-
cie e denominazioni, colle debite distin-
zioni. Sulla s. Consulta la citata Civiltà
cattolica riporta il seguente schiarimen-
to; ma si tengano presenti i ricordati 4
miei articoli, e gli altri che poi rammen-
terò, ne'quali ne ragionai con particola-
ri. La Consulta era in aulico una con "re
o
gazione mista di cardinali e di prelati, e
trattava per separate cancellerie negozi
giudiziali ed amministrativi. Senza per-
derci nella storia di sue variazioni (da ine
riportata ne' luoghi citati), diremo che
a'tempi nostri, cioè dopo il Regolamen-
to di procedura de'5 novembre! 83 1, es-
sa rimase divisa in due rami. L'uno giu-
diziale in grado d'appello e di cassazione
suprema per tutte le cause criminali, non
che di tribunale esclusivo per cause sani-
tarie di Pestilenza, e di lesa maestà, con
una cancelleria tutta propria. Questo ra-
mo è composto di due turni o camere, che
coniano 6 giudici per ciascuna, compre-
si i due presidenti, e vi appartengono il
fiscale generale, i suoi sostituti, non che
l'avvocato generalede'poverico'suoi pro-
curatori. Questo ramo è esclusivamente
giudiziale, e perquesto lato si rannoda col
ministro dell'interno. L'altro ramo della
consulta è amministrativo, e riguardava
pure sino ad oggi le carceri e luoghi di
condanna, e tuttora lutti gli affari che si
comprendono nella pubblica sanità, co-
me conservazione de'bosehi e foreste, an-
damento regolare delle speziarle o farma-
cie, ispezione di paludi, piantagioni di ri-
166 TRI
saie, sanila de' porti e de'lazza ietti. Per
tale ramo direttivo sanitario esiste la con-
gregazione speciale, non diversa dallaCo/j-
gregazione speciale sanitaria tranne al-
cune modificazioni; poiché oggi compren-
de la direzione generale di sanità, e fino
al presente anche carceri, case di condan-
na e luoghi di pena, divisa in due sezio-
ni. La sezione della sanità marittima e
continentale ha per presidente il prelato
ministro dell'interno, e ne fanno parte i
prelati presidente del tribunale della s.
Consulta, il decano de'ponenti vice-pre-
sidente del i. "turno dello stesso tribunale,
è l'uditore del camerlengato, l'assessore
della direzione generale di polizia, 2 consi-
glieri, 3 medici e il segretario. La sezione
carceri e case di condanna fino ad ora a-
vea ingerenza sulla disciplina delle carce-
ri, case di correzione e di condanna, e luo-
ghi di pena di tutto lo slato, e n'era pre-
sidente il prelato presidente del detto tri-
bunale della s. Consulta, come si legge
ueììe Notizie eli Roma per l'annoi 856, il
quale quando si trattava di affari di gra-
ve momento nulla eseguiva senza il con-
sènso e la direzione del ministro dell'in-
terno, nella medesima maniera colla qua-
le si operava nel pontificalo di Gregorio
XVI, Ira il segretario della s. Consulta
e il cardinal segretario per gli affari di
.Malo interni. Pertanto allorché si nomi-
na la s. Consulta non s'intende più l'anti-
ca congregazione misto, ma sì veramente
il tribunale supremo di appello e di cassa-
zione criminale, tribunale prelatizio che
esclusivamente attende a'negozi giudizia-
ri. Quando poi erano negozi riguardan-
ti carceri e luoghi di condanna, erano es-
si spediti dalla segreteria, e non già dal
tribunale della s. Consulta; e finalmente
quando riguardano la sanità pubblica, e-
rnanano dalla congregazione speciale di
sanilà.Adunque,quanlo alle carceri e luo-
ghi di condanna, ora la direzione è stala
staccatu dalla s. Consulta, e venne attri-
buita ad un prelato speciale sotto la di-
pendenza del ministero dell'interno, lui-
T II I
perocché annunziò il Giornate eli Roma
de'22 marzoi856, che il Papa a veu .no-
minato mg.r Antonio Barn bozzi, allora
delegato apostolico di Velletri , a diret-
tore generale delle carceri e case di con-
danna. La Civiltà cattolica diede questi
schiarimenti, a'quali ne aggiunsi altri col-
le Notizie deh 856, per dimostrare che
in Roma non vi ha alcuna confusione di
all'ari giudiziali, amministrativi e sanita-
ri. Dappoiché nel 1 85 1 pretesero alcuni
giornali di malignamente censurare con
assurdi il governo pontificio e il princi-
pato civile de' Papi, specialmente in al-
cuni punti del suo sistema e organismo
giudiziario, e declamando che il governo
temporale della Sovranità della s. Sede,
per escludere le riforme non sarà mai un
governo tollerabile finché non sia costi-
tuzionale, per essersi abrogato lo Statuto
fondamentale del 1849. Laonde la Civil-
tà cattolica nel detto t. 6, p. 272 e 4« 7,
scrisse una bella e veridica confutazione
intitolata: Nuove risposte a' vecchi cen-
sori del Governo Pontifìcio. Colla storia,
e particolarmente con I' operato da Pio
VI, Pio VII, Leone XII, Gregorio XVI
e Pio IX, dimostrò ignoranti calunnie e
maligne menzogne lecritichelanciate dal
giornalismo con esorbitanze gratuite, e la
più sfacciata impudenza; travisando le di-
sposizioni legislative,sca inaiandone il sen-
so , ed esagerandone gli estremi strana-
mente, coli' intendimento di snervare la
Chiesa, e per conseguenza snervare la re'
ligione colle teorie così chiamate d'indi-
pendenza e di moderazione, esigendo che
il Papa abrogasse tulio il diritto canoni-
coed ecclesiastico. La specialità tutta sin-
golare del governo pontificio ha reso uti-
lissime e talora indispensabili alcune par-
ticolarità nella macchina governativa,
delle quali indarno si cercherebbero le
somiglianti in altri paesi. Di qui avviene
che coloro che di fuori ne vogliano portar
giudizio dovrebbero cominciare dal lo stu-
diarle penetrandone le cagioni nienteme-
no che gli effetti. Nella Statistica del 1 848,
T 11 I
ili cui parlai nel voi. LV1I, p. 1 53, e al-
trove, fu calcolato, che il ministero di gra-
zia e giustizia, ed i tribunali di Roma e
delle provincie, si componevano di 986
individui, de'quali 5q ecclesiastici e 927
secolari , i primi lucrando annui scudi
56,34 1 ,i secondi 246, 074>Nel 1 8 17 l'avv.
LuigiCeccoui cominciò a compilare e pub-
blicare in Roma, con privilegio esclusivo,
il Repertorio generale dì giurispruden-
za de Tribunali Romani, di cui abbiamo
37 volumi di pregievole importanza, sic-
come chiaro nella giurisprudenza , non
meno che nelle scienze e nelle lettere, co-
me dichiarò in una circolare il cardinal
Mattei segretario per gli affari di stato in-
terni, ora sotto-decano del sagro colle-
gio. Tra le sue opere cpii ricorderò quel-
le notate nel voi. LI, p. 33, ed i Cenni
sulle a litiche Leggi Etnische, Roma 1 838;
non che i Cenni siili' abbate Ottavio Sac-
co, Roma 1842, come relative al presen-
te argomento. Poiché gli etruschi, che ce-
lebrai a Toscana , seppero per se stessi
crear leggi alla religione assai giudiziosa-
mente collegate, -e vuoisi per indubitato
che dall'etrusco legislazione le apprese re
ÌNuina e le fece conoscere a Roma, men-
tre i romani ricorsero a'falisci popoli di
Toscana per avere il gius feriale e altre
leggi onde supplire a quelle delle XII ta-
vole. Quanto al Sacco, fu per la sua vir-
tù e zelo a favore de' poveri campestri
mercenari, che Urbano Vili istituì a loro
vantaggio la giudicatura Capitolina, che
dal benemerito promotore si disse giu-
dicatura delVab. Sacco, ossia il giudice
delle mercedi o de'mercenari; uffizio che
avendolo esercitato con indefessa carità
il Cecconi, nel parlare della carica nel voi.
LX I V, p. 5 1 , gli resi giustizia. Passato a
miglior vita nel 1 843 l'avv. Cecconi dopo
avere per 27 anni atteso alla compilazione
del Repertorio di giurisprudenza, Gre-
gorio XVI per la benignità colla quale lo
riguardava, confermò le utili concessioni
da lui conseguite, per In continuazione
del Repertorio, al degno figlio avv. Felice
T LI I 167
Cecconi, attuale assessore e giudice eco-
nomico del tribunaleciviledi Roma. Que-
sti proseguì l'annua compilazione nel mo-
do e forma identifica del padre, onde ab-
biamo il Repertorio per gli anni succes-
sivi dal 1 843, inclusive a tutto il 1 854, di
tutta di lui redazione, encomiata e inte-
ressante. Dappoiché a voler dare un ge-
netico cenno di tale opera, dirò ohe des-
sa contiene a guisa d'indice ragionato e
per ordine alfabetico le massime tutte che
i tribunali della s. Rota e della Segnatu-
ra annualmente esternano nelle loro au-
torevoli decisioni; ed ancora talune delle
principali chesi emanano dalla s. congre-
gazione del Concilio e dal tribunale di
Consulta; e sì le une come le altre col te-
sto apposito e succinto di ciascuna deci-
sione, a conferma delle massime medesi-
me. Già nell'articolo Diario di Roma, del
quale riparlai a Notizie del giorno ed a
Roma, nel riferire alcuni periodici chesi
pubblicavano in Roma , feci onorevole
menzione del Giornale del Foro in cui
si raccolgono le pia importanti regiudi-
cate de' supremi tribunali di Roma e del-
lo stato pontificio in materia civile, com-
pilalo dal d.r Bartolomeo Belli. Questa
utile compilazione il eh. raccoglitore l'in-
cominciò nel 1 8 1 7 e tuttora la prosiegue.
Inoltre abbiamo del medesimo: Compen-
dio decennale del Giornale del Foro dal
i83c)<z/i 849, Roma i85o. Appendice al
Giornale del Foro, cioè Raccolta dileg-
gi,ordinanze, regolamenti e. circolari del
lo stato pontificio, Roma 1848. Rivista
di legislazione e di giurisprudenza, Ro-
ma 1 85o. Si legge nel n.°i5i del Giorna-
le di Romai855,che il Papa Pio IX, sem-
pre intento adineoraggiare le utili impre-
se, per organo di mg/ ministro dell'inter-
no si compiacque di conferire una meda-
glia d'oro di grande dimensione colla e-
pigrafe Benemerenti al procuratore rota-
le Bartolomeo Belli, pel Giornale del Fo-
ro, periodica pubblicazione, che incomin-
ciata da lui fiuo dal 18 17, si va conti-
nuando con molto senno dal compilalo-
iG8 T R !
ree con granile utilità di chi attende agli
studi della giurisprudenza. Nel Dullarium
Romanum, come ini andai giovando, si
immurano una copiosa serie di bolle, bre-
vi, costituzioni, moto-propri e chirogra-
fi, che dimostrano la perseverante solle-
citudine deTJapi pe'tribunali di Roma ec-
clesiastici, misti, civili, criminali, con ac-
cogliere que' miglioramenti, che la serie
de'lempi e delle circostanze suggerivano
a vantaggio della giurisprudenza. Non
potei citare le disposizioni di Gregorio
XVI, che si conterranno nel Bullarium,
perchè ora se ne comincia la stampa; ma
credo nondimeno d'avere esaurito l'argo-
mento colla Raccolta delle leggi ecA§Y\
scrittori summenlovatisu'tribunalidiRo-
ma aggiungerò: Marta, Traclalusde Tri-
bunalibus Urbis, et cornili praeventioni-
bus, Uomae i58g. Pacti, De judiciaria
form ula Capitoliti i Fot 7,Romai\ Elenchus
Cougiegalionum, Tribunalium,el Col-
legioruut Romite alphabetico ordine di-
geslus. Acccdil Catalogus Cardinalisnec
non eorumdem, qui de praeseuti sunt or-
dinimi regularium prolectores , ac Sylla-
biisSigiialuraeGratiaeelJusliliaeVotati'
tinnì ac Refel endarior um , Romaei 722.
Fra nciscu s G beri us, Index Tribuiialium,
Congregatioiiuin , aliorumque congres-
suum, qui in Urbe fieri solent , Romae
1 644- Luigi Vasselli, Formolario di tul-
li gli atti di procedura civile analoga-
mente al codice pubblicalo con molo-pro-
prio de '22 novembre 1817, Roma 1818.
A v v. Filippo Carillo, Del privilegio spel-
lante agli avvocali su tulli i beni de' loro
clienti, dissertazione, Roma 1 856. Feli-
ce Hall. iole Nuvoli, V amministrazione
comunale , manuale teorico-pratico in
consonanza colle vigenti leggi ad uso dei
Comuni dello Stalo Pontificio , Roma
.8 7(1.
TRIBUNO, Tribunus. Nome di magi-
strato, ufficio e grado, o capo di qualche
amministrazione presso i romani. Il tri-
buno veune da ci»i l 'iguaidalo per protet-
to! e del popolo, come istituito a sua dil'e-
T R I
sa conimi maggiorenti, contro la concus-
sione degli usurai, e contro le ingiustizie
de'consoli e ilei senato, cioè i tribuni del-
la plebe, poiché ve ne furono di più spe-
cie. Tribunato, Tnbunatus, si chiamò la
dignità del tribuno. Dice Biondo da For-
lì, nella Roma trionfante, affermare Var-
roiie, che derivò il nome di Tribuni, per-
chè i tribuni militari creati daRomolo per
la Milizia, sul principio furono tre sola-
mente per ogni legione,! quali si creavano
e maialavano negli eserciti dalle prime tre
Tribù (fr.) Ratniieuse, Tatiense e Luce-
rense. Inoltre Romolo creò il tribuno dei
Celeri, Tribunus Celernnt, cioè i coman-
danti del corpo de' celeri, ossia guardia
di Romolo, composta di 100 giovani dei
più distinti. Questi Cavalleggeri coman-
dati dal proprio tribuno, furono assai sti-
mati; ed il tribuno sotto i re di Roma eser-
citò la principale autorità nel!' esercito;
espulsi i re, il duce della cavalleria ebbe
la stessa potenza sotto i dittatori. I tribu-
ni del popolo o della plebe, Tribuni Pie-
bis, parimenti furono 3, e creati dalla pie-
he per difenderla ne'suoi diritti e in tul-
lociò che a suo pregiudizio poteasi atten-
tare da' consoli , dal senato e da' nobili.
Alcuni li chiamano magistrati del popolo
romano e magistrato sedizioso e audacis-
simo; altri sostengono che non ebbero la
dignità magistrale, sebbene ne riconosca-
no la potenza, l'influenza e l'importanza
nella repubblica. I tribuni della plebe fu-
rono stabiliti l'anno di Ruma i5g 0 260,
poco dopo la gravissima dissensione in-
sorta fra la nobiltà e il popolo, che sde-
gnato dell'oppressione de' nobili, i quali
ritenevano non esser sicura la signoria
senza tenere soggetta la plebe, tornatalo
vittorioso de' volsci, de'sabini edegli equi,
sotto la condotta di Bellutoedi L. Giù*
nio, si ribellò e si accampò sul Monte Sa-
gro a 3 miglia da Roma di là dal [ionio
Salato. Indi il prudente Menenio Agrip-
pa potè conciliare gl'irritati animi col fa-
moso apologo da me narra lo al vol.LVIII,
p. nj4, a patto che il senato accordasse
TRI TRI 1G9
al popolo magistrati e capi di famiglia pie- versi ambitimi lennlori e patrizi, pe'loro
beo, per essere i conservatori de'suoi di- particolari-fini, vollero esservi ammessi;
ritti e libertà, dichiarando le loro perso- ina bisognava farsi prima adottare nella
ne immuni e sagre, mediante la legge Sa- famiglia de'plebei, perchè quella carica, se-
dala. Furono da prima creati due tribù- concio la legge della sua creazione, non
ni del popolo o della plebe, indi 3 allei, potea esser conferita che a plebei; e sieco-
ed erano cambiati ogni anno, numero che me sino allora i tribuni erano stati riguar-
dai tribuno Lucio Trebonio colla legge dati freno della magistratura e non ma-
Trcbonia fu portalo sino aio. Il senato gistrati.secondoalcuni.cosìammessi i pa-
volontieri acconsentì di moltiplicarne il trizi al tribunato, non più si ricusò m'iti*
numero, poiché comprese die essendo buni il nome di magistrati; fu però un ma-
ltolti, riusci vagli più facile di disunirli e gistrato plebeo e popolare, tedioso e agi-
di trarne semprealcuni al suo partito per latore degli animi che concitò a intestine
eluderne le opposizioni. L'autorità «te' tri* discordie, nato e cresciuto nelle sedizioni,
boni tosto dhenne grande; ne solamente senza porpora, senza sedia emide, e sen-
aveano il potere di convocare il popolo, di za veruna insegna cheto distinguesse dal-
proporgli quel che loro meglio piacesse, e la moltitudine. Di esso con arte si valse-
di fare de'regolamenti, e delle leggi o pie- 10 i cittadini ambiziosi per rovinare la re-
bisciti, ma potevano opporsi a'decreti del pubblica romana. A furia di sedizioni, i
senato, abolirli, e nel loro implacabile tri- tribuni abbatterono i magistrati della re*
bunale citare innanzi al popolo gli altri pubblica, e soggettarono lo stesso senato,
magistrati. Si decretarono [iene gravissi- cui tolsero l'archivio de'propri decreti e
rne a chi avesse osato interrompere un senatus-cousulli , acciocché non potesse
tribuno nella conclone, mentre arringava variarli e alterarli, ed anche sopprimer-
li popolo da lui radunato, qualunque fos- li, e lo collocarono nel Tempio di Ccn-
se il ragionamento. Qualche volta ancora /e,facendonecustodi gli edili plebei, i qua-
fecero carcerare i consoli, e condannare li vi tenevano tribunale e udienza. Si vuo-
all' ammenda il dittatore. Però essendo le che i nobili non potendo essere tribù-
dittatore Siila, nel 672 di Roma, dimi- ni, per divenirvi conveniva che il popo-
nuì il potere de' tribuni, fece trucida- lo olhisse loro la dignità, non essendo ad
re Saturnino e Furio, scannare Druso essi permesso domandarla ; ma credesi
sul proprio tribunale, e la lesta di Sul- che nella storia siavi solo l'esempio di due
pizio ordinò che si ponesse nel comizio patrizi che per diritto d'elezione furono
(di cui a Tribù) sui rostri. Con legge da/tribuni nel loro ordine ammessi. L'a-
quindi spogliò i tribuni di tutta l'auto- bilaziotiede'tribuni del popolo era aperta
l'ita che in tante sedizioni e laghi di san- giorno e notte, affinché il popolo potesse
gue eransi acquistata; fece ordinare che entrare in tutte le ore per potere espor-
fossero esclusi per sempre dalle altre ca- re le sue querele. Ed ecco perchè non era
riebe della repubblica, e che il loro potè- loro permesso d'allontanarsi da Roma un
re non si estendesse che pel distretto, ed giorno intero, tranne le ferie latine. Quan-
a 1 ooojjassi da Roma. Ma M. Cotta nel do approvavano i decreti del senato, li se-
679 e Pompeo Magno nel 683, restituì- gnavauo colla lettera Z",.e servi vausi dei-
rono a'iribuni della plebe l'autorità Io- la parola F/elo) senza dar la ragione del-
ro tolta da Siila, e fu loro permesso d'e- la loro opposizione; e la forza di questa
scici tat la pure nelle provinole. Sebbene parola era sì grande, che se qualche tua»
la carica di tribuno del popolo, per qual- gisti ato avesse ardito di non curarsene,
che tempo fu data soltanto a coloro ch'e- sarebbe stato imprigionato al momento,
rano di famiglia plebe*», nondimeno di- come violatore d'uuaaulorilà sagra e in-
i7o TRI
violabile, ed era un delitto irremissibile
l'attentare alla vita de'tribuni, il dir loro
delle ingiurie o l'usar loro delle violenze.
Quantunque in Roma vi fosse un ditta-
tore, i tribuni conservavano sempre la lo-
ro autorità; ma non potevano opporsi a-
gli ordini suoi ed a 'suoi regolamenti, ciò
che poteano fare cogli altri magistrati. E
notabile l'osservare, die i tribuni ed i cit-
tadini popolari, i quali arringavano al po-
polo nella pubblica piazza, spesso con se-
diziose declamazioni, tenevano la faccia
sempre rivolta verso il luogo dell'assem-
blee del senato, in segno di rispetto ver-
so quel primario corpo della repubblica.
Licinio Crasso fu ili. "che violò quest'u-
sanza costantemente osservata sino allora,
e lo fece per allettare il popolo, disprez-
zando, per così dire, l'autorità del sena-
to. I tribuni non aveano ingresso nel se-
nato, e slavano assisi sur una panca in
faccia alla porla del luogo in cui quell'au-
gusto corpo era radunalo, e di là pote-
vano udire le risoluzioni che vi si pren-
devano. Eppure una delle grandi prero-
gative de'lribuni era il diritto di convo-
care il senato, allorché lo giudicavano ne-
cessario. Potevano liberare un prigionie-
re, e sottrarlo alla sentenza contro di lui
pronunziata. Un tribuno colla sua sola
opposizione annullava tuttociò che face-
vano i suoi colleghi; inoltre si arrogaro-
no il diritto di sciogliere le assemblee, se-
condo i loro capricci e interessi. Ni uno po-
teva essere tribuno del popolo, senz'aver
l'età di 3o anni compiti; il popolo confe-
rì questa carica a chi egli volle sino al y3o
di Roma, quando l'imperatoreCesare Au-
gusto si fece nominare tribuno, e gl'im-
peratori che gli successero vestirono que-
staqualità,e fecero segnare sulle loro me-
daglie l'anno dei-proprio tribunato. Nar-
ra l'annalista Rinaldi, che gì' imperatori
solevano ricevere ogni anno la tribunizia
podestà, che Adriano la die ad Antonino
l'io, e riprodusse la medaglia nella qua-
le viene significala la dignità di tribuno;
per cui secondo il numero delle volte che
T R I
la riceverono, si ponnocontaregli anni del
loro impero , con essi moltiplicandosi il
tribunato, come afferma Dione nell'Z7i-
stor. Rotn. lib. 53. Nella medaglia si po-
neva : Tributile. Pot. IX t per esempio )
Imp. Il Cenni nella Dissertazione , Dei
Tribuni Plebei, dice che Augusto con ra-
gione stimò la podestà tribunizia equiva-
lente a sovranità, al pari della regia e del-
la dittatoria; sebbene l'immunità perso-
nale, gran salvaguardia del principe, nei
successori d'Augusto degenerò in tiran-
nide. Quindi dichiara Cenni , che vera-
mente la podestà tribunizia non costituì
né Augusto, né i successori capi di quel
collegio, che rimase intero, benché senza
forze, come confessa Plinio al suo amico
Pompeo Falcone: Ipsecum Tribunus es-
serti, erraverim fortasse, qui me esse a-
liquid pillavi. Quindi è, che Pan vinto, No-
l'is e Bianchini, mostrando coll'autorità
denomini, anelare unita la podestà tribu-
nizia al dì natale dell'impero, ributtano
la falsa dottrina degli eruditi interpreti di
Dione, che replicano a'Cesari (considera-
ti da loro come tribuni, il che è falbissimo,
al dire di Cenni) tal podestà ne'comizi dei
tribuni che si tenevano a' io dicembre, che
continuarono (ìnoalla trasiaziouedell'im-
pero a Costantinopoli, per eleggere tale
ombratile magistrato, ormai spogliato
d'autorità e ridotto ad un vano titolo. Do-
po tal tempo si trovano alcuni tribuni
nelle memorie del Senato Romano, di-
morando i Papi iu Avignone, i quali nel
nome si somigliarono agli antichi astuti,
irrequieti e fanatici tribuni del popolo; ta-
li sono, al riferire eli Cenni, Mataleno Por-
laccasa,e prima di lui Cola di Rienzo, che
invanito da'primi buoni successi, osò di
stampar medaglia col titolo: Nicolgusse-
verus clemens libertatis, pacis,/ustiliac
Tribunus, et S. R. Reipttb. liberalor il-
lustri*. Ma quest'ultimo gl'imitò ancora
nelle turbolenze e nella morte , perchè
mancatogli il denaro per mantener la fa-
zione, fu trucidato dal popolo in furia, co-
me Saturnino, Rufo e Druso, con violcii-
TR I
za aperta di legge assai più sagrosanta di
quella del Monte Sagro. Ma tal maniera
di tribunato, rileva Cenni, non ha niente
che fare con quello della repubblica. Del
famoso agitatore, tribuno e senatore Co-
la di Rienzo, ragionai in più luoghi, e per
ultimo ne' voi. LXXIII, p. 3o3, LXXV1,
p. i 72. De'tribuni romani i più famosi fu-
rono i plebei. Prima di loro da Romolo
erano stati creati i tribuni militari, Tri-
buni Militimi, secondo Vegezio: Tribù-
nus vocalur a Tribù, quia pratesi mili-
tibus,quos es Tribù primus Romulus le-
gii. Erano essi alla testa di tutta la legio-
ne, all'incirca come gli odierni colonnel-
li, e chiari per valore. Romolo ne creò 3,
quando lalegionesi formava di 3ooo sol-
dati. Nell'anno 442 diRoma furonoaccre-
sciuti 1 000 soldati per legione, e per con-
seguenza anche 4 tribuni militari, sicco-
me 4 furono le principali legioni roma-
ne, e da 12 crebbero a 16. Cresciuta poi
la legione romana a 5ooo soldati, quin-
di a 6000, 5 e 6 furono i tribuni milita-
ri per ogni legione. Essi comandavano al-
la 1 /coorte,cioè al fioredella legione.Que-
sti ne'prirni tempi si creavano da're, po-
scia da'consoli e da'comandahti , e dopo
l'anno di Roma 3qi s'introdusse la co-
stumanza di crearsi parte da'comandan-
ti, e parte co' popolari suffragi , la metà
per ciascuno. D'ordinario erano eletti dal-
l'ordine de'cavalieri e da quello de' ple-
bei. Narra T. Livio al 3qi: Curii eo an-
no primurn placiti :s set Tribunus militimi
adlegiones suffragio fieri (nani et antea,
sicut, et nunc,quos Rufulusvocanl, Ini-
peralores ipsi faciebant) Torqualus se-
cundum in sex locis tenuit. Da questo ne
avvenne, che i tribuni creali dagl'impera-
tori si dissero Rufuli, gli altri poi creati
ne'comizi dal popolo si dissero Comiziali.
Gl'imperatori fecero tribuni de'soldati per
soli 6 mesi, onde poter gratifica re un mag-
gior numero di persone. Ve n'erano al-
tresì di quelli chiamali Laticlavii, perchè
aveano la speranza di divenire senatori.
Altri erano appellati Angusticlaviì, per-
T R I 171
che non poteano aspirare se non all' or-
dine de'cavalieri. Ilsegnale chedislingue-
va i tribuni militari , era una specie di
pugnale che dava loro il principe all'istan-
te di loro elezione; l'anello d'oro, un abi-
to più prezioso, e degli uscieri cui l'im-
peratore Alessandro sostituì 4 soldati pel
loro accompagno. La loro carica consiste-
va nell'amministrare la giustizia, nel ri-
cevere la parola d'ordine dal generale e
nel trasmetterla agli altri, nel vegliare sul-
le munizioni, nel fare eseguire il milita-
re esercizio alle truppe, nel situare le scol-
te, e altre cose simili. Eranvi 2 tribuni che
comandavano la legione, ciascuno il suo
giorno, per lo spazio di due mesi, dimo-
doché in un esercito consolare ve n'era-
no almeno 4 per far eseguire gli ordini
del generale. Talvolta furono incaricati
di far morire le persone di rango distinto.
Per qualche tempo furono rivestiti della
consolare autorità, ma questa magistratu-
ra in diverse epoche non durò che circa
80 anni, dal 3 1 o al 3qo di Roma. Quan-
do il popolo e i nobili non poteano accor-
darsi nell'elezione de' consoli, si creava-
no 5 tribuni militari, a'quali si affidavano
tutte le funzioni consolari, uso che cessò
allorché per console fu scello un plebeo. I
romani ebbero pure de'lribuui particolari
de'soldati, le cui ingerenze consistevano
nel giudicar di tutte le conlese, d'invigila-
re al buon ordine ne'campi, di aver l'ispe-
zione dell'armi, degli abiti, delle vettova-
glie, degli ospedali. Altri scrittori, come
dissi, attribuiscono tali incombenze a'tri-
buni militari; forse questi con essere aiu-
tati da'tribuni de'soldati, fece ad alcuno
distinguere due specie di tribuni militari.
Vi furono i tribuni del Tesoro (fr.)t Tri-
buni Aerarti. Erano ufficiali tratti dal po-
polo, a'quali era affidata la custodia dei
fondi destinati alla guerra, per distribuir-
li al bisogno a' Questori dell'esercito. A-
veasi cura di scegliere i più ricchi per l'e-
sercizio di tale uffizio, perchè eravi molto
denaro da conservare. Sebbene non fos-
sero propriamente magistrati, nondime-
i7* T II I
no nello repubblica romana ebbero un
distinto rango, ed in forza della legge di
A. Cotta furono col senato e co' cavalieri
a parte del diritto di giudicare. Giulio Ce-
sare avendoli soppressi, Augusto nel ri-
stabilirli ve ne aggiunse 200 altri per giu-
dicare le cause die non aveano per og-
getto se non delle modiche somme. Tri-
buni ì oltipl(ilumyeruuo ufficiali preposti
a' divertimenti del popolo, ed incaricati
di provvedere che india vi mancasse; ca-
rica importante che apriva la strada a*
più grandi impieghi. Finalmente si disse
Tnbunus rerum iiitenlium,<ie\\e cose pre-
ziose, ilcenturione. I centurioni erano uf-
ficiali romani, cosi chiamali dal coniali-
dir 100 fanti, 0110 compresi i decani.
Sotto Costantino I però si trovò pure un
ufficiale in Roma, chiamato Ceuturio o
Tnbuttusrerum niteutium, delegato alla
custodia de'monumenti della città, e du-
rante la notte ficea batter le strade da
alcuni solitali, i quali doveano impedire
che fossero mutilate le statue. Altra not-
turna polizia fongevasi da' vigili,da 'quali
derivarono i Pompieri (P'.).
TRIBL'R o TIBUR. Casa reale situa-
ta sul Reno presso Magonza,dove furono
tenui i i seguenti concilii. Il i.°nell'8cp
0 896 fu composto di 22 vescovi, oltre
molti abbati, e tra'primi eranvi gli arci-
vescovi Artoldo di Magonza, Ermanno di
Colouiae Ratoldo diTreveri. Il redi Ger-
mania Arnolfo vi assistette accompagna-
to da tulli i grandi del regno. Vi si re-
golò la composizione, che dovea pagare,
secondo le leggi d' allora, quegli che a-
vea ferito o maltrattato un prete. S'egli
Jo avesse ucciso dovea fare 5 anni di pe-
nitenza, astenersi per 5 anni dalla carne
e dal vino, digiunar ogni giorno sino a se-
ra, non portar armi, pregare alle porle
della chiesa, ce. La penitenza d'ogni omi-
cidio volontario vi è regolata a 7 anni.
Vi si fecero 58 canoni, la maggior parte
tendenti a reprimere le violenze contro
la Chiesa, e l'impurità de'chierici, non che
riguardanti gli scomunicali, i rapitori dei
T R I
beni delle chiese, I' amministrazione del
battesimo ne' soli giorni di Pasqua e di
Pentecoste; la distribuzione delle decime;
la .sepoltura de'morti nelle chiese catte-
drali, eccettuali i laici; 1' uso de' calici e
delle patene; la prova del fuoco nellecau-
se criminali, nelle quali mancassero altre
prove; le vergini consagrate a Dio; il ri-
spetto dovuto alla s. Sede; il diritto di pa-
dronato sulle chiese; gli eunuchi e altri
mutilati; le pubbliche penitenze; i mairi-
moni co'liberti, cogli stranieri, colle vedo-
ve, ec. Il 2.0 fu tenuto nelio3 1, relativa»
mente al digiuno quaresimali'. Il 3.° nel
io3 >, incui fra'varì regolamenti fu pub-
blicato quello che ordinava, che se una
monaca vuole passare in un monastero
più regolare del suo, le sarà permesso tal
cambiamento, ma ma non già se ella vo-
leva passare in un monastero meno re-
golare. Il 4-° nel 1076 a' 16 ottobre nel
palazzo municipale. A vea s.Gregorio VII
(?■) nel sinodo romano scomunicato il
persecutore della Chiesa Enrico IV re dei
romani, e vietato a tutti i vescovi di pro-
scioglierlo dall'anatema, tultavolta con-
sigliando i tedeschi di trattarlo con mi-
sericordia. Tutti i principi si recarono al-
l'assemblea, in uno a' prelati maggiori,
deliberati a deporre Enrico IV, ormai ab-
bandonalo anche da'suoi fautori, e di e-
leggere un altro re. I legati del Papa che
presiederono il concilio, che altri chiama-
no dieta, furono Siccardo patriarca d'A-
quileia, ed Altmanno vescovo di Padova
(o meglio Passavia). Questi dichiararono
in nome dis. Gregorio VII, che Enrico
IV re di Germania per le molte sue col-
pe era stato giustamente condannato dal-
la s. Sede; e che il Papa avrebbe ricono-
sciuto e confermalo il re che gli fosse so-
stituito. Ne'7 giorni che durò l'assemblea,
Enrico IV eh 'erasi ritirato al vicino Op-
penheim, Bauconica, ora ciltà del gran-
ducato d'Assia-Darmstadt, provincia del
Reno e sulla sinistra del fiume omonimo,
mandò ogni giorno a supplicarla d'esser
pietosa con lui, promettendo cuiubiuinen-
TU I
to di condolta e concessioni. Si conven-
ne d' invitale il Papa in Augusta, a giu-
dicare il re, quindi condannarlo o assol
vello. Portatosi s. Gregorio VII invece
nel castello di Canossa, nel territorio di
Reggio }\\i si recò da penitente Enrico IV
e ottenne l'assoluzione; ma poscia tornò
a ribellarsi e fece peggio di prima. Tanto
e con diffusione narrai nel voi. XXXII,
p. 222 e seg., con Voigt, Storia di Gre-
gorio V II. L'annalista Rinaldi racconta
con particolarità questa famosa assemblea
di Tribur. Ancbe il Labbé e 1' Arduino
attribuirono questo concilio a Tribur.
Dall'altro canto l'annalista sassone con-
temporaneo riferisce, cbe nel settembre
1076Ì vescovi ed i signori di Germania si
riunirono ad Oppenheim (da Voigt chia-
mato castello e buon maniero della came-
ra regia, a breve tratto da Magoma « da
Tribur), in presenza del patriarca d' A-
quileia e del vescovo di Passavia (Voigt
lo dice arcivescovo di Padova, cioè Alt-
manno; ma tra 'pastori di Padova non lo
trovai: col Rina Idi chiarirò l'equivoco. Pa-
tavia in latino si disse Passavia, ed anche
Padova con piccola diversità, come rile-
vo dal Lexicon di Baudrand, cioè Pata-
via Passavia, e Pataviuni Padova. Il Ri-
naldi dunque, parlando de'legati ponti-
ficii, li chiama Sigea rdo patriarca d'Aqui-
leia e Altmanno vescovo Pala vicnse, cioè
di Passavia), per deliberare sulla deposi-
zione d'Enrico IV; e che le condizioni
prescritte ad Enrico IV, per poter otte-
nere grazia, furono di ristabilire Adalber-
to di Rheinfeld vescovo di Worms sulla
sua sede; e dopo di aver pubblicate del-
le lettere comprovanti la sua penitenza
per tutta l'Italia e nella Germonia,di por-
tar»! in persona a Roma per farsi assol vere
da Un scomunica. Si veda il Mansi, Sappi,
a' Concila, t. 2, p. 19. Del resto i canoni
de'succennati concilii di Tribur li pubbli-
cai 0110: Labbé t. g e 1 o; A rduino, t.6; Ueg.
t. 25 e 26. Il Rinaldi descrive un'altra
dieta celebre di Tribur, tenuta neh 1 19,
contro l'imperatore Enrico V, perchè co-
TRI 173
me il padre Enrico IV sosteneva V Inve-
stiture ecclesiastiche ( /-^condannate da
s. Gregorio VII e da'successori. Nella die-
ta si pubblicò l'elezione di Papa Calisto
lì, seguita in Cluny, a cui tutti i vescovi
in essa radunati promisero ubbidienza,
ed approvarono la celebrazione del de-
nunziato concilio di Rewis , dove Cali-
sto li vi scomunicò Enrico V. Dipoi si
fece la Pace(F\)fta il Sacerdozio e l'Im-
pero colla convenzione Calistina, tenuta
pel i.° concordato fatto dalla s. Sede.
TRIBUTO, Tributimi, Fectigal.Cen-
so che si paga dal vassallo o dal suddito
al Signore o alla Repubblica, dicendosi
Tributario quello obbligato a pagar tri-
buto, tribulariiis, vectigalis, stipendia-
rius. Il tributo, dice Vairone, fu così det-
to dalle Tribù (/'.)di Roma, perchè dalle
tribù lesta per lesta si esigeva quel de-
naro che s'imponeva al popolo, per con-
tribuire alle pubbliche spese, cioè per o-
gni capo d'uomo; quindi introdotta la ci-
viltà, si Stabilirono il tributo ed i velli-
gali, cioè secondo i termini moderni i da-
zi diretli e indiretti. Altri dicono il voca-
bolo trillalo derivalo per quello che do-
veano pagare le diverse parli nelle (pia-
li erano divise le popolazioni, tali patii
denominandosi tribù. Pare che gli ebrei
non abbiano pagato alcun tribolo a'Io-
ro capi prima del re Salomone: ricono-
scevano essi solamente il supremo domi-
nio di Dio sopra di essi col tributo al tem-
pio d'un mezzo siclo per testa a tulli gli
nomini di 20 anni in su, pagabile ogni an-
no; imposizione che si disse testatico n ca-
pitazione, e il suo riscnotilore, procura-
lo!' ad capilularia judaeoruin. Questo
mezzo siclo Cu detto qnadrantee didram-
ma; t\i\e didramma fanno uno staterete
due di questi un'oncia, e 1 2 oncie una lib-
bra. Durò queslo tributo sino al tempo
di Vespasiano , il quale avendo soggio-
galo gli ebrei, indi venendo dal lìgi io Tito
distrutto il Tempio, lu ordinalo agli e-
brei di pagare a'romani tale tributo do-
vunque fossero, essendo solito che lo con-
i74 TRI
tribuivauo ne' luoghi ove si trovavano.
Questo tributo pagato dagli ebrei a'ro-
inani, fu di un denaro con 25 de'quali
si formava uno scudo d'oro. Fu dunque
soltanto verso la fine del regnodi Salo-
mone, che quel principe impose loro vari
tributi, il che produsse varie rivoluzio-
ni e fu causa delle lagnanze che gli ebrei
fecero a reRoboamo,dopo la morte di det-
to suo padre Salomone.Allora fu che del-
le 1 2 Tribù d'Israele, i o abbandonarono
Roboamo e riconobbero Geroboamo per
re, e rimasero sotto la dominazione di
Roboamo le sole 2 tribù, di Giuda e di
Reniamino. Sebbene gli ebrei loro mal-
grado pagarono forti tributi a molti prin-
cipi stranieri, e dopo il conquisto de'ro-
mani a Cesare, i ss. Pietro e Paolo e-
spressamente raccomandarono a' fedeli
l'esattezza nel pagare i tributi. Mosè ob-
bligò gli ebrei a parecchie sorla di De-
cime. (V.), pe'sacerdoti e levili, pe'sagrifì-
zi,pe'poveii,pe'foraslieri, vedove e orfani.
Nella chiesa cattolica i chierici non vis-
sero ne'primi secoli che delle pie Obla-
zioni (T.) volontarie de'fedeli, donde eb-
bero origine le Decime ecclesiastiche, le
Sportule e la Rendila ecclesiastica (V.).
Il tributo dicesi anche tassa, taglia, da-
zio, gabella, gravezza, imposizione mes-
sa dal sovrano o dallo stato sopra i suoi
sudditi, e destinata pe' propri bisogni e
per quelli dello stato. Di videsi questo tri-
buto o tassa in personale e reale. Il tri-
buto o tassa personale è quella, che cia-
scuna persona paga per tulli i suoi be-
ni mobili e immobili e per 1a sua indu-
stria: la legge chiama questo tributo tri-
butiti capilis. Il tributo reale si preleva
sulle quote riguardanti gl'immobili ed i
beni industriali. Questa tassa è un tri-
buto giusto di sua natura, e ciascun sud-
dito è obbligato pagarla al proprio sovra-
no o slato. Gesù Cristo volendo adem-
piere la legge di chi dominava , ordinò
di dare a Cesare ciò che apparteneva a
Cesare, e a Dio ciò ch'era di Dio; ed e-
gli era nato a Beltlemuie perchè la sua
T RI
ss. Madre con s. Giuseppe, per ubbidire
a Cesare, vi si erano portati per farsi i-
scrivere nel registro, onde pagaie il cen-
so ordinalo da Cesare Augusto. Inceden-
do Gesù Cristo per la Galilea, giunto a
Cafarnao,Pesattoredel tributo chiese per
lui a Pietro il didramma; e il Salvatore
sebbene avesse dimostrato essere libero
dal tributo , nondimeno perchè gli uo-
mini non adempiendo egli la legge non
si scandalezzassero,comandò a Pietro che
pescasse, e colla moneta che avesse tro-
vato in bocca del pesce, si pagasse. Ese-
guito il di vino comando, e trovata la mo-
neta, il Salvatore pagò il tributo per se
e per Pietro. Osserva il Rinaldi, chea-
vendo Cristo dimostrato, che i re non so-
gliono da'fìgli (intende parlare de' sacer-
doti) esigere il tributo, volle manifesta-
mente inferire, che né egli né i suoi era-
no alla legge del tributo obbligati. Don-
de appare quanto perversamente pre-
tendano i novatori che i sacerdoti e i chie-
rici non sieno liberi dal pagar tributi e
gabelle a'principi, mentre i principi gen-
tili aveano portato tanto rispetto a'sacer-
doti loro, che vollero fossero esenti dal
tributo, cosi pure presso i romani costu-
mandosi , oltre lo stipendio che i mini-
stri del culto riceveano dall'erario. L'a-
postolo s. Paolo parla del pagamento del
tributo , come un obbligo di coscienza .
DeveperòawertirsicheseilSignore volle
pagare il tributo per se e per Pietro,onde
distinguerlo e anche in questo insinuarne
il Primato, ciò fece, come dissi, per non
destare scandalo, essendo egli venuto al
mondo per adempiere la legge. Ma poi
manifestatosi per Re de'regi, ed avendo
istituito il reale Sacerdozio, non vi è più
scandalo se i sacerdoti si ricusavano pa-
gare i tributi. Onde ben dice s. Girola-
mo : Nos prò illius honore tributa non
reddìmus, et quasi filii Begis a vecliga-
libus immune» sumus , significando che
gli Ecclesiastici erano dal tributo per
Cristoescnti,comegodenti piena Immit-
nilà. Del tributo e imposte degli egizi,
TRI
de' greci e delle nazioni barbare non si
conoscono chiaramente le particolarità,
per mancanza ili monumenti. In Atene
i cittadini erano divisi in 3 classi : quelli
che ricavavano da'loro beni 5oo misure
di fruiti liquidi o secchi, pagavano al pub-
blico un talenti ; quelli che ne ricavava-
no 3oo misure, pagavano la 6.a parte
d'un talento; quelli appartenenti alla 3.3
classe, nulla contribuivano. Questa tassa,
che non sembra proporzionata, era però
giusta, giacché lo stato giudicava che o-
gnuno avesse un eguale fisico necessario
che non dovea esser tassato: l'imposizio-
ne agiva prima sulP utile e più forte-
mente sul superfluo. Ne' tempi del feuda-
lismo vi fu il tributo di clientela, tribu-
timi clientelare, dovuto da' vassalli al capo
feudatario da cui dipendevano. Questo
-diritto era di 3 sorta: il tributo di caval-
leria, che pagavasi quando il primoge-
nito del capo feudatario era fatto cava-
liere; il tributo di matrimonio allorché
la sua primogenita si sposava con un gen-
tiluomo; il tributo di riscatto, allorquan-
do il feudatario era fallo prigione guer-
reggiando pel suo principe, e per una sol
volta durante il corso di sua vita. Vi fu
un altro tributo in alcuni paesi, come nel-
la Borgogna, che pagavasi quando il si-
gnore recavasi a Terra santa. Eran vi al-
tresì de'tributi chiamali ragionevoli, per-
chè pèrcepivansi ragionevolmente secon-
do le facoltà di ciascuno, per darli al feu-
datario o signore, in caso di necessità. Co-
sì dicevansi tributi liberi quelli che sioffri-
vano spontaneamente al signore da'sud-
diti all'occasione di qualche imprevedu-
ta necessità. I vescovi ancora più volte
riscossero i tributi dagli ecclesiastici, chia-
mati usoo costume episcopale o sinodale,
ovvero denaro per Pasqua. Si pagavano
tali tributi quando venivano consagrati,
o allorché riceveano il sovrano in casa
loro, o quando erano invitati dal Papa
alla sua corte e curia, o ad un concilio,
o nel recarsi a Roma per ricevere il pal-
lio.Talvolta anco gli arcidiaconi esigero-
T R I i75
no de'tributi da'sacerdoti del loro arcidia-
conato. E Tassa de'benefizi ecclesiastici
(V.) si disse la discreta contribuzione im-
posta a'nuovi provvisti di benefizi eccle-
siastici; originata per sovvenirci bisogni
della Chiesa romana e della Camera a-
postolica, pe' tanti dispendi che sosten-
gono a vantaggio delle altre chiese e di
tutti i cattolici. Ivi parlai ancora di al-
tre tasse ecclesiastiche, mentre a Spogli
ecclesiastici trattai del diritto della Ca-
mera apostolica neli'amministrare i be-
ni e raccogliere i frulli o rendite de'be-
nefizi ecclesiastici vacanti nello slato pon-
tificio; e nello spoglio personale di per-
sone siano ex regolari secolarizzati che
muoiono fuori di chiostro, siano eccle-
siastici beneficiati di qualunque grado
che muoiono senza la facoltà pontificia
di far Testa mento ;ne\ quale articolo ten-
ni pure proposito dell'Albinaggio, diritto
e legge in forza della quale il fisco d'un
paese succede ne' beni d' un forastiere
morto nel paese medesimo senza che vi
fosse naturalizzato, sempre che il defun-
to non abbia disposto de'suoi beni, e non
abbia ivi fra' suoi concittadini alcun e-
rede necessario. Abbiamo di Giuseppe
Luigi I!artoli avvocato concistoriale e
generale del fisco della Camera aposto-
lica, Distertatio de /'tire AlbinaUis, Ro-
roae 1 835. Il dotto giureconsulto cele-
bra quanto fecero i Papi benignamente
in favore de' forastieri, come per ulti-
mi Pio VII, e particolarmente Gregorio
XVI, sia con reciproche convenzioni da
lui conchiuse co' sovrani e loro slati di
Danimarca, Modena e Prussia, sia col
suo Regolamento legislativo e giudizia-
rio, nel quale decretò. » Gli stranieri sono
capaci di succedere alle eredità tesiate od
intestate, e di acquistare nello stato pon-
tificio, se e come per le leggi vigenti ne'
paesi esteri saranno capaci di succedere i
sudditi pontificii, salve leconvenzioni po-
litiche ed i trattati." Dellediverse impo-
sizioni e tributi sui Feudi (F.) e sui Vas-
salli (F.) d'annue pensioni e di sommi-
176 TRI
nislrazioni, come di Caccia, di Sparla
e di alho, a tali articoli ed a'relnlivi ne
discorsi; come a Franchigia o Immu-
nità", dissi del privilegio d'esenzione da'
tributi e di altre qualità d'imposizioni,
e quindi degli abusi cbe ne derivarono.
A Dogane ragionai de'luoghi ove si pa-
gano le gabelle e i dazi, ed altre impo-
ste; dicendo cbe il diritto doganale è una
frazione de'diversi contribuii delle gra-
vezze pubbliche stabilite dalleautorità so-
vrane sui popoli, e di sua origine egizia-
na ed ebraica. Cbe poscia fu introdotto
fra' romani, dicendo pure delle diverse
qualità di gabelle,ede'diversi tributi che
si rendevano dalle Provincie del roma-
no impero. I romani da principio stabi-
lirono una distinzione fra tributimi e ve-
cligal: il i.° era la prediale, cioè V impo-
sta diretta pagata da'possessori delle ter-
re,rationes,e paga vasi doppiamente, cioè
e come capitazione e come campatico; il
2.0 era ciò che ora dicesi imposizione in-
diretta, vale a dire i diritti pagati sulle
merci. Spantano, parlando d' Antonino
.Pio, dice: Rationes omnium provincia-
rum, opprime scivit, et vectigatiwn. Ma
in seguito tale distinzione si obbliòesi u-
sarono indistintamente, le \iaro\e tributimi
elvecligal. I primi re di Roma esigerono
da tutti i soldati un eguale tributo: Ser-
vio Tullio stabilì il censo e proporzionò
l'imposta all'entità della possidenza di cia-
scuno; Tarquinio il Superbo annullò l'o-
pera di Tullio, e volle di nuovo che tutti
pagassero egualmente. I consoli L. Va-
lerio e T. Lucrezio ristabilirono il censo
e l'imposta proporzionale, il che sussi-
stè (Ino al 568 di Roma, epoca in cui le
immense ricchezze tolte a Perseo re di
Macedonia da Paolo Emilio, e depositate
nel pubblico Tesoro, fecero che si solle-
vasse il popolo romano da qualsiasi im-
posta, esenzione di cui esso godè per mol-
to tempo. Erano i tributi de' romani di-
visi in ordinarium e temerarium: que-
st'ultimo vieti debilito da Pesto, un'im-
posta simile a quella che l'u attivala do-
T R I
pò che i galli presero Roma, come l'or-
dine di portare al tesoro pubblico tutto
T oro e l'argento sì monetalo che lavo-
rato, che fu dato nel 543 sotto i con-
soli V. Levino e C. Marcello, durante la
guerra punica; se ne teneva registro, ed
in tempi più felici se ne rifondeva il va-
lore a'singoli contribuenti. I tributi chia«
mavansi anche con nomi speciali , cioè
quelli sulle terre arative dicevansi deci*
mae, que'sui pascoli scriptura, e quelli
sulle merci porlorium. Dapprima il di-
ritto di determinare i tributi competè a'
re, indi al senato, e finalmente agl'im-
peratori; l'ebbero anche i censori, ma
giammai il popolo, né altri magistrati.
Soltanto a Roma si davano I' imposte
oli' incanto o appalto, innanzi ad un'a-
sta piantata in mezzo al Foro romano,
dopo pubblicato più giorni prima I' e-
ditto relativo. Tali incanti aveano luo-
go per 5 anni, durata delle funzioni de'
censori. Quelli che le prendevano in ap-
palto, publicani , pagavano ad ogni lu-
stro, ma i singoli contribuenti doveano
pagaie annualmente in 3 rate, cioè alle
calende di gennaio, di maggio e di set-
tembre, che indicavansi colle parole ad
finern i lidie tionis. Sotto la parola veclìgal
si comprendevano tulli i seguenti tribù*
ti. Vecligal Aedditium, carichi imposti
dagli edili per provvedere alle spesede'
giuochi e spettacoli , ed alla manuten-
zione degli edilizi pubblici. Pro aerc,c\vè
sull'aria, specie di capitazione istituita da
Michele Paflagonio. Ex Agrorum fru-
ctibus, cioè sui frutti de'campi; non che
la decima parte de'grani che si raccoglie-
vano: Caracalla impose la decima sopra
tutte le eredità in luogo del 20.»>o che
gì' imperatori percepivano, imposta a-
bolila dal successore Macrino. Ansarti,
imposta che percepivasi sul butirro e altri
commestibili, e si pagava in ragiono del
numero de'vasiadue manichi, ansm\\w
quali venivano portati dalla campagna.
Vecligal prò eduliis, imposta sui com-
mestibili introdotta in Roma da Caligo
TRI
In : Macelli, è una frazione di detta im-
posta, detta pure portorium . I dazi de'
poetisi appellarono Portoni. Ex Aqttae-
ductibus ,\a\ posta pagata da coloro a qua*
li i censori e poi gì' imperatori permet-
tevano di levare parte óttW'acque de'pub-
blici acquedotti per irrigare i loro cam-
pi o giardini. Ex Arboribus o Picaria-
rum, imposta sugli alberi che produce-
vano le gomme e le resine,/?/^*. Artium,
imposta attivata da Alessandro Severo sui
mercanti ed operai. Avendo Costantino
I protratta da 4 anni l'epoca del suo pa-
gamento , sicché non si pagò in seguito
che ogni 5 anni, fu perciò chiamata tu-
stralli- collutto . Epidamelicurn o Prae-
forami, imposta che pagavano le Provin-
cie a pretori, per esser dispensate di da-
re alloggio a'mililari durante l'inverno.
Foeni, contribuzione di fieno pel man-
tenimento delle scuderie degl'imperatori
o de' cavalli delle truppe, imposta o in
natura o in denaro sui pascoli esulle pra-
terie. Fumarium, imposta sui cammini
da fuoco creata da Niceforo. Ex lacubus,
sulla pesca ne' laghi e nelle paludi. Ex
latrinis publicis, appalto delle pubbliche
latrine, dato a profitto del fìsco. Cloaca-
ritmi, imposta destinata al mantenimen-
to delle mera vigliosecloache di Roma. E
MeretricibttSyfa Caligola ili.°ad esigere
una contribuzione dalle meretrìci e da'le-
noni,ed aumentò pure silfalto tributo con
altre vergognose imposte; ma Alessandro
Severo poi ordinò, che tuttociò che rac-
coglievasi da sì laido guadagno non più.
si riponesse nell'erario, assegnandolo alle
fabbriche pubbliche. Ex metallis, tribu-
to imposto in natura o in denaro sulle
miniere o sulle cave de' marmi. Quest'im-
posta fu abolita in Italia quando i roma-
ni furono padroni di provincie che po-
terono più facilmente sostenerla. La Spa-
gna pagava un tributo per le sue minie-
re d'argento e fabbriche di ferro; l'Afri-
ca lo pagava pe'marmi di Libia e di Nu-
niidia; la Macedonia perle miniere d'o-
ro, d'argento e di ferro; l'illiria, la Tra-
VOL. J XXX.
TRI 177
eia e la Gran Bretagna parimenti; e la
Sardegna per le miniere d'argento. Pe-
corum, imposta d'animali che alcune pro-
vincie doveano fornire alla capitale. I lu-
cani ed i bruzi somministravano porci,
come pure i sanniti ed i campani. I pri-
mitivi romani non ebbero altre ricchezze
che il bestiame, e chiamaronsi pecuaril
coloro che affittavano il bestiame pub-
blico, mentre il furto pubblico fu detto
peculato , quando i romani non posse-
devano che armenti. L'Armenia dava a-
nimali lanuti, ed altre provincie forni-
vano cavalli per l'armata. Salis, impo-
sta sulle Saline. Solarium opro solo, sui
fondi pubblici accordati per erigervi e-
difizi privati. Tyrocinii, contribuzione
di soldati che esigevasi da una provincia
o da'particolari in natura o in denaro. Vi-
ni, eh 'esigevasi da'paesi forniti di vigne,
dalla Campania, dalla Toscana, dall'Afri-
ca, dalla Pannonia, dalle Cicladi, dalla Be-
tica e dalle Gallie. Vectigal prò umbra,
terreno fertileche pagava imposta,e desti-
nato da un ricco proprietario a non por-
lare che alberi da far ombra. Urinae ,
imposizione di Vespasiano $uH'oriue,cioè
fece vendere a suo profitto a'folloni, per
purgare i panni, l'orina che i passeggieri
deponevano in certi vasi collocati a tal uo-
po negli angoli delle strade. Pedagio, im-
posta del pedaggio chiamata pure Por-
torium , la quale aggravava qualunque
passasse a piedi o altrimenti certi ponti,
non che alcune grandi rt/vzife, abolita da
Pertinace comechè assai onerosa. Sebbe-
ne la voce Pedagium fu usata dagli an-
tichi in significato di tributo che paga-
vasi da'passeggieri a qualche ponte, fiu-
me o via pubblica, dipoi veramente di-
cevasi Pontaticum a' ponti, Portaticum
alle porte, Pedaticum al pedaggio, Pia-
cialicum per le piazze, Casaticum per le
case: vocaboli tutti però usali nel medio
evo. 1 ricevitori de' tributi cbiatoavansi
Acceptores,AUectores, Adlectores, Por-
toni. In sostanza presso i romani eranvi
due sorla di tributi: quello ch'era dovuto
12
i78 TRI
si un privalo, e quello che si trovava nel
numero delle gru vene pubbliche e di cui
nessuno poteva dispensarsi. Ninno era e-
sente dalle gravezze pubbliche, o fosse-
ro tributi o aggravi personali che con-
sistevano in lavori corporali, ovvero reali
ch'erano quelli spettanti a'possessori de'
fondi. Quanto a'tributi privali, lo Schia-
vo (F.) ch'era stato manomesso, incon-
trava de' doveri verso il suo Padrone
(T\), come di accompagnarlo dove egli
i ecavasi, di far per lui qualche opera, e
d'impiegare per la di lui utilità e pel di
lui diletto i suoi talenti. J tributi si di-
stinguevano in ofjìciales e \nfabriles,o
sia artificiale s: i primi non erano dovuti
che al padrone personalmente; i secondi
potevano essere trasportati ad una 3."
persona, e consistevano in opere servili.
Nell'atto di mettere in libertà uno schia-
vo non si potevano stipulare né tributi
pericolosi, ne contrariai pudore: l'età o
l'infermità dispensava il tributario di a-
dempiresì falla obbligazione.e se lo schia-
vo trova vasi in islato di soddisfare il suo
tributo, ma nell'impossibilità di nutrirsi,
il padrone doveagli somministrare il suo
alimento o lasciargli il tempo di guada-
gnarlo.Que'tribuli doveanoessere adem-
piti nel luogo dove stanziava il padrone;
e se il liberto avea bisogno di un giorno
per portai visi e d'un altro per ritornarse-
ne, questi due giorni doveano esser sot-
tratti dal numero de'giorni dovuti pel tri-
buto. A Servo parlai anche della Servi-
tù in s<mso di diritto fondalo sopra luo-
go stabile a prò d'alcuna persona, e sue
diverse specie, come della manumessio-
imo liberazione dalla servitù, per la qua-
le i servi prendevano il nome di liberti
e il suo padrone diveniva patrono di lui,
e delle differenti qualità di essi, come de-
gli aldii,e delle marni messioni; quindi del-
le prestazioni de' servi quali vassalli feu-
datari,di tributo ecenso. Si costumò pres-
so i romani battersi dall' imperatore le
Monete, conforme alla quantità del tri-
buto o censo che si pagava ; e così lad
f I I
dove le monete ordinarie erano sempre
dell' istesso prezzo, quella ilei tributo o
censo, mutandosi la qualità del tribu-
to, parimenti si mutava formandosene
un'altra nuova, come pienamente atte-
sta Lampridio, in Alex. Osserva il Ri-
nabli, che dovendo l'imperatore Teo-
dosio I il Grande guerreggiare Euge-
nio tiranno, in vece d'aggravare i popoli
con nuovi tributi, levò quelli che di re-
cente avea imposti Taziano prefetto del
pretorio. Dice e prova il Rinaldi, ebe gli
eccessivi tributi sono stati sempre la ro-
vina de'principi e de'loro stati. Quali fos-
sero le gabelle e i tributi sollo gli an-
tichi romani, si può vedere: Pietro Dor-
mami, De Vecligalibm Populi Romani
Dissertano , Ultrajeetum ij3/{. Giulio
Cesare Bulenger, De Tributi s ac Vecti-
galibus Popu URomani Dissertalo, Fra n -
cofinti 1626. Girolamo Bontadosi, Dis-
sertatio de Annonis et Tributis, Romae
typis Salomonianis. Gio. Guglielmo Ja-
ni, De Censu Romanorum primo recen
tiores quaedam controversiae , Witle-
bergaei7i5. Gotllieb Wernsdorf, Dis-
sertatio de Censu, quem Caesar Augtt-
slus tempore natività tis Chris ti per Or-
berà terrarum fedi, Witlebergae i6c)3.
Giovanni de Vita, De, origine ctjurc de-
cimarum Ecclesiae, Romae 17^9. Nel-
P articolo Tesoriere ragionai di alcune
tasse e operazioni di finanza degli anti-
chi romani; sopra le finanze di Roma ne'
secoli di mezzo; e sulle finanze dello stalo
pontificio da detta epoca a oggi. Nell'ar-
ticolo Stati e regni tributari alla s. Se-
de, con diffusione trattai dc'dominii tem-
porali con sovranità sottoposti da' pro-
pri principi Sovrani , principiando dal
5i4e fors'ancheda Costantino 1, per di-
vota oblazione a s. Pietro e sua Sede a-
postolica, e per mettersi eziandio al co-
perto dell'altrui usurpazioni, con annuo
tributo e censo, per alcuni denominalo
Denaro di s. Pietro (F.). Che tali sitili
o feudi tlissi ciie si offrivano anche con
giuramento di vassallaggio, per divozio-
T I I
neo riconoscenza, e talora non erano cen-
suali. Questi stati si chiamarono oblali,
censitali e tributari alla s. Sede, e dèi tut-
to diversi dagli Stati donati alla s. Se-
de (f.) in piena e immediata sovranità,
per i-poutiinea dedizione de'popoli o per
munificente pietà de'principi, i quali co
st i l u i rono propri a ment e la Sovranità (ìt
romani Pontefici e della s. Sede (/'.),
che tuttora l'esercita in parte di essi; per
gli altri, di cui fu spogliata dalla forza ,
emettendo i Papi quelle annue e formali
proteste, in unope'trihuti e. Censi appar-
tenenti alla v. Side (P.) , e no* soddi-
sfatti per la festa de' ss. Pietro e Paolo,
con quelle solennità e (orinole che ripor-
tai nel voi. IX. p. 72, 73, 76, 77, 8(,
82 e altrove, tranne quella sospesa di cui
farò parola in fine. Narrai che i Papi eb-
bero quindi a tributari i più potenti sta-
ti e regni per isponlanee offerte, e tulli
quanti gli enumerai , di altri avendone
parlato a'Iuoghi loro; e nella Chiesa di
s. Pietro in faticano, in 3 tavoledi bron-
zo erano scolpi ti i nomi di tutti gì' im-
peri, le provincie, le isole e le città tri-
butarie della Chiesa romana. Rilevai in
che consisteva la condizione tributaria
e censitale de' monarchi, e quali privile-
gi e vantaggi ne riceveano in corrispon-
denza da' Papi, esercitanti il padrona-
Io. ÌNon devnusi amalgamare questi sta-
ti censitali, né cogli antichi Patrimoni
della Chiesa romana 0 », Sede (f.)3 con
diritti di regalie quasi feudali, che notai
cominciali verso il 43?? ed i soli patri-
moni di Sicilia e Calabria rendevano
l'annua e cospicua somma di tre talenti
e mezzo d'oro; né colle investiture delle
due Sicilie }<]e't\uaìiu\\ Parma e (ì\ Pia-
cenza, di Ferrara, Urbino (f.) ec, ri-
cevute dagl'investiti con solenne giura-
mento di fedeltà,vassallaggio eannuo cen-
so, quali feudi appartenenti al diretto e
supremo dominio temporale della s. Se-
de; altrettanto doversi dire de' f icari
temporali (f.) e altri baroni feudatari
di contadi, ciltà, lene e castella , inve-
TRI 179
siiti egualmente da'Papi con annui tri
buli. Pallai ancora di diversi collettori
e registri de'censi della Chiesa romano,
e rettificai le asserzioni erronee di RI 11
latori , alquanto avverso alla potenza
temporale dc'Papi, e con pregiudizio di
essa eccessivamente propenso a favore
della polenza laicale, per ingrandir la
quale tentò deprimere l'altra. Dissi pu-
re, come molte città e terre del dominio
papale, per esercitare la giurisdizione del
mero e misto Impero e reggersi a mu-
nicipio, per privilegio furono riconosciu-
te da'Papi censitali e feudatarie con an-
eliate tributo; e che altrettanto avendo
concesso con Investitura (/' .) » baroni
minori, invitati questi a rinunziare le lo-
ro giurisdizioni e curie feudali da Pio
VII, nell'odierno pontificalo cessarono
interamente d'esistere, e co»ì sparì ogni
traccia del famoso e già prepolente feu-
dalismo. Né ommisi di rammentare, che
anco i f escavi, gli Abbati, le Abbades-
se, ed altri dignitari de* due cleri, oltre
le chiese ed i luoghi pii, riceverono e die
rono investiture con triboli, ed esercizio
di Regalia (f.) con potenza temporale.
Terminai l' articolo Stati e regni tri
butari dell v s. Sede, con rimarcare, ch<;
per le vicissitudini de'lempi, cessando gli
stati e i regni dal mostrarsi tributari alla
s. Sede, tuttavolta questa continuò pro-
porzionatamente la sua autorevole e be-
nefica protezione, mediante il patrocinio
che a poco a poco esercitarono con essa
i cardinali Protettori (f.) degli imperi,
regni e repubbliche, i quali poi cessaro-
no di esistere 0' nostri giorni. Notai a
Rendita ecclesiastica, fectigalis Eccle-
j/<7e,l'origine di essa,dei ivala dalle Obla-
zioni de' fedeli e dalle Decime ecclesia-
stiche, e sua divisione canonica. Dissi an-
cora del discreto e benefico uso della me-
desima, riprovando i suoi nemici ed 11-
surpatori. Discorsi inoltre delle readite
della chiesa romana, e della munificen-
za incessante esercitata con esse da'Papi
a vantaggio de'fedeli d'ogni condizione
i8o TRI
e regione, ed anco con nobile ospitalità
verso i principi bisognosi o deironizzali;
oltre gl'immensi tesori impiegati alla di-
fesa del cristianesimo contro i Sarace-
ni ( f.) per liberare la Terra Santa, e
contro i Turchi (V.) per frenare le loro
conquiste, non ebe contro quegli Ere-
tici che imbrandirono le armi per so-
stenere i loro perniciosi errori ; accen-
nando pure le limitate rendite stabilite
pel decoroso mantenimento della sagra
persona del Papa sovrano, ricordando
fra le medesime gli annui scudi 6000 a
sua disposizione, sulla regalia de' Sali
e Tabacchi, cioè sui prodotti delle sali-
ne di Cervia e di Comacchio, e sui pro-
dotti de' sali e tabacchi delle legazioni
di Bologna, Forlì, Ferrara e Ravenna ,
riservati a disposizione speciale del Pa-
pa, a forma de* due chirografi de' 28 a-
gGsto e 3i dicembre 1816 di Pio VII.
Ommisi però di specificare e dichiarare,
che tale annua regalia la generosità pon-
tificia non l'usa per suo privato bisogno,
ma benignamente l'eroga in annui asse-
gni o pensioni vitalizie, a favore di chi
vuole gratificare o soccorrere.
11 Muratori ci die la dissert. icj.a: De'
tributi, delle gabelle e di altri oneri
pubblici de' secoli barbarici. In essa di-
scorre di quante sorte in uso anticamen-
te in Italia ; come si chiamassero i mini-
stri destinali a raccogliere i tributi; cosa
s'intendessero allora per oneri pubblici;
e quali si pagassero a'messi regi. Adun-
que il grande erudito, cercando di che si
nutrisse una volla il regio Fisco (P^.) ,
osserva che niuno de'principi ebbe inai
bisogno di maestri o di libri per impa-
rare a raccogliere denaro, tributi o sus-
sidii dal popolo, per sostenere la propria
dignità, per le necessità della guerra e per
altre pubbliche occorrenze. Imperocché
•■gli dice, questo è un mestiere facile per
chiunque ha popoli sudditi, ubbidienti e
avvezzi a portare il giogo; nondimeno an-
co a'tempi de'longobardi, (rauchi e ger-
Miuui stgnoreggianti in llaliu, furouo iu
TR I
uso i tributi, che si pagavano dal popolo
in denaro contante o in naturali prodot-
ti. Sembra ancora che vi fossero dazi o
gabelle che si riscuotevano per introdu-
zione delle merci e d'altre cose venali o
alle porte, o riporti, o nelle strade, ne*
ponti e passi de'fiumi, che si chiamava-
no Portoria. La voce Telone uni fu ge-
nerale per significare il / ectigalia de'
latini, e le Gabelle fra noi. Inoltre non
lieve era il provento che si ricavava dal-
le frequenti condanne e pene pecuniarie.
Aggiungasi che non mancavano censi e
fondi spettanti al pubblico 0 privato e-
rario de're, come corti, selve, saline, mi'
niere, laghi e fiumi fecondi per la pesca-
gione. Finalmente v'erano altri oneri
pubblici, carichi e obblighi, che nulla
fluitavano alla borsa del principe, ma co-
stavano molto denaro e incomodo al po-
polo. Quanto alla capitazione ossia testa-
tico o censo personale, da pagarsi da ogni
uomo, fu talvolta in uso anco presso i ro-
mani antichi, e fu poi introdotto in altre
nazioni. Anticamente tra'romaui lo paga-
va la sola plebe, ed un tempo anche i no-
bili; se poi ne'tempi in cui l'Italia sog-
giacque a'barbari lo pagasse,propriamen-
te lo ignorò Muratori, poiché non ne par-
lano le leggi longobarde, e di q>;e' seco-
li restano poche memorie per chiarirlo.
Bensì gl'imperatori greci, Ira gl'insoflli-
bili aggravi, vi compresero il testatico.
De'tributi sulle terre ceusuarie che da-
vansi a Livello (V.), già detti Enfiteusi
{F-), con obbligo di pagare l'annuo cen-
so al fisco, ve ne sono vari esempi. Nella
legge Salica de'francui s'impone il tribu-
to di 1800 denari al reo d'omicidio. Per
l'uccisione d'un romano tributario, o pos-
sessore di terre tributarie, ci avi la multa
di 45 soldi; e se un romano uccideva al-
cuno, dovea pagar 100 soldi. Ne' vecchi
documenti si nominano FoHsfacturac
le pene pecuniarie che si pagavano per
delitti criminali al fisco. Grande rendila
producevano le pene pecuniarie.cioè Mul-
tar o Mulctae, appellate Freda dall'an-
T R I
lìdie leggi, come dicevasi Le udì so Leu*
dnni la composizione. Ne'secoli barbari-
ci pochi misfatti erano capitali, cioè pu-
niti colla morte, a riserva de' commessi
contro il re o la repubblica, chiamati de-
litti di lesa maestà. I servi che uccideva-
no il padrone o la moglie, si riscattava-
no pagando una somma ond' essere as-
solti dalla pena e dalla prigione: chi uc-
cideva un prete pagava 600 soldi al fi-
sco, egoo se uccideva un Vescovo, come
si ha dalla legge longobardica i o 1 di Car-
lo Magno e da altre di Lodovico I. Uu in-
cendiario, un ladro, un assassino era am-
messo a composizione, e il fisco occupa-
va tutti i beni di chi uon pagava. Né que-
sta immorale e riprovevole usanza era
propria de'soli longobardi, quasi tutti gli
altri popoli settentrionali pagavano Io
slesso, come si rileva dalle leggi Salica,
Ripuaria,Bavariea, ec. Anzi anche ne'se-
coli posteriori si vedouo prescritte pene
molto lievi al flirto ed omicidio. Essen-
do state così tenui una volta le pene, e
cotanto inferociti e turbolenti i costumi
degli uomini, si può ben congetturare,
che frequenti fossero» delitti, con ingras-
sarsi poi delle spoglie de'rei il regio fisco,
e massimamente se si trattava di ribellio-
ne. Trovatisi nelle vecchie carte menzio-
ne t\\ ghindatici, Iwrbatiii, e scalici, cioè
d'un censo e uon tributo,, che si pagava
pel godimento della facoltà di poter pa-
scere i porci nelle selve del fisco chiama-
te pubbliche : alpalico si diceva il censo
che pagavasi alla regia camera, per po-
ter pascolare le pecore nel!' Alpi; agra-
riunì il tributo o ce ti so imposto a'pasto-
ri, che metta vano al pascolo le loro peco-
re pe'poderi regali; (erratico il censo che
si pagava da'villani, coltivanti le terre al-
trui, in grano, miglio, orzo, e in alcuni
luoghi talvolta fu tributo. Il mondo sem-
pre indinandoalla peggio, dice Muratori,
perciò andai onsi inventando nuove ma-
niere di pelare i sudditi in Italia con pub-
blici pesi. II plateatico era un tributo pa-
gabile da chi volea vendere in piazza, vo-
TB1 181
ce che si usò inoltre per altri tributi. Si
chiamò Kxcadcntìa e Bona caduca l'e-
redità de'pellegrini e forastieri die man-
cavano di vita senza far testamento e sen-
za eredi chiamali dalla legge, le quali e-
raito prese dal fisco: noi lo diciamo Al-
binaggio, come notai di sopra. Si lagna
Muratori, poiché a suo tempo non erattsi
fatle fra gli stati le convenzioni che ri-
portai a Testamento, che in alcuni paesi
i forastieri non era un ammessi all'eredi-
tà,benché agnati ocoguati, e benché chia-
mati ue'lestameuti, tutto divorando il fi-
sco. Oltre a ciò pervenivano al fisco re-
gio molte eredità per mancanza di eredi.
Nella legge 1 58 di re Rota ri è decretato,
che se alcuno muore lasciando solamen-
te figlie legittime e figli bastardi, i pa-
renti prossimi, gli agnati, prenderebbe-
ro due micie del di lui asse. Che se uno
moriva senza eredi, cadevauo alla corte
regia, cosi le eredità di quelli die non a-
vessero testato. Gli eredi legittimi si com-
putavano sino al 7.0 grado. Alcuni prin-
cipi donarono alle chiese i beni de'morli
senza a ver fatto testamento, ed ecco come
di sovente facevano simili pie donazioni.
Imparo dal Borgia nelle Memorie di Be-
nevento t. 2, p. 137, l'enorme abuso esi-
stente un tempo in quella città, cioè ili
vietare a'mercanti, viandanti e pellegri-
ni diedi passaggio ivi s'infermavano, l'u-
scir di casa, il far testamento e l'elegger-
si la sepoltura. Il concilio provinciale del
ilio inutilmente ordinò che non si re-
casse alcuna molestia a'mercauti nell'ac-
cesso e recesso da Benevento; inutilmen-
te riprovò l'enorme abuso L\ipa Eugenio
III, finché pochi anni dopo recatosi a Be-
nevento Alessandro III, con grave costi-
tuzione diretta al clero, a 'giudici e al po-
polo beneventano, solennemente condan-
nò la rea usanza, e sotto severe pene la
vietò, restituendo a'forastieri la piena li-
bertà nello scegliere la sepoltura, e nel
testare delle cose loro; e di più ordinò,
che se per avventura alcun di loro ve-
nisse a morire seuza far tcslameulu, si
i8a T li I
prendessero le di lui robe.ecoll'aulorità
ilei pontificio rettore, dell'arcivescovo e
d'idonei testimoni si tenessero pei un an-
no depositate in qualche chiesa, scorso il
quale, senza che comparso fosse alcuno
legittimo erede, decretò che tali robe si
dividessero in 3 pontoni come per 1* in-
nanzi si costo ma va, da applicarsi alla cu-
ria di Benevento, alla chiesa e agli ospi-
ti. Chiama giustamente il Muratori, cru-
dele consuetudine e barbara legge quel-
la de'passati secoli, per la quale il fisco
occupava i beni di coloro che facevano
naufragio; iuiquissima usanza appellata
Logon o Laganum, che fu in uso anche
presso i greci e romani antichi, e fami-
liare presso quasi tutte le altre nazioni.
J geuovesi recatisi a Tunisi in soccorso
di s. Luigi IX re di Francia, nel ritorno,
la loro poderosa flotta fu spinta nelle co-
ste di Sicilia, e fracassate le navi gran co-
pia d'uomini vi perì. 11 re Carlo I fratel
lo del santo, dimentico d'esser cristiano,
operò contro i genovesi collegati e nau-
ti aghi peggio de' turchi. Così inumana
consuetudine talmente fu detestata poi
da' Papi e da' concilii, che fulminala da
più scomuniche e posta nel ruolo dere-
litti condannali nella bolla Corna Do-
mini, finalmente cessò ne'paesi cattolici.
Nel voi. L1V, p. igo, riportai un bel nu-
mero di bolle pontificie, cominciando da
Onorio II deli i 3o condannatila del bar-
baro presunto diritto. Per le barche e na vi
si pagavauo i tributi detti Ri naticum, Pa-
li ficlura, Transitura o Trasturo, cPor-
tonaticum. Non la finirei mai se dovessi
riferire tutti i vocaboli riuniti da Mura-
tori, sui tributi del medio evo iu Italia;
anzi egli riferisce che vi furono tributi e
aggravi, de'quali si conosce il solo nome
e non il significato, poiché in progresso
di tempo vieppiù crebbero : e siccome Tc-
loneum fu voce generale sinonimo del-
l'antico Feci igo Ho ossia Gabella, così a
raccogliere i tributi, dazi e gabelle si de-
stinarono uflìziali denominali leloncori,
vegliali da'depulati delti aclionarii. Gli
T li I
aggravi pubblici furono anco appellati O*
nera publico, Angarine, Perangariae,
Foclioncs publicae. Di gran peso dovette
esser quello di tulle le persone hbere atte
alle armi, forzate a concorrere all'arma-
ta e militare, qualora veniva voglia o bi-
sogno a'regnanli di far guerra, e pochi e
rano gli escuti e dispensali, con grave di-
scapito de'loro interessi. Per chi non an-
dava era proporzionatala pena Heribau-
ìuun, legge dura e grave per (pianto biso-
gnava somminislrare.Doveasi dare YHe-
ribergum, onde derivò la voce albergo,
cioè l'ospizio, lìlansio, a lutti i ministri
e messi regi della giustizia, ed anche a're,
o a 'soldati quando lo richiedeva l'occa-
sione: chi ricusava dovea pagar* VJfcii-
bannum. Gli uomini delle provincia era-
notenuti per gli aggravi 1 eredi e Paro-
veredi, a somministrar cavalli e bestie ila
soma, per condurre le bagaglie allorché
il re e la sua corte, i messi regi o conti, od
altri pubblici ministri straordinari [las-
savano pel paese; i messi alzavano Tri-
bunale e col Placito (£'.) amministrava-
no la giustizia a'popoli che aveano titoli
di lagnanze contro gli ordinari giudici e
governanti, e solevano essere due, l'uno
ecclesiastico e l'altro secolare. Si chiamò
Cursus J'eliicularius o Fiscali* 0 Pu-
blieuSy il disporsi ad ogni determinato sito
di alquante miglia cavalli e carrette, per
portare con diligenza le ledere del piiu-
cipe, e condurre sollecitamente i ministri
e uomini della corte. Fu iu uso anco sot-
to gì' imperatori romani, e corrisponde
alla Posta (1 .) d'oggidì, se non che toc-
cava allora al paese di somministrare e
mantenere i cavalli e le cai rette. Alcuni
buoni imperatori ne sgravarono il pub-
blico, appoggiandone la cura al fìsco; ma
sotto i re goti, longobardi e franchi, du-
rò quesl'angaria a spese de'sudditi. Non
era permesso negli antichi tempi alle pei"
sone privale di servirsi della diligenza ,
Vehicularii cursus, o sia della posta, se
non per siugolar privilegio o concessione
del principe. Conveniva anche tener bar-
T li I
che pronte, chiamate Dromo/ics e Na-
ves cursoriae, a (Ine eli condurre pesti-
mi e laghi i corrieri, cortigiani e magi-
strali regi. Altro aggravio era il Fodrum
o Foderimi, cioè l'obbligo d'alimentare
i soldati, e lo stesso Imperatore colla sua
corte passando ne' paesi, somministran-
dosi pure foraggio e biada pe'cavalli: al
ladro erano obbligati non meno gli ec-
clesiastici che i secolari, ed il prepotente
imperatore Federico I lo pretese da Pa-
pa Adriano IV, mentre l'esenzione erasi
accordata a tanti vescovi e abbati. Narrai
nel voi. LVIII, p. 28i,eheRodolfoIre
de'romani nel confermare a Gregorio X
le temporalità della s. Sede, si riservò il
fodro; ed ivi notai altre cose sul (odio, e
del mantenimento in Roma dell'impera-
tore e sua corte, e ne' viaggi da'feudatari.
Ne'secoli più bassi, allorché le città pre-
sero forma di repubblica, sottomettendo
al loro dominio le varie terre e castella,
obbligarono i popoli a pagar la boazia,
cioè un tanto per ogni paio di bovi. Dopo
il i ooo ancora s'introdussero vari straor-
dinari aggravi, a 'quali specialmente era-
no sottoposti i vassalli, chiamali Auxi-
Ha, Dona gratuita e Aiutila, vale a di-
re prestanze di denaro, che mai più. si
restituiva. Venendo adunque occasione
di guerre, o maritandosi il principe, o ac-
casando egli le figlie, o dovendosi confe-
rire a lui o a'iigli il cingolo della milizia,
appellata cavalleria, o dovendosi fortifi-
car la città o qualche castello, si esigeva-
no Auxilia da tutto il popolo, ma più
sovente da' vassalli. Che se due o tre volte
si pagava dal popolo qualche aiuto, o in
denari o in naturali, sotto il nome di con-
suetudine, seguitava poi questo peso : da
tali consuetudini, che non aveauo mai fi-
ni^ ninna città probabilmente audò esen-
te; biasimevoli usanze chiamate pure oc-
casiones, di cn\ se ne trovano esempi tra
gli antichi romani, come non ne fu esen-
te una volta la repubblica ecclesiastica.
Imposizioni pecuniarie, di tasse e altre pe-
ne civili ed ecclesiastiche, si stabdirouo
TRI i83
per frenare e punire chi rompeva la Tre-
gua del Signore (f7.). Finisce Muratori
con protestare, che co' tributi e aggravi
de' secoli barbari, non pretese d' averli
mentovati tutti, poiché questo è un cam-
po vasto e fecondo, portando la disgra-
zia, che introdotto un nuovo dazio o ga-
bella, ha la fortuna di conseguire il pri-
vilegio dell'immortalità. Forse non vi è
niuno de'popoli,sentendoi propri pesi.che
non se ne lagni, ma senza conoscere quelli
ancora d'altri paesi,che talvolta sono mol-
to più gravi. Anzi scrisse Salviano, parlan-
do degli esorbitanti aggravi paliti al suo
tempo da'popoli del romano impero, che
senza paragone slavano meglio que' ro-
mani divenuti sudditi de' barbari, non
curandosi perciò di mutar padrone. IV
secoli successivi, de'principali tributi del-
le città e nazioni ne parlai a' loro luoghi,
e per lo stato pontifìcio ne'summentova-
ti articoli e in quelli in essi citati, ed a'
quali qui aggiungerò alcune altre erudi-
zieni.
Con s. Gregorio II incominciata la so-
vranità papale , o per dir meglio più a-
pertamenle venne riconosciuta da'popoli;
indi la piena amministrazione delle cose
civili in Roma e nelle provincie del prin-
cipato temporale della chiesa romana me-
glio si sviluppò con vigore circa 5o anni
dopo, sottoAdriano 1 del 772, nel cui pon-
tificato il regno de'longobardi fu spento
dal rede'l'ranchi Carlo Magno, che poi s.
Leone Ili elevò all'impero d'occidente.
Nel principio della dominazione tempo-
rale de' Papi, questi seguirono il sistema
feudale, facendo governare le provincie e
le città da' loro ministri , conti , giudici,
gastaidi e altri governanti chiamati con
diversi vocaboli, fra'quali fuvvi quello di
lettore , risei vanitosi il supremo potere.
Questo talvolta fu impedito dal furore
delle ribellioni, dalle differenze civili del-
le (azioni, dalle agitazioni politiche, e dalle
pretensioni feudali degl'imperatori fran-
chi e tedeschi, non meno che da' re d'I-
talia. Per tutte queste viceude, per la fa-
i84 TRI
mosa lotta tra il Sacerdozio e l'Impero,
a motivo dell' Investiture ecclesiastiche
(ì .), i Papi si doverono contentare d'im-
perare alla meglio, e lasciare che le città
e i luoghi, secondo lo spirito de'tempi, si
governassero a reggimento democratico
e libero, salva la suprema signoria. Nel
secolo XI i Papi principiarono a concede-
re a particolari signori, ed alle stesse cit-
tà e comuni investiture con lievi tribu-
ti, in riconoscimento dell' alla sovranità.
Altri tributi e censi in favore de'la s. Se-
de era n le derivati fin da s. Zaccaria Pa-
pa del 74 'j quando le abbazie e i mona-
steri bramarono 1' esenzione, sottraendo-
si dalla soggezione de' vescovi, e ponen-
dosi sotto l'immediata protezione di s.Pie-
Iro e della Chiesa romana, pagando an-
nuo tributo in denaro, cera e in altri og-
getti, e da una di queste corrisposte eb-
be principio la Rosa d'oro (P ■)■ Nello stes-
so secolo XI, s. Leone IX, Nicolò II, A-
lessandro II e s. Gregorio VII comincia-
rono a infeudare le due Sicilie coll'inse-
gna del Vessillo o Stendardo di s. Pie-
tro {V.), con giuramento di vassallaggio
e fedeltà ed omaggio ligio, e con annuo
tributo, siccome dominio principesco del-
la s. Sede. Prima fu stabilita la consegna
del tributo nel giorno di Pasqua, poi uel-
la vigilia de' ss. Pietro e Paolo , e dipoi
alla somma vi fu aggiunto un cavallo
bianco e bello detto ottima , con nobile
bardatura. I Papi dierono l' investiture
delle due Sicilie, per avere nel principe
investito un conservatore e difensore dei
loro diritti. Anzi diverse investiture, co-
me quella di Carlo 1 d'Augiò,oltre5o,ooo
marche sterline per ogni nuovo re, oltre
l'annuo tributo d'Booo oncie d'oro, ol-
tre il cavallo bianco, a richiesta del Pa-
pa era tenuto l'investilo di mandare 3oo
cavalieri ben armati, sussidio che secon-
do i bisogni poteva permutarsi in nava-
le slolium. Di non far lega e confedera-
zione con alcuno, contro la chiesa roma-
no; e di tener pronti almeno i ooocavalie-
li oltramoutaui,ed altra truppa apparec-
TR I
chiala per valersene ad prosecutionem
ncgoliijidei. Ne'secoliXII e XIII, sia per
la prepotenza d'alcuni imperatori, sia per
gli scismi, sia per le tremende fazioni ilei
guelfi e ghibellini , venendo fomentati i
romani del loro partilo a sognare il ri-
pristinamento dell' antico Senato e Re-
pubblica romana, per le quasi continue
commozioni eccitate da ambiziosi che a-
spiravano a dominarli, molli Papi furo-
no costretti a esulare da Roma, a risiede-
re nelle città delle provincie vicine, e per-
sino a rifugiarsi in Francia. Per tante ca-
lamità, convenne loro di accordare altre
investiture feudali delle terre della Chie-
sa,^on tributi e censi, riservandosi la su-
prema sovranità, e per tale mezzo rico-
noscere le usurpazioni fatte nell'infelici-
tà di siffatti tempi. Notai nel vol.LXXIV,
p. 269, che il censo apostolico è antichis-
simo, imposizione stabile e ordinaria , e
già esisteva a'iempi d'Innocenzo III del
1 1 q8. Si denominò anche Sussidio papa-
le, ed in tale articolo rilevai che il voca-
bolo fu usato in generale per tulle l'im-
posizioni. Nel secolo XIV il potere tem-
porale de'Papi vieppiù venne invaso, do-
poché Clemente V stabilì la l'alale resi-
denza pontificia in Francia e in Avigno-
ne, ove restò sino al 1 377 con gravissi-
mo daunoaltresì dell'unità della Chiesa,
pel funestissimo grande Scisma d' occi-
dente che ne fu lagrimevole conseguen-
za. Perciò i Papi avignonesi trovaronsi
costretti nella loro lontananza dallo sla-
to ecclesiastico, di riconoscerei prepotenti
signoroni e tirannetti usurpatori de' lo-
ro dominii, quali vicari temporali e feu-
da lori investiture che pure dierono a quei
che seguirono le loro parli e contribui-
rono alla ricupera dello slato, soccorren-
do i legali a tal uopo spediti , fra' quali
primeggiò il gran cardinale Albomoz.
Sebbene i Papi tornarono alla loro pro-
pria sede Iloma, per lo scisma e relative
turbolenze furono necessitati a rinnova-
re le investiture e ad accordarne anche
delle nuove. Tulle registrai e in che con-
T R I
sislevano le condizioni deg!' investiti nei
tributi e aldo cui obbligaronsi, ne' tanti
l'ispettivi articoli, il che agevolmente può
vedersi, insieme alle frequenti condona-
zioni de'tribuli e censi non soddisfalli. A
darne un'idea, dirò soltanto, che Bonifa-
cio IX del i 38g, dopo aver condonalo al
feudatario Alberto d'Este signore di Fer-
rara i censi non pagati per cpiel dominio,
rinnovò al figlio Nicolò HI d'Este l'inve-
stilura di Ferrara a vila, coll'annuo cen-
so di i 0,000 fiorini di camera, olire a i 00
uomini Stipendiati in caso di bisogno pel
servigio della s. Sede. Inoltre confermò i
Mala lesta ne' vicariali di Rimini, Fano,
Fossombrone e altri luoghi, per l'annuo
censo di 7000 ducali;ed a Malatesta Ma-
latesti die pei' 10 anni in prefettura To-
di, coll'annuo tributo di 3ooo scudi d'o-
ro, assolvendolo dall'usurpazione che ne
avea fatta. Concesse il vicarialo di Foli-
gno ad Ugolino Trinci, col feudo di 1000
scudi d'oro ogni anno. Al magistrato di
Bologna, il quale avea confessato con alto
solenne eh» alla chiesa roma uà apparte-
nevano Bologna, Imola e Massa de'Lom-
bardi in quella diocesi, concesse per 2 5
unni il governo di que'luoghi, collobbli-
go di contribuire annualmente alla ca-
mera apostolica 5ooo scudi d'oro. Reca-
tosi Bonifacio IX a Perugia, ricevè in de-
dizione la città e il contado, riconoscen-
do formalmente i perugini appartenere
al dominio della chiesa romana; rinno-
vando il Papa l'investitura al vescovo e
cittadini, con lieve tributo da pagarsi al-
la camera apostolica per la festa de' ss.
Pietro e Paolo, in ricognizione dell'alto
dominio. Avendo Bonifacio IX assolto
Giovanni e Nicolò della Colonna, per ri-
bellione da lui scomunicati , privati dei
feudi e confiscati ne'beni, concesse loro in
■vicariato a 3.a generazione il castello di
Gallese e il vicino porto sul Tevere det-
to di Arzegiio. Si stabilirono i canoni tri-
butari d'un cervo vivo per Gallese, e di
due fagiani similmente vivi per il porto.
Godendo la chiesa di s. Ippolito di Poi-
TRI 18S
to la gabella detta dell' Ampolla , Boni-
facio IX la concesse in appodazioue vita-
lizia per l'annuo censo d'un paio di per-
nici. Di più il Papa infeudò Antonio Ine-
schi del principato di [\1 assentilo nel Pie-
monte, e delle terre di Crevacour mar-
chesato e di Monte Capretto, col censo al-
la camera apostolica d'uno sparviere. Col
medesimocenso Bonifacio IXinvesùCam-
porsevoli e Monte Leone a Francesco con-
te di Corbara.Col tributo poi d'un cane
da rete e di una rete, accordò a Minino
Dongiovanni, Rotella d' Ascoli. Indi die
Canino in feudo a Paolo Orsini, col tri-
buto d' un cane da caccia d' uccelli e di
lepri, boni et experli. Dipoi Eugenio IV
infeudò di Castel Arcionedi Tivolta Gio.
Antonio e RinaldoOrsini, pel canone d'ini
cane da rete e di una rete, da presentar-
si per la festa di s. Pietro alla camera a-
postolica. Narrai all' articolo Famiglia
pontificia, che anticamente era avi in es-
sa i cacciatori, poiché i J/api conceden-
do la quotidiana mensa a'ioro famiglia-
ri numerosi, imbandendo nel Triclinio
(V.), oltre l'ospitalità a' Pellegrini, Pran-
zi, Conviti e Ccne(F.) nelle feste solen-
ni, occorreva anche della selvaggina e
altra cacciagione per le vivande; ed ec-
co perchè vari tributi furono di cani, di
reti, di falconi , di cervi e di uccellame,
ec. M' istruisce il Cancellieri, Novena e
festa di Natale, y>. 1 38, che per questa so-
lennità e per quella di Pasqua, dovea pa-
garsi alla Chiesa romana un tributo di
cacciagione, come rilevasi da questa for-
mula riportata dal Carpentier. Vos re-
quirimus ... districtus injungenles, quale-
nus venationis Exe.nium , ut moris est,
sic devote, sica uè honorifice in proxì mo
futuro fes lo Nativi tati s dominicae nobls
prò Romana Ecclesia faciatis... ita quoti
quinque diebus ante festina Nalivitatis
praedictae, dietimi Exenium, vestro no-
mine, corani nostra praesenlia praesen-
ìelur... e dopo si nominano, Exeni a ve-
nationis ia festivi talibus Nitivitatis et Re-
surrecliouis Domini. Bonifacio IX final-
i S6 T R 1
melile proil/i, che i Beni di chiese , di mo-
nasteri e ospedali si potessero a Hi ti. ire o
tiare in enfiteusi per più di 3 anni, e che
le loro rendite si potessero ricevere pri-
ma del tempo annuale; divieti che am-
pliaronoalti i L'api, sottoponendoli al Be-
neplacito apostolico (/",). Già s. Leone I
avea proibito le alienazioni de' beni ec-
clesiastici, colla bolla Occasio speda-
Unni, de' 3i ottobre 44?j Bull. Rota.
t. 1, p. 3q; De rebus Ecclesiae. non a-
lieuandis. Vi lucono pure annui tribu-
ti canterali soltanto di piatti e di tazze
d'argento, anebe per infeudazioni di si-
gnorie, terre e castella. Durante il seco-
lo XV continuarono le infeudazioni, e
in pari tempo furono incamerati diversi
luoghi al diretto dominio della s. Sede,
per cessazioni d'investiture e morosità dei
tributi. Terminò pure la temporanea in-
feudazione di Benevento e di Terracina,
pel qual vicariato Alfonso I che l'ebbe a
vita presentò il tiibuto di due sparvieri;
ed il figlio ricevendo Terracina per un
decennio, somministrò in tributo un ca-
vallo bianco nella festa di Pentecoste. In-
nocenzo Vili colla bolla Apostoliche Ca-
meraej de' 17 febbraio 1 4^5, Bull. Rom.
t. 3, par. 3, p. 200; Contea annatas ex
Jructibus Beneficiorum Eeclesiaslicorum
slalulis temporibus non soh>enles,\mli col-
la bolla Ad reformanduui, de' 5 agosto
i485, Bull, cil.p. 20 1; Contea accipien-
ics honorum Ecclesia/ uni , et Mollaste-
riorum administralionein absque Sedis
apostolicae licentia, Uteri sq ne ab ea im-
petiandis minime expediùs. Il successo-
re Alessandro VI pubblicò la bolla Inter
miiltiplicescuras)àe\i.0a[n\lei/\.C)3,Bull,
cit. p. 2 3 2 : Contea sibimet jus dicentes
aut cavalcatam aut hominum missio-
nem facientes in Stalli Ecclesiastico, E
dispose colla bolla Cuoi ex 1 elulione, dei
1 3 dicembrei497, BuU.nl. p,238: Con-
tea non solventes census} canones3 et a-
Ha fura, vel regalia rev. Camerae Apo-
stolicae. La diresse a'vicari, a'feudatari,
a governatori, a' censitali, agli affittuari,
T t I
agli enfìleuti e amministratori «.Ielle cit-
tà, terree castella, ed altri beni della s,
Seile di qualunque grado. Nel pontifica-
to d'Alessandro VI molti vicariati della
Chiesa furono tolti a'feudatari dall'am-
bizione di Cesare Borgia, prendendo mo-
tivo da sospetti di ribellione, da' tributi
non soddisfatti, o dall'essere terminata la
linea legittima degl' investiti. Però Ales-
sandro VI frenò l'ol tracotanza de'baroni
feudatari, e si può dire ch'egli fu il 1 ."Pon-
tefice, che mise i suoi successori in ista •
to di figurar nel mondo come potenti e
indipendenti sovrani temporali Appun-
to l'inimicizia de'grandi da lui domali e
tenuti in freno, fece esagerare quello che
vi fu di censurabile nel suo pontifica-
to, massime pel Nepotìsmo. E Giulio 11,
d' animo grande e di spirito guerriero,
ricuperò alla s. Seóe molti domimi, es-
sendo glorioso pel sacerdozio maestosa-
mente esercitato, e pel principato valoro-
samente sostenuto, Paolo III stabilì l'im-
posizione chiamata sussidio triennale , e
ne fece fare il riparto da'eommissari da
lui deputali, a tutte le comunità, cioè la
tassa di 3oo,ooo scudi d'oro, già esisten-
do il sunnominato sussidio apostolico o
papale. L'eguale e proporzionala distri-
buzione de' tributi impegnò sino da au-
lico tempo la sollecitudine de'Papi, nias-
siine eli Paolo 111 colla formazionedel Ca-
tasto, e più lardi Pio VII istituì la Con-
gregazione cardinalizia del Censo (/ .),
Inoltre Paolo 111 infeudò Parma e Pia-
cenza, con l'annuo tributo di 9000 du-
cali d'oro, in ricognizione del supremo do-
minio della s. Sede su'due ducali: questa
fu l'ultima infeudazione di provincie del-
la Chiesa romana concessa da'Papi, il cui
tiibuto si pagava nella vigilia di s. Pie-
tro. Nel voi. XXI II, p. 2i 1, narrai, che
i Farnesi duchi di Panna e Piacenza, co-
me feudatari della romana Chiesa, innan-
zi a'ioro Orti al Foro romano, nel Pos-
sesso del Papa facevano innalzare un ma
guifico arco trionfale, e mentre vi passa
va il Pontefice, 1' agente ducale con un
T I I
complimento gliene oihiva il disegno. Il
cali. Cecconi nella ristampa delia Roma
sacra e moderna di Pancirolo, vi ag-
giunse un Diario /.storico, ove a p. 740
riporta la descrizione dell'arco trionfale
eretto nel 1 7 24 da Francesco Farnese du-
ca di Parma e Piacenza, pel possesso di
Benedetto XIII. Il Cancellieri nella Sto-
Ha de Possessi de' sommi Pontefici, a p.
383 descrive l'arco fatto erigere da d.
Carlo di Borbone duca di Parma e Pia-
cenza neli74i pel possesso di Benedetto
XIV, il quale principe già e'ra divenuto
re delle due Sicilie; ed a p. 4°7 laico in-
nalzato nel 1769 da Ferdinando IV re
delle dueSicilie quale erede de'beni e de-
gli Orti de' Farnesi, a Clemente XIV;
mentre a p.4^2 riferisce la descrizione del-
l'arco ivi eretto dal medesimo re nel 1775
pel possesso di Pio VI, e fu l'ultimo Papa
che ricevè tale dimostrazione d'ossequio.
Paolo IV pubblicò la bolla Jncumbentia
Nobis, óe'7.5 ottobre 1 556, Bull Borni t.
4, par, 1, p. 336: Conira occupante* aut
iuvadeutes bona, ter ras, ti loca rei'. Ca-
merae Aposiollcae. Fi coulra se ingereu-
tes in beneficiis ecelesiaslicis, non expe-
fèitii literis apostolici*. A e non solvente*
in tempore annalas, et quindennia, eeu-
sus, canones, aUaquc regalia dictae Ca*
ì/ierae debita. Osserva il cb. Coppi nelle
AJemorie Colonnesi, che i patrizi roma
ni ne' secoli di mezzo non solevano usare
titoli feudali concessi da'Papi. Paolo IV
occupato e confiscato Pali ano, feudo dei
Colonna, fu ih.°a costituirvi un ducato
territoriale (veramente non pare che Pao-
lo IV fosse ili. "ad erigere ducati lenito-
risii ; tra'di versi anteriori esempi mi li-
miterò a ricordare l'erezione del princi-
pato di Benevento in ducato, fatta da A •
Jessandro VI, e donato con Terracina a
suo figlio Giovanni Borgìaj e l'erezione
del ducato di Castro fatta da Paolo 111
pel suo figlio Pier Luigi Farnese: tutti
i parenti stretti de* Papi divenivano pa-
trizi romani), enei 1 556 ne concesse il ti •
toloa Giovanni Carata suo nipote. Pio IV
TRI 187
nel 1 56o eresse in ducato il castello di
Bracciano in favore degli Orsini, che ili
già Io possedevano da due secoli. Di>pi»
(j nell'epoca vari patrizi romani chiesero
ed ebbero da' Papi titoli principeschi e
ducali delle terre clic possedevano , ebe
registrai negli analoghi articoli; ed in se-
guilo talvolta i Papi eressero una massa
di beni in marchesato o contea", coll'au-
nuo tributo al titolo d'un e dice d'argen-
to con patena. Nel 1570 s. Pio V conces-
se a Marc' Antonio Colonna il titolo di
principe e duca di Paliano; e nel 157 1 e*
resse Palestnna in principato, e ne con-
ferì il titolo a Giulio Cesare Colonna, che
la possedeva, ed a'suoi eredi e successo-
ri primogeniti. Zelando s. Pio V di soste-
nere la dignità,! diritti e le ragioni del
principato temporale della Chiesa roma-
na a lui all'alata, per la conservazione in-
tegrale di tutti i suoi domimi, di cui i Pa-
pi sono custodi e amministratoti, colla ce-
lebre bolla Admonel no*, de' esc) marzo
067, Bull. Boni. t. 4> pW- 2, p. 364:
Prohibitìo alienandi, et infeudandi 67-
vitates et loca S. R. F., velde eorum a-
lienationum,et infeudactionibus tractan-
di, (ptovis praetextu, etiam evidenti» itti-
lilatis. La giuiò e sottoscrisse in concisto-
ro , e la fece giurare e sottoscrivere nel
medesimo da 3q cardinali, fra'quali Bon-
compagni poi successore Gregorio XIII,
indi solennemente pubblicò a'2 3 maggio.
Dipoi la confermarono Gregorio XIII, Si-
sto V, Gregorio XIV, Clemente Vili e
Paolo V. In questa bolla si dispone, che
non si possa da alcun Papa in avvenire
infeudare qualunque città o altro luogo
del dominio ecclesiastico, a chiunque sia-
si o a vita o a 3.'' generazione, o per qua-
lunque altro titolo, che importi aliena-
zione, come di feudo, governo, vicarialo,
ducato o altra relativa concessione pre-
giudizievole alla sovranità della s. Sede,
rivocando tutti i privilegi esistenti in con-
trario. Per Tosservauza di ciò, viene pre-
scritto a'cardinali il debito di obbligarsi
per giuramento, prima di ricevere ììcap-
188 TRI
nello cardinalìzio, ed appena entrati in
conclave, innanzi eli procedere all'elezio-
ne del nuovo Pontefice, di non ricercar-
ne mai la deroga, e di non acconsentire,
uè ammettere d'essere sciolti dal giura-
mento, il che riportai pure nel voi. LV,
p. 283. A'f'uluri Papi poi incarica s. Pio
V di giurare e confermare la bolla, tosto
< he sia seguila l'assunzione al pontifica-
to, e che puutuahnente la facciano osser-
vare, siccome rilevai nel citato voi. a p.
28 1 , notando che fin dal IX secolo i Pa-
pi solevano promettere dopo V Elezione
e nel Presbiterio o antico Concistoro, a
seconda dell'antico uso, di mantenere an-
che le cose temporali del principato, in
fatti il suo immediato successore Grego-
rio XIII non solamente giurò questa bol-
la pubblicamente, nel principio del suo
pontificato, ma neli58i ritornò a ratifi-
carla e giurarla in concistoro segreto, co-
me fu fatto altresì da tulli i cardinali col-
le convenienti formalità. Leggo nel suo
annalista p. MalFei gesuita , che la bolla
concistorialmente fu fatta giurare da Gre-
goi io XIH, secondo il prescritto da s. Pio
V; e sebbene in vigore di essa pareva che
i cardinali restassero privi de'governi per-
petui, che sino allora aveano goduto di
diverse città e luoghi dello stato pontifi-
cio, i cardinali la giurarono solennemen-
te; il Papa che così la interpretava, non-
dimeno deputò per maggior benignità so-
pra quel punto 4 cardinali giuristi, ed in-
clinando essi a favore del sagro collegio,
prese egli il temperamento di ridurre con
privilegio rinnovato la perpetua loro ani*
ministrazionea semplice trieunio.Fu que-
sto sì grave atto di edificazione grande si-
no agli eretici, e maggiormente in quel-
le provincie e regni, dove gli abbati e i
vescovi contro i canoni e i divieti di s. Leo-
ne I, Bonifacio IX e Paolo li, e contro
pure il giuramento da loro fatto, quoti-
dianamente eseguivano indiscrete e MB»
pudcnti alieiia/.ionide'beni ediritli eecle-
liattici. Uà questa bolla in poi diminui-
rono con notabile progresso gli annui tri-
TR I
buti per le infeudazioni, che andavano
cessando per morte degl' investiti , per
termine della linea infeudata o dell'epo-
ca dell'investitura,© per caducità de'tri-
buti non soddisfatti; così il dominio di-
retto della s. Sede andò successivamente
a ricuperare tante città e terre, ed in buon
numero sotto lo stesso Gregorio XIII, co-
me osservai nel voi. LXVII, p. 3 18; ed
anche in Piemonte, ove ricuperò con l'a-
iuto di Emanuele Filiberto duca di Sa-
voia i vacali feudi di Montafia eTigliole
nella diocesi d'Asti, adonta delle preten-
sioni che con armata mano pretendeva
sostenere la contessa di Stropiana; di Lon-
zanodevoluto per morte del conte Rango*
ne;e del castello pure piemontesediCister-
na, parimente decaduto alla camera apo-
stolica, ad onta che Antonio Acerbi lodi*
fendesse colle armi a favore del fratello
Borso e fortificasse, situato in punto stra-
tegico d'importanza, per cui convenne al
duca di Savoia Carlo Emanuele I som-
ministrare al nunzio Laureo la forza ad
espugnarlo. Inoltre Gregorio XIII ema-
nò la bolla Ad Romani Pontificis , del
i.°giugnoi 58 o, Bull. Rom. t. 4, Par- 3,
p. 44°: Contra non solvenles infesto ss.
Pelei et Pauli, census , canones, et alia
jura rei>. Camerae Aposlolicae. Sisto V
molto raffrenò le angarie de'baroni tri-
butari alla s. Sede, perciò istituendo la
Congregazione cardinalizia sopra i ba-
roni dello Stato Ecclesiastico (V.). E per-
chè si moderassero gli aggravi di gabel-
le e tributi, e si eliminassero le arbitra-
rie estorsioni, istituì la Congregazione car-
dinalizia per sollevare dagli aggravi e
gravami lo stalo ecclesiastico (l/.)- Am-
pliò Sisto V i Luoghi di (Monte {fr.), e
per pagarne le rendile a molti attribuì i
redditi di diversi tributi e gabelle. Colla
morte d'Alfonso II d'Este duca di Fer-
rara, la s. Sede si ricusò di riconoscere
la linea di Cesare d'Este duca di Ufode-
na,on(ìe Clemente Vili nel 1 5i)$ dichia-
rò il ducalo devoluto alla romana Chie-
sa, lo consegnò al perpetuo patrocinio dei
IR I
ss. Pietro e Paolo, e vi si recò a prender
solenne possesso del dominio diretto; a-
vendo già istituito la Congregazione car-
dinalizia del Buon governo^ A7.), per quel-
lo economico delle Comunità e Te>re\V.)
dello stato papale, e per vegliare sulla
giurisdiziouede'baroni tributari. Confer-
mando Urbano "Vili la celebre bolla De
non alienandis, ed estinguendosi in Fe-
derico Ubaldo duca d' Urbino tal feudo
della s. Sede, a questa riunì il ducato. In-
nocenzo X non solo incamerò il ducato
di Castro e Ronciglione (V.), devoluto
da'Farnese al diretto dominio pontificio;
ina fece prendere possesso in nome del-
la camera apostolica a diversi altri feu-
di, ad essa ricaduti per l'estinzione delle
linee investite. In tal modo, se notabil-
mente si diminuirono gli annuali tribu-
ti, dall'altra parte colle rendite de'luogbi
ricuperali s'aumentò l'introito del pubbli-
co erario, oltrecbè con immensi vantaggi
restò più libera l'azione diretta e governa-
tiva de'Papi, e cessarono non poche con-
testazioni. Nel pontificato d'Innocenzo X
si ristampò del contemporaneo cav. Lu-
na doro, Relatione della Corte di Roma.
Parlando della Reverenda Camera apo-
stolica, riferisce da chi composta e la sua
giurisdizione » sopra tutte le materie do-
ve si tratta d'interesse della Camera apo-
stolica, islrumenti d'affitti, d'entrate del-
la Sedia apostolica, delle tesoreriedi pro-
\iucie dello stalo ecclesiastico, cause di
comunità e di feudi ecclesiastici, cause di
spogli, cause di conti con offitiali e mini-
stri dello Stalo sopra il battere e corso del-
le monele.Caused'appellationi dalli mae-
stri di strade sopra gli edilicj, etjure con-
grui, materie di gabelle, datti, et impo-
Mtioni, et altri simili ... La Camera apo-
stolica piglia vacanza quanto la Rota, e
nell'ultima Camera pure di Sua Santità
nel palazzo apostolico gli è fatto a tutti
che intervengono un bel banchetto, et un
altro ne fa ili.° d'agosto il cardinal Ca-
merlengo. La vigilia di s. Pietro si paga
ia Camera li tributi de* feudatai-j di s.
TRI 189
Cbiesa, li denari de' quali restano a cre-
dito della Rev. Camera, li argenti come
lazze e simili sono tutte rigaglie di mg.
Tesoriere generale, e le cere si pai tisco-
no tra li Chierici di camera". Spenta la
dinastia Farnesiana , Clemente XII di-
chiarò vacanti i ducati di Parma e Pia-
cenza e devoluti alla s. Seóe suprema si-
gnora de'medesimi, protestando solenne-
mente contro le disposizioni prese sui me-
desimi da alcune potenze d'Europa. Nel-
la Sede vacante per di lui morte, non po-
tendo nella vigilia de'ss. Pietro e Paolo
nella basilica Vaticana aver luogo la for-
male presentazione del tributo dello due
Sicilie, perchè doveasi fare colia Chinea
(f .) al Papa, mediante cavalcata, confor-
mali solennità e festivedimostrazioni dal-
l'ambasciatore deputato ad eseguire l'o-
maggio (onde abbiamo la Raccolta di di-
versi disegni di macchine con fiochi ar-
tificiali fatti in occasione della chinea
in Roma, incisi in rame da Giuseppe Va-
si), per cui si differiva l'alio per la festa
della Natività della B. Vergine, nella qua-
le si eseguiva per la Cappella papale ebe
celebravasi nella Chiesa di s. Maria del
Popolo (A7.); il sagro collegio pe'capi d'or-
dine fece il solito decreto di sospensio-
ne quanto al consueto giorno, colla clau-
sola: Tempusel tempora non currere, co-
me dissi anche nel voi. LXV, p. 2yi;a-
vendo notato nel voi. IX, p. 77, que' Pa-
pi che per impotenza riceverono il tribu-
to della chinea nelle loro stanze, e anche
del Quii in ale. L' eletto Benedetto XIV
vedendo invasi senza investitura i ducali
di Parma e Piacenza, fece legale protesta
a difesa de'lesi diritti della s. Sede, die
ogni anno rinnovarono i successori, nel
recarsi al vespero pontificale della basili-
ca di s. Pietro nella vigilia di sua festa,
precisamente innanzi la statua di Costan-
tino 1 nel portico, alla presenza della ca-
mera apostolica, dopoché mg/ procura-
tore del fisco ha fattola protesta fiscale,
colla formola che riportai nel voi. IX, p.
73, insieme alla risposta del Papa. Indi
igo T R I
dichiaro il re di Sardegna, vicario tem-
perale del principato di Masserano e al-
tre signorie del Piemonte, appartenenti
alla Chiesa romana, coll'amiuo tributo di
2000 scudi o d'un calice con patena d'o-
ro dell'equivalente valore, da presentar-
si nella vigilia di s. Pietro. Quindi trovo
opportuno di riprodurre quanto in pro-
posilo di Alessandria riferisce il Borgia,
Memorie di Benevento, f. 2, p. 146, co-
me già altro feudo della s. Sede negli sta-
li del redi Sardegna. Nelle guerre tra la
Lombardia e Federico I, i lombardi di-
fendendo Papa Alessandro III dall'impe-
ratore perseguitato, a'eonfìni del Pavese
e del Monferrato nel 1 1 68 cominciarono a
edificare una città per loro propugnaco-
lo, ed in ossequio a s. Pietro e al Papa la
chiamarono Alessandria, poi detta della
Paglia , perchè in mancanza di materia-
le fu d'uopo coprire colla paglia la mag-
gior parte de'teiti delle case. I consoli del-
la nuova città Rufino Bianco e Gugliel-
mo di Bergancasce, nel 1 1 6g si recarono
da Alessandro III in Benevento , ed ivi
alla presenza di tutta la corte pontificia
olii irono per fnstem a Dio, a s. Pietro e
ad Alessandro III e suoi successori la det-
ta città, con obbligarsi di rinnovare per
ogni triennio in mano del Papa il giura-
mento di fedeltà, e di pagare alla s. Sede
annuo tributo. Dice l'alto della solenne
oblazione: Praetereade Communi Con-
solimi, et tolius populi mandato , mili-
timi domus, et mereatorum,el quorum
facuUas videbituf sufficiens ad bove* ha-
bendo») de singulti bovibus tresdenarios
ejiisdcm lerrae 1 n fe.s lo B .Mar tini ex.sol-
vent singulti annis. Celeri de singulix do-
mibus unum denarium. Et infra ' oc lava, s
B. Martini soh'ent ci, cuiroinanus Fon-
li/ex jusseril. Inoltre alla s. Sede appar-
tennero le Alpi Cozie (fy-)- Tornando a
benedetto XIV, emanò poi la bolla Con-
creditmmNobit/M 1 2 giugno 1 7/18, #////.
lli-ucd. XIVX t. 2, p. 1 85: De rci/ovatio-
iiibus Invt slilurarum. et aliarum con-
onum honorum directi domimi Ca*
T R I
mcrae Apostolicae. Con essa dichiarò an:
«ora le facoltà de' cardinali legali nelle
provincie dello stato papale, sulla rinno-
vazione dell'investiture, enfiteusi, tribu-
ti, ec. Notai nel voi. LI, p. 2 32, che caduta
nella sede vacante per la di lui morte la
festa de'ss. Pietro e Paolo , nella vigilia
tutti i cardinali si adunarono alla porta
del conclave,e aperto il suo finestrino, dal
la piena camera apostolica adunata in-
nanzi, per mg." Gaetano Forti avvocato
fiscale udirono la formale protesta di de*
voluzionealla s. Sede pel tributo non sod-
disfallo, de'ducali di Parma e Piacenza.
Mg.r Leonardo Anlonelli segretario del
sagro collegio a nome di qneslolesse il de-
creto d'approvazione della prolesta stes-
sa, ordinando di registrarsi negli alti ca
merali. Con diffusione descrissi a Sicilia
la storia della sovranità della Chiesa ro-
mana de'regni di Napoli e Sicilia, e di
tutti i tributi ricevuti da'sovrani investi-
ti da' Papi, con tutte le particolarità ri-
ferite pure nel voi. IX, p. 76 e 77, quan-
to al cei emoniale e forinole della presen-
tazione e risposta del Papa. Che nel 1 771»
insorte ad arte dispule di precedenza tra'
gentiluomini delleduecorli, nella presen-
tazione della chinea a Pio VF , la corte
del re delle due Sicilie falalmenteiniluen-
zata dal ministro Bernardo Tanucci, ir-
reconciliabile nemico della s.Sede, per a-
vergli condannato un'opera da esso pub-
blicata contro I' immunità, quando eia
professore di diritto a Pisa, con suo di-
spaccio dichiarò al Papa che non avreb-
be piìi falla la pubblica presentazione del
tributo, madi somministrare la consueta
somma di 7000 ducati d'oro privativa-
mente alla camera apostolica, e 3oo scu-
di in compenso del la chinea e sua magni-
fica bardatura, in lutto scudi 1 1 ,838 e
bai. 75. Nondimeno nel 1777 l'ambascia-
tore straordinario contestabile Colonna
nell'atlo della presentazione variò il for-
molario, prontamente però corretto nel-
le parole di accettazione da Pio VI. Per
la moderazione del Papa e rinlerposizio-
T R 1
ne r!el re tli Spagna nel 1778 eseguenti
anni si continuò In presentazione del tri-
buio, e l'indegno Tnnucci che non avea
cessato di moltiplicare gli oltraggi alla s.
Sede, dovè domandare la sua dimissione.
Usa rotisi poi nelle forinole di presentazio-
ne espressioni di divozione invece di tri-
buloe vassallaggio,finchènel 1 788 la cor-
te siciliana decise di non più eseguirla ;
per cui il ministro in Roma portò la sud-
detta somma al cardinal segretariodi sta-
to, il quale ricusatala, passò a depositarla
nel monte di pietà inutilmente. Ma Pio
VI dopo il vespero pontificale nella ba-
silica Vaticana, per la vigilia de' ss. Pie-
tro e Paolo, prima della benedizione dei
pallii e prossimo al momento in cui era
solito tra'due pili dell'acqua santa di ri-
cevere il tribolo coll'omaggio della chi-
nea, pronunziò un'allocuzione al sagro
collegio e al pubblico, dichiarando la pro-
pria sorpresa e la sensibilità destatagli,
per la lesione né attesa né meritata, d'un
diritto così costantemente riconosciuto da
tanti secoli, replicatamenle giurato e ca-
nonizzato con tanti atti dalla s. Sede; nu-
trire lotta volta fiducia, che la religione ed
equità del re delle due Sicilie fosse per sol-
lecitamente ripararvi, e che non avrebbe
permesso che restino violati i patti con-
clusi co'suoi predecessori, anzi i suoi stes-
si e il giuramento fatto, con reintegrare
la s. Sede del tributo in ricognizione dei
supremo, vero e diretto dominio sul re-
gno di Sicilia, con tutta la terra di qua
dal Faro sino a' termini e confini dello
stato ecclesiastico. Poscia dopo il pontifi-
cale della seguente festa, il Papa seden-
te iu Sedia gestatoria, nel ricordato si-
to ove soleva ricevere il tributo e la chi-
nea, si fermò ad ascoltare e accettare la
protesta che fece, pel tributo non soddi-
sfatto e per la chinea non presentata pei
regni delle due Sicilie, mg.r procurato-
re fiscale generale della camera aposto-
lica, in compagnia di mg/ commissario
generale della medesima, al modo riferi-
to dal n.°i4'0 del Diario di Roma del
TRI 191
r 782. In quelli del 1 790 01791 si leggono
le ragionate allocuzioni, recitate da Pio
VI dopo le proteste di mg.r procuratore
fiscale generale: nel 1 797 essendo indispo-
sto e pei -l'esplosione di polvere avvenu-
ta nel Castel s. Angelo, non ebbe luogo
la protesta. Però da tali proteste fiscali
ebbe origine quella protesta che si fece
ogni anno dal prelato procuratore fisca-
le, con accettazione pronunziata dal Pa-
pa, colle formule che riportai nel voi. IX,
p. 81. Pio VI colle nuove dogane da lui
istituite a'eonfini, abolì gli antichi tribu-
ti e pedaggi feudali che inceppavano nel-
l'interno dello stato il commercio. Seguì
quindi l'invasione de'repubblicani fran-
cesi dello stato pontificio, il fatale trat-
tato di Tolentino (F.)c\\e tolse alla so-
vranità pontificia Avignone e il contado
Fienai t*i no (/ .) in Francia, l'altre pro-
vincie avendole poi ricuperale.
Nel 1800 fu eletto Pio VII, ed il n.°
5 1 dell'olìiciale Diario dilìoma del 1801,
avvicinandosi la festa di s. Pietro a 27
giugno pubblicò:» Pagandosi il tributi»
da 'sudditi al principe in ricognizione del
di liti supremo dominio, la solennità col
la quale in tutte le nazioni presentasi, fu
istituita per indicare la grandezza del-
l'atto, e l'importanza del dovere. Quin-
di fu ordinato da' sommi Pontefici In-
nocenzo Vili, Alessandro VI, Paolo IV,
e piìi chiaramente dalla sa. me. di Gre-
gorio XIII nella sua costituzione Conti a
non solventes canone* (questa e le altre
di delti Papi le ricordai di sopra ), che
quest'augusta funzione si facesse ogni an-
no nella ricorrenza della vigilia o della
festa de'gloriosi ss. Apostoli Pietro e Paolo
protettori di quest'alma città di Roma, e
che perricevere i tributi colla dignità che
si conviene, si adunasse nel Palazzo a-
postolico faticano (J.) la Camera, die
perciò dicesi Camera de' Tributi (aven-
do l'ingresso dal cortile denominato del-
la Camera, appunto perchè forma ingres
so alla medesima Camera), coll'interven-
to del cardinal Camerlengo di s. Chic-
K)2 TRI
sa, de' Chierici di Camera, e di lutti gli
nidi prelati che in essa hanno laogo. Ed
inei endosi alla volontà de' lodati Pon-
tefici; ili tutti] contralti d'investitura che
si vanno facendo, si suole sempre e chia-
ramente prescrivere, che si faccia ogni
anno il pagamento nella divisala manie-
ra.E siccome innanzi a'supremi tribunali
non è permesso di presentarsi in abito pri-
vato, così si è sempre per l'addietro co-
stumato, che tutti gl'incaricati di paga-
ie i rispettivi canoni e tributi dovessero
venire alla presenza della Camera apo-
stolica collegialmente congregata con
quell'abito e decenza, che richiede l'alto
medesimo (cioè in soltana e ferraiolone
neri, ma ora si può incedere anche vestiti
inalilo iiH>do,hens"ì decentemente). IVla da
pochi anni in qua si sono introdotti due
gravissimi ahusi, che sempre piùcrescen-
do hanno eccitato l'attenzione dell'eroi*
uditissimo cardinal Braschi Onesti, ca-
merlengo di s. Chiesa. lli.° de'quali si è
che molli agenti e procuratori, e talu-
no ancora degli slessi investili, invece di
comparire alla presenza della Camera, si
portano privatamente alla residenza di
rog.r Commissario generale della mede-
sima a soddisfare senza le prescritte so-
lennità al proprio dovere, credendo es-
sere ciò lecito a tulli, perchè si è talvolta
accordato a qualcuno legittima mente im-
pedito. L'altro inconveniente si è, che
molti di quelli che si portano al palazzo
Vaticano non si presentano al tribunale
della Camera con quella decenza di abito
che loro si conviene. Perciò l'Eni. "* Sua,
volendo rimuovere l'uno e l'altro disor-
dine, e rimettere in pieno vigore ledispo-
sizioni degli accennali Pontefici, e l'os-
servanza delle leggi stabilite negli stru-
mentid'investitura.coirautorità del pro-
prio officio di camerlengo di s. Chiesa,
ordina a lutti quelli che dovranno paga-
re i consueti canoni e tributi alla reve-
renda Camera apostolica, che si presenti-
no onninamente nelle stanze del Vatica-
no, ed effettuino il pagamento nell'una
T R I
o nell'altra delle due. camere, che a tale
oggetto si tengono, la i.a nella vigilia di
s. Pietro, il dopo prauzo, la a:" il giorno
della festa, la mattina prima della cap-
pella papale; notificando a lutti per loro
regolamento, che non si riceverà più al-
cun canone privatamente da mg/ com-
missario della Camera, e che chiunque
non comparirà alla detta Camera de'Tri-
buti, sarà dichiarato contumace, ed in-
correrà nelle pene prescritte nella citata;
bolla di Gregorio XIII, come più diffusa-
mente si legge nello stesso edilto pubbli-
cato colla stampa della rev. Camera a-
poslolica". E qui dirò che ilcardinale ca-
merlengo ogni anno ne' primi giorni di
maggio pubblica Y Editto: Pei pagamenti
de'censi camerali da presentarsi nella Ca-
mera de'Tributi nella vigilia e festa de'
ss. Apostoli Pietro e Paolo. Esso è sot-
toscrìtto dal cardinale e da mg/ com-
missario generale. Si pubblica ancora dal
Giornale di Roma del seguente tenore.
« Approssimandosi il tempo in cui i feu-
datari investiti e cessionari della s. Se-
de e rev. Camera apostolica inseriti! nel
libro de' Censi camerali debbono paga-
re i censi e canoni pella Camera de'Tri-
buti, che si aduna nel palazzo Vaticano
nella vigilia e festa de'ss. Apostoli Pie-
tro e Paolo, ad oggetto di precludere lo-
ro ogni scusa d'ignoranza siili' adempi-
mento di ciò, che debbano eseguire per
la legalità dell'atto del pagamento, e del-
la comparsa da farsi in detta Camera de'
Triboli, rammentiamo espressamente le
loro obbligazioni. i.° A la! effetto ordi-
niamo ed ingiungiamo a tutti quelli, che
secondo le leggi delle loro investiture so-
no obbligati a pagare censi, canoni, livel-
li, risposte, ed altre ricognizioni alla pre-
detta Camera de'Tributi, siano di qual-
sivoglia stato, grado, condizione, premi-
nenza e dignità, debbano esibire negli at-
ti de'segretari e cancellieri della Camera,
non più tardi del giorno i 5 del prossimo
futuro mese di giugno,! mandati di procu-
ra, legiustificazionied altre scritture cor-
TR I
relative tanto alla persona che in loro as-
senza per essi effettuerà la comparsa, pre-
sterà P omaggio ed eseguirà il pagamen-
to , quanto alla traslazione delle partite
de'canoni che s'avessero a proporre nella
detta Camera de' Trihuti a favore degli
altri compresi nell'investitura in caso di
morte de'precedenti possessori,ed a qual-
sivoglia altro oggetto riguardante le me-
desime investiture e concessioni, affinchè
possano accuratamente e coll'opportuno
tempo eseguirsi le necessarie e convenien-
ti annotazioni ne'libri de'censi camerali,
che sogliono distribuirsi alla Camera de'
Tributi (noterò che si stampano ogni an-
no co'tipi camerali in Roma e per esem-
pio con questo titolo: Liber Censitimi an-
ni 1 856: Andreas Cecconi, Angelus Te-
sta, Secretarti et Cancellari R. C. A.).
2. "Inoltre, affinchè non rimanga occulta
alla R. C. A. la morte de'possessori, dalla
quale, se le investiture sono progressive,
risultano le traslazioni da farsi, e se tem-
poranee, si rileva se tuttora durino, o se
sieno spirate, ciascuno enlìtentn o inve-
stito, che personalmente non comparisca
a prestare P omaggio nella Camera de'
Tributi, dovrà in ogni decennio esibire
la fede della sopravvivenza negli alti de'
suddetti segretari di Camera. Quelli per-
tanto pe'quali nel presente anno ricade
il decennio, debbono parimenti non più.
tardi del detto giorno i 5 del venturo giu-
gno esibire la fede della loro sopravviven-
za, oltre le giustificazioni di sopra accen-
nale, che per altri rapporti si ricercas-
sero. 3.°Premesse queste legalità, ciascu-
no investito e enfìteuta dovrà nella vi-
gilia o festa de'ss. Apostoli Pietro e Paolo
del corrente annoi 856 comparire per-
sonalmente, o mediante legittimo pro-
curatore deputato coli' accennato man-
dato nella suddetta Camera de'Tributi
per prestare il dovuto omaggio, e paga-
re nella medesima il tributo, censo, livel-
lo, canone, risposta o altro dovuto alla
s. Sede e R. C. A., in ricognizione del su-
premo e diretto dominio in qualsisiano
vol. ixxx.
TRI
ÌQÌ
feudi, tenute, villaggi, casali, laghi, sel-
ve, proprietà, beni, offizi, esenzioni, im-
munità, privative ed altri qualsivoglia-
no beni, diesi ritenessero in feudo, ceuso,
enfiteusi, vicariato, governo,ovvero sotto
qualunque altro titolo, giusta le leggi del-
l'investiture e concessioni (leggo nel Li-
ber Censitimi consistere i tributi in cera
bianca lavorata ossia candele cerae albac
laboralae, ed anche cerae croccae j in
moneta di diversa specie d'oro o di ar-
genlo,sculu>n,florenos}ducatos,julìos30'
boles, unciarius auri, ducatos anrij pis-
sidi e calici con patena d'oro e d'argento
dorali e con coppa d'oro, tazze d'argento,
cra/em j-zucchero,pepe; ed un tempo an-
che carta , sale ammoniaco, nitro , fru-
mento, colla cerviona, ec, tutto da pre-
sentarsi in Camera Tribiitorum per tna-
nus, annualmente, ed anche per bienni,
quinquenni,quindenni, laudernii, ec: co-
me pure di semplice presentazione e per-
sonale omaggio nella stessaCamera, poi-
ché si dice de' cappuccini , che pel con-
vento del Lazzareltodi Civitavecchia de-
ve presentarsi un religioso, prò ricogni-
tione directi domimi, e per la conserva-
zione del Papa deve invocare il ss. No-
me di Gesù, oltre l'obbligo della messa
nella cappella in tutte le feste; ed inol-
tre un cappuccino deve comparire per la
ricognizione dei dominio del convento di
Pesaro, parimenti invocando il detto ss.
Nome per la conservazione del Papa: al-
trettanto deve fare il p. segretario del pro-
curatore generale, pel convento de'cap-
puccini di Fano). 4-° Tutti poi quelli,che
fra delti enfìleuti o concessionari descrit-
ti ne'mentovati libri sono abilitati dalla
s. Sede e Camera apostolica nell'investi-
ture e concessioni di pagare i censi e ca-
noni fuori di Roma, potranno soddisfarli
nel predetto giorno 28 giugno nella cas-
sa del Pam miuistrazione camerale di quel-
la provincia, in cui essi sono abilitati a
pagare il censo o canone, rimanendo pe-
rò in loro libertà di soddisfarlo diretta-
mente ne'predetti giorni in Camera de'
i3
U)\ TRI TRI
Tubuli. Questi medesimi enfiteuli per ri; ed in caso clic taluno ardisse di pre-
nitro, abbenchè abilitati come sopra a se n tarsi in guisa diversa, non sarà am-
pagare il canone nelle provi ncie, avver- messa la di lui comparsa, e si procede*
Inno di non essere punto esenti, come ta- rà contro il medesimo alla suddetta ac-
luno erroneamente opina, dall' obbligo cettazioue come se niuno si fosse presen-
della comparsa nella Camera de'Tributi tato. 7. Finalmente confermandole cli-
pei" prestare I' omaggio ricercalo dalla sposizioni dell'editto del nostro predeces-
bolla della sa. me. di Gregorio XIII, ema- sore de' io giugno 1 8 1 6 e dell'articolo 7
nata pe'canoni camerali, e perciòquan- degli altri emanati nel maggio de' stic-
doessi non compariscono personalmente, cessivi anni, dichiariamo che debbano ri-
per tale allo debbono deputare il loro spe- maner ferme tutte le ragioni della s. Se-
riale procuratore con mandato da esibir- de ereverenda Camera apostolica figliar-
si come sopra , e rimettere in ogni de- do a 'censi e canoni venduti nell'anteee
cennio la fede della loro sopravvivenza, dente cessato governo, non ostante la con-
e produrre tutte le traslazioni ed anno- titillazione del loro pagamento agli ac-
tazioni sulle loro rispettive partite ne'li- quirenti,da dedursiin ogni tempo sul li-
bri de'censi camerali che fossero per oc- tolo degli acquisti a fórma della notifl-
correre, egualmente che sono tenuti que- cazione della segreteria di stato emanata
gl'in vestiti che debbono pagaie nella Ca- Iii5 novembre 1817. Avverta ciascuno
mera de'Tributi. 5.°In caso di mancan- di eseguire esattamente quanto di sopra
za de'sunnominati enfileuti tanto nell'e- è stato ordinato, poiché in caso di tra-
«òbita delle sopraccennate giustificazioni, sgressione, si procederà alle pene indi-
quanto nella comparsa in Camera de' cale, volendo e decretando che il pre-
Tributi pei prestare l'etto d'omaggio, ed sente nostro editto all'isso e pubblicato in
effettuare l'intero pagamento di canone, Roma e nelle città principali dello stato,
si procederà immediala mente all'accet- obblighi ciascuno come <e gli fosse stato
tastone della devoluzione de'feudi, beni personalmente intimato. Dato in Carne-
e diritti camerali, e di altri ad essi con- ra Apostolica, ec." Pertanto nella vigilia
cessi, e all' esecuzione delle pene coni- de'ss. Pietro e Paolo i Cursori apostolici
minale nella bolla di Gregorio XIII, ed (/'.), nel cortile di s. Damaso del palazzo
in altre apostoliche costituzioni e negli e- Valicano, a nome di mg.' procuratore
ditti de'nostri antecessori, e senz'atten- fiscale generale della camera, al popolo
darti veruna scusa di pretesa ignoranza, fanno 3 formali citazioni pc'tributi dovuti
f».° Siccome poi l'atto del pagamento ilei alla s. Sede in tal gioì noe non soddisfatti;
tributo ed ossequio dovuto da'sudditi al quindi il maestro di delti cursori intima
sovrano in ricognizione del di lui stipre- la 4>" citazione a nome e alla presenza di
mo dominio li effettuerà nel giorno della detto prelato nella sala regia, al passag-
vigilia e festa dc'gloriosi ss. Aposloli Pie- gio del Papa nel recarsi al vespero poti
troePaolo specialissimi protettori di que- ti(icale,egualinente pe'triboti non pagati
sia dominante, e presso il supremo tri- alla s.Sede,con quella furinola che ripro-
lninale della piena Camera, così in riflesso dussi nel voi. IX, p. 7?., in uno alla rispo-
del tempo e luogo in cui l'alio si esegni- sia di ammissione del Papa, per cui si de-
sce, ordiniamo e comandiamo che tutti volvono interamente aìfisco apostolico l<'
gì investiti e concessionari ed i loro le- cose investite e concesse col censo. Nella
gii timi procuratori debbano presentarsi mattina poi della festa de' Principi degli
nel detto tribunale con quell'abito e de- A postoli, i cursori apostolici rinnovano nel
renai con cui *i cosi urna di comparire ne' nominato cortile di s. Parnaso altre 3 aita-
ti ihnnali, e dinanzi a'tnagistrati superio- zioni a'morosi de 'tributi non soddisfatti,
T I !
e poscia allorché il Papa trapassa la sala
regia nel porla isi al pontificale, il mae-
tlro eie' cursori ripete I' intimazione del
giorno precedente, d'ordine del presente
ni».' procuratore fiscale, ed il Papa si-
milmente torna a pronunziare la formo-
la di accettazione. Tanto quesla,che quel-
la per Parma e Piacenza, se il Papa non
interviene alle funzioni del vesperoe mes-
sa della festa de'ss. Pietro e Paolo nella
basilica Vaticana, si fanno nelle sue do-
mestiche stanze, alla presenza del pieno
tribunale della Camera apostolica. Per
assenta e impotenza del procuratore del
fisco, le proteste si fanno dal commista-
i io generale della Camera (come vidi pia
beato nel i 846 col Papa regnante, essen-
do mg.' Ildebrando Fiutimi in missione
per lo stato pontificio d'ordine del pre-
decessore pe' Tribunali), ovvero dall'av-
vocato generale del fisco. Il n,° 52 del
Diario di Roma del 1801 riferisce che
Pio VII ascollò e accettò le proteste fi
scali pe' tributi non soddisfatti, inclusi-
vamenle a quelle di Parma e Piacenza
e delle due Sicilie; ed altrettanto eseguì
dopo la restaurazione di sua sovranità
nel i 8 i5, comesi ha dal n.° 52 del Dia-
rio di Roma. Prima di tale epoca, lo
Stesso Papa Pio VII, ad onta. che non si
pagava più dal re delle due Sicilie il tri-
buto della chinea, rifiutò generosamen-
te- d'investire del regno di Napoli Gioac
chino Murat, che ripetutamente gli offrì
il tributo, per averlo fallo re del mede-
simo Napoleone I imperatore de'fraucesi.
Sebbene il re delle due Sicilie neli8o6
mostratasi deciso di rinnovare la pub-
blica presentazione del tributo, come a-
vea giurato, e lo notai nel voi. LV, p.
290, in uno alle relative trattative; pure
nel 18 16 Ferdinando I cambiò linguag-
gio, e con quel tuono che riportai nel voi.
LXIN, p. 266. Ma Pio VII, come avea
risposto al polente e dispotico domina-
tore Napoleone I, quando voleva con ri-
petute minacce intrudersi con pretensio-
ni inammissibili tic! principato e gover-
T | I icp
no temporale della s. Sede; dichiarò di
non poter convenire, riguardandosi co-
me i predecessori semplice custode e am-
ministratore de' diritti e sovranità delia
medesima s. Sede, i quali per le obbli-
gazioni contratte con Dio pe'giuramenti
fatti, dovea fedelmente trasmettere illesi
e integri a'suoi successori e come gli a-
vea ricevuti da' predecessori. Dagli alti
di Pio VII riportati daU'Artaud, da Pi-
stoiesi e da altri storici, tutto viene dif-
fusamente narrato, insieme alle dichia-
razioni più volte emesse sulla sua respon-
sabilità e doveri , ostacolo invincibile a
[desiare la sua adesione all' imperatore
de' francesi , ed alla depressione della s.
Sede; dimostrando con trionfanti e in-
vincibili ragioni, che nel degradare allat-
to l'indipendenza della sovranità tempo-
rale, le toglierebbe anche i mezzi del li-
bero esercizio dell' autorità spirituale, e
di essere padre comune de'fedeli, e uni
versale pastore del gregge cattolico; non
potere quindi pel suo sagro carattere tra-
dire la comune paternità commessagli da
Dio, e non intimorirlo la perdita della
sovranità lempoiale, negaudosi altresì a
rinunciare senza alcuna correspettivitàa'
diritti della s. Sede sul regno di Napoli,
ch'era obbligato conservare. Detronizza
to Pio VII nel 1809, per la sua fermez-
za nel 181 4 più glorioso risalì sul trono
la cui integrità avea sempre propugnato.
Innanzi la sua deportazione il collegio de'
101 Scrittori apostolici (/ .),nella mat-
tina dell'Epifania, giorno in cuiGesù Cri-
sto ricevè i doni da'ss. Magi (P .), pre-
sentava l'omaggio o tributo (come è det-
to nelle Indicazioni de' Maestri delle
ce r emonie po)itìjìcie)a\ Papa di 1 00 scu
di d'oro dentro un vaso o pisside d'ar-
gento dorato, con diveise formalità. Que-
st'atto si effettuava nella camera dell'u-
dienza ordinaria, ove recavasi il Papa in
rocchetto e mozzetla sedente sul trono,
assistito dal maggiordomo e maestro di
camera, dal prefetto delle ceremouie in
cotta, e rocchetto perchè ucoompaguava
i96 TRI
poi il Papa alla cappella, essendo le guar-
die nobili presenti. 11 cardinal pio data-
rio sedeva lateralmente su sgabello, quin-
di il detto ceremouiere introduceva i5
degli scrittori apostolici, preceduti dal lo-
ro resciibendario portante in mano l'of-
ferta, e tutti genuflessi, il resciibendario
più vicino al Papa recitava un'orazione
parimenti genuflesso, e sul fine presen-
tava la pisside al cardinale, il quale l'of-
friva al Papa baciandogli la mano, e pren-
dendola il maestro di camera poi la por-
tava nella stanza domestica del Pontefi-
ce. Questi dopo aver brevemente rispo-
sto al complimento, dava la benedizio-
ne al collegio, indi ammetteva al bacio
del piede l'oratore e gli altri scrittori, e
tornava nelle sue camere. Se il cardinale
pro-datario era impedito, suppliva mg.r
sotto-datario, ebe si poneva in piedi alla
sinistra delPapa,e a suo tempo genuflesso
presentava la pisside previo il bacio del
piede, prima del rescribendai io. Però do-
po il detto ritorno di Pio VII in Roma
cessò la narrata formalità, ed in vece del-
la pisside co'ioo scudi d'oro il collegio
offre al Papa scudi 200 d'argento a mez-
zo del cardinale pro-datario. Ripeto che
a Tesoriere generale, siccome pontificio
e primario ministro nel quale si concen-
trano lutti i rami delle rendite pubbli-
che, inclusi vameute alle tasse e tributi,
e lo sarà anche il censo dopo terminata
l'avanzata e lodala revisione de'catasti,
con dettagli ragionai de'tributi e finan-
ze dello stato poutifìcio,e deplorando l'in-
surrezione deli83i, narrai come indus-
se Gregorio XVI,con ripugnanza del suo
animo, all'alienazionedi molli beni e ca-
noni camerali, tranne i soliti pagarsi nella
vigilia dis. Pietro; vendita cheque! Papa
pianse finche visse, lamentando l'urgente
necessità che imperiosamente la consigliò,
per difendere la sovranità e indipenden-
za del principato della s. Sede, dalle in-
cessanti e tenebrose trame de'nemici del-
l'altare, del trono e dell'ordine pubblico.
1 calici e le pissidi d'argento che iu tri-
TR I
bnto alla sovranità della s. Sede si por-
tano nella camera de'tributi nella vigi-
lia de'ss. Pietro e Paolo, è una partico-
lare regalia spellantcalPapa sovrano del-
lo stato di s. Chiesa, e sotto Gregorio XVI
furono aumentati;cioè leggoin una delle
note a lui umiliale il numero di 9 calici,
e una pisside del valore di scudi 1 2; (pian-
to a'ealiei, uno d' oro del valore di scu-
di 4°°> altro con coppa d'oro del valore di
scudi 200, altro dorato,uno di 60 scudi e
altro di 5o, e 4 di scudi 25 l'uno. Questi
calici e la pisside Gregorio XVI clonava
a chiese, massime se bisognose, ed a've-
scovi stranieri o vicari apostolici. Il de-
naro ricavato da'tributi spetta all'erario,
inclusi va mente a ll'equivalente delle lazze
d'argento, poiché si suol fare la presenta-
zione di esse e quindi sborsarne il valore.
Il pepe spetta al procuratoregenerale del
fisco, il zucchero appartiene al commis-
sario generale, la cera allo stesso erario.
Sono pochi anni che cessò la presenta-
zione al Papa di altro tributo da' no-
tali dell'A. C. ossia del tribunale dell' V-
tlilore generale della Camera (/ .), e
consisteva in un calice d'argento con pa-
tena,che si faceva a spese del notaio as-
sentata. Questo tributo si presentava al
Papa nel 1 .° giorno di ciascun anno nelle
sue stanze, prima della cappella della Cir-
concisione, da'capo-nolari dell'A. C. com-
preso l' assentisti), 1' ultimo de' quali fu
Vincenzo Petti. Cessò questa consuetu-
dine allorché seguì la soppressione del-
l'assento colla nuova organizzazione delle
cancellerie de' Tribunali di Roma. Il re-
gnante Pio IX, tra le beneficenze che e-
sercilò sogli Ebrei (7^.) di Roma, che ri-
marcai nel 1 ." articolo e altrove,con plau-
so de' saggi abolì il degradante tributo
(per le circostanze che l'accompagnava-
no) di vassallaggio al Senato (V .) e po-
polo romano. Il Papa dichiarò cariche
prelatizie, oltre l'avvoca lo de'po veri, l'av-
vocalo e il procuratore del fisco, ed il
commissario della camera; e nel dicem-
bre 184 7 conferì al prelato tesoriere il da
t n i
lui istituito ministero delle finanze, per
amministrare le proprietà, i tributi e leal-
tre renditedeldominio papale. Nella tem-
poranea secolarizzazione de' ministri, il
tesoriere generale e ministro delle finan-
ze restò il solo prelato del consiglio de*
ministri nel marzo 1848. A' i4 di tal me-
se il Papa promulgò lo Statuto fonda-
mentale pel governo temporale degli
Stati di s. Chiesa, che dipoi abrogò. In
esso dichiarò nel § Vili. » Tutte le pro-
prietà, sia de'pri vati, sia de'corpi morali,
sia delle altre pie o pubbliche istituzio-
ni, contribuiscono indistintamente ed e-
gualmenteagli aggravi dello slato, chiun-
cjue ne sia il possessore. Quando il som-
mo Pontefice dà la sanzione alle leggi so-
pra i tributi, l'accompagna con una spe-
ciale apostolica deroga all'immunità ec-
clesiastica.. ..§ L. Rimangono inoltre a pie-
na disposizione del sommo Pontefice i ca-
noni, tributi e censi, ascendenti ad un'an-
nua somma di scudi tredicimila circa ,
nonché i diritti de'quali si fa menzione
in occasione della camera de'tributi nella
vigilia e festa de'ss. A postoli Pietro e Pao-
lo... § LX. Se allorché muore il sommo
Pontefice il bilancio preventivo dell'an-
no non fosse ancora votato d'ambedue i
consigli, i ministri di pieno diritto sono
autorizzati ad esigere i tributi e provve-
dere alle spese sulle basi dell'ultimo pre-
ventivo volato ila* consigli e sanzionato
dal Pontefice." Indi a*25 aprile il pre-
lato Monchini tesoriere generale e mini-
stro delle finanze rinunziò alla carica, ed
il Papa gli conservò col titolo di tesorie-
re generale della rev. camera apostolica
gli onori annessi di prelato di fiocchetto,
subentrando un secolare al ministero del-
le finanze. Nella seguente solennità de'ss.
Pietro e Paolo il n.°i2i della Gazzetta
di Roma notificò.» La rev. Camera a-
postolica, nella vigilia e nella mattina del
la solennità, ricevette secondo l'usanza,
i canoni e tributi dovuti alla s. Uomana
Chiesa. Per quelli non presentati il s. Pa-
dre rinnovò le consuete proteste". Scop-
T R I 197
piata la ribellione in Roma a' 16 novem-
bre 1848, il Papa si ritirò nel regno di Na-
poli co'cardinali e molti prelati, riceven-
do dal re Ferdinando II quel riverente,
affettuoso e magnifico ospizio che cele-
brai a Sicilia e Pio IX. All'anarchia di
Roma e dello stato success? la repubbli-
ca, finché Roma fu liberata dalla dema-
gogia a'3 loglio 1 849, ritornando in Ro-
ma il Papa a'12 aprilei85o. Per la fe-
sta de'ss. Pietro e Paolo riferì il n."i48
del Giornale di Roma. » La rev. Came-
ra apostolica,come nel giorno innanzi così
nella mattina di delta festività, secondo
il solito, ricevette i canoni ed i tributi do-
vuti alla s. Romana Chiesa, e per quelli
non presentati furono emesse in nome di
Sua Santità le consuete proteste". Negli
anni 1811, i852e 1 853 i Giornali di
Roma dissero de' canoni e tributi rice-
vuti dalla Camera apostolica nella detta
ricorrenza, e che pe'non presentati il Pa-
pa rinnovò le consuete proteste. Ma nel
i854 la rev. Camera apostolica avente
a capo il cardinal Anlonelli segretario di
stato, in assenza del cardinal Riaria ca-
merlengo, nella vigilia de'ss.Pietro e Pao-
lo si riunì nella Camera de'Tribuli al Va-
ticano, onde ricevervi i consueti canoni
e tributi dovuti alla s. Sede; ed il Papa
non omraise di fi re le solite proteste per
quelli che non furono presentati, inclusi'
vamente a quella contro il redi Sarde-
gna Vittorio Emanuele II, per avere si-
no dal 1 85 1 interrotta la prestazione an-
nua del tributo di scudi 2000 pel calice
e patena d'oro, dovuto per la vicaria tem-
porale di molti fondi e terre del Piemon-
te, di cui parlai di sopra, e quanto alla
protesta nel voi. LXIX, p. 278, pel de-
creto delle camere costituzionali, ed ap-
provazione del consiglio di stato sardo.
La Civiltà cattolica ',2.* serie,t. 7, p. 200,
deplorò tale inadempimento, secondo
l'anteriore convenuto, e che nel giorno
solenne de'ss. Pietro e Paolo » non man
cano alla Chiesa le sue contraddizioni da
coloro che, per timore di mostrarsi trop-
i98 TRI
no ossequenti all'autorità pontificia, ne-
gano quel tributo o quel canone che do-
vrebbero presentare in ricognizione di
antichi debiti odi antica gratitudine.Pos-
siatno più stupire se i sudditi sono ora
così riottosi versoi prineipi,qnandoi prin-
cipi negano sì pubblicamente il loro do-
vere alla Chiesa? Ad ogni modo la Chie-
sa non ci perde nulla : giacché non è cer-
tamente un calice d'oro quello che le dia
la sua potenza ; ed il suo diritto ella pone
in salvo più che bastantemente colle pro-
teste che ogni anno fa il suo Capo supre-
mo in terra. Ci spiace dover annunziare
che la real casa di Savoia è ora entrata
per lai. a volta tra quelle, contro cui pro-
testa e protesterà sempre il sommo Pon-
tefice, finché (e speriamo che sia presto)
ed essa e le altre comprenderanno il loro
dovere. Certamente il governo sardo eb-
be già occasione di vedere a prova che la
s. Sede non è guidala da desiderio di ar-
ricchire coll'esigere la prestazione di ciò
che se le dee. Se un calice d'oro è troppo
costoso, essa si contenterà d'un calice di
bronzo, ed anche d'un cereo di poche lib-
bre. Ad ogni cosa si può rinunziare fuor-
ché al diritto, di cui il Pontefice romano
non è che geloso custode e conservatore
per debito di suo sublime uffizio". Si dice
che neh 855 il re delle due Sicilie Fer-
dinando II, in occasione che inviò al Pa-
pa Pio IX l'uderla di ducati i 0,000 per
contribuire all'erezione della colonna in
Il onta, in onore dell'Immacolata Conce-
zione, a memoria del decretalo dogma,
di che tenni proposito nel voi. LXXIII,
p. 76; lo pregò a non (ine più la protesta
pel tributo delle due Sicilie, non perù qua 1
conseguenza di tal pia oblazione. Si ag-
giunge che il Papa l'esaudì, in conside-
razione di sue benemerenze, avvertendo-
ne 3 cardinali capi d'ordine, acciò lo par-
tecipassero al sagro collegio, e che al car-
dinal Iliaiio camerlengo di s. Chiesa, lo
notificò con biglietto del cardinal segre-
tario di stato, onde non ebbe poi luogo
la protesta nella lesta di s. Pietro, ludi
TR I
alcuni la dissero sospensione tenìporarn a,
altri l'alfermauo slabile abolizione della
protesta, il che sembra più probabile. Il
giornalismo, anche Ietterai io, se ne occu-
pò molto, e fra gli altri la Gazzella di
Venezia a p. 65o, e la Cronaca, di Mi-
lano a p. 61 4- Fatto é,che nulla più di
officiale fu pubblicato in Roma; bensì é
vero che la protesta per le due Sicilie non
ebbe luogo, continuandosi a fare tutte le
altre; ed il Giornale di Roma deli 855
nel n.°i'47 Sl linaitò a riferire. »La rev.
Camera apostolica presieduta in assenza
dall'Em.mo Camerlengo, da Sua Em.za
Rev.mail sig.r cardinale Antonelli, segre-
tario di stalo, si riunì in Vaticano per ri-
cevervi secondo il costume i canoni ed i
tributi che si debbono alla s. Sede. Per
quelli che non furono presentati si sono
emesse le consuete proteste". Egualmen-
te si legge nel n.° 147 del Giornale di
Roma del 1 856, che l'encomiato porpo-
rato colla camera apostolica riceverono
i tributi che si debbono alla s. Sede. » E
te forma li proteste sono state emesse con-
tro coloro, che non li hanno presentali".
Delie oblazioni di Candele di cera che in
Roma si fanno al Papa nella festa della
l'itrifieazione, riparlai nel voi. LXXIX,
p. 1 3i) ; e per quelle delle Canouizzazio
ni (/ '.). Avendo di sopra fatto cenno sul
catasto e censo, che tanla affinila hanno
co' tributi, credo opportuno di qui ag-
giungere. Il dicastero del censo nel i85o,
nel presidentato del cardinal Vannicelli-
Casoni, pubblici» i ragguagli delle diver-
se misure agrarie locali dello stalo pon-
tificio, colla misura adottala nel nuovo
censimento, equivalente al sistema me-
trico; ragguagli compendiali da' 9 volu-
mi che sulle stesse misure diede il me-
desimo alla luce dal 1820 al 1828. Indi
nel presidentato del cardinal Bolondi si
pubblicò nel i856 altro volume colle ta-
vole di ragguaglio delle varie misure lo-
cali «li capacità de'.singoli lerritorii dello
sialo pontificio, e de' principali luoghi
d'Italia ed esteri, colle misure del «iste-
TRI
ina metrico; come pure la tavola di rag-
guaglio delle diverse monete usate dagli
antichi e da' principali stali a'd\ nostri,col-
le monete pontificie, e con quella del si-
stema metrico francese. Se ne dichiara
la grande importanza a p. 3gg del t. 3
dell' 'Enciclopedia contemporanea, che
con applauso degli scienziati e de'letterati
si pubblica a Fano; come pure nel n. 2
del Giornale di Romade\ i856. E nel
n.° 125 del medesimo si riporta la no-
tificazione del cardinal Antonelli segre-
tario di stato, de'3i maggio, nella quale
si dice. Che Pio VII nel provvedere più
stabilmente al censimento rustico, di-
spose che si compilasse un nuovo catasto
regolato a misura, mediante l'elevazio-
ne delle mappe topografiche; ed a stima
per via analitica, basata sui principi i ge-
nerali applicati con uniformità di criterii,
nelle viste d'una stabilità permanente, e
di quel favore all' industria che meglio
serva ad incoraggire l'agricoltura, fonte
primaria di prosperità in uno stato emi-
nentemente agricolo come quello della s.
Sede. Queste sapienti disposizioni ebbe-
ro la loro esecuzione nel pontificato di
Gregorio XVI, e neh 835 nel pro-pre-
sidenlalo di mg.r Cattaui fu attivato il
nuovo catasto. Effettuatasi la revisione
mediante l'opera d'esperti agronomi, o-
ra che le principali operazioni vanno ac-
costandosi al termine, e che nelle provin-
cie componenti le sezioni delle Marche so-
no stale condotte a compimento anche
colla conseguente applicazione, il Papa
Pio IX ordinò che pe'territorii compresi
nelle provincie d'Urbino e Pesaro, Ma-
cerata, Ancona, Fermo e Ascoli sieno po-
sti in attività gli estimi riveduti, onde sui
medesimi si riportino le pubbliche tasse
con una sola cifra d'imposta per tutta la
.sezione, mediante le disposizioni contenu-
te nella notificazione. Altre norme sta-
bilirà il cardinal Bofondi presidente del
censo, per la più sollecita e regolare e-
secuzione di questa legge e di altro ri-
guardante l'attivazione del censimento
T 11 I «99
rustico in detta sezione delle Marche. Al-
lorché poi si attiverà l'estimo rustico nel-
l'altre sezioni dello stato pontificio, sarà
perequata la cifra d'imposta in modoche
una sola sia quella che regola la dativa
di tutto lo stato, come una è quella che
va ora ad attuarsi per la sezione delle
Marche. Il cardinal Bofondi quindi a'3 1
maggio 1 856 stesso pubblicò il Regola-
mento della presidenza delceuso analogo
alla nominata notificazione, sull'attiva-
zione dell'estimo rustico riveduto nelle
provincie delle Marche; e si trova ne'u.
1 4-1 ? » 4-2 e i-43 del Giornale di Peonia.
A'i5marzoi852ing.r Monchini venen-
do creato cardinale, restò vacante la di-
gnità di tesoriere generale, indi cessò il
pro-ministro delle finanze secolare , al-
lorché il i.° dicembre 18 54 il Papa no-
minò l'attuale ministro delle finanze mg/
Giuseppe Ferrari. Ora mi gode l'animo
di potere riportare col Giornale, di Ro-
ma de' 1 7 giugno 1 856. »Sua Santità con
biglietto della segreteria di statosi è com-
piaciuta di conferire a monsignor Giu-
seppe Ferrari suo ministro per le finan-
ze, i privilegi inerenti alla carica di 2V-
soriere generale della Rei'. Camera A-
postolica." Laonde mg/ Ferrari s'inti-
tolò quindi Tesoriere generale della
R. C. Apostolica e Ministro delle Fi-
nanze. Arroge che io qui ricordi un'al-
tra dotta opera sul discorso argomento
del eh. e laborioso mg.r Mario Felice Pe-
raldi chierico di camera: Sullo stato at-
tuale politico ed economico de' Domimi
della Chiesa romana, Discussioni di-
rette ad un professore di diritto P. U.,
Bastia 1 855. Opera che serve d'appen-
dice a quella pure non meno sapiente del-
l'encomiato prelato, che porta per tito-
lo : Del civile principato della Chiesa
romana; dovendosi tener presente quel-
l'altra scritta dal medesimo: Dulia civile
convivenza e del cittadino. » La coudi-
zione de'lempi eccita tutti gli sforzi degli
uomini di voti a' diritti della s. Sede per
parare i colpi nemici; che li minacciano,
ioo T R I
e pei mettere in più chiara Vista i perico-
li, che si accumulano contro quest'anno-
so Principato della Chiesa romana. . . .
Ha messo in miglior luce taluni principi!
fondamentali del diritto pubblico di que-
sti domimi, non prima stati cotanto pro-
fondamente considerati e distinti; rima-
sti sempre involti in certa confusione,qua-
si disconosciuti. . . . Era da cotesta inve-
stiga/ione, che vide tutta dover dipende-
re la slabilità del competente civile go-
verno ecclesiastico, e la spinta di una de-
cisa risolutezza a non più aggiornarne il
pieno ritorno." L'illustre prelato lauto e
giustamente divoto agli antichi principi!
iòndamentali del nostro diritto pubbli-
co romano, lo contrappone alle innova-
zioni che l'hanno rovesciato; poiché forse
gravi a noi ignoti ostacoli tenevano an-
cor sospeso il compimento della reinte-
grazione de' diritti politici della Chiesa
romana, per le prepotenti esigenze che
l'introdussero e le sostengono. Sempre
inlento co' suoi profondi studi al grave
scopo, anche in questo ulteriore parlo del
suo ingegno e testimonianza del suo co-
slante zelo pel pubblico bene, fa arden-
ti voti onde si ritorni al governameuto
dell' ultima decade dello scorso secolo ;
ovvero all'aureo e più felice pontificato
di Leone XII, che in tanti luoghi cele-
brai, ch'egli sostiene costituire come l'a-
nelloamico tra'vecchi tempi e le moder-
ne idee, ed in cui sarebbe salva la sostan-
za della natura propria del governo ci-
vi!e-eccIesiastico,e si soddisfarebbe al gu-
sto della nostra eia, senza essenzialmente
alterarsi l'indole del pontificio reggimen-
to. » Erano allora sopportabili le pubbli-
che gravezze, non eccessivo il tributo, ben
regolato l'ordine pubblico interno ed e-
slerno, moderato il numero delle leggi."
TRICALA,TR1CA oTRICCA, Tri-
cae. Sede vescoviledella i. "Tessaglia nel-
la Eliolide, esarcato di Macedonia, sotto
la metropoli di Larissa, eretta nel V se-
colo. Al presente è cil là della Turchia eu-
ropea, capoluogo dei saugiacato del suo
TR I
nome e della giurisdizione di Mulalik ,
presso la sponda sinistra del piccolo fiu-
me pure omonimo, ai3 leghe da Laris-
sa. Domina l'ingresso della Tessaglia per
la valle del Peneo, in posizione importan-
te e salubre. Ha moschee, bagni, uu bel-
l'edilizio coperto di piombo, che contie-
ne una scuola superiore, ed i molti giar-
dini che l'abbelliscono la fanno parago-
nare a Damasco: attende principalmente
alla tintura del cotone. 11 numero de'suot
abitanti è più di 7000, di cui 4ooo so-
no greci. Si conoscono 3 de'suoi antichi
vescovi , cioè Eliodoro che vivea nel V
secolo, Niceforo Callisto parlandone neU
I' //?.?£,' Ecumenio,cui sono a tiri bui le del-
le Esposizioni sull' Epistole di s. Paolo
e sulP Apocalisse di s. Giovanni ; ed N.
vescovo di Tricala,che separossi da'greci,
i quali si opposero all'introduzione del-
la parola Filioque nel Simbolo, com'e-
ra stalo ordinato da Nicolò HI Papa del
1277. Oriens chr. t. 2, p. 1 18. Tricala,
Tricalen, cova un titolo vescovile inpar-
tibus, del simile arcivescovato di Larissa,
che conferisce la s. Sede. Essendo resta-
to vacante per morte di Cirillo di Barcel-
lona, Leone XII Io die a Mariano Tala-
vera di s. Fede, canonico di tale metro-
politana, per quelle doti che dichiarò nel-
la proposizione concistoriale; quindi do-
po 3 giorni, col breve Apostolici Nostri
mnneris , de' 22 dicembre 1828 , Bull.
Rom. cont. 1. 1 7, p. 433, lo nominò vi-
cario apostolico del vescovato di Guaya-
na (f7.) nell'America, la qual sede nel
1 84- 1 riebbe il suo vescovo, che avendo
rinunziato nel 1 854, '' Papa Pio IX nel
1 856 gli sostituì mg.r Giuseppe Emanue-
le Arroyo di Benezuela.
TR «CARICO (Tricaricen). Città con
residenza vescovile del regno delle due Si-
cilie, nella provincia di Basilicata parte
dell'aulica Lucania , a circa 9 leghe da
Matera e più di 6 da Potenza, capoluo-
go di cantone. Questa piccola e bella cit-
tà elevasi amenamente, in clima tempe-
rato e salubre , parte in culle e parie in
T R I
piano, Ira il Basiento che scorre alle ra-
dici del monte e il Gradano, quae in suo
circi ter mi Mari ambititi ooo dvmus, et
7000 pene complectìtur incolas , come
leggo nella proposizione concistoriale. E'
cinta d'un antico muro fiancheggialo da
torri, e tra'principali edilìzi si distingue
la bellissima cattedrale dedicata alla B,
Vergine Assunta in cielo, nella quale tra
le reliquie è in somma venerazione il cor-
po di s. Polito martire patrono della cit-
tà e diocesi: ha il battisterio e la cura d'a-
nime pel capitolo esercitata da un cano-
nico da esso eletto. Il capitolo si corono?
nedi 3 dignità, la 1 ,a è l'arcidiacono, la 2.'1
il cantore, la 3.a di posteriore istituzione;
di 1 o canonici prebendali, compresi il teo-
logo e il penitenziere, di 6 canonici so-
prannumerari,d'i 1 preti fnsigiiitos nun-
cupal, e di altri chierici addetti al servi-
zio divino. L'episcopioèprossimoalla cat-
tedrale. Oltre di questa vi sono due altre
chiese parrocchiali e pure munite del l'on-
te sagro, due conventi di religiosi, un mo-
nastero di monache, 4 sodalizi, il semi-
nario cogli alunni , ed altri pii luoghi. I
dintorni sono feracissimi di molte produ-
zioni agricole, vi s'ingrassa notabile quan-
tità di inaiali, traendosi dalla pastorizia
cospicue rendite. Il delizioso territorio
fornisce ancora ottimo frumento e loda-
tissimo vino. L'origine di Tricarico, Tri-
caricum, è antichissima , poiché credesi
fondata da Diomede, dopo l'incendio di
Troia, e che traesse il nomeda'popoli gre-
ci di Troia stessa e d'Argo, che vi si sta-
bilirono. Co'suoi storici riferisce l'Ughel-
li, Italia sacra, t. 7, p. 1 44» Tricaricen-
sesEpiscopi. Ajunt enini,DioineduinCa-
panuni gr accorimi dueem, post Trojae
excidium cum validis copiis, in Apuliam
traj'ecisse,ibiqiieDanii regìs filiam uxo-
re duxisse, accepta do tis nomine a so-
cero di mi dia regni parte j ea vero mi la-
ma coiilenlum, et augendi imperii cupi-
diun,proxima q nacque involasse, ac vi-
cino* suo subjunxisse imperio, dextru-
clis eorum ciyitatibus, ctintcr caeteras.
TRI 301
Triga, et Argo solo aequatis. Quamvis
aulem haec ab ipso restaurata j iteri t,
priore? tamen incolas, ut stabilem inse-
dem figerent adduci non potuisse , sed
coitione facta cum iis, qui Trigae an-
tea habitarant eo in loco ubi hodie Tri-
caricum situiti est conununem sili rivi-
tatem constituisse. Inter lutee litem iti'
ter utrosque orfani de nomine civitati
imponendo, tatti iis , quatti illis vetcris
patriae meinoriani retinere cupientibus;
tandem vero ita inter eos convenisse, ut
sicut jani in commutila j'ur a, ac civi 'ta-
tem coiissent, ita eidem convnune ex an-
tiquis utriusque gentis notnitiibus coni-
posi timi nomen inderetur, sic q uè a grac-
cis Trigargos initio dieta fuerit, post a-
bitalis Tricaricum appellata. Haec qui-
dem UH de origine, et nomine hufus ci-
vitalis: quorum fides penes aitctores e-
sto. Utcurnque igitur sit haec fabulosa
narratio, Tricaricum regia civitas est,
foeta populo, ac nobilitate. Din sub Co-
mitum fuit ditione, prillatiti Rogerii Ro-
berti Casertae Comi ti sfilii, dei tuie San~
severinorum, postea Sforliarum, item-
que Sanscverinorum Disiniani princi-
pimi , nunc (paret Salandrae Ducibus
ex Reverteria gente Coinituni de Sac-
caglia) sub lene regi uni j'ugum q m'esci t.
Tricarici non exiguum decu* episcopa-
li? conciliat dignitas, quae posteriori-
bus saeculis a Christiana religione ibi-
dem dissiminata initium habuit: digna
natnque visa est ut Episcopali d'igni ta-
te exornaretur anno 896, cum Polic-
ctus Constantinopolitanus palriarcha,
impii Nicephori Focae imperatori? jus-
su, dedissct in mandati? Hydr unti no e-
piscopo, ut in Tricarico episcopum or-
dinarci: veruni cum hoc in contemplimi
Romanae Ecclesiae esset exeogi tatuiti,
cum auctore deperiisse dicendum est,
cimi nulla deinccp? ad annuiti usque
1060 extet Tricaricensium Epìscopo-
rum memoria. Hoc cnini ipso anno, ve.\
circa lume annuiti nova metropoli? A^
che mulina a Romano Ponti [ice creclef
202 T R I
est, cum 'facilitate in Tricarico, aliisque
vietiti* civitatibus epìscopos ordinandi:
eodemque tempore, scilicet anno 1 06 1.
Robertus Comes, antequam Siciliae re-
gnimi occuparet , mensam episcopalem
magnani ex parte Tricaricensis episco-
patiti 'attribuii 'job tuli tenim oppidaMon-
tis Muri, et Armenti, cimi utriusquegla-
dii jurisdictionej aueta est de inde fide-
Unni pia largitione, ex vecligalibiis op-
pi' dorimi Caniati , Agrianì Murgitac,
Andriaci, et s. Nicolai in Sylva, quae
hactenus ab episcopi possidentur, prae-
ter Andriacum, quod quidam episcopus
ahalienavit. Tanti s immunitatibus epi-
scopatus hic olim fruebatur, ut quo ad
illas pari fere passu, cum quolibetJYea-
politani regni antistite, incedere posset.
Peri ."vescovo l'Ughelli riporta Arnoldo,
Tricaricensis episcopus, che fioriva nel
1068, al quale per la sua chiesa e di lui
successori il cónte di Monte Scahioso Ro-
herto, signore e governatore di Tricari-
co, donò il detto castello Armenti e quel-
lo pure di Monte Muro con tutte le per-
tinenze e diritti, mediante i due diplomi
diesi leggono nel medesimo Ughelli. Me-
glio dell'origine della sede vescovile diTri-
carico, ora sulfraganea dell'arcivescovo
d' Acercnza e Matera, ne tratta il Rodo-
tà, Dell'origine del rito greco in Italia,
1. 1, p. 201 e seg. e 260. Pertanto narra i
tentativi degli ambiziosi patriarchi di Co-
stantinopoli, per imprimere negli animi
degli abitanti di Puglia, che comprende-
va le provincie d'Otranto e di Basilicata,
ediCalabria,avversioneal rito della chie-
sa romana, onde far loro abbracciare il
greco. A tale elFetto l'imperatore Niceforo
Foca, empio verso le chiese, e pieno d'o-
dio e di livore verso i latini, siccome non
poteva affliggere altrimenti il Papa e oscu-
rare il nome romano, ordinò al patriar-
ca Polyeucto che dilatasse la chiesa d'O-
tranto con attribuirle 5 vescovi suffraga-
nei; e che non permettesse in avvenire si
celebrassero in tutta la Puglia e Calabria
i divini misteri in rito Ialino, ma in gre-
T R I
co. Polyeucto portato per le novità e va-
go di far fronte al Papa, corse frenetico
ad abbattere in dette provincie l'autori-
tà della chiesa romana, pubblicando nel
968 un editto col quale ingiunse a' vesco-
vi di Puglia e Calabria il cambiamento
di rito, e di bandire dalle loro chiese le
romane liturgie; ed inoltre che i vesco-
vi di Tricarico, d' Acerenza, di Malera,
di Tursi e di Gravina dipendessero, co-
me dipendenti dal greco impero , quali
suffragane! dall'arcivescovo d'Otranto, a
cui si appartenesse la loro consagrazione
esercitata sin allora dal Papa. Leduechie-
se d'Otranto e di Tricarico, non appren-
dendo le conseguenze che provenivano
dall'accettazione dell'iniquo editto, vi si
conformarono. Ciò premesso, dice il Ro-
dotà, incerta e dubbiosa è l'origine del
vescovatodiTricaricò,chel'Ughelli si per-
suase stabilito nel 968 , come quello di
Matera, in vigore dell'editto di Polyeucto.
Aggiunge, che ne fa argomento il ritogre-
co che vi fiorì sino al secolo XI mantenu-
to da' vescovi greci, i quali di molti abusi
stranamente lo deformarono. Facile cosa
loro si rese il sostenervi con dignità le ce-
remonie orientali, e farvi risuonare l'ar-
monia de'cantici in lingua greca nel cor-
so d'un secolo e più, in cui questa città fu
riguardata come membro degli slati pos-
seduti da 'greci Augusti; poiché venuti a
trattato di pace l'imperatore d'occidente
Ottone I con Giovanni Zimisce successo-
re di Niceforo, fu stabilito che la Puglia e
la Calabria, involale poco prima da Otto-
ne I con sanguinosa strage al greco im-
pero, ri tornassero dopo le funeste rivolu-
zioni sotto il governo de' greci imperato-
ri. Compì il numero de' vescovi greci di
Tricarico un di loro, il quale accusato nel
sinodo di Melfi, celebrato da Papa Nico-
lò Il nel 1059, d'avere ricevuta l'impo-
sizione delle mani essendo neofìto dal giu-
daismo, e quale ignaro de'misteri, de' pre-
cetti, degl'insegnamenti e dell'istituzioni
della vita cristiana, e nulla versalo nelle
divine Scritture, fu nel medesimo privato
TRI TRI ao3
dell'onore della cattedra vescovile di Tri- delle mani, e tollerato con prudente cir-
ciirico. Furono ancora estinti ed estirpa- cospezione da'Papi per non inasprire Ta-
ti in questo concilio gli avanzi de'disor- niuio de'greci; grave e delicato argouien-
dini dell'ecclesiastica disciplina, cagionati lo, che sull'abuso delle mogli tra 'sagri mi-
rla'predecessori vescovi greci nello spazio nistri greci, Rodotà svolge a p. 236 eseg.;
di quasi i5o anni daccliè tennero la sede mentre a p. 433 parla de' canonici gre-
di Tricarico. Finalmente fu ivi eletto il ci della cattedrale di s. Severina ammo-
i.°vescovo latino per nome Arnaldo, cui gliuti, i quali mantenendo in vigore la di-
indirizzo un diploma nel 1060 Godano sciplina orientale erano sciolti dalla leg-
nici vescovo d'Aeerenza, che per ordine di gè del Celibato de latini. La varietà dei-
Nicolò II, insieme al suo legato Arnolfo la disciplina fece cauti i Papi di rimpro-
n rei vescovo di Cosenza, era stato depula- verare a'greci ministri dell'altare l'incon-
to ad esaminare gli atti de'vescovi accu- tinenza;ed il concilio di Trento difenden-
sali nel concilio. Il tenore di esso rende do dalla mordace censura de'libertini no-
chiara testimonianza d'essere stato trasfe* vatori, non meno il celibato de'sacerdo-
rito dal rito greco al suo antico latino il ti latini, che la podestà della Chiesa d'n-
vescovato di Tricarico nel conciliodi alci- ri ire agli ordini sa«ri il voto della conti-
lì , per mandato apostolico di Nicolò 11. nenza, si astenne dal prendere verunprov-
Questo documento si trova presso Anto- vedimento contro al matrimonio contrai -
nio Zavarroni vescovo di Tricarico, nel toda'greci innanzi l'imposizionedellema-
suo libro: Esistenza e validità de' privi- ni, e dal biasimare questa loto consuetu-
legi conceduti alla chiesa di Tricarico, dine. L'arcivescovo dunque d'Aeerenza
Napoli 1 749- Se la deposizione del vesco- avendo ricorso al dottissimo Innocenzo
vo greco estinse nella chiesa cattedrale di III, questi nel 1 2 t 2 colla decretale ripor-
Triearico i riti orientali nel secolo XI, e tata da Rodotà , dileguò ogni dubbiezza
la destinazione d'Arnaldo I v'introdusse a favore del cantore di Tricarico. Da ciò
nel tempo stesso le venerabili ceremonie si fa palese, che nel principio del secolo
della chiesa romana, alferma il Rodotà, XIII qualche chiesa inferiore della cat-
ene vigoroso nondimeno si mantenne l'u- tediale di Tricarico era tuttavia servita
so de' greci istituti nelle chiese inferiori da'sacerdoti di ritogreco, i quali ammini-
della città, fiorendovi il rito greco anco stravano i sagrameuti a'na/.ionali alla Io-
ne' tempi susseguenti; di che una prova rocura commessi. Estinto finalmente col
indubitata somministra la lettera d'Inno- correre degli anni il rito greco anche nel-
cenzo III. Essendo vacante la chiesa d'Au- le chiese inferiori della città e diocesi di
gloria, i canonici presero di miracoli co- Tricarico, non restò del lutto sepolto l'an-
imine consentiuiento il cantoredella chie- lieo grecismo, restandone un vestigio. Il
sa di Tricarico, nato da greco sacerdote, Rodotà che nel 1 y58 pubblicò la sua bel-
e lo elessero loro vescovo. L'arcivescovo la opera, dichiara che i canonici della cat-
d'Acerenza, il quale godeva gli onori di tedrale aveano a gloria di serbarne un'ini-
metropolitano, avendo esaminato gli alti magine.» Rimase loro fissa nell'animo la
dell'elezione, non sapeva determinarsi di memoria delle venerabili ceremouiedel-
approvarli. Dubitava che fossero loro di la chiesa orientale; e non polendo dare
ostacolo i natali dell'eletto, quasi non pò- altro più chiaro e patente argomento del
tesse sollevarsi all'ordine del vescovato un loro rispetto verso le medesime, nella so-
figlio di prete, mentre la disciplina della lenne adunanza de'fedeli nella messa pon-
chiesa greca permetteva la moglie a'suoi tificale, cantano l'Epistola e VEvange-
sacerdoli, se contralto il matrimonio «e- lo in lingua greca. Si sono determinati
gli ordini miuori, prima dell'imposizione mostrarsi grati a'ioro maggiori con una
ao4 T R I TRI
tal ceremonia ritenuta ila alcune altre ra tirannia de'saraceni, tornò poco appres-
cattedrali latine delle provincie napole- so all'ubbidienza de'greci,ila'qua|jessen-
tane,lequalicamminavano una volta an- do dominata al tempo della promulga-
rli'esse dietro al rito greco, come questa ziotie dell'editto, potè essere eretta da lo-
di Tricarico. Ma ciò cbe sopra ogni altra ro in vescovato, e data per sufFraganea
cosa deve con lode ammirarsi nel rispet- a Otranto. SoggiacqueMatera ne'segueiv
labile consesso de'noslri canonici si è, l'a- ti tempi a sventure atroci e a deplora-
tele rinunziato ad alcune distinzioni d'o- bili calamità. Travagliata di nuovo da'
noie, ed essere stati sempre mai contenti saraceni nel 996, fu obbligata alla resa
di vestire con mozzetle nere, secondo l'o- dopo 4 mesi di penose miserie, finché nel
rientale disciplina, la quale con legge in- 1064 cadde in potere de'normanni. Da
dispensabile obbliga i vescovi, i sacenlo- questi fu privata dell'onore vescovile, ri-
ti egli altri ministri delle chiese, ancorché dotta a semplice abbazia e soggettata al-
sienosollevati ad eminenti gradi di d'igni- la cattedrale d' Acerenza, secondo glia-
là e di uffizi, ad usate abiti di nero colo- cheruntini. Ma la maestosa e illustre A-
re. Benché un vescovo di Tricarico si fos- Gerenza, divenuta anch' essa squallida e
se adoperato con felice successo per otte- deforme per le gravi e ostinate guerre so-
nere a' canonici da Benedetto XIII l'in- stentile circa questi medesimi tempi con»
tlulto di cambiare il nero nel pavonazzoj tro a'suoi nemici, e poco meno che deso-
eglino però inespugnabili a questi assai- lata e ridotta a forma assai misera e la-
t le decorose attratti ve,generosamente ri* grimevole; né potendo mantenere il de-
cimando le nuove insegne di molto pie- coro e la dignità arcivescovile, limocen-
gio e decoro secondo la moderna discipli- zo III nel 1 207 eresse in cattedrale la chie-
na, si sono contentati andar dietro le or- sa di Matera e la unì ad Acerenza acque
me ile'loro maggiori. Nulla variandodel- principali ter, sicché l'arcivescovo fosse
l'antica costumanza, donano un raro e- fregiato de'duetitoli/^c/ierfMfMu.v e Ma-
sempio dell'ecclesiastica moderazione con teranus. Non durò la pacifica unione tra
serbare indelebile la memoria delle veto- loro che sino ad Eugenio IV, il quale per
ste umili divise". Mi occorre tare un'av- recidere le gare di giurisdizione e le lem-
vertenza: il dotto Rodotà chiama Ace* peste ond'erano sovente agitate e coni»
renza col nomedi Ccrenza(F.);c\h può mosse, fu obbligato a separar l'unione e
indurre in errore, poiché Gerenza fu se- a concedere a Matera i propri vescovi,
de vescovile diversa affatto da Acerenza, Rinacquero l'antiche contese sotto Sisto
e poscia fu compendiala con quelle diCVz- IV, il quale determinò, che ili.°de' due
riati\Strongolie Umbriatico{F.).Qoan- titoli o Acheruntinus o Matcranus, do-
to alla sitHraganeità di Tricarico, racco n< vesse regolarsi dal soggiorno dell'arcive-
ta Rodotà: Acerenza godeva gli onori di scovo o in Acerenza o in Matera. Foro-
cattedra vescovile, quando fu sollevata no disunite pure da Leone X, e final-
ai grado di metropoli nel 1060, o poco mente dopo lungo contrasto Clemente
prima del suo pontificalo: fu data alle Vili le restituì all'antica forma data lo-
il. mime nel 1090 da uomini malvagi, e roda Innocenzo III, co'suffraganei d'An-
i ■ teli a qualche tempo restaurata da'pas- glona, Gravina, Potenza, Tricarico, Ve-
sali danni dalla religiosa e pia munilì- nosa. Tornando alla serie de' vescovi di
cenza de'propri cittadini. Della chiesa di Tricarico,dopo Arnoldo trovasi nel 1 o<)<)
Ma (era cassai oscura l'origine e pare de- Librando Tricariccnsis epìscopus, Ro-
livata dal suddetto editto di l'olyeuclo berlo fu nel 1 177 presente al matrimo-
dil <)(ib\ Avendola l'imperatore d'occi- mìo di Guglielmo II redi Sicilia con Gio*
dente Lodovico 11 sottratta dalla barba- vanna d'Inghilterra, e nel 1 179 inler-
TRI
venne al concilio generale diLaterano III.
Al vescovo Ruggero e suoi successori, Pa-
pa Gregorio IX nel 1237 concesse il pri-
vilegio riprodotto da Ughelli. La mag-
gior parte del capitolo avendo eletto M.
Palmerio Gallusio.illustreper virtù e dot-
trina, da Innocenzo IV nel 12 54 f" |"'e"
ferito a Roggero canonico della cattedra-
le suo competitore. Dopo aver lodevol-
mente governalo mori, e il capitolo po-
stulò A. Turbio, e l'abbate J. de Bendi-
no, qui cimi electioni libere ccssisscnt,
idem canonìcovum senatus j'tis siami e-
ligendi pastorelli in Acheruntinuin ar-
chiepì scopimi transfuderunt, a quotiti
sequititr delectus estepiscopus. Fr. Leo-
nardo Aragal de' minori, egregio lette-
rato e ornalo di preclare doti, da Mar-
tino IV nel 1284 confermato con lettera
diretta al cardinal Bianchi legato e ve-
scovo di Sabina, riportala da Ughelli} in-
di Bonifacio Vili lo traslatò all'arcive-
scovato di Tiro, e nel 1 3o 1 a quello d'O-
ristano. In sua vece trasferì da Cassano
a Tricarico, Riccardo che morì neh 324
mentr'era stato postulato vescovo d'A-
versa,efu sepolto nella cattedrale di Tri-
carico. Subito Giovanni XXII gli surro-
gò Bonaceorso,a cui nel 1 326 die in suc-
cessore Gotifiedo già vescovo d'Avellino.
Matteo morì neh 348, e neh 349 vi fu
traslato da Marsico Roggero. Da Venti-
miglia nel i35o vi fu trasferito daClemen-
te VI Angelo cancelliere dell'imperato-
re di Costantinopoli, e neh 364 passò a
Pa Masso. Urbano V nel 1 365 nominòPie-
tro Sei lupi suo cappellano e uditore del
palazzo apostolico. Neh 374 da Volter-
ra qui fu traslalo Andrea di s. Girolamo
bolognese,egregio pastore. Nel 1378 Mar-
tino, nel 1 383 Tommaso nunzio d' Ur-
bano VI in Germania e Polonia. Boni-
facio IX da Piossano neh 3q4 vi trasferì
Nicola, che poi nel 1 399 restituì all'an-
tico arcivescovato, provvedendo la chie-
sa di Tricarico con Vito, già vescovo di
Strongoli. Neh4o5da Pozzuoli vi passò
Tuuiiiì&soBrancacci (/ .)tiapoletano,uoi
T R I 20 5
cardinale e nipote di Giovanni XXI 11 >
governò bene, e neh 4 1 7 gli successe Lo-
renzo, che la regina Giovanna li inviò o-
ratore al nuovo Papa Martino V, insie-
me all' arcivescovo d' Acerenza e al ve-
scovo di Cassano. Angelo napoletano, ca-
ro a Giovanna II, traslato da Potenza nel
1 4 T 9 e P°' arcivescovo di Rossano: per
regresso tornò a governare Tricarico il
cardinal Brancacci, e continuò sino alla
moile neh 427. Gli successe StefanoCar-
rara de' signori di Padova, già vescovo
di quella cattedrale, di Nicosia e di Te-
ramo: nel i432 commutò questa sede con
quella di Rossano col dello Angelo che
ritornò a Tricarico, ed intervenne al con-
cilio generale di Firenze. Nel 1 4-38 fr.Ni-
cola veneto domenicano, anch'esso inter-
venuto al nominalo concilio, commenda-
bile per dottrina teologica e virtù. DaMar-
si neh 446 vi passò Saba de Carbonibus
romano; e neh 447 l'a Pozzuolo fr. Lo-
renzo de' minori. Nicolò V nel i44^ e"
lesse Onofrio Santacroce nobile romano,
illusile per dollrina e vasta erudizione,
virtù ed esperienza, canonico Laleranen-
se ; funse varie legazioni, governò egre-
giamente la sua chiesa, e rnorlo in Roma
nel 1 47 1 fu sepolto nella chiesa di s. Ma-
ria inPublicolis di sua famiglia, della qua-
le riparlai nel voi. LXI, p. 61. L'Ughelli
riporta il monumento marmoreo alquan-
to singolare, poiché si vede scolpito il ve-
scovo giacente cogli stemmi laterali al cu-
scino ove posa la lesta, e dalle spalle a'
piedi tutto il corpo è coperto da un pro-
lisso e onorifico epitaffio. Or.so fu Mova-
lo degno a succedergli ; e Scipione nel
1 484 intervenne alla canonizzazione di s.
Leopoldo duca d'Austria e nel <494 a"a
coronazione di Alfonso \\)pauloq ite post
mi se l'abili fato oecisus est. Agostino de'
baroni Guarino chierico Liviense, sud-
diacono apostolico d'Alessandro VI, da
questi fu eletto nel j 497- Giulio 11 nel
1 5 1 o fece amministratore il celebre car-
dinal Oliviero Carafa {f7.). Leone X no-
minò Lodovico dc's;ignori di Canossa ve-
lofi T R I T R I
ronese, abbate commendatario di s. An- vendo rinunziato neliGit (visse in Ro-
drea di Bosco e di s. Apollinare di Ca- ma sinoaliGjy vecchissimo e sordo), gli
nossa, nunzio a Francesco I re di Fran- sostituì il fratello li. Roberto domenica
cia.e per l'eccellente sua condotta si gua- no. Urbano Vili elesse Pier Luigi scnio-
dagnò l'amore di quel Papa e la grazia re Carafa (f) nobile napoletano e fia-
del re, onde ebbe il vescovato di Bayeux. lello di Diomede, nunzio benemerito di
Ne'pontificaìi di Adriano VI e Clemen- Colonia, pubblicando l'interessantissima
te VII fu adoperalo con felice successo e relazione, Legatìo apostolica.Hes\devosQ
in difficili tempi per gravissimi affari; di- di tornare alla sua amata chiesa, osci dal
venuto consigliere de! re, l'inviò suo ora- corso delle nunziature e per altri i i anni
toro a Venezia, ove infermatosi grave- la governò colmandola di grandi e con-
menle, si trasferì a Verona, e finanziata linue beneficenze, aumentando la meli-
la sede dì Tricarico, morì nel i 5ag in pa- «a canonicale, ampliò ed abbellì la catte-
Iria, lodato con orazione del dotto con- drale e l'arricchì di sagre suppellettili ;
cittadino Bernardino Donato, e tumulato fibbricò un sontuoso organo e stabilì ima
nella cattedrale, il vescovo e affettuoso a- rendita per mantenerlo e suonarlo. Ac-
mico Gi berti gli eresse l'onorifico sepol- crebbe le rendite del seminario, e fu al-
erò. Clemente VII gli surrogò lospagnuo- Ire-ì benefico co' luoghi pii a vantaggio
lo Alessandro nobile e arciprete di Cor- de'poveri. Creato cardinale da Innocen-
dova, già referendario e protonotario ili zo X, abdicò il vescovato, e fu confeiilo
Leone X, illustre per le sue qualità, e nel al nipote Pier Luigi gonfiore, nobile na-
giubileo presidente de' penitenzieri; mor- poletano teatino, di esimia virtù e bene-i
to in Roma, fu sepolto nella chiesa di s. licenza, piissimo e padre de' poveri; re-
Salvatore in Lauro con epitaffio presso staurò la cattedrale dalla parte debole e
l'Ughelli. Paolo 111 nel i ^35 gli avea da- neatunentò gli ornati, fabbricò uno splen-
to in coadiutore con futura successione «lido armadio per la sagrestia, aumentò
Girolamo Folenghi mantovano, a tiicli- il numero de'canonici,e stabilì un'annua
ilio intimu&que cubicularìus, morto nel pensione pel tesoriere: dedicò la cappella
i 53g. In questo divenne vescovo di Tri- della B. Vergine della Pietà e de'ss. Gae-
carico Francesco Orsini nobile romano, tano e Andrea Avellino, in suffragio de'
abbate di Farfa, che dopo i 5 anuiabdi- defunti ; adornò e restaurò l'episcopio,
co; onde nel 1 554 gli successe Antonio Per gratitudine i canonici a perennarne
de Caprioli romano. Gio. battista San- la memoria, gli fecero scolpire un magni-
torio di Taranto vescovo d'Alile, da Si- fico elogio, in cui celebrarono ancora le
sto V fatto Maggiordomo (F.)%\vt\ 1 586 munificenze del cardinal zio, e si legga
vescovo di Tricarico e nunzio di Stizze- in Ughelli. Morto nel 1 67*2, l'anno se-
re/, morto in Roma nel 1 5g2. Gli succes- guente gli successe Andrea d'Aquino no-
seOttavio Mirto napoletano, già vescovo bile napoletano, dotto, virtuoso, zelautis-
di Caiazzo, dipoi traslato a Taranto nel simo e operosissimo pastore, modello de'
1 6o5. Nel medesimo Diomede Carafa no- vescovi. Nel 1676 da bitetlo vi fu traslato
bile napoletano, pio e lodatissimo pasto- Gaspare Toralto nobile di Tropea; per
re, assai pianto quando terminò di vive- sua morte nel 1682 Gaspare Mezzomo-
re nel 1 609 in Roma, tumulato in s. Ma- naco napoletano, abbate e visitatore ge-
na de'Monti,di cui fu divotissimo.ed ove iterale degli Olivetani, integerrimo e vir-
il fratello e più tardi successore cardinal looso. Nel 1684 Fulvio Crivelli nobile mi-
Pier Luigi seniore gli pose un elogio scoi- lanèse, già canonico di Napoli, degno per
pito in pietra. Paolo V nel febbraio 1609 pietà e dottrina , pochissimo visse. Nel
noininòSettimio Roberti romano, che a- iG85 Fraucesco Antonio Leopardi giù
TI! I
vescovo di Melisi co; nel 1718 Luca Tra
pani traslato da Ischia, per soli 9 mesi
circa, avendolo rapito la morie alle spe-
ranze di sua chiesa. DaTrevico a'4 mar-
Z01720 passò a epiesta sede Simone Ve-
glino napoletano, ornato di tutte le virtù
e dottissimo, facondo e zelante predica-
tore, e perciò con gran ginhilo de'dioce-
sani; ma tosto si converti in pianto e do-
lore, poichèa'a 3 luglio ne deplorò la per-
dita, per l'eminentecomplesso di sua san-
tità, splendidamente celehrata dalColeli,
col quale termina nell' Italia sacra la
serie de' vescovi, che compirò colle No-
tizie di Roma. Il venerando Simone eb-
be a biografo il p. Pietro Gisnlfo, e di
lui basti il ripetere con Coleli: l'ere, rni-
raculum hujus uostrae aetatis elicere
possumus , sive sapienti am in co spe-
dare velimus la/n divinarum , quam
humanarum rerum, sive linmanitafcm,
mnnsuetudinein, clemenliam, caeteras-
aite oniìies virtutes, quibus, non modo
Trinici, et Triedrici infulas, sed omnem
ccclt'.siasiicam liierarcliiam decora vi t.
Clemente XI nello stesso 1 7 to a' 1 fi di
eembre riempì la vacante sede con d. [Vi-
colo Antonio Caraffa, oli velano di Som-
ma, al quale successero: ri e I r 7 4 ' Anto
nio Zavarrone, di Mont'Alto diocesi di
Cosenza; nel lyfio Anton France>co de
l'Iato, di Calabrilto diocesi di Conza ,
traslato da Carinola. Rimasta la sede sen-
za pastore quasi io anni, nel 1 79?. diven-
ne vescovo Fortunato Pintodi Palermo.
Indi e da'primi anni del corrente secolo
sino a'21 marzoi 8 ro, Tricarico deside-
rò il pastore, che Pio VII gli die in fr.
Pietro Paolo Presicce. agostiniano scal-
zo di Nardo. Per sua morteGregorioXVl
nel concistoro de'i 3 settembre! 838 pre-
conizzò I' attuale vescovo mg' Camillo
Letizia napoletano, della congregazione
della Missione di s. Vincenzo de Paoli,
per quelle egregie doli dichiarate dal Pa-
pa nella sua proposizione concistoriale.
Ogni nuovo vescovo è tassato ne' libri
della camera apostolica in fiorini 3oo,
T Pi I 207
ascendendo le rendite della mensa a 1908
ducati napoletani, cunctis deductis one-
piòli*. La diocesi si estende per più di 60
miglia, e comprende più luoghi.
TRICENARIO, TKICENNALI e
TRIENNALI. Si dissero Tricenario le
preghiere continuate per 3o giorni, come
il Triduo per 3 e la Novena per 9. Nelle re-
gole monastiche viene chiamata Tricesi-
ma la 2/ settimana di Quaresima, come
Vice&ima signilica la 3/ settimana. Fu-
rono così nomate non già dal numero dei
giorni, ma per seguitare le denominazio-
ni di Stlluagesima, Sessagesima, Quin-
quagesima,Quaresima, Trigesima e r'i-
gesima. Si- chiamò Tricennale lo spa-
zio di 3o anni. I romani facevano voli e
rendimenti di grazie in capo di questo
tempo per ringraziare gli Dei della felice
amministrazione dell' imperatore, e per
domandarne loro la continuazione. Al-
trettanto fecero con vicennali, decennali e
quinquennali, tutti spazi di tempo corri-
spondenti a 20, 1 o e 5 anni, ne'quali ce-
lebravansi giuochi e si facevano sagri fizi.
Si chiamarono Triennali le feste ili 3 an-
ni in 3 anni, che celebravansi dagli abi-
tanti della Reozia e da' traci in onore di
Bacco, e in memoria della favolosa sua
spedizione nell'Indie,che si fin^e durata 3
anni. Tra gli ebrei furono epoche solen-
ni, X Anno sabatico in cui si liberavano gli
schiavi, si riacquistavano i beni alienati
e si lasciava riposar la terra; più solenne
era il Giubileo o anno centesimo o giubi-
lare,celebrato ogni 5oanni. Il nostro /in-
no santo prese tal nome dall'anno cente-
simo o centenario. Abbiamo le Feste di
Anniversario , di Commemorazione , di
Novendiali, di Oliava, di Tri ciao ,di Qua-
ranCore; ed i Funerali di dette epoche,
ed anche del terzo giorno, settimo e tri-
gesimo, quarantesimo e cinquantesimo,
come notai a Sepoltura, riparlando del-
l'esequie. Ne'ricordati articoli riportai le
corrispondenti erudizioni.
TR1CEREO o TRIANGOLO o A-
RUNDINE. V. i vol.V!I,p.2oi e 202
ao8 T R I
nelle due colonne, XXV, p. 180, LXIJ,
p. 84,LXlV,p.3i 1 e 3 1 7,LXXI,p. 7 1.
TPilCLlNIO, Tricliniuin, Accubitum.
Camera o sala dove i romani mangiava-
no. Tre tettivi aveano intorno alla men-
sa, donde venne quel nome; e quelli or-
nati sovente d'oro, d'argento, d' avorio,
d'ebano o di cedro o altri legni estranei,
e coperti di drappi purpurei o d' altri co-
lori, ri carnali d'oro e di porpora, tuttema-
gnifìche coperture. Di que'lelli ancora al-
cuni dicevausi triclini, e di essi si varia-
rono di frequente le forme; a poco a po-
co si elevarono dall'altezza di due piedi
fino a quella di quattro, vieppiù avvici-
nandosi così alla tavola, perchè olii isserò
cibandosi un più comodo appoggio. In
siffatti letti, e ne'tripodi d'oro, d'argento
e di bronzo , consisteva la magnificenza
peculiare de' triclini. Aulo Gemo rampo-
gnando il lusso de'romani per l'eccessiva
sontuosità de' detti triclini, osserva ch'es-
si davano ne'banchetti loro agli uomini
letti più magnifici che agli stessi Dei. La
moda, volubile sempre, ne cambiò la for-
ma e gli ornati; giacché se ne fecero di
lunghi, di ovali, in forma di mezzaluna.
Le tavole iutorno cui i letti trovavansi di-
sposti erano da principio della più gran-
de semplicità, ma di mano in mano si or-
narono con un lusso stomachevole, il Sar-
nelli, sull'etimologia del vocabolo Tricli-
nuiii o Tricliniuin, dice che i romani fe-
cero propria tale voce greca, così detta da
tre tedi, poiché letto in greco dicesi cline t
ed iu ogni cenacolo o sala in cui soleva-
si mangiare, erano esposti pe' convitati.
Questi letti da Cicerone si chiamarono di-
icubitorii, a differenza de'cubicularii, nei
quali si dormiva la notte. Aggiunge che
l'uso de'lelti era ab antico ne'ti ialini o ce-
nacoli, solamente pegli uomini, poiché le
donne e i fanciulli stavano a sedere sopra
sedie, come riporta Valerio Massimo, I.
1 i,c. 1: A pud antiquos faentina seden-
te* cum viris cubanlibus coenitabanlj
quae consiietudo ex nominimi convictu
ad Divina penetravitj nani Jovis epulo
TRI
ipse in leclulum, Junoet Minerva in sei'
las ad coenam inullantur? quod gemi*
severitalis aelas nostra diligenlius in Ca-
pilolio,quam in suis domibus servel. Vi-
delicet, quia muli erutti disciplinani con-
tìneri. Così le donne ancora usarono a
mangiare giacendo ne'lelti; ma i fanciul-
li sedevano alle sponde de'medesimi let-
ti, come dice Svetonio nella vita di Clau-
dio imperatore : More, veteri ad falera
leclorum sedenles vescebantur. Questo
prova, e lo si vede ne'monumenti, che il
costume di mangiare sdraiati sui letti sem-
bra tuttavia non essere stato interamen-
te comune, perchè molte persone non se-
guitassero a osservare l'antica maniera di
cibarsi assisi sopra sedie. Le Agapi o pa-
sti de' primi cristiani, di cui riparlai nei
relativi articoli, offrono esempi della di-
sposizione degli antichi triclini devonia-
ni. Oltre a ciò prima di mettersi su que-
sti a giacere, sia pel Pranzo, per la Cena,
uè Banchetti e ne' Conviti (F.)t o si lava-
vano nelle Terme o ne' Bagni (V-)* o al-
meno facevano la Lavanda de' piedini .),
dovendo deporre le scarpe o i sandali per
noti imbrattare i letti; e spogliati delle ve-
ste usuali, vestivano le cenatone o con-
vivali,cioè la Togati7 .) tri cliniaris. Que-
ste vesti, chiamate pure sinlese, non po-
tevano indossarsi nel comparire al pub-
blico; il padrone della casa le sommini-
strava a'eonvitati pel banchetto, e si ab-
bandonavano dopo il pasto. Alcuni alfer-
manoche 3 letti erano nel triclinio attor-
no al desco o tavola da mangiare, lascian-
dosi il4.°li»to vuoto e libero pel servizio oc-
corrente alla presentazione delle vivande
ed altro; e che d'ordinario ciascuno con-
teneva 3 persone, ed i più ampi 4» d cbe
era cosa straordinaria. I romani non a-
nia vano d'essere più dii 2 a una slessa ta-
vola,laonde e per la Cena del Signore,ove
egli compreso sederono 1 3, a motivo del
traditore Giuda, si confermò la contra-
ria Superstizione. I numeri che loro pia-
cevano di più erano gl'impari, tre, sette
o nove, secondo il documento di Vario-
T R I
ne rifei ilo da Gellio, il qualeappuntocon-
siglia dover essere il numero de'convita-
ti non minore di tre, né maggiore di no-
ve, per alludere alle Ire Grazie o alle no-
ve Muse, con eguale proporzione e ordi-
ne. Il Cancellieri nell'erudito suo opusco-
lo: Le sette cose fattili di Roma antica,
con la spiegazione da' misteriosi attribu-
ti de' numeri Ternario e Settenario, dice
che numero Deus impare gaudetj quin-
di che il numero ternario si è creduto il
più perfetto, di cui siasi servila la natu-
ra, ed è notissimo il volgare detto, omnia
trinimi est perftctum. Il padrone dellaca-
sa collocavasi sul letto a dritta in capodel
desco, da dove vedendo l'accomodamen-
to del servigio, poteva con maggior age-
volezza ordinare a' suoi schiavi quanto
credeva opportuno. Egli riserbava un po-
sto al di sopra di lui per uno de'convita-
ti, e uno al di sotto per sua moglie o qual-
che parente. Il lelto più onorevole era
quello di mezzo; veniva in appresso quel-
lo dell'estremità a sinistra; quello dell'e-
stremità a dritta era reputato il minore.
L'ordine peli. "posto su ciascun letto e-
sigeva di non avere alcun individuo al di
sopra di se, e il posto più distinto era l'ul-
timo sul letto di mezzo, che chiamavasi
il posto consolare, perchè effettivamente
assegnavasi sempre a un console, quan-
do recavasi a pranzo da qualche amico.
Il vantaggio di questo posto consisteva
nell'essere più libero per levarsi dal de-
sco, e il più vicino a coloro che soprag-
giungevano per parlare di affari. I con-
vitali slavano colobi sui letti, uno accan-
to all'altro, e mangiavano di fianco in si-
tuazione più vantaggiosa della moderna,
per maggior facilitazione della digestio-
ne. Poiché calcandosi dalla parte del pi-
loro, avea più campo il cibo d'insinuar-
si, e di triturarsi negl'intestini. Il sopra-
stante al triclinio si disse Architriclinus
e Triclinarcha. Il Magri nella Notizia
de' vocaboli ecclesiastici t in quello di Ar-
chitriclinus , lo spiega capo o soprastante
del convito ov' erano tre letti, e che tra
VOL. LXXX..
T R I 209
gli ebrei pure il capo de'banchetli prepo-
sto all'ordine di essi dicevasi A rchitricli-
no e Triclinarcha, benché si trovi in al-
cuni scrittori chiamato Biclinium, per si-
gnificar la stanza o cenacolo di due letti,
mentre si appellò Telraclinium quella di
quattro letti. Il Menocbio nelle S tuo re ci
parlò dell'ollizio dell' Archi triclino, nella
centuria 1." cap. i5: Qual fosse l'qffizio
dell' Architriclino, del quale si parla nel
cap, 2 dis. Giovanni. Riferisce con s. Gau-
denzio e il Baronio, che negli Sposalizi
usavasi dagli ebrei nel banchetto di noz-
ze disegnarsi un sacerdote per interve-
nire al convito nuziale, acciò per la sua
autorevole presenza tutto procedesse con
modestia e buona regola , e che desso è
l'archi triclino ricordato dall'evangelista,
nel narrare le nozze di Cana in Galilea.
Soggiunge aver trovato, che gli antichi
costumavano eleggere a sorte o in a lira
maniera, tra quelli che intervenivano al
convito, chi ne fosse capo e governatore,
e desse quegli ordini e prescrizioni con-
venienti e opportune, acciocché il con-
vito passasse con ordine plausibile e al-
legrezza degl'invitati. Si diede molla im-
portanza a epiesto regolatore, a segno che
giunse a dire Tito Livio nella decade 5
(credo con esagerazione, sebbene ne co-
nosca 1' importanza), non volerci menu
giudizio e accorgimento in saper ordina-
re un convito, che in disporre una bat-
taglia per riportarne vittoria. Da'greci e
da' latini il soprintendente al convito fa
chiamato con vari nomi, esprimenti l'au-
torità che avea di governarlo. I greci lo
dissero , Simposiarchas , Tciclinarclui'i,
Architriclinos. I latini li chiamarono, Ma-
gistros Convivii, Reges Mensae, Modipe-
ratores, Arbilros } Dictafores, Convivii
do mi no s. Orazio gli appellò, Coe/irt Patres,
e con vocabolo greco, Parochus. Questi
due ultimi vocaboli il p. Menocbio li cre-
de più convenienti a quelloche invita gli
altri in casa propria, facendo la spesa e
l'apparato della cena, voltando la parola
Parochus in Praebilor. L'officio de' so-
i4
aio TRI
pi-astanti a' conviti era 1' ordinate e pre-
scrivete quanto e come si dovesse bere;
procurare che i ragionamenti fossero gio-
condi e insieme modesti, die niuno offen-
dessero, onde tutti i convitati più restas-
sero allegri: all'energia dovea accoppiare
la tranquillità e la modestia. Non sede-
va subito a tavola l'architriclino cogli al-
tri, perchè dovea prima vegliare che tut-
to fosse ordinatamente incamminalo; e
per onorarlo, da'eon vitati gli si presenta-
vano le cose migliori e le più delicate vi-
vande, per dar segno con queste cortesi
dimostrazioni, di loro piena soddisfazio-
ne; anzi i convitati nell'offrirgli tali omag-
gi, vi riunivano il simbolico e misterioso,
con allusioni di lode alla sua solerzia e
vigilanza; perciò se gli porgeva il cuore,
in segno di grata affezione, e altre parti
significative degli animali. Tanto e altro
scrissero gli antichi dell'ardi i Iridino, pre-
sidente de'conviti, soprastante alle men-
se del Triclinium, o stanza del cenacolo,
dal Piazza paragato in parte all'odierno
Refettorio delle comunità religiose ; ma
quivi regna il silenzio, solo interrotto da
utili letture e da tratti di edificazione vir-
tuosa. Si ha di Pietro Ciacconio, De Tri'
eli aio Romano Fulvi Orsini, Appmdix,
Romae in aedibus S. P. Q. R.i638.Das-
sovio, Dissertano de accubitu helraeo-
rum ad Agnum Paschalem, Witteber-
gaei6g8. Aldo Manuzio, De accumlen-
diet comedendi ratione inter ejusdem O-
pusc. Girolamo Mercuriali , Dissertatio
de acculi tus in coena origine , Lipsiae
1 758. FilippoAntonini, Del Triclinio dei
romani, Faenza 1 769.
Anche i cristiani ebbero i Triclinii, per
ospizio a'pellegrini, e per solennizzare le
maggiori festivilà,con conviti derivati dal-
l' antiche Agapi natalizie e funerali dei
primitivi cristiani, per celebrare le feste
de Martiri; con costumanze e riti oppo-
sti al praticato da' gentili, introdotti dai
saggi prelati della nascente Chiesa co'no-
velli convertiti al cristianesimo, per allet-
tare juuggioi incute i gculili ad abbiac-
TRI
ciarlo. Avvezzi i pagani alla pompa di lo-
ro fèste, all'allegrezze e tripudi co'quali
si celebra vano, non erano tutti capaci d'in-
nalzar la mente e il pensiero alie cose spi-
rituali e celesti. Onde i vescovi permise-
ro, che nel celebrarsi le feste de'marliri,
avessero i nuovamente convertiti qualche
onesto divertimento e diletto, e special-
mente con conviti pubblici e popolari, ac-
compagnate da regolate allegrezze e dal
soave canto de'sagri inni e cantici. Così
la Chiesa santificò i convili e le cene fu-
nebri anniversarie, colle agapi natalizie
de'marliri, e colle agapi funerali nell'o-
notare e suffragare i cristiani defunti; le
quali celebravansi con tutla religiosità e
pietà cristiana, coU'iuvito de' sacerdoti e
di tulli i poveri, vedove e pupilli. INe'pri-
rni tempi si celebrarono nelle chiese e sul-
le tombe de'marliri, poscia si trasporta-
rono altrove, finché insorti degli abusi si
fecero cessare. I triclini pe' pellegrini cri-
stiani erano abitazioni aperte dall' ospi-
talità cristiana vicino a'sagri Templi e al -
le Sagrestie (F.) piùcospicue; aveano an-
nesso il Bagno o le Terme, a somiglian-
za de'refettorii gentileschi. Il dotto gesui-
ta p. Lupi, Dissertazioni sagre, disseti.
1, p. Si, parlando de' Battisteri antichi
e de'bagni e fonti esterni vicini alle basi-
liche cristiane e aventi le loro porte, di-
ce che non trovando fra gli architetti pa-
gani chi non abbia fatto mistero sulle pro-
porzioni che doveano avere i loro tricli-
ni, uou poteva confrontarli con quelli che
in appresso l'ospitalità cristiana apri vi»
ciao alle chiese più cospicue nell'abitazio-
ni o Episcopio de' vescovi a ricovero dei
Pellegrini {P.), o anco a fomento di ca-
rità fra 'sacerdoti minori e il loro capo, che
quivi in alenile principali feste tutti in-
sieme si leficia vano. Egli però vi conobbe
della somiglianza tra 1' una e 1' altra di
queste fabbriche, avendoe i refettori] gen-
tileschi e i cristiani presso di se il bagno,
dove poco prima di porsi a mensa si lava-
vano i convitati fra 'gentili,! pellegrini fi a
uoi. Così i bagni Bell'abitazione Vaticana
TRI
presso s. Pietro, e nel patriarchio Late-
ranense, e nel monastero di s. Paolo sul-
la via Ostiense, e in s. Lorenzo al campo
Vaiano , ubi lavantur pauperes fratres
nostri, si conosce essere stati eretti e ri-
storati da vari Papi, come lasciò scritto
Anastasio Bibliotecario, De viti? Roma'
norum Pontificum. Egli descrisse il bagno
del Vaticano eretto da s. Leone 111 del
79*) sull'andata de' gentileschi, alto, ro-
tondo, luminoso e ornato. Ond'è che que-
sta fabbrica, e quella del triclinio, in gra-
zia di cui era fatto il bagno , ragionevol-
mente si potrà credere ricavata dal pa-
gano. Parlando poi il p. Lupi della Tri-
buna (P.) a capo del Triclinio Leonia-
no Lateranense, che poi descriverò, dice
che bene mostra l'errore che alcuni pre-
sero dal p. Rosweido, il quale unì insie-
me tre Tribune, dette Trichorus per quan-
to descrissi al citato articolo, tanto separa-
te, poiché le altre due erano a metà del-
l'edilìzio, quanto essere state queste del
triclinio Leoniano si scorge dalla sua pian-
ta, cioè la maggiore in fondo e rimpetto
alla porta d'ingresso , innanzi alla quale
tribuna si apparecchiava il convito, e nel-
la metà del triclinio lateralmente una in-
contro l'altra erano le tribune destra e
sinistra. A Palazzo apostolico Latera-
wrnse notai i triclini dove i Papi benigna-
mente ospitavano i Pellegrini, i quali pu-
re si riceveano nel Diaconico (L.) delle
Chiese de\\e Diaconie caj-dinalizie, delle
quali riparlai a Titoli cardinalizi, e ne-
gli CXrn/zì cretti eziandio presso le chieseo
sui loro portici, nel cui articolo tornai a
ragionare dell'ospitalità usata dagli anti-
chi,dalle più colte nazioni tenuta per sa-
gra, massime a Roma, e di quella pure
praticata da'romani gentili, i quali chia-
mavano Parrocchie i luoghi ove in Ro-
ma si riceveano gli ambasciatori e altri
ospiti, e curati quelli che gli accoglievano e
ne aveano cura. I Papi sempre ebbero pa-
terni e speciali riguardi pe'forastieri, per-
sino ne' Tribunali di Roma e ne' Tributi
(P.), ove tornai a ragionare dell'albiuag-
TRT 2ir
gio,dicendo inoltre nel voi. L,p. icfi delle
discrete pigioni dellecase.Da'secoli più re-
moti accolsero nel loro Palazzo aposto-
lico i Pellegrini ed i Poverìt gl'i ni ban-
dirono la mensa e li servirono a Pran-
zo (V.), dopo aver loro fatta la Lavan-
da de' piedi (V,). Presso la Sagrestia
(P\) di molte chiese era l'alloggiamento
de' pellegrini. Il p. Severano nelle Me-
morie sagre delle Sette Chiese di Ro-
ma, discorredi molli antichi triclini. Par-
la particolarmente del triclinio Vatica-
no eretto da s. Leone HI , ossia un pa-
lazzo con 80 stanze per comodità de*
pellegrini, con un bagno pe' medesimi;
dipoi il palazzo fu convertito in abita-
zione dell'arciprete, e si chiamò l' Arci-
presbiterato, finché fu demolito da Paolo
V nel 16 io nel fare l'attuale facciata e
portico della basilica. Il medesimo Seve-
rano parla ancora del triclinio fatto da
Nicolò I nell'858, presso la Chiesa di s.
Maria in Cosmedinjde\ triclinio eretto
da s. Zaccaria del 741 sopra la torre che
avea edificalo nel palazzo Lateranense,
con pitture esprimenti tutte le parti del
mondo, acciò i successori mirandole nel
farvi le cene, si ricordassero che di tutte
doveano aver pensiero, e fors'anco per-
chè i pellegrini che vi erano cibati si con-
solassero sapendo ch'erano di continuo
presenti alla mente del sommo Pastore;
inoltre s. Zaccaria avanti la basilica di
Teodoro I rinnovò il triclinio con orna-
ti di marmo, metalli, musaici e pittu-
re. Ala il principale triclinio, di cui, per
quanto dirò, abbiamo un fac simile della
tribuna principale, era la basilica o Tri-
clinio Leoniano detto Maggiore, edifi-
cato da s. Leone HI contiguo alle came-
re papali, con>e affermano i rituali an-
tichi , e particolarmente Cencio Came-
rario: Transiens Pontifex per ipsam
basilicam Leonianam, iutrat canterani
suam. Lo descrissero molti scrittori che
trattarono degli edilìzi del Lalcrano(L .),
e principalmente il custode della biblio-
teca Vaticana Nicolò Alemanni, De La-
ai a TRI
teranehsibtts Parìetinisab. Illustriss. et
Reverendiss.DominoD.FraneiscoCard.
BarberinoRestilutis,Dissertatiohistori-
ca, Romae anno Jubilaeii625. Erudita-
niente ragiona in i5 capi. i.°De Latera-
nensibus Parietinis alìorum opinione.?.
2.0 An Carolus Magnushuiusf uerit au-
tor aedijicij. 3.° Aedijicij huius autor
Leo III Pontifex. 4-° Aedijicij huius no-
mina et usui. 5.° Alterimi ciusdem ae-
dijìcij nomen aliisque usus. 6° Duorum
LeonisIIITricliniorumLatera neri tinnì
distinctio. 7 .° Musivum Triclini j a Leo-
ne III fuissc paratimi. 8." Camerae mu-
dfMMM quid praeseferat. g.° Dexterae
partis Apsidis inusivum quid raprae-
scntct. i o.° Sinistrae partis musivum
quiddenotct.i i .° Inscriptio Caroliima-
ginis explicatur. 1 2. ° Inscriptio Lconis
imaginis exponitur. i 3.° Quae dictasunt
quinque habere difjfìcullates videntur.
i £.°An ius,et autori tatem Imperi j trans-
fe.rcndi liane tabula contineat. 1 5.° An
huius tabulae inscriptionis translali
Imperi j causas indicent. L'insigne, co-
spicuo e celeberrimo Triclinio Leoniano
è della massima importanza per gli accen-
nati argomenti, pel significato del figura-
to da'musaici che ancora ci restano, sicco-
me accuratamente e con diligenza copiati
dagli antichi,onde in molti e gravi articoli
ne dovei ragionare, in uno alla dotta illu-
strazione dell' Alemanni e sue la vole.iscri-
zioni, iconografìa e pianta del Triclinio
Leoniano, quella che esprime le vestigia
antiche dell'edifizio, nell'apside primaria
e sinistra, quella che rappresenta questo
dopo il memorato restauro, cioè l'amido
primaria. Imperocché la pianta nella let-
tera A ci dà l'indicazione della primaria
e superstite Tribuna o A pside a capo del
Triclinio; la lettera B I' Apsidc destra
non più esistente; la lettera C V A pside
sinistra, le cui pareti furono riprodotte
nella 2." tavola; la lettera D il Cubitorium
ove i Papi convitavano, cioè innanzi al-
la primaria Tribuna; la lettera E la por-
ta del Triclinio, corrispondente e udiu-
TRI
cente all'ingresso dell' oratorio di s. Lo-
renzo di Sa ncta, Sanctorum, ossia del ce-
lebratissimo santuario della Scala San'
ta (V.). Poscia ne restrinse la descrizione
del più interessante il p. Severano, e la
pubblicò in U orna nel i63o, insieme al-
la pianta non meno del Triclinio, co'di-
segni de'suoi musaici, che della patriar-
cale basilica di Laterano e dell'antico
Patriarchio Lateranense, in cui si ve-
de ove sorgeva il Triclinio Leoniano. Di-
poi tale pianta della basilica e patriar-
chio fu riprodotta con più dettaglio per
la sua grandezza , insieme a quella del
Triclinio, sua tribuna e musaico, situa-
lo quanto all' ingresso tra la basilica di
Papa Vigilioeadiacenzedel SanctaSan-
ctorum e Scala Santa, quanto alla tri-
buna maggiore accanto all'oratorio di s.
Nicola o bestiario de'Papi, dal cardinal
Raspolli nel i656, De Basilica et Pa~
trìarchio Lateranensi. In quest'opera
nel lib. 4» trattandosi del patriarchio, s'il-
lustra la basilica Leoniana o Aula de'Con-
cilii, le Scale sante, il Triclinio o la basi-
lica Leoniana detta basilica Maggiore, e
gli oraturii di s. Nicola e di s. Lorenzo o
Sancta Sanctorum, ove un tempo si ve-
nerarono le Teste de'ss. Pietro e Pao-
lo [I \), e le basilica di Vigilio. In segui-
to nelle opere minori si pubblicò la pianta
del Triclinio riproducendosi quella del-
l'antica basilica e patriarchio, come lece
mg.' Mazzucconi, nelle Memorie stori-
che della Scala santa e del santuario
di Sancta Sanctorumo oratorio di s. Lo-
renzo, de'quali ultimi sagri edifizi ancora
la pubblicò, con l'adiacente superstite tri-
buna del TriclinioL<joniano; meni re mg/
Santelli nella dotta Disserl. sull'oltrag-
gio fatto a. Leone III ed a Carlo Ma-
gno, ci die l'immagini d'ambedue e di s.
Pietro, del musaico del Triclinio, oltre il
diseguo del musaico della tribuna del me-
desimo esprimente Gesù Cristo che (\i la
missione agli apostoli. 11 Ciati» pini, / <■-
tera Monumenta, par. i, p. 127: De ce-
lebri Leoniano Triclinio in antiquo La~
IT RI
ter. Palatio constructo an. 797. Cesareo
Giuseppe Pozzi scrisse 8 Dissertazioni
sul Leoniano Triclinio, che furono mes-
se nella biblioteca di s. Michele in Bosco
a Bologna. De Laleranensibus Parie-
tinis Dissert. hist.Additis, q uaeacl idem
argumenfum spectantia scripserunt C.
Rasponiiis, e.tJos. Assemannus, Komae
1756. Burrnanno, Tliesaur. Ital., t. 4»
par. 4-Ora eccomi in compendio a parlare
del famoso Triclinio Leoniano e suo nota-
bile avanzo esistente nel sito in cui fu edi-
ficalo per memoria dell'antico e colla più
possi bile somiglianza, poiché i fondamenti
dell'antico si trovano nell'orto de'religio-
si Penitenzieri Latr.ranensi,\ quali han-
no l'oratorio di s. Nicolò o Vestiario de'
Papi. Questo monumentogloriosoper las.
Sede e degno della più. grande conserva-
zione, fu chiamato con diversi nomi, cioè
Basilica, Aula, Casa Maggiore, Regia,
Accubito, Triclìnio Maggiore, Triclinio
Leoniano perchè edificato da s. Leone IH
circa il 796, oltre a moltissimi musaici e
pittine con che ornò Roma, come riferi-
sce il IVovaes nella Storia di s. Leone III,
celebrandone I' animo magnanimo e la
rnuui licenza. ÀnastasioBiblioteca rio chia-
mò il nobilissimo edilìzio particolarmen-
te col nome di Triclinio Maggiore, nel
descriverloesattamente colle seguenti pa-
role. Fedi Leo III in Patriarchio La-
teranensi Tricliniiun Maius super o-
inni a Triclinia, nominis suìs magnitudi-
ne decoratimi, ponens in eo fundamen-
tafortissima,et in circidtu laminismar-
moreis ornavitj atque marmoribus in
exemplìs stravi t:ct diversi columnis tam
porphyrcticis, quamque albis, et sciti-
ptis cum vasis, et liliis simul positis de-
coravi t. Canterani cum apsida de mu-
sivo, et alias duas apsidas diversas hi-
storias pingens marmorum inerii.' tatio-
ne pariter in circuitu decoravil. Il Ma-
rangoni, Delle cose gentilesche e profa-
ne trasportale ad uso e ornamento del'
le chiese, crede che s. Leone III cogli or-
uumeulie musaici sagri co'uuali resetau-
TRT 2.3
to cospicuo il suo Triclinio, ch'egli dice
potersi annoverare fra il numero delle
chiese, si servì di colonne di porfido e di
marmo bianco, con una preziosa conca
di porfido, Aquam fundentem, le quali
cose potersi giustamente ritenere che le-
vate fossero dagli edifizi profani demen-
tili; e che la riportata descrizione d'Ana-
stasio fu poi riprodotta dal cardinal Bar-
berini tra le iscrizioni affisse allo stesso
Triclinio, cioè nella porta destra, comin-
ciando però colle parole: Leo Papa III
fecit, ec; altra iscrizione de'ristoramen-
ti da lui fatti per conservare l'avanzo del
nobile edilìzio pose alla sinistra e si leg-
ge nel p. Severano. Il Triclinio Leonia-
no si chiamò sala e basilica non che re-
gin, perchè in essa si facevano in alcuni
tempi diverse funzioni principali e sagre
da' Papi, alcune delle quali si celebrano
nelle Cappelle Pontifìcie, ove pure nar-
rai le altre, e così ancora feci ne'luoghi re-
lativi, come nel voi. XLI , p. ^44» Pai'"
laudo del Ficedomino (/ '.), che dirige-
va e presiedeva i sagri conviti, massime
quello solenne del giovedì santo. Il No-
menclatore (/'.) era l'uflìziale che d'or-
dine del Papa invitava alla sua mensa,
tenuta nel I* ' Archi triclinio Lateranense.
In questo erano disposte più mense, una
dellequali serviva al Papa, alla cui destra
e sinistra erano quelle de'cardinali vesco-
vi, preti e diaconi , ed appresso ad esse
quelle degli altri prelati e de' magnati.
Tutti erano vestiti in paramenti sagri, col-
le mitre in capo; leggeva durante il con-
vito un cardinale diacono in piviale, e ter-
minato il Pranzo (F.), ove dissi le altre
particolarità, i cardinali accompagnava-
no il Papa alle sue camere, e cogli altri
prelati tornavano a cavallo alle loro abi-
tazioni, colle mitre in capo. Più comu-
nemente il Triclinio Leoniano fu appel-
lato Accubito o Triclinio per le cene pub •
bliche alle quali particolarmente era de-
stinato. Fu poi nominato maggiore a dif-
ferenza del Triclinio Minore, e degli al-
tri Triclini edificali nel medesimo palaz-
2.4 TRI
zo Lateranense, i quali si chiamavano an-
cora Panetterie, destinate ad uso de' pel-
legrini, come quelli di Teodoro ! , di s.
Zaccaria e di altri Papi. Il Triclinio Mi-
nore Leoniano, detto pure basilica e Sa-
la del Concilio, fu edificato da s. Leone
HI, e fino a Sisto V fu con tal nome ap-
pellato. Onofrio Panvinio credè che tale
Triclinio fosse il maggiore, ma l'Aleman-
ni sostiene ch'era il minore; sebbene dal-
le sue ragioni e dal riferito d'Anastasio,
osserva il p. Severano , non pare che si
possa dire che fosse il minore Triclinio
o basilica l'edificala eziandio da s. Leo-
ne 1 II, perchè questa fu fabbricata in luo-
go basso e al piano della chiesa Latera-
nense e della propinqua strada; mentre
l'altra basilica o Triclinio era posta in al-
to al piano de'corridori e stanze di sopra
del medesimo palazzo. Può ben essere,
che s. Leone IV, il quale 60 anni dopo
restaurò la detta basilica e Triclinio , il
Triclinio maggiore e altre fabbriche di s.
Leone III, l'avesse alzata nello slesso si-
lo più. elevata. Questa basilica Leoniana
o Triclinio minore fu assai grande, colla
tribuna a capo di essa, ornata di musai-
co,e con altre io tribune dalle bande, col-
la fonte iu mezzo, ornata di porfido. Era
poi dipinta attorno con diverse storie sa-
gre , particolarmente rappresentanti la
predicazione degli Apostoli alle genti, ac-
ciò i pellegrini di tutte le nazioni, men-
tre in essa stavano cenando, si riducesse-
ro a memoria, che i maestri loro erano
statigli Apostoli, e che da essiaveano ri-
cevuto la fede di Cristo, che professa la
Chiesa romana cattolica e apostolica. Di
questa basilica e Triclinio lasciò scritto
Anastasio bibliotecario di s. Leone III:
Ilemque fedi in Palatio Lateranensi
Triclini uni inirae magnitudini* decora-
tunt, enrn apsida de. musivo] sed et a-
lias apsidas dcce.m , dextra, laevaque.
diversa historiis demetas , kabente.s A-
postólos gentib US pr •ae.dicanle.s,cohere.ii-
tti hiisilntu: Constantinianae. In quo
loco, ci accubita coUocavit,et in medio
TRI
concham porphyr clic ani aquam futi-
dente/n (cioè quella fonte che Marango-
ni opinò che sorgesse nel Triclinio mag-
giore), nec non pavimentimi ipsius mar-
moribus diversi* stravit. Nella dettai/
tribuna in capo alla basilica era una se-
dia pontifìcaledi marmo; e perchè in que-
sto luogo non solo vi si pascevano i pel-
legrini, ma si facevano ancora talvolta le
cene solenni in alcuni tempi dell'anno,
come il Natale e la Pasqua, si leggeva so-
pra la detta sedia l'orazione: Deus cuius
detterà b. Petrum ambulantem ìnjlu-
ctibus ne mergeretur erexit, et Coapo-
stolitm eius Paulum tertio naufragan-
te m de prof andò pel agi li ber avi t : tua
Sancla dex ter a prò tegat domimi islam.
et omnes coiwivantcs, qui de donis Apo-
stoli tuihic laetantur. A'tempi del p. Se-
verano andavasi dalla chiesa Lateranen-
se a questa basilica Leoniana per quella
porta esistente nella nave della porta san-
ta, e si saliva la scala lunga e larga che
vi conduceva, trovandosi nella nicchia o
tribuna a manca la pietra poi collocati!
nell'oratorio di s. Tommaso, posta su \
colonne di marmo, creduta la misura del-
la grandezza di Gesù Cristo. Poco più ol-
tre la metà della scala eravi un tramez-
zo con 3 porte o stipiti di marmo inta-
gliati a fogliami, le quali, secondo la tra-
dizione, appartennero al palazzo di Pi-
lato in Gerusalemme, e per le quali o per
alcuna di esse più volte passò il Salvato-
re nella sua passione; che perciò i di voti
che dalla chiesa salivano alla basilica o
sala, passando per tali 3 porte e voltan-
do a destra, andavano pel corridoio del-
l'antico patriarchio alle cappelle di s. Sil-
vestro le di Sancta Sanetorunij le qua-
li porte Sisto V fece situare in capo del-
le Scale sante, avanti la cappella di Son-
etti Sanctoruni. Finalmente il Triclinio
minore e basilica Leoniana si chiamò
Sala del Concilio, perchè in essa Euge-
nio IV vi compì quello generale di Fi-
renze, e Giulio II e Leone X vi tennero
alcune sessioni del concilio generale di Lu-
T H I
terano V. Tornando al Triclinio maggio-
re Leoniano,si disse maggiore anco ber-
cile servì particolarmente per gl'impera-
tori, i re e altri potentati che venivano
a Roma ad Limino. Apostolorum e per
trattare altari. Volle (ormarlo s. Leone
III più. magnifico e ornato degli altri Tri-
clini Lateranensi, colle ricordate molte
colonne di marmo patio e di porfido, e
con aliti marmi scolpiti e rappresenlan-
ti varie immagini, colla tribuna in capo,
le due tribune laterali, con musaici e pit-
ture esprimenti diverse storie. Quelle pe-
rò eh' erano intorno al Triclinio e nelle
tribune delle bande s'ignora che contenes-
sero, il tempo avendo diroccato 1 edilizio,
e solo all'epoca del restauro della tribu-
na principale nel 162 5, si vedevano ne-
gli avanzi della tribuna a sinistra alcune
pitture scolorite, rappresentanti un con-
vito e gente che mangiavano; ma i mu-
saici della tribuna principale che restò in
piedi, restaurati e rinnovati dal suddet-
to cardinal Barberini nipote d' Urbano
Vili, ailinchè non ne perissero le prezio-
se memorie, furono descritti e spiegati e-
saltamente dall' Alemanni. Col rappre-
sentato volle s. Leone III (V .) lasciare
un monumento di sua reintegrazione, e
delle traslazioni de'due Imperi, cioè dal-
l' Occidente all' Oriente, e dall'Oriente
nuovamente in Occidente, per opera dei
Papa nella persona di Carlo Magno. Pri-
mamente debbo dite, che s. Leone III a-
vanti che finisse d'ornare questo Tricli-
nio, nel 799 fu iniquamente oltraggiato
da'ribelh Pasquale Primicerio e Campo-
Io cappellano della chiesa romana, poten-
ti nipoti del predecessore Adriano I, che
aveano ambito il papato, onde liberato
per divino aiuto, si rifugiò in Francia da
Carlo Magno, già da lui confermato Pa-
trizio di Roma e Difensore della Chie-
sa. Onorato dal principe, con esso a'29
novembre 800 rientrò trionfalmente in
Pioma, ed in s. Pietro giustificatosi dal-
l'empiecalunniede'suoi nemici, fudi uno»
vo da tulli acclamalo Pastore uuiversa-
TRf 2i5
le; e si disse la Letama solita recitarsi nel-
V elezione o restituzione del Papa, colle
parole: Tu illuni adi uv a, le^Wcnle all'in-
vocazione di ciascun santo, alla presenza
di Carlo Magno e della gerarchia eccle-
siastica e civile, con quelle particolarità
e (orinole che ponuo vedersi nel p. Seve-
rano. Quindi nel giorno di Natale 800,
nella stessa basilica Vaticana, s. Leone HI
proclamò Imperatore d'occidente Carlo
Magno, funse e coronò, rinnovando e tra-
sferendo in lui , come benemerito della
Chiesa, l'impero occidentale; dappoiché
l'impero d'Occidente era terminato inMo*
mi Ilo A ugustolo,e gl'i m pera tori greci d'O-
riente che ne aveano assunto le preroga-
tive, per le loro eresie, scismi e persecu-
zioni contro la Chiesa n'erano decaduti,
e perciò divisi nella comunione cogli oc-
cidentali. Volendo quindi s. Leone III
che di avvenimento così memorabile re-
stasse perpetua ricordanza, finì d'ornare
il suo Triclinio maggiore, e nella tribuna
principale vi fece rappresentare con di-
verse figure le seguenti azioni, spiegale
ne'simboli dall'Alemanni, dal p. Severa-
110, da mg.' Santelli e da altri. In mez-
zo alla calotta della superstite tribuna
maggiore, iu tutta la parete di essa si ve«
de l'antica pittura in musaico, iu cui è il
Salvatore risuscitalo nel centro in piedi,
che tornato tra'suoi discepoli annunzian-
do loro la pace e inatto di benedire, ha uu
libro nella sinistra mano colle parole:/^/ j?
T obis. Gli stanno da' lati undici Aposto-
li e pel primo a destra il principe de'me-
desimi s. Pietro, stringendo colla mano
sinistra due Chiavi e la Croce greca con
due traverse. Mi sorprende come l'eru-
ditissimo Alemanni, diedi tutte le ligure
e il figurato ci diede belle spiegazioni, e
che in più modi illustrò l'immagine di s.
Pietro, perchè rappresentato con 3 Chia-
vi, delle quali riparlai a Triregno, con
due e con una, perchè col simbolico pal-
lio, perchè geroglifico della chiesa roma-
na, come la sua immagine distinguevi da
quella di s. Silvestro 1; nulla poi ci disse
2.6 TRI
della Croce forse dal mosaicista capric-
ciosamente anche in questo monumento
espressa con due sbarre, o Croce doppia,
chiamata pati iarcaleegerosoliruitann, ed
anche apostolica. Tale Croce, originata
dal greco orgoglio , non fu mai propria
de'Papi; l'impugnai congravi autorità in
più luoghi, e con successo notabile, onde
eliminare tale erronea credenza, ed an-
cora una volta imparzialmente tornai a
ragionarne nel voi. LXXVII,p. ia4> I2^>
126, 127 , non senza rammentare dove
con più di proposilo criticamente ne trat-
tai. Concludo, che la Croce greca del mu-
saico del Triclinio Leoniano probabil-
mente è una impropria attribuzione degli
artisti, come in altri monumenti, la Cro-
ce latina essendo V insegna gloriosa del
sommo Gerarca della Chiesa universale.
Anzi ricordai nel vol.LXXlX, p. 1 1 5, ri-
parlando del cardinal greco-ruteno Isi-
doro arcivescovo di Kiovia, che da Eu-
genio IV dichiarato legato a latere di Li-
tuania, Livorno e Russia, per conferma-
re l'unione della chiesa greca colla latina,
seguita nel concilio di Firenze, entrò in
Mosc a, sede unita a quella di Riovia, pre-
ceduto dalla Croce latina e da tre pasto-
rali d'argento, poiché era pure metropo-
litano delle chiese di Russia. Con quest'i-
storia volle s. Leone III alludere ancora
alle patite persecuzioni a imitazione di
Cristo, comechè innocente, al suo ritorno
dando a'suoi la pace, alla riconciliazione
con essi, e alla sua piena reintegrazione e
restituzione dell' ubbidienza di tutti, nel
modo il più solenne. Volle pure esprìmer-
ti co'simboli tanto in uso in quell'età, la
pace data da Carlo Magno alla Chiesa, con
estinguere le cospirazioni di Pasquale e
Campolo, tranquillate le fazioni, puniti
i ribelli, liberandolo cosi da'suoi nemici.
La pacificazione viene confermata dall'i-
scrizione che fece porre nella curva ester-
na dell'arcodella medesima tribuna: Glo-
ria in excelsis Deo, et in Terra Pax ho-
minibus bonae voluntatis. Questa non so-
lo dimostra che l'opera del Triclinio è di
T 11 I
S.Leone III. ma ancora perchè egli si ser-
viva di tale particolare molto, secondo l'u-
so de'Papi, nelle bolle e diplomi, di che
tornai a parlare a Sigilli pontificii. Di
più il Papa volle anche qui usarlo, in si-
gnificato della pace procurata e ottenu-
ta coll'opera di Carlo Magno, il quale, di-
votissimo a lui, appena lo vide in Francia,
intuonò siffatto inno angelico. Solto la
detta iscrizione e in mezzo dello stesso ar-
co si vede il nome di s. Leone HI con-
giunto con quello di Cristo, cioè. il mono-
gramma rg- col nome LEO in modo che le
lettere Led Osono laterali al monogram-
ma, e la lettera E vedesi nel suo mezzo.
Il Papa volle così denotare, che quest'o-
pera era stata fatta da lui , ma a gloria
di Cristo e con l'aiuto suo. Quanto all'al-
tra iscrizione che si legge in due linee sot-
to i piedi delle figure , sebbene contiene
la missione degli Apostoli, si può nondi-
meno dire che comprenda ancora l'an-
nunzio della medesima pace; poiché quan-
do il Signore comandò agli Apostoli di
andare a predicare per tulio il mondo, in-
giunse loro prima che ovunque entrasse-
ro, avanti d'ogni altra cosa, annunziasse-
ro la pace. Dice l'iscrizione: Euntes do-
ce/e omnes gentes baptizantes eos in no-
mine Patris, et Fili/', et Spirititi Sa li-
eti, et Ego vobiscum sum omnibus die-
bus usane ad consumalionem studili.
Nelrinfìanco destro dell'arco della tribu-
na si scorge la figura del Salvatore sedu-
to in trono, in atto di porgere a s. Pietro,
altri spiegarono s. Silvestro I, le due chia-
vi, e lo stendardo a Costantino I impera-
tore col manto e corona reale, i quali gli
stanno lateralmente innanzi genuflessi, il
Papa alla destra e l'imperatore alla sini-
stra. Sulla testa di quest'ultimo vi è il suo
nome: R. Constantinus, cioè Rex Con-
stantinus. Sopra S.Silvestro I non si vede
iscrizione alcuna, forse trovata consuma-
ta dal tempo (e perciò alcuni antiquari
interpretarono la figura per tal Papa, co-
me contemporaneo di Costantino I, men-
tre altri reputarono esprimere s. Pietro),
T R I
quando gli antiquari col dotto Massa retti
da s. Severino vescovo di Te lese e segre-
tario del concilio di Trento, verso il i 56o
cavarono copie di tali immagini e iscri-
zioni, secondo la quale il restauratore del
musaico cardinal Barberini si servì per
far supplire le parti mancate per vecchiez-
za e intemperie. Le due immagini han-
no il Diadema , cioè tondo quello di s.
Silvestro I come si usa co'sonti del cielo,
quadro quello di Costantino 1 come si so-
leva usare alle persone viventi ch'erano
stimate sante,sehbene in questo Inogonon
pare che abbia tal significato il diadema
quadrato, essendo già Costantino I mor-
to fin dal 337, se pure non si volesse spie-
gare che s. Leone III lo fece rappresen-
tare qual contemporaneo di s. Silvestro
I. La forma del diadema quadro ha an-
cora un altro significato, che può meglio
convenirgli, per concedersi a persone in*
signi per virtù, che diconsi di mentequa-
drala esimili a una pietra quadra, la qua-
le voltata d' ogni parte resta sempre in
piedi e nello stesso sito, come la descris-
se s. Gregorio I nell'omelia d'Ezechiele.
Nell'opposto rinfianco sinistro dell'arco,
le figure e l'iscrizioni che si vedono sono
le medesime che vi fece s. Leone II ^con-
servate bene sino a'terupi del p. Severa-
110, non ostante i replicati incendi cui sog-
giacque il Lalerano, pe'quali patirono i
musaici dorati, divenendo bianchi per a-
verne il fuoco consumate le foglie d'oro.
In queste figure si vede s. Pietro seden-
te in trono, vestito del suo abito ordina-
rio pontificale col pallio, con 3 chiavi in
seno, in atteggiamento di dare il sagro
pallio a s. Leone IH, e lo stendardo a Car-
lo Magno, che gli stanno ginocchioni la-
teralmente a'piedi, ambedue col diadema
quadrato. A destra è s. Leone III vesti-
to pontificalmente e col pallio, ricevendo-
ne un altro. A sinistra Carlo Magno col
suo abito ordinario, colla corona e man-
to imperiale. Sopra ciascuno di essi si leg-
gono i nomi. Sopra s. Pietro , o meglio
alquanto dal destro lato : Scs. Petrus.
voi.. LXXX.
T P, I 5 i 7
Sopra il Papa: ScssimusD. TV. Leo P. IJ.
Sopra l'imperatore: D. N. Carulo Regi.
Il Dominus JYoster di s. Leone III allu-
de all'averlo i romani confessato e rico-
nosciuto veroe legittimo Pontefice. Il Do-
mino Nostro di Carlo Magno significa
l'averlo i romani confessato e riconosciu-
to per imperatore. A' piedi poi sotto di
tutti si legge in una cartella: Beate Pe-
tre dona Vita ni Leoni PP. et Vicloriani
Carulo Regi dona. Questa fu l'acclama-
zione fatta in s. Pietro al Papa ed a Car-
lo, nell'atto che il incoronò il 2.0 In tut-
tequest'iromagini dunquee iscrizioni voi-
le esprimere s. Leone III l'istoria di sua
reintegrazione e delle traslazioni de'due
imperi, e si danno le seguenti spiegazioni.
Usuo abito pontificale denota la podestà
che ha la Chiesa e il suo capo visibile, non
solo di sciogliere e legare, ma-di dare e
levare gl'imperi a' Sovrani (P.)t quando
lo giudicò spediente, particolarmente A-
driano I, il successore s. Leone III e al-
tri Papi. Il pallioche s. Pietro dà a s. Leo-
ne III, vestito in abito pontificale e con al-
tro pallio, denota la sua suprema digni-
tà e reintegrazione, nella quale non fu di
nuovo eletto, perchè sebbene gli conven-
ne fuggir da Roma, non per questo restò
privo della podestà pontificia, ma fu ri-
conosciuto e confessato di nuovo per ve-
ro Papa, com'era stato sempre. Delle 3
chiavi tenute in seno da s. Pietro, cosi
parla l'Alemanni nel cap. 1 o. Triplici er-
go Clavet rum amplissimam Pelri ])o~
tettateti» majorem denolavcrint : quid
pravter geminimi illud ligandi, solven-
diane j'us ulterius innuevunt? Sci licei
senserunt potestatem Ulani , quae ad
continendani, in officio Christianoruni,
Rempublicam, Petro concessa esttadci-
vilem quoque statum tempcrandum ...
Tertiae igitur Clavis mutine est illuda
quod ex li gaudi , atque solvendi jure,
consequitur, nenipe saecularia ad spi-
ritualia, dirigendi auctoritas. Quamob-
rem aptissi me ad rem praesentem, Cla-
vis Petro appingitur triplex,quippe qui
i5
2.8 tu i
stiam Ulani potestatem tronvérterit ad
temperandum Imperlimi. Queslo simbo-
lo era molto in uso al tempo eli s. Leo-
ne III, e soleva porsi in qne'mnsaici, nei
quali si dovesse dimostrare la podestà del-
ln Chiesa sopra l' Impero; in prova di ciò
basterà addurre il solo musaico posto nel
X secolo al sepolcro dell'imperatore Ot-
tone II, che al presente esiste nelle Grot-
te della Chiesa di s. Pietro in Valiea-
no, e quanto sulle Chiavi Pontifìcie (V.)
tornai a dire nel voi. LUI, p. i 5 e altro-
ve. Carlo riceve lo stendardo genuflesso,
acciò si conosca che la podestà che han-
no gl'imperatori e potentati cattolici del
mondo, la ricevono in certo modo dalla
Chiesa romana eda'successori di «.Pietro,
vale a dire quando i Papi approvavano
l'elezione degl'imperatori d'occidente,che
terminarono nel 1806. E perchè lo sten-
dardo non era segno d'imperatore, ma
di patrizio o difensore della Chiesa; acciò
non si credesse che allora gli fosse data
quella dignità che possedeva, lo fece rap-
presentare col manto e corona imperiale
ch'esso gl'impose nella chiesa di s. Pietro,
sebbene nel resto coli' abito suo ordina-
rio, col quale trovossi quando all' im-
provviso e senza che Carlo ne sapesse
cosa alcuna (secondo diversi scrittori ),
fu dal Papa acclamato e coronato im-
peratore. Neil' iscrizione viene chiama-
lo re , perchè solo nel!' acclamazione fu
nominato imperatore; e s. Leone III non
volle nel monumento olFender la mode-
stia di Carlo, che mal volontieri accettò
il nome imperiale, come allenila Egmar-
do nella sua vita. Perciò volle continua-
read esser chiamato re, anco per non pro-
vocare il risentimento dell' imperatore
greco, ed infatti queslo poi prelese di ne-
gare all' Imperatore d'occidente tale ti-
tolo, chiamandolo Re (P '.); e questa for-
se \\\ la causa perchè il Papa nell'altro
Triclinio che fece poi in s. Pietro, aven-
dovi parimenti fallo dipinger Carlo, non
lo nominò imperatore, ma Carolila Pria-
reps; e quando fu atterralo tale Tricli-
t n t
nio, divenuto Arcipresbilerato, si trova-
rono medaglie coll'epigrafe: Rex Caro
lirs. La traslazione dell'impero fu espres-
sa anchecoll'operatoda Costantino l,che
da Roma !o trasferì a Costantinopoli, e
dopo il battesimo confermalo imperato-
re e difensore della Chiesa) chiamalo re
perchè anco con tal titolo talora furono
appellati gl'imperatori. Il Triclinio Leo-
niano, oltre sì memorabili cose, fu degno
di grande venerazione per le molte sagre
funzioni che vi fecero i Papi. Solevano
tenervi convito il giorno di Natale , coi
cardinali e primati del clero; ma per es-
sere esposto a tramontana e perciò fred-
do nell'inverno, Gregorio IV Papa del-
1*827 k'ce nn altro Triclinio in luogo più
basso e più comodo , del quale si servì
anche il successore Sergio II; o come vo-
gliono altri, ambedue qne'Papi si servi-
rono talvolta del Triclinio Leoniano, del-
lo ancora come maggiore Architriclinio
Lateranense,eà altresì del Triclinio Leo-
niano minore o Sala del Concilio. Ad essi
Papi succeduto nell'847 •■ beone IV, (;he
restaurò perfettamente I' Architriclinio
Leoniano, tornarono egli ed i Papi succes
sori a farvi le solile funzioni, ed i conviti
solenni nella Pasqua, dopo essersi recali
dalla basilica Liberiana con solenne pio
cessione di Cavalcataci !) al patriarchio,
e dopo aver in questo distribuito il do-
nativo del Presbiterio (( .). Indi il Papa
veniva condotto in questo Architriclinio
nella tribuna maggiore . ove era prepa-
rato e ornalo l'accubito o leltisternio col
la mensa pel Papa, in memoria dell'ul-
tima Cena del Signore, onde e come nar-
rai altrove, intorno alla mensa erano pre-
parati 1 1 banchi in forma parimenti di tri-
ti peri 1 cardinali, cioè 5 Diaconi, 5 /'re-
ti, ed il Primicerio della s. Sede (fera'
mente e come diffusamente dichiarai al
suo articolo, il Primicerio della s. Sede
non era cardinale; se debba intendersi il
Primicerio della scuola de' Cantori, che
secondo alcuni Ordini Romani sedeva in
detto convito, neppnr egli era cardinale,
T R l
liciti nell'elezione tle' Papi si sottoscrivea
<lopo I ulliiuo cardinal diacono colla for-
molo : Primicerius Scholae Canlorum
liiudo. et confirmo); oltre uno sgabello
innanzi alla stessa mensa pel Prioredét-
to basilicario (cioè della basilica di s. Lo-
renzo ad Sancta Sanctorum, perciò det-
lo pure Prior basilicae. s. Laurentii de
Palatìo, che nel Possesso del Papa gli
dava la Ferula e le Chiavi della basilica
Lateranense e del Patriarchio, ec. Eravi
il collegio e la Srholam Basilieariam,
ScholaBasilicae cum Clerici Basilicarìi
ministrantibus Papae, spedalini sarra
agenti in basilica Pala di, sive ». Lauren-
tii ad ss. SanctorumtdeqoBlì era capo il
deUoPrioreBasilicariotcome può veder-
si nel Morelli, Ritus dandiPresbyterium),
a cui il Papa poneva in bocca un poco
dell'agnello che avea benedetto,dicendo-
gli: Ouod facisy fac citius, sicut ille ac-
cepit ad daninalioneni tu accipe ad re-
missionem.U resto dell'agnello il Papa Io
dava agli r i cardinali che seco mangiava-
no, e ad altri secondo il suo beneplacito.
Verso la metà della cena l'arcidiacono
ordinava al diacono, che leggesse una le-
zione, per la quale l'osliario avea prepa-
rato il iettorino o leggio col libro dell'o-
melie; e leggeva sinché l'arcidiacono gli
faceva cenno che tacesse: allora il Papa
comandava all'accolito che facesse veni-
re i cantori, i quali cantavano una sequen-
za in musica coll'organo, e finito il canto
andava no a baciar il piede al Papa, rice-
vendo da un cappellano una moneta det-
ta bizantino, e dal Papa una tazza piena
di vino, che giù egli avea gustato. Ne'due
seguenti giorni ivi si faceva il medesimo
-convito, non però colla medesima rappre-
sentazione dell' Agnello Pasquale; altre
cene pubbliche e altri banchetti solenni
si facevano col clero per altre festività
o per la venuta d'imperatori, re e altri
principi,e anche dopo la Coronazione 'del-
l' Imperatore (V.). Inoltre in questo Tri-
clinio Leoniano si celebrarono altre fun-
zioni sagre che ripeto descrissi altrove,par-
T R I iics
ticolarmente la distribuzione delle Pal-
me (F.),\e quali benedette nella basilica,
di s. Silvestro I, si portavano in questo
luogo e il Papa le distribuiva. In questo
Triclinio s.Nicolò I nel!'86i die la senten-
za contro Giovanni i o.°arci vescovo di Ra-
veuna,alla presenza di molti vescovi con-
gregati, e nell'istesso l'arcivescovo venne
umilialo a disdirsi, ponendo la dichiara-
zione e palinodia scritta di sua mano sul-
le reliquie della ss. Croce, sopra i Sandali
del Signore, e std libro degli Evangeli;
poi ripigliandola e tenendola in mano fe-
ce con alta voce il solito giuramento alla
presenza dello stesso sinodo, e nel di se-
guente vi tornò di nuovo a ricevervi le
correzioni e le penitenze. Il medesimo s.
Nicolò I vi congregò un altro coocilio,per
la causa di Rotado vescovo di Soissons.
Insomma l'Aichi triclinio di s. Leone III
servì non solo per cenacolo a quel Papa
e successori, che si vuole vi convitasse Car-
lo Magno dopo la coronazione; ma per
luogo ancora da trattarvi i gravi alfari e
negozi pubblici della Chiesa, come si pra-
ticò poi nella sala del concistoro. Questo
antichissimo e nobilissimo monumento,
dopoché il cardinal Barberini losalvò dal-
la totale rovina (prima che divenisse nel
1627 arciprete Lateranense, e dopo la sua
rinunzia non poco contribuì per risarcire
e ornare l'oratorio dell' arciconfraterni-
ta del ss. Sagramento della sua patriar-
cale basilica, il quale oratorio è situato
sotto la cappella di s. Lorenzo di Sancta.
Sanctorum, e n'è protettore il cardinal
arciprete, che vi prende possesso dopo a-
verlo preso nella basilica, come notai nel
voi. LXXV, p. 25o), avendo Clemente
Xll adornata la basilica Lateranense col
sontuoso nuovo portico e magnifica fac-
ciata esterna, per maggiormente ingran-
dire la gran piazza, su cui il Triclinio at-
tuale forma il prospetto, e perciò spiana-
ta la peniteuzieria nel cui lato settentrio-
nale era il Triclinio antico ch'era necessa-
rio di togliere, nel 1737 pensò di con-
servarlo. A tale effetto ordinò che la super-
220 T R I
stile tribuna maggiore fosse segata nella
sua volta, e per un ponte di legno di i 68
piedi fòsse trasportata intera presso il
muro dell' oratorio di s. Lorenzo della
Scala Santa (della quale, del suo colle-
gio Sisti no, e de'i ecenti scavi fatti nelle
adiacenze riparlai nel voi. LXVII,p.io5),
e stabilirla a questa laterale con nuovo
edilìzio. Ma sembrandone poi assai diffi-
cile l'esecuzione, pel pericolo che il mu-
s&\co,opere vermicidato,sì sciogliesse,ab-
bandonò l'idea del trasporto, e comandò
che copiate accuratamente in pitture le
immagini e rappresentazioni, si decompo-
nesse il musaico pietra per pietra, e col
mezzo della copiata pittura si rinnovasse
nel luogo destinato. Ala sebbene vi spese
2000 scudi, come scrive Novaes, o fosse
la difficoltà dell'impresa o altra cagione,
la mirabile opera tutta si sciolse, e total-
mente peri, come deplora Marangoni,con
sommo dispiacimento degli amatori del-
la sempre venerabile antichità e della sa-
gra archeologia. Il successore Benedetto
XIV sino da'primordi del suo pontifica-
to pensò di ristabilire nel miglior modo
possibile questa celebre e antica memo-
ria; ordinò pertanto nel 1743 che presso
il lato orientale della stessa cappella di s.
Lorenzo, e di prospetto alla Porta s. Gio-
vanni, con disegno del cav. Fuga si er-
gesse un'ampia e ben disegnata tribuna,
ove con musaico il più diligente e accu-
rato delineate fossero tutte le sagre im-
magini già anticamente espresse nel tri-
clinio di s. Leone 111, giusta gli antichi
lineamenti conservati in un codice Vati-
cano. Eseguita la rinnovazione del mu-
saico, quale dissopra lo descrissi, con plau-
so fu ammirato dagl'intelligenti. Di più
vi ristabilì a destra l'iscrizione d'Anasta-
sioBibliotecario, a sinistra quella del car-
dinal Barberini, ed in mezzo vi pose la
propria dichiarante l'operalo, e come sot-
to Clemente XII per imperizia e difficol-
tà il musaico erasi interamente scompa-
ginalo. L'iscrizione trovasi nel Marango-
ni, ina mg.r Fabro ni, De vita Clementi*
TR I
XII, lib. 3, con idonee testimonianze di-
fese questo Papa dalla censura posta nel-
la lapide. Ma che andò distrullo l'antico
musaico, è un fatto che confessò l'altro
fiorentino Vettori, nel Fiorino tP oro
illustrato. Neil' istesso anno Benedet-
to XIV fece incidere una medaglia col-
la sua effigie, con camauro, mozzetta e
stola, e nel rovescio fece esprimere l'ansi*
de o tribuna del Triclinio Leoniano, col-
localo in detto sito, di fianco alla faccia-
ta principale della basilica Lateranense,
con l'epigrafe: Triclinii Leoniani Pa-
rietinis Restituii?. Poscia il Papa fece
memoria dell' operato nell' allocuzione
Annus Jubilaci, pronunziata a'3 marzo
ij/±C),Biill. Bened.XIfr,\. 3,p. 54, col-
la quale eccitò i cardinali alla riparazio-
ne di loro chiese. Per le intemperie de'
tempi a cui è esposto l'edificio, avendo
molto sofferto, Gregorio XVI nel 1 83 1
ordinò provvidamente che con tutta di-
ligenza e solidità fosse racconciato in ogni
sua parie, onde neh 835 si vide intera-
mente ristorato nel pristino stato, come
rimarcarono il Nibby nella Roma nel
1 838, ed il Melchior."! nella Guida me
Iodica di Roma, siccome monumento tan-
to glorioso e illustre, non meno alla sto-
ria ecclesiastica che al Pontefice romano,
per l'importantissima parte Simbolica di
si comune uso nell' antichità ne' sagri
Templi(F.) e a\U\ edifizi ecclesiastici, tut-
ta dimostrante la sublimità e l'eccellen-
za dell' autorità pontificia, superiore a
quella di" tutti i re, e sovrani del mondo,
come dichiarò con queste manifestazio-
ni s. Leone 111 nell'anno stesso che dedi-
cava l'opera a Carlo Magno. Acciocché
poi non fossero i simboli capricciosi, ma
secondo il costume ecclesiastico, fu sta-
bilito dagli antichi Papi il celebre colle-
gio de'Leviti Edili, il quale presiedeva a'
sagri edifizi: che questo collegio durasse
a'tempi di s. Leone 1 1 1, non vi è luogo a
dubitarne pel riferito dal dotto Aleman-
ni nel cap. 12. Ne.c dubium cum Leoni*
111 tempestate, ac diu post antiquissi-
T R I
mum oc pracstantissimum AcdiliumLc-
vitarum Collegium per dur averi t, quo-
rum niunus fuit sacri s ae dì fidi 's faci 'lin-
di's processe. Leonis III, Levita Acdilis,
in sacello, quoti ante Sixtianam demo-
lì lionem pone Triclini uni de quo agi-
mas cxlabatyhunc in modani inscripsit:
Curante N. Lehita Petri, ad honorem
Archangelorum,Lco Tertius Papa fie-
ri jussit.
TRICLINIO LEONI ANO. V. Tri-
clinio.
TRICOMI A. Sede vescovile della i.a
Palestina nel patriarcato di Gerusalem-
me, sotto la metropoli di Cesarea, eretta
nel IX secolo, chiamala anche Tricopia
e Tricorica. Non devesi confondere, con
Tricomiasede vescovile della 2." Arabia,
egualmente nel patriarcato di Gerusa-
lemme, sulFraganea della metropoli diBo-
stra. Tricomia di Palestina sotto la domi-
nazione de'turchi, Tricomien, è un tito-
lo vesco vile in partihus,de\\'arc\ vescovato
simile di Cesarea, che conferisce la s. Sede.
Tra tali vescovi ricorderò Gio. Emanuele
Moscoso, che Clemente XIV trasferì alla
sede vescovile di Tucuman ossia Cordova
d'America. Per morte diTommasoMagui -
reche n'era stato insignito, Gregorio XVI
nel concistoro de'i5 aprile 1 833 lo con-
cesse a Giuseppe de Chelkowskidi Posna-
nia, canonico di quella cattedrale e par-
roco, dichiarandolo sulfraganeo dell'ar-
civescovo di Posnania, per quelle quali-
tà che riferì nella proposizione concisto-
riale. Indi lo stesso Papa nominò vescovo
di Tricomia e coadiutore del vicario apo-
stolico del Tunkino orientale, a'20 giu-
gno 1 845, mg.r fr. Domenico Marti do-
menicano. Dopo la sua morte, il Papa Pio
IX il 1 ."dicembre 1 854 conferì il titolo di
Tricomia al vescovo coadiutore dell' at-
tuale vicario apostolico del Tunkino cen-
trale, come si ha dalle Notizie di Roma.
TRIDUANA (s.), vergine. Fioriva in
Iscozia nel VI secolo, e vi ha molte chie-
se e cappelle nell'Inghilterra settentrio-
nale, le quali portano il suo nome, Nul-
TRI 221
l'altro si sa della sua vita, se non ch'ella
disprezzò 1' illustre sua nascila e le im-
mense ricchezze che possedeva, per con-
sagrarsi al Signore; che si segnalò colla
sua umilia e col suo amore per la peni-
tenza ; che arrivò ad un alto grado di vir-
tù, e fu favorita del dono de'iniracoli. E
menzionata dal Butler il giorno 8 d' ot-
tobre.
TRI DUO, Triduuni,Supplicatio. Spa-
zio di pii Esercizi e d'ivole Preghiere con-
tinuate nel corso di tre giorni, spazio det-
to pure Triduano e Triduana , come
Quattriduano e Qualtriduana dicesi il
periodo di 4 giorni. Gli antichi monaci
ebbero preghiere continuate per 3o gior-
ni, tempo che chiamarono Tricenario ;
ove dissi de' ZWce/sttrt/ì o spazio di 3oan-
ni,in capo de'quali i gentili facevano ren-
dimenti di grazie a'numi loro; e dissi pu-
re delle feste Triennali de* medesimi: in-
oltre ricordai altre feste ed epoche reli-
giose di periodo commemorativo, tanto
degl'idolatri, che degli ebrei e de'cristia-
ni, come di funerali. Il Cancellieri nelle
Sette cose fatali di Roma, copiose eru-
dizioni riunì sui misteriosi attributi dei
numcr* Ternario e Settenario. Noi cristia-
ni veneriamone! numero di tre la ss. Tri-
nità (F.), e facciamo commemorazione
affettuosa e di vota delle tre ore di agonia
del nostrodivinoRedentore;diciamoTW-
sagio (F.) l'inno in cui ripetesi 3 volte la
parola Santo; e Triduo della Settima-
na santa ( V.) gli ultimi 3 giorni della me-
desima. Anticamente dicevansi Lamen-
tazioni i 3 giorni della medesima, rner-
coledì,giovedìe venerdì, in cui esse si can-
tano, cioè i treni di Geremia. Triduo dun-
que è propriamente il periodo di 3 gior-
ni ne'quali appositamente si fannospecia-
li preghiere e di vote pratiche in onore
della ss. Trinità, di Gesù Cristo, della B.
Vergine, de'Sanli e Beati, in preparazio-
ne alle \ovo feste, ovvero per implorare
l'efficace loro soccorso e patrocinio ne'no-
stri straordinari bisogni in questa terra
di miserie, temporaneo albergo di nostra
iti T R I
esistenza, ed anche di ringraziamento per
benefìzi ricevuti. Sono talvolta queste Iri-
duane supplicazioni accompagnate dal s.
Sacrifizio, da Sermoni, da' Panegirici,
ed hanno termine col canto delle Litanie,
del Tantum ergo, e colla benedizione del
ss.Sagramento, talvolta nel 3.° giorno in-
tonandosi il Te Deum. Si celebrano i
tridui più o meno solenni, in epoche de-
terminate e straordinarie, come gli Ot-
tavarieìe Novene (t-r.). Dfogni specie di
tridui ragionai a'Iuoghi loro, e quanto ai
solennissirni,pochi pel numero quasi con-
temporaneo e pel complesso delle circo-
stanze eguaglieranno quelli da tutto l'or-
be cattolico celebrati con immensa effu-
sione di tenera divozione, per solennizza-
re il decretalo dogma dell' Immacolato
Concepimento diMaria Vergine, ed un co-
pioso numero ne descrissi nel vol.LXXIII,
p. 42 € seg. nella mia slorica narrazione
del grande e memorabile avvenimento.
Abbiamo di s. Alfonso di Liguori, Rao-
colta di Novene, Ottavari e. Settenari,
Milano 1817. Tridui e divozioni per le
feste principali del Signore , della ss.
Verginee d'altri santi, Roma 1 770. Va-
nalesti, Discorsi per le Novene, Venezia
1752. Prola, De Novendialibus suppli-
cationibus , Romae 1 7 1 4- Innumerabili
poi sono i tridui pe'santi, per la 13. Ver-
gine e pel Signore, pubblicati colle stam-
pe. Ve ne sono pure ascetici di pie me-
di lazioui,come il Triduum sacrimi prae-
cipuc Religiosoriim usui accomodatimi,
auctore R. p. Aloisio Re liccio Socie la-
ti* Jcsu et s. theol. dottore. Acccdit Ap-
pendix de methodo expedite meditan-
di, AuguslaeTaurinorumi835. Si ha pu-
re del gesuita p. Francesco JVeumayer,
Triduana cxercilia auae ad re susci'
tandam gratiam sacerdotalem sive in
communi convelliti, sive in solitario se-
cessu instiluti possimi, Moguntiae 1 855.
L'altro insigne gesuita Stefano Antonio
Morcelli, con aurea latinità dichiarò le di-
verse specie de'sngri tridui, come leggesi
nel Lexicon /'pigra /ritieniti Morcellia-
TR 1
mini, compilalo dal eh. mg/ Arcangelo
Gainberiui bolognese. Ne riporterò alcu-
ni per la loro bellezza. Triduo del Cuo-
re di Gesù: Incipit supplicatio in Tri-
duum honori ss.Cordis /('.vH.DeIIMmma-
colata Concezione di Maria: Incipit sup-
plicatio in Triduum honori D. N. Ma-
rine Labis Nesciae. Del Patrocinio di s.
Giuseppe: Incipit supplicatio in Tri-
duum honori s. Josephi oh patrociniuin
ejus implorandum. Di suffragio de' de-
funti : Pro piis Manibus ... Supplicatio
ad expiationem admissortim... In Tri-
duum . Piis Manibus defunctorum civium
ritti solarmi in Triduum perii tatur. Ce-
lebrare triduo solenne : Triduana sol-
lemnia obire. Fatto un triduo per im-
plorar l'aiuto celeste: Praesidio ... Tri-
duum precibiis imploralo. Annunziato
un triduo: Sttpplicationein Triduum in-
diata.
TRIESTE (Tergestin). Città grande
e florida con residenza vescovile dell'im-
pero d'Austria nell'I lliria, capoluogo del
governo e della piccola divisione partico-
lare del suo nome, a 20 leghe da Lubia-
na, più di 25 da Venezia e 76 da Vieti»
na; situata all' estremità nord-ovest del
golfodi Venezia, alle faldeesul fianco d'u-
na montagna, in fondo al golfo di Trie-
ste formato dall'Adriatico, di cui deter-
mina l'estremila nord-est, sulla costa oc-
cidentale deli'llliria. Sede del proprio par-
ticolare governo, di uno de'due governi
che compongono il regno d' Illiria e di
cui forma col nome di Trieste le parti
meridionale ed occidentale, comprenden-
do l'antiche provincie del Friuli in par-
te, di cui è ora capitale Udine, e dell'/-
stria totalmente ; 1' altro governo risie-
dendo in Lubiana. Le grandi isole di Ve-
glia, Cherso, Oserò e altre meno impor-
tanti , dipendono da questo governo di
Trieste, che divideii in due circoli, quel-
li di Gorizia e d' [stria, i (piali attra-
versano l'estremità dell'Alpi Giulie che li
rendono montuosi. Inoltre Trieste è sede
della corte superiore di giustizia perGori-
X 11 I
zia, Gradisca. Istria, nonché del governo
centrale marittimo. Un tribunale provin-
ciale civile e criminale provvede alla giu-
stizia civileepuniti va ini. 'istanza, un ti ibu-
nale mercantile alle cose di commercio e
di mare, una pretura alle liti minori ed a
ipielledi campagna. Il commercio ha pro-
pria rappresentanza nella consulla e de-
putazione di borsa, csempre più Trieste
diviene l'emporio commerciale, come la
chiave tra la Germania e l' Italia, lai.
piazza di commercio della monarchia au-
striaca pel commercio marittimo, massi-
mamente della Germania meridionale,
dell'lllirio e della Schiavonia; per cui vi
risiedono i cousolidi quasi tutte le nazio-
ni d' Europa e degli Stati-Uniti. Come
capoluogo di governo provinciale, Trieste
ha tulli gli uffizi che a questo ramo di
pubblica amministrazione si addicono, e
che dalla condizione di porto-franco di
mare sono richiesti; cos'i pure la finanza,
la di cui amministrazione superiore si è
ancora quella delia Dalmazia. Alle cose
militari di terra presiede un comando mi-
litare, a quelle di mare il comando supe-
riore della marina. L'imperiale e regia cit-
tà di Trieste colla campagna forma un sol
comune, al cui reggimento presiede il ma-
gistrato, collegio di 4 assessori ed un pre-
side, i quali intendono al politico e alia
giustizia punitiva per gravi trasgressioni
di polizia. Nelle cose che sono d'animi-
lustrazione comunale provvede un con-
siglio unitamente al magistrato, or mi-
nore di io cittadini, or maggiore di .\.o,
a seconda dell'importanza delle cose. 11
municipio è immediatamente sottoposto
all'i, r. governo provinciale, senza frap-
posizione di ufficio circolare o delegazio-
ne che in Trieste non vi è. Si divide la
città in vecchia e nuova. Lai. provasi in
una eminenza del monte Tiber coronata
da uà castello o cittadella che la difende;
la 2.a che dicesi Teresiana o Tlieresien-
sladtjdÀ più regolare costruzione, si esten-
de in pianura traversala da uu canale.
Sorge il castello sulla sommità del colle
T K I 223
che domina la città tutta, in prossimità
del duomo, e donde si gode il bel pano-
rama di Trieste e dintorni , lo spazioso
mare e il porto con que' tanti ancorali na-
vigli che formano un quadro imponente
e maestoso. Dentro il recinto dell'aulico
Campidoglio vi era una rocca, guasta as-
sai per le guerre patite e inetta a vigoro-
sa difesa, quando nel if\"jo capitanando
Giorgio diTscheruembl, essendo i triestini
sovente in discordia fra loro, e frequenti
perciò nella città i tumulti, venne delibe-
rato di costruire un cartello regolare, .in-
die per timore delle scorrerie turche e
delle sorprese de' veneti, ma precipua dif-
ficoltà offriva la proprietà del terreno
ch'era occupato dall'episcopio, dal con-
vento della Cella e dall'ospedale. L'im-
peratore Federico 11 I ne ordini) la costru-
zione, che cominciò a mandarsi ad effet-
to durante l'occupazione veneta del i5o8,
per opera del comandante Alvise Zeno e
del provveditore Francesco Cappello: ol-
tre la rotonda maggiore, altra torre e im-
portanti fortificazioni vi furono fatte, ed
il bastione che guarda il levante ha an-
cora il nome di Venezia. Il castello fu poi
assai avanzato sotto il capitanato del con-
te Giovanni deHoyos fra il i546e il e 558,
e portato a totale compimento neli68o,
insieme al forte s. Vito sulla vicina colli-
na e cominciato nel 1 627. Nel castello a-
veauo abitazione i capitani, podestà e pre-
sidenti di Trieste fino al 1770 circa, con
cappella e ampio giardino, fra il duomo
e la via s. Michele. Erauvi i quartieri dei
soldati, le carceri pe'rei di stato, la torre
delle poi veri e amplissimi sotterranei tut-
tora esistenti. Oltre gli assedi falli da' va*
neli, vigorosamente sostenuti, nell'otto-
bre 181 3 soffri forte cauooueggiamtnto
dagli austriaci e inglesi alleati, che costrin-
sero il presidio francata di 700 uomini
alla resa; pure per la sua favorevole po-
sizione, malgrado un mese di blocco cir-
ca, non fu aperta la breccia, tanto le o-
pere sono solide, le quali nel resto iiou su-
do spregevoli avuto riguardoalla couJi-
2^4 1' * l
zione della città ne'lempi in cui fu eret-
to il castello. Essendosi Trieste di molto
dilatalo, non fu bastante un sol castello
per difendere la città, e perciò vennero
fabbricali i due lazzaretti, il rinomato mo-
lo di s. Carlo, il molo grande, e le baite-
ne di Zaulee s. Andrea, essendovi pure
l'arsenale dell'artiglieria. La città è divi-
sa in t) contrade o sezioni, distinte per nu-
meri progressivi: si suole ancora dividere
in 4 parti, cioèCittà Vecchia, Città Nuo
■va oTeresiana, Città diGiuseppe II, e sob-
borgo Franceschino o di Francesco 1. Ha
le vie generalmente bene fabbricate e re-
golari, massime nella Citte Nuova, la più
bella eia più. larga di tutte esseudocpjella
ilei Corso, ma alquanto tortuosa verso la
Mia metà: è contornala d' iunumerabili
ricche botteghe fomite d' ogni sorta di
uierciedigalanlerie,edi frequentatissime
caffetterie,che primeggiano fra lelauleal-
li e ch'esistono in llaIia,dopo quelle di Ve-
nezia, di Padova, ec. Negli ultimi 3 gior-
ni di carnevale il gran passeggio delle car-
rozzee de'cavalli ascila, le ricche masche-
rate, il proluso gettito di confetti e di più
qualità di dolci, rendono lo spettacolo
carnevalesco uno de'più brillanti tra' si-
tuili d'altre città d'Italia; pubblico diver-
timento originato in detta via nel 1783.
Quattro sono le piazze principali, massi-
me della Dogana, della Legna e la piazza
Grande o Maggiore. Ivi si alzava il gran-
dioso palazzo pubblieoo magistrale sopra
a reale, che ampi issi ma sala con lene va, poi
convertita in teatro, ed altra minore per
le pubbliche radunanze. Dietro il palaz-
zo stavano le pubbliche carceri, in un ban-
co da un lato la curia criminale, dall'altro
la torre dell' orologio con due mori che
battevano le orejove in oggi sorge la locati»
da Grande era l'arsenale, e questo era la
lumie della piazza da un lato. Dirimpetto
vi uveano la loggia pubblica, ora sala del
Motiglio municipale, egliedifìzi per gl'io-
lerion dicasteri, che rinnovali e ampliali
servono Oggi a residenza dell'i, r. magi-
strato. Sullu chiave dell'arco verso la piaa-
TR I
za v'era l'aquila imperiale, ed a destra e
sinistra l'insegne del capitano Cobenzl, e
della città consistente in uno scudo d'o-
ro e di colore roseo trasversalmente ri-
partito, di sopra con un'aquila doppia ne-
ra e coi onata, di sotto con una sbarra d'ar-
gento e un'aquila nera rovesciala. Dalla
parte opposta dell'arco sulla chiave leg-
gesi l'epìgrafe dal S. P.Q. T. posta a Leo-
poldo 1 per la vittoria e presa di Buda.
Al medesimo il comune nel 1660 innal-
zò qui una colonna colla statua di bronzo,
quando si recò a Trieste, che poi nel 1 808
fu trasportala sulla piazza delh Bursa. In
faccia alla loggia s'ergeva la statua ili s.
C insto mai lire, patrono della città, e la
colonna dell'aquila imperiale, che soste-
neva la statua di Ferdinando I; lolteatn-
bedue quando neliyjo venne costrutta
la fontana grande die mette capo all'ac-
quedotto che comincia dalla falda della
montagna. Da un lato ilei la piazza è l'an-
tica chiesa dis. Pietro del municipio, che
v' interveniva alle sagre funzioni, ed ha
una tavola di Palma il Vecchio. In que-
sta piazza Maggiore vi è la colonna eret-
ta a Carlo VI, in memoria di sua venuta
nel 1 7 28. Trasferitisi i governatori diTrie-
ste dal castello ove prima alloggiavano,
nell'edilìzio della dogana vecchia, or sur-
rogato dal Tergesteo, neh 764 sotto M."
Teresa si costruì il palazzo del governo,
li teatro Grandeo Nuovo, vasta mole che
in un amplissimo quadralo venne creilo
nel 1800 con disegno del celebre veneto
Selva, con islupenda facciala di Pertsch
con lerrazzoue e portico ed ornata di mol-
te statue simboliche: l'interno dell'edili-
zio scompartito a due, contiene il teatro
capace di i3oo persone con 5 ordini di
palchi, e la sala da ballo detta del ridot-
to, per 2000 persone, ed abitazioni. Ab-
bandonali i clamorosi spettacoli delle cac-
cie de' tori e del giuoco del pallone, as-
siti prediletti,! primi lino dal declinar del
secolo decorso, ed i secondi lino dal 1 8 1 5
cuci, il popolo si abituò a' più placidi
trallcuiuiculi della scena; quindi nel 1817
T R I
fu eretto in prossimità all'ospedale mili-
tine un teatro diurno a cielo «coperto, che
si disse Arena perle frequenti esercitazio-
ni equestri. Poscia nel 1827 Leopoldo
Maiiruner costruì a proprie spese ampio
teatro coperto, precipuamente desinato
alle rappresentazioni mimiche a chiaro di
giorno, adatto però agli spettacoli eque-
stri come anche a' notturni, il quale per
circostanze di tempi ehbe nome di Anfi-
teatro.cheanco in seguito mantenne. Non
mancano beili palazzi ed eleganti abita-
zioni <li particolari, poiché Trieste di pa-
ri patgo progredisce quotidianamente nel
suo ingrandimento e abbellimento , ve-
dendosi di continuo sorgere quasi per in-
cauto intere contrade con magnifiche ca-
se, e tra le altre quella dalla parte di s.
Andrea, che si estende per lunghissimo
trailo a costa al litorale. Merita ricordo
il grande albergo del principe di Metter-
meli, ora denominato Hotel de la Ville,
granelloso edilizio in t'iva al unire, con de-
corazioni esterne. La 1. "dogana era situa-
ta nell'interno della Città Vecchia, quin-
di neh 74° M-" Teresa costruì ampio e-
difizio sull'area oggi occupata dalTerge-
steo, a cui l'arsenale dimesso, oggi occu-
pato dal teatro , serviva di piazzale. Nel
J y85 la vecchia dogana venne alienata,
si fabbricò la nuova sui fondi dell'auliche
saline, fu aperta nel i 79 1 , e tuttora serve
all'uso destinato. Il duomo o cattedrale
è situata sulla sommità del monte Tiber,
sul quale è disposta la Città Vecchia , e
che ancor continua ad essere il centro in-
torno a cui la novella città si va distri-
buendo; colle ricchissimo di memoriedel-
l'antica colonia e della città de' tempi di
mezzo. Questa basilica è sotto l' invoca-
zione di s. Giusto martire triestino, pre-
cipuo protettore dellacittà, ed anche del*.
Ja B. Vergine Maria, perchè formala da
due chiese diverse per tempo di costru-
zione e più tardi riunite. La basilica ap-
parisce distile bizantino in 5 navate, con
di più le cappelle aggiunte a' banchi in
varie epoche tueuo auliche. La uave che
T R I 22 >
tuttora è a manca della principale e che
s'intitola del ss. Sagramenlo, era la prin-
cipale della basilica di s. Maria, 1 ."duomo
di Trieste, costruita sul finir del IV seco-
loonel principio del V; le colonne, le mu-
raglie longitudinali, 1' apside dell'altare
sonodi primitiva costruzione. L'altra na-
ve a destra della principale e che s'inti-
tola di s. Giusto, era la maggiore di al-
tra chiesa in onore di questo santo, eret-
ta dal protoepiscopo Frugifero intorno al
53o,edella quale rimangono in gran par-
te le due muraglie che la cingevano, la
cupola e l'apside dell'altare. Mentre la 1,"
chiesa di s. Maria ricordava colla sua di-
stribuzione l'antiche basiliche romane a
3 navi; la 2/ di s. Giusto sentiva de'tern-
pi Giustinianei colla forma a crocee col-
la cupola stiacciata. Dopo ili3o3 le due
chiese, ch'erano prossime, furono riunite
in una sola dal vescovo Rodolfo, tolte le
muraglie che le chiudevano da un la-
to eh' erano più vicine; ed utilizzato Io
spazio fra le due navi principali per na-
vata centrale, ne sortì basilica novella a
5 navi, disparata e varia per dimensioni
e distribuzioni, come ancora si vede. La
1 .'' basilica di s. Maria venne eretta nel
sito già occupato dal tempiodi Giove, di
Giunone e di Minerva, facendo uso degli
antichi materiali ed anche in parte di an-
tiche muraglie, destinata a puhblico cul-
to cristiano; la chiesa di s. Giusto all'in-
contro fu costrutta per divozione e culto
al santo protettore, ambedue entro il re-
cinto dell'antico Campidoglio romano, il
quale non più riservato agli antichi usi,
per una metà venne dato al duomo e al-
l'episcopio, mantenuta l'altra agli usi di
guerra. Nell'interno della chiesa riman-
gono dell' opere antiche degne di osser-
varsi, i musaici de'due apsidi a tessetti di
vetro, in uno de' quali si rappresenta la
B. V'ergine col s. Bambino in alto di be-
nedire, collocata fra due Arcangeli e al di
sotto i X.II Apostoli col Salvatore in mez-
zo, nell'altro la figura pure del Salvato-
le che calpesta un basilisco, col libro del-
asG t a i
iti vitti in mano,eda'iatis. Giusto e s. Ser-
volo .illro martire e patrono di sua pa-
tria Trieste. La parte inferiore della i.J
npside manca del tutto; quella della 2/
è decorata a colonne di marmo che 5
scompartimenti lasciano aperti, ne 'quali
lino da antico effigia vansi a pittura le ge-
sta del santo protettore primario, rinno-
vate con affreschi del secolo XV, oggidì
coperti con quadri a olio. La parte po-
stica dell'altare di s. Giusto, nella quale
si custodiscono gli stromenti di martirio,
è coperta da tavola di marmo nella qua-
le vedesi rozzamente intagliata e ripetu-
ta la colomba che beve ad un vaso, sim-
bolo degli antichi cristiani (del quale ri-
parlai sei voi. LXXII, p. 208, descriven-
do il Tabernacolo della cattedrale di Pa-
rendo). Della 1/ basilica rimane ancora
nella cappella di s. Giovanni la vasca esa-
gona di marmo, che serviva al battesimo
d'immersione, distrutto affatto l'edifizio
ottagono che la conteneva. Nella cappel
la di s.Carlo Borromeo vi è l'illustre torn-
ila provvisoria di d. Carlos di Borbone
contadi Molina, ossia Carlo V re di Spa-
g/itz, che finì di vivere in Trieste, del qua-
le soggiorno e de'memorabili regi fune-
rali celebrati in questo tempio, ne farò poi
argomento di digressione, per compiere
il da me narrato altrove sul virtuoso e
sventurato principe. Anticamente questa
cappella era sagra a s. Caterina, ma per
testamentaria disposizionedel vescovoUr-
sino, questo vi fu sepolto nel 1620, e gli
eredi la fecero restaurare, cambiandole
il titolo in onore del santo cardinal arci-
vescovo di Milano. Il coro attuale nella
chiesa è opera del tutto nuova, frutto del-
le largizioni dell'ultimo vescovo defunto,
del municipio e de'divoti. Degno di me-
moria si è il grande occhio che dalla fac-
ciata manda la luce , tutto a trafuro di
genere gotico, e degno di memoria pur an-
co il soffitto della nave principale, che già
era lutto di legno con iscom partorienti
che diconsi ducali e di forma non comu-
ne. Fra le cose osservabili è uua lavolet-
T 11 I
ta con figure di santi, ch'era già dell'al-
tare maggiore e che si vuole opera del
Giottino; la chiesa stessa era nella nava-
ta maggiore dipinta a freschi di qualche
pregio, che da lunghi anni cedettero al
tempo ed a'ristauri. Il tesoro della chie-
sa è ricco d'insigni reliquie, e fra le sup-
pellettili sagre si dislingue. I' ostensorio
che il re di Francia Luigi XVIII donò al-
la chiesa in memoria delle due zie e pro-
fughe principesse M.a Adelaide Clotilde e
Vittoria Luisa, morte in Trieste nel 1 800,
e sepolte in s. Giusto nella tomba de' Bur-
lo, doude furono trasportate in Francia
nel 18 i4- Laonde mi correggo pel rife-
rito nel voi. XXVII, p. 102, ove con al-
tri le dissi morte in Sicilia e sepolte in
Gratz. La facciata esterna del duomo, ol-
tre l'occhio suddetto, ha la memoria mar-
morea posta in onore di Papa Pio II, già
vescovo di Trieste; le lapidi de' vescovi
raccolti dal pavimento della chiesa quan-
do venne rifatto; e gli stipiti della porta
maggiore, i quali uniti formavano il mo-
numento funebre della famiglia romana
Baibia di Trieste. Il campanile per mol-
ti riguardi è rimarcabile. Costruito fin
dal 1000 circa con unica muraglia sugli
avanzi d'un colonnato romano, il quale
già serviva d'atrio e d'ingresso all'antica
basilica di s. Maria, venne fra il 1 33 y e
1 1 1 3 4 3 vestito d'altra solida muraglia, e
praticate fra 'due muri le scale, co'mate-
riali d'antiche fabbriche romane, dispo-
sti non lodevolmente sulla facciata, come
fregi, cornici, aitici, trofei militari. Agji
stipiti della porta d'ingresso servironodue
piedistalli che già sorreggevano statue
nel Campidoglio, di Costantino I alzata
dai comune di Trieste in luogo di quella
di Licinio, e di Vario Papirio illustre per
cariche cittadine. Volgare credenza attri-
buiva questi e altri rimasugli ad arco
trionfale, indi da seguite esplorazioni nel-
la muraglia che forma fronte al campa-
nile, si ebbe il convincimento che questo
era l'atrio d'una delle celle del trino tem-
pio di Giove, di Giunone e di Minerva,
TRI
ossia delle divinità Capitoline, e si videro
intatte 5 colonne scanalate sorreggenti nn
cornicione, e le basi de'inontimenti eque-
stri d'illustri personaggi, la base della sta-
tua di Giulia Augusta, l'iscrizione di que-
gli che innalzò il tempio, un ncrolerio coi
simboli delle 3 divinità e le teste colossali
di queste. Le 3 smisurate campane di que-
sto campanile, dicesi pesare circa 20,000
libbre. Il capitolo della cattedrale si com-
pone di 3 dignità, la 1 ."delle quali è il pre-
posto, la 2.a il decano e la 3.a lo scolastico
diocesano, di 4 canonici, di 4 "icari co-
rali, e d'altri preti e chierici addetti al
servizio divino : I' insegne corali de'pri-
mi sono il rocchetto e la mozzetto pao-
nazza, per concevsio ne di Benedetto XI V.
Jndi Clemente XIV concesse al decano
l'uso della mitra, dell'anello e della cro-
ce pettorale. Fero tale concessione non
fu mai mandata ad elicilo. La cura d'a-
nime è affidata a una dignità o ad un ca-
nonico,coadiuvato da uno de'vicari cora-
li, essendovi il fonte battesimale nella cat-
tedrale. Alquanto da questa distante è l'e-
piscopio, decente e comodo, rimpelto al-
la chiesa di s. Maria del Soccorso, chiesa
già de'francescani, ne'dintorni essendovi
stati i cappuccini, i benfratelli, i croci fé
ri e l'ospizio de'ss. Martiri de' ' Meriti tari -
sti (A.) della congregazione di Trieste o
di Vienua , ove passarono nel 18 10. Quan-
to all'antico episcopio, i vescovi dovero-
no abbandonarlo nella costruzione del
castello, e trasferirono poco lungi la loro
residenza, che essi formarono decorosa,
principiando da Pietro Bonomo del 1 5oo,
con sufficiente giardino. Vi soggiornaro-
no colla corte gl'imperatori Leopoldo I e
Carlo VI , e nella sala maggiore erari vi
dipinti i ritratti e i nomi di tutti i vesco-
vi. Nel 1785 trasportato l'episcopio ove
trovasi, l'edilìzio fu convertito iti ospeda-
le d'infermi, e quando questi passarono
al nuovo neh 84', fu destinato a mani-
comio. Sul piazzale del duomo s'erge la
colonna dell'Aquila che stava nella ricor-
data piazza Maggiore fino dali56o, e poi
T R I 227
tolta lui finir del secolo passato, venne nel
i843 ristabilita ove trovasi, già eretta in
onore dell'imperatore Ferdinando I, per
aver neli55o confermato i nuovi statu-
ti municipali. Oltre la cattedrale nella cit-
tà vi sono altre 4 chiese parrocchiali,
quae, si imam excipias, baptismalifon-
te praeditae runt, dice I' ultima propo-
sizione concistoriale.La chiesa dis. Cipria-
no, costruita nel secoloXVII,ha contiguo
il monastero delle benedettine, ch'è l'u-
nica comunità religiosa esistente ora in
Trieste; è come l'antico monastero della
Cella, originato neh 278, prossimo all'e-
piscopio, e le monache oltre l'educazio-
ne di fanciulle nell'interno del. chiostro,
hanno la cura della capo-scuola femmi-
nile. La chiesa di s. Maria Maggiore fu
costruita neh 627 dal principe d'iìggeu-
berg duca di Crumlau, sotto il titolo del-
l'Immacolata Concezione, pe' gesuiti ed
uno de'quali il p. Briani modenese ne fu
architetto; ma 4° giorni dopo la sua con-
sagrazione, cioè a*2 1 novembre 1 682, ar-
se la cupola. Alla chiesa fu aggiunto il
collegio, il seminario, ed un convitto per
la gioventù. Attendevano i gesuiti prin-
cipalmente all'istruzione della gioventù
nelle lettere latine, nella filosofìa , nelle
matematiche, e anco nella nautica. Par-
titi neh 773, la chiesa divenne parrocchia-
le, il collegio quartiere di soldati e poi ca-
sa d'inquisizione criminale, ed il semina-
rio prima scuole normali, indi caserma
di polizia, alienandosi la casa del convit-
to. La chiesa fu compita e la cupola rie-
dificala dal parroco Millanich , contri-
buendovi diversi benefattori, e vi è una
Madonna di Sassole 1 rato di gran pregio.
Prima in Trieste vi fiorivano diverse con-
fraternite, restate a due. Quella di s. An-
tonio, già nella chiesa del Soccorso, nel
1767 eresse la chiesa dis. Antonio di Pa-
dova in fondo al canal grande, di forma
esagona a 5 altari, ampia e decorata, e
fu la 1 ,a che si alzasse nella Città Teresia-
na. Neh 777 costituita la città nuova iu
parrocchia, la cappella di s. Autonio dì-
»«8 T I I
venne parrocchiale, aggiuntevi nocelle o-
pere ne! 1 78-i.. Divenula insudiciente la
capacità eli questa chiesa al numero sem-
pre crescente del popolo, nel 1827 atter-
rato l'aulico si costruì l'odierno tempio
con disegno di Pietro Nobile, a tutte spe-
se del comune, e riuscì nel complesso ma-
gnifico e ornato. La chiesa parrocchiale
del ss. Salvatore viene alternativamente
ufficiata in lingua italiana, francese e te-
desca,ed è denominata Elvetica,per quan-
to vado a riferire. Vi ha tradizione che
nella casa ove abitavano le ss. Eufemia e
Tecla vergini triestine martirizzale nel
9.5G, si radunassero i primi cristiani e che
fi>sse convertita in chiesa quando Costan-
tino I die al cristianesimo il libero eser-
cizio del culto religioso, e fu intitolata al
contemporaneo s. Silvestro I Papa. Nel
] 3Ì2 fu coiisagiata dal vescovo Pace, ed
un'iscrizione dichiara che era la i/chiesa
cristiana di Trieste. Fu l'attuale rifabbri-
cata nel 1672, quando sino dal 1619 di-
venuta proprietà dc'gesuiti, l'aveano poi
assegnala al sodalizio dell' Immacolata
Concezione, il quale soppresso nel 1784
v. venduta la chiesa , fu comprata dalla
comunità elvetica nel 1 786, che la ridonò
al diviu culto. La chiesa di s. Spiridione
degl'Illirici fu la i.adi rito greco eretta in
Trieste, cioè nel 1 752 per indulto di M."
Teresa che anticipò il denaro per costruir-
la, ed in questo concorsero tanto i greci
di lingua, quanto gl'illirici della chiesa
orientale: l'abile MicheleSperanza daCor-
fu dipinse a olio le pareti e il solfino, e
vi primeggiano i quadri esprimenti la
Creazione del mondo, il Giudizio univer-
sale, il Paradiso, il 1 ."conedio generale te-
nuto a Nicea. A questa chiesa Giovanni
Altletir.h lasciò 24,000 fiorini, che perciò
si edificarono due alti campanili, e nel
mezzo di ciascuno si pose l'orologio. La
diversità della lingua essendo di ostacolo,
i greci si separarono dagl'illirici nel 1 782,
e con autorizzazione di Giuseppe I] co-
struirono la propria e decente chiesa di
». Nicola de'Greci presieduta do un archi'
TRI
mandrita , nel sito ore surse la piccola
chiesa abbandonata per vecchiezza, già
confraternita di marini e pescatori, e to-
sto venne fornita di quadri e arricchita
da'doni di pii nazionali. La comunità il-
lirica ha proprie scuole dotate col legalo
Miletich. La comunità greca orientale
mantiene scuole, una pe'maschi e l'altra
per le femmine, ed avea pure l'ospedale.
E per non dire di altri templi cattolici, an-
che i protestanti hanno il proprio fin dal
1786, quando comprata la chiesa della
B. Vergine del Rosario, la dedicarono al-
la ss. Trinità, introducendovi il servizio di-
vino in lingua tedesca. La comunità pro-
testante e 1' elvetica hanno proprie scuo-
le pe'fanciulli e per le fanciulle. Vi è pu-
re il tempio israeliticoo sinagoga, costrui-
to sul finir del secolo passato, essendovi
nell'interno due sale d'orazione, la mag-
giore delle quali ampia e di bella deco-
razione. Antichissima si è in Trieste la na-
zione israelitica, la quale risale probabil-
mente fino a'iempi romani. La comuni-
tà mantiene a sue spese l'ospedale, e scuo-
le per giova netli e giovanetle. Anche i cat-
tolici hanno scuole, ospedale, monte di
pietà, ed altri benefici stabilimenti; ed il
ginnasio cessato nel 181 3 venne riprisii-
nato nel 1842. Fino da tempi antichissi-
mi avea Trieste due ospedali annessi al
duomo.ronopegli uomini dello di s.Giu-
sto, l'altro per ledonne detto dellass. An-
nunziala, in amministrazione de'crocife-
ri di Venezia, parcamente provveduti dal-
la carità spontanea de' fedeli. Nel 1769
M.a Teresa ordinò l'erezione d'un ospe-
dale generale, destinato a raccogliere gli
ammalati, le partorienti e gl'inabili. Co-
struito l'edilìzio, eh' è l'attuale caserma
maggiore, la fronte e i due lati furono di-
sposti per gl'infermi, la parte postica pei
poveri, e venne aperto nel 1 77 4: l'edilì-
zio comprendeva anche un cortile e il giar-
dino, e l'imperatrice nella sua pietà non
alla fondazione soltanto si limitò, ma gli
fece dono di torre appositamente com-
prate. L'ospedale dellass. Annunziata Ut
TR I
soppresso ed unito al generale, insieme
a quello d'Aquileia. Giuseppe II nel i 785
convertì l'ospedale in caserma pe'soldati
che alloggiavano nel castello , e trasferì
l'ospedale nell'antica residenza vescovile,
a cui altri edilìzi eransi aggiunti; e nel-
l'istesso armo si soppresse l'ospedale di s.
Giusto per unirlo al generale. Per l'au-
mentato popolo divenuto il sito insudi-
ciente, fu stabilita la costruzione di am-
pio edilìzio, il quale si compì nel 1840 su
dimensioni grandiose. Allo spedale civico
sono annessi luoghi pii di dotazione im-
periale, pe'trovatelli e le gravide. Presso
ad esso è il campo di esercitazioni de'vi-
gili o pompieri, destinali al governo de*
gl'incendi, a spese del comune e della so-
cietà d'assicurazione. Circa alla caserma,
fu poi accresciuta con fabbricali, forman-
dosi pure l'ospedale militare, la pistoria
e la piazza d' armi, e chiamasi caserma
maggiore. L'ospedale fondato da M.n Te-
resa accoglieva bensì a ricovero i poveri
inabili per vecchiaia e malattia, non fie-
ro gli altri che alla carità pubblica veni-
vano raccomandati. Fin dui 1786 s'era
dato principio ad una casa di poveri e di
correzione, e nel 1817 infierendola care-
stia e la fame, formossi un'unione di be-
neficenza per distribuire •'numerosi fa-
melici cibo e in parte ricovero; indi nel
1 8 1 8 si fondò la casa generale de'poveri,
la quale con assegnamento del munici-
pio, colla queslua,e con private largizioni
provvede a'ricoverali d'ogni età e sesso,
e dispensa limosinee cibo a domicilio. Nel
i 841 la carità triestina aprì 4 sale di asi-
li per l'infanzia, nel palazzo de'bai uni Ma-
renzi, poi traslocale nella prossimità del-
la barriera vecchia. Le sale sono capaci
di 200 fanciulli d'ambo i sessi, i quali vi
ricevono gratuita educazione secondo i
metodi geueralmente adottati. L'accade-
mia di commercio e di nautica venne a-
perla nel 181 7, come istituto diretto a in-
formare la gioventù nellescienze del com-
mercio e della navigazione. E' provvedu-
ta di 3 gabinetti, l'uno di cose uà turali,
T R I 229
l'altro di fisica e chimica, e il 3.° di mo-
delli di costruzioni na vali. Sulla piazzaPic-
cola è il Gabinetto di Minerva, eretto da
privato consorzio nel 1810, e fornito di
biblioteca e di giornali scientifici e lette-
rari; nella stagione invernale vi si tengo-
no letture periodiche in ogni ramo di sci-
bile, non escluse le scienze esatte. La bi-
blioteca civica , originariamente legato
della società degli Arcadi Sonziaci qui e-
sistita e sciolta nel (802, aumentata pei*
l'annue dotazioni, fu arricchita neli<S \ >.
pel lascito del cav. d/Domenico deltos-
setti della raccolta delle edizioni dell'o-
pere del Petrarca e del Piccolomini (Pio
II), preziose collezioni nou ristrette sol-
tanto allo stampato, ma ricche di mss. di
pergamene, «li pitture, d'incisioni, di di-
segni, di marmi e di gessi che a que'due
illustri si riferiscono. Alle due raccolte è
annessa l'annua dotazione di fiorini 100
per continuarle. Queste rinomate raccol-
te Petrarchesca e Piccolominèa, bell'or-
namento della biblioteca civica di Trieste,
vanno progressivamente aumentandosi ,
e gli acquisti notabili falli in questi ulti-
mi anni furono pubblicali dall' Osserva-
tore Triestino, e riferiti dal Giornale di
Roma del 1 852 a p. 1 1 2 1 . Quanto poi a
raccolte di oggetti d'arte, Carlod'Oltavio
Fontana accrebbe quella di monete, che
in Ti lette riunì, con l'acquisto d' interi
musei fatto nell'Italia e nella Croazia; e
ne formò tale raccolta di monete greche
e romane d'ogni tempo da poter essere
decoro di città capitale, e degna d'essere
stata ordinala e illustrata dal celebre Se-
stìni. Raccolse pure assiduamente vasi ita-
lo-greci, e ne coltivò lo studio. Fra le rac-
colte di monete assai interessanti va pu-
re ricordata quella di Manussi. E qui di-
rò che Trieste ebbe la zecca e coniò mo-
nete pe'suoi vescovi, che per lungo tem-
po furono signori di Trieste, per cui ab-
biamo di Lusanio: iUonete.de' t'escori dì
Trieste, ivi 1788. Il Muratori, Disserl.
sopra le. antichità ita liane, t\\s>>evl. 27/,
riferisce the uel museo Muselli di Vero-
a3o T 1 I
na eranvi varie monete di Trieste, già cit-
tà e colonia de' romani. Lai/ dice rap-
presentare una città, e all'intorno: Ch'i-
tas Tcrgestumjneì rovescio: SanclusJu-
slux, il martire protettore di sua patria.
La 2." ha l'effigie d'un vescovo colle let-
tere: Ch'ardui Ep. cioè Episcopus, non
conosciuto dall'Ughelli. Nel rovescio un
Agnello con due Croci, e Civitas Terge-
stum. La 3." ha l'iscrizione: ConradusEp.
Nel rovescio l'immagine probabilmente
di s. Giusto, e Civita* Tergeslum. La 4-"
ha l'epigrafe: Votricus Ep., chel'Ughel-
li chiama Odclrìcusj e nel rovescio l'ab-
bozzo d'una citlà colla solita iscrizione.
La 5.a appartiene al medesimo J'otricus,
ed è solamente diversa nel rovescio, do-
ve si mira l'effigie di s. Giusto. La 6.a ha
le parole: Leonardus Episcopus. Questi
sembra il medesimo che dall' Ughelli è
appellato Leonida*. Il rovescio simile ai
precedenti. La 7.*, 8." e 9/ portano il no-
me: Avlongus £yo. Eletto nel 1 2 54, fu de-
posto da Alessandro IV neh 255. Ma la
diversità di questi suoi denari fa sospet-
tare che durasse molto di più il di lui go-
verno.
A promuovere le belle arti neh 84° si
formò inTriesle la SocietàTriestina.di cui
fu autore e fautore il conte diWaldstein(la
quale fa in ogni anno pubblica mostra de'
prodotti degli artisti viventi d'ogni na-
zione, e ne acquista co'propri fondi i mi-
gliori, chea sorte toccano poi a»li azio-
nisti. Raccolte di pregevoli dipinti hanno
il conte Wimpfen, Leone Hierschl, Sa-
lomon Parente, il cav. Gio. Sartorio, Mi-
chele Sartorio, L. Gechter, Nicolò Lazo-
vich, d.r Rurger, Pietro Sartorio, Gior-
gio Heynes ed altri. Il terreno sul quale
è collocato il museo d'antichità, era giar-
dino d'una dignità capitolare, poi cimi-
tei io cattolico quando le ordinanze di
Giuseppe II vietarono la tumulazione nel-
le chiese, e le nuove costruzioni persua-
sero l'abbandono del cimitero pel popolo
alla Madonna del Mare. Aperto sulla stra-
da Istriana il nuovo cimiterio generale
T R ì
cattolico in s. Anna neh 825, venne quel-
lo di s. Giusto abbandonato, ed il lerre-
no in parte destinato al superbo monu-
mento funebre del celebre e sventurato
archelogo GiovanniWinckelmaun, pel ri-
manente destinato alle memorie di altri
illustri decessi ivi sepolti. Nel 1 83o il cav.
d.r Rossetti, con denaro offerto da tutta
Europa e col proprio, collocava il monu-
mento funebre del principe degli antiqua-
ri l'illustre Winckelmann, che sconosciu-
to e di passaggio in Trieste, ebbe morte
proditoria 1*8 giugno 1768 (lacerto Fran-
cesco Arcangeli pistoiese, già per delitti
punito, il quale di passaggio pure in Trie-
ste e in cerca di venture, albergato nella
stessa locanda Grande contrasse dimesti-
chezza col Winckelmann , e dalla vista
d'antiche medaglie fu indotto al barba-
ro omicidio per cupidità , punito poi di
morte infame sulla ruota 4° giorni do-
po commesso il delitto. La (cultura del
monumento è del veneto A. Rosa, l'epi-
grafe del cav. d.r Le bui di Milano e così
l'iscrizione. Sulle pareti della cella sono
registrati i nomi de' generosi oblatori, e
il monumento venne dal cav. de Rossetti
illustrato con apposita opera. Fin da quan-
do egli collocava il monumento al Win-
ckelmann, concepì il desiderio di disporvi
all'intorno gli antichi monumenti roma-
ni di Trieste, desiderio che per cura del
municipio ebbe effetto neh 842, contri-
buendovi le private largizioni, e così ven-
ne formato questo museo municipale. Di-
sposto il terreno del museo a giardino ,
le tavole scritte sono inserite nel muroche
sostiene il terrapieno dinanzi il duomo, le
cose sculte nel muro della cella del Win-
ckelmann, i massi che rimaner devono
isolali, sparsi pel terreno. Il museo rac-
coglie i monumenti soltanto che si rin-
vennero nella città e nell'antico territo-
rio romano di Trieste, monumenti cri-
stiani, lapidi scritte de' tempi di mezzo,
o che sieno risultati di scavi, o che ven-
gano donati o comprati. La raccolta è già
tale per numero e per importanza di
T n I T RT 23 1
monumenti do fornire materiali alio »l*i- ha penuria. In Trieste si trovano fab-
dio dell' auliche cose e della patria sto- briche di biacca, di candele, di corami,
ria. Tra'monumenti rimarchevoli v'han- di carte da giuoco, d'acquavite, di rhum,
no l'insigne decreto della colonia thTrie- di rosolio, di corde, di gomene, di vasel-
sle in onore di Fabio Severo, importali- lame di gres, di pietre preziose artificia-
tissimo pel modo accennato di acqui- li, raffineria di zucchero, purgo di cera,
star la cittadinanza romana; l'iscrizione l'ampio stabilimento Chiozza con fabbri-
in onore di Calpelano, personaggio con- che rinomate di sapone, tipografie, lito-
■olare non conosciuto, distintissimo per grafie, librerie che gareggiano con quel-
cariche pubbliche; le iscrizioni in onore le delle primarie città d' Italia e di Ger-
d'Augusto e di Giulia; altra che riferisce mania. In Trieste si pubblicano undici
sentenza proferita da un legato di Ciao- fogli letterari, politici, marittimi e Corn-
elio imperatore, per questioni di vie; al- merciali. La borsa eretta nel 1802 so-
lfa ch'era già sulla porta del tempio delle pra canale interrato a spese del privile*
divinità Capitoline; altra e forse di tutte giato corpo mercantile, è un edilìzio ar-
più antica che accenna un tempio di Mi- chitettato dal maceratese A. Molari, che
nerva; un cippo militare, senza numera- costò scudi 35i,ooo. Bellissima è la sua
re le tante funebri, onorarie e altre. Vi facciata ornata di 4 grandissime colonne
sono frammenti di scnlture,di molti colti e d'un portico, ove sono 6 statue colos-
letterati con nomi di famiglie, ed il mu- sali del Bosa e del Ferrari, che rappre-
seo ha pure una raccolta di monete, libri, sentano l'Europa, l'Africa, l'Asia e l'A-
ni ss. ed altro; poiché è d'istituto del mu- melica, e le due laterali Mercurio e Vul-
seo di promuovere gli studi della storia enno. Si vuole, che dopo la gran borsa
della città, raccogliendone! materiali, che d'Amsterdam, questa abbia il 1. ° rango
sono d'uso pubblico. La parte inferiore per grandezza, e disegno che per giudi-
dei cimiterio venne decorata co' mono- zio dell'accademia di Bologna fu ritenuto
menti degl'illustri defunti. I cimiteri delle il migliore fra' vari proposti. 1 dipinti nel-
di verte confessioni degli orientali, illirici, la sala maggiore sono del Bisson, il qua-
protestanti e israeliti non mancano di mo dro della sala terrena del Bevilacqua. Nel-
numenli, fra'quali non pochi distinti per la loggia fu collocato un meridiano so-
pregio d'arte. Presso la caserma militare lare. Oltre l'uffizio della borsa e le sale
vi è il giardino botanico aperto nel 1 827, di radunanza per la consulta, accoglie l'e-
appoggiato al ceto farmaceutico che vi difizio il monte civico ecommerciale, cioè
tiene sala per preparazioni chimiche; vi la cassa di risparmio e di sconto, il pia-
si danno lezioni di botanica, chimica e fi- noterra è destinato al convegno de' ne-
sica. Nel 1 842 il municipio apri pe'gio- gozianti ne'loro all'ari mercantili. Prima
vanetli campagnuoli una scuola domeni- che sorgesse l'edilìzio di borsa, usavano
cale agraria , nella loro lingua naturale i mercanti e negozianti radunarsi sotto i
slava, ed in progresso fu attivato anche portici del vecchio palazzo, e M.J Teresa
un corso d'agricoltura pegli adulti d'o- nel 1 y5S gli autorizzò a costituirsi in bor-
gni condizione civile, in lingua italiana, sa mercantile. JNel Tergesteo vi è il cele-
Neli824fu aperto un bagno marino gal- bratissimo Lloyd Austriaco, ed è un edi-
leggiante con esercizio di nuoto, ed alla tìzio pel suo carattere, per l'ampiezza e
punta del molo Teresiano s'istituì una posizione destinato ad essere centro al co-
scuola militare di nuoto. Nel 1 828 fuco- lo mercantile triestino ; accoglie in fatti
struilo ampio mulino a vapore per la ma- anche il detto istitutori quale (in dalla pri-
ciua delle farine, in supplemento al di- ina origine ebbe lo scopo pronunziato di
felto d'acque correnti diche il territorio servire come punto centrale nella più ini-
*3« t n t
portante piazza marittima dello stato, a
tutte le intraprese, proposizioni ed ini-
ziative che ponno influire sullo sviluppo
del commercio e sulla prosperità della
marina mercantile e dell'industria nazio-
nale. Esso venne fondato neh 833 dalle
compagnie d'assicurazione di Trieste, ad
imitazione d' un simile istituto di Lon-
dra , che servì di modello a tanti altri.
Cominciò dal raccoglierea profitto conni-
ne, e mercè appositi agenti, le notizie ma-
rittime e commerciali delle diverse piaz-
ze mercantili, fondò un gabinetto di let-
tura, che andò sempre più. arricchendosi
di corrispondenze e di giornali; pubbli-
cò prima un giornale proprio in lingua
italiana, poi anche un altro nella tede-
sca, e lilialmente erigendo una stampe-
ria nel locale stesso del Tergesteo, ove di
due torchi celeri uno se ne nota fabbri-
cato a Trieste, stampò anche il foglio pro-
vinciale e completò così la prima sezio-
ne. La seconda sezione, ossia società di
navigazione a vapore, venne fondata nel
i836 per azioni. Essa andò grado grado
accrescendo la sfera di sua attività, e pos-
siede piroscafi che viaggiano per Vene-
zia, l'Istria, la Dalmazia, la Grecia, l'E-
gitto, la Soria, le coste dell'Asia minore
fino a Trebisonda e Galatz sul Danubio,
Costantinopoli, ec. ec, servendo così per
le pronte e sicure comunicazioni ad age-
volare il tra dico delle cose e delle persone
fra quest'estrema parte dell'Adriatico e
tutto l'oriente. La società, perchè il paese,
che abbonda di abili capitani e costruttori
ili navigli, fosse fornito anche di macchi-
nisti necessari a questo nuovo veicolo, fon-
dò un proprio arsenale situato presso al
lazzaretto vecchio, ove con bravura e a-
lacrità si dà opera alla maggior parte de'
lavori richiesti dall'uso continuo delle
macchine de'piroscafì. Mediante quest'ar-
senale il Lloyd Austriaco provvede a'
continui bisogni de'suoi bastimenti, il cui
numeroè sempre in notabile incremento,
e pegli operai dell'arsenale fondò altresì
una scuola di meccanica domenicale al
TRI
Tergesteo. Senza distenderci nelle lodi che
sono dovute a questa operosissima com-
pagnia, e facendo in vece parlare i fatti
che per se bastano a mostrarne l'utilità,
richiamo l'attenzione sulle pubblicate re-
lazioni favorevolissime al successo della
bella impresa del Lloyd, e sull'aumento
mirabile e progressivo della sua attività,
della sua forza e de'suoi guadagni. I più
recenti successi sono assai lusinghieri, sor-
passano i vantaggi conseguiti negli anni
anteriori; ecolla continuazione della tute-
la del savio governo, fondatamente fanno
concepire magnifìchesperanze su' risulta ti
sempre crescenti per una flotta mercantile
così importante di piroscafi a vapore, che
nessuna società marittima ne possiede
maggiore. Pure essa non basta a' nuovi
bisogni che si vanno sempre più manife-
standole!* non abbandonare ad altri quel
campo, nel quale la società del Lloyd ha
vinto con forza preponderante tutti gli
ostacoli e tutti i competitori. Riporta il
Giornale di Roma del 1 856 a p. 5*28 a>
naloghe interessanti nozioni sulla società
di navigazione a vapore del Lloyd Au-
striaco e del suo 2 3.° congresso generale
tenuto in Trieste, in cui erano rappre-
sentate 149 5 azioni con 168 voti. Il rap-
porto letto dal segretario generale cav.
Toppo, fu accolto con soddisfazione gene-
rale, giacché il proprio naturale miglio-
ramento ascende in confronto dell'anno
antecedente a 565,ooo fiorini, li resocon-
to presentato in questa occasione è il jq.a
dall'attivazione dello stabilimento. Nel-
l'anno passato la società ebbe a deplorare
due soli disastri di qualche entità, e questi
sono l'arenamento de'due piroscafi Africa
ed Egitto, l'uno in vista di Scio, l'altro
fuori di Sinope. Vennero però frattanto
allestiti i\i\e nuovi vapori, l'Aquila impe-
riale ed il Progresso, entrambi già in at-
tività. Fu inoltre acquistato un grande
piroscafo americano della forza di 400 ca-
valli e della portata di 1 \io tonnellate,
cui fu imposto il nome d'America. Altri
4 piroscafi u ruote, ciascuno della forza
T R I
di 4oo cavalli e della potenza di i noo ton-
nellate, cioè Jupiter, Neptun, Vulcan e
Piuto, trovansi in costruzione in Inghil-
terra. Essi sono attesi in Trieste entro il
corrente anno e sono destinati alle corse
celeri ti a Trieste e Costantinopoli. Final-
mente verrà acquistato un piccolo piro-
scafo della forza di 4o cavalli dall'i, r. ma-
rina. Esso sarà nominalo Ticino ed è de-
stinato a prestar servizio sul lago Mag-
giore. Fu venduto dalla società il piro-
scalo Chioggia a Costantinopoli, perchè
poto adatto al servizio del Lloyd. Men-
tre l'anno scorso la società possedeva 60
piroscafi di 10,060 cavalli di forza, ora
ne possederà 65, con i2,o4o cavalli di
forza, e cioè due di 4° cavalli di forza, li-
no di 5o, quattro di 6o, due di 70, due
d'8o, dieci di 1 00, olio di 1 20, due di 1 4 o,
cinque di 1 5o, selle di 160, uno di 200,
nove di 260, uno di 36o, e finalmente
dieci di 400 cavalli di forza, della portata
di 3i,955 tonnellate. Siccome nel «845
il Lloyd possedeva 20 piroscafi, in un'de-
cenniogli ha più che triplicali, con rapido
e impouenteincremento.il valore de' piro-
scafi in attività, senza contare 7 piroscafi
di 4°° cavalli di forza, e quello di 4o ca-
valli di forza,essendo parie in costruzione,
e per una parie non essendo ancora liqui-
dati i conti, ascende a fiorini 9,167,000.
I viaggi falli pel Levante importarono fio-
rini 2,902,121, catoniani 22. Questi u-
nitamenle a'viaggi del Danubio, del mar
Nero, della Grecia, Isole Jonie e Malta
colle toccate d'Ancona, Mafello (o Mol-
felta) e Brindisi; finalmente i viaggi nel
golfo Adriatico e del Po.importarono alla
società la somma di 5,609,919 fiorini e
6 carantani. Se si aggiunge l'utile rica-
valo dalla vendita di 3 piroscafi con fio-
rini 4^2^.:5o,ela sovvenzione d'un mi-
lione dall'erario, risulta un totale d' in-
troiti di fiorini 6,657,644 :^9- Siccome
le spese di navigazione e di amministra-
zione ascesero a fiorini 5,952,938:22, ri-
sulta un utile netto di fiorini 705,006:37.
Fu rieletto nel congresso a direttore ad
VOL. LXXX.
TRI a33
unanimità il cav. Elio di Morpurgo, ed
a revisori furono nominati a pluralità di
voti, Vivant, Radici» e Simeons. Più volle
il Lloyd ha difeso la sicurezza della na-
vigazione dell'Adriatico contro i propu-
gnatori degl'interessi marittimi de'porti
occidentali del Mediterraneo, per ostililà
contro la fiorente navigazione austriaca
e soprattutto contro Trieste, in un tèm-
po che siccome l'Adriatico giace in mez-
zo al Mediterraneo, ognor più acquista
nuova importanza, e la sua direzione me-
ridionale orientale ne addita evidente-
mente la sua destinazione di essere la na-
turale via dell'oriente. Volle di più dimo-
strare, che fra tutti i porti di questo ma-
re, che sono specialmente abbondantissi-
mi in Dalmazia ed Istria, quello di Trie-
ste è il più frequentato da'navigli d'ogni
nazione, sì perchè congiunto ad uu pos-
sente impero, come per le franchigie che
vi si godono e per l'opportuna sua posi-
zione. Dichiarò inoltre, che il 2.0 grado
a tale riguardo occupa il porlo di Venc-
zia, al cui allenamento si cercò ripara-
re mediante grandiosi lavori; esso però
se presenta varie difficoltà nell'entrarvi,
ha perfetta sicurezza di stazione. Anco-
na poi è il i.° dello stalo pontificio, ed li-
no de'più considerabili della costa occi-
dentale , capace di dare ricetto a grossi
navigli, ha posizione favorevolissima al
commercio e vi è attivissimo. La rada di
Fiume essere il sito più frequentato del
Quarnero, ed è assai comodo pel com-
mercio con l' Ungheria. La Bilancia diMi-
lano, ragionando della potenza marittima
dell' Austria, e quanto giovarono ad essa
e allo stato le industrie private del Lloyd
e quelle della società de' vapori del Da-
nubio, nel riconoscere che tutta la costa
orientale dell'Adriatico dalla foce del Po
fino al monte Dubovizza è in potere del-
l'Austria, rimarca che quella costa semi-
nala di porli sicuri e frequenti, ricca d'i-
sole numerose, con popoli che sono na-
vigatori arditissimi, quali furono appun-
to in ogni tempo idi versi abitatori di que'
16
a 34 T H 1
lidi, dichiarò puro: che l'Adriatico unii
sce l'oriente n Trieste, scalo della Ger-
mania, ed a Venezia scalo d'Italia, e per
essa della Svizzera e della Francia; e que-
sta comunicazione è d'ogni altra la più
sollecita Ita il Levantee l'Europa centra-
le.La maggior brevità di quella linea, gio-
vata dalla mirabile istituzione delLloyd
di Trieste, e delle Strade ferrate che da'
lidi dell'Adriatico tragittano il passeggie-
10 e la merce colla rapidità delle rondi-
ni alla capitale dell'impero, a tutta la
Germania, nel Veneto e nella Lombar-
dia, a'ducati di Parme e di Modena, alla
Toscana, alla Romagna, al regno di Na-
poli, al Piemonte, e quasi a'eonfini della
Svizzera, dà una grande importanza al-
l'Austria per le transazioni commerciali
tra l'Oriente e l'Europa centrale. Rile-
vò l'aumentata influenza dell'Austria,do-
pò l'istituzione del Lloyd, nell' Egitto e
nel Levante, per cui sembrava volere or-
mai effettivamente dare un maggior svi-
luppo alla sua marina militare; ed osser-
va, che se l'Austria avesse avuto una mari-
na militare più forte.Trieste nel 1 849 non
sarebbe stala minacciala dalla squadra
sarda, e Venezia non avrebbe potuto rice-
vere per via di marealimenti e soccorsi per
tanto tempo. L'Austria con una manna
più forte non solo farà ad ogni evento ri-
spettare le suecittà marittinie,proteggerà
il suocommercio e la sua marina mercati-
tile.tna poli àal pari dell'altre potenze ma-
rittime efficacemente adempiere a quel
santo dovere die ha ogni potente stato cri-
stiano, di proteggere i cristiani esposti nel-
la Siria e in altri stati infedeli a durissime
persecuzioni, le quali è a sperarsi che ces-
seranno del tulio per l'rlalli-llumayoun
di recente dato alla Turchia (f.) dal re-
gnatile sultano. Se non che l'Austria ben
convinta della Decessila di rinforzarsi sul
mare, ammaestrata dagli ultimi avveni-
menti politici, fonde cannoni per l'arma-
mento de' nuovi legni da guerra che fa
costruire ne'suoi cantieri, munisce i più
importanti punti e più minacciali delle
TI \\ I
coste, per assicurare Trieste e prolegge-
re il gran porlo di Pula; istituì «due scuo-
le di nautica, ed operò una nuova orga-
nizzazione marittima. Lo sviluppo singo-
lare, che ogni dì si fi maggiore, nella mi-
rabile istituzione del Lloyd di Trieste, <>-
pera memoranda del fecondo ingegno del
barone di Bruck, alimenta le più belle spe-
ranze della marina austriaca; mentre con
progresso di vera forza e proprietà spin-
ge il Lloyd a nuove imprese, al crescente
sviluppo di sua marina, la quale oltre a-
gP immensi benefìzi recati all' industria
privata, contribuì al progresso della ma-
rina militare, avendo i suoi ufficiati isti-
tuito una scuola di marina. Intanto l'Au-
stria non cessa dallo svolgere un'immen-
sa attivila, e dallo spendere enormi som-
me per assicurare i centri del suo com-
mercio marittimo e per avvalorare la sua
marina militare. I lavori intrapresi nel-
l'arsenale di Trieste e l'assicurazione del
vasto porto di Pula, sono opere memo-
rabili che manifestano l'Austria tutta pe-
netrala del gran pensiero delle transa-
zioni commerciali e della potenza marit-
tima. Alla fine del decorso anno la ma-
rina militare dell'Austria contava q3 na-
vigli da guerra armati di 762 cannoni,
tra* quali bastimenti vi erano 6 fregale,
5 corvette eio vapori; a questi devonsi
ora aggiungere i vapori, pure da guerra,
il Principe Eugenio, e le fregale ad elice
Adria e Danubio, ognuno con 3 1 canno-
ni e delia forza di 5oo cavalli, varati nel
corso del corrente anno. La costruzione
del vascello di linea Imperatore, proce-
de colla massima celerità; dicasi lo stesso
del fabbricalo dell'accademia di marina
in Fiume, e de' lavori di porto a Poh» ed
a Muggia. Tra la serie degli articoli pub-
blicati dall' Oesterreiehisclie Zeitung ,
soltb il titolo di Lloyd, lessi ultimamen-
te: che appena nella 3.' decina eh anni
del nostro secolo le potenze europee co-
minciarono ad immischiarsi negli all'ai i
della Turchia, Mehemet Ali agiva effica-
cemente in Egitto, e per ullimo seguiva
TRI TRI 23 ì
la proclamazione dell'indipendenza della sia estrema, la rete ferroviaria dell'Eu-
Grecia dalla Turchia, a Trieste fu dato ropa centrale raggiungerà uno stadio di
di fare un passo decisivo in avanti; nel progresso che non si seppe antivedere
sostituire cioè il grande principio di as- quando costruivansi le varie ferrovie. L'i-
notazione a quella vita indipendente di dea d'una rete ferroviaria dell'Europa
cui le altre città van debitrici alla loro centrale, e la sua importanza, fu prospet-
storia e allo sviluppo degli elementi della tata da Trieste. Venezia e Trieste, pel
loro posizione. Cominciò quindi il Lloyd taglio dell'Istmo di Suez, pel grandioso
qual punto centrico delle società marit- canale che congiungerà il Mediterraneo
lime di assicurazione. Esse erano anzitut- al mare Rosso, si ripromettono al loro
lo solile imprese per azioni ; però furo- commercio grande incremento. Quanto
no quelle che sopra ogni cosa promosse- al commercio degli Stati Uniti d' Ame-
rò lo sviluppo marittimo di Trieste. Lo rica del Nord co'porti austriaci dell' A-
slahilimenlo della società di navigazione driatico, e precipuamente con Trieste e
a vapore del Lloyd austriaco, è il gran- Venezia, se il commercio industriale del-
de sistema del Mediterraneo nella sua l'Austria gli darà d'anno in anno un im-
congiunzione coll'Europa centrale. Egli pulso maggiore, col soccorso della poten-
si è pel Mediterraneo quello che il siste- le forza del vapore,' si può congettura-»
ma di diramazione delle strade feriate si re, che le due piazze marittime diTrie-
è per l'Austria e per la Germania. Eser- sle e Venezia avranno da adempiere la
cita le funzioni medesime, ma sul mare, grata missione di porre l'America in di-
Egli ha vita da se; però il punto ove si retta comunicazione coll'oricnte. La pic-
unisce coll'Europa centrale, dove ferro- cola navigazione dell'antica Trieste pie-
vie e piroscafi si porgono fraternamente colo navale erigeva, e questo si era nel
la mano, onde stabilire un grande mo- sito che oggi ancora ha nome dello Sque
vimento economico dalle coste d'Asia e io vecchio, presso al mercato de' pesci.
d'Africa fino al Baltico ed al mare del Carlo VI dichiarata Trieste porlo-frauco,
Nord, era Trieste. Da allora in poi Ti ie» fondò un arsenale nel silo ora occupa-
ste non apparteneva piò alla storia com- lo dalla piazza del teatro e da questo, in
merciale del mare Adriatico, ma a quella esso si costruirono molti legni armali in
del mondo. La rete ferroviaria dell'Eu- guerra per le spedizioni d'Italia; ma cessa
ropa centrale descrive nel suo tulto un to il bisogno, cessò anche l'arsenale, di-
leggero arco dall'occidente d'Europa al- venendo il vecchio cautiere, riservato a'
l'oriente; piegasi poi, quasi rimbalzando navigli mercantili, vieppiù insufficiente,
da' Confini russi, verso il sud, e riunisce Nel i 789 Odorico Panfilli costruì loSque-
in Vienna punto centrale tutte le linee ro nuovo ossia il navale che ne porta il
della maggior metà settentrionale del- nome, e dal successore Antonio Panfilli
l'Europa, toltene le poche che da Parigi venne corredato di quanto alla migliore
conducono direttamente al sud, ed ha costruzione delle navi occorre. Divenne
per unico punto meridionale di partenza poi cantiere del Lloyd, insieme a quello
Trieste. 11 commercio terrestre d'Euro- di s. Marco, ampio navale cominciato a
pa, per conseguente ha di presente solo costruirsi nel 1840; ma da ultimo veneti -
due punti meridionali di partenza, Mar- do questo ceduto all'i, r. marina e quello
sigli. 1 e Trieste. Tosto che, mercè il cana- di Panfilli ricevendo altra destinazione,
ledi Suez (dicui e del tagliodelsuo Istmo il Lloyd fu costretto di costruire un pro-
parlerò a Turchia, comechè l'Egitto ap- prio arsenale, cantiere e dtydohh secon-
partiene al suo impero), l'Europa potrà do i crescenti bisogni della società. Pri-
comunicare direttamente coll'Indie e l'A- ma che Carlo VI dichiarasse Trieste por-
236 T R I
to-franco , il Mandracchio costruito nel
1620 con disegno dell'ingegnere Viuta-
na gradiscano, eia 1' unirò porto per le
barche minori : i grossi navigli quando
approdavano gettavano l'ancora nel por-
lo delle navi, in quel seno di mare che
l'ormasi fra la riva di Grumula e le rovi-
ne dell'antichissimo molo romano, sul
quale M.a Teresa costruì nel i j5 i il gran
molo Teresiano, e introdusse l'acqua nel-
la cillà; mentre prima del 1847 fu edifi-
cato il moloGiuseppino, ed in cui si fece-
ro lavori colla terra di Santorino.il ter-
reno fra il Mandracchio e la casa de'Po-
veri era maremma e salina, tagliata da
3 canali, l'uno del Vino che per la piaz-
za della Borsa giungeva a Riborgo; l'al-
tro Medio che arrivava alla chiesa odier-
na di s. Antonio,accog!iendo due torrenti;
il 3.° a un dipresso è il letto del torrente
maggiore; tutti e 3 accessibili a piccole
barche, e disposti pel servizio delle sali-
ne. Allorquando fu deliberato di fissare
la distribuzione della Città Nuova, pre-
valse il piano effettuato d'allargare il ca-
nale Medio rendendolo capace a maggio-
ri bastimenti, di deviare da questo i for-
renli versandoli nell'estremo canale che
breve si era; di conservare parte del ca-
nale del Vino pel piccolo barcolame; di
costruire il gran molo Teresiano, e di ga-
rantire i navigli con fari da presa, ope-
re tutte che l'immortale M." Teresa con-
dusse a termine. Ne' tempi precedenti al
suo regno, erasi parlato di fondar la nuo-
va città e il nuovo porto nella valle del
Broletto, ove fu costrutto il canale di s.
Marco, e felice si era il divisamento, ma
le menti non erano preparate a sì gran-
diosa impresa e preferironoaggiungerela
( nuova alla vecchia città. Avea Carlo VI
pel servizio delle guerre d'Italia costruiti
in Trieste, oltre de'legni minori, 3 mag-
giori armali con 20 cannoni, che diceva-
no navette, una delle quali chiamata s.
Carlo alimulatasi nel 1737, né potendosi
ricuperare, vi si costruì sopra il molo di
s. Carlo, che difende il porto dall'impe-
TR 1
tode'venli. Nel 1 8 1 2 per l'esplosione del-
la polvere saltala in aria la fregala fran-
cese Danae , con 200 vittime , al corpo
della nave affondata si assicurò un gavi-
tello, segnale pe' navigli chp vi passano
vicini. La lanterna sull'estrema punta del
molo Teresiano, fu alzata nel 1 834 ne'
sito ove sorgeva l'antica de'iomani. Nel
1841 si costruì il molo alla foce del tor-
rente maggiore, per difesa del porto con-
tro le torbide. Il porto di Trieste è vasto,
sicuro e frequentatissimo ; è per questo
porto appunto che si spedisce la maggior
parte delle mercanzie dell'impero desti-
nate a'paesi d'oltremare, ed introducesi
la più parte degli articoli stranieri: an-
che le esportazioni sono importantissime
principalmente in ferro ed acciaro greggi
e lavorali della Sliria edellaCarintia, pan-
ni di Moravia, grano e canapa d'Unghe-
ria, canapa d'Italia, lino, telerie e vetra-
mi di Boemia, argento vivo, seterie del
Friuli, cera di Polonia, tavole e legnami
d'abete, ec. ec. Il Giornale di Roma del
i856 nel gennaio fece conoscere il mo-
vimento d'introduzione nel porto di Trie-
ste della marina pontificia, e quello di e-
strazione, durante l'annoi 855. Il lazza-
retto Vecchio è il più antico stabilimento
del porto-franco, l'opera di Carlo VI e-
retta sopra un fondamento di saline di-
messe, ch'era già delle monache di s. Ci-
priano. Ha la forma d'un pentagono, con
feritoie e vedette pe'soldati, perchè quan-
do era destinatoal trattamento della pe-
ste, continue guardie si tenevano alla sua
custodia. Nell'interno eran vi magazzini
suffìcieuti per lo spurgo, e casa pe'passag-
gcri,non che alloggi pegli ufficiali sanita-
ri. Divenuto inutile a'tempi del governo
francese, per la cessazione de't raffici, de-
rivata dal blocco continentale che lem-
poraueamente ecclissò la crescente flori-
dezza di Trieste, parte de! lazzaretto fu
destinato a quartiere di sqldati, parte ail
uso di depositi perla marina di guerra,
parie per reclusorio di donne di mal af-
fare. Restituita Trieste all'antico sovra-
TRI
no nel 1 8 r4> fu il lazzaretto restituito ad
uso delle contumacie minori, e la parte
già tenuta dal militare, destinata a quar-
tieri e ad arsenale per l'artiglieria. Le pesti
assai frequenti nel medio evo,non cessaro-
no di devastar l'Italia e le regioni circon-
vicine, anche in tempi più vicini, ad epo-
che quasi periodiche.Dali4-00 in poi ben
1 2 volte,compresa la pestilenza del enote-
ra asiatico, il morbo afflisse Trieste, cioè
nel 1 44g, ' 466, 1477,1 479, 1 497» 1 5 1 1 ,
i543, i553, 1 555, 1600, e per l'ultima
volta nel 1601, nella quale de' 12 cano-
nici, io perirono vittime generose della
cura dell'anime, onde furono invitati in
Trieste per le sagre funzioni i canoni-
ci di Capo d'Istria. A frenare il morbo
che per le vie di mare veniva il più. fre-
quentemente introdotto, furono nel se-
colo XVI attivate le discipline sanitarie
venete, con soggezione a que'magistrati,
discipline che consistevano nel respinge-
re onninamente gli appestati, e nel sot-
toporre ad esperimento quelli che n'era-
no sospetti, e che per lo vietato contat-
to della città, si dicevano di contumacia.
Carlo VI affrancò Trieste da questa sog-
gezione ad estero magistrato,ed eresse nel
1 720 il descritto lazzaretto Vecchio, non
solo a contumacia, ma al trattamento del-
la peste medesima. Venuto questo insuf-
ficiente per l'aumentata navigazione,Ma-
ria Teresa nel 1769 costruì il lazzaretto
di s. Teresa più ampio con porto chiuso,
e separalo da ogni contatto, che porlo
sporco si disse; avvenimento che fu straor-
dinariamente festeggiato a'3 1 luglio con
medaglie coniate, con regala, con cucca-
gna, con gettito di vino dalle pubbliche
fmtane.FmchèTrieste fu unico porto del-
l' Austria, il lazzaretto non era soltanto
di osservazione; ma dacché Venezia eTrie-
ste allo stesso scettro ubbidiscono, il trat-
tamento della peste è devoluto a' lazza-
retti veneti, quelli di Trieste sono di con-
tumacia,e bastimenti iufelti non vengo-
no accettali. I due lazzaretti sono situati
in parte opposta tra loro, giacendo la ci t-
T R I 237
là nel centro di essi. Ne' tempi addietro
il passeggio per le carrozze era il gran mo-
lo Teresiano,e pe'pedoni il molodis. Car-
lo, e fornito quest'ultimo di botteghe da
carte e da rinfreschi; la via al lazzaretto
di s. Teresa o IMuovoera il passeggio gra-
dilo e frequentatissimo nella stagione in-
vernale; la strada di s. Andrea era stra-
da rurale, e sul vallo che copriva la con-
dot tura d'acqua, era tollerato l'accesso a
chi lo chiedeva, ed al quale si aprivano
i cancelli che il serravauo. Verso il » 8 1 2
private persone piantarono a loro spese
il viale dell'Acquedotto, la municipalità,
nllargò la via di s. Andrea e l'ornò d'al-
beri. Più tardi il passeggio dell' Acque-
dotto si continuò a spese pubbliche (ino
al Farneto foresta erariale, quello di s.
Andrea fino a Servola, e quello del Laz-
zaretto restò deserto. Nel 1 843 il passeg-
gio di s. Andrea venne unito alla città per
viale di nuova piantagione. Il bosco Far-
neto era da tempi più remoti piacevole
luogo di passeggiate estive, e nel 18 17 a
cura del negoziante Czeicke venne traver-
sato da vie facili che mettono alla som-
mila del monte, ove si tiene l'esercizio di
bersaglio: l'accesso colle carrozze è per U
valle di s. Giovanni. L'imperatore Fer-
dinando I recandosi coll'imperatrice Ma-
rianna nel settembre 1 844 a Trieste, do-
nò Farneto al comune, a condizione che
in perpetuo rimanesse aperto ad uso del
pubblico e ridotto a diporto, ed inoltre
decretò il compimento del porto. Priori
ancora che Trieste, per Carlo VI, II.' Te-
resa e Francesco I, s'alzasse ad emporio
degli stati austriaci, le ville di delizia non
erano sconosciute né infrequenti, ed una
ancor ne rimane che fu già degli Argento
verso il lazzaretto nuovo, più tardi dal
proprietarioTrapp rinnovata e abbellita,
dicendosi il sito per la sua amenità Gel-
vedere. Alla fine del secolo passato e sul
principio del presente bella mostra di se
facevano le ville Cassis a'ss. Martiri, Bri-
gido al Montbijou, Porcia alle Campa-
nelle, Sartorio in s. M. ' Maddalena, Lei-
a38 T R 1
lis ai Farnelo,Rossctli in Chiadino, e ai-
Ire molle, ch'ebbero fama per natura e
atle. In ogni tempo amarono i triestini
di vivere alla campagna ne'mcsi di estate
pel soverchiocaloredella città, e per gl'in-
nocenti piaceli della natura. Nel secolo
presente numerose villette sorsero nc'din-
torni, fra le quali la villa Zanchi al laz-
zaretto nuovo, la villa giàTrapp, la Fon-
tana, la Bidischini, la Schwachhofer, 1 Q-
slerreiclier, la Mondolfo, la Rossetti, la
Schlàpfer, la Ponti, la Bei nardelli, la Sar-
torio, la Brigido, la Giannichesi, la Ro-
smini, la Bazzoni, la Parente, la Gossletli,
la villa Murai, ec. Ed è pur meraviglia
che in terreno si angusto sorgessero villo
ricche di serre e di piante, perchè il cli-
ma lo concede a grandi fatiche e l'arte
è nuova,i precelli e l'esperienza d* altri
luoghi non sempre giovano a terreno di
poca profondità, arido per natura, mag
gioì mente inaridito da sole cocente, da
borea o vento di tramontana imperver-
sante e fatale, oltre la scarsezza dell'ac-
qua. Pure non gli olivi soltanto e i cipressi
e gli allori vegetano, ma i carrubi anco-
ra, né fallirono gli esperimenti falli co-
gli agrumi e le camelie. A una lega e mez-
za da Trieste è la scuderia di Lipizza o
i. r. razza di cavalli, fondata pel servizio
di corte neh58o dall'arciduca Carlo di
Sliria sovrano di Trieste, allorché dal ve-
scovo ne comprò il predio , rinnovando
quelle che l'antichità più remota celebra-
va in queste regioni. La scuderia è bene
della corona, e dipende dal gran scudie-
re dell'imperatore. L'aridità del terreno
sassoso, né l'imperversare di borea impe-
dirono che vi crescesse bosco rigoglioso.
L'altipiano montuoso denominato il Car-
so che sovrasta a Trieste, è tutto di pie-
tra calcare attraversala da ampie caver-
ne, le quali fra di loro per canali di va-
rie grandezze corrispondono , seguendo
certe direzioni da natura prefìsse, caver-
ne che frequentissime alla superficie del
terreno hanno comiuciamenlo. Malage-
vole sarebbe il dire se queste interna cou-
T R I
figurazione sia opera di deflagrazione o
dell'acque; certo si è che la superfìcie e-
slcrna presenta spesso avvallamenti non -
dissimili da crateri spenti, i quali lutti fan-
no capo a cunicoli, oraperti or ingombra-
ti; siccome pure è eerto che le colline a-
renarie, in conlatto colle calcari, siffatte
cavernosità hanno mai, e che né il car-
bon fossile, né il bitume è al Carso stra-
niero. A certa profondità che all'alture
di Trieste é per qualche tesa viennese su-
periore al livello del mare, più a ponente
sotto il livello, gli strati sono impermea-
bili alle acque. Queste filtrando perla su-
perficie esterna si raccolgono in filoni, o
di già raccolte sul terreno arenario in for-
ma di torrente e di fiume per qualche a
perla cavità s' inabissano e scendono al
mare senza venir poste dall'uomo a pio-
fìtto. Moltissime sono le caverne sul Car-
so, anche nella prossimità di Trieste, o
quella di Coridale ha meritamente fama
per la non diHìcile discesa, per la gran-
diosità delle volte, per gli stillicidi impie-
triti, pel colore de'massi; illuminata fi un
bellissimo e magico effetto. In s. Cianciai
no il Timavo superiore che scende dallo
Schneeberg per la vallata di Prein, dopo
lungo corso entra in una caverna, rivetto
per breve tratto la luce preci pi landò da
masso in masso, s'inanimi novellamente
per ricomparirea s. Giovanni diT uba o di
Duino, a formarvi porto sicuro e facile,
E questo il fiume celebratissimo dell'an-
tichità , meraviglioso agli antichi che le
sorgenti de' fiumi tennero in particolar
culto. Il Timavo superiore, meno nolo,
non va del tutto oscuro, perchè il con-
fine segnava dell' aulica Giapidia , e ad
Augusto s' innalzò statua appunto dove
sparisce. Altra caverna no' tempi addie-
tro frequentatissima, si è quella di s. Ser-
volo sotto il castello omonimo che siedo
a cavaliero della valle di Zaule, celebrato
pel culto di quel santo protettore di Trie-
ste, che vi condusse vita eremitica. Né que-
ste sono le uniche prossime a Trieste, per-
chè memorare si potrebbe quella di O-
T II I
spo, la tli cui apertura, chiusa da mura
armate di spingarde e di cannoni, servi-
va a difesa della villa entro la grotta già
costrutta; ma quella di Adelsberg,in tem-
pi recenti riaperta, fece dimenticar le al-
tre, che a lei si proclamano per vastità,
per bellezza, per facilità di accesso inferio-
ri. Quantunque il territorio di Trieste sia
piccolo e sassoso, nondimeno amenissimi
ne sono i dintorni, ed i suoi prodotti so-
no abbondantissimi e squisiti. La raccolta
del frumento e del formentone è copiosa,
il latte e i frutti sono in poca quantità,
ma in abbondanza provengono dagli stati
vicini, Il vino che produce il territorio di
Trieste si distingue di molto da quello de-
gli altri luoghi d'Italia, per essere le vi-
gne piatitale nelle colline e nelle monta-
gne, ottimi souoi vini bianchi, famoso es-
sendo lino dall'antichità il vino Prosec-
co. La popolazione di Trieste che nel i jo5
era di 5ooo abitanti, crebbe di mano iu
mano che andò prosperando per l'esten-
sione del suo commercio è di'sua indu-
sli ha, per cui nel i 785 salì a « 7,600; indi
nel 1 79 1 , a 24,5oo; nel 1 80 1 , a 3 1 ,5oo;
nel 1 835, a 50,200; nel 1 844> a 60,000,
cioè cattolici 56, 000, greci orientali 1000,
serbici o serviaui 34o, protestanti i36,
calvinisti 255, anglicani 2 18, ebrei 2800.
Nel detto i844 'a campagna era abitata
da 2 1 ,000 contadini tulli cattolici, ripar-
titi ini 2 ville e in 11 contrade. Leggo a
p. 620 del Giornale di Roma deli 856,
che l'inclito civico magistrato pubblicò
nel giugno il risultalo dell'anagrafi della
città di Trieste nel medesimo anno. Si de-
sume da quel prospetto che la popolazio-
ne della cillàjCompreso il territorio,ascen-
de a Cj6,253 anime, cioè 5g,585 in città,
e 38,668 nel territorio. Secondo le re-
ligioni si contano di cattolici 89,7 1 8, de*
quali 53,623 in città, e 36,095 nel ter-
ritorio; gli acattolici sono 2534, gli ebrei
4oo 1 incomplesso. Secondo le nazionalità,
si contano in ciltà e nel territorio 57,i3o
triestini, 35,710 austriaci, 3,4 1 3 esteri ;
secondo il sesso, vi sono 47*802 maschi,
TRI a39
e 48,63 1 femmine. Molti triestini illustri
tlorirono a decoro della patria, anche in
santità di vita, oltre i ricordati martiri e
patroni s. Giusto, s. Servolo, s. Eufemia
e s. Tecla vergini, martiri e protettrici
anch'esse della patria, diverse da quelle
sante di tal nome, delle quali col Buller
e con altri feci le brevi biografìe. Le di-
verse feste di questi santi e sante triesti-
ne sono notale nel Directoriuni Sua-
ctae Cathedralis Ecclesiae Tergestinae
et Concathedralis Justinopolitaiute, in-
sieme a quelli di Capo d' Istria. Trieste
si vanta del titolo di Fedelissima. L'au-
lica strada d'Opchiena,aperta nel 17780
che da Trieste innalzasi ai 000 piedi per
poi bipartirsi alla Germania e all'Italia,
fu neh83o abbandonata, aprendosi una
nuova quanto comoda e magnifica, altret-
tanto pittoresca.
Le più antiche popolazioni , che len-
nerogli ullimiscoscendimenli i quali dal-
l'Alpi Giulie calano all'estremo seno del-
l'Adriatico, furono galliche ossiauo celti
che, e propriamente tribù di quel popolo
ch'ebbe nome di Carni. Questi montana-
ri e dediti a vivere vago , non amarono
radunarsi in ciltà, ma preferirono di abi-
tale dispersi alla campagna, né delle cose
di mare si occuparono, comunque gran-
dissimo incitamento avessero ue'tanti se-
ni e porti. De'fasli ili questi popoli tace
la storia, uè monumenti avanzarono del
loro grado di civiltà. In epoca remota ,
ita popolo trace caccialo da Dario Isila-
spe, verso l'anno 5o2 avanti G. C. si al-
lontanò dalle foci del Danubio e dell'I
stro, ove teneva stanza, e rimontando la
Sava e la Lubiana, passò le Alpi, scese al
mare togliendo a'celti aborigeni la costa
di lina penisola dalTimavo all'Arsa, che
Istria fu detta, rinnovando il nome del-
l'antica patria, la qualeegualmente era
una penisola. Semino da Chio , il quale
d'ordine di Dario Isdaspe scrisse il noto
Periplo, 5oo anni avanti l'era corrente
(i biografi lo dicono autore della Ferie-
gesis o Descrizione del mondo j che vi-
a4o TRI
vea 80 anni avutiti G. C. , e che dedicò
tale opera in versi giambici a INicoine-
tle il re di Ottima, la quale presenta in
diversi luoghi della conformità col citato
I V ri pio, di cui però fu autore Scilace geo-
grafo fiorito a tempo di Dario, a cui de-
dicò la relazione de'suoi viaggi. Dunque
iiutore del Periplo fu Scilace il Vecchio
ili Cariando città della Caria, e non Sci-
inno di Ch'io), avea trovalo gl'istriani già
trasferiti a queste spiagge, e gli avea rico-
nosciuti traci. A questi, che di grecanica
lingua e nazione erano, deve Trieste la
sua fondazione, ed il nome nella desinen-
za este significante città, nascoude nella
1/ sillaba l'epiteto che i Traci diedero
al novello loro stabilimento. Altri prete-
sero che Tergeste trasse il nome da tre
ruscelli le cui acque ivi gettavansi in ma-
re. Scrive lTJghelli, Italia sacra t. 5, p.
5 j/\, Terge* li ni Episcopi: Tergestum ro-
nianoriim Colonia (vulgo Trieste) lilo-
ralis est Islriae cù'ilas, sex a Formio-
nis ostioy triginta tria ab Aquile] a sta-
dia dislans, silaque est adSupcrum ma-
re in ipso sinus dejlexu, cui a Tergeste
Tergeslini fecere cognomen. Illuni pu~
la ni nonnuli Triestium posleafuisse ap-
pellatala, cpiod ter a sedibus suis con-
vulsa, terlio miserabili excidio sii Mul-
eta ta. Illius meminit Caesar in Com-
meiitariis. Non tutta la penisola gl'islria-
ni traci occuparono, bensì la spiaggia in-
tera, quanta è sul seno triestino, ed i porti
dell'Istria media e inferiore, costituendo-
si in comunità, come gl'istituti loro pa-
trii portavano; restato il rimanente in po-
tere degli antichi, ristretti alle montagne
ed a pochi porti di mare. Questi istriani
furono arditi navigatorie predoni dell' A-
drialico, conservatori di tradizioni prese
a dileggio. Imperocché aveano gl'istria-
ni colie patrie istituzioni trasportato pu-
le su queste spiaggie le tradizioni del Pon-
to Eusino , e lunga memoria serbarono
del viaggio degli Argonauti, della con-
quista del vello d'oro, di Giasone, di Me-
dea, di Castore, di Polluce, del gran (iu-
T R I
me Istro,che la loro aulica patria traver-
sava. O perchè queste tradizioni collo
scorrere degli anni tralignassero, ó per-
che i romani sopravvenuti male le com-
prendessero e peggio le ripetessero, fu cre-
duto che di questa seconda Istria, della
novella dimora de'traci, fossero proprie,
traiti in erroredal culloche a Diomede in
prossimità alTunavo prestavasi anche a'
tempi romani; e perciò, mescolando que-
ste tradizioni con quelle del viaggio de'
traci istriani, si folleggiò supponendo un
fiume Islro sparilo, una comunicazione
dell'Adriatico col Danubio pervia di ac-
qua, la discesa a Trieste degli Argonauti
colla nave sulle spalle, la persecuzione di
Medea, l'uccisione di Ahsirto convertito
nell'isole de'Brioni, la fondazione di Pula
per opera de' colchi. S'ignora se a que-.ta
sola penisola fossero ristrette le immigra-
zioni degl'istriani puntici, o quali allean-
ze e conlatti avessero cogli altri greci af-
fini loro, che le spiaggie dell'Adriatico a «
veano colonizzato, o co'loro fratelli del-
l'Eusino. La mancanza di monumenti an-
teriori all'epoca romana, e la mala fede
in che erano, fa concludere che infima
fosse la loro ci vi! là; poiché di essisi fi men-
zione nelle storie romane verso 1' anno
3oi avanti G.C. come di pirati, e per fa-
zioni piratiche vennero in contatto co'ro-
mani nel 22 1 avanti G. C. e n' ebbero
punizione. I romani, fitta la pace con Car-
tagine e con Filippo re di Macedonia, con-
quistala o ricevuta in dedizione tutta l'I-
talia, il ragliamento segnò il Gonfine del*
la repubblica romana, (pi, indo nel 181
avanti G.C. fu mandala ad elicilo la fon-
dazione d'Aquileia, 3 anni innanzi decre-
tata, su terreno chea'galli venne conte-
so. Aquileia non solo esser dovea il ba-
luardo d'Italia contro gli alpigiani e le na-
zioni olir 'alpe, ma porto nell'Adriatico e
presidio di questi seni superiori , che la
Venezia era pili alleata che suddita; A-
quileia dunquedovea essere stabilimento
del lutto romano, ed il principio del do«
minio della repubblica romana sull'Istria
TR I
si assegna al 180 avanti G. C. Gl'istriani
die fino al Timavo giungevano, conob-
bero <|ual destino loro sovrastasse, e per-
ciò con improvvido consiglio risolsero
d'impedire colle armi la fondazione della
novella colonia. Radunalo un esercito ,
gì' istriani ebbero a duce il regolo Epulo,
e collegato ad essi fu pure un esercito di
Celti guidati dal regolo Carmelo, alleati
però non fidi; indi cominciando a scor-
rere il mare. 1 romani con diìe legioni e
il console Manlio slavano in Aquileia, e
aveauo una flottiglia. Il console attaccò
gl'istriani per mare e per terra, ma essi
non volendo arrischiare giornata campa-
le contro le disciplinate e valorose legio-
ni, preferirono un colpo di mano con na-
scondersi nelle montagne; e mentre il con-
sole enti ò nelle loro terre, si accampò nel-
la valle presso Breslovizza, e fece entrar
nel porto di Sesliana la flottiglia, per se-
condare le operazioni di terra, gl'istriani
profittando che i romani erausi sperduti
in faccende, piombarono nel campo e tut-
to lo saccheggiarono, senza che i celti ne
prendessero parte. Ma rannodatisi i ro-
mani, ardendo di sdegno e vendetta, as-
salirono vigorosamente gl'istriani, ne uc-
cisero 8000, gli altri dispersero, e il reE-
pulo costrinsero a precipitosa fuga. An-
che i celti furono battuti, ed i romani ri-
preso il campo, colla vittoria cancellaro-
no il precedente disastro ; non pertanto
essendo fallita l'invasione, Manlio tornò
ad Aipnleia alle stazioni d'inverno. Giun-
ta già in Roma la notizia esagerata della
rotta, vi destò grande spavento, per cui
fu ordinato un esercito di soccorso, il con-
sole M. Giunio dalla Liguria venne man-
dato in A<|uileia, e il console Manlio ac-
cusato da'ti 'illuni della plebe. Chiarite le
cose, fu decretala la guerra dal popolo
romano contro gl'istriani, e commessa la
cura al console Claudio Pulcino, che nel-
la primavera del 1 78 avanti G. C. la con-
dusse a fine. Rotti più volte gì' istriani,
furono stretti in Nesazio, e si uccisero sul-
le fiamme della città. Questa, Mutila e
T R I a4£
Faveria furono distrutte; gli autori della
guerra percossi di verghe e di scure; 5 6 2 2
istriani fatti schiavi e venduti; a migliaia
gli uccisi; il re Epulo con morte violen-
ta si tolse al trionfo; la preda, maggiore
della speranza perchè povero il paese, da-
ta a'soldati; la provincia intera venne in
pieno dominio del vincitore, e al console
fu accordato il trionfo. La quale guerra se
è memorabile per l'ostinato proponimen-
to del console Manlio di volerla esso so-
lo condurre a termine, anche (piando al
console Pulcino restò allidala, è memora-
bile eziandio per l'amor patrio degl'istria-
ni, che in Nesazio, ultimo loro rifugio, i
figli, le donne e se stessi uccisero, anzi-
ché darsi prigioni o vinti, lasciando ar-
gomento di vendetta e di odio al nome
romano a' superstiti istriani. Domala la
provincia, fu Trieste uno di que'lerrito-
rii che il vincitore tolse al vinto, e dura
ancora la fama che i triestini, valorosi nel-
la giornata di Sestiana,disertassero la cit-
tà, e ricoverassero a Emona Saviana e ol-
tre monti. E a credersi che popolata Trie-
ste da'romaui, venisse tosto creata colo-
nia non di fallo soltanto, ma di diritto, e
destinata a contenere quale militare an-
temurale altra popolazione avversa a'ro-
mani.collecui terre confinava la repuhbli-
ca, gì' irrequieti giapiti che abitavano al
di là del prossimo Timavo superiore, i
quali ebbero celebrità per le gesta d'Au-
gusto, che li domò in seguito compiuta-
mente. Forse fu fatta colonia per conte-
nere gl'istriani medesimi. Fin d'a!lora,se
non voglia preferirsi l'epoca della guer-
ra Giopidica del 128 avanti G. C, ebbe
verosimilmente gli ordinamenti di civile
reggimento, che per secoli conservò, cioè
governo di se medesima mediante sena-
to di 100 decurioni, scelti fra' principa-
li possidenti, con due magistrati alla te-
sta chiamati duumviri, i quali esei citava-
no ogni pubblico potere; oltre i censori
preposti alla cura de'pubblici costumi, gli
edili pel buon governo degli edilizi e del-
l'annona, e gli ordini sacerdotali di pon-
2 fa T R I
U'fici e tli auguri. Fra la conquista e l'im-
pero non si conoscono gli a v veni nienti ilei
la regione, solo importante per la custo-
dia de'confìni, segregata alfattodalle pro-
vincie cisdanubiane; bensì è noto che col
suo assoggettamento a Roma crebbe la
materiale prosperila. Quindi Trieste vie-
ne ricordata da Giulio Cesare, allorquan-
do nel 702 di Roma o 5 1 anni avanti G.
C, narra la repentina depredazione e sac
chcggìo patiti da'coloni triestini sorpresi
da' giapidi; depredazione rinnovata nel
7 1 8, e siccome sempre infesti, nel 33 a-
vanti G.C. vennero totalmente soggioga-
li da Augusto, per di cui opera due anni
(lupo si rialzarono le mura e le torri di
Trieste, e questa fu da lui pure restau-
rata negli edilìzi. A tali beneficenze, Au-
gusto aggiunse l'assoggettamento de'car-
ni calali al comune di Trieste, 28 anni
avanti G. C. 1 calali erano non ignobile
popola/ione celtica tributaria a Roma,
confinante col territorio di Trieste, nella
vallata ora di Pieni; popolazione cui eia-
si tolta la propria amministrazione, per
affidarla a'procuratori, sotto l'intendenza
del proconsole, Augusto die questi cala-
li in governo al comune di Trieste, il ([ita-
le mediati te i propri magistrali esercita-
va il potere e percepiva le imposte; uè
forse fu questa la sola commuta di alpi-
giani affittata pel governo alla colonia di
Trieste, la quale nel confine giapitlico al-
zò una statua ad Augusto. Come Aqui-
leia saliva in ricchezze e commerci sotto
gl'imperatori, così crebbe Trieste, la (pia-
le a' traffici di maree di terra prendeva
non mediocre parte. Mollila di porto ar-
tificiale e sicurissimo, sulla grande via che
da Aquileia metteva nella Dalmazia, di
facile e sicuro approdo per chi da Italia
nella Pannouia e nella Dacia recavasi, eb-
be i tempi migliori imperando Tiberio,
Nerone, Traiano, Adriano egli Antonini,
dopo che i pannoui e i borici aggregali
all'impero romano, a questo ubbidirono
tulle le proviucie dall'Adriatico al Danu-
bio, l'ero Trieste allora solo salì a con-
TRI
dizionedicittà provinciale,poichè la pros-
simità d' Aquileia le interdiva di alzarsi
a migliori destini. P. Palpellio ammira-
glio della flotta ravennate, nell'anno 5G
di nostra era, a'tempi di Nerone restau-
rò il Campidoglio e il suo magnifico tem-
pio nell'acropoli; ed un triestino a'tempi
di Nerva costruì o rinnovò il teatro. Be-
nefìzio maggiore ottenne dall'imperato-
re Antonino Pio, per opera di Fabio Se-
vero senatore di Roma e nativo di Trie-
ste, alle premure del quale i calali sogget-
ti al comune vi furono incorporati e fit-
ti capaci di esercitar le cariche municipa-
li; il che riuscì d'alleviamento agli anti-
chi decurioni, d'utile all'erario per telas-
se aumentale, e di vantaggio all' intera
città per gli accresciuti cittadini possiden-
ti. Sorgeva allora Trieste sul declivio del
colle Tiber, ov' è in oggi la Città Vec-
chia, e giravano le mura pressoché un mi-
glio; il Campidoglio erale a cavaliero coi
templi ed edilizi pubblici, colle statue de-
gl'imperatori e d'illustri persone. A pie
del Campidoglio eravi il foro maggiore,
sul pendio verso levante il teatro; alla
spiaggia piccolo porlo per barche minori,
e fuori delle mura era la città mercantile,
nel sito ora denominato la Madonna del
Mare e s. Michele, e toccava la necropoli
diesi disse poi de'ss. Martiri, Il Campo
Marzo era in riva al porlo maggiore, che
chiudevasi col molo oggi dello s. Teresa,
e con altro distrutto che staccavasi dulia
piazza Giuseppe II ad incontrarlo; alto
l'anale additava il porto a'naviganli, lun-
go acquedotto provvedendo d'acqua a do-
vizia la città. Triplice borgata stendeva-
si sulla via d' Aquileia verso Contovelo,
sulla via di Emonia verso il monte Spac-
cato, e sulla via di Liburnia verso Mon-
tebello, dal che la località conserva an-
cor il nome di Triborgo o volgarmente
Riborgo. Altra borgata e la più nobile fra
tutte, stendevasi sulla strada di Parenzo,
verso s. Giacomo. Riservala a'cittadini li-
beri e possidenti la città murala, i borghi
trano per gli affrancati e per gli arligiu»
T R I
ni, ed in t u Iti vuoisi che sommassero a
i 2,ooo.I cittadini di Trieste erano ascrit-
ti alla tribù Pupinia,e militavano più fife*
qnentemente nella legione xv Apollinare
e anco nella flotta, Ampio avea il terri-
torio proprio, ingrandito coll'incorpora-
zioni de' carni calali e di altre popola-
zioni, per cui calcolato il i,° a 1 5o miglia
e quello de'secondi 56o, sommava a 710
miglia romane quadrate o sia 28 leghe
tedesche. Era presidiato da opere di for-
tificazione, e traversalo da vie che riferi-
vano alla città. Lungo vallo a torri sepa-
rava il territorio di Trieste dalla Giani-
dia, opera de'tempi della repubblica non
ancora distrutta. La condizione prospera
di Trieste colla storia dell'istituzioni mu-
uicipa|i,e eoo quella delle piovinciecisda-
nubiane si collega; per il che ila Traiano
ad Adriano, fra il 98 e il 1 17 ili nostra
era, devesi segnare il massimo punto di
culminazione, l'infimo a'tempi di Costan-
tino 1 intorno al 3oG, salire e decresce-
re esaltamento ravvisabile ne'monumeu-
li dell'arte. I correttori che pergl'impera.
lori governarono la provincia dell'Istria,
cominciano da Isleio Tertullo del 292.
Restituiti da Giuliano \' Apostata versoli
36 1 e più da Teodosio 1 nei 379 i mu-
nicipii, allorché verso la metà del V se-
colo nel 44^i cadde Aquileia per la fero-
cia di Attila re degli unni, Trieste non
molto soffrì, perchè posta fuori della via
per la quale i barbari scendevano in Ita-
lia, e perchè Ravenna tenevasi ancora o-
pulente, fatta residenza degl'imperatori
d'occidente, come poi lo rimase de' re d'I-
talia. Ravenna bisognosa di navilio e di
commerci, quali a grande città si addico-
no, all'Istria dovea ricorrere pe'generi di
prima necessità, olio, vino e grani, e pro-
ve si hanno che gì' istriani (radicassero
persino sulle coste dell' Africa. Passata
Trieste nel 476, collo scioglimento del-
l'impero d'occidente, in dominio d'Odoa-
cre re degli eruli, e nel493 in quello del
goto Teodorico re d'Italia come il pre-
cedente, Belisario d'ordine di Giustiniano
TRI 2 i ;;
I imperatore d'oriente, nel 539 la lol>e
a'goli, onde gl'imperatori grei:i fecero tor-
nare i correttori a governar» l'Istria, ve-
ci j
bendo Trieste visitata nel 5^2 da darse-
le, che finì di cacciare i goti dall'Italia. A
sua istigazione calali nel 568 i longobar-
di in Italia, vi cominciarono il loro regno;
ma Trieste coil'lstria rimase all'imperò
greco, il quale per governare la parie d'I-
talia eh' eragli rimasta, creò un Esarca
con residenza in Ravenna , chiamandosi
Esarcato le provincie di sua giurisdizio-
ne; indi i longobardi uniti agli avari ed a-
gli slavi devastarono l'Istria. Trieste restò
per 184 an"' "ella dominazione greca, in
condizione se non di prosperi(à,certamen-
le non di deiezione. Astolfo re de'longo-
bardi, sempre inteso a dilatar* il suo re-
gno, mosse guerra a'greci e tolse loro nel
7^1 Trieste e l'Istria, e tranhealcune cit-
tà marittime, nel 7.52 conquistò Ravenna
e pose in certo modo (ine all'Esarcato dei
greci. L'Istria venne da'longobardi eret-
ta in ducalo, del quale si vuole avessero
il governo Desiderio e Adelchi che furo-
no poi gli ultimi re longobardi. Sebbene
per buona sorle i longobardi conquistas-
sero Ti iesle in tempi ne'quali aveauo già
di molto dimesso la loro rozzezza, pure
non di prosperità furono i tempi di que-
sta dominazione, uè di quella che vi suc-
cedette. Astolfo oltre di avere occupato
quasi tulio l'Esarcato di Rai-cuna (/''.),
ch'erasi posto sotto la prolezione della s.
Sede, perchè i greci trascuravano di di-
fenderlo, usurpò vari domini i della mede-
sima e minacciò di estendere le stradi al-
la stessa Roma. Laonde Papa Stefano 1 1 F,
invocato il soccorso poderoso di Pipino re
di Francia, questi costrinse Astolfo a la-
sciare I' Esarcato, e lo donò a s. Pietro,
che già per dedizione de' popoli vi gv«a
signoria, e fino dal V secolo vi possede-
va diversi Patrimonii della s. Sedei V.Y
fra'quali eranvi quelli di Ravenna, Istria,
Liguria (F.), ec. e persino nella Dalma-
zia e neW Micia (K). Astolfo non adem-
pì interamente il giuralo, ed il successo-
244 TRI
re Desiderio fece peggio di lui, per cui co-
strinse Papa Adriano I a ricorrere all'a-
iuto di Carlo Magno re de' franchi, il qua-
le calato in Italia e vinto Desiderio, nel
773 die termine al regno de'longobardi
in Italia, poiché Adelchi appena regnò in
parte di essa. Carlo Magno restituì alla
Sovranità della s. Sede (P.) l'usurpa-
to da Desiderio, e con altre donazioni am-
pliòil principato temporale de'Papi,e con
l'Esarcato pare die vi comprendesse pure
Y Istria. Nondimeno in questa vi dominò
Adelchi dal j5q in poi come duca, e dal
773 sino al 775 qnal re, nel quale anno
ricuperò l'Istria e Trieste all'impero gre-
co l'imperatore Leone IV, e sotto il di lui
successore Costantino V, l'una e l'altra
gli tolse Carlo Magno nel 789, che eret-
ta in ducato l'Istria nel 799 la conferì a
Enrico duca, col quale comincia la serie
de'duchi e marchesi d'Istria, dipendenti
dagl'imperatori d'occidente e da're d'Ita-
lia, dopoché s. Leone III in Carlo Magno
ripristinò l'impero occidentale. Diventi-
la Trieste e l'Istria suddita di Carlo Ma-
gno, questi l'unì al regno d'Italia, cam-
biò la forma d' amministrazione, e nel-
l'8o5a preghiere degl'istriani ridonò al-
la provincia l'antica forma di reggimen-
to municipale. Nel diploma d' Ottone I
imperatore, conferma torio delle donazio-
ni fatte alla Chiesa romana daPipino, Car-
lo Magno, Lodovico I e altri suoi prede-
cessori, riportato anco dal Cohellio, No-
titia,\ì.\io, si legge: Nec non Exarcha-
tuni Ravennatcn...atque Provincia Ve
jietiarum, et Istria. Al citato articolo
riportai come il Borgia spiega l'asserzio-
ne che l'Esarcato confinava colf Istria.
Frattanto gli ordinamenti feudali, predi-
sposti da'longobardi, a Trieste prepara-
vano totale cambiamento nella sua con-
dizione, cambiamento che tanto più era
l (Minilo e malgradito, in quantochè le pro-
vi noie et «da nubiane a veano dismesso ogni
traffico coli' Adriatico, Aquileia era scoiti-
pana, Ravenna avea perduto la sua im-
portanza, Venezia appena sorgeva ed al
TR I
dominio del mareagognava. Trieste rien-
trava nella condizione di città agricola
soltanto, e per di più gran parte di ter-
ritorio era perduta per commovimenti di
guerra o per richiamo di liberalità de-
gl'imperatori. Fiaccatoli vigore di comu-
ne governo, l'autorità reale o imperiale
era ridotta a nome, perchè il diritto di
guerra fu fatto comune a'dinasti e mu-
nicipii; cosicché il provvedere alla pro-
pria sicurezza, alla propria salute diven-
ne necessità anziché privilegio. Richiama-
tisi gl'istriani, e Trieste fra questi, delle
novelle istituzioni, l'imperatore Lodovi-
co I il. Pio confermò l'antico sistema, e
Trieste abbandonata a se medesima ,
provvide modestamente come megliosep-
pe e potè, con molto valore bensì e saga-
cità, e con prospero evento. Nel tempo
che corse dalle vittorie di Carlo Magno
alla metà del secolo XII, Trieste dell'an-
tica condizione altro non potè conserva-
re che l'antica forma di reggimento; ces-
sate le relazioni co'paesi fra terra, le prin-
cipali famiglie aveano in tempi ancor più
lontani abbandonato l'antica patria, e a-
veano preso stanza in Venezia, fra le qua-
li gli Albani,! Barbarigo, i Barbaro, iLoti-
ghi, i Danusdio, i Donzorzi, i Rambolini,
i Tornatici, i Borrocaldi, i Barbacini , i
Bonci, i Boncili, i Caotorta, i Diprelli, i
Bocco, e molte di queste furono tribune-
sche. Si vuole che in questi tempi i triesti-
ni si fossero dati al corseggiare i mari, e
che nel 939 in una escursione rapissero
diverse donzelle in mezzo a Venezia; ma
vaga n'è la tradizione, non essendo certi
glistoricidiquel reato. Né credibile il fan-
no le condizioni uon del tutto pregiudi-
zievoli di questa città, la quale lentamen-
te decadde dalla civiltà romana, senza a-
ver la sventura di .scendere all'infunila de!
medio evo, per risorgere a novelli ordi-
ni e costumanze civili. Alla quale trista
fama si crede aver contribuito la pirata-
ria allora frequente in questi mari, l'av-
versione de'veneti a' triestini, chea Trie-
ste davano il nome di Monte Barbasco.
»
TR I
cav. Mulioelli negli Annali urbani di
J fnczia, riporta il ratio al 943 a'3 1 gen-
naio, in cui celebrando i veneziani l'an-
niversario della traslazione del corpo di
s. Marco, nella cattedrale solevano farsi
molti matrimoni, portando seco le spose
la loro dote. Certi ladroni triestini, o na-
renlani, o istriani, variando le opinioni,
avidi di bottino e sbucati da un nascon-
diglio, a mano armata penetrati in chie-
sa, minacciando e uccidendo, rapirono e
condussero alle loro barche sposi e spo-
se. Rinvenuti i veneti dallo sbalordimen-
to, inseguirono i rapitori, e raggiuntili in
un deserto porto dell' acque Caprulane,
ove gozzovigliando riparlivansi la preda,
piombati su di essi ne fecero di tutti ma-
cello, ricuperando bravamente i fidanza-
ti. Ed è pure in questo tempo che la cat-
tedra vescovile ricevea nuovo lustro per
liberalità degl' imperatori. I vescovi di
Trieste ebbero nell' 848 da Lotario re
d'Italia, o meglio da Lotario figlio di Ugo
nel 948, in dono i diritti che il fìsco rea-
le avea sulla città con 3 miglia all'ingi-
ro, ossia il dominio temporale. Ne'seguen-
ti secoli X e XI egualmente ebbero per
privilegio la percezione delle regalie fi-
scali che nella città spettavano al re, e le
decime di molti distretti, col dominio di
molte castella e terre ch'erano già del co-
mune, ed altre nella penisola; sulla città
medesima esercitavano diritti che appar-
tengono al buon governo anziché al pò-
tere finanziario; e comunque incerti per
la condizione de'tempi, niun motivo die-
rono a collisioni fra'prela.ti e il comune;
tanta fu la giustizia e la prudenza de've-
scovi, tanta la saviezza del magistrato; che
a nzi venuta in istrettezze pecuniarie la ca-
mera episcopale, per le guerre sostenute
contro i potenti del secolo, e al servigio
de'patriarchid'Aquileia, preferi rono i ve-
scovi di vendere i loro diritti al comune
medesimo, anziché a signoreslranieroche
titolo ne avrebbe tratto a dura soggezio*
ne. Nel 948 Trieste formava comune da
se con ristretto territorio, ed il reggimeli*
T R I 245
to era sulla base che al primo formarsi
della colonia erasi adottalo; ma i poteri
del municipio eransi sottoposti fino dai
tempi d'Adriano a novella magistratura,
quasi del comune tulrice, ed in ogni tem-
po le liti maggiori, i delitti erano riserva-
li alla conoscenza de'magistrati ili Roma,
poi a magistrature provinciali, che coi ret-
tori si dissero. Durante il governo greco
la creazione di magistrature provinciali
divenne necessità, ed un maestro de'mi-
lili reggeva tutta l'Istria e Trieste, a'qua-
li Carlo Magno surrogava i ciuchi, poi i
marchesi, con potere di alla giurisdizio-
ne civile, penale e di appellazione, e con
facoltà di tutori de'comuni. INel 94-^> Lo-
tario re d'Italia, oltre il concedere a've-
scovi di Trieste le ricordate percezioni fi-
scali, affidò loro quel potere che sarebbe
stato de' marchesi, potere propriamente
non sovrano, ma magistratura sottoposta
al potere sovrano e amministrativo del
re d'Italia; per il che i vescovi in Trieste
sentivano le appellazioni dalle sentenze
de'magistrati municipali, confermavano
le magistrature , ne eleggevano alcune,
sentenziavano pene pe' delitti e li puni-
vano, concedevano il diritto all'esercizio
di alcune arti, percepivano tributi alle
porle della città, aveano l'obbligo di re-
staurare con questi le mura e le strade.
Coniarono più lardi prima del 1208 ino-
lieta, non per indulto speciale del re, ma
per la pratica invalsa dopo la pace di Co-
stanza del 1 1 83 , e per la tolleranza dei
patriarchi d'Aquileia che avrebbero po-
tuto contrastarne il diritto, siccome mar-
chesi dell'intera provincia d'Istria, suben-
trati neh 1 3o alle case degli Eppenstein,
degli Sponheim e degli Antlechs,che per e-
redil aria successione aveano governato l'I-
stria. Debole spesso per incapacità allear-
mi il governo de'vescovi, il comune giun-
se all'ali! aucazione, non per idee che di
questi secoli mai furono , ma per circo-
stanze interne ed esterne, per l'esempio
d'altri comuni, per necessità di difesa con-
tro le venete invasioni. Gli ordinamenti
?.i 6
T R I
della città non erano tali da offrir* ele-
mento a vigorosa reazione , che limitali
alla proposizione di magistrature, al go-
verno d'inferiori interessi interni; sogget-
ta del rimanente al gastnldo vescovileche
non valeva a difenderla contro gli ester-
ni nemici. Neli2i6fu introdotta in Trie-
ste la magistratura del podestà, Marco ne
cominciò la serie, e dopo di Ini trovasi
MainardocontediGorizia. Il vescovoGio-
vanni IV neh?. 36 alienava alla città al-
cuni diritti, essendosi dispendiato [ter se-
guire nelle guerre l'imperatore Federico
11, al seguito del patriarca d'Aquileia Ber-
toldo.Indi ne! i 253 il vescovoVolrico ven-
dè il diritto di dettare leggi penali, d'e-
leggere i consoli, di giudicare in appella-
zione, d'esigere le multe, d'accordare l'e-
sercizio di arti. In detto anno i triestini
assediarono Brescia per commissione del
patriarca d'Aquileia. Fino dal i 202 il do-
ge di Venezia Enrico Dandolo,direttocoi
crocesignati alla volta di Costantinopoli,
impose tributo a Trieste, l'assoggettò al-
la repubblica e le fece giurare fedeltà a
s. Marco. Dipoi neh 279 Trieste sottrat-
tasi da' veneziani, si collegò col conte «li
Gorizia e con altre comunità per muover
loro guerra, ma venne assediata e costret-
ta a pacificarsi nel 1 288; tultavolta restò
libera e sino ah 325 non fu dominata dai
dogi veneti. Nel 1 2g5 il vescovo Brina di
Toppo alienò anche il diritto di giudica-
re de'delitti, di nominare il gastaldo, e ri-
servava a se quello di coniar moneta, ehe
poco dopo cessò con Rodolfo, e di perce-
pire un unico leggero tributo che più tar-
di venne redento. Al 1 295 va segnala l'af-
francazione totale del comune di Trieste,
e l'acquisto del pieno diritto del proprio
reggimento, il quale ad onta delle prote-
zioni cercate ue'conti di Gorizia, diversi
de'quali furono podestà, non fu uè pacifi-
co, né durevole. Completate in quest'epo-
ca le leggi municipali, che (ino dai 1 1 5o
eraini cominciate a raccogliere, provve-
duto a difesa contro gli esterni nemici, re-
golato il governo con saggi ordinamenti,
T R I
poco dopo corse grave pericolo per am-
bizione d'interno nemico. Marco Ranfo
nobile feudatario, potente per armi e de-
naro, d'illustre famiglia cittadina, spesso
magistrato e in grande estimazione te-
nuto, pensò a farsi signore di Trieste e col-
se il momento in cui il figlio Giovanni
dovea dimettersi dal carico di console o
giudice in sul finir del 1 3 1 3. 11 colpo man-
cò: Marco Ranfo fu ucciso, la sua casa
spianata e interdetto di più costruire sul
fondo che dovea rimaner nudo; Giovan-
ni, le sorelle, gli aderenti furono banditi
in perpetuo, condannati nel capo e con-
fiscati i beni;Ranfa e Chiara figlie di Mar-
co per colmo di sfregio dichiarate adul-
tere, e le doti loro aggiudicale a'mariti;
la memoria de'traditori fu maledetta per
pili generazioni , e solo risparmiale dal-
l'ira popolare Agnese figlia di Marco, e
Filippina figlia di Giovanni. IntantoTrie-
sle trovossi involta in guerre , ed a fre-
quenti cambiamenti di dominatori e di
governi, non sempre sostenuti con felice
risultato da'eonti di Gorizia, rinnovando-
si le leggi municipali sotto il podestà Mar-
co Dandolo nel 1 35o. Indi i veneziani 1 i-
conquistarono Trieste nel 1 365, e libera-
tasi da essi nel i3y4sidièaì patriarca d'A-
quileia. Riconquistata Trieste da' veneti
neh 379, la città tentò di sottrarsi dalla
loro signoria per darsi al duca d'Austria,
ma non le riuscì. Intanto Matteo Maruf-
fo ammiraglio genovese, nel tempo die
ardeva la fiera e famosa guerra tra le re-
pubbliche di Genova e Venezia, a questa
tolse Trieste nel i 38o,e la consegnò al pa-
triarca diAquileia. In memoria di tale vit-
toria, in una chiesa di Genova fu posto
il Leone alato colla leggenda: Iste lapis
in <juo est figura marmorea s. Marchi
de Venetiis^fuitde Tergeste capto amo*
strisi 38o. Scematoli popolo per le guer-
re continue, depauperata la città, inutile
tornando il valore contro la preponderai!»
za de' veneti, inetti i patriarchi d'Aquileia
a difenderla, insufficienti i conti di Gori-
zia, deliberava Trieste neh 382, mentre
T R !
era stretta d'assedioda'veneti, ili pnrfìne
:i faille incertezze, e di darsi a padrone
saggio e potente. L'autorità del patriar-
ca d'Aquileia era ormai pressoché nulla,
tulle le città marittime dell'Istria erausi
date a' vene ti dal i 7.67 al 1 33 i;la più par-
te dell'interno della provincia era deVon-
ti d'Istria, che a stento difendevansi con-
tro il Leone alato veneto; i possedimenti
del patriarca nell'Istria erano meschini.
Ad onta della pace ili Torino, per la qua-
le doveano nhhandonar Trieste, i vene-
ti non avrebbero rinunciato al desiderio
di tenere le spiagge tulle dell'Adriatico,
l'acque del quale erano di loro, sia che li
spingesse intemperanza di dominio, o co-
me dicevano, li persuadesse necessità di
tenere il golfo. Estinta la linea de' conti
d'Istria, alfine a quella de'conti di Gori-
zia, vi succedevano nel t 3y4 Per pa,,° di
famiglia i duchi d'Austria, adini essi pu-
re de'conti istriani: la contea del Carso,
già prima da questi posseduta, era conter-
mine al territorio di Trieste, e potenti
principi erano gli austriaci, e di bella fama
per valore nell'armi e per lenità. Fino «la
remoti tempi aveano deliberalo i triesti-
ni di dar la preferenza a'conti del Carso
nella carica di podestà che annualmente
eleggevano, e non malgi aditi erano alla
casa d'Abshurg, poiché la città di Trieste
eia stata madrina ad Elisabetta poi spo-
sa d'Alberto figlio di Rodolfo Id'Absburg
imperatore e progenitore di casa d'Au-
stria. Neh365 avea Trieste alzato ban-
diera austriaca, ma presa la città a forza
da'vi neli e stornalo per allora il divisa-
mene), si die in sudditanza a Leopoldo
il Lodevole duca d'Austria, il quale nel
j 382 benignamente |'accolse,e rinnovan-
do que'buoni diritti che i predecessori di
lui ebbero dal voto di Trieste, accolse in
perpetuo patrocinio e dominio la troppo
travagliata città. Nello slesso anno inviò
per recapitano in Trieste l'austriaco con-
te Ugone di Duino , che alzò il glorioso
vessillo d'A ustria sulle torri dell'antica co-
lonia romana; tuttora vi è spiegalo, e da
T R I
247
questo porto propagalo alle regioni estre-
me del globo.
A Leopoldo neh 386 successeli duca
Alberto III, a questi ne|i4o6 il duca Er-
nesto, che nel 1 ^1 1 visitò Trieste, e dopo
di lui Federico V ch'eresse l'Austria in
arciducato, e divenuto imperatore Fede-
rico III, gl'imperatori suoi successori fu-
rono e sono sovrani «li Trieste. Venula
questa in dominio dell'augusta casa, ben
meglio si sarebbe ristora la da'sofìerti gua-
sti, se pienamente avesse potuto profitta-
re delle benigne concessioni che i nuovi
sovrani le davano per attivare il commer-
cio; ma i veneti leneano chiusi i mari e pa-
droni eranodel commercioe della naviga-
zione di lutto l'Adriatico, per modo che i
privilegi accordali nella Spagna e nel re-
gno di Napoli a' mercanti triestini nel se-
colo X V I, tornarono inutili pressoché del
tutto; la navigazione era limitata a Vene-
zia ed Ancona, il movimento commer-
ciale alla provincia di Carnio; e questo
stesso, sebbene meschino commercio di
terra, distoglierlo vulcano i veneti per ti-
rarlo a Capo d'Istria, per cui nuovi di-
spiacerle nuove guerre, nelle quali Trie-
ste tenne farle, e meritò nel 1 1\(\[\ da Fe-
derico 1 1 1 l'armeggio ossia lo stemma au-
striaco, di cui oggi ancora fa uso in luogo
della Lancia, che fu l'aulica impresa di
Trieste, e da tulli i regnanti la lode di
Fedelissima e ben meritala. Dopo aver
Trieste veduto neh 470 compita la for-
tezza cominciata da'veneti,e rifatte le mu-
ra, e dopo aver veduto i turchi scorrei e
il Carso, nel 1 5o8 dalla repubblica di Ve-
nezia si vide nuovamente invasa, pero-
pera de'generali Contarmi e Cornalo, e
governata da Alvise Zeno e Francesco
Cappello militarmente e per pochi mesi.
In questi però fu laglieggiala con rigore,
multala di 1 5, 000 ducali, e poi spogliata
di antichi monumenti che furono trasfe-
riti a Venezia. In quella memorabile epo-
ca, Venezia per intemperanza di domi
nio in terraferma, occupate ancora la con
tea diGorizia e alcune ci (là pontifìcie, vide
a48 T R I
collega rsi in Cambray tanln parte d'Eu-
ropa per frenarla. Dopo ricuperala la li-
bertà,! triestini furono nel i 5i raffiliti dal-
l'orribile terremoto, che abbattè le mu-
ra e le torri; altri infortmiii furono la sud-
eletta peste del i 600 con grande strage,
l'incendio nel 1 600 del pubblico palazzo,
tosto ricostruito, e l'assedio inutilmente
tentalo da' francesi nel 1702. Nel tempo
corso fra la fortunata dedizione all' Au-
stria, e l'era novella a'tempi di Carlo VI,
Trieste salì e ricadde, acquistò Castel-
nuovo, ed avea l'animo di ricuperare l'an-
tico territorio; ma perde S. Servolo con-
tro i veneti, perde altre e BPM poche vil-
le, che non più furono a lei riunite. La
condizione economica della città andava
col progredire de' tempi scadendo per
sempre maggiori stretlezze,e sensibilmen-
te diminuita negli abitanti. Piccolo il ter-
ritorio e per buona parte non suscettibi-
le di coltura, in niun conlatto trovatasi
colla conica di Gorizia, la quale andava
iTiigliorandoagricoltura, industria e com-
mercio; in niun contallo coli' Istria au-
striaca,perchè la veneta frapponevasi,e fa-
cevano capo quelle popolazioni ad allro
porto di mare; in niun contatto coli' I-
stria veneta, perchè d'altra sovranità; in
pochissimo contatto colla Carniola, per-
chè chiuso il mare, e perchè Duino con-
sideravasi porto di quella provincia, sic-
comea lei pergovernounitodopoil 1 5oo;
porto della Carniola era Fiume da quel-
la provincia dipendente. Triesle piena di
fiducia nell' amorevolezza e protezione
che le accordavano i suoi sovrani, a loro
si rivolse, prima a Leopoldo 1 che fu a
Triesle, e poi al figlio Giuseppe I che bre-
ve impero ebbe, al cui fratello Carlo VI
era riservato di mandar ad esecuzione
quello che forse fu desiderio del padre, e
clie le circostanze non gli permisero ese-
guire. Trieste gli avea chiesto di poter in
prò delle provincie ereditarie adoperare
que'mezzi di che Dio l'avea fornitaci po-
ter alzarsi ad emporio, purché il mare le
fosse dischiuso, e per eccezioni e privilegi
T P, l
le fosse dato di supplire a'difetti natura-
li. Carlo VI deciso d'aprire alle sue pro-
vincie tedesche un porto di mare, che i
commerci creasse piuttosto che avvivas-
se, pose mente a questi suoi litorali, e
volle Affrancarsi dalle venete restrizio-
ni. Pendeva il giudizio fra Aquileia che
voleva richiamarsi all'aulico splendore,
ma vi ostavano 1' isola di Grado e le la-
gune in dominio de' veneti ; e fra Fiume,
Segna e Carlobago, ma a giungervi con-
veniva passare sotto il veneto cannone
dell'isole di Veglia, di Cherso e del lito-
rale istriano: fu data la preferenza a Trie-
ste perchè aperto il mare, e l'imperatore
si propose di farlo libero, come lo di ven-
ne per la fermezza mostrata, eia quale
non poterono declinare le solenni e ap-
posite ambascerie. Nel 17 17 Trieste, in
preferenza d'Aquileia e di Fiume, fu di-
chiarato porto-franco, ammessi gli este-
ri al traffico, concesse immunità, sollievo
di tributi e di tasse; di più accordò la fie-
ra privilegiala di s. Lorenzo, ed alla com-
pagnia orientale di Vienna concesse lar-
ghe preroga ti ve e ampi privilegi, emanan-
do pure leggi cambiarie. Piccatosi Carlo
VI a' io settembre 1728 in Triesle, so-
lennemente proclamò che la navigazio-
ne per I' Adriatico dovea esser libera a
questi suoi stati, ad onta delle proteste
de' veneziani, e lo fu poi sotto la figlia Ma-
ria Teresa nel 1 75o, per quanto dessa 0-
però e celebrai di sopra. Cessata la com-
pagnia orientale, nel 1 742 i greci comin-
ciarono a frequentare il porto, conceden-
dosi ad essi e agli altri stranieri tolle-
ranza e libero culto; poscia essendo nel
1747 a' capitani succeduti i presidenti,
ed a questi nel 1776 i governatori. Du-
ratile 1' impero di Maria Teresa comin-
ciarono navigli con bandiera austriaca
a solcar mari non pria conosciuti, e ves-
silli stranieri ignorali frequentare assi-
duamente il porto, quasi recantisi a fie-
ra continua, mutui commerci avviarsi, e
consoli austriaci inviati in porti forestie-
ri, consoli foraslieri accogliersi in Tric-
T | I
ste, e nominare essa medesima un con-
sole alla nazione greca, che tanto in al-
lora dalla Turchia non poteva esigersi,
oc sperarsi. Maria Teresa concluse trat-
tali di pace e di commercio colla Por-
ta ottomana e colle potenze di Barba-
ria, istituì il capitanato del porto, re-
golò i sensali, creò la borsa mercantile,
die regolamenti sanitari, dettò leggi pe'
fallili, per la giurisdizione e procedura io
all'ari mercantili, per le cose di cambio e
di commercio, per le le dogane, pe'tran-
si ti colla Lombardia e colle Fiandre. M.
Teresa potè veramenledirsi madrea'frie-
ste, e meritare che la sua città novella si
fregiasse del suo celebre nome. Il figlio
Giuseppe 11 seguì le massime della gran
madre, volle accrescere l'ambito di sua
attività; per cui sembrandogli troppo ri-
stretto il Mediterraneo che i navigli au-
striaci frequentavano, e troppo locale il
commercio del Levante, fu volto il pen-
siero alla Cina e alle Indie, e quindi pro-
vincie discoste dall'Adriatico si videro in-
dirizzale per I' esportazioni a Trieste, a
cui nel 1783 fu unita la conica di Gori-
zia. Giuseppe 11 visitò Trieste nel 1784,
ed il fratello Leopoldo li fece il simile nel
1 790, il figlio del quale Francesco 1 nel
1796 aggiunse alla cillà il rione del suo
nome, ed a cui la città eresse a suo onore
un obelisco sulla sommilàdel monte Op-
cina o Opchiena. Per la rivoluzione e re-
pubblica di Francia, nel 1 797 ebbe luo-
go la guerra d' Italia ; dopo l'assedio di
Mantova, e della battaglia al Taglia-
mene, il general di brigala Gioacchino
Min al a'i3 marzo enlrò in Trieste, e la
occupò per la repubblica francese; per
memoria della quale presa fu coniata me-
daglia. Indi a'29 aprile il generale in ca-
po Napoleone Bonaparte enlrò in Trie-
ste, e vi m fermò 24 ore- Seguì quindi la
taglia di 2,Goo,ooo lire tornesi, e la ve-
nula in Trieste del general Bernadotle.
Poco dopo a' 24 maggio vi rientrarono
gli austriaci. Nel 17988*24 luglio il gran
maestro dell'ordine Gerosolimitano fr.
vol. ixxx.
T R I a4g
Ferdinando barone d'Hompesch, caccia -
toda'francesi da MaUar%\ recò a Trieste;
dove nel 1799 vi giunsero pure le prin-
cipesse reali di Francia M." AdelaideClo-
tilde e Vittoria Luisa, zie di Luigi XVI,
di Luigi XVIII e di Carlo X, e moren-
dovi nel 1 800 furono temporaneamente
depositate le loro salme nella cattedrale,
donde nel 1 8 1 4 si trasportarono in Fran-
cia, come narrai in principio. Nello stes-
so 1800 arrivò in Trieste la regina delle
due Sicilie Carolina d'Austria. Neli8o5
seguì l'armamento della guardia civica
e la benedizione delle bandiere; ma il ge-
neral Solignac in nome del maresciallo
Massena, prese Trieste per Napoleone I
imperatore de'francesi, la fece presidiare
da compagnie di mori americani, indi sog-
giacque Trieste alla taglia di 4 milioni,
e vide successivamente nelle sue mura
Marmont, Massena e Serras. Nel 1806 vi
rientrarono gli austriaci, dopo 3 mesi di
assenza; e nel 1808 ordinarono l'arma-
mento di dm; battaglioni provinciali, l'u-
no di cittadini comandato dal conte P.
Biigido, l'altro di villici comandalo dal
conte R. della Torre. Nel 1 809 i triestini
recaronsi all'assedio di Capo d' Istria ed
a quello di Palma, e nella giornata di Pre-
ìvald i battaglioni provinciali pugnaro-
no valorosamente, sebbene con sorte av-
versa. Trieste presa di nuovo dall'armi
francesi guidate dal general Schitt, fu ta*
glieggiata di 5o milioni, e pel blocco con-
tinentale cessò da'lrallici. Passata in do-
minio dell'impero francese, fu incorpo-
rala alle provincie illiriche; ed il gene-
rale degl'insorgenti Montechiaro, preso
colle armi in mano, fu con altri 8 condan-
nato alla fucilazione. Trieste fu successi*
vamenle governata da'francesi Marmont
duca di Raglisi, conte Bertrand, Junot
duca d' Abrantès e Fouché duca d'O-
tranto. Nel governo francese di Napoleo-
ne I, nel 1 8 1 o fu istituito il liceo e il gin-
nasio, ebbe luogo la recluta o coscrizio-
ne, il transito de' conti dal Levante per
la Francia, I' Entrepòt reale, la società
1 ?
7. hì T n I T A I
della Minerva: nel 181 f si fondò il col- lincile, ebbe la lìdia enormelaglia di So
legio imperiale di educazione; il laz.zarcl- milioni, e col frullo «li pressoché i oo au-
to s. Teresa fu dichiaralo arsenale e visi ni ci' operosi» à e di travaglio, vide tolie
costruirono un vascello e due fregate, e lolle le leggi che regolavano il suo rom-
venne fallo il passeggio dell'Acquedotto: inercio, ed alle quali flanelle la sua esi-
lici 181?. si pubblicarono le leggi fran- sten/a; la condizione sua equiparala a
cesi, si attivò la municipali!;!, e si fece il quella delle aldo cillà. E tosto Trieste al
passeggio di s. Andrea: neli8i3 fu ac- l'antico sialo ritornava ; cremato il nu-
cordalo il porto-fianco, il colonnello Ra- mero degli ahitanti,clie altri cieli cerca -
bié assunse il comando della fortezza e vano, deserte le vie, ozioso il porlo, uni-
dichiarò la città in fatato d'assedio; indi ca attività rimase il commercio di terra,
a' i 6 ollohre fu impreso l'assedio di Trie- che da Salonicco ossiaTcssalonica faceva
sle dagli austriaci, inglesi e siciliani, che si per Costa nizza nella Croazia, ma pie.
per i e) giorni circa la bombardarono in culo ancor questo e di vantaggio a pochi
modo che le palle impresse in varie case individui. Negli ultimi momenti dì quel
fanno teslimonianza della forte resisten- governo straniero si decretava la resti-
z.a del castello, finché n'i5 ottobre si rese lozione del porto-franco, ma fu tardo <:
agli alleali, cioè al prode conte Nngent inolile provvedimento, perchè facile ere
generale austriaco e alla squadra britan pontino si è i! distruggere, difficile e lento
na che mai avea cessato di mandar sul il creare. Ritornata sulla fine «lei i8f3
castelloreilerale bombe, rilornandoTrie- Trieste all' aulico signore, senza avere
sle al dominio dell'imperatore d'Austria ad altri giurata fede, perchè lo stesso ne-
Francesco I. Ad onta che le occiipazio- mico ebbe in grandissimo pregio la le-
ni nemiche del 1797 e deh8o5 furono della de'triestini all'augusti) casa d' Au-
funesle per le taglie di guerra esorbitali- stria, e facendone encomio come argo-
li, e per gl'inlerrotii 1 1*0 (bri, le guerre ed mento d'ubbidienza, dispensò da ungiti-
i rivolgimenti in cui tutta Europa fu in- ramento.cheo non si sarebbe prestatocela
volta non tornarono a Trieste pregindi- forza col labbro sol tanto. Pei* I» quale fede
zievoli, perchè negli anni ne'epiali l'An- temila anche nelle sventure e sotto st ra-
sino si lentie in pace, fu imo de'pochi por- mero dominio, Francesco 1 impartì alla
li al quale la navigazione fosse libera, al- città il titolo solenne di Fedelissima,* le
leala come sempre [\\ l'Austria dell'In- restituì le auliche franchigie, all'ombra
ghillerrn. Sciolta nel 1797 la possente e delle quali crebbe a quel punto in che à
nobilissima repubblica di Venezia, dessa giunta fra le oscilla/ioni inseparabili dal-
con l'Istria, la Dalmazia e le Rocche ili le mercantili imprese, scmpicalliva.sem-
Cotlaro divennero austriache; il nume- pre coraggiosa, sempre fedele e di vota ai-
roso navilio de'Lnssini, quello delle Roc- l'angusta casa, alla (piale la sua ileo idez-
diedi Cattalo, ebbero col navilio di Trie- za è dovuto, la (piale sollogli auspicò del
sle comune il vessillo, e vennero ad au- regnante imperatore Francesco C/msep-
nientarle. E sebbene neh8o5 le novelle pe è in via d'ulteriore e splendido incre-
provinciedi mare andassero perdule,pu- melilo.
re la via ero nota e calcata, e l'anno 1 809 Dirò per ultimo, come di recente Trie-
segnava il massimo stadio della prospe- sle ebbe il tristo onore di ricoverare deli-
rila ed attività di Trieste, il ili cui nome tro le sue mura, di albergare per piò au-
notisMiiio si era nel vecchio e nel nuovo ni, e di raccogliere le cenci i illustri d'u-
niondo ; ma questo medesimo anno do* na delle tante vittime degli sconvolgi
■vea segnare epoca infausta. Ceduta alla menti politici, di coi va Cotanto prodiga
Francia e incorporala alle provincia il- la nostra infelice età. Intèndo parlare del
t r i
magnanimo, leale, virtuoso e sventurato
d. Culo infante di Spagna, ossia Carlo V
re di Spagna, per quanto narrai in quel-
1' articolo e negli altri relativi. Nato per
onorare il trono colle sue distinte qualità,
a cui per diritto legittimo stabilito era
destinatOjCome hanno pure provato scrit-
ti luminosissimi, ed io in breve riportai
a Spagna; diritto che a suo pregiudizio
alterato, gli fu contrastato dal prevalente
spii ito rivoluzionario, nemico delle legit-
time successioni alle corone, come si espri-
mono i detti scritti stampati, e dal più ri»
provevole decadimenti che registrò la
storia. Fu inoltre lo stesso spirito rivolu-
zionario, che sagrificò Carlo V quale e-
roico campione, che rappresentò ne'uo-
sti i deplorabili tempi il principio religio-
so e monarchico, la legittimità de'troni,
ed insieme di porre miseramente a soq-
quadro la disgraziata, cattolica e nobilissi-
ma Spagna, massime con tutto l'operato
subito dopo la pubblicazione del mio ar-
ticolo, e deplorato altamente dal Papa
Pio IX, principalmente nel concistoro ile
26 luglio 1 855 coll'allocuzione: Nemove-
strum ignorat, di die trattai a Toledo in
uno all'allocuzione, mentre a Valenza fa-
rò parola della recentemente vinta terri-
bile rivoluzione nel luglio 1 856. A com-
piere il riferito a Spagna sullo sfortunato
principe,qui aggiungerò: Che inaugurala
la guerra de'7 anni, dopo la morte del re
Ferdinando VII,dall'encomiato d. Carlo
suo fratello e legale successore, e sostenu-
ta vigorosamente per rivendicare i suoi
incontrovertibili dititti principalmente
dalle fedeli provincie del nord della mo-
narchia, vale a dire dalla Navarra, dalle
provincie Basche, dalla Catalogna, Ara-
gona, Valenza, Casliglia,ec, il re in mez-
zo a' suoi prodi difensori e alle abnega-
zioni die molte prove di principe caval-
leresco e valoroso; ma per la lotta disu-
guale terminata pel novello Giuda, Car-
lo V soggiacque alla prigionia di Bour-
ges, nella quale nobilmente depose la co-
rona di Spagna, e la collocò degnamente
T RI 2 W
sulla testa del saggio primogenito 1' in-
fante d. Carlo-Luigi, che assunse il no-
me di Carlo VI e di conte di Montino-
li!). Dopo la sua abdicazione il re d. Car-
lo, ricuperata la libertà, col titolo di con-
te di Molina andò a stabilirsi a Genova,
ove gli onori e le premurose sollecitudi-
ni del re di Sardegna Carlo Alberto gli
procurarono i conforti e le consolazioni
di cui tanto abbisognava. Quella ospitale
re.-ddenza non dovea prolungarsi pe'cam-
bia menti politici; laonde gli furono aper-
ti per amichevole soggiorno gli stali au-
striaci; Trieste, e per qualche tempo Ve-
nezia,furono scelti per fissarti una dimo-
ra, che riguardo alla prima delle nomi-
nate città dovea essere per l'afflitto mo-
narca il teatro ile' suoi ultimi dolori e I.»
tomba provvisoria dove riposa la sua spo-
glia mortale. Gli spaglinoli che hanno
fede nel trionfo della causa della giusti-
zia, chiamano Trieste tomba provviso-
ria del loro illustre re Carlo V (come In
era stata quella delle sue reali e illustri
parenti RI." Adelaide Clotilde e Vittoria
Luisa di Borbone permanili, tumulale
nella stessa cattedrale) nella speranza che
vena giorno in cui la nobile patria del-
l'augusto defunto potrà rendergli il tri-
buto di lagrime e di onore che merita ,
giacché non le fu dato offrirgli nella splen-
dida reggia che lo vide nascerceli omag-
gi di rispetto e di venerazione di cui e-
ra sì degno. Mentre d. Carlo soggiornava
in Trieste, nel dicembre 1 84q fu colpito
da un attacco di parafisi al lato destro,
lasciandogli però libera la testa. Le cure
indefesse del suo medico d.r Cardona, e
il metodo di vita inalterabile dell'infermo,
fecero sì che il male non progredisse; ma
sul cominciar deli 855 peggiorò lo stato
del principe, e nel febbraio s'aggiunse l'i-
nappetenza,la quale arrivò a tal segno che
lo stomaco ricusava ogni alimento, per es-
sersi a quell'organo estesa la paralisi. Pro-
cedendo il languore e giunta la sua vita in
grave pericolo,divotamenlesi confessò da
d. Pietro Barrerà Raton suo confessore, e
25?. TRI
riceve con pio fervore il ss.Viaticodal ve-
scovo tli Trieste mg.r Legat, accompagna-
lo da solenne processione e dal governa-
tore della ciltà barone Pascolini, ed in-
contralo a pie delle scale dalla moglie di
d. Carlo, la regina M." Teresa di Bragan-
za, e dal figlio l'infante d. Ferdinando con
torcie accese. Questi due personaggi iu sì
supremi momenti, insieme a d. Giusep-
pe Villavicencio conte della Costanza, al
medico e ad altri della corte, prodigaro-
no al principe aggravalo tutte quelle con-
solazioni ch'erano in loro potere. Aumen-
tandosi rapidamente il male, gli fu am-
ministrata l'estrema unzione in presenza
di tutta la famiglia, che prostrata a pie
di quel letto di morte pregava Dio per l'a-
gonizzante sposo, padre e signore. Reci-
tatesi le commoventi preghiere pe' mo-
ribondi, dal re ripetute a voce sommessa,
questi conservandosi calmo e tranquillo,
gli altri e specialmente la regina e l' in-
fante si struggevano in lagrime. La regi-
na genuflessa baciò la mano dell'amato
consorte, e ne ricevè l'ultimo addio. In-
ginocchiatosi il figlio domandò al diletto
padre la sua estrema benedizione, il qua-
Je profondamente intenerito l'impartì sul
suo capo, ed estensiva a'figli assenti, già
per via comechè avvisati del pericolo del
genitore. Finalmente tra' conforti della
religione, a ore 9 e mezza de' io marzo
1 855, nell'età di 67 anni meno 2 \ gior-
ni, rese la sua bell'anima al Creatore. La
regina con mirabile slancio abbracciò l'e-
stinto sposo, e coprì e bagnò Usuo volto
di baci e di pianto copioso; altrettanto fe-
ce lo sconsolato figlio: indi ritiratisi am-
bedue ne'loro appartamenti, diedero sfo-
go al giusto dolore, dividendone la fami-
glia di corte 1' angoscie. Queste non im-
pcdironoalla regina nella fortezza del suo
animo di rivolgersi ad essa, dichiarando-
le con generose parole: Se avete perduto
un padre, ecco una madre che dividerà
con voi quel tozzo di pane, che la divina
Provvidenza vorrà conservarle. Ed allo-
ra i gentiluomini di camera d. Villaviceu-
TR I
ciò, d. Guillen, d. Teijeiro e d. Florez ,
promisero alla regina, che ne' 7 giorni iu
cui il regio cadavere fosse restato sopra
terra giammai l'avrebbero abbandonato,
siccome fedelmente eseguirono. L'infau-
sta notizia per telegrafo fu notificata al-
l'imperatore Francesco Giuseppe, e a di-
versi principi d'Europa, e celeremente ne
riportò le loto condoglianze agli afflitti
sposa e figlio. Collo stesso mezzo si pie-
gò il granduca di Toscana di partecipa-
re la pianta perdita agli augusti parenti
di Napoli, al re Carlo VI figlio del defun-
to, e all'infante d. Sebastiano figlio della
regina, i quali partili da quella città per
Trieste doveano passare per Firenze. E-
guale avviso si fece pervenire all'infante
d. Giovanni dimorante in Londra (del cui
reale matrimonio celebrato in Modena e
festeggiato con Tonico, a quest'articolo
ne riparlai). Frattanto si celebrarono mes-
se di requiem in tutte le chiese della cit-
tà; e 36 ore dopo la morte del re ne fu
imbalsamato il corpo per iniezione col si-
stema di Ganal, colla semplice apertura
della carotide sinistra, in presenza de'ri-
cordati gentiluomini e del segretario re-
gio d. Domenico de Azeoaga, e poi fu ve-
stito da maresciallo colle insegne del to-
son d'oro, e delle graucroci di Carlo III
e di s. Ermenegildo. Tutta la servitù per
1' ultima volta baciò la mano all' estinto
signore, e con torcie ne accompagnò la
salma nel gran salone di sua abitazione,
ridotto a cappella mortuaria , parata a
lutto cogli stemmi di Spagna. Ivi tra due
altari, ove senz'interruzione celebrossi il
s. Sagrifizio, restò esposto su alto letto im-
periale, sovrastato da baldacchino, cir-
condato da 12 torcie, oltre i 6 cerei late-
rali al Crocefisso ch'elle alla testata del
letto, e vicino fu collocata la corona reale
sopra un cuscino di seta bianca. Oltre il
gentiluomo di guardia guarnì i' ingres-
so della cappella una guardia d'onore di
granatieri imperiali inviala dal governa-
tore militare barone di Mertens. Gran-
de e riverente fu il concorso d'ogni celo
TR I
di persone per vedere il defunto re, come
da lutti veniva chiamato; ed ogni giorno
io preti unitisi a'due regi cappellani can-
tarono solennemente il vespero de'defun-
ti. L'infante ci. Ferdinando edificò lutti
con l'amore filiale, imperocché in tutte
le notti recossi a pie del catafalco a pian-
gere il genitore, ed in ogni mattina a pre-
gare riposo alla sua anima nelle messe.
JN'ella mattina del \i il barone di Merlens
in gran tenuta recossi in nome dell' im-
peratore d'Austria a presentare alla ve-
dova regina e a tutta la real famiglia le
bue condoglianze, ed a mettersi alla sua
disposizione. In fatti nulla fu oinmesso da
lattigli ossequi e d'onori verso il defunto,
e di delicati riguardi e consolazioni pe'su-
perstiti regi parenti ; e l'arciduca Ferdi-
nando fi atollo dell'imperatore, conlra ai-
mirante e comandante in capo della ma-
rina imperiale residente a Trieste , seb-
bene assente , deputò il suo aiutante di
campo conte Hadik a recarsi da Vene-
zia a Trieste, non che inviò da Vienna
il conte Miehicli con lettera onde com-
plimentare la vedova regina. Ili.° di tali
signori, come pratico del paese, dietro in-
vilo del conte della Costanza, assunse l'in-
carico di dirigere i funerali, con appro-
vazione della regina. A' 1 5 il telegrafo an-
nunziò il prossimo arrivo di Carlo VI con
l'infante d. Sebastiano, ed eziandio del-
l'infante d. Giovanni. Questi giunto, po-
co dopo arrivò pure da Londra il cele-
bre general Cabrerà conte di Morella col-
la sua sposa. Un'ora dopo il meriggio fe-
cero il loro ingresso in Trieste Carlo VI
cond. Sebastiano. Indi ebbero luogo scene
strazianti e indescrivibili nel riunirsi la fa-
miglia reale, perla commozione degli af-
fetti , mescendo insieme le loro lagrime
in deplorare l'amara perdita. Quindi suc-
cesse un cupoeloquentissimosilenzio, poi-
ché il comun dolore soffocava le parole.
Questo desolante spettacolo ruppe l'in-
fante d. Sebastiano, rivolgendo alla ma-
dre parole confortatrici e di consolazio-
ne, alle quali seguirono quelle rispettose
T R I 253
de'due cappellani, rammentando la pla-
cida e santa morte del re, e la dolce spe-
ranza che già una gloria imperitura co-
ronasse quella vita menata pura attraver-
so di tante tribolazioni che l'aveano tra-
vagliata. 1 1 generalCabrera da prode, con-
servatosi tranquillo, superando la piena
de'senlimenti che lo dominavano, vinto
finalmente dalla sciagura, anch'egli sciol-
tosi in lagrime, volle recarsi a pie del ca-
tafalco, ed ivi sfogò il suodolorecol pian-
to e con pregare Dio pel suo amato re e
caro signore. Il vapore che recò a Trie-
ste Carlo VI, vi condusse pure Enrico V
di Francia ossia il contedi Chambord,ac-
compagnalodal conte d. Ettore Lucche-
si-Palli (suo padrigno come marito della
duchessa di Berry, edora fatto dal re delle
due Sicilie duca della Grazia), dal duca
di Levis, e dal conte Edmondo di s. Mau-
rizio: l'augusto principe si presentò a con-
dolersi colla regina e cogli altri membri
della reale famiglia. Questa visita deli.0
rappresentante dell'eccelsa stirpe Borbo-
nica,e le parole di conforto che le porse col-
l'amabilità e la schiettezza del suo nobile
carattere, riuscirono a'suoi afflitti parenti
d'immensa consolazione, anche per la sua
aifeltuosa offerta di presiedere a'funerali
iu nome della reale famiglia spaguuola.
Nella sera di detto giorno, formalmente
fu deposta la regia salma in una cassa di
piombo coti coperchio di cristallo onde
potersi vederla, ponendosi al capezzale un'
iscrizione latina incisa sul bronzoe invol-
ta in tela di seta, dentro cassetta, insie-
me ad uno de'sigilli usati dal defunto, e
ad una moneta di rame coniata in Sego-
via colla effigie dello stesso Carlo V. Sal-
dato il coperchio della cassa, fu sigillata
col sigillo della città di Trieste. Poscia
la cassa fu racchiusa in altra di mogano
nobilmente ornata e fregiata dell'armi
di Spagna, e fu chiusa con due chiavi,
che ritirarono una d. Azeoaga, V altra il
coute della Costanza. Nella mattina del
i6seguì il solenne trasporto del regio ca-
davere alla cattedrale, su elegante carro
2>4 TRI
funebre, coperto da baldacchino di vel-
loto nero sostenuto da 4 colonne, da cui
pendevano gli stemmi di Spagna, essen-
do il lutto sormontato dalla corona reale.
Era tirato il carro da 6 superbi destrieri
coperti di bardature nere e condotti da'
palafrenieri delPareiducaFerdinandoclie
li avea forniti. Sopra il feretro si collocò
la spada, il bastone e la sciarpa di ma-
resciallo, l'insegne equestri di Carlo III,
e la corona reale. A'4 bili pendevano al-
trettanti nastri, che portavano i gentil-
uomini regi. Lo circondavano con torcie
accese e vestiti a bruno, i servi della real
. asa e di detto arciduca, e 4§ impiega-
li pubblici e distinte persone. La fante-
ria austriaca in due (ile mantenne l'or-
dine della lugubre ceremonia. Precede-
vano il carro un distaccamento di gen-
darmi a cavallo; l'istituto de'poveri o casa
di Misericordia della città; le bande mu-
sicali de' reggimenti Hohenlobe e della
marina imperiale; il capitolo cattedrale,
il clero e mg.' vescovo. Dietro il feretro
incedevano, I' augusto conte di Cham-
bord, ed a'suoi (ìancl)i il conte Lucchesi-
J'alli, il duca di Levis, il conte di Morella,
il segretario d.Azeoaga,d. Sacanuel genti-
luomo regio, il contedi S.Maurizio, e due
altri reali gentiluomini; segui va no per ulti-
mo le autorità civili e militarle molte per-
sone ragguardevoli della città. Immensa
fu la moltitudine accorsa dappertutto per
ove trausilò il convoglio funebre, e con at-
teggiamento ossequioso andava ripeten-
do, abbiamo perduto il buon re, il be-
nefattore de'povere/li. Conviene sapere,
che il principe sebbene ridotto u strettis-
sime facoltà, col suo generoso cuore tro-
vava i mezzi d'essere caritatevole «/bi-
sognosi, polendo dirsi che il povero lar-
giva a'poveri, perchè dovizioso di carila.
Lentamente progrediva la pompa fune-
bre fra le melanconiche melodie degli
Strumenti musicali alternate dal canto
grave e «usurato del clero, mentre le cam-
pane di tutte le chiese suonavano il flebile
doppio de'morti. Dopo due ore la proces-
T R i
sione giunse alla cattedrale, e collocato il
feretro sul catafalco innalzalo in mezzo al-
la nave principale, il contedi Cbamboid
prese il posto d'onore preparatogli in mez-
zo al presbiterio, e negli scanni immediati
qne'che facevano parte della lugubre co-
mitiva. Le autorità e le alti e distinte per-
sone che l'aveano accompagnata, prese-
ro secondo il loro rispettivo rango i po-
sti già assegnati. Accanto al catafalco ri-
masero i 4 'egi gentiluomini e la servitù
del defunto. Pontificò la messa mg.r ve-
scovo assistilo dal suo capitolo e clero, con
accompagnamento di numerosa cappella
musicale, terminandosi la solenne e com-
movente pompa funebre col requiem e
l'assoluzione generale. La ceremonia così
terminata, e calala dal catafalco la regia
salma, fu portata nella cappella del bat-
tisterio della stessa cattedrale, ove essen-
do presente il notaio procuratore sindaco
della cillà d/Pietro Kandeler.il canonico
curato d. Giorgio Dnbrilla, e testimoni
per la regio casa diSpagna i 4 gentiluomi-
ni e segretario summento vati, e per parte
della ciltà 4 distinte persone della mede-
sima, si aprì la cassa di mogano e si lece
la formale consegna del regio cadavere.
Chiusa la cassa di mogano, ne ritirò le
due chiavi il conte della Costanza, ed il fe-
retro restò nella cappella sino a'3 i marzo.
In questo terminata la tomba reale fab-
bricata appositamente con l'assenso im-
periale nella cappella di s. Carlo borro-
meo nella stessa cattedrale, con l'assisten-
za del capitolo e clero presieduti da mg.'
vescovo, della regia servitù, del d.r Ivan-
deler e d'altre distinte persone della città,
fu posta la cassa di mogano in altra mor-
tuaria di legno, e così fu collocala nella
tomba. Cantatosi un Non reeorderis, e
data l'assoluzione da mg.r vescovo,si chiu-
se il sepolcro e sul quale dipoi fu messo
un marmoreo epilallio. In seguito fu ce-
bi alci la messa di requiem dal canonico
curato, coli 'intervento di mg.' vescovo,
del capitolo e clero, oltre le persone della
real casa e della citlà, e delle milizie ci vi-
T R I T RI 25 7
che inviale dalla municipalità. Di tutto appunto trovavasi vicino a raccogliere il
questo ne rogarono l'atto il tl.'Kancleler e frutto della vittoria, e quindi immortalu-
<1. A zeoaga. Terni inerò questo est ratto de- ne il suo nome. Per altre notizie sulla cit là
gli ultimi periodi di vita e tumulazione e porto-franco di Trieste, si ponno ve-
de! real conte di Molina,clie ricavai dalla dere: Ireneo della Croce, Istoria antica
Memoria pubblicala da'suoi fedeli servi- e moderna, sagra e profana della città
lori, coH'aggiungere con essa. Che l'au- di Trieste celebre colonia de' cittadini
gusto Carlo V fu pianto in morte, quanto romani, Venezia 1698 con figure. G. A-
amato in vita da'suoi numerosi amici, e gapito, Compiuta e dislesa descrizione
rispettato dagli stessi nemici. Che seppe della città e porto-franco di Trieste,
meritarsi vivente la particolare stima de- Vienna 1 8 ^ 4- £**• Matteo di Bevilacqua
gl'imperatori e delle imperiali famiglie siciliano, Descrizione della fedelissima
d'Austria e di Russia, che ne coltivalo- imperiale regia città di Trieste, Vene-
no le relazioni personali, non meno di zia 1820. Guida al forastiero nellac.ittà
quella d'altri principi europei. Il popolo di Trieste, ivi, per Papsch e compagni
triestino eziandio lo amò in vita e lo ve- tipografi del Lloyd Austriaco, 1 841». Il be-
nerò in morte, benché per lui principe uemerito dell'Istria d.1 Pietro Kandler,
Straniero, e forse fu sincero interprete del Pel fausto ingresso di mg.1' d. Bartolo'
popolo spaglinolo, che senza dubbio lo meo Legai vescovo di Trieste e Capo
pianse in silenzio. Il vescovo di Trieste fé- d'Istria, Trieste f 847-
ce mostra delle sue evangeliche virtù, re- La fede cristiana fu annunziata a Trie-
candori assiduamente ogni giorno a con» sle fino dall'anno 5o dell'era corrente,
furiare la desolata regia famiglia, inge- per opera di s. Giacinto invialo da s. Er-
gnandosi con soavi modi di sollevarne magora, il quale dall'evangelista s. Mar-
l'abbattutoanimojcoine pure prestandosi co,per incarico del principe degli apostoli
con zelo a lutto l'occorrente, e prenden- s. Pietro, era stato preposto a vescovo di
do personalmente parie a tutti gli onori Aquileia, venne con letizia e frutto ac-
fuuebri resi all'illustre defunto. +J* Que- colto, e ne'pi imi 3 secoli numerosi inar-
sto virtuoso principe spaguuolo fu ino- tiri suggellarono col sangue la dottrina
dello di privale e domestiche virtù, per nuova dell'evangelo. Tali furono Primo
la sua straordinaria affabilità, e per la no- compagno di Giaciuto, considerato daal-
billà del suo animo veramente spagnuo- euni per protomartire della chiesa trie-
lo. La sua modestia singolare e le sue vir- stina; Marco, Giasone, Celiano, s. Apol-
tù poste nel crogiuolo d'ingenti tribola- liuare, diverso da quello di Ravenna, s.
2Ìoui, produssero quell'amorevole caral- Lazzaro, s. Sergio, le ss. Eufemia e Te-
iere elio lo resero oggetto della compia- eia, s. Servolo, s. Giustina, s. Zenone, s.
cenza di tutti quelli che poterono avvi- Giusto. L'Oghelli riferisce che nella cal-
cinarlo. Sotto l'aspetto di uomo politico tediale si venerano i corpi de' ss. Giu-
lascio alla storia d'apprezzarlo, se sovra- sto, Servolo, Lazzaro, Apollinare e Ser-
io o principi di sua epoca, trovatisi in cir- gio,del quale ultimo diceCuleli venerarsi
costanze di perfetta analogia, seguitaro- in Roma il suo corpo. Data da Coslauli-
no la linea di condotta da lui osservala; 110 I la pace alla Chiesa e la libertà a'eri-
aeciò essa dica imparzialmente «pianto il stiauiper l'esercizio del loro culto, questi
mondo ha diritto d'esigere, anche sulla poterono costruire il principale e pubbli-
memorabile iotta instancabile durata un co tempio, e lo fecero nel finir del IV o
setleuuio contro4potenzecollegateemu- sul principio del V secolo nel Ganopido-
nite di forze formidabili, senza cedere ad glio, colle rovine di quello già iuualzalo
altro che all'infame tradimento, quando a Giove, Giuuoue e Miuerva,dedicaudoto
a ìrT T II I
alla D. Vergine Mutria. Già però notai che
il i ."tempio de'crisliaui in Trieste fu quel-
lo di 6. Silvestro I, stalo abitazione delle
ss. Eufemia e Tecla, ed uve i primitivi
fedeli si adunavano affiti preghiera ed a
celebrale le loro liturgie. Nel .024 Teo-
dorico re de' goti permise l' istituzione
de' vescovati nell'Istria, ad intercessione
di Papa s. Giovanni 1, fra' quali anche
questo di Trieste, e uè fu protoepiscopo
Frugifero non conosciuto dall'Ughelli e
riportalo dal Coleti, il quale sottoscrisse
la donazione del potano Massimiano ar-
civescovo di Ravenna, fatta alla chiesa
di s. Maria Formosa o di Canneto da lui
eretta in Fola, e fabbricò il duomo in o-
norede'ss. Giusto e Servolo triestini, poi
riunito alla basilica di s. Maria, onde di
due se ne formò una,collocandovi i corpi
di delti santi titolai i, e di quegli altri mar-
tiri che avenno nobilitalo la loro patria :
nella stessa epoca s'istituì il capitolo del-
la cattedrale. Conviene qui riferire, che
la diocesi di Trieste descritta dalì'Ughel-
li era maggiore dell'antico territorio del-
la colonia romana di Tergeste, perchè
abbracciava l'intuente e Mutria. Passa-
ta 00
la poco dopo l'Istria in potere degl'im-
peratori greci, e l'Italia superiore in po-
tere delongobardi, fu di questi Aquileiaj
Trieste e Grado (nella quale era stata
trasportata la sede poi patriarcale d'A-
quileia, da Niceta e da Paolino* e stabilita
da Elia con autorità di Pelagio 11 Papa
nel ^79, secondo il Novaes) de'greci,cho
in baverina tennero un esarca al gover-
no di tali parti d'Italia che greche rima-
sero. Le divisioni politiche smembraro-
no pure il patriarcato in due, quello di
Aqnilcia pe'longobardi, quello di Grado
pe'greci, dimodoché il vescovo di Trieste
a ([nello di Grado era soggetto come a
suo metropolita, ccon lui fu involuto ne'
tentativi di togliere all'ubbidienza della
s. Sede, insieme a /ùivttim/, l'Istria nello
scisma de' Tiri \ipitt,H(l '.), tentati vi che
i<n imi uno fruttranei.il umetto scisma de'
Tre Ca/ululi^lw lacerò tu Chiesa più di
TRI
100 armi, forse v'involse Frugifero, ma
certamente l'immediato successore e gli
altri, almeno in buona parte. Venuta
Trieste in potere di Carlo Magno, Aqni-
leia ricuperò i suoi diritti metropolitici
sui prelati di Trieste, i quali pressoché
tutti si scelsero fra'capilolari d'Aquileia,
meulie a' tempi de' greci sembra che si
scegliessero fra'monaci. Intorno al 1 odo
le liberalità degl' imperatori e de'ru d'I-
talia, comedi già narrai, arricchirono di
molte donazioni la camera episcopale, di
altre varie regalie nella città slessa di
Trieste; oltre molte castella de'suoi din-
torni, possederono i vescovi O.nago, Ca-
liselo sul Leme, i due castelli di Verino,
ed allre molte terre sulla cosla istriana.
Conformandosi all'esempio de'patriarchi
d'Aquileia ed allo spirito de' tempi, i pre-
lati triestini ebbero numerosi vassalli e
militi per servizio di guerra, e non isde-
gnarono di trattare essi medesimi le armi
al seguito del patriarca; la quale loro con-
dizione mettendoli a contatto co'poteuti
del secolo, ed attirando sopra di loro ni-
mistà e guerre, li pose a gravi strettezze,
perchè ricusato da multi vassalli l'omag-
gio, e datisi ad altro padrone, devastate
le terre della chiesa, mancarono loro i
redditi a sostenere quel fusto e decoro che
doveauo sfoggiare alla corte del patriar-
ca, che in ogni anno avevano debito di
visitare e seguire. I vescovi, perduti molti
feudi, gravati di debili, doverono nel se-
colo XIII patteggiare col comune e ven-
dere a questo i diritti che avevano sulla
città; ed è degna di lode la moderazione
loro, se ne'lempi di massima prosperila
non vollero estendere e consolidare il lo-
ro potere terreno. Alcuni vescovi porta-
rono il titolo di conti di Trieste. Venula
Trieste in dominio di casa d' Austria, i pre-
lati triestini niuna relazione conservaro-
no col patriarca, più di quella ch'esige-
vano la dipendenza gerarchica e gli uflisi
della religione ; l'influenza de'palriarchi
sulla scelta de'vescovi andò cessando. I.a
quale scelta esercitala poi dal capitolo del-
t a i
la cattedrale, dando occasione troppo fre-
quente a scandali ed a scissure, per in-
dulto pontificio si devolse nel secolo XV
all'encomiata casa d'Austria, la quale pel
i ."nominò Enrico 111, dopo di avere il du-
ca Leopoldo il Lodevole ingiunto al ca-
pitolo d'astenersi di procedere all'elezio-
ne del vescovo. Nel secolo XVI la chiesa
triestina, lasciato il rito aquileiese, che
dicevasi volgarmente patriarchino.adotlò
il romano nel i 586. Dipoi nel i 7 5 1 per la
soppressione del patriarcato d' Aquileia,
Trieste fu dichiarata suifraganea del nuo-
vo arcivescovato di Gorizia, da cui di-
pendette sino al 1788, nel quale anno,
menlre appunto accrescevasi della dioce-
si di Pedana nell'Istria austriaca, venne
il vescovato di Trieste soppresso e desti-
nato a far parte della diocesi di Gradi-
wv7,fc»tla sulfraganea di Lubiana. Ma po-
co dopo il 1 790 restituita a Trieste la se-
de vescovile, ebbe anzi ad aumentarsi nel
1Ò28 colla diocesi soppressa di Emonia
o Città Nova; cosicché in oggi si com-
pone di 3 vescovati, non calcolato quello
di Capo d'Istria, perchè dali83o unito
soltanto nella persona dello stesso prela-
to, ed ambedue sono tuttora suffraga nei
di Gorizia. Dopo il vescovo Frugifero tro-
vasi nel 56f) Gerniniano, che d'ordine di
Paolino patriarca d' Aquileia trasferì ila
questa in Grado le reliquie ile' ss. mar-
tiri. Indi nel 579 Severo Tergestinus
Episcopus intervenne al concilio provin-
ciale di Grado tenuto da Elia patriarca
d'Aquileia, e poscia dall'esareaSrnaragdo
fu condotto col patriarca Severo a Ra-
venna ad abiurare lo scisma, in cui tosto
ricaddero nel conciliabolo di Marano. Il
vescovo Firmino nel 602 per I' esorta-
zioni dis. Gregorio 1 e per gli eccitamen-
ti fatti perciò a Sraaragdo abiurò lo sci-
sma de' Tre Capitoli.Gaudenzxo nel 679
intervenne al sinodo romano di Papa s.
Agatone, in cui furono condannati i ino-
noteliti: con questi l'Ughelli comincia la
serie de' vescovi di Trieste. Nel 7 1 5 circa
Gregoriojiudi ucl 781 Giovanni l,ucl 739
T R l 2 >7
Giovanni II poi patriarca di Grado, nel
766 Maurizio, nel 788 Fortunato indi
patriarca di Grado, uell'8o4 Leone, nel-
I'8i4 Teodoro, nell'848 Giovanni III, a
cui Lotario figlio di Lodovico il Pio, ci»
vitate/n Tergcslum donavi V, ma sembra,
secondo Ughelli,che questo Giovanni fio-
risse nel 948, e la donazione doversi piut-
tosto attribuire a Lotario figlio di Ugo.
Taurino fiorì nel 909 e fu caro a Beren-
gario I re d'Italia, il (piale gli donò i due
castelli di Verino nel territorio di Paren-
7.0. Radaldo del 929, e siccome in questo
tempo i vescovi di Trieste amministra-
vano la diocesi di Capo d'Istria, il re Ugo
gli donò il vescovato di Sipar e Umago.
Nel 948 Giovanni IH, se non si ammette
il precedente di tal nome, viceversa il IV,
al quale si attribuisce la donazione di Lo-
tario figlio d' Ugo, del dominio tempo-
rale di Trieste e suo territorio nell'esten-
sione di 15,000 passi, dicendosi nel di-
ploma, prò amore Dei, animaeque no-
stri patris, ìiostraeque remedio: inoltre
ebbe in dono nel 963 dal patriarca d'A-
quileia Rodoaldo il castello di Rovigno,
allora della chiesa di Parenzo, ed assistè
alla cousagrazioue di quella cattedrale e-
seguita dal patriarca. Nel 990 Pietro I,
secondo il Coleli nel 1. 10, p. 34*> dell' /-
lalia saera. Ricolfo nel 1 006 intervenne
al concilio di Francfort. Adalgero nel
I o3 t assistè alla consagrazione che Pop-
pone patriarca d'Aquileia fece di sua ba-
silica da lui edificata in onore della B. Ver-
gine ed esistente ancora in Aquileia, e nel
1072 prestò il suo consenso alla donazio-
ne che fece Poppone della chiesa di s. A-
pollinare posta nella sua diocesi, a Zeno-
ne abbate del monastero di s. Nicolò del
Lido in Venezia. Eriberto vivea nel 1 002,
ed amministrava la chiesa di Capo d'I-
stria, come da quasi 3 secoli aveano fatto
i suoi predecessori. Neh 106 Erinicio o
Enrico, indi nel 1 1 i5 Artuico. Nel 1 m4
Hortacio tribuno donò a Memo abbate
di s. Giorgio di Venezia, la chiesa e i beni
de'ss. Martiri di Trieste. Neh i34 Diati-
2 58 TRI
moro o Diasimaro, die nel ! 1 ^o inter-
venne in Verona alla consagrazione della
chiesa di s. Giorgio, falla dal patriarca
d'Aquileia Pellegrino. Nel i 1 48 Ber-
nardo, che nel i 177 donò a' suoi cano-
nici delie possessioni e intervenne alla
pace conclusa in Venezia tra Papa A-
lessandro 111 e |* imperatore Federico I,
nel quale anno fu stabilito cessare in lui
l'amministrazione della diocesi di Capo
d' Istria. Nel 1 1 85 Enrico 1, nel 1 188
Luitoldo, nel i 190 Volfango o Woscal-
eo canonico della cattedrale eletto dal
capitolo, sebbene il patriarca d'Aquileia
ne pretendesse la nomina, poscia confer-
mato dal Papa Celestino 111. Nel 1200
Eurico 1 Rapido o Ra vizza tiglio di Teo-
pompo nobilissimo triestino. Nel i2o3
WebaldooGeberanlo, lo stesso che Gio-
birdoo Givardo, e dal Muratori descri-
vendo le monete de' vescovi di Trieste
chiamato Civardo; è ricordato in un di-
ploma d'Ottone IV del 1209, diretto a
V'altero o Volfechero patriarca d'Aqui-
leia, e nel 121 1 nella decisione senten-
ziata da quel prelato tra l'abbate Mosa-
cen o sia di Moggio e il conte di Gorizia.
Nel 1212 Corrado lìoj ini dalla Pertica,
intervenne ad una sentenza del rammen-
talo patriarca, nel 1 223 ottenne dall'im-
peratore Federico 11 la confi nua de'pri-
vilegidi sua chiesa, e fu munifico co;ca un-
nici della cattedrale. Nel 1 232 Leonardo l
o Bernardo di Cuccagna, inetto per infer-
mità, onde nel 1233 scrisse al patriarca
Gregorio d'Aquileia il Papa Gregorio IX
acciò l'esortasse a rinunziare, onde il capi-
tolo che lo avea elettogli sostituisse altro
idoneo. Nel 1235 Giovanni IV, che visse
in turbolentissimi tempi di guerre, ed a
cui'serisse Gregorio IX forse per segua-
le parti di Federico 11 nemico della Chie-
sa. Nel 1237 onci 1253 Volrico o Odol-
l'ico de Portis, ma la 2/ data forma ana-
cronismo con dirsi dall' Ughelli che fu
al concilio di Lione I, per la deposizione
di Federico II, il quale fu celebralo nel
12.J5, e udì 2 46 intervenne alla aculeo
TR I
za data dal patriarca d'Aquileia Bertoldo
in favore del vescovo di Parenzo: bensì
neh 253 seguì Rolaldo patriarca d'Aqui-
leia, che con 3o,ooo uomini cinse Bre-
scia d'assedio, contro Mainardo conte di
Gorizia che strenuamente la difese. Di-
ce l' Ughelli, che sebbene si trovò costret-
to per 800 marche di vendere a'triestini
il castello Pastorium, oppignorata lati-
funi Ha a suo antecessore multa re.de-
init. Nel 1254 Guarniero o Givardo ca-
nonico d'Aquileia eletto dal capitolo, con-
ico del quale s'intruse Allungo de Visgo-
ni o Wocisperch canonico della calle-
di ale, e postulalo da alcuni suoi colleglli ;
vi ripugnava Innocenzo IV e nondimeno
scrisse a'vescovi di Pola, di Pedena e di
Capo d'Istria, che se idoneo lo confermas-
sero; indi il successore Alessandro IV non
volle ratificare la sua elezione o lo depo-
se. Pure sembra che fosse consagrato, e-
sercitasse giurisdizione, e coniasse mone-
ta, ed ecco perchè il suo governo durò ol-
tre il 1 255, che Muratori parlando di sue
monete ritenne continuare nel vescovato
dopo le censure da cui era allacciato. Nel
12)5 Alessandro IV riconobbe e confer-
mò in vescovo di Trieste Givardo , che
PUghelli chiama Guaroerio; e nel 1260
era vescovo Leonardo o Leonida, il qua-
le coniò le sue monete; indi si trova uno
vameufe vescovo Arlongo nel 1262 (pia-
le legittimo pastore, e visse sino al 1282
circa. Il Coleti però dice che nel 1273 vi-
vea il vescovo Antonio, secondo il Bucel-
lino. Nel 1282 Ulviuo o Ulivino de Por-
tis, al cui tempo, veneti Itane eìeilatem,ir-
rito conaUi obsederunt. Nel 1286 a'iq
febbraio il vescovo Oliverio, che dev'es-
sere il medesimo Ulviuo, fu eletto arbitro
a definire la controversia ch'era fra il do-
ge Giovanni Dandolo, e il patriarca d'A
quileia Raiinomlo.Nel 1 287l>rissadeTop-
po : Hic militare magis, quani episco-
p<iìc gessi!, imperami. Eternai timi do-
mi', tumforis, lùclesiac sibi ereditar, ar-
matili /ma defendi t, ejusdemqueEccle-
siae. Ter gè sii ni s civibus alia uotjura di'
TU I
vrndidit , duriori urgente, necessitale ,
prò cudendì denarios tantum sil/i jure
reservato. Nel 1299 Giovanni V de Tur-
ris.Neh 3oo Enrico II Rapi ciò o Ra vizza.
Neli3o3 Rodolfo Pedrazzani Morandini
del castello di Rebecco, restaurò e ornò
la cattedrale ampliandola colla riunione
delle due chiese di s. JYlaria e di s. Giu-
sto;ridusse a miglior forma il palazzo ve-
scovile, redense diversi beni della mensa
impegnati, e fu l'ultimo vescovo a coniar
moneta. Morto nel 1 320, insorta questio-
ne sulla scelta del successore, Giovanni
XXII nel 1 3^3 dichiarò amministratore
fr. Gregorio domenicano vescovo di Fel-
tre e Belluno, e trovandosi nella curia pa-
pale d' Avignone ivi morii nel 1327. In
questo il Papa trasferì da Sagona a Trie-
ste fr. Guglielmo Franchi de' minori, e
morendo nel 1 33 1 fu sepolto nella chiesa
di s. Francesco del suo ordine. Nel mede-
simo anno fr. Pace da Vedano domeni-
cano milanese, clie quale inquisitore con-
tro gli eretici a vea scomunicato Matteo I
"Visconti signore di Milano co' suoi figli,
su di che gli scrisse Benedetto XII. Nel
suo vescovato, Trieste: Veneti ejurata
pace, liane civìtatem invaseruntj ilice/ uè
decessili 34o, post cuj'us excessum. Per
morte di Giovanni Gremon dal capitolo
postulato, Clemente VI nel i342 elesse
Francesco 1 Amerino o d'Amelia, scola-
stico di Tulle e cappellano delPapa.il qua-
le l'inviò nunzio in Ungheria e nel i34t>
traslatò a Gubbio: in sua vece nominò in
detto anno Lodovico della Torre milane-
se, eneli35o lo trasferì ad Olona e poi fu
patriarca d' Aquileia. Nello stesso i35o
Antonio Negri veneziano decano di Cre-
ta,ch'ebbe lunghe e gravi contese «/trie-
stini pe'tribuli già alienati da'predecesso-
ri, pel castello di Morii e altri beni di sua
chiesa; assunse il titolo di conte, minac-
ciò o fulminò le scomuniche, finché per
arbitri si pacificò nel 1 3^2. Hausitocu-
lis lue praesul Tergestinae civi'lalis a
veneta illaium cxcidium.Nel 1 368 aven-
do rinunziato, fu fa Ito arci vescovo di Cre-
T R I
2?
9
la. Neh 368 medesimo dalla sua patria
Chioggia vi fu trattato fr. Angelo. Dici 8
kal.jcbruarii anno 1 3 80 Tergestinain
civìtatem Pannoniae rexvenetis ade/ni.
Morto nel 1 383 gli successe fr. Enrico 1 1 1
de Wildenstein moravo o boemo, bene-
detliuooagostiniano, già f escovo diCroa-
zia. Nel 1 38 5 conflagrò la calledralee l'al-
tare maggiore a'28 novembre, nel i3g '7
tenne il sinodo diocesano, ed accusato a
Bonifacio IX (pud dilapuiatoi ede'beni di
sua chiesa, nel l 3g6 lo trasferì a Pede-
na, a fronte che Guglielmo tutore d'Al-
berto IV duca d'Austria avcs%e preso a
proteggerlo: auch'egli s'intitolò : Dei et
Apostolicae Scdis grada Episcopwn et
Comiteni Tergestinum. In pari tempo il
Papa traslatò da Comacchio a Trieste Ir.
Simone Saltarelli fiorentino domenica no,
maestro del s. palazzo e insigne teologo lo
chiama l'Ughelli: JTunc aegriuxulis ter-
gesti/li iuiuebautur, (pappe qui malvis-
sent civem sibi praeesse, qua ni exler-
num; ideoque satis contentiose e/its E-
jn'scopatus dici tur iuiisse posscssionem.
Decesso nel i4oS,GregorioXII gli sostituì
nello stesso anno d. Giovanni VI abbate
benedettino di s. Maria di Pi aglia e pado-
vano; indi eletto nel giugno i4°9 utd si-
nodo di Pisa Alessandro V, lo trasferì a
Tripoli, ed a' 9 agosto dichiarò vescovo
della patria fr. Nicola I de Carturis mi-
norità triestino, ornato di rare virtù:mor-
lo nel 1 4 1 (i, fu sepolto nella chiesa di s.
Francesco, ov'era stato guardiano, ora s.
Maria del Soccorso. Neh 4' 7 fr. Giaco-
mo Arigoni de Balardi domenicano, già
maestro del s. palazzo e vescovo di sua pa-
tria Lodi, intervenne al concilio di Costan-
za. Traslato ad Urbiuo nel i424> Marti-
no V dichiarò vescovo di Trieste Mari-
no deCernotis,già d'Arbe e allora diTrau,
mentre il capitolo avea eletto Nicola de
Aldegai di triestino e canonico scolastico;
ma per la viziosa sua elezione il Papa lo
rigettò, tornando alla vita privata, cum
a pud cum plus valuisset Potili ficis an-
etori las , quam Coesori* viole/iter jus
26o T II [
usurpatimi, seri ve Ughelli. Si deve inten -
dere Federico figlio del duca Ernesto, ohe
peli ."s'intitolò arciduca d'Austria, dopo
il i 4^9 fu eletto imperatore e nel \/±5i
coronato col nome di Federico 111. Par-
lando l'Uglielli del vescovo Marino, sog-
giunge:?^ cimi obsistenlibus en>ibus,ele-
roque, novi ter electus sibi demandatani
voti posset adire sedem, Martinus Fuori
modo eleruni , sed popahmi ipsuni su-
spendit,exi li oquctnu Itavi l in tr usimi ,do~
uve ex auctori late Romani Ponti fìcis- at-
tributo Pastori sibi pa rendimi esse ar-
bitrarelur. Tranquillati gli animi, il ve-
scovo governò liberamente, intervenne al
concilio di Ferrara, e morendo neh 44'»
Eugenio IV Papa die luogo al già desi-
gnato dal capitolo Nicola II de Aldegar-
di; pio e santo pastore, che edificò la chie-
sa di s. Sebastiano, e generosamente la
tlotòdi beni, morendone! r 4 47* Posteti-
j'us exeessian Fridericiis I II rex roma-
no rum ob ti imi t a. RomanoPonlifiee(\Lu-
genio \\ ) jus praesentandi i tani sibi,
annui suis successoribus,ad liane Ter-
gesti nani sederti in Episcopum eligen-
dum, e a tamen lege, etconditione. ut no-
minarentexternum, quo tergesti/li tran-
(iiiillius degerent sub nulli obnoxio Pa-
store. Quibits lameneonditionibus Cae-
.sares non s teiere: seriberemagis, qua/n
aecipere lege.s assueti. Federico IH no-
minò successore il dottissimo ed eloquen-
tissimo Enea Silvio Piccolo/nini di Sie-
na, già suo segretario e ambasciatore, ed
allora segretario e suddiacono apostolico
di Nicolò V che lo preconizzò a'5 luglio
i 447» <J°p0 avere rigettato il decano di
Trieste Aulonio de Goppo eletto dal ca-
pitolo, non ostante il divieto d'Eugenio
IV. Il Piccolomini, sebbene da tal Papa
fosse fatto canonico di Trento, non era
oncora sacerdote. Praefuil ad lres,et co
amplios annos tanta populi terge stini
gralulatione , ut eivetn, non e.t termini
hominem ridere tur exeepisse. Impiega-
lo nell'ambascerie imperiali, non si recò
a Trieste che nel 1 449» v'intrapresela vi-
TRI
sita pnstorale della diocesi, ed a'^4 otto-
bre dell'anno medesimo fu trasferito al-
la sua patria Siena, di cui prese possesso
a' 12 del seguente gennaio, rilevando il
Pecci nella Storia del vescovado di Sie-
na, perchè l'Urgngieri e l'UghelIi (che se-
guii nella biografìa e mi rettificai «Siena),
Io dissero Iraslato nel i4?o: per amor pa-
trio ricusò le sedi di Warmia e di Rati-
sbona, Calisto HI lo creò cardinale, ed a
questi successe nel pontificalo col celebre
nome di Pio II (f .), Memore del gradi-
mento mostrato da'triestini alla sua per-
sona nel breve tempo dell'episcopato, do-
po aver confermato agli arciduchi d'Au-
stria il privilegio di nominare i vescovi
di Trieste , definitivamente cessandone
la prerogativa al capitolo, al quale limilo
■quella dell'elezione de' propri canonici,
mediante le alternative con esso, il Papa
e il vescovo, però concedendogli l'inse-
gna corale dell' almuzia e al duomo ac-
cordò varie indulgenze. 11 capitolo per e-
ternare la memoria che un suo vescovo fu
sublimato alla cattedra di s. Pietro, e del-
le grazie elargite, gli pose un' iscrizione
marmorea sulla facciata della cattedrale
presso la principale porla. Neh 4^o Lo-
dovico della Torre, Iraslato neh 4^i ad
Olorensis sedis (non Oleron di Francia,
non esistendo nella Gallici Christiana),
ed a'i5 maggio gli fu surrogato il sun-
nominato Antonio 11 de Goppo, già ri-
cusato da Nicolò V, lodato qual vigilan-
tissimo pastore, che celebrò il sinodo dio-
cesano, clerimi siiuin ad emenda tissimos
instituit mores, e dopo circa 35 anni di
governo nel 1 4&5 morì. Nel 1 487 Acacio
di Sobriach nubiledella Cariutia, dall'im-
peratore insignito del titolo di principe.
Ne!i5oi Luca I de'conti Rinaldi, a cui
neh5o2 successe Pietro II Bonomo trie-
stino, segretario di Federico III e Massi*
indiano \,bonis artibiis excoltieral ani-
mimi, mores que entendaverat ad libel-
lum pnudentiae. Ne'jG anni del suo epi-
scopato ottenne la conferma imperiale
ai privilegi di sua chiesa, rifece e abbellì
TRI
splendidamente il palazzo vescovile, in-
tervenne al concilio generale di Laterano
V, fu amministratore della chiesa diVien-
na, e secondo Ynice.\\\no.prim usci ite titil-
limi Principis assecniutus estj lasciando
gran desiderio di se, mori neh 546. Nel
seguente Fi ancescoll JosephichdeltoRiz-
zano o Rillano dalmatino, traslato da Se-
gna sua patria: paucos menses admini-
stravit Ecclesiam, sìquidem cum in su-
spirioncin venisset, in exilium piilsus,
confectus moerore, vitam finivit. In sua
vece nel 1 54g Antonio IllPareguezoPor-
raghe spaglinolo di Castelicius, traslato
nel i558 all'arcivescovato di Cagliari, ove
fu esortalo da Pio IV a far uso modera-
to delle censure, e intervenne al concilio
di Trento. Di questa città fu il successore
Giovanni VII de Bella o Berla abbate be-
nedettino di s. Gottardo. Morto nel 1 566,
gli successe Andrea de Rapido triestino,
l'ir eia rissimus, veneno fuit sublatus. Nel
1574 Giacinto Frangipani del Friuli, che
morto nello stesso anno, nel 1 575 gli fu
surrogalo Nicolò IH Coret di Trento, il
quale fece abbellimenti all'episcopio. Mei
i5c)i Giovanni Vili de Bogarino nobile
di Gorizia, già alunno del collegio Ger-
manico di Roma, precettore di Carlo ar-
ciduca d'Auslria, lodatissimo e virtuoso
pastore. Nel 1598 Ursino de Bertis tri-
dentino o friulano, chiaro per le sue le-
gazioni a Roma , in Lombardia e nella
Spagna,leggendosi nell'epitaffio nella cap-
pella di s. Carlo del duomo ove giace, l'e-
piscopi et Comitis Tergestini, che mori
nel 1620. In questo o nel 162 1 fr. Rinal-
do Scarlichio ungaro de'rainori conven-
tuali, neli63o trasferito a Lubiana, la-
sciando di se onorala memoria. Da Pede-
na ne' p63 t vi passò Pompeo de'baroni
Coronini di Gorizia. Morto nel 1646, in
queslo gli successe AntoniolV baroneMa-
renzi, anch'esso già di fedena. Da que-
sta pure vi venne nel 1 663 FrancescoMas-
similiano de Vaccano di Gorizia, degno
paslore,morto nel 1 672. Nello stesso Gia-
como Ferdinando de G01 izzutti di Gori-
T R I 261
zia. Nel 1692 Gio. Francesco Miller nobi-
le d'Aquileia, dottore in teologia, cui poi
per la sua avanzala età e cagionevole sa-
lute, gli fu dato per coadiutore, con spe-
ranza ili futura successione, Guglielmo de
Leslie scozzese d'Edimburgo, col titolo di
vescovo di' Aìidera in parti/ms, ma trasla-
to nel 17188 Lubiana, ottenne per altro
coadiutore con egual speranza di succes-
sione Giuseppe Antonio de'baroni Del-
mestri di Cormons, prete d'Aquileia, mae-
stro in teologia, fatto vescovo d' Aulirla
in partibus: questo per morte di Miller
gli successe nel 1720. Poco visse Delme-
st ri, onde a'26 giugno 1724 gli fu sosti-
tuito il fratello Luca li Serlorio de'ba-
roni Delmestri di Cormons diocesi d'A-
quileia. Nel 1 740 Giuseppe AnnibaleLeo-
poldo de'conli Petazzi di Vienna, poi tra-
ilo to a Lubiana. A suo tempo Benedet-
to XIV colla bolla Jnjuncta JVo/jÌs, ilei
6 luglio i75i, Bull. Di-ned. XIl\ l.3,,>.
1 77, ad istiinza dell'imperatrice M.'1 Te-
resa, e del doge e repubblica di Venezia,
soppresse il patriarcato d'Aquileia, ed in-
vece eresse gli arcivescovati di Udine e di
Gorizia. Tra' suffragane! deli. "vi com-
prese i vescovati di Capo iV Istria e di
Città Nova; e fra quelli assegnati alla
metropolitani di Gorizia, vi comprese
Trititi e Pedina. E colla bolla Sacro-
sanctae Militantis Ecclesiae, de' 18 a-
prileiySa, Bull. cit. t. 4, p. sprovvide a
quanto riguardava il nuovo arcivescova-
to di Gorizia. A '6 aprile 1761 divenne ve-
scovo Antonio Fernando de'conli d'Her-
berstein di Vienna. A' 24 aprile 1 77 5
Francesco Filippo de'conli Inzaghi di
Grain o Gralz diocesi di Secovia, il qua-
le si recò ad ossequiare Pio VI in Gori-
zia, quando nel 1 782 l'onorò di sua pre-
senza. Lo slesso Papa Pio VI ad istanza
dell'imperatore Giuseppe II, il quale già
avea soppresso i cappuccini e cambiato
l'ospedale in episcopio,colla bolla /// Uni-
versa gregis, degli 8 marzo 1 788, Bull.
Rom. cont. t. 8, p. 1 ?.4> elevò la chiesa di
Lubiana in arcivescovato, e soppresse
?6* T R r
quello ili Gorizia. Indi colla bolla Super
Specula, de' i q agosto i 788, Bull. Ilom.
conti t. 8, p. 2 io, eresse In chiesa vesco-
vile di Gradisca nella Corniola, e sop-
primendo le sedi vescovili di Trieste e Pe-
dena, vi formò la nuova diocesi vescovi-
le, alla quale sottopose la chiesa già sop-
pressa e arcivescovile di Gorizia; Gradi-
sca dichiarandola suiTraganea di Lubiana,
della qua le erano pure suffraganee le chie-
se di Segna e Modrusca unite. A r." ve-
scovo di Gradisca, Pio VI preconizzò il
già vescovo di Trieste Inzaghi, nel con-
cistoro de' \5 dicembre 1788, col titolo
di vescovo di Gorizia ossia di Gradisca;
ma trovando che mancava di cattedrale
e dì episcopio, ritornò a Trieste a farvi
la residenza, siccome compresa fieli > sua
nuova diocesi, passando poi a dimorare
in Gorizia nella restituzione della sede, di
cui vado a far cenno. Divenuto impera-
tore Leopoldo II, a rimediare tali scon-
certi, ottenne che Pio VI colla bolla Re-
cti^prudentisqueconsiliis,^' 1 2 settem-
bre 1791, Bull. Rom. cont. t. 9, p. 5i,
ristabiliste il vescovato di Gorizia, vi tra-
sferisse da Gradisca la sede e residenza
episcopale, la cattedralità e il capitolo, e
che il vescovo s'intitolasse di Gorizia os-
sia Gradisca; che ristabilisse ancora la se-
de vescovile di Trieste mediante :a bol-
la Ad supretiium militanti'! Kcclesiae,
data nello stesso giorno, Bull. cit. p. 53,
nuovamente dismembrandola dn Gradi-
sca, dalla quale tolse pure Pedena e l'u-
ni a Trieste. Nel formare il nuovo capi-
tolo della ripristinala cattedrale di s. Giu-
sto, Pio VI dichiarò 1 /dignità il prepo-
sto, 2.a il decano; quindi fece sumaganea*
dell' arcivescovato di Lubiana la sede di
Trieste. Nel concistoro poi de'26 settem-
bre 1 79 1 promulgò in vescovo di Trieste
Sigismondo de' conti d' Hochenwart di
Gerlachstein diocesi di Lubiana, già ge-
suita e maestro di Francesco I, poi a' 12
settembre 1794 traslalo a s. Ippolito e
quindi arcivescovo di Vienna ; mentre
l'antico vescovo di Trieste Inzaghi, poi di
t n 1
Gradisca, toera divenuto di Gorizia, sen-
za che le Notizie di Roma lo rimarcas-
sero nella enumerazione delle diocesi ed
epoche della promulgazione de' vescovi.
A'27 giugno 1 797 Ignazio Gaetano deBu-
set di Tareschendorf diocesi di Lubiana,
già alunno del collegio Germanico e vica-
rio capitolare di Trieste, morto nel 1 8o3.
Per le vicende politiche e molteplici dei
gravi tempi che si successero, la sede re-
stò vacante del pastore , finché Pio VII
nel concistoro de' 1 3 agosto 1821 dichia-
rò vescovo Antonio V Leonardis di Go-
rizia, che governò lodevolmente. Alla sua
epoca Leone XII colla bolla Locum inul-
ti Petri, de'3o giugno 1828, Bull. Rom.
cont. 1. 17, p. 375: Suppressio, et tinta
plurium Kpiscopalium Sedium in Dttl-
matia,et Istria ad Adriatici maris ora*.
Fra le altre cose dispose, che la sede ve-
scovile di Emonia o Città Nova (dissi
in quest'articolo, colle Notizie di Roma.
che lo registravano vivente nel 1 835, mor-
to in quell'anno l'ultimo suo vescovo, mi
invece egli era decesso a'23maggioi 83 1),
si sopprimesse e fosse unita a quella di
Trieste, alla morte del vescovo che la go-
vernava, a Trieste inoltre dovendosi mu-
re il vescovato di Capo d' (stria ; ordi-
nando ancora i rispettivi capitoli, ed a
quello di Trieste assegnò le dignità del
preposto, dell' arcidiacono, del decano.
Morto il vescovo Leonardis nel gennaio
i83o, durante la sede vacante l'impera-
tore Francesco I supplicò ilPapa Pio Vili,
perchè reintegrasse Gorizia del grado di
metropoli, poiché era Lubiana cessata del
tutto dalla dignità metropolitica e torna-
la semplicemente sede vescovile, come a-
vea decretato Pio VII fino dal 1807 a' 19
agosto, nel sopprimerla colla bollii Quae-
dam tenebrosa, presso il t.i3 del Bull.
Rom. cont. p. 2o5, sciogliendo fin d'al-
lora dal vincolo di soggezione le chiese
sulfraganee, e ricevendole sotto quella im-
mediala della s. Sede, finché egli o i suoi
successori non vi avessero provveduto con
attribuirle ad altra metropolitana. Il Pa
TU I
pa esaudì il pio imperatore colla bolla In
tuperemincnti, de'27 Inolio i83o, Bull.
cit. I. 18, p. 120, reintegrando pienamen-
te Gorizia della dignità arcivescovile, di-
chiarandola metropoli ecclesiastica del re-
gno illirico, e fra le chiese suffraganee che
le assegnò vi comprese Trieste e Capo d'I-
stria, le quali congiunse art/ne priiu ipa-
liter, assegnandone le parrocchie, ed ai-
rone sottraendone a Trieste per unirle a
Gorizia stessa ed a Lubiana. Innanzi di
compiere la serie de' vescovi di Trieste,
conviene che parli di quelli di Capo d'I-
stria., come promisi a quell'articolo, con
aggiungere alcune altre nozioni e lo slato
presente della medesima secondo l' ulti-
ma proposizione concistoriale.
Capo d' Istria, A egida, Capraria ,
Juslinopolis. Città con residenza vesco-
vile del regno illirico , a più di 3 leghe
da Trieste, anticamente la primaria del-
l'Istria e la capitale di essa, e perciòchia-
mata Capo d'Istria, situata sull'Adria-
tico nell'estremità di tale regione, e co-
me a capo di essa, sopra l'isola Egida ,
ove vuoisi che l'edificassero gli argonauti
(de'quali riparlai nel voi. LXXIX, p. 6),
ritornando dalla Colchide, e trovandola
opportuna a' pascoli delle capre si disse
volgarmente anche Capraria e Cajìris.
L'atlualecittà venendo rifabbricata e for-
tificala con permesso dell'imperatore gre'
co Giustino il del 56^, prese il nome di
(jiustinopoli. I tedeschi la dissero Ca-
fers^U schiavoniCoyj/v/.Cerloè che Capo
d'Istria è antichissima, ricordala i\.\ Plinio
col nomedi Egida: ebbe il suo incremen-
to da' fuggiaschi italiani, che nel tempo
della trasmisgrazione de'barbari, e par-
ticolarmente negli ultimi anni del regno
di Teodorico re de'goli, cercarono fra le
sue mura un ricovero. Nel 1 278 si dedicò
alla repubblica di Venezia che la fece ca-
pitale dell'Istria. Fu patria di diversi il-
lustri, come del celebre pittore Vittore
Carpaccio, secondo alcuni, ma egli soìto i
suoi quadri sempre pose il nome con Rag-
giunta di vendi opus: Benedetto, suo fi-
T R l a 63
glioo nipote,dipinse nella Rotonda di Ca-
po d'Istria ftna Coronazione della Reata
Vergine, ove si segnò veneto dipingeva.
D'infelice fama fu il dottissimo e autore
di riprovevoli opere Pietro Paolo Verge-
rlo giuniorc, famoso apostala, consagrato
da suo fluitilo Gio. Rallista vescovo di
Pola, in vescovo di iModrusca, e poi lo fu
della patria, traendo il fratello ne'suoi er-
rori. Altro Pietro Paolo Vergerlo senio-
re suo ascendente era fiorilo sul finir del
secolo XIV e nel principio del XV, ri»
guardalo come uno de'più ciotti del suo
tempo, lasciando di verse opere, fra le (pia-
li De Urbe Justinnpolij fu caro all'im-
peratore Sigismondo e intervenne al con-
cilio di Costanza. Girolamo Muzio della
famiglia de'JNuzii, letleratoe poeta, auto-
re del poema in verso sciolto intitolalo E'
gida,d\ etri non si ha che un prezioso fram-
mento de'due primi libri e del principio
del 3.° Santorio de'Santorii, l'Aristotile e
l'Esculapio istriano, sommo professore di
filosofia e medicina dell'università di Pa-
dova al principio del secolo XVII , an-
fore del rinomalo libro sulla Medicina
Statica: la pronipote Elisabetta gli pose
un'iscrizione monumentale nella facciala
della cattedrale. 11 conte Gian Rinaldo
Carli Rnbbi, celebre antiquario ed eco-
nomista,illuslratoredell'anfiteatro di Po-
la, ed autore del Ragionamento delle an-
tidata di Capo d' Istria. Trovasi nelle
diverse edizioni di sue opere, e negli ()•
puscoli del p. Calogeri t. 28, p. 1 6c). In
esso rappresenta Io stato di sua patria a
tempo de'romani, di cui fu municipio, e
rende ragione della diversità de'suoi no-
mi. La dice lontana 1 2 miglia da Trieste,
unendola un ponte con molti archi al con-
tinente. Per mancanza di documenti an-
tichi, poiché nella luttuosa guerra de'ge-
novesi contro la repubblica di Venezia,
che sol finire del secolo XI V incendiarono
l'archivio della città e una miniera d'anti-
caglie, nel sacco presero e portarono altro-
ve lecarIeelecosepiùpreziose,e persino le
più venerate reliquie de'santi,che tuttavia
?.r»4 t r i
in buona portesi ricuperarono; e perdio il
piìi che abbiasi di Capo d'Istria sta nelle
opere del Mammoli e del Naldini, il quale
nel 1700 pubblicò in Venezia, Corogra-
fìa ecclesiastica, ossia descrizione della
città e diocesi di G tua duopoli , il Carli
volle co' superstiti frammenti di antichi
monumenti ed iscrizioni illustrarli e di-
chiararli, sì i greci ed i romani, che i bar-
bari. Ripugna nel credere la venuta nel-
l'Istria degli argonauti e de'eolehi, bensì
ch'Egida fu municipio romano dell' or-
dine più distinto, aggregato alla tribù lJu-
pinia, e contare per patroni i Crassi, ricor-
dando le auliche famiglie celebri; ch'eb-
be il gius della manumissione, ed un go-
verno proprio di lei sì politico «he eccle-
siastico. Riporta la contrastata iscrizione
che ricorda la restaurazione di Capo d'I-
stria, sulla quale mg.r Filippo della Tor-
re vescovo d'Adria scrisse: Osservazio-
ni sopra mi iscrizione della città di Ca-
po d'Istria, pubblicale dal Calogeri» nel
t. 26, p.i; della quale famosa iscrizione,
pubblicala anche da Lghelii, che alcu-
ni pretendono falsa, il Carli produsse, le
opinioni contrarie e le favorevoli, ragio-
nando di tulli i nomi co'quuli viene chia-
mala questa città, la quale dopo varie e
strane vicende sotto i romani, i greci, i
marchesi d'Istria, i patriarchi d'Aquileia,
«la tributaria ch'ella era passò alla devo-
zione della repubblica veneta, dopo lun-
ga e calamitosa guerra, e nel 1278 essa
vi spedì a nome del principe Reniero Mo-
ro#ini ìli." podestà, dalla quale domina-
zione seguendo le vicende i\e\\' Istria tro-
vasi nell'impero d'Austria. La cattedrale
«li Capo d'Istria è dedicala alla D. Ver-
gine Assunta in Cielo sotto l'invocazione
«li s. Nazario(l ,)l.° vescovo della città
«• pi«»teltore di tulla la diocesi, il cui cor-
po riposa in gran venerazione ncll'alla-
re mag»i«»re. Questo è un bello e ottimo
edifìzio a 3 navale, divise da 8 pilastri,
con archi lettura mista di dorico-ionico.
Il presbiteriojche occupa tutta la larghez-
za della chiesa,è separalo dal resto di essa
TR I
da una balaustra di noce ben lavorata,
e contiene 3 altari: il maggiore è dedicalo
all'Assunzione di Maria Vergine, al quale
serve di mensa l'urna di marmo che rac-
chiude le ossa di s. Nazorio, e dietro al
quale si dilunga il coro, maestosa semi-
elissi ornata di due ordini di stalli di noce;
alla sinistra in elegante cappella è 1' al-
tare del ss. SagramentOjSeparato dal pre-
sbiterio da balaustra di bel marmo bian-
co; alla destra è l'altare della B. Vèrgi-
ne de' Dolori , espressa da antichissima
scultura in Iegno,ricco di rari marmi. Do-
po il presbiterio, vi sono altri 6altari,cioè
a destra quelli de'ss. Pietro e Paolo, della
B. Vergine e di s. Barbara; a sinistra gli
altari del ss. Crocefisso, di s. Marco e di
s. Girolamo. Una bellissima pittura di
Carpaccio è nel presbiterio incontro alla
cattedra episcopale, e delle 4 porte late-
rali della chiesa, sono rimarchevoli l'im-
poste delle due porte a sinistra , perchè
lavorate a bel bassorilievo, e tolte da un
antico tempio di Cibele, con (]ue leoni a-
venli fra le zanne una testa «li vitella co-
ronata «li pino, che il Carli chiama prin-
cipale antichità di Capo d'Istria, e spie-
ga tali simulacri: perchè Cibele in seguo
d'aver ammollito la fierezza degli uomi-
ni, o per esprimere la madre terra, si rap-
presenta sedente in seggio con due leoni,
oda questi tirata nel suo carro; che ad
essa si sacrificavano particolarmente le
vitelle, ed il pino fu albore sagro alla dea.
La facciata esterna, rivestila di marmi
istriani, è maestoso, ina nascosta in par-
te nell' ala sinistra colla massiccia torre
campanaria, opera del XV secolo. Il ca-
pitolo si compone di due dignità, lai/ è
il preposto, la 2/ il decano, di 3 canoni-
ci, 4 vicari corali, e di altri preti e chie-
rici addetti al divino servigio. Nel clero
fiorirono un cardinale, un patriarca, 3 ar-
civescovi,! 2 vescovi, e moltissimi uomini
sapienti e profondi nelle sagre lettere, pa-
recchi de'quali furono egualmente il so-
stegno dell'umanità e della religione. La
sagrestia, fra molti ricchi e pomposi ai-
TR I
redi,conserva un prezioso ostensorio d'ar-
gento, smaltato d'oro, in forma di pira-
mide, e di notabile e fino lavoro, dono
di mg.r Francesco de Andreis patrizio di
Capo d'Istria, vescovo di Scopia. Possie-
de pure una magnifica e grande macchi-
na per la divozione delle Quarant' ore,
che ha luogo dalla domenica delle Palme
al mezzodì del mercoledì santo, non che
per la festa del Corpus Domini. Essa co-
pre dall'altare tuttala facciata sino al sof-
fitto, e viene illuminata da circa 4oo can-
dele. Nella cappella propinqua alla cat-
tedrale vi è il battislerio, e la cura d'a-
nime è amministrata da un dignitario o
da un canonico assistito da uno di detti
vicari. L'episcopio è quasi aderente alla
cattedrale , e doveasi stabilire , intanto
supplendo il governo col pagare il fitto di
decente abitazione. Vi sono nella cilth al-
tre 3 chiese secolari, cioè di s. Basso, di
s. Biagio e di s. Nicola, e 2 regolari in cu-
ra de'minori osservanti e de'cappuccini,
che sono i soli religiosi in essa esistenti,
prima essendovi 6 conventi di regolali e
2 di monache; senza contare le cappelle
o oratorii, fra le quali meritano menzio-
ne quella della B. Vergine del Carmine
contigua alla cattedrale e nella quale pro-
priamente è il battistero, e cpiella di s.
Giusto rimpetto alla chiesa de'cappuc-
cini. La chiesa di s. Basso martire i.° ve-
scovo di Nizza marittima, il cui corpo
si venera in Marano di Ilipatransone, è
detta volgarmente dell' Ospedale perchè
unita all'antico ospedale di Capo d'Istria.
La chiesa di s. Biagio martire apparten-
ne al demolito monastero delle agostinia-
ne, ed è uffiziata da'confrati della scuola
dell'oratorio. La chiesa dis. Nicola di Ba-
ri, il cui quadro è di Carpaccio, serve a'
poveri del vicino ospedale. La chiesa dì
s. Anna de'minori osservanti ha 7 altari,
fra'quali ponno ricordarsi pel pregio ar-
tistico del quadro quello del ss.Crocefisso,
quello del ss. Nome di Gesù, opera di Be-
nedetto Carpaccio, il maggiore per la pit-
tura insigne che lo nobilita, e una delle
VOL. LXXX.
TRI 265
opere più belle di Gio. Battista Cima da
Cnnegliano : il convento poi contiguo si
distingue pei- la sua struttura, ed è uno
de'più belli dell' ordine. La chiesa di ».
Marta coll'annesso convento de'cappucci-
ni fu eretta per un voto fatto in occasione
della peste orientale del 162 i.Vi è la con-
fraternita del ss. Sacramento e altri so-
dalizijl'ospedalejil monte di pietà, le scuo-
le pubbliche. L'Ughelli, Italia, saera. t.
5, p. 3 70), Juslinopolitani Epìscopi , o
meglio il suo annotatore Coleti, riferisce
che in Capo d'Istria eranvi due collegi,
uno^illiricoo seminario de'chierici illirici,
eretto nell'episcopio da Paolo Naldini ,
l'altro de' religiosi delle scuole pie pe'gio-
vani di tutta la provincia. Vi fiorì pure
l'accademia de' fì/'yor^istituita nel 1 667.
La religionecristiana fupromulgata inE-
gida nel suoi .° secolo, d'ordine di s. Er-
magora vescovo d'Aquileia, il quale v'in-
viò a predicarla nell'anno 56 circa di no-
stra era, il suo diacono e discepolo s. E-
lio da Costabona, CVz.??rwrc Dona, ora pic-
colo villaggio di Capo d'Istria, e da essa
dittante quasi 7 miglia. Vuoisi che allo-
ra fosse edificata la primitiva chiesa, poi
cattedrale, la quale fu ingranditane! 210.
Le ossa di questo 2. ° protettore di sua pa-
tria si venerano in detto tempio nell'al-
tare de'ss. Pietro e Paolo, in un'urna sca-
vata entro il muro del medesimo, e si e-
spongono nella sua festa a' 18 luglio, e
in quella di s. Nazario. Quello che dico-
no i Bollandisli di sua famiglia è molto
incerlo,enon viene riferito da'patrii stori-
ci, che certamente l'avrebbero asserito se
vi fosse stato un fondamento veridico. Si
ritiene a Capo d'Istria,che la sede vescovi-
le sia stata istituita dopoché Papa s. Gio-
vanni I, portatosi a Costantinopoli verso
il 525, per contentare in parte 1 desiderii
di Teodorico re de' goti, coronato l'im-
peratore Giustino I, si dice che l'indusse
a malincuore, onde concedere qualche co-
sa agli stranieri, cioè che fossero restitui-
te agli ariani le loro chiese, e che niuno
di essi fosse obbligato di abiurarne la setta.
18
266 T R I
Per questa tolleranza religiosa, bramala
da Teodorico, aveva da questi già otte-
nuto l'erezionede'vcscovalidell'lstria, in-
sieme a quello di Egida, onde porre un
argine all'eresia degli ariani professata e
protetta da'goti. Onde si crede originalo
il vescovato rli Giustinopoli nel 524? es'
celebra per r.° vescovo s. Nazario, in che
conviene ilColeti, lenificando l'Ughelli,
che non solo ritarda il suo vescovato, ma
lo dice a." vescovo. Questo santo prelato,
principale proiettore di sua patria e dio-
cesi di Capo d'Istria, la tradizione fa na-
tivo di Bosle, villa al sud-ovest di Capo
d'Istria; fìoiì nel detto VI secolo, come
consagrato dopo il 524, e morì verso la
metà di esso a'iq giugno, in cui se ne ce-
lebra la festa. Reslòdimenticatoilsuocor-
po sino al 6oi, in cui fu ritrovato nella
cripta in medio pavimenti della chiesa
cattedrale, con una lamina di piombo che
testificava l'identità del corpo e I' epoca
del bealo transito. Ciò avvenne per una
visione avuta dal suo custode e da un
cospicuo cittadino, a'quali fu rivelato il
sito ove giaceva, ed insieme si rinvenne-
ro i corpi de'ss. Elio e Alessandro, altri
protettori di Capo d'Istria. Per altre no-
tizie si può vedere s. Nazario e l'Ughelli.
La festa del santo è solennissima in Capo
«l'Istria, con vigilia di digiuno per tutta
la diocesi. In questo giorno si espone il
busto argenteo colla testa di s.Nazario che
si custodisce nella sagrestia, e nel dì se-
guente si porta in processione veramente
magnifica, alla quale intervengono le 4
confraternite della città, sotto baldacchi-
no.le cui aste sostengono i magblrati mu-
nicipali , e nella sera dopo i vesperi col
busto si benedice il popolo, dopo essersi
scopertala cassa, che nell'altare maggio-
re ne contiene le altre ossa, alla venera-
zione de'fedcli, a'quali per la stessa t'esti-
vila si aprono le arche degli altri altari
contenenti le ss. reliquie degli altri san-
ti. Nell'Italia .sacra trovami i seguenti
vescovi. Giovanni I nel 757 consagralo
da Vitaliano patriarca di Grado, il quale
TR I
ordinò pure il di lui successore Senatore.
Indi s'ignorano i successivi vescovi di Ca-
po d'Istria, e pare che ne fossero ammi-
nistratori quelli di Trieste. Uno di que-
sti, Eriberto, esplicitamente lo riporta il
Culeti, provandolo con documenti del dfl
lui operato. L'Ughelli riporta per 3.° ve-
scovo da lui conosciuto N., promossovi da
Alessandro IH verso ili i66,ad istanza del
doge di Venezia. Ma già notai di sopra, che
talPapaneh 177 dichiarò terminare colla
morte di bernardo o Wernardo o Guar-
nardo vescovo di Trieste l'amministra-
zione del vescovato di Capo d'Istria, per
le richieste del doge Sebastiano Ziani e
del patriarca d'Aquileia Udalrico. Aven-
do il podestà e consoli di Capo d' Istria
stabilita la mensa pel nuovo vescovo,dupo
la morte dell'amministratore, il patriarca
Gotifredo neh 186 elesse e consagiò ve-
scovo Aldegario o Ardecario o Aldigero,
che nel 1212, condocumentoriportalo da
Ughelli, convenne all'accordo seguito tra'
canonici della cattedrale e il clero della
chiesa di s. Mauro dell'Isola, sulle ren-
dite della medesima. Il vescovo Assalon-
ne del 1212 consagrò nel 1222 la chiesa
parrocchiale di s. Giorgio in Pontauo, e
nel 1225 quella di s. Servolo martire. A
suo tempo Papa Onorio 111 con lettera
scritta neh 221 al decano e al capitolo,
stabilì che esso fosse composto di 1 2 ca-
nonici, come vuole l'Ughelli. Il Colelipoi
narra che il capitolo fu statuito nel 1 245
conio canonici, con lettera scritta al me-
desimo da Innocenzo IV. Questo Papa
nel detto anno 1245 elesse Corrado ca-
nonico d'Aquileia, che neh 257 consagrò
un altare in onore della ss. Trinità, della
ss. Croce e della B. Vergine, alla presen-
za de' vescovi di Pola, Trieste, Pareuzo
ed Emonia; quindi neh 265 autorizzò i
francescani di Capo d' Istria a demoli-
re la loro chiesa di s. Francesco, e de'ce-
menti valersi per rifabbricare la nuova,
alla quale pose la 1 ." pietra, per cui ne ri-
cevè lettera gratulatoria da Papa Cle-
mente IV, riportala da Ughelli, insieme
TRI
ol documento col quale il vescovo nel
1 266 rimise le decime che le monache di
s. Antonio di Torcello gli doveano per
un predio di Pira no. Azo del 1*271 fu e-
lello arbitro e giudicò le controversie tra
gli abitanti di Buie e quelli di ITtuago.
Nel 1275 era vescovo Pago o Papo, che
intervenne neh 281 al sinodo d'Aquileia
del patriarca Raimondo Torriani. Nel
i2Qi circa Vitale Simeone, il quale nel
1296 si recòin Aquileiaper comporre le
discordie, tra il detto patriarca e Brissa
vescovo di Trieste, che fervevano su ma-
terie giurisdizionali; e nel 1 299 interven-
ne alla rinunzia fatta alla presenza del
medesimo patriarca, da Artuico di Ca-
stello pel castello Invilino. Il vescovo fr.
Pietro Manolesso minorità permise alle
monache della Cella di Capo d'Istria di
professare 1' istituto francescano di s.
Chiai a,esentandoledalla giurisdizione ve-
scovile: mori nel 1 3 1 3 e fu sepolto nella
chiesa di s. Francesco, con iscrizione pres-
so rUghelli. Nel 1 3 1 7 Tommaso Conta-
rmi nobile veneto, che concesse con atto
riportato ne\V Italia tacrat in feudo le
decime di Pedena e di Villanova a* fra-
telli Colmano e Simone de Vergerlo, ras-
segnato da Celino de Sabino: nel 1 3 19
riconsagrò solennemente la chiesa di s.
Udalrico, già consacrata dal vescovo As-
salonne, leggendosene il documento nel
luogo citato. Nel 1 3^4 consagrò la chiesa
di s. Andrea di Pirano, e nel 1827 quel-
la di s. Maria de Sexe. Nel 1 3^8 fr. Ugo
da Vicenza priore provinciale de' dome-
nicani di Lombardia, nel 1 335 trasiato
a Mazzara. Nello slesso Marco Semiteco-
lo veneto, canonico di s. Marco, morto
nella città Arausiense in Gallianeli347.
1 n questo Orso Delfino nobile veneto, ret*
tore di s. Giacomo di Rialto, traslato al-
la metropoli di Creta nel 1349, poi pa-
triarca di Grado. In detto anno France-
sco Quirini patrizio veneto, pievano dis.
Maria Formosa, trasferito all'arcivesco-
vato di Creta nel 1 363, indi anch'esso di-
venne patriarca di Grado. Il Coleti ripor-
T R I b67
la un documento dal quale rilevasi che
nel 1 36| consngrò la chiesa di s. Matteo
di Pirano. Neil 364 Lodovico Morosini
nobile veneto, traslato poi a Modone a'
2 1 novembre 1 3go. In questo e nello stes-
so giorno Giovanni II Loredano patrizio
veneto primicerio di s. Marco : morì nel
i4' ' e fu sepolto nella cattedrale con e-
pitaflio pubblicato da Ughelli. Quindi il
capitolo elesse Bartolomeo de Recupera-
ti canonico di s. Marco, ma sebbene il do-
ge Michele Steno ne ringraziasse con let-
tera i canonici, Giovanni XXIII non l'ap-
provò,eiuvecegli sostituì l'altro nobile ve-
neto Cristoforo Zeno già vescovo diChiog-
già. Morto nel 1 420, in questo gli successe
Geremia Pola canonico decano della cat-
tedrale diCa pò d'Istria, il quaIe,come nar-
rai altrove, ricuperò da'genovesi i corpi
de'ss. Nazario e Alessandro, che aveano
rapito nel saccheggio della città, tratte
nendosi i genovesi per venerazione un
braccio di s. N;izario. Il zelante vescovo
nel 1 4^2 si recò a incontrarli a Venezia,
e li ripose nella cattedrale con solenne
pompa. Nel 1424 d. Martino de Bernal -
dinis veneto, priore de'canonici regolari
di s. Salvatore di Venezia, traslalo a M<<
done e poi all'arcivescovato di Corfù. Nel
1428 da Arbe vi fu trasferito fr. Fran-
cesco Servandi de Biondi fiorentino do-
menicano, che a'7 novembre 1 44-^ con"
sagrò solennemente l'altare e la cattedra-
le di s. Nazario. Nel i44& da Modone vi
passò Gabriele Gabrieli nobile veneto; e
dopo avere nel 1 4 7 1 consagrato l'altare
de'ss. Tommaso, Filippo e Giacomo ino*
ri. Neil' istesso anno Pietro II Bagnaca-
vallo milanese, morto neh 475. In que-
sto fu traslalo dall'arcivescovato di Pa-
trasso l'istriano Simone Vosich da Mon-
tona, morto nel 1482 in Roma. Gli suc-
cesse Giacomo Valaresso nobile veneto,
protonotarioapostolico e fratello di Maf-
feo arcivescovo di Zara che lo consagrò:
funse diverse legazioni per la sua repub-
blica e pel Papa, resse il patriarcato d'A-
quileia, rifabbricò interamente l'episco-
*G8 T R I
pio, e morto neh5o3 fu deposto nel se-
polcro ch'eresi preparalo nella cattedra-
le, con l'iscrizione che leggesi nell'Ughel-
li. Neh5o3 fr. Bartolomeo a Sonica luo-
go di Bergamo, profondo nelle scienze,
intervenne al concilio di Laterano V, e
stimato da Leone X l'oppose qoal pro-
pugnacolo contro la sorgente empia ere-
sia di Lutero, nominandolo neh 5t.o re-
ferendario apostolico e generale inquisi-
tore di Brescia e suo distretto, con piene
facoltà contro l'eresie. Morto nel 1529,
gli successe Defendente de Valvassori, pu-
re bergamasco, consagrato in Roma nel-
la cappella pontifìcia da fr. Gabriele ar-
civescovo di Durazzo e sagrista del Papa,
assistito da'vescovi di Nepi e Veglia; indi
fu anche suffraganeo di Pietro Lippoma-
no vescovo di Bergamo,ove morì neli536.
In questo Paolo HI vi trasferì da Mo-
drusca (che siccome unita a Segna, in
quest'articolo riportai in breve le notizie
de'suoi vescovi, e perciò del l'infelice di cui
vado a riparlare), Pietro Paolo Vergerlo
di Capod'lstria,già vedovo e di tale dot-
trina e ingegno che Clemente VII l'inviò
nunzio in Germania a Ferdinando I re
de'romani nel i532, incaricato special-
mente d'oppóni con fermezza a'progres-
si de'luterani.Tre anni dopo lo richiamò
Paolo III,desideroso sapere dalla sua boc-
ca sicuri ragguagli delle cose germani-
che; indi lo rimandò per annunziare la
prossima convocazione del concilio gene-
rale onde por fine alle dissensioni religio-
se. In tale 2.0 viaggio di Germania, ebbe
la sventura di passare per Wittemberga,
ove si abboccò con l 'eresiarca Lutero.Tor-
nato in Italia nel i536, il Papa l'inviò a
Napoli all'imperatore Carlo V, e ritor-
nalo da tal missione, prima lo fece ve-
scovo di Mod russa e poco dopo di sua pa-
tria, venendo consagrato dal fratello ve-
scovo di Pola. Ne'primi tempi del suo e-
piscopalo, ne adempì lutti i doveri con
molto zelo, istruendo i popoli affidati alle
sue cure, e procurando almeno in appa-
renza di premunirli contro i nuovi erro-
TU I
ri. Neil 54o si recò in Francia col cardi-
nal Ippolito d'Este, e nel 1 54- 1 fu dal re
Francesco I spedilo alla dieta di Worms,
dove tenne una condotta assai equivoca.
Reduce in Italia, avendo trovata la curia
romana seriamente preoccupata contro
di lui, si ritirò nella sua diocesi. Si for-
tificarono allora in lui le prevenzioni, con-
tro certe pratiche già condannate da Lu-
tero. Comunicò il suo erroneo sentimen-
to al fratello vescovo di Pola, diesi la-
sciò ben presto sedurre; ed ambedue, cia-
scuno nella sua diocesi, incominciarono
a parlare contro la virtù, dell'indulgen-
ze, e predicarono a'ioro greggi altri er-
rori di Lutero. Accusato a Paolo III, do-
mandò Vergerio il permesso di giustifi-
carsi dinanzi al concilio di Trento; ma i
padri non Io vollero ammettere, e fu ri-
mandato al nunzio Giovanni della Casa
e al patriarca di Venezia, incaricali di
processarlo. Vergerio orgoglioso, non a-
vendo voluto ubbidire, errò in varie cit-
tà, dalle quali recavasi segretamente a
visitare la sua patria e diocesi, e quella di
suo fratello,per rianimare il coraggio de'
loro partigiani. 11 vescovo di Pola morì
improvvisamente nel 1 548 nella sua se-
de. Il Vergerio allora, sentendo che An-
nibale Grisoni suo compatriotta, d' una
delle molte nobili e primarie famiglie di
Capo d'I slria,avca testé ricevuto in un col
titolo d'inquisitor generale la commissio-
ne di processarlo, uscì d'Italia ih. "mag-
gio i549> e Sl rit'l"ò uel paese de'Grigio-
ni, ed apertamente vieppiù, si dichiarò lu-
terano. A' 3 luglio Paolo ili pronunziò
la definitiva condanna, che lo dichiara-
va apostala, colpiva delle censure eccle-
siastiche, e spogliava del vescovato. Al-
lora Vergerio palesò tutto il fiele e lutto
il risentimento contro Roma e la s. Sede,
con una moltitudine d'empi opuscoli, in-
fami e vergognosi, anche contro la fede
cattolica econtro i cattolici. Chiamalo dal
duca di Wùrtemberg , a Tubinga nel
1 553, vi fu accolto con benevolenza; indi
viaggiò iuPrussia,inUngheria,in Polonia,
TR I
in Ginevra, e tornò in Tubinga,ove mori
in elàalquantoavanzala a'4 ottobre 1 565
m'ìserauìenlejibidinis servas.TL pure tro-
vò nel famoso concittadino conte Gio. Ri-
naldo Carli Rubbi un fervoroso apolo-
gista ! Paolo 111 a'21 agosto 1 549 trasla-
tò da Lavello a Capo d'Istria fr. Tom-
maso Stella veneziano domenicano, già
vescovo di Salpe, dottissimo e di proba-
ti stimi costumi, il quale incessantemen-
te predicò in pubblico e in privato le ve-
rità de'dogmi cattolici, per eliminare gli
errori disseminati dal suo indegno pre-
decessore, e colla sua pietà fece di tutto
per cancellarne le tristi reliquie. Inter-
venne al concilio di Trento, scrisse vari
libri, come De citar ita te Chris ti, moren-
do nel i566. Pochi giorni dopo gli suc-
cesse fr. Adriano Valentino domenicano,
inquisitore contro l'eretica pravità e dot-
to teologo; governò con integrità e lode-
vole zelo, per distruggere le radici del-
l'eresia piantatavi dal Vergerlo, e scrisse:
De inaiare udis haereticis,e De Sacra-
mento Eucharistiae contra Calviuuni.
Nel 1572 vi fu trasferito il giuslinopoli-
tauo Antonio Elio allora patriarca di Ge-
rusalemme inpartibus, già vescovo di Po-
la, virtuoso e dotto, che intervenuto al
concilio di Trento vi uvea ben figurato, e
la s. Sede se n'era servila in gravi inca-
richi, come lo celebra il prolisso epitaf-
fio riportato da Ughelli, e posto al suo
sepolcro nella cattedrale, lodato pure qual
zelantissimo pastore. Nel 1 576 Giovanni
111 Ingenerio veneto,celebre giureconsul-
to, ampliò l'episcopio, e fra'suoi scritti si
ricorda : De codesti physonomia. Nel
1600 fr. Girolamo 1 Contarmi nobile ve-
neto domenicano, lodato pastore, ed au-
tore della Physicam Aristoteli^ etTkea-
truni totius Orbis. Nel 1620 da Catlaro
vi passò fr. Girolamo IIRusca padovano
domenicano; gli successe nel i63o Pietro
111 Morari di Chioggia, canonico di quel-
la cattedrale, ovvero neh 632 come vuo-
le Coleti , già vicario di Parenzo, enco-
mialo per prudenza, probità e altre vii-
T R I 269
tu, lasciando ms. {'Istoria di Chioggia.
Mori nel 1 653 e fu sepolto nella cappel-
la episcopale di S.Alessandro, con epigra-
fe riportata da Coleti. Nello stesso anno
Baldassare Bonifazio di Rovigo, arcidia-
cono, vicario generale e consultore del-
l'inquisizione di Treviso, letterato, pio e
generoso pastore, benemerito della men-
sa vescovile e del capitolo, costruì nella
cattedrale la cappella dell'Epifania e pres-
so di essa fu sepolto, con l'epi tallio ripor-
tato da Coleti in uno all'iscrizione che i
canonici gli posero in coro per grato a-
nimo. Nel 1660 Francesco Zeno nobile
veneto, canonico e vicario generale diCre-
ta, pio ed eruditissimo: con Giacomo Fi-
lippo Tomassiui vescovo di Città Nuova
scrisse 8 libri, Commentarla hislorica
geographica totius Histriae, nella quale
fu illustrata la serie de' vescovi istriani,
ed il ms. passò in potere del celebre ed
eruditissimo nipote Apostolo Zeno. Mor-
to nel 1680 in Venezia, fu tumulato nel-
la chiesa di s. Francesco de'miuori osser-
vanti. Nel 1684 Pietro Antonio Dellìuu
patrizio veneto e arciprete di Padova :
morì dopo io mesi colpito da apoplessia
sul trono vescovile nel vespero della do-
menica delle Palme, come è detto nell'e-
pigrafe sepolcrale in s. Chiara, ove fu de-
posto. Nel 1686 fr. Paolo Naldiui nobile
padovano, teologo agostiniano, e dotto
autore della ricordata Corografia eccle-
siastica di Capo d'Istria: nell'episcopio
fece dipingere la serie de'suoi predeces-
sori e coti analoghe iscrizioni. Morto nel
1713 in questo gli successe Antonio M.d
Borromeo nobile padovano teatino, pro-
fessore di s. canoni, promosse ladisciplina e
l'istruzione del clero, rifabbricò da'fonda-
menti la cattedrale,aumentò la mensa epi-
scopale, e fu benemerito pastore.Con esso
l' Italia sacra termina la seriede' vescovi,
che compirò colle Notizie di Roma. Nel
1733, Agostino Bruti di Capo d'Istria,
traslato da Cauea. Nel 1747 Gio. Batti-
sta Smidi di Venezia, poi di Belluno. Nel
ij5Q Carlo Cainuzio di Tohuezzo dio-
27o T II I
cesi d'Udine, poi arcivescovo di Tarso e
patriarca d'Antiochia. JN'el i 776 Bonifa-
cio da Poutedi Venezia cairialdolese,uaor-
lo nel 1810. Restata vacatile la sede, e
minila come dissi qual conca tted rale di
Trieste nel i83o,indiGregorioXVI nel
concistoro de'3o settembre 1 83 1, e non
1 83o come si legge nelle Notizie di Ro-
ma, promulgò (.°vescovo di Trieste e Ca-
po d* Istria mg.r Matteo Raunicker di
Vazhe nella diocesi di Lubiana e cano-
nico onorario di quella cattedrale, retto-
le del seminario, prudente, dotto e ver-
sato in ogni esperienza. Per sua morte il
regnante Pio IX nel concistoro de'2 1 di-
cembre 1846 picconilo l'odierno vesco-
vo mg.' Bartolomeo Legai di Naclas dio-
cesi di Lubiana, dottore in s. teologia e
professore di teologia dogmatica nel se-
ni inariodiGor izia,curato di s.MariaMag-
gioie di Trieste e cancelliere vescovile, fa-
condo e zelante predicatore, dotto, pru-
dente e di ottima moralità, ebe emise la
professione di fede nelle mani di mg.r Gia-
como Foretti vescovo di Chioggia, spe-
cialmentedcputato dal nunzio di Vienna
mg.r Viale-Prelàora cardinale. INèaTrie-
ste, uè a Capo d'Istria esiste alcun semi-
nario dopo la fatale ordinanza dell' im-
peratore Giuseppe II, colla quale soppri-
mendo i moribondi seminari vescovili di
allora, della provincia del Litorale , in-
vece istituì un seminario generale e pro-
vinciale: a Gorizia. sotto la sorveglianza di
quel metropolitano, ove tuttora esiste. O-
gni uuovo vescovo di Trieste e Capo d'I-
stria è lassato ne' libri della camera apo-
stolica in fiorini 4ou> ascendendo la men-
sa ai 2,000 fiorini, pari a 6000 scudi ro-
mani. Le diocesi unite souo ampie: quella
di Trieste contiene 1 58 parrocchie e più
luoghi; quella di Capo d'Istria contiene
18 parrocchie e 3 luoghi principali, ili
Pirano oseudovi la collegiata con cano-
nici e la dignità dell' ai ci prete che fun-
ge la cura d'anime, ed il convento de'frau-
ecscani.
TUIFOiMi e BESPICIO («,.), marti-
T R I
ri. Nati nella Bitinia presso Apamea, fu-
rono presi nel 25o, infierendo la perse-
cuzione di Decio, e carichi di catene ven-
nero condotti a Nicea, dove Aquilino go-
vernatore della Bitinia e prefetto d' Ó-
riente faceva la sua residenza. Tratti di-
nanzi adesso, confessarono generosamen-
te Gesù Cristo, per cui furono stesi sul
cavalletto, la qual tortura durò quasi 3
ore. Dipoi il governatore, andando alla
caccia, ordinò che frattanto fossero espo-
sti al rigore della stagione, essendo allo-
ra freddo eccessivo. Tornato dalla cac-
cia, chiese loro cosa pensassero, e aven-
dogli essi risposto che persistevano ue'Io-
10 sentimenti, li rimandò in prigione, mi-
nacciando di trattarli con maggior rigore.
Qualche tempo dopo si fece nuovamente
condurre innanzi i due con fessoli, ed in va.,
no impiegòa persuaderli le più lusinghie-
re promesse. Adiralo di non poterli vin-
cere, fece loro traforare i piedi con gros-
si chiodi, poi li fece crudelmente vergheg-
giare, straziare con unghie di ferro, e bru-
ciare i fianchi con torce ardenti. Final-
mente il giorno appresso, subito un altro
interrogatorio, furono decapitati, nello
stesso anno 25o. I greci onorano s. Tri-
fone il 1 ."di febbraio, ma il martirologio
romano lo nomina insieme con s. Resot-
elo ilio novembre. La parte principale
delle loro reliquie è stata deposta sotto
l'aitar maggiore della chiesa dell'arcispe-
dale di s. Spirilo in Sassia di Roma, al
dire di Butler. Però è indispensabile di
ricordare, che s. Trifone ebbe in Roani
propria chiesa antica e parrocchiale, nel-
l'altare maggiore della quale furono col-
locati i corpi o la maggior parte delle re-
liquie dei santo, di s. Respicio e di s. Nin-
fa verginee inartire.della quale nello sles-
so giorno ricorre la festa. Il Butler cre-
de che porzione delle loro reliquie si ve-
nerino pure nella delta chiesa dell' 0*oct
delle di v. Sjììritu in Sassia, ludi iaCkie-
■sa di ,y. Trifone divenne Staziona /<• e
Titolo cardinalizio, prerogative che in-
sieme alle precedenti furono trasferite
T R I
nella Chiesa di s. agostino (P.), Insie-
me a'eorpi o principali reliquie de'ss. Tri-
fone, Piespicio e Ninfa, anzi l'annuale sa-
gro Diario Romano esplicitamente dice i
loro corpi, senza far menzione della chie-
sa di s. Spirito, nel riferire che ivi se ne
celebra la festa. Il sodalizio ch'era nella
chiesa di s. Trifone fu trasportato ove
tuttora esiste, nell'antichissima chiesa del
ss. Salvatore del Primicerio (V>)% sotto
il titolo d' Arciconfraternita del ss. Sa-
gr a mento, di s. Trifone e di s. Camillo
( J .), ed in essa si celebra la festa a' i o no-
vembre de'ss. Trifone e compagni marti-
ri. Riferisce il Piazza nzW Emerologio di
Roma, che s. Ninfa si convertì nell' am-
mirare l'eroismo nel soffrire i tormenti
de'ss.Trifouee Respicio; dappoichèQuel-
lo che sostiene la costanza de'suoi Mar-
tiri, ispirò a Trifone ed a Respicio un
coraggio superiore alla rabbia furiosa
d'Aquilino. Altrettanto leggo negli Atd
rincari de' martìri raccolti dal p. Rai-
nait, con prenozioni e note di Luciani,
t. 2, p. i i 7, De' ss. Trifone e Respicio
martiri, convenendo che le loro reliquie,
unitamente a quelle di s. Ninfa, morta in
tempo e luogo diverso da essi,cioè in Ni-
cea e poco dopo di loro, in Roma furono
portate e deposte parte nella chiesa di s.
Trifone e parte in quella di s. Spirito.
Quanto a s. Ninfa, il Piazza aggiunge,
che di sue reliquie ne sono pure in s. Ma-
ria in Monticelli e in s. Marco di Roma.
Inoltre a' i 2 novembre parla d'altra s.
Ninfa martire, che sbarcata a Porto Ro-
mano, fuggì con alcuui compagni la per-
secuzione forse diDecio,esi nascose in una
grotta poco lungi, dove fu ella con essi
seppellita. Ivi la pietà de'fedeli eresse una
chiesa sotto il nome di s. Ninfa a cui fece
diversi doni s. Leone IV. Diroccata la
chiesa, il cardinal Francesco Barberini e-
resse per memoria suifuudamenli un pic-
colo tempio rotondo coll'iu vocazione del-
la santa, nel quale pose una statua di
marmo scolpita da eccellente scalpello.
\uudiuieuo lo stesso Piazza, riparlando-
TRI 27 e
ne nella Gerarchia cardinali~iatdescv\-
vendo la diocesi di Porto, dice che alcu-
ni non ammettono l'esistenza di s. Ninfa
in discorso, ma che la denominazione lo-
cale sia nome aulico corrotto e derivato
dal luogo detto ad IVfmpas Catahassi
della via Cornelia, dove patirono i ss.Ma-
rio, Marta e figli martìri. Di questa s.
Ninfa il Martirologio Romano non ne fa
menzione, unicamente nominando quel-
la de' io novembre, co'ss. Trifone e Re-
spicio, mentre il Buller tale s. Ninfa la
vuole fiorita più tardi nel V secolo e mor-
ta in pace in Soana. Nell'articolo s. Nin-
fa vergine e martire, molto si alterò la
composizione della stampa, onde per le
ohi missioni sembra con aperta contraddi-
zione che la martire morisse in pace,e ciò
perchè mancano la notizie di s.Ninfa mar-
tire. Egli è per tale motivo che vi ho qui
supplito, avvertendo che il Buller sol-
tanto tratta della vergine morta in Soa-
na. Finisco e concludo il mio dire con
dichiarare, che sembra sieno slate due le
ss. Ninfe, ambo vergini e la più. antica
martire.
TRIGONA e PARISI Gaetano Ma-
ria, Cardinale. De' baroni di Sant'An-
drea, nacque da nobilissima famiglia si-
ciliana in Piazza a'2 giugno 1767. Con
successo fece i suoi studi, e di buon'ora
esternò il desiderio di dedicarsi al servi-
zio della chiesa, riusceudo istruito e ot-
timo ecclesiastico, per cui dopo essersi e-
serritelo in vari uffizi del sagro ministe-
ro, fu'trovato degno di essere destinato a
1 ."vescovo di Caltagirone in Sicilia, dio-
cesi formata con un dismembramento di
quella vasta di Siracusa. Pertanto Pio
VII e con beli' elogio nel concistoro de'
21 dicembre 1818 lo preconizzò vesco-
vo di detta sede. La prudenza, lo zelo e
la sollecitudine pastorale lo fecero assai
distinguere uel paterno governo di quella
novella istituita diocesi; gli guadagnaro-
no l'amore del clero e del popolo, e la
stima e considerazione del governo. Il re-
guuute Ferdinando lì re del regno delle
2?2 T R I
due Sicilie, ammirando le sue virtù, ed
eccellenti qualità , lo presentò al Papa
Gregorio XVI pel trasferimento alla no-
bile e metropolitana sede arcivescovile
di Palermo, alla quale venne traslalato
nel concistoro de' i5 aprile (833 , con
que' particolari elogi che pronunziò il
Papa nella proposizione concistoriale.
Nella nuova e più illustre sede, viemme-
glio risplenderono le molte virtù che a-
domavano il paterno animo dell'arcive-
scovo, e corrispondendo nell'esercizio del
pastorale ministero alla espella/ione re-
gia, il pio monarca fece calde istanze a
Gregorio XV laccio lo volesse ornaredel-
Ja sagra porpora. 11 Papa conoscitore del-
l'egregie qualità e delle benemerenze di
sì lodevole arcivescovo, nel concistoro se-
greto de'a3 giugno 1 834, lo creò e pub-
blicò cardinale dell'ordine de' preti, co-
me si legge nel n.° 5o del Diario di Ro-
ma. In esso è pur detto, che il Papa in-
viò a Palermo, per recare al cardinale,
colla notizia di sua promozione, l'inse-
gna del berrettino cardinalizio, la pro-
pria guardia nobile conte Gio. Vincen-
zo Vespignani (ora commendatore del-
l' online di s. Gregorio, e tenente dello
stesso nobile corpo col grado di brigadie-
re generale). Nel n.°5i del medesimo
Diario apprendo che il Papa deputò il
suo cameriere segreto soprannumerario
( ed è al presente il 2.° di tal classe del
Pontefice che regna) mg.r Mario Pulie-
ri,in qualità di ahlegato apostolico a por-
tare al novello porporato la berretta car-
dinalizia. I due inviati pontifìcii furono
decorosamente accolti, trattali e regalati
dal cardinale, che si mostrò loro in tutto
amorevolissimo. La solenne funzione del-
la tradizione della berretta 1' eseguì lo
stesso re inPalermo con tutte le formalità,
alla presenza della regia corte, del nunzio
apostolico, e di molti personaggi apposita-
mente recatisi da Napoli e da altri luoghi
dell'isola; indi il generoso sovrano fece la
solita graziosa dimostrazione col pontifi-
cio ablegato, e decorò la guardia uobile
T K I
colle insegne equestri e titolo di cavaliere
del real ordine di Francesco I. Mentre sul
cardinale eransi concepite liete speran-
ze, che si godesse l'eminente dignità per
qualche lustro, il micidiale morbo asia-
tico furiosamente avendo invaso la Si-
cilia e Palermo, tra le numerose e il-
lustri vittime di quell'infausta epoca,
mietè pure la rispettabile vita del car-
dinale a' 5 luglio 1837, quando da po-
chi giorni era entrato nell'anno 7 i.°di
sua età. Le solenni esequie si celebraro-
no nella metropolitana ed ivi ebbe sepol-
tura. Fu in quella tremenda e memora-
bile circostanza che Palermo col suo car-
dinal arcivescovo pianse tra'suoi 166,000
abitanti, 24,000 morti in 4 "lesi, aven-
do rapito lo spaventevole cholera anche
il celebre scienziato Scinà. Il cardinale si
distinse per pietà, e per divozione e at-
taccamento alla s. Sede, fu dotato di spi-
rito veramente ecclesiastico , e fornito
d'un' abbondanza di lumi superiori, fa-
ceva risplendere la copia delle sue cogni-
zioni. Non essendosi recato in Roma, non
ricevè né la chiesa titolare, uè l'anello e
il cappello cardinalizio.
TRIM o TRIME. f. Meath.
TRINACRIA. V. Sicilia.
TRINCI Luciho o Luciano, Cardina-
le. Della uobile e aulica prosapia de'conli
di Foligno (I7.), principi dell'Umbria, fu
da Gregorio IV dell' 827 crealo cardi-
nale diacono, e poi da s. Leone IV fu pas-
sato nell'ordine de' preti còl l'itolo di s.
Eusebio. Alcuni sono d' opinione che s.
Leone IV lo creasse cardinale, ina pare
miglior sentenza il ritenere, che Grego-
rio IV loelevòa questa eminente dignità.
TRINCI Gio. Domenico, Cardi mi Ir.
De'couti di Foligno, fratello di Giovanni
vescovo d'Amelia, in riguardo della su-
blime scienza di cui andava adorno, In-
nocenzo III nel 121 1 lo creò, cardinale
prete della Chiesa di s. Ciriaco alle Ter-
me, diversa da quella omonima presso la
Chiesa di s. Maria in Via Labi. Altro
di lui non si sa, se uou che uel i 2 1 <j uscì
' T R I
dalle miserie di questa vita, dopo 8 anni
di card inalato. Lasciò alcuni opuscoli niss.
che si collocarono nella biblioteca Va-
ticana.
TRI NITA" SANTJSSI M A,^. Trini-
tas. Trinità significa propriamente unità
di tre. 11 mistero arcano e ineffabile della
ss. Trinità, questo dogma fondamentale
della i eligioue cristiana, è dunque il mi-
stero d'un solo Dio sussistente ili tre ter-
sone, Padre, Figliuolo e Spirito Santo
(/ .). E il numero ternario delle Persone
divine realmentedislinle una dall'altra, e
che totle e tre possedonola slessa essenza,
natura e sostanza. \ i ha dunque un Dio in
tre Persone, vale a dire, che non vi ha che
una sola natura divina, e che vi sono 3
Persone in questa natura divina: di mo-
do che l'unità della natura non impedi-
sce la pluralità delle Persone. Questo su-
blime mistero e incomprensibile supera
infinitamente i deboli lumi della nostra
ragione, ma è formalmente rivelato nella
s. Scrittura e nella Tradizione. Sebbe-
ne ci fu cosi rivelato, nou cosa però di es-
sere un mistero oscuro e impenetrabile.
Dio non sarebbe infinito nella sua essen-
za, se la sua natura potesse essere scau-
daghala e spiegata da una creatura limi-
tata e finita, molto meno se potessimo
comprenderla e renderla intelligibile noi
miserabili mortali nello stato di prova in
cui Dio ci ha posto, in tale stato nulla ci
può convenir meglio dell'esercizio della
nostra fede, e del sagrifìzio della nostra
ragione, in ossequio e in sommessione cie-
ca alla parola di Dio, né niente può esse-
re più glorioso a Dio dal canto uostro,che
di adorare in silenzio l'incomparabile es-
ser suo.Dice s.Agoslino-.'-E impossibile di-
re alcuna cosa degna di Dio, perocché in-
degno di lui è questo stesso che di lui può
dirsi. Tuttavia è mestieri dirne, onde po-
ter pensare ciò che di lui nou può dir-
si". Insegna però l'angelico dottore della
Chiesa s. Tommaso, che non si può sen-
za temerità e pericolo alterarsi, ed am-
monisce, che quando favellasi dell' udo-
T R I 273
labile misterodelia ss. Trinità vuoisi trat-
tare con grande cautela e modestia. Il dot-
to vescovo fJrouzuoli, nelle Istituzioni
cattoliche, ragionando del i ."articolo del
tSYmZ>o/o,dicbiara che non vi è che uu so-
lo Dio, il quale è da se stesso l'essere per-
fettissimo, suoi attributi essendo special-
mente: Iddio éeleruo,Egli è sempre stato,
Egli è, e sarà sempre. Iddio è purissimo
spirito, 1' Ente il quale ha un intelletto
perfèttissimo e un'ottima volontà, e non
ha figura né corpo alcuno. Allorché la s.
Scrittura rappresenta Iddiocome un Uo-
mo, e gli attribuisce ciò che al corpo com-
pete,non é che sia veramente così. LaScrit-
tura lo rappresenta in quella foggia, iu
cui talvolta gli é piaciuto di apparire in
visione a'Profeti; ovvero con un linguag-
gio metafòrico, per adattarsi alla maniera
nostra d'intendere, parla delle cose divi-
ne, volendo sotto la similitudine delle cor-
porali, accennare le azioni corrisponden-
ti a quelle, che sono proprie delle cose
da essa nominate. Iddio é ognisciente. E-
gli sa lutto: il passato, il presente, il fu-
turo, i nostri pensieri più. occulti, e per-
ciò non può essere ingannato. Iddio è som-
mamente sapiente. Egli dispone tutte le
cose per arrivare a'suoi disegni, e sceglie
a tal effetto i metti più profittevoli. Iddio
é onnipotente. Egli ha crealo dal nulla il
cielo e la terra, e tultociò che vi é. Egli
couserva tultociò che esiste. A Lui nessu-
na cosa é impossibile, iddio é immenso.
Egli riempie ili se slesso il cielo e la ler-
ra: é presente a tutto. Tutti i desiderai e
i pensieri d'ogni uomo sono da Lui sem-
pre osservati. Iddio é sommamente san-
to. Egli é perfettissimo in tutte le perfe-
zioni. Ama, vuole il bene, ed abbonisce
il male. ?>on può mentire, iddio é immu-
tabile. Egli é in se eternamente lo stesso.
Iddio é sommamente buono, non solamen-
te in se stesso, ma anche buono somma-
mente e benigno verso le sue creature.
Tutto il bene ci viene da Lui o diretta-
mente o mediatamente. Iddio é somma-
mente luisei'icurdiusu.Lgli pei duua a'pee-
a74 T Fi I
calori che si convertono a Lui. Iiltlio è
sommamente giusto, Fgli premiala vir-
tù e castiga il peccato. Questo Dio, uno
in essenza, è in Ire distinte eguali Persone,
le quali si chiamano Padre, Figlio, Spi^
ritoSanto, conforme si rileva dalla s.Scrit-
tura,la quale a ciascuna di esse attribui-
sce la divina natura ed essenza, i divini
attributi, il nome divino, l'opere e il cul-
to divino, dal che risulla che ciascuna è
Dio, benché non sieno tre Dei , ma un
Dio solo, perchè una sola l'essenza divi-
na. Le tre divine Persone sono tra loro
distinte così. Il Padre è da se stesso eter-
namente. Il Figlio è generato dal Padre
eternamente. Lo Spirilo Santo procede
eternamente dal Padre e dal Figliuolo.
Sebbene tulli gli attribuii e le esterne o-
perazioni di Dio, egualmente e perfetta-
mente sieno proprie di ciascuna delle tre
divine Persone, pure riguardo al motivo
formale, per cui l'una dall'altra si distin-
gue e si nomina., a ciascuna si appropria-
no in modo speciale i seguenti attributi
e operazioni: al Padre l'onnipotenza, per-
chè principio dell'altre due Persone: al
Figlio la sapienza, perchè procede dalla
cognizione che il Padre ha di se stesso;
allo Spirito Santo la bontà, perchè pro-
cede dall'amore del Padre e del Figlio.
Laonde si appropria al Padre la creazio-
ne, in cui principalmente risplende la po-
tenza. Al Figlio la redenzione, perchè ol-
tre ad essere questa l'opera particolar-
mente propria di Lui, perchè Egli solo è
che si è incarnato, è auche la manifesta-
zione della sapienza divina. Allo Spirito
Santo la comunicazione delle grazie, il
che compete alla divina bontà. Tutte tre
le divine Persoue unitamente si chiama-
no la ss. Trinità. Siccome il Padre è prin-
cipio dell'altre due Persone divine, la
creazione e conservazione di tulle le co-
se, e tutte le opere che portano l'impron-
ta della potenza e della grandezza sono
•iLui particolarmente attribuite, tuttoché
le tre Persone insieme siano la causa co-
mune ed uuica di tulio quello che esiste;
T R I
per questa ragione egli è detto Padre, ed
alcuni antichi 1' hanno detto per modo
enfatico Dio, ma egli èriguardato in que-
sta denominazione come quegli che rac-
chiude il Figlio e lo Spirito Santo. Quin-
di la Chiesa rivolge comunemente le sue
preghiere al Padre piuttosto che a tutte
e tre le Persone , per esprimere l'unità
della divinità; ma seuza mai però sepa-
rare le altre due Persone che derivano dal
Padre. Noi offriamo a tulle e tre le Per-
sone i voti che indirizziamo ad alcuna di
esse, poiché il fine e i frutti di tutte le no-
stre domande sono l'effetto comune del-
l' azione delle Ire Persoue o di tulta la
Divinità, come mostrò s. Fulgenzio nel
trattalo su questo grave argomento, Non-
dimeno noi rivolgiamo più particolar-
mente la nostra attenzione verso la Per-
sona, alla proprietà della quale meglio si
riferisce la nostra domanda. La Chiesa pre*
ga il Padre per mezzo del Figlio, perchè
la parola per mezzo significa qui l'origi-
ne che il Figlio trae dal Padre; e accen-
na ancora la sua qualità di mediatore, fa-
cendoci comprendere che noi domandia-
mo le sue gra/.ie per li meriti del suo San-
gue (/r.) preziosissimo; ch'Egli è nostro
Pastore^ la porta e la via per cui andia-
mo a Lui. LoSpiritoSantojsecondo la sua
proprietà, è l'amore del Padre e del Fi-
glio, e quindi lutti gli effetti dell'amore,
della misericordia e della bontà a Lui so-
no generalmente assegnati, come l'Incar-
nazione del Figlio di Dio nel seno della
Vergine Immacolata. Quindi dicesi anco-
ra, cheDiof.i e conserva tutte le cose neh
lo Spirito Santo. La dottrina fin qui ap-
pena accennata è un semplice abbozzo di
ttillociò che sino ad ora si è potuto sa-
pere coll'aiulo della fede sul mistero inef-
fabile dell'Augustissima Triade sacrosan-
ta, li-cristiano cattolico esprime il miste-
ro dell'Unità e Trinità di Dio, e quello
dell'Incarnazione e morie del Salvatore
col salutifero seguo della Ci <>< r (/'.). Que-
sto portentoso segno consiste nel [brina-
re uua cioce portando la destra mano
X li l
prioia alla fronte, poi sotlo al pelto,quin-
tli ulla spaila sinistra e destra, e nel ilire
io tempo di quest'azione: nel nome del
Padre, del Figliuolo e dello Spirilo San-
to. Cosi sia o Amen. Queste pai ole espri-
mono l'Unità e Trinità di Dio. leu peroc-
ché non per altro si usa la parola singo-
lare nel nome e non piuttosto la plurale
ne nómi, come sarebbe più. naturale, se
non perchè vogliamo significare che Id-
dio è uno. La Trinità poi è espressa coi
lioini propri delle divine Persone, La Cro-
ce finalmente ricorda ed esprime che la
seconda Persona ha assunta l'umana car-
ne, ha patito ed è morto per la salute del
genere umano. Gesù Cristo istituì il Bat-
tesimo (/■',) avanti la sua Passione, ed e-
gli battezzava, almeno per mezzo de'suoi
discepoli, poiché abbiamo in s. Giovanni:
Ando poi Gesù co' suoi discepoli nella.
Giudea, e, ivi si trattenne con essi e bat-
tezzava. Allorché poi dopo la Risurrezio-
ne ordino agli Apostoli di andare a pre-
dicare a tutte le nazioni ii mistero adora-
bile della Trinità, e di battezzare quelli
che credessero in lui, a loro disse; Ilo ri-
cevuto ogni potestà in cielo e in terra;
andate, istruite, tutte le genti, battezzati*
dole nel nome del Padre, ch'I Figliuo-
lo e dello Spirito Santo. Cosi Gesù Cri-
sto di quest'articolo fondamentale di no-
stra fede ne dimostrò nuovamente la ne-
cessità , poiché senza di esso niuno può
salvarsi, come dichiarò lo stesso Gesù Cri-
sto. Le divine parole usate nel ministra-
re il primo e il più necessario di tutti i
sagramenti, esprimono 1' Unità di Dio e
la Trinità delle Petsone distintamente no-
minate. Nel voi. LXV II, p. 33, riparlan-
do della solenne amministrazione del bat-
tesimo e de' 'Padrini, notai che se per gli
antichi canoni ne fu permesso un solo,
anche per simboleggiare l' unità di Dio,
poi alcuui concihi consigliarono Ire pa-
drini, per la più espressa fede sensibi-
le della Trinità, e forse per vieppiù con-
futare i nemici del mistero. Nelle Bene-
dizioni del Sommo Pontefice ( f .), colie
T H I ->. 7 5
prime tre dita della mano destra alzate,
viene figurala la ss. Trinità, la cui invo-
cazione aaeowpagna sempre le benedizio-
ni, a differenza de'vescovi greci che coni*
partono la benedizione unendo l'auricu-»
lare col pollice, sebbene anche così si de-
noti la ss. Trinila. L'uso di benedire con
l'invocazione della ss. Trinità risale a'tem-
pi apostolici, benché diversi furono i mo-
di ili segnare la croce, cioè o colla mano
in aria o imponendola sulle cose da be-
nedirsi, come varie furono le preghiera
che esprimevano le divine Persone. Opi-
nanonlcuni che l'origine della Benedizio-
ne (nel quale articolo parlai come anti-
camente fu rappresentato Dio Padre in at*
tu di benedire colle tre prime dita, per-
chè come sono esse in una mano alzate,
cos'i sono tre Persone in una sola Dei là),
rimonta a quella data da Giacobbe a'suoi
figli, altri sostenendo che il Salvatore nel-
l'ascendere al cielo innalzò le mani a ino*
do di croce e benedì, rito che già esiste-
va ne'tempi apostolici, Il Gretsero nel lib.
De Cruce Domini, narra che i primitivi
cristiani segnavano sempre se stessi culla
crocee tulle le cose di loro uso, e laChie-
sa l'inlrodusse nelle sue Liturgie, ed an-
che nel benedire venne usato. Deriva da-
gli Apostoli l'uso di benedir le cose che
servono a Sagramenti, all'erma odo s. Ci-
priano nel lib. de Bapt.,e s. Agostino nel
trat. i 1 8 in Joan., che solevano benedir-
si col segno della croce. L'uso di benedi-
re i catecumeni coll'imporre sopra di lo-
ro le Mani, è della prima Chiesa, e la pra-
tica de 'fedeli d'inchinarsi innanzi al ve-
scovo per riceverne la benedizione, è chia-
mata da s. Gregorio I imposizione di ma-
no. Che queste imposizioni eziandio era-r
no fatte col segno della croce, lo a Henna
Tertulliano nel lib. deBapt., dicendo che
non solo le persone, ma eziandio le cose
che si usavano solevano per stabile costu-
manza benedirsi, riportando all'uopo la
benedizione che si faceva del pane alla
mensa, di cui si parla nel libro su Giob-
be attribuito ad Origene, ma cou più ve
276 TRI
rilà da Mabillon as. Ilario. L'origine del-
l'invocazione della ss. Triade nell'accom-
pagnare il segno della croce, cominciòcol-
l'avere i primi cristiani congiunto al glo-
riososegno quella venerabile invocazione,
e ne derivò l'uso della medesima nel be-
nedire; e siccome i cristiani aveano ap-
preso dalle liturgie della Chiesa il detto
rito, questo non è che una privata bene-
dizione ricavata dalle benedizioni che per
eccellenza si adoperavano ne'sagi amenti
coll'in vocazione della ss. Trinità. Ciò con-
ferma la benedizione dell' Eulogio, nel
nome della Trinità, come io dichiara s.
Paolino nella lettera ad Ahpio, e s. Gre-
gorio JVaziauzeno parlando di sua madre
guarita da grave infermità, il quale dice:
Panibus beiiedictis signo Crucis in Tri'
niUite coiisigiialis couvaluit. Nelle bene-
dizioni che si danno nel s. Sagrifizio del-
la Messa sul popolo, con molte formule
secondo i riti, sempre si conlieue l'invoca-
zione della Trinità, facendosi nell'atto la
croce; le quali formule, per la chiesa la-
tina si poimo vedere dagli Ordini Roma-
ni e da'Sagramentari di s. Gregorio I; per
la greca dalle liturgie di s. Gio. Crisosto-
mo e di s. Basilio, e pei- le altre chiese o-
rientali dalle loro particolari. L'antichis-
simo e apostolico rito uel segnarsi e bene-
dire colla croce, è corroborato dall'espres-
sioni de'Padri della Chiesa, i quali fanno
testimonianza della ferma credenza de'fè-
deli, che dalla croce venga loro ogni be-
ne, l'allontanamento d'ogni male.JNel pre-
gare da Dio qualche bene o sopra l'uo-
mo o sopra ogni altra cosa di suo servi-
zio, ili qualche segno era conveniente che
l'uomo o la cosa si contrassegnasse, dal-
la virtù ed eilicacia del quale ne venis-
sero notificati, perciò fu convenienlissi-
mo il segno della croce. La fiducia de'l'e-
deli, checche sia della questione de'teo-
logi nel determinarne la virtù , giova a
rendere più copioso l'elfelto delle bene-
dizioni, laonde è utilissimo il seguo visibi-
le della croce sulla cosa benedetta; poi-
ché la memoria che suscita d'essere stato
t a i
l'avventuroso istrumeuto di redenzione,
apre il cuore del cristiano a speranza e
fiducia. Egualmente fu convenientissimo
l'introdurre l'uso della espressione della
Trinità, che presenta l'idea più sublime
di Dio, da cui ogui benedizione acquista
virtù; per l'utile della Chiesa e de' fede-
li, i quali con questa invocazione glorifi-
cando il più sublime mistero della Divi-
nità, si rendono meno indegni d'ottene-
re le grazie di cui hanno bisogno. Giova
anche finalmente, per la disposizione del
cristiano, per l'elfelto della benedizione.
L'idea della potenza congiunta coli' idea
della misericordia di Dio accende ne'cuo-
ri de'fedeli la speranza e la fiducia, e l'ef-
fetto delle benedizioni i santi desiderio Ma
il cristiano ne'nomi personali dell'Augu-
stissima Triade ricorda con più speciali-
tà nel Padre la potenza, nel Figlio la mi-
sericordia, nello Spirito Santo la salitili-
caziooe : dunque ned' espressione della
Trinità ricorda tutti i molivi che ponno
disporio a ricevere in abboudanza di ef-
fetto la benedizione. Chiamasi Dossolo-
gia (^.), il versetto e inno del Gloria
Patri, et Filio et Spiritili Sancto (/ .),
col quale sino da'tempi apostolici si ter-
mina la recita de Salmi nell'uffizio divi-
no; fu stabilito nella Chiesa per apostoli-
ca tradizione, per glorificare la ss. Triade,
e si lascia iu segno di tristezza; indi nel
823 vi fu aggiunto dal concilio JNiceno le
parole: Sicut eroi in principio, et mine,
et semper, ec, per confutar l'errore de-
gli Ariani eretici, e per lo stesso motivo
il concilio prescrisse che nelle lettere For-
mate (V.) si ponessero in principio le pa-
role Valer, Filius, Spiri tus Sanctus, Pe-
trus per riverenza della Sede romana nel-
la quale è il principato d. tutta la Chiesa
cattolica, oltre V Amen. Di più questa dos-
sologia giustamente fu unita alla quoti-
diana Preghiera del Pater no s ter (P '.),
insegnata da Cristo, e perciò la più eccel-
lente d'ogni altra, ed ancora congiunta al-
la Sii lutazione Angelica (/'.), cosi nella
recita della Corona divuzioualc e del ss.
T R I
Rosario (F~.). La ss. Trinità non si può
nelle Immagini (V.) dipingere secondo il
suo essere, ma si dipinge come le Ire Di-
vine Persone sono apparse a noi. Il Ber-
nino, Hiatoria di tutte l'eresie, osserva,
die in chiesa romana non vietò le ss. Im-
magini di oggetti veri, e di persone de-
gne d'onore per l'eccellenza della loro san-
tità, come sono le immagini di Gesù Cri-
sto, della sua ss. Madre e de' Sanli, alle
quali si dà venerazione per le immagini
che rappresentano. Dipingono le Persone
della ss. Trinità, il Padre in forma di vec-
chio, il Figlio di giovane, e lo SpiritoSan-
to di colomba, di fuoco o di vento, egli
Angeli in fórma di bellissiaii donzelli ninti,
non perchè abbiano corpo, ma perchè in
tali forme vengono descritti dalla s. Scrit-
tura, e sono apparsi agli uomini; costume
praticato fino da' primi secoli da' fedeli,
benché non ne rimanga distinta memo-
ria, forse smarrita per le molte persecu-
zioni patite dalla Chiesa; mentre nel V se-
colo l'eretico Xenaja e nel VI l'empio Se-
vero si opposero alle immagini dello Spi-
rito Santo e degli Angeli. Il vescovo Sor-
nelli, Lettere, eecl. t. 6, ci diede la lett.
1 3: Se si debba dipingere il Padre E-
lerno informa umana. Ma quanto ri-
guarda le sagre Immagini delle Persone
della ss. Trinità, e il modo di rappresen-
tarle , con dotta erudizione è prescritto
nella bolla Solieitudini nostrac, emana-
ta da Benedetto XIV ih.° ottobrei745,
ed èlar4i del t. i del ino Bidlarium. Il
citato Bernino discute se possa dirsi: Tri-
na Dcitas , Trina Trinitas e Triplex
Trinitas. Sino dal nascere dellaChiesa lo
spirito di menzogna fece ogni sforzo per
combattere il mistero della ss. Trinità e
per annientarne la fede, quindi per Tri-
nitari (F.) s'intesero denominare gli e-
retici che insegnarono errori risguardan-
ti il mistero della ss. Trinità, e si chiamò
Triteismo (V.) l'eresia insegnante esser-
vi in Dio non solo tre Persone , ma an-
cora tre sostanze divine, per conseguen-
ze tre Dei. In onore delia ss. Trinità si fon-
T R T 277
darono gli ordini regolari de' Trinitari
(ly •) e delle Trinitarie (F.); e con quel-
lo della Trinità errata fu istituita una
congregazione di donzelle religiose, le
quali sotto tale denominazione venerava-
no la s. Famiglia composta della B. Ver-
gine, del Bambino Gesù e di s. Giusep-
pe. L'istituzione si fece nel 1 65q in Fran-
cia nella città di Rochelle , da un certo
numero di virtuose zitelle per occuparsi
dell'educazione deile orfane. Poco dopo
abbracciarono la vita tegolaie e fecero i
voti, con regole e costituzioni stampate a
Parigi nel 1664, col titolo di Regole del-
le, figlie della Trinità Creata, delle re-
ligiose della eongregazione di s. G iu sep-
pe. Non vi furono altre case di questa isti-
tuzione, sebbene in molle città di Fran-
cia vi furono e sono diverse congregazio-
ni sotto il titolo di s. Giuseppe , per lo
stesso caritatevole scopo. Inoltre ad ono-
re della ss. Trinità s'intitolarono città e
vescovati, come della ss. Trinità di Bue-
nos Ayres , e della ss. Trinità di Pori
d 'Espagne (' .); non che delle abbazie
regolari, come della ss. Trinità della Ca-
va, la quale poi divenne sede vescovde,
e fu unita a quella di Sarno (V.), e per
non dire di altre, l'abbazia della ss. Tri-
llila di Venderne de'benedel tini, nella cit-
tà omonima, diocesi di Blois; e l'abbazia
della ss. Trinità di Brondolode'benedet-
I ini e poi cisteiciensi, nel villaggio di tal
nome, luogo antichissimo che distrussero
i genovesi nel 1 379, per cui ora non vi è
the la chiesa di s. Michele di Brondolo,
nella diocesi di Chioggia, colla (piai cillà
comunica a mezzo di due ponti, inoltre
sotto l'invocazione medesima si fabbrica-
rono innumerabili chiese e cappelle, e si
fondarono moltissimi sodalizi , fra'quali
primeggia quello della ss. Trinità de' Pel-
legrini (F.) di Roma. Colla formola: in
nomine SS. et Jndividuae Trinilalis,
s'incominciano vari alti pubblici e solenni,
come i Coneordati. Ne' diplomi antichi
de'sovranisi leggono comunemente le for-
inole: In Nomine Dei aelerni}et Salva-
278 T B I
toris Nostri Jesu Chrisli: In nomi ne San-
ctne,ct Individuai' Trinila tis, Pa tris, et
Filii, et Spiritus Saneti. Amen. L'ado-
rabile Trinità venne invocata anche nei
solenni atti delle celebri alleanze, come
a'iiostri giorni s'intitolò quella ebe prese
il nome di Santa, quasi volesse due alle
genti: la politica torna a conoscere un Dio.
La festa della ss. Trinità si celebra nella
domenica dopo la Pentecoste, di cui va-
do a parlare.
La festa della ss. Trinità in più modi
Morcelli la descrisse latinamente, Eccle-
sia eoe lesti festiun diem Trini tati Au~
f^ustae saerante. Numini Uno Aeterno
Patris Filiocpte et Spiritili Saneto. Nu>
mini Uni A e terno omnipotenti. Trinità-
ti Aitgustae. Albano Buller, Delle feste
Dfoìu'li, nel trattato X: Sulla Domeniea
della ss. Trinità, ragionò dottamentenel
cap. i .° Sul mistero dèlia ss. Trinità: i .°
11 misteio della ss.Trinità dimostrato dal-
la Scrittura. 2.0 Il mistero dell'Incarna-
zione suppone quello della Trinità. 3.°
Non si dee predicare la Trinità agl'infe-
deli, che dopo aver predicato loro i pre-
cetti della morale. 4- ° Spiegazione o trat-
tazione del mistero. Discorse nel cap. 1°
In qual maniera, noi dobbiamo onora-
re il mistero della ss. Trinità. Pertan-
to egli dice, ebe la vita d'un cristiano de-
v'essere una continua festa dell'adorabi-
le Triade, com'essa è la festa eterna dei
santi nel cielo. Infatti solamente a line
di lodare e di onorare Dio incessantemen-
te a loro esempio, noi mortali abitiamo
sulla terra. Noi onoriamo questo mistero
colla nostra fede, colla santità della no-
stra vita, e cogli omaggi delle nostre lo-
di e del nostro amore. Quanto più que-
sto mistero è incomprensibile, tanto più
il s.'igrifjzjo che facciamo a Dio della no-
stra ragione nel crederlo,èa lui glorioso
ed accelto.Nè alcun articolo di nostra cre-
denza può esser mai contro la nostra ra-
giorie,comunque alto sopra di essa; poiché
niente può esser più conforme alla ragio-
ne, che il credere fermamente ciò che Dio
T R I
si degna rivelare agli uomini, benché que-
sta stessa ragione noi possa comprende-
re. Il credere in questa maniera è un pro-
fessar che Dio è al tutto incomprensibi-
le. Ora e che vi può esser mai di più ono-
revole allusila suprema sapienza, di que-
st'umile confessione delle sue creature?
Noi non possiamo formarci idea più al-
ta della sua grandezza, che confessando
l'incapacità assoluta di qualunque crea-
tura possibile a scoprire la profondità del
suo essere. Perciò la nostra ragione, umi-
liandosi in questo modo, viene a rendere
al suo autore l'omaggio più giusto, culo -
rando in silenzio, confessa la santacinef-
fabile Trinità nella maniera più degna
di essa. In questa fede nell'adorabile Tri-
nità noi fummo battezzati, ci siamo ag-
gregati fra 'suoi adoratori; fummo onora-
ti delle prerogative più gloriose, e delle
promesse sì della grazia, che della gloria
eterna, registrate nel santo Evangelo. Co-
gli atti fervorosi di questa stessa fede nel-
la ss. Triade, di speranza e d'amore, noi
ci prepariamo a tutti i sagramenti. Nel
sagto nome della ss. Trinità sono fatti gli
Esorcismi, tutte le Consagrazioni ^, tut-
te le Benedizioni, tutti i Sagri/izi che si
offrono, tutte le Preghiere: ha e$to final*
mente si cominciano e si compiono tut-
te le opere buone. All'ora tremenda del-
la nostra morte, il ministro del Signore
rafforzerà le nostre anime, e metterà il
terrore nelle legioni infernali col nomi:
del Padre e del Figliuolo e dello Spirito
Santo." Parti, dirà egli, anima cristiana,
nel nome del Padre che ti ha creato, del
Figlio che ha patito per te, dello Spirito
Santo che ti ha santificato". Con questa
santa fede, colla sincera ed umile adora-
zione della ss. Trinità, egli ci raccoman-
derà alla divina misericordia.» Benché ab*1
bia peccato, questo moribondo cristiano,
dirà allora il sacerdote, egli non ha nega-
to il Padre, né il Figliuolo, riè lo Spiri-
to Santo; ma serbò la fede e lo zelo per
I' onor di Dio, fedelmente adorò quelli*
che fece tutte le cose". 11 mistero della ss.
TRI
Trinità viene particolarmente glorificato
in noi coll'unione de'nostr't cuori e colla
fi atellevole cari tà. Qual dolce riposo, qua-
le amore, qual gloria, qual gioia possedo-
no in se stesse le tre Persone, e l'una nel
godimento reciproco dell'altra, prima di
lutti i secoli e per tutta l'eternità! Qual i-
neffabile piacere gustano Elleno nel pos-
sedimento della loro felicità e delle per-
fezioni infinite? Quale sublime lezione di
concordia e di carità, non ci dà però Dio
in questo mistero?» Un Signore, una Fe-
de , uu Battesimo". Quanto mostruoso
non sarebbe mai che le membra di un tal
capo fossero tra loro divise? Qual delitto
non sarebbe rompere un legame sì sagro?
» Tre rendono testimonianza nel cielo, il
Padre, il Verbo e lo Spirito Santo, e que-
sti Tre sono Uno". Della stessa maniera
noi dobbiamo sulla terra rendere testi-
monianza a Dio co'vincoli della concor-
dia e della più perfetta carità all'esempio
de' beati, i quali sono sì strettamente uni-
ti tra loro nel regno di Dio. Così noi dob-
biamo onorare la ss. Trinità colla fede,
colla santità della vita e coli' unione dei
cuori ; al che dobbiamo aggiungere gli
omaggi continui delle nostre laudi, del-
le nostre adorazioni e del nostro amore!
Poiché qual è nel cielo l'occupazione del
Coro degli Angeli e de'Beati, e quale sa-
rà durante tutta l'eternità? Adorare e lo-
dar Dio in tre Persone, e cantare senza
interrompimento ciò che il profeta Isaia
udì una volta ripetere in sì armonioso
concerto da' SevatìnìjìTrisagio^P .):San-
to, Santo, Santo il Signore degli eser-
ci ti j tutta la terrai' piena della sua glo-
ria. Unendosi a'cori celesti, tutte le ani-
me sante, tutte le caste spose del Signore
sulla terra sono anch'esse occupate gior-
no e notte a celebrare le sue laudi. Of-
friamo nello stesso spirito tutte le nostre
azioni ad onore e gloria deH'adorabil<sTri«
nità, pregandola di farci sempre adem-
piere la sua santa volontà. Interrompia-
mo sovente le nostre ordinarie azioni, per
recitare alcune fervide parole in suo o-
T B I 279
nore, come quelle con cui accompagnia-
mo il segno della croce, o colla dossolo-
gia adottata dalla Chiesa contro l'empia
eresia ariana. Onde tutto l'onore, tutta
la gloria, col più perfetto sagrifizio ed umi-
liazione di noi stessi e di tutte le creature,
siano rese al Padre, Signore di tutte le co-
se; al Figlio coeterno e consustanziale al
Padre, nostro amabile Redentore; e allo
Spirito Santo, gran consolatore e granfie
santificatole dell'anime nostre; in quella
maniera che da tutta l'eternità le tre Per-
sone divine si sono glorificale l'una l'al-
tra a vicenda, col loro amore infinito, col
riposo che hanno goduto nel fruimento
delle loro supreme pei fezioni;siccome El-
le sono slate glorificate sino dal comin-
ciar del tempo, e dagli Angeli dal momen-
to della loro creazione, e da' fedeli servi
di Dio in tutti i secoli; e finalmente co-
m 'Elle sono gioì ideate al presente da tut-
ti gli spiriti beati, da tutta la Chiesa mi-
litante sulla terra, e saranno da noi stes-
si mercè l'aiuto della sua misericordia, se-
condo lutto il potere e la forza del no-
stro spirito. Non contenti di rendere tut-
ti i nostri omaggi alla ss. Trinità, dobbia-
mo riferire e consagrare a Lei quanto noi
siamo, la nostra vita e le nostre azioni, i
nostri patimenti, le nostre fatiche, in una
parola quanto abbiamo ricevuto da Lei,
1' uso del nostro ingegno , delle nostre
membra e ile' nostri beni. Preghiamo il
Padre di cancellare dalla nostra memo-
ria ogni idea di mondana vanità , e di
stamparvi quella della sua divina presen-
za, per modo che la occupi interamente
ed unicamente. Preghiamo il Figliuolo,
che ci rischiari la mente, che ne sgombri
le tenebre, e ci conduca in sulla via del-
la salute colla fiaccola della fede e dell'e-
terne sue verità. Preghiamo loSpirito San-
to, che santifichi la nostra volontà colle
sante fiamme del suo amore, affinchè nes-
suna cosa mai vaglia a separarci da lui,
uè nel tempo, ne nell'eternità. Il Sarnelli
nel t. 9, leti. 53: Come la s. Chiesace-
lebri la festa del Padre Eterno, rispon-
?.8o T R I
«le al dubbio propostogli: Perchè In ».
Chiesa celebra laute feste del Verbo in
carne, e dello Spirito Santo, e del Padre
Eterno non solennizza alcuno speciale e
particola re giorno. Pertanto dichiara, non
avere la s. Chiesa dedicatoal Padre Eter-
no un giorno di festa particolare per la-
sciarlo in nostra libertà , acciocché non
una volta, ma ogni giorno, in ogni mo-
mento fossimo ricordevoli del caro e dol-
ce nome di Padre j perchè in ogni istan-
te del nostro vivere egli ci conserva, som-
ministrando a noi l'aiuto temporale e spi-
rituale. Soggiunge poi con Durando, Ra-
tionale Dh'inortini Officiorum 1.6, cap.
i i 4, n.° i , che gli antichi tennero che la
festa del Padre Eterno fosse quella del
Natale del Salvatore, perchè gli nacque
il Figliuolo secondo la carne. Onde la i .*
messa della mezza notte comincia: Domi-
nus dixit ad me Filili* meus es tu, ego
hodie genui (e. E sebbene questo si spie-
ga della generazione eterna, si può anche
intendere della temporale, al riferiredel-
lo stesso Durando, cap. i3, n.° iq: Ego
hodie geniti te, de utraque est, et expo-
ni tur j hodie , idesl , aeterna li ter j nani
secundumAugust. hodie praesenliam si-
gnificata et quod aeternum est semper
praesens est. Né Cristo ebbe altro Padre
nell'una e nell'altra generazione, che il
Padre Eterno, così il Damasceno, De fi-
de, lib. 4, e. i5: Debttil sine virili coni-
mereio nasci Dominus,ne duos haheret
Palres. Sicché il Natale del Signore è la
festa del Padre, la Pasqua del Figliuo-
lo, la Pentecoste dello Spirito Sauto. E
in quanto a'moderni non ponno a ver mos-
so questo dubbio, essendovi la festa della
ss.Trinità, Padre, Figliuoloe Spirito San-
to.tre Persone e un solo Dio. L'autore del
Ligni vitae, vuole che sia stata istituita
da Gregorio XI del r 370, e Pisanella nel-
l'art. Feria, § 3, ne fa autore Giovanni
XXIII del 14 10. Indi il Sarnelli asseri-
sce che Durando, nel luogo citato, narra
che Alenino compose l'ufficio De ss. Tri-
ni la te e l'olhì ad Alessandro Papa, il qua!
T R I
rispose: Non est celehrandnm festina de
Trini tate ,sicut nec de Uni tale. Nani sin-
gulis diebus fìlfeslum Trinità tis, et U-
nìtatis, quia semper dicitur G loria Pa-
triot Filio, et Spirititi Saneto. Qui os-
servo un anacronismo 0 sbagliato il nome
del Papa, poiché Alenino nacque verso il
735,ed Alessandro II fu creato Pap;t nel
1061, come narrai nelle loro biografie;
bensì Alcuino scrisse detrattati: DeTvi ai-
tate, j De Processione. Spirititi Sancii;
Offìcias perferiasj De divinis Ofjiciis;
Sacramentoruni liber, contenente le col-
lette, le segrete, i prefazi e post-commu-
nio per 3?. messe differenti, ec. Noterò
inoltre, che al cardinal Ivonc di Char-
tres (F .), nato verso il 1 o4o, si attribui-
sce il Micrologo[V.), il quale tratta pu-
re della celebrazione della messa e di di-
verse pratiche della Chiesa sotto il pon-
tificato di s.Gre£;orio VII, im media to sue-
cessole di Alessandro II. Trovansi pure
di verse osservazioni sulla disposizione de-
gli uffìzi divini. Apparisce da ciòch'è det-
to nell'uffizio della ss. Trinità, che non
se ne celebrava la festa a Roma in prin-
cipio del secolo XI, e che non approva va-
si che si celebrasse altrove in un giorno
particolare, perchè in ciascuna Domeni-
ca (V.), od anche in tutti i giorni, si ce-
lebra la memoria di questo mistero nel-
l'uffìzio della Chiesa. Ricorderò pure d'a-
vere riferito a Prefazio, che nel 5j8 già
esisteva quello proprio della ss. Trinità.
Tuttociò premesso, leggo in Novaes nel-
la Storia di Giovanni XXII, che Ales-
sandro II, come prova il Lambertini nel
lib. De Feslis, cap. 12, e non già Ales-
sandro 1 1 1 come alcuni credono, compre-
so il Sarnelli, nella decretale Quoniam de
Feriis,(\\ce: «Che la festa della ss.Trini-
tà soleva celebrarsi secondo il costume di
diverse regioni, da alcuni nell'ottava di
Pentecoste, da altri nella Domenica pri-
ma avanti la venuta del Signore. La chie-
sa romana però non usa in tempo alcu-
no di celebrare questa festa, perchè ogni
giorno dice il Gloria Patri et Filio et
T R I
Spirititi Sane lo con nltre simili lodi al-
la Trinità appartenenti". Riferisce dì più
il Novaes, che Giovanni XXII neh 333
ordinò, che la festa della ss. Trinità si ce-
lebrasse solennemente nella domenica do-
po la Pentecoste, mentre la chiesa roma-
na non era solita fino a quel tempo di ce-
lebrare questa festa con particolare uffi-
zio in alcun giorno determinato , il che
affermano Tolomeo da Lucca nella Fi-
ta di GìovanniXXII, presso Baluzio, Vi-
lis Papar. Avenion. 1. 1 , p. i 77; e Lam •
bei-lini, De Festis § 63o, p. 2 1 o. Rileva
pure Novaes, che l'Advocat nel Diziona-
rio portatile, a\\'nvl\co\o P\e\vo d'Ailli o
Aylli, dice che questo cardinale predicò
in Genova nel i^o5, con tanta energia sul
mistero della Trinità, che l'antipapa Be-
nedetto XIII, mosso dalla sua predica ne
istituì la festa. Ma certo è, che essendo
questa festa già in uso per molte chiese,
l'avea Giovanni XXII ordinata di precet-
to alla chiesa universale, come ne fanno
fede Marlene , De antiq. eccl. discipl.
cap. 28; Tornassi ni, Z?e Dier. Festor. ce-
lebrai, cap. 18, lib. a, n.°i3; Baillet, De
fé. sto Trini t. § 1 ,n.° 4; Ciacconio, in Vita
Joannis XXIIj Ga vanto e M erati, in not.
ad Gavantum, 1. 1, par. 2, p. 1222; Pa-
gi, in Breviar. Rom. Pont. t. 4> Wi Fita
Joannis XXII, n.°86, ed altri citati dal
Lambert ini. Tornando a Saruelli, egli di-
ce che Radulfo fiorito nel i4oo attesta che
la festività fu approvata e intimala dalla
chiesa romana, e quindi comunemente ce-
lebrata, e perciò opina che autore di tal
celebrità fu Gregorio XI e non Giovan-
ni XXIII; ma poi in altra lellera si cor-
regge ed il 2.0 chiama Giovanni XXII,
al quale propriamente l'attribuirono Ra-
dulfo e Pisanella. In questa sua creden-
za, che Gregorio XI approvasse la festa
e ordinasse che si celebrasse per tutta la
Chiesa, riporta quanto dichiarò il Duran-
do: Che dopo celebrata la festa del Pa-
dre nel s. Natale, qui Nativi tas dicitur
festivilas Patrts, dopo celebrata la festa
del Figliuolo nella Pasqua, e la festa del-
VOL. LXXX.
TRI 381
lo Spirito Santo, nella di lui missione, me-
ritamente nell'ottava di Pentecoste si fa
la festa della ss. Trinità, per dimostrare
che le dette tre Persone sono un solo Dio,
e questa è la 1. "cagione perchè si celebra
la festa delle tre Persone unitamente; la
2/ cagione è, che dopo la festa dello Spi-
rilo Santo, ossia dopo la sua discesa nel
Cenacolo, cominciò subito a predicarsi e
credersi il mistero della ss. Trinità , nel
cui nome si dava il battesimo a 'con ver -
tili fedeli. La 3.aè, perchè la Chiesa di-
mostra a'suoi figli, quel Dio Trino e Uno,
da cui sono lutti i beni, di cui ha l'im-
magine e di cui debbono aver la somi-
glianza, e che debbono sempre lodare,
ringraziare e celebrare, per cui l'introi-
to della messa comincia colle parole: Bc
nedicta sitsancta Trinitas, alque indi-
visa Uni tas j confi tebimur eit quia feci t
nobisewn miserìeordiam suam. Dopo
avere il Sarnelli riportalo pure quanto
l'HeroIt scrisse su l'una e l'altra festa del
Padre Eterno, conclude che la questione,
perchè la Chiesa non solennizza alcuno
speciale e particolare giorno festivo del
Padre Eterno, è questione di nome, per-
chè non vi è nelle feste il titolo de Pa-
tre Aelernoj anzi la s. congregazione dei
riti proibì la messa de Patre Aeterno
falla in Madrid, senza autorità della s.
Sede. Ma non di fatto , poiché di fatto
tulli i nostri maggiori han tenuto, che la
festa del Padre Eterno fosse quella del-
la Natività del Signore; del resto ab an-
tico tulle l'orazioni sono dirette al Padre
Eterno, imitando Cristo che disse: Sic er-
go vos orabitis; Pater nosler, qui es in
Coelis, etc. E a chi si offre il Sacrifizio
della s. Messa( f.),senon all'Eterno Pa-
dre? Te igitur clementissime Pater, per
Jesum Cliristum filinm tuuni , cioè nel
principio del Canone. Cristo non fece in
terra che manifestare la gloria del suo E-
terno Padre, ed a cui prima che patisse
diresse la dolcissima orazione, presso s.
Giovanni cap. 1 7: Tlaec locutus est Jesus ;
et sublevatis oculis in coclum dicci t: Pw
«9
282 T R I
ter venie hora, clarijicafilium dumi, ut
filma tuus clarifìcet te,etc. In quanto
all'oliava della festa della ss. Trinità, o-
£> ti i Domenica è oliava: Primo die, quo
Trinitas beata mnndumcondidit. Si leg-
ge P8.° responsorio: Duo Seraphim, etc.
Si canta il Simbolo di s. Atanasio [V.),
quando non occorrono altre solennità.
Dov'è titolo della chiesa, si fa I' 8." nei
giorni che seguitano la festa, della qua-
le dice il Gavanto sopra il Breviario e.
19, n.° 2. Aliud est loqui de Ecclesia
universali , in qua quaelibet Domin ica
Tritatati erat dicala ; aliud est loqui de.
Titulo Ecclesiae particularis, et in hoc
sensu s. Rituuin congregalo decrevit,
Octavam ss. Trinila tis, et digniorem in
propria Ecclesia esse , quarn octavam
Corporis Chris ti. In quest'ottava non si
replica il simbolo di s. Atanasio: quiado-
minicae assignatum vide tur j dice lo stes •
so Gavanto nel Simbolo s.Alhanasii, cap.
20, e però si dice nel giorno 8.°, perchè
è di domenica. Termina Samelli con ri-
petere, che la festa della ss. Trinità oggi
è la 1 ."domenica dopo la Pentecoste, e tut-
te le altre domeniche e ogni giorno la ce
lebriamo e adoriamo. Indi colla leti. 54:
Dell'ineffabile mistero della ss. Trinila,
spiega sul gran mistero i 3 quesiti. 1 /Se
la Divina essenza differisca dalle Persone.
2.0 Come le Persone sieno fra loro distin-
te. 3.° Come il Figlio sia coeterno al Pa-
tire. Esorta poi, perchè questo ineffabile
mistero è difficile a intendersi, è neces-
sario a crederlo e adorarlo con sommis-
sione di spirito, e non andarlo cercando
con curiosità. Ci deve bastare, che Dio,
il quale è la verità medesima, ne l'abbia
dichiarato in questa guisa, e che la fede
che dobbiamo alla sua parola, ne obbli-
ghi a crederlo, benché non possiamocom-
pi eliderlo: Fides Catholica ' haec est, ut
Unum Deurn in Trinitate, et Trinità-
lem in Unitale vciicrcmur. Cosi disse s.
Atanasio, impugnatole degli ariani, nel
suo simbolo. Ed Innocenzo 111 nel conci-
lio generale di Laterauo IV, in dccret.fi-
TR I
dei, cap. 1. Firmiler credimus. et sita-
pliciter confi temur, quod Unus solus est
verus Deus Pater, et Filius,et Spiritus
Sanctus ; Tres quidem Personae , itd
Una essentia, et substantia, seu natu-
ra omni no simplex. Ne dogmi, per evi-
tare cavillazoni e sofismi, ancora di si-
curezza è il dire: Credo lutto quello che
crede la s. Madre Chiesa. Il medesimo Sai-
nelli nel t. 4 ragiona nella leti. 24*- Per-
chè la Domenica della ss. Trinità si met-
ta fra quelle di prima classe, e la Fe-
sta fra quelle di seconda classe. Pre-
mettendo la dichiarazione, che sebbene è
molto difficile portare le ragioni delle co-
se, quando s'ignora la mente degl'istitu-
tori di quelle, ad ogni modo indagando-
ne le congruenze , su questo argomento
cos'i discorre. Se la festa della ss. Indivi-
dua Trinità si fosse fatta di 1 /classe, con-
veniva sopprimere lai.' domenica dopo
la Pentecoste, perchè niuna festa del Si-
gnore di 1 .'classe ha commemorazione di
domenica, cometa Pasqua e la Penteco-
ste; e sopprimendosi la 1 ."domenica dopo
la Pentecoste, si avrebbe dovuto mutare
l'ordine e il titolo dell'altre domeniche,
dicendosi piuttosto Domeniche dopo la
Trinità, e sarebbe bisognato metter la 1
dov'è la 2/, e così sarebbe cresciuto an-
che il numero delle domeniche, le quali
non sono meno di 2 3 uè più. di 28 fino
all'Avvento, e si suppliscono colle dome-
niche le quali avanzano dopo l'Epifania,
e I' ultima è quella che nel breviario è
notata 25, la quale anche quando sono
23 si legge l'ultima, dicendosi la 23 nel
sabato antecedente. Oltre a ciò la festa
del Corpo del Signore di 1 ."classe avrebbe
dovuto seguitar l'8.a, e questa non occor-
reva, sì per non esser necessaria , come
avverte il Micrologo, De Eccles. observ.
cap. 60, perchè ogni domenica è ottava
della ss. Trinità, anzi ogni giorno sene
fa memoria, benché dov'è titolo di chiesa
particolare abbia la ricordata ottava, la
quale nella propria chiesa è più degna di
quella del ss. Corpo di Cristo , sì anche
TRI
perché essendo stata istituita prima la fe-
sta del Corpus Domini colla sua 8/,e con-
correndo alle volte pure con questa an-
che l'8.a di s. Giovanni, sarebbe stato un
mescolamento d'ottave. Che la festa del
ss. Corpo di Cristo fosse stata istituita pri-
ma da Urbano IV nel 1262 si vede dal-
l'asserto del contemporaneo s. Tomma-
so, che la dice collocata nel 1. "giovedì do-
po l'8.* di Pentecoste, uè fa alcuna men-
zione della festa della ss. Trinità; onde
appare che questa festa della ss. Triade
sia stata istituita per tutta la Chiesa uni-
versale dal PapaGiovanni XXII eletto nel
1 3 16. Fu conveniente adunque farsi la
festa della ss. Trinità di 2.a classe più con-
grua colla 1 ."domenica dopo la Penteco-
ste, benché la »»* classe è delle maggiori;
per cui del santo semplice, che occorre in
tal giorno, se ne fa solo la commemora -
yione nelle laudi e nelle messe private. E
perchè occorrendo in detta domenica
qualche festa dii." classe non escludesse
delta festa della ss. Trinità, fu posta nel-
le domeniche di 1. "classe la domenica del-
la Trinità, Doininica Trinitatis, le qua-
li domenichedi 1. ''classe non mai si lascia-
no; e se nelle seconde vesperi concorre con
feste di 1 .aclasse,si fa de' seguenti cum coni-
inemoratione Trinitatis tantum. Se con
festa di 2." classe le intere vesperi saran-
no della Trinità, come di festa maggio-
re, e si farà la commemorazione della mi-
nore di 2/ classe. Sicché la 1 ,a domenica
dopo la Pentecoste, ut sic, è della stessa
ragione delle domeniche seguenti, perchè
non s'intende di essa la rubrica della do-
menica di 1 /classe, ma della domenica co-
me domenica della ss. Trinità, e ciò è pa-
tente, perchè tutto l'officio si fa della ss.
Trinità, e della 1. "domenica di Penteco-
ste la commemorazione solamente, e la
slessa commemorazione come si è dello si
lascia nelle seconde vesperi, se nella feria
2.a si celebra festa dii.'o 2.a classe. Quin-
di è, che la festa della sagrosanta Triade
ora dicesi festa, ora domenica, perchè l'u-
no e l'altro è vero, e per rogioue della do-
T R l 283
menica, nella quale sempre occorre, ha
questochenon mai si lascia l'uffizio del-
la ss. Trinità, benché in quel dì in qual-
che luogo occorra festa dir .'classe; e per
ragione della festa ha quello ch'i proprio
delle feste di 2." classe. Conclude il Gavan-
to, Tpsamet Trini tas sic voltiti t a qua
rcgitur Ecclesia. E forse nella domeni-
ca di i.a classe s'intende la r.a Persona del
Padre, nella festa di 2.' classe la seconda
Persona delFiglio, nella domenica 8.adel-
la Pentecoste laPersona dello SpiritoSan-
to, e tutte tre sono una sola solennità, co-
me sono tre Persone e un solo Dio. A mag-
gior schiarimento, dirò conl'ab. Diclich,
Diz. sacro-liturgico: Domenica. Le do-
meniche, altre si dicono maggiori, ed al-
tre minori, ossia fra Panno. Le maggio-
ri sono quelle nelle quali si venerano i
principali misteri della Creazione eReden-
zione, e sono: i.° Le domeniche dell' Av-
vento; i.° Quelle che occorrono dallaiSV f-
tuagesima fino alla Domenica in Allis
inclusivamente; 3.° Quelle della Pente-
coste e della ss. Trinità. Le domeniche
minori, ossia fra l'anno, sono quelle che
accadono per tutto il corso dell'anno. Le
maggiori si dividono in due classi, di pri-
ma cioè, e di seconda classe. Quelle di pri-
ma classe non cedono ad alcuna Festa,
e perciò mai non si om mettono: tali so-
no la i.a dell' Avvento, lai." di Quaresi-
ma, la domenica di Passione, quella del-
le Palme, quella di Pasqua, la domeni-
ca in A Ibis , quella della Pentecoste , e
della ss. Trinità. Il Lambertini, Della s.
Messa, a p. 8 1 rende ragione, perchè alla
ss. Trinità ue'secoli antichi non s'indiriz-
zavano l'orazioni. Dice pertauto, che l'o-
razione Suscipe s. Trinitas, s'indirizza
nella messa alla ss. Trinità, mentre nei
primi 4 secoli della Chiesa tutte le di lei
preghiere s'indirizzavano a Dio Padre: Ut
in Altari semper ad Patrem dirigalur
oratio, come disse il 3." concilio di Car-
tagine al cap. 23. Sapevano bensì i fede-
li, che non si adorava il Padre, senz'ado-
rare il Figlio e lo Spirilo Santo; ma con
284 T R I
giusto motivo tralasciavasi di nominar la
ss.Trinilà,pel timore chela pluralità degli
Dei, che da' cristiani impugnavasi, non
fosse loro opposta da chi non conosceva
il mistero delle tre Persone Divine, come
ben riflette Floro di Lione nel suo trat-
tato de Actione Missae. Ma tolto di mez-
zoildetlotimore,nonha dubitato laChie-
sa tanto latina, cpianlo greca, nell'ofTrire
il sagrifìzio, di dire Suscipe s. Trinitas.
Nella medesima orazione si prega la ss.
Trinità a ricevere l'oblazione anche ino-
uore della B. Vergine , di s. Gio. Batti-
sta ,de'ss. A postoli Pietro e Paolo,de'San-
ti de'quali sono le reliquie dell'altare, e
di tutti gli altri Santi, ut illis prqjìciat
ad honorem, nohis autem ad salutemj
perchè quanto hanno di gloria e d'onore
i Santi, lutto hanno ricevuto per virtù del
sagrifìzio di Cristo; e perchè la gloria e
l'onore di Cristo passa ne'Santi, che so-
no membri viventi, ad esso congiunti co-
me a loro capo, non polendo verun cat-
tolico negare, che il sagrosanto Sagrifì-
zio della messa non sia glorioso a Gesù.
Cristo, come diffusamente spiegano i no-
stri teologi. Clemente XI 11 per maggior-
mente promuovere il cullo della ss. Tri-
nità, con decreto de'3 gennaio i 759, pres-
so il Guerra, Epit. Consl. Apost. t.i, p.
36, sleso per commissione del cardinal
Tamburini prefetto della s. congregazio-
ne de'riti, dal celebre benedettino e suo
teologo p. Galletti poi vescovo di Cirene,
il quale avea insinuato questo rito, ordi-
nò che in ogni domenica, nella quale non
■vi fosse Prefazio proprio della corrente
messa, si dicesse dal celebrante il prefa-
zio della ss. Trinità. In Roma e da tem-
po antichissimo, nel palazzo apostolico si
celebra la festa della ss. Trinità con cap-
pella papale, che descrissi nel voi. IX, p.
42, con discorso in onore della medesima.
Per onorare la ss. Individua Trinità, i
Papi concessero indulgenze a varie pre-
ghiere ed esercizi divoli, che sono ri-
portale nella Raccolta dell' Indulgen-
ze j e nel giorno di sua festa più volte ce-
TRI
lebrarono le solenni Canonizzazioni de'
Santi.
TRINITÀ' SS., Festa. F. Trinità' ss.
TRINITÀ' SS^Arciconfraternita del-
la ss. Trinità del riscatto degli schiavi.
V. Trinitari del terz'ordine.
TRINITÀ' SS., Arciconfraternita.
V. Arciconfraternita della ss. Trinità
de'Pellegrini, Ospizi di Roma : Ospizio
della ss. Trinità, ed i voi. L, p. 1 1 4, LV,
p. 263 e 264.
TRINITÀ' SS. DI BUENOS AYRES,
De Buenos Ayres SS. Trinitatis. Città
con residenza vescovile dell'America me-
ridionale, capitale della provincia e go-
vernodi Buenos Ayres. In aggiuntaa tale
articolo, per le innovazioni avvenute dopo
la sua pubblicazione, e dopo ancora i'urti-
coIoRepubblica, ove feci cenno degli Stati -
Uniti e delle repubbliche òì America, di-
rò alcun'altra nozione, insieme allo sta-
to presente del vescovato e degli ultimi
suoi vescovi. Si estende sopra un'altura,
presso il fiume Argentino, cioè sulla riva
meridionale del Rio de la Piala «impello
alla foce dell' Uraguay a 5o leghe daMon-
te Video. Le sue cupole, le torri e le moli
de' suoi edifi/.i le danno un aspetto me-
lanconico, rappresentando l'insieme una
immensa fortezza. Le strade sono larghe,
diritte e regolari, e ad intervalli pure re-
golari si aprono ad angoli retti col Rio de
la Piata; alcune sono lastricate ed in de-
clivio verso la metà, e quasi tutte hanno
marciapiede : quella della ss. Trinidad
e quella di s. Denido, sono le principali,
la 1. "attraversando quasi tutta la cillà, ed
essendo abitata dalle più ricche famiglie.
La sua gran piazza è divisa in due parti,
la piazza d'armi e il mercato, mediante
un edilìzio lungo e basso che forma una
specie di bazar. Sulla piazza d'armi Irò»
vasi il cabildo o palazzo della cillà, ch'è
un bel fabbricato; sulla piazza del mer-
cato sta il forte, le cui muraglie discen-
dono sino alla riva del Rio de la Piata,
e non I unge dal quale si trova, fra la città
e la riva, una piantagione di pioppi che
T I I
serve di passeggio. La camera de' depu-
tali è uno degli edifizi più osservabili ;
essa fu costrutta da un architetto francese
sul modello della camera de'pnri in Pari-
gi. L'ultima proposizione concistoriale di-
ce che nel suo trinili cìrcìter niilliarium
ambita ultra centum mille conti net ha-
bitatores. L' ampia e bella cattedrale si
gloria anchedel titolo del ss. Corpo di Cri-
sto , con battisterio e cura d'anime am-
ministrata da un canonico approvato dal
vescovo, il quale mancava d'episcopio, e
coA del seminario e del monte di pietà.
Il capitolo si compone di 5 dignità, lai.*
delle quali è il decano, di 4 canonici, di
4 mansionari, de'quali 2 diaconi e 2 sud-
diaconi, e di altri preti e chierici addetti
al servizio divino. Vi sono diverse chiese
parrocchiali, 2 conventi di religiosi, 2 mo-
nasteri di monache, i ospedali per am-
bo i sessi, un ospizio pegli esposti, altro
pegli orfani, un anfiteatro pe' combatti-
menti de'tori, il teatro, l'accademia delle
scienze matematiche e fisiche, e un osser-
vatorio. Dopo la rivoluzione vi si stabilì
qualche fabbrica , e le più considerabili
sono quelle di cappelli e di lavori di fer-
ro. Il governo era intento a proseguire lo
scavamento d'un porto, poiché i vascelli
erano obbligati di fermarsi a 3 leghe in-
feriormente e d'inviare le merci sulle bar-
che o golette, e di andar poscia 8 leghe di
là nella baia di Barragan onde aspettare i
loro carichi. I suoi paraggi sono pocosicuri,
non solamentea cagione della quantità di
roccie, di banchi di sabbia e di bassi fon-
di, ma per cagione ancora della violenza
de' venti pamperosche soffiano frequente-
mente. Malgrado tali inconvenienti Bue-
nos Ayres è il luogo di deposito di un este-
so commercio, per le merci che riceve dal-
l'Europa e in particolare dalla Gran Bre-
tagna, dagli Stati-Uniti, dal Brasile e da
altre regioni. Fa coli' alto Perù uu com-
mercio considerabile in bestiami e muli:
i suoi mercati sonode'meglio provveduti,
eia carne vi è tanto abbondante che spes-
so si distribuisce a' poveri. Il miscuglio
T R I 285
di negri e mulatti è di poco rilievo; le don-
ne si fanno distinguere per bellezza e gra-
zia. Il clima è dolce, I' aria sana, i calori
non vi sono mai eccessivi : il suo nome si-
gnifica Buon Ariay Boni Aereis, Non ca-
de mai neve, non gela che debolmente,
ed il ghiaccio leggero che vi si forma è ac-
curatamente raccolto per rinfrescare le
bevande. Dissi al suo articolo , che nel
1810 cominciò la definitiva indipenden-
za di Buenos Ayres dalla Spagna, e il prin-
cipio del suo governo democratico con
propri magistrati, della quale indipenden-
za sì del paese che dell' altre colonie a-
mericane restate alla Spagna, fu il segnale
l'invasione di questa operata da'froncesi.
Il governo provvisorio ebbe poca stabi-
lità sino al i8 i5, in cuiformossi una giun-
ta suprema, poi un triumvirato, che pub-
blicò un regolamento in cui questo stalo
fu nominato Provincie Unite del Rio del-
la Piata; un governo superiore vi fu po-
scia stabilito, e fece questo creare Y as-
semblea sovrana costituente. A questa as-
semblea successe una giunta di osserva-
zione, che convocò il congresso nazionale
radunatosi a Tucuman verso la fine di
detto anno, trasferito poi a Buenos Ay-
res, ove ancora risiede. Formando il suo
stato parte della confederazione d'Argen-
tina e degli Stati- Uniti della repubblica
della Piata, per le dissensioni insorte tra
il general Urquiza direttore generale di
detta confederazione e Buenos Ayres,que-
sta provincia si separò nel 1 853 eoo al-
tre i3} che prima componevano la repub-
blica della Piata, e formarono un gover-
no particolare, alla testa del quale fu po-
sto un governatore-capitano generale, e
a' 12 ottobre vi fu eletto ild/d. Pastor
Obligado, residente a Buenos Ayres ca-
pitaledel nuovo stato, ed ove dimora pu-
re il corpo diplomatico.Le provincie sono:
Buenos Ayres, Eutre-Rios e Corrientes,
Santa Fé, San Luis de la Punta, Cordova,
Santiago del Estero, Mendoza, s. Juan
de la Frontera, Rioja, Cautamarca, Tu-
cuman, Salta e Jujuy, con più di duerni-
286 TRI
lioni d'abitanti. La sede vescovile di Bue-
nos Ayres fu eretta nel 1620 da Paolo
V, e fatta suffraganea dell'arcivescovo di
Piata, e lo è tuttora. Le Notizie di Ro-
ma riportano i seguenti suoi vescovi. Nel
1 y38 d. Giuseppe Pernlta; nel 1 746 Giu-
seppe Gaetano Patheco deCardenasdiA-
requipa; nel 1749 Gaetano Marcellano-
y-Agramonl di Pace; nel 17^7 Giuseppe
Antonio Busurco di Buenos Ayres; nel
1762 Emanuele de la Torre d'Auxilio
diocesi di Palencia, ti asla loda Paraguay;
neli777 fr. Sebastiano Malbar de'ininori
osservanti di Salcedo di Compostala; nel
1 785 Emanuele de Azanior e Piomba di
Villablanca di Siviglia; nel 1802 Bene-
detto de Luz-y-Riego del porto di Lastres
diocesi d' Oviedo, morto ne' primi anni
del corrente secolo. Mal soffrendo Gre-
gorio XVI che questa sede e altre di A-
merica gemessero in lunga vedovanza ,
perchè la Spagna antica sovrana delle
medesime pretendeva nominarvi, la prov-
vide di pastore nel concistoro de*2 luglio
i832, con trasferirvi da Aulona in par-
libus Mariano Mediano e vicario aposto-
lico dello stesso vescovato di Buenos Ay-
res. JNel medesimo concistoro il Papa di-
chiarò suo ausiliare uig.r Mariano Esca-
lada di Buenos Ayres, conferendogli lo
stesso titolo d'Aulona. Per morte del ve-
scovo Mediano, il Papa Pio IX nel con-
cistoro de'23 giugno i854 gli sostituì il
prelato ausiliare mg.r Escalada, che n'è
l'attuale pastore. Ogni nuovo vescovo è
tassato ne libri della camera apostolica in
fiorini 33, ascendendo la mensa ad ul-
tra sex millia ponderimi illius monetae.
La diocesi è amplissima, per cui Grego-
rio XVI riservò alla s. Sede di dividerla
e di restringerne i limiti , uti melius in
Domino expedire videbitur.
TRINITASS. o PORT D'ESPAGNE,
PortusHispaniacChla con residenza ar-
civescovileaU'estremità dell'America me-
ridionale, nell'isola della ss/Trinità o Tri-
nidad sulle bocche dell'Orenoco, fertile
e ricca per Datura ed opporlunissima al
T R 1
commercio, già vicariato apostolicoche il
Papa Pio 1 X nel 1 85o elevò al grado di ar-
civescovato, colla sede di Eoseau per sof-
fi aganea. L'isola ebbe il nome dell'Au-
gusta Triade dal gran Cristoforo Colom-
bo di Cuccaro in Monferrato, scuoprito-
re dell'America e ritrovatore del Nuovo
Mondo, circa 55 secoli dopo la sua crea-
zione. Quel pio e nobilissimo conquista-
tore, che consigliava Isabella I a far l'ac-
quisto della Terra Santa, prescelta dalFi-
glio di Dio alla nostra redenzione, nel 3.°
suo viaggio in America, ove peli. "inal-
berò il glorioso e trionfante vessillo della
Croce,l'ultimo di luglio 1 498scuoprì l'iso-
la più principale delle piccole Antille, alla
quale giunto pose il nome della ss. Trinità
in memoria delle grazie da essa ottenute,
onde l'invocava nell'incominciare tutte le
sue azioni, ed anco perchè l'isola formava
tre montagne. Siccome Port d' Espagne
capitale dell'isola della ss. Trinità, dopo
pubblicato tale articolo, ha ricevuto a' 1 7
aprile 1 855 il 2. "pastore in mg/ Vincenzo
Spaccapietra,dal medesimo Papa Pio IX
traslato da Arcadiopoli in partibus, ed
insieme dichiarato amministratore della
vacante sede di Roseau, importa di regi-
strare lo spirito religiosodella nuova me-
tropoli e il singola re onore ricevuto dal Pa-
pa,onde in parte meglio supplire alla scar-
sezza delle notizie relative alla sede, non
essendosi stampata proposizione concisto-
riale, perchè eletto per breve apostolico
come il predecessore. Appena si divulgò
nella città la nomina del novello arcive-
scovo, il popolo al suono della campana
che l'annunziava si affollò alla chiesa e
al collegio di s. Giorgio, ove risiedeva l'e-
letto, indi si fecero preparativi per la so-
lenne intronizzazione fissata nella seguen-
te domenica. Tutto il popolo di Port d'Iv
spagne e de'contorni si radunò nella spa-
ziosa cattedrale per assistere al più au-
gusto e commovente spettacolo che siasi
giammai veduto nel paese. La ricognizio-
ne del proprio arcivescovo, e il reciproco
attcstalo de'più caldi e religiosi affetti del
TRI
gregge e del pastore. Dopo le ore 9 il clero
riunito si mosse processionalmentesegni-
to da tutte le cattoliche notabilità per ac-
compagnare alla cattedrale il nuovo ar-
civescovo. Allei o la processione entrava
in chiesa cantando il Benedictus Deus,
Deus Israel. Ogni occhio era rivolto al-
l'arcivescovo, il quale dignitosamente in-
cedeva sotto un baldacchino sostenuto da'
ir. abbati Poirier suo vicario generale e
direttore delle monache di s. Giuseppe
di Cluny, Albertini, Ford e Coste, e mo-
strava nel suo volto i vari alletti di gioia e
timore onde era compreso. Giunto alla
sede arcivescovile incominciò la solenne
messa cantala dal rev. Smith, vicario ge-
nerale della sede vacante di Roseau, as-
sistito da' ir. Dayod e Cazales. Dopo il
vangelo il r. ab. Cueaul dal pulpito fece
lettura della bolla pontificia, in cui isli-
tuivasi mg.r Spaccapietra arcivescovo di
Fort d' Espagne e amministratore della
vacante sede sulfraganea di Roseau. Fi-
nita la messa egli stesso rivolse lai." volta
eloquentissime parole al popolo, che re-
stò vivamente commosso e intenerito; e
terminò invocando i lumi e gli aiuti dello
Spirilo Santo. Quindi a pie del trono ri-
cevè gli omaggi di lutto il clero. Nelle se-
re si distinsero le case cattoliche con fe-
ste luminarie abbellite da analoghe iscri-
zioni. Alcune dicevano: Dio ha pensato
a' poveri. I nostri voti sono stali e sau-
diti. Sia benedetto colui che viene nel no-
me del Signore. Ne'seguenli giorni furo-
no falli sinceri indirizzi da'eapi del clero,
da'professori e dagli studenti del collegio.
In quelle elaborate allocuzioni, come nelle
risposte di mg/ Spaccapietra si ammirò
spontaneità di espressioni, facondia e sen-
timenti di verace pietà e sudditanza. Spe-
cialmente visi rinvenne una profonda ve-
nerazione verso la s. Sede, e grandi en-
comi e ringraziamenti al sommo Ponte-
fice Pio IX, dal cui incomparabile zelo è
diramato tanto bene a' popoli dell'isole
della ss. Trinità, tra 'quali fiorirà sempre
la cattolica fede. La Civiltà cattolica ne 1-
T R 1 287
nella serie 3.', t. 3, p. 497 e 593, con due
articoli interessanti, eruditi, dilettevoli e
profittevoli per consolazioni religiose, in-
titolati : Un viaggio alle Antille, pub-
blicò la relazione scritta dall'ottimo mg.'
Giorgio Talbot de Malahide (di cui a
Schbewsbury) cameriere segreto parteci-
pante del Papa Pio IX, da questi inviato
l'8 novembre 1 855 all'arcivescovo della
Trinidad neU'Antille mg.r Spaccapietra,
per imporgli il sagro PaiUoCAì cui riparlo
a Triregno). Questa pontificia degnazio-
ne verso l'illustre pastore, il cui nome è sì
noto e sì caro all'Italia, mentre nuova-
mente onora va così remola chiesa metro-
politana e il degno suo arcivescovo, olfe-
ri all' egregio invialo apostolico comoda
occasione d'osservare la condizione delle
chiese dell' Antille, per avvisare poscia i
mezzi più opportuni a procurarne la pro-
sperità e l'incremento. Ma non fu pago
a questo il conosciuto zelo di mg.r Tal-
bot, esercitato ancora in altri simili uber-
tosi viaggi, poiché nel vasto campo che
trovò, infiammato di ecclesiastico zelo vi
aggiunse: un predicare quasi continuo in
francese e in inglese, un amministrare as-
siduamente i sagraraenti del battesimo,
della cresima per ispeciale delegazione
pontificia, non essendo insignito del ca-
rattere vescovile/Iella penitenza,dell'Eu-
caristia, del matrimonio; un tener confe-
renze al popolo in inglese, un ricevere
abiure, un estinguer scismi, un compar-
tire a mille a mille benedizioni apostoli-
che, ed un tutto proprio d'un vero fer-
vidissime missionario apostolico, siccome
munito meritamente dal Pontefice di fa-
coltà straordinarie. Giunto alle Antille,
nell' opulenta isola di s. Tommaso e in
Roseau capoluogo dell'isola di Dominica,
dopo avervi esercitato l'apostolico mini-
stero, a'23 dicembre approdò mg/ Tal-
bot a Port d'Espagne vestito da prelato
domestico. Venne onorevolmente accol-
to da mg/ Spaccapietra e condotto alla
cattedrale, l'arcivescovo vi destò la gene-
rale commozione de'cattolici nel notili-
288 TRI TRI
tur loro la benignila ilei sommo Pontefice se per mg.r Talbot compitila, nondime-
di mandar un suo inviato, intimo cubi- no a istanza dell'arcivescovo rimase nel-
calano, espressamente a far loro visita e l'isola della Trinidad quasi altri due me-
onoiare la cbiesa del sagro pallio. Nel di si (ino alla celebrazione del sinodo dio-
seguente l'inviato fu presente a una pie- cesano,che nella metà di febbraio si tenne
filiazione cbe lesuddelle suore di s. Giù- nella cattedrale con gran decoro e poni-
seppe, istituto cbe fiorisce anche in Ro- pa di sagri riti e con numerosissimo cou-
ma nell' orfanotrofio loro affidalo, fece- corso di fedeli. L'arcivescovo predicò al-
io alle alunne da esse educate. La sera la i. 'sessione, col fervore consueto di sua
poi assistè nella cattedrale alle solenni apostolica eloquenza; nella 2.* dopo la
funzioni della notte del s. Natale, edili- messa cantata pe' vescovi defunti, si les-
cato grandemente dalla pietà e divozio- sero ad alta roce i decreti del sinodo co-
lie del buon popolo; e nel dì seguente a loniale tenuto due anni innanzi, pure a
quelle della solennità Natalizia del Signo- Pori d' Espagne, già approvati dalla s.
re. L'imposizione del pallio seguì nella Sede; e nella 3/ si pubblicarono soleune-
slessa cattedrale il i.°deli856, alla pie- mente. Non è a dire quanto nig.r Talbot
senza di tutto il clero dell'isola e di pò- fosse festeggiato e venerato; basti il ri-
polo numerosissimo, dopo che mg.r Tal- cordare, che nel caritevole tra lo strepi-
bot ebbe celebralo il sagrifizio nell'alta- to e l'allegria pubblica, sempre a modo
re maggiore. L'arcivescovo inginocchio e con decenza, le maschere genuflelleva-
pronunziò il consueto giuramento, ed al- no al di lui passaggio per riverenza. Nel-
lora l'inviato pontificio in nome di Sua la sua bella relazione, oltre la descrizio-
Santilà gl'impose col solito rito sugli o- uè de' luoghi percorsi, si diffonde sulla
meri la veneranda insegna dell'autorità condizione, massime religiosa, dell' isola
arcivescovile, qoal testimonianza nobi- Trinidad, la cui popolazione partecipa
lissima della s. Sede verso il degno pa- quanto all'indole e al carattere dello spa-
store, pegli illustri suoi meriti verso la gnuolo, del francese e dell' inglese, da'
Cbiesa, e per l'eroico suo zelo nel procu- quali fusuccessivamentecolonnizzata,ma
rare la salvezza dell'anime. Come prima gli ultimi v'introdussero il protestanti-
delia funzione il sunnominato suo vica- smoche ne corruppe i costumi, migliora-
rlo generale con discorso francese avea ti dall'infaticabili industrie di mg.r Spac-
spiegato l'origine e il significato del pai- capielra, nel che gli fu d'aiuto poteutis-
lio, come emblema di giurisdizione, fini- simo il cholera, cb'è dappertutto il oli-
ta la ceremonia lo stesso arcivescovo in gliore missionario del inondo. Perciò nel-
breve dichiarò al popolo la sua ricono- la città furono celebrati ben 5oo matri-
scenza all'augusto Capo della Chiesa e il moni di concubiuari,e nel contado vi fu tal
valore dell' emesso giuramento ; quindi parrocchia dove, mentre non trovavasi
pontificò la messa solenne; dopo il van- prima del morbo un sol uomo unito in le-
gelo della quale mg/ Talbot, preso per giltimo matrimonio, dopo il flagello non
lesto il Tu cs Petrus, predicò in inglese rimase pur un solo conenbinario. Del re-
e in francese sul doppio tema che ollri- stoessendo il popolo in generale assai do-
va la circostauza,cioè sulle ceremonie del- cile e pieghevole al bene, inclinato alla
l'ornamento del pallio, e sull'autorità pietà e di costumi temperante e sobrio,
della Sede apostolica. La religiosa gene- A'26 febbraio mg.r Talbot si accomiatò
rale letizia del faustissimo giorno, fu co- dall'arcivescovo, e si recò a visitare uel-
ronala nella sera da splendida illumina- l'America meridionale le missioni cai lo-
zione di tutta la città, beneficia missio- fiche della Guiana inglese, ed ivi pure fe-
lle uell'arcidiocesi di l'ori d'Lspague fus- ce molto bene, come in altre da lui frut-
t n i
lungamente percorse; fu alla Martinica,
nel vescovato dis. Pierre e Fort tle Fran-
ce fiorente pel zelo del vescovo; celebrò e
predicò nella cattedrale di Roseau.Si fer-
mò i 5 giorni nella Dominica, il di cui po-
polo quanto a bontà d'indole è il miglio-
re dell'Antille, predicando, confessando,
■visitando tutte le parrocchie dell'isola, e
amministrando la cresima a un grandis-
simo numero di fedeli : nella sola catte-
drale di Roseau la i .* domenica cresimò
fino a 35o individui, tra'quali più d'uno
avea sorpassato gli 80 anni. Cresimò pu-
re molti caraibi, antichi indigeni dell'i-
sole, che vivono tuttora con proprio re,
i quali pel cattolicismocambiarono lana-
Ima feroce de'loro padri antropofaghi in
una mitezza che incanta. Anche nell'iso-
le danesi di s. Croce e di Frederickstadt
amministrò la cresima e altri sagrameuti
e fece brevi missioni. Finalmente abban-
donate le care Antille, a'3i maggio s'im-
barcò per l'Europa, e dopo 8 me->i d'as-
senza ebbe la consolazione di ribaciare il
piede al Papa e riprendere al suo fianco
l'intramesso servizio.
TRINITARI. Eretici cbe insegnarono
errori riguardanti il mistero della ss. ZVfr
m'tó(P\);dicendosi Triteismo(P.)\'eves\a
insegnante esservi in Dio non solo tre Per-
sone,ma ancora tre sostanze di vinelli con-
seguenza tre Dei;e Triteisti gì\ eretici se-
guaci di GiovanniFilopono grammatico e
filosofo alessandrino del Gol a'tempi di
Foca,comeli appellò il concilio Trullano,
i quali nella ss. Trinità ammisero tre es-
senze e tre nature particolari, e per con-
seguenza tre Dei, sebbene ciò non osas-
sero pronunziare : questo sistema mo-
struoso secondo alcuni fu immaginato dal-
l' abbate Gioacchino , di cui riparlerò ,
nondimeno mg.r Giuseppe Assemani,/?*-
bliotlieca Orientalis , lib. 2, p. 237, fa
vedere che l'eresia del Triteismo fu in-
ventata da Giovanni Ascasnagus nati vo di
Siria. Ancbe And- Trinitari (#^) furo-
no delti gli eretici che ardirono combat-
tere e conti addire l'adorabile e sublime
T R I 289
misterodeU'Augustissima ss. Individuale
Triade. Il pio, dotto e zelante Albano But-
ler nelle Feste Mobili trattato X: Sulla
Domenica della ss. Trinità, cap. 3, Di
quelli che combattono il mistero della
ss. Trinità, deplora cbe sino dal nasce-
re del laChiesa lo spirito di menzogna ardì
orgogliosamente fare ogni sforzo per ten-
tar d annientare la fede dell' ineffabile
mistero della ss. Trinità. Al tempo stesso
degli Apostoli, Cerinto capo de' Cerin-
tìani (P.) e giudeo d'Antiochia, pretese
che Gesù fosse un puro uomo; che il Cri-
sto fosse disceso sopra di lui nel suo bat-
tesimo , e lo avesse abbandonato prima
della sua passione, così di Gesù Cristo fa-
cendo due persone. Verso il medesimo
tempo Ebione (f.) insegnò il Cristo non
essere cbe uomo. Per confutare questi due
eveùó,s. Giovanni scrisse il suo Evangelo,
cui egli comincia dicendo: Che il Verbo
era avanti tulli i tempi, vero Dio col Pa~
ciré enei Padre;per conseguenza una per-
sona distinta nella stessa indivisibile na-
tura. Dicendo in appresso, che il Verbo
si è falto carne, egli abbatte l'empietà di
Cerinto.econdanna anticipatamente Ve-
storio caposetta ùe'Nesloriani(Pr.), fon-
dando la dottrina cattolica dell'Incarna-
zione. A'tempi di Papa s. Vittore I, Teo-
doto eresiarca de' Teodoziani (P.)> e con"
ciatore di pelli bizantino, dopo aver rine-
gato Gesù Cristo avanti a* persecutori ,
per diminuire il suo fallo rinnovò l'ere-
sia di Ebione, negando la sua divinità, o
pretendendo ch'egli non esistesse prima
della creazione dell'uomo, onde il Papa
lo scomunicò. Teodoto ebbe a discepolo
Teodoto il trapezita o banchiere, il quale
sostenendo che Gesù Cristo era inferiore
aMelchisedeccoiSVzre/YZofc dell'Altissimo,
die origine all'eresia de' Melchisedecchia-
ni (V.). Alleinone capo degli Artemo-
niani(Pr.),v\ produsse la stessa eresia; iodi
Paolo di Samosata, autore degli eretici
Paulianisti o Samosateni (V.) , empio
vescovo d'Antiochia nella Siria, protetto
da Zenobia regina d'oriente, nel 262 spai*
290 T R l
se tale bestemmia con grande strepito, ma
non andò molto che fu condannato dal
concilio d'Antiochia e da tolta la Chiesa.
Questa eresia era sì contraria alles. Scrit-
ture e alla fede unanime, com'ancn alla
Tradizione costante della Chiesa, che fu
.schiacciata tosto che levò la testa. I teo-
doziani s'avvidero essere impossibile pre-
starle alcun Appoggio, senza mutilar gran
parte del nuovo Testamento. Tuttavia el-
la fatalmente fece tanti lagiimevoli pro-
gressi pe' Sociniani (f.) , anche in non
l'intani tempi, che minacciò persino d'in-
ghiottire un gran numero di chiese Pro-
testanti. Ario, autore dell' eresia degli
siriani (f.), seppe co'suoi artifizi e colle
sue sottigliezze raddolcire quanto il suo
errore avea di ributtante ; per maniera
che in bocca sua non parea che fosse sì
apertamente contrario alle divine Scrit-
ture, come lo era quello de'teodoziaui e
degli antichi precursori di Socino.Egli va-
leasi anzi dell' autorità de' sagri oracoli,
ina spiegati a suo capriccio, e sembrava
ammettere una specie d'Incarnazione. fi-
gli esa Ila va la dignità di Cristo co'più gran-
diosi elogi, dandogli il titolo di primo-
genito fra tutte le ci ea Iure, facendolo più.
grande di tutti gli Ange li, dicendolo istro-
mento col quale Dio avea creato tutte le
cose. Ma egli non lo bestemmiava perciò
meno, mettendolo nella classe delle crea •
ture, dicendo ch'era stato tratto dal nul-
la; e che per assai dell'eternità egli non
avea esistito. L'eresia disseminata in A-
lessandria, fu condannata dali.° conci-
lio generale di Nicea /nel 32 5, e il pic-
colo numero de'discepoli d'Ario ostinali
nel seguire il furbo impostore, per ricu-
sare di ubbidire la Chiesa, furono esiliati
da Costantino I. Eusebio, vescovo di Ni-
comedia, il più possente e più scaltro pro-
tettoredi quest'eresia, » cui seguaci si dis-
sero Kusebiani(V.), fu costretto dissimu-
lare e sottoscrivere al concilio. Però Eu-
sebio, protetto da Costanzo e da lui intru-
so nella sede di Costantinopoli, diffuse l'a-
rianesimo, e lasciò per lutto l'oriente iu
TR I
gran forza e in gran credilo gli eusebiani.
Questi erano ariani mascherati ancor più
di Ario, d'una tempera sì furba e sì pie-
ghevole, che sapeauo sempre torcere le
loro espressioni, acconciare le loro profes-
sioni di fede alle circostanze e discende-
re all' umore di quelli di cui cercavano
procacciarsi il favore. Con tal carattere
e colla prolezione costante del loro capo,
Macedonio successore d'Eusebio nella se-
de di Costantinopoli ecapo de'settari Ma-
cedoniani (f7-), assai esperto nell'arti e
negl'intrighi degli ambiziosi cortigiani,
stabilì anche la setta de' Seini-Ariitui
('•)j poiché la sua eresia si divise in Inoli
rami quant' erano le teste che la segui-
vano. Alcuni negavano la divinità dello
SpiritoSanto, ma riconoscevano la consti-
stanzialità del Figlio. Altri, e in maggior
numero, appellavano il Figlio somiglian-
te al Padre, senza dirlo consustanziale ,
uè eguale al Padre, ma d'una natura in-
feriore e distinta; e lo chiamavano somi-
gliante in sostanza, poi detta anche ipo-
stasi, non consustanziale. Tra questi, al-
cuni dicevano il Cristo eterno, increato,
e come il Padre in tutto. Si ponno vedere
le loro decisioni negli atti del conciliai) lo
(V Andra del 358, tenuto da Basilio d'An-
cira,da Eustazio di Sebaste caposetta de-
gli Eustaziaui ( / .), e da alti i capi di que-
sta setta, mentre l'armeno Aerio die o-
rigine agli Aeriani (/".). Altri tra que-
sti negavano l'eternità del Figlio; e quan-
tunque gli dessero le più eccelse prero-
gative, lo metteano però nell'ordine del le
creature tratte dal nulla. Dopo la morte
d' Eusebio di Nicomedia , il più scaltro
maestro nell'arie di fingere, i più sfron-
tati ariani ebbero a loro capi Teognide
di Nicea, Maris di Calcedonia, e nell'oc*
adente. Arsacio o Ursacio di Singidon e
Valente di Mursa in Pannonia; scomu-
nicati nel concilio di Sardica, e si tro-
varono ue'concilii di Sirmio e di liimiui,
ove fecero quel male che in tali articoli
narrai. Le loro bestemmie erano spinte
agli ultimi eccessi du Aczio prete d'An-
T R l
fiocina nel 347, e dal suo discepolo Eu-
nomio di Cappadocia, capo degli Euno-
riiiani (F.); da Eudossio, il cpiale dalla
sede di Gei manichi si era intruso in quel-
la d'Antiochia nel 357, dopo la morte di
Leonzio ariano, e da Euzoio, uno de'suoi
successori nel 36 1. Essi insegnavano che
il Figlio era dis somigliante dal Padre; dal
che furono appellati ^//zo//i«y/T.J. Gli aria-
ni e i semi-ariani facevano quasi ogni dì
nuovi simboli, e ciascun anno, anzi ciascun
mese,si vedea sortire dalle loro mani nuo-
vi dogmi, come li rimbrotta s. Ilario. I
progressi dell'arianesimo furono sì rapidi
e tanto vasti i suoi danni, che la prote-
zione di Dio sulla sua Chiesa non si mo-
strò mai piùcosì visibilmente come in que-
st'epoca fatale. L'eloquenza e l'arte di se
durre, l'iugegnoacuto e insidioso de'mae-
stri che lo sostenevano, 1' autorità di di-
versi imperatori ei elici chedi mano in ma-
no lo difendevano, la persecuzione di pa-
recchi re Goti e Mandali assai potenti,
resero questa setta sì formidabile, che pa-
reva minacciar la Ghiesa stessa d'una mi
na, se non avesse ella avuto il sostegno
delle promesse infallibili di Gesù Cristo.
Ma comunque terribile sia stata per sì lun-
go tempo, tuttavia si dileguò come una
violenta burrasca; e dopo la conversione
de* Longobardi, che l'aveano professato,
l'arianesimo cessò dappertutto. Il nemico
della salute assaltò ancora il mistero della
ss. Trinità con un'eresia affatto opposta.
Prassea di Frigia, ch'era stato discepolo
di Montano caposelta de' Montani 's ti \iP .),
ma avendo scoperto le imposture di que-
sto eresiarca se n' era poi staccato, e ne
avea informato s. Vittore I, anco de'suoi
errori contro la Triade sacrosanta, ribel-
lossi poi alla Chiesa, e negò apertamen-
te questo mistero fondamentale della fe-
de, insegnando verso il i5o, che le Perso-
ne della Trinità non sono realmente di-
stinte, per modoche il Padre è realmente
il Figlio, e che per conseguente il Padre
s'era fatto uomo ed avea patito in Gesù
Cristo, onde i suoi settatori ehiamaronsi
TRI 291
PatropassianioPatripassiani(r".).Qae-
sta bestemmia fu combattuta da Tertul-
liano, sebbene allora montanista. Noeto
nato a Smirne, da cui derivarono i Noc-
ziani (V.) , insegnò la slessa eresia nel-
l'Asia minore, poco tempo avanti Pras-
sea, circa il 24°>e incorse pel suo delitto
nella pena della scomunica. Egli fu com-
battuto da s. Ippolito vescovo e dottore
della Chiesa. Anche Sabellio, eresiarca
de' Sabelliani (/ .), sparse il veleno di
questa dottrina a Tolemaide e nell'alta
Libia verso il 255: s. Dionigio o Dioni-
sio d'Alessandria lo confutò in una let-
tera che tutta respira lo zelo della fede, e
nella quale alcuni pretesero ch'egli met-
tesse il Figlio nella classe delle semplici
creature: accusa di cui egli mostrò l'in-
giustizia nell'apologia che mandò e Pa-
pa s. Dionisio. Sabellio seppe trarre a se
maggior numero di discepoli, che non a-
veano fatto Noeto e Piassea; e benché in-
segnasse com'essi che il Padre,il Figliuolo
e lo Spirito Santo altro non erano che tre
nomi differenti in Dio, che traevano u-
nicamente origine da tre sorta di azioni
differenti (per modo che il Padre edotto
Figlio nell'opera della Redenzione, e Spi-
rilo Santo in quella della Santificazione);
pure negava che il Pad re fosse stato Croce-
fisso jà\ che sembra ch'egli tenesse ilFiglio
per puro uomo; laddove che Noeto e Pras-
sea credevanoDio incarnato, e sotto «mesto
rispetto lo chiamarono il Figlio, ma senza
che ilFiglio cessasse di essere una persona
col Padre. D'altronde i Tcopaschili (V .)
eretici del V secolo.in sostanza anche Enti-
chiani (V.), furono così denominati per
insegnare che Dio il Padre e tutte e tre le
Persone della ss. Trinità aveano sofferto
nella Passione di Gesù Cristo: quest'ere-
sia ebbe per capo Gnafeo (Tx.) o Pietro
Fullone, falso vescovo d' Antiochia, an-
che colla gi unta che fece al Trisagio Che-
rubico, e l'abbracciarono purei monaci
acemeti entichiaui di Scizia, sostenendo
la loro forinola o proposizione: Unus ex
Trinilate passus est in carne, di che ri-
292 T R I
parlai nel voi. LXXII, p. 3oo. In questa
forinola si fecero delle varianti nel ripor-
tarsi. Il Novaes nella Storia di Papa s.
Ormisda la riferisce in questi termini :
Inus de Trinitatc passus est carne j e
the il Papa la riprovò come nuova e fo-
cile atl interpretarsi in sinistra parte da-
gli eretici. Nella Storia di Papa s. Gio-
vanni II, dice che questi approvò come
cattolica la proposizione de'monaci della
Scizia: Cnus de Trinitatc crucijixus est
carne. Allorché i monaci appellarono a
». Ormisda per tale forinola , questione
che eccitò rumori nell'oriente, e che in
se stessa nulla ha che possa tacciarsi di e-
iclico, propriamente il Papa non li quali-
ficò eretici, soltanto li accusò come per-
turbatori, superni, amanti della novità
e delle discordie/insubordinati e sediziosi.
La greca voce ipostasi ', fi a' teologi greci
e latini fu cagione d'una lunga dispula,
cui in parte fu posto fine col sinodo te-
nulo nel 36a in Alessandria dal gran s.
Atanasio con s. Eusebio ó\ Vercelli, uno
de'più importanti della Chiesa. Siccome
la parola Ipostasi ossia sussistenza tur-
bava allora tutta la Chiesa; imperocché i
Ialini intendevano per questo termine la
slessa sostanza, e non volevano ricono-
scere in Dio che una sola ipostasi, accu-
sando d'arianesimo coloro die ne ammet-
tessero tre; i greci all'opposto per la pa-
iola ipostasi intendendo la Persona, so-
stenevano ch'era necessario ammetterne
tre per non cadere nell'eresia di Sabellio:
s. Atanasio per accordar gli uni e gli altri,
gl'interrogò con dolcezza, che cosa inten-
dessero; e rilevando dalle risposle,che tut-
ti erano dello slesso sentimento e che non
nveano altra fede che quella dellaChiesa,
permise a ciascuno di far uso del termi-
i\e ipostasi, giacché con veni vano nel sen-
so, e gl'impegno a contentarsi determini
del concilio Niceuo,senza arrestarsi a que-
ste nuovequestioni.Con tuttociò e ad on-
ta della saggia condotta di s. Atanasio, la
Chiesa fu ancor lungo tempo agitata per
la parola ipostasi. La voce greca hypo»
TR I
stasis è sinonima di prosdpon, persona,
e non di lisia, sostanza, secondo altri; di
conseguenza, a tenore di tale spiegazione,
per ipostatica unione vuoisi che dovesse
intendersi l'unione dell'umana e della di-
vina natura nella persona del Divio Ver-
bo. Quanto alla ss. Trinità, una essai-
ti a o substantia, tres Per sona e. Papa s.
Damaso /nel 877 fu consultato dal dot-
tore s. Girolamo ,se potesse cattolicamen-
te dirsi, Che in Dio ci fossero tre Ipo-
stasi j rispose , Che professasse in Dio
un' Ipostasi e tre Persone. Con termini
differenti fu espressa precisamente la stes-
sa idea, e ripeterò qui pure, che parlando
d'un mistero incomprensibile amie quello
della ss. Trinità, vi è sempre il pericolo di
cadere in errore,allorchèunosi allontana
dal linguaggio consagrato dalla Chiesa,
ed io fervidamente in tutto credo quello
che crede lei. La fede della Chiesa è che
avvi in Dio una sola natura, una sola es-
senza e tre ipostasi, ossiano tre Persone.
11 dollissimo gesuita p. Carlo Passaglia,
pubblicando in Roma neli85o alquanti
suoi commentari teologici, come De Di-
vinae Tri ni tati s ratione in vclusliori-
bus symbolisj De ecclesiastica sigiti fi-
catione essentia, cpium de divina Tri-
ni tate senno estj De testi inouiisScrip tu-
ramni quibus eadem adprobalur .* in
questi due ultimi discute il primario va-
lore che gli scrittori dellaChiesa danno al-
la voce essenza, frequentemente usata ne'
sagri monumenti, ed in particolare quan-
do si tratta del mistero dellaTrinità; quin-
di neh." commentario ne considera ap-
punto il significato ecclesiaslico,ponendo-
lo a paragone col profono; e nel 2. "si vale
dell' autorità delle Scritture per confer-
mare quell'uso precipuo, che si fa dell'a-
dottalo vocabolo ne' monumenti della
Chiesa. Resero contezza egregiamente del-
l'importanza e orditura di detti Conimeli'
iariorum, e di altri teologici che non ri-
cordargli Annali delle scienze religiose,
1." serie, cioè nel t. 8, p. 1 or), del 1 .° il prof,
d. Vincenzo Ani villi s nel l. io, p. 4°^j
T R I
tlegli alili mg.r Raffaele Monaco la Va"
Ielle. Maometto nell'Alcorano (F.), li-
bro che contiene le leggi del Maometti-
smo (J .), co' sabelliani negò la Trinila
delle Persone, oltre altri errori. Di altri
eretici Trinitari trattai ne'loro articoli,
chiamati anche Unitari. Nel concilio di
ho ter ano IV fu dichiarata la dottrina
della ss. Trinità, contro Gioacchino (F.)
abbate e fondatore della congregazione di
Flora. Inoltre il mislero della ss. Trinità
fu combattuto negli ultimi tempi dagli
antitrinitari Servelisti (F.)y e dalle pe-
stifere opere del capo loro Serveto si cre-
de abbiano attinto i loro errori i Socinia-
ni, allri eretici antitrinitari, così chiamali
dall'eresia rea Socino, sulla cui tomba fu
posto per epitaffio: Lutero spezzò i letti
di Babilonia, Calvino ne allenò le mu-
ra, ma Socino scavò sino le fonda aleu-
ta! Tali ed altri bestemmiatori riuniti
contro la Trinità, ma divisi nella manie-
ra di combatterla, andarono seminando
vari errori, lutti più mostruosi l'uno del-
l'altro, ed entrarono in tale novero an-
che gli Svedenhorgisti (/ ''.).Da tulle que-
ste eresie opposte fra loro , e eh' ebbero
origine dalla superbia e dalla temerità di
voler penetrare nel mislero incompren-
sibile d' un Dio in tre Persone, noi im-
pariamo quale sia stata in tutti i tempi
la vera dottrina della Chiesa rispetto al-
l'adorabile e benedetta Trinità. Poiché,
se la fede cristiana non avesse sempre in-
segnato la distinzione reale delle tre Per-
sone, Ario non avrebbe mai avutoli mi-
nimo pretesto di spargere le sue bestem-
mie, ne avrebbe preteso farne la norma
della fede de'suoi sciagurati seguaci. Dal-
l'altro canto , non sarebbe mai slato in-
ventalo l'errore de'Sabelliani, se non si
fosse riconosciuta sempre la divinila del
Figlio e dello Spirito Santo , che insie-
me al Padre lodo e glorifico col Triadi-
co (F.) de'greci e colla Dossologia in e-
terno.
TRINITARI CALZATI DELL'OR-
DINE PRIM 1T1VO, Ordo religiosorum
T R I 2t)3
ss, Trini tatis redemptionis capth'ormn.
Ordine religioso fondato sotto gli auspi-
cii dell'ineffabile e adorabile ss. Trinità
(F.), pel riscatto degli Schiavi (F.) cri-
stiani dalle mani degl'Infedeli (F-). Il p.
Helyot, Storia degli ordini religiosi,
tratta nel t. 2, par. 2, cap. ^.5 : De* reli-
giosi Trinitari, o della Redenzione de-
gli schiavi, detti in Francia Mathurinst
colle, vile de' ss. Giovanni de Matita e
Felice de Valois loro fondatori; dice
che quantunque i religiosi trinitari ab-
biano una regola particolare, vi sono non-
dimeno molli storici che gli annoverano
tra'figli di s. Agoslino, ed egli li pose nel
rango de' canonici regolarità leggo nel-
le officiali Notizie di Roma annuali, che
sono collocati nella categoria óe'Frali e.
loro Riforme); poiché il p. Paige nella
sua Biblioteca di Premonstrato, riferì*
sce non potersi loro negare questo carat-
tere. E vero, soggiunge il p. Helyot, che
ciò è sialo contrastato anche a' Premo/i-
stratensi, ma tra coloro, cui vieu questa
prerogativa disputala, non vi sono altri,
che di loro abbiano migliore ragione di
pretendere questo titolo. Ciò fece risol-
vere lo storico illustre degli ordini rego-
lari, di parlare de'trinilari religiosi, ove
discorre non solo de'veri canonici rego-
lari, ma ancora di quelli chesonostali ri-
putati per tali, il di cui abito assai con-
formasi a quello de'canonici regolari, tan-
to più che a questo titolo essi pretendono
d'avere ragione. Comunque sia la cosa,
i trinitari sostengono di essere slati rico-
nosciuti per canonici regolari da Clemen-
te XIV, quando approvò le costituzioni
de'lrinitari di Francia dell'antica osser-
vanza, da essi formale nel capitolo nazio-
nale del 1 768, colla bolla Ex incumben-
ti, comunicata a tutto l'ordine il 1. "giu-
gno 1772 dal ministro generale p. Pi-
chault. Ma le provincie di Spagna non-
dimeno,continuando nell'ubbidienza del
generale, trovando le nuove costituzioni
alquanto in opposizione colle precedenti,
e qualche difficoltà da parte del governo,
?94 T R *
si astennero ^all'accettarle, continuando a
governarsi colle antiche costituzioni. Ebbe
questo benemeritoeinsigneordine princi-
pio nel i 198 nel pontificatodel gran Inno-
cenzo IH, che poi nel concilio generale di
Luterano IP 'dichiarò il mistero della ss.
Triade, contro gli eretici Trinitari [f^.),
e suoi fondatori furono i ss. Giovanni de
Mattia e Felice de Valois (Fr.). Nacque
ih°.nelr 161 circa in Faucon, borgo sui
confini di Provenza, da genitori nobili e
illustri, i quali gl'imposero tal nome per-
chè venuto alla luce nel giorno di s. Gio.
Battista. Sino dalle fascie die indizi della
futura sua santità, ricusando di succhia-
re il latte o altro alimento in certi gior-
ni della settimana, per cui la pia maitre
Io consagrò per volo a Dio. Nella pueri-
zia disprezzò i giuochi fanciulleschi, e di
12 anni passò agli studi in Aix capitale
di Provenza, ove a un tempo imparò gli
esercizi cavallereschi, e si esercitò nelle
più belle virtù, sollevando le miserie de'
poveri, visitando l'ospedale ove medica-
va, serviva e curava i malati con affettuo-
sa carità. Terminato lo studio dell'uma-
nità, ripatriò per dedicarsi totalmente al-
la divozione in un piccolo e vicino romi-
taggio, ma vedendosi troppo esposto alle
visite de'parenti,che usavano ogni indu-
stria per impegnarlo nello stato laicale,
portossi a Parigi a studiar teologia per
rendersi capace dello stato ecclesiastico a
cui ardentemente aspirava. Malgrado la
sua umiltà, meritò la laurea dottorale, e
nell'atto che il vescovodi ParigiSully l'or-
dinò sacerdote, pronunciando le parole
ricevete lo Spirito Sanlo}covùparve una
colonna di fuoco sulla di lui testa : que-
sto prodigio fu seguito da altro quando
celebrò lai. "messa nella cappella del ve-
scovo, che lo assistè cogli abbati di s. Vit-
tore e di s. Genoveffa, col rettore dell'u-
niversità, e ne furono meravigliati spet-
tatori. Imperocché nell'alzaie la s. Ostia,
comparve sull'altare unAngelosplenden-
te con bianca veste, avente sul petto una
croce rosso-cerulea, colle braccia iucro-
TRI
ciale e distose sul capo di due schiavi av-
vinti da catene, col volto diversamente
colorito, l'uno essendo bianco e cristia-
no, l'altro inauro o moro e infedele; sulla
lesta del bianco teneva la mano destra,
su quella del nero la sinistra. Egli erasi
preparato con istraordinarie preghiere e
penitenze aliai." oblazione dell'augusto
sagrifìzio; e considerando quasi di conti-
nuo le beneficenze che il Signore aveagli
largheggiate, calorosamente bramava di
mostrarsene riconoscenle,supplicandoDio
affinchè si degnasse indicargli sopra ciò
il suo maggior beneplacito. Rapito dun-
que beatamente nella celeste visione, il-
luminato da soprannaturale intendimen-
to, conobbe tosto i voleri celesti, e che
quel Dio, il quale avea già proclamalo per
bocca del suo Unigenito, che quanto sarà
adoperato verso un suo minimo lo avrà
come fatto a se stesso, quel Dio medesi-
mo chiamavalo alla generosa opera della
redenzionedegli sventurati schiavi che ge-
mevano numerosissimi nelle coste e nei
paesi africani deUaBarbaria e della/I/tf»
ritiana. La missione era sublime e insie-
me gravissima, e da non potersi effettua-
re senza speciale soccorso divino; a im-
plorare il quale e viemeglio accertarsi del
volere superno, deliberò il fervido sacer-
dote di recarsi nella solitudine, nel bosco
cioè della diocesi di Meaux vicino al bor-
go di Gandeleu nella Brie, e quivi dedi-
carsi all'orazione e alla penitenza. Colà
giunto volle Dio che si abbattesse in un
altro eremita, venerando vecchio che da
molto tempoconduceva una vita più che
umana in quello stesso deserto, informa-
to alla pietà fin da'più teneri anni da s.
Bernardo dottore della Chiesa. Era que-
sti Felice di Valois, nato nel 1 127, ram-
pollo del sangue reale di Francia, come
nipote di Ugo conte del Vermandese 3."
figlio d'Enrico I re di Francia, che aven-
do portato il nome Ugo dell'avo Cavea
per umiltà mutalo in quello di Felice. Al-
tri non ammettono che fosse del ramo
reale della casa di Valois, ma solo oalo
TR I
nel paese di Valois, «impreso uell' Isola
di Francia e che avea Crepy per capo-
luogo. Ma il negare eli' egli non appar-
tenga alla famiglia reale, non essendo ap-
poggiato che in argomenti negativi, non
merita credenza. Giovanni strinse amici-
zia con Felice, pregandolo a riceverlo in
sua compagnia, e a guidarlo per la via
della perfezione. In questa pratica già e-
sercitavansi insieme da 3 anni,quando un
)>el giorno, ragionando tra loro secondo
l'uso di spirituali argomenti, presso d'un
fonte videro con istupore correre alla lo-
ro volta un sitibondo cervo bianchissimo
con intrecciata tra le corna una croce ros-
sa-azzurra. Allora il più giovane degli a-
nacoreti raccontò per disteso all'attonito
compagno la visione apparsagli tra la so-
lennità di sua 1 ."messa. Quindi raddop-
piarono ambedue le preci per meglio co-
noscere il giudizio celeste, e 3 volte furo-
no avvertili in sogno da un Angelo di, re-
carsi appiè del sommo Pontefice ad im-
plorare da lui I' istituzione d'un ordine
che si dedicasse al la redenzione degli schia-
vi. Sebbene in verno, nel declinai del i «97
intrapresero il viaggio di Uoma, ove ar-
rivati i due pellegrini furono accolti eo-
spitati nel patriarchio Lateranense amo-
revolmente da Innocenzo III nel i 198,
appena eletto, il quale dopo aver intesi)
da loro e dalle lettere commendatizie del
vescovo di Parigi, il motivo di loro ve-
nula, tolse tempo a deliberare intorno al
pio desiderio che gl'infiamma va. Il Papa
radunati i cardinali e alcuni vescovi nella
basilicaLateranense per sentire il loro pa-
rere sull'argomento, ordinòdigiuni e ora-
zioni per ottenere da Dio una piena di-
chiarazione del suo volere, ed invitò i me*
desimi personaggi ad intervenirealla mes-
sa, che a questo effetto celebrerebbe nello
stesso tempio nel dì seguente,in cui ricor-
reva la 2/ festa di s. Agnese ossia nella
sua ottava a'28 gennaio. Recatovisi In-
nocenzo III, accompagnato dal clero e da'
due servi di Dio francesi, mentre celebra-
va uell'alzar la s. Ostia per farne osten-
T R I *g5
sione al popolo, apparve a lui pure l'An-
gelo di Dio colla croce bicolore e in atto
di redimere degli schiavi. Dal qual mi-
racolo chiarito il Pontefice del volere su-
premo, non dubitò che Giovanni e Feli-
ce fossero ispirali da Dio, approvò i loro
santi desideiii di stabilire nella Chiesa un
nuovo ordine religioso, il cui principale
scopo fosse l'affaticarsi nella redenzione
degli schiavi, che gemevano sotto la ti-
rannia degl' infedeli. Pertanto a' 1 feb-
braio,festa della Purificazione dellaB. Ver-
gine, vestì i due santi colle proprie mani
d'una tonaca candida e crocesegnata qua-
le cingea l'Angelo, e volle che 1' ordine
da loro iniziato, in riguardo all'abito tri-
colore della veste bianca e della croce in
essa cucita rossa e tuichina, si appellas-
se: Ordine della ss. Tri iuta per la re-
denzione degli schiavi, perchè a que-
st' effetto istituito. Il Papa rimandò in
Francia i due santi religiosi colle sue a-
postoIichebenedizioni,e accompagnali da
lettere di favore scritte al vescovo di Pa-
rigi e all'abbate di s. Vittore, a cui or-
dinava di prescrivere loro una regola e
di procurare un convento. Giunti a Pa-
rigi si presentarono al re Filippo II Au-
gusto, a cui narrarono quanto eia loro av-
venuto in Roma, pregandolo di accon-
sentire allo stabilimento del loro ordine
nel suo regno. Il re non solo lo accordò,
ma molto contribuì a'progressi del me-
desimo colla sua autorità e munificenza.
Ili.°che die ad essi luogo nelle sue terre
per fabbricarvi un convento, fu Gualtie-
ro o \ aleni io III signore di Chàtillon;
ma essendo questo luogo divenuto ben
presto troppo angusto al concorso di tut-
ti quelli che abbracciarono questo nuovo
istitnto,egli concesse loro quello in cui era
ad essi apparso il cervo,che per questo fu
denominato Cerfroy (Cervo frigido) tra
Gandeleue la Ferie Milon sui confini del-
la Brie e del Valois, ove fabbricarono un
convento, che divenne capo dell'ordi-
ne tulio. Margherita conlessa di Borgo-
gna e 3.a moglie diGualliero d'Avenues,
?.96 t n i
fece loro parimenti donazioni pel man-
tenimento tli 20 religiosi. Tra le persone
che abbracciarono ben tosto l'istituto, ta-
luni, anzi gran parte ili loro, furono ce»
lebri per dottrina e merito: fra questi e
discepoli di s. Giovanni di Malha, furo-
no Giovanni Anglico di Londra, Gugliel-
mo Scoto d'Oxford, PietroCorbellino poi
arcivescovo di Sens, e Giacomo Sournier
indi vescovo di Todi,al diredel p, Helyot,
ma temo che sia errore di vocabolo o di
stampa. Appena fu compilata la regola,
nello stesso 1 198 tornò a Roma s. Gio-
vanni per farla approvare. Innocenzo IH
l'esaminò. e dopo confermata,concesse de'
privilegi all'ordine onde farlo fiorile, co-
mechè avea per fondamento la più pura
e la più eroica carità. Indi colla bolla O-
perantc divìnae disposi tionis, de' 16 di-
cembre: 198, Bull. Rom. t. 3, p. 76, di-
retta : Johanni Ministro ctfratribus ss.
Trinilatis, Innocenzo HI approdò cano-
nicamente l'ordine e la regola da osser-
varsi da frati trinitari. Donò ad essi la ca-
sa e chiesa di s. Tommaso ut Formis sul-
le vetta del Monte Celio, presso la chiesa
di s. Maria in Domnica, della quale par-
lai nel voi. XII, p. 3^7, come divenuta
filiale della basilica Vaticana, e nel voi.
L VI II, p. 174. Acciocché dell'apparizio-
ne dell'Angelo in atto di liberare il cri-
stiano col moro restasse memoria, Inno-
cenzo III ni di nniilic sulla porta della chie-
sa vi fosse rappresentato in musaico, il
cui disegno riporta il Panciroli, Tesori
noscoatì di Roma, p. 782. Di questa ap-
parizione parla pure il Piazza twW Fttse-
vologio Romano a p. 49°> »' quale avver-
te che la chiesa fu intitolata alla ss. Tri-
nità, a s. Michele Arcangelo e al Riscatto
degli schiavi, e che la figura dell'Angelo
in poi mutata nell'immagine del Salva-
tore, forse perchè la visione del Papa se-
gui nella basilica del Salvatore, cioè la
Lateranense, ed intorno al musaico fu po-
sta l'epigrafe: Sigiami $S. Trini tuli* et
Captivorum. Ne riparla nel Santuario
Romano a p.4 \\% notando che nella delta
TRI
casa fu già un ricco spedale o ospizio pe'
riscattati che venivano a Roma infermi
o senza ricapilo. Mentre i Papi risiedeva-
no in Avignone, i religiosi lasciarono la
casa e la chiesa neh 348, per essere l'I-
talia assai travagliata dalla peste e dalle
fazioni; ed allora fu eretta in commenda
cardinalizia, ed il cardinal Poncello Or-
sini fu l'ultimo commendatore, che mor-
to nel 1 3g5, Bonifacio IX l'unì al capi-
tolo Vaticano, il quale vi si reca ad uffi-
ziar la chiesa a'2 1 dicembre, festa di s.
Tommaso. Considerabili erano le rendite
assegnale alla chiesa eallo spedale, di cui
un 3.°,conforme alla regola, etano desti-
nale al mantenimento dell'ospedale, al-
tro 3.° per quello de'religiosi,e l'ai Irò 3.°
pel riscatto degli schiavi. La famosa te-
nuta di s. Pietro in Formis dello stesso
capitolo, non appartenne mai a s. Tom-
maso in Formis, come alcuni credevano,
eloavvertii ne' voi. XII, p. 3 i4> LVII, p.
284> descrivendo il lenimento e rendendo
ragione perchè prese il nome di Campo
Morto. Giovanni e Felice edificarono di-
versi conventi inFrancia,e mandarono al-
cuni loro religiosi a'eonti di Fiandra e di
Jìlois.ead altri signori crocesignali ch'e-
rano per partire per la Palestina. Que-
sti religiosi doveano occuparsi ned' am-
maestrare i soldati, nel l'aver cura degli
infermi, e nel riscattare i prigionieri. Ve-
dendo Giovanni de Malha stabilito il suo
ordine, come suoi ."ministro generale ,
spedì Giovanni Anglico e Guglielmo Sco-
to a Marocco in Africa al re Miramoli-
no, con lettera commendatizia del Papa,
per pattuire con esso il riscatto de' pove-
ri cristiani che ivi gemevano indura ser-
vitù, ed ebbe il loro trattato così felice
esito, che nel 120 1 ne rimisero in libertà
186. Il santo riguardava nel riscatto a
due cose, al liberamente de'corpi e alla
salvezza dell'anime che corrono forte ri-
schio fra'popoli barbari. Nell'istesso an-
no Guglielmo di Honscotte fondò nella
sua terra omonima in Fiandra un con-
vento pe'religiosij ed avendo Gio. de Ma-
T II I
tlia risoluto di portarsi nella Spagna, pas-
sò per la Provenza, ove stabilì un* altra
fondazione in Arles, fatta da Imberlo d"
Argniere, die n'era vescovo. Proseguì di-
poi il suo viaggio, ed essendo giunto nel-
la Spagna, coll'eflìcacia del suo zelo risve-
gliò nel re, ne' principi e nel popolo tal
compassione verso gl'infelici cristiani, che
languivano tra' ceppi degl' infedeli, nel
continuo pericolo d' esser costretti a ri-
negar la fede, che ottenne da molte per-
sone contribuissero alla fondazione di
molti monasteri e spedali in quella regio-
ne. Indi passò a Tunisi nel i 202, e vi li-
berò più di iio schiavi. Restituitosi poi
in Provenza, ivi ammassò grandissima
quantità di denaro,di che servissi per pro-
curatela libertà ad una nini ti ludi 110 d'in-
felici che gemevano sotto i ferri de'mori,
che aveano invasa parte della Spagna.
Tante buone operazioni di s. Giovanni e
e de' suoi discepoli acquistarono tale ri-
nomanza e edificazione.che ispirarono poi
all'altro francese s. Pietro Nolasco, il de-
siderio di fondare presso a poco colle stes-
se regole e benefico line V ordine della
Mercede, di s. Maria della Redenzione
degli schiavi (F.). Intanto Innocenzo III
sempre più amorevole coll'orcline de'tri-
nilari gli concesse molti privilegi, con bol-
la diretta a Johanni Ministro et fr atri-
bus aretina ss. Trinitatis, tam praesen-
tìhus, guani futuri s. La bolla comincia
colle parole: Operante Patre lurninu/n,
de' 1 8 giugno 1 lofyBull.Rom. t. 3,p. 1 34»
Indi nel 1 2 1 o s. Giovanni recossi la 2. "vol-
ta a Tunisi, ove molto ebbe a solfrire da'
fanatici maomettani, irritati dall'esorta-
zioni fatte agli schiavi di preferire la mor-
te alla rinegazione della fede cattolica ;gli
riuscì tuttavia tornare a Roma con 120
schiavi riscattati. S'egli però scampò con
essi dalle crudeli mani de' maomettani,
non fu senza visibile protezione del cielo;
poiché macchinando alcuni di rapirgli i
cristiani, infransero il timone e straccia-
rono le vele al vascello che li conduceva,
oudc il santo supplì nel modo mirabile
VOL. LXXX.
T R I 297
che narrai nella biografia. Mentr'ecli con
felice successo s'affaticava nella Spagna e
in Italia, s. Felice rendevasi egualmente
ammirabile in Francia, ov'egli procurò
con esito meraviglioso alla propagazione
dell' ordine, particolarmente lo stabili-
mento d'un convento a Parigi, nel luogo
ov'era una cappella dedicata a s. Mata-
rinoy donata a'trinitari dal capitolo di Pa-
rigi, per cui derivò in Francia areligiosi
il nome di Mathurins, mentre nell' In-
ghilterra furono appettali frati rossi, per
la croce rossa-azzurra posta sull'abito. La
chiesa di s. Maturino fu dipoi rifabbri-
cata e ampliata da Roberto Gaguin, dot-
to ministro generale dell' ordine, eletto
nel i49°- Avendo quindi Dio per divina
rivelazione fatto palese a s. Felice il gior-
no di sua morte, radunò eqli tutti i suoi
religiosi per esortarli all'osservanza de'di-
vini comandamenti e della regolar disci-
plina; indi dopo aver data loro la bene-
dizione, munito de' ss. Sagramene della
Chiesa, rese lo spirito a Dio,dopo aver go-
vernato le case di Francia, nella solitu-
dine di Cerfroya'4 novembre 1 2i2,d'85
anni e 7 mesi circa. Fu sepolto nella tom-
ba fabbricata già pel barone UgodiChà-
tillon o Castiglione nella chiesa presso il
convento, cioè nella ricca cappella di s.
Gio.Battista. I miracoli strepitosi ripetu-
tamente operati da Dio per glorificare il
suo servo, furono esaminati dal vescovo
di Meaux, il quale dichiarò il santo de-
gno di culto. Allora il capitolo di Meaux
si obbligò con voto di portarsi due volte
l'anno, nella festa della ss. Trinità e in
quella del santo, ad assistere alle solen-
nità, che i religiosi del convento celebra-
vano in detta chiesa, recitandovi le oreca-
noniche.Ciò riporta il benedettinoDuPles-
sis nelP Histoire de l'eglise de Meaux,
Paris 1731. Essendo questo convento di
Cervo Frigido il r.° dell'ordine, acquistò
tal fama e venerazione, che tutti i prin-
cipi ivi mandarono i propri figli per ap-
prendere le lettere e i buoni costumi. Ivi
formossi un collegio ben vasto, ove pre-
20
o98 t ri i
lati g altri personaggi di fangosi ednca-
\ano e consultavano i religiosi negli af-
fari spirituali. Il superiore locale ossia mi-
nistro conventuale era così considerato
in Fi ancia, die a vea posto ne'pat lamenti
e ne' sinodi diocesani di Meanx e Ani-
brut), ed era giudice. Ver la crescente ve-
nerazione e celebrità dell'ordine?, gli ere-
tici ugonotti mirando con rabbia la rigi-
da osservanza de'lrinilari e il loro sape-
re , e ebe erano baluardo inespugnabile
contro i loro pestiferi errori, per odio fu-
riosamente nel secolo XVI piombarono
sul monastero e la chiesa, e tutto distrus-
sero, offrendo i religiosi l'olocausto di lo-
ro vita pel bene della religione cattolica.
In quel terribile disastro, insieme a tutte
le altre ss. Reliquie, si perde il corpo di
s. Felice. Dipoi il re Luigi XIV riedifi-
cò la chiesa e il convento con grande ma-
gnificenza. Dopo il suo viaggio in barba-
ria, s. Giovanni di Mattia impiegò i due
ultimi anni di sua vita in opere di mi-
sericordia, come nel visitare in Roma i
carcerali, in consolare e assistere gì' in-
fermi, in sollevare i poveri dalle miserie,
nel predicare con successo di molte con-
versioni la necessità delia penitenza, spar-
gendo dappertutto il buon seme della di-
vina parola; onde affranto da tanti tra-
vagli, snervato affatto il naturai vigore,
morì di 61 anni (meglio 53), in Roma a'
2 i dicembre 1 2 1 3 e non nel i a 1 4- Nel-
l'esequie celebrate nella chiesa di s. Tom-
maso in Formìs con solennissima pompa,
pel buon odore di santità che avea lascia-
toci si recò ad assistervi Innocenzo 111 co'
cardinali, nella quale occasione seguiro-
no molti miracoli; indi il bealo corpo fu
tumulato nella medesima chiesa. Ora co)
Novaes, che ne tratta eruditamente nella
Storia d'Innocenzo XII, perchè cano-
nizzò i due santi fondatori dell'ordine de'
Trinitari, dirò del loro culto, avendone
scritta la vita Egidio Gonzalez de Avila,
in ispagnnolo: Compendio de laswdeu
de Inglorioso» ». Joan de Mata e Fe-
lix de lalois, Madrid 1 638. Francesco
T R I
de Moct do di s. Agostino già gesuita e poi
minore osservante, l'ita s. Felici» et st
Johannis de Mattia, Romaci66o. Vo-
gliono alcuni che questi santi fossero so-
lennemente canonizzali da Urbano IV in
Orvieto il i ." maggio 1 262, ovvero a'4 ot-
tobre 1 2(53. Così affermano de Figueras,
in Chronivonj ì*>\mvA,IIistor. de adventu
Relig. in A ngliam, cent. 1 ,cap. 8, p. 2oq;
Tamnjo, Marlyrol. Jlisp. t. 6, die 2 1 de-
cemb.;eGiovauni da s. Felice, Supplein.ad
Flos Sane forum Rihadeneira in (ila s.
Johannis de Matha,si\\ testimonio appog-
giali di Antonio Lupiano Zappala, il qua-
le sostiene d'aver veduto neh 635 l'au-
tentica bolla di questa canonizzazione. Ma
oltre che lo Zappala fu scoperto un so-
lenne impostore, e falsificatore di bolle,
privilegi eccome con alcuuiantoi i dimo-
stra il La (libertini, De Con. Sanetorum
lib. I , cap. 4', § 6, lo stesso ordine della
Trinità non prestò fede a questo racconto,
poiché molto dipoi introdusse la causa ile'
suoi fondatori, per impetrare la solenne
canonizzazione, per la quale infatti abbia-
mo: Sentendo. card. Ginetti prò Canon.
ss. Johannis de Matita, et s. Felici» de
Paloisyliomae 1666. Precedentemente
spedita in vigore della supplica la com-
missione, il cardinal Ginetti vicario di Ro-
ma a'3 1 luglio 1 665 dichiarò, che consla-
va del caso eccettualo da' decreti d' Ur-
bano Vili , e per conseguenza del culto
immemorabile di questi e\\ìe santi , nel
pontificato di Alessandro VII; onde la s.
congregazione de' l'iti coli' approvazione
di Clemente X ordinò nel 1670, che i lo-
ro nomi fossero messi nel martirologio, e
fu poi concesso il loro uffizio e messa adii'
bifuni nella Spagna con decretodello stes-
so Clemente X a' r4 novembre 1 67 5, cioè
per s. Giovanni de Malha nel giorno 17
dicembre, e per s.Felice di Valois nel gior-
no 4 novembre. Essendo però impediti
questi giorni, la medesima congregazione
a'i4 novembre 1676 assegnò per le due
festività i primi giorni non impediti. Indi
Innocenzo XI con bolla dc'3o luglio 1 (>;•<)
T R I
:
stabilì il giorno 8 febbraio per s. Giovan-
ni, ed il giorno s.o novembre per s. Fe-
ce.Lo stesso Innocenzo XI coi breve/.'.r-
poni nohis, de' 28 gennaio 1 68 r, Bull.
Roiiì. t. 8, p. 27.3, conresse alla Francia
il medesimo uffizio e messa che già da
molto prima si celebrava dalla Spagna.
inocenzo Xe Alessandro VII a vea no ac-
cordalo indulgenza plenaria a quelli, che
nel giorno anniversario di questi santi vi-
sitassero una chiesa de' trinitari, e Cle-
mente X col breve Redemptoris, de'20
dicembre 1 6yo,Bull. cif. t. 7, p. 76, la di-
chiarò perpetua e l'aliare privilegiato pe'
defunti nelle cappelle al nome loro dedi-
cale. Da lutlociò nondimeno non risul-
tava che una equipollente beatificazione,
quindi seguì la loro canonizzazione anco»
ra equipollenle,quando Innocenzo XII a'
19 maggio i6q4 ordinò di precetto, che
l'ullizio e messa di questi due santi fossero
col rito doppio celebrati nella chiesa u-
ni versale. Clemente XI II, con decreto de
2C) novembre 1 768, presso il Guerra, E-
pitoni. Bull. Rom. 1. 1, permise, che tra-
sferendosi ad un altro giorno la festa di
s. Giovanni de Madia, si dovesse ancora
traslalare con essa la ceremonia dell'as-
soluzione generale che usano i religiosi tri-
nitari, e descritta nel Cerimoniale del-
l'ordine della ss. Trinità e del Riscatto,
Roma 1 8?.q. Dopo la morte di s. Giovan-
ni de Matha seguirono molte vicende al
suo corpo. Riposava questo nella chiesa
di s. Tommaso in Foi-mis, quindi nel se-
colo XVII considerando due frali laici tri-
nitari, Gondisalvo di Medina e Giusep-
pe Vidal, che il loro santo fondatore non
era in quella solitudine venera Inquanto
essi bramavano, risolverono di furtiva-
mente levarlo da detta chiesa, e neh 655
lo trasportarono a Madrid, ove il nun-
zio Camillo Massimo lo ricevè, e si con-
servò nel palazzo della nunziatura anco
sotto ile' nunzi successori Monelli, Vis-
conti, Marescotti e Du razzo lino al 1 (i86,
in cui da quest' ultimo nunzio fu dalo
«'irati trinitari scalzi per collocarlo nella
T R I 299
cappella eretta nella detta capitale della
Spagna, nella cella del veri. fr. Tomma-
so della Vergine, ed un braccio con una
costa ebbero i trinitari calzati, che pose-
ro nel. loro vasto tempio. Fu poi neh68y
e neh 715 proposto il dubbio dell'ideo -
tità di questo santo corpo nella congrega-
zione de'riti,la quale rispose nou constare
de identitate.JLssemUiptvb in questa con-
gregazione Lamberti ut, poi benedetto
XI V, il quale come promotore della fede
aveva allora fatto su questo dubbio il suo
volo,chesi legge nella sua opera, De Cau.
SS.Wb. 4:Pt"1'- 2,c.2 5, n.°c), tanto egli operò
a favore di questa causa, che nel 1 72 1 ot-
tenne che la slessa congregazione,con de-
creto àe'6 settembre confermato da In-
nocenzo XIII a' 16 dello stesso mese, de-
cidesse pr aevio recessi! a decisi*, consta-
re de identitate. E siccome il Lamberti-
ni era canonico Valicano, ottenne inol-
tre che ii suo capitolo, al quale appartici
ne la suddetta chiesa di s. Tommaso in
Formis, dopo la partenza da essa de'tri-
nitari, non insistesse più che i frati tri-
nitari riportassero in Roma alla loro chie-
sa il corpo di s. Giovanni de Mattila. Quin-
di divenuto egli Papa, col breve Mini-
me dubitanti**, de'3 febbraio 1 y^g,Bull.
Magri, t.17, p. 3o3, facendo un (splen-
dido elogio del benemerito ordine, man-
dò al ministro generale de'trinituri scalzi
di Spagna, in questa penisola l'urna stessa
di marmo coll'iscrizione, in cui era stato
il santo sepolto, affinchè i frati ve lo tor-
nassero a collocare. L' iscrizione si può
leggere nel già citalo teologo Pauciioli.
Questi inoltre descrivendo le riferite ap-
parizioni dell'Angelo vestito di candidis-
sime vesti, colla croce sul petto azzurra
e rossa, dà le seguenti simboliche spiega-
zioni. Dice che il bianco, ch'è il principio
di tutti i colori, significa l'Eterno Padre,
ch'è principio dei Figlio e dello Spirita
Santo; il colore azzurro,composto ili biau
co e di scuro, il Figlio unito alla natura
umana; e Qualmente nel rosso lo Spirito
Santo, ch'è fuoco e amine. Lodando pò»
3oo T R I
l'istituzione dell'ordineTrinitario,lochia-
ma veramente nobile, necessario e utile.
IVobile,poiehè lo stesso Figlio dell'Eterno
Padre per altro non venne al mondo, se
non a riscattarlo dalla misera servitù, di
Satana. Necessario , perchè dal manca-
mento di lei molli cristiani schiavi si fa-
cevano turchi, con divenir come rinegali
maggiori nemici e persecutori de'cristia-
ni, e più degli slessi turchi. Utile finalmen-
te, poiché in questa sola opera di miseri,
coi dia si vengono a racchiudere tutte le
allre sì corporali come spirituali, delle
quali uno schiavo nelle mani de'turchi è
del lutlo privo, non avendo se non mali
consigli e peggiori portamenti , e dopo
morte altra sepoltura non ha che le onde
del mare, nelle quali è gettato. In questa
degna impresa, racconta lo stesso Panciro-
li, i trinitari sono del tutto dedicati, e nel
i5ggriscattarono2 3óschiavi'mAlgerie li
condussero a Barcellona.Riferisce il citato
Piazza, che dichiarò Innocenzo III, che la
varietà de' colori descritti significava la ss.
Trinità, cioè il bianco la prima Persona;
il turchino, simile al livido, il Figliuolo
per noi battuto e flagellato, di cui sta scrit-
to, Cujus livore innati sumusj il rosso,
come segno d'amore, lo Spirito Santo;
l'Angelo che teneva due schiavi, i fedeli
liberali dalle mani de'turchi; e perchè do»
veasi praticare da questi religiosi tra'ne-
mici della fede, denotava che porterebbe
il nome della ss. Trinità, col segno della
Redenzione, che sono i primi misteri del-
la religione. In quanto alle reliquie di s.
Giovanni de Malha, dopo le ultime la-
grimevoli vicende di Spagna, si trovano
presentemente un braccio e una costa nel-
la chiesa parrocchiale di s. Croce di Ma-
drid, dove furono trasferite dal magniti*
co tempio de'trinitari calzati, dopoché il
sontuoso monastero architettato dal ce-
lebre I Imeni, fu destinato ad uso pro-
fano. L» testa e la maggior parte del cor
pò Mtiovanonellachiesade'triuitariscab
zi di della capitale.
Anche il PapaOnorio III, che nel 1216
TR I
successe a Innocenzo III, confermò la re-
gola de'trinitari colla bolla Operante di-
vinae dispositionis, de'9 febbraio 1217,
Bull. Rom. t. 3, p. 1 82: /Ipprobatio Re-
gulae ordinis ss. Trinilatis Redemplio-
nis captivorum, indirizzata aJoanni mi-
nistro et fra-tribus etc. Indi i religiosi eb-
bero da s. Luigi IX re di Francia in cu-
stodia la cappella reale diFontainebleau.
La medesima regola era rigorosissima
nella primitiva sua istituzione, poiché i
religiosi non doveano mangiare mai car-
ne, né pesce; non si pascevano che di pa-
ne, di uova, di latte, di formaggio, di
fruita, d'erbe e di legumi, cui condivano
solamenteconolio. Se tuttavia alcuno re-
cava loro in limosina della carne, ne po-
tevano mangiare nelle domeniche e nel-
le principali solennità, ed era loro inol-
tre proibito usare il cavallo viaggiando,
dovendosi servire degli asini, onde furo-
no appellati frati degli asini, e con tal
vocabolo erano pure chiamati quelli di
Fontainebleau, come si ha da un docu-
mento del i33o. Perciò venendo poi la
regola corretta e mitigala dal vescovo di
Parigi, e dagli abbati di s. Vittore e di
s. Genoveffa, deputati a quest'effetto da
Urbano IV, fu dal suo successore Cle-
mente IVapprovala nel 1 267 colla bol-
la In ordine vestro,óe j dicembre, Bull.
cit., p. 462: Mitigatio, et decloratiti Re-
gulae fratrum ordinis ss. Trinitdtis l\e-
dernptionis captivorum. Per tali mitiga-
zioni permise loro di viaggiare a cavallo,
di comprare e mangiare carnee pesce. Da
quest'ordine primitivo derivarono le due
riforme àtt' Trinitari Riformali (J^.) nel
1 57 3; de' Trinitari scalzi (fr.) nel 1 5q4
nella Spagna, e neh 601 nella Francia; le
monache Trini tariefP'.jàtW antica osser-
vanza e scalze; ed i Trinitari del Terz or-
dine (fy.), non che X Arcicoiifratcrnita
della ss. Trinità del riscatto degli schia-
vi {V.). Ora non esistono che i Trinita-
ri primitivi, i Trini/ari scalzi, e le mo-
nache Trinitarie. Clemente VII colla bol-
la Grattini Deo, de'i 7 aprile 1 524, Ridi.
T R I
Rom. I. 4j par. i, p- 42> autorizzò i trini-
tari a questuare limosi ne pel riscatto de-
gli schiavi. Paolo I II colla bolla Inter cu-
ras niultiplices, de' i 3 novembre 1 534,
Bull. cit. p. i 1 8: Qttofl omnes graliae,
et exemptiones concessae, et conceden-
dole per Sedeni aposlolicam locis,etper-
sonìs ordinis ss. Trinitatis , in provili'
ciac Castellae,et Legionis,ac Bethicae,
concessae ccnseatur locis , et personis
ejusdem ordinis in regno Portugalliae.
L'ordine dell'antica osservanza e primi-
tivo, a tempo del p. Helyot, che morì nel
1686, contava circa i5o conventi divisi
in i 3 provincie, di cui 6 di Francia, cioè
Francia, Normandia, Picardia e Fian-
dra, Cbainpague, Linguadoca, Proven-
za; 3 di Spagna, cioè Castiglia nuova, Ca-
stiglia vecchia, ed Aragona; una d'Italia,
altra inPortogallo:avea anticamente quel-
la d'Inghilterra, in cui erano43 case;quel-
la di Scozia, in cui ve n'erano 9, e quel-
la d'Irlanda, in cui ve n'erano 52, tutte
rovinate dagli eretici, con molte altre ca-
se già esistenti iuSassouia, Ungheria, Boe-
mia, ed in altre molte provincie. Antica-
mente le sole provincie di Francia , di
Champagne, di Picardia e di Normandia
aveano il gius d'eleggere il ministro ge-
nerale nel capitolo che convoca vasi sem-
pre nel convento di Cerfroy capo di tut-
to l'ordine, e tutte le altre provincie stra-
niere doveano riconoscere il generale e-
letto da tali 4 provincie. Ciascuna casa dei
trinitari essendo governata da un supe-
riore chiamato ministro, quelli delle ca-
se di Champagne, di Normandia e di Pi-
cardia erano perpetui, mentre altrove e-
rano triennali. Noterò che al riferito del
p. Helyot sul numero delle provincie e
de'conventi,deve farsi questa rettificazio-
ne. Malgrado tutte le perdite fatte dal-
l'ordine, e cagionale priucipalineiile dal-
le crudeli persecuzioni de'turchi e dalla
peste deli 348, l'ordine contava 768 con-
venti che formavano 34 Provincie. Indet-
ta fiera epidemia 1' ordine perde più di
5ooo religiosi, quindi un gran numero
TRI 3oi
di loro case restarono chiuse. Le 3 pro-
vincie poi d'Inghilterra^ Scozia e Irlan-
da contavano 1 36 conventi, vale a dire
45 in Inghilterra, 37 in Iscozia, 54 •'>
Irlanda. Nel pontificato d'Innocenzo XI
i religiosi spaglinoli si divisero dall'or-
dine, ed ottennero facoltà d'eleggere un
generale tra loro; ciò fecero neh 688 in
un capitolo tenuto a Madrid, in cui eles-
sero per ministro generale di Spagna il
p. Piguerola. Ma assunto che fu a quel
trono il francese Filippo V, il ministro
generale di tutto l'ordine in Francia fece
ricorso per rientrare al possesso de' suoi
antichi diritti, I' ottenne compitamente,
essendosi deciso in suo favore con auto-
rità di Clemente XI e pegli ordini del re
di Spagna. Il p. de la Forge, ch'era sta-
to allora eletto ministro generale da'frau-
cesi, portoghesi e italiani, dopo la morte
del p. Tissier, radunò nel i 70? il capito-
lo generale nel convento di Cerfroy, ove
avendospontaueamenle rinunziato alsuo
uffìzio, fu di bel nuovo ristabilito nei gra-
do da tutti i vocali, tra'quali eranvi an-
cora de'religiosi spagnuoli; quindi inni vi
fu che un ministro generale universal-
mente riconosciuto da tutti i religiosi del-
l'ordine primitivo, mentre per quello de-
gli scalzi di Spagna, che fin dal 1 636 eb-
bero facoltà di eleggerne uno proprio,
ciò tuttora esiste; se non che quanto alla
Francia , la rivoluzione che pose a soq-
quadro l'ultimo periodo del secolo pas-
sato, abolì tutti gli ordini religiosi d'am-
bo i sessi, e ciò avvenne pure in altre pro-
vincie, laonde al presente i trinitari del-
l'antica osservanza sono quelli di Spagna,
cosi i trinitari scalzi ove sono pure am-
messi gl'italiani e di altre nazioni. II sud-
detto p. Roberto Gaguin scrittore delle
Cronache di Z^/ymczVz e ministro genera-
le dell'ordine, essendo in Roma ambascia-
tore del re Carlo Vili, fece in iscritto un
accordo con Filippo Cluys podestà della
Morea e Guglielmo Caorsini vice cancel-
liere,ambeduedeputali dal gran maestro
de'cavalieii gerosolimitani di Rodi (V)>
3o2 T R I
per trattare e concludere l'unione d'am-
bedue questi ordini, ciascuno de'quali pe-
lò clovea ritenere il suo abito. L'alto fu
sottoscritto a'4 lnglioi49t». ma non eb-
be però alcun effetto. Quantunque i tri-
nitari abbiano una regola particolare, vi
furono nondimeno de' Papi che li rico-
nobbero per religiosi dell'ordine di s, A-
gostino. Clemente VI nella bolla d'uuio-
nedellacuradis.Wastdi Verbene alcon-
vento della Trinità dello «tesso luogo, fat-
ta nel i 35o, dà loro il nome tWfratres s.
Trinitatis ordinis s. Augustini. Bonifa-
cio IX, s. Fio V e Clemente Vili dierono
loro lo slesso titolo, Nel capitolo genera-
le dell'ordine tenuto a Cerfroy nel i 4'-*0»
in cui stabilirousi alcuni regolamenti, in
uu capitolo che tratta del modo di cele-
brare t'ufficio divino, leggonsi le seguen-
ti parole: Fratrcs cimi timore, et reve-
renda I)eoserviant,secundumregul(ini
B. P. nostri Augustini. 1 capitoli gene-
rali del i 370 e del 1 56^ hanno parimen-
ti riconosciuto s. Agostino per padre e
protettore dell'ordine. 11 suo uffizio con
l'8.a trovasi notalo ne'bieviari, negli an-
tichi ordinari e calendari dell'ordine Tri-
nitario, che celebra ancora le feste delle
sue traslazioni e della sua conversione. Di-
ce il p. HelyoljChe i religiosi trinitari pre-
tendono d'essere canonici regolari, e ta-
le qualità viene loro data in una transa-
zione fatta nel 1468 Ira'cauonici regola-
li della chiesa di s. Trofimo d'Arles, ed
i trinitari della medesima città, dicendo-
si: Canonici regulares Ordinis ss, Tri'
ni la li s stili regni n s. Augustini. Teobal-
do conte di Champagne nel 1260 die ai
religiosi uu canonicato nella chiesa di s.
Stefano diTroyes; altro ne aveano nella
collegiata di Mortaigne nella diocesi di
Seez. iXeliaof) i canonici della cattedra-
le di Meaux unirono la cura di s. Remi-
gio di lai città all'ordine de'triiulari, iti-
di nel 1 2 38 pretendendo alcuni che que-
sti religiosi Don potessero posseder parroc-
ihic, ne lu 1 nnos.i 1,1 derisione r (inciel-
ino vescovo di l'erigi, il quale dopo aver
TR 1
esaminate le loro scritture dichiarò che
potevano p» .sederle, e che ne aveano in
più luoghi. Dopo questa sentenza molte
cure furono unite alle case dell'ordine.
Quella d' Avon, anticamente parrocchia
di Fontaiuebleau, vi fu unita dal cardi-
nal bourbon arcivescovo di Seus a istan-
za di re Francesco I. Erano inoltre i tri-
nitari non solo cappellani della regia cap-
pella del castello di Fontainebleau , ma
curati primitivi di sua parrocchia. Nel-
la diocesi possedevano la cura di Brumct
dipendente dal convento di Cerfroy, e ne
aveano altre 3 nella diocesi di Toni, 1 3
in quella di Treves, 4in quella di Lisieux.
e molte in altre diocesi. JNeh 5c)8 il ca-
pitolo generale ordinò, che alcun religio-
so dell'ordine non potesse senza licenza
de'superiori entrare nelle chiese parluc-
chiali vacanti, e che quelli i quali erano
provveduti di cure potessero essere ri-
chiamati; ciò fu altresì decretato nel ca-
pitolo del 16 1 o colla dichiarazione, che in
quanto alle cure, che non sono dell'ordi-
ne, non potessero i religiosi accettarle e
ritenerle, se non col consenso de'superio-
ri e per quel tempo solamente che a'ine-
desimi piacesse; e che circa a quelle che
sono annesse all'ordine, non potessero co-
loro i (piali col consenso de'superiori n'e-
rano provveduti, esser richiamali, se non
per errori commessi; e che i richiamati
potessero appellare per la loro relegazio-
ne al ministro generale, o al capitolo ge-
nerale. Il re Luigi XIV con dichiarazio-
ne de'27 febbraio 1 yo3, ordinò conforme
a ciò cheavea conceduto a'superiori dei
canonici regolari della congregazione di
Francia, ed a quelli dell'ordine di Pre-
monslraloconsue lettere patenti del 1 G7 1
e sua dichiarazione del 1 700, che nessun
religioso trinitario poteste esser provve-
duto d'alcun benefizio, fòsse cui alo, prio-
rato curato o vicarialo perpetuo o altro,
se non vi era in iscritto espresso il con-
senso del generale di questui dine; e che
quelli che ne fossero provveduti, potes-
sero essere richiamali chil capitolo o su-
t a i
periore generale per delitti commessi o
scandalo, noto all'arcivescovo o vescovo
diocesano, ed al loro superiore, o ancora
ciò richiedendo il bene o l'utilità dell'or-
dine, di consenso però cogli ordinari nel-
le cui diocesi fossero situali i benefìzi. Gre-
gorio XI 11 col breve Exposcil pastora-
li s qfficii, de' 7 ottobre 1 5y5, Bull. Rom,
t. 4» par- 3, p. 3 1 o; Quod praeldti or-
dini? fratrum ss. Trinitads Redemptio-
nis captivorum benedicere postini vasa,
vesti/nenia, et ornamenta ecclesiastica.
Nello stesso annoi 57 5 Gregorio XHI die
a'trinitari la parrocchiale chiesa di s. Ste-
fano a Piazza di Pietra, della del Trul-
lo per la sua volta e cupola, di cui tratta
il Paneiroli; ma pochi anni dopo fu de-
molila. Imperocché trovo nel Piazza, Z?-
merologio di Roma, a p, 1 3j, che cpian-
do venne in Roma il b. Gio. Battista del-
la Concezione per fare approvare la ri-
forma de'lrinitari scalzi, alloggiò nel con-
tiguo convento, che poi demolito e sop-
presso, mentre ancora era in Roma, ven-
ne ospitato da' carmelitani scalzi. Anche
la chiesa fu demolita. Clemente Vili col-
la bolla Ex omnibus, de'29 luglio 1 597,
Bull, cil., t. 5, par. 2, p. 1 5g, confermò
la donazione falla dal vescovo di Sigiteli*
za al convento di Madrid, pel manleni-
ineulo di due religiosi in Algeri, per l'assi-
stenza spirituale e caritatevole degli schia-
vi ivi esistenti. Indi col breve Decet Ro-
ma num, de'g maggio 1602, Bull. cit,, p.
42 1 : Prae/initio formae communica-
tionis indulgenti arum , oralioratmque,
ac aliorum boiiorum operimi, serranda
a fratribus ss, Trinitatis Redemptionis
captivorwn, sta tis diebus,quibus ipsi ge-
nerale m benedictionem face re consue-
veruni. Paolo V col breve Ex omnibus,
degli 8 febbraio 1608, Bull. Rom. t. 5,
par. 3, p. 293: Gratiae, et l 'adulta fra-'
trum ordinis ss. Trinitatis Redemptio-
nis captivorum , ad partes infulelium
prò dieta redemptione se transferen-
tium ; nec non aliorum christifidelium
etiam non captivorwn ibi cxistentìum.
T R I 3o3
Gregorio XV col breve fujuncti nobis,
de' 1 8 aprile 1 622, Bull, cit., t. 5, par. t>,
p. 23, confermò i privilegi, le grazie e
gl'indulti concessi all'ordine da'suoi pre-
decessori. Urbano Vili col breve Domi-
nici gregi?,Ae 5 luglio 1 62^, Bull, cit., p.
346, confermò il decreto del capitolo ge-
nerale, nel (piale fu stabilito spettare al
definitorio nominare i religiosi da inviar-
si alla redenzione degli schiavi. Innocen-
zo X col breve In eminenti, de' 12 ago-
sto 1 654, Bull, cit., t. 6, par. 3, p. 279,
confermò la legge che prescrive la cele-
brazione del capitolo generale ogni 6 an-
ni. Innocenzo XII col breve Salvatori*,
de'27 giugno 1693, Bull.àl., t. 9, p. 3o6,
concesse all'ordine i privilegi e le indul-
genze degli altri ordini regolari. Clemen-
te XII proibì alla provincia d'Italia di ri-
cevere frati ili altri ordini, col breve Sol-
licitudo, de'27 giugno 1 735, Bull. 1. 14,
p. 28. Clemente XI II col breve Alias prò
parte, de'i3 febbraio 1 762, Bull. Rom.
cont. t. 2, p. 221 ; Attenta alternativa
super electione Ministri generalis, et
Procuratori? generalis ordinis ss. Tri-
nitatis Redemptionis captivorum divisi
in binai familias nempe intra, et extra
Hìspaniam, statuitili' methodus su/fra-
giorwnferendorum tam inCapitulisge-
neralibus ordinis, quani iiiCapitulis re-
speetivarum familiarum , quae singulti
Pontificia auctoritate confirmantur . Lo
stesso Papa col breve Pastorali? qfficii,
de' o gennaio 1765, Bull, cit., t. 3, p.
4o; Collegllali Cursorum vulgo Pasini-
tes prò studiis religiosorum ordinis ss.
Trinitatis Redemptionis captivorum in-
sti tutum in conventwn B. M. V. de I ir-
tutibus inprovìncia Castellaecoiifir ma-
tur, etapprobatur una cwn Statutis prò
ejusdem Collega ' directionc. Di più Cle-
mente XIII col breve Militantis Eccle-
siae, de 2.0 novembre 1 765, Bull, cit., p.
149: Confirmalur resolutio diffìnitorii
provinciac Castellae, Lcgionis, et Na-
varrac ordinis ss. Tr initalis Redemptio-
nis captivorum}quai/i statai tur ut in pò-
3c>4 T R 1
sterum ministri corum, qui huic resola'
tloni assensum praebuerunt , eligantur
in capitalo provinciali. Inoltre Clemen-
teXIli col \nave Apostolici cura, de" 19
luglio 1 768, Bull, cit., p. 544: Facultas
Ministro generalis ordinis ss. Tritata-
ti* Redemplionis captivorum, deputati-
di Ficarium generalati, et tres assisten-
tes ejusdem ordinis sub certis legibusfet
conditionibus in provinciis Castellae,
Betkicae, et Aragoniae. L'abito de'tri-
nitaii era diverso in ciascun paese, por-
tando in Francia la sottana di saia bian-
ca, collo scapolare parimenti di saia, su cui
vi era una croce rossa e turchina, comune
a tutti i trinitari. Quando slavano in co-
ro usavano nell'estate la colla e nell'in-
verno la cappa con una specie di cappuc-
cio aperlo davanti. In casa portavano una
mezzetta, e quando uscivano assumeva-
no il mantello simile a quello degli eccle-
siastici. Tali abiti furono adottali verso
la metà del secolo XVII, poiché in prin-
cipio dell'istituzione de'lrinitari, vestiva-
no di panno con cappuccio, tanto inco-
ro, che in casa e per città, il qual abito
conservarono i riformali. I religiosi d'Ita-
lia presso a poco vestivano come i rifor-
mati, uè altro divario passava tra loro, se
non che gli abiti de'primi erano più lar-
ghi e di saia, portando la cappa tanto in
coro quanto per la città. Quelli della Ca-
rtiglia vecchia e nuova, dell'Aragona, Ca-
talogna e regno di Valenza portavano ve-
ste bianca e cappa nera. Nel restante del-
la Spagna non portavano cappe, ma so-
lamente il gran cappuccio nero che scen-
deva fino alla cintura; que'di Portogallo
parimenti portavano la cappa nera, e tut-
ti, a riserva degli 6calzi, usavano scapola-
re e sopra la cappa o mantello una cro-
ce rossa e turchina. Questi religiosi por-
tavano anticamente in coro sotto la loro
cappa la colta, in certi giorni determina-
ti,come era espresso in un antico Ordina-
no ms. che si conservava nel convento
de'Mathurins a Parigi, ed in que'giorni
a Ile processioni lascia vano la cappa e por-
T 11 I
tavano solamente la cotta. Il ministro ge-
nerale e il ministro di Fonlainebleau a-
veano i titoli di consiglieri e limosinieri
del re. Avea l'ordine in Francia per ar-
me un campo bianco con una croce chiat-
ta rosso-turchina, circondata da fregio pa-
rimenti turchino , adornato da 8 gigli
gialli; lo scudo avea per cimiero la coro-
na leale di Francia sostenuta da due cer-
vi bianchi. Il p. Honanni nel Catalogo
degli ordini religiosi, par. 1, p. 88, ri-
porta un cenno sull'istituzione dell'ordi-
ne, insieme alle 3 suddescrille apparizio-
ni, colla figura del trinitario che descri-
ve così.» Solevano questi religiosi in al-
cune provincie della Spagna usare la ve-
ste bianca e la cappa di color bruno in-
clinante al nero detto tanè, per decreto di
Pio IV fatto nel 1 559". 11 Capparoni che
riprodusse tale opera nella Raccolta de-
gli ordini religiosi che esistono nella
città di Roma, sebbene riferisca le stesse
parole, rappresenta il religioso trinitario
calzato con figura colorata, come real-
mente ora veste in Roma. Questi religio-
si vestono la tonaca con maniche e lo sca-
polare con mediocre cappuccio attaccalo,
il quale ha la mozzetla aperta davanti al
petto, ed una gran cappa , tulio di saia
lina e ili colore bianco, in petto, ossia sul-
lo scapolare, portano la croce mezza ros-
sa e mezza turchina, della forma che par-
tecipa della biforcala e dell'ancorata, ed
altra simile ne hanno sopra la cappa nel-
la parte sinistra. Il cappello nero è l'an-
tico cappello ecclesiastico degli spagnuoh
con grandi falde alzate, come sino a'uostri
giorni l'usarono i gesuiti perchè il glorioso
s. Ignazio lóro fondatore era spagnuolo,ed
ora portano il comune cappello ecclesia-
stico. Così lo descrisse il p. Annibali da
Laiera, Compendio della storia degli
ordini regolari esistenti, t. t, cap. 33 :
Dell'ordine de Trinitari. Anzi noterò,
che Alessandro VII col breve ExinfunctQ
nobis, dell'8 febbraio 1 6GG, Bull, Ro/11.
l. 6, par. 6, p. 10G, permise di usare la
cappa nera u'iriuitari calzati di Casliglia,
T R I
Aragona, della Betica e di altre proviti-
eie. L'ubilo de'trinitari dev'essere tutto
bianco; la concessione della cappa nera o
bruna è stata introdotta per dispensa di
Adriano VI, concessa alla provincia di Ca-
stiglia pe' religiosi che andavano alle re-
denzioni in Africa e Asia, poi estesa are-
ligiosi di tutta la provincia da Pio IV, ed
a tutto l'ordine da Alessandro VII, tran-
ne le case di Roma. L'ordine Trinitario
prima avea in Roma un cardinale prolet-
tore. In questo dell'antica osservanza, ol-
tre i nominati santi e personaggi illu-
stri, principalmente fiorì il b. Simeone
o Simone di Roxas (V.)t beatificato da
Clemente XIII nel 1766, nel (piale anno
pubblicò in Roma la Vita il celebre ge-
suita p. G. C. Cordata. Oltre gl'iunuine-
l'abili martiri che r'ordiue Trinitario eb-
be dalla sua origine in Africa , in Asia,
nella Spagna, in Italia, il secolo XVI ne
fu il più fecondo, in cui il furore degli e-
retici infierì contro i difensori della reli-
gione cattolica, massime nellaSvezia, Sas-
sonia, Ungheria, Boemia, Olanda, Inghil-
terra, Scozia e Irlanda. Ed è a notarsi
specialmente, che in questi 3 ultimi regni
morirono nelle persecuziòni d' Enrico V 1 1 1
e di sua figlia Elisabetta 33 27 religiosi
trinitari, dovendo dirsi a gloria di questo
cospicuo ordine, che in esso non fu mai
alcun apostata, come alferma Clemente
Rei nero, negli Annali della chiesa An-
glicana nell'apostolato de' Benedettini,
p. 64- " Questo è meraviglioso, che tra le
altre famiglie religiose non mancò qual-
che apostata, e i monasteri dell' ordine
della ss. Trinità, ch'erano in Inghilterra,
Scozia e Irlanda non ne ebbero nessuno.
E perchè forse questi monaci tenevano il
titolo della ss. Trinità, dato loro dal cie-
lo, tulli senza eccezione d'alcuno furono
abbruciati, abbracciando allegramente e
fortemente i tormenti del fuoco, ove ri-
splendevanodi prodigiosa luce. Abbiamo
pure il b. Marco Criado martirizzato dai
mori nel 1570, trinitario della provincia
Letica. d'Andalusia, e gode culto iu tutta
TRI 3o5
la diocesi di Guadix per decreto di Bene-
detto XIV emanato nel 1 757. Il fanciul-
lo s. Cristoforo vestì l'abito di terziario
nel convento di Toledo e fu martirizza-
to da 'giudei a'3 1 marzo 149 '> avendo es-
si esercitalo sul suo corpo tutte le crudel-
tà che i loro antenati fecero a Gesù Cri-
sto: questo martirio seguì in una rupe vi-
cino alla villa del la Guardi a, diocesi di To-
ledo, della quale è patrono. Gli si rende
culto per lui la l'arcidiocesi di Toledo,co-
me in tulio l'ordine, con uffizio proprio.
I trinitari vantano un bel numero di scrit-
tori, di vescovi e di cardinali, fra 'quali il
cardinal Antonio Cerdano{F.)i\e\ titolo
di s. Grisogono, già procuratore genera-
le dell'ordine, da Pio II chiamato il prin-
cipe de' teologi del suo tempo. Quanto
l'ordine de' trinitari recò sollievo all' u-
inanità sofferente, nel tempo iu cui i pira-
ti e corsari maomettani padroni di diver-
si mari, mettendo a ruba e sacco le cit-
tà litorali, menavano Schiavi [/'.) quan-
ti più potevano, lo celebrò la storia, e con
trai li d'inaudito eroismo, offrendo di con-
tinuo la loro vita in olocausto per la li-
berazione de'crisliaui dalla schiavitù, re-
stando talvolta per essi in ostaggio e sot-
tentrando alla loro sventura, come s. Pie-
tro Armeugol che si rassegnò a morire
per altri appeso alle forche. Questo uma-
no, religiosissimo e santo istituto, non so-
lamente con indefessa virtù s'impiegò nel
redimere gli schiavi cristiani dal. e mani
degl'infedeli, ma ancora prese cura del-
le loro anime in mezzo eziandio alla schia-
vitù stessa, oeli* assisterli nelle loro ma-
lattie in tutto quello che loro bisognava,
e nel governo e regolamento degli ospe-
dali o ospizi dal medesimo fondali tra
gl'infedeli. In tutti i tempi i trinitari, in
adempimento del loro esemplare e cari-
tatevole istituto, si segnalarono nelle più
splendide opere di cristiana misericordia,
massime in Africa, in Asia, in Grecia, e
nelle parti delle Spagne quando erano do-
minate dal giogo de'mori maomettani. I
triuilari operarono 1 36 1 redenzioni o ù-
3o6 TRI
scatti generali e parziali, nelle quali libe-
rarono circa un milione di schiavi, tra i
quali moltissimi personaggi, ed a cagio-
ne d' onore ricorderò fra essi il celebre
Cervantes, autore del Don Chisciotte,
sotto gli auspici! del loro stendardo che
ha per epigrafe: Gloria Deo Li no et Tri-
no et Captivis Libcrtas, Laonde l'ordi-
ne de' trinitari conosciuto così utile allo
stato, non meno che alia Chiesa, meritò
sempre la prolezione de'Papi, de'vesco-
vi, de'sovrani cattolici, e delle popolazio-
ni esposte alla schiavitù. L'eminente ca-
rila de'padri Dell'assistere gli schiavi, spe-
cialmenle infermi e singolarmente nelle
frequenti pestilenze, sovente destò l'am-
mirazione degli slessi infedeli, i quali tal-
volta provandone la loro benignità, ser-
vì per far loro concepire un'alta idea del-
la religione cristiana, ed a temperare la
loro crudeltà verso gli schiavi apparte-
nenti alla medesima, oude il nome de'lri-
nitari restò in benedizione in diverse ino-
spite regioni. Obbligati i trinitari a can-
tar l'ullizio divino, con intendimento d'o-
norare la ss. Trinità, finché durò la schia-
vitù delle piraterie, il line precipuo del
loro istituto, fu quello di questuare liino-
uneda'ledeli, onde recarsi poscia fi a 'bar-
bari a riscattare gli schiavi cristiani, im-
piegando ciascuna casa lutti gli anni un
3.° di sua entrata in questa pia opera-
zione. La regola e gli statuti de' trinita-
ri furono stampati nel 1570. Bonaven-
tura Barone scrisse gli Annales ordinis
ss. Trini talis, Romaei684- Le provin-
cie in cui sono i religiosi dispersi, dopo
la «oppressione degli ordini regolari, fat-
ta anni addietro nella Spagna (P-), ri-
masero a tre e con 76 case, olire la pro-
vincia di Portogallo con 6 case. Ora a mo-
tivo di detta soppressione e politiche vi-
cende, non esistono che /(conventi, quel-
lo di Roma appartenente alla provincia
di Gattiglia , due in Polonia ed uno in
Palermo. Il convento di Roma ha forma-
lo il mio stemma di una Croce in campo
bianco culle catene, e sullo un Ccivocul-
T R I
la Croce, ed è sormontato dalla corona
reale. In Roma i trinitari calzati italiani
di Lombardia nel 161 4 edificarono la
chiesa di s, Francesca romana con con-
vento annesso, ora del Conservatorio o
Ritiro della Croce di s. Francesca Ro-
mana (P.). Questi trinitari ebbero ver-
tenze col vicino ospizio e chiesa de'ss. Gia-
como e Ildefouso degli agostiniani scalzi
spaglinoli, e ne parlai nel voi. LXXV1,
p. 261; venuti in concordia, Alessandro
VII ne confermò i capitoli col breve Mi-
li tantis Ecclesiae , de' i5 marzo 1 666,
Bull. Rom, t. 6, par. 6, p. 108. Della con-
fraternita eretta in detta chiesa, parlerò
dicendo de' Trinitari del terz ordine. O-
ra in Roma de'trinitari calzali spaglino-
li dell'ordine primitivo , nella casa della
loro chiesa che vado a descrivere, risie-
dono il ministro geperale e il procurato-
re generale. Presentemente vi è il com-
missario apostolico generale nominato
dal Papa Pio IX.il R. 'no (>. Antonio Mar-
lin Bienes, già ministro della eas;t e segre-
tario generale dell'ordine; ed il procura-
tore generale al presente è vacante. Reiet-
to commissario apostolico ha intrudono
nel convento di Roma la segreteria del-
la beneficentissima opera della s. Infan-
zia in favore de' Trovatelli o fanciulli c-
sposti cinesi (P.), che ha tanta relazione
con l'antico riscatto, ed un religioso tri-
nitario n'è il segretario.
Chiesa della ss, 'Trinità de' Trinita-
ri calzati spaguuoli.il! situata nel rione
Campo Marzo, al principio della lunga
Strada de'Condotli, che da quella delCor-
so conduce a piazza di Spugna. Deside-
rando i religiosi trinitari di Castiglia di
fondare in Roma un convento pel loro or*
dine e provincia, furono aiutati nell'im-
presa dalla generosa munificenza di fr.
Diego Morosi! lo arcivescovo di Lima nel
Peiù, e viceré dell'Indie occidentali spa-
glinole. Pei lauto fu acquistato il luogo e
l'isola, compreso il palazzo Rucellai, ritn-
pelto in parte a quello de' Il u spoli, giàap-
pai lenente a 'medesimi Rucellai; ne rimo-
:
T 11 I TRI 3o7
demarouo il prospetto dal loto del Cor* squcz; il s. Giovannide Mattia nel i,Q al-
so, e si die principio al convento o ospi* tare venne dipinto da Gaetano Lapis; la
io nel inaggio i ^4' > e poco dopo si pò- s. Agnese nell'ultimo fu condotta dal lìe-
anctie la i ."pietra fondamentale perla nefial. Le pitture nelle volte del coro e
nuova chiesa in onore della ss. Trinità, della chiesa, non che quelle della sagre-
il che esegui il cardinal Antonio Saverio stia, sono di mano di Gregorio Gugliel-
Gentili protettore di tolto l'ordine Trini* mi. Di recente i religiosihannouobilmen-
torto a'29 settembre, Dell'uno e dell'ai- te restaurato la chiesa e l'adiacente con-
tro edilizio fu ardii tetto Emanuele Lio» vento,
di iquez de Santes portoghese. La faccia- TRINITARI RIFORMATI, Fra tram
la esterna della chiesa formasi di colon- Reformat or uni Ordinis .ss. Trinilatis,
ne e pilastri di travertino, ed è ornala con L'ordine de'religiosi Trinitari (Fi), per
statue di stucco; quelle in cima furono la- le vicende de'lempi caduto in notabile ri*
vorate da baipassare Maltei; l'Angelo co- lassarneiito e perciò bisognosodi riforma,
gli schiavi, che sovrasta la porla, venne e- fu dessa ordinata ne'caniloli generali del
seguito da Pietro Pacilli, ed i due fonda- i5j3 e del 1 ^76; tutta volla non si effet-
tori ss. Giovanni e Felice, da Pascasio La- tuo , finché Dio fece sorgere i i\i\e santi
tour. L' interno della chiesa è di fui ina eremiti riformatori p, Giuliano di Nan-
el ittica con 6 cappelle sfondate cogli alla- to vii le della diocesi di Chartres, e p. Clan-
ri, 3 per parte, l'altare maggiore in fon- ilio Aleph della diocesi di Parigi, abitato-
do, oltre la cappella a destra dell'ingresso, ri d'un romitaggio detto di s. Michele vi-
dedicala al b. Simone de Roxas. Gli al ciuoa Pontoise. Domandarono essi licen-
tari e le balaustrate sono di marmi di- za a Papa Gregorio XIII di portare l'a-
versi, decorati da stucchi dorali; compre- bito dell'ordine della ss. Trinità, e il Pa-
so il grande, ov'è il bellissimo ciborio di pa informato dell'austera e regolare vita
metallo dorato, furono lavorati dal det* da essi menata conio altri compagni nel
to Matlei, con disegno dello spagnuolo nominato eremo, lo convertì in una casa
Giuseppe liei monsilla, così di quelli che dell'ordine, con bolla de' 1 8 marzo 1 578,
lormaiio l'ornamento del resto del lem- edessi ne fecero la professione nel con ven-
pio, eziandio eseguili dal Mattei. Sopra to di Cerfroy primario dei medesimo, l'8
la poi la è un buon organo. 11 quadro de! ottobre 1 58o. Si dierono immantinente
1. "altare a destra entrando è pittura di ad osservare con ogni più minuta esattez-
Giuseppe Palladino messinese, che vi e- za e con sì gran fervore la regola e quanto
spresse s, Caterina ; il i.° esprimente s, concerneva l'istituto, che molli religiosi
Felice di Valois, è di m.' Lambert fiam- dell'ordine vollero imitarli, richiamando
mingo; il 3.° coll'Immacolata Concezio- in se medesimi lo spirito de'ss. fondatori
ne, è di Francesco Preziado spaglinolo. Giovanni de Matha e Felice di Valois, e
Il dipinto dell'altare grande, esprimente dilatarono l'ordine con nuove fondazio*
la ss. Trinità con l'Angelo che libera due ni.JMel 160 iCiementeVHl permiseaque-
schiavi, fu condottoda Corrado Giaquin- sii trinitari riformati di presentar due o
to; e questo cappellone, oltre d'essere ab- tre de'loro religiosi al ministro generale,
bellito da'delli stucchi, è anco ornato coti affinché ne scegliesse uno per visitato-
alheschi, tanto nella cupola, (pianto nei re generale, Paolo V nel 1619 die loro
peducci, usciti di mano d'Antonio Vela- facoltà d'erigere nuove case e d'iulrodur-
squez spagnuolo, il quale colorì pure i re la loro riforma nell'antiche, come an*
due ovali laterali all'altare. Il Buon Pa- cora d'eleggere ogni tre anni un vicario
slore suli.° altare dopo il maggiore, da generale, volendo però che fossero sem-
inano sinistra, è altresì opera del Vela- pie soggetti al ministro generale dell'or-
3o8 TRI
il i ti e primitivo. Urbano Vili nel 1624 a-
vendo data autorità al ministro generale
di visitare il suo ordine, dichiarò con uu
breve, ch'egli non intendeva di derogar
puntoa'privilegide'riformati, nèdi recar
Joroalcun pregiudizio;ordinando per con-
trario, che eglino non potessero essere vi-
sitati contro lo stabilito ne' loro statuti,
approvati dalla s. Sede. Queste bolle e
questi brevi furono autorizzati da lettere
patenti del re Luigi XIII, nonostante le
opposizioni faltedaque'dell'antica osser-
vanza^ registrate nel consiglio a'ig mag-
gio 1627. Non avendo però i non rifor-
mati desistito, ma continuando ad inquie-
tare i religiosi della riforma , ottennero
questi ultimi un breve da Urbano Vili,
de-25 ottobre 1 635, in cui il Papa nomi-
no il cardinal Itochefoucaud, commetten-
dogli far la visita e riformare da per se,
o per mezzo di chi giudicasse a proposi-
to, tutti i conventi de'trinitari di Francia.
Si opposero gli antichi, e malgrado le lo-
ro opposizioni , il re con lettere del set-
tembre i63y volle diesi eseguisse l'ordi-
nato dal breve, e nominò a tal elfetlo in
commissari lloissy, Fouquet, Sanguiu ve-
scovo diSenlis, Seguier vescovo di Meaux,
e Lai né de la Alargliene, con diversi con-
siglieri di stalo per ascollare e regolare
questi religiosi in tutte le loro differenze.
Ciò non pertanto, volendo il ministro ge-
nerale de'trinitari, insieme cogli antichi
religiosi, impedire l'esecuzione del breve,
diesai pretendevano surrettizio, appella-
rono come d'abuso al parlamento di Pa-
rigi; ma il re avocò al suo consiglio que-
st'appello con decreto del dicembre, con
cui rimesse le parti a'commissari da lui
deputali,ordinò"ad essi sentire le dilferen-
zeepoi riferirle a lui. Volendo il cardinal
Ilo hel'oucaud mandare in esecuzione il
breve pontifìcio, die commissionea'3o di-
cembieiG37 al p. Faure riformatore dei
canonici regolari della congregazione di
Francia, di visitare il monastero de'tri-
nitari di Parigi, delti Malhurins. Essen-
dosi il cardinale informalo delio slato del-
TR I
le case, le cui entrate doveansi impiega-
re per la 3." parte nel riscatto degli schia-
vi, trovò che la casa di Parigi, che avea
d'entrata 1 0,000 lire l'anno, non era tas-
sata pel riscatto che di soleiS lire; quel-
la di Meaux corredata di 1 800 lire di ren-
dita, quella di Fontainebleau 1 600, quel-
la di Clermonti 200, e quella di Verbe-
ne 1200, non erano tassate che di 6 li-
re, e cosi le altre a proporzione; oltre che
si era da'religiosi perduto ogni buon uso
di regolai e osservanza; onde col consiglio
d'alcuni de' commissari, e dii2 religiosi
di differenti ordini riformali, cioè de'ca-
nonici regolari, defoglianti, de'domeni-
cani, de'cappuccini e de'carmelitani scal-
zi, pronunziò il 1. "giugno; 638 sentenzi».
Con questa ordinò, che il ministro gene-
rale de'trinitari avesse due assistenti, da
nominarsi dal cardinale, di quell'ordine
religioso che a lui paresse più proprio, e
che tutti insieme reggerebbero il gover-
no dell'ordine; che tutti gli atti sarebbero
in avvenire firmati da questi tre , colla
pluralità de' voti, sotto pena di nullità de-
gli atti slessi; che due religiosi fagliatiti
dimorerebbero nel convento di Parigi, af-
fine d'istruire i religiosi nell'osservanza
regolare, per tutto quel tempo che giu-
dicherebbe^ necessario; e che due padri
della compagnia di Gesìi anelerebbero al
convento di Cerfroy per ivi fare le me-
desime cose. Quanto a.' regolamenti per
l'osservanza regolate, ordinò che la rego-
la, la quale di li innanzi professerebbe»!
in quest'ordine, fosse la regola primitiva
spiegata da Papa Clemente IV tal (piale
è distesa nel libro intitolalo: Regala et
Statuto fratrutn ordini* ss. Trini tatù,
.stampato in Donai nel 1 586; ed in un al-
tro intitolato: Regula fratrum tt. Tri-
nitatis, stampalo in Parigi nel 163 7; la
quale regola è conforme alla bolla di Cle-
mente IV, della quale parlai nel prece-
dente articolo. Che i 3 voti di castità, po-
vertà e ubbidienza fossero interamente
osservali; che nessun religioso da coro po-
tesse uscir solo dal convento; che polcs-
T II I
sero andar calzati per ordine del ministro
generale o del provinciale; che la stabi-
lità , di cui si fa menzione nella regola,
dovesse intendersi nell'ordine, e non in
convento , stando alla dichiarazione di
Clemente Vili, confermata da Paolo V;
e ch'essi non potrebbero portale se non
camicie di lana. Contengono questi re-
golamentilo capitoli o articoli principa-
li. Tratta il i ."della regola e de'voti; il a.°
della missione de' fra ti; il 3.° del riscatto
degli schiavi, e della 3/ parte delle ren-
dile che deve impiegarvi ciascuna casa;
il 4>° delle vesti, con proibizione delle ca-
micie di lino; il 5.° del vitto, dell'astinen-
za e del digiuno; il 6.°de'luoghi regola-
ri; il rj.° de'capiloli locali; l'8.° del capi-
tolo generale; il g.° delle case di novizia-
to; il io." dell'uffizio divino, in cui viene
espressa l'alzata a mezza notte per la re-
cita del mattutino. Dipoi la sentenza fu
confermata da un decreto del consigliodi
stato de*23 novembre 1 638, ed il cardi-
nale dichiarò ch'egli non intendeva coni»
presi inepiesta sentenza e ne'presci itti re-
golamenti gli antichi religiosi , the fino
allora non erano slati allevali nell'osser-
vanza di ciò che concerne l'astinenza del-
la carne, l'uso delle camicie di lana e il
mattutino di mezza notte, rimettendosi
circa l'osservanza di queste cose a quan-
to detterebbe loro la propria coscienza.
Laonde queste austerità s' ingiunsero ai
soli riformati, a cui non era lecito man-
giar carne che le domeniche, e in alcune
feste solenni espresse dalla regola. I Pa-
pi Leone X e Adriano VI aveanodispen-
sato i trinitari dell'antica osservanza dal-
l'astinenza,con permetter loro mangiar la
carne in refettorio. I superiori delle Pro-
vincie di Champagne, Picardia e Nor-
mandia erano perpetui , ed appellavansi
ministri; que'delle provincie di Spaglia e
(I Italia, e i superiori aeriformi ali erano
triennali. Formarono due provincie, una
in Francia, l'altra in Provenza, in cui a«
veano circa 24 conventi, nel numero dei
quali era quello di Cerfioy capo dell'or-
TRI 3o9
dine. Giovanni III re di Portogallo, aven-
do anteriormente neh 554 procurata la
riforma degli ordini religiosi nel suo re-
gno, erano stati compresi in essa anco i
trinitarie convenne loro di ripigliare l'os-
servanza della regola modificata. La ri-
voluzione francese scoppiata nello scorcio
del secolo decorso, soppresse anche i tri-
nitari riformati.
TU IN ITA RI RIFORMATI SCAL-
ZI DEL RISCATTO, Or do refornm-
torum (lisca Iceatus ss. Trinilatis re-
demptionis captivorum. Essendo slata
ordinata la riforma de' Trinitari cai'
zati dell'ordine primitivo (A.), da due
capitoli generali del medesimo nel i5y3
e neh 576, fu dato principio a questa in
Francia neh 578 co' Trinitari riforma-
li (y.)t quindi alle premure de'capiloli
generali perla riforma, neh 5g4 s' ,,n'*
rono ancora i religiosi trinitari delle pro-
vincie spagnuole di Castiglia, Aragona ed
Andalusia, i quali tennero un capitolo ge-
nerale a cui presiedè il p. Diego Gusinan;
e siccome l'ordine era in lutto il regno de-
caduto in profondo rilassamento, fu nel
capilolodecretatOjche in ciascuna provin-
cia si determinassero due o tre case in cui
si dovette osservare la regola primitiva,
col vivere i religiosi con maggior auste-
rità, sì riguardo agli abili, che doveauo
essere di panno più gì ossolano, sì rispet-
to al tenore di vita; con questo però, che
avesse ciascuno la libertà di ritornare nei
suoi antichi conventi quando più gli pia-
cesse. I religiosi zelanti e osservatori del-
la regola, provarono inesplicabile conlen-
to nell'udire queste sante determinazio-
ni del capitolo; ma gli altri religiosi con
gran calore vi si opposero, ed i superiori
medesimi cheaveanofatto il decreto, non
si presero gran pensiero di vederlo ese-
guito. In questo stato di cose scorse un an-
no e mezzo, quando avvenne, che il mar-
chese di s. Croce d. Alvarez Bassano, com-
mendatore dell'ordine di s. Giacomo, ge-
nerale delle galere di .Napoli e di Spagna,
andando ad Almagro prese in sua com-
3 1 o TRI TRI
pagaia un religioso trinitario, con cuicon- logia solfò il I). Simeone o .Simone di Ho-
versando, gli palesò il disegno che avea x.;>s provinciale di Gustigli», e confessore
concepito di fondare un convento a Val- della regimi Elisabetta ili Francia ino-
depe»uas, villaggio della diocesi di Tole- glie di Filippo II. Impiegato da'supei lo-
do. Udito ciò il religioso, lo pregò a far- ri nella predicazione, e operando co'»noi
io pel suo ordine; ma protestando d. Al- discorsi numerose conversioni, gli fu do-
varez non poterlo esaudire, per aver de- mandato ove attingesse le materie di si
lerminuto di collocarvi de'religiosi rifor- dotti sermoni. Rispose con modestia : Il
inati e scalzi, gli replicò il trinitario che libro donde li traggo, è Gesù Cristo e Tu-
avrebbe ottenuto il suo intento metten- razione. Siccome il decreto per la ritortati
dovi de'religiosi del suo ordine, poiché per ordinava, che si stabilissero in ciascuna
decreto del capitolo generale erasi riso- provincia 3 case di recollezione pe'rilor-
lulo di stabilire iu ciascuna provincia del- mali di stretta osservanza, la riforma e-
le case di riforma. Da cpiesle ragioni per- rasi parimenti introdotta ne'conventi di
laaso il marchese, si trattò l'affare cogli Ronda e di Rienparada. Ma i religiosi che
abitanti del luogo, e tra gli articoli del- vi dimoravano, non si mostrarono più.
la fondazione, espressamente fu stabilito: fervorosi di quelli di Valdepegnas; veden-
Che non si ricevessero se non religiosi ri- do (póndi il b. Giovanni, che questa ri-
formati che andassero scalzi. Il convento forma mai avrebbe avuto sussistenza, (in-
e la chiesa furono celeremenle fabbrica- che i religiosi giovandosi del decreto del
ti ;e nella 2.'' vi si potè celebrarla i.'ines- memorato capitoloavessero libertà di tor-
sa a'g novembre 1 5g6. I religiosi che vi nate fra gli antichi , e finché gli antichi
entrarono si spogliarono de'loro abili per fossero padroni de'conventi de'riformati,
vestirne «li più grossolani, e giusta la con- risolvette di recarsi a Roma per ottenere
venzione fatta cogli abitanti di Valdepe- da Clemeule Vili lo stabilimento della
gnas, introdussero l'uso di andare scalzi, riforma medesima, e che gli scalzi fosse-
riservandosi solamente di portare piccoli io interamente separali da'trinilari dei-
sandali di cuoio o di corda all'usanza di l'antica osservanza, ma che di fatto non
Spagna. Il b. Giovanni Battista dellil osservavano la regola primitiva.! religio-
Concczione (^/.), In uno de'primi che si si calzati, cioè gli antichi, fecero vigoro-
UDI a questi religiosi, de' quali fu eletto seopposizioni alle virtuose operazioni del
superiore, e viene riconosciuto per islitu- servo di Dio; e l'ambasciatore di Spagna
loie di questa riforma, pel cui zelo e fer- che avea da prima favorito il riformato*
vore devesi il suo mantenimento, non a- re scalzo, gli attraversò poi per quanto
vendo i religiosi che prima di lui erano valse i suoi disegna Nondimeno il b. Gio-
entrati nel convento perseverato nelle vanni, dopoaversoggiornaloin Homacir-
sanle loro risoluzioni, per esser tornati ad cai 8 mesi, con sommo suo giubilo otten-
ahilare que'con venti donde per desiderio ne da Clemente Vili il breve Ad nuli'
ili maggior perfezione erano usciti. Sino tantisEcclesiac^eio agosto 1 5c)f), Bull.
dalla fanciullezza il b. Giovanni die sag- Rom.l. 5, par. 2,». 2.58: Institutio Coli-
co di santa vita, quello che Dio gli fece giTgationisfratrumRcforinatnrum,ac
operare a sua gloria gli fu predetto dal- Discalccatoruni ordini* ss. Ti-initatis
la fondatrice de'carnieliiaui scalzi s. Te- redemptioiiis caplivoriim. Approvandoli
resa, e per gli esempi de' medesimi car- Papa la riforma de' trinitari scalzi, con-
melitani seab,i abbracciò l'istituto de'tri- cesse loro le 3 case di recollezione di Val-
nilari nel convento di Toledo, di cui ve- depegnas, di Ronda e di Rienparada. Ma
stì l'abito nella vigilia de'ss. Pietro e Pao- se il bealo molto si affaticò per ottenere
lo del 1 58o,di 1 9 unni; indi studiò la teo- tal breve, di più malagevole gli riuscì il
T K I
fililo eseguire nella Spagna; giacché i re-
ligiosi di Honda e di Uienparada non vi
vollero in alcun modo ubbidire, e ritor-
narono tra'li inilai i calzali, i quali s'impa-
dronirono d'ambedue i conventi, e ripu-
gnanti acconsentirono che l'altro di Yal-
depeguas restasse agli scalzi, e ciò perchè
non potevano loro impedirlo, a cagione
della condizione colla quale erano itali ri-
cevuti dagli abitanti del luogo, che ivi non
dimorassero se non religiosi riformati e
scalzi. Ne prese quindi il b. Gio. Battista
della Concezione pieno possesso nel 1 600,
e die principio alla riforma, die fu di su-
bito ridotta a un solo convento. Intanto
nel 160 1 in Francia per opera d'altro ser-
vo di Dio furono istituiti i Trinitari ri»
formati scalzi del riscatto di Francia
(/ •'".), i quali riuniti poi a questi trinitari
di Spagna formarono un ordine tliviso in
due congregazioni , questa di Spagna e
quella diFrancia. Ma i trinitari scalzi fran-
cesi restarono estinti nella rivoluzione
francese, che pose 0 soqquadro l'Europa
negli ultimi anni del secolo pastaio. Quei
trinitari che avenno abbandonato il con-
vento di Vahlepegnas e consentilo che re-
stasse al b. Giovanni, peutendoseue vol-
lero rientrarvi notte tempo col riprove-
vole disegno di cacciarvi i riformati scal-
zi, né riuscì loro difficile il penetrarvi sic-
come pratici della casa, l'i imamente an-
darono alla cellelta del riformatore.il qua-
le dallo strepilo che facevano uscito d'im-
provviso, si vide innanzi a 3 o 4 religio-
si provveduti di corde, che assicuratisi di
sua persona, lo spinsero villanamente nel
la sagrestia, ov'egli cadde a terra. Gli le-
garono le mani perdi dietro con tanta vio-
lenza , premendolo colle loro ginocchia
sulle spalle, che tutte gli scorticarono le
braccia. Cosi legato Io strascinarono ad
ima fossa piena d'acqua, per quivi gettar-
lo; ina riflettendoche l'affogarlo gli avreb-
be accelerato la morte, pei l'estrema de-
bolezza cui era ridotto, slimarono meglio
di chiuderlo in una prigione insieme ad
altro religioso. Commessa appena tanta
TRI 3 ri
«celleraggine, i frati persecutori riconob-
bero il loro misfatto, e riflettendo sopra le
perniciose conseguenze ch'erano per na-
scere, prima che spuntasse il giorno par-
tirono, e poi non più molestarono i rifor-
mati scalzi, che pacificamente restarono
nel convento. Quindi in due anni si fece-
ro 4 fondazioni nuove, cioè in Soculla-
mos, in Alcalà, in Madrid ed a Valletto-
lid. JNel ifio5 Clemente Vili vedendo che
già eranvi 8 Conventi di questa rilorma,
permise a'irinitari scalzi che eleggessero
ogni 3 anni un provinciale. Radunato il
loro i.° capitolo in Valladolid, fu eletto
provinciale il b. Gio. Callista, il qualeot-
tenue da Paolo V successivamente, pel-
le altre fondazioni di conventi dal suo in-
cessante zelo operate, il breve Ecclesia?.
Catholicae, de' 1 5 dicembre 1 609, Bull.
Rota. t. 5, par. 3, p. 387, col quale il Pa-
pa ascrisse tra gli ordini religiosi me/idi-
canti, e colla comunicazione de'privilegi,
questo de'trinitari scalzi. Il breve Ex fife»
èftot de'24 dicembrei 609, JJull.cw., p.
38q, e siccome ivi si riporta il posterio-
re breve In supremo, de' 1 4 agosto 1 fi 1 3,
l'argomento d'ambedue è questo. De di'
stinc tione duarum provinciarum Castel-
lue et Be(hicae,et eleclioneVicarii gene-
ralis, Minìstrorum provincialium, De-
finitornnt, elaliorum MinistrorumCon-
gregationis fratrum Rcjormatoruni Di-
scalceatorum ss. Trinitatis redc/nplio-
nis caplivoruni in rcgnis TU spani arimi.
Inoltre il b. Giovanni ebbe la consolazio-
ne,che Paolo V emanasse il breve Quac
piae, de' 1 o febbraio t filo, Bull, cit., p.
3g w/lpprobatio Consti tutionin C lente w
tis V 111 super confinila tione Congre-
gationis fra trum Discalce.alorum ordi-
ni s ss. Trinitatis redemplionis captii-o-
rum , primitivam Re gii l ani observan-
tinnì, cum adjectione duoruni votorum,
ultra alia votaipsius ordinis, cioè di non
pretendere o procurare direi tamente o in-
direttamente nell'ordine gli ollìzi e le di-
gnità, e cosi fuori di esso. Il b. Gio. Bat-
tista della Concezione, dopo aver fonda-
3.2 TRI
lo 1 8 conventi di riformati scalzi,dopo clie
la sua penitente Francesca di Romeru isti-
tuì le Trinitarie scalze (I7.), dopo esse-
re stato eroe di penitenza e di amor di-
vino, ed impiegato il restante di sua vila
esemplare nel governo dell'ordine rifor-
malo, d'anni 52 soavemente spirò in Cor-
dova a' 1 4 febbraio i 6 i 3, nello slesso gior-
no in cui i 6 anni prima era entrato nel
convento di recollezione, e pronuncian-
do queste parole: O mio Dio! voi sape-
te aver io fatto tutto quello che poteva;
seguite dal versetto: Laetatus sitm inhis
auae dieta sunt mitri, in domimi Do-
mini ibimiLS. 11 buon odore di santità da
lui lasciato, i miracoli da Dio operati a
sua intercessione, particolarmente al suo
sepolcro, mosselo il dotto Piazza nel pub-
blica re nel i 7 i 3 il suo Emerologio di Ro-
ma,» fare neldì anniversario del suo tran-
sito la Digressione 16.*: Del ven. servo
di Dio il p. Gio. Battista della Conce-
zione fondatore della riforma dell'or-
dine della ss. Trinità del Riscatto. In
questa ne celebra le virtù e le sante ope-
razioni , e tra le notizie interessanti clic
di lui riporta, narra cb'ebbe a maestri di
spirito s. Teresa e il venerando maestro
Giovanni d'Avila denominalo l'apostolo
dèli 'Andalusia. Papa Pio VII nel 1819
decretò a'27 aprile la solenne beatifica-
zione del b. Gio.- Battista della Concezio-
ne, fondatore de'ti initari scalzi riforma-
ti, la quale fu celebrata nella basilica Va-
ticana n'26 settembre, e non a*2g apri-
le come dice il boiler; poiché se ne leg-
ge la minuta descrizione della pompa, de-
gli addobbi, de'dipinti e delle iscrizioni,
nel n.°78 del Diario di Roma di detto
anno. Ivi pure si riferisce, che i trinitari
spaglinoli scalzi del convento di s. Carlo
alle Quattro Fontane di Roma, sulla fac-
ciala della propinqua chiesa esposero il
quadro rappresentante il loro beato fon-
datore, contornato da torcie di cera, e da
bene intesa illuminazione di lanternoni e
fiaccole, e per giulivo trattenimento del
divolo popolo accorrente vi fecero ese-
T R I
gui re bellissime suona te a piena orchestra
di strumenti da fiato. Nel medesimo an-
no si pubblicò in Roma il Compendio di
sua vita. Il b. Gio. Battista essendo pro-
vinciale de'trinitari scalzi di Spagna, a'7
febbraio 1 609 avea adunato in Madrid il
capitolo provinciale, e fra le altre cose vi
fu deciso, che pel bene della riforma con-
veniva fare una fondazione in Roma ed
aprirvi un convento con procuratore pres-
so la curia romana o s. Sede. Ad ell'ettua-
re il decretato furono mandati in Roma
il p. Gabriele dell'Assunta ed il p. Tuoi-
peri di s. Francesco, il p. Francesco del-
l' Assunta e fi\ Giovanni di s. Caterina
converso. Vi giunsero nel marzo dello
stesso 1609, e dopo superate non poche
dillieoltà, avendo comprato nel settem-
bre 161 i una casa accanto ad una delle
Quattro Fontane, nel sito ove ora è il con-
vento di s. Carlo, detto volgarmente s.
Carlino, a'3 giugno 1612 la ridussero a
forma di ospizio, e col contemporaneo ac-
quisto dell'altre due contigue case l'am-
pliarono a guisa di convento. Indi edifi-
carono una piccola chiesa annessa, la qua-
le dedicarono alla ss. Trinità ed al car-
dinal s. Carlo Borromeo arcivescovo di
Milano, e perciò la 1. "eretta sotto l'invoca-
zione di tal santo dopo la sua canonizza-
zione, eseguita da Paolo V nel 1 6 1 o. I tri-
nitari scalzi spaglinoli vi presero solenne
possesso e vi collocarono il ss.Sagramen-
to,avendocelebratosolennemente la mes-
sa il cardinal Ottavio Bandini protetto-
re dell'ordine. A' 19 aprile 1 638 il cardi-
nal Francesco Barberini nipote d'Urba-
no Vili pose lai. "pietra per la nuova chie-
sa esistente, venendo edificata sulla pre-
cedente troppo meschina in miglior for-
ma, ed anco il convento fu rifabbricato
al modo come si vede. Dall'epoca di det-
ta fondazione sino al presente il conven-
to di s. Carlo è stato consideralo conven-
to nazionale spagnuolo,per procurare nel-
la curia romana gli all'ari della congre-
gazione de'medesimi trinitari scalzi spi
gnuoli, i quali sempre hanno formalo la
TRI
comunità del convento in discorso, e tut-
tora proseguono. Urbano Vili col breve
Commissi nobis, de'g agosto i 624, Bull.
Rom. t. 5, par. 5, p. 24°'- Nefralret re-
formatidiscalccati ss. Trini talis Hispa-
niac , post emissam professionali , sub
quovis pr aetextu.tr anseat ad aliosquos-
cumque or dine s , etiam fratrum mini-
morum s. Franeisci de Paula , excepto
carthusianorum ordinem. Indi col breve
Ex ineumbenti , de' 5 settembre i63i,
Bull, cit., t. 6, par. 1, p. 286, concesse
l'indulto a' trinitari scalzi di Spagna, di
questuare e ricevere limosine, oblazioni
e legati , 0 qualunque altro sussidio pel
riscatto degli sebiavi cristiani. Di più. Ur-
bano Vili col breve Injuneti nobis, dei
22 agosto 1 633, Bull. cit. p. 359: De va-
catione, non expleto sexennio , et aliis
casibus ministri genera lis fratrum di-
scalceatorum ordinis reformatorum ss.
Trini tatis redemptionis captivorumfli-
spaiùarum. A'medesimi colla bolla Re-
danploris nostris , de'28 marzo 1 634,
Bull, cit., p. 382, comunicò tutti i privi-
legi degli ordini mendicanti e non men-
dicanti, non ebe delle congregazioni dei
chierici. E col breve Cimi sicul aceepi-
mus, de'29 ottobre i634, Bull. Rom. t.
6, par. 2, p. 9: Prohibetur, quominus de
caetero recipiant personas saeculares
ad habitum Donatorum. Iis vero , qui
nuìie exislunt sub nomine Donatorum,
habitum, nomenque Laicorum concedi
posse permittitur. Avea Paolo V divisa
la congregazione de'riformati scalzi spa-
gnuoli in due provincie, ciascuna delle
quali dovea essere governata da un pro-
vinciale, permettendo d'avere un vicario
generale pel governo di tutta la congre-
gazione, però la sua elezione dovea essere
confermata dal ministro generale di tut-
to l'ordine; ma Urbano Vili interamen-
te esentò dalla giurisdizione, ubbidien-
za e superiorità di questo i trinitari scalzi
spagnuoli, e permise di eleggerei! proprio
ministro generale, il quale fosse indipen-
dente capo della loro congregazione, me
VOL. LXXX.
TRI 3 1 3
diante la bolla Ex quo reginien, de 28
febbraio i636, Bull, cit., p. 52. Quindi
col breve Exponi nobis, de'3 dicembre
1 636, Bull, cit., p. 83, esentò il ministro
generale dopo la sua elezione da qualun-
que conferma. Finalmente Urbano Vili
col breve Alias a nobis, de ^ aprile 1637,
Bull, cit., p. 96: Ne fratres discalccati
ss. Trinitalisf post emissam professio-
nal! possi nt transire ad ordinem fra-
trum minimorum s. Franeisci de Pau-
la. Clemente X col breve Inscrutabili di-
vinae providentiae, del 1 .° luglio 1 676,
Bull. Rom. t. 7, p. 334, confermò le co-
stituzioni della congregazione de'lrioita-
ri scalzi spagnuoli, e le pubblicò collo sles-
so diploma. Dipoi Innocenzo XII col bre-
ve Exponi nobis,de\ 1 ."marzo 1 6cji,Bull.
Rom. t. 9,p. 240: Permittitur moderatio
particulae Constitutionum, de nonnul-
lis ad habi inni non recipiendis. Essendo-
si successivamente aumentato il numero
de'conventi nella Spagna, si divise la con-
gregazione in 3 provincie, a cui si diero-
no i nomi della Concezione, dello Spirito
Santo, e della Trasfigurazione. Nel 1 6H6
i trinitari scalzi ottennero a mezzo del
cardinal Denoll, dal redi Polonia Giovan-
ni 111, un convento a Leopoli, i di cui re-
ligiosi si d'illùsero poi in altri conventiche
si fondarono in diverse provincie di Polo-
nia, e formarono la 4." provincia di que-
sta congregazione, la quale ebbe altresì la
5.a in Germania, ove questa riforma pas-
sò dalla Polonia nell'impero di Leopoldo
l,il quale concesse a'religiosi una casa nel-
la sua capitale Vienna, la quale ne pro-
dusse altre in Ungberia e in Boemia. Fi-
nalmente Papa Clemente XI eresse la 6.*
provincia in Italia, cui die il nome di s.
Giovanni de Matha, ed alla quale unì i
conventi di Torino, di Livorno, di Fau-
con nella Provenza , die appartenevano
agli scalzi di Francia. Lo stesso Clemente
XI col breve Exponi nobis, de1 '20 novem-
bre 1 705, Bull. Rom. 1. 1 o, p. 1 5 1 , cano-
nicamente unì i conventi delle provincie
d'Italia all'ubbidienza del ministro gene-
21
3.4 TRI
rale della congreg.i7.ione di Spagna; im-
perocché! religiosi dal 1688 in poiavenno
i iscattato piùdi 2000 Schiavi ( V. ^reden-
zione ili cui gli avea incaricati anco il pre-
decessore Innocenzo XII ed egli stesso. Il
solo p. Pietro di Gesti procuratore gene-
rale in Roma, nel 1701 essendosi recato
a Tunisi, ne riscatto! 4', e '• condusse in
Roma. Clemente XI col breve Exponi
Tiobis nuper, de'6 dicembre 1 7 ig, Bull.
Jiom. 1. 1 ij par. 2, p. 1 53, confermò il de-
creto del capitolo generale, Demutatio-
ne vcstis fratrum dona tortini seti lai-
corum, exfusca in nigram. Indi col bre-
ve Exponi nobis, de'2 marzo 1720, Bull.
cit., p. \5j, concesse che il commissario
generale dell'ordine continuasse nell'uf-
fizio, anche se avanti il capitolo vacasse
il ministro generale. BenedettoXIII eres-
se in Polonia la nuova provincia di s.
Gioacchino padre della B. Vergine, col
breve Ad monetilo.'!, de'2 1 gennaio 1 726,
Bull. Boni. t. 12, p. 64; altra ne eresse
conio conventi negli siali di casa d'Ali*
Siria, col breve Sacrosancti apostolalus,
de'i4 agosto 1 727, Bull, cit., p. 246. Di
più col breve Alias, de'3o settembre, lo-
co cit., p. 256, concesse la facoltà di eri-
gere un'altra provincia co'conventi d'I-
talia e d'altro parti.ClementeXIll col bre-
ve Pastoralis officii, degli 1 1 settembre
1 73o, Bull. 1. 1 3, p. 34, confermò gli sta-
tuti e decreti fitti nel capitolo e defini-
torio generale; ed altrettanto fece col bre-
ve In supremo, de' io dicembre 1 733,
Bull, cit., p. 368. e nel qualesono ripor-
tati. Col breve Inter rcligiosorum,<ìe'2
ngosto 1738, Bull. 1. 14, p. 253, Clemen-
te XII confermò e pubblicò le costituzio-
ni de'trinitati scalzi della congregazione
diSpagna.ClementeXIll coll'autorilàdel
breve Nuper prò parte, de'3 settembre
1761, Bull. Boni. cont. t. 2, p. 1 96: De-
cretum quo reforma liones , nonnullo-
rum capitum constitutionis approban-
tur, apostolicae auc tori tate con firma-
tur et rohatur. Indi col breve Sacrosan-
cti,(ie' 10 dicembre 1761, Bull. cit.,p.2i 3:
T R I
Ne recursus ad appellationes haberi de-
heant contea statata ordinis, et peculia-
re s. Congrega tionis specialis decretimi
juhet sub nullità te, aliisque poenis. Per
un secolo e mezzo la riforma stabilita dal
b. Gio. Ballista fu governata da un ge-
nerale, benché contasse molle piovincieo
congregazionijComequelle di Francia, Ita-
lia, Austria, Polonia,*Spagna, ec; ma nel
1760 per le vicende politiche e altre dif-
ficoltà che impedirono la riunione de' vo-
cali capitolari, le congregazioni d'Italia,
Austria, Polonia e Francia cessarono di
comunicare con quella di Spagna, ch'era
stata di tutte la 1.*, ed allora vedendosi
questa come sola domandò a Pio VI l'op-
portnnefacollà pel suo generale; ed il Pa-
pa con rescritto della s. Penilenzieria dei
io maggio 1784, le concesse la facoltà di
poter ila se sola fare capitoli generali, ed
in essi eleggersi il proprio e particolare
generale e gli altri rispettivi superiori, e
da quella continuò a fare. JVeli84o mo-
rì il p. generale, e il procuratore genera-
le della stessa congregazione di Spagna
R.mo p. Giovanni della Visitazione do-
mandò a Gregorio XVI il da farsi in cir-
costanze che la congregazione ili Spagna
non contava che il convento di s. Carlo di
Roma, e la Spagna era in tumulto, oppri-
mendosi i religiosi di tutti gli ordini con
persecuzione e anarchia che pose a soq-
quadro cogli altri religiosi anche i trinita-
ri scalzi spagnuoli, molti de' quali supe-
rati gravi pericoli poterono fuggire in Ro-
ma e stabilirsi in detto convento, l'unico
loro restato, dedicandosi a gloria di Dio
e bene delle anime , nella redenzione di
esse dalla schiavitù del demonio, scopo
principale del loro istituto. Pertanto Pa-
pa Gregorio XVI, con rescritto della con-
gregazione de' vescovi e regolari de*23 a-
pi ile ili detto anno, nominò commissario
apostolico l'encomialo p. procuratore ge-
nerale, con facoltà di nominare altri su-
periori senza capitolo. Passato a miglior
vita il commissario apostolico, il regnan-
te Papa Pio IX nominò l'attuale colle me-
T II I
desiine facoltà di generate. La congrega-
zione de'lrinitari scalzi d'Italia possiede
diverse chiese e con venti, come in Napo-
li,Rocca Guglielma, Arpino(Livorno, Pa-
lestrina , Rocca di Papa nella diocesi di
Frascati, s. Oreste nell'abbazia delle Tre
Fontane, ed in Terracina con quella ma-
gnifica chiesa che descrissi in tale artico-
lo. In Roma hanno i conventi e le chie-
se di s. Maria delle Fornaci, di s. Griso-
gono in Trastevere, e di s. Marta. Tutti
i religiosi di questa congregazione sono
italiani. Ha quest'ordine prodotto molti
religiosi d'eminenti virtù, santità di vita
e dottrina, de'quali il p. Diego della Ma-
dre di Dio descrisse le vite nelle Crona-
che della congregazione, in cui si fa men-
zione de' suoi scrittori. Il p. Raffaele di
s. Giovanni ministro generale pubblicò
un trattato sull'elezione canonica, e mol-
te altre opere. Tra quelli che fiorirono in
santità di vita, oltre il fondatore, ricor-
derò il b. Michele de' Santi il .)spagnuo-
lo, le cui virtù in grado eroico approvò Be-
nedetto XIV ed i miracoli riconohbe Pio
VI che lo fece solennemente beatificare:
ora pe'miracoli da Dio operati a sua in-
tercessione, già approvati dalla s. congre-
gazione de'riti, si procede alla sua cano-
nizzazione^ seconda del decreto della me-
desima dell'i i settembre 1 84 1 ? confer-
mato da Gregorio XVI. Altri illustri tri-
nitari scalzi furono il p. Giovanni dis. Giu-
seppe; il p. Tommaso della Vergine Ma-
ria, le vite de'quali descrisse il gesuita p.
Alfonso Andrada, e di cui fu introdotta
la causa per la beatificazione. Il p. Giro-
lamo Fantini lucchese, già confessore di
Pio VI in Roma, per tale fu preso nuo-
vamente da quel Papa quando fu depor-
tato a Siena, alla Certosa di Firenze, ed
a Valenza, e lo assistè indefessamente fi-
no alla morte, come narrai nella biogra-
fia di Pio VI. L'abito de'lrinitari scal-
zi consiste in una tonaca con maniche di
panno grosso bianco, in simile cappuccio
tondo e angusto, e lo scapolare su cui e
corrispondente al petto è cucila una cro-
T R I 3.5
ce rossa e turchina, della forma detta pia •
na ocortata; incedono scalzi, usando san-
dali, né portano il cappello. Quando e-
scono di casa o vanno in coro assumono
la cappa o mantello che giunge siuo alle
ginocchia, con cappuccio, di panno gros-
so nero, che prima era di color tanè, e
nella parte sinistra vi è attaccala altra cro-
ce come la descritta. Cingono la tonaca
con cintura di cuoio, usando la lana sul-
la nuda carne. Ne riportano la figura con
un cenno il p. Conanni, Catalogo degli
ordini religiosi, 1. 1, p. 89; ed il Cappa-
roni con figura colorata, nella Raccolta
degli ordini religiosi che esistono in Ro-
ma. In questa città i trinitari scalzi spa-
gnuoli e italiani possiedono le 4 chiese e
conventi che vado a descrivere, dimoran-
do il commissario apostolico de'trinitaii
scalzi spagnuoli, R.mo p. Giuseppe della
ss. Trinità, nel convento dis. Carlo alle
Quattro Fontani-; ed il ministro genera-
le de'trinitaii scalzi della congregazione
d'Italia, che ora è il R.m» p. Antonio del-
la Madre di Dio, nel convento di s. Gri-
sogono,e così il procuratore generale, che
di presente è il R.mo p. Andrea di s. A -
gnese. Dell'ordine trattò ancora il p. He-
iyol, nella Storia degli ordini religio-
si, t. 2, cap. 47 : De' religiosi trinitari
scalzi di Spagna; ed il p. Annibali da
Latera, Compendio degli ordini regola-
ri esistenti, t. r,cap. 34'- Di varie, rifar
ine dell'ordine de' trinitari. Lo stemma
dell'ordine formasi d'un campo bianco,
colla suddetta croce rosso-turchina, e lo
scudo ha per cimiero la corona reale di
Spagna. Si può leggere : Summariuni
Indulge ntiarurn a Summit Pontijicibus
coneessarum Confratcrnitatibus ereclis
et inst*tutis ab ordine ss. Trinitatis Re-
demptionis captivorum Divina rivclatio-
ne j nudato a ss.Ioanne deMatha etFcli-
cede Valo'iS) Romaei8o3. In quest'opu-
scolo vi è la benedizione dello Scapolare,
quelladel Trisagio e il modo di recitarlo,
l'indulgenza per la novena della ss. Tri-
nità, e tutte le altre indulgenze accennale.
3i6 TRI
Chiesa dis. Carlo alle Quattro Fon-
tane. Nel rione Monti, per la Strada Pi*
e adiacente al quadrivio delle Quattro
Fontane (P.), cioè nell'angolo meridio-
nale, sul Monte Quirinale. La fabbrica-
rono i trinitari scalzi spaglinoli nel 1 638,
sopra la sum mentovata antecedente, con-
tribuendovi generosamente il cardinal
Francesco Barberini nipote d* Urbano
Vili. Ne fu architetto il bizzarro cav. Bor-
1 omini comasco, e si vuole che fosse la i .a
fabbrica colla quale cominciò ad acqui-
stare rinomanza. Egli die saggio di mira-
bile ingegno e di fino intendimento, poi-
cbè in luogo così ristretto e angusto, on-
de volgarmente dicesi s. Carlino , seppe
abilmente distribuire un' abitazione beu
decorata, con tante comodità e bellissi-
mo cortile, ed una chiesa con tanta va-
ghezza, leggiadria e distribuzione di alta-
ri, di ripieghi e curiosità , così bene or-
nata, ricca e luminosa, oltre il lodato sot-
terraneo, per cui è considerala comune-
mente un miracolo dell'arte. Ma il seve-
ro e strano Milizia, Le vite de più cele»
bri architetti, ne die Quest'opposto giu-
dizio.» Il delirio maggiore del Lion omini
è la chiesa di s. Carlino alle Quattro Fon-
tane. Tanti retti, concavi e convessi, con
tante colonne sopra colonne di diversa sa-
goma , e finestre e nicchie e sculture io
sìpocafacciatina, son cose che fan pietà".
Tanto il prospetto esterno della chiesa
che del convento, lo riprodusse il Venu-
ti nella Roma moderna a p. 1 58. L'inter-
no è dittico, come ancora ovale è la cupo-
la. Il quadro dell'altare maggiore è una
bell'opera di Pietro Mignard detto il Ro-
mano, e rappresenta la ss. Trinità, il car-
dinal s. Carlo Borromeo, con altri santi:
questo stesso pittore dipinse pure l'Ali-
nunziazione della Vergine sulla porta, la
quale pittura fu poi coperta o restò di-
sfatta nel 1 855 per l'orchestra fissa e per-
manente costruita con disegni del cav. Fi-
lippo Martinucci. Lai. "cappella a sinistra
ha un quadro dipinto da Gio. Domenico
Cei riui perugino.Quello della cappella se-
TR I
guente,esprimentela ss. Vergine con Ge-
sù Cristo, è del Romanelli. Di là dall'al-
tare maggiore ili. "quadro è del nomina-
lo Cerriui; finalmente il ss. Crocefisso coi
santi nell' ultima cappella è di Giusep-
pe Milanese. Questa è la descrizione che
dei quadri degli altari fanno i descritto-
ri delle chiese di Roma. E però di fatto
che l'altare laterale al maggiore ha per
quadro l'effigie del b. Gio. Battista fon-
datore della riforma, e nel medesimo al-
tare vi si venera un' immagine di Gesù
Nazareno mollo miracolosa, con bella cor-
nice intorno. Nell'altare di contro il qua-
droespriitte l'effigie del b. MicheledeSau-
tis dipinto dalia de Augelis, nell'atto che
cambia il suo cuore con quello del Sal-
vatore: solto a tale quadro vi è l'imma-
gine del Cuore di Maria molto miracolo-
sa,con cornice eguale a quella di Gesù Na-
zareno , anch'essa colorita dalla lodata
pittrice. Vie il monumento sepolcrale del
cardinal Deno/T, da Giovanni III redi Po-
lonia inviato a Innocenzo XI per la libe-
razione di Vienna. Nella libreria del con-
tiguo convento è il bel quadro d'Orazio
Burgianui, rappresentante s. Carioche a-
dora la ss. Trinità, che già stava nell'al-
tare maggiore, come avverte il Venuti.
OsservaCaucellieri nella Descrizione del-
la basilica Vaticana, che 1' area della
chiesa econveuto, secondo le misure pre-
se, hanno la slessa circonferenza d' uno
de'4 gran piloni che sostengono la cupo-
la Vaticana. Oltre la festa del santo tito"-
lare s. Carlo a'4 novembre, vi si celebra
solennemeule quella di Gesù Nazareno,
a'->. 3 ottobre, per la di vota immagine che
ivi si venera. E una gloria di quest'ordi-
ne l'avere propagato in lutto il cristiane-
simo la divozione, lo scapolare e la no-
vena dell'adorabile Gesù Nazareno: ecco-
ne la breve notizia che ricavo dalla sua
Novena. Una divola immagine di Gesù
Nazareno, vestito di tunica rossa, col ca-
po coronato di spine e colle mani legale
da una corda, era nella chiesa della for-
tezza o castello di Mumora in Africa o
TRI
S. Michele oltre mare. S'ignora 'quando vi
foxse portata, ma rappresenta grande an-
tichità, e da molti anni trovavasi esposta
alh pubblica venerazione de' fedeli. Nel
1 68 i entrati i mori nel regno di Fez, ed
espugnata Memora, fecero sacrilegamen-
te schiave tutte le ss. Immagini di detta
chiesa, e per impulso di furore diabolico
l'oltraggiarono vituperosamente,indi per
maggior dileggio le portarono come tro-
fei alla corte di Mequinez, restando de-
solati e piangenti di dolore i cristiani a cui
le aveano predate, che fatti schiavi era-
no afflitti spettatori delle derisioni e mot-
teggi di cui etano segno la venerabile ef-
figie di Gesù Nazareno, e quelle della B.
Vergine e de'santi. Pervenuta l'infausta
notizia dell'accaduto in cognizione de're-
Jigiosi trinitari scalzi, dedicati alla re-
denzione degli schiavi, animati da fer-
voroso zelo si portarono nel barbaro re-
gno, senza curare il pericolo al quale si
esponevano. Piacque a Dio di consolarli,
secondando col suo potente aiuto nel 1682
e con felice successo, i travagli e le perse-
cuzioni patite da'religiosi, onde poterono
ricuperare e riscattare 221 schiavi cri-
stiani, e 16 ss. Immagini, tra le quali la
più distinta di Gesù Nazareno, che in se-
gno d' essere stala trattenuta tra'mori e
di averla ripresa da essi nel generale ri-
scatto, porla sul pelto lo scapolare de' Ivi'
nitari, ossia abitino bianco colla croce ce-
leste e rossa, ch'è la particolare insegna
degli schiavi redenti e dell'ordine Trini-
tario. La veneranda immagine di Gesù
Nazareno fu portata in Madrid capitale
della Spagna a modo di religioso trion-
fo, e con divota solenuissima processione
fu collocata nella chiesa dell'ordine, tra
la generale compunzione dell'innumera-
bile popolo d'ogni grado accorso; le al-
tre ss. Immagini venendo poi donate a
diversi principi esovrani che vivamente le
bramavano. La chiesa divenne tosto un
santuario, a cui con sagri pellegrinaggi si
recarono da tutta la Spagna, da ogni par-
te e sino dall'Indie orientali, a prestare
T II I
3(7
alla santa effigie di Gesù Nazareno Po-
maggio della profonda e universale ve-
nerazione, aumentata e confermata da
strepitosi e stupendi miracoli operati dal-
la divina misericordia, con innumerabi-
li conversioni. Tosto i trinitari di (fusero
dappertutto la divozione alla gloriosa im-
magine di Gesù Nazareno, nostro tenero
conforto nelle afflizioni, ed oggetto di ge-
nerale fiducia ne'travagli in questo mise-
ro terreno e temporaneo nostro albergo,
nell'invocarne il possente e divino patro-
cinio, e nel praticare il pio esercizio del-
la novena per la festa e nelle tribolazio-
ni e bisogni. Di presente ancora la vene-
rabile immagine riscattata da' mori è
nella chiesa in cui fu portata a Madrid,
già delconventode'trinitari scalzi, ed ora
delle monache agostiniane. Tra le altre
ss. Immagini e simulacri di Gesù Nazare-
no, che in Roma principalmente sono te-
nero e fiducioso oggetto della generale
divozione, merita chequi in particolare
ricordi e di votamente celebri l'antica ve-
nerabilissima immagine di statua in pie-
no rilievo delle monache del ss. Bambino
Gesù {V.) di Roma stessa (le quali gran-
demente fioriscono, ed hanno oltre l'e-
ducandato, a peculiare istituto l'istruire
e ben disporre le fanciulle a ricevere san-
tamente lai." comunione, e di dare an-
nuali mute di profittevoli esercizi spiri-
tuali a oneste e civili zitelle e donne; e
pel loro mirabile incremento, ora stanno
ampliando la fabbrica del monastero di
nuovo braccio) e esistente nella loro chie-
sa omonima, la quale ad essa pervenne
in un modo portentoso e singolare, e fu
d'allora in poi sempre inesausto fonte di
grazie a chi con viva fede vi ricorre, on-
de ne dispensano gli Scapolari e l'adora-
bile effigie. Siccome questa si venerava
privatamente in una delle cappelle inter-
ne del monastero, e soltanto esponevasi
solennemente nell'altare maggiore della
propinqua chiesa per la sua festa e otta-
va, quindi ad appagare la pubblica divo-
zione, con lodevole e applaudito divisa-
3i8 TRI
mento, fu dall'ottime religiose nel 1 856,
pel suo maggior cullo, glorificazione ed
ossequio, collocala decorosamente in mo-
do stabile in tale chiesa, dentro cioè mio-
•va elegantissima cappella, appositamen-
te edificata iu forma di nobilissimo ta-
bernacolo, ricavato in un vano a destra
presso l'ingresso della chiesa, sotto la can-
toria, e chiusa con bussole di noce con
cristalli. Generosamente vi contribuì la
pia munificenza dell'amorevole loro pro-
tettore il cardinale Mario Matlei vesco-
vo di Porto e s. Ruflina, sotto-decano
del sagro collegio, arciprete Vaticano e
prefetto di Segnatura, il cui stemma fu
dipinto sull'interna lunetta della porla,
a memoria perenne, poiché all'idee del-
l' eseguito fornì i rispondenti preziosis-
simi oggetti che compongono il teinpiet-
to,e sovvenne di considerevole somma di
denaro pel suo compimento. L' interno
di questo leggiadro monumento è ricco
di stucchi dorati, di dipinti e pietre pre-
ziose variatissime; e nel suo maestoso com-
plesso desta riverenza, per la proporzione
e armonia delle parli, e presenta in com-
pendio la gravità e lo splendore del cul-
lo cattolico, non meno come iu Roma fio-
riscono l'arti belle delle quali è sempre
madre e maestra. La sua forma è di cro-
ce greca, però colle braccia latitudinali
meno prolungate per mancanza d'altro
spazio. Il tabernacolo è in foggia di nic-
chione giralo in semicerchio, la di cui se-
micuba sostengono 4 colonne corintie iso-
late d'alabastro egiziano fiaccolate a spi-
ra. Nella cavità rispondono ad esse 4 P**
laslri dello slesso marmo a capitelli e ba-
si dorate, a'quali si frammettono pareti
formate da'marmidi verde antico, di pao-
nazzelto, di sette base, di giallo antico, tut-
ti disposti mirabilmente. Il grado dell'al-
tare pe'candellieri è abbellito da a5 cir-
coli di metallo dorato framezzali d'inta-
gli d'oro e riempiuti di malachite, diaspri
rossi, lapislazzuli, astracani, ametiste. Nel
iuo mezzo si alza un piedistallo di fior di
pertico e giallo antico, sulla cui faccia una
T 8 I
cornice dorata e contornata di malachi-
te racchiude il disco composto di diaspri
e altre pietre preziose. Su questo decoro-
samente sedente come in suo trono trion-
fa l'effigie miracolosa, commovente e pie-
tosa deli' Ecce Homo, per la quale fu eret-
ta la sagra edicola. L'altare sottoposto ha
il paliotto pure d'alabastro d'Egitto con
simmetrici sfondi da cui spicca il verde
plasma, e nel mezzo sopra disco di fior di
persico risplende una croce di metallo do-
ralo innestata di malachite e diaspri. 11
resto dell'edifizio è formalo da ordini di
parastate cave disposte ad angoli salien-
ti e rientranti, vestite d'intrecci d'acan-
to o candelliere a stucchi dorali. Su que-
sti incurvansi e posano 4 ardii soste-
nenti una cupola a vela, nel cui centro
s' apre un occhio circondato al di den-
tro di balaustra e coretto per le mona-
che. Le volte degli archi e della vela so-
no lavorati a stucchi dorali e fascie di
greca doppia, e sparsi d'aligeri e serafini
celesti composti a umile adorazione,e por-
tanti gli emblemi dellaPassione.Sui 4 pen-
nacchi della vela stanno effigiati a tempera
i profeti Ezechiele , Daniele, Geremia e
Isaia. Nel fondo delle due suddette brac-
cia meno prolungate, si vedono dipinti a
olio in due grandi riquadri la Cattura e
la Flagellazione del Redentore, saggio dei
maturi studi e squisito ingegno del giova-
ne romano Francesco Grandi, eziandio
autore d'ogni altro dipinto della cappella.
In ciascun lato delle due braccia longi-
tudinali è una nicchia, in volticella di con-
chiglia a costole dorate, e deutroesse sono
i simulacri de'4 Evangelisti modellati dal
valente giovane cenlese Stefano Gattelli,
artista di bellissime speranze. Sotto agli
ordini di parastate ricingono in giro tut-
to 1'edifìzio una fascia di greca doppia; lo
stilobate che infinge perfettamente le di-
verse specie di vari marmi e I' armonia
delle loro combinazioni; e stremamente
la base è di marmo bianco sopra zocco-
lo del vero porto venere. Finalmente il
pavimento, che nella parte mediana ri-
TRI
balte Io scomparii menlo della vela, lut-
to è di elettissimi marmi, come il gial-
lo antico, il porta santa, la breccia co-
rallina, f africano verde, il fior di per-
sico, il cipollino, il paonazzelto. Archi-
tetto eticomiatissimo e generoso di ope-
ra sì vitruviana e divola, gaia e ornalis-
sima è il prof, conte Virginio Vespigna-
ni, dal cui fecondo genio e attitudine in
esprimere i rapporti degli occhi col cuo-
re, della pietà col decoro degli altari e dei
templi, die più. saggi, d'uno de'quali dis-
si parole d'ammirazione, parlando della
prodigiosa immagine della Madonna del-
l'Archetto del Palazzo Muti Papazzur-
ri(V.). 11 Giornale di Roma del i856
a p. 63o, e 1* Eptacordo pure di Roma
nel n.°i 4 del medesimo auno,meglio e più
degnamente descrissero quanto qui in
breve ho riferito. Inoltre artisticamente
e coscienziosamente illustrò e descrisse la
cappella, il eh. Francesco Gasparoni ar-
chitetto, colla bella Descrizione della
nuova cappella intitolata a Gesù Na-
zareno nella chiesa del Bambin Gesut
Roma tipografia del Vero Amico del Po-
polo 1 8 56. L'encomialo cardinal Matlei
con solenne rito la bencdi a'27 aprile in
onore dell'augusto Gesù Nazareno, e
d'allora in poi venne esposta al pubbli-
co cullo.
Chiesa di s. Maria dille Grazie det-
ta delle Fornaci. Nel rione Borgo e fuori
della Porta Cavallcggicri (f.)} prese il
nome delle Fornaci dalla porta omoni-
ina,di cui riparlai uel voi. LI V,p. 170, che
all'una e all'alila lo diedero le propinque
fornaci e fabbriche di mal Ioni, tegole, va-
si e altri materiali di argilla e creta cot-
ta, ed il Monte della Creta. Il Bombelli
nella Raccolta dell' Immagini della B.
Vergine Maria, t. 4, p« • 29: La Madon-
na delle Fornaci, descrive come segue
l'origiue della chiesa. Giuseppe Faraldi
di s. Severina in Calabria, piissimo sacer-
dote, e Anna Maria Villa, nobile donzel-
la romana, verso ili 683 fiorivano in Ro-
ma per la pratica di specchiata pietà. Un
TRI 3kj
giorno il sacerdote si recò con alcuni gio-
vani suoi allievi nello spirito a prendere
innocente sollievo fuori di porla Caval-
leggieri, ed ivi posti a sedere su d'un rial-
to fecero di vota conferenza; piacque il pio
esercizio a'giovani, che bramarono ritor-
narvi e rinnovare l'utile divertimento, ed
il loro numerosi aumentò. L'umileeope-
roso sacerdote impiegandosi voloutieri al
vantaggio spirituale di que' giovani , fu
presoda timore che in quella pratica ci
mettesse dell'amor proprio, e perciò non
piacesse a Dio. Per essere sicuro della di-
vina volontà, ricorse alle orazioni dell'en-
comiala donzella da lui pure diretta, e
l'esemplare penitente l'ubbidì, quindi lo
persuase a proseguir l'opera cominciata,
promettendogli la divina assistenza. Ani-
mato Faraldi dalla risposta, a maggior
cautela ne domandò il beneplacitodel ce-
lebre cardinal Gaspare Carpegna vicario
di Roma; nondimeno due giovani furono
cagione che l'opera fosse sul punto d'es-
sere abbandonata, e colla loro uscita dal-
l'unione ritornò la pace. Allora la com-
pagnia de'giovani cominciò a formare iu
detto rialto alcuni gradini per comodo
dell'adunanza, alla cui costruzione l'af-
fittuario del terreno condiscese cortese-
mente; non così fece il procuratore della
ragguardevole padrona del fondo, minac-
ciando il sacerdote e i suoi allievi di di-
sfare tutto. In questo la Villa scrisse pre-
ghiera alla dama, la quale condiscese pie-
namente alle brame del sacerdote, onde
potè continuare le sue costruzioni tran-
quillamente, vi aggiunse un piccolo pog«
gio per ragionare e una ccllella di ritiro
per asciugarsi dal sudore ne'giorni di cal-
do. Indi volendo decorare il luogo con
l'immagine della R. Vergine per onorar-
la con pii esercizi, la fece dipingere su te-
la da Egidio Alet fiammingo, che la rap-
presentò iu atteggiamento umile e di vo-
to, tenendo iu seno il diviu Bambino in
atto di benedir colla destra e sostenendo
il globo colla sinistra. Fu chiamata s. Ma-
ria interceditrice di grazie, ma poi il voi-
32o T R I
go dalla località in cui si venera la disse
Madonna delle Fornaci. La pittura es-
sendo riuscita con lode e muovente a di-
■vozione,appena fu esposta al pubblico fu
circondata di adoratori, i quali riceven-
done benefizi, accorrevano a ringraziar-
vi la Regina del cielo e ad implorare il
suo patrocinio; così verificandosi quanto
avea predetto la serva di Dio Villa. Per-
ciò convenne alzare un grosso muro per
sostenere il terreno cretoso del rialto. A
questa spesa supplì l'impensata limosina
di 100 doppie di Francesco li duca di Mo-
dena, in riconoscenza di favore ottenuto.
Tra le altre offerte si vide presentare il
Faraidi una cassetta per ricevervi le li-
mosine con uno scudo dentro, e per de-
licatezza ottenne dal cardinal vicario de-
putali per aprirla e per amministrarle, a
motivo die molte se ne fecero.Mentre pro-
seguivasr il lavoro, il capitolo Vaticano
vietò d'andare innanzi e l'adunanza, co-
me luogo di sua giurisdizione. Addolora-
to il sacerdote cominciò a condurre i gio-
vani a s. Croce in Gerusalemme, e ricor-
sealle preghiere della Villa, hi quale con-
sigliò di fare un memoriale a Innocenzo
XI, ed il cardinal Carpegna, col consenso
del capitolo Vaticano, rescrisse la conti-
nuazione de'lavori e della pia unione. In-
tanto neh 683 si l'orinò una chiesuola di
legno, dedicandola alla Madonna delle
Grazie, ma per l'acquisto del fondo, i pro-
prietari pretendevano nullo l'operato co-
me fidecommisso. Ferole limusine arri-
vando a più di scudi 100 mensili, oltre
la copia della cera e l'abbondanza dell'o-
lio, si potè nel 1691 comprare il fondo,
derogando al fidecommisso Alessandro
\ I II, e (j nindi anche cominciare una chie-
sa di materiale. La nuova fabbrica fu e-
retta con disegno del celebre Andrea Poz-
zi gesuita, e si fecero le suppellettili sa-
gre. Sopraggiunta la peste, la s. Imma-
gine fu trasferita prima nella chiesa di s.
\ enaitiio de'camerinesi, poi in quella di
Tur degli Specchi, quindi nella cappella
della Divina Pietà uel palazzo del duca
TRI
Mattai, perchè avesse culto, mentre eran-
si chiuse le porte di Roma dalla parte di
ponente pel contagio. Cessato il timore di
questo, fu riportala nell'antico luogo da
Dio destinatole, ad onta di tante contrad-
dizioni. Il trasferimento della s. Immagi-
ne e il principio del suo culto con qual-
che differenza di particolari, lo narra an-
che il Piazza nel suo Cherosilogio a p.
i i4 ei 20; ma se alcune circostanze sem-
brano relative alla Madonna delle For-
naci, in fatto è una s. Immagine affatto
diversa. Tuttavia perchè non ingerisca in
alcuno errore e confusione, ne farò cen-
no. Secondo il suo racconto la s. Imma-
gine fu esposta nel silo delle Fornaci dal
sacerdote Giovanni (Stanchi) della Cro-
ce d' A rezzo,e che nel 1 6^5 già era in gran
venerazione e si diceva Nostra Signora
de' Miracoli, e che nel pericolo della pe-
stilenza venne trasportata in S.Venanzio,
residenza della nobile congregazione de-
gli operai della Divina Pietà, e indi tra-
sferita nella chiesa di s. Galla, ove anco-
ra si venerava nel 1708 in che fu pub-
blicato il libro. Di tal congregazione ce-
lebra 1' esemplare e zelante aretino per
fondatore, approvata nel 1680 da Inno-
cenzo XI e confermata nel 1 686 col titolo
di Operai della Divina Pietà. Di questo
benemerito istituto tuttora fiorente par-
lai nel voi. LV, p. 1 5. In ulteriore prova
che (ale s. Immagine è interamente di-
versa da quella della Madonna delle For-
naci, nella zecca pontificia si conserva il
conio della medaglia coniata per l'erezio-
ne della chiesa , che vi è espressa colla
facciata e l'epigrafe: IiinocentioAIfPotit.
Max. A. V: Gasp. Card. De. Carpi ne a
Urb, Nel rovescio è quest'iscrizione: Ae-
dis s. Mariac Deum nobis exorantispìo*
rum elemosini s fundamenta jacta vele-
ricoinpre/unsoSicclloeura Joseph i /'"a-
raldi in Figulinis Va tioanisfampridem
constructo an. mdcxciv quo classìs Ilo-
ninna faederatis ad Cidi expugnatio?
min. subsidio adivi t. Quanto al IJombel-
li egli prosegue la narrativa con dire, che
TRI
la serva di Dio Villa virtuosamente mo-
rì e fu sepolta nel sepolcro gentilizio nel-
la chiesa del Gesù innanzi alla cappella
della ss. Trinità; e che il Faraldi deside-
rando morire all'ospedale, per una disgra-
zia fu portato in quello della Consolazio-
ne ove piamente rese l'anima a Dio. In-
di ri ferisce, che nel pontificalo eli Clemen-
te XI, dopo la conquista fatta sui turchi
da'cristiitiii di Belgrado e TemesAVar, il
Papa donò la chiesa a' religiosi trinitari
scalzi spaglinoli , i quali col zelo loro la
resero più decorosa e fornirono magnifi-
camente dell'occorrente; i quali religiosi
dipoi la concessero a'trinitari scalzi della
provincia d'Italia, che ne imitarono l'e-
sempio, custodendola con proprietà ede-
cenza. Dice pure che tra gli altri benefit-
tori della chiesa si distinse la nobile casa
Passerini, la quale colla spesa di più mi-
gliaia di scudi fece costruire la sontuosa
cappella isolata che forma l'altare mag-
giore,con tulli marmi fini, e in mezzo sul-
1 altare si venera la miracolosa immagi-
ne della Madonna delle Fornaci. Quest'o-
pera fu cominciata nell'aprile i 724 e ter-
minata a'3o ottobre 1 726;DenedelloXIII
ne cousagrò l'altare, concedendo indul-
genza plenaria a quelli che lo a vesserò vi-
sitato. I descrittori delle chiese di Homa
riferiscono, che i trinitari scalzi spaglino-
li la rinnovarono con disegno di France-
sco Multò, ed il suo interno è adorno di
pitture, e fabbricarono il contiguo con-
vento. Le statue deli. "altare a destra, sa-
gro a s. Gio. Nepomuceno, sono di stuc-
co e lavorate da Gio. Battista Maini; le
pitture ne'lati l'esegui Francesco Scara-
muccia. La 2.a cappella ha il quadro col-
la ss. Trinità e i santi dell'ordine Trinita-
rio, pittura del napoletano Onofrio Avel-
lino. Nella 3." Francesco Fusi colorì s.
Giovanni deMalha fondatore dell'ordine.
La volta dell'altare maggiore la dipinse
lo stesso Fusi. Hi. "altare a sinistra orna-
to di marmi, l'eresse il cav. Gio. Bernar-
dino Puntici, e contiene il quadro di Giu-
seppe Chiari esprimente la s. Famiglia;
TRI 32t
il laterale a destra colla Natività di Ge-
sù, è di Nicolò Bicciolini: quello a sini-
stra colla Fuga in Egitto, l'espresse Pie-
tro Bianchi; le lunette sono di Marco Be-
nefial,ele pitture della cupoletta le fece
Pietro de Pietri. Nel convento era il colle-
gio di s. Maria delleGrazie della delleFor-
naci, per le missioni apostoliche già adi-
date a'trinitari scalzi del riscatto riforma-
ti. Mentre quest'ordine vieppiù prospe-
rando si propagava nella Spagna, in Por-
togallo,^ Italia e in molti altri regni d'Eu-
ropa, come nell'Austria, Ungheria, Boe-
mia, Transilvania, Polonia, Lituania , il
procuratore generale espose a Clemente
XI di essere desiderio di tutto l'ordine
d'avere in Roma un collegio per educar-
vi i migliori giovani di tutte le provincie,
per renderli più adalti alle sagre missioni,
ed intenti alla grand'opera della reden-
zione degli schiavi, ed essere opportuna
al fine proposto la chiesa di s. Maria delle
Grazie detta delle Fornaci con tutti i suoi
beni e dipendenze. Il Papa considerando
che questa cessione poteva esser utile al-
la Chiesa, poiché i religiosi presterebbe-
ro un aiuto spirituale alle famiglie, che
tengono domicilio nelle vigne vicine, e
perchè da questo luogo uscirebbero mis-
sionari istruiti, condiscese alla richiesta, e
volle formare nel medesimo un collegio
o seminario apostolico , come quelli dei
francescani di s. Pietro Molitorio e di s.
Bartolomeo all'Isola, e sotlo la dipenden-
za della s. congregazione di propaganda
fide. Pertanto Clemente XI col breve
Ecclesia? Catholicae, dell' 8 novembre
1720, Bull. Pont, de Propaganda fi-
de, t. 2, p. 8, eresse in collegio delle mis-
sioni il convento di s. Maria delle Forna-
ci , per la conservazione e propagazione
della fede cattolica; colle condizioni e con-
venzioni che si leggono nel medesimo, per
la fabbrica eziandio della chiesa e del col-
legio^ del compenso da darsi a d. Ange-
lo Finita sabinese, che da 24 anni custo-
diva la chiesa con lode. Indi Innocenzo
XI li col breve Ad pastoralis, de'4 ag°*
322 T R I
stoi 72 i , Bull, cit., p. 46, die le regolo a
questo (collegio e seminariodi missioni a-
postoliche, quali in esso sono espresse. Do-
po 6 anni dovei aprirsi il collegio, ed era
questa la 1 .'n condizione apposta da Cle-
mente X 1 a ll'atto della cessione della chie-
sa e casa; ma passarono 18 anni prima
che si aprisse il collegio, per proroga ot-
tenuta da'religiosi, alla quale servi di ra-
gione la mancanza di mezzi dopo la spesa
fli scudi 1 2,000. Dipoi Clemente XIII col
breve Injuncli nobi.i , de' 17 settembre
1 759, Bull. Pont, de propaganda fide,
t. 4iP» 2 1 teBull. Roin. cont. t. i,p. 2 32:
Approbatio decreti congrega tionis pro-
pa gandae /idei \nec non resolutionis ca-
pituli generalis ordì ni s fratrum excal-
ceatorum ss. Trinilalis redemplionis
captivorum,(/uocollegiuni romanum de
propagandajideB . M. Virginis ad For-
naces prope, et extra nwenia Urbis ag-
gregalur familìae Matrìs Redernptoris
extra Ilispaniam. Soppresso il collegio
ne'primi anni del corrente secolo, per l'in-
vasione francese, tornò in vita e fu ripri-
stinato nel pontificato di Leone XII; ma
da qualche anno ne cessò l'esistenza, re-
stando semplicemeuteconventOjSenza cu-
ra di missioni apostoliche. Dopo la cadu-
ta d' digerì (F.) conquistato da Carlo X
re di Francia , e le relative convenzioni
degli stati Barbareschi di Tripoli tuli Tu •
nisi (/"'.), per la soppressione della pira-
teria e degli Schiavi (F.), cessò l'ogget-
to principale della fondazione di questo
collegio.
Chiesa di s. Grisogono, titolo cardi-
nalizio con parrocchia. Avendo in tale
articolodescriltola chiesa e basilica situa-
ta nel rione di Trastevere, presso la via
Lungarina, contigua alla (piale fu il Pa-
lazzo apostolico di s. Grisogono (V.),
poi abitazione de* cardinali titolari, con
convento abitato per ultimo da'carmeli-
laui calzati, per concessione del 1 484 d'In-
nocenzo Vili, aggiungerò alcune altre no-
zioni relative al suo attuale sluto. In que-
sta magnifica chiesa si onora l'immagine
TU I
antica in musaico della Madonna del Car-
mine, in onore della quale i carmelitani
nel i543 istituirono una confraternita,
sotto il titolo del ss. Sagramenlo, rinno-
vando la precedente denominata s. Ma-
ria Mater Dei , 1 guardiani della quale
ottennero dal capitolo Vaticano, che a'7
ottobre 1662 fosse coronata con corona
d'oro, in uno al divin Figlio, che in allo
di benedire è tenuto tra lesue braccia. Di
quest'immagine trattò il Bombelli, Rac-
colta delle Immagini della B. t'ergi-
ne, l. 4> p. 1 3 , ed il p. Giacomo Gabriele
Povillard carmelitano ci die la Breve no-
tizia dell'antica e divota immagine del-
la delle Grazie, che si venera nell'an-
tichissima chiesa di s. Grisogono in
Trastevere da' pp. carmelitani. Inoltre
il p. Povillard lasciò mss. le descrizioni
delle chiese di s. Grisogono, di s. Maria
in Traspontina, della Madonna di Monte
Sauto, ede'ss.Silvestroe Martino a'Mon-
ti, appartenenti al suo tempo al proprio
ordine. Per la festa della Madonna del
Carmine,chesi celebra in s.Grisogono nel-
la domenica fra l'8.", ha luogo la solenne
processione che fa il sodalizio nella seguen-
te domenica. Narrai nel voi. LXVII,p.
190, che avendo il Papa Pio IX nel 184 7
concesso la chiesa e convento di s. Gri-
sogono «'trinitari scalzi, trasferì i carme-
titani calza ti, che ivi dimoravano,nella ca-
sa e chiesa di s. Nicola a'Cesarini, già de'
Somaschi, a'quali secondo il disposto di
Gregorio XVI avea datola chiesa e mo-
nasterode'ss. Alessioe Bonifacio sul mon-
te Aventino. Si legge a p. 264 dell' Os-
servatore Romano del i85o, come i tri-
nitari scalzi festeggiarono nella basilica di
s. Grisogono martire il felice ritorno in
Roma di Pio IX, in occasione della festa
della ss. Trinità, che celebrarono con pre-
cedente solenne triduo. Riferisce il n.° 34
del Giornale di Roma del i854, che i
trinitari scalzi del riscatto 1' 8 febbraio
celebrarono con solenne pompa nella loro
chiesa di s. Grisogono la festa del loro fon-
datore s. Giovanni deMutba,e che ilear-
TR I
dinalGioacchino Pecci arcivescovo vesco-
vo di Perugia, che nel giorno precedente
a vea preso possesso del titolo presbiterale,
pontificò i primi vesperi e la messa solen-
ne cantata con iscelta musica. Grande fu
il concorso del popolo, poiché non vi a-
vea veduto più cardinal titolale dopo
il cardinal Filippo M." Pirelli morto nel
1771. Nel voi. LX11, p.i53, dopo aver
celebrato nell'ai ticolo Schiavo l'abolizio-
ne della schiavilo, riprovato il crudeli; e
infame liaftico de'negri, non che riferite
le benemerenze dell'ordine Trinitario e
quelle degli alili ordini religiosi nel riscat-
to degli schiavi, raccontai che tuttavolta
1 iniquo commercio della carne umana
sussiste in diverse regioni, come in diver-
si stali d'America e crudelmente, per un
oltraggioso e sordido lucro, a fronte della
solenne condanna pronunziata da Grego-
rio XVI,allorquando alto alzando la voce
riprovò la tratta de'negri, ne dichiarò in-
giusta la schiavitù, e l'obbligo che corre
ad ogni cattolico di considerarla come a-
bolita. E che perciò nel 1 852 erasi stabi-
lita in Nimes l'opera del riscatto, da un
sacerdotefrancese, per trarre dalla schia-
vitù, massimede'lurchi e persiani, le don-
ne e i giovanetti neri e farli cristiani; di
più istituito il vicariato apostolico del-
V Africa centrale. Principalmente poi ra-
gionai dell' opera ingegnosa e caritatevo-
le per eccellenza, anteriormente istituita
sotto i possenti auspico dell'Immacolata
Concezione, dal genovese sacerdote Nico-
lò Gio. Battista Olivieri, il quale colle sue
abbondanti questue intraprese con un ze-
lo nuovo d'apostolico eroismo lunghi, pe-
nosi e frequenti viaggi nell'Egitto pel ri-
scatto delle povere fanciulle nere, quindi
da lui affidate ne'mOfl atteri e altre case
pie per farle educare cristiane, e ne re-
gistrai ivi e altrove molti esempi, anche
colla speranza che tali morette potran-
no riuscire a qualche stabilimento reli-
gioso nell'Africa, e contribuire alla pro-
pagazione della fede di Cristo. Ma diflu-
sameute e da pari sua la Civiltà calto-
T ■ I 3a3
lica, 1.' serie, t. 7, egregiamente ragionò
con interessante e morale narrativa: La
redenzione delle Morette per opera del
sacerdote Nicola Olivieri, in 3 articoli:
i.° Cattività e liberazione. 2." Educa'
zione efrutti. 3.° Favori e perpetuità.^ el
i.° articolo parla de'negretli collocati gra-
tuitamente dall'amoroso e benefico Oli-
vieri nel monastero di Subiaco, e ne' se-
minari di Lucca, Perugia, Jesi, Cesena,
Gubbio e altrove, sebbene essi sieno po-
chi in paragone delle zitelle more dalla
sua induslre e sovr' umana carità prov-
viste in Francia e in Italia presso a un
centinaio di monasteri. Che tale redeu-
tore di lauti miserabili avea paternamen-
te estesa I' opera sua insigne e laboriosa
anche a favore de'giovanelti mori, dopo
il prospero esperimento fitto con uno di
essi nel celebre collegio Urbano di pro-
paganda, che idoneamente istruito e or-
dinato sacerdote, fu spedito tra'suoi na-
zionali nella Guinea, ove ora spande fe-
condi sudori e raccoglie messi pel granaio
del celeste Padre. Contribuirono all'insi-
gne, intrapresa dell'Olivieri, oltre la più
e generosa carità de* fedeli sovventori e
ricevitori de' moretti e delle morette, as-
sumendone col gratuito mantenimento la
cristiana e civile educazione, eziandio 3
illustri piemontesi, il conte Solaro della
Margherita ministro di Carlo Alberto re
di Sardegna, l'ambasciatore di questi a
Parigi marchese Brignole Sale, e il con-
sole sardo al Cairo cav. Paolo Cerniti ;
non che la degna coadiulrice di tanta im-
presa, cioè la virtuosa e vecchia servente
dell'Olivieri, compagna pure in alcuni de'
faticosi viaggi suoi,e per di lui indisposizio-
ne due volte gl'intrapresesoletta, di videu-
do,siccome piena essa pure di spirito apo-
stolico, con lui le materne cui e per le mo-
rette risca Itale da obbrobriosa e tirannica
schiavitù, e da'più brutali trattamenti,
i di cui particolari non si possono legge-
re senza intenerirsi di compassione, con
sensi di venerazione verso il portentoso
sacerdote.Egli riscatta dalla doppia schia-
Zìi T R I
vili» quanti sia possibile di qne'miseri e
misere, per ridonarti alla duplice libertà
di uomini e di donne, e quel che più im-
porla li rende buoni cristiani, come ri-
levasi dalle Relazioni ch'egli va pubbli-
cando. Si rende ragione perchè l'abbate
Olivieri non mai affida le morette a par-
ticolarie private famiglie, ma sempre alle
religiose, preferendo l'acquisto delle mo-
iette a'moretti, sebbene questi si vendo-
no a minor prezzo. Nel 2.° articolo la Ci-
viltà callolica fa rilevare, come l'ab. O-
li vieri colloca ne'monasteri le morette da
lui comprate, ricevute dalle religiose con
festa, e con fervida ed esemplare carità
le istruiscono al ben essere del corpo, alla
coltura della niente e alla conversione a
Cristo, facendole degne del salutare la va-
erò e degli altri sagramenti; corrisposte da
meravigliose disposizioni e mirabile intel-
ligenza, da contentezza e riconoscenza,
riuscendo e divenendo fervorose cattoli-
che. Tutto risulta da parecchie lettere
scritte dalle superiore de'monasteri, che
riceverono le avventurale morette, le cui
lettere riempiono l'ammodi spirituale le-
tizia. Finalmente nel 3.° articolo rimar-
ca la Civiltà cattolica l'impresa dell'O-
livieri, considerandola nell'innocenza de'
mezzi e nella santità dello scopo in com-
prare ne' pubblici mercati tanti infelici
per donar loro la libertà e metterli sulla
regia via del paradiso, e ne'manifesti se-
gni della prolezione celeste che mirabil-
mente vi coopera, per cui dichiara che
la redenzione delle morette è una di quel-
le opere le quali la sola religione di Cri-
sto sa ispirare e condurre a compimento,
ne'inolleplici e singolari modi che narra.
Imperocché i buoni cattolici incoraggia-
rono in lutili modi l'intrapresa dell'Oli-
vieri;* gareggiarono a soccorrere il suo in-
stancabilzelo, vescovi, canonici, parrochi,
comunità religiose e pii fedeli, il cui lun-
go catalogo per già Iìsmiuo animo pubbli-
ca quali benefattori il sacerdote nelle sue
annue Relazioni .stilli progressi del ri-
scatto delle fanciulle moret stampate. Vi
TR I
furono religiose famiglie, che non paghe
d' ospitare e provvedere parecchie delle
morette, con caritatevole industria som-
ministrarono vistose somme di denaro
pel sempre nuovo incremento de'riscatti.
In una parola l'opera si può dire racco-
mandata alla divina provvidenza e alla
pietà de'fedeli, e verrebbe senza [allo a
mancare ove questa di continuo non lar-
glieggiasse;chcle spese a condurla innanzi
e dilatarla sono assai considerevoli. Osmi
o
moretta costa nell'atto della redenzione
quasi 5oo lire, indi bisogna vestirle, nu-
trirle, trasportarle per forse 2000 miglia
di viaggi marittimi e terrestri; sicché cia-
scuna redenta viene a costare circa un mi-
gliaio di lire, pria che venga collocala ne'
monasteri. Il regnante Papa Pio IX aven-
do grandemente a cuore l'opera della re-
denzionedelle morette, più volleammise
al bacio del piede il buon sacerdote col-
la sua fantesca, degnandosi di sentire di
loro bocca le particolarità più notevoli
dell'ardue fatiche, lodandone a un tem-
po e infocolandone lo zelo, porgendo lo-
ro benigni consigli, regalandoli di meda-
glie benedette da appendere al collo de'
redenti, e largheggiando di sussidii pecu-
niari non meno che di spirituali favori.
Dappoiché oltre ad una speciale benedi-
zione impartita nel 1 8^2 a quanti ebbe-
ro o avranno parte all'opera pia favoreg-
giandola, aiutandola o in qualsiasi ma-
niera beneficandola, si compiacque nel
1 853 di concedere a tutti i benefattori di
essa l'indulgenza plenaria o remissione de'
peccali in punto di morte. Malgrado i ra-
pidi progressi della santa impresa, molti
die suoi fautori trepidavano perla durata;
l'età senile dell'Olivieri, l'affranta sua co -
stitnzione faceva ragionevolmente teme-
re che, venuto meno il fondatore, rovi-
nasse seco l'opera sua; ood'egli a chi ti-
mido dell'avvenire esponeva tali ridessi,
con fiducia rispondeva: la patrona ss. Ver-
gine Immacolata ci penserà. E questa in
premio dell'illimitata confidenza dell'Oli-
vieri, provvide in modo meraviglioso non
TRI
solo alla perpetuità, ma all'incremento pe-
renne della sublime impresa, allorquan-
do nel i 853 l'ordine de' trinitari scalzi vi
si associò di buon grado e ne tolse sopra
di se la continuazione. Ciò avvenne nel
ripensare un buon religioso dell'ordine,
alle visioni che dierouo origine al mede-
simo e che narrai parlando de' Trinitari
calzati dell? ordine primitivo', e credè di
spiegare iti essa un significalo a cui per
l'addietro non erasi posto mente. Del qua-
le argomento conferendone col suo supe-
riore gli disse : Fin qui i figli di s. Gio-
vanni de ftlatba riscattarono i bianchi cri-
stiani figurali nello schiavo bianco sopra
cui stendea la destra l'Aliselo del Sìriio-
re; ora poi che per divina provvidenza è
cessata la rapina turchesca e la schiavitù
de'bianthi, non sarebbe egli da adempie-
re I altra parte della mistica apparizione,
applicandosi 1' ordine nostro al riscatto
de'negri infedeli rappresentali dal mau-
ro che slavagli a sinistra ? Queste paiole
non fecero dapprima gran senso nel sti-
pe iore cui erano comunica te e quasi non
vi rispose; tornandovi pei ò sopra col pen-
siero gli sembrarono piene di giusto ac-
corgimento , degnissime dello scopo del
suo istituto, e capaci di l'infocarne lo zelo
a nuove magnanime intraprese. Dopo al-
cuni mesi, nella primavera del i 853 con-
gregossi in Roma in questo convento di
s. Giisogono il capitolo generale dell'or-
dine a trattare, secondo l'uso, de'bisogui
della religione eprovvedervi con opportu-
ni decreti. E già era sullo spirare il tempo
stabilito dalla regola de'comizi, quando il
p. Andrea di s. Agnese, ora procuratore
generale, quegli appunto che avea fallo
la considerazione riferita, introdusse il ra-
gionamento intorno all'eccellenza dell'o-
pera del prete Olivieri, facendo vedere
con peculiare unzione quanto importasse
al princi patissimo scopo deH'islituto,al be-
ne de'corpi e delle anime di tanti schiavi,
e alla gloria di Dio l'aggregarla all'ordi-
ne de'lrinitari, e procurarle per tal guisa
quella perenni là che ad un sol uomo era
T R I 325
inutile Io sperare. Esultarono a tal pro-
posta i pp. deputali, né vi ebbe chi con
parole e con cenni non mostrasse aper-
tamente ili approvarla. Nondimeno, per-
chè il voto avesse quella libertà che l'im-
portanza dell' argomento richiedeva, fu
messa a squittiti io segreto la proposizio-
ne del p. Andrea, e questa senza fallire nep-
pure un solo suffragio, venne a pieni voti
confermata. Allora confortato lo stesso re-
ligioso dell'esito favorevole del suo paria-
re,supplicò i padri che, a compimento de'
suoi desiderii, piacesse loro di nominarlo
coadiutore dell'Oli vierinl che ottenne pu-
re con pienezza di voli ed e»ullanza uni-
versale. Tali co>e avvenivano nel capitolo
generale de'trinilari scalzi in s. Grisogo-
no, quando nello stesso tempo o poco pri-
ma, ma certo senza saputa de' medesimi,
il Papa l'io I X ordinava al cardinal Della
Geuga prefetto della s. congregazione de'
vescovi e regolari di far conoscete a'pp«
congregati in s. Giisogono: Esseresuo de-
siderio che l'opera della redenzione delie
morette venisse aggregata all'ordine Ti i-
nilario, allineile pigliasse maggior incre-
mento e ottenesse la durazione de'secoli.
Chi può dire la dolce meraviglia che pro-
varono i buoni religiosi, l'illustre porpo-
rato e lo stesso Pontefice all'intendere che
lo Spinto del Signore avea indotto il ca-
pitolo a sancire con solenne decreto ciò
slesso che ispirava al suo Vicario in terra,
organo de'dmni voleri, e padre comune
e amoroso di tulli gl'infelici ? La fausta
notizia corse ben presto all'Olivieri, elle
n'ebbe indicibile conforto,e stampata po-
scia ne' giornali, rassicurò i benemeriti
fautori deila santa opera, i quali conobbe-
ro più chiaramente la proiezione tolta-
ne dalla divina provvidenza e l' efficacia
del patrocinio diMaria senza macchia con-
cetta. Il p. Andrea di s. Agnese unissi to-
sto all'Olivieri e fece già con esso lui un
viaggio in Egitto , il quale riuscì ad un
tempo e disastrosissimo e lucrosissimo so-
pra quanti eranseue prima percorsi allo
stesso inlento. Or dunque la durala del-
»«6 TRI
l'opera col favore di Dio è assicurata, né
polea l'Oli vieri augurarti più degni com-
pagni e continuatori clie i discepoli de'ss.
Giovanni de Matlia e Felice de Valois,
i quali oltre al corredo delle tante virtù
proprie de'religiosi, vi arrecano la grazia
speciale di loro vocazione. Considerando
poi la Civiltà cattolica, che l'opera ha
bisogno d' ulteriore dilatamento, per le
savie e previdenti ragioni che esprime,
opina che utile provvedimento sarebbe il
fondare qua e colà appositi collegi di di-
verso sesso, da affidar» a comunità reli-
giose dedicate all'istruzione. Conclude:
» Il senno e l'esperienza dell'ordine illu-
stre che tolse a promuovere l'opera santa,
e medio più la tutela celeste sotto cui essa
è collocata, perfezioneranno V impresa e
condurranla a compimento. ... Dopoché il
Pastore de' Pastori non solo mostrossi a
molti argomenti assai benigno verso l'o-
pera, ma volendo provvedere alla sua du-
razione degnavasi confortare ad incari-
carsene un ordine religioso il più oppor-
tuno all'uopo, nell'atto stesso che detto
ordine ragunalo in capitolo generale nel
convento di s. Grisogono sanciva per de-
creto, senza saperlo, il consiglio e il de-
siderio del Vicario di Cristo." I rispelta-
bili compilatori della Civiltà cattolica
riceverono dal sottoscritto la seguente let-
tera che pubblicarono nella 2.a serie, t. 1 i,
p. 703. » Qualora amassero far cenno nel
loro periodico delle morelle riscattale nel
passato mese di novembre e neh' aprile
dell'anno corrente, sappiano che in que-
sti due ultimi viaggi se ne sono riscattate
I l6j sicché le morette finora riscattate
ascendono a 43 i , comprendendo il detlo
numero 11 maschi e i lattanti. In queste
ultime 1 1 6 sono comprese 6 madri co'lo-
10 bambini e bambine, l'una delle quali,
anzi poti ei dir» : due, d'anni 1 (> circa, sem-
brava che fossero state educate in qual
che monastero, tanto erano prudenti, ri-
spettose e docili. Delle stesse 1 1 6, sonosta-
te collocate 8 in diversi monasteri dello
stalo pontificio, ove ne souogià 4*» a Stia-
T I I
sburgo 7 al Buon Pastore; |3 poi le ho
condotte a Monaco in Baviera, le quali eb-
bero l'onore d'essere in breve tempo vi-
sitate due volte da sua maestà la regina,
che sebbene protestante, diede segui di
grande esultanza in vedere quelle pove-
re creature, dalle quali non poteva slac-
carsi,essendone rimasta molto commossa.
Né deve recar meraviglia che sua mae-
stà siasi di tanto degnata, perchè, cotne
mi fu detto, va pur anco a visitare gli am-
malati ne'pubblici ospedali, ed assiste alle
funzioni di chiesa quando sua maestà il
re v'interviene pubblicamente. E qui deb-
bi) pure far onorevole menzione del re-
gio cappellano il rev. cavaliere d/Muller,
che non la perdona né a slenti né a fa-
tiche affine di raccogliere elemosine per
vieppiù far progredire la santa impresa.
Due morette sono collocate nel convento
delle salesiane di Pinerolo, 84 negli slati
di sua maestà l'imperatore d'Austria, 6
cioè nella casa dell' orsoliue a K'agen-
ftirth nella Carinlia, 38 nel Lombardo-
Veneto, e 4° h'a 'I Titolo italico e il te-
desco. E poiché parlo del Tirolo, per da-
re gloria a Dio e a confusione di tante città
della nostro Italia, debbo confessare che,
da che giro l'Italia, la Francia e qualche
poco la Germania, non ho mai trovato
popoli così buoni, così religiosi e pieni di
viva fede come i tirolesi. Ma di questo, a
Dio piacendo, farò onorevole ricordanza
nella nuova relazione che pubblicherò, in
cui dirò del rispetto che hanno que' po-
poli verso de'sacerdoti, e che le locande
e le osterie di quella terra benedetta so-
no per così dire lauti oratorii, perchè ivi
si recita da'passeggieri la 3." partedel Ro-
sario, e si fauno preci avanti di mettersi
a tavola; ci sono immagini del Crocefisso
in ogni stanza, e perfino l'acqua benedetta
per farsi il santo seguo della croce appe-
na si entra in casa. E con ciò faccio fine.
Ora debbo recarmi nel regno di Napoli
percollocarvi 3 morelle che ancora mi ri-
mangono. Di colà probabilmente passerò
colla mia serva, e il rev. p. Andrea, mio
T R I
amatissimo compagno, in Egitto, per ve
dere se si potranno fare nuovi acquisti che
mi sono oh quanto preziosi ! Raccoman-
dino per carità me e tutte le povere mo-
rette a Maria ss. Immacolata, e ini cre-
dano sempre re. Roma 29 agosto 18 55.
Prete Nicolo Gio. Rat. Olivieri". La Ci'
viltà cattolica nel t. 8, p. 83 die contez-
za con giusti encomii delle Letture istrut-
tive per le fanciulle more fatte cristia-
ne, compilate da Vincenzo M* Miche t-
toni prete dell'oratorio ripano, Ripa-
transone 1 853-54- Inoltre (tubiamo pu-
re l'interessante libro: Il riscatto de' ne.'
gri considerato all'occasione che il rm.°
p. d. Antonio A 'liscimi abbate del mo-
nastero di s. Pietro in Gubbio, il (Vi sa-
gro al padre de' monaci camaldolesi
compiva il sagro rito del primo sagra-
mento sul giovinetto negro Dati impo-
nendogli il nome di Romualdo, Parole
di d. Eusebio Reali canonico regolare
Laterancnse, Gubbio 1 855.
Chiesa di s. Marta presso la basilica
Vaticana e contigua a\ Se min a rio fa tira-
no (P.)- Leone XII die all'ordine de'tri-
nilari scalzi della congregazione d' Ita-
lia la chiesa di s. Marta filiale della ba-
silica Vaticatta , della quale parlai ne'
voi. XXII I,p. 74.XLI, p. 266,e nel i845
la restaurarono. Eretta neh 537 l'a ^*°"
Io III con contiguo ospedale per la Fa-
miglia pontificia, e ristorata da altri Pa-
pi, il quadro dell' altare maggiore è un
buon dipinto del Baglioni, esprimente la
santa titolare^ per disopra nella volta so-
no pitture di Sebastiano Strada. Il s. Già
corno collocato nel r.° altare a dritta fu co-
lorilo da Lanfianchi, così la s. Orsola nel
seguenle.ll Crocefissodi mezzo rilievo che
vedesi nel 3.°, è pregevole lavoro d'Ales-
sandro Algardi. Dall'altra parte il s. Gi-
rolamo è lodato dipinto di Muziani,o di
Daniello da Volterra, ed ils. Antonio ch'è
sull'ahare è di Biagio Puccini romano o
lucchese.
TRINITARI RIFORMATI SCALZI
DEL RISCATTO Di FRANCIA. Orcio
T | I 327
reformatorum discalceatusss. Trini ta-
tis redemptionis captivorum in Gallia.
Devesi il merito della riforma de' trini-
tari scalzi della congregazione di Fran-
cia al zelo del veri. p. Girolamo Halies
del ss. Sagra mento. Nato in Bretagna
e conosciute le vanità del secolo, di 33
anni entrò nell' ordine de' Trinitari cal-
zati dell' ordine primitivo {F.)t e pre-
se l'abito nel tempo in cui falicavansi in
Francia per formare i Trinitari rifar*
mati{F.)i\eì\a prima riforma dell'ordine,
ed egli non poco contribuì ad introdurla in
alcuni conventi; poiché due anni dopo la
sua professione fu mandato a Roma in
qualità di procuratore generale, per solle-
citarne la conferma pressoClemente Vili,
dal quale nel 1 60 1 ottenne il breve con Olii
approvò la riforma colla mitigazione della
regola, e fu dal medesimo Papa eletto per
l.° visitatore, acciocché maggiormente la
dilatasse. Sciolse egli allora il freno al suo
zelo, e non solamente si nlfalicò in rifor-
mare molli conventi di Francia, che s'e-
rano abbandonati al rilassamento, ma ne
fondòancorade'nuovi. Rimandato in Ro-
ma collo slesso carattere di procuratore
generale, ivi fondò nel 1619 il conven-
to e la chiesa di s. Dionisio l'Areopagita
(in vicinanza de' quali edilìzi pochi anni
dopo i trinitari scalzi spagnuoli eressero
la chiesa e convento di s. Carlo), ed ot-
tenne da Paolo V la separazione de'con-
venti riformati da quelli dell'antica osser-
vanza, facendoli erigere in due prov'm-
cie che doveano essere governate da un
vicario generale. Quantunque i felici pro-
gressi di questa riforma dovessero appa-
gare lo zelo del ven. p. Girolamo del ss.
Sagramento, volle egli nondimeno pro-
muoverla anche di vantaggio; poiché con-
siderando, che quantunque si praticasse-
ro molte austerità e mortificazioni nelle
due provincie della sua riforma, nondi-
meno avendo i religiosi della regola pri-
mitiva dell'ordine molto deviato, volle c-
gli introdurre anche una nuova riforma,
da' professori della quale (osse la regola
328 T R I
esattamente osservata. Conferì questo suo
disegno al cardinalBandini protettore del-
l'ordine, ed egli propose la riforma a Gre-
gorio XV, il quale l'approvò con breve dei
4 agosto 1622, autorizzando il servo di
Dio a promuoverla. D'allora in poi egli
non pensò che a mandare ad eftettoquau-
to erasi proposto, e volendone egli stesso
dar l'esempio a'suoi fiali, professò la. re-
gola primitiva con alcuni altri religiosi nel
convento di s. Dionisio di Roma, che fu
il 1 .° della nuova riforma. Persuase poi i
religiosi d'Aix in Provenza e di Caslel-
Briant in Bretagna a far lo stesso, ed ag-
giunse all'osservanza della primitiva re-
gola l'asprezza dell'abito e la nudità de'
piedi, aftinché i religiosi di questa rifor-
ma potessero menare una vita penitente
e conforme alla santità del loro stato. Sic-
come però l'introdursi delle riforme suole
sempre aver degli ostacoli, e il comune
nemico dell'umau genere tenere ogni via
per impedirne i progressi, il p. Girolamo
a fine di prevenire tutte le difficoltà che
fossero potute insorgere ne domandò la
conferma a Urbano Vili, il quale col bre-
ve Alias a nobtSy de'28 febbraio i63i,
Bull. Iìom. t. 6, par. 1, p. 257, eresse la
riforma in congregazione e provincia se-
parata dall'altre, quando vi fosse un nu-
mero sulliciente di conventi. Volle egli
stesso portare il breve in Francia per far-
lo accettare, ma trovò tanta ripugnanza
nel ministro generale dell'ordine e ne 're-
ligiosi delle due provincie, ch'erano state
in avanti riformale, che gli convenne ti-
sar gran coraggio per superarne le diffi-
coltà , onde pervenire al conseguimento
del suo fine: alle opposizioni si aggiunse-
ro l'imposture e le calunnie, colle quali
egli ed isuoi frati furono gravati. Sofferti
i travagli con virtuosa pazienza, finalmen-
te trionfò sui nemici della propria rifor-
ma. Il breve d'erezione fu registralo ne'
parlamenti di Parigi e d'Aix, e la s. Se-
de impose perpetuo silenzioalle pai li, par-
ticolarmente al ministro generale princi-
pale oppositore, mentre il breve pontifi-
Tli I
ciò non accordavagli altra giurisdizione
sugli scalzi,che quella di visitare personal-
mente i loro conventi, quando però non
volesse deputare a visitarli un religioso
della stessa rifórma. Essendovi i religiosi
spagnuolijche aveano stabilito somiglian-
te riforma, il p. Girolamo si portò a Ma-
drid per apprendere tulle le pratiche au-
stere della regolare osservanza e delle vir-
tù, esercitale dagli scalzi di Spagna, a fi-
ne di servir poi d' esempio a'suoi frati.
Nella sua dimora dii 1 mesi nella capita-
le della Spagna, esercitò le pratiche più
austere,sebbene di 60 auni,e per la grande
stima che si procacciò, la regina Elisabet-
ta e i grandi della corte vollero conoscer-
lo.Tornalo iti Francia fu trafitto da dolo-
re in sentire rapiti dalla peste i suoi religio-
si d'Aix, tranne un converso, vittime di
loro carità verso gli appestati. Rinnovò
quella famiglia co'religiosi fatti venire da
Roma e da Caslel-Briant, ed essendone
stato eletto ministro, formò eccellenti no-
vizi, i quali colla loro edificante condotta
fecero terminare la persecuzione per ope*
ra del ministro generale nuovamente in-
sorta. Ristabilito il convento d'Aix, intro-
dotta la riforma in Avignone,che poi fu co-
stretto a lasciare il convento in un a quel-
lo diCastel-Driantjil p. Girolamo si restituì
a Roma rieletto ministro di s. Diouisio,nel
cui convento, perseverando nell'esercizio
di sue austerità e mortificazioni, morì san-
tamente a'3o gennaio 1637 d'anni 80 e
fu sepolto nella chiesa. Dopo qualche tem-
po essendosi aperta la sepoltura, fu tro-
vato incorrotto e tramandando sangue dal
naso. I suoi religiosi animati dal zelo che
aveano ammirato in lui, dilatarono la ri-
forma colla fondazione di più conventi in
Francia e in Italia. In seguito ne abban-
donarono alcuni, restando loro quelli di
s. Dionisio in Roma, d'Aix, di Seyne, del
monte s. Quirico presso Brignole, della
Palude di Marsiglia, di Brignole, di Lue
e di Marsiglia. Aveano ancora que'di Li-
vorno, di Torino e di Falcone, ma furo-
no eretti in provincia uel 1705 da Cle-
TR I
menle XI e soggettati al ministro gene-
rale degli scalzi. Lo stesso Clemente XI
col breve Redemptoris , de' i 3 agosto
1703, Bull. Rom. 1. 10, p. 54*. Confer-
mali tur quaedam capitala, prò bono re-
gimine ordìnìs ss. Trinitatis captivorum
congregationis Gallicanae.Neì 1 670 so-
lamente aveano avuto il numero de'con-
venti prescritto da Urbano Vili col bre-
ve che l'eresse in provincia separata, e nel-
lo stesso anno tennero formalmente il 1 .°
capitolo della riforma in presenza del car-
dinal Grimaldi arcivescovo d'Aix, che ne
avea ricevuta commissione da Clemente
X. Già Alessandro VII col breve Expo-
ni nobis, de* 1 5 aprile 1 662, Bull. Rom.
t. 6, par. 5, p. 2 1 1: Proibilio fransi tus
fratrum dì scalce ator uni congregatio-
nis Gallicanae ordìnìs ss. Trinitatis re~
dcmptionis captivorum ad calccatos ,
vel discalceatos congregationis Hi spa-
ni ac, cum praecepto, ut qui huc usquc
transierunt remittantur. Essendo pro-
tettore di tutto l'ordine Trinitario il car-
dinal Gio. Costanzo Caracciolo, Clemen-
te XIV col breve Ex debito, de'i 3 ago-
stoi 771, Bull. Rom. cont. t. 4? p. 362:
Ifnio et incor por alio domus s. Diony-
sii de Urbe, ej usq uè provi nciae, ordini,
ac abati generali canonicorum regu-
lariiim ss. Trinitatis et captivorum cu-
jus alumni in albo canonicorum regu-
larium cum omnibus privilegiis. j'uri-
bus, et indultis adscribuntur. Vennero
governati questi trinitari scalzi da un vica-
rio generale, ed aveano quasi le medesime
osservanze de' trinitari scalzi di Spagna,
a'quali molto si conformavano nell'abito,
altro divario non passando tra quello de'
francesi e quello degli spagnuoii, se non
che i primi vestivano tutti di bianco co-
me fu ordinato nella prima fondazione
dell' ordine trinitario, e lo riferisce il p.
Bouanni che ne riporta la figura a p. go
del Catalogo degli ordini religiosi, 1. 1 .
Aveano per stemma una croce di panno
rossa e turchino in campo bianco, attor-
niata da un fregio azzurro, ornato da 8
vol. txxx.
TRI 3?9
gigli gialli. Lo scudo avea percimierola
corona realedi Francia. Scrissero di. que-
sto ordine il p. Alfonso d Andro da gesui-
ta; il p. Agostino Macedo, nella Vita di
s. Eelice, di Valoisj il cardinal de Lu-
ca, nel Religioso pratico] il p. Hel yot ,
Storia degli ordini religiosi, t. 2, cap.
48 : Della congregazione de* religiosi
Trinitari di Francia; e il p. Annibali
da Latera, Compendio della storia de-
gli ordini regolari, t. i,cap. 34. La ri-
voluzione francese degli ultimi anni del
trascorso secolo soppresse anche questa
congregazione, e la chiesa e convento di
s. Dionisio di Roma nel 181 5 Pio V 1 1 la
diede al Conservatorio e monastero di
Maria ss. in s. Dionigio alle Quattro
Fontane (V.).
TRINITARI DEL TERZ'ORDINE,
Ordo Terlius ss. Trinitatis redemptio-
nis captivorum. Riferisce il p.Helyot, nel-
la Storia degli ordini religiosi, t. 2, cap.
5o : Del Terz'ordine della ss. Trinità
e redenzione d.'gli schiavi, che eranvi
anticamente nell' ordine de' Trinitari
(J7!) delle persone, diesi ascrivevano ad
esso in qualità di oblati, del cui nume-
ro pretendesi essere stato Berengario si-
gnore d' Anguillara, uno de' primi ba-
roni di Catalogna, ed Anglina sua mo-
glie, che nel 1200 fondarono un ospeda-
le da loro dato a'religiosi dell'ordine.Que-
sti oblati forse sono stati quelli che in pro-
cesso di tempo dierono luogo allo stabi-
limento del terz'ordine della ss. Trinità.
Nelle persone illustri de'terziari trinita-
ri si noverano i due re di Francia Fi-
lippo II Augusto, e s. Luigi IX, il quale
dicesi che andava vestito di cappa rego-
lare in coro co' religiosi. Fu altresì ter-
ziario Alfonso Vili re di Castiglia e di
Leon, e lo furono ancora molte altre per-
sone illustri per santità di vita o per di-
gnità. Però lo stesso p. Helyot dubita, che
sia avvenuto al terz'ordine de' trinitari
quanto si verificò ne' terzi ordini d'altri
regolari, i quali si fecero gloria di porre
tra il numero de' terziari persone morte
22
33o T B I
qualche secolo prima dell'istituzione.Ben-
sì è mollo probabile, che il terz'ordine ile'
trinitari non sia stato stabilito che sot-
to gli anspicii del p. Bernardo Domenici,
ministro generale de' trinitari verso il
i584, poiché in quell'anno egli appro-
vò, confermò e permise che si stampas-
sero le Regole e statuti de* fratelli e del-
le sorelle del lerz ordine della ss. Tri-
nità, quantunque però nella sua appro-
vazione, ch'è posta in fine della regola,
dica fondarsi questo terz'ordine in virtù
delle bolle de'Papi ; ma soggiunge il p.
Helyot, sarebbe nondimeno assai difficile
il riprodurne una, che propriamente di
esso trattasse. E vero che trovansi pon-
tificie bolle in favore dello scapolare del-
la ss. Trinità, ma non può negarsi, che
questa confraternita sia diversa dal ter-
z'ordine, come chiaramente si deduce dal-
le regoledel terz'ordine stesso e di questa
confraternita, che furono per la 2/ volta
stampate separatamente, e nello stesso
tempo a Rouen nel 1670 con licenza de'
superiori dell' ordine. Quanto alla con-
fraternita trovo nel Bull. Rom. t. 7, p.
2 io, il breve Ex injuncto, degli 1 1 feb-
braio 1673 di Clemente X: Confirman-
tur indulgentiae a Paulo F concessae
Archiconfraternitatibus sub invocatio-
ne ss. Trinitatis redemptionis captivo-
rum, irritantur nonnullae , et addun-
tur aliae, et quae sint. Di più e del me-
desimo Clemente X, il breve Alias nos,
de'3 giugno 1673, Bull. cit. p. 221: Ex-
tensio, et declaratio brevis circa Con-
fraternitates sub invocationc ss. Trini-
tatis redemptionis captivorum crectas,
et erigenda >-s, et alia nuper emanata,ad
Confralernitates a ministro genera li, et
procura tori genera li congrega tionisHi-
spaniae. fratrum discalceatorum ditti
ordinis erectas, et erigendas cum omni-
bus clausolis, concessionibus, et decretis
expressis in dicti brevi. Il contempora-
neo Piazza, nell' Eusevologio Romano,
trai. 7,cap. 29 : Della confraternita del-
la ss. Trinità del riscatto degli schia-
T R I
vi a s. Francesca a Capo le Case, ed
a s. Carlo alle Quattro Fontane (delle
quali chiese parlai ne' precedenti artico-
li), dice che s. Giovanni deMatba fonda-
tore dell'ordine de'trinitari, con autori-
tà d'Innocenzo III che l'avea approvalo
nel i 198, eresse una confraternita, a cui
comunicò tutte le grazie, privilegi e pre-
rogati ve dell'ordine, acciocché come par-
tecipi dell'opera lo fossero anco del pre-
mio; col cui concorso caritatevole eransi
fatti innumerabili riscatti di poveri schia-
vi, de' quali molti senza di questi aiuti
avrebbero rinegata la fede. Aggiunge,che
moltissime sono le indulgenze concesse
alla confraternita, le quali sono descrit-
te nel suo sommario stampato e ricono-
sciuto dalla s. congregazione dell'indul-
genze nel 1679. Che il solo ministro ge-
nerale può erigere e aggregare per tutto
il mondo le confraternite di cui si fa so-
lennemente la comunicazione de' beni e
suftragi ne'giorni della festa di s. Cateri-
na e di s. Agnese, del mercoledì delle Ce-
neri e del giovedì santo, e della ss. Tri-
nità. Tornando a'terziari de'trinitari, il
loro abito consisteva in una veste bian-
ca e nello scapolare su cui era una croce
rossa e turchina; però in alcuni paesi non
eravi I' uso di portarlo pubblicamente,
ma sotto gli abiti secolari. Facevano un an-
no di noviziato, compiuto il quale veniva
loro fatta un'esortazione sull'osservanza
della regola, finita la quale, avendo il su-
periore benedetto gli abiti, quelli che fa-
cevano professione, ad alta voce recita-
vano la seguente formola. » Io frate N.
confidando nella ss. Trinità, prometto al-
la ss. Vergine Maria, a'ss. Giovanni e Fe-
lice, ed a voi mio padre, con pura, sin-
cera e retta intenzione, deliberatamente
e fermamente di osservare i comanda-
menti diDio, d'emendare i miei costumi,
procurando di amare in avvenire, più
che non ho fatto pel passato, Iddio e il
prossimo mio, disprezzando i piaceri del
mondo, spogliandomi d' ogni mondano
affetto, slaccandomi dal mio amor prò-
TRI
prio, rinunziando per sempre al demonio
e alla carne per potere avvantaggiare gli
interessi della mia salute, e procurare an-
cora quella del mio prossimo, colla grazia
del nostro Signore, e partecipare come as-
sociato de' privilegi, prerogative, grazie e
indulgenze dell'ordine della ss.Trimtà per
la redenzione degli schiavi, ricercandone
J'avanzamentOjl'onore e il bene, con ogni
fedeltà per maggior gloria del Padre, del
Figliuolo e dello SpiriloSanto. Così sia."
In Parigi dopo la metà del secolo XVII
si eresse una comunità di fanciulle seco-
lari, le quali viveano secondo la regola
dell'ordine trinitario, ecliiamate le Suo-
re della ss. Trinità. Il loro abito somi-
gliava a quello de'religiosi, e invece del
mantello portavano sulla veste bianca
una soltana aperta nel davanti. In luogo
del soggolo usavano una specie di gor-
giera, di cui ambo le parti che scendeva-
no davanti terminavano in punta, e sot-
to il velo nero portavano la cnllia bianca,
e pendente dal collo una medaglia d'ar-
gento triangolata. Insegnavano a legge-
re, scrivere e lavorare alle povere fan-
ciulle. Dissi a Trinità ss., che nel 16^9
in Francia per l'educazione delle orfane
furono istituite le Figlie della ss. Tri-
nila creata, delle religiose della con-
gregazione di s. Giuseppe. Le monache
trinitarie del 3.° ordine presentemente
hanno 3 monasteri nelle vicinante di Mar-
siglia, uno in Subiaco, ed altro vicino in
Cappadocia borgo del regno di Napoli.
TRINITARIE DELLA REDENZIO-
NE DEGLI SCHIAVI, Moniales ordi-
ìds ss. Trinitatis redemptiouis captivo-
rum. Istituito da s. Giovanni de Maiha
nel 1 1 98 l'ordine de' Trinitari della re-
denzione degli schiavi (P .), si recò nel-
la Spagna, ove un grandissimo numero
di cristiaui gemevano schiavi de'mori in-
vasori, e vi giunse nel 1201 munito di
lettere commendatizie di Papa Innocen-
zo III pe'principi cattolici, onde fu cor-
tesemente ricevuto da Alfonso IX re di
Cusliglia e di Leon, da Pietro II re d'A-
T II I 33 1
ragona e da Sancio VII re di Na varrà.
Non solamente questi principi contribui-
rono alla fondazione di molti conventi ne'
loro stali, ma furono d'impulso a molti
signori a seguirne l'esempio. Pietro 11 era
in Barcellona quando vi si recò a osse-
quiarlo il santo, e gli fece fabbricare il
convento d'Aytona nella diocesi di Leri-
da, di poi dotato di copiose rendile da
Pietro di Belluys dell'illustre famiglia de'
Moncada. Predicando il saulo la di vi uà pa-
rola, tale una impressione fece negli spa-
gnauli che molli contribuirono con limo-
sino al riscatto degli schiavi e altri ite ab-
bracciarono l'istituto. Alcune pie donne,
vedendo impedito al loro sesso di portar-
si colla persona al riscatto degli schiavi,
domandarono d'essere associate all'ordi-
ne, per potere almeno colle orazioni con-
correre all' adempimento de' loro santi
desiderii. Vestirono l'abito dell' ordine,
che presero dalle mani del santo fonda-
tore, e si ritirarono nel monastero da lui
per loro fabbricato in un romitaggio pres-
so Aytona, in una Ione detta Aringa via,
che loro donò nel lo stesso 1 20 1 il nomina-
to belluys. Per allora non s'impegnarono
con voli, non essendo che una congrega-
zione di divole donne, cui conveniva solo
il nome d'oblateo secondo l'uso di Spa-
gna di beate. Nel 12 36 il monastero, de-
dica loallaMadouua degli Angeli, si riem-
pì di vere religiose sotto la direzione del-
l'infanta d. Costanza figlia del re Pietro
Il e sorella di Giacomo I. Il p. Nicola, 6.°
ministro generale dell'ordine, fece tran-
sazione con questa principessa, e per i-
strutnento convenuto tra loro, col con-
senso del provinciale di Catalogna e di
Aragona, egli cede alle religiose la casa
con tutte le terre e rendite a lei appar-
tenenti, colla facoltà d'amministrare da
loro medesime il temporale, riservandosi
lo spirituale e la visita de'monasteri alla
giurisdizione de' superiori dell'ordine ;
colla coudizione inoltre, che il 3.° di loro
entrate, conforme alla regola de'trinit.i-
ri, fosse impiegalo nei riscatto degli sebi*
33a T R I
vi; venendo le religiose collo stesso atto
dispensate da molte austerità della rego-
la. Fu quindi la principessa d' Aragona
la irreligiosa delle trinitarie, e lai.aab-
badessa o superiora di questo monaste-
ro. Era ella stata moglie di Guglielmo di
Moncada visconte di Bearn e siniscalco
d'Aragona, che morto nella presa di Ma-
iorca, nella sua vedovanza erasi intera-
mente dedicata a Dio in quest'ordine, a
cui fondò nel 1 23 i un monastero in Ma-
iorca, dotandolo di molti beni ch'erano
toccati in sorte al marito per la conqui-
sta dell'isola falladal fratello Giacomo I.
Accrebbe pure l'entrate di quello d'Avin-
gavia, in cui dopo essere vissuta santa-
mente per alcuni anni, mori neli2 52, e
il suo corpo fu deposto in sontuoso avello
nella cappella della Madonna del Reme-
dio, decoralo da molte figure esprimenti
religiose dell' ordine, alcune delle quali
con baltei e spada al fianco, ed altre a
cavallo cogli stendardi in mano. Anche
altre signore di sangue reale illustrarono
l'ordine, con vestire I' abito delle trini-
tarie nel monastero d' Avingavia, Ira le
quali d. Sancia d'Aragona sorella di d. Co-
sta uza, che morì nel i 2 54 ; e l'infanta d.
Maria figlia di Giacomo I fu abbadessa
del monastero di Cannes nella diocesi di
l'erpignano,e fu tumulata in quella chie-
sa nel 1 3oy, monastero fondalo nel 1 248
da Pietro Tarojas vescovo di Perpigna-
110. Quello di Avingavia fu abitalo dalle
religiose sino al 1 7?.c), in cui non essen-
dovi rimasta che una monaca corista col-
la conversa, fu ceduto a' frati trinitari.
Le monache fiorirono anche in altri loro
monasteri, consistendo il loro ahito in ve-
ste e scapolare bianco, sul secondo essen-
dovi cucila la croce parte rossa e parte tur-
china, assumendo uua lunga cappa nera
in coro, su di cui nella parte sinistra è
< in ila allra simile croce, il capo velan-
dolo con panni bianco e nero, come rile-
vasi dalla figura esprosa n^l descrivere
le trinitarie dal p. nonanni nel Catalogo
degli ordini religiosi e delle vergini a
TRI
Dio dedicate, t. 2, p.96; ed il Capparo-
ni che lo riprodusse con figure colorate,
nella Raccolta degli ordini religiosi a
delle vergini a Dio dedicate. Trattano
ancora delle trinilarie,ilp.He!yot,iS7w-/Vf
degli ordini religiosi, t. 2,cap. 49: Del'
le religiose trinitarie;^ il suo compen-
diatole p. Annibali da Lalera nel Com-
pendio degli ordini regolari, cap. 35:
Delle religiose trinitarie dell'antica os-
servanza. Esistono presentemente nella
Spagna 1 1 monasteri di monache trini-
tarie dell'antica osservanza; in Francia
e in Algeri 48 monasteri, senza però che
quest'ultime monache facciano i voti so-
lenni, vietati dalle leggi francesi. In Por-
togallo vi sono due monasteri, uno de'
quali nella capitale Lisbona. Di altre re-
ligiose trinitarie parlai nel precedente ar-
ticolo, e delle scalze nel seguente.
T R I » IT A RIE SCALZE DELLA RE-
DENZIONE DEGLI SCHIAVI, Mania-
les discalceatae ordinis ss. Trinitatis
redemplionis caplivorwn. Verso il 1 61 3
Francesca di Rumerò figlia di Giuliano
luogotenente generale dell'armi di Filip-
po III re di Spagna in Fiandra e vedova
d'Alfonso d'Avalos e di Gusiuan, volen-
do fondare liti monastero di religiose scal-
ze dell'ordine di s. Agostino, da Toledo
fece venire a Madrid 3 religiose di quel-
l'ordine, ed avendo radunato un nume-
ro ili nobili fanciulle, sufficiente a forma-
re una comunità, si ritirò con esse in al-
cune case a lei appartenenti nella via de
Cantami nas, ove volle fondare il suo mo-
nastero. Intanto che si dovea stabilire la
clausura e l'erezione della chiesa, le re-
ligiose reca vansi nella vicina chiesa dei
Trinitari scalzi di Spagna (/*.) per a-
scollare la messa e ricevere i «agra «en-
ti, affidandosi alla direzione ilei b. Ciò.
Battista della Concezione, istitutore di
quella riforma. Quindi prendendo affet-
to all'istituto de'lrinitari scalzi, la fonda-
trice e le fanciulle di sua comunità, ab-
bandonalo il disegno di rendersi agosti-
niane scalze, domandai 0110 ai b. G10. bai-
T Iti 1 TRI 333
tisla premurosamente d'essere aggregate cesse alle monache di potere scegliere fra
al suo ordine, ed egli ve le ammise con a- loro In superiora. Radunatesi senza sapu-
bito di ubiate. Indi alle replicate istanze ta della fondatrice, a pieni voti elessero
dalle medesime fatte ond'éssere perfetta- a superiora la veti. m. Agnese della Con-
mente soggette a'triuitari scalzi riforma- cezione. Vedendosi la Rumerò privata del
li, e di seguimela regola eie ooslituziu- governo, rinunziò alla qualità di fonda-
rli, i religiosi vi si opposero e anzi prete- trice e nello stesso tempo si astemie dal
sero obbligarle a spogliarsi dell'abito ri- somministrare l'occorrente alle religiose;
cevulo; e poiché il b. Gio. Battista indi' indi tentò di distruggere il monastero, ri-
nava a contentare le religiose, fu allori- correndo a Roma perchè fosse annullata
tan. ito da Madrid e mandato nell'Alida- la professione religiosa. Invece le mona-
lusia. La Rumerò e le sue compagne ve- che rinnovarono i voli nel 1619, ed eles-
dendo che i trinitari scalzi erano fermi sero nuovamente persuperiora la veu. in.
in ricusare di prenderle sotto la loro giù- Agnese, la quale è tenuta per istitutrice
risdizione, ricorsero al cardinal Bernardo delle trinitarie scalze. Il cardinal Zappa-
Sandoval arcivescovo di Toledo, che a- ta amininiitratoie dell' arcivescovato di
vendo loro permesso di vivere giusta le Toledo,avendo lollodallecostituzioui dei
costumanze e regole delle monache Tri- trinitari scalzi ciò che non era confacen-
niltir'u(l .), colle regole e riforma de'lri- te al sesso femminile, ne compilò delle
nilari scalzi, e di vestire il loro abito, es- particolari per queste religiose, ed a loro
se lo ripresero a'9 novembre 161 1 eco- le die nel 1627 , venendo approvale da
iniuciai ono l'anno di noviziato. Ma la fon- Urbano Vili nel 1 634- Le religiose in Ino-
datrice Romero, che malgrado le opposi- go della Rumerò trovarono ultra fonda-
zioni de'lrinilari scalzi avea proseguito a trice in Maria de Villena vedova di d.
portarne l'abito ed a praticar le loro os- Sancio della Cerda, che loro lasciò per te-
sei vanze, poi mutato pensiero fu la 1." stamento neh 63 1 considerabili somme,
a deporlo e con molto vigore procurò di In sostanza la regola che le trinitarie scal-
persuadere le compagne a seguirne l'è- M poi seguirono, fu quella assegnala coti
sempio; esse però persisterono nell intra- miglior forma neli63i a trinitari scali!
presa risoluzione con ferma costanza. Fi- spaglinoli. Vestivano queste religiose co-
italmente la fondatrice e i religiosi vi ac- me i religiosa , cioè tonaca e scapolare
consentirono, e compilo l'anno di proba- bianco con cappa color bigio scuro fino a
zione, fecero tulle, a riserva della londa- mezze gambe, l'una e l'altra segnala col-
trice, i loro voti solenni, e si soggettarono la croce rossa e turchina. In capo porta-
aM a rei vescovo di Toledo. La Romero le vano velo bianco e sovrapposto alito ne-
prov vedeva di tutto il bisognevole, ma 10; incedevano scalze, cuoprendo i piedi
pretendendo che alla qualifica di fonda- con sandali di canape. Ne riporta le noti-
trice andasse congiunta quella di supe- ziee la figura il p. \jonar\ri\, Catalogo de-
riora, vi esercitava l'uffizio con autorità, gli ordini religiosi e (Ielle vergi ni a Dio
assoluta, accettando le fanciulle che si dedicate, t. 2, p.97; riprodotte con figu-
piesentavatiOjSenza ricercarne il consenso ra colorata del Capparoni, Raccolta de-
della comunità, contro gli statuti dell'or- gli '.ordi/u religiosi e delle vergi/a a Dio
dine. Inoltre obbligava le religiose ad u- dedicale. JNeh65t il cardinal Baldassa-
rre dalla clausura, e le allontanava dal- re Sandoval arcivescovo di Toledo dal
le loro osservanze; e tutto questo indus- monastero di Madrid cavò cinque trim-
se le religiose a ricorrere all'arcivescovo laiie scalze per fondare un altro mona-
di Toledo il cardinal Bernardo Sando vai, stero nella slessa città, istituito da d. Bea-
li quale per ovviare a tuli diaordiui cou- trice de Silva u per le carmelitane, e do-
286077
334 T u [
pò averle istruite nell'osservanze regola-
ri, tornarono al proprio monastero nel
i655. Le trinitarie scalze ebbero altri
monasteri, come in Lima del Perù. In-
nocenzo XI col breve Sacrosancti Apo»
stolatus, de' 22 febbraio 1 685, Bull. Rom.
t. 8, p. 354'. Confirmanlur Constitutio-
ries Monialium Reco lite tarimi ordinis
ss. Irinitalis Redemptionis captivorum
in Hispania. Vi sono riportate le costi-
tuzioni medesime in italiano, e vi si ricor-
da la costituzione emanata da Alessandro
VII per le monache Trinitarie. Scrisse
di loro il p. Helyot, Storia degli ordini
religiosi, cap. 49: Delle religiose trini-
tarie scalzej compendiato dal p. Anni-
bali da Latera, Compendio degli ordini
regolari, t. 1, cap. 35: Delle religiose
trinitarie scalze. Attualmente le mona-
che trinitarie scalze di questa congrega-
zioue hanno soltanto i ricordati monaste-
ri di Madrid e di Lima.
TRIOCALA. Città vescovile di Sicilia,
ora borgo denominatoC#/rttoZ>e//oto,che
in parie ne occupa il sito, nella provincia
di Girgenti,da cui è distante 1 1 leghe, ca-
poluogo di cantone presso la riva destra
del fiume Crimiscis, ora chiamato Cala-
tabellota , iu vicinanza del quale Timo-
Jeone alla testa di 6000 siracusani tagliò
ti pezzi un'armata di 70,000 cartagine-
si. Triocala, antichissima e celebre città,
è riuomata per le dolci sue acque, per la
feracità del suo territorio, massime in vi-
no e olio, ed inaccessibile per le sue rupi,
non che per la guerra degli schiavi roma-
ni che vi si rifugiarono, 1 o5 anni avanti
la nostra era. Ruggero normanno conte
di Sicilia vi riportò una vittoria sopra i
saraceui, i quali avendo rovinala Trioca-
la, circa 1000 passi distante surse Cala-
tabellola. La tradizione dice che si no dal
tempo degli Apostoli in Triocala fu sta-
bilita la sede vescovile, e Rocco l'ini, Si-
TRI
ciliae sacrae, t. r, p. 432, riporta i se-
guenti vescovi della Ecelesiae Triocali-
tanae. lli.° Triocali tanus episcopus fu
s. Pellegrino, fiorito nell'anno 90 di no-
stra era, che vuoisi inviato da s. Pietro
in Sicilia. Non si trovano altri sino a Pie-
tro del 598,8 cui Papas. Gregorio I com-
mise la visita della chiesa di Girgenti.
Massimo nel 649 sottoscrisse il sinodoLa-
teranense di s. Martino I. Gregorio nel
680 fu al VI concilio di Costantinopoli.
Giovanni nel 787 intervenne al concilio
di Nicea il, dopo il quale per l'invasione
saracena Triocala cessò d'avpre il vesco-
vo, si formò il priorato di s. Giorgio di
Trocalis e fu unito all' Archimandrita
di Messina.
TlilODIO, Triodium. Libro ecclesia-
stico usato nella chiesa greca, che viene
ad essere come una parte del breviario
latino; mentre comprende l'uffizio d'una
parte dell'anno, cioè dalla domenica di
seltuagesima,chiamata domenica del Pub-
blicano e del Fariseo, fino al sabato san-
to.! greci hanno degl'i nni,o canoni com 'es-
si li chiamano, per le fesle di Gesù Cri-
sto, della B. Vergine e de'Santi. Ora que-
sli inni 0 canoni sono divisi nelle strofe cui
danno il nome di ode, e la maggior par-
te si recita in tempo deH'uflizio contenu-
to nel Triodio, e che si trovano per con-
seguenza iti questo libro, e sono compo-
sti di tre sole odi o strofe, ond'è che chia-
mano il libro Triodion, quasi dicessero
il libro che contiene gì' inni di tre odi.
Gli altri cantici, che i greci recitano nel
loro uffizio, sono composti di 9 odi. Alcu-
ni hanno credulo non esser l'inno com-
posto di tre odi quello che chiamasi Trio-
dio, ma errarono come può vedersi Del-
l' Eucologio de' greci, i quali chiamano
Diudion gl'inni che hanno due strofe, e
Tilradion quelli che ne hanno quattro.
FINE DEL VOLUME OTTANTESIMO.
BX 841 .M67 1840
SNCR
fioroni , Gaetano,
1802-1883.
Dizionario di erudizione
storico-ecclesiastica
AFK-9455 (awsk)