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Full text of "Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da S. Pietro sino ai nostri giorni. Compilazione di Gaetano Moroni romano"

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DIZIONARIO 

DI  ERUDIZIONE 

STORICO-ECCLESIÀSTICA 

DA  S.  PIETRO  SINO  Al  NOSTRI  GIORNI 

SPECIALMENTE     INTORNO 

AI  PRINCIPALI  SANTI,  BEATI,  MARTIRI,  PADRI,  AI  SOMMI  PONTEFICI,  CARDINALI 
E  PIÙ  CELEBBl  SCRITTORI  ECCLESIASTICI,  AI  VARH  GRADI  DELIA  GERARCHIA 
DELLA  CHIESA  CATTOLICA,  ALLE  CITTA*  PATRIARCALI,  ARCIVESCOVILI  E 
VESCOVILI,  AGLI  SCISMI,  ALLE  ERESIE,  AI  CONCILI!,  ALLE  FESTE  PIÙ  SOLENNI, 
Al  RITI,  ALLE  CERIMONIE  SACRE,  ALLE  CAPPELLE  TAPALI  ,  CARDINALIZIE  E 
PRELATIZIE,  AGLI  ORDINI  RELIGIOSI,  MILITARI,  EQUESTRI  ED  OSPITALIERI,  NON 
CHE    ALLA    CORTE    E    CURIA     ROMANA    ED    ALLA    FAMIGLIA    PONTIFICIA,  EC.  EC.  EC . 

COMPILAZIONE 

DEL  CAVALIERE  GAETANO  MORON1  ROMANO 

SECONDO  AIUTANTE  DI  CAMERA 

DI   SUA  SANTITÀ   PIO    IX. 


VOL.  LXXX. 
IN     VENEZIA 

DALLA     TIPOGRAFIA     EMILIANA 
MDCCCLVL 


ri 


La  presente  edizione  è  posta  sotto  la  salvaguardia  delle  leggi 
vigenti,  per  quanto  riguarda  la  proprietà  letteraria,  di  cui 
l'Autore  intende  godere  il  diritto?  giusta  le  Convenzioni 
relative. 


DIZIONARIO 


DI  ERUDIZIONE 


STORICO-ECCLESIASTICA 


T 


TRE 


TRE 


1  RE  VERI  (Treviren).  Qllà  con  re- 
sidenza vescovile  celebre  e  antichissima, 
negli  stali  occidentali  del  re  di  Prussia, 
nella  provincia  del  Basso-Reno,  capoluo- 
go di  reggenza  e  di  due  circoli,  distante 
26  leghe  d' Aquisgrana,  2  t  da  Coblentz 
e  y4  da  Parigi,  in  fondo  fra  due  monta- 
gne ,  sulla  destra  sponda  della  Mosella, 
che  quivi  accoglie  il  piccolo  ruscello  di 
Weberbach,  e  vi  si  varca  sopra  un  vec- 
chio ponte  di  pietra.  S'  innalza  nel  bel 
mezzo  di  pittoresca  valle,  e  le  danno  or- 
namento le  vie  spaziose  e  ben  lastricate, 
ed  i  solidi  edilìzi  di  grandi  pietre  quadra- 
le composti.  Vi  si  distinguono  il  palazzo 
elettorale,  che  serve  ora  di  caserma,  e  le 
chiese  della  B.  Vergine,  di  s.  Simeone,  e 
la  vasta  cattedrale.  Questa  di  antica  e 
gotica  struttura  è  sotto  l'invocazione  di 
s.  Pietro  principe  degli  Apostoli,  e  tra  le 
reliquie  vi  si  venera  e  gelosamente  custo- 
disce, quale  inestimabile  sagro  tesoro,  la 
ss.  Tonaca  o  Tunica  inconsutile  di  Ge- 
su  Cristo  {V.).  Le  divote  processioni  e  i 
sagri  pellegrinaggi  de'cattolici  alla  catte- 
drale per  venerarvi  la  ss. Tonaca,  allorché 


d'ordine  dell'attuale  zelantissimo  vescovo 
mg.r  Arnoldi  si  espose  alla  pubblica  ve- 
nerazione nell'agosto  e  settembre  1 844-» 
dierono  occasione  e  pretesto  di  manifesta- 
re i  suoi  riprovevoli  errori,  all'apostata 
Gio  vanniRongecaposetta  di  nuovo  scisma 
e  di  quegli  infelici  eterodossi  seguaci  del 
Razionalismo  e  Socialismo  (J^.)t  che  o- 
riginati  in  Posnania  (f.),  furono  tosto 
colpiti  dallecensure  apostoliche  di  Grego- 
rio XVI,  e  di  mg.r  vescovo  di  fVratisla- 
via  (F.)  o  Breslavia.  In  tali  articoli  de- 
plorai l'audacia  dell'indegno  Ronge,  che 
sfrontatamente  ardi  di  pubblicare  violen- 
ta scrittura  contro  le  ss.  Reliquie,  contro 
la  s.  Sede,  e  contro  I'  ottimo  vescovo  di 
T reveri; e  rimarcai  che  il  Rongianismo  fu 
riprovato  ancora  dal  regnante  Pio  IX.  Il 
capitolo  della  cattedrale  si  compone  del- 
la 1  /dignità  del  preposto  e  di  quella  del 
decano,  di  8  canonici  numerari  e  di4o- 
norari ,  di  6  vicari  prebendati;  desunt 
praehendae  theologalis  et  poenitentia- 
ria,  dice  l'ultima  proposizione  concisto- 
riale. Tuttora,  in  vigore  d'iudulto  aposto- 
lico, il  capitolo  e  i  canonici  eleggono  il 


4  TRE 

vescovo,  che  conferma  la  s.  Sede.  Uno  dei 
canonici  esercita  nella  cattedrale  la  cura 
dell'anime,  però  il  battisterio  esiste  nel- 
la vicina  chiesa  della  B.  Vergine.  Antica- 
mente il  capitolo  maggiore  era  composto 
di  4°  canonici,  di  cui  \6  capitolari  e  16 
domiciliari, tutti  nobili. Egualmente  pros- 
simo alla  cattedrale  è  il  conveniente  epi- 
scopio. Oltre  la  cattedrale  nella  città  vi 
sono  altre  5  chiese  parrocchiali,  munite 
del  s.  fonte,  due  monasteri  di  monache, 
diversi  sodalizi,  l'ospedale  a  cui  assistono 
le  sorelle  della  Carità,  il  monte  di  pietà, 
il  seminario  cogli  alunni,  il  liceo,  una  dot- 
ta società,  e  la  pubblica  biblioteca  ricca  di 
più  di  70,000  volumi.  Sotto  il  romano 
impero  ;issai  fiorirono  le  lettere  nelle  Gal- 
lie,  perchè  i  romani  vi  stabilirono  molte 
scuole,  e  tra  quelle  di  maggior  grido  pri- 
meggiano le  scuole  di  Marsiglia,  Tolosa, 
Bordeaux,  A  utun,Lione,e  Treveri  la  qua- 
le meritò  d'essere  visitata,  oltre  altre,  dal 
dottore  massimo  s.  Girolamo  poco  dopo 
il  370.L'imperatoreGrazianochenel  375 
salì  all'impero,  dotto  protettore  delle 
scienze,assegnòuna  rendita  stabile  a'mae- 
stri  pubblici  di  rellorica  ,  come  anco  a 
quelli  che  insegnavano  nelle  grandi  città 
le  lettere  greche  e  Ialine.  Accordò  parti- 
colari privilegi  alle  scuole  delle  Gallie,  e 
soprattutto  a  quelle  di  Treveri,  i  profes- 
sori delle  quali  aveanopiù  grossi  stipen- 
di che  quelli  di  tutte  le  altre.  Fece  veni- 
re Ausonio  di  Bordeaux  in  questa  città, 
e  persuaso  che  le  scienze  non  ponno  che 
divenir  nocive  senza  la  virtù,  fece  sagge 
regole  per  mantenere  il  buon  costume 
tra  gli  studenti,  e  loro  proibì  di  andare 
a'teatri  e  di  trovarsi  alle  pubbliche  feste. 
La  scuola  di  Treveri  avea  per  professori 
di  eloquenza  Armonio  e  Ursucula ,  dei 
quali  Ausonio  fa  i  maggiori  elogi.  Papa 
Nicolò  V  in  considerazione  di  quanto  a- 
veano  fiorito  le  scienze  in  Treveri,  v'isti- 
tuì l'università  e  lo  studio  generale,  l'or- 
nò di  molti  privilegi  e  singolari  preroga- 
tive, non  che  di  benefìzi  ecclesiastici,  col- 
le bolle  fnlcr  e  ade  ras  felicitatesi  Ho- 


TRE 

manum  decet  Ponti/icem,  de'a  e  1 1  feb- 
braio 1 4^4»  altri  benefìzi  ecclesiastici  unì 
all'università  Sisto  IV,  colla  bolla  In  su- 
premae  dignitatis,  de'  26  maggio  1  4?4> 
che  confermò  Clemente  VII,  conceden- 
dole altre  grazie,  mediante  la  bolla  Quo* 
ni  ani  per  lilerarum,At\Y%  ottobre  1 532; 
le  quali  bolle  Gregorio  XV  confermò  col- 
la sua,  Unìversalis  Ecelesiae  regimini, 
de' 17  luglio  1621,  Bull.  Rorn.  t.  5,  par. 
4>  p.  36 1,  ove  si  leggono  tutte.  Inoltre  in 
Treveri  viHfu  eretto  u\\  collegio  per  le  mis- 
sioni apostoliche,  e  perciò  dipendente  dal- 
la congregazione  di  propaganda  fide  ,  e 
diretto  da'gesuiti.  Ma  per  le  vicende  po- 
litiche de'tempi,  tanto  l'università  che  il 
collegio  restarono  soppressi.  Treveri  è 
patria  di  molti  illusili,  fra 'quali  ricorde- 
rò s.  Ildegarda  badessa,  d'una  illustre 
famiglia  della  contea  di  Spanheim;  Sal- 
viano  prete  di  Marsiglia  del  V  secolo,  che 
pure  vuoisi  originario  di  Treveri,  aulore 
di  due  trattati,  1'  uno  sulla  provvidenza 
di  Dio,  e  l'altro  sull'avarizia;  del  celebre 
cardinale  Amalario  F 'or lunato ,  arcive- 
scovo della  patria;  del  famoso  cardinal  Ni- 
colò di  Casa,  nato  presso  la  Mosella  nel- 
la diocesi  di  Treveri  da  un  pescatore, pre- 
posto di  s.  Fiorino  di  Coblentz,  il  cui  cuo- 
re fu  portato  a  Cusa  sua  patria  e  depo- 
sto nell'  ospedale  da  lui  fondato.  Treve- 
ri fu  pure  patria  del  letterato  Corrado 
Fleisch  e  di  altri.  Vi  sono  manifatture 
di  panni,  di  tappeti,  di  tele  tli  lino,  d'in- 
diane, di  calze,  di  cappelli,  di  sapone,  di 
candele,  di  tabacchi  e  carte  dipinte;  fon- 
derie, fabbriche  di  terraglie  e  concie  di 
pelli, formano  la  sua  principale  industria, 
e  tra  dica  di  vini  della  Mosella,  grani  e  le- 
gname. Poche  contrade  al  pari  di  questa 
ridonda  d'antichità  romane,  poiché  si  ri- 
tiene forse  la  più  antica  città  eli  Germa- 
nia, ed  una  fra  le  più  celebri  della  regio- 
ne. Considerevoli  sono  le  rovine  de'soo- 
tuosi  bagni,  ma  rare  vestigia  si  conserva- 
no del  circo  e  dell'anfiteatro;  è  rinoma- 
la la  così  eletta  porta  nigra.  Anche  le  pie- 
tre del  ponte  che  attraversa  la  Mosella, e 


TRE 

«Iella  piazza  del  Mercato,  sono  opera  ro- 
mana, dacché  Treveri  era  imo  de' prin- 
cipali loro  empori,  e  capitale  della  Gal- 
lici Belgica.  1  dintorni  racchiudono  fer- 
ro, rame,  argento  e  piombo,  e  vi  si  at- 
tende particolarmente  alla  coltivazione 
della  vite  e  del  lino.  Conta  circa  18,000 
abitanti,  e  la  reggenza  del  suo  nome  più 
di  32o,ooo,  formante  la  parte  meridiona- 
le della  provincia  del  Basso-Reno,  il  qua- 
le comprende  l'antico  slato  sovrano  del- 
l'Elettorato ecclesiastico  di  Treveri,  al- 
tre sue  reggenze  essendo  quelle  d'  At/ui- 
sgrana  e  Coblentz.  11  territorio  elettora- 
le conteneva  280,000  abitanti,  e  capita- 
le n'era  la  città  di  Treveri,  fregiata  pure 
del  grado  di  città  imperiale.  Dimorava 
ancora  in  Coblentz  (V.)  e  nella  fortezza 
d'Ebrenbreinsteiu  che  la  difende.  L'arci- 
vescovo elettore  era  cancelliere  dell'//«- 
pero  per  le  Gallie  e  pel  regno  d'Arles;  era 
il  2.0  degli  elettori  ecclesiastici,  ma  vota- 
va pel  i.°  per  l'elezione  dell'Imperatore 
{V.).  Di  sue  particolari  prerogative,  qua- 
le Elettore  del  s.  Romano  Impero,  e  del 
titolo  d' Eminenza  e  altri  titoli,  in  tali  ar- 
ticoli ne  ragionai.  Avea  la  propria  zecca 
e  batteva  monete,  alcuni  arcivescovi  e- 
lettori  avendo  fatto  coniare  anche  i  fio- 
rini d'oro  simili  a  quelli  della  repubblica 
fiorentina,  con  l'ellìgie  di  s.  Gio.  Batti- 
sta, e  per  distinzione  sopra  la  mano  de- 
stra del  santo,  in  atto  di  benedire,  vi 
ponevano  l'aquila  di  due  teste;  nel  rove- 
scio il  giglio  era  poco  diverso  da  quello  di 
Firenze,  ed  intorno  il  nome  dell'arcive- 
scovo, come  N.  Archiepiscopus  Treviren- 
sis.  lu  alcuni  fiorini,  invece  del  giglio,  è 
lo  stemma  gentilizio  dell'arcivescovo  che 
li  fece  coniare.  Alcune  di  queste  monete 
si  potino  vedere  nel  Vettori,  Il  Fiorino 
d'oro  antico  illustrato.  Un  tempo  l'ar- 
civescovo di  Treveri  fu  legato  o  vicario 
della  Sede  apostolica  in  tutta  la  Gallia 
e  la  Germania.  In  Roma  anticamente  gli 
arcivescovi  di  Treveri  godevano,  secon- 
do alcuni,  la  Chiesa  de'ss.  Quattro  Co- 

roiiati  (f^.Jf  0  meglio  l'oratorio  poi  degli 


TRE  5 

Scultori [V.)  e  scarpelliui,  colla  contigua 
abitazione  per  risiedervi  nella  loro  venu- 
ta in  Roma,  poi  rifabbricato  e  divenuto 
Palazzo  apostolico  de'ss.  Quattro,  sic- 
come edificato  con  magnificenza  da  Pa- 
squale li,  allorché  riedificò  la  chiesa  col- 
l'abitazione  rovinata  da  Roberto  Guiscar- 
do allorquando  si  portò  nel  1080  a  Ro- 
ma a  liberare  s.  Gregorio  VII  dal  perse- 
cutore Enrico  IV;  palazzo  in  cui  allog- 
giò l'imperatore  Sigismondo  nel  recarsi  111 
Roma  nel  1 4-33  per  ricevere  la  corona  im- 
periale. Nel  citato  articolo,  col  Martinel- 
li e  col  Piazza,  dissi  la  concessione  fitta 
da  Leone  Vili  all'arcivescovo  Teodorico, 
ma  ora  trovo  nel  Bull.  Rom.  1. 1,  p.  276, 
cheappartiene  a  Papa  Benedetto  VII; for- 
se l'antipapa  Leone  Vili,  intruso  da  Ot- 
tone I  e  morto  nel  q65,  l'avrà  eseguita, 
e  il  legittimo  Benedetto  VII  resa  valida, 
anzi  in  tempo  dell'antipapa  l'arcivesco- 
vo era  Enrico,  che  intervenne  al  concilia- 
bolo di  Roma  (F.)  del  963,  in  cui  sacri» 
legamente  fu  deposto  il  Papa  Giovanni 
XII  per  sostituirgli  il  pseudo  Leone  Vili. 
Però  dalla  bolla  de'28  gennaio  975  di  ciò 
nulla  si  dice;  solo  quanto  alla  data  del  me- 
se vi  è  una  variante,  poiché  i  cronologi 
dicono   Benedetto  VII  eletto  prima  de' 
25  marzo.  Come  un  monumento  impor- 
tante, per  provare  1'  asserta  rettificazio- 
ne, e  per  quanto  dovrò  dire,  reputo  con- 
veniente il  riprodurla.  »  Benedictus  Epi- 
scopus  Servus  Servorum  Dei,  carissirais 
nobis  in  Christo  fratribus,  universis  Epi- 
scopis,  ac  totius  dignitatis,  et  ordinis  Ca- 
tholicis  viris  praesentibus  scilicet  et  futu- 
ris  perpetuam  salutem.  Quia  licei  indi- 
gni, divinae  tamendigoatiouisgratiae  di- 
sponente, B.  Pelri  apostolorum  princi- 
pissacratissimaui  Sedem,pastoralemque 
in  corani  dominici  gregis  ministeriumsu- 
scepimus  juxta  apostolicam  doctrinam, 
sicut  malis  terrori,  ne  desideria  pravi  ta- 
li* suae  perfìciant  nos  oportet  existere  , 
ita  sanctae  Dei  universale  Ecclesiae  filios 
in  religionis  piaeque  devotionis  profe- 
ctu  pateinae  gratiaebenedictione  fovere: 


6  TRE 

maximeque  eos,  qui  iu  s.  Romanam  Ec- 
clesia m,  B.  Petruni  apostolorum  princi- 
peni  cauteri*  devotiores  probantur;  qua- 
tenus  eis,  pia  sui  devotio,  et  iti  piaesenti 
benignitatis  couferat  consolalionein,  et  iti 
futuro  aeternam  ipso  intercedente  remu- 
nerationem.  Unde  omnium  tam  praeseu- 
tium  quam  futuroruinsanctitalem,  el  iu- 
duslriam  nosse  volumus,  de  saucla  fralris 
nostri Tbeodorici  s.  Trevirensis  Ecclesiae 
Archiepiscopi,  Primatisque  nostra  prae- 
decessorumque   nostrorum  ,  ab  esordio 
Chrislianitatis  perB.  Petruui  constilutio- 
jie,  tolius  Galliae  ac  Germaniae,  in  eum- 
dero  Apostoloruin  principem  devotione, 
qui  in  sua  sede,  Ecclesiali)  Cimati  glorio- 
sus  gubernando  multa  moiuisteiioium  > 
quae  usque  in  sua   tempora  manserunt 
deserta,  restaurando,  bealoruni  Aposto- 
lurum  Limiiiii  caeterissaepius,  nullo  I o 1 1 
gioris  viae  periculo ,  seu  labore  tenitus, 
libéralissime    visitando,   tiubis  usque  eo 
complacuit,  ut  eidem  Theodorico,  et  i- 
psiu*  Ecclesiae  possidenda  in  perpetuutn 
aliqua  conferì  e  justum  ducereuius;  qua- 
terna, ut  pracfali  sumus  ,  pio  tanta  sui 
devotione,  a  nobisgratiam,  et  benedictio- 
nem  in  praeseuli,et  iu  futuro  a  Deo  bea- 
tisque  Apostoli  ceuluplicatam  in   coele- 
btibus  reci perei  gloriati).  Quapropter  o- 
tnnium  tam  praesenlium  quam  futuro- 
rum  notum  fieri  volumus  iiulustriae,  uos 
cuti)  auctoi  itale  1j.  l'eli  i  apostoli  n  uni  priu- 
cipis,gi  aluitoque  sacerdotuiu,clericorum, 
totius(|ue  romanae  plebis  assensu,  eidem 
fc.Trevirensi  Ecclesiae  Cellam  (par  chia- 
ro cbe  delibasi  intendere  l'oratorio,  e  pel 
•uo  ospizio  la  contigua  abitazione  e  pos- 
sessioni, poiché  la  chiesa  giàera  tilolocar- 
dinalizio  e  lo  è  tuttora;  può  darsi  chela 
Cella  o  abitazione  fosse  diversa  dal  pa- 
lazzo de'lilolari,  e  cbe  forse  desso  fu  il  ri- 
fabbricato da  Pasquale  11)  Quatuor  Co- 
ronatoi  uni  condonasse  in  perpetuo  pos- 
sidendam,cum  oimi'ìbmslppendùiis  suis, 
aquis  sei  licei  ,  aquarumque  decursibus, 
pratis,  pascuis,  viueU,  sii  vis,  cullis  el  iu- 
cultis,  cuililibus  el  mansis.  Quae  omnia 


TRE 
eidem  fralri  nostro  Theodorico  s.  Tievi- 
rensis Ecclesiae  Archiepiscopo,  Vicario- 
que  nostro  carissimo   in  partibus   tolius 
Galliae  el  Germaniae,  ac  per  euni  cun- 
ctis  successoribus  inperpetuuoi  possiden- 
da, teueuda,  ac  ordinanda,  per  hiijusno- 
straeApostolicae  praeceptionisseriem  tri- 
buimus,  quaecumqueeadem  Cella  ex  di- 
versa fideliuin  donatiotiibus  autentice  se- 
cundum  legem   romauuui  possidet ,  vel 
jam  possidere  debet,  data  videlicel,et  us- 
que in  fi  tieni  saeculi  quoquo  pactodan- 
da,  seu  per  violenliam  iniuncorum  eidem 
Cellac  ubiate,  seu  per  incuriam  cornino  - 
ranlium  in  eadem  Cella  perdila,  ex  in- 
tegro, et  ad  integrum  eidem  fi  atri  nostro 
Theodorico  s.  Tievirensis  Ecclesiae  Ar- 
chiepiscopo, dignissiuioque  nostro  Vica- 
rio iu  partibus  tolius  Galliae  el  Germa- 
niae, universisque  successoribus  suis  per 
eum  a  piaesenti  die  indictioueque  lertia 
B.  Petri  apostolorum  principi*  uoslraque 
permittimus  auctorilate.  Contra  quam  si 
quis hominem  quolibet  modo  agereprae- 
sunipserit,  et  quod  jusle,  ac  canonice   a 
uobis  decretimi  est,  in  aliquo  infringere 
tentaverit,  sciai  se  ex  Dei  omnipotenlis 
et  piaedicti  B.  Apostolorum  principis  o- 
tnniumque  Sanctorum,  ac  deinde  nostra 
:i  net  or  i  la  le  da  in  na  udii  m,  a  na  t  Ilenia  liza  il- 
ei uni,  et  cum  omnibus  impiis  aeteruo  sup- 
plicio  deputandum.  Qui  vero  hoc  ipsuin 
nostrum  privilegium,  observare,  custodi- 
re, adimplere  fideliler  studueril  benedi- 
ctionis  gratiam,  el  misencordiae  plenitu- 
iliiieu)  iu  coeleslibus  castri»,  inter  eleclo- 
runi  iiuinei  uni  ellicaciler  a  Domino  Deo 
consequi  mereatur.  Scriptum  per  inanuui 
Stephaui  notarii,  el  regionai  ii,  et  scrina- 
rli s.  Sedis  aposlolicae,  mense  januario, 
Indictione  III.  Data  xv  kal.febr.  per  ma- 
num  Widonis  Episcopi,  el  bibliolhecarii 
s.  Sedis  apostolicae  anno  Deo  propitio  , 
PontiOcalus  Domini  nostri  Benedicti  san- 
clissiuii  VII  Papaeprimo.  Imperante Du- 
mino  piissimo  imperatore  Augusto  Otto- 
ne, a  Deo  coronato,  magno,  anno    vili 
ludictioue  tertia  ". 


TR  E 

L'origine  di  Treveri  si  perde  nel  buio 
de'teuipi,  ed  è  cerio  anteriore  all'entrata 
de'romani  nelle  Gallie:  costituisce  la  ca- 
pitale della  provincia  omonima,  che  altre 
volte  avea  per  confini  all'oriente  il  Reno, 
a  ponente  la  Mosa  o  M osella,  a  mezzogior- 
no il  paese  de'Mediomalrici  o  de'Messi- 
ni,  ed  al  settentrione  il  paese  de'Petnani, 
Cere*i,Segnienie  Condrosieni,clie  esteu- 
devasi  dalla  Musa  e  vicinanze  di  Nerviens 
tino  al  Reno.  I  treviresi,  germani  di  origi- 
ne, erano  il  più  celebre  popolo  della  Bel- 
gica, e  Pomponio  Mela  dice  di  loro:  Cla- 
rissimi  Belgarum  Treviri,  urbesque  in 
Treviri»  opulentissimae  Augusta.  Nel- 
l'anno 58  prima  dell'era  corrente,  i  tre- 
viresi vedendo  die  Giulio  Cesare  avea  do- 
mati gli  elvezi,  cercarono  la  di  lui  ami- 
cizia meno  pei*  inclinazione  che  per  ti- 
more; allora  Treveri  era  già  molto  im- 
portante e  capoluogo  de'Treviri.  Questi 
avvertirono  il  duce  romano,  che  gli  sve- 
vi  stanziati  sulla  riva  destra  del  Reno  si 
disponevano  a  passar  questo  fiume  per  in- 
vadere il  loro  paese  e  quelli  de'loro  vi- 
cini; ma  gli  eventi  provarono  tostamente 
quanto  poco  solida  t'osse  questa  loro  al- 
leanza. Nel  seguente  anno  avendo  quasi 
tutte  le  Gallie  cospirato  contro  il  generale 
romano, egli  mosse  alla  volta  dell'inimico 
accani  patoaRemois,ed  a  veudolo  sconfìtto 
sulle  sponde  dell'Aisne,  lo  perseguitò  fi- 
no al  paese  de'Nerviensi.  11  nemico,  ria- 
vutosi prontamente  da  tale  rovescio  e  fat- 
tosi forte  coll'uuione  de'vermandesi  e  de- 
gli atrehati,  venne  ad  una  2."  battaglia, 
in  cui  Cesare  fu  costretto  a  prender  la  fu- 
ga. A  tal  nuova  i  treviresi,  die  accorre- 
vano in  soccorso  de'romani,  rifacendo  i 
passi  loro  se  ne  tornarono  alle  proprie  ca- 
se. Nel  56  fatto  Cesare  consapevole,  che 
i  belgi  venivano  eccitando  i  germani  a  se- 
co loro  congiungersi,  spedì  il  suo  luogo- 
tenente T.  Labieno  a  Treveri  con  un  cor- 
po di  cavalleria  per  contenerli  al  dovere. 
Giunse  egli  medesimo  due  anni  dopo  in 
questo  paese  con  4  legioni  e  800  cavalli, 
poiché  avea  inteso  come  i  treviresi  non 


TRE  7 

solamente  ricusarono  di  trovarsi  all'  as- 
semblee generali  da  lui  convocate,  ma  te- 
ne  vano  eziandio  corrispondenza  co' ger- 
mani situali  di  là  del  Reno,  per  indurii 
a  irrompere  nelle  Gallie.  Die  motivo  a  tali 
movimenti  la  controversia  tra  Iuduzio- 
111,110  e  Cmgetoi  uno  di  lui  genero,  i  quali 
si  contrastavano  fra  loro  il  principato  di 
Treveri,  e  ili  cui  il  1."  essendo  prevaluto 
al  ?..  ,  avea  tatto  porre  all'incanto  i  suoi 
beni,  luduziomaro,  dopo  essersi  adopera- 
to di  forza  per  indurre  Cesare  a  prestar- 
gli appoggio  mercè  le  finte  sue  sommis- 
sioni, vedendo  che  il  generale  romano  di 
lui  punto  non  si  fidava,  levossi  la  masche- 
ra ,  ed  alla  testa  ti'  un  corpo  di  genti  si 
pose  a  bersagliare  Mauu  posa  il  campo  di 
Labieno.  In  mezzo  a  queste  ostilità,  egli 
venne  ucciso  nel  54  mentre  guardava  la 
Mosa.  La  perdita  del  loro  capitano  non 
rese  più  sommessi  que'  di  Treveri  ;  essi 
continuarono  la  cominciata  guerra,nè  de- 
posero le  armi  die  dopoessere  slati  vinti 
da  uno  stratagemma  di  Labieno, il  quale, 
entrato  pochi  giorni  dopo  a  Treveri,  ne 
cacciò  i  congiunti  d'Induziomaro,  e  rista- 
bilì Cingeloricio  nel  suo  principato  sullo 
la  dipendenza  de'romani.  Nel  sottoporli 
i  treviresi  a'romaui,  uè  adottarono  la  lin- 
gua in  luogo  della  celtica,  che  a  veauo  fi- 
no allora  parlata.  Indi  Augusto  piantan- 
do a  Treveri  una  colonia  romana,  le  die 
il  titolo  d'Augusta  Trevirorurnte  diven- 
ne la  capitale  della  2/  Belgica.  Molti  im- 
peratori tennero  in  essa  più  o  meno  lun- 
go soggiorno,  come  Costanzo  Cloro,  Mas- 
simiano Ercole,  Costantino  I  il  Grande, 
che  pare  le  desse  il  titolo  di  metropoli 
delle  Gallie,  o  almeno  tale  riguardavasi 
nel  IV  secolo  di  nostra  era,  a  cagione  della 
quasi  ordinaria  residenza  che  vi  teneva- 
no gl'imperatori,  e  perchè  divenne  essa 
la  sede  de'prefetti  del  pretorio  delle  Gal- 
lie. Vi  soggiornarono  pure  Costante  I  e 
Costanzo,  Giuliano,  Valentiniano  I,  Va- 
lente, Graziano,  Valentiniano  II,  Mas- 
simo con  Vittore  di  lui  figlio,  Teodosio 
I  il  Grande,ed  Avito,  seuza  parlare  de' 


8  TRE 

tiranni  più  antichi.  Postumo  sotto  Gal- 
lieno, Villorino  e  due  tiranni  sotto  Aure- 
liano. Fiuoda'tempidi  questo  ultimo  im- 
peratore, ed  anche  prima, eravi  in  Tre- 
veri  un  senato  illustre  e  un  ordine  eque- 
stre; in  essa  fiorirono  egualmente  le  scien- 
ze e  il  commercio.  Gio.  Paolo  Mazzuc- 
chelli  nella  Dissertano  apologetica,Me' 
diolanum  secunda  Roma,  presso  il  Ca- 
logeri, Opuscoli  t.  8,  chiama  pure  Tre- 
veri seconda  Roma  o  altra  Roma,  per- 
chè per  più  anni  vi  tennero  sede  stabile 
gl'imperatori  romani,  come  dichiararo- 
no Browero,  e  Jacopo  Massonio,  Antiq. 
et  A final.  Trcvir.  t .  i ,  p.  i  o  1 ,  seri  vendo: 
Trcveris  Romanorum,  ut  mcinininius, 
liuperalorumoccidentalisin  Galha  se- 
des,  Roma  altera,  et  Augusta  Treviro- 
rum  urbs  est  nuncupala.  Inoltre  il  Maz- 
zucchelli  osserva,  che  anco  Arles  fu  det- 
ta seconda  Roma  per  avervi  stabilitola 
sede  alcuni  imperatori;  come  pure  Aquis- 
grana  fu  appellata  seconda  Roma,  quod 
ibi  Carolus  Alagnus  sederli  sibi  Juluris- 
(file  occidenti s  Imperatoris  perpetuata 
decreto  consti tuit.  Per  la  residenza  che  vi 
fecero  i  regolie  longobardi,  Pavia  fu  chia- 
mata altra  Roma,  e  finalmente  Costan- 
tinopoli si  disse  Nuova  Roma  per  aver- 
vi Costantino  I  trasferita  la  sede  dell'im- 
pero. L'  irruzioni  de'  barbari  nella  Bel- 
gica cambiarono  aTreveri  l'aspetto  del- 
le cose  :  i  vandali  essendosene  impadro- 
niti 1'  abbandonarono  al  saccheggio  nel 
cominciar  del  3<)(j,  e  vi  ritornarono  sul 
finir  dell'  armo  slesso,  commettendovi 
novelli  guasti.  1  franchi  nel  \i  i  o  nel 
seguente,  avendola  ancor  trovala  forte 
abbastanza  per  sostenere  un  assedio,  la 
piesero  dopo  gravissimi  sforzi,  e  vi  eser- 
citarono senza  moderazione  i  diritti  del 
vincitore. Treveri  ebbe  a  patire  nuovi  sac- 
cheggi nel  4^0»  e  verso  il  44°  Per  Pa,l° 
degli  unni.  Scorgendo  i  romani  che  il  fiu- 
me Urno,  il  «piale  avea  fino  allora  servi- 
to di  barriera  all'impero,  non  poteva  più 
difendersi  contro  i  barbari,  aveauo  pre- 
so il  partito  di  Udskruc  uellu  città  d'A.i> 


TRE 

les  la  prefettura  delle  Gallie,  il  che  fu  re- 
golalo nel  4°2  con  editto  d'Onorio  e  di 
Teodosio  11.  Essendosi  i  franchi  già  sta- 
biliti in  una  parte  delle  Gallie,  un'orda 
di  essi  ,  dopo  aver  posto  iu  fuga  Egidio 
o  Gitone  generale  romano,  s'  impadronì 
di  Treveri  e  di  Colonia  verso  il  4^4  >  e 
fondò  in  queste  contrade  un  regno  parti- 
colare e  separato  dalla  dominazione  del 
resto  de'frauchi;  regno  che  fu  nominalo 
de'Ripuari,  a  motivo  della  riva  del  Reno, 
che  si  obbligarono  co'romani  a  difende- 
re contro  i  germani  non  meno  che  contro 
i  popoli  stanziali  sull'altra  riva  di  detto 
fiume.  Questi  avendo  presto  estese  le  lo- 
ro conquiste  (ino  all'Escaut  dal  lato  d'oc- 
cidente, e  fino  a  Magonxa  da  quello  d'o- 
riente, si  crearono  un  re  e  costituironsi  nel 
5i  i  per  comando  di  Thièrri  I  figlio  di 
Clodoveo  1  una  raccolta  di  leggi, nelle  qua- 
li viene  di  sovente  fatta  menzione  de'  ro- 
mani; il  che  fa  credere,  che  presso  i  ri- 
paini  rimanessero  più  romani  di  quello 
che  presso  degli  altri  barbari,  e  che  le  me- 
desime leggi  fossero  comuni  a  questi  due 
popoli.  Treveri  però  di  questo  regno  non 
formò  che  la  2,"  città,  mentre  Colonia  n'e- 
ra la  capitale.  Quindi  Treveri  fece  parte 
dell' Austrasia,  ed  i  re  franchi  di  tal  regno 
vi  eressero  un  palazzo  e  l'abitarono.  In- 
tanto il  cristianesimo,  prima  ancora  del- 
l'irruzione  de'  barbari,  erasi  introdotto 
nella  contrada,  sebbene  sieno  discordi  le 
opinioni  quanto  alla  precisa  epoca  sulla 
predicazione  del  vangelo.  Diverse  auliche 
tradizioni  attribuiscono  a'  discepoli  di  s. 
Pietro  la  fondazione  delle  chiese  di  Tre- 
veri, Colonia,  Tongres,  Spira  e  Strasbur- 
go. III. "vescovo  di  Treveri  fu  s.  Eucario 
o  Euclierio,  uno  de'72  discepoli  di  Gesù 
Cristo,  da  Roma  inviato  da  s.  Pietro,  con 
s.  Valerio  diacono  e  s.  Materno  suddia- 
cono, dicendo  la  tradizione  che  lo  consa- 
grò e  gli  consegnò  il  proprio  bastone  o 
/Incoio  pastorale  (/'.),  che  si  conserva 
con  venerazione  in  Treveri;  perchè  si  vuo- 
le die  iu  virili  di  esso  il  sauto  risuscitò 
il  suo  compagno  s.  Materno,  come  uar- 


T  R  E 

ra  Cristoforo  Browero,  m  Annal.  Trevir. 
ad  ari.  5o,  ed  Onorio  Augustodunense,//* 
Scini.de  Vetro  et.  Paulo.  Osserva  ilCan- 
cellieti  ne'  Pontificali  e  nelle  Memorie 
delle  ss.  Teste,  che  siccome  d'allora  in 
noi  s.  Pietro  e  i  successori  non  più  ado- 
perarono il  bacoloj  ed  in  sua  vece  la  Cro- 
ceastata  di  cui  riparlai  nel  voi.  LXXV1I, 
p.  124,  se  i  Papi  si  recassero  a  Treveri 
tornerebbero  ad  usare  quello  del  principe 
degli  A  postoli  e  1  ."Pontefice  roma uo;e  che 
la  parte  superiore  si  custodisce  in  Colonia, 
e  altra  parte  in  Praga.  Vedasi  Giovanni 
Ciampiui,  Dissertalo  his lorica  an  Von- 
tifex  lìoiìumus  Bacalo  Pastorali  uta- 
^/•.^RoinaeiGgo,  e  nelle  sue  Oderei.  3, 
p.  209,  Roma  1  747.  H  dotto  Ciani  pi  ni  so- 
■tiene,  che  i  Papi  usassero  il  bacolo  pasto- 
rale,parlando  de'tempi  antichi. Poche  no- 
tizie si  hanno  di  s.  Eucario,  bensì  dice  s. 
Gregorio  di  Tour»,  che  il  suo  culto  eia  già 
celebre  nel  VI  secolo,perchè  preservòTre- 
vei  i  dalla  peste,  molto  dopo  la  sua  morte: 
il  martirologio  ne  fa  menzione  l'8  dicem- 
bre. Altri  ritardano  la  missione  di  s.Eu- 
cario,  così  quella  dis.  Valerio  che  gli  suc- 
cesse, come  mandalo  da  Roma  sul  finire 
del  IH  secolo,  insieme  a  lui  ed  a  s.  Ma- 
terno, il  (piale  pure  si  ritiene  per  disce- 
polo dis.  Pietro.  Notai  aToNGRES,  parlan- 
do del  santo,  che  con  Colonia  e  l'Alsazia 
lo  riguarda  per  suo  apostolo,  e  così  i  Pae- 
si-Bassi, non  essere  raro  nell'antichità,  la 
quale  di  sovente  die  la  qualità  di  disce- 
poli di  s.  Pietro  a'primi  vescovi  delle  cit- 
tà fiuo  al  principio  del  IV  secolo  ,  preci- 
puamente nelle  Gallie  e  in  Ispagna.  Fu 
s.  Materno  successivamente  vescovo  di 
Treveri,  di  Colonia  e  di  Tongres,  e  mor- 
to in  Colonia  verso  il  347  s'  pretende  che 
il  suo  corpo  fosse  trasportato  in  Treveri  e 
deposto  presso  quello  dis.  Eucario.  Inol- 
tre da  alcuni  si  crede, che  il  Vallio(V.) 
introdotto  dagli  Apostoli  (anzi  riparlan- 
done a  Triregno,  lo  dissi  con  altri  dallo 
stesso  s.  Pietro  e  da  lui  lascialo  a'succes- 
sori),  da  s.  Pietro  fu  conferito  a  Mater- 
ico vescovo  di  Tieveri.  Quanto  appai- 


T  R  E  9 

tiene  alle  contrastale  notizie  di  s.  Mater- 
no, lo  trattò  bene  Grandidier  nella  Sto- 
ria della  chiesa  di  Strasburgo.  Ripe- 
terò, secondo  l'opinione  d'  alcuni  scrit- 
tori, che  il  vescovato  de'ss.  Eucario,  Va- 
lerio e  Materno  di  mollo  viene  anticipa- 
to, dicendosi  morto  il  1. "nell'anno  7 3,  il 
2."neU'88,  il  3. "nel  1 4-3-  Meglio  è  il  con- 
cludere, di  non  potersi  accertare  il  tempo 
in  cui  fiorirono  i  primi  3  vescovi  di  Tre- 
veri, e  che  anco  tra'luro  primi  successori 
non  sono  d'accordo  «li  scrittori.  Si  può  ve- 
dere la  Gallia  Christiana,  I.  1,  p.  71  3: 
Trevirens  Archiepiscopi  etprincipes  )$a* 
cri  Romani  Imperli  Eleetores.  Io  segui- 
rò nella  serie  \  Arte  di  verificar  le  da/e, 
perchè  essa  riprodusse  quella  di  Ilon- 
theim,  alla  cui  biografia  parlai  delle  sue 
lodale  opere  sulla  storia  di  Treveri  civi- 
le ed  ecclesiastica.  Il  1. "vescovo  che  dopo 
s.  Materno  ci  presentano  gli  antichi  docu- 
menti, ès.  Agricio  o  Agroecio,  ma  la  Gal- 
lia Christiana  avanti  a  lui  e  dopo  s.  Ma- 
terno ne  nomina  22,  e  sono:  s.  Auspicio, 
S.Celso,  Felice,  Mansueto,  Clemente,  Ilo* 
sé,  s.  Martino  I,s.  Anastasio,  Andrea,  Ru- 
stico I,  Autore,  Fabrizio, Cassiano,  Mar- 
co, s.  Navi  lo,  s.  Marcello,  Melropolo,  Se- 
verino, Fiorentino,  Martino  II,  Massi  mi- 
no e  Valentino.  Il  nome  di  s.  Agricio  tro- 
vasi fra'sottosci  itti  al  concilio  tenutosi  in 
Arles  nel  3  1 4--  Si  pretende  che  appunto 
da  lui  fu  convertito  in  chiesa  il  palazzo 
che  s.  Elena,  madre  dell'imperatore  Co- 
stantino I,  possedeva  a  Treveri,  e  che  la 
consagrasse  sotto  l'invocazione  dis.  Pietro. 
Altri  lo  dicono  già  vescovo  d'Antiochia 
e  cacciato  dagli  ariani,  e  che  fu  messo  sul- 
la sede  di  Treveri  da  Papa  s.  Silvestro  \, 
il  quale  ad  istanza  di  s.  Elena  lo  creò  ar- 
civescovo e  primate  delle  Gallie;  onde  si 
crede  il  1  ."arcivescovo  di  Treveri,  la  cui 
metropolitana  ebbe  a  sutfragauee  le  chie- 
se vescovili  di  Metz,  Toul  e  Verdun  in 
Francia.  Morì  s.  Agricio  nel  335  a'  i3 
gennaio,  sebbene  l'anno  non  è  certo,  e  fu 
tumulalo  co'suoi  predecessori  nell'antica 
abbazia  di  s.  Matteo,  che  sembra  sia  sia* 


io  TRE 

la  la  sede  de'primi  prelati  ili  Treveri.  Il 
successore  s.  Massimino  di  Poiliers  e  di 
lui  allievo,  si  pone  Ira  il  33o  e  il  335, 
poiché  al  cominciare  ilei  febbraio  segnan- 
te egli  accolse  nella  sua  chiesa  il  grande 
s.  Atanasio  patriarca  d 'Alessandria,  ri- 
legalo a  Tre  veri  mercè  un  ordiue  di  Co- 
stantino I,  chi:  gli  ariani  aveano  carpito 
aita  di  lui  religione.  Da  s.  Massimino  fu 
accolto  come  un  confessore  glorioso  di 
Cristo,  e  stimò  a  sua  ventura  il  convivere 
due  anni  e  alcuni  mesi  con  un  santo  così 
illustre;  nulla  obbliando  per  addolcire  al 
suo  ospite  la  sventura  dell'esilio.  Anche 
Costantino  II  lìgho  dell'imperatore,  che 
comandava  nelle  Gallie  e  risiedeva  inTre- 
veri,  trattò  s.  Atanasio  con  molto  onore, 
somministrandogli  abbondantemente  o- 
gui  cosa  necessaria  alla  vita.  Massimino 
praticò  la  stessa  ospitalità, 4ovve|'°  5  au- 
ni  dopo,  verso  l'altro  confessore  della  di- 
vinità del  Verbo,  s.  Paolo  vescovo  di  Co- 
stantinopoli, cui  gli  ariani  aveano  depo- 
sto in  un  concilio,  ed  al  quale  Costantino 
I  nel  cacciarlo  non  avea  fissato  il  luogo 
dell'esilio. Essendosi  s.  Paolo  rifugiato  nel- 
le Gallie,  il  vescovo  di  Tre  veri  dopo  es- 
sersi accertato  della  purità  di  sua  fede,  gli 
aprì  un  asilo  nella  propria  chiesa,  lo  trat- 
tò con  onore,  e  poi  lo  lasciò  andare  a  Ro  • 
ma  per  ivi  trattare  la  sua  causa  dinanzi 
il  Papa  s.  Giulio  1.  Nellostesso  tempo  che 
tenevasi  a  Roma  un  sinodo  per  esaminar 
l'alfa  re  di  s.  Atanasio  e  quello  di  s.  Pao- 
lo, i  vescovi  ariani  essendosi  adunati  in 
Antiochia  confermarono  la  condanna  del 
i  .°jed  avvertiti  in  seguilo  ch'egli  era  tor- 
nalo in  occidente,  spedirono  4  di  loro  al- 
l'imperatore Costante  1,  che  trova  vasi  a 
Treveri ,  per  prevenirlo  contro  I  illustre 
perseguitato;  ma  lo  zelo  di  s.  Massimino 
rese  infruttuosa  la  deputazione.  Ammae- 
strato da  quesl*  arcivescovo  intorno  l'in- 
nocenza di  s.  Atanasio,  l'imperatore  non 
volle  ascoltare  i  suoi  accusatori  e  gli  li- 
cenziò coperti  di  confusione.  Nel  345  s. 
Massimino  si  recò  al  concilio  di  Milano, 
nel  quale  nuovamente  si  distinse  contio 


t  a  E 

gli  eusebiani,  presente  il  medesimo  im- 
peratore, e  due  anni  appresso  interven- 
ne all'altro  concilio  di  Sardica,  del  quale 
fu  uno  de'più  validi  appoggi.  Tanto  co- 
raggio contro  gl'implacabili  nemici  del- 
l'innocenza e  della  verità  non  poteva  re- 
starsi impunito.  Infatti  gli  ariani  avendo 
inutilmente  tentalo  la  condanna  di  s.  A- 
tanasio,  tennero  un  conciliabolo  iuFilip- 
popoli,  nel  quale  prelesero  di  scomunica- 
re Massimino  con  altri  loro  avversari  più 
rinomati.  Morì  s.  Massimino  nel  348  o 
nel  349  nel  Poitou,  fu  sepolto  presso  Poi- 
tiers,  e  poi  il  suo  corpo  dal  successore  fu 
trasferito  a  Treveri,  e  deposto  nel  luogo 
ovesi  fondò  la  celebre  abbazia  del  suo  no- 
me. Nel  349  circa  gli  successe  s.  Paolino 
aquilano,  che  poco  dopo  si  recò  a  Roma 
da  s.  Giulio  I  pel  ristabilimento  della  pa- 
ce nella  Chiesa.  Allora  s.  Atanasio  erasi 
già  dall'esilio  richiamato  da  Costanzo  im- 
peratore, sicché  i  vescovi  che  l'aveano  de- 
relitto si  all'iettarono  di  riconciliarsi  con 
lui.  Ursacio  e  Valente,  suoi  spiegati  ne- 
mici, si  trovarono  pur  essi  in  lai  numero, 
e  gl'inviarouo  d'Aquileia  la  loro  ritratta- 
zione, a  mezzo  di  s.  Paolino.  Avendo  s. 
Atanasio  perduto  nel  35o  il  suo  protet- 
tore Costante  I,  1  suoi  alfa  ri  cambiarono 
aspetto,  e  l'odio  de' suoi  nemici  ripigliò 
novello  vigore.  Costanzo  nel  353  fece  a- 
duuare  il  concilio  d'Arles,  ove  quasi  lut- 
ti i  prelati  assisterono  alla  condanna  del 
sauto,  tranne  s.  Paolino  che  rifiutò  di  sot- 
toscrivere al  risultamelo  di  quest'  as- 
semblea. Gli  ariani  però  si  vendicarono 
di  tale  resistenza,  facendolo  esiliare  nel- 
la Frigia,  e  pe'  mali  che  vi  soffrì  meri- 
tò il  titolo  di  confessore,  quando  morì 
nel  358,  onorandolo  la  Chiesa  a'3  1  ago- 
sto. Gli  successe  s.  Bouoso,  di  cui  il  mar- 
tirologio registra  la  festa  a'  17  febbraio. 
Indi  s.  Brillono  o  Brictone,  o  Britanno  o 
Veterano,  che  nel  3y4  fu  al  concilio  di 
Valenza  e  nel  38-2  a  quello  di  Roma,  mor- 
to nel  384  a'5  maggio,  giorno  nella  chie- 
sa di  Treveri  consagrato  alla  sua  memo- 
ria. Fu  eletto  a  successore  s.  Felice,  del 


T  B  E 

clero  lievi  tese  e  adorno  di  specchiate  vir- 
tù, dal  concilio  de'vescovi  itacensi  o  ita- 
ciani,  mccolli  in  questa  città  dall'impe- 
ratore Massimo.  E  noto  come  $  Itaci  a- 
m,  seguaci  d'Itaeio  vescovo  di  Silves  o  Os- 
sonoba,  e  d'Idace  vescovo  di  Merida,  per 
eccessivo  zelo  verso  la  fede  cattolica  per- 
seguitassero i  P 'ri sci III 'finis ti,  per  cui  il  ti- 
ranno Massimo  residente  in  Ti  everi  con 
dannò  a  morie  Vi  iscilliano  con  4  suoi  di- 
scepoli. Il  detto  concilio  approvò  la  con- 
dotta dc'sauguinari  prelati,  e  s.  Martino 
di  Tours,  sopraggiunlo  a  Tieveri  men- 
tre si  celebrava,  dovè  dar  segni  di  comu- 
nione, per  salvar  la  vita  agli  altri  priscil- 
lianisti,  altrimenti  sarebbero  periti.  Del- 
lo stesso  sentimento  di  s.  Martino  era  pu- 
re s.  Felice,  ed  egualmente  che  lui  dete- 
stava la  violenza  che  usavisi  contro  quei 
sellarijtultavia  egli  fu  lenutoilaciano  nel- 
la mente  d'  un  gran  numero  di  prelati 
cattolici  e  moderali  ,  i  (piali  per  conse- 
guenza si  separarono  dalla  sua  comunio- 
ne, fi a'quali  si  credono  anche  Papa  s.  Si  • 
ricio  e  s.  Ambrogio,  riguardando  Felice 
come  scomunicalo.  1  critici  osservano  die 
il  Felice  di  cui  si  parla  non  fosse  l'arcive- 
scovo, ma  un  compagno  dell'eretico  Gio- 
viuiaiio.  Tuttavolla  nel  cominciar  del  se- 
colo Via  chiesa  di  Tieveri  non  era  in  cal- 
ma, per  cui  s.  Felice  vedendo  non  poter 
ovviare  la  procella  insorta  contro  di  lui, 
rinunziò  nel  3gS  e  si  chiuse  in  uti  mona- 
stero di  Treveri  ,  che  in  seguito  prese  il 
nome  di  s.  Paolino  ,  ove  cessò  di  vivere 
nel  4oo  e  fu  seppellito  a'26  marzo,  nel 
qual  giorno  la  Chiesa  ne  onora  la  memo- 
ria. Maurizio  è  incertose  morisse  nel  407. 
Leonzio  o  Legouzio  si  ponea'ag  febbraio 
nel  novero  de'santi.  Auturo  governò  san- 
tamente e  morì  verso  il  44^.  Salì  sulla 
sede  di  Tieveri  s.  Severo  discepolo  di  s. 
Lupo  di  Troyes.e  compagno  nel  2.0  viag- 
gio di  s.  Germano  vescovo  d'Auxerre  in 
Inghilterra,  perciò  zelante  per  la  propa- 
gazione della  fede;  morto  nel  445>sice- 
iebra  la  festa  a'  i5  ottobre.  Gli  successe 
t.  Cirillo,  che  tliccsi  a  ver  ristabilita  la  chie- 


T  RE  11 

sa  dis.  Eucario,  e  cessò  di  vivere  nel  458. 
Jamblico  oGiannerioo  Jamnecio  virtuo- 
so e  lodalo,  vivea  ancora  nel  4? 5,  come 
si  ha  da  una  lettera  scritta  ad  Arbogasto 
conte  di  Treveri:  a  suo  tempo  già  l'arci- 
vescovo esercitava  i  diritti  metropolitici 
sui  suddetti  suffraganei  di  Metz,  Toul  e 
Verdun.  Successivamente  furono  vescovi 
di  Treveri,  Evemero  o  Emero,  Maro,  Vo- 
InsienOjMileto,  Modesto,  Massimiano,  Fi- 
hicio  o  Felice,  Kusticoed  Aprunculo  mor- 
to nel  527.  Il  clero  avendo  scello  a  suc- 
cessore Gal,  il  re  d'Austrasia  Tierrico  I 
o  Teodorico  die  la  preferenza  a  s.  Nice- 
zio  o  Niceto  abbate  d'un  monastero  del- 
la diocesi,  tanto  per  l'eminenti  sue  virtù, 
che  per  lo  splendore  de'suoi  natali.  Lun- 
gi dal  bassamente  lusingare  le  passioni  dei 
principi,  nella  corte  liberamente  riprese 
i  vizi  del  reedel  figlio Teodeberto  I,  i  qua- 
li invece  d  offendersene  ne  concepirono 
un  maggior  rispetto.  Non  cosi  Clotario  I 
re  di  SoWsdnl  accolse  le  rimostranze  del 
santo  per  l'incestuoso  suo  maritaggio,  e 
vedendosi  separato  dalla  comunione  dei 
fedeli  e  colpito  dalla  scomunica  minore, 
cacciò  dalla  sede  s.  Nicezio.  Morto  il  re 
nel  56  1 ,  il  figlio  Sigeberto  1  re d  Austra- 
sia  lo  restituì  alla  sua  chiesa.  Eloquente, 
zelante,  caritatevole,  fu  a  diversi  condili, 
fece  costruire  una  ragguardevole  fortezza 
sulla  Mosella  per  difesa  del  suo  popolo, 
e  colmo  di  melili  morì  verso  il  566  a'5 
dicembre.  Il  discepolo  s.  Magnerico  gli 
successe,  intimo  amico  di  s.  Gregorio  di 
Tours:  Childeberto  II  re  d'Austrasia,  per 
la  slima  che  ne  faceva,  gli  commise  bat- 
tezzare Teodeberto  11  suo  figlio.  Del  fa- 
vore che  godè  nella  corte  si  giovò  per  di- 
fender gli  oppressi  e  procacciare  qualche 
sollievo  al  suo  popolo  ,  che  assai  amò  e 
ammaestrò  nella  pietà.  A  suo  tempo  fio- 
rirono s.  Goare  prete  solitario  della  dio- 
cesi, e  l'altro  solitario  della  medesima  s. 
Eufronio  d'origine  lombardo.Morto  a'2  5 
luglio  596  s.  Magnerico,  ebbe  a  succes- 
sori Gunderico  o  Gungerico,  Sebando,  e 
Severino  morto  verso  il  622.  In  questo 


li  TRE 

circa  fu  eletto  s.  Modoaldo,  fratello  del- 
la b.  Illa  moglie  del  prefetto  Pipino  e  ma- 
dre di  s.  Geltrude  badessa  di  Nivelle.  Per 
la  benevolenza  del  re  Dagoberto  ricevè 
in  dono  il  proprio  palazzo  d'  Hoeren  iti 
Treveri,  perchè  ne  facesse  un  monastero 
di  vergini.  Oltre  a  ciò  sulle  sponde  della 
Mosella  fondò  l'altro  monastero  di  s.Sin- 
foriano,  che  atlìdò  alla  sorella  Severa,  ove 
fu  sepolto  quando  morì  nel  64o.  Il  suc- 
cessore s.  Numeriano,  con  diploma  indi- 
rizzato a' vescovi  di  Metz,  Toul  e  Verdun, 
confermò  la  fondazione  del  monastero  di 
Jointures  eretto  nelle  Vosges  da  s.  Deo- 
datoo  Die  dopo  aver  lasciato  il  vescova- 
to di  Nivers.  Morto  nel  666,  la  chiesa  di 
Treveri  ne  celebra  la  festa  a'5  luglio.  Gli 
fu  sostituito s.  Idulfo  monaco  e  abbate  di 
s.  Mattinino  di  Treveri,  monastero  fon- 
dalo nel  IV  secolo  colle  norme  di  quelli 
d'oriente;  ed  egli  v'  introdusse  la  regola 
di  s.  Benedetto,  lo  ridusse  a  meraviglia, 
indi  divenne  uno  depili  celebri  di  Ger- 
mania. Sospirando  di  ritirarsi  in  esso,  ri- 
nunziò nel  671  la  sede,  ma  vedendo  che 
non  gli  era  concesso  di  starsene  celato,  si 
retò  nelle  Vosges,  ove  fondò  sul  continen- 
te di  due  fiutnicelli  l'abbazia  di  Moyen- 
Moutier,  così  chiamata  perchè  circonda- 
ta da  alti  e  4, e  ivi  cessò  di  vivere  nel  707. 
L'abbate  del  monastero  di  s.  Massiuiino, 
s.  Basino,  e  non  Veomado  che  lo  fu  più, 
tardi,  ch'era  stato  surrogalo  a  s.  Idillio, 
dopo  aver  santamente  governato  24  anni, 
abdicò  nel  6g5  per  tornarsene  al  suo  mo- 
neterò, ove  morì  circa  il  704.  H  suo  ni- 
pote vedovo  con  un  figlio,  Luitwin  o  Leot- 
wino  gli  successe,  e  fondatore  del  mo- 
nastero di  Merloco  Mettine  sulla  Saare, 
ove  già  avea  passato  qualche  tempo  nel- 
la vila  monastica.  Morendo  nel  7  1  3  san- 
tamente, onde  è  onorato  per  santo  a' 4 
marzo,  il  suo  figlio  Miloue  semplice  chie- 
rico ne  occupò  la  sede,  ed  usurpò  egual- 
mente (|uella  di  Reims,  della  quale  però 
venne  spogliato  nel  744  dal  concilio  di 
Soissous.  Si  crede  che  nel  753  restasse 
ucciso  alla  caccia  da  un  cinghiale,  in  una 


TRE 

foresta  vicina  a  Treveri,  la  quale  ancora 
ne  porta  il  nome.  Nello  slesso  anno  Voe- 
mado  o  Wiomado  abbate  di  s.  Massimi- 
110  e  di  Merloc,  sotto  il  quale  la  chiesa  di 
s.  Pietro  venne  affrancata  dalla  giurisdi- 
zione di  qualsiasi  giudice  secolare  in  tulli 
i  suoi  beni  e  dipeudenze,con  diploma  del 
re  Pq>ino,  che  poi  confermòCat  lo  Magno. 
Cessò  di  vivere  probabilmente  nel  791,0 
fu  arcivescovo  Ricboldo  o  Pucbodone,  di- 
scepolo del  celebre  Alenino, che  fece  rifio- 
rire le  scuole  cadute  in  deperimento;  nel- 
l'accademia di  Carlo  Magno,  ove  i  mem- 
bri portavano  nomi  diversi  dalle  famiglie 
cui  appartenevano,  prese  il  nome  ili  Ma- 
cario, e  morì  nell'8u4-  Wazone  abbate  di 
Merloc  nel  seguente  anno  intervenne  al- 
l'assemblea diThionville,e  mori  nell'809. 
In  questo  divenne  arcivescovo  Amalario 
Fortunato  allora  monaco  di  Merloc  e 
discepolo  d'AIcuiuo.  Nato  in  Treveri,  fia 
da  fanciullo  con  frode  fu  portato  a  Co- 
stantinopoli ,  indi  restituito  alla  patria, 
apprese  la  vita  monastica  e  le  lettere  nel 
celebre  monastero  benedettino  di  Luxe- 
vil  nella  Borgogna;  e  poi  passato  in  quel- 
lo di  s.  Martino  di  Tours  sotto  il  magi- 
stero d'Alcuino,  si  avanzò  talmente  nel- 
la pratica  delle  religiose  e  cristiane  vir- 
tù, e  nella  cognizione  delle  scienze  e  del- 
la lingua  greca,  che  divenne  del  pari  san- 
to e  dotto  cenobita.  Perciò  s.  Leone  HI 
mosso  dalla  fama  che  lo  celebrava,  ver- 
so P800  lo  creò  cardinale  prete  e  poi  ar- 
civescovo di  Treveri,secondoil  Merseonel 
Catalogo  degli  arcivescovi  di  Treveri, 
ed  altri;  ma  alcuni  scrittori  attribuiscono 
a  Gregorio  IV  la  dignità  cardinalizia,  ed 
nitri  con  Ciaccolilo  a  Sergio  li  dèll'844i 
come  lo  registra  il  Cardella.  Pochi  vesco- 
vi de'suoi  tempi  nelle  Gallie  l'eguaglia- 
rono in  sapienza  e  in  virtù,  per  cui  l'im- 
peratore Carlo  Magno,  conoscitore  del  ve- 
ro merito,  l'onorò  d'una  stima  ringoiare; 
e  uell'81  1  l'inviò  a  predicare  la  fede  ai 
sassoni  al  di  là  dell'Elba,  ed  allora  vuoisi 
che  fondasse  il  vescovato  d' Amburgo  nel- 
la bassa  Sassonia.  Il  seguente  auuo  lor- 


TRE 

nato  dalla  sua  missione,  compose  un  li- 
bro intorno  al  Battesimo,  per  risponde- 
re alle  domande  che  Carlo  Magno  gli  a- 
vea  fatte  sul  modo  con  cui  s'istruivano  i 
popoli,  sulla  natura  ed  effetti  del  sagra- 
mento.  Attribuito  il  libro  da  alcuni  bi- 
bliografi ad  AlcuinOjSirmond  e  le  Cointe 
ne  dimostrarono  autore  Amalario.  Nel- 
l'8  i  3  Carlo  Magno  l'inviò  ambasciatore 
in  CostantinopoIijCon  Pietroabbate  diNo- 
nanlola,  all'imperatore  Michele  1  Curo- 
palata,  per  trattarla  pace  fra'due  impe- 
ri.L1 '  Arte  di  verificar  le  date  lo  dice  mor- 
to nell'S  i4>cne  'n  st,rt  «Menta  ebbe  a  co- 
repiscopo  il  celebre  Tegano  ed  Adalma- 
ro,  e  che  lasciò  pure  alcune  lettere  piene 
d'erudizione  sagra  e  profana.  La  Gallia 
Christiana  ne  ritarda  la  morte  all'822.  Il 
Cardella  nelle  Memorie  sloriche  de"  Car- 
dinali, riferisce  che  Amalario  giunto  in 
Costantinopoli  trovò  morto  Michele  I,  ed 
a  lui  succeduto  Leone  V  l'y^/v/7r//o,il  qua- 
le l'accolse  con  somma  benignità  e  cor- 
tesia; e  nel  seguente  anno  lo  rimandò  coi 
suoi  ambasciatori  a  Carlo  Magno,  che  es- 
sendo passato  all'altra  vita,  furono  rice- 
vuti in  Aquisgraua  dal  figlio  Lodovico  I 
il  Pio.  Che  circa  questo  tempo  Amalario 
compose  i  4  Sl,°i  ''bri  degli  Ufììzi  eccle- 
siastici che  intitolò  al  detto  imperatore, 
ma  alcuni  giudicano  averli  composti  Al- 
enino, o  Amalario  diacono  di  Metz,  su  di 
che  può  vedersi  quanto  riportai  nel  voi. 
XX.X1X,  p.  7  1 .  Aggiunge  Cardella,  «he 
Lodovico  1  Io  mandò  ambasciatore  a  Pa- 
pa Gregorio  IV  dell'827,  affinché  impa- 
rane è  supplire  ciò  che  mancava  nella  sua 
opera  degli  Uffìzi  ecclesiastici '/lallaChie- 
sa  romana  ,  madre  e  maestra  di  tutte  le 
chiese  del  mondo  cattolico.  RaccolseA  ina- 
lano e  ordinò  V  l  fjìzio  de'  morti,  affin- 
chè i  cattolici  avessero  una  noi  ma  costan- 
te e  sicura,  onde  piegare  pe'fedeli  defun- 
ti, e  scrisse  altre  dotte  opere.  All'assidua 
applicazione  pegli  studi,  seppe  unire  l'e- 
sercizio delle  cristiane  virtù,  macerando 
la  propria  carne  con  digiuni  e  vigilie,  col- 
la lettura  e  meditazione  delle  divine  Scrii- 


TRE  i3 

ture  e  colla  pratica  d'assidue  preghiere, 
essendo  inoltre  assai  divoto  della  B.  Ver- 
gine. Il  Cardella  dice  incerta  l'epoca  di 
sua  morte,  ina  che  vi  vea  nell'S  {o,  e  l'Eggs 
lo  dice  morto  circa  P846,mentie  il  Ld>- 
bé  scrive  1*8  1 4--  H  Coeleo  fece  d' A  mala- 
rio  questo  elogio.» Quest'antico  difensore 
della  vera  credenza  e  della  sincera  pietà, 
e  dottore  della  Chiesa,  il  quale  non  solo 
in  Ti  everi,  ma  anche  in  Roma  e  Costan- 
tinopoli si  rendè  veramente  venerabile 
presso  i  sommi  Pontefici  ed  i  più  ginn 
principi  ,  è  degno  d'  essere  imitato  qual 
modello  di  perfezione  da'prelati  e  pasto- 
ri del  le  chiese".  L' Arte  di  verificar  le  da  - 
te  registra  nell'S  1  4  per  successore  Ilei  ti 
o  Eltone  o  lletting  abbate  di  Epternac 
ovvero  di  Merloc,  arcicappellano  di  Lodo- 
vico I,  il  quale  lo  pose  eziandio  nel  nu- 
mero degl'incaricati  generali  ossia  Udissi 
Dominici,  istituiti  per  vegliare  alla  con- 
servazione del  buon  ordine  e  all'ammini- 
strazione della  giustizia,  ciascuno  nel  di- 
partimento assegnato.  Fu  appunto  con 
questo  carattere  che  nell'817  intimò  a 
Frotario  vescovo  di  Toul  d'avvertire 
quelli  ch'erano  tenuti  al  militare  servigio 
verso  l'imperatore, di  stare  apparecchia- 
ti per  la  spedizione  d'Italia  ch'egli  stava 
meditando  contro  il  re  Bernardo  suo  ni- 
pote ch'erasi  ribellato.  Nell'819  commi- 
se a  Frotario  di  vegliare  sull'esecuzione 
degli  statuti  che  il  concilio  d'Aix.  la  Cha- 
pelle  ave*  emanati  sulla  riforma  de' ca- 
nonici. Neil'  822  trovossi  al  concilio  di 
Thion  ville,  e  nell'S2ga  quello  di  Magon- 
za.  Assistè  negli  estremi  momenti  Lodo- 
vico I,  morì  nell'847  e  fu  sepolto  in  s.  Eu- 
eariodi  Treveri.  Il  nipote  Tcutgaldo  gli 
successeci  cui  tempo  Treveri  ut  incorpo- 
rata al  regno  di  Lorena,  dopo  i  diversi 
smembramenti  a  cui  soggiacque  la  Fran- 
cia sotto  i  successori  di  Lodovico  I.  Nel- 
l'85c)fu  al  concilio  di  Savonnieres.  Fa  vo- 
li il  divorzio  di  Lotario  1  re  di  Lorena  con 
Tietberga,  e  indusse  ad  annullarne  il  ma- 
trimonio Gontiero  arcivescovo  ili  Colo- 
nia, autorizzando  così  Lotario  I  a  sposare 


r4  TRE 

Valdrada  sua  concubina;  fallo  che  con- 
fermò nel  concilio  di  Metz,  ad  onta  che 
riprovavano  il  divorzio  i  legati  del  Papa 
s.  Nicolò  I,  ed  inutilmente  con  Gontiero 
si  recò  a  Roma  per  persuadere  il  Papa, 
che  nel  conciliodi  Luterano  annullò  quel- 
lo di  Meli, e  destituì  i  due  prelati  e  gli  al- 
tri padri  dell'assemblea.  Gontiero  osò  fa- 
re un'insolente  protesta,  ma  Teulgaldo 
meno  esaltato  tornato  a  Treveri  si  guar- 
dò bene  dal  l'esercita  re  le  funzioni  vesco- 
vili. Egli  intraprese  in  seguito  sino  a  3 
■viaggi  per  Roma  per  ottenere  la  sua  ria- 
bilitazione, ma  non  vi  potè  mai  riuscire. 
Anzi  nell'ultimo  suo  ritorno,  passando  da 
Roma  alla  Sabina,  fu  ucciso  insieme  con 
tutti  i  suoi  sul  finir  dell'868.  Altri  lo  dico- 
no morto  in  Roma,  da  una  malattia  che 
rapì  la  più.  parte  de'suoi  compagni,  fra  i 
quali  Gontiero,  che  nel  869(0  ammesso 
alla  comunione  secolare,  dopoché  Papa 
Adriano  11  si  riconciliò  con  Lotario  I  nel 
riprendere  la  sua  legittima  moglie.  Nel- 
l'86q  O  870  Carlo  1  il  Calvo  nominò  a 
questa  sede  Rei  lolfo  abbate  di  IMerloc,  in 
grazia  alle  raccomandazioni  del  suo  pa- 
rente A  vvenzio  vescovo  di  Metz,  il  quale 
lo  avea  coronato  re  di  Lorena  dopo  la 
inortedel  fratello  Lotario  I.  INI  a  Lodovico 
il  Tedesco  imperatore,  riguardando  il  re 
gno  di  Lorena  come  un'usurpazione  in 
mano  di  Carlo  I  a  suo  pregiudizio,  elesse 
dal  canlo  suo  il  monaco  Waltone  o  Wal- 
done  ad  arcivescovo  di  Treveri.  Queste 
i\ue  nomine  cagionarono  uno  scisma  tan- 
to più  pernicioso,  in  quanto  che  essendo 
la  thiesa  di  Treveri  senza  verun  pasto- 
re, propriamente  parlando,  dopo  la  de- 
stituzione di  Teulgaldo,  avea  già  lunga- 
mente sofferto  a  motivo  di  una  tale  pri- 
vazione. Siccome  5  vescovi  aveauo  ordi- 
nato Berlulfo  ,  6  arcivescovi  scrissero  a 
Lodovico  II  per  indurlo  a  ritirare  la  pro- 
tezione di  Waltone,  e  gli  esaudì;  quindi 
Wultone  si  ritirò,  e  Bertulfo  intervenne 
a  diversi  concilii,fra'qnali  a  quello  di  Co- 
lonia 8*26  ottobre  87 3,  ove  si  conferma- 
rono gli  statuti  dell'arcivescovo  riguar- 


T  R  E 
danti  i  monasteri  de'eanonici,  e  fu  pre- 
sente il  giorno  appresso  alla  consagrazio- 
ne  di  quella  metropolitana.  Nell'878  fu 
in  vitato  al  concilio  di  Troyes  da  Papa  Gio- 
vanni Vili,  ma  non  trovasi  che  v'inter- 
venisse. Avendo  il  Papa  a'6  settembre  ac- 
cordato il  pallio  a  Walone  vescovo  di 
Metz  sua  vita  durante,  senza  consultare 
il  suo  metropolitano  Berlulfo,  questi  se 
ne  offese  come  d'un'usurpazione  a'propri 
diritti;  e  citato  quindi  Walone  nell'879 
a  Treveri,  gli  vietò  di  far  uso  del  privi- 
legio. Inutilmente  Walone  gli  dichiarò, 
che  senza  contraddizione  l'aveano  godu- 
to 4  suoi  predecessori,  cioè  Urbico,  Cro- 
degando,  Angelramo,  e  Drogone  figlio  di 
Carlo  Magno;  il  metropolitano  persistè 
nella  sua  difesa,  e  Walone  si  ritirò  senza 
sottomettersi.  Incmaro  arcivescovo  di 
Reirns  riconciliò  i  due  prelati, con  persua- 
dere il  vescovo  di  Metz  di  rinunziare  per 
amore  della  pace  al  favore  da  Giovanni 
Vili  ricevuto.  Mentre  Treveri  fino  dal- 
1^70  era  passala  sotto  il  dominio  di  Lo- 
dovico il  Tedesco  come  re  di  Germania, 
i  normanni  se  ne  impadronirono,e  nel  gio- 
vedì santo  a'5  aprile  882  la  ridussero  in 
cenere.  Bertulfo  corretto  alla  fuga,  tornò 
poi  contro  di  loro  accompagnato  da  Wa- 
lone vescovo  di  Metz  e  dal  conte  à dalai"- 
do  alla  testa  d'un  buon  esercito.  Ma  i  bar- 
bari restarono  vincitori  alla  battaglia  che 
gli  presentarono,  e  Walone  vi  perde  la 
vita.  Bei  tulfo  poco  sopravvisse  all'infortu- 
nio, e  morì  a' io  febbraio 88 3.  Nello  stes- 
so mese  gli  successe  Rathodo  abbate  di 
Merloc  o  d'Epteruac,  che  nell'  888  pre- 
siedè al  concilio  di  Metz.  NeH'8g5  crea- 
lo re  di  Lorena  Zuenliboldo,  questi  lo 
nominò  suo  arcicancelliere;  indi  il  re  con 
diploma  i\e'5  febbraio  898  eresse  il  pae- 
se di  Treveri  in  particolare  contea  im- 
mediatamente soggetta  alla  regia  auto- 
rità, e  la  die  in  governo  all'arcivescovo 
di  Treveri  o  per  se  medesimo  o  per  via 
del  suo  avvocato  e  difensore;  la  qual  con- 
cessione Zuenliboldo  confermò  con  altro 
diploma  nell  '899  :  tale  è  l'origine  della 


TRE 
Mipremazia  territoriale  degli  arcivescovi 
di  Tre  veri.  Fuco  dopo  Ralbodo  entrò  in 
disgrazia  del  re,  il  quale  in  un  accesso  di 
collera  giunse  fino  a  sacrilegamente  per- 
cuoterlo: questo  ti'atfo  di  brutalità  fu  sen- 
za dubbio  uno  Ira  quelli  ebe  determina- 
rono i  signori  della  Lorena  a  scuotere  il 
giogo  di  questo  principe.  Nel  902  Ratbo- 
do  ottenne  da  Lodovico  IV  re  di  Germa- 
nia e  di  Lorena  ,  la  conferma  del  privi- 
legio accordato  già  all'arcivescovo  Wio- 
mado  dal  re  Pipino,  di  andar  esente  dal- 
la giurisdizione  d'ogni  giudice  secolare. 
Nel  91  3  il  redi  Francia  Carlo  HI  il  Sem* 
alice,  divenuto  signore  della  Lorena  do- 
po la  morte  di  Lodovico  IV,  con  diplo- 
ma de'  1  3  agosto  statuì  clie  l'elezione  de- 
gli arcivescovi  di  Treveri  si  dovesse  com- 
piere dal  clero  e  dal  popolo.  Morto  Ratbo- 
rio  nel  9  1 5,  gli snccesseRoggero oRuolge- 
10,  il  quale  nel  92  1  fu  presente  al  trat- 
tato tra  Carlo  III  ed  Enrico  I  imperato- 
re, concluso  in  Bonn  rispetto  alla  Lore- 
na,  pel  quale,  al  dire  d'Alberico  di  Tre 
Fontane,  la  chiesa  di  Treveri  che  co'suoi 
suffragane*!  era  stata  fino  allora  sotto  la 
dominazione  de're  francesi,  fu  ceduta  al 
redi  Germania;  ciò  che  i  fatti  riferiti  più 
avanti  non  ne  permettono  ,  quanto  alla 
proposizione  incidente,  di  ammettere  sen- 
za  eccezione. Roggero  dopo  essere  stato  ar- 
ncancelliere  di  Carlo  11]  nel  la  Lorena,  mo- 
rì nel  f)2Cj.In  queslooncli)3o  fu  eletloRo- 
berto,  ebe  si  vuole  figlio  di  Rodolfo  II  re 
d'Arles  0  di  Thierri  duca  di  Sassonia;  in- 
tervenne a  diversi  cnncilii  e  presiedè  quel- 
lo di  Verdun  nel  94 7,  nel  quale  anno  ot- 
tenne da  Ottone  I  redi  Germania  la  con- 
ferma del  privilegio  d'esenzione  già  con- 
resso  alla  sua  chieda  da  Ztientiboldo  oda 
Lodovico  IV.  Morì  di  peste,  durante  una 
grande  assemblea  di  signori  .tenutasi  a  Co- 
lonia nel  956,  e  il  suo  cadavere  portato 
a  Treveri,  fu  sepolto  nella  chiesa  di  s.  Pao- 
lino. Subito  gli  fu  sostituito  Enrico  I  pa- 
rente d'Ottone  I,  che  seguì  poi  neUfi  sua 
discesa  in  Italia  e  andata  a  Roma,  ma  nel 
ritorno  morì  di  peste  a  Parma  nel  964, 


I  B  E  1  5 

data  ebe  soffre  eccezione  per  un  diploma 
sottoscritto  in  Treveri  a'  17  settembre. 
Sotto  di  lui  Ottone  I  concesse  il  titolo  di 
cappellano  dell'imperatrice  all'abbate  di 
s.  Massimino  di  Treveri.  Nel  96.5  Teo- 
dorico I  o  Thierri  prevosto  di  Magonza 
e  arcidiacono  di  Ti  e  veri,  indi  nel  969  a- 
veudo  intrapreso  un  pellegrinaggio  a  Ro- 
ma, ottenne  dal  Papa  Giovanni  XIII  la 
primazia  sui  vescovati  della  Gallia  e  del- 
la Germania,  mercè  una  bolla  nella  qua- 
le dichiarò  non  fine  che  confermare  l'an- 
tico diritto  della  chiesa  di  Treveri.  Nel 
9^5  un  altro  viaggio  ch'egli  intraprese 
in  quella  città  gli  procacciò  presso  Rene- 
detto  VII  una  nuova  bolla  ,  che  confer- 
mando quella  di  Giovanni  XIII  vi  aggiun- 
se altre  prerogative,  come  l'oratorio  e  la 
cella  de'ss.  Quattro  Coronati.  Siccome  Ift 
riportai  di  sopra,  in  es«a  non  è  espresso 
quanto  si  dice  dall'or /e  di  verificare  le 
date,  che  procede  con  Hontheim,  cioèchu 
permise  all'arcivescovo  di  Treveri  di  far 
portare  la  croce  dinanzi  a  se,  come  al- 
l'arcivescovo di  Ravenna  (T\),  l'uso  del- 
la dalmatica  a'preti  ea'diaconiche  lo  ser- 
vivano all'altare,  ec.  Tornato  Teodorico 
I  alla  sua  sede,  morì  in  Magonza  a'5  lu- 
glio, e  venne  sepolto  nella  chiesa  di  «. 
Gengoulda  lui  eretta  con  1  2  canonici. Sot- 
to il  suo  governo  i  canonici  della  catte- 
drale rinunziarono  alla  vita  comune  che 
fino  allora  aveano  tenuta. Xel  97$  gli  suc- 
cesse Egberto  figlio  di  Thierri  11  conte 
d'Olanda,  che  fece  rivendere  le  pasto- 
rali sue  virtù,  al  quale  scrisse  il  famoso 
Gei  berlo,  che  insegnava  le  lettere  in  Lom- 
bardia, poiSilveslto  11, esortandola  man- 
dargli degli  alunni.  Intanto  Ottone  III  re 
di  Germania,  all'impero  ebbe  ad  antago- 
nista Enrico  il  Litigioso  duca  di  Bavie- 
ra, nel  cui  partito  Egberto  si  lasciò  tra- 
scinare, insieme  con  Warino  arcivescovo 
di  Colonia  ePoppone  vescovo  d'Utrecht. 
Profittando  di  queste  turbolenze  Lota- 
rio re  di  Francia,  invase  la  Lorena,  e 
impadronitosi  di  Verdun  fece  prigioni  il 
conte  Godofredo  e  Io  zio  Sisefredo  conto 


i6  TRE 

ili  Lnxemhurgo,  i  qunli  la  difendevano. 
Morto  nel  986  Lotario,  e  succedutogli 
Luigi  V,  si  fece  la  pace,  se  pure  già  era 
stata  conclusa.  Il  Novaes  nella  Storia  di 
Giovanni XVI,  dice  che  questo  Papa  nel 
990  per  mezzo  di  Leone  vescovo  di  Tre- 
veri,  da  lui  mandato  in  Inghilterra  per 
legato,  ottenne  di  pacificare  il  re  d'Inghil- 
terra col  duca  di  Normandia.  Ma  allora 
Egherto  sedeva,  ed  inoltre  i  nomi  del  re 
Elebredo  e  del  duca  Riccardo  non  cor- 
rispondono a  quelli  che  allora  regnava- 
no sull'  Inghilterra  e  sulla  Normandia. 
Morto  nel  993  Egherto,  nel  994  gli  suc- 
cesse Ludolfu di  Sassonia  chiamato  il  dot- 
to. Gli  scriltoriche  attribuiscono  l'isti t u- 
zionedel  collegio  degli  Eiettori  del  s.Ro- 
mano  Impero  al  99H,  per  opera  di  Pa- 
pa Gregorio  V,  e  dell'imperatore  Otto- 
ne III,  riferiscono  a  quest'ultimo  l'avere 
rivestito  Ludolfo  e  i  suoi  successori  della 
dignità  di  elettore  ecclesiastico,  gli  altri 
due  elettori  ecclesiastici  essendo  gli  arci- 
vescovi di  Colonia  e  di  M 'a gonza  (V .). 
Successe  a  Ludolfo  nel  1008  Megin- 
galdo  o  Meiugaldo  prevosto  di  Magonza, 
nominato  da  s.  Enrico  II  re  di  Germa- 
nia, del  quale  era  cancelliere  oprimiscri- 
nio.  senza  riguardo  all'accettata  elezione 
del  capitolo  nella  persona  d'Adaiherone 
di  lui  cognato,  figlio  di  Sigefredo  conte 
di  Luxemburgo,  il  cui  merito  consisteva 
neh 'esser  fratello  della  regina.  Ciò  origi- 
nò uno  scisma,  die  produsse  poi  conse- 
guenze funeste.  Adalherone  appena  eletto 
si  fece  prestare  giuramento  dalle  milizie, 
s'impadronì  del  palazzo  della  città,  e  for- 
tificò con  torri  il  ponte  sulla  Mosella.  Me- 
gingillilo  reca  tosi  a  prender  possesso  di  sua 
sede,  e  trovate  chiuse  tutte  le  vie,raccolse 
nlcune  milizie,  e  imprese  a  cacciarne  il  ri- 
vide, ma  i  suoi  sforzi  cagionarono  molli 
mali  senza  alcun  frutto.  Il  re  saputa  la  re- 
sistenza fatta  d'Adaiherone,  a  capo  d'un 
esercito  strinse  d'assedio  il  palazzo  diTre- 
veri  nella  1*  domenica  di  Pasqua  1 008, 
mala  vigorosa  opposizione  degli  assediali 
l^bldigò  nel  i."sellembi  e  ad  abbandonar 


TRE 

l'impresa,  dopo  sofferte  perdile  non  in- 
differenti. I  Irev'uesi  forzati  dalla  fame,  e 
per  l'assottigliamento  delle  loro  forze  in- 
capaci di  più  lunga  difesa, erano  tlisposti 
ad  arrendersi,  se  non  che  Enrico  duca  di 
Baviera  li  distolse  e  con  iscaltrezza  indus- 
se il  re  a  levar  l'assedio  ed  a  permetter 
loro  di  ritirarsi  senza  alcun  male.  Però 
s.  Enrico  II  prima  di  lasciar  Treveri,  fe- 
ce distruggere  il  ponte  fortificato,  e  con- 
fermata la  nomina  di  Megingaldo  die- 
degli  a  stanza  il  castello  di  Coblentz,  don- 
de questi  governò  la  diocesi  fino  al  ter- 
mine de'suoi  giorni  nel  1  o  1  5  o  nel  1  o  1 G: 
il  cadavere  trasportato  a  Treveri  fu  se- 
polto nella  tomba  de'suoi  maggiori.  Nel 
1  o  i6s.  Enrico  II  elesse  arcivescovo  Pop- 
pone  figlio  di  Leopoldo  margravio  d'Au- 
stria e  preposto  di  Bamherga,  conferma  lo 
pel  suo  merito  dal  clero  e  dal  popolo.  Per 
mettersi  in  possesso  della  sua  sede  fu  ob- 
bligalo a  prendere  le  armi,  e  costrinse  A- 
dalberonea  cedergli  il  palazzo  diTreveri, 
non  meno  che  tulli  i  castelli  dipendenti  da 
questa  chiesa, ed  a  tornarsene  nella  chiesa 
collegiata  o  monastero  di  s.PnolinodiTre- 
veri  di  cui  era  preposto.  A'6  gennaio  1  o  1 7 
Popponefu  consagralo  arcivescovo,  e  l'8 
aprile  Papa  Benedetto  Vili  gl'invio  il  pal- 
lio. Nel  1  o  1 8  s.  Enrico  gli  donò  il  suo  pa- 
lazzo di  Coblentz  con  tutte  le  dipenden- 
ze, e  con  diploma  confermò  l'immunità 
della  chiesa  di  Treveri.  Verso  il  io  n)Pop- 
pone  riedificò  la  chiesa  di  s.  Pietro  dive- 
nuta rovinosa,  e  le  die  nuova  forma.  Nel 
1  028  intraprese  il  pellegrinaggio  di  Ter- 
ra Santa, con  s.  Simeone  solitario  di  Tre- 
veri, ma  nativo  di  Siracusa:  durante  la 
sua  assenza  ,  Gilberto  conle  di  Luxem- 
burgo  invase  le  terre  della  chiesa  di  Tre- 
veri e  le  pose  a  sacco.  Nel  1  o36  TielVrido, 
protettore  e  difensore  della  chiesa  di  Tre- 
veri, sposò  contro  i  canoni  una  sua  pa- 
rente in  5.°  grado,  e  volendo  ritenerla  ri- 
corse ali  arcivescovo  per  la  dispensa  ,  e 
I'  ottenne  colla  condizione  di  ilare  alla 
chiesa  di  Treveri  12  manse,  mansos.  Era 
la  inausa  quella  quantità  di  terra  che  un 


TRE 

giogo  di  buoi  può  lavorare  in  un  anno, 
o  che  basta  al  mantenimento  d'una  fa- 
miglia di  conladini;  ciò  che  dicesi  corri- 
spondere a  64arpenli.  Nelio38  Poppo- 
ne  scrisse  a  Papa  benedetto  IX  chieden- 
dogli un  vescovo  sulhaganeo,  siccome  da 
troppi  affari  caricato;  e  il  Papa  gli  man- 
dò un  uomo  di  dolcissimi  costumi  come 
I'  indicava  il  nome,  e  si  crede  che  fosse 
quel  Graziano  arciprete  di  s.  Giovanni  a 
Porta  Latina,  il  quale  in  seguito  esortati 
Benedetto  IX  e  il  suo  competitore  Silve- 
stro III  a  por  fine  allo  scisma,  nel  i  o  (  [ 
mercè  la  rinunzia  loro  fu  egli  eletto  col 
nome  di  Gregorio  VI^V.).  Inoltre  Pop- 
pone  pregò  pure  a  canonizzare  il  solita- 
rios.  Simeone,  morto  nel  io35aTreveri, 
ed  il  Papa  vi  aderì  con  bolla  dell'8  set- 
tembreio42.  E  questo  il  2. "esempio  di 
solenne  e  formale  Canonizzazione,  fatta 
dalla  s.  Sede, come  notai  nel  voi.  VII,  p. 
283.  Benedetto  IX  dice  nella  sua  bolla 
aver  fatto  la  ceremonia  in  una  grande  as- 
semblea del  clero  romano,  o  sinodo  co- 
me crede  1'  Arte  di  verificare  le  date  , 
poiché  essa  osserva  col  p.  Lupi:  d'allora  in 
poi  chei  Papi  s'erano  riservato  il  diritto 
di  canonizzare  i  santi,  non  ne  fecero  uso 
che  in  un  Sinodo,  fino  ad  Eugenio  III, 
il  quale  contentassi  d'unire  un  semplice 
Concistoro  per  la  canonizzazione  dell'im- 
peratore s.  Enrico  li,  fondandosi  sopra 
la  ragione  che  1'  autorità  della  Chiesa 
romana  e  il  fondamento  di  tutti  i  conci' 
Hi.  In  Tre  veri  la  canonizzazione  si  cele- 
brò solennemente  a' 17  novembre  dello 
stesso  anno.  Poppone  eresse  in  Treveri 
in  onore  del  santo  una  chiesa,  ponendovi 
de'canonici  generosa  mente  dotati;  e  com- 
mendevole per  la  severità,  il  sapere  e  le 
virtù  sue,  mori  nel  1047.  In  questo  il  cle- 
ro e  il  popolo  elesse  Eberardo  figlio  di 
Ezzelino  conte  di  Svevia,  e  preposto  di 
Worms.Divotodella  s.Sede  fece  frequenti 
pellegrinaggi  a  Roma, in  uno  de'quali  ot- 
tenne da  Papa  s.  Leone  IX  la  conferma 
della  supremazia  della  chiesa  di  Treveri 
nelle  Gallie  ed  in  Germauia.Essa  fu  de- 


T  R  E  17 

cisa  in  un  sinodo  di  Roma  lenulodal  Pa- 
pa^ giorni  dopo  Pasqua  del  1049,  co- 
me porta  la  sua  bolla,  alla  quale  però  sot- 
toscrisse l'arcivescovo  di  Lione  con  que- 
sta clausola:  Salva  Ecclesiae  Lugdunen- 
sis  a uclor itatele,  condizioni  per  le  quali 
il  Papa  accordò  tal  favore,  furono  che  gli 
arcivescovi  invierebberoogni  anno  depu- 
tati alla  s.  Sede,  e  ch'essi  medesimi  vi  si 
recherebbero  ogni  3  in  persona.  Sulla  pri- 
mazia di  Treveri  si  può  consultare  la  Gal- 
Ha,  Christiana  t.  i,p.  7  i4-  Cominan ville, 
Histoire  de  lous  Ics  Archeveseliez,  chia- 
ma Treveri  metropoli  della premicreBel- 
già  uè,  et  de  l' Exarcat  des  Gaules  .  . . 
et  à  ce  quon  dit,  la  plus  ancienne  gran- 
de  ville  de  l'Europe:  Elle  eut  des prelats 
des  le  premier  siede,  et  on  la  pretend 
vicine  Primatiale  des  deux  Belgiques 
et  des  deux  Germaniques  dans  lecinq 
elsixu'me.VoY\am\oi\  nello  stesso  annoil 
Papa  a  Reims,  l'arcivescovo  ve  lo  accom- 
pagnò, e  nel  concilio  che  vi  celebrò  pre- 
tese in  virtù  della  propria  supremazia  oc- 
cupare il  1 .°  posto  appresso  il  sommo  Pon- 
tefice. I  suoi  chierici  lo  sostennero  con  tut- 
te le  forze;  ma  l'arcivescovo  di  Reims,  so- 
stenuto per  sua  parte  da'prelati  francesi, 
rifiutò  cedergli  il  primato.  Non  volendo 
s.  Leone  IX  decidere  allora  questa  diffe- 
renza, fece  disporre  le  sedie  nell'assem- 
blea in  maniera  che  tutti  furono  contenti. 
Nel  1060  circa  o  meglio  nel  1061  aven- 
do Corrado  conte  di  Luxemburgo  fatto 
rivivere  le  querele  de'  suoi  predecessori 
colla  chiesa  diTreveri,ne  venne  a  tale  ec- 
cesso, che  avendo  preso  l'arcivescovo  E- 
berardo  mentre  faceva  la  visita  di  sua  ar- 
cidiocesi,  gli  stracciò  le  vesti  pontificali, 
sparse  gli  olii  sagri  e  lo  condusse  prigio- 
ne. Uditosi  in  Treveri  1'  empio  avveni- 
mento ,  si  ce*sò  dal  celebrare  il  servigio 
divino, finché  avesse  deciso  sopra  questo 
grave  attentato  il  nuovo  Papa  Alessan- 
dro II.  Questi  adunato  appositamente  un 
sinodo  vi  scomunicò  il  conte,  lasciando  al- 
l'arci vescovo  il  potere  d'assolverlo.  In  for- 
za di  ciò  Coi  rado  restituì  la  libertà  al  pie- 


voi,.  LXXX. 


i8  TRE 

lato  dopo  averne  ricevuto  ostaggi;  ma  po- 
co dopo  essendo  giunta  da  Roma  la  sen- 
tenza di  scomunica,  rientrato  Corrado  in 
se  slesso,  s'umiliò  all'arcivescovo,  il  quale 
gl'itnpose  d'intraprendere  il  pellegrinag- 
gio di  Terra  Santa.  Nel  io65  circa  Ebe- 
rardo  ebbe  un  contrasto  con  Thierri  ab- 
bate di  s.  Massi  mi  no,  ebe  imprese  a  de- 
cidere colle  armi;  sembra  però  che  dopo 
qualcheostilità, ambedue  si  riconciliasse- 
ro, e  l'arcivescovo  nella  chiesa  di  s.  Mas- 
siccino fondò  il  suo  anniversario.  Lodato 
per  probità,  consiglio  e  prudenza,  cessò 
di  vivere  dopo  l'uffiziatura  del  sabato  san 
to  1 066.  Gli  successe  Conone  I  o  Corrado 
Pfulingen  nobile  svevo,  primicerio  e  poi 
preposto  di  Colonia,  dal  coi  arcivesco- 
vo Annone  reggente  del  regno  di  Germa- 
nia, venne  innalzato  alla  sede  di  Treveri, 
senza  richiedere  prima  il  consenso  del  cle- 
ro e  del  popolo.  Annone  conoscendo  co- 
ni' egli  a  Treveri  incontrerebbe  opposi- 
zione, gli  die  una  scorta  per  farsi  intro- 
nizzare colla  forza.  Adirati  i  trev'uesi  per 
simile  atto  di  autorità,  colsero  armati  in 
traccia  di  Conone  I  ,  guidato  dal  conte 
Thierri  vidamo  (forse  magistrato  o  capi- 
tano o  meglio  vicedominó)  di  Treveri  fi- 
no a  Biedburgo  lungi  16  miglia,  affine  di 
respingerlo,  ed  assalita  la  casa  ove  s'era 
rinchiuso,  dopo  avere  ucciso  non  poche 
di  sue  genti,  ne  forzarono  le  porte  e  s'im- 
padronirono della  persona.Thien'i  lo  tra- 
dusse stretto  in  ceppi  nel  castello  d'Urt- 
zich,  ove  dopo  averlo  tormentato  per  «4 
giorni,  gli  die  la  morte  precipitandolo  da 
una  roccia  il  t.°  giugno  1  066.  11  suo  cor- 
po fu  seppellito  nell'abbazia  di  Tholcy, 
e  dopo  gli  si  attribuirono  de'  miracoli  , 
per  cui  fu  posto  nel  novero  de'  martiri. 
11  clero  e  popolo  di  Treveri  nel  1067  scel- 
se a  pastore  Ldoue  o  Eude  svevo,  figlio 
d'Everardo  conte  di  JNelleniburg,  dopo- 
ché si  pacificò  la  collera  del  redi  Germa- 
nia Enrico  IV,  che  ovea  giurato  vendi- 
rar  (>onoue  colla  rovina  della  città.  Cor- 
tese ed  eloquente,  nel  1074  ricevè  com- 
missione dal  Papa  s.  Gregorio  VII ,  di 


TRE 
terminar  la  controversia  ira  Thierri  ve- 
scovo di  Verdun  e  l'abbate  di  s.  Michele; 
non  che  l'esame  del  contrasto  insorto  tra  il 
vescovo  di  Toni  e  un  chierico  di  sua  dio- 
cesi. Nelle  gravi  vertenze  tra  s.  Gregorio 
VII  e  il  suo  persecutore  Enrico  IV,  U- 
done  nel  1076  intervenne  all'assemblea  o 
conciliabolo,  in  cui  il  re  pretese  far  de- 
porre il  santissimo  Pontefice,  al  quale  ri- 
provevole atto  sottoscrisse  cogli  alni  pre- 
lati, nella  più  parte  ripugnanti.  Contra- 
stando R.odolfodi  Svevial'imperoad  En- 
rico IV,  si  formarono  due  fazioni,  di  pa- 
pisti sostenitori  del  i."  e  di  enriciaui  par- 
tigiani del  2.0,  poi  chiamate  guelfi  e  ghi- 
bellini. Il  Papa  nel  sinodo  di  Roma  del 
[078  fece  trattare  l'affare  de'due  preten- 
denti, e  fu  deliberato  l'invio  di  legati  in 
Germania  per  conoscere  le  loro  ragioni. 
Indi  s.  Gregorio  VII  a' 9  marzo  scrisse 
un'enciclica  a'vescovi  di  Germania,  con- 
sigliandoli di  sentire  l'arcivescovo  di  Tre- 
veri che  pendeva  per  Enrico  IV,  ed  un 
altro  vescovo  aderente  di  Rodolfo,  per  de- 
cidere del  luogo  e  del  tempo  per  radu- 
nare una  nuova  dieta.  Il  Papa  scrisse  a 
Udone  esortandolo  di  adoperarsi  per  la 
pace,  e  l'invitò  a  Roma;  ma  l'arcivesco- 
vo già  era  stato  trovalo  morto  nel  suo  let- 
to all'  assedio  di  Tubinga,  ove  avea  ac- 
compagnato il  re.  A'6  gennaioioyg  per 
la  prepotenza  d'Enrico  IV  fu  eletto  arci- 
vescovo, e  da  lui  investilo  coll'anello  e  il 
pastorale,  Engilberto  o  Egilbérlo  bava- 
rese, preposto  e  teologo  di  Passavia,  del 
parlilo  de'scismatici  sostenitori  de'concu- 
binari  e  delle  condannate  laicali  Investi- 
ture ecclesiastiche  (1  .),  già  separato  dal 
suo  vescovo  dalla  comunione  de'fedeli.  Il 
clero  e  popolo  trevirese  mal  soffrendo  il 
sopruso  che  loro  si  praticava,  pregarono 
i  vescovi  suffragane)  ch'eransi  recali  a  Tre- 
veri per  l'elezione,  di  non  consagrare  En- 
gilberto, come  non  canonicamente  eletto. 
Scorsero  i\ue  anni  senza  ch'egli  Irovauc 
un  consagra tore,tna  nel  1080  avendo  En- 
rico IV  scritto  a  Thierri  vescovo  di  Ver- 
dun, che  avea  assentito  alla  destinazione 


TRE 

d'  Engilberlo,  per  indurlo  a  eseguir  tal 
funzione,  tutlavolta  il  vescovo  si  credè  in 
dovile  avvertirne  s.  Gregorio  VII, dimo- 
strandogli quanto  fosse  rilevante  provve- 
dere del  pastore  la  chiesa  di  Treveri  e  ne- 
gare la  consngrazione  a  colui  oh*  egli  cre- 
deva canonicamente  eletto.  Non  si  cono- 
sce la  risposta  di  s.  Gregorio  VII;  certo 
è,  che  nel  i  084  Enrico  IV  tanto  fece  che 
indusse  il  vescovo  di  Verdun  a  c/>n  sagrar 
Engilberlo.  Però  tornalo  questi  a  Tieve- 
ri ,  ritrovò  la  medesima  opposizione  in 
una  parte  del  clero, la  quale  anzi  gli  mani- 
festò che  non  poteva  riguardarlo  qual  ve- 
scovo, perchè  avea  ricevuto  l'investitura 
da  mano  laica.  Gli  mancava  ancora  il  pal- 
lio, e  subito  l'ottenne  dall'antipapa  Cle- 
mente III,  da  Enrico  IV  fatto  intrudere 
contro  s.  Gregorio  VII.  D'  ordine  d'En- 
rico IV,  Engilberlo  a' i  5  giugno  1  086  nel- 
la metropolitana  di  Praga  consagrò  Vra- 
tislao  II  primo  re  di  Boemia.  Nel  iog3 
Poppone  e  Richero, mio  vi  vescovi  di  Metz 
e  di  Verdun,  avendo  ricusato  di  farsi  con- 
sagrare da  Eogilberto,  perchè  avea  rice- 
vuto il  pallio  dall'antipapa,  furono  da  lui 
scomunicati;  ma  i  loro  cleri  prend  endo  le 
parti  de'  rispettivi  pastori,  dichiararono 
ul  metropolitano  di  non  voler  più  comu- 
nicare con  lui.  Engilberlo  palesò  molto 
fervore  per  la  potenza  temporale  di  sua 
chiesa  ,  e  difendendo  le  terre  donate  da 
Adele  vedova  del  conte  d'Arlou,  contro 
Enrico  conte  di  Luxemburgo  che  le  pre- 
tendeva, dopo  aver  impiegalo  le  armi  per 
respingere  quelle  del  conte,  lo  scomuni- 
cò; indi  segni  tra  loro  un  componimento, 
morendo  Engilberlo  neh  101  e  fu  sepol- 
to nella  cattedrale.  Nelle  feste  di  Natale 
Enrico  IV  nominò  successore  Brunone 
de'conli  Bredeheim, preposto  di  Treveri, 
di  Spira  e  di  s.  Fiorent  di  Coblentz,  ad 
istanza  del  clero  e  del  popolo,  e  nel  se- 
guente febbraio  fu  ricevuto  in  Treveri 
con  acclamazioni.  Nel  1  1  o4  si  recò  a  Ro- 
ma per  visitare  Pasquale  II,  che  l'accolse 
onorevolmente  e  l'ammise  nel  sinodo  di 
Luterano  che  celcbiava;  ma  venuto  meo- 


TRE  i0 

gnizione  ch'era  stato  investilo  del  pasto- 
rale e  dell'anello  da  Enrico  IV,  e  che  sen- 
za avere  ricevutoli  pallio  avea  consagrato 
chiese  e  conferiloordini,  lodepose dal  ve- 
scovato; scorgendo  poi  in  lui  pentimento, 
poco  dopo  lo  ristabilì  nel  grado,  gli  con- 
cesse il  pallio,  imponendogli  soltanto  hi 
penitenza  d'astenersi  dall'uso  della  dal- 
matica per  3  anni.  Su  di  che  può  vedersi 
il  voi.  XXXVII,  p.  148.  Morto  Enrico 
IV nel  1  1  06,  il  figlio  Eurico  V  lo  lece  suo 
ministro  e  consigliere  aulico,  non  giada' 
principi  dell'impero  nominato, come  pre- 
tende l'autore  delle  Gcst.  Trcvir.  Eni* 
scop.  presso  il  Marteue.  Ma  le  contrad- 
dizioni che  gli  fece  provare  il  cancelliere 
Adalberto,  poi  arcivesovo  di  Magonza  , 
lo  disgustarono  in  modo  dell'uflitio  che 
Io  rinunziò.  Nel  r  107  formò  parte  del- 
l'ambasceria da  Enrico  V  spedita  a  Pa- 
squale II  a  Chalons-sur-Mai  ne  per  con- 
ferire sull'  investiture  ecclesiastiche,  in- 
sieme a'vescovi  d'Halberstadt  e  di  Muti- 
ster,  ed  altri  duri  e  intrattabili.  Il  solo 
arcivescovo  che  prese  a  ragionare  si  mo- 
strò eloquente,  urbano  e  saggio,  ma  se- 
condo le  pretensioni  dell'imperatore.  Dis 
se  pertanto,  che  fino  da'tempi  di  s.  Gre 
gorio  I  e  di  vari  altri  Papi ,  era  diritto 
dell'imperatore  che  prima  di  pubblicassi 
l'elezione  d'un  vescovo,  si  dovea  portai  la 
alla  di  lui  conoscenza,  affinchè  se  la  scella 
gli  aggradiva,  vi  prestasse  consenso;  e  che 
in  seguitoconsagratosi  l'eletto  liberamen- 
te e  senza  simonia,  si  recava  alla  corte  per 
ricevere  dal  principe  l'investitura  del  pa- 
storale e  dell'anello,  e  per  giurare  a  lui 
fedeed  omaggio.  Aggiunse  poi,  che  se  sua 
Santità  bramava  di  conservare  quest'uso 
così  ragionevole  e  antico,  la  pace  era  fatta, 
e  la  Chiesa  e  l'Impero  sarebbero  ormai 
perfettamente  d'accordo.  Il  Papa  gli  le- 
ce rispondere  da  Addo  vescovo  di  Piacen- 
za. Questi  con  franco  parlare  ,  sostenne 
la  Chiesa  riscattala  e  posta  in  libertà  dal 
sanguediGesù  Cristo, non  dover  più  rien- 
trare in  isehiavitù,come  avverrebbe  nel 
caso  che  non  potesse  scegliere  un  prelato 


2o  TRE 

senza  consultare  il  principe;  essere  un  at- 
tentalo contro  la  Divinità,  che  un  laico 
conferisca  l'investitura  colla  verga  e  l'a- 
nello, spettanti  all'altare,  e  che  i  vescovi 
ed  i  sacerdoti  deroghino  alla  loro  unzio- 
ne, ponendo  le  mani  loro  consagrate  dal 
Salvatore  fra  quelle  secolari  insanguina  le 
colla  spada.  Le  grida  indiscrete  degli  a- 
Jt inaimi  non  gli  permisero  di  prosegui- 
re, onde  le  conferenze  furono  sciolte,  do- 
po avere  Bruitone  operato  per  un  felice 
risultato.  Neh  109  Brunone  fu  inviato  a 
Roma  coll'arcivescovo  di  Colonia  da  En- 
rico V  per  la  stessa  controversia,  ma  sen- 
za successo.  Nel  1  1  1  3  Brunone  scrisse  a 
R.aule  arcivescovo  di  Reims,  per  ricor- 
dargli l'antica  unione  delle  loro  chiese, 
che  traltavansi  da  sorelle,  come  appari- 
sce da  vari  documenti;  in  conseguenza  del- 
la quale  neli  1  i5  pregò  Raule  d'impie- 
gare la  sua  autorità  e  quella  de'suoi  suf- 
fragane'! ,  contro  i  diocesani  devastatori 
de'beni  dell'abbazia  d'Hoeren,che  Tre- 
veri possedeva  in  Francia.  Accompagnò 
poi  Enrico  V  in  Italia,  e  più  volte  com- 
battè alla  testa  di  sue  genti.  Neh  120  si 
recò  a  visitare  Papa  Calisto  II  in  Cluny, 
il  quale  riguardandolo  benignamente,  gli 
concesse  due  brevi  a'3  gennaio:  coli.°lo 
dichiarò  esente  dalla  giurisdizione  d'o- 
gni legato,  eccetto  quello  a  latere,e  ciò 
per  far  fronte  alle  violenze  d'Adalberto 
arcivescovo  di  Magonza,  il  quale  baldan- 
zoso del  suo  titolo  di  legato,  se  ne  vale- 
va per  inquietare  l'arcivescovato  di  Tre- 
veri;  col  1°  confermò  il  suo  diritto  me- 
tropolitano sui  3  vescovati  di  Metz,  Toul 
e  Verdun.  Di  quest'ultimo  breve  fu  ca- 
gione Stefano  vescovo  di  Metz  e  nipote 
del  Papa,  perchè  avendo  ottenuto  dallo 
zio  l'onore  del  pallio,  come  aveano  go- 
duto 5  suoi  predecessori,  si  riguardava 
per  metropolilano  e  non  intendeva  d'es- 
ser più  soggetto  all'  arcivescovo  di  Tre- 
veri.  Avendo  Guglielmocontedi  Luxem- 
burgo  fatte  saccheggiare  in  questo  tem- 
po le  terre  della  chiesa  di  Treveri,  Brìi- 
none  scomunicò  gli  autori  e  il  conte,  eoa 


TRE 

efficace  effetto,  poiché  sbigottito  Gugliel- 
mo chiese  umilmente  l'assoluzione  e  pro- 
mise riparare  il  malfallo.  Morì  neh  124 
e  gli  successe  Gotifredo  di  Liegi  e  decano 
di  Treveri,  mercè  gl'intrighi  di  Federi- 
co conte  di  Toul;  però  dopo  un  anno  vari 
membri  del  clero  scontenti  del  suo  go- 
verno, insorsero  contro  di  lui,  sostenendo 
che  il  suo  ingresso  nella  sede  fosse  irre- 
golare. Indi  gli  spiriti  vieppiù  si  esacer- 
barono, onde  Gotifredo  vedendo  il  carico 
superiore  alle  sue  forze  abdicò  nel  1  127,0 
fu  deposto  nel  concilio  tenuto  nella  città,  e 
morì  nel  seguenleanno.  Nel  giugno  1  127 
il  clero  gli  surrogò  Meginero  nobile  di 
Liegi,  che  tosto  dovè  prender  l'armi  con- 
tro Guglielmo  conte  di  Luxemhurgo,  il 
quale  ohbliando  le  promesse  fatte  a  Urli- 
none, a  vea  devastato  nuovamente  le  terre 
della  chiesa  diTreveri;e  l'incalzò  così  viva- 
mente che  Io  ridusse  a  chieder  pace.  Nel 

I  128  parli  per  Roma,  dove  ricevè  dalle 
mani  d'Onorio  II  la  consagrazione  e  il 
pallio.  Di  costumi  severi,  imprese  a  rifor- 
mare il  clero,  e  infierì  massime  contro  i 
concubinari;  il  suo  zelo  mancante  di  di- 
screzione, irritòi  colpevoli  egli  rese  molti 
avversi.  Neh  129  vedendosi  quasi  abban- 
donato, fece  nel  novembre  un  2. "viaggio 
a  Roma,  affine  di  partecipare  al  Papa  i 
suoi  disgusti.  Trovavasi  in  Italia  Corra- 
do  111  duca  di  Svevia, competitore  di  Lo- 
tario 11  all'impero,  e  sdegnalocoutro  Me- 
ginero che  lo  avea  scomunicato  d'ordine 
del  Papa,  lo  fece  arrestare  presso  Parma 
e  lo  cacciò  uelle  prigioni  della  città,  ove 
morì  di  dolore  ih. "ottobre  1  i3o,dopo  a- 
ver  perduta  la  vista  :  il  vescovo  di  Par- 
ma lo  fece  seppellire  nella  cattedrale.  Nel 

I I  3  1  pe'dispareri  nell'elezione  del  suc- 
cessore, i  canonici  scelsero  Alberone  o  A- 
dalherone  o  Adalberto  di  Monslerol  o 
Moutreuil  loreuese,  arcidiacono  di  Toul 
e  Verdun,  e  primicerio  di  Metz;  ma  per 
l'inasprimento  de' partili  e  il  furore  po- 
polare, Lotario  li  per  non  fomentare  la 
•edizione  rifiutò  di  ratificare  I'  elezio- 
ne, e  rimise  l'affare  alla  sauta  Sede.  In- 


T  R  E 

nocenzo  TI  la  confermò,  ma  rifiutando- 
si <li  accettare  Alberone,  come  già  avea 
fitto  delle   prelature  di  Magdeburgo  e 
d'Halberstadt,  a  punirlo  della  resistenza 
lo  privò  de'  benefizi.  Celebrando  il  Papa 
nello  stesso  anno  un  concilio  a  Reims,  o- 
ve  recossi  Alberone  con  alcuni  canonici, 
si  sottopose  al  volere  d'Innocenzo  II,  cbe 
fattolo  rivestire  d'una  cappa  lo  collocò  tra 
gli  arcivescovi,  e  condottolo  seco  a  Vien- 
na ivi  lo  consagrò,  e  rimandò  alla  diocesi 
col  titolo  di  legato  per  procurargli  rive- 
renza maggiore.  Fu  ricevuto  con  accla- 
mazioni, ma  Lotario  li  si  ricusò  d'inve- 
stirlo delle  regalie,  perchè  prima  di  ri- 
cevere l'investitura  erasi  fatto  consagra- 
re;  dipoi  ne  ricuperò  In  grazia  e  con  essa 
le  regalie.   Alberone  dotato  di  meravi- 
gliosa sagacità,  ferino  nelle  sue  risolu- 
zioni, dolce  e  umano,  riuscì    d'  umilia- 
re l'arrogante  e  orgoglioso  vidamo  Lui- 
gi, cbe  rivestito  di  tale  carica  sotto  i  due 
predecessori,  I'  esercitava  con  tale  indi- 
pendenza e  dispotismo,  che  avea  concen- 
trata nella  sua  persona  tutta  la  civile  au- 
torità e  ridotti  gli   arcivescovi  alle  sole 
funzioni  ecclesiastiche.  Sotto  colore  di 
mantenere  la  loro  casa  erasi  impadroni- 
to di  tutte  le  rendite,  e  somministrava 
loro  appena  il  necessario;  essendosi  pu- 
re appropriato  il  palazzo,  ostenta  va  \l  lus- 
so e  il  fasto  proprio  d'  un  principe.  Al- 
berone ricuperò  il  palazzo,  e  abbaitela 
tirannide  di  quest'  olliciale,  che  corse  a 
gittaisi  a'suoi  piedi. Sostenne  guerra  con- 
tro Simone  1  duca  di  Lorena  vessatore 
dell'  abbazia  di  s.  Die  o  Deodato,  e  nel 
n  3  2  lo  scomunicò  inAquisgrana  nel  gior- 
no di  Pasqua  durante  i  santi  misteri,  al- 
la presenza  del  cognato  Lotario  li,  co- 
stringendo il  conte  a  uscir  dalla  chiesa: 
indi  per  raccomandazione  d'  Innocenzo 
li,  l'assolse  in  una  grande  assemblea  o 
concilio  tenuto  a  Thionville,  prometten- 
do Simone  l  che  non  avrebbe  più.  inquie- 
tato la  chiesa  di  s.Die.  Colla  slessa  ener- 
gia difese  i  religiosi  di  Senones  dalle  pre- 
potenze d'Enrico  conledi  Suini.  Nel  1 1 36 


TRE  2i 

accompagno  Lotario  II  in  Italia,  per  rein • 
tegrare  la  s.  Sede  delle  terre  usurpate  da 
Ruggero  I  re  di  Sicilia,  e  fu  allora  che 
Innocenzo  II  a'2  ottobre  nominò  l'arci- 
vescovo di  Treveri  suo  legato  negli  ar- 
civescovati di  Treveri,  Magonza,  Colo- 
nia, Salisburgo,  Rrema  e  Magdeburgo. 
Nelii3c)  il  re  de'  romani  Corrado  III, 
pressato  dalle  sue  istanze,  gli  cede  il  pa- 
dronato dell'abbazia  dis.  Massimino,  che 
da  tempo  immemorabile  era  immediata- 
mente soggetta  al  capo  dell'impero.  I  mo- 
naci si  appellarono  al  Papa  Innocenzo  II 
contro  la  concessione,  e  ricorsero  ad  En- 
rico 1 1  conte  di  Namur  loro  avvocato,  che 
mosse  guerra  all'arcivescovo:  tutto  fini 
colla  pace  e  transazione,  che  nel  1  1 47  Al- 
berone fece  confermare  da  Papa  Euge- 
nio III,  nel  recarsi  a  visitarlo  in  Parigi. 
Sul  finir  dell'anno,  cioè  a'2Q  novembre, 
l'arcivescovo  accolse  Eugenio  III   nella 
sua  capitale,  ove  tenne  un  concilio  ed  a' 
3i  gennaio  1  1  4<3  consagrò  la  basilica  di 
s.  Mattia,  indi  sul  fine  di  febbraio  partì 
per  Reims.  Morì  Alberone  a' 1 5  gennaio 
1  1  52  in  Coblentz, ed  il  suo  cadavere  im- 
balsamato, dopo  solennissimi  funerali  fu 
trasferito  con  gran  pompa  in  Treveri,  e 
depositato  per  un  giorno  intero  in  cia- 
scuno de'  monasteri,  indi  venne  sepolto 
nella  cattedrale.  A'27  di  detto  mescgli 
successe  filino  Fallemagne  decano  di  su  1 
chiesa,  che  recatosi  a  Francfort  influì  al- 
l'elezione di  Federico  lini  pera  tore,il  qua- 
le l'inviò  col  vescovo  di  Bamberga  ad  Eu- 
genio III,  per  partecipargli  la  sua  esal- 
tazione. Il  Papa  consagrò  Illino,  e  gl'ira- 
pose  il  pallio  col  titolo  di  legato.  Nel  ri- 
torno trovando  le  frontiere  di  sua  dio- 
cesi saccheggiate  da'conti  di  Nauiur  e  di 
Vianden,  gli  riuscì  pacificarsi  con  van- 
taggio; e  colla  mediazione  di  s.  Bernar- 
do abbate  di  Chiaravalle,  riconciliò  quel- 
li di  Metz  con  alcuni  signori  vicini,  che 
uniti  a  Rinaldo  II  conte  di  Bar  facevano 
loro  aspra  guerra.  Scrisse  a  s.  Ildegarda 
perchè  lo  mettesse  a  parte  de'stioi  lumi 
intorno  alla  vita  interiore,  e  dalla  rispo- 


22  T  R  E 

Ma   trasse  profitto  anche  sul   modo  di 
reggere  il  suo  gregge.  Nel  i  i5>j  recato- 
si Federico  I  a  Treveri,  con  diploma  con- 
fermò all'  arcivescovo  il  padronato  del- 
l'abbazia di  s.  Massimino,  e  il  Papa  A- 
driano  IV  Io  creò  suo  legalo  in  tutta  l'e- 
stensione del  regno  germanico,  L'impe- 
ratore che  ne  avea  gran  stima  e  in  gran 
conto  teneva  la  sua  dignità  di  primate, 
lo  ricevè  graziosamente  in  Worms.  lib- 
ilo neh  i5q  mercè  un  cambio  fatto  colla 
chiesa  di  Worms,  acquistò  il  castello  di 
Nassau  colle  sue  pertinenze:  Lotario  II 
avea  rimessa  la  chiesa  di  Worms  in  pos- 
sesso di  questa   piazza,  già  toltale  col- 
la forza  da'conti  di  Luxeuiburgo;  quindi 
lllmo  la  cede  in  fendo  a'  discendenti  di 
tale  casa.  Allorché  l'imperatore  persegui- 
tando la  Chiesa  e  il  Papa  Alessandro  III, 
fece  riconoscere  nel  conciliabolo  di  Pa- 
via l'antipapa  Vittore  V,  lllinofu  il  solo 
tra'  vescovi  di  Germania  che  ricusò  di 
sottoscrivere  gli  atti  di  tale  assemblea,  e 
solo  per  procuratore  firmò  la  lettera  in- 
dirizzata a  vescovi  assenti. Già  da  qualche 
tempo  i  treviresi  s'erano  divisi  in  tribù, 
che  arrogatisi  ciascuna  alcuni   privilegi 
sullo  un  capo  appellato  maitre,  costituì 
'.ino  insieme  un'associazione  somiglian- 
te a 'comuni;  ma  la  licenza  che  sorse  da 
tale  istituzione  determinò  l'imperatore  ad 
abolirla  con  sue  lettere  del  i  1 6 1 .  Questo 
diploma  erasi  redatto,  anche  per  ricon- 
ciliare l'arcivescovo  con  Corrado  palati- 
no del  Reno,  rispetto  a'di  lui  diritti  qual 
protettore  della  chiesa  di  Treveri.  Cor- 
rado, tlopo  essersi  accomodato  con  lllino, 
esortò  i  treviresi  ad  astenersi  da  qualsia- 
si innovazione.  Morto  lllino  neh  169,  il 
clero  e  il  popolo  gli  surrogò  Arnoldo  1  de- 
cano di  s.  Andrea  di  Colonia,  ad  istanza 
di  Federico  1.  Neh  172  assalito  da  Mat- 
teo 1  duca  di  Lorena  e  «lai  figlio  Ferri, 
cogli  Muli  del  fratello  del  conte  di  bar, 
li  vinse  e  fece  prigioni,  «  ostringendoli  a 
MllergU  il  castello  di  Siisberg  e  le  pre- 
tensi.un  mi  quello  ili  Norherch.Neh  174 
fece  parie  ili  Ila  spedizione  dell'impcru- 


TRE 

love  in  Lombardia,  e  trovossi  alla  tenta  • 
ta  espugnazione  d'Alessandria  della  Pa- 
glia. Morì  Arnoldo  1  a'i5  maggio I  1 83, 
e  fu  sepolto  nella  sua  cattedrale.  La  sua 
morte  fu  seguita  da  lungo  e  funesto  sci- 
sma; poiché  i  canonici  si  proposero  di  e- 
leggere  arcivescovo  Rodolfo  preposto  di 
s.  Pietro,  quando  l'arcidiacono  Folma- 
ro o  Vohnaro  vi  si  oppose  coll'appoggio 
d'Enrico  duca  di  Limburgo,  e  tumultua- 
riamente fu  da'suoi  partigiani  proclama- 
to pastore.  Federico  I  citò  le  parti  a  Co- 
stanza, e  senza  scegliere  altri,  come  l'au- 
torizzava l'uso  in  simili  casi,  ordinò  una 
nuova  elezione.  Folmaro  invece  appellò 
al  Papa  Lucio  HI, e  uscì  clandestinamen- 
te da  Costanza.  Nondimeno  si  procede 
all'elezione  in  presenza  dell'imperatore, 
da  que'pochi  che  aveano  accompagnato 
Rodolfo,  sul  quale  di  nuovo  ricadde  la 
scelta,  e  Federico  I  gli  die  l'investitura  e 
lo  inviò  a  prender  possesso  di  sua  chie- 
sa. Folmaro  avendolo  prevenuto  coll'oc- 
cupare  la  cattedrale,  Rodolfo  si  fece  in- 
tronizzare nella  chiesa  di  s.  Simeone.l  due 
pretendenti  si  recarono  a  Roma,  ma  tro- 
varono che  Lucio  IH  eia  morto  a  Vero- 
na a'2  5  noveod^re  1  1 85,  e  ch'eragli  ivi 
successo  Urbano  111  avverso  a  Federico  I. 
In  Verona  il  nuovo  Papa  nel  sabbaio  di 
Pentecoste!  186  creò  Folmaro  cardina- 
le, e  nel  giorno  appresso  cousagrollo  ar- 
civescovo, rigettando  Rodolfo  peravnu 
ricevuta  l'investitura  dalle  mani  dell'im- 
peratore. Per  questo  procedere  Federica 
1  si  affrontò,  e  divenne  aperto  nemico  del 
Papa.  Folmaro  volle  tornare  a  Trevei  1, 
ove  trovavausi  tuttavia  le  truppe  impe- 
riali, condottevi  da  Enrico  figlia  di  Fe- 
derico l, che  avea  angarialo  in  mille  mo- 
di i  suoi  aderenti.  Travestito  Folmaro  da 
stalliere,  dopo  superati  nel  viaggio  un'in- 
finità d'ostacoli,  giunse  da  Tebaldo  con- 
te di  Rriey,  che  gli  die  ospizio  nel  mo- 
nastero di  s.  Pietro  di  Monte,  ove  (issò  il 
suo  soggiorno,  esercitando  l'autorità  ur- 
ei vescovile  nella  diocesi  di  Treveri.  Sco- 
municò i  partigiani  di  Rodolib,  i  quali  in- 


T  li  E 

vece  si  accrebbero,  prestando  occasione 
■'nobili  di  mettere  sossopra  i  beni  del  cle- 
ro. Reduce  l'imperatore  dall'Italia,  rac- 
colse una  dieta  ove  si  presentarono  i  de- 
putali di  Treveri,  e  convennero  di  rico- 
noscere Rodolfo,  senza  avere  alcun  ri- 
guardo al  giudizio  del  Papa,  Intanto  Fol- 
maio  erasi  ritirato  nella  diocesi  di  Reims, 
ove  l'arcivescovo  Guglielmo  di  Sciampa- 
gna gli  aprì  un  asilo.  Munito  del  titolo 
di  legato,  a  lui  dal  Papa  Gregorio  Vili 
concesso,  convocò  a  Moussbn  (l' •)  un 
concilio,  invitandovi  tutti  i  suoi  soffra- 
ganci  e  il  clero  di  Treveri;  l'assemblea 
si  tenne  nella  quaresima  i  187,  ma  fra' 
vescovi  della  provincia  v'intervenne  solo 
quello  di  Metz,  con  alcuni  prelati  fran- 
cesi, a 'quali  s'unirono  pure  altri  del  2.° 
ordiuedelclerodi  Treveri.  Fol  maro  spie- 
gando ivi  tutta  la  sua  autorità,  pronun- 
ciò sentenza  di  scomunica  contro  il  ve- 
scovo di  Toul  e  depose  quello  di  Verdun, 
esercitando  eguale  rigore  contro  la  parte 
del  suo  clero  a  lui  ribelle,  Irritato  l'im- 
peratore da  questo  procedere,  risolvè  di 
cacciare  dal  suo  asilo  il  prelato;  e  stretta 
quindi  alleanza  cól  re  di  Francia  Filip- 
po 11,  indusse  questo  principe  a  privar  di 
sua  proiezione  Folmaro,  cbe  videsi  per- 
ciò costretto  od  uscir  dalla  Francia.  Pas- 
sò in  Inghilterra,  ove  il  re  Enrico  II  ac- 
coltolo per  rispetto  del  Papa,  gli  assegnò 
per  svio  ritiro  la  città  di  Tours.  Gregorio 
Vili  avvertito  dal  vescovo  di  Toul, cbe 
Folmaro  avealo  scomunicato  senza  aver- 
lo interpellato,  e  cbe  parimenti  altre  sco- 
inuuicbe  avea  lanciate  contro  i  suoi  av- 
versari, restrinse  il  di  lui  potere  e  gli  vie- 
tò di  colpire  alcuno  colle  censure  eccle- 
siastiebe,  senza  prima  consultare  la  s.  Se- 
de. Mentre  si  operava  all'estinzione  dello 
scisma  di  Treveri,  morì  Gregorio  Vili, 
ed  a'20  dicembrer  187  gli  successe  Cle- 
mente III,  il  quale  la  condusse  ad  elìcilo, 
Folmaro  e  Piodolfo  vennero  destituiti  nel 
1  189  nella  dieta  cbe  Enrico  VI  re  di  Ger- 
mania tenne  in  Treveri  alla  presenza  del 
cardiual  Goffredo  Guelani  legalo,  dopo 


TRE  23 

la  partenza  di  Federico  I  suo  padre  per 
la  Siria.  Folmaro  si  ritirò  in  Ingbilterra, 
ove  nello  stesso  anno  cessò  di  vivere  e  fu 
sepolto aiVorlbampton. Quindi  nella  stes- 
sa dieta,  ad  insinuazione  d'Enrico  V,  fu 
eletto  ad  unanimi  voli  il  suo  cancelliere 
Giovanni  I,  cbe  di  carattere  pacifico  gli 
riuscì  di  riconciliare  gli  spiriti  già  discordi. 
Ristabilita  la  concordia,  rivolse  ogni  cu- 
ra per  mettere  la  sua  diocesi  in  salvo'da- 
gl'insulli  de'vicini;  e  come  la  città  di  Tre* 
veri  era  stata  sino  allora  senza  mura  né 
porle,  la  fece  cbiudere  da  buona  cinta  con 
alcune  torri  in  distanza,  al  modo  delle 
piazze  fortificate.  Inoltre  rialzò  i  castelli 
già  caduti  in  rovina,  e  ne  costruì  de'nuo- 
vi.  Neh  193  l'arcivescovo  fu  arrestato  e 
cacciato  in  prigione,  da  Federico  conte 
di  Vianden,  ma  prontamente  fu  liberato 
dal  conte  palatino  del  Reno  Enrico  III, 
e  nelle  posteriori  guerre  Federico  ebbe  la 
peggio, Nel  1  197  ildettoconteEnrico  III 
vendè  all'arcivescovo  Giovanni  I  il  suo 
diritto  d'avvocazia  della  città  e  cbiesa  di 
Treveri.  Nella  gara  insorta  neh  198  per 
l'impero,  tra  Ottone  IV  di  Brunswick  e 
Filippo  di  Svevia,  fratello  del  defunto 
Enrico  VI,  l'arcivescovo  dopo  essersi  di- 
cbiarato  pel  2.0,  colla  promessa  in  pre- 
mio di  2000  marebe  d'argento,  si  ricusò 
di  coronarlo,  atteso  il  rifiuto  dell'arcive- 
scovo di  Colonia.  Avendo  poi  abbando- 
nalo Filippo,  nel  1200  partì  per  Roma 
ben  accolto  da  Innocenzo  III,  cbe  favoi  i  - 
va  Ottone  IV.  Ma  al  suo  ritorno  a  Tre- 
veri si  dichiarò  nuovamente  per  Filippo, 
ciò  cbe  gli  tirò  addosso  la  scomunica  del 
Papa,  onde  per  farsi  prosciogliere  dall'a- 
natema dovè  riconciliarsi  con  Ottone  IV. 
Nel  1209  accompagnò  quest'imperatore 
in  Italia,  e  inimicatosi  Ottone  I  V  con  In- 
nocenzo III,  l'arcivescovo  tornò  ad  ab- 
bandonar il  suo  partilo,  per  rivolgersi  da 
quello  di  Federico  II  (iglio  d'Enrico  VI, 
ma  i  treviresi  rimasero  fedeli  all'impera- 
tore. Morì  nel  1212  e  fu  .sepolto  nell'ab- 
bazia d'Huuuierodo,  di  cui  Ili  insigne  be- 
nefattore, lasciando  la  sede  di  Treveri  o- 


24 


TRE 


pulente  per  i  miglioramenti  e  acquisti  ila 
lui  fatti.  Gli  successe  Teodorico  II  conte 
di  Weda,arcidiaconoepreposlodis.  Pao- 
lino. Dichiaratosi  per  Federico  11, dal  par- 
tito del  rivale  gli  fu  teso  un  agguato,  e 
scampò  la  morte  perchè  Alberto  di  Co- 
blenlz  nel  frapporsi  ricevè  il  colpo  mor- 
tale a  lui  diretto.  Nel  I2i5  dopo  avere 
d'ordine  d'Innocenzo  III  slaccati  que'di 
Cohonia  dal  partito  d'Ottone  IV  e  ricon- 
ciliati con  Federico  li,  si  recò  al  concilio 
generale  di  Laterano  IV.  Fece  un  pelle- 
grinaggio in  Terra  Santa,  nel  1223  in- 
trodusse i  domenicani  in  Treveri,  e  nel 
12^5  per  l'assassinio  d'Engilberto  arci- 
vescovo diColonia,assunse  la  cura  di  quel- 
la chiesa,  e  fece  eleggere  a  successore  En- 
rico di  Molenaixk.  Avendo  scoperto  in 
Treveri  3  scuole  di  albigesi,  perseguilo 
questi  eretici  e  ne  fece  condannare  alcu- 
no alle  fiamme.  Colle  armi  e  le  censure 
represse  gli  attentati  de'  signori  di  Poil- 
vache  e  di  Mailberg,  e  per  frenar  quelli 
del  2.°  eresse  nel  «289  il  castellodiK.il- 
burgo,  finché  la  pace  nel  1240  ricompo- 
se l'ordine. Recatosi  nel  1  242  Corrado  I V 
figlio  di  Federico  II  a  Treveri,  lo  accom- 
pagnò a  Cobientz,  ove  l'arcivescovo  cessò 
di  vivere  a'28  marzo;  il  cadavere  trasfe- 
rito a  Treveri  fu  tumulato  nella  catte- 
drale. Durante  il  suo  governo  stabili  la 
riforma  di  vari  monasteri,  altri  ne  fondò 
di  nuovo,  altri  ne  restaurò.  Il  suo  nipote 
Arnoldo  II  d'Iseruburgo  gli  successe,  già 
preposto  di  s.  Pietro,  per  l'elezione  fat- 
ta dalla  maggiore  e  più  saggia  parte  del 
clero,  senza  partecipazione  de'laici.  Adi- 
rata la  nobiltà  perchè,  com'era  costume, 
non  si  fosse  chiamata  a  parte  dell'elezio- 
ne, scelse  dal  canto  suo  Rodolfo  di  Pont 
preposto  di  s.  Paolino,  e  pigliò  le  armi 
per  sostenerlo;  ma  non  secondata  dalle 
guarnigioni  delle  piazze  dell'arcivescova- 
to, fu  costretta  di  rimanere  nell'inazione. 
Corrado  IV  in  Cobientz  conferì  V  in  ve- 
stitura ad  Arnoldo  li;  menile  il  duca  di 
Lorena  Matteo  li,  ed  i  conti  ili  Lnxem- 
burgo  e  di  Sayu  parteggiarono  per  Ru- 


TR  E 
dolfo.  Le  loro  truppe  penetrate  in  Tre- 
veri, saccheggiarono  le  case  de'canonici 
propensi  ad  Arnoldo  II,  formarono  una 
piazza  d'  armi  della  cattedrale,  ed  asse- 
diarono senza  successoli  palazzo  arcive* 
scovile,  ove  i  canonici  eransi  rifugiali.  Re- 
catisi in  seguito  ad* assalir  le  diverse  piaz- 
ze della  diocesi,  rimasero  perdenti  dinan- 
zi a  tulle,  tranne  Saarburgo  di  cui  s'impa- 
dronirono con  inganno.  Pel  deplorabile 
scisma,  frappostesi  varie  persone  dabbe- 
ne e  potenti,  Rodolfo  si  mosti  ò  condiscen- 
dente a  desistere  dalle  sue  pretensioni  , 
chiedendo  per  suo  asilo  la  città  di  Saar- 
burgo: gli  fu  concessa,  e  dopo  qualche 
giorno  morì.  Neh  243  Arnoldo  11  otten- 
ne il  pallio  da  Innocenzo  IV,  e  fu  consa- 
grato dagli  arcivescovi  di  Magonza  e  di 
Colonia.  L'arcivescovo  nel  1  245  si  spie- 
gò contro  Federico  II,  già  scomunicalo 
e  deposto  dal  concilio  di  Lione  I.  Essen- 
dosi i  3  arcivescovi  del  Reno,Treveri, Ma- 
gonza  e  Colonia,  recali  nel  maggio  o  nel- 
l'agosto 1246  ad  Hocheim  pei  l'elezione 
d'un  nuovo  capo  dell'impero,  il  giovane 
Corrado  IV  corse  ad  assalirli  con  un'ar- 
mata di  svevi;  ma  essi  avendo  alla  testa 
loro  il  landgravio  di  Turingia  Enrico  , 
che  allora  a  proposizioned'lnnocenzo  IV 
aveano  eletto  re  de' romani,  mossero  con- 
tro il  principe,  gli  presentarono  battaglia 
e  lo  posero  in  rotta.  Nel  1247  morto  Eli  • 
lieo,  l'arcivescovo  di  Treveri  si  adoperò 
insieme  al  legalocardinal  Capocci  per  l'e- 
lezione del  nuovo  re  de'  romani,  sicché 
avendo  essi  radunati  a  Woeringen,  nel 
paese  di  Colonia,  gli  elettori,  a*  2q  set- 
tembre o  meglio  a'3  ottobre  ad  unanime 
voto  fu  scelto  Guglielmo  conte  d'Olanda. 
Questo  principe  nel  1  25  1  fu  accompagna- 
to a  Lione  per  trattare  degli  all'ari  del- 
l'impero con  Innocenzo  IV;  il  quale  a- 
vendo  nel  venerdì  santo  predicato  nella 
propria  lingua, l'arci  vescovo  ch'era  a  ban- 
co del  re,  a  lui  e  alla  sua  corte  tradusse 
il  discorso  in  lingua  alemanna.  Avendo 
il  popolo  di  Cobientz  commesso  delle  o« 
stilila  contro  l'  esercito  crocialo  per  re- 


TRE 

primere  i  partigiani  di  Federico  IT,  ne  fu 
incolpalo  motore  l'arcivescovo, percui  il 
cardinal  Ugo  di  s.  Caro  legato  di  Germa- 
nia, fu  incaricato  di  prenderne  cognizio- 
ne. Ucciso  sul  cominciar  del  ii56  Gu- 
glielmo, né  trovandosi  disposto  a  succe- 
derlo alcun  principe  di  Germania,  due 
stranieri,  cioè  Alfonso  X  re  di  Leon  e  di 
Castiglia,  e  Riccardo  contedi  Coruova- 
glia  e  fratello  del  re  d'Inghilterra,  «  po- 
sero fra 'concorrenti  al  soglio  vacante.  Gli 
elettori,  che  allora  erano  numerosi,  tro- 
varonsi  tra  loro  divisi,  e  Riccardo  molli 
ne  avea  fatti  suoi  col  denaro,  non  pelò 
Arnoldo  11  a  cui  offrì  i  5,ooo  marchi  di 
sterlini, giudicando  più  degno  lo  spaglino- 
lo. Questa  scelta  adottata  dal  maggior  nu- 
mero degli  elettori,  fu  applaudita  da  una 
parte  di  Germania  e  dagli  stati  d'Italia; 
ma  Alfonso  X  contento  del  titolo  im- 
periale, non  si  mosse  dalla  Spagna,  sic- 
come occupato  in  guerreggiare  i  mori. 
Arnoldo  11  vedendo  che  non  cedeva  a're- 
plicali  invili  fattigli,  lo  abbandonò,  e  pa- 
cificatosi con  Riccardo,  mercè  la  media- 
zione di  Francia,  lo  riconobbe  per  re  de' 
romani.  Rivestito  Corrado  arcivescovo  di 
Colonia  del  carattere  di  legato,  voleva  e- 
sercitar  le  sue  funzioni  nella  diocesi  di 
Treveri,  ma  Arnoldo  II  spedita  una  de- 
putazione a  Roma,  ottenne  di  non  rico- 
noscere che  la  giurisdizione  d'un  legato 
a  Intere;  indi  morì  nel  i  25g  nella  citta- 
della di  Tabor  da  lui  innalzata,  e  il  suo 
corpo  fu  portato  nella  metropolitana.  Fu 
tacciato  d'essersi  usurpati  i  beni  delle  chie- 
se di  sua  diocesi,  d'aver  tralasciato  la  ce- 
lehrazioue  degli  annuali  sinodi  diocesa- 
ni di  primavera  e  d'autunno,  di  violen- 
ze commesse  da' suoi  ulliziali  verso  vari 
membri  del  clero,  e  d'aver  fitto  l'ordi- 
nario suo  soggiorno  nel  suo  Castel  lo  d'Eli- 
renhreitslcin.  Nel l a6o  Papa  Alessandro 
IV  dopo  aver  annullata  la  doppia  elezio- 
ne fitta  dal  capitolo  dc'due  arcidiaconi 
di  Treveri  Enrico  e  Arnoldo,  in  Roma 
nominò  a'  18  novembre  Enrico  I  di  Fi- 
sliug  o  Wiuslingeu  nobile  di  Lorena  e 


TRE  25 

decano  di  Metz,  non  senza  aver  brigato 
per  essere  arcivescovo.  Nondimeno  giun- 
to a  Treveri,  vi  fu  accolto  dal  clero  colla 
massima  acclamazione;  ma  breve  fu  la 
gioia,  e  tosto  la  Chiesa  dovè  querelarsi  di 
lui,  pel  carattere  altero,  violento  e  ven- 
dicativo. Perseguitò  Thierri  abbate  di  s. 
Mattia  pressoTreveri,e  gli  destinò  un  suc- 
cessore. L'abbate  ricorse  a  Papa  Urbano 
IV,  già  adirato  contro  l'arcivescovo  per 
la  sua  condotta, e  perchè  eseguiva  le  fun- 
zioni senza  avere  ricevuto  il  pallio.  L'ar- 
civescovo vessò  pure  i  commissari  pon- 
tificii,inviati  per  informarsi  sul  luogo  del- 
lo stato  delle  cose,  e  rimosse  pure  l'ab- 
bate Hobertodis.  Maria de'Martirie  fra- 
tello di  Thierri.  Il  Papa  ristabilì  i  dueab- 
bali,  e  chiamò  l'arcivescovo  a  Roma  per 
giustificarsi.  Morto  frattanto  UibanoIV 
e  succedutogli  Clemente  I V,  questi  lo  ri- 
tenne in  Roma  per  aver  fatto  imprigio- 
nare l'abbate  Thierri.  iNella  sede  vacan- 
te profittò  per  evadere  da  Roma,  e  poi 
sentendo  che  l'abbate  si  recava  in  Orvie- 
to da  Gregorio  X  lo  seguì,  ma  il  Papa  li 
fece  riconciliare  a  mediazione  di  due  car- 
dinali. Nell'ottobre  i  273  Enrico  I  con  uà 
corteggio  di  1  800  uomini  si  portò  aFranc- 
fort  per  l'elezione  del  re  de'  romani,  e 
contribuì  col  suo  voto  a  quella  di  Rodol- 
fo I  d'Habsburgo.  Poco  applicandosi  agli 
alfari  spirituali,  fu  tutto  dedito  a  risto- 
rare le  fortezze  e  a  costruirne  di  nuove. 
Morì  nel  1286  a  Boulogne,  nel  pellegri- 
naggio a  s.  Josse  di  Pkardia,  impreso 
per  le  malatlieche  l'affliggevano, e  fu  por- 
tato nella  sua  cattedrale.  Diviso  il  capi- 
tolo ne'pareri,  elesse  3  individui,  e  pre- 
valse Boemondo  1  di  Warnesherg,  pre- 
vosto e  arcidiacono  di  Treveri,  perchè 
Papa  Nicolò  IV  nel  1289  lo  nominò,  e 
consagrò  in  (piatesi  rna.con  Cerai  do  d'Ep- 
penslein  arcivescovo  di  Magonza,  dando 
loro  solennemente  il  pallio  nella  dome- 
nica delle  Palme.  Intanto  avendo  il  Pa- 
pa eletto  a  preposto  e  a  cantore  di  Treve- 
ri due  soggetti  d'oneste  famiglie  e  com- 
mendevolipel  merito  loi  0,1!  maggior  nu- 


26  TRE 

mero  cle'canonici  ardì  di  rigettarli,  come 
non  nobili;  questa  frivola  vanità  da  essi 
fu  sostenuta  come  prerogativa  del  capi- 
tolo, ed  alle  ammonizioni  e  minacce  del 
Papa  restarono  inflessibili.  Pertanto  Ni- 
colò IV  li  scomunicò  e  pose  l'interdetto 
alla  chiesa  di  Treveri,  che  durò  per  tutto 
jl  vescovato  di  Boemoudo  I.  A  vergogna 
de'  ricalcitranti,  avvenne  i5  anni  dopo, 
che  Pietro  Aichspalter,  uno  de'due  scelti 
ale  dette  dignità,  fu  innalzato  alla  sede 
di  Magonza.  Boemondo  I  giustificò  l'e- 
lezione del  Papa,  perchè  dolce  di  carat- 
tere e  amatore  della  pace;  caro  all'im- 
peratore Rodolfo  1,  lo  fu  egualmente  ad 
Adolfo  di  Nassau  suo  successose,  al  cjua- 
le  restò  sempre  fedele,  a  differenza  di  qua- 
si tulli  i  principi  di  Germania,  anzi  nel- 
lesue  strettezze  gli  somministrò  conside- 
revoli somme,  ricevendo  in  ipoteca  il  ca- 
stello di  Cochem.  Alberto  I  d'Austria,  di- 
venuto imperatore  nel  1198,  serbò  gli 
stessi  senlimenti  per  l'arcivescovo?  tanto 
potere,  per  lo  più,  ha  la  virtù  sugli  ani- 
mi, non  ostante  la  diversità  del  loro  pen- 
sare! Alberto  I  lungi  dal  ritirargli  il  ca- 
stello di  Cochem,  gliene  concesse  la  pro- 
prietà. Questo  degno  prelato,  che  edificò 
la  diocesi  colla  purezza  de'costumi,  e  col- 
la diligenza  nell'adempierc  a  tutti  i  do- 
vei i  del  suo  ministerOjlerminòisuoigior- 
ni  a'  9  dicembre  1  299,  e  fu  sotterrato 
nella  metropolitana. 

Papa  Bonifacio  Vili  senza  valutare  l'e- 
lezione falla  dal  capitolo  d'Enrico  di  Vir- 
neburgo,  nel  i3oo  nominò  fr.  Ditero  o 
Didero  di  Nassau  teologo  domenicano, 
fratello  del  defunto  Astolfo  re  devonia- 
ni, foise  coll'iutenzione  di  pone  a  fronte 
del  suo  uccisore  Alberto  1,  un  nuovo  ne- 
mico. Trovandosi  i  treviresi  in  guerra  col 
coute  di  Luxemburgo,  nel  pacificarsi  gli 
accordarono  il  dirittodiciltadinanza,3oQ 
lire  di  pensione  e  il  palazzo  dell'Aquila  111 
Treveri,  poi  palazzo  Retile.  Dei  paese  di 
Luxemburgo  e  de'suoi  signori  ragionai 
ne'molti  articoli  relativi,  come  a  Paesi- 
Bassi  e  (ìebmama.  Neli3o3  i  cittadini  di 


TRE 
Treveri  si  sollevarono  contro  l'arci  vesco^ 
vo,  per  affrancarsi  dalla  tassa  personale 
ch'egli  esigeva,  non  che  dalla  giurisdizio- 
ne de'magistrati  scelli  dallo  stesso  predir 
to.  Scorgendo  Ditero  esser  eglino  soste- 
nuti da  molti  potenti,  acconsentì  che  e- 
leggessero  alcuni  consiglieri  tratti  dal  pro- 
prio ceto,  affine  d'amministrarla  giusti- 
zia insieme  col  pretore  e  cogli  scabini  del- 
l'arcivescovo. JNeh3o5  i  treviresi  essen- 
dosi impossessati  del  diritto  di  concedere 
la  cittadinanza  a  personaggi  distinti  sen- 
za consultar  l'arcivescovo,  ammisero  nel- 
la società  loro  il  conte  di  Sponheim,  col- 
la condizione  che  avesse  a  proteggere  le 
loro  mogli  e  figli,  e  permettere  ad  essi  il 
libero  passaggio  sulle  proprie  terre,  ed  in 
caso  di  bisogno  accorrere  con  1^  de'suoi 
in  loro  soccorso  contro  ciascun  nemico, 
ad  eccezione  del  re  de'romani,  del  proprio 
arcivescovo,  e  de'conti  di  Luxemburgo  e 
di  Veldenz;  di  più  promisero  al  conte 
3ooo  lire  treviresi  e  r  00  lire  annue  fino 
al  pagamento  delle  medesime.  Queste  as- 
sociazioni, aumentandole  forze  de'cilta- 
dini,  sminuivano  l'autorità  arcivescovile, 
nel  temporale.  Ditero  strinse  d'assedio  Co- 
blentz,  i  cui  abitanti  volevano  sottrarsi 
dalla  sua  soggezione,  e  li  costrinse  a  chie- 
der pace.  Pel  i ."  arcivescovo  di  Treveri 
s'intitolò  colla  forinola:  D.  Archita,  Tre- 
i'ir,  Dei  et  aposto licae  Sedis gratta,  Mo- 
rì a'i3  novembre  1  307  e  fu  sepolto  nel- 
la chiesa  del  suo  ordine,  Nel  dicembre  fu 
eletto  Baldovino  1  de'conti  di  Luxembur- 
go preposto  di  Treveri,  mentre  studiava 
all'università  di  Parigi,  ed  i  deputali  che 
gliene  recarono  l'annunzio,  di  là  si  reca- 
rono a  Portiera  da  Papa  Clemente  V,  che 
uvea  stabilita  la  sua  residenza  iu  Plan- 
cia, per  chiedergli  la  conferma,  e  poi  l'i  1 
marzo  i3o8  dalle  sue  mani  fu  consacri 
to.  il  suo  amore  per  la  pace  si  palesò  nel- 
la transazione  conclusa  co' treviresi,  ri- 
guardante le  innovazioni  introdotte  nel- 
la città  sotto  il  predecessore.  Il  suo  fratel- 
lo Enrico  VII,  innalzato  all'impero,  si  val- 
se poi  ulilmeule  de'suoi  cousigli  e  in  qual- 


T  11  E 

che  parte  lo  associò  al  suo  governo.  Cle- 
mente V  approvò  l'elezione  di  Enrico  VII 
di  Luxemburgo,  in  Avignone  ricevè  dai 
suoi  commissari  il  giuramento  di  fedeltà, 
e  lo  fece  incontrare  a  Losanna  dallo  stes- 
so Baldovino  I  e  da  Giovanni  di  Molans 
canonico  di  Toul,onde  loro  rinnovasse  il 
giuramento  nel  recarsi  a  prendere  la  co- 
rona imperiale  in  Roma.'Emico  Vll.fat- 
to  eleggere  il  suo  primogenito  Giovanni 
in  re  di  Boemia,  e  concertata  col  fratello 
la  spedizioned'ltalia,  l'arcivescovo  vi  con- 
tribuì più  d'ogni  altro  in  uomini  e  in  de- 
naro. Essi  partirono  insieme  da  Colmar 
neh  3  io,  e  comparteciparono  a'buoni  e 
a'ti  isti  successi  delle  3  campagne  fatte  ol- 
tre l'Alpi,  perchè  si  risvegliarono  con  più 
furore  alla  venuta  d'Enrico  VII  le  fazio- 
ni de'guelfi  e  de'gliibellini,  de'quali  ulti- 
mi l'imperatore  eia  gran  sostenitore. Mor- 
to Enrico  VII  nell'agosto i  3  i  3  presso  Sie- 
na, mentre  il  fratello  erasi  portato  in  Ger- 
mania per  far  leva  di  nuove  truppe,  ri- 
tornò quindi  a  Treveri,  ove  per  qualche 
tempo  accudì  agli  affari  di  sua  chiesa. Es- 
sendosi sparsa  voce  che  Enrico  VII  fosse 
stato  avvelenato  da  Bernardino  da  Monte 
Pnlciano  suo  confessore,  l'arcivescovo  lo 
di  lese  pubblicando  uno  scritto.  Neil  3  i4 
Baldovino  I  si  trovò  nel  numero  de'5  e- 
lettori,  che  a'20  ottobre  in  Franeforl  die- 
timo il  volo  a  Lodovico  V  il  Bavaro  nel- 
la successione  all'impero;  e  questo  princi- 
pe per  gratitudine  gli  rilasciò  a'3  dicem- 
bre un  diploma,  col  quale  gli  confermò 
il  titolo  d'arcicancelliere  dell'impera  nel- 
le Gallie,  ossia  nelle  provmcie  che  altre 
volte  aveauo  formato  parte  del  regno  di 
Lorena. Intorno  a  che  giova  osservare.che 
gli  arcivescovi  di  Treveri  aveauo  eserci- 
tato l'uffizio  d'  arcicancelliere  di  Lorena 
fino  al  tempo  dell'imperatore  Ottone  I, 
e  che  essendo  itala  dipoi  loro  sottratta  tal 
dignità,  venne  in  seguito  a'medesiiui  re- 
stituita da  Rodolfo  1  d'Hahsburgo  con  e- 
slensione  anche  sul  regno  ù'Arles.  Prima 
di  Lodovico  V  già  l'arcivescovo  nell'at- 
to dell  'elezione  del  fratello  erasi  iutilola- 


T  K  E  27 

to  arcicancelliere  dell'  impero  nel  regno 
d'Ai  les.  A'di  lui  successori  venne  poi  con- 
fermala la  medesima  dignità,  mercè  aU 
tri  diplomi  degl'imperatori  successivi,  e 
specialmente  mercè  la  bolla  d'oro  di  Car- 
lo IV;  dignità  di  cui  fecero  uso  più  volte, 
come  prova  d'  Honlheim,  contro  i  mo- 
derni che  lo  pretesero  un  titolo  meramen- 
te immaginario.  Baldovino  I  accompagnò 
Lodovico  V  in  Aquisgrana  pel  suo  coro- 
namento, che  spera  va  di  esegui  re,  ma  l'ar* 
civescovo  di  Magonza  la  vinse  in  suo  con- 
fronto, sostenendo  che  tale  funzione  a  lui 
solo  spettasse  per  antico  diritto.  Si  credè 
alla  sua  parola,  ma  fu  obbl  igato  poi  a  som? 
ministrar  le  prove  dentro  un  mese;  non 
avendo  potuto  presentarle,  venne  in  se- 
guito rigettata  la  sua  pretensione,  e  l'o- 
nore di  coronare  in  Aquisgrana  il  re 
dei  romani  MI  mancanza  dell'arcivesco- 
vo di  Colonia,  venne  assegnato  a  que- 
sto di  Treveri.  Si  può  anco  vedere  l'ar- 
ticolo Imperatore,  ove  dissi  che  se  la  co- 
ronazione del  re  de'  romani  avea  luogo 
nella  diocesi  dell'arcivescovo  di  Treveri, 
a  questi  ne  spettava  la  consagrazione.  Nel 
i3i5  Baldovino  I  mosse  alla  testa  della 
nobiltà  di  sua  diocesi,  in  aiuto  del  nipo- 
te Giovanni  re  di  Boemia  contro  i  suddi- 
ti ribelli  di  questo  principe,  i  quali  furo? 
no  sottomessi,  in  unione  all'arcivescovo 
di  Magonza  che  si  unì  al  re  per  combat- 
terli. Contro  Lodovico  V  insorse  Fede- 
rico III  il  Dello  duca  d'Austria; ed  il  Pa- 
pa Giovanni  XXH  •'  inimicò  in  segui- 
to coli.°per  trattarsi  da  imperatore  pri- 
ma della  pontificia  conferma,  per  ricu- 
sare il  giudizio  della  s.  Sede  nella  questio- 
ne col  competitore,  e  per  difendere  gli  e- 
relici.  Intanto  nel  i3i6  1' arcivescovo  si 
portò  ad  aiutare  Lodovico  V,  nella  san- 
guinosissima battaglia  di  Neere  ,  contro 
Federicol  1 1 ,  il  cui  fratelloLeopoldo  d'Au- 
stria avendo  chiuso  presso  Spira  l'avver- 
sario, questi  fu  tratto  dal  pericolo  pei  soc- 
corsi dell'arcivescovo.  Nel  1  3  1  7  soccorse 
pure  Gerardo  VI  conledi  Juliers,che  qua- 
le aderente  del  Bavaro  era  guerreggiato 


28                    TRE  TRE 

dall'alci  vescovo  di  Colonia,  e  rie  uscì  vit-  bidiente  al  Papa.  Dicesi  che  vi  ebbe  par- 
torioso.  Tuttavolta  nella  guerra  tra  Far-  te  l'interesse  eli  sua  famiglia,  scorgendo 
ci  vescovo  di  Colonia  e  i  suoi  sudditi,  tìro-  con  assai  compiacenza  l'imperiai  corona 
curò  di  giovarealcollega. Vacata  nel  i  3io  prossima  a  passar  colla    deposizione  ilei 
Ja  sede  di  Magonza,  i  canonici  volsero  lo  Bavaro,  sul  capo  del  suo  pronipote  Carlo 
sguardo  su  Baldovino  I,  ina  questi  essen-  IV  ili  Luxemburgo.  Infiliti  Baldovino  I 
dosi  riportato  al  Papa,  fu  invece  da  Gio-  fu  nel  numero  de'5  elettori  che  a' io  Iti- 
vanni  XXII  nominato  Mattia  religiosodi  glio  crearono  a  Rentz  sul  Reno  Carlo  IV 
Morbach. Baldovino  I  generosamente  voi-  di  Luxemburgo  re  de' romani,  ed  aven- 
le  mettere  l'eletto  in  possesso  della  chie-  dolo  condotto  a  Bonn,  nel  novembre  io- 
sa di  Magonza,  determinando  il  capitolo  terveone  alla  sua  coronazione.  A  vendoBal- 
a  bene  accoglierlo.  Dopo  aver  colle  armi  clovino  I  quasi  sempre  trattato  le  armi,  nel 
felicemente  sostenuti  de'coutrasti  co'vici-  i35o  pensò  di  passare  il  rimanente  dei 
ni,  neh  324  portola  guerra  col  re  di  Boe-  suoi  giorni  in  riposo,  e  con  tal  mira  con- 
mia  suo  nipote  nel  paese  di  Metz,  asse-  eluse  la  pace  co'vicini  e  co'vassalli,  anche 
diando  la  capitale  ribellatasi  a  Lodovico  con  accordar  loro  favorevoli  condizioni; 
V.  Volendo  innalzare  un  castello  a  Bir-  nondimeno  non  potè  goderne,  perchè  Ja- 
chenfeld  nel  territorio  del  conte  di  Star-  eppo  di  Montclair  fece  lega  contro  di  lui 
kemburgo,  fu  fallo  prigione,  onde  dovè  cogli  scabini,colsenatoe  col  popolo  diTre- 
pagare  forte  riscatto  e  promettere  di  la-  veri,  promettendo  d'aiutarli  nella  ribel- 
sciar  l'impresa.  Morto  neh  328  Farcive-  lioneed'accoglierli  ne'suoi  castelli.  Il  pre- 
scovo di  Magonza,  di  nuovo  fu  eletto  a  tal  lato,  dopo  inutili  ammonizioni,  l'assediò 
dignità  Baldovino  I,  ma  avendola  rifiuta-  nel  castello  di  Montclair, se  ne  impadro- 
ta,  il  Papa  contro  il  voto  de'canonici  vi  ni  e  lo  rase  al  suolo;  dopo  di  die  fece  e • 
nominò  Enrico  di  Virneburgo.  Le  oppo-  rigeredirinipetto, sulle  sponde  della  Saa- 
sizioni  durarono  3  anni,  ne'ijuali  Baldo-  re,  il  castello  di  Sarenstein.  Dopo  aver  se- 
vino  I  fu  incaricato  dell'amministrazio-  dato  altri  movimenti  de'lreviresi,  morì  ai 
ne  di  Magonza,  oltre  quella  de' vescovati  2  1  gennaio  1  354, onorando  i  funerali  nel- 
di  Spira  e  di  Worms  che  allora  gli  furo-  la  cattedrale,  ove  fu  sepolto,  l'imperato* 
110  allidati.  Nel  i33o  fondò  la  certosa  di  re  Carlo  IV,  ed  un  gran  numero  di  prin- 
Tre  veri,  e  nel  1  33  1  fece  rientrare  al  do-  cipi  e  di  prelati.  Appena  gli  successe  Bue- 
vere  i  nobili  del  paeselli Treveri. Neh  338  inondo  li  de'signori  d'Etendorf  arcidia- 
gli  elettori  dell'impero,  e  pe'primi  gli  ar-  cono  di  Treveri,  che  i  treviresi  lo  costruì- 
civescovi  di  Treveri  e  Magonza,  scrissero  seco  a  confermare  i  loro  privilegi  e  adac- 
con  risenlimento  a  Papa  Benedetto  XII  crescerli;  dall'altro  lato  molli  signori  che 
in  favore  dell'ini  munita  germaniche,  ac-  aveano  vendute  le  loro  terre  al  predeces- 
ciò  annullasse  la  scomunica  e  deposizio-  sore,  presero  Farmi  per  ricuperarle.il  pre- 
tte sentenziate  dal  predecessore  Giovanni  lato,  non  ostante  il  pacifico  suocaratte- 
XXII  contro  Lodovico  Vjmail  Papa  che  re,  si  vide  costretto  ad  opporre  la  forza 
ad  esso  aveagli  spedito  nunzi  perchè  tor-  alla  forza,  ed  il  fece  con  buon  successo, 
nasse  all'ubbidienza  della  s.  Sede,  veden-  Neh  357  acco'se  '"  Treveri  l'imperato* 
do  ch'erasi  unito  all'Inghilterra   contro  re  Carlo  IV  colla  sua  sposa  econ  Wen- 
Fraucia,  lo  dichiarò  nuovamente  incorso  cesìao  suo  tiglio;  enei  1  3  58  imprese  a 
nella  scomunica,  anche  come  usui  palore  costruire  presso  il  Beno  i  castelli  di  Pe- 
dell'  impero.  11  successore  Clemente  VI  lersberg  e  Peterseck,  per  porre  in  salvo 
neh  34G  sollecitò  l'arcivescovo  a  rinun-  Wesel  e  Boppard  che  la  chiesa  di  Treve- 
ziareall'allaccamen>ofìuo  nllora  mostra-  ri  teneva  in  feudo  dall'impero.  Neh  3(>o 
toal  Bavaro,  e  Baldoviuo  1  si  mostrò  ub-  la  nobillù  di  Treveri  rinnovò  i  suoi  sedi- 


TRE 
ziosi  movimenti,  ed  in  pari  tempo  Filip- 
po d'Isemberg  signore  di  Grensau,  a  di- 
spetto dell'arci  vescovo,eresse  presso  la  sua 
residenza  di  Vilmar  il  caslel  lo  di  Greten- 
Stein,  chiamandovi  alcuni  nobili  del  Pa- 
latinato  per  esercitar  impunemente  il  la- 
droneccio sulle  terre  della  chiesa  di  Tre* 
veri.  Il  prelato,  le  cui  infermila  si  anda- 
vano cogli  anni  aumentando,  pensò  di  co- 
stituirsi un  coadiutore  che  lo  sostenesse 
nel  procelloso  governo,  e  colPassenso  del 
capitolo  scelse  nel  i  36 1  Conone  Falken- 
Stein  canonico  di  Magonza,  giovane  do- 
tato più  di  valore  checompreso  dello  spi- 
rito del  proprio  stato,  e  che  già  avea  re- 
so molti  rilevanti  servigi  a  Gerlac  suo  ar- 
civescovo contro  gli  aggressori  che  deva- 
slavanola  diocesi  di  Magonza.  Dopo  l'ap- 
provazione pontificia,  Conone  corse  ad  as- 
sediare Gretenstein ,  Io  prese  e  fece  pri- 
gione Filippo  d'Isemberg,  che  si  riconob- 
be vassallo  della  chiesa  di  Treveri.  Nel 
i36i  Boemondo  li  rinunziò  il  vescova- 
to a  favore  di  Conone,  e  con  permesso 
d'  Innocenzo  VI  lo  fece  consagrare  e  ri- 
vestì del  pallio,  e  indi  si  ritirò  a  Saarbur- 
go,ove  mori  neh  368.  Avendo  Papa  Ur- 
bano V  nominalo  arcivescovo  di  Colonia 
Adolfo  della  Marcii,  e  differendo  di  farsi 
ordinare,  neh  363  die  l'incarico  a  Cono- 
ne di  amministrar  quella  chiesa,  incarico 
che  continuò  dopo  l'abdicazione  d'Adol- 
fo e  per  tutto  il  tempo  in  cui  durò  il  ve- 
scovato del  successore  Engilberto,che  mo- 
ri neh  368.  Ma  intanto  che  Conone  ve- 
gliava sugli  affari  altrui,  la  città  di  Tré- 
veri  fece  rivivere  le  sue  prelese,  e  imma- 
ginandosi d'aver  inleramenteescluso  l'ar- 
civescovo dal  governo  civile,  volle  ezian- 
dio privarlo  del  pedaggio  della  Mosella 
per  appropriarselo.  Dopo  qualche  atto  di 
reciproca  ostilità,  le  parti  si  rimisero  al- 
l'arbitrio dell'  imperatore  Carlo lV,il  qua- 
le die  vinta  la  causa  all'  arcivescovo  nel 
i364,  con  proibizione  a'treviresi  di  con- 
cludere verun  trattato  senza  il  permes- 
so del  prelato.  Nel  1 3 7  i  Conone  ricusò 
l'arcivescovato  di  Magonza,  e  poi  quel  di 


TUE  29 

Colonia  che  amministrava  da  7  anni,  fa- 
cendovi eleggere  il  nipote  Fdippo  Saar- 
"Werdeii  o  Saverdun  (nel  quale  articolo 
dissiche  ricusò  di  accettare  la  dignità  car- 
dinalizia^ siccome  furouoommesse  le  pa- 
role nipote  dell',  pare  ch'egli  fossearcive- 
scovo  di  Treveri.il  che  noi»  è);  e  nel  1  3y6 
ottenne  da  Carlo  IV  un  diploma  de'  3i 
maggio,col  quale  rinnovò  e  confermò  tut- 
te le  regalie  spettanti  alla  chiesa  di  Tré- 
veri,  non  che  tutti  i  privilegi  e  prerogati- 
ve che  godeva,  e  la  dignità  d'arcicancel- 
liere  del  regno  d'Arles  che  avea  l'arcive- 
scovo. A  ciò  fu  aggiunto,  che  nell'elezio- 
nedel  re  de'roiuani  e  negli  altri  alfari  del- 
l'impero, da  trattarsi  dagli  elettori,  ili." 
suffragio  verrebbe  dato  da  quello  di  Tre- 
veri. Tornata  a  stabilirsi  la  residenza  pon- 
tifìcia in  Roma  da  Gregorio  XI,  alla  sua 
morie  nel  1378  gli  successe  Urbano  Vf, 
contro  il  quale  insorse  il  grande  Scisma 
(V.)  d'occidente  per  l'antipapa  Clemen- 
te VII,  che  recandosi  in  Avignone  vi  sta- 
bili una  cattedra  di  pestilenza.  La  Ger- 
mania seguì  nell'ubbidienza  il  legittimo 
Urbano  VI,  così  Conone.  Il  Papa  veden* 
dosi  particolarmente  amalo  da'tedeschi, 
dopo  la  congiura  d'alcuni  cardinali,  nel 
dicembre  1 38  1  creò  cardinale  Falken- 
stein,  il  quale,  come  altri  tedeschi  e  gli  e- 
lettori  di  Colonia  e  di  Magonza  ,  ricusò 
anch'esso  la  dignità  pe' turbolenti  tempi 
dell'orribile  scisma.  Ad  Urbano  VI  e  al- 
la Sovranità  della  s.  Sede  (F.),  Enri- 
co landgravio  d'Assia  donò  diversi  suoi 
castelli,  posti  nelle  diocesi  di  Treveri, Ma- 
gonza  ed  Erbipoli.  Conone  per  le  sue  in- 
fermità, congiunte  al  peso  degli  anni,  nel 
1  388  abdicò  al  suo  pronipote  Werniero 
diFalkenstein-Roenigstein  arcidiacono  di 
Treveri,  preposto  di  s.  Paolino  e  di  s.  Fio- 
rino di  Coblentz,  col  permesso  d'Urbano 
VI  e  l'assenso  del  suo  capitolo.  Ritirato- 
si nel  castello  di  Webnich  sul  Reno,  co- 
minciato dal  predecessore  e  da  lui  com- 
pito, vi  morì  a'2  1  maggio  dello  stesso  an- 
no, ed  il  cadavere  portato  in  Coblentz  fu 
sepolto  nella  chiesa  di  s.  Castore.  Loda- 


3o  T  R  E 

lo  come  principe  temporale,  per  In  sua 
grande  attitudine  a  ben  governare  ,  pel 
suo  coraggio  col  quale  represse  gl'indoci- 
li vassalli  e  le  violenze  de'vicini,  ricupe- 
rando alla  sua  chiesa  i  beni  alienali,  e  au- 
mentando con  nuovi  acquisii  i  propri  do^ 
minii.  Ma  qunnlo  alla  sua  episcopale  con- 
dotta, sembra  che  la  cura  dello  spiritua- 
le tenesse  il  2.0  luogo  nel  cumolo  di  sue 
occupazioni.  Si  dice  ch'egli  fu  uno  degli 
scrittori  continuatori  delle  Gesta  degli 
arcivescovi  di  Trcvcri.  Rinnovò  la  chie- 
sa di  s.  Beato,  e  la  fece  consagrare  in  o- 
nore  della  B.  Vergine,  e  de'ss.  Gio.  Bat- 
tista, Siivazio  e  Beato  confessori,  e  del- 
le ss.  Oiìicia  e  Noilburgia  vergini.  Wer- 
niero  trovò  gli  scrigni  dell'arcivescovalo 
ripieni,  attesa  l'economia  del  pro-zio,  ma 
tali  tesori  furono  contrastati  da'congiuii' 
ti  del  defunto.  Nel  1  38g  fu  costretto  as- 
sediar la  città  di  Wesel,ch'erag!isi  ribel 
lata;  indi  mosse  in  aiuto  di  Federico  ar- 
civescovo di  Colonia,  che  avea  a  fronte 
il  conte  della  Marck  Engilberto  III.  Nel 
i3g3  fu  assali toda'eon ti  d'Aremberg  e  di 
iSolms,e  3  anni  durò  In  guerra.  L'impero 
trova  vasi  a  que'giorni  in  una  specie  d'a- 
narchia, attesa  la  noncuranza  del  crude- 
le imperatore  Wenceslao  di  Luxembur- 
go  figlio  di  Carlo  I  V,occupato  Interamen- 
te e  immerso  a  Praga  nelle  dissolutezze. 
Nel  i4°o essendosi  radunati  ad  Ober-Lah- 
nestein  i  3  elettori  ecclesiastici  di  Treveri, 
Mngonza  e  Colonia,  e  Roberto  elettore 
Palatino,  presero  il  partito  di  destituirlo, 
e  il  giorno  appi  esso  nominarono  in  di  lui 
vece  lo  stesso  Roberto.  Quesli  restituito- 
si a  Treveri  neh4o3,  dopo  la  sua  infeli- 
ce spedizione  d'Italia,  confermò  i  privile- 
gi di  questa  città,  che  di  giorno  in  gior- 
no divenne  più  florida,  dopo  l'alleanza 
contratta  co'duchi  di  Lorena  e  di  Lussem- 
burgo. Notai  a  Germania,  che  in  questo 
tempo  come  la  cristianità  avea  3  Popi, 
cioè  il  legittimo  Gregorio  XII,  Giovanni 
XX 1 1 1  eletto  contro  <li  Ini  nel  Sinodo  di 
Pisa,  e  l'antipapa  Benedetto  Xlll;  così 
l'impero  e  la  Germania  ebbe  3  impera- 


TRE 

•  ori  ,  Wenceslao  pei-  le  sue  pretensioni, 
Josse  marchese  di  Moravia  eletto  nel  1  4'« 
per  morte  di  Roberto  da  una  parte  degli 
elettori,  che  comprato  da  Wenceslao  il 
ducato  di  Luxemburgo  lo  vendè  al  duca 
d'Orleans  fratello  del  re  di  Francia,  e  Si- 
gismondo di  Luxemburgo  fratello  di  Wen- 
ceslao, che  per  invito  di  Giovanni  XXIll 
neli4'  t  eia  slato  eletto  da  un'altra  par- 
te di  elettori,  e  poi  prevalse,  perchè  Jos- 
se mori  l'8  gennaioi4i  '•  Nel  1 4-  '  4-  a7 
gennaio  Werniero  acquistò  in  nome  del- 
la sua  chiesa  la  signoria  di  [Amburgo (di 
cui  riparlai  a  Paesi  Bassi),  da  Gerla»:  de- 
.cano  di  Treveri  ed  erede  di  Giovanni  di 
Limburgo  suo  fratello  morto  nel  i4o6. 
Frattanto  nel  concilio  di  Costanza,  di  cui 
riparlai  a  Svizzeea,  ebbe  termine  lo  sci- 
sma deplorabile,  coll'elezione  di  Martino 
V  nel  1 4 '  7-  Essendosi  Colonia  ueh4i8 
ribellata  contro  Thierri  suo  arcivescovo, 
Werniero  fece  leva  di  truppe  e  accorse  in 
sua  difesa,  ma  poco  dopo  mancò  a'  vivi 
nel  costello  di  Buremberg  a'4  ottobre,  e 
fu  sepolto  a  Coblenlz  presso  il  pio-zio  Co- 
none.  Lasciò  vuoti  i  suoi  scrigni,  quanto 
li  avea  trovati  pieni.  Già  da  tempo  im- 
memorabile i  suoi  predecessori,  dopo  II- 
dttino,  in  forza  d'indulto  concesso  da  Eu- 
genio Illa  questo  prelato,  aveano  il  co- 
stume d'impadronirsi  degli  Spogli  eccle- 
siastici, ossia  delle  successioni  di  tutti  gli 
ecclesiastici  di  loro  diocesi,  che  morivano 
intestati  j  ma  Werniero  nel  1  3q7  con  at- 
to formale  rinunziò  a  tal  diritto.  Però  Bo- 
nifacio IX  lo  reintegrò  in  altro  modo,  con- 
cedendogli il  i.°iiiiiio  della  rendila  di  tut- 
ti i  benefizi.  Ad  onta  di  sue  belle  prero- 
gative.Werniero  non  avea  saputo  (arsi  a- 
marc  dal  suo  capilolo,qniudi  colto  da  gra- 
ve malattia  dopo  il  1  3q8,  ed  essendo  usci- 
to di  senno,!  canonici  ne  profittarono  pe r 
ottener  da  Bonifacio  IX  in  coadiutore  Fe- 
derico di  Blankenheim  vescovo  d'Utrecht, 
e  la  revoca  della  seguita  unione  dell'ab- 
bazia di  Pruimalln  mensa  arcivescovile; 
ma  guarito  Werniero  rigetti)  il  coadiu- 
tore. Contro  sua  voglia  uell4<@  fu  clct- 


TRE 
to  Oltone  de'conti  di  Ziegenbayn  prepo- 
sto di  Treveri,  e  prima  sua  cura  fu  ili  ri- 
conciliar Colonia  col  suo  arcivescovo,  riu- 
scendo nell'  mietilo.  .Però  non  fu  egual- 
mente  fortunato  nell'impresa  di  riformar 
i  costumi  del  proprio  clero.  Avendo  nel 
i4"2o  preso  le  armi  contro  i  furiosi  ere- 
tici Ussiti)  ad  istanza  di  Martino  V,  par- 
tì per  la  Boemia  con  ragguardevole  eser- 
cito, e  ivi  congiuntosi  col  duca  di  Sasso- 
nia e  col  marchese  di  Brandeburgo,  as- 
sediarono Meyssen;  ma  un'improvvisa  ir- 
ruzione del  nemico  gli  fece  prendere  ver- 
gognosa fuga.  Raccolte  nuove  genti  per 
riparare  l'onta,  provarono  una  ».*  perdi- 
ta non  meno  umiliante.  Nel  1422  volen- 
do Ottone  restituire  la  disciplina  mona- 
stica nell'ordine  di  s.  Benedetto,  raccolse 
a  s.  iMassiminonn  capitolo  generale  di  5f 
abbati  delle  provincie  germaniche  situa- 
te oltre  il  Reno  :  vi  furono  stabiliti  tali 
regolamenti,  che  servirono  poscia  di  fon- 
damento alla  congregazione  di  Bursfeld. 
Tornato  nel  1426  dal  pellegrinaggio  di 
Terra  Santa,  assistito  dal  legato  cardinal 
Beuufort  o  Beaufort,  detto  Vinton,pose 
in  opera  nuovi  tentativi  contro  gli  ussiti, 
che  riuscirono  infruttuosi. Morto  nel  1  43o 
in  Coblentz,  fu  deposto  nella  cattedrale  di 
Treveri,  con  epitaffio  in  lode  di  sua  mo- 
destia, carila,  zelo,  giustizia  e  pace.  Nel- 
lo slesso  anno  Martino  V  annullate  l'e- 
lezioni fatte  dal  capitolo  d'Udalrico  con- 
te di  Manderscheid  decano  di  Colonia  e 
di  Jacopo  di  Sirck  teologo  di  Treveri,  no- 
minò ltabanode'sigiioridTlelmstadt,  già 
vescovo  di  Spira,  e  sebbene  Io  confermas- 
se nel  i43  1  Eugenio  IV,  fu  male  accolto 
in  Treveri,  ove  la  maggior  parte  del  cle- 
ro e  della  nobiltà,  sostenuti  dagli  arcive- 
scovi di  Colonia  e  di  Magonza,  tenne  fer- 
mo per  Udalrico.  Eugenio  IV  per  tale  re- 
sistenza colpì  di  scomunica  Udalrico  e  i 
suoi  fautori;  ma  segli  uni  restarono  atter- 
rili ,  gli  altri  s'  irritarono.  La  città  di 
Coblentz  si  sottomise  al  Papa,  e  Treveri 
restò  divisa  fra  Udalrico  e  Rabano,  ili.0 
de'quali  dichiarò  guerra  al  competitore 


T  11  E  3 1 

a'6  gennaio  1  433,  desolando  il  suo  ter- 
ritorio, e  facendo  prigionieri  tutti  quelli 
che  potè  prendere.  A' 1  8  gennaioil  senato 
di  Treveri  inviò  i  deputati  al  concilio  di 
Basilea  per  rappresentargli  i  funesti  ef- 
fetti dello  scisma  ,  e  supplicarlo  a  porvi 
un  pronto  rimedio;equesto  indusse  l'im- 
peratore Sigismondo  a  interporre  la  pro- 
pria autorità  per  isviare  l'assedio,  di  cui 
Treveri  era  minacciata.  Udalrico  parve 
in  sulle  prime  disposto  a  cedere  al  sovra- 
no comando,  ma  ripreso  il  suo  diseguo  si 
presentò  innanzi  alle  mura  di  Treveri,  co- 
minciando l'assedio  a' 3  1  marzo.  Erano 
suoi  alleati  gli  arcivescovi  di  Magonza  e 
di  Colonia,  i  duchi  di  Berg,  Juliers  e  di 
Baviera,  con  altri  principi;  tuttavia  la  re- 
sistenza degli  assediati  li  costrinse  a  riti- 
rarsi circa  52  giorni  dopo.  Rabano  in  lu- 
glio fece  il  solenne  ingresso  in  Treveri, 
dove  accolse  gli  omaggi  degli  abitanti, do- 
po aver  loro  assicurata  la  conservazione 
de'propri  privilegi.  Bica  tapi  a  Coblentz 
incontrò  cpialche  difficoltà  per  parta  dei 
popolani,  cui  poi  guadagnò.  IV  lagni  di 
Treveri,  il  concilio  di  Basilea  fece  citare 
Udalrico  ,  il  quale  essendovi  comparso, 
non  tardò  a  fuggire  per  l'avversione  del- 
l'assemblea, onde  il  concilio  sentenziò  in 
favore  di  Rabano,  morendo  Udalrico  nel 
i436  a  Torgau.  R.iibano  nel  i438  elesse 
a  coadiutore,  colla  permissioned'Eugeuio 
IV,  Giovanni  d'Heinsperg  vescovo  di  Lie- 
gi, a  ciò  costretto  dalle  lagnanze  del  eie- 
io  perle  frequenti  alienazioni  che  anda- 
va facendo  de'migliori  fondi  di  sua  men- 
sa, avendo  venduto  per  55,ooo'scudi  d'o- 
ro 5  delle  più  considerevoli  piazze  di  sua 
chiesa,  per  farsi  suo  il  conte  di  Virnebur- 
go  gran  partigiano  d'Udalrico.  Al  giun- 
gere del  coadiutore  trasferì  la  sua  residen- 
za a  Spira  ,  di  cui  riteneva  la  sede.  Nel 
i"43g  cede  per  circa  100,000  fiottai  d'o- 
ra l'arcivescovato  di  Treveri  a  Jacopo  di 
Sirck,e  indusse  il  coadiutore  per  60,000 
a  spogliarsi  dell'uffizio.  Rabano  per  la  vec- 
chiezza abdicò  pure  il  vescovato  di  Spira 
e  morì  poco  dopo.  Jacopo  dopo  aver  fat- 


32  T  R  E 

lo  approvar  da  Eugenio  IV  la  rinunzia 
di  Rabauo,  si  fece  cousagrare  nel  castel- 
lo di  Mensburgo.  Di  grande  attitudine  a- 
gli  affari,  dettava  in  pari  tempo  a  vari  se- 
gretari sopra  diverse  materie;  e  Renato 
d'  Angiò  duca  di  Lorena,  e  pretendente  al 
regno  di  Napoli,  di  cui  s'intitolava  re,  Io 
creò  suo  cancelliere, onde  destramente  ter- 
minò le  differenze  insorte  tra  lui  e  il  Pa- 
pa. Col  suo  ingegno  riconciliò  i  canonici 
co'cittndini, inducendoli  a  pagarl'imposta 
sul  vino.  Nel  i44°  dopo  l'elezione  di  Fe- 
derico HI  re  de'romani,  a  cui  egli  pure 
•dcri|  l'assemblea  l'inviò  deputato  a  que- 
sto principe  per  comunicargli  l'esaltazio- 
ne e  condurlo  ad  Aquisgrana  per  coro- 
narsi. Neh442  ';|  ©ttà  sempre  intenta  a 
estendere  la  sua  libertà,  soppresse  il  pre- 
fetto degli  scabini,  che  esisteva  da  epoca 
immemorabile,  ed  a  tal  magistrato  sosti- 
tuì due  annui  borgomastri/istituzione  che 
si  mantenne.  L'arcivescovo  credè  lesa  la 
sua  autorità  pel  cambiamento  fatto,  e  si 
acquietò  alle  proteste  del  senato  di  non 
aver  agito  che  pel  pubblico  bene,  senza 
aver  inteso  d'offendere  il  supremo  suo  di- 
ritto. Divenuto  il  concilio  di  Basilea  ini- 
quo concilia  bolo,  elesse  con  troEugenio  IV 
l'antipapa  Felice  V  di  Savoia.  Jacopo  eb- 
be la  debolezza  di  aderire  allo  scisma,  e 
volle  riconoscersi,  del  pari  die  l'arci  vesco- 
vo di  Colonia, soggetto  all'antipapa, il  qua- 
le lo  ricompensò  con  i  o}ooo  fiorini  d'oro 
da  prendersi  dalle  decime  e  da  altre  ren- 
dite della  s.  Sede  in  Sassonia.  Irritato  Eu- 
genio IV  della  riprovevole  condotta  dei 
«lue  arcivescovi,  a'  g  febbraio  1 44-^  f"l- 
minò  contro  di  loro  sentenza  di  deposi- 
zione, e  destinò  in  loro  vece  duo  nuovi 
prelati  a  occuparne  le  sedi ,  per  Treveri 
Giovanni  vescovodi  Cambray  fratellodel 
duca  di  Borgogna,  per  Colonia  Adolfo  di 
Cleves  nipote  di  detto  duca.  Questo  gra- 
ve alto  punse  i  principi  dell'impero,  on- 
de il  collegio  elettorale  radunato  a  Frane- 
fori  nella  quaresima  1 44°»  stabili  di  sot- 
traisi dall'ubbidienza  d'Eugenio  IV  se  e- 
gli  non  conveniva  a  diverse  condizioni,  cs- 


T  R  E 
sendo  le  3  principali: i.°di  rivocare  il  de- 
creto contro  i  due  arcivescovi  elettori;  2.° 
di  rendere  giustizia  a'torti  ricevuti  dalla 
nazione  germanica;  3. °di  riconoscere  l'au- 
torità de'concilii  generali,  quale  era  sta- 
ta riconosciuta  da  quello  di  Costanza. 
Frattanto  la  nobiltà  di  Treveri,  pel  de- 
creto pontificio  voleva  insorgere  contro 
l'arcivescovo,  il  quale  energicamente  l'im- 
pedì. Ria  portatosi  in  Roma  il  Piccolorni- 
ni,  poi  Pio  11,  ambasciatore  di  Federico 
III,  persuase  l'ottimo  Eugenio  IV  a  rein- 
tegrare i  due  arcivescovi  per  amore  della 
pace,  la  quale  fu  conclusa  dal  celebre  Car- 
vajal  e  da  Parentucelli,  che  ambedue  il 
Papa  creò  cardinali  e  il  2.°gli  successe  col 
nome  di  Nicolò  V.  Tornati  gli  arcivesco- 
vi all'ubbidienza  d'Eugeniol  V,  questi  con 
bolla  de' 5  febbraio  1 44?  '•  ristabilì  nella 
dignità.  Nell'anno  santo  i  45o  Jacopo  si 
recò  in  Roma,  ove  ottenne  da  Nicolò  V, 
oltre  l'indulgenza  del  giubileo  per  la  sua 
diocesi, i  redditi  della  cura  diCreutzenach, 
e  l'aspettativa  del  vescovato  di  Metz.  Nel 
i  4^2  un  nuovo  ammutinamento  de'no- 
bili,  funestò  l'ordine  pubblico  in  Treve- 
ri, ed  il  più  difficile  a  domare  fu  Hurta 
per  le  scorrerie  che  fece  nelle  terre  del- 
l'abbazia di  Pruim.  I  favori  ricevuti  dal- 
la s.  Sede  non  valsero  a  Jacopo  a  render- 
lo costantemente  divoto,  poiché  sotto  Ca- 
listo III  non  dubitava  d'unirsi  con  quei 
principi  che  pretendevano  di  restringere 
1  ascendentedella  curia  romana  nelle  ma- 
terie formanti  l'oggetto  del  Concordato 
Germanico  (P7.)  concluso  fra  Nicolò  V  e 
Federico  111;  tuttavia  questo  biasimevole 
disegno  non  sortì  alcun  effetto,  per  le  ra- 
gioni espresse  nelle  diete  e  coll'imperato- 
re,  dal  nunzio  Piccolomini. Tornando  Ja- 
copo dalla  corte  di  Federico  III,  nel  finir 
di  settembre  i455  fu  preso  da  malattia 
di  languore, ch'egli  attribuì  a  veleno,  mo- 
rendo nel  seguente  maggio.  Gli  si  rimpro- 
vera la  sua  profonda  simulazione,  l'aver 
esaurito  i  tesori  di  sua  chiesa  e  ammassa- 
to quanto  potè  per  arricchire  i  parenti;  e 
si  loda  per  molte  cose  com  tnendevoli,  poi- 


T  RE  TRE                      33 
che  ristabilì  la  disciplina  ne*  monasteri  C  diante  riconciliazionecon  Filippo  il  Buo- 
ne riparò  i  caduti,  favori  i  letterati  e  do-  no  «luca  di  Borgogna  e  di  Luxemburgo, 
Riandò  l'autorizzazione  da  Nicolò  V  per  A'iG  marzo  i  4-7-5  finalmente  si  ell'ettnò 
fondar  l'università,  il  che  ebbe  elfetlo  do-  l'isti tutione  dell'università  diTreveri;  M 
DO  la  sua  morie;  e  ne'primi  anni  ili  Fede-  furono  dichiarati,  l'arcivescovo  cancelli*: 
lieo  III,  a  istanza  dell'arcivescovo  di  Ma-  re  perpetuo,  l'abbate  di  s.  Mattia  e  il  orto- 
gonza,  esercitò  le  sue  funzioni  d'arcican-  re  delle  certose  conservatori  de'suoi  pri- 
celliere  dell'impero.  Per  compromesso  fu  vilegi.  Nel  settembre  ebbe  luogo  in  Tre- 
eletto  Giovanni  11  de'marchesi  di  Bade,  veri  una  conferenza  tra  Carlo  il  Temerti* 
e  siccome  per  le  sue  virtù  fu  preferito  a  rio  duca  di  Borgogna,  e  l'imperatore  Fé- 
molti  candidali  potenti,  Calisto  III  locon-  derico  111,  accompagnalo  dal  figlio  Mas- 
fermò  e  gli  concesse  i!  pallio  in  ottobre,  similiano  ,  per  trai  tare  il  matrimonio  di 
4  mesi  dopo;  indugio  frapposto  dail'op-  questo  con  Maria  figlia  ereditiera  di  Car- 
posizione  di  Dietero  d'Isemburgo,  favo-  lo.  Nel  1476  l'arcivescovo  ottenne  da  Si- 
rito  da  porzione  del  capitolo.  Giovanni  II  sto  IV  la  stallile  riunione  alla  sua  mensa, 
con  decreto  imperiale  fece   annullare  la  di  quella  abbaziale  di  Pruim,  grazia  che 
confederazione  stretta  nella  malattia  del  il  Papa  poi  rivocò  come  avea  fatto  Boni- 
predecessore,  e  formata  da'uobili  filladi-  facto  IX.  Neil  477  accompagnò  l'arcuiti  - 
ni  di  Tre  veri  sull'elezioni  degli  arci  vesco-  ca  Massimiliano  a  Ganci,  per  sposare  Ma* 
vi,  siccome  contraria  al  disposto  dalla  boi-  ria  erede  di  Borgogna;  e  nel  i4<^9  prese 
la  d'oro;  il  che  non  impedì  chei  nobili  e  parte  alla  famosa  lega  di  Svevia,  costituì- 
le  città  della  provincia  di  Treveri  poi  la  ta  sotto  gli  auspicii  di  Federico  III  e  di 
rinnovassero  nel  1  5o2,nel  finir  del  suo  go-  Massimiliano,  fraprìncipi  di  Germania, 
verno.  Nel  14^7  enti  ò  nell'unione  forma.-  i  conti  e  i  prelati,  onde  reprimere  chi  a- 
tasi  tra  gli  elettori  perle  differenze  col  lJa-  resse  turbalo  la  pace  dell'impero.  Dopo 
pa,  per  decretare  che  gli  affari  dell'impe-  aver  posto  termine  ad  alcune  guerre,  ac- 
ro dovessero  deciderai  coll'assenso  degli  cudì  al  ristabilimento  della  disciplina  del 
elettori,  per  impedir  le  alienazioni  de'do-  clero  secolare  e  regolare  di  sua   diocesi. 
mólti  dell'impero,  e  por  fine  amichevol-  La  città  di  Boppart  sul  Beno  a  3  leghe  da 
mentealle  controversie  che  sorgevano  tra  Coblentz,  già  data  in  pegno  agli  arci  ve- 
gli elettori  medesimi.  Questa  fu  la  5.a  Ira  scovi  di  Treveri  da  Carlo  I  V,  neh  4q5  ol- 
le confederazioni  formatesi  dagli  elettori  tenne  nella  dieta  di  Wornis  i\a  Massi mif 
dell'impero.  Meli 458  coll'arcivescovo  di  liano  I  re  de'romaui  alcuni  privilegi  che 
Colonia,  Giovanni  II  fece  una  particolare  la  resero  quasi  indipendente.  Ma  l'arci- 
uuione  contro  i  nobili  di  loro  diocesi, poi-  vescovo  Giovanni  II,  senza  cui  saputa  e- 
chè  ormai  eransi  sottratti  dalla  loro  gin-  rasi  operato,  li  fece  rivocare;  laonde  in- 
risdizione  o  sia  da'tribunali  ordinari.  Fi-  sorta  sedizione  in  Boppart,  fu  cacciato  lo 
nahnente  l'arcivescovo  fece  il  suosolen-  sculleto  luogotenente  dell'arci  vescovo,ed 
ne  ingresso  in  Treveri  nel  1460,  alla  te-  i  cittadini  assediarono  inoltre  la  ciltadel- 
sta  di  25oo  cavalli,  ritardato  per  le  con-  la  difesa  da  debole  guarnigione.  Avendo 
tese  Ira  lui  e  i  cittadini  per  la  nomina  dei  poi  l'arci  vescovo  chiamato  io  soccorso  l'è- 
magistrati,  essendosi  convenuto  che  tran-  lettore  Palatino,  il  landgravio  d'Assia,  d 
ne  gli  scaferai  ed  i  3  prefelli  delle  tribù,  la  marchese  di  Bade  e  altri  principinoli  una 
città  eleggerebbe  gli  altri  capi  delle  ma-  armata  di   12,000  uomini  pose  l'assedio 
gistrature.  Nel  1464  fi»  poi  consagrato  dal  dinanzi  a  Boppart  a' 24  giugno  1 407»  e 
fratello  Giorgio  vescovo  di  Metz.  Indi  fu  la  costrinse  a  rendersi  a'3  luglio  perca- 
ristabilito  nel  1 465  l'interrotto  cnminer-  pilolazione,  nella  quale  convenne, li  cillù 
ciofia'treviresieque'diLuxemburgo,  me-  di  rientrare  sotto  la  giurisdizione  dell'ar- 
VOI»  i.xxx.  3 


34  TRE 

civescovo.  Indi  volendo  Giovanni  II  con- 
servare l'arci  vescovato  nella  sua  famiglia, 
ottenne  da  Papa  Alessandro  VI  per  coa- 
diutore, insciente  il  capitolo,  Jacopo  III 
di  l'ade  suo  nipote,  assai  conosciuto  nel- 
la corte  pontificia:  vi  aveasoggiornatoan- 
clic  nel  pontificalo  d'Innocenzo  V  III,  uni- 
camente occupato  nelle  lettere,  cheavea 
apprese  in  Bologna  sotto  il  celebre  Beroal- 
do.  Allorché  però  la  bolla  venne  a  cogni- 
zione del  capitolo,  il  decano  e  molti  ca- 
nonici».! opposero  all'esecuzione;  ed  il  Pa- 
pa ucl  1 5o  i ,  per  farli  desistere  dall'oppo- 
sizione ,  minacciò  loro  la  scomunica;  gli 
oppositori  non  tencndoneconto,  Alessan- 
dro VI  l'effettuò.  L'arcivescovo  mori  nel 
suo  castello  d'  Ehreubreilsleiu,  ed  ebbe 
tomba  nella  cattedrale.  Lodato  per  giu- 
stizia e  liberalità,  ebbe  ingrati  ne'bene- 
fìcati  o  malcontenti  in  quelli  che  noi  fu- 
rono. Lasciò  molti  debiti,  cagionati  dalla 
sua  naturale  beneficenza,  dalle  gì  a  vi  spe- 
se per  la  guerra  contro  Bopparl,  e  dalla 
sua  inclinazione  per  l'alchimia;  oltre  lo 
speso  ne'restauri  e  ricostruzioni  ne'tein- 
pli,ne'palazzi  e  nelle  fortificazioni  dell'e- 
lettorato. Egli  fu  il  i.Mie  nelle  sue  lette- 
le assunse  il  titolo  di  Elettore,  sebbene 
gl'ini  pera  tori  lo  avessero  dato  anche  pri- 
niii  di  lui  agli  arcivescovi  di  Treveri.  Ja- 
copo 111  venne  scello  a  succedergli  da  una 
parte  del  capitolo,  menile,  l'altra  col  de- 
cano eleggeva  Giorgio  de' conti  Palatini 
del  Beno  e  prepoti o  ili  Magonza.  La  dio- 
cesi pure  si  divise  lia'due  rivali,  ma  la  s. 
beati  anche  a  istanza  di  Massimiliano  1  si 
dichiarò  per  Jacopo  111.  onde  Giorgio  si 
diinisesponlaneamenle.  L'arcivescovo  ri- 
volse tutta  la  sua  applicazione  al  benespi- 
i  iluale  e  temporale  eli  sua  chiesa;  e  quan- 
do .si  sperava  che  l'avi  ebbe  ristabilita  nel 
fcuo  primo  splendore,  fu  collo  dalla  mor- 
te nel  i5i  i  in  Bologna,  ove  l'atea  spedi- 
lo Massimiliano  I,  per  pacificare  i  citta- 
dini col  senato,  l'orlalo  il  suo  cadavere  u 
Ciihlcnlz.fuhcpo Ilo  nella  chiesa  dis.  Fio- 
rili' .  bell'assenza  dell'arcivescovo  di  Ma- 
gonzo,  amministrò  la  cancelleria  dell'ini 


TRE 
pero,  ed  esercitò  l'uffizio  di  supremo  giu- 
dice o  presidente  della  camera  imperiale. 
Gli  successe  il  cantore  della  chiesa  di  Tré- 
veri,  Riccardo  di  Greilfenclau  di  Volralh, 
eneh5i2  accolse  Massimiliano  I  seguilo 
da  gran  corteggio  di  principi,  prelati  e  si- 
gnori, il  cui  viaggio  avea  per  iscopo  di  te- 
ner una  dieta  a  T reveri  intorno  agli  all'a- 
ri dell'impero.  Una  parte  di  coloro  che 
doveano  comporlo  essendosi  fatta  lun- 
gamente aspettare, in  quest'intervallo  di 
tempo  Massimiliano  I  visitò  l'abbazia 
d'Epternace  di  altri  luoghi  vicini;  e  Ric- 
cardo in  di  lui  assenza  fu  consagralo  nel- 
la Pentecoste  a'3o  maggio.  L'affluenza  dei 
ori 

forestieri,  che  la  promessa  fatta  dall'ar- 
civescovo di  mostrare  alla  diela  la  Tona- 
rti incon .siili le  di  Gesù  Cristo  avea  richia- 
mati a  Treveri,  vi  cagionò  la  peste  e  fe- 
ce sì  che  l'assemblea  fosse  trasferita  a  Co- 
Ionia  neh'  agosto.  Alla  diela  tenuta  ili 
Franclort  a'28  giugno i  5 19  per  l'elezio- 
ne del  nuovo  imperatore  Carlo  V,  a  fa- 
vore del  suo  rivale  Francesco  1  re  di  Fran- 
cia l'arcivescovo  tenne  un  discorso  infrut- 
tuoso. Nella  diela  celebrala  a  W01  nis  il 
6  gennaio  1  5  2  1,  in  cui  si  tra  Ito  de'nasce  li- 
ti errori  di  Lutero,  l'arcivescovo  condus- 
se seco  Giovanni  d'Eck  o  Eckiussuo  uf- 
ficiale, che  arringò  contro  l'eresiarca  con- 
futando tulle  le  sue  sottigliezze,  senea  pe- 
rò vincerne  l'ostinazione.  Neh  52?.  Fran- 
cesco di  Sickingen  gentiluomo  del  Pala- 
linaio,  ardente  luterano,  dopo  aver  mes- 
so a  ferro  e  fuoco  diverse  provincie  del- 
l'impero, cullò  nel  paese  di  Treveri,  ne 
devastò  le  campagne,  prese  parecchie  cit- 
tà e  strinse  d'assedio  la  capitale.  L'arcive- 
scovo gli  pose  a  fronte  le  proprie  genti  ca- 
pitanale ila  Gerlac  d'Isemburgo,  a  cui 
vennero  poi  in  aiuto,  e  guidale  da'  loro 
sovrani,  quelle  d'Assia  e  dell'elettore  Pa- 
latino. Sickingen  levò  vergognosamente 
l'assedio,  dopo  aver  saccheggialo  e  incen- 
dialo l'abbazia  di  s.  Massimiuet  insegui- 
to da' collegali,  nel  i/)23  \u  assediarono 
nella  sua  principale  forte/za  diLandstubl, 
ove  fei  ilo  ne  morì  poi.  L'arcivescovo  Rie- 


TUE 
cardo  colla  preda  riportata  in  questa  guer- 
ra, eresse  il  castello  d'IIermanstein  ri  OS 
petto  a  Coblentz.  Nel  i5ì5  soccorse'  l'è- 
lettore  Palatino  e  il  landgravio  d'  Assia 
contro  gli  eretici  anabattisti,  che  devasia- 
vano  i  loro  stati;  e  nel  i  53  i  contribuì  in 
Colonia  col  suo  volo  all'elezione  di  Fer- 
dinando I  re  de'romani,  nel  ritorno  mo- 
rendo a  Willlieb,  piccola  città  della  dio- 
cesi, non  senza  sospetto  di  veleno,  il  cada- 
vere venendo  trasferito  alla  cattedrale.  A 
rara  prudenza  e  non  comune  facondia, 
Riccardo  congiunse  grande  amore  per  la 
religione  e  pel  pubblico  bene,  e  con  tali 
prerogative  egli  si  distinse  nelle  molte  die- 
te  tenute  a'suoi  tempi.  Unanimementefu 
eletto  a  successore  Giovanni  III  diMetzen- 
hausen  preposto  di  Treveri,  in  ricompen- 
sa de'  servigi  da  lui  resi  alla  sua  chiesa, 
avendole  fatti  confermare  nel  i  5  i  6  tutti 
i  suoi  privilegi  da  Leone  X  quale  amba- 
sciatore  di  Massimiliano  I.  Si  collegò  col- 
l'elettore  di  Magonza,  col  l'elettore  Pala- 
tino, col  landgravio  d'Assia  e  col  duca  di 
Lorena.  Nel  i534  soccorse  il  vescovo  di 
RI mister  contro  gli  anabattisti  ch'eremi 
impadroniti  della  città,  la  quale  fu  loro 
tolta,  i  vincitori  mettendo  a  brani  con  te- 
naglie roventi  il  condottiero  e  fanatico 
Giovanni  di  Leyde.  L'arcivescovo  tornan- 
do nel  i  54o  dalla  dieta  d'Ilaguenaa, tenu- 
tasi da  Ferdinando  I  intorno  a  varie  con- 
troversie religiose,  mancò  a'  vivi  nel  ca- 
stello di  Daensteim.  Il successoreGio.  Lui- 
gi di  Ilagen  preposto  di  Treveri,  moiì  nel 
1  547  senza  aver  neppure  ricevuto  l'oidi- 
nesacerdotale.Nondiroeno  ebbe  moltoze- 
lo  contro  i  nuovi  sellarli,  e  chiamò  da  Pa- 
rigi Bartolomeo  Latomo  professore  d'elo- 
quenza, perchè  ne  combattesse  1'  eresie, 
incarico  disimpegnato  con  assai  buon  suc- 
cesso. Pubblicò  un  regolamento  per  la  ri- 
forma de'costumi  del  clero;  seguì  le  par- 
ti di  Carlo  V  contro  i  francesi,  e  riunì  al 
suo  vescovato  la  terra  di  Montreal  già  di- 
pendente dalla  chiesa  di  Treveri,  dopo 
la  morte  dell'  ultimo  conte  di  Virne- 
burgo. 


TRE  3  > 

Ne!  1  />47  medesimo  fu  scelto  a  succes- 
sore Giovanni  IV  d'Jembtirgo-Grensau 
arcidiacono  di  Treveri,  restando  coll'or- 
dine  diaconale  di  cui  era  insignito.  Nel 
i54«S  successe  per  coadiutori»  all'abba- 
zia di  s.  Massimino,  che  resse  con  cura 
paterna  nello  spirituale  e  nel  tempora- 
le, difendendola  dagli  eretici,  avidi  sem- 
pre d'invadere  i  beni  ecclesiastici.  Inter- 
venne nel  i  55o  alla  dieta  d'Augusta,  ove 
si  trattò  de'nvezzi  per  ripigliare  le  inter- 
rotte sessioni  del  conciliodi  Trento,  e  vi 
si  recò  neh  vii  coll'arci vescovo  di  Ma- 
gonza  il  1. "settembre.il  posto  •  re  si  collo- 
carono quali  elettori,  fu  immediatamen- 
te vicino  al  legalo  ed  a'suoi  colleghi;colla 
medesima  distinzione  si  trattò  pure  l'ar- 
ci vescovo  diColonia  sopraggiunto  più  tar- 
di. Mentre  essi  ivi  si  occupavano  degli  af 
fari  della  Chiesa,  l'elettore  di  Sassonia, 
caldo  luterano,  riaccendeva  la  guerra  in 
Germania;  per  cui  i  3  arcivescovi  avver- 
titi che  le  provincie  vicine  al  Beno  era  • 
no  da  lui  minacciate,  ritornarono  ue'pro 
pri  stali  per  vegliarne  alla  sicurezza.  In- 
vano Carlo  V  gli  esorlò  a  rimanere;  eGio 
vanni  IV,  la  cui  salute  andavasi  alteran- 
do, più  frettoloso  degli  altri  usci  da  Tren- 
to a'i  4  marzo  1  552.  Giunto  alla  diocesi, 
tosto  fu  liberato  dalla  paura  dell'elettore 
di  Sassonia  pacificatosi  coll'imperatore. 
Però  un  nuovo  nemico  insorse  neh' ere- 
tico marchese  di  Brandeburgo  Alberto, 
che  spalleggiato  da' francesi  si  gettò  sulle 
terre  di  Magonza,  e  poi  su  quelle  di  Tre- 
veri. presentandosi  avanti  la  capitale  a' 
28  agosto.  Non  potendosi  resistergli  e  in 
assenza  dell'arcivescovo,  gli  vennero  spa- 
lancale le  porle,  ed  il  marchese  forman- 
done la  sua  piazza  d'armi  cominciò  a  im- 
porre contribuzioni  a  lutti  i  luoghi  de' 
contorni.  Nell'avvicinarsi  l'armata  impe- 
riale, si  disponeva  a  ritirarsi,  dopo  aver 
appiccato  il  fuoco  alla  citlà;  n)a  l'arcive- 
scovo si  riscattò  da  questo  flagello  con  una 
somma  considerevole.  Ria  in  ontaallo stes- 
so trattalo,  perfidamente  il  marchese  in- 
cendiò nel  partire  la  chiesa  di  s.  Paoli- 


36  T  R  E 

no  e  l'abbazia  di  s.  Massimino.  L'  ìmpe- 
ralore  non  potè  perdonare  a'treviresi  di 
aver  aperto  le  porte  al  suo  nemico,  sen- 
za fare  fertili  caso  de'piccoli  soccorsi  che 
loro  avea  spediti;  sicché  le  sue  truppe  lo 
vendicarono  dell'affronto  colla  condotta 
tenuta  uel  passare  per  lo  stato  di  Treveri, 
aflìne  di  recarsi  all'assedio  di  Metz.  Es- 
sendo Carlo  V  rimasto  vinto  dinanzi  a 
quella  fortezza  con  notevole  perdita,  una 
parte  degli  avanzi  di  sua  armata  venne 
a  rifarsi  sopra  Treveri,  ove  per  difetto  di 
paghe  si  sollevò  contro  i  capi  e  tutta  la 
città  misesossopra.  Malato  Giovanni  IV 
di  languore,  neh  555  si  elesse  a  coadiu- 
tore Giovanni  V  della  Pierre o  Von-Der- 
Leyen,  e  morì  nel  1 556  aMontabaur,don- 
de  il  corpo  fu  portato  a  s.  Fiorino  di  Co- 
blents,  venendo  solennemente  inaugurato 
il  successore  in  Treveri.  Ottenne  da  Carlo 
V  che  richiamasse  la  guarnigione  che  vi 
teneva  dal  i  553, e  nel  i  558  si  recò  in  feb- 
braio a  Francforl  per  sanzionare  la  di  lui 
abdicazione  all'impero,  in  favore  del  fra- 
tello Ferdinando  1,  passando  nel  seguen- 
te anno  alla  dieta  d'Augusta,  ch'ebbe  fi- 
ne nell'agosto.  Durante  la  di  lui  assenza 
avvenne  che  il  senato  di  Treveri,  senza 
consultare  il  rettore  dell'università,  per- 
mettesse al  giovine  trcvirese  Gaspare  O- 
leviano  d'aprire  una  scuola  di  dialettica. 
Oleviano, che  avea  percorsa  una  parte  de' 
suoi  studi  a  Parigi  e  l'altra  aGinevra  sotto 
professori  calvinisti,  essendosi  imbevuto 
delle  loro  ereticali  dottrine,  le  insinuò  nel- 
le sue  lezioni,  e  le  predicò  eziandio  aper- 
tamente il  giorno  di  s.  Lorenzo  in  un  di- 
scorso accademico,  cui  avea  invitato  l'in- 
tera città.  Questo  discorso,  ed  altri  che 
in  seguito  pronunciò  il  nuovo  settario,  gli 
formarono  un  gran  numero  di  proseliti, 
alla  testa de'quali si  IrovòGiovanniSleuss, 
uno  de'borgoujastri  in  carica.  L'arcive- 
scovo dunque  al  suo  ritorno  trovò  la  ca- 
pitale divisa  in  due  ftttiofti  fortemente  ac- 
cese l'unn  contro  l'altra  in  fatto  di  reli- 
gione. Erusi  già  preso  il  partito  di  non  ri- 
ceverlo, se  primi»  uou  concedeva  la  li- 


TllE 

berta  religiosa;  egli  tuttavia  entrò  nella 
città  senza  sottostare  a  questa  riprovevole 
condizione.  Ma  poco  dopo  ,  l' insolenza 
d'  una  parte  de'  cittadini  lo  costi  inse  ad 
uscirne  di  nuovo.  Egli  però  non  rimase 
ozioso  nel  suo  esilio,  ma  risoluto  di  do- 
mare i  ribelli  s'insignorì  di  lutti  gli  aditi 
che  mettevano  a  Treveri  per  terra  e  per 
acqua,  aflìne  d' impedire  che  vi  entras- 
sero vettovaglie.  Allora  la  carestia  ria- 
nimò il  coraggio  de'  cattolici,  i  quali  ve- 
dendosi in  maggior  numero,  s'impadro- 
nirono dell'arsenale  e  delle  chiavi  del- 
la città;  indi  scagliatisi  contro  gli  autori 
della  sedizione,  li  rinchiusero  nelle  car- 
ceri sotto  la  guardia  del  corpo  de'botl.ai. 
Ciò  fatto  richiamarono  l'arcivescovo, che 
rientrato  nella  città  condannò  al  bando 
la  plebaglia  ribelle.  Fu  aperto  in  seguito 
il  processo a'principali  rivoltosi, ina  attesa 
la  mediazione  del  duca  di  Due  Fonti,  che 
loro  avea  spediti  alcuni  soccorsi  sul  co- 
minciar della  sollevazione.deH'eletloi  Pa- 
latino e  del  landgravio  d'Assia,  non  che 
d'  altri  principi  protestanti,  si  contentò 
Giovanni  V  di  cacciarli  come  gli  altri 
dalla  città,  e  per  tal  modo  la  pace  fu  in 
Treveri  ristabilita  verso  il  fine  del  i  55g. 
In  Magonza  nel  1846  fu  stampato:  Ga- 
spare Oleviano  o  il  Calvinismo  in  Tre- 
veri nell'anno  i55c),  Memorie  da  ser- 
vire alla  storia  della  riforma  in  Ale' 
magna  di  J.  Marx  prof,  nel  seminario 
vescovile  di  Treveri.  !Neli56o  l'arcive- 
scovo chiamò  in  Treveri  i  gesuiti  per  ri- 
stabilirvi gli  sludi,  e  raffermarvi  le  sane 
dottrine.  Milenendosi  Coblentz  per  città 
imperiale,  licusò  d'ubbidire  a  Giovanni 
V,  che  perciò  si  trovò  costretto  ad  asse- 
diarla nel  i56i:  i  cittadini  incalzati  do- 
vunque e  spogli  di  qualsiasi  soccorso,  do- 
vettero sottomettersi  all'arcivescovo,  che 
li  trattò  con  dolcezza.  Nel  1  566  un  nuo- 
vo tentali  vodi  Treveri  per  sottrarsi  al  do- 
minio dell 'arcivescovo,^  domato  co' mez- 
zi della  carestia.  Morì  l'arcivescovo  inCo- 
blentz  nel  1  567  e  fu  sepolto  nella  chiesa  ili 
s.l'lurino.Trovandosi  i  canonici  nelcaslel- 


TRE 

lo  di  Witllich,  per  nuova  sollevazione  de" 
treviresi,elesseroil  loro  decano  Jacopo  III 
di  Ellz.  La  città  di  T reveri  però  non  volle 
accogliere  il  nuovo  pastore,che  sotto  cer- 
te condizioni,  le  quali  derogavano  alla  sua 
autorità  temporale.  Egli  fu  quindi  co- 
stretto ad  assediarla  nella  primavera  del 
l  568,  ma  non  amando  prenderla  d'assal- 
to, si  limitò  d'intercettarne  i  viveri.  Essen- 
dosi però  1'  imperatore  Massimiliano  II 
offerto  qual  mediatore,  l'arcivescovo  e  i 
cittadini  convennero  di  riportarsi  al  giu- 
dizio del  consiglio  imperiale  intorno  alle 
rispettive  loro  pretensioni.  L'arcivesco- 
vo fece  quindi  il  suo  ingresso  a  Tre  veri  il 
1  5  agosto.  Egli  poi  ottenne  nel  i  570  dal- 
la camera  imperiale  di  Spira  un  decreto 
provvisorio  contro  l'abbazia  di  s.  Massi- 
mino,  la  quale  si  pretendeva  immediata- 
mente soggetta  all'alto  dominio  dell'im- 
pero, ma  questo  giudizio  non  pose  ter- 
mine alla  contesa.  A'  i<)  aprile  con  suo 
diploma  eresse  il  collegio  de' gesuiti  iu 
Traveri.  Portatosi  alla  dieta  di  Spira, l'im- 
peratore l'incaricò  d'accompagnare  la  fi- 
glia Elisabetta  a  Meziers,  per  consegnar- 
la allo  sposo  Carlo  IX  re  di  Francia.  Nel 
1571  scorgendo  i  tre  vi  resi  d'esser  con- 
dannati dal  tribunale  imperiale  riguar- 
do alla  controversia  coll'arcivescovo,  in- 
vocarono il  1 ,°  loro  compromesso  e  do- 
maudarouo  a  loro  giudici  il  collegio  elet- 
torale con  altri  principi;  però  la  domati- 
da  fu  rigettata.  Jacopo  1 1 1  vedendo  le  vio- 
lenze ebe  si  usavano  a' suoi  aderenti,  a' 
22  dicembre  allontanò  da  Treveri  i  ca- 
nonici della  cattedrale,  per  metterli  in  sal- 
vo dagl'insulti  de' rivoltosi.  Mei  1 572  con- 
lèrì  l' investitura  delle  regalie  a  Mattia 
nuovo  abbate  di  s.  Massimino,  ricevendo 
il  giuramento  di  fedeltà.  L'  arcivescovo 
nel  1 5j5  ottenne  da  Massimiliano  II  l'u- 
nione in  perpetuo,  già  dal  Papa  eseguita, 
dell'abbazia  di  l'unni  all'arcivescovato  di 
Treveri,  riunione  poi  confermata  da  Gre- 
gorio XIII  nel  «579;  nel  quale  anno  fu 
fra'4  commissari  deputati  dall'imperato- 
re Rodolfo  II  ad  assistere  al  congresso  di 


TRE  37 

Colonia,  per  pacificare  le  turbolenze  in- 
sorte ne'Paesi  Bassi.  Finalmente  Rodolfo 
1 1  con  decreto  de'  1 8  marzo  1 58o  pose  ter- 
mine alla  controversia  dell'arcivescovo  e 
de'cittadini,  con  vantaggio  deli.0,  a  cui 
l'utile  e  il  diretto  dominio  di  Treveri  fu 
confermato,insiemecon  tutti i  diritti  spet- 
tanti alla  sovranità.  Jacopo  III  cb'erasi 
ritirato  a  Wittlich,  accolse  l'ambasceria 
della  sua  capitale,  che  assicurandolo  della 
propria  sommissione  l'invitò  a  ritornarvi; 
ed  egli  a'2  \  maggio  entrò  trionfante  in 
Treveri,  ove  cacciato  via  il  senato,  e  fat- 
tosi prestare  il  giuramento  di  fedeltà  da 
tutto  il  popolo,  in  mezzo  alla  pubblica 
piazza  creò  i  nuovi  magistrati.  Lodalo  pel 
suo  zelo  nella  riforma  de'  costumi  e  pel 
suoattaccamenloa  ogni  dovere,dopo  aver 
dato  alla  sua  chiesa  un  martirologio  e  il 
nuovo  rituale  chiamato  d gerirla, movi  nel 
i  58  (.  In  questo  gli  successe  Giovanni  VI 
di  Schoenfemberg  o  Schoenberg  d'Har- 
telsteiu,  preposto  di  Treveri,  governato- 
re della  città  e  rettore  dell'università.  Fu 
consagrato  nella  dieta  d'Augusta  dal  car- 
dinal Madrucci  legato;  e  ricevè  le  rega- 
lie dall'imperatore,  che  in  segno  della  sua 
investitura  gli  pose  in  mano  una  spada. 
A\  suo  ritorno  si  adoperò,  benché  inu- 
tilmente, a  ricondurre  l'infelice  apostata 
Gebardo  Trucbses  arcivescovo  di  Colo- 
nia alla  fede  cattolica  ,  e  dopo  la  senten- 
za di  destituzione  di  Gregorio  XIII,  in- 
dusse il  capitolo  di  Colonia  a  sostituirgli 
Ernesto  di  Baviera  vescovo  di  Liegi.  E- 
manò  un  editto  per  l'accettazione  del  ca- 
lendario Gregoriano;  nell584si  adope- 
rò col  duca  di  Sassonia  ad  estinguere  le 
turbolenze  ebe  l'amore  di  novità  avea 
eccitate  iu  Aquisgrana;  eneliogi  pub- 
blicò un  regolamento  sul  modo  di  pro- 
cedere contro  i  maghi  e  gli  ammaliatoli, 
poiché  la  sterilità  che  da  più  anni  afflig- 
geva il  paese  avea  fatto  credere  al  popolo 
esser  l'effetto  di  qualche  sortilegio.  Pie- 
nodi  tal  pregiudizio  chiese  tumultuaria- 
mente e  con  clamori,  che  si  ricercassero 
i  maghi  e  gli  ammaliatoli,  e  venissero  dati 


38  T  R  E 

alle  fiamme;  allora  successero  inquisizio- 
ni e  confische,  accusatori  e  carnefici  che 
trascinavano  dinanzi  u'tribunali  persone 
d'ambo  i  sessi,  quali  colpevoli  di  magia, 
e  ioghi  accesi  per  incenerire  queste  vit- 
liineLleli'odio,deH'aviirizia  e  della  super- 
stizione, fochi  scamparono  il  supplizio, 
ne  si  risparmiarono  le  persone  più  rag- 
guardevoli di  Treveri;  il  pretore,  2  con- 
soli, 2  scabini  e  vari  senatori  furono  in- 
viluppati in  questo  disastro,  il  quale  noti 
fini  che  col  freno  del  regolamento  arci- 
vescovile. Dopoa  ver  emanato  disposizio- 
ni per  incoraggiare  lo  scavo  de'  metalli 
d'ogni  specie,  che  trovavansi  uelle  mon- 
tagne della  diocesi,  morì  Giovanni  VI  nel 
i  599  in  Cobleutz,  assai  lodalo  per  pietà, 
prudenza,  dolcezza  e  modestia.  Gli  suc- 
cesse Lotario  di  Mettermeli  nipotedi  Gio- 
vanni V,  e  canonico  teologo  di  Treveri. 
Nel  1609  essendosi  i  3  elettori  ecclesia- 
stici radunati  in  Coblentz,  ivi  formaro- 
no una  lega  contro  i  protestanti,  alla  cui 
testa  da  e»si  fu  posto  il  duca  di  Baviera. 
Questa  venne  tonto  assodata  coll'appi-o- 
vazione  pontificia  di  Paolo  V  e  dell'impe 
latore  Rodolfo  il,  ecoll'adesione  di  qua- 
si lutti  i  vescovi  dell'impero.  Lotario  nel 
1610  intervenne  all'assemblea  di  Colo- 
nia,per  dar  termine  alia  controversia  (Va' 
diversi  aspiranti  alla  successione  di  Gio. 
Guglielmo,  ultimo  duca  di  Juliers  e  di 
Gleves.seuza  successo.  Nel  1612  recatosi  a 
Francfort  per  l'elezione  del  nuovo  impe- 
ratore, contribuì  a  collocare  l'arciduca 
Mattia  sul  trono  imperiale,  e  lo  incoronò 
insiemecoll'arci  vescovo  di  Magonza. Tor- 
natone! f  6  1  Hdalla  dieta  diPiatisbona  fon- 
dò un  convento  di  cappuccini  a  Treveri; 
nel  16 19  concorse  all'elezione  di  Ferdi- 
nando II  imperatore;  neh 622  fece  leva 
di  truppa  per  tutelare  il  suo  paese,  contro 
la  lega  de'  protestanti,  che  pretendevano 
insignorirsi  delle  rive  della  Mosella  e  del 
Beno;  e  morì  inTreveri  nel  162 3, venendo 
il  corpo  sepolte»  nella  cattedrale,  e  il  cuo- 
re nella  chiesa  de'gesuili  che  tanto  amò 
e  stimò.  Eruditissimo,  conosceva   varie 


T  R  E 
lingue,  e  governò  saggiamente  la  propria 
diocesi.  Gli  fu  surrogato  Filippo  Cristo- 
foro di  Soteren  o  Soeltereu,  d'antica  fa- 
miglia trevitese,  già  preposto  della  me- 
tropolitana e  allora  vescovo  di  Spira,  di 
piccolo  e  brutto  corpo,  con  fisonomia  te- 
tra e  minaccevole;  al  sentirne  l'elezione 
l'arcivescovo  di  Colonia, disse  al  deputato 
di  Treveri:  Voi  avete  scelto  un  uomo  pe- 
ricoloso e  per  voi  e  per  l'impero  !  Con  bol- 
la d'Urbano  Vili  ottenne  l'amministra- 
zione dell'  abbazia  di  s.  Massi  mino,  con 
danno  dell'eletto  dal  capitolo,  che  difeso 
dall'  imperatore  e  dagli  spagnuoli  dovè 
rinunciar  ueliGiS,  e  nondimeno  l'arci- 
vescovo ne  conservò  il  possesso.  Gliavea- 
no  gli  stati  decretato  per  dono  1  00,000 
fiorini  d'oro,  ma  non  contento  gl'impose 
tributi  per  costruire  un  forte  presso  l'im- 
boccatura della  Mosella,  per  compiere  il 
palazzo  arcivescovile  di  Treveri  comin- 
ciato dal  predecessore,  e  per  far  leve  di 
truppe  indipendentemente  da  quelle  del 
la  lega  cattolica,  per  porre  in  salvo  il  pae- 
se dall'incursioni  de'francesi  esvedesi. Es- 
sendosi gli  stali  di  Treveri  opposti  a  tale 
esazione,  il  prelato,  dopo  che  furono  sciol- 
ti, ne  fece  imprigionare  1  capi,  e  li  costi  in- 
se  a  desistere  dalla  loro  opposizione.  Il  ca- 
pitolo rnetropolitanoallora  reclamò  i  pro- 
pri diritti  violati  dall'elettore,  per  impor- 
re tributi  senza  il  suo  consenso.  Per  ope- 
rare una  diversione,  l'arcivescovo  accusò 
come  rei  di  peculato  i  due  fratelli  Met- 
termeli, Carlo  arcidiacono  ed  Emmerico 
teologo,  che  aveauo  amministrato  le  fi- 
nanze sotto  il  governo  dello  zio  Lotario. 
Nel  1627  gli  slati  provinciali  fecero  rimo- 
stranze sul  riparti  manto  dell'imposte, e  ri- 
cusando l'arcivescovo  di  far  loro  giustizia, 
appellarono  all'imperatore;  egli  però  tro- 
vò il  modo  d'indurre  ciascuna  città  a  ri- 
vocar  l'appello,tranne  Treveri.  Nel  1  629 
chiamò  a  se  alcune  truppe  della  lega  cat- 
tolica, per  ricondurre  alla  sua  volontà  i 
treviresi  ;  ma  avendo  questi  invocato  il 
soccorso  degli  spaglinoli,  che  occupava 
no  il  Luxemburgo,  consegnarono  ad  ess. 


TRE 

la  ci! là  ,  cacciando  le  truppe  della  kg». 
Nel  1 63o  Filippo,  come  il  solo  fi  a'3  elei- 
tori  ecclesiastici  che  avesse  l'ordine  sacer- 
dotale ,  coronò  f  imperatrice  Eleonora 
moglie  di  Ferdinando  11.  Sempre  in  di- 
scordia col  capitolo,  nel  i  63  t  stabiliva  li- 
na visita  aOiiie  di  ridurlo  al  dovere  per 
le  vie  canoniche,  ma  i  fratelli  Mettermeli 
e  i  loro  partigiani  contro  questa  proces- 
sila appellarono  al  Papa  e  all'impera- 
tore; e  il  prelato  li  colpì  invece  colla  sco- 
munica. Intanto  i  due  elettori  di  Colo- 
nia e  di  Baviera,  nominati  già  dall'im- 
peratore (piali  giudici  arbitri  delle  con- 
testazioni dell'arcivescovo  contro  i  suoi 
sudditi,  pronunciarono  il  giudizio,diclùa- 
rando  ingiusto  e  vessatorio  il  modo  sta- 
bilito sull'esazione  delle  nuove  imposte; 
egli  però  non  cessò  dall'esigerle  con  me- 
no rigore.  I  progressi  del  redi  Svezia  ver- 
so il  Reno,  dierono  a  Filippo  il  pretesto 
d'implorare  la  protezione  di  Francia,  per 
porre  il  paese  in  salvo  dalle  loro  incur- 
sioni, e  consegnò  a' francesi  nel  i632  il 
castello  d'Ehrenbreilsteiu.  11  capitolo  ac- 
cusò l'elettore  di  tradimento  verso  l'im- 
pero, e  pregò  il  Papa  a  spogliarlo  del  go- 
verno temporale  e  di  affidarne  a  lui  l'ani» 
miuistrazione;  ina  Urbano  Vili  approvò 
l'operato  dell'arcivescovo. Intanto  glisve- 
desi  penetratine!  paese  di  T  reveri,  si  riu- 
nirono a'francesi;  e  l'arcivescovo  levan- 
dosi la  maschera,  a'?,  luglio  consegnò  lo- 
ro Coblentz.  Indi  si  fece  ad  esigere  nuovi 
sussidii  pel  mantenimento  di  queste  genti, 
non  ponendo  differenza  tra  cittadini  e  cle- 
ro; e  gli  esattori  colle  vessazioni  ridusse- 
ro deserti  molle  chiese  e  monasteri.  Nel- 
l'agosto il  maresciallo  d'Estrees  co'  suoi 
francesi  a'20  obbligòTreveri  a  capitolare, 
ed  u  licenziare  la  guarnigione  spagnuola. 
JNeli633  il  capitolo  si  ritirò  nel  Luxem- 
burgo,  ma  l'arcivescovo  avendolo  citato 
a  ritornare,  molli  de'suoi  membri  ubbidi- 
rono, e  gli  aliti  spogliò  de'benefizi.  Le  ar- 
mi imperiali  frattanto  riacquistarono  nel 
1 634  la  superiorità,  e  l'elettore  lungi  dal- 
lo sgomentarsi,  costrinse  il  capitolo  ad  e- 


t  a  e  39 

leggere  i  beneficiati  vacanti,  nonostante 
l'opposizione  del  nunzio  pontifìcio  Ca- 
raffa. L'arcivescovo  imprese  a  scegliersi 
per  coadiutore  il  celebre  cardinal  [iiclie- 
lieui."  ministro  di  Francia,  ma  i  canonici 
alto  reclamarouoe  tutti  i  principi  dell'im- 
pero si  unirono  a  loro.  Insignoritisi  poi 
gli  spaglinoli  per  sorpresa  di  Treveri  a' 
16  marzo  1 635,  l'arcivescovo  venne  ar- 
restato nel  proprio  letto,  e  condotto  pri- 
gione a  Tervuren  presso  Brusselles,  dopo 
aver  veduto  i  suoi  mobili  più  preziosi  pre- 
da de'soldati;  nuli  fu  trasportato  ad  An- 
versa e  poi  a  Linlz.  Il  capitolo  nominò  il 
preposto,  il  decano  e  l'aucidiacono  Met- 
termeli, che  avea  fatto  arrestar  l'arcive- 
scovo, governatori  dell'elettorato  duran- 
te la  sua  cattività.  Nella  dieta  di  Ratisbo- 
na,  Ferdinando  li  nel  1 636,  sebbene  as- 
senti gli  elettori  ili  Treveri  e  Palatino  , 
dagli  altri  5  fece  eleggere  re  de' romani 
il  figlio  Ferdinando  III:  il  capitolo  di  Tre- 
veri vi  avea  deputato  3  de'suoi  membri, 
che  rappresentassero  il  suo  elettore,  ma 
furono  rigettali,  perchè  la  cosa  non  avea 
esempio.  A'7  giugno  1637  gl'imperiali, 
dopo  lungo  assedio,  costrinsero  i  francesi 
a  sgombrare  il  castello  d'Ehrenbreitstein, 
unica  piazza  che  loro  restava  nell'  elet- 
torato. Urbano  Vili  si  adoperò  alla  libe- 
razione dell'arcivescovo,  e  dietro  le  que- 
rele che  mosse  al  nuovo  imperatore  Fer- 
dinando III,  perchè  tratteneva  in  carce- 
re un  [irei. ito  iiuaiediulaniente  soggetto 
alla  s.  Sede,  questo  principe  Io  fece  con- 
durre in  Vienna  per  esservi  custodito  dal 
legato  pontificia  come  principe  ecclesia- 
stico^ come  elettore  prigione  del  capo  del- 
l' impero.  Nel  1  64  1   1  arcivescovo,  dopo 
molti  inutili  tentativi  per  la  propria  li- 
berazione, scomunicò  gli  amministratoli 
dell'elettorato,  quali  usurpatori  di  sua 
autorità,  mentre  gli  serbavano  ogni  ri- 
guardo, e  dal  carcere  gli  facevano  dispor- 
re di  tutte  le  cariche  e  benefizi  che  ri- 
manevano vacanti;  e  trovandosi  signo- 
reggiati dagli  spaglinoli,  dovendo  aggra- 
vare il  paese  con  tributi,  perciò  il  clero 


4o  TRE 

si  sollevò  contro  di  essi,  e  richiese  il  ri- 
torno dell'arcivescovo,  ovvero  un  coa- 
diutore. Finalmente  nel  i645  nelle  con- 
ferenze ili  Munsler  per  la  pace,  i  pleni- 
potenziari francesi  esigerono  la  libertà 
dell'elettore  di  Tre  veri,  e  perciò  gli  fu  re- 
stituita sul  finir  d'aprile  Portatosi  prima 
alla  dieta  di  Francfort  e  poi  a  Coblentz, 
ricevè  ambascerie  di  Treveri,  per  invitar- 
lo a  tornare,  ed  egli  l'effettuò  da  vinci- 
tore alla  testa  de'fVancesi  del  visconte  di 
Tnrenna,  e  ad  essi  ne  affidò  la  custodia, 
dopo  aver  licenziata  la  guarnigione  spa- 
glinola die  l'occupava.  Determinato  di 
vendicarsi  de'suoi  nemici,  innalzò  3  forti 
alle  3  estremità  di  Treveri  aitine  di  te- 
nerla in  soggezione.  Indi  perseguitò  qua' 
del  capitolo  che  riguardava  autori  di  sue 
disgrazie,  nel  nuovo  tribunale  da  lui  isti- 
tuito, e  nel  1 646  li  scomunicò  e  privò  de' 
benefìzi,  mentre  erausi  rifugiali  in  Co- 
lonia. Nel  164^  poco  soddisfatto  di  ciò 
ch'erosi  disposto  sul  conto  suo  nelle  con- 
ferenze di  Munsler,  accusò  i  suoi  pleni- 
potenziari d'aver  tradito  il  dover  loro^  e 
li  castigò  colla  pi  'inazione  delle  loro  ca- 
1  iche;  e  similmente  trattò  i  suoi  ufficiali. 
.Nei  1  6/\x)  vedendo  di  non  riuscire  a  farsi 
eleggere  un  coadiutore  francese,  scelse 
Filippo  Luigi  barone  di  Reilfemberg,  che 
avea  fatto  preposto;  seguì  l'elezione  col 
solo  voto  dello  slesso  candidalo  e  d'  un 
altro  capitolare.  11  capitolo  ed  i  canoni- 
ci allora  compresero  die  mal  sarebbe  an- 
data per  essi  se  non  si  assicuravano  della 
persona  dell'arcivescovo,  e  non  gli  to- 
gliessero  l'appoggio  de'fraucesi.  Quindi 
due  canonici  Carlo  Gaspare  della  Pierre 
e  Evrardo  di  Cratz,  uomini  d'ingegno  e 
pieni  d'espedienti,  avendo  fallo  leva  di 
truppe,  le  condussero  a  Treveri  e  costrin- 
sero i  francesi  a  sgombrar  la  piazza  a*  1  o 
giugno.  Allora  l'arcivescovo  trincieratosi 
pel  suo  palazzo,  chiamò  a  se  nuove  gen- 
ti di  Francia;  1  canonici  dal  Iato  loro  ot- 
tennero quelle  del  duca  di  Lorena.  Fu 
inno  proposte  al  prclito  alcune  vie  di  ri- 
conciliazione, che  vennero  rigettale  ;  io 


TRE 

fine  i  francesi,  detestando  la  sua  ostina- 
zione si  ritirarono,  lasciando  a' principi 
dell'impero  la  cura  di  por  fine  alle  di- 
scordie che  passavano  fra  lui  e  il  capito- 
Io.  A  questa  operazione  nel  1 65 1  la  die- 
ta di  Norimberga  destinò  gli  elettori  di 
Colonia  e  di  Magonzacol  vescovo  di  Bam- 
berga.  A'  i  3  aprile  essi  pronunziarono  il 
loro  giudizio,  con  ristabilire  nelle  prime 
cariche  e  benefìzi  i  canonici  e  le  altre  per- 
sone destituite  dall'elettore;  moderarono 
la  sua  autorità,  e  gì 'impedirono  stabilir 
nuove  imposte  senza  il  consenso  degli 
stati.  Pubblicatasi  questa  pace,  fu  ristabi- 
lita la  tranquillila  nell'elettorato  di  Tre- 
veri, restando  eletto  coadiutore  Carlo  Ga- 
spara di  Leyen  o  della  l'iene  già  gover- 
natore, confermato  dal  Papa  e  dall'im- 
peratore. Di  che  l'elettore  n'ebbe  tanto 
dispetto,  ebe  formò  il  disegno  di  sottrar- 
re l'elettorato  all'impero  ed'assoggettar- 
lo  alla  Francia.  I  canonici  perciò  doman- 
darono la  sua  destituzione  alla  dieta  di 
Norimberga,  ed  era  voto  de'3  collegi  che 
si  effettuasse;  ma  il  deputalo  dell'eletto- 
re di  Magonza  vi  si  oppose,  dicendo  che 
la  destituzione  d'un  elettore  spettava  al 
collegio  elettorale.  Finalmente  il  turbo- 
lentissimo arcivescovo  morì  a'7  febbraio 
1  65^,  d'85  anni,  dopo  aver  eretto  il  ca- 
stello di  Philippeval,  presso  la  foce  della 
Mosclla,  elafamosa  piazza  di  Philipsbur- 
go  all'imboccatura  della  Salita  nel  Re- 
no, del  suo  vescovato  di  Spira  die  avea 
ritenuto  e  governato  4^  anni.  11  nuovo 
arcivescovo  fu  sollecito  di  curare  la  rie- 
dificazione o  l'istauro  degli  edilizi  della 
città,  distrutti  o  danneggiali  in  laute  de- 
plorabili vicende.  Sebbene  dopo  la  guer- 
ra de'3o  anni  la  tranquillità  fosse  stata 
restituita  alla  Germania  mercè  la  pace 
di  Munstero  fi  estphalia,  tuttavia  con- 
tinuando le  ostilità  tra  Francia  e  Spagna, 
le  proviucie  di  qua  dal  Reno  mollo  sol* 
frendo  |iel  passaggio  di  loro  truppe  e  quai 
lieri  d'iuveiuo,  l'elettore  per  difendersi 
da  tali  vessazioni  neh  654  si  collegò  con 
qucllu  di  Magonza,  col  vescovo  di  IVJun 


T  R  E 

sler  e  col  conte  palatino  eli  Neuburgo,  il 
che  nel  iG58  die  luogo  all'  alleanza  più 
estesa  del  Reno. Nel  precedente  anno  l'ar- 
civescovo ottenne  dalla  Francia  che  non 
fosse  impedito  l'esercizio  del  proprio  di- 
ritto metropolitico  su  Metz,  Toul  e  Ver- 
dun, purché  dalla  Spagna  facesse  mimi- 
le di  salvocondolto  que'che  si  recavano 
per  le  appellazioni  delle  cause  di  giuris- 
dizione ecclesiastica  al  tribunale  metro- 
politano di  Treveri.  Nel  1661  l'arcive- 
scovo concluse  un  trattato  con  Francia 
per  demolir  il  castello  di  Moutclair,  che 
il  re  avea  per  metà  acquistalo  dal  duca 
di  Lorena,  e  per  esercitare  la  sua  dioce- 
sana giurisdizione  sulle  terre  del  Luxem- 
burghese  e  altre  vicine  che  di  nuovo  era- 
no stale  riunite  al  regno.  Indi  stabilì  il 
modo  d'esercitare  la  giurisdizione  eccle- 
siastica neilecoutee  diWirueniburgo.Nel 
1667  Ferdinando  barone  di  Buchollz 
dispose  che  la  sua  baronia  d'Orey  servis- 
se per  la  fondazione  in  Treveri  d'un  col- 
legio di  nobili  ecclesiastici  ;  e  nel  1669 
l'abbate  e  il  capitolo  di  s.  Massimino  rico- 
nobbero l'autorità  civile  del  consiglio  au- 
lico dell'elettorato,  l'abbate  presiedendo 
in  qualità  di  primate  gli  stati  ecclesiasti- 
ci dello  stesso  elettorato.  L'arcivescovo 
nel  1  6y3  fondò  1  "ì  posti  nel  suo  semina- 
rio diretto  da'gesuili,  e  vide  con  mera- 
viglia nell'agosto  assalita  Treveri  da'fran- 
cesi  in  guerra  cogli  olandesi,  essendo  loro 
necessaria  per  entrare  sulle  terre  della  re- 
pubblica d'  Olanda,  e  convenne  capito- 
lare col  conte  di  Rocheforte  l'8  settem- 
bre. Il  conte  di  Vignori  creato  governa- 
tore della  piazza,  le  cambiò  tostamente 
l'aspetto  coli'  immense  opere  che  vi  fe- 
ce erigere  per  porla  in  salvo  dalle  olle- 
se  nemiche  e  da'  tradimenti  de'  cittadi- 
ni, con  mezzi  che  ne  rese  odiosa  la  me- 
moria. Tutti  gli  abitanti  della  città  e  del- 
la campagna  furono  forzali  a  contribuir- 
vi con  rigore,  onde  molti  emigrarono. 
Tulli  gli  edilizi  prossimi  alla  città  furo- 
no distrutti,  senza  distinzione  di  sagro  o 
di  pioiuuo.  La  celebre  abbazia  di  s.  Mas- 


T  R  R  4  r 

rimino,  già  rispettata  da' barbari  e  spesso 
anche  da'  furibondi  ugonotti  nelle  loro 
incursioni,  la  collegiata  di  s.  Paolino,  non 
che  altre  chiese  de'sobborghi  furono  ab- 
battute, non  meno  che  molti  villaggi  e 
caselli  campagna.  Queste  precauzioni  for- 
se dettate  dal  maresciallo  diTurenna,non 
impedirono  che  Treveri  due  anni  dopo 
cadesse  in  potere  degl'imperiali,  coman- 
dati da 'uri  nei  pi  di  Luneburgo-Zell.  Rien- 
trato l'arcivescovo  in  città, istituì  un'an- 
nua processione  all'abbazia  di  s.  Mattia 
nella  festa  della  Natività  della  B.  Vergi- 
ne, in  rendimento  di  grazie  a  Dio,  e  mo- 
rì nel  seguente  1676.  Gli  successe  il  suo 
nipote  e  coadiutore  Gio.  Ugo  d'Orsbeck 
di  Juliers,  vescovo  di  Spira,  sede  die  ri- 
tenne. Il  maresciallo  di  Crequy  che  nel 
1675  era  sialo  fatto  prigioniere  in  Tre- 
veri, ripresa  neh  68  1  la  città,  e  mentre 
assediava  Luxcniburgo  nel  1  684  la  fece 
smantellare,  e  tagliar  1)  ponte  di  Contar* 
bruck,  ov'era  rimasto  sconfìtto,  per  im- 
pedire agli  spngnuoli  e  olandesi  di  reca- 
re soccorsi  alla  piazza.  Nel  1690  l'arci- 
vescovo emanò  un  editto  contro  i  chie- 
rici concubinari,  ingiungendo  loro  il  ce- 
libeto  giusta  il  decreto  rinnovato  nel  con- 
cilio di  Trento,  sotto  pena  di  privazione 
de'benefizi,  e  d'allontanar  le  donne  so- 
spette dalle  loro  case.  Nel  169?.  si  unì  agli 
elettori  di  Colonia  e  Palatini  per  opporsi 
all'elezione  d'  un  nuovo  elettorato;  nel 
1702  si  alleò  con  l'Inghilterra  e  l'Olan- 
da contro  Francia,  e  morì  nel  1711  dopo 
aver  veduto  nel  precedente  nuovamente 
invasa  da'francesi  Treveri,  per  cui  il  ca- 
pitolo metropolitano  passò  a  Coblentz. 
Venne  succeduto  dal  coadiutore  Carlo  di 
Lorena  figlio  del  duca  Carlo  V,  che  nel 
1  7  1  4  potè  rientrare  nella  sua  capitale,  re- 
stituitagli in  forza  della  pace  di  Rasladt. 
In  tale  anno  Papa  Clemente  XI  esortò 
vivamente  l'imperatore,  perchè  si  oppo- 
nesse agli  eretici,  i  quali  macchinavano 
di  bandire  dal  principato  d'Adamar  l'or- 
dinaria giurisdizione  dell'arcivescovo  di 
TreveiijC  insieme  il  culto  cattolico.  Mov- 


4i  T  R  E 

to  nel  1713  Carlo  in  Vienna,  nel  1716 
gli  fu  surrogalo  Francesco  Luigi  figlio 
dell' elettore  Palatino  di  Neuburgo,  già 
vescovo  diWratisIavia  e  di  Worms,  gran 
maestro  dell'ordine  Teutonico  e  coadiu- 
tore dell'elettore  di  M.igonza.  Papa  Cle- 
mente XI  confermò  l'elezione  e  gli  ac- 
cordò la  chiesta  dispensa  di  conservare  gli 
altri  suoi  benefizi.  Indi  nel  17  19  il  Papa 
gli  raccomandò  di  persuadere  il  fratello 
Carlo  elettore  Palatino,  a  cui  pure  avea 
scrino, di  far  restituire  acattolici  la  chie- 
sa principale  d'Heidelberga,  e  non  per- 
mettere in  verno  modo,  che  fosse  osser- 
valo il  Precesso  di  religione  per  l'inferio- 
re Palalinalo  pubblicato  nel  1 7o5dall'al- 
tro  frateilo  Gio.  Guglielmo,  e  dalla  sua 
pontificia  autorità  condannato.  Aggiunse 
all'arcivescovo,  che  i  trattati  di  Worms 
e  di  Alt-Rastadt,  nel  1  707  conclusi  circa 
tale  Recesso,  non  dovessero  avere  alcun 
effetto  nella  sua  diocesi. E  siccome  la  chie- 
sa d'Heidelberga  fu  di  fa  Ito  restituita  a' 
cattolici,  Clemente  XI  impegnò  l'impe- 
ratore a  proteggere  i  medesimi  e  l'elet- 
tore Carlo,  dalle  vessazioni  che  loro  mi- 
nacciavano i  principi  eretici. Nel  1721  l'ar- 
ci vescovo  ottenne  dall'imperatore  Carlo 
VJ  la  conferma  del  privilegio  illimitato 
de  non  appellando,  comune  a  tulli  gli 
elettori,  ma  negletto  da'suoi  antecessori, 
che  avea  no  consentito  il  privilegio  slesso 
fosse  ristretto  alla  somma  di  soli  5oo  fio- 
rini. Avendo  un  incendio  neli7t7  con- 
sumalo buona  parte  della  metropolita- 
na, si  die  la  cura  di  restaurarla  ;  e  pari- 
menti si  dedicò  a  rialzar  le  mura  e  le  for- 
tificazioni di  Treveri,  distrutte  da'fran- 
cesi.  Nel  1729  Francesco  Luigi  si  spogliò 
della  dignità  arcivescovile  di  Treveri,  per 
passare  a'3  marzo  a  quella  di  Magouza, 
vacata  per  morte  di  Lotario  Francesco 
di  Schoenborn.  A'2  maggio  venne  scello 
a  successore  Francesco  Giorgio  de'conti 
di  Schoenborn  preposto  di  Treveri,  teo- 
logo di  Colonia,  decano  dì  Spira,  ec.  Do- 
po aver  ottenuto  la  conferma  di  sua  ele- 
zione dal  fratello  Federico  Carlo  vescovo 


TRE 
di  Baniberga  e  di  Wurlzburgo,  fu  ordi- 
nato sacerdote  e  vescovo;  venendo  fatto 
anche  vescovo  di  Worms  nel  1732.  Il  re 
di  Francia  avendo  nel  i y 33  intimata 
guerra  all'imperatore,  una  parte  del  pe- 
so di  essa  cadde  sopra  l'elettorato  di  Tre- 
veri, che  fu  posto  a  gravissime  contribu- 
zioni da' francesi  per  due  anni.  Intanto 
ritornato  al  grembo  della  religione  cat- 
tolica Maurizio  Adolfo,  ultimo  rampollo 
maschile  della  linea  ducale  di  Sassonia- 
Zeitz,  per  la  sua  straordinaria  vocazione 
allo  stato  ecclesiastico,  posponendo  ogni 
terreno  splendore,  neh  730  fu  consagra- 
to vescovo  di  Farsaglia  in  partibus,  indi 
vescovo  di  Ronigsgratz,  poi  di  Leime- 
ritz  nel  1732,  e  poco  dopo  fu  fitto  am- 
ministratore dell'arcivescovato  di  Treve- 
ri; avvenuta  in  questo  esercizio  la  sua 
morte,  lasciò  fama  di  piissimo  e  di  mo- 
dello perfetto  de' vescovi.  Nel  (7  {.8  Be- 
nedetto XIV  dichiarò  vescovo  ìn< parti- 
bus  di  Miriofidi  Gio.  Nicola  de  Tfonlhciiii 
(V.)  di  Treveri,  sulfrag  meo  del  l'arcive- 
scovo di  Schoenborn,  che  neh  y 54  fece 
eleggere  in  proprio  coadiutore  Gio.  Fi- 
lippo di  Lorena  de'  baroni  di  Walder- 
dorff;e  per  mortedell'arcivescovo  gli  suc- 
cesse neh  7  56.  Gio.  Filippo  nel  1  763  fu 
eletto  vescovo  di  Worms.  In  tale  anno 
il  sulfragaueo  dTIouiheini  soflo  l'infeli- 
ce e  fiuto  nome  ili  Giustino  Febrouio 
pubblicò  la  Mia  pestifera  opera:  De  stala 
praesenti  Ecclesiaetpv\acipa\ mente  con- 
tro il  Primato  (/x.)  ilei  sommo  Pontefi- 
ce, condannato  perciò  da  Papa  Clemen- 
te XIII  neh  764,  il  quale  scrisse  a'3  e- 
lettori  ecclesiastici  perchè  si  opponessero 
alla  diffusione  dell'empio  libro  che  pose 
all'indice  de'libri  proibiti,  contro  il  qua- 
le dottissime  penne  ne  fecero  trionfili  con- 
futazioni. Morto  nel  1768  l'arcivescovo 
WalderdoilFinCoblenlZjgli  successe  Cle- 
mente Wenceslao  di  Sassonia,  figlio  di 
Augusto  II  re  di  Polonia  ed  elettore  di 
Sassonia,  vescovo  di  Frisinga  e  di  Rati - 
sbona,  chiese  che  allora  dimise;  indi  nel 
1  j6t)  fatto  vescovoammiuishatore  d'Au- 


TRE 

gusta,  e  nel  1781  principe  e  preposto  ili 
s.  Vitod'Elwangen.  A  questo  prelato  Cle- 
mente XIII  nel  1764  avea  indirizzato  il 
breve  di  condanna  dell'opera  d'  Hon- 
tlieim,confermata  daClemente  XI V.  Per- 
tanto divenuto  arcivescovo  di  Treveri, 
cercò  di  ricondurre  al  ietto  sentiero  ed 
all'abiura  de'suoi  errori  il  suffìagaiieo,  e 
compitamente  l'ottenne  nel  1778,  rice- 
vendola con  religiosa  gioia  il  Papa  Pio 
VI.  Nel  quale  anno  il  Papa  dichiarò  ve- 
scovo d'Ascalona  in  partibus  Gio.  Ma- 
ria d'Herbain  d'Argentina, altro  sufTraga- 
neodeH'arcivescovo, continuando  l'Hot»- 
theim  ad  esserlo  lino  alla  morte.  Pio  Vi 
reduce  da  Vienna  nel  1782,  a' a  maggio 
partì  da  Monaco  per  Augusta,  ricevuto 
con  ogni  venerazione  dall'elettore  di  Ba- 
viera. Vi  si  recò  ad  ossequiarlo  l'arcive- 
scovo di  Treveri,  che  celebrò  pontificai- 
mente  nella  cattedrale  alla  loro  presen- 
za, del  vescovo  di  Costanza  mg. r  de  Piodl, 
di  altri  vescovi  e  distinta  nobiltà;  indi  nel- 
la solenne  benedizionecompartita  dal  Pa- 
pa al  popolo  dall'episcopio,  l'arcivescovo 
di  Treveri  pubblicò  la  forinola  della  con- 
cessa indulgenza  plenaria.  In  compagnia 
dell'arcivescovo  di  Treveri,  Pio  VI  a'  6 
maggio  passò  a  pernottare  nel  celebre 
mouasterodi  Fuessen,e  nel  seguente  gior- 
no separandosi  dall'arcivescovo,  con  te- 
stimonianze di  singolare  stima  ed  alletto, 
proseguì  il  viaggio  per  Innsbruck.  Nel 
1784  1'  arcivescovo  concluse  colla  parte 
cattolica  d'Augusta,  ove  teneva  per  suf- 
fraganeo Gio.  Nepomucenode  Ungelter 
di  Hochstad  vescovo  di  Pella  in  partibus, 
una  convenzione  perchè  avessero  termi- 
ne le  differenze  intorno  a'Iimiti  di  giuris- 
diziouecivile  ed  ecclesiastica.  Per  ispirito 
di  tolleranza  abolì  ad  Augusta  i  sermo- 
ni di  controversia  che  talvolta,  dicesi  ,con- 
tenevano  ingiurie  contro  i  protestanti, 
non  che  soppresse  nelle  chiese  della  stes- 
sa città  parecchie  ceremonie  superstizio- 
se e  ridicole.  Intanto  Pio  VI  per  secon- 
dare i  premurosi  desideni  del  duca  Pa- 
latino Carlo  Teodoro  elettore  di  Baviz* 


T  il  E  43 

va,  nel  1785  istituì  la  nuova  nunziatura 
di  Monaco  (^7.),  la  quale  fu  subito  con- 
testata, principalmente  dagli  elettori  di 
Ma  gonza  e  di  Colonia,  e  dall'arcivesco- 
vodi  Salisburgo,  i  quali  ricorsero  all'im- 
peratore Giuseppe  li.  Questi,  innovatore 
delle  cose  religiose,subito  soppresse  la  giu- 
risdizione delle  nunziature  di  Germania, 
compresa  quella  di  Colonia  destinata  pe' 
3  elettori  ecclesiastici,  e  scrisse  a  questi 
per  animarli  a  conservarsi  con  tutto  l'ini- 
peguonelleloro  pretese  prerogalive,ch'e- 
gli  pure  avrebbe  difeso  ;  avvisando  1'  e- 
lettore  Palatino,  che  il  nunzio  presso  la 
sua  corte  si  dovesse  riguardare  come  sem- 
plice inviato  del  Papa  e  senza  giurisdi- 
zione, ma  l'elettore  volle  invece  che  tut- 
ta l'esercitasse.  Perciò  i  3  elettori  eccle- 
siastici, massime  quello  di  Colonia,  risol- 
verono di  non  riconoscere  i  nunzi  apo- 
stolici, se  non  come  semplici  inviali  del 
Papa  e  ministri  della  coi  te  di  Uoma.  Pe- 
rò il  nunzio  di  Colonia  Pacca,  con  sua 
circolare  del  1  786  d'ordine  di  Pio  VI,  no- 
tificò a'parrochi  e  prelati  subalterni  del- 
le diocesi  de'  3  elettori  ecclesiastici,  che 
avrebbe  continuato  ad  esercitare  la  con- 
sueta giurisdizione,  dichiarando  nulle  le 
dispense  accordate  da  alcuni  de'detti  ar- 
civescovi in  differenti  gradi  di  parentela, 
come  non  comprese  nelle  facoltà  da  loro 
ottenute  dalla  s.  Sede,  alla  quale  da  tem- 
po immemorabile  i  3  elettori  ecclesiasti- 
ci solevano  domandarle  ogni  5  anni,  me- 
diante indulti  quinquennali.  Alla  circo- 
lare protestarono  gli  elettori  di  Colonia 
e  di  Magonza,  e  di  Treveri  a'20  dicembre 
1786,  con  proteste  tutte  piene  di  con- 
traddizioni, inclusi vanienle-  a  quella  del- 
l'arcivescovo  di  Treveri,  per  avere  an- 
teriormente dichiarato  a' 18  gennaio,  di 
non  voler  accedere  alle  richieste  de'col- 
leghi  e  dell'  arcivescovo  di  Salisburgo, 
contro  la  nunziatura  di  Monaco,  per  la 
sua  singoiar  divozione  alla  s.  Sede,  e  poi 
si  unì  con  essi  per  affiggerla.  Questo  con- 
tegno dell'arcivescovo  di  Treveri  destò 
maggiore  sorpresa,  imperocché  non  sola- 


|4  TRE 

mente  avea  consolato  Pio  VI  coll'avvi- 
sarlo  della  ritrattazione  d'Hontheim,  ina 
nel  i  782  avea  edificato  il  cattolico  mon- 
do, con  lettera  pastorale,  che  tradotta  in 
tedesco  e  in  francese  fu  pubblicata  a  Pa- 
rigi, ed  in  italiano  e  arricchita  d'annota- 
zioni da  Francesco  Serra,  comparve  in 
Roma  nel  1791  co' tipi  del  Cannelli.  In 
rpiesla  pastorale  dell'elettore  di  Treveri, 
egli  si  espresse:  »  I  nemici  della  Chiesa, 
coperti  della  pelle  di  agnello,  si  riunisco- 
no per  deprimere  i  suoi  pastori,  e  per  sor- 
prendere la  semplicità  de' fedeli  sotto  il 
prelesto  di  riforma  e  di  zelo.  Fingendo 
di  voler  correggere  gli  abusi  (ahimè!  sem- 
bra che  voglia  intendere  i  sovrani  rifor- 
matori), essi  fanno  delle  mine  a'  fonda- 
menti della  s.  Sede,  ch'è  il  centro  dell'u- 
nità. Ma  ciò  che  noi  noti  sappiamo  ba- 
stantemente compiangere, è  il  veliere  die 
quelli,  i  quali  si  vantano  figli  della  Chie- 
sa, si  uniscono  co' suoi  nemici,  per  fine 
rivivere  le  loro  iuvettivecontro  il  sovrano 
Pontefice,  e  ripetere  delle  calunnie  tan- 
te volte  confutate".  Ma  è  egli  questo  e- 
Jeltore,  in  quesla  pastorale,  conforme  a 
he  stesso  nella  ricordala  sua  prolesta?  I 
3  elettori  ecclesiastici, coll'arcivescovo  di 
Salisburgo,  nell'agosto  1  786  eransi  adu- 
nati con  altri  vescovi  in  Aschaffembur- 
go,  per  formare  una  lega  ben  stravagan- 
te contro  P  autorità  pontifìcia,  in  virtù 
della  quale  spedirono  i  loro  4  deputati  a 
Ems  (ì.)  per  tenervi  quel  conciliabolo, 
che  i  vescovi  di  Germania  riguardarono 
come  contrario  alle  leggi  canoniche,  poi- 
ché vi  stabilirono  un  piano  più  atto  a  for- 
mare lo  scisma,  che  a  render  la  pace  alla 
Chiesa.  Ma  risentendosi  Pio  VI  partico- 
larmente per  ciò  che  riguardavano  le  di- 
spense quinqucnualimatritnouiali,di  cui 
il  concilio  di  Trento  avea  lascialo  la  cu- 
ra al  Pupa,  l'arcivescovo  di  Treveri  do- 
mandò tali  indulti  per  la  sua  arcidiocesi, 
non  permettendogli  la  sua  pietà  di  acce- 
Darti  ulteriormente  sulle  viste  desìi  au- 
tori  del  nuovo  codice  di  disciplina,  e  do- 
mandò al  Papa  anche  la  sanatoria,  per 


TRE 
riparare  all'errore  delle  dispense  che  a- 
vea  accordate;  ed  altrettanto  praticò  Pe- 
leltore  di  Magonza,  onde  non  restarono 
nella  lega  che  gli  arcivescovi  di  Colonia 
e  di  Salisburgo.  I  torbidi  del  Brabanle, 
la  morte  del  riformatore  Giuseppe  II,  e 
soprattutto  la  terribile  rivoluzione  fran- 
cese, distrussero  la  lega  d'Ems,  e  quelli 
che  Paveano  conclusa  espiarono  col  de- 
predamento de'loro  stati  e  perdita  della 
sovranità  temporale,  le  ambiziose  preten- 
sioni concepite  con  tanto  ardore,  a  dan- 
no della  pace  della  Chiesa  e  de'diritli  del 
suo  augusto  capo. Pio  VI  nel  1  70.4  dichia- 
rò vescovo  di  Dioclezianopoli  inpartibus 
Michele  Giuseppe  de  Pidoll  di  Treveri, 
che  P  elettore  Clemente  avea  nominato 
suo  suffraganeo.Quesi'arci  vescovo  nel  co- 
minciar della  rivoluzione  francese  die  a- 
siloa'principi  di  quella  nazione  che  avea 
no  abbandonata  la  patria;  e  ne'suoi  stati 
seguirono  i  primi  armamenti  degli  emi- 
grati, cui  l'imperatore,  sulle  lagnanze  di 
Francia,  indusse  l'elettore  a  far  cessare; 
ma  allorché  poi  l'imperatore  Francesco 
11  entrò  in  campagna,  continuò  Coblentz 
ad  essere  il  soggiorno  de'principali  emi 
grati.  A'9  agosto  1  794  le  truppe  francesi 
occuparono  Treveri,  e  l'elettore  fu  ob- 
bligato di  riparare  in  Germania.  Lo  sta- 
lo elettorale  di  Treveri  fu  riunito  all'an- 
tica madre  patria  la  Francia,  da  cui  era 
stato  da  sì  gran  tempo  separato,  e  Tre 
veri  fu  fatta  capoluogo  del  dipartimento 
francese  della  Sarre,  nome  che  prese  dal 
fiume  Sarre  oSaar.  Inconseguenza  della 
pace  di  Luneville.  de'  9  febbraio  i8or, 
tra  la  repubblica  francese,  Francesco  11 
imperatore,  ed  i  principi  della  riva  sini- 
stra del  Reno,  la  sovranità  dell'elettora- 
to di  Treveri  fu  soppressa,  per  quanto 
narrai  a  Germania.  L'arcivescovo  Cle- 
mente Venceslao  di  Sassonia,  u  llinio  elet- 
tore, dovette  rinunziare  anche  la  dignità 
arcivescovile,  ottenne  nel  i8o3  una  pen 
sione  e  fece  il  suo  soggiorno  ad  Augusta 
fino  alla  sua  morte  avvenuta  nel  l8ia, 
Iu  conseguenza  poi  del  Concordato  fra 


TRE 


Pio  FU  e  la  Repubblica  francese,  lo 
slesso  Papa  colla  bolla  Qui  Chris  ti  Do- 
mini, de'20,  novembre  i  80  1,  Ridi.  Roni. 
coni.  1. 1 1,  p.  25 1}  soppresse  la  sede  me- 
tropolitana di  T reveri,  che  oltre  a'3  suoi 
antichi  vescovi  suffragane!  allora  avea  an- 
che quelli  di  Nancy  e  s.  Diez,  dichiarò 
la  sede  semplicemente  vescovile  e  la  sot- 
toposequal  sufTraganea  alla  metropoli  di 
Malines,  facendo  altrettanto  di  Magon- 
za.  Indi  Pio  VII  nel  concistoro  de'7  lu- 
glio 1802  dichiarò  vescovo  di  Treveri 
Carlo  Mauoy  della  diocesi  di  Clermont. 
Siccome  Napoleone  1  a' 18  maggio  i8o4 
assunse  il  titolo  d'imperatore  de'fi  ance- 
si,  l'imperatore  Francesco  li  l'i  1  agosto 
si  dichiarò  imperatore  d'Austria  eredita- 
rio col  nome  di  Francesco  I,  indi  rinun- 
ziò la  dignità  d'imperatore  de'romani  a' 
6  agosto  1806,  restando  così  del  tutto 
sciolto  l'impero  Germanico.  Gli  avveni- 
menti di  Francia  (  /  .)  del  1  8  1 4  e  la  de- 
posizionediNapoleone  1,  nuovamente  tol- 
sero alla  Francia  Treveri  e  la  sua  pro- 
vincia, mediante  il  trattato  di  Parigi, dal 
congresso  di  Vienna  confermato,  e  ven- 
ne ceduta  al  redi  Prussia^.).  Nella  cir- 
coscrizione di  diocesi  di  questo  regno, Pio 
VII  colla  bolla  De  salute,  ahimarum ,  de' 
1 6  luglio  1821,  Bull.  cit.  I.i  5,  p.  4°3, 
stallili  pure  questa  vescovile  di  Treveri, 
la  sottrasse  dalla  metropolitana  di  Ma- 
lines,  eia  fece  sufTraganea  di  quella  di  Co- 
lonia. Successivamente  furono  vescovi  di 
Treveri,GiuseppedeHommerdiCob!entz 
preconizzalo  da  Leone  XII  nel  concisto- 
ro de'3  maggio  1824,  dichiarando  indi 
a''i3  giugno  vescovo  di  Sion  in  partibus 
GugliehnoGunlherdi  Coblentzdi  lui  suf- 
raganeo;  e  poi  a'iq  dicembre  1825  l'al- 
tro sufTraganeo  Enrico Milzdi  Coblentze 
vescovo  di  Sarepta  ìnpartibus.  Per  mor- 
te del  vescovo,  il  capitolo  elesse  a  succes- 
sore l'attuale  mg. 'GuglielmoArnoIdi  del- 
la diocesi  di  Treveri,  già  professore  di  lin- 
gue orientali  nelseminariodiocesano,  par- 
roco in  diverse  chiese  e  della  cattedrale, 
che  trovatolo  degnissimo  e  canouicameu- 


T  R  E  4* 

te  eletto,  Gregorio  XVI  nel  concistoro  de' 
22  luglio  1842  lo  promulgò  vescovo  di 
Treveri. DipoiGregorioX  VI  nel  concisio- 
ni de'22  luglio  1844  Fece  vescovo  di  Tutti 
maco  in  partibus  e  sufTraganeo  di  Tre- 
veri mg.'  Giorgio  Mueller  d'  Artzheim 
diocesi  di  Tfeveri ,  già  pai  roco,  canonico 
della  cattedrale  e  vicario  generale.  At- 
tualmente è  suffranaueo  m<i.r  Codardo 
Unum  della  diocesi  di  Treveri,  canonico 
decano  della  cattedrale,  dichiarato  ve- 
scovo di  Callinico  in  partibus, eolla  riten- 
zione di  della  dignità,  dal  regnante  Pio 
IX  nel  concistoro  di  Gaeta  de'  2  apule 
1849.  Ogni  nuovo  vescovo  di  Treveri  è 
tassalo  ne  libri  della  camera  apostolica  in 
fiorini  666,  ascendendo  le  rendite  della 
mensa  a  8000  talleri  prussiani,  pari  a 
scudi  romani  5 19.0,  senz'ideilo  gravame 
di  pensione.  Ampia  è  la  diocesi  e  contie- 
ne 634  parrocchie. 

Concilii  di  Treveri. 
III. "fu  celebralo  nel  385  o  nel  386,  e 
vi  fu  dichiaralo  innocente  Itaeio  vescovo 
ili  Spagna,  accusalo  d'aver  dato  occasio- 
ne alia  morte  dell'eresiarca  Prisciliiano. 
Il  2.°  fu  tenuto  verso  il  666  in  favore  «lei  - 
l'esenzione  del  monastero  di  Val-de-Ga- 
lilee  nella  Lorena  fondato  da  s.  Diedo.  Il 
3."  circa  l'anno  927,  in  cui  l'arcivescovo 
Roggero  che  lo  presiedè  vi  fece  ricevere 
la  raccolta  de'canoni  da  lui  compilati.  Il 
4. "nel  c)48,nel  quale  il  legato  Marino,  l'ar- 
civescovo di  Treveri ,  e  molli  vescovi  di 
Francia  vi  scomunicarono  Ugo  conle  di 
Parigi  per  la  sua  ribellione  e  pe'suoi  sac- 
cheggi, e  finché  non  si  ravvedesse:  vi  fu- 
rono pure  scomunicali  due  pretesi  vesco- 
vi ordinali  da  Ugo  arcivescovo  di  Reiins, 
nipote  del  conle  Ugo.  Anatemi  rinnova- 
li da'concilii  d'Ingcllieim  e  di  Roma. Inol- 
tre si  citò  Eberlo,  fratello  dell'arcivesco- 
vo Ugo,  perchè  rendesse  soddisfazione 
de'  mali  ch'egli  faceva  a' vescovi.  Il  5.°  nel 
1070  relativamente  ad  un  ecclesiastico 
ingiustamente  privalo  del  suo  benefizio. 
Il  6.°  nel  I  1  27Sopra  la  disciplina  ecclesia- 
slica,come  riferisce  Marlene  nella  Collect. 


46  T  R  E 

t.  7;  mentre  Schannat  nella  sua  Storia  di 
J-VoMìs^nw  3,  dice  che  in  esso  fu  depo- 
sto Godifredo  arci  vescovo  di  Treveri,  per 
aver  occupato  il  vescovato  per  simonia, 
che  si  celebrò  nel  maggio  e  lo  presiedè  il 
cardinal  Pietro  legalo  in  Francia.  Il  7.0 
neh  iz[o  adunato  da  Adalbefone  arcive- 
scovo di  Treveri,  a  cagione  d'un  monaco 
dello  e  confermato  abbate,  contro  il  vo- 
to di  lai  prelato.  L'8.°  nel  gennaio  1  148 
presieduto  dal  Papa  Eugenio  III,  e  assi- 
stilo da  18  cardinali,  da  molti  vescovi  e 
da  parecchi  abbati.  Visi  esaminarono  gli 
scritti  e  le  rivelazioni  di  s.  Ildegarda  ba- 
dessa di  s.  Ruperlo  presso  Bingh.  Il  Pa- 
pa gli  lesse  egli  stesso  alia  presenza  di  lut- 
to il  clero;  tulli  gli  astanti  ne  resero  gra- 
zie a  Dio,  e  particolarmente  si  mostraro- 
no grati  a  s.  Bernardo  abbate  di  Chiara- 
valle,  il  quale  gli  avea  giù  letti  e  approva- 
ti, per  aver  conosciuto  nella  santa  lo  spi- 
rilo profetico.  Il  Papa  ne  scrisse  a  s.  Il- 
degarda raccomandandole  di  conservare 
coll'umillà  la  grazia  che  avea  ricevuta  da 
Dio,  l'autorizzò  a  continuare  a  scrivere 
le  sue  rivelazioni  ,  e  di  manifestare  con 
religiosa  prudenza  quanto  le  sarebbe  ri- 
velato e  ispirato.  La  santa  non  avea  an- 
cora pubblicato  che  una  parte  delle  sue 
rivelazioni,  cheavea  cominciato  a  scrive- 
re nel  1  1 4 1  e  finì  nel  1  t  5  1 .  Nel  3.°  libro 
delle  sue  Rivelazioni,  ci  sono  cose  incer- 
te e  immaginate  dopo  il  fallo,  le  quali  fu- 
rono aggiunte  da  altra  mano.  Il  g.°  con- 
cilio fu  celebrato  neh  \5i  in  favore  del 
capitolo  di  Remiremont  nella  Lorena: 
Matteo  I  duca  di  Lorena,  irritato  prima 
contro  quel  capitolo,  pacifico**!  e  riparò 
a  tutti  i  suoi  torti  verso  di  esso.  Ilio."  nel 
1  22  1  fu  tenuto  per  rimediare  alle  deva- 
stazioni che  facevano  in  Germania  gli  al- 
bigesie  altri  eretici.  L'i  i.°  nel  1227  ih.0 
marzo  tenuto  dall'arcivescovo  Teodorico 
li  per  la  riforma  di  vari  abusi.  Il  1 2. °  nel 
12  38  radunato  a'2  1  settembre  dallo  stes- 
so Teodorico  11,  per  provvedere  «'mez- 
zi di  reprimere  i  ladronecci  ed  i  guasti 
che  faceva  Walcrano  di  Liuiburgo  siguo- 


T  RE 

re  di  Poilrache,  con  Rodolfo  signore  di 
Mailberg,  sulle  terre  della  chiesa  di  Tre- 
veri; i  vescovi  e  altri  padri  provinciali  sot- 
toposero ambedue  all'anatema.  1 1 1  3.°  nel 
1277,  i  cui  atti  sono  contenuti  in  1  7  ca- 
pitoli: i  primi  5  hanno  per  oggetto  i  sa- 
gramenli;  il  6  le  chiese;  il  7  i  canonici  e  i 
beneficiati;  l'8  i  decani;  il  q  i  sacerdoti  e 
i  chierici;  ilio  gli  usurai;  l' 1  1  i  nobili  e 
gli  avvocati;  gli  ultimi  6  i  religiosi  e  le 
religiose.  11 1  4-°nel  1  3  losui  beniecclesia- 
stici,  e  sopra  le  calunnie  contro  l'ordine 
de'  Templari,  che  il  concilio  assolvè  co- 
me riconosciuti  innocenti;  ma  il  concilio 
generale  di  Vienna  nel  1  3  1  1  abolì  l'ordi- 
ne. Ih  5.°  nel  i423  a'26  aprile,  adunato 
dall'arcivescovoOttone  co'suoi  provincia- 
li, ove  si  ordinarono  6  statuti,  il  i.°  dei 
quali  è  contro  gli  eretici  ussiti,  e  gli  altri 
riguardano  la  disciplina  ecclesiasticajque- 
sii  però  non  produssero  alcun  elfetto.  Il 

I  6.°  nel  1  548  provinciale  e  convocato  ai 
23  maggio  dall'arcivescovo  Giovanni  IV, 
per  rinnovare  gli  antichi  statuti,  farvi  ac- 
cettare quelli  decretati  sulla  riforma  del 
clero  e  fitti  nel  sinodo  diocesano  del  1  547, 
e  per  formarne  de'nuovi.  Vi  si  fecero  1  o 
statuti  sinodali.  Il  1 .°  concerne  l'ubbria- 
chezza  de'chierici,  che  trattasi  di  peccato 
vergognoso;  titolo  ne'Iaici  come  ne'preti. 

II  2.0  contro  i  chierici  concubiuari.il  3.° 
pi  escrive  la  pena  che  si  deve  impor  loro. 
11  4°  palla  delle  concubine,  le  quali  la- 
sciando il  vizio  vogliono  fare  ritorno  al- 
le loro  famiglie  e  in  casa  de'loro  parenti. 
Il  5.°  è  sopra  i  concubinari,  che  dopo  a- 
ver  abbandonato  il  peccato  vi  ricadono. 
Il  6."  pe'sacerdoli  e  laici,  che  impiegano 
la  magia  e  i  sortilegi  nelle  loro  supersti- 
zioni e  altro.  Il  7.0  degli  apostali.  L'8. 
contro  i  protettoli  degli  stessi  apostati.  Il 
r).°di  quelli  che  si  maritano  dopo  aver  fat- 
lo  il  voto  solenne  di  castità.  Il  io."  del- 
l'esame che  si  deve  far  di  quelli  che  si  am- 
mettono agli  ordini  sagri,  e  di  quelli  che 
devono  esserne  esclusi  per  sempre.  Tut- 
ti questi  capitoli  sono  seguiti  da  alcuni 
avvertimenti  al  clero,  e  da  un  editto  del- 


! 


T  RIE 

l'elellore  arcivescovo  conilo  i  preli  con 
cui/mari,  i  quali  comanda  clic  sieno  de- 
posli  e  privati  de'Ioro  benefìzi. Finalmen- 
te il  concilio  è  terminato  da  uno  statuto 
contro  i  violatori  della  libertà  ecclesiasti- 
ca, e  die  attentano  contro  i  beni  e  i  di- 
ritti della  chiesa.  Inoltre  cogli  accennali 
canoni  si  provvide  alia  scelta  de'predica- 
tori  e  al  modo  di  predicare;  si  prescrisse- 
ro leoredella  celebrazione  dell'uilizio  pei 
canonici;  l'enumerazione  delle  feste  da  os- 
servarsi nella  città  e  diocesi  di  Treveri; 
molti  regolamenti  sui  religiosi  e  religiose; 
ordinandosi  per  ultimo  la  pubblicazione 
degli  statuti  del  concilio,  e  obbligando  tut- 
te le  chiese  ad  averne  una  copia,  unita  ad 
\m  esemplare  degli  altri  concilii  della  pro- 
vincia Regia,  t.  3,  2.5,  27,  35.  Labbé,  t. 
2.  ().  1  4.  Arduino,  1. 1,  (3,  g.MansijiVK/y;/.' 
t.  1,2,  3. 

TREVI  ,  TREBA,  Troiana.  Antica 
città  vescovile  d'Italia  nel  Lazio,  ora  ri- 
spettabile terra  della  delegazione  di  Fio- 
.sinone,  ove  la  descrissi,  nella  diocesi  ab- 
ballale di  Siibiaco,  nel  quale  articolo  ne 
ri  parlai,  cioè  nel  voi.  LXX,  p.  2  1 7,  2  19, 
22  1,222,  242,  2  56,  25c),poicbè  un  tem- 
po appartenne  anche  al  suo  dominio  tem- 
porale; rinomata  pure  perchè  ne'suoi  diu- 
turni scaturisce  il  celebre  fiume  Amene, 
come  nel  descriverlo  a  Tivoli  rilevai  nei 
voi.  LXX,  p.  242,  LXX  VI,  p.  1  19  e  seg., 
vale  a  dire  nel  propinquo  territorio  di  Fi- 
lettino, paese  che  derivò  dagli  abitanti  di 
Treba,  che  vi  formarono  il  castello  e  gli 
dicrono  porzione  del  proprio  agro.  Trevi 
ab  antiquo  signoreggiato  dagli  equi,  e  poi 
unitosi  alla  lega  latina  contro  R.oma  in 
favore  di  Tarquinio  il  Superbo,  fu  con- 
quistato da  G.  Marcio  Coriolano,e  diven- 
ne colonia  e  municipio  de'  romani;  sog- 
giacque all'invasioni  barbariche,  e  dopo 
essersi rettoa  repubblica  esostenuteguer- 
re  contro  gli  abbati  potenti  di  Subiaco, 
cadile  nel  dominio  feudale  di  vari  baro- 
ni, (inchè  nel  i47  3  SistoIV  sottomise  Tre- 
vi al  governo  temporale  dell'abbatecoin- 
mendatario  di  Subiaco,  anticamente  es- 


T  R  E  47 

tendo  pure  stato  dominalo  dagli  abbati 
monastici.  Si"nore""iò  Trevi  vari  Castel- 

O  OD 

h,  e  principalmente  Filettino  di  Frosino- 
ne,  Valle  Pietra,  Jenne  o  Genna,  e  Mon- 
te Preclaro  o  Porcario  di  Subiaco,  come 
descrissi  in  tali  articoli.  L'antica  Treba  di- 
strutta, com'è  fama  da  Sezze,  al  riferire 
di  Ciammarucone  nella  Descrizione  di 
Sezza,  perchè  i  trebani  infestavano  i  se- 
llili, le  successe  l'odierno  comune.  I  tre- 
bani uniti  a  que'diP//jc/7/o,  più  volte  dan- 
neggiarono il  territorio  di  Sezze (l .),  co* 
menarca  il  Marocco,  ne' 'Monumenti del-* 
lo  stato  Pontificio,  t.  6,  p.  i§,  ed  a  p.  34 
riporta  la  conferma  di  Bonifacio  IX  sul- 
la comprila  del  castello  di  Trevi,  fatta  per 

1  òoo  fiorini  d'oro  da  Onorato  Caetani 
conte  di  Fondi,  salvi  i  diritti  di  alcuni 
possidenti  trebani  a  selini,  de'quali  ulti- 
mi ne  parla  anche  il  Corradini,  De  Ci- 
vita te  et  Ecclesia  Se  lina,  p.  70  e  seg., 
con  altre  analoghe  nozioni.  Ma  Ala  rocco 
sospetta  che  la  Treba  distrutta  da'>elini 
fosse  un  aulico  luogo  de'bassi  tempi  di  si- 
imi nome,  che  sorgeva  sul  monte  incon- 
tro a  Sezze.  Inoltre  il  Marocco,  nel  t.10, 
p.  26,  riporta  la  dettagliata  descrizione 
di  Trevi,  le  sue  notizie  storiche,  le  lapi- 
di che  possiede  avanzi  di  sua  antichità, 
e  discorre  dell'anticaglie  trovate  ne'suoi 
scavi.  Ne  loda  gli  abitanti  pe'loro  pregi, 
onde  ne  uscirono  più  illustri,  come  Len- 
itilo di  cui  feci  paiola  nel  voi.  LXX,  p. 

2  3  1;  fr.  Tommaso  francescano  di  vita  pe- 
nitente; Tommaso  Si  villa  o  Sibilla  nobi- 
le soldato,  che  donò  al  s.  Speco  di  Subia- 
co 5oo  fiorini  d'oro  perla  fondazione  del- 
la cappella  di  s.  Nicola;  Maestro  Onofrio 
decano  di  Meaux  e  cappellano  di  Clemen- 
te V,  da  cui  fu  spedito  legato  apostolico 
con  Arnoldo  abbate  Tutelense  a  ricu- 
perare Ferrara  alla  s.  Sede;  Raimondo 
Commendatore  di  s.  Spiritoj  Giovanni 
preposto  della  cattedrale  d'Anagni;  Gior- 
dano nobile  e  potente,  benemerito  della 
palria;Giovanni  Angucci  piissimo, magni- 
fico donatore  di  numerose  possessioni  nel 
tei  ritoi  iodi  Trevi  al  s.  Speco;  fr.  Giovau- 


48  T  R  E 

ni  agostiniano;  Nicola  de  Leliis  canonico 
di  Girgenli,  dulia  cui  famiglia  fiorirono 
talenti  medici; come da'Ballaglini  uscirò 
ito  diversi  minori  osservanti  insigni  per 
pietà  e  per  dottrina;  Pietro  Paolo  Jaco- 
bucci  giureconsulto;  d.  Benedetto  di  tal 
casato  fu  abbate  di  s.  Teodoro,  dotto  nel- 
le discipline  teologiche;  Domenico  Caran- 
zetli  chiaro  medico;  Antonio  Ricci  valen- 
te medico,  poi  canonico  dell'insigne  pa- 
tria collegiata;  fr.  Nicola  Ricci  minore  ri- 
formalo di  santa  vita;  fr.  bernardino  Ric- 
ci dello  stesso  ordine,  dotto  scrittore  e  fi- 
losofo; Francesco  Aureli  oratore  egregio, 
filosofo  e  teologo,  il  cui  fratello  fr.  Ago- 
slino  cappuccino  menò  vita  esemplare; 
Pietro  Pecci  lodato  pittore;  fr.  Cherubi- 
no Agostini  minore  riformato,  teologo  e 
filosofo;  fr.  Celso  Cherubini  confessore  del 
celebre  cardinal  Borghese  nipote  di  Pao- 
lo V;  Giovanni  Allegrilo  musico  eccellen- 
te, allievo  del  celebre  Giacomo  Carissimi 
di  Marino;  dalla  nobile  famiglia  Speran- 
za fiorirono  dotti  medici,  come  Felice  e 
Giuseppe  Maria,  oltre  Pietro  Stefano  ve- 
scovo il' A  latri  esemplare  e  benefico.  1 1  tre- 
bano  p.  Pietro  d'  Antoni  gesuita,  di  cui 
parlai  altrove,  fu  un  gran   raccoglitore 
d'antichità  nel  secolo  XVII;  copiò  laCro- 
naea  di  Subìaco  del  Minio,  il  poema  La 
falle  Sagra  del  Contestabile,  compose 
Gli  sagri  secoli  Sul>laeensi,V  Aniene  il- 
lustrato, la  Fila  dis.  Chelidonia,  la  Vi- 
ta dì  s.  Pietro  eremita  patrono  di  Tre- 
vi, oltre  altre  notizie  non  tutte  critiche: 
si  conservano  nell'archivio  della  collegia- 
ta. Rilevai  nel  voi.  LXX,  p.  242,  che  di 
Trevi  è  l'attuale  vescovo  di  Monte  Fiasco- 
ne,mg.r  Luigi  Jona  promosso  dal  regnan- 
te Pio  IX  nel  i854.  Rannodai  qui  i  luo- 
ghi ove  ragionai  di  Trevi,  con  alcuni  cen- 
ni di  giunta,  anche  per  avvertire,  che  non 
s»  deve  confondere  questo  Trevi  del  La- 
zio, con  Trevi (P.)  dell'Ombrìa,  altra  se- 
de vescovile,  uè  con  Trebula  Mutusca  , 
uè  con  Trebula  Suffena  di  Sabina  ( V.). 
Quanto  alla  sede  vescovile,  se  ne  ignora 
l'origine,  come  non  si  conoscono  i  vesco- 


TRE 

vi  che  la  governarono.  Per  la  scarsezza 
«Iella  popolazione,  e  per  le  ristrette  ren- 
dite della  mensa  cessò  Trevi  di  avere  il 
proprio  vescovo  nel  pontificato  di  Vitto- 
re Il  delio55,  il  quale  perciò  ne  racco- 
mandòla  chiesa  al  viciniore  vescovod'A- 
nagni  Rainaldo  o  Rinaldo,  come   in  ap- 
presso fecero  Nicolò  II,  Alessandro  li, a, 
Gregorio  Vile  Vittore  III.  La  mancan- 
za de'  vescovi  die  origine  alla  creazione 
dell'abbate  di  s.  Teodoro  martire,  sotto 
la  cui  invocazione  era  la  cattedrale  dichia- 
rala chiesa  abbaziale,che  esercitò  una  giu- 
risdizione quasi  episcopale  senza  punto 
dipendere  dal  vescovo  d'Allagai,  tanto  su 
Trevi  che  sui  paesi  soggetti   e  formanti 
l'antica  diocesi,  cioè  Filettino,  Valle  Pie- 
tra,Jenne,Collallo,Moiitc  Antonino, Mon- 
te Preda  ro,Com  miniaceli  io,  Ursa  no  eCe- 
sarene.  Ma  da  Urbano  II  del  1088   col- 
la bolla  Po  testatela  anelare  Dea,  de'2.3 
agosto,  che  si  conserva  nell'archivio  capi- 
tolare d'Anagni,  fu  soppresso  il  vescova- 
to e  in  perpetuo  definitivamente   venne 
unita  la  diocesi  Trebense  alla  chiesa  ve- 
scovile d'Anagni,  nel  vescovato  di  s.  Pie- 
tro successore  di  Rainaldo,  trasferendo- 
si ad  esso  tutta  l'autorità,  il  che  confer- 
marono poi.Pasipiale  11  ed  Alessandro  IH 
deli  i5c).  Neh  162  Landinolfodi  Treha 
donò  alla  chiesa  e  al  vescovo  d'  Anagni, 
Trevi  ed  i  5  castelli  che  ne  formavano  il 
territorio.  Nondimeno  ripugnando  l'ab- 
bate di  s.  Teodoro  che  la  sua  chiesa  catte- 
drale dipendesse  dal  vescovo  d'Anagni, 
ed  essendo  insorte  dell'ostinate  vertenze 
giurisdizionali   sotto   Innocenzo   111   del 
1  i«)8,  ad  onta  che  il  successore  Onorio 
III  avesse  autenticala  e  confermata  la  bol- 
la d'Urbano  II  colla  bolla  Cimi  Chris  lux, 
il  suo  nipote  Gregorio  IX  volle  compor- 
le  colla  bolla  Licei  sollicitudinis  nostrae, 
de'l3  settembre  1227,  presso  ITJghelli, 
[lidia  saera,  t.  1,  p.  3»0,  con  dare  al- 
l'ahbate  dis.  Teodoro,  di  già  assoggetta  lo 
al  vescovo  d'  Anagni  Alberto,  la  premi- 
nenza su  tutti  i  prelati  e  dignità  della  ili 
lui  diocesi,  e  le  nomine  de'beuaiÌM  eccle- 


T  R  E 
Mastici  di  s.  Lorenzo  e  di  s.  Nicola,  am- 
bedue chiese  rurali  poco  distanti  e  all'o- 
riente di  Trevi.  Sorgeva  la  chiesa  catte- 
drale di  s.  Teodoro,  col  contiguo  palazzo 
vescovile,  prossima  al  pomerio;  la  campa- 
na della  chiesa  di  s.  Teodoro,  posta  den- 
tro Trevi,  si  vuole  tolta  dalla  cattedrale. 
L'edifizio  intero  esisteva  ancora  nel  i  260, 
giacché  dimorandovi  il  celebre  cardinal 
Ugo  di  s.  Caro,  vi  tu  visitato  dal  patriar- 
ca di  Gerusalemme  Jacopo  Pantaleone, 
che  nel  1*261  fu  Papa  Urbano  IV.  Dipoi 
nel  16  10  la  ricostruzione  della  collegiata 
di  s.  Maria  atterrò  quasi  tutto  il  super- 
slite  fabbricato.  Finalmente  Urbano  Vili 
co'brevi  de'i5  dicembre! 638  ede'22  ot- 
tobre 1  639,  smembrò  Trevi  dalla  giuris- 
dizione del  vescovo  d'  Anagui,  e  l'aggre- 
gò all'abbazia  di  Subiaco ,  il  cui  abbate 
commendatario  e  ordinario  obbligò  a  pa- 
gare annualmente  al  vescovo  d'  Allagai 
60  scudi,  e  tuttora  l'eseguisce.  Con  que- 
ste disposizioni  l'abbate  di  s.  Teodoro  non 
perde  i  suoi  antichi  privilegi,  per  cui  nel 
sinodo  Sublacense  celebralo  nella  basili- 
ca del  monastero  di  s.  Scolastica  nel  1 674 
dal  cardinal  Carlo  Barberini,  ebbe  ili." 
posto  su  tutti  i  capitoli  e  clero  della  dio- 
cesi abbaziale,  e  fin  anchesull'istesso  pre- 
posto della  chiesa  collegiata  di  s.  Andrea 
di  Subiaco,  come  può  rilevarsi  dagli  atti 
sinodali  e  dall'archivio  de' canonici  del- 
l'insigne collegiata  di  s.  Maria  di  Trevi, 
i  quali  usano  l'insegna  corale  dell'almu- 
zia  foderata  di  pelli  d'armellino,  distin- 
guendosi l'abbate  col  rocchetto  e  tnozzet- 
ta  di  seta  cremisi.  Nel  voi.  LXXVI,p.  1 85, 
ricordai,  che  nello  spirare  del  secolo  pas- 
sato vi  si  ritirò  il  famoso  capitano  napo- 
letano Caponi,  che  fece  resistenza  a'i'ran- 
cesi  repubblicani,  ne  risarcì  le  mura  eia 
fortificò,  e  fermandovi  il  domicilio  vi  mo- 
rì in  avanzata  età. 

TUE  VI,  Trcbia.  Città  vescovile  del- 
l' Umbria  con  governo,  del  distretto  e  de- 
legazione di  Spoleto,  alla  cui  arcidiocesi 
appartiene,  egli  è  distante  5  leghe  al  nord, 
secondo  l'aw.  Castellano,  e  12  poste  da 
voi.  iaxx. 


TRE 


49 


Roma  al  dire  del  Caliudri.  Trovasi  in  bel- 
la situazione  per  arte  e  per  natura,  sul- 
lo scosceso  pendio  dell'  estremo  coutraf- 
forte  del  monte  Petino  o  Pitiuo,  verso  gli 
A  pennini.  Sorgendo  quasi  in  cima  al  mon- 
te e  gradatamente  giungendo  a  metà  del 
medesimo  fa  vaga  mostra  di  se, come  po- 
sta in  lunga  ringhiera  che  si  affaccia  al- 
la strada  nazionale  fra  Spoleto,  e  Foli- 
gno alla  sua  dritta,  rim petto  a  Bettona  o 
Vettona  di  cui  riparlai  nel  voi.  LII,  p.  1 34- 
Il  suo  fabbricato  di  non  piccolo  circuito 
e  aperto  da  5  porte,  è  cinto  di  forti  e  ben 
munite  mura,  contieue  molti  palazzi  lo- 
devolmente architettati,  e  molte  comode 
e  polite  abitazioni,  una  bella  foute,  una 
gran  torre.  Diversi  palazzi  posseggono  stu- 
pendi quadri  e  altre  cose  d'  arte  prege- 
vole nelle  volte  del  palazzo  de' conti  Car- 
rara Rodiani  sonovi  belle  pitture.  La  prin- 
cipale chiesa  è  pei  insigne  collegiata  con 
capitolo  di  canonici  (iu  questi  ultimi  anni 
aumenta  ti  di  due  a  Uri)  e  la  dignità  di  prio- 
re, che  indossano  le  iusegne  corali  come 
i  canonici  di  Spoleto,  cioè  cappa  magna 
e  mozzetta  per  concessione  di  Benedetto 
XIV:  ne  fu  canonico  Ugo  Boncouipagoi 
poi  Gregorio  XIII.  E  sotto  l'invocazio- 
ne di  s.  Emiliano  martire r. "vescovo  del- 
la città,  di  cui  è  principale  protettore,  es- 
sendone comprotettori  i  fratelli  s.  Vin- 
cenzo vescovo  di  Bevagna  e  s.  Benigno 
diacono,  ambedue  nativi  di  Trevi.  Il  Ca- 
stellano la  dice  costruita  su  -d'irregolare 
disegno,  però  ha  3  altari  disegnali  e  scol- 
piti neh  522  in  modo  veramente  singola- 
re. La  chiesa  suburbana  della  Madonna 
di  Pietra  rossa  ha  pitture  antichissime;  e 
quella  di  s.  Croce  si  distingue  per  un  af- 
fresco bellissimo  di  Giotto  da  Vespigna- 
no.  Altre  chiese  sono  quelle  delle  esisten- 
ti monache  benedettine  di  s.  Lucia,  e  del- 
le francescane  di  s.  Chiara,  co'loro  con- 
tigui monasteri;  la  chiesa  di  s.  Domenico, 
ove  già  stanziarono  i  domenicani,  della 
quale  e  del  convento  scrisse  il  p.  Fontana, 
De  romana  provincia  ord.  praedicato- 
ritm,  Conventus  s.  Dominici.  La  chiesa 

4 


5o  TRE 

eli  s.  Francesco,  beli' edifìzio,  già  de'mi- 
noii  conventuali,  fino  da'primi  esordi  di 
loro  istituzione,  anzi  uno  de'pri  mi  conven- 
ti fondali  dal  medesimo  islitutores.  Fran- 
cesco d'Asisi,  ed  anticamente  ei avi  in  es- 
so l' inquisizione;  nel  cui  chiostro  molto 
dipinse  a  fresco  il  cav.  Gagliardi  da  Città 
di  Castello,  il  quale  in  tali  pitture  supe- 
rò se  stesso,  come  afferma  il  Irevano  d.r 
Clemente  Bartoliui  a  p.  22  de'suoi  Cen- 
ni storici  sulle  pitture  classiche  di  Tre- 
vi, FoIignoi837.  Nel  convento  vi  fu  tra- 
sferito il  ginnasio  comnnnleo  scuole  pub- 
bliche, ed  il  collegio  Lucnrini  per  segna- 
lato benefizio  e  incessanti  cure  del  cardi- 
nal Emmanuele  de  Gregorio,  che  qua- 
le prefetto  della  Congregazione  cardina- 
lizia del  concilio,  dalla  cui  direzione  e 
dal  cardinal  prefetto  prò  tempore  dipen- 
da la  protezione  del  collegio,  ne  fu  assai 
benemerito  per  quanto  rilevai  nella  bio- 
grafia; riducendo  il  convento  in  forma  di 
collegio,  con  eleganza  e  magnificenza  di 
disegno,  ed  insieme  solidità,  mediante  l'o- 
pera del  celebre  architetto  cav.  Valadier, 
dal  cardinale  portato  appositamente  in 
Trevi,  il  tutto  venendo  eseguilo  con  esal- 
ta prontezza  in  circa  18  mesi,  llch.com- 
mend.  Bai  luz/.i  nell'  Elogio  storico  del 
cardinal  de  Gregorio,  11  p.  3  1 ,  celebrò  il 
suo  protettorato  del  collegio  di  Trevi,  e- 
aercilalo  fino  al  1  834,  co"  qneite  paiole. 
»  IH  quest'antica  città  dell'  Umbria,  eh  'eb- 
be il  nome  di  Trr-bia  sul  fiume  Clilun 
no,eresseil  benemerito  cittadino  Lncarini 
quell'edilìzio,  che  per  l'impeto  del  terre- 
moto fu  quasi  distrullo.  A  li  vendicare  un 
sì  utile  stabilimento,  rivestilo  che  fu  il  de 
Gregorio  dal  regnante  Pontefice  (Grego- 
rio XVI)  dell'autorità  di  visitatore  apo- 
stolico, più  volte  colà  si  condusse,  e  tan- 
to oprò  che  pervenne  in  breve  tempo  a 
riedificarlo  e  ad  ampliarlo,  aggiungendo- 
vi il  convento  di  s.  Francesco  da  lui  ac- 
quistato, e  che  già  da  molti  anni  per  le  vi- 
cende de'tempi  era  abbandonato.  Lo  aprì 
nuovamente,  e  con  molto  accorgimento  e 
jaggezza  di  regolamenti.  Celebrò  con  so 


TRE 
tenni tà  di  eeremonie  l'ingresso  di  un  nu- 
meroso stuolo  di  alunni,  che  a  scarso  nu- 
mero ridotti  nella  famiglia  del  conte  Va- 
lenti si  riparavano".  Cioè  nel  palazzo  del 
conte  Paolo,  perciò  lodato  per  patria  ge- 
nerosità, uno  de'pochi  dal  terremoto  ri- 
spettati, massime  nella  terribile  scossa  ilei 
l3  gennaio  1  83?.:  contribuirono  alle  be- 
nefichesolieriludinidel  cardinale,  il  gon- 
faloniere della  città  Francesco  l'arriani 
e  il  rettore  del  collegio  d.  Fausto  Bottac- 
ci di  Recanali.  Il  26  ottobre  1  834  ^'  d 
giorno  dedicato  alla  solenne  mangili  azio- 
ne e  benedizione  del  luogo,  del  collegio  e 
delle  scuole,  e  dopo  il  Te  iJeum  terminò 
la  funzione  coli'  allocuzione  diretta  dal 
cardinal  de  Gregorio  a  tulli  i  suoi  colle- 
giali. Nel  seguente  giorno  con  due  ulte- 
riori solennità  fu  compiuta  la  decorosa  a- 
pertura  del  nuovo  collegio,  ove  nell'aula 
maggiore,  sedente  il  cardinale  in  trono, 
circondato  da'  maestri,  dal  magistrato  e 
dal  governatore,  l'encomiato  rettore  re- 
citò un'erudita  orazione  inaugurale,  nel- 
la quale  i  pia  moderni  fasti  dello  slabili- 
meulo  e  le  sue  vicende  compendiò.  Seguì 
q  uindi  la  premiazione,  che  il  cardinale  fe- 
ce agli  studenti  che  nel  decorso  anno  sco- 
lastico si  erano  sopra  gli  altri  distinti.  Nel- 
la sera  lo  stesso  porporato  e  nella  mede- 
sima aula  assistè  ad  un'accademia  di  va- 
rie discussioni  logiche  e  metafisiche,  io  cui 
fu  lecito  argomentare  a  chiunque,  oltre 
la  declamazione  di  poetici  componimen- 
ti. Tanto  ricavo  dall'erudita  e  dettaglia- 
ta relazione  del  Bartoliui,  pubblicala  dal 
n.°i8  dell'  Omologia  deli  834,  giornale 
letterario  di  Perugia.  Fondatore  del  col- 
legio fu  il  Irevano  Virgilio  Lncarini,  pro- 
touotario  apostolico  e  canonico  di  s.  Gior- 
gio in  V elabro.  Egli  con  testamentaria  di" 
sposizione  del  1 644  lasciò  tutto  il  suo  pin- 
gue patrimouio,  per  dotare  6  trevauecon 
scudi  loo  per  ciascuna;  per  fondare  un 
monte  frumenlario;  e  per  stabilire  un  col- 
legio nella  sua  casa, onde  educare  quel  nu- 
mero di  giovani  che  le  residuali  sue  reo 
dite  potessero  mantenere,  con  un  retto- 


TRE 
re,  un  ripetitore  ed  un  servo.  Ne  effettuò 
le  disposizioni  il  fratello  fi-.  Reginaldo, poi 
vescovo  di  Città  della  Pieve,  suo  erede 
Usufruttuario.  Dopo  la  di  lui  morte  fu  a- 
perto  il  collegio  nel  1674  sotto  la  prote- 
zione del  cardinal  prefetto  del  concilio 
prò  tempore,  secondo  il  desiderio  del  be- 
nefico testatore,  ed  oggi  conta  circa  3o 
giovani  convittori.  Inoltre  nella  città  vi 
sono  6  confraternite  colle  Imo  chiese,  I  o- 
spedale,  il  monte  di  pietà  uno  de'più  an- 
tichi d'Italia  comechè  fondato  nel  1  4^9> 
il  monte  frumentario,  ed  altri  pii  e  bene- 
fici stabilimenti,  come  le  maestre  pie  per 
l'istruzione  delle  giovanotte  e  ricovero  del- 
l'orfane; l'ospedale  esistente  è  nell'antico 
convento  di  s.  Domenico.  Ora  si  va  ad  a- 
prire  un  asilo  pe' vecchi  inabili  a)  lavoro. 
Nel  suburbio  vi  è  la  chiesa  di  s.  Marlino 
e  il  convento  de'iuinori  osservanti  rifor- 
mati, l'ima  e  l'altro  posti  in  deliziosa  e- 
mineiiKa,e  descritti  dal  p.  Antonio  da  Or- 
vieto, nella  Cronologia  della  provincia 
Serafica  riformata  dell'  Umbria. Nell'al- 
tare maggiore  si  ammira  il  grande  dipin- 
to in  tavola  rappresentante  la  Coronazio- 
ne della  Regiup  del  Cielo,  che  la  comu- 
ne opinione  attribuì  al  celebre  Spagna 
(cioè  Giovanni  Spagnuolo,  considerato  di 
Spoleto  per  gl'intimi  rapporti  di  paren- 
tela, di  stato  civile  e  di  domicilio  contrat- 
ti con  quella  città,  genioed  emulo  non  o- 
scuro  del  gran  Raffaele,  col  quale  ebbe  co- 
mune il  maestro),  esimio  allievo  di  Pie- 
tro Vannucci  Perugino;  ma  il  Bartolini 
ue'ricordali  Cauri  avverte,  che  con  più. 
di  ragione  gl'intendenti  lo  dichiarano  o- 
pera  della  scuola  de!  Perugino,  insieme 
u'  soprapporli  degli  aditi  che  conducono 
al  coro,  e  della  lunetla  situala  sulla  porta 
d'  ingresso  della  chiesa,  senza  potersene 
stabilire  l'artefice,  non  mai  però  Raffae- 
le. Dichiara  pure,  che  però  non  entrano 
nella  categoria  della  scuola  Perugina  i  due 
affreschi  esiste»?»  negli  altari  laterali  al 
maggiore, perchè  evidentemente  più  anti- 
chi del  Perugino,  d'autore  incerto,  e  mol- 
lo danneggiati  da'  •estauratore;  così  an- 


TRE  5i 

cora  prova  co'nomi  degli  autori,  che  noti 
sono  della  scuola  Perugina  l'esterne  pit- 
ture a  fresco  esprimenti  la  bellissima  Ma- 
donna col  divin  Figlio  e  due  Angeliche 
l'adorano.  Riconosce  poi  per  uno  de'ca- 
polavori  dello  Spagna  le  belle  pitture  ;» 
fresco  della  cappella  presso  la  porta  del 
convento,  rappresentanti  la  ss.  Vergine, 
forse  l'Immacolata  Concezione  ,  ritta  in 
piedi,  di  vaghissime  forme,  coli'  aureola 
sulla  testa,  circondata  da  una  larga  zona 
sferoidale  formata  da'  colori  dell'  iride  e 
tempestala  di  stelle,  in  mezzo  alle  quali 
campeggiano  le  leste  de'cherubini.  A'iati 
sono  due  Angeli  alati  di  forme  veramen- 
te angeliche,  e  sul  davanti  si  vedouo  ge- 
nuflessi due  per  lato  e  in  atto  di  venera- 
re questa  mirabilissima  immagine  s.  Gio. 
Battista,  s.  Francesco  d'Asisi,s.  Girolamo 
e  s.  Antonio  di  Padova,  tutti  di  stupen- 
do lavoro,  per  cui  la  pittura  dal  suddet- 
to p.  Antonio  fu  attribuita  al  maestro  del- 
l'autore, che  l'eseguì  nel  1  5 12. Questa  pre- 
ziosa Concezione  dello  Spagna  prima  non 
si  godeva,  per  avere  i  frali  formato  nel 
luogo  ov'è  la  cappella  il  cimiterio  nel  de- 
corso secolo,  senza  esterno  ingresso;  ma 
ad  istanza  de' trevani  il  p.  Leonardo  da 
Piedilama  guardiano  del  convento,  tra- 
sportato altrove  il  cimiterio,  rese  accessi- 
bile a  chiuncjue  la  cappella  nel  1837,  ed 
all'ammirazione  pubblica  il  superboaffre- 
sco. I  cappuccini  hanno  la  suburbaua  chie- 
sa di  s.  Antonio  abbate  eretta  nel  1 6 1 6  e 
col  convento  posta  in  amena  altura.  Qua- 
si in  mezzo  alla  deliziosa  valle  di  Spole- 
to (f\)  trovasi  il  sontuoso  monastero  e 
la  magnifica  chiesa  e  santuario  di  s.  Maria 
delle  Lagrime,  che  l'avv.  Castellano,  Lo 
stato  Poh lifìcio, disse  de'monaci  Oliveta- 
ni, seguito  da  altri.  Primamente  essi  non 
più  esistono  in  Trevi,  e  poi  il  loro  mona- 
stero era  l'abbuila  di  s.  Pietro  di  Bovara, 
antichissimo  edilizio.  La  canonica  delle 
Lagrime  e  la  chiesa  fu  de'cauouici  rego- 
lar" La  lei  anelisi,  ed  essendone  stato  ab- 
bate per  molti  anni  il  p.  d.  Pietro  Gior- 
getli  di  Ravenna  scrisse  il  Breve  istori- 


5-2  TRE 

co  compendio  dell'immagine  miracolo- 
sa di  Maria  ss.  detta  delle  Lacrime,  ve- 
nerata alle  falde  di  Trevi  nell'  Umbria, 
nel  suo  magnifico  tempio  spettante  a' ca- 
nonici regolari  della  congregazione  La  • 
leranense.  Dedicato  agl'Illustrissimi  si- 
gnori Priori  e  Comunità  dell'antichis- 
sima città  di  Trevi,  Todi  1 782.  Col  me- 
desimo e  col  Bartolini  ne  darò  un  cenno, 
incominciando  dalla  miracolosissima  im- 
magine di  Maria  ss.  delle  Lagrime,  spe- 
ciale e  benefica  patrona  di  Trevi,  alla  qua- 
le la  fervorosa  pietà  trebana  con  muni- 
ficenza eresse  il  maestoso  tempio.  Esiste- 
va alle  falde  di  Trevi,  nella  costa  detta 
di  s.  Costanzo  e  dalla  parte  che  guarda 
il  monte  e  la  strada  che  viene  da  Spole- 
to, vicino  al  fosso  de'Gambarelli,  una  ca- 
sa di  Diotallevio  d'Antonio,  e  nella  sua 
facciata  eravi  dipinta  quasi  al  naturale 
l'immagine  della  B.  Vergine  col  suo  Fi- 
glio divino  al  sinistro  braccio  appoggiato. 
Veniva  essa  venerata  non  solo  dalla  fa- 
miglia Diotallevio,  ma  da  que'che  vi  pas- 
savano innanzi.  Ora  un  giorno  fu  osser- 
vato, che  dagli  occhi  della  B.  Vergine  sor- 
tivano tante  gocciole  a  guisa  di  lagrime. 
Sparsasi  la  notizia,  cominciarono  ad  ac- 
corrervi molti  per  certificarsi  del  fatto;  ed 
n'5  agosto  1 485  si  scoprirono  le  lagrime 
più  visibili, e  comparvero  prodigiosamen- 
te quasi  di  color  sanguigno,  facendone  pie- 
na fede  i  pubblici  registri  municipali ,  e 
ne'suoi  annali  mss.  il  contemporaneo  p.d. 
Francesco  Mugnoni  oli  velano,  che  riti- 
ratosi nel  monastero  dell'ordine  a  un  mi- 
glio da  Trevi,  probabilmente  ne  fu  testi- 
monio oculare.  Non  può  esprimersi  lo  stu- 
pore e  la  meraviglia  che  cagionò  in  Tre- 
vi la  portentosa  effusione  di  lagrime  usci- 
te dagli  occhi  della  ss.  Immagine,  e  quin- 
di il  concorso  per  accertarsene  di  tutti  gli 
abitanti,  non  meno  che  de'luoghi  circo- 
stanti; i  quali  compunti  per  lo  stupendo 
miracolo  e  trepidanti  pel  manifesto  avvi- 
so che  sovrastavano  loro  e  all'  Umbria 
pubblici  infortuni-!,  oltre  la  guerra  e  la  pe- 
Me  che  desolava  la  provincia,  con  fiducia 


TR  E 
ricorsero   all'  efficacissima  protezione  di 
questa  ss.  Immagine,  che  cominciarono  a 
chiamare  Maria. ss.  delle  Lagrime,  e  to- 
sto ne  provarono  mirabilmente  gli  effet- 
ti benefìci.  Lo  storico  riporta  le  diverse 
opinioni  degli  scrittori  che  anticipano  o  ri- 
tardano l'avvenimento,e  tulle  rigetta,  sta- 
bilendo il  5  agosto  1 485,  giorno  anniver- 
sario di  s.  Maria  della  Neve,  che  in  Ro- 
ma die  originealla  patriarcale  basilica  Li- 
beriana. Tuttora  Trevi  ne  celebra  solen- 
nemente la  festa  commemorativa  dell'Ap- 
parizione in  detto  giorno,  in  cui  pure  ri- 
corre la  pubblica  fiera,  la  quale  da'diu- 
torni  del  tempio,  fu  poi  trasferita  al  pia- 
no superiore  di  Trevi  fuori  della  porta  del 
Lago,  come  luogo  più  capace  al  gran  con- 
corso di  popolo,  ed  all'abbondanza  delle 
mercanzie  e  specialmente  di  bestiame.  Al- 
tra festa  da'eanonici  regolari  Lateraneu- 
si  fu  stabilita  con  molte  solennità   a' 25 
marzo,  in  cui  ricorre  quella  dell'Annuo 
Mozione.  Divulgatasi  rapidamente  sempre 
più  la  fama  del  prodigio  per  le  convicine 
provincie,  in  breve  somma  divenne  la  ve- 
nerazione de'  trevani,  e  degli  accorrenti 
privatamente  e  in  processioni,  per  la  ss. 
Immagine,  la  qualesi  mostrò  fonte  di  ini- 
sericordia,di  consolazione  e  di  grazie,spar- 
gendo  sopra  i  suoi  di  voti  inesauste  bene- 
ficenze. Varie  grazie  e  prodigi,  di  cui  fu 
testimonio  il  p.  Mugnoni  allora  dimoran- 
te in  Trevi,  registrò  ne'ricordati  annali; 
e  diverse  ne  riporta  il  p.  Giorgelti.  Quin- 
di i  fedeli  per  omaggio  di  gratitudine  al- 
le grazie  ricevute  e  di  tenera  divozione, 
fecero  alla  ss.  Immagine  copiose  offerte, 
tabelle  votive  e  limosine.  Queste  oblazio- 
ni formarono  presto  un  incredibile  cumu- 
lo di  monete,  di  argento  e  oro,  di  gioie, 
di  drappi  maguifici,  e  persino  di  bianche- 
ria, di  vesti,  di  grano,  di  vino,  di  olio,  di 
cera  e  di  altre  cose  offerte  dalla  pietà  tre- 
vana  e  degli  altri.  Tra  le  comuni  offeren- 
ti si  distinsero  quelle  di  Trevi,  di  Monte 
Santo,  di  Castel  Ritaldi,  di  Cannala,  di 
Spoleto  per  essere  stata  liberata  dalla  mi- 
nacciante pestilenza  e  mediante  basson- 


TRE 

ievo  d'  argento  rappresentante  la  città 
colla  rocca.  Alcune  trevane  fecero  le  co- 
rone d'argento  alla  B.  Vergine  e  al  divin 
Figlio,  e  madonna  AI archesina di  messer 
Natinbene  Valenti  donò  un  superbo  re- 
liquiario con  una  ss.  Spina  con  cui  fu  co- 
ronato il  Redentore.  Aumentandosi  quo- 
tidianamente il  numero  tle'pii  donativi, 
il  consiglio  della  comunità  di  Trevi  de- 
stinò probe  persone,  perchè  li  raccoglies- 
se e  fedelmente  custodisse,  inclusivamen- 
te  al  Diotallevio  proprietario  della  casa 
ov'era  dipinta  la  ss.  Immagine.  Questi  de- 
putati con  licenza  del  vescovo  di  Spoleto 
eressero  innanzi  alla  medesima  una  cap- 
pella di  legno,  vi  fabbricarono  l'altare,  e 
per  la  i .  'volta  si  celebrò  la  messa  a'2  1  a- 
goslo  1 4 co  da  d.  Costantino  di  Contiael- 
lo,  il  più  antico  canonico  della  collegiata 
di  s.  Emiliano;  indi  vi  destinarono  due 
cappellani,  perchè  ogni  giorno  vi  celebras- 
sero il  s.  Sagrifizio.  Tale  fu  l'origine  del- 
la primitiva  piccola  chiesa  di  s.  Maria  del- 
le Lagrime,  la  quale  a'26  luglio  i486  fu 
eletta  in  singoiar  prolettrice  di  Trevi  e 
suo  territorio.  Pier  Francesco  Lucarini, 
uno  de'deputati  custodi  della  ss.  Imma- 
gine, l'ornò  con  bel  contorno  di  pietre  la- 
vorate, e  fu  uno  de'principali  promotori 
perchè  le  si  erigesse  un  nobile  tempio. 
A  tale  effetto  tra 'disegni  fu  scelto  quello 
di  maestro  Antonio  Fiorentino  di  speri- 
mentata capacità,  e  se  ne  fece  contratto 
a'2  giugno  i486.  Acquistata  l'area  neces- 
saria per  la  fabbrica,  si  cominciò  lo  sca- 
vo de'fondamenti  a'27  marzo  148 7, ope- 
razione ch'ebbe  pronta  esecuzione  per  a- 
vervi  cooperalo  gli  uomini  delle  ville  del 
lerritorio,per  cui  a'26  maggio,previa  pro- 
cessione del  clero  secolare  e  regolare,  dei 
priori  e  del  podestà,  d.  Marcello  Petratti 
priore  della  patria  collegiata  vi  gettò  la 
1/  pietra  con  diverse  monete.  lu  meno 
d'  un  anno  si  vide  innalzato  il  maestoso 
tempio  sino  al  piano  delle  fineslre,restan- 
done  sospeso  il  compimento.   Intanto  il 
consiglio  di  Trevi  volendo  affidare  ad  al- 
cuna comunità  religiosa  lu  custodia  di  s. 


TRE  53 

Maria  delle  Lagrime,  concesse  la  chiesa 
a'monaci  Olivetani  del  vicino  monastero 
di  s.  Pietro  di  Bovara,che  ne  presero  for- 
male possesso  I'  8  marzo  1489;  ma  non 
essendosi  mai  recali  a  officiarla,  il  consi- 
glio pensò  a  consegnarla  ad  altri  religio- 
si. Però  non  accordandosi  sulla  scelta,  ri- 
solse d' inviare  sulla  non  molto  lontana 
strada  romana  due  deputati,acciò  l'offris- 
sero al  1  ."religioso  che  per  ventura  incon- 
trassero. La  provvidenza  permise  che  fos- 
se il  p.  d.  Giacomo  da  Cremona  canoni- 
co regolare  Lateranense,  che  qual  procu- 
ratore generale  di  sua  congregazione  re- 
cavasi al  capitolo  generale  di  Piacenza,  t 
deputati  pertanto  in  nome  del  comune  gli 
offrirono  il  santuario,  e  il  canonico  pro- 
mise che  ne  avrebbe  falla  proposizione  al 
capitolo.  Reduce  da  questo  con  facoltà 
d'accettare,  si  recò  in  Trevi  a  combinarne 
gli  accordi,  onde  a'6  giugno  i5oo  co'ca- 
nonici  regolari  uè  fu  stipulato  islrumeu- 
to  possessorio,  oltre  la  concessione  d'am- 
pio spazio  di  terra  per  compiere  l'erezio- 
ne della  canonica  con  cinta  di  mura;  e  poi 
con  l'aiuto  della  congregazione,  ed  i  soc- 
corsi del  comune,  di  pii  legati  e  limosi  ne, 
ridussero  il  tempio  all'  attuale  magnifi- 
cenza. Eretta  allora  la  canonica  in  pre- 
positura, più  tardi  divenendo  abbazia,  uè 
fui. "preposi to  il  nobile  veneto  d.  Silva- 
no Morosini,  già  due  volte  rettore  gene- 
rale di  sua  congregazione,  incominciando 
i  canonici  regolari  a  custodire  il  santuario 
dopo  un  mese  a'6  luglio.  Neli5oi  con 
breve  d'Alessandro  VI,  alla  preposi tuni 
di  s.  Maria  delle  Lagrime  fu  unita  la  chie- 
sa di  s.  Giovanni  della  Piazza  di  Trevi, 
padronato  del  comune;  e  uel  1  5o8  fu  data 
agli  stessi  canonici  la  chiesa  di  s.  Tomma- 
so con  l'ospedale.  La  chiesa  di  s.  Giovan- 
ni, alla  quale  dipoi  venne  unito  il  detto 
ospedale,in  appressol'ebbe  in  enfiteusi  la 
compagnia  della  Misericordia  eretta  nel- 
la medesima,  mediante  canone.Nella  chie- 
sa di  s.  Maria  fu  istituita  una  numerosa 
confraternita,  la  quale  uel  1 6 1 8  fu  aggre- 
gata all'ai ciconfraleruita  della  Dottrina 


54  T  II  E 

Cristiana  di  Rotini,  di  s.  Moria  del  Piati- 
lo, così  della  per  quello  copioso  versalo 
dalla  miracolosa  sua  immagine  nell'atto 
che  venne  ferito  dinanzi  ad  essa  un  suo 
tlivoto,  ma  in  seguito  si  estinse.  La  chie- 
sa di  s.  Maria  delle  Lagrime  è  di  vago  e 
maestoso  disegno,  con  la  facciata  princi- 
pale ov'è  la  porta  maggiore  lavorata  di 
pietre  quadrale,  e  dopo  il  terremoto  del 
jyo3  si  dovè  alquanto  ahhassare.  L'or- 
namento marmoreo  ed  elegante  della  por- 
la principale  ,  egregiamente  scolpito  da 
Giovanni  di  Gio.  Pietro  da  Venezia  nel 
1 49^>  e  quello  pure  bellissimo  della  por- 
ta laterale,  hanno  gli  slemmi  della  città 
e  dell'illustre  famiglia  l'elioni  che  contri- 
buì con  100  fiorini  olla  costruzione  d'am- 
bedue. L'interno  della  chiesa  ha  7  altari 
compreso  il  maggiore,  vicino  al  quale  è 
un  piccolo  altare  fatto  da'  Valenli  e  col 
loro  slemma,  con  nicchia  chiusa  con  cri- 
stalli, nella  quale  si  venera  un  divotissi- 
ino  Crocefisso.  Quello  ove  si  venera  la  ss. 
Immagine  è  nella  cappella  ri m petto  la 
porta  laterale, con  bella  facciata  decora- 
la di  colonne  e  statue  con  diverse  dora- 
ture, fatte  nel  1621  dalla  pietà  de'capita- 
111  Pompeo  e  Francesco  Benenati,  che  in- 
oltre dotarono  l'aliare  di  diverse  messe 
e  pii  legati.  Nella  crociera  della  porta  la- 
terale souo  i)ììc  grandi  aliati,  uno  dedi- 
cato a  s.  Carlo  con  bel  quadro;  e  l'altro 
iuconlroas.  Francesco,  con  pittura  al  mu- 
ro esprimente  la  Deposizione  dalla  Cro- 
ce nel  sepolcro  del  Salvatore,  che  il  Gior- 
getti  crede  di  Pietro  Perugino.  Ma  il  Bar- 
lolini  ne'suoi  Ceniti  sulle  pitture  classi- 
che di  Trevi,  sebbeue  convenga  merita- 
le tulio  la  fede  tale  scrittore,  dubita  che 
il  magnifico  affresco  sia  del  Perugino,  poi- 
ché tale  singolarissima  pittura  gl'inten- 
denti la  giudicarono  piuttosto  dello  Spa- 
glia di  lui  discepolo,  il  quale  talvolta  giun- 
se ad  emulare  Raffaele,  altro  allievo  del 
Perugino.  Questo  quadro  stupendo  e  sin- 
golarissimo rappresenta  una  scena  con  ve- 
ramente tragico  pennello  trattala,  per  cui 
desta  uè  figliai dnuli  sensi  di  terrore  e  di 


T  B  E 

pietà;  l'alio  cioè  col  quale  i  ss.  Giovanni, 
Giuseppe  d'Arimatea  e  JNicodetno,  tolto 
dalla  croce  Gesù.  Cristo  nella  sagra  sin 
done  lo  trasportano  al  sepolcro.  Si  vedo- 
no pure  la  B.  Vergine,  la  Maddalena  e  le 
due  Marie  seguire  il  feretro  penetrate  di 
dolore,  Ultimo  spettatore  della  scena  è  s. 
Francesco,  figura  che  forse  die  il  titolo  suo 
alla  cappella.  Nelle  facciate  laterali  del- 
la medesima  sono  effigiati  s.  Giuseppe 
sposo  della  ss.  Vergine,  e  s.  Ubaldo  ve- 
scovo di  Gubbio  e  canonico  Lateranen- 
se;  e  nella  lunetta  superiore  sono  delle  fi- 
gure e  ornati  bellissimi  ,  ma  deperiti  in 
buona  parte.  Nella  maestosa  crocerà  o  na- 
ve di  mezzo  vi  sono  4  bellissimi  altari,  il 
t.°a  destra  dedicato  al  ricordato  s.  Ubal- 
do ,  fallo  da  buona  mano  dipingere  sul 
muro,  co'di versi  miracoli  dal  santo  ope- 
rati, dal  trevano  Pier  Costanzo  Ricci,  che 
inoltre  donò  alla  chiesa  uno  de'  superbi 
vasi  per  l'acqua  santa  e  col  suo  stemma; 
la  sua  famiglia  dotò  l'altare,  e  Benedetto 
XIV  lo  dichiarò  privilegiato  perpetuo.  Il 
2.0  altare  dalla  stessa  parte  è  sagro  all'A- 
dorazione de'  ss.  Magi  nel  Presepio,  con 
pitture  laterali,  tutte  opere  del  Perugino, 
Da  principio  l'altare  fu  acquistato  dal  co- 
mune di  Bovara,  che  lo  dotò  per  avervi 
il  jus  di  seppellirvi  iunanzi  i  suoi  defun- 
ti; indi  nel  1679  fu  concesso  a  una  delle 
nobili  famiglie  Valenti.  Il  Barlolini  de- 
scrive il  lodatissiruo  affresco  dell'Adora- 
zione, espressa  colla  B.  Vergine  col  suo 
divino  Infante  nelle  braccia  in  alto  d'e- 
sporlo alle  adorazioni  de'  circostanti,  a- 
Ven te  alla  sinistra  s.  Giuseppe.  I  tre  re  Ma 
gi  e  il  loro  seguilo,  rappresentati  da  12 
bellissime  figure,  riempiono  il  davanti  del 
quadro.  E  costante  opinione,  che  in  uno 
ilei  seguaci  de're,dipintoalla  sinistra  deli* 
Madonna  ,  il  Perugino  ritrattasse  il  suo 
prediletto  allievo  Raffaele.  Tutto  è  stu- 
pendo in  questo  quadro,  nel  quale  la  na- 
tura vi  fu  copiata  colla  maggior  fedeltà. 
Le  pareti  interne  e  laterali  della  cappella 
dell'Adorazione  o  Presepio  sono  adornate 
dalle  immagini  de'ss.  Pietro  e  Paolo,  eco- 


TRE 

e4itaiscono  un  complesso  di  pitture  am- 
mirabili del  Perugino,  che  nella  cornice 
inferiore  del  quadro  di  mezzo  viene  ricor- 
dato dall'epigrafe:  Petrus  de  Castro  Pie- 
bis pinxit.  Dalla  parie  sinistra  della  na- 
ve in  discorso, incontro  l'altare  di  s.  Ubal- 
do, è  la  cappella  della  Pietà,  sul  cui  alta- 
re adornato  da  mg.r  Benedetto  Valenti, 
da  questi  fu  posta  l'eccellente  tavola  da 
lui  ricevuta  in  donoda  Clemente  VII,  che 
arricchì  l'altare  di  copiose  indulgenze, ed 
al  quale  assegnarono  legatiAlfonso  Valen- 
ti e  Lucrezia  Lucarini.ll  Barlolini  osserva, 
che  negli  arabeschi  die  adornano  il  fon- 
do de' pilastri  esterni  della  cappello  della 
Pietà,  si  trovano  i  segni  della  scuola  Raf- 
faellesca e  non  della  Perugina, secondo  al- 
cuni; eil  anche  le  ligure  dipinte  a  fresco 
nella  lunetta  superiore  le  trovano  di  sti- 
le più  moderno,  e  nel  lutto  insieme  più 
probabile  per  qualcuno  de'non  migliori 
successori  di  Raffaele,  che  di  Pietro.  De- 
gli altri  poi  opinano  diversamente,  soste- 
nendo che  anco  Pietro  Perugino  dipin- 
geva gli  ornati  in  quella  forma,  e  che  il 
gran  Raffaele  da  questo  suo  maestro  ne 
apprese  i  disegui,. e  non  nelle  Terme  di 
77/7o  (/^.),  come  il  volgo  presumeva.  Pro- 
testando il  Barlolioi  di  non  essere  in  gra- 
do da  poter  sciogliere  sì  ardui  dubbi,  e 
lasciando  stare  il  quadro  di  provenienza 
pontificia  dove  sta  ,  senza  pretendere  di 
decidere  se  sia  veramente  di  fra  Sebastia. 
no  del  Piombo,  come  si  è  sempre  e*ge- 
neralmente  creduto  ,  ovvero  di  qualche 
suo  bravo  allievo;  conclude,  che  le  pittu- 
re al  muro  ebbero  onninamente  vita  pri- 
ma del  i  54  1 ,  poiché  in  quell'anno  finì  di 
vivereil  prelato  Valenti, e  perciò  più  pro- 
babile della  scuola  di  Raffaele  che  del  Pe- 
rugino; tanto  più  che  nel  mezzodella  cap- 
pella vi  è  dipinto  lo  stemma  di  Clemen- 
te VII,  il  che  concorre  a  far  crederle  ese- 
guite nel  suo  pontificalo.  Le  figure  dipin- 
te consistono  in  due  Sibille  maestosamen- 
te assise  nelle  pareti  laterali  della  volta, 
ed  in  un  quadro  che  abbraccia  tutto  il 
fondo  della  cappella  dall'impostatura  dei- 


TRE  U 

la  volta  in  su,  nel  quale  viene  espressa  la 
Resurrezione  del  Signore  co' custodi  del 
sepolcro  esterrefatti,  con  pensiero  eguale 
a  quello  lodato  esistente  in  s.  Pietro  di 
Perugia,  opera  d'Orazio  Alfani,  uno  dei 
buoni  alunni  di  Pietro;  laonde  sembra  in 
clinare,  che  mg.1  Valenti  facesse  esegui- 
re le  pitture  da  uno  scolare  del  Perugino, 
invitando  però  gl'intendenti  a  giudicar- 
ne e  quindi  attribuirle  a  chi  spettano  ve- 
racemente. Rimpetto  all'altare  del  Pre- 
sepio trovasi  l'  altare  di  s.  Caterina  ver- 
gine e  martire,  il  cui  quadro  rinnovò  il 
ravennate  p.  d.  Matteo  Nabruzzi  che  per 
più  anni  governò  la  canonica  di  Trevi. 
L'ornato  però  dell'altare  e  con  dotazio- 
ne di  qualche  legato,  già  l'avea  fatto  Lu- 
crezia Valenti-Gemma.  Nelle  pareli  late- 
rali della  cappella  sono  dipinte  in  tela  le 
ss.  Cecilia  e  Caterina,  che  il  Bartolini  con 
alcuni  bravi  periti  crede  dello  Spagna  e 
perciò  sue  opere  rarissime,  perchè  poche 
sue  pitture  ili  tela  si  trovano.  Aggiunge 
che  molti  di  que'quadretti  o  tabelle  vo- 
tive, offerti  in  volo  a  s.  Maria  delle  La- 
grime nel  fine  del  secolo  XV  e  negli  e- 
sordi  del  XVI,  da'divoti  che  impetraro- 
no o  riceverono  le  sue  grazie,  invece  del- 
l'odierne lastre  di  argeuto,copie  delle  qua- 
li per  la  loro  eleganza  andarono  ad  ab- 
bellire le  gallerie  di  Frauda  e  di  Germa- 
nia, perchè  i  pittori  viaggiatori  credero- 
no di  aver  copiato  pitture  del  Perugino 
e  dello  Spagna,  odi  altri  di  quella  cele- 
bre scuola;  gli  originali  esistendo  ancora 
nel  coro  di  questa  chiesa,  ina  mal  con- 
servati. Questi  sono  circa  1 00,  tutti  iu  ta- 
vola, però  non  tutti  dipinti  a  olio,  esseu- 
dovene  alcuni  fatti  a  guazzo,  altri  deli- 
neali anche  a  penna  sulle  carte  alle  tavo- 
lette applicate.  Contengono  tutti  la  ss.  Im- 
magine della  Madonna  delle  Lagrime,  e  i 
ritratti  de'divoti  che  li  presentarono.  Fra 
i  voti  dipinti  a  olio  sembra  d'ottima  ma- 
no il  voto  di  Corali  to  da  Norcia,  con  iscri- 
zione interessante  la  medicina  e  la  mo- 
rale. Fra  quelli  dipinti  ad  acquarella  più 
stupendo  de'compàgni  pare  quello  rap- 


56  TRE 

presentante  in  alto  la  B.  Vergine  delle  La- 
grime, con  due  belle  giovani  prostrate  con 
macchie  della  patita  peste  bubonica,  con 
versi  die  dichiarano  la  liberazioue  dal 
morbo.  Termina  il  p.  Giorgetli  la  descri- 
zione elei  tempio  e  celebre  santuario  di 
s.  Maria  delle  Lagrime,  con  riferire  che 
lo  nobilitano  7  ben  intesi  e  vaghi  depo- 
siti dell'  illustre  famiglia  Valenti,  tanto 
benemerita  della  chiesa  e  della  canonica, 
riportandone  le  iscrizioni  sepolcrali  e  no- 
tando quelli  decorati  da  busti  in  marmo, 
il  più  ricco  e  bello  essendo  quello  del  car- 
dinal Erminio  posto  nella  cappella  della 
ss.  Immagine.  Alla  restaurazione  del  tem- 
pio nel  1  733  concorse  Clemente  XII,  ad 
istanza  di  mg.r  Lodovico  Valenti  poi  car- 
dinale. Nell'antica  canonica  il  1. "settem- 
bre 1 855  passarono  a  stabilirsi  i  Reden- 
lorisli  o  Li  gito  ri  ni  (?'•)  di  Spoleto.  A 
tale  articolo  narrai  che  ve  V  introdusse 
Leone  XII,  affidando  la  loro  chiesa  e  par- 
rocchia di  s.  Ansano,  sebbene  per  istitu- 
to non  ponno  amministrare  cure  parroc- 
chiali. Neil 855  il  municipio  di  Trevi  a- 
■vendo  loro  offerto  il  tempio  di  s.  Maria 
delle  Lagrime,  la  cui  divozione  e  straor- 
dinario concorso  del  popolo  è  sempre  e- 
dificante,  la  casa  annessa,  la  cappellania 
della  medesima,  il  suo  recinto,  non  che 
la  chiesa  e  beni  della  Madonna  di  s.  Ar- 
cangelo, i  redenloristi  per  esonerarsi  dal- 
la cura  d'anime  che  tenevano  a  Spoleto, 
tutto  accettarono  mediante  autorizzazio- 
ne e  scioglimento  dal  vincolo,  del  breve 
apostolico  Exponendian  curavìt, emana- 
to dal  regnante  Pio  IX  a'  12  giugno  1 855; 
e  quindi  il  1  ."del  seguente  settembre  i  re- 
dentoristi  presero  formale  e  solenne  pos- 
sessodel  santoni  io, casa  e  sue  appartenen- 
ze, coll'intervento  della  magistratura  co- 
munale. Siccome  la  benemerita  congre- 
gatone del  ss.  Redentore,  fondata  da  s. 
Alfonso  de  Liguori  ,  dopoché  pubblicai 
quell'articolo,  ha  ricevuto  maggior  lustro, 
profìcuo  ordinamento  e  incremento,  tro- 
vo opportuno  di  qui  narrarlo  in  breve  e 
così  completarlo  sino  a  oggi.  La  congrc- 


TRE 
gazione  istituita  nel  regno  di  Napoli  da  s. 
Alfonso  nel  1732  e  approvata  nel  1749 
da  Benedetto  XIV,  venne  quindi  gover- 
nala da  un  rettore  maggiore  residente  in 
detto  regno  sino  ali 853.  Se  si  prendono 
nd  esame  gli  atti  della  s.  Sede  e  il  pen- 
siero del, santo  fondatore  dei  liguorini, 
chiaro  apparisce  essere  disegno  della  di- 
vina Provvidenza  stabilire  il  centrale  go- 
verno dell'istituto  in  Roma,  ove  tutti  gli 
ordini  regolari  convengono  quasi  al  fonte 
perenne  di  unità,  per  attingervi  indivisa- 
mente il  bene  e  la  stabilità  necessaria  ad 
ogni  cattolica  istituzione  religiosa;  cosa 
tanto  desiderala  da  s.  Alfonso  ,  il  quale 
nella  sua  lettera  de'3o  maggio  1776  di- 
chiarò: Se  la  mia  congregazione  non  si 
stabilisce  fuori  del  regno  ili  Napoli,  non 
sarà  mai  congregazione.  Laonde  Pio  VI 
con  bolla  del  1  780  creò  un  superiore  ge- 
nerale dell'ordine,  con  residenza  in  lio- 
roa,  ove  rimase  sino  al  1793.  In  quell'e- 
poca fu  nuovamente  celebrato  nel  regno 
di  Napoli  il  capitolo  generale  per  l'elezio- 
ne del  novello  rettore  maggiore,  che  pe- 
rò non  tornò  a  risiedere  in  boma.  In  se- 
guito di  che  vi  fu  sempre  \\n  vicario  ge- 
nerale per  le  provincie  transalpine,  però 
dipendente  dal  rettore  maggiore  di  Na- 
poli. Poco  prima  e  vivente  ancora  s.  Al- 
fonso, nel  sapere  che  ripartivano  pel  set- 
tentrione i  due  primi  transalpini  recati- 
si in  Roma  ad  ascriversi  alla  sua  congre- 
gazione ,  ne  fu  tanto  lieto  che  esclamò  : 
Non  mancherà  Dio  dal  propagare  per 
mezzo  di  questi  la  sua  gloria  iti  quelle  re- 
gioni. Questa  predizione  si  velifici)  piena- 
mente, imperocché  nel  giro  di  pochi  an- 
ni la  congrega/ione  del  ss.  Redentore  ven- 
ne meravigliosamente  diffusa  e  propaga- 
la, per  mezzo  de'suoi  vicari  generali, nel- 
la massima  parte  degli  stali  d'  Europe  e 
persino  in  America.  Per  mirabile  dispo- 
sizione della  divina  Provvidenza  avveu- 
ncil  dilatamento  dell'istituto,  adonta  del- 
le persecuzioni  ch'esso  di  mano  in  mano 
pativa,  come  essere  espulso  du  Fi'Biicin, 
Russia,  Polonia,  Germania,  Portogallo  e 


TRE 
Svizzero;  giacché  ia  possente  mono  di  Dio 
in  breve  lo  ricondusse  nella  più  parte  di 
tali  regioni,  cou  vantaggio  immenso  dei 
fedeli,  alla  cui  spirituale  cura  e  con  lode- 
vole zelo  si  consagrarono  i  degni  figli  di 
s.  Alfonso.  Gregorio  XVI, che  canonizzò 
solennemente  il  santo  fondatore  ,  stabi- 
lendo nel  i  84  !  »  secondo  la  di  lui  mente, 
in  tutta  la  congregazione  le  provincie  coi 
superiori  provinciali;  e  il  successore  Pio 
IX,  neh85o  regolando  nella  congrega- 
zione altri   rilevantissimi  affari,  aperta- 
mente dimostrarono  di  voler  (issare  in 
Roma  il  capo  supremo  della  medesima, 
se  uon  che  per  allora  circostanze  partico- 
lari l'impedirono.  Finalmente,  conside- 
rando il  Papa  Pio  IX  che  colla  unione  del- 
le case  esistenti  nell'alta  Italia  e  della  pro- 
vincia romana   alla  congregazione  tran- 
salpina, si  otteneva  che  tutte  le  provincie 
bell'istituto  sparse  nell'orbe  cattolico  ve- 
nivano rette  dal  vicario  generale,  tranne 
le  case  poste  nel  regno  delle  due  Sicilie, 
a'6  settembre  1 853  decretò,  che  le  case 
di  tale  reame  conserverebbero  il  loro  ret- 
tore maggiore,  ma  che  desso  non  più  a- 
vrehbe  alcuna  giurisdizione  e  autorità  sul- 
le altre  case  della  congregazione  Liguo- 
rina.  Di  conseguenza,  volendo  il  Ponte- 
fice con  paterna  cura  e  sollecitudine  prov- 
vedere al  bene  dell'intero  corpo,  cambiò 
il  vicario  generale  nel  superiore  generale 
residente  in  Roma,  e  l'8  ottobre  dello 
stesso  1 853  ordinò,  i  .°Che  una  casa  della 
congregazione  transalpina  del  ss.  Pieden- 
tore  fosse  stabilita  in  Roma.  2.°  Che  il  su- 
periore generale  della  medesima  avesse  a 
risiedere  nella  metropoli  del  caltolicismo. 
3.°  Che  il  capitolo  generale  si  avesse  a  te- 
nere nella  slessa  città.  La  congregazione 
del  ss.  Redentore  possedeva  già  in  Ro- 
ma la  chiesa  di  s.  Maria  in  Monteroni  con 
annesso  convento,  che  descrissi  in  quel- 
l'articolo; ma  l'ima  e  l'altro  riuscendo 
dopo   tali   pontifìcie  disposizioni  troppo 
angusti,  la  congregazione  in  ubbidienza 
a'volei  i  del  Papa,  per  scudi  4<>,ooo  acqui- 
no il  Palazzo  Gattoni  o  Cattaui  o  Ca- 


T  R  E  57 

serta  [V.)  colla  villa  ,  posti  sull'  amena 
sommità  del  celebre Mò/ite Esquilìno,  tra 
lai. ''chiesa  del  mondo  e  la  maggiore  ba- 
silica sagra  alla  Madre  di  Dio;  il  palazzo 
mutando  in  casa  generalizia  colla  spesa  di 
circa  8ooo  scudi,  e  dando  eziandio  pron- 
ta opera  all' edificazioue  dell'adiacente 
chiesa  dedicata  al  ss.  Redentore,  ed  in  o- 
n ore  di  s.  Alfonso  de  Liguori.  In  questo 
luogo  i  liguori  ni   nel  maggio  1 855  ten- 
nero il  i. "capitolo  generale  di  Roma, e  vi 
elessero  il  superiore  generale  r.'no  p,  j\jj_ 
colò  Mauron,  i  r.mi  pp.  consultori,  ed  il 
r.mo  p.  Brixio  Queloz  in  procuratore  ge- 
nerale, tutti  ad  vilamì  il  che  celebròan- 
co  la  Civiltà  cattolica  a  p.  58  i  del  t.  i 
della  3/  serie.  Così  e  mercè  dell'  essersi 
stabilito  nell'alma  ed  eterna  Roma  il  capo 
della  congregazione,  e  mei  ce  della  fonda- 
zione d'un  noviziato  romano,  già  in  pie- 
no vigore  nel  novello  convento  Esquili- 
no,  e  posto  alla  benefica  ombra  della  s. 
Sede,  uon  è  dubbio  che  i  pp.  redentoristi 
avranno  abbondanza  di  evangelici  operai, 
ispirati  dal  glorioso  Sepolcro  de'Princi- 
pi  degli  Apostoli,  per  quelle  altre  fonda- 
zioni, che  sì  ne'dominii  temporali  ponti- 
fìcii, e  sì  negli  stati  italiani  istantemente 
vengono  richieste.  Le  provincie  della  con- 
gregazione sono:  la  Romana,  la  Gallica, 
l'Austriaca,  la  Belgica,  l'Americana,  l'O- 
landese e  Inglese,  e  le  case  de'regni  di  Na- 
poli e  di  Sicilia  dovrebbero  formare  due 
altre  provincie,  secondo  il  decretato  nel 
1 84-  •  da  Gregorio  XVI.  Il  superiore  del- 
le provincie  di  dette  due  Sicilie  chiama- 
si rettore  maggiore,  mentre  quello  di  tut- 
ta la  congregazione  s'intitola  superiorege- 
nerale  e  rettore  maggiore,  residente  nel- 
la casa  Esquilina,  la  quale  appartiene  al- 
la congregazione  medesima, in  uno  a  quel- 
la e  colla  chiesa  di  s.  Maria  in  Montero- 
ni, residenza  del  procuratore  generale  del- 
la stessa  congregazione;  di  più  in  essa  vi 
dimora  il  procuratore  delle  case  delledue 
Sicilie.  A  voler  poi  far  cenno  della  deco- 
rosa chiesa  Esquilina  in  costruzione  assai 
avanzata,  e  congiunta  al  uuovo  couveu- 


58  TRE 

(o,  la  quale  precisa  mente  sorge  nellospa- 
zio  che  resta  a  sinistra  di  chi  passato  il 
muro  di  cinta  vada  verso  la  casa  religio- 
sa, già  palazzo  de'Caetani,  dirò  solamen- 
te, che  ne  <liè  i  disegni  l' inglese  Giorgio 
Wagley,  di  gusto  semi-gotico  ,  per  quei 
motivi  che  notai  a  Tempio,  e  al  suo  com- 
pimento non  lontano,  dicesi  che  sarà  co- 
stato 1'edifizio,  co'suoi  accessorii,  decora- 
zioni e  suppellettili,  quasi  5o,ooo  scudi. 
La  fabbrica  è  già  per  intero  murata,  on- 
de se  ne  può  con  precisione  indicare  le 
precipue  parti.  Vi  si  giunge  per  una  gra- 
dinata, ed  il  prospetto  esterno  ha  quel- 
l'eleganza che  si  addice  alla  maniera  ogi^ 
vale  prescelta,  avendo  una  sola  porta  nel 
suo  mezzo.  Nell'interno  la  chiesa  è  lun- 
ga palmi  200  e  larga  80  ,  con  una  sola 
navata  e  avente  lateralmente  6  cappelle 
sfondale  per  parte,   le  cui  pareti  supe- 
riori avranno  pitture  a  fresco  esprimen- 
ti i  principali  fatti  della  feconda  vita  di 
s.  Alfonso.  Negli  altari  invece  di  quadri 
vi  saranno  sculture  marmoree,  e  di  già 
furono  allogate  quelle  rappresentanti  la 
Immacolata  Concezione  di  Maria  Ver- 
gine, il  suo  sposo  s.  Giuseppe,  s.  Alfonso 
de  Liguori,  s.  Teresa,  s.  Francesco  d'A- 
sisi,  la  sacra  Famiglia,  ec.  Riceve  lume 
da  4°  finestre  a  sesto  acuto,  con  vetria- 
te  dipinte,  disposte  in  due  ordini  tan- 
to nella  nave  che  nell'apode,  la  quale  è 
terminata  da  un  calino,  a  imitazione  del- 
l'altre chiese  di  Roma,  e  nel  quale  sarà 
dipinto  a  fresco  il  Salvatore  a  imitazione 
delle  romane  basiliche.  L'altare  maggio- 
re è  isolalo  iti  fondo  alla  nave:  à'stioi  la- 
li  sonoduecoreltijenell'emicielo  dell'apsi- 
de  trovasi  il  coro  cogli  stalli  pe'religiosi. 
Dalla  chiesa,  traversando  la  sagrestia,  si 
passa  nel  convento. 

Dal  descritto  santuario,  lo  sguardo  si 
estende  nella  sottoposta  fiureulissima  pia- 
nura, attraversala  dalla  via  Flaminia,  e 
presso  la  stazione  postale  delle  Vene,  nel- 
la comune  di  Campi-Ilo  (come  nel  parlar- 
ne rilevai  nel  voi.  LX.IX,  p.  23),  scatu- 
riste il  copioso  fonte  fracassi,  oud'ò  fui» 


T  II  E 

unito  il  Clituuno,  che  si  getta  poi  nel  To- 
pino, e  vi  sorge  un  antichissimo  tempiet- 
to consagrato  al  fiume  istesso,  cui  i  pa- 
gani prestarono  culto,  e  del  quale  parlai 
nel  citato  voi.  LXIX  ,  p.  63,  convertito 
quindi  al  culto  cristiano,  e  poscia  in  par- 
te diroccato  dal  lucchese  fr.  Paolo  romi- 
to di  Monte  Luco,  custode  della  chiesa  e 
del  benefizio  in  essa  fondato,  verso  ili  y3o 
vendendo  il  cornicione  in  parte  caduto  pel 
terremoto,  e  le  colonne  che  a  Spoleto  or- 
nano l'altare  di  s.  Filippo,  il  che  rilevai  a 
p.  57,  parlando  di  sua  chiesa.  Da  chi  fu 
impedito  continuasse  il  frate  le  fatali  de- 
molizioni, lo  dirò  celebrando  gì'  illustri 
trevaui.  L'  encomiato  trevano   Bartolini 
scrisse  un  erudito  articolo  sul  Clitunno, 
del  quale  vado  a  farne  cenno,  e  intitola- 
lo: Il  Clitunno  fiume  dell'Umbria.  Pic- 
ciolo d'onde  e  di  valor  gigante,  fu  det- 
to up  altro  italico  fiume  dal  principe  del 
Parnaso  italiano  del  nostro  secolo,  e  sem- 
bra per  giuste  ragioni,  ed  altrettanto  po- 
tersi ripetere  del  Clitunno  pe'rari  suoi  at- 
tribuii e  come  celebralo  per  la  chiarez- 
za e  freschezza  di  sue  acque,  e  per  la  lo- 
ro qualità  dealbante  a  segno  che  bianchi 
come  neve  trasforma  i  bovi  di  pelo  anche 
nerissimo  che  per  un  anno  circa  ne  beva- 
no. Questa  non  è  una  fola  di  Virgilio,  di 
Plinio  e  di  altri  antichi  scrittori,  ma  un 
fatto  confermato  dall'esperienza   conti- 
nuata, e  riconosciuta  a'  nostri  giorni  dal 
prof.  Monchini  nella  bella  analisi  chimi- 
ca delle  celebri  acque  di  Nocera.  Il  corto- 
ne»e  ab.  Ridolfiuo  Venuti,  Osservazio- 
ni sopra  il  filane  Clitunno,  detto  in  og- 
gi  le  Pene,  situato  tra  Spoleto  e  Foli- 
gno ,  del  suo  cullo  e  antichissimo  tem- 
pio, e  dello  stato  suo  pi-esente,  ec,  Ro- 
ma 1  753,  provò  con  illustrazioni  storico- 
archeologiche,  essere  etrusca  l'origine  del 
suo  nome,  per  cui  tal  sua  denominazione 
risale  per  lo  meno  all'epoca  delle  conquiste 
fatte  dagli  etruschi  sopra  gli  umbri,  cioè 
a  dire  3oo  anni  circa  prima  della  fonda- 
zione di  Roma.  Non  risulta  per  altro  ab- 
bastanza se  di  costruzione  etnisca  fosse  ve* 


T  R  E 
ramenle  l'antichissimo  e  restaurato  gua- 
sto tempio,  che  si  vede  ancora  poco  ni  di 
qua  della  sua  sorgente,  ove  per  più  seco- 
li risposero  quegli  oracoli  ,  che  secondo 
Fontanelle  e  per  testimonianza  di  Plinio 
il  Giovane,  si  ostinarono  anche  dopo  la 
venuta  del  Salvatore  ad  ijludere  i  popo- 
li di  questa  regione.  Il  Bowirium de'ro* 
mani,  ove  si  serbavano  le  mandredi  bo- 
vi per  farne  ecatombe  a  Giove,  dopoché 
da  quelle  acque  era  stalo  imbiancato  il 
loro  pelo,  stava  appunto  dove  ne'tempi 
bai  bari  sorse  l'abbazia  de'  monaci  di  s. 
Pietro, ove  oggi  è  la  villa  Bovara,  sempre 
compresa  nel  distretto  comunale  di  Tre- 
vi ,  ed  abitata  da  circa  5oo  coltivatori. 
Nasce  il  Clitunno  nella  suddetta  comune 
di  Campetto  e  percorre  quindi  tuttoil  ter- 
ritorio di  Trevi,  della  qua]  città  bagna- 
va le  mura,  e  fino  al  secolo  passato  ap- 
parteneva al  territorio  medesimo  prima 
die  fosse  rotabilmente  ristretto,  Cambia 
il  suo  nome  con  quellodi  Timia  o  Tenia 
nel  territorio  di  Foligno,  ed  unito  poi  ad 
altri  corsi  si  scarica  nel  Tevere.  Antica- 
mente il  Clitunno  era  navigabile,  come 
a'tempi  dell'imperatore  Caligola  diesi  re- 
eòa  visitarlo/cessando  d'esserlo  per  l'ab- 
bassamento di  sue  acque  ,  derivato  ila 
Quella  lunga  serie  di  terremoti  che  minac- 
ciarono di  subbissare  il  globo  terracqueo 
nel  446  di  nostra  era,  i  quali  o  ne  sollb- 
carono  la  sorgente  o  per  sempre  l'impic- 
ciolirono ,  senza  però  alterare  la  virtù 
dealbante  o  imbiancatrice  di  sue  acque, 
e  senza  attenuare  le  sue  storiche  e  mito- 
logiche rimembranze,  imperocché  die  il 
nome  al  dipartimento  di  cui  Spoleto  fu 
capoluogoall'epocadel  governo  repubbli- 
cano del  1798.  Anche  al  presente  quella 
stessa  contrada  con  tanta  eleganza  descrit- 
ta da  Properzio  e  da  altri  poeti  e  pro- 
satori, la  sorgente  del  Clitunno,  il  suo  an- 
tichissimo tempio,  tuttora  chiesa  con  be- 
neficio semplice,  sono  continua  cagione 
di  fermata  per  tutti  i  viaggiatori  dotti  e 
illustri  che  vi  sono  di  passaggio.  E  cosi  gli 
abitanti  di  Trevi  e  le  vicinanze  vedono 


TUE  59 

anche  oggidì  in  qualche  modo  venerati 
que'luoghi,  celebri  per  gl'imperituri  fasti 
romani,  ed  ove  per  troppa  venerazione  i 
lontani  loroautori  restavano  illusi  da'bu- 
giardi  oracoli  della  pagana  superstiziosa 
credulità.  I  luoghi  soggetti  al  governo  di 
Trevi,  comprese  lecomuni  di  Monte  San- 
to e  Sellano,  li  notai  nel  voi.  LXIX,  p. 
29:  tutti  i  loro  abitanti,  in  uno  a  que'di 
Trevi  e  del  suo  Borgo,  ascendono  a  qua- 
si 6000.  Sono  ricchi  i  settimanali  merca- 
ti di  Trevi,  come  le  molte  annuali  sue  fie- 
re, ferace  essendone  il  territorio,  situato 
in  colle  e  aria  buona,  ed  in  clima  tempe- 
rato. Abbondanti  sono  le  acque  in  modo, 
che  fino  dal  1 760  fi  istituita  in  Trevi  una 
prefettura  municipale  che  presiede  a'suoi 
11  pubblici  canali. [fa  pure  mulini  da  gra- 
no e  da  olio  sul  Clitunno,  ove  ponno  agire 
f)  macine,oItre3o  da  olio  nella  città  e  tei  ri- 
torio,mosse  da  forza  animale.Ora  si  sta  co- 
struendo una  nuova  strada  adagialissima, 
e  magnifica  per  la  vista  che  presenta  della 
sottoposta  e  celebre  valle  Umbra.  Del  mu- 
seo e  delle  antichità  riunite  nella  casa  Va- 
lenti vado  a  parlare,  dicendo  degli  uomini 
più  illustri  della  città, col  libra  intitolato: 
Le  antichità  talentine, dialoghi  due  di 
Francesco  Alighieri  e  Sanie  Ponzio, 
nuovamente  pubblica  ti  e  di  preliminare 
illustrazione  muniti  da  Clemente  Bar- 
tolini  patrizio  di  Trevi,  Perugia  1828. 
Attesta  Calindri,  nel  Saggio  statistico- 
storico  del  Pontificio  stato,  che  nel  ter- 
ritorio sono  le  vestigia  dell'antica  città, 
eche  vi  si  scavano  lapidi,  medaglieefran- 
tumi  di  vetusti  monumenti,  essendovi 
pure  un  tempio  cristiano  ili  antica  d  ita, 
forse  quello  già  di  Clitunno.  Trevi  ebbe 
sempre  un  cardinal  protettore,  e  1'  ulti- 
mo fu  il  cardinal  Giovanni  Serafini  mor- 
to nel  1 855. Degli  illustri  trevani  per  san- 
tità di  vita,  per  dignità,  per  dottrina  e 
per  valore  militare,  tratta  ancora  il  Gior- 
gelti,  e  di  lui  pure  mi  gioverò,  dicendo 
che  Trevi  sempre  vantò  illustri  e  nobili 
fatniglietlecoratedi  titoli  onorifici, di  no- 
biltà generosa,  già  signore  di  feudi,  ed 


60  TRE 

alcune  insignite  degli  ordini  equestri,  in- 
clusivaniente  a  quelli  di  Malta,  de'  ss. 
Maurizio  e  Lazzaro,  della  Milizia  di  Ge- 
sù Cristo,  e  degli  ordini  pontifìcii.  Nel  ri- 
cordalo libro  si  tratta  delle  primarie  an- 
tiche famiglie  che  fiorirono  o  tuttora  sus- 
sistono in  Trevi,  e  dalle  quali  uscirono 
diversi  celebri  personaggi,  come  la  Pe- 
troni,  la  Veri,  la  Palazzi,  la  Ponzia  cosi 
delta  come  originaria  di  Ponze  (villag- 
gio che  sempre  ha  fallo  parie  del  con- 
tado di  Trevi)  e  dalla  quale  derivarono 
la  Valenlini  e  la  Bartolini;  la  Nalalucci, 
la  Locarmi,  l'Ui  igo  o  Origo  originata  in 
Trevi  donde  passò  a  Roma,  e  principal- 
mente la  Valenti,  divisa  in  diversi  rami, 
che  tanti  diritti  ha  alla  patria  riconoscen- 
za e  tanto  decoro  fece  ad  essa  pel  copioso 
novero  de'suoi  illustri  che  in  ogni  epoca 
luminosamente  fiorirono,  per  aver  con- 
tribuito ad  estinguervi  la  fazione  ghibel- 
lina, che  funestò  anche  Trevi  per  l'av- 
versione -a  guelfi,  fedeli  e  divoti  a'  Papi, 
onde  su  solide  basi  potè  stabilirvi  la  vera 
pace,  per  cui  vieppiù  ebbe  incremento  la 
loro  fortuna  e  splendore,  sempre  affezio- 
nata alla  corte  romana,  che  ognora  sep- 
pe servire  lealmente  e  con  zelo.  In  com- 
pagnia del  vescovo  s.  Emiliano  nella  per- 
secuzione di  Massimiano  moltissimi  tre- 
vani  dierono  la  vita  per  Gesù  Cristo  ; 
martiri  egualmente  furono  i  ss.  fratelli 
Vincenzo  vescovo  di  Bevagna  e  Benigno 
diacono;  trevani  sono  s.  Costanzo  protet- 
tore di  Perugia,  decapi  tato  poco  lungi  da 
Trevi,  dove  esiste  ancora  un' antichissi- 
ma chiesa,  ma  abbandonata;  s.  Concor- 
dio  martire,  seppellito  presso  Trevi, cosi 
i  ss.  Dionisio,  Ermippo  e  Italiano  mar- 
tiri ;  il  b.  Tommaso  da  Napoli  eremita 
dell'istituto  di  s.  Celestino  V;  il  b.  Ciac- 
caro  o  Zaccaro;  il  b.  Ventura  eremita;  i 
venerabili  fr.  Bernardino  e  fr.  Gregorio 
cappuccini;  i  venerabili  fr.  Mario  e  fr.  O- 
nofrio  minori  osservanti  riformati,  ed  il 
2.°  morto  in  8.  Martino;  il  ven.  Teobal- 
do. Vanta  Scardinali,  cioè  Paolo  Lam- 
bardi,  che  però  noti  trovo  con  questo  co- 


T  R  E 

gnome  ne'biografi  de' cardinali,  e  siccome 
i  trevani  lo  dicono creatoda Celestino  ili 
e  del  titolo  di  s.  Anastasia,  feci  apposite 
ricerche  e  trovai  che  quel  Papa  non  con- 
ferì tale  titolo.  Il  Cappello,  che  scrisse  le 
Brevi  notizie  dellaehiesa  di  s.  Ano  sta  - 
sia, comincia  la  serie  de* titolari  dal  i4^9- 
lo  non  pretendo  di  togliere  aTrevi  un  car- 
dinale, solo  giustificarmi  perchè  non  ne 
feci  la  biografia. Pretendesi  ancora  treva- 
no  il  cardinal  Alessandro  Oliva,  ma  nel- 
la biografia  lodissi'di  Sassoferrato,  così 
in  quell'articolo.  Sono  cardinali  Irevani 
e  celebri,  Erminio  Valenti;  Lodovico 
Valenti  (di  questo  cognome  e  mantova- 
ni abbiamo  i  cardinali  Silvio  e  Luigi  Va- 
lenti- Gonzaga) y  Curzio  Origoj  cui  bio- 
grafi lo  dicono  patrizio  romano,  belivi  co- 
me notai  di  famiglia  antica  di  Trevi,  a- 
vemlo  il  Bartolini  fallo  pure  onorevole 
menzione  del  marchese  Giuseppe  che  si 
distinse  qual  colonnello,direttore  coman- 
dante de' Pompieri  (V.),  del  qual  corpo 
fu  benemerito,  e  di  Roma  anche  per  aver 
impedito  che  sotlo  il  governo  francese  si 
trasportasse  la  famosa  statua  del  Trito- 
ne di  Piazza  Barberini.  Molti  vescovi  e 
prelati  furono  trevani,  come  Romolo  Va- 
lenti dopo  distinte  magistrature  vescovo 
di  Conversano,  intervenuto  al  concilio  di 
Trento,  e  che  ricevè  onorifica  tomba  in  s. 
Maria  delleLagrime.Fr.Reginaldo  Luca- 
rioi  domenicano,  maestro  del  s.  palaz- 
zo, vescovo  di  Città  della  Pieve.  Seba- 
stiano Valenti  vescovo  di  Terni.  Il  pre- 
lato Marcello  Lombardi.  Il  prelato  Ales- 
sandro Gentili.  Monte  Valeuti,di  cui  mol- 
ti sono  i  fasti,  qual  preside  di  Romagoi 
e  di  Ravenna,  governatore  di  Perugia  e 
dell'Umbria,  governatore  di  Roma  per 
s.  Pio  V  e  Gregorio  XI 11,  indi  governa- 
tore di  Bologna,  a  cui  il  degno  figlio  Al- 
fonso eresse  una  superba  tomba  con  di- 
stinto epitaffio  nella  chiesa  delle  Lagri- 
me. Alessandro  Valenti  pi'otonotario  a- 
poslolico  e  conte  palatino,  a  cui  s.  Pio  V 
confermò  a  lui  ed  a' discendenti  rinve- 
stitura della  contea  di  R-ivo  Socco,  che  a' 


T  R  E 

suoi  maggiori  era  stala  concessa  da  Giu- 
lio III  e  Fio  IV.  Il  celebratissimo  Bene- 
dello  Valenti  dotto  giureconsulto,  pre- 
letto  della  camera  apostolica  e  avvocato 
lìscale  della  medesima,  caro  a  Clemente 
VII  e  Paolo  111,  ed  all'imperatore  Carlo 
V,  alla  cui  coronazione  assistè^  fu  aggre- 
galo co'discendenli  al  patriziato  di  Spo- 
leto e  alla  nobiltà  di  Perugia,  oltre  l'es- 
serlo già  la  famiglia  di  quella  di  Todi.  Di- 
stinse il  sommo  merito  di  questo  illustre 
trevano,  il  suo  buon  gusto  verso  le  scien- 
ze e  belle  arti,  ed  il  favore  e  protezione 
largamente  spiegati  per  incoraggiarne  i 
cultori.  Di  questo  suo  principalissimo  me- 
rito uè  fanno  fede,  mg.'  Magalotti, già  go- 
vernatore di  Roma,  nel  suo  trattato  De 
sal\'o:conductoa  lui  dedicato,  nonché  gli 
scrittori  de'  dialoghi  ristampati  dal  Bar- 
lolini  nell'Antichità  Fralentineide'sum- 
mentovati  Alighieri  e  Ponzio.  11  fiscale 
Aralenti  raccolse  nel  suo  palazzo  di  Trevi 
un  vistoso  numero  di  lapidi,  busti  e  altri 
marmi,  co'quali  formò  una  specie  di  mu- 
seo; onde  ilTiraboschi,  nella  Storia  del- 
la letteratura  italiana,  lo  celebrò  per 
uno  de'primi,che  ad  opera  tanto  utile  al- 
la storia  ed  alle  belle  arti  si  cimentasse,  e 
ne  riscosse  incancellabile  fama.  Per  com- 
pletar poi  l'opera  intrapresa,  permise  che 
la  sua  galleria  fosse  illustrata  dalle  peri- 
te penne  di  Francesco  Alighieri,  nipote 
del  gran  padredi  nostra  lingua, edi  Sante 
Ponzio  trevano,  impegni  che  essi  esegui- 
rono con  pubblicare  neh  537  m  R°ma  : 
l' A idi qui tate s  V  aleuti nae  archeologica 
dìssertatio  Fr.  Aligeri  Dantis  IlIJilii: 
Primus  Dialogus  deAidiquitatibus  P  a- 
lentiiiis  :  Secundus  Dialogus  de  Anti- 
quitatibus  Valcnlinis.ll Alighieri  veden- 
do che  il  museo  formato  da  Benedetto  re- 
clamava un'illustrazione,  vi  si  accinse  ed 
ebbe  a  collaboratore  il  Ponzio.  Interpre- 
tò quindi  tutte  le  lapidi  romane  e  l'epi- 
grafi mortuarie,  lavoro  che  costituisce  la 
i. 'parte  deh  .'opuscolo  ;  coadiuvato  poi 
dal  Ponzio,  procederono  insieme  all'illu- 
stiazioue  de'busti,  leste  e  altri  marmi,  di 


TRE  61 

cui  era  ricco  quel  museo,  e  questo  i.°  la- 
voro forma  la  3.* parte  dell'opuscolo. Di- 
poi il  prelato  Valenti,  avendo  da  Roma 
portato  al  suo  museo  un  altro  assortimen- 
to di  marmi,  formarono  l'oggetto  del  l.Q 
dialogo.  Questi  eruditi  opuscoli  divelluti 
rari,  il  trevano  Cartolili!  volle  riprodurci, 
ed  in  essi  sono  le  iscrizioni  raccolte  nel 
museo  Valenti,  tuttora  esistente  nel  pa- 
lazzo omonimo,  eseguendolo  con  prelimi- 
nari eruditi  e  importanti  patrie  illustra- 
zioni, nell'  epilogo  storico  di  mg.r  Bene- 
detto Valenti  e  sua  agnazione,  e  colle  Me- 
morie  di  Francesco  Alighieri  figlio  di 
Dante  III  e  dell'opere  sue,  e  le  Memo- 
rie storiche  di  Sante  Ponzio  di  Trevi  e- 
ruditissimo  e  di  elevato  ingegno.  Quindi 
il  tutto  dedicò  al  virtuoso  e  da  lui  enco- 
miato con  singolari  elogi,  conte  Giacomo 
Valenti,  benemerito  gonfaloniere  di  Tre- 
vi, proprietario  del  museo  e  del  ricco  ar- 
chivio di  sua  nobilissima  famiglia,  che  fe- 
conda di  uomini  illustri,  ne  vado  ricor- 
dando i  nomi  de'principali,rica vandoli  da 
quantodiluisameule  nescrisseil  Barlolini 
nelle  belle  memorie  biografiche,che  si  pos- 
sono dire  la  storia  della  famiglia  Valenti, e 
l'elogio  de'più  celebri  suoi  concittadini. 
Gio.  Battista  fratello  del  lodato  Benedet- 
to, fu  giudice  generale  della  Marca,  go- 
vernatore di  varie  città  e  perpetuo  di 
Gualdo-Tadino,  e  dovrò  riparlarne.  Il  lo- 
ro prozio  d.r  Natimbenepel  suo  gran  me- 
rito contribuì  col  fratello  Giovanni  alia 
riforma  dell'antico  Statuto  di  Trevi  ,  il 
quale  meritò  gli  encomi  de'Papi  nell'ap- 
provarlo,  e  fu  lodato  da'giureconsulti,  fra' 
quali  il  cardinal  de  Luca.  Trovandosi  Na- 
t iinbene  fin  dal  i4^9  aggregalo  alla  cit- 
tadinauza  romana,  tu  anche  uno  de' ri- 
forma lori  dello  Statuto  di  Roma  sotto 
Paolo  11,  come  sapiente  e  famoso  dotto- 
re in  legge,  e  collaterale  di  Campidoglio. 
Inoltre  i  Valenti  ebbero,  Gaetano  cele- 
bre capitano  generale  pontifìcio  nell'Au- 
stria e  nell'Ungheria.  Ferdinando  dotto 
e  celebre  avvocato  concistoriale  e  del  fì- 
sco della  rev,  camera  apostolica,  fregiato 


62  TRE 

di  molle  virtù,  autore  di  elaborale  ope- 
re legali  stampate  in  Roma  neh  744  hi 
7  grandi  volumi  col  titolo  :  Opera  o- 
ìnnia  selectiora.  Andrea  Angelo  dotto  e 
■virtuoso.  Fausto  protomedicodi  Roma  e 
dello  slato, cheedificò  ecinse  di  gran  mu- 
ro la  bella  villa  sotto  Trevi  detta  la  Fan- 
stana  dal  di  lui  nome,  ebe  per  la  sua  va- 
ghezza venne  dipinta  nel  palazzo  Valica- 
nocoll'iscrizione:  Filla  Faustana  de'no- 
bili  l 'alenti  di  Trevi.  11  quale  subn rim- 
ilo grandioso  fondo  pervenne  nel  patri- 
monio privatodiLeoneXll.  Cornelio  pe- 
ritissimo nelle  leggi.  Quintiliano  valoro- 
so capitano  d'  Urbano  Vili ,  e  tesoriere 
generale  della  Marea.  Gio.  Battista  prò- 
tonotario  apostolico  e  reputato  avvocato 
in  Roma,  rettore  dell'abbazia  di  s.  Carlo 
di  Trevi,  caro  al  cardinal  Aldohraudini 
ed  internunzio  di  Napoli:  favorito  dalia 
sorte,  molle  sono  le  luminose  prove  di 
di  sua  pietà,  munificenza  egeuerosilà,con 
cui  si  distinse  in  vita  e  in  morte.  Fu  o- 
pera  sua  il  palazzo  edificato  nella  piazza 
delta  della  Rocca  tliTrevi3poi  incorporalo 
lidia  mensa  della  prelatura  Valenti,  alla 
quale  apparteneva  fino  al  decorso  secolo. 
Filippo  tesoriere  di  Luigi  XIV  in  Italia,  e 
del  sagro  collegiode'cardinali:  istituì  una 
primogenitura  di  100,000  scudi,  ed  una 
prelatura  pel  secondogenito  ili  sua  agna- 
zione eollalerale.coslituila  da  un  capitale 
di  circa  60,000  scudi,  poicliè  non  ebbe 
né  moglie, uè  figli.  L'insigne  collegiata  di 
Trevi,  che  cattedrale  fu  sicuramente  ne' 
tempi  antiihi,dcvealla  sua  pietà  il  nobile 
altare  di  s. Emiliano,  e  la  dotazione  di  cui 
in  ai  (icrlnla  quella  cappella. Il  suo  fratello 
Romolo,  recatosi  a  Parigi,  ivi  die  origine 
ad  un  laiuo  de' nobili  Valenti  francesi, 
dal  (piale  dei  ivo  una  discendenza  gene- 
rosa. Giacomo  prode  milite,  fu  eccellente 
in  ogni  vii  tu  cavalleresca  e  specialmente 
nella  cavallerizza,  per  cui  d.  Mattia  li  .1 
fello  del  granduca  di  Toscana  lo  fece  suo 
caviilli-nz/o  maggiore.  Venne  co'discen- 
denti  aggn  gaio  alla  nobiltà  di  Foligno  e 
di  Messina,  non  che ul pali iziato  di  Velie- 


T  R  E 

tri.  Tornato  in  patria  vi  eresse  e  montò 
a  proprie  spese  una  compagnia  di  coraz- 
ze per  servizio  della  s.  Sede,  nel  ponti- 
ficato d'  Alessandro  VII.  Entrato  tra  le 
milizie  papali,  percorse  i  gradi  maggiori, 
governatore  dell'  armi  di  Marittima  e 
Campagna,  indi  del  ducato  d'Urbino,  li 
suo  figlio  Filiberto  ,  nominato  capitano 
della  compagnia  de'corazzien  eretta  dal 
padre,  e  da  Clemente  XI  fu  fatto  vice- 
governatore d'armi  nell'Umbria,  al  cui 
tempo  e  nel  1706  il  senato  romano  an- 
noverò al  suo  patriziato  la  famiglia  Va- 
lenti e  loro  discendenti.  Anton  France- 
sco di  sommo  ingegno  e  celebre  avvocato 
in  Roma,  divenne  prelato  solto-dalatio, 
canonico  Laterauense,  votante  di  segna- 
tura di  giustizia,  arti  vescovo  di  Teodo- 
sia  in  partib us,  uditore  di  rota,  quindi 
nominato  datario  da  Clemente  XII,  per 
cui  sarebbe  stato  elevato  alla  porpora,  se 
la  morte  uon  troncava  la  sua  carriera,  do- 
po aver  impinguato  e  nuovamente  eretto 
la  prelatura  Valenti  da  lui  goduta.  Ad 
essa  successe  Filippo  canonico  Vaticano, 
volante  della  segnatura  di  giustizia  ,  lo- 
dato dall' Amaduzzi  nell'erudita  lettera 
colla  quale  gli  dedicò  il  1°  de'  dialoghi 
sulle  Antichità  /'ale/itine.  Al  suo  fratello 
Giacomo  molto  devono  tutte  le  famiglie 
Valenti  per  l'enormi  spese  e  fatiche  affron- 
tate, onde  riunire  in  9  grandi  voi.  le  Me- 
mòrie talenti yàoè  tuttelememurie  gen- 
tilizie di  sua  nobilissima  agnazione,  colle 
quali  giunse  a  formare  l'ordinalo  e  do- 
vizioso  archivio.  Col  suo  zelo  impedì  Fi  ai- 
terà demolizione  del  vetustissimoe  già  ce- 
lebralo tempio  di  diluitilo  posto  nel  ter- 
ritorio di  l'issiguano,  che  fece  parie  del 
contado  di  Trevi  fino  al  1  /j  3ij  almeno,  se- 
condo il  Bartolini.  Questi  inoltre  aggiun- 
ge, chese  del  tempio  resta  ancora  tanto  ih 
formare  l'ammirazione  de'dolli  e  de'pci  - 
sonaggi  che  transitano  per  la  provincia, 
di  cui  probabilmente  è  l'opera  più  anti- 
ca che  esista,  e.  che  quasi  intero  era  nel 
principio  del  secolo  XVIII,  è  merito  del 
conte  Giacomo,  dei  prelato  fratello,  e  del 


T  R  E 
chiarissimo  Duraslante  Nata  lucci  anti- 
quario infaticabile  nel  giovare  la  sua  pa- 
tria tanto  co'suoi  scrini,  che  colle  sue  n- 
pere.  Le  benemerenze  de'3  trevani  per 
la  conservazione  del  fumoso  tempio  di 
Clitunuo,  le  narrò  il  Venuti  ne\Y Osser- 
vazioni, e  di  recente  prima  che  man- 
casse a'vivi  il  prof.  Carlo  Guzzoni  degli 
Aiuai  ani  ne  riprodusse  il  documento  nel- 

V  Historiae  Umbrae  Monumenta,  Fio- 
rentine 1 85 1;  opuscolo  dedicato  al  nobile 
M.  Tiberio  Nalalucci, che  loda  per  virtù, 
gentile  coltura, caldoamor  patrio,  e  quale 
onorato  e  valoroso  maestro  di  musica.  E 
per  non  dire  di  altri  illustri  Valenti,  mas- 
sime militi,  ricorderò  Gio.  Paolo  giure- 
consulto, Filiberto  letterato  e  scienziato, 
e  Fulvio  votante  di  segnatura,  encomia- 
to dal  principe  d.  Pietro  Odescalchi  nel- 

Y  Elogio  del  prof  Ruga,  uditore  del  pre- 
lato. Altri  illustri  trevani  sono  Berardo 
o  lìernardo  Mazzieri  medico  di  Eugenio 
IV  e  Nicolò  V,  calunnialo  d'aver  dato  il 
veleno  a  istanza  de'folignali  a  Malalesta 
taglione  di  Pandolfo;  ma  apprendo  dal 
Marini,  Degli  Archiatri  pontificii,  che 
il  buon  uomo  si  puigò  di  quest'accusa, 
e  prima  di  morire  ordinò  che  i  suoi  libri 
si  tenessero  a  bene  pubblico  nel  convento 
di  s.  Francesco  della  sua  patria,  e  lasciò 
fondi  per  mantenére  due  giovani  di  Tre- 
vi ,  che  aves>ero  per  5  anni  studiato  in 
canoni  e  medicina. Giovanni  daTrevi  pro- 
curatoi  e  generale  de'minori  con  ventilali, 
poi  ministro  provinciale  e  vicario  gene 
rale  della  Sicilia,  autore  di  quell'opere  re- 
gistrale dal  Jacobilli  nella  Dibliotheea 
Lmbiiae,  nella  «piale  si  ponno  trovare 
le  notizie  di  molti  illu>tii  trevani.  Pelro 
nio  Petroui.  Gregorio  felloni  illustre  e 
zelantissimo  cittadino  pel  pubblico  bene. 
Muzio  Petroui  antico  e  veridico  patrio  i- 
storico,  autore  delle  Cronache  e  Memo- 
rie cronologiche  di  (Trattimi.,  della  vita 
e  mariti  io  di  s.  Emiliano  e  suoi  compa- 
gni,non  the  ilei  p.  Ventura  di  Trevi,  pub 
blicale  colle  slampe  a  Perugia  ne!  i  5g2, 
e  la  vita  dilla  b.  Chiara  da  Monte  Falco, 


TRE  63 

dedicata  nel  1607  al  cardinal  Erminio 
Valenti,  e  nel  1609  stampata  a  Perugia; 
mentre  Tolomeo  Petrelli  Lucarini  dipoi 
tradusse  in  italiano  le  dette  vile  de'ss.  E- 
miliano  e  compagni,  e  del  b.  Ventura, 
pubblicandole  in  Foligno  nel  i6q4-Ne' 
mss.  del  Muzio  vi  è  l'elenco  de*  trevani 
letterati,  che  per  la  loro  eccellenza  nel- 
l'arte oratoria  e  nella  poesia  aveano  de- 
corato e  illustrato  la  patria. Tali  sono  Gio. 
Andrea  Cerasio,  Ovidio  Lutio,  Giulio  Ac- 
romo, Vincenzo  Valenti,  Ermodoro  Mi- 
nerva, Antimo  Chino,  Petronio  Petroli», 
Fonteo  Palazzi,  Santi  Ponzio,  Fabio  Ce- 
rasio. Il  Bar  (olirti  caldo  amatoredella  pa- 
tria e  autore  dell'opere  di  cui  vado  pro- 
fittando, fu  anch' egli  illustre  trevano  e 
benemerito  gonfaloniere.  Loda  partico- 
larmente per  la  dottrina  Fonteo  Palaz- 
zi; Sante  Ponzio  d'elevato  ingegno,  eru- 
ditissimo illustratore  del  museo  Valenti; 
Duraslante  Natalucci  antiquario  indefes- 
so.auloi  e  di  elaborati  e  voluminosi  scritti, 
co'quali  si  studiò  di  vieppiù  nobilitare  e 
accrescere  splendore  a  Trevi,  onde  tanti 
diritti  acquistò  alla  perenne  riconoscen- 
za della  patria.  Aggiunge  il  Bartolini, che 
Durastaute  Nalalucci,  5.°  di  questo  nome 
nella  sua  illustre  genealogia,  appartenne 
ad  una  delle  famiglie  antiche  ,  che  con 
piacere  vedono  conservale  gli  amanti  del- 
la patria,  e  principalmenle  fu  autore  del- 
le Memorie  storiche  di  Trevi  riunite  in 
un  voluminoso  codice  mss.,  ove  molto  e 
per  sempre  egli  si  rese  benemerito  di  Tre- 
vi; e  di  alilo  codice,  ove  riunì  gli  alberi 
e  le  memorie  genealogiche  di  tulle  le  fa- 
miglie più  auliche  e  più  illustri  di  Trevi, 
travaglio  alla  patria  utilissimo.  In  una  pa- 
rola, le  voluminose  memorie  sloriche  di 
Trevi,  raccolte  e  scritte  da  Durastaute  pe- 
rito nella  lettura  delle  pergamene  e  carte 
antiche,  ma  vi  perde  la  vista,  si  può  due 
essere  1'  unico  e  sicuro  fonte  delle  noti- 
zie patrie,  specialmente  dopo  la  disper- 
sione degli  antichi  archivi, e  n'è  possesso- 
re il  nipote  lodato  Tiberio  Natalucci  con 
1'  archivio  domestico;  conservando  così 


64  TRE 

Durastnnle  allu  patria  molte  memorie 
cronache  che  versavano  sull'orlo  dell'o- 
blio. Della  medesima  famiglia  fu  il  lette- 
rato Gio.  Battista  N'ala  lucci  de  Trevio 
•Scribae,  da  Alfonso  il  Magnifico  re  d'A- 
ragona e  delle  due  Sicilie  onorato  con 
quel  diploma  e  privilegio  pubblicato  dal 
citato  Guzzoui  ne' Monumenta ,  in  cui  il  re 
encomia  le  sue  virtù  e  benemerenze, e  gli 
accorda  la  regia  protezione  ed  esenzioni, 
poiché  fu  suo  segretario  e  poscia  in  tal 
qualifica  entrò  al  servizio  del  Papa. 

Trevi  dell'  Umbria  non  deve  confon- 
dersi con  l'altre  città  dello  slesso  nome, 
di  Sabina  e  del  Lazio,  di  cui  parlai  nel 
precedente  articolo  ,  ed  i  suoi  popoli  si 
chiamarono  Trebiates.  Il  principio  del- 
l'antica è  nel  buio  de'secoli,  e  per  le  vi- 
cende de'tempi  venendo  demolita,  poco 
lungi  i  popoli  avanzati  dall'eccidio  eles- 
sero per  abitazione  il  vicino  luogo  dell'o- 
dierna, ove  allora  era  un  solo  forte,  al  ri- 
ferire di  Calindri;  ma  mentre  dice  igno- 
rarsi l'origine,crede  però  che  fosse  eretta 
in  città  nel  45°  prima  di  Roma.  Plinio 
attesta  di  sua  floridezza,  e  chiama  i  suoi 
abitanti,  Trebiates  timbrine populi.  Se- 
condo alcuni  tuttavia  la  città  chiamavasi 
Lucana  Trivii,  o  Lucana  Tr  evie  risi s , 
e  ciò  pel  culto  che  rendevasi  a  Diana.  Il 
Giorgetti  narra  che  Trevi  aulicamente 
era  situata  nel  piano  delizioso  della  valle 
di  Spoleto  o  dell'  Umbria,  vicino  al  fiu- 
me Clitunno,  e  presso  la  chiesa  della  Ma- 
donna di  Pietra  rossa,  che  vuoisi  già  tem- 
pio della  dea  Giunone,  di  che  fanno  pie- 
nissima fede  i  geografi,  e  meglio  lo  com- 
provano i  vestigi  di  antiche  mura  e  di  fab- 
briche, strade  selciate  di  larghe  pietre, 
che  si  trovarono  negli  scavi  de'dintorni, 
da'quali  si  trassero  diverse  iscrizioni, che 
nella  prima  metà  del  secolo  passato  si  con- 
servavano nel  portico  di  detta  chiesa.  In 
principio  si  governò  in  forma  di  repub- 
blica e  colle  proprie  leggi,  come  si  rica- 
va da  un'antichissima  iscrizione  riportata 
dal  Marangoni  ,  nel  cui  titolo  si  legge  : 
Cur,  IL  1*.  Trebianorumj  cioè  come  il 


TRE 
medesimo  spiega:  Curatori  Rei-Publi- 
cae  Trebianorum.  Strinse  quindi  Trevi 
alleanza  e  amicizia  colla  repubblica  ro- 
mana ,  e  gli  abitanti  furono  ascritti  alle 
principali  tribù  di  Roma.  Di  che  dà  in- 
dìzio Svetonio,  nella  vita  di  Tiberio,  al- 
lorché diceaver  ottenuto  i  trevani  da  Ro- 
ma un  sussidio  e  u\i  legato  per  l'erezio- 
ne d'un  nuovo  teatro:  Treliianis  lega 
tum  in  opus  novi  Tlieatri.  Laonde  non 
solo  per  relazione  di  quesl'  istorico  pai- 
sà va  buona  corrispondenza  e  amicizia  Ira 
Trevi  e  R.oma,  per  cui  quella  da  questa 
potè  ottenere  il  legato  per  il  teatro,  ma 
dall'essersi  altresì  eretto  in  Trevi  il  tea- 
tro, si  deve  concludere  ch'era  la  città  di 
qualche  considerazione  e  credito;  poiché 
i  teatri  e  gli  anfiteatri  non  si  erigevano 
allora  che  nelle  città  più  ragguardevoli  e 
popolose.  Pretese  alcuno,  che  dal  passo 
di  Svetonio  non  si  prova  ch'egli  parlasse 
di  7reZ>i7zd'Umbria;peròil  Giorgetti  non 
trova  altra  che  meritasse  l'onore  del  tea- 
tro^ che  vi  contribuisseRoma.Egli  quin- 
di crede  doversi  tenere,che  Svetonio  par- 
ti dell'umbra  Trevi, a  motivo  del  famoso 
piedistallo  con  iscrizione  trovato  a  Monte 
Falco,  dove  forse  nel  tempo  della  distru- 
zione di  Trevi  antica  sarà  stato  trasporta- 
tOjCome  luogodaessa  non  mollo  distante, 
e  poi  collocato  nel  chiostro  de'minori  os- 
servanti. Nell'iscrizione  si  fa  menzione  di 
Lucio Succonio, uomo  nobilissimo  e  della 
tribù  Palatina, e  decurione  di  Trevi,  Tre- 
bis  Decurioni yal  quale  i  presidenti  anziani 
del  teatro,  Scabillarii  veteres  a  scaena, 
o  deputali  agli  scanni  del  teatro,gli  eresse- 
ro una  statua  ch'era  posta  sopra  il  detto 
piedistallo.  Osserva  Giorgetti  che  questo 
monumento  combina  col  riferito  da  Sve- 
tonio sul  legato  del  nuovo  teatro  di  Trevi, 
e  perciò  sembrare  verosimile,  che  Sveto- 
nio parlasse  di  Trevi  umbra,  e  che  in  essa 
si  erigesse  il  nuovo  teatro,  onde  Lucio 
Succonio  Palatino  decurione  di  questa 
Trevi,  fu  appunto  quello  che  ottenne  in 
Roma  il  legato  pel  teatro;  perciò  si  meri- 
lòjCOinc  generoso  proiettore  e  benefattori: 


TRE 

del  teatro,  gli  venisse  creilo  la  stallia  col 
piedistallo  e  isciizione  ,  che  si  legge  nel 
Giorgetti.  In  tale  onorevole  stalo  pertan- 
to trova  vasi  Trevi  ne'primi  secoli  dell'e- 
ra cristiana, e  veniva  chiamata  cui  nome 
di  città,  come  viene  appellata  nel  fumo- 
so itinerario  Gerosolimitano,  fatto  a'tem- 
pi  di  Costantino  I.  In  questo  itinerario 
si  nominano  le  città,  che  s'  incontrano 
da  Roma  a  Milano,  e  tra  le  città  di  Spo- 
leto e  di  Foligno  si  legge  Civita*  Tre- 
\'is,  distante  4  miglia  da  Foligno;  il  che 
vieppiù  persuade  l'antica  situazioni  di 
Trevi  nel  piano  di  Pietra  Rosta,  giac- 
che da  quel  luogo  e  dintorni  sino  a  Fo- 
ligno vi  è  appunto  tale  distanza.  Già  in 
Trevi  vi  si  era  introdotta  fin  dal  suo  na- 
scere la  fede  cristiana  ,  come  nelle  altre 
città  dell'  Umbria,  ed  i  Bollatidisti  rife- 
riscono che  vi  si  recò  neliqqs.  Felicia- 
110  vescovo  e  protettoredi  Foligno,  il  qua- 
le reperii  incoia.?  mire  dedito*  supersli* 
tioiiilnis  Dianae  cui  velut  urbis  suae  ti- 
tulrui  diva  e.  ingens  Fanum  celi  fica  rimi  j 
tempio  che  al  santo  riuscì  di  fare  atter- 
rare, ed  in  sua  vece  innalzarne  nitro  alla 
ss.  Trinità.  Ma  non  per  questo  gli  fu 
subito  dato  il  proprio  vescovo,  il  quale 
soltanto  lo  ricevè  alla  fine  del  secolo  ili, 
quando  Papa  s.  Marcellino  del  296  con- 
sagrò peri.0  vescovo  s.  Emiliano,  uomo 
santissimo  venuto  poc'anzi  nell'Umbria, 
che  altri  pretesero  consagrato  da  s.  Cri- 
zio  invialo  da  s.  Pietro  nell'Umbria  a  ban- 
dir 1' evangelo,  onde  ne  divenne  l'apo- 
stolo e  il  i.°  vescovodi  Spoleto.  Si  appren- 
de da'leggendari  che  s.  Emiliano  era  ar- 
meno, ed  appena  arrivato  ncll'  Umbria 
si  esercitò  colla  santità  di  sue  virtù  a  van- 
taggio de'fedeli  della  chiesa  di  Spoleto  , 
finché  la  fama  avendolo  fatto  ammirare 
anche  da'trevani,  fu  proclamato  loro  pa- 
store, e  portatolo  in  Roma  lo  fecero  con- 
sagrare vescovo  della  loro  città.  Lodovi- 
co Jacobilli  nelle  Vite  de  Santi  e  Beati 
dell'  Umbria,  riferisce  essere  ciò  avvenu- 
to nel  298.  Indi  s.  Emiliano  nell'aposto- 
lico ministero  ebbe  a  suoi  colleghi  i  fcr- 

VOL.   LXXX. 


T  RE  fi  5 

vorosi  irevnni  Dionisio, Ermippo  e  Pana- 
no. Dopo  pochi  anni  scoperto  da'perse- 
cutori  gentili,  fu  imprigionato  esoltopo- 
slo  alle  più  dure  prove  e  a'più  tormen- 
tosi supplizi.  L'eroica  sua  costanza  servi 
a  mirabilmente  convertire  al  cristianesi- 
mo cjuasi  mille  idolatri,  i  quali  sostenne- 
ro il  martirio  nella  persecuzione  degl'im- 
peratori Dioclezianoe  Massimiano. Le  lo- 
ro gloriose  spoglie  rimasero  alcuni  giorni 
insepolte  fuori  le  mura  di  Trevi,  finché 
la  pia  matrona*.  Abbondanza  te  raccolte 
e  portò  nel  suo  cimiterio  a  Spoleto.  Quin- 
di anche  s.  Emiliano  ricevè  la  corona  del 
martino,  a*28  gennaio,  giorno  in  cui  se 
ne  celebra  la  festa,  forse  nell'anno  3o2, 
ed  il  suo  venerabile  corpo  raccolto  segre- 
tamente da'  cristiani,  fu  deposto  onore- 
volmente nel  luogoovesolevano  adunarsi 
ad  orare.  In  seguilo  il  beato  corpo  fu  oc- 
cultalo o  per  involarlo  dalle  rapine  de' 
barbari  o  per  altra  disposizione  divina, 
e  rimase  celato  in  modo  che  ignoravasi 
propriamente  il  luogo  ove  riposava;  solo 
la  tradizione  faceva  credere  che  fosse  in 
una  piccola  chiesa  situata  in  un  cupo  fos- 
so sopra  la  villa  di  Carpiano,ove  negli  an- 
tichi tempi  i  fedeli  andavano  nascosta- 
mentea  celebrare  i  divini  uffizi. Ma  la  tra- 
dizione non  era  vera,  poiché  nell'aprile 
1660  fu  trovato  presso  la  maggiore  tri- 
buna della  cattedrale  di  Spoleto,  mentre 
si  restaurava  dal  vescovo  cardinal  Fac- 
chinelti,  alla  presenza  del  suo  vicario  ge- 
nerale, chiuso  in  urna  marmorea  :  den- 
tro di  essa  erano  accanto  alle  sanie  ossa 
due  scorpioni  di  ferro  intrisi  di  sangue, 
un'ampolla  di  vetro  col  sangue  conden- 
sato, ed  una  lamina  di  piombo  su  cui  era 
incisa  l'iscrizione:  Ossa  s.  Miliani  Mar* 
tyris.  L'  urna  con  porzione  delle  vene- 
rabili ossa  fu  concessa  dal  cardinale  alla 
chiesa  collegiata  di  Trevi  nel  recarsi  a 
Spoleto, ed  il  resto  rimase  nella  cattedra- 
le di  Spoleto.  La  collegiata  di  Trevi  era 
slata  edificata  in  suo  onore  sino  da  rimo- 
fissimi  tempi,  e  fu  la  cattedrale  sinché  du- 
rò la  sede  vescovile. Leggo  nel  GiorgcUi, 
5 


f>6  T  R  E 

che  n  «.Emiliano  successero  nitri  vescovi, 
e  circa  60  anni  dopo  la  sua  morte  a'iem- 
pi  dell'imperatore  Giuliano  l'Apostata 
(regnò  dal  36  1  ni  363  );  seguì  la  totale 
distruzione  dell'  antica  Trevi  (forse  dal 
Terremoto,  per  quelli  inauditi  che  regi- 
strai al  365,  però  il  breve  Apostolicac 
di  l'io  Vi  dice:  Cam  antan  oh  rerum  liti- 
monarum  vicissitudines,  ae  barbari*  I* 
taliae  ineu/nbentibus  solo  pene  fuerint 
acquata);  ma  i  trevani  che  sopravvisse- 
ro, essendosi  la  maggior  parte  ritirali  nel 
monte  vicino,  che  sai  a  stata  forse  la  roc- 
ca della  vecchia  Trevi,  fermarono  quivi  il 
raggiorno,  e  continuarono  a  godere  l'an- 
tiche loroonorificenze  e  il  proprio  vesco- 
vo. Le  devastazioni  di  Trevi  sembrano 
avvenute  sotto  Giuliano  e  sotto  Valente 
del  364.  ahi'a  per  parte  di  Totila  re  de' 
goti  nel  546.  Forse  fin  dalla  1  /rovina  gli 
abitanti  della  Lucana  Treviensis  a vea li- 
si fabbricato  nella  prominenza  del  so- 
vrapposto nomi  nato  colle  un  castello  mu- 
nito di  validissime  mura  di  pietre  tagliate, 
e  tali  che  anco  di  presente  offrono  una 
straordinaria  solidità.  Se  I'  ingiuria  de' 
tempi  non  avesse  consumato  le  memorie 
ancora  della  nuova  Trevi,  si  troverebbe 
il  catalogò  de'vescovi  che  per  più  secoli 
vi  risiederono,  e  si  leggerebbero  monu- 
menti forse  gloriosi  della  città.  Appena 
per  buona  ventura  negli  alti  sinceri  de' 
più  antichi  concilii,  si  trovano  notati  g 
vescovi  di  Trevi  successori  di  s.  Emilia- 
no, che  come  tali  ad  essi  intervennero  e 
si  sottoscrissero.  Ne  riporta  i  nomi,  in  uno 
ad  alcune  notizie  dell'antica  Titbia  e  di 
s.  Emiliano,  il  Coleti  continuatore  e  an- 
notatore dell'Ughelli:  Italia  sacra  1. 1  o, 
p.  175,  Trebias  Episcopato*,  Costanti- 
no Trebias  antistes,  intervenne  al  con- 
cilio romano  di  s.  Felice  ili  del  487. Lo- 
renzo Trebicnsis  episcopus,  fu  al  sinodo 
minano  di  Papa  «.Simmaco  nel  4<)<>  Po- 
to «lopo  gli  successe  Propinquo  Trebias 
ci  I  rebiensis  autiste.',  il  (piale  SÌ  recò  a 
Roma  ne'sinodi  tenuti  dallo  stetto  s.  Sim- 
maco negli  unni  5oi  ,  5ai ,  5o3,  5o4- 


T  R  E 

Frattanto  Ti  evi  soggiacque  alle  barba- 
riche invasioni  degli  ertili  ,  ck*'  ricordali 
goti  e  de' longobardi,  e  ubbidì  a'  nuovi 
dominatori;  fece  quindi  parte  del  ducato 
di  Spoleto  (1  J,  ila'longobardi  incomin- 
ciato nell'  Umbria,  e  ne  seguì  le  politi- 
che vicende.  Laonde  dopo  esecrai  igno- 
rato chi  successe  al  vescovo  Propinquo, 
trovasi  nel  743  Griso  o  Prisco  intervenu- 
to al  concilio  romano  di  s.  Zaccaria,  in 
tempo  del  qnal  Papa  già  la  s.  Sede  eser- 
citava la  sovranità  nell'Umbria,  e  Io  stes- 
so ducalo  di  Spoleto  era  sotto  la  sua  pro- 
lezione,  per  cui  sembra  a  tale  epoca  do- 
versi attribuire  il  principio  ilei  dominio 
temporale  su  Trevi  della  romana  chiesa, 
ossia  l'alia  signoria,  estende  governala 
da'eonti  o  gaslaldi.  Va  lettino  vescovo  di 
Trevi  nel  769  fu  al  concilio  LateranenM 
celebrato  da  Stefano  1 1 1  detto  1  V.ftel  770 
le  genti  del  ducato  di  Spoletisi  recarono  a 
Roma  per  giurare  fedeltà  a  s.  Pietra  e  ad 
Adriano  1,  ricevendo  la  tonsura  alla  fog- 
gia romana;  a  questa  ulteriore  dedizione 
seguì  ladonazionedi  Carlo  Magno  del  du- 
cato di  Spoleto  alla  Sovra/zita  della  s. 
Sede.  lNell'826  il  vescovo  Paolo  fu  al  con- 
ciliodi  Roma  di  Papa  Eugenio  1 1; e  mollo 
Soffrì  la  città  nell'io  per  l'irruzione  de' 
saraceni.  Crescenzio  vescovo  si  trovò  ha' 
padri  nel  sinodo  romano  di  s.  Leone  IV 
nell'853.  Vogliono  alcuni  che  i  saraceni 
profittando  della  lontananza  di  Guido  II 
duca  di  Spoleto,  invasero  l'Ombrìa  nel - 
l'8(S  1  circa,  e  sterminarono  Trevi.  Dopo 
tali  scorrerie  gli  abitanti  di  mollo  ne  di 
latarono  la  cinta  con  murato  assai  forte, 
e  la  riempirono  di  case,  molte  delle  quali 
ancora  sussislonocon  sesto  gotico  alle  por- 
te e  di  gusto  moresco. Gli  angari  nel 9  1  J 
e  nel  qi^    portarono   la    desolazione  m 
queste  parli  ,  e  ne  pali  ambe  Trevi.  ti, 
Tribiénsis  episropusfa  presente  al  con- 
ciliabolo tenuto  nel  q63  in  Roma  dalla 
prepotenza  dell'imperatore  Ottone  I,  che 
pretese  deporre  Giovanni  XII.  J.    Tre- 
bfusis  cpiscopus  intervenne  nello 
concilio  romano  di  Nicolò  11.  Dice  il  Gioì 


T  II  E 
getti  che  questo  Vescovo,  l'ultimo  che  si 
conosce,  fu  Giovanni  sottoscritto  al  det- 
to sinodo  di  Lalerano,  ch'egli  crede  ilei 
1060;  indi  soggiunge,  s'è  vero,  come  lo 
creile  verissimo  ,  il  privilegio  che  dicesi 
accordato  da  Enrico  III  imperatole  nel 
io5o  ad  Eriberto  vescovo  di  Spoleto  di 
nazione  tedesco,  cioè  che  i  vescovi  di  Tre- 
vi, Spello,  Bevagnct)  Marta  o  Maria- 
na,e  di  Norcia  fossero  suoi  sulfraganei, 
si  prova  con  ciò  ad  evidenza, chesino  al- 
meno a  que'tempi,  Trevi  era  ancora  te- 
nula  per  città,  ed  a  vea  il  suo  vescovo.  Che 
poi  questo  privilegio  possa  essere  vero, 
benché  forse  più.  non  si  trovi  l'imperia- 
le diploma,  per  gl'incendi  patiti  dall'ar- 
chivio vescovile  di  Spoleto,  ove  doveami 
conservare,alGiorgetli  lo  persuadono  due 
riflessioni:  i.°  che  essendo  Eriberto  ami- 
co e  connazionale  d'Enrico  III.  è  vero- 
simile che  gli  procurasse  le  maggiori  o- 
norificenze;  2. "che  essendo  composta  lu 
diocesi  di  Spoleto  di  tutti  questi  luoghi» 
tranne  Spello  ila  pochi  anni  assegnato  al 
vescovo  di  Foligno,  benché  tra  loro  di- 
stanti edispersi,  per  <pieslo  solamente  può 
essere  avvenuto,  che  mancati   a  Trevi  i 
propri  vescovi,  già  sulfraganei  del  vesco- 
vo di  Spoleto,  assunse  egli  in  appresso  il 
governo  .spirituale  di  tali  città,  e  forma- 
rono esse  la  ben  vasta  diocesi  di  Spoleto. 
Mi  occorre  osservare, che  Eriberto,  ovve 
ro  N.  tedesco,  fu  più  tardi  e  da  Enrico  IV 
intruso  nella  sede  di  Spoleto,  e  perciò  de- 
posto e  scomunicato  nel  1076 da  s.  Gre- 
gorio VII;  e  che  Spoleto  divenne  metro- 
politana e  senza  sutlraganei  soltanto  nel 
1  82  1 ,  per  cui  penso  che  la  sede  di  Trevi 
appartenente  al  vicariato  romano,  fosse 
immediatamente  soggetta  alla  s.Sede,  co- 
me Io  sono  tuttora  Foligno,  Norcia,  Pe- 
rugia, Terni  ec,  tutte  città  umbre.  Os- 
serva inoltre  il  Giorgetli,  che  al  perdere 
Trevi  il  proprio  vescovo,  perde  allora  an- 
che il  nome  di  città,  e  cominciò  a  nomi- 
narsi lena;  ma  non  perde  però  quelle  in- 
trinseche ed  estrinseche  qualità  che  for- 
mano i  pregi  onore  voli,  ed  i  requisiti  più 


TUE  G7 

chiari  d'un'illustre  città,  sia  che  s'abbia 
riguardo  al  materiale,  sia  al  formale  del- 
la medesima, e  dell'una  e  dell'altra  nulla 
ne  mancava  Trevi;  ripetendo  con  Coleti, 
che  Trevi  munita  del  presidio  di  s.  Emi- 
liano, piena  di  clero  e  di  popolo,  conser- 
va ancora  la  forma  d'  una  ben  regolala 
città.  Cessata  dunque  la  cattedra  vesco- 
vile, l'antica  chiesa  di  s.  Emiliano  diven- 
ne collegiata,  racchiudendo  il  circonda- 
rio di  Trevi  »5  parrocchie.  Lo  stato  ec- 
clesiastico di  Trevi  e  suo  circondario  nel 
secolo  passato,  ecco  come  lo  descrisse  il 
Coleti,  dopo  aver  registrato  l'ultimo  suo 
vescovo.  Nec  ulterior  mila   Trcbiensis 
Episcopi  se  se  oblulit  (jiiaerenli  mentio. 
Treìiia  vero.  ».  .  {emiliani minata prae- 
sidiis,  elero^populoque  referta,  bene  in- 
slruclae  eìvilalis  adhuc  formarli  serva t. 
Flore  ut  in  ea  nonnullae  nobilitate  eia- 
raefamiliae,  e  qui/ms prodiil  Frminius 
de  Falentìbus  a  Clemente  Fili  P.  M. 
clatus  ad  Faticanae  purpurae  digni- 
tatem.  Collegiatarn  liabet  Ecclesiam, 
vetustatecommendabilem,in  (jua  sacris 
operantur  jirior  ,   undecim   canonici , 
praebeiidatus  vicecuratus,  duo  sacri- 
stae,  aliirjue  sacerdoles,  et  clerici.  Ex 
hoc  canonicorum  collegio  emersissefe- 
runt  Gregoriurn  XIII sui iiinum  Ponti- 
ficati. Practcr  collegiatarn  vero  altera 
hic  adest  parochialis  ecclesia,  (jiialuor 
sttcrarum  virginum  sepia,  sex  regala- 
riunì  coenobia,  dominicanorwn  sciliccl, 
conventualium  ,   minorimi   reformato- 
rum,  capuccinorum,  canùnicorum  La- 
tcranensium,  etmonachorum  montis  O- 
liveli,  ho  spi  tale,  ad  alendos  pauperes, 
mons  pietatis,  nonnullique  montis  fru- 
mentarii ,plura  laicorum  sodali tia  cimi 
suis  oratoriis,  et  ad  juventutem   bonis 
morìbus  litterisque imbiiendam  semina- 
rium.  Subest  spirituali  Spoletani  prae- 
sulis  dominio.  Trevi  più  volte  fu  signo- 
reggiata dalla  prepotenza  degl'imperato- 
ri, come  da  Federico  I  ed  Enrico  VI  suo 
figlio.  Papa  Innocenzo] Il  con  tutta  l'Um- 
bria la  restituì  all'ubbidienza  della  Cine- 


68  TRE 

su,  alla  quale  pochi  anni  dopo  volle  sot- 
trai la  I'  ingrato  imperatore  Ottone  IV, 
favorito  dalla  fazione  imperiale  de'  ghi- 
bellini. Trevi  ebbe  a  sostenere  danni  gra- 
vissimi, sacco  e  incendio  per  parie  degli 
spulcimi  nel  1214,  giacché  il  loro  duca 
Leopoldo  o  Diopoldo,  con  atto  del  pre- 
cedente anno  uvea  promesso  a'consoli  di 
Spoleto  di  donargli  tolum  territorium 
Treviensis  et  specialiter  turrim  s.  Be- 
nedicti,  et  Castrimi  cimi  Colle,  Acza- 
num,  Lapigum,  Piscignanum  et  Clari- 
gnanitm.  Dopo  tale  infortunio,  Innocen- 
zo 111  unì  Trevi  a  Foligno,  mentre  le  fa- 
zioni de'ghibellini  erano  in  moto.  Questi 
vieppiù  inorgoglirono  sotto  l'imperatore 
Federico  II,  altro  persecutore  de'Papi  e 
occupatole  de'  loro  domimi,  anche  nel* 
l'Umbria.  Siccome  però  i  trevani  segui- 
rono letnpit  la  porle  guelfa  della  Chiesa, 
quando  Foligno  cede  a  Federico  li,  e  si 
ribellò  ad  Innocenzo  IV,  secondo  il  suo 
breve  del  i  ."novembre  1246,  i  ti  evani  si 
dislaccarono  da  Foligno  e  si  unirono  a 
Perugia.  Continuando  Federico  II  a  si- 
gnoreggiare l'Umbria,  poi  vi  esercitò  la 
tirannia  pure  il  suo  naturale  Manfredi; 
ina  Cibano  IV  neli263  co'crocesignali 
cacciò  i  saraceni  di  Manfredi,  e  recupe- 
ravit  Castrimi  Trebarum,  Forentini, 
Castrimi  Prandi  parimi  a  Spoleto  di- 
s/ans,aitodsolebat  spole  taiiorimioeulus 
appellali, et  ì  allis  Pelri  in  falle  Spo- 
le lana:  castrimi  construjcit  nobile  et  mu- 
nitimi, in  Castro  Trebis,  come  riferisce 
Cohellio  nella  Notitia.  Neh3o5  stabili- 
tasi dà  Clemente  V  la  residenza  papale 
in  Francia,  insorsero  vari  signorotti  a  do- 
minare le  terre  della  Cliiesa,guerreggian- 
do  guelfi  e  ghibellini.  Nel  1  3  1  o  Trevi  ac- 
colse i  guelfi  di  Spoleto,  Massiolo  di  mes- 
ser  Giovanni  Ancajani,  e  Carlo  di  messer 
Manente  de  Domo.  Il  bellini,  nc\V  f/isto- 
ria  ili  Perugia,  riporta  la  lega  fatta  da 
quella  con  Trevi,  per  difendere  i  guelfi 
della  parte  ecclesiastica  contro  gli  spole- 
lini  e  lodini  della  lega  gin  bellina.  Nel  1  3 1  1 
Perugia  chiese  a  Camerino  uu  soccorso 


TRE 

per  tener  munita  la  terra  di  Trevi,  af- 
finchè non  andasse  in  potere  degli  spole- 
tini.  Indi  i  trevani  nel  1  3  1  2  colle  forze 
perugine  fecero  strage  de'ghibellini,  e  nel 
1  3  1  5  entrarono  in  lega  co'  bolognesi  a 
favore  del  Papa;  e  nuovamente  nel  1  322 
sconfissero  i  ghibellini.  Nel  quale  anno 
GiovanniXXlI  ricercòTrevi di  aiuto  con- 
tro Federico,  Ugone  e  Speranza  conti  di 
Monte  Feltro,  che  dichiarò  eretici  e  sco- 
municati. Tale  fu  la  costanza  di  Trevi  in 
favore  de'Papi,  che  ne'  libri  delle  rifor- 
ma nze  del  secolo  XIV  si  legge,  che  face- 
va giurare  a'podestà  di  operare  in  favo- 
re della  fazione  guelfa;  proibiva  che  si  la- 
vorassero le  terrede'gliibellini,chesi  par- 
lasse o  facesse  tregua  con  essi.  Il  Dnna- 
tis,  nel  libro  :  I felicissimi  martìri  Vin- 
cenzo vescovo  di  Beva gna  e  Benigno  suo 
fratello  restituiti  a  Trevi,  Foligno  1 65o, 
narra  che  mentre  altri  luoghi  si  ribella- 
vano alla  Chiesa,  Trevi  si  fortificò  in  asi- 
lo della  medesima  ed  a  terrore  de'  suoi 
nemici;  indi  riporta  de' versi  che  attribui- 
scono a  Urbano  V,  che  il  Cohellio  disse 
spettare  a  Urbano  IV,  l'erezione  del  Ca- 
strum  nobile,  forte  satis,  huic  Trcbinm 
nornen,  quod  structuni  maiisit  asilitm 
Ecclesiae Aerror hostibus  ejus  crai.  Per 
la  divozione  de'  trevani  al  dominio  di  s. 
Chiesa,  Gregorio  XI  con  breve  dato  in 
Avignone  nel  1  3*/ 3, accordò  loro  de'privi* 
legi  nella  giudicatura  delle  eause  civili  e 
criminali.  Bonifacio  IX  nel  1  389  con  al- 
tro breve  concesse  a  Trevi  la  facoltà  di 
potersi  governare  in  vicariato  indipen- 
dente, e  immediatamente  soggetto  al  la  s. 
Sede,  con  indulto  di  eleggersi  ^li  ufficiali 
tutti, d'imporre  tributi  e  gabelle,  di  eser- 
citare il  mero  e  misto  impero,  ec.  :  Sin- 
cerile devotionis  affectus  (piani  ad  nos 
et  ad  Romana  Ecclesia  gerilis  nec  non 
inconcussae  vestrae  fìdrlitatis  constali- 
tia,  promerentes,  etc.  Tultavolta  Boni- 
facio IX  nel  1  3q2  creò  vicario  Ugolino  II 
Trinci  de'  signori  di  Foligno,  di  Trevi, 
Bevagna,  Nocera,  Monte  Falco  e  altri  luo- 
ghi, coll'annuo  censo  di  1  000  fiorini  d'o- 


T  R  E 
ro,  vicariato  rinnovato  dallo  stesso  Pa- 
pa nel  i  3g5  e  nel  i  3g8.  Questo  dominio 
de'Trinci  terminò  nel  1429,  per  la  ribel- 
lione di  Corrado  II  Trinci,  onde  Euge- 
nio IV  gl'invio  contro  a  debellai  lo  il  ce- 
lebre patriarca  Vitelleschi,  die  s' impa- 
dronì di  Trevi,  Bevagna  e  degli  ali  ri  luo- 
ghi, e  per  attimo  di  Foligno  che  sosten- 
ne lungo  assedio.  Al  Trinci  eiasi  unito  il 
famoso  Piccinino  capitano  del  duca  di  Mi- 
lano, e  altro  nemico  d'Eugenio  I  V,  che 
avea  costi-etto  Trevi  e  altre  terre  alla  re- 
sa. Trevi  per  punire  1'  oltracotanza  del 
Trinci,  avea  somministrato  al  Papa  3oo 
cavalli  e  200  fanti,  sotto  il  comando  del 
capitano  Melchiorre  di  Pettino,  in  aiuto 
del  Vitellesehi.e  riceverono  onorifico  bre- 
ve da  Eugenio  IV,  come  altro  ne  avea 
spedito  loro  il  predecessore  Martino  V. 
Nel  i434  i  trevani  erano  stali  soggetti  al 
celebreNicolòMauruzi  de'conti  dellaStac- 
ciola,  signore  di  Tolentino  (F.),  vicario 
e  governatore  di  Trevi  per  la  s.  Sei\e.  Nel 
i438  i  trevani  doverono  cedere  alle  pre- 
potenti armi  di  Francesco  Piccinino,edal 
1  4i°  ali  528  furono  governati  da' car- 
dinali legati  dell'Umbria.  Giulio  II  ono- 
rò di  sua  presenza  Trevi  nel  1  307, quan- 
do a*9  marzo  reduce  da  Foligno  si  recò 
a  cavallo  per  visitare  il  santuario  della  B. 
Chiara  in  Monte  Falco,  e  fu  ospitato  nel 
palazzo  de' marchesi  Urigo  o  Origo,  che 
ancora  ivi  stanziavano,  come  ricavo  dal 
Bartolini.  Trovo  poi  nel  p.  Gattico,  De 
itineribus  Rom.  Pont.,  che  Giulio  II  nel 
1  5 1  1  pervenuto  a'  1 8  giugno  in  Spoleto, 
ricordò  che  ivi  37  anni  innanzi  sotto  lo 
zio  Sisto  IV:  Legafusfuisset,  ha/ic  ch'i- 
tti lem  obprivalasfactiones,  unde  a  Pon- 
tifico deficere  suspicabatur,  militibus, 
quos  plurimo  s  seenni  tnne  habeb att  di- 
ri picndam  concessit,prout  direptafuit; 
et.  licci  non  dubitaverit  de  aliqua  ullio- 
tic,  lanieri  sccurius  arbitratus  est  in  Ar- 
ce, hospitari,  quam  in  Episcopio  com- 
modius.  Fnernnt,qui  dubitarunt,  ultio- 
nem  paruri  ridente*  tumultuili,  qui  ha- 
bitus fui t  apud  Trcvium  a  Spoletanis 


T  RE  69 

cimi  Treviensibus:  nani  inter  eos  discor- 
dia, etcertameii  de  /'tire  confinium ;  prò- 
pterea  certalum  utrinque  fuit  corani 
Ponti fice,  et  multi  ex  Treviensibus  gla- 
dio cassi i  omnes  autem  baculis  attriti 
sunt,  et  fugati,  inconunodeque  ajfecli; 
similiter  a  nostri»  etiam  equitibus  tani 
balistrariis,  quam  custodibus  in  aquas 
vicinale»  directi,  et  ab  equis  oblriti,  et 
vulneribus  caesi  fuerunt.  Nel  1  532  re- 
candosi Clemente  VII  a  Bologna  per  ab- 
boccarsi con  Carlo  V,  leggo  nel  p.  Gat- 
tico: Die  veneri»  22,  in  Trivium  ultra 
Spolettimeli  compiacerei  Fiscali, Papa 
se  recepii,  cioè  si  fermò  in  Trevi  nel  pa- 
lazzo Valenti  del  celebre  mg.r  Benedet- 
to. Indi  neli53T  Paolo  III  portandosi  a 
Perugia,  onorò  il  suo  palazzo  e  Trevi  del- 
la maestà  di  sua  pontificia  presenza. "Die 
mercuri i  8  septemb.  infesto  gloriosis- 
simac  Firginis  stimino  mane  audh'i  mis- 
sani;  inde  iter  coepi  versus  Fulgiiieimi; 
exinde  Ponlifex descendens  venit  ad  lo- 
cum  Abbaliae  propc  Oppidum  Trivii, 
in  quo  Fiscalis  procurator  ex  ilio  loco 
oriunda»  una  cum  illis  hominibus ijecit 
magnimi  apparatimi  prò  Ponti/ice,  et 
tota  curia;  et  ibi praiisus  est  Papa  cum 
Curia  sua.  Questo  palazzo  ospitò  sinché 
Clemente  Vili,  secondo  il  Bartolini  nel- 
l'aprile 1  598, nel  recarsi  a  prendere  il  pos- 
sesso di  Ferrara.  Inoltre  il  Bui  tolini,  nel- 
le Antichità  Falenline,  riporta  la  lapi- 
de esistente  nel  palazzo  Valenti  in  Tre- 
vi, ora  proprietà  del  sullodato  conte  Gia- 
como, in  memoria  dell'  ospizio  ricevuto 
da  3  gran  Papi,  indicandosi  la  causa  de' 
loro  viaggi;  ma  per  quella  di  Clemente 
VII  non  fu  per  la  coronazione  di  Carlo 
V,  come  ivi  è  espresso,  viaggio  già  intra- 
preso nell'ottobre  1  529, seguendo  la  fun- 
zione nel  seguente  febbraio,sibbeue  per 
un  altro  abboccamento  col  l'imperatore. 
Nel  1  57  1  s.  Pio  V  pose  Trevi  sotto  il  go- 
vernatore della  provincia  di  Perugia,  poi 
chiamato  preside.  Il  conte  Gio.  Battista 
Valenti,  figlio  primogenito  del  conte  Gia- 
como, benemerito  delle  Memorie  Falca- 


7o  TRE 

ti  e  dello  conscrvazione-del  tempio  di  Cli- 
Imino,  noi»  che  padre  del  conte  Giacomo 
a  cui  il  Bartolini  dedicò  Le  (inficiala  I  a- 
tentine,  insieme  al  conte  di  Rivo  Secco 
Camillo  Va  leu  ti, ottennero  da  Pio  VI, col 
la  coopcrazione  del  suo  nipote  cardinal 
Era  sci  li  protettore  cli  Trevi,  la  ripristina- 
zione  a  Trevi  del  titolo,  grado  e  onorifi- 
cenze di  città,  diritti  cessali  per  le  vicen- 
de de'tempi,  non  che  la  riforma  degli  an- 
tichi statuti.  Pertanto  Pio  VI  col  breve 
Apostolieae  Sedis  ma/estati,  de'28  set- 
tembre 1784,  Bull.  Rom.  coiit.  t.  7,  p. 
326  :  Reiniegratio  terrete  Trebii  Spole- 
tanoe  dioecesis  ad  houores  civitatis.  I  li- 
di col  breve  Nil  deeet  magis,  de'  24  a- 
gosto  «787,  Bull.  cit.  t.  8,  p.  62:  Con- 
Jirmatio  Stalutorum  civilatis  Trebii. 
Ambedue  i  brevi  furono  stampati  dalla 
tipografia  carnei  ale,  come  si  ha  dal  Ran- 
ghiasci,  nella  Bibliografia  dello  Stalo 
Pontificio.  Breve  emanato  dalla  S.  di 
N.  S.  Papa  Pio  FI  per  la  reintegrazio- 
ne di  Trevi  al  titolo  ed  onore,  di  città, 
Roma  1784:  LilUrae  apostolicae  SS. 
D.  N.  P.Pii  f  T,cpii bus  Civita  ti  s  Trebii 
constituitur,  Romaei.787.  Apprendo  in 
quest'ultima  e  nel  Bullarium  gli  statuti 
divisi  in  8  capitoli.  Hi. "riguarda  la  divi- 
sione generale  de'ceti,  primario,  medio  e 
ultimo,  ili. "composto di  patrizi  o  prima- 
ri cittadini,  il  2.0  di  cittadini  semplici,  il 
3."  di  contadini  abitatori  del  contado  cioè 
citile  ville  e  castelli:  prima  Trevi  forma- 
va un  sol  corpo  politico  e  una  sola  comu- 
nità colle  sue  ville.  Il  »."  riguarda  il  ceto 
dc'patrizi,  di  cui  si  riporta  l'elenco  delle 
3i  fumigliecu'lorogradienomi,  e  le  nor- 
me per  essere  aggregati  alla  nobiltà.  11 
3."  riguarda  il  2. "ceto  de'cittadini,  costi- 
tuito in  22  famiglie,  ed  i  requisiti  per  ve- 
nirvi ammesso,  il  4-°  riguarda  il  3.°  ceto 
degli  abitanti  nelle  ville  e  contado  Treva- 
00,  col  novero  e  prerogativede'  i5  comu- 
ni ovvero  castelli  e  ville  del  territorio  di 
Trevi;  i  costelli  essendo  Fabbri,  Fratta, 
Pietiche,».  Lnieiizo,  Cannajota  s.  Luca; 
le  ville  nominandosi  Pigge,  ho  vara,  Pel- 


TRE 

tino,  Coste,  Ponre,  Mandano,  s.  Maria  in 
\  alle, Panano  eMaligge.  Il  5."  riguarda 
la  magistratura  che  clovea  presiedere  al 
buon  regolamento  delle  cose  pubbliche 
commutative, nella  qualeognuno  de'3  ce- 
ti dovea  aver  parte  alla  rappresentanza, 
e  composta  di  4  priori,  il  1 /de"  quali  di- 
stinto col  titolo  di  gonfaloniere.  Il  0.°  ri- 
guarda il  consiglio  di  credenza,  da  dura- 
re un  biennio,  e  compostodi  1  2  individui, 
per  risolvere  gli  alluri  commutativi  nel- 
le pubbliche  adunanze.  Il  7."  riguarda  il 
consiglio  generale,  composto  d'individui 
idonei  de'3  celi.  L'8.°  riguarda  del  bus- 
solo e  degl'imbussolatori  per  le  magistra- 
ture biennali.  Seguì  quindi  Trevi  tutte 
le  vicende  di  Bontà  e  di  Spoleto ,  e  nel 
1814  formò  parte  della  delegazione  cli 
Spoleto,  nella  restaurazione  del  governo 
pontificio,  col  proprio  governatore  resi- 
denziale. Indi  Trevi  neh  84  1  fu  rallegra- 
ta dai  viaggio  che  fece  nell'Umbria  Gre- 
gorio XVI,  nella  cui  Narrazione  il  cav. 
Saba  lucci  notò.  Che  se  Trevi  per  la  sua 
topografica  posizione  non  potè  essere  fra 
le  sue  mura  onorata  dell'augusta  presen- 
za dell'immortale  Pontefice,  allorché  ila 
Spoleto  si  recò  a  Foligno,  non  lasciò  sfug- 
girsi il  momento  di  dargli  pubblici  atte 
stali  di  sua  granile  divozione.  Innalzato 
pertanto  sulla  strada  nazionale  un  gran 
dioso  arco  trionfale  a  somiglianza  di  quel 
lo  di  Tito  sulla  via  sagra  di  Roma  anti- 
ca, fu  con  lodevole  concepimento  (in  par 
te  somigliante  al  praticato  per  Pio  VI  nel- 
l'arco innalzatogli  presso  Arsoli,  che  de- 
scrissi nel  voi.  LXK VI,  p.  17),  bei  grossa 
de'pilastri  cavato  lo  spazio  a  foggia  di  due 
sale,  in  una  delle  quali  era  collocalo  il  tro- 
no pel  Papa,  e  nell'altra  stava  l'assembra- 
lo  quanto  di  più  notabile  possedeva  la 
città  nel  l'ordine  ecclesia  slieo  e  ci  vi  le;  men- 
tre al  di  fuori  erasi  assestata  la  popola- 
zione,ondenel  miglior  modo  possibile  go- 
desse della  \ista  del  comune  padre  e  so- 
vrano.  L'arco  era  sovrastato  dal  poiilifi. 
ciò  stemma  sostenuto  da  due  genti,  e  nel  - 
l'attico  leggevansi  due  iscrizioni  allusive 


T  R  E 

al  fausto  viaggio,  ed  alla  pubblica  leli/ia 
nel  bearsi  dell'augusta  sua  presenza: Taifr 
ti  Vumìnìs  Pracsc/;.  Majestate,  Beatimi 
TtebiateSy  Plaudcntib.  Univer.  Ambe- 
due  umiliale  al  Pontefice, ne  sono  posses- 
sore onorevole.  Giunto  Gregorio  XVI  in 
questo  decoralo  e  festevole  luogo,  fitta- 
gli preghiera  di  consolare  di  sua  aposto- 
lica benedizione  il  popolo  trevano,  pron- 
tamente discese  della  carrozza,  e  con  gio- 
vialità e  paterno  affetto  corrispose  con  ef- 
fusione ripetutamente  al  pio  desiderio  , 
fra  indicibili  acclamazioni  sincere.  Quin- 
di con  particolare  benignità  si  degnò  di 
ammettere  al  bacio  del  piede  e  ad  ono- 
revole colloquio  il  clero,  il  magistrato  ci- 
vico e  governativo,  e  molte  altre  persone 
d'ogni  celo.  Ripreso  nuovamente  il  viag- 
gio, godè  il  Papa  di  traversare  L'amena 
e  ben  colla  Valle  Umbra,  di  cui  era  be- 
nemerito ,  resa  in  quel  giorno  più.  deli- 
ziosa dalla  serenità  dell'aria  e  dal  concor- 
so di  popolo, che  discendendo  da'prossi- 
mi  castelli  s'incontrava  a  turbe  sulla  stra- 
da ,  genuflesso  e  plaudente  ad  attendere 
la  benedizione  papale.  Durante  la  perma- 
nenza di  Gregorio  XVI  in  Spoleto  e  in 
Foligno,  annunciarono  i  trevani  il  lieto 
avvenimento  alle  più  lontane  parti,  poi- 
ché in  tutte  le  sere  fecero  ardere  migliaia 
di  faci  sulle  merlate  mura, sulle  torri  elici- 
le uionlane  ville.  Oltre  i  ricordati  autori, 
scrissero  ili  Trevi:  Domenico  Giorgi,  nella 
sui  beila  Dissert.  de.  Cathedrac  Fpi.-co- 
paliSelina,ove  riferisce i  concilii  m'aita- 
li i  vescovi  di  Trevi  sono  ricordati,  e  di- 
stingueoppoi  tunamenle  i  vescovi  di  Tre- 
vi nell'Umbria,  da  quelli  di  Trevi  nel  La- 
zio. Campello,  Historia  di  Spole to.  Do- 
lio, Istoria  de  Ila  famiglia  Trinci  di  Fo- 
ligno, ec.  Jacobilli,  Discorso  della  città 
di  Fuligno.  Donnola  nelle  sue  opere  ri- 
guardanti Spello.  De'pregi  principali  di 
Trevi  e  suo  territorio ,  in  versi  furono 
celebrati  da  Gio.  Battista  Lalli  di  Nor- 
cia, governatore  di  Trevi,  pubblicati  nel- 
l'opuscolo intitolato:  Poesie  epitalami- 
che per  le  faustissime  nozze  de'  nobili 


TUE  7r 

signori  Angiolo  Brunamonti,  e  Chiara 
Par  rioni  di  Trevi,  Foligno  1839.  Per- 
ciò tali  poesie  si  resero  piìi  interessanti, 
poiché  generalmente  parlando, certe  poe- 
sie scritte  per  Sposalizi,  per  lo  più  muo- 
iono prima  di  nascere, come  rilevò  il  prof, 
Guzzoni  (non  nelle  ricordate  per  le  (pia- 
li compose  l'Ode,ina  ne'rammentati  Mo- 
numenta) e  chiamandole:  poetiche  upu- 
pe, che  tanto  miserabilmente  singhiozza- 
no attorno  a'  talami  delle  spose. 

TRE VICOoTUI  VICO o  VICO  DEL- 
LA BARONI  A,  Trevicuui,Tri\.'icumy  Fi- 
cus Barouiae.  Città  vescovile  del  regno 
delle  due  Sicilie,  nellj  provincia  del  Prin- 
cipato Ulteriore,  in  mezzo  agli  Apennmi, 
lungi  da  Napoli  per  la  via  del  passo  di  Mi- 
rabella, Grotta  e  Castello  della  lì  noni  1 
2  3  miglia.  Dicesi  appellata  Trevico  «lai 
tre  Fichi  uniti  insieme,  che  formano  la 
città,  che  pure  viene  denominata  Monte, 
di  ì  ico.  Non  è  situata  in  elevato  munte 
quasi  inaccessibile, come  vuole  l'Ughelli, 
ma  in  pianura  come  nota  il  Coleti.  Il  mon- 
te le  è  alquanto  distante.  Egualmente  è 
esagerato  che  trovisi  in  temperatura  fred- 
da, ed  espo>ta  a'  venti.  E  cinta  di  mura 
con  3  porte,  di  elegante  e  forte  torre,  ol- 
tre un  castello  di  difesa,  eretto  dagli  an- 
tichi re  di  Napoli.  Ma  tali  edilizi  per  le 
vicende  de' lem  pi  sono  degradati.  I  terre- 
moti e  le  pestilenze  fecero  rovinare  altri 
magnifici  edilizi.  L'antica  cattedrale  di 
conveniente  struttura  è  dedicala  alla  B. 
Vergine  Assunta, ed  Ita  il  battistero  ch'è 
l'unico  della  città,  poiché  questa  chiesa  è 
pure  la  sola  parrocchia,  in  cura  dell'ar- 
ciprete. Aggiungerò  col  Coleti,  che  nel- 
l'altare maggiore  della  cattedrale  si  ve- 
nera il  corpo  del  s.  levita  e  martire  Eu- 
plio,  principale  patrono  della  città;  nella 
quale  pure  si  venerano  altre  rei iquie,  co- 
me il  corpo  di  s.  Felice  martire,  e  quelle 
insigni  di  s.  Rosalia  vergine  di  Palermo, 
altra  protettrice  di  Trevico.  Avea  l'ospe- 
dale pe' pellegrini,  e  4  confraternite.  Vi 
sono  due  altre  mediocri  chiese.  Il  capi- 
tolo si  compoueva  di  4  dignità,  iarcidia- 


7  2  T  a  E 

cono,  rniciprete.il  primicerio,  il  tesorie- 
re, di  8  canonici,  e  di  alcuni  preti  cap- 
pellini! titolari.  Riferisce  1' Ugheili,  Ita- 
lia saca,  t.  8,p.  379,  Trivicaniseu  l  i- 
t  ani  /episcopi,  die  la  diocesi  era  piccola, 
ul  facile  unius  dici itinere  peragri pos- 
si t.  Si  compose  di  5  terre:  Piumato  con 
chiesa  collegiata,  arciprete  ei  o  canonici, 
ed  il  convento  de' francescani  conventua- 
li; Castello  della  Baronia  distante  2000 
passi  dalla  città  ,  dove  il  vescovo  soleva 
passate  la  maggior  parte  dell'anno;  Ca- 
rdio; s.  Sosso;  e  s.  Nicola.  In  tutta  la  dio- 
cesi si  «onta  vano  5  parrocchie,  4  conven- 
ti di  religiosi,  3  monasteri  di  monache  e 
uno  di  mendicanti.  La  mensa  del  vesco- 
vo ascendeva  a  800  ducati,  ed  era  lassa- 
to ne'lihri  della  camera  apostolica  in  (ìo- 
rini  1  7(1.  Il  Coleti,  Italia  sacra  t.  1  o,  p. 
347,  Addenda  et  corrigenda  ad  Tri- 
vicanos,  riporta  interessanti  notizie  sulla 
città,  sulla  diocesi,  sul  capitolo,  sua  men- 
sa e  indegne  corali  della  mozzelta  pao- 
nazza. Riprodusse  la  bolla  di  Giulio  lil 
del  1  55o,  Cuiii  a  uobis,  diretta  al  capi- 
tolo e  sull'elezione  de'canonici.  La  suc- 
cessivi» sentenza  emanata  nel  1571  dal 
vescovo  d'Aliano,  a  eiòdelegato  da  s.  Pio 
V,  per  le  controversie  insorte  tra  il  ve- 
scovo e  il  capitolo,  sulla  nomina  de'  ca- 
nonici e  delle  preheiule;  e  le  posteriori 
risoluzioni  della  s.  Sede.  1  suoi  dintorni 
•producono  piante  medicinali  preziose.  Vi 
nhhonda  il  frumento,  il  vino,  i  frutti,  la 
cacciagione,  gli  ottimi  pascoli,  e  le  acque 
salubri,  d'una  delle  quali  trattò  il  Peno, 
De  podagra.  S'ignora  l'origine  di  Tre- 
vico;  essa  peiò  è  aulica, e  al  due  del  Sar- 
nelli,  Memorie  ricali  arcivescovi,  di  He- 
nevenlo  pag.  254,  "e  ^-'ce  menzione  Ca- 
lazio ne'  suoi  sermoni.  Teudimus  hinc 
recto,  Bencvenlum  .  .  .  .  Incipit  e. e  ilio 
monte 3  yipidia  nolos -Ostentare  milii, 
y«ov  lorret  dia/màis,  et  utios-  Nun- 
(/nani  erepsemus,  rasino*  vicina  Trevi- 
CÌ  I  illa  1  ccepissc.l.  Trevico  segui  le  vi- 
cende politiche  degl'illuni  del  Sannio,e 
perciò  delie  principali  città  delia  legione, 


T  R  E 

Avellino,  Ariano,  s.  Angelo  de'  Lombar- 
di, IViixco,  Laccdonia,  Bisaccia,  Conta, 
Frigento  e  /Monte  l  ergine.  Già  fu  feu- 
do e  marchesato  della  nobilissima  fami- 
glia Loffredi.  La  sede  vescovile  fu  eretta 
Del  secolo  XII,  sutfraganea  della  metro- 
poli di  Benevento.  111. "vescovo  fu  Ama- 
to I,  Trivicanus  seu  Vicanus  Kpiscopus, 
che  nel  1  1  35  sottoscrisse  hi  donazione  ri- 
portata da  Ugheili  e  fatta   da    Riccardo 
P  ìcani  Toparchae,  al  celebre  monaste- 
ro di  s.  Maria  di  Monte  /''ergine,  della 
chiesa  di  s.  Giovanni  col  casale  Ac rpi a- 
tae.  11  vescovoRoggero  intervenne  al  coti-- 
cilio  generale  di  Lati-ratio  III  nel   1  179, 
e  con  altri  sulhaganei  di   Benevento  lo 
sottoscrisse.  Di  Amalo  11  del  1  i83  si  fa 
menzione  nell*  istromento  riprodotto  da 
Ugheili,  con  cui  istitiù  il  rettore  della  chie- 
sa di  s.  Euplo  nella  sua  diocesi,  della  qua- 
le non  al  capitolo  Vicanum,  ma  a  Gu- 
glielmo de  Fulzone  apparteneva  il   pa- 
dronato: in  questo  documento  Amalo  II 
s'intitola,  Dei gratia  Vicanus  epis.Rai- 
mondo  de  Zottoni  citladiuo  e  canonico  be- 
neventano fu  eletto  vescovo  Vicanus  nel 
1  252  da  Innocenzo  IV,  colla  lettera  Pe- 
titio  tua  nobis,  presso  Ugheili.  Per  circa 
90  anni  non  si  conoscono  i  successori,  si- 
no a  Giovanni  che  nel  1  34o  fu  alla  con- 
sagrazione  della  chiesa  di  s.  Chiara  di  Na- 
poli. Clemente  VI  nel  1  344  «lesse  fi-,  Ge- 
rardo domenicano,  consagrato  in  Avigno- 
ne dal  vescovo  di  Porto,  poi  traslato  a  lì  1- 
polla,  mentre  da  Monte  Marano  vi  fu  Ira- 
sferito  nel  t  34^, /''""'  Trivieauiiineeele- 
siain,  Ir.  Ponzio  Excondevilla  domenica- 
no. Indi  Giovanni,  MarcucciojDouato  del 
i4o6,  Nicola  già  arcidiacono  nel  iJ2  2, 
Antonio  Morelli  arcidiacono  Trivicanus 
nel  i434.  Gregorio  Attacco  trattato  nel 
1  45o  in  Orislagno  chiesa  arci  vescovile  di 
Sardegna,  Michele  eletto  nel  1  4y5  rinun- 
ziò nel  1497,  Giacomo  Torcila,  Girolamo 
morì  nel  (52i,  Sisto  Signazi  de  Arrivai 
liois  decano  di  Cassano  ima  to  nel  1  r>  j  1 , 
cui  successe  Sebastiano  d'Ancona  dello 
di  Segui  e  qui  vi  trasferito.  Nal  i54o'  Pian- 


T  II  E 

cesco  de  Leo  arciprete  d'Altavilla  dioce- 
si di  Benevento;  neh  562  Agostino  Mol- 
lignato  vercellese,  senatore  di  Torino,  o- 
retore  del  duca  di  Savoia  al  concilio  di 
Trento,  traslato  a  Bertiuoro.  Nel  i  564  *•*• 
Girolamo  Politi  cremonese  domenicano; 
Del  i  "j^oBernardiuo  Oliva  aquilano,mor- 
to  dopo  pochi  mesi  a  Roma  e  sepolto  in 
Araceli  con  epitaffio;  neli5y6  fi*.  Anto- 
nio Calducci  foilivese  domenicano;  nel 
i58o  Alfonso  Pardo.  Nel  i6o3  fr.  Gre- 
gorio Servanzi  di  s.  Severino  (f^.)  dome- 
nicano, teologo  del  cardinal  dietro  Aldo- 
brandini,  dotto  e  valente  predicatore,  or- 
nato di  molte  virtù.  Egli  avea  avuto  il 
colaggio  di  affìggere  la  scomunica  \nFer~ 
rara,  quando  devoluta  alla  s.  Sede  si  pre- 
tendeva impedirlo  collearmi  dal  duca  Ce- 
sare e  da'suoi  partigiani.  Caro  a  Clemen- 
te Vili  e  da  esso  occupalo  in  gravi  inca- 
richi, volle  che  nel  1604  accompagnas- 
se il  suo  nipote  cardinal  Aldobrandiui  ri- 
cordato a  Ravenna,  per  averlo  provve- 
duto di  quella  chiesa,  e  compilasse  il  si- 
nodo diocesano  che  si  proponeva  cele- 
brare, come  eseguì.  Nelle  differenze  in- 
sorte tra  la  repubblica  di  Venezia  e  Pao- 
lo V,  pubblicò  nel  1606  in  Bologna:  Di- 
fesa della  potestà  et  immunità  eccle- 
fiastìca  contro  le  8  proposizioni  di  un 
dottore  incognito  sopra  il  breve  di  ceti» 
sur  e  di  Papa  Paolo  /'pubblicate  con- 
tro li  signori  veneziani.  Egli  fu  pure  au- 
tore di  altri  scritti.  Da  Ravenna  porta- 
tosi in  Roma,  rinunziò  nel  1607  la  sede 
di  Trevico;  ed  avendo  la  sua  salute  de- 
teriorato, morì  inCameriuo  nel  1608  e 
fu  sepolto  nella  chiesa  del  suo  ordine.  Ab- 
biamo il  Commentario  storico-critico 
su  la  vita  di  nig.r  Gregorio  Servanzi 
domenicano  vescovo  di  Trevico,  scritto 
dal  conte  Raffaele  Servanzi  di  Sanseve- 
77/20,  Macerata  1 84 1 .  Nel  1 607  Girolamo 
MezzamieodiCastel  Bolognese  lodato;  nel 
1  636  Orazio  Muscettola  dotto  napoleta- 
no; nel  1  638  Fabio  Magnesi,  poi  traslalo 
a  Ostimi;  nel  1640  Silvestro  de  Afflitto 
napoletano  teatino  indi  di  Lucerà  ;  nel 


T  RE  7 3 

1643  Alessandro  Salzilla  da  Sii  vestii, pas- 
salo  quindi  a  s.  Angelo  de' Lombardi;  nel 
1646  Donato  Pascasioceleslino  morto  nel 
Castello  della  Baronia;  nel  1  66  j  Mar- 
co Vaccina  tli  A  fragola;  nel  1672  Luca 
Tisbia  chierico  regolare  minore,  cessato  di 
vivere  nelCastello della  Baronia.Neli6g3 
Francesco  Proto  de'marchesi  Speda  na- 
poletano, celebrò  più  sinodi  nella  catte- 
drale, e  in  occasione  deli. "tenuto  l'8  set- 
tembre 1  6q4  con  gran  concorso  di  popo- 
lo, per  essere  la  festa  della  B.  Vergine  det- 
ta de  Libera  dell'  immagine  d'antichis- 
sima venerazione,  e  per  la  pubblica  lìe- 
ra,  avvenne  un  grave  disastro.  Imperoc- 
ché insorto  con  impeto  un  terribile  ter- 
remoto abbattè  molti  edilìzi,  insieme  al- 
la cattedrale,  al  suo  sagrario  e  campa- 
nile altissimo  di  più  ordini  e  formato  d'e- 
leganti marini  ,  e  gettato  colle  campane 
sulla  piazza  della  cattedrale  ,  restandovi 
sepolte  molte  vittime.  Restaurata  la  cat- 
tedrale e  diversi  altri  edilizi,  essendo  mor- 
to il  vescovo  nel  1701  nel  Castello  della 
Baronia,  durante  la  sede  vacante  ,  altro 
terremoto  afìlisse  la  città  a'  i4  marzo 
1702,  mentre  n'era  vicario  capitolare  il 
nobile  trevicanoe  benemerito  Francesco 
Colmeta  arcidiacono. Nel  dicembre  diven- 
ne vescovo  Simeone  Viglini  napoletano 
eruditissimo,  predicatore  delle  s.  missio- 
ni, con  singoiar  applauso  della  diocesi, 
eh'  egli  illustrò  col  zelo  e  colle  virtù,  ri- 
pristinando con  santissime  costituzioni  la 
pubblica  morale,  con  esperta  vigilanza  e 
la  predicazione.  Non  è  dirsi  con  poche 
parole  (pianto  egli  incessantemente  ope- 
rò, migliorando  il  clero,  soccorrendo  i  po- 
veri ,  ristorando  le  rovine  prodotte  dal 
terremoto,  inclusivamente  alla  cattedra- 
le e  all'episcopio,  e  migliorando  la  mensa. 
Contribuì  alla  riedilìcazione  della  chie- 
sa di  s.  Euplo  levila  e  martire,  primario 
patrono  di  Trevico,  posta  in  Acfitarii  op- 
pidi,  ove  il  duca  di  Flumaro  Giuseppe  de 
Ponte  impiegò  rilevante  somma  per  la 
fabbrica  e  per  la  parrocchia  istituita  per 
la  popolazione,  e  le  donò  la  reliquia   del 


74  T  II  E 

santo  da  custodirsi  con  duplice  chiave. 
L'ottimo  vescovo  patì  le  conseguenze  del- 
l'insorte dissensioni  nelsuo  seminario.  Nel 
sinodo  celebrato  nella  cattedrale  a'iq  set- 
tembre i  704,  con  gran  pompa  di  vota  col- 
locò nell'altare  maggiore  il  corpo  di  s.  Eu- 
p!o,  dopo  ricognizione  giuridica  ;  al  cui 
onore  il  vescovo  elegantemente  compo- 
se e  pubblicò  colle  stampe  e  si  legge  nel- 
l' Italia  sacra,  la  sequenza,  l'antifona  e 
I'  orazione  propria.  Traslato  a  Tricari- 
co,  anche  in  quell'articolo  ne  celebrai  le 
sue  virtù  eminenti  e  la  santa  vita,  e  che 
fu  decoro  non  meno  delle  chiese  di  Tre- 
vico  e  di  Tricarico,  che  di  tutta  la  gerar- 
chia ecclesiastica.  Nel  1720  gli  successe 
Domenico  Filomarino  nobile  napoletano 
teatino,  dotto  e  zelante  pastore, difensore 
acerrimo  della  libertà  ecclesiastica.  Con 
questi  nell'Italia  sacra  si  termina  la  se- 
rie de'vescovi,  che  compitò  colle  Notizie 
di  Roma.  Nel  1733  Francese' Antonio  de 
Leonardis  della  diocesi  di  Capuajnel  1  739 
Mei-nardo  Onoralid'lschia;  nel  1  774  Giu- 
seppe Pasquale  Rogani  della  diocesi  di 
Rossano;  nel  i  792  Agostino  Gregorio  Go- 
1  i ni  di  Giuliano  diocesi  d'Aversa,  che  ne 
fu  l'ultimo  vescovo.  Imperocché  Pio  VII, 
colla  bolla  De  utiliori  dominicae  vineae, 
de'28  giugnoi8i8,  Bull.  liom.  cont.  t. 
1  5,  p.  56,  soppresse  la  sede  vescovile  di 
Trevico,  e  in  perpetuo  I'  uni  a  quella  di 
Macedonia  (^.),  tutlora  governata  dal 
vescovo  notato  in  tale  articolo. 

TREVISO  o  TliEVIGl  o  TRIVIGI 
(Tarvisin).  Città  antica  e  forte  della  Ve- 
nezia terrestre  con  residenza  vescovile,  nel 
regno  Lombardo- Veneto,  capoluogo  del- 
la provincia  e  del  distretto  del  suo  nome, 
a  6  leghe  da  Venezia  e  9  da  Padova,  in 
bella  pianura.  Ha  la  figura  d'un  rettan- 
golo cinto  di  buone  mura,  con  bastioni  e 
niezzelurie  fatte  costruire  tutto  all'intorno 
ne'  primi  anni  dopo  ih  5oo  da'veneziani 
per  opera  di  fra  Giocondo,  celebre  archi- 
letto  veronese.  Al  sud  sonovi  opere  di  for- 
tificazione con  angoli,  che  per  anacroni- 
smo si  attribuirono  alla  scuola  del  Sam- 


T  R  E 
nuotiteli,  anzi  altri  reputano  anteriori  a  fra 

Giocondo  stesso.  Ebbe  questi  propugna- 
coli in  benemerenza  d'essere  slata  (piasi  la 
sola  città  fedele  alla  possente  repubblica 
di  Venezia,  assalita  poderosamente  da'col- 
legati  di  Gambray.  A  pie  di  queste  for- 
tificazioni entra  in  città  il  fiume  Silc, di- 
stratta parte  minore  delle  sue  acque  lun- 
go la  fossa  urbana  di  mezzodì  a  formar 
un  canale  che  anima  la  regia  raffineria  ili 
nitri  e  fabbrica  di  polveri.  Nel  Site  met- 
te il  [jotteniga  o  Piavesella,  anticamente 
detto  Cagnauo,  che  nato  come  quello  a 
poche  miglia  di  distanza  dalla  città,  vi  ar- 
riva sotto  un  bel  ponte  che  fa  parte  del- 
le mura,  e  dal  nord  al  sud  la  irriga  con 
5  canali  artificiali  detti  volgarmente  Ca- 
gliarli.Il  Sileesce  daTreviso  navigabile  per 
le  barche  di  tio,ooo  chilogrammi,  coi  tra- 
sporta nelle  Lagune  di  Venezia  ed  in  ma- 
re: questa  comunicazione  fluviale  è  van- 
taggiosa al  traffico  per  le  sue  acque;  da 
esse  poi  sono  attivati  i  numerosi  opificii, 
mulini,  fucine  e  cartiere,  che  ne  esercita- 
no l'industria.  Oltre  a  que'due  fiumi  la 
città  ha  dovizia  di  limpidissime  fonti,  co- 
me ha  ottimo  clima,  belli  e  variati  pas- 
seggi, e  un  circondario  suburbano  riden- 
te, seminato  di  nuove  strade,  palazzi,  giar- 
dini, canali  minori  e  roggie  ina  ni  fa  Ite,  e 
però  stabilimenti  d'industria,  de'quali  più 
abbondano  le  cartiere  e  le  macine,  e  più 
si  distinguono  le  fàbbriche  di  stoviglie  ed 
i  laboratori  del  rame  e  del  ferro.  Princi- 
palmente la  strada  chiamila  Terragno, 
che  dalla  porta  Attilia  conduce  a  Venezia, 
non  solo  è  meravigliosa  per  hi  sua  solidi- 
là,  ma  ancora  perchè  adornata  ad  ogni 
tratto  da  graziosi  casini,  che  colla  delizio- 
sa varietà  le  aggiungono  vaghezza.  Il  ma- 
teriale della  città  forma  da  qualche  tem- 
po l'oggetto  di  spese  municipali  e  priva- 
te, la  maggior  parte  per  togliere  le  brut- 
ture del  medio  evo,  col  tagliare  le  case  e 
appianare  il  pavimento;  onde  diverse  con- 
trade primeggiano  pegli  eseguili  abbelli- 
menti, non  clie  pe'decorosi  ed  i  fi  zi  priva 
ti  e  pubblici,  notandosi  fra 'primi  le  ino- 


, 


TRE 

ncabitazionidelle  nobili  famiglie  Bre- 
scia, Polo,  ec.  Jnfalti  si  legge  nella  dispen- 
sa de'  i  5  gennaio  i  855  della  Cronaca  di 
Milano,  del  eh.  cav.  IgnazioGantù.»  An- 
che la  città  di  Treviso  non  manca  di  con- 
tinui abbellimenti.  La  cattedrale  fu  dian- 
zi meglio  decorata  nella  cappella  maggio- 
re; nella  chiesa  di  s.  Nicolò,  già  de'dome- 
nicani,  si  restaura  per  intero  il  tetto,  di 
questa  chiesa  istorica  che  ricorda  quel  Be- 
nedetto XI  (che  con  l'abito  di  detto  or- 
dine e  il  nome  di  Nicolaus  de  Tarvisio 
eravi  stato  religioso,  e  divenuto  Papa  re- 
galò di  certe  tavolette  d'  argento  ad  uso 
d'aliare,  ed'una  croce  simile,  che  poi  pas- 
sò alle  monache,  oltre  l'indulgenza  ple- 
naria a  chi  avesse  visitato  la  chiesa  nelle 
3  feste  di  Pasqua  di  Risurrezione,  come 
rilevo  dalle  sue  Memorie  di  fr.  Nicolò  da 
Trevigi  de' predicatori),  su  cui  il  nostro 
bravissimo  Giuseppe  Bianchetti  diede  an- 
ni sono  un  eccellente  discorso.  Qui  si  prov- 
vede anche  ad  uno  spaccio  pel  pesce  in 
luogo  meno  im poi  timo  che  non  trovasi 
oggi,  cioè  presso  il  ponte  s.  Parisio,  luo- 
go dimeno,  con  acque,  che  cingendo l'elit- 
tico  edilizio  lo  rendono  continuamente 
pulito.  E  tracciata  la  ferrovia  di  qui  per 
Conegliano;  già  quasi  finiti  i  manufatti, 
che  tutta  la  corrono  (ora  questa  ferrovia 
è  già  in  attività).  Al  ponte  sul  Sile,  la- 
voro titanico,  si  fanno  ora  le  opere  di  or- 
namento, sicché  fra  poco  sarà  distrutta 
la  distanza  fra  Conegliano  e  Venezia.  Né 
possiamo  tacere  l'edifìzio  che  qui  innalzò 
il  signor  V it torelli  per  la  fabbrica  dello 
zucchero  di  barbabietole,  il  quale,  se  po- 
trà aver  conseguenze  paria!  coraggio, do- 
vrà pure  ritrarre  grandi  vantaggi  ila  que- 
sta speculazione.  Chi  conosce  nel  borgo 
di  Treviso  la  riviera  di  s.  Margherita,  ce- 
lebre pel  suo  magnifico  tempio,  sa  che  il 
precipitevole  Sile  aggiunge  bellezza  al 
luogo.  Ebbene  i  trevigiani  qui  crearono 
quello  di  cui  aveano  desiderio:  un  pub- 
blico passeggio.  L'opera  risponde  al  biso- 
gno. S'alzarono  solidi  fondamenti,  para- 
petti ili  ferro;  fu  acciololalo  e  selciato  il 


T  R  E  75 

terreno,  ornato  con  parapetto  di  ghisr»  il 
ponte  rifatto  in  pietra;  erettivi  edilìzi  de- 
corativi, tutto  in  somma  vi  fu  reso  degno 
delloscopoacui  deve  servire.  Né  si  lasciò 
nudo  l'esterno  della  porta  s.  Tommaso, 
che  nelle  vicende  del  1848  perdette  i  bei 
pioppi  di  cui  era  ricinta.  Ora  a'  pioppi 
subentrarono  ipocaslaui  ,  che  daranno 
tranquille  frescure  a  questi  cittadini".  La 
cattedrale,  antichissimo,  magnifico  e  ot- 
timo edilìzio, èopcra  de'Longohardi,  ter- 
minata di  costruire  nel  1  1 4 1  mostra  i  vi- 
zi architettonici  di  quell'epoca,  ma  la  fan- 
no degna  d'ammirazione  anco  perchècon- 
tiene  pitture  di  Paris  Bordon  trivigiano, 
di  Paolo  Veronese,  di  Tiziano,  ed  altri  va- 
lenti dipintori.  Il  granile  atrio,  anni  ad- 
dietro fu  eretto  nobilmente,  e  pel  quale 
olfrì  il  [."progetto  Giordano  Riccati,  figlio 
di  Jacopo  e  fratello  di  Vincenzo,  f  miiglia 
trivigiano  di  matematici,  per  cui  l'Italia 
non  invidia  alla  Svizzera  i  suoi  Bernoul- 
li.  E  sotto  l'invocazione  di  s.  Pietro  prin- 
cipe degli  Apostoli,  e  possiede  molte  insi- 
gni reliquie,  fra  le  quali  nell'altare  mag- 
giore si  venera  il  vero  corpo  di  s.  Libe- 
rale di  A  Itino  con  fessore,pa  trono  del  la  cit- 
tà e  diocesi.  La  cura  d'anime  si  esercita 
pel  capitolo  da  due  preti  chiamati  sagri- 
sti,ma  il  battistero  è  nella  prossima  chie- 
sa di  s.  Gio.  battista.  Il  capitolo  si  com- 
pone di  3  dignità,  la  1  /delle  quali  è  il  de- 
cano, dell'arcidiacono  e  del  piimicero,  di 
1 4  canonici  compresele  prebende  del  teo- 
logo e  del  penitenziere,  di  due  ceremonie- 
ri  maestri  del  canto  Gregoriano, ili  8  man- 
sionari, di  20  prebendati  e  di  altri  chieri- 
ci addetti  ài  servigio  divino.  L'episcopio, 
buon  edilizio,  è  prossimo  alla  cattedrale. 
Oltre  di  questa,  nella  città  vi  sono  altre 
4  chiese  parrocchiali  munite  del  s.  fonte: 
tra  le  altre  più.  belle  chiese  tornerò  a  ram- 
mentare la  già  ricordala  e  vasta  di  s.  Ni- 
colò, edificala  col  convento  dalla  città, che 
neh  22  r  la  consegnò  a'doinenicani;  indi 
nel  inchiostro  presso  la  sagrestia  nel  1  3  j2 
Tommaso  da  Modena  l'adornò  colle  im- 
magini dts'personaggi  in  dottrina,  io  di- 


7f>  T  II  E 

gnilà  e  in  matita  fino  «Ilota  fiorili  nel- 
l'ordine de' predicatoti,  collii  serie  de'pioi 
generali  e  delle  sue  provincie,  inclusiva- 
mente  all'effigie  ilei  b.  Benedetto  XI  co- 
ronala di  raggi,  il  quale  alcuni  scrissero 
che  edificò  la  chiesa;  forse  l'avrà  fatta  re- 
staurare. Ivi  è  un  quadro  di  Ir.  Sebastia- 
no del  Piombo,  e  altri  di  buoni  autori.  Di 
tutti  i  conventi  e  monasteri  esistenti  già 
in  Treviso,  e  rammentati  ixeW  Italia  sa~ 
era  ,  ora  secondo  I'  ultima  proposizione 
concistoriale  per  l'odierno  vescovo,  non 
vi  è  che  il  convento  de'cartnelitani  scal- 
zi; bensì  vi  sono  diversi  sodalizi,  il  mon- 
te di  pietà,  l'ospizio de'poveri, altri  diver- 
si luoghi  pii,  l'ospedale  per  qualunque  ge- 
nere d'infermi,  il  Seminario  con  nume- 
rosi alunni.  Rilevai  in  tale  articolo,  che 
desso  fu  eretto  prima  che  il  concilio  di 
Trento  prescrivesse  la  fondazione  de'se- 
miliari  vescovili  ,  colla  bolla  Injunctuin 
ìiohis,  <\t-ì5  settembre  1 4^7,  di  Eugenio 
IV,  presso  il  Calogeri,  Raccolta  d'o/)U' 
scoli,  t.  49.  p-  4^^  >  mediante  I'  unione 
dell' ospedale  di  s.  Giacomo  de  Schiriali 
de'  lebbrosi  e  la  prebenda  della  vicaria 
«Iella  cattedrale,  perchè  s'istituisse  un 
maestro  in  dh'inis,  che  insegnasse  a  1  2 
scolari  chierici  la  grammatica,  il  canto 6Ct 
clesiastico,e  pel  loro  mantenimento.  Ve- 
ramente nell'  anno  precedente  Eugenio 
]  Vavea  fatto  eguale  istituzione  in  Firen- 
ze (/  .),  con  abitazione  vicino  alla  chiesa, 
per  cui  F  annalista  Spondano  vi  osservò 
la  pratica  o  forse  l'origine  de'seoiinari  ve- 
scovili, aìl'an.  1 4-36,  §6.  Il  monte  di  pietà 
fu  stabilito  da'ciltadiin  nel  1  497>^d  è  tut- 
tora abbondante  di  mezzi  all'uopo,  dov'è 
un  bel  dipinto  di  Giorgioue  ,  fondatore 
della  scuola  Lombarda,  ma  nato  in  que- 
sto circondario.  L'ospedale  civile  pegl'in- 
fermi,  la  cui  origine  è  deliifii,  fu  am- 
pliato a' nostri  giorni  con  magnificenza, 
fiorente  di  rendile:  vi  sono  pure  degli  al- 
tri speduli.  Il  comune  ha  un  orto  botani- 
co e  agrario,  ed  una  pubblica  biblioteca, 
la  quale  aumentata  di  alcuni  libri  dal  ca- 
pitolo della  cattedrale,  oltre  agli  studiosi 


TRE 

circa  3?., 000  volumi, abbondandodi  pre- 
ziose edizioni,  e  specialmente  di  quelle  ni- 
tide e  appartenenti  alla  rinomala  tipogra- 
fia di  Treviso  de'primi  tempi  della  Stam- 
pa, cioè  del  1470  e  successivi,  che  pub- 
blicò i  classici  greci,  Ialini  e  italiani,  oltre 
altre  opere  importanti.  Merita  ricordar- 
si fra  gli  antichi  palazzi  la  Canonica  nuo- 
va,e  la  sala  della  Ragione,ora  archivio  no- 
tarile; come  deve  nominarsi  il  teatro. Nel- 
l'archivio municipale  si  conservano  co- 
piosi monumenti,  diplomi  e  carte  antiche 
ottime  ad  illustrare  la  storia  civile  della 
patria:  ne  pubblicò  un  importantecatalo- 
go  il  conte  Vittore  Scotti,  mentre  il  fra- 
tello Antonio  fece  quello  per  la  storia  ec- 
clesiastica della  medesima,  di  diplomi  e 
altre  carte  antiche.  Il  catalogo  di  Vittore 
lo  pubblicò  il  p.  Galogerà  nella  Lettera 
d'un  Trevigiano,  nel  t.  3o,  p.  io5.  Nel 
i5io  vi  fu  istituita  un'accademia  lettera- 
ria, che  sotto  vari  nomi  vi  si  è  sempre  con- 
servata; e  nel  17 32  vi  venne  fondata  una 
colonia  d'Arcadia.  Vi  fiorisce  un  Ateneo 
di  scienze  e  lettere,  che  stampa  i  suoi  at- 
ti, e  novera  tra 'suoi  soci  illustri  scienzia- 
ti, letterati  e  altri  personaggi  cultori  dei 
buoni  studi.  Pertanto,  ed  a  cagione  d'im- 
peritura riconoscenza  qui  dirò,  che  il  co- 
spicuo corpo  accademico,  previo  rappor- 
to della  comtnissionedelegatadalsuocoii- 
siglio  all'  esame  e  relazione  di  questa  mia 
opera,  per  incoraggiarmi  all'ardua  im- 
presa ,  ed  alle  mie  laboriose  e  incessanti 
fatiche  studiose,  nel  1841  si  degnò  aggre- 
garmi al  celebrato  Ateneo  di  Treviso  qual 
socio  onorario,  colle  forme  più  lusinghie- 
re e  onorevoli.  Inoltre  nella  città  vi  sono 
scuole  secondo  il  sistema  attuale;  antica* 
mente  vi  avea  un'università,  che  fu  poi 
concentrata  nella  celeberrima  della  vici- 
ni Padova.  P reclamisti ruo  vanto  ha  Tre- 
viso di  aver  coltivato  con  ardore  le  lette- 
re eie  scienze  Cui  dall'annui  200,  in  cui 
già  vi  era  un  accreditato  ginnasio,  che 
Federico  III  il  Bello  d'Austria,  coiilen- 
denle  all'impero  con  Lodovico  il  litwart>, 
eresse  nella  delta  pubblica  università  nel 


1- 

! 


T  II  E  THE  77 
*3i8,  et!  ove  sedettero  fra'molti  illustri  za  clie  alcuni  paesi  in  questo  o  quel  ter* 
dottori  Pietro  d'Abano  e  Gino  da  Pisto-  ritorio  fossero  soggetti  a  un  regime  feu- 
ia.  Per  lai  motivo  fu  tra  le  prime  città  dale.  La  provincia  attuale,  costituita  nel 
venete,  che  del  benefìcio  si  giovasse  del-  18  i  5  colla  creazione  del  regno  Lombar- 
la  stampa,  come  lo  celebrò  il  Federici  nel-  do- Veneto,  si  divide  ini  o  distretti,  per- 
la sua  opera:  Sulla  Tipografia  Trevi*  che  Noale  fu  unito  a  quella  di  Padova, al- 
giana  del  secolo  XP'je  Giovanni  Boni-  la  provincia  di  Venezia  venne  aggregalo 
fìicio  di  Rovigo  nell' Istoria  di  Trivigi,  il  territorio  di  Mestre,  oltre  il  paese  di  s. 
Venezia  1^44'  *n  Treviso  fu  già  il  colle-  Dona  die  prima  dipendeva  da  Oderzo;nel 
gio  di  dottori  che  costituiva  un  tribuna-  distretto  di  questo  fu  compreso  queliti  di 
le  d'appello  per  la  Dalmazia  e  l'Albania,  PortobufTolè,  e  il  vasto  lei  ritorio  antico  di 
ed  avea  il  privilegio  di  ammettere  alla  Treviso  trovossi  suddiviso,  cosicché  si 
professione  forense.  La  fertilità  del  suo  aggiunsero  alla  provincia  di  Belluno  ai- 
territorio  costituisce  delle  sue  naturali  cune  sue  ville  subalpine,  e  alla  provincia 
produzioni  una  rendita  cospicua,  e  vi  si  di  Venezia  quelle  prossima  alle  paludi,  e 
aggiungono  manifatture  di  seta,  di  colo-  si  formarono  3  distretti, Treviso,  Monte  - 
ne  e  di  lana,  colla  detta  fabbrica  di  fine  bellona,  Valdobbiadene,  sull'esempio  del 
terraglie,  ed  altra  di  armi.  La  popolazio-  1806  in  cui  per  la  i  ."volta  Monlebclluua 
ne  della  città  supera  i  i4,ooo  abitanti,  e  Valdobbiadene  divennero  centro  d'un 
Alla  città  sono  aggregale  7  parrocchie  SU-  circondario.  La  provincia  è  amministra* 
balternedi  circa  6000  abitatori,  ed  altra  ta  da  un  regio  delegato,  da  cui  dipendo- 
fiazioni;  cioè  s.  Agnese  ora  s.  Giuseppe,  nodirettamente  in  ogni  distretto  un  regio 
s.  Bartolomeo,  s.  Ambrogio  della  Fiera,  commissario,  e  in  Treviso,  città  regia,  la 
s.  Pancrazio,  s.  Tommaso,  s.  Martino,  s.  congregazione  municipale.  Evvi  inoltre 
Lazzaro  di  Ghirarda,  s.  Dona,  s.  Pale  e  un  tribunale  civile,  criminale  e  mercan- 
s.  Antonino;  laonde  questo  comune  capo-  tiledi  provincia, e  in  ciascun  distretto  una 
luogo  ha  un  eslimo  complessivo  di  più  pretura  civile.  Evvi  pure  un'intendenza 
che  700,000  scudi.  E  rappresentato  da  provinciale  delle  regie  finanze  e  demanii 
un  consiglio  e  amministrato  da  una  con-  e  ogni  altro  oflizio  pe'diritli  uniti  e  un  i- 
gregazione  municipale,  la  quale  è  in  ili-  spettorato  postale.  La  nuova  provincia  di 
retta  corrispondenza  col  regio  delegato  Treviso  ha  una  popolazione  di  circa 
della  provincia;  infine  monda  un  suo  e-  24°>000  abitanti.  Ila  la  provincia  luio- 
sctusivo  deputato  presso  la  congregarlo-  ne  strade,  ameni  e  incantevoli  punti  di 
ne  provincialedi  Trevisoecenlrale  di  Ve-  vista;  il  clima  ò  sanissimo;  chiara,  fesca 
nezia.  La  provincia  di  Treviso  è  una  «lei-  e  dolce  è  l'acqua;  il  territorio  sparso  di 
le  8  componenti  tra  il  Mincio  e  l'Isonzo  case  signorili  e  brnoli  e  giardini  io  pia- 
la giurisdizione  del  governo  di  Venezia,  no  ed  in  collina.  Abbonda  principalnicn- 
Non  coincidecol  Trevigiano  propriamen-  le  di  vini,  seta,  ferro  e  legname  da  costiti- 
te  dello,  ossia  la  provincia  aulica  di  Tre-  zione.  La  provincia  e  la  città  di  Treviso 
viso  quale  rimase  poco  dopo  il  1000  e  si  vanta  la  nascila  di  moltissimi  uomini  il- 
inautcnne  sino  al  1  806;  meno  colla  Mar-  bistri  in  santità  di  vita,  nelle  dignità  eo- 
ca  (/'.)  Trevigiana  costituita  al  tempo  clesiasliche,  nelle  scienze,  nelle  arti,  ncl- 
de' Longobardi.  La  provincia  antica  di-  l'armi.  Il  b.  Benedetto  XI  Boccasini  ,  i 
videvasiini  1  terrìtorii,cioè  quello  di  Tre-  cardinali  Teodoro  Lelio,  Giacomo  Mo- 
viso  ch'era  ben  due  quinti  dell'intero  Tre-  nico  patriarca  di  T  eneziaj  altri  canlina- 
vigiano,eque'di  Castelfranco,Asolo, JVoa-  li  li  riporlo  a  quest'ultimo  articolo  regi- 
le,  Mestre,  Motta,  Oderzo,  PortobufTolè,  .sitando  i  cardinali  veneti,  che  lotti  hau- 
Conegliano,  Cenedo,  Serra  valle,  non  tea-  noie  biografie,  ed  a'iuogbi  loro  parlai  del 


78  TRE 

copioso  numero  de'  vescovi  trevigiani  e 
personaggi  di  santa  vita;  ma  il  b.  Euri- 
modello  di  Treviso  nacque  a  Bolzano  dio- 
cesi di  Trento.  Venanzio  Fortunato  fu 
dotto  e  celebre  vescovo  di  Poitiers,  e  fra 
i  luoghi  che  riparlai  di  lui  è  a  vedersi  il 
voi.  XL,  p.  cjo.  Il  filippino  Odorico  Bi- 
natali grandemente  benemerito  della  Sto- 
ria ecclesiastica  pel  compendio  degli  An- 
nali del  Baronio  e  loro  eruditissima  con- 
tinuazione. Tolila  re  de'goti;  le  celebri  e 
potenti  famiglie  de'Caminesi  che  domina- 
lono  il  Trevigianojgli  Azzoni  nobili  e  an- 
tichissimi, originari  di  Sassonia  ,  che  in 
ogni  tempo  si  distinsero  nell'armi,  nelle 
letlerec  negl'impieghi  onorevolmente  so- 
stenuti; i  Tempesta;  Paris  Bordone,  Gior- 
gio Bai  barelli  detto  il  Giorgione,  il  Cima 
pure  pittore,  l'architetto  Francesco  M." 
Spreti,  Jacopo  e  i  due  figli  Giorgio  e  Vin- 
cenzo Biccati;  i  pittori  Dario  ,  Antonio, 
Giorgio,  Girolamo  il  Secchio  forse  fra- 
tello del  celebre  letterato  Politico  Virun- 
nio,  Girolamo giuuioredaTi'eviso.Si  vuo- 
le che  la  famiglia  Bonapai  te,  che  die  alla 
Francia  un  Napoleone  1  e  il  regnante  ini- 
peraloreNapoleoneIH,sia  derivata  daTre- 
viso,  donde  in  diversi  rami  si  trapiantò 
in  Sarzana,  in  Toscana,  in  s.  Minialo, 
in  Ascoli,  in  Corsica  (^.J,  e  ne  riparlai 
anchein  altri  articoli  dicendo  degl'illustri 
di  tale  stirpe.  Che  i  Bouaparle  furono 
pure  in  Ripalransone,  di  recente  lo  af- 
fermò il  eh.  marchese  Filippo  Bruti  Li- 
berali nella  sua  erudita  :  Relazione  III 
fra  Ascoli  e  Ripatransone,  ivi  i  855.  In 
essa  pubblicò  nozioni  riguardanti  docu- 
menti sul  domicilio  degli  antichi  Bonapar- 
te,  che  ponno  riuscire  utili  perla  storia 
di  questa  memorabile  prosapia.  In  mol- 
ti articoli  celebrai  il  trevigiano  sommo 
Antonio  Canova,  il  cui  nome  non  può  an- 
dare disgiunto  da  quello  del  nostro  seco- 
lo, restauratore  dell'arti  belle,  e  in  quella 
della  Scultura  (V-)  emulo  d'ogni  più 
grande  antico  scalpello.  Le  illustri  ceneri 
j  iposano  in  Possagnoove  nacque,  nel  tem- 
pio magnificamente  da  lui  architettalo  ed 


T  RE 
a  *ne  «pese  mira  preso.  Morie  lui  tolse  di 
<pia  prima  che  potesse  condurre  a  fine  il 
.suo  divisamenlo.di  riprodurre  cioè  ta  più 
esimia  opera  de'romani,  costruendo  l'in- 
lernosulla  forma  del  Tempio  Pantheon, 
e  di  fregiare  il  suo  tempio  di  un  atrio  il 
più  conveniente  imitando  il  dorico  del- 
l'attico Partenone.  Ma  il  suo  testamento 
avendo  assicurata  la  continuazione  del- 
l'opera valorosa  e  pia,  per  le  solerti  cure 
di  mg.1  Gio.  Ballista  Sartori-Canova, suo 
ammiratore  e  fratello  uterino, vescovo  di 
Mincio  (f"'.),  ne  seguì  il  sontuoso  com- 
pimento, illustrato  da  molleerudite  pen- 
ne e  precipuamente  neh  833  con  tavole, 
in  cui  nulla  di  più  esatto,  da  Melchiorre 
M  isti  ri  ni  '.Esposizione  del  tempio  di  Pi  <s- 
sagno  eretto  da  Antonio  Canova,  Ve- 
nezia ì  833,  per  Giuseppe  Antonelli, diso- 
li 1 5o  esemplari,  e  sono  possessore  del  XV 
di  sì  magnifica  edizione.  Varie  sue  scul- 
ture e  un  dipinto  di  sua  mano  rammen- 
teranno in  questa  sua  patria  ed  in  que- 
sto suo  tempio  ad  ogni  sguardo  il  cele- 
bratissimo  nome.  Una  via  reale  apposita- 
mente vi  conduce  lo  straniero  a  venerare 
il  monumento  che  Canova  innalzò  alla  re- 
ligione e  decorò  colle  3  arti  sorelle.  Pos- 
sagno  è  sulla  nuova  strada  commerciale 
«lei  Mobiletto,  dalla  cui  roccia  non  è  pil- 
lole che  si  diparta  senza  aver  ritratto  l'in- 
cantevole prospettiva,  alla  ridente  e  in- 
dustriosa Bassano,  pel  cui  mezzo  l'erario 
eli  qne'comuni  mise  in  comunicazione  il 
Piave  col  Brenta.  Forma  parte  di  quella 
strada  il  ponte  di  pietra  che  con  un  solo 
arco  piantato  su  due  roccie  sovrasta  allis- 
simosulla  vallata  di  Crespano, la  cui  ulti- 
ma ricostruzione,  sui  disegni  e  speciale  di- 
rezione del  Casurotti,ne  assicura  la  dura- 
la. La  strada  ferrata  congiunge  Treviso 
a  Venezia  da  \\n  lato,  ed  a  Mantova  dal- 
l'altro. La  solenne  inaugurazione  di  que- 
sto tronco  avvenuta  a'i4  ottobre  i85i, 
la  celebrai  nel  voi.  LXX,  p.  i  66,  ripor- 
tando parte  dell'eloquente  discorso  pro- 
nunziato dall'attuale  mg.'  vescovo,  e  con 
quale  pompa  ebbe  luogo.  Nella  sera  spèco* 


tT  R  E 
a  fu  la  generale  illuminazione:  il  tea- 
lio  restaurato  di  lecente,  e  chiamato  ra- 
ra gemma  della  città  del  Silo,  sfolgorò  in 
tutto  il  decoro  d'una  leggiadra  apparen- 
za. Tutti  gareggiarono  di  emulazione  ma- 
gnanima a  preparare  una  festa,  la  quale 
IMO  ismenlisse  per  nulla  l'antica  fama  del- 
l'ospitalità tri  vigiana.  Neil  85  2  la  via  fer- 
rata da  Treviso  a  Mestre  era  stala  com- 
piuta in  tutti  i  suoi  accessori!, come  i  luo- 
ghi dì  stazione  di  arrivo  e  partenza,  in- 
siepamento  mediante  viridi  fratte,  segna- 
lazioni da  v  viso,  telegrafi,  case  da  guar- 
diani, non  che  edifizi  ili  stazione.  Fu  an- 
che stabilito  definiti  vomente  il  confine  di 
questa  via,  ed  il  vei  ostato  di  essa  median- 
te esalto  rilievo.  Soltanto  l'ingresso  ind- 
ia città  di  Treviso  abbisognava  di  miglio» 
lamenti  fondamenlali,  essendo  l'esisten- 
te porla  della  medesima  alquanto  distan- 
te, ed  oltreciò  stretta  molto  e  basai, per 
cui  fu  progettata  la  costruzione  d'un  nuo- 
vo ingresso  immediatamente  dallo  •bai" 
cotoio.  Treviso  ebbe  la  sua  zecca  e  battè 
le  proprie  monete.  Tra  le  prime  città  ita- 
liane che  da  Carlo  Magno  ebbero  la  zec- 
ca municipale  per  privilegio,  si  deve  no- 
verare Treviso  ,  come  rilevò  il  eh.  av  v, 
Gaetano  de  Minicis,  ne' Cenni  numisma- 
liti. Riferisce  Muratori)nella/^/Vs<7'/.2  7.  ", 
che  il  march.  MafFei  nella  Verona  illu- 
strata, pubblicò  uno  strumento  del  77.3 
.scritto  nella  città  di  Trivigi.  dove  è  falla 
menzione  Monetarii,  anzi  è  ricordala  la 
slessa  Moneta  pi:ì>l>lica,  cioè  la  zecca  ivi 
esistente.  Perciò  fece  istanza  il  Muratori 
al  dottissimo  canonico  e  patrizio  trevisa- 
no Antonio  Scolli,  acciocché  usasse  dili- 
genza per  iscoprire  alcuna  moneta  di  quei 
remoli  secoli,  e  gliene  inviò  una  de'tem- 
pi  Carolini.  Comparisce  ivi  il  monogram- 
ma dì  Carlo  Magno,  cioè  Karolus,  e  né! 
rovescio  Tarvisio.  Perciò  non  resta  più 
dubbio,  che  per  quasi  1000  anni  a  Tre- 
viso competè  il  gius  di  battere  moneta, che 
servisse  pel  dui  alo  del  Friuli.  Ignora  Mo- 
latori se  poi  questo  continuò  sotto  gl'im- 
peratori tede-chi,  però  aiTcì  imi  che  ue'sc- 


TRE  79 

guenti  secoli  il  diritto  della  zecca,  ed  e- 
ziandio  la  cillà  medesima  fu  concedu- 
ta a 'suoi  vescovi,  come  attestano  le  anti- 
che memorie.  Dipoi  si  trovò  un'altra  si- 
mile moneta,  solamente  di  differente  mo- 
dello e  colle  stesse  lettere.  Nicolò  da  Tre» 
vigi  riprodusse  il  disegno  della  moneta,e 
la  crede  battuta  in  onore  di  Carlo  Magno 
quando  calò  in  Italia  a  distruggere  il  re- 
gno de'longobanli.  Leggo  nel  Vettori,  fi 
fiorino  d'oro,  che  nel  i  3  1  7  in  Treviso  fu 
data  una  casa  ad  Angelotto  Tintori,  per- 
chè in  essa  dovesse  fabbricare  monete  di 
più  sorle,  e  particolarmente  alcune-,  che 
non  dovessero  passare  il  valore  di  3  lire 
e  mezzo,  con  l'arine  della  comunità  da 
ambedue  i  lali  ecolle  paiole  intorno:  Tar- 
visium  Civita*,  poiché  erano  pochissime 
le  monete  che  correvano  in  queste  parli 
di  piccolo  presso.  Il  Castellano  dice  che 
Treviso  fu  una  delle  4eillà  che  godeva- 
no in  Italia  la  prerogativa  della  zecca,  ri- 
mastale sino  al  secolo  XIV.  Sulle  antichi- 
tà di  Treviso,  sopra  le  sue  iscrizioni  an- 
tiche, sui  magistrati  che  la  governarono 
a  tempo  de' romani,  e  del  culto  idolatrico 
da  lei  prestato  alle  false  divinità,  si  pon- 
ilo leggere  nel  Calogerà,  t.io,  p.  4^7,  t- 
20,  p.  291:  Ragionamento  intorno  alle 
antiche  iscrizioni  della  città  di  Treviso, 
con  alcune  osservazioni  alla,  disserta- 
zione fatta  sopra  una  lapide,  ritrovata 
neli^^o  nella  villa,  di  Iiiese  nel  terri- 
torio di  Castelfranco:  Breve  e  succinta 
notizia  della  risposta  di  Antimaco  Fi- 
htlete  al  ragionamento  intorno  le  anti- 
che iscrizioni  della  città  di  Treviso,  ec. 
Asolo  pretende  alla  maggiore  antichità 
«li  Treviso,  su  di  che  si  può  vedere:  Di- 
scorso sopra  alcune  [scrizioni  Asola- 
ne di  Michele  Lazzari,  riportato  dal 
Calogerà  nel  t.  \o,  p.  337,  nel  quale  si 
vuole  provare,  che  la  celebre  e  antica 
città  di  Treviso  surse  dalle  rovine  di  Ai- 
tino (/  .),  la  cui  sede  vescovile  fu  trasfe- 
rita a  Torcello  (V.J:  piuttosto  è  più 
credibile,  che  Treviso  aumentasse  la  mm 
grandezza  dopo  le  rovine  di    Aitino,  ili 


80                     TRE  TRE 
Concordia  e  di  Oderzo  (/  •)  r>  Cfptter*  de  da  lei  pre«e  il  nome  lutto  quella  regio- 
gio.  ne,  clie  per  addietro  Venezia  (/' '.)  N  no- 
Treviso  è  riputata  antichissima,  anco  mina  va.  Nel  4  $4  Attila  re  degli  uwtiuet- 
da  chi  stimò  favolosa  la  tradizione  che  ne  tendo  in  rovina,  attesta  bella  parte  d'  I- 
sia  stalo  fondatore  Osiride:  più  d'una  la-  lalia.  fuggendo  i  popoli  le  sue  stragi,  die- 
pide,  sulla  cui  legittimità  i  critici  si  ac-  rono  principio  alla  nobilissima  città   di 
cordano,  scolpita  in  tempo  della  repub-  Venezia.  Abbenchè  i  trevigiani  si  ado- 
blica  romana,  piova  ch'era  un  m unici*  pelassero  verso  Attila  molto  vantaggio- 
pio  incontrastabilmente,  ePlinio  allei  ma  samente,  a  mezzo  del  loro  vescovo  El vi- 
che  i  tarvisani,  che  in  altro  luogo  chiama  dio  o  Limando  col  corpo  della  città,  e  il 
Taurìsci,  furono  aggregati  alla  romana  Tempesta  uno  de'principali  o  il  difènso- 
tribù  Claudia,  perciò  ne  goderono  le  pie-  re  della  chiesa,  pure  la  loro  città  palesa 
rogative  in  uno  alla  cittadinanza  romana,  i  danni  sofferti  nelle  varie  invasioni  de' 
Dichiara  Nicolò  daTreviso,doversi  Trevi-  barbari.  Situata  in  una  pianura  costante 
soscriverein  latino  Tarvisium, non  Tau-  tutta  all'intorno,il  suo  terreno  nell'in  ter  • 
/•/.57f/m,dovendosi  lasciare  «'buoni  antena-  noè  riflessibil  niente  ineguale,  prova  delle 
ti  col  loro  Osiride,  anche  l'etimologia  tolta  avvenute  distruzioni  per  cui  cagione  ve- 
dal  Toro,  e  dirla  latinamente  Tarvìsium,  desi  rifabbricata  inegualmente  e  con  mol- 
per  insegnamento  non  solo  dell'antiche  la-  te  delle  sue  strade  tortuose,  il  che  rende 
pidi,  ma  per  quelle  dal  Grillerò  e  da  lui  più  pregevole  l'attuale  sistema  d'illuni  i« 
prodolle,  ed  inoltre  per  quella  sepolcro-  nazione  notturna  onde  non  teme  il  con- 
le  venuta  dall'Asolano.  Sostiene  Girala •  fronto  d'alcun' altra  città.  Nel  54-  eletto 
nio  da  Bologna  nel  suo  Antiquario,  do-  re  de'goti  Tolila,  che  vi  ebbe  i  natali,  e 
versi  scrivere  Tarvìsium, ed  i  popoli  Tar-  allora  la  governava,  ne  restaurò  la  con» 
visoni;  distinguendo  egli  però  i  cittadini  dizione,  onde  Treviso  risplendè  nel  regno 
da  que'  del  territorio,  volendo  che  i  pri-  gotico,  al  quale  soggiaceva  dopoché  nel 
mi  dibbansi  dire  Tarvisini  o  Tarvisien-  49^  il  re  Teodorico  ebbe  vintogli  ertili 
ses,  i  secondi    Tarvisani  a  Tarvisiani ,  che l'aveano  occupala  col  resto  dell'Italia, 
giusta  l'espressione  d'una  lapide  trovata  Frattanto  continuando  la  guerra  gotica 
in  Grado.  L'Ughelli  riporta:  Tarvìsium  sostenuta  dal  prode  Belisario,  perchè l'im- 
antiquàm, speclabileniquej'uisse  civita-  peratore  Giustiniano  I  voleva  cacciar  dal- 
tem,  (juam  olim  a  multi*  turribus,  qui-  l'Italia  i  goti  dominatori,  Treviso  fu  l'ul- 
biu  propugnandis iiwenibuseingebatur,  lima  città    ad  essere  espugnala  da  Beli- 
eivitatem  Turvium  prisci  vocarunt.  Di-  sario,  prima  del  suo  richiamo  a  Costati- 
ce  il  Marchesi,  nella  Galleria  dell'olio-  linopoli.  Dopo  la  partenza  di  quel  duce 
re,  parlando  di  alcuni  illustri  trevigiani,  i  greci  vi  furono  sconfitti.  Narsete gli  suc- 
cile in  discrepanza  di  pareri  si  trovano  gli  cesse,  la  ricuperò  all'impero  e  ne  fu  De- 
scrittori, dell'assegnare  a  questa  città  fa-  Demerito.   Indispettito  dalla   sua   corte, 
musa  ed  insigne  i  suoi  principi i.    Chi  la  chiamò  in  Italiai  longobardi  per  invader- 
ci ede  fabbricala  da'eompagni  d'Anteno-  la, ed  essi  vi  calarono  con  Alboiuo  loro  re; 
re;  chi  da'troiani  fuggiti  di  Pafiagonia;  e  eTreviso  fu  liberalo  dalla  rovina  di  (|ue- 
chi  da  Osiride,  che  passato  dal  fonte  del-  sii  nuovi  invasori,  ad  istanza  di  Felice  I 
I  Islro  e  de'Norici  trionfante  in  Italia,  la  suo  vescovo,  che  placandone  il  furore  se 
chiamasse  ///^'//////^.Maconcordano.che  Io  rese  favorevole.  Andò  incontro  ad  Al- 
dopo  In  declinazione  dell'impero  roma-  boino  e  lo  trovò  al  fiume  Piave,  e  pie- 
no ubbidì  n'unti,  eil  a' longobardi,  i  quali  gandolodi  non  fare  nocumento  alcuno  al- 
ni essa  stabilirono  il  seggio  d'imo  de'  4  'a  sua  chiesa,  ottenne  dal  re  la  grazia  del- 
Mar chetati t  eretti  di  qua  delle  Alpi,on-  l'immunità,  mediante  una  sua  pragma- 


TRE 

tica  con  tutte  le  facoltà, come  riporta  l'an- 
nalista Rinaldi  nel  5G8.  Alboino  operò 
in  Treviso  alcuni  miglioramenti;  indi  nel 
riparto  dell'  Italia  fatto  da'  longobardi, 
creandosi  ima  Marca  o  Marchesato  nella 
regione  settentrionale,  Treviso  le  diede 
il  nome  di  Marca  Trevigiana,  e  per  ri- 
siedervi ordinariamente  il  marchese  go- 
vernatoredivenne  capitale  dituttoil  pae- 
se tra  il  Mincio,  il  Benaco,  le  Alpi,  il  Ta- 
gliamene, le  spiaggie  della  Venezia  ed 
il  Po;  cioè  confinò  col  Friuli,  col  golfo  di 
Venezia,  il  Dogado,  il  Padovano,  il  Vi- 
centino e  il  Bellunese,  poiché  si  formò  del 
territorio  di  Treviso  e  di  Feltre(F.).  Ul- 
fari  ducao  marchese  di  Treviso  sotto  i  lon- 
gobardi ,  non  volendo  assoggettarsi  nel 
584,  dopo  il  governo  de'  3o  ciuchi,  alla 
nuova  podestà  regia  d'Aulari,  fu  poi  im- 
prigionatoda  Agilulfocbegli  successe  nel 
5g  i  nella  stessa  sua  residenza.  Quel  re  pe- 
rò, ed  i  successori  suoi  ebbero  la  città  di 
Treviso  in  gran  pregio,  ma  la  rovinò  e 
depresse  re  Rolari  verso  il  64*2-  e  vi  sfo- 
gò tutta  la  sua  rabbia,  riempiendola  di 
stragi.  Distrutto  nel  773  da  Carlo  Magno 
il  regno  longobardo,  Treviso  ne  riconob- 
be il  dominio,  e  nel  778  vi  celebrò  le  fe- 
ste di  Pasqua.  Carlo  Magno  non  volle  che 
la  nazione  longobarda  avesse  altri  re,  si 
dichiarò  egli  stesso  re  d'Italia,  e  de'loro 
ducili  permise  che  sussistessero  le  4  prin- 
cipali ducee  di  Spoleto ,  del  Friuli,  di 
Trevìgi  e  di  Benevento.  Papa  s.  Leone 
III  essendosi  ritirato  in  Francia  nel  799, 
nel  ritorno  Carlo  Magno  lo  fece  accom- 
pagnare a  Roma  dagli  arcivescovi  di  Co- 
lonia e  di  Salisburgo,  da  4  vescovi  e  da  3 
conti,  ricevuto  in  ogni  città  come  un  a- 
postolo.  Onorò  di  sua  presenza  Treviso, 
e  giunse  in  Roma  a' 29  novembre.  Pro- 
clamalo da  s.Leone  ili  imperatored'oc- 
cidenle  Carlo  Magno,  Treviso  riconob- 
be a  sovrani  gl'imperatori  Carolingi  suoi 
successori,  e  quelli  che  sederono  nel  trono 
regio  d'Italia,  inviandovi  essi  a  reggere  la 
sua  Marca  un  marchese.  Col  favore  de- 
gl'imperatori tedeschi,  i  suoi  vescovi  la 
voi.  LXXX. 


TRE  81 

signoreggiarono  nel  governo  temporale, 
benché  il  reggimento  si  regolasse  colla 
creazione  de'cousoli,  e  con  una  certa  spe- 
cie di  dipendenza,  onde  si  mischiarono 
sovente  i  cittadini  nelle  guerre  compro- 
vinciali, e  fecero  leghe  e  trattati.  Beren- 
gario I  imperatore  e  re  d'Italia  nel  90^ 
privilegio!  vescovi,  nella  persona  di  Adel- 
bertosuofavorito,colla  donazione  di  mol- 
ti dazi,  e  delle  due  parli  della  pubblica 
moneta,  che  a  lui  si  aspettava.  Né  fu  egli 
il  i.°a  fare  tali  concessioni  a'vescovi  di  Tre- 
viso, poiché  dichiarò  uel  diploma  di  se- 
guire in  ciò  le  orme  de'suoi  predecesso- 
ri. Nicolò  da  Trevigi  narra,  che  il  Gol- 
dasto  asserisce,  che  i  vescovi  di  Treviso 
erano  principi  del  s.  romano  impero;  ed 
aggiunge,  che  se  non  erano  i  vescovi  si- 
gnori assoluti  della  città, erano  perlome- 
no destinali  dagl'imperatori  aldi  lei  go- 
verno, e  ne  riporta  le  prove;  riferendo  le 
investiture  feudali  da  loro  concesse  sino 
a  270  feudatari  ministeriali,  di  cui  era- 
no signori,  ducili,  conti  e  marchesi.  Dice 
di  più  Nicolò,  che  della  contea  Tri r (gia- 
lla e  luoghi  in  essa  compresi,  i  vescovi 
ne  disponevano  liberamente;  il  Mesirino 
era  tra'  suoi  confini  e  giungeva  a  quelli 
dell'Asolano.  Nel  1087  Padova  ottenne 
dall'imperatore  Enrico  IV  il  municipale 
reggimento,  che  non  avea  potuto  conse- 
guire da  Carlo  Magno,  e  sul  suo  esempio 
le  altre  città  si  separarono  a  mano  a  ma- 
no dal  regno  italico,  sicché  nel  secolo  XVI 
quali  si  reggevano  da  se, quali  erano  ret- 
te da'signori;  laonde  Treviso,  ora  come 
stilo  libero,  ora  domi  nata  da' vescovi,  ora 
sotto  la  protezione  dell'  impero,  riaiase 
al  governo  del  paese  propriamente  detto 
il  Trevigiano,  ossia  l'antica  provincia  tra' 
limiti  che  sussistevano  neli8o5,  al  nord 
le  Alpi,  al  sud  il  mare  ed  il  Brenta,  al- 
l'est il  Friuli  mediante  il  Noncello  e  la  Li- 
venza,  all'ovest  il  Bassanese  e  il  territo- 
rio di  Cittadella  che  apparteneva  a'pa- 
(luvuni.  I  quali  confini  corrispondono  al 
motto  che  si  legge  intorno  l'arme  della 
città:  Monti  Musoni  Ponto  Dominor- 
6 


82  TRE 

aite  Nftoni. L'arme  figura  ima  fortezza  e 

vi  si  distinguono  7  torri,  che  ali  iettante 
se  ne  vedevano  nella  città  in  epoca  non 
lontanissima.  In  allo  dello  scudo  ne  fu  col- 
localo uno  minore  inquartato;  era  il  se- 
gnodelle  crociale  a  cui  Treviso  avea  pre- 
so parie.  La  gran  conlessa  Matilde,  mar- 
chesana di  Toscana,  ebbe  a  vita  in  feu- 
do il  marchesato  di  Treviso;  altri  dicono 
che  fu  invertita  della  signoria  nel  1  1  i3 
per  indulto  imperiale  d'  Enrico  V,  ma 
non  potè  goderla  più  di  due  anni  circa, 
in  capo  ■'quali  morì.  Reggendosi  Treviso 
a  comune,  fu  una  delle  prime  a  concor- 
rere nella  lega  lombarda,  contro  l'impe- 
ratore Federico  1,  ed  in  favore  de'  loro 
diritti  e  del  perseguitato  Papa  Alessan- 
dro III.  Molte  gare  ebbe  dipoi  co'vesco- 
vi  di  Belluno,  di  Ceneda,  di  Fellre  e  col 
patriarca  d'Aquileia.  Frattanto  nella  re- 
pubblica di  Treviso  sorsero  diversi  va- 
lorosi nelle  armi, che  dierono  origine  a 
famiglie  illustri,  potenti  e  prepotenti,  tra 
cui  i  Camino  «liEzzelinod'Onnra.i  Tem- 
pesta,  gli  Azzoni,  e  gli  Ordelafli  che  an- 
dati nell'Emilia  dominarono  per  3  secoli 
Fori).  La  città  dovette  essere  sempre  in 
guerra,  per  cui  fibbricò Castelfranco  nel 
1  1  <)(.),  come  frontiera  de'loro  confini  con- 
tro i  padovani;  e  perchè  vi  fondarono  una 
colonia  e  accordarono  franchigie  a'  no- 
bili e  a'popolani  che  vi  si  vollero  stabili- 
re, gli  fu  dalo  il  DOOkC  di  Castel  Franco: 
eresse  pure  Noale  ed  altri  castelli.  Fero- 
ce fu  la  contesa  del  primato  fra  le  due 
famiglie  da  Onora  e  daCamino,ambedue 
d'origine  tedesca.  Ezzelino  0  Eccelino  li 
detto  il  Monaco  da'Onara,  e  più  comu- 
nemente da  Romano,  altro  castello  di  sua 
giurisdizione  nella  Marca  Trevigiana, 
nato  da  Ezzelino  I  il  Balbo,  fu  il  1  ."po- 
destà di  Treviso, che  dopo  il  termine  del- 
la sua  carica,  profittando  delle  popolari 
fazioni  de' Guelfi  e  Ghibellini [V.),  vol- 
le usurpare  il  supremo  potere,  e  venne 
neh  i83  mandalo  in  bando  come  capo- 
parte de'aecondij  bianchirlo  da  Camino 
primario  tra 'guelfi  s'innalzò  sulle  rovine 


TR  E 

di  lui, e  divenne  signore  diTreviso,  com- 
battendo felicemente  per  lungo  tempo  il 
competitore.  Ezzelino  II  per  le  sue  ric- 
chezze e  pel  numero  grande  di  castelli  che 
possedeva  sopra  i  monti  Euganei,  veni- 
va consideralo  il  più  potente  cittadino  fra 
le  repubbliche  vicine.  Cacciato  dopo  lol- 
la anche  da  Vicenza,  e  collegato  di  Sa- 
lingnerra  da  Ferrara,  contro  il  marche- 
se d'Estecapode'guelfi,  l'imperatore  Ot- 
tone IV  nel  i2oq  volle  riconciliarli,  ed 
accompagnato dn  Ezzelino  II  a  Roma  per 
la  sua  coronazione,  nel  ritorno  gli  die  il 
governo  di  Vicenza  qnal  vicario  impe- 
riale. Indi  Ezzelino  11  divise  i'ra'suoi  figli 
Ezzelino  111  il  Ferùcet od  Alberico  meno 
crudele,  i  suoi  stati  :  al  1  ."diede  lutti  i  be- 
ni situati  nello  stalo  di  Vicenza;  al  2.° 
(pielli  che  godeva  pretto  Trevi*o.  Ritira-* 
tosi  tlal  mondo  si  die  alle  piò  duole  pra- 
tiche, onde  fu  soprannomato  il  Monaco; 
ma  venuto  in  sospetto  d'aver  abbraccia» 
lo  l'eresia  de'  Patari/ii,  Papa  Gregorio 
IX  ingiunse  a'figli  di  consegnarlo  al  tri* 
brinale  dell'inquisizione,  se  non  abiura- 
va i  suoi  errori.  Ezzelino  III  signore  «li 
Banano,  di  Marostica  e  di  altri  camelli 
de'monti  Euganei,  dopo  aver  manifesta- 
to  i  suoi  rari  latenti  per  la  guerra,  onde 
conquistò  Verona  e  si  fece  consegnar  Pa- 
dova, al  quale  articolo  parlai  di  lui  e  sua 
famiglia,  non  che  dell'  inaudite  crude! * 
là  da  lui  commesse,  estese  le  sue  conqui- 
ste sulla  repubblica  di  Treviso,  tiran- 
neggiala dal  fratello  Alberico  tino  dal 
1237.  A  reprimere  le  sue  barbarie,  non 
essendo  sufficienti  le  scomuniche  de'l'a- 
pi,  fu  bandita  contro  di  lui  la  crociata, 
e  rimasto  ferito  nel  combattimento  si 
squarciò  le  piaghe  e  morì  nel  settembre 
i2  5o  dentro  il  suo  castello  di  s.  Zenone; 
il  suo  cadavere  fu  trascinalo  e  fallo  in 
brani  da  indomito  cavallo  :  i  6  figli  ma- 
schi furono  decapitali,  la  moglie  e  le  due 
figlie  bruciate  vive,  giacché  per  le  orri- 
bili iniquità  commesse  da  Ezzelino  III, 
fu  chiamato  nemico  del  genere  umano,  e 
si  disse  generalo  dal  demonio.  Alberico 


T  R  E 

suo  fratello,  dominatore  ili  Treviso,  sic- 
come fino  simula  loie,  fìnse  a  lungo  d'es- 
sersi inimicalo  con  lui.  e  di  aderire  a'guel- 
fi,  per  guadagnar  pratiche  Ira 'suoi  nemi- 
ci, e  seminar  Ira  essi  la  discordia  e  la  dif- 
fidenza.Dopo  il  tragico  fine  d'Ezzelino  III 
fu  cacciato  da  Treviso,  e  si  ri  tirò  a  s.  Re- 
no ue'monti  Euganei,  ove  l'assediò  la  le 
ga  guelfa.  Costretto  ad  arrendersi,  fu  fal- 
li) perire  colla  sua  famiglia,  terminando 
in  lui  la  casa  di  Romano.  Vedasi  la  T'ita 
di  Ezzelino  III  da  Romano,  dilli' ori- 
gine al  fine  di  sua  famiglia,  Venezia 
l56o:  I  ita  di  Ezzelino  da  fiumano, 
con  la  Cognizione  delle  gliene  della 
Marea  Trevigiana  dal  i  i  io  al  1262, 
eoin posta  da  PietroG  e  r  ardo  padovano. 
Venezia  164^'  Dopo  le  accennate  sangui 
uose  vicende,  prevalsero  di  nuovo  in  Tre- 
viso i  signori  di  Camino,  che  dominava- 
no Feltre  e  Beli  imo,  ed  erano  sostenti 
ti  da  Azzo  VII  d'Esle.  Questi  armò  ca- 
valiere Gliei  ai  do  di  Camino,  come  il  più 
ragguardevole  fra'  signori  lombardi  di 
parte  guelfa.  Gherardo  sullo  lo  specioso 
titolo  di  capitano  generale  occupò  il  prin- 
cipato della  Marea  Trevigiana  nel  1283, 
e  lo  tenne  sinoah3o5.  Al  suo  tempo  fu 
sublimalo  alia  cattedra  apostolica  il  car- 
dinal Nicolò  Boccasini  di  Trevigi  o  della 
terra  di  s.  Vito  lungi  18  miglia,  a'22  ot- 
tobre! 3o3,  e  prese  il  nome  di  Benedet- 
to XI.  Conosciutasi  l'esaltazione  da'tre- 
vigiani,  esultanti  d'allegrezza  ne  dierono 
le  dimostrazioni  maggiori,  ed  inviarono 
a  lui  i  propri  ambasciatori  per  deporre 
a 'suoi  piedi  i  dovuti  offici  di  congratula- 
zione. 11  Papa  gli  accolse  con  amore  pa- 
terno e  tenerezza  d'alletto,  e  dopo  molte 
espressioni  di  stima  verso  i  suoi  coucitta- 
dini  e  verso  la  patria,  nell'alto  d'  acco- 
miatarli fece  loro  il  summentovalo  do- 
nativo, che  descrive  il  suo  biografo  fr.  Ni- 
colò da  Trevigi.  Donò  poi  in  altra  occa- 
sione alla  cattedrale  un  calice  d'argento 
dorato  con  sua  patena  del  peso  di  38  on- 
cie,  ed  una  pianeta  e  dalmatica  rosse.Mo- 
rendo  Gherardo,  credilo  la  signoria  il  fi- 


TRE  83 

glio  Riccardo,  dichiaralo  vicario  impe- 
riale anche  di  Belluno  e  Feltre:  fu  ucci- 
sone! 1  3  1  2  da  un  contadino  con  una  ron- 
ca, senza  che  si  potesse  scoprire  qual  mo- 
tivo l'avesse  spinto  a  tale  a  t  leu  tato.  A  que- 
sti fu  surrogato  il  fratello  Gucello  oGui- 
cello,  che  fu  l'ultimo  principe  di  sua  e;  - 
sa,  come  nel  1  3  1  3  espulso  e  detronizza- 
to da'trevigiani,  che  tornarono  a  vivere 
colle  proprie  leggi.  La  piccola  colie  de' 
signori  di  Camino  fu  iusigne  per  essere 
stata  di  buon'ora  l'asilo  di  nobile  acco- 
glienza de'lrovatori  ede'poeti  provenza- 
li, ch'erano  onorati  in  Lombardia,  prima 
che  la  nazione  indiana  propriamente  u- 
vesse  ella  stessa  una  lingua  poetica,  ed 
uomini  capaci  di  trarne  partito,  come  si 
esprime  un  moderno  scrittore.  Tuttavia 
su  questo  particolare  va  tenuto  presente 
il  ria  me  rilènto  a  Sicilia  e  aTEATRo.Tor- 
nato  Treviso  in  libertà,  i  trevigiani  eles- 
sero a  capitano  generale  Bamb.ddo  con- 
te di  Collallo.  Nel  i328  stretti  gli  ahi 
tanti  da  duro  assedio,  con  3o,ooo  fanti 
e  3ooo  cavalli  da  Marsilio  Carrara,  lo  so- 
stennero con  eroica  difesa.  Altro  lutilo 
assedio  fece  a  Treviso  Cane  della  Scala 
signore  di  Eerona, che  fomentato  da  Go- 
ccilo Camino  volea  impadronirsene.  Tre 
volle  loScaligero  partì  adontatodallesue 
mura,  ma  il  timore  indusse  i  cittadini  a 
darsi  volontai  iamenle  all'imperatore  Lo- 
dovico V  il  Bacato,  che  v'inviò  il  conle 
di  Gorizia,  il  quale  però  attentando  an- 
ch'egli  a'privilegi  loro,  gl'indusse  a  paci- 
ficarsi con  Cane,  e  dopo  ripetuti  sforzi  c- 
gli  vi  entrò  pomposamente  per  capitola- 
zione a' 18  luglio  1329,  e  morto  in  Tre- 
viso dopo  4  v°l'  giorni,  lasciò  ad  Alberto 
e  Mastino  della  Scala  suoi  nipoti  il  nuo- 
vo rilevante  possesso.  Dante  con  allusio- 
neal  breve  periodo  del  godimento  di  que- 
llo conquisto  e  al  giorno  che  si  compì  il 
termine  mortale  di  Cane,  scrisse:  nel  qua- 
le il  Gran  Feltro,  in  Treviso,  compie 
sua  giornata  innanzi  sera.  Narra  l'an- 
nalista Rinaldi,  che  1  trevigiani  nel  pre- 
cedente anno,  avendo  abbandonato   le 


84  TRE 

porti  del  Da  varo  scomunicato  da  Giovan- 
ni XXII,  si  erano  spontaneamente  sotto- 
messi alla  signoria  della  Chiesa  romana, 
ond'erano  stali  dal  Papa  lodali  e  ringra- 
ziati della  divozione  dimostrala  alla  s.  Se- 
de; per  cui  ne  commise  il  governo  al  car- 
dinal Bertrando  o  Bernardo  de  Poyet  o 
Poggello  legato  di  Lombardia.  Avendo 
incorso  la  scomunica  la  città  e  il  decano 
della  cattedrale  Guglielmo  o  Corrado  de 
Bramasechi,  Papa  Benedetto  XII  dichia- 
rò delegalo  apostolico  Giacomo  Morosi- 
in  vescovo  di  Torcello,a  proscioglieredal- 
l'interdetto  l'una  e  l'altro,  il  che  eseguì 
a'7  settembre  1  33g.  1  trevigiani,  benché 
ritornati  a  libertà  neli337,  pe'patti  sti- 
pulali in  Venezia  tra  la  repubblica  ed  i 
fratelli  Alberto  e  Mastino  della  Scala, con- 
siderando il  passato  e  le  patite  intestine 
discordie,  veduto  Marsilio  Carrara  tor- 
nato in  potere  di  Padova,  ed  a  lui  suc- 
ceduto il  nipote  Ubertino  II,  per  godere 
maggiore  tranquillità  avvisarono  al  par- 
tito di  dedicarsi  alla  signoria  di  Venezia, 
e  Io  fecero  con  ispontanea  dedizione  a'5 
febbraio  1 344»  mediante  solenue  tratta- 
to. Treviso  però  fu  ne' seguenti  anni  a- 
cerbamente  molestala  dal  patriarca  d'A- 
quileia,  da  Luigi  I  re  d'Uugheria,  e  da' 
Carrara,  a'quali  finalmente  pervenne  in 
conseguenza  della  guerra  di  Chioggia.  non 
potendola  difendere  la  repubblica  vene- 
ta; per  cui  lasciata  Treviso  nella  propria 
libertà,  per  salvarsi  dal  dominio  Carra- 
rese ricorse  a  Leopoldo  duca  d'Austria, 
che  nel  1  38  1  essendosene  impadronito, 
da  questi  invece  fu  ceduta  per  un  grosso 
contante  nel  1 384  a  c'"  ne  agognava  il 
possesso,cioéa  Francesco  I  Carrara  signo- 
re di  Padova. Questo  principe  poi  nel  1  388 
consegnò  la  ciltà  al  vescovo,  ma  tosto  la 
ricuperarono  i  veneziani,  avendovi  con- 
tribuito Gio.  Galeazzo  Visconti  signore 
ili  Milano,  con  guerreggiare  Francesco  I, 
e  la  spontaneità  de'trevigiani  di  ritorna- 
re al  veneto  dominio.  In  conseguenza  del- 
la lega  di  Cambray  del  1  5o<),  Treviso  so- 
stenne lungo  e  celebralo  assedio,  e  potè 


T  R  E 

coprirsi  di  gloria  come  sola  fra  le  venete 
ciltà  che  colle  proprie  forze  resistette  alle 
truppe  francesi  e  dell'imperatore  Massi- 
miliano 1;  indi  tornò  sotto  la  repubblica 
di  Venezia  e  ne  seguì  i  destini. Per  le  guer- 
re sofferte  in  varie  epoche  da  Treviso,  i 
conventi  e  monasteri  subuibani  esposti  a 
replicate  rovine,  e  recando  certo  danno 
alla  ciltà  col  porgere  a'  nemici  comodo 
di  alzarvi  Irinciere  e  munizioni,  a  poco  a 
poco  furono  trasportali  nell'interno  del- 
la città,  ed  altrettanto  avvenne  al  mona- 
stero delle  monache  di  s.  Girolamo,  al 
modo  narrato  dal  can.  Bambaldo  degli 
Azzoni  Avogaro,  nelle  Osservazioni  so- 
pra un  sigillo  della  badessa  del  mo- 
nastero, che  fu  già  presso  Trevigi  di 
s.  Girolamo,  riportate  nel  t.  48,  p.  167 
del  Calogerà.  Il  senato  veneto  per  la 
delta  guerra,  onde  munire  Treviso,  nel 
i5oc)  vi  mandò  fr.  Gio.  Giocondo  cele- 
bre ingegnere  veronese.francescanoe  non 
domenicano  ;  ma  non  riuscì  lodevolmen- 
te nell'impresa,  abbattendo  spietatamen- 
te fabbriche  e  borghi,  e  con  una  vastis- 
sima e  non  utile  fossa  guastò  oltre  misu- 
ra e  deformò  la  ciltà.  Perciò  il  senato  po- 
co dopo  deliberò  di  commettere  le  divi- 
sate fortificazioni  al  valoroso  Bartolomeo 
d'Alviano,  secondo  il  disegno  del  quale, 
senza  rimettervi  l'abitazioni  esteriori,  si 
dilatò  l'interno  circuito  della  città,  spe- 
cialmente alla  parte  del  borgo  de'ss. Qua- 
ranta, e  nel  1 56 1  fu  l'opera  compila.  Fu 
allora  che  il  monastero  di  s.  Girolamo, 
posto  da  prima  fuori  e  non  lungi  dalle 
vecchie  mura  della  città,  fu  trasferito  den- 
tro alla  medesima,  cambiata  l'antica  si- 
tuazione a  mezzo  il  borgo  di  nuovo  fab- 
bricalo, che  ritenne  il  primitivo  nome 
de'ss.  Quaranta.  Nel  1782  Treviso  fu  re- 
ligiosamente rallegrata  dal  passaggio  di 
Pio  VI,  nel  recarsi  a  Vienna.  Da  Ferra- 
ra pervenuto  a  Chioggia,  indi  l'i  1  mag- 
gio a  Mestre,  vi  fu  ricevuto  nel  palazzo 
Erizzo  dal  procuratore  Rezzonico,  da 
mg.r  Giustiniani  vescovo  di  Treviso,  e  da 
molli  altri  vescovi  e  nobili.  Nel  seguente 


TRE 

giorno  il  Papa  ascoltala  la   messa   nella 
cappella  tiri  palazzo,  e  data  la  benedizio- 
ne al  popolo  nella  sottoposta  piazza,  a  ore 
i5  partì  per  Treviso  accompagnato  da' 
procuratori  di  s.  Marco,  Contarmi  e  Ma- 
nin. Giunto  Pio  VI  innanzi  alla  cattedra- 
le di  Treviso,  al  discendere  dalla  carroz- 
za fu  incontralo  dal  vescovo  mg.'  Giu- 
stiniani, dal  podestà  e  capitano  di  Trevi- 
so Marco  Zen,  dal  clero  e  dalla  nobiltà 
della  città,  accolti  tutti  dal  Papa  con  sin- 
goiar gradimento.  Adoralo  nella  chiesa 
il  ss.  Sacramento  pubblicamente  esposto, 
ad  istanza  del  vescovo  e  del  podestà,  Pio 
"VI  fermatosi  sulla  soglia  della  chiesa  be- 
nedì  tutto  il  popolo  accorso  nella  piazza; 
indi  proseguì  il  viaggio  per  Conegliano  a 
Saeile,  ove  si  trattenne  la  notte  nel  pa- 
lazzo di  mg.r  Flangini  uditore  di  rota  e 
poi   cardinale  :   fu    incontrato   da    mg.r 
Marco  Zaguiri  vescovo  di  Ceneda,  e  dal 
podestà  Nicolò  Pizzamano,  non  che  dal 
cav.  Andrea  Renier  figlio  del  doge  e  da 
altri  distinti  signori.    Treviso   nel   dedi- 
carsi alla  repubblica  di  Venezia,  conser- 
vò i  suoi  statuti  di  leggi  civili,  la  sua  no- 
biltà e  le  sue  furine  di   rappresentanza 
a  cui  prendevano  patte  lutti  gli  ordini 
de'ciltadiui.  .Nel  1797,  rispettando  i  pri- 
mi, alterò  dopo  4  secoli  e  mezzo  le  secon- 
de, ma  per  pochi  mesi  dell'invasione  del 
dominio  francese,  giacché  quelle  condi- 
zioni furono  ripristinate  e  mantenute  dal 
governo  austriaco  a  cui  fu  ceduta  fino  al 
i8o5,  al  quale  erano  passati  parte  degli 
stati  dell'estinta  repubblica.  Nel  1 80G  ag- 
gregate le  provincie  venete  al  regno  d'I- 
talia, Treviso  divenne  sede  d'una  prefet- 
tura e  capo  d'  un  dipartimento   che  nel 
Tagliamento  avea  nomee  confine,  ed  era 
il  Trevigiano  smembrato  di  Castel  Fran- 
co e  Noale  ceduti  a  Venezia  e  a  Padova, 
coll'aggiunta  di  molto  paese  oltre  la  Li- 
venza,  sicché  la  popolazione  soggetta  al- 
la prefettura  era  alquanto  piti  che  quella 
amministrata  dalla  regia  delegazione  del- 
la provincia  d'oggidì,  costituita  nel  18  [5, 
al  fondarsi  il  regno  Lombardo  Veneto 


TRE  85 

dall'imperatore  d'Austria  Francesco  T,  al 
cui  impero  tuttora  appartiene.  Durante 
il  dominio  dell'imperatore  e  re  Napoleo- 
ne I,  questi  eresse  Treviso  in  ducato  e  con- 
ferì il  titolo  di  duca  di  Treviso  per  ono- 
rare Edoardo  Adolfo  Casimiro  Giuseppe 
Morlier,  maresciallo  e  pari  di  Francia, 
che  intervenne  alle  battaglie  della  repub- 
blica e  dell'impero,  potè  fuggire  dall'e- 
splosione del  Kremlino,  e  perì  neh  835 
in  Parigi  pe'colpi  della  macchina  infer- 
nale esplosa  da  Fieschi  contro  il  re  Luigi 
Filippo.  Nell'insurrezione  del  1848,  ces- 
sato in  Venezia  il  governo  austriaco  ci  vile 
e  militare,  mediante  capitolazione  de'23 
marzo,  del  conte  Zichy  tenente  marescial- 
lo, comandante  di  quella  città  e  fortez- 
za, col  governo  provvisorio  ivi  istituito; 
cessò  pure  in  Treviso  e  sua  provincia  il 
governo  ci  vile,  ed  a'2  3  marzo  fu  istituito 
parimenti  un  governo  provvisorio,col  po- 
destà d.r  Giuseppe  Olivi  per  presidente, 
cessando  pure  quello  militare  col   ritiro 
delle  truppe,    non  che  della  guarnigio- 
ne di  Belluno,  che  mediante  convenzio- 
ne col  conte  Ludolf  tenente  maresciallo, 
onde  evitare  un  inutile  spargimento  di 
sangue,  dovè  partire  senz'armi  Irannegli 
ulli/.iali, eccettua  li  ila  tale  evasione  le  trup- 
pe e  gli  ufliziali  italiani.    Nel  giugno  gli 
austriaci,  comandati  dal  feld  maresciallo 
Radetzki,  tornarono  nella  provincia  per 
ristabilirvi  l'ordine.ed  un  corpo  di  circa 
10,000  uomini  a' 1  3  intimò  a  Treviso  di 
tornare  all'ubbidienza  sovrana;  ma  il  go- 
verno provvisorio  si  preparò  a  combat- 
tere rigettando  l'intimazione,  mentre  fu- 
rono riprese  Vicenza  e  Padova.  In  Tre- 
viso i  corpi  che  l'occupavano  ostinandosi 
alla  difesa,  tennero  poche  ore  contro   il 
maresciallo  Welden  generale  comandan- 
te dell'armata  di  riserva,  quindi  comin- 
ciatesi dagli  austriaci  le  ostilità,  a'  1 4  giu- 
gno capitolò  d'  ordine  del  comandante 
Zambeccari  colonnello  di  45oo  uomini, 
con  atto  fatto  dinanzi  alla  città,  nella  fra- 
zione di  s. Maria  dellaRovere  in  casa  Berti, 
e  sottoscritto  dal  conte  Grenne  ville  mai:- 


£6  T  R  E 

giure,  e  tln!  direttore  ile' corpi  facoltativi 
italiani  e  della  legione  romana  A.  Gari- 
l)o!cli  maggiore. In  conseguenza  venne  sta- 
bilito, che  la  guarnigione  di  Treviso,  do- 
po aver  immediatamente  cedutele  porte 
della  città  all'  imperiali  truppe,  sarebbe 
partita  nella  mattina  seguente  con  armi 
e  bagagli,  obbligandosi  di  non  portar  le 
armi  contro  l'imperatore  d'  Austria  pel 
peiiododi  3mesi,edi  ritirarsi  nello  slato 
pontificio  per  Monselice  e  Uovigo  a  Pon- 
te Lagoscuro;  lasciando  lutto  il  materiale 
da  guerra,  tranne  <\ue  cannoni,  per  cui 
nel  resto  la  convenzione  fu  simile  alla  ca- 
pitolazione di  Vicenza;  e  che  la  città  di- 
sarmerà sul  momento  gli  abitanti,  rimet- 
terà al  quartiere  generale  austriaco  lutti» 
le  armi,  e  si  sottometterà  confidando  la 
sua  sorte  alla  generosità  del  governo  au- 
striaco. Gli  austriaci  vi  rientrarono  alle 
6  pomeridiane  del  i  4,  e  gl'italiani  ne  sor- 
tirono alle  6  antimeridiane  del  i  5,  come 
rilevai  nel  voi.  LUI,  p.  199. 

L' evangelo  fu  predicato  in  Treviso, 
secondo  l'antica  tradizione,  da  s.  Prosdo- 
cimo  discepolo  di  s.  Pietro  e  i.°  vescovo 
di  Padova,  dopo  la  conversione  di  que- 
sta città  e  verso  l'anno  5o.  Vi  fu  ospitato 
da  Enfiosino  milite,  la  cui  figlia  illumi- 
nò dalle  superstizioni  pagane,  e  con  essa 
anche  tutta  la  famiglia  che  battezzò.  A 
Teoflora  primaria  femmina  coll'imposi- 
zione  delle  mani  restituì  la  sanità,  onde 
si  convertì  col  marito  a  Cristo,  ed  a  lo- 
ro esempio  riceverono  le  acque  salutari 
del  battesimo  altri  1  13.  Inoltre  s.  Pro 
sdocimo  fu  l'apostolo  e  propagò  la  fede 
nel  resto  della  Venezia, in  Aitino,  Oderzo 
e  altri  luoghi.  Riferisce  quindi  l'Ughelli: 
Additatane  praetcrea ,  Prosdocimum , 
curii  inorai  e  tur  Tarvisii,  de  s.Petri  mar- 
tirio divini t us factum  fui sse  certiorem, 
ideoque  (ernplum,  quod  Deiparae  I  ir- 
gini  desti ut:  ver  al,: kuii  seccasse  ma gislro, 
Tarvisiuosque  deinde  pi  o  Divo  tutelari 
Petrilli!  venera tor  fuissc ,  eujiis  titillo 
Tarvisiiiam  cathedralcm  nobilitatala 
.  <■  l 'voi tu  ruiii.  VV<  iiiimts  decorc  lutic  ci 


T  RE 

vi  tati  sunt  totSanc  tonai;  reliquie/c. rfi/as 
fioriorificc  ad  ppaesen  t  iss  / ni  a  ni  tute  la  in 
asservat,ut  corpus  s,  F.iberalìs  de.  Alti- 
no,  quod  altinates  larvisinis  dono  dede- 
runtyttt  Theonistus  episcopus,  Tabra  et 
Tabrata.  levitarum  martyruni  aitine/i- 
sis  dioccesis,qui  contea  arianos  ca titoli- 
ce  disputantes,  lapideo  in  ponte  supraSi- 
lium  fluinen  sunt  obtruncati,  noctum- 
que  a  tarvisinis  deducti  ad  sepullurani 
in  ecclesia  s.  Joannis  Baplistae  anno 
4oo  (o  più  tardi,  come  dirò),  ut  ss.  Fio 
rentinus  et  Vindemialis  episcopi  quie- 
sccntes  in  cathedrali,  qui  ex  Africa  per- 
sequentibus  arianis  in  Italiani  descende- 
runtj  et  b.  Ilenrici  Baucencnsis  confes- 
soribus,  cujus  quidc/n  Henrki  sanguis, 
qui  de  sancto  ej'us  eorpore  Ottava  dor- 
milionis  die  ejfluxit,  quatuor  post  sac- 
cula stupente  natura,  admir  ante  pie  tale 
rubens  adliuc,  etjluidus  perseverai,  in 
sacrarum  rerum  thesauro  adservatus, 
magnusque  habitus  inlionore.  Aggiunge 
iIcommentatoreColeti,/fr///Vit  sacra,l.  5, 
p.  487 '-  Tarvisini  Kpi scopi ,  parlando 
della  predicazione  di  s.  Prosdocimo  in 
Treviso.  Antiqui ssiniam  ej'us  cathedra 
lem  traditur  ab  codem  fuissc  ereelam, 
b,  Petra  aposlolorum  principi ,  slatini 
ac  ej'us  reeeii  te/11  morte  ni  eoelitus  resci- 
vit,  dicatam,  Quod  quidem  non  oninino 
improbabile/li  rcddil  Iraditioiiem  alle- 
rarn  ,<piae  asserii  Tarvisinam  F.ecles'unn 
prillatili  fuissc,  quae  in  orbe  Christiana 
sub  invocatone  s.  Petri  fteril  sacra- 
la. La  sede  vescovile,  istituita  nel  princi- 
pio del  IV  secolo, divenne  sulhaganea  del 
patriarca  d'Aquileia,  nel  1  753  Benedetto 
XIV  la  dichiarò  dell'arcivescovo  d'Udi 
ne,e  Pio  VII  nel  1  8 19  l'attribuì  al  patriar- 
cadiVenezia,e  tuttora  loè.Nell'//^////  sa 
cra%\  legge,  come  prima  si  costituiva  la 
diocesi,  quanto  il  capilolodellacattcdrale 
eia  più  numeroso,  e  quali  insegne  da  Bo 
nifacio  IX  ed  altri  Papi  gli  furono  accor- 
date; che  la  città  conteneva  1  7  parrocchie, 
compresa  la  cattedrale;  eli' elativi  i  do- 
menicani, i  conventuali, gli  agostiniani,  i 


T  Pt  E 

>i  viti,i  minori  osservanti, i  gì  rotami  ni  del 
b.  Pietro  da  Pisa,  i  cappuccini ,  i  cano- 
nici regolari  Lateranensi ,  i  carmelitani 
scalzi,  oltre  7  ovvero  8  monasteri  ili  mo- 
nache, de'quali  3  governati  da'regolari, 
cioè  da'camaldolesi,  da'minori  osservan- 
ti e  da'conventuali;che  in  Treviso  eranvi 
molle  chiese,  4  sodalizi,  diversi  oratorii 
e  luoghi  pii  che  attestavano  la  pietà  de' 
trivigiani.  Tutta  la  diocesi  conteneva 
20 5  o  214  parrocchie,  3  conventi,  4a'> 
bazie,  vale  a  dire  3  di  benedettini  e  una 
di  cisterciensi,  7  monasteri;  i  principa- 
li luoghi  erauo  Mirano,  Noale,  Mestre, 
Castel  Franco  ,  Asolo  già  sede  vescovile 
unita  a  quella  di  Treviso.  L'Ughelli  di- 
ce che  Treviso  contava  1  4,000  anime  e 
la  diocesi  60,000,  mentre  il  Coleli  rife- 
risce, bis  centena  ferme,  ammarimi  mil- 
ita. III."  vescovo  è  Giovanni  fiorilo  nel 
320, indi  Paolino  del  35o,  Tiziano  fiorilo 
circa  il  4°°»  a'  CLU  tempo, secondo  l'U- 
ghclli,  dall'Africa  si  recarono  a  Treviso 
i  ss.  Fiorentino  e  Vindemiale  vescovi  e 
confessori,  intervenuti  al  concilio  di  Car- 
tagine tenuto  dagli  ariani  ,  ed  essendo 
morti  in  Treviso,  il  detto  vescovo  li  sep- 
pellì nella  chiesa  dis.  Gio.  Battista  presso 
la  cattedrale,  in  arca  marmorea  con  iscri- 
zione. Però  avverte  Coleli,  che  i  vescovi 
Fiorentino  d'Utica  e  Vindemiale  di  Ca- 
psa  nell'  ariana  persecuzione,  ovvero  in 
quella  dello  scisma  de' donatisti,  furono 
esiliati  in  Corsica  da  Unuerico  re  deman- 
dali nel  4$4;  'aont'e  '1  vescovato  di  Tizia- 
no forse  devesi  ritardare,  o  attribuire  al- 
l'altro vescovo  omonimo  la  tumulazione 
de'beali  corpi,come  narrerò.G  iocondo  e- 
piscopus  rrarvisinus  intervenne  alla  con- 
trazione della  chiesa  di  s.  Giacomo  di 
Uivo  Aito  a'25  marzo  4^1,  al  cui  tem- 
po devastando  l'Italia  Alarico  re  de'goti, 
ne  fuggirono  la  rabbia  i  padovani  e  gli 
altri  popoli  cu  costanti.  In  tempo  del  ve- 
scovo Elvidio  o  Eliuiiudo  oElviando,  il 
ferocissimo  Attila  devastò  Aquileia,  Con- 
cordia, Aitino,  Opitergio,  Asolo,  Feltre, 
Vicenza,   adirne  mini tabundus  Torvi* 


T  RE  87 

suini  pessumdatum  ibat,  Heh'iandus  , 
civitatis  facta  dedi dotte  ,  certissimum 
averlit  excidium  4^4-  Felice  I  era  ve- 
scovo quando  Alboino  re  de'longobardi 
dalla  Pannonia  entrò  in  Italia,  ed  avvi- 
cinatosi a  Treviso  fu  non  solo  placato  dal 
zelante  pastore,  ma  gli  concesse  ancora 
maxima  urivilegia.  Felice  1  fu  amico  di 
Venanzio  Fortunato  illustre  trevigiano, 
ed  ambedue  per  intercessione  di  s.  Marti- 
no di  Tours  guarirono  da  Pule  male  d'oc- 
chi, e  Venanziocon  ungersicoll'oho  della 
lampada  che  ardeva  innanzi  la  sua  im- 
magine, onde  per  gratitudine  cantò  in  4 
libri  le  azioni  del  glorioso  santo.  Rusti- 
co del  588  intervenne  al  sinodo  di  Ma- 
rano adunato  da  Severo  patriarca  d'A- 
quileia.  Felice  11  vivea  nel  5go  e  sotto- 
scrisse a  suggestione  de'vescovi  scismatici 
della  Veuezia  all'  imperatore  Maurizio, 
per  l'affare  àe'Tre  Capitoli.  Qui  il  Co- 
leli riporta  Tiziano  fiorilo  nel  secolo  VII, 
qui  eitm  Sarraeeni  Corsicam  subegis- 
setit,  divino  art  tts  Consilio  Ulne  se  con- 
tttlit,  et  a  nautis,  lodane  incolis,  ubi  ss. 
Florenlìi  et  P  indemialis,  qui  ab  Hun- 
nevico  rege  an.  484  l'i  Corsicam  rilega- 
ti illie  mortale*  deposuerunt  exuvias, 
corporei  /acereut,  edoetus  ca  inde  su- 
stulit,  Tarvisiumquc  diporta\>ittatquc 
in  basilica  s,  Jo.  Bantu tae  honorifice  se- 
pelh'it.  Trivisius  del  73t),  con  Calisto  pa- 
triarca d'Aquileia,  compose  la  lite  fra  Gio- 
vanni conte  di  Ceneda  e  il  suo  vescovo  Va- 
lentino. Fortunato  del  7gc)ricevè  a  magni- 
fico ospizio  il  Papa  s.  Leone  III  reduce  di 
Francia, col  suo  splendido  accompagna- 
mento. Già  nel  780  a  tempo  di  Fortunato 
erasi  fondato  il  monastero  della  B.  Vergi- 
ne,di  s.  Croce  e  dis. Fosca  da  Gerardo  con- 
te, in  cui  si  riposero  le  ossa  de'ss.  Senesioe 
Teopompo  martiri,  portate  dall'oriente. 
Dopo  la  di  vaslazioue  del  monastero,  o- 
perata  dagli  unni  e  ungati  neir8gc),  i  ss. 
Corpi  furono  traslati  alia  celebre  abba- 
zia di  Nonantola,  e  l'Cghclli  riprodusse 
la  storia  di  questa  traslazione,  non  che  la 
serie  degli  abbati  di  Nonaatola .  comin- 


88  TRE 

damlo  ila]  y^o  circa  al  i632,cioèdÌ79  ab- 
bali,  fra'quali  Rovere  divenne  Giulio  II, 
s.  Cailo  Borromeo  e  altri  cardinali.  Il  ve- 
scovo di*  Treviso  Lupo  Dell'  8  i  4-  inter- 
venne in  Verona  alla  consacrazione  della 
chiesa  di  s.  Giorgio.  Adeodato  nell'826 
si  recò  al  concilio  di  Mantova  per  le  que- 
stioni Ira'patriarchi  d'Aquileia  e  di  Gra- 
do. Domenico  vivea  nell'866.  Landulo 
viene  quindi  registrato.  Martino  Tarvi- 
sìntts  episcopus  si  dice  intervenuto  nel 
961  alla  consagrazione  delia  cattedrale 
ili  Parenzo.  Ciò  però  fa  contrasto  con 
quanto  vado  a  dire  del  seguente  vescovo. 
]i  vescovo  Adelberto,  daColeti  chiamato 
Alherlo,del  quale  già  dissi  superiormente, 
che  Berengario  I  nel  C)o5  gli  concesse  que* 
privilegi  il  cui  diploma  riporta  Ughelli, 
insieme  all'altro  diploma  di  altri  privi- 
legi alla  sua  chiesa  concessi  dal  re  d'Ita- 
lia Ugo  nel  926.  Alberto  nel  967  fu  al 
concilio  di  Ravenna, e  nel  968  sottoscrisse 
la  bolla  di  Giovanni  Xlll  per  l'erezione 
di  Magdeburgo  in  arcivescovato,  per  cui 
almeno  visse  nel  vescovato  63  anni.  Il  suc- 
cessore Felice  è  incerto,  o  visse  pochissi- 
mo. Nel  969  l'imperatore  Ottone  I  do- 
nò al  vescovo  Roccio  o  bozzone  il  castello 
di  Asolo,  Asylio,  colla  chiesa  di  s.  Ma- 
ria e  sue  pertinenze.  Asolo(F.), Acciaili, 
A  scellini ,  A  ce  cium  ,  A  sii  uni ,  Alili  uni, 
capoluogo  di  distretto  della  provincia  di 
Treviso  e  già  sede  vescovile,  di  cui  tratta 
il  Coleti,  Italia  sacra  1. 1  o,  p.  1  :  Acilien- 
sis  Epitomatiti.  Il  suoi.0  vescovo  che  si 
conosca,  sufi'raganeo  del  patriarca  d'  A- 
quileia,  è  Agnello  o  Angelo  de  Acilio  in- 
tervenuto nel  590  al  concilio  degli  sci- 
smatici inMarano,chedal  Sigonio  fu  chia- 
mato Sai  illumini  episcopum.  Aldo  ve- 
scovo d'Asolo  fu  Artemio,  il  quale  por- 
tossi  al  ricordalo  concilio  di  Mantova  ncl- 
1*826,  come  si  conferma  dal  documento 
pubblicando  Coleti.  Desolata  l'antichis- 
sima e  illustre  città  d'Asolo  dalle  fune- 
ste scorrei ie degli  unni  e  ungali  nel  prin- 
cipio del  secolo  X,  a  tal  epoca  sembra  che 
il  suo  vescovato  venisse  umto  a  quello  di 


T  RE 

Treviso,  per  cui  l'imperatore  Ottone  I,  a 
istanza  della  moglie  Adelaide,  donò  il  ca- 
stello e  la  cattedrale  al  vescovo  bozzone 
che  ne  avea  fatto  preghiera.  Nell'antica 
cattedrale  divenuta  collegiata,  ornala  di 
pitture  pregiate,  vi  restò  il  capitolo  de'ca- 
nonici,  il  maestro  di  ceremonie  ed  i  man- 
sionari, colia  dignità  del  preposto,  ripor- 
tando Coleti  la  loro  serie  da  Luca  e  da 
Pietro  del  1  349,  a  Francesco  de  Fabris 
del  17 15.  Allora  eranvi  un  monastero  di 
religiose,  di  versi  sodalizi  e  il  monte  di  pie- 
tà: fuori  della  città  fiorivano  i  conventua- 
li, i  cappucini,  i  minori  osservanti.  Nella 
chiesa  già  de'francescani  si  conservano  3 
quadri  de'più  eccellenti  .del  Bassano.  A- 
solo  dopo  i  calamitosi  tempi  dell'  anar- 
chia e  delle  guerre  civili  cui  andò  soggetta 
nel  medio  evo,  dopo  aver  patiti  infurtu- 
nii  gravissimi  pe'molti  tiranni  che  la  do- 
minarono, nel  1  337  volontariamente  si 
sottomise  alla  repubblica  veneta.  Diven- 
ne sede  della  regina  di  Cipro  Caterina 
Cornalo,  vedova  di  Giacomo  111  Lusi- 
gnano,la  quale  per  concessione  del  gover- 
no abitò  questo  luogo  dal  1489  al  i5io 
in  cui  morì.  Essa,  nel  tempo  di  sua  di- 
mora, vi  soleva  tenere  una  corte  fastosa 
col  concorso  di  molti  illustri  personaggi 
e  letterali,  fra'quali  si  distinse  il  celebre 
Bembo  poi  cardinale,  e  suo  parente.  A- 
solo  cinto  di  mura  merlale  e  fiancheggia- 
to ila  torri,  ha  bei  palazzi  moderni  nella 
città  e  dintorni,  abbonda  di  limpide  sor- 
genti d'acque,  con  sanissima  aria  e  dolce 
clima.  Ma  l'ospedale,  il  ginnasio,  sempre 
essendovisi  coltivate  le  scienze  e  le  lette- 
re. Il  territorio  abbonda  di  grani  ,  vini 
squisiti,  olivi,  agrumi,  foraggi,  animali  , 
boschi  di  roveri  e  castagni.  Vi  fiorisce 
il  lanificio,  ha  acque  salubri  e  acidule, 
e  cava  di  pietre  da  fabbrica.  Il  diploma 
di  Ottone  I  spedito  al  vescovo  di  Tre- 
viso Roccio  e  Rozzone,  nel  99  1  fu  con- 
fermato da  altro  di  Odone  Ili,  ed  am- 
bedue sono  riportati  da  Ughelli,  insieme 
od  altro  diploma  del  996  di  Odone  IH 
per  altri    privilegi.    Inoltre    ned'  Italia 


TRE 

sacra  si  legge  il  diploma  dello  slesso  ve- 
scovo, col  quale  nel  997  donò  a  Vita- 
le abbate  di  s.  Benedetto  il  luogo  dello 
Mogli  ano  colla  chiesa  e  sne  pertinenze; 
quello  confermaloi  io  d'Ottone  III,  ed  il 
diploma  di  locazione  al  doge  di  Venezia 
Pietro  Orseolo  li  del  1001,  del  vescovo 
Rozzone  e  in  nome  della  sua  chiesa  di 
Treviso,  tertiam  partem  de  universo  te- 
loneo  atout  ripatico,  quoti  pcrlinet  ad 
portimi  <lc  nostra  s.  Ecclesia, aU/uc  ires 
mansioiies,  nec  non  et  tantum  lerram, 
quantum  su/fecerit  ad  tertiam  parlem 
ad  ve s tra s  stationes  faciendas  adversus 
noslras,  eie.  Indi  furono  vescovi  Alme- 
rico I,  Bloncone,  Almerico  II  del  101  r, 
Gregorio,  Arnaldo  del  io  i4j  '"  eui  s. En- 
rico Il  imperatore  concesse  il  diploma 
presso  Ughelli  di  conferma  a'pi  ivilegi  de' 
suoi  predecessori.  Il  vescovo  Rotali  nel 
i  023  dalla  chiesa  di  s.  Gio.  Ballista  tra- 
sferì nella  cattedrale  i  corpi  de' SS.  Epi- 
.scoporum  Tlieonisti,  Elorentii,  et  Vin- 
demialis,  siniul  cwn  sanctus  reliqitiis 
beat  or  uni  diaconorum  ac  tnartyrum 
Tabrae  et  Tabratae,  honorifìcentio- 
ri  loco  asservandis.  Nel  1026  ottenne 
una  concessione  dall'  imperatore  Corra- 
do 11,  riportala  da  Ughelli  in  uno  al  di- 
ploma di  Enrico  111  del  1  o3y  di  altri  pri- 
vilegi. Del  successore  Raniero  non  con- 
viene Coleti.  Al  vescovo  Volfango  nel 
1  o65  Enrico  IV,  con  diploma  che  si  leg- 
ge in  Ughelli,  confermò  i  diritti  e  le  con- 
cussioni falle  alla  sua  chiesa:  dal  mede- 
simo si  riportano  i  diplomi  del  vescovo 
Volfango  del  10  55  di  conferma  della  con- 
cessione del  predecessore  Rozzone  di  fo- 
gliano «'monaci,  e  di  Papa  Vittore  II  di 
ratifica.  Mollando oR.otario  intruso  nello 
scisma  dell'antipapa  Clemente  III,  nelle 
gravi  vertenze  tra  Enrico  IV  e  s.  Grego- 
rio VII  che  lo  scomunicò  e  depose  nel  si- 
nodo romano  del  1 078.  Il  Coleti  teme  che 
l'Ughelli  abbia  confuso  3  vescovi  in  uno, 
cioè  Arnaldo  o  Araldo,  Molari  o  Roti- 
lo, e  Rollando.  Accelino  fu  vescovo  dal 
1070  al  1082,  che  nello  stesso  anno  con- 


T  R  E  89 

sagrò  la  sua  chiesa  di  s.  ÌNirola.  Enrico 
IV  con  due  diplomi  del  1  070  e  del  1  073, 
presso  Ughelli,  a vea  confermato  al  vesco- 
vo Accelino  ed  al  capitolo  i  privilegi  con- 
cessi dagli  antecessori,  a  loro  ed  alla  chie- 
sa di  Treviso.  Essendo  vescovo  Corrado, 
nel  1090  Enrico  IV  si  recò  a  Treviso  e 
vi  fu  accolto  con  incredibili  onori  e  festi- 
vi spettacoli,  mostrandosi  il  principe  be- 
nefico. Adonio  vivea  verso  questo  tempo, 
ed  Oilorico  nel  1107.  Gombaklo  nel  1  1  1  4 
ottenne  dall'imperatore  Enrico  V  la  con- 
ferma de'privilegi  di  sua  chiesa.  Il  vesco- 
vo Gregorio  neh  i3o  fece  una  donazio- 
ne, con  istromento  riprodotto  atìY Ita- 
lia saera,  a'monaci  benedettini  di  s.  E- 
lena  di  Tessera;  nel  1  i/jo  intervenite  alla 
con^agrazione  della  chiesa  di  s.  Giorgio 
di  Verona,  e  neh  142  ottenne  da  Corra- 
do 111  re  de' romani  il  diploma  pubbli- 
calo ila  Ughelli,  confermatorio  degli  an- 
tichi diritti  di  sua  chiesa.  Vivea  ancora 
nel  1  i.jf»,  come  si  ha  da  un  istrumenlo 
di  concessione  a'  canonici.  Il  successore 
Pietro  è  incerto.  Al  vescovo  Bonifacio  nel 
1  1  52  Papa  Eugenio  111  spedì  l'amplis- 
sima bolla  Justis  fralrum,  di  conferma 
delle  prerogative  della  allieta  di  Treviso, 
Sottoscritta  dal  Papa  e  da  1  1  cardinali, 
presso  l'Ughelli,  prendendo  sotto  la  pro- 
tezione della  s.  Sede  la  cattedrale  di  s. 
Pietro.  Blaucone  o  Biancone  o  Bianco 
deh  1  53,  a  cui  Papa  Anastasio  IV  con- 
fermò la  bolla  dell'antecessore  Eugenio 
llljel'imperatore  Federico  I  gli  concesse 
un  privilegio.  A  quatto  principe  fu  fami- 
liarissimo  il  vescovo  Ulderico  o  Oldori- 
co,  e  neh  1 S7  gli  spedì  un  privilegiocon 
diverse  concessioni,  omnem  leloneum  de 
Castro  Monti s  Bellunae,  riprodotto  dal- 
l'Ughelli.  Neh  1  66  concesse  l'investitura 
di  un  suburbio  di  Mestre;  e  nel  1173  Ez- 
zelino I  da  Romano  die  una  sentenza  so- 
pra una  controversia  insorta  tra  il  vesco- 
vo e  Almerico  Buz  sul  borgo  Caurigna- 
go,  documenti  che  si  ponno  vedere  nel- 
l'Ughelli.  Uldarico  neh  1  77  intervenne  a 
Venezia  per  la  pace  fra  Federico  1  e  Pa- 


9° 


TRE 


pa  Alessandro  111,  Questi  neh  170  avea 
scritta  la  lettera  apostolica  EJfectum  ju- 
Xta,  sottoscritta  tla  lui  e  da  1  2  cardinali, 
diretta  al  preposto  di  s.  Pietro, colla  quale 
prese  sotto  la  protezione  della  s.  Sede  i 
beni  del  capitolo;  e  nel  1  172  con  diplo- 
ma da  lui  segnato  e  da  4  cardinali,  pa- 
rimenti pose  sotto  lo  stesso  patrocinio  le 
monache  di  s.  Maria  di  Mogliano:  am- 
bedue i  documenti  sono  nell'Uglielli.  Si- 
mile privilegio  le  monache  ottennero  da 
Clemente  111  nel  1  188.  A  Ulderico,  mor- 
to nel  1  1  79,  successe  Ubaldo  o  Ottone,  e 
si  dice  che  in  tale  anno  Federico  1  lo  prese 
colla  ciliìi  sotto  la  sua  prolezione.  Il  ve- 
scovo Acillo  è  contrastalo  nell'epoca,  e  si 
crede  forse  confuso  con  Accelino.  Il  ve- 
scovo Corrado  è  nominato  nella  bolla  di 
Alessandro  111,  Quoties  a  nobis  peti  tur, 
indirizzata  a  Dodone  decano  ed  a'cano- 
nici  della  cattedrale  neh  18  1  conferman- 
dogli la  protezione  della  Sede  apostoli- 
ca. Indi  il  Papa  Lucio  111  colla  bolla  Pine 
postulutio,  deh  1  84>  nuovo  privilegio  e 
conferma  de'beni  fece  al  decano  Oberto 
e  canonici  di  s.  Pietro  di  Treviso,  ed  al- 
trettanto loro  ratificò  nel  1  187  Urbano 
III.  Inoltre  nel  1  1 85  Papa  Lucio  IH  con- 
cesse al  vescovo  Corrado,  colla  bolla  In 
eminenti, amplissimo  indulto  conferma- 
torio  de'privilegi  di  sua  chiesa.  Neh  189 
I'  imperatore  Enrico  IV  invilo  Corrado 
ad  accompagnarlo  nel  suo  viaggiodaRon- 
caglia  a  Roma  peresservi  incoronalo. Per- 
ciòil  vescovo  chiamò  a  parlamento  i  suoi 
feudatari  e  vassalli  ins.  Cassano  di  Quin- 
to, uno  de'eastelli  in  cui  i  vescovi  avea- 
noassoluto  dominio,  per  imporre  loro  una 
contribuzione  per  allestirsi  a  partire  con 
buon  numero  di  gente  armala  a  tenore 
del  sovrano  comando.  Tenne  ih.0  luogo 
fra  questi  il  conte  Rambaldo  trivigiano, 
il  quale  promise  per  tulli, inclusi vamente 
agli  assenti,  che  sarebbe  pagata  la  tassa 
ingiunta.  L'atto  co 'nomi  de' feudatari  si 
legge  nell'Uglielli,  insieme  alle  ricordale 
bolle.  Enrico  già  canonico  della  cattedra* 
le  era  vescovo  ucl  1  1 97,  e  più  alti  di  sue 


TUE 

investitine  sono  rammentali  dall'Ughel- 
li.  Il  capitolo  neh  199  gli  die  a  successore 
Ambrogio,  ed  anche  di  lui  si  hanno  mo- 
numenti d'investiture  datea'suoi  vassalli. 
A  Tito  oTisooTisone  Tempesta,  che  g'i 
fu  surrogato,  Innocenzo  III  interdisse  la 
temporanea  amministrazione  e  collazio- 
ne de'benefìzi  ecclesia^ici.  In  un  allo  del 
1  2  1  o  e  riportato  ue\\' Italia  sacra,  si  ri- 
cava che  il  vescovo  di  Treviso  veniva  di- 
stinto, come  notai  di  sopra,  co'  titoli  di 
signore,  duca,  conte  e  marchese  plurima 
oppidorum,  et  lerrarum,  in  eisaue  pie* 
nani  et  liberarti  juristlietionetn  exer- 
cere.  Nel  vescovato  di  Alberto  a'  dome- 
nicani dal  pubblico  fu  fabbricato  nel 
122  3  il  convento  e  la  chiesa,  ludi  si  ri- 
porta il  vescovo  Odorico  forse  nel  1  23  1 , 
e  Tiso  de  Vidoro  del  i23i  confermò  nel 
1  2  32  con  suo  allo  l'istituzione  di  4  man- 
sionari fatta  dal  capitolo,  e  col  vescovo 
di  Pveggio  a  oneste  condizioni  con)pose 
la  pace  co' veronesi.  Nel  1  2  33  col  consenso 
del  capitolo  accordò  l'esenzione  alle  mo- 
nache di  s.  Chiara,  prendendone  cura  i 
francescani;  ciò  che  confermò  Papa  Gre- 
gorio IX  colla  bolla  Religionis  vestrae, 
la  quale  con  detto  atto,  e  colla  lettera  d'In- 
nocenzo IV  del  1  244i  contro  Ezzelino  III 
da  Romano,  sono  nell' Italia  sacra.  A  • 
vendo  l'empio  l'iranno  invaso  le  castella 
e  le  possessioni  della  chiesa  di  Ti  eviso, 
ritenendole  con  violenza  ,  determinò  il 
Papa  a  rinnovare  con  tale  lettera  la  sco- 
munica contro  di  lui,  chiamando  Ezze~ 
lino  HI  nemico  di  Dio  e  della  Chiesa.  Mor- 
to nel  i  24'>  TisooTisone  Vidoro,  gli  suc- 
cesse fr.  Gualtiero  della  famiglia  Irivigia- 
na  Agnus  I  >ci, domenicano, nunzio  d'Inno- 
cenzo IV  all'imperatore  greco,  e  concesse 
un'in  vesti  tura  aTisone  di  Cam  pò  s.  Pietro; 
nel  1 255  fu  traslato  a  Castello  o  Venezia, 
ma  non  pare  che  fosse  cardinale.  Nota  il 
Coleli,  che  il  cronista  de' francescani  pre- 
lese  che  il  b. Gualtiero  di  tale  oidi  ne,  chia- 
ro per  miracoli,  fosse  vescovo  di  Treviso 
neh 242,  ma  noi  fu;  ed  inoltre  avverte 
che  l'ietto  Pino  vescovo  di  Custello,  cui 


T  U  E 
pei'  morie  successe  fr.  Gualtiero,  non  po- 
teva paasarea  quesiti  sede,  come  volle  U- 
ghelli  chiamandolo  Pietro  Pierius,  Il  ca- 
pitolo parte  elesse  fr.  Albi-rio  l'uccio  ira  li- 
cevano, e  parte  Bartolomeo  die  rinun- 
ziò. Papa  Alessandro  IV  annullata  la  vi- 
ziosa elezione,  nel  i  2  ~5  dicliiaiò  vescovo 
il  degnissimo  Uiecioo  bieco, che  edificò  la 
chiesa  di  s.  Lorenzo  martire,  e  fu  zelante 
e  benemerito  pastore,  A  lui  ed  al  vesco- 
vo di  Vicenza  scrisse  Alessandro  IV  con- 
tro Ezzelino  III  e  il  suo  fratello  Alberi- 
co, dichiarandoli  scomunicati  e  protet- 
tori di  eretici.  Il  vescovo  fu  poi  calunnialo 
alla  »,  Sede,  ma  trovato  innocente  tornò 
alla  sua  chiesa,  ove  pacificamente  mori 
nel  i  2  7  5. Di  versi  documenti  clie  lo  riguar- 
dano sono  neH'U»hel!i,  Tommaso  Tra- 
versali  ed  Eurico  Contenni  veneto  non 
si  trovano  vescovi  ne'  registri  vaticani. 
Nel  1278  Prosavio  Novello  Iraslato  da 
Ceneda,di  si ngolai  sapienza  e  di  soavi  ma- 
niere; mortile!  1  29  1  e  fu  sepolto  nella  cat- 
tedrale con  marmoreo  epitaffio. Tolleri  o 
Caccia  di  Treviso  è  dubbio.  Nel  1291 
Acido  registrato  da  Ughelli,  viene  riget- 
t  alo  da  Coleli.  Pandolfb  vescovo  vivea  nel 
1  3o6  e  nel  1  3oq.  In  questo  trovasi  Ca- 
stellano Salomoui  virtuoso  e  lodato,  mor- 
to neh  322.  Nel  seguente  da  Forlimpo- 
poli  vi  fu  trasferito  Ubaldo  Gabrielli  da 
Gubbio;  Pivebat  adirne  art,  1  334  0"° 
die  g  martii  Nieola  ejns  vicarius  man- 
davit  Conrado  de  Bramasechis  decano 
eathedralis  Tarvisinae,  ut  non  oh s tan- 
te interdicto,  cui  fune  erat  obnoxiacivi- 
tas  Tdrvisina,  sacra  pera geret,  etdivi- 
nis  interesse t  offìciis  juxta  praeceptuni 
Dominorum  de  Scala,  a  quibus  eidem, 
si  obedirerenuisset,  mors  intendebaluv. 
Nello  stesso  1  334  f°-  vescovo  fr.  Giovanni 
de  Benedetti  nobile  veneto  domenicano, 
morto  in  Bologna.  Pietro  Paolo  Costa  tri 
vigiano,  nella  cattedrale  eresse  l'aliare  di 
s.  Gio.  Battista  e  lo  consagrò  nel  i344: 
fu  sotto  di  lui  che  nell'episcopio  il  vesco- 
vo di  'Porcello,  alla  presenza  del  suo  vi- 
cario gcnerale,proscit)lsedal  vincolo  della 


TUE  9. 

scomunica  il  Bramasechiela  città.  Morto 
nel  1  349)gli  successe  nel  1  3.5o  Pielro,incli 
nel  1  35 1  Giovanni  Malabaila  d'Asti,  tras 
laloalla  patria  nel  1  354  (''  can.Bima  nella 
Serie  cronologica  de* vescovi  iV  Asti  ^Wca 
nel  1  364,epoi  nel  I  376  venne  trasferito  a 
s.  Gio. di  Moriana).  Iti  tale  anno  fu  eletto 
AzzoMadioodeMauzisodeMagisnobilis- 
siino  bresciano,  esimio  dottore  in  legge. 
Morto  a'18  luglio  1  3  T7  inVenezia  e  tumu- 
latolo s.Paolo.meulreLuigi  I  red'CJnghe- 
ria  stava  per  irrompere  contro  la  città  di 
Treviso,  nell'islesso  anno  gli  fu  soslituilo 
il  famoso  Pileo  de'  conti  di  Prata  (fr.), 
traviato  nel  1  309  a  Padova  e  poi  cardi- 
nale. Gli  fu  surrogalo  Pietro  de'  conti 
Baoui  di  Padova  e  canonico  di  quella 
cattedrale,  due  alice  volte  postulato  rial 
capitolo,  con  alti  riferiti  dall'Ughelli, ven- 
ne fallo  vescovo  di  moto-proprio  il.i  In- 
nocenzo VI;  assai  lodato  per  la  sua  am- 
ministrazione, probi  là  e  vita  esemplare. 
Oi  nò  la  cattedrale  e  rifece  la  porta,  con- 
sagrò l'aliai  e  di  s.  Marco  e  vi  collocò  mol- 
te reliquie,  edificò  e  dotò  nella  stessa  cat- 
tedrale l'altare  e  la  cappella  della  ss.  Tri- 
nità e  vi  fu  sepolto:  aumentò  nella  piìi  par- 
te l'edificio  dell'episcopio,  scrisse  la  vita 
del  b.  Enrico  ila  Bolzano,  volgarmente 
detto  di  Treviso.  Il  successore  fr.  Nicolò 
Beruto  domenicano,  uel  i3q4  f(>  Iraslato 
a  Massa  Marittima,  e  nel  i4<>4  all'arcive- 
scovato d'Orislagno  o  Arborea,  confer- 
mandolo il  can.  Sima.  Riferisce  il  Coleli, 
che  Bonifacio  IX  colla  bolla  Licei  /.?,  che 
riprodusse,  nel  suo  vescovato  concesse  al- 
la cattedrale  diverse  indulgenze;  ma  es- 
sendo la  bolla  dell'anno  XII  del  ponti- 
ficato, pare  meglio  doversi  ritenere  ema- 
nata hi  quello  del  successore. Lotto  Gam- 
bacorta nipote  del  signore  ili  Pisa  e  ar- 
civescovo di  questa  città, esiliato  dall'Ap- 
piani  quando  uè  usurpò  la  signoria,  Bo- 
nifacio IX  neli394  lo  traslalò  a  Trevi- 
so. L'Ughelli  ci  diede  Tallo  del  possesso 
che  prese  della  sede,  in  cui  si  parla  del  di- 
fensore o  avogrado  per  l'avvoca/.ia  della 
chiesa  di  Treviso,  ancora  esistente,  per 


9i  TRE 

cui  godeva  il  feudo  di  varie  terre  qual 
■vassallo  del  vescovo,  nel  quale  officio  a' 
Tempesta  erano  succeduti  gli  Azzoni,  per 
elezione  fatta  innanzi  al  predecessore  dal 
clero  e  da'  nobili  di  Treviso.  Lotto  eb- 
be a  suffraganeo  e  vicario  generale  fr. 
Giacomo  di  Treviso  domenicano,  vesco- 
vo di  Tine  e  Micone.  Moiì  Lotto  nel 
i4oq,  ed  Alessandro  V  elesse  fr.  Giaco- 
mo di  Treviso,  allora  chierico  di  came- 
ra, imperocché  i  trivigiani  eransi  sottrat- 
ti dall'ubbidienza  di  Gregorio  XII,  rico- 
noscendo invece  Alessandro  V  eletto  nel 
Sinodo  di  Pisa.  Fr.  Giacomo  interven- 
ne al  concilio  di  Costanza  per  l'estinzio- 
ne del  traode  Scisma  d'occidente,  e  finì  di 
vivere  nel  1 4-  >  8.  Martino  V  lo  stesso  anno 
conferì  la  sede  a  fr.  Gio.Benedetto  veneto 
francescano,  insigne  per  virtù,  e  dottrina, 
già  generale  del  suo  ordine  e  arcivesco- 
vo di  Ravenna  ,  designato  di  Spalatro 
(al  quale  articolo  lo  riportai  col  Fallato, 
il  quale  lo  chiama  Giovanni  Averoldi  bre- 
sciano, ma  neli474>  Pel'  quanto  vado  a 
dire);  Ìu  insieme  arcivescovo  di  Tebe  in 
partibus,  benemerito  pastore,  ed  inoltre 
si  «lice  nell'iscrizione  sepolcrale,  che  re- 
staurò l'episcopio  e  la  cattedrale,  redense 
i  beni  della  mensa  e  fu  munifico  con  tutti. 
Morì  nel  1 433  e  fu  sepolto  nella  cattedra- 
le con  onorifico  epitaffio,  che  come  altri 
•si  può  leggere  nell'Ughelli,  che  riferisce 
tali  notizie.  Varie  avvertenze  e  rettifica- 
zioni fa  Coleti  sul  riferito  dall'  Ughelli. 
Chiama  il  dello  vescovo  fr.  Gio.  de  Be- 
nedetti nobile  veneto  domenicano, eletto 
neh  4  i  S  dopo  avere  rassegnato  il  titolo 
di  Ravenna  a  cui  l'avea  destinato  Grego- 
rio XII  e  mai  la  governò;  che  vi vea  an- 
cora nel  i435,  che  fu  nunzio  apostolico 
a  Venezia,  e  morto  in  Bologna  venne  de- 
posto nella  chiesa  del  suo  ordine, con  quel- 
l'iscrizione che  Ughelli  riporta  al  vescovo 
fr.  Giovanni  de  Benedetti  del  1  334,  tu  cu' 
parlai  più  sopra.  Il  vescovo  fr.  Giovanni  o 
Za  n  nel  ti  no  genera  le  de'miiiori,  a  rei  vesco- 
vo di  Tebe  e  di  Spalatro,  vescovo  di  Tre- 
viso, di  cui  parlerò,  morì  ueli483;  ma 


TRE 

l'amanuense  o  meglio  l'oscitanza  del  ti- 
pografo (come  rileva  Quiriui)avendoom- 
messo  nella  data  il  numero  L scrisse  1 433 
come  riportai  poc'anzi, il  che  fece  quella 
gì  ave  alterazione  e  confusione  che  in  p;ir- 
le  corresse  Coleti.  Il  cardinal  Angelo  M.a 
Quirini  scrisse  le  notizie:  De  Joanne  Be- 
nediclo  patricio  veneto  ordinis  prrredi- 
catorum,  Episcopo  TarvisinOyEpistola. 
La  pubblicò  il  Calogerà  nel  t.  49,  p-3  1 9, 
ed  ivi  schiarì  tutto  quanto  riguarda  il  ve- 
scovoBenedelti,riportandoancora  la  bol- 
la Injunctum  nobis,  che  Eugenio  IV  e- 
uianò  nel  i432  sulle  nuove  costituzioni 
del  capitolo  di  Treviso.  Il  cardinal  Qui- 
rini dunque,  dichiarando  che  furono  con- 
fusi i  tempi  e  le  persone,  narra  su  fr.  Gio. 
de  Benedetti  veneto  domenicano,  che  nel 
i4oo  fu  promosso  da  Bonifacio  IX  al 
patriarcato  di  Grado,  dignità  che  trepi- 
dante rinunziò  dopo  pochi  giorni.  Indi 
diventò  priore  del  suo  convento  de*  ss. 
Gio.  e  Paolo  di  Venezia;  poi  fu  designato 
fra' candidati  al  vescovato  di  Padova,  e 
nel  i4  1  6  fraque'pel  vescovato  di  Treviso 
a  cui  fu  prescelto.  Come  eletto,  interven- 
ne al  concilio  di  Costanza,  e  ne'primor- 
di  del  pontificato  di  Martino  V  o  nel  1 4  '  8 
fu  da  questi  promulgato  vescovo  di  Tre- 
viso. Fu  zelante  pastore  pel  ristabilimen- 
to della  disciplina  ecclesiastica  e  per  l'e- 
semplarità del  clero, particolarmente  per- 
seguitando i  concubinari.  Nunzio  d'  Eu- 
genio IV  a' veneti,  fu  anche  al  concilio  di 
Basilea,  il  quale  divenuto  conciliabolo, 
per  evitarne  le  insidie  si  recò  a  Bologna, 
ove  morì  a'i4  aprile  1437,  restando  se- 
polto in  s.Domenico.  Nel  1 437  medesi- 
mo Eugenio  IV  fece  vescovo  il  parente 
Lodovico  Barbo  nobile  veneto,  abbate  di 
s.  Giustina  di  Padova,  che  accettò  ripu- 
gnante, come  quello  che  avea  istituito  la 
detta  congregazione  benedettina,  la  qua- 
le lòrmò  la  celebre  de' Cassi  nesifF.). Mo- 
rendo nel  1  443  volle  esser  sepolto  nel  ca- 
pitolo di  s.  Giustina,  con  epitaffio  in  versi 
presso  Ughelli.  A' 17  ottobre  gli  successe 
Ermolao  Barbaro  nobile  veneto  e  proto- 


I  R  E 
notano  apostolico,  che  restaurò  con  pie- 
tre l'episcopio,  e  lo  abbellì,  neh  453  tra- 
sferito a  Verona.  DaCattaro  nel  1 454  p**- 
sò  a  questa  chiesa  Marino  (che  lo  slori- 
co  trivigiano  Burchelato  appella  Lodo- 
vico) Contarmi  nohile  veneto,  già  luogo- 
tenente nel  vescovato  ih  Vicenza  pel  caldi- 
na 1  Bar  ho  poi  Paolo  1 1  .Morto  nel  i  455,  in 
questo  postrema  die  abeimfis  aprili s,  ne 
occupò  la  sede  il  protonotai  io  apostoli- 
co Pietro  Tostara;  e  nello  stesso  anno  a' 
)  |  dicemhre  fu  succeduloda  Marco  Bar* 
lo  (V.)  sapiente  e  vigile  pastoie,  dallo  zio 
Paolo  li  circa  ih 465  traslato  a  Vicenza, 
indi  creato  cardinale.  Gli  successe  Teo- 
doro Lelio,  che  col  Carde! la  ,  Memorie 
storiche  de' Cardinali,  lo  dissi  tra  gl'il- 
lustri trivigiani,  dignità  da  alcuno  con- 
trastala: 1'Lghelli  lo  chiama  pure  de  Lei- 
lis  e  lo  dice  nohile  di  Teramo,  uditore  di 
rota  da  Pio  II,  e  fatto  vescovo  di  Treviso 
da  Paolo  li;  lodato  per  prudenza  e  celebre 
per  dottrina.  Pio  11  l'inviò  al  senato  ve- 
neto per  l'operato  da  Sigismondo  arcidu- 
ca d'Austria,  nell'arresto  del  cardinal  di 
Cusa  vescovo  di  Bressanone, e  per  la  villo- 
ria  riportata  da  Luigi  XI  rediFrania,con- 
tro  Filippo  il  Buono  duca  di  Borgogna; 
non  che  lo  spedì  in  Germania  per  le  fu» 
neste  conseguenze  degli  eretici  ussiti. Tor- 
nato a  Roma,  Pio  11  lo  colmò  d'onori,  riè 
minor  favore  godè  presso  Paolo  li,  che 
lo  impiegò  in  importanti  affari,  morto  in 
Roma  uel  i/jGG  e  tumulalo  in  s.  Maria 
Nuova  con  iscrizione,  nella  quale  non  si 
nomina  il  cardinalato,  ma  solo  che  fu  ve- 
scovo di  Treviso,  divini  humaniaue  ju- 
ris  consultissimo,  ac  Pauli  II referen- 
dario. Questo  Papa  nel  concistoro  de' i  7 
aprile  promosse  a  questa  chiesa,  vacante 
da  1 7  giornijFrancesco  Barocci  nobile  ve- 
neto canonico  di  Bergamo;  per  sua  mor- 
te nel  1  47  1  fui  ono  vescovi,  prima  Bene- 
detto daUdine,e  poi  fr. Pietro  Riario[V.) 
di  Savona  francescano  e  nominato  dallo 
zio  Sisto  IV,  che  creatolo  cardinale  gli  la- 
sciò questa  chiesa  in  commenda,  indi  nel 
1-475  fece  vescovo  Lorenzo  Zane  palliar- 


TRE  p,3 

ca  d'Antiochia.  Su  questi  4  ultimi  vesco- 
vi va  letta  l' Italia  sacra,  ne'documeuli 
cheli  riguardano,  così  del  successore  Gio- 
vanni di  Savona  deh 476,  ossia  fr.  Gio- 
vanni Zannettino  generale  de'francesca- 
ni  memorato  di  sopra  e  confuso  col  do- 
menicano fr.  Giovanni  de  Benedetti  ar- 
civescovo di  Spalatro  secondo  uno  de'ca- 
talo»hi  del  Fallato,  bensì  arcivescovo  di 
Tebe.  Questo  dottissimo  teologo  fr.  Gio- 
vanni fu  detto  da  Udine,  e  da'fondamenti 
costruì  nella  cattedrale  la  grande  cappella 
sotto  il  titolo  della  Concezione  di  Maria 
Vergine,  com'è  detto  nell'epitaffio  sun- 
nominato, il  quale  fu  attribuito  erronea- 
mente al  domenicano,  e  nella  medesima 
sepolto  neh483  per  sua  morte,  avendo 
istituito  un  canonicato  per  celebrarvi  la 
messa.  Da  Parenzo  nel  1 486  vi  fu  trasfe- 
rito Nicolò  Franchi  padovano,  funse  per 
la  santa  Sede  varie  legazioni, e  l'Ughelli 
riporta  un  epigramma  inciso prope  Kpi- 
scopatus  gradits,  e  l'iscrizione  posta  nel 
marmoreo  sepolcro  nella  cappella  del  ss. 
Sagramenlo  della  cattedrale,  ove  fu  col- 
locato allorché  morì  neh  499-  'n  questo 
vi  fu  traslato  da  Belluno  Bernardo  Rossi 
di  Parma  de'conli  di  Bercelo,  che  dotalo 
di  molte  virtù,  prudenza  e  integrità,  fu 
impiegato  da'  Papi  in  gravi  affiti,  onde 
fece  governare  la  sua  diocesi  da  altri  per 
la  sua  assenza.  Nella  sede  vacante  perGiu- 
lio  11,  il  sagro  collegio  lo  fece  governa- 
tore di  Roma,  e  l'eletto  Leone  X  lo  con- 
fermò e  poi  lo  mandò  preside  a  Bologna; 
nuovamente  governò  Roma  sotto  Cle- 
mente VII,  e  mentre  dovea  crearsi  car- 
dinale, repentina  morte  lo  tolse  a'viveuti 
a'28  giugno  1 527,  1'  Ughelli  riportando 
l'epilafliodisua  tomba.  Nel  1  5^8  Clemen- 
te VII  die  questa  chiesa  in  amministra- 
zione al  cardinal  Francesco  Pisani  (/  .), 
che  nel  1  538  la  cede  al  nipote  Giorgio 
Cornaro  nobile  veueto,virtuoso  e  pruden- 
te pastore  (ma  Coleti  corregge  Ughelli, 
dicendo  che  il  cardinale  amministrò  la 
chiesa  sino  al  i5(>  j):  intervenne  al  con- 
cilio di  Trento,  i  cui  decreti  promulgò 


94  TRE 

in  Treviso,  dedicò  la  chiesa  ile' cappuc- 
cini, e  nel  i5y7  abdicala  sede  *(  seguente 
nipote,  e  morto  dopo  due  anni  fu  tumu- 
lalo nella  cattedrale.  Francesco  Corna- 
ta (J7.)  a'  aq  novembre  divenne  vesco- 
vo, nel  i  583  restaurò  e  ingrandì  il  semi- 
nario, e  ne  curò  l'ottima  istruzione,  da 
Sisto  V  fu  fatto  chierico  di  camera,  e  da 
Clemente  Vili  cardinale;  non  continuò 
B(l  amministrare  la  sua  chiesa, poiché  nel 
i  5q5  l'avea  rassegnala,  dopo  averla  be- 
neficala col  suo  animo  caritatevole:  l'U- 
ghelli  riporta  l'iscrizione  sepolcrale  di 
Roma,  e  quella  eretta  in  Treviso  da 'ca- 
nonici. Neli5q5  da  Zara  vi  fu  trasferito 
il  nobileveueto Luigi  Molinodi  gran  pie- 
tà e  vigilanza;  curò  l'educazione  delle  sa- 
gre vergini,  la  frequenza  de'sagrumenti 
nel  popolo,  l'esemplarità  del  clero,  ed  in 
tulle  le  buone  opere  volle  contribuirvi; 
imnlo  in  Venezia  neli6o4  con  lagrime 
ed  elogio  funebre  fu  accolto  nella  sua  cat- 
tedrale,e  Bai  toiomeoBurchelato  ne  com- 
pose l'epitaffi*.  Tosto  gli  -successe  Fran- 
cesco Giustiniani  nobile  veneto,  abbate 
commendatario  dibosco, morto  nel  1623. 
A'i8  dicembre  Vincenzo  Giustiniani  gli 
fu  sostituito,  che  neh 633  passò  a  Bre- 
scia, ed  in  vece  fu  eletto  Silvestro  Moro- 
sini  nobile  veneto,  nella  sua  morte  avve- 
nuta neliG3o,  succedendolo  Marco  Mo- 
losini  liaslaloaBrescia  nel  i64'J>.lnnoceu- 
zo  X  nel  i  646  nominò  Antonio  Lupi  ber- 
gamasco,morlo  nel  1  f)C>7,oude  nel  1  668da 
Concordia  vi  fu  trasferito  il  nobile  veneto 
Bartolomeo  Gradeuigo,  poi  vescovo  di 
Brescia  neh  682. Neh  684Gio.BatlistaSa- 
nuto  patrizio  veneto  e  primicerio  di  s.Mar- 
cOjbenemerito  vescovo, poiché  celebralo  il 
sinodo  confermò  i  decreti  de'predccessori, 
rifece  l'episcopio,  nella  torre  contigua  alla 
cattedrale  pose  l'orologio,  stabilì  meglio 
la  sede  del  seminario,  e  dopo  un'ultima 
amministrazione  morì  neh  709  e  fu  de- 
posto innanzi  l'altare  maggiore  de' car- 
melitani scalzi  con  onorifica  iscrizione. 
Nel  1710  gli  successe  il  cassinese  d.  For- 
lunato  Muiosini  nobile  veneto,  egregio  in 


TRE 
lettere  e  pietà,  zelando  quanto  poteva  h 
re  risplendei  e  la  religione  e  le  virtù  do' 
chierici  ;  il  seminario  per  lui  fiorì  nelle 
scienze  e  nel  numero  degli  alunni  che 
giunsero  a  1G0,  anche  per  averlo  ingran- 
dito e  fornito  di  tulio  il  bisognevole.  Ri- 
fece  l'episcopio  più  ampio,  con  1*  archi- 
viò ove  riunì  lutti  i  documenti  antichi  di 
sua  chiesa.  Con  questi  termina  ne\\' Italia, 
sacra  la  serie  de'vescovi,  che  compietelo 
eoUe  Notìzie  di  Roma:  ilColeli  nel  1. 1  o,p. 
343  riportò  anche  pel  veseovalo'di  Trevi- 
so aggiunte  e  correzioni.  Nel  172.3  vi  fu 
traslato  da  Cor  fu,  colta  ritenzione  del  ti- 
tolo arcivescovile,  Agostino  Zacco  di  Ve- 
nezia.  Nel  1739  da  Ceneda  vi  passò  Be- 
nedetto de  Luca  di  Venezia.  Nel  1700 
fr.  Paolo  Francesco  Giustiniani  cappuc- 
cino di  Venezia,  già  vescovo  di  Chioggia. 
Nel  1  788  Bernardino  Mario  canonico  re- 
golare Lateranense,  di  Glissa  diocesi  di 
Spalatro.  Dopo  lunga  sede  vacante,  nel 
1822  Giuseppe  Gras*er  di  Bressanone, 
poi  traviato  a  Verona,  l'io  Vili  nel  con- 
cistoro de  1  8  maggio  1829  dichiarò  ve- 
scovo Sebastiano  J Soldati  diPadova,zelan- 
te  della  cura  delle  anime,  eloquente  pre- 
dicalore,  e  vicario  capitolare;  grave,  pio, 
prudente,  dotto  e  ottimo  pastore.  Per  sua 
morie  il  regnante  Pio  IX  nel  concistoro 
de'3o  settembre  18^0  preconizzò,  con 
I'  elogio  che  si  legge  nella  proposizione 
concistoriale, l'odierno  vescovo  mg.'  An- 
tonio Farina  di  Gambellara  diocesi  di  Vi- 
cenza, già  canonico  di  quella  cattedrale, 
maestio  in  diverse  facoltà  del  patrio  se- 
minario, curato  della  parrocchia  di  s.  Pie- 
tro, fondatore  col  proprio  peculio  della 
pia  cusa  delle  don/elle  con  approvazione 
della  s.  Sede,  esaminatore  pio-sinodale, 
censore  e  revisore  de'hbri,  e  moderatori 
del  1  egio  liceo  e  delle  scuole  pubbliche/;/  o 
jjuellis.  Ogni  nuovo  vescovo  è  lassalo  ne' 
libri  della  camera  apostolica  in  fiorini 
4^o,la  mensa  essendocostituita  di  4  lOO 
scudi  romani  non  deduc ti 's  oucriliis.Xm- 
pia  è  la  diocesi,  e  comprende  209  par- 
rocchie. 


TR  E 
TREZENE.  V.  Tresene. 
TRI  A  Guglielmo,  Cardinale.  Urta  in 

Francia  di  regio  sangue  e  zio  di  Filippo 
di  Valois,  arcivescovo  di  Reima  nel  i  3^8 
unse  e  coronò  il  nipote  in  re  di  Francia 
col  nome  di  Filippo  VI.  A'20  dicembre 
1  3 3  1  Giovanni  XXII  lo  creò  cardinale 
prete,  e  si  vuole  inolio  nel  i334-  Il  suo 
cardinalato  però  è  contrastato,  alcuni  Taf 
fermano,  altri  lo  negano. 

TRIADICO.  Inno  della  chiesa  greca, 
ciascuna  strofa  del  quale  terminava  in  lo- 
de della  ss.  Trinità  eòi  Maria  Vergine. 

TRIBÙ'  o  TRIBO,  Tribus.  Una  delle 
parti  nellequali  anticamente  si  divideva- 
no le  nazioni  o  le  città,  per  distinguere  le 
stirpi  e  le  famiglie.  Sembra  die  tuttavia  vi 
sieno  ancora  antichi  popoli  divisi  per  tri- 
bù.,  divisioni  però  appellate  con  diversi 
vocaboli.  Il  nome  di  tribù,  o  tribo  come 
pronunziavano  questa  voce  i  nostri  pa- 
dri e  maestri  della  lingua  italiana,  viene 
dal  latino  tribus  che  ha  il  medesimo  si- 
gnificato, e  dalla  parola  greca  tribus  che 
suona  terza  parte,  perchè  il  popolo  ro- 
mano fu  nella  sua  prima  origine  diviso 
in  tre  parti  o  tribù,  secondo  la  testimo- 
nianza ile'  più  antichi  scrittori.  Nell'an- 
tichità chiamatasi  tribù  una  certa  por- 
zione di  popolo  distribuita  in  diversi  di- 
stretti. Vogliono  alcuni  che  per  la  divi- 
sione fatta  da  Rotnolodi  Roma,  delle  ter- 
re delle  città  e  del  territorio  delio  slato 
in  tre  parti,  le  chiamò  tribù,  sia  a  moti- 
vo del  Tributo  (/  .)  che  ogni  parte  do- 
vea  pagare,  sia  pel  numero  di  tre,  il  qua- 
le formava  quella  prima  divisione  del  po- 
polo, o  per  qualche  altra  cagione  che  s'i- 
gnora. Ma  prima  de' romani  il  vocabolo 
tribù  già  era  stato  usalo  dagl'Israeliti o 
Ebrei  discesi  da'  1  2  figli  di  Giacobbe,  an- 
zi come  notai  nell'enumerarle  in  tali  ar- 
ticoli, co'  nomi  de'loro  capi,  quel  popolo 
fu  distinto  in  i3  grandi  famiglie,  perchè 
Giacobbe  adottò  per  figli  prima  di  morire 
i  due  figli  del  suo  diletto  figlio  Giuseppe. 
Nondimeno  la  Terra  promessa  da  Dio  u 
Giacobbe,  ed  al  suo  avo  e  padre,  ora  Pa- 


TRI  <>V 

testina  (T~.)  nella  Siria  (l  '.J,vennedisii  i- 
biuta  soltanto  in  12  parti,  non  dovendo  I» 
tribù  di  Levi  oLeviti( P.)tcoomgtala  al  Si- 
gnore, essere  occupata  nel  coltivare  la  ter- 
ra, ma  sempre  addetta  al  servigio  del  Ta- 
bernacolo (/'.)  e  del  Tempio  (f7.),  perchè 
ad  essa  fu  dato  il  Sacerdozio  (I.),  per  cui 
si  provvide  alla  sussistenza  di  questa  tribù 
assegnandole  delle  dimore  in  alcune  città, 
come  pure  ebbe  le  primizie,  le  decime  e  le 
oblazioni  del  tempio.  Narrai  a  Israeliti 
e  alili  articoli  come  nel  deserto  la  tribù 
di  Levi  era  collocata  intorno  al  Taberna- 
colo, e  le  altre  12  com'erano  accampale 
a  tre  a  tre  unitamente,  ciascuna  secondo 
il  proprio  rango,  e  da  queste  posizioni  e 
dall'  insegne  delle  tribù  ebbe  origine  lo 
Stendardo  (l .);  come  procedevano  nel- 
la Strada  in  viaggio;  come  fu  loro  divi- 
sa la  Terra  promessa  o  paese  di  Chanaan, 
che  d'allora  in  poi  fu  detlaTerra  d'Israele, 
e  Terra  santa,  perchè  Dio  solo  vi  era  a- 
dorato  (ma  ben  ■  giusto  titolo  i  cristia- 
ni la  chiamarono  Terra  santa,  dacché  es- 
sa fu  santificata  dalla  nascila  di  Gesìi  Cri- 
stoe  dtt  misteri  di  nostra  avventurosa  re- 
denzione, ed  ove  è  il  Calvario  e  il  s.  Se* 
polcro,  venerandosi  in  Gerusalcmmeau- 
che  la  culla  della  nostra  ss.  Religione);  che 
dopo  la  morie  di  Salomone,  dividendoci 
Iei2  tribù  in  due  parti,  quella  compo- 
sta delle  tribù  di  Giuda  e  di  Beniamino 
formò  il  regno  di  Giuda,  quindi  il  pae- 
se da  loro  abitalo  prese  il  nome  di  Giu- 
dea (V.),  cioè  dopo  il  ritorno  dalla  schia- 
vitù di  Babilonia;  mentre  quella  por- 
zione il'  israeliti  composta  delle  altre  10 
tribù  formò  il  regno  d'  Israele  con  Sa- 
maria (/'.)  per  capitale;  restando  Ge- 
rusalemme (l  .)  capitale  del  regno  di 
Giuda,  il  quale  col  tempio  conservò  il  pu- 
ro culto  di  Dio.  UEfod  (I  .),  ornamen- 
to del  Sommo  Sacerdote,  a  te»  sulle  S}>al« 
le  due  giosse  pietre  preziose  sulle  quali 
leggevasi  il  nome  delle  12  tribù,  cioè  su 
quella  della  spalla  dritta  il  nome  de  6  pri- 
mogeniti, e  quello  de'secondogeniti  sulla 
sinistra.  Nella  parte  ove  l'è  lo  d  s'incroci.» 


96  TRI 

va  sul  petto  eravi  l'ornamento  quadralo 
detto  Razionale  (F.),  nel  quale  erano  in- 
cassate 12  pietre  preziose  di  diverse  spe- 
cie e  colori,  su  cui  erano  scolpiti  i  nomi 
delle  12  tribù,  uno  per  gè/?*/»*?. Dio  a  mez- 
zo del  sommo  sacerdote  e  del  razionale 
rese  più  volte  i  suoi  oracoli,  quando  fu 
consultato.  Siccome  nelle 1 2  pietre  era- 
no pure  scolpile  delle  figure,  desse  e  i  lo- 
ro colori,  secondo  alcuni,  dierono  origi- 
ne agli  Stemmi,  nel  quale  articolo  le  de* 
scrissi,  perchè  corrispondevano  all'inse- 
gne delle  12  tribù  israelitiche.  Di  quanto 
riguarda  le  tribù  d'Israele  in  moltissimi 
articoli,  sebbene  qui  non  rammentali,  ne 
ragiono. 

Atene,  di  cui  riparlai  meglio  a  Gre- 
cia, variò  nel  numero  delle  sue  tribù  se- 
condo i  suoi  ingrandimenti  :  da  princi- 
pio n'ebbe  4>  poco  dopo  6,  indi  nel  suo 
splendore  era  divisa  in  io  tribù,  che  a- 
veano  ricevuto  il  loro  nome  da  1  o  eroi  del 
paese:  Demostene  ne  parla  sovente  nelle 
sue  aringhe.  Si  chiamavano  :  Scarnan- 
ti fie,  Anliocliide,  Cecropide,  Ippotoon- 
tiae,  Leonilde,  Oeneidc,  ec.  Quelle  tri- 
bù occupavano  ciascuna  un  quartiere  di 
Atene,  e  di  fuori  alcune  città,  borghi  e 
villaggi,  in  numero  di  74:  l'adulazione 
degli  ateniesi  ve  ne  aggiunse  poscia  altre 
3,  le  quali  portarono  i  nomi  di  Tolomeo 
figlio  di  Lago  o  Tolemaide ,  di  Attalo 
re  di  Pergamo  o  Atalide,e  di  Adriano 
imperatore  romano  o  Adrianide.  Presso 
i  romani  il  nome  di  tribù  avea  due  si- 
gnificati; si  ricevea  egualmente  per^una 
certa  parte  di  popolo,  e  per  una  porzione 
di  terreno  che  ad  esso  apparteneva.  Non 
bisogna  confondere  la  condizione  delle 
tribù  di  Roma  (V-),  sotto  i  re,  sotto  i  con- 
soli e  sotto  gì'  imperatori ,  giacché  esse 
cambiarono  al  tulio  di  forma  nel  corso 
di  questi  3  generi  di  reggimento,  come 
rilevai  in  quell'  articolo  e  negli  altri  che 
ti  hanno  relazione.  Le  tribù  ponno  con- 
siderarsi sotto  i  re  come  nella  loro  pri- 
uiilivuorigine,soltoi  consoli  nel  loro  stato 
di  perfezione,  e  sotto  gl'imperatori  come 


T  il  I 

nella  decadenza  loro, almeno  riguardo  al 
loro  credito  e  nella  parte  ch'esse  a  veano 
nel  governo,poichè  gl'imperatori  concen- 
trarono nelle  loro  proprie  mani  tutta  l'au- 
torità della  repubblica,  e  non  ne  lascia- 
rono più  che  l'ombra  al  popolo  e  al  se- 
nato. Stabilita  e  ampliata  la  nuova  città 
di  Roma  da  Romolo,  ed  egli  eletto  re  del- 
la medesima,  successi  vamenle  divise  in  3 
parti  il  pò  polo  e  perciò  chiama  te  Tribuno- 
me  pure  fece  una  tri  pi  ice  di  visione  di  tutto 
il  terreno  che  possedeva,  una  delle  quali 
parti  dovea  servire  per  la  costruzione  de* 
templi  e  pe'ministri  sagri, l'altra  per  gli  usi 
pubblici, come  fori,  basiliche,  et., e  la  3." 
riservò  pegli  usi  privati.  Quest'ultima  3.a 
parte  fu  nuovamente  divisa  in  3o  parti 
decimali  eguali  per  3o  curie,   ciascuna 
composta  di  100  cittadini,  ed  ogni  curia 
fu  suddivisa  in  altre  io  parti  dette  decu- 
rie. Imperocché  Romolo  avea  distribuito 
il  popolo  in  tre  parti  o  quartieri  o  sestieri 
o  sezioni  o  Regioni  (V.),  come  le  nostre 
Parrocchie  (V.),  dalle  regioni  derivan- 
do poi  i  Rioni  di  Roma(V .);  le  quali  parti, 
odal  Tributo  ( V.)  che  doveano  dare(vo- 
bolo  derivato  perchè  esige  vasi  dalle  tri- 
bù testa  per  testa),  o  dal  numero  terna- 
rio, o  secondo  Plutarco  dalla  ricordata  pa- 
rola greca  tribus,  che  presso  gli  ateniesi 
significava  la  3."  parte,  furono  dette  Tri- 
bù j  le  quali  di  nuovo  si  divisero  in  1  o  cu- 
rie. Ciascuna  tribù  avea  per  capo  il  suo 
Tribuno  (P^.),  benché  ne'  tempi  succes- 
sivi fu  abolito,  a  riserva  del  tribuno  mi- 
litare. Erasi    questa  divisione  stabilita 
per  la  milizia,  poiché  in  que'primi  tem- 
pi si  sceglievano  1000  pedoni  da  ciascu- 
na tribù,  da  dove  derivò  la  parola  Mi- 
le.s  da  mille,  al  riferire  di  Dionisio  d'A- 
licarnasso,  e  100  cavalieri.  Ciascuna  cu- 
ria avea  i  suoi  esercizi  di  religione  e  il  suo 
capo;  il  sacerdote  o  colui  che  avea  la  cu- 
ra de'sagrifizi  di  ognuna  di  esse  chiama- 
vasi  Curio  o  Curione ,  a  sacris  curandr. 
Romolo  chiamò  curie  la  divisione  delle 
tribù,  perchè  la  repubblica  con  la  cura 
e  opera  dc'lribuui  loro  capi  spedisse  le  seu- 


T  R  I 

lenze  e  i  giudizi.che  però  alcune  leggi  pub- 
blicale da're  furono  delle  Curiale,  ed  i 
«l'elèi ti  delle  curie  del  medesimo  deno- 
minati decurioni.  In  una  parola,  ogni  cu- 
ria era  regolata  da  un  curione  o  centu- 
rione in  guerra,  e  da  un  sacerdote  ool  no- 
me pure  di  curione  in  tempo  di  pace,  le 
decurie  dal  decurione.  Questa  divisione 
moltiplicata  poi  iti  centurie,  ed  applicata 
tanto  all'ordinamento  civile  che  al  mili- 
tare, da  queste  partizioni  toglievansi  i  vo- 
ti nelle  decisioni  dal  popolo  e  da'soUlali. 
In  tal  modo  si  rese  più  facile  il  novero  de' 
cittadini,  e  il  censimento  delle  loco  pro- 
prietà onde  regolare  le  imposte.  Aumen- 
tatasi anche  più  la  città,  tanto  rimase  Io 
stesso  numero  delle  tribù,  avendone  pe- 
rò ottenuto  il  nome,  dimodoché  lai."  si 
diceva  Ramnensium.  da  Romolo  re  de' 
romani;  la  2.a  Tatìcntiuni,  da  Tazio  re  di 
Curi  capitale  della  Sabina  {T  .)  e  de'sa- 
bini;  la  3/  Lucer um, della  cos'i  o  dal  Lu- 
cumone  etrusco,  come  composta  di  etru- 
schi che  aveano  aiutato  Romolo  nella 
guerra  contro  Tazio,  o  dall'asilo  stabili- 
tosi da  Romolo  in  un  boschctlo  situato 
nel  Campidoglio,  in  Ialino  dello  Lucus. 
Essendo  i  Tribuni (I'.)  sul  principio  soli 
3  e  come  mandali  dalle  3  tribù  all'eser- 
cito, furono  chiamati  Tribuni.  Crescen- 
do maggiormente  Roma  ,  il  suo  5.°reTar- 
quinio  PritCO  duplicò  il  numero  delle 
tribù  ,  ritenendo  però  le  stesse  denomi- 
nazioni ,  dicendosi  Ramrtenses  primi , 
Raninenses  secundi,  come  allesta  Festo. 
Essendosi  poi  di  molto  aumentate  le  me- 
desime tribù  ,  e  specialmente  la  nomi- 
nata Lacerimi,  il  6.°  re  di  Roma,  Servio 
Tullio,  mutando  il  detto  ordine  ,  divise 
le  città  in  4  porzioni  e  l'Agro  romano  (di 
cui  a  Roma)  in  i5  o  i  7,  variando  sopra  di 
ciò  gli  scrittori,  come  ampiamente  si  può 
vedere  nel  Grevio,  Alcune  delle  quali  si 
nominarono  Tribù  Urbane  ,  cioè  della 
città,  ed  altre  Tribù  Rustiche  o  Rusti- 
cali,  della  campagna  :  le  urbane,  secon- 
do il  Sigonio,  furono  la  Suburra  na,  della 
ancora  Sucusana,  YEsqailina,  Collina 

VOL.   IXXX. 


T  R  I  97 

e  Palatina,  così  appellate  da'luoghi  che 
abitavano:  delle  rustiche  o  suburbane  ci 
restano  i  nomi  della  Romulia,  la  Fejen- 
tina,  la  Lcmonia,  la  Pupinia,  la  Crii- 
stamina;  le  altre  col  tempo  mutarono  no- 
me. Dipoi  in  diversi  lempi  vi  furono  ag- 
giunte altre  tribù  che  arrivarono  al  nu- 
mero «li  35, cioè  nell'anno  5i  2  della  fon- 
dazione di  Roma.  Le  tubane  o  prime  f\ 
componevano  gli  abitanti  di  Roma,  le  ru- 
stiche gli  abitanti  della  campagna  snbnr- 
baua  e  portavano  il  nome  di  qualche  luo- 
go da  esse  abitato  o  dalle  famiglie  illustri 
che  vi  erano  incorporate;  come  per  dir- 
ne di  alcune  la  Cluentina  ,Arniese  0  Nar- 
mese,  /Jllia,  Aniensc,  Camilla,  Scazia, 
Fabia,  Fa/cria,  Troincntina ,  Sergia, 
Lcmonia,  Mezìa,  Mencnia,  Minuzia,  O- 
criculana,  Papi  a,  Papiria,  Pallia,  Te- 
renlina,  Popilia,  Pojìinia  ,  Pomptina , 
Oufentina,  Fini 'Ha '.Sic Ila lina,  Quirina, 
Romilia,  Sabatina,  Felina,  ec,  discor- 
rendone diflissamentfl  il  Grevio  e  il  Pan- 
vinio.  Ma  le  tribù  della  città,  le  quali  da 
principio  furono  le  più  stimate  e  le  più 
onorevoli ,  per  comprendere  la  miglior 
classe  de'cittadini  e  la  più  nobile,dipoi  nel- 
la repubblica  essendosi  in  esse  introdotta 
ogni  classe  di  persone,di  vennero  in  segui- 
lo abbiette;  perchè  Appio  Claudio  cen- 
sore volendo  cattivarsi  l'animo  della  ple- 
be, v'introdusse  la  feccia  del  popolo  fin 
dal  44^  di  Roma,  onde  le  rustiche  di- 
vennero in  maggióre  reputazione.  Le  an- 
tiche e  più  distinte  famiglie  della  città, 
con  quasi  tutte  le  famiglie  nobili,  prefe- 
rirono allora  di  essere  annoverate  fra  le 
tribù  rustiche  o  della  campagna,  o  v'era» 
no  situali  i  loro  beni;  donde  avvenne,  che 
la  parola  Tribù  non  distingueva  più  la 
dimora  di  coloro  che  la  componevano,  ma 
la  loro  accettazione  in  una  certa  parte  «lei 
popolo;e  non  vi  rimasero  che  4  tribù  del- 
la città,  le  rimanenti  3  1  erano  della  cam- 
pagna, però  le  une  e  le  altre  furono  delle 
tribù  di  Roma  oromane.  Superando  le 
tribù  rustiche  in  nobiltà  e  riputazione  le 
urbane,  da  ciò  pure  derivò  l'uso  e  il  gu- 

7 


c,8  TRI 

sto  prèso  da'grandi  eda'più  doviziosi  cit- 
tadini di  abitare  nella  rampogna, ove  sta- 
bilirono /  'il le  (/  .)  sontuose  ne'loro  va- 
sti fondi  subuibani  e  vi  facevano  dimo- 
ra, ed  alcuni  anco  per  esercitarvi  la  no- 
bilissima agricoltura,  come  Ira  gli  altri 
fecero  M.  Curio  dopo  aver  trionfato  de' 
sanniti,  dc'sahini  e  di  Pirro;  L.  Q.  Cin- 
cinnalo, che  coltivando  la  terra  ricevè 
l'annuncia  d'essere  elevato  alla  dittatu- 
ra ;  e  Regolo  generale  romano  nella  i.* 
guerra  cartaginese,  tornò  poi  a  coltivare 
il  suo  podere;  oltre  tanti  altri  che  al  dir  di 
Cicerone,  ab  aratro  arcessebantur,  qui 
conmles  fìent.  A  non  ripetere  elogi,  ba- 
sti ricordare  cjuelli  falli  da  Virgilio,  Pli- 
nio, Vairone, Colnmella  ed  altri  molti  an- 
tichi e  classici  scrittori.  Cicerone  nel  suo 
Catone  maggiore  invila  a  leggere  sui  no- 
bili piaceri  della  vita  rustica  il  libro  di 
Xenofonte,  I'  Economico,  de  titenda  re 
familiari.  Essendo  adunque  l'arte  agra- 
ria utile  e  nobile  esercizio  de'romani  pa- 
trizi, quindi  è  che  le  tribù  rustiche  si  re- 
putarono assai  più  onorevoli  dell'urba- 
ne. In  esse  in  falli  erano  descrii  le  le  più 
illustri  famiglie, come  la  Romulia.  la  Ce<- 
monia,  la  Pnpinia,  la  Galleria,  la  Pal- 
lia, la  T  oltinia,  la  Claudia,  V  Emilia, 
la  Cornelia,  la  Fabia,  V Grazia,  la  Me- 
nenia,  la  Papiria,  la  Sergia,  la  Veni- 
rla e  lante  altre.  Ecco  perchè  i  romani 
volendo  piemiare  un  cittadino,  Io  rimo- 
«eTMIO  dalla  tribù  urbana  e  alla  rustica 
l'annoveravano;  e  per  lo  contrario  volen- 
do castigare  alcuno, dalla  tribù  rustica  lo 
trasferivano  all'  ui  bana.  Furono  dunque 
più  onorevoli  le  tribù  rustiche,  e  forma- 
rono esse  la  distinzione  de'primai  i  citta- 
dini. Augusto  slesso  era  ascritto  nella  ru- 
slicale  tribù  Fabia,come  discendente  dal- 
la famiglia  Giulia,  per  essere  stato  adot- 
talo da  Giulio  Cesare.  Aggiungerò,  quan- 
to al  passaggio  d'una  tribù  in  altra,  che 
i  romani  potevano  fai  lo,  poiché  se  un  ro- 
mano descritto  in  uno  tribù,  veniva  adot- 
talo da  famiglia  aggregata  in  altra  tribù, 
l'adottalo  si  trasferì  vu  dalla  propria  nella 


T  B  I 

famiglia  dell'adottante,  e  per  questa  tra- 
slazione molava  tribù.  Similmente  pote- 
vano seguire  cambiamenti  di  tribù  per 
cagione  dell'abitazione  o  del  censo,  e  for- 
se anche  per  allre  ragioni,  le  quali  non 
avevano  luogo  ne'  municipii  e  nelle  co- 
lonie, ognuna  delle  quali  con  tulli  i  suoi 
cittadini  ad  una  sola  tribù  era  assegnata. 
Nondimeno  alcuni  scrittori  hanno  credu- 
lo, che  alcuna  colonia  sia  stala  soggetta 
a  cambiamento  di  tribù,  per  essere  slata 
più  d'una  volla  dedotta  colonia,  cioè  per 
essere  condotti  in  essa  nuovi  coloni.  Il 
popolo  romano  ne' primi  anni  della  fon- 
da/ione di  Roma,  non  essendovi  per  an- 
co centurie,  ma  soltanto  3  tribù, ri  con- 
vocava per  curie;  in  tal  modo  si  creava- 
no i  re  ed  i  magistrali;  si  facevano  le  leg- 
gi e  gli  statuti;  ed  amminislravasi  la  giu- 
stizia nell'assemblea  delle  curie,  pren- 
dendo i  voli  de!  popolo.  In  segnilo  simi- 
li assemblee  non  si  tennero  che  per  crea- 
re i  flamini,  cioè  i  sacerdoti  di  Giove,  di 
Alarle  e  di  Romolo,  ed  il  gran  cui  ione, 
giacché  il  curione  o  sagrifkatore  era  da 
ciascuna  curia  eletto  a  proprio, giacimeli* 
lo.  Le  assemblee  più  antiche  del  popolo 
di  Roma,  ossia  le  sole  ch'ebbe  per  mollo 
tempo,chimavansi  Comitia CitriataMoè 
assemblee  del  popolo  romano  per  curie 
o  quartieri,  perchè  in  esse  eranvi  solo  co- 
loro che  dimoravano  in  Roma.  Quest'as- 
semblee lenevansi  in  un  luogo  chiamalo 
Comizio, nel  Foro  di  Roma  (1  '.),  ed  eia 
presieduto òa' Pontefici  {1  .),conie  le  per- 
sone più  ragguardevoli  di  ciascun  quar- 
tiere o  curia.  Il  comizio,  Comitium,  eia 
in  prossimità  della  Curia  Ostilia  eretta 
da  re  Tulio  Ostilio  3."  re  di  Roma,  per  le 
adunanze  del  Senato  romano[P.), iìa  lui 
accresciuto  dopo  la  distruzione  d'  Alba, 
fra' Rostri  eia  Strada  sagra,  ubicazione 
di  cui  riparlai  a  Tempio;  inoltre  Tulio  O- 
stilio  aumentò  la  tribù  dtliannii  o  ro- 
mani con  incorporarvi  i  vinti  albani, men- 
tre prima  di  lui  alla  tribù  de' Laceri  era- 
no stati  annessi  lutti  i  popoli  chei  romani 
avevano  sottomesso  :  del  comizio,  la  sua 


. 


T  R  I 

litichila  si  trae  dalle  Leggi  (/".)  delle 
XII  tavole,  facendosene  menzione  nella 
i.'Il  comizio  fu  uno  spazio  particolare 
del  foro  romano,  dove  il  popolo  si  rac- 
coglieva pe'  comizi  curiati  e  per  tratta- 
re liti,  convenire  alcuno  di  spergiuro, ec; 
la  sua  etimologia  deriva  a  coire,  dall'  u- 
n irsi  insieme.  Sorgeva  sopra  gradini  in 
area  grande  e  scoperta, partedi  quella  del 
foro  romano;  ma  dove  più  sovente  era 
un'adunanza  permanente. nel. 544  ^i  R°~ 
ma  venne  coperta  per  la  i."  volta  con  ten- 
de,durante  l'adunanze  legittime  del  popo- 
lo.Nel  tempo  della  repubblica  varie  statue 
si  eressero  nel  comizio,  come  quelle  di  Ac- 
cio e  Navio,  d'Ermodoro  efesino  interpre- 
te delle  XII  tavole,  di  Pitagora  e  d'Alci- 
biade; ma  a'tempi  di  Plinio  solo  vi  rima- 
neva la  statua  di  Orazio  Codile.  Nel  6y3 
di  Roma  vi  fu  collocata  la  celebra  pittu- 
ra staccata  dalle  pareti  di  Lacedemone 
con  artificiosingolare, trasportandosi  l'in- 
tonaco entro  forme  di  legno.  V'erano  poi 
nell'area  i  due  famosi  alberi  di  fico  il  Ru- 
minale e  il  Navio;  sotto  il  i.°  essendo  sta- 
la trovala  la  lupa  lattante  i  due  gemel- 
li Romolo  e  Remo  (o  così  dello  dui  ru- 
minar de'bestiami,  che  ivi  ne'tempi  più 
antichi  pascevano),  onde  poi  vi  fu  posto 
il  simulacro  della  Lupa  allattante  i  due 
bambini,  in  bronzo,ora  esistente  in  Cam- 
pidoglio; il  fico  Navio  fu  cosi  detto  per- 
chè iti  impiantalo  da  Tarquiuio  Prisco 
in  memoria  d'aver  l'augure  Navio  taglia- 
to col  rasoio  la  pietra  o  cote,  ed  ivi  l'uno 
e  l'altra  fece  sotterrare,  pianta  che  quan- 
do cominciava  a  inaridirsi  se  ne  pianta- 
va un  germoglio  nuovo,  perchè  crede- 
vano gli  aruspici  finché  1'  albero  si  fos- 
se  conservato  la  libertà  del  popolo  roma- 
no rimarrebbe  intatta.  Contenendo  il  co- 
mizio ricordi  del  trovamento  di  Romo- 
lo e  di  sua  prima  educazione,  n'ebbe  pu- 
re di  sua  morte,  per  esservi  slati  eretti 
in  memoria  due  leoni,  donde  derivò  il  co- 
slume  di  lodar  i  morii  avanti  i  rostri;  e  vi 
fu  pure  posta  una  pietra  nera,  per  indi- 
care il  sepolcro  destinato  a  Faustolo  edu- 


TRI  99 

calore  di  Romolo,  ed  a  Quintiliosuo  se- 
guaceestipile  della  gente  Quintina  oliti- 
la a'tempi  di  Commodo. Tutto  il  narrato 
sul  Comizio  I'  ho  ricavalo  dal  di  più  che 
ne  riporta  il  dotto  N'ibby, Roma  nel  1 838, 
par  a.-  aulica, p.  67.  Si  può  vedere  l'eru- 
dita lettera  scritta  a' 10  aprile  1847  da 
Domenico  Cacchiatelli,  pubblicata  nel 
Panorama  del  prof.  Mercuri,!. 2,  p.  5o: 
Sulla  scoperta  del  Comizio  al  eh.  Lui- 
gi t'escavali.  A  darne  breve  ceuno,  dirò 
che  l'incerta  contrastata  posizione  dello 
scomparso  suolo,  ove  il  popolo  romano  si 
riuniva  in  comizio  per  trattare  i  più  seri 
affari  dell.»  nazione  all'epoca  de're,  il  suo 
traslocandolo  in  altra  posizioneove  i  de- 
simi del  mondo  si  risolvevano  e  l'incivili- 
mento dell'europee  popolazioni, la  som  ma 
importanza  di  riconoscere  questo  sito,non 
chele  tantediverseopinionide'piìi  classici 
archeologi,  mossero  ne'primi  del  1846  lo 
scrittore  a  occupare  di  rintracciare  la  lo- 
calità di  sì  classica  superficie.  L'esca  vazio- 
ni  eseguite  dal  Vescovati  nel  foro  romano 
nel  1 847,presso  i  ruderi  della  curia, lo  con- 
fermarono sulla  posizione  da  lui  stabilita 
del  comizio,  prossimo  al  Tempio  di  Ca* 
sfere  o  Polluce  (/"'.)  e  sulla  cui  area  fu 
pure  eretta  la  basilica  Giulia,  il  cui  pa- 
vimento fu  scoperto  in  delle  escavazioni 
presso  la  Colonna  (/  .)  di  Foca  e  adia- 
cente al  Tempio  di  Giulio  Cesare  (T-J- 
Perciò  dichiara  avere  il  comizio  abbrac- 
cialo un'area  di  7  iugeri  in  figura  di  pa- 
rallelogramma largoi20  piedi,  il  doppio 
lungo, ossia  una  superfìcie  di  28,000  pie- 
di quadrali,  circa  la  7/  parte  di  rneuo 
della  Piazza  Navona  (V-),  e  capace  di 
contenere  60,000  individui.  Conviene 
che  coprì  vasi  il  comizio  temporaneamen- 
te secondo  le  circostanze,  in  modo  da  con- 
tenere un  considerabile  numero  di  citta- 
dini. Che  per  l' importanza  delle  popo- 
lari riunioni  fu  il  comizio  il  più  augusto 
sito  di  Roma,  e  lo  fu  più  ancora  per  gl'in- 
signi pili  antichi  e  più  venerati  monumen- 
ti che  conteneva,  dequali  aggiunge  a'ri- 
eordatij  la  spelonca  di  Pane,  che  fai  ma- 


ioo  TRI 

vh  ui)  angolo  del  Manie  Palatino,  la  pros- 
sima uni  di  \  iiltano.il  celebre  Loto  pian- 
tato ila  Romolo,  albero  forte  e  di  lunga 
vita,  forse  perchè  ivi  e  sollo  il  fico  Ru- 
minale li  arrestò  la  cesta  che  conteneva 
ini  e  il  fratello  esposti   in  balìa   del  tra- 
boccato Tevere  (/  .).  Che  Noma  2.0  re 
di  Roma  stabilì  la  sua  dimora  all'estre- 
mità del  comizio,  e  unì  la  sua  casa  al  2\m- 
pio  di  Presta  (  T- .)  cust  od  ito  da  Mel'esta  li. 
Clie  il  tribuno  della  plebe  Caio  Licinio 
Crasso  nel  6og  di  Roma  pel  1 .°  trasportò 
il  popolo  dall'antico  comizio,  ne'Septi  sul 
Campo  Marzo, poi  vastissimo  edificio. Che 
gli  avanzi  del  comizio  finirono  d'essere  di- 
strutti nel  1 084  per  l'incendio  di  Roberto 
Guiscardo. Essendosi  in  dette  escavazioni 
scopertoli  suo  antico  piano, si  venne  a  re- 
stituire a  Roma  e  a  tritio  il  mondo  un  mo- 
numento generale  dell'  universo,  essen- 
do comparsi  sopra  di  esso  gli  oratori  de' 
popoli  che  anche  oggidì  si  chiamerebbero 
di  regioni  remote  del  mondo.  1   comizi 
curiati  furono  i  più  antichi  di  Roma,  co- 
me tenuti  dal  popolo  diviso  in  tribù  e  cu- 
rie :  queste  essendo  3o  ne   seguiva,  che 
quando  si  avea  il  voto  unanime  di  1  6  di 
essescioglievasi  l'adunanza. Fino  a  Servio 
Tullio  6."  re  di  Roma  lutti  gli  affari  ri- 
messi ni  popolo  venivano  decisi  da'eomi- 
zi  curiali,  e  Lex  Curiata :  appellnvasi  la 
risoluzione.  Quindi  Servio  Tullio  colla 
istituzione  de'  comizi  cenluriali,  che  te- 
nevansi  nel  Campo  Marzo, rese  meno  fre- 
quenti i  curiati;  nondimeno  sino  al  fine 
della   repubblica  rimasero  privativa  di 
questi  comizi  il  conferire  il  comando  de- 
gli eserciti,  la  conferma  dell'elezione  falla 
ne'comizi  tributi,  l'adozione,  i  testamen- 
ti non  conformi  alla  legge,  e  la  nomina 
de'fiamini  e  del  curione  massimo.  Nicola 
Oruchius  o  Groucy  ci  die:  De  ComiH.it 
lionwnorum,  Parisiisi  555.  Nel  comizio, 
oltre  i  comizi  curiati,  vi  si  tenevano  so- 
venteanchei  comizi  Iribnti.così  eletti  per- 
chè i  tribuni  della  plebe  e  altri  magistra- 
ti superiori  convocavano  il    popolo  per 
tribù;  e  siccome  quest'etano  35,  la  uuu- 


TR  I 

n'unita  di  18  bastava  per  la  risoluzione, e 
quindi  scioglievasi  l'adunanza.  Questi  co- 
mizi per  tribù  furono  per  lai.  volta  in- 
trodotti nel  264  di  Roma  nella  causa  di 
Coriolano,  e  allora  furono  temili  nel  fo- 
ro romano,  ossia  nel  comizio,  parte  di  es- 
so. In  que'comizi  non  solo  eleggevano  i 
magistrali  inferiori  di  Roma, comincian- 
do dagli  edili  curuli  e  plebei,  ed  i  magi- 
strali straordinari, cornei  prefetti  dell'an- 
nona,) duumviri  navali, ce.,  ed  ilPontefìce 
massimo;  ma  si  trattavano  anche  cause 
capitali,  specialmente  di  stato;  questo  co- 
stume durava  ancora  al  tempo  dell'  im- 
pero. Le  leggi  si  confermavano,  ed  i  ma- 
gistrati capitani  si  eleggevano,  dopoché 
il  senato  ne  avea  fatto  proposta.  L'auto- 
re delle  Antichità  Romane  riferisce,  1  he 
le  tribù  ordinariamente  si  adunavano  nel 
Campo  Marzo  o  nel  Foro  di  Roma  nel 
Comizio,  per  eleggere  i  magistrali  di  2." 
ordine, cioè  i  tribuni  del  popolo,  gli  edili, 
i  triumviri,  i  proconsoli,  ec;  per  far  le 
leggi  che  chiamavano plebiseita,  e  per  al- 
tri simili  allari. Tali  assemblee  per  tribù 
chiama  vansi  Comitia  tributale,  quelle  del 
popolo  per  curie,  Comitia  curiata;  uè 
altra  differenza  eravi  tra  esse,  se  non  che 
queste  erano  composte  di  soli  abitanti  na- 
turali di  Roma,  e  quelle  che  i  tribuni  a- 
veano  il  potere  di  convocare,  in  un  cogli 
abitanti  di  Roma  comprendevano    tulli 
quelli  delle  città  d'llalia,che  vi  erano  as- 
sociale alle  tribù.,  e  che  aveano  ottenu- 
to il  diritto  della  cittadinanza   romana. 
Eia  necessario  tra'romani,  che  ogni  vero 
cittadino  di  Roma  fosse  ascritto  in  qual- 
cuna delle  35  tribù.  Imperocché  siccome 
ne'pieni  comizi,  che  si  facevano  ordina- 
riamente in  grazia  o  delle  leggi  o  de'ma- 
gislrati,  tutte  le  tribù  concorrevano;  così 
per  non  confondere  i  voti  ogni  cittadino 
era  in  qualcuna  di  loro  nella  quale  vo- 
lava; e  la  maggior  parte  de'voti  costitui- 
va l'opinione  di  lei,  intorno  a  quelle  roa- 
lerieche  ne'comizi  erano  proposte.  Quin- 
di allorché  per  benefìcio  della  legge  Giu- 
lia, lulla  {Italia  (/".)  fu  ascritta  alla  ro- 


TR  I 
mann  cittadinanza  ,  e  indi  la  Venezia  e 
l'Istria,  ogni  citlà  si  prescelse  la  sua.  E 
così  fu  ascritta  Milano  nella  tribù  Ufen- 
lina,  Aqtiileia  nella  felina,  Concordia 
nella  Claudia,  Padova  nella  Faina,  Vi- 
cenza nella  Nerenia,  Verona  nella  Po- 
blìcia,  e  così  il  rimanente.  La  necessità 
e  il  privilegio  di  ascriversi  nelle  tribù  ro- 
mane, passò  di  ragione  anche  all'Istria,  e 
fu  prescelta  la  Pupinia.  Quali  privilegi 
godesse  una  citta  ascritta  in  una  delle  tri- 
bù romane,  il  Resini  al  cap.  4  "e  fa  una 
diligente  descrizione,  e  riferisce  che  ognu- 
no il  (piale  in  alcuna  delle  tribù  romane 
era  ascritto,  passando  in  Roma  col  suo 
domicilio,  in  quella  curia  veniva  aggre- 
gato ov'era  posta  la  sua  tribù,  ed  acqui- 
stava il  jus  Ch'itati.?,  con  facoltà  d'  in- 
•ervenirea'comizi(ne'quali  facevasi  la  di- 
spensa delle  cariche  principali  della  re- 
pubblica, e  l'elezione  de'magistrati,  con 
una  riserva  però,  ch'era  obbligato  a  ri- 
nunziare alle  particolari  leggi  patrie,  ed 
uniformarsi  a  tuttociò  ch'era  particola- 
re in  quella  curia  o  tribù,  in  cui  era  sta- 
to aggrega to,ciò  che  non  succedeva  a  que- 
gli che  dimorava  fuori  di  Roma,  che  so- 
lamente interveniva  a'detti  comizi  e  non 
era  tenuto  a  rinunziar  alle  leggi  della  pro- 
pria città.  Così  pure  afferma  il  Panvinio, 
descrivendo  l'origine  e  disposizione  del- 
le curie  e  tribù,  e  la  loro  autorità,  venen- 
do al  particolare  delle  Colonie^'.),  Mu- 
nicipii{V.) e  Prefetture  (V.)  d'Italia.  In 
una  parola,  tutte  le  Città  le  quali  erano 
in  condizione  di  colonie  o  municipiio  pre- 
fetture o  città  confederate  di  Roma,  col 
corso  del  tempo  goderono  il  jus  Roma- 
nuin,  ed  ebbero  la  facoltà  d'intervenire 
ne'comizi,  che  ogni  anno  si  facevano  in 
Roma  nella  dispensa  delle  cariche  e  per 
giiflffttri.lt)  tempo  della  repubblica  lira- 
vausi  a  sorte  i  nomi  di  tutte  le  centurie, e 
quella  che  sortiva  la  i  .Vi  chiamava  Prin- 
cipium  e  dava  lai. "il  suo  voto;  dopo  il 
Sii  di  Roma, quando  il  popolo  fu  distri- 
buito nelle  35  tribù,  ed  in  esse  furono 
comprese  le  ceuturie,  primamente  tira- 


TRI  i  o  i 

vasi  a  sorte  il  nome  delle  tribù  per  co- 
noscere quella  che  avrebbe  il  t.°luogo,  in- 
di tiravasi  quello  delle  centurie  di  que- 
sta tribù,  e  quella  che  sortiva  lai/ pro- 
nunziava prima  delle  altre  il  suo  parere; 
in  seguito  chiamavausi  tutte  le  altre  cen- 
turie della  i .",  della  2/  e  di  tutte  le  altre 
classi  secondo  il  loro  ordine.  Fuvvi  un 
tempo,  in  cui  i  voti  per  l'elezione  de'ma- 
gistrati davansi  ad  alta  voce;  e  tale  mi- 
sura teneva  ne'giusti  limiti  il  popolo,  a- 
vendo  ciascuno  vergogna  di  dare  il  suo 
voto  ad  un  individuo  indegno,  e  capace 
di  recar  nocumento  alla  repubblica;  ma 
nel  6 1 4  vi  s'introdusse  l'uso  dello  squit- 
titilo e  de'  voti  segreti,  che  favorivano  le 
cabale  de'catti vi  soggetti, ed  aprivano  lo- 
ro il  cammino  alle  magistrature  eminen- 
ti, essendo  il  popolo  molto  facile  a  com- 
piacere taluno,  senz'essere  esposto  al  ros- 
sore di  favorire  persone  immeritevoli. 
Quegli  che  avea  l'incarico  di  proporre  al 
popolo  il  punto  su  che  tratta  vasi,  salito 
in  aringa  proponeva  l'aliare,  indi  tratte- 
si a  sorte  le  curie,  andavano,  secondo  l'or- 
dine con  cui  uscivano,  ad  un  chiuso  for- 
mato di  pali,  che  dicevasi  Sejìtum  o  ()■ 
vile,  perchè,  fatto  a  foggia  di  parco,  ove 
da'pastori  si  racchiudono  le  greggie.  Vi 
si  entrava  ad  uno  ad  uno  per  assai  stret- 
to sentiero  che  metteva  a  questo  chiuso, 
nel  cui  ingresso  si  trovava  chi  ricevea  il 
voto.  I  ricordati  spazi  detti  Septa,ntìi[\i&- 
li  si  tenevano  i  comizi  e  convegni  dalle 
tribù  del  popolo  per  dare  i  loro  voti,  era- 
no nel  Campo  Marzo  ne'tempi  della  re- 
pubblica, formati  con  recinto  di  tavo- 
le e  diviso  in  sezioni,  dove  le  tribù  e  le 
centurie  adunavausi  ne'comizi  per  dare  il 
suffragio.  G.  Cesare  formò  il  progetto  per 
trasformare  questo  grossolano  scompar- 
timento in  una  costruzione  sontuosa,  in- 
di la  mandò  ad  elìetto  Augusto  con  isplen- 
dido  portico  oblungo,sostenuto  da  colon- 
needa pilastri  eadorno  di  dipinture,  con 
grandi  aree  cinte  da  portici  di  colonne  e 
da  camere.  Agrippa  li  dedicò  in  onore  di 
Augusto,  e  perciò  col  nome  di  Sepia  lu- 


io*  TRI 

Ha.  Dopo  l'abolizione  de'comizì,  il  por- 
lieo  de  Senta  servì  per  spettacoli  fino  al 
secolo  V.  Sorgevano  presso  la  7  illa  pub- 
blica, nell'area  ove  ora  sono  il  Palazzo 
P ampli ilj  Dorìa  sul  Corso  (  ''.),  la  Clde  ■ 
sa  di  s.  Ignazio  (fy.)  col  contiguo  orato- 
rio del  Caravita,  ec.  Quando  si  trattava 
dell'elezione  de' magistrati,  bastava  all'u- 
scir del  chiuso  dar  la  sua  nomina. Quan- 
do poi  trattavasi  della  pubblicazione  di 
qualche  legge,  o  della  condanna  capita- 
le di  qualche  reo  appellatosi  al  popolo,  si 
procedeva  diversamente.  Le  panche  sub 
le  quali  si  collocavano  le  arche,  ossia  ce- 
ste,ove  getta vausi  le  tavolette  quando  da- 
masi il  voto,  si  chiamavano  in  lalinoy?o«- 
test  per  essere  molto  alle  e  strette.  Ad  o- 
gni  cittadino davansi  due  di  queste  tavo- 
lette: in  una  vi  erano  pel  .sì  le  lettere  U. 
R.  iniziali  delle  parole  idi  rogas,  le  qua- 
li denotavano  che  colui  il  quale  dava  il 
voto,  approvava  l'alto  proposto  dall'ar- 
lingatore;  nell'altra  pel  no  era  vi  la  lette- 
ra A,  iniziale  della  parola  antiquo,  che 
significa  abolire/  e  metaforicamente  au- 
nullui  e, rigettare,  non  accettare.  Frattan- 
to gli  scrivani  segnavano  con  punti  il  nu- 
mero de' voti  o  favorevoli  o  contrari,  e  la 
pluralità  de'medesùni  dava  la  conclusio- 
ne dell'affare.  Nelle  singole  curie  poi  la 
pluralità  de' voti  ne'snoi  componenti  da- 
va il  voto  della  curia.  Ogni  5  anni  il  cen- 
sore faceva  la  rassegna  delle  tribù,  e  con- 
fei  ma  va  ciascuno  nella  sua  tribù,o  da  essa 
l'escludeva  ponendolo  per  punizione  in 
altra  inferiore,  ovvero  lo  incorporava  in 
una  superiore,  in  ricompensa  di  qualche 
distinta  azione.  Può  vedersi  sulle  tribùde' 
romani  il  Sigonio,  De  aulir/.  Jure  Jtal, 
lib.  3,cap.  3;  il  cardinal  Noris,  Cenotaph. 
Pisan.  Dissert.  i ,  cap.  i  ;  Govik,  Inscript. 
Etrusch.  t.  2,  p.  191  ;  De  Vita,  Antiq. 
Benevent.  p.  48;  bosini,  Antiq.  Roman. 
lib.  6,  cap.  1 5;  Gravina,  Originimi  juris 
p.i  1;  Panvinio,  De  civit.  Rom.  Reipub. 
Roman.  Commentarior.  p.  307. 1  nomi 
di  tutte  le  ti  dui  si  leggono  presso  Paolo 
Manuzio,  Antiq.    Roman,  ile   Comitiis 


tr  r 

Rom.  in  SckL  ad  Epist.  Fani.  Veramen- 
te nelle  lapidi  si  trovano  i  nomi  di  altre 
18,  ma  il  Fabretti,  Inscript.  Antiq.  do- 
mest.  p.  3g5,  non  le  crede  distinte  dalle 
3  5,  ma  solo  dà  avarie  di  queste  più  nomi 
sortiti  o  in  grazia  degl'imperatori,  o  de' 
vari  paesi  aggregali  alle  medesime.  Del- 
le tribù  di  alili  popoli  parlai  a'Ioro  luo- 
ghi; qui  solo  dirò  che  ogni  tribù'presso  i 
germani  cbiamavasi  Fare,  e  il  loro  capo 
farones,  donde  baroni. 

TRI  BUN  k  ,F astigiani,  Absis  .X^a  par  • 
te  principale  degli  edilizi  sagri,  o  di  altre 
fabbriche  insigni.  Nicchia  grande  posta  in 
capoadun  Tempio  (/ .),  chiamala  anche 
Apside  (V.)  o  Absida.  Tribune  dicousi 
anche  i  luoghi  in  alto,  destinali  a'Canto- 
ri,  a'suonatori,  e  talvolta  altresì  agli  spet- 
tatori. Quindi  le  tribune  degli  Organi 
(f^.).  Dicesi  tribuna  tonda  una  specie  di 
volta,  la  quale  non  è  fatta  solamente  d'ar- 
chi, ma  di  cornici  e  cose  simili,  per  il  che 
non  ha  bisogno  di  centina  o  armatura  di 
legname.  La  tribuna  degli  antichi  era  il 
/W^/Vof/^sulqualesaliva  l'oratore  nel- 
l'assemblee popolari,  tualamenteda  alcu- 
ni confusa  co' rostri  ch'erano  collocati 
presso  la  tribuna  medesima,  onde  parlar 
da' rostri  dicevasi  come  parlai*  dalla  tri- 
buna, sebbene  i  rostri  fossero  tntt' altra 
cosa,  cioè  le  punte  degli  speroni  di  bronzo 
delle  navi  prese  da' romani  a  que'd' An- 
zio, co'quali  adornarono  una  tribuna  co- 
strutta nel  Foro  romano  per  le  concio- 
ni pel  Comizio  delle  Tribù  (V.)  e  curie, 
la  quale  perciò  ebbe  il  nome  di  Rostraj 
e  quando  Giulio  Cesare  traslocò  le  con 
cioni  in  altra  parte  del  foro  ,  la  tribuna 
che  perciò  edificò  fu  appellata  i  Rostri 
Giiilii  e  i  Rostri  Nuovi,  senza  demolire 
la  vecchia  che  prese  il  nome  di  Rostri 
freccili.  Il  Borghini  crede  il  nomee  an- 
che la  forma  delle  tribune  delle  Chièse 
(V.)  ,  derivanti  da  quello  di  Tribunale 
(J^.)j  giacche  aggiunge,  ch'egli  è  hen  ve- 
ro, che  le  maggiori  chiese  e  più  solenni 
nella  parte  di  sopra,  dove  gli  antichi  (nel- 
le basiliche)  aveano  il  tribunale,  che  noi 


. 


T  R  I 

i,  ritenuto  l'antico  nome  intero,  chia- 
miamo tribuna,  e  la  formasi  vede  anco- 
ra mantenuta  in  molte  chiese  all'aulica 
girata  in  mezzo  al  cerchio.  Il  Nibby,  Dis* 
scrt.  della  forma  e  delle  partidegli an- 
tichi templi  cristiani,  parlando  dell'  ul- 
ima  parte  e  più  sacrosanta  della  chiesa, 
1  Santuario  e  Sacrario  (f.),  che  chiu- 
sa da  veli  e  cortine  sorgeva  mollo  più  al- 
ta del  Coro,  come  in  tutte  le  antiche  chie- 
se di  Roma  meno  alterate  si  riconosce, 
e  specialmente  in  s.  Clemente  cogli  Stal- 
li (/'.)o  sed\\\  intorno;  quindi  ascenden- 
dovisi  pev gradi/ri,  da'greci  ebbeil  nome 
corrispondente  al  latino  di  Tribunal,  da 
cui  il  moderno  vocabolo  di  Tribuna,  con 
che  sogliono  chiamar  questa  parte  di  chie- 
sa, ebbe:  origine,  ed  in  mezzo  sorge  va  Val- 
tare  isolato.  Il  p.  Lu pr,  Dissertazioni,  t. 
i,  p.  i  3,  chiama  la  tribuna  alla  testa  del- 
la navata  di  mezzo,  essenziale  alle  nostre 
antiche  Basiliche  (P.),  anziché  integra- 
le. Negli  edilizi  che  presso  le  catacombe 
o  cimiteri  fin  du'tempi  delle  persecuzio- 
ni si  fabbricarono  dagli  antichi  cristiani, 
acciòservissero  di  chiesa,  si  trovatole  tri- 
bune ad  uso  del  clero  e  del  sagro  altare; 
e  sebbene  il  rimanente  dell'  edilìzio,  ac- 
comodandosi all'angustia  de' luoghi  ,  in 
lutto  o  in  parte  sotterranei,  non  manten- 
ga in  tali  chiese  la  proporzione  e  divisio- 
ne di  navate,  che  poi  fu  osservata  nelle 
basiliche,  nondimeno  rade  volte  avvieue, 
che  in  quelle  strettezze  non  si  sia  ritrova- 
lo luogo  per  la  tribuna.  Riporta  il  p.  Lu- 
pi la  testimonianza  del  \$os\Q)Roma  sub- 
terranea, di  trovarsi  le  rovine  di  alcuni 
piccoli  templi  fabbricati  sui  sepolcri  dei 
martiri,  totalmente  dalla  figura  delle  ba- 
siliche dissomiglianti  ,  e  coll'irregolarità 
di  figura  più  conforme  a'templi  de'gentili, 
che  a  que'de'crisliani.  Non  per  questo,  e- 
gli  sostiene, che  ommettessero  similmen- 
te i  cristiani  di  fabbricar  la  tribuna  nei 
luoghi  alle  loro  radunanze  destinati  pel 
Servizio  Divino  (!''•),  quali  erano  legran- 
di  basiliche,  perchè  l' ommettessero  nei 
piccoli  e  angusti  templi  sepolcrali,  che  ser- 


T  RI  io3 

vivano  per  oratori*,  Ora  queste  tribune, 
che  nelle  basiliche  de'gentili  servivano  per 
tribunale,  come  attesta  Vitruvio,  lib  5, 
cap.  i,  dove  sedevano  i  giudici  a  senten- 
ziare delle  cause,  collocata  nel  mezzo  del 
semicircolo  la  sedia  conile,  insegna  della 
loro  giurisdizione,  se  fossero  magistrati, 
o  sopra  sedili  adattati  alla  centina  dello 
edifizio,  se  giudici  se»uplici  ;  sopra  multi 
gradini  si  sollevavano  dal  pavimento,  co- 
me in  Firenze  nella  gran  sala  del  consi- 
glio il  luogo  pe'magistrati,  e  alcuni  gra- 
dini più  alto  del  piano  dalla  sala;  con  que- 
sta istessa  alzata  di  gradi,  co'  loro  sedili 
disposli  intorno,  furono  adoperate  da'eri- 
stiani  ad  uso  di  sedervi  e  vescovi  e  clero 
per  ordine,  ludi  il  p.  Lupi  con  diverse 
testimonianze  prova  P  uso  di  salirsi  alle 
tribune  per  gradini ,  e  il  sedervi  sotto  il 
clero;  costumanza  che  quando  anco  tutte 
l'autorità  mancassero, dalla  sola  voce  Tri- 
li  unni  nel  la  chiesa  latina  e  nella  greca,  con 
cui  tal  parte  dell'edilìzio  si  chiama,  e  dal- 
le sedie  e  banchi  di  marmo,  che  in  molte 
delle  romane  chiese  dentro  le  tribune  mu- 
rati si  vedono,  bastantemente  si  prò  vereh 
he.  Essere  manifesto,  per  consenso  di  gra- 
vi scrittori,  che  il  nome  di  tribuna  dato 
a  questa  parte  di  sagre  fabbriche,  viene 
dal  nome  Tribunal  cou  eui  nelle  loro  pro- 
fane basiliche  distinguevano  i  gentili  tal 
semicircolo.  Un'altra  sorte  di  tribune  non 
così  comuni  notò  il  p.  Lupi,  non  già  col- 
l'occhio  nelle  f ibbiiche  de'  cristiani,  ma 
sibbeue  coll'inlelletto  ue'libri  degli  anti- 
chi scrittori.  Queste  sono  tribune  a  3  nic- 
chie talmente  situale, chese  quella  di  mez- 
zo vulta  il  convesso  esteriore  al  ponente, 
come  solevano  quasi  tutteappresso  gli  an- 
tichi cristiani,  quella  ch'è  collocata  a  drit- 
ta, lo  volterà  allo  scirocco,  quella  che  oc 
cupa  la  manca  ,  la  volterà  al  maestrale. 
Tal  fatta  di  tribune  chiamansi  con  termi- 
uè  ecclesiastico  ZWcor/,da'3  spartimeu- 
ti  a  modo  di  conchiglie,  de'quali  è  com- 
posta; siccome  dal  numero  di  8  nicchie  u 
lunate,  ch'erano  nella  volta  del  battistero 
ottangolare  di  s.Tecla  in  Milano,  tal  fab 


h»4  TRI 

brica  chiamossi  Octachoros  nell'iscrizio- 
ne attribuita  a  s.  Ambrogio  e  riferita  dal 
G intero  \\t\Y  Inscr.  Christ.,  pare  che  con 
ti  illune  di  Trìcori  fosse  la  triplicata  tri- 
buna «Iella  basilica  di  s.  Felice  descritta 
da  s.  Paolino.  Ebbe  la  tribuna  Tricora 
anche  il  gran  lempiodis. Sofìa  di  Costan- 
tinopoli ,  e  il  p.  Lupi  dubita  se  l'avesse 
pure  la  chiesa  di  s.  Maria  in  Cosinedin  di 
Uonu»,  male  sue  3  tribune  non  compon- 
gono una  Tricora.  Che  tali  tribune  tri- 
plicate abbinilo  avuto  origine  da'genlili, 
l'induce  a  crederlo  le  rovine  della  villa  A- 
driaua  presso Tivoli.edi  gentili  usaronoin 
termine  d'architettura  la  sioceTrichorus. 
Termina  il  p. Lupi  con  ragionare  della  tri- 
buna quadrata  di  s.  Lorenzo  fuori  delle 
mura,  della  strana  basilica  fabbricata  da 
Costantino  1  in  Anliochia,ottaugolare  sen- 
za tribuna  e  senza  navale,  e  conclude  es 
sere  fuori  d'ogni  coutrov ersia, che  le  tri- 
bune semicircolari  ,  le  tribune  li-icore  e 
le  basiliche  sono  fabbriche  ecclesiastiche 
copiale  dalle  pagane.  Leggo  nella  Notizia 
de  vocaboli  ecclesiastici  del  Magri ,  che 
Tricliorus  voce  greca  significa  tre  ripo- 
stigli o  ricettacoli  o  luoghi,  voce  composta 
da  Ter  e  Lucus,  e  che  erano  altari  com- 
partiti in  3  ripostigli  da  reliquie.  Ivi  pul- 
si dice,  che  la  maggiore  nicchia  del  Tri- 
( ■fioriti;  cioè  di  mezzo,  era  della  Co/iclia, 
e  le  due  piccole  laterali  erano  chiamate 
Coiicliidae.  Su  questa  voce  trovo  che  il 
p.  Costadoni,  ueW  Osservai,  .sulla  catte- 
drale di  Torccllo,  riferisce  essersi  chia- 
malo il  Presbiterio  ne'piimi  secoli  Ausi- 
da  o  Apsida,  non  che  Exedra  a  motivo 
della  Cattedrale  che  gli  si  die  pure  anco 
il  nome  di  Conca,  imperocché  la  volta  di 
questo  semicirculo  viene  appunto  ad  es- 
sere la  4-  parte  d'un  globo,  la  qualedagli 
architetti  Conca  si  appella.  I  gentili  che 
pure  a  veauo  ne'loro  superbi  templi  un  so- 
migliante silo  ove  stavano  assisi  i  magi- 
strati co'loro  ministri,  lo  denominavano 
Tribù/tale,  e  perciò  du'cristiaui  saette  tal 
voce  fu  adottala  ,  specialmente  dagli  o- 
ticululi,  e  tra  quegli  da'gicci,  sebbene  lo 


T  R  1 

chiamarono  anco  Sanata  Saiictoruin  e 
quindi  Santuario,  ove  non  era  lecito  che 
a 'chierici  lo  entrarvi.  Il  p.  Costadoni  lo 
chiamò  antico  Presbiterio..  A  Todi(y.) 
vi  è  il  celebre  tempio  suburbano  di  s.  Ma- 
ria della  Consolazione,  iu  forma  di  cro- 
ce greca  cou  4  apsidi. 

TRIBUNALE,  Tribunal.  Luogo  do- 
ve risiedono  i  giudici  a  giudicar  le  cause 
e  rendere  ragione;  luogo  dove  si  ammi- 
nistra la  giustizia  ,  ed  ove  risiede  il  ma- 
gistrato quando  si  aduna.  Dicesi  giustizia, 
virtù  per  la  quale  si  rende  a  ciascuno  ciò 
che  gli  è  dovuto,  il  tribunale  civile  e  cri- 
minale. Il  tribunale  fu  ed  è  anche  detto 
Corte  e  Curia  (V .).  Il  vocabolo  tribu- 
nale, per  comune  consenso  derivò  dalla 
Tribuna  (V .)  delle  Basiliche  {fy.)  degli 
antichi  romani,  ove  reca  vansi  i  giudici  ad 
ascoltare  le  istanze,  a  decidere  le  differen- 
ze, a  giudicare  le  liti  e  altro,  nel  modo  con 
cui  ne  riparlai  nel  voi.  LXX.UI,  p.  34"2.  11 
severo  Milizia,  Delle  belle  arti  del  dise- 
gno, dice  che  i  tribunali  non  potrebbero 
avere  miglior  forma  di  quella  delle  basi- 
liche. Il  Perotto,  Cornucoj).  liuguae  la- 
tiuae,  p.  889,  n.°3o,  così  ne  spiega  l'eti- 
inologia;  Ite  ni  a  Tribubus  Tribunal  lo» 
ctis  excelsus,  in  quo,  quis  jus  Tribubus 
redderet  consedebat.  Vitruvio,  De  Ar- 
chìt.  lib.  5,  p.  1  nj,  spiega  nobilmente  co- 
me il  tribunale  era  fallo  anticamente:  /- 
lem  Tribunal  est  in  ea  Aede  hemieyeli 
scfiema  tis, minore  curva  tur  a for  mattini  j 
ejtis  attieni  lieinicycli  in  fronte  est  in  ter- 
valium, pedina  eptadr  agilità  sex,intror- 
sus  curvatura  pedum  quindecìni,  itti  cos 
a  pud  Magistratus  starent,  negotiantes 
in  Basilica  ne  itnpedirent.  In  Roma  fàb- 
brica vati  il  tribunale  nelle  basiliche,  cioè 
nel  fondo  dell'apside  nel  luogo  detto  tri- 
buna, e  lo  attesta  pure  il  Sigonio,  De  A/i- 
tiq.jure  P r ovine. \\b.\  i,p.  288;  Statuen- 
do vero  locus  juil  Basilica,  et  Tributi, il, 
ministri  sertbae,  praecones,  et  lictores, 
ch'erano  i  ministri  o  serventi,  che  stavi 
no  intorno  al  giudice  o  magistrato,  «pian 
do  erano  nel  loro  tribunale.  Seguendo  poi 


S, 


T  II  I 
la  descrizione  del  medesimo, cos'i  soggiun- 
ge: Tribunal  suggestus  edilior  crai  un- 
ite conspici  /Uagìstratus  ab  omnibus  po- 
terai, in  quo  sella  curulisjurisdictionis 
insigne,  locata  erat,  ubi  sede ns  Praetor 
cognoscebat,  et  pronunciabat.  Sopra  di 
quello  in  Roma  rendeva  ragione  al  popo- 
lo il  Pretore  (A'.)  a  ciò  destinato,  seden- 
te sopra  una  Sedia (F.)  cortile.  Altra  sor- 
la di  tribunali  eravi  in  Roma,  ma  di  mi* 
nor  considerazione,  cioè  quelli  de'  Tribu- 
ni (P.)  della  plebe,  de' Questori  (F.),  dei 
Triumviri  (/  .),  nel  quale  articolo  dissi 
pure  de'giudici  Duumviri  capitali,  giu- 
dici luogotenenti  criminali  che  condan- 
navano a  morte  i  delinquenti,  e  dalla  lo- 
ro sentenza  si  appellava  al  popolo,  come 
quelle  del  pretore;  sentenze  che  faceva- 
no eseguire  i  Triumviri  capitali,  an- 
ch' essi  giudici,  ed  avenno  la  custodia 
delle  carceri.  Altro  tribunale  era  quel- 
lo degli  Edili  (de' quali  e  degli  altri  ma- 
gistrali che  ricorderò,  ragionai  a  Roma, 
ed  ove  furono),  ed  altri,  i  quali  chiama- 
vansi  subscllia.  Tutti  questi  tribunali 
erano  situali  nelle  Basiliche,  nei  Tem- 
pli,  sotto  de  Portici (F.)  pubblici,  ed  al- 
cuni in  luoghi  a  cielo  scoperto,  come  di- 
rò, ove  ascollavano  le  istanze  e  decideva- 
no le  differenze  di  ciascun  particolare.  Di 
questi  tribunali  egregiamente  ne  discor- 
re Demptero  nelle  note  al  Tomasini,^/j- 
liq.  lìom.  lib.  9  ,  p.  7  16  :  Nani  judicia 
exercebanlur  inBasilicis,  Templis,Por- 
ticibus,  et  pr aeterea  in  subdevalibus  lo- 
cis,  nude  lìberrìmus  esset  coeli  prospc- 
cius.  Dissi  a  Sagrestia,  che  il  Segretario, 
Secrelarium,  presso  i  legisti  significa  il 
luogo  nel  quale  i  giudici  gentili  ricono- 
scevano  le  cause  civili  e  criminali,  e  le  de- 
fìnivauo;  e  che  fu  pure  il  luogo  contiguo 
alle  basiliche  ove  il  senato  degli  antichi 
romani  si  radunava.  Che  fu  cos'i  chiama- 
to a  scernendo  i  giudici  da'rei  e  dal  resto 
del  popolo,  o  dal  secreto  con  cui  si  trat- 
tavano i  giudicati.  Che  tutto  il  silo  era 
citilo  di  cancelli  e  coperto  di  doppi  veli, 
ullre  i  vessilli  che  pendevano  iutornu  al 


TRI  I  o  5 

tribunale,  a  cui  si  ascendeva  per  gradini, 
l'ara  essendo  nel  mezzo.  Nel  Foro  Roma- 
110  era  l'antico  Secretarium  del  senato. 
Che  egual  nome  ebbe  presso  gli  antichi 
cristiani,  per  l'uso  di  celebrarvi  i  Sinodi 
o  Concilii  (F.),  ch'erano  i  giudizi  che  si 
pronunziavano  dalla  chiesa,  facendovi  i 
chierici  la  parte  de' Cancellieri,  che  cu- 
stodivano l'ingresso  ùe' Secretarti  de'fjiiM* 
dici  gentili  e  ne  alzavano  le  cortine;  i  sa- 
cerdoti vi  facevano  le  veci  degli  onorali 
e  degli  avvocati,  che  godevano  il  privi- 
legio di  sedervi,  e  i  vescovi  rappresentan- 
do la  persona  de'giudici,  o  predicando  o 
assistendo  alle  sagre  funzioni.  I  Protono- 
tari  apostolici  (V.)  per  compilare  gli  atti 
sinceri  de'ss.  .Martiri,  si  frammischia  va- 
no tra  gli  altri  spettatori  degli  esami  e 
de'  giudizi  che  si  pronunziavano  contro 
gl'in  vini  confessori  della  fede,con  condan- 
ne a 'tormenti  i  più  atroci  e  alla  morte  la 
più  straziante:  essi  con  grandissima  cele- 
rità e  con  note  sci  iveano  quanto  a'inar- 
liri  ivi  accadeva,  extra  eanccllos  obdu- 
cto  velo.  Il  luogo  ove  nell'aulica  Roma  fa- 
cevausi  i  pubblici  giudizi,  era  il  Foro  Ro- 
mano, o  il  Campo  Marzio,  o  il  Campi- 
doglio. Nel  Foro  Romano  i  giudizi  avea- 
110  luogo  nel  Comizio,  del  quale  ripar- 
lai e  meglio  lo  descrissi,  in  uno  alla  sua 
ubicazione,  a  Tribù,  perchè  le  antiche 
tenevano  le  loro  assemblee  nel  luogo  di 
dello  Foro  appellato  Comizio.  Si  disse- 
ro Comìlia  Curiata  le  assemblee  tenu- 
te dal  popolo  romano  diviso  in  tribù  , 
quartieri  o  cuiie.  Si  dissero  Comizia, 
Tri/mia  le  assemblee  tenute  dalle  tribù 
di  Roma  e  d'  Italia.  Nel  citato  articolo 
tornai  a  ragionare  de'  Septa,  luogo  ove 
votavano  e  davano  il  proprio  suffragio 
le  tribù.  I  giudizi  pt  i vali  si  facevano  nel 
Foro  alla  presenza  d'un  tribunale,  o  nel- 
le Basiliche,  o  finalmente  sul  luogo  stes- 
so, ov'era  convocato  il  popolo,  de  plano. 
Talvolta  i  romani  innalzavano  per  tribu- 
nale una  specie  di  palco  in  mezzo  alla 
piazza,  e  ue'campi  lo  formavano  median- 
te un  semplice  monlicello  di  terra.  Il  In* 


io6  T  II  I 

bunale  de' romani  era  un  luogo  elevalo  a 
forma  di  semicircolo,  sul  quale  era  col- 
locala la  sedia  curule  propria  de'  magi- 
strati, donde  veniva  1'  espressione,  prò- 
nunliare  de  sella,  et  tribunali,  per  dire 
pronunciare  una  sentenza,  come  in  Cice- 
rone si  legge,  Verr.i,  38:  Palam  sella 
et  tribunali  pronuntiavit.  Quest'  uso  fu 
introdotto  da  Romolo,  il  quale,  secondo 
Dionigi  d'Alicarnasso,provocò  tulli  i  mez- 
zi immaginabili  per  allontanare  i  suoi  sud • 
diti  dal  male, e  credette  che  un  tale  ap- 
parato gli  avrebbe  tenuti  in  freno:  Mul- 
ta ad  eam  rem  paravit,  et  tribunal  ubi 
sedens  judirabat  in  fori  loco  maxime 
conspicuo.  In  seguito  i  tribunali  furono 
circondati  d'un  recinto  per  separare  i  giu- 
dici dal  popolose  siccome  quel  recintoera 
pure  circondalo  di  cancelli,  da  ciò  venne 
il  nome  di  Cancellieri  (F.)  dato  agli  uf- 
fìziali,  che  sedeano  in  quel  luogo  cliiuso 
da  inferriate,  per  scrivere  le  sentenze  dei 
giudici  e  gli  altri  atti  giudiziari.  Il  tribu- 
nale Aurelium  era  situato  nel  foro  ro- 
mano, ed  era  stato  innalzato  da  Aurelio 
Cotta  per  servire  a'centumviri,i  quali  se- 
dettero poscia  nella  basilica  Giulia,  sen- 
za dubbio  eretta  invece  di  quell'antico 
tribunale  àaCìcevone  gradus  Aurelii ap- 
pellato. Il  tribunale  Castrense  fu  il  tri- 
bunale di  zolle  e  di  erba,  da  dove  il  ge- 
nerale delle  milizie. amministrava  la  giu- 
stizia e  i  soldati  arringava.  Dovunque  Iro- 
vavasi  un  generale  era  tosto  costrutto  un 
tribunale  di  questa  specie,  sul  quale  col- 
locavasi  la  sedia  curule.  Dice  Tacito,  Ann. 
i ,  1 8  :  Simul  congerunt  cespites  ,  ex- 
truunt  tribunalis  quo  magis  conspicua 
sedes  foret.  Il  tribunale  Editoris  era  il 
tribunale  di  colui  che  dava  i  Giuochi j  era 
situato  nel  pò  di  uni ,  pogginolo  o  sporto 
del  muro  che  circondava  l'arena.  Fra'se- 
gni  d'onore  che  si  accordavano  a  quello 
che  sedeva  in  quel  tribunale,  come  i  lit- 
tori, la  toga  pretesta,  godeva  egli  ezian- 
dio del  diritto  di  aver  la  sedia  curule,  po- 
sta in  luogo  elevato,  e  da  dovepotesseegli 
essere  veduto.  Il  tribunale  detto  Puteal 


TR  I 

di  Libo  ne  era  una  sponda  di  Pozzo  (V.) 
con  coperchio  nel  foro  romano,  eretto  dal 
pretore  L.  Scribonio  Libone, per  ordine 
del  senato,  onde  il  luogo  non  fosse  pio  - 
fanato  col  camminarvi  sopra  per  esservi 
caduto  il  fulmine,  e  secondo  alcuni  vici- 
no al  Tempio  d'  Antonino  e  Faustina, 
e  presso  le  statue  di  Mania  e  Giano.  INel 
suo  recinto  conteneva  un  altare,  una  cap- 
pella, e  poco  lungi  era  un  tribunale  do- 
ve Libone  avendo  introdotto  l'uso  d'am- 
ministrarvi la  giustizia,  quindi  Puteal di- 
veune  sinonimo  di  Tribunal, come  si  t<ae 
da  vari  scrittori  romani,  e  divenne  anco 
il  sito  d'unione  degli  usurai,  massime  il 
l.°dì  del  mese  quando  scadevano  i  frutti 
e  i  pagamenti,  per  dare  e  ricevere  il  de- 
naroad  usura  (si  adunavano  pure  ne'Gia- 
ni, archi  e  fornici  a  due  e  quattro  facete, 
che  particolarmente  si  costruivano  ne'fo- 
ri;  e  come  luoghi  di  transito  comune  e  al 
coperto  de'raggi  solari  e  della  pioggia,  si 
univano  anche  i  negozianti  per  trattare 
gli  affari).  Nel  recinto  del  Puteal  [ytve  an- 
che che  fosse  il  convegno  òe  mercanti,  i 
quali  per  commerciare  si  adunavano  e- 
ziandio  nelle  basiliche.  In  seguito,  ivi  un 
pretore  o  un  centumviro  giudicava  le  li- 
ti commerciali,  onde  vi  accorrevano  pu- 
re i  banchieri.  Di  tali  sorta  ili  tribunali 
romani  è  credibile  che  anco  nelle  altre 
città  fuori  di  Roma  si  usassero,  imperoc- 
ché regolandosi  queste  a  nonna  di  quel- 
la, o  almeno  cou  qualche  similitudine,  era 
di  dovere  che  vi  fossero  anche  in  esse  i 
luoghi  destinati  per  ascoltare  le  differen- 
ze de'sudditi.  In  ogni  città  eranvi  i  suoi 
duumviri  o  qua tuor viri,  che  facevano  la 
figura  e  rappresentavano  gli  stessi  conso- 
li di  Roma,  gli  edili,  i  curatori  e  altri  ma- 
gistrati, che  certamente  a  veano  i  loro  tri- 
bunali ove  più  la  vansi  a  rendere  ragione 
a  quelli  che  loro  ricorrevano.  Di  silfalli 
tribunali  per  rendere  nelle  provincie  ra- 
gione a'popoli,  parlai  in  moltissimi  arti- 
coli, come  in  altri  ragionai  de'  tribunali 
di  molte  nazioni.  Anfìltionia  si  chiamò  il 
tribunale  supremo,  conosciuto  sotto  il  no- 


T  K  I 

me  dogli  Anfittioni,  composto  de'depufa- 
ti  delle  12  principali  città  della  Grecia, 
che  radunavansi  due  volle  l'anno  in  Del- 
fo o  alleTeriuopili,  per  deliberarvi  e  giu- 
dicare in  ultima  istanza  gli  affari  concer- 
nenti la  religione,  il  coniun  bene  de'po 
poli,  e  le  questioni  de'  particolari.  Dava- 
si  il  nome  d' A  nfìt  l'ioni  a  quelli  che  com- 
ponevano questa  specie  di  dieta  genera- 
le stabilita  da  Anflttione  figlio  di  Deuca- 
lione  3.°  re  d'Atene,  e  di  Pirra,  il  quale 
\iveai5  secoli  innanzi  Augusto.  Ciascu- 
na città  mandava  due  deputati  a  questo 
tribunale,  mala  minima  infedeltà  alla  pa- 
tria bastava  per  esserne  escluso;  i  suoi  de- 
creti erano  rispettati  quanto  gli  ordini  de- 
gli Dei.  Prima  d'incominciare  una  deli- 
berazione, il  coniglio  sacrificava  un  to- 
ro al  dio  di  Delfo,  e  lo  tagliava  a  pezzi, 
immagine  dell'unione  che  regnava  tra  gli 
itati  della  Grecia.  Le  leggi  che  stabili  van- 
si  in  questa  adunanza  riguardavano  tut- 
ti i  grandi  e  piccoli  stati  della  Grecia,  e 
gli  Anfittioni  aveano  pieno  potere  di  le- 
vare delle  truppe  per  costringere  i  ribel- 
li all'ubbidienza.  L'Areopago  poi  era  il 
celebre  tribunale  o  corte  di  giustizia  de- 
fili ateniesi.  Traeva  il  suo  nome  da  Ares, 
Marte,  e  da  pagos  che  significa  rocca  o 
collina.  L'  Areopago  era  di  fatto  situato 
in  cima  alla  collina,  ove  Marte  difese  la 
sua  causa,  allorché  fu  obbligato  di  giu- 
stificarsi dell'uccisione  d'  Allirozio  figlio 
di  Nettuno,  come  finsero  i  poeti.  Ne'pri- 
mi  tempi  ammettevansi  a  questo  tribu- 
nale lutti  i  cittadini  indistintamente, pur- 
ché fossero  religiosi  ed  onesti,  e  di  costu- 
mi irreprensibili.  Gli  areopagiti  non  era- 
do  da  prima  che  in  minici  odi  7,  ed  in  se- 
guito aumentandosi  notabilmente,  giun- 
sero talvolta  ad  essere  fino  a  due  o  tre- 
cento. JNou  furono  ammessi  fra  loro  per 
qualche  tempo,  che  quelli  i  quali  erano 
stati  arconti.  Da  vasi  in  Atene  questo  no- 
me a'magistrali  annuali  che  governava- 
no sovranamente  la  repubblica,  e  dal  cui 
nome  si  contavano  gli  anni  in  Atene,  co- 
me a  Roma  da  quello  de' consoli.  L'as- 


TRI  107 

«emblea  di  questo  tribunale  si  teneva  sem- 
pre di  notte,  e  la  severità  de'suoi  giudizi 
li  rendeva  assai  terribili.  L'idea  chea  vea- 
si  degli  areopagiti  acquistò  loro  una  ve- 
nerazione universale,  e  le  loro  decisioni 
sì  riguardavano  come  oracoli.  Iu  faccia 
agli  areopagiti  erauvi  due  pietre  sulle 
quali  sedevano  l'accusatore  e  l'accusato; 
una  chiamavasi  Anaideias  o  sedia  del- 
l'ingiuria, e  l'altra  Vbreos  o  sedia  del- 
l'innocenza. A  lato  de' giudici  vedevansi 
due  colonne  sulle  quali  erano  scolpite  le 
leggi,  dietro  le  quali  essi  proferivano  i  lo- 
ro giudizi.  L'Areopago,  antico  quanto  A- 
tene,  fu  l'istaurato  dal  legislatore  Solone, 
con  dargli  nuova  forma  e  maggior  digni- 
tà; ma  già  prese  il  nome  d'Areopago  sot- 
to il  regno  di  Crauao,  immediatamente 
dopo  la  favolosa  contesa  di  Marte  e  di  Net- 
tuno: Cranao  vivea  in  Atene  9  secoli  in- 
nanzi Solone.  Tra  tutti  i  tribunali  della 
Grecia,  l'Areopago  credevasi  il  più  seve- 
ro e  il  più  incorruttibile;  tale  almeno  è  il 
sentimento  di  Cicerone,  di  Senofonte,  di 
Pausatila,  di  Seneca  il  filosofo  e  di  altri. 
Tutti  i  grandi  delitti  erano  di  competen- 
za di  questo  tribunale;  la  sua  giurisdizio- 
ne si  estendeva  persino  sulla  religione 
stessa.  Chiunque  disprezzava  gli  Dei,  o  ne 
introduceva  di  nuovi  era  severamente 
punito. I  gravi  delitti  erano  puniti  di  mor- 
te, e  gli  altri  con  una  multa  a  profitto  del 
tesoro  pubblico.  Ne'pr'uni  tempi  gli  areo- 
pagiti tenevano  solamente  le  sessioni  ne- 
gli ultimi  3  giorni  di  ciascun  me>e,  ma  in 
seguito  divennero  più  frequenti  e  giorna- 
liere. Allorché  i  magistrati  erano  aduna- 
ti, un  banditore  faceva  allontanare  il  po- 
polo e  gl'imponeva  silenzio.  Ma  prima  di 
tulio  facevasi  de'  sagrifizi ,  dopo  i  quali 
l'accusatore  e  l'accusato  giuravano  sulla 
carne  delle  vittime  immolate.  Indi  dispu- 
tavano l'uno  dopo  l'altro,  o  da  se  stessi  o 
per  mezzo  de'loro  patrocinatori.  I  giudi- 
ci dopo  aver  ascoltalo  ambe  le  parti,  da- 
vano segretumenle  i  loro  voti,  servendo- 
si di  pietruzze  bianche  e  nere  che  mette- 
va tisi  io  due  urne,  l'urna  di  rame  chiama- 


io8  T  11  1 

tildi  assoluzione,  l'altra  «lì  legnò chiama* 

la  di  morte.  Oreste  colpevole  di  parrici- 
dio, [ter  aver  ucciso  Giltenestra  sua  ma- 
die, lu  giudicato  dall'  Areopago:  i  sull'i  a- 
gi  prò  e  cantra  furono  trovati  eguali , 
quindi  uno  de'giudici  volendo  favorirlo, 
piopose  di  dare  un  suffragio  favorevole  in 
nome  della  dea  d'zMene;  il  che  passò  poi 
in  leggea  favore  di  tutti  i  colpevoli.  Quan- 
to agli  Ebrei,  Mosèavea  ordiuatoche  fos- 
sero stabiliti  in  ciascuna  città,  per  gli  af- 
illi i  urdinari,de'giudieiede'magislrati  al- 
le norie  della  città  dette  del  Signore,  ed 
in  ciascuna  tribù  per  sentenziare  sui  liti- 
gi del  popolo  con  buona  giustizia.  Ordi- 
nò inoltre  ,  che  se  in  qualche  negozio  si 
vedesse  della  difficoltà,  e  che  vari  fossero 
i  sentimenti  de'giudici  e  de'magislrati,  co- 
me contese  di  maggior  entità,  si  dovesse 
andare  al  luogo  scelto  dal  Signore  per  e- 
suiiinai  vi  le  controversie  davanti  a'sacer- 
doti  della  stirpe  di  Levi,  e  avanti  il  giu- 
dice o  capo  del  popolo  in  quel  tempo  e- 
letto  dal  Signore,  per  consultarli  e  perchè 
fossero  scorta  nel  giudicare  secondo  la  ve- 
lila; al  giudizio  poi  del  giudice  che  gover- 
na va  Israele, do vea  ognuno  rimettersi  sot- 
to pena  di  morte.  1  giudici  che  governa- 
rono gl'israeliti  per  33g  anni  da  Giosuè 
siuoa  Sanile  i.°loro re,  erano  nella  supre- 
ma carica  a  vita,  e  d'ordinario  Dio  li  no- 
minava e  impartiva  loro  l'autorità.  Ac- 
cadeva qualche  volta,  che  senza  attende- 
re una  particolare  rivelazione  del  Signo- 
re, il  popolo  sceglieva  per  giudice  d'Israe- 
le colui  che  gli  sembrava  più  atto  a  go- 
vernarlo ed  a  liberarlo  dall'oppressione 
dc'suoi  nemici.  E  giacché  spesse  volle  le 
oppressioni  per  le  quali  ricorrevasi  all'e- 
lezioni de'giudici  non  erano  universali,  il 
loro  potere  non  si  estendeva  su  tutti  gl'i- 
sraeliti, ma  soltanto  sul  paese  che  avessero 
liberalo.  Sebbene  il  potere  di  questi  giu- 
dici non  era  eguale  in  tutto  a  quello  dei 
re,  essi  decidevano  in  modo  assoluto  dei 
precetti,  delle  cose  della  guerra  e  della 
pace,  proteggevano  la  religione,  punivano 
il  delitto,  e  vi  vcauu  del  resto  senza  spleu- 


TR  I 

dorè,  senza  pompa,  senza  guardie,  senza 
seguito  e  corteggio,  a  meno  che  per  le  lo- 
ro ricchezze  non  fossero  in  gradodi  man- 
tenersi nel  lustro  adequato  alla  loro  ca- 
rica. Essi  non  facevano  nuove  leggi,  non 
levavano  lasse  sul  popolo,  uè  ritraevano 
altro  lucro  dalla  loro  carica  che  i  dona- 
tivi che  ad  essi  venivano  fatti.  Circa  i  giu- 
dici ordinari  tra  gli  ebrei,  al  tempo  del 
Redentore  eravi  in  ciascuna  città  un  tri- 
bunale composto  di  3  giudici  sui  delitti 
minori,  come  il  furto  ec.  Eravi  un  altro 
tribunale  composto  di  ?.3  giudici  che  giu- 
dicavano sugli  all'ari  importanti  e  crimi- 
nali, e  le  sentenze  de'quali  erano  ordina 
riamente  capitali.  Finalmente  il  gran  Si- 
nedrio (I  ■)  o  supremo  tribunale  degli  e- 
brei,  civile  e  criminale,  risiedeva  in  Ge- 
rusalemme e  giudicava  sugli  a  Ilari  più  im- 
portanti della  religione  e  dello  stato,  e  di 
quelli  concernenti  il  re  e  il  sommo  sacer- 
dote. Da  questo  principale  tribunale  di- 
pendevano i  sinedri  o  tribunali  minori. 
L'annalista  Rinaldi  riferisce  che  gli  ebrei 
aveauo  3  tribunali  civili  e  criminali.  III.0 
composto  di  3  giudici,  che  giudicavano  le 
cause  minori;  il  2.°  di  23  giudici  e  chia- 
malo piccolo,  ove  si  trattavano  le  cause 
capitali;  il  3.°  di  72  giudici  e  si  diceva  il 
grande  tribunale  o  sinedrio,  nel  quale  si 
discute  va  no  le  cause  gravissime,  come  isti- 
tuito da  Dio:  questo  era  solo  in  Gerusa- 
lemme, mentre  le  altre  due  specie  di  tri- 
bunali erano  sparsi  in  ciascuna  tribù.  Tra 
i  romani  i  giudizi  ebbero  varie  nomencla- 
ture, poiché  per  Giudizio  si  dice  il  luo- 
go dove  si  giudica  e  l'atto  del  giudicare, 
Judicatio,  Judicium,  Criiice.  Il  giudizio 
centumvirale  era  la  seutenza  pronunzia- 
ta da'cenlumviri,  la  (piale  a  vea  una  for- 
ma sua  propria.  Erano  que'giudici  scel- 
ti da  tutte  le  Tribù,  3  per  ciascuna;  giu- 
dicavano le  cause  più  gravi,  uè  si  poteva 
appellai  e  dal  loro giudizio,cssendo  riguar- 
dalo come  il  consiglio  di  tolto  il  popolo. 
Erano  distribuiti  in  4  tribunali,  ■ 'quali 
presedeva  il  pretore  della  città.  Il  giu- 
dizio curiato  era  quello  dato  da'  comi/i 


TRI  TRI                    109 
radunali  in  eurie(di  cui  a  Tribù), del  qua-  no  quelle,  clie  si  stabilirono  per  la  con- 
le  abbiamo  un  esempio  nell'assoluzione  cussioue,  pel  peculato  ,  pel  -hroglio  e  pt:l 
ottenuta  da  Orazio  uccisore  di  sua  sorel-  delitto  di  lesa  maestà,  in  latino  repetun- 
la,  e  dannato  a  morte  per  una  legge  del  dar  uni  ì peculattts,  ambitus,et  majesta- 
re  Nuota.  Il  giudizio  privato  o  particolare  tis.  Il  giudizio  di  concussione,  de  repe- 
s'inteudeva  dell'  esame  e  della  decisione  tundis,  è  quello,  mediante  il  quale  i  soci 
delle  controversie  clie  nascevano  Ira 'par-  provinciali  ripeteano  il  denaro  loroestor- 
ticolari.  Giudizio  prolusoriooproemialesi  lo  contro  le  leggi  da' magistrati  che  go» 
diceva  di  quegli  atti  o  parlamenti  che  pò-  vernavano  nelle  provinole.  Ecco  perdio 
tevano  piecedereil  giudizio  attuale:  tale  Cicerone  nelle  sue  Verrine  chiama  quc- 
fu  la  divinazione  di  Cicerone  contro  Ver-  sta  legge  sociale.  In  forza  della  legge  Giu- 
re. Il  giudizio  segreto  o  tacito  si  faceva  lia  poteasi  la  stessa  azione  intentare  Coo- 
per decreto  del  senato,  contro  quelli  che  tro  coloro,  cui  quel  denaro  era  passato, 
ambivano  le  cariche  o  compravano  i  vo-  obbligandoli  a  restituirlo:  sebbene  seni- 
li. I  pubblici  giudizi  erano  quelli  in  cui  bra  che  siasi  stabilita  conilo  i  concussio- 
si  trattava  di  delitti, e  si  chiamavano  pub-  nari  la  pena  dell'esilio.  11  giudizio  di  pe- 
lvici giudizi,  perchè  ad  ogni  cittadino  era  culaio,  de  peculato,  è  quello  in  cui  talu- 
concessa  in  essi  l'azione,  l'onno  dunque  no  viene  accusato  d'aver  rubato  il  dena- 
definirsi,  giudizi  die  i  giudici.destinatida  io  pubblico  o  sagro.  Il  giudizio  pel  deli L- 
un  commissario   ebe  li  presiedeva,  prò-  lo  di  denaro  ritenuto  ha  molta  affinila 
nunziavano  per  la  vendetta  de'delitli  con-  col  peculato:  l'oggetto  suo  era  di  far  re- 
formemenle  alle  leggi  stabilite  contro  o-  stituire  il  denaro  pubblico  rimasto  pres- 
gni  specie  di  reato.  Questi  giudizi  erano  so  d'alcuno.  Colui  che  per  non  legittime 
ordinari  o  straordinari  :  i  primi  esercita-  vie  procurava  di  guadagnar  i  suffragi  del 
vansi  da'prelori,  ed  i  secondi  da'eommis-  popolo,  onde  pervenire  alle  cariche,  era 
sari  detti    parricida  e  duumviri  ;  erano  colpevole  di  broglio,  ambitus,  l'.cco  per- 
questi  giudici  sti  aordinai  iamente  stabili-  che  il  giudizio  per  questo  delitto  cessò  in 
ti  dal  popolo.  Ne' primi  tempi  ogni  giù-  Roma,  allorquando  l'elezione  de' magi- 
dizio  pubblico  era  straordinario,  ma  ver-  strati  fu  rimessa  al  principe,  senza  piùdi- 
soil6o5di  Roma  si  stabilirono  delle  coni-  pendere  dal  popolo.  11  delitto  di  lesa  mae- 
missioni  stabili,  epiaestiones  perpetuae,  sta  comprendeva  ogni  delitto  commesso 
così  dette  perchè  il  giudizio  contro  a  leu-  contro  al  popolo  romano,  ed  alla  sua  si 
ni  delitti  fu   assegnato  a  certi  pretori   o  cui ezza,  come  il  far  uscire  un'armata  da 
commissari  perpetui, dimodoché  non  v'e-  una  provincia:  il  dichiarar  la  guerra  di 
ra  bisogno  di  nuove  leggi  su  tal  propo-  propria  autorità;  prendere  il  supremoco- 
sito.  Non  ostante  da  quel  tempo  in  poi  vi  mando  senza  l'ordine  del  popolo  o  del  se- 
furono  delle  commissioni  esercitate  o  dal  nato;  sollevar  le  legioni,  ec.  Ma  sotto  il 
popolo  stesso  nell'assemblee,  o  da'com-  coloralo  pretesto  di  tal  delitto,  gl'hnpe- 
missari  creati  straordinariamente, e  ciò  a  latori  fecero  in  seguito  perire  lauti  inno- 
motivo  dell'atrocità  o  della  novità  del  de-  centi,  che  Plinio  nel  suo  panegirico  a  Tra- 
litio  che  volevasi  punire;  come,  a  cagion  iano  con  molla  eleganza  disse,  che  il  de- 
d'esempio,  nell'alare  di  Milone,  accusato  litio  di  lesa  maestà  sotto  Domiziano  era 
d'aver  ucciso  Clodio,  ed  in  quello  di  Ciò-  l'unico  e  particolare  delitto  di  coloro,  che 
dio  stesso  accusato  d'aver  violato  i  sagri  non  ne  aveano  commesso  alcuno.  A  dire 
misteri.  In  tal  modo  appunto  nel  640  di  in  compendio  delle  dilferenli  specie  tli  pe- 
Roma  L.  Cassio  Longino  procede  straor-  ne  ch'erano  in  uso  pressoi  romani,  esse 
dinariamente  contro  l'incesto  delle  vesta-  o  riguardavano  i  beni,  come  l'ammenda, 
li.  Le  prime  commissioni  perpetue  furo-  in  latino  da/unum  ,  muleta;  o  il  corpo, 


no  TRI 

come  il  carcere,  il  bastone,  il  taglione;  o 
finalmente  lo  stalo  civile,  come  l'ignomi- 
nia, l'esilio,  la  servitù  :  taluno  fu  anche 
punito  di  morie.  Ne' pi  imi  tempi  l'am- 
menda non  esigevasi  che  sui  montoni  e 
sui  bovi.  Ma  come  questa  pena  era  ine- 
guale, essendo  i  bovi  ed  i  montoni  ora  di 
un  prezzo  troppo  caro,  ora  di  un  assai  vi- 
le,  cos'i  in  seguito  in  virtù  della  legge  A' 
teria  furono  tassali  i  o  denari  per  ciascun 
bove,  dimodoché  la  più.  glossa  ammen- 
da in  quel  tempo  era  di  3oo  assi.  Il  car- 
cere o  era  pubblico  o  privato.  Il  pubbli- 
co carcere  eia  quello,  ove  ri  schiude  vanii 
gli  accusali  quando  aveano  confessato  i 
loro  delilli.  Il  particolare  poi  era  l'abita* 
7.ione  de'magistrali,  o  di  distinte  persone 
privale,  alla  cui  custodia  affidavansi  gli 
accusati.  La  jlagellazìone,  che  face  vati 
con  verghe,  precedeva  l'ultimo  supplizio, 
cioè  la  morie.  Le  bastonale  erano  più  in 
uso  nell'armata.  Il  taglione,  secondo  le 
leggi  delle  XII  tavole,  consisteva  nel  ren- 
dere ingiuria  per  ingiuria  nel  caso  d'un 
membro  rollo,  a  meno  che  l'accusalo  non 
avesse  ottenuto  dalla  parie  offesa  la  re- 
missione della  pena.  L'ignominia  era  una 
marca  d'infamia,  così  chiamata,  perchè 
non  consisteva  che  nell'  offesa  del  nome, 
della  reputazione:  essa  escludeva  da  tut- 
te le  cariche,  e  quasi  da  tutti  gli  onori  che 
si  accordavano  a'ciltadini.  Non  si  pro- 
nunciava per  altro  il  vocabolo  esilio, 
aliando  preterì*  tati  una  tal  pena, ma  quel- 
lo ò'iiilcrdizionc  dell'acqua  e  del  fuoco, 
la  quale  eia  necessariamente  seguita  dal- 
l'esilio; imperciocché  era  impossibile  che 
uno  restasse  in  Roma  senza  far  uso  d'ac- 
qua e  di  fuoco.  Ma  sotlo  Augusto  a  que- 
sta pena  fu  sostituita  la  deportazione.  La 
relegazione  era  una  pena  meno  rigorosa, 
giacché  quelli  che  n'  erano  condannati, 
conservavano  il  diritto  di  cittadinanza, 
di  cui  privava  l'interdizione;  ed  era  ap- 
punto la  pena. alla  quale  condannavate  le 
persone  tli  condizione.  Si  vendevano  per 
essere  messi  in  servitù  coloro  che  non  a- 
Teano  dato  nel  censo  il  loto  nome,  o  che 


TR  I 

aveano  ricusalo  d'inserì  versi  dopo  d'esser- 
ne slati  chiamati.  Coloro  ch'erano  con- 
dannati a  morte,  o  venivano  decapitati 
con  un  colpo  di  scure,  dopo  aver  subita 
l'ignominia  della  frusta,  e  diceasi  che  una 
tal  pena  era  inflitta  more  in ajorumjteOQO- 
dola  pratica  degli  antichi,  o  erano  stran- 
golati nella  prigione,  o  precipitali  da  un 
luogo  del  carcere  dello  robur,u  finalmen- 
te gettali  abbasso  dalla  rocca  Tarpeia;  ma 
pare  che  questo  genere  di  supplizio  fosse 
in  seguilo  abolito.  L'  ordinario  supplizio 
degli  schiavi  era  la  croce  o  la  forca,  ch'e- 
rano costretti  di  portare  essi  stessi,  doud'è 
che  il  nome  ih  furcifer  era  comune  rim- 
provero che  faceasi  agli  schiavi;  nondime- 
no alcuni  pretendono,  che  questa  forca 
fosse  un  patibolo.  Qualche  volta  impri- 
meansi  sulla  fronte  degli  schiavi  certi  ca- 
ratteri con  un  ferro  rovente.  Mentre  era- 
no condotti  al  supplizio  portavano  appe- 
so al  collo  un  campanello,  aflinchè  quelli 
chegl'incontravanon  caso,  non  restassero 
contaminati  pel  sinistro  incontro. Talvol- 
ta ancora  per  colino  d'ignominia,  i  cada- 
veri de'rei,  dopo  d'essere  stati  strascina- 
li con  uncini  per  la  città,  venivano  pre- 
cipitati in  certi  pozzi  detti  gemoniac ,  o 
nel  Tevere.  Eranvi  in  uso  altri  generi  di 
supplizi,  i  quali  erano  quasi  tulli  arbitra- 
lied  eseguili  secondo  il  capriccio  o  la  cru- 
deltà de'  principi  o  de' giudici,  come  de' 
molteplici  coi  quali  furono  tormentati  i 
ss.  Martiri. 

Il  celebre  cardinal  de  Luca  riferisce, 
che  il  simbolo  ovvero  la  figura  della  Giu- 
stizia si  finge  in  una  donna  bella,  per  de- 
notare il  candore  dell'animo;  cogli  occhi 
bendali,  acciò  non  la  muovano  le  simpa- 
tie e  le  affezioni;  e  con  una  bilancia  nel- 
le mani,  la  quale  stia  in  totale  equilibrio, 
per  dinotare  la  sua  ind  pendenza,  e  che 
il  traboccare  che  faccia  più  una  bilancia 
che  l'altra,  dipenda  dal  solo  giusto  ed  ap- 
provato peso  maggiore  delle  ragioni  e  dei 
motivi,  e  non  da  altro  pesode'doni  e  d<  1- 
le  passioni,  ovvero  degli  altri  illeciti  ri- 
spelli e  iuteressi.  Quindi  soggiunge,  che 


TRI  TRI  1 1 r 
però  degni  di  molto  biasimo  sono  quel-  tra  mano  impugna  la  Spada  (7\),  sim- 
li,  li  quali  per  mezzo  de' favori,  o  di  al-  bolo  del  j'us  giacili  e  della  giustizia  stes- 
ile cose  illecite, esigono  da'  giudici  Par-  sa.  Tale  figura  è  l'emblema  della  Segna- 
bili  io;  ma  molto  più  degni  sono  di  bia-  tura  di  giustizia,  e  quale  la  descrissi  in 
simo  e  di  castigo  i  medesimi  giudici,  li  tale  articolo;  era  il  sigillo  e  l'insegna  del 
quali  credono  di  poter  ciò  fare,  e  diedi  Prefetto  di  Roma, ove  riportai  altre  spie- 
(atto  lo  facciano;  dovendo  eglino  sapere  gazioni  iconologiche.  Nell'annuale  foglio 
clie  la  legge  distingue  l'arbitrio  dalla  vo-  intitolato:  Curia liuiu  et  li tigantium  coni- 
Ionia,  e  che  a  questa  solo  concede  la  li-  moditatis  dies  in  quibusfil  Camera,  in 
berta  uelPeleggere  il  bene  e  il  male,  ma  circolo  sono  riportati  gradatamente  i  no- 
nofl  all'altro,  il  quale  dev'essere  regola-  itti  del  caià\wì\Camcrlengo,i\AFice-Ca- 
lo  dalla  legge  e  dalla  ragione,  sicché  sia  merlengo,  del  Tesoriere  generale,  del- 
iin'  operazione  necessaria  e  non  volontà-  P  Uditore  generale  dellaCamera^M  de- 
lia dell'intelletto.  Ma  perchè  l'islessa  giù-  cauo  e  de'  Chierici  di  Camera,  dell'av- 
sliz.ia  in  astratto  ovvero  in  generale,  non  vocali)  de' Poveri,  dell'avvocato  generale 
è  uniforme  per  essere  di  due  specie,  e  dal-  e  del  piocuratore  del  Fisco,  e  del  Coni- 
la  distinzione  delle  quali  specie  dipende  vussario  generale  della  camera.  In  una 
ancora  la  diversità  della  sua  amministra-  parola  vi  è  il  novero  de'persoriaggi  coiu- 
zioue  tra  gli  accennati  suoi  opera  ri  e  mi-  ponenti  il  supremo  li  ibnualedella  Carne- 
lustri  di  diverse  sfere  e  qualità.  Quindi  ra  apostolica,  e  nel  centro  è  il  suoslem- 
all'eiTetlo  di  regolar  bene  l'arbitrio,  e  di  ma  del  Padiglione  (F.) colle  Chiavi (F.) 
leneie  il  buono  stile  in  quesl'amministra-  incrocia  te,  antica  insegna  delluCbieta  Ro- 
sione,  ai  deve  primieramente  riflettere  al-  inana.  Quanto  al  tribunato  degli  Uditori 
la  distinzione  di  queste  diverse  specie  dei-  della  s.Rola^u  tale  articolo  parlo  de'tuoi 
la  giustizia;  cioè  che  altra  sia  la  distribu-  emblemi.  Anche  la  Storia  (F.)  è  «in  tri- 
ti v  o  ,  e  altra  la  commutativa.  La  distri  bunale:  questo  tribunale  inesorabile  èpo- 
buliva  propriamente  e  per  ordinario  vie-  sto  più  allo  che  le  umane  passioni,  poiché 
ne  esercitata  e  amministrata  da'principi,  giudea  con  imparzialità  le  azioni  d'ognu- 
da' prelati,  e  da' magistrati  grandi  della  no,  e  le  porta  a  conoscenza  d?lle  genera  • 
i  ."specie,  cioè  che  abbiano  quest'attlni-  sioni.  La  Giurisprudenza  (F.),  scienza 
Distrazione  e  la  giurisdizione  in  dominio  legale  o  delle  leggi,  è  giustamente  appel- 
e  nell'abito;  e  la  commutativa  viene  eser-  lata  da'dotti,  fonte  di  sapere,  e  filosofia 
cilala  ed  amministrata  da'  giudici  e  ma  che  consiste  nella  scienza  del  giusto;  iu- 
gi strati  ordinari  dell'altra  specie  di  quel-  lerprcta  le  leggi  e  giustamente  le  appli- 
li,  i  quali  abbiano  quest'amministrazio-  ca  ne'giudizi  de'tribunali  a'easi  occorren- 
ne  inesercizio.  I  giudici  come  operali  del-  ti.  In  tale  articolo  parlai  de'celebri  giu- 
la  giustiziacummulaliva,  nel  furoconten-  reconsulti  Papi  e  cardinali,  di  quanto  i 
zioso  e  giudiziale,  per  acquistare  il  buo-  romani  Pontefici  furono  benemeriti  del- 
rio  stile  si  ricerca  primieramente  in  loro  la  giurisprudenza  ,  e  che  col  formare  il 
molte  virtù  e  doli  dell'animo,  cioè  Pin-  corpo  delle  leggi  del  gius  canonico,  mi- 
legrilà,  la  fortezza,  la  dottrina,  la  pruden-  gliorarono  il  gius  civile,  e  sommi  vantaggi 
za,  il  buon  giudizio  raffinato  dalla  prati-  recarono  alla  giurisprudenza  sì  civileche 
ca  e  dall'esperienza.  Essi  devono  essere  criminale  pe'  tribunali,  perfezionandola, 
bene  istruiti  nella  giurisprudenza, pei  giù-  Che  altri  copiarono  in  gran  parte  le  istitu- 
dicare  e  pronunziar  le  sentenze  secondo  zioni  legislativepontifìcie,  e  le  produssero 
le  leggi  stabilite.  Quanto  all'  iconologia  nelle  nazioni  come  immaginate  da  loro, 
della  figura  e  degli  emblemi  della  giusti-  mentre  nella  Roma  cristiana  giàcontava- 
zia,  aggiungerò,  che  la  giustizia  con  l'ai-  no  molti  luslriesecoli.il  Diritto  canonico 


»  .  7.  TRI 

(/".)  o  diritto  ecclesiastico,  è  il  diritto  sta- 
bilito dall'autorità  ecclesiastica  per  rego- 
lare le  azioni  ile' cristiani,  pel  bene  loro 
spirituale  e  felicità  eterna;  nel  che  diffe- 
risce dal  diritto  civile  stabilito  dalla  po- 
tenza secolare  per  dirigere  le  azioui  de- 
gli nomini  relativamente  alla  felicità  tem- 
porale. Tuttavolta  notai  in  quell'articolo, 
che  il  diritto  canonico  o  gius  canonico  e 
il  diritto  civile  o  gius  civile,  vanno  tra  lo- 
ro di  concerto,  e  sono  l'uno  all'altro  ap- 
poggio e  ornamento;  ma  se  per  caso  sono 
tra  loro  in  opposizione,  si  deve  seguire  il 
primo.  Col  cristianesimo  venne  la  necessi- 
tà d'accomodare  la  legislazione  a'principii 
della  filosofia  evangelica;  e  così  più  sem- 
plice e  santo  divenne  l'antico  diritto  ro- 
mano, perchè  purgato  dalle  laidezze  che 
lo  deformavano,  meglio  venendo  definiti 
i  diritti  personali,  e  provveduto  alla  tran- 
quillità delle  famiglie  e  al  decoro  pure  del 
nodo  nuziale.  Fu  data  semplicità  alla  san- 
tità de'giudizi.e  moderazione  all'acerbi- 
tà delle  pene.  Sorto  il  foro  de' tribunali 
ecclesiastici,  divenne  modello  delle  proce- 
dure nel  foro  de' tribunali  secolari.  Per- 
ciò in  detto  articolo  celebrai  l'utilità  che 
reca  il  diritto  canonico  a'  tribunali  ed  a 
tulle  le  nazioni  cristiane;  dissi  di  sua  ec- 
cellenza come  gius  divino  e  pontificio  ; 
quali  sono  le  sue  fonti,  e  notai  la  necessità 
ne'giureconsulli  di  conoscere  i  due  dirit- 
ti, imperocché  la  giurisprudenza  cano- 
nica trae  la  sua  origine  dalla  creazione 
del  mondo,  ed  è  basata  sulle  divine  leg- 
gi, mende  il  gius  umano  ha  origine  da- 
gli uomini  e  fa  parte  dell'altro.  Sono  le 
Decretali  (V.),\  decreti, i  Rescritti (f.), 
le  Costituzioni  e  le  Lettere  apostoliche 
(y .)  de'lJapi  che  compongono  il  i.°  vo- 
lume del  diritto  canonico.  Indicato  ivi 
perchè  chiamatisi  decretali,  ricordai  «pia- 
li sono  le  tenute  apocrife,  false  pure  es- 
sendo quelle  d' Isidoro  Mercatore  (/'-), 
ntitored'una  raccolta  diC/z/<o/;/(//.)l  tran- 
ne alcune  epistole  e  decreti  pontificii.  In- 
filile ragionai  a  DaCtlTAM  ,  del  decreto 
di  Granano  e  della  collezione  delle  me- 


TR  I 
desime  decretali,  inclusi  vomente  al  Sesto 
libro  delle  decretali  e  successive.  Chia- 
masi Digesto  o  Pandette  (/  .),  lai. "par- 
te del  diritto  romano,  ossia  il  corpo  del 
diritto  civile.  Dicesi  Codice  (f.)  il  libro 
che  contiene  le  leggi  dell'antico  diritto  ro- 
mano. La  Legge  (f.)  è  la  regola  stabi- 
lita dall'  autorità  divina  ed  umana,  che 
obbliga  gli  uomini  ad  alcune  cose,  e  rie 
vieta  loro  alcune  altre,  per  la  salute  eterna 
dell'anime  e  per  la  pubblica  utilità.  Par- 
lai ivi  della  divisione  della  legge  e  sue  par- 
ti, e  come  il  vocabolo  si  prende  anco  per 
lo  studio  della  giurisprudenza;  dell'origi- 
ne e  dell'  antichità  delle  leggi ,  presso  le 
diverse  principali  nazioni  ,  e  particolar- 
mente di  quelle  de'rotnani,  delle  XII  ta- 
vole, delle  decretate  successivamente  dai 
loro  magistrati  e  imperatori,  come  della 
col  lezione  e  Codice  Teodosianoe  Giusti- 
nianeo, oltre  le  Istituzioni  e  Novelle  di 
Giustiniano  I,  il  cui  immortale  codice  lo 
divenne  di  tutte  le  nazioni  civili.  Quindi 
dissi  delle  leggi  formate  da'franchi  e  dei 
loro  Capitolari  (/  .).  E  dichiarai,  che  se 
le  leggi  non  fossero,  neppure  esisterebbe- 
ro diritti,  non  doveri  cittadini,  non  so- 
cietà, ma  tutto  si  troverebbe  in  confusio- 
ne. I  Giudici  (f.),  che  hanno  l'autori- 
tà di  giudicare  e  di  pronunziar  sentenza, 
ebbero  varie  denominazioni,  secondo  le 
proprie  attribuzioni.  Si  dice  giudice  an- 
che colui  che  senza  pubblica  autorità  è 
scello  per  arbitro  per  decidere  fra  due  o 
più  contendenti.  Giudice  privato  chia- 
ma vasi  tra'romani  uno  che  veniva  asse- 
gnato a  giudicare  privatamente,  in  luo- 
go di  assegnare  il  pretore,  che  giudicava 
e  rendeva  ragione  nel  suo  tribunale  nel 
Pretorio  (/'.).'  pretorio  si  disse  anche  il 
luogo  o  palazzo  dove  risiedeva  il  preto- 
re provinciale  e  dove  i  magistrati  faceva- 
no ragione;  in  ogni  città  romana  eravene 
uno.  Si  disse  giudice  pedaneo  una  specie 
di  giudice  particolare  inferiore,  che  non 
avea  né  tribunale  né  pretorio. Erano  com- 
missari eletti  dal  pretore  per  giudicare 
delle  liti  di  poco  rilievo.  Chiamavansi  co 


TR  I 

sì  perchè  sedevano  sopra  una  semplice 
panca  o  sedia  alquanto  bassa,  che  non  li 
faceva  distinguere  da  coloro  die  stavano 
in  piedi;  non  aveano  né  carattere,  né  ti- 
tolo di  magistrati.    Marc' Aurelio  stabi- 
lì per  l'Italia  la  carica  del  giuridico,  ed 
era  quegli  che  avea  la  facoltà  limitata  di 
render  giustizia;  e  durò  sino  sotto  Gor- 
diano. Dicesi  giusdicente,  juridicus,  co- 
lui a  cui  si  spetta  amministrar  la  giusti- 
zia; e  giustiziere,  justitiarius,  sorta  d'uf- 
ficiale, o  giudice  o  mantenitore  della  giu- 
stizia in  alcun  luogo  determinalo;  ma  non 
si  deve  confondere  col  giustiziere  boia  o 
carnefice,  che  eseguisce  sopra  i  condan- 
nati dalla  giustizia   la   sentenza  estrema 
che  li  condanna  a  morte,  il  che  dicesi  giu- 
stiziare, exti  emum  supplicium.  1  roma- 
ni governavano  le  Provincie  dell'impero 
pe' Proconsoli,  Pretori^  Questori,  Lega- 
ti (V.)  e  alìri  magistrali, colla  giurisdizio- 
ne eziandio  d'amministrare  la  giustizia  e 
la  cognizione  delle  cause.  Aveano  in  aiu- 
to per  la  giudicatura  degli  affari  de'giu- 
dici,  oltre  i  Cancellieri  e  Notori  (ì  .),  e 
questi  detti  pure  Scriniari(J'.),  capo  dei 
quali  era  il  Proloscriuiario  (P.).  In  as- 
senza e  impotenza  dc'proconsoli,  suppli- 
vano i  procuratorio  Rettori  (F.).  Degli 
avvocati  provinciali  parlai  a  Curia,  e  da 
essi  si  eleggevano  i  Prefetti  (K)  e  sotto- 
prefetti  delle  provincie.  Dice  Plinio  giù- 
niore,  che  nell'antica  [loma  eranvi4  tri- 
bunali,  con  più  di  3o  giudici  per  ciascu- 
no, i  quali  successivamente  poi  riforma- 
ti si  ridussero  a  12,  come  rileva  il  Derni- 
no.  //  Tribunale  della  s.  Rota  romana. 
In  seguito  i  giudici  si  chiamarono  Conti, 
Governatori,  Duchi,  Marchesi  (  F.),e  con 
altri  vocaboli  che  descrissi  a'Ioro  luoghi, 
come  gli  scabini  a  Conte,  introdotti  in  Ita- 
lia da  Carlo  Magno,  e  giudici  ini. "istan- 
za, come  assessori  de'conti  ne' placiti  so- 
lenni, ed  eleggevansi  dal  popolo  ex  me- 
lioribus  civibus.  Ne  trattano  il  Muratori, 
nelle  Dissertazionij  il  Fatteschi,nelleM?- 
morie  del  ducato  di  Spoleto  ,  cioè  dei 
giudici  de' tempi  di  mezzo  e  de'loro  tri* 
vol.  ixxx. 


TRI  m3 

bunali.Gliscnldasci  furono  giudici  minori 
introdotti  da'Iongobardi,  ne'castelli  e  al- 
tri luoghi  popolati  ne'territorii  delle  cit- 
tà, i  quali  furono  detti  dal  conte  ohe  vi 
presiedeva,  comitati  e  contadi  ;  ivi  le- 
nendo il  conte  al.'ri  ministri  denominati 
attori,  agenti,  centenari,  saltari  e  decani, 
i  quali  lo  sollevavano  nelle  cause  di  mi- 
nore importanza,  mantenevano  il  buon 
ordine  ne'  popoli,  senza  obbligarli  nelle 
piccole  vertenze  diportarsi  alla  città  dui 
conte:  i  decani  propriamente  erano  i giu- 
dici minori  de'villaggi.  Vi  furono  anche 
i  castaidi  ogastaldi,  de'quali  riparlai  nel 
voi.  LV1I,  p.  210  e  altrove,  ed  a' quali 
era  affidato  il  governo  civile,  politico  e 
militare  di  diverse  città,  e  talvolta  furo- 
no sollevati  all'onore  di  conte.  Ammini- 
stravano la  giustizia  e  attendevano  all'e- 
conomia del  Fisco  (V.),  assistiti  ne'trihu- 
nali  giudiziari  dagli  sculdasci,  i  qualiren- 
devano  i  piccoli  giudizi  e  soli  decidevano 
le  piccole  vertenze  ne'castelli  e  villaggi 
più  popolati  ove  risiedevano.  A  Placito 
parlai  del  giudizio  pubblico  chiamato  con 
tal  vocabolo  e  detto  anche  Mallo,  poiché 
colla  parola  niallare  intendevano  gli  an- 
tichi citare  in  giudizio,  e  perciò  il  voca- 
bolo fu  esteso  a* placiti.  Questi  e  i  malli 
furono  tenuti  ne'secoli  di  mezzo  in  Italia, 
in  faccia  al  popolo.  Tenevano  i  placiti 
anche  i  Papi,  gl'imperatori,  i  re,  i  duchi, 
i  marchesi,  i  conti,  ne' confini  della  loro 
giurisdizione.  Vi  assistevano  i  giudici  Pa- 
latini  (V.),  gli  scabini,  gli  avvocali,  i  di- 
fensori e  altri  periti  della  legge ,  perchè 
più  rettamente  conforme  alla  giustizia 
ne  uscisse  la  sentenza.  Si  può  vedere  M. 
Frecheri,  Originimi  Palatinarnni  com- 
mentarli^, Heidelbergaer5gg.  Ne'placi- 
ti  si  preferiva  il  disbrigo  delle  cause  dei 
Poveri,  Orfani  e  Vedove  (F.),  dovendo 
il  conte  provvedere  alla  mancanza  del  lo- 
ro difensore.Giustiniano  I  nella  legge/u°/« 
novam,coù.  de  Judieiis,  volle  che  in  tut- 
ti i  giudizi  presente  vi  stasseil  libro  de- 
gli Evangelii,  perchè  a  norma  di  essi  si 
proferissero  da'gtudici  le  sentenze:  San- 


n4  TRI 

ei/nus,  otiiiies  jùdicest  tfve  majorcs,  si- 
ve  nn'/iorrs . . ..  Non  aliter  litiuttl  pri- 
mordiuni  arcipcre,  nisi  prius  onte.  Se- 
dem  judicialem  Saerosanetae  drpoa  au- 
tor Scripturae,  ut  line  permancant  non 
solimi  in  principio  lilis,  sedetiain  in  o- 
ftinibus  cognitionibus,  usane  ad  ip.sitm 
f ermineti. ■:  ci  definitiva  e  se  utenti  ne  re- 
citationem.  Carlo  Magno  proibì  i  giu- 
dizi dopo  il  pranzo,  affine  d'allontanare 
l'ubbi  iachezza  dal  foro,  cb'è  il  luogo  do- 
ve si  giudica,  e  si  prende  per  le  leggi  me- 
desime. Dissi  inoltre  a  Placito  e  altrove, 
che  si  denominavano  messi  regi  i  giudici 
straordinari  ,  inviati  nelle  provincie  dai 
Papi,  dagl'imperatori,  da'ie,  e  solevano 
essere  due,  l'uno  ecclesiastico  e  l'altro  se. 
colare.e  muniti  delle  Tra l 'torte  [F '.).()»«• 
sii  messi  decidevano  pronlamenle  i  giu- 
dizi, non  conoscendosi  allora  le  sottigliez- 
ze de'nostri  giurisperiti,  che  ne  prolunga- 
no la  decisione.  Ivi  ragionai  di  siffatti  giù 
ilici,  de' vari  nomi  co'quali  furono  chia- 
mati, com'erano  trattati,  come  alzavano 
tribunale,  e  ila  chi  erano  assistili  e  (piali 
le  loro  facoltà,  inelusivamente  alla  depo- 
sizione degli  scabini  o guidici  malvagi.  Nel 
medesimo  medio  evo  si  dissero  Purga- 
zioni,  Prova  e  Giudizi  di  Dio  (F-),  la 
purgazione  canonica  e  la  purgazione  vol- 
gare, per  le  incolpazioni  di  qualunque  ac- 
cusa in  prova  dell'innocenza.  Il  cimento 
si  faceva  innanzi  a' giudici,  per  cono-Me- 
re la  verità  intorno  a  fitti  nascosti,  con 
molte  ceremonie  solenni,  civili  e  sagre, 
quasi  che  Dio  s'interessasse  a  favore  di  chi 
avesse  la  ragione  dalla  sua  parte,  median- 
te il  Giuramento t  il  Ditello  (7  .),  le  pro- 
ve dell'acqua  fredda  o  bollente,  del  fer- 
ro infocato,  del  rogo  e  con  altri  esperi- 
menti e  indagini  temerarie  derivale  da 
Superstizione  (l''.),  pereib  poi  riprovate 
esopprcsse.  La  calunnia  la  deplorai  in  più 
luoghi,  come  a  Corte,  ed  a  Memoriale 
dicendo  dc'libclli  anonimi.  Alcune  ami- 
che leggi  municipali  prescrivono  il  taglia 
della  mano  a' labari,  qui  eartham  fai- 
sani  scicuter  seripserif,  lice  valeat  Iti' 


T  R  I 

terius  notariatns  officiutn  exercere.  Ai 
falsi  testimoni  si  tagliava  il  naso,  tcstes 
vero  qui  scienter  falsimi  testiinonitmi 
dixerint,  nares  nasi  scindaiilur  cisdem: 
anche  ad  essi  si  recideva  la  mano,  secon- 
do altre  leggi,  ovvero  si  multavano  a  pa- 
gare una  somma  di  denaro. Inoltre  nel  me- 
dio evo  fu  stabilita  la  Treguadì  Dio  (J  .), 
per  frenare  le  guerre  intestine,  nel  tem- 
po della  quale  e  sotto  pene  determinate, 
civili  ed  ecclesiastiche,  non  solo  non  si  po- 
teva offendere  alcuno  e  guerreggiare,  ma 
neppure  eseguire  le  giudiziarie  citazioni 
de'ci  editori,  ed  agli  offensori;  e  dissi  del- 
le tregue  che  per  4o  giorni  doveano  os- 
servare i  parenti  dell'uccisore  e  dell'uc- 
ciso. Ivi  parlai  anche  della  pena  del  Ta- 
glione. Dice  un  moderno  scrittore:  Crol- 
lalo I'  impero  d'occidente,  cambiate  le 
condizioni  civilie  polilichedelle  cose,  sta- 
bilite le  nuove  monarchie  e  i  nuovi  costu- 
mi,conservò  il  clero  la  romana  giurispru- 
denza a'rnansueti  principi!  delle  cristia- 
ne leggi  adagiata.  Gli  efferrati  usi  de'bar- 
bari  di  mano  in  mano  si  mansuefecero, 
i  duelli  giudiziari  facendo  dismettere,  e  le 
così  dette  prove  e  giudizi  di  Dio.  Le  as- 
surde prove  per  giuramento,  per  duello 
e  altre  prove  giudiziali,  non  presero  luo- 
go al  diritto  canonico,  né  a  questo  sene 
deve  atti  ibuire  l'istituzione, sebbene  rice- 
vessero il  nome  di  purgazione  canonica. 
Che  è  fuori  d'ogni  controversia  l'afferma- 
re, che  nel  medioevo  all'opera  del  clero 
e  al  diritto  de'cnnoni  si  deve  l'indeboli- 
mento e  poi  il  dimettersi  le  funeste  e  in- 
cessanti guerre  privale  colle  tregue  di 
Dio,  la  tutela  delle  ragioni  comunali  con- 
ilo gli  abusi  e  leongarie  signorili  del  feu- 
dalismo ,  non  meno  il  purgare  degli  as- 
surdi riti  che  lo  contaminavano  il  foro  ci- 
vile ,  e  li  progressivi  miglioramenti  di 
quanto  era  restato  nelle  leggi  de'doniina- 
tori  goti,  longobardi  e  franchi.  Nella  re- 
staurazione della  civiltà  europea,  rinve- 
nuto il  Digesto  e  rinvigorendosi  gli  stu- 
di legali,  massima  e  salutare  fu  l'influen- 
za che  dal  diritto  de' canoni  derivò  nel 


T  I  I 
la  legislazione  e  nell'ordine  de' giudizi. 
Vi  furono  inoltre  nel  medio  evo  de' Tri" 
buti  (V.)  per  l'assoluzione  delle  pene  e 
devoluti  al  Fisco  ,  per  omicidii  anco  di 
ecclesiastici,  ed  altri  misfatti;  solo  eccet- 
tuandosi il  delitto  di  lesa  maestà, pel  qua- 
le non  si  ammetteva  multa  o  composi- 
zione. Essendo  lievi  le  punizioni  e  infe- 
rociti i  costumi,  non  è  a  dire  la  frequen- 
za de'delitti,  quindi  l'impinguamento  del 
regio  fisco.  Il  costume  antico  degli  ebrei 
d'alzar  tribunalealle  porte  delle  città,  nel 
secolo  XI  si  praticava  da  alcun  principe 
ini  lai  ia,  poiché  rimarcai  nel  vol.LKX.VII, 
p.  i83,  che  la  celebre  marchesana  di  Su- 
sa  Adelaide,  con  Umberto  II  suo  nipote 
principe  del  Piemonte,  amministrava  la 
giustizia  sotto  baldacchino  alle  porle  di 
Torino.  I  tribunali  ecclesiastici  origina- 
rono da'precetti  degli  apostoli,  come  in- 
timamente persuasi  che  per  volere  di  Dio 
le  cause  de' Chierici  (f'.J  doveano  e  deb- 
bono giudicarsi  da'tribunali  ecclesiastici, 
quando  i  chierici  vengono  chiamati  in  giù 
dizio,  per  V  Immunità  ecclesiastica  (f\) 
che  giustamente  godei!  Sacerdozio  (/  .). 
La  vera  origine  de'lribunali  ecclesiastici 
è  divina,  e  s.  Paolo  fece  un  solenne  pre- 
cetto a 'primi  cristiani  di  rispettarli;  impe- 
rocché disse  Gesù  Cristo  nell'Evangelo  : 
di  aver  egli  ogni  podestà,  che  com'egli  era 
slato  messo  dal  divin  Padre  ,  cos'i  man- 
dava i  suoi  discepoli,  de'quali  soggiunse: 
sederete  voi  sopra  le  dodici  sedi  giudican- 
do; ed  altrove:  non  vogliate  toccare  i  miei 
tmti.S.  Paolo  predicandoli  volere  di  Gesìi 
Cristo,  proclamò  ned'  Epist.  agli  ebrei, 
cap.  7,  v.  i  i,  che  fu  necessario  sorgesse 
un  chiericato,  il  quale  fosse  secondo  l'or- 
dine di  Melchisedeeh  e  non  secondo  l'or- 
dine d'Aronne;  vale  a  dire  secondo  colui, 
che  fu  illustre  nel  giudicale,  e  come  re  e 
come  sacerdote,  ovvero  secondo  colui  che 
fu  sacerdote,  ma  ebbe  come  tale  anche 
il  potere  di  giudicare  le  cose  pure  tempo- 
rali. Il  principe  degli  apostoli  s.  Pietro 
ripetè  le  cose  medesime  o  presso  a  poco 
Mmili-, neWEpist. cap. a,  i.  Inoltre s.  Pao 


TRI  n  ~ 

lo,  egli  medesimo  avviò  le  magistrato i  e 
chiericati  e  diede  i  regolamenti  di  proce 
dura  giudiziaria:  proibì  che  contro  un  pi  e 
te  non  si  potesse  ricevere  l'accusa,  se  non 
venisse  corredata  dalle  deposizioni  di  due 
o  Ire  testimoni,  Epist.  a  Timoteo,  cap.  5, 
v.19;  giudicò  egli  le  cause,  e  fra  le  mol- 
te anche  quella  dell'  incestuoso,  il  quale 
dopo  aver  portato  la  pena  del  suo  delit- 
to fu  assoluto  dall'islesso  apostolo,  come 
si  ha  dall'  Epist.  a'Corinti,  cap.  i,  v.  5;  e 
finalmente  dichiarò,  che  se  i  preti  potè 
vano  giudicar  gli  angeli,  perchè  non  a- 
vrebbero  potuto  giudicar  le  cose  secolo 
resche?  L'autore  delle  Costituzioni  apo- 
sfoliche,  sotto  il  nome  di  s.  Clemente  I, 
ripete  il  medesimo  precetto  di  s.  Paolo  e 
fissa  lo  stesso  principio.  La  storia  ricorda 
molti  tribunali  de' vescovi,  fino  da'tempi 
apostolici  del  I  secolo  della  Chiesa;  e  s. 
Cirillo  Alessandrino  per  se  stesso  ammi- 
nistrava la  giustizia  tra'  litiganti  ,  come 
imperfetto  magistrato  aventegiurisdizio- 
ne,  ne'tribunali.  Dichiara  Spanhemio  a 
pertamente,  Dalila'  Evangelici ,  che  la 
Chiesa  realmente  ha  i  suoi  tribunali  isti- 
tuiti da  Gesù  Cristo  con  poteri  giudizio 
li;  cose  che  ripete  e  insegna  Hartman,  /><■ 
relais  gestis  Christ.  sub  Apostolist  con 
tro  il  sistema  d'Obbes  e  di  Spinosa.  Siinil 
mente  confermano  altrettanto  i  primi  ss. 
Padri  e  Dottori  della  Chiesa,  e  ne  parla- 
no s.  Gregorio  Nisseno,  nel  sermone  De 
Occurs.  Do/ni/i.;  s.  Epifanio,  in  JTaeves 
55  de  Dfelcliised.j  s.  Gio.  Crisostomo,  ed 
anco  Origene  eh 'è  un  testimonio  di  l'atto, 
poiché  mal  volentieri  solili  la  sentenza 
giudizialmente  emanata  dal  vescovo  De- 
metrio contro  di  lui.  Il  nome  stesso  dei 
Vescovi  [V.)  spiega  va  fin  da  que' primi  ti  - 
vi  tempi  l'origine  comedivina  de'loro  tri- 
bunali. Infatti  sin  dal  I  secolo  i  vescovi  e- 
rano  chiamati  magislratus^judex^comv. 
sostiene  S.Gregorio  Nazianzeno,scrivendo 
neWOiat.  i  7,  n.°i  5, 1. 1  :  T'osquoaia- im- 
perio meo  ac  trono  lex  C/tristi  subjicil. 
Imperi um  enim  nos  quoque gcri/nus}ad- 
dc  eliam praeslantius  ac prrfectius.  Co- 


j.6  TRI 

me  pure  s.  Cipriano  vescovo  di  Cartagi- 
ne del  111  secolo  nel!'  Epist.  a  Cornelio, 
nomina  la  forma  de'  giudizi,  gli  accusa- 
lori,  i  testimoni,  la  sentenza  de'giudici  ec- 
clesiastici, cose  tutte  per  indicare  un  foro 
perfetto.  NeW  Epist.  69  s.  Cipriano  dice: 
Epi scopimi  Judicem  a  Deo  datimi ,  et 
Ecclesiae  Gubernatorem  .Cos'i  il  foro  ec- 
clesiastico Decotta  in  principio  del  cristia- 
nesimo, e  con  esso  principiò  a  perfezionar- 
si la  giurisprudenza  civile  nel  Foro  (/  .) 
contenzioso,  ossia  il  foro  ove  si  agitano  le 
liti  e  le  differenze,  a  distinzione  di  quello 
che  chiamasi  di  coscienza  o  sagramento 
della  Penitenza  (F.)o  foro  interno.  1  ve- 
scovi ed  i  santi  dal  IV  al  VII  secolo  con- 
servarono le  memorie  de'  loro  predeces- 
sori, e  malgrado  tante  funeste  vicissitudi- 
ni ,  spiegarono  in  pratica  i  fatti.  Anche 
colle  leggi  imperiali  si  prova  la  divina  o- 
1  igine  de'trihunali  ecclesiastici.  Costanti- 
no I  il  Grande  la  riconohhe  colla  cele- 
bre costituzione,  riportala  neh'  Extrav. 
de  Episcopali  judieio,  Cod.  Theod.,vao\- 
t'issimi  giureconsulti  avendo  confutatochi 
la  pretese  apocrifa.  Costantino  I  non  fece 
poi  altro  chearnpliarela  giurisdizione  ve- 
scovile contenziosa,e  la  eslese  eziandio  sui 
laici,  anche  per  sapere,  non  solo  che  eccle- 
siastici debbono  essere  i  giudici  che  deb- 
bono giudicar  gli  ecclesiastici,  ma  perchè 
le  liti  innanzi  i  tribunali  ecclesiastici  si 
terminavano  senza  tante  spese  e  senza  tan- 
ti raggiri.  Così  questa  sua  legge  prova  al- 
tresì la  divina  origine  del  foro  clericale. 
Poco  dopo  Valentiniauo  I  punì  con  peua 
pecuniaria  d'applicarsi  a'poveri  certoCro- 
nopio  vescovo,  condannalo  da  un  sinodo, 
perchè  s'era  appellato  al  tribunale  seco- 
lare; e  di  ciò  fece  un  rescritto  a  Claudio, 
dove  cita  la  sua  legge,  colla  quale  vieta- 
va, che  i  chierici  non  trattassero  davan- 
ti a'giudici  le  cause  loro,  come  riferisce 
l'annalista  Baronio  an.  36g, n.°4o.  Indi 
all'an.  370, n.°i  23, dice  per  testimonian- 
za di  s.  Ambrogio  ,  che  Valentiniauo  I 
mantenne  le  ragioni  della  Chiesa,  volen- 
do che  tulle  le  cose  ecclesiastiche  fossa  0 


T  R  I 

trattate  dagli  ecclesiastici.  Lasciò  scritto 
s.  Ambrogio  nell'A/;/.s7.  3?.,  n. "27,  ch'era 
un  delitto  gravissimo,  sei  sacerdoti  si  fa- 
cevano giudicare  da'diseguali.  Teodosio 
)  il  Grande,  nella  legge  21  ed  ult.  Cod. 
Theodos.  deEpisc.  et  Cler.,  coma  ndò  qua- 
si le  stesse  prescrizioni,  protestando  pure 
contro  coloro  che  tentavano  di  spogliare 
i  vescovi  de'loro  diritti,  e  di  assoggettare 
i  preti  all'arbitrio  delle  podestà  tempora- 
li ne'tribunali  secolari,  e  apertamente  de- 
cretando:'» No,  non  è  lecito  che  i  ministri 
di  Dio  siano  assoggettati  all'arbitrio  del- 
le temporali  podestà".  E  dunque  falsa 
l'asserzione  di  coloro  che  pretendono  che 
dalle  leggi  imperiali  avessero  origine  i  tri- 
bunali vescovili  ,  e  sono  pieni  gli  annali 
ecclesiastici  delle  disposizioni  imperiali 
per  la  difesa  dell'immunità  ecclesiastica. 
Gl'imperatori  non  fecero  die  riconoscere 
il  libero  esercizio  delle  giurisdizioni  chie- 
ricali,  e  solo  ne  ampliarono  i  limiti;  essi 
non  concessero  a'ehierici  il  diritto  d'alzar 
tribunale,  ma  soltanto  ne  riconobbero  la 
divina  origine;  ricognizione  che  pur  fece- 
ro i  successori  Arcadio  e  Onorio  co  Ila  leg. 
9,  Cod.  de  Episcop.  audienl.,  l'impera- 
tore Marciano  colla  leg.  1 4-»  Cod.  eod.,  e 
molti  altri.  Questi  augusti  insomma  non 
fecero  che  dar  protezione  ,  ed  opporsi,  a 
coloro  che  volevano  invaderei  diritti  al- 
trui nel  IVe  V  secolo  della  Chiesa;  essi 
non  comandarono  altro, se  non  che  i  tri- 
bunali ecclesiastici  fossero  liberi  nell'eser- 
cizio de'loro  difilli  e  della  loro  giurisdi- 
zione. Già  diversi  condili  solennemente 
aveano  riconosciuto  e  difeso  i  tribunali  ec- 
clesiastici. Il  i.°  concilio  generale  tenuto 
nel  325  in  Nicea  ,  riconobbe  i  tribunali 
ecclesiastici  come  istituiti  per  decreto  di- 
vino. Nel  concilio  diLaodiceu  del  367  veli- 
ne ordinato.  »  Si  dee  reprimere  l'orgoglio 
de'chierici  che  non  vivono  soggetti  a'Io- 
ro  superiori;  ma  per  giudicarli  ci  vuole 
un  certo  numero  di  vescovi;  3  per  un  dia 
cono,  6  per  un  prete,  1  2  per  un  vescovo". 
11  concilio  di  Cartagine  del  3cj7  dichiarò. 
»  L'accusa  iuteulata  contro  un  vescovo., 


, 


T  R  I 

deve  essere  portata  al  primate  della  pro- 
vincia, a  cui  si  presenterà  dentro  un  me- 
se;, e  per  causa  legittima  gli  si  accorderà 
la  dilazione  d'un  altro  mese:  se  manche- 
rà sarà  fuori  della  comunione  finché  si 
giustifichi.  Se  l'accusatore  mancherà  di 
presentarsi  alquanti  giorni  dall'accusa,  sa- 
rà scomunicato,  e  il  vescovo  accusato  sarà 
rimesso  :  l'accusatore  però  non  sarà  am- 
messo, se  non  sia  irreprensibile.  La  stes- 
sa forma  e  gli  stessi  indugi  si  devono  os- 
servare pel  giudizio  d'un  prete  e  d'un  dia- 
cono accusato;  ma  spetta  al  vescovo  di 
giudicarli  co' vescovi  suoi  vicini.  Egli  ne 
deve  chiamar  5  per  un  prete,  e  2  per  un 
diacono.  L'altre  persone  le  giudica  egli  so- 
lo. Non  s'imputerà  nulla  al  giudice  eccle- 
siastico, la  cui  sentenza  sarà  slata  annul- 
lata sopra  l'appellazione  del  suo  superio- 
re ecclesiasticOjSe  non  è  egli  convinto  d'es- 
sersi lasciato  corrompere  dall'animosità 
o  dal  favore".  L'altro  concilio  di  Cartagi- 
ne del  4°7  decretò.» Chiunque  ecclesia- 
stico dimanderà  all'imperatore  de'giudi- 
ci  laici,  sarà  privalo  della  sua  dignità;  ma 
il  concilio  permette  di  far  istanza  all'im- 
peratore por  essere  giudicatoda'vescovi". 
il  4.0  concilio  generale  allunato  in  Calce- 
donia  nel  4-5'  stabili.»  Se  un  chierico  ha 
un  aifare  contro  un  altro  chierico,  non 
dee  lasciar  il  suo  vescovo  per  rivolgersi 
a'tribunalisecolarijma  tratterà  la  sua  cau- 
sa davanti  il  suo  vescovo,  odi  suo  ordi- 
ne davanti  a  quello,  onde  le  parti  saran- 
no convenute.  Se  il  chierico  avrà  qualche 
briga  contro  il  suo  vescovo  o  un  altro, 
sarà  giudicalo  dal  concilio  provinciale". 
Nel  concilio  d'Angers  del  4^3  si  ordinò. 
»I  chierici  nou  litigheranno  da  vanti  a'giu- 
dici  secolari  senza  il  consenso  del  loro  ve- 
scovo". Osserva  il  Baronio.che  i  padri  del 
concilio  d'  Ungerà  col  riferito  decreto  si 
opposero  a  quello  contrario  fatto  da  Va- 
lentiuiano  III.  Questi  avea  promulgato 
nell'anno  antecedente  una  costituzione  in- 
degna d'un  principe  cristiano,  togliendo 
con  essa  il  tribunale  giudiziale  de' vesco- 
vi, vietando  loro  di  tenervi  ragione,  fuor- 


TRI  ,  1 7 

che  di  spontaneo  consenso  delle  parti;  uè 
volle  che  pe'chierici  vi  fosse  eccezione  al- 
cuna di  foro,  e  di  non  giudicare  se  non  le 
cose  appartenenti  alla  religione.  Ma  quan- 
to ciò  fu  tenuto  iniquo  ed  empio,  Io  di  ino- 
stra  la  legge  contraria  emanata  dal  suc- 
cessore Maiorano.Nè  lasciò  Dio  senza  pu- 
nizione Valentiniano  111  di  eccesso  si  gran- 
de, imperocché  Attila  distrusse  Aquileia 
detta  la  2."  Roma,  e  altre  ragguardevoli 
città;  ed  avrebbe  fatto  altrettanto  di  Ro- 
ma, se  s.  Leone  I  non  si  fosse  interposto  col 
barbaro  re  degli  unni.  Il  concilio  d'Agile 
del  5o6  comandò.  »  Un  chierico  non  dee 
citar  nessuno  davanti  al  giudice  secolare, 
senza  permissione  del  vescovo, principal- 
mente in  materia  criminale;  ma  deve  ri- 
spondere s'egli  è  citato".  Il  concilio  d'E.- 
paona  del  5  1  7  dichiarò.  »  I  chierici  pon- 
ilo litigare  davanti  a'giudici  secolari  per 
difendersi,  non  per  dimandare, se  non  fos- 
se per  ordine  del  vescovo".  Il  concilio  di 
Valenza  del  524  decretò.»  Il  chierico  con- 
vinto di  falso  testimonio,  sarà  tenuto  reo 
di  delitto  capitale,  sarà  deposto  e  rinchiu- 
so in  un  monastero".  Nel  585  il  concilio 
di  Macon  dichiarò.»  Proibizione  a'ehie- 
rici  d  assistere  a' giudizi  di  morte  e  alle 
esecuzioni".La  stessa  proibizione  nel  1 075 
la  fece  il  concilio  di  Londra.  Il  concilio  di 
Parigi  del  6 1 4  o  6 1 5,  composto  di  tutte  le 
provincie  delleC»allie,nuovamente  riunite 
sotto  il  re  Clotario  II,  e  cornei!  più  nu- 
meroso delle  Galliesiuoa  quel  tempo, co- 
sì lu  chiamato  generale  da  quello  di  Rapina 
del  6»5,  decretòchei  giudici  secolari  nou 
dovessero  punto  conoscere  le  cause  delle 
persone  di  chiesa,  come  aveauo  anterior- 
mente dichiarato  i  ricordati  concili)  gal- 
licani e  altri,  perchè  in  Francia  già  dal 
potere  temporale  erasi  riconosciuta  la  giu- 
risdizione ecclesiastica,  ed  ivi  ben  si  co- 
noscevano le  costituzioni  di  Costantino  ( 
ed  il  codice  Teodosiano,  e  si  osservavano 
anche  a'tempi  di  Clodoveo  I  ilei  481.  Si 
vuole  pertanto  che  la  disposizione  del  con  ■ 
cilio  di  Parigi  fu  presa  perchè  alcuni  giu- 
dici secolari  pretendevano  invadere  1  di- 


i  !  8                    TRI  T  lì  I 

ulti  de'  tribunali  vescovili ,  e  cos'i  miche  ciule".  Ne!  i  4^4-  ne'  concilio  di  Basilea, 
in  Francia  si  mantenne  saldo  il  principio  sessione 'io,  cioè  prima  che  divenisse  Con- 
dell'origine  divina  del  foro  clericale  e  dei  ciliabolo,  fu  ordinato.  »  Le  appellazioni, 
precetti  evangelici.  Il  concilio  generaledi  chenon  tendonocliea  tirar  in  lungo  le  liti 
Luterano  IV  deliai5  dichiarò. «Quanto  siano  troncale;  e  non  sarà  permesso  d'ap- 
alla  maniera  di  procedere  per  punire  cer-  pellnre  ad  altro  giudice,  avanti  ehe  il  pri- 
li  delitti  non  solamente  contro  persoue  mo  abbia  deciso  e  concluso,  Quegli  che 
private,  ma  eziandio  contro  superiori,  il  appellerà  a;  quel  modo,  sarà  condanna- 
superiore  deve  informare  per  uffizio  so-  to  ad  un'ammenda  dii5  fiorini  d'oro", 
pia  la  pubblica  diffamazione;  ma  quegli  Neh 438  divenuta  delta  assemblea  con- 
conlro  il  quale  egli  informa  dev'essere  pie-  ciliabolo,  decretò  nella  sessione  3i.»  Le 
sente,  purché  non  siasi  esentato  per  con-  cause  saranno  tutte  terminate  sopra  Ino- 
uimacia.  11  giudice  deve  esporgli  gli  arti-  go;  toltone  le  cause  maggiori,  o  quelledel- 
coli,sude'quali  egli  deve  informare, onde  l'elezioni  delle  cattedrali  e  de'  monaste- 
quegli  possa  difendersi.  Deve  manifestar-  ri,  che  per  la  soggezione  loro  immediata 
gli  non  pure  le  deposizioni,  ma  i  nomi  dei  sono  devolute  alla  s.  Sede.  Proibizione 
testimoni,  e  ricevere  l'eccezioni  e  le  sue  d'appellare  al  Papa,  omisso  medio,  om- 
legittime  difese.  Vi  sono  3  maniere  di  prò-  mettendo  Y  Ordinario,  né  d'appellare  da 
cedere  in  via  criminale.  L'accusa,  che  de-  qualunque  interlocutoria  prima  della  sen 
\e  essere  preceduta  da  un'iscrizione  le-  lenza  definitiva:  e  in  caso  d'appello  alla 
-itlima;  la  denunzia,  che  dev'essere  [ire-  s.  Sede,  il  Papa  commetterà  de' giudici 
ceduta  da  un'ammonizione  caritatevole;  sopra  i  luoghi,  o  Commissari  delega  ti"» 
l'inquisizione  o  inchiesta  preceduta  da  Già  Bonifacio  Vili  avea  stabilito  le  leggi 
una  pubblica  dilfamazione;  è  però  vero,  da  osservarsi  dalla  delegazione  degnali  - 
che  quest'ordine  non  dev'essere  osserva-  ci  in  partibusj  le  quali  dipoi  conferma- 
to tanto  esaltamente  riguardo  a' regola-  te  dal  concilio  di  Trento,  questo  ordinò 
ri".  Dal  concilio  di  Tours  nel  I23(j  ven-  a'vescovi  di  scegliere  ne'  Sinodici  .)  pro- 
ne  statuito.'»  Gli  Arcipreti  egli  Arridili-  vinciali  le  persone  che  conoscevano  ido- 
coni (/  .), ovvero  altri  giudici  ecclesiasti-  nee  alle  delegazioni  delle  cause  ecclesia- 
ci,  non  avranno  fuori  della  città  né  ofli-  stiche,  le  quali  perciò  si  chiamarono  giù* 
ciati  9  né  luogotenenti,  ma  eserciteranno  dici  sinodali,  ed  ingiunse  ad  essi  di  fin 
la  loro  giurisdizione  in  persona  sollo  pe-  noti  alla  s.  Sede  i  loro  nomi, affinché  po- 
ni di  nullità".  Nel  i4oS  dal  concilio  di  tette  valersene  nell'occorrenza ,  per  dar  ad 
Parigi  si  dispose.  »  Le  Appellazioni  si  fa-  essi  la  Commissione  (/.)  di  giudicai  le 
ranno  per  gradi  davanti  agli  Ordinari  cause  per  le  quali  erati  interposto  l'ap 
(/'.):  daU' Arcidiacono  al  /  escono t  dal  pcllo  alla  medesima.  De'gi odici  delle  can- 
\esco\oa\V  Arcivescovo, dall'arcivescovo  se  ecclesiastiche,  fuori  della  curia  roma- 
ai  Primate,  se  vi  è;  se  non  vi  è,  si  appel-  uà,  utilissime  provvidenze  prete  poi  be 
lerà  al  Concilio  o  Sinodo  provinciale.  In  nedello  XIV  ,  e  le  rammentai  ne'  voi. 
caso  di  appello  ad  un  giudice,  che  non  ha  XX  XI,  p.  i  44>  e  nel  voi.  LX  VI,  p.  27G, 
superiore,  e  in  aspettazione  della  tenuta  (pianto  a 'giudici  sinodali.  11  concilio  gc- 
del  sinodo  provinciale ,  l'appellante  sco-  nera  le  ili  Luterano  V  nel  i5i4  ditpo* 
■tunicato  potrà  ricevere  l'assoluzione  a  se.  »  Per  restringere  le  appellazioni,  è 
cautela  dal  vescovo  anziano  della  provili-  proibito  di  appellare  prima  della  tet) 
eia.  Se  si  appella  da  quello,  che  ha  giù-  lenza.  La  causa  di  appello  deve  essere 
riedizione  sopra  gli  Esenti,  ed  il  cui  ap-  proposta  davanti  allo  stesso  giudice,  iti 
pello,  secondo  il  costume,  fosse  portalo  esser  lalc,  che  essendo  provata,  sia  Irò 
alla  s.  Sede,  si  porterà  al  sinodo  provili-  vaia  legittima.   Se   il   giudice  supeiioic 


tT  II  l 
011  trovò  l'appellazione  ragionevole, de- 
ve rimettere  l'appellante  al  giudice  in- 
feriore, e  condannarlo  nelle  spese.  Il  giu- 
dice può  livocare  l'interlocutoria,  ch'e- 
gli avrà  pronunziata,  nulla  ostante  l'ap- 
pello ,  che  ne  fosse  slato  interposto.  La 
causa  di  rifiuto  non  deve  essere  proposta 
davanti  lo  stesso  giudice,  ch'è  sospetto  al- 
la parte,  e  dev'essere  giudicata  da  arbitri. 
L'appellazione  frivola,dopo l'ammonizio- 
ne canonica,  non  deve  ritardare  il  proce- 
dere, quando  il  delitto  è  notorio.  Proibi- 
zione d'ottenere  lettere  dal  Papa  per  ap- 
pellare una  parte  in  giudizio  due  giorna- 
te distante  dalla  sua  diocesi.  Proibizione 
a' chierici  di  pronunziare  un  giudizio  di 
sangue,  né  di  farne  la  esecuzione,  ovvero 
di  assistervi,  né  di  scrivere  lettere  per  nes- 
suna esecuzione  sanguinosa.  Proibizione 
agli  ecclesiastici  ili  estendere  la  loro  giu- 
risdizione con  pregiudizio  della  giustizia 
secolare:  ma  è  altresì  proibito  a'principi  di 
fare  nessuna  costituzione  intorno  a 'dirit- 
ti spirituali  della  Chiesa.  Nessun  vescovo 
o  abbate  non  potrà  essere  privalo  della  » 
sua  dignità,  di  qualunque  delitto  sia  egli 
accusalo,  anche  notorio,  purché  le  parti 
non  siano  stale  prima  ascoltate;  e  nessu- 
no potrà  essere  trasferito  contro  sua  vo- 
glia da  un  beneficio  all'altro,  se  non  per 
giuste  e  necessarie  ragioni".  Avendo  os- 
servato i  cristiani, che  l'autico  potere  giu- 
diziario episcopale,  e  la  procedura  de  tri- 
bunali ecclesiastici  era  più  semplice,  più 
spellila,  più  sapiente  di  quella  de' tribu- 
nali dell'impero,  fece  sì  che  gli  accorti  so- 
vrani e  popoli,  e  tra' primi  l'imperatore 
Costantino  I,  ordinasse  che  i  vescovi  a- 
vessero  liberamente  diritto  di  giudicare 
le  cause  pure  de' laici.  Molti  confessano, 
che  la  procedura  fu  intinitameule  più 
staggia  e  più  perfetta  nelle  corti  ecclesia- 
stiche, che  nelle  corti  laicali.  Questo  fu  il 
principale  motivo  pel  (piale  i  popoli  am- 
bivano di  andare  innanzi  i  giudici  sacci- 
doli;  e  late  un  piacere  aveano  le  genti  di 
assoggettarsi  ali  uditorio  cicricale,che  lu- 
louo  coitrclli  i  cousigli  municipali  di  fai  e 


TRI  no 

de'precelti  di  proibizione  a'Iaicidi  toglie 
re  le  cause  e  le  controversie  innanzi  a'giu- 
dici  dell'impero.  L'origine  dunque  del  di 
ritto  e  giurisdizione  contenziosa  de'vesco- 
vi  di  giudicare  pure  le  cause  de'laici.  con 
libero  esercizio  di  esecuzione  delle  sen- 
tenze ,  fu  la  perfezione  della  procedura 
clericale,  la  saviezza  della  giudiziale  pro- 
nunzia, la  volontà  decisa  de'  popoli.  La 
forza  esecutrice  non  mancò  a'ti  ibunali  ec- 
clesiastici sino  dalla  loro  origine;  gli  apo- 
stoli e  soprattutto  il  loro  capo  s.  Pietro,  il 
dottore  delle  genti  s.  Paolo,ed  i  successori 
emanarono  liberamente  i  giudizi  ed  eb- 
bero piena  esecuzione.  Per  sentenza  d'un 
tribunale  ecclesiastico  fu  degradalo  il  sa- 
cerdote Marcione  nel  secolo  ll,e  Paolo  Sa- 
mosateno  vescovo  d'Antiochia  versoi!?.  70 
fu  spogliato  del  vescovato  ex  Alttìstiitun 
decreto  a  Pontifici  (s.  Felice  1)  adproba- 
toj  e  così  il  ricordato  e  celebre  Origene 
morto  verso  il  253.  Anzi  allorché  si  fece 
ricorsoalle  autorità  civili  non  già  per  man- 
canza d'aulorità,ma  per  vincere  una  mag- 
gior resistenza,  questo  servì  soltanto  ali. 1 
conferma  di  quanto  erasi  decretato.  In- 
fatti l'audace  vescovo  antiocheno  nomi* 
nato,  opponendosi  alla  sentenza  della  pro- 
pria deposizione, implorata  l'autorità  del- 
l'i mpei  a  loreAureliauo,quesli  benché geu- 
lile,dalla  forza  armata  fece  eseguire  quan- 
to di  già  era  stalo  deciso.  I  vescovi  sino  da' 
primitivi  tempi  della  Chiesa,  sebbene  pri- 
vi di  soldati  per  l'esecuzione  de'loro  giu- 
dizi, facevano  avere  pieno  effètto  alle  lo- 
ro sentenze  o  col  mezzo  de'fedeli  addetti 
al  servigio  de'propri  tribunali,  e  con  quel 
lo  eziandio  de'soldali  dell'imperatore,  se 
vi  era  d'uopo  vincere  una  gì  a  ve  resisten- 
za, a  quella  guisa  che  interviene  agli  o- 
dierni  Cursori  de'  nostri  giudici,  che  se 
trovano  opposizione  ricorrono  alla  forza 
militare.  Gli  slessi  scrittori  impugnatoli 
degli  antichi  tribunali  vescovili,  non  san 
no  negare  che  la  procedura  forense  fu 
sempre  più  saggia  e  più  perfetta  in  essi, 
che  111  quelli  delle  coiti  Luche,  ammetten- 
do che  aveano  la  via  coattiva,  per  esegui- 


1 2o  T  R  I 

re  le  sentenze  ilei  tribunale  ecclesiastico, 
accordata  fin  dagli  antichi  imperatori  cri- 
stiani. Dell'accordare  il  libero  esercizio  al- 
le giurisdizioni  clericali.  Anche  la  Scomu- 
nica, l' Interdetto  (F.)  e  altre  Pene  ec.' 
(  lesias licite  (V.),  furono  una  reale  forza 
esecutrice  anco  in  tempo  di  Costantino  I 
e  de'suoi  successori.  Poiché  i  tribunali  ec- 
clesiastici colle  dovute  cauteIe,dopOiL/om- 
to r ii ( F.)  e  alili  atti  legali,  scomunicavano 
le  parti  che  rifiutavano  di  comparire  al- 
la curia,  e  coloro  che  assoggettali  ad  una 
condanna  non  ubbidì  vano,  ed  i  laici  i  qua- 
li si  opponevano  a'decreli  de'chierici,  ed 
infine  lutti  gli  altri  che  non  volevano  far 
dare  esecuzione  a'giudizi  ecclesiastici.  In- 
oltre la  forza  esecutrice  consisteva  altre- 
sì nella  verga,  che  s.  Paolo  minacciò  ai 
corinti,  e  diversi  Papi  l'esercitarono  nel- 
V  Assoluzione  dalle  censure  ecclesiasti- 
che (J  '.).  Più  eravi  ne'primi  secoli  il  mo- 
do di  mandare  ad  esecuzione  le  sentenze 
colle  multe  pecuniarie  (di  quelle  imposte 
a  chi  non  soddisfaceva  i  Tributi,  in  tale 
articolo  ne  ragiono),  delle  quali  si  par- 
la nel  concilio  di  Cartagine  del  399;  in- 
oltre dalla  più  remota  antichità  esistono 
le  Carceri  ecclesiastiche  (A.), ammesse 
altresì  dalla  legge  civile,  ove  dalla  forza 
esecutrice  si  rinchiudevano  i  delinquenti, 
il  che  è  un'altra  prova  della  piena  giu- 
risdizione contenziosa  de'lribunali  eeole- 
nasliei.  Eusebio  nella  vita  di  Costantino 
1  parla  espi  essamente  dell'autorità  di  e- 
seicilaiela  forza  esecutrice; Teodorelo  ri- 
pete la  stessa  cosa,eSozomeno  seri  ve  che 
quell'imperatore  permise  a'Iitiganti  che 
si  assoggettassero  al  giudizio  de' vescovi,  se 
volcuno  declinare  da'inagistrnti  civili,  e  la 
loro  sentenza  si  tenesse  per  ferma,  anzi  si 
stimasse  a  preferenza  delle  sentenze  degli 
altri  giudici,  come  se  fosse  stata  emanata 
dall'imperatore.  Eguali  disposizioni  furo- 
no pubblicate  da'già  ricordali  imperato* 
ji  Arcadio  ed  Onorio.  Trovandosi  i  ve- 
scovi sopraccaricati  d'affari  per  la  giudica- 
tura, ne  dieroao  l'incombenza  a 'loro  Ar- 
<  idiacQfU  (/  '.),  ed  aucUc  u  qualche  sucer- 


T  R  I 
dote:  questa  commissione  però  era  revo- 
cabile ad  nutuin.  Furono  questi  chiama- 
li vicari  o officiali,  Vicarii generales%  Of- 
ficiales.  In  seguito  furono  divise  le  loro 
funzioni,  e  chiamaronsi  ly icari  generali 
(/'.)  coloro  a'quali  i  vescovi  commisero 
la  giurisdizione  volontaria  ;  ed  officiali 
quelli  a'quali  commisero  la  giurisdizione 
contenziosa.  Così  l'officiale  fu  il  ministro 
a  cui  dal  vescovo  fu  dala  ad  esercitare  la 
giurisdizione  contenziosa.  E  opinione  co- 
mune,che  l'uso  degli  officiali  abbia  comin- 
ciato verso  la  fine  del  secolo  XIII, perchè 
non  se  ne  trova  menzione  nella  raccolta 
delle  decretali  di  Gregorio  IX.  Secondo 
il  "/."canone del  concilio  diTours  del  1  io3, 
e  la  testimonianza  di  Pietro  di  Rlois,  gli 
officiali  furono  stabiliti  in  Francia  mol- 
lo prima  di  detto  Papa.  Quindi  nel  seco- 
lo XI  Vera  cosa  ordinaria,  che  nelle  gran- 
di diocesi  i  vescovi  istituissero  molti  tri- 
bunali d'officiali,  sebbene  quelle  diocesi 
fossero  d'un  medesimo  dipartimento  ogo- 
verno.Distinguevansi  due  sorla  d'officiali 
in  una  diocesi,  l'ufficiale  principale  ch'e- 
sercitava la  giurisdizione  ordinaria  su  tut- 
ta la  diocesi  ,  e  che  comunemente  avea 
sede  nella  città  vescovile;  e  gli  officiali  fo- 
ranei, sparsi  ne'di versi  distretti  e  luoghi 
della  diocesi  ,  qfjieiales  foranei ,  perchè 
esercitavano  la  loro  giurisdizione  jbris  et 
extra  civitalis.  Gli  officiali  foranei  erano 
semplici  delegati,  giudicavano  soltanto  le 
piccole  caute,  e  polevansi  le  parti  appella- 
re da'loro  giudizi  innanzi  all'officiale  prin- 
cipale. Eran  vi  altresì  degli  officiali  de'  Me- 
trottoli tani (V.)  e  de' Primati (Z7'.),  i  (pia- 
li tentarono  non  di  rado  di  soggettare  i  ve- 
scovi suffragane!  della  metropoli  alla  loro 
giurisdizione  in  materia  ili  correzione  e  di 
disciplina  ecclesiastica,  e  ciò  contro  le  di- 
sposi/.ioni  del  concilio  di  Trento  e  le  mas- 
sime dellaChiesa.  Di  diritto  comune  il  ve- 
scovo nominava  e  deponeva  gli  officia  li, 
i  quali  doveano  esser  preti,  coinè  dispo- 
se il  concilio  ili  'Louis  nel  1  j«S3,  e  pel  de- 
cretato da  quel  di  Trento  'doveano  esse- 
re laureali  iu  diritto  canonico.  Chiamava.- 


TRI  TRI                      i2. 

si  Giurisdizione  dell'  Officiale,  il  luogo  De  beni  apportati  alla  giurisprudenza 
o  tribunale  dell'  Udienza,  e  nel  quale  l'of-  da'  sommi  Pontefici.  In  questa  disserta- 
ndole adempiva  i  doveri  di  sua  carica  fu  zione  dichiara,  che  prima  ilei  cristianesi- 
ceudo  giustizia.   Ciascun    metropolitano  dio  eranvi  nel  mondo  barbare  costiluzio- 
deve  nominare  un  officiale  per  giudicare  ni,  leggi  che  penuettevuno  il  furto  tra  gli 
l'appellazioni  dalle  sentenze  pronunciate  spartani  e  gli  egizi,  che  favorivano  la  ven- 
ne'tribunali  de'vescovi.  In  Francia  nelle  detta  e  la  lascivia,che  permettevano  Pucci- 
chiese  primaziali,  come  Lione  e  Bourges,  sioue  degli  uomini  decrepiti  e  storpi  come 
l'officiale  metropolitano  giudicata  boo«o-  inutili;  sussistevano  i  diritti  paterni  sulla 
baiente  le  cause  d'appello  di  tutte  le  dio-  vita  de'figli,  e  l'autorità  de'  padroni  per 
cesi  de'  suffragane!,  ma  anco  quelle  del-  uccidere  i  servi  e  gli  schiavi.  Ora  più  non 
l'appellazioni  dall'officiale  diocesano  del-  esistono,  e  ciò  per  opera  specialmente  dei 
la  metropoli:  quindi  l'ufficiate  primazia-  l'api,  la  religione  cristiana  avendo  abo- 
le  giudicava  in  appello  le  sentenze  date  lito  colla  Schiavitù  (/  .)  tanti  assurdi  si- 
dall'ofliciale  metropolitano.  1  vicari  gene-  sterni  legali  e  tanti  barbarismi.  Fu  dess;i 
rali  successero  agli  Arcidiaconi,  de'qua-  che  recò  immensi  beni  alla  giurispruden- 
li  riparlai  a  Priork  de'Diaconi,  ed  a  Co-  za,  cancellando  da'eodici  legali  tante  di- 
repiscopi,  a'  Decani  (V.)  e  agli  officiali  fcltosissime  leggi.  A'  Papi  devesi  la  for- 
successero  i  Vicari  foranei  (L  '.),  i  quali  inazione  del  corpo  di  leggi  detto  gius  ca- 
pute hanno  quasi  tribunale.  Tribunali  ec-  unnico,  che  migliorò  il  civile;  furono  es- 
clesiaslici  gli  ebbero  anco  \  Nunzi  aposto-  si  che  perfezionarono  la  giurisprudenza, 
liei  (  /  .).ne'luoghi  di  loro  residenza,  ove  l 'Muovendo  i  difetti  che  avea  la  codifica- 
ne  riparlai;  coni  Cardinali  Legati  aposto-  zione  imperiale,  inclusivamcnle  al  Giu- 
liciff  \hecon  più  estese  facoltà.  Ma  quan-  stimane?.  Per  la  correzione  delle  leggi  i 
to  riguarda  la  Curia  Fcclesiastica  e  Pat-  Papi  alto  alzarono  la  voce  contro  impe- 
t naie  sua  giurisdizione,  in  quell'articolo  latori  e  re;  né  risparmiarono  di   deda- 
lo trattai,  cioè  la  giurisdizione  spirituale  mare  anco  co're  barbari  invasori  d'Italia, 
che  esercitano  i  vescovi  sui  loro  diocesa-  acciò  fosse  purgato  e  riformato  il  codice 
ni  a  mezzo  de' propri  Cancellieri  (V .).  romano;  e  Giovanni  XXII  ammolli  il  re 
Sopra  i  tribunali  ecclesiastici  e  sopra  il  lo-  di  Francia  Filippo  V  il  Lungo,  a  non  per- 
ro  libero  esercizio,  contro  quelli  che  l'ini-  mettere  che  i  tribunali  fossero  aperti  nei 
pugnarono,  a'nostri  giorni  eruditamente  giorni  di  festa,  essendo  la  Feria  (L.jgìov- 
scrisse  il  prof.  Michele  de  Matlhias,  ed  io  nodi  riposo  e  di  vacanza  ne'tribuuuli:  del 
me  ne   giovai   compendiosamente.   Fgli  vocabolo  vacanza  e  da  che  derivato  feci 
dunque  pubblicò  uagW Aniudi delle scien-  parola  nel  voi.  LX,  p.  64;  dicendosi  Fe- 
ze  religiose,  serie  i.',  nel  t.  20,  p.  175  :  riae  Forense»  le  vacanze  e  quando  sono 
Sulla  origine  de'  Tribunali  ecclesiasti-  chiusi  i  tribunali.  Indi  divenuti   sovrani 
ci,  Memoriti,  in  risposta  a' discorsi  pub-  temporali,  i  Papi  abolirono  le  leggi  slra- 
blicati  dal  d.r  Laferriere  nella.suaSto-  ne,  riprovevoli  e  ingiuste,  e  migliorarono 
ria  del  diritto  francese,  e  dall' avv.  Be-  pe'priuii  le  puniti \ePrigioni(L .). La  pr-a- 
lime  nella  sua  Dissertazione  sulle  an-  lica  criminale  e  barbara  delle  torture,  fu 
fiche  Giurisdizioni  ecclesiastiche.  Nel  t.  da'Papi  a  poco  a  poco  eliminata,  sceman- 
ig,  p.  210:  Quaestio/ics  de  Jure  Grimi-  done  primameute  le  crudeltà  de'longo- 
num  Pioma no, pretesa- tini  de,  criminibus  bardi.  Leone  X  tollerò  le  modificate  pei 
cxlraordinariis,scripsil lùluardusPlat-  maggiori  delitti  ;  Paolo  111  ordinòche  non 
ntr.  Di  ambedue  queste  opere  l'encomia-  si  facessero  ne' detti  casi  se  wonpraevia 
toscriltore  ne  confutò  gli  errori.  Egli  inol-  indicia  su/Jiccnlia  ;Pio  IV  volle  che  nei 
tre  ci  dui  negli  slessi  AnnalitL  l5t  fi*  33:  medesimi  casi  0 si  logliessero all'alio  opri- 


1 1 %  TRI 

ma  «li  permetter!*  si  desse  copia  del  pro- 
cesso, allineile  il  reo  ave-.se  potuto  difen- 
di -i -si;  Qualmente  si  tolsero  in  tutto  d'in- 
fliggerle col  secolo  passato. Frenarono  l'u- 
sura con  provvide  leggi,  e  col  favorire  l'e- 
rezione de' Monti  di  pietà  (F.)  e  frumen- 
ti! i.  I  Papi  favorirono  Io  studio  della  giu- 
risprudenza, massime  ne'propri  domimi, 
nelle  Scuole,  e  nelle  Università  di  Ro- 
ma, Bologna,  Perugia,  Macerata  (F.), 
ec.  Conoscendosi  poco  il  nesso  della  Me- 
dicina (J  .)  colla  legale,  Alessandro  VII* 
da  Paolo  Zacclmi  fece  scrivere  le  Quae- 
stionesmcdico-legales,V\o  VI,ad  istanza 
di  Maria  I  regina  di  Portogallo,  emanò  la 
bolla  Justiliae  ubique  admìnislrandae, 
de'2  agostoi^yfj,  Bull,  Rom.  cont.  t,  6, 
p.124:  Ereclio  Iribunalis  Ecclesiasti- 
ci in  civitate  Lisboneusi.  Eressero  i  Tri- 
bunali di  Roma  (F,)  ecclesiastici,  civili  e 
criminali,  e  indefessamente  ne  curarono  e 
curano  il  perfezionamento  secondo  i  biso- 
gni della  società.  De'principali  tribunali 
antichi  e  odierni  delle  nazioni, supremi,  di 
appello,  civili,  criminali,  di  commercio, 
ce.  parlai  ne'  loro  articoli.  A  supplire  il 
genericamente  da  me  detto  sul  grave  e 
vasto  argomento  de' tribunali  ,  potrà  in 
parte  giovare  la  seguente  erudizione  bi- 
Litografica.  A.  Lenti  ,Judex  locuplel,  in 
Rubr.  Jur.  Civil,  et  annoi,  in  varios  Au* 
(  lores,  Lugdunu  546.  T,  Kivi,  Imo,  Ju- 
stiniani  defensio  advers,  Alemannutii, 
Fratioofbrti  1628.  J.  Curlii,  Farior.  Ju- 
ris  Civ.  quaeslionum,  Antuerpiaei  ><jo. 
.1.  Penali,  De  regulis  Juris  commcnl,, 
Lngduni  1 537.  J.  J.  SchoeplFeri,^7io/;.vi.y 
Juris  privalis  Rom.  et  Forensi*,  Fran- 
cofurli  I »CWU  Ducheri,  De  lalinilale  jth 
riseonsultorumveterum,  Lugduui,  bre- 
derodii,  Re  per  tori  ut  n  senteuliaruni  re' 
gularum,  defiuitiouuin  divisionum  dif- 
fèrentiarum  formular umeìc  ex  univer- 
so juris  civili»  torpore  etglo8M.it  colle- 
CA0rttfn,FraiMofui  ti  1  587.MatÌe02,Z?ere< 
fci  eudariorum  advoealorum  judiciutii 
tifìicio,  Uigni tate,  requisitisi  Francofurti 
i(r.>3.  Grotnewergettj  De  legibus  abro* 


T  R  I 
gatis  et  inusi tatis,  Lugduni  1649.  Dal- 
l'Olio, Elementi  delle  leggi  civili  roma- 
ne, Venezia  1825.  Charlario,  Praxis  in* 
ter  rogando  rum  reorum.Nac\.e\dey ,  Ma- 
nuale di  diritto  romano,  Firenze  i65i. 
Morello,  Teorico  praxis  civilis,crimiu.  et 
canon.,  Romae  1 706.  Oberlender./».y  ho- 
diernum,sive  epitome  juris  civilis  roma- 
«/,Noriinbergaei72o.Deckheri'i,Co/i.«i/- 
tationcs  forenses ,  de  periculis  juxlitiae 
supreniae  de  scrìptis  adespolis  pseude- 
graphis  et  supposititiis  conj e  e  tur  ae:  Con- 
cordia supremorum  Tribuiialium,  Wez- 
lariae  1  j2-2.Spe\de\,Bibliolhecaj'uridiea 
itniversalis  sive  quaestionum  juridiea- 
rum  omids  generis  sylloges,  Norimber- 
gae  \  728.  Orsi,  De capitalium  criminum 
absolulione,'^led\o\a\\\ì'j'òo.  H.  F. Dan- 
ti ini,  De  forensi  scribendi  rat  ione,  cui" 
ta  atque  perspicua,  Patavii  1  734.  G-.  A. 
Gennaro,  Delle  viziose  maniere  del  di- 
fendere le  cause  nel  Foro,  Napoli  1  744- 
J.  A.  Baehii,  Historiae  Juris  prude  nliae, 
Romae,  Lucaei762.  J.  Wibo,  De  Inter* 
rogadonibus  in  jure  ,  Lugduni  1766, 
Kees,  Com,  ad  Justiniani  institutionum 
imperialium  libros  cani  appendice  con' 
finente  modum  legcndi  et  scribendi  ci' 
tatìones  utrìusque  juris,  Lausanne  r  769. 
E,  begeri,  Codicis  Juslinianei  illustra- 
tiones,  Francofurti  1  767.  Pli.  Invernizi, 
De  publicis  et  criminal,  judieihus,  Ro- 
mae 1  787.  S.  Mattei,  Che  ladolcezza  del- 
le pene  sia  giovevole  al  fisco  più  che  l'a- 
sprezza, paradosso  politico-legale,  Na- 
poli 1  787.  Tortosa,  Medicina  forense,  Vi- 
cenza 1  809.  Poma,  Dizionario  aitatomi' 
co-medico-legale,  Padova  1 834-  Dome- 
nico Meli,  Giurisprudenza  medica,  Ra- 
venna i832,  Lorenzo  Martini,  Manuale 
di  polizia  medica,  Milano  1828.  Delfico, 
Ricerche  sul  vero  carattere  della  giuris- 
prudenza romana  e  de' suoi  cultori,  Na- 
poli 18 15,  Elementi  di  giurisprudenza 
criminale,  Ferrnoi8iG.  Torricelli,  /.'/< 
menti  di  diritto  civile,  adattali  alla  CO* 
ninne  intelligenza,  Pesaro  1 825.  De' di- 
ritti naturale  e  pubblio  delle  genti,  bo- 


1  II  1 

logna.  Bicherio,  Universa  civilis  et  cri* 

mìnalis  jurisprudentia,  Laude  Pompe- 
ja  1 826.  Contali,  De* delitti  e.  delle  pene, 
Bologna  1827.  G.  Coiizzi,  Saggio  mudi' 
lieo  di  giurisprudenza  naturale  e  socia' 
le,  Perugia  1  833.  F,  Speroni,  Estratto 
ragionalo  del  saggio  analìtico  di  giu- 
risprudenza naturale  e  sociale  del  prof. 
G.  Coiizzi,  Perugia  1  83G.  J.  A,  Zallinge- 
.nis,  Insti tutiones  naluralis  et  ecclesia- 
stici pub  li  ci  privaticpie  t  Bomae  1882. 
Schmi\\zgniehev,Jus  eccles iasticum  uni- 
versimi,  Bomae  1 844*  Angelo  Carne* 
valini  ,  Lezioni  di  diritto  commerciale, 
Buina  1  846.  Emidio  Cesarmi,  Prineipii 
del  diritto  commerciale ,Rotna  1 8271  Dei 
viti  del  negozio  bancario  delle,  cambia- 
li d'Eineccio,  Macerata  1  839:  Elementi 
di  giurisprudenza  sul  cambio  meri  ali- 
tile d  Eincccio,  Boma  184^.  De'  libri 
de' commercia  liti  fallili  (V  iu  neccio,  con 
note  sulla  giurisprudenza  odierna  del 
commercio, Roma  1 84-ti  Giuseppe  Bou- 
cogli,  Istituzioni  di  diritto  commercia 
le  ad  uso  degli  studenti  di  legge  e  dei 
negozianti ,  Bologna  i85i.  Filippo  M.'' 
Beuazzi,  Ele/ueulajnriserimiiialis,  Bo- 
maei  802. Giuseppe  Bruitati,  Critica  del- 
l'auliche, legislazioni  gentilesche,  Tori- 
no 1824.  Ph.  Baffi,  Dissertata)  de  pò  e  - 
nis,  Bornae  i832.  Virilio  delle  genti, 
trattalo,  Milano  1  8  1  4-  J.  Rocco,  Jus ca- 
uonicum  ad  civilem  jurisprudenliam 
perficiendam  qui  attulerit ,  Pauormi 
i83g.  F.  Lucio  Ferrarti*,  Prompta  Pi- 
bliotheca  canonica,  juridica,  moralis, 
theologica,  ncc  non  ascetica,  polemica, 
r  ubricis  tica,liistorica,T\.oiuae  1  784G  io 
vanni  Patriarca,  Compendio  delle,  pia 
note  leggi  del  diritto  ch'ile  romano,  con 
l'aggiunta  di  varie  teoriche  de' pili  ce- 
lebri giureconsulti  forensi,  Boma  1 843. 
F.  Saverio  Muzzi,  Discorso  sulla  ori- 
gine e  fine  delle  leggi)  Napoli  1824.  Fr. 
AgoslinoMatleucci,  OJ'icialis  curiae  ce- 
<  lesiasticae  ad  praxim  prò  foro  eccle- 
siastico, lum  sacculari,  limi  regulari  u- 
fili  ter  aplatus,  Pvoujae  1709.  Lodovico 


TRI  »23 

Valeriani,  Leggi  delle  XI I  tavole,  Fi- 
renze 1  83<).Gio. Battista  Martini,  Il  Pro- 
cessatile ossia  pratica  criminale  dimo- 
strala in  senso  de* principii  elementari 
e  generali,  con  abbondante  formolario 
degli  atti  processuali,  A  ncona  ?  852. 

TRIBUNALI  ECCLESIASTICI,  f. 
Tribunale,  Tribunali  di  Boma,  Curia 
ecclesiastica  o  curia  vescovile. 

TRIBUNALI  DI  BOMA,  Tribuna- 
lium  Curiae  Romanae.  Organi  delle  gra- 
zie e  della  giustizia  del  sommo  Ponte- 
fice, qual  supremo  capo  e  governatore 
della  chiesa  romana  e  universale,  e  qua- 
le sovrano  de'dominii  temporali  della  s. 
Sede.  Essi  sono  stabiliti  nella  sua  ponti- 
fìcia sede  e  nobilissima  residenza  di  Ro- 
ma (E-),  metropoli  del  mondo  cristiano 
e  capitale  delio  stalo  papale.  I  tribunali 
della  curia  romana  tono  ecclesiastici, ci- 
vili e  criminali.  Cui  mezzo  di  essi  il  Papa 
con  timi  ;i  mente  olire  il  co  ut  odo  e  il  vantag- 
gio a  tutti  i  cattolici  dell'uni  verso,  ci  1  far 
pervenire  alla  Sede  apostolica  lesoppli- 
cbe,i  dubbi,!  reclami, Quindi  e  dopo  la  giu- 
ridica conoscenza  delle  domande  e  delie 
cause, dopo  la  loro  matura  e  accurata  di- 
samina e  discussione,  rende  le  risposte,  le 
decisioni,  i  decidi  a  lutto  il  callulicismo. 
Con  questi  tribunali  il  Papa  spiega  non 
meno  alle  vicine  die  alie  lontane  provin- 
cia la  sua  mente;  non  che  rende  ragione 
e  giustizia  a*  particolari  sudditi  che  vi  ri- 
corrono, col  fare  eseguire  le  leggi  eccle- 
siastiche,civili  e  criminali.  Lasciò  scritto 
Raterio  vescovo  di  V  erotta,  che  in  Boma 
si  hanno  deerelalia  Ponlificum,  exami- 
natio  Caiionutu,  adprobatio  recipien- 
dorum,  reprobalio  sperneudorum.  E  il 
dottissimo  Zaccaria  qualificò  l'alma  Bo- 
tila ,  domicilio  sagro  della  verità  egual- 
mente che  del  la  giustizia,  li  omolo  fonda  Io- 
re  di  Bontà  vi  stabilì  la  Curia{V.)  quan- 
do divise  la  città  in  3  parti  che  chiamò 
Tribù  (/  .),  le  quali  si  adunavano  nel 
luogo  chiamalo  Comizio  (e  di  questo 
perciò  resi  ragione  al  citalo  articolo)  nel 
Foro  di  Roma,  e  vi  si  traila  vano  le  cau- 


i*4  TRI 

se,  così  nella  propinqua  curia  dal  sena- 
to. In  Roma  vi  furono  diverse  Curie, 
delle  quali  ragionai  nel  ricordato  artico- 
lo e  ne'  luoghi  ove  sursero.  La  i.a  curia 
per  comune  opinione  fu  la  Calabro,  fab- 
bricata da  Romolo,  luo<*o  dove  non  si 
trattavano  die  materie  religiose  ;  cos\ 
chiamata  perchè  il  Pontefice  gentile  vi 
annunziava  al  popolo  \calabrati,o  Gior- 
ni delle  Caleiulc  e  delle  None.  Nel  fo- 
ro rendendosi  giustizia  Dell'  antica  Ro- 
ma, indi  e  aderenti  a'  diversi  fori  furo- 
no edificale  le  basiliche  con  portici  desti- 
nati a  giudizi,  i  quali  poi  si  resero  nella 
nicchia  granile  in  forma  d'emiciclo  inca- 
po alle  stesse  basiliche,  denominata  Tri- 
Luna  (/'.), dal  qua I  vocabolo  derivò  quel- 
lo di  Tribunale  (f*.),  per  indicare  il  luo- 
go ove  risiedono  i  giudici  a  giudicar  le 
cause  e  a  rendere  ragione,  con  ammini- 
strarvi la  giustizia  secondo  la  Legge  [f^.). 
lii  uditamente  scrisse  sul  vocabolo  Cu- 
riti il  dotto  cardinal  de  Luca,  sia  da  che 
der  i  valo,sia  nei  deaeri  vere  la  duplice  curia 
degli  antichi  romani,  l'uua  pe'sacerdoti, 
l'altra  pel  senato  e  altri  magistrati.  Una 
scilicei ,  in  quo  sacerdote* ,  res  divi- 
na* j  altera  vero,  in  quo  senatus,  ac  po- 
pulos ,  aliique  magistralus ,  public as 
res  hwnanas  tractabatit.  Jsto  Curiae 
vocabulo,  derivationem  habente  a  curis 
publicis,  (juae.  in  locis  praefatis,  apud 
Deos,  et  apud  ho/nines,  seu  prò  c.oele- 
.stibus  ac  terrestribus  negotiis,  prò  sa- 
lute et  conservalionc  Reipublicac  gere- 
hanlur.  Jdeoquc  Curia  ista  ,  tenipluiii 
sanclitatis,  ainplitudinis  mentis,  consi- 
lii  public/',  caput  (ìrbis,  ara  socionun, 
et  portai  omnium  gcnliuia,  a  Cicerone 
appellatili-.  Quindi  il  cardinal  de  Luca 
dimostra,  quanto  la  moderna  curia  roma- 
na ecclesiastica  è  maggiore  dell'  antica 
profana,  in  potenza  e  in  estimazione,  qua- 
le curia  delia  cristiana  repubblica,  di  cui 
è  cupo  il  Papa  Vicario  supremo  di  Cri- 
sto, che  ha  tutto  il  monile-  per  territorio, 
lotiiiiiipie  liiiiiiiiinuii  genus  in  spiritila- 
libu...  oc  in  tcmporaliùuò  habilu  subje* 


TR  I 

ctum.  De  isla  vero  Curia  romanaPapae, 
in  pr  arsenti  agi  tur,  quae ,  sive  in  iosa 
materiali  Romana  civitate,  sive  in  alia 
qualibet  mundi  parte  sit,  dwn  ibi  Papa 
residet ,  suamque  habet  sedem  semper 
Romana  dicitur.  Talis  etcnim  dicitur 
non  ab  hujus  civilatis  praecisa  locali- 
late,sed  ab  origine, quod  scilicet  in  ca  b. 
Petrus  cathedram,  vel  sedem  constituit, 
ab  Antiochena  civitate  Ulani  trasferen- 
do, tamquam  in  loco, in  quo  totius  Orbis 
temporalis  dominatio  sedem  habebat,  ut 
ibi  hoc  ma j us Imperlimi  spirituale  orire- 
tur,  atque  (ut  idem  s.  Leo  I Papa  admo- 
net)  ea  civitas,quae  omnium  erroruni,ac 
gentilium  super stitionum  mater,  ac  me- 
tropolis  erat,  pietatis,  veraeque  Re/i- 
gionis,  mater  ac  metropolis  efficeretur. 
dunque  non  ipsius  civitatis  materialis, 
sed  universac  Ecclesiae  Catholicae ,  ac 
Papa  curia  sit,idcirco  non  materiali !cr, 
sed  formali  ter  Curia  Romana  dicitur 
omnis  locus  in  quo  Papa  resideat ,  at- 
que de  ea  leges,  quae  de  Curia  Roma' 
na  aguni  iute lligendae  veniunt.  Quem- 
admodum  etcnim,  in  singulti  Episco- 
patibus  habemus  ,  ut  denomi nationc ni 
acceprrint  ab  ea  civitate,  in  qua  ereclio 
cathedralis  facta  est  ac  sedes  Episcopa- 
Us  ini  lio  consti  tuta,  adeo  ut  Episcopo  in 
alio  dioecesis  quantum  vis  remoto  loco 
residenliamet  Curiam  scuTribunal  ha* 
beute  lutei  licitumesse  reception  est  rum 
dei  ■  Lira  lionibus,quae  in  propi  -Us  sedi!)  us 
recensentur).  Non  per  hoc  tamen  Eccle- 
siae titulus  vel  drnomiuatio  immutatili' 
ita  si  Ponti fex,  qui  universum  orbem  ha- 
bet prò  dioecesi,  vel  territorio,  in  qua- 
cuinquc  orbis  parte  resideat. e jusCuriae 
priinacvum  vocabulum  non  immulatur 
indeque  vulgarc prodii 't ;quod  Ubi  Papa, 
ibi  Roma.  Cum  auteni  Papa,  cujus  lm- 
perii  Aula,  seu  Curia  isla  dicitur,  qua- 
druplicem  pluries  enunciatala  geralseu 
representet  perso nam.  Unum  scilicei. 
j a  ni  enunciatala  Christi  Vicarii  gene- 
ralis,  et  Episcopi  Ecclesiae  universalis. 
Alterimi  Patri  ardine  occidentis.  Ter- 


TRI 
liam  Epìscopi particularis  Romana  ci- 
viiatis,  quaeparticularem  dioecesim  re- 

strie  la  in  habet,  attento  moderno  stala, 
actualiter  intra  ambitimi  quadraginla 
iiiitliariitm,  qui  sub  dis  Ir  ictus  vocabulo 
explicari  solet,  habitualiter  autcm,imo 
ad  cerlos  effeclus,  ctiam  actualiter,  in- 
firmi ambitimi  cenlum  milliarium,  ut  a- 
libi  juxla  varias  contingcntìas  adverti- 
lur.Et  quartam  demum  Impera toris,vel 
Pi  incipis  temporalis  Urbis,  illiusque  I- 
taliae  temporalis  dilionis,  quae  sub  u- 
triusque  mediati,  ac  immediati  Status 
Ecclesiastici  nomine  explicatur.  Ac  e- 
tiam  Beneventanae  civitatis  intra  visce- 
re regni  Neapolitani,  quodde  dictoSta- 
tu  mediato,  ratione  directi  domimi  di- 
cilur.  Nec  non  Avenionensis  civitatis,  et 
T'enaisini  cornila tus  in  Gallia.  Quin- 
di il  cardinal  de  Luca  ragiona,  come  la 
curia  romana,  siccome  maggiore,  trat- 
ta i  negozi  di  qualunque  altra  curia  del 
mondo,  spiegando  il  nome  di  curiale  da 
che  deriva.  Curialium  autem  nomine, 
vcniunl  omnes  qui  opera,  Consilio,  labo- 
re, aliove  munere,  Papae  inscrviunt,  in 
Ecclesiae  univa-salis,  ac  particularis 
respeelh'c,  vel  temporalis  domi  ni  i  regi- 
mine, ac  administrationc,  siequeexplu- 
ribus  generibus,  vel  ordinibus  Curialcs 
coitstituunlur.  Primus  etenim  orcio  est 
Cardinali,^. °Prelati,3.°  gli  altri  Giudici 
e  Magistrati  non  prelati,  4-°  Avvocati,  5.° 
/Vo(///Y7/o/7,6.0  Sollecitatori  del  foro  giu- 
diziale, 7.0  Sollecitatori o  Spedizionieri 
della  Dateria  e  Cancelleria  (non  si  de- 
tono confondere  ,co'  Sollecitatori  delle 
lettere  apostoliche  o  Giannizzeri,  come 
può  vedersi  a'ioro  articoli,  poiché  ne  han- 
no tutti  que'  che  vado  distinguendo  col 
corsivo),  8.°  eorum  qui  negotia  gratiosa 
vel  extragiudicialia  peragunl,  rive  e- 
liam  judicialium  negoliorum  aliquam 
habenles  curam,  apud  causidicos  as- 
sislunt,  et  qui  Agentes  vulgo  dicuutur 
(questi  sono  que'procmatori  particolari 
d'  affari  presso  i  tribunali  ecclesiastici  e 
le  Segreterie  della  s.  Sede),  g.°  Nola- 


TRI  is5 

ri  e  altri  Scrittori.  1  o.°  Aulicorum,  qui 
Papae  et  Cardino  libus,  ac  Praelalis  in 
aula  assistunt  ac  insavicnt,et  qui  vul- 
go, ad  differenti  ani  a  liorimi, Corteggia- 
ni dicun tur. cioè  gli  appartenenti  alla  Fa- 
miglia pontificia,  ed  alla  Famiglia  de' 
Cardinali  e  de' Prelati.  Indi  il  cardinal 
de  Luca  parla  della  differenza  tra  la  cu- 
ria romana,  ed  i  tribunali  e  magistrati, 
non  che  delle  varie  specie  delle  curie  di 
Roma  esistenti  al  suo  tempo.  Eo  vero 
differcnlia  est  Inter  Curiam  Romanam, 
et  alias  saecularium  Principimi  airias, 
quod  istarum  plures,  ex  ipso  principe 
tamquam  capile,  et  ex  seiiatibus,  aliis- 
que.  magis/ralibus  tamquam  membris, 
ejì'ormari  dicitar  principalus  prò  solo 
adii  vel  exercitio  potestà lis,  cuj'us  habi- 
tus penes  universum >  populum  seu  ipsam 
Rempublicam  essedicilur,adeo  utomiies 
magistratus,  ipsam  Rempublicam  con- 
stitue  re  seu  representare  dia  ;n  tur.  Al- 
que,  (  uni  debita  prnportione,  aeque  con- 
currant  ad  ipsius  Reipulilicacmy  stirimi 
corpus  efformaudum,  ipso  Principe  re- 
presentante caput.  Aliis  vero  reliqua 
membra.  Non  sic  vero  est  in  Curia  ro- 
mana, quo  tota  constitui  dìcitur  per  so- 
limi Papaia,  qui  non  apopulo.  vel  a  Re- 
p.uì>  bica,  seda  Deo  immedia  te, in  iis  quae. 
ad  Ecclesiae  universa  lis  regimai  per- 
lincnt,  potcstatem  mefitur.  ideoque  lai- 
jus  Curiac  Tribunalibus  et  Magìslra- 
tibus,  nomai  non  congrui t  membrorim^ 
quae  idem  corpus  cum  capile  aeque  ef- 
formcnt,  sedpotius  nomea  famulorum, 
vel  mìaislranlium  ci  qui  unicus  est  Do- 
minus,  ac  paterfamilias,  juxta  majo- 
riaa.  vel  minorum  numerimi  qualìtataa 
ut  singulorimi  magistratuum  respective 
rubricis  advertitur.  Quod  scilicet,  cimi 
Domiaus,  vel  paterfamilias  omnia  per 
se  ipsurn  administrare  non  valeat,  mi- 
nistros  ,  ci  operarius  adhibet.  Ideoque 
male  aliqui nostri practici  suppommt  u- 
nieum  corpus xujus  sitcapulPapa. Car- 
dinales  autem  membra j  aisi  juxta  dc~ 
claraliones  de  quibus  infra  disc.  3.  Ea- 


1 26  T  lì  I 

detti  Curia  plures  hnhet  specie t.  Alia  e- 
tenimforensis  dici/tir.  dune,  conlentìosa 
vel  graliosa  negatiti  per  trami  Ics  /idra», 
perlraclat,  ne  decidi  t.  Alia  politica  , 
quae  ulrittsque  ecclesiastici,  et  propba- 
in  principatus  negotia  cani  pi-udentiali- 
bushel  poli  liei  s  regniti  potiits  a  gif.  Tei-- 
tia  caerimonialis,  circa  ea,quae  cullimi 
divinimi,  alias/pie  sacerdotalia,  vel  ec- 
clesiastica murila  concernuut.  Et  (piar- 
la mere  aulica,  circa-  Aulae  temporalis 
caerimonias,  ac,  ritus.  De  prima  vero 
tantum  specie,  meae  suntpartes,  meu/n- 
que  insti  lutimi  agendi,  prò  fori,  seti  re- 
rum  forensium.  noti  tia,  et  in.i  trite  (ione, 
et  aliqualiter  de  secunda  super  ti  quae. 
pari  ter  praocì forensi ac  negotiorwn  di- 
ree/ioni  congrua,  sint.  Reliquae  auleni 
cacrimoniarum  magistri,  sive  ecclesia- 
slicoruni  riluttili >  professoribus,  nec  non 
poli/icis,  et  aulicis  relinqiiuntur,  ut  o- 
m /ics  prò  sua  respective  sphera,  ea  tra- 
eteti t  quae  ad  propria m  pertinent  prò- 
jcssioncin^iequc  in  alienani  se  ingerant. 
Sive  (ut  juristae  diennt)  quilibeliu prò- 
priam,  non  autem  in  alienam  messem, 
falcetti  immiltat.  Ideoque  obitcr  potius 
de  aliis  speciebus  quandoque  agi  con- 
tingit.  Sui  tribunali  di  Roma  preti  Ose  so- 
no le  opere  vaste  e  sapiènti  del  profon- 
do giureconsulto  cardinal  Gio.  Battista  de 
Luca,  non  meno  che  per  la  curia  roma- 
na e  insieme  per  la  giurisprudenza;  solo 
qui  citerò:  Tbeatrum  veritatis  et  fusti- 
tiae,  sive  decisivi  discursus  per  inale- 
nas,seutitulos  distincli,et  ad  veritùtem 
editi in  forai  sibus  coni  cover  si  sca  no  uicis 
et civilibus,in  quibus  inUrbe  advocatus 
p'0  una  parlìum  scripsit,  vel  co/isulttts 
rcspondil,  Yeneliis  1706.  Ut.  i5  com- 
prende: \°ParsdeJtidiciis,eldc  Pia, ri 
Curiae  Romanae.  1."  Ile  lai  io  /ionia  nae. 
Cttriae  forensis  ,  ejusque-Triiiuiialium 
et  Cotigregalionum.  3.°  Con/lictus  le- 
gis,  et.  ratìonis,  cimi  opuscolo  dello  siile 
legale.  In  quest'ultimo  nel  cnp.  1,  §  l  5: 
Della  ragione  per  la  quale  non  si  spera 
il  fruito  di  quest'opera  nell'età  corrente, 


T  R  I 

ma  nella  futura,  dice  le  seguenti  gravi  ve- 
rità."Conosce  bene  lo  scrittore,  che  (pian- 
do anche  i  suoi  pensieri  sieno  ragionevoli 
e  degni  d'esser  abbracciali  e  praticati  , 
tuttavia  nell'età  corrente  diU'iedmente  sia 
per  vedersene  l'effetto,  e  per  raccoglier- 
sene il  frutto.  E  ciò  per  la  ragione,  che 
le  già  introdotte  e  invecchiate  usanze  dif- 
ficilmente si  tolgono  in  quell'età  ed  in 
quelle  persone,  le  quali  abbiano  per  qual- 
che tempo  in  esse  vissuto.  A  somiglianz • 
di  quelle  piante,  le  quali  sieno  invecchiato 
ovvero  indurite  nella  mala  piega.  Ed  an- 
cora perchè,  portando  il  commi  distinto 
(o  istinto)  naturale,  che  tra  gli  uomini  vi 
venti,  uno  non  facilmente  cede  all'altro 
nelle  parli  dell'ingegno.  Però  diflicihneu- 
le  e  molto  di  raro  si  dà  il  caso,  che  agli 
scrittori  vivi  s'ubbidisca,  cagionandosi  la 
loro  autorità  e  la  venerazione  dalla  mor- 
te e  dall'antichità  !  "  Dell'origine  divina 
e  apostolica  de'  Tribunali  ecclesiastici, 
non  che  della  Curia,  Ecclesiastica  o  Cu- 
ria, vescovile  (/'.),  e  di  quelli  dell'antica 
Roma  pagana,  tenni  brevemente  proposi- 
to a  Triuu.v aie,  articolo  che  va  in  questo 
tenuto  presente,  ed  a  cui  si  rannoda,  an- 
co per  le  accennate  nozioni  di  ginrispru- 
denza  e  delle  leggi  ecclesiastiche,  civili  e 
criminali,  delle  quali  se  ne  resero  gran 
demente  benemeriti  i  romaniPuutefìci,  a 
seconda  dell'ivi  narrato.  Dell'origine  de' 
tribunali  della  Curia  /Ionia  na\V .)e  del 
la  Sede  apostolica  {P.),  nel  quale  ar- 
ticolo tornai  a  chiarire  il  maligno  sen- 
so che  i  Novatori  tristamente  danno  al 
vocabolo  Corte  ili  Roma  {C  ■),  Bfi  ra- 
nonni  a  Presbiterio, a  Concistoro,  a  Se- 
gretario ni  Stato.  Imperocché  nel  pro- 
prio presbiterio,  e  poi  nel  concistoro,  i  Pa- 
pi sino  da'  primi  secoli  della  Chiesa  vi 
trattarono  e  giudicarono  gli  affari  del  cri- 
stianesimo, anche  contenziosi  e  criminali, 
i  quali  a  poco  a  poco  nel  regolarmente  si- 
stemarsi I'  amministrazione  ecclesiastica 
e  civile  del  Pontificalo  e  della  Sovranità 
della  s,Sede\fr.),t\  modo  dichiaralo!  vi  e 
a  Segretario  ut  Stato,  furono  attribuiti 


TRI 

a'minislri,  a'Lribunalied  allecongregazio- 
ni  die  successi varnente  si  anelarono  isti- 
tuendo. Perciò  e  come  rilevai  nel  voi. XV, 
p.  226,  227  e  228,  Sisto  V,  con  aumen- 
tare il  numero  delle  Congregazioni  car- 
dinalizie, rimosse  dal  Concistoro  la  trat- 
tazione e  sentenza  di  moltissime  cause, 
e  le  liti  private  che  si  trattavano  come  si 
(a  ora  ne'tribunali,  onde  il  Papa  l'adu- 
nava ogni  giorno  non  impedito.  Ivi  dissi 
ancora,  che  Urbano  Vili  poi  rimosse  del 
lutto  dal  concistoro   la  trattazione  delle 
cause  criminali,  che  si  peroravano,  oltre 
altre  cose  gravi  della  Chiesa,  a  mezzo  de- 
gli Avvocali  concistoriali  (^.),  antichi 
Difensori  della  chiesa  romana  {f7-),  che 
per  memoria   dell'  antica    consuetudine 
fingevano  la  storia  d'  un  atroce  delitto, 
ed  in  vece  die  loro  la  nobile  e  religiosa 
ingerenza  di  proporvi  le  cause  per  la  ca- 
nonizzazione  de'  Servi  di  Dio  (/'.),  ol- 
tre di  fare  l'istanza  \)e  Palili,  de'  quali 
riparlai  a  Triregno.  Dissi  a  Decretali, 
che  i  decreti  e  le  dichiai  azioni  delle  Con- 
gregazioni Cardinalizie  (/'.)  di  Roma 
hanno  forza  di  legge  ;  che  alcune  di  es- 
se procedono  nella  forma  giudiziale  con- 
tenziosa, e  molte  di  delle  congregazio- 
ni sono  anche  tribunali,  e  diverse  tribu- 
nali universali  per  tulli  i  cattolici  del  mon- 
do, con   più  o  meno  giurisdizione  con- 
tenziosa.   Dappoiché  il  Papa  che  gover- 
na la  Chiesa, investito  del  divino  Primato 
{V.)  tanto  d'onore  che  di  giurisdizione, 
ha  il  deposito  di  tolta  \a  Tradizione  (l  .), 
ed  è  legittimo  giudice  supremo  della  pa- 
rola di  Dio  scritta  e  tradizionale,  non  che 
è  custode  e  riformatore  delta  Disciplina 
ecclesiastica  (/".),  a  norma  delle  diverse 
circostanze  di  tempo,  e  riceve  le  Appel- 
lazioni (J'.J  da'giudicati  de'tribunali  ec- 
clesiastici, da  tutto  il  mondo  cattolico,  e 
giusta  la  sentenza  di  Ini  viene  riformato 
il  giudizio.  Perciò  il  Papa, anche  col  mez- 
zo delle  sagre  congregazioni,  appresta  il 
modo  e  vantaggio  a  tulli  i  cattolici,  di  far 
pervenire  alla  Sede  apostolica  le  loro  do- 
mando  equerele;  laonde  le  medesime  con- 


TRI  127 

gregazioni  cardinalizie  sono  l'organo  de' 
pontifìcii  favori  e  dell'apostoliche  risolu- 
zioni. Nell'articolo  Congregazioni  cardi- 
NALI7IE  le  descrissi  tutte, cioè  tanto  quelle 
che  più  non  esistono  e  che  furono  compe- 
ndiale in  altre,  ovvero  le  loro  preioga- 
tive  si  attribuirono  a'  diversi  ministeri, 
quanto  quelle  che  sono  tuttora  in  vigo- 
re. Ivi  notai  l'ordine  gerarchico  col  quale 
siedono  nelle  congregazioni  e  tribunali 
i  cardinali,  i  segretari .  i  consultori^  e 
gli  altri  membri  che  le  compongono;  e 
rimarcai  eziandio  i  tenui  emolumenti  che 
si  pagano  per  la  Tassa{V.).\  cardinali  so- 
no giudici  nelle  sagre  congregazioni,  ma 
nell'intero  corpo  ed  a  seconda  del  dii  Ina- 
rato e  specificato  in  quell'articolo,  sul- 
le cause  cioè  di  loro  competenza,  e  ciò  lo 
rilevai  col  cardinal  de  Luca  e  con  altri 
giureconsulti  della  romana  curia;  gli  al- 
tri essendo  propriamente  più  relatori  o 
consultori  che  giudici.  Siringo  qui  la  mia 
ricapitolazione  dell'articolo  in  discorso, 
con  ricordare  che  ih  esso  trattando  della 
giurisdizione  e  delle  prerogative  de'car- 
diuali,  raccontai  come  aulicamente  tulle 
le  cause,  tutti  gli  all'ari  e  i  negozi  si  trat- 
tavano nel  concistoro,  tanto  spettanti  al 
governo  ecclesiastico,  politico  e  civile  del- 
l'uno  e  dell'altro  principato  del  Papa, 
spiri  tualee  temporale,  ed  anche  quale  ve- 
scovo di  Roma,  co'cardinali, ed  eziandio 
in  forma  contenziosa  di  tutte  le  cause  e 
liti  private,  come  si  fa  di  presente  ne'tri- 
bunali, tranne  alcune  specialità,  come 
di  quello  siile  di  cui  feci  parola  nel  voi. 
XIX,  p.  3o,  onde  il  Papa  faceva  da  giu- 
dice e  da  principe.  Anticamente  il  con- 
cistoro lenevasi  quolidianamenle,  eccet- 
tuati i  giorni  impediti  da  feste  e  altre  fun- 
7Ìoni  ecclesiastiche.  Raccontai  nel  voi. 
Vili,  p.  1  2  1,  l'antico  uso  de' Papi  di  pro- 
nunziar le  sentenze  nella  loro  cappella, 
il  che  servì  poi  di  occasione  a  deputare 
alla  cognizione  e  giudicatura  delle  cause 
i  loro  cappellani,  poidelti  Audilorescau- 
sarum  palatii  apostolici,  e  uditori  di  ro- 
ta, quindi  nello  stesso  luogo  conferma- 


jì8  TRI 

tn  «Ini  Papa.  L'esempio  che  addossi  è  del 
i  i?.6.  Poco  dopo  e  nel  i  i3o  Innocenzo 
Il  die  forma  di  corporazione  o  istituì   i 
Procuratori  di  collegio  dels.  Palazzo 
apostolico  (P  •).  denominnzione  ch'eb- 
bero quando  i  Papi  avendo  delegale  le 
cause  contenziose  a  diversi  celi  ecclesia" 
siici  addetti  al  loro  servizio,  non  occor- 
rendo più  l'opera  loia»  ne'concistori,  ces- 
sò ad  essi  la  primitiva  denominazione  di 
Procuratori  concistoriali,  ed  assunsero 
quella  di   procuratori  delle  cause  del  s. 
Palazzo  apostolico  (P-),  cioè  attitnbili 
ne'  tribunali  esercenti  nel  medesimo  per 
la  cognizione  e  decisione  delle  cause  con- 
tenziose. Tuttora  nel  palazzo  apostolico 
ove  risiede  il  Papa  si  adunano  la  più  par- 
te delle  congregazioni  cardinalizie,  ed  al- 
cuni tribunali,  come  principalmente  del 
supremo  tribunale  della  Segnatura,  co' 
prelati  Votanti} delta  Congregazione  di 
Consulta,  sì  de'caidinali,  che  de'  prelati 
Ponenti  ;  e  del  tribunale  degli  Uditori 
/Iella  s.  Rota,  e  nel  luogo  chiamato  au- 
ditorio. Nel  citalo  articolo  Procuratori 
riportai  la  forinola  del  giuramento  ch'essi 
faceva  no,e  prestavano  purei  giudici  e  av- 
vocali della  curia  romana. Dalla  quale  for- 
inola ben  si  scorge  la  grande  rettitudine 
e  integrità,  che  in  que'tempi  ancora  si  e- 
sigeva  in  chi  dovea  amministrare  la  giu- 
stizia; mollo  più  verso  i  poveri  e  gli  op- 
pressi da'  prepotenti  del  secolo,  rappre- 
sentando essi  la  persona  di  Gesù  Cristo, 
innocente  tratto  innanzi  a' tribunali  e  dan- 
nalo a  morte,  che  insieme  è  il  giudice  de' 
vivi  e  de' morti,  ed  il  padre  degli  orfani, 
de'pupilli  e  delle  vedove.  In  processo  di 
tempo,  per  la  molteplicità  degli   all'ari, 
provenienti  dall'  ulteriore  e  floridissima 
propagazione  della  fede,  e  perebè  pare- 
va nel  crescente  incivilicuentodella  socie- 
tà ,  essere  il  sistema  di  trattare  tutti  gli 
allari  nel  concistoro,  ormai  poco  decente 
alla  maestà  del  Papa  e  ni  decoro  del  Sa- 
gro r^//(;^ù»(//.), perciò  i  negozi  minori  e 
le  cause  contenziose  cominciarono  a  trat- 
tarsi dui  cui\\\iìn\Ca/ncrlengo  di  s. Chiesa 


TR  I 
(P~.)>  e  tosto  aumentatesi  le  sue  ingerenze, 
venne  statato  dei  Chierici  di Gamera{¥!) 

e  da  altri  prelati  nel  civile  e  nel  criminale, 
come  dal  V  ice-Camerlengo  di  s.  Chiesa 
(I7.),  dall'  Uditore  generale  della.  Ca- 
mera (P~,),ila\  Tesoriere  generale  [/'.), 
e  da  altri  oflìziali  della  curia  romana,  i 
quali  ebbero  i  loro  particolari  tribuna- 
li, restando  il  Camerlengo  capo  del  tri- 
bunale della  Camera  apostolica  ( I  '.). 
Oltre  l'antichissimo  tribunale  della  s.  Pio- 
ta, è  ignota  l'origine  di  quello  della  Se- 
gnatura di  giustizia,  che  fu  detta  l'udien- 
za o  concistoro  del  principe,  bensì  già  e- 
sistevano  nel  i  24-3  •  Referendari  di  Se- 
gnatura (P-),  cui  spetta  riferire  nel  tri- 
bunale le  cause  e  le  liti,  ed  eguale  inca- 
rico riceverono  nel  tribunale  e  congrega- 
zione della  Segnatura,  di  grazia  (/  .) , 
quando  Alessandro  VI  neli49"2  ne  fece 
la  divisione  dall'altra,  e  si  adunò  innanzi 
al  Papa.  Colla  istituzione  de'nominati  e 
altri  tribunali,  al  concistoro  restò  la  trat- 
tazione d'alcuni  affari  più  gravi  della  chie- 
sa universale,  degli  stali  e  de'  regni  del 
medesimo  orbe  cattolico,  perorati  da'ear- 
dinali  Protettori  (/'.)  di  essi,  e  da'  mi- 
nistri, ambasciatori  e  altri  diplomatici  di 
Residenza  (P.)  presso  la  s.  Sede;  come 
pure  si  discussero  gli  affari  più  importanti 
del  dominio  temporale.  Però  il  numero 
de'concistori  ordinari  ch'arasi  ristretto  a 
due  volte  la  settimana,  poi  ad  una  sola, 
vennero  celebrati  due  volte  al  mese,  e  poi 
cessarono  di  adunarsi  in  tempi  determi- 
nati, convocandosi  soltanto  per  gravi ssi- 
mecircostanze,eper  la  prouiulgazionede' 
/  escovi  e  la  Promozione  de' cardinali. 
Tale  diminuzione  de'freqnenli  concistori 
ordinari  vuoisi  insensibilmente  derivata, 
non  solamente  con  l'incremento  de' tri- 
bunali di  Roma, ina  coll'accrescimentode' 
ministri  della  s.  Sedc,i  (piali  nell'  Udienza 
(  P .)  die  loro  fu  assegnala  dal  Papa, in  essa 
vennero  e  sono  discussi  gli  all'ari,  e  prin- 
cipalmente colla  istituzione  e  successivo 
accrescimento  delle  discorse  Congrega- 
zioni cardinalizie,  ordinarie  e  straordi- 


TR  l 
Bai'ie,  e  loro  e  altre  pubbliche  Segrete* 
rie  della  s.  Sede  (F.).  Inoltre  in  quel- 
l'articolo narrai, qualesia  la  giurisdizione 
de' cardinali  che  la  compongono,  gli  af- 
fari e  le  cose  di  loro  competenza;  notan- 
do, che  per  occorrenze  gravi  il  Papa  suole 
intimare  innanzi  di  se  le  congregazioni 
straordinarie,  di  maggiore  o  minor  nume- 
rodi  cardinali  a  suo  beneplacito,  olire  al- 
cune dell' Tiujidsizione  e\\e'R.ili.  Gli  anti- 
chi Giudici  (^.)della  romana  curia  si  dis- 
sero anche  Palatini  (F.yAn  formoli  colla 
quale  i  Papi  facevano  i  giudici, e  gli  Seri- 
niari  ossia  Notari,  a  quell'articolo  la  ri- 
produssi. Il  Primicero  della  s.  Sede  (  F.), 
capo  degli  u  (Tizia  li  maggiori  del  s.  Palaz- 
zo Lateranense,  ne' bassi  tempi  divenne 
primicero  de'giudici  della  medesima  Se- 
lle apostolica.  Fra  questi  talvolta  lo  fu- 
rono gli  altri  6  uflìziali  maggiori,  cioè  il 
Secondicero,  V Arcarlo  o  Tesoriere,  il 
Sax-cellario,  il  Protoscriniario,\\Primi- 
cero  de' difensori,  il  Nomenclatore.  (V".) 
che  fungeva  l'uffìzio  di  terminar  le  cau- 
se eh'  erano  portate  al  Papa,  e  ciò  face- 
va insieme  col  Saccellario.  Dipoi  furono 
istituiti  i  giudici  inpartibus  o  Delegati 
o  Commissari  apostolici  (F .)pev  le  Com- 
missioni (F.),  onde  giudicar  le  cause  delle 
quali  si  è  interposto  l'appello  alla  s.  Sede,  i 
cui  giudicati  sono  il  reformabili,  nel  rifor- 
marle sentenze  da  qualunque  ecclesiasti- 
ca autorità  pronunciate.  In  Roma  e  nelle 
provincie.  n'  Pretori, Conti(F.)  e  altri  giu- 
dici de'quali  feci  menzione  a  Tribunale, 
successero  i  Podestà,  i  Luogotenenti,  i 
Presidenti  {V.),  ed  i giusdicenti  minori, 
co'loro  ministri,  Cancellerie  e  Cursori 
(F.);  l'istituzione  de'quali  risale  al  reNu- 
ma  ,  mentre  ripete  la  sua  dalla  nascente 
Chiesa  quella  de'  Cursori  apostolici  o 
pontificii,  differenti  da'eursori  esecutori 
tle'lribunalicivili  per  l'esercizio  con  tenzio- 
so,sia  di  citazione  e  sia  di  atti  esecutori!.  I 
cursori  pontificii  inlimano  le  cappelle  pa- 
pali e  i  concistori,  e  fanno  le  formali  ci- 
tazioni pe'  Censi  e  Tributi  (F.)  dovuti 
alla  s.  Scile  e  non  soddisfatti.  La  fòrza  e- 
vor..  lxxx. 


TRI  t4g 

iccutrice  della  legge  e  delle  sentenze  ci- 
vili e  eliminali,  anticamente  in  Roma  fu 
quella  de'lilloii  {de'quali  ede'loro  fasci  ri- 
parlai nel  voi.  XLI  V,p.  2  5),cni  successero 
alcuni  corpi  di  Milìzia, poi  gli  Sbirri(F.), 
eda'noslri  giorni  la  milizia  politica  de'ca- 
rabinieriogendarmi.  A  Giumci,PflETOB.r, 
Podestà  ec,  descrissi  il  vestiario  de'giu- 
dici dello  stato  pontificio,  nel  quale  pri- 
meggiano la  Berretta  di  Dottore  ,  e  la 
Toga  forense  propria  de'legali:  in  que- 
sto ultimo  articolo  tornai  a  rilevare  la 
questione  se  Cedant  Arma  Togae?  In 
Roma  anticamente  a'eontravventori  de- 
gli ordini  de'giudici  era  prescritta  la  pe- 
na di  stare  a  cavallo  del  Leone  marmo- 
reo tlel  Campidoglio,  con  mitra  di  carta 
in  capo  e  la  faccia  unta  di  miele  per  tutto 
il  tempo  del  Mercato.  Tale  Mitra  (F.) 
per  ischerno  si  pose  in  testa  a'ehierici  de- 
gradati, a'ladri,a'cornuli  coutenti,  a'fal- 
sari  ec.  Nel  medio  evo  i  Papi  tennero  il 
giudizio  pubblico  chiamato  Placito  (F.}, 
e  con  facoltà  delegata  ne  permisero  l'e- 
sercizio ne'loro  domimi  temporali  a'reed 
imperatoli,  ed  a'Ioro  messi  regio  imperia- 
li,giudici  straordinari  che  nelle  provincie 
inviarono  anche  i  Papi,  per  ricevere  i  ri- 
corsi contro  gl'ingiusti  giudicati  de'giu- 
dici locali  e  rendere  ragione.  Aque'tempi 
eranvi  in  Roma  i  tribunali  e  curie  seco- 
lari, cou  autorità  parimenti  delegata  dal 
Papa,del  Patrizio  di  Roma  (F.),óe\  Pre- 
fetto di  Roma  (  T  .),  del  Senatore  di  Ro- 
ma(Fr.),\ì  qualeda  poco  cessò, edel  Ma- 
resciallo di  s.  Chiesa  (/*.)  ed  anco  que- 
sti col  proprio  carcere  a  Tor  di  Nona,  ora 
Teatro  di  Apollo  (F.),  la  loro  curia  es- 
sendo chiamata  Savelli  (F.),  Curia  Sa- 
bellorum  ,  perchè  tale  dignità  fu  eredi- 
taria in  quell'illustre  famiglia.  Sempre  i 
Papi  indefessamente  furono  solleciti  della 
difesa  del  Povero,  contro  le  angarie  de' 
prepotenti,  nel  quale  articolo  celebrai  l'i- 
stituzione de'  Difensori ,  dell'avvocato 
concistoriale  de' Poveri  e  degli  altri  pro- 
curatori de'medesimi;  e  tutte  le  caritate- 
voli e  benefiche  istituzioni  in  favore  de- 

9 


1 3o  T  R  ! 

gli  oppressi,  etl  anco  tic' rei,  sì  civili  e  sì 
cri  minali; come  pure  i  Pupi  costantemen- 
te curarono  il  miglioramento  e  la  vigilan- 
za delle  Prigioni  dello  stato  e  delle  Car- 
ceri di  Roma  (fT.),a  vantaggio  spirituale 
e  temporale  deVei  d'ogni  età  e  sesso.  I  tri- 
bunali di  Roma  e  dello  stato  restarono 
chiusi  nelle  terribili  Pestilenze  {f7.).  Ne' 
Piaggi de'  Papi^F. .^questi  prima  d'intra- 
prenderli dichiararono,  che  nella  loro  as- 
senza i  tribunali  dovessero  restare  aperti  e 
proseguiread  agire  come  se  essi  fossero  in 
Roma;altri  vi  aggiunsero  la  dichiarazione, 
che  morendo  altrove,in/?o///«soltanto,co- 
mechè  vi  rimaneva  la  curia,  si  dovesse  e- 
leggere  il  successore.  Ciò  si  fece  anche  per 
brevi  viaggi, il  che  praticò  Innocenzo  XII 
con  notificazione de'5  maggio  i6g6,pi  ima 
di  recarsi  a  Civitavecchia  >e  con  notifica- 
zione de'io  aprile  1 697  inuanzi  di  portarsi 
a  Nettuno,  de'quali  luoghi  vicini  a  Roma 
riparlai  anche  a  Porti,  a  Tose an ella  e  al- 
trove.In  Sede  Jracante(F.)dc\l>i\\)atnon 
solamentecessano  molte  cariche,  altre  re- 
stano sospese,  ma  cessano  interamente  di 
agire  i  tribunali  di  Roma,  per  le  leggi  del 
Conclave  (?  .),  tranne  i  tribunali  del  Ca- 
nierlcngo,i\e\\a  Penitenzieria^e  del  Pica- 
rio  di  Roma(l\).  L'uditore  del  tribunale 
della  Segnatura  di  giustizia  diviene  udi* 
tor  e  del  conclave. e  ne  prende  il  nome,  on- 
de continuare  le  cause, quando  le  giudica- 
va, ogli  alluri  pendenti,  innanzi  l' Uditore 
del  Papa  (  /  .)  defunto. Nella  sede  vacante 
pontificia  non  cessano  del  tutto  le  facoltà 
delle  congregazioni  cardinalizie  e  delle  se- 
greterie della  s.  Sede,  costumandosi  spe- 
dire gli  affari  di  poco  momento  per  mez- 
zo de'  segretari,  come  di  quelli  die  pri- 
ma della  morte  del  Papa  erano  già  ri- 
soluti dallecongregazioni,  in  que'casi  pe- 
rnii) cui  basta  la  sottoscrizione  del  segre- 
tario. Parlando  delle  Congregazioni  car- 
dinalizie che  si  adunano  nella  Sede  va- 
cante (P.)t  nel  paragrafo  Congregazió- 
ni straordinarie  che  tengono  tutti  i car- 
dinali in  condurr,  e  ili  quelle  partico- 
lari del  s.  Offìzio,  dissi  come  si  celebra- 


TR  I 

no  in  sede  vacante  dalla  Congrega-zio* 
ne.  della  s.  Romana  e  universale  iitaui- 
sizione,ne\  qttal  tempo  usa  il  descritto  si- 
gillo ,  e  che  in  sostanza  è  1'  unica  Ira  le 
congregazioni  ordinarie  che  continua  a 
procedere  nell'interregno  pontificio.  Des- 
sa  non  solo  fu  la  1/  ad  essere  stabilita,  ina 
lo  è  pure  per  dignità  e  autorità,  avendo 
il  suo  tribunale  con  gli  avvocati  fiscale  e 
de'rei,  il  giudice  relatore  delle  cause  cri- 
minali profane,  il  capo  notaio,  altri  mi- 
nistri v.  carceri  proprie.  Nella  Cirilla 
eattolicai'i.''iev\eit.  7,p.  5cj3,  dottamen- 
te si  tratta  :  Del  potere  coattivo,  della 
Chiesa;  cioè  dopo  avere  chiarita  né' pre- 
cedenti quaderni  la  natura  intima  dell'au- 
torità ;  d'aver  mostrato  questa  autorità 
viva  e  indipendente  nella  Chiesa  a  fronte 
dello  stalo;  d'aver  esposto  in  qual  manie- 
ra la  padronanza  degli  averi  competa  alle 
due  autorità  civile  ed  ecclesiastica,  laon- 
de trovò  convenientissimo  il  toccare  al- 
cuna cosa  del  potere  coattivo,  elemento 
integrale  dell'autorità,  e  dimostrarne  so- 
prattutto l'appartenenza  alla  società  ec- 
clesiastica, a  cui  i  suoi  avversari  lo  vor- 
rebbero togliere  per  poterla  con  maggior 
agio  a  lor  talento  malmenare.  Per  bre- 
vità non  intendo  dar  contezza  del  bel  la- 
voro, ma soloqualche generico  cenno  più 
relativo  al  mio  proponimento,  e  in  ag- 
giunta all'analogo  e  riferito  nel  preceden- 
te articolo  ,  che  tanta  relazione  ha  con 
questo.  Incomincia  il  savio  e  illuminato 
scrittore  dal  dichiarare:  questo  diritto  ilei 
potere  coattivo  della  Chiesa  compete  alla 
società  ecclesiastica,  eh'  è  facile  addur- 
rle evidenti  prove,  sia  che  s' interroghi 
I'  autorità,  sia  che  s'  interroghi  la  ragio- 
ne. Nel  riportare  le  prove  d'autorità, 
ben  a  ragione  comincia.  »  Che  gli  etero- 
dossi e  miscredenti  degli  antichi  tempi  ri- 
cusassero alla  Chiesa  (la  quale  per  altro 
non  lasciava  d'usarne  liberamente)  il  po- 
tere coattivo,  ella  è  cosa  che  la  storia  ci 
testimonia,  e  I'  indole  del  cuore  umano 
ci  mostra  naturalissima.  E  quando  mai 
il  ladro,  l'assassino  trovò  giusto  e  coni- 


T  I  I 
petente  quel  tribunale,  da  cui  eia  certo 
ili  venir  condannato  ?  Ma  clic  i  miscre- 
denti  de'  giorni   nostri,   mentre  vanta- 
no la  forza  delle  loro  convinzioni,  la  lo- 
gica severità  di  loro  ragione,  I'  indipen- 
dente imparzialità  della  loro  giustizia,  o- 
sino  poi  contendere  alla  Chiesa  il  pote- 
re coattivo,  questo  è  un  aggiungere  l'in- 
coerenza logica  alla  miscredenza  eretica- 
le. In  fatti  non  sono  essi  coloro,  che  so- 
stengono a  spada  tratta  non  darsi  ne'go- 
verni  potere  coattivo,  né  altro  qualun- 
que diritto  d'  autorità,  se  non  per  con- 
sentimento del  suddito?  Ebbene,  se  vi  è 
società  i  cui  poteri  immediatamente  da 
Dio  ricevuti,  sieno  veramente  consentiti 
da'suddili,  ella  è  proprio  la  società  cat- 
tolica. E  qual  è  quel  cattolico  mediocre- 
mente istruito  ed  educalo  nella  propria 
religione,  che  non  abbia  riconosciuto  il 
potere  coattivo  della  Chiesa  con  lutti  gli 
nitri  donimi  che  ella  insegna,  accettan- 
done almeno  implicitamente  la  fedo  eolla 
personale  sua  adesione  se  batte7zavasi  a- 
dullo;  ose  infante,  ratificando  al  pruno 
lampeggiare  di  ragione,  le  promesse  del 
suo  battesimo  ?  Così  avran  fatto  quegli 
sciagurati,  che  recentemente  in  Piemon- 
te ed  altrove  nel  Perù  ambirono  l'infa- 
me vanto  di  contristare  la  Chiesa  loro 
madre,  e  scandalezzare  i  cattolici   loro 
fratelli:  se  anch'essi  nel  dì  del  loro  na- 
scimento avranno  balbettato  la  profes- 
sione di  loro  fede,  dettata  allora  dalla  te- 
nerezza materna,  protestando  con  since- 
rità infantile  ciò  che  poi  con  adulta  ipocri- 
sia puhblicarono,  sé  voler  credere  tutto- 
ciò  che  crede  la  Chiesa."  Queste  profes- 
sioni di  fede  si  ratificano  in  diversi  luo- 
ghi nel  far  la  i."  comunione,  ordinaria- 
mente nelle  missioni  dal  popolo  invitato 
da  zelanti  predicatori,  da'professori  nel 
prendere  possesso  della  carica,  dal  bene- 
fiziato nel  possesso  della  prebenda,  e  dal- 
l'ufiìziale  quando  è  insignito  di  qualche 
dignità  ecclesiastica,  e  di  tratto  iu  tratto 
da  tutti  i  fedeli  nel  ripetere  l'atto  di  fe- 
de, di  credere  lutto  quello  che  la  Chiesa 


TRI  1 3 1 

insegna,  riconoscendo  in  lei  per  conse 
guenza  i  diritti  da  essa  stessa  autenticati 
con  decreti  solenni. Dunque  il  dii  ittocoat 
livo  della  Chiesa,  che  non  potè  mai  ne- 
garsi senza  errore  ,  oggi  non  può  negarsi 
da'progressisli  im pugnatori,  senz'aperta 
e  strana  contraddizione.  I  cattolici   non 
potino  ammettere  le  assurde  teorie  degli 
avversari,  e  basterebbe  a  far  mutar  loro 
linguaggio,  il  ricordare  le  bolle  di  Giovau 
ni  XXII  e  di  Pio  VI.  Ricordino  ancora, 
che  Dio  non  avrebbe  temporalmente  pu 
ni  lo  di  morte  Anania  eZalììra,sea  s.  Pie- 
tro non  competeva  l'esercizio  del  diritto 
di  punizione;  ricordino  il  castigo  di  Mar- 
cione,  lacasa  tolta  a  Paolo  di  Samosata;  le 
multe  ripetutamente  imposte  da'concilii, 
i  digiuni, icilizi,  le  confische,  le  privazioni 
d'onori  e  gradi;  qualità  di  pene  tutte  usate 
anche  dopo  il  concilio  di  Trento  (^.),  nel 
quale  esse  vennerosancite,  senza  vermi  ri- 
chiamo de'principi  sovrani,  che  pe'loro  le- 
gali v'intervennero.  Gl'impugnatori della 
Chiesa  sogliono  dedurre  essersi  l'atto  ciò 
per  delegazione  dell'autorità  civile;  ma  se 
questo  fosse  pur  vero,  tornerebbe  l'argo- 
mentoaccennatocontroi  miscredenti  mo- 
derni. »  Se  anche  i  governi  ci  vi  li  non  bau 
no  autorità  ,  se  non  pel   conseuli mento 
de'sudditi,  la  Chiesa  che  ha  l'autorità  per 
consenso  de'  principi,  ha  gli  stessi  diritti 
che  il  governo  civile,  ed  anche  maggiori, 
giacché  per  consenso  de'principi  coman- 
derebbe a'principi  stessi."  Gl'imperatori 
pagani  non  mai  avrebhero  conferito  tal 
diritto  alla  Chiesa,!  principi  cristiani  non 
avrebbero  conferito  alla  Chiesa  un  diritto 
coattivo,  ed  i  sudditi  mai  non  l'avrebbe- 
ro consentito  al  principe,  se  un  tal  diritto 
non  fosse  fondalo  nell'indole  stessa  e  natu 
ra  d'ambedue  le  società,  come  si  dimostra 
dall'encomiato  autore  dell'articolo.Eppu- 
re,  come  rilevai  nel  ricordato  anteceden- 
te articolo,  non  solo  sotto  i  principi  cristia- 
ni, ma  anche  sotto  i  pagani  la  Chiesa  usò 
diritti  coattivi  di  multe, digiuni  e  flagella- 
zioni, ed  eziandio  esclusione  dal  tempio, 
come  fece  s.  Ambrogio  con  Teodosio  I 


i32  TRI 

imperatore  per  la  strage  di  Tessalo/tira 
(/ '.!,  e  dalla  conversazione  o  comunione 
de 'cattolici,  ancorché  Sovrani^  come  può 
vedersi  presso  il  Francolino,  De  dìscip. 
poenit.  1.  i  «3;  il  bianchi,  Esterna  poli- 
tica della  Chiesa,  I.  2  e  4.  §  9,  ed  ali  ri. 
Si  legge  fin  da'tempi  di  s.  Cipriano  e  al- 
tri, l'uso  di  regolare  i  processi,  ed  istituiti 
fin  da'. tempi  di  s.  Eulichiano  Papa  del 
275,settequasi  inquisitori  o  censori  pub- 
blici, clte  doveano  esaminar  la  condotta 
de'crisliani  e  riferirla  a' prelati,  qualora 
non  corrispondesse  all'altezza  di  loro  pro- 
fessione ;  e  se  talora  i  colpevoli  preve- 
nivano l'accusa,  questo  dimostra  quan- 
to poco  fosse  volontaria  a  coloro  che- ve- 
nivano convinti  in  forma  giudiziale,  co- 
me pretendono  sostenere  gl'impugnatori 
della  Chiesa,  ripetendo  con  l'eretico  Sai- 
masio,  che  a  queste  penitenzeÀ  fedeli  pie- 
gavansi  volontariamente  e  non  con  vera 
coazione.  Passando  lo  scrittore  alla  pro- 
va di  ragione,  onde  rendere  vieppiù  evi- 
dente il  potere  coattivo  della  Chiesa,  e 
quanto  sia  ragionevole  nel  cristiano  l'os- 
sequio della  fede  rispetto  al  medesimo, 
svolse  l' argomento  con  i3  proposizioni. 
"Una  società  indipendente  non  può  sussi- 
stere senza  potere  coattivo;  or  la  Chiesa 
cattolica  è  società  indipendente:  dunque 
non  può  sussistere  senza  potere  coattivo." 
Quanto  i  Papi  furono  benemeriti  del- 
le leggi  e  della  giurisprudenza,  ch'è  la 
scienza  di  rettamente  interpretarle,  per 
quindi  applicarle  nel  Tribunale,  a  questo 
articolo  tornai  a  riferirlo.  Essi  migliora- 
rono l'antica  codificazione  romana,  col 
purgarla  dagli  assurdi  sistemi  legali  e  al- 
tri difelli,  e  colla  formazione  del  corpo 
di  leggi  del  gius  canonico.  Il  giurecon- 
sulto holognese  Giacomo  Alberti  col  suo 
libro:  DijJ'erentiae  in  ter  jus  canonicum 
et  Jiis  civile,  notò  i85  differenze,  tra  le 
leggi  canoniche  e  quelle  del  gius  civile. 
Dacché  i  l'api  furono  liberi  nell'esercizio 
della  piena  giurisdizione  nell'amministra- 
zione civile,  il  che  sembra  doversi  rite- 
nere dal  pontificato  di  Adriano  1  del  772, 


TRI 

proseguirono  a  perfezionare  la  giurispru- 
denza con  opportune  correzioni,  avendo 
già  s.  Gregorio  II,  sotto  del  quale  e  do- 
po il  726  ebhe  origine  il  principato  del- 
la romana  Chiesa,  eliminato  dalle  leggi 
longohardiche  molte  superstizioni.  In- 
di i  successori  curarono  di  migliorare  la 
giurisprudenza,  ne  protessero  efficace- 
mente l'insegnamento,  ed  emanarono 
saggie  e  provvidentissime  leggi.  Nel  se- 
colo XII  ne  furono  benemeriti  Innocen- 
zo II,  Alessandro  111  e  Clemente  III;  nel 
XIII  il  grande  Innocenzo  III,  Gregorio 
IX,  Innocenzo  IV  e  Bonifacio  Vili.  Pro- 
grediente quindi  fu  il  miglioramento  de' 
tribunali  della  curia  romana,  la  quale 
per  le  circostanze  politiche  de'tempi  ne' 
secoli  XII  e  XIII  talvolta  essendo  stala 
co'  Papi  in  Viterbo,  Anagni,  Orvieto, 
Asisi,  Perugia  e  altre  città,  dal  1  3o5  al 
1376  co'  Papi  fu  traslocata  in  Francia 
e  in  Avignone.  (f.).  Altri  miglioramen- 
ti recarono  a'  tribunali  e  alla  giurispru- 
denza Giovanni  XXII  e  i\l aitino  V,  il 
quale  ordinò  che  si  osservassero,  median- 
te la  bolla  Romani  Pontificis ,  del  1 424> 
Bull.  Rovi.  t.  3,  par.  2,  p.  447»  anche 
dagli  uditori  di  rota,  avvocati,  procura- 
tori e  notati  della  romana  curia.  Vanno 
lodati  pure  Eugeuio  IV,  Paolo  11,  e  Si- 
sto IV,  il  quale  confermò  le  celebri  Co- 
stituzioni  Egidiane,  formale  nel  prece- 
dente secolo  pel  governamento  dello  sta- 
to pontifìcio  dal  gran  cardinal  Egidio  Al- 
bornoz  già  arcivescovo  di  Toledo.  Urha- 
110  VI  colla  bolla  Apostoliaie  sollicitu- 
dinis,  de'28  novembre  1  385,/?»//.  Rom. 
t.  3,  par.  2,  p.  374  '•  Causarwn  Curiac 
Apostolieae  cognìtionein,  et  diffìnitio- 
iiviii  diavi  in  gradu  appellalionis,  et  in 
quibuscuinque  instai! tis,  Judicibus  e/us* 
demCuriae  tantummodo  cacterisRoma- 
nae  Curiae  Judicibus  et  Offìcialibus prò- 
cedendi  in  causis  hujusmodi  facilitate 
inter dieta,  spedare  declarat.  Eugenio 
IV  colla  bolla  Divina  in  eminenti,  dell '8 
marzo  1 432,  Bull,  cit.,  I.  3,  par.  3,  p.  7: 
Privilegimi!  Curia  li  um  sive  Ojjìcialiuni 


TR  1 

Sedis  Apostolicae  obsequiis  cxisten- 
ti uni .  aliorumquepro  cor  um  negociis  ad 
eamdcm  Sedem  venientium,etapudcam 
ainmorantiuni,  aut  inde  recedentium, 
ne  interini  extra  Romano-m  Curiam 
conveiiiantur.  Sislo  IV  colla  bolla  Et  si 
universis,  deli. "gennaio \  ^  ^,Bull.  cit., 
j).  1 44 :  Privilegiwn  Curioliuni  toni  lai- 
corum  qua in  ecclesiasticorum, libere  di- 
spone ndi  elioni  ad  favorem  incapacium, 
de  bonis  in  Alma  Urbe,  et  infra  decern 
milliario,  quainvis  ex  fructibus  bono- 
r uni  ecclesia.'! ticor innacquisi 'tis.^iaìBul- 
lariuni  Roinanuni  si  trovano  le  bolle  ri- 
guardanti i  tribunali  di  Roma;  io  qui  ri- 
corderò le  generiche  e  quelle  riguardan- 
ti tutte  quelle  comprese  sotto  il  vocabolo 
di  Curiali.ha  i  /bolla  che  trovasi  nel  Bui- 
lariitin  riguardante  la  camera  apostolica 
e  il  cardinal  camerlengo,  è  quella  di  Ur- 
bano VI,  Apostolicae  Corner  a-e,  dell'8 
settembre  i  3j^,Bull.  t.  3,par.  2,p.364: 
Jurisdictio  Canterani  s.  Romanae  Ec- 
clcsiae  suiumorie q uaseunique causa  in- 
teresse Rev.  Cam.  Apostol.  quomodoli~ 
bet  concernentes,  cognoscendi.  Essa  ri- 
chiama quella  di  Urbano  V  del  i  363,  A~ 
postolotus  of/ìcium:  Jurisdictio  Carne- 
rarii  S.R.  E.  procedendi  contro  pira- 
tas, nova  pedo  già  impone  ntes  coque  per- 
pelrantes,  quain  in  Bulla  in  Coena  Do- 
mini vetontur.  Appena  nel  l49?  san  •! 
pontificato  Alessandro  VI, ad  esempio  di 
s.  Luigi  IX  re  di  Francia,  volle  egli  stes- 
so il  martedì  d'ogni  settimana  giudicare 
i  litigi  e  le  cause  del  popolo,  di  cui  si  con- 
quistò l'animo.  Giulio  II  col  breve  Ex 
qucrelis,  de'  i  5  aprile  i  5i  2,  Bull,  cit.,  p. 
347  J  Jurisdictio  et  /acuitale  judicum 
Curine  Capitola  circa  causarum  Ur~ 
bis  decisionali.  Questo  Papa  nella  via 
Giulia  voleva  erigervi  un  sontuoso  edifi- 
cio per  collocarvi  tutti  i  tribunali  di  Ro- 
ma, e  l'avea  cominciato,  come  notai  nel 
\ol.  Ll,p.  326.  Taleslrada  prima  si  chia- 
mava Magistralis,  pegli  uffizi  che  vi  te- 
nevano i  notati,  i  quali  poi  si  eslesero  nel- 
la prossima  via  di  Banchi  Vecchi  vicina 


TRI  i33 

a  ponte  s.  Angelo,  inclusivamenlea'no- 
tari  dell'uditore  della  camera.  Riferisce 
il  Rufini,  nel  Dizionario  delle  strade  di 
Roma,  all'articolo  Banchi  Vecchi,  che 
anticamente  le  cause  che  riguardavano  i 
mercanti  di  bestiami  e  le  liti  che  fra 'cit- 
tadini si  agitavano,  venivano  trattate  e 
giudicale  nella  piazza  di  Campo  Vacci- 
no, già  Foro  Romano _,-non  bastando  poi 
questo,  vi  furonoaggiunteduealtre  piaz- 
ze con  portici  all'intorno,  al  di  sotto  de' 
quali  le  dette  cause  si  discutevano.  Col- 
l'andar  del  tempo  si  disse  Via  de  Ban- 
chi, perchè  d'ogni  intorno  eranvi  stanze 
in  forma  di  botteghe  ove  risiedevano  i 
notali,  presso  i  quali  si  depositavano  gli 
atti  di  tutte  le  cause.  Però  dissi  a  Tosca- 
NA,che  i  mercanti  della  nazione  fiorentina 
dimoranti  in  Roma,  ivi  esercitavano  co' 
loro  banchi  un  ricco  ed  esteso  commercio, 
per  cui  probabilmente  da  questo  la  con- 
trada prese  il  nome  di  Banchi. V)\  più  nar- 
rai che  l'uni  versila  de'fiorentini  vi  costituì 
un  console  secondo  l'ordinanza  del  cele- 
bre Consolalo  del  Mare  originato  in  Va- 
lenza e  poi  ricevuto  in  Roma  nel  107 5; 
e  che  Leone  X  concesse  all'università  fio- 
rentina un  tribunale  privativo  e  regole 
particolari  pel  disbrigo  delle  controver- 
sie giudiziali,  composto  del  console  e  di 
due  consiglieri, col  proprio  notaro  e  can- 
celliere; che  abolito  il  tribunale  da  Inno- 
cenzo XII,  tranne  il  notaro  cancelliere, 
questo  fu  autorizzato  da  Clemente  XII  a 
fare  gli  atti  giudiziali.  Vedasi  il  cardinal 
de  Luca,  De  Consulatu  F 'lorentinorum , 
Rei.  Rom.  Curiae,  lib.  i5,  par.  2,  disc. 
44.  Clemente  VII  col  breve  Accepimus 
miniere,  de'iG  ottobre)  528,  Bull.  t.  4; 
par.  1 ,  p.  77:  Cursores  Papae,  et  Man- 
dotarii  aliar  uni  Curiamoli  Urbis,  iti 
quibus  causis  citare,  intimare,  eie.  va- 
leant.  Paolo  III  colla  costituzione  Cuni 
nobis,  del  1 534,  Bull,  cit.,  p.  248:  Judi- 
ces  et  OJJiciales  Romanae  Curine  non 
concedant  transumpta  supplicalìoiicin, 
ncque  corum  praelextu  mandata  adi- 
piscendi  possessionem  benejiciorum  vi- 


i34  TRI 

gore  supplicalionum,  nisi  prias  Uteri  s 
apostolici s  desvper  ci  pedi  ti  s.  Di  più 
Paolo  III  fece  altre  riforme  sui  tribuna- 
li «.Iella  curia  romana. Giulio  III  col  moto- 
proprio  Cimi  ea,  clell'8  luglio 1 55 i,Bull. 
p.  2  85:  Cursore,?  Papae,  et  Mandata- 
rii  aliar  uni  Curiarum  almae  Urbis,  in 
quibus  causis  citare,  intimarcene,  eie. 
possint.  In  esso  sono  specialmente  nomi- 
nati i  cursori  de'lribunali  del  Campido- 
glio, di  Ripa  e  Hipella,  di  Tor  di  Nona 
e  de'  Savelli,  di  Borgo  s.  Pietro  o  Città 
Leonina,  aitata  quibusvis  alias  almae. 
Urbis  Curiis  siw  Tribuna libus.  Giulio 
III  nel  i55a  creò  cardinale  Sebastiano 
Pighini,  e  gli  conferì  la  soprintendenza 
di  tutti  i  tribunali  di  Roma,  come  vica- 
rio del  Papa.  Paolo  IV  nel  i55y  istituì 
la  Congregazione  cardinalizia  del  ter- 
rore degli  uffìziali  di  Roma  (V.):  la  com- 
pose di  20  cardinoli  e 4o  prelati  in  quali- 
tà di  giudici,  per  vegliare  che  i  tribunali 
e.  ministri  della  s.  Sede  amministrassero 
rettamente  la  giustizia;  egli  stabilì  inol- 
tre di  dare  una  volta  al  mese  udienza  pub- 
blica a  tulli  per  udire  le  cpierele,  e  ren- 
deva giustizia  secondo  il  merito  della  co- 
sa. Pio  IV  in  conseguenza  del  bramato 
da'padri  del  concilio  di  Trento  (Z^.),  ri- 
formò diversi  tribunali  di  Roma,  che  no- 
vara  l'annalista  Spondano  al  i562,  ne' 
quali  eransi  introdotti  molti  abusi,  ed  io 
di  lidi  riforme  ne  parlai  descrivendo  tali 
tribunali.  Solo  ricorderò  qui  la  bolla  Cimi 
ab  ipso,  de'3  1  giugno  1  562  e  da  lui  sot- 
toscritta, Bull.  t.  4»  pai'-  2,  P-  '  29:  Befor- 
tnatìo  Tribunalium  Ordìnariorum  et  a- 
liorum  Judicum  Bomanac  Curiac,qffì- 
cique  tam  Advocali,  et  Procuratoris 
pauperum,  qua  ni  Fisci  Bev.  Cam.  ApO' 
stolicae.  Come  Marcello  II,  s.  Pio  V  si 
occupò  con  zelo  de  Giudici  pe'tribunali, 
fece  altri  regolamenti,  provvedendo  i  tri- 
bunali di  giudici  di  specchiala  probità,  e 
dichiarando  di  non  voler  premiare  che  il 
solo  merito,  non  curando  il  favore  e  l'in- 
tcrc-se.  Utili  riforme  sui  tribunali  di  Ilo 
ma  fece  anche  Gregorio  XIII,  e  colla  boi- 


TR  I 
la  Dani  rectae.  administrandae,  de'  27 
gennaio \5r/5,  Bull.  Boni.  I.  4,  par.  3,  p. 
294:  BeformatìoCuriaede.  Sabellis,  Ma- 
rescalli  Almae  Urbis.  A  prendere  un'idea 
della  giurisdizione  de' giudici  privati  di 
Roma,  si  ponno  leggere  le  seguenti  bolle 
di  Gregorio  XIII.  A  p.  280  la  bolla  Pro 
nosfrimuneris,(\e  i  5  luglio  j  5y4:  Juris- 
dictio  et  facilita  tes  S.  B.  E.  Card.  Pro- 
teclorum  Collcgii  Germanici  in  Urbe.  A 
p.  34o  la  bolla  Cum  sicuf,  de'  i3  giu- 
gno 1  5  7  7:  J uri  sdì  elio  S.  B.  E.  Card.  Ar- 
ehipresbyteri  et  Juiliciscausaruni  Capi- 
tuli  canonicorum  ,  et  aliarum  persona- 
rum  s.  Lateranensis  Ecclesiae.  A  p.  355 
la  bolla  Cupienles  Domimi  Piani,  de'  1  2 
febbraio  1  578:  Jurisdictio  S.  B.  E.  Car- 
dinaliuni  Protectorum,et  Judicum  cau- 
saruni  Doinus  Piae  ad  recipiendas  ,  et 
pie  alendas  mulieres  peccalrices  poeni- 
tenlss,  in  Urbe  insliluta.A  p.  35c)la  bol- 
la Quoniatn  divinae,  de?23  aprile  1578: 
Instilutio  Collegii  Anglici  in  Urbe.,Exem  - 
ptionumque,  et  Indultoruni  concessione, 
et  S.  B.  E.  Card.  Prolecloris,  et  Judicis 
incognoscen.  eorum  causis  j'urisdictione. 
Inoltre  di  Gregorio  XIII  si  ha  la  bolla  Ur- 
limi Boinam,  de'25 maggio i58o,  Bull. 
cit.  p.  436:  Slalutorum  Almae  Urbiscon- 
firma lio ,  cum  declaralione ,  qttod  Sta- 
luta  ordinatoria  in  Curia  Capitolina  oh- 
serventur,  decisoria  vero  in  omnibus  Tri- 
bunalibux  Urbis  ejusque  dislrictus ,  ubi 
non  exlant  particularia  Stallila,  de  eis~ 
dem  casibus  disponentia.  Segue  la  bolla 
A  Imam  Urbem:  Beiti  tegralio  Jurisdictio- 
nis  j  et  indullorum  Universilatum  Ar- 
tinnì  Urbis ,  praesetvala  superioritate. 
Gubernatoris  et  aliorum  Judicum.  Se- 
gue il  moto-proprio  Ne  per  praeinser- 
tas:  Declaratio  quod  constilutio  praein- 
serla  non  praejudicat  facultatibus  Gu- 
bernatoris Urbis,  Capilanei  Appellatio- 
num  et  aliorum  Judicum.  L'energico  Si  • 
slo  V  colla  sua  memorabile  giustizia  fu 
assai  benemerito  de'  tribunali  di  Roma, 
confermò  le  antiche  congregazioni  cardi- 
nalizie, e  molte  altre  ne  istituì  a  vontag- 


TR  I 

gio  notevole  del  cattolicismo  e  de'parti- 
colari  suoi  sudditi.  Innocenzo  IX del  i  5t)i 
nflidò  la  presidenza  sopra  tutti  i  tribuna- 
li della  curia  romana,  con  amplissima  fa- 
coltà di  giudicare  e  definire  tutte  le  cau- 
se, «'cardinali  Antonmaria  Salviatie  Ma- 
riano Pierbenedclli.  Frattanto  in  Roma 
•venne  nel  i  6og  nuovamente  alla  luce  il 
seguente  utilissimo  libro:  Practica  Oda- 
viani  Festrii  J.   C.  forocomeliensis  ,  in 
Bomanae  A  ulne  Aclionem  et  Judiciorum 
mores,   introductionem  toittitietl».  //aie 
poslremae  tditioni  accesserunt  analyti- 
cae  annotationes  Nicolai  Antonii  Gra- 
vala Brialicensi  J.  C.  etc.  Paolo  V  ap- 
plicandosi con  indefessa  premura  al  van  • 
Inscio de'suoi  sudditi, volle  riformare  lut- 
ti  i  tribunati  e  uffizi  della  curia  romana, 
ne  ridusse  e  stabilì  I' autorità  al  conve- 
niente dovere,  tassò  i  loro  assegnamenti, 
e  tolse  diversi  e  gravi  abusi,  ebe  fino  da 
molto  tempo  erano  invalsi.  Il  tutto  di- 
spose coli* celebre  bolla  Universi  agri  do- 
minici curatn,  del  i .°  marzo   1612,  Bull. 
Boni.  t.  5,  par.  3,  p.  i?>:Beformatio  Tri- 
bunalium Urbis,  eo rumane  Offìcialium. 
In  2  5  paragrafi  comprese  la  memorabi- 
le sua  riforma  ,  di  cui  riporterò  i  titoli, 
da 'quali  si  rileverà  il  numero  de'lribuna- 
li  di  Roma  di  tale  epoca,  i  quali  lutti  han- 
no articoli.  De  Signatura  gratin  eljusti- 
lia.  De  Camerario  et  Camera  apostoli- 
ca. De  G (ibernatole  Urbis,  et  ejus  Tri- 
bunalis.  De  Auditore  Camerae,  et  ejus 
Tribunali.  De  Auditorio  Bolae.  De  Ca- 
pilolio ,  et  ejus  offìcialibus.  De  jurisdi- 
elione  in  IJebraeos.  De  Curia  Sabello- 
rum,  et  Turris  Nonne.  De  Curia  Bipae, 
et  Bipettae.  De  Judicibus  criminalibus 
Urbis,  et  pertinentibus  ad  eos.  De  Judi- 
cibus in  causis  civUibus.  Communia  Ju- 
diami  omnium,  lam  civiliiim  quatti  cri- 
mi  nnlium.  DeSportulis  seu  prò  pini  s.  De 
Commissariis.  De  Advocalis  Pauperuni 
et  Fisci.  De  Pauperum  Procuraloribus. 
De  Fisci  Procuratore,  et  Substilutis.  De 
Advocalis,  Procuraloribus,  etSollicita- 
loribus.  De  Nolariis  Tribunalium   Ut- 


T  |  I  i35 

bis.  De  Begistris  Exlraclibus,  ti  Exem- 
plis,  seu  Copiis.  De  Cursoribus,  et  Man  - 
dalariis.  De  Baroncellis,  et  Exequulo- 
ribus.  De  Carceribus,  et  Carceratis ,  et 
cornai  Visilatoribus ,  el  Cuslodibus.  De 
facullatibus  Fisilalorum  carcerimi.  De 
Protomedico  ,  et  Aromatariis.  Poenae 
constitutìonis.  Quindi  Paolo  Vcol  moto- 
proprio  Cimi  nos  nitpt-r  generali  refor- 
mattoni  Tribunalium  Urbis  incumbentes, 
dello  slesso  1612,  Bull.  p.  55,  stabilì  l.t 
Taxa  Notarioruin  et  Offìcialium  Urbis. 
Vi  furono  compreso  anche  le  tasse  nota- 
rioruin civilium  et  criminaliimi  Guber- 
naioris  Urbis,  Iricariì,  Burgi,et  aliormn 
Tribunalium  non  habenlium  propriam 
laxamj  faxa  A 'rchivii  jtaxa  no  tarli  ma  - 
gistrorum  Fiarum,  etc.  Lo  stato  delle  s. 
congregazioni,  de'tribunali  di  Romaedel- 
la  curia  romana  nella  metà  dello  stesso 
secolo  XVII.  egregiamente  edottamente 
lo  descrisse  Jacopo  Cohellio  orvietano,  e 
pubblicò  nel  1 653  in  Roma  il  degno  con- 
cittadino Carlo  Cartari;  decano  degli  av- 
vocati concistoriali,  e  col  titolo:  Notilia 
Cardinalati^  in  qua  neduin  de  S.  B.  E. 
Cardinalium  origine,d< gnitate,pr aerini- 
nentia  tet '  privilegi  is ,sed  de  praecipuis  Bo- 
manae  Aulae  Offìcialibus  uberrime  per- 
tractatur,  opus  nemini  in/ucundum,at  in 
Bomano  Foro  versan/ibus  utilissimum. 
Clemente  IX  colla  bolla  In  hoc  primo, 
deli.0  settembre  1  667,  Bull.  Bom.  t.  6, 
par.  6,  p.  184:  Coriìtitutio  super  Befor- 
malione  jurisdictionis  Tribuna  lis  Burgi, 
tolse  il  tnbunale  e  la  curia  civile  e  crimi- 
nale di  Borgo  o  Città  Leonina,  leggen- 
dosi nella  bolla  l'estensione  topografica 
ove  esercitava  la  giurisdizione,  e  riunì  al 
tribunale  del  governatoredi  Roma  la  giu- 
risdizione criminale,  assoggettando  la  ci- 
vde  al  tribunale  dell'A.  C.  ossia  de' luo- 
gotenenti dell'  Uditore  della,  camera.  Or- 
dinò in  pari  tempo  il  Papa,  che  celebran- 
dosi il  Conclave  nel  palazzo  apostolico  Va- 
ticano, posto  in  detta  regione,  il  Gover- 
natore (F.)  del  conclave,  finché  questo 
durasse,  lo  fosse  pure  di  Borgo ,  e  nella 


1 36  T  R  l 

(tarata  del  conclave  vi  esercitasse  le  due 
giminli/ioni  civile  e  criminale,  mernm- 
que  et  mixtuin  ìmperìum,  ac  gladi  i  po- 
testà lem. Innocenzo  XI,  mediante  una  ap- 
posita congregazione,  riformò  i  tribuna- 
li della  curia  romana,  provvedendo  par- 
ticolarmente, che  l'avarizia  non  regolas- 
se le  Sportale  {V .)  de'ministri  e  giudici, 
ina  l'equità  solamente  e  la  giustizia,  se- 
condo il  contenuto  della  bolla  DecetRo- 
manum  Pontificati,  de' 28  giugnoi68g, 
Bull.  Rom.  t.  8,  p.  527:  Confirmantur, 
et  extenduntur  Congregationis  Reforma- 
tioiiis  Trilntnalium.  Ecco  secondo  la  bol- 
la il  novero  (\e  Judices  ordinarli  Urbis 
di  quel!'  epoca,  le  cui  notizie  ponuo  ve- 
dersi aluro  articoli.  Il  cardinal  Corner- 
let/go,  e  il  suo  Uditore  e  i  giudici  depu- 
tati, anche  nel  criminale.  Il  cardinal  Vi- 
rano, il  suo  Vicegerente,  il  Luogotenen- 
te e  altri  giudici  da  lui  deputati.  I  car- 
dinali Arcipreti  delle  tre  basiliche  pa- 
triarcali, i  loro  vicari,  uditori  e  altri  da 
loro  deputali.  I  cardinali  litolari  ne'  lo- 
ro Titoli  cardinalizi  (nel  (piale  artico- 
lo riparlai  de'cardinali  arcipreti)  e  Dia- 
conie di  Roma,  ed  i  6  cardinali  Vesco- 
vi suburbicari,  co'  loro  vicari,  udilori 
e  altri  deputati.  I  cardinali  Protettori  dei 
Collegi  ,iW  Monaci,  ossia  degli  Ordini  re- 
ligiosi, degli  Ospedali,  de'  Pii  luoghi,  i 
loro  uditori  ed  altri  giudici  e  deputati, 
Il  Governatore  di  Roma,  e  i  suoi  Luo- 
gotenenti, e  giudice  civile  e  altri.  \J Udi- 
tore della  Camera  e  suoi  Luogotenenti  e 
giudici  deputati,  ossia  il  tribunale  dell'A. 
C.  Il  Senatore  di  Roma  e  suoi  giudici  col- 
laterali, capitano  dell'appellazioni  e  altri 
deputali.  Il  Tesoriere  generale ,  col  suo 
uditore  e  altri  giudici  da  Ini  deputati,  an- 
che nel  criminale.  1  Chierici  di  Came- 
ra, Presidenti  delle  Strade,  ilei  la  Gra- 
scia,  della  Zecca,  delle  Ripe  (ne  ripar- 
lai meglio  a  Tesoriere),  dell'  Annona, 
degli  Archivi,  delle  Carceri  di  Roma, 
loro  uditori  e  altri  deputati.  Il  Maggior- 
domoj  Prefetto  de' ss.  Palazzi  apostolici, 
to'suoi  udilori,  luogolcuculc  e  altri  dc- 


TR  I 

putati,  tanto  pe'detti  palazzi,  quanto  per 
Frascati  e  Castel  Gandolfo.  Il  commis- 
sario delle  armi  o  Milizia  pontificia,  e  i 
suoi  uditori  e  deputali.  Il  "indice  o  Udi- 
tore delle  confidenze.  Il  giudice  della  Con- 
gregazione della  rev. fabbrica  di  s.  Pietro. 
Il  giudice  i\e  Soldati.  11  giudice  di  Castel  s. 
Angelo.W  giudice  della  Marina  pontificia 
(per  questa  e  per  la  milizia  ponno  vedersi 
ancheTEVERE,TuRCHi  a  e  Tesori  ere).  L'as- 
sessore degli  edili  0  Maestri  delle  strade. 

I  consoli  dell'  Agricoltura  (ne  riparlai  a 
Senato  romano).  I  camerlenghi  di  Ripa. 

II  protomedico  di  cui  a  Medico  e  Spezia- 
le. I  consoli  dell'  Università  artistiche.  In- 
nocenzo XII  fu  eminentemente  beneme- 
rito de' tribunali  di  Roma,  oltreché  con 
applauso  universale  estinse  il  Nepotismo, 
ed  i  Vacabili  (/'.)  o  uffizi  venali  della 
curia  romana.  Primieramente  soppresse 
e  del  tutto  estinse  diverse  straordinarie 
giudicature,  che  lino  allora  intralciavano 
l'umiiiitustraziouè della  giustizia»;  si  eser- 
citavano da  diversi  prelati,  e  rimise  tulle 
le  cause  a'giudici  ordinari,  mentre  quel- 
li d'altro  non  si  curavano  che  di  proro- 
garle con  grave  danno  de'  litiganti.  Per- 
tanto, colla  bolla  Ad  radicilus,  de'3i  a- 
gostoi692,  Bull.  Rom.  t.  9,  p.  264.:  De- 
cretimi parlicularis  congregationis,  quo 
abolenlur  omnes  Judices  particulares  ,  et 
Tribunalia  Urbis  revocantur  ad  jus  co- 
mune. Dopo  aver  con  tal  bolla  approva- 
toli decreto  della  congregazioiie,colla  bol- 
la Romanus  Pontfex  Curiae,  de'  1  7  set- 
tembre i6()2,  Bull.  p.  271  ;  Abolenlur 
omnia  Ti  ibunalia,  et  Judices  particula- 
res cum  su is  facilitai ibus.  Di  tutti  i  giu- 
dici e  tribunali  soppressi  o  riformati  da 
Innocenzo  XII  distintamente  tratta  il  car- 
dinal ile  Luca,  lib.  1  5,  par.  1.":  DeJudi- 
ciis ,  e  nella  par.  2.':  Relalio  Romanae 
Curiae  Forensis,  riprovando  la  moltitu- 
dine de'giudici  e  de'tribunali  come  dan- 
nosa e  soggetta  a  calunnie.  Tra  le  Con- 
gregazioni cardinalizie  che  aveano  i  giu- 
diciogiurisdizione,  vanno  nominale  quel- 
le del  s,  ojftzio,  di  propaganda  fide,  del 


TU  I 
buon  governo,  dell'  immunità;  l'aveano 
molli  privilegiati,  il  Castellano  di  Castel 
s.  Angelo j  il  Generale  di  s.  Chiesa.  Al- 
tri tribunali  di  Roma  etano  quelli  della 
Congregazione  cardinalizia  de'  Baroni, 
degli  abbati  commendatari  d'i  Fa rf a,  del- 
le Tre  Fontane,  e  di  Subiaco;  il  legalo 
ti'  Avignone,  i  governatori  di  Fermo,  Tivo- 
li, e  Capra nica di  Viterbo}  il  cardinal  pro- 
tettore della  città  e  santuario  di  Loreto. 
Tra 'collegi  prelatizi  che  aveano  giurisdi- 
zioni e  facoltà,  nomina  il  cardinal  de  Luca 
i  Protonolari  apostolici,  gli  Abbreviatori 
di  parco  maggiore,  i  Segretari  apostoli- 
tic  altri  officiali  di  Cancelleria, gli  scrit- 
tori dell'  Archivio,  gli  Avvocati  concisto- 
riali, il  collegio  de'  Teologi  e  Medici,  quel- 
lo de' Cm/w//'  e  altri  collegi  privati,  il  Col- 
legio Romano,  i  collegi  delle  arti  e  pro- 
fessioni o  Università  artistiche,  il  conso- 
lato de'fìorenliui.  Così  il  gran  Pontefice 
definitivamente  estinse  tutti  i  tribunali 
e  giudici  particolari  colle  loro  non  utili 
facoltà.  Considerando  poi  il  grave  inco- 
modo che  aveano  i  litiganti  e  i  procura- 
tori, costretti  a  girare  per  Roma  affine  di 
tratiare  le  cause,  fece  edificare  a  Monte 
Citot  io  il  Palazzo  della  Curia  Innocen- 
ziana  (U.),  per  servire  di  residenza  a'giu- 
dici  e  a' tribunali,  e  padre  munifico  dei 
poveri,  donò  il  sontuoso  edilizio  all'  (.)■ 
spizio  apostolico  di  s.  Michele  (/'.),  di  cui 
fu  magnanimo  benefattore;  e  col  suono 
della  gran  campana  di  detto  palazzo  si 
annunzia  alla  città  l'apertura  de'tribuna- 
li  quando  agiscono, facendo  altrettanto  il 
campanone  di  Campidoglio  finche  esistet- 
te il  tribunale  del  Senatore.  Non  solo  vi 
fu  stabilito  nel  palazzo  il  tribunale  del- 
l'uditore della  camera  o  A.  C.,  ma  anco- 
ra dalla  via  de'Canchi  Vecchi  vi  furono 
trasferiti  gli  uffizi  notarili  del  medesimo. 
Le  iscrizioni  che  vi  furono  collocale  le  ri- 
produsse il  contemporaneo  Piazza  ,  con 
analoghe  erudizioni,nell'£/wi>o/0g/o  Ro- 
mano, li  alt.  i  i,  cap.  i:  Del  Collegio  ov- 
vero università  de' Notarij  Traslazione 
e  residenza  de'  No  lari  e  loro  uffìzi  dai 


T  I  I  i37 

Banchi  al  palazzo  della  Curia  Innocen- 
ziana.  Di  più  Innocenzo  XII  colla  bolla 
Sacerdote Ust  et  Regia  Urbis,  de'28  no- 
vembre 1692,5»//.  p.  279:  Confirman- 
tur,  iniiovnnlur,  reforniantur,  et  exlen- 
duntur  facultates  Tribunalis ,  seti  Ma- 
gistrattts  Viarwn.  Igdi  non  più.  fu  an- 
nuale né  si  estrasse  a  sorteci  chierico  di 
camera  presidente  delle  Strade,  ma  a  be- 
neplacito del  Papa,  cou  giurisdizione  ci- 
vile e  criminale.  Dopo  avere  Innocenzo 
XII  severamente  proibito  a'giudici  di  ri- 
cevere alcun  donativo  dalle  parti  conten- 
denti, nèdi  giammai  avere  riguardo  a  ve- 
runo nell'imparziale  e  libera  amministra- 
zione  della  giustizia,  emanò  la  bolla  Cir- 
cumspecta  Romani  Pontifici*,  de' 4  di- 
cembre 1693,  Bull.  p.  33  j:  Confirman- 
tur,  et  declarantur  Pii  II7,  Pauli  Pt  et 
fnnocentii  XI constitutiones super  Spor- 
tulis  Judicum,el  Tribunalium  Urbis}  et 
confìrmantur  cousti  tulio  super  datis ,  et 
promissit  prò  juxtitia,velgratia.  Il  suc- 
cessore Clemente  XI  colla  bolla  Cum  ad 
aurcs,  de'  1  2  giugno  1715,  Bull.  Rom.  t. 
1  1,  p.  68:  Confìrmantur  declaraliones, 
provisiones,  et  decreta  super  Sportiti**, 
auae  Tribunalibus  persolvi  debent.  Be- 
nedetto XIII  col  moto-proprio,  Avendo 
Noi,  de'  12  luglio  1  724,  Bull.  Rom.  1. 1  1, 
par.  2,  p.  327:  Instituilur  Promolor  gc- 
neralis  Fisci  prò  patrocinio  causarum 
Curiarum  Ecclesiaslicaritm.  Di  questa 
istituzione,  e  da  chi  ora  si  esercita  tal  pa- 
trocinio, lodissi  a  Cunu ecclesiastica,  lu- 
di colla  bolla  Situimi  Aposlolatus,  de'5 
febbraio  1  726:  Stalutintur  nonnulla  prò 
recta  juslitia  in  alma  Urbe  admnistratio- 
ne,  et  li  li  ganti  um,praeser  lini  pauperum, 
utilitale.  Inoltre  Denedelto  XIII  concesse 
diverse  facoltà  giudiziarie  al  Maggiordo- 
mo ;  ed  avendo  il  cardinale  Annibale  Al- 
bani rinuuziatoalgovernodi  Castel  Gnu- 
dolfo,  il  quale  per  lo  passato  era  sempre 
unito  al  medesimo  Prefetto  de.' ss.  Palaz- 
zi apostolici,  a  questo  ne  restituì  il  gover- 
no cou  piena  giurisdizione,  indipendente- 
tucule da  qualsivoglia  alli  u  tribunale. Cle- 


i38  T  li  I 

inente  XII  col  breve  Nitper,  de'3o  apri 
lei  73?.,  Bull.  Rom.  t. 1  3,p.  2y3:  Confìr- 
inatur  decretimi  congicgalionis  partirti- 
larhaSS.  D.  N.  deputarne,  super obser- 
vantiaconstittitionum  Egidianae  et  Car- 
prnsisj  et  exhibilioneet  arrhiviationein- 
strumenlorum prò  Coinmunitalibusel  U- 
niversitatìbus provinciae,  l\l  archine.  Col- 
la bollo  Apostolatus  off/cium,  de'  5  otto- 
bre 1732,  Bull.  p.  3o2,  Clemente  XII  or- 
dinò diverse  cose  per  la  buona  dire/ione 
«lei  conclave,  e  di  quanto  spetta  alla  Sede 
apostolica  vacante,  di  già  ricordate  supe- 
riormente, come  dell'uditore  di  segnatu- 
ra, a  cui  die  le  facoltà  per  proseguir  le 
cause  che  pendevano  avanti  l'uditore  del 
Papa;  la  soppressione  del  governatorato 
di  Corgo  esercitata  nella  sede  vacante  dal 
governatore  del  conclave,  che  anco  in  tal 
tempo  attribuì  al  governatore  di  Roma, 
dichiarando  perpetuo  governatore  del 
conclave  il  maggiordomo.  Nella  bolla  poi 
Romanus  Pontifex,<\e  1^  tWc.embve  1  735, 
Bull.  Rom.  t.i4,  p  5r:  Tribunalia  Ur- 
bis auolibel  decennio  per  aliqueni  cardi- 
nalem  visilanda.  benedetto  XIV  volen- 
do confermale  l'abolizione  fatta  da  Inno- 
cenzo XII  de'lribunali  e  giudici  privati  di 
Roma,  e  volendo  abolire  quelli  che  po- 
tessero essere  slati  dipoi  istituiti, ed  insie- 
me prescrivere  i  limili  delle  facoltà  e  giu- 
risdizioni di  alcuni  tribunali  e  congrega- 
rioni  cardinalizie,  tutto  effettuò  colla  boi* 
la  Quantum  ad />rocurandam,óe'  1  5  feb- 
braio 1-7^-2,  Biillarium  Benedicti  XIV, 
t.  t,  cost.  44-  Così  egli  ridusse  all'antica 
giurisdizione  e  rispettive  prerogative  la 
Congregazione  cardinalizia  del  Buon 
governo;  ordinò  che  le  cause  della  Con- 
gregazione Laurelana  e  di  Loreto,  e 
le  cause  civili  della  Congregazione  Fer- 
marla e  di  Fermo,  fossero  come  le  altre 
giudicate  da'giudici  ordinari;  che  il  dirit- 
to del  prefetto  del  Castel  s.  Angelo,  sui 
bombardieri,  non  si  estendesse  fuori  dei 
loro  uffizi;  ridusse  i  diritti  del  cardinal  Vi- 
cario di  Roma  alla  riforma  di  Paolo  V; 
e  stabilì  che  le  cause  avanti  a'  tribunali 


T  R  I 

de'giudici  e  non  decise  fra  6  mesi,  fosse- 
ro devolute  alle  curie  ordinarie.  Inoltre 
pel  buon  regolamento  di  tutti  i  tribuna- 
li di  Roma  e  loro  riforma,  le  sollecite  cu- 
re, la  dottrina  e  lo  zelo  di  benedetto  XIV, 
l'indussero  a  emanare  la  bolla  Romanac 
Curiae  praestanliain  ,  de'  2  1  dicembre 
1  744>  cosl-  '  •  5>  Bull.  cit.  1. 1  :  Reforma- 
fio  Tribunal'mm  Urbis  jfirmatur  atirto- 
rita s  Judicum  Ro manne  Curiae,  et  sin- 
gulorum  jurisdirlio  certi*  lìmitibusprae- 
//'ni  tur ,  conf/rinantur  decreta  super  ju- 
dicum reeusationibus  et  dcclinationibus 
j'am  edita;  et  certa  forma  serranda  prac- 
scribitur,  lutti  in  delendis  vinrtdis  impo- 
silis  super  Loris  /ifonlittm,  Offlciis  Va- 
cabiibus,  et  pccuniis  deposi  lis  eie,  Inni 
in  dee  reti  s  jurisdirtionis  voluntariae  in 
Urbe  et  Slatti  Errlesiastieo  intrrponrndis. 
Fra  le  opere  dedicate  al  dottissimo  Pa- 
pa, arroge  che  qui  faccia  memoria  della 
Notilia  Roman/te  Curiae  alidore  Ignatio 
Santamaria  Beni-venti  caussarttm  civi- 
lium  j udire  seu  vicario  temporali,  Be- 
nedirlo XIV  P.  M.  dicata,  Benevenli 
i  753.  Notai  anche  a  Rom\,  che  Benedet- 
to XIV  dichiarò, che  il  tribunale  de'Con- 
servatori  di  Roma  e  del  Senato  Romano, 
non  era  compreso  nella  soppressione  de- 
gli altri  tribunali;  poiché  Innocenzo  XII 
avea  loro  lasciato  il  diritto  di  costituire 
un  prelato  della  curia  romana  per  giudi- 
ce private  della  camera  Capitolina.  Be- 
nedetto XIV  ,  come  altri  Papi,  riformò 
eziandio  diversi  particolari  tribunali;  ina 
ripeto,  di  queste  speciali  provvisioni  e  ri- 
forme ne  discorro  a'  loro  articoli.  A  Giu- 
dici raccontai  quanto  fece  Pio  VI,  ad  e* 
sempio  di  Sisto  V,  per  la  spedita  e  retta 
amministrazione  della  giustizia.  Nell'Ai* 
manacco  o  Notizie  di  Roma  si  pubbli- 
ca il  novero  de'  Tribunali  di  Roma,  coi 
loro  giudici  e  altri  ministri.  Rimarcherò 
quindi  ohe  io  quelle  del  1  798,  che  furono 
l'ultime. dopo  le  grandi  vicende  politiche, 
che  produssero  ancora  una  nuova  siste' 
inazione  di  tribunali  e  di  giurisdizioni,  si 
leggono  i  seguenti  nella  categoria  Tribù  - 


T  I  I 
unii:  i  "Penilenzieria  a post olica.i." 'Can- 
ee Ilaria  apostolica.  3.°  Dataria  aposto- 
lica. 4-°'  di  lo  ri  della  s.  Rota.  5° Chieri- 
ci di  Camera,  ossia  il  tribunale  della  ca- 
mera apostolica  ,  composto  del  cardinal 
camerlengo,  dell'  uditore  generale  della 
camera,  del  tesoriere  generale,  de' chie- 
rici di  camera  colle  loro  presidenze  e  tri- 
banali,  del  presidente  della  camera  apo- 
stolica, dell'uditore  civile  del  camerlen- 
go, cle'4-  prelati  di  mantelleltone,  de'qua 
li  a  Mantellone,  cioè  l'avvocato  de'pove 
ri,  l'avvocato  ficcale,  il  commissario  gè 
nerale,  il  procuratore  generale  del  fisco 
il  sostituto  fiscale  generale  e  giudice  cri 
minale  camerale  delle  finanze  a'conlìni 
gli  uditori  rie' presidenti  delle  Ripe,Stra 
de,  Carceri,  Grascia  e  Annona,  i  quali 
davano  1'  udienza  nella  sala  della  Cuikj 
Innocenziana ne'giorni  di  lunedì,  merco- 
Jedì  e  venerdì. Fra  quelli  appartenenti  al- 
lo slesso  tribunale  della  Camera, eranvi 
il  luogotenente  criminale  camerale  e  il 
luogotenente  criminale  del  cardinal  ca- 
merlengo, il  fiscale  del  mare,  il  fiscale  del 
tribunale  della  grascia,  l'avvocato  fisca- 
le «Ielle  milizie,  il  giudice  del  campo  del- 
le bestie  cornute  e  altre.  6.°  Segnatura 
di  grazia.  j.°  Segnatura  dì  giustizia.  8.° 
Consulta,  ossia  Congregazione  cardina- 
lìzia di  Consulta,  la  quale  oltre  i  prelati 
ponenti ,  due  prelati  erano  assessori  di 
mg.r  governatore  e  insieme  ponenti  di 
consulta,  e  due  altri  prelati  assessori  di 
mg.'  A.  C.  ponenti  di  consulta. a.0 Buon 
governo,  ossia  Congregazione  cardina- 
lizia del  Buon  governo,  i  o.° Prelati  giu- 
dici dell' /4.  C, tribunale  composto de'pre- 
lati  Uditore  generale  della  camera,  del 
i.°edel  2.°  luogotenente  civile,  dell'udi- 
tore ci  vile,  del  i.  "e  del  2.°  assessore  crimi- 
nale, dell'  avvocato  luogotenente  crimi- 
nale del  medesimo  tribunale  e  dell'  udi- 
torato delle  simonie,  i  i.°  Tribunale  del 
tardinal  Ficario.  I2.°  Cariche  del  go- 
verno e  tribunale  del  Governatore  di  Ro- 
ma, composto  di  tal  prelato,  e  de'prela- 
ti  i /assessore  pel  criminale,  2.°  assessore, 


TRI  i3(j 

avvocalo  de'poveri.awocato  fiscale,  pro- 
curatore generale  del  fìsco,  deli."  luogo- 
tenente criminale,  del  2.°  luogotenente, 
di  due  sostituti  luogotenenti, del  procura- 
tore de'poveri,  del  procuratore  della  ca- 
rità de'carcerati,  del  sollecitatore  de'po- 
veri perla  pietà  de'carcerati,  del  solleci- 
tatore delle  carceri  nuove  pel  sodalizio  di 
s.  Girolamo  della  Carità,  e  del  luogote- 
nente della  giudicatura  in  civile,  i  3.° Ca- 
riche della  camera  Capitolina  e  tribuna- 
le del  Senatore  di  Roma, col  prelato  giu- 
dice ordinario  privativodella  camera  Ca- 
pitolina, due  cavalieri  maestri  giustizieri, 
il  giudice  assessore,  il  procuratore  fisca- 
le, il  notaio  ec,  avendo  tribunale  anche 
i  Conservatori  di  Roma  del  Senato  roma- 
no. iZf."  Tribunale  dell'agricoltura,  e  ne 
riparlai  a -Senato  romano.  Sebbene  nelle 
ricordale  Notizie  non  collocati  tra'tribu- 
nali,  ponno considerarsi  per  tali:  le  Con- 
gregazioni cardinalizie  della  ss.  Inqui- 
sizione, della  rev.  Fabbrica  di  s.  Pietro, 
dell'  Immunità  ecclesiastica,  di  Loreto, 
e  quelle  altre,  ed  anche  segreterie  e  altri 
tribunali  particolari,  che  senza  fare  tan- 
te ripetizióni  dirò  parlando  della  Prati- 
ca della  Curia  Romana  del  Villelti.  Pro- 
priamente a  prendere  in  breve  e  nel  com- 
plesso una  giusta  idea  detribunali  e  giu- 
dici di  Roma,  civili  e  criminali,  nel  pon- 
tificato di  Fio  VI: si  può  leggere:  Lo  Sla- 
to o  sia  la  Relazione  della  Corte  di  Ro- 
ma, ivi  i  774-  Questa  utile  operetta,  pub- 
blicata dal  cav.  Lunadoro  nel  i  6  j  i  in 
Bracciano  e  poi  ristampata,  Andrea  Tosi 
l'accrebbe,  ampliò  e  quasi  rinnovò,  pub- 
blicandola nel  1765.  Imperocché  la  Re- 
lazione ilei  Lunadoro  era  troppo  man- 
cante, massime  di  quanto  riguarda  i  tri- 
bunali di  Roma,  né  bastantemente  sup- 
plita poteva  essere  dalla  Relazione  della 
Curia  Romana  del  cardinal  de  Luca, 
stampata  per  la  prima  volta  in  Colonia  nel 
1  683,  poiché  in  essa  il  dottissimo  porpo- 
rato ommise,  secondo  il  suo  proponimen- 
to, le  principali  ceremonie  e  funzioni,  e 
per  le  molte  mutazioni  occorse  dopo  di 


i.fo  TRI 

lui  (conobbe  però  e  trattò  l'operalo  da  In- 
norenzo  XII),  veni  va  ad  essere  mancante 
anclie  nella  parte  che  spetta  a' giudici  e 
a'tnbnnali;  come  pure  non  poteva  essere 
sufficiente,  per  le  stesse  ragioni,  il  copioso 
e  importantissimo  libro  del  gesuita  p.  U- 
iioldo  l'Ielteiiberg, stampato  aHildesheim 
nel  1693  con  epiesto  titolo:  Nolitia  Coti' 
gngatioiium  ci  Tribunalium  Curiae  Ro- 
unitine.  Neppure  la  riforma  operata  dal 
Tosi  e  i  suoi  miglioramenti  e  aumenti  fu- 
rono trovati  succienti, per  cui  venne  affi- 
dalo al  celebre  gesuita  p.  Francesc'Anto- 
nio  Zaccaria  di  ritoccarla,  accrescerla  e  il- 
lustrarla, e  di  rifarne  le  note  con  molta  Ol- 
ia; tuttavolta  egli  conlessò  occorrere  di 
;i!lie  emendazioni,  poiché  trattasi  di  li- 
ft .Tire  l'origine,  la  forma,  il  metodo  delle 
congregazioni  e  de' tribunali  di  Roma,  che 
sovente  sono  gli  organi  co'qtiali  il  Papa 
«piega  la  sua  mente,  ed  interessa  non  me- 
no a' cattolici  tutti,  che  a' giudici  e  altri 
magistrati  per  norma  del  loro  regolamen- 
to; sfhliene  l' F/femeridi  letterarie  di  Ro- 
imi  deli  773,  a  p.  2,  dichiararono  l'ope- 
ra la  migliore  che  alloro  vi  fosse,  nell'i- 
striti  re  delle  congregazioni  e  de'tr'ibuna- 
li  d'  una  Corte,  che  insieme  è  la  metro- 
poli del  cristianesimo,  il  trono  apostolico, 
la  s.  Sede  del  Vicario  di  Cristo  e  del  suc- 
cessore di  s.  l'ielro,  il  centro  dell'  unità. 
Jl  dubitare  del  Zaccaria  non  deve  sor- 
prendere, (piando  si  ponderi  la  gravità  e 
vastità  dell'argomento,  che  l'eruditissimo 
JMetlcnberg  dichiarò  inestricabile  labe* 
liuto,  per  una  Roma  ove  ha  domicelo  la 
legge,  dicendo  con  Sidonio  nel  lib.  1 ,  E- 
pisi.  6:  et  Miti*  Cullile,  qua  e  HJater  est, 
et  Magislra  caelc.t  arimi  Curiarum,  cu- 
jusmodi  ab  omnibus  Orthodoxis  recipi- 
lur,  et  honoratur.  Nello  stesso  pontifica- 
to di  l'io  VI  nel  1781  fu  pubblicata  in 
Roma  dall'. ih.  Alessandro  Villetti  roma- 
no, luogotenente  criminale  del  cardinal 
camerlengo,  la  Pratica  della  Curia  Ro- 
mutui,  1  he  comprende  la  giurisdizione 
de'  Tribunali  di  Roma  e  dello  Stalo,  e 
l'ordine  giudiziario  che  in  essi  si  ossei- 


T  R  I 

va:  con  una  raccolta  di  costituzioni,  edit- 
ti, riforme,  regiudicate  e  decreti,  che  han- 
no o  variata  o  stabilita  la  giurisdizione  e 
la  pratica  de'  tribunali.  Questo  è  un  li- 
bro, ([Manto  all'argomento,  forse  più  im- 
portante del  precedente,  circa  i  tribuna- 
li romani.  Ne  die  contezza  il  n.°H  iM\' Ef- 
femeridi letterarie  di  Roma  del  1782.  In 
esse  si  dice,  che  appai  tiene  allo  studio  del- 
la politica  e  delle  nazioni, ed  in  conseguen- 
za alla  letteratura,  la  cognizione  dell'am- 
ministrazione della  giustizia  civile  e  cri- 
minale d'un  qualunque  stato,  de'  magi- 
strali a'qualiessa  è  affidala,  della  manie- 
ra in  cui  fra  questi  è  distribuita,  e  delle 
procedure  infine  per  le  quali  essa  giunge 
ed  suo  line.  Questo  riflesso  sarebbe  suffi- 
ciente a  rendere  commendabile  e  degnis- 
simo d'essere  annunciato  e  riferito  il  libro 
del  Villetli, quando  anche  non  si  trattas- 
se in  esso  della  pratica  della  Curia  Roma- 
na, cioè  di  quella  curia  che  abbraccia  tut- 
to l'orbe  cattolico,  ma  di  qualunque  al- 
tro più  limitato  foro.  Non  mancavano  è 
vero  molti  libri  su  di  questo  argomento, 
ma  se  ne  desiderava  ancor  uno,  il  quale 
in  breve  e  con  chiarezza  insegnasse,  ciò 
ch'era  vi  di  più  necessario  e  importante  a 
sapersi  intorno  a  questo  punto,  ed  il  Vii- 
letti  vi  soddisfece  pienamente  occultando 
per  modestia  il  nome.  Egli  divise  tutti  i 
tribunali  di  Roma  in  4  classi,  cioè:  i.'in 
ordinarij  2."  in  que'd' a ppellazione  e  ri- 
corsoj  3."  in  tribunali  di  materie  parti- 
volarij  4."  in  tribunali  superiori.  Com- 
prese nella  1  ."classe  i  tribunali  dell'  Udi- 
tore della  camera  o  dell'  A.  C,  di  Cam- 
pidoglio, del  cardinal  Sicario ,  di  mg.r 
Governatore  di  Roma.  Novera  nella  2/, 
generalmente  parlando,  i  tribunali  degli 
Uditori  di  Rota,  ed  i  giudici  Commissa- 
rij si  è  detto  generalmente  parlando,  per- 
chè oltre  di  questi  generali  tribunali  ili 
appellazione,  ve  n'  erano  altri  per  cause 
particolari,  come  sarebbero  la  piena  Ca- 
mera apostolica  per  gli  affari  spettanti  al 
tribunale  della  Camera  stessa,  rassetta- 
mento in  Campidoglio  riguardo  alle  cuu- 


TRI 

se  della  Curia  Capitolina,  echi*  3.*clas- 
se,cioè  de'tribunali  riguardanti  le  male- 
rieparticolari,èlapiù  numerosa:  a  questa 
si  riducono  i  tribunali  della  Camera  a- 
poslolica,  della  Congregazione  cardina- 
lizia del  Buon  governo,  dell'  Agricoltu- 
ra,  delle  congregazioni  cardinalizie  del- 
l' Acque  ,  della  Consulta ,  de'  Vescovi  e 
regolari;  delle  congregazioni  cardinali- 
zie e  tribunali  dell'  Immunità,  della  rev. 
Fabbrica  di  s.  Pietro,  della  s.  Inquisizio- 
ne o  s.  Ofjìzioj  i  tribunali  del  Maggior- 
domo, della  Dataria  apostolica,  del  car- 
dinal Decano  come  vescovo  e  governa- 
tore di  Ostia  e  d'i  Vellelri,  delle  congre- 
gazioni cardinalizie  della  Lauretana,  e 
d' Avignone;  a  cui  ponno  annettersi  an- 
cora alcun'altre  congregazioni  e  segrete- 
rie clic  hanno  particolari  ingerenze,  come 
le  congregazioni  cardinalìzie  de' Riti,  di 
Propaganda  fide,  dell'Indulgenze,  del- 
la Visita,  dell'  Indice  j  le  segreterie  dei 
Brevi  e  de' Meni  Oliali.  Altri  tribunali  par- 
ticolari erano  quelli  del  rettore  dell'  Uni- 
versità Romana,  e  dell'Acqua  Mariana 
o  Marrana,  della  quale  riparlai  in  più 
luoghi,  composto  di  due  giudici  canoni- 
ci della  patriarcale  Chiesa  dis.  Giovan- 
ni in  Lalerano,  i  quali  si  eleggevano  da 
quel  capitolo,  ed  aveano  la  giurisdizione 
economica  e  contenziosa  in  tulle  le  cose 
che  riguardavano  il  confluente  di  delta 
acqua;  si  servivano  d'un  notaio  del  vica- 
riato, e  da'loro  decreti  non  polevnsi  ri- 
correre che  all'uditore  del  Papa.  Final- 
mente sotto  la  4-a  classe  di  tribunali  su- 
periori vengono  considerati  i  3  tribuna- 
li  della  Segnatura  di  Grazia,  della  Se- 
gnatura di  Giustizia,  dell'  Uditore  del  Pa- 
pa. Dopo  di  questa  generale  divisione,  il 
Villelti  passa  a  discorrere  paratamente 
di  ciascuno  di  questi  tribunali  in  ispecie, 
dimostrando  la  giurisdizione,  la  natura 
delie  cause,  che  dinanzi  ad  essi  ponno  o 
debbono  portarsi,  e  le  procedure  infine 
colle  quali  queste  cause  devono  essere  at- 
tuale; usando  in  tutlociò  tale  chiarezza  e 
precisione,  che  il  praticante  del  foro  vie- 


TRI  i4t 

ne  dall' autore  quasi  guidalo  per  mano 
nell'esercizio  di  sua  professione  legale.  Si 
tenga  presente,  che  ciascuno  denomina- 
ti tribunali,  congregazioni  e  persone,  a- 
vendo  i  propri  articoli,  in  essi  ne  ragio- 
nai, a  seconda  dell'indicato  in  corsivo,  e 
lo  stesso  metodo  proseguirò  per  quanto 
mi  resta  a  dire.  Qui  però  voglio  notare, 
che  dalle  mie  studiose  ricerche  trovai  : 
Che  il  tribunale  dell' A.  C.  ossia  dell'  li- 
di lare  della  Camera,  veniva  considerato 
il  i  ."tribunale  del  Papa,  come  primated'I- 
talia  e  patriarca  d'  occidente:  Che  il  tri- 
bunale del  cardinal  l'icario  è  il  tribuna- 
le del  Papa  come  vescovo  di  Roma:  Che 
al  tribunale  della  Reverenda  Camera  A- 
postolica,  si  die  la  qualìfica  di  supremo. 
Nel  declinar  del  secolo  decorso  le  ar- 
male della  repubblica  di  Francia  inva- 
sero lo  stato  pontificio,  e  ad  onta  dc-'de- 
plorabili  sagrifìzi  convenuti  nel  famoso 
trattalo  ili  Tolentino  (P.),  pel  quale  Pio 
FI  dovè  cedere  la  Sovranità  della  s.  Se- 
de, anche  su  di  Avignone  e  del  contado 
Venaissino,  nel  i  798  consumarono  l'oc- 
cupazione di  lutto  lo  stato  con  quella  di 
Roma,  ove  e  dappertutto  proclamarono 
la  repubblica.  Detronizzalo  Pio  VI,  fu 
portato  prigione  in  Francia, ove  mori  glo- 
rioso. Intanto  limita  e  lo  stato  vide  tulio 
quanlo  sconvolto  l'ordine  pubblico,  ezian- 
dio de'tribunali  civili  e  criminali  di  Ro- 
ma e  dello  stato,  surrogati  da  altri  demo- 
cratici, la  notizia  de'quali  può  leggersi  nel 
Monitore  Romano  o  Foglio  nazionale, 
del  quale  riparlai  nel  voi.  LIX.p.  48.  Do- 
po la  metà  del  1  799  i  francesi  furono  co- 
stretti ritirarsi  da  Koma  e  dalle  provin- 
cie,  ed  elello  nei  1800  Pio  FU  (F.),  gli 
fu  restituita  Roma  e  alcune  provincie  del 
proprio  stato.  A  restaurare  il  regime  pon- 
tificio, pubblicò  la  celebre  bolla  Post  din- 
turnas,  de'3o  ottobre  1800,  Bull.  Rota. 
continuatio,  1. 1  i,p.  48:  Reformatio  Cu- 
rine Romana  e,  et  nova  Tribuna  Ha  juris- 
dictio.  Questa  fu  una  reale  rifórma  so- 
pra molti  articoli  del  governo  temporale 
e  assai  rilevanti.  De publicaeoeconomiae 


i4*  TRI 

adinnislraiione  et  admnislratoribus.  Di- 
chiaiò  il  cardinal  camerlengo  ministro 
privativo  della  legislazione  economica,  da 
cui  perciò  dovessero  in  tale  punto  dipen- 
dere il  tesoriere  e  le  presidenze  de'cbie- 
rici  di  camera,  conservandosi  pei  allora 
al  camerlengo  le  altre  sue  ingerenze.  I 
chierici  di  camera,  a  somiglianza  degli 
uditori  di  rota,  doversi  radunare  in  tribu- 
nale due  volte  la  settimana,  e  anco  più 
spesso  a  seconda  degli  affari,  tranne  le  fe- 
rie autunnali.  Restrinse  la  giurisdizione 
del  tribunale  delle  strade.  De/urisdictio- 
ne  TribiuiaVum  civilium  fudicis,  eo rum- 
ane ministri*.  Restrinse  la  giurisdizione 
del  tribunale  de\  maggiordomo  j  soppres- 
se ogni  privilegio  di  foiodepalentati  sem- 
plici della  congregazione  cardinalizia 
della  s.  Inquisizione;  restrinse  il  privi- 
legio del  foro  della  congregazione  cardi- 
nalizia Lauretanaj  ingiunse  cbe  le  cau- 
se d'inadempimento  Ait  legati  pii  si  por- 
tassero al  tribunale  della  congregazione 
cardinalizia  della  rev.  Fabbrica  di  s. 
Pietro,  sopprimendo  il  privilegio  del  fo- 
ro a'suoi  patentati,  tranne  que' di  ruolo 
e  nelle  sole  cause  passive,  come  avea  ac- 
cordato a  Loreto;  abolì  il  privilegio  di  fo- 
ro privativo  alla  milizia  nelle  cause  civi- 
li; ordinò  la  compilazione  d'un  codice  di 
leggi  di  commercio; abolì  qualunque  pri- 
vativa di  foro  in  Roma  e  nello  slato  ec- 
clesiastico, rimettendo  i  litiganti  a'giudi- 
ci  ordinari.  Die  le  norme  per  la  giudica- 
tura delle  cause  dello  stato  non  privile- 
giale, e  di  altre;  per  quelle  del  tribunale 
camerale,  per  quelle  del  buon  governo 
riguardanti  le  comunità,  per  quelle  del- 
la segnatura  j  ordinò  una  moderata  ri- 
duzione ih  ferie  nelle  curie  Innocenziana 
e  Capitolina;  dispose  melodi  sulle  citazio- 
ni giudiziarie,  sulle  tasse  e  gli  onorari, 
sulla  riforma  de'giudizi  de'lribunali  eccle- 
siastici e  laici  nelle  loro  curie;  frenò  le  li- 
cenze e  gli  abusi  de' difensori  nelle  loro 
scritture,  e  dispose  che  i  curiali  approva- 
ti dall' A.  C.  sieno  ammessi  in  lutti  i  tri- 
bunali, fuorché  per  quello  dcllu  roto,  dei 


TR  I 
cui  procuratori  moderò  il  numero,e  prov- 
vide alle  visite  de'tribunali,  ed  a'eursori. 
De  jurisdictionibus  Tribunalium,  etjudi- 
cum  criminalium,  fudiciorum  forma,  et 
ordine 3  nec  non  de  inservienlibus  in  iis 
Tribunalibus.  Tutte  le  cause  criminali 
provenienti  dalle  curie  vescovili  dispose 
che  si  trasferissero  dalla  curia  dell' A.C.  al- 
la congregazione  cardinalizia  de'vescovi 
e  regolari,  e  tulle  l'appellazioni  relative 
l'accordasse  l'uditore  del  Papa,  dovendo- 
le difendere  innanzi  l'A.  C,  come  prima, 
il  fiscale  generale  e  il  suo  sostituto  fisca- 
le generale,  al  quale  in  seguito  fu  priva- 
tivamente affidato  il  medesimo  tribunale 
criminale  dell'A.  C.  Si  tolse  a  tutti  i  tri- 
bunali di  Roma  e  dello  slato,  compresi  i 
camerali  e  le  congregazioni  ,  la  podestà 
coercitiva  ne'delitti  comuni.  I  summen- 
tovati  e  altri  patentati  non  godessero  più 
il  privilegio  del  foro  criminale.  Restrinse 
la  giurisdizione  criminale  del  maggiordo' 
ino, alle  sole  persone de'famigliari  di  ruo- 
lo  palatino.  Stabilì  le  norme  sulla  giu- 
risdizione militare  ne' delitti  comuni, da 
giudicarsi  dalla  congregazione  militale. 
Conservò  alla  congregazione  cardinali- 
zia della  Consulta  I'  appello  delle  cau- 
se dalle  curie  de'  fendi  de' baroni,  e  in- 
giunto a' ponenti  di  consulta  a  formarsi 
uno  studio  di  persone  abili,  le  quali  sa- 
ranno preferite  nel  consegui  mento  del  po- 
sto di  governatore  de'luoghi,  e  degl'im- 
pieghi criminali  ne'  tribunali  di  Roma. 
Proibizione  a'baroni  di  procedere  a  con- 
danne di  pene  afflittive  di  corpo,  senza  il 
parere  d'una  congregazione  composta  al- 
meno di  due  legali. Statuì  il  metodo  sul- 
la competenza  del  tribunale  nell'inquisi- 
zione de'delilli,  aumentando  il  compen- 
so agli  esecutori  che  carcerano  un  reo  d'o- 
micidio odi  furto,  a  carico  del  delinquen- 
te; non  doversi  avere  riguardo  nelle  cat- 
ture alle  patenti  e  stemmi,  salva  la  sola 
immunità  ecclesiastica  de  /lire  canoni- 
co, e  quella  competente  a'ministri  esteri 
e  loro  famigliari  de  jurc  gcnlìum,  e  salvi 
pure  i  superstiti  patentati  riconosciuti 


T  R  l 

Ninna  inibizione  o  citazione,  se  non  se- 
gnala dall'uditore  del  Papa,  potrà  trat- 
tenere il  corso  dell'inquisizione,  della  cat- 
tura e  del  giudizio,  con  norme  quanto  ab 
l'Immunità  locale  o  personale,  e  quanto 
alla  cumulativa  fra'tribunali  ordinari  ne' 
delitti  di  misto  foro.  Si  fecero  disposizio- 
ni sui  testimoni,  stili'  esame  delle  perso- 
ne ecclesiastiche  con  facoltà  dell'ordina- 
rio, sul  reo  negativo  die  revoca  la  pre- 
cedente confessione,  sul  giuramento  da- 
to da  un  inquisito,  e  sui  difensori  de'rei. 
La  congregazione  del  tribunale  del  go- 
vernatore di  Roma  si  radunerà  almeno 
una  volta  la  settimana;  che  emanala  la 
condanna  di  galera,  niun  giudice  o  tribu- 
nale potrà  graziare  o  permutili-  la  pena. 
Proibizione  d'ammettere  i  rei  d'omicidio 
é  di  furto  a  composizione  pecuniaria,  a' 
quali  nou  potranno  suffragare  le  nomi- 
ne di  liberazione  deU'arciconfraternite 
che  ne  godevano  il  privilegio,  fuorché  di 
quella  di  s.  Gio.  Decollato  di  Roma,  per- 
chè assiste  i  giustiziati, singolarità  che  tor- 
nai a  rilevare  nel  voi.  LXX Vili,  p.  65. 
Soppresse  le  ribandizioni  de'  rei  contu- 
maci; ordinò  la  mensile  visita  formale  a 
tutte  le  carceri  e  de'carcerali  di  Roma 
e  dello  stato.  Ciascun  tribunale,  che  ha 
giurisdizione  criminale,  anche  desideri- 
ci di  camera  presidenti,  dovrà  in  luogo 
del  fiscale  tenere  il  solo  sostituto  fiscale, 
nel  criminale  dovendo  ragguagliare  il  fi- 
scale generale.  Compose  il  ministero  par- 
ticolare de'tiibunali  del  governatore, del 
vicario,  dell'uditore  della  camera  o  A. 
C,  di  Campidoglio  ossia  del  senatore  j 
del  tribunale  della  camera  mediante  due 
luogotenenti^uno  pel  camerlengo,  l'al- 
tro pel  tesoriere  e  lutti  chierici  di  came- 
ra, di  3  sostilut  i  processanti  e  di  3  notali. 
Disposizioni  Sui  requisiti pe'ministeri cri- 
minali, e  per  gli  ascensi,  non  che  sugli 
assegnamenti,  sopprimendosi  le  ricogni- 
zioni straordinarie,  tranne  i  legittimi  in- 
certi provenienti  dalle  cause  d'appella- 
zione a'minislri  dell'A.  C.  Stabilì  l'uffizio 
di  polizia  dipendente  dal  governatore, 


TRI  li  3 

che  a  tempo  de' romani  facevano  i  vigili, 
ora  pompieri,  ed  istituzione  de' presi de  zi- 
ti de' rioni  di  Roma.  Inoltre  Pio  VII  col 
moto-proprio  Per  un  maggior  favore, 
de' 3  i  ottobre  1800,  Bull,  cit.,  p.  76: 
Nova  praxis j'udiciaria  in  materia  an- 
nonaria Romae  servanda.l ndi  col  bre- 
ve Quum  ex  quo,  de'  3o  marzo   1802, 
Bull. c\t.,  p.  3  1  1  :  Confirmatio chirogra- 
phi,atque  r  escripti  super  causis  merce- 
nariorum  Urbis, quae  a  sa.  me.  PioPP. 
VI  edita  [aere.  Nuovamente  i  francesi 
d'ordine  dell'imperatore  Napoleone  I  oc- 
cupai ono  lo  slato  pontificio,  e  nel  1809 
Pio  VII  venne  detronizzato  e  condotto 
prigione  a  Savona.  Roma  e  le  provincie 
furono  incorporate  all'  impero  francese, 
e  governale  da'  suoi  tribunali,  regolati 
dal  codice  di  Napoleone  I,  compilalo  col- 
le leggi  romane  del  codice  Giusti ni'uneo, 
corrette  e  migliorata  da'Papi  col  diritto 
canonico.  De'tiibunali  di  Roma  e  dello 
stalo  sotto  il  regime  francese,  ne  danno 
contezza  i  fogli  olliciali  ili  Roma,  che  ri- 
cordai nel  voi.  LIX,  p.  58,  dopo  la  so- 
spensione del  Diario  di  Roma,  che  trat- 
tava lo  slesso  argomento  e  pubblicava  le 
leggi,  come  fece  nuovamente  dopo  la  re- 
staurazione del  papale  governo. Nel  1  8  r  4 
furono  restituiti  a  Pio  /'//colla  libertà 
i  suoi  dominii,  onde  tornò  a  Roma  trion- 
fante a  riprendere  possesso  della  sua  Sù- 
vranità,  lutto  avendo  narrato  agi' indi- 
cali articoli,  e  quanto  dal  Papa  e  da 'tuoi 
ministri  si  operò  nel  ripristinare  il   go- 
verno colle  precedenti  leggi.  A'i5  luglio 
1  8  1  5  Pio  Vll,a  mezzo  dell'editto  del  car- 
dinal segretario  di  stalo,  stabilì  un  gover- 
no provvisorio,  meno  alcuni  indispensa- 
bili cambiamenti, conservando  tempora* 
neamente  l'ordine  di  cose  che  vi  trovò  in- 
trodotte; e  promise  che  si  sarebbe  in- 
cessantemente occupalo  d'un  nuovo  si- 
stema generale  di  amministrazione  defi- 
nitiva, il  più  conveniente  a'veri  e  solidi 
interessi  del  popolo,  con  unità  e  unifor- 
mità di  sistema,  basi  solide  d'ogni  poli- 
tica istituzione,  senza  delle  quali  diffidi' 


144  x  R  i 

inculo  si  può  assicurare  la  stabilità  e  sal- 
dezza de'governi  e  la  felicità  de'popoli; 
poiché  un  governo  lauto  più  può  riguar- 
darsi come  pei  fello,  quanto  più  si  avvi- 
cina a  rpiel  sistema  d'unità  stabilita  da 
Dio  tanto  nell'ordine  della  natura,  quan- 
to nel  sublime  edifìcio  della  religione.  La 
Pratica  della  Curia  Romana,  del  Vil- 
letli,  che  avea  meritalo  la  ristampa  nel 
1797,  per  diligenza  del  figlio  nel  181 5 
si  pubblicò  in  Roma  la  3."  edizione,  ed 
arricchita  di  nuove  importantissime  os- 
servazioni, e  delle  «ostanzialissime  varia- 
zioni, che  la  Pratica,  subì  dopo  le  pre- 
cedenti edizioni,  e  perciò  vieppiù  si  rese 
necessaria  per  quelli  che  attendono  al  fo- 
ro. E  siccome  dopo  le  precedenti  pubbli- 
cazioni   furono  emanate  varie  governa- 
tive disposizioni,  si  fecero  le  opportune 
giunte  da  persone  idonee.  Ivi  si  dice,  che 
di  4  specie  sono  i  Tribunali  di  Roma: 
alcuni  destinati  alla  giudicatura  ordina- 
ria, lanlo  civile  quanto  criminale;  altri 
hanno  l'ingerenza  di  rivedere  i  giudicali 
in  grado  d'appellazione  o  di  ricorso;  al- 
tri esercitano  privatamente  la   giurisdi- 
zione di  qualche  materia  particolare;  ed 
aldi  sono  tribunali  superiori,  a'quali  so- 
no soggetti  i  tribunali  delle  altre  3  classi. 
I  tribunali  ordinari  che  esercitavano  la 
giudicatura  ordinaria  erano.  i.°  Il  tribu- 
nale dell'  Uditore  della  camera  che  di- 
cesi dell'y^.  C.  ossia  Auditoris  Camerae, 
0  di  Monte  Citorio  dal  colle  sul  quale  e- 
levasi  il  palazzo  della  curia  Inuocenzia- 
na.  2.0  Il  tribunale  di  Campidoglio,  che 
chiamasi  Curia  Capitolina, ossia  del  Se- 
natore di  Roma.  3.11  tribunale  di  mg.£o- 
vcruatoie  di  Roma,  chiamato  tribunale 
del  Governo.  4-°  Il  tribunale  del  cardi- 
nal Vicario.  I  tribunali  di  appellazione 
o  ricorsi  destinati  a  rivedere  in  grado  di 
appellazione  0  ricorso  le  cause  civili  agi- 
tate in  1.  istanza  in  Roma,  erano  gene- 
ralmente parlando:». "La  Rota  Romana 
de'prelati  Uditori  di  Rota.  2.0  I  giudici 
Comm  issa  rio  deputali.  In  particolare  poi 
eruuvi  altri  tribunali  di  appellazione,  a' 


T  R  I 

quali  spellava  esaminare  in  •2."  e  ulteriore 
istanza  alcune  cause  particolari  civili, co- 
me la  piena  Camera  apostolica  rappor- 
to aite  cause  giudicate  ne'rispeltivi  tribu- 
nali de'  Chierici  di  cameni,  e  V  assetta- 
mento in  Campidoglio  riguardo  allecau- 
se  di  quella  curia.  I  tribunati,  Congre- 
gazioni cardinalizie  e  Segreterie  che 
riguardavano  materie  particolari  erano  : 
l.°  Il  tribunale  della  Camera  (o  corpo 
camerale,  non  del  tribunale  propriamen- 
te della  camera,  il  quale  componevasi  de' 
soli  1  2  chierici  ili  camera,  e  del  presiden- 
te che  non  avea  voto),  composto  del  car- 
dinal Camerlengo  e  per  lui  del  prelato 
Uditore,  del  Tesoriere  talvolta  cardinal 
pro-tesoriere,  di  12  Chierici  di  camera^ 
del  Presidente  della  camera,  del  Com- 
missario della  camera,  del  Fiscale  della 
camera,  di  3  sostituti  Commissari.  2.°  Il 
tribunale  o  Congregazione  del  Buon  go- 
verno. 3.°  11  tribunale  dell'  Agricoltura. 
4-°  Il  tribunale  o  Congregazione  dell'  Ac- 
que. 5.°  11  tribunale  o  Congregazione  del- 
la  Consulta.  G.°  La  Congregazione  del 
Concilio.'].0  La  Congregazione  de' Pesco- 
vi  e  regolari.  8.°  La  Congregazione  dei* 
r Immunità.  g.°  Il  tribunale  o  Congre- 
gazione del  s.  Offizio.  io.0  Il  tribunale  o 
Congregazione  della  fabbrica  di  s.  Pie- 
tro. 1  r.°  Il  tribunale  del  Maggiordomo. 
1 2.0  La  Dataria  apostolica.  1  3.°  Il  tribu- 
nale del  cardinal  Decano  qual  vescovo  e 
governatore  di  Ostia  e  di  Felletri.  i4- 
La  Congregazione  Lati  retana.  1  5.°  La 
Congregazione  d' Avi guo'ie(questa  di  fat- 
to era  restata  soppressa  per  la  narrata  oc- 
cupazione del  dominio  temporale;  forse 
allora  se  ne  sperava  la  reptazione,  per 
le  solenni  proteste  fatte  da  Pio  VII   nel 
congresso  di  Vienna,  per  cui  fu  qui  no- 
verata). Oltre  di  questi  tribunali  e  con- 
gregazioni, che  hanno  tutti  più  o  meno 
la   giurisdizione  contenziosa,  era  1» vi  al- 
tre Congregazioni  cardinalizie  e  Segre- 
terie che  aveano  particolari   ingerente, 
cioè:  i.°La  Congregazione  rie'  Riti.  a. 
La  Congregazione  di  propaganda  fide. 


TR  I 
3."  La    Congregazione  dell'  Indulgenze. 
4-°  La  Congregazione  della  Visita.  5.°  La 
Congregazione  dell'  Indice.  6°  La  Con- 
gregazione della  Disciplina.  7.0  La  Se- 
greteria de' Brevi.  8.°  La  Segreteria  dei 
Memoriali.]  tribunali  superiori  erano:  1 .° 
La  Segnatura  di  Grazia.  i.°  La  Segna- 
tura di  Giustizia.  3."  L' Uditore  del  Pa- 
pa.  4-°  Rispetto  a'tribunali  particolari,  il 
capo  rispettivo  de'inedesiini,  o  la  rispetti- 
va congregazione.  5.°  L'assettamento  di 
Campidoglio  nelle  cause  ili  quella  curia 
del  Senato  Romano.  La  Pratica  del  Vil- 
le! ti  tratta  pure  di  alcuni  tribunali  par- 
ticolari del  Io  stato  pontificio,de'quali  par- 
lai negli  articoli  delle  città  ove  erano  o  e- 
sistono,cbiamando  Curie  in  partibus  lut- 
ti i  tribunali  dello  slato  medesimo  fuori 
di  Roma,  e  ne  ragiona  in  genere.  Dice  per- 
tanto che  nelle  Legazioni  i  cardinali  Le- 
gali fanno  la  figura  di  principe  assoluto, 
ed  hanno  due  giurisdizioni,  una  ordina- 
ria, l'altra  suprema  a  guisa  di  quella  del- 
la Segnatura  di  Roma.  Aveanoil  tribu- 
nale  della  Rota  le  città  di  Ferrara  ,  di 
Macerata,  ed  io  vi  aggiungerò  Perugia. 
Ragiona  ancora  del  Consolalo  d' Ancona, 
del  giudice  dell'arte  agraria  di  Corneto, 
delle  Curie  di  Benevento,  Civilanova  e 
di  Monte  Cosaro  nella  delegazione  di  Ma- 
cerata, de'  rescovi  e  loro  Sicari  per  le 
Curie  ecclesiastiche.  Dopoché  a  Pio  VII 
furono  restituite  le  provincie  di  Bologna, 
di  Ferrara,  della  Romagna,  delle  Mar- 
che, di  Benevento  e  di  Pontecorvo,  distac- 
cate da'domiuii  della  s.  Sede  per  l'occu- 
pazione francese, con  salutari  provviden- 
ze volle  riformare  la  pubblica  ammini- 
strazione de'tribunali  di  Roma  e  suo  sla- 
to ,  a  seconda  del  precedentemente  pro- 
messo, per  la  possibile  uniformità  del  si- 
stema in  tutto  lo  stato  appartenente  al- 
la Chiesa  romana,  la  quale  mancava,  a 
motivo  di  essere  stato  formato  colla  suc- 
cessiva riunione  de'dominii  differenti,  da- 
ti in  vicariato  feudale;  laonde  presentava 
la  legislazione  un  aggregalo  di  usi,  di  leg- 
gi, di  privilegi  fra  loro  naturalmente  dif- 

VOL.    LXXX. 


TRI  .4> 

formi,cosicchè  rendevano  benr  spe«o  una 
provincia  straniera  all'altra, e  talvolta  di- 
sgiungeva nella  provincia  medesima  l'u- 
no dall'altro  paese.  Nondimeno  presen- 
tava lo  stato  medesimo  un  modello  di  le- 
gislazione e  di  ordine,  fondalo  com'era 
ne' suoi  grandi  principii  sulle  invariabili 
regole  della  religione  e  morale  evangeli- 
ca ,  e  sulla  canonica  giurisprudenza  ,  la 
quale  regolata   dalla  solida  equità  e  dal 
verace  diritto  della  natura,  ad  onta  del- 
le calunnie,  colle  quali  è  stata  attaccala1 
in  diversi  tempi,  dovrà  sempre  riconoscer- 
si come  quella,  che  ricondusse  l'Europa 
allo  stalo  di  civilizzazione,  da  cui  le  irru- 
zioni de'barbari  l'aveano  allontanata.  A- 
dunqtie  Pio  V 1 1  col  celebre  molo-proprio, 
Quando  per  ammirabile  disposizione.  , 
àe'6  luglio  1816,  Bull.  Rom.cont.  t.i4» 
p.  47>  pubblicò  l'organizzazione  dell'am- 
ministrazione pubblica.   Riparli  lo  stato 
in  Legazioni  e  Delegazioni ,  stabilendo 
la  giurisdizione  de'prefcidi  cardinali,  pre- 
lati e  governatori;  confermando  l'aboli- 
zione delle  giurisdizioni   baronali ,  nelle 
suddette  provincie  per  ultimo  restituite, 
per  le  altre  facolti/zando  i  baroni  a  ri- 
nunciarle, anche  be'fu turi  chiamati  e  com- 
presi nell'investiture  feudali,  solo  conser- 
vando loro  il  l'itolo  onorifico.   Conservò 
integralmente  le  giurisdizioni  del  cardi- 
na\decano\n  Ostiac  t'elletri,e  del  mag- 
giordomo in  Castel  Gandolfo.  Col  tit.  2: 
Organizzazione  de'  tribunali  civili ,  fu 
provveduto  eordinato.  Il  potere  giudizia- 
rio civile  non  appartiene  a'delegati,  ed  i 
governatori  de'luoghi  sono  giudici  com- 
petenti. Come  sieno  appellabili  i  loro  giu- 
dicati al  tribunale  di  1. 'istanza  della  de- 
legazione, e  nelle  cause  d'interesse  baro- 
nale, ne'superstiti  feudi  ritenuti,  giudica 
il  governatore  più.  vicino.  Stabilì  in  ogni 
capoluogo  di  delegazione  un  tribunale  di 
1  distanza  con  giudicati  collegiali  e  nor- 
me, e  anco  in  figura  di  tribunale  d'ap- 
pellazione in  cause  determinate  co'meto- 
di  fìssali.  Istituì    tribunali  d'appello,  in 
Bologna  per  le  cause  delle  legazioni  di 
io 


i46  T  R  I 

Rolngnn,  Ferrara,  Ravenna  eFoi  U;\nMa- 
cerata  per  quelle  delle  delegazioni  di  Ma- 
cerala, Urbino  e  Pesaro,  Ancona,  Fermo, 
Ascoli  e  Canieriuo;tlue  in  lìoma  per  tut- 
to il  resto  dello  slato,  cioè  i  tribunali  tlel- 
Y  Uditore,  della  camera  o  A.  C,  e  degli 
Uditori  di  Rota.  Conservò  in  Roma  la 
giurisdizione  civile  del  tribunale  di  Cam- 
pidoglio, in  i  /"istanza  e  in  appellazione;  il 
tribunale  di  Segnatura,  anche  con  auto- 
rità di  giudicare  sulla  competenza  de'tri- 
bunali;  inoltre  in  Roma  e  nella  sua  Co- 
marca  continueranno  a  giudicar  le  cau- 
secamerali  di  i  .a  istanza  gli  uditori  del  Ca- 
merlengo e  del  Tesoriere,  l'appellazione 
deferendosi  al  tribunale  della  Camera. 
Abolì  i  giudici  commissari  ed  i  privativi; 
soppresse  alcune  giurisdizioni  in  materia 
contenziosa  de'tribunali  particolari  e  pri- 
vilegiali, salvo  la  giurisdizione  degli  or- 
dinari e  de'tribunali  ecclesiastici  in  ma- 
teria di  loro  competenza,  e  salve  ancora 
le  giurisdizioni  delle  Congregazioni  dei 
vescovi  e  regolari  ,  e  della  fabbrica  di  s. 
Pietro  e  suo  tribunale, come  del  tribuna- 
le della  Dataria:  inoltre  mantenne  le  giu- 
risdizioni della  congregazione  del  buon 
governo,  dell'  uditore  del  caroerlengato 
[\e  Mercati  òi  Piazza  Navona,  del  presi* 
dente  della  grascia  ne'  mercati  e  campi 
n  lui  soggetti,  dell'annona,  dell' 'agricol- 
tura, del  tribunale  del  cardinal  Uicario 
nelle  cause  di  alimenti  ,  del  giudice  dei 
mercenari,  di  cui  a  Senato,  perle  loro  ap- 
pellazioni assegnandosi  l'A.  Ce  la  Rota. 
La  nomina  de'giudici  di  tutti  i  tribunali 
fu  riservata  immediatamente  al  Papa  so- 
vrano, provvedendosi  alle  qualità  de'giu- 
dici, loro  onorario  e  disciplina,  non  che 
a'iuro  attuari  e  sostituti,  baglivi,  cursori 
e  altri  messi.  Si  dichiarò  appartenere  la 
giurisdizione  volontaria  a'delegati,  a'ca- 
pi  de'tribunali,  a' governatori;  si  conser- 
vò ratinale  pratica  civile,  e  le  leggi  e  co- 
stituzioni vigenti  fino  alla  pubblicazione 
d'un  nuovo  codice  legislativo,  pel  non  di- 
sposto diversamente  in  questo  molo-pro- 
prio. Si  promise  un  sistema  d'universale 


T  R  I 
legislazione,  e  si  deputarono  3  commis- 
sioni per  la  compilazione  de'nuovi  codici 
legislativi  e  di  procedura  ;  cioè  una  pel 
codice  civile,  altra  per  la  formazione  di 
quello  criminale,  la  3."  perla  formazione 
delcodicedi  commercio.  Col  tit.  3:  Orga- 
nizzazione de'tribunali  criminalità  prò  v- 
vedulo  e  ordinato  sull'esercizio  di  questa 
giurisdizione.  I  governatori  locali  furono 
autorizzati  a  procedere  ne'delitti  minori, 
e  come  possa  appellarsi  dalle  lorocondan- 
ne.  Fu  istituito  in  ogni  delegazione  un  tri- 
bunale criminale,  al  quale  si  faranno  le 
dette  appellazioni;  e  da  (ali  tribunali,  per 
!e  legazioni  di  Rologna,  Ferrara,  Raven- 
na e  Forlì,  appellasi  al  tribunale  di  Bo- 
logna j  per  le  delegazioni  di  Macerata,  Ur- 
bino e  Pesaro,  Ancona,  Fermo,  Ascoli  e 
Camerino,  al  tribunale  di  appello  di  Ma* 
cerata,  e  per  le  altre  delegazioni  alla  con- 
gregazione di  consulta.  Si  dispose,  che  i 
giudici  e  officiali  della  giustizia  devono  es- 
sere contenti  dello  stipendio  fissato  dal 
governo,  le  sportole  essendo  devolute  al 
pubblico  erario.  Ne'delitti  commessi  nei 
paesi  della  Comarca  di  Roma,  il  tribu- 
nale del  governatore  sarà  il  giudice  d'ap- 
pello, al  quale  tribunale  ed  agli  altri  cri- 
minali di  Roma  si  conservarono  leappel*  • 
lattoni.  Ne'delitti  comuni  in  Roma  pro- 
cedono il  Governatore,  VA.  C,  il  fica- 
riaio,  e  il  Campidoglio  co'loro  tribuna- 
li. Ne'contrabbandi  e  delitti  a  danno  del- 
l'erario, procedono  gli  assessori  ilei  (eso- 
neralo nelle  provincia,  ed  in  Roma  i  tri- 
bunali criminali  del  Camerlengo  e  del 
Tesoriere.  Con  queste  disposizioni  si  con- 
servarono le  giurisdizioni  criminali  delle 
congregazioni  del  s.  ollìzio  e  de' vescovi 
e  regolari,  del  Maggiordomo  e  del  tribu- 
nale militare,  e  nulla  s'innovò  circa  il  fo- 
ro ecclesiastico.  Furono  però  abolite  le 
altre  giurisdizioni  criminali  di  privilegio. 
Si  stabilironodifensoride'rei  efiscali  pres- 
so ogni  tribunale,  nominati  dal  Papa  so- 
vrano. Abolito  in  perpetuo  l'uso  de' tor- 
menti o  tortura  e  la  corda,  già  interdetti. 
Si  limitò  la  podestà  de'giudici  nelle  pene 


TR  I 

comminale  ad  arbitrio.  Si  conservarono 
irovvisoriatnente  le  leggi  e  la  procedura 
criminale,finoa)la  pnhblicazionedel  nuo- 
vo codice;  le  forme  attuali  de'processicri- 
tt) inoli  con  alcune  modificazioni;  e  si  or- 
dinò l'osservanza  de'canoni  e  costituzio- 
ni soli'  immunità  ecclesiastica,  e  il  foro 
competente  agli  ecclesiastici.  Col  tit.  4  : 
Disposizioni  legislative ,  si  abolirono  le 
particolari  leggi  <\e  Municipii,  eccettuate 
le  agrarie  e  simili,  e  si  decretarono  nuo- 
ve disposizioni  legislative  sulle  successio- 
ni, le  doti,  i  testamenti,!  h  decotti  mis«.i.  Col 
tit.  5:  Organizzazione  delle  Comunità, 
si  dichiarò  uniforme  per  tot  lo  lo  slato,  con 
diverti  provvedimenti;  e  si  pubblicò  la  ta- 
bella del  riparto  territoriale  dello  stato 
papale.  Finalmente  si  pubblicarono!  re- 
golamenti sulla  registrazione  o  archivia- 
zione, sul  sistemo  ipoteca  rio,  sul  bollo  del- 
la carta,  e  ««'rendimenti  de'conti  di  tut- 
te le  congregazioni,  tribunali  e  pubblici 
dicasteri  che  ricevono  assegnamento  dal- 
l'erario, dell'erogazione  di  esso  a' tribu- 
nati della  camera  per  la  sindacazione. 
Col  moto-proprio  Allorché  per  divina 
provvidenza, de  i  o  settembreiS  1 6, Bull.. 
cit.  p.  209,  Pio  VII  decretò:  Novae  le- 
gc.s  servandae  in  opifìciis  ditionis  Poti- 
tificiae,  cioè  sulla  fabbricazione  de'drap- 
pi  di  Lana,  e  col  quale  dichiarò:  Tribù* 
nalis  cardinali1!  Carnet arii  est  privali- 
vuni  in  causis  artificiali  operimi  lanifi- 
ciorum.  Indi  il  Papa  col  moto-proprio 
Dal  primo  momento, dei,?»  ottobre  1817, 
Bull.  cit.,p. 39  1  :Novae  leges  super  admi- 
nislratione  Aquarum  et  fiarum.  Essen- 
dosi compiuta  la  compilazione  sul  nuovo 
codice  di  procedura  civile,  col  regolamen- 
to generale  sulla  tassa  de'giudizi,  Pio  VI.I 
la  pubblicò  col  moto-proprio  Nello  sta- 
bilire, de'22  novembreiSi  j,Bull.  Rom. 
cont.  t.  14,  p.  444:  Beformatio  Tribuna- 
lium  ditionis  Ponlifìciae,  et  Legnili  pra- 
xeos  in  Judiciis servandarum.  Nel  lib.  /[: 
Della  procedura  ne' tribunali  conservati 
in  Roma,  sono  ledisposizioni  riguardanti 
quelli  della  Rota,  dell'A.  C,  di  Campi- 


T  R  I  .  i  - 

doglio, dell'Annona,  della  Congregazione 
del  buon  governo,  dell'Agricoltura,  dei 
giudice  de'mercenari.  Nel  lib.  5:  Delmo- 
do  di  procedere  nelle  cause  d'appella- 
zione. Nel  lib.  6:  Del  tribunale  della  .Se 
gnaturae dell' 'Uditore del  Papa.  In  mol- 
te cose  riguardano  eziandio  la  giurisdi- 
zione de'tribnnali,  le  altre  seguenti  leggi 
emanate  da  Pio  VII.  Col  moto-proprio 
Dopo  avere,  de'  1  o  dicembre  1818,  Bull. 
Boni.  cont.  t. 1  5,  p.  1  34=  Conservavo  et 
renovatio  viarum  Urbis.  Col  molo-pio 
prio  Lm  congregazione  de'  Catasti,  del- 
l'8  gennaio  18  19,  Bull.  cit.  p.148:  No 
vae  leges  prò  conservatione  Cathastm 
rum.  Col  molo-proprio  Dopo  di  avere 
Noi  provveduto  per  mezzo  d'  un  codice 
sanitario  m arili imo, de'2  1  gennaio  1  820, 
Bull,  cit.,  p.a65:  Ordinationes  et  leges 
prò  recla  administrationePorluum  ditto 
nis  Pontificiae.  Pio  VII,  come  avea  pre- 
veduto, nello  stabilimento  de'nuovt  me- 
todi per  l'uniformità  de'sisleinie  pel  nuo- 
vo codice  di  procedura  civile  ,  dovè  poi 
rettificarne  e  migliorarne  le  disposizioni, 
con  prowidenzeemariate  per  organo  del- 
la segreteria  distato,  le  quali  però  disti" 
cate  dall'intero  corpo  delle  disposizioni,  e 
male  interpretate,  non  portarono  i  bra- 
mati vantaggi. Essendodivenuta  necessità 
di  ricomporre  sì  vasto  edilìzio,  indusse  lo 
zelo  di  Leone  A'//a  provvedervi,  non  ba- 
llando alle  maggiori  spese  colle  quali  si 
gravò  l'erario  pel  più  felice  andamento 
della  pubblica  amministrazione,  e  per  il 
più  regolareespeditocorso  della  giustizia. 
Col  nuovo  piano  alcune  Delegazioni,  me 
no  ample,furono  riunite  alle  altre  più  vici- 
ne, conservate  però  ciascuna  nell'anterio- 
re rango:  a'  tribunali  collegiali  di  1/  i- 
stanza  si  surrogarono  de'giudici  singolari 
più  acconci  all'istruzione  de'  processi;  <i 
restrinse  il  numero  de'  giudici  in  alcuni 
tribunali,  altri  (ohi  del  tutto  tanto  nelle 
delegazioni,  quanto  in  Pioma,  dove  però 
fu  eretto  un  particolare  tribunale  di  com- 
mercio di  cui  mancava.  Cessarono  i  giu- 
dici supplenti,  la  cui  istituzione  era  pò- 


i48  TRI 

tuia  sembrare  opportuna  nel  sislema  de* 
tribunali  collegiali;  fu  facilitato  immen- 
samente il  corso  de'giudizi  sia  per  la  lo- 
ro celerilà,  sia  pel  minor  dispendio.  Alle 
comunità  e  a'consigli  municipali  furono 
ampliate  le  facoltà,  i  consigli  meglio  e- 
(juilihrati  tra'  diversi  ordini  di  persone. 
Si  mantenne  nel  suo  pieno  lustro  e  vigo- 
re la  giurisdizione  episcopale,  e  resti- 
tuita alla  prerogativa  colla  quale  l'eser- 
cizio della  medesima  era  stalo  amplia- 
to da  Benedetto  XIV.  Quindi  con  quel- 
la uniformità  che  dev'essere  lo  scopo 
principale  d'  una  savia  legislazione,  si 
dispose  che  le  stesse  prescrizioni  di  pro- 
cedura, le  stesse  tasse,  ed  uno  slesso  idio- 
ma più  nobile  e  più  adatto  al  corso  de- 
gli alti  giudiziali, cioè  il  latino,regoleran- 
ìio  lutti  i  giudizi  tanto  nelle  curie  laiche, 
quanto  nell'ecclesiastiche,  tolto  l'uso  in- 
trodottosi che  le  cause  ecclasiastiche  si  a- 
gi tasserò  in  un  linguaggio,  e  le  cause  lai- 
che in  un  altro,  onde  sovente  avveniva 
in  un  medesimo  tribunale  e  in  una  me- 
desima adunanza  si  parlasseroduediver- 
se  favelle.  Pubblicò  il  tutto  Leone  XII 
col  moto-proprio  Dopo  le  orribili  cala- 
mità, de' '5  ottobre  i  82  4,  Bull.  Rom.  cont. 
t.16,  p.  128:  Reformalio  Tribnnalium 
Status  Ecclesiasticis,  codicis  judiciarii 
et  praxeos,  cum  praefinilione  novarum 
laxaruni  judicialium.  Con  tale  legge  fu 
inoltre  nell'  organizzazione  de'  tribunali 
civili  soppressa  al  tribunale  del  senato- 
re la  rappresentanza  collegiale,  e  fu  abo- 
lito l'oflicio  del  capitano  dell'appellazio- 
ni e  l'assettamento  rappresentante  la  pie- 
na segnatura,  attribuzioni  date  alla  se- 
gnatura di  giustizia.  Soppresso  il  tribu- 
nale d'appello  di  Macerata,  per  le  cause 
delle  4  legazion  i  fu  assegnato  il  tribunale 
d'appello  di  Bologna,  e  quello  di  Roma 
della  Rota  per  tutto  il  resto  dello  stato. 
Il  tribunale  della  Segnatura  si  dichiarò 
non  esistere  che  per  Roma,  e  composto 
di  soli  7  votanti.  Si  soppressero  nelle  de- 
legazioni gli  assessori  camerali,  ed  in  Ro- 
ma il  tribunale  collegiale  camerale.  E- 


TP,  I 

gualmente  soppressi  i  giudici  commissari, 
il  tribunale  dell' agricoltura, .e  la  mate- 
ria contenziosa  della  giurisdizione  del  tri- 
bunale dell'annona.  Soppressa  la  giurisdi- 
zione contenziosa  delle  ripe,  fu  riunita  al 
tribunale  di  commercio  di  Roma,  prima 
rappresentato  dall'  A.  C.  ,  e  si  formò  di 
3  giudici  collegiali  assistiti  da  un  cancel- 
liere. Si  vietò  ricorrere  all'uditore  del  Pa- 
pa nelle  materie  giudiziali,  meno  che  ne' 
giudizi  di  competenza  delle  congregazio- 
ni cardinalizie  e  ne'casi  di  ricorso  da  una 
grazia  sovrana.  Neil'  organizzazione  de' 
tribunali  criminali  due  ne  furono  stabi- 
liti in  tutto  lo  stato,  in  Bologna  ossia  lo 
slesso  tribunale  di  appellazione  nelle  cau- 
se civili  e  perle  4  legazioni,  in  Roma  cioè 
la  congregazione  e  tribunale  di  consulta 
per  lutto  il  resto  dello  stato:  ne'  delitti 
commessi  ne'paesi  della  Comarca  il  tri- 
bunale del  governatore  fu  dichiarato  il 
giudice  d'appello.  Restarono  abolite  colle 
disposizioni  legislative  tutte  le  leggi  e  sta- 
tuti municipali, tranne  quelle  riguardanti 
la  coltura  del  territorio,  il  corso  dell'ac- 
que, i  pascoli,  i  danni  dati  ne'  terreni  o 
altri  simili  oggetti  rurali;  e  mediante  l'or- 
ganizzazione delle  comunità  I'  ammini- 
strazione fu  prescritta  dappertutto  unifor- 
me.Colla  riforma  della  procedura  civile  si 
provvide  alla  competenza  de'giudici  e  de' 
tribunali,  ed  alle  tasse  de'  giudizi  ed  e- 
molumenti.  Avendo  Leone  XII  intimata 
la  celebrazione  AzW  Anno  santo  del  Giu- 
bileo, a  vantaggio  de'  Pellegrini  e  fore- 
stieri accorrenti  a  Roma,  col  moto-pro- 
prio Essendoci  sommamente  a  cuore,  de' 
20  dicembre  1 82^,  Bull. cit.,p. 2^3:  Or- 
dinano prò  expedi ta  causa  rum  et  con- 
troversiarum  cUnlium  resolutione  adve- 
narunij  hospìtum  et  peregrinorum  ad- 
ventantium  Romani  anno  Jubilaei.  Equi 
pure  ricorderò,  ebe  i  Papi,  veri  padri  co- 
muni, con  provvide  leggi  sempre  tute- 
larono i  forastici'!,  fino  da'  tempi  anti- 
chi in  cui  aveano  luogo  i  frequenti  Pelle- 
grinaggi sagri  a  Roma,  ospitando  i  pel- 
legrini, ammettendoli  a  mensa  nel  Tri- 


T  II  I 

clluio  (/  .),  facendo  loro  la  Lavanda  de 
piedi  (A'.),  servendoli  a  Pranzo  (f^.),  il 
che  rinnovò  Leone  XII.  Dissi  a  Tributi 
quanto  i  Papi  con  benefiche  leggi  opera- 
rono a  favore  de'forastieri  naufraghi,  e 
di  que'forastieri  che  morivano  in  Roma, 
sul  diritto  d* Allunaggio,*  di  cui  trattai  a 
Testamento,  ossia  di  quella  dura  legge  e 
diritto  del  fìsco,  in  forza  del  quale  il  fi- 
sco succede  ue'beni  de'forastieri  morti  iu 
un  paese  senza  esservi  slati  naturalizzati, 
ein  mancanza  di  eredi  necessari.  E  quan- 
to a'pellegriuaggi  aRoma  non  posso  a  me- 
no di  dichiarare  l'esultanza  religiosa  del 
mioifnimo,  nell'aver  letto  nel  n.°i49del 
Giornale  di  Roma  deli 856,  che  da  po- 
chi anni  fu  istituita  in  Germania  la  so- 
cietà di  s.  Severino,  col  santo  fine  di  pro- 
muovere i  divoti  pellegrinaggi  a  Roma, 
per  maggiormente  stringere  e  consolidare 
i   popoli  cattolici  nell'unità,  intorno  alla 
cattedra  di  s.  Pietro;  e  che  per  la  sua  fe- 
sta si  recarono  nell'alma  città  2  3  pelle- 
grini tedeschi,  nella  più  parte  dell'impe- 
ro d'Austria, stalo  eminentemente  catto- 
lico, accolti  benignissimamente  e  graziali 
dal  Papa  che  regna.  Dipoi  Leone  XII  col 
moto-proprio  Quurn  plurima,  degli  1 1 
aprile  1826,  Bull,  cit.,  t.16,  p.  4*7  '  No- 
va ordiuatio  tribunalis  Sigualurae  Ju- 
stitiae.  Col  moto-proprio  Nel  compiere, 
de'21  dicembrei827,  Bull.  Rotti,  coni., 
1. 1  7,  p.  1  1 3:  Codex  refortnatorios  adtni- 
nistrationis  Status  Ecclesiastici.  Col  nuo- 
vo riparto  territoriale  Leone  XII  pub- 
blicò nuove  disposizioni  governative  e  co- 
mmutative, in  coerenza  alla  legislazione, 
non  meno  che  a'tnbuuali  civili  e  crimi- 
nali da  lui  riformati,  con  ulteriori  dispo- 
sizioni pe'giudizi  civili  e  criminali  pe'tri- 
buuali  di  Roma  e  ne'  luoghi  tutti  dello 
stato,couservando  le  giurisdizioni  del  car- 
dinal decano  in  Ostia  e  Velletri ,  e  del 
maggiordomo  in  Castel  Gaudolfo,  oltre  le 
altre  suramentovate,  aggiungendo   par- 
ticolare giurisdizione  al  prelato  commis- 
sario della  s.  Casa  di  Loreto,  da  lui  isti- 
tuito, iu  tultu  l'estensione  di  quel  torri» 


T  R I  149 

torio,  mediante  il  breve  Laureti  civilasui 
Picae.no,  de'2  1  dicembre  1 827,  Bull,  cit., 
p.  3o5:  Restituito  jurisdictionis  congre- 
gationis  Laurelanae  super  gubemio  ci- 
vitalis  Laureti  in  Picaeno.  Emanò  Leo- 
ne XII  prescrizioni  sulla  discreta  pigione 
delle  case,  in  che  fu  imitato  da  Gregorio 
XVI,  come  narrai  nel  vol.L,p.  293,  cou 
belle  provvidenze.  Abbiamo  di  I.T.Spreu- 
gero.  De  f  tire  aedi  ficus  et  dot/ius  ac  fa- 
ttone aedifìcandi ,  Francofurti  1  655.  Me- 
rita che  io  almeno  qui  faccia  menzione 
della  celebre  e  analoga  bolla  di  Grego- 
rio XIII,  Quae  publice  utilia,  et  decora, 
essehuic  Almae  Urbi  ratio,de\  1  ."ottobre 
i5j^,Bull.  Rom.  t.  4,  pai".  3,  p.  282:  De 
Aedificiis,  etJure  Congrui \acjurisdictio  - 
ne  et  facultatibus  S.  R.  E.  Camerarii  et 
Magislrorutn  Viarum  Urbis.Nd  1 8 56 fu 
tradotta  iu  italiano  e  pubblicata  in  Ro- 
ma. Cou  uolificazione  del  cardinal  Gal- 
lelli  camerlengo,  Leone  XI l  a*2  5  aprile 
1828  istituì  una  camera  di  commercio 
nella  città  e  porto-franco  diCi  vita  vecchia, 
come  si  legge  nella  Raccolta  delle  le g^i 
di  Gregorio  X.V  l}\..  1  ,p.  45 1 .  Di  più  Leo- 
ne XII  operò  altre  utili  riforme,  riordi- 
nò il  pubblico  insegnamento,  anche  della 
giurisprudenza,  istituì  una  congregazio- 
ne di  vigilanza,  che  infrenasse  le  gestio- 
ni degl'impiegati  e  vigilasse  anco  sui  giu- 
dici, incoraggiasse  i  buoni  ed  onesti,  pu- 
nisse i  trascurali,  gl'infedeli  e  i  malvagi, 
ed  istituì  ancorala  Congregazione delht 
revisione  de'  conti.  Leone  Xll  fu  anche 
in  altro  benemerito  principe,  come  nar- 
rai nella  biografia  e  ue'lauli  articoli  che 
lo  riguardano,  quale  legislatore  ed  acer- 
rimo propugnatore  della  giustizia.  Il  suc- 
cessore Pio  Vili  col  chirografo  Per  rende- 
re più  spedito,  de'28  geuuaio  1 83o,  Bull. 
Rom.  cont.,  1. 1  8,  p.  81:  Reintegralo  tri- 
bunalis Appellationis  in  civilate  Anco- 
naepro  causis  coinmercialibus.  Altra  ca- 
mera di  commercio  esisteva  in  Bologna 
da  lungo  tempo,  e  Pio  VII  il  i.°  giugno 
1821  avea  cou  editto  del  segretario  di 
sialo  dato  il  Regolamento  provvisorio  di 


j  5o  T  R  1  TRI 

commercio,  presso  detta   Raccolta  a   p.      reo  a  Gregorio  XVI  solennemente,  con 
3a5.  ragionamento  Ìli  Camillo  Polverosi  pie 
Appena  ascese  alla  veneranda  cattedra     siderite  della  medesima,  e  poetici  com  po- 
di s.  Pietro  il  Papa  Gregorio  XlrJ,s\mo-     n'unenti  di  altri,  onde  fu  pubblicato  Te- 
silo energicamente  quale  propugnacolo     legante  opuscolo:  Adunanza  tenuta  dalla 
dell'ordine  pubblico, indi  con  instancabile      Camera  di  Commercio  di  Roma  per  la 
alacrità  si  diede  a  migliorare  tutta  quan-  solenne  dedicazione  del  busto  in  marmo 
la  la  cosa  pubblica,  colln  sua  incompara-  della  Santità  di  N.  S.  Gregorio  XfJ, 
bile  e  imparziale  giustizia, senz'allatto  ri-  Roma  1 836.  Dissi  a  Mercante  e  altrove, 
guardi  umani,  e  colla  vasta  e  profonda  che  Gregorio  XVI  riattivò  la  banca  ro- 
sila dottrina  fu  pure  insigne  e  laborioso  mona,  e  permise  le  istituzioni  della  cassa 
legislatore,  nelTuniministrativoe nel  giù-  di  risparmio,  la  società  di  assicurazione, 
uiziario,  sì  nel  civile  che  nel  criminale, co-  introdusse  le  barche  a  vapore  sul  Tcve- 
me  narrai  in  tanti  luoghi;e  tutto  può  tro-  re  ,  e  fece  altre  cose  di  buon  progresso, 
vaisi  iie'23  voi.  della  Raccolta  delle  le g-  A'5  ottobre  1  83  l  il  cardinal  Derm-Ui  in 
gì  e  disposizioni  di  pubblica  amministra-  nome  di  Gregorio  XVI  pubblicò  il  [le- 
zione, del  pontificato  di  Gregorio  XVI,  golamento  organico  per  l'  amministra- 
e  pubblicala  dalla  stamperia  camerale,  zione  della  giustizia  civile,  pe' giudici  e 
nella  (piale  vi  sono  pure  le  declaratorie  tribunali  diRoma  edello  stalo;  culle  spe- 
e  spiegazioni  de'dubbi  posteriormente  e-  ciati  prescrizioni  relative  alle  cause  del  fi- 
manate,  che  ponno  facilmente  rinvenirsi  sco;  e  le  disposizioni  concernenti  le  cause 
ne'3  indici  alfabetico  semi-analitico  delle  ecclesiastiche,   i    giudici  e  tribunali,  che 
inaici  ie.  Nel  citare  1  suoi  tomi  lo  (arò  se-  dovranno  conoscerle  e  giudicarle,  Rac- 
conto l'ordine  numerico  di  essi,  non  del-  colla  t.  5,  p.  1 .  Gregorio  XVI  seguendo 
Tanno  in  cui  furono  stampati,  sembrati-  le  treccie  dell'  ordinamento  giudiziario 
domi  più  semplice.  Qui  solo  ini  limile-  promulgalo  dal  glorioso  Pio  Vii,  volle  che 
rò  ad  accennare.  Gregorio  XVI  con  edit-  quelle    istituzioni    fossero   perfezionale, 
lo  de  Vj  luglio  1  83  1   del  celebre  cardinal  (pianto  è  possibile  nelle  umane  uose,  per 
Beriielli  suo  segretario  di  sialo  fece  pub-  mezzo  di  nuove  provvidenze,  che  assicu- 
blicare    T  Ordinamento  amministrativo  macera  a'Iitiganti,  col  minor  incomodo, 
delle  provincie  e  de' consigli  comunilati-  giudizi  retti  e  maturi.  Questi  regolameii- 
vi,  riportato  dalla  citata  Raccolta  t.  6,  ti,  riuniti  a  pubblicali  ed  a  'posteriori,  for- 
p.  1  19,  insieme  al  Riparto  territoriale  del-  marono  un  corpo  uniforme  di  stabile  le- 
lo  slato  pontificio  a  lutto  il  1 833.  Quindi  gelazione  nel  le  cose  amministra  ti  ve  egiu- 
cessò  la  congregazione  cardinalizia   del  diziarie.  Le  materie  che  furono  oggello 
buon  governo  di  qualunque  occupazione  di  nuove  disposizioni  derogai  olio  a  qua- 
sulle  provincie,  che  uon  fosse  stata  stretta-  Innque  uso  e  consuetudine  lino  allora  vi- 
meiilegiudiziaria.  Coti  editto  del  inedesi-  gente.  Si  abolirono  altri  giudici  e  Iribu- 
1  n  oca  rd  1  na  le,  dell' 8  luglio  1  83  1,  Raccolta  nuli  particolari  e  pi  iva  ti  vi.  come  la  giuria- 
t.  i,p.i  ot),il  Papa  istituita  camera  di  coni-  dizione  contenziosa  dell'  uditore  del  Pa- 
nie! ciò  in  Roma,  con  attribuzioni  e  pri-  paia  qualunque  Causa  e  materia.  Nel  mio 
vilegi,  e  tribunale  commerciale  con  giù-  vo  impianto  del  tribunale  del  senatore  di 
l'indizione couleuziosa;di[)oi  a'22  gennaio  Roma,  gii  lu  addetto  il  giudice  delle  iiicr 
i83^  si  pubblicò  il  Regolamento  per  la  cedi,  per  le  cause  di  Roma  e  suo  agro.  5i 
camera  di  commercio  di  Roma,  ripro-  ripristinò  il  tribunale  d'appello  di  Ma- 
dotlo  a  j>.  ii/\  delia  Raccolta.  La  camera  cerala,  e  alle  curie  ecclesiastiche  si  lolsela 
di  coniineicio  per  gratitudine  nella  sua  giurisdizione  cumulativa  nelle  cause  de' 
aula  creste  una  lapide  Goti  busto  marmo-  Itici.  Quindi  a*  3  1  otlobrci83i  si  pub- 


> 


T  li  I 

lieo  il  R-golamento  di  procedura  ne' 
giudizi  civili,  presso  la  Raccolta  cit.,  p. 
54-  Ed  a' 5  novembre  1  83  1,  venne  pro- 
mulgalo il  Regolamento  di  procedura 
criminale,  che  può  leggersi  a  p.  1  54  della 
Raccolta.  Il  vigile  Gregorio  XVI  volen- 
do portare  a  compimento  il  sistema  or- 
ganico de'tribunali,  fece  compilare  le  di- 
sposizioni tuli'  oggetto  importantissimo 
della  giustizia  punitiva  ,  a  cui  è  affidata 
la  tutela  dell'onore,  della  vita  e  della  li- 
bertà de'cittadini,onde  ovviare. possibil- 
mente con  melodi  fìssi  e  invariabili  con- 
tenuti nel  regolamento,  a  gravissimi  in- 
convenienti. Le  regole  dirette  a  verifica 
re  i  delitti  accaduti  o  tentali,  ad  indaga- 
re i  colpevoli,  ed  a  pronunciare  le  pene 
stabilite  dalla  legge,  tòrmano  l'oggetto  di 
queste  disposizioni  di  procedura  crimina- 
le. Ogni  delitto  dà  luogo  ad  un'  azione 
penale,  l'esercizio  della  quale  appartiene 
per  dovere  di  officio  a'  funzionari  desti- 
nali a  tale  effetto  dall'autorità  sovrana, 
Può  dare  anche  luogo  all'azione  civile  per 
la  reintegrazione  delle  spese,  e  pel  risar- 
cimento del  danno  cagionato  dallo  stesso 
delitto.  A  p.  3o5  della  Raccolta  delle  leg- 
gi si  riporta  ancora,  egualmente  de'5  no- 
vembre 1 83  1  ,Y  Appendice  al  regolameli 
lo  organico  e  di  procedura  criminale,  per 
norma  delle  curie  ecclesiastiche.  De' 
tribunali  ecclesiastici  e  di  giurisdizione 
mista.  Inoltre  a  p.  3  1*2  trovansi  le  Spie- 
gazioni intorno  all'  emanazione  de'  re- 
golamenti della  nuova  procedura  ne'giti- 
dizi  civili  e  criminali,  emanate  nel  sud- 
detto giorno.  Quindi  si  diramò  a'27  di- 
cembre 1 83  1  la  Circolare  della  Segre- 
teria di  stalo  a' presidi  de' tribunali  sul- 
l'attivazione del  nuovo  regolamento  di 
procedura  criminale  con  istruzione  pe' 
governatori ^ch'è  nella  Raccoltaa  p.370, 
mentre  a  p,  3y3  trovasi  Visti  tizio  ne  pe' 
governatori  in  seguito  della  cessata  giu- 
ribdizione  criminale  de'podrstàj  ed  a  p. 
4 1  2  la  Pubblicazione  della  nuova  tassa 
delle  competenze  e  spese  ne' giudizi  crimi- 
nali pc  'tribunali  di  Roma  e  per  lutto  lo 


T  IU  i5i 

stato,  de' 18  febbraio  1 832.  La  Raccolta 
riprodusse  a  p.  5io  il  Regolamento  sui 
delitti  e  sulle  pene  ,  emanato  con  editto 
del  cardinal  Cernetti  de'  20  settembre 
i832.  Dipoi  ti  pubblicarono:  Istituzioni 
di  diritto  criminale  dell'  avv.  Giuseppe 
Giuliani  prof,  del  suddetto  ramo  di  giu- 
risprudenza e  membro  del  collegio  lega- 
le, della  pontificia  università  di  macera- 
la, nelle  quali  si  commentano  le  sanzio- 
ni della  nuova  legislazione  criminale 
Gregoriana,  Macerala  1  833. Carlo  Cara- 
melli, Contento  al  Regolamento  penale 
Gregoriano,  Macerata  1 844-  "  cardinal 
Bcrnelti  d'ordine  di  Gregorio  XVI,  con 
editto  de'5  gennaio  1  832  emanò  le  Mo- 
dificazioni intorno  alla  percezione  delle 
lasse  o  diritti  di  cancelleria  ne' giudizi  ci- 
vili. Si  potino  vedere  nella  Raccolta  del 
medesimo  t,  5,  p.  386.  Indi  il  Papa  vo- 
lendo provvedere  a'bisogni  degli  abitanti 
de'luoghi  ove  non  risiedono  le  magislra 
tuie  giudiziarie,  a'7  gennaio  1 832  a  mez- 
zo del  segretario  distato  pubblicò  la  no 
tifìcazione  colle  Disposizioni  riguardan- 
ti i giudici  economici,  riportata  a  p.  388 
della  Raccolta.  A'3o  giugno  1 832  Gre- 
gorioX  V I  fece  notificare  dal  cardinal  Ber- 
netti  le  Nomine  colle  quali  resta  mante- 
nuto il  tribunale  temporaneo  di  commer- 
cio stabilito  in  Sinigaglia  durante  la  fie- 
ra, presso  il  t.i,  p.  121  della  Raccolta. 
Nel  1  833  ebbe  luogo  la  divisione  della 
Segreteria  dì  slato  (f.),  con  ([nella  degli 
;i  ilari  di  stato  interni, islituita  da  Gregorio 
XVI  n'2ofebbraio,ed  attribuì  ni  cardina- 
le segretario  della  medesima  la  presiden- 
za del  governo  dello  stato  pontificio, culla 
corrispondenza  co'presidi  e  governatori, 
co'presidetiti  de'  tribunali,  co'  capi  delle 
magistrature,  e  con  qualsivoglia  autorità 
dello  stato;  non  che  lodichiaiò  prefetto 
della  congregazione  di  consulta  e  della 
Lauretana.  Gregorio  XVI  ad  introdurre 
un  sistema  più  semplice,  centrale  ed  eco- 
nomico sulle  opere  pubbliche  d'Acque  e 
Strade,  affidò  l'amati  Bistrattane  de'lavo- 
ri  pubblici  per  le  medesime  alla  prefet- 


iÓ2  TRI 

tura  generale  di  tal  nume,  da  lui  poi  e  isti- 
tuita, e  presieduta  dal  cardinal  prefètto 
della  Cangi trazione  cardinalìzia  del- 
l' Acque,  col  prelato  chierico  di  camera 
per  presidente,  con  giurisdizione  conten- 
ziosa e  suo  fiscale.  Il  Regolamento  pe* la- 
vori pubblici  di  acque  e  strade,  pubbli- 
cato i'8  giugno  1 833,  è  nel  t.  4>  P-9  '  del- 
la Raccolta,  nella  quale  inoltre  trovatisi 
le  altre  relative  disposizioni  sulla  riunio- 
ne della  congregazione  dell'acque  e  pre- 
sidenza delle  strade  nella  prefettura.  Co- 
li nel  t.  i4j  p-  107  si  legge  l' Istruzione 
per  iug.'  presidente,  onde  giudicare  sulle 
contravvenzioni  a'regolamenti  di  polizia 
stradale,  e  come  si  procede  in  appello  da' 
suoi  decieti  innanzi  al  cardinal  prefètto. 
A'io  novembre!  834  Gregorio  XVI  col 
moto-proprio  Elevali  appena  per  divi- 
no volere,  diede  allo  stato  pontificio  il  ce- 
lebre Regolamento  legislativo  e  giudi- 
ziario per  gli  affari  civili.  Fu  stampa- 
lo nell'istesso  anno  a  parte  dalla  tipogra- 
fìa camerale,  e  nella  Raccolta  delle  leg- 
gi t.10,  p. ij  insieme  all'editto  del  cele- 
bre giureconsulto  cardinal  Gamberini  1 ." 
segretario  per  gli  aliati  di  stato  interni  , 
col  quale  promulgò  l' Ordinamento  e  di- 
sciplina degli  uffizi  ipotecarli.  Questo  in- 
oltre comprende  i  titoli:  Della  discipli- 
na de' magistrati  ed  officiali  dell'ordine 
giudiziario:  Delle  spese  di  giustizia:  Del- 
le tasse:  Disposizioni  generati.  Prima- 
mente dichiarò  il  Papa  nel  moto-proprio, 
che  innalzato  al  pontificatoci  primoepiù 
vivo  de'suoi  desiderii  fu  quello  d'una  ri- 
forma nel  sistema  legislativo  egiuiliziario, 
secondo  le  molteplici  istanze,  perchè  agli 
usi  e  a'  costumi  generali  si  conformasse 
il  modo  d'amministrar  la  giustizia;  onde 
eliminare  la  necessità  di  ricorrere  a'tri- 
bunali  di  Roma  da'  punti  estremi  dello 
stato;  perchè  le  cause  si  discutessero  da 
più  giudici  collegialmente,  e  nella  lingua 
materna  (cioè  gli  atti  giudiziali,  le  sen- 
tenze e  le  difese  o  allegazioni  delle  parli 
doversi  scrivere  in  lingua  italiana,  eccet- 
tuali i  liibuuali  della.  Segnatura  ,  della 


T  II  I 
Rota,  e  della  piena  Camera,  ne'quali con- 
servò l'antico  uso  della  lingua  latina);  per- 
chè le  sentenze  contenessero  le  ragioni  di 
giudicare.  Che  quindi  co' regolamenti  de' 
5  e  de'  3i  ottobre  1  83  1,  avea  appagalo 
i  voti  comuni,  riordinando  tutto  il  siste- 
ma de'civili  giudizi,  e  dichiarando  inol- 
tre, che  sulle  basi  del  codice  di  procedura 
di  Fio  VII,  si  fu  ebbe  una  nuova  compila- 
zione delle  leggi  giudiziarie, tolte  le  inutili, 
ed  aggiuntevi  quelle,  che  potessero  rende- 
re più  spedilo  if  corso  degli  all'ari.  »  Que- 
st'opera ,  abbenchè  incominciata  colla 
maggior  sollecitudine,  non  poteva  com- 
piersi nel  breve  gii  odi  pochi  mesi, siccome 
Noi  avremmo  voluto,  bisognava  richia- 
ma re  ad  esame  tutte  le  disposizioni  di  quel 
codice,  per  conoscere  quali  fossero  meri- 
tevoli di  riforma,  quali  di  cambiamento, 
e  quali  infine  dovessero  esser  rischiarate 
e  ridotte  a  tale  precisione, che  venisse  tol- 
ta, per  quanto  il  permette  la  natura  del- 
l'untane cose,  ogni  cau sa  di  dubitare  sulla 
vera  intelligenza  ed  applicazioue  della  leg- 
ge: e  bisognava  inoltre  supplire  al  vuoto 
che  lasciava  lo  stesso  codice  in  ordine  ad 
alcuni  articolidella  legislazione  giudizia- 
ria; dal  che  ne  nasceva  il  grande  abuso  di 
protrarre  i  giudizi,  intrudendo  nel  nuo- 
vo edificio  legislativo  una  parte  delle  vec- 
chie forme,  abolite  appunto  perchè  ser- 
vivano di  alimento  a  forensi  cavilli.  A. 
questo  fine  avevamo  Noi  prudentemen- 
te stabilito  che  tulti  i  tribunali  del  No- 
stro Stato,  per  mezzo  de'loi  o  capi  o  pre- 
sidenti, ci  proponessero  i  loro  dubbi,  in- 
sieme a  quelle  riforme  o  uiigliorazioni 
che  riputassero  utili  o  necessarie  nel  si- 
stema della  civile  procedura. Si  rese  adun- 
que indispensabile  il  fare  alcune  dichia- 
razioni, ed  alcune  disposizioni  suppleto- 
rie, generali  e  speciali,  coi  rispondenti  a' 
dubbi  ed  alleistanze  diedi  tempo  in  lem 
pò  si  proponevano;  e  per  tal  modo  pre- 
parare lo  stabilimento  e  la  più  facile  ese- 
cuzione degli  ordini  nuovi,  di  cui  le  basi 
doveano  essere  le  leggi  del  glorioso  No- 
stro Predecessore,  e  le  parziali   riforme 


T  |  I 

già  da  Noi  pubblicate;  l'oggetto  poi  e  Io 
scopo,  quello  di  togliere  le  incertezze,  ed 
estinguere  ogni  fonte  di  arbitrio,  ch'è  il 
som  ino  de'mali  nell'amministrazione  del- 
la giustizia.  Ma  l'opera  non  sarebbe  sta- 
ta compiuta,  se  alle  nuove  istituzioni  non 
venissero  conformate  quelle  leggi  collet- 
torie del  comune  diritto,  che  con  tanta 
sapienza  promulgò   lo  stesso  Pontefice, 
sullo  stalo  e  capacità  delle  persone,  sul- 
le successioni,  sugli  atti  di  ultima  volon- 
tà,* sui  fedecommessi,  sui  contratti  e  sul- 
le ipoteche;  e  che  sebbene  in  parte  mo- 
dificale dal  di  lui  sucessore  Leone  XII 
di  felice  ricordanza,  tutta  volta  lasciava- 
no a  desiderare  un  qualche  miglioramen- 
to. Queste  leggi  pertanto  riunite  alle  leg- 
gi che  riguardano  l'ordinamento  giudi- 
ziario, ed  a  quelle  di  procedura  riordi- 
nate tutte  e  rifuse,  formano  un  corpo  di 
legislazione  di  cui  le  singole  parti  sono  fra 
loro  in  armonia, col  titolo  di  Regolamen- 
to legislativo  e  giudiziario  per  gli  a/fari 
civili.  Avendo  Noi  sottoposto  a  rigorosa 
censura  il  progetto  di  tale  Regolamento, 
lo  abbiamo  trovato  pienamente  confor- 
me a'bisogni  de'popoli  soggetti  al  dorai- 
uio  della  s.  Sede:  perlocchè  speriamo  con 
fondamento,  che,  assecondando  i  magi- 
strali, siccome  debbono,  la  Nostra  volon- 
tà, si  raggiunga  il  fine  a  cui  furono  sag- 
giamente dirette  le  cure  di  Pio  VII  nel 
promulgare  la  sua  legislazione,  di  segui- 
re, cioè,  la  grande  massima  che  dichiara 
ottime  quelle  leggi  le  quali  attribuisco- 
no a   giudici  il  minimo  arbitrio,  senza 
viole/ilare  la  loro  coscienzaj  ed  ottimi  i 
giudici  i  quali  attribuiscono  il  minimo 
possibile  arbitrio  a  loro  slessi  ".  1 1   Re- 
golamento soltanto  abbraccia  1806  pa- 
ragrafi e  444  pas',ne»  Pei"  CLn  ll0n  &  c'a 
me  il  darne  un  qualche  fugace  sunto,  co- 
me non  è  proprio  della  natura  di  questa 
mia  opera;  però  non  mancai  in  moltissi- 
mi articoli  di  riprodurne  non  pochi  bra- 
ni, come  in  quelli  che  rimarcherò  in  cor- 
sivo. Dirò  solo  che  il  Regolamento  divi- 
desi  iu  3  parli  :  1 ,"  Della  legislazione  ci- 


TRI  i53 

vìlej  a."  Dell'  ordinamento  giudiziario; 
3.°  Delle  leggi  di  procedura.  Quanto  al- 
l'ordinamento giudiziario  si  dice,  che  nel- 
le cause  civili  vi  sono  3  gradi  di  giurisdi- 
zione e  in  alcuni  casi  ve  n'è  un  4-°;  oe'3 
gradi  ordinari  di  giurisdizione  e  nel  4-% 
se  avrà  luogo,  la  giustizia  civile  si  ammi- 
nistra: da'governalori,  e  da'tribuuali  ci- 
vili, di  commercio,  d'appello,  del  senato- 
re di  Roma,  dell'  A.  C,  della  rota,  della 
piena  camera,  del  supremo  di  segnatura, 
da'giudici  e  tribunali  ecclesiastici. La  Con- 
gregazione cardinalizia  Lauretana,  e  le 
magistrature  che  ne  dipendono,   conti- 
nueranno a  giudicare  le  cause  loro  attri- 
buite, a  forma  delle  speciali  disposizioni 
de'2  1  novembre  1 83 1  e  de' 20  febbraio 
1 832  :  presso  la  congregazione  vi  sarà  un 
prelato  assessore,  eia  prelati  Potanti,  e 
divisi  in  4  turni;  ili. "per  le  cause  in  via 
di  segnatura  ed  in  grado  di  restituzione 
in  intiero,  gli  altri  perle  cause  di  1  ."istan- 
za e  di  appellazione.  Poiché  tutte  le  cause 
ecclesiastiche  o  profane  concernenti  l'iu- 
teresse  del  santuario  di  Loreto,  che  do- 
vrebbero introdursi  avanti  i  giudici  e  tri- 
bunali di  Roma  sia  per  ragione  delle  per- 
sone che  vi  dimorano,  sia  per  ragione  de' 
fondi  ivi  situati,  saranno  conosciute  e  giu- 
dicate in  Roma  nel  foro  Lauretano.  So- 
no e  rimangono  aboliti  tutti  gli  altri  tri- 
bunali e  tutte  le  magistrature  giudizia- 
rie, delle  quali  non  si  fa  menzione.  U  U- 
ditore  del  Papa  non  esercita,  né  può  e- 
sercitare  la  giurisdizione   contenziosa  in 
veruna  causa  e  materia  (abnegazione ge- 
nerosa di  Gregorio  XVI,  che  si  spogliò  di 
sì  rilevante  prerogativa).  Non  è  derogalo 
alle  altre  attribuzioni  dello  stesso  udito- 
re del  Papa, negli  aliati  non  appartenenti 
al  foro  contenzioso.  Non  vi  sono  giudici 
particolari  o  privativi:  qualunque  legge 
che  accordasse  privilegio  di  tradurre  i  li- 
tiganti, o  di  avocale  le  cause  ad  altri  tri- 
bunali, fuori  di  quelli  che  sono  compe- 
tenti, a  forma  di  questo  regolamento,  ri- 
mane abrogata.  De'  giudici  e,  tribunali 
perle  cause  appartenenti  al  foro  laico. 


1 54  T  R  1 

lu  ogni  luogo  dello  stato, capoluogo  d'un 
governo,  vi  è  un  giusdicente,  chiamato 
Governatore.  Le  funzioni  giudiziarie  at- 
ti ibuite  a'governatori  verranno  esercita- 
te ne'capiluoghi  delle  provincie  di  Bolo- 
gna, Ferrara,  Forlì,  Ravennaj  ne'capi- 
luoghi  dell'altre  pruvincie  verranno  eser- 
citate dagli  assessori  legali.  In  ogni  capo- 
luogo di  provincia  v'è  un  tribunale  civi- 
le, che  giudica  collegialmente,  cioè  nelle 
Delegazioni  a  Legazioni;  nelle  nominate 
4  città  con  presidenti,  vice-presidenti  e  4 
giudici, divisi  in  due  turni ;ì  tribunali  che 
risiedono  negli  altri  luoghi  sono  compo- 
rli d'un  presidente  e  di  due  giudici.  Wel- 
le città  di  Bologna,  Ferrara,  Rimini,  Pe- 
saro, ancona,  Foligno,  Civitavecchia  e 
Roma  vi  sono  tribuna  li  di  coni  merciocou 
presidenti  giureconsulti,  e  giudici  com- 
mercianti. 1  tribunali  di  commercio  so- 
no tribunali  di  eccezione.  Vi  sono  due  tri- 
bunali superiori  chiamati  d'appello,  uno 
in  Bologna,  l'altro  in  Macerala,  con  pre- 
sidenti e  6  giudici  per  ciascuno.  La  giu- 
risdizione del  tribunale  d'appello  in  Bo- 
logna comprende  le  4  proviucie  di  Bolo- 
gna, di  Ferrara, di  Forf^di  Ravenna.  La 
giurisdizione  del  tribunale  d'  appello  di 
Macerata  comprende  leprov'mcie  di  Ur- 
bino, di  Pesaro,  di  Macerata,  d'Ancona, 
di  Fermo,  d'Ascoli,  di  Camerino,  e  il  di- 
stretto di  Loreto.  In  Roma  vi  sono  i  se- 
guenti tribunali.  li  tribunale  del  Stila- 
tole di  Roma  ossia  di  Campidoglio  eser- 
cita la  giurisdizione,cumulativameute  col 
tribunale  dell'A.  C.  per  le  cause  laiche, 
tra  o  contro  meri  laici  di  Roma  e  del- 
l'Agro romano.  Questo  tribunale  è  com- 
posto: del  senatore  di  Roma,  che  ritiene 
il  titolo  di  presidente;  dedite  collaterali; 
dell'uditore  prò  tempore  del  senatore,  del 
giudice  de'  mercenari,  d'  un  giudice  ag- 
giunto, cioè  l'avvocato   fiscale  della  ca- 
mera Capitolina.  Il  giudice  de'mercena- 
ri  conoscerà,  come  giudice  di  eccezione, 
le  cause  di  Roma  e  dell'Agro  romano  non 
maggiori  di  20oscudi,coucernenti  le  mer- 
cedi campestri,  cuparre  ec.   Il  tribunale 


T  R  I 

dell'A.  C.  ossia  dell'  Uditore  della  caino 
ra,  è  composto  di  questo  prelato  presi- 
dente, di  3  prelati  Luogotenenti,  di  9  to- 
gati, 3  de'(|uali  col  titolo  di  consiglieri,  a 
col  titolo  d'assessori,  e  \  col  titolo  di  giu- 
dici uditori.  11  tribunale  degli  Uditori  di 
Rota,  che  a  mezzo  de'suoi  prelati  giudici 
conosce  e  giudica  in  2.0  e  in  3.°  grado  di 
giurisdizione,  ec.  Il  tribunale  della  pieua 
Camera  apostolica  è  composto  di 5  pre- 
lati Chierici  della  medesima,  ed  è  pre- 
sieduto dal  più  anziano  o  decano.  L'óv. 
vocato  generale  del   Fisco,  ed  il  Com- 
missario generale  della  camera  (di  cui 
anco  a  Tesoriere),  potranno  intervenirvi 
per  sostenere  gl'interessi  fiscali.  Se  la  seu- 
teiizn  è  proferita  dal  tribunale  in  2.°gra- 
do  di  giurisdizioneda  quella  della  1  ."istan- 
za, giudica  la  Rota,  così  altre,  come  di 
restituzione  in  intiero  e  quelle  sul  valore 
de' Rescritti  o  Chirografi  sovrani.  Ed  in- 
oltre le  cause  della  camera  degli  Spogli 
ecclesiastici,  per  essa   la  Congregazione 
cardinalizia  di  propaganda  fide,  ec.  il 
tribunale  supremo  della  Segnatura  di 
giustizia  è  composto  del  cardinal  prefet- 
to, di  7  prelati  Folanti,  d'un  prelato  £/- 
dilore  del  tribunale, d'un  togato  uditore 
della  prefettura.  Tutti  i  giudici  e  tribu- 
nali dello  stato,  compresi  quelli  della  s. 
Rota  e  della  piena  Camera,  souo  soggetti 
al  tribunale  supremo  di  Segnatura.  Souo 
addetti  al  tribunale  i  prelati  Referenda- 
ri: questi  riferiscono  le  petizioni  e  le  i- 
stanze  de'i  icori  enti,  ed  hanno  il  volo  me- 
ramente consultivo.  Il  tribunale  supre- 
moili  Segnatura  conosce  e  giudica,  in  110- 
ine  e  vece  del  sommo  Pontefice,  ec.  :  e- 
sercita  inoltre  la  podestà  giudiziaria  ec, 
De'giudici  supplenti.  Presso  ciascun  go- 
vernatore, assessore  o  altro  giusdicente  vi 
sarà  un  giudice  supplente  per  l'esercizio 
delle  funzioni  giudiziarie.  Vi  saranno  2 
supplenti    presso    ogni    tribunale  civile 
composto  d'uu  solo  turno;  4  presso  i  tri- 
bunali di  2  turai,  e  pressoi  tribunali  d'ap- 
pello.I  tribunali  di  commercio  non  avran- 
no suppleuli,  in  caso  di  mancanza  d'  u^ 


. 


T  li  I 

o  o  più  giudici,  siederanno  nel  tribuna- 
le uno  o  più  membri  anziani  della  came- 
ra di  commercio.  Il  presidente  giurecon- 
sulto avrà  un  supplente,  cosi  il  giudice 
giureconsulto  del  tribunale  di  Roma.  Il 
tribunale  dell' A.  C.  non  avrà  supplenti, 
in  caso  di  mancanza  d'uu  assessore,  il  go- 
verno delegherà  uno  de' giudici  uditori. 
Il  tribunale  di  Campidoglio  avrà  3  sup- 
plenti, e  lo  sarà  per  le  cause  d'appello  il 
fiscali:  della  camera  Capitolina.  In  man- 
canza d'uno  o  più  giudici  del  tribunale 
della  piena  camera  apostolica,  il  decano 
deputerà  a  farne  le  veci  altri  chierici  del- 
la medesima  per  anzianità.  I  supplenti  del 
tribunale  di  Segnatura  saranno  i  prelati 
referendari  chiamali  dal  cardinal  prefet- 
to. Esercitando  con  lode  per  5  anni  I  offi- 
cio di  giudice  supplente,  potranno  essere 
considerati  prelativamente  ad  altri  ili  e- 
guali  meriti  nella  collazione  degl'inopie 
gin  dell'ordine  giudiziario.  Le  funzioni  di 
giudici  supplenti  sono  compatibili  con 
quelle  d'avvocato  o  di  procuratore.  De 
giudici  e  tribunali  per  le  cause  appai-- 
Unenti  al  foro  ecclesiastico,  Nelle  dio- 
cesi rispettive  i  Vescovi  e  gli  Arcivesco- 
vi, e  per  essi  i  /  icari  generali,  sono  giu- 
dici di  i  .'istanza,  ec.  Tribunali  ecclesia- 
stici di  Roma.  Il  tribunale  del  cardinal 
/  ica?-io,\)ev  Romae  suo  distretto, si  com- 
pone del  cardinal  vicario  di  Roma,  del 
prelato  P  icegerente,  del  prelato  Luogo- 
tenente, i  quali  prelati  per  mezzo  d'  un 
privato  uditore  conoscono  e  giudicano  in 
i. 'istanza.  Il  tribunale  deli' A.  C.  o  del- 
l' Uditore  della  camera.  Il  tribunale  de- 
gli L  ditori  di  rota.  La  giurisdizione  del 
tribunale  della  Congregazione  cardimi- 
lizia  della  rev, Fabbrica  di s. Pietro,  e  il  i 
cjuello  della  Congregazione  cardinalizia 
della  s.  Visita  apostolica,  nelle  materie 
di  loro  competenza,  è  interamente  con- 
servata. Nulla  viene  innovato  relativa- 
ineute  alle  sagre  Congregazioni  cardi- 
nalizie ecclesiaslicbe,  ed  alle  regole  e  nor- 
me die  attualmente  si  osservano  dalle 
medesime.  11  tribunale  supremo  della  Se 


T  R  I  i55 

gnatura  digiustizia.  Della  medaglia  co- 
niata per  la  riforma  del  codice  civile,  fe- 
ci parola  nel  voi.  XLVI,  p.  \ii.  Inoltre 
Gregorio  XVI  neh 834  abolì  la  privati- 
va sulle  stampe  legali  nelle  provincie, 
permettendo  a  tutti  i  tipografi  delle  me- 
desime di  stampare  liberamente  le  scrit- 
ture legali  e  sommarli,  nonostante  il  di- 
ritto privativo  da'  predecessori  attribuito 
alla  camera  apostolica;  perciò  fece  dichia- 
rare la  limitazione  della  privativa  della 
Stamperia  Camerale  (Z7.),  a  Roma  e  sua 
Comarca;  nel  quale  articolo  riportai  no- 
zioni analoghe  sulle  stampe  amministra- 
tive, governative  e  delle  cause  fiscali,  col- 
le discipline  intorno  alle  stampe  legali  ; 
dicendo  pure  come  nell'odierno  pontifi- 
cato e  neliSTo.a  incremento  dell'indu- 
stria tipografica,  fu  abolita  la  detta  limi- 
tazione che  favoriva  la  stamperia  came- 
rale, anche  perchè  i  difensori  delle  cause 
con  maggior  agio  e  minor  dispendio  po- 
tessero far  imprimere  le  loro  difese  sì  ci- 
vili che  criminali,  fermo  però  restando  il 
diritto  privativo  della  stamperia  came- 
rale di  proseguire  la  pubblicazione  della 
Raccolta  e  collezione  delle  leggi,  e  di 
proseguire  ancora  a  slampare  le  decisio- 
ni de'tribuuali  della  Rota,  della  Segna- 
tura,(.\tì\>xCamera apostolica,  della  con- 
gregazione di  s.  Ivo  della  Curia  Roma-' 
na,  e  dell'arciconfrateruita  di  s.  Girola- 
mo della  Carità:  e  si  dispose  eziandio, 
che  delle  dette  stampe  della  Rota  e  della 
Camera  si  continuasse  a  deporre  nell'ar- 
chivio della  stamperia  camerale  un  nu- 
mero di  copie,  in  uno  a  tutte  le  stampe 
amministrative  ed  altre.  Le  nuove  isti- 
tuzioni che  riguardano  i  tribunali  di  com- 
mercio, essendo  streltameute  collegate 
coll'esUtenza  delle  camere  commerciali, 
a' 3  i  gennaio  1 835  Gregorio  XVI  fece 
pubblicare  dal  cardinal  Gangherini:  l'Or- 
dinanu  nto  delle  Camere  pe'  tribunali 
di  commercio,  arti  e  manifatture  dello 
stato  pontificio.  Furono  classificate  iu  3 
primarie,  cioè  di  Roma,  Bologna  e  An- 
cona; in  2  di  seconda  classe  che  risiedo- 


1 56  T  U  1 

no  in  Ferrara  e  iu  Civitavecchia; in  3  sus- 
sidiarie residenti  in  Rirniui,  Pesaro  e  Fo- 
ligno. Inoltre  emanò  disposizioni  intorno 
i  presidenti,  giureconsulti  e  cancellieri 
de'tribunali  di  commercio.  Tutto  si  leg- 
ge nella  Raccoltati,  1 i,  p.  35.  Ivi  nel  1. 12, 
p.  267  è  il  Regolamento  per  Vorganìz' 
zazione  stabile  e  disciplina  della  ca- 
mera dicommercio  d'  Ancona,follo  pub- 
blicare dai  Papa  a'b  ottobre  1 835.  Nello 
slesso  1. 12,  p.  63  si  legge  de'  25  luglio 
1  835  l'editto  ilei  cardmalGamber'mi  con 
l' Ordinamento  della  giurisdizione  con- 
tenziosa nelle  materie  amministrative. 
Riguarda  le  congregazioni  governative 
delle  provinotela  congrega/ione  del  buon 
governo,  la  congregazione  camerale,  la 
congregazione  di  revisione,  il  consiglio  su- 
premo. Di  più  a  p.  128  si  trova  il  dispac- 
cio della  segreteria  per  gli  affari  di  stato 
interni,  de' 1 5  agosto  1 83  5,  diretto  a  mg.r 
uditore  della  camera  sulla  falsa  opinio- 
ne introdotta  nel  foro,  che  in  virtù  del 
nuovo  ordinamento  sul  contenzioso  am- 
ministrativo i  tribunali  debbano  ritener- 
si incompetenti  iu  tutte  le  controversie, 
che  riguardano  in  qualunque  modo  l'in- 
teresse diretto  o indiretto de'comuni,  del- 
le proviucie,  e  della  camera  apostolica. 
Indi  a  p.  i  37  vi  è  l'  editto  del  cardinal 
Gamberini  de' 18  agosto  1 83  5,  colle  Di- 
sposizioni riguardanti  la  repressione  de 
contrabbandi  e  di  contravvenzioni  alle 
fcgg/(;rtfnrt//.ConessefiiislitoitoinRoma 
il  tribunale  della  rev.  camera  apostolica, 
presieduto  da  mg.r  Tesoriere  generale , 
diviso  in  due  sezioni,  una  per  le  cause  di 
1. "grado,  l'altra  per  le  cause  d'appello. 
Con  editto  del  cardinal  Tosti  pro-teso- 
riere generale,  de'7  novembre  1839,  la 
Raccolta  delle  leggi,  nei  t.  1  7,  p.  iq5  ci 
diede  le  Disposizioni  dirette  alla  repres- 
sione de' contrabbandi,  e  quelle  sui  giu- 
dizi contro  i  medesimi.  Mancava  un  co- 
dice penale  militare  perla  Milizia  pon- 
tificia, ed  anco  a  questo  provvide  Gre- 
gorio XVI.  Pertanto  si  legge  nel  t.  20, 
p.  77  della  Raccolta  delle  leggi  da  lui  e- 


TR  I 

manate,  il  Regolamento  di  giustìzia  cri- 
minale e  disciplina  militare,  pubblicalo 
il  1. "aprile  184^  dal  celebre  cardinal  La  in - 
bruschiui  segretario  di  stato  con  editto 
in  cui  dice:  Che  persuaso  il  Papa,  che  un 
regolamento  di  giustizia  criminale  e  disci- 
plinale militare  formato  sulle  basi  delle 
varie  leggi  e  consuetudini  anteriori,  e  sul- 
le norme  generali  delle  comuni  vigenti, 
avrebbe  provveduto  alla  più  certa,  uni- 
forme e  pronta  amministrazione  della  giu- 
stizia medesima,approvò  il  regolamento. 
Ad  agevolare  il  corso  delle  cause  e  giu- 
dizi criminali  e  disciplinari  militari ,  il 
Papa  noti  solo  confermò  al  tribunale  mi- 
litare, suoi  giudici  e  ministri,  le  facoltà  im- 
munitarie che  gode  vano  attuai  mente;  ma 
l'esleseancora  a  tutte  le  altre,  che  godeva- 
no o  fossero  per  godere  iu  avvenire  i  tri- 
bunali ordinari  comuni  e  loro  ministri. 
Quanto  poi  all'  ecclesiastica  immunità 
persouale,  volle  Gregorio  XVI,che  in  av- 
venire non  possa  essere  ammesso  al  ser- 
vizio militare  alcun  individuo  precedeu- 
tementeascritloallostatochiericale;  e  che 
qualora, tacendo  il  medesimo  tale  sua  qua  • 
lità,  visifaceseammettere,  s'intende  ipso 
facto  decaduto  da  tutti  i  privilegi  cleri- 
cali ,  e  debba  essere  considerato  e  trat- 
tato come  persona  meramente  laica.  Che 
se  attualmente  ne'ruoli  della  milizia  pou- 
tilicia  esistessero  individui  precedente- 
mente insigniti  sia  della  tonsura  ,  sia 
degli  ordini  minori,  comandò  il  Papa, 
che  possano  i  medesimi,  nel  perentorio 
termine  di  2  mesi,  domandare  e  ottene- 
re In  loro  dimissione  del  servizio  milita- 
re, decorso  un  tal  termine  e  non  dimessi 
volontariamente,  s'  intendano  decaduti 
da'detti  privilegi. Comincia  il  regolamen- 
to con  dichiarare:  La  giustizia  criminale 
edisciplina  militare  ha  per  oggetto  la  re- 
pressione de'  delitti  e  delle  coutrawen- 
zioni  disciplinali  delle  persone  militari,  e 
come  tali  dalla  legge  considerati.  La  par- 
tei."  tratta:  De'tlelitti  e  pene;  delle  cou- 
travvenzioui  disciplinali  e  punizioni.  La 
parte  a.'  uel  libro  i.°  tratta  :  Della  pio- 


T  II  I 
cedtira  criminale  e  disciplinale;  de'  giu- 
dizi criminali  in  genere,  ossia  de' consi- 
gli di  guerra  di  i ."  istanza,  d'appello,  e 
speciali  straordinari  ;  de'giudizi  crimina- 
li in  ispecie,  vale  a  dire  da  chi  sono  com- 
posti e  de'loro  giudici;  del  ministero  del 
tribunale  cri  minale,  composto  dall'  udi- 
tore generale,  dagli  uditori  di  divisio- 
ne, dagli  uditori  sostituti,  dali.0  attua- 
rio, dagli  attuari  sostituti,  dall'archivi- 
sta  e  da  altri  impiegati  subalterni.  11  li- 
bro 2.°  tratta:  Della  procedura  discipli- 
nale. Segue  il  Bfgohitiiento  per  l'esecu- 
zione delle  pene  e  punizioni  militali.  Ter- 
mina il  Regolamento  di  giustizia  crimi- 
naie  e  disciplinare  militare,  colla  ripro- 
duzione delle  facoltà  immunitarie  accor- 
date da  Pio  VI  neh  yg3  al  tribunale  mi- 
litare e  suoi  ministri,  confermate  da  Pio 
VII  nel  i8?.3,  e  da  Gregorio  Ti\ì  nel 
1 842.  L'avv.°  della  romana  curia  Pietro 
Castellano  nel  1837  pubblicando  in  Ro- 
ma: Lo  Stalo  Pontificio  ne'suoì  rapporti 
geografici,  storici,  politici, secondo  le  ul- 
time divisioni  amministrative,  giudizia- 
rie ed  ecclesiastiche,  sui  tribunali  e  giu- 
dici di  Roma,  in  breve  li  dichiarò  come 
segue  (fra  parentesi  aggiungerò  (commis- 
sioni più.  intrinseche).  »  Il  palazzo  prin- 
cipale, ove  si  rende  giustizia,  è  quello  di 
Monte  Cilorio.  Gli  affari  civili  sono  trat- 
tali ini."  istanza  dall'  Uditore  d< Ila  ca- 
mera prelato  presidente,  da  3  prelati  luo- 
gotenenti, da  3  togati  consiglieri,  e  da  4 
giudici  uditori,  i  quali  tutti  costituiscono 
il  tribunale  dell'  A.  C.  suddiviso  in  due 
turni,  coli' aggiunta  di  due  assessori  per 
le  cause  minori  (oltre  il  tribunale  crimi- 
nale,ch'è  uno  de'3  di  Roma, ed  oltre  il  mi- 
litare). Per  la  città  di  Roma  poi  cumu- 
lativamente si  decidono  anche  dal  tribu- 
nale del  Senatore  e  de'suoi  collaterali,  non 
che  dall'altro  del  cardinal  Vicario.  Essi 
conoscono  anche  gli  appelli  minori,  ma 
le  gravi  cause  subiscono  nel  famoso  tri- 
bunale della  s.  Rota  residente  presso  il  so- 
vrano gli  ulteriori  gradi  di  giurisdizione. 
La  Segnatura  di  giustizia  emana  dal  pon- 


T  R  I  1 57 

lificio  palazzo  i  suoi  decreti  (cos'i  pure  al- 
tri tribunali  e  congregazioni  cardinalizie: 
esisteva  senza  agire  anche  la  Segnatura 
di  grazia).  V'ha  pure  un  tribunale  di 
commercio  per  le  questioni  mercantili.  Il 
prelato  Governatore  di  Roma  ha  la  su- 
prema direzione  di  polizia,  ed  è  capo  del 
tribunale  criminale  dello  delGoveriiOjCol 
quale  concordano  nella  città  di  Roma  i 
tribunali  criminali  dell'Uditore  della  ca- 
mera, del  Senatore  o  Campidoglio,  e  del 
Vicario  nelle  cose  di  sua  competenza.  Nel 
palazzo  Madama,  edificato  dalla  famosa 
Caterina  de  Medici,sino  dalla  mela  del  de- 
corso secolo  venne  fissata  la  sua  residen- 
za. Per  la  Comarca  poi  e  per  lo  stato  i 
giudicati  sono  riveduti  dalla  Congrega- 
zione della  s.  Consulla  (  cioè  fra  le  sue 
competenze  ha  la  giudicatura  criminale 
in  grado  di  appello  o  di  revisione,  ed  è 
il  tribunale  esclusivo  per  lecause  di  lesa 
maestà;  da'prelaii  Ponenti componenti  il 
tribunale  vengono  tolti  i  giudici,  che  di- 
visi in  due  turni  o  camere  formano  il  su- 
premo tribunale  di  revisione  o  sia  di  cas- 
sazione, come  lo  chiamano  i  francesi,  per 
le  cause  criminali  ).  Molti  sono  i  tribu- 
nali di  eccezione  conservati  nell'  ultima 
restaurazione,  ed  ha  ciascuno  i  propri  li- 
miti giurisdizionali,  siccome  la  I.  Inqui- 
sizione, la  Penitenzieria  apostolica  (la 
Cancelleria  apostolica),  la  Dateria, la  l\e- 
verendaCtfWjf/'tfper  gli  affari  che  riguar- 
dano il  Tesoro  (anche  con  tribunale  cri- 
minale: i  chierici  di  camera  decidono  in 
2."  istanza  le  cause  riguardanti  appalti , 
dazi,  diritti  del  fisco  eccessi  sono  uno  di 
qne'collegi  e  tribunali  prelatizi  che  si  a- 
dunano  nel  palazzo  apostolico,  come  la 
Rota,  la  Consulta  ec),  la  Congregazio- 
ne  del  buon  governo  per  le  vertenze  co- 
munali (ossia  per  le  appellazioni  de'co- 
muni  dellostato  nelle  loro  cause  economi- 
che in  2/  istanza),  e  le  Congregazioni  del 
Concilio,  de'  Vescovi  e  Regolari,  dell' Im- 
munità ecclesiastica ,  della  Disciplina 
regolare,  dell'  Indulgenze  e  s.  Reliquie, 
de'  ss.  Riti,  ed  altre  molte  (come  quelle 


.  58  T  RI  TRI 
dello  s.  Usila  apostolica,  della  rev.  Fab-  stabilito  un  regolamento  penale  perle  tni- 
brica di s.  P/V//o,<lella  Laurelana, la  pre-  tizie:  migliorato  il  piccolo  esercito  sulli- 
fetlnra  generaledeH'^r^w  e  Strade,  alla  cicute  pel  buon  ordine  pacifico  degli  stati 
quale  le  questioni  legali  riguardanti  i  la-  della  s.  Sede;  i  regolamenti  delle  vie  na- 
vori  die  da  essa  dipendono,  sono  portate  zionali  e  provinciali  rifusi:  meglio  ehia- 
avanli  le  congregazioni  governative  ini.'1  riti  quelli  de' porti:  accresciuta  la  mai  ina 
istanza; quindi  alti  prefettura  generale  in  nazionale.  E  tutte  queste  erano  reali  ri- 
appello,  e  nella  disparità  di  sentenza  a-  forme,  die  portarono  una  reale  prospe- 
ranti la  Congregazione  delC  Acque  in  i  ita  negli  stati  della  Chiesa;  imperocché  i 
gradodefinilivo).Vi  è  finalmente  il  prela-  fondi  pubblici  si  mantenevano  ad  unsag* 
toche  nominasi  Uditore  Santissimo,  per  gio  altissimo:  la  circolazione  del  nume- 
di  cui  mezzo  emanano  in  talune  materie  ratio  in  oro  ed  argento  era  abbonderò» 
i  pontificii  rescritti,  a'quali  tulli  i  tribù-  lissima:  i  capitali  ut  'baiti  e  rustici  cresciuti 
nati  di  Roma  e  dello  stato  prestano  ub-  di  prezzo:  la  fabbricazione  delle  case,  an- 
bidienza  j  lJer  altre  leggi  giudiziarie  e  di  che  ne' paese!  ti  più  oscurilo  incremento." 
pubblica  amministrazione,  decreiate  dal-  La  curia  romana  e  quella  dello  stato  pon- 
l'instancabile  operosità  di  Gregorio  XVI,  tifìcio, sinché  regnò  Gregorio  XVI, fu  co- 
unitamenle  alle  declaratorie,  l'avverto  slituilaal  modogenericainenteoccennato. 
ancora  una  volta,  tulle  quante  trovansi  Ora  riferirò  collo  slesso  metodo  le  prin- 
nella  Eaccolta  d'ordine  suo  pubblicala,  cipali  variazioni  avvenute  nell'odierno 
INel  t.  6,  p.  276  della  Civiltà  cattolica  si  pontilìcatodel  Papa  Pio  IX,  al  quale  ar- 
legge  questo  elogio  di  Gregorio  XVI. »I1  licolo  già  le  indicai  e  meglio  ne'  luoghi 
pontificalo  di  Gregorio  XVI  compren-  ove  ne  parlai,  massime  delleemanate  do- 
de  tante  riforme  in  ogni  ramo  governa-  pò  la  pubblicazione  deM'articolo,couie  ri- 
tivo  e  giudiziario,  che  vi  vorrebbero  vo-  leverò  in  carattere  corsivo,  e  terminerò 
Inmiadeiiumerarleechiarirle.Sotlo  esso  con  dichiarare  gli  attuali  tribunali  e  giu- 
J'ontefice  nuovo   scompartimento  delle  dici. 

provincie,  nuova  legge  fondamentale  per  II  regnante  Pio  IX,  tra'più  interessane 
i  muniripii,  legge  che  ampliava  il  nume-  ti  oggetti  a'quali  (ino  da'primoi  di  del  suo 
ro  de'corjsiglieri  più  che  in  qualsivoglia  pontificato  volse  la  niente  pel  ben  essere 
altro  reame,  che  dava  non  poca  indipen-  de' suoi  sudditi,  uno  fu  quello  della  sol- 
denza  a'consigli  ed  alle  magistrature,  un  lecita  e  ietta  amministrazione  della  gin- 
tal  sistema  di  elezioni  da  andare  assai  in-  stizia  ne'ramicivileecriininale,conosi:ei>- 
nanzi  nella  civile  libertà  popolare:  mio-  do  appieno  che  le  savie  e  ben  ordinale 
va  legge  per  le  amministrazioni  proviti-  leggi  sono  una  delle  piìi  valevoli  guaren- 
ciali,  che  guarentiva  alle  provincie  le  lo-  tigie  pel  riposo  e  per  la  prosperità  della 
ro  peculiari  lavorazioni  di  strade,  di  or-  civile  società;  quindi  nell'agosto  1846  al 
ginature,  di  canali,  di  stabilimenti.  Sotto  cardinal  Segretario  di  stato  affidò  czian- 
esso  Pontefice  nuovo  codice  penale  più  dio  gli  affini  della  segreteria  di  stato  in* 
conforme  alle  abitudini  e  alla  educazio-  terni,  cos'i  i  tribunali  tornarono  a  dipen- 
ne de' popoli,  e  più  allo  a  frenare  la  re-  dcre  dal  segretario  di  stato.  Nell'ottobre 
cenle  novità  e  corruzione  di  defitti  e  di  poi  non  solo  confermò  la  commissione  d'a* 
inali  ai  tifìzii.  Ma,  quel  che  più  monta-  bili  giureconsulti  istituita  dal  predecesso- 
va  e  che  più  si  richiedevo,  sotto  Grego-  re  Gregorio  XVI,  e  incaricata  a  proporre 
rio  XVI  si  ebbe  un  nuovo  regolamento  gli  occorrenti  miglioramenti  pel  regola- 
di  procedura  criminalee  di  procedutaci-  mento  penale  e  pei'  quello  di  procedura 
vile:  ripristinata  la  Congregazione  di  re-  criminale;  ma  volle  eziandio  estendete 
visione  [ter  le  entrate  e  le  spese  dello  stato:  gl'incombenti  della  commissione  medosi- 


T  II  I 

ma  dell'esame de'regolamenti  legislativi 
e  giudiziari  per  gli  all'ari  ci  vili,onde  anche 
questa  pnrte  legislativa  venisse  ulterior- 
mente migliorata  a  norma  dell'indicazio- 
ni che  si  fossero  avute  dall'esperienza  di 
più  armi  nella  pratica  forense  sì  ne'lribu- 
uali  diRoma,come  in  quelli  delleprovin- 
cie.  Alla  commissione  pertanto  che  trova- 
vasi  composta  di  que'prclati  egiurecou- 
suiti,  i  cui  nomi  si  leggono  nel  n.°89  del 
Diario  di  Roma  del  1846.  aggiunse  di- 
versi altri  stima  bi  li  ed  esperti  prelati  e  giu- 
reconsulti, ivi  pure  nominati.  Si  appren- 
de dal  n.°2  del  Diario  di  Roma  del  1 847? 
che  il  Papa  prendendo  a  cuore  la  retta  e 
spedita  amministrazione  della  giustizia 
punitiva  .  mentre  la  commissione  desti- 
nata a  esaminarne  i  regolamenti  eia  pro- 
cedura andava  di  ciò  occupandosi,  volle 
facilitarne  la  via  profittando  dell'oppor- 
tunità di  talune  vacanze  avvenute  ne'di- 
versi  tribunali  criminali  di  Roma. Laon- 
de coti  ordine  circolare  della  segreteria  di 
stato  del  1  ."gennaio,  disposedi  concentra  • 
re  in  uno  solo,  ma  diviso  in  due  turni, 
cioè  iu  quello  criminale  del  governo,  pre- 
sieduto da  mg.r  governatore,  gli  altri  due 
tribunali  pur  eliminali,  che  perciò  resta- 
rono aboliti,  dell'  Uditore  della  camera 
e  del  Senatore  di  Roma,  come  stava  per 
fare  Gregorio  XV  I  se  la  morte  non  lo  ra- 
piva al  mondo.  E  perchè  le  provinole  an- 
cora risentissero  un  vantaggio  dalle  pa- 
terne sue  cure,  giudicò  porre  quelli  del- 
le provincie  sotto  la  vigilanza  del  supre- 
mo tribunale  della  s.  Consulta.  A  questo 
inoltre  die  i  mezzi  corrispondenti  per  com- 
pilare una  periodica  statistica  criminale, 
elemento  necessarissimo  a  prevenire  i  de- 
litti, investigandone  le  cause,  ricercando- 
ne il  numerOjdonde  prender  norma  a  quei 
miglioramenti  di  disposizioni,  che  le  cir- 
costanze de'tempi  e  de'luoghi  esigessero. 
Aflìnchè  tutto  corrispondesse  alle  ponti* 
licie  sollecitudini,  fu  accresciuto  conside- 
inabilmente  il  numero  de'  magistrati  e 
altri  in  loro  sussidio,  come  i  Ponenti  alla 
s.  Consulla,  a'  quali  assegnò  uditori  già 


TU!  1 59 

impiegati  in  altri  tribunali,  come  rilevai 
nell'indicato  articolo.  A' 12  giugno  184? 
Pio  IX  istituì  il  consiglio  de'ministi  i.  di- 
chiarandone precidente  il  cardinal  Segre- 
tario  di  stato  ;  venendo  affidato  all'  U- 
ditore  generale  della  camera  il  nuovo 
ministero  di  giustizia,  colle  attribuzioni 
che  in  questa  parte  esercitava  il  segreta- 
rio per  gli  affari  di  stato  interni;  però  fu 
dichiaralo  che  la  s.  Rota  e  tutti  i  tribu- 
nali che  aveano  per  capo  un  cardinale 
proseguirebbero  a  corrispondere  colla  se- 
greteria di  stato.  Al  cardinale  camerlengo 
si  conservò  la  prefettura  del  tribunaledel- 
la  piena  camera,  e  le  altre  sue  preroga- 
tive. 1  prelati  uditore  della  camera  e  go- 
vernatore di  Roma  cessarono  dalle  fun- 
zioni giudiziarie  ,  sì  civili  che  criminali, 
comunque esercibilida  altri  in  loro  nome 
e  vece;  egualmente  mg.r  Tesoriere  cessò 
dall'esercizio  della  presidenza  della  con- 
gregazione camerale  pel  contenzioso  am- 
ministrativo ,  e  del  tribunale  criminale 
dilla  camera.  Tra  gli  all'ari  da  trattarsi 
nel  consiglio  de'ministri,  furono  compre- 
se le  nuove  leggi  e  I'  interpretazione  di 
quelle  in  vigore.  All'uditore  della  came- 
ra fu  concesso  il  proporre  le  nomine  dei 
presidenti  e  de'gindici  de'tribunali  civili 
e  criminali,  de'presidenti  e  giudici  de'tri- 
bunali di  commercio  nelle  provinole,  de- 
gli assessori  legali  o  giusdicenti,  de'fiica- 
li,  de'gindici  processanti,  dc'difensori  ilei 
rei,  de'cancellieri,  di  due  primari  impie- 
gati del  suo  ministero  e  del  direttore  delle 
statistiche  giudiziarie,  dovendo  la  s.  Con- 
sulta comunicargli  gli  elementi  per  la  par- 
te criminale.  Inoltre  il  moto-proprio  di- 
ce che  sarebbe  provveduto  con  partico- 
laridisposizioni  alla  presidenza  del  tribu- 
nale del  governo,  alla  presidenza  del  tri- 
bunale dell' A.  C,  all'esercizio  della  giu- 
risdizione ecclesiastica  nel  medesimo  tri- 
bunale, alla  presidenza  delia  congregazio- 
ne camerale  pel  contenzioso  amministra- 
tivo ,  ed  alla  presidenza  criminale  della 
camera  apostolica,  il  che  venne  effettua- 
to col  narrato  nel  voi.  LXXIV,  p.  34". 


iGo  TRI 

Ecco  poi  l'istruzione  circolare  emanata 
a'26  giugno  del  cardinal  Gi/.zi  segretario 
di  stato,  che  ricavo  dal  n.°53  del  Diario 
di  Romaóeì  1847.  "  Coercntementea'  §§ 
14^4'  del  moto-proprio  sul  consiglio  e 
sulle  otti  ihuziorii  de'ministri,  la  Santità 
di  Nostro  Signore  si  è  degnata  di  ordi- 
nare, che  in  via  provvisoria  e  sino  a  nuo- 
ve disposizioni  si  osservi  quanto  segue. 
§  I.  Il  tribunale  del  Governo  prenderà  il 
nome  di  Tribunale  criminale  di  Roma; 
la  presidenza  attribuita  a  «ng.r  governa- 
tore dall'articolo  38  del  Regolamento  or- 
ganico e  di  procedura  criminale  e  dalle 
successive  disposizioni,  sarà  esercitata  dal 
prelato  vice-presidente  deh."  turno.  Lo 
stesso  prelato  eserciterà  la  giurisdizione 
economica  specialmente  attribuita  a  mg. 
governatore  dal  §  1  735  del  moto-proprio 
10  novembre  1 834-  per  decidere  sui  ri- 
corsi da' decreti  de' presidenti  di  polizia 
de'rioni  di  Roma.  §  II.  Il  tribunaledell'A. 
C  prenderà  il  nome  di  Tribunale  civile 
di  Roma;  la  presidenza  attribuita  a  mg/ 
uditore  della  camera  dal  §  3  1  2  del  moto- 
proprio  10  novembre  i834  verrà  eserci- 
tata dal  prelato ,  a  cui  perla  medesima 
legge  compete  il  dirittodi  presiedere  il  i.° 
turno.  §  III.  La  giurisdizione  ecclesiastica 
esercitata  in  nome  e  vece  di  mg.r  udito- 
re dello  camera  da  un  giudice  uditore  e 
da  due  assessori,  dovrà  esercitarsi  prov- 
visoriamente dal  prelato  attuale  3.°  luo- 
gotenente che  siede  come  semplice  giudi- 
ce nel  f. "turno;  questi  giudicherà  perso- 
nalmente ed  in  proprio  nome  le  cause  e- 
nunciate  ne'  §§  370,  371,372  del  sud- 
detto moto-proprio:  ne'  casi  d'impedi- 
mento sarà  supplito  da  uno  de'  prelati 
giudici  aggiunti  della  congregazione  pre- 
latizia. Sederà  in  di  lui  vece  neh. "tur- 
no un  giudice  uditore,  a  termine  del  § 
3  16  del  citato  molo-proprio;  nella  con- 
gregazione prelatizia  sederà  come  3.°giu- 
dice  un  prelato  giudice  aggiunto.  §  IV. 
La  giurisdizione  economica  sarà  eserci- 
tala dal  giudice  uditore  addetto  attual- 
mente a  tng.r  uditore  della  camera;  il 


T  R  I 

ricorso,  quando  abbia  luogo,  si  porterà 
ni  prelato  che  esercita  la  presidenza  del 
tribunale.  §  V.  La  presidenza  della  con- 
gregazione camerale  pel  contenzioso  am- 
ministrativo, attribuita  a  mg.r  tesoriere 
dal  §25  dell'editto  2  5  luglio  1 83  "i,  sarà 
esercitata  da  mg.r  uditore  del  camerlen- 
gato:  per  compiere  il  numero  de'5  votan- 
ti farà  parte  del  la  congregazione  il  toga- 
to giudice  relatore  nella  sezione  degli  ap- 
pelli del  tribunale  criminale  della  came- 
ra apostolica.  §  VI.  Il  tribunale  criminale 
camerale  istituito  dal  §  49  dell'editto  i 8  a- 
gostoi  835 avrà  una  sola  sezione  compo- 
sta di  4  giudici,  cioè  d'un  chierico  di  ca- 
mera presidente,  di  mg.r  uditore  del  ca- 
merlengato  e  di  due  togati  giudici  rela- 
tori nelle  due  sessioni  attuali  di  prima 
istanza  e  di  appello.  §  VII.  Lo  stesso  tri- 
bunale avrà  un  giudice  processante;  que- 
sti dipenderà  da  mg.r  commissario  della 
camera,  che  eserciterà,  o  farà  esercitare 
dal  meno  anziano  di  nomina  fra 'suoi  so- 
stituti, le  funzioni  di  fiscale.  §  Vili.  In 
conformità  del  §  54  dell'editto  1 8  agosto, 
uno  de'cancellieri  segretari  di  camera  e- 

o 

Berci  te  rà  1'  officio  di  cancelliere  presso  il 
tribunale  criminale;  esso  terrà  nella  pro- 
pria cancelleria  e  sotto  la  sua  disciplina 
gl'impiegati  subalterni.  §  IX.  Il  tribuna- 
le camerale  residente  in  Roma  ed  i  tri- 
bunali criminali  del  le  provincie  giudiche- 
ranno in  [.'istanza  le  cause  indicate  nell'e- 
ditto 18  agosto  1 835,  e  quelle  pure  che  so- 
no contemplate  nel  successivo  editto  dei 
7  novembre  1839  ,  abbenchè  commesse 
al  giudizio  inappellabile  della  sezione  di 
appello.  §  X.  Il  tribunale  criminale  di  Ro- 
ma giudicherà  inoltre  in  2.a  istanza  tut- 
te le  cause  giudicate  ini.0  grado  da'tri- 
bunali  delle  provincie.  §.  XI. Dalle  senten- 
ze del  tribunale  di  Roma  si  appellerà  al 
tribunale  della  s.  Consulta;  ed  allo  stesso 
tribunale  s'interporranno  i  ricorsi  in  via 
di  revisione  ne'casi  preveduti  dagli  arti- 
coli 1  5  e  1 6  del  citato  Regolamento  orga- 
nico e  di  procedura  cri  mina  le. §  X I  I.Tu  t  - 
te  le  cause  saranno  decise  sui  risultameli- 


ti  del  processo  sci  ilio,  senza  che  in  vcrun 
caso  abbia  luogo  il  dibattimento  o  sia  pro- 
cesso orale  in  udienza,  (j  XIII.  Continue- 
ranno ad  essere  osservale  le  leggi  attua- 
li in  tuttociòche  non  è  contrario  al  dispo- 
sto de'  §§  precedenti.  §  XI  V.  La  presente 
istruzione  dovrà  tenersi  affissa  in  tutti  gli 
uffizi  amministrati  vi  e  giudiziari  di  Roma 
e  delle  provincie".  Col  moto-proprio  del 
i.°  ottobre  1847  sull'organizzazione  del 
consiglio  e  senato  di  Roma,  Pio  IX  ri- 
pristinò la  rappresentanza  comunale, sop- 
primendo il  tribunale  civile  del  Senatore, 
di  Roma,  e  quello  de'conservatori  di  Ro- 
ma e  Senato  Romano,  cessando  la  loro 
giurisdizione  civile  e  criminale,  anche  so- 
pra i  feudi  baronali  del  popolo  romano; 
e  come  notai  in  detto  articolo,  ragionan- 
do del  giudice  delle  mercedi  ,  questo  fu 
conservato,  ed  attribuito  colla  sua  cancel- 
leria al  tribunale  civile  di  Roma.  In  pa- 
ri lem  pò  cessò  deh  ni  li  va  mente  la  Congre- 
gazione cardinalizia  economica,  istitui- 
ta per  discutere  quanto  si  riferiva  ad  og- 
getti di  pubblica  economia  in  via  legisla- 
tiva, poiché  lesueattribuzioni  giada  mol- 
to tempo  erano  passate  alla  segreteria  per 
gli  all'ari  distalo  interni. Col  «nolo-proprio 
de'  i4°llobrei847,  il  Papacreò  una  con- 
sulta di  stato,  della  quale  parlai  a  Teso- 
riere, per  coadiuvare  alla  pubblica  am- 
ministrazione e  risiedere  in  Roma,  e  di- 
visa in  4  sezioni,  lai. "delle  quali  legale  e 
legislativa,  onde  compilare,  riformare  e 
modi  11  care  le  leggi,  qualificati  affari  dii.° 
ordine:  presso  la  consulla  di  stato  fu  sta- 
bilito un  corpo  di  uditori.  Indi  Pio  IX 
col  moto-proprio  de'29  dicembre  1847 
sul  consiglio  de'ministri,  questi  da  7  au- 
mentò a  9,  e  dichiarandoli  responsabili, 
con  segretario  e  uditori  :  fra  le  loro  at- 
tribuzioni fu  ingiunta  la  proposizione 
delle  leggi.  11  2.°diessi  fu  il  tninistrodel- 
l'inlerno,  a  cui  furono  riunite  le  altribu- 
zioni  della  congregazione  del  buon  gover- 
no, la  qualecessò  d'esistere  co'prelali  suoi 
Ponenti.  Il  4.°di  essi  fu  il  ministro  di  gra- 
zia e  giustizia,  carica  conferita  all'uditore 
voi.  LXXX. 


TRI  ìCu 

della  camera, per  soprintendere  all'ammi- 
nistrazione della  giustizia  civile  e  cri  mina 
le  dello  sialo.  Divennero  perciò  da  lui  di- 
pendenti tutti  i  tribunali,' ed  i  giudici  ci- 
vili e  criminali,  i  governatori  perla  par- 
te giudiziale,  le  rispettive  curie,  cancelle- 
rie ed  officiali  ministeriali  co' relativi  of- 
fizi.  Gli  si  attribuirono  le  domande  in  gra- 
zia dirette  al  sovrano  per  condonazione, 
diminuzione  o  commutazione  di  pena. 
Le  inchieste  di  estradizione  de'rei,  rivol- 
gendosi però  al  mezzo  del  ministero  del- 
l'estero ;  le  domande  di  abilitazioni  alla 
difesa  fuori  del  carcere.  Il  6.°  ministro 
ossia  il  cardinale  camerlengo,  si  diehiarò 
quello  del  commercio,  belle  arti,  indu- 
stria e  agricoltura,  perciòa  lui  furono  sot-" 
toposte  le  camere  di  commercio.  Il  7.  tu 
il  ministrode'lavori  pubblici,  ossia  il  car- 
dinal prefetto  dell'acque  e  strade,  e  per- 
ciò comprese  gì'  idraulici  e  le  strade.  Il 
9."  fu  il  ministro  di  polizia,  cioè  il  gover- 
natore di  Roma,  per  prevenire  i  delitti  e 
reprimerli,  e  fra  le  altra  cose  gli  si  altri  - 
bui  la  superiore  direzione  disciplinare  del* 
le  carceri  di  Roma.  Perciò  cessarono  gli 
antichi  titoli  ili  alcuni  ministeri,  e  nel  se- 
guente gennaio  fu  secolarizzato  quellodel- 
le  armi  e  poi  altri  nel  febbraio.  A.'i4"iar- 
zoi847  Pio  IX  pubblicò  lo  statuto  fon- 
damentale pel  governo  temporale  degli 
stati  della  s.  Sede,  con  forme  di  politico 
reggimento  costituzionale  di  sistema  rap- 
presentativo, con  due  consigli  o  camere 
deliberanti,  cioè  l'alto  consiglio  e  il  consi- 
glio de'  deputali;  frale  loro  attribuzio- 
ni, assegnò  quella  di  proporre,  discutere 
e  votare  tutte  le  leggi  in  materie  civili, 
amministrative  e  governative,  dovendo 
approvarle  il  sommo  Pontefice  per  ave- 
re forza  di  legge.  Fra  gli  affari  che  furo- 
no interdetti  a'  due  consigli,  si  comprese- 
ro gli  ecclesiastici  o  misti,  le  leggi  contra- 
rie a'eanoni  e  disciplina  della  Chiesa,  le 
relazioni  diplomatico-religiose  della  s.  Se- 
de all'estero,  ec.  Inoltre  collo  statuto  il 
Papa  istituì  il  consiglio  di  stato,  con  un 
corpo  di  uditori,  per  redigere  i  progetti 
1  1 


tfa  TRI 

di  legge  e  i  regolamenti  d'amministrazio- 
ne pubblica,  dicbiarando  che  con  appo- 
sita legge  gli  si  poteva  conferire  il  conten- 
zioso amministrativo.  Nel  giugno  1 848  a  - 
vendo  i  due  consigli  deliberanti  aperto  le 
ordinarie,  sessioni ,  cessò  l'esistenza  della 
consulta  di  slato;  e  nel  settembre  furono 
ampliatele  attribuzioni  del  ministero  del 
commercio.  Nel  novembre  scoppiò  in  Ro- 
ma la  terribile  e  vergognosa  rivoluzione, 
che  costrinse  a  riparare  nel  regno  delle 
due  Sicilie  il  Papa  Pio  IX.  L'anarchia 
successivamente  arrivò  al  colmo,  e  finì 
con  promulgare  la  repubblica  romana  ai 

9  febbraio  1  849.  Quanto  precede,  accom- 
pagnòeseguj  la  deplorabile  epoca,  lo  rac- 
contai ne'ricordali  articoli  e  negli  altri  ri- 
guardanti la  Sovranità  della  s.  Sede.  I 
tribunali  civili,  criminali  ed  ecclesiastici 
furono  soppressi  o  alterati  al  modo  indi- 
cato ne'  memorali  luoghi ,  e  dettagliata- 
mente nel  Monitore  Romano,  giornale 
officiale  dell'infausta  repubblica.  Per  l'in- 
tervento delle  potenze  straniere  Róma  e 

10  slato  fu  liberalo  da'faziosi  dominato- 
ri, ripristinando  il  principato  temporale 
del  Papa  Pio  IX,  il  quale  nel  luglio  1849 
affidò  a  3  cardinali  con  titolo  di  commis- 
sione governativa  di  stato  il  riordinamen- 
to della  cosa  pubblica,  tutta  quanta  ro- 
vesciata e  manomessa.  La  commissione 
.ninnilo  le  leggi  e  disposizioni  emanate 
da'ribelli  dal  1  6  novembre  1  848  in  poi;  ri- 
pristinò i  tribunali  e  i  giudici  e  altri  im- 
piegati dimessi  dal  governo  intruso;  sciol- 
se le  autorità  municipali,  e  fece  elegge  re 
dai  presidi  delle  provincie  provvisorie 
commissioni.  11  Papa  che  dal  suo  soggior- 
no di  Gaeta  era  passalo  a  quello  di  Por- 
tici, a'12  settembre  1849  istituì  il  consi- 
glio di  stato  pe'pareri  de'progelli  di  leg- 
ge, e  l'esame  d'ogni  ramo  di  pubblica 
amministrazione;  promise  riforme  e  mi- 
glioramenti sull'ordine  giudiziario;  ed  ai 
12  aprile  18 'io  felicemente  rientrò  in  Ro- 
ma. A' io  settembre  \\  cardinal  Anlonelli 
pro-segretario  di  stato, con  editto  riporta- 
to dal  n.°2(>9  del  Giornale  di Roma,  no- 


TR  I 
tifico  nel  sovrano  nome  l'ordinamento  dei 
5  ministeri  per  la  pubblica  amministra- 
zione delio  stato,  cioè  dell'interno,  di  gra- 
zia egiustizia,  delle  finanze,  del  commer- 
cio e  lavori  pubblici  ec,  e  dell'armi,  con 
facoltà  di  proporre  le  nuove  leggi  e  san- 
zionate diramarle,  con  potere  disciplina- 
re. Dicbiaròessere  il  cardinal  Segretario 
distato  l'organo  so  vrano,anche  nell'ema- 
nazione degli  alti  legislativi,  e  il  presiden- 
te del  consiglio  de' ministri;  e  che  i  tri- 
bunali e  giudici  di  giurisdizione  misla  e 
di  giurisdizione  ecclesiastica  residenti  in 
Roma  e  nelle  provincie  corrispondano  col 
medesimo  cardinale.  Al  ministro  di  gra- 
zia e  giustizia  furono  confermate  le  at- 
tribuzioni suddescritte,  pei  l'amministra- 
zione della  giustizia  civile  e  criminale;  la 
raccolta  periodica  delle  leggi  e  atti  di  go- 
verno, da  pubblicarsi  almeno  in  ogni  tri- 
mestre; la  polizia  e  la  disciplina  dell'or- 
dine giudiziario.  Rimase  addetto  al  mini- 
stro delle  finanze,  succeduto  al  Tesorie- 
re, il  consiglio  fiscale  per  gli  affari  con- 
tenziosi ;  ma  dovrà  prestare  l'opera  sua 
negli  affari  di  tutti  i  ministeri,  se  richie- 
sto. Esiste  ancora  la  congregazione  cri- 
minale camerale,  presieduta  da  mg.1  de- 
cano de'chierici  di  camera,  comunque  il 
personale  de'giudici  togati,  e  gli  addetti 
alla  cancelleria  criminale  abbiano  subite 
molle  innovazioni;  mentre  mancando  gli 
uni  sono  in  oggi  sostituiti  per  turno  dai 
giudici  togati  del  tribunale  criminale  dì 
Roma,  e  gli  altri  sono  stali  riuniti  al  mi- 
nistero di  cancelleria  dello  stesso  tribu- 
nale. Nello  slesso  giorno  10  settembre  il 
cardinal  Anlonelli  pubblicò  la  legge  sul 
nominato  consiglio  di  stato,  la  cui  presi- 
denza venne  attribuita  al  cardinal  segre- 
tario di  slato;  dichiarando  che  gli  adori  da 
trattarsi  dal  consiglio  riguardavano  ma- 
terie governa  ti  ve  e  animi  lustrali  ve,e  quel- 
le dell'amministrativo  contenzioso.  A'22 
novembre  1  85o/Vo  /  \  fece  pubblicare  dal 
cardinal  Anlonelli  la  legge  sul  governo  e 
ri  parti  mento  delle  provincie  e  sull'am- 
ministrazione provinciale,  avendone  da- 


TR  I 
to  un  cenno  Dell'indicato  articolo,  ripor- 
tando l'alto  il  n.°  272  del  Giornale  di 
Roma  del  i85o.  Ed  il  n.°274  riprodusse 
la  legge  de*  24  novembre,  sui  comuni  e 
rappresentanze  municipali  dello  slato 
pontificio,  onde  ne  parlai  a  Priore.  A'3o 
furono  soppresse  le  giurisdizioni  de'  tri- 
bunali civili  e  criminali  residenti  in  Fo- 
ligno e  Loreto,  .venendo  riuniti  a  quelli 
di  Perugia  e.di  Macerata.  Qui  noleròche 
nello  stesso  mese  fu  separata  dal  ministe- 
ro dell'  interno  la  direzione  generale  di 
polizia,  e  ripristinata  in  un  prelato  l'im- 
portante carica  di  direttore  generale  di 
polizia,  indipendente  dal  consiglio  de'mi- 
nistri, ma  direttamente  dal  sovrano  e  dal 
cardinalsegretario  di  stato  presidente  del 
medesimo.  Però  il  direltoredi  polizia,  clie 
per  disposizione  di  legge  dipende  incer- 
to modo  dal  ministero  dell'interno,  non 
può  dilungarsi  da  tale  regolamento,  e  per 
questo  mezzo  trovasi  a  contatto  col  con- 
siglio de'ministri,  e  poi  ne  fece  parte  egli 
stesso.  Al  ministro  dell'interno  restò  l'al- 
ta direzione  della  polizia  di  Roma  etici 
lo  stato  intero,  come  rimasero  fra  le  sue 
attribuzioni  la  nomina  di  tutti  gl'impie- 
gati politici.  Il  prelato  direttore  genera* 
le  di  polizia,  sebbene  abbia  l'udienza  di- 
rettamente dal  Papa,  ed  abbia  ora  luogo 
nel  consiglio  de'ministri,  dipende  in  qual- 
ebe  modo  dal  ministro  dell'interno,  per- 
cbè  questi  sarebbe  la  competente  au- 
torità cui  dovrebbe  ricorrere  cbi  si  tro- 
vasse gravato  d'  una  risoluzione  presa 
dalla  direzione  generale  di  polizia.  Dipoi 
mg.'  direttore  generale  di  polizia  fu  insi- 
gnito della  qualità  di  ministro  e  della  ca- 
rica di  Vice-Camerlengo, z  gli  fu  conces- 
sa la  residenza  nel  palazzo  della  Curia  In- 
nocenziana,in  uno  a'suoi  uffizi  di  polizia,a- 
\endo  cessalo  di  abitarvi  l'uditore  genera- 
le della  camera,ed  il  ministro  delle  fìnan- 
ze,questo  passato co'suoi  uffizi  nel  palazzo 
già  del  governatore,  ebe  con  dettagli  de- 
scrissi a  Tesoriere.  A'2  giugno  1 85 1  il  car- 
dinale Anlonelli  pro-segretario  di  stato 
pubblicò  l'editto,  riportato  dal  u.°  1 26  del 


T  R  1  i63 

Giornale  di  Roma,  con  disposizioni  per 
porre  in  armonia  colle  nuove  leggi  orga- 
niche delle  provincie  e  de'  comuni,  I'  e*- 
sercizio  della  giurisdizione  contenziosa  ne- 
gli affiiri  amministrativi,  ritenuto  il  dispo- 
sto del  §  t g  della  legge  de' io  settembre 
i85o,  riguardante  le  attribuzioni  del  mi- 
nistero dell'interno,  che  presiede  all'am- 
ministrazione provinciale  e  municipale, 
le  autorità  governative  delle  stesse  prò 
vincie,  ed  i  governatori,  salvo  il  disposto 
del  §24  del  ministero  di  grazia  e  giustizia, 
quanto  alle  funzioni  giudiziarie  a  cui  so- 
no sottoposti.  Pertanto  nel  cap.i.°  si  di- 
chiara:!! contenzioso  amministrativo  con- 
tinuerà ad  essere  separato  e  distinto  dal 
contenzioso  giudiziario/m  conformità  del- 
le leggi  vigenti.  Gli  alluri  appartenenti  al 
contenzioso  amministrativo  saranno  co- 
nosciuti e  decisi  dalle  magistrature  indi- 
cate nel  2.0 capitolo.  Il  3.°  riguarda  il  con- 
tenzioso amministrativo  delle  provincie 
e  de'comuni;  il  4-°  'a  procedura;  il  5.°  le 
disposizioni  speciali;  il  6.°  le  disposizioni 
transitorie  e  generali.  Neh 853  al  mini- 
stero dell'interno  fu  riunitoti  ministero  di 
grazia  e  giustizia,  e  perciò  tornò  ad  esso 
l'amministrazione  della  giustizia  civile  e 
criminale.  Gli  fu  data  abitazione  e  resi- 
denza a'  suoi  uffizi  nel  palazzo  della  Cu- 
ria Innocenziana.  Notai  ne'  voi.  LXVII, 
p.  325,  e  L1X,  p.  271,  che  nell'odierno 
pontificato  i  superstiti  baroni  rinonziaro- 
no  alle  loro  giurisdizioni  ebe  intralciava- 
no l'azione  governativa, e  lo  rimarcai  pu- 
re ne'di versi  luoghi  baronali;  onde  cessa- 
rono del  tutto  le  curie  e  giudicature  ba- 
ronali del  feudalismo  nello  stato  papale. 
E  che  utili  miglioramenti,  massime  mo- 
rali e  religiosi,  si  operarono  nelle  Prigio- 
ni, lo  rimarcai  altrove.  Ecco  poi  Io  stalo 
presente  de'  Tribunali  di  Roma,  quale 
si  offre  nelle  officiali  Notizie  di  Roma  per 
Vanno  i856.  Basta  l'indicazione  in  cor- 
sivo, perchè  rammenti  ove  ne  trattai,  ma 
se  olire  il  già  fin  qui  narrato,  occorreran- 
no schiarimenti,  li  farò  onde  supplire  n- 
gli  articoli  pubblicati  innauzi  le  discorse 


164  TRI 

riforme  civili  e  criminali;  avendo  già  ri- 
petuta mente  narralo  quali  sono  le  ron- 
gregazìoni  cardinalizie  e  quali  le  segre- 
terie pubbliche  di  giurisdizione  mista, 
tanto  di  criminale  che  di  civile,  non  che 
la  giurisdizione  del  Prefetto  de* ss.  Pa- 
lazzi apostolici  ec. ,  ed  oltre  gli  articoli 
che  ricorderò,  ne  riparlai  ne'relalivi  e  in 
quelli  de'loro  magistrali  e  ofliziali.  Ripor- 
terò l'ordine  de'  Tribunali  secondo  quel- 
lo delle  stesse  Notizie.  Tribunali.  i  ."Tri- 
bunale della  Penitenzieria  apostolica.  2.0 
Tribunale  della  Cancelleria  apostolica. 
3.°  Tribunale  della  Dateria  apostolica. 
4-°  Tribunale  della  sagra  Rota  Romana. 
5.°  Tribunale  della  reverenda  Camera  a- 
p).?fo//c77.6. "Tribunale  supremo  della  Se- 
gnatura di  giustizia.  rj.°  Tribunale  del 
cardinal  Vicario  di  Roma.  8.°  Tribuna- 
le civile  di  Roma.  Si  compone:  per  le  cau- 
se ecclesiastiche  ini."  e  2.a  istanza,  d'un 
prelato  giudice  deputato.  In  3/  islanza, 
della  congregazione  prelatizio,  la  quale 
(ormasi  del  presidente,  di  due  giudici,  e 
di  due  giudici  supplenti,  tutti  prelati.  Per 
le  cause  civili  laicali,  1  .°lurno:  del  prelato 
presidente,  e  di  4  togati  due  consiglieri  e 
due  giudici  uditori;  i.°  turno:  del  prelato 
vice-presidente,  e  di  4  togati  due  consi- 
glieri e  due  giudici  uditori.  Assessori  e 
giudici  economici,  due  togati.  Giudice  re- 
visore economico  ,  il  mentovalo  prelato 
presidente  e  per  esso  un  togato  uditore. 
Per  le  cause  delle  mercedi  un  togato.  Que- 
sto tribunale  risiede  nel  palazzo  della  Cu- 
ria Innocenziana  ,  comechè  succeduto  a 
quello  dell'A.  C.  ossia  dell'  Uditore  gene- 
rale della  camera.  La  Civiltà  cattolica, 
t.  6,  p.  427>  dìi  la  seguente  nozione  del 
tribunale  civiledi  Roma.  E  diviso  in  due 
sezioni,  l'una  puramente  civile,  l'altra  ec- 
clesiastica e  mista.  La  i.a  sezione  civile  si 
divide  in  due  turni, presieduloognuno  da 
un  prelato,  e  gli  altri  giudici  sono  laici. 
Questi  due  turni  giudicano  semplicemen- 
te le  cause  fra  meri  laici,  e  per  questo  ra- 
mo dipendono  totalmente  dal  prelato  uii- 
uiblro  degli  allari  di  sialo  micini  (l'Ito 


TRI 

sostituito  al  ministro  di  grazia  e  giustizia 
riferito  dalla  Civiltà  neh85i,  tempo  in 
cui  esisteva  tal  ministro),  al  quale  appar- 
tiene la  nomina  di  essi  giudici  laici  e  di 
tutti  i  subalterni,  e  soprintende  in  tulio 
e  per  tulio  alla  loro  disciplina.  L'ai  Ira  se- 
zione è  di  giurisdizione  mista  ed  ecclesia- 
stica ,  e  si  compone  di  3  prelati  giudici, 
e  si  chiama  non  più  tribunale  dell'A.  C, 
ma  congregazione  prelatizia.  Due  di  que- 
sti prelati  sono  presidenti  della  sezioneci- 
vile,  ma  questo  non  toglie  nulla  alla  di- 
pendenza che  in  detto  ramo  civile  man- 
tengono pienissima  dal  detto  ministro.  li 
3.°  prelato  poi,  collega  de'due  presidenti 
civili,  giudica  ini."  istanza  tutte  le  cause 
ecclesiastiche  e  miste.  Se  la  somma  con- 
troversa è  inferiore  agli  scudi  5oo,  l'ap- 
pello è  devoluto  alla  s.  Rota  romana.  Co- 
si le  curie  vescovili  hanno  per  il  lato  ci- 
vile ini. "istanza  un  giudice  singolare,  col 
titolo  ili  vicario  generale.  Dal  giudizio  di 
questo  è  dato  l'appello  ad  arbitrio  de'soc- 
combenti  alla  curia  del  metropolitano  ri- 
spettivo, o  a'tribunali  di  Roma,  cioè  alla 
congregazione  prelatizia  od  alla  s.  Rota, 
giusta  il  valore  della  causa  appellata.  È 
di  qui  che  la  dipendenza  0  non  dipenden- 
za de'tribunali  dal  ministro  dell'  interno 
deriva  sempre  dal  gran  principio  della 
giurisdizione  ecclesiastica.  Ove  la  giurisdi- 
zione e  la  materia  è  puramente  civile,  qua- 
lunque tribunale  deve  uniformarsi  alle 
emanazioni,  a'  rescritti,  alle  declaratorie 
del  dello  ministro,  il  quale  parla  o  decre- 
ta in  ragione  dell'udienza  sovrana  o  del 
consiglio  de'ministri  0  del  consiglio  di  sta- 
to. g.°  Tribunale  di  Commercio. Si  com- 
pone del  presidente,  di  due  giudici,  e  di 
due  giudici  supplenti.  Cancelliere  e  vice- 
cancelliere  per  le  cause  ecclesiastiche.  No- 
taro  pubblico  e  vice-cancelliere.  Per  il  1 .° 
e  2.0  turno:  cancelliere,  vice-cancelliere  e 
notaro  pubblico.  Per  gli  assessori  e  com- 
mercio: cancelliere  e  vice-cancelliere.  Per 
le  cause  in  economico  e  delle  mercedi:  un 
giusdicente.  10. "Tribunale  criminale  di 
Roma.  Si  compone  del  prelato  prcsiden- 


TR  I 

le  e  del  prelato  vice  presidente  Ponenti 
di  consulta, e  di  due  turni:  il  i.°  ha  3  giu- 
dici togati,  oltre  il  prelato  presidente;  al- 
trettanti il  2.0,  oltre  il  prelato  vice-presi- 
dente. Procura  generale  del  fisco  :  il  fi- 
scale generale,  4  sostituti  fiscali  generali, 
il  cancelliere.  Procura  de'poveri:  l'avvo- 
cato <\e  poveri,  4  procuratori  de'  poveri, 
3  procuratori  de'poveri  aggiunti,  il  pro- 
curatore de'poveri  per  la  carità,  e  due 
sollecitatori  de'poveri.  La  congregazione 
cardinalizia  della  s.  Consulla  ora  si  con»  • 
pone:  del  prefetto  cardinal  segretario  di 
6talo,  e  di.  altri  i  a  cardinali;  di  14  prela- 
ti Ponenti,  fra'quali  il  presidente  del  tri- 
bunale>  già  Segretario  di  Consulla,  il  vi  • 
ce-presidente  del  2.0  turno,  il  presidente 
del  tribunntecrimìnale  di  Roma,  ed  il  vi- 
ce-pi esidenle  di  questo;  non  die  di  due 
prelati  supplenti.  La  detta  congregazione 

0  tribunale  di  consulta  è  il  tribunale  su- 
premo d'appello,  ed  insieme  di  revisio- 
ne delle  materie  criminali ,  ed  i  prelati 
sono  giudici  nelle  cause  politiche  e  di  le- 
sa maestà:  la  cancelleria  del  tribunale  ri- 
siede nel  Palazzo  della  Consulta.  Nello 
stato  vi  sono  due  altri  tribunali  d'appel- 
io,  tanto  civili  che  criminali,  uno  in  Co* 
logna  e  l'altro  in  Macerata:  da  questi  tri- 
bunali si  appella  a  quello  supremo  della 
s.  Consulla,  in  via  di  revisione.  Il  tribu- 
nale criminale  di  Roma  si  aduna  nelle 
stanze  del  palazzo  della  Curia  Innocen- 
ziana  ossia  di  Monte  Citorio;  ed  il  tribu- 
nale della  s.  Consulta  per  Io  più  si  aduna 
nelle  stanze  del  palazzo  pure  Innocenzia- 
110,  ed  alcune  volte  nelle  stanze  del  Pa- 
lazzo apostolico  di  residenza  sovrana. Ta- 
le adunanza  in  oggi  ha  luogo  due  volte 
la  settimana,  cioè  il  venerdì  si  aduna  il 

1  ."turno,  ed  il  martedì  il  2.0,  quantunque 
anticamente  il  tribunale  della  consulta 
per  il  disbrigo  degli  all'ari  agiva  in  tutti 
i  giorni,  eccettuati  il  solo  martedì  ultimo 
di  Carnevale,  ed  il  Venerdì  santo.  Tali 
giorni  lepidamente  furono  chiamati,  il  1." 
del  Demonio,  il  2.0  del  Signore,  a  moti- 
vo che  nel  tribunale  della  Consulta  non 


T  11  I  i65 

st  conoscevano  altre  vacanze,  neppure  per 
Pasqua  e  per  Piatale,  procedendo  in  tut- 
ti i  giorni,  tranne  i  due  eccettuali.  Impe- 
rocché quotidianamente  i  giudici  dovea- 
no  onninamente  recarsi  al  tribunale  per 
dare  evasione  a  quelle  cause  e  reclami 
che  si  fossero  presentati,  per  cui  dissi  a 
Feria, che  nelledomeniche  agivano  in  Ro- 
ma il  giudice  de'mercenari,  e  il  tribuna- 
le della  s.  Consulta,  ma  quanto  a  questa 
tralasciai  di  aggiungere  anticamente.  In 
tale  articolo  discorsi  delle  ferie  forensi  an- 
cora e  de'tribunali,  delle  diverse  loro  spe- 
cie e  denominazioni,  colle  debite  distin- 
zioni. Sulla  s.  Consulta  la  citata  Civiltà 
cattolica  riporta  il  seguente  schiarimen- 
to; ma  si  tengano  presenti  i  ricordati  4 
miei  articoli,  e  gli  altri  che  poi  rammen- 
terò, ne'quali  ne  ragionai  con  particola- 
ri. La  Consulta  era  in  aulico  una  con "re 

o 

gazione  mista  di  cardinali  e  di  prelati,  e 
trattava  per  separate  cancellerie  negozi 
giudiziali  ed  amministrativi.  Senza  per- 
derci nella  storia  di  sue  variazioni  (da  ine 
riportata  ne'  luoghi  citati),  diremo  che 
a'tempi  nostri,  cioè  dopo  il  Regolamen- 
to di  procedura  de'5  novembre! 83 1,  es- 
sa rimase  divisa  in  due  rami.  L'uno  giu- 
diziale in  grado  d'appello  e  di  cassazione 
suprema  per  tutte  le  cause  criminali,  non 
che  di  tribunale  esclusivo  per  cause  sani- 
tarie di  Pestilenza,  e  di  lesa  maestà,  con 
una  cancelleria  tutta  propria.  Questo  ra- 
mo è  composto  di  due  turni  o  camere,  che 
coniano  6  giudici  per  ciascuna,  compre- 
si i  due  presidenti,  e  vi  appartengono  il 
fiscale  generale,  i  suoi  sostituti,  non  che 
l'avvocato  generalede'poverico'suoi  pro- 
curatori. Questo  ramo  è  esclusivamente 
giudiziale,  e  perquesto  lato  si  rannoda  col 
ministro  dell'interno.  L'altro  ramo  della 
consulta  è  amministrativo,  e  riguardava 
pure  sino  ad  oggi  le  carceri  e  luoghi  di 
condanna,  e  tuttora  lutti  gli  affari  che  si 
comprendono  nella  pubblica  sanità,  co- 
me conservazione  de'bosehi  e  foreste,  an- 
damento regolare  delle  speziarle  o  farma- 
cie, ispezione  di  paludi,  piantagioni  di  ri- 


166  TRI 

saie,  sanila  de'  porti  e  de'lazza ietti.  Per 
tale  ramo  direttivo  sanitario  esiste  la  con- 
gregazione speciale,  non  diversa  dallaCo/j- 
gregazione  speciale  sanitaria  tranne  al- 
cune modificazioni;  poiché  oggi  compren- 
de la  direzione  generale  di  sanità,  e  fino 
al  presente  anche  carceri,  case  di  condan- 
na e  luoghi  di  pena,  divisa  in  due  sezio- 
ni. La  sezione  della  sanità  marittima  e 
continentale  ha  per  presidente  il  prelato 
ministro  dell'interno,  e  ne  fanno  parte  i 
prelati  presidente  del  tribunale  della  s. 
Consulta,  il  decano  de'ponenti  vice-pre- 
sidente del  i. "turno  dello  stesso  tribunale, 
è  l'uditore  del  camerlengato,  l'assessore 
della  direzione  generale  di  polizia, 2  consi- 
glieri, 3  medici  e  il  segretario.  La  sezione 
carceri  e  case  di  condanna  fino  ad  ora  a- 
vea  ingerenza  sulla  disciplina  delle  carce- 
ri, case  di  correzione  e  di  condanna,  e  luo- 
ghi di  pena  di  tutto  lo  slato,  e  n'era  pre- 
sidente il  prelato  presidente  del  detto  tri- 
bunale della  s.  Consulta,  come  si  legge 
ueììe  Notizie  eli  Roma  per  l'annoi  856,  il 
quale  quando  si  trattava  di  affari  di  gra- 
ve momento  nulla  eseguiva  senza  il  con- 
sènso e  la  direzione  del  ministro  dell'in- 
terno, nella  medesima  maniera  colla  qua- 
le si  operava  nel  pontificalo  di  Gregorio 
XVI,  Ira  il  segretario  della  s.  Consulta 
e  il  cardinal  segretario  per  gli  affari  di 
.Malo  interni.  Pertanto  allorché  si  nomi- 
na la  s.  Consulta  non  s'intende  più  l'anti- 
ca congregazione  misto,  ma  sì  veramente 
il  tribunale  supremo  di  appello  e  di  cassa- 
zione criminale,  tribunale  prelatizio  che 
esclusivamente  attende  a'negozi  giudizia- 
ri. Quando  poi  erano  negozi  riguardan- 
ti carceri  e  luoghi  di  condanna,  erano  es- 
si spediti  dalla  segreteria,  e  non  già  dal 
tribunale  della  s.  Consulta;  e  finalmente 
quando  riguardano  la  sanità  pubblica,  e- 
rnanano  dalla  congregazione  speciale  di 
sanilà.Adunque,quanlo  alle  carceri  e  luo- 
ghi di  condanna,  ora  la  direzione  è  stala 
staccatu  dalla  s.  Consulta,  e  venne  attri- 
buita ad  un  prelato  speciale  sotto  la  di- 
pendenza del  ministero  dell'interno,  lui- 


T  II  I 

perocché  annunziò  il  Giornate  eli  Roma 
de'22  marzoi856,  che  il  Papa  a veu .no- 
minato mg.r  Antonio  Barn  bozzi,  allora 
delegato  apostolico  di  Velletri ,  a  diret- 
tore generale  delle  carceri  e  case  di  con- 
danna. La  Civiltà  cattolica  diede  questi 
schiarimenti,  a'quali  ne  aggiunsi  altri  col- 
le Notizie  deh  856,  per  dimostrare  che 
in  Roma  non  vi  ha  alcuna  confusione  di 
all'ari  giudiziali,  amministrativi  e  sanita- 
ri. Dappoiché  nel  1 85 1  pretesero  alcuni 
giornali  di  malignamente  censurare  con 
assurdi  il  governo  pontificio  e  il  princi- 
pato civile  de' Papi,  specialmente  in  al- 
cuni punti  del  suo  sistema  e  organismo 
giudiziario,  e  declamando  che  il  governo 
temporale  della  Sovranità  della  s.  Sede, 
per  escludere  le  riforme  non  sarà  mai  un 
governo  tollerabile  finché  non  sia  costi- 
tuzionale, per  essersi  abrogato  lo  Statuto 
fondamentale  del  1849.  Laonde  la  Civil- 
tà cattolica  nel  detto  t.  6,  p.  272  e  4«  7, 
scrisse  una  bella  e  veridica  confutazione 
intitolata:  Nuove  risposte  a'  vecchi  cen- 
sori del  Governo  Pontifìcio.  Colla  storia, 
e  particolarmente  con  I'  operato  da  Pio 
VI,  Pio  VII,  Leone  XII,  Gregorio  XVI 
e  Pio  IX,  dimostrò  ignoranti  calunnie  e 
maligne  menzogne  lecritichelanciate  dal 
giornalismo  con  esorbitanze  gratuite,  e  la 
più  sfacciata  impudenza;  travisando  le  di- 
sposizioni legislative,sca inaiandone  il  sen- 
so ,  ed  esagerandone  gli  estremi  strana- 
mente, coli' intendimento  di  snervare  la 
Chiesa,  e  per  conseguenza  snervare  la  re' 
ligione  colle  teorie  così  chiamate  d'indi- 
pendenza e  di  moderazione,  esigendo  che 
il  Papa  abrogasse  tulio  il  diritto  canoni- 
coed  ecclesiastico.  La  specialità  tutta  sin- 
golare del  governo  pontificio  ha  reso  uti- 
lissime e  talora  indispensabili  alcune  par- 
ticolarità nella  macchina  governativa, 
delle  quali  indarno  si  cercherebbero  le 
somiglianti  in  altri  paesi.  Di  qui  avviene 
che  coloro  che  di  fuori  ne  vogliano  portar 
giudizio  dovrebbero  cominciare  dal  lo  stu- 
diarle penetrandone  le  cagioni  nienteme- 
no che  gli  effetti. Nella  Statistica  del  1 848, 


T  11  I 

ili  cui  parlai  nel  voi.  LV1I,  p.  1 53,  e  al- 
trove, fu  calcolato,  che  il  ministero  di  gra- 
zia e  giustizia,  ed  i  tribunali  di  Roma  e 
delle  provincie,  si  componevano  di  986 
individui,  de'quali  5q  ecclesiastici  e  927 
secolari  ,  i  primi  lucrando  annui  scudi 
56,34 1  ,i  secondi  246, 074>Nel  1  8 17  l'avv. 
LuigiCeccoui  cominciò  a  compilare  e  pub- 
blicare in  Roma,  con  privilegio  esclusivo, 
il  Repertorio  generale  dì  giurispruden- 
za de  Tribunali  Romani,  di  cui  abbiamo 
37  volumi  di  pregievole  importanza,  sic- 
come chiaro  nella  giurisprudenza  ,  non 
meno  che  nelle  scienze  e  nelle  lettere,  co- 
me dichiarò  in  una  circolare  il  cardinal 
Mattei  segretario  per  gli  affari  di  stato  in- 
terni, ora  sotto-decano  del  sagro  colle- 
gio. Tra  le  sue  opere  cpii  ricorderò  quel- 
le notate  nel  voi.  LI,  p.  33,  ed  i  Cenni 
sulle  a  litiche  Leggi  Etnische,  Roma  1  838; 
non  che  i  Cenni  siili' abbate  Ottavio  Sac- 
co, Roma  1842,  come  relative  al  presen- 
te argomento.  Poiché  gli  etruschi, che  ce- 
lebrai a  Toscana  ,  seppero  per  se  stessi 
crear  leggi  alla  religione  assai  giudiziosa- 
mente collegate,  -e  vuoisi  per  indubitato 
che  dall'etrusco  legislazione  le  apprese  re 
ÌNuina  e  le  fece  conoscere  a  Roma,  men- 
tre i  romani  ricorsero  a'falisci  popoli  di 
Toscana  per  avere  il  gius  feriale  e  altre 
leggi  onde  supplire  a  quelle  delle  XII  ta- 
vole. Quanto  al  Sacco,  fu  per  la  sua  vir- 
tù e  zelo  a  favore  de'  poveri  campestri 
mercenari, che  Urbano  Vili  istituì  a  loro 
vantaggio  la  giudicatura  Capitolina,  che 
dal  benemerito  promotore  si  disse  giu- 
dicatura delVab.  Sacco,  ossia  il  giudice 
delle  mercedi  o  de'mercenari;  uffizio  che 
avendolo  esercitato  con  indefessa  carità 
il  Cecconi,  nel  parlare  della  carica  nel  voi. 
LX I V,  p.  5  1 ,  gli  resi  giustizia.  Passato  a 
miglior  vita  nel  1 843  l'avv.  Cecconi  dopo 
avere  per  27  anni  atteso  alla  compilazione 
del  Repertorio  di  giurisprudenza,  Gre- 
gorio XVI  per  la  benignità  colla  quale  lo 
riguardava,  confermò  le  utili  concessioni 
da  lui  conseguite,  per  In  continuazione 
del  Repertorio,  al  degno  figlio  avv.  Felice 


T  LI  I  167 

Cecconi,  attuale  assessore  e  giudice  eco- 
nomico del  tribunaleciviledi  Roma.  Que- 
sti proseguì  l'annua  compilazione  nel  mo- 
do e  forma  identifica  del  padre, onde  ab- 
biamo il  Repertorio  per  gli  anni  succes- 
sivi dal  1 843,  inclusive  a  tutto  il  1 854,  di 
tutta  di  lui  redazione,  encomiata  e  inte- 
ressante. Dappoiché  a  voler  dare  un  ge- 
netico cenno  di  tale  opera,  dirò  ohe  des- 
sa  contiene  a  guisa  d'indice  ragionato  e 
per  ordine  alfabetico  le  massime  tutte  che 
i  tribunali  della  s.  Rota  e  della  Segnatu- 
ra annualmente  esternano  nelle  loro  au- 
torevoli decisioni;  ed  ancora  talune  delle 
principali  chesi  emanano  dalla  s.  congre- 
gazione del  Concilio  e  dal  tribunale  di 
Consulta;  e  sì  le  une  come  le  altre  col  te- 
sto apposito  e  succinto  di  ciascuna  deci- 
sione, a  conferma  delle  massime  medesi- 
me. Già  nell'articolo  Diario  di  Roma,  del 
quale  riparlai  a  Notizie  del  giorno  ed  a 
Roma,  nel  riferire  alcuni  periodici  chesi 
pubblicavano  in  Roma  ,  feci  onorevole 
menzione  del  Giornale  del  Foro  in  cui 
si  raccolgono  le  pia  importanti  regiudi- 
cate de' supremi  tribunali  di  Roma  e  del- 
lo stato  pontificio  in  materia  civile,  com- 
pilalo dal  d.r  Bartolomeo  Belli.  Questa 
utile  compilazione  il  eh.  raccoglitore  l'in- 
cominciò nel  1 8  1  7  e  tuttora  la  prosiegue. 
Inoltre  abbiamo  del  medesimo:  Compen- 
dio decennale  del  Giornale  del  Foro  dal 
i83c)<z/i  849,  Roma  i85o.  Appendice  al 
Giornale  del  Foro,  cioè  Raccolta  dileg- 
gi,ordinanze,  regolamenti  e.  circolari  del 
lo  stato  pontificio,  Roma  1848.  Rivista 
di  legislazione  e  di  giurisprudenza,  Ro- 
ma 1  85o.  Si  legge  nel  n.°i5i  del  Giorna- 
le di  Romai855,che  il  Papa  Pio  IX,  sem- 
pre intento adineoraggiare  le  utili  impre- 
se, per  organo  di  mg/  ministro  dell'inter- 
no si  compiacque  di  conferire  una  meda- 
glia d'oro  di  grande  dimensione  colla  e- 
pigrafe  Benemerenti  al  procuratore  rota- 
le Bartolomeo  Belli, pel  Giornale  del  Fo- 
ro, periodica  pubblicazione, che  incomin- 
ciata da  lui  fiuo  dal  18 17,  si  va  conti- 
nuando con  molto  senno  dal  compilalo- 


iG8  T  R  ! 

ree  con  granile  utilità  di  chi  attende  agli 
studi  della  giurisprudenza.  Nel  Dullarium 
Romanum,  come  ini  andai  giovando,  si 
immurano  una  copiosa  serie  di  bolle,  bre- 
vi, costituzioni,  moto-propri  e  chirogra- 
fi, che  dimostrano  la  perseverante  solle- 
citudine deTJapi  pe'tribunali  di  Roma  ec- 
clesiastici, misti,  civili,  criminali,  con  ac- 
cogliere que' miglioramenti,  che  la  serie 
de'lempi  e  delle  circostanze  suggerivano 
a  vantaggio  della  giurisprudenza.  Non 
potei  citare  le  disposizioni  di  Gregorio 
XVI,  che  si  conterranno  nel  Bullarium, 
perchè  ora  se  ne  comincia  la  stampa;  ma 
credo  nondimeno  d'avere  esaurito  l'argo- 
mento colla  Raccolta  delle  leggi  ecA§Y\ 
scrittori  summenlovatisu'tribunalidiRo- 
ma  aggiungerò:  Marta,  Traclalusde  Tri- 
bunalibus  Urbis,  et  cornili  praeventioni- 
bus,  Uomae  i58g.  Pacti,  De  judiciaria 
form  ula  Capitoliti  i  Fot  7,Romai\  Elenchus 
Cougiegalionum,  Tribunalium,el  Col- 
legioruut  Romite  alphabetico  ordine  di- 
geslus.  Acccdil  Catalogus  Cardinalisnec 
non  eorumdem,  qui  de praeseuti  sunt  or- 
dinimi regularium  prolectores ,  ac  Sylla- 
biisSigiialuraeGratiaeelJusliliaeVotati' 
tinnì  ac  Refel  endarior  um ,  Romaei  722. 
Fra  nciscu  s  G  beri  us,  Index  Tribuiialium, 
Congregatioiiuin ,  aliorumque  congres- 
suum,  qui  in  Urbe  fieri  solent ,  Romae 
1 644-  Luigi  Vasselli,  Formolario  di  tul- 
li gli  atti  di  procedura  civile  analoga- 
mente al  codice  pubblicalo  con  molo-pro- 
prio de '22  novembre  1817,  Roma  1818. 
A  v  v.  Filippo  Carillo,  Del  privilegio  spel- 
lante agli  avvocali  su  tulli  i  beni  de' loro 
clienti,  dissertazione,  Roma  1 856.  Feli- 
ce Hall. iole  Nuvoli,  V  amministrazione 
comunale ,  manuale  teorico-pratico  in 
consonanza  colle  vigenti  leggi  ad  uso  dei 
Comuni  dello  Stalo  Pontificio  ,  Roma 
.8  7(1. 

TRIBUNO,  Tribunus.  Nome  di  magi- 
strato, ufficio  e  grado,  o  capo  di  qualche 
amministrazione  presso  i  romani.  Il  tri- 
buno veune  da  ci»i  l 'iguaidalo  per  protet- 
to! e  del  popolo,  come  istituito  a  sua  dil'e- 


T  R  I 

sa  conimi  maggiorenti,  contro  la  concus- 
sione degli  usurai, e  contro  le  ingiustizie 
de'consoli  e  ilei  senato,  cioè  i  tribuni  del- 
la plebe,  poiché  ve  ne  furono  di  più  spe- 
cie. Tribunato,  Tnbunatus,  si  chiamò  la 
dignità  del  tribuno.  Dice  Biondo  da  For- 
lì, nella  Roma  trionfante,  affermare  Var- 
roiie,  che  derivò  il  nome  di  Tribuni,  per- 
chè i  tribuni  militari  creati  daRomolo  per 
la  Milizia,  sul  principio  furono  tre  sola- 
mente per  ogni  legione,!  quali  si  creavano 
e  maialavano  negli  eserciti  dalle  prime  tre 
Tribù  (fr.)  Ratniieuse,  Tatiense  e  Luce- 
rense.  Inoltre  Romolo  creò  il  tribuno  dei 
Celeri,  Tribunus  Celernnt,  cioè  i  coman- 
danti del  corpo  de' celeri,  ossia  guardia 
di  Romolo,  composta  di  100  giovani  dei 
più  distinti.  Questi  Cavalleggeri  coman- 
dati dal  proprio  tribuno,  furono  assai  sti- 
mati; ed  il  tribuno  sotto  i  re  di  Roma  eser- 
citò la  principale  autorità  nel!'  esercito; 
espulsi  i  re,  il  duce  della  cavalleria  ebbe 
la  stessa  potenza  sotto  i  dittatori.  I  tribu- 
ni del  popolo  o  della  plebe,  Tribuni  Pie- 
bis,  parimenti  furono  3,  e  creati  dalla  pie- 
he  per  difenderla  ne'suoi  diritti  e  in  tul- 
lociò  che  a  suo  pregiudizio  poteasi  atten- 
tare da'  consoli ,  dal  senato  e  da'  nobili. 
Alcuni  li  chiamano  magistrati  del  popolo 
romano  e  magistrato  sedizioso  e  audacis- 
simo; altri  sostengono  che  non  ebbero  la 
dignità  magistrale, sebbene  ne  riconosca- 
no la  potenza,  l'influenza  e  l'importanza 
nella  repubblica.  I  tribuni  della  plebe  fu- 
rono stabiliti  l'anno  di  Ruma  i5g  0  260, 
poco  dopo  la  gravissima  dissensione  in- 
sorta fra  la  nobiltà  e  il  popolo,  che  sde- 
gnato dell'oppressione  de' nobili,  i  quali 
ritenevano  non  esser  sicura  la  signoria 
senza  tenere  soggetta  la  plebe,  tornatalo 
vittorioso  de'  volsci,  de'sabini  edegli  equi, 
sotto  la  condotta  di  Bellutoedi  L.  Giù* 
nio,  si  ribellò  e  si  accampò  sul  Monte  Sa- 
gro a  3  miglia  da  Roma  di  là  dal  [ionio 
Salato.  Indi  il  prudente  Menenio  Agrip- 
pa potè  conciliare  gl'irritati  animi  col  fa- 
moso apologo  da  me  narra  lo  al  vol.LVIII, 
p.  nj4,  a  patto  che  il  senato  accordasse 


TRI  TRI  1G9 
al  popolo  magistrati  e  capi  di  famiglia  pie-  versi  ambitimi  lennlori  e  patrizi,  pe'loro 
beo,  per  essere  i  conservatori  de'suoi  di-  particolari-fini,  vollero  esservi  ammessi; 
ritti  e  libertà, dichiarando  le  loro  perso-  ina  bisognava  farsi  prima  adottare  nella 
ne  immuni  e  sagre,  mediante  la  legge  Sa-  famiglia  de'plebei, perchè  quella  carica, se- 
dala. Furono  da  prima  creati  due  tribù-  concio  la  legge  della  sua  creazione,  non 
ni  del  popolo  o  della  plebe,  indi  3  allei,  potea  esser  conferita  che  a  plebei;  e  sieco- 
ed  erano  cambiati  ogni  anno,  numero  che  me  sino  allora  i  tribuni  erano  stati  riguar- 
dai tribuno  Lucio  Trebonio  colla  legge  dati  freno  della  magistratura  e  non  ma- 
Trcbonia  fu  portalo  sino  aio.  Il  senato  gistrati.secondoalcuni.cosìammessi  i  pa- 
volontieri  acconsentì  di  moltiplicarne  il  trizi  al  tribunato,  non  più  si  ricusò  m'iti* 
numero,  poiché  comprese  die  essendo  buni  il  nome  di  magistrati;  fu  però  un  ma- 
ltolti, riusci  vagli  più  facile  di  disunirli  e  gistrato  plebeo  e  popolare,  tedioso  e  agi- 
di  trarne  semprealcuni  al  suo  partito  per  latore  degli  animi  che  concitò  a  intestine 
eluderne  le  opposizioni.  L'autorità  «te' tri*  discordie,  nato  e  cresciuto  nelle  sedizioni, 
boni  tosto  dhenne  grande;  ne  solamente  senza  porpora,  senza  sedia  emide,  e  sen- 
aveano  il  potere  di  convocare  il  popolo,  di  za  veruna  insegna  cheto  distinguesse  dal- 
proporgli  quel  che  loro  meglio  piacesse,  e  la  moltitudine.  Di  esso  con  arte  si  valse- 
di  fare  de'regolamenti,  e  delle  leggi  o  pie-  10  i  cittadini  ambiziosi  per  rovinare  la  re- 
bisciti,  ma  potevano  opporsi  a'decreti  del  pubblica  romana.  A  furia  di  sedizioni,  i 
senato,  abolirli, e  nel  loro  implacabile  tri-  tribuni  abbatterono  i  magistrati  della  re* 
bunale  citare  innanzi  al  popolo  gli  altri  pubblica,  e  soggettarono  lo  stesso  senato, 
magistrati.  Si  decretarono  [iene  gravissi-  cui  tolsero  l'archivio  de'propri  decreti  e 
rne  a  chi  avesse  osato  interrompere  un  senatus-cousulli ,  acciocché  non  potesse 
tribuno  nella  conclone,  mentre  arringava  variarli  e  alterarli,  ed  anche  sopprimer- 
li popolo  da  lui  radunato,  qualunque  fos-  li,  e  lo  collocarono  nel  Tempio  di  Ccn- 
se  il  ragionamento.  Qualche  volta  ancora  /e,facendonecustodi  gli  edili  plebei,  i  qua- 
fecero  carcerare  i  consoli,  e  condannare  li  vi  tenevano  tribunale  e  udienza. Si  vuo- 
all' ammenda  il  dittatore.  Però  essendo  le  che  i  nobili  non  potendo  essere  tribù- 
dittatore  Siila,  nel  672  di  Roma,  dimi-  ni,  per  divenirvi  conveniva  che  il  popo- 
nuì  il  potere  de'  tribuni,  fece  trucida-  lo  olhisse  loro  la  dignità,  non  essendo  ad 
re  Saturnino  e  Furio,  scannare  Druso  essi  permesso  domandarla  ;  ma  credesi 
sul  proprio  tribunale,  e  la  lesta  di  Sul-  che  nella  storia  siavi  solo  l'esempio  di  due 
pizio  ordinò  che  si  ponesse  nel  comizio  patrizi  che  per  diritto  d'elezione  furono 
(di  cui  a  Tribù)  sui  rostri.  Con  legge  da/tribuni  nel  loro  ordine  ammessi.  L'a- 
quindi  spogliò  i  tribuni  di  tutta  l'auto-  bilaziotiede'tribuni  del  popolo  era  aperta 
l'ita  che  in  tante  sedizioni  e  laghi  di  san-  giorno  e  notte,  affinché  il  popolo  potesse 
gue  eransi  acquistata;  fece  ordinare  che  entrare  in  tutte  le  ore  per  potere  espor- 
fossero  esclusi  per  sempre  dalle  altre  ca-  re  le  sue  querele.  Ed  ecco  perchè  non  era 
riebe  della  repubblica,  e  che  il  loro  potè-  loro  permesso  d'allontanarsi  da  Roma  un 
re  non  si  estendesse  che  pel  distretto,  ed  giorno  intero,  tranne  le  ferie  latine.  Quan- 
a  1  ooojjassi  da  Roma.  Ma  M.  Cotta  nel  do  approvavano  i  decreti  del  senato,  li  se- 
679  e  Pompeo  Magno  nel  683,  restituì-  gnavauo  colla  lettera  Z",.e  servi  vausi  dei- 
rono a'iribuni  della  plebe  l'autorità  Io-  la  parola  F/elo)  senza  dar  la  ragione  del- 
ro  tolta  da  Siila,  e  fu  loro  permesso  d'e-  la  loro  opposizione;  e  la  forza  di  questa 
scici tat  la  pure  nelle  provinole.  Sebbene  parola  era  sì  grande,  che  se  qualche  tua» 
la  carica  di  tribuno  del  popolo,  per  qual-  gisti ato  avesse  ardito  di  non  curarsene, 
che  tempo  fu  data  soltanto  a  coloro  ch'e-  sarebbe  stato  imprigionato  al  momento, 
rano  di  famiglia  plebe*»,  nondimeno  di-  come  violatore d'uuaaulorilà  sagra  e  in- 


i7o  TRI 

violabile,  ed  era  un  delitto  irremissibile 
l'attentare  alla  vita  de'tribuni,  il  dir  loro 
delle  ingiurie  o  l'usar  loro  delle  violenze. 
Quantunque  in  Roma  vi  fosse  un  ditta- 
tore, i  tribuni  conservavano  sempre  la  lo- 
ro autorità;  ma  non  potevano  opporsi  a- 
gli  ordini  suoi  ed  a 'suoi  regolamenti,  ciò 
che  poteano  fare  cogli  altri  magistrati.  E 
notabile  l'osservare,  die  i  tribuni  ed  i  cit- 
tadini popolari,  i  quali  arringavano  al  po- 
polo nella  pubblica  piazza,  spesso  con  se- 
diziose declamazioni,  tenevano  la  faccia 
sempre  rivolta  verso  il  luogo  dell'assem- 
blee del  senato,  in  segno  di  rispetto  ver- 
so quel  primario  corpo  della  repubblica. 
Licinio  Crasso  fu  ili. "che  violò  quest'u- 
sanza costantemente  osservata  sino  allora, 
e  lo  fece  per  allettare  il  popolo,  disprez- 
zando, per  così  dire,  l'autorità  del  sena- 
to. I  tribuni  non  aveano  ingresso  nel  se- 
nato, e  slavano  assisi  sur  una  panca  in 
faccia  alla  porla  del  luogo  in  cui  quell'au- 
gusto corpo  era  radunalo,  e  di  là  pote- 
vano udire  le  risoluzioni  che  vi  si  pren- 
devano. Eppure  una  delle  grandi  prero- 
gative de'lribuni  era  il  diritto  di  convo- 
care il  senato,  allorché  lo  giudicavano  ne- 
cessario. Potevano  liberare  un  prigionie- 
re, e  sottrarlo  alla  sentenza  contro  di  lui 
pronunziata.  Un  tribuno  colla  sua  sola 
opposizione  annullava  tuttociò  che  face- 
vano i  suoi  colleghi;  inoltre  si  arrogaro- 
no il  diritto  di  sciogliere  le  assemblee,  se- 
condo i  loro  capricci  e  interessi.  Ni  uno  po- 
teva essere  tribuno  del  popolo,  senz'aver 
l'età  di  3o  anni  compiti;  il  popolo  confe- 
rì questa  carica  a  chi  egli  volle  sino  al  y3o 
di  Roma,  quando  l'imperatoreCesare  Au- 
gusto si  fece  nominare  tribuno,  e  gl'im- 
peratori che  gli  successero  vestirono  que- 
staqualità,e  fecero  segnare  sulle  loro  me- 
daglie l'anno  dei-proprio  tribunato.  Nar- 
ra l'annalista  Rinaldi,  che  gì'  imperatori 
solevano  ricevere  ogni  anno  la  tribunizia 
podestà,  che  Adriano  la  die  ad  Antonino 
l'io,  e  riprodusse  la  medaglia  nella  qua- 
le viene  significala  la  dignità  di  tribuno; 
per  cui  secondo  il  numero  delle  volte  che 


T  R  I 

la  riceverono,  si  ponnocontaregli  anni  del 
loro  impero  ,  con  essi  moltiplicandosi  il 
tribunato,  come  afferma  Dione  nell'Z7i- 
stor.  Rotn.  lib.  53.  Nella  medaglia  si  po- 
neva :  Tributile.  Pot.  IX t  per  esempio  ) 
Imp.  Il  Cenni  nella  Dissertazione ,  Dei 
Tribuni  Plebei,  dice  che  Augusto  con  ra- 
gione stimò  la  podestà  tribunizia  equiva- 
lente a  sovranità,  al  pari  della  regia  e  del- 
la dittatoria;  sebbene  l'immunità  perso- 
nale, gran  salvaguardia  del  principe,  nei 
successori  d'Augusto  degenerò  in  tiran- 
nide. Quindi  dichiara  Cenni ,  che  vera- 
mente la  podestà  tribunizia  non  costituì 
né  Augusto,  né  i  successori  capi  di  quel 
collegio,  che  rimase  intero,  benché  senza 
forze,  come  confessa  Plinio  al  suo  amico 
Pompeo  Falcone:  Ipsecum  Tribunus  es- 
serti, erraverim  fortasse,  qui  me  esse  a- 
liquid  pillavi.  Quindi  è,  che  Pan  vinto,  No- 
l'is  e  Bianchini,  mostrando  coll'autorità 
denomini, anelare  unita  la  podestà  tribu- 
nizia al  dì  natale  dell'impero,  ributtano 
la  falsa  dottrina  degli  eruditi  interpreti  di 
Dione,  che  replicano  a'Cesari  (considera- 
ti da  loro  come  tribuni,  il  che  è  falbissimo, 
al  dire  di  Cenni)  tal  podestà  ne'comizi  dei 
tribuni  che  si  tenevano  a' io  dicembre, che 
continuarono  (ìnoalla  trasiaziouedell'im- 
pero  a  Costantinopoli,  per  eleggere  tale 
ombratile  magistrato,  ormai  spogliato 
d'autorità  e  ridotto  ad  un  vano  titolo.  Do- 
po tal  tempo  si  trovano  alcuni  tribuni 
nelle  memorie  del  Senato  Romano,  di- 
morando i  Papi  iu  Avignone,  i  quali  nel 
nome  si  somigliarono  agli  antichi  astuti, 
irrequieti  e  fanatici  tribuni  del  popolo;  ta- 
li sono, al  riferire  eli  Cenni,  Mataleno  Por- 
laccasa,e  prima  di  lui  Cola  di  Rienzo, che 
invanito  da'primi  buoni  successi,  osò  di 
stampar  medaglia  col  titolo:  Nicolgusse- 
verus  clemens  libertatis,  pacis,/ustiliac 
Tribunus,  et  S.  R.  Reipttb.  liberalor  il- 
lustri*. Ma  quest'ultimo  gl'imitò  ancora 
nelle  turbolenze  e  nella  morte  ,  perchè 
mancatogli  il  denaro  per  mantener  la  fa- 
zione, fu  trucidato  dal  popolo  in  furia,  co- 
me Saturnino,  Rufo  e  Druso,  con  violcii- 


TR  I 
za  aperta  di  legge  assai  più  sagrosanta  di 
quella  del  Monte  Sagro.  Ma  tal  maniera 
di  tribunato,  rileva  Cenni,  non  ha  niente 
che  fare  con  quello  della  repubblica.  Del 
famoso  agitatore,  tribuno  e  senatore  Co- 
la di  Rienzo, ragionai  in  più  luoghi,  e  per 
ultimo  ne' voi.  LXXIII,  p.  3o3,  LXXV1, 
p.  i  72.  De'tribuni  romani  i  più  famosi  fu- 
rono i  plebei.  Prima  di  loro  da  Romolo 
erano  stati  creati  i  tribuni  militari,  Tri- 
buni Militimi,  secondo  Vegezio:  Tribù- 
nus  vocalur  a  Tribù,  quia  pratesi  mili- 
tibus,quos  es  Tribù  primus  Romulus  le- 
gii.  Erano  essi  alla  testa  di  tutta  la  legio- 
ne, all'incirca  come  gli  odierni  colonnel- 
li, e  chiari  per  valore.  Romolo  ne  creò  3, 
quando  lalegionesi  formava  di  3ooo  sol- 
dati. Nell'anno  442  diRoma  furonoaccre- 
sciuti  1 000  soldati  per  legione,  e  per  con- 
seguenza anche  4  tribuni  militari,  sicco- 
me 4  furono  le  principali  legioni  roma- 
ne, e  da  12  crebbero  a  16.  Cresciuta  poi 
la  legione  romana  a  5ooo  soldati,  quin- 
di a  6000,  5  e  6  furono  i  tribuni  milita- 
ri per  ogni  legione.  Essi  comandavano  al- 
la 1  /coorte,cioè  al  fioredella  legione.Que- 
sti  ne'prirni  tempi  si  creavano  da're,  po- 
scia da'consoli  e  da'comandahti  ,  e  dopo 
l'anno  di  Roma  3qi  s'introdusse  la  co- 
stumanza di  crearsi  parte  da'comandan- 
ti,  e  parte  co'  popolari  suffragi  ,  la  metà 
per  ciascuno.  D'ordinario  erano  eletti  dal- 
l'ordine de'cavalieri  e  da  quello  de'  ple- 
bei. Narra  T.  Livio  al  3qi:  Curii  eo  an- 
no primurn  placiti :s set  Tribunus  militimi 
adlegiones  suffragio  fieri  (nani  et  antea, 
sicut,  et  nunc,quos  Rufulusvocanl,  Ini- 
peralores  ipsi  faciebant)  Torqualus  se- 
cundum  in  sex  locis  tenuit.  Da  questo  ne 
avvenne, che  i  tribuni  creali  dagl'impera- 
tori si  dissero  Rufuli,  gli  altri  poi  creati 
ne'comizi  dal  popolo  si  dissero  Comiziali. 
Gl'imperatori  fecero  tribuni  de'soldati  per 
soli  6  mesi, onde  poter  gratifica  re  un  mag- 
gior numero  di  persone.  Ve  n'erano  al- 
tresì di  quelli  chiamali  Laticlavii,  perchè 
aveano  la  speranza  di  divenire  senatori. 
Altri  erano  appellati  Angusticlaviì,  per- 


T  R  I  171 

che  non  poteano  aspirare  se  non  all' or- 
dine de'cavalieri.  Ilsegnale  chedislingue- 
va  i  tribuni  militari ,  era  una  specie  di 
pugnale  che  dava  loro  il  principe  all'istan- 
te di  loro  elezione;  l'anello  d'oro,  un  abi- 
to più  prezioso,  e  degli  uscieri  cui  l'im- 
peratore Alessandro  sostituì  4  soldati  pel 
loro  accompagno.  La  loro  carica  consiste- 
va nell'amministrare  la  giustizia,  nel  ri- 
cevere la  parola  d'ordine  dal  generale  e 
nel  trasmetterla  agli  altri, nel  vegliare  sul- 
le munizioni,  nel  fare  eseguire  il  milita- 
re esercizio  alle  truppe,  nel  situare  le  scol- 
te, e  altre  cose  simili.  Eranvi  2  tribuni  che 
comandavano  la  legione,  ciascuno  il  suo 
giorno,  per  lo  spazio  di  due  mesi,  dimo- 
doché in  un  esercito  consolare  ve  n'era- 
no almeno  4  per  far  eseguire  gli  ordini 
del  generale.  Talvolta  furono  incaricati 
di  far  morire  le  persone  di  rango  distinto. 
Per  qualche  tempo  furono  rivestiti  della 
consolare  autorità,  ma  questa  magistratu- 
ra in  diverse  epoche  non  durò  che  circa 
80  anni,  dal  3  1  o  al  3qo  di  Roma.  Quan- 
do il  popolo  e  i  nobili  non  poteano  accor- 
darsi nell'elezione  de' consoli,  si  creava- 
no 5  tribuni  militari,  a'quali  si  affidavano 
tutte  le  funzioni  consolari,  uso  che  cessò 
allorché  per  console  fu  scello  un  plebeo.  I 
romani  ebbero  pure  de'lribuui  particolari 
de'soldati,  le  cui  ingerenze  consistevano 
nel  giudicar  di  tutte  le  conlese,  d'invigila- 
re al  buon  ordine  ne'campi,  di  aver  l'ispe- 
zione dell'armi,  degli  abiti,  delle  vettova- 
glie, degli  ospedali.  Altri  scrittori,  come 
dissi,  attribuiscono  tali  incombenze  a'tri- 
buni  militari;  forse  questi  con  essere  aiu- 
tati da'tribuni  de'soldati,  fece  ad  alcuno 
distinguere  due  specie  di  tribuni  militari. 
Vi  furono  i  tribuni  del  Tesoro  (fr.)t  Tri- 
buni Aerarti.  Erano  ufficiali  tratti  dal  po- 
polo, a'quali  era  affidata  la  custodia  dei 
fondi  destinati  alla  guerra,  per  distribuir- 
li al  bisogno  a'  Questori  dell'esercito.  A- 
veasi  cura  di  scegliere  i  più  ricchi  per  l'e- 
sercizio di  tale  uffizio,  perchè  eravi  molto 
denaro  da  conservare.  Sebbene  non  fos- 
sero propriamente  magistrati,  nondime- 


i7*  T  II  I 

no  nello  repubblica  romana  ebbero  un 
distinto  rango,  ed  in  forza  della  legge  di 
A.  Cotta  furono  col  senato  e  co'  cavalieri 
a  parte  del  diritto  di  giudicare.  Giulio  Ce- 
sare avendoli  soppressi,  Augusto  nel  ri- 
stabilirli ve  ne  aggiunse  200  altri  per  giu- 
dicare le  cause  die  non  aveano  per  og- 
getto se  non  delle  modiche  somme.  Tri- 
buni ì  oltipl(ilumyeruuo  ufficiali  preposti 
a' divertimenti  del  popolo,  ed  incaricati 
di  provvedere  che  india  vi  mancasse;  ca- 
rica importante  che  apriva  la  strada  a* 
più  grandi  impieghi.  Finalmente  si  disse 
Tnbunus  rerum  iiitenlium,<ie\\e  cose  pre- 
ziose, ilcenturione.  I  centurioni  erano  uf- 
ficiali romani,  cosi  chiamali  dal  coniali- 
dir  100  fanti,  0110  compresi  i  decani. 
Sotto  Costantino  I  però  si  trovò  pure  un 
ufficiale  in  Roma,  chiamato  Ceuturio  o 
Tnbuttusrerum  niteutium,  delegato  alla 
custodia  de'monumenti  della  città,  e  du- 
rante la  notte  ficea  batter  le  strade  da 
alcuni  solitali,  i  quali  doveano  impedire 
che  fossero  mutilate  le  statue.  Altra  not- 
turna polizia  fongevasi  da' vigili,da 'quali 
derivarono  i  Pompieri  (P'.). 

TRIBL'R  o  TIBUR.  Casa  reale  situa- 
ta sul  Reno  presso  Magonza,dove  furono 
tenui i  i  seguenti  concilii.  Il  i.°nell'8cp 
0  896  fu  composto  di  22  vescovi,  oltre 
molti  abbati,  e  tra'primi  eranvi  gli  arci- 
vescovi Artoldo  di  Magonza,  Ermanno  di 
Colouiae Ratoldo diTreveri.  Il  redi  Ger- 
mania Arnolfo  vi  assistette  accompagna- 
to da  tulli  i  grandi  del  regno.  Vi  si  re- 
golò la  composizione,  che  dovea  pagare, 
secondo  le  leggi  d' allora,  quegli  che  a- 
vea  ferito  o  maltrattato  un  prete.  S'egli 
Jo  avesse  ucciso  dovea  fare  5  anni  di  pe- 
nitenza, astenersi  per  5  anni  dalla  carne 
e  dal  vino,  digiunar  ogni  giorno  sino  a  se- 
ra, non  portar  armi,  pregare  alle  porle 
della  chiesa,  ce.  La  penitenza  d'ogni  omi- 
cidio volontario  vi  è  regolata  a  7  anni. 
Vi  si  fecero  58  canoni,  la  maggior  parte 
tendenti  a  reprimere  le  violenze  contro 
la  Chiesa, e  l'impurità  de'chierici,  non  che 
riguardanti  gli  scomunicali,  i  rapitori  dei 


T  R  I 

beni  delle  chiese,  I'  amministrazione  del 
battesimo  ne'  soli  giorni  di  Pasqua  e  di 
Pentecoste;  la  distribuzione  delle  decime; 
la  .sepoltura  de'morti  nelle  chiese  catte- 
drali, eccettuali  i  laici;  1'  uso  de'  calici  e 
delle  patene;  la  prova  del  fuoco  nellecau- 
se  criminali,  nelle  quali  mancassero  altre 
prove;  le  vergini  consagrate  a  Dio;  il  ri- 
spetto dovuto  alla  s.  Sede;  il  diritto  di  pa- 
dronato sulle  chiese;  gli  eunuchi  e  altri 
mutilati;  le  pubbliche  penitenze;  i  mairi- 
moni  co'liberti,  cogli  stranieri,  colle  vedo- 
ve, ec.  Il  2.0  fu  tenuto  nelio3  1,  relativa» 
mente  al  digiuno  quaresimali'.  Il  3.°  nel 
io3  >,  incui  fra'varì  regolamenti  fu  pub- 
blicato quello  che  ordinava,  che  se  una 
monaca  vuole  passare  in  un  monastero 
più  regolare  del  suo,  le  sarà  permesso  tal 
cambiamento,  ma  ma  non  già  se  ella  vo- 
leva passare  in  un  monastero  meno  re- 
golare. Il  4-°  nel  1076  a'  16  ottobre  nel 
palazzo  municipale. A  vea  s.Gregorio  VII 
(?■)  nel  sinodo  romano  scomunicato  il 
persecutore  della  Chiesa  Enrico  IV  re  dei 
romani,  e  vietato  a  tutti  i  vescovi  di  pro- 
scioglierlo dall'anatema,  tultavolta  con- 
sigliando i  tedeschi  di  trattarlo  con  mi- 
sericordia. Tutti  i  principi  si  recarono  al- 
l'assemblea,  in  uno  a' prelati  maggiori, 
deliberati  a  deporre  Enrico  IV, ormai  ab- 
bandonalo anche  da'suoi  fautori,  e  di  e- 
leggere  un  altro  re.  I  legati  del  Papa  che 
presiederono  il  concilio,  che  altri  chiama- 
no dieta,  furono  Siccardo  patriarca  d'A- 
quileia,  ed  Altmanno  vescovo  di  Padova 
(o  meglio  Passavia).  Questi  dichiararono 
in  nome  dis.  Gregorio  VII,  che  Enrico 
IV  re  di  Germania  per  le  molte  sue  col- 
pe era  stato  giustamente  condannato  dal- 
la s.  Sede;  e  che  il  Papa  avrebbe  ricono- 
sciuto e  confermalo  il  re  che  gli  fosse  so- 
stituito. Ne'7  giorni  che  durò  l'assemblea, 
Enrico  IV  eh 'erasi  ritirato  al  vicino  Op- 
penheim, Bauconica,  ora  ciltà  del  gran- 
ducato d'Assia-Darmstadt,  provincia  del 
Reno  e  sulla  sinistra  del  fiume  omonimo, 
mandò  ogni  giorno  a  supplicarla  d'esser 
pietosa  con  lui,  promettendo  cuiubiuinen- 


TU  I 
to  di  condolta  e  concessioni.  Si  conven- 
ne d' invitale  il  Papa  in  Augusta,  a  giu- 
dicare il  re,  quindi  condannarlo  o  assol 
vello.  Portatosi  s.  Gregorio  VII  invece 
nel  castello  di  Canossa,  nel  territorio  di 
Reggio }\\i  si  recò  da  penitente  Enrico  IV 
e  ottenne  l'assoluzione;  ma  poscia  tornò 
a  ribellarsi  e  fece  peggio  di  prima.  Tanto 
e  con  diffusione  narrai  nel  voi.  XXXII, 
p.  222  e  seg.,  con  Voigt,  Storia  di  Gre- 
gorio V II.  L'annalista  Rinaldi  racconta 
con  particolarità  questa  famosa  assemblea 
di  Tribur.  Ancbe  il  Labbé  e  1'  Arduino 
attribuirono  questo  concilio  a  Tribur. 
Dall'altro  canto  l'annalista  sassone  con- 
temporaneo riferisce,  cbe  nel  settembre 
1076Ì  vescovi  ed  i  signori  di  Germania  si 
riunirono  ad  Oppenheim  (da  Voigt  chia- 
mato castello  e  buon  maniero  della  came- 
ra regia,  a  breve  tratto  da  Magoma  «  da 
Tribur),  in  presenza  del  patriarca  d'  A- 
quileia  e  del  vescovo  di  Passavia  (Voigt 
lo  dice  arcivescovo  di  Padova,  cioè  Alt- 
manno;  ma  tra 'pastori  di  Padova  non  lo 
trovai:  col  Rina  Idi  chiarirò  l'equivoco.  Pa- 
tavia  in  latino  si  disse  Passavia,  ed  anche 
Padova  con  piccola  diversità,  come  rile- 
vo dal  Lexicon  di  Baudrand,  cioè  Pata- 
via  Passavia,  e  Pataviuni  Padova.  Il  Ri- 
naldi dunque,  parlando  de'legati  ponti- 
ficii, li  chiama  Sigea rdo  patriarca d'Aqui- 
leia  e  Altmanno  vescovo  Pala vicnse,  cioè 
di  Passavia),  per  deliberare  sulla  deposi- 
zione d'Enrico  IV;  e  che  le  condizioni 
prescritte  ad  Enrico  IV,  per  poter  otte- 
nere grazia,  furono  di  ristabilire  Adalber- 
to di  Rheinfeld  vescovo  di  Worms  sulla 
sua  sede;  e  dopo  di  aver  pubblicate  del- 
le lettere  comprovanti  la  sua  penitenza 
per  tutta  l'Italia  e  nella  Germonia,di  por- 
tar»! in  persona  a  Roma  per  farsi  assol  vere 
da  Un  scomunica.  Si  veda  il  Mansi,  Sappi, 
a' Concila,  t.  2,  p.  19.  Del  resto  i  canoni 
de'succennati  concilii di  Tribur  li  pubbli- 
cai 0110:  Labbé  t. g e  1  o;  A rduino,  t.6;  Ueg. 
t.  25  e  26.  Il  Rinaldi  descrive  un'altra 
dieta  celebre  di  Tribur,  tenuta  neh  1 19, 
contro  l'imperatore  Enrico  V,  perchè  co- 


TRI  173 

me  il  padre  Enrico  IV  sosteneva  V Inve- 
stiture ecclesiastiche  (  /-^condannate  da 
s.  Gregorio  VII  e  da'successori.  Nella  die- 
ta si  pubblicò  l'elezione  di  Papa  Calisto 
lì,  seguita  in  Cluny,  a  cui  tutti  i  vescovi 
in  essa  radunati  promisero  ubbidienza, 
ed  approvarono  la  celebrazione  del  de- 
nunziato concilio  di  Rewis ,  dove  Cali- 
sto li  vi  scomunicò  Enrico  V.  Dipoi  si 
fece  la  Pace(F\)fta  il  Sacerdozio  e  l'Im- 
pero colla  convenzione  Calistina,  tenuta 
pel  i.°  concordato  fatto  dalla  s.  Sede. 

TRIBUTO,  Tributimi,  Fectigal.Cen- 
so  che  si  paga  dal  vassallo  o  dal  suddito 
al  Signore  o  alla  Repubblica,  dicendosi 
Tributario  quello  obbligato  a  pagar  tri- 
buto, tribulariiis,  vectigalis,  stipendia- 
rius.  Il  tributo,  dice  Vairone,  fu  così  det- 
to dalle  Tribù  (/'.)di  Roma, perchè  dalle 
tribù  lesta  per  lesta  si  esigeva  quel  de- 
naro che  s'imponeva  al  popolo,  per  con- 
tribuire alle  pubbliche  spese,  cioè  per  o- 
gni  capo  d'uomo;  quindi  introdotta  la  ci- 
viltà, si  Stabilirono  il  tributo  ed  i  velli- 
gali,  cioè  secondo i  termini  moderni  i  da- 
zi diretli  e  indiretti.  Altri  dicono  il  voca- 
bolo trillalo  derivalo  per  quello  che  do- 
veano  pagare  le  diverse  parli  nelle  (pia- 
li erano  divise  le  popolazioni,  tali  patii 
denominandosi  tribù.  Pare  che  gli  ebrei 
non  abbiano  pagato  alcun  tribolo  a'Io- 
ro  capi  prima  del  re  Salomone:  ricono- 
scevano essi  solamente  il  supremo  domi- 
nio di  Dio  sopra  di  essi  col  tributo  al  tem- 
pio d'un  mezzo  siclo  per  testa  a  tulli  gli 
nomini  di  20  anni  in  su, pagabile  ogni  an- 
no; imposizione  che  si  disse  testatico  n  ca- 
pitazione, e  il  suo  riscnotilore, procura- 
lo!' ad  capilularia  judaeoruin.  Questo 
mezzo  siclo  Cu  detto  qnadrantee  didram- 
ma;  t\i\e  didramma  fanno  uno  staterete 
due  di  questi  un'oncia,  e  1  2  oncie  una  lib- 
bra. Durò  queslo  tributo  sino  al  tempo 
di  Vespasiano  ,  il  quale  avendo  soggio- 
galo gli  ebrei,  indi  venendo  dal  lìgi  io  Tito 
distrutto  il  Tempio,  lu  ordinalo  agli  e- 
brei  di  pagare  a'romani  tale  tributo  do- 
vunque fossero,  essendo  solito  che  lo  con- 


i74  TRI 

tribuivauo  ne'  luoghi  ove  si  trovavano. 
Questo  tributo  pagato  dagli  ebrei  a'ro- 
inani,  fu  di  un  denaro  con  25  de'quali 
si  formava  uno  scudo  d'oro.  Fu  dunque 
soltanto  verso  la  fine  del  regnodi  Salo- 
mone, che  quel  principe  impose  loro  vari 
tributi,  il  che  produsse  varie  rivoluzio- 
ni e  fu  causa  delle  lagnanze  che  gli  ebrei 
fecero  a  reRoboamo,dopo  la  morte  di  det- 
to suo  padre  Salomone.Allora  fu  che  del- 
le 1 2  Tribù  d'Israele,  i  o  abbandonarono 
Roboamo  e  riconobbero  Geroboamo  per 
re,  e  rimasero  sotto  la  dominazione  di 
Roboamo  le  sole  2  tribù,  di  Giuda  e  di 
Reniamino.  Sebbene  gli  ebrei  loro  mal- 
grado pagarono  forti  tributi  a  molti  prin- 
cipi stranieri,  e  dopo  il  conquisto  de'ro- 
mani  a  Cesare,  i  ss.  Pietro  e  Paolo  e- 
spressamente  raccomandarono  a'  fedeli 
l'esattezza  nel  pagare  i  tributi.  Mosè  ob- 
bligò gli  ebrei  a  parecchie  sorla  di  De- 
cime. (V.),  pe'sacerdoti  e  levili,  pe'sagrifì- 
zi,pe'poveii,pe'foraslieri, vedove  e  orfani. 
Nella  chiesa  cattolica  i  chierici  non  vis- 
sero ne'primi  secoli  che  delle  pie  Obla- 
zioni (T.)  volontarie  de'fedeli,  donde  eb- 
bero origine  le  Decime  ecclesiastiche,  le 
Sportule  e  la  Rendila  ecclesiastica  (V.). 
Il  tributo  dicesi  anche  tassa,  taglia,  da- 
zio, gabella,  gravezza,  imposizione  mes- 
sa dal  sovrano  o  dallo  stato  sopra  i  suoi 
sudditi,  e  destinata  pe'  propri  bisogni  e 
per  quelli  dello  stato.  Di  videsi  questo  tri- 
buto o  tassa  in  personale  e  reale.  Il  tri- 
buto o  tassa  personale  è  quella,  che  cia- 
scuna persona  paga  per  tulli  i  suoi  be- 
ni mobili  e  immobili  e  per  1a  sua  indu- 
stria: la  legge  chiama  questo  tributo  tri- 
butiti capilis.  Il  tributo  reale  si  preleva 
sulle  quote  riguardanti  gl'immobili  ed  i 
beni  industriali.  Questa  tassa  è  un  tri- 
buto giusto  di  sua  natura,  e  ciascun  sud- 
dito è  obbligato  pagarla  al  proprio  sovra- 
no o  slato.  Gesù  Cristo  volendo  adem- 
piere la  legge  di  chi  dominava  ,  ordinò 
di  dare  a  Cesare  ciò  che  apparteneva  a 
Cesare,  e  a  Dio  ciò  ch'era  di  Dio;  ed  e- 
gli  era  nato  a  Beltlemuie  perchè  la  sua 


T  RI 
ss.  Madre  con  s.  Giuseppe,  per  ubbidire 
a  Cesare,  vi  si  erano  portati  per  farsi  i- 
scrivere  nel  registro, onde  pagaie  il  cen- 
so ordinalo  da  Cesare  Augusto.  Inceden- 
do Gesù  Cristo  per  la  Galilea,  giunto  a 
Cafarnao,Pesattoredel  tributo  chiese  per 
lui  a  Pietro  il  didramma;  e  il  Salvatore 
sebbene  avesse  dimostrato  essere  libero 
dal  tributo  ,  nondimeno  perchè  gli  uo- 
mini non  adempiendo  egli  la  legge  non 
si  scandalezzassero,comandò  a  Pietro  che 
pescasse,  e  colla  moneta  che  avesse  tro- 
vato in  bocca  del  pesce,  si  pagasse.  Ese- 
guito il  di  vino  comando,  e  trovata  la  mo- 
neta, il  Salvatore  pagò  il  tributo  per  se 
e  per  Pietro.  Osserva  il  Rinaldi,  chea- 
vendo  Cristo  dimostrato,  che  i  re  non  so- 
gliono da'fìgli  (intende  parlare  de' sacer- 
doti) esigere  il  tributo,  volle  manifesta- 
mente inferire,  che  né  egli  né  i  suoi  era- 
no alla  legge  del  tributo  obbligati.  Don- 
de appare  quanto  perversamente  pre- 
tendano i  novatori  che  i  sacerdoti  e  i  chie- 
rici non  sieno  liberi  dal  pagar  tributi  e 
gabelle  a'principi,  mentre  i  principi  gen- 
tili aveano  portato  tanto  rispetto  a'sacer- 
doti  loro,  che  vollero  fossero  esenti  dal 
tributo,  cosi  pure  presso  i  romani  costu- 
mandosi ,  oltre  lo  stipendio  che  i  mini- 
stri del  culto  riceveano  dall'erario.  L'a- 
postolo s.  Paolo  parla  del  pagamento  del 
tributo ,  come  un  obbligo  di  coscienza . 
DeveperòawertirsicheseilSignore  volle 
pagare  il  tributo  per  se  e  per  Pietro,onde 
distinguerlo  e  anche  in  questo  insinuarne 
il  Primato,  ciò  fece,  come  dissi,  per  non 
destare  scandalo,  essendo  egli  venuto  al 
mondo  per  adempiere  la  legge.  Ma  poi 
manifestatosi  per  Re  de'regi,  ed  avendo 
istituito  il  reale  Sacerdozio,  non  vi  è  più 
scandalo  se  i  sacerdoti  si  ricusavano  pa- 
gare i  tributi.  Onde  ben  dice  s.  Girola- 
mo :  Nos  prò  illius  honore  tributa  non 
reddìmus,  et  quasi  filii  Begis  a  vecliga- 
libus  immune»  sumus ,  significando  che 
gli  Ecclesiastici  erano  dal  tributo  per 
Cristoescnti,comegodenti  piena  Immit- 
nilà.  Del  tributo  e  imposte  degli  egizi, 


TRI 
de' greci  e  delle  nazioni  barbare  non  si 
conoscono  chiaramente  le  particolarità, 
per  mancanza  ili  monumenti.  In  Atene 
i  cittadini  erano  divisi  in  3  classi  :  quelli 
che  ricavavano  da'loro  beni  5oo  misure 
di  fruiti  liquidi  o  secchi,  pagavano  al  pub- 
blico un  talenti  ;  quelli  che  ne  ricavava- 
no 3oo  misure,  pagavano  la  6.a  parte 
d'un  talento;  quelli  appartenenti  alla  3.3 
classe,  nulla  contribuivano. Questa  tassa, 
che  non  sembra  proporzionata,  era  però 
giusta,  giacché  lo  stato  giudicava  che  o- 
gnuno  avesse  un  eguale  fisico  necessario 
che  non  dovea  esser  tassato:  l'imposizio- 
ne agiva  prima  sulP  utile  e  più  forte- 
mente sul  superfluo.  Ne' tempi  del  feuda- 
lismo vi  fu  il  tributo  di  clientela,  tribu- 
timi clientelare,  dovuto  da' vassalli  al  capo 
feudatario  da  cui  dipendevano.  Questo 
-diritto  era  di  3  sorta:  il  tributo  di  caval- 
leria, che  pagavasi  quando  il  primoge- 
nito del  capo  feudatario  era  fatto  cava- 
liere; il  tributo  di  matrimonio  allorché 
la  sua  primogenita  si  sposava  con  un  gen- 
tiluomo; il  tributo  di  riscatto,  allorquan- 
do il  feudatario  era  fallo  prigione  guer- 
reggiando pel  suo  principe,  e  per  una  sol 
volta  durante  il  corso  di  sua  vita.  Vi  fu 
un  altro  tributo  in  alcuni  paesi,  come  nel- 
la Borgogna,  che  pagavasi  quando  il  si- 
gnore recavasi  a  Terra  santa.  Eran vi  al- 
tresì de'tributi  chiamali  ragionevoli,  per- 
chè pèrcepivansi  ragionevolmente  secon- 
do le  facoltà  di  ciascuno, per  darli  al  feu- 
datario o  signore,  in  caso  di  necessità.  Co- 
sì dicevansi  tributi  liberi  quelli  che  sioffri- 
vano  spontaneamente  al  signore  da'sud- 
diti  all'occasione  di  qualche  imprevedu- 
ta necessità.  I  vescovi  ancora  più  volte 
riscossero  i  tributi  dagli  ecclesiastici, chia- 
mati usoo  costume  episcopale o  sinodale, 
ovvero  denaro  per  Pasqua.  Si  pagavano 
tali  tributi  quando  venivano  consagrati, 
o  allorché  riceveano  il  sovrano  in  casa 
loro,  o  quando  erano  invitati  dal  Papa 
alla  sua  corte  e  curia,  o  ad  un  concilio, 
o  nel  recarsi  a  Roma  per  ricevere  il  pal- 
lio.Talvolta  anco  gli  arcidiaconi  esigero- 


T  R  I  i75 

no  de'tributi  da'sacerdoti  del  loro  arcidia- 
conato.  E  Tassa  de'benefizi  ecclesiastici 
(V.)  si  disse  la  discreta  contribuzione  im- 
posta a'nuovi  provvisti  di  benefizi  eccle- 
siastici; originata  per  sovvenirci  bisogni 
della  Chiesa  romana  e  della  Camera  a- 
postolica,  pe'  tanti  dispendi  che  sosten- 
gono  a  vantaggio  delle  altre  chiese  e  di 
tutti  i  cattolici.  Ivi  parlai  ancora  di  al- 
tre tasse  ecclesiastiche,  mentre  a  Spogli 
ecclesiastici  trattai  del  diritto  della  Ca- 
mera apostolica  neli'amministrare  i  be- 
ni e  raccogliere  i  frulli  o  rendite  de'be- 
nefizi  ecclesiastici  vacanti  nello  slato  pon- 
tificio; e  nello  spoglio  personale  di  per- 
sone siano  ex  regolari  secolarizzati  che 
muoiono  fuori  di  chiostro,  siano  eccle- 
siastici beneficiati  di  qualunque  grado 
che  muoiono  senza  la  facoltà  pontificia 
di  far  Testa  mento  ;ne\  quale  articolo  ten- 
ni pure  proposito  dell'Albinaggio,  diritto 
e  legge  in  forza  della  quale  il  fisco  d'un 
paese  succede  ne'  beni  d'  un  forastiere 
morto  nel  paese  medesimo  senza  che  vi 
fosse  naturalizzato,  sempre  che  il  defun- 
to non  abbia  disposto  de'suoi  beni,  e  non 
abbia  ivi  fra'  suoi  concittadini  alcun  e- 
rede  necessario.  Abbiamo  di  Giuseppe 
Luigi  I!artoli  avvocato  concistoriale  e 
generale  del  fisco  della  Camera  aposto- 
lica, Distertatio  de  /'tire  AlbinaUis,  Ro- 
roae  1 835.  Il  dotto  giureconsulto  cele- 
bra quanto  fecero  i  Papi  benignamente 
in  favore  de'  forastieri,  come  per  ulti- 
mi Pio  VII,  e  particolarmente  Gregorio 
XVI,  sia  con  reciproche  convenzioni  da 
lui  conchiuse  co'  sovrani  e  loro  slati  di 
Danimarca,  Modena  e  Prussia,  sia  col 
suo  Regolamento  legislativo  e  giudizia- 
rio, nel  quale  decretò.  »  Gli  stranieri  sono 
capaci  di  succedere  alle  eredità  tesiate  od 
intestate,  e  di  acquistare  nello  stato  pon- 
tificio, se  e  come  per  le  leggi  vigenti  ne' 
paesi  esteri  saranno  capaci  di  succedere  i 
sudditi  pontificii,  salve  leconvenzioni  po- 
litiche ed  i  trattati."  Dellediverse  impo- 
sizioni e  tributi  sui  Feudi  (F.)  e  sui  Vas- 
salli (F.)  d'annue  pensioni  e  di  sommi- 


176  TRI 

nislrazioni,  come  di  Caccia,  di  Sparla 
e  di  alho,  a  tali  articoli  ed  a'relnlivi  ne 
discorsi;   come  a  Franchigia  o  Immu- 
nità", dissi  del  privilegio  d'esenzione  da' 
tributi  e  di  altre  qualità  d'imposizioni, 
e  quindi  degli  abusi  cbe  ne  derivarono. 
A  Dogane  ragionai  de'luoghi  ove  si  pa- 
gano le  gabelle  e  i  dazi,  ed  altre  impo- 
ste; dicendo  cbe  il  diritto  doganale  è  una 
frazione  de'diversi  contribuii  delle  gra- 
vezze pubbliche  stabilite  dalleautorità  so- 
vrane sui  popoli,  e  di  sua  origine  egizia- 
na ed  ebraica.  Cbe  poscia  fu  introdotto 
fra' romani,  dicendo  pure  delle  diverse 
qualità  di  gabelle,ede'diversi  tributi  che 
si  rendevano  dalle  Provincie  del  roma- 
no impero.  I  romani  da  principio  stabi- 
lirono  una  distinzione  fra  tributimi  e  ve- 
cligal:  il  i.° era  la  prediale,  cioè  V impo- 
sta diretta  pagata  da'possessori  delle  ter- 
re,rationes,e  paga  vasi  doppiamente,  cioè 
e  come  capitazione  e  come  campatico;  il 
2.0  era  ciò  che  ora  dicesi  imposizione  in- 
diretta, vale  a  dire  i  diritti  pagati  sulle 
merci.  Spantano,  parlando  d'  Antonino 
.Pio,  dice:  Rationes  omnium  provincia- 
rum,  opprime  scivit,  et  vectigatiwn.  Ma 
in  seguito  tale  distinzione  si  obbliòesi  u- 
sarono  indistintamente,  le  \iaro\e  tributimi 
elvecligal.  I  primi  re  di  Roma  esigerono 
da  tutti  i  soldati  un  eguale  tributo:  Ser- 
vio Tullio  stabilì  il  censo  e  proporzionò 
l'imposta  all'entità  della  possidenza  di  cia- 
scuno; Tarquinio  il  Superbo  annullò  l'o- 
pera di  Tullio,  e  volle  di  nuovo  che  tutti 
pagassero  egualmente.  I  consoli  L.  Va- 
lerio e  T.  Lucrezio  ristabilirono  il  censo 
e  l'imposta  proporzionale,  il  che  sussi- 
stè (Ino  al  568  di  Roma,  epoca  in  cui  le 
immense  ricchezze  tolte  a  Perseo  re  di 
Macedonia  da  Paolo  Emilio,  e  depositate 
nel  pubblico  Tesoro,  fecero  che  si  solle- 
vasse il  popolo  romano  da  qualsiasi  im- 
posta, esenzione  di  cui  esso  godè  per  mol- 
to tempo.  Erano  i  tributi  de' romani  di- 
visi in  ordinarium  e  temerarium:  que- 
st'ultimo vieti  debilito  da  Pesto,  un'im- 
posta simile  a  quella  che  l'u  attivala  do- 


T  R  I 

pò  che  i  galli  presero  Roma,  come  l'or- 
dine di  portare  al  tesoro  pubblico  tutto 
T  oro  e  l'argento  sì  monetalo  che  lavo- 
rato, che  fu  dato  nel  543  sotto  i  con- 
soli V.  Levino  e  C.  Marcello,  durante  la 
guerra  punica;  se  ne  teneva  registro,  ed 
in  tempi  più  felici  se  ne  rifondeva  il  va- 
lore a'singoli  contribuenti.  I  tributi  chia« 
mavansi  anche  con  nomi  speciali  ,  cioè 
quelli  sulle  terre  arative  dicevansi  deci* 
mae,  que'sui  pascoli  scriptura,  e  quelli 
sulle  merci  porlorium.  Dapprima  il  di- 
ritto di  determinare  i  tributi  competè  a' 
re,  indi  al  senato,  e  finalmente  agl'im- 
peratori; l'ebbero  anche  i  censori,  ma 
giammai  il  popolo,  né  altri  magistrati. 
Soltanto  a  Roma  si  davano  I'  imposte 
oli' incanto  o  appalto,  innanzi  ad  un'a- 
sta piantata  in  mezzo  al  Foro  romano, 
dopo  pubblicato  più  giorni  prima  I'  e- 
ditto  relativo.  Tali  incanti  aveano  luo- 
go per  5  anni,  durata  delle  funzioni  de' 
censori.  Quelli  che  le  prendevano  in  ap- 
palto, publicani ,  pagavano  ad  ogni  lu- 
stro, ma  i  singoli  contribuenti  doveano 
pagaie  annualmente  in  3  rate,  cioè  alle 
calende  di  gennaio,  di  maggio  e  di  set- 
tembre, che  indicavansi  colle  parole  ad 
finern  i lidie tionis.  Sotto  la  parola  veclìgal 
si  comprendevano  tulli  i  seguenti  tribù* 
ti.  Vecligal  Aedditium,  carichi  imposti 
dagli  edili  per  provvedere  alle  spesede' 
giuochi  e  spettacoli ,  ed  alla  manuten- 
zione degli  edilizi  pubblici.  Pro  aerc,c\vè 
sull'aria,  specie  di  capitazione  istituita  da 
Michele  Paflagonio.  Ex  Agrorum  fru- 
ctibus,  cioè  sui  frutti  de'campi;  non  che 
la  decima  parte  de'grani  che  si  raccoglie- 
vano: Caracalla  impose  la  decima  sopra 
tutte  le  eredità  in  luogo  del  20.»>o  che 
gì'  imperatori  percepivano,  imposta  a- 
bolila  dal  successore  Macrino.  Ansarti, 
imposta  che  percepivasi  sul  butirro  e  altri 
commestibili,  e  si  pagava  in  ragiono  del 
numero  de'vasiadue  manichi,  ansm\\w 
quali  venivano  portati  dalla  campagna. 
Vecligal  prò  eduliis,  imposta  sui  com- 
mestibili introdotta  in  Roma  da  Caligo 


TRI 

In  :  Macelli,  è  una  frazione  di  detta  im- 
posta, detta  pure  portorium .  I  dazi  de' 
poetisi  appellarono  Portoni.  Ex  Aqttae- 
ductibus  ,\a\ posta  pagata  da  coloro  a  qua* 
li  i  censori  e  poi  gì'  imperatori  permet- 
tevano di  levare  parte  óttW'acque  de'pub- 
blici  acquedotti  per  irrigare  i  loro  cam- 
pi o  giardini.  Ex  Arboribus  o  Picaria- 
rum,  imposta  sugli  alberi  che  produce- 
vano le  gomme  e  le  resine,/?/^*.  Artium, 
imposta  attivata  da  Alessandro  Severo  sui 
mercanti  ed  operai.  Avendo  Costantino 
I  protratta  da  4  anni  l'epoca  del  suo  pa- 
gamento ,  sicché  non  si  pagò  in  seguito 
che  ogni  5  anni,  fu  perciò  chiamata  tu- 
stralli-  collutto .  Epidamelicurn  o  Prae- 
forami, imposta  che  pagavano  le  Provin- 
cie a  pretori,  per  esser  dispensate  di  da- 
re alloggio  a'mililari  durante  l'inverno. 
Foeni,  contribuzione  di  fieno  pel  man- 
tenimento delle  scuderie  degl'imperatori 
o  de'  cavalli  delle  truppe,  imposta  o  in 
natura  o  in  denaro  sui  pascoli  esulle  pra- 
terie. Fumarium,  imposta  sui  cammini 
da  fuoco  creata  da  Niceforo.  Ex  lacubus, 
sulla  pesca  ne' laghi  e  nelle  paludi.  Ex 
latrinis  publicis,  appalto  delle  pubbliche 
latrine,  dato  a  profitto  del  fìsco.  Cloaca- 
ritmi,  imposta  destinata  al  mantenimen- 
to delle  mera  vigliosecloache  di  Roma.  E 
MeretricibttSyfa  Caligola  ili.°ad  esigere 
una  contribuzione  dalle  meretrìci  e  da'le- 
noni,ed  aumentò  pure  silfalto  tributo  con 
altre  vergognose  imposte;  ma  Alessandro 
Severo  poi  ordinò,  che  tuttociò  che  rac- 
coglievasi  da  sì  laido  guadagno  non  più. 
si  riponesse  nell'erario, assegnandolo  alle 
fabbriche  pubbliche.  Ex  metallis,  tribu- 
to imposto  in  natura  o  in  denaro  sulle 
miniere  o  sulle  cave  de' marmi.  Quest'im- 
posta fu  abolita  in  Italia  quando i  roma- 
ni furono  padroni  di  provincie  che  po- 
terono più  facilmente  sostenerla.  La  Spa- 
gna pagava  un  tributo  per  le  sue  minie- 
re d'argento  e  fabbriche  di  ferro;  l'Afri- 
ca lo  pagava  pe'marmi  di  Libia  e  di  Nu- 
niidia;  la  Macedonia  perle  miniere  d'o- 
ro, d'argento  e  di  ferro;  l'illiria,  la  Tra- 

VOL.  J  XXX. 


TRI  177 

eia  e  la  Gran  Bretagna  parimenti;  e  la 
Sardegna  per  le  miniere  d'argento.  Pe- 
corum,  imposta  d'animali  che  alcune  pro- 
vincie doveano  fornire  alla  capitale.  I  lu- 
cani ed  i  bruzi  somministravano  porci, 
come  pure  i  sanniti  ed  i  campani.  I  pri- 
mitivi romani  non  ebbero  altre  ricchezze 
che  il  bestiame,  e  chiamaronsi  pecuaril 
coloro  che  affittavano  il  bestiame  pub- 
blico, mentre  il  furto  pubblico  fu  detto 
peculato  ,  quando  i  romani  non  posse- 
devano che  armenti.  L'Armenia  dava  a- 
nimali  lanuti,  ed  altre  provincie  forni- 
vano cavalli  per  l'armata.  Salis,  impo- 
sta sulle  Saline.  Solarium  opro  solo,  sui 
fondi  pubblici  accordati  per  erigervi  e- 
difizi  privati.  Tyrocinii,  contribuzione 
di  soldati  che  esigevasi  da  una  provincia 
o  da'particolari  in  natura  o  in  denaro.  Vi- 
ni, eh 'esigevasi  da'paesi  forniti  di  vigne, 
dalla  Campania,  dalla  Toscana,  dall'Afri- 
ca, dalla  Pannonia,  dalle  Cicladi, dalla  Be- 
tica  e  dalle  Gallie.  Vectigal  prò  umbra, 
terreno  fertileche  pagava  imposta,e  desti- 
nato da  un  ricco  proprietario  a  non  por- 
lare  che  alberi  da  far  ombra.  Urinae  , 
imposizione  di  Vespasiano  $uH'oriue,cioè 
fece  vendere  a  suo  profitto  a'folloni,  per 
purgare  i  panni,  l'orina  che  i  passeggieri 
deponevano  in  certi  vasi  collocati  a  tal  uo- 
po negli  angoli  delle  strade.  Pedagio,  im- 
posta del  pedaggio  chiamata  pure  Por- 
torium  ,  la  quale  aggravava  qualunque 
passasse  a  piedi  o  altrimenti  certi  ponti, 
non  che  alcune  grandi  rt/vzife,  abolita  da 
Pertinace  comechè  assai  onerosa.  Sebbe- 
ne la  voce  Pedagium  fu  usata  dagli  an- 
tichi in  significato  di  tributo  che  paga- 
vasi  da'passeggieri  a  qualche  ponte,  fiu- 
me o  via  pubblica,  dipoi  veramente  di- 
cevasi  Pontaticum  a'  ponti,  Portaticum 
alle  porte,  Pedaticum  al  pedaggio,  Pia- 
cialicum  per  le  piazze,  Casaticum  per  le 
case:  vocaboli  tutti  però  usali  nel  medio 
evo.  1  ricevitori  de' tributi  cbiatoavansi 
Acceptores,AUectores,  Adlectores,  Por- 
toni. In  sostanza  presso  i  romani  eranvi 
due  sorla  di  tributi:  quello  ch'era  dovuto 
12 


i78  TRI 

si  un  privalo,  e  quello  che  si  trovava  nel 
numero  delle  gru  vene  pubbliche  e  di  cui 
nessuno  poteva  dispensarsi.  Ninno  era  e- 
sente  dalle  gravezze  pubbliche,  o  fosse- 
ro tributi  o  aggravi  personali  che  con- 
sistevano in  lavori  corporali,  ovvero  reali 
ch'erano  quelli  spettanti  a'possessori  de' 
fondi.  Quanto  a'tributi  privali,  lo  Schia- 
vo (F.)  ch'era  stato  manomesso,  incon- 
trava  de'  doveri  verso  il  suo   Padrone 
(T\),  come  di  accompagnarlo  dove  egli 
i  ecavasi,  di  far  per  lui  qualche  opera,  e 
d'impiegare  per  la  di  lui  utilità  e  pel  di 
lui  diletto  i  suoi  talenti.  J  tributi  si  di- 
stinguevano in  ofjìciales  e  \nfabriles,o 
sia  artificiale s:  i  primi  non  erano  dovuti 
che  al  padrone  personalmente;  i  secondi 
potevano  essere  trasportati   ad   una  3." 
persona,  e  consistevano  in  opere  servili. 
Nell'atto  di  mettere  in  libertà  uno  schia- 
vo non  si  potevano  stipulare   né  tributi 
pericolosi,  ne  contrariai  pudore:  l'età  o 
l'infermità  dispensava  il  tributario  di  a- 
dempiresì  falla  obbligazione.e se  lo  schia- 
vo trova  vasi  in  islato  di  soddisfare  il  suo 
tributo,  ma  nell'impossibilità  di  nutrirsi, 
il  padrone  doveagli  somministrare  il  suo 
alimento  o  lasciargli  il  tempo  di  guada- 
gnarlo.Que'tribuli  doveanoessere  adem- 
piti nel  luogo  dove  stanziava  il  padrone; 
e  se  il  liberto  avea  bisogno  di  un  giorno 
per  portai  visi  e  d'un  altro  per  ritornarse- 
ne, questi  due  giorni  doveano  esser  sot- 
tratti dal  numero  de'giorni  dovuti  pel  tri- 
buto. A  Servo  parlai  anche  della  Servi- 
tù in  s<mso  di  diritto  fondalo  sopra  luo- 
go stabile  a  prò  d'alcuna  persona,  e  sue 
diverse  specie,  come  della  manumessio- 
imo  liberazione  dalla  servitù,  per  la  qua- 
le i  servi  prendevano  il  nome  di  liberti 
e  il  suo  padrone  diveniva  patrono  di  lui, 
e  delle  differenti  qualità  di  essi,  come  de- 
gli aldii,e  delle  marni  messioni;  quindi  del- 
le prestazioni  de'  servi  quali  vassalli  feu- 
datari,di  tributo  ecenso. Si  costumò  pres- 
so i  romani  battersi  dall'  imperatore  le 
Monete,  conforme  alla  quantità  del  tri- 
buto o  censo  che  si  pagava  ;  e  così  lad 


f  I  I 
dove  le  monete  ordinarie  erano  sempre 
dell'  istesso  prezzo,  quella  ilei  tributo  o 
censo,  mutandosi  la  qualità  del  tribu- 
to, parimenti  si  mutava  formandosene 
un'altra  nuova,  come  pienamente  atte- 
sta Lampridio,  in  Alex.  Osserva  il  Ri- 
nabli,  che  dovendo  l'imperatore  Teo- 
dosio I  il  Grande  guerreggiare  Euge- 
nio tiranno,  in  vece  d'aggravare  i  popoli 
con  nuovi  tributi,  levò  quelli  che  di  re- 
cente avea  imposti  Taziano  prefetto  del 
pretorio.  Dice  e  prova  il  Rinaldi,  ebe  gli 
eccessivi  tributi  sono  stati  sempre  la  ro- 
vina de'principi  e  de'loro  stati.  Quali  fos- 
sero le  gabelle  e  i  tributi  sollo  gli  an- 
tichi romani,  si  può  vedere:  Pietro  Dor- 
mami, De  Vecligalibm  Populi  Romani 
Dissertano ,  Ultrajeetum  ij3/{.  Giulio 
Cesare  Bulenger,  De  Tributi s  ac  Vecti- 
galibus  Popu URomani Dissertalo, Fra  n  - 
cofinti  1626.  Girolamo  Bontadosi,  Dis- 
sertatio  de  Annonis  et  Tributis,  Romae 
typis  Salomonianis.  Gio.  Guglielmo  Ja- 
ni,  De  Censu  Romanorum  primo  recen 
tiores  quaedam  controversiae  ,  Witle- 
bergaei7i5.  Gotllieb  Wernsdorf,  Dis- 
sertatio  de  Censu,  quem  Caesar  Augtt- 
slus  tempore  natività  tis  Chris  ti  per  Or- 
berà terrarum  fedi,  Witlebergae  i6c)3. 
Giovanni  de  Vita,  De,  origine  ctjurc  de- 
cimarum  Ecclesiae,  Romae  17^9.  Nel- 
P  articolo  Tesoriere  ragionai  di  alcune 
tasse  e  operazioni  di  finanza  degli  anti- 
chi romani;  sopra  le  finanze  di  Roma  ne' 
secoli  di  mezzo;  e  sulle  finanze  dello  stalo 
pontificio  da  detta  epoca  a  oggi.  Nell'ar- 
ticolo Stati  e  regni  tributari  alla  s.  Se- 
de, con  diffusione  trattai  dc'dominii  tem- 
porali con  sovranità  sottoposti  da'  pro- 
pri principi  Sovrani ,  principiando  dal 
5i4e  fors'ancheda  Costantino  1,  per  di- 
vota oblazione  a  s.  Pietro  e  sua  Sede  a- 
postolica,  e  per  mettersi  eziandio  al  co- 
perto dell'altrui  usurpazioni,  con  annuo 
tributo  e  censo,  per  alcuni  denominalo 
Denaro  di  s.  Pietro  (F.).  Che  tali  sitili 
o  feudi  tlissi  ciie  si  offrivano  anche  con 
giuramento  di  vassallaggio,  per  divozio- 


T  I  I 
neo  riconoscenza,  e  talora  non  erano cen- 
suali.  Questi  stati  si  chiamarono  oblali, 
censitali  e  tributari  alla  s.  Sede,  e  dèi  tut- 
to diversi  dagli  Stati  donati  alla  s.  Se- 
de (f.)  in  piena  e  immediata  sovranità, 
per  i-poutiinea  dedizione  de'popoli  o  per 
munificente  pietà  de'principi,  i  quali  co 
st  i  l  u  i  rono  propri  a  ment  e  la  Sovranità  (ìt 
romani  Pontefici  e  della  s.  Sede  (/'.), 
che  tuttora  l'esercita  in  parte  di  essi;  per 
gli  altri,  di  cui  fu  spogliata  dalla  forza  , 
emettendo  i  Papi  quelle  annue  e  formali 
proteste,  in  unope'trihuti  e.  Censi  appar- 
tenenti alla  v.  Side  (P.)  ,  e  no*  soddi- 
sfatti per  la  festa  de' ss.  Pietro  e  Paolo, 
con  quelle  solennità  e  (orinole  che  ripor- 
tai nel  voi.  IX.  p.  72,  73,  76,  77,  8(, 
82  e  altrove,  tranne  quella  sospesa  di  cui 
farò  parola  in  fine.  Narrai  che  i  Papi  eb- 
bero quindi  a  tributari  i  più  potenti  sta- 
ti e  regni  per  isponlanee  offerte,  e  tulli 
quanti  gli  enumerai  ,  di  altri  avendone 
parlato  a'Iuoghi  loro;  e  nella   Chiesa  di 
s.  Pietro  in  faticano,  in  3  tavoledi  bron- 
zo erano  scolpi  ti  i  nomi  di  tutti  gì'  im- 
peri, le  provincie,  le  isole  e  le  città   tri- 
butarie della  Chiesa  romana.  Rilevai  in 
che  consisteva    la   condizione  tributaria 
e  censitale  de'  monarchi,  e  quali  privile- 
gi e  vantaggi  ne  riceveano  in  corrispon- 
denza  da'  Papi,  esercitanti  il   padrona- 
Io.  ÌNon  devnusi  amalgamare  questi  sta- 
ti censitali,  né  cogli  antichi    Patrimoni 
della  Chiesa  romana  0  »,  Sede  (f.)3  con 
diritti  di  regalie  quasi  feudali,  che  notai 
cominciali  verso  il  43??  ed  i  soli  patri- 
moni di  Sicilia  e   Calabria   rendevano 
l'annua  e  cospicua  somma  di  tre  talenti 
e  mezzo  d'oro;  né  colle  investiture  delle 
due  Sicilie }<]e't\uaìiu\\  Parma  e  (ì\  Pia- 
cenza, di  Ferrara,  Urbino  (f.)  ec,  ri- 
cevute dagl'investiti  con  solenne  giura- 
mento di  fedeltà,vassallaggio  eannuo  cen- 
so, quali  feudi  appartenenti  al  diretto  e 
supremo  dominio  temporale  della  s.  Se- 
de;   altrettanto  doversi  dire  de'  f  icari 
temporali  (f.)  e  altri  baroni  feudatari 
di  contadi,  ciltà,  lene  e  castella  ,  inve- 


TRI  179 

siiti  egualmente  da'Papi  con  annui  tri 
buli.  Pallai  ancora   di  diversi  collettori 
e  registri  de'censi  della  Chiesa  romano, 
e  rettificai  le  asserzioni  erronee  di  RI  11 
latori  ,    alquanto  avverso  alla  potenza 
temporale  dc'Papi,  e  con  pregiudizio  di 
essa  eccessivamente   propenso  a   favore 
della  polenza  laicale,    per  ingrandir  la 
quale  tentò  deprimere  l'altra.  Dissi  pu- 
re, come  molte  città  e  terre  del  dominio 
papale,  per  esercitare  la  giurisdizione  del 
mero  e  misto  Impero  e  reggersi  a  mu- 
nicipio, per  privilegio  furono  riconosciu- 
te da'Papi  censitali  e  feudatarie  con  an- 
eliate tributo;  e  che  altrettanto  avendo 
concesso  con  Investitura  (/' .)  »   baroni 
minori,  invitati  questi  a  rinunziare  le  lo- 
ro giurisdizioni  e  curie   feudali   da    Pio 
VII,  nell'odierno  pontificalo  cessarono 
interamente  d'esistere,  e  co»ì  sparì  ogni 
traccia  del  famoso  e  già  prepolente  feu- 
dalismo. Né  ommisi  di  rammentare,  che 
anco  i  f  escavi,  gli  Abbati,  le  Abbades- 
se,  ed  altri  dignitari  de*  due  cleri,  oltre 
le  chiese  ed  i  luoghi  pii,  riceverono  e  die 
rono  investiture  con  triboli,  ed  esercizio 
di  Regalia  (f.)  con  potenza  temporale. 
Terminai    l' articolo  Stati  e  regni  tri 
butari  dell  v  s.  Sede,  con  rimarcare,  ch<; 
per  le  vicissitudini  de'lempi,  cessando  gli 
stati  e  i  regni  dal  mostrarsi  tributari  alla 
s.  Sede,  tuttavolta  questa  continuò  pro- 
porzionatamente la  sua  autorevole  e  be- 
nefica protezione,  mediante  il  patrocinio 
che  a  poco  a  poco  esercitarono  con  essa 
i  cardinali  Protettori  (f.)  degli  imperi, 
regni  e  repubbliche,  i  quali  poi  cessaro- 
no di  esistere  0'  nostri  giorni.  Notai  a 
Rendita  ecclesiastica,  fectigalis  Eccle- 
j/<7e,l'origine  di  essa,dei  ivala  dalle  Obla- 
zioni de'  fedeli  e  dalle  Decime  ecclesia- 
stiche, e  sua  divisione  canonica.  Dissi  an- 
cora del  discreto  e  benefico  uso  della  me- 
desima, riprovando  i  suoi  nemici  ed  11- 
surpatori.  Discorsi  inoltre  delle  readite 
della  chiesa  romana,  e  della  munificen- 
za incessante  esercitata  con  esse  da'Papi 
a  vantaggio  de'fedeli  d'ogni  condizione 


i8o  TRI 

e  regione,  ed  anco  con  nobile  ospitalità 
verso  i  principi  bisognosi  o  deironizzali; 
oltre  gl'immensi  tesori  impiegati  alla  di- 
fesa del  cristianesimo  contro  i  Sarace- 
ni (  f.)  per  liberare  la  Terra  Santa,  e 
contro  i  Turchi  (V.)  per  frenare  le  loro 
conquiste,  non  ebe  contro  quegli  Ere- 
tici che  imbrandirono  le  armi  per  so- 
stenere i  loro  perniciosi  errori  ;  accen- 
nando pure  le  limitate  rendite  stabilite 
pel  decoroso  mantenimento  della  sagra 
persona  del  Papa  sovrano,  ricordando 
fra  le  medesime  gli  annui  scudi  6000  a 
sua  disposizione,  sulla  regalia  de'  Sali 
e  Tabacchi,  cioè  sui  prodotti  delle  sali- 
ne di  Cervia  e  di  Comacchio,  e  sui  pro- 
dotti de'  sali  e  tabacchi  delle  legazioni 
di  Bologna,  Forlì,  Ferrara  e  Ravenna  , 
riservati  a  disposizione  speciale  del  Pa- 
pa, a  forma  de*  due  chirografi  de'  28  a- 
gGsto  e  3i  dicembre  1816  di  Pio  VII. 
Ommisi  però  di  specificare  e  dichiarare, 
che  tale  annua  regalia  la  generosità  pon- 
tificia non  l'usa  per  suo  privato  bisogno, 
ma  benignamente  l'eroga  in  annui  asse- 
gni o  pensioni  vitalizie,  a  favore  di  chi 
vuole  gratificare  o  soccorrere. 

11  Muratori  ci  die  la  dissert.  icj.a:  De' 
tributi,  delle  gabelle  e  di  altri  oneri 
pubblici  de' secoli  barbarici.  In  essa  di- 
scorre di  quante  sorte  in  uso  anticamen- 
te in  Italia  ;  come  si  chiamassero  i  mini- 
stri destinali  a  raccogliere  i  tributi;  cosa 
s'intendessero  allora  per  oneri  pubblici; 
e  quali  si  pagassero  a'messi  regi.  Adun- 
que il  grande  erudito,  cercando  di  che  si 
nutrisse  una  volla  il  regio  Fisco  (P^.) , 
osserva  che  niuno  de'principi  ebbe  inai 
bisogno  di  maestri  o  di  libri  per  impa- 
rare a  raccogliere  denaro,  tributi  o  sus- 
sidii  dal  popolo,  per  sostenere  la  propria 
dignità,  per  le  necessità  della  guerra  e  per 
altre  pubbliche  occorrenze.  Imperocché 
•■gli  dice,  questo  è  un  mestiere  facile  per 
chiunque  ha  popoli  sudditi,  ubbidienti  e 
avvezzi  a  portare  il  giogo;  nondimeno  an- 
co a'tempi  de'longobardi,  (rauchi  e  ger- 
Miuui  stgnoreggianti  in  llaliu,  furouo  iu 


TR  I 

uso  i  tributi,  che  si  pagavano  dal  popolo 
in  denaro  contante  o  in  naturali  prodot- 
ti. Sembra  ancora  che  vi  fossero  dazi  o 
gabelle  che  si  riscuotevano  per  introdu- 
zione delle  merci  e  d'altre  cose  venali  o 
alle  porte,  o  riporti,  o  nelle  strade,  ne* 
ponti  e  passi  de'fiumi,  che  si  chiamava- 
no Portoria.  La  voce  Telone  uni  fu  ge- 
nerale per  significare  il  /  ectigalia  de' 
latini,  e  le  Gabelle  fra  noi.  Inoltre  non 
lieve  era  il  provento  che  si  ricavava  dal- 
le frequenti  condanne  e  pene  pecuniarie. 
Aggiungasi  che  non  mancavano  censi  e 
fondi  spettanti  al  pubblico  0  privato  e- 
rario  de're,  come  corti,  selve,  saline,  mi' 
niere,  laghi  e  fiumi  fecondi  per  la  pesca- 
gione. Finalmente  v'erano  altri  oneri 
pubblici,  carichi  e  obblighi,  che  nulla 
fluitavano  alla  borsa  del  principe,  ma  co- 
stavano molto  denaro  e  incomodo  al  po- 
polo. Quanto  alla  capitazione  ossia  testa- 
tico o  censo  personale,  da  pagarsi  da  ogni 
uomo,  fu  talvolta  in  uso  anco  presso  i  ro- 
mani antichi,  e  fu  poi  introdotto  in  altre 
nazioni.  Anticamente  tra'romaui  lo  paga- 
va la  sola  plebe,  ed  un  tempo  anche  i  no- 
bili; se  poi  ne'tempi  in  cui  l'Italia  sog- 
giacque a'barbari  lo  pagasse,propriamen- 
te  lo  ignorò  Muratori,  poiché  non  ne  par- 
lano le  leggi  longobarde,  e  di  q>;e'  seco- 
li restano  poche  memorie  per  chiarirlo. 
Bensì  gl'imperatori  greci,  Ira  gl'insoflli- 
bili  aggravi,  vi  compresero  il  testatico. 
De'tributi  sulle  terre  ceusuarie  che  da- 
vansi  a  Livello  (V.),  già  detti  Enfiteusi 
{F-),  con  obbligo  di  pagare  l'annuo  cen- 
so al  fisco,  ve  ne  sono  vari  esempi.  Nella 
legge  Salica  de'francui  s'impone  il  tribu- 
to di  1800  denari  al  reo  d'omicidio.  Per 
l'uccisione  d'un  romano  tributario,  o  pos- 
sessore di  terre  tributarie,  ci  avi  la  multa 
di  45  soldi;  e  se  un  romano  uccideva  al- 
cuno, dovea  pagar  100  soldi.  Ne'  vecchi 
documenti  si  nominano  FoHsfacturac 
le  pene  pecuniarie  che  si  pagavano  per 
delitti  criminali  al  fisco.  Grande  rendila 
producevano  le  pene  pecuniarie.cioè  Mul- 
tar o  Mulctae,  appellate  Freda  dall'an- 


T  R  I 

lìdie  leggi,  come  dicevasi  Le  udì  so  Leu* 
dnni  la  composizione.  Ne'secoli  barbari- 
ci pochi  misfatti  erano  capitali,  cioè  pu- 
niti colla  morte,  a  riserva  de' commessi 
contro  il  re  o  la  repubblica,  chiamati  de- 
litti di  lesa  maestà.  I  servi  che  uccideva- 
no il  padrone  o  la  moglie,  si  riscattava- 
no pagando  una  somma  ond'  essere  as- 
solti dalla  pena  e  dalla  prigione:  chi  uc- 
cideva un  prete  pagava  600  soldi  al  fi- 
sco, egoo  se  uccideva  un  Vescovo, come 
si  ha  dalla  legge  longobardica  i  o  1  di  Car- 
lo Magno  e  da  altre  di  Lodovico  I.  Uu  in- 
cendiario, un  ladro,  un  assassino  era  am- 
messo a  composizione,  e  il  fisco  occupa- 
va tutti  i  beni  di  chi  uon  pagava.  Né  que- 
sta immorale  e  riprovevole  usanza  era 
propria  de'soli  longobardi,  quasi  tutti  gli 
altri  popoli  settentrionali  pagavano  Io 
slesso,  come  si  rileva  dalle  leggi  Salica, 
Ripuaria,Bavariea,  ec.  Anzi  anche  ne'se- 
coli posteriori  si  vedouo  prescritte  pene 
molto  lievi  al  flirto  ed  omicidio.  Essen- 
do state  così  tenui  una  volta  le  pene,  e 
cotanto  inferociti  e  turbolenti  i  costumi 
degli  uomini,  si  può  ben  congetturare, 
che  frequenti  fossero» delitti,  con  ingras- 
sarsi poi  delle  spoglie  de'rei  il  regio  fisco, 
e  massimamente  se  si  trattava  di  ribellio- 
ne. Trovatisi  nelle  vecchie  carte  menzio- 
ne t\\  ghindatici,  Iwrbatiii,  e  scalici,  cioè 
d'un  censo  e  uon  tributo,,  che  si  pagava 
pel  godimento  della  facoltà  di  poter  pa- 
scere i  porci  nelle  selve  del  fisco  chiama- 
te pubbliche  :  alpalico  si  diceva  il  censo 
che  pagavasi  alla  regia  camera,  per  po- 
ter pascolare  le  pecore  nel!'  Alpi;  agra- 
riunì  il  tributo  o  ce  ti  so  imposto  a'pasto- 
ri,  che  metta  vano  al  pascolo  le  loro  peco- 
re pe'poderi  regali;  (erratico  il  censo  che 
si  pagava  da'villani, coltivanti  le  terre  al- 
trui, in  grano,  miglio,  orzo,  e  in  alcuni 
luoghi  talvolta  fu  tributo.  Il  mondo  sem- 
pre indinandoalla  peggio,  dice  Muratori, 
perciò  andai  onsi  inventando  nuove  ma- 
niere di  pelare  i  sudditi  in  Italia  con  pub- 
blici pesi.  II plateatico  era  un  tributo  pa- 
gabile da  chi  volea  vendere  in  piazza,  vo- 


TB1  181 

ce  che  si  usò  inoltre  per  altri  tributi.  Si 
chiamò  Kxcadcntìa  e  Bona  caduca  l'e- 
redità de'pellegrini  e  forastieri  die  man- 
cavano di  vita  senza  far  testamento  e  sen- 
za eredi  chiamali  dalla  legge,  le  quali  e- 
raito  prese  dal  fisco:  noi  lo  diciamo  Al- 
binaggio,  come  notai  di  sopra.  Si  lagna 
Muratori,  poiché  a  suo  tempo  non  erattsi 
fatle  fra  gli  stati  le  convenzioni  che  ri- 
portai a  Testamento,  che  in  alcuni  paesi 
i  forastieri  non  era  un  ammessi  all'eredi- 
tà,benché  agnati  ocoguati,  e  benché  chia- 
mati ue'lestameuti,  tutto  divorando  il  fi- 
sco. Oltre  a  ciò  pervenivano  al  fisco  re- 
gio molte  eredità  per  mancanza  di  eredi. 
Nella  legge  1  58  di  re  Rota  ri  è  decretato, 
che  se  alcuno  muore  lasciando  solamen- 
te figlie  legittime  e  figli  bastardi,  i  pa- 
renti prossimi,  gli  agnati,  prenderebbe- 
ro due  micie  del  di  lui  asse.  Che  se  uno 
moriva  senza  eredi,  cadevauo  alla  corte 
regia,  cosi  le  eredità  di  quelli  die  non  a- 
vessero  testato.  Gli  eredi  legittimi  si  com- 
putavano sino  al  7.0  grado.  Alcuni  prin- 
cipi donarono  alle  chiese  i  beni  de'morli 
senza  a  ver  fatto  testamento,  ed  ecco  come 
di  sovente  facevano  simili  pie  donazioni. 
Imparo  dal  Borgia  nelle  Memorie  di  Be- 
nevento t.  2,  p.  137,  l'enorme  abuso  esi- 
stente un  tempo  in  quella  città,  cioè  ili 
vietare  a'mercanti,  viandanti  e  pellegri- 
ni diedi  passaggio  ivi  s'infermavano,  l'u- 
scir di  casa,  il  far  testamento  e  l'elegger- 
si la  sepoltura.  Il  concilio  provinciale  del 
ilio  inutilmente  ordinò  che  non  si  re- 
casse alcuna  molestia  a'mercauti  nell'ac- 
cesso e  recesso  da  Benevento;  inutilmen- 
te riprovò  l'enorme  abuso  L\ipa  Eugenio 
III, finché  pochi  anni  dopo  recatosi  a  Be- 
nevento Alessandro  III,  con  grave  costi- 
tuzione diretta  al  clero,  a 'giudici  e  al  po- 
polo beneventano, solennemente  condan- 
nò la  rea  usanza,  e  sotto  severe  pene  la 
vietò,  restituendo  a'forastieri  la  piena  li- 
bertà nello  scegliere  la  sepoltura,  e  nel 
testare  delle  cose  loro;  e  di  più  ordinò, 
che  se  per  avventura  alcun  di  loro  ve- 
nisse a  morire  seuza  far  tcslameulu,  si 


i8a  T  li  I 

prendessero  le  di  lui  robe.ecoll'aulorità 
ilei  pontificio  rettore,  dell'arcivescovo  e 
d'idonei  testimoni  si  tenessero  pei  un  an- 
no depositate  in  qualche  chiesa,  scorso  il 
quale,  senza  che  comparso  fosse  alcuno 
legittimo  erede,  decretò  che  tali  robe  si 
dividessero  in  3  pontoni  come  per  1*  in- 
nanzi si  costo  ma  va,  da  applicarsi  alla  cu- 
ria di  Benevento,  alla  chiesa  e  agli  ospi- 
ti. Chiama  giustamente  il  Muratori,  cru- 
dele consuetudine  e  barbara  legge  quel- 
la de'passati  secoli,  per  la  quale  il  fisco 
occupava  i  beni  di  coloro  che  facevano 
naufragio;  iuiquissima  usanza  appellata 
Logon  o  Laganum,  che  fu  in  uso  anche 
presso  i  greci  e  romani  antichi,  e  fami- 
liare presso  quasi  tutte  le  altre  nazioni. 
J  geuovesi  recatisi  a  Tunisi  in  soccorso 
di  s.  Luigi  IX  re  di  Francia,  nel  ritorno, 
la  loro  poderosa  flotta  fu  spinta  nelle  co- 
ste di  Sicilia,  e  fracassate  le  navi  gran  co- 
pia d'uomini  vi  perì.  11  re  Carlo  I  fratel 
lo  del  santo,  dimentico  d'esser  cristiano, 
operò  contro  i  genovesi  collegati  e  nau- 
ti aghi  peggio  de'  turchi.  Così  inumana 
consuetudine  talmente  fu  detestata  poi 
da'  Papi  e  da'  concilii,  che  fulminala  da 
più  scomuniche  e  posta  nel  ruolo  dere- 
litti condannali  nella  bolla  Corna  Do- 
mini, finalmente  cessò  ne'paesi  cattolici. 
Nel  voi.  L1V,  p.  igo,  riportai  un  bel  nu- 
mero di  bolle  pontificie, cominciando  da 
Onorio  II  deli  i  3o  condannatila  del  bar- 
baro presunto  diritto. Per  le  barche  e  na  vi 
si  pagavauo  i  tributi  detti  Ri  naticum,  Pa- 
li ficlura,  Transitura  o  Trasturo,  cPor- 
tonaticum.  Non  la  finirei  mai  se  dovessi 
riferire  tutti  i  vocaboli  riuniti  da  Mura- 
tori, sui  tributi  del  medio  evo  iu  Italia; 
anzi  egli  riferisce  che  vi  furono  tributi  e 
aggravi,  de'quali  si  conosce  il  solo  nome 
e  non  il  significato,  poiché  in  progresso 
di  tempo  vieppiù  crebbero  :  e  siccome  Tc- 
loneum  fu  voce  generale  sinonimo  del- 
l'antico Feci  igo  Ho  ossia  Gabella,  così  a 
raccogliere  i  tributi,  dazi  e  gabelle  si  de- 
stinarono uflìziali  denominali  leloncori, 
vegliali  da'depulati  delti  aclionarii.  Gli 


T  li  I 

aggravi  pubblici  furono  anco  appellati  O* 

nera  publico,  Angarine,  Perangariae, 
Foclioncs  publicae.  Di  gran  peso  dovette 
esser  quello  di  tulle  le  persone  hbere  atte 
alle  armi,  forzate  a  concorrere  all'arma- 
ta e  militare,  qualora  veniva  voglia  o  bi- 
sogno a'regnanli  di  far  guerra,  e  pochi  e 
rano  gli  escuti  e  dispensali,  con  grave  di- 
scapito de'loro  interessi.  Per  chi  non  an- 
dava era  proporzionatala  pena  Heribau- 
ìuun, legge  dura  e  grave  per  (pianto  biso- 
gnava somminislrare.Doveasi  dare  YHe- 
ribergum,  onde  derivò  la  voce  albergo, 
cioè  l'ospizio,  lìlansio,  a  lutti  i  ministri 
e  messi  regi  della  giustizia,  ed  anche  a're, 
o  a 'soldati  quando  lo  richiedeva  l'occa- 
sione: chi  ricusava  dovea  pagar*  VJfcii- 
bannum.  Gli  uomini  delle  provincia  era- 
notenuti  per  gli  aggravi  1 eredi  e  Paro- 
veredi,  a  somministrar  cavalli  e  bestie  ila 
soma,  per  condurre  le  bagaglie  allorché 
il  re  e  la  sua  corte,  i  messi  regi  o  conti,  od 
altri  pubblici  ministri  straordinari  [las- 
savano pel  paese;  i  messi  alzavano  Tri- 
bunale e  col  Placito  (£'.)  amministrava- 
no la  giustizia  a'popoli  che  aveano  titoli 
di  lagnanze  contro  gli  ordinari  giudici  e 
governanti,  e  solevano  essere  due,  l'uno 
ecclesiastico  e  l'altro  secolare.  Si  chiamò 
Cursus  J'eliicularius  o  Fiscali*  0  Pu- 
blieuSy  il  disporsi  ad  ogni  determinato  sito 
di  alquante  miglia  cavalli  e  carrette,  per 
portare  con  diligenza  le  ledere  del  piiu- 
cipe,  e  condurre  sollecitamente  i  ministri 
e  uomini  della  corte.  Fu  iu  uso  anco  sot- 
to gì'  imperatori  romani,  e  corrisponde 
alla  Posta  (1  .)  d'oggidì,  se  non  che  toc- 
cava allora  al  paese  di  somministrare  e 
mantenere  i  cavalli  e  le  cai  rette.  Alcuni 
buoni  imperatori  ne  sgravarono  il  pub- 
blico, appoggiandone  la  cura  al  fìsco;  ma 
sotto  i  re  goti,  longobardi  e  franchi,  du- 
rò quesl'angaria  a  spese  de'sudditi.  Non 
era  permesso  negli  antichi  tempi  alle  pei" 
sone  privale  di  servirsi  della  diligenza  , 
Vehicularii  cursus,  o  sia  della  posta,  se 
non  per  siugolar  privilegio  o  concessione 
del  principe.  Conveniva  anche  tener  bar- 


T  li  I 

che  pronte,  chiamate  Dromo/ics  e  Na- 
ves  cursoriae,  a  (Ine  eli  condurre  pesti- 
mi e  laghi  i  corrieri,  cortigiani  e  magi- 
strali regi.  Altro  aggravio  era  il  Fodrum 
o  Foderimi,  cioè  l'obbligo  d'alimentare 
i  soldati,  e  lo  stesso  Imperatore  colla  sua 
corte  passando  ne'  paesi,  somministran- 
dosi pure  foraggio  e  biada  pe'cavalli:  al 
ladro  erano  obbligati  non  meno  gli  ec- 
clesiastici che  i  secolari,  ed  il  prepotente 
imperatore  Federico  I  lo  pretese  da  Pa- 
pa Adriano  IV,  mentre  l'esenzione  erasi 
accordata  a  tanti  vescovi  e  abbati.  Narrai 
nel  voi.  LVIII,  p.  28i,eheRodolfoIre 
de'romani  nel  confermare  a  Gregorio  X 
le  temporalità  della  s.  Sede,  si  riservò  il 
fodro;  ed  ivi  notai  altre  cose  sul  (odio,  e 
del  mantenimento  in  Roma  dell'impera- 
tore e  sua  corte,  e  ne'  viaggi  da'feudatari. 
Ne'secoli  più  bassi,  allorché  le  città  pre- 
sero forma  di  repubblica,  sottomettendo 
al  loro  dominio  le  varie  terre  e  castella, 
obbligarono  i  popoli  a  pagar  la  boazia, 
cioè  un  tanto  per  ogni  paio  di  bovi.  Dopo 
il  i  ooo  ancora  s'introdussero  vari  straor- 
dinari aggravi,  a 'quali  specialmente  era- 
no sottoposti  i  vassalli,  chiamali  Auxi- 
Ha,  Dona  gratuita  e  Aiutila,  vale  a  di- 
re prestanze  di  denaro,  che  mai  più.  si 
restituiva.  Venendo  adunque  occasione 
di  guerre,  o  maritandosi  il  principe,  o  ac- 
casando egli  le  figlie,  o  dovendosi  confe- 
rire a  lui  o  a'iigli  il  cingolo  della  milizia, 
appellata  cavalleria,  o  dovendosi  fortifi- 
car la  città  o  qualche  castello,  si  esigeva- 
no Auxilia  da  tutto  il  popolo,  ma  più 
sovente  da' vassalli. Che  se  due  o  tre  volte 
si  pagava  dal  popolo  qualche  aiuto,  o  in 
denari  o  in  naturali,  sotto  il  nome  di  con- 
suetudine, seguitava  poi  questo  peso  :  da 
tali  consuetudini, che  non  aveauo  mai  fi- 
ni^ ninna  città  probabilmente  audò  esen- 
te; biasimevoli  usanze  chiamate  pure  oc- 
casiones,  di  cn\  se  ne  trovano  esempi  tra 
gli  antichi  romani,  come  non  ne  fu  esen- 
te una  volta  la  repubblica  ecclesiastica. 
Imposizioni  pecuniarie,  di  tasse  e  altre  pe- 
ne civili  ed  ecclesiastiche,  si  stabdirouo 


TRI  i83 

per  frenare  e  punire  chi  rompeva  la  Tre- 
gua del  Signore  (f7.).  Finisce  Muratori 
con  protestare,  che  co'  tributi  e  aggravi 
de'  secoli  barbari,  non  pretese  d'  averli 
mentovati  tutti, poiché  questo  è  un  cam- 
po vasto  e  fecondo,  portando  la  disgra- 
zia, che  introdotto  un  nuovo  dazio  o  ga- 
bella,  ha  la  fortuna  di  conseguire  il  pri- 
vilegio dell'immortalità.  Forse  non  vi  è 
niuno  de'popoli,sentendoi  propri  pesi.che 
non  se  ne  lagni,  ma  senza  conoscere  quelli 
ancora  d'altri  paesi,che  talvolta  sono  mol- 
to più  gravi. Anzi  scrisse  Salviano,  parlan- 
do degli  esorbitanti  aggravi  paliti  al  suo 
tempo  da'popoli  del  romano  impero,  che 
senza  paragone  slavano  meglio  que'  ro- 
mani divenuti  sudditi  de'  barbari,  non 
curandosi  perciò  di  mutar  padrone.  IV 
secoli  successivi, de'principali  tributi  del- 
le città  e  nazioni  ne  parlai  a'  loro  luoghi, 
e  per  lo  stato  pontifìcio  ne'summentova- 
ti  articoli  e  in  quelli  in  essi  citati,  ed  a' 
quali  qui  aggiungerò  alcune  altre  erudi- 
zieni. 

Con  s.  Gregorio  II  incominciata  la  so- 
vranità papale ,  o  per  dir  meglio  più  a- 
pertamenle  venne  riconosciuta  da'popoli; 
indi  la  piena  amministrazione  delle  cose 
civili  in  Roma  e  nelle  provincie  del  prin- 
cipato temporale  della  chiesa  romana  me- 
glio si  sviluppò  con  vigore  circa  5o  anni 
dopo,  sottoAdriano  1  del  772,  nel  cui  pon- 
tificato il  regno  de'longobardi  fu  spento 
dal  rede'l'ranchi  Carlo  Magno,  che  poi  s. 
Leone  Ili  elevò  all'impero  d'occidente. 
Nel  principio  della  dominazione  tempo- 
rale de'  Papi,  questi  seguirono  il  sistema 
feudale,  facendo  governare  le  provincie  e 
le  città  da'  loro  ministri  ,  conti ,  giudici, 
gastaidi  e  altri  governanti  chiamati  con 
diversi  vocaboli,  fra'quali  fuvvi  quello  di 
lettore  ,  risei  vanitosi  il  supremo  potere. 
Questo  talvolta  fu  impedito  dal  furore 
delle  ribellioni,  dalle  differenze  civili  del- 
le (azioni,  dalle  agitazioni  politiche,  e  dalle 
pretensioni  feudali  degl'imperatori  fran- 
chi e  tedeschi,  non  meno  che  da' re  d'I- 
talia. Per  tutte  queste  viceude,  per  la  fa- 


i84  TRI 

mosa  lotta  tra  il  Sacerdozio  e  l'Impero, 
a  motivo  dell'  Investiture  ecclesiastiche 
(ì  .),  i  Papi  si  doverono  contentare  d'im- 
perare alla  meglio,  e  lasciare  che  le  città 
e  i  luoghi,  secondo  lo  spirito  de'tempi,  si 
governassero  a  reggimento  democratico 
e  libero,  salva  la  suprema  signoria.  Nel 
secolo  XI  i  Papi  principiarono  a  concede- 
re a  particolari  signori,  ed  alle  stesse  cit- 
tà e  comuni  investiture  con  lievi  tribu- 
ti, in  riconoscimento  dell'  alla  sovranità. 
Altri  tributi  e  censi  in  favore  de'la  s.  Se- 
de  era n le  derivati  fin  da  s.  Zaccaria  Pa- 
pa del  74 'j  quando  le  abbazie  e  i  mona- 
steri bramarono  1'  esenzione,  sottraendo- 
si dalla  soggezione  de'  vescovi,  e  ponen- 
dosi sotto  l'immediata  protezione  di  s.Pie- 
Iro  e  della  Chiesa  romana,  pagando  an- 
nuo tributo  in  denaro,  cera  e  in  altri  og- 
getti, e  da  una  di  queste  corrisposte  eb- 
be principio  la  Rosa  d'oro  (P  ■)■  Nello  stes- 
so secolo  XI,  s.  Leone  IX,  Nicolò  II,  A- 
lessandro  II  e  s.  Gregorio  VII  comincia- 
rono a  infeudare  le  due  Sicilie  coll'inse- 
gna  del  Vessillo  o  Stendardo  di  s.  Pie- 
tro {V.),  con  giuramento  di  vassallaggio 
e  fedeltà  ed  omaggio  ligio,  e  con  annuo 
tributo,  siccome  dominio  principesco  del- 
la s.  Sede.  Prima  fu  stabilita  la  consegna 
del  tributo  nel  giorno  di  Pasqua,  poi  uel- 
la  vigilia  de' ss.  Pietro  e  Paolo  ,  e  dipoi 
alla  somma  vi  fu  aggiunto  un  cavallo 
bianco  e  bello  detto  ottima  ,  con  nobile 
bardatura.  I  Papi  dierono  l' investiture 
delle  due  Sicilie,  per  avere  nel  principe 
investito  un  conservatore  e  difensore  dei 
loro  diritti.  Anzi  diverse  investiture,  co- 
me quella  di  Carlo  1  d'Augiò,oltre5o,ooo 
marche  sterline  per  ogni  nuovo  re,  oltre 
l'annuo  tributo  d'Booo  oncie  d'oro,  ol- 
tre il  cavallo  bianco,  a  richiesta  del  Pa- 
pa era  tenuto  l'investilo  di  mandare  3oo 
cavalieri  ben  armati,  sussidio  che  secon- 
do i  bisogni  poteva  permutarsi  in  nava- 
le slolium.  Di  non  far  lega  e  confedera- 
zione con  alcuno,  contro  la  chiesa  roma- 
no; e  di  tener  pronti  almeno  i  ooocavalie- 
li  oltramoutaui,ed altra  truppa  apparec- 


TR  I 
chiala  per  valersene  ad  prosecutionem 
ncgoliijidei.  Ne'secoliXII  e  XIII,  sia  per 
la  prepotenza  d'alcuni  imperatori,  sia  per 
gli  scismi,  sia  per  le  tremende  fazioni  ilei 
guelfi  e  ghibellini ,  venendo  fomentati  i 
romani  del  loro  partilo  a  sognare  il  ri- 
pristinamento  dell'  antico  Senato  e  Re- 
pubblica romana,  per  le  quasi  continue 
commozioni  eccitate  da  ambiziosi  che  a- 
spiravano  a  dominarli,  molli  Papi  furo- 
no costretti  a  esulare  da  Roma,  a  risiede- 
re nelle  città  delle  provincie  vicine,  e  per- 
sino a  rifugiarsi  in  Francia.  Per  tante  ca- 
lamità, convenne  loro  di  accordare  altre 
investiture  feudali  delle  terre  della  Chie- 
sa,^on  tributi  e  censi,  riservandosi  la  su- 
prema sovranità,  e  per  tale  mezzo  rico- 
noscere le  usurpazioni  fatte  nell'infelici- 
tà di  siffatti  tempi.  Notai  nel  vol.LXXIV, 
p.  269,  che  il  censo  apostolico  è  antichis- 
simo, imposizione  stabile  e  ordinaria  ,  e 
già  esisteva  a'iempi  d'Innocenzo  III  del 
1  1  q8.  Si  denominò  anche  Sussidio  papa- 
le, ed  in  tale  articolo  rilevai  che  il  voca- 
bolo fu  usato  in  generale  per  tulle  l'im- 
posizioni. Nel  secolo  XIV  il  potere  tem- 
porale de'Papi  vieppiù  venne  invaso,  do- 
poché Clemente  V  stabilì  la  l'alale  resi- 
denza pontificia  in  Francia  e  in  Avigno- 
ne, ove  restò  sino  al  1  377  con  gravissi- 
mo daunoaltresì  dell'unità  della  Chiesa, 
pel  funestissimo  grande  Scisma  d'  occi- 
dente che  ne  fu  lagrimevole  conseguen- 
za. Perciò  i  Papi  avignonesi  trovaronsi 
costretti  nella  loro  lontananza  dallo  sla- 
to ecclesiastico,  di  riconoscerei  prepotenti 
signoroni  e  tirannetti  usurpatori  de'  lo- 
ro dominii,  quali  vicari  temporali  e  feu- 
da  lori  investiture  che  pure  dierono  a  quei 
che  seguirono  le  loro  parli  e  contribui- 
rono alla  ricupera  dello  slato,  soccorren- 
do i  legali  a  tal  uopo  spediti  ,  fra'  quali 
primeggiò  il  gran  cardinale  Albomoz. 
Sebbene  i  Papi  tornarono  alla  loro  pro- 
pria sede  Iloma,  per  lo  scisma  e  relative 
turbolenze  furono  necessitati  a  rinnova- 
re le  investiture  e  ad  accordarne  anche 
delle  nuove.  Tulle  registrai  e  in  che  con- 


T  R  I 

sislevano  le  condizioni  deg!' investiti  nei 
tributi  e  aldo  cui  obbligaronsi,  ne' tanti 
l'ispettivi  articoli,  il  che  agevolmente  può 
vedersi,  insieme  alle  frequenti  condona- 
zioni de'tribuli  e  censi  non  soddisfalli.  A 
darne  un'idea,  dirò  soltanto,  che  Bonifa- 
cio IX  del  i  38g,  dopo  aver  condonalo  al 
feudatario  Alberto  d'Este signore  di  Fer- 
rara i  censi  non  pagati  per  cpiel  dominio, 
rinnovò  al  figlio  Nicolò  HI  d'Este  l'inve- 
stilura  di  Ferrara  a  vila,  coll'annuo  cen- 
so di  i  0,000  fiorini  di  camera,  olire  a  i  00 
uomini  Stipendiati  in  caso  di  bisogno  pel 
servigio  della  s.  Sede.  Inoltre  confermò  i 
Mala  lesta  ne' vicariali  di  Rimini,  Fano, 
Fossombrone  e  altri  luoghi,  per  l'annuo 
censo  di  7000  ducali;ed  a  Malatesta  Ma- 
latesti  die  pei' 10  anni  in  prefettura  To- 
di, coll'annuo  tributo  di  3ooo  scudi  d'o- 
ro, assolvendolo  dall'usurpazione  che  ne 
avea  fatta.  Concesse  il  vicarialo  di  Foli- 
gno ad  Ugolino  Trinci,  col  feudo  di  1000 
scudi  d'oro  ogni  anno.  Al  magistrato  di 
Bologna,  il  quale  avea  confessato  con  alto 
solenne  eh»  alla  chiesa  roma  uà  apparte- 
nevano Bologna,  Imola  e  Massa  de'Lom- 
bardi  in  quella  diocesi,  concesse  per  2  5 
unni  il  governo  di  que'luoghi,  collobbli- 
go  di  contribuire  annualmente  alla  ca- 
mera apostolica  5ooo  scudi  d'oro.  Reca- 
tosi Bonifacio  IX  a  Perugia,  ricevè  in  de- 
dizione la  città  e  il  contado,  riconoscen- 
do formalmente  i  perugini  appartenere 
al  dominio  della  chiesa  romana;  rinno- 
vando il  Papa  l'investitura  al  vescovo  e 
cittadini,  con  lieve  tributo  da  pagarsi  al- 
la camera  apostolica  per  la  festa  de'  ss. 
Pietro  e  Paolo,  in  ricognizione  dell'alto 
dominio.  Avendo  Bonifacio  IX  assolto 
Giovanni  e  Nicolò  della  Colonna,  per  ri- 
bellione da  lui  scomunicati  ,  privati  dei 
feudi  e  confiscati  ne'beni,  concesse  loro  in 
■vicariato  a  3.a  generazione  il  castello  di 
Gallese  e  il  vicino  porto  sul  Tevere  det- 
to di  Arzegiio.  Si  stabilirono  i  canoni  tri- 
butari d'un  cervo  vivo  per  Gallese,  e  di 
due  fagiani  similmente  vivi  per  il  porto. 
Godendo  la  chiesa  di  s.  Ippolito  di  Poi- 


TRI  18S 

to  la  gabella  detta  dell'  Ampolla  ,  Boni- 
facio IX  la  concesse  in  appodazioue  vita- 
lizia per  l'annuo  censo  d'un  paio  di  per- 
nici. Di  più  il  Papa  infeudò  Antonio  Ine- 
schi del  principato  di  [\1  assentilo  nel  Pie- 
monte, e  delle  terre  di  Crevacour  mar- 
chesato e  di  Monte  Capretto,  col  censo  al- 
la camera  apostolica  d'uno  sparviere.  Col 
medesimocenso  Bonifacio  IXinvesùCam- 
porsevoli  e  Monte  Leone  a  Francesco  con- 
te di  Corbara.Col  tributo  poi  d'un  cane 
da  rete  e  di  una  rete,  accordò  a  Minino 
Dongiovanni,  Rotella  d'  Ascoli.  Indi  die 
Canino  in  feudo  a  Paolo  Orsini,  col  tri- 
buto d'  un  cane  da  caccia  d'  uccelli  e  di 
lepri,  boni  et  experli.  Dipoi  Eugenio  IV 
infeudò  di  Castel  Arcionedi  Tivolta  Gio. 
Antonio  e  RinaldoOrsini,  pel  canone  d'ini 
cane  da  rete  e  di  una  rete,  da  presentar- 
si per  la  festa  di  s.  Pietro  alla  camera  a- 
postolica.    Narrai   all'  articolo   Famiglia 
pontificia,  che  anticamente  era  avi  in  es- 
sa i  cacciatori,  poiché  i  J/api  conceden- 
do la  quotidiana  mensa  a'ioro  famiglia- 
ri numerosi,  imbandendo  nel  Triclinio 
(V.),  oltre  l'ospitalità  a' Pellegrini, Pran- 
zi, Conviti  e  Ccne(F.)  nelle  feste  solen- 
ni, occorreva  anche  della   selvaggina  e 
altra  cacciagione  per   le  vivande;  ed  ec- 
co perchè  vari  tributi  furono  di  cani,  di 
reti,  di  falconi  ,  di  cervi  e  di  uccellame, 
ec.  M'  istruisce  il  Cancellieri,  Novena  e 
festa  di Natale, y>.  1  38,  che  per  questa  so- 
lennità e  per  quella  di  Pasqua,  dovea  pa- 
garsi alla  Chiesa  romana  un   tributo   di 
cacciagione,  come  rilevasi  da  questa  for- 
mula riportata  dal  Carpentier.  Vos  re- 
quirimus ... districtus  injungenles,  quale- 
nus   venationis  Exe.nium ,  ut  moris  est, 
sic  devote,  sica  uè  honorifice  in  proxì  mo 
futuro  fes lo  Nativi  tati  s  dominicae  nobls 
prò  Romana  Ecclesia  faciatis...  ita  quoti 
quinque  diebus  ante  festina   Nalivitatis 
praedictae,  dietimi  Exenium,  vestro  no- 
mine, corani  nostra  praesenlia  praesen- 
ìelur...  e  dopo  si  nominano,  Exeni  a  ve- 
nationis ia festivi talibus  Nitivitatis  et  Re- 
surrecliouis  Domini.  Bonifacio  IX  final- 


i  S6  T  R  1 

melile  proil/i,  che  i  Beni  di  chiese ,  di  mo- 
nasteri e  ospedali  si  potessero  a  Hi  ti. ire  o 
tiare  in  enfiteusi  per  più  di  3  anni,  e  che 
le  loro  rendite  si  potessero  ricevere  pri- 
ma del  tempo  annuale;  divieti  che  am- 
pliaronoalti  i  L'api, sottoponendoli  al  Be- 
neplacito apostolico  (/",).  Già  s.  Leone  I 
avea  proibito  le  alienazioni  de'  beni   ec- 
clesiastici, colla   bolla    Occasio  speda- 
Unni,  de'  3i  ottobre   44?j    Bull.   Rota. 
t.  1,  p.  3q;  De  rebus  Ecclesiae.  non  a- 
lieuandis.  Vi  lucono  pure  annui  tribu- 
ti canterali   soltanto  di  piatti  e  di  tazze 
d'argento,   anebe  per  infeudazioni  di  si- 
gnorie, terre  e  castella.  Durante  il  seco- 
lo XV  continuarono  le  infeudazioni,  e 
in  pari  tempo  furono  incamerati  diversi 
luoghi  al  diretto  dominio  della  s.  Sede, 
per  cessazioni  d'investiture  e  morosità  dei 
tributi.  Terminò  pure  la  temporanea  in- 
feudazione  di  Benevento  e  di  Terracina, 
pel  qual  vicariato  Alfonso  I  che  l'ebbe  a 
vita  presentò  il  tiibuto  di  due  sparvieri; 
ed  il  figlio  ricevendo  Terracina  per  un 
decennio,  somministrò  in  tributo  un  ca- 
vallo bianco  nella  festa  di  Pentecoste.  In- 
nocenzo Vili  colla  bolla  Apostoliche  Ca- 
meraej  de' 17  febbraio  1 4^5,  Bull.  Rom. 
t.  3,  par.  3,  p.  200;  Contea  annatas  ex 
Jructibus  Beneficiorum  Eeclesiaslicorum 
slalulis  temporibus  non  soh>enles,\mli  col- 
la bolla  Ad  reformanduui,  de'  5  agosto 
i485,  Bull,  cil.p.  20  1;  Contea  accipien- 
ics  honorum  Ecclesia/  uni ,  et  Mollaste- 
riorum  administralionein  absque  Sedis 
apostolicae  licentia,  Uteri sq ne  ab  ea  im- 
petiandis  minime  expediùs.  Il  successo- 
re Alessandro  VI  pubblicò  la  bolla  Inter 
miiltiplicescuras)àe\i.0a[n\lei/\.C)3,Bull, 
cit.  p.  2  3  2  :  Contea  sibimet  jus  dicentes 
aut  cavalcatam  aut  hominum  missio- 
nem  facientes  in  Stalli  Ecclesiastico,  E 
dispose  colla  bolla  Cuoi  ex  1  elulione,  dei 
1  3  dicembrei497,  BuU.nl.  p,238:  Con- 
tea non  solventes  census}  canones3  et  a- 
Ha  fura,  vel  regalia  rev.  Camerae  Apo- 
stolicae.  La  diresse  a'vicari,  a'feudatari, 
a  governatori,  a' censitali,  agli  affittuari, 


T  t  I 
agli  enfìleuti  e  amministratori  «.Ielle  cit- 
tà, terree  castella,  ed  altri  beni  della  s, 
Seile  di  qualunque  grado.  Nel  pontifica- 
to d'Alessandro  VI  molti  vicariati  della 
Chiesa  furono  tolti  a'feudatari  dall'am- 
bizione di  Cesare  Borgia,  prendendo  mo- 
tivo da  sospetti  di  ribellione,  da'  tributi 
non  soddisfatti,  o  dall'essere  terminata  la 
linea  legittima  degl' investiti.  Però  Ales- 
sandro VI  frenò  l'ol tracotanza  de'baroni 
feudatari,  e  si  può  dire  ch'egli  fu  il  1  ."Pon- 
tefice, che  mise  i  suoi  successori  in  ista  • 
to  di  figurar  nel  mondo  come  potenti  e 
indipendenti  sovrani  temporali    Appun- 
to l'inimicizia  de'grandi  da  lui  domali  e 
tenuti  in  freno,  fece  esagerare  quello  che 
vi   fu   di  censurabile  nel   suo  pontifica- 
to, massime  pel  Nepotìsmo.  E  Giulio  11, 
d'  animo  grande  e  di  spirito  guerriero, 
ricuperò  alla  s.  Seóe  molti  domimi,  es- 
sendo glorioso  pel  sacerdozio  maestosa- 
mente esercitato,  e  pel  principato  valoro- 
samente sostenuto,  Paolo  III  stabilì  l'im- 
posizione chiamata  sussidio  triennale  ,  e 
ne  fece  fare  il  riparto  da'eommissari  da 
lui  deputali,  a  tutte  le  comunità,  cioè  la 
tassa  di  3oo,ooo  scudi  d'oro,  già  esisten- 
do il  sunnominato  sussidio  apostolico  o 
papale.  L'eguale  e  proporzionala  distri- 
buzione de'  tributi  impegnò  sino  da  au- 
lico tempo  la  sollecitudine  de'Papi,  nias- 
siine  eli  Paolo  111  colla  formazionedel  Ca- 
tasto, e  più  lardi  Pio  VII  istituì  la  Con- 
gregazione cardinalizia  del  Censo  (/  .), 
Inoltre  Paolo  111  infeudò  Parma  e  Pia- 
cenza, con  l'annuo  tributo  di  9000  du- 
cali d'oro,  in  ricognizione  del  supremo  do- 
minio della  s.  Sede  su'due  ducali:  questa 
fu  l'ultima  infeudazione  di  provincie  del- 
la Chiesa  romana  concessa  da'Papi,  il  cui 
tiibuto  si  pagava  nella  vigilia  di  s.  Pie- 
tro. Nel  voi.  XXI II,  p.  2i  1,  narrai,  che 
i  Farnesi  duchi  di  Panna  e  Piacenza,  co- 
me feudatari  della  romana  Chiesa,  innan- 
zi a'ioro  Orti  al  Foro  romano,  nel  Pos- 
sesso del  Papa  facevano  innalzare  un  ma 
guifico  arco  trionfale,  e  mentre  vi  passa 
va  il  Pontefice,  1'  agente  ducale  con  un 


T  I  I 
complimento  gliene  oihiva  il  disegno.  Il 
cali.  Cecconi  nella  ristampa  delia  Roma 
sacra  e  moderna  di  Pancirolo,  vi  ag- 
giunse  un  Diario  /.storico,  ove  a  p.  740 
riporta  la  descrizione  dell'arco  trionfale 
eretto  nel  1  7  24  da  Francesco  Farnese  du- 
ca di  Parma  e  Piacenza,  pel  possesso  di 
Benedetto  XIII.  Il  Cancellieri  nella  Sto- 
Ha  de  Possessi  de' sommi  Pontefici,  a  p. 
383  descrive  l'arco  fatto  erigere  da  d. 
Carlo  di  Borbone  duca  di  Parma  e  Pia- 
cenza neli74i  pel  possesso  di  Benedetto 
XIV,  il  quale  principe  già  e'ra  divenuto 
re  delle  due  Sicilie;  ed  a  p.  4°7  laico  in- 
nalzato nel  1769  da  Ferdinando  IV  re 
delle  dueSicilie  quale  erede  de'beni  e  de- 
gli Orti  de'  Farnesi,  a  Clemente  XIV; 
mentre  a  p.4^2  riferisce  la  descrizione  del- 
l'arco ivi  eretto  dal  medesimo  re  nel  1775 
pel  possesso  di  Pio  VI,  e  fu  l'ultimo  Papa 
che  ricevè  tale  dimostrazione  d'ossequio. 
Paolo  IV  pubblicò  la  bolla  Jncumbentia 
Nobis,  óe'7.5  ottobre  1 556,  Bull  Borni  t. 
4,  par,  1,  p.  336:  Conira  occupante* aut 
iuvadeutes  bona,  ter  ras,  ti  loca  rei'.  Ca- 
merae  Aposiollcae.  Fi  coulra  se  ingereu- 
tes  in  beneficiis  ecelesiaslicis,  non  expe- 
fèitii  literis  apostolici*.  A e  non  solvente* 
in  tempore  annalas,  et  quindennia,  eeu- 
sus,  canones,  aUaquc  regalia  dictae  Ca* 
ì/ierae  debita.  Osserva  il  cb.  Coppi  nelle 
AJemorie  Colonnesi,  che  i  patrizi  roma 
ni  ne' secoli  di  mezzo  non  solevano  usare 
titoli  feudali  concessi  da'Papi.  Paolo  IV 
occupato  e  confiscato  Pali  ano,  feudo  dei 
Colonna,  fu  ih.°a  costituirvi  un  ducato 
territoriale  (veramente  non  pare  che  Pao- 
lo IV  fosse  ili. "ad  erigere  ducati  lenito- 
risii  ;  tra'di  versi  anteriori  esempi  mi  li- 
miterò a  ricordare  l'erezione  del  princi- 
pato di  Benevento  in  ducato,  fatta  da  A  • 
Jessandro  VI,  e  donato  con  Terracina  a 
suo  figlio  Giovanni  Borgìaj  e  l'erezione 
del  ducato  di  Castro  fatta  da  Paolo  111 
pel  suo  figlio  Pier  Luigi  Farnese:  tutti 
i  parenti  stretti  de* Papi  divenivano  pa- 
trizi romani),  enei  1  556  ne  concesse  il  ti  • 
toloa  Giovanni  Carata  suo  nipote.  Pio  IV 


TRI  187 

nel  1  56o  eresse  in  ducato  il  castello  di 
Bracciano  in  favore  degli  Orsini,  che  ili 
già  Io  possedevano  da  due  secoli.  Di>pi» 
(j nell'epoca  vari  patrizi  romani  chiesero 
ed  ebbero  da'  Papi  titoli  principeschi  e 
ducali  delle  terre  clic  possedevano  ,  ebe 
registrai  negli  analoghi  articoli;  ed  in  se- 
guilo talvolta  i  Papi  eressero  una  massa 
di  beni  in  marchesato  o  contea",  coll'au- 
nuo  tributo  al  titolo  d'un  e  dice  d'argen- 
to con  patena.  Nel  1570  s.  Pio  V  conces- 
se a  Marc'  Antonio  Colonna  il  titolo  di 
principe  e  duca  di  Paliano;  e  nel  157  1  e* 
resse  Palestnna  in  principato,  e  ne  con- 
ferì il  titolo  a  Giulio  Cesare  Colonna, che 
la  possedeva,  ed  a'suoi  eredi  e  successo- 
ri primogeniti.  Zelando  s.  Pio  V  di  soste- 
nere la  dignità,!  diritti  e  le  ragioni  del 
principato  temporale  della  Chiesa  roma- 
na a  lui  all'alata,  per  la  conservazione  in- 
tegrale di  tutti  i  suoi  domimi,  di  cui  i  Pa- 
pi sono  custodi  e  amministratoti,  colla  ce- 
lebre bolla  Admonel  no*,  de'  esc)  marzo 
067,  Bull.  Boni.  t.  4>  pW-  2,  p.  364: 
Prohibitìo  alienandi,  et  infeudandi  67- 
vitates  et  loca  S.  R.  F.,  velde  eorum  a- 
lienationum,et  infeudactionibus  tractan- 
di,  (ptovis  praetextu,  etiam  evidenti»  itti- 
lilatis.  La  giuiò  e  sottoscrisse  in  concisto- 
ro ,  e  la  fece  giurare  e  sottoscrivere  nel 
medesimo  da  3q  cardinali,  fra'quali  Bon- 
compagni  poi  successore  Gregorio  XIII, 
indi  solennemente  pubblicò  a'2  3  maggio. 
Dipoi  la  confermarono  Gregorio  XIII,  Si- 
sto V,  Gregorio  XIV,  Clemente  Vili  e 
Paolo  V.  In  questa  bolla  si  dispone,  che 
non  si  possa  da  alcun  Papa  in  avvenire 
infeudare  qualunque  città  o  altro  luogo 
del  dominio  ecclesiastico,  a  chiunque  sia- 
si o  a  vita  o  a  3.''  generazione,  o  per  qua- 
lunque altro  titolo,  che  importi  aliena- 
zione, come  di  feudo,  governo,  vicarialo, 
ducato  o  altra  relativa  concessione  pre- 
giudizievole alla  sovranità  della  s.  Sede, 
rivocando  tutti  i  privilegi  esistenti  in  con- 
trario. Per  Tosservauza  di  ciò,  viene  pre- 
scritto a'cardinali  il  debito  di  obbligarsi 
per  giuramento,  prima  di  ricevere  ììcap- 


188  TRI 

nello  cardinalìzio,  ed  appena  entrati  in 
conclave,  innanzi  eli  procedere  all'elezio- 
ne del  nuovo  Pontefice,  di  non  ricercar- 
ne mai  la  deroga,  e  di  non  acconsentire, 
uè  ammettere  d'essere  sciolti  dal  giura- 
mento, il  che  riportai  pure  nel  voi.  LV, 
p.  283.  A'f'uluri  Papi  poi  incarica  s.  Pio 
V  di  giurare  e  confermare  la  bolla,  tosto 
<  he  sia  seguila  l'assunzione  al  pontifica- 
to, e  che  puutuahnente  la  facciano  osser- 
vare, siccome  rilevai  nel  citato  voi.  a  p. 
28  1 ,  notando  che  fin  dal  IX  secolo  i  Pa- 
pi solevano  promettere  dopo  V Elezione 
e  nel  Presbiterio  o  antico  Concistoro,  a 
seconda  dell'antico  uso,  di  mantenere  an- 
che le  cose  temporali  del  principato,  in 
fatti  il  suo  immediato  successore  Grego- 
rio XIII  non  solamente  giurò  questa  bol- 
la pubblicamente,  nel  principio  del  suo 
pontificato,  ma  neli58i  ritornò  a  ratifi- 
carla e  giurarla  in  concistoro  segreto,  co- 
me fu  fatto  altresì  da  tulli  i  cardinali  col- 
le convenienti  formalità.  Leggo  nel  suo 
annalista  p.  MalFei  gesuita  ,  che  la  bolla 
concistorialmente  fu  fatta  giurare  da  Gre- 
goi io  XIH,  secondo  il  prescritto  da  s.  Pio 
V;  e  sebbene  in  vigore  di  essa  pareva  che 
i  cardinali  restassero  privi  de'governi  per- 
petui, che  sino  allora  aveano  goduto  di 
diverse  città  e  luoghi  dello  stato  pontifi- 
cio, i  cardinali  la  giurarono  solennemen- 
te; il  Papa  che  così  la  interpretava,  non- 
dimeno deputò  per  maggior  benignità  so- 
pra quel  punto  4  cardinali  giuristi,  ed  in- 
clinando essi  a  favore  del  sagro  collegio, 
prese  egli  il  temperamento  di  ridurre  con 
privilegio  rinnovato  la  perpetua  loro  ani* 
ministrazionea  semplice  trieunio.Fu que- 
sto sì  grave  atto  di  edificazione  grande  si- 
no agli  eretici,  e  maggiormente  in  quel- 
le provincie  e  regni,  dove  gli  abbati  e  i 
vescovi  contro  i  canoni  e  i  divieti  di  s.  Leo- 
ne I,  Bonifacio  IX  e  Paolo  li,  e  contro 
pure  il  giuramento  da  loro  fatto,  quoti- 
dianamente eseguivano  indiscrete  e  MB» 
pudcnti  alieiia/.ionide'beni  ediritli  eecle- 
liattici.  Uà  questa  bolla  in  poi  diminui- 
rono con  notabile  progresso  gli  annui  tri- 


TR  I 
buti  per  le  infeudazioni,  che  andavano 
cessando  per  morte  degl'  investiti  ,  per 
termine  della  linea  infeudata  o  dell'epo- 
ca dell'investitura,©  per  caducità  de'tri- 
buti  non  soddisfatti;  così  il  dominio  di- 
retto della  s.  Sede  andò  successivamente 
a  ricuperare  tante  città  e  terre,  ed  in  buon 
numero  sotto  lo  stesso  Gregorio  XIII,  co- 
me osservai  nel  voi.  LXVII,  p.  3 18;  ed 
anche  in  Piemonte,  ove  ricuperò  con  l'a- 
iuto di  Emanuele  Filiberto  duca  di  Sa- 
voia i  vacali  feudi  di  Montafia  eTigliole 
nella  diocesi  d'Asti,  adonta  delle  preten- 
sioni che  con  armata  mano  pretendeva 
sostenere  la  contessa  di  Stropiana;  di  Lon- 
zanodevoluto  per  morte  del  conte  Rango* 
ne;e  del  castello  pure  piemontesediCister- 
na,  parimente  decaduto  alla  camera  apo- 
stolica, ad  onta  che  Antonio  Acerbi  lodi* 
fendesse  colle  armi  a  favore  del  fratello 
Borso  e  fortificasse, situato  in  punto  stra- 
tegico d'importanza,  per  cui  convenne  al 
duca  di  Savoia  Carlo  Emanuele  I  som- 
ministrare al  nunzio  Laureo  la  forza  ad 
espugnarlo.  Inoltre  Gregorio XIII  ema- 
nò la  bolla  Ad  Romani  Pontificis ,  del 
i.°giugnoi  58 o,  Bull.  Rom.  t.  4,  Par-  3, 
p.  44°:  Contra  non  solvenles  infesto  ss. 
Pelei  et  Pauli,  census  ,  canones,  et  alia 
jura  rei>.  Camerae  Aposlolicae.  Sisto  V 
molto  raffrenò  le  angarie  de'baroni  tri- 
butari alla  s.  Sede,  perciò  istituendo  la 
Congregazione  cardinalizia  sopra  i  ba- 
roni dello  Stato  Ecclesiastico  (V.).  E  per- 
chè si  moderassero  gli  aggravi  di  gabel- 
le e  tributi,  e  si  eliminassero  le  arbitra- 
rie estorsioni,  istituì  la  Congregazione  car- 
dinalizia per  sollevare  dagli  aggravi  e 
gravami  lo  stalo  ecclesiastico  (l/.)-  Am- 
pliò Sisto  V  i  Luoghi  di  (Monte  {fr.),  e 
per  pagarne  le  rendile  a  molti  attribuì  i 
redditi  di  diversi  tributi  e  gabelle.  Colla 
morte  d'Alfonso  II  d'Este  duca  di  Fer- 
rara, la  s.  Sede  si  ricusò  di  riconoscere 
la  linea  di  Cesare  d'Este  duca  di  Ufode- 
na,on(ìe  Clemente  Vili  nel  1  5i)$  dichia- 
rò il  ducalo  devoluto  alla  romana  Chie- 
sa, lo  consegnò  al  perpetuo  patrocinio  dei 


IR  I 
ss.  Pietro  e  Paolo,  e  vi  si  recò  a  prender 
solenne  possesso  del  dominio  diretto;  a- 
vendo  già  istituito  la  Congregazione  car- 
dinalizia del  Buon  governo^  A7.), per  quel- 
lo economico  delle  Comunità  e  Te>re\V.) 
dello  stato  papale,  e  per  vegliare  sulla 
giurisdiziouede'baroni  tributari.  Confer- 
mando Urbano  "Vili  la  celebre  bolla  De 
non  alienandis,  ed  estinguendosi  in  Fe- 
derico Ubaldo  duca  d'  Urbino  tal  feudo 
della  s.  Sede,  a  questa  riunì  il  ducato.  In- 
nocenzo X  non  solo  incamerò  il  ducato 
di  Castro  e  Ronciglione  (V.),  devoluto 
da'Farnese  al  diretto  dominio  pontificio; 
ina  fece  prendere  possesso  in  nome  del- 
la camera  apostolica  a  diversi  altri  feu- 
di, ad  essa  ricaduti  per  l'estinzione  delle 
linee  investite.  In  tal  modo,  se  notabil- 
mente si  diminuirono  gli  annuali  tribu- 
ti, dall'altra  parte  colle  rendite  de'luogbi 
ricuperali  s'aumentò  l'introito  del  pubbli- 
co erario,  oltrecbè  con  immensi  vantaggi 
restò  più  libera  l'azione  diretta  e  governa- 
tiva de'Papi, e  cessarono  non  poche  con- 
testazioni. Nel  pontificato  d'Innocenzo  X 
si  ristampò  del  contemporaneo  cav.  Lu- 
na doro,  Relatione  della  Corte  di  Roma. 
Parlando  della  Reverenda  Camera  apo- 
stolica, riferisce  da  chi  composta  e  la  sua 
giurisdizione  »  sopra  tutte  le  materie  do- 
ve si  tratta  d'interesse  della  Camera  apo- 
stolica, islrumenti  d'affitti,  d'entrate  del- 
la Sedia  apostolica,  delle  tesoreriedi  pro- 
\iucie  dello  stalo  ecclesiastico,  cause  di 
comunità  e  di  feudi  ecclesiastici,  cause  di 
spogli,  cause  di  conti  con  offitiali  e  mini- 
stri dello  Stalo  sopra  il  battere  e  corso  del- 
le monele.Caused'appellationi  dalli  mae- 
stri di  strade  sopra  gli  edilicj,  etjure  con- 
grui, materie  di  gabelle,  datti,  et  impo- 
Mtioni,  et  altri  simili  ...  La  Camera  apo- 
stolica piglia  vacanza  quanto  la  Rota,  e 
nell'ultima  Camera  pure  di  Sua  Santità 
nel  palazzo  apostolico  gli  è  fatto  a  tutti 
che  intervengono  un  bel  banchetto, et  un 
altro  ne  fa  ili.°  d'agosto  il  cardinal  Ca- 
merlengo. La  vigilia  di  s.  Pietro  si  paga 
ia  Camera  li  tributi  de*  feudatai-j  di  s. 


TRI  189 

Cbiesa,  li  denari  de'  quali  restano  a  cre- 
dito della  Rev.  Camera,  li  argenti  come 
lazze  e  simili  sono  tutte  rigaglie  di  mg. 
Tesoriere  generale,  e  le  cere  si  pai  tisco- 
no  tra  li  Chierici  di  camera".  Spenta  la 
dinastia  Farnesiana  ,  Clemente  XII  di- 
chiarò vacanti  i  ducati  di  Parma  e  Pia- 
cenza e  devoluti  alla  s.  Seóe  suprema  si- 
gnora de'medesimi,  protestando  solenne- 
mente contro  le  disposizioni  prese  sui  me- 
desimi da  alcune  potenze  d'Europa.  Nel- 
la Sede  vacante  per  di  lui  morte,  non  po- 
tendo nella  vigilia  de'ss.  Pietro  e  Paolo 
nella  basilica  Vaticana  aver  luogo  la  for- 
male presentazione  del  tributo  dello  due 
Sicilie,  perchè  doveasi  fare  colia  Chinea 
(f  .)  al  Papa,  mediante  cavalcata,  confor- 
mali solennità  e  festivedimostrazioni  dal- 
l'ambasciatore deputato  ad  eseguire  l'o- 
maggio (onde  abbiamo  la  Raccolta  di  di- 
versi disegni  di  macchine  con  fiochi  ar- 
tificiali fatti  in  occasione  della  chinea 
in  Roma,  incisi  in  rame  da  Giuseppe  Va- 
si), per  cui  si  differiva  l'alio  per  la  festa 
della  Natività  della  B.  Vergine,  nella  qua- 
le si  eseguiva  per  la  Cappella  papale  ebe 
celebravasi  nella  Chiesa  di  s.  Maria  del 
Popolo  (A7.);  il  sagro  collegio  pe'capi  d'or- 
dine fece  il  solito  decreto  di  sospensio- 
ne quanto  al  consueto  giorno,  colla  clau- 
sola: Tempusel  tempora  non  currere,  co- 
me dissi  anche  nel  voi.  LXV,  p.  2yi;a- 
vendo  notato  nel  voi.  IX,  p.  77,  que' Pa- 
pi che  per  impotenza  riceverono  il  tribu- 
to della  chinea  nelle  loro  stanze,  e  anche 
del  Quii  in  ale.  L'  eletto  Benedetto  XIV 
vedendo  invasi  senza  investitura  i  ducali 
di  Parma  e  Piacenza,  fece  legale  protesta 
a  difesa  de'lesi  diritti  della  s.  Sede,  die 
ogni  anno  rinnovarono  i  successori,  nel 
recarsi  al  vespero  pontificale  della  basili- 
ca di  s.  Pietro  nella  vigilia  di  sua  festa, 
precisamente  innanzi  la  statua  di  Costan- 
tino 1  nel  portico,  alla  presenza  della  ca- 
mera apostolica,  dopoché  mg/  procura- 
tore del  fisco  ha  fattola  protesta  fiscale, 
colla  formola  che  riportai  nel  voi.  IX,  p. 
73,  insieme  alla  risposta  del  Papa.  Indi 


igo  T  R  I 

dichiaro  il  re  di  Sardegna,  vicario  tem- 
perale del  principato  di  Masserano  e  al- 
tre signorie  del  Piemonte,  appartenenti 
alla  Chiesa  romana, coll'amiuo  tributo  di 
2000  scudi  o  d'un  calice  con  patena  d'o- 
ro dell'equivalente  valore,  da  presentar- 
si nella  vigilia  di  s.  Pietro.  Quindi  trovo 
opportuno  di  riprodurre  quanto  in  pro- 
posilo di  Alessandria  riferisce  il  Borgia, 
Memorie  di  Benevento,  f.  2,  p.  146,  co- 
me già  altro  feudo  della  s.  Sede  negli  sta- 
li del  redi  Sardegna.  Nelle  guerre  tra  la 
Lombardia  e  Federico  I,  i  lombardi  di- 
fendendo Papa  Alessandro  III  dall'impe- 
ratore perseguitato,  a'eonfìni  del  Pavese 
e  del  Monferrato  nel  1  1 68  cominciarono  a 
edificare  una  città  per  loro  propugnaco- 
lo, ed  in  ossequio  a  s.  Pietro  e  al  Papa  la 
chiamarono  Alessandria,  poi  detta  della 
Paglia ,  perchè  in  mancanza  di  materia- 
le fu  d'uopo  coprire  colla  paglia  la  mag- 
gior parte  de'teiti  delle  case.  I  consoli  del- 
la nuova  città  Rufino  Bianco  e  Gugliel- 
mo di  Bergancasce,  nel  1  1  6g  si  recarono 
da  Alessandro  III  in  Benevento  ,  ed  ivi 
alla  presenza  di  tutta  la  corte  pontificia 
olii  irono  per  fnstem  a  Dio,  a  s.  Pietro  e 
ad  Alessandro  III  e  suoi  successori  la  det- 
ta città,  con  obbligarsi  di  rinnovare  per 
ogni  triennio  in  mano  del  Papa  il  giura- 
mento di  fedeltà,  e  di  pagare  alla  s.  Sede 
annuo  tributo.  Dice  l'alto  della  solenne 
oblazione:  Praetereade  Communi  Con- 
solimi, et  tolius  populi  mandato  ,  mili- 
timi domus,  et  mereatorum,el  quorum 
facuUas  videbituf  sufficiens ad  bove*  ha- 
bendo»)  de  singulti  bovibus  tresdenarios 
ejiisdcm  lerrae  1 n fe.s lo B .Mar tini ex.sol- 
vent  singulti  annis.  Celeri  de  singulix  do- 
mibus  unum  denarium.  Et  infra '  oc  lava, s 
B.  Martini  soh'ent  ci,  cuiroinanus Fon- 
li/ex  jusseril.  Inoltre  alla  s.  Sede  appar- 
tennero le  Alpi  Cozie  (fy-)-  Tornando  a 
benedetto  XIV,  emanò  poi  la  bolla  Con- 
creditmmNobit/M  1 2  giugno  1  7/18, #////. 
lli-ucd.  XIVX  t.  2,  p.  1  85:  De  rci/ovatio- 
iiibus  Invt  slilurarum.  et  aliarum  con- 
onum  honorum  directi  domimi  Ca* 


T  R  I 

mcrae  Apostolicae.  Con  essa  dichiarò an: 

«ora  le   facoltà  de'  cardinali  legali  nelle 
provincie  dello  stato  papale,  sulla  rinno- 
vazione dell'investiture,  enfiteusi,  tribu- 
ti, ec.  Notai  nel  voi.  LI,  p.  2  32,  che  caduta 
nella  sede  vacante  per  la  di  lui  morte  la 
festa  de'ss.   Pietro  e  Paolo  ,  nella  vigilia 
tutti  i  cardinali  si  adunarono  alla  porta 
del  conclave,e  aperto  il  suo  finestrino,  dal 
la  piena  camera   apostolica  adunata   in- 
nanzi, per  mg."  Gaetano  Forti  avvocato 
fiscale  udirono  la  formale  protesta  di  de* 
voluzionealla  s.  Sede  pel  tributo  non  sod- 
disfallo, de'ducali  di  Parma  e  Piacenza. 
Mg.r  Leonardo  Anlonelli  segretario   del 
sagro  collegio  a  nome  di  qneslolesse  il  de- 
creto d'approvazione  della  prolesta  stes- 
sa, ordinando  di  registrarsi  negli  alti  ca 
merali.  Con  diffusione  descrissi  a  Sicilia 
la  storia  della  sovranità  della  Chiesa  ro- 
mana de'regni  di  Napoli  e  Sicilia,  e  di 
tutti  i  tributi  ricevuti  da'sovrani  investi- 
ti da'  Papi,  con  tutte  le  particolarità  ri- 
ferite pure  nel  voi.  IX,  p.  76  e  77,  quan- 
to al  cei  emoniale  e  forinole  della  presen- 
tazione e  risposta  del  Papa.  Che  nel  1  771» 
insorte  ad  arte  dispule  di  precedenza  tra' 
gentiluomini  delleduecorli,  nella  presen- 
tazione della  chinea  a  Pio  VF  ,  la  corte 
del  re  delle  due  Sicilie  falalmenteiniluen- 
zata  dal  ministro  Bernardo  Tanucci,  ir- 
reconciliabile nemico  della  s.Sede,  per  a- 
vergli  condannato  un'opera  da  esso  pub- 
blicata contro  I'  immunità,  quando  eia 
professore  di  diritto  a  Pisa,  con  suo  di- 
spaccio dichiarò  al  Papa  che  non  avreb- 
be piìi  falla  la  pubblica  presentazione  del 
tributo,  madi  somministrare  la  consueta 
somma  di  7000  ducati  d'oro  privativa- 
mente alla  camera  apostolica,  e  3oo  scu- 
di in  compenso  del  la  chinea  e  sua  magni- 
fica bardatura,  in  lutto  scudi  1  1 ,838  e 
bai.  75.  Nondimeno  nel  1777  l'ambascia- 
tore straordinario  contestabile  Colonna 
nell'atlo  della  presentazione  variò  il  for- 
molario,  prontamente  però  corretto  nel- 
le parole  di  accettazione  da  Pio  VI.  Per 
la  moderazione  del  Papa  e  rinlerposizio- 


T  R  1 
ne  r!el  re  tli  Spagna  nel  1778  eseguenti 
anni  si  continuò  In  presentazione  del  tri- 
buio,  e  l'indegno  Tnnucci  che  non  avea 
cessato  di  moltiplicare  gli  oltraggi  alla  s. 
Sede,  dovè  domandare  la  sua  dimissione. 
Usa  rotisi  poi  nelle  forinole  di  presentazio- 
ne espressioni  di  divozione  invece  di  tri- 
buloe  vassallaggio,finchènel  1  788  la  cor- 
te siciliana  decise  di  non  più  eseguirla  ; 
per  cui  il  ministro  in  Roma  portò  la  sud- 
detta somma  al  cardinal  segretariodi  sta- 
to, il  quale  ricusatala,  passò  a  depositarla 
nel  monte  di  pietà  inutilmente.  Ma  Pio 
VI  dopo  il  vespero  pontificale  nella  ba- 
silica Vaticana,  per  la  vigilia  de' ss.  Pie- 
tro e  Paolo,  prima  della  benedizione  dei 
pallii  e  prossimo  al  momento  in  cui  era 
solito  tra'due  pili  dell'acqua  santa  di  ri- 
cevere il  tribolo  coll'omaggio  della  chi- 
nea,  pronunziò  un'allocuzione  al  sagro 
collegio  e  al  pubblico,  dichiarando  la  pro- 
pria sorpresa  e  la  sensibilità  destatagli, 
per  la  lesione  né  attesa  né  meritata, d'un 
diritto  così  costantemente  riconosciuto  da 
tanti  secoli,  replicatamenle  giurato  e  ca- 
nonizzato con  tanti  atti  dalla  s.  Sede;  nu- 
trire lotta  volta  fiducia,  che  la  religione  ed 
equità  del  re  delle  due  Sicilie  fosse  per  sol- 
lecitamente ripararvi,  e  che  non  avrebbe 
permesso  che  restino  violati  i  patti  con- 
clusi co'suoi  predecessori,  anzi  i  suoi  stes- 
si e  il  giuramento  fatto,  con  reintegrare 
la  s.  Sede  del  tributo  in  ricognizione  dei 
supremo,  vero  e  diretto  dominio  sul  re- 
gno di  Sicilia,  con  tutta  la  terra  di  qua 
dal  Faro  sino  a'  termini  e  confini  dello 
stato  ecclesiastico.  Poscia  dopo  il  pontifi- 
cale della  seguente  festa,  il  Papa  seden- 
te iu  Sedia  gestatoria,  nel  ricordato  si- 
to ove  soleva  ricevere  il  tributo  e  la  chi- 
nea,  si  fermò  ad  ascoltare  e  accettare  la 
protesta  che  fece,  pel  tributo  non  soddi- 
sfatto e  per  la  chinea  non  presentata  pei 
regni  delle  due  Sicilie,  mg.r  procurato- 
re fiscale  generale  della  camera  aposto- 
lica,  in  compagnia  di  mg/  commissario 
generale  della  medesima,  al  modo  riferi- 
to dal  n.°i4'0  del  Diario  di  Roma  del 


TRI  191 

r  782. In  quelli  del  1  790  01791  si  leggono 
le  ragionate  allocuzioni,  recitate  da  Pio 
VI  dopo  le  proteste  di  mg.r  procuratore 
fiscale  generale:  nel  1  797  essendo  indispo- 
sto e  pei  -l'esplosione  di  polvere  avvenu- 
ta nel  Castel  s.  Angelo,  non  ebbe  luogo 
la  protesta.  Però  da  tali  proteste  fiscali 
ebbe  origine  quella  protesta  che  si  fece 
ogni  anno  dal  prelato  procuratore  fisca- 
le, con  accettazione  pronunziata  dal  Pa- 
pa, colle  formule  che  riportai  nel  voi.  IX, 
p.  81.  Pio  VI  colle  nuove  dogane  da  lui 
istituite  a'eonfini,  abolì  gli  antichi  tribu- 
ti e  pedaggi  feudali  che  inceppavano  nel- 
l'interno dello  stato  il  commercio.  Seguì 
quindi  l'invasione  de'repubblicani  fran- 
cesi dello  stato  pontificio,  il  fatale  trat- 
tato di  Tolentino  (F.)c\\e  tolse  alla  so- 
vranità pontificia  Avignone  e  il  contado 
Fienai t*i no  (/  .)  in  Francia,  l'altre  pro- 
vincie  avendole  poi  ricuperale. 

Nel  1800  fu  eletto  Pio  VII,  ed  il  n.° 
5 1  dell'olìiciale  Diario  dilìoma  del  1801, 
avvicinandosi  la  festa  di  s.  Pietro  a  27 
giugno  pubblicò:»  Pagandosi  il  tributi» 
da 'sudditi  al  principe  in  ricognizione  del 
di  liti  supremo  dominio,  la  solennità  col 
la  quale  in  tutte  le  nazioni  presentasi,  fu 
istituita  per  indicare  la  grandezza  del- 
l'atto, e  l'importanza  del  dovere.  Quin- 
di fu  ordinato  da'  sommi  Pontefici  In- 
nocenzo Vili,  Alessandro  VI,  Paolo  IV, 
e  piìi  chiaramente  dalla  sa.  me.  di  Gre- 
gorio XIII  nella  sua  costituzione  Conti  a 
non  solventes  canone*  (questa  e  le  altre 
di  delti  Papi  le  ricordai  di  sopra  ),  che 
quest'augusta  funzione  si  facesse  ogni  an- 
no nella  ricorrenza  della  vigilia  o  della 
festa  de'gloriosi  ss.  Apostoli  Pietro  e  Paolo 
protettori  di  quest'alma  città  di  Roma, e 
che  perricevere  i  tributi  colla  dignità  che 
si  conviene,  si  adunasse  nel  Palazzo  a- 
postolico  faticano  (J.)  la  Camera,  die 
perciò  dicesi  Camera  de' Tributi  (aven- 
do l'ingresso  dal  cortile  denominato  del- 
la Camera, appunto  perchè  forma  ingres 
so  alla  medesima  Camera),  coll'interven- 
to  del  cardinal  Camerlengo  di  s.  Chic- 


K)2  TRI 

sa,  de' Chierici  di  Camera,  e  di  lutti  gli 
nidi  prelati  che  in  essa  hanno  laogo.  Ed 
inei endosi  alla  volontà  de'  lodati  Pon- 
tefici; ili  tutti]  contralti  d'investitura  che 
si  vanno  facendo,  si  suole  sempre  e  chia- 
ramente prescrivere,  che  si  faccia  ogni 
anno  il  pagamento  nella  divisala  manie- 
ra.E  siccome  innanzi  a'supremi  tribunali 
non  è  permesso  di  presentarsi  in  abito  pri- 
vato, così  si  è  sempre  per  l'addietro  co- 
stumato, che  tutti  gl'incaricati  di  paga- 
ie i  rispettivi  canoni  e  tributi  dovessero 
venire  alla  presenza  della  Camera  apo- 
stolica   collegialmente   congregata    con 
quell'abito  e  decenza, che  richiede  l'alto 
medesimo  (cioè  in  soltana  e  ferraiolone 
neri,  ma  ora  si  può  incedere  anche  vestiti 
inalilo  iiH>do,hens"ì  decentemente). IVla da 
pochi  anni  in  qua  si  sono  introdotti  due 
gravissimi  ahusi,  che  sempre  piùcrescen- 
do  hanno  eccitato  l'attenzione  dell'eroi* 
uditissimo  cardinal  Braschi  Onesti,  ca- 
merlengo di  s.  Chiesa.  lli.°  de'quali  si  è 
che  molli  agenti  e  procuratori,   e  talu- 
no ancora  degli  slessi  investili,  invece  di 
comparire  alla  presenza  della  Camera,  si 
portano  privatamente  alla  residenza  di 
rog.r  Commissario  generale  della  mede- 
sima a  soddisfare  senza  le  prescritte  so- 
lennità al  proprio  dovere,  credendo  es- 
sere ciò  lecito  a  tulli,  perchè  si  è  talvolta 
accordato  a  qualcuno  legittima  mente  im- 
pedito. L'altro  inconveniente  si  è,  che 
molti  di  quelli  che  si  portano  al  palazzo 
Vaticano  non  si  presentano  al  tribunale 
della  Camera  con  quella  decenza  di  abito 
che  loro  si  conviene.  Perciò  l'Eni. "*  Sua, 
volendo  rimuovere  l'uno  e  l'altro  disor- 
dine, e  rimettere  in  pieno  vigore  ledispo- 
sizioni  degli  accennali  Pontefici,  e  l'os- 
servanza delle  leggi  stabilite  negli  stru- 
mentid'investitura.coirautorità  del  pro- 
prio officio  di  camerlengo  di  s.  Chiesa, 
ordina  a  lutti  quelli  che  dovranno  paga- 
re i  consueti  canoni  e  tributi  alla  reve- 
renda Camera  apostolica, che  si  presenti- 
no onninamente  nelle  stanze  del  Vatica- 
no, ed  effettuino  il  pagamento  nell'una 


T  R  I 

o  nell'altra  delle  due.  camere,  che  a  tale 
oggetto  si  tengono,  la  i.a  nella  vigilia  di 
s.  Pietro,  il  dopo  prauzo,  la  a:"  il  giorno 
della  festa,  la  mattina  prima  della  cap- 
pella papale;  notificando  a  lutti  per  loro 
regolamento,  che  non  si  riceverà  più  al- 
cun canone  privatamente  da  mg/  com- 
missario della  Camera,  e  che  chiunque 
non  comparirà  alla  detta  Camera  de'Tri- 
buti, sarà  dichiarato  contumace,  ed  in- 
correrà nelle  pene  prescritte  nella  citata; 
bolla  di  Gregorio  XIII,  come  più  diffusa- 
mente si  legge  nello  stesso  edilto  pubbli- 
cato colla  stampa  della  rev.   Camera  a- 
poslolica".  E  qui  dirò  che  ilcardinale  ca- 
merlengo ogni  anno  ne'  primi  giorni  di 
maggio  pubblica  Y  Editto:  Pei  pagamenti 
de'censi  camerali  da  presentarsi  nella  Ca- 
mera de'Tributi  nella  vigilia  e  festa  de' 
ss.  Apostoli  Pietro  e  Paolo.  Esso  è  sot- 
toscrìtto dal  cardinale   e  da  mg/   com- 
missario generale.  Si  pubblica  ancora  dal 
Giornale  di  Roma  del  seguente  tenore. 
«  Approssimandosi  il  tempo  in  cui  i  feu- 
datari investiti  e  cessionari   della  s.  Se- 
de e  rev.  Camera  apostolica  inseriti!  nel 
libro  de'  Censi  camerali  debbono  paga- 
re i  censi  e  canoni  pella  Camera  de'Tri- 
buti, che  si  aduna  nel  palazzo  Vaticano 
nella  vigilia  e  festa  de'ss.  Apostoli  Pie- 
tro e  Paolo,  ad  oggetto  di  precludere  lo- 
ro ogni  scusa  d'ignoranza  siili'  adempi- 
mento di  ciò, che  debbano  eseguire  per 
la  legalità  dell'atto  del  pagamento,  e  del- 
la comparsa  da  farsi  in  detta  Camera  de' 
Triboli, rammentiamo  espressamente  le 
loro  obbligazioni.  i.°  A  la!  effetto  ordi- 
niamo ed  ingiungiamo  a  tutti  quelli,  che 
secondo  le  leggi  delle  loro  investiture  so- 
no obbligati  a  pagare  censi, canoni,  livel- 
li, risposte, ed  altre  ricognizioni  alla  pre- 
detta Camera  de'Tributi,  siano  di  qual- 
sivoglia stato,  grado,  condizione, premi- 
nenza e  dignità,  debbano  esibire  negli  at- 
ti de'segretari  e  cancellieri  della  Camera, 
non  più  tardi  del  giorno i  5  del  prossimo 
futuro  mese  di  giugno,!  mandati  di  procu- 
ra, legiustificazionied  altre  scritture  cor- 


TR  I 

relative  tanto  alla  persona  che  in  loro  as- 
senza per  essi  effettuerà  la  comparsa,  pre- 
sterà P  omaggio  ed  eseguirà  il  pagamen- 
to ,  quanto  alla  traslazione  delle  partite 
de'canoni  che  s'avessero  a  proporre  nella 
detta  Camera  de'  Trihuti  a  favore  degli 
altri  compresi  nell'investitura  in  caso  di 
morte  de'precedenti  possessori,ed  a  qual- 
sivoglia altro  oggetto  riguardante  le  me- 
desime investiture  e  concessioni,  affinchè 
possano  accuratamente  e  coll'opportuno 
tempo  eseguirsi  le  necessarie  e  convenien- 
ti annotazioni  ne'libri  de'censi  camerali, 
che  sogliono  distribuirsi  alla  Camera  de' 
Tributi  (noterò  che  si  stampano  ogni  an- 
no co'tipi  camerali  in  Roma  e  per  esem- 
pio con  questo  titolo:  Liber  Censitimi  an- 
ni 1 856:  Andreas  Cecconi,  Angelus  Te- 
sta, Secretarti  et  Cancellari  R.  C.  A.). 
2. "Inoltre,  affinchè  non  rimanga  occulta 
alla  R.  C.  A.  la  morte  de'possessori,  dalla 
quale,  se  le  investiture  sono  progressive, 
risultano  le  traslazioni  da  farsi,  e  se  tem- 
poranee, si  rileva  se  tuttora  durino,  o  se 
sieno  spirate,  ciascuno  enlìtentn  o  inve- 
stito, che  personalmente  non  comparisca 
a  prestare  P  omaggio  nella  Camera  de' 
Tributi,  dovrà  in  ogni  decennio  esibire 
la  fede  della  sopravvivenza  negli  alti  de' 
suddetti  segretari  di  Camera.  Quelli  per- 
tanto pe'quali  nel  presente  anno  ricade 
il  decennio,  debbono  parimenti  non  più. 
tardi  del  detto  giorno  i  5  del  venturo  giu- 
gno esibire  la  fede  della  loro  sopravviven- 
za, oltre  le  giustificazioni  di  sopra  accen- 
nale, che  per  altri  rapporti  si  ricercas- 
sero. 3.°Premesse  queste  legalità,  ciascu- 
no investito  e  enfìteuta  dovrà  nella  vi- 
gilia o  festa  de'ss.  Apostoli  Pietro  e  Paolo 
del  corrente  annoi  856  comparire  per- 
sonalmente, o  mediante  legittimo  pro- 
curatore deputato  coli'  accennato  man- 
dato nella  suddetta  Camera  de'Tributi 
per  prestare  il  dovuto  omaggio,  e  paga- 
re nella  medesima  il  tributo,  censo,  livel- 
lo, canone,  risposta  o  altro  dovuto  alla 
s.  Sede  e  R.  C.  A.,  in  ricognizione  del  su- 
premo e  diretto  dominio  in  qualsisiano 
vol.  ixxx. 


TRI 


ÌQÌ 


feudi,  tenute,  villaggi,  casali,  laghi,  sel- 
ve, proprietà,  beni,  offizi,  esenzioni,  im- 
munità, privative  ed  altri  qualsivoglia- 
no  beni,  diesi  ritenessero  in  feudo,  ceuso, 
enfiteusi,  vicariato,  governo,ovvero  sotto 
qualunque  altro  titolo,  giusta  le  leggi  del- 
l'investiture e  concessioni  (leggo  nel  Li- 
ber  Censitimi  consistere  i  tributi  in  cera 
bianca  lavorata  ossia  candele  cerae  albac 
laboralae,  ed  anche  cerae  croccae  j  in 
moneta  di  diversa  specie  d'oro  o  di  ar- 
genlo,sculu>n,florenos}ducatos,julìos30' 
boles,  unciarius  auri,  ducatos  anrij  pis- 
sidi e  calici  con  patena  d'oro  e  d'argento 
dorali  e  con  coppa  d'oro, tazze  d'argento, 
cra/em j-zucchero,pepe;  ed  un  tempo  an- 
che carta  ,  sale  ammoniaco,  nitro  ,  fru- 
mento, colla  cerviona,  ec,  tutto  da  pre- 
sentarsi in  Camera  Tribiitorum  per  tna- 
nus,  annualmente,  ed  anche  per  bienni, 
quinquenni,quindenni,  laudernii,  ec:  co- 
me pure  di  semplice  presentazione  e  per- 
sonale omaggio  nella  stessaCamera,  poi- 
ché si  dice  de' cappuccini ,  che  pel  con- 
vento del  Lazzareltodi  Civitavecchia  de- 
ve presentarsi  un  religioso,  prò  ricogni- 
tione  directi  domimi,  e  per  la  conserva- 
zione del  Papa  deve  invocare  il  ss.  No- 
me di  Gesù,  oltre  l'obbligo  della  messa 
nella  cappella  in  tutte  le  feste;  ed  inol- 
tre un  cappuccino  deve  comparire  per  la 
ricognizione  dei  dominio  del  convento  di 
Pesaro,  parimenti  invocando  il  detto  ss. 
Nome  per  la  conservazione  del  Papa:  al- 
trettanto deve  fare  il  p.  segretario  del  pro- 
curatore generale,  pel  convento  de'cap- 
puccini  di  Fano).  4-°  Tutti  poi  quelli,che 
fra  delti  enfìleuti  o  concessionari  descrit- 
ti ne'mentovati  libri  sono  abilitati  dalla 
s.  Sede  e  Camera  apostolica  nell'investi- 
ture e  concessioni  di  pagare  i  censi  e  ca- 
noni fuori  di  Roma,  potranno  soddisfarli 
nel  predetto  giorno  28  giugno  nella  cas- 
sa del  Pam  miuistrazione  camerale  di  quel- 
la provincia,  in  cui  essi  sono  abilitati  a 
pagare  il  censo  o  canone,  rimanendo  pe- 
rò in  loro  libertà  di  soddisfarlo  diretta- 
mente ne'predetti  giorni  in  Camera  de' 
i3 


U)\  TRI  TRI 
Tubuli.  Questi  medesimi  enfiteuli  per  ri;  ed  in  caso  clic  taluno  ardisse  di  pre- 
nitro,  abbenchè  abilitati  come  sopra  a  se n tarsi  in  guisa  diversa,  non  sarà  am- 
pagare  il  canone  nelle  provi ncie,  avver-  messa  la  di  lui  comparsa,  e  si  procede* 
Inno  di  non  essere  punto  esenti,  come  ta-  rà  contro  il  medesimo  alla  suddetta  ac- 
luno  erroneamente  opina,  dall' obbligo  cettazioue  come  se  niuno  si  fosse  presen- 
della  comparsa  nella  Camera  de'Tributi  tato.  7.  Finalmente  confermandole  cli- 
pei" prestare  I' omaggio  ricercalo  dalla  sposizioni  dell'editto  del  nostro  predeces- 
bolla  della  sa.  me.  di  Gregorio  XIII,  ema-  sore  de'  io  giugno  1  8  1  6  e  dell'articolo  7 
nata  pe'canoni  camerali,  e  perciòquan-  degli  altri  emanati  nel  maggio  de' stic- 
doessi  non  compariscono  personalmente,  cessivi  anni, dichiariamo  che  debbano  ri- 
per  tale  allo  debbono  deputare  il  loro  spe-  maner  ferme  tutte  le  ragioni  della  s.  Se- 
riale procuratore  con  mandato  da  esibir-  de  ereverenda  Camera  apostolica  figliar- 
si come  sopra  ,  e  rimettere  in  ogni  de-  do  a 'censi  e  canoni  venduti  nell'anteee 
cennio  la  fede  della  loro  sopravvivenza,  dente  cessato  governo, non  ostante  la  con- 
e  produrre  tutte  le  traslazioni  ed  anno-  titillazione  del  loro  pagamento  agli  ac- 
tazioni  sulle  loro  rispettive  partite  ne'li-  quirenti,da  dedursiin  ogni  tempo  sul  li- 
bri de'censi  camerali  che  fossero  per  oc-  tolo  degli  acquisti  a  fórma  della  notifl- 
correre, egualmente  che  sono  tenuti  que-  cazione  della  segreteria  di  stato  emanata 
gl'in  vestiti  che  debbono  pagaie  nella  Ca-  Iii5  novembre  1817.  Avverta  ciascuno 
mera  de'Tributi.  5.°In  caso  di  mancan-  di  eseguire  esattamente  quanto  di  sopra 
za  de'sunnominati  enfileuti  tanto  nell'e-  è  stato  ordinato,  poiché  in  caso  di  tra- 
«òbita  delle  sopraccennate  giustificazioni,  sgressione,  si  procederà  alle  pene  indi- 
quanto  nella  comparsa  in  Camera  de'  cale,  volendo  e  decretando  che  il  pre- 
Tributi  pei  prestare  l'etto  d'omaggio,  ed  sente  nostro  editto  all'isso  e  pubblicato  in 
effettuare  l'intero  pagamento  di  canone,  Roma  e  nelle  città  principali  dello  stato, 
si  procederà  immediala  mente  all'accet-  obblighi  ciascuno  come  <e  gli  fosse  stato 
tastone  della  devoluzione  de'feudi,  beni  personalmente  intimato.  Dato  in  Carne- 
e  diritti  camerali,  e  di  altri  ad  essi  con-  ra  Apostolica,  ec."  Pertanto  nella  vigilia 
cessi,  e  all'  esecuzione  delle  pene  coni-  de'ss.  Pietro  e  Paolo  i  Cursori  apostolici 
minale  nella  bolla  di  Gregorio  XIII,  ed  (/'.),  nel  cortile  di  s.  Damaso  del  palazzo 
in  altre  apostoliche  costituzioni  e  negli  e-  Valicano,  a  nome  di  mg.'  procuratore 
ditti  de'nostri  antecessori,  e  senz'atten-  fiscale  generale  della  camera,  al  popolo 
darti  veruna  scusa  di  pretesa  ignoranza,  fanno  3  formali  citazioni  pc'tributi  dovuti 
f».°  Siccome  poi  l'atto  del  pagamento  ilei  alla  s.  Sede  in  tal  gioì  noe  non  soddisfatti; 
tributo  ed  ossequio  dovuto  da'sudditi  al  quindi  il  maestro  di  delti  cursori  intima 
sovrano  in  ricognizione  del  di  lui  stipre-  la  4>"  citazione  a  nome  e  alla  presenza  di 
mo  dominio  li  effettuerà  nel  giorno  della  detto  prelato  nella  sala  regia,  al  passag- 
vigilia  e  festa  dc'gloriosi  ss.  Aposloli  Pie-  gio  del  Papa  nel  recarsi  al  vespero  poti 
troePaolo  specialissimi  protettori  di  que-  ti(icale,egualinente  pe'triboti  non  pagati 
sia  dominante,  e  presso  il  supremo  tri-  alla  s.Sede,con  quella  furinola  che  ripro- 
lninale  della  piena  Camera, così  in  riflesso  dussi  nel  voi.  IX,  p.  7?.,  in  uno  alla  rispo- 
del  tempo  e  luogo  in  cui  l'alio  si  esegni-  sia  di  ammissione  del  Papa,  per  cui  si  de- 
sce,  ordiniamo  e  comandiamo  che  tutti  volvono interamente aìfisco apostolico  l<' 
gì  investiti  e  concessionari  ed  i  loro  le-  cose  investite  e  concesse  col  censo.  Nella 
gii  timi  procuratori  debbano  presentarsi  mattina  poi  della  festa  de' Principi  degli 
nel  detto  tribunale  con  quell'abito  e  de-  A  postoli, i  cursori  apostolici  rinnovano  nel 
renai  con  cui  *i  cosi  urna  di  comparire  ne'  nominato  cortile  di  s.  Parnaso  altre  3  aita- 
ti ihnnali,  e  dinanzi  a'tnagistrati  superio-  zioni  a'morosi  de  'tributi  non  soddisfatti, 


T  I  ! 

e  poscia  allorché  il  Papa  trapassa  la  sala 
regia  nel  porla  isi  al  pontificale,  il  mae- 
tlro  eie'  cursori  ripete  I'  intimazione  del 
giorno  precedente,  d'ordine  del  presente 
ni».'  procuratore  fiscale,  ed  il  Papa  si- 
milmente torna  a  pronunziare  la  formo- 
la  di  accettazione.  Tanto  quesla,che  quel- 
la per  Parma  e  Piacenza,  se  il  Papa  non 
interviene  alle  funzioni  del  vesperoe  mes- 
sa della  festa  de'ss.  Pietro  e  Paolo  nella 
basilica  Vaticana,  si  fanno  nelle  sue  do- 
mestiche stanze,  alla  presenza  del  pieno 
tribunale  della  Camera  apostolica.  Per 
assenta  e  impotenza  del  procuratore  del 
fisco,  le  proteste  si  fanno  dal  commista- 
i  io  generale  della  Camera  (come  vidi  pia 
beato  nel  i  846  col  Papa  regnante,  essen- 
do mg.'  Ildebrando  Fiutimi  in  missione 
per  lo  stato  pontificio  d'ordine  del  pre- 
decessore pe' Tribunali),  ovvero  dall'av- 
vocato generale  del  fisco.  Il  n,°  52  del 
Diario  di  Roma  del  1801  riferisce  che 
Pio  VII  ascollò  e  accettò  le  proteste  fi 
scali  pe'  tributi  non  soddisfatti,  inclusi- 
vamenle  a  quelle  di  Parma  e  Piacenza 
e  delle  due  Sicilie;  ed  altrettanto  eseguì 
dopo  la  restaurazione  di  sua  sovranità 
nel  i  8  i5,  comesi  ha  dal  n.°  52  del  Dia- 
rio di  Roma.  Prima  di  tale  epoca,  lo 
Stesso  Papa  Pio  VII,  ad  onta. che  non  si 
pagava  più  dal  re  delle  due  Sicilie  il  tri- 
buto della  chinea,  rifiutò  generosamen- 
te- d'investire  del  regno  di  Napoli  Gioac 
chino  Murat,  che  ripetutamente  gli  offrì 
il  tributo,  per  averlo  fallo  re  del  mede- 
simo Napoleone  I  imperatore  de'fraucesi. 
Sebbene  il  re  delle  due  Sicilie  neli8o6 
mostratasi  deciso  di  rinnovare  la  pub- 
blica presentazione  del  tributo,  come  a- 
vea  giurato,  e  lo  notai  nel  voi.  LV,  p. 
290,  in  uno  alle  relative  trattative;  pure 
nel  18 16  Ferdinando  I  cambiò  linguag- 
gio, e  con  quel  tuono  che  riportai  nel  voi. 
LXIN,  p.  266.  Ma  Pio  VII,  come  avea 
risposto  al  polente  e  dispotico  domina- 
tore Napoleone  I,  quando  voleva  con  ri- 
petute minacce  intrudersi  con  pretensio- 
ni inammissibili  tic!  principato  e  gover- 


T  |  I  icp 

no  temporale  della  s.  Sede;  dichiarò  di 
non  poter  convenire,  riguardandosi  co- 
me i  predecessori  semplice  custode  e  am- 
ministratore de' diritti  e  sovranità  delia 
medesima  s.  Sede,  i  quali  per  le  obbli- 
gazioni contratte  con  Dio  pe'giuramenti 
fatti,  dovea  fedelmente  trasmettere  illesi 
e  integri  a'suoi  successori  e  come  gli  a- 
vea  ricevuti  da'  predecessori.  Dagli  alti 
di  Pio  VII  riportati  daU'Artaud,  da  Pi- 
stoiesi e  da  altri  storici,  tutto  viene  dif- 
fusamente narrato,  insieme  alle  dichia- 
razioni più  volte  emesse  sulla  sua  respon- 
sabilità e  doveri  ,  ostacolo  invincibile  a 
[desiare  la  sua  adesione  all'  imperatore 
de'  francesi ,  ed  alla  depressione  della  s. 
Sede;  dimostrando  con  trionfanti  e  in- 
vincibili ragioni,  che  nel  degradare  allat- 
to l'indipendenza  della  sovranità  tempo- 
rale, le  toglierebbe  anche  i  mezzi  del  li- 
bero esercizio  dell'  autorità  spirituale,  e 
di  essere  padre  comune  de'fedeli,  e  uni 
versale  pastore  del  gregge  cattolico;  non 
potere  quindi  pel  suo  sagro  carattere  tra- 
dire la  comune  paternità  commessagli  da 
Dio,  e  non  intimorirlo  la  perdita  della 
sovranità  lempoiale,  negaudosi  altresì  a 
rinunciare  senza  alcuna  correspettivitàa' 
diritti  della  s.  Sede  sul  regno  di  Napoli, 
ch'era  obbligato  conservare. Detronizza 
to  Pio  VII  nel  1809,  per  la  sua  fermez- 
za nel  181  4  più  glorioso  risalì  sul  trono 
la  cui  integrità  avea  sempre  propugnato. 
Innanzi  la  sua  deportazione  il  collegio  de' 
101  Scrittori  apostolici  (/  .),nella  mat- 
tina dell'Epifania,  giorno  in  cuiGesù  Cri- 
sto ricevè  i  doni  da'ss.  Magi  (P .),  pre- 
sentava l'omaggio  o  tributo  (come  è  det- 
to nelle  Indicazioni  de'  Maestri  delle 
ce r emonie po)itìjìcie)a\  Papa  di  1 00  scu 
di  d'oro  dentro  un  vaso  o  pisside  d'ar- 
gento dorato,  con  diveise  formalità. Que- 
st'atto si  effettuava  nella  camera  dell'u- 
dienza ordinaria,  ove  recavasi  il  Papa  in 
rocchetto  e  mozzetla  sedente  sul  trono, 
assistito  dal  maggiordomo  e  maestro  di 
camera,  dal  prefetto  delle  ceremouie  in 
cotta,  e  rocchetto  perchè  ucoompaguava 


i96  TRI 

poi  il  Papa  alla  cappella,  essendo  le  guar- 
die nobili  presenti.  11  cardinal  pio  data- 
rio sedeva  lateralmente  su  sgabello,  quin- 
di il  detto  ceremouiere  introduceva  i5 
degli  scrittori  apostolici,  preceduti  dal  lo- 
ro resciibendario  portante  in  mano  l'of- 
ferta, e  tutti  genuflessi,  il  resciibendario 
più  vicino  al  Papa  recitava  un'orazione 
parimenti  genuflesso,  e  sul  fine  presen- 
tava la  pisside  al  cardinale,  il  quale  l'of- 
friva al  Papa  baciandogli  la  mano,  e  pren- 
dendola il  maestro  di  camera  poi  la  por- 
tava nella  stanza  domestica  del  Pontefi- 
ce. Questi  dopo  aver  brevemente  rispo- 
sto al  complimento,  dava  la  benedizio- 
ne al  collegio,  indi  ammetteva  al  bacio 
del  piede  l'oratore  e  gli  altri  scrittori,  e 
tornava  nelle  sue  camere.  Se  il  cardinale 
pro-datario  era  impedito,  suppliva  mg.r 
sotto-datario,  ebe  si  poneva  in  piedi  alla 
sinistra  delPapa,e  a  suo  tempo  genuflesso 
presentava  la  pisside  previo  il  bacio  del 
piede,  prima  del  rescribendai  io. Però  do- 
po il  detto  ritorno  di  Pio  VII  in  Roma 
cessò  la  narrata  formalità,  ed  in  vece  del- 
la pisside  co'ioo  scudi  d'oro  il  collegio 
offre  al  Papa  scudi  200  d'argento  a  mez- 
zo del  cardinale  pro-datario.  Ripeto  che 
a  Tesoriere  generale,  siccome  pontificio 
e  primario  ministro  nel  quale  si  concen- 
trano lutti  i  rami  delle  rendite  pubbli- 
che, inclusi  vameute  alle  tasse  e  tributi, 
e  lo  sarà  anche  il  censo  dopo  terminata 
l'avanzata  e  lodala  revisione  de'catasti, 
con  dettagli  ragionai  de'tributi  e  finan- 
ze dello  stato  poutifìcio,e  deplorando  l'in- 
surrezione deli83i,  narrai  come  indus- 
se Gregorio  XVI,con  ripugnanza  del  suo 
animo,  all'alienazionedi  molli  beni  e  ca- 
noni camerali,  tranne  i  soliti  pagarsi  nella 
vigilia dis.  Pietro;  vendita  cheque!  Papa 
pianse  finche  visse,  lamentando  l'urgente 
necessità  che  imperiosamente  la  consigliò, 
per  difendere  la  sovranità  e  indipenden- 
za del  principato  della  s.  Sede,  dalle  in- 
cessanti e  tenebrose  trame  de'nemici  del- 
l'altare, del  trono  e  dell'ordine  pubblico. 
1  calici  e  le  pissidi  d'argento  che  iu  tri- 


TR  I 

bnto  alla  sovranità  della  s.  Sede  si  por- 
tano nella  camera  de'tributi  nella  vigi- 
lia de'ss.  Pietro  e  Paolo,  è  una  partico- 
lare regalia  spellantcalPapa  sovrano  del- 
lo stato  di  s.  Chiesa,  e  sotto  Gregorio  XVI 
furono  aumentati;cioè  leggoin  una  delle 
note  a  lui  umiliale  il  numero  di  9  calici, 
e  una  pisside  del  valore  di  scudi  1 2;  (pian- 
to a'ealiei,  uno  d'  oro  del  valore  di  scu- 
di 4°°> altro  con  coppa  d'oro  del  valore  di 
scudi  200,  altro  dorato,uno  di  60  scudi  e 
altro  di  5o,  e  4  di  scudi  25  l'uno.  Questi 
calici  e  la  pisside  Gregorio  XVI  clonava 
a  chiese,  massime  se  bisognose,  ed  a've- 
scovi  stranieri  o  vicari  apostolici.  Il  de- 
naro ricavato  da'tributi  spetta  all'erario, 
inclusi  va  mente  a  ll'equivalente  delle  lazze 
d'argento,  poiché  si  suol  fare  la  presenta- 
zione di  esse  e  quindi  sborsarne  il  valore. 
Il  pepe  spetta  al  procuratoregenerale  del 
fisco,  il  zucchero  appartiene  al  commis- 
sario generale,  la  cera  allo  stesso  erario. 
Sono  pochi  anni  che  cessò  la  presenta- 
zione al  Papa  di  altro  tributo  da'  no- 
tali dell'A.  C.  ossia  del  tribunale  dell'  V- 
tlilore  generale  della  Camera  (/  .),  e 
consisteva  in  un  calice  d'argento  con  pa- 
tena,che  si  faceva  a  spese  del  notaio  as- 
sentata. Questo  tributo  si  presentava  al 
Papa  nel  1 .°  giorno  di  ciascun  anno  nelle 
sue  stanze, prima  della  cappella  della  Cir- 
concisione, da'capo-nolari  dell'A.  C.  com- 
preso l'  assentisti),  1'  ultimo  de' quali  fu 
Vincenzo  Petti.  Cessò  questa  consuetu- 
dine allorché  seguì  la  soppressione  del- 
l'assento colla  nuova  organizzazione  delle 
cancellerie  de' Tribunali  di  Roma.  Il  re- 
gnante Pio  IX,  tra  le  beneficenze  che  e- 
sercilò  sogli  Ebrei  (7^.)  di  Roma,  che  ri- 
marcai nel  1 ."  articolo  e  altrove,con  plau- 
so de'  saggi  abolì  il  degradante  tributo 
(per  le  circostanze  che  l'accompagnava- 
no) di  vassallaggio  al  Senato  (V .)  e  po- 
polo romano.  Il  Papa  dichiarò  cariche 
prelatizie,  oltre  l'avvoca  lo  de'po  veri, l'av- 
vocalo e  il  procuratore  del  fisco,  ed  il 
commissario  della  camera;  e  nel  dicem- 
bre 184 7  conferì  al  prelato  tesoriere  il  da 


t  n  i 

lui  istituito  ministero  delle  finanze,  per 
amministrare  le  proprietà,  i  tributi  e  leal- 
tre  renditedeldominio  papale. Nella  tem- 
poranea secolarizzazione  de'  ministri,  il 
tesoriere  generale  e  ministro  delle  finan- 
ze restò  il  solo  prelato  del  consiglio  de* 
ministri  nel  marzo  1848.  A'  i4  di  tal  me- 
se il  Papa  promulgò  lo  Statuto  fonda- 
mentale pel  governo  temporale  degli 
Stati  di  s.  Chiesa,  che  dipoi  abrogò.  In 
esso  dichiarò  nel  §  Vili.  »  Tutte  le  pro- 
prietà, sia  de'pri  vati, sia  de'corpi  morali, 
sia  delle  altre  pie  o  pubbliche  istituzio- 
ni, contribuiscono  indistintamente  ed  e- 
gualmenteagli  aggravi  dello  slato, chiun- 
cjue  ne  sia  il  possessore.  Quando  il  som- 
mo Pontefice  dà  la  sanzione  alle  leggi  so- 
pra i  tributi,  l'accompagna  con  una  spe- 
ciale apostolica  deroga  all'immunità  ec- 
clesiastica.. ..§  L. Rimangono  inoltre  a  pie- 
na disposizione  del  sommo  Pontefice  i  ca- 
noni, tributi  e  censi, ascendenti  ad  un'an- 
nua somma  di  scudi  tredicimila  circa , 
nonché  i  diritti  de'quali  si  fa  menzione 
in  occasione  della  camera  de'tributi  nella 
vigilia  e  festa  de'ss.  A  postoli  Pietro  e  Pao- 
lo...  §  LX.  Se  allorché  muore  il  sommo 
Pontefice  il  bilancio  preventivo  dell'an- 
no non  fosse  ancora  votato  d'ambedue  i 
consigli,  i  ministri  di  pieno  diritto  sono 
autorizzati  ad  esigere  i  tributi  e  provve- 
dere alle  spese  sulle  basi  dell'ultimo  pre- 
ventivo volato  ila* consigli  e  sanzionato 
dal  Pontefice."  Indi  a*25  aprile  il  pre- 
lato Monchini  tesoriere  generale  e  mini- 
stro delle  finanze  rinunziò  alla  carica,  ed 
il  Papa  gli  conservò  col  titolo  di  tesorie- 
re generale  della  rev.  camera  apostolica 
gli  onori  annessi  di  prelato  di  fiocchetto, 
subentrando  un  secolare  al  ministero  del- 
le finanze.  Nella  seguente  solennità  de'ss. 
Pietro  e  Paolo  il  n.°i2i  della  Gazzetta 
di  Roma  notificò.»  La  rev.  Camera  a- 
postolica,  nella  vigilia  e  nella  mattina  del 
la  solennità,  ricevette  secondo  l'usanza, 
i  canoni  e  tributi  dovuti  alla  s.  Uomana 
Chiesa.  Per  quelli  non  presentati  il  s.  Pa- 
dre rinnovò  le  consuete  proteste".  Scop- 


T  R  I  197 

piata  la  ribellione  in  Roma  a' 16  novem- 
bre 1848,  il  Papa  si  ritirò  nel  regno  di  Na- 
poli co'cardinali  e  molti  prelati,  riceven- 
do dal  re  Ferdinando  II  quel  riverente, 
affettuoso  e  magnifico  ospizio  che  cele- 
brai a  Sicilia  e  Pio  IX.  All'anarchia  di 
Roma  e  dello  stato  success?  la  repubbli- 
ca, finché  Roma  fu  liberata  dalla  dema- 
gogia a'3  loglio  1 849,  ritornando  in  Ro- 
ma il  Papa  a'12  aprilei85o.  Per  la  fe- 
sta de'ss.  Pietro  e  Paolo  riferì  il  n."i48 
del  Giornale  di  Roma.  »  La  rev.  Came- 
ra apostolica,come  nel  giorno  innanzi  così 
nella  mattina  di  delta  festività,  secondo 
il  solito,  ricevette  i  canoni  ed  i  tributi  do- 
vuti alla  s.  Romana  Chiesa,  e  per  quelli 
non  presentati  furono  emesse  in  nome  di 
Sua  Santità  le  consuete  proteste".  Negli 
anni  1811,  i852e  1 853  i  Giornali  di 
Roma  dissero  de'  canoni  e  tributi  rice- 
vuti dalla  Camera  apostolica  nella  detta 
ricorrenza,  e  che  pe'non  presentati  il  Pa- 
pa rinnovò  le  consuete  proteste.  Ma  nel 
i854  la  rev.  Camera  apostolica  avente 
a  capo  il  cardinal  Anlonelli  segretario  di 
stato,  in  assenza  del  cardinal  Riaria  ca- 
merlengo, nella  vigilia  de'ss.Pietro e  Pao- 
lo si  riunì  nella  Camera  de'Tribuli  al  Va- 
ticano, onde  ricevervi  i  consueti  canoni 
e  tributi  dovuti  alla  s.  Sede;  ed  il  Papa 
non  omraise  di  fi  re  le  solite  proteste  per 
quelli  che  non  furono  presentati,  inclusi' 
vamente  a  quella  contro  il  redi  Sarde- 
gna Vittorio  Emanuele  II,  per  avere  si- 
no dal  1  85 1  interrotta  la  prestazione  an- 
nua del  tributo  di  scudi  2000  pel  calice 
e  patena  d'oro,  dovuto  per  la  vicaria  tem- 
porale di  molti  fondi  e  terre  del  Piemon- 
te, di  cui  parlai  di  sopra,  e  quanto  alla 
protesta  nel  voi.  LXIX,  p.  278,  pel  de- 
creto delle  camere  costituzionali,  ed  ap- 
provazione del  consiglio  di  stato  sardo. 
La  Civiltà  cattolica ',2.*  serie,t.  7,  p.  200, 
deplorò  tale  inadempimento,  secondo 
l'anteriore  convenuto,  e  che  nel  giorno 
solenne  de'ss.  Pietro  e  Paolo  »  non  man 
cano  alla  Chiesa  le  sue  contraddizioni  da 
coloro  che,  per  timore  di  mostrarsi  trop- 


i98  TRI 

no  ossequenti  all'autorità  pontificia,  ne- 
gano quel  tributo  o  quel  canone  che  do- 
vrebbero presentare  in  ricognizione  di 
antichi  debiti  odi  antica  gratitudine.Pos- 
siatno  più  stupire  se  i  sudditi  sono  ora 
così  riottosi  versoi  prineipi,qnandoi  prin- 
cipi negano  sì  pubblicamente  il  loro  do- 
vere alla  Chiesa?  Ad  ogni  modo  la  Chie- 
sa non  ci  perde  nulla  :  giacché  non  è  cer- 
tamente un  calice  d'oro  quello  che  le  dia 
la  sua  potenza  ;  ed  il  suo  diritto  ella  pone 
in  salvo  più  che  bastantemente  colle  pro- 
teste che  ogni  anno  fa  il  suo  Capo  supre- 
mo in  terra.  Ci  spiace  dover  annunziare 
che  la  real  casa  di  Savoia  è  ora  entrata 
per  lai. a volta  tra  quelle,  contro  cui  pro- 
testa e  protesterà  sempre  il  sommo  Pon- 
tefice, finché  (e  speriamo  che  sia  presto) 
ed  essa  e  le  altre  comprenderanno  il  loro 
dovere.  Certamente  il  governo  sardo  eb- 
be già  occasione  di  vedere  a  prova  che  la 
s.  Sede  non  è  guidala  da  desiderio  di  ar- 
ricchire coll'esigere  la  prestazione  di  ciò 
che  se  le  dee.  Se  un  calice  d'oro  è  troppo 
costoso,  essa  si  contenterà  d'un  calice  di 
bronzo,  ed  anche  d'un  cereo  di  poche  lib- 
bre. Ad  ogni  cosa  si  può  rinunziare  fuor- 
ché al  diritto,  di  cui  il  Pontefice  romano 
non  è  che  geloso  custode  e  conservatore 
per  debito  di  suo  sublime  uffizio".  Si  dice 
che  neh  855  il  re  delle  due  Sicilie  Fer- 
dinando II,  in  occasione  che  inviò  al  Pa- 
pa Pio  IX  l'uderla  di  ducati  i  0,000  per 
contribuire  all'erezione  della  colonna  in 
Il  onta,  in  onore  dell'Immacolata  Conce- 
zione, a  memoria  del  decretalo  dogma, 
di  che  tenni  proposito  nel  voi.  LXXIII, 
p.  76;  lo  pregò  a  non  (ine  più  la  protesta 
pel  tributo  delle  due  Sicilie,  non  perù  qua  1 
conseguenza  di  tal  pia  oblazione.  Si  ag- 
giunge che  il  Papa  l'esaudì,  in  conside- 
razione di  sue  benemerenze,  avvertendo- 
ne 3 cardinali  capi  d'ordine,  acciò  lo  par- 
tecipassero al  sagro  collegio,  e  che  al  car- 
dinal Iliaiio  camerlengo  di  s.  Chiesa,  lo 
notificò  con  biglietto  del  cardinal  segre- 
tario di  stato,  onde  non  ebbe  poi  luogo 
la  protesta  nella  lesta  di  s.  Pietro,    ludi 


TR  I 
alcuni  la  dissero  sospensione  tenìporarn  a, 
altri  l'alfermauo  slabile  abolizione  della 
protesta,  il  che  sembra  più  probabile.  Il 
giornalismo,  anche  Ietterai  io,  se  ne  occu- 
pò molto,  e  fra  gli  altri  la  Gazzella  di 
Venezia  a  p.  65o,  e  la  Cronaca,  di  Mi- 
lano a  p.  61 4-  Fatto  é,che  nulla  più  di 
officiale  fu  pubblicato  in  Roma;  bensì  é 
vero  che  la  protesta  per  le  due  Sicilie  non 
ebbe  luogo,  continuandosi  a  fare  tutte  le 
altre;  ed  il  Giornale  di  Roma  deli 855 
nel  n.°i'47  Sl  linaitò  a  riferire.  »La  rev. 
Camera  apostolica  presieduta  in  assenza 
dall'Em.mo  Camerlengo,  da  Sua  Em.za 
Rev.mail  sig.r  cardinale  Antonelli,  segre- 
tario di  stalo,  si  riunì  in  Vaticano  per  ri- 
cevervi secondo  il  costume  i  canoni  ed  i 
tributi  che  si  debbono  alla  s.  Sede.  Per 
quelli  che  non  furono  presentati  si  sono 
emesse  le  consuete  proteste".  Egualmen- 
te si  legge  nel  n.°  147  del  Giornale  di 
Roma  del  1 856,  che  l'encomiato  porpo- 
rato colla  camera  apostolica  riceverono 
i  tributi  che  si  debbono  alla  s.  Sede.  »  E 
te  forma  li  proteste  sono  state  emesse  con- 
tro coloro, che  non  li  hanno  presentali". 
Delie  oblazioni  di  Candele  di  cera  che  in 
Roma  si  fanno  al  Papa  nella  festa  della 
l'itrifieazione,  riparlai  nel  voi.  LXXIX, 
p.  1  3i)  ;  e  per  quelle  delle  Canouizzazio 
ni  (/ '.).  Avendo  di  sopra  fatto  cenno  sul 
catasto  e  censo,  che  tanla  affinila  hanno 
co'  tributi,  credo  opportuno  di  qui  ag- 
giungere. Il  dicastero  del  censo  nel  i85o, 
nel  presidentato  del  cardinal  Vannicelli- 
Casoni,  pubblici»  i  ragguagli  delle  diver- 
se misure  agrarie  locali  dello  stalo  pon- 
tificio, colla  misura  adottala  nel  nuovo 
censimento,  equivalente  al  sistema  me- 
trico; ragguagli  compendiali  da'  9  volu- 
mi che  sulle  stesse  misure  diede  il  me- 
desimo alla  luce  dal  1820  al  1828.  Indi 
nel  presidentato  del  cardinal  Bolondi  si 
pubblicò  nel  i856  altro  volume  colle  ta- 
vole di  ragguaglio  delle  varie  misure  lo- 
cali «li  capacità  de'.singoli  lerritorii  dello 
sialo  pontificio,  e  de'  principali  luoghi 
d'Italia  ed  esteri,  colle  misure  del  «iste- 


TRI 

ina  metrico;  come  pure  la  tavola  di  rag- 
guaglio delle  diverse  monete  usate  dagli 
antichi  e  da' principali  stali  a'd\  nostri,col- 
le  monete  pontificie,  e  con  quella  del  si- 
stema  metrico  francese.  Se  ne  dichiara 
la  grande  importanza  a  p.  3gg  del  t.  3 
dell' 'Enciclopedia  contemporanea,  che 
con  applauso  degli  scienziati  e  de'letterati 
si  pubblica  a  Fano;  come  pure  nel  n.   2 
del  Giornale  di  Romade\  i856.  E  nel 
n.°  125  del  medesimo  si  riporta  la  no- 
tificazione del  cardinal  Antonelli  segre- 
tario di  stato, de'3i  maggio,  nella  quale 
si  dice.  Che  Pio  VII  nel  provvedere  più 
stabilmente  al  censimento  rustico,  di- 
spose che  si  compilasse  un  nuovo  catasto 
regolato  a  misura,  mediante  l'elevazio- 
ne delle  mappe  topografiche;  ed  a  stima 
per  via  analitica,  basata  sui  principi  i  ge- 
nerali applicati  con  uniformità  di  criterii, 
nelle  viste  d'una  stabilità  permanente,  e 
di  quel  favore  all'  industria  che  meglio 
serva  ad  incoraggire  l'agricoltura,  fonte 
primaria  di  prosperità  in  uno  stato  emi- 
nentemente agricolo  come  quello  della  s. 
Sede.  Queste  sapienti  disposizioni  ebbe- 
ro la  loro  esecuzione  nel   pontificato  di 
Gregorio  XVI,  e  neh  835  nel  pro-pre- 
sidenlalo  di  mg.r  Cattaui  fu  attivato  il 
nuovo  catasto.  Effettuatasi  la   revisione 
mediante  l'opera  d'esperti  agronomi,  o- 
ra  che  le  principali  operazioni  vanno  ac- 
costandosi al  termine,  e  che  nelle  provin- 
cie componenti  le  sezioni  delle  Marche  so- 
no stale  condotte  a  compimento  anche 
colla  conseguente  applicazione,  il  Papa 
Pio  IX  ordinò  che  pe'territorii  compresi 
nelle  provincie  d'Urbino  e  Pesaro,  Ma- 
cerata, Ancona, Fermo  e  Ascoli  sieno  po- 
sti in  attività  gli  estimi  riveduti,  onde  sui 
medesimi  si  riportino  le  pubbliche  tasse 
con  una  sola  cifra  d'imposta  per  tutta  la 
.sezione, mediante  le  disposizioni  contenu- 
te nella  notificazione.  Altre  norme  sta- 
bilirà il  cardinal  Bofondi  presidente  del 
censo,  per  la  più  sollecita  e  regolare  e- 
secuzione  di  questa  legge  e  di  altro  ri- 
guardante l'attivazione  del  censimento 


T  11  I  «99 

rustico  in  detta  sezione  delle  Marche.  Al- 
lorché poi  si  attiverà  l'estimo  rustico  nel- 
l'altre sezioni  dello  stato  pontificio,  sarà 
perequata  la  cifra  d'imposta  in  modoche 
una  sola  sia  quella  che  regola  la  dativa 
di  tutto  lo  stato,  come  una  è  quella  che 
va  ora  ad  attuarsi   per  la  sezione  delle 
Marche.  Il  cardinal  Bofondi  quindi  a'3  1 
maggio  1 856  stesso  pubblicò  il  Regola- 
mento della  presidenza  delceuso  analogo 
alla  nominata  notificazione,  sull'attiva- 
zione dell'estimo  rustico  riveduto  nelle 
provincie  delle  Marche;  e  si  trova  ne'u. 
1 4-1  ?  »  4-2  e  i-43  del  Giornale  di  Peonia. 
A'i5marzoi852ing.r  Monchini  venen- 
do creato  cardinale,  restò  vacante  la  di- 
gnità di  tesoriere  generale,  indi  cessò  il 
pro-ministro  delle  finanze  secolare  ,  al- 
lorché il  i.°  dicembre  18 54  il  Papa  no- 
minò l'attuale  ministro  delle  finanze  mg/ 
Giuseppe  Ferrari.  Ora  mi  gode  l'animo 
di  potere  riportare  col  Giornale,  di  Ro- 
ma  de'  1  7  giugno  1 856.  »Sua  Santità  con 
biglietto  della  segreteria  di  statosi  è  com- 
piaciuta di  conferire  a  monsignor  Giu- 
seppe Ferrari  suo  ministro  per  le  finan- 
ze, i  privilegi  inerenti  alla  carica  di  2V- 
soriere generale  della  Rei'.  Camera  A- 
postolica."  Laonde  mg/  Ferrari  s'inti- 
tolò quindi    Tesoriere  generale  della 
R.  C.  Apostolica  e  Ministro  delle  Fi- 
nanze. Arroge  che  io  qui  ricordi  un'al- 
tra dotta  opera  sul  discorso  argomento 
del  eh.  e  laborioso  mg.r  Mario  Felice  Pe- 
raldi  chierico  di  camera:  Sullo  stato  at- 
tuale politico  ed  economico  de' Domimi 
della  Chiesa  romana,  Discussioni  di- 
rette ad  un  professore  di  diritto  P.  U., 
Bastia  1 855.  Opera  che  serve  d'appen- 
dice a  quella  pure  non  meno  sapiente  del- 
l'encomiato prelato,  che  porta  per  tito- 
lo :  Del  civile  principato  della  Chiesa 
romana;  dovendosi  tener  presente  quel- 
l'altra scritta  dal  medesimo:  Dulia  civile 
convivenza  e  del  cittadino.  »  La  coudi- 
zione de'lempi  eccita  tutti  gli  sforzi  degli 
uomini  di  voti  a' diritti  della  s.  Sede  per 
parare  i  colpi  nemici;  che  li  minacciano, 


ioo  T  R  I 

e  pei  mettere  in  più  chiara  Vista  i  perico- 
li, che  si  accumulano  contro  quest'anno- 
so Principato  della  Chiesa  romana. . .  . 
Ha  messo  in  miglior  luce  taluni  principi! 
fondamentali  del  diritto  pubblico  di  que- 
sti domimi,  non  prima  stati  cotanto  pro- 
fondamente considerati  e  distinti;  rima- 
sti sempre  involti  in  certa  confusione,qua- 
si  disconosciuti. .  . .  Era  da  cotesta  inve- 
stiga/ione, che  vide  tutta  dover  dipende- 
re la  slabilità  del  competente  civile  go- 
verno ecclesiastico,  e  la  spinta  di  una  de- 
cisa risolutezza  a  non  più  aggiornarne  il 
pieno  ritorno."  L'illustre  prelato  lauto  e 
giustamente  divoto  agli  antichi  principi! 
iòndamentali  del  nostro  diritto  pubbli- 
co romano,  lo  contrappone  alle  innova- 
zioni che  l'hanno  rovesciato; poiché  forse 
gravi  a  noi  ignoti  ostacoli  tenevano  an- 
cor sospeso  il  compimento  della  reinte- 
grazione de' diritti  politici  della  Chiesa 
romana,  per  le  prepotenti  esigenze  che 
l'introdussero  e  le  sostengono.  Sempre 
inlento  co'  suoi  profondi  studi  al  grave 
scopo,  anche  in  questo  ulteriore  parlo  del 
suo  ingegno  e  testimonianza  del  suo  co- 
slante  zelo  pel  pubblico  bene,  fa  arden- 
ti voti  onde  si  ritorni  al  governameuto 
dell'  ultima  decade  dello  scorso  secolo  ; 
ovvero  all'aureo  e  più  felice  pontificato 
di  Leone  XII,  che  in  tanti  luoghi  cele- 
brai, ch'egli  sostiene  costituire  come  l'a- 
nelloamico  tra'vecchi  tempi  e  le  moder- 
ne idee,  ed  in  cui  sarebbe  salva  la  sostan- 
za della  natura  propria  del  governo  ci- 
vi!e-eccIesiastico,e si  soddisfarebbe  al  gu- 
sto della  nostra  eia, senza  essenzialmente 
alterarsi  l'indole  del  pontificio  reggimen- 
to. »  Erano  allora  sopportabili  le  pubbli- 
che gravezze,  non  eccessivo  il  tributo, ben 
regolato  l'ordine  pubblico  interno  ed  e- 
slerno,  moderato  il  numero  delle  leggi." 
TRICALA,TR1CA  oTRICCA,  Tri- 
cae.  Sede  vescoviledella  i. "Tessaglia  nel- 
la Eliolide,  esarcato  di  Macedonia,  sotto 
la  metropoli  di  Larissa,  eretta  nel  V  se- 
colo. Al  presente  è  cil  là  della  Turchia  eu- 
ropea, capoluogo  dei  saugiacato  del  suo 


TR  I 

nome  e  della  giurisdizione  di  Mulalik  , 
presso  la  sponda  sinistra  del  piccolo  fiu- 
me pure  omonimo,  ai3  leghe  da  Laris- 
sa. Domina  l'ingresso  della  Tessaglia  per 
la  valle  del  Peneo,  in  posizione  importan- 
te e  salubre.  Ha  moschee,  bagni,  uu  bel- 
l'edilizio coperto  di  piombo,  che  contie- 
ne una  scuola  superiore,  ed  i  molti  giar- 
dini che  l'abbelliscono  la  fanno  parago- 
nare a  Damasco:  attende  principalmente 
alla  tintura  del  cotone.  11  numero  de'suot 
abitanti  è  più  di  7000,  di  cui  4ooo  so- 
no greci.  Si  conoscono  3  de'suoi  antichi 
vescovi ,  cioè  Eliodoro  che  vivea  nel  V 
secolo,  Niceforo  Callisto  parlandone  neU 
I' //?.?£,' Ecumenio,cui  sono  a  tiri  bui  le  del- 
le Esposizioni sull' Epistole  di  s.  Paolo 
e  sulP  Apocalisse  di  s.  Giovanni ;  ed  N. 
vescovo  di  Tricala,che  separossi  da'greci, 
i  quali  si  opposero  all'introduzione  del- 
la parola  Filioque  nel  Simbolo,  com'e- 
ra stalo  ordinato  da  Nicolò  HI  Papa  del 
1277.  Oriens  chr.  t.  2,  p.  1  18.  Tricala, 
Tricalen, cova  un  titolo  vescovile  inpar- 
tibus,  del  simile  arcivescovato  di  Larissa, 
che  conferisce  la  s.  Sede.  Essendo  resta- 
to vacante  per  morte  di  Cirillo  di  Barcel- 
lona, Leone  XII  Io  die  a  Mariano  Tala- 
vera  di  s.  Fede,  canonico  di  tale  metro- 
politana, per  quelle  doti  che  dichiarò  nel- 
la proposizione  concistoriale;  quindi  do- 
po 3  giorni,  col  breve  Apostolici  Nostri 
mnneris ,  de'  22  dicembre  1828  ,  Bull. 
Rom.  cont.  1. 1  7,  p.  433,  lo  nominò  vi- 
cario apostolico  del  vescovato  di  Guaya- 
na  (f7.)  nell'America,  la  qual  sede  nel 
1 84- 1  riebbe  il  suo  vescovo,  che  avendo 
rinunziato  nel  1  854,  ''  Papa  Pio  IX  nel 
1 856  gli  sostituì  mg.r  Giuseppe  Emanue- 
le Arroyo  di  Benezuela. 

TR  «CARICO  (Tricaricen). Città  con 
residenza  vescovile  del  regno  delle  due  Si- 
cilie, nella  provincia  di  Basilicata  parte 
dell'aulica  Lucania  ,  a  circa  9  leghe  da 
Matera  e  più  di  6  da  Potenza,  capoluo- 
go di  cantone.  Questa  piccola  e  bella  cit- 
tà elevasi  amenamente,  in  clima  tempe- 
rato e  salubre  ,  parte  in  culle  e  parie  in 


T  R  I 

piano,  Ira  il  Basiento  che  scorre  alle  ra- 
dici  del  monte  e  il  Gradano,  quae  in  suo 
circi  ter  mi  Mari  ambititi  ooo  dvmus,  et 
7000  pene  complectìtur  incolas ,  come 
leggo  nella  proposizione  concistoriale.  E' 
cinta  d'un  antico  muro  fiancheggialo  da 
torri,  e  tra'principali  edilìzi  si  distingue 
la  bellissima  cattedrale  dedicata  alla  B, 
Vergine  Assunta  in  cielo,  nella  quale  tra 
le  reliquie  è  in  somma  venerazione  il  cor- 
po di  s.  Polito  martire  patrono  della  cit- 
tà e  diocesi:  ha  il  battisterio  e  la  cura  d'a- 
nime pel  capitolo  esercitata  da  un  cano- 
nico da  esso  eletto.  Il  capitolo  si  corono? 
nedi  3  dignità,  la  1  ,a è  l'arcidiacono,  la  2.'1 
il  cantore,  la  3.a  di  posteriore  istituzione; 
di  1  o  canonici  prebendali, compresi  il  teo- 
logo e  il  penitenziere,  di  6  canonici  so- 
prannumerari,d'i  1  preti  fnsigiiitos  nun- 
cupal,  e  di  altri  chierici  addetti  al  servi- 
zio divino.  L'episcopioèprossimoalla  cat- 
tedrale. Oltre  di  questa  vi  sono  due  altre 
chiese  parrocchiali  e  pure  munite  del  l'on- 
te sagro,  due  conventi  di  religiosi,  un  mo- 
nastero di  monache,  4  sodalizi,  il  semi- 
nario cogli  alunni ,  ed  altri  pii  luoghi.  I 
dintorni  sono  feracissimi  di  molte  produ- 
zioni agricole,  vi  s'ingrassa  notabile  quan- 
tità di  inaiali,  traendosi  dalla  pastorizia 
cospicue  rendite.  Il   delizioso   territorio 
fornisce  ancora  ottimo  frumento  e  loda- 
tissimo  vino.  L'origine  di  Tricarico,  Tri- 
caricum,  è  antichissima  ,  poiché  credesi 
fondata  da  Diomede,  dopo  l'incendio  di 
Troia,  e  che  traesse  il  nomeda'popoli  gre- 
ci di  Troia  stessa  e  d'Argo,  che  vi  si  sta- 
bilirono. Co'suoi  storici  riferisce  l'Ughel- 
li,  Italia  sacra,  t.  7,  p.  1 44»  Tricaricen- 
sesEpiscopi.  Ajunt  enini,DioineduinCa- 
panuni  gr accorimi  dueem,  post  Trojae 
excidium  cum  validis  copiis,  in  Apuliam 
traj'ecisse,ibiqiieDanii  regìs  filiam  uxo- 
re  duxisse,  accepta  do tis  nomine  a  so- 
cero  di  mi  dia  regni  parte  j  ea  vero  mi  la- 
ma coiilenlum,  et  augendi  imperii  cupi- 
diun,proxima  q nacque  involasse,  ac  vi- 
cino* suo  subjunxisse  imperio,  dextru- 
clis  eorum  ciyitatibus,  ctintcr  caeteras. 


TRI  301 

Triga, et  Argo  solo  aequatis.  Quamvis 
aulem  haec  ab  ipso  restaurata  j iteri t, 
priore?  tamen  incolas,  ut stabilem  inse- 
dem  figerent  adduci  non  potuisse  ,  sed 
coitione  facta  cum  iis,  qui  Trigae  an- 
tea  habitarant  eo  in  loco  ubi  hodie  Tri- 
caricum  situiti  est  conununem  sili  rivi- 
tatem  constituisse.  Inter  lutee  litem  iti' 
ter  utrosque  orfani  de  nomine  civitati 
imponendo,  tatti  iis ,  quatti  illis  vetcris 
patriae  meinoriani  retinere  cupientibus; 
tandem  vero  ita  inter  eos  convenisse,  ut 
sicut  jani  in  commutila  j'ur a,  ac  civi 'ta- 
tem coiissent,  ita  eidem  convnune  ex  an- 
tiquis  utriusque  gentis  notnitiibus  coni- 
posi  timi  nomen  inderetur,  sic  q  uè  a  grac- 
cis  Trigargos  initio  dieta  fuerit,  post  a- 
bitalis  Tricaricum  appellata. Haec  qui- 
dem  UH  de  origine,  et  nomine  hufus  ci- 
vitalis:  quorum  fides  penes  aitctores  e- 
sto.  Utcurnque  igitur  sit  haec  fabulosa 
narratio,  Tricaricum  regia  civitas  est, 
foeta  populo,  ac  nobilitate.  Din  sub  Co- 
mitum  fuit  ditione, prillatiti  Rogerii  Ro- 
berti Casertae  Comi  ti sfilii,  dei  tuie  San~ 
severinorum,  postea  Sforliarum,  item- 
que  Sanscverinorum  Disiniani  princi- 
pimi ,  nunc  (paret  Salandrae  Ducibus 
ex  Reverteria  gente  Coinituni  de  Sac- 
caglia) sub  lene  regi  uni  j'ugum  q  m'esci  t. 
Tricarici  non  exiguum  decu*  episcopa- 
li? conciliat  dignitas,  quae  posteriori- 
bus  saeculis  a  Christiana  religione  ibi- 
dem dissiminata  initium  habuit:  digna 
natnque  visa  est  ut  Episcopali  d'igni  ta- 
te exornaretur  anno  896,  cum  Polic- 
ctus  Constantinopolitanus  palriarcha, 
impii  Nicephori  Focae  imperatori?  jus- 
su,  dedissct  in  mandati?  Hydr  unti  no  e- 
piscopo,  ut  in  Tricarico  episcopum  or- 
dinarci: veruni  cum  hoc  in  contemplimi 
Romanae  Ecclesiae  esset  exeogi tatuiti, 
cum  auctore  deperiisse  dicendum  est, 
cimi  nulla  deinccp?  ad  annuiti  usque 
1060  extet  Tricaricensium  Epìscopo- 
rum  memoria.  Hoc  cnini  ipso  anno,  ve.\ 
circa  lume  annuiti  nova  metropoli?  A^ 
che  mulina  a  Romano  Ponti  [ice  creclef 


202  T  R  I 

est, cum 'facilitate  in  Tricarico,  aliisque 
vietiti*  civitatibus  epìscopos  ordinandi: 
eodemque  tempore,  scilicet  anno  1 06 1. 
Robertus  Comes,  antequam  Siciliae  re- 
gnimi occuparet ,  mensam  episcopalem 
magnani  ex  parte  Tricaricensis  episco- 
patiti 'attribuii 'job  tuli  tenim  oppidaMon- 
tis  Muri,  et  Armenti,  cimi  utriusquegla- 
dii  jurisdictionej  aueta  est  de  inde  fide- 
Unni  pia  largitione,  ex  vecligalibiis  op- 
pi' dorimi  Caniati ,  Agrianì  Murgitac, 
Andriaci,  et  s.  Nicolai  in  Sylva,  quae 
hactenus  ab  episcopi  possidentur,  prae- 
ter  Andriacum,  quod  quidam  episcopus 
ahalienavit.  Tanti s  immunitatibus  epi- 
scopatus  hic  olim  fruebatur,  ut  quo  ad 
illas  pari  fere  passu,  cum  quolibetJYea- 
politani  regni  antistite,  incedere  posset. 
Peri  ."vescovo  l'Ughelli  riporta  Arnoldo, 
Tricaricensis  episcopus,  che  fioriva  nel 
1068,  al  quale  per  la  sua  chiesa  e  di  lui 
successori  il  cónte  di  Monte  Scahioso  Ro- 
herto,  signore  e  governatore  di  Tricari- 
co, donò  il  detto  castello  Armenti  e  quel- 
lo pure  di  Monte  Muro  con  tutte  le  per- 
tinenze e  diritti,  mediante  i  due  diplomi 
diesi  leggono  nel  medesimo Ughelli.  Me- 
glio dell'origine  della  sede  vescovile  diTri- 
carico,  ora  sulfraganea  dell'arcivescovo 
d' Acercnza  e  Matera,  ne  tratta  il  Rodo- 
tà, Dell'origine  del  rito  greco  in  Italia, 
1. 1,  p.  201  e  seg.  e  260.  Pertanto  narra  i 
tentativi  degli  ambiziosi  patriarchi  di  Co- 
stantinopoli, per  imprimere  negli  animi 
degli  abitanti  di  Puglia,  che  comprende- 
va le  provincie  d'Otranto  e  di  Basilicata, 
ediCalabria,avversioneal  rito  della  chie- 
sa romana,  onde  far  loro  abbracciare  il 
greco.  A  tale  elFetto  l'imperatore  Niceforo 
Foca,  empio  verso  le  chiese,  e  pieno  d'o- 
dio e  di  livore  verso  i  latini,  siccome  non 
poteva  affliggere  altrimenti  il  Papa  e  oscu- 
rare il  nome  romano,  ordinò  al  patriar- 
ca Polyeucto  che  dilatasse  la  chiesa  d'O- 
tranto con  attribuirle  5  vescovi  suffraga- 
nei;  e  che  non  permettesse  in  avvenire  si 
celebrassero  in  tutta  la  Puglia  e  Calabria 
i  divini  misteri  in  rito  Ialino,  ma  in  gre- 


T  R  I 

co.  Polyeucto  portato  per  le  novità  e  va- 
go di  far  fronte  al  Papa,  corse  frenetico 
ad  abbattere  in  dette  provincie  l'autori- 
tà della  chiesa  romana,  pubblicando  nel 
968  un  editto  col  quale  ingiunse  a' vesco- 
vi di  Puglia  e  Calabria  il  cambiamento 
di  rito,  e  di  bandire  dalle  loro  chiese  le 
romane  liturgie;  ed  inoltre  che  i  vesco- 
vi di  Tricarico,  d'  Acerenza,  di  Malera, 
di  Tursi  e  di  Gravina  dipendessero,  co- 
me dipendenti  dal  greco  impero  ,  quali 
suffragane!  dall'arcivescovo  d'Otranto,  a 
cui  si  appartenesse  la  loro  consagrazione 
esercitata  sin  allora  dal  Papa.  Leduechie- 
se  d'Otranto  e  di  Tricarico,  non  appren- 
dendo le  conseguenze  che  provenivano 
dall'accettazione  dell'iniquo  editto,  vi  si 
conformarono.  Ciò  premesso,  dice  il  Ro- 
dotà, incerta  e  dubbiosa  è  l'origine  del 
vescovatodiTricaricò,chel'Ughelli  si  per- 
suase stabilito  nel  968  ,  come  quello  di 
Matera,  in  vigore  dell'editto  di  Polyeucto. 
Aggiunge,  che  ne  fa  argomento  il  ritogre- 
co  che  vi  fiorì  sino  al  secolo  XI  mantenu- 
to da' vescovi  greci,  i  quali  di  molti  abusi 
stranamente  lo  deformarono.  Facile  cosa 
loro  si  rese  il  sostenervi  con  dignità  le  ce- 
remonie  orientali,  e  farvi  risuonare  l'ar- 
monia de'cantici  in  lingua  greca  nel  cor- 
so d'un  secolo  e  più,  in  cui  questa  città  fu 
riguardata  come  membro  degli  slati  pos- 
seduti da 'greci  Augusti;  poiché  venuti  a 
trattato  di  pace  l'imperatore  d'occidente 
Ottone  I  con  Giovanni  Zimisce  successo- 
re di  Niceforo,  fu  stabilito  che  la  Puglia  e 
la  Calabria,  involale  poco  prima  da  Otto- 
ne I  con  sanguinosa  strage  al  greco  im- 
pero, ri  tornassero  dopo  le  funeste  rivolu- 
zioni sotto  il  governo  de'  greci  imperato- 
ri. Compì  il  numero  de'  vescovi  greci  di 
Tricarico  un  di  loro,  il  quale  accusato  nel 
sinodo  di  Melfi,  celebrato  da  Papa  Nico- 
lò Il  nel  1059,  d'avere  ricevuta  l'impo- 
sizione delle  mani  essendo  neofìto  dal  giu- 
daismo, e  quale  ignaro  de'misteri,  de' pre- 
cetti, degl'insegnamenti  e  dell'istituzioni 
della  vita  cristiana,  e  nulla  versalo  nelle 
divine  Scritture,  fu  nel  medesimo  privato 


TRI  TRI  ao3 
dell'onore  della  cattedra  vescovile  di  Tri-  delle  mani,  e  tollerato  con  prudente  cir- 
ciirico.  Furono  ancora  estinti  ed  estirpa-  cospezione  da'Papi  per  non  inasprire  Ta- 
ti in  questo  concilio  gli  avanzi  de'disor-  niuio  de'greci;  grave  e  delicato  argouien- 
dini  dell'ecclesiastica  disciplina, cagionati  lo,  che  sull'abuso  delle  mogli  tra 'sagri  mi- 
rla'predecessori  vescovi  greci  nello  spazio  nistri  greci,  Rodotà  svolge  a  p.  236  eseg.; 
di  quasi  i5o  anni  daccliè  tennero  la  sede  mentre  a  p.  433  parla  de'  canonici  gre- 
di  Tricarico.  Finalmente  fu  ivi  eletto  il  ci  della  cattedrale  di  s.  Severina  ammo- 
i.°vescovo  latino  per  nome  Arnaldo,  cui  gliuti,  i  quali  mantenendo  in  vigore  la  di- 
indirizzo  un  diploma  nel  1060  Godano  sciplina  orientale  erano  sciolti  dalla  leg- 
nici vescovo  d'Aeerenza,  che  per  ordine  di  gè  del  Celibato  de  latini.  La  varietà  dei- 
Nicolò  II,  insieme  al  suo  legato  Arnolfo  la  disciplina  fece  cauti  i  Papi  di  rimpro- 
n  rei  vescovo  di  Cosenza, era  stato  depula-  verare  a'greci  ministri  dell'altare  l'incon- 
to  ad  esaminare  gli  atti  de'vescovi  accu-  tinenza;ed  il  concilio  di  Trento  difenden- 
sali  nel  concilio.  Il  tenore  di  esso  rende  do  dalla  mordace  censura  de'libertini  no- 
chiara  testimonianza  d'essere  stato  trasfe*  vatori,  non  meno  il  celibato  de'sacerdo- 
rito  dal  rito  greco  al  suo  antico  latino  il  ti  latini,  che  la  podestà  della  Chiesa  d'n- 
vescovato  di  Tricarico  nel  conciliodi  alci-  ri  ire  agli  ordini  sa«ri  il  voto  della  conti- 
lì  ,  per  mandato  apostolico  di  Nicolò  11.  nenza,  si  astenne  dal  prendere  verunprov- 
Questo  documento  si  trova  presso  Anto-  vedimento  contro  al  matrimonio  contrai  - 
nio  Zavarroni  vescovo  di  Tricarico,  nel  toda'greci  innanzi  l'imposizionedellema- 
suo  libro:  Esistenza  e  validità  de' privi-  ni,  e  dal  biasimare  questa  loto  consuetu- 
legi  conceduti  alla  chiesa  di  Tricarico,  dine.  L'arcivescovo  dunque  d'Aeerenza 
Napoli  1  749-  Se  la  deposizione  del  vesco-  avendo  ricorso  al  dottissimo  Innocenzo 
vo  greco  estinse  nella  chiesa  cattedrale  di  III,  questi  nel  1  2  t  2  colla  decretale  ripor- 
Triearico  i  riti  orientali  nel  secolo  XI,  e  tata  da  Rodotà  ,  dileguò  ogni  dubbiezza 
la  destinazione  d'Arnaldo  I  v'introdusse  a  favore  del  cantore  di  Tricarico.  Da  ciò 
nel  tempo  stesso  le  venerabili  ceremonie  si  fa  palese,  che  nel  principio  del  secolo 
della  chiesa  romana,  alferma  il  Rodotà,  XIII  qualche  chiesa  inferiore  della  cat- 
ene vigoroso  nondimeno  si  mantenne  l'u-  tediale  di  Tricarico  era  tuttavia  servita 
so  de'  greci  istituti  nelle  chiese  inferiori  da'sacerdoti  di  ritogreco,  i  quali  ammini- 
della  città,  fiorendovi  il  rito  greco  anco  stravano  i  sagrameuti  a'na/.ionali  alla  Io- 
ne' tempi  susseguenti;  di  che  una  prova  rocura  commessi.  Estinto  finalmente  col 
indubitata  somministra  la  lettera  d'Inno-  correre  degli  anni  il  rito  greco  anche  nel- 
cenzo  III.  Essendo  vacante  la  chiesa  d'Au-  le  chiese  inferiori  della  città  e  diocesi  di 
gloria,  i  canonici  presero  di  miracoli  co-  Tricarico,  non  restò  del  lutto  sepolto  l'an- 
imine consentiuiento  il  cantoredella  chie-  lieo  grecismo,  restandone  un  vestigio.  Il 
sa  di  Tricarico,  nato  da  greco  sacerdote,  Rodotà  che  nel  1  y58  pubblicò  la  sua  bel- 
e  lo  elessero  loro  vescovo.  L'arcivescovo  la  opera,  dichiara  che  i  canonici  della  cat- 
d'Acerenza,  il  quale  godeva  gli  onori  di  tedrale  aveano a  gloria  di  serbarne  un'ini- 
metropolitano,  avendo  esaminato  gli  alti  magine.»  Rimase  loro  fissa  nell'animo  la 
dell'elezione,  non  sapeva  determinarsi  di  memoria  delle  venerabili  ceremouiedel- 
approvarli.  Dubitava  che  fossero  loro  di  la  chiesa  orientale;  e  non  polendo  dare 
ostacolo  i  natali  dell'eletto,  quasi  non  pò-  altro  più  chiaro  e  patente  argomento  del 
tesse  sollevarsi  all'ordine  del  vescovato  un  loro  rispetto  verso  le  medesime,  nella  so- 
figlio  di  prete,  mentre  la  disciplina  della  lenne  adunanza  de'fedeli  nella  messa  pon- 
chiesa  greca  permetteva  la  moglie  a'suoi  tificale,  cantano  l'Epistola  e  VEvange- 
sacerdoli,  se  contralto  il  matrimonio  «e-  lo  in  lingua  greca.  Si  sono  determinati 
gli  ordini  miuori,  prima  dell'imposizione  mostrarsi  grati  a'ioro  maggiori  con  una 


ao4                  T  R  I  TRI 

tal  ceremonia  ritenuta  ila  alcune  altre  ra  tirannia  de'saraceni, tornò  poco  appres- 
cattedrali  latine  delle  provincie  napole-  so  all'ubbidienza  de'greci,ila'qua|jessen- 
tane,lequalicamminavano  una  volta  an-  do  dominata  al  tempo  della  promulga- 
rli'esse  dietro  al  rito  greco,  come  questa  ziotie  dell'editto,  potè  essere  eretta  da  lo- 
di Tricarico.  Ma  ciò  cbe  sopra  ogni  altra  ro  in  vescovato,  e  data  per  sufFraganea 
cosa  deve  con  lode  ammirarsi  nel  rispet-  a  Otranto.  SoggiacqueMatera  ne'segueiv 
labile  consesso  de'noslri  canonici  si  è,  l'a-  ti  tempi  a  sventure  atroci  e  a  deplora- 
tele rinunziato  ad  alcune  distinzioni  d'o-  bili  calamità.  Travagliata  di  nuovo  da' 
noie,  ed  essere  stati  sempre  mai  contenti  saraceni  nel  996,  fu  obbligata  alla  resa 
di  vestire  con  mozzetle  nere,  secondo  l'o-  dopo  4  mesi  di  penose  miserie,  finché  nel 
rientale  disciplina,  la  quale  con  legge  in-  1064  cadde  in  potere  de'normanni.  Da 
dispensabile  obbliga  i  vescovi,  i  sacenlo-  questi  fu  privata  dell'onore  vescovile,  ri- 
ti egli  altri  ministri  delle  chiese,  ancorché  dotta  a  semplice  abbazia  e  soggettata  al- 
sienosollevati  ad  eminenti  gradi  di  d'igni-  la  cattedrale  d' Acerenza,  secondo  glia- 
là  e  di  uffizi,  ad  usate  abiti  di  nero  colo-  cheruntini.  Ma  la  maestosa  e  illustre  A- 
re.  Benché  un  vescovo  di  Tricarico  si  fos-  Gerenza,  divenuta  anch'  essa  squallida  e 
se  adoperato  con  felice  successo  per  otte-  deforme  per  le  gravi  e  ostinate  guerre  so- 
nere  a'  canonici  da  Benedetto  XIII  l'in-  stentile  circa  questi  medesimi  tempi  con» 
tlulto  di  cambiare  il  nero  nel  pavonazzoj  tro  a'suoi  nemici,  e  poco  meno  che  deso- 
eglino  però  inespugnabili  a  questi  assai-  lata  e  ridotta  a  forma  assai  misera  e  la- 
t  le  decorose  attratti  ve,generosamente  ri*  grimevole;  né  potendo  mantenere  il  de- 
cimando le  nuove  insegne  di  molto  pie-  coro  e  la  dignità  arcivescovile,  limocen- 
gio  e  decoro  secondo  la  moderna  discipli-  zo  III  nel  1  207  eresse  in  cattedrale  la  chie- 
na,  si  sono  contentati  andar  dietro  le  or-  sa  di  Matera  e  la  unì  ad  Acerenza  acque 
me  ile'loro  maggiori.  Nulla  variandodel-  principali  ter,  sicché  l'arcivescovo  fosse 
l'antica  costumanza,  donano  un  raro  e-  fregiato de'duetitoli/^c/ierfMfMu.v e  Ma- 
sempio  dell'ecclesiastica  moderazione  con  teranus.  Non  durò  la  pacifica  unione  tra 
serbare  indelebile  la  memoria  delle  veto-  loro  che  sino  ad  Eugenio  IV,  il  quale  per 
ste  umili  divise".  Mi  occorre  tare  un'av-  recidere  le  gare  di  giurisdizione  e  le  lem- 
vertenza:  il  dotto  Rodotà  chiama  Ace*  peste  ond'erano  sovente  agitate  e  coni» 
renza  col  nomedi  Ccrenza(F.);c\h  può  mosse,  fu  obbligato  a  separar  l'unione  e 
indurre  in  errore,  poiché  Gerenza  fu  se-  a  concedere  a  Matera  i  propri  vescovi, 
de  vescovile  diversa  affatto  da  Acerenza,  Rinacquero  l'antiche  contese  sotto  Sisto 
e  poscia  fu  compendiala  con  quelle  diCVz-  IV,  il  quale  determinò,  che  ili.°de' due 
riati\Strongolie  Umbriatico{F.).Qoan-  titoli  o  Acheruntinus  o  Matcranus,  do- 
to alla  sitHraganeità  di  Tricarico,  racco n<  vesse  regolarsi  dal  soggiorno  dell'arcive- 
ta  Rodotà:  Acerenza  godeva  gli  onori  di  scovo  o  in  Acerenza  o  in  Matera.  Foro- 
cattedra  vescovile,  quando  fu  sollevata  no  disunite  pure  da  Leone  X,  e  final- 
ai  grado  di  metropoli  nel  1060,  o  poco  mente  dopo  lungo  contrasto  Clemente 
prima  del  suo  pontificalo:  fu  data  alle  Vili  le  restituì  all'antica  forma  data  lo- 
il. mime  nel  1090  da  uomini  malvagi,  e  roda  Innocenzo  III,  co'suffraganei  d'An- 
i ■  teli  a  qualche  tempo  restaurata  da'pas-  glona,  Gravina,  Potenza,  Tricarico,  Ve- 
sali  danni  dalla  religiosa  e  pia  munilì-  nosa.  Tornando  alla  serie  de' vescovi  di 
cenza  de'propri  cittadini.  Della  chiesa  di  Tricarico,dopo  Arnoldo  trovasi  nel  1  o<)<) 
Ma  (era  cassai  oscura  l'origine  e  pare  de-  Librando  Tricariccnsis  epìscopus,  Ro- 
livata  dal  suddetto  editto  di  l'olyeuclo  berlo  fu  nel  1  177  presente  al  matrimo- 
dil  <)(ib\  Avendola  l'imperatore  d'occi-  mìo  di  Guglielmo  II  redi  Sicilia  con  Gio* 
dente  Lodovico  11  sottratta  dalla  barba-  vanna  d'Inghilterra,  e  nel  1  179  inler- 


TRI 

venne  al  concilio  generale  diLaterano  III. 
Al  vescovo  Ruggero  e  suoi  successori,  Pa- 
pa Gregorio  IX  nel  1237  concesse  il  pri- 
vilegio riprodotto  da  Ughelli.  La  mag- 
gior parte  del  capitolo  avendo  eletto  M. 
Palmerio  Gallusio.illustreper  virtù  e  dot- 
trina, da  Innocenzo  IV  nel  12  54  f"  |"'e" 
ferito  a  Roggero  canonico  della  cattedra- 
le suo  competitore.  Dopo  aver  lodevol- 
mente governalo  mori,  e  il  capitolo  po- 
stulò A.  Turbio,  e  l'abbate  J.  de  Bendi- 
no, qui  cimi  electioni  libere  ccssisscnt, 
idem  canonìcovum  senatus  j'tis  siami  e- 
ligendi pastorelli  in  Acheruntinuin  ar- 
chiepì scopimi  transfuderunt,  a  quotiti 
sequititr  delectus  estepiscopus.  Fr.  Leo- 
nardo Aragal  de'  minori,  egregio  lette- 
rato e  ornalo  di  preclare  doti,  da  Mar- 
tino IV  nel  1284  confermato  con  lettera 
diretta  al  cardinal  Bianchi  legato  e  ve- 
scovo di  Sabina,  riportala  da  Ughelli}  in- 
di Bonifacio  Vili  lo  traslatò  all'arcive- 
scovato di  Tiro,  e  nel  1  3o  1  a  quello  d'O- 
ristano. In  sua  vece  trasferì  da  Cassano 
a  Tricarico,  Riccardo  che  morì  neh  324 
mentr'era  stato  postulato  vescovo  d'A- 
versa,efu  sepolto  nella  cattedrale  di  Tri- 
carico.  Subito  Giovanni  XXII  gli  surro- 
gò Bonaceorso,a  cui  nel  1  326  die  in  suc- 
cessore Gotifiedo  già  vescovo  d'Avellino. 
Matteo  morì  neh  348,  e  neh  349  vi  fu 
traslato  da  Marsico  Roggero.  Da  Venti- 
miglia  nel  i35o  vi  fu  trasferito  daClemen- 
te  VI  Angelo  cancelliere  dell'imperato- 
re di  Costantinopoli,  e  neh  364  passò  a 
Pa Masso. Urbano  V  nel  1  365 nominòPie- 
tro  Sei  lupi  suo  cappellano  e  uditore  del 
palazzo  apostolico.  Neh  374  da  Volter- 
ra qui  fu  traslalo  Andrea  di  s.  Girolamo 
bolognese,egregio  pastore. Nel  1378  Mar- 
tino, nel  1 383  Tommaso  nunzio  d'  Ur- 
bano VI  in  Germania  e  Polonia.  Boni- 
facio IX  da  Piossano  neh  3q4  vi  trasferì 
Nicola,  che  poi  nel  1  399  restituì  all'an- 
tico arcivescovato,  provvedendo  la  chie- 
sa di  Tricarico  con  Vito,  già  vescovo  di 
Strongoli.  Neh4o5da  Pozzuoli  vi  passò 
Tuuiiiì&soBrancacci (/  .)tiapoletano,uoi 


T  R  I  20 5 

cardinale  e  nipote  di  Giovanni  XXI 11  > 
governò  bene,  e  neh  4  1  7  gli  successe  Lo- 
renzo, che  la  regina  Giovanna  li  inviò  o- 
ratore  al  nuovo  Papa  Martino  V,  insie- 
me all'  arcivescovo  d'  Acerenza  e  al  ve- 
scovo di  Cassano.  Angelo  napoletano,  ca- 
ro a  Giovanna  II, traslato  da  Potenza  nel 
1 4 T  9  e  P°'  arcivescovo  di  Rossano:  per 
regresso  tornò  a  governare  Tricarico  il 
cardinal  Brancacci,  e  continuò  sino  alla 
moile  neh  427.  Gli  successe  StefanoCar- 
rara  de'  signori  di  Padova,  già  vescovo 
di  quella  cattedrale,  di  Nicosia  e  di  Te- 
ramo: nel  i432  commutò  questa  sede  con 
quella  di  Rossano  col  dello  Angelo  che 
ritornò  a  Tricarico,  ed  intervenne  al  con- 
cilio generale  di  Firenze.  Nel  1 4-38  fr.Ni- 
cola  veneto  domenicano,  anch'esso  inter- 
venuto al  nominalo  concilio,  commenda- 
bile per  dottrina  teologica  e  virtù. DaMar- 
si  neh  446  vi  passò  Saba  de  Carbonibus 
romano;  e  neh  447  l'a  Pozzuolo  fr.  Lo- 
renzo de' minori.  Nicolò  V  nel  i44^  e" 
lesse  Onofrio  Santacroce  nobile  romano, 
illusile  per  dollrina  e  vasta  erudizione, 
virtù  ed  esperienza,  canonico  Laleranen- 
se  ;  funse  varie  legazioni,  governò  egre- 
giamente la  sua  chiesa,  e  rnorlo  in  Roma 
nel  1 47  1  fu  sepolto  nella  chiesa  di  s.  Ma- 
ria inPublicolis  di  sua  famiglia, della  qua- 
le riparlai  nel  voi.  LXI,  p.  61.  L'Ughelli 
riporta  il  monumento  marmoreo  alquan- 
to singolare,  poiché  si  vede  scolpito  il  ve- 
scovo giacente  cogli  stemmi  laterali  al  cu- 
scino ove  posa  la  lesta,  e  dalle  spalle  a' 
piedi  tutto  il  corpo  è  coperto  da  un  pro- 
lisso e  onorifico  epitaffio.  Or.so  fu  Mova- 
lo degno  a  succedergli  ;  e  Scipione  nel 
1  484  intervenne  alla  canonizzazione  di  s. 
Leopoldo  duca  d'Austria  e  nel  <494  a"a 
coronazione  di  Alfonso  \\)pauloq  ite  post 
mi  se  l'abili  fato  oecisus  est.  Agostino  de' 
baroni  Guarino  chierico  Liviense,  sud- 
diacono apostolico  d'Alessandro  VI,  da 
questi  fu  eletto  nel  j 497-  Giulio  11  nel 
1  5 1  o  fece  amministratore  il  celebre  car- 
dinal Oliviero  Carafa  {f7.).  Leone  X  no- 
minò Lodovico  dc's;ignori  di  Canossa  ve- 


lofi  T  R  I  T  R  I 
ronese,  abbate  commendatario  di  s.  An-  vendo  rinunziato  neliGit  (visse  in  Ro- 
drea  di  Bosco  e  di  s.  Apollinare  di  Ca-  ma  sinoaliGjy  vecchissimo  e  sordo),  gli 
nossa,  nunzio  a  Francesco  I  re  di  Fran-  sostituì  il  fratello  li.  Roberto  domenica 
cia.e  per  l'eccellente  sua  condotta  si  gua-  no.  Urbano  Vili  elesse  Pier  Luigi  scnio- 
dagnò  l'amore  di  quel  Papa  e  la  grazia  re  Carafa  (f)  nobile  napoletano  e  fia- 
del  re,  onde  ebbe  il  vescovato  di  Bayeux.  lello  di  Diomede,  nunzio  benemerito  di 
Ne'pontificaìi  di  Adriano  VI  e  Clemen-  Colonia,  pubblicando  l'interessantissima 
te  VII  fu  adoperalo  con  felice  successo  e  relazione, Legatìo apostolica.Hes\devosQ 
in  difficili  tempi  per  gravissimi  affari;  di-  di  tornare  alla  sua  amata  chiesa,  osci  dal 
venuto  consigliere  de!  re,  l'inviò  suo  ora-  corso  delle  nunziature  e  per  altri  i  i  anni 
toro  a  Venezia,  ove  infermatosi  grave-  la  governò  colmandola  di  grandi  e  con- 
menle,  si  trasferì  a  Verona,  e  finanziata  linue  beneficenze,  aumentando  la  meli- 
la sede  dì  Tricarico,  morì  nel  i  5ag  in  pa-  «a  canonicale,  ampliò  ed  abbellì  la  catte- 
Iria,  lodato  con  orazione  del  dotto  con-  drale  e  l'arricchì  di  sagre  suppellettili  ; 
cittadino  Bernardino  Donato,  e  tumulato  fibbricò  un  sontuoso  organo  e  stabilì  ima 
nella  cattedrale, il  vescovo  e  affettuoso  a-  rendita  per  mantenerlo  e  suonarlo.  Ac- 
mico  Gi  berti  gli  eresse  l'onorifico  sepol-  crebbe  le  rendite  del  seminario,  e  fu  al- 
erò. Clemente  VII  gli  surrogò  lospagnuo-  Ire-ì  benefico  co' luoghi  pii  a  vantaggio 
lo  Alessandro  nobile  e  arciprete  di  Cor-  de'poveri.  Creato  cardinale  da  Innocen- 
dova,  già  referendario  e  protonotario  ili  zo  X,  abdicò  il  vescovato,  e  fu  confeiilo 
Leone  X,  illustre  per  le  sue  qualità,  e  nel  al  nipote  Pier  Luigi  gonfiore,  nobile  na- 
giubileo  presidente  de' penitenzieri;  mor-  poletano  teatino,  di  esimia  virtù  e  bene-i 
to  in  Roma,  fu  sepolto  nella  chiesa  di  s.  licenza,  piissimo  e  padre  de'  poveri;  re- 
Salvatore  in  Lauro  con  epitaffio  presso  staurò  la  cattedrale  dalla  parte  debole  e 
l'Ughelli.  Paolo  111  nel  i  ^35  gli  avea  da-  neatunentò  gli  ornati,  fabbricò  uno  splen- 
to  in  coadiutore  con  futura  successione  «lido  armadio  per  la  sagrestia,  aumentò 
Girolamo  Folenghi  mantovano,  a  tiicli-  il  numero  de'canonici,e  stabilì  un'annua 
ilio  intimu&que  cubicularìus,  morto  nel  pensione  pel  tesoriere:  dedicò  la  cappella 
i  53g.  In  questo  divenne  vescovo  di  Tri-  della  B.  Vergine  della  Pietà  e  de'ss.  Gae- 
carico  Francesco  Orsini  nobile  romano,  tano  e  Andrea  Avellino,  in  suffragio  de' 
abbate  di  Farfa,  che  dopo  i  5  anuiabdi-  defunti  ;  adornò  e  restaurò  l'episcopio, 
co;  onde  nel  1 554  gli  successe  Antonio  Per  gratitudine  i  canonici  a  perennarne 
de  Caprioli  romano.  Gio.  battista  San-  la  memoria,  gli  fecero  scolpire  un  magni- 
torio  di  Taranto  vescovo  d'Alile,  da  Si-  fico  elogio,  in  cui  celebrarono  ancora  le 
sto  V  fatto  Maggiordomo  (F.)%\vt\  1 586  munificenze  del  cardinal  zio,  e  si  legga 
vescovo  di  Tricarico  e  nunzio  di  Stizze-  in  Ughelli.  Morto  nel  1 67*2,  l'anno  se- 
re/, morto  in  Roma  nel  1  5g2.  Gli  succes-  guente  gli  successe  Andrea  d'Aquino  no- 
seOttavio  Mirto  napoletano,  già  vescovo  bile  napoletano,  dotto,  virtuoso,  zelautis- 
di  Caiazzo,  dipoi  traslato  a  Taranto  nel  simo  e  operosissimo  pastore,  modello  de' 
1  6o5.  Nel  medesimo  Diomede  Carafa  no-  vescovi.  Nel  1676  da  bitetlo  vi  fu  traslato 
bile  napoletano,  pio  e  lodatissimo  pasto-  Gaspare  Toralto  nobile  di  Tropea;  per 
re,  assai  pianto  quando  terminò  di  vive-  sua  morte  nel  1682  Gaspare  Mezzomo- 
re  nel  1 609  in  Roma,  tumulato  in  s.  Ma-  naco  napoletano,  abbate  e  visitatore  ge- 
na de'Monti,di  cui  fu  divotissimo.ed  ove  iterale  degli  Olivetani,  integerrimo  e  vir- 
il  fratello  e  più  tardi  successore  cardinal  looso.  Nel  1684  Fulvio  Crivelli  nobile  mi- 
Pier  Luigi  seniore  gli  pose  un  elogio  scoi-  lanèse,  già  canonico  di  Napoli,  degno  per 
pito  in  pietra.  Paolo  V  nel  febbraio  1609  pietà  e  dottrina ,  pochissimo  visse.  Nel 
noininòSettimio  Roberti  romano,  che  a-      iG85  Fraucesco  Antonio  Leopardi  giù 


TI!  I 
vescovo  di  Melisi  co;  nel  1718  Luca  Tra 
pani  traslato  da  Ischia,  per  soli  9  mesi 
circa,  avendolo  rapito  la  morie  alle  spe- 
ranze di  sua  chiesa.  DaTrevico  a'4  mar- 
Z01720  passò  a  epiesta  sede  Simone  Ve- 
glino napoletano,  ornato  di  tutte  le  virtù 
e  dottissimo,  facondo  e  zelante  predica- 
tore, e  perciò  con  gran  ginhilo  de'dioce- 
sani;  ma  tosto  si  converti  in  pianto  e  do- 
lore, poichèa'a  3  luglio  ne  deplorò  la  per- 
dita, per  l'eminentecomplesso di  sua  san- 
tità, splendidamente  celehrata  dalColeli, 
col  quale  termina  nell'  Italia  sacra  la 
serie  de'  vescovi,  che  compirò  colle  No- 
tizie di  Roma.  Il  venerando  Simone  eb- 
be a  biografo  il  p.  Pietro  Gisnlfo,  e  di 
lui  basti  il  ripetere  con  Coleli:  l'ere,  rni- 
raculum  hujus  uostrae  aetatis  elicere 
possumus ,  sive  sapienti am  in  co  spe- 
dare velimus  la/n  divinarum ,  quam 
humanarum  rerum,  sive  linmanitafcm, 
mnnsuetudinein,  clemenliam,  caeteras- 
aite  oniìies  virtutes,  quibus,  non  modo 
Trinici,  et  Triedrici  infulas,  sed  omnem 
ccclt'.siasiicam  liierarcliiam  decora  vi  t. 
Clemente  XI  nello  stesso  1 7  to  a' 1  fi  di 
eembre  riempì  la  vacante  sede  con  d.  [Vi- 
colo Antonio  Caraffa,  oli  velano  di  Som- 
ma, al  quale  successero:  ri  e  I  r  7  4  '  Anto 
nio  Zavarrone,  di  Mont'Alto  diocesi  di 
Cosenza;  nel  lyfio  Anton  France>co  de 
l'Iato,  di  Calabrilto  diocesi  di  Conza  , 
traslato  da  Carinola. Rimasta  la  sede  sen- 
za pastore  quasi  io  anni,  nel  1  79?.  diven- 
ne vescovo  Fortunato  Pintodi  Palermo. 
Indi  e  da'primi  anni  del  corrente  secolo 
sino  a'21  marzoi  8  ro,  Tricarico  deside- 
rò il  pastore,  che  Pio  VII  gli  die  in  fr. 
Pietro  Paolo  Presicce.  agostiniano  scal- 
zo di  Nardo.  Per  sua  morteGregorioXVl 
nel  concistoro  de'i  3  settembre!  838  pre- 
conizzò I' attuale  vescovo  mg'  Camillo 
Letizia  napoletano,  della  congregazione 
della  Missione  di  s.  Vincenzo  de  Paoli, 
per  quelle  egregie  doli  dichiarate  dal  Pa- 
pa nella  sua  proposizione  concistoriale. 
Ogni  nuovo  vescovo  è  tassato  ne'  libri 
della  camera  apostolica  in  fiorini  3oo, 


T  Pi  I  207 

ascendendo  le  rendite  della  mensa  a  1908 
ducati  napoletani,  cunctis  deductis  one- 
piòli*.  La  diocesi  si  estende  per  più  di  60 
miglia,  e  comprende  più  luoghi. 

TRICENARIO,  TKICENNALI  e 
TRIENNALI.  Si  dissero  Tricenario  le 
preghiere  continuate  per  3o  giorni,  come 
il  Triduo  per  3  e  la  Novena  per  9.  Nelle  re- 
gole monastiche  viene  chiamata  Tricesi- 
ma  la  2/  settimana  di  Quaresima,  come 
Vice&ima  signilica  la  3/  settimana.  Fu- 
rono così  nomate  non  già  dal  numero  dei 
giorni,  ma  per  seguitare  le  denominazio- 
ni di  Stlluagesima,  Sessagesima,  Quin- 
quagesima,Quaresima,  Trigesima  e  r'i- 
gesima.  Si-  chiamò  Tricennale  lo  spa- 
zio di  3o  anni.  I  romani  facevano  voli  e 
rendimenti  di  grazie  in  capo  di  questo 
tempo  per  ringraziare  gli  Dei  della  felice 
amministrazione  dell'  imperatore,  e  per 
domandarne  loro  la  continuazione.  Al- 
trettanto fecero  con  vicennali,  decennali  e 
quinquennali,  tutti  spazi  di  tempo  corri- 
spondenti a  20,  1  o  e  5  anni,  ne'quali  ce- 
lebravansi  giuochi  e  si  facevano  sagri fizi. 
Si  chiamarono  Triennali  le  feste  ili  3  an- 
ni in  3  anni,  che  celebravansi  dagli  abi- 
tanti della  Reozia  e  da'  traci  in  onore  di 
Bacco,  e  in  memoria  della  favolosa  sua 
spedizione  nell'Indie,che  si  fin^e  durata  3 
anni.  Tra  gli  ebrei  furono  epoche  solen- 
ni, X Anno  sabatico  in  cui  si  liberavano  gli 
schiavi,  si  riacquistavano  i  beni  alienati 
e  si  lasciava  riposar  la  terra;  più  solenne 
era  il  Giubileo  o  anno  centesimo  o  giubi- 
lare,celebrato  ogni  5oanni.  Il  nostro  /in- 
no santo  prese  tal  nome  dall'anno  cente- 
simo o  centenario.  Abbiamo  le  Feste  di 
Anniversario  ,  di  Commemorazione  ,  di 
Novendiali,  di  Oliava,  di  Tri ciao ,di  Qua- 
ranCore;  ed  i  Funerali  di  dette  epoche, 
ed  anche  del  terzo  giorno,  settimo  e  tri- 
gesimo, quarantesimo  e  cinquantesimo, 
come  notai  a  Sepoltura,  riparlando  del- 
l'esequie. Ne'ricordati  articoli  riportai  le 
corrispondenti  erudizioni. 

TR1CEREO  o  TRIANGOLO  o  A- 
RUNDINE.  V.  i  vol.V!I,p.2oi  e  202 


ao8  T  R  I 

nelle  due  colonne,  XXV,  p.  180,  LXIJ, 
p.  84,LXlV,p.3i  1  e  3 1 7,LXXI,p.  7  1. 
TPilCLlNIO,  Tricliniuin,  Accubitum. 
Camera  o  sala  dove  i  romani  mangiava- 
no.  Tre  tettivi  aveano  intorno  alla  men- 
sa, donde  venne  quel  nome;  e  quelli  or- 
nati sovente  d'oro,  d'argento,  d'  avorio, 
d'ebano  o  di  cedro  o  altri  legni  estranei, 
e  coperti  di  drappi  purpurei  o  d'  altri  co- 
lori, ri  carnali  d'oro  e  di  porpora,  tuttema- 
gnifìche coperture.  Di  que'lelli  ancora  al- 
cuni dicevausi  triclini,  e  di  essi  si  varia- 
rono di  frequente  le  forme;  a  poco  a  po- 
co si  elevarono  dall'altezza  di  due  piedi 
fino  a  quella  di  quattro,  vieppiù  avvici- 
nandosi così  alla  tavola,  perchè  olii  isserò 
cibandosi  un  più  comodo  appoggio.  In 
siffatti  letti,  e  ne'tripodi  d'oro,  d'argento 
e  di  bronzo  ,  consisteva  la  magnificenza 
peculiare  de'  triclini.  Aulo  Gemo  rampo- 
gnando il  lusso  de'romani  per  l'eccessiva 
sontuosità  de'  detti  triclini,  osserva  ch'es- 
si davano  ne'banchetti  loro  agli  uomini 
letti  più  magnifici  che  agli  stessi  Dei.  La 
moda,  volubile  sempre,  ne  cambiò  la  for- 
ma e  gli  ornati;  giacché  se  ne  fecero  di 
lunghi,  di  ovali,  in  forma  di  mezzaluna. 
Le  tavole  iutorno  cui  i  letti  trovavansi  di- 
sposti erano  da  principio  della  più  gran- 
de semplicità,  ma  di  mano  in  mano  si  or- 
narono con  un  lusso  stomachevole,  il  Sar- 
nelli,  sull'etimologia  del  vocabolo  Tricli- 
nuiii  o  Tricliniuin,  dice  che  i  romani  fe- 
cero propria  tale  voce  greca,  così  detta  da 
tre  tedi,  poiché  letto  in  greco  dicesi  cline  t 
ed  iu  ogni  cenacolo  o  sala  in  cui  soleva- 
si  mangiare,  erano  esposti  pe' convitati. 
Questi  letti  da  Cicerone  si  chiamarono  di- 
icubitorii,  a  differenza  de'cubicularii,  nei 
quali  si  dormiva  la  notte.  Aggiunge  che 
l'uso  de'lelti  era  ab  antico  ne'ti  ialini  o  ce- 
nacoli, solamente  pegli  uomini,  poiché  le 
donne  e  i  fanciulli  stavano  a  sedere  sopra 
sedie,  come  riporta  Valerio  Massimo,  I. 
1  i,c.  1:  A pud  antiquos  faentina  seden- 
te* cum  viris  cubanlibus  coenitabanlj 
quae  consiietudo  ex  nominimi  convictu 
ad  Divina  penetravitj  nani  Jovis  epulo 


TRI 

ipse  in  leclulum,  Junoet  Minerva  in  sei' 
las  ad  coenam  inullantur?  quod  gemi* 
severitalis  aelas  nostra  diligenlius  in  Ca- 
pilolio,quam  in  suis  domibus  servel.  Vi- 
delicet,  quia  muli  erutti  disciplinani  con- 
tìneri.  Così  le  donne  ancora  usarono  a 
mangiare  giacendo  ne'lelti;  ma  i  fanciul- 
li sedevano  alle  sponde  de'medesimi  let- 
ti, come  dice  Svetonio  nella  vita  di  Clau- 
dio imperatore  :  More,  veteri  ad  falera 
leclorum  sedenles  vescebantur.  Questo 
prova,  e  lo  si  vede  ne'monumenti,  che  il 
costume  di  mangiare  sdraiati  sui  letti  sem- 
bra tuttavia  non  essere  stato  interamen- 
te comune,  perchè  molte  persone  non  se- 
guitassero a  osservare  l'antica  maniera  di 
cibarsi  assisi  sopra  sedie.  Le  Agapi  o  pa- 
sti de' primi  cristiani,  di  cui  riparlai  nei 
relativi  articoli,  offrono  esempi  della  di- 
sposizione degli  antichi  triclini  devonia- 
ni. Oltre  a  ciò  prima  di  mettersi  su  que- 
sti a  giacere, sia  pel  Pranzo,  per  la  Cena, 
uè  Banchetti  e  ne' Conviti  (F.)t  o  si  lava- 
vano nelle  Terme  o  ne' Bagni  (V-)*  o  al- 
meno facevano  la  Lavanda  de' piedini  .), 
dovendo  deporre  le  scarpe  o  i  sandali  per 
noti  imbrattare  i  letti;  e  spogliati  delle  ve- 
ste usuali,  vestivano  le  cenatone  o  con- 
vivali,cioè  la  Togati7 .) tri cliniaris. Que- 
ste vesti,  chiamate  pure  sinlese,  non  po- 
tevano indossarsi  nel  comparire  al  pub- 
blico; il  padrone  della  casa  le  sommini- 
strava a'eonvitati  pel  banchetto,  e  si  ab- 
bandonavano dopo  il  pasto.  Alcuni  alfer- 
manoche  3  letti  erano  nel  triclinio  attor- 
no al  desco  o tavola  da  mangiare, lascian- 
dosi il4.°li»to  vuoto  e  libero  pel  servizio  oc- 
corrente alla  presentazione  delle  vivande 
ed  altro;  e  che  d'ordinario  ciascuno  con- 
teneva 3  persone,  ed  i  più  ampi  4»  d  cbe 
era  cosa  straordinaria.  I  romani  non  a- 
nia  vano  d'essere  più  dii  2  a  una  slessa  ta- 
vola,laonde  e  per  la  Cena  del  Signore,ove 
egli  compreso  sederono  1  3,  a  motivo  del 
traditore  Giuda,  si  confermò  la  contra- 
ria Superstizione.  I  numeri  che  loro  pia- 
cevano di  più  erano  gl'impari,  tre,  sette 
o  nove,  secondo  il  documento  di  Vario- 


T  R  I 

ne  rifei  ilo  da  Gellio,  il  qualeappuntocon- 
siglia  dover  essere  il  numero  de'convita- 
ti  non  minore  di  tre,  né  maggiore  di  no- 
ve, per  alludere  alle  Ire  Grazie  o  alle  no- 
ve Muse,  con  eguale  proporzione  e  ordi- 
ne. Il  Cancellieri  nell'erudito  suo  opusco- 
lo: Le  sette  cose  fattili  di  Roma  antica, 
con  la  spiegazione  da' misteriosi  attribu- 
ti de' numeri  Ternario  e  Settenario,  dice 
che  numero  Deus  impare  gaudetj  quin- 
di che  il  numero  ternario  si  è  creduto  il 
più  perfetto,  di  cui  siasi  servila  la  natu- 
ra, ed  è  notissimo  il  volgare  detto,  omnia 
trinimi  est  perftctum.  Il  padrone  dellaca- 
sa  collocavasi  sul  letto  a  dritta  in  capodel 
desco,  da  dove  vedendo  l'accomodamen- 
to del  servigio,  poteva  con  maggior  age- 
volezza ordinare  a' suoi  schiavi  quanto 
credeva  opportuno.  Egli  riserbava  un  po- 
sto al  di  sopra  di  lui  per  uno  de'convita- 
ti,  e  uno  al  di  sotto  per  sua  moglie  o  qual- 
che parente.  Il  lelto  più  onorevole  era 
quello  di  mezzo;  veniva  in  appresso  quel- 
lo dell'estremità  a  sinistra;  quello  dell'e- 
stremità a  dritta  era  reputato  il  minore. 
L'ordine  peli. "posto  su  ciascun  letto  e- 
sigeva  di  non  avere  alcun  individuo  al  di 
sopra  di  se,  e  il  posto  più  distinto  era  l'ul- 
timo sul  letto  di  mezzo,  che  chiamavasi 
il  posto  consolare,  perchè  effettivamente 
assegnavasi  sempre  a  un  console,  quan- 
do recavasi  a  pranzo  da  qualche  amico. 
Il  vantaggio  di  questo  posto  consisteva 
nell'essere  più  libero  per  levarsi  dal  de- 
sco, e  il  più  vicino  a  coloro  che  soprag- 
giungevano per  parlare  di  affari.  I  con- 
vitali slavano  colobi  sui  letti, uno  accan- 
to all'altro,  e  mangiavano  di  fianco  in  si- 
tuazione più  vantaggiosa  della  moderna, 
per  maggior  facilitazione  della  digestio- 
ne. Poiché  calcandosi  dalla  parte  del  pi- 
loro, avea  più  campo  il  cibo  d'insinuar- 
si, e  di  triturarsi  negl'intestini.  Il  sopra- 
stante al  triclinio  si  disse  Architriclinus 
e  Triclinarcha.  Il  Magri  nella  Notizia 
de' vocaboli  ecclesiastici t  in  quello  di  Ar- 
chitriclinus ,  lo  spiega  capo  o  soprastante 
del  convito  ov'  erano  tre  letti,  e  che  tra 

VOL.    LXXX.. 


T  R  I  209 

gli  ebrei  pure  il  capo  de'banchetli  prepo- 
sto all'ordine  di  essi  dicevasi  A  rchitricli- 
no  e  Triclinarcha,  benché  si  trovi  in  al- 
cuni scrittori  chiamato  Biclinium,  per  si- 
gnificar la  stanza  o  cenacolo  di  due  letti, 
mentre  si  appellò  Telraclinium  quella  di 
quattro  letti.  Il  Menocbio  nelle  S  tuo  re  ci 
parlò  dell'ollizio  dell' Archi triclino,  nella 
centuria  1."  cap.  i5:  Qual  fosse  l'qffizio 
dell'  Architriclino,  del  quale  si  parla  nel 
cap,  2  dis.  Giovanni.  Riferisce  con  s. Gau- 
denzio e  il  Baronio,  che  negli  Sposalizi 
usavasi  dagli  ebrei  nel  banchetto  di  noz- 
ze disegnarsi  un  sacerdote  per  interve- 
nire al  convito  nuziale,  acciò  per  la  sua 
autorevole  presenza  tutto  procedesse  con 
modestia  e  buona  regola ,  e  che  desso  è 
l'archi  triclino  ricordato  dall'evangelista, 
nel  narrare  le  nozze  di  Cana  in  Galilea. 
Soggiunge  aver  trovato,  che  gli  antichi 
costumavano  eleggere  a  sorte  o  in  a  lira 
maniera,  tra  quelli  che  intervenivano  al 
convito,  chi  ne  fosse  capo  e  governatore, 
e  desse  quegli  ordini  e  prescrizioni  con- 
venienti e  opportune,  acciocché  il  con- 
vito passasse  con  ordine  plausibile  e  al- 
legrezza degl'invitati.  Si  diede  molla  im- 
portanza a  epiesto  regolatore,  a  segno  che 
giunse  a  dire  Tito  Livio  nella  decade  5 
(credo  con  esagerazione,  sebbene  ne  co- 
nosca 1'  importanza),  non  volerci  menu 
giudizio  e  accorgimento  in  saper  ordina- 
re un  convito,  che  in  disporre  una  bat- 
taglia per  riportarne  vittoria.  Da'greci  e 
da' latini  il  soprintendente  al  convito  fa 
chiamato  con  vari  nomi,  esprimenti  l'au- 
torità che  avea  di  governarlo.  I  greci  lo 
dissero  ,  Simposiarchas  ,  Tciclinarclui'i, 
Architriclinos.  I  latini  li  chiamarono, Ma- 
gistros  Convivii,  Reges  Mensae,  Modipe- 
ratores,  Arbilros }  Dictafores,  Convivii 
do  mi  no  s. Orazio  gli  appellò,  Coe/irt  Patres, 
e  con  vocabolo  greco,  Parochus.  Questi 
due  ultimi  vocaboli  il  p.  Menocbio  li  cre- 
de più  convenienti  a  quelloche  invita  gli 
altri  in  casa  propria,  facendo  la  spesa  e 
l'apparato  della  cena,  voltando  la  parola 
Parochus  in  Praebilor.  L'officio  de'  so- 

i4 


aio  TRI 

pi-astanti  a' conviti  era  1'  ordinate  e  pre- 
scrivete quanto  e  come  si  dovesse  bere; 
procurare  che  i  ragionamenti  fossero  gio- 
condi e  insieme  modesti,  die  niuno  offen- 
dessero, onde  tutti  i  convitati  più  restas- 
sero allegri:  all'energia  dovea  accoppiare 
la  tranquillità  e  la  modestia.  Non  sede- 
va subito  a  tavola  l'architriclino  cogli  al- 
tri, perchè  dovea  prima  vegliare  che  tut- 
to fosse  ordinatamente  incamminalo;  e 
per  onorarlo,  da'eon  vitati  gli  si  presenta- 
vano le  cose  migliori  e  le  più  delicate  vi- 
vande, per  dar  segno  con  queste  cortesi 
dimostrazioni,  di  loro  piena  soddisfazio- 
ne; anzi  i  convitati  nell'offrirgli  tali  omag- 
gi, vi  riunivano  il  simbolico  e  misterioso, 
con  allusioni  di  lode  alla  sua  solerzia  e 
vigilanza;  perciò  se  gli  porgeva  il  cuore, 
in  segno  di  grata  affezione,  e  altre  parti 
significative  degli  animali.  Tanto  e  altro 
scrissero  gli  antichi  dell'ardi i Iridino, pre- 
sidente de'conviti,  soprastante  alle  men- 
se del  Triclinium,  o  stanza  del  cenacolo, 
dal  Piazza  paragato  in  parte  all'odierno 
Refettorio  delle  comunità  religiose  ;  ma 
quivi  regna  il  silenzio,  solo  interrotto  da 
utili  letture  e  da  tratti  di  edificazione  vir- 
tuosa. Si  ha  di  Pietro  Ciacconio,  De  Tri' 
eli  aio  Romano  Fulvi  Orsini,  Appmdix, 
Romae  in  aedibus  S.  P.  Q.  R.i638.Das- 
sovio,   Dissertano  de  accubitu  helraeo- 
rum  ad  Agnum  Paschalem,  Witteber- 
gaei6g8.  Aldo  Manuzio,  De  accumlen- 
diet  comedendi  ratione  inter  ejusdem  O- 
pusc.  Girolamo  Mercuriali  ,  Dissertatio 
de  acculi tus  in  coena  origine  ,  Lipsiae 
1 758.  FilippoAntonini,  Del  Triclinio  dei 
romani,  Faenza  1 769. 

Anche  i  cristiani  ebbero  i  Triclinii,  per 
ospizio  a'pellegrini,  e  per  solennizzare  le 
maggiori  festivilà,con  conviti  derivati  dal- 
l' antiche  Agapi  natalizie  e  funerali  dei 
primitivi  cristiani,  per  celebrare  le  feste 
de  Martiri;  con  costumanze  e  riti  oppo- 
sti al  praticato  da' gentili,  introdotti  dai 
saggi  prelati  della  nascente  Chiesa  co'no- 
velli  convertiti  al  cristianesimo,  per  allet- 
tare juuggioi incute  i  gculili  ad  abbiac- 


TRI 

ciarlo.  Avvezzi  i  pagani  alla  pompa  di  lo- 
ro fèste,  all'allegrezze  e  tripudi  co'quali 
si  celebra  vano,  non  erano  tutti  capaci  d'in- 
nalzar la  mente  e  il  pensiero  alie  cose  spi- 
rituali e  celesti.  Onde  i  vescovi  permise- 
ro, che  nel  celebrarsi  le  feste  de'marliri, 
avessero  i  nuovamente  convertiti  qualche 
onesto  divertimento  e  diletto,  e  special- 
mente con  conviti  pubblici  e  popolari, ac- 
compagnate da  regolate  allegrezze  e  dal 
soave  canto  de'sagri  inni  e  cantici.  Così 
la  Chiesa  santificò  i  convili  e  le  cene  fu- 
nebri anniversarie,  colle  agapi  natalizie 
de'marliri,  e  colle  agapi  funerali  nell'o- 
notare  e  suffragare  i  cristiani  defunti;  le 
quali  celebravansi  con  tutla  religiosità  e 
pietà  cristiana,  coU'iuvito  de'  sacerdoti  e 
di  tulli  i  poveri,  vedove  e  pupilli.  INe'pri- 
rni  tempi  si  celebrarono  nelle  chiese  e  sul- 
le tombe  de'marliri,  poscia  si  trasporta- 
rono altrove,  finché  insorti  degli  abusi  si 
fecero  cessare.  I  triclini  pe' pellegrini  cri- 
stiani erano  abitazioni  aperte  dall'  ospi- 
talità cristiana  vicino  a'sagri  Templi  e  al  - 
le  Sagrestie  (F.)  piùcospicue;  aveano  an- 
nesso il  Bagno  o  le  Terme,  a  somiglian- 
za de'refettorii  gentileschi.  Il  dotto  gesui- 
ta p.  Lupi,  Dissertazioni  sagre,  disseti. 
1,  p.  Si,  parlando  de' Battisteri  antichi 
e  de'bagni  e  fonti  esterni  vicini  alle  basi- 
liche cristiane  e  aventi  le  loro  porte,  di- 
ce che  non  trovando  fra  gli  architetti  pa- 
gani chi  non  abbia  fatto  mistero  sulle  pro- 
porzioni che  doveano  avere  i  loro  tricli- 
ni, uou  poteva  confrontarli  con  quelli  che 
in  appresso  l'ospitalità  cristiana  apri  vi» 
ciao  alle  chiese  più  cospicue  nell'abitazio- 
ni o  Episcopio  de' vescovi  a  ricovero  dei 
Pellegrini  {P.),  o  anco  a  fomento  di  ca- 
rità fra 'sacerdoti  minori  e  il  loro  capo,  che 
quivi  in  alenile  principali  feste  tutti  in- 
sieme si  leficia  vano.  Egli  però  vi  conobbe 
della  somiglianza  tra  1'  una  e  1'  altra  di 
queste  fabbriche, avendoe  i  refettori]  gen- 
tileschi e  i  cristiani  presso  di  se  il  bagno, 
dove  poco  prima  di  porsi  a  mensa  si  lava- 
vano i  convitati  fra 'gentili,!  pellegrini  fi  a 
uoi.  Così  i  bagni  Bell'abitazione  Vaticana 


TRI 

presso  s.  Pietro,  e  nel  patriarchio  Late- 
ranense, e  nel  monastero  di  s.  Paolo  sul- 
la via  Ostiense,  e  in  s.  Lorenzo  al  campo 
Vaiano  ,  ubi  lavantur  pauperes  fratres 
nostri,  si  conosce  essere  stati  eretti  e  ri- 
storati da  vari  Papi,  come  lasciò  scritto 
Anastasio  Bibliotecario,  De  viti?  Roma' 
norum  Pontificum.  Egli  descrisse  il  bagno 
del  Vaticano  eretto  da  s.  Leone  111  del 
79*)  sull'andata  de' gentileschi,  alto,  ro- 
tondo, luminoso  e  ornato.  Ond'è  che  que- 
sta fabbrica,  e  quella  del  triclinio,  in  gra- 
zia di  cui  era  fatto  il  bagno  ,  ragionevol- 
mente si  potrà  credere  ricavata  dal  pa- 
gano. Parlando  poi  il  p.  Lupi  della  Tri- 
buna (P.)  a  capo  del  Triclinio  Leonia- 
no  Lateranense,  che  poi  descriverò,  dice 
che  bene  mostra  l'errore  che  alcuni  pre- 
sero dal  p.  Rosweido,  il  quale  unì  insie- 
me tre  Tribune,  dette  Trichorus  per  quan- 
to descrissi  al  citato  articolo,  tanto  separa- 
te, poiché  le  altre  due  erano  a  metà  del- 
l'edilìzio,  quanto  essere  state  queste  del 
triclinio  Leoniano  si  scorge  dalla  sua  pian- 
ta, cioè  la  maggiore  in  fondo  e  rimpetto 
alla  porta  d'ingresso  ,  innanzi  alla  quale 
tribuna  si  apparecchiava  il  convito,  e  nel- 
la metà  del  triclinio  lateralmente  una  in- 
contro l'altra  erano  le  tribune  destra  e 
sinistra.  A  Palazzo  apostolico  Latera- 
wrnse  notai  i  triclini  dove  i  Papi  benigna- 
mente ospitavano  i  Pellegrini,  i  quali  pu- 
re si  riceveano  nel  Diaconico  (L.)  delle 
Chiese de\\e  Diaconie  caj-dinalizie,  delle 
quali  riparlai  a  Titoli  cardinalizi, e  ne- 
gli CXrn/zì  cretti  eziandio  presso  le  chieseo 
sui  loro  portici,  nel  cui  articolo  tornai  a 
ragionare  dell'ospitalità  usata  dagli  anti- 
chi,dalle  più  colte  nazioni  tenuta  per  sa- 
gra, massime  a  Roma,  e  di  quella  pure 
praticata  da'romani  gentili,  i  quali  chia- 
mavano Parrocchie  i  luoghi  ove  in  Ro- 
ma si  riceveano  gli  ambasciatori  e  altri 
ospiti, e  curati  quelli  che  gli  accoglievano  e 
ne  aveano  cura.  I  Papi  sempre  ebbero  pa- 
terni e  speciali  riguardi  pe'forastieri, per- 
sino ne'  Tribunali  di  Roma  e  ne'  Tributi 
(P.),  ove  tornai  a  ragionare  dell'albiuag- 


TRT  2ir 

gio,dicendo  inoltre  nel  voi.  L,p.  icfi  delle 
discrete  pigioni  dellecase.Da'secoli  più  re- 
moti accolsero  nel  loro  Palazzo  aposto- 
lico i  Pellegrini  ed  i  Poverìt  gl'i  ni  ban- 
dirono la  mensa  e  li  servirono  a  Pran- 
zo (V.),  dopo  aver  loro  fatta  la  Lavan- 
da de'  piedi  (V,).  Presso  la  Sagrestia 
(P\)  di  molte  chiese  era  l'alloggiamento 
de' pellegrini.  Il  p.  Severano  nelle  Me- 
morie sagre  delle  Sette  Chiese  di  Ro- 
ma, discorredi  molli  antichi  triclini. Par- 
la particolarmente  del  triclinio  Vatica- 
no eretto  da  s.  Leone  HI ,  ossia  un  pa- 
lazzo con  80  stanze  per  comodità  de* 
pellegrini,  con  un  bagno  pe' medesimi; 
dipoi  il  palazzo  fu  convertito  in  abita- 
zione dell'arciprete,  e  si  chiamò  l' Arci- 
presbiterato,  finché  fu  demolito  da  Paolo 
V  nel  16 io  nel  fare  l'attuale  facciata  e 
portico  della  basilica.  Il  medesimo  Seve- 
rano parla  ancora  del  triclinio  fatto  da 
Nicolò  I  nell'858,  presso  la  Chiesa  di  s. 
Maria  in  Cosmedinjde\  triclinio  eretto 
da  s.  Zaccaria  del  741  sopra  la  torre  che 
avea  edificalo  nel  palazzo  Lateranense, 
con  pitture  esprimenti  tutte  le  parti  del 
mondo,  acciò  i  successori  mirandole  nel 
farvi  le  cene,  si  ricordassero  che  di  tutte 
doveano  aver  pensiero,  e  fors'anco  per- 
chè i  pellegrini  che  vi  erano  cibati  si  con- 
solassero sapendo  ch'erano  di  continuo 
presenti  alla  mente  del  sommo  Pastore; 
inoltre  s.  Zaccaria  avanti  la  basilica  di 
Teodoro  I  rinnovò  il  triclinio  con  orna- 
ti di  marmo,  metalli,  musaici  e  pittu- 
re. Ala  il  principale  triclinio,  di  cui,  per 
quanto  dirò,  abbiamo  un  fac  simile  della 
tribuna  principale,  era  la  basilica  o  Tri- 
clinio Leoniano  detto  Maggiore,  edifi- 
cato da  s.  Leone  HI  contiguo  alle  came- 
re papali,  con>e  affermano  i  rituali  an- 
tichi ,  e  particolarmente  Cencio  Came- 
rario: Transiens  Pontifex  per  ipsam 
basilicam  Leonianam,  iutrat  canterani 
suam.  Lo  descrissero  molti  scrittori  che 
trattarono  degli  edilìzi  del  Lalcrano(L .), 
e  principalmente  il  custode  della  biblio- 
teca Vaticana  Nicolò  Alemanni,  De  La- 


ai  a  TRI 

teranehsibtts  Parìetinisab.  Illustriss.  et 
Reverendiss.DominoD.FraneiscoCard. 
BarberinoRestilutis,Dissertatiohistori- 
ca,  Romae  anno  Jubilaeii625.  Erudita- 
niente  ragiona  in  i5  capi. i.°De  Latera- 
nensibus  Parietinis  alìorum  opinione.?. 
2.0  An  Carolus  Magnushuiusf uerit au- 
tor aedijicij.  3.°  Aedijicij  huius  autor 
Leo  III Pontifex.  4-°  Aedijicij  huius  no- 
mina et  usui.  5.°  Alterimi  ciusdem  ae- 
dijìcij nomen  aliisque  usus.  6°  Duorum 
LeonisIIITricliniorumLatera  neri tinnì 
distinctio.  7 .°  Musivum  Triclini j a  Leo- 
ne III fuissc paratimi.  8."  Camerae  mu- 
dfMMM  quid  praeseferat.  g.°  Dexterae 
partis  Apsidis  inusivum  quid  raprae- 
scntct.  i  o.°  Sinistrae  partis  musivum 
quiddenotct.i  i .°  Inscriptio  Caroliima- 
ginis  explicatur.  1 2. °  Inscriptio  Lconis 
imaginis exponitur.  i  3.° Quae  dictasunt 
quinque  habere  difjfìcullates  videntur. 
i £.°An  ius,et  autori tatem  Imperi j  trans- 
fe.rcndi  liane  tabula  contineat.  1 5.°  An 
huius  tabulae  inscriptionis  translali 
Imperi j  causas  indicent.  L'insigne,  co- 
spicuo e  celeberrimo  Triclinio  Leoniano 
è  della  massima  importanza  per  gli  accen- 
nati argomenti,  pel  significato  del  figura- 
to da'musaici  che  ancora  ci  restano,  sicco- 
me accuratamente  e  con  diligenza  copiati 
dagli  antichi,onde  in  molti  e  gravi  articoli 
ne  dovei  ragionare,  in  uno  alla  dotta  illu- 
strazione dell' Alemanni  e  sue  la  vole.iscri- 
zioni,  iconografìa  e  pianta  del  Triclinio 
Leoniano,  quella  che  esprime  le  vestigia 
antiche  dell'edifizio,  nell'apside  primaria 
e  sinistra,  quella  che  rappresenta  questo 
dopo  il  memorato  restauro,  cioè  l'amido 
primaria.  Imperocché  la  pianta  nella  let- 
tera A  ci  dà  l'indicazione  della  primaria 
e  superstite  Tribuna  o  A pside  a  capo  del 
Triclinio;  la  lettera  B  I'  Apsidc  destra 
non  più  esistente;  la  lettera  C  V  A  pside 
sinistra,  le  cui  pareti  furono  riprodotte 
nella  2."  tavola; la  lettera  D  il  Cubitorium 
ove  i  Papi  convitavano,  cioè  innanzi  al- 
la primaria  Tribuna;  la  lettera  E  la  por- 
ta del  Triclinio,  corrispondente  e  udiu- 


TRI 
cente  all'ingresso  dell'  oratorio  di  s.  Lo- 
renzo di  Sa ncta,  Sanctorum,  ossia  del  ce- 
lebratissimo  santuario  della  Scala  San' 
ta  (V.).  Poscia  ne  restrinse  la  descrizione 
del  più  interessante  il  p.  Severano,  e  la 
pubblicò  in  U orna  nel  i63o,  insieme  al- 
la pianta  non  meno  del  Triclinio,  co'di- 
segni  de'suoi  musaici,  che  della  patriar- 
cale basilica  di  Laterano  e  dell'antico 
Patriarchio  Lateranense,  in  cui  si  ve- 
de ove  sorgeva  il  Triclinio  Leoniano.  Di- 
poi tale  pianta  della  basilica  e  patriar- 
chio fu  riprodotta  con  più  dettaglio  per 
la  sua  grandezza  ,  insieme  a  quella  del 
Triclinio,  sua  tribuna  e  musaico,  situa- 
lo quanto  all'  ingresso  tra  la  basilica  di 
Papa  Vigilioeadiacenzedel  SanctaSan- 
ctorum  e  Scala  Santa,  quanto  alla  tri- 
buna maggiore  accanto  all'oratorio  di  s. 
Nicola  o  bestiario  de'Papi,  dal  cardinal 
Raspolli  nel  i656,  De  Basilica  et  Pa~ 
trìarchio  Lateranensi.  In  quest'opera 
nel  lib.  4»  trattandosi  del  patriarchio,  s'il- 
lustra la  basilica Leoniana  o  Aula  de'Con- 
cilii,  le  Scale  sante,  il  Triclinio  o  la  basi- 
lica Leoniana  detta  basilica  Maggiore,  e 
gli  oraturii  di  s.  Nicola  e  di  s.  Lorenzo  o 
Sancta  Sanctorum,  ove  un  tempo  si  ve- 
nerarono le  Teste  de'ss.  Pietro  e  Pao- 
lo [I \),  e  le  basilica  di  Vigilio.  In  segui- 
to nelle  opere  minori  si  pubblicò  la  pianta 
del  Triclinio  riproducendosi  quella  del- 
l'antica basilica  e  patriarchio,  come  lece 
mg.'  Mazzucconi,  nelle  Memorie  stori- 
che della  Scala  santa  e  del  santuario 
di  Sancta  Sanctorumo  oratorio  di  s.  Lo- 
renzo, de'quali  ultimi  sagri  edifizi  ancora 
la  pubblicò,  con  l'adiacente  superstite  tri- 
buna  del  TriclinioL<joniano;  meni  re  mg/ 
Santelli  nella  dotta  Disserl.  sull'oltrag- 
gio fatto  a.  Leone  III  ed  a  Carlo  Ma- 
gno, ci  die  l'immagini  d'ambedue  e  di  s. 
Pietro,  del  musaico  del  Triclinio,  oltre  il 
diseguo  del  musaico  della  tribuna  del  me- 
desimo esprimente  Gesù  Cristo  che  (\i  la 
missione  agli  apostoli.  11  Ciati»  pini,  /  <■- 
tera  Monumenta,  par.  i,  p.  127:  De  ce- 
lebri Leoniano  Triclinio  in  antiquo  La~ 


IT  RI 
ter.  Palatio  constructo  an.  797.  Cesareo 
Giuseppe    Pozzi  scrisse  8  Dissertazioni 
sul  Leoniano  Triclinio,  che  furono  mes- 
se nella  biblioteca  di  s.  Michele  in  Bosco 
a  Bologna.  De  Laleranensibus  Parie- 
tinis  Dissert.  hist.Additis,  q uaeacl idem 
argumenfum  spectantia  scripserunt  C. 
Rasponiiis,  e.tJos.  Assemannus, Komae 
1756.  Burrnanno,  Tliesaur.  Ital.,  t.  4» 
par.  4-Ora  eccomi  in  compendio  a  parlare 
del  famoso  Triclinio  Leoniano  e  suo  nota- 
bile avanzo  esistente  nel  sito  in  cui  fu  edi- 
ficalo per  memoria  dell'antico  e  colla  più 
possi  bile  somiglianza, poiché  i  fondamenti 
dell'antico  si  trovano  nell'orto  de'religio- 
si  Penitenzieri  Latr.ranensi,\  quali  han- 
no l'oratorio  di  s.  Nicolò  o  Vestiario  de' 
Papi. Questo  monumentogloriosoper  las. 
Sede  e  degno  della  più.  grande  conserva- 
zione, fu  chiamato  con  diversi  nomi,  cioè 
Basilica,  Aula,  Casa  Maggiore,  Regia, 
Accubito,  Triclìnio  Maggiore,  Triclinio 
Leoniano  perchè  edificato  da  s.  Leone  IH 
circa  il  796,  oltre  a  moltissimi  musaici  e 
pittine  con  che  ornò  Roma,  come  riferi- 
sce il  IVovaes  nella  Storia  di  s.  Leone  III, 
celebrandone  I'  animo  magnanimo  e  la 
rnuui licenza. ÀnastasioBiblioteca rio  chia- 
mò il  nobilissimo  edilìzio  particolarmen- 
te col  nome  di  Triclinio  Maggiore,  nel 
descriverloesattamente  colle  seguenti  pa- 
role. Fedi  Leo  III  in  Patriarchio  La- 
teranensi  Tricliniiun   Maius   super  o- 
inni  a  Triclinia,  nominis  suìs  magnitudi- 
ne decoratimi,  ponens  in  eo  fundamen- 
tafortissima,et  in  circidtu  laminismar- 
moreis  ornavitj  atque  marmoribus  in 
exemplìs  stravi  t:ct  diversi  columnis  tam 
porphyrcticis,  quamque  albis,  et  sciti- 
ptis  cum  vasis,  et  liliis  simul  positis  de- 
coravi t.  Canterani  cum  apsida  de  mu- 
sivo, et  alias  duas  apsidas  diversas  hi- 
storias  pingens  marmorum  inerii.'  tatio- 
ne  pariter  in  circuitu  decoravil.  Il  Ma- 
rangoni, Delle  cose  gentilesche  e  profa- 
ne trasportale  ad  uso  e  ornamento  del' 
le  chiese,  crede  che  s.  Leone  III  cogli  or- 
uumeulie  musaici  sagri  co'uuali  resetau- 


TRT  2.3 

to  cospicuo  il  suo  Triclinio,  ch'egli  dice 
potersi  annoverare  fra  il  numero  delle 
chiese,  si  servì  di  colonne  di  porfido  e  di 
marmo  bianco,  con  una  preziosa  conca 
di  porfido,  Aquam  fundentem,  le  quali 
cose  potersi  giustamente  ritenere  che  le- 
vate fossero  dagli  edifizi  profani  demen- 
tili; e  che  la  riportata  descrizione  d'Ana- 
stasio fu  poi  riprodotta  dal  cardinal  Bar- 
berini tra  le  iscrizioni   affisse  allo  stesso 
Triclinio,  cioè  nella  porta  destra,  comin- 
ciando però  colle  parole:  Leo  Papa  III 
fecit,  ec;  altra  iscrizione  de'ristoramen- 
ti  da  lui  fatti  per  conservare  l'avanzo  del 
nobile  edilìzio  pose  alla  sinistra  e  si  leg- 
ge nel  p.  Severano.  Il  Triclinio  Leonia- 
no si  chiamò  sala  e  basilica  non  che  re- 
gin,  perchè  in  essa  si  facevano  in  alcuni 
tempi  diverse  funzioni  principali  e  sagre 
da'  Papi,  alcune  delle  quali  si  celebrano 
nelle  Cappelle  Pontifìcie,  ove  pure  nar- 
rai le  altre,  e  così  ancora  feci  ne'luoghi  re- 
lativi, come  nel  voi.  XLI  ,  p.  ^44»  Pai'" 
laudo  del  Ficedomino  (/  '.),  che  dirige- 
va e  presiedeva  i  sagri  conviti,  massime 
quello  solenne  del  giovedì  santo.  Il  No- 
menclatore (/'.)  era  l'uflìziale  che  d'or- 
dine del  Papa  invitava  alla  sua   mensa, 
tenuta  nel  I* '  Archi  triclinio  Lateranense. 
In  questo  erano  disposte  più  mense,  una 
dellequali  serviva  al  Papa,  alla  cui  destra 
e  sinistra  erano  quelle  de'cardinali  vesco- 
vi,  preti  e  diaconi  ,  ed  appresso  ad  esse 
quelle  degli  altri  prelati   e  de'  magnati. 
Tutti  erano  vestiti  in  paramenti  sagri,  col- 
le mitre  in  capo;  leggeva  durante  il  con- 
vito un  cardinale  diacono  in  piviale,  e  ter- 
minato il  Pranzo  (F.),  ove  dissi  le  altre 
particolarità,  i  cardinali  accompagnava- 
no il  Papa  alle  sue  camere,  e  cogli  altri 
prelati  tornavano  a  cavallo  alle  loro  abi- 
tazioni,  colle  mitre  in  capo.  Più  comu- 
nemente il  Triclinio  Leoniano  fu  appel- 
lato Accubito  o  Triclinio  per  le  cene  pub  • 
bliche  alle  quali  particolarmente  era  de- 
stinato. Fu  poi  nominato  maggiore  a  dif- 
ferenza del  Triclinio  Minore,  e  degli  al- 
tri Triclini  edificali  nel  medesimo  palaz- 


2.4  TRI 

zo  Lateranense,  i  quali  si  chiamavano  an- 
cora Panetterie,  destinate  ad  uso  de' pel- 
legrini, come  quelli  di  Teodoro  ! ,  di  s. 
Zaccaria  e  di  altri  Papi.  Il  Triclinio  Mi- 
nore Leoniano,  detto  pure  basilica  e  Sa- 
la del  Concilio,  fu  edificato  da  s.  Leone 
HI,  e  fino  a  Sisto  V  fu  con  tal  nome  ap- 
pellato. Onofrio  Panvinio  credè  che  tale 
Triclinio  fosse  il  maggiore,  ma  l'Aleman- 
ni sostiene  ch'era  il  minore;  sebbene  dal- 
le sue  ragioni  e  dal  riferito  d'Anastasio, 
osserva  il  p.  Severano  ,  non  pare  che  si 
possa  dire  che  fosse  il  minore  Triclinio 
o  basilica  l'edificala  eziandio  da  s.  Leo- 
ne 1 II,  perchè  questa  fu  fabbricata  in  luo- 
go basso  e  al  piano  della  chiesa  Latera- 
nense  e  della  propinqua  strada;  mentre 
l'altra  basilica  o  Triclinio  era  posta  in  al- 
to al  piano  de'corridori  e  stanze  di  sopra 
del  medesimo  palazzo.  Può  ben  essere, 
che  s.  Leone  IV,  il  quale  60  anni  dopo 
restaurò  la  detta  basilica  e  Triclinio  ,  il 
Triclinio  maggiore  e  altre  fabbriche  di  s. 
Leone  III,  l'avesse  alzata  nello  slesso  si- 
lo più.  elevata.  Questa  basilica  Leoniana 
o  Triclinio  minore  fu  assai  grande,  colla 
tribuna  a  capo  di  essa,  ornata  di  musai- 
co,e  con  altre  io  tribune  dalle  bande,  col- 
la fonte  iu  mezzo,  ornata  di  porfido.  Era 
poi  dipinta  attorno  con  diverse  storie  sa- 
gre ,  particolarmente  rappresentanti  la 
predicazione  degli  Apostoli  alle  genti,  ac- 
ciò i  pellegrini  di  tutte  le  nazioni,  men- 
tre in  essa  stavano  cenando,  si  riducesse- 
ro a  memoria,  che  i  maestri  loro  erano 
statigli  Apostoli,  e  che  da  essiaveano  ri- 
cevuto la  fede  di  Cristo,  che  professa  la 
Chiesa  romana  cattolica  e  apostolica.  Di 
questa  basilica  e  Triclinio  lasciò  scritto 
Anastasio  bibliotecario  di  s.  Leone  III: 
Ilemque  fedi  in  Palatio  Lateranensi 
Triclini  uni  inirae  magnitudini*  decora- 
tunt,  enrn  apsida  de.  musivo]  sed  et  a- 
lias  apsidas  dcce.m  ,  dextra,  laevaque. 
diversa  historiis  demetas ,  kabente.s  A- 
postólos  gentib  US  pr •ae.dicanle.s,cohere.ii- 
tti  hiisilntu:  Constantinianae.  In  quo 
loco,  ci  accubita  coUocavit,et  in  medio 


TRI 

concham  porphyr  clic  ani  aquam  futi- 
dente/n  (cioè  quella  fonte  che  Marango- 
ni opinò  che  sorgesse  nel  Triclinio  mag- 
giore), nec  non  pavimentimi  ipsius  mar- 
moribus  diversi*  stravit.  Nella  dettai/ 
tribuna  in  capo  alla  basilica  era  una  se- 
dia pontifìcaledi  marmo; e  perchè  in  que- 
sto luogo  non  solo  vi  si  pascevano  i  pel- 
legrini, ma  si  facevano  ancora  talvolta  le 
cene  solenni  in  alcuni  tempi  dell'anno, 
come  il  Natale  e  la  Pasqua,  si  leggeva  so- 
pra la  detta  sedia  l'orazione:  Deus  cuius 
detterà  b.  Petrum  ambulantem  ìnjlu- 
ctibus  ne  mergeretur  erexit,  et  Coapo- 
stolitm  eius  Paulum  tertio  naufragan- 
te m  de  prof  andò  pel  agi  li  ber  avi  t  :  tua 
Sancla  dex  ter  a  prò  tegat  domimi  islam. 
et  omnes  coiwivantcs,  qui  de  donis  Apo- 
stoli tuihic  laetantur.  A'tempi  del  p.  Se- 
verano andavasi  dalla  chiesa  Lateranen- 
se  a  questa  basilica  Leoniana  per  quella 
porta  esistente  nella  nave  della  porta  san- 
ta, e  si  saliva  la  scala  lunga  e  larga  che 
vi  conduceva,  trovandosi  nella  nicchia  o 
tribuna  a  manca  la  pietra  poi  collocati! 
nell'oratorio  di  s.  Tommaso,  posta  su  \ 
colonne  di  marmo,  creduta  la  misura  del- 
la grandezza  di  Gesù  Cristo.  Poco  più  ol- 
tre la  metà  della  scala  eravi  un  tramez- 
zo con  3  porte  o  stipiti  di  marmo  inta- 
gliati a  fogliami,  le  quali,  secondo  la  tra- 
dizione, appartennero  al  palazzo  di  Pi- 
lato in  Gerusalemme,  e  per  le  quali  o  per 
alcuna  di  esse  più  volte  passò  il  Salvato- 
re nella  sua  passione;  che  perciò  i  di  voti 
che  dalla  chiesa  salivano  alla  basilica  o 
sala,  passando  per  tali  3  porte  e  voltan- 
do a  destra,  andavano  pel  corridoio  del- 
l'antico patriarchio  alle  cappelle  di  s.  Sil- 
vestro le  di  Sancta  Sanetorunij  le  qua- 
li porte  Sisto  V  fece  situare  in  capo  del- 
le Scale  sante,  avanti  la  cappella  di  Son- 
etti Sanctoruni.  Finalmente  il  Triclinio 
minore  e  basilica  Leoniana  si  chiamò 
Sala  del  Concilio,  perchè  in  essa  Euge- 
nio IV  vi  compì  quello  generale  di  Fi- 
renze, e  Giulio  II  e  Leone  X  vi  tennero 
alcune  sessioni  del  concilio  generale  di  Lu- 


T  H  I 
terano  V.  Tornando  al  Triclinio  maggio- 
re Leoniano,si  disse  maggiore  anco  ber- 
cile servì  particolarmente  per  gl'impera- 
tori, i  re  e  altri  potentati  che  venivano 
a  Roma  ad  Limino.  Apostolorum  e  per 
trattare  altari.  Volle  (ormarlo  s.  Leone 
III  più.  magnifico  e  ornato  degli  altri  Tri- 
clini Lateranensi,  colle  ricordate  molte 
colonne  di  marmo  patio  e  di  porfido,  e 
con  aliti  marmi  scolpiti  e  rappresenlan- 
ti  varie  immagini,  colla  tribuna  in  capo, 
le  due  tribune  laterali, con  musaici  e  pit- 
ture esprimenti  diverse  storie.  Quelle  pe- 
rò eh'  erano  intorno  al  Triclinio  e  nelle 
tribune  delle  bande  s'ignora  che  contenes- 
sero, il  tempo  avendo  diroccato  1  edilizio, 
e  solo  all'epoca  del  restauro  della  tribu- 
na principale  nel  162 5,  si  vedevano  ne- 
gli avanzi  della  tribuna  a  sinistra  alcune 
pitture  scolorite,  rappresentanti  un  con- 
vito e  gente  che  mangiavano;  ma  i  mu- 
saici della  tribuna  principale  che  restò  in 
piedi,  restaurati  e  rinnovati  dal  suddet- 
to cardinal  Barberini  nipote  d'  Urbano 
Vili,  ailinchè  non  ne  perissero  le  prezio- 
se memorie,  furono  descritti  e  spiegati  e- 
saltamente  dall'  Alemanni.  Col  rappre- 
sentato volle  s.  Leone  III  (V .)  lasciare 
un  monumento  di  sua  reintegrazione,  e 
delle  traslazioni  de'due  Imperi,  cioè  dal- 
l' Occidente  all'  Oriente,  e  dall'Oriente 
nuovamente  in  Occidente,  per  opera  dei 
Papa  nella  persona  di  Carlo  Magno.  Pri- 
mamente debbo  dite,  che  s.  Leone  III  a- 
vanti  che  finisse  d'ornare  questo  Tricli- 
nio, nel  799  fu  iniquamente  oltraggiato 
da'ribelh  Pasquale  Primicerio  e  Campo- 
Io  cappellano  della  chiesa  romana,  poten- 
ti nipoti  del  predecessore  Adriano  I,  che 
aveano  ambito  il  papato,  onde  liberato 
per  divino  aiuto,  si  rifugiò  in  Francia  da 
Carlo  Magno,  già  da  lui  confermato  Pa- 
trizio di  Roma  e  Difensore  della  Chie- 
sa. Onorato  dal  principe,  con  esso  a'29 
novembre  800  rientrò  trionfalmente  in 
Pioma,  ed  in  s.  Pietro  giustificatosi  dal- 
l'empiecalunniede'suoi  nemici, fudi  uno» 
vo  da  tulli  acclamalo  Pastore  uuiversa- 


TRf  2i5 

le;  e  si  disse  la  Letama  solita  recitarsi  nel- 
V  elezione  o  restituzione  del  Papa,  colle 
parole:  Tu  illuni  adi uv a, le^Wcnle  all'in- 
vocazione di  ciascun  santo,  alla  presenza 
di  Carlo  Magno  e  della  gerarchia  eccle- 
siastica e  civile,  con  quelle  particolarità 
e  (orinole  che  ponuo  vedersi  nel  p.  Seve- 
rano.  Quindi  nel  giorno  di  Natale  800, 
nella  stessa  basilica  Vaticana, s.  Leone  HI 
proclamò  Imperatore  d'occidente  Carlo 
Magno,  funse  e  coronò,  rinnovando  e  tra- 
sferendo in   lui  ,  come  benemerito  della 
Chiesa,  l'impero  occidentale;  dappoiché 
l'impero  d'Occidente  era  terminato  inMo* 
mi  Ilo  A  ugustolo,e  gl'i  m  pera  tori  greci  d'O- 
riente che  ne  aveano  assunto  le  preroga- 
tive, per  le  loro  eresie,  scismi  e  persecu- 
zioni contro  la  Chiesa  n'erano  decaduti, 
e  perciò  divisi  nella  comunione  cogli  oc- 
cidentali. Volendo  quindi  s.  Leone   III 
che  di  avvenimento  così  memorabile  re- 
stasse perpetua  ricordanza,  finì  d'ornare 
il  suo  Triclinio  maggiore,  e  nella  tribuna 
principale  vi  fece  rappresentare  con  di- 
verse figure  le  seguenti   azioni,  spiegale 
ne'simboli  dall'Alemanni,  dal  p.  Severa- 
110,  da  mg.'  Santelli  e  da  altri.  In  mez- 
zo alla   calotta   della  superstite  tribuna 
maggiore,  iu  tutta  la  parete  di  essa  si  ve« 
de  l'antica  pittura  in  musaico,  iu  cui  è  il 
Salvatore  risuscitalo  nel  centro  in  piedi, 
che  tornato  tra'suoi  discepoli  annunzian- 
do loro  la  pace  e  inatto  di  benedire,  ha  uu 
libro  nella  sinistra  mano  colle  parole:/^/ j? 
T  obis.  Gli  stanno  da' lati  undici  Aposto- 
li e  pel  primo  a  destra  il  principe  de'me- 
desimi  s.  Pietro,  stringendo  colla  mano 
sinistra  due  Chiavi  e  la  Croce  greca  con 
due  traverse.  Mi  sorprende  come  l'eru- 
ditissimo Alemanni,  diedi  tutte  le  ligure 
e  il  figurato  ci  diede  belle  spiegazioni,  e 
che  in  più  modi  illustrò  l'immagine  di  s. 
Pietro,  perchè  rappresentato  con  3  Chia- 
vi, delle  quali  riparlai  a  Triregno,  con 
due  e  con  una,  perchè  col  simbolico  pal- 
lio, perchè  geroglifico  della  chiesa  roma- 
na, come  la  sua  immagine  distinguevi  da 
quella  di  s.  Silvestro  1;  nulla  poi  ci  disse 


2.6  TRI 

della  Croce  forse  dal  mosaicista  capric- 
ciosamente anche  in  questo  monumento 
espressa  con  due  sbarre,  o  Croce  doppia, 
chiamata  pati  iarcaleegerosoliruitann,  ed 
anche  apostolica.  Tale  Croce,  originata 
dal  greco  orgoglio  ,  non  fu  mai  propria 
de'Papi;  l'impugnai  congravi  autorità  in 
più  luoghi,  e  con  successo  notabile, onde 
eliminare  tale  erronea  credenza,  ed  an- 
cora una  volta  imparzialmente  tornai  a 
ragionarne  nel  voi.  LXXVII,p.  ia4>  I2^> 
126,  127  ,  non  senza  rammentare  dove 
con  più  di  proposilo  criticamente  ne  trat- 
tai. Concludo,  che  la  Croce  greca  del  mu- 
saico del  Triclinio  Leoniano  probabil- 
mente è  una  impropria  attribuzione  degli 
artisti,  come  in  altri  monumenti,  la  Cro- 
ce latina  essendo  V  insegna  gloriosa  del 
sommo  Gerarca  della  Chiesa  universale. 
Anzi  ricordai  nel  vol.LXXlX,  p.  1  1  5,  ri- 
parlando del  cardinal  greco-ruteno  Isi- 
doro arcivescovo  di  Kiovia,  che  da  Eu- 
genio IV  dichiarato  legato  a  latere  di  Li- 
tuania, Livorno  e  Russia,  per  conferma- 
re l'unione  della  chiesa  greca  colla  latina, 
seguita  nel  concilio  di  Firenze,  entrò  in 
Mosc a,  sede  unita  a  quella  di  Riovia,  pre- 
ceduto dalla  Croce  latina  e  da  tre  pasto- 
rali d'argento,  poiché  era  pure  metropo- 
litano delle  chiese  di  Russia.  Con  quest'i- 
storia volle  s.  Leone  III  alludere  ancora 
alle  patite  persecuzioni  a  imitazione  di 
Cristo,  comechè  innocente,  al  suo  ritorno 
dando  a'suoi  la  pace,  alla  riconciliazione 
con  essi,  e  alla  sua  piena  reintegrazione  e 
restituzione  dell'  ubbidienza  di  tutti,  nel 
modo  il  più  solenne.  Volle  pure  esprìmer- 
ti co'simboli  tanto  in  uso  in  quell'età,  la 
pace  data  da  Carlo  Magno  alla  Chiesa,  con 
estinguere  le  cospirazioni  di  Pasquale  e 
Campolo,  tranquillate  le  fazioni,  puniti 
i  ribelli,  liberandolo  cosi  da'suoi  nemici. 
La  pacificazione  viene  confermata  dall'i- 
scrizione che  fece  porre  nella  curva  ester- 
na dell'arcodella  medesima  tribuna:  Glo- 
ria in  excelsis  Deo,  et  in  Terra  Pax  ho- 
minibus bonae  voluntatis.  Questa  non  so- 
lo dimostra  che  l'opera  del  Triclinio  è  di 


T  11  I 
S.Leone  III.  ma  ancora  perchè  egli  si  ser- 
viva di  tale  particolare  molto,  secondo  l'u- 
so de'Papi,  nelle  bolle  e  diplomi,  di  che 
tornai  a  parlare  a  Sigilli  pontificii.  Di 
più  il  Papa  volle  anche  qui  usarlo,  in  si- 
gnificato della  pace  procurata  e  ottenu- 
ta coll'opera  di  Carlo  Magno,  il  quale,  di- 
votissimo  a  lui,  appena  lo  vide  in  Francia, 
intuonò  siffatto  inno  angelico.  Solto  la 
detta  iscrizione  e  in  mezzo  dello  stesso  ar- 
co si  vede  il  nome  di  s.  Leone  HI  con- 
giunto con  quello  di  Cristo,  cioè. il  mono- 
gramma rg-  col  nome  LEO  in  modo  che  le 
lettere  Led  Osono  laterali  al  monogram- 
ma, e  la  lettera  E  vedesi  nel  suo  mezzo. 
Il  Papa  volle  così  denotare,  che  quest'o- 
pera era  stata  fatta  da  lui ,  ma  a  gloria 
di  Cristo  e  con  l'aiuto  suo.  Quanto  all'al- 
tra iscrizione  che  si  legge  in  due  linee  sot- 
to i  piedi  delle  figure  ,  sebbene  contiene 
la  missione  degli  Apostoli,  si  può  nondi- 
meno dire  che  comprenda  ancora  l'an- 
nunzio della  medesima  pace;  poiché  quan- 
do il  Signore  comandò  agli  Apostoli  di 
andare  a  predicare  per  tulio  il  mondo,  in- 
giunse loro  prima  che  ovunque  entrasse- 
ro, avanti  d'ogni  altra  cosa,  annunziasse- 
ro la  pace.  Dice  l'iscrizione:  Euntes  do- 
ce/e  omnes  gentes  baptizantes  eos  in  no- 
mine Patris,  et  Fili/',  et  Spirititi  Sa  li- 
eti, et  Ego  vobiscum  sum  omnibus  die- 
bus  usane  ad  consumalionem  studili. 
Nelrinfìanco  destro  dell'arco  della  tribu- 
na si  scorge  la  figura  del  Salvatore  sedu- 
to in  trono,  in  atto  di  porgere  a  s.  Pietro, 
altri  spiegarono  s.  Silvestro  I,  le  due  chia- 
vi, e  lo  stendardo  a  Costantino  I  impera- 
tore col  manto  e  corona  reale,  i  quali  gli 
stanno  lateralmente  innanzi  genuflessi,  il 
Papa  alla  destra  e  l'imperatore  alla  sini- 
stra. Sulla  testa  di  quest'ultimo  vi  è  il  suo 
nome:  R.  Constantinus,  cioè  Rex  Con- 
stantinus.  Sopra  S.Silvestro  I  non  si  vede 
iscrizione  alcuna,  forse  trovata  consuma- 
ta dal  tempo  (e  perciò  alcuni  antiquari 
interpretarono  la  figura  per  tal  Papa,  co- 
me contemporaneo  di  Costantino  I,  men- 
tre altri  reputarono  esprimere  s.  Pietro), 


T  R  I 
quando  gli  antiquari  col  dotto  Massa  retti 
da  s.  Severino  vescovo  di  Te  lese  e  segre- 
tario del  concilio  di  Trento,  verso  il  i  56o 
cavarono  copie  di  tali  immagini  e  iscri- 
zioni, secondo  la  quale  il  restauratore  del 
musaico  cardinal  Barberini  si  servì  per 
far  supplire  le  parti  mancate  per  vecchiez- 
za e  intemperie.  Le  due  immagini  han- 
no il  Diadema  ,  cioè  tondo  quello  di  s. 
Silvestro  I  come  si  usa  co'sonti  del  cielo, 
quadro  quello  di  Costantino  1  come  si  so- 
leva usare  alle  persone  viventi  ch'erano 
stimate  sante,sehbene  in  questo  Inogonon 
pare  che  abbia  tal  significato  il  diadema 
quadrato,  essendo  già  Costantino  I  mor- 
to fin  dal  337,  se  pure  non  si  volesse  spie- 
gare che  s.  Leone  III  lo  fece  rappresen- 
tare qual  contemporaneo  di  s.  Silvestro 
I.  La  forma  del  diadema  quadro  ha  an- 
cora un  altro  significato,  che  può  meglio 
convenirgli,  per  concedersi  a  persone  in* 
signi  per  virtù,  che  diconsi  di  mentequa- 
drala  esimili  a  una  pietra  quadra,  la  qua- 
le voltata  d'  ogni  parte  resta  sempre  in 
piedi  e  nello  stesso  sito,  come  la  descris- 
se s.  Gregorio  I  nell'omelia  d'Ezechiele. 
Nell'opposto  rinfianco  sinistro  dell'arco, 
le  figure  e  l'iscrizioni  che  si  vedono  sono 
le  medesime  che  vi  fece  s.  Leone  II  ^con- 
servate bene  sino  a'terupi  del  p.  Severa- 
110,  non  ostante  i  replicati  incendi  cui  sog- 
giacque il  Lalerano,  pe'quali  patirono  i 
musaici  dorati,  divenendo  bianchi  per  a- 
verne  il  fuoco  consumate  le  foglie  d'oro. 
In  queste  figure  si  vede  s.  Pietro  seden- 
te in  trono,  vestito  del  suo  abito  ordina- 
rio pontificale  col  pallio,  con  3  chiavi  in 
seno,  in  atteggiamento  di  dare  il  sagro 
pallio  a  s.  Leone  IH,  e  lo  stendardo  a  Car- 
lo Magno,  che  gli  stanno  ginocchioni  la- 
teralmente a'piedi,  ambedue  col  diadema 
quadrato.  A  destra  è  s.  Leone  III  vesti- 
to pontificalmente  e  col  pallio,  ricevendo- 
ne un  altro.  A  sinistra  Carlo  Magno  col 
suo  abito  ordinario,  colla  corona  e  man- 
to imperiale.  Sopra  ciascuno  di  essi  si  leg- 
gono i  nomi.  Sopra  s.  Pietro  ,  o  meglio 
alquanto  dal  destro  lato  :  Scs.  Petrus. 
voi..  LXXX. 


T  P,  I  5  i  7 

Sopra  il  Papa:  ScssimusD.  TV.  Leo  P.  IJ. 
Sopra  l'imperatore:  D.  N.  Carulo  Regi. 
Il  Dominus  JYoster  di  s.  Leone  III  allu- 
de all'averlo  i  romani  confessato  e  rico- 
nosciuto veroe legittimo  Pontefice.  Il  Do- 
mino Nostro  di  Carlo  Magno  significa 
l'averlo  i  romani  confessato  e  riconosciu- 
to per  imperatore.  A'  piedi  poi  sotto  di 
tutti  si  legge  in  una  cartella:  Beate  Pe- 
tre  dona  Vita  ni  Leoni  PP.  et  Vicloriani 
Carulo  Regi  dona.  Questa  fu  l'acclama- 
zione fatta  in  s.  Pietro  al  Papa  ed  a  Car- 
lo, nell'atto  che  il  incoronò  il  2.0  In  tut- 
tequest'iromagini  dunquee  iscrizioni  voi- 
le  esprimere  s.  Leone  III  l'istoria  di  sua 
reintegrazione  e  delle  traslazioni  de'due 
imperi, e  si  danno  le  seguenti  spiegazioni. 
Usuo  abito  pontificale  denota  la  podestà 
che  ha  la  Chiesa  e  il  suo  capo  visibile,  non 
solo  di  sciogliere  e  legare,  ma-di  dare  e 
levare  gl'imperi  a' Sovrani  (P.)t  quando 
lo  giudicò  spediente,  particolarmente  A- 
driano  I,  il  successore  s.  Leone  III  e  al- 
tri Papi.  Il  pallioche  s.  Pietro  dà  a  s.  Leo- 
ne III,  vestito  in  abito  pontificale  e  con  al- 
tro pallio,  denota  la  sua  suprema  digni- 
tà e  reintegrazione,  nella  quale  non  fu  di 
nuovo  eletto,  perchè  sebbene  gli  conven- 
ne fuggir  da  Roma,  non  per  questo  restò 
privo  della  podestà  pontificia,  ma  fu  ri- 
conosciuto e  confessato  di  nuovo  per  ve- 
ro Papa,  com'era  stato  sempre.  Delle  3 
chiavi  tenute  in  seno  da  s.  Pietro,  cosi 
parla  l'Alemanni  nel  cap.  1  o.  Triplici  er- 
go Clavet  rum  amplissimam  Pelri  ])o~ 
tettateti»  majorem  denolavcrint  :  quid 
pravter  geminimi  illud  ligandi,  solven- 
diane  j'us  ulterius  innuevunt?  Sci  licei 
senserunt  potestatem  Ulani ,  quae  ad 
continendani,  in  officio  Christianoruni, 
Rempublicam,  Petro  concessa  esttadci- 
vilem  quoque  statum  tempcrandum  ... 
Tertiae  igitur  Clavis  mutine  est  illuda 
quod  ex  li  gaudi ,  atque  solvendi  jure, 
consequitur,  nenipe  saecularia  ad  spi- 
ritualia,  dirigendi auctoritas.  Quamob- 
rem  aptissi me  ad  rem  praesentem,  Cla- 
vis Petro  appingitur  triplex,quippe  qui 
i5 


2.8  tu  i 

stiam  Ulani  potestatem  tronvérterit  ad 
temperandum  Imperlimi.  Queslo  simbo- 
lo era  molto  in  uso  al  tempo  eli  s.  Leo- 
ne III,  e  soleva  porsi  in  qne'mnsaici,  nei 
quali  si  dovesse  dimostrare  la  podestà  del- 
ln  Chiesa  sopra  l' Impero;  in  prova  di  ciò 
basterà  addurre  il  solo  musaico  posto  nel 
X  secolo  al  sepolcro  dell'imperatore  Ot- 
tone II,  che  al  presente  esiste  nelle  Grot- 
te della  Chiesa  di  s.  Pietro  in  Valiea- 
no,  e  quanto  sulle  Chiavi  Pontifìcie  (V.) 
tornai  a  dire  nel  voi.  LUI,  p.  i  5  e  altro- 
ve. Carlo  riceve  lo  stendardo  genuflesso, 
acciò  si  conosca  che  la  podestà  che  han- 
no gl'imperatori  e  potentati  cattolici  del 
mondo,  la  ricevono  in  certo  modo  dalla 
Chiesa  romana  eda'successori  di  «.Pietro, 
vale  a  dire  quando  i  Papi  approvavano 
l'elezione  degl'imperatori  d'occidente,che 
terminarono  nel  1806.  E  perchè  lo  sten- 
dardo non  era  segno  d'imperatore,  ma 
di  patrizio  o  difensore  della  Chiesa;  acciò 
non  si  credesse  che  allora  gli  fosse  data 
quella  dignità  che  possedeva,  lo  fece  rap- 
presentare col  manto  e  corona  imperiale 
ch'esso  gl'impose  nella  chiesa  di  s.  Pietro, 
sebbene  nel  resto  coli' abito  suo  ordina- 
rio, col  quale  trovossi  quando  all'  im- 
provviso e  senza  che  Carlo  ne  sapesse 
cosa  alcuna  (secondo  diversi  scrittori  ), 
fu  dal  Papa  acclamato  e  coronato  im- 
peratore. Neil'  iscrizione  viene  chiama- 
lo re  ,  perchè  solo  nel!'  acclamazione  fu 
nominato  imperatore;  e s.  Leone  III  non 
volle  nel  monumento  olFender  la  mode- 
stia di  Carlo,  che  mal  volontieri  accettò 
il  nome  imperiale,  come  allenila  Egmar- 
do  nella  sua  vita.  Perciò  volle  continua- 
read  esser  chiamato  re,  anco  per  non  pro- 
vocare il  risentimento  dell'  imperatore 
greco,  ed  infatti  queslo  poi  prelese  di  ne- 
gare all' Imperatore  d'occidente  tale  ti- 
tolo, chiamandolo  Re  (P '.);  e  questa  for- 
se \\\  la  causa  perchè  il  Papa  nell'altro 
Triclinio  che  fece  poi  in  s.  Pietro,  aven- 
dovi parimenti  fallo  dipinger  Carlo,  non 
lo  nominò  imperatore,  ma  Carolila  Pria- 
reps;  e  quando  fu  atterralo  tale  Tricli- 


t  n  t 

nio,  divenuto  Arcipresbilerato,  si  trova- 
rono medaglie  coll'epigrafe:  Rex  Caro 

lirs.  La  traslazione  dell'impero  fu  espres- 
sa anchecoll'operatoda  Costantino  l,che 
da  Roma  !o  trasferì  a  Costantinopoli,  e 
dopo  il  battesimo  confermalo  imperato- 
re e  difensore  della  Chiesa)  chiamalo  re 
perchè  anco  con  tal  titolo  talora  furono 
appellati  gl'imperatori.  Il  Triclinio  Leo- 
niano,  oltre  sì  memorabili  cose,  fu  degno 
di  grande  venerazione  per  le  molte  sagre 
funzioni  che  vi  fecero  i  Papi.  Solevano 
tenervi  convito  il  giorno  di  Natale  ,  coi 
cardinali  e  primati  del  clero;  ma  per  es- 
sere esposto  a  tramontana  e  perciò  fred- 
do nell'inverno,  Gregorio  IV  Papa  del- 
1*827  k'ce  nn  altro  Triclinio  in  luogo  più 
basso  e  più  comodo  ,  del  quale  si  servì 
anche  il  successore  Sergio  II;  o  come  vo- 
gliono altri,  ambedue  qne'Papi  si  servi- 
rono talvolta  del  Triclinio  Leoniano, del- 
lo ancora  come  maggiore  Architriclinio 
Lateranense,eà  altresì  del  Triclinio  Leo- 
niano minore  o  Sala  del  Concilio.  Ad  essi 
Papi  succeduto  nell'847  •■  beone  IV,  (;he 
restaurò  perfettamente  I'  Architriclinio 
Leoniano,  tornarono  egli  ed  i  Papi  succes 
sori  a  farvi  le  solile  funzioni,  ed  i  conviti 
solenni  nella  Pasqua,  dopo  essersi  recali 
dalla  basilica  Liberiana  con  solenne  pio 
cessione  di  Cavalcataci  !)  al  patriarchio, 
e  dopo  aver  in  questo  distribuito  il  do- 
nativo del  Presbiterio  ((  .).  Indi  il  Papa 
veniva  condotto  in  questo  Architriclinio 
nella  tribuna  maggiore  .  ove  era  prepa- 
rato e  ornalo  l'accubito  o  leltisternio  col 
la  mensa  pel  Papa,  in  memoria  dell'ul- 
tima Cena  del  Signore,  onde  e  come  nar- 
rai altrove,  intorno  alla  mensa  erano  pre- 
parati 1  1  banchi  in  forma  parimenti  di  tri- 
ti peri  1  cardinali, cioè  5  Diaconi,  5  /'re- 
ti, ed  il  Primicerio  della  s.  Sede  (fera' 
mente  e  come  diffusamente  dichiarai  al 
suo  articolo,  il  Primicerio  della  s.  Sede 
non  era  cardinale;  se  debba  intendersi  il 
Primicerio  della  scuola  de' Cantori,  che 
secondo  alcuni  Ordini  Romani  sedeva  in 
detto  convito,  neppnr  egli  era  cardinale, 


T  R  l 
liciti  nell'elezione  tle' Papi  si  sottoscrivea 
<lopo  I  ulliiuo  cardinal  diacono  colla  for- 
molo :  Primicerius  Scholae  Canlorum 
liiudo.  et  confirmo);  oltre  uno  sgabello 
innanzi  alla  stessa  mensa  pel  Prioredét- 
to  basilicario  (cioè  della  basilica  di  s.  Lo- 
renzo ad  Sancta  Sanctorum,  perciò  det- 
lo  pure  Prior  basilicae.  s.  Laurentii de 
Palatìo,  che  nel  Possesso  del  Papa  gli 
dava  la  Ferula  e  le  Chiavi  della  basilica 
Lateranense  e  del  Patriarchio,  ec.  Eravi 
il  collegio  e  la  Srholam  Basilieariam, 
ScholaBasilicae  cum  Clerici  Basilicarìi 
ministrantibus  Papae,  spedalini  sarra 
agenti  in  basilica  Pala  di,  sive  ».  Lauren- 
tii ad  ss.  SanctorumtdeqoBlì  era  capo  il 
deUoPrioreBasilicariotcome  può  veder- 
si nel  Morelli, Ritus  dandiPresbyterium), 
a  cui  il  Papa  poneva  in  bocca  un  poco 
dell'agnello  che  avea  benedetto,dicendo- 
gli:  Ouod  facisy  fac  citius,  sicut  ille  ac- 
cepit  ad  daninalioneni  tu  accipe  ad  re- 
missionem.U  resto  dell'agnello  il  Papa  Io 
dava  agli  r  i  cardinali  che  seco  mangiava- 
no, e  ad  altri  secondo  il  suo  beneplacito. 
Verso  la  metà  della  cena  l'arcidiacono 
ordinava  al  diacono,  che  leggesse  una  le- 
zione, per  la  quale  l'osliario  avea  prepa- 
rato il  iettorino  o  leggio  col  libro  dell'o- 
melie; e  leggeva  sinché  l'arcidiacono  gli 
faceva  cenno  che  tacesse:  allora  il  Papa 
comandava  all'accolito  che  facesse  veni- 
re i  cantori,  i  quali  cantavano  una  sequen- 
za in  musica  coll'organo,  e  finito  il  canto 
andava  no  a  baciar  il  piede  al  Papa,  rice- 
vendo da  un  cappellano  una  moneta  det- 
ta bizantino,  e  dal  Papa  una  tazza  piena 
di  vino,  che  giù  egli  avea  gustato.  Ne'due 
seguenti  giorni  ivi  si  faceva  il  medesimo 
-convito,  non  però  colla  medesima  rappre- 
sentazione dell'  Agnello  Pasquale;  altre 
cene  pubbliche  e  altri  banchetti  solenni 
si  facevano  col  clero  per  altre  festività 
o  per  la  venuta  d'imperatori,  re  e  altri 
principi,e  anche  dopo  la  Coronazione 'del- 
l' Imperatore (V.).  Inoltre  in  questo  Tri- 
clinio Leoniano  si  celebrarono  altre  fun- 
zioni sagre  che  ripeto  descrissi  altrove,par- 


T  R  I  iics 

ticolarmente  la  distribuzione  delle  Pal- 
me (F.),\e  quali  benedette  nella  basilica, 
di  s.  Silvestro  I,  si  portavano  in  questo 
luogo  e  il  Papa  le  distribuiva.  In  questo 
Triclinio  s.Nicolò  I  nel!'86i  die  la  senten- 
za contro  Giovanni  i  o.°arci  vescovo  di  Ra- 
veuna,alla  presenza  di  molti  vescovi  con- 
gregati, e  nell'istesso  l'arcivescovo  venne 
umilialo  a  disdirsi,  ponendo  la  dichiara- 
zione e  palinodia  scritta  di  sua  mano  sul- 
le reliquie  della  ss.  Croce, sopra  i  Sandali 
del  Signore,  e  std  libro  degli  Evangeli; 
poi  ripigliandola  e  tenendola  in  mano  fe- 
ce con  alta  voce  il  solito  giuramento  alla 
presenza  dello  stesso  sinodo,  e  nel  di  se- 
guente vi  tornò  di  nuovo  a  ricevervi  le 
correzioni  e  le  penitenze.  Il  medesimo  s. 
Nicolò  I  vi  congregò  un  altro  coocilio,per 
la  causa  di  Rotado  vescovo  di  Soissons. 
Insomma  l'Aichi triclinio  di  s.  Leone  III 
servì  non  solo  per  cenacolo  a  quel  Papa 
e  successori, che  si  vuole  vi  convitasse  Car- 
lo Magno  dopo  la  coronazione;  ma  per 
luogo  ancora  da  trattarvi  i  gravi  alfari  e 
negozi  pubblici  della  Chiesa, come  si  pra- 
ticò poi  nella  sala  del  concistoro.  Questo 
antichissimo  e  nobilissimo  monumento, 
dopoché  il  cardinal  Barberini  losalvò  dal- 
la totale  rovina  (prima  che  divenisse  nel 
1627  arciprete  Lateranense,  e  dopo  la  sua 
rinunzia  non  poco  contribuì  per  risarcire 
e  ornare  l'oratorio  dell' arciconfraterni- 
ta  del  ss.  Sagramento  della  sua  patriar- 
cale basilica,  il  quale  oratorio  è  situato 
sotto  la  cappella  di  s.  Lorenzo  di  Sancta. 
Sanctorum,  e  n'è  protettore  il  cardinal 
arciprete,  che  vi  prende  possesso  dopo  a- 
verlo  preso  nella  basilica,  come  notai  nel 
voi.  LXXV,  p.  25o),  avendo  Clemente 
Xll  adornata  la  basilica  Lateranense  col 
sontuoso  nuovo  portico  e  magnifica  fac- 
ciata esterna,  per  maggiormente  ingran- 
dire la  gran  piazza,  su  cui  il  Triclinio  at- 
tuale forma  il  prospetto, e  perciò  spiana- 
ta la  peniteuzieria  nel  cui  lato  settentrio- 
nale era  il  Triclinio  antico  ch'era  necessa- 
rio di  togliere,  nel  1737  pensò  di  con- 
servarlo. A  tale  effetto  ordinò  che  la  super- 


220  T  R   I 

stile  tribuna  maggiore  fosse  segata  nella 
sua  volta,  e  per  un  ponte  di  legno  di  i  68 
piedi  fòsse  trasportata  intera  presso  il 
muro  dell'  oratorio  di  s.  Lorenzo  della 
Scala  Santa  (della  quale,  del  suo  colle- 
gio Sisti  no,  e  de'i  ecenti  scavi  fatti  nelle 
adiacenze  riparlai  nel  voi.  LXVII,p.io5), 
e  stabilirla  a  questa  laterale  con  nuovo 
edilìzio.  Ma  sembrandone  poi  assai  diffi- 
cile l'esecuzione,  pel  pericolo  che  il  mu- 
s&\co,opere  vermicidato,sì  sciogliesse,ab- 
bandonò  l'idea  del  trasporto,  e  comandò 
che  copiate  accuratamente  in  pitture  le 
immagini  e  rappresentazioni,  si  decompo- 
nesse il  musaico  pietra  per  pietra,  e  col 
mezzo  della  copiata  pittura  si  rinnovasse 
nel  luogo  destinato.  Ala  sebbene  vi  spese 
2000  scudi,  come  scrive  Novaes,  o  fosse 
la  difficoltà  dell'impresa  o  altra  cagione, 
la  mirabile  opera  tutta  si  sciolse,  e  total- 
mente peri,  come  deplora  Marangoni,con 
sommo  dispiacimento  degli  amatori  del- 
la sempre  venerabile  antichità  e  della  sa- 
gra archeologia.  Il  successore  Benedetto 
XIV  sino  da'primordi  del  suo  pontifica- 
to pensò  di  ristabilire  nel  miglior  modo 
possibile  questa  celebre  e  antica  memo- 
ria; ordinò  pertanto  nel  1743  che  presso 
il  lato  orientale  della  stessa  cappella  di  s. 
Lorenzo,  e  di  prospetto  alla  Porta  s.  Gio- 
vanni, con  disegno  del  cav.  Fuga  si  er- 
gesse un'ampia  e  ben  disegnata  tribuna, 
ove  con  musaico  il  più  diligente  e  accu- 
rato delineate  fossero  tutte  le  sagre  im- 
magini già  anticamente  espresse  nel  tri- 
clinio di  s.  Leone  111,  giusta  gli  antichi 
lineamenti  conservati  in  un  codice  Vati- 
cano. Eseguita  la  rinnovazione  del  mu- 
saico, quale  dissopra  lo  descrissi, con  plau- 
so fu  ammirato  dagl'intelligenti.  Di  più 
vi  ristabilì  a  destra  l'iscrizione  d'Anasta- 
sioBibliotecario,  a  sinistra  quella  del  car- 
dinal Barberini,  ed  in  mezzo  vi  pose  la 
propria  dichiarante  l'operalo, e  come  sot- 
to Clemente  XII  per  imperizia  e  difficol- 
tà il  musaico  erasi  interamente  scompa- 
ginalo. L'iscrizione  trovasi  nel  Marango- 
ni, ina  mg.r  Fabro  ni,  De  vita  Clementi* 


TR  I 
XII,  lib.  3,  con  idonee  testimonianze  di- 
fese questo  Papa  dalla  censura  posta  nel- 
la lapide.  Ma  che  andò  distrullo  l'antico 
musaico,  è  un  fatto  che  confessò  l'altro 
fiorentino  Vettori,  nel  Fiorino  tP  oro 
illustrato.  Neil'  istesso  anno  Benedet- 
to XIV  fece  incidere  una  medaglia  col- 
la sua  effigie,  con  camauro,  mozzetta  e 
stola,  e  nel  rovescio  fece  esprimere  l'ansi* 
de  o  tribuna  del  Triclinio  Leoniano,  col- 
localo in  detto  sito,  di  fianco  alla  faccia- 
ta principale  della  basilica  Lateranense, 
con  l'epigrafe:  Triclinii  Leoniani  Pa- 
rietinis  Restituii?.  Poscia  il  Papa  fece 
memoria  dell'  operato  nell'  allocuzione 
Annus  Jubilaci,  pronunziata  a'3  marzo 
ij/±C),Biill.  Bened.XIfr,\.  3,p.  54, col- 
la quale  eccitò  i  cardinali  alla  riparazio- 
ne di  loro  chiese.  Per  le  intemperie  de' 
tempi  a  cui  è  esposto  l'edificio,  avendo 
molto  sofferto,  Gregorio  XVI  nel  1  83 1 
ordinò  provvidamente  che  con  tutta  di- 
ligenza e  solidità  fosse  racconciato  in  ogni 
sua  parie,  onde  neh  835  si  vide  intera- 
mente ristorato  nel  pristino  stato,  come 
rimarcarono  il  Nibby  nella  Roma  nel 
1 838,  ed  il  Melchior."!  nella  Guida  me 
Iodica  di  Roma,  siccome  monumento  tan- 
to glorioso  e  illustre,  non  meno  alla  sto- 
ria ecclesiastica  che  al  Pontefice  romano, 
per  l'importantissima  parte  Simbolica  di 
si  comune  uso  nell'  antichità  ne'  sagri 
Templi(F.)  e  a\U\ edifizi  ecclesiastici, tut- 
ta dimostrante  la  sublimità  e  l'eccellen- 
za dell'  autorità  pontificia,  superiore  a 
quella  di"  tutti  i  re,  e  sovrani  del  mondo, 
come  dichiarò  con  queste  manifestazio- 
ni s.  Leone  111  nell'anno  stesso  che  dedi- 
cava l'opera  a  Carlo  Magno.  Acciocché 
poi  non  fossero  i  simboli  capricciosi,  ma 
secondo  il  costume  ecclesiastico,  fu  sta- 
bilito dagli  antichi  Papi  il  celebre  colle- 
gio de'Leviti  Edili,  il  quale  presiedeva  a' 
sagri  edifizi:  che  questo  collegio  durasse 
a'tempi  di  s.  Leone  1 1 1,  non  vi  è  luogo  a 
dubitarne  pel  riferito  dal  dotto  Aleman- 
ni nel  cap.  12.  Ne.c  dubium  cum  Leoni* 
111  tempestate,  ac  diu  post  antiquissi- 


T  R  I 
mum  oc pracstantissimum  AcdiliumLc- 
vitarum  Collegium  per dur averi t,  quo- 
rum niunus  fuit  sacri s ae dì fidi 's faci 'lin- 
di's  processe.  Leonis  III,  Levita  Acdilis, 
in  sacello, quoti  ante  Sixtianam  demo- 
lì lionem  pone  Triclini  uni  de  quo  agi- 
mas  cxlabatyhunc  in  modani  inscripsit: 
Curante  N.  Lehita  Petri,  ad  honorem 
Archangelorum,Lco  Tertius  Papa  fie- 
ri jussit. 

TRICLINIO  LEONI  ANO.  V.  Tri- 
clinio. 

TRICOMI  A.  Sede  vescovile  della  i.a 
Palestina  nel  patriarcato  di  Gerusalem- 
me, sotto  la  metropoli  di  Cesarea,  eretta 
nel  IX  secolo, chiamala  anche  Tricopia 
e  Tricorica.  Non  devesi  confondere,  con 
Tricomiasede  vescovile  della  2."  Arabia, 
egualmente  nel  patriarcato  di  Gerusa- 
lemme, sulFraganea  della  metropoli  diBo- 
stra.  Tricomia  di  Palestina  sotto  la  domi- 
nazione de'turchi,  Tricomien,  è  un  tito- 
lo vesco  vile  in  partihus,de\\'arc\  vescovato 
simile  di  Cesarea,  che  conferisce  la  s.  Sede. 
Tra  tali  vescovi  ricorderò  Gio.  Emanuele 
Moscoso,  che  Clemente  XIV  trasferì  alla 
sede  vescovile  di  Tucuman  ossia  Cordova 
d'America. Per  morte  diTommasoMagui - 
reche  n'era  stato  insignito,  Gregorio  XVI 
nel  concistoro  de'i5  aprile 1 833  lo  con- 
cesse a  Giuseppe  de  Chelkowskidi  Posna- 
nia,  canonico  di  quella  cattedrale  e  par- 
roco, dichiarandolo  sulfraganeo  dell'ar- 
civescovo di  Posnania,  per  quelle  quali- 
tà che  riferì  nella  proposizione  concisto- 
riale. Indi  lo  stesso  Papa  nominò  vescovo 
di  Tricomia  e  coadiutore  del  vicario  apo- 
stolico del  Tunkino  orientale,  a'20  giu- 
gno 1  845,  mg.r  fr.  Domenico  Marti  do- 
menicano. Dopo  la  sua  morte,  il  Papa  Pio 
IX  il  1  ."dicembre  1 854  conferì  il  titolo  di 
Tricomia  al  vescovo  coadiutore  dell'  at- 
tuale vicario  apostolico  del  Tunkino  cen- 
trale, come  si  ha  dalle  Notizie  di  Roma. 

TRIDUANA  (s.),  vergine.  Fioriva  in 
Iscozia  nel  VI  secolo,  e  vi  ha  molte  chie- 
se e  cappelle  nell'Inghilterra  settentrio- 
nale, le  quali  portano  il  suo  nome,  Nul- 


TRI  221 

l'altro  si  sa  della  sua  vita,  se  non  ch'ella 
disprezzò  1'  illustre  sua  nascila  e  le  im- 
mense ricchezze  che  possedeva,  per  con- 
sagrarsi al  Signore;  che  si  segnalò  colla 
sua  umilia  e  col  suo  amore  per  la  peni- 
tenza ;  che  arrivò  ad  un  alto  grado  di  vir- 
tù, e  fu  favorita  del  dono  de'iniracoli.  E 
menzionata  dal  Butler  il  giorno  8  d'  ot- 
tobre. 

TRI  DUO,  Triduuni,Supplicatio.  Spa- 
zio di  pii  Esercizi  e  d'ivole  Preghiere  con- 
tinuate nel  corso  di  tre  giorni,  spazio  det- 
to pure  Triduano  e  Triduana ,  come 
Quattriduano  e  Qualtriduana  dicesi  il 
periodo  di  4  giorni.  Gli  antichi  monaci 
ebbero  preghiere  continuate  per  3o  gior- 
ni, tempo  che  chiamarono  Tricenario ; 
ove  dissi  de' ZWce/sttrt/ì  o  spazio  di  3oan- 
ni,in  capo  de'quali  i  gentili  facevano  ren- 
dimenti di  grazie  a'numi  loro;  e  dissi  pu- 
re delle  feste  Triennali  de*  medesimi:  in- 
oltre ricordai  altre  feste  ed  epoche  reli- 
giose di  periodo  commemorativo,  tanto 
degl'idolatri,  che  degli  ebrei  e  de'cristia- 
ni,  come  di  funerali.  Il  Cancellieri  nelle 
Sette  cose  fatali  di  Roma,  copiose  eru- 
dizioni  riunì  sui  misteriosi  attributi  dei 
numcr*  Ternario  e  Settenario.  Noi  cristia- 
ni veneriamone!  numero  di  tre  la  ss.  Tri- 
nità (F.),  e  facciamo  commemorazione 
affettuosa  e  di  vota  delle  tre  ore  di  agonia 
del  nostrodivinoRedentore;diciamoTW- 
sagio  (F.)  l'inno  in  cui  ripetesi  3  volte  la 
parola  Santo;  e  Triduo  della  Settima- 
na santa  ( V.)  gli  ultimi  3  giorni  della  me- 
desima. Anticamente  dicevansi  Lamen- 
tazioni i  3  giorni  della  medesima,  rner- 
coledì,giovedìe  venerdì,  in  cui  esse  si  can- 
tano, cioè  i  treni  di  Geremia.  Triduo  dun- 
que è  propriamente  il  periodo  di  3  gior- 
ni ne'quali  appositamente  si  fannospecia- 
li  preghiere  e  di  vote  pratiche  in  onore 
della  ss.  Trinità,  di  Gesù  Cristo,  della  B. 
Vergine,  de'Sanli  e  Beati,  in  preparazio- 
ne alle  \ovo  feste,  ovvero  per  implorare 
l'efficace  loro  soccorso  e  patrocinio  ne'no- 
stri  straordinari  bisogni  in  questa  terra 
di  miserie,  temporaneo  albergo  di  nostra 


iti  T  R  I 

esistenza,  ed  anche  di  ringraziamento  per 
benefìzi  ricevuti. Sono  talvolta  queste  Iri- 
duane  supplicazioni  accompagnate  dal  s. 
Sacrifizio,  da  Sermoni,  da' Panegirici, 
ed  hanno  termine  col  canto  delle  Litanie, 
del  Tantum  ergo,  e  colla  benedizione  del 
ss.Sagramento,  talvolta  nel  3.°  giorno  in- 
tonandosi il  Te  Deum.  Si  celebrano  i 
tridui  più  o  meno  solenni,  in  epoche  de- 
terminate e  straordinarie,  come  gli  Ot- 
tavarieìe  Novene  (t-r.).  Dfogni  specie  di 
tridui  ragionai  a'Iuoghi  loro, e  quanto  ai 
solennissirni,pochi  pel  numero  quasi  con- 
temporaneo e  pel  complesso  delle  circo- 
stanze eguaglieranno  quelli  da  tutto  l'or- 
be cattolico  celebrati  con  immensa  effu- 
sione di  tenera  divozione,  per  solennizza- 
re il  decretalo  dogma  dell'  Immacolato 
Concepimento  diMaria  Vergine,  ed  un  co- 
pioso numero  ne  descrissi  nel  vol.LXXIII, 
p.  42  €  seg.  nella  mia  slorica  narrazione 
del  grande  e  memorabile  avvenimento. 
Abbiamo  di  s.  Alfonso  di  Liguori,  Rao- 
colta  di  Novene,  Ottavari  e.  Settenari, 
Milano  1817.  Tridui  e  divozioni  per  le 
feste  principali  del  Signore ,  della  ss. 
Verginee  d'altri  santi,  Roma  1 770.  Va- 
nalesti,  Discorsi  per  le  Novene,  Venezia 
1752.  Prola,  De  Novendialibus  suppli- 
cationibus ,  Romae  1  7  1  4-  Innumerabili 
poi  sono  i  tridui  pe'santi,  per  la  13.  Ver- 
gine e  pel  Signore,  pubblicati  colle  stam- 
pe. Ve  ne  sono  pure  ascetici  di  pie  me- 
di lazioui,come  il  Triduum  sacrimi  prae- 
cipuc  Religiosoriim  usui  accomodatimi, 
auctore  R.  p.  Aloisio  Re  liccio  Socie  la- 
ti* Jcsu  et  s.  theol.  dottore.  Acccdit  Ap- 
pendix  de  methodo  expedite  meditan- 
di,  AuguslaeTaurinorumi835.  Si  ha  pu- 
re del  gesuita  p.  Francesco  JVeumayer, 
Triduana  cxercilia  auae  ad  re  susci' 
tandam  gratiam  sacerdotalem  sive  in 
communi  convelliti,  sive  in  solitario  se- 
cessu  instiluti possimi,  Moguntiae  1 855. 
L'altro  insigne  gesuita  Stefano  Antonio 
Morcelli,  con  aurea  latinità  dichiarò  le  di- 
verse specie  de'sngri  tridui,  come  leggesi 
nel  Lexicon  /'pigra /ritieniti  Morcellia- 


TR  1 
mini,  compilalo  dal  eh.  mg/  Arcangelo 
Gainberiui  bolognese.  Ne  riporterò  alcu- 
ni per  la  loro  bellezza.  Triduo  del  Cuo- 
re di  Gesù:  Incipit  supplicatio  in  Tri- 
duum honori  ss.Cordis  /('.vH.DeIIMmma- 
colata  Concezione  di  Maria:  Incipit  sup- 
plicatio in  Triduum  honori  D.  N.  Ma- 
rine Labis  Nesciae.  Del  Patrocinio  di  s. 
Giuseppe:  Incipit  supplicatio  in  Tri- 
duum honori  s.  Josephi  oh  patrociniuin 
ejus  implorandum.  Di  suffragio  de'  de- 
funti :  Pro  piis  Manibus  ...  Supplicatio 
ad  expiationem  admissortim...  In  Tri- 
duum .  Piis  Manibus  defunctorum  civium 
ritti  solarmi  in  Triduum  perii  tatur.  Ce- 
lebrare triduo  solenne  :  Triduana  sol- 
lemnia  obire.  Fatto  un  triduo  per  im- 
plorar l'aiuto  celeste:  Praesidio  ...  Tri- 
duum precibiis  imploralo.  Annunziato 
un  triduo:  Sttpplicationein  Triduum  in- 
diata. 

TRIESTE  (Tergestin).  Città  grande 
e  florida  con  residenza  vescovile  dell'im- 
pero d'Austria  nell'I lliria,  capoluogo  del 
governo  e  della  piccola  divisione  partico- 
lare del  suo  nome,  a  20  leghe  da  Lubia- 
na, più  di  25  da  Venezia  e  76  da  Vieti» 
na;  situata  all'  estremità  nord-ovest  del 
golfodi  Venezia, alle  faldeesul  fianco  d'u- 
na montagna,  in  fondo  al  golfo  di  Trie- 
ste formato  dall'Adriatico,  di  cui  deter- 
mina l'estremila  nord-est, sulla  costa  oc- 
cidentale deli'llliria.  Sede  del  proprio  par- 
ticolare governo,  di  uno  de'due  governi 
che  compongono  il  regno  d' Illiria  e  di 
cui  forma  col  nome  di  Trieste  le  parti 
meridionale  ed  occidentale,  comprenden- 
do l'antiche  provincie  del  Friuli  in  par- 
te, di  cui  è  ora  capitale  Udine,  e  dell'/- 
stria  totalmente  ;  1'  altro  governo  risie- 
dendo in  Lubiana.  Le  grandi  isole  di  Ve- 
glia, Cherso,  Oserò  e  altre  meno  impor- 
tanti ,  dipendono  da  questo  governo  di 
Trieste,  che  divideii  in  due  circoli,  quel- 
li di  Gorizia  e  d'  [stria,  i  (piali  attra- 
versano l'estremità  dell'Alpi  Giulie  che  li 
rendono  montuosi.  Inoltre  Trieste  è  sede 
della  corte  superiore  di  giustizia  perGori- 


X  11  I 

zia,  Gradisca.  Istria,  nonché  del  governo 
centrale  marittimo.  Un  tribunale  provin- 
ciale civile  e  criminale  provvede  alla  giu- 
stizia civileepuniti  va  ini. 'istanza, un  ti  ibu- 
nale  mercantile  alle  cose  di  commercio  e 
di  mare,  una  pretura  alle  liti  minori  ed  a 
ipielledi  campagna.  Il  commercio  ha  pro- 
pria rappresentanza  nella  consulla  e  de- 
putazione di  borsa,  csempre  più  Trieste 
diviene  l'emporio  commerciale,  come  la 
chiave  tra  la  Germania  e  l' Italia,  lai. 
piazza  di  commercio  della  monarchia  au- 
striaca pel  commercio  marittimo,  massi- 
mamente della  Germania  meridionale, 
dell'lllirio  e  della  Schiavonia;  per  cui  vi 
risiedono  i  cousolidi  quasi  tutte  le  nazio- 
ni d'  Europa  e  degli  Stati-Uniti.  Come 
capoluogo  di  governo  provinciale, Trieste 
ha  tulli  gli  uffizi  che  a  questo  ramo  di 
pubblica  amministrazione  si  addicono,  e 
che  dalla  condizione  di  porto-franco  di 
mare  sono  richiesti;  cos'i  pure  la  finanza, 
la  di  cui  amministrazione  superiore  si  è 
ancora  quella  delia  Dalmazia.  Alle  cose 
militari  di  terra  presiede  un  comando  mi- 
litare, a  quelle  di  mare  il  comando  supe- 
riore della  marina. L'imperiale  e  regia  cit- 
tà di  Trieste  colla  campagna  forma  un  sol 
comune,  al  cui  reggimento  presiede  il  ma- 
gistrato, collegio  di  4 assessori  ed  un  pre- 
side, i  quali  intendono  al  politico  e  alia 
giustizia  punitiva  per  gravi  trasgressioni 
di  polizia.  Nelle  cose  che  sono  d'animi- 
lustrazione  comunale  provvede  un  con- 
siglio unitamente  al  magistrato,  or  mi- 
nore di  io  cittadini,  or  maggiore  di  .\.o, 
a  seconda  dell'importanza  delle  cose.  11 
municipio  è  immediatamente  sottoposto 
all'i,  r.  governo  provinciale,  senza  frap- 
posizione di  ufficio  circolare  o  delegazio- 
ne che  in  Trieste  non  vi  è.  Si  divide  la 
città  in  vecchia  e  nuova.  Lai. provasi  in 
una  eminenza  del  monte  Tiber  coronata 
da  uà  castello  o  cittadella  che  la  difende; 
la  2.a  che  dicesi  Teresiana  o  Tlieresien- 
sladtjdÀ  più  regolare  costruzione,  si  esten- 
de in  pianura  traversala  da  uu  canale. 
Sorge  il  castello  sulla  sommità  del  colle 


T  K  I  223 

che  domina  la  città  tutta,  in  prossimità 
del  duomo,  e  donde  si  gode  il  bel  pano- 
rama di  Trieste  e  dintorni  ,  lo  spazioso 
mare  e  il  porto  con  que' tanti  ancorali  na- 
vigli che  formano  un  quadro  imponente 
e  maestoso.  Dentro  il  recinto  dell'aulico 
Campidoglio  vi  era  una  rocca,  guasta  as- 
sai per  le  guerre  patite  e  inetta  a  vigoro- 
sa difesa,  quando  nel  if\"jo  capitanando 
Giorgio diTscheruembl, essendo  i  triestini 
sovente  in  discordia  fra  loro,  e  frequenti 
perciò  nella  città  i  tumulti,  venne  delibe- 
rato di  costruire  un  cartello  regolare,  .in- 
die per  timore  delle  scorrerie  turche  e 
delle  sorprese  de' veneti, ma  precipua  dif- 
ficoltà offriva  la  proprietà  del  terreno 
ch'era  occupato  dall'episcopio,  dal  con- 
vento della  Cella  e  dall'ospedale.  L'im- 
peratore Federico  11  I  ne  ordini)  la  costru- 
zione, che  cominciò  a  mandarsi  ad  effet- 
to durante  l'occupazione  veneta  del  i5o8, 
per  opera  del  comandante  Alvise  Zeno  e 
del  provveditore  Francesco  Cappello:  ol- 
tre la  rotonda  maggiore, altra  torre  e  im- 
portanti fortificazioni  vi  furono  fatte, ed 
il  bastione  che  guarda  il  levante  ha  an- 
cora il  nome  di  Venezia.  Il  castello  fu  poi 
assai  avanzato  sotto  il  capitanato  del  con- 
te Giovanni  deHoyos  fra  il  i546e  il  e  558, 
e  portato  a  totale  compimento  neli68o, 
insieme  al  forte  s.  Vito  sulla  vicina  colli- 
na e  cominciato  nel  1 627.  Nel  castello  a- 
veauo  abitazione  i  capitani,  podestà  e  pre- 
sidenti di  Trieste  fino  al  1770  circa,  con 
cappella  e  ampio  giardino,  fra  il  duomo 
e  la  via  s.  Michele.  Erauvi  i  quartieri  dei 
soldati,  le  carceri  pe'rei  di  stato,  la  torre 
delle  poi  veri  e  amplissimi  sotterranei  tut- 
tora esistenti.  Oltre  gli  assedi  falli  da' va* 
neli,  vigorosamente  sostenuti,  nell'otto- 
bre 181  3  soffri  forte  cauooueggiamtnto 
dagli  austriaci  e  inglesi  alleati, che  costrin- 
sero il  presidio  francata  di  700  uomini 
alla  resa;  pure  per  la  sua  favorevole  po- 
sizione, malgrado  un  mese  di  blocco  cir- 
ca, non  fu  aperta  la  breccia,  tanto  le  o- 
pere  sono  solide,  le  quali  nel  resto  iiou  su- 
do spregevoli  avuto  riguardoalla  couJi- 


2^4  1'   *   l 

zione  della  città  ne'lempi  in  cui  fu  eret- 
to il  castello.  Essendosi  Trieste  di  molto 
dilatalo,  non  fu  bastante  un  sol  castello 
per  difendere  la  città,  e  perciò  vennero 
fabbricali  i  due  lazzaretti,  il  rinomato  mo- 
lo di  s.  Carlo,  il  molo  grande,  e  le  baite- 
ne di  Zaulee  s.  Andrea,  essendovi  pure 
l'arsenale  dell'artiglieria.  La  città  è  divi- 
sa in  t)  contrade  o  sezioni,  distinte  per  nu- 
meri progressivi:  si  suole  ancora  dividere 
in  4  parti,  cioèCittà  Vecchia,  Città  Nuo 
■va  oTeresiana,  Città  diGiuseppe  II,  e  sob- 
borgo Franceschino  o  di  Francesco  1.  Ha 
le  vie  generalmente  bene  fabbricate  e  re- 
golari, massime  nella  Citte  Nuova,  la  più 
bella  eia  più.  larga  di  tutte  esseudocpjella 
ilei  Corso,  ma  alquanto  tortuosa  verso  la 
Mia  metà:  è  contornala  d' iunumerabili 
ricche  botteghe  fomite  d'  ogni  sorta  di 
uierciedigalanlerie,edi  frequentatissime 
caffetterie,che  primeggiano  fra  lelauleal- 
li  e  ch'esistono  in  llaIia,dopo  quelle  di  Ve- 
nezia, di  Padova,  ec.  Negli  ultimi  3  gior- 
ni di  carnevale  il  gran  passeggio  delle car- 
rozzee  de'cavalli  ascila,  le  ricche  masche- 
rate, il  proluso  gettito  di  confetti  e  di  più 
qualità  di  dolci,  rendono  lo  spettacolo 
carnevalesco  uno  de'più  brillanti  tra' si- 
tuili d'altre  città  d'Italia;  pubblico  diver- 
timento originato  in  detta  via  nel  1783. 
Quattro  sono  le  piazze  principali,  massi- 
me della  Dogana,  della  Legna  e  la  piazza 
Grande  o  Maggiore.  Ivi  si  alzava  il  gran- 
dioso palazzo  pubblieoo  magistrale  sopra 
a  reale,  che  ampi  issi  ma  sala  con  lene  va, poi 
convertita  in  teatro, ed  altra  minore  per 
le  pubbliche  radunanze.  Dietro  il  palaz- 
zo stavano  le  pubbliche  carceri,  in  un  ban- 
co da  un  lato  la  curia  criminale,  dall'altro 
la  torre  dell'  orologio  con  due  mori  che 
battevano  le  orejove  in  oggi  sorge  la  locati» 
da  Grande  era  l'arsenale,  e  questo  era  la 
lumie  della  piazza  da  un  lato. Dirimpetto 
vi  uveano  la  loggia  pubblica,  ora  sala  del 
Motiglio  municipale, egliedifìzi  per  gl'io- 
lerion  dicasteri,  che  rinnovali  e  ampliali 
servono  Oggi  a  residenza  dell'i,  r.  magi- 
strato. Sullu  chiave  dell'arco  verso  la  piaa- 


TR  I 
za  v'era  l'aquila  imperiale,  ed  a  destra  e 
sinistra  l'insegne  del  capitano  Cobenzl,  e 
della  città  consistente  in  uno  scudo  d'o- 
ro e  di  colore  roseo  trasversalmente  ri- 
partito, di  sopra  con  un'aquila  doppia  ne- 
ra e  coi  onata,  di  sotto  con  una  sbarra  d'ar- 
gento e  un'aquila  nera  rovesciala.  Dalla 
parte  opposta  dell'arco  sulla  chiave  leg- 
gesi  l'epìgrafe  dal  S.  P.Q.  T.  posta  a  Leo- 
poldo 1  per  la  vittoria  e  presa  di  Buda. 
Al  medesimo  il  comune  nel  1660  innal- 
zò qui  una  colonna  colla  statua  di  bronzo, 
quando  si  recò  a  Trieste,  che  poi  nel  1  808 
fu  trasportala  sulla  piazza  delh  Bursa.  In 
faccia  alla  loggia  s'ergeva  la  statua  ili  s. 
C insto  mai  lire,  patrono  della  città,  e  la 
colonna  dell'aquila  imperiale,  che  soste- 
neva la  statua  di  Ferdinando  I;  lolteatn- 
bedue  quando  neliyjo  venne  costrutta 
la  fontana  grande  die  mette  capo  all'ac- 
quedotto che  comincia  dalla  falda  della 
montagna.  Da  un  lato  ilei  la  piazza  è  l'an- 
tica chiesa  dis.  Pietro  del  municipio,  che 
v'  interveniva  alle  sagre  funzioni,  ed  ha 
una  tavola  di  Palma  il  Vecchio.  In  que- 
sta piazza  Maggiore  vi  è  la  colonna  eret- 
ta a  Carlo  VI,  in  memoria  di  sua  venuta 
nel  1  7  28. Trasferitisi  i  governatori  diTrie- 
ste dal  castello  ove  prima  alloggiavano, 
nell'edilìzio  della  dogana  vecchia,  or  sur- 
rogato dal  Tergesteo,  neh  764  sotto  M." 
Teresa  si  costruì  il  palazzo  del  governo, 
li  teatro  Grandeo  Nuovo,  vasta  mole  che 
in  un  amplissimo  quadralo  venne  creilo 
nel  1800  con  disegno  del  celebre  veneto 
Selva,  con  islupenda  facciala  di  Pertsch 
con  lerrazzoue  e  portico  ed  ornata  di  mol- 
te statue  simboliche:  l'interno  dell'edili- 
zio scompartito  a  due,  contiene  il  teatro 
capace  di  i3oo  persone  con  5  ordini  di 
palchi,  e  la  sala  da  ballo  detta  del  ridot- 
to, per  2000  persone,  ed  abitazioni.  Ab- 
bandonali i  clamorosi  spettacoli  delle cac- 
cie  de'  tori  e  del  giuoco  del  pallone,  as- 
siti prediletti,!  primi  lino  dal  declinar  del 
secolo  decorso,  ed  i  secondi  lino  dal  1 8  1 5 
cuci,  il  popolo  si  abituò  a'  più  placidi 
trallcuiuiculi  della  scena;  quindi  nel  1817 


T  R  I 

fu  eretto  in  prossimità  all'ospedale  mili- 
tine un  teatro  diurno  a  cielo  «coperto, che 
si  disse  Arena  perle  frequenti  esercitazio- 
ni equestri.  Poscia  nel  1827  Leopoldo 
Maiiruner  costruì  a  proprie  spese  ampio 
teatro  coperto,  precipuamente  desinato 
alle  rappresentazioni  mimiche  a  chiaro  di 
giorno,  adatto  però  agli  spettacoli  eque- 
stri come  anche  a'  notturni,  il  quale  per 
circostanze  di  tempi  ehbe  nome  di  Anfi- 
teatro.cheanco  in  seguito  mantenne.  Non 
mancano  beili  palazzi  ed  eleganti  abita- 
zioni  <li  particolari,  poiché  Trieste  di  pa- 
ri patgo progredisce  quotidianamente  nel 
suo  ingrandimento  e  abbellimento  ,  ve- 
dendosi di  continuo  sorgere  quasi  per  in- 
cauto intere  contrade  con  magnifiche  ca- 
se, e  tra  le  altre  quella  dalla  parte  di  s. 
Andrea,  che  si  estende  per  lunghissimo 
trailo  a  costa  al  litorale.  Merita  ricordo 
il  grande  albergo  del  principe  di  Metter- 
meli, ora  denominato  Hotel  de  la  Ville, 
granelloso  edilizio  in  t'iva  al  unire,  con  de- 
corazioni esterne.  La  1. "dogana  era  situa- 
ta nell'interno  della  Città  Vecchia,  quin- 
di neh  74°  M-"  Teresa  costruì  ampio  e- 
difizio  sull'area  oggi  occupata  dalTerge- 
steo,  a  cui  l'arsenale  dimesso,  oggi  occu- 
pato dal  teatro  ,  serviva  di  piazzale.  Nel 
J  y85  la  vecchia  dogana  venne  alienata, 
si  fabbricò  la  nuova  sui  fondi  dell'auliche 
saline,  fu  aperta  nel  i  79  1 ,  e  tuttora  serve 
all'uso  destinato.  Il  duomo  o  cattedrale 
è  situata  sulla  sommità  del  monte  Tiber, 
sul  quale  è  disposta  la  Città  Vecchia  ,  e 
che  ancor  continua  ad  essere  il  centro  in- 
torno a  cui  la  novella  città  si  va  distri- 
buendo; colle  ricchissimo  di  memoriedel- 
l'antica  colonia  e  della  città  de'  tempi  di 
mezzo.  Questa  basilica  è  sotto  l'  invoca- 
zione di  s.  Giusto  martire  triestino,  pre- 
cipuo protettore  dellacittà,  ed  anche  del*. 
Ja  B.  Vergine  Maria,  perchè  formala  da 
due  chiese  diverse  per  tempo  di  costru- 
zione e  più  tardi  riunite.  La  basilica  ap- 
parisce distile  bizantino  in  5  navate,  con 
di  più  le  cappelle  aggiunte  a'  banchi  in 
varie  epoche  tueuo  auliche.  La  uave che 


T  R  I  22 > 

tuttora  è  a  manca  della  principale  e  che 
s'intitola  del  ss.  Sagramenlo,  era  la  prin- 
cipale della  basilica  di  s.  Maria,  1  ."duomo 
di  Trieste,  costruita  sul  finir  del  IV  seco- 
loonel  principio  del  V;  le  colonne,  le  mu- 
raglie longitudinali,  1' apside  dell'altare 
sonodi  primitiva  costruzione.  L'altra  na- 
ve a  destra  della  principale  e  che  s'inti- 
tola di  s.  Giusto,  era  la  maggiore  di  al- 
tra chiesa  in  onore  di  questo  santo,  eret- 
ta dal  protoepiscopo  Frugifero  intorno  al 
53o,edella  quale  rimangono  in  gran  par- 
te le  due  muraglie  che  la  cingevano,  la 
cupola  e  l'apside  dell'altare.  Mentre  la  1," 
chiesa  di  s.  Maria  ricordava  colla  sua  di- 
stribuzione l'antiche  basiliche  romane  a 
3  navi;  la  2/  di  s.  Giusto  sentiva  de'tern- 
pi  Giustinianei  colla  forma  a  crocee  col- 
la cupola  stiacciata.  Dopo  ili3o3  le  due 
chiese,  ch'erano  prossime,  furono  riunite 
in  una  sola  dal  vescovo  Rodolfo,  tolte  le 
muraglie  che  le  chiudevano  da  un  la- 
to eh'  erano  più  vicine;  ed  utilizzato  Io 
spazio  fra  le  due  navi  principali  per  na- 
vata centrale,  ne  sortì  basilica  novella  a 
5  navi,  disparata  e  varia  per  dimensioni 
e  distribuzioni,  come  ancora  si  vede.  La 
1 .''  basilica  di  s.  Maria  venne  eretta  nel 
sito  già  occupato  dal  tempiodi  Giove,  di 
Giunone  e  di  Minerva,  facendo  uso  degli 
antichi  materiali  ed  anche  in  parte  di  an- 
tiche muraglie,  destinata  a  puhblico  cul- 
to cristiano;  la  chiesa  di  s.  Giusto  all'in- 
contro fu  costrutta  per  divozione  e  culto 
al  santo  protettore,  ambedue  entro  il  re- 
cinto dell'antico  Campidoglio  romano,  il 
quale  non  più  riservato  agli  antichi  usi, 
per  una  metà  venne  dato  al  duomo  e  al- 
l'episcopio, mantenuta  l'altra  agli  usi  di 
guerra.  Nell'interno  della  chiesa  riman- 
gono dell'  opere  antiche  degne  di  osser- 
varsi, i  musaici  de'due  apsidi  a  tessetti  di 
vetro,  in  uno  de' quali  si  rappresenta  la 
B.  V'ergine  col  s.  Bambino  in  alto  di  be- 
nedire, collocata  fra  due  Arcangeli  e  al  di 
sotto  i  X.II  Apostoli  col  Salvatore  in  mez- 
zo, nell'altro  la  figura  pure  del  Salvato- 
le che  calpesta  un  basilisco,  col  libro  del- 


asG  t  a  i 

iti  vitti  in  mano,eda'iatis.  Giusto  e  s.  Ser- 
volo .illro  martire  e  patrono  di  sua  pa- 
tria Trieste.  La  parte  inferiore  della  i.J 
npside  manca  del  tutto;  quella  della  2/ 
è  decorata  a  colonne  di  marmo  che  5 
scompartimenti  lasciano  aperti,  ne 'quali 
lino  da  antico  effigia  vansi  a  pittura  le  ge- 
sta del  santo  protettore  primario,  rinno- 
vate con  affreschi  del  secolo  XV,  oggidì 
coperti  con  quadri  a  olio.  La  parte  po- 
stica dell'altare  di  s.  Giusto,  nella  quale 
si  custodiscono  gli  stromenti  di  martirio, 
è  coperta  da  tavola  di  marmo  nella  qua- 
le vedesi  rozzamente  intagliata  e  ripetu- 
ta la  colomba  che  beve  ad  un  vaso,  sim- 
bolo degli  antichi  cristiani  (del  quale  ri- 
parlai  sei  voi.  LXXII,  p.  208,  descriven- 
do il  Tabernacolo  della  cattedrale  di  Pa- 
rendo). Della  1/  basilica  rimane  ancora 
nella  cappella  di  s.  Giovanni  la  vasca  esa- 
gona  di  marmo,  che  serviva  al  battesimo 
d'immersione,  distrutto  affatto  l'edifizio 
ottagono  che  la  conteneva.  Nella  cappel 
la  di  s.Carlo Borromeo  vi  è  l'illustre  torn- 
ila provvisoria  di  d.  Carlos  di  Borbone 
contadi  Molina,  ossia  Carlo  V  re  di  Spa- 
g/itz, che  finì  di  vivere  in  Trieste,  del  qua- 
le soggiorno  e  de'memorabili  regi  fune- 
rali celebrati  in  questo  tempio,  ne  farò  poi 
argomento  di  digressione,  per  compiere 
il  da  me  narrato  altrove  sul  virtuoso  e 
sventurato  principe.  Anticamente  questa 
cappella  era  sagra  a  s.  Caterina,  ma  per 
testamentaria  disposizionedel  vescovoUr- 
sino,  questo  vi  fu  sepolto  nel  1620,  e  gli 
eredi  la  fecero  restaurare,  cambiandole 
il  titolo  in  onore  del  santo  cardinal  arci- 
vescovo di  Milano.  Il  coro  attuale  nella 
chiesa  è  opera  del  tutto  nuova,  frutto  del- 
le largizioni  dell'ultimo  vescovo  defunto, 
del  municipio  e  de'divoti.  Degno  di  me- 
moria si  è  il  grande  occhio  che  dalla  fac- 
ciata manda  la  luce  ,  tutto  a  trafuro  di 
genere  gotico, e  degno  di  memoria  pur  an- 
co il  soffitto  della  nave  principale,  che  già 
era  lutto  di  legno  con  iscom partorienti 
che  diconsi  ducali  e  di  forma  non  comu- 
ne. Fra  le  cose  osservabili  è  uua  lavolet- 


T  11  I 

ta  con  figure  di  santi,  ch'era  già  dell'al- 
tare maggiore  e  che  si  vuole  opera  del 
Giottino;  la  chiesa  stessa  era  nella  nava- 
ta maggiore  dipinta  a  freschi  di  qualche 
pregio,  che  da  lunghi  anni  cedettero  al 
tempo  ed  a'ristauri.  Il  tesoro  della  chie- 
sa è  ricco  d'insigni  reliquie,  e  fra  le  sup- 
pellettili sagre  si  dislingue.  I'  ostensorio 
che  il  re  di  Francia  Luigi  XVIII  donò  al- 
la chiesa  in  memoria  delle  due  zie  e  pro- 
fughe principesse  M.a  Adelaide  Clotilde  e 
Vittoria  Luisa, morte  in  Trieste  nel  1  800, 
e  sepolte  in  s.  Giusto  nella  tomba  de'  Bur- 
lo, doude  furono  trasportate  in  Francia 
nel  18  i4-  Laonde  mi  correggo  pel  rife- 
rito nel  voi.  XXVII,  p.  102,  ove  con  al- 
tri le  dissi  morte  in  Sicilia  e  sepolte  in 
Gratz.  La  facciata  esterna  del  duomo,  ol- 
tre l'occhio  suddetto,  ha  la  memoria  mar- 
morea posta  in  onore  di  Papa  Pio  II,  già 
vescovo  di  Trieste;  le  lapidi  de'  vescovi 
raccolti  dal  pavimento  della  chiesa  quan- 
do venne  rifatto;  e  gli  stipiti  della  porta 
maggiore, i  quali  uniti  formavano  il  mo- 
numento funebre  della  famiglia  romana 
Baibia  di  Trieste.  Il  campanile  per  mol- 
ti riguardi  è  rimarcabile.  Costruito  fin 
dal  1000  circa  con  unica  muraglia  sugli 
avanzi  d'un  colonnato  romano,  il  quale 
già  serviva  d'atrio  e  d'ingresso  all'antica 
basilica  di  s.  Maria,  venne  fra  il  1 33 y  e 
1 1 1 3 4 3  vestito  d'altra  solida  muraglia,  e 
praticate  fra 'due  muri  le  scale,  co'mate- 
riali  d'antiche  fabbriche  romane,  dispo- 
sti non  lodevolmente  sulla  facciata,  come 
fregi,  cornici,  aitici,  trofei  militari.  Agji 
stipiti  della  porta  d'ingresso  servironodue 
piedistalli  che  già  sorreggevano  statue 
nel  Campidoglio,  di  Costantino  I  alzata 
dai  comune  di  Trieste  in  luogo  di  quella 
di  Licinio,  e  di  Vario  Papirio  illustre  per 
cariche  cittadine.  Volgare  credenza  attri- 
buiva questi  e  altri  rimasugli  ad  arco 
trionfale, indi  da  seguite  esplorazioni  nel- 
la muraglia  che  forma  fronte  al  campa- 
nile, si  ebbe  il  convincimento  che  questo 
era  l'atrio  d'una  delle  celle  del  trino  tem- 
pio di  Giove,  di  Giunone  e  di  Minerva, 


TRI 

ossia  delle  divinità  Capitoline,  e  si  videro 
intatte  5  colonne  scanalate  sorreggenti  nn 
cornicione,  e  le  basi  de'inontimenti  eque- 
stri d'illustri  personaggi, la  base  della  sta- 
tua di  Giulia  Augusta,  l'iscrizione  di  que- 
gli che  innalzò  il  tempio,  un  ncrolerio  coi 
simboli  delle  3  divinità  e  le  teste  colossali 
di  queste.  Le  3  smisurate  campane  di  que- 
sto campanile,  dicesi  pesare  circa  20,000 
libbre.  Il  capitolo  della  cattedrale  si  com- 
pone di  3  dignità,  la  1  ."delle  quali  è  il  pre- 
posto, la  2.a  il  decano  e  la  3.a  lo  scolastico 
diocesano,  di  4  canonici,  di  4  "icari  co- 
rali, e  d'altri  preti  e  chierici  addetti  al 
servizio  divino  :  I'  insegne  corali  de'pri- 
mi  sono  il  rocchetto  e  la  mozzetto  pao- 
nazza, per  concevsio  ne  di  Benedetto  XI V. 
Jndi  Clemente  XIV  concesse  al  decano 
l'uso  della  mitra,  dell'anello  e  della  cro- 
ce pettorale.  Fero  tale  concessione  non 
fu  mai  mandata  ad  elicilo.  La  cura  d'a- 
nime è  affidata  a  una  dignità  o  ad  un  ca- 
nonico,coadiuvato  da  uno de'vicari cora- 
li, essendovi  il  fonte  battesimale  nella  cat- 
tedrale. Alquanto  da  questa  distante  è  l'e- 
piscopio, decente  e  comodo,  rimpelto  al- 
la chiesa  di  s.  Maria  del  Soccorso,  chiesa 
già  de'francescani,  ne'dintorni  essendovi 
stati  i  cappuccini,  i  benfratelli,  i  croci  fé 
ri  e  l'ospizio  de'ss.  Martiri  de' '  Meriti  tari - 
sti  (A.)  della  congregazione  di  Trieste  o 
di  Vienua  ,  ove  passarono  nel  18  10.  Quan- 
to all'antico  episcopio,  i  vescovi  dovero- 
no abbandonarlo  nella  costruzione  del 
castello,  e  trasferirono  poco  lungi  la  loro 
residenza,  che  essi  formarono  decorosa, 
principiando  da  Pietro  Bonomo  del  1 5oo, 
con  sufficiente  giardino.  Vi  soggiornaro- 
no colla  corte  gl'imperatori  Leopoldo  I  e 
Carlo  VI  ,  e  nella  sala  maggiore  erari  vi 
dipinti  i  ritratti  e  i  nomi  di  tutti  i  vesco- 
vi. Nel  1785  trasportato  l'episcopio  ove 
trovasi,  l'edilìzio  fu  convertito  iti  ospeda- 
le d'infermi,  e  quando  questi  passarono 
al  nuovo  neh  84',  fu  destinato  a  mani- 
comio. Sul  piazzale  del  duomo  s'erge  la 
colonna  dell'Aquila  che  stava  nella  ricor- 
data piazza  Maggiore  fino  dali56o,  e  poi 


T  R  I  227 

tolta  lui  finir  del  secolo  passato,  venne  nel 
i843  ristabilita  ove  trovasi,  già  eretta  in 
onore  dell'imperatore  Ferdinando  I,  per 
aver  neli55o  confermato  i  nuovi  statu- 
ti municipali.  Oltre  la  cattedrale  nella  cit- 
tà vi  sono  altre  4  chiese  parrocchiali, 
quae,  si  imam  excipias,  baptismalifon- 
te  praeditae  runt,  dice  I'  ultima  propo- 
sizione concistoriale.La  chiesa  dis.  Cipria- 
no, costruita  nel  secoloXVII,ha  contiguo 
il  monastero  delle  benedettine,  ch'è  l'u- 
nica comunità  religiosa  esistente  ora  in 
Trieste;  è  come  l'antico  monastero  della 
Cella,  originato  neh  278,  prossimo  all'e- 
piscopio, e  le  monache  oltre  l'educazio- 
ne di  fanciulle  nell'interno  del. chiostro, 
hanno  la  cura  della  capo-scuola  femmi- 
nile. La  chiesa  di  s.  Maria  Maggiore  fu 
costruita  neh  627  dal  principe  d'iìggeu- 
berg  duca  di  Crumlau,  sotto  il  titolo  del- 
l'Immacolata  Concezione,  pe' gesuiti  ed 
uno  de'quali  il  p.  Briani  modenese  ne  fu 
architetto;  ma  4°  giorni  dopo  la  sua  con- 
sagrazione,  cioè  a*2  1  novembre  1 682,  ar- 
se la  cupola.  Alla  chiesa  fu  aggiunto  il 
collegio,  il  seminario,  ed  un  convitto  per 
la  gioventù.  Attendevano  i  gesuiti  prin- 
cipalmente all'istruzione  della  gioventù 
nelle  lettere  latine,  nella  filosofìa  ,  nelle 
matematiche,  e  anco  nella  nautica.  Par- 
titi neh  773, la  chiesa  divenne  parrocchia- 
le, il  collegio  quartiere  di  soldati  e  poi  ca- 
sa d'inquisizione  criminale,  ed  il  semina- 
rio prima  scuole  normali,  indi  caserma 
di  polizia,  alienandosi  la  casa  del  convit- 
to. La  chiesa  fu  compita  e  la  cupola  rie- 
dificala dal  parroco  Millanich  ,  contri- 
buendovi diversi  benefattori,  e  vi  è  una 
Madonna  di  Sassole  1  rato  di  gran  pregio. 
Prima  in  Trieste  vi  fiorivano  diverse  con- 
fraternite, restate  a  due.  Quella  di  s.  An- 
tonio, già  nella  chiesa  del  Soccorso,  nel 
1767  eresse  la  chiesa  dis.  Antonio  di  Pa- 
dova in  fondo  al  canal  grande,  di  forma 
esagona  a  5  altari,  ampia  e  decorata,  e 
fu  la  1  ,a  che  si  alzasse  nella  Città  Teresia- 
na.  Neh  777  costituita  la  città  nuova  iu 
parrocchia,  la  cappella  di  s.  Autonio  dì- 


»«8  T  I  I 

venne  parrocchiale,  aggiuntevi  nocelle  o- 
pere  ne!  1 78-i..  Divenula  insudiciente  la 
capacità  eli  questa  chiesa  al  numero  sem- 
pre crescente  del  popolo,  nel  1827  atter- 
rato l'aulico  si  costruì  l'odierno  tempio 
con  disegno  di  Pietro  Nobile,  a  tutte  spe- 
se del  comune, e  riuscì  nel  complesso  ma- 
gnifico e  ornato.  La  chiesa  parrocchiale 
del  ss.  Salvatore  viene  alternativamente 
ufficiata  in  lingua  italiana,  francese  e  te- 
desca,ed  è  denominata  Elvetica,per  quan- 
to vado  a  riferire.  Vi  ha  tradizione  che 
nella  casa  ove  abitavano  le  ss.  Eufemia  e 
Tecla  vergini  triestine  martirizzale  nel 
9.5G,  si  radunassero i  primi  cristiani  e  che 
fi>sse  convertita  in  chiesa  quando  Costan- 
tino I  die  al  cristianesimo  il  libero  eser- 
cizio del  culto  religioso,  e  fu  intitolata  al 
contemporaneo  s.  Silvestro  I  Papa.  Nel 
]  3Ì2  fu  coiisagiata  dal  vescovo  Pace,  ed 
un'iscrizione  dichiara  che  era  la  i/chiesa 
cristiana  di  Trieste.  Fu  l'attuale  rifabbri- 
cata nel  1672,  quando  sino  dal  1619  di- 
venuta proprietà  dc'gesuiti,  l'aveano  poi 
assegnala  al  sodalizio  dell'  Immacolata 
Concezione,  il  quale  soppresso  nel  1784 
v.  venduta  la  chiesa  ,  fu  comprata  dalla 
comunità  elvetica  nel  1  786, che  la  ridonò 
al  diviu  culto.  La  chiesa  di  s.  Spiridione 
degl'Illirici  fu  la  i.adi  rito  greco  eretta  in 
Trieste,  cioè  nel  1  752  per  indulto  di  M." 
Teresa  che  anticipò  il  denaro  per  costruir- 
la, ed  in  questo  concorsero  tanto  i  greci 
di  lingua,  quanto  gl'illirici  della  chiesa 
orientale:  l'abile MicheleSperanza  daCor- 
fu  dipinse  a  olio  le  pareti  e  il  solfino,  e 
vi  primeggiano  i  quadri  esprimenti  la 
Creazione  del  mondo,  il  Giudizio  univer- 
sale, il  Paradiso,  il  1  ."conedio  generale  te- 
nuto a  Nicea.  A  questa  chiesa  Giovanni 
Altletir.h  lasciò  24,000  fiorini,  che  perciò 
si  edificarono  due  alti  campanili,  e  nel 
mezzo  di  ciascuno  si  pose  l'orologio.  La 
diversità  della  lingua  essendo  di  ostacolo, 
i  greci  si  separarono  dagl'illirici  nel  1  782, 
e  con  autorizzazione  di  Giuseppe  I]  co- 
struirono la  propria  e  decente  chiesa  di 
».  Nicola  de'Greci  presieduta  do  un  archi' 


TRI 

mandrita  ,  nel  sito  ore  surse  la  piccola 
chiesa  abbandonata  per  vecchiezza,  già 
confraternita  di  marini  e  pescatori,  e  to- 
sto venne  fornita  di  quadri  e  arricchita 
da'doni  di  pii  nazionali.  La  comunità  il- 
lirica ha  proprie  scuole  dotate  col  legalo 
Miletich.  La  comunità  greca  orientale 
mantiene  scuole,  una  pe'maschi  e  l'altra 
per  le  femmine,  ed  avea  pure  l'ospedale. 
E  per  non  dire  di  altri  templi  cattolici,  an- 
che i  protestanti  hanno  il  proprio  fin  dal 
1786,  quando  comprata  la  chiesa  della 
B.  Vergine  del  Rosario,  la  dedicarono  al- 
la ss. Trinità, introducendovi  il  servizio  di- 
vino in  lingua  tedesca.  La  comunità  pro- 
testante e  1'  elvetica  hanno  proprie  scuo- 
le pe'fanciulli  e  per  le  fanciulle.  Vi  è  pu- 
re il  tempio  israeliticoo  sinagoga, costrui- 
to sul  finir  del  secolo  passato,  essendovi 
nell'interno  due  sale  d'orazione,  la  mag- 
giore delle  quali  ampia  e  di  bella  deco- 
razione. Antichissima  si  è  in  Trieste  la  na- 
zione israelitica,  la  quale  risale  probabil- 
mente fino  a'iempi  romani.  La  comuni- 
tà mantiene  a  sue  spese  l'ospedale,  e  scuo- 
le per  giova  netli  e  giovanetle.  Anche  i  cat- 
tolici hanno  scuole,  ospedale,  monte  di 
pietà,  ed  altri  benefici  stabilimenti;  ed  il 
ginnasio  cessato  nel  181  3  venne  riprisii- 
nato  nel  1842.  Fino  da  tempi  antichissi- 
mi avea  Trieste  due  ospedali  annessi  al 
duomo.ronopegli  uomini  dello  di  s.Giu- 
sto,  l'altro  per  ledonne  detto  dellass.  An- 
nunziala, in  amministrazione  de'crocife- 
ri  di  Venezia,  parcamente  provveduti  dal- 
la carità  spontanea  de' fedeli.  Nel  1769 
M.a  Teresa  ordinò  l'erezione  d'un  ospe- 
dale generale,  destinato  a  raccogliere  gli 
ammalati,  le  partorienti  e  gl'inabili.  Co- 
struito l'edilìzio,  eh' è  l'attuale  caserma 
maggiore,  la  fronte  e  i  due  lati  furono  di- 
sposti per  gl'infermi,  la  parte  postica  pei 
poveri,  e  venne  aperto  nel  1  77 4:  l'edilì- 
zio comprendeva  anche  un  cortile  e  il  giar- 
dino, e  l'imperatrice  nella  sua  pietà  non 
alla  fondazione  soltanto  si  limitò,  ma  gli 
fece  dono  di  torre  appositamente  com- 
prate. L'ospedale  dellass.  Annunziata  Ut 


TR  I 

soppresso  ed  unito  al  generale,  insieme 
a  quello  d'Aquileia.  Giuseppe  II  nel  i  785 
convertì  l'ospedale  in  caserma  pe'soldati 
che  alloggiavano  nel  castello  ,  e  trasferì 
l'ospedale  nell'antica  residenza  vescovile, 
a  cui  altri  edilìzi  eransi  aggiunti;  e  nel- 
l'istesso  armo  si  soppresse  l'ospedale  di  s. 
Giusto  per  unirlo  al  generale.  Per  l'au- 
mentato popolo  divenuto  il  sito  insudi- 
ciente, fu  stabilita  la  costruzione  di  am- 
pio edilìzio,  il  quale  si  compì  nel  1840  su 
dimensioni  grandiose.  Allo  spedale  civico 
sono  annessi  luoghi  pii  di  dotazione  im- 
periale, pe'trovatelli  e  le  gravide.  Presso 
ad  esso  è  il  campo  di  esercitazioni  de'vi- 
gili  o  pompieri,  destinali  al  governo  de* 
gl'incendi,  a  spese  del  comune  e  della  so- 
cietà d'assicurazione.  Circa  alla  caserma, 
fu  poi  accresciuta  con  fabbricali,  forman- 
dosi pure  l'ospedale  militare,  la  pistoria 
e  la  piazza  d'  armi,  e  chiamasi  caserma 
maggiore.  L'ospedale  fondato  da  M.n  Te- 
resa accoglieva  bensì  a  ricovero  i  poveri 
inabili  per  vecchiaia  e  malattia,  non  fie- 
ro gli  altri  che  alla  carità  pubblica  veni- 
vano raccomandati.  Fin  dui  1786  s'era 
dato  principio  ad  una  casa  di  poveri  e  di 
correzione,  e  nel  1817  infierendola  care- 
stia e  la  fame,  formossi  un'unione  di  be- 
neficenza per  distribuire  •'numerosi  fa- 
melici cibo  e  in  parte  ricovero;  indi  nel 
1 8  1  8  si  fondò  la  casa  generale  de'poveri, 
la  quale  con  assegnamento  del  munici- 
pio, colla  queslua,e  con  private  largizioni 
provvede  a'ricoverali  d'ogni  età  e  sesso, 
e  dispensa  limosinee  cibo  a  domicilio.  Nel 
i  841  la  carità  triestina  aprì  4  sale  di  asi- 
li per  l'infanzia,  nel  palazzo  de'bai  uni  Ma- 
renzi,  poi  traslocale  nella  prossimità  del- 
la barriera  vecchia.  Le  sale  sono  capaci 
di  200  fanciulli  d'ambo  i  sessi,  i  quali  vi 
ricevono  gratuita  educazione  secondo  i 
metodi  geueralmente  adottati.  L'accade- 
mia di  commercio  e  di  nautica  venne  a- 
perla  nel  181  7,  come  istituto  diretto  a  in- 
formare la  gioventù  nellescienze  del  com- 
mercio e  della  navigazione.  E'  provvedu- 
ta di  3  gabinetti,  l'uno  di  cose  uà  turali, 


T  R  I  229 

l'altro  di  fisica  e  chimica,  e  il  3.°  di  mo- 
delli di  costruzioni  na  vali. Sulla  piazzaPic- 
cola  è  il  Gabinetto  di  Minerva,  eretto  da 
privato  consorzio  nel  1810,  e  fornito  di 
biblioteca  e  di  giornali  scientifici  e  lette- 
rari; nella  stagione  invernale  vi  si  tengo- 
no letture  periodiche  in  ogni  ramo  di  sci- 
bile, non  escluse  le  scienze  esatte.  La  bi- 
blioteca civica  ,  originariamente  legato 
della  società  degli  Arcadi  Sonziaci  qui  e- 
sistita  e  sciolta  nel  (802,  aumentata  pei* 
l'annue  dotazioni, fu  arricchita  neli<S  \  >. 
pel  lascito  del  cav.  d/Domenico  deltos- 
setti  della  raccolta  delle  edizioni  dell'o- 
pere del  Petrarca  e  del  Piccolomini  (Pio 
II),  preziose  collezioni  nou  ristrette  sol- 
tanto allo  stampato,  ma  ricche  di  mss.  di 
pergamene,  «li  pitture,  d'incisioni,  di  di- 
segni, di  marmi  e  di  gessi  che  a  que'due 
illustri  si  riferiscono.  Alle  due  raccolte  è 
annessa  l'annua  dotazione  di  fiorini  100 
per  continuarle.  Queste  rinomate  raccol- 
te Petrarchesca  e  Piccolominèa,  bell'or- 
namento della  biblioteca  civica  di  Trieste, 
vanno  progressivamente  aumentandosi  , 
e  gli  acquisti  notabili  falli  in  questi  ulti- 
mi anni  furono  pubblicali  dall'  Osserva- 
tore Triestino,  e  riferiti  dal  Giornale  di 
Roma  del  1  852  a  p.  1  1 2  1 .  Quanto  poi  a 
raccolte  di  oggetti  d'arte,  Carlod'Oltavio 
Fontana  accrebbe  quella  di  monete,  che 
in  Ti  lette  riunì,  con  l'acquisto  d'  interi 
musei  fatto  nell'Italia  e  nella  Croazia;  e 
ne  formò  tale  raccolta  di  monete  greche 
e  romane  d'ogni  tempo  da  poter  essere 
decoro  di  città  capitale,  e  degna  d'essere 
stata  ordinala  e  illustrata  dal  celebre  Se- 
stìni.  Raccolse  pure  assiduamente  vasi  ita- 
lo-greci, e  ne  coltivò  lo  studio.  Fra  le  rac- 
colte di  monete  assai  interessanti  va  pu- 
re ricordata  quella  di  Manussi.  E  qui  di- 
rò che  Trieste  ebbe  la  zecca  e  coniò  mo- 
nete pe'suoi  vescovi,  che  per  lungo  tem- 
po furono  signori  di  Trieste,  per  cui  ab- 
biamo di  Lusanio:  iUonete.de'  t'escori dì 
Trieste,  ivi  1788.  Il  Muratori,  Disserl. 
sopra  le.  antichità  ita  liane,  t\\s>>evl.  27/, 
riferisce  the  uel  museo  Muselli  di  Vero- 


a3o  T  1  I 

na  eranvi  varie  monete  di  Trieste,  già  cit- 
tà e  colonia  de'  romani.  Lai/  dice  rap- 
presentare una  città,  e  all'intorno:  Ch'i- 
tas  Tcrgestumjneì  rovescio:  SanclusJu- 
slux,  il  martire  protettore  di  sua  patria. 
La  2."  ha  l'effigie  d'un  vescovo  colle  let- 
tere: Ch'ardui  Ep.  cioè  Episcopus,  non 
conosciuto  dall'Ughelli.  Nel  rovescio  un 
Agnello  con  due  Croci,  e  Civitas  Terge- 
stum.  La  3."  ha  l'iscrizione:  ConradusEp. 
Nel  rovescio  l'immagine  probabilmente 
di  s.  Giusto,  e  Civita*  Tergeslum.  La  4-" 
ha  l'epigrafe:  Votricus  Ep.,  chel'Ughel- 
li  chiama  Odclrìcusj  e  nel  rovescio  l'ab- 
bozzo d'una  citlà  colla  solita  iscrizione. 
La  5.a appartiene  al  medesimo  J'otricus, 
ed  è  solamente  diversa  nel  rovescio,  do- 
ve si  mira  l'effigie  di  s.  Giusto.  La  6.a  ha 
le  parole:  Leonardus  Episcopus.  Questi 
sembra  il  medesimo  che  dall'  Ughelli  è 
appellato  Leonida*.  Il  rovescio  simile  ai 
precedenti. La  7.*,  8."  e  9/  portano  il  no- 
me: Avlongus  £yo.  Eletto  nel  1  2  54,  fu  de- 
posto da  Alessandro  IV  neh  255.  Ma  la 
diversità  di  questi  suoi  denari  fa  sospet- 
tare che  durasse  molto  di  più  il  di  lui  go- 
verno. 

A  promuovere  le  belle  arti  neh  84°  si 
formò  inTriesle  la  SocietàTriestina.di  cui 
fu  autore  e  fautore  il  conte  diWaldstein(la 
quale  fa  in  ogni  anno  pubblica  mostra  de' 
prodotti  degli  artisti  viventi  d'ogni  na- 
zione, e  ne  acquista  co'propri  fondi  i  mi- 
gliori, chea  sorte  toccano  poi  a»li  azio- 
nisti. Raccolte  di  pregevoli  dipinti  hanno 
il  conte  Wimpfen,  Leone  Hierschl,  Sa- 
lomon Parente,  il  cav.  Gio.  Sartorio,  Mi- 
chele Sartorio,  L.  Gechter,  Nicolò  Lazo- 
vich,  d.r  Rurger,  Pietro  Sartorio,  Gior- 
gio Heynes  ed  altri.  Il  terreno  sul  quale 
è  collocato  il  museo  d'antichità,  era  giar- 
dino d'una  dignità  capitolare,  poi  cimi- 
tei  io  cattolico  quando  le  ordinanze  di 
Giuseppe  II  vietarono  la  tumulazione  nel- 
le chiese,  e  le  nuove  costruzioni  persua- 
sero l'abbandono  del  cimitero  pel  popolo 
alla  Madonna  del  Mare.  Aperto  sulla  stra- 
da Istriana  il  nuovo  cimiterio  generale 


T  R  ì 
cattolico  in  s.  Anna  neh  825,  venne  quel- 
lo di  s.  Giusto  abbandonato,  ed  il  lerre- 
no  in  parte  destinato  al  superbo  monu- 
mento funebre  del  celebre  e  sventurato 
archelogo  GiovanniWinckelmaun,  pel  ri- 
manente destinato  alle  memorie  di  altri 
illustri  decessi  ivi  sepolti.  Nel  1 83o  il  cav. 
d.r  Rossetti,  con  denaro  offerto  da  tutta 
Europa  e  col  proprio, collocava  il  monu- 
mento funebre  del  principe  degli  antiqua- 
ri l'illustre  Winckelmann,  che  sconosciu- 
to e  di  passaggio  in  Trieste,  ebbe  morte 
proditoria  1*8  giugno  1768  (lacerto  Fran- 
cesco Arcangeli  pistoiese,  già  per  delitti 
punito,  il  quale  di  passaggio  pure  in  Trie- 
ste e  in  cerca  di  venture,  albergato  nella 
stessa  locanda  Grande  contrasse  dimesti- 
chezza col  Winckelmann  ,  e  dalla  vista 
d'antiche  medaglie  fu  indotto  al  barba- 
ro omicidio  per  cupidità  ,  punito  poi  di 
morte  infame  sulla  ruota  4°  giorni  do- 
po commesso  il  delitto.  La  (cultura  del 
monumento  è  del  veneto  A.  Rosa,  l'epi- 
grafe del  cav.  d.r  Le  bui  di  Milano  e  così 
l'iscrizione.  Sulle  pareti  della  cella  sono 
registrati  i  nomi  de'  generosi  oblatori,  e 
il  monumento  venne  dal  cav.  de  Rossetti 
illustrato  con  apposita  opera. Fin  da  quan- 
do egli  collocava  il  monumento  al  Win- 
ckelmann, concepì  il  desiderio  di  disporvi 
all'intorno  gli  antichi  monumenti  roma- 
ni di  Trieste,  desiderio  che  per  cura  del 
municipio  ebbe  effetto  neh 842,  contri- 
buendovi le  private  largizioni,  e  così  ven- 
ne formato  questo  museo  municipale.  Di- 
sposto il  terreno  del  museo  a  giardino  , 
le  tavole  scritte  sono  inserite  nel  muroche 
sostiene  il  terrapieno  dinanzi  il  duomo, le 
cose  sculte  nel  muro  della  cella  del  Win- 
ckelmann, i  massi  che  rimaner  devono 
isolali,  sparsi  pel  terreno.  Il  museo  rac- 
coglie i  monumenti  soltanto  che  si  rin- 
vennero nella  città  e  nell'antico  territo- 
rio romano  di  Trieste,  monumenti  cri- 
stiani, lapidi  scritte  de' tempi  di  mezzo, 
o  che  sieno  risultati  di  scavi,  o  che  ven- 
gano donati  o  comprati.  La  raccolta  è  già 
tale  per   numero  e  per  importanza  di 


T  n  I  T  RT  23 1 
monumenti  do  fornire  materiali  alio  »l*i-  ha  penuria.  In  Trieste  si  trovano  fab- 
dio  dell'  auliche  cose  e  della  patria  sto-  briche  di  biacca,  di  candele,  di  corami, 
ria.  Tra'monumenti  rimarchevoli  v'han-  di  carte  da  giuoco,  d'acquavite,  di  rhum, 
no  l'insigne  decreto  della  colonia  thTrie-  di  rosolio,  di  corde,  di  gomene,  di  vasel- 
sle  in  onore  di  Fabio  Severo,  importali-  lame  di  gres,  di  pietre  preziose  artificia- 
tissimo  pel  modo  accennato  di  acqui-  li,  raffineria  di  zucchero,  purgo  di  cera, 
star  la  cittadinanza  romana;  l'iscrizione  l'ampio  stabilimento  Chiozza  con  fabbri- 
in  onore  di  Calpelano,  personaggio  con-  che  rinomate  di  sapone,  tipografie,  lito- 
■olare  non  conosciuto,  distintissimo  per  grafie,  librerie  che  gareggiano  con  quel- 
cariche  pubbliche;  le  iscrizioni  in  onore  le  delle  primarie  città  d'  Italia  e  di  Ger- 
d'Augusto  e  di  Giulia;  altra  che  riferisce  mania.  In  Trieste  si  pubblicano  undici 
sentenza  proferita  da  un  legato  di  Ciao-  fogli  letterari,  politici,  marittimi  e  Corn- 
elio imperatore,  per  questioni  di  vie;  al-  merciali.  La  borsa  eretta  nel  1802  so- 
lfa ch'era  già  sulla  porta  del  tempio  delle  pra  canale  interrato  a  spese  del  privile* 
divinità  Capitoline;  altra  e  forse  di  tutte  giato  corpo  mercantile,  è  un  edilìzio  ar- 
più  antica  che  accenna  un  tempio  di  Mi-  chitettato  dal  maceratese  A.  Molari,  che 
nerva;  un  cippo  militare,  senza  numera-  costò  scudi  35i,ooo.  Bellissima  è  la  sua 
re  le  tante  funebri,  onorarie  e  altre.  Vi  facciata  ornata  di  4  grandissime  colonne 
sono  frammenti  di  scnlture,di  molti  colti  e  d'un  portico,  ove  sono  6  statue  colos- 
letterati  con  nomi  di  famiglie,  ed  il  mu-  sali  del  Bosa  e  del  Ferrari,  che  rappre- 
seo  ha  pure  una  raccolta  di  monete,  libri,  sentano  l'Europa,  l'Africa,  l'Asia  e  l'A- 
ni ss.  ed  altro;  poiché  è  d'istituto  del  mu-  melica,  e  le  due  laterali  Mercurio  e  Vul- 
seo  di  promuovere  gli  studi  della  storia  enno.  Si  vuole,  che  dopo  la  gran  borsa 
della  città, raccogliendone!  materiali, che  d'Amsterdam,  questa  abbia  il  1. °  rango 
sono  d'uso  pubblico.  La  parte  inferiore  per  grandezza,  e  disegno  che  per  giudi- 
dei  cimiterio  venne  decorata  co' mono-  zio  dell'accademia  di  Bologna  fu  ritenuto 
menti  degl'illustri  defunti.  I  cimiteri  delle  il  migliore  fra' vari  proposti.  1  dipinti  nel- 
di verte  confessioni  degli  orientali,  illirici,  la  sala  maggiore  sono  del  Bisson,  il  qua- 
protestanti  e  israeliti  non  mancano  di  mo  dro  della  sala  terrena  del  Bevilacqua.  Nel- 
numenli,  fra'quali  non  pochi  distinti  per  la  loggia  fu  collocato  un  meridiano  so- 
pregio  d'arte.  Presso  la  caserma  militare  lare.  Oltre  l'uffizio  della  borsa  e  le  sale 
vi  è  il  giardino  botanico  aperto  nel  1  827,  di  radunanza  per  la  consulta, accoglie  l'e- 
appoggiato  al  ceto  farmaceutico  che  vi  difizio  il  monte  civico  ecommerciale,  cioè 
tiene  sala  per  preparazioni  chimiche;  vi  la  cassa  di  risparmio  e  di  sconto,  il  pia- 
si danno  lezioni  di  botanica,  chimica  e  fi-  noterra  è  destinato  al  convegno  de'  ne- 
sica.  Nel  1  842  il  municipio  apri  pe'gio-  gozianti  ne'loro  all'ari  mercantili.  Prima 
vanetli  campagnuoli  una  scuola  domeni-  che  sorgesse  l'edilìzio  di  borsa,  usavano 
cale  agraria  ,  nella  loro  lingua  naturale  i  mercanti  e  negozianti  radunarsi  sotto  i 
slava,  ed  in  progresso  fu  attivato  anche  portici  del  vecchio  palazzo,  e  M.J  Teresa 
un  corso  d'agricoltura  pegli  adulti  d'o-  nel  1  y5S  gli  autorizzò  a  costituirsi  in  bor- 
gni  condizione  civile,  in  lingua  italiana,  sa  mercantile.  JNel  Tergesteo  vi  è  il  cele- 
Neli824fu  aperto  un  bagno  marino  gal-  bratissimo  Lloyd  Austriaco,  ed  è  un  edi- 
leggiante  con  esercizio  di  nuoto,  ed  alla  tìzio  pel  suo  carattere,  per  l'ampiezza  e 
punta  del  molo  Teresiano  s'istituì  una  posizione  destinato  ad  essere  centro  al  co- 
scuola  militare  di  nuoto. Nel  1  828  fuco-  lo  mercantile  triestino  ;  accoglie  in  fatti 
struilo  ampio  mulino  a  vapore  per  la  ma-  anche  il  detto  istitutori  quale  (in  dalla  pri- 
ciua  delle  farine,  in  supplemento  al  di-  ina  origine  ebbe  lo  scopo  pronunziato  di 
felto  d'acque  correnti  diche  il  territorio  servire  come  punto  centrale  nella  più  ini- 


*3«  t  n  t 

portante  piazza  marittima  dello  stato,  a 
tutte  le  intraprese,  proposizioni  ed  ini- 
ziative che  ponno  influire  sullo  sviluppo 
del  commercio  e  sulla  prosperità  della 
marina  mercantile  e  dell'industria  nazio- 
nale. Esso  venne  fondato  neh  833  dalle 
compagnie  d'assicurazione  di  Trieste,  ad 
imitazione  d'  un  simile  istituto  di  Lon- 
dra ,  che  servì  di  modello  a  tanti  altri. 
Cominciò  dal  raccoglierea  profitto  conni- 
ne,  e  mercè  appositi  agenti,  le  notizie  ma- 
rittime e  commerciali  delle  diverse  piaz- 
ze mercantili,  fondò  un  gabinetto  di  let- 
tura, che  andò  sempre  più.  arricchendosi 
di  corrispondenze  e  di  giornali;  pubbli- 
cò prima  un  giornale  proprio  in  lingua 
italiana,  poi  anche  un  altro  nella  tede- 
sca, e  lilialmente  erigendo  una  stampe- 
ria nel  locale  stesso  del  Tergesteo,  ove  di 
due  torchi  celeri  uno  se  ne  nota  fabbri- 
cato a  Trieste,  stampò  anche  il  foglio  pro- 
vinciale e  completò  così  la  prima  sezio- 
ne. La  seconda  sezione,  ossia  società  di 
navigazione  a  vapore,  venne  fondata  nel 
i836  per  azioni.  Essa  andò  grado  grado 
accrescendo  la  sfera  di  sua  attività,  e  pos- 
siede piroscafi  che  viaggiano  per  Vene- 
zia, l'Istria,  la  Dalmazia,  la  Grecia,  l'E- 
gitto, la  Soria,  le  coste  dell'Asia  minore 
fino  a  Trebisonda  e  Galatz  sul  Danubio, 
Costantinopoli,  ec.  ec,  servendo  così  per 
le  pronte  e  sicure  comunicazioni  ad  age- 
volare il  tra  dico  delle  cose  e  delle  persone 
fra  quest'estrema  parte  dell'Adriatico  e 
tutto  l'oriente. La  società,  perchè  il  paese, 
che  abbonda  di  abili  capitani  e  costruttori 
ili  navigli,  fosse  fornito  anche  di  macchi- 
nisti necessari  a  questo  nuovo  veicolo, fon- 
dò un  proprio  arsenale  situato  presso  al 
lazzaretto  vecchio,  ove  con  bravura  e  a- 
lacrità  si  dà  opera  alla  maggior  parte  de' 
lavori  richiesti  dall'uso  continuo  delle 
macchine  de'piroscafì. Mediante  quest'ar- 
senale il  Lloyd  Austriaco  provvede  a' 
continui  bisogni  de'suoi  bastimenti,  il  cui 
numeroè  sempre  in  notabile  incremento, 
e  pegli  operai  dell'arsenale  fondò  altresì 
una  scuola  di  meccanica  domenicale  al 


TRI 

Tergesteo. Senza  distenderci  nelle  lodi  che 
sono  dovute  a  questa  operosissima  com- 
pagnia, e  facendo  in  vece  parlare  i  fatti 
che  per  se  bastano  a  mostrarne  l'utilità, 
richiamo  l'attenzione  sulle  pubblicate  re- 
lazioni favorevolissime  al  successo  della 
bella  impresa  del  Lloyd,  e  sull'aumento 
mirabile  e  progressivo  della  sua  attività, 
della  sua  forza  e  de'suoi  guadagni.  I  più 
recenti  successi  sono  assai  lusinghieri,  sor- 
passano i  vantaggi  conseguiti  negli  anni 
anteriori;  ecolla  continuazione  della  tute- 
la del  savio  governo, fondatamente  fanno 
concepire  magnifìchesperanze  su' risulta  ti 
sempre  crescenti  per  una  flotta  mercantile 
così  importante  di  piroscafi  a  vapore, che 
nessuna  società  marittima  ne  possiede 
maggiore.  Pure  essa  non  basta  a'  nuovi 
bisogni  che  si  vanno  sempre  più  manife- 
standole!* non  abbandonare  ad  altri  quel 
campo,  nel  quale  la  società  del  Lloyd  ha 
vinto  con  forza  preponderante  tutti  gli 
ostacoli  e  tutti  i  competitori.  Riporta  il 
Giornale  di  Roma  del  1 856  a  p.  5*28  a> 
naloghe  interessanti  nozioni  sulla  società 
di  navigazione  a  vapore  del  Lloyd  Au- 
striaco e  del  suo  2  3.°  congresso  generale 
tenuto  in  Trieste,  in  cui  erano  rappre- 
sentate 149  5  azioni  con  168  voti.  Il  rap- 
porto letto  dal  segretario  generale  cav. 
Toppo,  fu  accolto  con  soddisfazione  gene- 
rale, giacché  il  proprio  naturale  miglio- 
ramento ascende  in  confronto  dell'anno 
antecedente  a  565,ooo  fiorini,  li  resocon- 
to presentato  in  questa  occasione  è  il  jq.a 
dall'attivazione  dello  stabilimento.  Nel- 
l'anno passato  la  società  ebbe  a  deplorare 
due  soli  disastri  di  qualche  entità, e  questi 
sono  l'arenamento  de'due  piroscafi  Africa 
ed  Egitto,  l'uno  in  vista  di  Scio,  l'altro 
fuori  di  Sinope.  Vennero  però  frattanto 
allestiti  i\i\e  nuovi  vapori,  l'Aquila  impe- 
riale ed  il  Progresso,  entrambi  già  in  at- 
tività. Fu  inoltre  acquistato  un  grande 
piroscafo  americano  della  forza  di  400  ca- 
valli e  della  portata  di  1  \io  tonnellate, 
cui  fu  imposto  il  nome  d'America.  Altri 
4  piroscafi  u  ruote,  ciascuno  della  forza 


T  R  I 

di  4oo  cavalli  e  della  potenza  di  i  noo  ton- 
nellate, cioè  Jupiter,  Neptun,  Vulcan  e 
Piuto,  trovansi  in  costruzione  in  Inghil- 
terra. Essi  sono  attesi  in  Trieste  entro  il 
corrente  anno  e  sono  destinati  alle  corse 
celeri  ti  a  Trieste  e  Costantinopoli.  Final- 
mente verrà  acquistato  un  piccolo  piro- 
scafo della  forza  di  4o  cavalli  dall'i,  r.  ma- 
rina. Esso  sarà  nominalo  Ticino  ed  è  de- 
stinato a  prestar  servizio  sul  lago  Mag- 
giore. Fu  venduto  dalla  società  il  piro- 
scalo  Chioggia  a  Costantinopoli,  perchè 
poto  adatto  al  servizio  del  Lloyd.  Men- 
tre l'anno  scorso  la  società  possedeva  60 
piroscafi  di  10,060  cavalli  di  forza,  ora 
ne  possederà  65,  con  i2,o4o  cavalli  di 
forza,  e  cioè  due  di  4°  cavalli  di  forza,  li- 
no di  5o,  quattro  di  6o,  due  di  70,  due 
d'8o,  dieci  di  1  00,  olio  di  1  20,  due  di  1 4  o, 
cinque  di  1  5o,  selle  di  160,  uno  di  200, 
nove  di  260,  uno  di  36o,  e  finalmente 
dieci  di  400  cavalli  di  forza,  della  portata 
di  3i,955  tonnellate.  Siccome  nel  «845 
il  Lloyd  possedeva  20  piroscafi,  in  un'de- 
cenniogli  ha  più  che  triplicali,  con  rapido 
e  impouenteincremento.il  valore  de' piro- 
scafi in  attività,  senza  contare  7  piroscafi 
di  4°°  cavalli  di  forza,  e  quello  di  4o  ca- 
valli di  forza,essendo  parie  in  costruzione, 
e  per  una  parie  non  essendo  ancora  liqui- 
dati i  conti,  ascende  a  fiorini  9,167,000. 
I  viaggi  falli  pel  Levante  importarono  fio- 
rini 2,902,121,  catoniani  22.  Questi  u- 
nitamenle  a'viaggi  del  Danubio, del  mar 
Nero,  della  Grecia,  Isole  Jonie  e  Malta 
colle  toccate  d'Ancona,  Mafello  (o  Mol- 
felta)  e  Brindisi;  finalmente  i  viaggi  nel 
golfo  Adriatico  e  del  Po.importarono  alla 
società  la  somma  di  5,609,919  fiorini  e 
6  carantani.  Se  si  aggiunge  l'utile  rica- 
valo dalla  vendita  di  3  piroscafi  con  fio- 
rini 4^2^.:5o,ela  sovvenzione  d'un  mi- 
lione dall'erario,  risulta  un  totale  d'  in- 
troiti di  fiorini  6,657,644  :^9-  Siccome 
le  spese  di  navigazione  e  di  amministra- 
zione ascesero  a  fiorini  5,952,938:22,  ri- 
sulta un  utile  netto  di  fiorini  705,006:37. 
Fu  rieletto  nel  congresso  a  direttore  ad 

VOL.  LXXX. 


TRI  a33 

unanimità  il  cav.  Elio  di  Morpurgo,  ed 
a  revisori  furono  nominati  a  pluralità  di 
voti,  Vivant,  Radici»  e  Simeons. Più  volle 
il  Lloyd  ha  difeso  la  sicurezza  della  na- 
vigazione dell'Adriatico  contro  i  propu- 
gnatori degl'interessi  marittimi  de'porti 
occidentali  del  Mediterraneo,  per  ostililà 
contro  la  fiorente  navigazione  austriaca 
e  soprattutto  contro  Trieste,  in  un  tèm- 
po che  siccome  l'Adriatico  giace  in  mez- 
zo al  Mediterraneo,  ognor  più  acquista 
nuova  importanza,  e  la  sua  direzione  me- 
ridionale orientale  ne  addita  evidente- 
mente la  sua  destinazione  di  essere  la  na- 
turale via  dell'oriente.  Volle  di  più  dimo- 
strare, che  fra  tutti  i  porti  di  questo  ma- 
re, che  sono  specialmente  abbondantissi- 
mi in  Dalmazia  ed  Istria,  quello  di  Trie- 
ste è  il  più  frequentato  da'navigli  d'ogni 
nazione,  sì  perchè  congiunto  ad  uu  pos- 
sente impero,  come  per  le  franchigie  che 
vi  si  godono  e  per  l'opportuna  sua  posi- 
zione. Dichiarò  inoltre,  che  il  2.0  grado 
a  tale  riguardo  occupa  il  porlo  di  Venc- 
zia,  al  cui  allenamento  si  cercò  ripara- 
re mediante  grandiosi  lavori;  esso  però 
se  presenta  varie  difficoltà  nell'entrarvi, 
ha  perfetta  sicurezza  di  stazione.  Anco- 
na poi  è  il  i.°  dello  stalo  pontificio,  ed  li- 
no de'più  considerabili  della  costa  occi- 
dentale ,  capace  di  dare  ricetto  a  grossi 
navigli,  ha  posizione  favorevolissima  al 
commercio  e  vi  è  attivissimo.  La  rada  di 
Fiume  essere  il  sito  più  frequentato  del 
Quarnero,  ed  è  assai  comodo  pel  com- 
mercio con  l' Ungheria. La  Bilancia  diMi- 
lano, ragionando  della  potenza  marittima 
dell'  Austria,  e  quanto  giovarono  ad  essa 
e  allo  stato  le  industrie  private  del  Lloyd 
e  quelle  della  società  de' vapori  del  Da- 
nubio, nel  riconoscere  che  tutta  la  costa 
orientale  dell'Adriatico  dalla  foce  del  Po 
fino  al  monte  Dubovizza  è  in  potere  del- 
l'Austria, rimarca  che  quella  costa  semi- 
nala di  porli  sicuri  e  frequenti,  ricca  d'i- 
sole numerose,  con  popoli  che  sono  na- 
vigatori arditissimi,  quali  furono  appun- 
to in  ogni  tempo  idi  versi  abitatori  di  que' 
16 


a 34  T  H  1 

lidi,  dichiarò  puro:  che  l'Adriatico  unii 
sce  l'oriente  n  Trieste,  scalo  della  Ger- 
mania, ed  a  Venezia  scalo  d'Italia,  e  per 
essa  della  Svizzera  e  della  Francia;  e  que- 
sta comunicazione  è  d'ogni  altra  la  più 
sollecita  Ita  il  Levantee  l'Europa  centra- 
le.La  maggior  brevità  di  quella  linea, gio- 
vata dalla  mirabile  istituzione  delLloyd 
di  Trieste,  e  delle  Strade  ferrate  che  da' 
lidi  dell'Adriatico  tragittano  il  passeggie- 
10  e  la  merce  colla  rapidità  delle  rondi- 
ni alla  capitale  dell'impero,  a  tutta  la 
Germania,  nel  Veneto  e  nella  Lombar- 
dia, a'ducati  di  Parme  e  di  Modena,  alla 
Toscana, alla  Romagna,  al  regno  di  Na- 
poli, al  Piemonte,  e  quasi  a'eonfini  della 
Svizzera,  dà  una  grande  importanza  al- 
l'Austria per  le  transazioni  commerciali 
tra  l'Oriente  e  l'Europa  centrale.  Rile- 
vò l'aumentata  influenza  dell'Austria,do- 
pò  l'istituzione  del  Lloyd,  nell'  Egitto  e 
nel  Levante,  per  cui  sembrava  volere  or- 
mai effettivamente  dare  un  maggior  svi- 
luppo alla  sua  marina  militare;  ed  osser- 
va, che  se  l'Austria  avesse  avuto  una  mari- 
na militare  più  forte.Trieste  nel  1 849  non 
sarebbe  stala  minacciala  dalla  squadra 
sarda, e  Venezia  non  avrebbe  potuto  rice- 
vere per  via  di  marealimenti  e  soccorsi  per 
tanto  tempo.  L'Austria  con  una  manna 
più  forte  non  solo  farà  ad  ogni  evento  ri- 
spettare le  suecittà  marittinie,proteggerà 
il  suocommercio  e  la  sua  marina  mercati- 
tile.tna  poli  àal  pari  dell'altre  potenze  ma- 
rittime efficacemente  adempiere  a  quel 
santo  dovere  die  ha  ogni  potente  stato  cri- 
stiano, di  proteggere  i  cristiani  esposti  nel- 
la Siria  e  in  altri  stati  infedeli  a  durissime 
persecuzioni,  le  quali  è  a  sperarsi  che  ces- 
seranno del  tulio  per  l'rlalli-llumayoun 
di  recente  dato  alla  Turchia  (f.)  dal  re- 
gnatile sultano.  Se  non  che  l'Austria  ben 
convinta  della  Decessila  di  rinforzarsi  sul 
mare,  ammaestrata  dagli  ultimi  avveni- 
menti politici,  fonde  cannoni  per  l'arma- 
mento  de'  nuovi  legni  da  guerra  che  fa 
costruire  ne'suoi  cantieri,  munisce  i  più 
importanti  punti  e  più  minacciali  delle 


TI  \\  I 
coste,  per  assicurare  Trieste  e  prolegge- 
re il  gran  porlo  di  Pula;  istituì  «due  scuo- 
le di  nautica,  ed  operò  una  nuova  orga- 
nizzazione marittima.  Lo  sviluppo  singo- 
lare, che  ogni  dì  si  fi  maggiore,  nella  mi- 
rabile istituzione  del  Lloyd  di  Trieste,  <>- 
pera  memoranda  del  fecondo  ingegno  del 
barone  di  Bruck,  alimenta  le  più  belle  spe- 
ranze della  marina  austriaca;  mentre  con 
progresso  di  vera  forza  e  proprietà  spin- 
ge il  Lloyd  a  nuove  imprese,  al  crescente 
sviluppo  di  sua  marina,  la  quale  oltre  a- 
gP  immensi  benefìzi  recati  all'  industria 
privata,  contribuì  al  progresso  della  ma- 
rina militare,  avendo  i  suoi  ufficiati  isti- 
tuito una  scuola  di  marina.  Intanto  l'Au- 
stria non  cessa  dallo  svolgere  un'immen- 
sa attivila,  e  dallo  spendere  enormi  som- 
me per  assicurare  i  centri  del  suo  com- 
mercio marittimo  e  per  avvalorare  la  sua 
marina  militare.  I  lavori  intrapresi  nel- 
l'arsenale di  Trieste  e  l'assicurazione  del 
vasto  porto  di  Pula,  sono  opere  memo- 
rabili che  manifestano  l'Austria  tutta  pe- 
netrala del  gran  pensiero  delle  transa- 
zioni commerciali  e  della  potenza  marit- 
tima. Alla  fine  del  decorso  anno  la  ma- 
rina militare  dell'Austria  contava  q3  na- 
vigli da  guerra  armati  di  762  cannoni, 
tra*  quali  bastimenti  vi  erano  6  fregale, 
5  corvette  eio  vapori;  a  questi  devonsi 
ora  aggiungere  i  vapori,  pure  da  guerra, 
il  Principe  Eugenio,  e  le  fregale  ad  elice 
Adria  e  Danubio,  ognuno  con  3  1  canno- 
ni e  delia  forza  di  5oo  cavalli,  varati  nel 
corso  del  corrente  anno.  La  costruzione 
del  vascello  di  linea  Imperatore,  proce- 
de colla  massima  celerità;  dicasi  lo  stesso 
del  fabbricalo  dell'accademia  di  marina 
in  Fiume,  e  de'  lavori  di  porto  a  Poh»  ed 
a  Muggia.  Tra  la  serie  degli  articoli  pub- 
blicati dall'  Oesterreiehisclie  Zeitung  , 
soltb  il  titolo  di  Lloyd,  lessi  ultimamen- 
te: che  appena  nella  3.' decina  eh  anni 
del  nostro  secolo  le  potenze  europee  co- 
minciarono ad  immischiarsi  negli  all'ai  i 
della  Turchia,  Mehemet  Ali  agiva  effica- 
cemente in  Egitto,  e  per  ullimo  seguiva 


TRI  TRI  23  ì 
la  proclamazione  dell'indipendenza  della  sia  estrema,  la  rete  ferroviaria  dell'Eu- 
Grecia  dalla  Turchia,  a  Trieste  fu  dato  ropa  centrale  raggiungerà  uno  stadio  di 
di  fare  un  passo  decisivo  in  avanti;  nel  progresso  che  non  si  seppe  antivedere 
sostituire  cioè  il  grande  principio  di  as-  quando  costruivansi  le  varie  ferrovie.  L'i- 
notazione  a  quella  vita  indipendente  di  dea  d'una  rete  ferroviaria  dell'Europa 
cui  le  altre  città  van  debitrici  alla  loro  centrale,  e  la  sua  importanza,  fu  prospet- 
storia  e  allo  sviluppo  degli  elementi  della  tata  da  Trieste.  Venezia  e  Trieste,  pel 
loro  posizione.  Cominciò  quindi  il  Lloyd  taglio  dell'Istmo  di  Suez,  pel  grandioso 
qual  punto  centrico  delle  società  marit-  canale  che  congiungerà  il  Mediterraneo 
lime  di  assicurazione. Esse  erano  anzitut-  al  mare  Rosso,  si  ripromettono  al  loro 
lo  solile  imprese  per  azioni  ;  però  furo-  commercio  grande  incremento.  Quanto 
no  quelle  che  sopra  ogni  cosa  promosse-  al  commercio  degli  Stati  Uniti  d'  Ame- 
rò lo  sviluppo  marittimo  di  Trieste.  Lo  rica  del  Nord  co'porti  austriaci  dell'  A- 
slahilimenlo  della  società  di  navigazione  driatico,  e  precipuamente  con  Trieste  e 
a  vapore  del  Lloyd  austriaco,  è  il  gran-  Venezia,  se  il  commercio  industriale  del- 
de  sistema  del  Mediterraneo  nella  sua  l'Austria  gli  darà  d'anno  in  anno  un  im- 
congiunzione  coll'Europa  centrale.  Egli  pulso  maggiore,  col  soccorso  della  poten- 
si  è  pel  Mediterraneo  quello  che  il  siste-  le  forza  del  vapore,'  si  può  congettura-» 
ma  di  diramazione  delle  strade  feriate  si  re,  che  le  due  piazze  marittime  diTrie- 
è  per  l'Austria  e  per  la  Germania.  Eser-  sle  e  Venezia  avranno  da  adempiere  la 
cita  le  funzioni  medesime,  ma  sul  mare,  grata  missione  di  porre  l'America  in  di- 
Egli  ha  vita  da  se;  però  il  punto  ove  si  retta  comunicazione  coll'oricnte.  La  pic- 
unisce  coll'Europa  centrale,  dove  ferro-  cola  navigazione  dell'antica  Trieste  pie- 
vie  e  piroscafi  si  porgono  fraternamente  colo  navale  erigeva,  e  questo  si  era  nel 
la  mano,  onde  stabilire  un  grande  mo-  sito  che  oggi  ancora  ha  nome  dello  Sque 
vimento  economico  dalle  coste  d'Asia  e  io  vecchio,  presso  al  mercato  de'  pesci. 
d'Africa  fino  al  Baltico  ed  al  mare  del  Carlo  VI  dichiarata  Trieste  porlo-frauco, 
Nord,  era  Trieste.  Da  allora  in  poi  Ti  ie»  fondò  un  arsenale  nel  silo  ora  occupa- 
ste non  apparteneva  piò  alla  storia  com-  lo  dalla  piazza  del  teatro  e  da  questo,  in 
merciale  del  mare  Adriatico,  ma  a  quella  esso  si  costruirono  molti  legni  armali  in 
del  mondo.  La  rete  ferroviaria  dell'Eu-  guerra  per  le  spedizioni  d'Italia;  ma  cessa 
ropa  centrale  descrive  nel  suo  tulto  un  to  il  bisogno,  cessò  anche  l'arsenale,  di- 
leggero arco  dall'occidente  d'Europa  al-  venendo  il  vecchio  cautiere,  riservato  a' 
l'oriente;  piegasi  poi,  quasi  rimbalzando  navigli  mercantili,  vieppiù  insufficiente, 
da'  Confini  russi,  verso  il  sud,  e  riunisce  Nel  i  789  Odorico  Panfilli  costruì  loSque- 
in  Vienna  punto  centrale  tutte  le  linee  ro  nuovo  ossia  il  navale  che  ne  porta  il 
della  maggior  metà  settentrionale  del-  nome,  e  dal  successore  Antonio  Panfilli 
l'Europa,  toltene  le  poche  che  da  Parigi  venne  corredato  di  quanto  alla  migliore 
conducono  direttamente  al  sud,  ed  ha  costruzione  delle  navi  occorre.  Divenne 
per  unico  punto  meridionale  di  partenza  poi  cantiere  del  Lloyd,  insieme  a  quello 
Trieste.  11  commercio  terrestre  d'Euro-  di  s.  Marco,  ampio  navale  cominciato  a 
pa,  per  conseguente  ha  di  presente  solo  costruirsi  nel  1840;  ma  da  ultimo  veneti  - 
due  punti  meridionali  di  partenza,  Mar-  do  questo  ceduto  all'i,  r.  marina  e  quello 
sigli. 1  e  Trieste.  Tosto  che,  mercè  il  cana-  di  Panfilli  ricevendo  altra  destinazione, 
ledi  Suez  (dicui  e  del  tagliodelsuo  Istmo  il  Lloyd  fu  costretto  di  costruire  un  pro- 
parlerò a  Turchia,  comechè  l'Egitto  ap-  prio  arsenale,  cantiere  e  dtydohh  secon- 
partiene  al  suo  impero),  l'Europa  potrà  do  i  crescenti  bisogni  della  società.  Pri- 
comunicare  direttamente  coll'Indie  e  l'A-  ma  che  Carlo  VI  dichiarasse  Trieste  por- 


236  T  R  I 

to-franco  ,  il  Mandracchio  costruito  nel 
1620  con  disegno  dell'ingegnere  Viuta- 
na  gradiscano,  eia  1'  unirò  porto  per  le 
barche  minori  :  i  grossi  navigli  quando 
approdavano  gettavano  l'ancora  nel  por- 
lo delle  navi,  in  quel  seno  di  mare  che 
l'ormasi  fra  la  riva  di  Grumula  e  le  rovi- 
ne dell'antichissimo  molo  romano,  sul 
quale  M.a  Teresa  costruì  nel  i  j5  i  il  gran 
molo  Teresiano,  e  introdusse  l'acqua  nel- 
la cillà;  mentre  prima  del  1847  fu  edifi- 
cato il  moloGiuseppino,  ed  in  cui  si  fece- 
ro lavori  colla  terra  di  Santorino.il  ter- 
reno fra  il  Mandracchio  e  la  casa  de'Po- 
veri  era  maremma  e  salina,  tagliata  da 
3  canali,  l'uno  del  Vino  che  per  la  piaz- 
za della  Borsa  giungeva  a  Riborgo;  l'al- 
tro Medio  che  arrivava  alla  chiesa  odier- 
na di  s.  Antonio,accog!iendo  due  torrenti; 
il  3.°  a  un  dipresso  è  il  letto  del  torrente 
maggiore;  tutti  e  3  accessibili  a  piccole 
barche,  e  disposti  pel  servizio  delle  sali- 
ne. Allorquando  fu  deliberato  di  fissare 
la  distribuzione  della  Città  Nuova,  pre- 
valse il  piano  effettuato  d'allargare  il  ca- 
nale Medio  rendendolo  capace  a  maggio- 
ri bastimenti,  di  deviare  da  questo  i  for- 
renli  versandoli  nell'estremo  canale  che 
breve  si  era;  di  conservare  parte  del  ca- 
nale del  Vino  pel  piccolo  barcolame;  di 
costruire  il  gran  molo  Teresiano,  e  di  ga- 
rantire i  navigli  con  fari  da  presa,  ope- 
re tutte  che  l'immortale  M."  Teresa  con- 
dusse a  termine.  Ne' tempi  precedenti  al 
suo  regno,  erasi  parlato  di  fondar  la  nuo- 
va città  e  il  nuovo  porto  nella  valle  del 
Broletto,  ove  fu  costrutto  il  canale  di  s. 
Marco,  e  felice  si  era  il  divisamento,  ma 
le  menti  non  erano  preparate  a  sì  gran- 
diosa impresa  e  preferironoaggiungerela 
(  nuova  alla  vecchia  città.  Avea  Carlo  VI 
pel  servizio  delle  guerre  d'Italia  costruiti 
in  Trieste,  oltre  de'legni  minori,  3  mag- 
giori armali  con  20  cannoni,  che  diceva- 
no navette,  una  delle  quali  chiamata  s. 
Carlo  alimulatasi  nel  1737,  né  potendosi 
ricuperare,  vi  si  costruì  sopra  il  molo  di 
s.  Carlo,  che  difende  il  porto  dall'impe- 


TR  1 

tode'venli.  Nel  1  8  1  2  per  l'esplosione  del- 
la polvere  saltala  in  aria  la  fregala  fran- 
cese Danae  ,  con  200  vittime  ,  al  corpo 
della  nave  affondata  si  assicurò  un  gavi- 
tello, segnale  pe'  navigli  chp  vi  passano 
vicini.  La  lanterna  sull'estrema  punta  del 
molo  Teresiano,  fu  alzata  nel  1  834  ne' 
sito  ove  sorgeva  l'antica  de'iomani.  Nel 
1841  si  costruì  il  molo  alla  foce  del  tor- 
rente maggiore,  per  difesa  del  porto  con- 
tro le  torbide.  Il  porto  di  Trieste  è  vasto, 
sicuro  e  frequentatissimo  ;  è  per  questo 
porto  appunto  che  si  spedisce  la  maggior 
parte  delle  mercanzie  dell'impero  desti- 
nate a'paesi  d'oltremare,  ed  introducesi 
la  più  parte  degli  articoli  stranieri:  an- 
che le  esportazioni  sono  importantissime 
principalmente  in  ferro  ed  acciaro  greggi 
e  lavorali  della  Sliria  edellaCarintia, pan- 
ni di  Moravia,  grano  e  canapa  d'Unghe- 
ria, canapa  d'Italia,  lino,  telerie  e  vetra- 
mi di  Boemia,  argento  vivo,  seterie  del 
Friuli,  cera  di  Polonia,  tavole  e  legnami 
d'abete,  ec.  ec.  Il  Giornale  di  Roma  del 
i856  nel  gennaio  fece  conoscere  il  mo- 
vimento d'introduzione  nel  porto  di  Trie- 
ste della  marina  pontificia,  e  quello  di  e- 
strazione,  durante  l'annoi 855.  Il  lazza- 
retto Vecchio  è  il  più  antico  stabilimento 
del  porto-franco,  l'opera  di  Carlo  VI  e- 
retta  sopra  un  fondamento  di  saline  di- 
messe, ch'era  già  delle  monache  di  s.  Ci- 
priano. Ha  la  forma  d'un  pentagono,  con 
feritoie  e  vedette  pe'soldati,  perchè  quan- 
do era  destinatoal  trattamento  della  pe- 
ste, continue  guardie  si  tenevano  alla  sua 
custodia.  Nell'interno  eran vi  magazzini 
suffìcieuti  per  lo  spurgo,  e  casa  pe'passag- 
gcri,non  che  alloggi  pegli  ufficiali  sanita- 
ri. Divenuto  inutile  a'tempi  del  governo 
francese,  per  la  cessazione  de't raffici,  de- 
rivata dal  blocco  continentale  che  lem- 
poraueamente  ecclissò  la  crescente  flori- 
dezza di  Trieste,  parte  de!  lazzaretto  fu 
destinato  a  quartiere  di  sqldati,  parte  ail 
uso  di  depositi  perla  marina  di  guerra, 
parie  per  reclusorio  di  donne  di  mal  af- 
fare. Restituita  Trieste  all'antico  sovra- 


TRI 

no  nel  1 8  r4>  fu  il  lazzaretto  restituito  ad 
uso  delle  contumacie  minori,  e  la  parte 
già  tenuta  dal  militare,  destinata  a  quar- 
tieri e  ad  arsenale  per  l'artiglieria. Le  pesti 
assai  frequenti  nel  medio  evo,non  cessaro- 
no di  devastar  l'Italia  e  le  regioni  circon- 
vicine, anche  in  tempi  più  vicini,  ad  epo- 
che quasi  periodiche.Dali4-00  in  poi  ben 
1 2  volte,compresa  la  pestilenza  del  enote- 
ra asiatico,  il  morbo  afflisse  Trieste,  cioè 
nel  1 44g,  ' 466, 1477,1 479, 1 497» 1 5 1 1 , 
i543,  i553,  1 555,  1600, e  per  l'ultima 
volta  nel  1601,  nella  quale  de' 12  cano- 
nici, io  perirono  vittime  generose  della 
cura  dell'anime,  onde  furono  invitati  in 
Trieste  per  le  sagre  funzioni  i  canoni- 
ci di  Capo  d'Istria.  A  frenare  il  morbo 
che  per  le  vie  di  mare  veniva  il  più.  fre- 
quentemente introdotto,  furono  nel  se- 
colo XVI  attivate  le  discipline  sanitarie 
venete,  con  soggezione  a  que'magistrati, 
discipline  che  consistevano  nel  respinge- 
re onninamente  gli  appestati,  e  nel  sot- 
toporre ad  esperimento  quelli  che  n'era- 
no sospetti,  e  che  per  lo  vietato  contat- 
to della  città,  si  dicevano  di  contumacia. 
Carlo  VI  affrancò  Trieste  da  questa  sog- 
gezione ad  estero  magistrato,ed  eresse  nel 
1  720  il  descritto  lazzaretto  Vecchio,  non 
solo  a  contumacia, ma  al  trattamento  del- 
la peste  medesima.  Venuto  questo  insuf- 
ficiente per  l'aumentata  navigazione,Ma- 
ria  Teresa  nel  1769  costruì  il  lazzaretto 
di  s.  Teresa  più  ampio  con  porto  chiuso, 
e  separalo  da  ogni  contatto,  che  porlo 
sporco  si  disse;  avvenimento  che  fu  straor- 
dinariamente festeggiato  a'3  1  luglio  con 
medaglie  coniate,  con  regala,  con  cucca- 
gna, con  gettito  di  vino  dalle  pubbliche 
fmtane.FmchèTrieste  fu  unico  porto  del- 
l' Austria,  il  lazzaretto  non  era  soltanto 
di  osservazione;  ma  dacché  Venezia  eTrie- 
ste allo  stesso  scettro  ubbidiscono,  il  trat- 
tamento della  peste  è  devoluto  a'  lazza- 
retti veneti,  quelli  di  Trieste  sono  di  con- 
tumacia,e  bastimenti  iufelti  non  vengo- 
no accettali.  I  due  lazzaretti  sono  situati 
in  parte  opposta  tra  loro,  giacendo  la  ci t- 


T  R I  237 

là  nel  centro  di  essi.  Ne'  tempi  addietro 
il  passeggio  per  le  carrozze  era  il  gran  mo- 
lo Teresiano,e  pe'pedoni  il  molodis.  Car- 
lo, e  fornito  quest'ultimo  di  botteghe  da 
carte  e  da  rinfreschi;  la  via  al  lazzaretto 
di  s.  Teresa  o  IMuovoera  il  passeggio  gra- 
dilo e  frequentatissimo  nella  stagione  in- 
vernale; la  strada  di  s.  Andrea  era  stra- 
da rurale,  e  sul  vallo  che  copriva  la  con- 
dot  tura  d'acqua,  era  tollerato  l'accesso  a 
chi  lo  chiedeva,  ed  al  quale  si  aprivano 
i  cancelli  che  il  serravauo.  Verso  il  »  8  1 2 
private  persone  piantarono  a  loro  spese 
il  viale  dell'Acquedotto,  la  municipalità, 
nllargò  la  via  di  s.  Andrea  e  l'ornò  d'al- 
beri. Più  tardi  il  passeggio  dell'  Acque- 
dotto si  continuò  a  spese  pubbliche  (ino 
al  Farneto  foresta  erariale,  quello  di  s. 
Andrea  fino  a  Servola,  e  quello  del  Laz- 
zaretto restò  deserto.  Nel  1 843  il  passeg- 
gio di  s.  Andrea  venne  unito  alla  città  per 
viale  di  nuova  piantagione.  Il  bosco  Far- 
neto era  da  tempi  più  remoti  piacevole 
luogo  di  passeggiate  estive,  e  nel  18  17  a 
cura  del  negoziante  Czeicke  venne  traver- 
sato da  vie  facili  che  mettono  alla  som- 
mila del  monte,  ove  si  tiene  l'esercizio  di 
bersaglio:  l'accesso  colle  carrozze  è  per  U 
valle  di  s.  Giovanni.  L'imperatore  Fer- 
dinando I  recandosi  coll'imperatrice  Ma- 
rianna nel  settembre  1 844  a  Trieste,  do- 
nò Farneto  al  comune,  a  condizione  che 
in  perpetuo  rimanesse  aperto  ad  uso  del 
pubblico  e  ridotto  a  diporto,  ed  inoltre 
decretò  il  compimento  del  porto.  Priori 
ancora  che  Trieste,  per  Carlo  VI,  II.'  Te- 
resa e  Francesco  I,  s'alzasse  ad  emporio 
degli  stati  austriaci,  le  ville  di  delizia  non 
erano  sconosciute  né  infrequenti,  ed  una 
ancor  ne  rimane  che  fu  già  degli  Argento 
verso  il  lazzaretto  nuovo,  più  tardi  dal 
proprietarioTrapp  rinnovata  e  abbellita, 
dicendosi  il  sito  per  la  sua  amenità  Gel- 
vedere.  Alla  fine  del  secolo  passato  e  sul 
principio  del  presente  bella  mostra  di  se 
facevano  le  ville  Cassis  a'ss.  Martiri,  Bri- 
gido  al  Montbijou,  Porcia  alle  Campa- 
nelle, Sartorio  in  s.  M.  '  Maddalena,  Lei- 


a38  T  R  1 

lis  ai  Farnelo,Rossctli  in  Chiadino,  e  ai- 
Ire  molle,  ch'ebbero  fama  per  natura  e 
atle.  In  ogni  tempo  amarono  i  triestini 
di  vivere  alla  campagna  ne'mcsi  di  estate 
pel  soverchiocaloredella  città,  e  per  gl'in- 
nocenti piaceli  della  natura.  Nel  secolo 
presente  numerose  villette  sorsero  nc'din- 
torni,  fra  le  quali  la  villa  Zanchi  al  laz- 
zaretto nuovo,  la  villa  giàTrapp,  la  Fon- 
tana, la  Bidischini,  la  Schwachhofer,  1  Q- 
slerreiclier,  la  Mondolfo,  la  Rossetti,  la 
Schlàpfer,  la  Ponti, la  Bei  nardelli,  la  Sar- 
torio, la  Brigido,  la  Giannichesi,  la  Ro- 
smini,  la  Bazzoni,  la  Parente,  la  Gossletli, 
la  villa  Murai,  ec.  Ed  è  pur  meraviglia 
che  in  terreno  si  angusto  sorgessero  villo 
ricche  di  serre  e  di  piante,  perchè  il  cli- 
ma lo  concede  a  grandi  fatiche  e  l'arte 
è  nuova,i  precelli  e  l'esperienza  d*  altri 
luoghi  non  sempre  giovano  a  terreno  di 
poca  profondità,  arido  per  natura,  mag 
gioì  mente  inaridito  da  sole  cocente,  da 
borea  o  vento  di  tramontana  imperver- 
sante e  fatale,  oltre  la  scarsezza  dell'ac- 
qua. Pure  non  gli  olivi  soltanto  e  i  cipressi 
e  gli  allori  vegetano,  ma  i  carrubi  anco- 
ra, né  fallirono  gli  esperimenti  falli  co- 
gli agrumi  e  le  camelie.  A  una  lega  e  mez- 
za da  Trieste  è  la  scuderia  di  Lipizza  o 
i.  r.  razza  di  cavalli,  fondata  pel  servizio 
di  corte  neh58o  dall'arciduca  Carlo  di 
Sliria  sovrano  di  Trieste,  allorché  dal  ve- 
scovo ne  comprò  il  predio  ,  rinnovando 
quelle  che  l'antichità  più  remota  celebra- 
va in  queste  regioni.  La  scuderia  è  bene 
della  corona,  e  dipende  dal  gran  scudie- 
re dell'imperatore.  L'aridità  del  terreno 
sassoso,  né  l'imperversare  di  borea  impe- 
dirono che  vi  crescesse  bosco  rigoglioso. 
L'altipiano  montuoso  denominato  il  Car- 
so che  sovrasta  a  Trieste,  è  tutto  di  pie- 
tra calcare  attraversala  da  ampie  caver- 
ne, le  quali  fra  di  loro  per  canali  di  va- 
rie grandezze  corrispondono ,  seguendo 
certe  direzioni  da  natura  prefìsse,  caver- 
ne che  frequentissime  alla  superficie  del 
terreno  hanno  comiuciamenlo.  Malage- 
vole sarebbe  il  dire  se  queste  interna  cou- 


T  R  I 

figurazione  sia  opera  di  deflagrazione  o 
dell'acque;  certo  si  è  che  la  superfìcie  e- 
slcrna  presenta  spesso  avvallamenti  non  - 
dissimili  da  crateri  spenti,  i  quali  lutti  fan- 
no capo  a  cunicoli,  oraperti  or  ingombra- 
ti; siccome  pure  è  eerto  che  le  colline  a- 
renarie,  in  conlatto  colle  calcari,  siffatte 
cavernosità  hanno  mai,  e  che  né  il  car- 
bon  fossile,  né  il  bitume  è  al  Carso  stra- 
niero. A  certa  profondità  che  all'alture 
di  Trieste  é  per  qualche  tesa  viennese  su- 
periore al  livello  del  mare,  più  a  ponente 
sotto  il  livello,  gli  strati  sono  impermea- 
bili alle  acque.  Queste  filtrando  perla  su- 
perficie esterna  si  raccolgono  in  filoni,  o 
di  già  raccolte  sul  terreno  arenario  in  for- 
ma di  torrente  e  di  fiume  per  qualche  a 
perla  cavità  s'  inabissano  e  scendono  al 
mare  senza  venir  poste  dall'uomo  a  pio- 
fìtto.  Moltissime  sono  le  caverne  sul  Car- 
so, anche  nella  prossimità  di  Trieste,  o 
quella  di  Coridale  ha  meritamente  fama 
per  la  non  diHìcile  discesa,  per  la  gran- 
diosità delle  volte,  per  gli  stillicidi  impie- 
triti, pel  colore  de'massi;  illuminata  fi  un 
bellissimo  e  magico  effetto.  In  s.  Cianciai 
no  il  Timavo  superiore  che  scende  dallo 
Schneeberg  per  la  vallata  di  Prein,  dopo 
lungo  corso  entra  in  una  caverna,  rivetto 
per  breve  tratto  la  luce  preci  pi  landò  da 
masso  in  masso,  s'inanimi  novellamente 
per  ricomparirea  s. Giovanni  diT uba  o  di 
Duino,  a  formarvi  porto  sicuro  e  facile, 
E  questo  il  fiume  celebratissimo  dell'an- 
tichità ,  meraviglioso  agli  antichi  che  le 
sorgenti  de'  fiumi  tennero  in  particolar 
culto.  Il  Timavo  superiore,  meno  nolo, 
non  va  del  tutto  oscuro,  perchè  il  con- 
fine segnava  dell'  aulica  Giapidia  ,  e  ad 
Augusto  s' innalzò  statua  appunto  dove 
sparisce.  Altra  caverna  no'  tempi  addie- 
tro frequentatissima,  si  è  quella  di  s.  Ser- 
volo sotto  il  castello  omonimo  che  siedo 
a  cavaliero  della  valle  di  Zaule,  celebrato 
pel  culto  di  quel  santo  protettore  di  Trie- 
ste, che  vi  condusse  vita  eremitica.  Né  que- 
ste sono  le  uniche  prossime  a  Trieste,  per- 
chè memorare  si  potrebbe  quella  di  O- 


T  II  I 
spo,  la  tli  cui  apertura,  chiusa  da  mura 
armate  di  spingarde  e  di  cannoni,  servi- 
va  a  difesa  della  villa  entro  la  grotta  già 
costrutta;  ma  quella  di  Adelsberg,in  tem- 
pi recenti  riaperta,  fece  dimenticar  le  al- 
tre, che  a  lei  si  proclamano  per  vastità, 
per  bellezza,  per  facilità  di  accesso  inferio- 
ri. Quantunque  il  territorio  di  Trieste  sia 
piccolo  e  sassoso,  nondimeno  amenissimi 
ne  sono  i  dintorni,  ed  i  suoi  prodotti  so- 
no abbondantissimi  e  squisiti.  La  raccolta 
del  frumento  e  del  formentone  è  copiosa, 
il  latte  e  i  frutti  sono  in  poca  quantità, 
ma  in  abbondanza  provengono  dagli  stati 
vicini,  Il  vino  che  produce  il  territorio  di 
Trieste  si  distingue  di  molto  da  quello  de- 
gli altri  luoghi  d'Italia,  per  essere  le  vi- 
gne piatitale  nelle  colline  e  nelle  monta- 
gne, ottimi  souoi  vini  bianchi,  famoso  es- 
sendo lino  dall'antichità  il   vino  Prosec- 
co. La  popolazione  di  Trieste  che  nel  i  jo5 
era  di  5ooo  abitanti,  crebbe  di  mano  iu 
mano  che  andò  prosperando  per  l'esten- 
sione del  suo  commercio  è  di'sua  indu- 
sli  ha,  per  cui  nel  i  785  salì  a  «  7,600;  indi 
nel  1  79 1 ,  a  24,5oo;  nel  1 80  1 ,  a  3  1 ,5oo; 
nel  1  835,  a  50,200;  nel  1 844>  a  60,000, 
cioè  cattolici  56, 000,  greci  orientali  1000, 
serbici  o  serviaui  34o,  protestanti    i36, 
calvinisti  255,  anglicani  2  18, ebrei  2800. 
Nel  detto  i844  'a  campagna  era  abitata 
da  2  1 ,000  contadini  tulli  cattolici,  ripar- 
titi ini  2  ville  e  in  11  contrade.  Leggo  a 
p.  620  del  Giornale  di  Roma  deli  856, 
che  l'inclito  civico  magistrato   pubblicò 
nel  giugno  il  risultalo  dell'anagrafi  della 
città  di  Trieste  nel  medesimo  anno.  Si  de- 
sume da  quel  prospetto  che  la  popolazio- 
ne della cillàjCompreso  il  territorio,ascen- 
de  a  Cj6,253  anime,  cioè  5g,585  in  città, 
e  38,668  nel  territorio.  Secondo  le  re- 
ligioni si  contano  di  cattolici  89,7  1 8,  de* 
quali  53,623  in  città,  e  36,095  nel  ter- 
ritorio; gli  acattolici  sono  2534,  gli  ebrei 
4oo  1  incomplesso.  Secondo  le  nazionalità, 
si  contano  in  ciltà  e  nel  territorio  57,i3o 
triestini,  35,710  austriaci,  3,4 1 3  esteri  ; 
secondo  il  sesso,  vi  sono  47*802  maschi, 


TRI  a39 

e 48,63 1  femmine.  Molti  triestini  illustri 
tlorirono  a  decoro  della  patria,  anche  in 
santità  di  vita,  oltre  i  ricordati  martiri  e 
patroni  s.  Giusto,  s.  Servolo,  s.  Eufemia 
e  s.  Tecla  vergini,  martiri  e  protettrici 
anch'esse  della  patria,  diverse  da  quelle 
sante  di  tal  nome,  delle  quali  col  Buller 
e  con  altri  feci  le  brevi  biografìe.  Le  di- 
verse feste  di  questi  santi  e  sante  triesti- 
ne sono  notale  nel  Directoriuni  Sua- 
ctae  Cathedralis  Ecclesiae  Tergestinae 
et  Concathedralis  Justinopolitaiute,  in- 
sieme a  quelli  di  Capo  d'  Istria.  Trieste 
si  vanta  del  titolo  di  Fedelissima.  L'au- 
lica strada  d'Opchiena,aperta  nel  17780 
che  da  Trieste  innalzasi  ai  000  piedi  per 
poi  bipartirsi  alla  Germania  e  all'Italia, 
fu  neh83o  abbandonata,  aprendosi  una 
nuova  quanto  comoda  e  magnifica,  altret- 
tanto pittoresca. 

Le  più  antiche  popolazioni ,  che  len- 
nerogli  ullimiscoscendimenli  i  quali  dal- 
l'Alpi Giulie  calano  all'estremo  seno  del- 
l'Adriatico, furono  galliche  ossiauo  celti 
che,  e  propriamente  tribù  di  quel  popolo 
ch'ebbe  nome  di  Carni.  Questi  montana- 
ri e  dediti  a  vivere  vago  ,  non  amarono 
radunarsi  in  ciltà, ma  preferirono  di  abi- 
tale dispersi  alla  campagna,  né  delle  cose 
di  mare  si  occuparono,  comunque  gran- 
dissimo incitamento  avessero  ue'tanti  se- 
ni e  porti.  De'fasli  ili  questi  popoli  tace 
la  storia,  uè  monumenti  avanzarono  del 
loro  grado  di  civiltà.  In  epoca  remota  , 
ita  popolo  trace  caccialo  da  Dario  Isila- 
spe,  verso  l'anno  5o2  avanti  G.  C.  si  al- 
lontanò dalle  foci  del  Danubio  e  dell'I 
stro,  ove  teneva  stanza,  e  rimontando  la 
Sava  e  la  Lubiana,  passò  le  Alpi,  scese  al 
mare  togliendo  a'celti  aborigeni  la  costa 
di  lina  penisola  dalTimavo  all'Arsa, che 
Istria  fu  detta,  rinnovando  il  nome  del- 
l'antica patria,  la  qualeegualmente  era 
una  penisola.  Semino  da  Chio ,  il  quale 
d'ordine  di  Dario  Isdaspe  scrisse  il  noto 
Periplo,  5oo  anni  avanti  l'era  corrente 
(i  biografi  lo  dicono  autore  della  Ferie- 
gesis  o  Descrizione  del  mondo j  che  vi- 


a4o  TRI 

vea  80  anni  avutiti  G.  C. ,  e  che  dedicò 
tale  opera  in  versi  giambici  a  INicoine- 
tle  il  re  di  Ottima,  la  quale  presenta  in 
diversi  luoghi  della  conformità  col  citato 
I V ri pio, di  cui  però  fu  autore  Scilace geo- 
grafo fiorito  a  tempo  di  Dario,  a  cui  de- 
dicò la  relazione  de'suoi  viaggi.  Dunque 
iiutore  del  Periplo  fu  Scilace  il  Vecchio 
ili  Cariando  città  della  Caria,  e  non  Sci- 
inno  di  Ch'io),  avea  trovalo  gl'istriani  già 
trasferiti  a  queste  spiagge,  e  gli  avea  rico- 
nosciuti traci.  A  questi,  che  di  grecanica 
lingua  e  nazione  erano,  deve  Trieste  la 
sua  fondazione,  ed  il  nome  nella  desinen- 
za este  significante  città,  nascoude  nella 
1/ sillaba  l'epiteto  che  i  Traci  diedero 
al  novello  loro  stabilimento.  Altri  prete- 
sero che  Tergeste  trasse  il  nome  da  tre 
ruscelli  le  cui  acque  ivi  gettavansi  in  ma- 
re. Scrive  lTJghelli,  Italia  sacra  t.  5,  p. 
5  j/\, Terge*  li  ni  Episcopi:  Tergestum  ro- 
nianoriim  Colonia  (vulgo  Trieste)  lilo- 
ralis  est  Islriae  cù'ilas,  sex  a  Formio- 
nis  ostioy  triginta  tria  ab  Aquile] a  sta- 
dia dislans,  silaque  est  adSupcrum  ma- 
re  in  ipso  sinus  dejlexu,  cui  a  Tergeste 
Tergeslini  fecere  cognomen.  Illuni  pu~ 
la  ni  nonnuli  Triestium  posleafuisse  ap- 
pellatala, cpiod  ter  a  sedibus  suis  con- 
vulsa, terlio  miserabili  excidio  sii  Mul- 
eta ta.  Illius  meminit  Caesar  in  Com- 
meiitariis.  Non  tutta  la  penisola  gl'islria- 
ni  traci  occuparono,  bensì  la  spiaggia  in- 
tera, quanta  è  sul  seno  triestino,  ed  i  porti 
dell'Istria  media  e  inferiore,  costituendo- 
si in  comunità,  come  gl'istituti  loro  pa- 
trii  portavano;  restato  il  rimanente  in  po- 
tere degli  antichi,  ristretti  alle  montagne 
ed  a  pochi  porti  di  mare.  Questi  istriani 
furono  arditi  navigatorie  predoni  dell' A- 
drialico,  conservatori  di  tradizioni  prese 
a  dileggio.  Imperocché  aveano  gl'istria- 
ni colie  patrie  istituzioni  trasportato  pu- 
le su  queste  spiaggie  le  tradizioni  del  Pon- 
to Eusino  ,  e  lunga  memoria  serbarono 
del  viaggio  degli  Argonauti,  della  con- 
quista del  vello  d'oro,  di  Giasone,  di  Me- 
dea, di  Castore, di  Polluce,  del  gran  (iu- 


T  R  I 
me  Istro,che  la  loro  aulica  patria  traver- 
sava. O  perchè  queste  tradizioni  collo 
scorrere  degli  anni  tralignassero,  ó  per- 
che i  romani  sopravvenuti  male  le  com- 
prendessero e  peggio  le  ripetessero,  fu  cre- 
duto che  di  questa  seconda  Istria,  della 
novella  dimora  de'traci,  fossero  proprie, 
traiti  in  erroredal  culloche  a  Diomede  in 
prossimità  alTunavo  prestavasi  anche  a' 
tempi  romani;  e  perciò,  mescolando  que- 
ste tradizioni  con  quelle  del  viaggio  de' 
traci  istriani,  si  folleggiò  supponendo  un 
fiume  Islro  sparilo,  una  comunicazione 
dell'Adriatico  col  Danubio  pervia  di  ac- 
qua, la  discesa  a  Trieste  degli  Argonauti 
colla  nave  sulle  spalle,  la  persecuzione  di 
Medea,  l'uccisione  di  Ahsirto  convertito 
nell'isole  de'Brioni,  la  fondazione  di  Pula 
per  opera  de'  colchi.  S'ignora  se  a  que-.ta 
sola  penisola  fossero  ristrette  le  immigra- 
zioni degl'istriani  puntici,  o  quali  allean- 
ze e  conlatti  avessero  cogli  altri  greci  af- 
fini loro,  che  le  spiaggie  dell'Adriatico  a  « 
veano  colonizzato,  o  co'loro  fratelli  del- 
l'Eusino.  La  mancanza  di  monumenti  an- 
teriori all'epoca  romana,  e  la  mala  fede 
in  che  erano,  fa  concludere  che  infima 
fosse  la  loro  ci  vi!  là;  poiché  di  essisi  fi  men- 
zione nelle  storie  romane  verso  1'  anno 
3oi  avanti  G.C.  come  di  pirati,  e  per  fa- 
zioni piratiche  vennero  in  contatto  co'ro- 
mani  nel  22  1  avanti  G.  C.  e  n'  ebbero 
punizione.  I  romani,  fitta  la  pace  con  Car- 
tagine e  con  Filippo  re  di  Macedonia,  con- 
quistala o  ricevuta  in  dedizione  tutta  l'I- 
talia, il  ragliamento  segnò  il  Gonfine  del* 
la  repubblica  romana,  (pi, indo  nel  181 
avanti  G.C. fu  mandala  ad  elicilo  la  fon- 
dazione d'Aquileia,  3  anni  innanzi  decre- 
tata, su  terreno  chea'galli  venne  conte- 
so. Aquileia  non  solo  esser  dovea  il  ba- 
luardo d'Italia  contro  gli  alpigiani  e  le  na- 
zioni olir 'alpe,  ma  porto  nell'Adriatico  e 
presidio  di  questi  seni  superiori  ,  che  la 
Venezia  era  pili  alleata  che  suddita;  A- 
quileia  dunquedovea  essere  stabilimento 
del  lutto  romano,  ed  il  principio  del  do« 
minio  della  repubblica  romana  sull'Istria 


TR  I 
si  assegna  al  180  avanti  G.  C.  Gl'istriani 
die  fino  al  Timavo  giungevano,  conob- 
bero <|ual  destino  loro  sovrastasse,  e  per- 
ciò con  improvvido  consiglio  risolsero 
d'impedire  colle  armi  la  fondazione  della 
novella  colonia.  Radunalo  un  esercito  , 
gì'  istriani  ebbero  a  duce  il  regolo  Epulo, 
e  collegato  ad  essi  fu  pure  un  esercito  di 
Celti  guidati  dal  regolo  Carmelo,  alleati 
però  non  fidi;  indi  cominciando  a  scor- 
rere il  mare.  1  romani  con  diìe  legioni  e 
il  console  Manlio  slavano  in  Aquileia,  e 
aveauo  una  flottiglia.  Il  console  attaccò 
gl'istriani  per  mare  e  per  terra,  ma  essi 
non  volendo  arrischiare  giornata  campa- 
le contro  le  disciplinate  e  valorose  legio- 
ni, preferirono  un  colpo  di  mano  con  na- 
scondersi nelle  montagne;  e  mentre  il  con- 
sole enti  ò  nelle  loro  terre,  si  accampò  nel- 
la valle  presso  Breslovizza,  e  fece  entrar 
nel  porto  di  Sesliana  la  flottiglia,  per  se- 
condare le  operazioni  di  terra,  gl'istriani 
profittando  che  i  romani  erausi  sperduti 
in  faccende,  piombarono  nel  campo  e  tut- 
to lo  saccheggiarono,  senza  che  i  celti  ne 
prendessero  parte.  Ma  rannodatisi  i  ro- 
mani, ardendo  di  sdegno  e  vendetta,  as- 
salirono vigorosamente  gl'istriani,  ne  uc- 
cisero 8000,  gli  altri  dispersero,  e  il  reE- 
pulo  costrinsero  a  precipitosa  fuga.  An- 
che i  celti  furono  battuti,  ed  i  romani  ri- 
preso il  campo,  colla  vittoria  cancellaro- 
no il  precedente  disastro  ;  non  pertanto 
essendo  fallita  l'invasione,  Manlio  tornò 
ad  Aipnleia  alle  stazioni  d'inverno.  Giun- 
ta già  in  Roma  la  notizia  esagerata  della 
rotta,  vi  destò  grande  spavento,  per  cui 
fu  ordinato  un  esercito  di  soccorso,  il  con- 
sole M.  Giunio  dalla  Liguria  venne  man- 
dato in  A<|uileia,  e  il  console  Manlio  ac- 
cusato da'ti  'illuni  della  plebe.  Chiarite  le 
cose,  fu  decretala  la  guerra  dal  popolo 
romano  contro  gl'istriani,  e  commessa  la 
cura  al  console  Claudio  Pulcino,  che  nel- 
la primavera  del  1  78  avanti  G.  C.  la  con- 
dusse a  fine.  Rotti  più  volte  gì'  istriani, 
furono  stretti  in  Nesazio,  e  si  uccisero  sul- 
le fiamme  della  città.  Questa,  Mutila  e 


T  R  I  a4£ 

Faveria  furono  distrutte;  gli  autori  della 
guerra  percossi  di  verghe  e  di  scure;  5  6  2  2 
istriani  fatti  schiavi  e  venduti;  a  migliaia 
gli  uccisi;  il  re  Epulo  con  morte  violen- 
ta si  tolse  al  trionfo;  la  preda,  maggiore 
della  speranza  perchè  povero  il  paese, da- 
ta  a'soldati;  la  provincia  intera  venne  in 
pieno  dominio  del  vincitore,  e  al  console 
fu  accordato  il  trionfo.  La  quale  guerra  se 
è  memorabile  per  l'ostinato  proponimen- 
to del  console  Manlio  di  volerla  esso  so- 
lo condurre  a  termine, anche  (piando  al 
console  Pulcino  restò  allidala, è  memora- 
bile eziandio  per  l'amor  patrio  degl'istria- 
ni, che  in  Nesazio,  ultimo  loro  rifugio,  i 
figli,  le  donne  e  se  stessi  uccisero,  anzi- 
ché darsi  prigioni  o  vinti,  lasciando  ar- 
gomento di  vendetta  e  di  odio  al  nome 
romano  a'  superstiti  istriani.  Domala  la 
provincia,  fu  Trieste  uno  di  que'lerrito- 
rii  che  il  vincitore  tolse  al  vinto,  e  dura 
ancora  la  fama  che  i  triestini,  valorosi  nel- 
la giornata  di  Sestiana,disertassero  la  cit- 
tà, e  ricoverassero  a  Emona  Saviana  e  ol- 
tre monti.  E  a  credersi  che  popolata  Trie- 
ste da'romaui,  venisse  tosto  creata  colo- 
nia non  di  fallo  soltanto,  ma  di  diritto,  e 
destinata  a  contenere  quale  militare  an- 
temurale altra  popolazione  avversa  a'ro- 
mani.collecui  terre  confinava  la  repuhbli- 
ca,  gì'  irrequieti  giapiti  che  abitavano  al 
di  là  del  prossimo  Timavo  superiore,  i 
quali  ebbero  celebrità  per  le  gesta  d'Au- 
gusto, che  li  domò  in  seguito  compiuta- 
mente. Forse  fu  fatta  colonia  per  conte- 
nere  gl'istriani  medesimi.  Fin  d'a!lora,se 
non  voglia  preferirsi  l'epoca  della  guer- 
ra Giopidica  del  128  avanti  G.  C,  ebbe 
verosimilmente  gli  ordinamenti  di  civile 
reggimento,  che  per  secoli  conservò,  cioè 
governo  di  se  medesima  mediante  sena- 
to di  100  decurioni,  scelti  fra'  principa- 
li possidenti,  con  due  magistrati  alla  te- 
sta chiamati  duumviri,  i  quali  esei  citava- 
no ogni  pubblico  potere;  oltre  i  censori 
preposti  alla  cura  de'pubblici  costumi,  gli 
edili  pel  buon  governo  degli  edilizi  e  del- 
l'annona, e  gli  ordini  sacerdotali  di  pon- 


2  fa  T  R  I 

U'fici  e  tli  auguri. Fra  la  conquista  e  l'im- 
pero non  si  conoscono  gli  a  v  veni  nienti  ilei 
la  regione,  solo  importante  per  la  custo- 
dia de'confìni,  segregata  alfattodalle  pro- 
vincie  cisdanubiane;  bensì  è  noto  che  col 
suo  assoggettamento  a  Roma  crebbe  la 
materiale  prosperila.  Quindi  Trieste  vie- 
ne ricordata  da  Giulio  Cesare,  allorquan- 
do nel  702  di  Roma  o  5  1  anni  avanti  G. 
C, narra  la  repentina  depredazione  e  sac 
chcggìo  patiti  da'coloni  triestini  sorpresi 
da' giapidi;  depredazione  rinnovata  nel 
7  1  8,  e  siccome  sempre  infesti,  nel  33  a- 
vanti  G.C.  vennero  totalmente  soggioga- 
li da  Augusto,  per  di  cui  opera  due  anni 
(lupo  si  rialzarono  le  mura  e  le  torri  di 
Trieste,  e  questa  fu  da  lui  pure  restau- 
rata negli  edilìzi.  A  tali  beneficenze,  Au- 
gusto aggiunse  l'assoggettamento  de'car- 
ni  calali  al  comune  di  Trieste,  28  anni 
avanti  G.  C.  1  calali  erano  non  ignobile 
popola/ione  celtica  tributaria  a  Roma, 
confinante  col  territorio  di  Trieste,  nella 
vallata  ora  di  Pieni;  popolazione  cui  eia- 
si  tolta  la  propria  amministrazione,  per 
affidarla  a'procuratori, sotto  l'intendenza 
del  proconsole,  Augusto  die  questi  cala- 
li in  governo  al  comune  di  Trieste,  il  ([ita- 
le mediati  te  i  propri  magistrali  esercita- 
va il  potere  e  percepiva  le  imposte;  uè 
forse  fu  questa  la  sola  commuta  di  alpi- 
giani affittata  pel  governo  alla  colonia  di 
Trieste,  la  quale  nel  confine  giapitlico  al- 
zò una  statua  ad  Augusto.  Come  Aqui- 
leia  saliva  in  ricchezze  e  commerci  sotto 
gl'imperatori, così  crebbe  Trieste,  la  (pia- 
le a' traffici  di  maree  di  terra  prendeva 
non  mediocre  parte.  Mollila  di  porto  ar- 
tificiale e  sicurissimo,  sulla  grande  via  che 
da  Aquileia  metteva  nella  Dalmazia,  di 
facile  e  sicuro  approdo  per  chi  da  Italia 
nella  Pannouia  e  nella  Dacia  recavasi,  eb- 
be i  tempi  migliori  imperando  Tiberio, 
Nerone, Traiano,  Adriano  egli  Antonini, 
dopo  che  i  pannoui  e  i  borici  aggregali 
all'impero  romano,  a  questo  ubbidirono 
tulle  le  proviucie  dall'Adriatico  al  Danu- 
bio, l'ero  Trieste  allora  solo  salì  a  con- 


TRI 

dizionedicittà  provinciale,poichè  la  pros- 
simità d' Aquileia  le  interdiva  di  alzarsi 
a  migliori  destini.  P.  Palpellio  ammira- 
glio della  flotta  ravennate,  nell'anno  5G 
di  nostra  era,  a'tempi  di  Nerone  restau- 
rò il  Campidoglio  e  il  suo  magnifico  tem- 
pio nell'acropoli;  ed  un  triestino  a'tempi 
di  Nerva  costruì  o  rinnovò  il  teatro.  Be- 
nefìzio maggiore  ottenne  dall'imperato- 
re Antonino  Pio,  per  opera  di  Fabio  Se- 
vero senatore  di  Roma  e  nativo  di  Trie- 
ste, alle  premure  del  quale  i  calali  sogget- 
ti al  comune  vi  furono  incorporati  e  fit- 
ti capaci  di  esercitar  le  cariche  municipa- 
li; il  che  riuscì  d'alleviamento  agli  anti- 
chi decurioni,  d'utile  all'erario  per  telas- 
se aumentale,  e  di  vantaggio  all'  intera 
città  per  gli  accresciuti  cittadini  possiden- 
ti. Sorgeva  allora  Trieste  sul  declivio  del 
colle  Tiber,  ov'  è  in  oggi  la  Città  Vec- 
chia, e  giravano  le  mura  pressoché  un  mi- 
glio; il  Campidoglio  erale  a  cavaliero  coi 
templi  ed  edilizi  pubblici,  colle  statue  de- 
gl'imperatori e  d'illustri  persone.  A  pie 
del  Campidoglio  eravi  il  foro  maggiore, 
sul  pendio  verso  levante  il  teatro;  alla 
spiaggia  piccolo  porlo  per  barche  minori, 
e  fuori  delle  mura  era  la  città  mercantile, 
nel  sito  ora  denominato  la  Madonna  del 
Mare  e  s.  Michele,  e  toccava  la  necropoli 
diesi  disse  poi  de'ss.  Martiri,  Il  Campo 
Marzo  era  in  riva  al  porlo  maggiore,  che 
chiudevasi  col  molo  oggi  dello  s.  Teresa, 
e  con  altro  distrutto  che  staccavasi  dulia 
piazza  Giuseppe  II  ad  incontrarlo;  alto 
l'anale  additava  il  porto  a'naviganli,  lun- 
go acquedotto  provvedendo  d'acqua  a  do- 
vizia la  città.  Triplice  borgata  stendeva- 
si  sulla  via  d'  Aquileia  verso  Contovelo, 
sulla  via  di  Emonia  verso  il  monte  Spac- 
cato, e  sulla  via  di  Liburnia  verso  Mon- 
tebello,  dal  che  la  località  conserva  an- 
cor il  nome  di  Triborgo  o  volgarmente 
Riborgo.  Altra  borgata  e  la  più  nobile  fra 
tutte,  stendevasi  sulla  strada  di  Parenzo, 
verso s.  Giacomo.  Riservala  a'cittadini  li- 
beri e  possidenti  la  città  murala,  i  borghi 
trano  per  gli  affrancati  e  per  gli  arligiu» 


T  R  I 
ni,  ed  in  t u Iti  vuoisi  che  sommassero  a 
i  2,ooo.I  cittadini  di  Trieste  erano  ascrit- 
ti alla  tribù  Pupinia,e  militavano  più  fife* 
qnentemente  nella  legione  xv  Apollinare 
e  anco  nella  flotta,  Ampio  avea  il  terri- 
torio proprio,  ingrandito  coll'incorpora- 
zioni  de'  carni  calali  e  di  altre  popola- 
zioni, per  cui  calcolato  il  i,°  a  1 5o  miglia 
e  quello  de'secondi  56o,  sommava  a  710 
miglia  romane  quadrate  o  sia  28  leghe 
tedesche.  Era  presidiato  da  opere  di  for- 
tificazione, e  traversalo  da  vie  che  riferi- 
vano alla  città.  Lungo  vallo  a  torri  sepa- 
rava il  territorio  di  Trieste  dalla  Giani- 
dia,  opera  de'tempi  della  repubblica  non 
ancora  distrutta.  La  condizione  prospera 
di  Trieste  colla  storia  dell'istituzioni  mu- 
uicipa|i,e eoo  quella  delle  piovinciecisda- 
nubiane  si  collega;  per  il  che  ila  Traiano 
ad  Adriano,  fra  il  98  e  il  1  17  ili  nostra 
era,  devesi  segnare  il  massimo  punto  di 
culminazione,  l'infimo  a'tempi  di  Costan- 
tino 1  intorno  al  3oG,  salire  e  decresce- 
re esaltamento  ravvisabile  ne'monumeu- 
li  dell'arte.  I  correttori  che  pergl'impera. 
lori  governarono  la  provincia  dell'Istria, 
cominciano  da  Isleio  Tertullo  del  292. 
Restituiti  da  Giuliano  \'  Apostata  versoli 
36 1  e  più  da  Teodosio  1  nei  379  i  mu- 
nicipii,  allorché  verso  la  metà  del  V  se- 
colo nel  44^i  cadde  Aquileia  per  la  fero- 
cia di  Attila  re  degli  unni,  Trieste  non 
molto  soffrì,  perchè  posta  fuori  della  via 
per  la  quale  i  barbari  scendevano  in  Ita- 
lia, e  perchè  Ravenna  tenevasi  ancora  o- 
pulente,  fatta  residenza  degl'imperatori 
d'occidente,  come  poi  lo  rimase  de' re  d'I- 
talia. Ravenna  bisognosa  di  navilio  e  di 
commerci,  quali  a  grande  città  si  addico- 
no, all'Istria  dovea  ricorrere  pe'generi  di 
prima  necessità,  olio,  vino  e  grani,  e  pro- 
ve si  hanno  che  gì'  istriani  (radicassero 
persino  sulle  coste  dell' Africa.  Passata 
Trieste  nel  476,  collo  scioglimento  del- 
l'impero d'occidente,  in  dominio  d'Odoa- 
cre  re  degli  eruli,  e  nel493  in  quello  del 
goto  Teodorico  re  d'Italia  come  il  pre- 
cedente, Belisario  d'ordine  di  Giustiniano 


TRI  2  i  ;; 

I  imperatore  d'oriente,  nel  539  la  lol>e 
a'goli,  onde  gl'imperatori  grei:i  fecero  tor- 
nare i  correttori  a  governar»  l'Istria,  ve- 
ci j 

bendo  Trieste  visitata  nel  5^2  da  darse- 
le, che  finì  di  cacciare  i  goti  dall'Italia.  A 
sua  istigazione  calali  nel  568  i  longobar- 
di in  Italia,  vi  cominciarono  il  loro  regno; 
ma  Trieste  coil'lstria  rimase  all'imperò 
greco,  il  quale  per  governare  la  parie  d'I- 
talia eh' eragli  rimasta,  creò  un  Esarca 
con  residenza  in  Ravenna  ,  chiamandosi 
Esarcato  le  provincie  di  sua  giurisdizio- 
ne; indi  i  longobardi  uniti  agli  avari  ed  a- 
gli  slavi  devastarono  l'Istria. Trieste  restò 
per  184  an"'  "ella  dominazione  greca,  in 
condizione  se  non  di  prosperi(à,certamen- 
le  non  di  deiezione.  Astolfo  re  de'longo- 
bardi,  sempre  inteso  a  dilatar*  il  suo  re- 
gno, mosse  guerra  a'greci  e  tolse  loro  nel 
7^1  Trieste  e  l'Istria, e  tranhealcune cit- 
tà marittime,  nel  7.52  conquistò  Ravenna 
e  pose  in  certo  modo  (ine  all'Esarcato  dei 
greci.  L'Istria  venne  da'longobardi  eret- 
ta in  ducalo,  del  quale  si  vuole  avessero 
il  governo  Desiderio  e  Adelchi  che  furo- 
no poi  gli  ultimi  re  longobardi.  Sebbene 
per  buona  sorle  i  longobardi  conquistas- 
sero Ti  iesle  in  tempi  ne'quali  aveauo  già 
di  molto  dimesso  la  loro  rozzezza,  pure 
non  di  prosperità  furono  i  tempi  di  que- 
sta dominazione,  uè  di  quella  che  vi  suc- 
cedette. Astolfo  oltre  di  avere  occupato 
quasi  tulio  l'Esarcato  di  Rai-cuna  (/''.), 
ch'erasi  posto  sotto  la  prolezione  della  s. 
Sede,  perchè  i  greci  trascuravano  di  di- 
fenderlo, usurpò  vari  domini i  della  mede- 
sima e  minacciò  di  estendere  le  stradi  al- 
la  stessa  Roma.  Laonde  Papa  Stefano  1 1 F, 
invocato  il  soccorso  poderoso  di  Pipino  re 
di  Francia,  questi  costrinse  Astolfo  a  la- 
sciare I'  Esarcato,  e  lo  donò  a  s.  Pietro, 
che  già  per  dedizione  de'  popoli  vi  gv«a 
signoria,  e  fino  dal  V  secolo  vi  possede- 
va diversi  Patrimonii della  s.  Sedei  V.Y 
fra'quali  eranvi  quelli  di  Ravenna,  Istria, 
Liguria  (F.),  ec.  e  persino  nella  Dalma- 
zia e  neW Micia  (K).  Astolfo  non  adem- 
pì interamente  il  giuralo,  ed  il  successo- 


244  TRI 

re  Desiderio  fece  peggio  di  lui,  per  cui  co- 
strinse Papa  Adriano  I  a  ricorrere  all'a- 
iuto di  Carlo  Magno  re  de' franchi,  il  qua- 
le calato  in  Italia  e  vinto  Desiderio,  nel 
773  die  termine  al  regno  de'longobardi 
in  Italia,  poiché  Adelchi  appena  regnò  in 
parte  di  essa.  Carlo  Magno  restituì  alla 
Sovranità  della  s.  Sede  (P.)  l'usurpa- 
to da  Desiderio,  e  con  altre  donazioni  am- 
pliòil  principato  temporale  de'Papi,e  con 
l'Esarcato  pare  die  vi  comprendesse  pure 
Y Istria.  Nondimeno  in  questa  vi  dominò 
Adelchi  dal  j5q  in  poi  come  duca,  e  dal 
773  sino  al  775  qnal  re,  nel  quale  anno 
ricuperò  l'Istria  e  Trieste  all'impero  gre- 
co l'imperatore  Leone  IV, e  sotto  il  di  lui 
successore  Costantino  V,  l'una  e  l'altra 
gli  tolse  Carlo  Magno  nel  789,  che  eret- 
ta in  ducato  l'Istria  nel  799  la  conferì  a 
Enrico  duca,  col  quale  comincia  la  serie 
de'duchi  e  marchesi  d'Istria,  dipendenti 
dagl'imperatori  d'occidente  e da're  d'Ita- 
lia, dopoché s.  Leone  III  in  Carlo  Magno 
ripristinò  l'impero  occidentale.  Diventi- 
la Trieste  e  l'Istria  suddita  di  Carlo  Ma- 
gno, questi  l'unì  al  regno  d'Italia,  cam- 
biò la  forma  d' amministrazione,  e  nel- 
l'8o5a  preghiere  degl'istriani  ridonò  al- 
la  provincia  l'antica  forma  di  reggimen- 
to municipale.  Nel  diploma  d'  Ottone  I 
imperatore,  conferma  torio  delle  donazio- 
ni fatte  alla  Chiesa  romana  daPipino,  Car- 
lo Magno,  Lodovico  I  e  altri  suoi  prede- 
cessori, riportato  anco  dal  Cohellio,  No- 
titia,\ì.\io,  si  legge:  Nec non Exarcha- 
tuni  Ravennatcn...atque  Provincia  Ve 
jietiarum,  et  Istria.  Al  citato  articolo 
riportai  come  il  Borgia  spiega  l'asserzio- 
ne che  l'Esarcato  confinava  colf  Istria. 
Frattanto  gli  ordinamenti  feudali,  predi- 
sposti da'longobardi,  a  Trieste  prepara- 
vano totale  cambiamento  nella  sua  con- 
dizione, cambiamento  che  tanto  più  era 
l (Minilo  e  malgradito,  in  quantochè  le  pro- 
vi noie  et  «da  nubiane  a  veano  dismesso  ogni 
traffico  coli' Adriatico,  Aquileia  era  scoiti- 
pana,  Ravenna  avea  perduto  la  sua  im- 
portanza, Venezia  appena  sorgeva  ed  al 


TR  I 
dominio  del  mareagognava. Trieste  rien- 
trava nella  condizione  di  città  agricola 
soltanto,  e  per  di  più  gran  parte  di  ter- 
ritorio era  perduta  per  commovimenti  di 
guerra  o  per  richiamo  di  liberalità  de- 
gl'imperatori. Fiaccatoli  vigore  di  comu- 
ne governo,  l'autorità  reale  o  imperiale 
era  ridotta  a  nome,  perchè  il  diritto  di 
guerra  fu  fatto  comune  a'dinasti  e  mu- 
nicipii;  cosicché  il  provvedere  alla  pro- 
pria sicurezza,  alla  propria  salute  diven- 
ne necessità  anziché  privilegio.  Richiama- 
tisi gl'istriani,  e  Trieste  fra  questi,  delle 
novelle  istituzioni,  l'imperatore  Lodovi- 
co I  il.  Pio  confermò  l'antico  sistema,  e 
Trieste  abbandonata  a  se  medesima , 
provvide  modestamente  come  megliosep- 
pe  e  potè,  con  molto  valore  bensì  e  saga- 
cità,  e  con  prospero  evento.  Nel  tempo 
che  corse  dalle  vittorie  di  Carlo  Magno 
alla  metà  del  secolo  XII,  Trieste  dell'an- 
tica condizione  altro  non  potè  conserva- 
re che  l'antica  forma  di  reggimento;  ces- 
sate le  relazioni  co'paesi  fra  terra,  le  prin- 
cipali famiglie  aveano  in  tempi  ancor  più 
lontani  abbandonato  l'antica  patria,  e  a- 
veano  preso  stanza  in  Venezia, fra  le  qua- 
li gli  Albani,! Barbarigo,  i  Barbaro, iLoti- 
ghi,  i  Danusdio,  i  Donzorzi,  i  Rambolini, 
i  Tornatici,  i  Borrocaldi,  i  Barbacini  ,  i 
Bonci,  i  Boncili,  i  Caotorta,  i  Diprelli,  i 
Bocco,  e  molte  di  queste  furono  tribune- 
sche. Si  vuole  che  in  questi  tempi  i  triesti- 
ni si  fossero  dati  al  corseggiare  i  mari,  e 
che  nel  939  in  una  escursione  rapissero 
diverse  donzelle  in  mezzo  a  Venezia;  ma 
vaga  n'è  la  tradizione,  non  essendo  certi 
glistoricidiquel  reato.  Né  credibile  il  fan- 
no le  condizioni  uon  del  tutto  pregiudi- 
zievoli di  questa  città,  la  quale  lentamen- 
te decadde  dalla  civiltà  romana,  senza  a- 
ver  la  sventura  di  .scendere  all'infunila  de! 
medio  evo,  per  risorgere  a  novelli  ordi- 
ni e  costumanze  civili.  Alla  quale  trista 
fama  si  crede  aver  contribuito  la  pirata- 
ria  allora  frequente  in  questi  mari,  l'av- 
versione de'veneti  a' triestini,  chea  Trie- 
ste davano  il  nome  di  Monte  Barbasco. 


» 


TR  I 

cav.  Mulioelli  negli  Annali  urbani  di 
J  fnczia,  riporta  il  ratio  al  943  a'3  1  gen- 
naio, in  cui  celebrando  i  veneziani  l'an- 
niversario della  traslazione  del  corpo  di 
s.  Marco,  nella  cattedrale  solevano  farsi 
molti  matrimoni,  portando  seco  le  spose 
la  loro  dote.  Certi  ladroni  triestini,  o  na- 
renlani,  o  istriani,  variando  le  opinioni, 
avidi  di  bottino  e  sbucati  da  un  nascon- 
diglio, a  mano  armata  penetrati  in  chie- 
sa,  minacciando  e  uccidendo,  rapirono  e 
condussero  alle  loro  barche  sposi  e  spo- 
se. Rinvenuti  i  veneti  dallo  sbalordimen- 
to, inseguirono  i  rapitori,  e  raggiuntili  in 
un  deserto  porto  dell'  acque  Caprulane, 
ove  gozzovigliando  riparlivansi  la  preda, 
piombati  su  di  essi  ne  fecero  di  tutti  ma- 
cello, ricuperando  bravamente  i  fidanza- 
ti. Ed  è  pure  in  questo  tempo  che  la  cat- 
tedra vescovile  ricevea  nuovo  lustro  per 
liberalità  degl' imperatori.  I   vescovi  di 
Trieste  ebbero  nell'  848  da  Lotario  re 
d'Italia,  o  meglio  da  Lotario  figlio  di  Ugo 
nel  948,  in  dono  i  diritti  che  il  fìsco  rea- 
le avea  sulla  città  con  3  miglia  all'ingi- 
ro,  ossia  il  dominio  temporale.  Ne'seguen- 
ti  secoli  X  e  XI  egualmente  ebbero  per 
privilegio  la  percezione  delle  regalie  fi- 
scali che  nella  città  spettavano  al  re,  e  le 
decime  di  molti  distretti,  col  dominio  di 
molte  castella  e  terre  ch'erano  già  del  co- 
mune, ed  altre  nella  penisola;  sulla  città 
medesima  esercitavano  diritti  che  appar- 
tengono al  buon  governo  anziché  al  pò- 
tere  finanziario;  e  comunque  incerti  per 
la  condizione  de'tempi,  niun  motivo  die- 
rono  a  collisioni  fra'prela.ti  e  il  comune; 
tanta  fu  la  giustizia  e  la  prudenza  de've- 
scovi,  tanta  la  saviezza  del  magistrato; che 
a  nzi  venuta  in  istrettezze  pecuniarie  la  ca- 
mera episcopale,  per  le  guerre  sostenute 
contro  i  potenti  del  secolo,  e  al  servigio 
de'patriarchid'Aquileia,  preferi  rono  i  ve- 
scovi di  vendere  i  loro  diritti  al  comune 
medesimo, anziché  a  signoreslranieroche 
titolo  ne  avrebbe  tratto  a  dura  soggezio* 
ne.  Nel  948  Trieste  formava  comune  da 
se  con  ristretto  territorio,  ed  il  reggimeli* 


T  R  I  245 

to  era  sulla  base  che  al  primo  formarsi 
della  colonia  erasi  adottalo;  ma  i  poteri 
del  municipio  eransi  sottoposti  fino  dai 
tempi  d'Adriano  a  novella  magistratura, 
quasi  del  comune  tulrice,  ed  in  ogni  tem- 
po le  liti  maggiori,  i  delitti  erano  riserva- 
li alla  conoscenza  de'magistrati  ili  Roma, 
poi  a  magistrature  provinciali,  che  coi  ret- 
tori si  dissero.  Durante  il  governo  greco 
la  creazione  di  magistrature  provinciali 
divenne  necessità,  ed  un  maestro  de'mi- 
lili  reggeva  tutta  l'Istria  e  Trieste,  a'qua- 
li  Carlo  Magno  surrogava  i  ciuchi,  poi  i 
marchesi,  con  potere  di  alla  giurisdizio- 
ne civile,  penale  e  di  appellazione,  e  con 
facoltà  di  tutori  de'comuni.  INel  94-^>  Lo- 
tario re  d'Italia,  oltre  il  concedere  a've- 
scovi  di  Trieste  le  ricordate  percezioni  fi- 
scali, affidò  loro  quel  potere  che  sarebbe 
stato  de' marchesi,  potere  propriamente 
non  sovrano,  ma  magistratura  sottoposta 
al  potere  sovrano  e  amministrativo  del 
re  d'Italia;  per  il  che  i  vescovi  in  Trieste 
sentivano  le  appellazioni  dalle  sentenze 
de'magistrati  municipali,  confermavano 
le  magistrature  ,  ne  eleggevano  alcune, 
sentenziavano  pene  pe' delitti  e  li  puni- 
vano, concedevano  il  diritto  all'esercizio 
di  alcune  arti,  percepivano  tributi  alle 
porle  della  città,  aveano  l'obbligo  di  re- 
staurare con  questi  le  mura  e  le  strade. 
Coniarono  più  lardi  prima  del  1208  ino- 
lieta,  non  per  indulto  speciale  del  re,  ma 
per  la  pratica  invalsa  dopo  la  pace  di  Co- 
stanza del  1  1 83 ,  e  per  la  tolleranza  dei 
patriarchi  d'Aquileia  che  avrebbero  po- 
tuto contrastarne  il  diritto, siccome  mar- 
chesi dell'intera  provincia  d'Istria,  suben- 
trati neh  1 3o  alle  case  degli  Eppenstein, 
degli  Sponheim  e  degli  Antlechs,che  per  e- 
redil  aria  successione  aveano  governato  l'I- 
stria. Debole  spesso  per  incapacità  allear- 
mi il  governo  de'vescovi,  il  comune  giun- 
se all'ali!  aucazione,  non  per  idee  che  di 
questi  secoli  mai  furono  ,  ma  per  circo- 
stanze interne  ed  esterne,  per  l'esempio 
d'altri  comuni,  per  necessità  di  difesa  con- 
tro le  venete  invasioni.  Gli  ordinamenti 


?.i  6 


T  R  I 


della  città  non  erano  tali  da  offrir*  ele- 
mento a  vigorosa  reazione  ,  che  limitali 
alla  proposizione  di  magistrature,  al  go- 
verno d'inferiori  interessi  interni;  sogget- 
ta del  rimanente  al  gastnldo  vescovileche 
non  valeva  a  difenderla  contro  gli  ester- 
ni nemici.  Neli2i6fu  introdotta  in  Trie- 
ste la  magistratura  del  podestà,  Marco  ne 
cominciò  la  serie,  e  dopo  di  Ini  trovasi 
MainardocontediGorizia.  Il  vescovoGio- 
vanni  IV  neh?. 36  alienava  alla  città  al- 
cuni diritti,  essendosi  dispendiato  [ter  se- 
guire nelle  guerre  l'imperatore  Federico 
11, al  seguito  del  patriarca  d'Aquileia  Ber- 
toldo.Indi  ne!  i  253  il  vescovoVolrico  ven- 
dè il  diritto  di  dettare  leggi  penali,  d'e- 
leggere i  consoli,  di  giudicare  in  appella- 
zione, d'esigere  le  multe,  d'accordare  l'e- 
sercizio di  arti.  In  detto  anno  i  triestini 
assediarono  Brescia  per  commissione  del 
patriarca  d'Aquileia.  Fino  dal  i  202  il  do- 
ge di  Venezia  Enrico  Dandolo,direttocoi 
crocesignati  alla  volta  di  Costantinopoli, 
impose  tributo  a  Trieste,  l'assoggettò  al- 
la repubblica  e  le  fece  giurare  fedeltà  a 
s.  Marco.  Dipoi  neh  279  Trieste  sottrat- 
tasi da' veneziani,  si  collegò  col  conte  «li 
Gorizia  e  con  altre  comunità  per  muover 
loro  guerra,  ma  venne  assediata  e  costret- 
ta a  pacificarsi  nel  1  288;  tultavolta  restò 
libera  e  sino  ah  325  non  fu  dominata  dai 
dogi  veneti.  Nel  1  2g5  il  vescovo  Brina  di 
Toppo  alienò  anche  il  diritto  di  giudica- 
re de'delitti,  di  nominare  il  gastaldo,  e  ri- 
servava a  se  quello  di  coniar  moneta,  ehe 
poco  dopo  cessò  con  Rodolfo,  e  di  perce- 
pire un  unico  leggero  tributo  che  più  tar- 
di venne  redento.  Al  1  295  va  segnala  l'af- 
francazione totale  del  comune  di  Trieste, 
e  l'acquisto  del  pieno  diritto  del  proprio 
reggimento,  il  quale  ad  onta  delle  prote- 
zioni cercate  ue'conti  di  Gorizia,  diversi 
de'quali  furono  podestà,  non  fu  uè  pacifi- 
co, né  durevole.  Completate  in  quest'epo- 
ca le  leggi  municipali,  che  (ino  dai  1  1  5o 
eraini  cominciate  a  raccogliere,  provve- 
duto a  difesa  contro  gli  esterni  nemici,  re- 
golato il  governo  con  saggi  ordinamenti, 


T  R  I 

poco  dopo  corse  grave  pericolo  per  am- 
bizione d'interno  nemico.  Marco  Ranfo 
nobile  feudatario,  potente  per  armi  e  de- 
naro, d'illustre  famiglia  cittadina,  spesso 
magistrato  e  in  grande  estimazione  te- 
nuto, pensò  a  farsi  signore  di  Trieste  e  col- 
se il  momento  in  cui  il  figlio  Giovanni 
dovea  dimettersi  dal  carico  di  console  o 
giudice  in  sul  finir  del  1  3  1  3.  11  colpo  man- 
cò: Marco  Ranfo  fu  ucciso,  la  sua  casa 
spianata  e  interdetto  di  più  costruire  sul 
fondo  che  dovea  rimaner  nudo;  Giovan- 
ni, le  sorelle,  gli  aderenti  furono  banditi 
in  perpetuo,  condannati  nel  capo  e  con- 
fiscati i  beni;Ranfa  e  Chiara  figlie  di  Mar- 
co per  colmo  di  sfregio  dichiarate  adul- 
tere, e  le  doti  loro  aggiudicale  a'mariti; 
la  memoria  de'traditori  fu  maledetta  per 
pili  generazioni  ,  e  solo  risparmiale  dal- 
l'ira popolare  Agnese  figlia  di  Marco,  e 
Filippina  figlia  di  Giovanni.  IntantoTrie- 
sle  trovossi  involta  in  guerre  ,  ed  a  fre- 
quenti cambiamenti  di  dominatori  e  di 
governi,  non  sempre  sostenuti  con  felice 
risultato  da'eonti  di  Gorizia,  rinnovando- 
si le  leggi  municipali  sotto  il  podestà  Mar- 
co Dandolo  nel  1  35o.  Indi  i  veneziani  1  i- 
conquistarono  Trieste  nel  1  365,  e  libera- 
tasi da  essi  nel  i3y4sidièaì  patriarca  d'A- 
quileia. Riconquistata  Trieste  da' veneti 
neh  379,  la  città  tentò  di  sottrarsi  dalla 
loro  signoria  per  darsi  al  duca  d'Austria, 
ma  non  le  riuscì.  Intanto  Matteo  Maruf- 
fo  ammiraglio  genovese,  nel  tempo  die 
ardeva  la  fiera  e  famosa  guerra  tra  le  re- 
pubbliche di  Genova  e  Venezia,  a  questa 
tolse  Trieste  nel  i  38o,e  la  consegnò  al  pa- 
triarca diAquileia.  In  memoria  di  tale  vit- 
toria, in  una  chiesa  di  Genova  fu  posto 
il  Leone  alato  colla  leggenda:  Iste  lapis 
in  <juo  est  figura  marmorea  s.  Marchi 
de  Venetiis^fuitde  Tergeste  capto  amo* 
strisi  38o.  Scematoli  popolo  per  le  guer- 
re continue,  depauperata  la  città,  inutile 
tornando  il  valore  contro  la  preponderai!» 
za  de' veneti,  inetti  i  patriarchi  d'Aquileia 
a  difenderla,  insufficienti  i  conti  di  Gori- 
zia, deliberava  Trieste  neh 382,  mentre 


T  R  ! 

era  stretta  d'assedioda'veneti,  ili  pnrfìne 
:i  faille  incertezze,  e  di  darsi  a  padrone 
saggio  e  potente.  L'autorità  del  patriar- 
ca d'Aquileia  era  ormai  pressoché  nulla, 
tulle  le  città  marittime  dell'Istria  erausi 
date  a' vene  ti  dal  i  7.67  al  1  33  i;la  più  par- 
te dell'interno  della  provincia  era  deVon- 
ti  d'Istria,  che  a  stento  difendevansi  con- 
tro il  Leone  alato  veneto;  i  possedimenti 
del  patriarca  nell'Istria  erano  meschini. 
Ad  onta  della  pace  ili  Torino,  per  la  qua- 
le  doveano  nhhandonar  Trieste,  i  vene- 
ti non  avrebbero  rinunciato  al  desiderio 
di  tenere  le  spiagge  tulle  dell'Adriatico, 
l'acque  del  quale  erano  di  loro,  sia  che  li 
spingesse  intemperanza  di  dominio,  o  co- 
me dicevano,  li  persuadesse  necessità  di 
tenere  il  golfo.  Estinta  la  linea  de' conti 
d'Istria,  alfine  a  quella  de'conti  di  Gori- 
zia, vi  succedevano  nel  t  3y4  Per  pa,,°  di 
famiglia  i  duchi  d'Austria,  adini  essi  pu- 
re de'conti  istriani:  la  contea  del  Carso, 
già  prima  da  questi  posseduta,  era  conter- 
mine al  territorio  di  Trieste,  e  potenti 
principi  erano  gli  austriaci,  e  di  bella  fama 
per  valore  nell'armi  e  per  lenità.  Fino  «la 
remoti  tempi  aveano  deliberalo  i  triesti- 
ni di  dar  la  preferenza  a'conti  del  Carso 
nella  carica  di  podestà  che  annualmente 
eleggevano,  e  non  malgi  aditi  erano  alla 
casa  d'Abshurg,  poiché  la  città  di  Trieste 
eia  stata  madrina  ad  Elisabetta  poi  spo- 
sa d'Alberto  figlio  di  Rodolfo  Id'Absburg 
imperatore  e  progenitore  di  casa  d'Au- 
stria. Neh365  avea  Trieste  alzato  ban- 
diera austriaca,  ma  presa  la  città  a  forza 
da'vi  neli  e  stornalo  per  allora  il  divisa- 
mene), si  die  in  sudditanza  a  Leopoldo 
il  Lodevole  duca  d'Austria,  il  quale  nel 
j  382  benignamente  |'accolse,e  rinnovan- 
do que'buoni  diritti  che  i  predecessori  di 
lui  ebbero  dal  voto  di  Trieste,  accolse  in 
perpetuo  patrocinio  e  dominio  la  troppo 
travagliata  città.  Nello  slesso  anno  inviò 
per  recapitano  in  Trieste  l'austriaco  con- 
te Ugone  di  Duino  ,  che  alzò  il  glorioso 
vessillo  d'A  ustria  sulle  torri  dell'antica  co- 
lonia romana;  tuttora  vi  è  spiegalo,  e  da 


T  R  I 


247 


questo  porto  propagalo  alle  regioni  estre- 
me del  globo. 

A  Leopoldo  neh  386  successeli  duca 
Alberto  III, a  questi  ne|i4o6  il  duca  Er- 
nesto, che  nel  1  ^1 1  visitò  Trieste,  e  dopo 
di  lui  Federico  V  ch'eresse  l'Austria  in 
arciducato,  e  divenuto  imperatore  Fede- 
rico III,  gl'imperatori  suoi  successori  fu- 
rono e  sono  sovrani  «li  Trieste.  Venula 
questa  in  dominio  dell'augusta  casa,  ben 
meglio  si  sarebbe  ristora  la  da'sofìerti  gua- 
sti, se  pienamente  avesse  potuto  profitta- 
re delle  benigne  concessioni  che  i  nuovi 
sovrani  le  davano  per  attivare  il  commer- 
cio; ma  i  veneti  leneano  chiusi  i  mari  e  pa- 
droni eranodel  commercioe  della  naviga- 
zione di  lutto  l'Adriatico,  per  modo  che  i 
privilegi  accordali  nella  Spagna  e  nel  re- 
gno di  Napoli  a'  mercanti  triestini  nel  se- 
colo X  V I,  tornarono  inutili  pressoché  del 
tutto;  la  navigazione  era  limitata  a  Vene- 
zia ed  Ancona,  il  movimento  commer- 
ciale alla  provincia  di  Carnio;  e  questo 
stesso,  sebbene  meschino  commercio  di 
terra,  distoglierlo  vulcano  i  veneti  per  ti- 
rarlo a  Capo  d'Istria,  per  cui  nuovi  di- 
spiacerle nuove  guerre,  nelle  quali  Trie- 
ste tenne  farle,  e  meritò  nel  1 1\(\[\  da  Fe- 
derico 1 1 1  l'armeggio  ossia  lo  stemma  au- 
striaco, di  cui  oggi  ancora  fa  uso  in  luogo 
della  Lancia,  che  fu  l'aulica  impresa  di 
Trieste,  e  da  tulli  i  regnanti  la  lode  di 
Fedelissima  e  ben  meritala.  Dopo  aver 
Trieste  veduto  neh 470  compita  la  for- 
tezza cominciata  da'veneti,e  rifatte  le  mu- 
ra, e  dopo  aver  veduto  i  turchi  scorrei  e 
il  Carso,  nel  1  5o8  dalla  repubblica  di  Ve- 
nezia si  vide  nuovamente  invasa,  pero- 
pera  de'generali  Contarmi  e  Cornalo,  e 
governata  da  Alvise  Zeno  e  Francesco 
Cappello  militarmente  e  per  pochi  mesi. 
In  questi  però  fu  laglieggiala  con  rigore, 
multala  di  1  5, 000  ducali,  e  poi  spogliata 
di  antichi  monumenti  che  furono  trasfe- 
riti a  Venezia.  In  quella  memorabile  epo- 
ca, Venezia  per  intemperanza  di  domi 
nio  in  terraferma,  occupate  ancora  la  con 
tea  diGorizia  e  alcune  ci  (là  pontifìcie,  vide 


a48  T  R  I 

collega  rsi  in  Cambray  tanln  parte  d'Eu- 
ropa per  frenarla.  Dopo  ricuperala  la  li- 
bertà,! triestini  furono  nel  i  5i  raffiliti  dal- 
l'orribile terremoto,  che  abbattè  le  mu- 
ra e  le  torri;  altri  infortmiii  furono  la  sud- 
eletta  peste  del  i  600  con  grande  strage, 
l'incendio  nel  1 600  del  pubblico  palazzo, 
tosto  ricostruito,  e  l'assedio  inutilmente 
tentalo  da' francesi  nel  1702.  Nel  tempo 
corso  fra  la  fortunata  dedizione  all' Au- 
stria, e  l'era  novella  a'tempi  di  Carlo  VI, 
Trieste  salì  e  ricadde,  acquistò  Castel- 
nuovo, ed  avea  l'animo  di  ricuperare  l'an- 
tico territorio;  ma  perde  S.  Servolo  con- 
tro i  veneti,  perde  altre  e  BPM  poche  vil- 
le, che  non  più  furono  a  lei  riunite.  La 
condizione  economica  della  città  andava 
col  progredire  de'  tempi  scadendo  per 
sempre  maggiori  stretlezze,e  sensibilmen- 
te diminuita  negli  abitanti.  Piccolo  il  ter- 
ritorio e  per  buona  parte  non  suscettibi- 
le di  coltura,  in  niun  conlatto  trovatasi 
colla  conica  di  Gorizia,  la  quale  andava 
iTiigliorandoagricoltura, industria  e  com- 
mercio; in  niun  contallo  coli' Istria  au- 
striaca,perchè  la  veneta  frapponevasi,e  fa- 
cevano capo  quelle  popolazioni  ad  allro 
porto  di  mare;  in  niun  contatto  coli'  I- 
stria  veneta,  perchè  d'altra  sovranità;  in 
pochissimo  contatto  colla  Carniola,  per- 
chè chiuso  il  mare,  e  perchè  Duino  con- 
sideravasi  porto  di  quella  provincia,  sic- 
comea  lei  pergovernounitodopoil  1  5oo; 
porto  della  Carniola  era  Fiume  da  quel- 
la provincia  dipendente.  Triesle  piena  di 
fiducia  nell'  amorevolezza  e  protezione 
che  le  accordavano  i  suoi  sovrani,  a  loro 
si  rivolse,  prima  a  Leopoldo  1  che  fu  a 
Triesle, e  poi  al  figlio  Giuseppe  I  che  bre- 
ve impero  ebbe,  al  cui  fratello  Carlo  VI 
era  riservato  di  mandar  ad  esecuzione 
quello  che  forse  fu  desiderio  del  padre,  e 
clie  le  circostanze  non  gli  permisero  ese- 
guire. Trieste  gli  avea  chiesto  di  poter  in 
prò  delle  provincie  ereditarie  adoperare 
que'mezzi  di  che  Dio  l'avea  fornitaci  po- 
ter alzarsi  ad  emporio,  purché  il  mare  le 
fosse  dischiuso,  e  per  eccezioni  e  privilegi 


T  P,  l 
le  fosse  dato  di  supplire a'difetti  natura- 
li. Carlo  VI  deciso  d'aprire  alle  sue  pro- 
vincie tedesche  un  porto  di  mare,  che  i 
commerci  creasse  piuttosto  che  avvivas- 
se, pose  mente  a  questi  suoi  litorali,  e 
volle  Affrancarsi  dalle  venete  restrizio- 
ni. Pendeva  il  giudizio  fra  Aquileia  che 
voleva  richiamarsi  all'aulico  splendore, 
ma  vi  ostavano  1'  isola  di  Grado  e  le  la- 
gune in  dominio  de' veneti  ;  e  fra  Fiume, 
Segna  e  Carlobago,  ma  a  giungervi  con- 
veniva passare  sotto  il  veneto  cannone 
dell'isole  di  Veglia,  di  Cherso  e  del  lito- 
rale istriano:  fu  data  la  preferenza  a  Trie- 
ste perchè  aperto  il  mare,  e  l'imperatore 
si  propose  di  farlo  libero,  come  lo  di  ven- 
ne per  la  fermezza  mostrata,  eia  quale 
non  poterono  declinare  le  solenni  e  ap- 
posite ambascerie.  Nel  17  17  Trieste,  in 
preferenza  d'Aquileia  e  di  Fiume,  fu  di- 
chiarato porto-franco,  ammessi  gli  este- 
ri al  traffico,  concesse  immunità,  sollievo 
di  tributi  e  di  tasse;  di  più  accordò  la  fie- 
ra privilegiala  di  s.  Lorenzo, ed  alla  com- 
pagnia orientale  di  Vienna  concesse  lar- 
ghe preroga  ti  ve  e  ampi  privilegi, emanan- 
do pure  leggi  cambiarie.  Piccatosi  Carlo 
VI  a' io  settembre  1728  in  Triesle,  so- 
lennemente proclamò  che  la  navigazio- 
ne per  I'  Adriatico  dovea  esser  libera  a 
questi  suoi  stati,  ad  onta  delle  proteste 
de' veneziani,  e  lo  fu  poi  sotto  la  figlia  Ma- 
ria Teresa  nel  1  75o, per  quanto  dessa  0- 
però  e  celebrai  di  sopra.  Cessata  la  com- 
pagnia orientale,  nel  1  742  i  greci  comin- 
ciarono a  frequentare  il  porto,  conceden- 
dosi ad  essi  e  agli  altri  stranieri  tolle- 
ranza e  libero  culto;  poscia  essendo  nel 
1747  a'  capitani  succeduti  i  presidenti, 
ed  a  questi  nel  1776  i  governatori.  Du- 
ratile 1'  impero  di  Maria  Teresa  comin- 
ciarono navigli  con  bandiera  austriaca 
a  solcar  mari  non  pria  conosciuti,  e  ves- 
silli stranieri  ignorali  frequentare  assi- 
duamente il  porto,  quasi  recantisi  a  fie- 
ra continua, mutui  commerci  avviarsi,  e 
consoli  austriaci  inviati  in  porti  forestie- 
ri, consoli  foraslieri  accogliersi  in  Tric- 


T  |  I 
ste,  e  nominare  essa  medesima  un  con- 
sole alla  nazione  greca,  che  tanto  in  al- 
lora dalla  Turchia  non  poteva  esigersi, 
oc  sperarsi.  Maria  Teresa  concluse  trat- 
tali di  pace  e  di  commercio  colla  Por- 
ta ottomana  e  colle  potenze  di  Barba- 
ria,  istituì  il  capitanato  del  porto,  re- 
golò i  sensali,  creò  la  borsa  mercantile, 
die  regolamenti  sanitari,  dettò  leggi  pe' 
fallili,  per  la  giurisdizione  e  procedura  io 
all'ari  mercantili,  per  le  cose  di  cambio  e 
di  commercio,  per  le  le  dogane,  pe'tran- 
si ti  colla  Lombardia  e  colle  Fiandre.  M. 
Teresa  potè  veramenledirsi  madrea'frie- 
ste,  e  meritare  che  la  sua  città  novella  si 
fregiasse  del  suo  celebre  nome.  Il  figlio 
Giuseppe  11  seguì  le  massime  della  gran 
madre,  volle  accrescere  l'ambito  di  sua 
attività;  per  cui  sembrandogli  troppo  ri- 
stretto il  Mediterraneo  che  i  navigli  au- 
striaci frequentavano,  e  troppo  locale  il 
commercio  del  Levante,  fu  volto  il  pen- 
siero alla  Cina  e  alle  Indie,  e  quindi  pro- 
vincie  discoste  dall'Adriatico  si  videro  in- 
dirizzale per  I'  esportazioni  a  Trieste,  a 
cui  nel  1783  fu  unita  la  conica  di  Gori- 
zia. Giuseppe  11  visitò  Trieste  nel  1784, 
ed  il  fratello  Leopoldo  li  fece  il  simile  nel 
1  790,  il  figlio  del  quale  Francesco  1  nel 
1796  aggiunse  alla  cillà  il  rione  del  suo 
nome,  ed  a  cui  la  città  eresse  a  suo  onore 
un  obelisco  sulla  sommilàdel  monte  Op- 
cina  o  Opchiena.  Per  la  rivoluzione  e  re- 
pubblica di  Francia,  nel  1  797  ebbe  luo- 
go la  guerra  d' Italia  ;  dopo  l'assedio  di 
Mantova,  e  della  battaglia  al  Taglia- 
mene, il  general  di  brigala  Gioacchino 
Min  al  a'i3  marzo  enlrò  in  Trieste,  e  la 
occupò  per  la  repubblica  francese;  per 
memoria  della  quale  presa  fu  coniata  me- 
daglia. Indi  a'29  aprile  il  generale  in  ca- 
po Napoleone  Bonaparte  enlrò  in  Trie- 
ste, e  vi  m  fermò  24  ore-  Seguì  quindi  la 
taglia  di  2,Goo,ooo  lire  tornesi,  e  la  ve- 
nula in  Trieste  del  general  Bernadotle. 
Poco  dopo  a'  24  maggio  vi  rientrarono 
gli  austriaci.  Nel  17988*24  luglio  il  gran 
maestro  dell'ordine  Gerosolimitano  fr. 
vol.  ixxx. 


T  R I  a4g 

Ferdinando  barone  d'Hompesch, caccia - 
toda'francesi  da  MaUar%\  recò  a  Trieste; 
dove  nel  1799  vi  giunsero  pure  le  prin- 
cipesse reali  di  Francia  M."  AdelaideClo- 
tilde  e  Vittoria  Luisa,  zie  di  Luigi  XVI, 
di  Luigi  XVIII  e  di  Carlo  X,  e  moren- 
dovi nel  1  800  furono  temporaneamente 
depositate  le  loro  salme  nella  cattedrale, 
donde  nel  1  8  1 4 si  trasportarono  in  Fran- 
cia, come  narrai  in  principio.  Nello  stes- 
so 1800  arrivò  in  Trieste  la  regina  delle 
due  Sicilie  Carolina  d'Austria.  Neli8o5 
seguì  l'armamento  della  guardia  civica 
e  la  benedizione  delle  bandiere;  ma  il  ge- 
neral Solignac  in  nome  del  maresciallo 
Massena,  prese  Trieste  per  Napoleone  I 
imperatore  de'francesi,  la  fece  presidiare 
da  compagnie  di  mori  americani, indi  sog- 
giacque Trieste  alla  taglia  di  4  milioni, 
e  vide  successivamente  nelle  sue  mura 
Marmont,  Massena  e  Serras.  Nel  1806  vi 
rientrarono  gli  austriaci,  dopo  3  mesi  di 
assenza;  e  nel  1808  ordinarono  l'arma- 
mento di  dm;  battaglioni  provinciali,  l'u- 
no di  cittadini  comandato  dal  conte  P. 
Biigido,  l'altro  di  villici  comandalo  dal 
conte  R.  della  Torre.  Nel  1  809  i  triestini 
recaronsi  all'assedio  di  Capo  d'  Istria  ed 
a  quello  di  Palma,  e  nella  giornata  di  Pre- 
ìvald  i  battaglioni  provinciali  pugnaro- 
no valorosamente,  sebbene  con  sorte  av- 
versa. Trieste  presa  di  nuovo  dall'armi 
francesi  guidate  dal  general  Schitt,  fu  ta* 
glieggiata  di  5o  milioni, e  pel  blocco  con- 
tinentale cessò  da'lrallici.  Passata  in  do- 
minio dell'impero  francese,  fu  incorpo- 
rala alle  provincie  illiriche;  ed  il  gene- 
rale degl'insorgenti  Montechiaro,  preso 
colle  armi  in  mano, fu  con  altri  8  condan- 
nato alla  fucilazione.  Trieste  fu  successi* 
vamenle  governata  da'francesi  Marmont 
duca  di  Raglisi,  conte  Bertrand,  Junot 
duca  d'  Abrantès  e  Fouché  duca  d'O- 
tranto. Nel  governo  francese  di  Napoleo- 
ne I,  nel  1  8  1  o  fu  istituito  il  liceo  e  il  gin- 
nasio, ebbe  luogo  la  recluta  o  coscrizio- 
ne, il  transito  de' conti  dal  Levante  per 
la  Francia,  I'  Entrepòt  reale,  la  società 
1  ? 


7.  hì  T  n  I  T  A  I 

della  Minerva:  nel  181  f  si  fondò  il  col-  lincile,  ebbe  la  lìdia  enormelaglia  di  So 
legio  imperiale  di  educazione;  il  laz.zarcl-  milioni,  e  col  frullo  «li  pressoché  i  oo  au- 
to s.  Teresa  fu  dichiaralo  arsenale  e  visi  ni  ci'  operosi»  à  e  di  travaglio,  vide  tolie 
costruirono  un  vascello  e  due  fregate,  e  lolle  le  leggi  che  regolavano  il  suo  rom- 
venne  fallo  il  passeggio  dell'Acquedotto:  inercio,  ed  alle  quali  flanelle  la  sua  esi- 
lici 181?.  si  pubblicarono  le  leggi  fran-  sten/a;  la  condizione  sua  equiparala  a 
cesi,  si  attivò  la  municipali!;!,  e  si  fece  il  quella  delle  aldo  cillà.  E  tosto  Trieste  al 
passeggio  di  s.  Andrea:  neli8i3  fu  ac-  l'antico  sialo  ritornava  ;  cremato  il  nu- 
cordalo  il  porto-fianco,  il  colonnello  Ra-  mero  degli  ahitanti,clie  altri  cieli  cerca - 
bié  assunse  il  comando  della  fortezza  e  vano,  deserte  le  vie,  ozioso  il  porlo,  uni- 
dichiarò  la  città  in  fatato  d'assedio;  indi  ca  attività  rimase  il  commercio  di  terra, 
a'  i  6  ollohre  fu  impreso  l'assedio  di  Trie-  che  da  Salonicco  ossiaTcssalonica  faceva 
sle  dagli  austriaci,  inglesi  e  siciliani,  che  si  per  Costa nizza  nella  Croazia,  ma  pie. 
per  i  e)  giorni  circa  la  bombardarono  in  culo  ancor  questo  e  di  vantaggio  a  pochi 
modo  che  le  palle  impresse  in  varie  case  individui.  Negli  ultimi  momenti  dì  quel 
fanno  teslimonianza  della  forte  resisten-  governo  straniero  si  decretava  la  resti- 
z.a  del  castello,  finché  n'i5  ottobre  si  rese  lozione  del  porto-franco,  ma  fu  tardo  <: 
agli  alleali,  cioè  al  prode  conte  Nngent  inolile  provvedimento, perchè  facile  ere 
generale  austriaco  e  alla  squadra  britan  pontino  si  è  i!  distruggere,  difficile  e  lento 
na  che  mai  avea  cessato  di  mandar  sul  il  creare.  Ritornata  sulla  fine  «lei  i8f3 
castelloreilerale  bombe, rilornandoTrie-  Trieste  all' aulico  signore,  senza  avere 
sle  al  dominio  dell'imperatore  d'Austria  ad  altri  giurata  fede,  perchè  lo  stesso  ne- 
Francesco  I.  Ad  onta  che  le  occiipazio-  mico  ebbe  in  grandissimo  pregio  la  le- 
ni nemiche  del  1797  e  deh8o5  furono  della  de'triestini  all'augusti)  casa  d'  Au- 
funesle  per  le  taglie  di  guerra  esorbitali-  stria,  e  facendone  encomio  come  argo- 
li,  e  per  gl'inlerrotii  1 1*0  (bri,  le  guerre  ed  mento  d'ubbidienza,  dispensò  da  ungiti- 
i  rivolgimenti  in  cui  tutta  Europa  fu  in-  ramento.cheo  non  si  sarebbe  prestatocela 
volta  non  tornarono  a  Trieste  pregindi-  forza  col  labbro  sol  tanto.  Pei*  I»  quale  fede 
zievoli,  perchè  negli  anni  ne'epiali  l'An-  temila  anche  nelle  sventure  e  sotto  st  ra- 
sino si  lentie  in  pace,  fu  imo  de'pochi  por-  mero  dominio,  Francesco  1  impartì  alla 
li  al  quale  la  navigazione  fosse  libera, al-  città  il  titolo  solenne  di  Fedelissima,*  le 
leala  come  sempre  [\\  l'Austria  dell'In-  restituì  le  auliche  franchigie,  all'ombra 
ghillerrn.  Sciolta  nel  1797  la  possente  e  delle  quali  crebbe  a  quel  punto  in  che  à 
nobilissima  repubblica  di  Venezia,  dessa  giunta  fra  le  oscilla/ioni  inseparabili  dal- 
con  l'Istria,  la  Dalmazia  e  le  Rocche  ili  le  mercantili  imprese,  scmpicalliva.sem- 
Cotlaro  divennero  austriache;  il  nume-  pre  coraggiosa,  sempre  fedele  e  di  vota  ai- 
roso  navilio  de'Lnssini,  quello  delle  Roc-  l'angusta  casa,  alla  (piale  la  sua  ileo  idez- 
diedi  Cattalo,  ebbero  col  navilio  di  Trie-  za  è  dovuto, la  (piale  sollogli  auspicò  del 
sle  comune  il  vessillo,  e  vennero  ad  au-  regnante  imperatore  Francesco  C/msep- 
nientarle.  E  sebbene  neh8o5  le  novelle  pe  è  in  via  d'ulteriore  e  splendido  incre- 
provinciedi  mare  andassero  perdule,pu-  melilo. 

re  la  via  ero  nota  e  calcata,  e  l'anno  1  809  Dirò  per  ultimo,  come  di  recente  Trie- 
segnava  il  massimo  stadio  della  prospe-  sle  ebbe  il  tristo  onore  di  ricoverare  deli- 
rila ed  attività  di  Trieste,  il  ili  cui  nome  tro  le  sue  mura,  di  albergare  per  piò  au- 
notisMiiio  si  era  nel  vecchio  e  nel  nuovo  ni,  e  di  raccogliere  le  cenci  i  illustri  d'u- 
niondo  ;  ma  questo  medesimo  anno  do*  na  delle  tante  vittime  degli  sconvolgi 
■vea  segnare  epoca  infausta.  Ceduta  alla  menti  politici,  di  coi  va  Cotanto  prodiga 
Francia  e  incorporala  alle  provincia  il-  la  nostra  infelice  età.  Intèndo  parlare  del 


t  r  i 

magnanimo,  leale,  virtuoso  e  sventurato 

d.  Culo  infante  di  Spagna,  ossia  Carlo  V 
re  di  Spagna,  per  quanto  narrai  in  quel- 
1'  articolo  e  negli  altri  relativi.  Nato  per 
onorare  il  trono  colle  sue  distinte  qualità, 
a  cui  per  diritto  legittimo  stabilito  era 
destinatOjCome  hanno  pure  provato  scrit- 
ti luminosissimi,  ed  io  in  breve  riportai 
a  Spagna;  diritto  che  a  suo  pregiudizio 
alterato,  gli  fu  contrastato  dal  prevalente 
spii  ito  rivoluzionario,  nemico  delle  legit- 
time successioni  alle  corone,  come  si  espri- 
mono i  detti  scritti  stampati, e  dal  più  ri» 
provevole  decadimenti  che  registrò  la 
storia.  Fu  inoltre  lo  stesso  spirito  rivolu- 
zionario, che  sagrificò  Carlo  V  quale  e- 
roico  campione,  che  rappresentò  ne'uo- 
sti  i  deplorabili  tempi  il  principio  religio- 
so e  monarchico,  la  legittimità  de'troni, 
ed  insieme  di  porre  miseramente  a  soq- 
quadro la  disgraziata, cattolica  e  nobilissi- 
ma Spagna,  massime  con  tutto  l'operato 
subito  dopo  la  pubblicazione  del  mio  ar- 
ticolo, e  deplorato  altamente  dal  Papa 
Pio  IX, principalmente  nel  concistoro  ile 
26  luglio  1 855 coll'allocuzione:  Nemove- 
strum  ignorat,  di  die  trattai  a  Toledo  in 
uno  all'allocuzione,  mentre  a  Valenza  fa- 
rò parola  della  recentemente  vinta  terri- 
bile rivoluzione  nel  luglio  1  856.  A  com- 
piere il  riferito  a  Spagna  sullo  sfortunato 
principe,qui  aggiungerò:  Che  inaugurala 
la  guerra  de'7  anni,  dopo  la  morte  del  re 
Ferdinando  VII,dall'encomiato  d.  Carlo 
suo  fratello  e  legale  successore,  e  sostenu- 
ta vigorosamente  per  rivendicare  i  suoi 
incontrovertibili  dititti  principalmente 
dalle  fedeli  provincie  del  nord  della  mo- 
narchia, vale  a  dire  dalla  Navarra,  dalle 
provincie  Basche,  dalla  Catalogna,  Ara- 
gona, Valenza, Casliglia,ec,  il  re  in  mez- 
zo a'  suoi  prodi  difensori  e  alle  abnega- 
zioni die  molte  prove  di  principe  caval- 
leresco e  valoroso;  ma  per  la  lotta  disu- 
guale terminata  pel  novello  Giuda,  Car- 
lo V  soggiacque  alla  prigionia  di  Bour- 
ges,  nella  quale  nobilmente  depose  la  co- 
rona di  Spagna,  e  la  collocò  degnamente 


T   RI  2  W 

sulla  testa  del  saggio  primogenito  1'  in- 
fante d.  Carlo-Luigi,  che  assunse  il  no- 
me di  Carlo  VI  e  di  conte  di  Montino- 
li!). Dopo  la  sua  abdicazione  il  re  d.  Car- 
lo, ricuperata  la  libertà,  col  titolo  di  con- 
te di   Molina  andò  a  stabilirsi  a  Genova, 
ove  gli  onori  e  le  premurose  sollecitudi- 
ni del  re  di  Sardegna  Carlo  Alberto  gli 
procurarono  i  conforti  e  le  consolazioni 
di  cui  tanto  abbisognava. Quella  ospitale 
re.-ddenza  non  dovea  prolungarsi  pe'cam- 
bia menti  politici;  laonde  gli  furono  aper- 
ti per  amichevole  soggiorno  gli  stali  au- 
striaci; Trieste,  e  per  qualche  tempo  Ve- 
nezia,furono  scelti  per  fissarti  una  dimo- 
ra, che  riguardo  alla  prima  delle  nomi- 
nate città  dovea  essere  per  l'afflitto  mo- 
narca il  teatro  ile'  suoi  ultimi  dolori  e  I.» 
tomba  provvisoria  dove  riposa  la  sua  spo- 
glia  mortale.  Gli  spaglinoli  che  hanno 
fede  nel  trionfo  della  causa  della  giusti- 
zia,  chiamano  Trieste  tomba  provviso- 
ria del  loro  illustre  re  Carlo  V  (come  In 
era  stata  quella  delle  sue  reali  e  illustri 
parenti  RI."  Adelaide  Clotilde  e  Vittoria 
Luisa  di  Borbone  permanili,  tumulale 
nella  stessa  cattedrale)  nella  speranza  che 
vena  giorno  in  cui  la  nobile  patria  del- 
l'augusto defunto  potrà  rendergli  il  tri- 
buto di  lagrime  e  di  onore  che  merita  , 
giacché  non  le  fu  dato  offrirgli  nella  splen- 
dida reggia  che  lo  vide  nascerceli  omag- 
gi di  rispetto  e  di  venerazione  di  cui  e- 
ra  sì  degno.  Mentre  d.  Carlo  soggiornava 
in  Trieste,  nel  dicembre  1  84q  fu  colpito 
da  un  attacco  di  parafisi  al  lato  destro, 
lasciandogli  però  libera  la  testa.  Le  cure 
indefesse  del  suo  medico  d.r  Cardona,  e 
il  metodo  di  vita  inalterabile  dell'infermo, 
fecero  sì  che  il  male  non  progredisse;  ma 
sul  cominciar  deli  855  peggiorò  lo  stato 
del  principe,  e  nel  febbraio  s'aggiunse  l'i- 
nappetenza,la  quale  arrivò  a  tal  segno  che 
lo  stomaco  ricusava  ogni  alimento,  per  es- 
sersi a  quell'organo  estesa  la  paralisi. Pro- 
cedendo il  languore  e  giunta  la  sua  vita  in 
grave  pericolo,divotamenlesi  confessò  da 
d.  Pietro  Barrerà  Raton  suo  confessore,  e 


25?.  TRI 

riceve  con  pio  fervore  il  ss.Viaticodal  ve- 
scovo tli  Trieste  mg.r  Legat, accompagna- 
lo da  solenne  processione  e  dal  governa- 
tore della  ciltà  barone  Pascolini,  ed  in- 
contralo a  pie  delle  scale  dalla  moglie  di 
d.  Carlo,  la  regina  M."  Teresa  di  Bragan- 
za,  e  dal  figlio  l'infante  d.  Ferdinando  con 
torcie  accese.  Questi  due  personaggi  iu  sì 
supremi  momenti,  insieme  a  d.  Giusep- 
pe Villavicencio  conte  della  Costanza,  al 
medico  e  ad  altri  della  corte,  prodigaro- 
no al  principe  aggravalo  tutte  quelle  con- 
solazioni ch'erano  in  loro  potere.  Aumen- 
tandosi rapidamente  il  male,  gli  fu  am- 
ministrata l'estrema  unzione  in  presenza 
di  tutta  la  famiglia,  che  prostrata  a  pie 
di  quel  letto  di  morte  pregava  Dio  per  l'a- 
gonizzante sposo,  padre  e  signore.  Reci- 
tatesi le  commoventi  preghiere  pe'  mo- 
ribondi, dal  re  ripetute  a  voce  sommessa, 
questi  conservandosi  calmo  e  tranquillo, 
gli  altri  e  specialmente  la  regina  e  l' in- 
fante si  struggevano  in  lagrime.  La  regi- 
na genuflessa  baciò  la  mano  dell'amato 
consorte,  e  ne  ricevè  l'ultimo  addio.  In- 
ginocchiatosi il  figlio  domandò  al  diletto 
padre  la  sua  estrema  benedizione,  il  qua- 
Je  profondamente  intenerito  l'impartì  sul 
suo  capo,  ed  estensiva  a'figli  assenti,  già 
per  via  comechè  avvisati  del  pericolo  del 
genitore.  Finalmente  tra'  conforti  della 
religione,  a  ore  9  e  mezza  de' io  marzo 
1 855,  nell'età  di  67  anni  meno  2  \  gior- 
ni, rese  la  sua  bell'anima  al  Creatore.  La 
regina  con  mirabile  slancio  abbracciò  l'e- 
stinto sposo,  e  coprì  e  bagnò  Usuo  volto 
di  baci  e  di  pianto  copioso;  altrettanto  fe- 
ce lo  sconsolato  figlio:  indi  ritiratisi  am- 
bedue ne'loro  appartamenti,  diedero  sfo- 
go al  giusto  dolore,  dividendone  la  fami- 
glia di  corte  1'  angoscie.  Queste  non  im- 
pcdironoalla  regina  nella  fortezza  del  suo 
animo  di  rivolgersi  ad  essa,  dichiarando- 
le con  generose  parole:  Se  avete  perduto 
un  padre,  ecco  una  madre  che  dividerà 
con  voi  quel  tozzo  di  pane,  che  la  divina 
Provvidenza  vorrà  conservarle.  Ed  allo- 
ra i  gentiluomini  di  camera  d.  Villaviceu- 


TR  I 

ciò,  d.  Guillen,  d.  Teijeiro  e  d.  Florez , 
promisero  alla  regina,  che  ne'  7  giorni  iu 
cui  il  regio  cadavere  fosse  restato  sopra 
terra  giammai  l'avrebbero  abbandonato, 
siccome  fedelmente  eseguirono.  L'infau- 
sta notizia  per  telegrafo  fu  notificata  al- 
l'imperatore Francesco  Giuseppe,  e  a  di- 
versi principi  d'Europa,  e  celeremente  ne 
riportò  le  loto  condoglianze  agli  afflitti 
sposa  e  figlio.  Collo  stesso  mezzo  si  pie- 
gò il  granduca  di  Toscana  di  partecipa- 
re la  pianta  perdita  agli  augusti  parenti 
di  Napoli,  al  re  Carlo  VI  figlio  del  defun- 
to, e  all'infante  d.  Sebastiano  figlio  della 
regina,  i  quali  partili  da  quella  città  per 
Trieste  doveano  passare  per  Firenze.  E- 
guale  avviso  si  fece  pervenire  all'infante 
d.  Giovanni  dimorante  in  Londra  (del  cui 
reale  matrimonio  celebrato  in  Modena  e 
festeggiato  con  Tonico,  a  quest'articolo 
ne  riparlai). Frattanto  si  celebrarono  mes- 
se di  requiem  in  tutte  le  chiese  della  cit- 
tà; e  36  ore  dopo  la  morte  del  re  ne  fu 
imbalsamato  il  corpo  per  iniezione  col  si- 
stema di  Ganal,  colla  semplice  apertura 
della  carotide  sinistra,  in  presenza  de'ri- 
cordati  gentiluomini  e  del  segretario  re- 
gio d.  Domenico  de  Azeoaga,  e  poi  fu  ve- 
stito da  maresciallo  colle  insegne  del  to- 
son  d'oro,  e  delle  graucroci  di  Carlo  III 
e  di  s.  Ermenegildo.  Tutta  la  servitù  per 
1'  ultima  volta  baciò  la  mano  all'  estinto 
signore,  e  con  torcie  ne  accompagnò  la 
salma  nel  gran  salone  di  sua  abitazione, 
ridotto  a  cappella  mortuaria  ,  parata  a 
lutto  cogli  stemmi  di  Spagna.  Ivi  tra  due 
altari,  ove  senz'interruzione  celebrossi  il 
s.  Sagrifizio,  restò  esposto  su  alto  letto  im- 
periale, sovrastato  da  baldacchino,  cir- 
condato da  12  torcie,  oltre  i  6  cerei  late- 
rali al  Crocefisso  ch'elle  alla  testata  del 
letto,  e  vicino  fu  collocata  la  corona  reale 
sopra  un  cuscino  di  seta  bianca.  Oltre  il 
gentiluomo  di  guardia  guarnì  i'  ingres- 
so della  cappella  una  guardia  d'onore  di 
granatieri  imperiali  inviala  dal  governa- 
tore militare  barone  di  Mertens.  Gran- 
de e  riverente  fu  il  concorso  d'ogni  celo 


TR  I 

di  persone  per  vedere  il  defunto  re,  come 
da  lutti  veniva  chiamato;  ed  ogni  giorno 
io  preti  unitisi  a'due  regi  cappellani  can- 
tarono solennemente  il  vespero  de'defun- 
ti.  L'infante  ci.  Ferdinando  edificò  lutti 
con  l'amore  filiale,  imperocché  in  tutte 
le  notti  recossi  a  pie  del  catafalco  a  pian- 
gere il  genitore,  ed  in  ogni  mattina  a  pre- 
gare riposo  alla  sua  anima  nelle  messe. 
JN'ella  mattina  del  \i  il  barone  di  Merlens 
in  gran  tenuta  recossi  in  nome  dell' im- 
peratore d'Austria  a  presentare  alla  ve- 
dova regina  e  a  tutta  la  real  famiglia  le 
bue  condoglianze,  ed  a  mettersi  alla  sua 
disposizione.  In  fatti  nulla  fu  oinmesso  da 
lattigli  ossequi  e  d'onori  verso  il  defunto, 
e  di  delicati  riguardi  e  consolazioni  pe'su- 
perstiti  regi  parenti  ;  e  l'arciduca  Ferdi- 
nando fi  atollo  dell'imperatore,  conlra  ai- 
mirante  e  comandante  in  capo  della  ma- 
rina imperiale  residente  a  Trieste  ,  seb- 
bene assente  ,  deputò  il  suo  aiutante  di 
campo  conte  Hadik  a  recarsi  da  Vene- 
zia a  Trieste,  non  che  inviò  da  Vienna 
il  conte  Miehicli  con  lettera  onde  com- 
plimentare la  vedova  regina.  Ili.°  di  tali 
signori,  come  pratico  del  paese,  dietro  in- 
vilo del  conte  della  Costanza,  assunse  l'in- 
carico di  dirigere  i  funerali,  con  appro- 
vazione della  regina.  A'  1 5  il  telegrafo  an- 
nunziò il  prossimo  arrivo  di  Carlo  VI  con 
l'infante  d.  Sebastiano,  ed  eziandio  del- 
l'infante d.  Giovanni.  Questi  giunto,  po- 
co dopo  arrivò  pure  da  Londra  il  cele- 
bre general  Cabrerà  conte  di  Morella  col- 
la sua  sposa.  Un'ora  dopo  il  meriggio  fe- 
cero il  loro  ingresso  in  Trieste  Carlo  VI 
cond.  Sebastiano. Indi  ebbero  luogo  scene 
strazianti  e  indescrivibili  nel  riunirsi  la  fa- 
miglia reale, perla  commozione  degli  af- 
fetti ,  mescendo  insieme  le  loro  lagrime 
in  deplorare  l'amara  perdita.  Quindi  suc- 
cesse un  cupoeloquentissimosilenzio, poi- 
ché il  comun  dolore  soffocava  le  parole. 
Questo  desolante  spettacolo  ruppe  l'in- 
fante d.  Sebastiano,  rivolgendo  alla  ma- 
dre parole  confortatrici  e  di  consolazio- 
ne, alle  quali  seguirono  quelle  rispettose 


T  R  I  253 

de'due  cappellani,  rammentando  la  pla- 
cida e  santa  morte  del  re,  e  la  dolce  spe- 
ranza che  già  una  gloria  imperitura  co- 
ronasse quella  vita  menata  pura  attraver- 
so di  tante  tribolazioni  che  l'aveano  tra- 
vagliata. 1 1  generalCabrera  da  prode,  con- 
servatosi tranquillo,  superando  la  piena 
de'senlimenti  che  lo  dominavano,  vinto 
finalmente  dalla  sciagura,  anch'egli  sciol- 
tosi in  lagrime,  volle  recarsi  a  pie  del  ca- 
tafalco, ed  ivi  sfogò  il  suodolorecol  pian- 
to e  con  pregare  Dio  pel  suo  amato  re  e 
caro  signore.  Il  vapore  che  recò  a  Trie- 
ste Carlo  VI,  vi  condusse  pure  Enrico  V 
di  Francia  ossia  il  contedi  Chambord,ac- 
compagnalodal  conte  d.  Ettore  Lucche- 
si-Palli (suo  padrigno  come  marito  della 
duchessa  di  Berry,  edora  fatto  dal  re  delle 
due  Sicilie  duca  della  Grazia),  dal  duca 
di  Levis,  e  dal  conte  Edmondo  di  s.  Mau- 
rizio: l'augusto  principe  si  presentò  a  con- 
dolersi colla  regina  e  cogli  altri  membri 
della  reale  famiglia.  Questa  visita  deli.0 
rappresentante  dell'eccelsa  stirpe  Borbo- 
nica,e  le  parole  di  conforto  che  le  porse  col- 
l'amabilità  e  la  schiettezza  del  suo  nobile 
carattere,  riuscirono  a'suoi  afflitti  parenti 
d'immensa  consolazione,  anche  per  la  sua 
aifeltuosa  offerta  di  presiedere  a'funerali 
iu  nome  della  reale  famiglia  spaguuola. 
Nella  sera  di  detto  giorno,  formalmente 
fu  deposta  la  regia  salma  in  una  cassa  di 
piombo  coti  coperchio  di  cristallo  onde 
potersi  vederla, ponendosi  al  capezzale  un' 
iscrizione  latina  incisa  sul  bronzoe  invol- 
ta in  tela  di  seta,  dentro  cassetta,  insie- 
me ad  uno  de'sigilli  usati  dal  defunto,  e 
ad  una  moneta  di  rame  coniata  in  Sego- 
via colla  effigie  dello  stesso  Carlo  V.  Sal- 
dato il  coperchio  della  cassa,  fu  sigillata 
col  sigillo  della  città  di  Trieste.   Poscia 
la  cassa  fu  racchiusa  in  altra  di  mogano 
nobilmente  ornata  e  fregiata  dell'armi 
di  Spagna,  e  fu  chiusa  con  due  chiavi, 
che  ritirarono  una  d.  Azeoaga,  V  altra  il 
coute  della  Costanza.  Nella  mattina  del 
i6seguì  il  solenne  trasporto  del  regio  ca- 
davere alla  cattedrale,  su  elegante  carro 


2>4  TRI 

funebre,  coperto  da  baldacchino  di  vel- 
loto  nero  sostenuto  da  4  colonne,  da  cui 
pendevano  gli  stemmi  di  Spagna,  essen- 
do il  lutto  sormontato  dalla  corona  reale. 
Era  tirato  il  carro  da  6  superbi  destrieri 
coperti  di  bardature  nere  e  condotti  da' 
palafrenieri  delPareiducaFerdinandoclie 
li  avea  forniti.  Sopra  il  feretro  si  collocò 
la  spada,  il  bastone  e  la  sciarpa  di  ma- 
resciallo, l'insegne  equestri  di  Carlo  III, 
e  la  corona  reale.  A'4  bili  pendevano  al- 
trettanti nastri,  che  portavano  i  gentil- 
uomini regi.  Lo  circondavano  con  torcie 
accese  e  vestiti  a  bruno,  i  servi  della  real 
.  asa  e  di  detto  arciduca,  e  4§  impiega- 
li pubblici  e  distinte  persone.  La  fante- 
ria austriaca  in  due  (ile  mantenne  l'or- 
dine della  lugubre  ceremonia.  Precede- 
vano il  carro  un  distaccamento  di  gen- 
darmi a  cavallo;  l'istituto de'poveri  o  casa 
di  Misericordia  della  città;  le  bande  mu- 
sicali de'  reggimenti  Hohenlobe  e  della 
marina  imperiale;  il  capitolo  cattedrale, 
il  clero  e  mg.'  vescovo.  Dietro  il  feretro 
incedevano,  I'  augusto  conte  di  Cham- 
bord,  ed  a'suoi  (ìancl)i  il  conte  Lucchesi- 
J'alli,  il  duca  di  Levis,  il  conte  di  Morella, 
il  segretario d.Azeoaga,d.  Sacanuel  genti- 
luomo regio,  il  contedi  S.Maurizio,  e  due 
altri  reali  gentiluomini;  segui  va  no  per  ulti- 
mo le  autorità  civili  e  militarle  molte  per- 
sone ragguardevoli  della  città.  Immensa 
fu  la  moltitudine  accorsa  dappertutto  per 
ove  trausilò  il  convoglio  funebre, e  con  at- 
teggiamento ossequioso  andava  ripeten- 
do, abbiamo  perduto  il  buon  re,  il  be- 
nefattore de'povere/li.  Conviene  sapere, 
che  il  principe  sebbene  ridotto  u  strettis- 
sime facoltà,  col  suo  generoso  cuore  tro- 
vava i  mezzi  d'essere  caritatevole  «/bi- 
sognosi, polendo  dirsi  che  il  povero  lar- 
giva a'poveri,  perchè  dovizioso  di  carila. 
Lentamente  progrediva  la  pompa  fune- 
bre fra  le  melanconiche  melodie  degli 
Strumenti  musicali  alternate  dal  canto 
grave  e  «usurato  del  clero, mentre le  cam- 
pane di  tutte  le  chiese  suonavano  il  flebile 
doppio  de'morti.  Dopo  due  ore  la  proces- 


T  R  i 

sione  giunse  alla  cattedrale,  e  collocato  il 
feretro  sul  catafalco  innalzalo  in  mezzo  al- 
la nave  principale,  il  contedi  Cbamboid 
prese  il  posto  d'onore  preparatogli  in  mez- 
zo al  presbiterio, e  negli  scanni  immediati 
qne'che  facevano  parte  della  lugubre  co- 
mitiva. Le  autorità  e  le  alti  e  distinte  per- 
sone che  l'aveano  accompagnata,  prese- 
ro secondo  il  loro  rispettivo  rango  i  po- 
sti già  assegnati.  Accanto  al  catafalco  ri- 
masero i  4  'egi  gentiluomini  e  la  servitù 
del  defunto.  Pontificò  la  messa  mg.r  ve- 
scovo assistilo  dal  suo  capitolo  e  clero,  con 
accompagnamento  di  numerosa  cappella 
musicale,  terminandosi  la  solenne  e  com- 
movente pompa  funebre  col  requiem  e 
l'assoluzione  generale.  La  ceremonia  così 
terminata,  e  calala  dal  catafalco  la  regia 
salma,  fu  portata  nella  cappella  del  bat- 
tisterio  della  stessa  cattedrale,  ove  essen- 
do presente  il  notaio  procuratore  sindaco 
della  cillà  d/Pietro  Kandeler.il  canonico 
curato  d.  Giorgio  Dnbrilla,  e  testimoni 
per  la  regio  casa  diSpagna  i  4  gentiluomi- 
ni e  segretario  summento  vati,  e  per  parte 
della  ciltà  4  distinte  persone  della  mede- 
sima, si  aprì  la  cassa  di  mogano  e  si  lece 
la  formale  consegna  del  regio  cadavere. 
Chiusa  la  cassa  di  mogano,  ne  ritirò  le 
due  chiavi  il  conte  della  Costanza,  ed  il  fe- 
retro restò  nella  cappella  sino  a'3  i  marzo. 
In  questo  terminata  la  tomba  reale  fab- 
bricata appositamente  con  l'assenso  im- 
periale nella  cappella  di  s.  Carlo  borro- 
meo  nella  stessa  cattedrale,  con  l'assisten- 
za del  capitolo  e  clero  presieduti  da  mg.' 
vescovo,  della  regia  servitù,  del  d.r  Ivan- 
deler  e  d'altre  distinte  persone  della  città, 
fu  posta  la  cassa  di  mogano  in  altra  mor- 
tuaria di  legno,  e  così  fu  collocala  nella 
tomba.  Cantatosi  un  Non  reeorderis,  e 
data  l'assoluzione  da  mg.r  vescovo,si  chiu- 
se il  sepolcro  e  sul  quale  dipoi  fu  messo 
un  marmoreo  epilallio.  In  seguito  fu  ce- 
bi  alci  la  messa  di  requiem  dal  canonico 
curato,  coli  'intervento  di  mg.'  vescovo, 
del  capitolo  e  clero,  oltre  le  persone  della 
real  casa  e  della  citlà,  e  delle  milizie  ci  vi- 


T  R  I  T  RI  25  7 
che  inviale  dalla  municipalità.  Di  tutto  appunto  trovavasi  vicino  a  raccogliere  il 
questo  ne  rogarono  l'atto  il  tl.'Kancleler  e  frutto  della  vittoria,  e  quindi  immortalu- 
<1.  A  zeoaga.  Terni  inerò  questo  est  ratto  de-  ne  il  suo  nome.  Per  altre  notizie  sulla  cit  là 
gli  ultimi  periodi  di  vita  e  tumulazione  e  porto-franco  di  Trieste,  si  ponno  ve- 
de! real  conte  di  Molina,clie  ricavai  dalla  dere:  Ireneo  della  Croce,  Istoria  antica 
Memoria  pubblicala  da'suoi  fedeli  servi-  e  moderna,  sagra  e  profana  della  città 
lori,  coH'aggiungere  con  essa.  Che  l'au-  di  Trieste  celebre  colonia  de' cittadini 
gusto  Carlo  V  fu  pianto  in  morte,  quanto  romani,  Venezia  1698  con  figure.  G.  A- 
amato  in  vita  da'suoi  numerosi  amici,  e  gapito,  Compiuta  e  dislesa  descrizione 
rispettato  dagli  stessi  nemici.  Che  seppe  della  città  e  porto-franco  di  Trieste, 
meritarsi  vivente  la  particolare  stima  de-  Vienna  1 8 ^ 4-  £**•  Matteo  di  Bevilacqua 
gl'imperatori  e  delle  imperiali  famiglie  siciliano,  Descrizione  della  fedelissima 
d'Austria  e  di  Russia,  che  ne  coltivalo-  imperiale  regia  città  di  Trieste,  Vene- 
no  le  relazioni   personali,  non   meno  di  zia 1820.  Guida  al forastiero  nellac.ittà 
quella  d'altri  principi  europei.  Il  popolo  di  Trieste,  ivi,  per  Papsch  e  compagni 
triestino  eziandio  lo  amò  in  vita  e  lo  ve-  tipografi  del  Lloyd  Austriaco,  1  841». Il  be- 
nerò  in  morte,  benché  per  lui   principe  uemerito  dell'Istria  d.1  Pietro  Kandler, 
Straniero,  e  forse  fu  sincero  interprete  del  Pel  fausto  ingresso  di  mg.1'  d.  Bartolo' 
popolo  spaglinolo,   che  senza   dubbio  lo  meo  Legai  vescovo  di  Trieste  e  Capo 
pianse  in  silenzio.  Il  vescovo  di  Trieste  fé-  d'Istria,  Trieste  f  847- 
ce  mostra  delle  sue  evangeliche  virtù,  re-          La  fede  cristiana  fu  annunziata  a  Trie- 
candori  assiduamente  ogni  giorno  a  con»  sle  fino  dall'anno  5o  dell'era  corrente, 
furiare  la  desolata  regia  famiglia,  inge-  per  opera  di  s.  Giacinto  invialo  da  s.  Er- 
gnandosi   con   soavi    modi  di  sollevarne  magora,  il  quale  dall'evangelista  s.  Mar- 
l'abbattutoanimojcoine  pure  prestandosi  co,per  incarico  del  principe  degli  apostoli 
con  zelo  a  lutto  l'occorrente,  e  prenden-  s.  Pietro,  era  stato  preposto  a  vescovo  di 
do  personalmente  parie  a  tutti  gli  onori  Aquileia,  venne  con   letizia  e  frutto  ac- 
fuuebri  resi  all'illustre  defunto. +J*  Que-  colto,  e  ne'pi  imi  3  secoli  numerosi  inar- 
sto  virtuoso  principe  spaguuolo  fu  ino-  tiri  suggellarono  col  sangue  la  dottrina 
dello  di  privale  e  domestiche  virtù,  per  nuova  dell'evangelo.  Tali  furono  Primo 
la  sua  straordinaria  affabilità,  e  per  la  no-  compagno  di  Giaciuto,  considerato  daal- 
billà  del  suo  animo  veramente  spagnuo-  euni  per  protomartire  della  chiesa  trie- 
lo.  La  sua  modestia  singolare  e  le  sue  vir-  stina;  Marco,  Giasone,  Celiano,  s.  Apol- 
tù  poste  nel  crogiuolo  d'ingenti  tribola-     liuare,  diverso  da  quello  di  Ravenna,  s. 
2Ìoui,  produssero  quell'amorevole  caral-     Lazzaro,  s.  Sergio,  le  ss.  Eufemia  e  Te- 
iere elio  lo  resero  oggetto  della  compia-      eia,  s.  Servolo,  s.  Giustina,  s.  Zenone,  s. 
cenza  di  tutti  quelli  che  poterono  avvi-     Giusto.  L'Oghelli  riferisce  che  nella  cal- 
cinarlo. Sotto  l'aspetto  di  uomo  politico     tediale  si  venerano  i  corpi  de'  ss.  Giu- 
lascio  alla  storia  d'apprezzarlo,  se  sovra-     sto,  Servolo,  Lazzaro,  Apollinare  e  Ser- 
io o  principi  di  sua  epoca,  trovatisi  in  cir-     gio,del  quale  ultimo  diceCuleli  venerarsi 
costanze  di  perfetta  analogia,  seguitaro-      in  Roma  il  suo  corpo.  Data  da  Coslauli- 
no  la  linea  di  condotta  da  lui  osservala;     110  I  la  pace  alla  Chiesa  e  la  libertà  a'eri- 
aeciò  essa  dica  imparzialmente  «pianto  il     stiauiper  l'esercizio  del  loro  culto,  questi 
mondo  ha  diritto  d'esigere,  anche  sulla     poterono  costruire  il  principale  e  pubbli- 
memorabile  iotta  instancabile  durata  un     co  tempio,  e  lo  fecero  nel  finir  del  IV  o 
setleuuio  contro4potenzecollegateemu-     sul  principio  del  V  secolo  nel  Ganopido- 
nite  di  forze  formidabili,  senza  cedere  ad     glio,  colle  rovine  di  quello  già  iuualzalo 
altro  che  all'infame  tradimento,  quando     a  Giove,  Giuuoue  e  Miuerva,dedicaudoto 


a  ìrT  T  II  I 

alla  D.  Vergine  Mutria.  Già  però  notai  che 
il  i  ."tempio  de'crisliaui  in  Trieste  fu  quel- 
lo di  6.  Silvestro  I,  stalo  abitazione  delle 
ss.  Eufemia  e  Tecla,  ed  uve  i  primitivi 
fedeli  si  adunavano  affiti  preghiera  ed  a 
celebrale  le  loro  liturgie.  Nel  .024  Teo- 
dorico re  de' goti  permise  l' istituzione 
de' vescovati  nell'Istria,  ad  intercessione 
di  Papa  s.  Giovanni  1,  fra' quali  anche 
questo  di  Trieste,  e  uè  fu  protoepiscopo 
Frugifero  non  conosciuto  dall'Ughelli  e 
riportalo  dal  Coleti,  il  quale  sottoscrisse 
la  donazione  del  potano  Massimiano  ar- 
civescovo di  Ravenna,  fatta  alla  chiesa 
di  s.  Maria  Formosa  o  di  Canneto  da  lui 
eretta  in  Fola,  e  fabbricò  il  duomo  in  o- 
norede'ss.  Giusto  e  Servolo  triestini,  poi 
riunito  alla  basilica  di  s.  Maria,  onde  di 
due  se  ne  formò  una,collocandovi  i  corpi 
di  delti  santi  titolai  i, e  di  quegli  altri  mar- 
tiri che  avenno  nobilitalo  la  loro  patria  : 
nella  stessa  epoca  s'istituì  il  capitolo  del- 
la cattedrale.  Conviene  qui  riferire,  che 
la  diocesi  di  Trieste  descritta  dalì'Ughel- 
li  era  maggiore  dell'antico  territorio  del- 
la colonia  romana  di  Tergeste,  perchè 

abbracciava  l'intuente  e  Mutria.  Passa- 
ta 00 

la  poco  dopo  l'Istria  in  potere  degl'im- 
peratori greci,  e  l'Italia  superiore  in  po- 
tere delongobardi, fu  di  questi  Aquileiaj 
Trieste  e  Grado  (nella  quale  era  stata 
trasportata  la  sede  poi  patriarcale  d'A- 
quileia,  da  Niceta  e  da  Paolino*  e  stabilita 
da  Elia  con  autorità  di  Pelagio  11  Papa 
nel  ^79,  secondo  il  Novaes)  de'greci,cho 
in  baverina  tennero  un  esarca  al  gover- 
no di  tali  parti  d'Italia  che  greche  rima- 
sero. Le  divisioni  politiche  smembraro- 
no pure  il  patriarcato  in  due,  quello  di 
Aqnilcia  pe'longobardi,  quello  di  Grado 
pe'greci,  dimodoché  il  vescovo  di  Trieste 
a  ([nello  di  Grado  era  soggetto  come  a 
suo  metropolita, ccon  lui  fu  involuto  ne' 
tentativi  di  togliere  all'ubbidienza  della 
s.  Sede,  insieme  a  /ùivttim/,  l'Istria  nello 
scisma  de'  Tiri  \ipitt,H(l  '.),  tentati  vi  che 
i<n  imi  uno  fruttranei.il  umetto  scisma  de' 
Tre  Ca/ululi^lw  lacerò  tu  Chiesa  più  di 


TRI 

100  armi,  forse  v'involse  Frugifero,  ma 
certamente  l'immediato  successore  e  gli 
altri,  almeno    in   buona    parte.   Venuta 
Trieste  in  potere  di  Carlo  Magno,  Aqni- 
leia  ricuperò  i  suoi    diritti   metropolitici 
sui  prelati  di  Trieste,   i  quali  pressoché 
tutti  si  scelsero  fra'capilolari  d'Aquileia, 
meulie  a'  tempi  de'  greci  sembra  che  si 
scegliessero  fra'monaci.  Intorno  al  1  odo 
le  liberalità  degl'  imperatori  e  de'ru  d'I- 
talia, comedi  già  narrai,  arricchirono  di 
molte  donazioni  la  camera  episcopale,  di 
altre  varie   regalie  nella    città   slessa   di 
Trieste;  oltre  molte  castella  de'suoi  din- 
torni, possederono  i  vescovi  O.nago,  Ca- 
liselo sul  Leme,  i  due  castelli  di  Verino, 
ed  allre  molte  terre  sulla  cosla  istriana. 
Conformandosi  all'esempio  de'patriarchi 
d'Aquileia  ed  allo  spirito  de' tempi,  i  pre- 
lati triestini  ebbero  numerosi  vassalli   e 
militi  per  servizio  di  guerra,  e  non  isde- 
gnarono  di  trattare  essi  medesimi  le  armi 
al  seguito  del  patriarca;  la  quale  loro  con- 
dizione mettendoli  a  contatto  co'poteuti 
del  secolo,  ed  attirando  sopra  di  loro  ni- 
mistà e  guerre,  li  pose  a  gravi  strettezze, 
perchè  ricusato  da  multi  vassalli  l'omag- 
gio, e  datisi  ad  altro  padrone,  devastate 
le  terre  della   chiesa,    mancarono  loro  i 
redditi  a  sostenere  quel  fusto  e  decoro  che 
doveauo  sfoggiare  alla  corte  del  patriar- 
ca, che  in  ogni  anno  avevano  debito  di 
visitare  e  seguire.  I  vescovi,  perduti  molti 
feudi,  gravati  di  debili,  doverono  nel  se- 
colo XIII  patteggiare  col  comune  e  ven- 
dere a  questo  i  diritti  che  avevano  sulla 
città;  ed  è  degna  di  lode  la  moderazione 
loro,  se  ne'lempi  di  massima  prosperila 
non  vollero  estendere  e  consolidare  il  lo- 
ro potere  terreno.  Alcuni  vescovi  porta- 
rono il  titolo  di  conti  di  Trieste.  Venula 
Trieste  in  dominio  di  casa  d' Austria, i  pre- 
lati triestini  niuna  relazione  conservaro- 
no col  patriarca,  più  di  quella  ch'esige- 
vano la  dipendenza  gerarchica  e  gli  uflisi 
della  religione  ;  l'influenza  de'palriarchi 
sulla  scelta  de'vescovi  andò  cessando.  I.a 
quale  scelta  esercitala  poi  dal  capitolo  del- 


t  a  i 

la  cattedrale,  dando  occasione  troppo  fre- 
quente a  scandali  ed  a  scissure,   per  in- 
dulto pontificio  si  devolse  nel  secolo  XV 
all'encomiata  casa  d'Austria,  la  quale  pel 
i  ."nominò  Enrico  111,  dopo  di  avere  il  du- 
ca Leopoldo  il  Lodevole  ingiunto  al  ca- 
pitolo d'astenersi  di  procedere  all'elezio- 
ne del  vescovo.  Nel  secolo  XVI  la  chiesa 
triestina,  lasciato  il  rito  aquileiese,  che 
dicevasi  volgarmente  patriarchino.adotlò 
il  romano  nel  i  586. Dipoi  nel  i  7  5 1  per  la 
soppressione  del  patriarcato  d'  Aquileia, 
Trieste  fu  dichiarata  suifraganea  del  nuo- 
vo arcivescovato  di  Gorizia,  da  cui  di- 
pendette sino  al   1788,  nel  quale  anno, 
menlre appunto  accrescevasi  della  dioce- 
si di  Pedana  nell'Istria  austriaca,  venne 
il  vescovato  di  Trieste  soppresso  e  desti- 
nato a  far  parte  della  diocesi  di  Gradi- 
wv7,fc»tla  sulfraganea  di  Lubiana.  Ma  po- 
co dopo  il  1  790  restituita  a  Trieste  la  se- 
de vescovile,  ebbe  anzi  ad  aumentarsi  nel 
1Ò28  colla  diocesi  soppressa  di  Emonia 
o  Città  Nova;  cosicché  in  oggi  si  com- 
pone di  3  vescovati,  non  calcolato  quello 
di  Capo  d'Istria,  perchè  dali83o  unito 
soltanto  nella  persona  dello  stesso  prela- 
to, ed  ambedue  sono  tuttora  suffraga  nei 
di  Gorizia.  Dopo  il  vescovo  Frugifero  tro- 
vasi nel  56f)  Gerniniano,  che  d'ordine  di 
Paolino  patriarca  d'  Aquileia  trasferì  ila 
questa  in  Grado  le  reliquie  ile'  ss.  mar- 
tiri.   Indi  nel   579  Severo    Tergestinus 
Episcopus  intervenne  al  concilio  provin- 
ciale di  Grado  tenuto  da  Elia  patriarca 
d'Aquileia,  e  poscia  dall'esareaSrnaragdo 
fu  condotto  col  patriarca    Severo  a  Ra- 
venna ad  abiurare  lo  scisma,  in  cui  tosto 
ricaddero  nel  conciliabolo  di  Marano.  Il 
vescovo  Firmino  nel  602  per   I'  esorta- 
zioni dis.  Gregorio  1  e  per  gli  eccitamen- 
ti fatti  perciò  a  Sraaragdo  abiurò  lo  sci- 
sma de'  Tre  Capitoli.Gaudenzxo  nel  679 
intervenne  al  sinodo  romano  di  Papa  s. 
Agatone,  in  cui  furono  condannati  i  ino- 
noteliti:  con  questi  l'Ughelli  comincia  la 
serie  de' vescovi  di  Trieste.  Nel  7  1  5  circa 
Gregoriojiudi  ucl  781  Giovanni  l,ucl  739 


T  R  l  2  >7 

Giovanni  II  poi  patriarca  di  Grado,  nel 
766  Maurizio,  nel  788  Fortunato  indi 
patriarca  di  Grado,  uell'8o4  Leone,  nel- 
I'8i4  Teodoro,  nell'848  Giovanni  III,  a 
cui  Lotario  figlio  di  Lodovico  il  Pio, ci» 
vitate/n  Tergcslum  donavi V, ma  sembra, 
secondo  Ughelli,che  questo  Giovanni  fio- 
risse nel  948,  e  la  donazione  doversi  piut- 
tosto attribuire  a  Lotario  figlio  di  Ugo. 
Taurino  fiorì  nel  909  e  fu  caro  a  Beren- 
gario I  re  d'Italia,  il  (piale  gli  donò  i  due 
castelli  di  Verino  nel  territorio  di  Paren- 
7.0.  Radaldo  del  929,  e  siccome  in  questo 
tempo  i  vescovi  di  Trieste  amministra- 
vano la  diocesi  di  Capo  d'Istria,  il  re  Ugo 
gli  donò  il  vescovato  di  Sipar  e  Umago. 
Nel  948  Giovanni  IH,  se  non  si  ammette 
il  precedente  di  tal  nome,  viceversa  il  IV, 
al  quale  si  attribuisce  la  donazione  di  Lo- 
tario figlio  d'  Ugo,  del  dominio  tempo- 
rale di  Trieste  e  suo  territorio  nell'esten- 
sione di   15,000  passi,  dicendosi  nel  di- 
ploma, prò  amore  Dei,  animaeque  no- 
stri patris,  ìiostraeque  remedio:  inoltre 
ebbe  in  dono  nel  963  dal  patriarca  d'A- 
quileia Rodoaldo  il  castello  di  Rovigno, 
allora  della  chiesa  di  Parenzo,  ed  assistè 
alla  cousagrazioue  di  quella  cattedrale  e- 
seguita  dal  patriarca.  Nel  990  Pietro  I, 
secondo  il  Coleli  nel  1. 10,  p.  34*>  dell' /- 
lalia  saera.  Ricolfo  nel  1  006  intervenne 
al  concilio  di    Francfort.    Adalgero   nel 
I  o3  t  assistè  alla  consagrazione  che  Pop- 
pone  patriarca  d'Aquileia  fece  di  sua  ba- 
silica da  lui  edificata  in  onore  della  B.  Ver- 
gine ed  esistente  ancora  in  Aquileia,  e  nel 
1072  prestò  il  suo  consenso  alla  donazio- 
ne che  fece  Poppone  della  chiesa  di  s.  A- 
pollinare  posta  nella  sua  diocesi,  a  Zeno- 
ne abbate  del  monastero  di  s.  Nicolò  del 
Lido  in  Venezia.  Eriberto  vivea  nel  1  002, 
ed  amministrava  la  chiesa  di  Capo  d'I- 
stria, come  da  quasi  3  secoli  aveano  fatto 
i  suoi  predecessori.  Neh  106  Erinicio  o 
Enrico,  indi  nel  1  1  i5  Artuico.  Nel  1  m4 
Hortacio  tribuno  donò  a  Memo  abbate 
di  s.  Giorgio  di  Venezia,  la  chiesa  e  i  beni 
de'ss.  Martiri  di  Trieste.  Neh  i34  Diati- 


2  58  TRI 

moro  o  Diasimaro,  die  nel  !  1  ^o  inter- 
venne in  Verona  alla  consagrazione  della 
chiesa  di  s.  Giorgio,  falla  dal  patriarca 
d'Aquileia  Pellegrino.  Nel  i  1 48  Ber- 
nardo, che  nel  i  177  donò  a' suoi  cano- 
nici delie  possessioni  e  intervenne  alla 
pace  conclusa  in  Venezia  tra  Papa  A- 
lessandro  111  e  |*  imperatore  Federico  I, 
nel  quale  anno  fu  stabilito  cessare  in  lui 
l'amministrazione  della  diocesi  di  Capo 
d'  Istria.  Nel  1  1 85  Enrico  1,  nel  1  188 
Luitoldo,  nel  i  190  Volfango  o  Woscal- 
eo  canonico  della  cattedrale  eletto  dal 
capitolo,  sebbene  il  patriarca  d'Aquileia 
ne  pretendesse  la  nomina,  poscia  confer- 
mato dal  Papa  Celestino  111.  Nel  1200 
Eurico  1  Rapido  o  Ra vizza  tiglio  di  Teo- 
pompo  nobilissimo  triestino.  Nel  i2o3 
WebaldooGeberanlo,  lo  stesso  che  Gio- 
birdoo  Givardo,  e  dal  Muratori  descri- 
vendo le  monete  de'  vescovi  di  Trieste 
chiamato  Civardo;  è  ricordato  in  un  di- 
ploma d'Ottone  IV  del  1209,  diretto  a 
V'altero  o  Volfechero  patriarca  d'Aqui- 
leia,  e  nel  121  1  nella  decisione  senten- 
ziata da  quel  prelato  tra  l'abbate  Mosa- 
cen  o  sia  di  Moggio  e  il  conte  di  Gorizia. 
Nel  1212  Corrado  lìoj  ini  dalla  Pertica, 
intervenne  ad  una  sentenza  del  rammen- 
talo patriarca,  nel  1  223  ottenne  dall'im- 
peratore Federico  11  la  confi nua  de'pri- 
vilegidi  sua  chiesa,  e  fu  munifico  co;ca un- 
nici della  cattedrale. Nel  1  232  Leonardo  l 
o  Bernardo  di  Cuccagna,  inetto  per  infer- 
mità, onde  nel  1233  scrisse  al  patriarca 
Gregorio  d'Aquileia  il  Papa  Gregorio  IX 
acciò  l'esortasse  a  rinunziare, onde  il  capi- 
tolo che  lo  avea  elettogli  sostituisse  altro 
idoneo.  Nel  1235  Giovanni  IV,  che  visse 
in  turbolentissimi  tempi  di  guerre,  ed  a 
cui'serisse  Gregorio  IX  forse  per  segua- 
le parti  di  Federico  11  nemico  della  Chie- 
sa. Nel  1237  onci  1253  Volrico  o  Odol- 
l'ico  de  Portis,  ma  la  2/ data  forma  ana- 
cronismo con  dirsi  dall'  Ughelli  che  fu 
al  concilio  di  Lione  I,  per  la  deposizione 
di  Federico  II,  il  quale  fu  celebralo  nel 
12.J5,  e  udì  2 46  intervenne  alla  aculeo 


TR  I 

za  data  dal  patriarca  d'Aquileia  Bertoldo 
in  favore  del  vescovo  di  Parenzo:  bensì 
neh  253  seguì  Rolaldo  patriarca  d'Aqui- 
leia, che  con  3o,ooo  uomini  cinse  Bre- 
scia d'assedio,  contro  Mainardo  conte  di 
Gorizia  che  strenuamente  la  difese.  Di- 
ce l' Ughelli,  che  sebbene  si  trovò  costret- 
to per  800  marche  di  vendere  a'triestini 
il  castello  Pastorium,  oppignorata  lati- 
funi  Ha  a  suo  antecessore  multa  re.de- 
init.  Nel  1254  Guarniero  o  Givardo  ca- 
nonico d'Aquileia  eletto  dal  capitolo,  con- 
ico del  quale  s'intruse  Allungo  de  Visgo- 
ni  o  Wocisperch  canonico  della  calle- 
di  ale,  e  postulalo  da  alcuni  suoi  colleglli  ; 
vi  ripugnava  Innocenzo IV  e  nondimeno 
scrisse  a'vescovi  di  Pola,  di  Pedena  e  di 
Capo  d'Istria, che  se  idoneo  lo  confermas- 
sero; indi  il  successore  Alessandro  IV  non 
volle  ratificare  la  sua  elezione  o  lo  depo- 
se. Pure  sembra  che  fosse  consagrato,  e- 
sercitasse  giurisdizione,  e  coniasse  mone- 
ta, ed  ecco  perchè  il  suo  governo  durò  ol- 
tre il  1  255,  che  Muratori  parlando  di  sue 
monete  ritenne  continuare  nel  vescovato 
dopo  le  censure  da  cui  era  allacciato.  Nel 
12)5  Alessandro  IV  riconobbe  e  confer- 
mò in  vescovo  di  Trieste  Givardo  ,  che 
PUghelli  chiama  Guaroerio;  e  nel  1260 
era  vescovo  Leonardo  o  Leonida,  il  qua- 
le coniò  le  sue  monete;  indi  si  trova  uno 
vameufe  vescovo  Arlongo  nel  1262  (pia- 
le legittimo  pastore,  e  visse  sino  al  1282 
circa.  Il  Coleti  però  dice  che  nel  1273  vi- 
vea  il  vescovo  Antonio,  secondo  il  Bucel- 
lino.  Nel  1282  Ulviuo  o  Ulivino  de  Por- 
tis, al  cui  tempo,  veneti  Itane  eìeilatem,ir- 
rito  conaUi  obsederunt.  Nel  1286  a'iq 
febbraio  il  vescovo  Oliverio,  che  dev'es- 
sere il  medesimo  Ulviuo,  fu  eletto  arbitro 
a  definire  la  controversia  ch'era  fra  il  do- 
ge Giovanni  Dandolo,  e  il  patriarca  d'A 
quileia  Raiinomlo.Nel  1  287l>rissadeTop- 
po  :  Hic  militare  magis,  quani  episco- 
p<iìc  gessi!,  imperami.  Eternai  timi  do- 
mi', tumforis,  lùclesiac sibi  ereditar, ar- 
matili /ma  defendi t, ejusdemqueEccle- 
siae.  Ter  gè  sii  ni  s  civibus  alia  uotjura  di' 


TU  I 
vrndidit ,  duriori  urgente,   necessitale  , 
prò  cudendì  denarios  tantum  sil/i  jure 
reservato.  Nel  1299  Giovanni  V  de  Tur- 
ris.Neh  3oo  Enrico  II  Rapi  ciò  o  Ra  vizza. 
Neli3o3  Rodolfo  Pedrazzani  Morandini 
del  castello  di  Rebecco,  restaurò  e  ornò 
la  cattedrale  ampliandola  colla  riunione 
delle  due  chiese  di  s.  JYlaria  e  di  s.  Giu- 
sto;ridusse  a  miglior  forma  il  palazzo  ve- 
scovile, redense  diversi  beni  della  mensa 
impegnati,  e  fu  l'ultimo  vescovo  a  coniar 
moneta.  Morto  nel  1  320,  insorta  questio- 
ne sulla  scelta  del  successore,  Giovanni 
XXII  nel  1  3^3  dichiarò  amministratore 
fr.  Gregorio  domenicano  vescovo  di  Fel- 
tre  e  Belluno,  e  trovandosi  nella  curia  pa- 
pale d'  Avignone   ivi  morii  nel  1327.  In 
questo  il  Papa  trasferì  da  Sagona  a  Trie- 
ste fr.  Guglielmo  Franchi  de'  minori,  e 
morendo  nel  1  33  1  fu  sepolto  nella  chiesa 
di  s.  Francesco  del  suo  ordine.  Nel  mede- 
simo anno  fr.  Pace  da  Vedano  domeni- 
cano milanese,  clie  quale  inquisitore  con- 
tro gli  eretici  a vea  scomunicato  Matteo  I 
"Visconti  signore  di  Milano  co' suoi  figli, 
su  di  che  gli  scrisse  Benedetto  XII.  Nel 
suo  vescovato,  Trieste:  Veneti  ejurata 
pace,  liane  civìtatem  invaseruntj  ilice/ uè 
decessili  34o, post  cuj'us  excessum.  Per 
morte  di  Giovanni  Gremon  dal  capitolo 
postulato,  Clemente  VI  nel  i342  elesse 
Francesco  1  Amerino  o  d'Amelia,  scola- 
stico di  Tulle  e  cappellano  delPapa.il  qua- 
le l'inviò  nunzio  in  Ungheria  e  nel  i34t> 
traslatò  a  Gubbio:  in  sua  vece  nominò  in 
detto  anno  Lodovico  della  Torre  milane- 
se, eneli35o  lo  trasferì  ad  Olona  e  poi  fu 
patriarca  d'  Aquileia.  Nello  stesso  i35o 
Antonio  Negri  veneziano  decano  di  Cre- 
ta,ch'ebbe  lunghe  e  gravi  contese  «/trie- 
stini pe'tribuli  già  alienati  da'predecesso- 
ri,  pel  castello  di  Morii  e  altri  beni  di  sua 
chiesa;  assunse  il  titolo  di  conte,  minac- 
ciò o  fulminò  le  scomuniche,  finché  per 
arbitri  si  pacificò  nel  1 3^2.  Hausitocu- 
lis  lue  praesul  Tergestinae  civi'lalis  a 
veneta  illaium  cxcidium.Nel  1 368  aven- 
do rinunziato,  fu  fa  Ito  arci  vescovo  di  Cre- 


T  R  I 


2? 


9 


la.  Neh  368  medesimo  dalla  sua  patria 
Chioggia  vi  fu  trattato  fr.  Angelo.  Dici  8 
kal.jcbruarii  anno  1  3 80  Tergestinain 
civìtatem  Pannoniae  rexvenetis  ade/ni. 
Morto  nel  1  383  gli  successe  fr.  Enrico  1 1 1 
de  Wildenstein  moravo  o  boemo,  bene- 
detliuooagostiniano,  già  f escovo  diCroa- 
zia. Nel  1  38 5 conflagrò  la  calledralee  l'al- 
tare maggiore  a'28  novembre,  nel  i3g '7 
tenne  il  sinodo  diocesano,  ed  accusato  a 
Bonifacio  IX  (pud  dilapuiatoi  ede'beni  di 
sua  chiesa,  nel  l  3g6  lo  trasferì  a  Pede- 
na,  a  fronte  che  Guglielmo  tutore  d'Al- 
berto IV  duca  d'Austria  avcs%e  preso  a 
proteggerlo:  auch'egli  s'intitolò  :  Dei  et 
Apostolicae  Scdis  grada  Episcopwn  et 
Comiteni  Tergestinum.  In  pari  tempo  il 
Papa  traslatò  da  Comacchio  a  Trieste  Ir. 
Simone  Saltarelli  fiorentino  domenica  no, 
maestro  del  s. palazzo  e  insigne  teologo  lo 
chiama  l'Ughelli:  JTunc aegriuxulis  ter- 
gesti/li iuiuebautur,  (pappe  qui  malvis- 
sent  civem  sibi  praeesse,  qua  ni  exler- 
num;  ideoque  satis  contentiose  e/its  E- 
jn'scopatus  dici  tur  iuiisse  posscssionem. 
Decesso  nel  i4oS,GregorioXII  gli  sostituì 
nello  stesso  anno  d.  Giovanni  VI  abbate 
benedettino  di  s.  Maria  di  Pi  aglia  e  pado- 
vano; indi  eletto  nel  giugno i4°9  utd  si- 
nodo di  Pisa  Alessandro  V,  lo  trasferì  a 
Tripoli,  ed  a' 9  agosto  dichiarò  vescovo 
della  patria  fr.  Nicola  I  de  Carturis  mi- 
norità triestino,  ornato  di  rare  virtù:mor- 
lo  nel  1  4  1  (i,  fu  sepolto  nella  chiesa  di  s. 
Francesco,  ov'era  stato  guardiano,  ora  s. 
Maria  del  Soccorso.  Neh  4' 7  fr.  Giaco- 
mo Arigoni  de  Balardi  domenicano,  già 
maestro  del  s.  palazzo  e  vescovo  di  sua  pa- 
tria Lodi,  intervenne  al  concilio  di  Costan- 
za. Traslato  ad  Urbiuo  nel  i424>  Marti- 
no V  dichiarò  vescovo  di  Trieste  Mari- 
no deCernotis,già  d'Arbe  e  allora  diTrau, 
mentre  il  capitolo  avea  eletto  Nicola  de 
Aldegai  di  triestino  e  canonico  scolastico; 
ma  per  la  viziosa  sua  elezione  il  Papa  lo 
rigettò,  tornando  alla  vita  privata,  cum 
a  pud  cum  plus  valuisset  Potili ficis  an- 
etori las ,  quam  Coesori*  viole/iter  jus 


26o  T  II  [ 

usurpatimi,  seri  ve  Ughelli.  Si  deve  inten  - 
dere  Federico  figlio  del  duca  Ernesto,  ohe 
peli  ."s'intitolò  arciduca  d'Austria,  dopo 
il  i  4^9  fu  eletto  imperatore  e  nel  \/±5i 
coronato  col  nome  di  Federico  111.  Par- 
lando l'Uglielli  del  vescovo  Marino,  sog- 
giunge:?^ cimi  obsistenlibus  en>ibus,ele- 
roque,  novi  ter  electus  sibi  demandatani 
voti posset adire  sedem,  Martinus  Fuori 
modo  eleruni  ,  sed  popahmi  ipsuni  su- 
spendit,exi  li  oquctnu  Itavi  l  in  tr  usimi  ,do~ 
uve  ex  auctori late  Romani  Ponti fìcis-  at- 
tributo Pastori  sibi pa rendimi  esse  ar- 
bitrarelur.  Tranquillati  gli  animi,  il  ve- 
scovo governò  liberamente,  intervenne  al 
concilio  di  Ferrara,  e  morendo  neh  44'» 
Eugenio  IV  Papa  die  luogo  al  già  desi- 
gnato dal  capitolo  Nicola  II  de  Aldegar- 
di;  pio  e  santo  pastore,  che  edificò  la  chie- 
sa di  s.  Sebastiano,  e  generosamente  la 
tlotòdi  beni,  morendone! r 4 47*  Posteti- 
j'us  exeessian  Fridericiis  I II rex  roma- 
no rum  ob  ti  imi  t  a.  RomanoPonlifiee(\Lu- 
genio  \\  )  jus  praesentandi i  tani  sibi, 
annui  suis  successoribus,ad  liane  Ter- 
gesti nani  sederti  in  Episcopum  eligen- 
dum,  e  a  tamen  lege,  etconditione.  ut  no- 
minarentexternum,  quo  tergesti/li  tran- 
(iiiillius  degerent  sub  nulli  obnoxio  Pa- 
store. Quibits  lameneonditionibus  Cae- 
.sares  non  s  teiere:  seriberemagis,  qua/n 
aecipere  lege.s  assueti.  Federico  IH  no- 
minò successore  il  dottissimo  ed  eloquen- 
tissimo  Enea  Silvio  Piccolo/nini  di  Sie- 
na, già  suo  segretario  e  ambasciatore,  ed 
allora  segretario  e  suddiacono  apostolico 
di  Nicolò  V  che  lo  preconizzò  a'5  luglio 
i  447»  <J°p0  avere  rigettato  il  decano  di 
Trieste  Aulonio  de  Goppo  eletto  dal  ca- 
pitolo, non  ostante  il  divieto  d'Eugenio 
IV.  Il  Piccolomini,  sebbene  da  tal  Papa 
fosse  fatto  canonico  di  Trento,  non  era 
oncora  sacerdote.  Praefuil  ad  lres,et  co 
amplios  annos  tanta  populi  terge  stini 
gralulatione ,  ut  eivetn,  non  e.t  termini 
hominem  ridere  tur  exeepisse.  Impiega- 
lo nell'ambascerie  imperiali,  non  si  recò 
a  Trieste  che  nel  1 449»  v'intrapresela  vi- 


TRI 

sita  pnstorale  della  diocesi,  ed  a'^4  otto- 
bre dell'anno  medesimo  fu  trasferito  al- 
la sua  patria  Siena,  di  cui  prese  possesso 
a'  12  del  seguente  gennaio,  rilevando  il 
Pecci  nella  Storia  del  vescovado  di  Sie- 
na, perchè  l'Urgngieri  e  l'UghelIi  (che  se- 
guii nella  biografìa  e  mi  rettificai  «Siena), 
Io  dissero  Iraslato  nel  i4?o:  per  amor  pa- 
trio ricusò  le  sedi  di  Warmia  e  di  Rati- 
sbona,  Calisto  HI  lo  creò  cardinale,  ed  a 
questi  successe  nel  pontificalo  col  celebre 
nome  di  Pio  II (f  .),  Memore  del  gradi- 
mento mostrato  da'triestini  alla  sua  per- 
sona nel  breve  tempo  dell'episcopato,  do- 
po aver  confermato  agli  arciduchi  d'Au- 
stria   il   privilegio  di  nominare  i  vescovi 
di    Trieste  ,  definitivamente  cessandone 
la  prerogativa  al  capitolo,  al  quale  limilo 
■quella  dell'elezione  de' propri  canonici, 
mediante  le  alternative  con  esso,  il  Papa 
e  il  vescovo,  però  concedendogli  l'inse- 
gna corale  dell'  almuzia  e  al  duomo  ac- 
cordò varie  indulgenze.  11  capitolo  per  e- 
ternare  la  memoria  che  un  suo  vescovo  fu 
sublimato  alla  cattedra  di  s.  Pietro, e  del- 
le grazie  elargite,  gli  pose  un'  iscrizione 
marmorea  sulla  facciata  della  cattedrale 
presso  la  principale  porla.  Neh  4^o  Lo- 
dovico della  Torre,  Iraslato  neh 4^i  ad 
Olorensis  sedis  (non  Oleron  di  Francia, 
non  esistendo  nella  Gallici  Christiana), 
ed  a'i5  maggio  gli  fu  surrogato  il  sun- 
nominato Antonio  11  de  Goppo,  già  ri- 
cusato da  Nicolò  V,  lodato  qual  vigilan- 
tissimo pastore,  che  celebrò  il  sinodo  dio- 
cesano, clerimi  siiuin  ad  emenda  tissimos 
instituit  mores,  e  dopo  circa  35  anni  di 
governo  nel  1 4&5  morì.  Nel  1 487  Acacio 
di  Sobriach  nubiledella  Cariutia, dall'im- 
peratore insignito  del  titolo  di  principe. 
Ne!i5oi   Luca  I  de'conti  Rinaldi,  a  cui 
neh5o2  successe  Pietro  II  Bonomo  trie- 
stino, segretario  di  Federico  III  e  Massi* 
indiano  \,bonis  artibiis  excoltieral  ani- 
mimi, mores que  entendaverat  ad  libel- 
lum  pnudentiae.  Ne'jG  anni  del  suo  epi- 
scopato ottenne  la  conferma  imperiale 
ai  privilegi  di  sua  chiesa,  rifece  e  abbellì 


TRI 

splendidamente  il  palazzo  vescovile,  in- 
tervenne al  concilio  generale  di  Laterano 
V,  fu  amministratore  della  chiesa  diVien- 
na, e  secondo  Ynice.\\\no.prim  usci  ite  titil- 
limi Principis  assecniutus  estj  lasciando 
gran  desiderio  di  se,  mori  neh  546.  Nel 
seguente  Fi  ancescoll  JosephichdeltoRiz- 
zano  o  Rillano  dalmatino,  traslato  da  Se- 
gna sua  patria:  paucos  menses  admini- 
stravit  Ecclesiam,  sìquidem  cum  in  su- 
spirioncin  venisset,  in  exilium  piilsus, 
confectus  moerore,  vitam  finivit.  In  sua 
vece  nel  1 54g  Antonio  IllPareguezoPor- 
raghe  spaglinolo  di  Castelicius,  traslato 
nel  i558  all'arcivescovato  di  Cagliari,  ove 
fu  esortalo  da  Pio  IV  a  far  uso  modera- 
to delle  censure,  e  intervenne  al  concilio 
di  Trento.  Di  questa  città  fu  il  successore 
Giovanni  VII  de  Bella  o  Berla  abbate  be- 
nedettino di  s.  Gottardo.  Morto  nel  1  566, 
gli  successe  Andrea  de  Rapido  triestino, 
l'ir  eia rissimus,  veneno  fuit  sublatus.  Nel 
1574  Giacinto  Frangipani  del  Friuli,  che 
morto  nello  stesso  anno,  nel  1  575  gli  fu 
surrogalo  Nicolò  IH  Coret  di  Trento,  il 
quale  fece  abbellimenti  all'episcopio.  Mei 
i5c)i  Giovanni  Vili  de  Bogarino  nobile 
di  Gorizia,  già  alunno  del  collegio  Ger- 
manico di  Roma,  precettore  di  Carlo  ar- 
ciduca d'Auslria,  lodatissimo  e  virtuoso 
pastore.  Nel  1598  Ursino  de  Bertis  tri- 
dentino o  friulano,  chiaro  per  le  sue  le- 
gazioni a  Roma  ,  in  Lombardia  e  nella 
Spagna,leggendosi  nell'epitaffio  nella  cap- 
pella di  s.  Carlo  del  duomo  ove  giace,  l'e- 
piscopi et  Comitis  Tergestini,  che  mori 
nel  1620.  In  questo  o  nel  162  1  fr.  Rinal- 
do Scarlichio  ungaro  de'rainori  conven- 
tuali, neli63o  trasferito  a  Lubiana,  la- 
sciando di  se  onorala  memoria.  Da  Pede- 
na  ne'  p63  t  vi  passò  Pompeo  de'baroni 
Coronini  di  Gorizia.  Morto  nel  1646,  in 
queslo  gli  successe  AntoniolV  baroneMa- 
renzi,  anch'esso  già  di  fedena.  Da  que- 
sta pure  vi  venne  nel  1  663  FrancescoMas- 
similiano  de  Vaccano  di  Gorizia,  degno 
paslore,morto  nel  1  672.  Nello  stesso  Gia- 
como Ferdinando  de  G01  izzutti  di  Gori- 


T  R  I  261 

zia. Nel  1692  Gio.  Francesco  Miller  nobi- 
le d'Aquileia,  dottore  in  teologia,  cui  poi 
per  la  sua  avanzala  età  e  cagionevole  sa- 
lute, gli  fu  dato  per  coadiutore,  con  spe- 
ranza ili  futura  successione,  Guglielmo  de 
Leslie  scozzese  d'Edimburgo, col  titolo  di 
vescovo  di' Aìidera  in  parti/ms,  ma  trasla- 
to nel  17188  Lubiana,  ottenne  per  altro 
coadiutore  con  egual speranza  di  succes- 
sione Giuseppe  Antonio  de'baroni  Del- 
mestri  di  Cormons,  prete  d'Aquileia, mae- 
stro in  teologia,  fatto  vescovo  d'  Aulirla 
in  partibus:  questo  per  morte  di  Miller 
gli  successe  nel  1720.  Poco  visse  Delme- 
st ri,  onde  a'26  giugno  1724  gli  fu  sosti- 
tuito il  fratello  Luca  li  Serlorio  de'ba- 
roni Delmestri  di  Cormons  diocesi  d'A- 
quileia. Nel  1  740  Giuseppe  AnnibaleLeo- 
poldo  de'conli  Petazzi  di  Vienna,  poi  tra- 
ilo to  a  Lubiana.  A  suo  tempo  Benedet- 
to XIV  colla  bolla  Jnjuncta  JVo/jÌs,  ilei 
6  luglio i75i,  Bull.  Di-ned.  XIl\  l.3,,>. 
1  77,  ad  istiinza  dell'imperatrice  M.'1  Te- 
resa, e  del  doge  e  repubblica  di  Venezia, 
soppresse  il  patriarcato  d'Aquileia,  ed  in- 
vece eresse  gli  arcivescovati  di  Udine  e  di 
Gorizia.  Tra'  suffragane!  deli. "vi  com- 
prese i  vescovati  di  Capo  iV  Istria  e  di 
Città  Nova;  e  fra  quelli  assegnati  alla 
metropolitani  di  Gorizia,  vi  comprese 
Trititi  e  Pedina.  E  colla  bolla  Sacro- 
sanctae  Militantis  Ecclesiae,  de' 18  a- 
prileiySa,  Bull.  cit.  t.  4,  p. sprovvide  a 
quanto  riguardava  il  nuovo  arcivescova- 
to di  Gorizia.  A '6 aprile  1761  divenne  ve- 
scovo Antonio  Fernando  de'conli  d'Her- 
berstein  di  Vienna.  A' 24  aprile  1  77 5 
Francesco  Filippo  de'conli  Inzaghi  di 
Grain  o  Gralz  diocesi  di  Secovia,  il  qua- 
le si  recò  ad  ossequiare  Pio  VI  in  Gori- 
zia, quando  nel  1  782  l'onorò  di  sua  pre- 
senza. Lo  slesso  Papa  Pio  VI  ad  istanza 
dell'imperatore  Giuseppe  II,  il  quale  già 
avea  soppresso  i  cappuccini  e  cambiato 
l'ospedale  in  episcopio,colla  bolla  ///  Uni- 
versa gregis,  degli  8  marzo  1  788,  Bull. 
Rom.  cont.  t.  8,  p.  1  ?.4>  elevò  la  chiesa  di 
Lubiana  in  arcivescovato,  e  soppresse 


?6*  T  R  r 

quello  ili  Gorizia.  Indi  colla  bolla  Super 
Specula,  de'  i  q  agosto  i  788,  Bull.  Ilom. 
conti  t.  8,  p.  2  io,  eresse  In  chiesa  vesco- 
vile di  Gradisca  nella  Corniola,  e  sop- 
primendo le  sedi  vescovili  di  Trieste  e  Pe- 
dena,  vi  formò  la  nuova  diocesi  vescovi- 
le, alla  quale  sottopose  la  chiesa  già  sop- 
pressa e  arcivescovile  di  Gorizia;  Gradi- 
sca dichiarandola  suiTraganea  di  Lubiana, 
della  qua  le  erano  pure  suffraganee  le  chie- 
se di  Segna  e  Modrusca  unite.  A  r."  ve- 
scovo di  Gradisca,  Pio  VI  preconizzò  il 
già  vescovo  di  Trieste  Inzaghi,  nel  con- 
cistoro de'  \5  dicembre  1788,  col  titolo 
di  vescovo  di  Gorizia  ossia  di  Gradisca; 
ma  trovando  che  mancava  di  cattedrale 
e  dì  episcopio,  ritornò  a  Trieste  a  farvi 
la  residenza,  siccome  compresa  fieli  >  sua 
nuova  diocesi,  passando  poi  a  dimorare 
in  Gorizia  nella  restituzione  della  sede, di 
cui  vado  a  far  cenno.  Divenuto  impera- 
tore Leopoldo  II,  a  rimediare  tali  scon- 
certi, ottenne  che  Pio  VI  colla  bolla  Re- 
cti^prudentisqueconsiliis,^'  1 2  settem- 
bre 1791,  Bull.  Rom.  cont.  t.  9,  p.  5i, 
ristabiliste  il  vescovato  di  Gorizia,  vi  tra- 
sferisse da  Gradisca  la  sede  e  residenza 
episcopale,  la  cattedralità  e  il  capitolo,  e 
che  il  vescovo  s'intitolasse  di  Gorizia  os- 
sia Gradisca;  che  ristabilisse  ancora  la  se- 
de vescovile  di  Trieste  mediante  :a  bol- 
la Ad  supretiium  militanti'!  Kcclesiae, 
data  nello  stesso  giorno,  Bull.  cit.  p.  53, 
nuovamente  dismembrandola  dn  Gradi- 
sca, dalla  quale  tolse  pure  Pedena  e  l'u- 
ni a  Trieste.  Nel  formare  il  nuovo  capi- 
tolo della  ripristinala  cattedrale  di  s.  Giu- 
sto, Pio  VI  dichiarò  1 /dignità  il  prepo- 
sto, 2.a  il  decano;  quindi  fece  sumaganea* 
dell'  arcivescovato  di  Lubiana  la  sede  di 
Trieste.  Nel  concistoro  poi  de'26  settem- 
bre 1  79 1  promulgò  in  vescovo  di  Trieste 
Sigismondo  de' conti  d'  Hochenwart  di 
Gerlachstein  diocesi  di  Lubiana,  già  ge- 
suita e  maestro  di  Francesco  I,  poi  a' 12 
settembre  1794  traslalo  a  s.  Ippolito  e 
quindi  arcivescovo  di  Vienna  ;  mentre 
l'antico  vescovo  di  Trieste  Inzaghi,  poi  di 


t  n  1 

Gradisca,  toera  divenuto  di  Gorizia, sen- 
za  che  le  Notizie  di  Roma  lo  rimarcas- 
sero nella  enumerazione  delle  diocesi  ed 
epoche  della  promulgazione  de'  vescovi. 
A'27  giugno  1  797  Ignazio  Gaetano  deBu- 
set  di  Tareschendorf  diocesi  di  Lubiana, 
già  alunno  del  collegio  Germanico  e  vica- 
rio capitolare  di  Trieste,  morto  nel  1 8o3. 
Per  le  vicende  politiche  e  molteplici  dei 
gravi  tempi  che  si  successero,  la  sede  re- 
stò vacante  del  pastore  ,  finché  Pio  VII 
nel  concistoro  de' 1  3  agosto  1821  dichia- 
rò vescovo  Antonio  V  Leonardis  di  Go- 
rizia, che  governò  lodevolmente.  Alla  sua 
epoca  Leone  XII  colla  bolla  Locum  inul- 
ti Petri,  de'3o  giugno  1828,  Bull.  Rom. 
cont.  1. 17,  p.  375:  Suppressio,  et  tinta 
plurium  Kpiscopalium  Sedium  in  Dttl- 
matia,et  Istria  ad  Adriatici  maris  ora*. 
Fra  le  altre  cose  dispose,  che  la  sede  ve- 
scovile di  Emonia  o  Città  Nova  (dissi 
in  quest'articolo,  colle  Notizie  di  Roma. 
che  lo  registravano  vivente  nel  1 835, mor- 
to in  quell'anno  l'ultimo  suo  vescovo,  mi 
invece  egli  era  decesso  a'23maggioi  83  1), 
si  sopprimesse  e  fosse  unita  a  quella  di 
Trieste,  alla  morte  del  vescovo  che  la  go- 
vernava, a  Trieste  inoltre  dovendosi  mu- 
re il  vescovato  di  Capo  d'  (stria ;  ordi- 
nando ancora  i  rispettivi  capitoli,  ed  a 
quello  di  Trieste  assegnò  le  dignità  del 
preposto,  dell'  arcidiacono,  del  decano. 
Morto  il  vescovo  Leonardis  nel  gennaio 
i83o,  durante  la  sede  vacante  l'impera- 
tore Francesco  I  supplicò  ilPapa  Pio  Vili, 
perchè  reintegrasse  Gorizia  del  grado  di 
metropoli,  poiché  era  Lubiana  cessata  del 
tutto  dalla  dignità  metropolitica  e  torna- 
la semplicemente  sede  vescovile,  come  a- 
vea  decretato  Pio  VII  fino  dal  1807  a' 19 
agosto,  nel  sopprimerla  colla  bollii  Quae- 
dam  tenebrosa,  presso  il  t.i3  del  Bull. 
Rom.  cont.  p.  2o5,  sciogliendo  fin  d'al- 
lora dal  vincolo  di  soggezione  le  chiese 
sulfraganee,  e  ricevendole  sotto  quella  im- 
mediala della  s.  Sede,  finché  egli  o  i  suoi 
successori  non  vi  avessero  provveduto  con 
attribuirle  ad  altra  metropolitana.  Il  Pa 


TU  I 
pa  esaudì  il  pio  imperatore  colla  bolla  In 
tuperemincnti,  de'27  Inolio i83o,  Bull. 
cit.  I.  18,  p.  120,  reintegrando  pienamen- 
te Gorizia  della  dignità  arcivescovile,  di- 
chiarandola metropoli  ecclesiastica  del  re- 
gno illirico, e  fra  le  chiese  suffraganee  che 
le  assegnò  vi  comprese  Trieste  e  Capo  d'I- 
stria, le  quali  congiunse  art/ne  priiu ipa- 
liter,  assegnandone  le  parrocchie,  ed  ai- 
rone sottraendone  a  Trieste  per  unirle  a 
Gorizia  stessa  ed  a  Lubiana.  Innanzi  di 
compiere  la  serie  de'  vescovi  di  Trieste, 
conviene  che  parli  di  quelli  di  Capo  d'I- 
stria., come  promisi  a  quell'articolo,  con 
aggiungere  alcune  altre  nozioni  e  lo  slato 
presente  della  medesima  secondo  l'  ulti- 
ma proposizione  concistoriale. 

Capo  d' Istria,  A  egida,  Capraria , 
Juslinopolis.  Città  con  residenza  vesco- 
vile del  regno  illirico  ,  a  più  di  3  leghe 
da  Trieste,  anticamente  la  primaria  del- 
l'Istria e  la  capitale  di  essa,  e  perciòchia- 
mata  Capo  d'Istria,  situata  sull'Adria- 
tico nell'estremità  di  tale  regione,  e  co- 
me a  capo  di  essa,  sopra  l'isola  Egida , 
ove  vuoisi  che  l'edificassero  gli  argonauti 
(de'quali  riparlai  nel  voi.  LXXIX,  p.  6), 
ritornando  dalla  Colchide,  e  trovandola 
opportuna  a'  pascoli  delle  capre  si  disse 
volgarmente  anche  Capraria  e  Cajìris. 
L'atlualecittà  venendo  rifabbricata  e  for- 
tificala con  permesso  dell'imperatore  gre' 
co  Giustino  il  del  56^,  prese  il  nome  di 
(jiustinopoli.  I  tedeschi  la  dissero  Ca- 
fers^U  schiavoniCoyj/v/.Cerloè  che  Capo 
d'Istria  è  antichissima, ricordala  i\.\  Plinio 
col  nomedi  Egida:  ebbe  il  suo  incremen- 
to da'  fuggiaschi  italiani,  che  nel  tempo 
della  trasmisgrazione  de'barbari,  e  par- 
ticolarmente negli  ultimi  anni  del  regno 
di  Teodorico  re  de'goli,  cercarono  fra  le 
sue  mura  un  ricovero.  Nel  1  278  si  dedicò 
alla  repubblica  di  Venezia  che  la  fece  ca- 
pitale dell'Istria.  Fu  patria  di  diversi  il- 
lustri, come  del  celebre  pittore  Vittore 
Carpaccio,  secondo  alcuni,  ma  egli  soìto  i 
suoi  quadri  sempre  pose  il  nome  con  Rag- 
giunta di  vendi  opus:  Benedetto,  suo  fi- 


T  R  l  a  63 

glioo  nipote,dipinse  nella  Rotonda  di  Ca- 
po d'Istria  ftna  Coronazione  della  Reata 
Vergine,  ove  si  segnò  veneto  dipingeva. 
D'infelice  fama  fu  il  dottissimo  e  autore 
di  riprovevoli  opere  Pietro  Paolo  Verge- 
rlo giuniorc,  famoso  apostala,  consagrato 
da  suo  fluitilo  Gio.  Rallista  vescovo  di 
Pola,  in  vescovo  di  iModrusca,  e  poi  lo  fu 
della  patria, traendo  il  fratello  ne'suoi  er- 
rori. Altro  Pietro  Paolo  Vergerlo  senio- 
re suo  ascendente  era  fiorilo  sul  finir  del 
secolo  XIV  e  nel  principio  del  XV,  ri» 
guardalo  come  uno  de'più  ciotti  del  suo 
tempo,  lasciando  di  verse  opere, fra  le  (pia- 
li De  Urbe  Justinnpolij  fu  caro  all'im- 
peratore Sigismondo  e  intervenne  al  con- 
cilio di  Costanza.  Girolamo  Muzio  della 
famiglia  de'JNuzii,  letleratoe poeta,  auto- 
re del  poema  in  verso  sciolto  intitolalo  E' 
gida,d\ etri  non  si  ha  che  un  prezioso  fram- 
mento de'due  primi  libri  e  del  principio 
del  3.°  Santorio  de'Santorii,  l'Aristotile  e 
l'Esculapio  istriano,  sommo  professore  di 
filosofia  e  medicina  dell'università  di  Pa- 
dova al  principio  del  secolo  XVII  ,  an- 
fore del  rinomalo  libro  sulla  Medicina 
Statica:  la  pronipote  Elisabetta  gli  pose 
un'iscrizione  monumentale  nella  facciala 
della  cattedrale.  11  conte  Gian  Rinaldo 
Carli  Rnbbi,  celebre  antiquario  ed  eco- 
nomista,illuslratoredell'anfiteatro  di  Po- 
la,  ed  autore  del  Ragionamento  delle  an- 
tidata di  Capo  d'  Istria.  Trovasi  nelle 
diverse  edizioni  di  sue  opere,  e  negli  ()• 
puscoli  del  p.  Calogeri  t.  28,  p.  1 6c).  In 
esso  rappresenta  Io  stato  di  sua  patria  a 
tempo  de'romani,  di  cui  fu  municipio,  e 
rende  ragione  della  diversità  de'suoi  no- 
mi. La  dice  lontana  1  2  miglia  da  Trieste, 
unendola  un  ponte  con  molti  archi  al  con- 
tinente. Per  mancanza  di  documenti  an- 
tichi, poiché  nella  luttuosa  guerra  de'ge- 
novesi  contro  la  repubblica  di  Venezia, 
che  sol  finire  del  secolo  XI V  incendiarono 
l'archivio  della  città  e  una  miniera  d'anti- 
caglie, nel  sacco  presero  e  portarono  altro- 
ve lecarIeelecosepiùpreziose,e  persino  le 
più  venerate  reliquie  de'santi,che  tuttavia 


?.r»4  t  r  i 

in  buona  portesi  ricuperarono;  e  perdio  il 
piìi  che  abbiasi  di  Capo  d'Istria  sta  nelle 
opere  del  Mammoli  e  del  Naldini,  il  quale 
nel  1700  pubblicò  in  Venezia,  Corogra- 
fìa ecclesiastica,  ossia  descrizione  della 
città  e  diocesi  di  G tua duopoli ,  il  Carli 
volle  co'  superstiti  frammenti  di  antichi 
monumenti  ed  iscrizioni  illustrarli  e  di- 
chiararli, sì  i  greci  ed  i  romani,  che  i  bar- 
bari. Ripugna  nel  credere  la  venuta  nel- 
l'Istria degli  argonauti  e  de'eolehi,  bensì 
ch'Egida  fu  municipio  romano  dell'  or- 
dine più  distinto,  aggregato  alla  tribù  lJu- 
pinia,  e  contare  per  patroni  i  Crassi,  ricor- 
dando le  auliche  famiglie  celebri;  ch'eb- 
be il  gius  della  manumissione,  ed  un  go- 
verno proprio  di  lei  sì  politico  «he  eccle- 
siastico. Riporta  la  contrastata  iscrizione 
che  ricorda  la  restaurazione  di  Capo  d'I- 
stria, sulla  quale  mg.r  Filippo  della  Tor- 
re vescovo  d'Adria  scrisse:  Osservazio- 
ni sopra  mi  iscrizione  della  città  di  Ca- 
po d'Istria,  pubblicale  dal  Calogeri»  nel 
t.  26,  p.i;  della  quale  famosa  iscrizione, 
pubblicala  anche  da  Lghelii,  che  alcu- 
ni pretendono  falsa,  il  Carli  produsse,  le 
opinioni  contrarie  e  le  favorevoli,  ragio- 
nando di  tulli  i  nomi  co'quuli  viene  chia- 
mala questa  città,  la  quale  dopo  varie  e 
strane  vicende  sotto  i  romani,  i  greci,  i 
marchesi  d'Istria,  i  patriarchi  d'Aquileia, 
«la  tributaria  ch'ella  era  passò  alla  devo- 
zione della  repubblica  veneta,  dopo  lun- 
ga e  calamitosa  guerra,  e  nel  1278  essa 
vi  spedì  a  nome  del  principe  Reniero  Mo- 
ro#ini  ìli."  podestà,  dalla  quale  domina- 
zione seguendo  le  vicende  i\e\\' Istria  tro- 
vasi nell'impero  d'Austria.  La  cattedrale 
«li  Capo  d'Istria  è  dedicala  alla  D.  Ver- 
gine Assunta  in  Cielo  sotto  l'invocazione 
«li  s.  Nazario(l  ,)l.°  vescovo  della  città 
«•  pi«»teltore  di  tulla  la  diocesi,  il  cui  cor- 
po riposa  in  gran  venerazione  ncll'alla- 
re  mag»i«»re.  Questo  è  un  bello  e  ottimo 
edifìzio  a  3  navale,  divise  da  8  pilastri, 
con  archi  lettura  mista  di  dorico-ionico. 
Il  presbiteriojche occupa  tutta  la  larghez- 
za della  chiesa,è  separalo  dal  resto  di  essa 


TR  I 

da  una  balaustra  di  noce  ben  lavorata, 
e  contiene  3  altari:  il  maggiore  è  dedicalo 
all'Assunzione  di  Maria  Vergine,  al  quale 
serve  di  mensa  l'urna  di  marmo  che  rac- 
chiude le  ossa  di  s.  Nazorio,  e  dietro  al 
quale  si  dilunga  il  coro,  maestosa  semi- 
elissi  ornata  di  due  ordini  di  stalli  di  noce; 
alla  sinistra  in  elegante  cappella  è  1'  al- 
tare del  ss.  SagramentOjSeparato  dal  pre- 
sbiterio da  balaustra  di  bel  marmo  bian- 
co; alla  destra  è  l'altare  della  B.  Vèrgi- 
ne de' Dolori  ,  espressa  da   antichissima 
scultura  in  Iegno,ricco  di  rari  marmi.  Do- 
po il  presbiterio,  vi  sono  altri 6altari,cioè 
a  destra  quelli  de'ss.  Pietro  e  Paolo,  della 
B.  Vergine  e  di  s.  Barbara;  a  sinistra  gli 
altari  del  ss.  Crocefisso,  di  s.  Marco  e  di 
s.  Girolamo.    Una  bellissima  pittura  di 
Carpaccio  è  nel  presbiterio  incontro  alla 
cattedra  episcopale,  e  delle  4  porte  late- 
rali della  chiesa,  sono  rimarchevoli  l'im- 
poste delle  due  porte  a  sinistra ,  perchè 
lavorate  a  bel  bassorilievo,  e  tolte  da  un 
antico  tempio  di  Cibele,  con  (]ue  leoni  a- 
venli  fra  le  zanne  una  testa  «li  vitella  co- 
ronata «li  pino,  che  il  Carli  chiama  prin- 
cipale antichità  di  Capo  d'Istria,  e  spie- 
ga tali  simulacri:  perchè  Cibele  in  seguo 
d'aver  ammollito  la  fierezza  degli  uomi- 
ni, o  per  esprimere  la  madre  terra,  si  rap- 
presenta sedente  in  seggio  con  due  leoni, 
oda  questi  tirata  nel  suo  carro;  che  ad 
essa  si  sacrificavano  particolarmente   le 
vitelle,  ed  il  pino  fu  albore  sagro  alla  dea. 
La   facciata  esterna,  rivestila   di  marmi 
istriani,  è  maestoso,  ina  nascosta  in  par- 
te nell'  ala  sinistra  colla   massiccia  torre 
campanaria,  opera  del  XV  secolo.  Il  ca- 
pitolo si  compone  di  due  dignità,  lai/ è 
il  preposto,  la  2/  il  decano,  di  3  canoni- 
ci, 4  vicari  corali,  e  di  altri  preti  e  chie- 
rici addetti  al  divino  servigio.  Nel  clero 
fiorirono  un  cardinale,  un  patriarca,  3  ar- 
civescovi,! 2  vescovi,  e  moltissimi  uomini 
sapienti  e  profondi  nelle  sagre  lettere,  pa- 
recchi de'quali  furono  egualmente  il  so- 
stegno dell'umanità  e  della  religione.  La 
sagrestia,  fra  molti  ricchi  e  pomposi  ai- 


TR  I 
redi,conserva  un  prezioso  ostensorio  d'ar- 
gento, smaltato  d'oro,  in  forma  di  pira- 
mide, e  di  notabile  e  fino  lavoro,  dono 
di  mg.r  Francesco  de  Andreis  patrizio  di 
Capo  d'Istria,  vescovo  di  Scopia.  Possie- 
de pure  una  magnifica  e  grande  macchi- 
na per  la  divozione  delle  Quarant' ore, 
che  ha  luogo  dalla  domenica  delle  Palme 
al  mezzodì  del  mercoledì  santo,  non  che 
per  la  festa  del  Corpus  Domini.  Essa  co- 
pre dall'altare  tuttala  facciata  sino  al  sof- 
fitto, e  viene  illuminata  da  circa  4oo  can- 
dele. Nella  cappella  propinqua  alla  cat- 
tedrale vi  è  il  battislerio,  e  la  cura  d'a- 
nime è  amministrata  da  un  dignitario  o 
da  un  canonico  assistito  da  uno  di  detti 
vicari.  L'episcopio  è  quasi  aderente  alla 
cattedrale  ,  e  doveasi  stabilire  ,  intanto 
supplendo  il  governo  col  pagare  il  fitto  di 
decente  abitazione.  Vi  sono  nella  cilth al- 
tre 3  chiese  secolari,  cioè  di  s.  Basso,  di 
s.  Biagio  e  di  s.  Nicola,  e  2  regolari  in  cu- 
ra de'minori  osservanti  e  de'cappuccini, 
che  sono  i  soli  religiosi  in  essa  esistenti, 
prima  essendovi  6  conventi  di  regolali  e 
2  di  monache;  senza  contare  le  cappelle 
o  oratorii,  fra  le  quali  meritano  menzio- 
ne quella  della  B.  Vergine  del  Carmine 
contigua  alla  cattedrale  e  nella  quale  pro- 
priamente è  il  battistero,  e  cpiella  di  s. 
Giusto  rimpetto  alla  chiesa  de'cappuc- 
cini. La  chiesa  di  s.  Basso  martire i.°  ve- 
scovo di  Nizza  marittima,  il  cui  corpo 
si  venera  in  Marano  di  Ilipatransone,  è 
detta  volgarmente  dell'  Ospedale  perchè 
unita  all'antico  ospedale  di  Capo  d'Istria. 
La  chiesa  di  s.  Biagio  martire  apparten- 
ne al  demolito  monastero  delle  agostinia- 
ne, ed  è  uffiziata  da'confrati  della  scuola 
dell'oratorio.  La  chiesa  dis.  Nicola  di  Ba- 
ri, il  cui  quadro  è  di  Carpaccio,  serve  a' 
poveri  del  vicino  ospedale.  La  chiesa  dì 
s.  Anna  de'minori  osservanti  ha  7  altari, 
fra'quali  ponno  ricordarsi  pel  pregio  ar- 
tistico del  quadro  quello  del  ss.Crocefisso, 
quello  del  ss.  Nome  di  Gesù,  opera  di  Be- 
nedetto Carpaccio,  il  maggiore  per  la  pit- 
tura insigne  che  lo  nobilita,  e  una  delle 

VOL.   LXXX. 


TRI  265 

opere  più  belle  di  Gio.  Battista  Cima  da 
Cnnegliano  :  il  convento  poi  contiguo  si 
distingue  pei-  la  sua  struttura,  ed  è  uno 
de'più  belli  dell'  ordine.  La  chiesa  di  ». 
Marta  coll'annesso convento  de'cappucci- 
ni fu  eretta  per  un  voto  fatto  in  occasione 
della  peste  orientale  del  162  i.Vi  è  la  con- 
fraternita del  ss.  Sacramento  e  altri  so- 
dalizijl'ospedalejil  monte  di  pietà,  le  scuo- 
le pubbliche.  L'Ughelli,  Italia,  saera.  t. 
5,  p.  3  70),  Juslinopolitani  Epìscopi ,  o 
meglio  il  suo  annotatore  Coleti,  riferisce 
che  in  Capo  d'Istria  eranvi  due  collegi, 
uno^illiricoo seminario de'chierici  illirici, 
eretto  nell'episcopio  da  Paolo  Naldini  , 
l'altro  de' religiosi  delle  scuole  pie  pe'gio- 
vani  di  tutta  la  provincia.  Vi  fiorì  pure 
l'accademia  de'  fì/'yor^istituita  nel  1  667. 
La  religionecristiana  fupromulgata  inE- 
gida  nel  suoi .°  secolo,  d'ordine  di  s.  Er- 
magora  vescovo  d'Aquileia,  il  quale  v'in- 
viò a  predicarla  nell'anno  56  circa  di  no- 
stra era,  il  suo  diacono  e  discepolo  s.  E- 
lio  da  Costabona,  CVz.??rwrc  Dona,  ora  pic- 
colo villaggio  di  Capo  d'Istria,  e  da  essa 
dittante  quasi  7  miglia.  Vuoisi  che  allo- 
ra fosse  edificata  la  primitiva  chiesa,  poi 
cattedrale,  la  quale  fu  ingranditane!  210. 
Le  ossa  di  questo  2. °  protettore  di  sua  pa- 
tria si  venerano  in  detto  tempio  nell'al- 
tare de'ss.  Pietro  e  Paolo,  in  un'urna  sca- 
vata entro  il  muro  del  medesimo,  e  si  e- 
spongono  nella  sua  festa  a'  18  luglio,  e 
in  quella  di  s.  Nazario.  Quello  che  dico- 
no i  Bollandisli  di  sua  famiglia  è  molto 
incerlo,enon  viene  riferito  da'patrii  stori- 
ci, che  certamente  l'avrebbero  asserito  se 
vi  fosse  stato  un  fondamento  veridico.  Si 
ritiene  a  Capo  d'Istria,che  la  sede  vescovi- 
le sia  stata  istituita  dopoché  Papa  s.  Gio- 
vanni I,  portatosi  a  Costantinopoli  verso 
il  525,  per  contentare  in  parte  1  desiderii 
di  Teodorico  re  de'  goti,  coronato  l'im- 
peratore Giustino  I,  si  dice  che  l'indusse 
a  malincuore,  onde  concedere  qualche  co- 
sa agli  stranieri,  cioè  che  fossero  restitui- 
te agli  ariani  le  loro  chiese,  e  che  niuno 
di  essi  fosse  obbligato  di  abiurarne  la  setta. 

18 


266  T  R  I 

Per  questa  tolleranza  religiosa,  bramala 
da  Teodorico,  aveva  da  questi  già  otte- 
nuto l'erezionede'vcscovalidell'lstria,  in- 
sieme a  quello  di  Egida,  onde  porre  un 
argine  all'eresia  degli  ariani  professata  e 
protetta  da'goti.  Onde  si  crede  originalo 
il  vescovato  rli  Giustinopoli  nel  524?  es' 
celebra  per r.° vescovo  s.  Nazario,  in  che 
conviene  ilColeti,  lenificando  l'Ughelli, 
che  non  solo  ritarda  il  suo  vescovato,  ma 
lo  dice  a."  vescovo.  Questo  santo  prelato, 
principale  proiettore  di  sua  patria  e  dio- 
cesi  di  Capo  d'Istria,  la  tradizione  fa  na- 
tivo di  Bosle,  villa  al  sud-ovest  di  Capo 
d'Istria;  fìoiì  nel  detto  VI  secolo,  come 
consagrato  dopo  il  524,  e  morì  verso  la 
metà  di  esso  a'iq  giugno,  in  cui  se  ne  ce- 
lebra la  festa.  Reslòdimenticatoilsuocor- 
po  sino  al  6oi,  in  cui  fu  ritrovato  nella 
cripta  in  medio  pavimenti  della  chiesa 
cattedrale,  con  una  lamina  di  piombo  che 
testificava  l'identità  del  corpo  e  I'  epoca 
del  bealo  transito.  Ciò  avvenne  per  una 
visione  avuta  dal  suo  custode  e  da  un 
cospicuo  cittadino,  a'quali  fu  rivelato  il 
sito  ove  giaceva,  ed  insieme  si  rinvenne- 
ro i  corpi  de'ss.  Elio  e  Alessandro,  altri 
protettori  di  Capo  d'Istria.  Per  altre  no- 
tizie si  può  vedere  s.  Nazario  e  l'Ughelli. 
La  festa  del  santo  è  solennissima  in  Capo 
«l'Istria,  con  vigilia  di  digiuno  per  tutta 
la  diocesi.  In  questo  giorno  si  espone  il 
busto  argenteo  colla  testa  di  s.Nazario  che 
si  custodisce  nella  sagrestia,  e  nel  dì  se- 
guente si  porta  in  processione  veramente 
magnifica,  alla  quale  intervengono  le  4 
confraternite  della  città, sotto  baldacchi- 
no.le  cui  aste  sostengono  i  magblrati  mu- 
nicipali ,  e  nella  sera  dopo  i  vesperi  col 
busto  si  benedice  il  popolo,  dopo  essersi 
scopertala  cassa,  che  nell'altare  maggio- 
re ne  contiene  le  altre  ossa,  alla  venera- 
zione de'fedcli,  a'quali  per  la  stessa  t'esti- 
vila si  aprono  le  arche  degli  altri  altari 
contenenti  le  ss.  reliquie  degli  altri  san- 
ti. Nell'Italia  .sacra  trovami  i  seguenti 
vescovi.  Giovanni  I  nel  757  consagralo 
da  Vitaliano  patriarca  di  Grado,  il  quale 


TR  I 
ordinò  pure  il  di  lui  successore  Senatore. 
Indi  s'ignorano  i  successivi  vescovi  di  Ca- 
po d'Istria,  e  pare  che  ne  fossero  ammi- 
nistratori quelli  di  Trieste.  Uno  di  que- 
sti, Eriberto,  esplicitamente  lo  riporta  il 
Culeti,  provandolo  con  documenti  del  dfl 
lui  operato.  L'Ughelli  riporta  per  3.°  ve- 
scovo da  lui  conosciuto  N., promossovi  da 
Alessandro  IH  verso  ili  i66,ad  istanza  del 
doge  di  Venezia. Ma  già  notai  di  sopra,  che 
talPapaneh  177  dichiarò  terminare  colla 
morte  di  bernardo  o  Wernardo  o  Guar- 
nardo  vescovo  di  Trieste  l'amministra- 
zione del  vescovato  di  Capo  d'Istria,  per 
le  richieste  del  doge  Sebastiano  Ziani  e 
del  patriarca  d'Aquileia  Udalrico.  Aven- 
do il  podestà  e  consoli  di  Capo  d'  Istria 
stabilita  la  mensa  pel  nuovo  vescovo,dupo 
la  morte  dell'amministratore,  il  patriarca 
Gotifredo  neh  186  elesse  e  consagiò  ve- 
scovo Aldegario  o  Ardecario  o  Aldigero, 
che  nel  1212,  condocumentoriportalo  da 
Ughelli,  convenne  all'accordo  seguito  tra' 
canonici  della  cattedrale  e  il  clero  della 
chiesa  di  s.  Mauro  dell'Isola,  sulle  ren- 
dite della  medesima.  Il  vescovo  Assalon- 
ne del  1212  consagrò  nel  1222  la  chiesa 
parrocchiale  di  s.  Giorgio  in  Pontauo,  e 
nel  1225  quella  di  s.  Servolo  martire.  A 
suo  tempo  Papa  Onorio  111  con  lettera 
scritta  neh 221  al  decano  e  al  capitolo, 
stabilì  che  esso  fosse  composto  di  1  2  ca- 
nonici, come  vuole  l'Ughelli.  Il  Colelipoi 
narra  che  il  capitolo  fu  statuito  nel  1  245 
conio  canonici,  con  lettera  scritta  al  me- 
desimo da  Innocenzo  IV.  Questo  Papa 
nel  detto  anno  1245  elesse  Corrado  ca- 
nonico d'Aquileia,  che  neh  257  consagrò 
un  altare  in  onore  della  ss.  Trinità,  della 
ss.  Croce  e  della  B.  Vergine,  alla  presen- 
za de'  vescovi  di  Pola,  Trieste,  Pareuzo 
ed  Emonia;  quindi  neh  265  autorizzò  i 
francescani  di  Capo  d'  Istria  a  demoli- 
re la  loro  chiesa  di  s.  Francesco,  e  de'ce- 
menti  valersi  per  rifabbricare  la  nuova, 
alla  quale  pose  la  1 ."  pietra,  per  cui  ne  ri- 
cevè lettera  gratulatoria  da  Papa  Cle- 
mente IV,  riportala  da  Ughelli,  insieme 


TRI 

ol  documento  col  quale  il  vescovo  nel 
1 266  rimise  le  decime  che  le  monache  di 
s.  Antonio  di  Torcello  gli  doveano  per 
un  predio  di  Pira  no.  Azo  del  1*271  fu  e- 
lello  arbitro  e  giudicò  le  controversie  tra 
gli  abitanti  di  Buie  e  quelli  di  ITtuago. 
Nel  1275  era  vescovo  Pago  o  Papo,  che 
intervenne  neh 281  al  sinodo  d'Aquileia 
del  patriarca  Raimondo  Torriani.  Nel 
i2Qi  circa  Vitale  Simeone,  il  quale  nel 
1296  si  recòin  Aquileiaper  comporre  le 
discordie,  tra  il  detto  patriarca  e  Brissa 
vescovo  di  Trieste,  che  fervevano  su  ma- 
terie giurisdizionali;  e  nel  1 299  interven- 
ne alla  rinunzia  fatta  alla  presenza  del 
medesimo  patriarca,  da  Artuico  di  Ca- 
stello pel  castello  Invilino.  Il  vescovo  fr. 
Pietro  Manolesso  minorità  permise  alle 
monache  della  Cella  di  Capo  d'Istria  di 
professare  1'  istituto  francescano  di  s. 
Chiai  a,esentandoledalla  giurisdizione  ve- 
scovile: mori  nel  1  3  1  3  e  fu  sepolto  nella 
chiesa  di  s.  Francesco,  con  iscrizione  pres- 
so rUghelli.  Nel  1 3 1 7  Tommaso  Conta- 
rmi nobile  veneto,  che  concesse  con  atto 
riportato  ne\V  Italia  tacrat  in  feudo  le 
decime  di  Pedena  e  di  Villanova  a* fra- 
telli Colmano  e  Simone  de  Vergerlo,  ras- 
segnato da  Celino  de  Sabino:  nel  1 3 19 
riconsagrò  solennemente  la  chiesa  di  s. 
Udalrico,  già  consacrata  dal  vescovo  As- 
salonne, leggendosene  il  documento  nel 
luogo  citato.  Nel  1 3^4  consagrò  la  chiesa 
di  s.  Andrea  di  Pirano,  e  nel  1827  quel- 
la di  s.  Maria  de  Sexe.  Nel  1  3^8  fr.  Ugo 
da  Vicenza  priore  provinciale  de' dome- 
nicani di  Lombardia,  nel  1  335  trasiato 
a  Mazzara.  Nello  slesso  Marco  Semiteco- 
lo  veneto,  canonico  di  s.  Marco,  morto 
nella  città  Arausiense  in  Gallianeli347. 
1  n  questo  Orso  Delfino  nobile  veneto,  ret* 
tore  di  s.  Giacomo  di  Rialto,  traslato  al- 
la metropoli  di  Creta  nel  1349,  poi  pa- 
triarca di  Grado.  In  detto  anno  France- 
sco Quirini  patrizio  veneto,  pievano  dis. 
Maria  Formosa,  trasferito  all'arcivesco- 
vato di  Creta  nel  1 363,  indi  anch'esso  di- 
venne patriarca  di  Grado.  Il  Coleti  ripor- 


T  R  I  b67 

la  un  documento  dal  quale  rilevasi  che 
nel  1  36|  consngrò  la  chiesa  di  s.  Matteo 
di  Pirano.  Neil 364  Lodovico  Morosini 
nobile  veneto,  traslato  poi  a  Modone  a' 
2  1  novembre  1  3go. In  questo  e  nello  stes- 
so giorno  Giovanni  II  Loredano  patrizio 
veneto  primicerio  di  s.  Marco  :  morì  nel 
i4'  '  e  fu  sepolto  nella  cattedrale  con  e- 
pitaflio  pubblicato  da  Ughelli.  Quindi  il 
capitolo  elesse  Bartolomeo  de  Recupera- 
ti canonico  di  s.  Marco,  ma  sebbene  il  do- 
ge Michele  Steno  ne  ringraziasse  con  let- 
tera i  canonici, Giovanni  XXIII  non  l'ap- 
provò,eiuvecegli  sostituì  l'altro  nobile  ve- 
neto Cristoforo  Zeno  già  vescovo  diChiog- 
già. Morto  nel  1 420, in  questo  gli  successe 
Geremia  Pola  canonico  decano  della  cat- 
tedrale diCa  pò  d'Istria,  il  quaIe,come  nar- 
rai altrove,  ricuperò  da'genovesi  i  corpi 
de'ss.  Nazario  e  Alessandro,  che  aveano 
rapito  nel  saccheggio  della  città,  tratte 
nendosi  i  genovesi  per  venerazione  un 
braccio  di  s.  N;izario.  Il  zelante  vescovo 
nel  1 4^2  si  recò  a  incontrarli  a  Venezia, 
e  li  ripose  nella  cattedrale  con  solenne 
pompa.  Nel  1424  d.  Martino  de  Bernal - 
dinis  veneto,  priore  de'canonici  regolari 
di  s.  Salvatore  di  Venezia,  traslalo  a  M<< 
done  e  poi  all'arcivescovato  di  Corfù.  Nel 
1428  da  Arbe  vi  fu  trasferito  fr.  Fran- 
cesco Servandi  de  Biondi  fiorentino  do- 
menicano, che  a'7  novembre  1 44-^  con" 
sagrò  solennemente  l'altare  e  la  cattedra- 
le di  s.  Nazario.  Nel  i44&  da  Modone  vi 
passò  Gabriele  Gabrieli  nobile  veneto;  e 
dopo  avere  nel  1 4 7 1  consagrato  l'altare 
de'ss. Tommaso,  Filippo  e  Giacomo  ino* 
ri.  Neil'  istesso  anno  Pietro  II  Bagnaca- 
vallo  milanese,  morto  neh  475.  In  que- 
sto fu  traslalo  dall'arcivescovato  di  Pa- 
trasso l'istriano  Simone  Vosich  da  Mon- 
tona,  morto  nel  1482  in  Roma.  Gli  suc- 
cesse Giacomo  Valaresso  nobile  veneto, 
protonotarioapostolico  e  fratello  di  Maf- 
feo arcivescovo  di  Zara  che  lo  consagrò: 
funse  diverse  legazioni  per  la  sua  repub- 
blica e  pel  Papa,  resse  il  patriarcato  d'A- 
quileia, rifabbricò  interamente  l'episco- 


*G8  T  R  I 

pio,  e  morto  neh5o3  fu  deposto  nel  se- 
polcro ch'eresi  preparalo  nella  cattedra- 
le, con  l'iscrizione  che  leggesi  nell'Ughel- 
li.  Neh5o3  fr.  Bartolomeo  a  Sonica  luo- 
go di  Bergamo,  profondo  nelle  scienze, 
intervenne  al  concilio  di  Laterano  V,  e 
stimato  da  Leone  X  l'oppose  qoal  pro- 
pugnacolo contro  la  sorgente  empia  ere- 
sia di  Lutero,  nominandolo  neh  5t.o  re- 
ferendario apostolico  e  generale  inquisi- 
tore di  Brescia  e  suo  distretto,  con  piene 
facoltà  contro  l'eresie.  Morto  nel  1529, 
gli  successe  Defendente  de  Valvassori,  pu- 
re bergamasco,  consagrato  in  Roma  nel- 
la cappella  pontifìcia  da  fr.  Gabriele  ar- 
civescovo di  Durazzo  e  sagrista  del  Papa, 
assistito  da'vescovi  di  Nepi  e  Veglia;  indi 
fu  anche  suffraganeo  di  Pietro  Lippoma- 
no  vescovo  di  Bergamo,ove  morì  neli536. 
In  questo  Paolo  HI  vi  trasferì  da  Mo- 
drusca  (che  siccome  unita  a  Segna,  in 
quest'articolo  riportai  in  breve  le  notizie 
de'suoi  vescovi,  e  perciò  del  l'infelice  di  cui 
vado  a  riparlare),  Pietro  Paolo  Vergerlo 
di  Capod'lstria,già  vedovo  e  di  tale  dot- 
trina e  ingegno  che  Clemente  VII  l'inviò 
nunzio  in  Germania  a  Ferdinando  I  re 
de'romani  nel  i532,  incaricato  special- 
mente d'oppóni  con  fermezza  a'progres- 
si  de'luterani.Tre  anni  dopo  lo  richiamò 
Paolo  III,desideroso  sapere  dalla  sua  boc- 
ca sicuri  ragguagli  delle  cose  germani- 
che; indi  lo  rimandò  per  annunziare  la 
prossima  convocazione  del  concilio  gene- 
rale onde  por  fine  alle  dissensioni  religio- 
se. In  tale  2.0  viaggio  di  Germania,  ebbe 
la  sventura  di  passare  per  Wittemberga, 
ove  si  abboccò  con  l 'eresiarca Lutero.Tor- 
nato  in  Italia  nel  i536,  il  Papa  l'inviò  a 
Napoli  all'imperatore  Carlo  V,  e  ritor- 
nalo da  tal  missione,  prima  lo  fece  ve- 
scovo di  Mod  russa  e  poco  dopo  di  sua  pa- 
tria, venendo  consagrato  dal  fratello  ve- 
scovo di  Pola.  Ne'primi  tempi  del  suo  e- 
piscopalo,  ne  adempì  lutti  i  doveri  con 
molto  zelo,  istruendo  i  popoli  affidati  alle 
sue  cure,  e  procurando  almeno  in  appa- 
renza di  premunirli  contro  i  nuovi  erro- 


TU  I 
ri.  Neil 54o  si  recò  in  Francia  col  cardi- 
nal Ippolito  d'Este,  e  nel  1 54- 1  fu  dal  re 
Francesco  I  spedilo  alla  dieta  di  Worms, 
dove  tenne  una  condotta  assai  equivoca. 
Reduce  in  Italia,  avendo  trovata  la  curia 
romana  seriamente  preoccupata  contro 
di  lui,  si  ritirò  nella  sua  diocesi.  Si  for- 
tificarono allora  in  lui  le  prevenzioni,  con- 
tro certe  pratiche  già  condannate  da  Lu- 
tero. Comunicò  il  suo  erroneo  sentimen- 
to al  fratello  vescovo  di  Pola,  diesi  la- 
sciò ben  presto  sedurre;  ed  ambedue,  cia- 
scuno nella  sua  diocesi,  incominciarono 
a  parlare  contro  la  virtù,  dell'indulgen- 
ze, e  predicarono  a'ioro  greggi  altri  er- 
rori di  Lutero.  Accusato  a  Paolo  III,  do- 
mandò Vergerio  il  permesso  di  giustifi- 
carsi dinanzi  al  concilio  di  Trento;  ma  i 
padri  non  Io  vollero  ammettere,  e  fu  ri- 
mandato al  nunzio  Giovanni  della  Casa 
e  al  patriarca  di  Venezia,  incaricali  di 
processarlo.  Vergerio  orgoglioso,  non  a- 
vendo  voluto  ubbidire,  errò  in  varie  cit- 
tà, dalle  quali  recavasi  segretamente  a 
visitare  la  sua  patria  e  diocesi,  e  quella  di 
suo  fratello,per  rianimare  il  coraggio  de' 
loro  partigiani.  11  vescovo  di  Pola  morì 
improvvisamente  nel  1 548  nella  sua  se- 
de. Il  Vergerio  allora,  sentendo  che  An- 
nibale Grisoni  suo  compatriotta,  d'  una 
delle  molte  nobili  e  primarie  famiglie  di 
Capo  d'I slria,avca  testé  ricevuto  in  un  col 
titolo d'inquisitor generale  la  commissio- 
ne di  processarlo,  uscì  d'Italia  ih. "mag- 
gio i549>  e  Sl  rit'l"ò  uel  paese  de'Grigio- 
ni,  ed  apertamente  vieppiù,  si  dichiarò  lu- 
terano. A'  3  luglio  Paolo  ili  pronunziò 
la  definitiva  condanna,  che  lo  dichiara- 
va apostala,  colpiva  delle  censure  eccle- 
siastiche, e  spogliava  del  vescovato.  Al- 
lora Vergerio  palesò  tutto  il  fiele  e  lutto 
il  risentimento  contro  Roma  e  la  s.  Sede, 
con  una  moltitudine  d'empi  opuscoli,  in- 
fami e  vergognosi,  anche  contro  la  fede 
cattolica  econtro  i  cattolici.  Chiamalo  dal 
duca  di  Wùrtemberg  ,  a  Tubinga  nel 
1  553, vi  fu  accolto  con  benevolenza;  indi 
viaggiò  iuPrussia,inUngheria,in  Polonia, 


TR  I 

in  Ginevra,  e  tornò  in  Tubinga,ove  mori 
in  elàalquantoavanzala  a'4 ottobre 1 565 
m'ìserauìenlejibidinis servas.TL  pure  tro- 
vò nel  famoso  concittadino  conte  Gio.  Ri- 
naldo Carli  Rubbi   un  fervoroso  apolo- 
gista !  Paolo  111  a'21  agosto  1 549  trasla- 
tò  da  Lavello  a  Capo  d'Istria  fr.  Tom- 
maso Stella  veneziano  domenicano,  già 
vescovo  di  Salpe,  dottissimo  e  di  proba- 
ti  stimi  costumi,  il  quale  incessantemen- 
te  predicò  in  pubblico  e  in  privato  le  ve- 
rità de'dogmi  cattolici,  per  eliminare  gli 
errori  disseminati  dal  suo  indegno  pre- 
decessore, e  colla  sua  pietà  fece  di  tutto 
per  cancellarne  le  tristi  reliquie.   Inter- 
venne al  concilio  di  Trento,  scrisse  vari 
libri,  come  De  citar  ita  te  Chris  ti,  moren- 
do nel  i566.  Pochi  giorni  dopo  gli  suc- 
cesse fr.  Adriano  Valentino  domenicano, 
inquisitore  contro  l'eretica  pravità  e  dot- 
to teologo;  governò  con  integrità  e  lode- 
vole zelo,  per  distruggere  le  radici  del- 
l'eresia piantatavi  dal  Vergerlo,  e  scrisse: 
De  inaiare  udis  haereticis,e  De  Sacra- 
mento Eucharistiae  contra  Calviuuni. 
Nel  1572  vi  fu  trasferito  il  giuslinopoli- 
tauo  Antonio  Elio  allora  patriarca  di  Ge- 
rusalemme inpartibus,  già  vescovo  di  Po- 
la,  virtuoso  e  dotto,  che  intervenuto  al 
concilio  di  Trento  vi  uvea  ben  figurato,  e 
la  s.  Sede  se  n'era  servila  in  gravi  inca- 
richi, come  lo  celebra  il  prolisso  epitaf- 
fio  riportato  da  Ughelli,   e  posto  al  suo 
sepolcro  nella  cattedrale,  lodato  pure  qual 
zelantissimo  pastore.  Nel  1  576  Giovanni 
111  Ingenerio  veneto,celebre giureconsul- 
to, ampliò  l'episcopio,  e  fra'suoi  scritti  si 
ricorda  :  De  codesti  physonomia.  Nel 
1600  fr.  Girolamo  1  Contarmi  nobile  ve- 
neto domenicano,  lodato  pastore,  ed  au- 
tore della  Physicam  Aristoteli^  etTkea- 
truni  totius  Orbis.  Nel  1620  da  Catlaro 
vi  passò  fr.  Girolamo  IIRusca  padovano 
domenicano;  gli  successe  nel  i63o  Pietro 
111  Morari  di  Chioggia,  canonico  di  quel- 
la cattedrale,  ovvero  neh  632  come  vuo- 
le Coleti ,  già  vicario  di  Parenzo,  enco- 
mialo per  prudenza,  probità  e  altre  vii- 


T  R I  269 

tu,  lasciando  ms.  {'Istoria  di  Chioggia. 
Mori  nel  1 653  e  fu  sepolto  nella  cappel- 
la episcopale  di  S.Alessandro,  con  epigra- 
fe riportata  da  Coleti.  Nello  stesso  anno 
Baldassare  Bonifazio  di  Rovigo,  arcidia- 
cono, vicario  generale  e  consultore  del- 
l'inquisizione di  Treviso,  letterato,  pio  e 
generoso  pastore,  benemerito  della  men- 
sa vescovile  e  del  capitolo,  costruì  nella 
cattedrale  la  cappella  dell'Epifania  e  pres- 
so di  essa  fu  sepolto,  con  l'epi tallio  ripor- 
tato da  Coleti  in  uno  all'iscrizione  che  i 
canonici  gli  posero  in  coro  per  grato  a- 
nimo.  Nel  1660  Francesco  Zeno  nobile 
veneto, canonico  e  vicario  generale  diCre- 
ta,  pio  ed  eruditissimo:  con  Giacomo  Fi- 
lippo Tomassiui  vescovo  di  Città  Nuova 
scrisse  8  libri,  Commentarla  hislorica 
geographica  totius  Histriae,  nella  quale 
fu  illustrata  la  serie  de'  vescovi  istriani, 
ed  il  ms.  passò  in  potere  del  celebre  ed 
eruditissimo  nipote  Apostolo  Zeno.  Mor- 
to nel  1680  in  Venezia, fu  tumulato  nel- 
la chiesa  di  s.  Francesco  de'miuori  osser- 
vanti. Nel  1684  Pietro  Antonio  Dellìuu 
patrizio  veneto  e  arciprete  di  Padova  : 
morì  dopo  io  mesi  colpito  da  apoplessia 
sul  trono  vescovile  nel  vespero  della  do- 
menica delle  Palme,  come  è  detto  nell'e- 
pigrafe sepolcrale  in  s.  Chiara,  ove  fu  de- 
posto. Nel  1686  fr.  Paolo  Naldiui  nobile 
padovano,  teologo  agostiniano,  e  dotto 
autore  della  ricordata  Corografia  eccle- 
siastica di  Capo  d'Istria:  nell'episcopio 
fece  dipingere  la  serie  de'suoi  predeces- 
sori e  coti  analoghe  iscrizioni.  Morto  nel 
1713  in  questo  gli  successe  Antonio  M.d 
Borromeo  nobile  padovano  teatino,  pro- 
fessore di  s. canoni,  promosse  ladisciplina  e 
l'istruzione  del  clero,  rifabbricò  da'fonda- 
menti  la  cattedrale,aumentò  la  mensa  epi- 
scopale, e  fu  benemerito  pastore.Con  esso 
l' Italia  sacra  termina  la  seriede' vescovi, 
che  compirò  colle  Notizie  di  Roma.  Nel 
1733,  Agostino  Bruti  di  Capo  d'Istria, 
traslato  da  Cauea.  Nel  1747  Gio.  Batti- 
sta Smidi  di  Venezia,  poi  di  Belluno.  Nel 
ij5Q  Carlo  Cainuzio  di  Tohuezzo  dio- 


27o  T  II  I 

cesi  d'Udine,  poi  arcivescovo  di  Tarso  e 
patriarca  d'Antiochia.  JN'el  i  776  Bonifa- 
cio da  Poutedi  Venezia  cairialdolese,uaor- 
lo  nel  1810.  Restata  vacatile  la  sede,  e 
minila  come  dissi  qual  conca tted rale  di 
Trieste  nel  i83o,indiGregorioXVI  nel 
concistoro  de'3o  settembre  1 83  1,  e  non 
1 83o  come  si  legge  nelle  Notizie  di  Ro- 
ma, promulgò  (.°vescovo  di  Trieste  e  Ca- 
po d*  Istria  mg.r  Matteo  Raunicker  di 
Vazhe  nella  diocesi  di  Lubiana  e  cano- 
nico onorario  di  quella  cattedrale,  retto- 
le del  seminario,  prudente,  dotto  e  ver- 
sato in  ogni  esperienza.  Per  sua  morte  il 
regnante  Pio  IX  nel  concistoro  de'2  1  di- 
cembre 1846  picconilo  l'odierno  vesco- 
vo mg.'  Bartolomeo  Legai  di  Naclas  dio- 
cesi di  Lubiana,  dottore  in  s.  teologia  e 
professore  di  teologia  dogmatica  nel  se- 
ni inariodiGor  izia,curato  di  s.MariaMag- 
gioie  di  Trieste  e  cancelliere  vescovile,  fa- 
condo e  zelante  predicatore,  dotto,  pru- 
dente e  di  ottima  moralità,  ebe  emise  la 
professione  di  fede  nelle  mani  di  mg.r  Gia- 
como Foretti  vescovo  di  Chioggia,  spe- 
cialmentedcputato  dal  nunzio  di  Vienna 
mg.r  Viale-Prelàora  cardinale.  INèaTrie- 
ste,  uè  a  Capo  d'Istria  esiste  alcun  semi- 
nario dopo  la  fatale  ordinanza  dell'  im- 
peratore Giuseppe  II,  colla  quale  soppri- 
mendo i  moribondi  seminari  vescovili  di 
allora,  della  provincia  del  Litorale  ,  in- 
vece istituì  un  seminario  generale  e  pro- 
vinciale: a  Gorizia. sotto  la  sorveglianza  di 
quel  metropolitano,  ove  tuttora  esiste.  O- 
gni  uuovo  vescovo  di  Trieste  e  Capo  d'I- 
stria è  lassato  ne'  libri  della  camera  apo- 
stolica in  fiorini  4ou>  ascendendo  la  men- 
sa ai  2,000  fiorini, pari  a  6000  scudi  ro- 
mani. Le  diocesi  unite souo  ampie:  quella 
di  Trieste  contiene  1  58  parrocchie  e  più 
luoghi;  quella  di  Capo  d'Istria  contiene 
18  parrocchie  e  3  luoghi  principali,  ili 
Pirano  oseudovi  la  collegiata  con  cano- 
nici e  la  dignità  dell'  ai  ci  prete  che  fun- 
ge la  cura  d'anime,  ed  il  convento  de'frau- 
ecscani. 

TUIFOiMi  e  BESPICIO  («,.),  marti- 


T  R  I 

ri.  Nati  nella  Bitinia  presso  Apamea,  fu- 
rono presi  nel  25o,  infierendo  la  perse- 
cuzione di  Decio,  e  carichi  di  catene  ven- 
nero condotti  a  Nicea,  dove  Aquilino  go- 
vernatore della  Bitinia  e  prefetto  d'  Ó- 
riente  faceva  la  sua  residenza.  Tratti  di- 
nanzi adesso,  confessarono  generosamen- 
te Gesù  Cristo,  per  cui  furono  stesi  sul 
cavalletto,  la  qual  tortura  durò  quasi  3 
ore.  Dipoi  il  governatore,  andando  alla 
caccia,  ordinò  che  frattanto  fossero  espo- 
sti al  rigore  della  stagione, essendo  allo- 
ra freddo  eccessivo.  Tornato  dalla  cac- 
cia, chiese  loro  cosa  pensassero,  e  aven- 
dogli essi  risposto  che  persistevano  ue'Io- 
10  sentimenti,  li  rimandò  in  prigione,  mi- 
nacciando di  trattarli  con  maggior  rigore. 
Qualche  tempo  dopo  si  fece  nuovamente 
condurre  innanzi  i  due  con  fessoli, ed  in  va., 
no  impiegòa  persuaderli  le  più  lusinghie- 
re promesse.  Adiralo  di  non  poterli  vin- 
cere, fece  loro  traforare  i  piedi  con  gros- 
si chiodi,  poi  li  fece  crudelmente  vergheg- 
giare, straziare  con  unghie  di  ferro,  e  bru- 
ciare i  fianchi  con  torce  ardenti.  Final- 
mente il  giorno  appresso,  subito  un  altro 
interrogatorio,  furono  decapitati,  nello 
stesso  anno  25o.  I  greci  onorano  s.  Tri- 
fone il  1  ."di  febbraio,  ma  il  martirologio 
romano  lo  nomina  insieme  con  s.  Resot- 
elo ilio  novembre.  La  parte  principale 
delle  loro  reliquie  è  stata  deposta  sotto 
l'aitar  maggiore  della  chiesa  dell'arcispe- 
dale di  s.  Spirilo  in  Sassia  di  Roma,  al 
dire  di  Butler.  Però  è  indispensabile  di 
ricordare,  che  s.  Trifone  ebbe  in  Roani 
propria  chiesa  antica  e  parrocchiale,  nel- 
l'altare maggiore  della  quale  furono  col- 
locati i  corpi  o  la  maggior  parte  delle  re- 
liquie dei  santo,  di  s.  Respicio  e  di  s.  Nin- 
fa verginee  inartire.della  quale  nello  sles- 
so giorno  ricorre  la  festa.  Il  Butler  cre- 
de che  porzione  delle  loro  reliquie  si  ve- 
nerino pure  nella  delta  chiesa  dell' 0*oct 
delle  di  v.  Sjììritu  in  Sassia,  ludi  iaCkie- 
■sa  di  ,y.  Trifone  divenne  Staziona /<•  e 
Titolo  cardinalizio,  prerogative  che  in- 
sieme alle  precedenti  furono   trasferite 


T  R  I 

nella  Chiesa  di  s.  agostino  (P.),  Insie- 
me a'eorpi  o  principali  reliquie  de'ss. Tri- 
fone, Piespicio  e  Ninfa,  anzi  l'annuale  sa- 
gro Diario  Romano  esplicitamente  dice  i 
loro  corpi,  senza  far  menzione  della  chie- 
sa di  s.  Spirito,  nel  riferire  che  ivi  se  ne 
celebra  la  festa.  Il  sodalizio  ch'era  nella 
chiesa  di  s.  Trifone  fu  trasportato  ove 
tuttora  esiste, nell'antichissima  chiesa  del 
ss.  Salvatore  del  Primicerio  (V>)%  sotto 
il  titolo  d' Arciconfraternita  del  ss.  Sa- 
gr  a  mento,  di  s.  Trifone  e  di  s.  Camillo 
(  J  .),  ed  in  essa  si  celebra  la  festa  a'  i  o  no- 
vembre de'ss.  Trifone  e  compagni  marti- 
ri. Riferisce  il  Piazza  nzW  Emerologio  di 
Roma,  che  s.  Ninfa  si  convertì  nell' am- 
mirare l'eroismo  nel  soffrire  i  tormenti 
de'ss.Trifouee  Respicio;  dappoichèQuel- 
lo  che  sostiene  la  costanza  de'suoi  Mar- 
tiri, ispirò  a  Trifone  ed  a  Respicio  un 
coraggio  superiore  alla  rabbia  furiosa 
d'Aquilino.  Altrettanto  leggo  negli  Atd 
rincari  de' martìri  raccolti  dal  p.  Rai- 
nait,  con  prenozioni  e  note  di  Luciani, 
t.  2,  p.  i  i  7,  De'  ss.  Trifone  e  Respicio 
martiri,  convenendo  che  le  loro  reliquie, 
unitamente  a  quelle  di  s.  Ninfa,  morta  in 
tempo  e  luogo  diverso  da  essi,cioè  in  Ni- 
cea  e  poco  dopo  di  loro,  in  Roma  furono 
portate  e  deposte  parte  nella  chiesa  di  s. 
Trifone  e  parte  in  quella  di  s.  Spirito. 
Quanto  a  s.  Ninfa,  il  Piazza  aggiunge, 
che  di  sue  reliquie  ne  sono  pure  in  s.  Ma- 
ria in  Monticelli  e  in  s.  Marco  di  Roma. 
Inoltre  a' i  2  novembre  parla  d'altra  s. 
Ninfa  martire,  che  sbarcata  a  Porto  Ro- 
mano, fuggì  con  alcuui  compagni  la  per- 
secuzione forse  diDecio,esi  nascose  in  una 
grotta  poco  lungi,  dove  fu  ella  con  essi 
seppellita.  Ivi  la  pietà  de'fedeli  eresse  una 
chiesa  sotto  il  nome  di  s.  Ninfa  a  cui  fece 
diversi  doni  s.  Leone  IV.  Diroccata  la 
chiesa,  il  cardinal  Francesco  Barberini  e- 
resse per  memoria  suifuudamenli  un  pic- 
colo tempio  rotondo  coll'iu vocazione  del- 
la santa,  nel  quale  pose  una  statua  di 
marmo  scolpita  da  eccellente  scalpello. 
\uudiuieuo  lo  stesso  Piazza,  riparlando- 


TRI  27  e 

ne  nella  Gerarchia  cardinali~iatdescv\- 
vendo  la  diocesi  di  Porto,  dice  che  alcu- 
ni non  ammettono  l'esistenza  di  s.  Ninfa 
in  discorso,  ma  che  la  denominazione  lo- 
cale sia  nome  aulico  corrotto  e  derivato 
dal  luogo  detto  ad  IVfmpas  Catahassi 
della  via  Cornelia,  dove  patirono  i  ss.Ma- 
rio,  Marta  e  figli  martìri.  Di  questa  s. 
Ninfa  il  Martirologio  Romano  non  ne  fa 
menzione,  unicamente  nominando  quel- 
la de' io  novembre,  co'ss.  Trifone  e  Re- 
spicio, mentre  il  Buller  tale  s.  Ninfa  la 
vuole  fiorita  più  tardi  nel  V  secolo  e  mor- 
ta in  pace  in  Soana.  Nell'articolo  s.  Nin- 
fa vergine  e  martire,  molto  si  alterò  la 
composizione  della  stampa,  onde  per  le 
ohi  missioni  sembra  con  aperta  contraddi- 
zione che  la  martire  morisse  in  pace,e  ciò 
perchè  mancano  la  notizie  di  s.Ninfa  mar- 
tire. Egli  è  per  tale  motivo  che  vi  ho  qui 
supplito,  avvertendo  che  il  Buller  sol- 
tanto tratta  della  vergine  morta  in  Soa- 
na. Finisco  e  concludo  il  mio  dire  con 
dichiarare,  che  sembra  sieno  slate  due  le 
ss.  Ninfe,  ambo  vergini  e  la  più.  antica 
martire. 

TRIGONA  e  PARISI  Gaetano  Ma- 
ria, Cardinale.  De' baroni  di  Sant'An- 
drea, nacque  da  nobilissima  famiglia  si- 
ciliana in  Piazza  a'2  giugno  1767.  Con 
successo  fece  i  suoi  studi,  e  di  buon'ora 
esternò  il  desiderio  di  dedicarsi  al  servi- 
zio della  chiesa,  riusceudo  istruito  e  ot- 
timo ecclesiastico,  per  cui  dopo  essersi  e- 
serritelo  in  vari  uffizi  del  sagro  ministe- 
ro, fu'trovato  degno  di  essere  destinato  a 
1  ."vescovo  di  Caltagirone  in  Sicilia,  dio- 
cesi formata  con  un  dismembramento  di 
quella  vasta  di  Siracusa.  Pertanto  Pio 
VII  e  con  beli'  elogio  nel  concistoro  de' 
21  dicembre  1818  lo  preconizzò  vesco- 
vo di  detta  sede.  La  prudenza,  lo  zelo  e 
la  sollecitudine  pastorale  lo  fecero  assai 
distinguere  uel  paterno  governo  di  quella 
novella  istituita  diocesi;  gli  guadagnaro- 
no l'amore  del  clero  e  del  popolo,  e  la 
stima  e  considerazione  del  governo.  Il  re- 
guuute  Ferdinando  lì  re  del  regno  delle 


2?2  T   R   I 

due  Sicilie,  ammirando  le  sue  virtù,  ed 
eccellenti  qualità  ,  lo  presentò  al  Papa 
Gregorio  XVI  pel  trasferimento  alla  no- 
bile e  metropolitana  sede  arcivescovile 
di  Palermo,  alla  quale  venne  traslalato 
nel  concistoro  de'  i5  aprile  (833  ,  con 
que'  particolari  elogi  che  pronunziò  il 
Papa  nella  proposizione  concistoriale. 
Nella  nuova  e  più  illustre  sede,  viemme- 
glio risplenderono  le  molte  virtù  che  a- 
domavano  il  paterno  animo  dell'arcive- 
scovo, e  corrispondendo  nell'esercizio  del 
pastorale  ministero  alla  espella/ione  re- 
gia, il  pio  monarca  fece  calde  istanze  a 
Gregorio XV laccio  lo  volesse  ornaredel- 
Ja  sagra  porpora.  11  Papa  conoscitore  del- 
l'egregie  qualità  e  delle  benemerenze  di 
sì  lodevole  arcivescovo,  nel  concistoro  se- 
greto de'a3  giugno  1 834,  lo  creò  e  pub- 
blicò cardinale  dell'ordine  de' preti,  co- 
me si  legge  nel  n.°  5o  del  Diario  di  Ro- 
ma. In  esso  è  pur  detto,  che  il  Papa  in- 
viò a  Palermo,  per  recare  al  cardinale, 
colla  notizia  di  sua  promozione,  l'inse- 
gna del  berrettino  cardinalizio,  la  pro- 
pria guardia  nobile  conte  Gio.  Vincen- 
zo Vespignani  (ora  commendatore  del- 
l' online  di  s.  Gregorio,  e  tenente  dello 
stesso  nobile  corpo  col  grado  di  brigadie- 
re generale).  Nel  n.°5i  del  medesimo 
Diario  apprendo  che  il  Papa  deputò  il 
suo  cameriere  segreto  soprannumerario 
(  ed  è  al  presente  il  2.°  di  tal  classe  del 
Pontefice  che  regna)  mg.r  Mario  Pulie- 
ri,in  qualità  di  ahlegato  apostolico  a  por- 
tare al  novello  porporato  la  berretta  car- 
dinalizia. I  due  inviati  pontifìcii  furono 
decorosamente  accolti,  trattali  e  regalati 
dal  cardinale,  che  si  mostrò  loro  in  tutto 
amorevolissimo. La  solenne  funzione  del- 
la tradizione  della  berretta  1'  eseguì  lo 
stesso  re  inPalermo  con  tutte  le  formalità, 
alla  presenza  della  regia  corte,  del  nunzio 
apostolico,  e  di  molti  personaggi  apposita- 
mente recatisi  da  Napoli  e  da  altri  luoghi 
dell'isola;  indi  il  generoso  sovrano  fece  la 
solita  graziosa  dimostrazione  col  pontifi- 
cio ablegato,  e  decorò  la  guardia  uobile 


T  K  I 
colle  insegne  equestri  e  titolo  di  cavaliere 
del  real  ordine  di  Francesco  I.  Mentre  sul 
cardinale  eransi  concepite  liete  speran- 
ze, che  si  godesse  l'eminente  dignità  per 
qualche  lustro,  il  micidiale  morbo  asia- 
tico furiosamente  avendo  invaso  la  Si- 
cilia e  Palermo,  tra  le  numerose  e  il- 
lustri vittime  di  quell'infausta  epoca, 
mietè  pure  la  rispettabile  vita  del  car- 
dinale a'  5  luglio  1837,  quando  da  po- 
chi giorni  era  entrato  nell'anno  7  i.°di 
sua  età.  Le  solenni  esequie  si  celebraro- 
no nella  metropolitana  ed  ivi  ebbe  sepol- 
tura. Fu  in  quella  tremenda  e  memora- 
bile circostanza  che  Palermo  col  suo  car- 
dinal arcivescovo  pianse  tra'suoi  166,000 
abitanti,  24,000  morti  in  4  "lesi,  aven- 
do rapito  lo  spaventevole  cholera  anche 
il  celebre  scienziato  Scinà.  Il  cardinale  si 
distinse  per  pietà,  e  per  divozione  e  at- 
taccamento alla  s.  Sede,  fu  dotato  di  spi- 
rito veramente  ecclesiastico  ,  e  fornito 
d'un' abbondanza  di  lumi  superiori,  fa- 
ceva risplendere  la  copia  delle  sue  cogni- 
zioni. Non  essendosi  recato  in  Roma,  non 
ricevè  né  la  chiesa  titolare,  uè  l'anello  e 
il  cappello  cardinalizio. 

TRIM  o  TRIME.  f.  Meath. 

TRINACRIA.  V.  Sicilia. 

TRINCI  Luciho  o  Luciano,  Cardina- 
le. Della  uobile  e  aulica  prosapia  de'conli 
di  Foligno  (I7.),  principi  dell'Umbria,  fu 
da  Gregorio  IV  dell' 827  crealo  cardi- 
nale diacono,  e  poi  da  s.  Leone  IV  fu  pas- 
sato nell'ordine  de'  preti  còl  l'itolo  di  s. 
Eusebio.  Alcuni  sono  d'  opinione  che  s. 
Leone  IV  lo  creasse  cardinale,  ina  pare 
miglior  sentenza  il  ritenere,  che  Grego- 
rio IV  loelevòa  questa  eminente  dignità. 

TRINCI  Gio.  Domenico,  Cardi  mi  Ir. 
De'couti  di  Foligno,  fratello  di  Giovanni 
vescovo  d'Amelia,  in  riguardo  della  su- 
blime scienza  di  cui  andava  adorno,  In- 
nocenzo III  nel  121 1  lo  creò, cardinale 
prete  della  Chiesa  di  s.  Ciriaco  alle  Ter- 
me, diversa  da  quella  omonima  presso  la 
Chiesa  di  s.  Maria  in  Via  Labi.  Altro 
di  lui  non  si  sa,  se  uou  che  uel  i  2  1  <j  uscì 


'       T  R  I 

dalle  miserie  di  questa  vita,  dopo  8  anni 
di  card  inalato. Lasciò  alcuni  opuscoli  niss. 
che  si  collocarono  nella  biblioteca  Va- 
ticana. 

TRI  NITA"  SANTJSSI M A,^. Trini- 
tas. Trinità  significa  propriamente  unità 
di  tre.  11  mistero  arcano  e  ineffabile  della 
ss.  Trinità,  questo  dogma  fondamentale 
della  i  eligioue  cristiana,  è  dunque  il  mi- 
stero d'un  solo  Dio  sussistente  ili  tre  ter- 
sone, Padre,  Figliuolo  e  Spirito  Santo 
(/  .).  E  il  numero  ternario  delle  Persone 
divine  realmentedislinle  una  dall'altra, e 
che  totle  e  tre  possedonola  slessa  essenza, 
natura  e  sostanza. \  i  ha  dunque  un  Dio  in 
tre  Persone,  vale  a  dire,  che  non  vi  ha  che 
una  sola  natura  divina,  e  che  vi  sono  3 
Persone  in  questa  natura  divina:  di  mo- 
do che  l'unità  della  natura  non  impedi- 
sce la  pluralità  delle  Persone.  Questo  su- 
blime mistero  e  incomprensibile  supera 
infinitamente  i  deboli  lumi  della  nostra 
ragione, ma  è  formalmente  rivelato  nella 
s.  Scrittura  e  nella  Tradizione.  Sebbe- 
ne ci  fu  cosi  rivelato,  nou  cosa  però  di  es- 
sere un  mistero  oscuro  e  impenetrabile. 
Dio  non  sarebbe  infinito  nella  sua  essen- 
za, se  la  sua  natura  potesse  essere  scau- 
daghala  e  spiegata  da  una  creatura  limi- 
tata e  finita,  molto  meno  se  potessimo 
comprenderla  e  renderla  intelligibile  noi 
miserabili  mortali  nello  stato  di  prova  in 
cui  Dio  ci  ha  posto,  in  tale  stato  nulla  ci 
può  convenir  meglio  dell'esercizio  della 
nostra  fede,  e  del  sagrifìzio  della  nostra 
ragione,  in  ossequio  e  in  sommessione  cie- 
ca alla  parola  di  Dio,  né  niente  può  esse- 
re più  glorioso  a  Dio  dal  canto  uostro,che 
di  adorare  in  silenzio  l'incomparabile  es- 
ser suo.Dice  s.Agoslino-.'-E  impossibile  di- 
re alcuna  cosa  degna  di  Dio,  perocché  in- 
degno di  lui  è  questo  stesso  che  di  lui  può 
dirsi.  Tuttavia  è  mestieri  dirne,  onde  po- 
ter pensare  ciò  che  di  lui  nou  può  dir- 
si". Insegna  però  l'angelico  dottore  della 
Chiesa  s.  Tommaso,  che  non  si  può  sen- 
za temerità  e  pericolo  alterarsi,  ed  am- 
monisce, che  quando  favellasi  dell' udo- 


T  R  I  273 

labile  misterodelia ss. Trinità  vuoisi  trat- 
tare con  grande  cautela  e  modestia. Il  dot- 
to vescovo  fJrouzuoli,  nelle  Istituzioni 
cattoliche,  ragionando  del  i  ."articolo  del 
tSYmZ>o/o,dicbiara  che  non  vi  è  che  uu  so- 
lo Dio,  il  quale  è  da  se  stesso  l'essere  per- 
fettissimo, suoi  attributi  essendo  special- 
mente: Iddio  éeleruo,Egli  è  sempre  stato, 
Egli  è,  e  sarà  sempre.  Iddio  è  purissimo 
spirito,  1'  Ente  il  quale  ha  un  intelletto 
perfèttissimo  e  un'ottima  volontà,  e  non 
ha  figura  né  corpo  alcuno.  Allorché  la  s. 
Scrittura  rappresenta  Iddiocome  un  Uo- 
mo, e  gli  attribuisce  ciò  che  al  corpo  com- 
pete,non  é  che  sia  veramente  così.  LaScrit- 
tura  lo  rappresenta  in  quella  foggia,  iu 
cui  talvolta  gli  é  piaciuto  di  apparire  in 
visione  a'Profeti;  ovvero  con  un  linguag- 
gio metafòrico, per  adattarsi  alla  maniera 
nostra  d'intendere,  parla  delle  cose  divi- 
ne, volendo  sotto  la  similitudine  delle  cor- 
porali, accennare  le  azioni  corrisponden- 
ti a  quelle,  che  sono  proprie  delle  cose 
da  essa  nominate.  Iddio  é  ognisciente.  E- 
gli  sa  lutto:  il  passato,  il  presente,  il  fu- 
turo, i  nostri  pensieri  più.  occulti,  e  per- 
ciò non  può  essere  ingannato.  Iddio  è  som- 
mamente sapiente.  Egli  dispone  tutte  le 
cose  per  arrivare  a'suoi  disegni,  e  sceglie 
a  tal  effetto  i  metti  più  profittevoli.  Iddio 
é  onnipotente.  Egli  ha  crealo  dal  nulla  il 
cielo  e  la  terra,  e  tultociò  che  vi  é.  Egli 
couserva  tultociò  che  esiste.  A  Lui  nessu- 
na cosa  é  impossibile,  iddio  é  immenso. 
Egli  riempie  ili  se  slesso  il  cielo  e  la  ler- 
ra:  é  presente  a  tutto.  Tutti  i  desiderai  e 
i  pensieri  d'ogni  uomo  sono  da  Lui  sem- 
pre osservati.  Iddio  é  sommamente  san- 
to. Egli  é  perfettissimo  in  tutte  le  perfe- 
zioni. Ama,  vuole  il  bene,  ed  abbonisce 
il  male.  ?>on  può  mentire,  iddio  é  immu- 
tabile. Egli  é  in  se  eternamente  lo  stesso. 
Iddio  é  sommamente  buono, non  solamen- 
te in  se  stesso,  ma  anche  buono  somma- 
mente e  benigno  verso  le  sue  creature. 
Tutto  il  bene  ci  viene  da  Lui  o  diretta- 
mente o  mediatamente.  Iddio  é  somma- 
mente luisei'icurdiusu.Lgli  pei  duua  a'pee- 


a74  T  Fi  I 

calori  che  si  convertono  a  Lui.  Iiltlio  è 
sommamente  giusto,  Fgli  premiala  vir- 
tù e  castiga  il  peccato.  Questo  Dio,  uno 
in  essenza,  è  in  Ire  distinte  eguali  Persone, 
le  quali  si  chiamano  Padre,  Figlio,  Spi^ 
ritoSanto,  conforme  si  rileva  dalla  s.Scrit- 
tura,la  quale  a  ciascuna  di  esse  attribui- 
sce la  divina  natura  ed  essenza,  i  divini 
attributi,  il  nome  divino,  l'opere  e  il  cul- 
to divino,  dal  che  risulla  che  ciascuna  è 
Dio,  benché  non  sieno  tre  Dei  ,  ma  un 
Dio  solo,  perchè  una  sola  l'essenza  divi- 
na. Le  tre  divine  Persone  sono  tra  loro 
distinte  così.  Il  Padre  è  da  se  stesso  eter- 
namente. Il  Figlio  è  generato  dal  Padre 
eternamente.  Lo  Spirilo  Santo  procede 
eternamente  dal  Padre  e  dal  Figliuolo. 
Sebbene  tulli  gli  attribuii  e  le  esterne  o- 
perazioni  di  Dio,  egualmente  e  perfetta- 
mente sieno  proprie  di  ciascuna  delle  tre 
divine  Persone,  pure  riguardo  al  motivo 
formale,  per  cui  l'una  dall'altra  si  distin- 
gue e  si  nomina.,  a  ciascuna  si  appropria- 
no in  modo  speciale  i  seguenti  attributi 
e  operazioni: al  Padre  l'onnipotenza,  per- 
chè principio  dell'altre  due  Persone:  al 
Figlio  la  sapienza,  perchè  procede  dalla 
cognizione  che  il  Padre  ha  di  se  stesso; 
allo  Spirito  Santo  la  bontà,  perchè  pro- 
cede dall'amore  del  Padre  e  del  Figlio. 
Laonde  si  appropria  al  Padre  la  creazio- 
ne, in  cui  principalmente  risplende  la  po- 
tenza. Al  Figlio  la  redenzione,  perchè  ol- 
tre ad  essere  questa  l'opera  particolar- 
mente propria  di  Lui,  perchè  Egli  solo  è 
che  si  è  incarnato,  è  auche  la  manifesta- 
zione della  sapienza  divina.  Allo  Spirito 
Santo  la  comunicazione  delle  grazie,  il 
che  compete  alla  divina  bontà. Tutte  tre 
le  divine  Persoue  unitamente  si  chiama- 
no la  ss.  Trinità.  Siccome  il  Padre  è  prin- 
cipio dell'altre  due  Persone  divine,  la 
creazione  e  conservazione  di  tulle  le  co- 
se, e  tutte  le  opere  che  portano  l'impron- 
ta della  potenza  e  della  grandezza  sono 
•iLui  particolarmente  attribuite,  tuttoché 
le  tre  Persone  insieme  siano  la  causa  co- 
mune ed  uuica  di  tulio  quello  che  esiste; 


T  R  I 
per  questa  ragione  egli  è  detto  Padre,  ed 
alcuni  antichi  1'  hanno  detto  per  modo 
enfatico  Dio, ma  egli  èriguardato  in  que- 
sta denominazione  come  quegli  che  rac- 
chiude il  Figlio  e  lo  Spirito  Santo.  Quin- 
di la  Chiesa  rivolge  comunemente  le  sue 
preghiere  al  Padre  piuttosto  che  a  tutte 
e  tre  le  Persone  ,  per  esprimere  l'unità 
della  divinità;  ma  seuza  mai  però  sepa- 
rare le  altre  due  Persone  che  derivano  dal 
Padre.  Noi  offriamo  a  tulle  e  tre  le  Per- 
sone i  voti  che  indirizziamo  ad  alcuna  di 
esse,  poiché  il  fine  e  i  frutti  di  tutte  le  no- 
stre domande  sono  l'effetto  comune  del- 
l' azione  delle  Ire  Persoue  o  di  tulta  la 
Divinità,  come  mostrò  s.  Fulgenzio  nel 
trattalo  su  questo  grave  argomento,  Non- 
dimeno noi  rivolgiamo  più  particolar- 
mente la  nostra  attenzione  verso  la  Per- 
sona, alla  proprietà  della  quale  meglio  si 
riferisce  la  nostra  domanda.  La  Chiesa  pre* 
ga  il  Padre  per  mezzo  del  Figlio,  perchè 
la  parola  per  mezzo  significa  qui  l'origi- 
ne che  il  Figlio  trae  dal  Padre;  e  accen- 
na ancora  la  sua  qualità  di  mediatore,  fa- 
cendoci comprendere  che  noi  domandia- 
mo le  sue  gra/.ie  per  li  meriti  del  suo  San- 
gue (/r.)  preziosissimo;  ch'Egli  è  nostro 
Pastore^  la  porta  e  la  via  per  cui  andia- 
mo a  Lui.  LoSpiritoSantojsecondo  la  sua 
proprietà,  è  l'amore  del  Padre  e  del  Fi- 
glio, e  quindi  lutti  gli  effetti  dell'amore, 
della  misericordia  e  della  bontà  a  Lui  so- 
no generalmente  assegnati,  come  l'Incar- 
nazione del  Figlio  di  Dio  nel  seno  della 
Vergine  Immacolata.  Quindi  dicesi  anco- 
ra, cheDiof.i  e  conserva  tutte  le  cose  neh 
lo  Spirito  Santo.  La  dottrina  fin  qui  ap- 
pena accennata  è  un  semplice  abbozzo  di 
ttillociò  che  sino  ad  ora  si  è  potuto  sa- 
pere coll'aiulo  della  fede  sul  mistero  inef- 
fabile dell'Augustissima  Triade  sacrosan- 
ta, li-cristiano  cattolico  esprime  il  miste- 
ro dell'Unità  e  Trinità  di  Dio,  e  quello 
dell'Incarnazione  e  morie  del  Salvatore 
col  salutifero  seguo  della  Ci  <><  r  (/'.).  Que- 
sto portentoso  segno  consiste  nel  [brina- 
re uua  cioce  portando  la   destra  mano 


X  li  l 

prioia  alla  fronte,  poi  sotlo  al  pelto,quin- 
tli  ulla  spaila  sinistra  e  destra,  e  nel  ilire 
io  tempo  di  quest'azione:   nel  nome  del 
Padre,  del  Figliuolo  e  dello  Spirilo  San- 
to. Cosi  sia  o  Amen.  Queste  pai  ole  espri- 
mono l'Unità  e  Trinità  di  Dio.  leu  peroc- 
ché non  per  altro  si  usa  la  parola  singo- 
lare nel  nome  e  non  piuttosto  la  plurale 
ne  nómi,  come  sarebbe  più.  naturale,  se 
non  perchè  vogliamo  significare  che  Id- 
dio è  uno.  La  Trinità  poi  è  espressa  coi 
lioini  propri  delle  divine  Persone,  La  Cro- 
ce finalmente  ricorda  ed  esprime  che  la 
seconda  Persona  ha  assunta  l'umana  car- 
ne, ha  patito  ed  è  morto  per  la  salute  del 
genere  umano.  Gesù  Cristo  istituì  il  Bat- 
tesimo (/■',)  avanti  la  sua  Passione,  ed  e- 
gli  battezzava,  almeno  per  mezzo  de'suoi 
discepoli,  poiché  abbiamo  in  s.  Giovanni: 
Ando  poi  Gesù  co' suoi  discepoli  nella. 
Giudea,  e,  ivi  si  trattenne  con  essi  e  bat- 
tezzava. Allorché  poi  dopo  la  Risurrezio- 
ne ordino  agli  Apostoli  di  andare  a  pre- 
dicare a  tutte  le  nazioni  ii  mistero  adora- 
bile della  Trinità,  e  di  battezzare  quelli 
che  credessero  in  lui,  a  loro  disse;  Ilo  ri- 
cevuto ogni  potestà  in  cielo  e  in  terra; 
andate,  istruite,  tutte  le  genti,  battezzati* 
dole  nel  nome  del  Padre,  ch'I  Figliuo- 
lo e  dello  Spirito  Santo.  Cosi  Gesù  Cri- 
sto di  quest'articolo  fondamentale  di  no- 
stra fede  ne  dimostrò  nuovamente  la  ne- 
cessità ,  poiché  senza  di  esso  niuno  può 
salvarsi,  come  dichiarò  lo  stesso  Gesù  Cri- 
sto. Le  divine  parole  usate  nel  ministra- 
re il  primo  e  il  più  necessario  di  tutti   i 
sagramenti,  esprimono  1'  Unità  di  Dio  e 
la  Trinità  delle  Petsone  distintamente  no- 
minate. Nel  voi.  LXV II, p.  33,  riparlan- 
do della  solenne  amministrazione  del  bat- 
tesimo e  de' 'Padrini,  notai  che  se  per  gli 
antichi  canoni  ne  fu  permesso  un  solo, 
anche  per  simboleggiare  l'  unità  di  Dio, 
poi  alcuui  concihi  consigliarono  Ire  pa- 
drini, per  la   più  espressa  fede  sensibi- 
le della  Trinità,  e  forse  per  vieppiù  con- 
futare i  nemici  del  mistero.  Nelle  Bene- 
dizioni del  Sommo  Pontefice  ( f .),  colie 


T  H  I  ->.  7  5 

prime  tre  dita  della  mano  destra  alzate, 
viene  figurala  la  ss.  Trinità,  la  cui  invo- 
cazione aaeowpagna  sempre  le  benedizio- 
ni, a  differenza  de'vescovi  greci  che  coni* 
partono  la  benedizione  unendo  l'auricu-» 
lare  col  pollice,  sebbene  anche  così  si  de- 
noti la  ss.  Trinila.  L'uso  di  benedire  con 
l'invocazione  della  ss.  Trinità  risale  a'tem- 
pi  apostolici,  benché  diversi  furono  i  mo- 
di ili  segnare  la  croce,  cioè  o  colla  mano 
in  aria  o  imponendola  sulle  cose  da  be- 
nedirsi, come  varie  furono  le  preghiera 
che  esprimevano  le  divine  Persone.  Opi- 
nanonlcuni  che  l'origine  della  Benedizio- 
ne (nel  quale  articolo  parlai  come  anti- 
camente fu  rappresentato  Dio  Padre  in  at* 
tu  di  benedire  colle  tre  prime  dita,  per- 
chè come  sono  esse  in  una  mano  alzate, 
cos'i  sono  tre  Persone  in  una  sola  Dei  là), 
rimonta  a  quella  data  da  Giacobbe  a'suoi 
figli,  altri  sostenendo  che  il  Salvatore  nel- 
l'ascendere  al  cielo  innalzò  le  mani  a  ino* 
do  di  croce  e  benedì,  rito  che  già  esiste- 
va ne'tempi  apostolici,  Il  Gretsero  nel  lib. 
De  Cruce  Domini,  narra  che  i  primitivi 
cristiani  segnavano  sempre  se  stessi  culla 
crocee  tulle  le  cose  di  loro  uso, e  laChie- 
sa  l'inlrodusse  nelle  sue  Liturgie,  ed  an- 
che nel  benedire  venne  usato.  Deriva  da- 
gli Apostoli  l'uso  di  benedir  le  cose  che 
servono  a  Sagramenti,  all'erma  odo  s.  Ci- 
priano nel  lib.  de  Bapt.,e  s.  Agostino  nel 
trat.  i  1 8  in  Joan.,  che  solevano  benedir- 
si col  segno  della  croce.  L'uso  di  benedi- 
re i  catecumeni  coll'imporre  sopra  di  lo- 
ro le  Mani,  è  della  prima  Chiesa,  e  la  pra- 
tica de 'fedeli  d'inchinarsi  innanzi  al  ve- 
scovo per  riceverne  la  benedizione,  è  chia- 
mata da  s.  Gregorio  I  imposizione  di  ma- 
no. Che  queste  imposizioni  eziandio  era-r 
no  fatte  col  segno  della  croce,  lo  a  Henna 
Tertulliano  nel  lib.  deBapt.,  dicendo  che 
non  solo  le  persone,  ma  eziandio  le  cose 
che  si  usavano  solevano  per  stabile  costu- 
manza benedirsi,  riportando  all'uopo  la 
benedizione  che  si  faceva  del  pane  alla 
mensa,  di  cui  si  parla  nel  libro  su  Giob- 
be attribuito  ad  Origene,  ma  cou  più  ve 


276  TRI 

rilà  da  Mabillon  as.  Ilario.  L'origine  del- 
l'invocazione della  ss.  Triade  nell'accom- 
pagnare  il  segno  della  croce,  cominciòcol- 
l'avere  i  primi  cristiani  congiunto  al  glo- 
riososegno  quella  venerabile  invocazione, 
e  ne  derivò  l'uso  della  medesima  nel  be- 
nedire; e  siccome  i  cristiani  aveano  ap- 
preso dalle  liturgie  della  Chiesa  il  detto 
rito,  questo  non  è  che  una  privata  bene- 
dizione ricavata  dalle  benedizioni  che  per 
eccellenza  si  adoperavano  ne'sagi  amenti 
coll'in  vocazione  della  ss.  Trinità.  Ciò  con- 
ferma la  benedizione   dell'  Eulogio,  nel 
nome  della  Trinità,  come  io  dichiara  s. 
Paolino  nella  lettera  ad  Ahpio,  e  s.  Gre- 
gorio JVaziauzeno  parlando  di  sua  madre 
guarita  da  grave  infermità,  il  quale  dice: 
Panibus  beiiedictis  signo  Crucis  in  Tri' 
niUite  coiisigiialis  couvaluit.  Nelle  bene- 
dizioni che  si  danno  nel  s.  Sagrifizio  del- 
la Messa  sul  popolo,  con  molte  formule 
secondo  i  riti,  sempre  si  conlieue  l'invoca- 
zione della  Trinità, facendosi  nell'atto  la 
croce;  le  quali  formule,  per  la  chiesa  la- 
tina si  poimo  vedere  dagli  Ordini  Roma- 
ni e  da'Sagramentari  di  s.  Gregorio  I;  per 
la  greca  dalle  liturgie  di  s.  Gio.  Crisosto- 
mo e  di  s.  Basilio,  e  pei-  le  altre  chiese  o- 
rientali  dalle  loro  particolari.  L'antichis- 
simo e  apostolico  rito  uel  segnarsi  e  bene- 
dire colla  croce, è  corroborato  dall'espres- 
sioni de'Padri  della  Chiesa,  i  quali  fanno 
testimonianza  della  ferma  credenza  de'fè- 
deli,  che  dalla  croce  venga  loro  ogni  be- 
ne, l'allontanamento  d'ogni  male.JNel  pre- 
gare da  Dio  qualche  bene  o  sopra  l'uo- 
mo o  sopra  ogni  altra  cosa  di  suo  servi- 
zio, ili  qualche  segno  era  conveniente  che 
l'uomo  o  la  cosa  si  contrassegnasse,  dal- 
la virtù  ed  eilicacia  del  quale  ne  venis- 
sero notificati,  perciò  fu  convenienlissi- 
mo  il  segno  della  croce.  La  fiducia  de'l'e- 
deli,  checche  sia  della  questione  de'teo- 
logi  nel  determinarne  la  virtù  ,  giova  a 
rendere  più  copioso  l'elfelto  delle  bene- 
dizioni, laonde  è  utilissimo  il  seguo  visibi- 
le della  croce  sulla  cosa  benedetta;  poi- 
ché la  memoria  che  suscita  d'essere  stato 


t  a  i 

l'avventuroso  istrumeuto  di  redenzione, 
apre  il  cuore  del  cristiano  a  speranza  e 
fiducia.  Egualmente  fu  convenientissimo 
l'introdurre  l'uso  della  espressione  della 
Trinità,  che  presenta  l'idea  più  sublime 
di  Dio,  da  cui  ogui  benedizione  acquista 
virtù;  per  l'utile  della  Chiesa  e  de' fede- 
li, i  quali  con  questa  invocazione  glorifi- 
cando il  più  sublime  mistero  della  Divi- 
nità, si  rendono  meno  indegni  d'ottene- 
re le  grazie  di  cui  hanno  bisogno.  Giova 
anche  finalmente,  per  la  disposizione  del 
cristiano,  per  l'elfelto  della  benedizione. 
L'idea  della  potenza  congiunta  coli' idea 
della  misericordia  di  Dio  accende  ne'cuo- 
ri  de'fedeli  la  speranza  e  la  fiducia,  e  l'ef- 
fetto delle  benedizioni  i  santi  desiderio  Ma 
il  cristiano  ne'nomi  personali  dell'Augu- 
stissima Triade  ricorda  con  più  speciali- 
tà nel  Padre  la  potenza,  nel  Figlio  la  mi- 
sericordia, nello  Spirito  Santo  la  salitili- 
caziooe  :  dunque  ned'  espressione   della 
Trinità  ricorda  tutti  i  molivi  che  ponno 
disporio  a  ricevere  in  abboudanza  di  ef- 
fetto la  benedizione.  Chiamasi  Dossolo- 
gia (^.),  il   versetto  e  inno  del  Gloria 
Patri,  et  Filio  et  Spiritili  Sancto  (/  .), 
col  quale  sino  da'tempi  apostolici  si  ter- 
mina la  recita  de  Salmi  nell'uffizio  divi- 
no;  fu  stabilito  nella  Chiesa  per  apostoli- 
ca tradizione,  per  glorificare  la  ss.  Triade, 
e  si  lascia  iu  segno  di  tristezza;  indi  nel 
823  vi  fu  aggiunto  dal  concilio  JNiceno  le 
parole:  Sicut  eroi  in  principio,  et  mine, 
et  semper,  ec,  per  confutar  l'errore  de- 
gli Ariani  eretici,  e  per  lo  stesso  motivo 
il  concilio  prescrisse  che  nelle  lettere  For- 
mate (V.)  si  ponessero  in  principio  le  pa- 
role Valer,  Filius,  Spiri tus  Sanctus,  Pe- 
trus per  riverenza  della  Sede  romana  nel- 
la quale  è  il  principato  d.  tutta  la  Chiesa 
cattolica,  oltre  V Amen.  Di  più  questa  dos- 
sologia giustamente  fu  unita  alla  quoti- 
diana Preghiera  del  Pater  no s ter  (P '.), 
insegnata  da  Cristo,  e  perciò  la  più  eccel- 
lente d'ogni  altra,  ed  ancora  congiunta  al- 
la Sii  lutazione  Angelica  (/'.),  cosi  nella 
recita  della  Corona  divuzioualc  e  del  ss. 


T  R  I 

Rosario  (F~.).  La  ss.  Trinità  non  si  può 
nelle  Immagini  (V.)  dipingere  secondo  il 
suo  essere,  ma  si  dipinge  come  le  Ire  Di- 
vine Persone  sono  apparse  a  noi.  Il  Ber- 
nino,  Hiatoria  di  tutte  l'eresie,  osserva, 
die  in  chiesa  romana  non  vietò  le  ss.  Im- 
magini di  oggetti  veri,  e  di  persone  de- 
gne d'onore  per  l'eccellenza  della  loro  san- 
tità, come  sono  le  immagini  di  Gesù  Cri- 
sto, della  sua  ss.  Madre  e  de'  Sanli,  alle 
quali  si  dà  venerazione  per  le  immagini 
che  rappresentano.  Dipingono  le  Persone 
della  ss. Trinità,  il  Padre  in  forma  di  vec- 
chio, il  Figlio  di  giovane,  e  lo  SpiritoSan- 
to  di  colomba,  di  fuoco  o  di  vento,  egli 
Angeli  in  fórma  di  bellissiaii donzelli  ninti, 
non  perchè  abbiano  corpo,  ma  perchè  in 
tali  forme  vengono  descritti  dalla  s.  Scrit- 
tura, e  sono  apparsi  agli  uomini;  costume 
praticato  fino  da' primi  secoli  da' fedeli, 
benché  non  ne  rimanga  distinta  memo- 
ria, forse  smarrita  per  le  molte  persecu- 
zioni patite  dalla  Chiesa;  mentre  nel  V  se- 
colo l'eretico  Xenaja  e  nel  VI  l'empio  Se- 
vero si  opposero  alle  immagini  dello  Spi- 
rito Santo  e  degli  Angeli.  Il  vescovo  Sor- 
nelli,  Lettere,  eecl.  t.  6,  ci  diede  la  lett. 
1 3:  Se  si  debba  dipingere  il  Padre  E- 
lerno  informa    umana.  Ma  quanto  ri- 
guarda le  sagre  Immagini  delle  Persone 
della  ss.  Trinità,  e  il  modo  di  rappresen- 
tarle ,  con  dotta  erudizione  è   prescritto 
nella  bolla  Solieitudini  nostrac,  emana- 
ta da  Benedetto  XIV  ih.°  ottobrei745, 
ed  èlar4i  del  t.  i  del  ino Bidlarium.  Il 
citato  Bernino  discute  se    possa  dirsi:  Tri- 
na Dcitas ,    Trina  Trinitas  e  Triplex 
Trinitas.  Sino  dal  nascere  dellaChiesa  lo 
spirito  di  menzogna  fece  ogni  sforzo  per 
combattere  il  mistero  della  ss.  Trinità  e 
per  annientarne  la  fede,  quindi  per  Tri- 
nitari (F.)  s'intesero  denominare  gli  e- 
retici  che  insegnarono  errori  risguardan- 
ti  il  mistero  della  ss.  Trinità,  e  si  chiamò 
Triteismo  (V.)  l'eresia  insegnante  esser- 
vi in  Dio  non  solo  tre  Persone ,  ma  an- 
cora tre  sostanze  divine,  per  conseguen- 
ze tre  Dei.  In  onore  delia  ss.  Trinità  si  fon- 


T  R  T  277 

darono  gli  ordini  regolari  de'  Trinitari 
(ly •)  e  delle  Trinitarie  (F.);  e  con  quel- 
lo della  Trinità  errata  fu  istituita   una 
congregazione  di  donzelle   religiose,   le 
quali  sotto  tale  denominazione  venerava- 
no la  s.  Famiglia  composta  della  B.  Ver- 
gine, del  Bambino  Gesù  e  di  s.  Giusep- 
pe. L'istituzione  si  fece  nel  1 65q  in  Fran- 
cia nella  città  di  Rochelle  ,  da  un  certo 
numero  di  virtuose  zitelle  per  occuparsi 
dell'educazione  deile  orfane.  Poco  dopo 
abbracciarono  la  vita  tegolaie  e  fecero  i 
voti,  con  regole  e  costituzioni  stampate  a 
Parigi  nel  1664,  col  titolo  di  Regole  del- 
le, figlie  della  Trinità  Creata,  delle  re- 
ligiose della  eongregazione  di  s.  G  iu  sep- 
pe. Non  vi  furono  altre  case  di  questa  isti- 
tuzione, sebbene  in  molle  città  di  Fran- 
cia vi  furono  e  sono  diverse  congregazio- 
ni sotto  il  titolo  di  s.  Giuseppe  ,  per  lo 
stesso  caritatevole  scopo.  Inoltre  ad  ono- 
re della  ss.  Trinità  s'intitolarono  città  e 
vescovati,  come  della  ss.  Trinità  di  Bue- 
nos Ayres ,  e  della  ss.  Trinità  di  Pori 
d 'Espagne  ('  .);  non  che  delle  abbazie 
regolari,  come  della  ss.  Trinità  della  Ca- 
va, la  quale  poi  divenne  sede  vescovde, 
e  fu  unita  a  quella  di  Sarno  (V.),  e  per 
non  dire  di  altre,  l'abbazia  della  ss.  Tri- 
llila di  Venderne  de'benedel  tini,  nella  cit- 
tà omonima,  diocesi  di  Blois;  e  l'abbazia 
della  ss.  Trinità  di  Brondolode'benedet- 
I ini  e  poi  cisteiciensi,  nel  villaggio  di  tal 
nome,  luogo  antichissimo  che  distrussero 
i  genovesi  nel  1  379,  per  cui  ora  non  vi  è 
the  la  chiesa  di  s.  Michele  di  Brondolo, 
nella  diocesi  di  Chioggia,  colla  (piai  cillà 
comunica  a  mezzo  di  due  ponti,  inoltre 
sotto  l'invocazione  medesima  si  fabbrica- 
rono innumerabili  chiese  e  cappelle,  e  si 
fondarono  moltissimi  sodalizi  ,  fra'quali 
primeggia  quello  della  ss.  Trinità  de' Pel- 
legrini (F.)  di  Roma.  Colla  formola:  in 
nomine  SS.   et  Jndividuae  Trinilalis, 
s'incominciano  vari  alti  pubblici  e  solenni, 
come  i  Coneordati.  Ne' diplomi  antichi 
de'sovranisi  leggono  comunemente  le  for- 
inole: In  Nomine  Dei aelerni}et  Salva- 


278  T  B  I 

toris  Nostri  Jesu  Chrisli:  In  nomi  ne  San- 
ctne,ct  Individuai'  Trinila tis,  Pa  tris,  et 
Filii,  et  Spiritus  Saneti.  Amen.  L'ado- 
rabile Trinità  venne  invocata  anche  nei 
solenni  atti  delle  celebri  alleanze,  come 
a'iiostri  giorni  s'intitolò  quella  ebe  prese 
il  nome  di  Santa,  quasi  volesse  due  alle 
genti:  la  politica  torna  a  conoscere  un  Dio. 
La  festa  della  ss.  Trinità  si  celebra  nella 
domenica  dopo  la  Pentecoste,  di  cui  va- 
do a  parlare. 

La  festa  della  ss.  Trinità  in  più  modi 
Morcelli  la  descrisse  latinamente,  Eccle- 
sia  eoe  lesti  festiun  diem  Trini  tati  Au~ 
f^ustae  saerante.  Numini  Uno  Aeterno 
Patris  Filiocpte  et  Spiritili  Saneto. Nu> 
mini  Uni  A  e  terno  omnipotenti.  Trinità- 
ti  Aitgustae.  Albano  Buller,  Delle  feste 
Dfoìu'li,  nel  trattato  X:  Sulla  Domeniea 
della  ss.  Trinità,  ragionò  dottamentenel 
cap.  i .° Sul  mistero  dèlia  ss.  Trinità:  i .° 
11  misteio  della  ss.Trinità  dimostrato  dal- 
la Scrittura.  2.0  Il  mistero  dell'Incarna- 
zione suppone  quello  della  Trinità.  3.° 
Non  si  dee  predicare  la  Trinità  agl'infe- 
deli, che  dopo  aver  predicato  loro  i  pre- 
cetti della  morale. 4- °  Spiegazione  o  trat- 
tazione del  mistero.  Discorse  nel  cap.  1° 
In  qual  maniera,  noi  dobbiamo  onora- 
re il  mistero  della  ss.  Trinità.  Pertan- 
to egli  dice,  ebe  la  vita  d'un  cristiano  de- 
v'essere una  continua  festa  dell'adorabi- 
le Triade,  com'essa  è  la  festa  eterna  dei 
santi  nel  cielo.  Infatti  solamente  a  line 
di  lodare  e  di  onorare  Dio  incessantemen- 
te a  loro  esempio,  noi  mortali  abitiamo 
sulla  terra.  Noi  onoriamo  questo  mistero 
colla  nostra  fede,  colla  santità  della  no- 
stra vita,  e  cogli  omaggi  delle  nostre  lo- 
di e  del  nostro  amore.  Quanto  più  que- 
sto mistero  è  incomprensibile,  tanto  più 
il  s.'igrifjzjo  che  facciamo  a  Dio  della  no- 
stra ragione  nel  crederlo,èa  lui  glorioso 
ed  accelto.Nè  alcun  articolo  di  nostra  cre- 
denza può  esser  mai  contro  la  nostra  ra- 
giorie,comunque  alto  sopra  di  essa;  poiché 
niente  può  esser  più  conforme  alla  ragio- 
ne, che  il  credere  fermamente  ciò  che  Dio 


T  R  I 

si  degna  rivelare  agli  uomini, benché  que- 
sta stessa  ragione  noi  possa  comprende- 
re. Il  credere  in  questa  maniera  è  un  pro- 
fessar che  Dio  è  al  tutto  incomprensibi- 
le. Ora  e  che  vi  può  esser  mai  di  più  ono- 
revole allusila  suprema  sapienza,  di  que- 
st'umile confessione  delle  sue  creature? 
Noi  non  possiamo  formarci  idea  più  al- 
ta della  sua  grandezza,  che  confessando 
l'incapacità  assoluta  di  qualunque  crea- 
tura possibile  a  scoprire  la  profondità  del 
suo  essere.  Perciò  la  nostra  ragione,  umi- 
liandosi in  questo  modo,  viene  a  rendere 
al  suo  autore  l'omaggio  più  giusto,  culo  - 
rando  in  silenzio,  confessa  la  santacinef- 
fabile  Trinità  nella  maniera  più  degna 
di  essa.  In  questa  fede  nell'adorabile  Tri- 
nità noi  fummo  battezzati,  ci  siamo  ag- 
gregati fra 'suoi  adoratori;  fummo  onora- 
ti delle  prerogative  più  gloriose,  e  delle 
promesse  sì  della  grazia,  che  della  gloria 
eterna,  registrate  nel  santo  Evangelo.  Co- 
gli atti  fervorosi  di  questa  stessa  fede  nel- 
la ss.  Triade,  di  speranza  e  d'amore,  noi 
ci  prepariamo  a  tutti  i  sagramenti.  Nel 
sagto  nome  della  ss.  Trinità  sono  fatti  gli 
Esorcismi,  tutte  le  Consagrazioni ^,  tut- 
te le  Benedizioni,  tutti  i  Sagri/izi  che  si 
offrono,  tutte  le  Preghiere:  ha  e$to  final* 
mente  si  cominciano  e  si  compiono  tut- 
te le  opere  buone.  All'ora  tremenda  del- 
la nostra  morte,  il  ministro  del  Signore 
rafforzerà  le  nostre  anime,  e  metterà  il 
terrore  nelle  legioni  infernali  col  nomi: 
del  Padre  e  del  Figliuolo  e  dello  Spirito 
Santo."  Parti,  dirà  egli,  anima  cristiana, 
nel  nome  del  Padre  che  ti  ha  creato,  del 
Figlio  che  ha  patito  per  te,  dello  Spirito 
Santo  che  ti  ha  santificato".  Con  questa 
santa  fede,  colla  sincera  ed  umile  adora- 
zione della  ss.  Trinità,  egli  ci  raccoman- 
derà alla  divina  misericordia.» Benché  ab*1 
bia  peccato,  questo  moribondo  cristiano, 
dirà  allora  il  sacerdote,  egli  non  ha  nega- 
to il  Padre,  né  il  Figliuolo,  riè  lo  Spiri- 
to Santo;  ma  serbò  la  fede  e  lo  zelo  per 
I'  onor  di  Dio,  fedelmente  adorò  quelli* 
che  fece  tutte  le  cose".  11  mistero  della  ss. 


TRI 

Trinità  viene  particolarmente  glorificato 
in  noi  coll'unione  de'nostr't  cuori  e  colla 
fi  atellevole  cari tà.  Qual  dolce  riposo,  qua- 
le amore,  qual  gloria,  qual  gioia  possedo- 
no  in  se  stesse  le  tre  Persone,  e  l'una  nel 
godimento  reciproco  dell'altra,  prima  di 
lutti  i  secoli  e  per  tutta  l'eternità!  Qual  i- 
neffabile  piacere  gustano  Elleno  nel  pos- 
sedimento della  loro  felicità  e  delle  per- 
fezioni infinite?  Quale  sublime  lezione  di 
concordia  e  di  carità,  non  ci  dà  però  Dio 
in  questo  mistero?»  Un  Signore,  una  Fe- 
de ,  uu  Battesimo".  Quanto  mostruoso 
non  sarebbe  mai  che  le  membra  di  un  tal 
capo  fossero  tra  loro  divise?  Qual  delitto 
non  sarebbe  rompere  un  legame  sì  sagro? 
»  Tre  rendono  testimonianza  nel  cielo,  il 
Padre,  il  Verbo  e  lo  Spirito  Santo,  e  que- 
sti Tre  sono  Uno".  Della  stessa  maniera 
noi  dobbiamo  sulla  terra  rendere  testi- 
monianza a  Dio  co'vincoli  della  concor- 
dia e  della  più  perfetta  carità  all'esempio 
de' beati,  i  quali  sono  sì  strettamente  uni- 
ti tra  loro  nel  regno  di  Dio.  Così  noi  dob- 
biamo onorare  la  ss.  Trinità  colla  fede, 
colla  santità  della  vita  e  coli' unione  dei 
cuori  ;  al  che  dobbiamo  aggiungere  gli 
omaggi  continui  delle  nostre  laudi,  del- 
le nostre  adorazioni  e  del  nostro  amore! 
Poiché  qual  è  nel  cielo  l'occupazione  del 
Coro  degli  Angeli  e  de'Beati,  e  quale  sa- 
rà durante  tutta  l'eternità?  Adorare  e  lo- 
dar Dio  in  tre  Persone,  e  cantare  senza 
interrompimento  ciò  che  il  profeta  Isaia 
udì  una  volta  ripetere  in  sì  armonioso 
concerto  da'  SevatìnìjìTrisagio^P  .):San- 
to,  Santo,  Santo  il  Signore  degli  eser- 
ci  ti j  tutta  la  terrai'  piena  della  sua  glo- 
ria. Unendosi  a'cori  celesti,  tutte  le  ani- 
me sante,  tutte  le  caste  spose  del  Signore 
sulla  terra  sono  anch'esse  occupate  gior- 
no e  notte  a  celebrare  le  sue  laudi.  Of- 
friamo nello  stesso  spirito  tutte  le  nostre 
azioni  ad  onore  e  gloria  deH'adorabil<sTri« 
nità,  pregandola  di  farci  sempre  adem- 
piere la  sua  santa  volontà.  Interrompia- 
mo sovente  le  nostre  ordinarie  azioni,  per 
recitare  alcune  fervide  parole  in  suo  o- 


T  B  I  279 

nore,  come  quelle  con  cui  accompagnia- 
mo il  segno  della  croce,  o  colla  dossolo- 
gia adottata  dalla  Chiesa  contro  l'empia 
eresia  ariana.  Onde  tutto  l'onore,  tutta 
la  gloria,  col  più  perfetto  sagrifizio  ed  umi- 
liazione di  noi  stessi  e  di  tutte  le  creature, 
siano  rese  al  Padre,  Signore  di  tutte  le  co- 
se; al  Figlio  coeterno  e  consustanziale  al 
Padre,  nostro  amabile  Redentore;  e  allo 
Spirito  Santo,  gran  consolatore  e  granfie 
santificatole  dell'anime  nostre;  in  quella 
maniera  che  da  tutta  l'eternità  le  tre  Per- 
sone divine  si  sono  glorificale  l'una  l'al- 
tra a  vicenda,  col  loro  amore  infinito,  col 
riposo  che  hanno  goduto  nel  fruimento 
delle  loro  supreme  pei  fezioni;siccome  El- 
le sono  slate  glorificate  sino  dal  comin- 
ciar del  tempo, e  dagli  Angeli  dal  momen- 
to della  loro  creazione,  e  da'  fedeli  servi 
di  Dio  in  tutti  i  secoli;  e  finalmente  co- 
m 'Elle  sono  gioì  ideate  al  presente  da  tut- 
ti gli  spiriti  beati,  da  tutta  la  Chiesa  mi- 
litante sulla  terra,  e  saranno  da  noi  stes- 
si mercè  l'aiuto  della  sua  misericordia,  se- 
condo lutto  il  potere  e  la  forza  del  no- 
stro spirito.  Non  contenti  di  rendere  tut- 
ti i  nostri  omaggi  alla  ss.  Trinità,  dobbia- 
mo riferire  e  consagrare  a  Lei  quanto  noi 
siamo,  la  nostra  vita  e  le  nostre  azioni,  i 
nostri  patimenti,  le  nostre  fatiche,  in  una 
parola  quanto  abbiamo  ricevuto  da  Lei, 
1'  uso  del  nostro  ingegno  ,  delle  nostre 
membra  e  ile'  nostri  beni.  Preghiamo  il 
Padre  di  cancellare  dalla  nostra  memo- 
ria ogni  idea  di  mondana  vanità  ,  e  di 
stamparvi  quella  della  sua  divina  presen- 
za, per  modo  che  la  occupi  interamente 
ed  unicamente.  Preghiamo  il  Figliuolo, 
che  ci  rischiari  la  mente,  che  ne  sgombri 
le  tenebre,  e  ci  conduca  in  sulla  via  del- 
la salute  colla  fiaccola  della  fede  e  dell'e- 
terne sue  verità. Preghiamo  loSpirito San- 
to, che  santifichi  la  nostra  volontà  colle 
sante  fiamme  del  suo  amore,  affinchè  nes- 
suna cosa  mai  vaglia  a  separarci  da  lui, 
uè  nel  tempo,  ne  nell'eternità.  Il  Sarnelli 
nel  t.  9,  leti.  53:  Come  la  s.  Chiesace- 
lebri  la  festa  del  Padre  Eterno,  rispon- 


?.8o  T  R  I 

«le  al  dubbio  propostogli:  Perchè  In  ». 
Chiesa  celebra  laute  feste  del  Verbo  in 
carne,  e  dello  Spirito  Santo,  e  del  Padre 
Eterno  non  solennizza  alcuno  speciale  e 
particola  re  giorno.  Pertanto  dichiara,  non 
avere  la  s.  Chiesa  dedicatoal  Padre  Eter- 
no un  giorno  di  festa  particolare  per  la- 
sciarlo in  nostra  libertà  ,  acciocché  non 
una  volta,  ma  ogni  giorno,  in  ogni  mo- 
mento fossimo  ricordevoli  del  caro  e  dol- 
ce nome  di  Padre  j perchè  in  ogni  istan- 
te del  nostro  vivere  egli  ci  conserva, som- 
ministrando a  noi  l'aiuto  temporale  e  spi- 
rituale. Soggiunge  poi  con  Durando,  Ra- 
tionale  Dh'inortini  Officiorum  1.6,  cap. 
i  i  4,  n.°  i ,  che  gli  antichi  tennero  che  la 
festa  del  Padre  Eterno  fosse  quella  del 
Natale  del  Salvatore,  perchè  gli  nacque 
il  Figliuolo  secondo  la  carne.  Onde  la  i  .* 
messa  della  mezza  notte  comincia:  Domi- 
nus  dixit  ad  me  Filili*  meus  es  tu,  ego 
hodie  genui  (e.  E  sebbene  questo  si  spie- 
ga della  generazione  eterna,  si  può  anche 
intendere  della  temporale, al  riferiredel- 
lo  stesso  Durando,  cap.  i3,  n.°  iq:  Ego 
hodie  geniti  te,  de  utraque  est,  et  expo- 
ni  tur j  hodie ,  idesl ,  aeterna  li  ter  j  nani 
secundumAugust.  hodie  praesenliam  si- 
gnificata et  quod  aeternum  est  semper 
praesens  est.  Né  Cristo  ebbe  altro  Padre 
nell'una  e  nell'altra  generazione,  che  il 
Padre  Eterno,  così  il  Damasceno,  De  fi- 
de, lib.  4,  e.  i5:  Debttil  sine  virili  coni- 
mereio  nasci  Dominus,ne  duos  haheret 
Palres.  Sicché  il  Natale  del  Signore  è  la 
festa  del  Padre,  la  Pasqua  del  Figliuo- 
lo, la  Pentecoste  dello  Spirito  Sauto.  E 
in  quanto  a'moderni  non  ponno  a  ver  mos- 
so questo  dubbio,  essendovi  la  festa  della 
ss.Trinità, Padre,  Figliuoloe  Spirito  San- 
to.tre  Persone  e  un  solo  Dio.  L'autore  del 
Ligni  vitae,  vuole  che  sia  stata  istituita 
da  Gregorio  XI  del  r  370,  e  Pisanella  nel- 
l'art. Feria,  §  3,  ne  fa  autore  Giovanni 
XXIII  del  14 10.  Indi  il  Sarnelli  asseri- 
sce che  Durando,  nel  luogo  citato,  narra 
che  Alenino  compose  l'ufficio  De  ss.  Tri- 
ni la  te  e  l'olhì  ad  Alessandro  Papa,  il  qua! 


T  R  I 


rispose:  Non  est  celehrandnm  festina  de 
Trini  tate  ,sicut  nec  de  Uni  tale. Nani  sin- 
gulis  diebus fìlfeslum  Trinità tis,  et  U- 
nìtatis,  quia  semper  dicitur  G  loria  Pa- 
triot Filio,  et  Spirititi  Saneto.  Qui  os- 
servo un  anacronismo  0  sbagliato  il  nome 
del  Papa,  poiché  Alenino  nacque  verso  il 
735,ed  Alessandro  II  fu  creato  Pap;t  nel 
1061,  come  narrai  nelle  loro  biografie; 
bensì Alcuino scrisse  detrattati:  DeTvi ai- 
tate, j  De  Processione.  Spirititi  Sancii; 
Offìcias  perferiasj  De  divinis  Ofjiciis; 
Sacramentoruni  liber,  contenente  le  col- 
lette, le  segrete,  i  prefazi  e  post-commu- 
nio per  3?.  messe  differenti,  ec.  Noterò 
inoltre,  che  al  cardinal  Ivonc  di  Char- 
tres  (F .),  nato  verso  il  1  o4o,  si  attribui- 
sce il  Micrologo[V.),  il  quale  tratta  pu- 
re della  celebrazione  della  messa  e  di  di- 
verse pratiche  della  Chiesa  sotto  il  pon- 
tificato di  s.Gre£;orio  VII,  im  media  to  sue- 
cessole  di  Alessandro  II.  Trovansi  pure 
di  verse  osservazioni  sulla  disposizione  de- 
gli uffìzi  divini.  Apparisce  da  ciòch'è  det- 
to nell'uffizio  della  ss.  Trinità,  che  non 
se  ne  celebrava  la  festa  a  Roma  in  prin- 
cipio del  secolo  XI,  e  che  non  approva  va- 
si che  si  celebrasse  altrove  in  un  giorno 
particolare,  perchè  in  ciascuna  Domeni- 
ca (V.),  od  anche  in  tutti  i  giorni,  si  ce- 
lebra la  memoria  di  questo  mistero  nel- 
l'uffìzio della  Chiesa.  Ricorderò  pure  d'a- 
vere riferito  a  Prefazio,  che  nel  5j8  già 
esisteva  quello  proprio  della  ss.  Trinità. 
Tuttociò  premesso,  leggo  in  Novaes  nel- 
la Storia  di  Giovanni  XXII,  che  Ales- 
sandro II,  come  prova  il  Lambertini  nel 
lib.  De  Feslis,  cap.  12,  e  non  già  Ales- 
sandro 1 1 1  come  alcuni  credono,  compre- 
so il  Sarnelli,  nella  decretale  Quoniam  de 
Feriis,(\\ce:  «Che  la  festa  della  ss.Trini- 
tà soleva  celebrarsi  secondo  il  costume  di 
diverse  regioni,  da  alcuni  nell'ottava  di 
Pentecoste,  da  altri  nella  Domenica  pri- 
ma avanti  la  venuta  del  Signore.  La  chie- 
sa romana  però  non  usa  in  tempo  alcu- 
no di  celebrare  questa  festa,  perchè  ogni 
giorno  dice  il  Gloria  Patri  et  Filio  et 


T  R  I 

Spirititi  Sane  lo  con  nltre  simili  lodi  al- 
la Trinità  appartenenti".  Riferisce  dì  più 
il  Novaes,  che  Giovanni  XXII  neh  333 
ordinò,  che  la  festa  della  ss.  Trinità  si  ce- 
lebrasse solennemente  nella  domenica  do- 
po la  Pentecoste,  mentre  la  chiesa  roma- 
na non  era  solita  fino  a  quel  tempo  di  ce- 
lebrare questa  festa  con  particolare  uffi- 
zio in  alcun  giorno  determinato  ,  il  che 
affermano  Tolomeo  da  Lucca  nella  Fi- 
ta  di  GìovanniXXII,  presso  Baluzio,  Vi- 
lis  Papar.  Avenion.  1. 1 ,  p.  i  77;  e  Lam  • 
bei-lini,  De  Festis  §  63o,  p.  2  1  o.  Rileva 
pure  Novaes,  che  l'Advocat  nel  Diziona- 
rio portatile, a\\'nvl\co\o  P\e\vo  d'Ailli  o 
Aylli,  dice  che  questo  cardinale  predicò 
in  Genova  nel  i^o5,  con  tanta  energia  sul 
mistero  della  Trinità,  che  l'antipapa  Be- 
nedetto XIII,  mosso  dalla  sua  predica  ne 
istituì  la  festa.  Ma  certo  è,  che  essendo 
questa  festa  già  in  uso  per  molte  chiese, 
l'avea  Giovanni  XXII  ordinata  di  precet- 
to alla  chiesa  universale,  come  ne  fanno 
fede  Marlene ,  De  antiq.  eccl.  discipl. 
cap.  28;  Tornassi  ni,  Z?e  Dier.  Festor.  ce- 
lebrai, cap.  18,  lib.  a,  n.°i3;  Baillet,  De 
fé. sto  Trini t.  §  1  ,n.°  4;  Ciacconio,  in  Vita 
Joannis  XXIIj  Ga vanto  e  M erati,  in  not. 
ad  Gavantum,  1. 1,  par.  2,  p.  1222;  Pa- 
gi, in  Breviar.  Rom.  Pont.  t.  4>  Wi  Fita 
Joannis  XXII,  n.°86,  ed  altri  citati  dal 
Lambert  ini.  Tornando  a  Saruelli,  egli  di- 
ce che  Radulfo  fiorito  nel  i4oo  attesta  che 
la  festività  fu  approvata  e  intimala  dalla 
chiesa  romana,  e  quindi  comunemente  ce- 
lebrata, e  perciò  opina  che  autore  di  tal 
celebrità  fu  Gregorio  XI  e  non  Giovan- 
ni XXIII;  ma  poi  in  altra  lellera  si  cor- 
regge ed  il  2.0  chiama  Giovanni  XXII, 
al  quale  propriamente  l'attribuirono  Ra- 
dulfo e  Pisanella.  In  questa  sua  creden- 
za, che  Gregorio  XI  approvasse  la  festa 
e  ordinasse  che  si  celebrasse  per  tutta  la 
Chiesa,  riporta  quanto  dichiarò  il  Duran- 
do: Che  dopo  celebrata  la  festa  del  Pa- 
dre nel  s.  Natale,  qui  Nativi tas  dicitur 
festivilas  Patrts,  dopo  celebrata  la  festa 
del  Figliuolo  nella  Pasqua,  e  la  festa  del- 

VOL.   LXXX. 


TRI  381 

lo  Spirito  Santo,  nella  di  lui  missione, me- 
ritamente nell'ottava  di  Pentecoste  si  fa 
la  festa  della  ss.  Trinità,  per  dimostrare 
che  le  dette  tre  Persone  sono  un  solo  Dio, 
e  questa  è  la  1. "cagione  perchè  si  celebra 
la  festa  delle  tre  Persone  unitamente;  la 
2/ cagione  è,  che  dopo  la  festa  dello  Spi- 
rilo Santo,  ossia  dopo  la  sua  discesa  nel 
Cenacolo,  cominciò  subito  a  predicarsi  e 
credersi  il  mistero  della  ss.  Trinità  ,  nel 
cui  nome  si  dava  il  battesimo  a 'con  ver  - 
tili  fedeli.  La  3.aè,  perchè  la  Chiesa  di- 
mostra a'suoi  figli,  quel  Dio  Trino  e  Uno, 
da  cui  sono  lutti  i  beni,  di  cui  ha  l'im- 
magine e  di  cui  debbono  aver  la  somi- 
glianza, e  che  debbono  sempre  lodare, 
ringraziare  e  celebrare,  per  cui  l'introi- 
to della  messa  comincia  colle  parole:  Bc 
nedicta  sitsancta  Trinitas,  alque  indi- 
visa Uni tas j  confi tebimur  eit  quia  feci t 
nobisewn  miserìeordiam  suam.  Dopo 
avere  il  Sarnelli  riportalo  pure  quanto 
l'HeroIt  scrisse  su  l'una  e  l'altra  festa  del 
Padre  Eterno,  conclude  che  la  questione, 
perchè  la  Chiesa  non  solennizza  alcuno 
speciale  e  particolare  giorno  festivo  del 
Padre  Eterno, è  questione  di  nome,  per- 
chè non  vi  è  nelle  feste  il  titolo  de  Pa- 
tre  Aelernoj  anzi  la  s.  congregazione  dei 
riti  proibì  la  messa  de  Patre  Aeterno 
falla  in  Madrid,  senza  autorità  della  s. 
Sede.  Ma  non  di  fatto  ,  poiché  di  fatto 
tulli  i  nostri  maggiori  han  tenuto,  che  la 
festa  del  Padre  Eterno  fosse  quella  del- 
la Natività  del  Signore;  del  resto  ab  an- 
tico tulle  l'orazioni  sono  dirette  al  Padre 
Eterno,  imitando  Cristo  che  disse:  Sic  er- 
go vos  orabitis;  Pater  nosler,  qui  es  in 
Coelis,  etc.  E  a  chi  si  offre  il  Sacrifizio 
della  s.  Messa(  f.),senon  all'Eterno  Pa- 
dre? Te  igitur  clementissime  Pater,  per 
Jesum  Cliristum  filinm  tuuni ,  cioè  nel 
principio  del  Canone.  Cristo  non  fece  in 
terra  che  manifestare  la  gloria  del  suo  E- 
terno  Padre,  ed  a  cui  prima  che  patisse 
diresse  la  dolcissima  orazione,  presso  s. 
Giovanni  cap.  1  7:  Tlaec  locutus  est Jesus  ; 
et  sublevatis  oculis  in  coclum  dicci  t:  Pw 

«9 


282  T  R  I 

ter  venie  hora,  clarijicafilium  dumi,  ut 
filma  tuus  clarifìcet  te,etc.  In  quanto 
all'oliava  della  festa  della  ss.  Trinità,  o- 
£> ti i  Domenica  è  oliava:  Primo  die,  quo 
Trinitas beata  mnndumcondidit.  Si  leg- 
ge P8.°  responsorio:  Duo  Seraphim,  etc. 
Si  canta  il  Simbolo  di s.  Atanasio  [V.), 
quando  non  occorrono  altre  solennità. 
Dov'è  titolo  della  chiesa,  si  fa  I'  8."  nei 
giorni  che  seguitano  la  festa,  della  qua- 
le dice  il  Gavanto  sopra  il  Breviario  e. 

19,  n.°  2.  Aliud  est  loqui  de  Ecclesia 
universali ,  in  qua  quaelibet  Domin ica 
Tritatati  erat  dicala  ;  aliud  est  loqui  de. 
Titulo  Ecclesiae  particularis,  et  in  hoc 
sensu  s.  Rituuin  congregalo  decrevit, 
Octavam  ss.  Trinila  tis,  et  digniorem  in 
propria  Ecclesia  esse  ,  quarn  octavam 
Corporis  Chris ti.  In  quest'ottava  non  si 
replica  il  simbolo  di  s.  Atanasio:  quiado- 
minicae  assignatum  vide tur j  dice  lo  stes  • 
so  Gavanto  nel  Simbolo s.Alhanasii, cap. 

20,  e  però  si  dice  nel  giorno  8.°,  perchè 
è  di  domenica.  Termina  Samelli  con  ri- 
petere, che  la  festa  della  ss.  Trinità  oggi 
è  la  1  ."domenica  dopo  la  Pentecoste,  e  tut- 
te le  altre  domeniche  e  ogni  giorno  la  ce 
lebriamo  e  adoriamo.  Indi  colla  leti.  54: 
Dell'ineffabile  mistero  della  ss.  Trinila, 
spiega  sul  gran  mistero  i  3  quesiti.  1 /Se 
la  Divina  essenza  differisca  dalle  Persone. 
2.0  Come  le  Persone sieno  fra  loro  distin- 
te. 3.°  Come  il  Figlio  sia  coeterno  al  Pa- 
tire. Esorta  poi,  perchè  questo  ineffabile 
mistero  è  difficile  a  intendersi,  è  neces- 
sario a  crederlo  e  adorarlo  con  sommis- 
sione di  spirito,  e  non  andarlo  cercando 
con  curiosità.  Ci  deve  bastare,  che  Dio, 
il  quale  è  la  verità  medesima,  ne  l'abbia 
dichiarato  in  questa  guisa,  e  che  la  fede 
che  dobbiamo  alla  sua  parola,  ne  obbli- 
ghi a  crederlo,  benché  non  possiamocom- 
pi  eliderlo:  Fides  Catholica '  haec est,  ut 
Unum  Deurn  in  Trinitate,  et  Trinità- 
lem  in  Unitale  vciicrcmur.  Cosi  disse  s. 
Atanasio,  impugnatole  degli  ariani,  nel 
suo  simbolo.  Ed  Innocenzo  111  nel  conci- 
lio generale  di  Laterauo  IV,  in  dccret.fi- 


TR  I 
dei,  cap.  1.  Firmiler  credimus.  et  sita- 
pliciter  confi temur, quod  Unus  solus  est 
verus  Deus  Pater,  et  Filius,et  Spiritus 
Sanctus  ;  Tres  quidem  Personae  ,  itd 
Una  essentia,  et  substantia,  seu  natu- 
ra omni no  simplex.  Ne  dogmi,  per  evi- 
tare cavillazoni  e  sofismi,  ancora  di  si- 
curezza è  il  dire:  Credo  lutto  quello  che 
crede  la  s.  Madre  Chiesa.  Il  medesimo  Sai- 
nelli  nel  t.  4  ragiona  nella  leti.  24*-  Per- 
chè la  Domenica  della  ss.  Trinità  si  met- 
ta fra  quelle  di  prima  classe,  e  la  Fe- 
sta fra  quelle  di  seconda  classe.  Pre- 
mettendo la  dichiarazione,  che  sebbene  è 
molto  difficile  portare  le  ragioni  delle  co- 
se, quando  s'ignora  la  mente  degl'istitu- 
tori di  quelle,  ad  ogni  modo  indagando- 
ne le  congruenze  ,  su  questo  argomento 
cos'i  discorre.  Se  la  festa  della  ss.  Indivi- 
dua Trinità  si  fosse  fatta  di  1  /classe,  con- 
veniva sopprimere  lai.'  domenica  dopo 
la  Pentecoste,  perchè  niuna  festa  del  Si- 
gnore di  1  .'classe  ha  commemorazione  di 
domenica,  cometa  Pasqua  e  la  Penteco- 
ste; e  sopprimendosi  la  1  ."domenica  dopo 
la  Pentecoste,  si  avrebbe  dovuto  mutare 
l'ordine  e  il  titolo  dell'altre  domeniche, 
dicendosi  piuttosto  Domeniche  dopo  la 
Trinità,  e  sarebbe  bisognato  metter  la  1 
dov'è  la  2/,  e  così  sarebbe  cresciuto  an- 
che il  numero  delle  domeniche,  le  quali 
non  sono  meno  di  2  3  uè  più.  di  28  fino 
all'Avvento,  e  si  suppliscono  colle  dome- 
niche le  quali  avanzano  dopo  l'Epifania, 
e  I'  ultima  è  quella  che  nel  breviario  è 
notata  25,  la  quale  anche  quando  sono 
23  si  legge  l'ultima,  dicendosi  la  23  nel 
sabato  antecedente.  Oltre  a  ciò  la  festa 
del  Corpo  del  Signore  di  1  ."classe  avrebbe 
dovuto  seguitar  l'8.a,  e  questa  non  occor- 
reva, sì  per  non  esser  necessaria  ,  come 
avverte  il  Micrologo,  De  Eccles.  observ. 
cap.  60,  perchè  ogni  domenica  è  ottava 
della  ss.  Trinità,  anzi  ogni  giorno  sene 
fa  memoria,  benché  dov'è  titolo  di  chiesa 
particolare  abbia  la  ricordata  ottava,  la 
quale  nella  propria  chiesa  è  più  degna  di 
quella  del  ss.  Corpo  di  Cristo ,  sì  anche 


TRI 
perché  essendo  stata  istituita  prima  la  fe- 
sta del  Corpus  Domini  colla  sua  8/,e  con- 
correndo alle  volte  pure  con  questa  an- 
che l'8.a  di  s.  Giovanni,  sarebbe  stato  un 
mescolamento  d'ottave.  Che  la  festa  del 
ss.  Corpo  di  Cristo  fosse  stata  istituita  pri- 
ma da  Urbano  IV  nel  1262  si  vede  dal- 
l'asserto del  contemporaneo  s.  Tomma- 
so, che  la  dice  collocata  nel  1. "giovedì  do- 
po l'8.*  di  Pentecoste,  uè  fa  alcuna  men- 
zione della  festa  della  ss.  Trinità;  onde 
appare  che  questa  festa  della  ss.  Triade 
sia  stata  istituita  per  tutta  la  Chiesa  uni- 
versale dal  PapaGiovanni  XXII  eletto  nel 
1  3  16.  Fu  conveniente  adunque  farsi  la 
festa  della  ss.  Trinità  di  2.a  classe  più  con- 
grua colla  1  ."domenica  dopo  la  Penteco- 
ste, benché  la  »»*  classe  è  delle  maggiori; 
per  cui  del  santo  semplice,  che  occorre  in 
tal  giorno,  se  ne  fa  solo  la  commemora - 
yione  nelle  laudi  e  nelle  messe  private.  E 
perchè  occorrendo  in  detta  domenica 
qualche  festa  dii."  classe  non  escludesse 
delta  festa  della  ss.  Trinità,  fu  posta  nel- 
le domeniche  di  1. "classe  la  domenica  del- 
la Trinità,  Doininica  Trinitatis,  le  qua- 
li domenichedi  1. ''classe non  mai  si  lascia- 
no; e  se  nelle  seconde  vesperi  concorre  con 
feste  di  1  .aclasse,si  fa  de' seguenti  cum  coni- 
inemoratione  Trinitatis  tantum.  Se  con 
festa  di  2."  classe  le  intere  vesperi  saran- 
no della  Trinità,  come  di  festa  maggio- 
re, e  si  farà  la  commemorazione  della  mi- 
nore di  2/  classe.  Sicché  la  1  ,a  domenica 
dopo  la  Pentecoste,  ut  sic,  è  della  stessa 
ragione  delle  domeniche  seguenti,  perchè 
non  s'intende  di  essa  la  rubrica  della  do- 
menica di  1  /classe,  ma  della  domenica  co- 
me domenica  della  ss.  Trinità,  e  ciò  è  pa- 
tente, perchè  tutto  l'officio  si  fa  della  ss. 
Trinità,  e  della  1. "domenica  di  Penteco- 
ste la  commemorazione  solamente,  e  la 
slessa  commemorazione  come  si  è  dello  si 
lascia  nelle  seconde  vesperi,  se  nella  feria 
2.a  si  celebra  festa  dii.'o  2.a  classe.  Quin- 
di è,  che  la  festa  della  sagrosanta  Triade 
ora  dicesi  festa,  ora  domenica,  perchè  l'u- 
no e  l'altro  è  vero,  e  per  rogioue  della  do- 


T  R  l  283 

menica,  nella  quale  sempre  occorre,  ha 
questochenon  mai  si  lascia  l'uffizio  del- 
la ss.  Trinità,  benché  in  quel  dì  in  qual- 
che luogo  occorra  festa  dir  .'classe;  e  per 
ragione  della  festa  ha  quello  ch'i  proprio 
delle  feste  di  2."  classe.  Conclude  il  Gavan- 
to,  Tpsamet  Trini  tas  sic  voltiti  t  a  qua 
rcgitur  Ecclesia.  E  forse  nella  domeni- 
ca di  i.a  classe  s'intende  la  r.a  Persona  del 
Padre,  nella  festa  di  2.'  classe  la  seconda 
Persona  delFiglio,  nella  domenica  8.adel- 
la  Pentecoste  laPersona  dello  SpiritoSan- 
to,  e  tutte  tre  sono  una  sola  solennità,  co- 
me sono  tre  Persone  e  un  solo  Dio.  A  mag- 
gior schiarimento,  dirò  conl'ab.  Diclich, 
Diz.  sacro-liturgico:  Domenica.  Le  do- 
meniche, altre  si  dicono  maggiori,  ed  al- 
tre minori,  ossia  fra  Panno.  Le  maggio- 
ri sono  quelle  nelle  quali  si  venerano  i 
principali  misteri  della  Creazione  eReden- 
zione,  e  sono:  i.°  Le  domeniche  dell'  Av- 
vento; i.°  Quelle  che  occorrono  dallaiSV f- 
tuagesima  fino  alla  Domenica  in  Allis 
inclusivamente;  3.°  Quelle  della  Pente- 
coste e  della  ss.  Trinità.  Le  domeniche 
minori,  ossia  fra  l'anno,  sono  quelle  che 
accadono  per  tutto  il  corso  dell'anno.  Le 
maggiori  si  dividono  in  due  classi,  di  pri- 
ma cioè,  e  di  seconda  classe.  Quelle  di  pri- 
ma classe  non  cedono  ad  alcuna  Festa, 
e  perciò  mai  non  si  om mettono:  tali  so- 
no la  i.a  dell'  Avvento,  lai."  di  Quaresi- 
ma, la  domenica  di  Passione, quella  del- 
le Palme,  quella  di  Pasqua,  la  domeni- 
ca in  A  Ibis  ,  quella  della  Pentecoste  ,  e 
della  ss.  Trinità.  Il  Lambertini,  Della  s. 
Messa,  a  p.  8  1  rende  ragione,  perchè  alla 
ss.  Trinità  ue'secoli  antichi  non  s'indiriz- 
zavano l'orazioni.  Dice  pertauto,  che  l'o- 
razione Suscipe  s.  Trinitas,  s'indirizza 
nella  messa  alla  ss.  Trinità,  mentre  nei 
primi  4  secoli  della  Chiesa  tutte  le  di  lei 
preghiere  s'indirizzavano  a  Dio  Padre:  Ut 
in  Altari  semper  ad  Patrem  dirigalur 
oratio,  come  disse  il  3."  concilio  di  Car- 
tagine al  cap.  23.  Sapevano  bensì  i  fede- 
li, che  non  si  adorava  il  Padre,  senz'ado- 
rare il  Figlio  e  lo  Spirilo  Santo;  ma  con 


284  T  R  I 

giusto  motivo  tralasciavasi  di  nominar  la 
ss.Trinilà,pel  timore  chela  pluralità  degli 
Dei,  che  da'  cristiani  impugnavasi,  non 
fosse  loro  opposta  da  chi  non  conosceva 
il  mistero  delle  tre  Persone  Divine,  come 
ben  riflette  Floro  di  Lione  nel  suo  trat- 
tato de  Actione  Missae.  Ma  tolto  di  mez- 
zoildetlotimore,nonha  dubitato  laChie- 
sa  tanto  latina,  cpianlo  greca,  nell'ofTrire 
il  sagrifìzio,  di  dire  Suscipe  s.  Trinitas. 
Nella  medesima  orazione  si  prega  la  ss. 
Trinità  a  ricevere  l'oblazione  anche  ino- 
uore  della  B.  Vergine ,  di  s.  Gio.  Batti- 
sta ,de'ss.  A  postoli  Pietro  e  Paolo,de'San- 
ti  de'quali  sono  le  reliquie  dell'altare,  e 
di  tutti  gli  altri  Santi,  ut  illis  prqjìciat 
ad  honorem,  nohis  autem  ad  salutemj 
perchè  quanto  hanno  di  gloria  e  d'onore 
i  Santi, lutto  hanno  ricevuto  per  virtù  del 
sagrifìzio  di  Cristo;  e  perchè  la  gloria  e 
l'onore  di  Cristo  passa  ne'Santi,  che  so- 
no membri  viventi,  ad  esso  congiunti  co- 
me a  loro  capo,  non  polendo  verun  cat- 
tolico negare,  che  il  sagrosanto  Sagrifì- 
zio della  messa  non  sia  glorioso  a  Gesù. 
Cristo, come  diffusamente  spiegano  i  no- 
stri teologi. Clemente  XI 11  per  maggior- 
mente promuovere  il  cullo  della  ss.  Tri- 
nità, con  decreto  de'3  gennaio  i  759,  pres- 
so il  Guerra,  Epit.  Consl.  Apost.  t.i,  p. 
36,  sleso  per  commissione  del  cardinal 
Tamburini  prefetto  della  s.  congregazio- 
ne de'riti,  dal  celebre  benedettino  e  suo 
teologo  p.  Galletti  poi  vescovo  di  Cirene, 
il  quale  avea  insinuato  questo  rito,  ordi- 
nò che  in  ogni  domenica,  nella  quale  non 
■vi  fosse  Prefazio  proprio  della  corrente 
messa,  si  dicesse  dal  celebrante  il  prefa- 
zio della  ss.  Trinità.  In  Roma  e  da  tem- 
po antichissimo,  nel  palazzo  apostolico  si 
celebra  la  festa  della  ss.  Trinità  con  cap- 
pella papale,  che  descrissi  nel  voi.  IX,  p. 
42, con  discorso  in  onore  della  medesima. 
Per  onorare  la  ss.  Individua  Trinità,  i 
Papi  concessero  indulgenze  a  varie  pre- 
ghiere ed  esercizi  divoli,  che  sono  ri- 
portale nella  Raccolta  dell'  Indulgen- 
ze j  e  nel  giorno  di  sua  festa  più  volte  ce- 


TRI 

lebrarono  le  solenni  Canonizzazioni  de' 
Santi. 

TRINITÀ'  SS.,  Festa.  F.  Trinità'  ss. 

TRINITÀ'  SS^Arciconfraternita  del- 
la ss.  Trinità  del  riscatto  degli  schiavi. 
V.  Trinitari  del  terz'ordine. 

TRINITÀ'  SS.,  Arciconfraternita. 
V.  Arciconfraternita  della  ss.  Trinità 
de'Pellegrini,  Ospizi  di  Roma  :  Ospizio 
della  ss.  Trinità,  ed  i  voi.  L,  p.  1 1 4,  LV, 
p.  263  e  264. 

TRINITÀ'  SS.  DI  BUENOS  AYRES, 
De  Buenos  Ayres  SS.  Trinitatis.  Città 
con  residenza  vescovile  dell'America  me- 
ridionale, capitale  della  provincia  e  go- 
vernodi  Buenos  Ayres.  In  aggiuntaa  tale 
articolo, per  le  innovazioni  avvenute  dopo 
la  sua  pubblicazione,  e  dopo  ancora  i'urti- 
coIoRepubblica,  ove  feci  cenno  degli  Stati  - 
Uniti  e  delle  repubbliche  òì  America,  di- 
rò alcun'altra  nozione,  insieme  allo  sta- 
to presente  del  vescovato  e  degli  ultimi 
suoi  vescovi.  Si  estende  sopra  un'altura, 
presso  il  fiume  Argentino,  cioè  sulla  riva 
meridionale  del  Rio  de  la  Piala  «impello 
alla  foce  dell'  Uraguay  a  5o  leghe  daMon- 
te  Video.  Le  sue  cupole,  le  torri  e  le  moli 
de' suoi  edifi/.i  le  danno  un  aspetto  me- 
lanconico, rappresentando  l'insieme  una 
immensa  fortezza.  Le  strade  sono  larghe, 
diritte  e  regolari,  e  ad  intervalli  pure  re- 
golari si  aprono  ad  angoli  retti  col  Rio  de 
la  Piata;  alcune  sono  lastricate  ed  in  de- 
clivio verso  la  metà,  e  quasi  tutte  hanno 
marciapiede  :  quella  della  ss.  Trinidad 
e  quella  di  s.  Denido,  sono  le  principali, 
la  1. "attraversando  quasi  tutta  la  cillà,  ed 
essendo  abitata  dalle  più  ricche  famiglie. 
La  sua  gran  piazza  è  divisa  in  due  parti, 
la  piazza  d'armi  e  il  mercato,  mediante 
un  edilìzio  lungo  e  basso  che  forma  una 
specie  di  bazar.  Sulla  piazza  d'armi  Irò» 
vasi  il  cabildo  o  palazzo  della  cillà,  ch'è 
un  bel  fabbricato;  sulla  piazza  del  mer- 
cato sta  il  forte,  le  cui  muraglie  discen- 
dono sino  alla  riva  del  Rio  de  la  Piata, 
e  non  I  unge  dal  quale  si  trova,  fra  la  città 
e  la  riva,  una  piantagione  di  pioppi  che 


T  I  I 
serve  di  passeggio.  La  camera  de' depu- 
tali è  uno  degli  edifizi  più  osservabili  ; 
essa  fu  costrutta  da  un  architetto  francese 
sul  modello  della  camera  de'pnri  in  Pari- 
gi. L'ultima  proposizione  concistoriale  di- 
ce che  nel  suo  trinili  cìrcìter  niilliarium 
ambita  ultra  centum  mille  conti  net  ha- 
bitatores.  L'  ampia  e  bella  cattedrale  si 
gloria  anchedel  titolo  del  ss.  Corpo  di  Cri- 
sto ,  con  battisterio  e  cura  d'anime  am- 
ministrata da  un  canonico  approvato  dal 
vescovo,  il  quale  mancava  d'episcopio,  e 
coA  del  seminario  e  del  monte  di  pietà. 
Il  capitolo  si  compone  di  5  dignità,  lai.* 
delle  quali  è  il  decano,  di  4 canonici,  di 
4  mansionari,  de'quali  2  diaconi  e  2  sud- 
diaconi, e  di  altri  preti  e  chierici  addetti 
al  servizio  divino.  Vi  sono  diverse  chiese 
parrocchiali,  2  conventi  di  religiosi,  2  mo- 
nasteri di  monache,  i  ospedali  per  am- 
bo i  sessi,  un  ospizio  pegli  esposti,  altro 
pegli  orfani,  un  anfiteatro  pe' combatti- 
menti de'tori,  il  teatro,  l'accademia  delle 
scienze  matematiche  e  fisiche, e  un  osser- 
vatorio. Dopo  la  rivoluzione  vi  si  stabilì 
qualche  fabbrica  ,  e  le  più  considerabili 
sono  quelle  di  cappelli  e  di  lavori  di  fer- 
ro. Il  governo  era  intento  a  proseguire  lo 
scavamento  d'un  porto,  poiché  i  vascelli 
erano  obbligati  di  fermarsi  a  3  leghe  in- 
feriormente e  d'inviare  le  merci  sulle  bar- 
che o  golette,  e  di  andar  poscia  8  leghe  di 
là  nella  baia  di  Barragan  onde  aspettare  i 
loro  carichi. I  suoi  paraggi  sono  pocosicuri, 
non  solamentea  cagione  della  quantità  di 
roccie,  di  banchi  di  sabbia  e  di  bassi  fon- 
di, ma  per  cagione  ancora  della  violenza 
de' venti  pamperosche  soffiano  frequente- 
mente. Malgrado  tali  inconvenienti  Bue- 
nos Ayres  è  il  luogo  di  deposito  di  un  este- 
so commercio,  per  le  merci  che  riceve  dal- 
l'Europa e  in  particolare  dalla  Gran  Bre- 
tagna, dagli  Stati-Uniti,  dal  Brasile  e  da 
altre  regioni.  Fa  coli' alto  Perù  uu  com- 
mercio considerabile  in  bestiami  e  muli: 
i  suoi  mercati  sonode'meglio  provveduti, 
eia  carne  vi  è  tanto  abbondante  che  spes- 
so si  distribuisce  a'  poveri.  Il  miscuglio 


T  R I  285 

di  negri  e  mulatti  è  di  poco  rilievo;  le  don- 
ne si  fanno  distinguere  per  bellezza  e  gra- 
zia. Il  clima  è  dolce,  I'  aria  sana,  i  calori 
non  vi  sono  mai  eccessivi  :  il  suo  nome  si- 
gnifica Buon  Ariay  Boni  Aereis,  Non  ca- 
de mai  neve,  non  gela  che  debolmente, 
ed  il  ghiaccio  leggero  che  vi  si  forma  è  ac- 
curatamente raccolto  per  rinfrescare  le 
bevande.   Dissi  al  suo  articolo  ,  che  nel 
1810  cominciò  la  definitiva  indipenden- 
za di  Buenos  Ayres  dalla  Spagna,  e  il  prin- 
cipio del  suo  governo    democratico  con 
propri  magistrati,  della  quale  indipenden- 
za sì  del  paese  che  dell'  altre  colonie  a- 
mericane  restate  alla  Spagna,  fu  il  segnale 
l'invasione  di  questa  operata  da'froncesi. 
Il  governo  provvisorio  ebbe  poca  stabi- 
lità sino  al  i8  i5,  in  cuiformossi  una  giun- 
ta suprema,  poi  un  triumvirato,  che  pub- 
blicò un  regolamento  in  cui  questo  stalo 
fu  nominato  Provincie  Unite  del  Rio  del- 
la Piata;  un  governo  superiore  vi  fu  po- 
scia stabilito,  e  fece  questo  creare  Y  as- 
semblea sovrana  costituente.  A  questa  as- 
semblea successe  una  giunta  di  osserva- 
zione, che  convocò  il  congresso  nazionale 
radunatosi  a  Tucuman  verso  la  fine  di 
detto  anno,  trasferito  poi  a  Buenos  Ay- 
res, ove  ancora  risiede.  Formando  il  suo 
stato  parte  della  confederazione  d'Argen- 
tina e  degli  Stati- Uniti  della  repubblica 
della  Piata,  per  le  dissensioni  insorte  tra 
il  general  Urquiza  direttore  generale  di 
detta  confederazione  e  Buenos  Ayres,que- 
sta  provincia  si  separò  nel  1 853  eoo  al- 
tre i3}  che  prima  componevano  la  repub- 
blica della  Piata,  e  formarono  un  gover- 
no particolare,  alla  testa  del  quale  fu  po- 
sto un  governatore-capitano  generale,  e 
a' 12  ottobre  vi  fu  eletto  ild/d.  Pastor 
Obligado,  residente  a  Buenos  Ayres  ca- 
pitaledel  nuovo  stato,  ed  ove  dimora  pu- 
re il  corpo  diplomatico.Le  provincie sono: 
Buenos  Ayres,  Eutre-Rios  e  Corrientes, 
Santa  Fé,  San  Luis  de  la  Punta,  Cordova, 
Santiago  del  Estero,  Mendoza,  s.  Juan 
de  la  Frontera,  Rioja,  Cautamarca,  Tu- 
cuman,  Salta  e  Jujuy,  con  più  di  duerni- 


286  TRI 

lioni  d'abitanti.  La  sede  vescovile  di  Bue- 
nos Ayres  fu  eretta  nel  1620  da  Paolo 
V,  e  fatta  suffraganea  dell'arcivescovo  di 
Piata,  e  lo  è  tuttora.  Le  Notizie  di  Ro- 
ma riportano  i  seguenti  suoi  vescovi.  Nel 
1  y38  d.  Giuseppe  Pernlta;  nel  1  746  Giu- 
seppe Gaetano  Patheco  deCardenasdiA- 
requipa;  nel  1749  Gaetano  Marcellano- 
y-Agramonl  di  Pace;  nel  17^7  Giuseppe 
Antonio  Busurco  di  Buenos  Ayres;  nel 
1762  Emanuele  de  la  Torre  d'Auxilio 
diocesi  di  Palencia,  ti  asla  loda  Paraguay; 
neli777  fr.  Sebastiano Malbar  de'ininori 
osservanti  di  Salcedo  di  Compostala;  nel 
1  785  Emanuele  de  Azanior  e  Piomba  di 
Villablanca  di  Siviglia;  nel  1802  Bene- 
detto de  Luz-y-Riego  del  porto  di  Lastres 
diocesi  d'  Oviedo,  morto  ne'  primi  anni 
del  corrente  secolo.  Mal  soffrendo  Gre- 
gorio XVI  che  questa  sede  e  altre  di  A- 
merica  gemessero  in  lunga  vedovanza  , 
perchè  la  Spagna  antica  sovrana  delle 
medesime  pretendeva  nominarvi, la  prov- 
vide di  pastore  nel  concistoro  de*2  luglio 
i832,  con  trasferirvi  da  Aulona  in  par- 
libus  Mariano  Mediano  e  vicario  aposto- 
lico dello  stesso  vescovato  di  Buenos  Ay- 
res. JNel  medesimo  concistoro  il  Papa  di- 
chiarò suo  ausiliare  uig.r  Mariano  Esca- 
lada  di  Buenos  Ayres,  conferendogli  lo 
stesso  titolo  d'Aulona.  Per  morte  del  ve- 
scovo Mediano,  il  Papa  Pio  IX  nel  con- 
cistoro de'23  giugno  i854  gli  sostituì  il 
prelato  ausiliare  mg.r  Escalada,  che  n'è 
l'attuale  pastore.  Ogni  nuovo  vescovo  è 
tassato  ne  libri  della  camera  apostolica  in 
fiorini  33,  ascendendo  la  mensa  ad  ul- 
tra sex  millia ponderimi  illius  monetae. 
La  diocesi  è  amplissima,  per  cui  Grego- 
rio XVI  riservò  alla  s.  Sede  di  dividerla 
e  di  restringerne  i  limiti ,  uti  melius  in 
Domino  expedire  videbitur. 

TRINITASS.  o  PORT  D'ESPAGNE, 
PortusHispaniacChla  con  residenza  ar- 
civescovileaU'estremità dell'America  me- 
ridionale, nell'isola  della  ss/Trinità  o Tri- 
nidad sulle  bocche  dell'Orenoco,  fertile 
e  ricca  per  Datura  ed  opporlunissima  al 


T  R  1 

commercio,  già  vicariato  apostolicoche  il 
Papa  Pio  1 X  nel  1 85o  elevò  al  grado  di  ar- 
civescovato, colla  sede  di  Eoseau  per  sof- 
fi aganea.  L'isola  ebbe  il  nome  dell'Au- 
gusta Triade  dal  gran  Cristoforo  Colom- 
bo di  Cuccaro  in  Monferrato,  scuoprito- 
re  dell'America  e  ritrovatore  del  Nuovo 
Mondo,  circa  55  secoli  dopo  la  sua  crea- 
zione. Quel  pio  e  nobilissimo  conquista- 
tore, che  consigliava  Isabella  I  a  far  l'ac- 
quisto della  Terra  Santa,  prescelta  dalFi- 
glio  di  Dio  alla  nostra  redenzione,  nel  3.° 
suo  viaggio  in  America,  ove  peli. "inal- 
berò il  glorioso  e  trionfante  vessillo  della 
Croce,l'ultimo  di  luglio  1 498scuoprì  l'iso- 
la più  principale  delle  piccole  Antille,  alla 
quale  giunto  pose  il  nome  della  ss.  Trinità 
in  memoria  delle  grazie  da  essa  ottenute, 
onde  l'invocava  nell'incominciare  tutte  le 
sue  azioni,  ed  anco  perchè  l'isola  formava 
tre  montagne.  Siccome  Port  d' Espagne 
capitale  dell'isola  della  ss.  Trinità,  dopo 
pubblicato  tale  articolo,  ha  ricevuto  a' 1  7 
aprile  1  855  il  2. "pastore  in  mg/  Vincenzo 
Spaccapietra,dal  medesimo  Papa  Pio  IX 
traslato  da  Arcadiopoli  in  partibus,  ed 
insieme  dichiarato  amministratore  della 
vacante  sede  di  Roseau,  importa  di  regi- 
strare lo  spirito  religiosodella  nuova  me- 
tropoli e  il  singola  re  onore  ricevuto  dal  Pa- 
pa,onde  in  parte  meglio  supplire  alla  scar- 
sezza delle  notizie  relative  alla  sede,  non 
essendosi  stampata  proposizione  concisto- 
riale, perchè  eletto  per  breve  apostolico 
come  il  predecessore.  Appena  si  divulgò 
nella  città  la  nomina  del  novello  arcive- 
scovo, il  popolo  al  suono  della  campana 
che  l'annunziava  si  affollò  alla  chiesa  e 
al  collegio  di  s.  Giorgio,  ove  risiedeva  l'e- 
letto, indi  si  fecero  preparativi  per  la  so- 
lenne intronizzazione  fissata  nella  seguen- 
te domenica.  Tutto  il  popolo  di  Port  d'Iv 
spagne  e  de'contorni  si  radunò  nella  spa- 
ziosa cattedrale  per  assistere  al  più  au- 
gusto e  commovente  spettacolo  che  siasi 
giammai  veduto  nel  paese.  La  ricognizio- 
ne del  proprio  arcivescovo,  e  il  reciproco 
attcstalo  de'più  caldi  e  religiosi  affetti  del 


TRI 

gregge  e  del  pastore.  Dopo  le  ore  9  il  clero 
riunito  si  mosse  processionalmentesegni- 
to  da  tutte  le  cattoliche  notabilità  per  ac- 
compagnare alla  cattedrale  il  nuovo  ar- 
civescovo. Allei  o  la  processione  entrava 
in  chiesa  cantando  il  Benedictus  Deus, 
Deus  Israel.  Ogni  occhio  era  rivolto  al- 
l'arcivescovo, il  quale  dignitosamente  in- 
cedeva sotto  un  baldacchino  sostenuto  da' 
ir.  abbati  Poirier  suo  vicario  generale  e 
direttore  delle  monache  di  s.  Giuseppe 
di  Cluny,  Albertini,  Ford  e  Coste,  e  mo- 
strava nel  suo  volto  i  vari  alletti  di  gioia  e 
timore  onde  era   compreso.  Giunto  alla 
sede  arcivescovile  incominciò  la  solenne 
messa  cantala  dal  rev.  Smith,  vicario  ge- 
nerale della  sede  vacante  di  Roseau,  as- 
sistito da'   ir.  Dayod  e  Cazales.  Dopo  il 
vangelo  il  r.  ab.  Cueaul  dal  pulpito  fece 
lettura  della  bolla  pontificia,  in  cui  isli- 
tuivasi  mg.r  Spaccapietra  arcivescovo  di 
Fort  d' Espagne  e  amministratore  della 
vacante  sede  sulfraganea  di  Roseau.  Fi- 
nita la  messa  egli  stesso  rivolse  lai."  volta 
eloquentissime  parole  al  popolo,  che  re- 
stò vivamente  commosso  e  intenerito;  e 
terminò  invocando  i  lumi  e  gli  aiuti  dello 
Spirilo  Santo.  Quindi  a  pie  del  trono  ri- 
cevè gli  omaggi  di  lutto  il  clero.  Nelle  se- 
re si  distinsero  le  case  cattoliche  con  fe- 
ste luminarie  abbellite  da  analoghe  iscri- 
zioni. Alcune  dicevano:  Dio  ha  pensato 
a' poveri.  I  nostri  voti  sono  stali  e  sau- 
diti. Sia  benedetto  colui  che  viene  nel  no- 
me del  Signore.  Ne'seguenli  giorni  furo- 
no falli  sinceri  indirizzi  da'eapi  del  clero, 
da'professori  e  dagli  studenti  del  collegio. 
In  quelle  elaborate  allocuzioni, come  nelle 
risposte  di  mg/  Spaccapietra  si  ammirò 
spontaneità  di  espressioni,  facondia  e  sen- 
timenti di  verace  pietà  e  sudditanza.  Spe- 
cialmente visi  rinvenne  una  profonda  ve- 
nerazione verso  la  s.  Sede,  e  grandi  en- 
comi e  ringraziamenti  al  sommo  Ponte- 
fice Pio  IX,  dal  cui  incomparabile  zelo  è 
diramato  tanto  bene  a'  popoli  dell'isole 
della  ss.  Trinità,  tra 'quali  fiorirà  sempre 
la  cattolica  fede.  La  Civiltà  cattolica  ne  1- 


T  R  1  287 

nella  serie  3.',  t.  3,  p.  497  e  593,  con  due 
articoli  interessanti,  eruditi,  dilettevoli  e 
profittevoli  per  consolazioni  religiose, in- 
titolati :  Un  viaggio  alle  Antille,  pub- 
blicò la  relazione  scritta  dall'ottimo  mg.' 
Giorgio  Talbot  de  Malahide  (di  cui  a 
Schbewsbury)  cameriere  segreto  parteci- 
pante del  Papa  Pio  IX,  da  questi  inviato 
l'8  novembre  1 855  all'arcivescovo  della 
Trinidad  neU'Antille  mg.r  Spaccapietra, 
per  imporgli  il  sagro  PaiUoCAì  cui  riparlo 
a  Triregno).  Questa  pontificia  degnazio- 
ne verso  l'illustre  pastore,  il  cui  nome  è  sì 
noto  e  sì  caro  all'Italia,  mentre  nuova- 
mente onora  va  così  remola  chiesa  metro- 
politana e  il  degno  suo  arcivescovo,  olfe- 
ri  all'  egregio  invialo  apostolico  comoda 
occasione  d'osservare  la  condizione  delle 
chiese  dell' Antille,  per  avvisare  poscia  i 
mezzi  più  opportuni  a  procurarne  la  pro- 
sperità e  l'incremento.  Ma  non  fu  pago 
a  questo  il  conosciuto  zelo  di  mg.r  Tal- 
bot, esercitato  ancora  in  altri  simili  uber- 
tosi viaggi,  poiché  nel  vasto  campo  che 
trovò,  infiammato  di  ecclesiastico  zelo  vi 
aggiunse:  un  predicare  quasi  continuo  in 
francese  e  in  inglese,  un  amministrare  as- 
siduamente i  sagraraenti  del  battesimo, 
della  cresima   per  ispeciale  delegazione 
pontificia,  non  essendo  insignito  del  ca- 
rattere vescovile/Iella  penitenza,dell'Eu- 
caristia,  del  matrimonio;  un  tener  confe- 
renze al  popolo  in  inglese,   un  ricevere 
abiure,  un  estinguer  scismi,  un  compar- 
tire a  mille  a  mille  benedizioni  apostoli- 
che, ed  un  tutto  proprio  d'un  vero  fer- 
vidissime missionario  apostolico,  siccome 
munito  meritamente  dal  Pontefice  di  fa- 
coltà straordinarie.  Giunto  alle  Antille, 
nell'  opulenta  isola  di  s.  Tommaso  e  in 
Roseau  capoluogo  dell'isola  di  Dominica, 
dopo  avervi  esercitato  l'apostolico  mini- 
stero, a'23  dicembre  approdò  mg/  Tal- 
bot a  Port  d'Espagne  vestito  da  prelato 
domestico.  Venne  onorevolmente  accol- 
to da  mg/  Spaccapietra  e  condotto  alla 
cattedrale,  l'arcivescovo  vi  destò  la  gene- 
rale commozione  de'cattolici  nel  notili- 


288  TRI  TRI 

tur  loro  la  benignila  ilei  sommo  Pontefice  se  per  mg.r  Talbot  compitila,  nondime- 
di  mandar  un  suo  inviato,  intimo  cubi-  no  a  istanza  dell'arcivescovo  rimase  nel- 
calano,  espressamente  a  far  loro  visita  e  l'isola  della  Trinidad  quasi  altri  due  me- 
onoiare  la  cbiesa  del  sagro  pallio.  Nel  di  si  (ino  alla  celebrazione  del  sinodo  dio- 
seguente  l'inviato  fu  presente  a  una  pie-  cesano,che  nella  metà  di  febbraio  si  tenne 
filiazione  cbe  lesuddelle  suore  di  s.  Giù-  nella  cattedrale  con  gran  decoro  e  poni- 
seppe,  istituto  cbe  fiorisce  anche  in  Ro-  pa  di  sagri  riti  e  con  numerosissimo  cou- 
ma  nell'  orfanotrofio  loro  affidalo,  fece-  corso  di  fedeli.  L'arcivescovo  predicò  al- 
io alle  alunne  da  esse  educate.  La  sera  la  i. 'sessione,  col  fervore  consueto  di  sua 
poi  assistè  nella  cattedrale  alle  solenni  apostolica  eloquenza;  nella  2.*  dopo  la 
funzioni  della  notte  del  s.  Natale,  edili-  messa  cantata  pe' vescovi  defunti,  si  les- 
cato  grandemente  dalla  pietà  e  divozio-  sero  ad  alta  roce  i  decreti  del  sinodo  co- 
lie del  buon  popolo;  e  nel  dì  seguente  a  loniale  tenuto  due  anni  innanzi,  pure  a 
quelle  della  solennità  Natalizia  del  Signo-  Pori  d'  Espagne,  già  approvati  dalla  s. 
re.  L'imposizione  del  pallio  seguì  nella  Sede;  e  nella  3/ si  pubblicarono  soleune- 
slessa  cattedrale  il  i.°deli856,  alla  pie-  mente.  Non  è  a  dire  quanto  nig.r  Talbot 
senza  di  tutto  il  clero  dell'isola  e  di  pò-  fosse  festeggiato  e  venerato;  basti  il  ri- 
polo numerosissimo,  dopo  che  mg.r  Tal-  cordare,  che  nel  caritevole  tra  lo  strepi- 
bot  ebbe  celebralo  il  sagrifizio  nell'alta-  to  e  l'allegria  pubblica,  sempre  a  modo 
re  maggiore.  L'arcivescovo  inginocchio  e  con  decenza,  le  maschere  genuflelleva- 
pronunziò  il  consueto  giuramento,  ed  al-  no  al  di  lui  passaggio  per  riverenza.  Nel- 
lora  l'inviato  pontificio  in  nome  di  Sua  la  sua  bella  relazione,  oltre  la  descrizio- 
Santilà  gl'impose  col  solito  rito  sugli  o-  uè  de'  luoghi  percorsi,  si  diffonde  sulla 
meri  la  veneranda  insegna  dell'autorità  condizione,  massime  religiosa,  dell'  isola 
arcivescovile,  qoal  testimonianza  nobi-  Trinidad,  la  cui  popolazione  partecipa 
lissima  della  s.  Sede  verso  il  degno  pa-  quanto  all'indole  e  al  carattere  dello  spa- 
store, pegli  illustri  suoi  meriti  verso  la  gnuolo,  del  francese  e  dell'  inglese,  da' 
Cbiesa,  e  per  l'eroico  suo  zelo  nel  procu-  quali  fusuccessivamentecolonnizzata,ma 
rare  la  salvezza  dell'anime.  Come  prima  gli  ultimi  v'introdussero  il  protestanti- 
delia  funzione  il  sunnominato  suo  vica-  smoche  ne  corruppe  i  costumi,  migliora- 
rlo generale  con  discorso  francese  avea  ti  dall'infaticabili  industrie  di  mg.r  Spac- 
spiegato  l'origine  e  il  significato  del  pai-  capielra,  nel  che  gli  fu  d'aiuto  poteutis- 
lio,  come  emblema  di  giurisdizione,  fini-  simo  il  cholera,  cb'è  dappertutto  il  oli- 
ta la  ceremonia  lo  stesso  arcivescovo  in  gliore  missionario  del  inondo.  Perciò  nel- 
breve  dichiarò  al  popolo  la  sua  ricono-  la  città  furono  celebrati  ben  5oo  matri- 
scenza  all'augusto  Capo  della  Chiesa  e  il  moni  di  concubiuari,e  nel  contado  vi  fu  tal 
valore  dell'  emesso  giuramento  ;  quindi  parrocchia  dove,  mentre  non  trovavasi 
pontificò  la  messa  solenne;  dopo  il  van-  prima  del  morbo  un  sol  uomo  unito  in  le- 
gelo  della  quale  mg/  Talbot,  preso  per  giltimo  matrimonio,  dopo  il  flagello  non 
lesto  il  Tu  cs  Petrus,  predicò  in  inglese  rimase  pur  un  solo  conenbinario.  Del  re- 
e  in  francese  sul  doppio  tema  che  ollri-  stoessendo  il  popolo  in  generale  assai  do- 
va la  circostauza,cioè sulle  ceremonie  del-  cile  e  pieghevole  al  bene,  inclinato  alla 
l'ornamento  del  pallio,  e  sull'autorità  pietà  e  di  costumi  temperante  e  sobrio, 
della  Sede  apostolica.  La  religiosa  gene-  A'26  febbraio  mg.r  Talbot  si  accomiatò 
rale  letizia  del  faustissimo  giorno,  fu  co-  dall'arcivescovo,  e  si  recò  a  visitare  uel- 
ronala  nella  sera  da  splendida  illumina-  l'America  meridionale  le  missioni  cai  lo- 
zione di  tutta  la  città,  beneficia  missio-  fiche  della  Guiana  inglese,  ed  ivi  pure  fe- 
lle uell'arcidiocesi  di  l'ori  d'Lspague  fus-  ce  molto  bene,  come  in  altre  da  lui  frut- 


t  n  i 

lungamente  percorse;  fu  alla  Martinica, 
nel  vescovato  dis.  Pierre  e  Fort  tle  Fran- 
ce  fiorente  pel  zelo  del  vescovo;  celebrò  e 
predicò  nella  cattedrale  di  Roseau.Si  fer- 
mò i  5  giorni  nella  Dominica,  il  di  cui  po- 
polo quanto  a  bontà  d'indole  è  il  miglio- 
re dell'Antille,  predicando,  confessando, 
■visitando  tutte  le  parrocchie  dell'isola,  e 
amministrando  la  cresima  a  un  grandis- 
simo numero  di  fedeli  :  nella  sola  catte- 
drale di  Roseau  la  i .*  domenica  cresimò 
fino  a  35o  individui,  tra'quali  più  d'uno 
avea  sorpassato  gli  80  anni.  Cresimò  pu- 
re molti  caraibi,  antichi  indigeni  dell'i- 
sole, che  vivono  tuttora  con  proprio  re, 
i quali  pel  cattolicismocambiarono  lana- 
Ima  feroce  de'loro  padri  antropofaghi  in 
una  mitezza  che  incanta.  Anche  nell'iso- 
le danesi  di  s.  Croce  e  di  Frederickstadt 
amministrò  la  cresima  e  altri  sagrameuti 
e  fece  brevi  missioni.  Finalmente  abban- 
donate le  care  Antille,  a'3i  maggio  s'im- 
barcò per  l'Europa,  e  dopo  8  me->i  d'as- 
senza ebbe  la  consolazione  di  ribaciare  il 
piede  al  Papa  e  riprendere  al  suo  fianco 
l'intramesso  servizio. 

TRINITARI. Eretici  cbe  insegnarono 
errori  riguardanti  il  mistero  della  ss.  ZVfr 
m'tó(P\);dicendosi  Triteismo(P.)\'eves\a 
insegnante  esservi  in  Dio  non  solo  tre  Per- 
sone,ma  ancora  tre  sostanze  di  vinelli  con- 
seguenza tre  Dei;e  Triteisti gì\  eretici  se- 
guaci di  GiovanniFilopono  grammatico  e 
filosofo  alessandrino  del  Gol  a'tempi  di 
Foca,comeli  appellò  il  concilio  Trullano, 
i  quali  nella  ss.  Trinità  ammisero  tre  es- 
senze e  tre  nature  particolari,  e  per  con- 
seguenza tre  Dei,  sebbene  ciò  non  osas- 
sero pronunziare  :  questo  sistema  mo- 
struoso secondo  alcuni  fu  immaginato  dal- 
l' abbate  Gioacchino  ,  di  cui  riparlerò  , 
nondimeno  mg.r  Giuseppe  Assemani,/?*- 
bliotlieca  Orientalis ,  lib.  2,  p.  237,  fa 
vedere  che  l'eresia  del  Triteismo  fu  in- 
ventata da  Giovanni  Ascasnagus  nati vo  di 
Siria.  Ancbe  And-  Trinitari  (#^)  furo- 
no delti  gli  eretici  che  ardirono  combat- 
tere e  conti  addire  l'adorabile  e  sublime 


T  R  I  289 

misterodeU'Augustissima  ss.  Individuale 
Triade.  Il  pio,  dotto  e  zelante  Albano  But- 
ler  nelle  Feste  Mobili  trattato  X:  Sulla 
Domenica  della  ss.  Trinità,  cap.  3,  Di 
quelli  che  combattono  il  mistero  della 
ss.  Trinità,  deplora  cbe  sino  dal  nasce- 
re del  laChiesa  lo  spirito  di  menzogna  ardì 
orgogliosamente  fare  ogni  sforzo  per  ten- 
tar d  annientare  la  fede  dell'  ineffabile 
mistero  della  ss.  Trinità.  Al  tempo  stesso 
degli  Apostoli,  Cerinto  capo  de'  Cerin- 
tìani  (P.)  e  giudeo  d'Antiochia,  pretese 
che  Gesù  fosse  un  puro  uomo;  che  il  Cri- 
sto fosse  disceso  sopra  di  lui  nel  suo  bat- 
tesimo ,  e  lo  avesse  abbandonato  prima 
della  sua  passione,  così  di  Gesù  Cristo  fa- 
cendo due  persone.  Verso  il  medesimo 
tempo  Ebione  (f.)  insegnò  il  Cristo  non 
essere  cbe  uomo. Per  confutare  questi  due 
eveùó,s.  Giovanni  scrisse  il  suo  Evangelo, 
cui  egli  comincia  dicendo:  Che  il  Verbo 
era  avanti  tulli  i  tempi,  vero  Dio  col  Pa~ 
ciré  enei  Padre;per  conseguenza  una  per- 
sona distinta  nella  stessa  indivisibile  na- 
tura. Dicendo  in  appresso,  che  il  Verbo 
si  è  falto  carne,  egli  abbatte  l'empietà  di 
Cerinto.econdanna  anticipatamente  Ve- 
storio  caposetta  ùe'Nesloriani(Pr.),  fon- 
dando la  dottrina  cattolica  dell'Incarna- 
zione. A'tempi  di  Papa  s.  Vittore  I,  Teo- 
doto  eresiarca  de' Teodoziani (P.)>  e  con" 
ciatore  di  pelli  bizantino,  dopo  aver  rine- 
gato Gesù  Cristo  avanti  a*  persecutori  , 
per  diminuire  il  suo  fallo  rinnovò  l'ere- 
sia di  Ebione,  negando  la  sua  divinità,  o 
pretendendo  ch'egli  non  esistesse  prima 
della  creazione  dell'uomo,  onde  il  Papa 
lo  scomunicò.  Teodoto  ebbe  a  discepolo 
Teodoto  il  trapezita  o  banchiere,  il  quale 
sostenendo  che  Gesù  Cristo  era  inferiore 
aMelchisedeccoiSVzre/YZofc  dell'Altissimo, 
die  origine  all'eresia  de' Melchisedecchia- 
ni  (V.).  Alleinone  capo  degli  Artemo- 
niani(Pr.),v\ produsse  la  stessa  eresia;  iodi 
Paolo  di  Samosata,  autore  degli  eretici 
Paulianisti  o  Samosateni  (V.)  ,  empio 
vescovo  d'Antiochia  nella  Siria,  protetto 
da  Zenobia  regina  d'oriente,  nel  262  spai* 


290  T  R  l 

se  tale  bestemmia  con  grande  strepito,  ma 
non  andò  molto  che  fu  condannato  dal 
concilio  d'Antiochia  e  da  tolta  la  Chiesa. 
Questa  eresia  era  sì  contraria  alles.  Scrit- 
ture e  alla  fede  unanime,  com'ancn  alla 
Tradizione  costante  della  Chiesa,  che  fu 
.schiacciata  tosto  che  levò  la  testa.  I  teo- 
doziani  s'avvidero  essere  impossibile  pre- 
starle alcun  Appoggio,  senza  mutilar  gran 
parte  del  nuovo  Testamento.  Tuttavia  el- 
la fatalmente  fece  tanti  lagiimevoli  pro- 
gressi pe'  Sociniani  (f.)  ,  anche  in  non 
l'intani  tempi,  che  minacciò  persino  d'in- 
ghiottire un  gran  numero  di  chiese  Pro- 
testanti. Ario,  autore  dell'  eresia  degli 
siriani  (f.),  seppe  co'suoi  artifizi  e  colle 
sue  sottigliezze  raddolcire  quanto  il  suo 
errore  avea  di  ributtante  ;  per  maniera 
che  in  bocca  sua  non  parea  che  fosse  sì 
apertamente  contrario  alle  divine  Scrit- 
ture, come  lo  era  quello  de'teodoziaui  e 
degli  antichi  precursori  di  Socino.Egli  va- 
leasi  anzi  dell'  autorità  de'  sagri  oracoli, 
ina  spiegati  a  suo  capriccio,  e  sembrava 
ammettere  una  specie  d'Incarnazione. fi- 
gli esa  Ila  va  la  dignità  di  Cristo  co'più  gran- 
diosi elogi,  dandogli  il  titolo  di  primo- 
genito fra  tutte  le  ci ea Iure,  facendolo  più. 
grande  di  tutti  gli  Ange li,  dicendolo  istro- 
mento  col  quale  Dio  avea  creato  tutte  le 
cose.  Ma  egli  non  lo  bestemmiava  perciò 
meno,  mettendolo  nella  classe  delle  crea  • 
ture,  dicendo  ch'era  stato  tratto  dal  nul- 
la; e  che  per  assai  dell'eternità  egli  non 
avea  esistito.  L'eresia  disseminata  in  A- 
lessandria,  fu  condannata  dali.°  conci- 
lio generale  di  Nicea  /nel  32  5,  e  il  pic- 
colo numero  de'discepoli  d'Ario  ostinali 
nel  seguire  il  furbo  impostore,  per  ricu- 
sare di  ubbidire  la  Chiesa,  furono  esiliati 
da  Costantino  I.  Eusebio,  vescovo  di  Ni- 
comedia,  il  più  possente  e  più  scaltro  pro- 
tettoredi  quest'eresia,  »  cui  seguaci  si  dis- 
sero Kusebiani(V.),  fu  costretto  dissimu- 
lare e  sottoscrivere  al  concilio.  Però  Eu- 
sebio, protetto  da  Costanzo  e  da  lui  intru- 
so nella  sede  di  Costantinopoli, diffuse  l'a- 
rianesimo, e  lasciò  per  lutto  l'oriente  iu 


TR  I 
gran  forza  e  in  gran  credilo  gli  eusebiani. 
Questi  erano  ariani  mascherati  ancor  più 
di  Ario,  d'una  tempera  sì  furba  e  sì  pie- 
ghevole, che  sapeauo  sempre  torcere  le 
loro  espressioni,  acconciare  le  loro  profes- 
sioni di  fede  alle  circostanze  e  discende- 
re all'  umore  di  quelli  di  cui  cercavano 
procacciarsi  il  favore.  Con  tal  carattere 
e  colla  prolezione  costante  del  loro  capo, 
Macedonio  successore  d'Eusebio  nella  se- 
de di  Costantinopoli  ecapo  de'settari  Ma- 
cedoniani  (f7-),  assai  esperto  nell'arti  e 
negl'intrighi  degli  ambiziosi  cortigiani, 
stabilì  anche  la  setta  de'  Seini-Ariitui 
('•)j poiché  la  sua  eresia  si  divise  in  Inoli 
rami  quant'  erano  le  teste  che  la  segui- 
vano. Alcuni  negavano  la  divinità  dello 
SpiritoSanto,  ma  riconoscevano  la  consti- 
stanzialità  del  Figlio.  Altri,  e  in  maggior 
numero,  appellavano  il  Figlio  somiglian- 
te al  Padre,  senza  dirlo  consustanziale  , 
uè  eguale  al  Padre,  ma  d'una  natura  in- 
feriore e  distinta;  e  lo  chiamavano  somi- 
gliante in  sostanza,  poi  detta  anche  ipo- 
stasi, non  consustanziale.  Tra  questi,  al- 
cuni dicevano  il  Cristo  eterno,  increato, 
e  come  il  Padre  in  tutto.  Si  ponno  vedere 
le  loro  decisioni  negli  atti  del  conciliai)  lo 
(V Andra  del  358, tenuto  da  Basilio  d'An- 
cira,da  Eustazio  di  Sebaste  caposetta  de- 
gli Eustaziaui  (  /  .),  e  da  alti  i  capi  di  que- 
sta setta,  mentre  l'armeno  Aerio  die  o- 
rigine  agli  Aeriani  (/".).  Altri  tra  que- 
sti negavano  l'eternità  del  Figlio;  e  quan- 
tunque gli  dessero  le  più  eccelse  prero- 
gative, lo  metteano  però  nell'ordine  del  le 
creature  tratte  dal  nulla.  Dopo  la  morte 
d'  Eusebio  di  Nicomedia  ,  il  più  scaltro 
maestro  nell'arie  di  fingere,  i  più  sfron- 
tati ariani  ebbero  a  loro  capi  Teognide 
di  Nicea,  Maris  di  Calcedonia,  e  nell'oc* 
adente.  Arsacio  o  Ursacio  di  Singidon  e 
Valente  di  Mursa  in  Pannonia;  scomu- 
nicati nel  concilio  di  Sardica,  e  si  tro- 
varono ue'concilii  di  Sirmio  e  di  liimiui, 
ove  fecero  quel  male  che  in  tali  articoli 
narrai.  Le  loro  bestemmie  erano  spinte 
agli  ultimi  eccessi  du  Aczio  prete  d'An- 


T  R  l 


fiocina  nel  347,  e  dal  suo  discepolo  Eu- 
nomio  di  Cappadocia,  capo  degli  Euno- 
riiiani  (F.);  da  Eudossio,  il  cpiale  dalla 
sede  di  Gei  manichi  si  era  intruso  in  quel- 
la d'Antiochia  nel  357,  dopo  la  morte  di 
Leonzio  ariano, e  da  Euzoio,  uno  de'suoi 
successori  nel  36 1.  Essi  insegnavano  che 
il  Figlio  era  dis somigliante  dal  Padre;  dal 
che  furono  appellati  ^//zo//i«y/T.J. Gli  aria- 
ni e  i  semi-ariani  facevano  quasi  ogni  dì 
nuovi  simboli, e  ciascun  anno,  anzi  ciascun 
mese,si  vedea  sortire  dalle  loro  mani  nuo- 
vi dogmi,  come  li  rimbrotta  s.  Ilario.  I 
progressi  dell'arianesimo  furono  sì  rapidi 
e  tanto  vasti  i  suoi  danni,  che  la  prote- 
zione di  Dio  sulla  sua  Chiesa  non  si  mo- 
strò mai  piùcosì  visibilmente  come  in  que- 
st'epoca fatale.  L'eloquenza  e  l'arte  di  se 
durre,  l'iugegnoacuto  e  insidioso  de'mae- 
stri  che  lo  sostenevano,  1'  autorità  di  di- 
versi imperatori  ei  elici  chedi  mano  in  ma- 
no lo  difendevano,  la  persecuzione  di  pa- 
recchi re  Goti  e  Mandali  assai  potenti, 
resero  questa  setta  sì  formidabile, che  pa- 
reva minacciar  la  Ghiesa  stessa  d'una  mi 
na,  se  non  avesse  ella  avuto  il  sostegno 
delle  promesse  infallibili  di  Gesù  Cristo. 
Ma  comunque  terribile  sia  stata  per  sì  lun- 
go tempo,  tuttavia  si  dileguò  come  una 
violenta  burrasca;  e  dopo  la  conversione 
de* Longobardi,  che  l'aveano  professato, 
l'arianesimo  cessò  dappertutto.  Il  nemico 
della  salute  assaltò  ancora  il  mistero  della 
ss.  Trinità  con  un'eresia  affatto  opposta. 
Prassea  di  Frigia,  ch'era  stato  discepolo 
di  Montano  caposelta  de' Montani 's ti  \iP .), 
ma  avendo  scoperto  le  imposture  di  que- 
sto eresiarca  se  n'  era  poi  staccato,  e  ne 
avea  informato  s.  Vittore  I,  anco  de'suoi 
errori  contro  la  Triade  sacrosanta,  ribel- 
lossi  poi  alla  Chiesa,  e  negò  apertamen- 
te questo  mistero  fondamentale  della  fe- 
de, insegnando  verso  il  i5o,  che  le  Perso- 
ne della  Trinità  non  sono  realmente  di- 
stinte, per  modoche  il  Padre  è  realmente 
il  Figlio,  e  che  per  conseguente  il  Padre 
s'era  fatto  uomo  ed  avea  patito  in  Gesù 
Cristo,  onde  i  suoi  settatori  ehiamaronsi 


TRI  291 

PatropassianioPatripassiani(r".).Qae- 
sta  bestemmia  fu  combattuta  da  Tertul- 
liano, sebbene  allora  montanista.  Noeto 
nato  a  Smirne,  da  cui  derivarono  i  Noc- 
ziani  (V.)  ,  insegnò  la  slessa  eresia  nel- 
l'Asia minore,  poco  tempo  avanti  Pras- 
sea, circa  il  24°>e  incorse  pel  suo  delitto 
nella  pena  della  scomunica.  Egli  fu  com- 
battuto da  s.  Ippolito  vescovo  e  dottore 
della  Chiesa.  Anche  Sabellio,  eresiarca 
de'  Sabelliani  (/  .),  sparse  il  veleno  di 
questa  dottrina  a  Tolemaide  e  nell'alta 
Libia  verso  il  255:  s.  Dionigio  o  Dioni- 
sio d'Alessandria  lo  confutò  in  una  let- 
tera che  tutta  respira  lo  zelo  della  fede,  e 
nella  quale  alcuni  pretesero  ch'egli  met- 
tesse il  Figlio  nella  classe  delle  semplici 
creature:  accusa  di  cui  egli  mostrò  l'in- 
giustizia nell'apologia  che  mandò  e  Pa- 
pa s.  Dionisio.  Sabellio  seppe  trarre  a  se 
maggior  numero  di  discepoli,  che  non  a- 
veano  fatto  Noeto  e  Piassea;  e  benché  in- 
segnasse com'essi  che  il  Padre,il  Figliuolo 
e  lo  Spirito  Santo  altro  non  erano  che  tre 
nomi  differenti  in  Dio,  che  traevano  u- 
nicamente  origine  da  tre  sorta  di  azioni 
differenti  (per  modo  che  il  Padre  edotto 
Figlio  nell'opera  della  Redenzione,  e  Spi- 
rilo Santo  in  quella  della  Santificazione); 
pure  negava  che  il  Pad  re  fosse  stato  Croce- 
fisso jà\  che  sembra  ch'egli  tenesse  ilFiglio 
per  puro  uomo;  laddove  che  Noeto  e  Pras- 
sea credevanoDio  incarnato,  e  sotto  «mesto 
rispetto  lo  chiamarono  il  Figlio,  ma  senza 
che  ilFiglio  cessasse  di  essere  una  persona 
col  Padre.  D'altronde  i  Tcopaschili  (V .) 
eretici  del  V  secolo.in  sostanza  anche  Enti- 
chiani  (V.),  furono  così  denominati  per 
insegnare  che  Dio  il  Padre  e  tutte  e  tre  le 
Persone  della  ss.  Trinità  aveano  sofferto 
nella  Passione  di  Gesù  Cristo:  quest'ere- 
sia ebbe  per  capo  Gnafeo  (Tx.)  o  Pietro 
Fullone,  falso  vescovo  d'  Antiochia,  an- 
che colla  gi  unta  che  fece  al  Trisagio  Che- 
rubico, e  l'abbracciarono  purei  monaci 
acemeti  entichiaui  di  Scizia,  sostenendo 
la  loro  forinola  o  proposizione:  Unus  ex 
Trinilate  passus  est  in  carne,  di  che  ri- 


292  T  R  I 

parlai  nel  voi.  LXXII,  p.  3oo.  In  questa 
forinola  si  fecero  delle  varianti  nel  ripor- 
tarsi. Il  Novaes  nella  Storia  di  Papa  s. 
Ormisda  la  riferisce  in  questi  termini  : 
Inus  de  Trinitatc  passus  est  carne j  e 
the  il  Papa  la  riprovò  come  nuova  e  fo- 
cile atl  interpretarsi  in  sinistra  parte  da- 
gli eretici.  Nella  Storia  di  Papa  s.  Gio- 
vanni II,  dice  che  questi  approvò  come 
cattolica  la  proposizione  de'monaci  della 
Scizia:  Cnus  de  Trinitatc  crucijixus  est 
carne.  Allorché  i  monaci  appellarono  a 
».  Ormisda  per  tale  forinola  ,  questione 
che  eccitò  rumori  nell'oriente,  e  che  in 
se  stessa  nulla  ha  che  possa  tacciarsi  di  e- 
iclico,  propriamente  il  Papa  non  li  quali- 
ficò eretici,  soltanto  li  accusò  come  per- 
turbatori,  superni,  amanti  della  novità 
e  delle  discordie/insubordinati  e  sediziosi. 
La  greca  voce  ipostasi ',  fi  a' teologi  greci 
e  latini  fu  cagione  d'una  lunga  dispula, 
cui  in  parte  fu  posto  fine  col  sinodo  te- 
nulo  nel  36a  in  Alessandria  dal  gran  s. 
Atanasio  con  s.  Eusebio ó\  Vercelli,  uno 
de'più  importanti  della  Chiesa.  Siccome 
la  parola  Ipostasi  ossia  sussistenza  tur- 
bava allora  tutta  la  Chiesa;  imperocché  i 
Ialini  intendevano  per  questo  termine  la 
slessa  sostanza,  e  non  volevano  ricono- 
scere in  Dio  che  una  sola  ipostasi,  accu- 
sando d'arianesimo  coloro  die  ne  ammet- 
tessero tre;  i  greci  all'opposto  per  la  pa- 
iola ipostasi  intendendo  la  Persona,  so- 
stenevano ch'era  necessario  ammetterne 
tre  per  non  cadere  nell'eresia  di  Sabellio: 
s.  Atanasio  per  accordar  gli  uni  e  gli  altri, 
gl'interrogò  con  dolcezza,  che  cosa  inten- 
dessero; e  rilevando  dalle  risposle,che  tut- 
ti erano  dello  slesso  sentimento  e  che  non 
nveano  altra  fede  che  quella  dellaChiesa, 
permise  a  ciascuno  di  far  uso  del  termi- 
i\e  ipostasi,  giacché  con  veni  vano  nel  sen- 
so, e  gl'impegno  a  contentarsi  determini 
del  concilio  Niceuo,senza  arrestarsi  a  que- 
ste nuovequestioni.Con  tuttociò  e  ad  on- 
ta della  saggia  condotta  di  s.  Atanasio,  la 
Chiesa  fu  ancor  lungo  tempo  agitata  per 
la  parola  ipostasi.  La  voce  greca  hypo» 


TR  I 

stasis  è  sinonima  di  prosdpon, persona, 
e  non  di  lisia,  sostanza,  secondo  altri;  di 
conseguenza, a  tenore  di  tale  spiegazione, 
per  ipostatica  unione  vuoisi  che  dovesse 
intendersi  l'unione  dell'umana  e  della  di- 
vina natura  nella  persona  del  Divio  Ver- 
bo. Quanto  alla  ss.  Trinità,  una  essai- 
ti  a  o  substantia,  tres  Per  sona  e.  Papa  s. 
Damaso  /nel  877  fu  consultato  dal  dot- 
tore s.  Girolamo ,se  potesse  cattolicamen- 
te dirsi,  Che  in  Dio  ci  fossero  tre  Ipo- 
stasi j  rispose ,  Che  professasse  in  Dio 
un' Ipostasi  e  tre  Persone.  Con  termini 
differenti  fu  espressa  precisamente  la  stes- 
sa idea, e  ripeterò  qui  pure,  che  parlando 
d'un  mistero  incomprensibile  amie  quello 
della  ss.  Trinità,  vi  è  sempre  il  pericolo  di 
cadere  in  errore,allorchèunosi  allontana 
dal  linguaggio  consagrato  dalla   Chiesa, 
ed  io  fervidamente  in  tutto  credo  quello 
che  crede  lei.  La  fede  della  Chiesa  è  che 
avvi  in  Dio  una  sola  natura,  una  sola  es- 
senza e  tre  ipostasi,  ossiano  tre  Persone. 
11  dollissimo  gesuita  p.  Carlo  Passaglia, 
pubblicando  in  Roma  neli85o  alquanti 
suoi  commentari  teologici,  come  De  Di- 
vinae  Tri  ni  tati s  ratione   in  vclusliori- 
bus  symbolisj  De  ecclesiastica  sigiti fi- 
catione  essentia,  cpium  de  divina  Tri- 
ni tate  senno  estj De  testi  inouiisScrip  tu- 
ramni  quibus  eadem   adprobalur  .*  in 
questi  due  ultimi  discute  il  primario  va- 
lore che  gli  scrittori  dellaChiesa  danno  al- 
la voce  essenza,  frequentemente  usata  ne' 
sagri  monumenti,  ed  in  particolare  quan- 
do si  tratta  del  mistero  dellaTrinità;  quin- 
di neh."  commentario  ne  considera  ap- 
punto il  significato  ecclesiaslico,ponendo- 
lo  a  paragone  col  profono;  e  nel  2. "si  vale 
dell'  autorità  delle  Scritture  per  confer- 
mare quell'uso  precipuo,  che  si  fa  dell'a- 
dottalo  vocabolo  ne'  monumenti   della 
Chiesa. Resero  contezza  egregiamente  del- 
l'importanza e  orditura  di  detti  Conimeli' 
iariorum,  e  di  altri  teologici  che  non  ri- 
cordargli Annali  delle  scienze  religiose, 
1."  serie,  cioè  nel  t.  8,  p.  1  or),  del  1 .°  il  prof, 
d.  Vincenzo  Ani  villi  s  nel  l.  io,  p.  4°^j 


T  R  I 

tlegli  alili  mg.r  Raffaele  Monaco  la  Va" 
Ielle.  Maometto  nell'Alcorano  (F.),  li- 
bro che  contiene  le  leggi  del  Maometti- 
smo (J  .),  co'  sabelliani  negò  la  Trinila 
delle  Persone,  oltre  altri  errori.  Di  altri 
eretici  Trinitari  trattai  ne'loro  articoli, 
chiamati  anche  Unitari.  Nel  concilio  di 
ho  ter  ano  IV  fu  dichiarata  la  dottrina 
della  ss.  Trinità,  contro  Gioacchino  (F.) 
abbate  e  fondatore  della  congregazione  di 
Flora.  Inoltre  il  mislero  della  ss.  Trinità 
fu  combattuto  negli  ultimi  tempi  dagli 
antitrinitari  Servelisti  (F.)y  e  dalle  pe- 
stifere opere  del  capo  loro  Serveto  si  cre- 
de abbiano  attinto  i  loro  errori  i  Socinia- 
ni,  allri  eretici  antitrinitari,  così  chiamali 
dall'eresia  rea  Socino,  sulla  cui  tomba  fu 
posto  per  epitaffio:  Lutero  spezzò  i  letti 
di  Babilonia,  Calvino  ne  allenò  le  mu- 
ra, ma  Socino  scavò  sino  le  fonda  aleu- 
ta! Tali  ed  altri  bestemmiatori  riuniti 
contro  la  Trinità,  ma  divisi  nella  manie- 
ra di  combatterla,  andarono  seminando 
vari  errori,  lutti  più  mostruosi  l'uno  del- 
l'altro, ed  entrarono  in  tale  novero  an- 
che gli  Svedenhorgisti  (/ ''.).Da  tulle  que- 
ste eresie  opposte  fra  loro ,  e  eh'  ebbero 
origine  dalla  superbia  e  dalla  temerità  di 
voler  penetrare  nel  mislero  incompren- 
sibile d'  un  Dio  in  tre  Persone,  noi  im- 
pariamo quale  sia  stata  in  tutti  i  tempi 
la  vera  dottrina  della  Chiesa  rispetto  al- 
l'adorabile e  benedetta  Trinità.  Poiché, 
se  la  fede  cristiana  non  avesse  sempre  in- 
segnato la  distinzione  reale  delle  tre  Per- 
sone, Ario  non  avrebbe  mai  avutoli  mi- 
nimo pretesto  di  spargere  le  sue  bestem- 
mie, ne  avrebbe  preteso  farne  la  norma 
della  fede  de'suoi  sciagurati  seguaci.  Dal- 
l'altro canto  ,  non  sarebbe  mai  slato  in- 
ventalo l'errore  de'Sabelliani,  se  non  si 
fosse  riconosciuta  sempre  la  divinila  del 
Figlio  e  dello  Spirito  Santo  ,  che  insie- 
me al  Padre  lodo  e  glorifico  col  Triadi- 
co (F.)  de'greci  e  colla  Dossologia  in  e- 
terno. 

TRINITARI  CALZATI  DELL'OR- 
DINE PRIM 1T1VO,  Ordo  religiosorum 


T  R  I  2t)3 

ss,  Trini  tatis  redemptionis capth'ormn. 
Ordine  religioso  fondato  sotto  gli  auspi- 
cii  dell'ineffabile  e  adorabile  ss.  Trinità 
(F.),  pel  riscatto  degli  Schiavi  (F.)  cri- 
stiani dalle  mani  degl'Infedeli  (F-).  Il  p. 
Helyot,  Storia  degli  ordini  religiosi, 
tratta  nel  t.  2,  par.  2,  cap.  ^.5  :  De* reli- 
giosi Trinitari,  o  della  Redenzione  de- 
gli schiavi,  detti  in  Francia  Mathurinst 
colle,  vile  de'  ss.  Giovanni  de  Matita  e 
Felice  de  Valois  loro  fondatori;  dice 
che  quantunque  i  religiosi  trinitari  ab- 
biano una  regola  particolare,  vi  sono  non- 
dimeno molli  storici  che  gli  annoverano 
tra'figli  di  s.  Agoslino,  ed  egli  li  pose  nel 
rango  de' canonici  regolarità  leggo  nel- 
le officiali  Notizie  di  Roma  annuali,  che 
sono  collocati  nella  categoria  óe'Frali  e. 
loro  Riforme);  poiché  il  p.  Paige  nella 
sua  Biblioteca  di  Premonstrato,  riferì* 
sce  non  potersi  loro  negare  questo  carat- 
tere. E  vero,  soggiunge  il  p.  Helyot,  che 
ciò  è  sialo  contrastato  anche  a' Premo/i- 
stratensi,  ma  tra  coloro,  cui  vieu  questa 
prerogativa  disputala,  non  vi  sono  altri, 
che  di  loro  abbiano  migliore  ragione  di 
pretendere  questo  titolo.  Ciò  fece  risol- 
vere lo  storico  illustre  degli  ordini  rego- 
lari, di  parlare  de'trinilari  religiosi,  ove 
discorre  non  solo  de'veri  canonici  rego- 
lari, ma  ancora  di  quelli  chesonostali  ri- 
putati per  tali,  il  di  cui  abito  assai  con- 
formasi a  quello  de'canonici  regolari, tan- 
to più  che  a  questo  titolo  essi  pretendono 
d'avere  ragione.  Comunque  sia  la  cosa, 
i  trinitari  sostengono  di  essere  slati  rico- 
nosciuti per  canonici  regolari  da  Clemen- 
te XIV,  quando  approvò  le  costituzioni 
de'lrinitari  di  Francia  dell'antica  osser- 
vanza, da  essi  formale  nel  capitolo  nazio- 
nale del  1  768,  colla  bolla  Ex  incumben- 
ti,  comunicata  a  tutto  l'ordine  il  1. "giu- 
gno 1772  dal  ministro  generale  p.  Pi- 
chault.  Ma  le  provincie  di  Spagna  non- 
dimeno,continuando  nell'ubbidienza  del 
generale,  trovando  le  nuove  costituzioni 
alquanto  in  opposizione  colle  precedenti, 
e  qualche  difficoltà  da  parte  del  governo, 


?94  T  R  * 

si  astennero  ^all'accettarle,  continuando  a 
governarsi  colle  antiche  costituzioni. Ebbe 
questo  benemeritoeinsigneordine  princi- 
pio nel  i  198  nel  pontificatodel  gran  Inno- 
cenzo IH,  che  poi  nel  concilio  generale  di 
Luterano  IP 'dichiarò  il  mistero  della  ss. 
Triade,  contro  gli  eretici  Trinitari  [f^.), 
e  suoi  fondatori  furono  i  ss.  Giovanni  de 
Mattia  e  Felice  de  Valois  (Fr.).  Nacque 
ih°.nelr  161  circa  in  Faucon,  borgo  sui 
confini  di  Provenza,  da  genitori  nobili  e 
illustri,  i  quali  gl'imposero  tal  nome  per- 
chè venuto  alla  luce  nel  giorno  di  s.  Gio. 
Battista.  Sino  dalle  fascie  die  indizi  della 
futura  sua  santità,  ricusando  di  succhia- 
re il  latte  o  altro  alimento  in  certi  gior- 
ni della  settimana,  per  cui  la  pia  maitre 
Io  consagrò  per  volo  a  Dio.  Nella  pueri- 
zia disprezzò  i  giuochi  fanciulleschi,  e  di 
12  anni  passò  agli  studi  in  Aix  capitale 
di  Provenza,  ove  a  un  tempo  imparò  gli 
esercizi  cavallereschi,  e  si  esercitò  nelle 
più  belle  virtù,  sollevando  le  miserie  de' 
poveri,  visitando  l'ospedale  ove  medica- 
va, serviva  e  curava  i  malati  con  affettuo- 
sa carità.  Terminato  lo  studio  dell'uma- 
nità, ripatriò  per  dedicarsi  totalmente  al- 
la divozione  in  un  piccolo  e  vicino  romi- 
taggio, ma  vedendosi  troppo  esposto  alle 
visite  de'parenti,che  usavano  ogni  indu- 
stria per  impegnarlo  nello  stato  laicale, 
portossi  a  Parigi  a  studiar  teologia  per 
rendersi  capace  dello  stato  ecclesiastico  a 
cui  ardentemente  aspirava.  Malgrado  la 
sua  umiltà,  meritò  la  laurea  dottorale,  e 
nell'atto  che  il  vescovodi  ParigiSully  l'or- 
dinò sacerdote,  pronunciando  le  parole 
ricevete  lo  Spirito  Sanlo}covùparve  una 
colonna  di  fuoco  sulla  di  lui  testa  :  que- 
sto prodigio  fu  seguito  da  altro  quando 
celebrò  lai. "messa  nella  cappella  del  ve- 
scovo, che  lo  assistè  cogli  abbati  di  s.  Vit- 
tore e  di  s.  Genoveffa,  col  rettore  dell'u- 
niversità, e  ne  furono  meravigliati  spet- 
tatori. Imperocché  nell'alzaie  la  s.  Ostia, 
comparve  sull'altare  unAngelosplenden- 
te  con  bianca  veste,  avente  sul  petto  una 
croce  rosso-cerulea,  colle  braccia  iucro- 


TRI 

ciale  e  distose  sul  capo  di  due  schiavi  av- 
vinti da  catene,  col  volto  diversamente 
colorito,  l'uno  essendo  bianco  e  cristia- 
no, l'altro  inauro  o  moro  e  infedele;  sulla 
lesta  del  bianco  teneva  la  mano  destra, 
su  quella  del  nero  la  sinistra.  Egli  erasi 
preparato  con  istraordinarie  preghiere  e 
penitenze  aliai."  oblazione  dell'augusto 
sagrifìzio;  e  considerando  quasi  di  conti- 
nuo le  beneficenze  che  il  Signore  aveagli 
largheggiate,  calorosamente  bramava  di 
mostrarsene  riconoscenle,supplicandoDio 
affinchè  si  degnasse  indicargli  sopra  ciò 
il  suo  maggior  beneplacito.  Rapito  dun- 
que beatamente  nella  celeste  visione,  il- 
luminato da  soprannaturale  intendimen- 
to, conobbe  tosto  i  voleri  celesti,  e  che 
quel  Dio,  il  quale  avea  già  proclamalo  per 
bocca  del  suo  Unigenito,  che  quanto  sarà 
adoperato  verso  un  suo  minimo  lo  avrà 
come  fatto  a  se  stesso,  quel  Dio  medesi- 
mo chiamavalo  alla  generosa  opera  della 
redenzionedegli  sventurati  schiavi  che  ge- 
mevano numerosissimi  nelle  coste  e  nei 
paesi  africani  deUaBarbaria  e  della/I/tf» 
ritiana.  La  missione  era  sublime  e  insie- 
me gravissima,  e  da  non  potersi  effettua- 
re senza  speciale  soccorso  divino;  a  im- 
plorare il  quale  e  viemeglio  accertarsi  del 
volere  superno,  deliberò  il  fervido  sacer- 
dote di  recarsi  nella  solitudine,  nel  bosco 
cioè  della  diocesi  di  Meaux  vicino  al  bor- 
go di  Gandeleu  nella  Brie,  e  quivi  dedi- 
carsi all'orazione  e  alla  penitenza.  Colà 
giunto  volle  Dio  che  si  abbattesse  in  un 
altro  eremita,  venerando  vecchio  che  da 
molto  tempoconduceva  una  vita  più  che 
umana  in  quello  stesso  deserto,  informa- 
to alla  pietà  fin  da'più  teneri  anni  da  s. 
Bernardo  dottore  della  Chiesa.  Era  que- 
sti Felice  di  Valois,  nato  nel  1  127,  ram- 
pollo del  sangue  reale  di  Francia,  come 
nipote  di  Ugo  conte  del  Vermandese  3." 
figlio  d'Enrico  I  re  di  Francia,  che  aven- 
do portato  il  nome  Ugo  dell'avo  Cavea 
per  umiltà  mutalo  in  quello  di  Felice.  Al- 
tri non  ammettono  che  fosse  del  ramo 
reale  della  casa  di  Valois,  ma  solo  oalo 


TR  I 
nel  paese  di  Valois,  «impreso  uell'  Isola 
di  Francia  e  che  avea  Crepy  per  capo- 
luogo. Ma  il  negare  eli'  egli  non  appar- 
tenga alla  famiglia  reale,  non  essendo  ap- 
poggiato che  in  argomenti  negativi,  non 
merita  credenza.  Giovanni  strinse  amici- 
zia con  Felice,  pregandolo  a  riceverlo  in 
sua  compagnia,  e  a  guidarlo  per  la  via 
della  perfezione.  In  questa  pratica  già  e- 
sercitavansi  insieme  da  3  anni,quando  un 
)>el  giorno,  ragionando  tra  loro  secondo 
l'uso  di  spirituali  argomenti,  presso  d'un 
fonte  videro  con  istupore  correre  alla  lo- 
ro volta  un  sitibondo  cervo  bianchissimo 
con  intrecciata  tra  le  corna  una  croce  ros- 
sa-azzurra.  Allora  il  più  giovane  degli  a- 
nacoreti  raccontò  per  disteso  all'attonito 
compagno  la  visione  apparsagli  tra  la  so- 
lennità di  sua  1  ."messa.  Quindi  raddop- 
piarono ambedue  le  preci  per  meglio  co- 
noscere il  giudizio  celeste,  e  3  volte  furo- 
no avvertili  in  sogno  da  un  Angelo  di, re- 
carsi appiè  del  sommo  Pontefice  ad  im- 
plorare da  lui  I'  istituzione  d'un  ordine 
che  si  dedicasse  al  la  redenzione  degli  schia- 
vi. Sebbene  in  verno,  nel  declinai  del  i  «97 
intrapresero  il  viaggio  di  Uoma,  ove  ar- 
rivati i  due  pellegrini  furono  accolti  eo- 
spitati  nel  patriarchio  Lateranense  amo- 
revolmente da  Innocenzo  III  nel  i  198, 
appena  eletto,  il  quale  dopo  aver  intesi) 
da  loro  e  dalle  lettere  commendatizie  del 
vescovo  di  Parigi,  il  motivo  di  loro  ve- 
nula, tolse  tempo  a  deliberare  intorno  al 
pio  desiderio  che  gl'infiamma va.  Il  Papa 
radunati  i  cardinali  e  alcuni  vescovi  nella 
basilicaLateranense  per  sentire  il  loro  pa- 
rere sull'argomento,  ordinòdigiuni  e  ora- 
zioni per  ottenere  da  Dio  una  piena  di- 
chiarazione del  suo  volere,  ed  invitò  i  me* 
desimi  personaggi  ad  intervenirealla  mes- 
sa, che  a  questo  effetto  celebrerebbe  nello 
stesso  tempio  nel  dì  seguente,in  cui  ricor- 
reva la  2/  festa  di  s.  Agnese  ossia  nella 
sua  ottava  a'28  gennaio.  Recatovisi  In- 
nocenzo III,  accompagnato  dal  clero  e  da' 
due  servi  di  Dio  francesi,  mentre  celebra- 
va uell'alzar  la  s.  Ostia  per  farne  osten- 


T  R I  *g5 

sione  al  popolo,  apparve  a  lui  pure  l'An- 
gelo di  Dio  colla  croce  bicolore  e  in  atto 
di  redimere  degli  schiavi.  Dal  qual  mi- 
racolo chiarito  il  Pontefice  del  volere  su- 
premo, non  dubitò  che  Giovanni  e  Feli- 
ce fossero  ispirali  da  Dio,  approvò  i  loro 
santi  desideiii  di  stabilire  nella  Chiesa  un 
nuovo  ordine  religioso,  il  cui  principale 
scopo  fosse  l'affaticarsi  nella  redenzione 
degli  schiavi,  che  gemevano  sotto  la  ti- 
rannia degl'  infedeli.  Pertanto  a'  1  feb- 
braio,festa  della  Purificazione  dellaB.  Ver- 
gine, vestì  i  due  santi  colle  proprie  mani 
d'una  tonaca  candida  e  crocesegnata  qua- 
le cingea  l'Angelo,  e  volle  che  1'  ordine 
da  loro  iniziato,  in  riguardo  all'abito  tri- 
colore della  veste  bianca  e  della  croce  in 
essa  cucita  rossa  e  tuichina,  si  appellas- 
se: Ordine  della  ss.  Tri  iuta  per  la  re- 
denzione degli  schiavi,  perchè  a  que- 
st'  effetto  istituito.  Il  Papa  rimandò  in 
Francia  i  due  santi  religiosi  colle  sue  a- 
postoIichebenedizioni,e  accompagnali  da 
lettere  di  favore  scritte  al  vescovo  di  Pa- 
rigi e  all'abbate  di  s.  Vittore,  a  cui  or- 
dinava di  prescrivere  loro  una  regola  e 
di  procurare  un  convento.  Giunti  a  Pa- 
rigi si  presentarono  al  re  Filippo  II  Au- 
gusto, a  cui  narrarono  quanto  eia  loro  av- 
venuto in  Roma,  pregandolo  di  accon- 
sentire allo  stabilimento  del  loro  ordine 
nel  suo  regno.  Il  re  non  solo  lo  accordò, 
ma  molto  contribuì  a'progressi  del  me- 
desimo colla  sua  autorità  e  munificenza. 
Ili.°che  die  ad  essi  luogo  nelle  sue  terre 
per  fabbricarvi  un  convento,  fu  Gualtie- 
ro o  \  aleni  io  III  signore  di  Chàtillon; 
ma  essendo  questo  luogo  divenuto  ben 
presto  troppo  angusto  al  concorso  di  tut- 
ti quelli  che  abbracciarono  questo  nuovo 
istitnto,egli  concesse  loro  quello  in  cui  era 
ad  essi  apparso  il  cervo,che  per  questo  fu 
denominato  Cerfroy  (Cervo  frigido)  tra 
Gandeleue  la  Ferie  Milon  sui  confini  del- 
la Brie  e  del  Valois, ove  fabbricarono  un 
convento,  che  divenne  capo  dell'ordi- 
ne tulio.  Margherita  conlessa  di  Borgo- 
gna e  3.a  moglie  diGualliero  d'Avenues, 


?.96  t  n  i 

fece  loro  parimenti  donazioni  pel  man- 
tenimento tli  20  religiosi.  Tra  le  persone 
che  abbracciarono  ben  tosto  l'istituto,  ta- 
luni, anzi  gran  parte  ili  loro,  furono  ce» 
lebri  per  dottrina  e  merito:  fra  questi  e 
discepoli  di  s.  Giovanni  di  Malha,  furo- 
no Giovanni  Anglico  di  Londra,  Gugliel- 
mo Scoto  d'Oxford,  PietroCorbellino  poi 
arcivescovo  di  Sens,  e  Giacomo  Sournier 
indi  vescovo  di  Todi,al  diredel  p,  Helyot, 
ma  temo  che  sia  errore  di  vocabolo  o  di 
stampa.  Appena  fu  compilata  la  regola, 
nello  stesso  1  198  tornò  a  Roma  s.  Gio- 
vanni per  farla  approvare.  Innocenzo  IH 
l'esaminò. e  dopo  confermata,concesse  de' 
privilegi  all'ordine  onde  farlo  fiorile,  co- 
mechè  avea  per  fondamento  la  più  pura 
e  la  più  eroica  carità.  Indi  colla  bolla  O- 
perantc  divìnae  disposi tionis,  de'  16  di- 
cembre: 198,  Bull.  Rom.  t.  3,  p.  76,  di- 
retta :  Johanni  Ministro  ctfratribus  ss. 
Trinilatis,  Innocenzo  HI  approdò  cano- 
nicamente l'ordine  e  la  regola  da  osser- 
varsi da  frati  trinitari.  Donò  ad  essi  la  ca- 
sa e  chiesa  di  s.  Tommaso  ut  Formis  sul- 
le vetta  del  Monte  Celio,  presso  la  chiesa 
di  s.  Maria  in  Domnica, della  quale  par- 
lai nel  voi.  XII,  p.  3^7,  come  divenuta 
filiale  della  basilica  Vaticana,  e  nel  voi. 
L VI  II,  p.  174.  Acciocché  dell'apparizio- 
ne dell'Angelo  in  atto  di  liberare  il  cri- 
stiano col  moro  restasse  memoria,  Inno- 
cenzo III  ni  di  nniilic  sulla  porta  della  chie- 
sa vi  fosse  rappresentato  in  musaico,  il 
cui  disegno  riporta  il  Panciroli,  Tesori 
noscoatì  di  Roma,  p.  782.  Di  questa  ap- 
parizione parla  pure  il  Piazza  twW  Fttse- 
vologio  Romano  a  p.  49°>  »'  quale  avver- 
te che  la  chiesa  fu  intitolata  alla  ss.  Tri- 
nità, a  s.  Michele  Arcangelo  e  al  Riscatto 
degli  schiavi,  e  che  la  figura  dell'Angelo 
in  poi  mutata  nell'immagine  del  Salva- 
tore, forse  perchè  la  visione  del  Papa  se- 
gui nella  basilica  del  Salvatore,  cioè  la 
Lateranense,  ed  intorno  al  musaico  fu  po- 
sta l'epigrafe:  Sigiami  $S.  Trini  tuli*  et 
Captivorum.  Ne  riparla  nel  Santuario 
Romano  a  p.4 \\% notando  che  nella  delta 


TRI 

casa  fu  già  un  ricco  spedale  o  ospizio  pe' 
riscattati  che  venivano  a  Roma  infermi 
o  senza  ricapilo.  Mentre  i  Papi  risiedeva- 
no in  Avignone,  i  religiosi  lasciarono  la 
casa  e  la  chiesa  neh  348,  per  essere  l'I- 
talia assai  travagliata  dalla  peste  e  dalle 
fazioni;  ed  allora  fu  eretta  in  commenda 
cardinalizia,  ed  il  cardinal  Poncello  Or- 
sini fu  l'ultimo  commendatore,  che  mor- 
to nel  1  3g5,  Bonifacio  IX  l'unì  al  capi- 
tolo Vaticano,  il  quale  vi  si  reca  ad  uffi- 
ziar  la  chiesa  a'2  1  dicembre,  festa  di  s. 
Tommaso.  Considerabili  erano  le  rendite 
assegnale  alla  chiesa  eallo  spedale,  di  cui 
un  3.°,conforme  alla  regola,  etano  desti- 
nale al  mantenimento  dell'ospedale,  al- 
tro 3.°  per  quello  de'religiosi,e  l'ai  Irò  3.° 
pel  riscatto  degli  schiavi.  La  famosa  te- 
nuta di  s.  Pietro  in  Formis  dello  stesso 
capitolo,  non  appartenne  mai  a  s.  Tom- 
maso in  Formis,  come  alcuni  credevano, 
eloavvertii  ne' voi.  XII,  p.  3  i4>  LVII,  p. 
284>  descrivendo  il  lenimento  e  rendendo 
ragione  perchè  prese  il  nome  di  Campo 
Morto.  Giovanni  e  Felice  edificarono  di- 
versi conventi  inFrancia,e mandarono  al- 
cuni loro  religiosi  a'eonti  di  Fiandra  e  di 
Jìlois.ead  altri  signori  crocesignali  ch'e- 
rano per  partire  per  la  Palestina.  Que- 
sti religiosi  doveano  occuparsi  ned'  am- 
maestrare i  soldati,  nel  l'aver  cura  degli 
infermi,  e  nel  riscattare  i  prigionieri.  Ve- 
dendo Giovanni  de  Malha  stabilito  il  suo 
ordine,  come  suoi  ."ministro  generale  , 
spedì  Giovanni  Anglico  e  Guglielmo  Sco- 
to a  Marocco  in  Africa  al  re  Miramoli- 
no,  con  lettera  commendatizia  del  Papa, 
per  pattuire  con  esso  il  riscatto  de' pove- 
ri cristiani  che  ivi  gemevano  indura  ser- 
vitù, ed  ebbe  il  loro  trattato  così  felice 
esito,  che  nel  120  1  ne  rimisero  in  libertà 
186.  Il  santo  riguardava  nel  riscatto  a 
due  cose,  al  liberamente  de'corpi  e  alla 
salvezza  dell'anime  che  corrono  forte  ri- 
schio fra'popoli  barbari.  Nell'istesso  an- 
no Guglielmo  di  Honscotte  fondò  nella 
sua  terra  omonima  in  Fiandra  un  con- 
vento pe'religiosij  ed  avendo  Gio.  de  Ma- 


T  II  I 

tlia  risoluto  di  portarsi  nella  Spagna,  pas- 
sò per  la  Provenza,  ove  stabilì  un*  altra 
fondazione  in  Arles,  fatta  da  Imberlo  d" 
Argniere, die  n'era  vescovo.  Proseguì  di- 
poi il  suo  viaggio,  ed  essendo  giunto  nel- 
la Spagna,  coll'eflìcacia  del  suo  zelo  risve- 
gliò nel  re,  ne'  principi  e  nel  popolo  tal 
compassione  verso  gl'infelici  cristiani, che 
languivano  tra'  ceppi  degl'  infedeli,  nel 
continuo  pericolo  d'  esser  costretti  a  ri- 
negar la  fede,  che  ottenne  da  molte  per- 
sone contribuissero  alla  fondazione  di 
molti  monasteri  e  spedali  in  quella  regio- 
ne. Indi  passò  a  Tunisi  nel  i  202,  e  vi  li- 
berò più  di  iio  schiavi.  Restituitosi  poi 
in  Provenza,  ivi  ammassò  grandissima 
quantità  di  denaro,di  che  servissi  per  pro- 
curatela libertà  ad  una  nini  ti  ludi  110  d'in- 
felici che  gemevano  sotto  i  ferri  de'mori, 
che  aveano  invasa  parte  della  Spagna. 
Tante  buone  operazioni  di  s.  Giovanni  e 
e  de'  suoi  discepoli  acquistarono  tale  ri- 
nomanza e  edificazione.che  ispirarono  poi 
all'altro  francese  s.  Pietro Nolasco,  il  de- 
siderio di  fondare  presso  a  poco  colle  stes- 
se regole  e  benefico  line  V  ordine  della 
Mercede,  di  s.  Maria  della  Redenzione 
degli  schiavi  (F.).  Intanto  Innocenzo  III 
sempre  più  amorevole  coll'orcline  de'tri- 
nilari  gli  concesse  molti  privilegi,  con  bol- 
la diretta  a  Johanni Ministro  et fr atri- 
bus  aretina  ss.  Trinitatis,  tam  praesen- 
tìhus,  guani  futuri s.  La  bolla  comincia 
colle  parole:  Operante  Patre  lurninu/n, 
de'  1  8  giugno  1  lofyBull.Rom.  t.  3,p.  1 34» 
Indi  nel  1 2  1  o  s.  Giovanni  recossi  la  2. "vol- 
ta a  Tunisi,  ove  molto  ebbe  a  solfrire  da' 
fanatici  maomettani,  irritati  dall'esorta- 
zioni fatte  agli  schiavi  di  preferire  la  mor- 
te alla  rinegazione  della  fede  cattolica  ;gli 
riuscì  tuttavia  tornare  a  Roma  con  120 
schiavi  riscattati.  S'egli  però  scampò  con 
essi  dalle  crudeli  mani  de'  maomettani, 
non  fu  senza  visibile  protezione  del  cielo; 
poiché  macchinando  alcuni  di  rapirgli  i 
cristiani,  infransero  il  timone  e  straccia- 
rono le  vele  al  vascello  che  li  conduceva, 
oudc  il  santo  supplì  nel  modo  mirabile 

VOL.  LXXX. 


T  R I  297 

che  narrai  nella  biografia.  Mentr'ecli  con 
felice  successo  s'affaticava  nella  Spagna  e 
in  Italia,  s.  Felice  rendevasi  egualmente 
ammirabile  in  Francia,  ov'egli  procurò 
con  esito  meraviglioso  alla  propagazione 
dell'  ordine,  particolarmente  lo  stabili- 
mento d'un  convento  a  Parigi,  nel  luogo 
ov'era  una  cappella  dedicata  a  s.  Mata- 
rinoy  donata  a'trinitari  dal  capitolo  di  Pa- 
rigi, per  cui  derivò  in  Francia  areligiosi 
il  nome  di  Mathurins,  mentre  nell'  In- 
ghilterra furono  appettali  frati  rossi,  per 
la  croce  rossa-azzurra  posta  sull'abito.  La 
chiesa  di  s.  Maturino  fu  dipoi  rifabbri- 
cata e  ampliata  da  Roberto  Gaguin,  dot- 
to ministro  generale  dell' ordine,  eletto 
nel  i49°-  Avendo  quindi  Dio  per  divina 
rivelazione  fatto  palese  a  s.  Felice  il  gior- 
no di  sua  morte,  radunò  eqli  tutti  i  suoi 
religiosi  per  esortarli  all'osservanza  de'di- 
vini  comandamenti  e  della  regolar  disci- 
plina; indi  dopo  aver  data  loro  la  bene- 
dizione, munito  de' ss.  Sagramene  della 
Chiesa,  rese  lo  spirito  a  Dio,dopo  aver  go- 
vernato le  case  di  Francia,  nella  solitu- 
dine di  Cerfroya'4  novembre  1  2i2,d'85 
anni  e  7  mesi  circa.  Fu  sepolto  nella  tom- 
ba fabbricata  già  pel  barone  UgodiChà- 
tillon  o  Castiglione  nella  chiesa  presso  il 
convento,  cioè  nella  ricca  cappella  di  s. 
Gio.Battista.  I  miracoli  strepitosi  ripetu- 
tamente operati  da  Dio  per  glorificare  il 
suo  servo,  furono  esaminati  dal  vescovo 
di  Meaux,  il  quale  dichiarò  il  santo  de- 
gno di  culto.  Allora  il  capitolo  di  Meaux 
si  obbligò  con  voto  di  portarsi  due  volte 
l'anno,  nella  festa  della  ss.  Trinità  e  in 
quella  del  santo,  ad  assistere  alle  solen- 
nità, che  i  religiosi  del  convento  celebra- 
vano in  detta  chiesa, recitandovi  le  oreca- 
noniche.Ciò  riporta  il  benedettinoDuPles- 
sis  nelP  Histoire  de  l'eglise  de  Meaux, 
Paris  1731.  Essendo  questo  convento  di 
Cervo  Frigido  il  r.° dell'ordine,  acquistò 
tal  fama  e  venerazione,  che  tutti  i  prin- 
cipi ivi  mandarono  i  propri  figli  per  ap- 
prendere le  lettere  e  i  buoni  costumi.  Ivi 
formossi  un  collegio  ben  vasto,  ove  pre- 
20 


o98  t  ri  i 

lati  g  altri  personaggi  di  fangosi  ednca- 
\ano  e  consultavano  i  religiosi  negli  af- 
fari spirituali.  Il  superiore  locale  ossia  mi- 
nistro conventuale  era  così  considerato 
in  Fi  ancia,  die  a  vea  posto  ne'pat  lamenti 
e  ne'  sinodi  diocesani  di  Meanx  e  Ani- 
brut), ed  era  giudice.  Ver  la  crescente  ve- 
nerazione e  celebrità  dell'ordine?,  gli  ere- 
tici ugonotti  mirando  con  rabbia  la  rigi- 
da osservanza  de'lrinilari  e  il  loro  sape- 
re ,  e  ebe  erano  baluardo  inespugnabile 
contro  i  loro  pestiferi  errori,  per  odio  fu- 
riosamente nel  secolo  XVI  piombarono 
sul  monastero  e  la  chiesa, e  tutto  distrus- 
sero, offrendo  i  religiosi  l'olocausto  di  lo- 
ro vita  pel  bene  della  religione  cattolica. 
In  quel  terribile  disastro,  insieme  a  tutte 
le  altre  ss.  Reliquie,  si  perde  il  corpo  di 
s.  Felice.  Dipoi  il  re  Luigi  XIV  riedifi- 
cò la  chiesa  e  il  convento  con  grande  ma- 
gnificenza. Dopo  il  suo  viaggio  in  barba- 
ria,  s.  Giovanni  di  Mattia  impiegò  i  due 
ultimi  anni  di  sua  vita  in  opere  di  mi- 
sericordia, come  nel  visitare  in  Roma  i 
carcerali,  in  consolare  e  assistere  gì'  in- 
fermi, in  sollevare  i  poveri  dalle  miserie, 
nel  predicare  con  successo  di  molte  con- 
versioni la  necessità  delia  penitenza,  spar- 
gendo dappertutto  il  buon  seme  della  di- 
vina parola;  onde  affranto  da  tanti  tra- 
vagli, snervato  affatto  il  naturai  vigore, 
morì  di  61  anni  (meglio  53),  in  Roma  a' 
2  i  dicembre  1 2 1 3  e  non  nel  i  a  1 4-  Nel- 
l'esequie celebrate  nella  chiesa  di  s.  Tom- 
maso in  Formìs con  solennissima  pompa, 
pel  buon  odore  di  santità  che  avea  lascia- 
toci si  recò  ad  assistervi  Innocenzo  111  co' 
cardinali,  nella  quale  occasione  seguiro- 
no molti  miracoli;  indi  il  bealo  corpo  fu 
tumulato  nella  medesima  chiesa.  Ora  co) 
Novaes,  che  ne  tratta  eruditamente  nella 
Storia  d'Innocenzo  XII,  perchè  cano- 
nizzò i  due  santi  fondatori  dell'ordine  de' 
Trinitari,  dirò  del  loro  culto,  avendone 
scritta  la  vita  Egidio  Gonzalez  de  Avila, 
in  ispagnnolo:  Compendio  de  laswdeu 
de  Inglorioso»  ».  Joan  de  Mata  e  Fe- 
lix de  lalois,  Madrid  1 638.  Francesco 


T  R  I 

de  Moct  do  di  s.  Agostino  già  gesuita  e  poi 
minore  osservante,  l'ita  s.  Felici»  et  st 
Johannis  de  Mattia,  Romaci66o.  Vo- 
gliono alcuni  che  questi  santi  fossero  so- 
lennemente canonizzali  da  Urbano  IV  in 
Orvieto  il  i ."  maggio  1 262,  ovvero  a'4  ot- 
tobre 1  2(53.  Così  affermano  de  Figueras, 
in  Chronivonj  ì*>\mvA,IIistor.  de  adventu 
Relig.  in  A ngliam,  cent.  1  ,cap.  8,  p.  2oq; 
Tamnjo,  Marlyrol.  Jlisp.  t.  6,  die  2  1  de- 
cemb.;eGiovauni  da  s.  Felice,  Supplein.ad 
Flos  Sane  forum  Rihadeneira  in  (ila  s. 
Johannis  de  Matha,si\\  testimonio  appog- 
giali di  Antonio  Lupiano  Zappala,  il  qua- 
le sostiene  d'aver  veduto  neh  635  l'au- 
tentica bolla  di  questa  canonizzazione.  Ma 
oltre  che  lo  Zappala  fu  scoperto  un  so- 
lenne impostore,  e  falsificatore  di  bolle, 
privilegi  eccome  con  alcuuiantoi  i  dimo- 
stra il  La  (libertini,  De  Con.  Sanetorum 
lib.  I ,  cap.  4',  §  6,  lo  stesso  ordine  della 
Trinità  non  prestò  fede  a  questo  racconto, 
poiché  molto  dipoi  introdusse  la  causa  ile' 
suoi  fondatori,  per  impetrare  la  solenne 
canonizzazione, per  la  quale  infatti  abbia- 
mo: Sentendo. card.  Ginetti prò  Canon. 
ss.  Johannis  de  Matita,  et  s.  Felici»  de 
Paloisyliomae  1666.  Precedentemente 
spedita  in  vigore  della  supplica  la  com- 
missione, il  cardinal  Ginetti  vicario  di  Ro- 
ma a'3  1  luglio  1 665  dichiarò, che  consla- 
va del  caso  eccettualo  da' decreti  d'  Ur- 
bano Vili  ,  e  per  conseguenza  del  culto 
immemorabile  di  questi  e\\ìe  santi ,  nel 
pontificato  di  Alessandro  VII;  onde  la  s. 
congregazione  de'  l'iti  coli'  approvazione 
di  Clemente  X  ordinò  nel  1670,  che  i  lo- 
ro nomi  fossero  messi  nel  martirologio, e 
fu  poi  concesso  il  loro  uffizio  e  messa  adii' 
bifuni  nella  Spagna  con  decretodello  stes- 
so Clemente  X  a'  r4  novembre  1  67 5, cioè 
per  s.  Giovanni  de  Malha  nel  giorno  17 
dicembre, e  per  s.Felice  di  Valois  nel  gior- 
no 4  novembre.  Essendo  però  impediti 
questi  giorni,  la  medesima  congregazione 
a'i4  novembre  1676  assegnò  per  le  due 
festività  i  primi  giorni  non  impediti.  Indi 
Innocenzo  XI  con  bolla  dc'3o  luglio  1  (>;•<) 


T  R  I 


: 


stabilì  il  giorno  8  febbraio  per  s.  Giovan- 
ni, ed  il  giorno  s.o  novembre  per  s.  Fe- 

ce.Lo  stesso  Innocenzo XI coi  breve/.'.r- 
poni  nohis,  de'  28  gennaio  1  68  r,  Bull. 
Roiiì.  t.  8,  p.  27.3,  conresse  alla  Francia 
il  medesimo  uffizio  e  messa  che  già  da 
molto  prima  si  celebrava  dalla  Spagna. 

inocenzo  Xe  Alessandro  VII  a  vea  no  ac- 
cordalo indulgenza  plenaria  a  quelli,  che 
nel  giorno  anniversario  di  questi  santi  vi- 
sitassero una  chiesa  de'  trinitari,  e  Cle- 
mente X  col  breve  Redemptoris,  de'20 
dicembre  1 6yo,Bull.  cif.  t.  7,  p.  76,  la  di- 
chiarò perpetua  e  l'aliare  privilegiato  pe' 
defunti  nelle  cappelle  al  nome  loro  dedi- 
cale. Da  lutlociò  nondimeno  non  risul- 
tava che  una  equipollente  beatificazione, 
quindi  seguì  la  loro  canonizzazione  anco» 
ra  equipollenle,quando  Innocenzo  XII  a' 
19  maggio  i6q4  ordinò  di  precetto,  che 
l'ullizio  e  messa  di  questi  due  santi  fossero 
col  rito  doppio  celebrati  nella  chiesa  u- 
ni  versale.  Clemente  XI  II,  con  decreto  de 
2C)  novembre  1  768,  presso  il  Guerra,  E- 
pitoni.  Bull.  Rom.  1. 1,  permise,  che  tra- 
sferendosi ad  un  altro  giorno  la  festa  di 
s.  Giovanni  de  Madia,  si  dovesse  ancora 
traslalare  con  essa  la  ceremonia  dell'as- 
soluzione generale  che  usano  i  religiosi  tri- 
nitari, e  descritta  nel  Cerimoniale  del- 
l'ordine  della  ss.  Trinità  e  del  Riscatto, 
Roma  1  8?.q.  Dopo  la  morte  di  s.  Giovan- 
ni de  Matha  seguirono  molte  vicende  al 
suo  corpo.  Riposava  questo  nella  chiesa 
di  s.  Tommaso  in  Foi-mis,  quindi  nel  se- 
colo XVII  considerando  due  frali  laici  tri- 
nitari, Gondisalvo  di  Medina  e  Giusep- 
pe Vidal,  che  il  loro  santo  fondatore  non 
era  in  quella  solitudine  venera  Inquanto 
essi  bramavano,  risolverono  di  furtiva- 
mente levarlo  da  detta  chiesa,  e  neh  655 
lo  trasportarono  a  Madrid,  ove  il  nun- 
zio Camillo  Massimo  lo  ricevè,  e  si  con- 
servò nel  palazzo  della  nunziatura  anco 
sotto  ile'  nunzi  successori  Monelli,  Vis- 
conti, Marescotti  e  Du razzo  lino  al  1  (i86, 
in  cui  da  quest'  ultimo  nunzio  fu  dalo 
«'irati   trinitari  scalzi  per  collocarlo  nella 


T  R  I  299 

cappella  eretta  nella  detta  capitale  della 
Spagna,  nella  cella  del  veri.  fr.  Tomma- 
so della  Vergine,  ed  un  braccio  con  una 
costa  ebbero  i  trinitari  calzati,  che  pose- 
ro nel. loro  vasto  tempio.  Fu  poi  neh68y 
e  neh  715  proposto  il  dubbio  dell'ideo  - 
tità  di  questo  santo  corpo  nella  congrega- 
zione de'riti,la  quale  rispose nou  constare 
de  identitate.JLssemUiptvb  in  questa  con- 
gregazione Lamberti  ut,  poi  benedetto 
XI  V,  il  quale  come  promotore  della  fede 
aveva  allora  fatto  su  questo  dubbio  il  suo 
volo,chesi  legge  nella  sua  opera, De  Cau. 
SS.Wb.  4:Pt"1'-  2,c.2  5, n.°c), tanto  egli  operò 
a  favore  di  questa  causa, che  nel  1 72  1  ot- 
tenne che  la  slessa  congregazione,con  de- 
creto àe'6  settembre  confermato  da  In- 
nocenzo XIII  a' 16  dello  stesso  mese,  de- 
cidesse pr aevio  recessi!  a  decisi*,  consta- 
re de  identitate.  E  siccome  il  Lamberti- 
ni  era  canonico  Valicano,  ottenne  inol- 
tre che  ii  suo  capitolo,  al  quale  appartici 
ne  la  suddetta  chiesa  di  s.  Tommaso  in 
Formis,  dopo  la  partenza  da  essa  de'tri- 
nitari,  non  insistesse  più  che  i  frati  tri- 
nitari riportassero  in  Roma  alla  loro  chie- 
sa il  corpo  di  s.  Giovanni  de  Mattila.  Quin- 
di divenuto  egli  Papa,  col  breve  Mini- 
me dubitanti**,  de'3  febbraio  1  y^g,Bull. 
Magri,  t.17,  p.  3o3,  facendo  un  (splen- 
dido elogio  del  benemerito  ordine,  man- 
dò al  ministro  generale  de'trinituri  scalzi 
di  Spagna, in  questa  penisola  l'urna  stessa 
di  marmo  coll'iscrizione,  in  cui  era  stato 
il  santo  sepolto,  affinchè  i  frati  ve  lo  tor- 
nassero a  collocare.  L'  iscrizione  si  può 
leggere  nel  già  citalo  teologo  Pauciioli. 
Questi  inoltre  descrivendo  le  riferite  ap- 
parizioni dell'Angelo  vestito  di  candidis- 
sime vesti,  colla  croce  sul  petto  azzurra 
e  rossa,  dà  le  seguenti  simboliche  spiega- 
zioni. Dice  che  il  bianco,  ch'è  il  principio 
di  tutti  i  colori,  significa  l'Eterno  Padre, 
ch'è  principio  dei  Figlio  e  dello  Spirita 
Santo;  il  colore  azzurro,composto  ili  biau 
co  e  di  scuro,  il  Figlio  unito  alla  natura 
umana;  e  Qualmente  nel  rosso  lo  Spirito 
Santo,  ch'è  fuoco  e  amine.  Lodando  pò» 


3oo  T  R  I 

l'istituzione  dell'ordineTrinitario,lochia- 
ma  veramente  nobile,  necessario  e  utile. 
IVobile,poiehè  lo  stesso  Figlio  dell'Eterno 
Padre  per  altro  non  venne  al  mondo,  se 
non  a  riscattarlo  dalla  misera  servitù,  di 
Satana.  Necessario  ,  perchè  dal  manca- 
mento di  lei  molli  cristiani  schiavi  si  fa- 
cevano turchi,  con  divenir  come  rinegali 
maggiori  nemici  e  persecutori  de'cristia- 
ni,  e  più  degli  slessi  turchi. Utile  finalmen- 
te, poiché  in  questa  sola  opera  di  miseri, 
coi  dia  si  vengono  a  racchiudere  tutte  le 
allre  sì  corporali  come  spirituali,  delle 
quali  uno  schiavo  nelle  mani  de'turchi  è 
del  lutlo  privo,  non  avendo  se  non  mali 
consigli  e  peggiori  portamenti  ,  e  dopo 
morte  altra  sepoltura  non  ha  che  le  onde 
del  mare,  nelle  quali  è  gettato.  In  questa 
degna  impresa, racconta  lo  stesso  Panciro- 
li,  i  trinitari  sono  del  tutto  dedicati,  e  nel 
i5ggriscattarono2  3óschiavi'mAlgerie  li 
condussero  a  Barcellona.Riferisce  il  citato 
Piazza,  che  dichiarò  Innocenzo  III, che  la 
varietà  de'  colori  descritti  significava  la  ss. 
Trinità,  cioè  il  bianco  la  prima  Persona; 
il  turchino,  simile  al  livido,  il  Figliuolo 
per  noi  battuto  e  flagellato, di  cui  sta  scrit- 
to, Cujus  livore  innati  sumusj  il  rosso, 
come  segno  d'amore,  lo  Spirito  Santo; 
l'Angelo  che  teneva  due  schiavi,  i  fedeli 
liberali  dalle  mani  de'turchi;  e  perchè  do» 
veasi  praticare  da  questi  religiosi  tra'ne- 
mici  della  fede,  denotava  che  porterebbe 
il  nome  della  ss.  Trinità,  col  segno  della 
Redenzione,  che  sono  i  primi  misteri  del- 
la religione.  In  quanto  alle  reliquie  di  s. 
Giovanni  de  Malha,  dopo  le  ultime  la- 
grimevoli  vicende  di  Spagna,  si  trovano 
presentemente  un  braccio  e  una  costa  nel- 
la chiesa  parrocchiale  di  s.  Croce  di  Ma- 
drid, dove  furono  trasferite  dal  magniti* 
co  tempio  de'trinitari  calzati,  dopoché  il 
sontuoso  monastero  architettato  dal  ce- 
lebre I  Imeni,  fu  destinato  ad  uso  pro- 
fano. L»  testa  e  la  maggior  parte  del  cor 
pò  Mtiovanonellachiesade'triuitariscab 
zi  di  della  capitale. 

Anche  il  PapaOnorio  III,  che  nel  1216 


TR  I 
successe  a  Innocenzo  III,  confermò  la  re- 
gola de'trinitari  colla  bolla  Operante  di- 
vinae  dispositionis,  de'9  febbraio  1217, 
Bull.  Rom.  t.  3,  p.  1  82:  /Ipprobatio  Re- 
gulae  ordinis  ss.  Trinilatis  Redemplio- 
nis  captivorum,  indirizzata  aJoanni  mi- 
nistro et  fra-tribus  etc.  Indi  i  religiosi  eb- 
bero da  s.  Luigi  IX  re  di  Francia  in  cu- 
stodia la  cappella  reale  diFontainebleau. 
La  medesima  regola  era  rigorosissima 
nella  primitiva  sua  istituzione,  poiché  i 
religiosi  non  doveano  mangiare  mai  car- 
ne, né  pesce;  non  si  pascevano  che  di  pa- 
ne, di  uova,  di  latte,  di  formaggio,  di 
fruita,  d'erbe  e  di  legumi,  cui  condivano 
solamenteconolio.  Se  tuttavia  alcuno  re- 
cava loro  in  limosina  della  carne,  ne  po- 
tevano mangiare  nelle  domeniche  e  nel- 
le principali  solennità,  ed  era  loro  inol- 
tre proibito  usare  il  cavallo  viaggiando, 
dovendosi  servire  degli  asini, onde  furo- 
no appellati  frati  degli  asini,  e  con  tal 
vocabolo  erano  pure  chiamati  quelli  di 
Fontainebleau,  come  si  ha  da  un  docu- 
mento del  i33o.  Perciò  venendo  poi  la 
regola  corretta  e  mitigala  dal  vescovo  di 
Parigi,  e  dagli  abbati  di  s.  Vittore  e  di 
s.  Genoveffa,  deputati  a  quest'effetto  da 
Urbano  IV,  fu  dal  suo  successore  Cle- 
mente IVapprovala  nel  1  267  colla  bol- 
la In  ordine  vestro,óe  j  dicembre,  Bull. 
cit.,  p.  462:  Mitigatio,  et  decloratiti  Re- 
gulae  fratrum  ordinis  ss.  Trinitdtis  l\e- 
dernptionis  captivorum.  Per  tali  mitiga- 
zioni permise  loro  di  viaggiare  a  cavallo, 
di  comprare  e  mangiare  carnee  pesce.  Da 
quest'ordine  primitivo  derivarono  le  due 
riforme  àtt' Trinitari  Riformali  (J^.)  nel 
1  57 3;  de' Trinitari  scalzi  (fr.)  nel  1 5q4 
nella  Spagna,  e  neh 601  nella  Francia; le 
monache  Trini tariefP'.jàtW antica  osser- 
vanza e  scalze;  ed  i  Trinitari  del  Terz  or- 
dine (fy.),  non  che  X  Arcicoiifratcrnita 
della  ss.  Trinità  del  riscatto  degli  schia- 
vi {V.).  Ora  non  esistono  che  i  Trinita- 
ri primitivi,  i  Trini/ari  scalzi,  e  le  mo- 
nache Trinitarie. Clemente  VII  colla  bol- 
la Grattini  Deo,  de'i  7  aprile  1 524,  Ridi. 


T  R  I 

Rom.  I.  4j  par.  i,  p-  42>  autorizzò  i  trini- 
tari a  questuare  limosi  ne  pel  riscatto  de- 
gli schiavi.  Paolo  I II  colla  bolla  Inter  cu- 
ras  niultiplices,  de' i  3  novembre  1 534, 
Bull.  cit.  p.  i  1 8:  Qttofl  omnes  graliae, 
et  exemptiones  concessae,  et  conceden- 
dole per  Sedeni aposlolicam  locis,etper- 
sonìs  ordinis  ss.  Trinitatis ,  in  provili' 
ciac  Castellae,et  Legionis,ac  Bethicae, 
concessae  ccnseatur  locis  ,  et  personis 
ejusdem  ordinis  in  regno  Portugalliae. 
L'ordine  dell'antica  osservanza  e  primi- 
tivo, a  tempo  del  p.  Helyot,  che  morì  nel 
1686,  contava  circa  i5o  conventi  divisi 
in  i  3  provincie,  di  cui  6  di  Francia,  cioè 
Francia,  Normandia,  Picardia  e  Fian- 
dra, Cbainpague,  Linguadoca,  Proven- 
za; 3  di  Spagna,  cioè  Castiglia  nuova,  Ca- 
stiglia  vecchia,  ed  Aragona;  una  d'Italia, 
altra  inPortogallo:avea  anticamente  quel- 
la d'Inghilterra, in  cui  erano43  case;quel- 
la  di  Scozia,  in  cui  ve  n'erano  9,  e  quel- 
la d'Irlanda,  in  cui  ve  n'erano  52,  tutte 
rovinate  dagli  eretici,  con  molte  altre  ca- 
se già  esistenti  iuSassouia, Ungheria,  Boe- 
mia, ed  in  altre  molte  provincie.  Antica- 
mente le  sole  provincie  di  Francia ,  di 
Champagne,  di  Picardia  e  di  Normandia 
aveano  il  gius  d'eleggere  il  ministro  ge- 
nerale nel  capitolo  che  convoca  vasi  sem- 
pre nel  convento  di  Cerfroy  capo  di  tut- 
to l'ordine,  e  tutte  le  altre  provincie  stra- 
niere doveano  riconoscere  il  generale  e- 
letto  da  tali  4  provincie.  Ciascuna  casa  dei 
trinitari  essendo  governata  da  un  supe- 
riore chiamato  ministro,  quelli  delle  ca- 
se di  Champagne,  di  Normandia  e  di  Pi- 
cardia  erano  perpetui,  mentre  altrove  e- 
rano  triennali.  Noterò  che  al  riferito  del 
p.  Helyot  sul  numero  delle  provincie  e 
de'conventi,deve  farsi  questa  rettificazio- 
ne. Malgrado  tutte  le  perdite  fatte  dal- 
l'ordine, e  cagionale  priucipalineiile  dal- 
le crudeli  persecuzioni  de'turchi  e  dalla 
peste  deli  348,  l'ordine  contava  768  con- 
venti che  formavano  34  Provincie.  Indet- 
ta fiera  epidemia  1'  ordine  perde  più  di 
5ooo  religiosi,  quindi  un  gran  numero 


TRI  3oi 

di  loro  case  restarono  chiuse.  Le  3  pro- 
vincie poi  d'Inghilterra^  Scozia  e  Irlan- 
da contavano  1  36  conventi,  vale  a  dire 
45  in  Inghilterra,  37  in  Iscozia,  54  •'> 
Irlanda.  Nel  pontificato  d'Innocenzo  XI 
i  religiosi  spaglinoli  si  divisero  dall'or- 
dine, ed  ottennero  facoltà  d'eleggere  un 
generale  tra  loro;  ciò  fecero  neh  688  in 
un  capitolo  tenuto  a  Madrid,  in  cui  eles- 
sero per  ministro  generale  di  Spagna  il 
p.  Piguerola.  Ma  assunto  che  fu  a  quel 
trono  il  francese  Filippo  V,  il  ministro 
generale  di  tutto  l'ordine  in  Francia  fece 
ricorso  per  rientrare  al  possesso  de' suoi 
antichi  diritti,  I'  ottenne  compitamente, 
essendosi  deciso  in  suo  favore  con  auto- 
rità di  Clemente  XI  e  pegli  ordini  del  re 
di  Spagna.  Il  p.  de  la  Forge,  ch'era  sta- 
to allora  eletto  ministro  generale  da'frau- 
cesi,  portoghesi  e  italiani,  dopo  la  morte 
del  p.  Tissier,  radunò  nel  i  70?  il  capito- 
lo generale  nel  convento  di  Cerfroy,  ove 
avendospontaueamenle  rinunziato  alsuo 
uffìzio,  fu  di  bel  nuovo  ristabilito  nei  gra- 
do da  tutti  i  vocali,  tra'quali  eranvi  an- 
cora de'religiosi  spagnuoli;  quindi  inni  vi 
fu  che  un  ministro  generale  universal- 
mente riconosciuto  da  tutti  i  religiosi  del- 
l'ordine primitivo, mentre  per  quello  de- 
gli scalzi  di  Spagna,  che  fin  dal  1 636  eb- 
bero facoltà  di  eleggerne  uno  proprio, 
ciò  tuttora  esiste;  se  non  che  quanto  alla 
Francia  ,  la  rivoluzione  che  pose  a  soq- 
quadro l'ultimo  periodo  del  secolo  pas- 
sato, abolì  tutti  gli  ordini  religiosi  d'am- 
bo i  sessi,  e  ciò  avvenne  pure  in  altre  pro- 
vincie, laonde  al  presente  i  trinitari  del- 
l'antica osservanza  sono  quelli  di  Spagna, 
cosi  i  trinitari  scalzi  ove  sono  pure  am- 
messi gl'italiani  e  di  altre  nazioni.  II  sud- 
detto p.  Roberto  Gaguin  scrittore  delle 
Cronache  di  Z^/ymczVz e  ministro  genera- 
le dell'ordine,  essendo  in  Roma  ambascia- 
tore del  re  Carlo  Vili,  fece  in  iscritto  un 
accordo  con  Filippo  Cluys  podestà  della 
Morea  e  Guglielmo  Caorsini  vice  cancel- 
liere,ambeduedeputali  dal  gran  maestro 
de'cavalieii  gerosolimitani  di  Rodi (V)> 


3o2  T  R  I 

per  trattare  e  concludere  l'unione  d'am- 
bedue questi  ordini,  ciascuno  de'quali  pe- 
lò clovea  ritenere  il  suo  abito.  L'alto  fu 
sottoscritto  a'4  lnglioi49t».  ma  non  eb- 
be però  alcun  effetto.  Quantunque  i  tri- 
nitari abbiano  una  regola  particolare,  vi 
furono  nondimeno  de'  Papi  che  li  rico- 
nobbero per  religiosi  dell'ordine  di  s,  A- 
gostino.  Clemente  VI  nella  bolla  d'uuio- 
nedellacuradis.Wastdi  Verbene  alcon- 
vento  della  Trinità  dello  «tesso  luogo,  fat- 
ta nel  i  35o,  dà  loro  il  nome  tWfratres  s. 
Trinitatis  ordinis  s.  Augustini.  Bonifa- 
cio IX,  s.  Fio  V  e  Clemente  Vili  dierono 
loro  lo  slesso  titolo,  Nel  capitolo  genera- 
le dell'ordine  tenuto  a  Cerfroy  nel  i  4'-*0» 
in  cui  stabilirousi  alcuni  regolamenti,  in 
uu  capitolo  che  tratta  del  modo  di  cele- 
brare t'ufficio  divino,  leggonsi  le  seguen- 
ti parole:  Fratrcs  cimi  timore,  et  reve- 
renda  I)eoserviant,secundumregul(ini 
B.  P.  nostri  Augustini.  1  capitoli  gene- 
rali del  i  370  e  del  1  56^  hanno  parimen- 
ti riconosciuto  s.  Agostino  per  padre  e 
protettore  dell'ordine.  11  suo  uffizio  con 
l'8.a  trovasi  notalo  ne'bieviari,  negli  an- 
tichi ordinari  e  calendari  dell'ordine  Tri- 
nitario, che  celebra  ancora  le  feste  delle 
sue  traslazioni  e  della  sua  conversione.  Di- 
ce il  p.  HelyoljChe  i  religiosi  trinitari  pre- 
tendono d'essere  canonici  regolari,  e  ta- 
le qualità  viene  loro  data  in  una  transa- 
zione fatta  nel  1468  Ira'cauonici  regola- 
li della  chiesa  di  s.  Trofimo  d'Arles,  ed 
i  trinitari  della  medesima  città,  dicendo- 
si: Canonici  regulares  Ordinis  ss,  Tri' 
ni  la  li  s  stili  regni  n  s.  Augustini.  Teobal- 
do conte  di  Champagne  nel  1260  die  ai 
religiosi  uu  canonicato  nella  chiesa  di  s. 
Stefano  diTroyes;  altro  ne  aveano  nella 
collegiata  di  Mortaigne  nella  diocesi  di 
Seez.  iXeliaof)  i  canonici  della  cattedra- 
le di  Meaux  unirono  la  cura  di  s.  Remi- 
gio di  lai  città  all'ordine  de'triiulari,  iti- 
di  nel  1  2 38  pretendendo  alcuni  che  que- 
sti religiosi  Don  potessero  posseder  parroc- 
ihic,  ne  lu  1  nnos.i  1,1  derisione  r  (inciel- 
ino vescovo  di  l'erigi,  il  quale  dopo  aver 


TR  1 

esaminate  le  loro  scritture  dichiarò  che 
potevano  p»  .sederle,  e  che  ne  aveano  in 
più  luoghi.  Dopo  questa  sentenza  molte 
cure  furono  unite  alle  case  dell'ordine. 
Quella  d' Avon,  anticamente  parrocchia 
di  Fontaiuebleau,  vi  fu  unita  dal  cardi- 
nal bourbon  arcivescovo  di  Seus  a  istan- 
za di  re  Francesco  I.  Erano  inoltre  i  tri- 
nitari non  solo  cappellani  della  regia  cap- 
pella del  castello  di  Fontainebleau  ,  ma 
curati  primitivi  di  sua  parrocchia.  Nel- 
la diocesi  possedevano  la  cura  di  Brumct 
dipendente  dal  convento  di  Cerfroy,  e  ne 
aveano  altre  3  nella  diocesi  di  Toni,  1  3 
in  quella  di  Treves,  4in  quella  di  Lisieux. 
e  molte  in  altre  diocesi.  JNeh  5c)8  il  ca- 
pitolo generale  ordinò,  che  alcun  religio- 
so dell'ordine  non  potesse  senza  licenza 
de'superiori  entrare  nelle  chiese  parluc- 
chiali vacanti,  e  che  quelli  i  quali  erano 
provveduti  di  cure  potessero  essere  ri- 
chiamati; ciò  fu  altresì  decretato  nel  ca- 
pitolo del  16  1  o  colla  dichiarazione,  che  in 
quanto  alle  cure,  che  non  sono  dell'ordi- 
ne, non  potessero  i  religiosi  accettarle  e 
ritenerle,  se  non  col  consenso  de'superio- 
ri e  per  quel  tempo  solamente  che  a'ine- 
desimi  piacesse;  e  che  circa  a  quelle  che 
sono  annesse  all'ordine,  non  potessero  co- 
loro i  (piali  col  consenso  de'superiori  n'e- 
rano provveduti,  esser  richiamali,  se  non 
per  errori  commessi;  e  che  i  richiamati 
potessero  appellare  per  la  loro  relegazio- 
ne al  ministro  generale,  o  al  capitolo  ge- 
nerale. Il  re  Luigi  XIV  con  dichiarazio- 
ne de'27  febbraio  1  yo3, ordinò  conforme 
a  ciò  cheavea  conceduto  a'superiori  dei 
canonici  regolari  della  congregazione  di 
Francia,  ed  a  quelli  dell'ordine  di  Pre- 
monslraloconsue  lettere  patenti  del  1 G7 1 
e  sua  dichiarazione  del  1  700,  che  nessun 
religioso  trinitario  poteste  esser  provve- 
duto d'alcun  benefizio,  fòsse  cui  alo,  prio- 
rato curato  o  vicarialo  perpetuo  o  altro, 
se  non  vi  era  in  iscritto  espresso  il  con- 
senso del  generale  di  questui  dine;  e  che 
quelli  che  ne  fossero  provveduti,  potes- 
sero essere  richiamali  chil  capitolo  o  su- 


t  a  i 

periore  generale  per  delitti  commessi  o 
scandalo,  noto  all'arcivescovo  o  vescovo 
diocesano,  ed  al  loro  superiore,  o  ancora 
ciò  richiedendo  il  bene  o  l'utilità  dell'or- 
dine, di  consenso  però  cogli  ordinari  nel- 
le cui  diocesi  fossero  situali  i  benefìzi.  Gre- 
gorio XI 11  col  breve  Exposcil  pastora- 
li s  qfficii,  de' 7  ottobre  1  5y5,  Bull.  Rom, 
t.  4»  par-  3,  p.  3  1  o;  Quod praeldti  or- 
dini? fratrum  ss.  Trinitads  Redemptio- 
nis captivorum  benedicere  postini  vasa, 
vesti/nenia,  et  ornamenta  ecclesiastica. 
Nello  stesso  annoi 57 5  Gregorio XHI die 
a'trinitari  la  parrocchiale  chiesa  di  s.  Ste- 
fano a  Piazza  di  Pietra,  della  del  Trul- 
lo per  la  sua  volta  e  cupola,  di  cui  tratta 
il  Paneiroli;  ma  pochi  anni  dopo  fu  de- 
molila. Imperocché  trovo  nel  Piazza,  Z?- 
merologio  di  Roma,  a  p,  1  3j,  che  cpian- 
do  venne  in  Roma  il  b.  Gio.  Battista  del- 
la Concezione  per  fare  approvare  la  ri- 
forma de'lrinitari  scalzi,  alloggiò  nel  con- 
tiguo convento,  che  poi  demolito  e  sop- 
presso, mentre  ancora  era  in  Roma,  ven- 
ne ospitato  da' carmelitani  scalzi.  Anche 
la  chiesa  fu  demolita. Clemente  Vili  col- 
la bolla  Ex  omnibus,  de'29  luglio  1  597, 
Bull,  cil.,  t.  5,  par.  2,  p.  1  5g,  confermò 
la  donazione  falla  dal  vescovo  di  Sigiteli* 
za  al  convento  di  Madrid,  pel  manleni- 
ineulo  di  due  religiosi  in  Algeri,  per  l'assi- 
stenza spirituale  e  caritatevole  degli  schia- 
vi ivi  esistenti.  Indi  col  breve  Decet  Ro- 
ma num,  de'g  maggio  1602,  Bull.  cit,,  p. 
42  1  :  Prae/initio  formae  communica- 
tionis  indulgenti arum  ,  oralioratmque, 
ac  aliorum  boiiorum  operimi,  serranda 
a  fratribus  ss,  Trinitatis  Redemptionis 
captivorwn,  sta  tis  diebus,quibus  ipsi  ge- 
nerale m  benedictionem  face  re  consue- 
veruni.  Paolo  V  col  breve  Ex  omnibus, 
degli  8  febbraio  1608,  Bull.  Rom.  t.  5, 
par.  3,  p.  293:  Gratiae,  et  l 'adulta  fra-' 
trum  ordinis  ss.  Trinitatis  Redemptio- 
nis captivorum  ,  ad  partes  infulelium 
prò  dieta  redemptione  se  transferen- 
tium  ;  nec  non  aliorum  christifidelium 
etiam  non  captivorwn  ibi  cxistentìum. 


T  R I  3o3 

Gregorio  XV  col  breve  fujuncti  nobis, 
de'  1 8  aprile  1 622,  Bull,  cit.,  t.  5,  par.  t>, 
p.  23,  confermò  i  privilegi,  le  grazie  e 
gl'indulti  concessi  all'ordine  da'suoi  pre- 
decessori. Urbano  Vili  col  breve  Domi- 
nici gregi?,Ae  5  luglio  1  62^,  Bull,  cit.,  p. 
346,  confermò  il  decreto  del  capitolo  ge- 
nerale, nel  (piale  fu  stabilito  spettare  al 
definitorio  nominare  i  religiosi  da  inviar- 
si alla  redenzione  degli  schiavi.  Innocen- 
zo X  col  breve  In  eminenti,  de' 12  ago- 
sto 1 654,  Bull,  cit.,  t.  6,  par.  3,  p.  279, 
confermò  la  legge  che  prescrive  la  cele- 
brazione del  capitolo  generale  ogni  6  an- 
ni. Innocenzo  XII  col  breve  Salvatori*, 
de'27  giugno  1693,  Bull.àl.,  t.  9,  p.  3o6, 
concesse  all'ordine  i  privilegi  e  le  indul- 
genze degli  altri  ordini  regolari.  Clemen- 
te XII  proibì  alla  provincia  d'Italia  di  ri- 
cevere frati  ili  altri  ordini,  col  breve  Sol- 
licitudo,  de'27  giugno  1  735,  Bull.  1. 14, 
p.  28.  Clemente  XI  II  col  breve  Alias  prò 
parte,  de'i3  febbraio  1  762,  Bull.  Rom. 
cont.  t.  2,  p.  221  ;  Attenta  alternativa 
super  electione  Ministri  generalis,  et 
Procuratori? generalis  ordinis  ss.  Tri- 
nitatis Redemptionis  captivorum  divisi 
in  binai  familias  nempe  intra,  et  extra 
Hìspaniam,  statuitili'  methodus  su/fra- 
giorwnferendorum  tam  inCapitulisge- 
neralibus  ordinis,  quani  iiiCapitulis  re- 
speetivarum  familiarum ,  quae  singulti 
Pontificia  auctoritate  confirmantur .  Lo 
stesso  Papa  col  breve  Pastorali?  qfficii, 
de'  o  gennaio  1765,  Bull,  cit.,  t.  3,  p. 
4o;  Collegllali  Cursorum  vulgo  Pasini- 
tes  prò  studiis  religiosorum  ordinis  ss. 
Trinitatis  Redemptionis  captivorum  in- 
sti tutum  in  conventwn  B.  M.  V.  de  I  ir- 
tutibus  inprovìncia  Castellaecoiifir ma- 
tur,  etapprobatur  una  cwn  Statutis prò 
ejusdem  Collega '  directionc.  Di  più  Cle- 
mente XIII  col  breve  Militantis  Eccle- 
siae, de  2.0  novembre  1  765,  Bull,  cit.,  p. 
149:  Confirmalur  resolutio  diffìnitorii 
provinciac  Castellae,  Lcgionis,  et  Na- 
varrac  ordinis  ss.  Tr initalis Redemptio- 
nis captivorum}quai/i  statai  tur  ut  in  pò- 


3c>4  T  R  1 

sterum  ministri corum,  qui  huic  resola' 
tloni  assensum  praebuerunt ,  eligantur 
in  capitalo  provinciali.  Inoltre  Clemen- 
teXIli  col  \nave  Apostolici  cura,  de"  19 
luglio  1  768,  Bull,  cit.,  p.  544:  Facultas 
Ministro  generalis  ordinis  ss.  Tritata- 
ti* Redemplionis  captivorum,  deputati- 
di  Ficarium  generalati, et  tres  assisten- 
tes  ejusdem  ordinis  sub  certis  legibusfet 
conditionibus  in  provinciis  Castellae, 
Betkicae,  et  Aragoniae.  L'abito  de'tri- 
nitaii  era  diverso  in  ciascun  paese,  por- 
tando in  Francia  la  sottana  di  saia  bian- 
ca, collo  scapolare  parimenti  di  saia,  su  cui 
vi  era  una  croce  rossa  e  turchina,  comune 
a  tutti  i  trinitari.  Quando  slavano  in  co- 
ro usavano  nell'estate  la  colla  e  nell'in- 
verno la  cappa  con  una  specie  di  cappuc- 
cio aperlo  davanti.  In  casa  portavano  una 
mezzetta,  e  quando  uscivano  assumeva- 
no il  mantello  simile  a  quello  degli  eccle- 
siastici. Tali  abiti  furono  adottali  verso 
la  metà  del  secolo  XVII,  poiché  in  prin- 
cipio dell'istituzione  de'lrinitari,  vestiva- 
no di  panno  con  cappuccio,  tanto  inco- 
ro, che  in  casa  e  per  città,  il  qual  abito 
conservarono  i  riformali.  I  religiosi  d'Ita- 
lia presso  a  poco  vestivano  come  i  rifor- 
mati, uè  altro  divario  passava  tra  loro,  se 
non  che  gli  abiti  de'primi  erano  più  lar- 
ghi e  di  saia,  portando  la  cappa  tanto  in 
coro  quanto  per  la  città.  Quelli  della  Ca- 
rtiglia vecchia  e  nuova, dell'Aragona,  Ca- 
talogna e  regno  di  Valenza  portavano  ve- 
ste bianca  e  cappa  nera.  Nel  restante  del- 
la Spagna  non  portavano  cappe,  ma  so- 
lamente il  gran  cappuccio  nero  che  scen- 
deva fino  alla  cintura;  que'di  Portogallo 
parimenti  portavano  la  cappa  nera, e  tut- 
ti, a  riserva  degli  6calzi,  usavano  scapola- 
re e  sopra  la  cappa  o  mantello  una  cro- 
ce rossa  e  turchina.  Questi  religiosi  por- 
tavano anticamente  in  coro  sotto  la  loro 
cappa  la  colta,  in  certi  giorni  determina- 
ti,come  era  espresso  in  un  antico  Ordina- 
no ms.  che  si  conservava  nel  convento 
de'Mathurins  a  Parigi,  ed  in  que'giorni 
a  Ile  processioni  lascia  vano  la  cappa  e  por- 


T  11  I 

tavano  solamente  la  cotta.  Il  ministro  ge- 
nerale e  il  ministro  di  Fonlainebleau  a- 
veano  i  titoli  di  consiglieri  e  limosinieri 
del  re.  Avea  l'ordine  in  Francia  per  ar- 
me un  campo  bianco  con  una  croce  chiat- 
ta rosso-turchina, circondata  da  fregio  pa- 
rimenti turchino  ,  adornato  da  8  gigli 
gialli;  lo  scudo  avea  per  cimiero  la  coro- 
na leale  di  Francia  sostenuta  da  due  cer- 
vi bianchi.  Il  p.  Honanni  nel  Catalogo 
degli  ordini  religiosi,  par.  1,  p.  88,  ri- 
porta un  cenno  sull'istituzione  dell'ordi- 
ne, insieme  alle  3  suddescrille  apparizio- 
ni, colla  figura  del  trinitario  che  descri- 
ve così.»  Solevano  questi  religiosi  in  al- 
cune provincie  della  Spagna  usare  la  ve- 
ste bianca  e  la  cappa  di  color  bruno  in- 
clinante al  nero  detto  tanè,  per  decreto  di 
Pio  IV  fatto  nel  1  559".  11  Capparoni  che 
riprodusse  tale  opera  nella  Raccolta  de- 
gli ordini  religiosi  che  esistono  nella 
città  di  Roma,  sebbene  riferisca  le  stesse 
parole,  rappresenta  il  religioso  trinitario 
calzato  con  figura  colorata,  come  real- 
mente ora  veste  in  Roma.  Questi  religio- 
si vestono  la  tonaca  con  maniche  e  lo  sca- 
polare con  mediocre  cappuccio  attaccalo, 
il  quale  ha  la  mozzetla  aperta  davanti  al 
petto,  ed  una  gran  cappa  ,  tulio  di  saia 
lina  e  ili  colore  bianco,  in  petto,  ossia  sul- 
lo scapolare,  portano  la  croce  mezza  ros- 
sa e  mezza  turchina,  della  forma  che  par- 
tecipa della  biforcala  e  dell'ancorata,  ed 
altra  simile  ne  hanno  sopra  la  cappa  nel- 
la parte  sinistra.  Il  cappello  nero  è  l'an- 
tico cappello  ecclesiastico  degli  spagnuoh 
con  grandi  falde  alzate,  come  sino  a'uostri 
giorni  l'usarono  i  gesuiti  perchè  il  glorioso 
s.  Ignazio  lóro  fondatore  era  spagnuolo,ed 
ora  portano  il  comune  cappello  ecclesia- 
stico. Così  lo  descrisse  il  p.  Annibali  da 
Laiera,  Compendio  della  storia  degli 
ordini  regolari  esistenti,  t.  t,  cap.  33  : 
Dell'ordine  de  Trinitari.  Anzi  noterò, 
che  Alessandro  VII  col  breve  ExinfunctQ 
nobis,  dell'8  febbraio  1  6GG,  Bull,  Ro/11. 
l.  6,  par.  6,  p.  10G,  permise  di  usare  la 
cappa  nera  u'iriuitari  calzati  di  Casliglia, 


T  R  I 

Aragona,  della  Betica  e  di  altre  proviti- 
eie.  L'ubilo  de'trinitari  dev'essere  tutto 
bianco;  la  concessione  della  cappa  nera  o 
bruna  è  stata  introdotta  per  dispensa  di 
Adriano  VI, concessa  alla  provincia  di  Ca- 
stiglia  pe' religiosi  che  andavano  alle  re- 
denzioni in  Africa  e  Asia,  poi  estesa  are- 
ligiosi di  tutta  la  provincia  da  Pio  IV,  ed 
a  tutto  l'ordine  da  Alessandro  VII,  tran- 
ne le  case  di  Roma.  L'ordine  Trinitario 
prima  avea  in  Roma  un  cardinale  prolet- 
tore. In  questo  dell'antica  osservanza,  ol- 
tre i  nominati  santi  e  personaggi  illu- 
stri, principalmente  fiorì  il  b.  Simeone 
o  Simone  di  Roxas  (V.)t  beatificato  da 
Clemente  XIII  nel  1766,  nel  (piale  anno 
pubblicò  in  Roma  la  Vita  il  celebre  ge- 
suita p.  G.  C.  Cordata.  Oltre  gl'iunuine- 
l'abili  martiri  che  r'ordiue  Trinitario  eb- 
be dalla  sua  origine  in  Africa  ,  in  Asia, 
nella  Spagna,  in  Italia,  il  secolo  XVI  ne 
fu  il  più  fecondo,  in  cui  il  furore  degli  e- 
retici  infierì  contro  i  difensori  della  reli- 
gione cattolica,  massime  nellaSvezia, Sas- 
sonia, Ungheria,  Boemia,  Olanda,  Inghil- 
terra, Scozia  e  Irlanda.  Ed  è  a  notarsi 
specialmente,  che  in  questi  3  ultimi  regni 
morirono  nelle  persecuziòni  d' Enrico  V 1 1 1 
e  di  sua  figlia  Elisabetta  33 27  religiosi 
trinitari,  dovendo  dirsi  a  gloria  di  questo 
cospicuo  ordine,  che  in  esso  non  fu  mai 
alcun  apostata,  come  alferma  Clemente 
Rei  nero,  negli  Annali  della  chiesa  An- 
glicana nell'apostolato  de' Benedettini, 
p.  64-  "  Questo  è  meraviglioso, che  tra  le 
altre  famiglie  religiose  non  mancò  qual- 
che apostata,  e  i  monasteri  dell'  ordine 
della  ss.  Trinità,  ch'erano  in  Inghilterra, 
Scozia  e  Irlanda  non  ne  ebbero  nessuno. 
E  perchè  forse  questi  monaci  tenevano  il 
titolo  della  ss.  Trinità,  dato  loro  dal  cie- 
lo, tulli  senza  eccezione  d'alcuno  furono 
abbruciati,  abbracciando  allegramente  e 
fortemente  i  tormenti  del  fuoco,  ove  ri- 
splendevanodi  prodigiosa  luce.  Abbiamo 
pure  il  b.  Marco  Criado  martirizzato  dai 
mori  nel  1570,  trinitario  della  provincia 
Letica.  d'Andalusia,  e  gode  culto  iu  tutta 


TRI  3o5 

la  diocesi  di  Guadix  per  decreto  di  Bene- 
detto XIV  emanato  nel  1  757.  Il  fanciul- 
lo s.  Cristoforo  vestì  l'abito  di  terziario 
nel  convento  di  Toledo  e  fu  martirizza- 
to da 'giudei  a'3  1  marzo  149  '>  avendo  es- 
si esercitalo  sul  suo  corpo  tutte  le  crudel- 
tà che  i  loro  antenati  fecero  a  Gesù  Cri- 
sto: questo  martirio  seguì  in  una  rupe  vi- 
cino alla  villa  del  la  Guardi  a,  diocesi  di  To- 
ledo, della  quale  è  patrono.  Gli  si  rende 
culto  per  lui  la  l'arcidiocesi  di  Toledo,co- 
me  in  tulio  l'ordine,  con  uffizio  proprio. 
I  trinitari  vantano  un  bel  numero  di  scrit- 
tori, di  vescovi  e  di  cardinali,  fra 'quali  il 
cardinal  Antonio  Cerdano{F.)i\e\  titolo 
di  s.  Grisogono,  già  procuratore  genera- 
le dell'ordine,  da  Pio  II  chiamato  il  prin- 
cipe de'  teologi  del  suo  tempo.  Quanto 
l'ordine  de'  trinitari  recò  sollievo  all'  u- 
inanità  sofferente,  nel  tempo  iu  cui  i  pira- 
ti e  corsari  maomettani  padroni  di  diver- 
si mari,  mettendo  a  ruba  e  sacco  le  cit- 
tà litorali,  menavano  Schiavi  [/'.)  quan- 
ti più  potevano,  lo  celebrò  la  storia,  e  con 
trai  li  d'inaudito  eroismo,  offrendo  di  con- 
tinuo la  loro  vita  in  olocausto  per  la  li- 
berazione de'crisliaui  dalla  schiavitù,  re- 
stando talvolta  per  essi  in  ostaggio  e  sot- 
tentrando alla  loro  sventura,  come  s.  Pie- 
tro Armeugol  che  si  rassegnò  a  morire 
per  altri  appeso  alle  forche.  Questo  uma- 
no, religiosissimo  e  santo  istituto,  non  so- 
lamente con  indefessa  virtù  s'impiegò  nel 
redimere  gli  schiavi  cristiani  dal. e  mani 
degl'infedeli,  ma  ancora  prese  cura  del- 
le loro  anime  in  mezzo  eziandio  alla  schia- 
vitù stessa,  oeli* assisterli  nelle  loro  ma- 
lattie in  tutto  quello  che  loro  bisognava, 
e  nel  governo  e  regolamento  degli  ospe- 
dali o  ospizi  dal  medesimo  fondali  tra 
gl'infedeli.  In  tutti  i  tempi  i  trinitari,  in 
adempimento  del  loro  esemplare  e  cari- 
tatevole istituto,  si  segnalarono  nelle  più 
splendide  opere  di  cristiana  misericordia, 
massime  in  Africa,  in  Asia,  in  Grecia,  e 
nelle  parti  delle  Spagne  quando  erano  do- 
minate dal  giogo  de'mori  maomettani.  I 
triuilari  operarono  1 36 1  redenzioni  o  ù- 


3o6  TRI 

scatti  generali  e  parziali,  nelle  quali  libe- 
rarono circa  un  milione  di  schiavi,  tra  i 
quali  moltissimi  personaggi,  ed  a  cagio- 
ne d'  onore  ricorderò  fra  essi  il  celebre 
Cervantes,  autore  del  Don  Chisciotte, 
sotto  gli  auspici!  del  loro  stendardo  che 
ha  per  epigrafe:  Gloria  Deo  Li  no  et  Tri- 
no et  Captivis  Libcrtas,  Laonde  l'ordi- 
ne de'  trinitari  conosciuto  così  utile  allo 
stato,  non  meno  che  alia  Chiesa,  meritò 
sempre  la  prolezione  de'Papi,  de'vesco- 
vi,  de'sovrani  cattolici,  e  delle  popolazio- 
ni esposte  alla  schiavitù.  L'eminente  ca- 
rila de'padri  Dell'assistere  gli  schiavi, spe- 
cialmenle  infermi  e  singolarmente  nelle 
frequenti  pestilenze,  sovente  destò  l'am- 
mirazione degli  slessi  infedeli,  i  quali  tal- 
volta provandone  la  loro  benignità,  ser- 
vì per  far  loro  concepire  un'alta  idea  del- 
la religione  cristiana,  ed  a  temperare  la 
loro  crudeltà  verso  gli  schiavi  apparte- 
nenti alla  medesima,  oude  il  nome  de'lri- 
nitari  restò  in  benedizione  in  diverse  ino- 
spite regioni.  Obbligati  i  trinitari  a  can- 
tar l'ullizio  divino,  con  intendimento  d'o- 
norare la  ss.  Trinità,  finché  durò  la  schia- 
vitù delle  piraterie,  il  line  precipuo  del 
loro  istituto,  fu  quello  di  questuare  liino- 
uneda'ledeli,  onde  recarsi  poscia  fi  a 'bar- 
bari a  riscattare  gli  schiavi  cristiani,  im- 
piegando ciascuna  casa  lutti  gli  anni  un 
3.°  di  sua  entrata  in  questa  pia  opera- 
zione. La  regola  e  gli  statuti  de'  trinita- 
ri furono  stampati  nel  1570.  Bonaven- 
tura Barone  scrisse  gli  Annales ordinis 
ss.  Trini  talis,  Romaei684-  Le  provin- 
cie  in  cui  sono  i  religiosi  dispersi,  dopo 
la  «oppressione  degli  ordini  regolari,  fat- 
ta anni  addietro  nella  Spagna  (P-),  ri- 
masero a  tre  e  con  76  case,  olire  la  pro- 
vincia di  Portogallo  con  6  case.  Ora  a  mo- 
tivo di  detta  soppressione  e  politiche  vi- 
cende, non  esistono  che  /(conventi,  quel- 
lo di  Roma  appartenente  alla  provincia 
di  Gattiglia  ,  due  in  Polonia  ed  uno  in 
Palermo.  Il  convento  di  Roma  ha  forma- 
lo il  mio  stemma  di  una  Croce  in  campo 
bianco  culle  catene,  e  sullo  un  Ccivocul- 


T  R  I 

la  Croce,  ed  è  sormontato  dalla  corona 
reale.  In  Roma  i  trinitari  calzati  italiani 
di  Lombardia  nel  161 4  edificarono  la 
chiesa  di  s,  Francesca  romana  con  con- 
vento annesso,  ora  del  Conservatorio  o 
Ritiro  della  Croce  di  s.  Francesca  Ro- 
mana (P.).  Questi  trinitari  ebbero  ver- 
tenze col  vicino  ospizio  e  chiesa  de'ss.  Gia- 
como e  Ildefouso  degli  agostiniani  scalzi 
spaglinoli,  e  ne  parlai  nel  voi.  LXXV1, 
p.  261;  venuti  in  concordia,  Alessandro 
VII  ne  confermò  i  capitoli  col  breve  Mi- 
li  tantis  Ecclesiae ,  de'  i5  marzo  1  666, 
Bull.  Rom,  t.  6,  par.  6,  p.  108.  Della  con- 
fraternita eretta  in  detta  chiesa,  parlerò 
dicendo  de'  Trinitari  del  terz  ordine.  O- 
ra  in  Roma  de'trinitari  calzali  spaglino- 
li dell'ordine  primitivo ,  nella  casa  della 
loro  chiesa  che  vado  a  descrivere,  risie- 
dono il  ministro  geperale  e  il  procurato- 
re generale.  Presentemente  vi  è  il  com- 
missario apostolico  generale  nominato 
dal  Papa  Pio  IX.il  R. 'no  (>.  Antonio  Mar- 
lin Bienes,  già  ministro  della  eas;t  e  segre- 
tario generale  dell'ordine;  ed  il  procura- 
tore generale  al  presente  è  vacante.  Reiet- 
to commissario  apostolico  ha  intrudono 
nel  convento  di  Roma  la  segreteria  del- 
la beneficentissima  opera  della  s.  Infan- 
zia in  favore  de' Trovatelli  o fanciulli c- 
sposti  cinesi  (P.),  che  ha  tanta  relazione 
con  l'antico  riscatto,  ed  un  religioso  tri- 
nitario n'è  il  segretario. 

Chiesa  della  ss,  'Trinità  de' Trinita- 
ri calzati  spaguuoli.il!  situata  nel  rione 
Campo  Marzo,  al  principio  della  lunga 
Strada  de'Condotli,  che  da  quella  delCor- 
so  conduce  a  piazza  di  Spugna.  Deside- 
rando i  religiosi  trinitari  di  Castiglia  di 
fondare  in  Roma  un  convento  pel  loro  or* 
dine  e  provincia,  furono  aiutati  nell'im- 
presa dalla  generosa  munificenza  di  fr. 
Diego  Morosi! lo  arcivescovo  di  Lima  nel 
Peiù,  e  viceré  dell'Indie  occidentali  spa- 
glinole. Pei  lauto  fu  acquistato  il  luogo  e 
l'isola, compreso  il  palazzo  Rucellai,  ritn- 
pelto  in  parte  a  quello  de' Il u spoli,  giàap- 
pai  lenente  a 'medesimi  Rucellai;  ne  rimo- 


: 


T  11  I  TRI                     3o7 

demarouo  il  prospetto  dal  loto  del  Cor*  squcz;  il  s.  Giovannide  Mattia  nel  i,Q  al- 

so,  e  si  die  principio  al  convento  o  ospi*  tare  venne  dipinto  da  Gaetano  Lapis;  la 

io  nel  inaggio  i  ^4'  >  e  poco  dopo  si  pò-  s.  Agnese  nell'ultimo  fu  condotta  dal  lìe- 


anctie  la  i  ."pietra  fondamentale  perla  nefial.  Le  pitture  nelle  volte  del  coro  e 
nuova  chiesa  in  onore  della  ss.  Trinità,  della  chiesa,  non  che  quelle  della  sagre- 
il  che  esegui  il  cardinal  Antonio  Saverio  stia,  sono  di  mano  di  Gregorio  Gugliel- 
Gentili  protettore  di  tolto  l'ordine  Trini*  mi.  Di  recente  i  religiosihannouobilmen- 
torto  a'29  settembre,  Dell'uno  e  dell'ai-  te  restaurato  la  chiesa  e  l'adiacente  con- 
tro edilizio  fu  ardii  tetto  Emanuele  Lio»  vento, 
di  iquez  de  Santes  portoghese.  La  faccia-  TRINITARI  RIFORMATI,  Fra  tram 
la  esterna  della  chiesa  formasi  di  colon-  Reformat  or  uni  Ordinis  .ss.  Trinilatis, 
ne  e  pilastri  di  travertino,  ed  è  ornala  con  L'ordine  de'religiosi  Trinitari  (Fi),  per 
statue  di  stucco;  quelle  in  cima  furono  la-  le  vicende  de'lempi  caduto  in  notabile  ri* 
vorate  da  baipassare  Maltei;  l'Angelo  co-  lassarneiito  e  perciò  bisognosodi  riforma, 
gli  schiavi, che  sovrasta  la  porla,  venne  e-  fu  dessa  ordinata  ne'caniloli  generali  del 
seguito  da  Pietro  Pacilli,  ed  i  due  fonda-  i5j3  e  del  1  ^76;  tutta  volla  non  si  effet- 
tori ss.  Giovanni  e  Felice,  da  Pascasio  La-  tuo  ,  finché  Dio  fece  sorgere  i  i\i\e  santi 
tour.  L'  interno  della  chiesa  è  di  fui  ina  eremiti  riformatori  p,  Giuliano  di  Nan- 
el ittica  con  6  cappelle  sfondate  cogli  alla-  to  vii  le  della  diocesi  di  Chartres,  e  p.  Clan- 
ri,  3  per  parte,  l'altare  maggiore  in  fon-  ilio  Aleph  della  diocesi  di  Parigi,  abitato- 
do,  oltre  la  cappella  a  destra  dell'ingresso,  ri  d'un  romitaggio  detto  di  s.  Michele  vi- 
dedicala  al  b.  Simone  de  Roxas.  Gli  al  ciuoa  Pontoise.  Domandarono  essi  licen- 
tari  e  le  balaustrate  sono  di  marmi  di-  za  a  Papa  Gregorio  XIII  di  portare  l'a- 
versi, decorati  da  stucchi  dorali;  compre-  bito  dell'ordine  della  ss.  Trinità,  e  il  Pa- 
so il  grande,  ov'è  il  bellissimo  ciborio  di  pa  informato  dell'austera  e  regolare  vita 
metallo  dorato,  furono  lavorati  dal  det*  da  essi  menata  conio  altri  compagni  nel 
to  Matlei,  con  disegno  dello  spagnuolo  nominato  eremo,  lo  convertì  in  una  casa 
Giuseppe  liei  monsilla,  così  di  quelli  che  dell'ordine,  con  bolla  de' 1  8  marzo  1  578, 
lormaiio  l'ornamento  del  resto  del  lem-  edessi  ne  fecero  la  professione  nel  con  ven- 
pio,  eziandio  eseguili  dal  Mattei.  Sopra  to  di  Cerfroy  primario  dei  medesimo,  l'8 
la  poi  la  è  un  buon  organo.  11  quadro  de!  ottobre  1  58o.  Si  dierono  immantinente 
1. "altare  a  destra  entrando  è  pittura  di  ad  osservare  con  ogni  più  minuta  esattez- 
Giuseppe  Palladino  messinese,  che  vi  e-  za  e  con  sì  gran  fervore  la  regola  e  quanto 
spresse  s,  Caterina  ;  il  i.°  esprimente  s,  concerneva  l'istituto,  che  molli  religiosi 
Felice  di  Valois,  è  di  m.'  Lambert  fiam-  dell'ordine  vollero  imitarli,  richiamando 
mingo;  il  3.°  coll'Immacolata  Concezio-  in  se  medesimi  lo  spirito  de'ss.  fondatori 
ne,  è  di  Francesco  Preziado  spaglinolo.  Giovanni  de  Matha  e  Felice  di  Valois,  e 
Il  dipinto  dell'altare  grande,  esprimente  dilatarono  l'ordine  con  nuove  fondazio* 
la  ss.  Trinità  con  l'Angelo  che  libera  due  ni.JMel  160  iCiementeVHl  permiseaque- 
schiavi,  fu  condottoda  Corrado  Giaquin-  sii  trinitari  riformati  di  presentar  due  o 
to;  e  questo  cappellone,  oltre  d'essere  ab-  tre  de'loro  religiosi  al  ministro  generale, 
bellito  da'delli  stucchi, è  anco  ornato  coti  affinché  ne  scegliesse  uno  per  visitato- 
alheschi,  tanto  nella  cupola,  (pianto  nei  re  generale,  Paolo  V  nel  1619  die  loro 
peducci,  usciti  di  mano  d'Antonio  Vela-  facoltà  d'erigere  nuove  case  e  d'iulrodur- 
squez  spagnuolo,  il  quale  colorì  pure  i  re  la  loro  riforma  nell'antiche,  come  an* 
due  ovali  laterali  all'altare.  Il  Buon  Pa-  cora  d'eleggere  ogni  tre  anni  un  vicario 
slore  suli.°  altare  dopo  il  maggiore,  da  generale,  volendo  però  che  fossero  sem- 
inano sinistra,  è  altresì  opera  del  Vela-  pie  soggetti  al  ministro  generale  dell'or- 


3o8  TRI 

il  i  ti  e  primitivo.  Urbano  Vili  nel  1624  a- 
vendo  data  autorità  al  ministro  generale 
di  visitare  il  suo  ordine,  dichiarò  con  uu 
breve,  ch'egli  non  intendeva  di  derogar 
puntoa'privilegide'riformati,  nèdi  recar 
Joroalcun  pregiudizio;ordinando  per  con- 
trario, che  eglino  non  potessero  essere  vi- 
sitati contro  lo  stabilito  ne'  loro  statuti, 
approvati  dalla  s.  Sede.  Queste  bolle  e 
questi  brevi  furono  autorizzati  da  lettere 
patenti  del  re  Luigi  XIII,  nonostante  le 
opposizioni  faltedaque'dell'antica  osser- 
vanza^ registrate  nel  consiglio  a'ig  mag- 
gio 1627.  Non  avendo  però  i  non  rifor- 
mati desistito,  ma  continuando  ad  inquie- 
tare i  religiosi  della  riforma  ,  ottennero 
questi  ultimi  un  breve  da  Urbano  Vili, 
de-25  ottobre  1  635,  in  cui  il  Papa  nomi- 
no il  cardinal  Itochefoucaud,  commetten- 
dogli far  la  visita  e  riformare  da  per  se, 
o  per  mezzo  di  chi  giudicasse  a  proposi- 
to, tutti  i  conventi  de'trinitari  di  Francia. 
Si  opposero  gli  antichi,  e  malgrado  le  lo- 
ro opposizioni ,  il  re  con  lettere  del  set- 
tembre i63y  volle  diesi  eseguisse  l'ordi- 
nato dal  breve,  e  nominò  a  tal  elfetlo  in 
commissari  lloissy,  Fouquet,  Sanguiu  ve- 
scovo diSenlis,  Seguier  vescovo  di  Meaux, 
e  Lai  né  de  la  Alargliene,  con  diversi  con- 
siglieri di  stalo  per  ascollare  e  regolare 
questi  religiosi  in  tutte  le  loro  differenze. 
Ciò  non  pertanto,  volendo  il  ministro  ge- 
nerale de'trinitari,  insieme  cogli  antichi 
religiosi,  impedire  l'esecuzione  del  breve, 
diesai  pretendevano  surrettizio,  appella- 
rono come  d'abuso  al  parlamento  di  Pa- 
rigi; ma  il  re  avocò  al  suo  consiglio  que- 
st'appello con  decreto  del  dicembre,  con 
cui  rimesse  le  parti  a'commissari  da  lui 
deputali,ordinò"ad  essi  sentire  le  dilferen- 
zeepoi  riferirle  a  lui.  Volendo  il  cardinal 
Ilo  hel'oucaud  mandare  in  esecuzione  il 
breve  pontifìcio, die  commissionea'3o  di- 
cembieiG37  al  p.  Faure  riformatore  dei 
canonici  regolari  della  congregazione  di 
Francia,  di  visitare  il  monastero  de'tri- 
nitari di  Parigi,  delti  Malhurins.  Essen- 
dosi il  cardinale  informalo  delio  slato  del- 


TR  I 
le  case,  le  cui  entrate  doveansi  impiega- 
re per  la  3."  parte  nel  riscatto  degli  schia- 
vi, trovò  che  la  casa  di  Parigi,  che  avea 
d'entrata  1 0,000  lire  l'anno,  non  era  tas- 
sata pel  riscatto  che  di  soleiS  lire;  quel- 
la di  Meaux  corredata  di  1  800  lire  di  ren- 
dita, quella  di  Fontainebleau  1 600,  quel- 
la di  Clermonti  200,  e  quella  di  Verbe- 
ne 1200,  non  erano  tassate  che  di  6  li- 
re, e  cosi  le  altre  a  proporzione;  oltre  che 
si  era  da'religiosi  perduto  ogni  buon  uso 
di  regolai  e  osservanza;  onde  col  consiglio 
d'alcuni  de' commissari,  e  dii2  religiosi 
di  differenti  ordini  riformali,  cioè  de'ca- 
nonici  regolari,  defoglianti,  de'domeni- 
cani,  de'cappuccini  e  de'carmelitani  scal- 
zi, pronunziò  il  1. "giugno; 638  sentenzi». 
Con  questa  ordinò,  che  il  ministro  gene- 
rale de'trinitari  avesse  due  assistenti,  da 
nominarsi  dal  cardinale,  di  quell'ordine 
religioso  che  a  lui  paresse  più  proprio,  e 
che  tutti  insieme  reggerebbero  il  gover- 
no dell'ordine;  che  tutti  gli  atti  sarebbero 
in  avvenire  firmati  da  questi  tre  ,  colla 
pluralità  de' voti,  sotto  pena  di  nullità  de- 
gli atti  slessi;  che  due  religiosi  fagliatiti 
dimorerebbero  nel  convento  di  Parigi,  af- 
fine d'istruire  i  religiosi  nell'osservanza 
regolare,  per  tutto  quel  tempo  che  giu- 
dicherebbe^ necessario;  e  che  due  padri 
della  compagnia  di  Gesìi  anelerebbero  al 
convento  di  Cerfroy  per  ivi  fare  le  me- 
desime cose.  Quanto  a.' regolamenti  per 
l'osservanza  regolate,  ordinò  che  la  rego- 
la, la  quale  di  li  innanzi  professerebbe»! 
in  quest'ordine,  fosse  la  regola  primitiva 
spiegata  da  Papa  Clemente  IV  tal  (piale 
è  distesa  nel  libro  intitolalo:  Regala  et 
Statuto  fratrutn  ordini*  ss.  Trini  tatù, 
.stampato  in  Donai  nel  1  586;  ed  in  un  al- 
tro intitolato:  Regula  fratrum  tt.  Tri- 
nitatis,  stampalo  in  Parigi  nel  163  7;  la 
quale  regola  è  conforme  alla  bolla  di  Cle- 
mente IV,  della  quale  parlai  nel  prece- 
dente articolo.  Che  i  3  voti  di  castità,  po- 
vertà e  ubbidienza  fossero  interamente 
osservali;  che  nessun  religioso  da  coro  po- 
tesse uscir  solo  dal  convento;  che  polcs- 


T  II  I 

sero  andar  calzati  per  ordine  del  ministro 
generale  o  del  provinciale;  che  la  stabi- 
lità ,  di  cui  si  fa  menzione  nella  regola, 
dovesse  intendersi  nell'ordine,  e  non  in 
convento  ,  stando  alla  dichiarazione  di 
Clemente  Vili,  confermata  da  Paolo  V; 
e  ch'essi  non  potrebbero  portale  se  non 
camicie  di  lana.  Contengono  questi  re- 
golamentilo capitoli  o  articoli  principa- 
li. Tratta  il  i  ."della  regola  e  de'voti;  il  a.° 
della  missione  de' fra  ti;  il  3.°  del  riscatto 
degli  schiavi,  e  della  3/  parte  delle  ren- 
dile che  deve  impiegarvi  ciascuna  casa; 
il  4>°  delle  vesti,  con  proibizione  delle  ca- 
micie di  lino;  il  5.°  del  vitto,  dell'astinen- 
za e  del  digiuno;  il  6.°de'luoghi  regola- 
ri; il  rj.°  de'capiloli  locali;  l'8.°  del  capi- 
tolo generale;  il  g.°  delle  case  di  novizia- 
to; il  io."  dell'uffizio  divino,  in  cui  viene 
espressa  l'alzata  a  mezza  notte  per  la  re- 
cita del  mattutino.  Dipoi  la  sentenza  fu 
confermata  da  un  decreto  del  consigliodi 
stato  de*23  novembre  1 638,  ed  il  cardi- 
nale dichiarò  ch'egli  non  intendeva  coni» 
presi  inepiesta  sentenza  e  ne'presci  itti  re- 
golamenti gli  antichi  religiosi  ,  the  fino 
allora  non  erano  slati  allevali  nell'osser- 
vanza di  ciò  che  concerne  l'astinenza  del- 
la carne,  l'uso  delle  camicie  di  lana  e  il 
mattutino  di  mezza  notte,  rimettendosi 
circa  l'osservanza  di  queste  cose  a  quan- 
to detterebbe  loro  la  propria  coscienza. 
Laonde  queste  austerità  s'  ingiunsero  ai 
soli  riformati,  a  cui  non  era  lecito  man- 
giar carne  che  le  domeniche,  e  in  alcune 
feste  solenni  espresse  dalla  regola.  I  Pa- 
pi Leone  X  e  Adriano  VI  aveanodispen- 
sato  i  trinitari  dell'antica  osservanza  dal- 
l'astinenza,con  permetter  loro  mangiar  la 
carne  in  refettorio.  I  superiori  delle  Pro- 
vincie di  Champagne,  Picardia  e  Nor- 
mandia erano  perpetui ,  ed  appellavansi 
ministri;  que'delle  provincie  di  Spaglia  e 
(I  Italia,  e  i  superiori  aeriformi  ali  erano 
triennali.  Formarono  due  provincie,  una 
in  Francia,  l'altra  in  Provenza,  in  cui  a« 
veano  circa  24  conventi,  nel  numero  dei 
quali  era  quello  di  Cerfioy  capo  dell'or- 


TRI  3o9 

dine. Giovanni  III  re  di  Portogallo, aven- 
do anteriormente  neh  554  procurata  la 
riforma  degli  ordini  religiosi  nel  suo  re- 
gno, erano  stati  compresi  in  essa  anco  i 
trinitarie  convenne  loro  di  ripigliare  l'os- 
servanza della  regola  modificata.  La  ri- 
voluzione francese  scoppiata  nello  scorcio 
del  secolo  decorso,  soppresse  anche  i  tri- 
nitari riformati. 

TU  IN  ITA  RI  RIFORMATI  SCAL- 
ZI DEL  RISCATTO,  Or  do  refornm- 
torum  (lisca Iceatus  ss.  Trinilatis  re- 
demptionis  captivorum.  Essendo  slata 
ordinata  la  riforma  de'  Trinitari  cai' 
zati  dell'ordine  primitivo  (A.),  da  due 
capitoli  generali  del  medesimo  nel  i5y3 
e  neh  576,  fu  dato  principio  a  questa  in 
Francia  neh  578  co'  Trinitari  riforma- 
li (y.)t  quindi  alle  premure  de'capiloli 
generali  perla  riforma,  neh  5g4  s'  ,,n'* 
rono  ancora  i  religiosi  trinitari  delle  pro- 
vincie spagnuole  di  Castiglia,  Aragona  ed 
Andalusia,  i  quali  tennero  un  capitolo  ge- 
nerale a  cui  presiedè  il  p.  Diego  Gusinan; 
e  siccome  l'ordine  era  in  lutto  il  regno  de- 
caduto in  profondo  rilassamento,  fu  nel 
capilolodecretatOjche  in  ciascuna  provin- 
cia si  determinassero  due  o  tre  case  in  cui 
si  dovette  osservare  la  regola  primitiva, 
col  vivere  i  religiosi  con  maggior  auste- 
rità, sì  riguardo  agli  abili,  che  doveauo 
essere  di  panno  più  gì  ossolano,  sì  rispet- 
to al  tenore  di  vita;  con  questo  però,  che 
avesse  ciascuno  la  libertà  di  ritornare  nei 
suoi  antichi  conventi  quando  più  gli  pia- 
cesse. I  religiosi  zelanti  e  osservatori  del- 
la regola,  provarono  inesplicabile  conlen- 
to nell'udire  queste  sante  determinazio- 
ni del  capitolo;  ma  gli  altri  religiosi  con 
gran  calore  vi  si  opposero,  ed  i  superiori 
medesimi  cheaveanofatto  il  decreto, non 
si  presero  gran  pensiero  di  vederlo  ese- 
guito. In  questo  stato  di  cose  scorse  un  an- 
no e  mezzo,  quando  avvenne,  che  il  mar- 
chese di  s.  Croce  d.  Alvarez  Bassano,  com- 
mendatore dell'ordine  di  s.  Giacomo,  ge- 
nerale delle  galere  di  .Napoli  e  di  Spagna, 
andando  ad  Almagro  prese  in  sua  com- 


3 1  o  TRI  TRI 
pagaia  un  religioso  trinitario, con  cuicon-  logia  solfò  il  I).  Simeone  o  .Simone  di  Ho- 
versando,  gli  palesò  il  disegno  che  avea  x.;>s  provinciale  di  Gustigli»,  e  confessore 
concepito  di  fondare  un  convento  a  Val-  della  regimi  Elisabetta  ili  Francia  ino- 
depe»uas,  villaggio  della  diocesi  di  Tole-  glie  di  Filippo  II.  Impiegato  da'supei lo- 
do. Udito  ciò  il  religioso,  lo  pregò  a  far-  ri  nella  predicazione,  e  operando  co'»noi 
io  pel  suo  ordine;  ma  protestando  d.  Al-  discorsi  numerose  conversioni,  gli  fu  do- 
varez  non  poterlo  esaudire,  per  aver  de-  mandato  ove  attingesse  le  materie  di  si 
lerminuto  di  collocarvi  de'religiosi  rifor-  dotti  sermoni.  Rispose  con  modestia  :  Il 
inati  e  scalzi,  gli  replicò  il  trinitario  che  libro  donde  li  traggo,  è  Gesù  Cristo  e  Tu- 
avrebbe  ottenuto  il  suo  intento  metten-  razione.  Siccome  il  decreto  per  la  ritortati 
dovi  de'religiosi  del  suo  ordine,  poiché  per  ordinava,  che  si  stabilissero  in  ciascuna 
decreto  del  capitolo  generale  erasi  riso-  provincia  3  case  di  recollezione  pe'rilor- 
lulo  di  stabilire  iu  ciascuna  provincia  del-  mali  di  stretta  osservanza,  la  riforma  e- 
le  case  di  riforma.  Da  cpiesle  ragioni  per-  rasi  parimenti  introdotta  ne'conventi  di 
laaso  il  marchese,  si  trattò  l'affare  cogli  Ronda  e  di  Rienparada.  Ma  i  religiosi  che 
abitanti  del  luogo,  e  tra  gli  articoli  del-  vi  dimoravano,  non  si  mostrarono  più. 
la  fondazione,  espressamente  fu  stabilito:  fervorosi  di  quelli  di  Valdepegnas;  veden- 
Che  non  si  ricevessero  se  non  religiosi  ri-  do  (póndi  il  b.  Giovanni,  che  questa  ri- 
formati che  andassero  scalzi.  Il  convento  forma  mai  avrebbe  avuto  sussistenza,  (in- 
e  la  chiesa  furono  celeremenle  fabbrica-  che  i  religiosi  giovandosi  del  decreto  del 
ti  ;e  nella  2.''  vi  si  potè  celebrarla  i.'ines-  memorato capitoloavessero  libertà  di  tor- 
sa  a'g  novembre  1  5g6.  I  religiosi  che  vi  nate  fra  gli  antichi  ,  e  finché  gli  antichi 
entrarono  si  spogliarono  de'loro  abili  per  fossero  padroni  de'conventi  de'riformati, 
vestirne  «li  più  grossolani,  e  giusta  la  con-  risolvette  di  recarsi  a  Roma  per  ottenere 
venzione  fatta  cogli  abitanti  di  Valdepe-  da  Clemeule  Vili  lo  stabilimento  della 
gnas,  introdussero  l'uso  di  andare  scalzi,  riforma  medesima,  e  che  gli  scalzi  fosse- 
riservandosi  solamente  di  portare  piccoli  io  interamente  separali  da'trinilari  dei- 
sandali  di  cuoio  o  di  corda  all'usanza  di  l'antica  osservanza,  ma  che  di  fatto  non 
Spagna.  Il  b.  Giovanni  Battista  dellil  osservavano  la  regola  primitiva.!  religio- 
Concczione  (^/.),  In  uno  de'primi  che  si  si  calzati,  cioè  gli  antichi,  fecero  vigoro- 
UDI  a  questi  religiosi,  de' quali  fu  eletto  seopposizioni  alle  virtuose  operazioni  del 
superiore,  e  viene  riconosciuto  per  islitu-  servo  di  Dio;  e  l'ambasciatore  di  Spagna 
loie  di  questa  riforma,  pel  cui  zelo  e  fer-  che  avea  da  prima  favorito  il  riformato* 
vore  devesi  il  suo  mantenimento,  non  a-  re  scalzo,  gli  attraversò  poi  per  quanto 
vendo  i  religiosi  che  prima  di  lui  erano  valse  i  suoi  disegna  Nondimeno  il  b.  Gio- 
entrati  nel  convento  perseverato  nelle  vanni,  dopoaversoggiornaloin  Homacir- 
sanle  loro  risoluzioni,  per  esser  tornati  ad  cai  8  mesi, con  sommo  suo  giubilo  otten- 
ahilare  que'con venti  donde  per  desiderio  ne  da  Clemente  Vili  il  breve  Ad  nuli' 
ili  maggior  perfezione  erano  usciti.  Sino  tantisEcclesiac^eio  agosto  1  5c)f), Bull. 
dalla  fanciullezza  il  b.  Giovanni  die  sag-  Rom.l.  5,  par.  2,».  2.58:  Institutio  Coli- 
co di  santa  vita,  quello  che  Dio  gli  fece  giTgationisfratrumRcforinatnrum,ac 
operare  a  sua  gloria  gli  fu  predetto  dal-  Discalccatoruni  ordini*  ss.  Ti-initatis 
la  fondatrice  de'carnieliiaui  scalzi  s.  Te-  redemptioiiis  caplivoriim.  Approvandoli 
resa,  e  per  gli  esempi  de' medesimi  car-  Papa  la  riforma  de' trinitari  scalzi,  con- 
melitani  seab,i  abbracciò  l'istituto  de'tri-  cesse  loro  le  3  case  di  recollezione  di  Val- 
nilari  nel  convento  di  Toledo,  di  cui  ve-  depegnas,  di  Ronda  e  di  Rienparada.  Ma 
stì  l'abito  nella  vigilia  de'ss.  Pietro  e  Pao-  se  il  bealo  molto  si  affaticò  per  ottenere 
lo  del  1  58o,di  1 9  unni;  indi  studiò  la  teo-  tal  breve,  di  più  malagevole  gli  riuscì  il 


T  K  I 

fililo  eseguire  nella  Spagna;  giacché  i  re- 
ligiosi di  Honda  e  di  Uienparada  non  vi 
vollero  in  alcun  modo  ubbidire,  e  ritor- 
narono tra'li  inilai  i  calzali,  i  quali  s'impa- 
dronirono d'ambedue  i  conventi,  e  ripu- 
gnanti acconsentirono  che  l'altro  di  Yal- 
depeguas  restasse  agli  scalzi,  e  ciò  perchè 
non  potevano  loro  impedirlo,  a  cagione 
della  condizione  colla  quale  erano  itali  ri- 
cevuti dagli  abitanti  del  luogo, che  ivi  non 
dimorassero  se  non  religiosi  riformati  e 
scalzi.  Ne  prese  quindi  il  b.  Gio.  Battista 
della  Concezione  pieno  possesso  nel  1 600, 
e  die  principio  alla  riforma,  die  fu  di  su- 
bito ridotta  a  un  solo  convento.  Intanto 
nel  160  1  in  Francia  per  opera  d'altro  ser- 
vo di  Dio  furono  istituiti  i  Trinitari  ri» 
formati  scalzi  del  riscatto  di  Francia 
(/ •'".),  i  quali  riuniti  poi  a  questi  trinitari 
di  Spagna  formarono  un  ordine  tliviso  in 
due  congregazioni  ,  questa  di  Spagna  e 
quella  diFrancia.  Ma  i  trinitari  scalzi  fran- 
cesi restarono  estinti  nella  rivoluzione 
francese,  che  pose  0  soqquadro  l'Europa 
negli  ultimi  anni  del  secolo  pastaio.  Quei 
trinitari  che  avenno  abbandonato  il  con- 
vento di  Vahlepegnas  e  consentilo  che  re- 
stasse al  b.  Giovanni,  peutendoseue  vol- 
lero rientrarvi  notte  tempo  col  riprove- 
vole disegno  di  cacciarvi  i  riformati  scal- 
zi, né  riuscì  loro  difficile  il  penetrarvi  sic- 
come pratici  della  casa,  l'i  imamente  an- 
darono alla  cellelta  del  riformatore.il  qua- 
le dallo  strepilo  che  facevano  uscito  d'im- 
provviso, si  vide  innanzi  a  3  o  4  religio- 
si provveduti  di  corde,  che  assicuratisi  di 
sua  persona,  lo  spinsero  villanamente  nel 
la  sagrestia,  ov'egli  cadde  a  terra.  Gli  le- 
garono le  mani  perdi  dietro  con  tanta  vio- 
lenza ,  premendolo  colle  loro  ginocchia 
sulle  spalle,  che  tutte  gli  scorticarono  le 
braccia.  Cosi  legato  Io  strascinarono  ad 
ima  fossa  piena  d'acqua,  per  quivi  gettar- 
lo; ina  riflettendoche  l'affogarlo  gli  avreb- 
be accelerato  la  morte,  pei  l'estrema  de- 
bolezza cui  era  ridotto,  slimarono  meglio 
di  chiuderlo  in  una  prigione  insieme  ad 
altro  religioso.  Commessa  appena  tanta 


TRI  3  ri 

«celleraggine,  i  frati  persecutori  riconob- 
bero il  loro  misfatto, e  riflettendo  sopra  le 
perniciose  conseguenze  ch'erano  per  na- 
scere, prima  che  spuntasse  il  giorno  par- 
tirono, e  poi  non  più  molestarono  i  rifor- 
mati scalzi,  che  pacificamente  restarono 
nel  convento.  Quindi  in  due  anni  si  fece- 
ro 4  fondazioni  nuove,  cioè  in  Soculla- 
mos,  in  Alcalà,  in  Madrid  ed  a  Valletto- 
lid.  JNel  ifio5  Clemente  Vili  vedendo  che 
già  eranvi  8  Conventi  di  questa  rilorma, 
permise  a'irinitari  scalzi  che  eleggessero 
ogni  3  anni  un  provinciale.  Radunato  il 
loro  i.°  capitolo  in  Valladolid,  fu  eletto 
provinciale  il  b.  Gio.  Callista,  il  qualeot- 
tenue  da  Paolo  V  successivamente,  pel- 
le altre  fondazioni  di  conventi  dal  suo  in- 
cessante zelo  operate,  il  breve  Ecclesia?. 
Catholicae,  de'  1  5  dicembre  1 609,  Bull. 
Rota.  t.  5,  par.  3,  p.  387, col  quale  il  Pa- 
pa ascrisse  tra  gli  ordini  religiosi  me/idi- 
canti,  e  colla  comunicazione  de'privilegi, 
questo  de'trinitari  scalzi.  Il  breve  Ex  fife» 
èftot  de'24  dicembrei 609,  JJull.cw.,  p. 
38q,  e  siccome  ivi  si  riporta  il  posterio- 
re breve  In  supremo,  de'  1 4 agosto  1  fi  1  3, 
l'argomento  d'ambedue  è  questo.  De  di' 
stinc  tione  duarum  provinciarum  Castel- 
lue  et  Be(hicae,et  eleclioneVicarii gene- 
ralis,  Minìstrorum  provincialium,  De- 
finitornnt,  elaliorum  MinistrorumCon- 
gregationis  fratrum  Rcjormatoruni  Di- 
scalceatorum  ss.  Trinitatis  redc/nplio- 
nis  caplivoruni  in  rcgnis  TU  spani  arimi. 
Inoltre  il  b.  Giovanni  ebbe  la  consolazio- 
ne,che  Paolo  V  emanasse  il  breve  Quac 
piae,  de'  1  o  febbraio t filo,  Bull,  cit.,  p. 
3g  w/lpprobatio  Consti  tutionin  C  lente  w 
tis  V 111  super  confinila  tione  Congre- 
gationis  fra trum  Discalce.alorum  ordi- 
ni s  ss.  Trinitatis  redemplionis  captii-o- 
rum  ,  primitivam  Re  gii  l  ani  observan- 
tinnì,  cum  adjectione  duoruni  votorum, 
ultra  alia  votaipsius  ordinis,  cioè  di  non 
pretendere  o  procurare  direi  tamente  o  in- 
direttamente nell'ordine  gli  ollìzi  e  le  di- 
gnità, e  cosi  fuori  di  esso.  Il  b.  Gio.  Bat- 
tista della  Concezione,  dopo  aver  fonda- 


3.2  TRI 

lo  1 8  conventi  di  riformati  scalzi,dopo  clie 
la  sua  penitente  Francesca  di  Romeru  isti- 
tuì le  Trinitarie  scalze  (I7.),  dopo  esse- 
re stato  eroe  di  penitenza  e  di  amor  di- 
vino, ed  impiegato  il  restante  di  sua  vila 
esemplare  nel  governo  dell'ordine  rifor- 
malo, d'anni  52  soavemente  spirò  in  Cor- 
dova a'  1 4  febbraio  i  6  i  3, nello  slesso  gior- 
no  in  cui  i  6  anni  prima  era  entrato  nel 
convento  di  recollezione,  e  pronuncian- 
do queste  parole:  O  mio  Dio!  voi  sape- 
te aver  io  fatto  tutto  quello  che  poteva; 
seguite  dal  versetto:  Laetatus  sitm  inhis 
auae  dieta  sunt  mitri,  in    domimi  Do- 
mini ibimiLS.  11  buon  odore  di  santità  da 
lui  lasciato,  i  miracoli  da  Dio  operati  a 
sua  intercessione,  particolarmente  al  suo 
sepolcro,  mosselo  il  dotto  Piazza  nel  pub- 
blica re  nel  i  7  i  3  il  suo  Emerologio  di  Ro- 
ma,» fare  neldì  anniversario  del  suo  tran- 
sito la  Digressione  16.*:  Del  ven.  servo 
di  Dio  il  p.  Gio.  Battista  della  Conce- 
zione fondatore  della  riforma  dell'or- 
dine della  ss.  Trinità  del  Riscatto.  In 
questa  ne  celebra  le  virtù  e  le  sante  ope- 
razioni ,  e  tra  le  notizie  interessanti  clic 
di  lui  riporta,  narra  cb'ebbe  a  maestri  di 
spirito  s.  Teresa  e  il  venerando  maestro 
Giovanni  d'Avila  denominalo  l'apostolo 
dèli 'Andalusia.  Papa  Pio  VII  nel  1819 
decretò  a'27  aprile  la  solenne  beatifica- 
zione del  b.  Gio.-  Battista  della  Concezio- 
ne, fondatore  de'ti  initari  scalzi  riforma- 
ti, la  quale  fu  celebrata  nella  basilica  Va- 
ticana n'26  settembre,  e  non  a*2g  apri- 
le come  dice  il  boiler;  poiché  se  ne  leg- 
ge la  minuta  descrizione  della  pompa,  de- 
gli addobbi,  de'dipinti  e  delle  iscrizioni, 
nel  n.°78  del  Diario  di  Roma  di  detto 
anno.  Ivi  pure  si  riferisce,  che  i  trinitari 
spaglinoli  scalzi  del  convento  di  s.  Carlo 
alle  Quattro  Fontane  di  Roma, sulla  fac- 
ciala della  propinqua  chiesa  esposero  il 
quadro  rappresentante  il  loro  beato  fon- 
datore, contornato  da  torcie  di  cera,  e  da 
bene  intesa  illuminazione  di  lanternoni  e 
fiaccole,  e  per  giulivo  trattenimento  del 
divolo  popolo  accorrente   vi  fecero  ese- 


T  R  I 
gui  re  bellissime  suona  te  a  piena  orchestra 
di  strumenti  da  fiato.  Nel  medesimo  an- 
no si  pubblicò  in  Roma  il  Compendio  di 
sua  vita.  Il  b.  Gio.  Battista  essendo  pro- 
vinciale de'trinitari  scalzi  di  Spagna,  a'7 
febbraio  1 609  avea  adunato  in  Madrid  il 
capitolo  provinciale,  e  fra  le  altre  cose  vi 
fu  deciso,  che  pel  bene  della  riforma  con- 
veniva fare  una  fondazione  in  Roma  ed 
aprirvi  un  convento  con  procuratore  pres- 
so la  curia  romana  o  s.  Sede.  Ad  ell'ettua- 
re  il  decretato  furono  mandati  in  Roma 
il  p.  Gabriele  dell'Assunta  ed  il  p.  Tuoi- 
peri  di  s.  Francesco,  il  p.  Francesco  del- 
l' Assunta  e  fi\  Giovanni  di  s.  Caterina 
converso.  Vi  giunsero  nel  marzo  dello 
stesso  1609,  e  dopo  superate  non  poche 
dillieoltà,  avendo  comprato  nel  settem- 
bre 161  i  una  casa  accanto  ad  una  delle 
Quattro  Fontane,  nel  sito  ove  ora  è  il  con- 
vento di  s.  Carlo,  detto  volgarmente  s. 
Carlino,  a'3  giugno  1612  la  ridussero  a 
forma  di  ospizio,  e  col  contemporaneo  ac- 
quisto dell'altre  due  contigue  case  l'am- 
pliarono a  guisa  di  convento.  Indi  edifi- 
carono una  piccola  chiesa  annessa,  la  qua- 
le dedicarono  alla  ss.  Trinità  ed  al  car- 
dinal s.  Carlo  Borromeo  arcivescovo  di 
Milano,  e  perciò  la  1. "eretta  sotto  l'invoca- 
zione di  tal  santo  dopo  la  sua  canonizza- 
zione, eseguita  da  Paolo  V  nel  1 6 1  o.  I  tri- 
nitari scalzi  spaglinoli  vi  presero  solenne 
possesso  e  vi  collocarono  il  ss.Sagramen- 
to,avendocelebratosolennemente  la  mes- 
sa il  cardinal  Ottavio  Bandini  protetto- 
re dell'ordine.  A' 19  aprile  1 638  il  cardi- 
nal Francesco  Barberini  nipote  d'Urba- 
no Vili  pose  lai. "pietra  per  la  nuova  chie- 
sa esistente,  venendo  edificata  sulla  pre- 
cedente troppo  meschina  in  miglior  for- 
ma, ed  anco  il  convento  fu  rifabbricato 
al  modo  come  si  vede.  Dall'epoca  di  det- 
ta fondazione  sino  al  presente  il  conven- 
to di  s.  Carlo  è  stato  consideralo  conven- 
to nazionale  spagnuolo,per  procurare  nel- 
la curia  romana  gli  all'ari  della  congre- 
gazione de'medesimi  trinitari  scalzi  spi 
gnuoli,  i  quali  sempre  hanno  formalo  la 


TRI 
comunità  del  convento  in  discorso,  e  tut- 
tora proseguono.  Urbano  Vili  col  breve 
Commissi  nobis,  de'g  agosto  i  624,  Bull. 
Rom.  t.  5,  par.  5,  p.  24°'-  Nefralret  re- 
formatidiscalccati  ss.  Trini talis Hispa- 
niac  ,  post  emissam  professionali ,  sub 
quovis  pr  aetextu.tr  anseat  ad  aliosquos- 
cumque  or dine s ,  etiam  fratrum  mini- 
morum  s.  Franeisci  de  Paula ,  excepto 
carthusianorum  ordinem.  Indi  col  breve 
Ex  ineumbenti ,  de' 5  settembre  i63i, 
Bull,  cit.,  t.  6,  par.  1,  p.  286,  concesse 
l'indulto  a'  trinitari  scalzi  di  Spagna,  di 
questuare  e  ricevere  limosine,  oblazioni 
e  legati  ,  0  qualunque  altro  sussidio  pel 
riscatto  degli  sebiavi  cristiani.  Di  più.  Ur- 
bano Vili  col  breve  Injuneti  nobis, dei 
22  agosto  1  633,  Bull.  cit.  p.  359:  De  va- 
catione,  non  expleto  sexennio  ,  et  aliis 
casibus  ministri  genera lis  fratrum  di- 
scalceatorum  ordinis  reformatorum  ss. 
Trini tatis  redemptionis  captivorumfli- 
spaiùarum.  A'medesimi  colla  bolla  Re- 
danploris  nostris  ,  de'28  marzo  1 634, 
Bull,  cit.,  p.  382,  comunicò  tutti  i  privi- 
legi degli  ordini  mendicanti  e  non  men- 
dicanti, non  ebe  delle  congregazioni  dei 
chierici.  E  col  breve  Cimi  sicul  aceepi- 
mus,  de'29  ottobre  i634,  Bull.  Rom.  t. 
6,  par.  2,  p.  9:  Prohibetur,  quominus  de 
caetero  recipiant  personas  saeculares 
ad  habitum  Donatorum.  Iis  vero  ,  qui 
nuìie  exislunt  sub  nomine  Donatorum, 
habitum,  nomenque  Laicorum  concedi 
posse  permittitur.  Avea  Paolo  V  divisa 
la  congregazione  de'riformati  scalzi  spa- 
gnuoli  in  due  provincie,  ciascuna  delle 
quali  dovea  essere  governata  da  un  pro- 
vinciale, permettendo  d'avere  un  vicario 
generale  pel  governo  di  tutta  la  congre- 
gazione, però  la  sua  elezione  dovea  essere 
confermata  dal  ministro  generale  di  tut- 
to l'ordine;  ma  Urbano  Vili  interamen- 
te esentò  dalla  giurisdizione,  ubbidien- 
za e  superiorità  di  questo  i  trinitari  scalzi 
spagnuoli, e  permise  di  eleggerei!  proprio 
ministro  generale,  il  quale  fosse  indipen- 
dente capo  della  loro  congregazione,  me 

VOL.  LXXX. 


TRI  3  1 3 

diante  la  bolla  Ex  quo  reginien,  de  28 
febbraio  i636,  Bull,  cit.,  p.  52.  Quindi 
col  breve  Exponi  nobis,  de'3  dicembre 
1 636,  Bull,  cit.,  p.  83, esentò  il  ministro 
generale  dopo  la  sua  elezione  da  qualun- 
que conferma.  Finalmente  Urbano  Vili 
col  breve  Alias  a  nobis,  de  ^  aprile  1637, 
Bull,  cit.,  p.  96:  Ne  fratres  discalccati 
ss.  Trinitalisf  post  emissam  professio- 
nal! possi nt  transire  ad  ordinem  fra- 
trum minimorum  s.  Franeisci  de  Pau- 
la. Clemente  X  col  breve  Inscrutabili  di- 
vinae  providentiae,  del  1 .°  luglio  1 676, 
Bull.  Rom.  t.  7,  p.  334,  confermò  le  co- 
stituzioni della  congregazione  de'lrioita- 
ri  scalzi  spagnuoli,  e  le  pubblicò  collo  sles- 
so diploma.  Dipoi  Innocenzo  XII  col  bre- 
ve Exponi  nobis,de\  1  ."marzo  1 6cji,Bull. 
Rom.  t.  9,p.  240:  Permittitur moderatio 
particulae  Constitutionum,  de  nonnul- 
lis  ad  habi inni  non  recipiendis.  Essendo- 
si successivamente  aumentato  il  numero 
de'conventi  nella  Spagna, si  divise  la  con- 
gregazione in  3  provincie,  a  cui  si  diero- 
no  i  nomi  della  Concezione,  dello  Spirito 
Santo,  e  della  Trasfigurazione.  Nel  1 6H6 
i  trinitari  scalzi   ottennero  a  mezzo  del 
cardinal  Denoll, dal  redi  Polonia  Giovan- 
ni 111,  un  convento  a  Leopoli,  i  di  cui  re- 
ligiosi si  d'illùsero  poi  in  altri  conventiche 
si  fondarono  in  diverse  provincie  di  Polo- 
nia, e  formarono  la  4."  provincia  di  que- 
sta congregazione, la  quale  ebbe  altresì  la 
5.a  in  Germania,  ove  questa  riforma  pas- 
sò dalla  Polonia  nell'impero  di  Leopoldo 
l,il  quale  concesse  a'religiosi  una  casa  nel- 
la sua  capitale  Vienna,  la  quale  ne  pro- 
dusse altre  in  Ungberia  e  in  Boemia.  Fi- 
nalmente Papa  Clemente  XI  eresse  la  6.* 
provincia  in  Italia,  cui  die  il  nome  di  s. 
Giovanni  de  Matha,  ed  alla  quale  unì  i 
conventi  di  Torino,  di  Livorno,  di  Fau- 
con  nella  Provenza  ,  die  appartenevano 
agli  scalzi  di  Francia.  Lo  stesso  Clemente 
XI  col  breve  Exponi  nobis, de1 '20  novem- 
bre 1  705,  Bull.  Rom.  1. 1  o,  p.  1 5 1 ,  cano- 
nicamente unì  i  conventi  delle  provincie 
d'Italia  all'ubbidienza  del  ministro  gene- 
21 


3.4  TRI 

rale  della  congreg.i7.ione  di  Spagna;  im- 
perocché! religiosi  dal  1688  in  poiavenno 
i  iscattato  piùdi  2000 Schiavi (  V. ^reden- 
zione ili  cui  gli  avea  incaricati  anco  il  pre- 
decessore Innocenzo  XII  ed  egli  stesso.  Il 
solo  p.  Pietro  di  Gesti  procuratore  gene- 
rale in  Roma,  nel  1701  essendosi  recato 
a  Tunisi,  ne  riscatto! 4',  e '•  condusse  in 
Roma.  Clemente  XI  col   breve  Exponi 
Tiobis  nuper,  de'6  dicembre  1  7  ig,  Bull. 
Jiom.  1. 1  ij  par.  2,  p.  1  53,  confermò  il  de- 
creto del  capitolo  generale,  Demutatio- 
ne  vcstis  fratrum  dona  tortini  seti  lai- 
corum,  exfusca  in  nigram.  Indi  col  bre- 
ve Exponi  nobis,  de'2  marzo  1720,  Bull. 
cit.,  p.  \5j,  concesse  che  il  commissario 
generale  dell'ordine  continuasse  nell'uf- 
fizio, anche  se  avanti  il  capitolo  vacasse 
il  ministro  generale.  BenedettoXIII  eres- 
se in   Polonia  la  nuova   provincia   di   s. 
Gioacchino  padre  della  B.  Vergine,  col 
breve  Ad  monetilo.'!,  de'2  1  gennaio  1  726, 
Bull.  Boni.  t.  12,  p.  64;  altra  ne  eresse 
conio  conventi  negli  siali  di  casa  d'Ali* 
Siria,  col  breve  Sacrosancti  apostolalus, 
de'i4  agosto  1  727,  Bull,  cit.,  p.  246.  Di 
più  col  breve  Alias,  de'3o  settembre,  lo- 
co cit.,  p.  256,  concesse  la  facoltà  di  eri- 
gere un'altra  provincia  co'conventi  d'I- 
talia e  d'altro  parti.ClementeXIll  col  bre- 
ve Pastoralis  officii,  degli  1  1  settembre 
1  73o,  Bull.  1. 1  3,  p.  34,  confermò  gli  sta- 
tuti e  decreti  fitti  nel  capitolo  e  defini- 
torio generale;  ed  altrettanto  fece  col  bre- 
ve In  supremo,  de'  io  dicembre  1 733, 
Bull,  cit.,  p.  368.  e  nel  qualesono  ripor- 
tati. Col  breve  Inter  rcligiosorum,<ìe'2 
ngosto  1738,  Bull.  1. 14,  p.  253, Clemen- 
te XII  confermò  e  pubblicò  le  costituzio- 
ni de'trinitati  scalzi  della  congregazione 
diSpagna.ClementeXIll  coll'autorilàdel 
breve  Nuper  prò  parte,  de'3  settembre 
1761,  Bull.  Boni.  cont.  t.  2,  p.  1 96:  De- 
cretum  quo  reforma liones  ,  nonnullo- 
rum  capitum  constitutionis  approban- 
tur,  apostolicae  auc  tori  tate  con  firma- 
tur  et  rohatur.  Indi  col  breve  Sacrosan- 
cti,(ie'  10  dicembre  1761,  Bull.  cit.,p.2i  3: 


T  R  I 

Ne  recursus  ad  appellationes  haberi  de- 
heant  contea  statata  ordinis,  et  peculia- 
re s.  Congrega  tionis  specialis  decretimi 
juhet  sub  nullità  te,  aliisque  poenis.  Per 
un  secolo  e  mezzo  la  riforma  stabilita  dal 
b.  Gio.  Ballista  fu  governata  da  un  ge- 
nerale, benché  contasse  molle  piovincieo 
congregazionijComequelle  di  Francia,  Ita- 
lia, Austria,  Polonia,*Spagna,  ec;  ma  nel 
1760  per  le  vicende  politiche  e  altre  dif- 
ficoltà che  impedirono  la  riunione  de' vo- 
cali capitolari,  le  congregazioni  d'Italia, 
Austria,  Polonia  e  Francia  cessarono  di 
comunicare  con  quella  di  Spagna,  ch'era 
stata  di  tutte  la  1.*,  ed  allora  vedendosi 
questa  come  sola  domandò  a  Pio  VI  l'op- 
portnnefacollà  pel  suo  generale; ed  il  Pa- 
pa con  rescritto  della  s.  Penilenzieria  dei 
io  maggio  1784,  le  concesse  la  facoltà  di 
poter  ila  se  sola  fare  capitoli  generali,  ed 
in  essi  eleggersi  il  proprio  e  particolare 
generale  e  gli  altri  rispettivi  superiori,  e 
da  quella  continuò  a  fare.  JVeli84o  mo- 
rì il  p.  generale,  e  il  procuratore  genera- 
le della  stessa  congregazione  di  Spagna 
R.mo  p.  Giovanni  della  Visitazione  do- 
mandò a  Gregorio  XVI  il  da  farsi  in  cir- 
costanze che  la  congregazione  ili  Spagna 
non  contava  che  il  convento  di  s.  Carlo  di 
Roma, e  la  Spagna  era  in  tumulto,  oppri- 
mendosi i  religiosi  di  tutti  gli  ordini  con 
persecuzione  e  anarchia  che  pose  a  soq- 
quadro cogli  altri  religiosi  anche  i  trinita- 
ri scalzi  spagnuoli,  molti  de' quali  supe- 
rati gravi  pericoli  poterono  fuggire  in  Ro- 
ma e  stabilirsi  in  detto  convento,  l'unico 
loro  restato,  dedicandosi  a  gloria  di  Dio 
e  bene  delle  anime  ,  nella  redenzione  di 
esse  dalla  schiavitù  del  demonio,  scopo 
principale  del  loro  istituto.  Pertanto  Pa- 
pa Gregorio  XVI,  con  rescritto  della  con- 
gregazione de' vescovi  e  regolari  de*23  a- 
pi  ile  ili  detto  anno,  nominò  commissario 
apostolico  l'encomialo  p.  procuratore  ge- 
nerale, con  facoltà  di  nominare  altri  su- 
periori senza  capitolo.  Passato  a  miglior 
vita  il  commissario  apostolico,  il  regnan- 
te Papa  Pio  IX  nominò  l'attuale  colle  me- 


T  II  I 


desiine  facoltà  di  generate.  La  congrega- 
zione de'lrinitari  scalzi  d'Italia  possiede 
diverse  chiese  e  con  venti,  come  in  Napo- 
li,Rocca  Guglielma,  Arpino(Livorno, Pa- 
lestrina  ,  Rocca  di  Papa  nella  diocesi  di 
Frascati,  s.  Oreste  nell'abbazia  delle  Tre 
Fontane,  ed  in  Terracina  con  quella  ma- 
gnifica chiesa  che  descrissi  in  tale  artico- 
lo. In  Roma  hanno  i  conventi  e  le  chie- 
se di  s.  Maria  delle  Fornaci,  di  s.  Griso- 
gono  in  Trastevere,  e  di  s.  Marta.  Tutti 
i  religiosi  di  questa  congregazione  sono 
italiani.  Ha  quest'ordine  prodotto  molti 
religiosi  d'eminenti  virtù,  santità  di  vita 
e  dottrina,  de'quali  il  p.  Diego  della  Ma- 
dre di  Dio  descrisse  le  vite  nelle  Crona- 
che della  congregazione,  in  cui  si  fa  men- 
zione de' suoi  scrittori.  Il  p.  Raffaele  di 
s.  Giovanni  ministro  generale  pubblicò 
un  trattato  sull'elezione  canonica,  e  mol- 
te altre  opere.  Tra  quelli  che  fiorirono  in 
santità  di  vita,  oltre  il  fondatore,  ricor- 
derò il  b.  Michele  de' Santi  il  .)spagnuo- 
lo,  le  cui  virtù  in  grado  eroico  approvò  Be- 
nedetto XIV  ed  i  miracoli  riconohbe  Pio 
VI  che  lo  fece  solennemente  beatificare: 
ora  pe'miracoli  da  Dio  operati  a  sua  in- 
tercessione, già  approvati  dalla  s.  congre- 
gazione de'riti,  si  procede  alla  sua  cano- 
nizzazione^ seconda  del  decreto  della  me- 
desima dell'i  i  settembre  1 84 1 ?  confer- 
mato da  Gregorio  XVI.  Altri  illustri  tri- 
nitari scalzi  furono  il  p. Giovanni  dis. Giu- 
seppe; il  p.  Tommaso  della  Vergine  Ma- 
ria,  le  vite  de'quali  descrisse  il  gesuita  p. 
Alfonso  Andrada,  e  di  cui  fu  introdotta 
la  causa  per  la  beatificazione.  Il  p.  Giro- 
lamo Fantini  lucchese,  già  confessore  di 
Pio  VI  in  Roma,  per  tale  fu  preso  nuo- 
vamente da  quel  Papa  quando  fu  depor- 
tato a  Siena,  alla  Certosa  di  Firenze,  ed 
a  Valenza,  e  lo  assistè  indefessamente  fi- 
no alla  morte,  come  narrai  nella  biogra- 
fia di  Pio  VI.  L'abito  de'lrinitari  scal- 
zi consiste  in  una  tonaca  con  maniche  di 
panno  grosso  bianco,  in  simile  cappuccio 
tondo  e  angusto,  e  lo  scapolare  su  cui  e 
corrispondente  al  petto  è  cucila  una  cro- 


T  R  I  3.5 

ce  rossa  e  turchina,  della  forma  detta  pia  • 
na  ocortata;  incedono  scalzi,  usando  san- 
dali, né  portano  il  cappello.  Quando  e- 
scono  di  casa  o  vanno  in  coro  assumono 
la  cappa  o  mantello  che  giunge  siuo  alle 
ginocchia,  con  cappuccio,  di  panno  gros- 
so nero,  che  prima  era  di  color  tanè,  e 
nella  parte  sinistra  vi  è  attaccala  altra  cro- 
ce come  la  descritta.  Cingono  la  tonaca 
con  cintura  di  cuoio,  usando  la  lana  sul- 
la nuda  carne.  Ne  riportano  la  figura  con 
un  cenno  il  p.  Conanni,  Catalogo  degli 
ordini  religiosi,  1. 1,  p.  89;  ed  il  Cappa- 
roni  con  figura  colorata,  nella  Raccolta 
degli  ordini  religiosi  che  esistono  in  Ro- 
ma. In  questa  città  i  trinitari  scalzi  spa- 
gnuoli  e  italiani  possiedono  le  4  chiese  e 
conventi  che  vado  a  descrivere,  dimoran- 
do il  commissario  apostolico  de'trinitaii 
scalzi  spagnuoli,  R.mo  p.  Giuseppe  della 
ss.  Trinità,  nel  convento  dis.  Carlo  alle 
Quattro  Fontani-;  ed  il  ministro  genera- 
le de'trinitaii  scalzi  della  congregazione 
d'Italia,  che  ora  è  il  R.m»  p.  Antonio  del- 
la Madre  di  Dio,  nel  convento  di  s.  Gri- 
sogono,e  così  il  procuratore  generale,  che 
di  presente  è  il  R.mo  p.  Andrea  di  s.  A  - 
gnese.  Dell'ordine  trattò  ancora  il  p.  He- 
iyol,  nella  Storia  degli  ordini  religio- 
si, t.  2,  cap.  47  :  De'  religiosi  trinitari 
scalzi  di  Spagna;  ed  il  p.  Annibali  da 
Latera,  Compendio  degli  ordini  regola- 
ri esistenti,  t.  r,cap.  34'-  Di  varie,  rifar 
ine  dell'ordine  de' trinitari.  Lo  stemma 
dell'ordine  formasi  d'un  campo  bianco, 
colla  suddetta  croce  rosso-turchina,  e  lo 
scudo  ha  per  cimiero  la  corona  reale  di 
Spagna.  Si  può  leggere  :  Summariuni 
Indulge  ntiarurn  a  Summit  Pontijicibus 
coneessarum  Confratcrnitatibus  ereclis 
et  inst*tutis  ab  ordine  ss.  Trinitatis  Re- 
demptionis  captivorum  Divina  rivclatio- 
ne  j nudato  a  ss.Ioanne  deMatha  etFcli- 
cede  Valo'iS)  Romaei8o3.  In  quest'opu- 
scolo vi  è  la  benedizione  dello  Scapolare, 
quelladel  Trisagio  e  il  modo  di  recitarlo, 
l'indulgenza  per  la  novena  della  ss.  Tri- 
nità, e  tutte  le  altre  indulgenze  accennale. 


3i6  TRI 

Chiesa  dis.  Carlo  alle  Quattro  Fon- 
tane. Nel  rione  Monti,  per  la  Strada  Pi* 
e  adiacente  al  quadrivio  delle  Quattro 
Fontane  (P.),  cioè  nell'angolo  meridio- 
nale, sul  Monte  Quirinale.  La  fabbrica- 
rono i  trinitari  scalzi  spaglinoli  nel  1 638, 
sopra  la  sum mentovata  antecedente,  con- 
tribuendovi generosamente  il  cardinal 
Francesco  Barberini  nipote  d*  Urbano 
Vili.  Ne  fu  architetto  il  bizzarro  cav.  Bor- 
1  omini  comasco,  e  si  vuole  che  fosse  la  i  .a 
fabbrica  colla  quale  cominciò  ad  acqui- 
stare rinomanza.  Egli  die  saggio  di  mira- 
bile ingegno  e  di  fino  intendimento,  poi- 
cbè  in  luogo  così  ristretto  e  angusto,  on- 
de volgarmente  dicesi  s.  Carlino  ,  seppe 
abilmente  distribuire  un' abitazione  beu 
decorata,  con  tante  comodità  e  bellissi- 
mo cortile,  ed  una  chiesa  con  tanta  va- 
ghezza, leggiadria  e  distribuzione  di  alta- 
ri, di  ripieghi  e  curiosità ,  così  bene  or- 
nata, ricca  e  luminosa,  oltre  il  lodato  sot- 
terraneo, per  cui  è  considerala  comune- 
mente un  miracolo  dell'arte.  Ma  il  seve- 
ro e  strano  Milizia,  Le  vite  de  più  cele» 
bri  architetti,  ne  die  Quest'opposto  giu- 
dizio.» Il  delirio  maggiore  del  Lion  omini 
è  la  chiesa  di  s.  Carlino  alle  Quattro  Fon- 
tane. Tanti  retti,  concavi  e  convessi,  con 
tante  colonne  sopra  colonne  di  diversa  sa- 
goma ,  e  finestre  e  nicchie  e  sculture  io 
sìpocafacciatina,  son  cose  che  fan  pietà". 
Tanto  il  prospetto  esterno  della  chiesa 
che  del  convento,  lo  riprodusse  il  Venu- 
ti nella  Roma  moderna  a  p.  1 58.  L'inter- 
no è  dittico,  come  ancora  ovale  è  la  cupo- 
la. Il  quadro  dell'altare  maggiore  è  una 
bell'opera  di  Pietro  Mignard  detto  il  Ro- 
mano, e  rappresenta  la  ss.  Trinità,  il  car- 
dinal s.  Carlo  Borromeo,  con  altri  santi: 
questo  stesso  pittore  dipinse  pure  l'Ali- 
nunziazione  della  Vergine  sulla  porta,  la 
quale  pittura  fu  poi  coperta  o  restò  di- 
sfatta nel  1 855  per  l'orchestra  fissa  e  per- 
manente costruita  con  disegni  del  cav.  Fi- 
lippo Martinucci.  Lai. "cappella  a  sinistra 
ha  un  quadro  dipinto  da  Gio.  Domenico 
Cei  riui  perugino.Quello della  cappella se- 


TR  I 

guente,esprimentela  ss.  Vergine  con  Ge- 
sù Cristo,  è  del  Romanelli.  Di  là  dall'al- 
tare maggiore  ili. "quadro  è  del  nomina- 
lo Cerriui;  finalmente  il  ss.  Crocefisso  coi 
santi  nell'  ultima  cappella  è  di  Giusep- 
pe Milanese.  Questa  è  la  descrizione  che 
dei  quadri  degli  altari  fanno  i  descritto- 
ri delle  chiese  di  Roma.  E  però  di  fatto 
che  l'altare  laterale  al  maggiore  ha  per 
quadro  l'effigie  del  b.  Gio.  Battista  fon- 
datore della  riforma,  e  nel  medesimo  al- 
tare vi  si  venera  un'  immagine  di  Gesù 
Nazareno  mollo  miracolosa, con  bella  cor- 
nice intorno.  Nell'altare  di  contro  il  qua- 
droespriitte  l'effigie  del  b.  MicheledeSau- 
tis  dipinto  dalia  de  Augelis,  nell'atto  che 
cambia  il  suo  cuore  con  quello  del  Sal- 
vatore: solto  a  tale  quadro  vi  è  l'imma- 
gine del  Cuore  di  Maria  molto  miracolo- 
sa,con  cornice  eguale  a  quella  di  Gesù  Na- 
zareno ,  anch'essa  colorita  dalla  lodata 
pittrice.  Vie  il  monumento  sepolcrale  del 
cardinal  Deno/T,  da  Giovanni  III  redi  Po- 
lonia inviato  a  Innocenzo  XI  per  la  libe- 
razione di  Vienna.  Nella  libreria  del  con- 
tiguo convento  è  il  bel  quadro  d'Orazio 
Burgianui,  rappresentante s.  Carioche  a- 
dora  la  ss.  Trinità,  che  già  stava  nell'al- 
tare maggiore,  come  avverte  il  Venuti. 
OsservaCaucellieri  nella  Descrizione  del- 
la basilica  Vaticana,  che  1'  area  della 
chiesa  econveuto,  secondo  le  misure  pre- 
se, hanno  la  slessa  circonferenza  d'  uno 
de'4  gran  piloni  che  sostengono  la  cupo- 
la Vaticana.  Oltre  la  festa  del  santo  tito"- 
lare  s.  Carlo  a'4  novembre,  vi  si  celebra 
solennemeule  quella  di  Gesù  Nazareno, 
a'->.  3  ottobre, per  la  di  vota  immagine  che 
ivi  si  venera.  E  una  gloria  di  quest'ordi- 
ne l'avere  propagato  in  lutto  il  cristiane- 
simo la  divozione,  lo  scapolare  e  la  no- 
vena dell'adorabile  Gesù  Nazareno:  ecco- 
ne  la  breve  notizia  che  ricavo  dalla  sua 
Novena.  Una  divola  immagine  di  Gesù 
Nazareno,  vestito  di  tunica  rossa,  col  ca- 
po coronato  di  spine  e  colle  mani  legale 
da  una  corda,  era  nella  chiesa  della  for- 
tezza o  castello  di  Mumora  in  Africa  o 


TRI 
S.  Michele  oltre  mare.  S'ignora 'quando  vi 
foxse  portata,  ma  rappresenta  grande  an- 
tichità, e  da  molti  anni  trovavasi  esposta 
alh  pubblica  venerazione  de'  fedeli.  Nel 
1 68  i  entrati  i  mori  nel  regno  di  Fez,  ed 
espugnata  Memora,  fecero  sacrilegamen- 
te schiave  tutte  le  ss.  Immagini  di  detta 
chiesa,  e  per  impulso  di  furore  diabolico 
l'oltraggiarono  vituperosamente,indi  per 
maggior  dileggio  le  portarono  come  tro- 
fei alla  corte  di  Mequinez,  restando  de- 
solati e  piangenti  di  dolore  i cristiani  a  cui 
le  aveano  predate,  che  fatti  schiavi  era- 
no afflitti  spettatori  delle  derisioni  e  mot- 
teggi di  cui  etano  segno  la  venerabile  ef- 
figie di  Gesù  Nazareno,  e  quelle  della  B. 
Vergine  e  de'santi.  Pervenuta  l'infausta 
notizia  dell'accaduto  in  cognizione  de're- 
Jigiosi  trinitari  scalzi,  dedicati  alla  re- 
denzione degli  schiavi,  animati  da  fer- 
voroso zelo  si  portarono  nel  barbaro  re- 
gno, senza  curare  il  pericolo  al  quale  si 
esponevano.  Piacque  a  Dio  di  consolarli, 
secondando  col  suo  potente  aiuto  nel  1682 
e  con  felice  successo,  i  travagli  e  le  perse- 
cuzioni patite  da'religiosi,  onde  poterono 
ricuperare  e  riscattare  221  schiavi  cri- 
stiani, e  16  ss.  Immagini,  tra  le  quali  la 
più  distinta  di  Gesù  Nazareno,  che  in  se- 
gno d'  essere  stala  trattenuta  tra'mori  e 
di  averla  ripresa  da  essi  nel  generale  ri- 
scatto, porla  sul  pelto  lo  scapolare  de' Ivi' 
nitari,  ossia  abitino  bianco  colla  croce  ce- 
leste e  rossa,  ch'è  la  particolare  insegna 
degli  schiavi  redenti  e  dell'ordine  Trini- 
tario. La  veneranda  immagine  di  Gesù 
Nazareno  fu  portata  in  Madrid  capitale 
della  Spagna  a  modo  di  religioso  trion- 
fo, e  con  divota  solenuissima  processione 
fu  collocata  nella  chiesa  dell'ordine,  tra 
la  generale  compunzione  dell'innumera- 
bile  popolo  d'ogni  grado  accorso;  le  al- 
tre ss.  Immagini  venendo  poi  donate  a 
diversi  principi  esovrani  che  vivamente  le 
bramavano.  La  chiesa  divenne  tosto  un 
santuario,  a  cui  con  sagri  pellegrinaggi  si 
recarono  da  tutta  la  Spagna,  da  ogni  par- 
te e  sino  dall'Indie  orientali,  a  prestare 


T  II  I 


3(7 


alla  santa  effigie  di  Gesù  Nazareno  Po- 
maggio  della  profonda  e  universale  ve- 
nerazione,  aumentata  e  confermata  da 
strepitosi  e  stupendi  miracoli  operati  dal- 
la divina  misericordia,  con  innumerabi- 
li conversioni.  Tosto  i  trinitari  di  (fusero 
dappertutto  la  divozione  alla  gloriosa  im- 
magine di  Gesù  Nazareno,  nostro  tenero 
conforto  nelle  afflizioni,  ed  oggetto  di  ge- 
nerale fiducia  ne'travagli  in  questo  mise- 
ro terreno  e  temporaneo  nostro  albergo, 
nell'invocarne  il  possente  e  divino  patro- 
cinio, e  nel  praticare  il  pio  esercizio  del- 
la novena  per  la  festa  e  nelle  tribolazio- 
ni e  bisogni.  Di  presente  ancora  la  vene- 
rabile immagine  riscattata  da'  mori  è 
nella  chiesa  in  cui  fu  portata  a  Madrid, 
già  delconventode'trinitari  scalzi,  ed  ora 
delle  monache  agostiniane.  Tra  le  altre 
ss.  Immagini  e  simulacri  di  Gesù  Nazare- 
no, che  in  Roma  principalmente  sono  te- 
nero e  fiducioso  oggetto  della  generale 
divozione,  merita  chequi  in  particolare 
ricordi  e  di  votamente  celebri  l'antica  ve- 
nerabilissima immagine  di  statua  in  pie- 
no rilievo  delle  monache  del  ss.  Bambino 
Gesù  {V.)  di  Roma  stessa  (le  quali  gran- 
demente fioriscono,  ed  hanno  oltre  l'e- 
ducandato, a  peculiare  istituto  l'istruire 
e  ben  disporre  le  fanciulle  a  ricevere  san- 
tamente lai."  comunione,  e  di  dare  an- 
nuali mute  di  profittevoli  esercizi  spiri- 
tuali a  oneste  e  civili  zitelle  e  donne;  e 
pel  loro  mirabile  incremento,  ora  stanno 
ampliando  la  fabbrica  del  monastero  di 
nuovo  braccio)  e  esistente  nella  loro  chie- 
sa omonima,  la  quale  ad  essa  pervenne 
in  un  modo  portentoso  e  singolare,  e  fu 
d'allora  in  poi  sempre  inesausto  fonte  di 
grazie  a  chi  con  viva  fede  vi  ricorre,  on- 
de ne  dispensano  gli  Scapolari  e  l'adora- 
bile effigie.  Siccome  questa  si  venerava 
privatamente  in  una  delle  cappelle  inter- 
ne del  monastero,  e  soltanto  esponevasi 
solennemente  nell'altare  maggiore  della 
propinqua  chiesa  per  la  sua  festa  e  otta- 
va, quindi  ad  appagare  la  pubblica  divo- 
zione, con  lodevole  e  applaudito  divisa- 


3i8  TRI 

mento,  fu  dall'ottime  religiose  nel  1 856, 
pel  suo  maggior  cullo,  glorificazione  ed 
ossequio, collocala  decorosamente  in  mo- 
do stabile  in  tale  chiesa,  dentro  cioè  mio- 
•va  elegantissima  cappella,  appositamen- 
te edificata  iu  forma  di  nobilissimo  ta- 
bernacolo, ricavato  in  un  vano  a  destra 
presso  l'ingresso  della  chiesa,  sotto  la  can- 
toria, e  chiusa  con  bussole  di  noce  con 
cristalli.  Generosamente  vi  contribuì  la 
pia  munificenza  dell'amorevole  loro  pro- 
tettore il  cardinale  Mario  Matlei  vesco- 
vo di  Porto  e  s.  Ruflina,  sotto-decano 
del  sagro  collegio,  arciprete  Vaticano  e 
prefetto  di  Segnatura,  il  cui  stemma  fu 
dipinto  sull'interna  lunetta  della  porla, 
a  memoria  perenne,  poiché  all'idee  del- 
l' eseguito  fornì  i  rispondenti  preziosis- 
simi oggetti  che  compongono  il  teinpiet- 
to,e  sovvenne  di  considerevole  somma  di 
denaro  pel  suo  compimento.  L'  interno 
di  questo  leggiadro  monumento  è  ricco 
di  stucchi  dorati,  di  dipinti  e  pietre  pre- 
ziose variatissime;  e  nel  suo  maestoso  com- 
plesso desta  riverenza,  per  la  proporzione 
e  armonia  delle  parli,  e  presenta  in  com- 
pendio la  gravità  e  lo  splendore  del  cul- 
lo cattolico,  non  meno  come  iu  Roma  fio- 
riscono l'arti  belle  delle  quali  è  sempre 
madre  e  maestra.  La  sua  forma  è  di  cro- 
ce greca,  però  colle  braccia  latitudinali 
meno  prolungate  per  mancanza  d'altro 
spazio.  Il  tabernacolo  è  in  foggia  di  nic- 
chione  giralo  in  semicerchio,  la  di  cui  se- 
micuba  sostengono  4  colonne  corintie  iso- 
late d'alabastro  egiziano  fiaccolate  a  spi- 
ra. Nella  cavità  rispondono  ad  esse  4  P** 
laslri  dello  slesso  marmo  a  capitelli  e  ba- 
si dorate,  a'quali  si  frammettono  pareti 
formate  da'marmidi  verde  antico,  di  pao- 
nazzelto,  di  sette  base,  di  giallo  antico,  tut- 
ti disposti  mirabilmente.  Il  grado  dell'al- 
tare pe'candellieri  è  abbellito  da  a5  cir- 
coli di  metallo  dorato  framezzali  d'inta- 
gli d'oro  e  riempiuti  di  malachite,  diaspri 
rossi,  lapislazzuli,  astracani,  ametiste.  Nel 
iuo  mezzo  si  alza  un  piedistallo  di  fior  di 
pertico  e  giallo  antico,  sulla  cui  faccia  una 


T  8  I 

cornice  dorata  e  contornata  di  malachi- 
te racchiude  il  disco  composto  di  diaspri 
e  altre  pietre  preziose.  Su  questo  decoro- 
samente sedente  come  in  suo  trono  trion- 
fa l'effigie  miracolosa,  commovente  e  pie- 
tosa deli' Ecce  Homo,  per  la  quale  fu  eret- 
ta la  sagra  edicola.  L'altare  sottoposto  ha 
il  paliotto  pure  d'alabastro  d'Egitto  con 
simmetrici  sfondi  da  cui  spicca  il  verde 
plasma,  e  nel  mezzo  sopra  disco  di  fior  di 
persico  risplende  una  croce  di  metallo  do- 
ralo innestata  di  malachite  e  diaspri.  11 
resto  dell'edifizio  è  formalo  da  ordini  di 
parastate  cave  disposte  ad  angoli  salien- 
ti e  rientranti,  vestite  d'intrecci  d'acan- 
to o  candelliere  a  stucchi  dorali.  Su  que- 
sti incurvansi  e  posano  4  ardii  soste- 
nenti una  cupola  a  vela,  nel  cui  centro 
s'  apre  un  occhio  circondato  al  di  den- 
tro di  balaustra  e  coretto  per  le  mona- 
che. Le  volte  degli  archi  e  della  vela  so- 
no lavorati  a  stucchi  dorali  e  fascie  di 
greca  doppia,  e  sparsi  d'aligeri  e  serafini 
celesti  composti  a  umile adorazione,e  por- 
tanti gli  emblemi  dellaPassione.Sui  4  pen- 
nacchi della  vela  stanno  effigiati  a  tempera 
i  profeti  Ezechiele  ,  Daniele,  Geremia  e 
Isaia.  Nel  fondo  delle  due  suddette  brac- 
cia meno  prolungate,  si  vedono  dipinti  a 
olio  in  due  grandi  riquadri  la  Cattura  e 
la  Flagellazione  del  Redentore,  saggio  dei 
maturi  studi  e  squisito  ingegno  del  giova- 
ne romano  Francesco  Grandi,  eziandio 
autore  d'ogni  altro  dipinto  della  cappella. 
In  ciascun  lato  delle  due  braccia  longi- 
tudinali è  una  nicchia,  in  volticella  di  con- 
chiglia a  costole  dorate,  e  deutroesse  sono 
i  simulacri  de'4  Evangelisti  modellati  dal 
valente  giovane  cenlese  Stefano  Gattelli, 
artista  di  bellissime  speranze.  Sotto  agli 
ordini  di  parastate  ricingono  in  giro  tut- 
to 1'edifìzio  una  fascia  di  greca  doppia;  lo 
stilobate  che  infinge  perfettamente  le  di- 
verse specie  di  vari  marmi  e  I'  armonia 
delle  loro  combinazioni;  e  stremamente 
la  base  è  di  marmo  bianco  sopra  zocco- 
lo del  vero  porto  venere.  Finalmente  il 
pavimento,  che  nella  parte  mediana  ri- 


TRI 
balte  Io  scomparii menlo  della  vela,  lut- 
to è  di  elettissimi  marmi,  come  il  gial- 
lo antico,  il  porta  santa,  la  breccia  co- 
rallina, f  africano  verde,  il  fior  di  per- 
sico, il  cipollino,  il  paonazzelto.  Archi- 
tetto eticomiatissimo  e  generoso  di  ope- 
ra sì  vitruviana  e  divola,  gaia  e  ornalis- 
sima  è  il  prof,  conte  Virginio  Vespigna- 
ni,  dal  cui  fecondo  genio  e  attitudine  in 
esprimere  i  rapporti  degli  occhi  col  cuo- 
re, della  pietà  col  decoro  degli  altari  e  dei 
templi,  die  più.  saggi,  d'uno  de'quali  dis- 
si parole  d'ammirazione,  parlando  della 
prodigiosa  immagine  della  Madonna  del- 
l'Archetto del  Palazzo  Muti  Papazzur- 
ri(V.).  11  Giornale  di  Roma  del  i856 
a  p.  63o,  e  1*  Eptacordo  pure  di  Roma 
nel  n.°i  4  del  medesimo  auno,meglio  e  più 
degnamente  descrissero  quanto  qui  in 
breve  ho  riferito.  Inoltre  artisticamente 
e  coscienziosamente  illustrò  e  descrisse  la 
cappella,  il  eh.  Francesco  Gasparoni  ar- 
chitetto, colla  bella  Descrizione  della 
nuova  cappella  intitolata  a  Gesù  Na- 
zareno nella  chiesa  del  Bambin  Gesut 
Roma  tipografia  del  Vero  Amico  del  Po- 
polo 1 8  56.  L'encomialo  cardinal  Matlei 
con  solenne  rito  la  bencdi  a'27  aprile  in 
onore  dell'augusto  Gesù  Nazareno,  e 
d'allora  in  poi  venne  esposta  al  pubbli- 
co cullo. 

Chiesa  di  s.  Maria  dille  Grazie  det- 
ta delle  Fornaci.  Nel  rione  Borgo  e  fuori 
della  Porta  Cavallcggicri  (f.)}  prese  il 
nome  delle  Fornaci  dalla  porta  omoni- 
ina,di  cui  riparlai  uel  voi.  LI  V,p.  170, che 
all'una  e  all'alila  lo  diedero  le  propinque 
fornaci  e  fabbriche  di  mal  Ioni,  tegole,  va- 
si e  altri  materiali  di  argilla  e  creta  cot- 
ta, ed  il  Monte  della  Creta.  Il  Bombelli 
nella  Raccolta  dell' Immagini  della  B. 
Vergine  Maria,  t.  4,  p«  •  29:  La  Madon- 
na delle  Fornaci,  descrive  come  segue 
l'origiue  della  chiesa.  Giuseppe  Faraldi 
di  s.  Severina  in  Calabria,  piissimo  sacer- 
dote, e  Anna  Maria  Villa,  nobile  donzel- 
la romana,  verso  ili 683  fiorivano  in  Ro- 
ma per  la  pratica  di  specchiata  pietà.  Un 


TRI  3kj 

giorno  il  sacerdote  si  recò  con  alcuni  gio- 
vani suoi  allievi  nello  spirito  a  prendere 
innocente  sollievo  fuori  di  porla  Caval- 
leggieri, ed  ivi  posti  a  sedere  su  d'un  rial- 
to fecero  di  vota  conferenza;  piacque  il  pio 
esercizio  a'giovani,  che  bramarono  ritor- 
narvi e  rinnovare  l'utile  divertimento, ed 
il  loro  numerosi  aumentò.  L'umileeope- 
roso  sacerdote  impiegandosi  voloutieri  al 
vantaggio  spirituale  di  que' giovani ,  fu 
presoda  timore  che  in  quella  pratica  ci 
mettesse  dell'amor  proprio,  e  perciò  non 
piacesse  a  Dio.  Per  essere  sicuro  della  di- 
vina volontà,  ricorse  alle  orazioni  dell'en- 
comiala donzella  da  lui  pure  diretta,  e 
l'esemplare  penitente  l'ubbidì,  quindi  lo 
persuase  a  proseguir  l'opera  cominciata, 
promettendogli  la  divina  assistenza.  Ani- 
mato Faraldi  dalla  risposta,  a  maggior 
cautela  ne  domandò  il  beneplacitodel ce- 
lebre cardinal  Gaspare  Carpegna  vicario 
di  Roma;  nondimeno  due  giovani  furono 
cagione  che  l'opera  fosse  sul  punto  d'es- 
sere abbandonata,  e  colla  loro  uscita  dal- 
l'unione ritornò  la  pace.  Allora  la  com- 
pagnia de'giovani  cominciò  a  formare  iu 
detto  rialto  alcuni  gradini  per  comodo 
dell'adunanza,  alla  cui  costruzione  l'af- 
fittuario del  terreno  condiscese  cortese- 
mente; non  così  fece  il  procuratore  della 
ragguardevole  padrona  del  fondo,  minac- 
ciando il  sacerdote  e  i  suoi  allievi  di  di- 
sfare tutto.  In  questo  la  Villa  scrisse  pre- 
ghiera alla  dama,  la  quale  condiscese  pie- 
namente alle  brame  del  sacerdote,  onde 
potè  continuare  le  sue  costruzioni  tran- 
quillamente, vi  aggiunse  un  piccolo  pog« 
gio  per  ragionare  e  una  ccllella  di  ritiro 
per  asciugarsi  dal  sudore  ne'giorni  di  cal- 
do. Indi  volendo  decorare  il  luogo  con 
l'immagine  della  R.  Vergine  per  onorar- 
la con  pii  esercizi,  la  fece  dipingere  su  te- 
la da  Egidio  Alet  fiammingo,  che  la  rap- 
presentò iu  atteggiamento  umile  e  di  vo- 
to, tenendo  iu  seno  il  diviu  Bambino  in 
atto  di  benedir  colla  destra  e  sostenendo 
il  globo  colla  sinistra.  Fu  chiamata  s.  Ma- 
ria interceditrice  di  grazie,  ma  poi  il  voi- 


32o  T  R  I 

go  dalla  località  in  cui  si  venera  la  disse 
Madonna  delle  Fornaci.  La  pittura  es- 
sendo riuscita  con  lode  e  muovente  a  di- 
■vozione,appena  fu  esposta  al  pubblico  fu 
circondata  di  adoratori,  i  quali  riceven- 
done benefizi,  accorrevano  a  ringraziar- 
vi la  Regina  del  cielo  e  ad  implorare  il 
suo  patrocinio;  così  verificandosi  quanto 
avea  predetto  la  serva  di  Dio  Villa.  Per- 
ciò convenne  alzare  un  grosso  muro  per 
sostenere  il  terreno  cretoso  del  rialto.  A 
questa  spesa  supplì  l'impensata  limosina 
di  100 doppie  di  Francesco  li  duca  di  Mo- 
dena, in  riconoscenza  di  favore  ottenuto. 
Tra  le  altre  offerte  si  vide  presentare  il 
Faraidi  una  cassetta  per  ricevervi  le  li- 
mosine  con  uno  scudo  dentro,  e  per  de- 
licatezza ottenne  dal  cardinal  vicario  de- 
putali per  aprirla  e  per  amministrarle,  a 
motivo  die  molte  se  ne  fecero.Mentre  pro- 
seguivasr  il  lavoro,  il  capitolo  Vaticano 
vietò  d'andare  innanzi  e  l'adunanza,  co- 
me luogo  di  sua  giurisdizione.  Addolora- 
to il  sacerdote  cominciò  a  condurre  i  gio- 
vani a  s.  Croce  in  Gerusalemme, e  ricor- 
sealle  preghiere  della  Villa,  hi  quale  con- 
sigliò di  fare  un  memoriale  a  Innocenzo 
XI,  ed  il  cardinal  Carpegna, col  consenso 
del  capitolo  Vaticano,  rescrisse  la  conti- 
nuazione de'lavori  e  della  pia  unione.  In- 
tanto neh  683  si  l'orinò  una  chiesuola  di 
legno,  dedicandola  alla  Madonna  delle 
Grazie,  ma  per  l'acquisto  del  fondo,  i  pro- 
prietari pretendevano  nullo  l'operato  co- 
me fidecommisso.  Ferole  limusine  arri- 
vando a  più  di  scudi  100  mensili,  oltre 
la  copia  della  cera  e  l'abbondanza  dell'o- 
lio, si  potè  nel  1691  comprare  il  fondo, 
derogando  al  fidecommisso  Alessandro 
\  I  II,  e  (j  nindi  anche  cominciare  una  chie- 
sa di  materiale.  La  nuova  fabbrica  fu  e- 
retta  con  disegno  del  celebre  Andrea  Poz- 
zi gesuita,  e  si  fecero  le  suppellettili  sa- 
gre. Sopraggiunta  la  peste,  la  s.  Imma- 
gine fu  trasferita  prima  nella  chiesa  di  s. 
\  enaitiio  de'camerinesi,  poi  in  quella  di 
Tur  degli  Specchi,  quindi  nella  cappella 
della  Divina  Pietà  uel  palazzo  del  duca 


TRI 
Mattai,  perchè  avesse  culto,  mentre  eran- 
si  chiuse  le  porte  di  Roma  dalla  parte  di 
ponente  pel  contagio.  Cessato  il  timore  di 
questo,  fu  riportala  nell'antico  luogo  da 
Dio  destinatole,  ad  onta  di  tante  contrad- 
dizioni. Il  trasferimento  della  s.  Immagi- 
ne e  il  principio  del  suo  culto  con  qual- 
che differenza  di  particolari,  lo  narra  an- 
che il  Piazza  nel  suo  Cherosilogio  a  p. 
i  i4  ei  20;  ma  se  alcune  circostanze  sem- 
brano relative  alla  Madonna  delle  For- 
naci, in  fatto  è  una  s.  Immagine  affatto 
diversa. Tuttavia  perchè  non  ingerisca  in 
alcuno  errore  e  confusione,  ne  farò  cen- 
no. Secondo  il  suo  racconto  la  s.  Imma- 
gine fu  esposta  nel  silo  delle  Fornaci  dal 
sacerdote  Giovanni  (Stanchi)  della  Cro- 
ce d' A rezzo,e  che  nel  1  6^5  già  era  in  gran 
venerazione  e  si  diceva  Nostra  Signora 
de' Miracoli,  e  che  nel  pericolo  della  pe- 
stilenza venne  trasportata  in  S.Venanzio, 
residenza  della  nobile  congregazione  de- 
gli operai  della  Divina  Pietà,  e  indi  tra- 
sferita nella  chiesa  di  s.  Galla,  ove  anco- 
ra si  venerava  nel  1708  in  che  fu  pub- 
blicato il  libro.  Di  tal  congregazione  ce- 
lebra 1'  esemplare  e  zelante  aretino  per 
fondatore,  approvata  nel  1680  da  Inno- 
cenzo XI  e  confermata  nel  1  686  col  titolo 
di  Operai  della  Divina  Pietà.  Di  questo 
benemerito  istituto  tuttora  fiorente  par- 
lai nel  voi.  LV,  p.  1  5.  In  ulteriore  prova 
che  (ale  s.  Immagine  è  interamente  di- 
versa da  quella  della  Madonna  delle  For- 
naci, nella  zecca  pontificia  si  conserva  il 
conio  della  medaglia  coniata  per  l'erezio- 
ne della  chiesa  ,  che  vi  è  espressa  colla 
facciata  e  l'epigrafe:  IiinocentioAIfPotit. 
Max.  A.  V:  Gasp.  Card.  De.  Carpi  ne  a 
Urb,  Nel  rovescio  è  quest'iscrizione:  Ae- 
dis  s.  Mariac  Deum  nobis  exorantispìo* 
rum  elemosini s fundamenta  jacta  vele- 
ricoinpre/unsoSicclloeura  Joseph  i /'"a- 
raldi  in  Figulinis  Va tioanisfampridem 
constructo  an.  mdcxciv  quo  classìs  Ilo- 
ninna  faederatis  ad  Cidi  expugnatio? 
min.  subsidio  adivi t.  Quanto  al  IJombel- 
li  egli  prosegue  la  narrativa  con  dire,  che 


TRI 
la  serva  di  Dio  Villa  virtuosamente  mo- 
rì e  fu  sepolta  nel  sepolcro  gentilizio  nel- 
la chiesa  del  Gesù  innanzi  alla  cappella 
della  ss.  Trinità;  e  che  il  Faraldi  deside- 
rando morire  all'ospedale,  per  una  disgra- 
zia fu  portato  in  quello  della  Consolazio- 
ne ove  piamente  rese  l'anima  a  Dio.  In- 
di ri  ferisce,  che  nel  pontificalo  eli  Clemen- 
te XI,  dopo  la  conquista  fatta  sui  turchi 
da'cristiitiii  di  Belgrado  e  TemesAVar,  il 
Papa  donò  la  chiesa  a' religiosi  trinitari 
scalzi  spaglinoli  ,  i  quali  col  zelo  loro  la 
resero  più  decorosa  e  fornirono  magnifi- 
camente dell'occorrente;  i  quali  religiosi 
dipoi  la  concessero  a'trinitari  scalzi  della 
provincia  d'Italia,  che  ne  imitarono  l'e- 
sempio, custodendola  con  proprietà  ede- 
cenza. Dice  pure  che  tra  gli  altri  benefit- 
tori  della  chiesa  si  distinse  la  nobile  casa 
Passerini,  la  quale  colla  spesa  di  più  mi- 
gliaia di  scudi  fece  costruire  la  sontuosa 
cappella  isolata  che  forma  l'altare  mag- 
giore,con  tulli  marmi  fini,  e  in  mezzo  sul- 
1  altare  si  venera  la  miracolosa  immagi- 
ne della  Madonna  delle  Fornaci.  Quest'o- 
pera fu  cominciata  nell'aprile  i  724  e  ter- 
minata a'3o  ottobre  1  726;DenedelloXIII 
ne  cousagrò  l'altare,  concedendo  indul- 
genza plenaria  a  quelli  che  lo  a  vesserò  vi- 
sitato. I  descrittori  delle  chiese  di  Homa 
riferiscono,  che  i  trinitari  scalzi  spaglino- 
li la  rinnovarono  con  disegno  di  France- 
sco Multò,  ed  il  suo  interno  è  adorno  di 
pitture,  e  fabbricarono  il  contiguo  con- 
vento. Le  statue  deli. "altare  a  destra,  sa- 
gro a  s.  Gio.  Nepomuceno,  sono  di  stuc- 
co e  lavorate  da  Gio.  Battista  Maini;  le 
pitture  ne'lati  l'esegui  Francesco  Scara- 
muccia. La  2.a  cappella  ha  il  quadro  col- 
la ss.  Trinità  e  i  santi  dell'ordine  Trinita- 
rio, pittura  del  napoletano  Onofrio  Avel- 
lino. Nella  3."  Francesco  Fusi  colorì  s. 
Giovanni  deMalha  fondatore  dell'ordine. 
La  volta  dell'altare  maggiore  la  dipinse 
lo  stesso  Fusi.  Hi. "altare  a  sinistra  orna- 
to di  marmi,  l'eresse  il  cav.  Gio.  Bernar- 
dino Puntici,  e  contiene  il  quadro  di  Giu- 
seppe Chiari  esprimente  la  s.  Famiglia; 


TRI  32t 

il  laterale  a  destra  colla  Natività  di  Ge- 
sù, è  di  Nicolò  Bicciolini:  quello  a  sini- 
stra colla  Fuga  in  Egitto,  l'espresse  Pie- 
tro Bianchi;  le  lunette  sono  di  Marco  Be- 
nefial,ele  pitture  della  cupoletta  le  fece 
Pietro  de  Pietri.  Nel  convento  era  il  colle- 
gio di  s.  Maria  delleGrazie  della  delleFor- 
naci,  per  le  missioni  apostoliche  già  adi- 
date  a'trinitari  scalzi  del  riscatto  riforma- 
ti. Mentre  quest'ordine  vieppiù  prospe- 
rando si  propagava  nella  Spagna,  in  Por- 
togallo,^ Italia  e  in  molti  altri  regni  d'Eu- 
ropa, come  nell'Austria,  Ungheria,  Boe- 
mia, Transilvania,  Polonia,  Lituania  ,  il 
procuratore  generale  espose  a  Clemente 
XI  di  essere  desiderio  di  tutto  l'ordine 
d'avere  in  Roma  un  collegio  per  educar- 
vi i  migliori  giovani  di  tutte  le  provincie, 
per  renderli  più  adalti  alle  sagre  missioni, 
ed  intenti  alla  grand'opera  della  reden- 
zione degli  schiavi,  ed  essere  opportuna 
al  fine  proposto  la  chiesa  di  s.  Maria  delle 
Grazie  detta  delle  Fornaci  con  tutti  i  suoi 
beni  e  dipendenze.  Il  Papa  considerando 
che  questa  cessione  poteva  esser  utile  al- 
la Chiesa,  poiché  i  religiosi  presterebbe- 
ro un  aiuto  spirituale  alle  famiglie,  che 
tengono  domicilio  nelle  vigne  vicine,  e 
perchè  da  questo  luogo  uscirebbero  mis- 
sionari istruiti, condiscese  alla  richiesta,  e 
volle  formare  nel  medesimo  un  collegio 
o  seminario  apostolico  ,  come  quelli  dei 

francescani  di  s.  Pietro  Molitorio  e  di  s. 
Bartolomeo  all'Isola, e  sotlo  la  dipenden- 
za della  s.  congregazione  di  propaganda 

fide.  Pertanto  Clemente  XI  col  breve 
Ecclesia?  Catholicae,  dell'  8  novembre 
1720,  Bull.  Pont,  de  Propaganda  fi- 
de, t.  2,  p.  8,  eresse  in  collegio  delle  mis- 
sioni il  convento  di  s.  Maria  delle  Forna- 
ci ,  per  la  conservazione  e  propagazione 
della  fede  cattolica;  colle  condizioni  e  con- 
venzioni che  si  leggono  nel  medesimo, per 
la  fabbrica  eziandio  della  chiesa  e  del  col- 
legio^ del  compenso  da  darsi  a  d.  Ange- 
lo Finita  sabinese,  che  da  24  anni  custo- 
diva la  chiesa  con  lode.  Indi  Innocenzo 
XI li  col  breve  Ad pastoralis,  de'4  ag°* 


322  T  R  I 

stoi  72  i ,  Bull,  cit.,  p.  46,  die  le  regolo  a 
questo  (collegio  e  seminariodi  missioni  a- 
postoliche,  quali  in  esso  sono  espresse.  Do- 
po 6  anni  dovei  aprirsi  il  collegio,  ed  era 
questa  la  1  .'n  condizione  apposta  da  Cle- 
mente X 1  a ll'atto della  cessione  della  chie- 
sa e  casa;  ma  passarono  18  anni  prima 
che  si  aprisse  il  collegio,  per  proroga  ot- 
tenuta da'religiosi,  alla  quale  servi  di  ra- 
gione la  mancanza  di  mezzi  dopo  la  spesa 
fli  scudi  1  2,000.  Dipoi  Clemente  XIII  col 
breve  Injuncli  nobi.i ,  de'  17  settembre 
1  759,  Bull.  Pont,  de  propaganda  fide, 
t.  4iP»  2  1  teBull.  Roin.  cont.  t.  i,p.  2  32: 
Approbatio  decreti  congrega  tionis  pro- 
pa gandae /idei \nec  non  resolutionis  ca- 
pituli  generalis  ordì  ni  s  fratrum  excal- 
ceatorum  ss.  Trinilalis  redemplionis 
captivorum,(/uocollegiuni  romanum  de 
propagandajideB .  M.  Virginis  ad  For- 
naces  prope,  et  extra  nwenia  Urbis  ag- 
gregalur  familìae  Matrìs  Redernptoris 
extra  Ilispaniam.  Soppresso  il  collegio 
ne'primi  anni  del  corrente  secolo,  per  l'in- 
vasione francese,  tornò  in  vita  e  fu  ripri- 
stinato nel  pontificato  di  Leone  XII;  ma 
da  qualche  anno  ne  cessò  l'esistenza,  re- 
stando semplicemeuteconventOjSenza  cu- 
ra di  missioni  apostoliche.  Dopo  la  cadu- 
ta d' digerì  (F.)  conquistato  da  Carlo  X 
re  di  Francia  ,  e  le  relative  convenzioni 
degli  stati  Barbareschi  di  Tripoli  tuli  Tu  • 
nisi  (/"'.),  per  la  soppressione  della  pira- 
teria e  degli  Schiavi  (F.),  cessò  l'ogget- 
to principale  della  fondazione  di  questo 
collegio. 

Chiesa  di  s.  Grisogono,  titolo  cardi- 
nalizio con  parrocchia.  Avendo  in  tale 
articolodescriltola  chiesa  e  basilica  situa- 
ta nel  rione  di  Trastevere,  presso  la  via 
Lungarina,  contigua  alla  (piale  fu  il  Pa- 
lazzo apostolico  di  s.  Grisogono  (V.), 
poi  abitazione  de*  cardinali  titolari,  con 
convento  abitato  per  ultimo  da'carmeli- 
laui  calzati,  per  concessione  del  1 484  d'In- 
nocenzo Vili,  aggiungerò  alcune  altre  no- 
zioni relative  al  suo  attuale  sluto.  In  que- 
sta magnifica  chiesa  si  onora  l'immagine 


TU  I 

antica  in  musaico  della  Madonna  del  Car- 
mine, in  onore  della  quale  i  carmelitani 
nel  i543  istituirono  una  confraternita, 
sotto  il  titolo  del  ss.  Sagramenlo,  rinno- 
vando la  precedente  denominata  s.  Ma- 
ria Mater  Dei ,  1  guardiani  della  quale 
ottennero  dal  capitolo  Vaticano, che  a'7 
ottobre  1662  fosse  coronata  con  corona 
d'oro,  in  uno  al  divin  Figlio,  che  in  allo 
di  benedire  è  tenuto  tra  lesue  braccia.  Di 
quest'immagine  trattò  il  Bombelli,  Rac- 
colta delle  Immagini  della  B.  t'ergi- 
ne, l.  4>  p.  1  3 ,  ed  il  p.  Giacomo  Gabriele 
Povillard  carmelitano  ci  die  la  Breve  no- 
tizia dell'antica  e  divota  immagine  del- 
la delle  Grazie,  che  si  venera  nell'an- 
tichissima chiesa  di   s.   Grisogono  in 
Trastevere  da' pp.  carmelitani.  Inoltre 
il  p.  Povillard  lasciò  mss.  le  descrizioni 
delle  chiese  di  s.  Grisogono,  di  s.  Maria 
in  Traspontina, della  Madonna  di  Monte 
Sauto,  ede'ss.Silvestroe  Martino  a'Mon- 
ti,  appartenenti  al  suo  tempo  al  proprio 
ordine.  Per  la  festa   della    Madonna  del 
Carmine,chesi  celebra  in  s.Grisogono  nel- 
la domenica  fra  l'8.",  ha  luogo  la  solenne 
processione  che  fa  il  sodalizio  nella  seguen- 
te domenica.  Narrai  nel  voi.  LXVII,p. 
190,  che  avendo  il  Papa  Pio  IX  nel  184  7 
concesso  la  chiesa  e  convento  di  s.  Gri- 
sogono «'trinitari  scalzi,  trasferì  i  carme- 
titani  calza  ti, che  ivi  dimoravano,nella  ca- 
sa e  chiesa  di  s.  Nicola  a'Cesarini,  già  de' 
Somaschi,  a'quali  secondo  il  disposto  di 
Gregorio  XVI  avea  datola  chiesa  e  mo- 
nasterode'ss.  Alessioe  Bonifacio  sul  mon- 
te Aventino.  Si  legge  a  p.  264  dell'  Os- 
servatore Romano  del  i85o,  come  i  tri- 
nitari scalzi  festeggiarono  nella  basilica  di 
s.  Grisogono  martire  il  felice   ritorno  in 
Roma  di  Pio  IX,  in  occasione  della  festa 
della  ss.  Trinità,  che  celebrarono  con  pre- 
cedente solenne  triduo.  Riferisce  il  n.°  34 
del  Giornale  di  Roma  del  i854,  che  i 
trinitari  scalzi  del    riscatto  1'  8  febbraio 
celebrarono  con  solenne  pompa  nella  loro 
chiesa  di  s.  Grisogono  la  festa  del  loro  fon- 
datore s.  Giovanni  deMutba,e  che  ilear- 


TR  I 

dinalGioacchino  Pecci  arcivescovo  vesco- 
vo di  Perugia,  che  nel  giorno  precedente 
a  vea  preso  possesso  del  titolo  presbiterale, 
pontificò  i  primi  vesperi  e  la  messa  solen- 
ne cantata  con  iscelta  musica.  Grande  fu 
il  concorso  del  popolo,  poiché  non  vi  a- 
vea  veduto  più  cardinal  titolale  dopo 
il  cardinal  Filippo  M."  Pirelli  morto  nel 
1771.  Nel  voi.  LX11,  p.i53,  dopo  aver 
celebrato  nell'ai  ticolo  Schiavo  l'abolizio- 
ne della  schiavilo,  riprovato  il  crudeli;  e 
infame  liaftico  de'negri,  non  che  riferite 
le  benemerenze  dell'ordine  Trinitario  e 
quelle  degli  alili  ordini  religiosi  nel  riscat- 
to degli  schiavi,  raccontai  che  tuttavolta 
1  iniquo  commercio  della  carne  umana 
sussiste  in  diverse  regioni,  come  in  diver- 
si stali  d'America  e  crudelmente,  per  un 
oltraggioso  e  sordido  lucro,  a  fronte  della 
solenne  condanna  pronunziata  da  Grego- 
rio XVI,allorquando  alto  alzando  la  voce 
riprovò  la  tratta  de'negri,  ne  dichiarò  in- 
giusta la  schiavitù,  e  l'obbligo  che  corre 
ad  ogni  cattolico  di  considerarla  come  a- 
bolita.  E  che  perciò  nel  1  852  erasi  stabi- 
lita in  Nimes  l'opera  del  riscatto,  da  un 
sacerdotefrancese,  per  trarre  dalla  schia- 
vitù, massimede'lurchi  e  persiani,  le  don- 
ne e  i  giovanetti  neri  e  farli  cristiani;  di 
più  istituito  il  vicariato  apostolico  del- 
V Africa  centrale.  Principalmente  poi  ra- 
gionai dell'  opera  ingegnosa  e  caritatevo- 
le per  eccellenza,  anteriormente  istituita 
sotto  i  possenti  auspico  dell'Immacolata 
Concezione,  dal  genovese  sacerdote  Nico- 
lò Gio.  Battista  Olivieri,  il  quale  colle  sue 
abbondanti  questue  intraprese  con  un  ze- 
lo nuovo  d'apostolico  eroismo  lunghi,  pe- 
nosi e  frequenti  viaggi  nell'Egitto  pel  ri- 
scatto delle  povere  fanciulle  nere,  quindi 
da  lui  affidate  ne'mOfl  atteri  e  altre  case 
pie  per  farle  educare  cristiane,  e  ne  re- 
gistrai ivi  e  altrove  molti  esempi,  anche 
colla  speranza  che  tali  morette  potran- 
no riuscire  a  qualche  stabilimento  reli- 
gioso nell'Africa,  e  contribuire  alla  pro- 
pagazione della  fede  di  Cristo.  Ma  diflu- 
sameute  e  da  pari  sua  la  Civiltà  calto- 


T  ■  I  3a3 

lica,  1.'  serie,  t.  7,  egregiamente  ragionò 
con  interessante  e  morale  narrativa:  La 
redenzione  delle  Morette  per  opera  del 
sacerdote  Nicola  Olivieri,  in  3  articoli: 
i.°  Cattività  e  liberazione.  2."  Educa' 
zione  efrutti.  3.° Favori e  perpetuità.^  el 
i.°  articolo  parla  de'negretli  collocati  gra- 
tuitamente dall'amoroso  e  benefico  Oli- 
vieri nel  monastero  di  Subiaco,  e  ne'  se- 
minari di  Lucca,  Perugia,  Jesi,  Cesena, 
Gubbio  e  altrove,  sebbene  essi  sieno  po- 
chi in  paragone  delle  zitelle  more  dalla 
sua  induslre  e  sovr' umana  carità  prov- 
viste in  Francia  e  in  Italia  presso  a  un 
centinaio  di  monasteri.  Che  tale  redeu- 
tore  di  lauti  miserabili  avea  paternamen- 
te estesa  I'  opera  sua  insigne  e  laboriosa 
anche  a  favore  de'giovanelti  mori,  dopo 
il  prospero  esperimento  fitto  con  uno  di 
essi  nel  celebre  collegio  Urbano  di  pro- 
paganda, che  idoneamente  istruito  e  or- 
dinato sacerdote,  fu  spedito  tra'suoi  na- 
zionali nella  Guinea,  ove  ora  spande  fe- 
condi sudori  e  raccoglie  messi  pel  granaio 
del  celeste  Padre.  Contribuirono  all'insi- 
gne, intrapresa  dell'Olivieri,  oltre  la  più 
e  generosa  carità  de*  fedeli  sovventori  e 
ricevitori  de' moretti  e  delle  morette,  as- 
sumendone col  gratuito  mantenimento  la 
cristiana  e  civile  educazione,  eziandio  3 
illustri  piemontesi,  il  conte  Solaro  della 
Margherita  ministro  di  Carlo  Alberto  re 
di  Sardegna,  l'ambasciatore  di  questi  a 
Parigi  marchese  Brignole  Sale,  e  il  con- 
sole sardo  al  Cairo  cav.  Paolo  Cerniti  ; 
non  che  la  degna  coadiulrice  di  tanta  im- 
presa, cioè  la  virtuosa  e  vecchia  servente 
dell'Olivieri, compagna  pure  in  alcuni  de' 
faticosi  viaggi  suoi,e  per  di  lui  indisposizio- 
ne due  volte  gl'intrapresesoletta,  di  videu- 
do,siccome  piena  essa  pure  di  spirito  apo- 
stolico, con  lui  le  materne  cui  e  per  le  mo- 
rette risca  Itale  da  obbrobriosa  e  tirannica 
schiavitù,  e  da'più  brutali  trattamenti, 
i  di  cui  particolari  non  si  possono  legge- 
re senza  intenerirsi  di  compassione,  con 
sensi  di  venerazione  verso  il  portentoso 
sacerdote.Egli  riscatta  dalla  doppia  schia- 


Zìi  T  R  I 

vili»  quanti  sia  possibile  di  qne'miseri  e 
misere, per  ridonarti  alla  duplice  libertà 
di  uomini  e  di  donne,  e  quel  che  più  im- 
porla li  rende  buoni  cristiani,  come  ri- 
levasi dalle  Relazioni  ch'egli  va  pubbli- 
cando. Si  rende  ragione  perchè  l'abbate 
Olivieri  non  mai  affida  le  morette  a  par- 
ticolarie private  famiglie,  ma  sempre  alle 
religiose,  preferendo  l'acquisto  delle  mo- 
iette a'moretti,  sebbene  questi  si  vendo- 
no a  minor  prezzo.  Nel  2.°  articolo  la  Ci- 
viltà callolica  fa  rilevare,  come  l'ab.  O- 
li  vieri  colloca  ne'monasteri  le  morette  da 
lui  comprate,  ricevute  dalle  religiose  con 
festa,  e  con  fervida  ed  esemplare  carità 
le  istruiscono  al  ben  essere  del  corpo,  alla 
coltura  della  niente  e  alla  conversione  a 
Cristo,  facendole  degne  del  salutare  la  va- 
erò e  degli  altri  sagramenti;  corrisposte  da 
meravigliose  disposizioni  e  mirabile  intel- 
ligenza, da  contentezza  e  riconoscenza, 
riuscendo  e  divenendo  fervorose  cattoli- 
che. Tutto  risulta  da  parecchie  lettere 
scritte  dalle  superiore  de'monasteri,  che 
riceverono  le  avventurale  morette,  le  cui 
lettere  riempiono  l'ammodi  spirituale  le- 
tizia. Finalmente  nel  3.°  articolo  rimar- 
ca la  Civiltà  cattolica  l'impresa  dell'O- 
livieri, considerandola  nell'innocenza  de' 
mezzi  e  nella  santità  dello  scopo  in  com- 
prare ne'  pubblici  mercati  tanti  infelici 
per  donar  loro  la  libertà  e  metterli  sulla 
regia  via  del  paradiso,  e  ne'manifesti  se- 
gni della  prolezione  celeste  che  mirabil- 
mente vi  coopera,  per  cui  dichiara  che 
la  redenzione  delle  morette  è  una  di  quel- 
le opere  le  quali  la  sola  religione  di  Cri- 
sto sa  ispirare  e  condurre  a  compimento, 
ne'inolleplici  e  singolari  modi  che  narra. 
Imperocché  i  buoni  cattolici  incoraggia- 
rono in  lutili  modi  l'intrapresa  dell'Oli- 
vieri;* gareggiarono  a  soccorrere  il  suo  in- 
stancabilzelo,  vescovi, canonici,  parrochi, 
comunità  religiose  e  pii  fedeli,  il  cui  lun- 
go catalogo  per  già  Iìsmiuo  animo  pubbli- 
ca quali  benefattori  il  sacerdote  nelle  sue 
annue  Relazioni  .stilli  progressi  del  ri- 
scatto delle  fanciulle  moret  stampate.  Vi 


TR  I 
furono  religiose  famiglie,  che  non  paghe 
d'  ospitare  e  provvedere  parecchie  delle 
morette,  con  caritatevole  industria  som- 
ministrarono vistose  somme  di  denaro 
pel  sempre  nuovo  incremento  de'riscatti. 
In  una  parola  l'opera  si  può  dire  racco- 
mandata alla  divina  provvidenza  e  alla 
pietà  de'fedeli,  e  verrebbe  senza  [allo  a 
mancare  ove  questa  di  continuo  non  lar- 
glieggiasse;chcle  spese  a  condurla  innanzi 

e  dilatarla  sono  assai  considerevoli.  Osmi 

o 

moretta  costa  nell'atto  della  redenzione 
quasi  5oo  lire,  indi  bisogna  vestirle,  nu- 
trirle, trasportarle  per  forse  2000  miglia 
di  viaggi  marittimi  e  terrestri;  sicché  cia- 
scuna redenta  viene  a  costare  circa  un  mi- 
gliaio di  lire,  pria  che  venga  collocala  ne' 
monasteri.  Il  regnante  Papa  Pio  IX  aven- 
do grandemente  a  cuore  l'opera  della  re- 
denzionedelle  morette,  più  volleammise 
al  bacio  del  piede  il  buon  sacerdote  col- 
la sua  fantesca,  degnandosi  di  sentire  di 
loro  bocca  le  particolarità  più  notevoli 
dell'ardue  fatiche,  lodandone  a  un  tem- 
po e  infocolandone  lo  zelo, porgendo  lo- 
ro benigni  consigli,  regalandoli  di  meda- 
glie benedette  da  appendere  al  collo  de' 
redenti,  e  largheggiando  di  sussidii  pecu- 
niari non  meno  che  di  spirituali  favori. 
Dappoiché  oltre  ad  una  speciale  benedi- 
zione impartita  nel  1  8^2  a  quanti  ebbe- 
ro o  avranno  parte  all'opera  pia  favoreg- 
giandola, aiutandola  o  in  qualsiasi  ma- 
niera beneficandola,  si  compiacque  nel 
1 853  di  concedere  a  tutti  i  benefattori  di 
essa  l'indulgenza  plenaria o  remissione  de' 
peccali  in  punto  di  morte.  Malgrado i  ra- 
pidi progressi  della  santa  impresa,  molti 
die  suoi  fautori  trepidavano  perla  durata; 
l'età  senile  dell'Olivieri,  l'affranta  sua  co  - 
stitnzione  faceva  ragionevolmente  teme- 
re che,  venuto  meno  il  fondatore,  rovi- 
nasse seco  l'opera  sua;  ood'egli  a  chi  ti- 
mido dell'avvenire  esponeva  tali  ridessi, 
con  fiducia  rispondeva:  la  patrona  ss.  Ver- 
gine Immacolata  ci  penserà.  E  questa  in 
premio  dell'illimitata  confidenza  dell'Oli- 
vieri, provvide  in  modo  meraviglioso  non 


TRI 

solo  alla  perpetuità, ma  all'incremento  pe- 
renne della  sublime  impresa,  allorquan- 
do nel  i  853  l'ordine  de'  trinitari  scalzi  vi 
si  associò  di  buon  grado  e  ne  tolse  sopra 
di  se  la  continuazione.  Ciò  avvenne  nel 
ripensare  un  buon  religioso  dell'ordine, 
alle  visioni  che  dierouo  origine  al  mede- 
simo e  che  narrai  parlando  de'  Trinitari 
calzati  dell? ordine  primitivo',  e  credè  di 
spiegare  iti  essa  un  significalo  a  cui  per 
l'addietro  non  erasi  posto  mente.  Del  qua- 
le argomento  conferendone  col  suo  supe- 
riore gli  disse  :  Fin  qui  i  figli  di  s.  Gio- 
vanni de  ftlatba  riscattarono  i  bianchi  cri- 
stiani figurali  nello  schiavo  bianco  sopra 
cui  stendea  la  destra  l'Aliselo  del  Sìriio- 
re;  ora  poi  che  per  divina  provvidenza  è 
cessata  la  rapina  turchesca  e  la  schiavitù 
de'bianthi,  non  sarebbe  egli  da  adempie- 
re I  altra  parte  della  mistica  apparizione, 
applicandosi  1'  ordine  nostro  al  riscatto 
de'negri  infedeli  rappresentali  dal  mau- 
ro che  slavagli  a  sinistra  ?  Queste  paiole 
non  fecero  dapprima  gran  senso  nel  sti- 
pe iore  cui  erano  comunica  te  e  quasi  non 
vi  rispose; tornandovi  pei  ò  sopra  col  pen- 
siero gli  sembrarono  piene  di  giusto  ac- 
corgimento ,  degnissime  dello  scopo  del 
suo  istituto,  e  capaci  di  l'infocarne  lo  zelo 
a  nuove  magnanime  intraprese. Dopo  al- 
cuni mesi,  nella  primavera  del  i  853  con- 
gregossi  in  Roma  in  questo  convento  di 
s.  Giisogono  il  capitolo  generale  dell'or- 
dine a  trattare,  secondo  l'uso,  de'bisogui 
della  religione  eprovvedervi  con  opportu- 
ni decreti.  E  già  era  sullo  spirare  il  tempo 
stabilito  dalla  regola  de'comizi, quando  il 
p.  Andrea  di  s.  Agnese,  ora  procuratore 
generale,  quegli  appunto  che  avea  fallo 
la  considerazione  riferita,  introdusse  il  ra- 
gionamento intorno  all'eccellenza  dell'o- 
pera del  prete  Olivieri,  facendo  vedere 
con  peculiare  unzione  quanto  importasse 
al  princi patissimo  scopo  deH'islituto,al  be- 
ne de'corpi  e  delle  anime  di  tanti  schiavi, 
e  alla  gloria  di  Dio  l'aggregarla  all'ordi- 
ne de'lrinitari,  e  procurarle  per  tal  guisa 
quella  perenni  là  che  ad  un  sol  uomo  era 


T  R  I  325 

inutile  Io  sperare.  Esultarono  a  tal  pro- 
posta i  pp.  deputali,  né  vi  ebbe  chi  con 
parole  e  con  cenni  non  mostrasse  aper- 
tamente ili  approvarla.  Nondimeno,  per- 
chè il  voto  avesse  quella  libertà  che  l'im- 
portanza dell'  argomento  richiedeva,  fu 
messa  a  squittiti  io  segreto  la  proposizio- 
ne del  p.  Andrea, e  questa  senza  fallire  nep- 
pure un  solo  suffragio,  venne  a  pieni  voti 
confermata.  Allora  confortato  lo  stesso  re- 
ligioso dell'esito  favorevole  del  suo  paria- 
re,supplicò  i  padri  che,  a  compimento  de' 
suoi  desiderii,  piacesse  loro  di  nominarlo 
coadiutore  dell'Oli vierinl  che  ottenne  pu- 
re con  pienezza  di  voli  ed  e»ullanza  uni- 
versale. Tali co>e avvenivano  nel  capitolo 
generale  de'trinilari  scalzi  in  s.  Grisogo- 
no,  quando  nello  stesso  tempo  o  poco  pri- 
ma, ma  certo  senza  saputa  de' medesimi, 
il  Papa  l'io  I  X  ordinava  al  cardinal  Della 
Geuga  prefetto  della  s.  congregazione  de' 
vescovi  e  regolari  di  far  conoscete  a'pp« 
congregati  in  s.  Giisogono:  Esseresuo  de- 
siderio che  l'opera  della  redenzione  delie 
morette  venisse  aggregata  all'ordine  Ti  i- 
nilario,  allineile  pigliasse  maggior  incre- 
mento e  ottenesse  la  durazione  de'secoli. 
Chi  può  dire  la  dolce  meraviglia  che  pro- 
varono i  buoni  religiosi,  l'illustre  porpo- 
rato e  lo  stesso  Pontefice  all'intendere  che 
lo  Spinto  del  Signore  avea  indotto  il  ca- 
pitolo a  sancire  con  solenne  decreto  ciò 
slesso  che  ispirava  al  suo  Vicario  in  terra, 
organo  de'dmni  voleri,  e  padre  comune 
e  amoroso  di  tulli  gl'infelici  ?  La  fausta 
notizia  corse  ben  presto  all'Olivieri,  elle 
n'ebbe  indicibile  conforto,e  stampata  po- 
scia ne'  giornali,  rassicurò  i  benemeriti 
fautori  deila  santa  opera,  i  quali  conobbe- 
ro più  chiaramente  la  proiezione  tolta- 
ne dalla  divina  provvidenza  e  l' efficacia 
del  patrocinio  diMaria  senza  macchia  con- 
cetta. Il  p.  Andrea  di  s.  Agnese  unissi  to- 
sto all'Olivieri  e  fece  già  con  esso  lui  un 
viaggio  in  Egitto  ,  il  quale  riuscì  ad  un 
tempo  e  disastrosissimo  e  lucrosissimo  so- 
pra quanti  eranseue  prima  percorsi  allo 
stesso  inlento.  Or  dunque  la  durala  del- 


»«6  TRI 

l'opera  col  favore  di  Dio  è  assicurata,  né 
polea  l'Oli vieri  augurarti  più  degni  com- 
pagni e  continuatori  clie  i  discepoli  de'ss. 
Giovanni  de  Matlia  e  Felice  de  Valois, 
i  quali  oltre  al  corredo  delle  tante  virtù 
proprie  de'religiosi,  vi  arrecano  la  grazia 
speciale  di  loro  vocazione.  Considerando 
poi  la  Civiltà  cattolica,  che  l'opera  ha 
bisogno  d'  ulteriore  dilatamento,  per  le 
savie  e  previdenti  ragioni  che  esprime, 
opina  che  utile  provvedimento  sarebbe  il 
fondare  qua  e  colà  appositi  collegi  di  di- 
verso sesso,  da  affidar»  a  comunità  reli- 
giose dedicate  all'istruzione.  Conclude: 
»  Il  senno  e  l'esperienza  dell'ordine  illu- 
stre che  tolse  a  promuovere  l'opera  santa, 
e  medio  più  la  tutela  celeste  sotto  cui  essa 
è  collocata,  perfezioneranno  V  impresa  e 
condurranla  a  compimento. ...  Dopoché  il 
Pastore  de'  Pastori  non  solo  mostrossi  a 
molti  argomenti  assai  benigno  verso  l'o- 
pera, ma  volendo  provvedere  alla  sua  du- 
razione  degnavasi  confortare  ad  incari- 
carsene un  ordine  religioso  il  più  oppor- 
tuno all'uopo,  nell'atto  stesso  che  detto 
ordine  ragunalo  in  capitolo  generale  nel 
convento  di  s.  Grisogono  sanciva  per  de- 
creto, senza  saperlo,  il  consiglio  e  il  de- 
siderio del  Vicario  di  Cristo."  I  rispelta- 
bili  compilatori  della  Civiltà  cattolica 
riceverono  dal  sottoscritto  la  seguente  let- 
tera che  pubblicarono  nella  2.a  serie,  t. 1  i, 
p.  703.  »  Qualora  amassero  far  cenno  nel 
loro  periodico  delle  morelle  riscattale  nel 
passato  mese  di  novembre  e  neh'  aprile 
dell'anno  corrente,  sappiano  che  in  que- 
sti due  ultimi  viaggi  se  ne  sono  riscattate 
I  l6j  sicché  le  morette  finora  riscattate 
ascendono  a  43  i ,  comprendendo  il  detlo 
numero  11  maschi  e  i  lattanti.  In  queste 
ultime  1  1 6  sono  comprese  6  madri  co'lo- 
10  bambini  e  bambine,  l'una  delle  quali, 
anzi  poti  ei  dir» :  due, d'anni  1  (>  circa,  sem- 
brava che  fossero  state  educate  in  qual 
che  monastero,  tanto  erano  prudenti,  ri- 
spettose e  docili.  Delle  stesse  1  1 6,  sonosta- 
te  collocate  8  in  diversi  monasteri  dello 
stalo  pontificio,  ove  ne  souogià  4*»  a  Stia- 


T  I  I 
sburgo  7  al  Buon  Pastore;  |3  poi  le  ho 
condotte  a  Monaco  in  Baviera,  le  quali  eb- 
bero l'onore  d'essere  in  breve  tempo  vi- 
sitate due  volte  da  sua  maestà  la  regina, 
che  sebbene  protestante,  diede  segui  di 
grande  esultanza  in  vedere  quelle  pove- 
re creature,  dalle  quali  non  poteva  slac- 
carsi,essendone  rimasta  molto  commossa. 
Né  deve  recar  meraviglia  che  sua  mae- 
stà siasi  di  tanto  degnata,  perchè,  cotne 
mi  fu  detto,  va  pur  anco  a  visitare  gli  am- 
malati ne'pubblici  ospedali,  ed  assiste  alle 
funzioni  di  chiesa  quando  sua  maestà  il 
re  v'interviene  pubblicamente. E  qui  deb- 
bi) pure  far  onorevole  menzione  del  re- 
gio cappellano  il  rev.  cavaliere  d/Muller, 
che  non  la  perdona  né  a  slenti  né  a  fa- 
tiche affine  di  raccogliere  elemosine  per 
vieppiù  far  progredire  la  santa  impresa. 
Due  morette  sono  collocate  nel  convento 
delle  salesiane  di  Pinerolo,  84  negli  slati 
di  sua  maestà  l'imperatore  d'Austria,  6 
cioè  nella  casa  dell'  orsoliue  a  K'agen- 
ftirth  nella  Carinlia,  38  nel  Lombardo- 
Veneto,  e  4°  h'a  'I  Titolo  italico  e  il  te- 
desco. E  poiché  parlo  del  Tirolo,  per  da- 
re gloria  a  Dio  e  a  confusione  di  tante  città 
della  nostro  Italia,  debbo  confessare  che, 
da  che  giro  l'Italia,  la  Francia  e  qualche 
poco  la  Germania,  non  ho  mai  trovato 
popoli  così  buoni,  così  religiosi  e  pieni  di 
viva  fede  come  i  tirolesi.  Ma  di  questo, a 
Dio  piacendo,  farò  onorevole  ricordanza 
nella  nuova  relazione  che  pubblicherò,  in 
cui  dirò  del  rispetto  che  hanno  que' po- 
poli verso  de'sacerdoti,  e  che  le  locande 
e  le  osterie  di  quella  terra  benedetta  so- 
no per  così  dire  lauti  oratorii,  perchè  ivi 
si  recita  da'passeggieri  la  3."  partedel  Ro- 
sario, e  si  fauno  preci  avanti  di  mettersi 
a  tavola;  ci  sono  immagini  del  Crocefisso 
in  ogni  stanza,  e  perfino  l'acqua  benedetta 
per  farsi  il  santo  seguo  della  croce  appe- 
na si  entra  in  casa.  E  con  ciò  faccio  fine. 
Ora  debbo  recarmi  nel  regno  di  Napoli 
percollocarvi  3  morelle  che  ancora  mi  ri- 
mangono. Di  colà  probabilmente  passerò 
colla  mia  serva,  e  il  rev.  p.  Andrea,  mio 


T  R  I 
amatissimo  compagno,  in  Egitto,  per  ve 
dere  se  si  potranno  fare  nuovi  acquisti  che 
mi  sono  oh  quanto  preziosi  !  Raccoman- 
dino per  carità  me  e  tutte  le  povere  mo- 
rette a  Maria  ss.  Immacolata,  e  ini  cre- 
dano sempre  re.  Roma  29  agosto  18 55. 
Prete  Nicolo  Gio.  Rat.  Olivieri". La  Ci' 
viltà  cattolica  nel  t.  8,  p.  83  die  contez- 
za con  giusti  encomii  delle  Letture  istrut- 
tive per  le  fanciulle  more  fatte  cristia- 
ne, compilate  da  Vincenzo  M*  Miche  t- 
toni  prete  dell'oratorio  ripano,  Ripa- 
transone  1 853-54-  Inoltre  (tubiamo  pu- 
re l'interessante  libro:  Il  riscatto  de' ne.' 
gri  considerato  all'occasione  che  il  rm.° 
p.  d.  Antonio  A 'liscimi  abbate  del  mo- 
nastero di  s.  Pietro  in  Gubbio,  il  (Vi  sa- 
gro al  padre  de'  monaci  camaldolesi 
compiva  il  sagro  rito  del  primo  sagra- 
mento  sul  giovinetto  negro  Dati  impo- 
nendogli il  nome  di  Romualdo,  Parole 
di  d.  Eusebio  Reali  canonico  regolare 
Laterancnse,  Gubbio  1  855. 

Chiesa  di  s.  Marta  presso  la  basilica 
Vaticana  e  contigua  a\  Se  min  a  rio  fa  tira- 
no (P.)-  Leone  XII  die  all'ordine  de'tri- 
nilari  scalzi  della  congregazione  d'  Ita- 
lia la  chiesa  di  s.  Marta  filiale  della  ba- 
silica Vaticatta ,  della  quale  parlai  ne' 
voi.  XXII I,p.  74.XLI,  p.  266,e  nel  i845 
la  restaurarono.  Eretta  neh  537  l'a  ^*°" 
Io  III  con  contiguo  ospedale  per  la  Fa- 
miglia pontificia, e  ristorata  da  altri  Pa- 
pi, il  quadro  dell'  altare  maggiore  è  un 
buon  dipinto  del  Baglioni,  esprimente  la 
santa  titolare^  per  disopra  nella  volta  so- 
no pitture  di  Sebastiano  Strada.  Il  s.  Già 
corno  collocato  nel  r.°  altare  a  dritta  fu  co- 
lorilo da  Lanfianchi,  così  la  s.  Orsola  nel 
seguenle.ll  Crocefissodi  mezzo  rilievo  che 
vedesi  nel  3.°,  è  pregevole  lavoro  d'Ales- 
sandro Algardi.  Dall'altra  parte  il  s.  Gi- 
rolamo è  lodato  dipinto  di  Muziani,o  di 
Daniello  da  Volterra, ed  ils.  Antonio ch'è 
sull'ahare  è  di  Biagio  Puccini  romano  o 
lucchese. 

TRINITARI  RIFORMATI  SCALZI 
DEL  RISCATTO  Di  FRANCIA.  Orcio 


T  |  I  327 

reformatorum  discalceatusss.  Trini ta- 
tis  redemptionis  captivorum  in  Gallia. 
Devesi  il  merito  della  riforma  de'  trini- 
tari scalzi  della  congregazione  di  Fran- 
cia al  zelo  del  veri.  p.  Girolamo  Halies 
del  ss.  Sagra  mento.  Nato  in  Bretagna 
e  conosciute  le  vanità  del  secolo,  di  33 
anni  entrò  nell'  ordine  de'  Trinitari cal- 
zati dell'  ordine  primitivo  {F.)t  e  pre- 
se l'abito  nel  tempo  in  cui  falicavansi  in 
Francia  per  formare  i  Trinitari  rifar* 
mati{F.)i\eì\a  prima  riforma  dell'ordine, 
ed  egli  non  poco  contribuì  ad  introdurla  in 
alcuni  conventi;  poiché  due  anni  dopo  la 
sua  professione  fu  mandato  a  Roma  in 
qualità  di  procuratore  generale,  per  solle- 
citarne la  conferma  pressoClemente  Vili, 
dal  quale  nel  1 60  1  ottenne  il  breve  con  Olii 
approvò  la  riforma  colla  mitigazione  della 
regola,  e  fu  dal  medesimo  Papa  eletto  per 
l.°  visitatore, acciocché  maggiormente  la 
dilatasse.  Sciolse  egli  allora  il  freno  al  suo 
zelo,  e  non  solamente  si  nlfalicò  in  rifor- 
mare molli  conventi  di  Francia,  che  s'e- 
rano abbandonati  al  rilassamento,  ma  ne 
fondòancorade'nuovi.  Rimandato  in  Ro- 
ma collo  slesso  carattere  di  procuratore 
generale,  ivi  fondò  nel  1619  il  conven- 
to e  la  chiesa  di  s.  Dionisio  l'Areopagita 
(in  vicinanza  de'  quali  edilìzi  pochi  anni 
dopo  i  trinitari  scalzi  spagnuoli  eressero 
la  chiesa  e  convento  di  s.  Carlo),  ed  ot- 
tenne da  Paolo  V  la  separazione  de'con- 
venti  riformati  da  quelli  dell'antica  osser- 
vanza, facendoli  erigere  in  due  prov'm- 
cie  che  doveano  essere  governate  da  un 
vicario  generale.  Quantunque  i  felici  pro- 
gressi di  questa  riforma  dovessero  appa- 
gare lo  zelo  del  ven.  p.  Girolamo  del  ss. 
Sagramento,  volle  egli  nondimeno  pro- 
muoverla anche  di  vantaggio;  poiché  con- 
siderando, che  quantunque  si  praticasse- 
ro molte  austerità  e  mortificazioni  nelle 
due  provincie  della  sua  riforma,  nondi- 
meno avendo  i  religiosi  della  regola  pri- 
mitiva dell'ordine  molto  deviato,  volle  c- 
gli  introdurre  anche  una  nuova  riforma, 
da'  professori  della  quale  (osse  la  regola 


328  T  R  I 

esattamente  osservata.  Conferì  questo  suo 
disegno  al  cardinalBandini  protettore  del- 
l'ordine, ed  egli  propose  la  riforma  a  Gre- 
gorio XV,  il  quale  l'approvò  con  breve  dei 
4  agosto  1622,  autorizzando  il  servo  di 
Dio  a  promuoverla.  D'allora  in  poi  egli 
non  pensò  che  a  mandare  ad  eftettoquau- 
to  erasi  proposto,  e  volendone  egli  stesso 
dar  l'esempio  a'suoi  fiali,  professò  la.  re- 
gola primitiva  con  alcuni  altri  religiosi  nel 
convento  di  s.  Dionisio  di  Roma,  che  fu 
il  1 .°  della  nuova  riforma.  Persuase  poi  i 
religiosi  d'Aix  in  Provenza  e  di  Caslel- 
Briant  in  Bretagna  a  far  lo  stesso,  ed  ag- 
giunse all'osservanza  della  primitiva  re- 
gola l'asprezza  dell'abito  e  la  nudità  de' 
piedi,  aftinché  i  religiosi  di  questa  rifor- 
ma potessero  menare  una  vita  penitente 
e  conforme  alla  santità  del  loro  stato.  Sic- 
come però  l'introdursi  delle  riforme  suole 
sempre  aver  degli  ostacoli,  e  il  comune 
nemico  dell'umau  genere  tenere  ogni  via 
per  impedirne  i  progressi,  il  p.  Girolamo 
a  fine  di  prevenire  tutte  le  difficoltà  che 
fossero  potute  insorgere  ne  domandò  la 
conferma  a  Urbano  Vili,  il  quale  col  bre- 
ve Alias  a  nobtSy  de'28  febbraio  i63i, 
Bull.  Iìom.  t.  6,  par.  1,  p.  257,  eresse  la 
riforma  in  congregazione  e  provincia  se- 
parata dall'altre,  quando  vi  fosse  un  nu- 
mero sulliciente  di  conventi.  Volle  egli 
stesso  portare  il  breve  in  Francia  per  far- 
lo accettare,  ma  trovò  tanta  ripugnanza 
nel  ministro  generale  dell'ordine  e  ne 're- 
ligiosi delle  due  provincie,  ch'erano  state 
in  avanti  riformale,  che  gli  convenne  ti- 
sar  gran  coraggio  per  superarne  le  diffi- 
coltà ,  onde  pervenire  al  conseguimento 
del  suo  fine:  alle  opposizioni  si  aggiunse- 
ro l'imposture  e  le  calunnie,  colle  quali 
egli  ed  isuoi  frati  furono  gravati.  Sofferti 
i  travagli  con  virtuosa  pazienza,  finalmen- 
te trionfò  sui  nemici  della  propria  rifor- 
ma. Il  breve  d'erezione  fu  registralo  ne' 
parlamenti  di  Parigi  e  d'Aix,  e  la  s.  Se- 
de impose  perpetuo  silenzioalle  pai  li, par- 
ticolarmente al  ministro  generale  princi- 
pale oppositore,  mentre  il  breve  pontifi- 


Tli  I 
ciò  non  accordavagli  altra  giurisdizione 
sugli  scalzi,che  quella  di  visitare  personal- 
mente i  loro  conventi,  quando  però  non 
volesse  deputare  a  visitarli  un  religioso 
della  stessa  rifórma.  Essendovi  i  religiosi 
spagnuolijche  aveano  stabilito  somiglian- 
te riforma, il  p.  Girolamo  si  portò  a  Ma- 
drid per  apprendere  tulle  le  pratiche  au- 
stere della  regolare  osservanza  e  delle  vir- 
tù, esercitale  dagli  scalzi  di  Spagna,  a  fi- 
ne di  servir  poi  d'  esempio  a'suoi  frati. 
Nella  sua  dimora  dii  1  mesi  nella  capita- 
le della  Spagna,  esercitò  le  pratiche  più 
austere,sebbene  di  60  auni,e  per  la  grande 
stima  che  si  procacciò,  la  regina  Elisabet- 
ta e  i  grandi  della  corte  vollero  conoscer- 
lo.Tornalo  iti  Francia  fu  trafitto  da  dolo- 
re in  sentire  rapiti  dalla  peste  i  suoi  religio- 
si d'Aix,  tranne  un  converso,  vittime  di 
loro  carità  verso  gli  appestati.  Rinnovò 
quella  famiglia  co'religiosi  fatti  venire  da 
Roma  e  da  Caslel-Briant,  ed  essendone 
stato  eletto  ministro,  formò  eccellenti  no- 
vizi, i  quali  colla  loro  edificante  condotta 
fecero  terminare  la  persecuzione  per  ope* 
ra  del  ministro  generale  nuovamente  in- 
sorta. Ristabilito  il  convento  d'Aix,  intro- 
dotta la  riforma  in  Avignone,che  poi  fu  co- 
stretto a  lasciare  il  convento  in  un  a  quel- 
lo diCastel-Driantjil  p. Girolamo  si  restituì 
a  Roma  rieletto  ministro  di  s.  Diouisio,nel 
cui  convento,  perseverando  nell'esercizio 
di  sue  austerità  e  mortificazioni,  morì  san- 
tamente a'3o  gennaio  1637  d'anni  80  e 
fu  sepolto  nella  chiesa.  Dopo  qualche  tem- 
po essendosi  aperta  la  sepoltura,  fu  tro- 
vato incorrotto  e  tramandando  sangue  dal 
naso.  I  suoi  religiosi  animati  dal  zelo  che 
aveano  ammirato  in  lui,  dilatarono  la  ri- 
forma colla  fondazione  di  più  conventi  in 
Francia  e  in  Italia.  In  seguito  ne  abban- 
donarono alcuni,  restando  loro  quelli  di 
s.  Dionisio  in  Roma,  d'Aix,  di  Seyne,  del 
monte  s.  Quirico  presso  Brignole,  della 
Palude  di  Marsiglia,  di  Brignole,  di  Lue 
e  di  Marsiglia.  Aveano  ancora  que'di  Li- 
vorno, di  Torino  e  di  Falcone,  ma  furo- 
no eretti  in  provincia  uel  1705  da  Cle- 


TR  I 
menle  XI  e  soggettati  al  ministro  gene- 
rale degli  scalzi.  Lo  stesso  Clemente  XI 
col  breve  Redemptoris ,  de'  i  3  agosto 
1703,  Bull.  Rom.  1. 10,  p.  54*.  Confer- 
mali tur  quaedam  capitala,  prò  bono  re- 
gimine ordìnìs  ss.  Trinitatis  captivorum 
congregationis  Gallicanae.Neì  1  670  so- 
lamente aveano  avuto  il  numero  de'con- 
venti  prescritto  da  Urbano  Vili  col  bre- 
ve che  l'eresse  in  provincia  separata,  e  nel- 
lo stesso  anno  tennero  formalmente  il  1 .° 
capitolo  della  riforma  in  presenza  del  car- 
dinal Grimaldi  arcivescovo  d'Aix,  che  ne 
avea  ricevuta  commissione  da  Clemente 
X.  Già  Alessandro  VII  col  breve  Expo- 
ni  nobis,  de*  1 5  aprile  1 662,  Bull.  Rom. 
t.  6,  par.  5,  p.  2  1  1:  Proibilio  fransi tus 
fratrum  dì  scalce  ator  uni  congregatio- 
nis Gallicanae  ordìnìs  ss.  Trinitatis  re~ 
dcmptionis  captivorum  ad  calccatos , 
vel  discalceatos  congregationis  Hi  spa- 
ni ac,  cum  praecepto,  ut  qui  huc  usquc 
transierunt  remittantur.  Essendo  pro- 
tettore di  tutto  l'ordine  Trinitario  il  car- 
dinal Gio.  Costanzo  Caracciolo,  Clemen- 
te XIV  col  breve  Ex  debito,  de'i  3  ago- 
stoi  771,  Bull.  Rom.  cont.  t.  4?  p.  362: 
Ifnio  et  incor por  alio  domus  s.  Diony- 
sii  de  Urbe,  ej usq uè  provi nciae,  ordini, 
ac  abati  generali  canonicorum  regu- 
lariiim  ss.  Trinitatis  et  captivorum  cu- 
jus  alumni  in  albo  canonicorum  regu- 
larium  cum  omnibus  privilegiis.  j'uri- 
bus,  et  indultis  adscribuntur.  Vennero 
governati  questi  trinitari  scalzi  da  un  vica- 
rio generale,  ed  aveano  quasi  le  medesime 
osservanze  de' trinitari  scalzi  di  Spagna, 
a'quali  molto  si  conformavano  nell'abito, 
altro  divario  non  passando  tra  quello  de' 
francesi  e  quello  degli  spagnuoii,  se  non 
che  i  primi  vestivano  tutti  di  bianco  co- 
me fu  ordinato  nella  prima  fondazione 
dell'  ordine  trinitario,  e  lo  riferisce  il  p. 
Bouanni  che  ne  riporta  la  figura  a  p.  go 
del  Catalogo  degli  ordini  religiosi,  1. 1 . 
Aveano  per  stemma  una  croce  di  panno 
rossa  e  turchino  in  campo  bianco,  attor- 
niata da  un  fregio  azzurro,  ornato  da  8 
vol.  txxx. 


TRI  3?9 

gigli  gialli.  Lo  scudo  avea  percimierola 
corona  realedi  Francia.  Scrissero  di.  que- 
sto ordine  il  p.  Alfonso  d  Andro  da  gesui- 
ta; il  p.  Agostino  Macedo,  nella  Vita  di 
s.  Eelice,  di  Valoisj  il  cardinal  de  Lu- 
ca, nel  Religioso  pratico]  il  p.  Hel yot , 
Storia  degli  ordini  religiosi,  t.  2,  cap. 
48  :  Della  congregazione  de*  religiosi 
Trinitari  di  Francia;  e  il  p.  Annibali 
da  Latera,  Compendio  della  storia  de- 
gli ordini  regolari,  t. i,cap.  34.  La  ri- 
voluzione francese  degli  ultimi  anni  del 
trascorso  secolo  soppresse  anche  questa 
congregazione,  e  la  chiesa  e  convento  di 
s.  Dionisio  di  Roma  nel  181  5  Pio  V 1 1  la 
diede  al  Conservatorio  e  monastero  di 
Maria  ss.  in  s.  Dionigio  alle  Quattro 
Fontane  (V.). 

TRINITARI  DEL  TERZ'ORDINE, 
Ordo  Terlius  ss.  Trinitatis  redemptio- 
nis  captivorum.  Riferisce  il  p.Helyot,  nel- 
la Storia  degli  ordini  religiosi,  t.  2,  cap. 
5o  :  Del  Terz'ordine  della  ss.  Trinità 
e  redenzione  d.'gli  schiavi,  che  eranvi 
anticamente  nell'  ordine  de'  Trinitari 
(J7!)  delle  persone,  diesi  ascrivevano  ad 
esso  in  qualità  di  oblati,  del  cui  nume- 
ro pretendesi  essere  stato  Berengario  si- 
gnore d'  Anguillara,  uno  de'  primi  ba- 
roni di  Catalogna,  ed  Anglina  sua  mo- 
glie, che  nel  1200  fondarono  un  ospeda- 
le da  loro  dato  a'religiosi  dell'ordine.Que- 
sti  oblati  forse  sono  stati  quelli  che  in  pro- 
cesso di  tempo  dierono  luogo  allo  stabi- 
limento del  terz'ordine  della  ss.  Trinità. 
Nelle  persone  illustri  de'terziari  trinita- 
ri si  noverano  i  due  re  di  Francia  Fi- 
lippo II  Augusto,  e  s.  Luigi  IX,  il  quale 
dicesi  che  andava  vestito  di  cappa  rego- 
lare in  coro  co'  religiosi.  Fu  altresì  ter- 
ziario Alfonso  Vili  re  di  Castiglia  e  di 
Leon, e  lo  furono  ancora  molte  altre  per- 
sone illustri  per  santità  di  vita  o  per  di- 
gnità. Però  lo  stesso  p.  Helyot dubita,  che 
sia  avvenuto  al  terz'ordine  de'  trinitari 
quanto  si  verificò  ne'  terzi  ordini  d'altri 
regolari,  i  quali  si  fecero  gloria  di  porre 
tra  il  numero  de'  terziari  persone  morte 

22 


33o  T  B  I 

qualche  secolo  prima  dell'istituzione.Ben- 
sì  è  mollo  probabile,  che  il  terz'ordine  ile' 
trinitari  non  sia  stato  stabilito  che  sot- 
to gli  anspicii  del  p.  Bernardo  Domenici, 
ministro  generale  de'  trinitari  verso  il 
i584,  poiché  in  quell'anno  egli  appro- 
vò, confermò  e  permise  che  si  stampas- 
sero le  Regole  e  statuti  de* fratelli  e  del- 
le sorelle  del  lerz  ordine  della  ss.  Tri- 
nità, quantunque  però  nella  sua  appro- 
vazione, ch'è  posta  in  fine  della  regola, 
dica  fondarsi  questo  terz'ordine  in  virtù 
delle  bolle  de'Papi  ;  ma  soggiunge  il  p. 
Helyot,  sarebbe  nondimeno  assai  difficile 
il  riprodurne  una,  che  propriamente  di 
esso  trattasse.  E  vero  che  trovansi  pon- 
tificie bolle  in  favore  dello  scapolare  del- 
la ss.  Trinità,  ma  non  può  negarsi,  che 
questa  confraternita  sia  diversa  dal  ter- 
z'ordine, come  chiaramente  si  deduce  dal- 
le regoledel  terz'ordine  stesso  e  di  questa 
confraternita,  che  furono  per  la  2/  volta 
stampate  separatamente,  e  nello  stesso 
tempo  a  Rouen  nel  1670  con  licenza  de' 
superiori  dell'  ordine.  Quanto  alla  con- 
fraternita trovo  nel  Bull.  Rom.  t.  7,  p. 
2  io,  il  breve  Ex  injuncto,  degli  1  1  feb- 
braio 1673  di  Clemente  X:  Confirman- 
tur  indulgentiae  a  Paulo  F  concessae 
Archiconfraternitatibus  sub  invocatio- 
ne  ss.  Trinitatis  redemptionis  captivo- 
rum,  irritantur  nonnullae ,  et  addun- 
tur  aliae,  et  quae  sint.  Di  più  e  del  me- 
desimo Clemente  X,  il  breve  Alias  nos, 
de'3  giugno  1673,  Bull.  cit.  p.  221:  Ex- 
tensio,  et  declaratio  brevis  circa  Con- 
fraternitates  sub  invocationc  ss.  Trini- 
tatis redemptionis  captivorum  crectas, 
et  erigenda >-s,  et  alia  nuper  emanata,ad 
Confralernitates  a  ministro  genera  li, et 
procura  tori  genera  li  congrega  tionisHi- 
spaniae.  fratrum  discalceatorum  ditti 
ordinis  erectas,  et  erigendas  cum  omni- 
bus clausolis,  concessionibus,  et  decretis 
expressis  in  dicti  brevi.  Il  contempora- 
neo Piazza,  nell'  Eusevologio  Romano, 
trai.  7,cap.  29  :  Della  confraternita  del- 
la ss.  Trinità  del  riscatto  degli  schia- 


T  R  I 
vi  a  s.  Francesca  a  Capo  le  Case,  ed 
a  s.  Carlo  alle  Quattro  Fontane  (delle 
quali  chiese  parlai  ne'  precedenti  artico- 
li), dice  che  s.  Giovanni  deMatba  fonda- 
tore dell'ordine  de'trinitari,  con  autori- 
tà d'Innocenzo  III  che  l'avea  approvalo 
nel  i  198,  eresse  una  confraternita,  a  cui 
comunicò  tutte  le  grazie,  privilegi  e  pre- 
rogati ve  dell'ordine,  acciocché  come  par- 
tecipi dell'opera  lo  fossero  anco  del  pre- 
mio; col  cui  concorso  caritatevole  eransi 
fatti  innumerabili  riscatti  di  poveri  schia- 
vi, de'  quali  molti  senza  di  questi  aiuti 
avrebbero  rinegata  la  fede.  Aggiunge,che 
moltissime  sono  le  indulgenze  concesse 
alla  confraternita,  le  quali  sono  descrit- 
te nel  suo  sommario  stampato  e  ricono- 
sciuto dalla  s.  congregazione  dell'indul- 
genze nel  1679.  Che  il  solo  ministro  ge- 
nerale può  erigere  e  aggregare  per  tutto 
il  mondo  le  confraternite  di  cui  si  fa  so- 
lennemente la  comunicazione  de'  beni  e 
suftragi  ne'giorni  della  festa  di  s.  Cateri- 
na e  di  s.  Agnese,  del  mercoledì  delle  Ce- 
neri e  del  giovedì  santo,  e  della  ss.  Tri- 
nità. Tornando  a'terziari  de'trinitari,  il 
loro  abito  consisteva  in  una  veste  bian- 
ca e  nello  scapolare  su  cui  era  una  croce 
rossa  e  turchina;  però  in  alcuni  paesi  non 
eravi  I' uso  di  portarlo  pubblicamente, 
ma  sotto  gli  abiti  secolari. Facevano  un  an- 
no di  noviziato,  compiuto  il  quale  veniva 
loro  fatta  un'esortazione  sull'osservanza 
della  regola,  finita  la  quale,  avendo  il  su- 
periore benedetto  gli  abiti,  quelli  che  fa- 
cevano professione,  ad  alta  voce  recita- 
vano la  seguente  formola.  »  Io  frate  N. 
confidando  nella  ss. Trinità,  prometto  al- 
la ss.  Vergine  Maria, a'ss.  Giovanni  e  Fe- 
lice, ed  a  voi  mio  padre,  con  pura,  sin- 
cera e  retta  intenzione,  deliberatamente 
e  fermamente  di  osservare  i  comanda- 
menti diDio, d'emendare  i  miei  costumi, 
procurando  di  amare  in  avvenire,  più 
che  non  ho  fatto  pel  passato,  Iddio  e  il 
prossimo  mio,  disprezzando  i  piaceri  del 
mondo,  spogliandomi  d'  ogni  mondano 
affetto,  slaccandomi  dal  mio  amor  prò- 


TRI 
prio,  rinunziando  per  sempre  al  demonio 
e  alla  carne  per  potere  avvantaggiare  gli 
interessi  della  mia  salute,  e  procurare  an- 
cora quella  del  mio  prossimo,  colla  grazia 
del  nostro  Signore,  e  partecipare  come  as- 
sociato de' privilegi,  prerogative,  grazie  e 
indulgenze  dell'ordine  della  ss.Trimtà  per 
la  redenzione  degli  schiavi,  ricercandone 
J'avanzamentOjl'onore  e  il  bene, con  ogni 
fedeltà  per  maggior  gloria  del  Padre,  del 
Figliuolo  e  dello  SpiriloSanto.  Così  sia." 
In  Parigi  dopo  la  metà  del  secolo  XVII 
si  eresse  una  comunità  di  fanciulle  seco- 
lari, le  quali  viveano  secondo  la  regola 
dell'ordine  trinitario, ecliiamate  le  Suo- 
re della  ss.  Trinità.  Il  loro  abito  somi- 
gliava a  quello  de'religiosi,  e  invece  del 
mantello  portavano  sulla  veste  bianca 
una  soltana  aperta  nel  davanti.  In  luogo 
del  soggolo  usavano  una  specie  di  gor- 
giera, di  cui  ambo  le  parti  che  scendeva- 
no davanti  terminavano  in  punta,  e  sot- 
to il  velo  nero  portavano  la  cnllia  bianca, 
e  pendente  dal  collo  una  medaglia  d'ar- 
gento triangolata.  Insegnavano  a  legge- 
re, scrivere  e  lavorare  alle  povere  fan- 
ciulle. Dissi  a  Trinità  ss.,  che  nel  16^9 
in  Francia  per  l'educazione  delle  orfane 
furono  istituite  le  Figlie  della  ss.  Tri- 
nila creata,  delle  religiose  della  con- 
gregazione di  s.  Giuseppe.  Le  monache 
trinitarie  del  3.°  ordine  presentemente 
hanno  3  monasteri  nelle  vicinante  di  Mar- 
siglia, uno  in  Subiaco,  ed  altro  vicino  in 
Cappadocia  borgo  del  regno  di  Napoli. 
TRINITARIE  DELLA  REDENZIO- 
NE DEGLI  SCHIAVI,  Moniales  ordi- 
ìds  ss.  Trinitatis  redemptiouis  captivo- 
rum.  Istituito  da  s.  Giovanni  de  Maiha 
nel  1  1 98  l'ordine  de'  Trinitari  della  re- 
denzione degli  schiavi (P .),  si  recò  nel- 
la Spagna,  ove  un  grandissimo  numero 
di  cristiaui  gemevano  schiavi  de'mori  in- 
vasori, e  vi  giunse  nel  1201  munito  di 
lettere  commendatizie  di  Papa  Innocen- 
zo III  pe'principi  cattolici,  onde  fu  cor- 
tesemente ricevuto  da  Alfonso  IX  re  di 
Cusliglia  e  di  Leon,  da  Pietro  II  re  d'A- 


T  II  I  33 1 

ragona  e  da  Sancio  VII  re  di  Na varrà. 
Non  solamente  questi  principi  contribui- 
rono alla  fondazione  di  molti  conventi  ne' 
loro  stali,  ma  furono  d'impulso  a  molti 
signori  a  seguirne  l'esempio.  Pietro  11  era 
in  Barcellona  quando  vi  si  recò  a  osse- 
quiarlo il  santo,  e  gli  fece  fabbricare  il 
convento  d'Aytona  nella  diocesi  di  Leri- 
da,  di  poi  dotato  di  copiose  rendile  da 
Pietro  di  Belluys  dell'illustre  famiglia  de' 
Moncada. Predicando  il  saulo  la  di  vi  uà  pa- 
rola, tale  una  impressione  fece  negli  spa- 
gnauli  che  molli  contribuirono  con  limo- 
sino al  riscatto  degli  schiavi  e  altri  ite  ab- 
bracciarono l'istituto.  Alcune  pie  donne, 
vedendo  impedito  al  loro  sesso  di  portar- 
si colla  persona  al  riscatto  degli  schiavi, 
domandarono  d'essere  associate  all'ordi- 
ne, per  potere  almeno  colle  orazioni  con- 
correre all'  adempimento  de'  loro  santi 
desiderii.  Vestirono  l'abito  dell'  ordine, 
che  presero  dalle  mani  del  santo  fonda- 
tore, e  si  ritirarono  nel  monastero  da  lui 
per  loro  fabbricato  in  un  romitaggio  pres- 
so Aytona,  in  una  Ione  detta  Aringa  via, 
che  loro  donò  nel  lo  stesso  1  20  1  il  nomina- 
to belluys.  Per  allora  non  s'impegnarono 
con  voli,  non  essendo  che  una  congrega- 
zione di  divole  donne, cui  conveniva  solo 
il  nome  d'oblateo  secondo  l'uso  di  Spa- 
gna di  beate.  Nel  12 36  il  monastero,  de- 
dica  loallaMadouua  degli  Angeli,  si  riem- 
pì di  vere  religiose  sotto  la  direzione  del- 
l'infanta d.  Costanza  figlia  del  re  Pietro 
Il  e  sorella  di  Giacomo  I.  Il  p.  Nicola, 6.° 
ministro  generale  dell'ordine,  fece  tran- 
sazione con  questa  principessa,  e  per  i- 
strutnento  convenuto  tra  loro,  col  con- 
senso del  provinciale  di  Catalogna  e  di 
Aragona,  egli  cede  alle  religiose  la  casa 
con  tutte  le  terre  e  rendite  a  lei  appar- 
tenenti, colla  facoltà  d'amministrare  da 
loro  medesime  il  temporale,  riservandosi 
lo  spirituale  e  la  visita  de'monasteri  alla 
giurisdizione  de'  superiori  dell'ordine  ; 
colla  coudizione  inoltre,  che  il  3.°  di  loro 
entrate,  conforme  alla  regola  de'trinit.i- 
ri,  fosse  impiegalo  nei  riscatto  degli  sebi* 


33a  T  R  I 

vi;  venendo  le  religiose  collo  stesso  atto 
dispensate  da  molte  austerità  della  rego- 
la. Fu  quindi  la  principessa  d'  Aragona 
la  irreligiosa  delle  trinitarie,  e  lai.aab- 
badessa  o  superiora  di  questo  monaste- 
ro. Era  ella  stata  moglie  di  Guglielmo  di 
Moncada  visconte  di  Bearn  e  siniscalco 
d'Aragona,  che  morto  nella  presa  di  Ma- 
iorca, nella  sua  vedovanza  erasi  intera- 
mente dedicata  a  Dio  in  quest'ordine,  a 
cui  fondò  nel  1 23  i  un  monastero  in  Ma- 
iorca, dotandolo  di  molti  beni  ch'erano 
toccati  in  sorte  al  marito  per  la  conqui- 
sta dell'isola  falladal  fratello  Giacomo  I. 
Accrebbe  pure  l'entrate  di  quello  d'Avin- 
gavia,  in  cui  dopo  essere  vissuta  santa- 
mente per  alcuni  anni,  mori  neli2  52,  e 
il  suo  corpo  fu  deposto  in  sontuoso  avello 
nella  cappella  della  Madonna  del  Reme- 
dio, decoralo  da  molte  figure  esprimenti 
religiose  dell'  ordine,  alcune  delle  quali 
con  baltei  e  spada  al  fianco,  ed  altre  a 
cavallo  cogli  stendardi  in  mano.  Anche 
altre  signore  di  sangue  reale  illustrarono 
l'ordine,  con  vestire  I'  abito  delle  trini- 
tarie nel  monastero  d' Avingavia,  Ira  le 
quali  d.  Sancia  d'Aragona  sorella  di  d. Co- 
sta uza,  che  morì  nel  i  2  54  ;  e  l'infanta  d. 
Maria  figlia  di  Giacomo  I  fu  abbadessa 
del  monastero  di  Cannes  nella  diocesi  di 
l'erpignano,e  fu  tumulata  in  quella  chie- 
sa nel  1  3oy,  monastero  fondalo  nel  1  248 
da  Pietro  Tarojas  vescovo  di  Perpigna- 
110.  Quello  di  Avingavia  fu  abitalo  dalle 
religiose  sino  al  1  7?.c),  in  cui  non  essen- 
dovi rimasta  che  una  monaca  corista  col- 
la conversa,  fu  ceduto  a'  frati  trinitari. 
Le  monache  fiorirono  anche  in  altri  loro 
monasteri, consistendo  il  loro  ahito  in  ve- 
ste e  scapolare  bianco,  sul  secondo  essen- 
dovi cucila  la  croce  parte  rossa  e  parte  tur- 
china, assumendo  uua  lunga  cappa  nera 
in  coro,  su  di  cui  nella  parte  sinistra  è 
<  in  ila  allra  simile  croce,  il  capo  velan- 
dolo con  panni  bianco  e  nero,  come  rile- 
vasi dalla  figura  esprosa  n^l  descrivere 
le  trinitarie  dal  p.  nonanni  nel  Catalogo 
degli  ordini  religiosi  e  delle  vergini  a 


TRI 

Dio  dedicate,  t.  2,  p.96;  ed  il  Capparo- 
ni  che  lo  riprodusse  con  figure  colorate, 
nella  Raccolta  degli  ordini  religiosi  a 
delle  vergini  a  Dio  dedicate.  Trattano 
ancora  delle  trinilarie,ilp.He!yot,iS7w-/Vf 
degli  ordini  religiosi,  t.  2,cap.  49:  Del' 
le  religiose  trinitarie;^  il  suo  compen- 
diatole p.  Annibali  da  Lalera  nel  Com- 
pendio degli  ordini  regolari,  cap.  35: 
Delle  religiose  trinitarie  dell'antica  os- 
servanza. Esistono  presentemente  nella 
Spagna  1  1  monasteri  di  monache  trini- 
tarie dell'antica  osservanza;  in  Francia 
e  in  Algeri  48  monasteri,  senza  però  che 
quest'ultime  monache  facciano  i  voti  so- 
lenni, vietati  dalle  leggi  francesi.  In  Por- 
togallo vi  sono  due  monasteri,  uno  de' 
quali  nella  capitale  Lisbona.  Di  altre  re- 
ligiose trinitarie  parlai  nel  precedente  ar- 
ticolo, e  delle  scalze  nel  seguente. 

T  R I  »  IT  A  RIE  SCALZE  DELLA  RE- 
DENZIONE DEGLI  SCHIAVI,  Mania- 
les  discalceatae  ordinis  ss.  Trinitatis 
redemplionis  caplivorwn.  Verso  il  1  61 3 
Francesca  di  Rumerò  figlia  di  Giuliano 
luogotenente  generale  dell'armi  di  Filip- 
po III  re  di  Spagna  in  Fiandra  e  vedova 
d'Alfonso  d'Avalos  e  di  Gusiuan,  volen- 
do fondare  liti  monastero  di  religiose  scal- 
ze dell'ordine  di  s.  Agostino,  da  Toledo 
fece  venire  a  Madrid  3  religiose  di  quel- 
l'ordine, ed  avendo  radunato  un  nume- 
ro ili  nobili  fanciulle,  sufficiente  a  forma- 
re una  comunità,  si  ritirò  con  esse  in  al- 
cune case  a  lei  appartenenti  nella  via  de 
Cantami  nas,  ove  volle  fondare  il  suo  mo- 
nastero. Intanto  che  si  dovea  stabilire  la 
clausura  e  l'erezione  della  chiesa,  le  re- 
ligiose reca vansi  nella  vicina  chiesa  dei 
Trinitari  scalzi  di  Spagna  (/*.)  per  a- 
scollare  la  messa  e  ricevere  i  «agra «en- 
ti, affidandosi  alla  direzione  ilei  b.  Ciò. 
Battista  della  Concezione,  istitutore  di 
quella  riforma.  Quindi  prendendo  affet- 
to all'istituto  de'lrinitari  scalzi,  la  fonda- 
trice e  le  fanciulle  di  sua  comunità,  ab- 
bandonalo il  disegno  di  rendersi  agosti- 
niane scalze,  domandai  0110  ai  b.  G10.  bai- 


T  Iti  1  TRI                     333 

tisla  premurosamente  d'essere  aggregate  cesse  alle  monache  di  potere  scegliere  fra 
al  suo  ordine,  ed  egli  ve  le  ammise  con  a-  loro  In  superiora.  Radunatesi  senza  sapu- 
bito  di  ubiate.  Indi  alle  replicate  istanze  ta  della  fondatrice,  a  pieni  voti  elessero 
dalle  medesime  fatte  ond'éssere  perfetta-  a  superiora  la  veti.  m.  Agnese  della  Con- 
mente soggette  a'triuitari  scalzi  riforma-  cezione.  Vedendosi  la  Rumerò  privata  del 
li,  e  di  seguimela  regola  eie  ooslituziu-  governo,  rinunziò  alla  qualità  di  fonda- 
rli, i  religiosi  vi  si  opposero  e  anzi  prete-  trice  e  nello  stesso  tempo  si  astemie  dal 
sero  obbligarle  a  spogliarsi  dell'abito  ri-  somministrare  l'occorrente  alle  religiose; 
cevulo;  e  poiché  il  b.  Gio.  Battista  indi'  indi  tentò  di  distruggere  il  monastero,  ri- 
nava  a  contentare  le  religiose,  fu  allori-  correndo  a  Roma  perchè  fosse  annullata 
tan. ito  da  Madrid  e  mandato  nell'Alida-  la  professione  religiosa.  Invece  le  mona- 
lusia.  La  Rumerò  e  le  sue  compagne  ve-  che  rinnovarono  i  voli  nel  1619,  ed  eles- 
dendo  che  i  trinitari  scalzi  erano  fermi  sero  nuovamente  persuperiora  la  veu.  in. 
in  ricusare  di  prenderle  sotto  la  loro  giù-  Agnese,  la  quale  è  tenuta  per  istitutrice 
risdizione,  ricorsero  al  cardinal  Bernardo  delle  trinitarie  scalze.  Il  cardinal  Zappa- 
Sandoval  arcivescovo  di  Toledo,  che  a-  ta  amininiitratoie  dell'  arcivescovato  di 
vendo  loro  permesso  di  vivere  giusta  le  Toledo,avendo  lollodallecostituzioui  dei 
costumanze  e  regole  delle  monache  Tri-  trinitari  scalzi  ciò  che  non  era  confacen- 
niltir'u(l  .),  colle  regole  e  riforma  de'lri-  te  al  sesso  femminile,  ne  compilò  delle 
nilari  scalzi,  e  di  vestire  il  loro  abito,  es-  particolari  per  queste  religiose,  ed  a  loro 
se  lo  ripresero  a'9  novembre  161 1  eco-  le  die  nel  1627  ,  venendo  approvale  da 
iniuciai  ono  l'anno  di  noviziato.  Ma  la  fon-  Urbano  Vili  nel  1 634- Le  religiose  in  Ino- 
datrice  Romero,  che  malgrado  le  opposi-  go  della  Rumerò  trovarono  ultra  fonda- 
zioni de'lrinilari  scalzi  avea  proseguito  a  trice  in  Maria   de  Villena  vedova  di  d. 
portarne  l'abito  ed  a  praticar  le  loro  os-  Sancio  della  Cerda,  che  loro  lasciò  per  te- 
sei  vanze,  poi  mutato  pensiero  fu  la  1."  stamento  neh  63  1  considerabili  somme, 
a  deporlo  e  con  molto  vigore  procurò  di  In  sostanza  la  regola  che  le  trinitarie  scal- 
persuadere  le  compagne  a  seguirne  l'è-  M  poi  seguirono,  fu  quella  assegnala  coti 
sempio; esse  però  persisterono  nell  intra-  miglior  forma  neli63i  a  trinitari  scali! 
presa  risoluzione  con  ferma  costanza.  Fi-  spaglinoli.  Vestivano  queste  religiose  co- 
italmente la  fondatrice  e  i  religiosi  vi  ac-  me  i  religiosa  ,  cioè    tonaca    e   scapolare 
consentirono,  e  compilo  l'anno  di  proba-  bianco  con  cappa  color  bigio  scuro  fino  a 
zione,  fecero  tulle,  a  riserva  della  londa-  mezze  gambe,  l'una  e  l'altra  segnala  col- 
trice, i  loro  voti  solenni,  e  si  soggettarono  la  croce  rossa  e  turchina.  In  capo  porta- 
aM  a  rei  vescovo  di  Toledo.  La  Romero  le  vano  velo  bianco  e  sovrapposto  alito  ne- 
prov vedeva  di  tutto  il   bisognevole,  ma  10;  incedevano  scalze,  cuoprendo  i  piedi 
pretendendo  che  alla  qualifica  di  fonda-  con  sandali  di  canape.  Ne  riporta  le  noti- 
trice  andasse  congiunta  quella  di  supe-  ziee  la  figura  il  p.  \jonar\ri\,  Catalogo  de- 
riora,  vi  esercitava  l'uffizio  con  autorità,  gli  ordini  religiosi  e  (Ielle  vergi ni a  Dio 
assoluta,  accettando  le  fanciulle  che  si  dedicate,  t.  2,  p.97;  riprodotte  con  figu- 
piesentavatiOjSenza  ricercarne  il  consenso  ra  colorata  del  Capparoni,  Raccolta  de- 
della  comunità,  contro  gli  statuti  dell'or-  gli '.ordi/u  religiosi  e  delle  vergi/a  a  Dio 
dine.  Inoltre  obbligava  le  religiose  ad  u-  dedicale.  JNeh65t  il  cardinal  Baldassa- 
rre dalla  clausura, e  le  allontanava  dal-  re  Sandoval  arcivescovo  di  Toledo  dal 
le  loro  osservanze;  e  tutto  questo  indus-  monastero  di  Madrid  cavò  cinque  trim- 
se  le  religiose  a  ricorrere  all'arcivescovo  laiie  scalze  per  fondare  un  altro  mona- 
di Toledo  il  cardinal  Bernardo  Sando vai,  stero  nella  slessa  città,  istituito  da  d.  Bea- 
li quale  per  ovviare  a  tuli  diaordiui  cou-  trice  de  Silva  u  per  le  carmelitane,  e  do- 


286077 


334  T  u  [ 

pò  averle  istruite  nell'osservanze  regola- 
ri, tornarono  al  proprio  monastero  nel 
i655.  Le  trinitarie  scalze  ebbero  altri 
monasteri,  come  in  Lima  del  Perù.  In- 
nocenzo XI  col  breve  Sacrosancti  Apo» 
stolatus, de' 22  febbraio  1 685, Bull.  Rom. 
t.  8,  p.  354'.  Confirmanlur  Constitutio- 
ries  Monialium  Reco  lite  tarimi  ordinis 
ss.  Irinitalis  Redemptionis  captivorum 
in  Hispania.  Vi  sono  riportate  le  costi- 
tuzioni medesime  in  italiano,  e  vi  si  ricor- 
da la  costituzione  emanata  da  Alessandro 
VII  per  le  monache  Trinitarie.  Scrisse 
di  loro  il  p.  Helyot,  Storia  degli  ordini 
religiosi,  cap.  49:  Delle  religiose  trini- 
tarie scalzej  compendiato  dal  p.  Anni- 
bali da  Latera,  Compendio  degli  ordini 
regolari,  t.  1,  cap.  35:  Delle  religiose 
trinitarie  scalze.  Attualmente  le  mona- 
che trinitarie  scalze  di  questa  congrega- 
zioue  hanno  soltanto  i  ricordati  monaste- 
ri di  Madrid  e  di  Lima. 

TRIOCALA. Città  vescovile  di  Sicilia, 
ora  borgo  denominatoC#/rttoZ>e//oto,che 
in  parie  ne  occupa  il  sito,  nella  provincia 
di  Girgenti,da  cui  è  distante  1  1  leghe,  ca- 
poluogo di  cantone  presso  la  riva  destra 
del  fiume  Crimiscis,  ora  chiamato  Cala- 
tabellota  ,  iu  vicinanza  del  quale  Timo- 
Jeone  alla  testa  di  6000  siracusani  tagliò 
ti  pezzi  un'armata  di  70,000  cartagine- 
si. Triocala,  antichissima  e  celebre  città, 
è  riuomata  per  le  dolci  sue  acque,  per  la 
feracità  del  suo  territorio,  massime  in  vi- 
no e  olio,  ed  inaccessibile  per  le  sue  rupi, 
non  che  per  la  guerra  degli  schiavi  roma- 
ni che  vi  si  rifugiarono,  1  o5  anni  avanti 
la  nostra  era.  Ruggero  normanno  conte 
di  Sicilia  vi  riportò  una  vittoria  sopra  i 
saraceui,  i  quali  avendo  rovinala  Trioca- 
la, circa  1000  passi  distante  surse  Cala- 
tabellola.  La  tradizione  dice  che  si  no  dal 
tempo  degli  Apostoli  in  Triocala  fu  sta- 
bilita la  sede  vescovile, e  Rocco  l'ini,  Si- 


TRI 

ciliae  sacrae,  t.  r,  p.  432,  riporta  i  se- 
guenti vescovi  della  Ecelesiae  Triocali- 
tanae.  lli.°  Triocali tanus  episcopus  fu 
s.  Pellegrino,  fiorito  nell'anno  90  di  no- 
stra era,  che  vuoisi  inviato  da  s.  Pietro 
in  Sicilia.  Non  si  trovano  altri  sino  a  Pie- 
tro del  598,8  cui  Papas.  Gregorio  I com- 
mise la  visita  della  chiesa  di  Girgenti. 
Massimo  nel  649  sottoscrisse  il  sinodoLa- 
teranense  di  s.  Martino  I.  Gregorio  nel 
680  fu  al  VI  concilio  di  Costantinopoli. 
Giovanni  nel  787  intervenne  al  concilio 
di  Nicea  il,  dopo  il  quale  per  l'invasione 
saracena  Triocala  cessò  d'avpre  il  vesco- 
vo, si  formò  il  priorato  di  s.  Giorgio  di 
Trocalis  e  fu  unito  all'  Archimandrita 
di  Messina. 

TlilODIO,  Triodium.  Libro  ecclesia- 
stico usato  nella  chiesa  greca,  che  viene 
ad  essere  come  una  parte  del  breviario 
latino;  mentre  comprende  l'uffizio  d'una 
parte  dell'anno,  cioè  dalla  domenica  di 
seltuagesima,chiamata  domenica  del  Pub- 
blicano e  del  Fariseo,  fino  al  sabato  san- 
to.! greci  hanno  degl'i  nni,o  canoni  com 'es- 
si li  chiamano,  per  le  fesle  di  Gesù  Cri- 
sto, della  B.  Vergine  e  de'Santi.  Ora  que- 
sli  inni  0  canoni  sono  divisi  nelle  strofe  cui 
danno  il  nome  di  ode,  e  la  maggior  par- 
te si  recita  in  tempo  deH'uflizio  contenu- 
to nel  Triodio,  e  che  si  trovano  per  con- 
seguenza iti  questo  libro,  e  sono  compo- 
sti di  tre  sole  odi  o  strofe,  ond'è  che  chia- 
mano il  libro  Triodion,  quasi  dicessero 
il  libro  che  contiene  gì'  inni  di  tre  odi. 
Gli  altri  cantici,  che  i  greci  recitano  nel 
loro  uffizio,  sono  composti  di  9  odi.  Alcu- 
ni hanno  credulo  non  esser  l'inno  com- 
posto di  tre  odi  quello  che  chiamasi  Trio- 
dio,  ma  errarono  come  può  vedersi  Del- 
l' Eucologio  de' greci,  i  quali  chiamano 
Diudion  gl'inni  che  hanno  due  strofe,  e 
Tilradion  quelli  che  ne  hanno  quattro. 


FINE  DEL  VOLUME  OTTANTESIMO. 


BX  841  .M67  1840 

SNCR 

fioroni  ,  Gaetano, 

1802-1883. 
Dizionario  di  erudizione 

storico-ecclesiastica 
AFK-9455  (awsk)